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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
*AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONl ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VCL. LXXXVIL
IN VENEZIA
iJALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCL Vili.
La presente edizione è posta sotto la salvaguardia delle leggi
vigenti, per quanto riguarda la proprietà letteraria, di cui
l'Autore intende godere il diritto, giusta le Convenzioni
relative.
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
S T OR I CO -ECCLESI ASTICA
U
URG
u,
RGEL (Urgellen). Ci Uà con resi-
denza vescovile di Spagna nella Catalo-
gna a 26 leghe da Lerida, 32 da Barcel-
lona eioda Puy, in bella pianura este-
sissima che si estende fino a Cordova, alle
radici de'Pirenei, Ira la Balira e la Segre
che riunisconsi un po' più sotto. Prende
il suo nome di La Seii ifUrgel^ Urgel-
liitniy da una montagna vicina, sulla (|ua-
le sta un forte, ma in seguito dell' ultime
guerre, più non restano delle sue forti'
ficazioni che 4 porte. E però ancora un
punto importante di difesa, evie un go-
vernatore militare colla guarnigione. La
cattedrale, di gusto gotico, è dedicata alla
B. Vergine, ha il batlisterio e la cura d'a-
nime amministrata dal canonico curalo,
e vi sono in grandissima venerazione, fra
le ss. Reliquie, i corpi de'ss. Hermangau-
do o Ermengaldo e Odone vescovi d' Ur-
gel. Secondo l'ultima proposizione conci-
storiale, il capitolo si compone (se anco-
ra non si è formalo quello stabilito nel
concordalo ultimo colla Spagna e colle
lettere apostoliche ad Vicariami de' 5
settembre! 85 j) di 7 dignità, essendone
lai." il decauo, dii3 cauonici comprese
URG
le prebende del teologo e del penitenzie-
re , di 20 beneficiati , e di altri preti e
chierici addetti al servizio divino. Aderen-
te alla cattedrale è l'episcopio. Tra le al-
tre chiese della città una è parrocchiale
col s. fonte. Vi è un monastero di mona-
che, l'ospedale, il seminario, la casa de'
trovatelli, e prima dell' ultime deplora-
bili vicende polilicheeranvi due conventi
di religiosi. I suoi abitanti, per la maggior
parte agricoltori, trafficano di legname e
di grani. Nelle sue adiacenze trovasi una
considerevole miniera di vetriolo. Que-
st'antichissima città, chiamata Orgelo ,
UrgellOy Orgeliò\ 0/"g/<7,neira provincia
Tarragonese di Lerida, principato di Ca-
talogna, sulla sponda sinistra della Segre,
fu da Carlo Magno compresa nella Set-
timania o Marca di Spagna, e poi diven-
ne capitale di polente contea, con signo-
ria sopra città e castella. Avendo Carlo
il Cali'OL\ì\\s'd questa Marca in due mar-
chesati, venne Urgel colle sue dipenden-
ze attribuito al marchesato o contea di
Barcellona^ ò.\ cui fui." signore eredita-
rio Wiffiedo il Filloso. Nell'884 al più
tardi Suaifreddo 0 Suniario, 3.° figlio di
4 une
Gutiiililde e di Wiffredo, da questi venne
pruvvediito della contea «l'tirgel. Aven-
do sposato Richiide, con essa iielc)44^(^*
ce una ragguardevoledonazione alla chie-
sa di Giroua , ed altra a quella di Bar-
cellona. Moiì vecchissimo Sunifreddo nel
gSo, e gli successe il primogenito Boirel,
chei7 anni dopo divenne anche conte di
Barcellona. Terminò di vivere nel ggS,
ereditando il primogenito Hai mondo Bor-
re! la contea di Barcellona, e il secondo-
genito Ermengaldo I detto il Cordova-
no quella d' Urgel , insieme alla contea
d*Ausonne o Vich che divise col fratello.
Si distinse col suo valore principalmente
contro i mori saraceni invasori delia Spa-
gna. Nel 996 portatosi in Roma, fu am-
messo nel concilio celebralo da Papa Gre-
goi'io V alla presenza d'Ottone Ili im-
peratore, e sedè a'piedi di questi. Tra gli
argomenti che vi si discussero, i due più
importanti furono il matrimonio di Ro-
berto Il redi Francia con Berta, dichia*
rato nullo, e V ordinazione di Guudale,
che dopo essersi fatto ordinare vescovo
di Vich, vivente il vescovo Fruian, l'avea
fatto assassinare per le sue giuste lagnan-
ze. Il conte fece testimonianza contro l'u-
surpatore Gundale, che fu deposto. Nella
grande assemblea di prelati e signori, se-
guita nel 1009 in Barcellona, interveime-
ro i fratelli Raimondo Borrel e Ermen-
galdo I, e vi fu ristabilito l'ordine cano-
nicale di quella chiesa. Nel io io dispo-
nendosi il conte a marciar di nuovo con-
tro i mori , fece testamento e distribuì
parte de'suoi beni a diverse chiese. Par-
tito col fratello Arnoldo vescovo di Vich,
ed i vescovi Ezio di Barcellona e Ottone
di Girona, e parecchi signori, ciascuno
alla testa delle proprie milizie, vi peri il
1.** settembre co'vescovi che l'aveano ac-
compagnato. In età d'un anno gli succes-
se nella contea d'Urgel il figlio Ermen-
galdo 11 detto il Pellegrino sotto la tu-
tela materna. Fatto adulto, idominii della
chiesa d'Urgel avendo destatola sua cu-
pidigia, fece delle usurpazÌQui di cui senti
URG
poi rammarico ; laonde nel 1 02G colla
moglie Arsinde si presentò al capitolo
d'Urgel, e in espiazione de'Ioro falli die-
dero ciascuno un servo di loro terre e ca-
stella. NelioSo recatosi il conte dal ca-
stello di Pons, ove risiedeva, pel s. Natale
a Urgel, con Ermengaldo conte di Pai-
Ihase di Guglielmo suo visconte d'Urgel,
ratificò le donazioni fatte da lui e suoi
predecessori alla chiesa. Nelio4o intra-
preso il viaggio di Terra santa vi morì,
lasciando il figlio Ermengaldo III detto
il Barbastro di 7 anni, in tutela della
madre Costanza 2.' moglie del defunto.
Nel 1048 recatosi il conte con essa e con
Miron suo visconte a Urgel per celebrarvi
la Pasqua, fecero parecchi doni alla chie-
sa e suoi ministri. Nel io58 essendo in
guerra col moro Alchagil duca di Sara-
gozza , si alleò con Berengario conte di
Barcellona, alla presenza de'dueGugliel-
mi vescovi d'Urgel e di Vich. Rinnovato
nel 1064 il trattato, partì il conte colle
sue truppe , ed espugnò Barbastro non
senza molti sforzij ma poco dopo vi tro-
vò la morte in mezzo ad una vittoria e
orrenda carnificina degl'infedeli. Gli suc-
cesse il figlio Ermengaldo IV detto Gcrb,
il quale nel 1077 accolse in Urgel con
grandi onori Amato vescovo d' Oleron
legato di s. Gregorio VII, e colla moglie
Lucia diedero opera alla riforma de'mo-
nasteri delle loro giurisdizioni. Nel 1087
il conte con Adelaide di Provenza 2." mo-
glie, erede di Forcalquier, donarono alla
chiesa d'Urgel il castello di Foro Barbe-
rano, dal cui atto rilevasi che supremo
signore della contea d'Urgel era Filippo
I re di Francia. Il conte faceva l'ordina-
ria residenza nel castello di Gerb, che for-
tificò per assalire i mori de'diutorni, e in
fatti tolse loro Balaguer. Nel 1092 morì
il conte e gli successero nella contea d'Ur-
gel Ermengaldo V detto WBalearidc, na-
to da Lucia , e in quella di Forcalquier
Guglielmo nato d'Adelaide. Valoroso Er-
mengaldo V con)e i suoi antenati, com-
battè i mori, e menile voleva toglier lo-
UR G
ro risole Balenìi, vi restò ucciso neh 102.
Ne fu successore il figlio ErmengflldoVr
eletto li Castìglìaiio^ come nato da ma-
dre di Costiglia e perchè in tal regione
passò gran parte di sua vita. Alla contea
d'Urgel unì la signoria di Lerida, ed a-
vendo commesso guasti a danno del mo-
j, nastero dis. Saturnino, poi ne die soddi-
sfazione all'abbate. Ne! i iT'4s'' successe.!!
figlio Ermengaldo VII òe\.\oValenza^c\\e
neh 162 all'uso de'suoi maggiori rinun-
ziò d'ioìpadronirsi de'mobili e immobili
del vescovo d'Urgel in morte, riprovevo-
le usanza quasi generale tra'gran fenda*
tari, ed a ragione da lui pure riguardata
come una rapina; ma si riservò la custo-
dia de'caslelli e delTaltre possessioni del
vescovato durante la sede vacante. Nel
I 183 fece guerra a'mori di Valenza col
fratello Gaucerando, e ambedue periro-
no avanti quella capitale. Il figlioErmen-
galdo Vili riportò d'Arnaldo visconte di
Castelbon e di Cerdagne il giuramento
di fedeltà perla prima delle due signorie.
Nel I 198 il conte s'impegnò in guerra
con Raimondo conte di Foix pe' confini
de'Ioro stati e ne prese parte la Catalo»
gna. Il conte di Foix assediò ed espugnò
TJrgel, la saccheggiò in uno alla cattedra-
le, fece prigione i canonici da'quali tras-
se grosso riscatto, e desolò tutto il paese;
ma poi Ermengaldo Vili se ne vendicò
facendo prigioni nel 1234 •' conte di B'oix
e il viscontedi Castelbon suo alleato, che
ritenne per 4 anni e rilasciò a mediazio-
ne del re d'Aragona, generosamente som-
ministrando al conte a titolo di feudo
2000 soldi melgorini fondati sulle sue
terre, e fidanzando al visconte la nipote
Elisabetta con promessa di dargli i suoi
dorainii se moriva senza figli. Seguitoli
matrimonio, nel i 2 i o mori Ermengaldo
Vili lasciando erede in tenera età la fi-
glia AurembiaXj e in caso di stia morte
senza successione, sostituì la propria so-
rella Miraglia moglie di Pons l visconte
di Cabrerà. Inoltre legò al Papa Innocen-
zo 111 la metà della cillàdi Vagliadolid,
U R G 5
che gli apparteneva dal lato dì sua ma-
dre nipote di Raimondo Berengario IV
conte di Barcellona, e la fendale dipen-
denza dell'altra metà, a condizione di far
eseguire il suo testamento. Ma Geraldo
figlio di Miraglia prelese dopo la morte
dello zio, che la contea d'Urgel dovesse
in lui ritornare a preferenza della cugina
Aurembiax. Elvira madre di questa, im-
potente a resistere alle sue armi, cede gli
slati della figlia a Pietro II re d' Arago-
na, il quale obbligò Geraldo e la sua fa-
miglia a rendersi prigioni. Dopo la morte
del re riuscì a Geraldo di riprendere pa-
recchie città e castella della contea d'Ur-
gel, e vi commise molte devastazioni, in-
di perdonato dal re Giacomo I; ritenendo
questi però la contea d* Urgel col titolo
di conte, la die in feudo a Geraldo, sal-
vi i reclami di Aurembiax. Questa nel
1228 li fece, offrendo in dono al re la
città di Lerida, facendogliene omaggio ,
rimettendo al re 9 de'suoi castelli. Pren-
dendo le difese di Geraldoil visconte Gu-
glielmo di Cardona suo cugino, il recol-
l'armi portò la guerra nel la contea d'Ur-
gel : presele cittàdi Abesaedi Agramont,
ed alcuni castelli conlpreso Pons, e in tal
guisa la contessa fu ristabilita ne'suoi sta-
ti. Geraldo entrò allora Ira'teraplari, ce-
dendo le sue pretensioni al primogenito
Pons II. Il re die per marito alla contes-
sa, come la piti ricca erede del suo rea-
me, d. Pietro infante di Portogallo figlio
del re Sancio F. Morta Aurembiax nel
i23i senza prole, lasciò al suo sposola
contea d'Urgel, colla città di Vagliado-
lid e le signorie che le appartenevano nel
regno di Galizia, con autorità di dispor-
ne a beneplacito. Ma siccome la contea
d' Urgel formava una parte ragguarde-
vole della Catalogna, il re temè che d. Pie-
tro cedesse i suoi diritti alla casa di Ca-
brerà, perciò gli die in cambio la signo-
ria di Maiorica e dell'isole adiacenti ia
feudo, con facoltà di trasmetterne la 3.^
parte a' suoi eredi, non ritenendo che
la cittadella della capitale, colle città e
6 URG
castelli d'Oleron e Palenca. Quindi cIM
1233 i re d'Arngona presero il titolo di
conti d'Urge!. Morendo nel 1243 PonslI,
lasciò al primogenito Ermengnldo IX i
diritti sulla contea d'Urgel, e in sua man-
canza i fratelli, coll'obbligo di portare in
perpetuo il nonied'Ermengaldo. Ermen-
gnldo IX poco gli sopravvisse, egli succes-
se il fratello Rodrigo detto Aharo^ a cui
il padre avea lasciato i castelli da lui e-
reditali, che gtierreggiò col re che gli a-
vea occupato parecchie piazze della con-
tea da lui ricuperate, il re conservando
sempre il titolo di conte d'Urgel. Succes-
se il figlio Ermengaldo X nel 1267, non
5enza lurbolenza pe'diversi parenti aspi-
ranti alla contea; morì senza successione
neli3i4, lasciando i suoi stali a disposi-
zione del vescovo d'Urgel e degli altri e-
secutori leslamenlari, o per restituirli al
re d'Aragona. Perciò divenne conte d'Ur-
gel e visconte d'Ager Jacopo I figlio del
re Alfonso IV, e nel 1 34? g'i successe il
figlio Pietro che sposò Margherita di Mon-
ferrato colla città d' Aqui per dote. Nel
i4o8 per sua morte divenneconte Jaco-
po Il suo figlio, che aspirando al trono
^i procuròdal re Martino la luogotenenza
del regno, dignità che d'ordinario si con-
feiiva all'erede presuntivo della corona;
onde si ribellarono gli aragonesi e costrin-
sero il conte alla fuga. Morto Martino nel
i4i2, il conte fu unode'prelendentialla
corona, ed. Antonio de Luna, suo parti-
giano esaltalo, trucidò l'arcivescovo di
Saragozza che ne attraversava l'aspiro,
il quale detestabile assas<(SÌnio pregiudicò
gravemente il conte, e il regno fu aggiu-
dicato a Ferdinando I, contribuendovi
s. Vincenzo Ferreri. Il conte prese le ar-
mi, e il re douìò il vassallo, lo condannò
a prigionia perpetua, ne confiscò i beni e
riunì alla corona la contea, morendo Ja-
copo II nel 1433. Il re maritò le figlie
con proporzionate doli. Dipoi Urgel fu
occupala da'francesi nel 1793 e nuova-
mente nel (809. Nel 182 I vi stanziò la
giunta, che dirigeva l'aroiala della fede
URG
contro i co8litU7Ìonali_, venendo poi nel
I 823 per convenzione consegnala a'fran-
cesi in favore di Ferdinando VII.
Urgel nel V secolo fu la sedo degli ar-
civescovi di Tarragona, e nel medesimo
isliluilo il vescovato d'Urgel, divenne se-
de de'propri vescovi suiTraganei del me-
tropolitano di Tarragona e lo sono tut-
tora. Nella diocesi vi è il piccolo sialo del-
la repubblica d'Andorre, nel regno d'A-
ragona, sotto la prolezione della Francia
e della Spagna, ed anticamente n'era si-
gnore il vescovo d'Urgel col conte di Foix.
Lo descrissi nel voi. LXVIII, p. 27; e tut-
tora il vescovo d'Urgel n'è riconosciuto
principe sovrano con piccolo tributo, ed
ogni nuovo vescovo si reca a prendere
possesso, con quelle formalità che dirò
in fine, narrando quello preso dall'odier-
no vescovo. Ne furono primi vescovi Giu-
sto che intervenne al concilio di Toledo,
Simplicio che fu a'concilii di Toledo e di
Barcellona, s. Ermengaldo, s. Odone, ed
il fnmoso Felice. Egli era stalo maestro
d'£'/?/7/7«r/o arcivescovo di Toìcclo^W qua-
le lo considlò in qual modo egli ricono-
scesse Gesù Cristo, in quanto uomo, per
Figlio di Dio; se lo credeva figlio ^rr Jia-
fnrrTj o solamente per adozione. Felice
rispose , che Gesù Cristo, in quanto uo-
mo, o secondo la natura umana, non è
che Figlio adollivo e noneupativo , cioè
solamente di nome. Per questi errori e
per quelli contro il culto delle ss. Imma-
gini, quali Ncstoriani e leonorlaiti, am-
bedue furono condannati da diversi con-
cilii, da'Papi Adriano I e s. Leone HI, e
principalmente confutali da s. Paolino
patriarca d'Aquileia, e da Alenino, come
e meglio narrai ne'due indicali articoli.
Si dubita della sincerità della conversione
di Felice, poiché alcuni vogliono che do-
po la condanna de'suoi errori li rinunziò
solo esteriormente. Essendo slato Felice
rilegato a Lione, dove visse circa r 5 an-
ni, Agobardo che nel vescovato d'Urgel
gli successe, assicura in uno scritto ch'egli
fece contro Felice, di già morto, che a-
U RG
vea avuto una conferenza con lui , nella
quale 1' avea costrello a riconoscere la
verità , e che non avea mai pubblicalo
questa sua confessione, sulla promessa che
f Felice gli avea fallo di non insegnar più
i suoi errori; ciò ch'egli però non avea tra-
lascialo di fare segretamente. Mentre
lì' era vescovo Ingoberlo, verso 1*884 nn
chierico spagnuoiodi nome Selva, ch'era-
si ritirato in Guascogna, persuaso sopra
una falsa voce che Ingoberlo fosse mor-
to in un viaggio da lui intrapreso, si re-
cò a visitare Sunifreddo conte d'Urgel, e
mercè la sua protezione si fece ordinare
vescovo d'Urgel. Poco dopo essendo com-
parso ingoberlo, dileguò colia sua presen-
za la voce della sua morte; ma Selva non
volendo perdere il frullo della sua ordi-
nazione, discacciò il vero pastore e si po-
se in sua vece nella cattedra episcopale.
Due anni dopo questo delitto un altro ne
aggiunse, ordinando pel vescovato di Gi-
rona Hermeumire contro il voto del cle-
ro e del popolo che aveano eletto un chie-
rico di buoni costumi di nomeServnsDer.
Avendo Teoilardo arcivescovo di Narbo-
na fatto consapevole Papa Stefano V det-
to VI di quelle due usurpazioni , adunò
per suo ordine a' i 7 novembre 887 un
concilio a Pori sui confini di Maguelona e
di Nimes. Si lesse la lettera pontifìcia che
dichiarava scomunicatiHermenmire eSel-
va,e fu dall'assemblea confermata la con-
danna; ma Teodardo impedì che vi si av-
viluppasse ilconteSunifreddo che avea fa-
voriti i due intrusi, e V esito fece vedere
ch'egli avea operato snggiamente;giacchè
recatosi da Sunifreddo ottenne colle sue
rimostranze di slaccarlo dal partilo che a-
vea abbracciato. Hermenmire però trovò
mezzo ài mantenersi sulla sede di Girona.
Sunifreddo incorse poi per altre cose le
censure ecclesiastiche, ma ne fu assolto
nel 909 da un concilio. Nel 1024 il con-
te d'Urgel Ermengaldo II tenne nel ca-
stello di Pons, situato nella sua contea,
un placito ili.** novembre sulla lite ver-
tente tra Ermengaldo vescovo d'Urgel e
U RG 7
Durand abbate di s. Cecilia nella stessa
diocesi, intorno la chiesa di Curticile nella
parrocchia di Castelbon, di cui si conten-
devano la proprietà. Il giudizio pronun-
ziato dal conte, dopo aver maturamente
pesate le ragioni delle parli, fu a favore
del vescovo. Il conte d'Urgel Ermengal-
do III e sua moglie Clemenza, nel 1057
con Guglielmo vescovo d'Urgel e suoi
canonici , fecero lo scambio del castello
di Solsone contro la metà di quello di
Saint-Lezinie. Ne! i348 da Utrecht fu
trasferito ad Urgel Nicolò Capocci (f^.)
romano, nel 1 35o creato cardinale. Nel-
le Notizie di Roma sono registrali i se-
guenti vescovi d'Urgel, con l'epoca di lo-
ro promulga^ion»^ Nel 1788 d. Giorgio
Curado. Nel 1747 d. Sebastiano de Vit-
toria girolamino d' Aspeizia diocesi di
Pamplona. Nel 1707 Francesco Giusep-
pe Catalan de Ocon di Ferror diocesi di
Mal.Tga. Nel 1763 Francesco Fernandez
de X'iliva de Casas Ibanes diocesi di Car-
lagena. Nel 1771 Giocchino Santiyan-y-
Valdiavelso d'Arge diocesi di Santander.
Nel 1780 Giovanni Garcia Montenegro
di Lugo. Nel 1785 fr. Giuseppe Ooltas
minore osservante d'Orano arcidiocesi di
Toledo. In tempo di questo vescovo Pio
VI diresse al cardinil Vincenti Mareri
nunzio di Spagna il breve Decct Ronia-
nitni Pontifì,cem, de' 25 febbraio 1794»
Bull. Roni. cont. l. 9, p. 356, col quale
confermò la transazione tra il detto ve-
scovo d'Urgel e il suo capitolo, e l'abbate
del regio monas-tero benedeltino di Ri-
poli, sotto il titolo della B. Vergine di Ger-
ii nullius dioecesisy nella provincia eccle-
siastica di Tarragona; sulla reciproca ces-
sione rispetto alle parrocchie di Caballe-
ra, Aja, Benlola , Llus , e cappella di s.
Pietro della villa di Rivas, in favore de.'
vescovi d'Urgel, tranne s. Michele di Ca-
ballerà da ritenersi dall' abbate di Ri-
poli. Ed a questi si riconobbe la podestà
di conferire lai.'' clericale tonsura e i 4
ordini minori a' secolari e regolari resi-
denti nella medesima parrocchìa,e di con-
8 U R G
cedt're le lettere dimissonoli per lutti e
singoli gli onlini maggiori, ordinando
l'amministrazione della confermazione a
qualunque vescovo cattolico.Nel concisto-
ro de*27 giugno iSaS fu preconizzato da
Leone XI I abbate di detto monastero nul-
linSyi\. Antonio Guidel-y-Prinies, mo-
naco del medesimo, a presentazione del re
di Spagna. Ripiglio la serie de' vescovi
d'Urgel. Nel 1797 Francesco Antonio de
la Duana-y-Cisteros di Villanova de la
Fuente arcidiocesi di Toledo. Nel 18 17
Bernardo Francesco Caballerodi Madrid.
Nel 1824 fr. Bonifazio Lopez domenica-
no di Montchermoso diocesi diCoria. Leo-
ne XII nel concistoro de'25 giugno 1827
dichiarò vescovo d'Urge! d. Simone de
Guardiola di Mersias arcidiocesi di Tar-
ragona, già abbate cassinese di Monser-
rato e visitatore generale del suo ordine,
lodatissimo nell' esercizio di tali ufiizi,
grave, prudente, dotto e pieno di probi -
tìì. Per sua morte il regnante Pio IX nel
concistoro de' io marzo 18 53 promulgò
l'attuale vescovo mg/ Giuseppe Caixal-y-
Estradè di Velusell arcidiocesi di Taira-
gona, dottore in s. teologia, parroco, ca-
nonico della metropolitana di Tarragona,
dotto, grave^ prudente,di morale probità
e degno del vescovato (per sospetto d'a-
ver favorito i carlisti, fu poi rilegato all'i -
sole Baleari, come notai nel vol.LXXVF,
p. 253, nel proseguire brevemente i cen-
ni storici contemporanei della Spagna,
che compio a Valenza; indi restitui-
to alla sua sede). Riporta il Giorna-
le di Roma del i853ap. 790. Andor-
ra città e la deliziosa Valle d' Andorra,
è un territorio posto tra la Spagna e la
Francia, al sud del dipartimento dell'Ar-
riege, indipendente da questi due stati,
ed ha per suo principe e ordinario il ve-
scovo d'Urgel, ed ecco come ne prese pos-
sesso l'encomiato prelato ili.°agosto con
solennità secondo gli antichi costumi e
l'antiche memorie. Il vescovo si mise in
viaggio per alla volta di sua diocesi e del
$uo regno insieme col sindaqo e due abi-
URG
tanti d'Andorra, ch'erano andati ad in-
contrarlo alla Seu d'Urgel ed erano stali
alloggiali nel palazzo vescovile; era pure
accompagnato dal governatore, dal capo
battaglione del i ©."cacciatori di guarni-
gione alla Seu , dal giudice, dall' alcade
ec. Un picchetto di cacciatori a cavallo
precedeva il corteggio vescovile sparando
fre(|uenti colpi di fucile, che echeggiava-
no per quelle valli. 11 limite del territo-
rio d'Andorra è formalo dal torrente Rio
Rune; dall'altra parte del torrente atten-
devano il vescovo tutti i dignitari della
Valle, vestili secondo il loro antico e pit-
toresco costume, e sopra un poggio vici-
no al cammino stavano 4o uomini orna-
li d'arcobugio (Escopeleros); appena fi-
niti gli spari di questi, un silenzio impo-
nente si slese su tutta la Valle. Il sinda-
co arringò il vescovo dichiarando, che le
Vjalli lo riconoscono per loro sovrano; ma
che però era necessario, avanti d'enlrar-
vi, che giurasse di rispettare e conserva-
re i loro privilegi o fueros. Il vescovo a-
vendo fatto questo giuramento, il sinda-
co e l'altre autorità gli baciarono la ma-
no ; allora il sindaco gridò: Viva il prin-
cipe d'Andorra 1 E la popolazione ripetè
mille volte questo grido con entusiasmo,
si fece una sparata di facili e suonarono
tutte le campane. Il torrente Rune è 3
miglia distante d' Andorra. All' entrare
nella città d' Andorra fu apparecchiata
una cappella ornata di rami e di fiori.
Il vescovo vi fu ricevuto dal clero, e quin-
di andò alla chiesa principale denomina-
ta cattedrale, ove si canlò il Te Deiim.
Il corteggio poscia andò al palazzo del
consiglio , nella gran sala del quale il
principe vescovo prese possesso del suo
territorio,enefu redatto processo verba-
le da due notari con testimoni ; quindi vi
fu un banchetto di 78 persone a tavola:
il sindaco offrì alcune monete d'argento
in segno del tributo che paga Andorra.
Il vescovo le accettò ordinando che fos-
sero dille al curato per distribuirsi a' po-
veri. Furono fatti brindisi in verso ed in
U R G
prosa. Il vescovo principe sovrano deve
visitare tulle le popolazioni d' Andorra,
ed amininisli'are la confermazione. Rica-
vo da'geografl le seguenti notizie. Andor-
ra, capitale della Valle di questo nome, ha
circa 3ooo abitanti, è compresa nella pro-
vincia di Saragozza, a 6 leghe d' Alcaniz
e I o da Foix. Andorra è la i .'^ Ira le 6 co-
muni, che hanno diritto di eleggibilità; le
altre 5 sono Canillo, Encarap, Ordino,
Massane e Saiut-Julien. I subalterni vil-
laggi giungono a 34- In mezzo alle piti
scoscese montagne de'Pirenei,conducono
gli abitami vita libera e frugale, in angu-
sto territorio che non oltrepassa 7 leghe
quadrate. Gli andorresi parlano la lingua
ca^tigliana e costituiscono nell'insieme u-
na popolazione di quasi 3o,ooo indivi-
dui. Il prodotto di loro possessioni forma
la principale loro rendita, e vi si aggiun-
ge una copiosa miniera di ferro, che tie-
ne in attività parecchie fucine, e quanti-
tà di legname da lavoro. Gli andorresi
nell'esercizio della pastorizia , per V ab-
bondanza de'ioro pascoli, presentano dei
patriarcale nel politico reggimento. Im-
perocché dalle 6 comuni principali eleg-
gonsi 24 membri, 4 cioè per ogni comu-
ne, i quali compongono il supremo consi-
glio di governo, e le funzioni de'raedesi*
mi sono a vita. Il consiglio nomina due
sindaci, i quali hanno il carico della pub-
blica amministrazione, e radunano al l'oc-
correnza r assemblee. Narra l'avv. Ca^
stellano, che la rivalità de* due più po-
lenti vicini, il vescovo d' Urgel e il conte
di Foix , negli antichi tempi giunse più
volle a turbar la pace anco fra questi ru-
stici casolari. S'interpose Pietro III re
d'Aragona, e regolò con un suo lodo nel
1278 le condizioni dell'alto dominio co-
mune a'due padroni. Ambedue nomina-
vano il rispetti vo vicario per amministrar
la giustizia, e insieme concorrevano al-
l'elezione d'un giudice per 1' appellazio-
ni. 11 vescovo percepiva di tributo annui
scudi 90, ed il conte 180. Da particola-
ri couveuzioui eia regolato il diiitlu di
URG 9
ritirare determinata quantità di segala,
alcuni capi di bestiame d'ogni specie e
diverse merci, senza soggiacere a pubbli-
che gravezze. Dopo che Enrico IV redi
Francia riunì alla corona la contea di
Foix, e meglio nel 1617 l'esegui il suo
figlio Luigi XV, i re esercitarono in po-
co variata foggia le prerogative degli an-
tichi conti. Nel 1799 per la soppressione
d'ogni diritto feudale, terminò d'eman-
cipare gli andorresi dal lato di Francia,
e da quell'epoca, ad onta delle molle e
giavi politiche vicende , nulla si opera a
pregiudizio di loro libertà. Si può para-
gonare la Valle d' Andorra all'esistente
repubblica di s. Sfarino (V.)^ e nell'au-
lica Grecia a quella di Petenisso o Pm-
diiiisso (T.). Ogni nuovo vescovo d'Ur-
gel è lassato ne'libri della camera aposto-
lica in fiorini 2000; quanto alla mensa,
questa venne fissala dal ricordato concor-
dalo. La diocesi è vasta, e comprende cir-
ca! 5 leghe di latitudine, e più tli 26 di
longitudine, conlenendo 4oo luoghi.
Concini d* Urgel.
III. "fu tenuto nel 799 da Leidrado ar-
civescovo di Lione, che Carlo Magno a-
vea inviato a Felice vescovo d'Urgel ca-
duto nell'eresia, con Nifrido di Narbo-
na. Benedetto abbate d'Aniano, e parec-
chi altri tanto vescovi, che abbati. Per-
suasero Felice d'Urgel di portarsi a tro-
vare il detto re de' franchi, prometten-
dogli un' intera libertà di produrre in
sua presenza i passi dell'opere de'Padri,
eh' egli pretendeva favorevoli alla sua
opinione. Baluzio, In Notis ad Àgohar^
do. Il 2.° si adunò neirSoo, pure contro
l'eresia di Felice. G^///<2 chr. t. 6. Il 3."
nel 991 sulla disciplina ecclesiastica. A-
guirre, t. 3.
URGEL Giovanni, Cardinale. Spa-
gnuolo crealo cardinale di s. Chiesa i\<\
Urbano VI a' 18 o 28 settembre 1378.
Si portò a Pisa nel seguente gennaio, per
passare poi in Roma, ne altro si conosce
di lui ; anzi Contelori riferisce non avei*
trovalo alcuQ monuoieoto del suo cardi*
IO UHI
iialato, però ricordalo dagli Annali Pi-
sani, da Panvinio e Cìacconìo.
URIM e THUMMIM. f\ Sacerdo-
810, Tempio di Gerusalemme, Razionale,
Tribù'.
URIM A 0 ORIMA o SURIMA.Sede
-vescovile della provincia di Eufralesia
d'Antiochia, eretta nel secolo IV sotto la
metropoli di Gerapoli. Ne furono vesco-
vi: Abraamio, che nel 363 sottoscrisse la
lettera del concilio d' Antiochia all' im-
peratore Gioviano, relativamente alla
consiistanzialità ; Marns assistè al conci-
lio d'Antiochia, tenuto dal patriarca Do-
nino, in rignaido ad Atanasio vescovo di
Perrha ; Davide occupava questa sede
iieir 845. Oricns dir. t. 2, p. 946. Que-
sta chiesa trovasi pure fra le sedi vesco-
vili soggette a' patriarchi giacobiti, e le
sono attribuiti i seguenti vescovi. Teodo-
ro del 736, Gregorio suo successore, Da-
vide deir845. Oricns dir, t. 2, p. 1 529.
URlTANA. F. Oria.
URNE CINERARIE, r. Sepoltura.
Ne riparlai ancora nel voi. LXXXIV,
p. 23o, e dicendo de' sepolcri antichi di
Toscana, Fejo^ Fuld ( ^.) ec.
URRACR Corrado, Cardinale. F.
Urach o Urrack.
URRIES Carlo, Cardinale. Vedi il
Tol. Ili, p. 23o, col. 2.^
URSACIO. F. Valente.
URSINO (s.),!." vescovo di Bourges.
Ordinato vescovo da'discepoli degli Apo-
stoli,si recòa spargere la luce della fede nel-
le Gallie; annunziò l'evangeloa Bourges,
e vi fondò una chiesa di cui fu il i. "pasto-
re. Dopo la sua morte fu seppellito nel
luogo ov'egli era usato di seppellire gli al-
Iri; ma a poco a poco si cessò d'onorare la
sua tomba, e se ne perdeUe alfatto la
ricordanza. S.Gregorio di Tours, il (piale
ci riferisce questi particolari , aggiunge
the circa il 56o si scoperse miracolosa-
mente il suo corpo,e fu deposto nella chie-
sa di s. Sinforiano, che prese poscia il suo
nome. Filippo arcivescovo di Bourges nel
1239 lo diiotlerrò,e collocatolo in una
u as
cassa d'argento lo pose sopra l'altare. Si
assegna ordinariamente la missione di s.
Ursino nel II secolo. Lisieux. pretese di
possedere le di lui reliquie, ma senza fon-
damento, giacciiè sono sempre rimaste a
Bourges. La sua festa principale vienece-
lebrala 8*29 dicembre; però ne'marliro-
logi di Floro, di Adone e di Usuardoèia*
dicata a'9 novembre.
URSMARO{s.), vescovo regionario e
abbate di Lobes. Nacque presso Avesne
nell'Hainaut. Fino dalla sua prima gio«
vinezza mostrò un ardenlissimo amore
per gli esercizi di pietà, e praticando o-
gni virtù, studiavasi d* inspu'are altrui
que' sentimenti medesimi ond'era egli a-
nimato. Avendo s.Landelino fondalo l'ab-
bazia di Lobes sulla Sambra, nella diocesi
di Cambiai, Ursmaro vi prese rabito>pei'
consagrarsi unicamente al servigio di Dio,
e nel 686 ne fu fatto abbate. Questa di-
gnità fu per lui motivo di raddoppiare il
fervore in tutti gli esercizi di religione e
nelle austerità della penitenza. Egli non
mangiava mai né carne,nè pesce, non be-
vea che dell'acqua, e passò io anni senza
gustar pane, neppure dopo una perico-
losa infermità che pali. Terminò l'abba-
zia e la chiesa di Lobes, che s. Lan-
delino non avea potuto compire, e fondò
vari monasteri, fra' quali quelli d' Anne
e di Wasler. Non potendo il suo zelo ri-
manere ristretto nel ricinto dell'abbazia
deliberò d'uscirne per dedicarsi alla con-
versione de'peccatori, e predicare l'evan-
gelo agi' idolatri delle diocesi di Cam-
biai, Arras, Tournay,Noyon,Tei ouanne,
Laon, Metz, Colonia, Treveri e Mastricht.
Fu consagrato vescovo, e ne esercitò le
funzioni in virtù di commissione della s.
Sede, continuando tuttavia a dirigere la
sua abbazia con molta saggezza. Senten-
do avvicinarsi il suo fine, fece nominare
s. Ermino per governarla in suo luogo,
e non occupo'«si più d' altro che di ter-
minare santamente la sua vita. Morì nel
713, in età di 69 anni, il 18 aprile, nel
qual giorno è onoralo come protettore di
UR3
, Binclie,a Lobesea Luxeroburgo. Fu sep.
pellito il dì susseguente, ed in tal giorno è
nominato nel martirologio romano e in
altri molti. Le sue reliquie si custodisco-
no aBincbe,ch'è una piccola città distan-
te 4 legbe da Mons.
UUbOVICO Cristoforo, Cardinale.
Inglese, cliiamato pure Ursuwike e Barn-
bridge, insigne pei* scienza legale, non
senza taccia d'intemperante e pieno di
vanità, stretto in amicizia col cardinal
IMorton arcivescovo di Cantorbery, soffrì
gravissimi disturbi e acerbe persecuzioni
fiotto Riccardo III d'ingbilterra, in dife-
sa dell'immunitàecclesiastica, dalle qua-
li felicemente scampato fu da Eurico VII
eletto regio elemosiniere, e nominato ve-
scovo d'alcune cliiese del regno, non che
ambasciatore all'imperalore Massimilia-
no I, a Carlo Vili re di Francia, a Fran-
cesco duca di Bretagna, ed a Lodovico
duca d'Ot leaus. Dopo queste ambascerie,
in cui die saggio di se e del suo valore,
venne trasferito all'arcivescovato di York,
e da Alessandro VI dichiarato questore
o collettore apostolico nell' Inghilterra.
Decorato nel i5ii del carattere di mi-
nistro del re Enrico VIII presso la s. Se-
de, in ten»po in cui ardeva fiera guerra
tra Luigi XII re di Francia e Papa Giu-
lio li ; questi pel di lui mezzo avendo ot-
tenuto dal re la difesa della Chiesa roma-
na e la guerra mossa a'francesi, in rico-
noscenza a' IO marzoiSi i lo creò in Ra-
venna cardinale prete de* ss. Marcellino
e Pietro. Il lustro però della conseguita
dignità non fu capace di correggere o
frenare il ruvido e bestiale umore che
talvolta lo predominava e che poi gli fu
fatale. Lasciandosi trasportare dall' im-
peto d'un cieco e infrenabile furore, ta-
lora insultava e percuoteva anche in pub-
blico, non solo i propri famigliari dome-
stici, ma anche gli altri. Tra'molti da lui
maltrattati vi fu Rinaldo da Modena suo
servo, il quale fortemente sdegnato del-
l'indegno trattamento ricevuto pubbli-
camente, si abbandonò al riprovevole
• USE n
partito di propinargli disperatamente un
potente veleno, cìel quale mori in Roma
neli5i4j ed ebbe tomba nella chiesa na-
zionale di s. Tommaso del collegio ingle-
se, dove al manco lato della porta che
introduce in sagrestia si vede la statua
del cardinale espressa in marmo, in abi-
ti pontificali e in piedi, con nobile epi-
taflio. Scrisse con pari erudizitjue ed e-
leganza l'istoria di sue ambascerie, e al-
cuni trattati di giurisprudenza, che dis-
graziatamente perirono. Quanto poi al
crudele fimigliare Rinaldo, posto in car-
cere, si tolse la vita col veleno; ciò non
pertanto e ad /errore/w, squartato il suo
cadavere, i brani furono appesi alle por-
te esterne di Roma.
U RTELLO, Urteliim. Vescovato del-
l'Aruìenia maggiore, sotto il patriarcato
di Sis. Martire suo vescovo assistè e sot-
toscrisse il concilio di Sis. Oriens dir. t.
i,p. i448.
USCAVANO o USCOVANCH o U-
SCl. Vescovato dell'Armenia maggiore,
sotto il titolo di s. Sergio, con resilienza
nel monastero presso Erivan, del patriar-
cato d' Ezmiazin. Il celebre Uscan , che
seileva verso la metà del secolo XVII, si
qualificava ora vescovo di s. Sergio nel-
l'Armenia maggiore, ed ora vescovo ar-
meno ò! Erivan. Questo prelato essendo
ad Amsterdam nel 1666 e nel 1667 la-
sciò molte memorie firmate di sua mano,
relative alla fede degli armeni sulla pre-
senza reale. Oriens dir. t. i_, p. i448-
USELLl o USAL o USEL. K Ales
e Terraiba.
USEZ o UZES, Ucetia seu Usecia.
Città vescovile della Bassa Linguadocaia
Francia, nel dipartimento del Gard, ca-
poluogo di circondario e di cantone a cir-
ca 5 leghe da Nimes e quasi 9 da Avigno-
ne, sopra un'altura e sulla sponda destra
dell'Auzou. Ha tribunale di i.'' istanza,
conservazione dell'ipotechejdirezione del-
le contribuzioni indirette, società d'agri-
coltura e collegio comunale. La catte-
drale antica, dedicata al patrono s. Teo-
13 USE
ìlorito o Teoflorico piele e maiiire an-
tiocheno d'Usez, fu regolare tie'canonici
di 8. Agostino, cioè prima vi furono quel-
li della congregazione di cui parlai nel
voi. VII, p. i5jf e poi quelli di s. Geno-
veffa in lenipo de*quali e nel i 726 fu se-
colarizzato il capitolo, ed allora si formò
di 4 ^igi^it^ e di iG canonici. Erano ri*
inarcabili la collegiata di s. Lorenzo, le
parrocchie di s. Stefano e di s. Giuliano,
jacasade'gesuiti, 3 conventi di francesca-
ni e 2 di monache. Ora 1' antico palazzo
vescovile, e il bel terrazzo presso la chie-
sa di s. Teodorico, donde godesi d'estesis-
sima vista, sono gli oggetti più osservabi-
li della città, che in genelale è mal distri-
buita e mal fabbricata. Al basso del pa-
lazzo vedesi l'abbondante sorgenled'Au-
le, che traversa l'acquedotto del Gard per
andare a Nimes. Vi hanno fabbriche di
berrettame di borra di seta e lìlugello,di
panni comuni, di cartoni equivalenti a-
gl'inglesi. Vi SI tralìlca di seta, vini, acqua-
vile, olio e grani, tenendovisi 3 fiere an-
nue. Patria di diversi illustri , fra questi
si distinsero Mosè Charas chimico e mem-
bro dell' accademia delle scienze , Pietro
Costa scrittore istruitissimo, Giovanni Le
Mercier dotto professore d' ebraico nel
collegio diFrancia, e Giacomo iMarsollier.
^^elle vicinanze è una sorgente minerale,
appellata Fontana del Peyret, ed uber-
toso n'è il territorio. A 6 miglia di distan-
za si ammira un bell'avanzo del grandio-
so monumento antico detto il ponte del
Gard, sulla strada tra Nimese Avignone.
Gli antichi romani per dirigere una cor-
rente d'acqua aNimes,do ve in alcuni tem-
pi la fontana resta assai bassa, fecero veni-
re l'acqua fino dalle vicinanze d'Usez. Di
là cominciarono l'acquedotto i di cui a-
vanzi furono giudicati tenere ili. "luogo
tra que'di Francia, dal marchese Maffei
«elle sue Gallia anliquitates cjuaedaììi
selectae , atqiie in plures Epistolas di-
sirihiUae. Antichissima questa città, fu
dominala da'visigoti e poi ebbe de'parti-
colari vij»cooti , che Cario IX eresse nel
USE
I ^(yQt in dignità di duca e pari, in favore
della nobile fmiiglia Cruceola. Gli abi-
tanti vi godevano de'privilegi straordina-
ri che perderono nelle fanatiche guerre
religiose, alle quali presero grandissima
parte nel secolo XVI. Avendo abbraccia»'
lo il calvinismo della setta degli ugonot-
ti, inalberarono con aperta ribellione il
vessillo dell' indipendenza , sostenendosi
co! municipale reggimento sino al 1629,
in cui furono forzati a sottomettersi ed a
veder spianali i ripari della loro città. La
sede vescovile appartenne alla provincia
ecclesiasticaNarbonese i /,non però suffra-
ganea della metropoli di Narbona.Tutta-
volta pare che per un tempo lo Fosse, poi
di Bourges,quindi d'Arles.Dice Com man-
ville che i vescovi ottennero da Papa s.
llaro del 461 una specie di diritto come
di metropolitano a pregiudizio di quello
di Narbona, ed in una Notizia antica si
legge, Castriim Ucetiense Melropolis*
certo è che in seguito fu vescovato esen-
te dalla giurisdizione del metropolita di
sua provincia. La Gallia Christiana y nel
t. 4>p. I i44> lipoi'ta la serie de* vescovi,
e pel I ."registraCoslanzo o Costantino del
45 1, sebbene è assai probabile che abbia
avuto predecessori, uno de'quali fu rap-
presentato da un Vincenzo sacerdote al
concilio di Rieznel 4^9)6 per lui Io sotto-
scrisse. Costantino intervenne nel 4^' a
quello d'Arles, ed all'altro del 45> e ne
firmò gli atti. Nel 5o6 il vescovo Proba-
zio fu al concilio d'Agde. Nella sua mor-
te il clero e il popolo elessero Norizio patri-
zio, con sua ripugnanza; diligente pasto-
re edotto predicatore. Divenuto vecchio,
nelle funzioni gli fu surrogato il suo disce-
polo s. Firmino (/^.), che in morte de-
gnamente gli successe e venne consagra-
to nel Sò^. Di nobilissima stirpe, era fra-
tello d'Aigulfo vescovo di Metz. Interven-
ne a diversi concilii con saggezza supe-
riore alla sua età, e pieno di meriti san-
tamente morì nel 553. In questo gli fu
sostituito il nipote s. Ferreolo ^ che per
lo zelo della conversione degli ebrei, la
USE
calunnia Io fece esiliare a Parigi, però ri-
conosciuto innocente venne reintegralo
nella sede dopo 3 anni con grandissima
soddisfazione del suo popolo. Allora s.
Ferreolo, riunito un sinodo, stabilì d'ac-
cordo col suo clero alcune regole sul mo-
do d'istruire gli ebrei, de' quali un gran
numero ricevè da lui il battesimo, esclu-
dendo dalla sua diocesi que' che persiste-
rono ne* loro errori. Governò in seguito
pacificamente la sua chiesa, ristabilendo-
vi la disciplina, assai rilassata durante la
sua assenza, e morì nel bacio del Signo-
re a'4 gennaio del 58 1. Coll'assenso del
re divenne vescovo Giovino già rettore
della provincia; poi Marcello, Aureliano
e Audoeno del 660. Ricorderò i più ce-
lebri successori. Raimondo de* signori di
Posquieres del 1 1 3o; Ebrardo morto nel
I i5o dopo avere riedificalo la cattedra-
le rovinata dagli eretici, assai liniosinie-
roj a Rainardo nel i 209 scrisse Innocen-
zo ni; Raimondo fu da tal Papa manda-
to legato apostolico forse in Francia stes-
sa, il cui re Luigi Vili confermò alla chie-
sa d" Usez le donazioni fatte dal padre
suo. In tempo d*Andrea Fredol del i3o8
Clemente V stabilì la residenza pontifìcia
nella vicina Avignone, e vide due paren-
ti elevati al cardinalato. Anche il succes-
sore Guglielmo de Mandagol del i326
ebbe nel congiuntoGuglielmo già arcidia-
cono d'Usez un cardinale. Nel 1 3/^5 fu ve-
scovo Eredio di s. Elia, che nel 1 356 In-
nocenzo VI elevò alla porpora cardinali-
zia. Neil 357 gli successe Pietro d'Arfe-
ville, sotto il quale Guglielmo Grimoardi
fu vicario e utìllciale d' Usez e nel 1 362
Papa Urbano V. Questi neh 370 confe-
rì il vescovato al nipote Pietro de Ru-
vera, cui successe nel i 37 i Bernardo de
Saint-Etienne. Guglielmo Soiberti nel
144^ fu traslato a Carpentrasso. Ga-
briele du Chastel nipote del predecesso-
re Oliverio, morendo in Roma neh 463
fu tumulato in s. Prassede. Fr. Lodovico
de Vigne carmelitano, neh6o3 fondò il
convento de' minimi di Ponte s. Spirilo,
USE i3
Paolo Antonio de Fay morì neh 632, e
Nicola de Gidiié del 1 645 è l'ultimo re-
gistralo nella Gallia Christiana , i suc-
cessori essendolo nel l. 6 della nuova e-
dizione, e gli ultimi" dalle Notizie di Ro-
ma. Questi furono, nelr737 Bonaventu-
ra Bauyn di Dijon, già canonico della me-
tropolitana di Parigi; ed Enrico Benedet-
to Giulio de Betesy deMezieres della dio-
cesi d'Argentina, fatto vescovo 0^1779,
il quale fu uno di quelli che ricusarono di-
mettersi nel 1 80 I dalle loro chiese, e sot-
toscrisse le proleste de'medesimi vescovi
contro il concordato che le soppresse in-
sieme a questa di Usez, e poi morì nel
18 16. Il vescovadi Usez godeva 25,ooo
lire di rendila, e pagava 1 000 fiorini per
lesue bolle. In tutta la diocesi si contava-
no 281 parrocchie, divise in 9 decanati.
Il celebre cardinal Bartolomeo Pacca,
morto decano del sagro collegio, nelle sue
importanti Memorie sloriche de' due
viaggi in Francia e prigionia, nel l. 3,
cap. 9, descrive il suo viaggio da Fontai-
nebleaUjOve era deportalo Pio Vll,ad U-
sez per rilegazione di Napoleone I ordi-
nata a'i4 gennaioi8i4> dopo la revoca
del famoso concordato ivi dettato da Na-
poleone I e concluso col Papa. 11 cardina-
leche energicamente avea con altri col-
leghi illuminato il Papa perabrogarlo, ra-
gionevolmente perciò temendo nuova re-
clusione in qualche fortezza, ne restò con-
tento. Quindi nel cap. io descrive il suo
soggiorno in Usez, ove fu ben accolto, al-
loggiando nella virtuosa e edificante casa
d'Amoreux. Dichiara Usez piccola città,
allora unita alla diocesi d'Avignone, non
lontana dalle famose Cevennes montagne
di Francia, con anguste strade e irrego-
lari edifizi. Conteneva poco più di 6000
abitanti, de' quali una 3.^ parte segue la
sella di Calvino, ed è la più facoltosa del
paese, perchè occupatasi nel conunercio
non avea falle le perdite, che hanno do-
vuto soffrire i nobili cattolici della città,
che possedevano prima della rivoluzione
feudi e altri diritti signorili. Tali ugonol-
i4 USI
ti conservono ancora l'anlìca animosità e
il maltalenlo contro i cattolici, e più vol-
te in tempo dello rivoluzione sostenuti da-
gli abitanti de'conlorni del così detto Gar-
donanche,e delle vici'ne Cevennes, che so-
no anch'essi in gran parte furiosi ugonot-
ti, hanno travagliala la popolazione cat>
tolico, ed obbligali i sacerdoti, o a pren-
der la foga in paesi stranieri, o a nascon-
dersi ne'vicini boschi per salvarsi dal lo-
ro furore. Nel tempo del soggiorno del
cardinale non diedero alcun segno d* av-
versione, anzi l'ebbero in grande concet-
to, considerando la sua fermezza nella re-
sistenza da lui fatta nel suo segretariato
di stato agli ordini di Napoleone I tenu-
to quasi onnipossente. Del resto trovò che
i cattolici avevano conservalo la cattedra-
le di s. Teodorito ridotta a parrocchia, e
la chiesa di s. Stefano sua succursale. Glie
gli ugonotti avevano trasformatoin tem-
pio pel loro cullo erroneo la chiesa de'fra-
li minori. Si loda d'avervi passalo 70 gior-
ni di sua fjuinquenne deportazione, che
qualificò i più sereni e tranquilli e forse
i più felici eli sua vita; libero e sciolto da
ogni cura e pensiero di carica e di ufljzio,
per la vita melodica che vi menò; per la
quasi generale coltura degli abitanti, spe-
cialmente gii ecclesiastici e i nobili; perle
attenzioni, ossequio e riguardi che gli u-
sarono, massime in chiesa ove gl'innalza-
rono un piccolo baldacchino , venendo
spesso visitato dal sotto-prefetto e dal
maire. A' 1 5 aprile in Usez proclamando-
si il governo del re Luigi XVIII, e la ca-
duta dal potere di Napoleone I, ed accia-
mando il Papa e il cardinale con parti-
colari dimostrazioni, esso coli' insegne
cardinalizie recossi a celebrare la messa
nella cattedrale con qualche solennità.
Celebrò pure nella parrocchia di s. Ste-
fiino, enella cappella dellesuore della ca-
rità dette .?wo/r nere dall'abito: dapper-
tulio facendo numerose comunioni. Ono-
ralo il cardinale in più modi dagli stessi
calvinisti, a'22 aprile partì da Usez per
r Italia e Roma.
uss
USINADA scu UsiDANA. Sede vesco-
viledelUiMauriliana Gesariana nell'Afri-
ca occidentale, sotto la metropoli di Giu-
lia Gesarea. Donaziano suo vescovo fu
esiliato nel 484 <la Uiinerico re de' van-
dali, che favoriva gli errori de' donatisti,
contro de* quali parlò Donaziano nella
conferenza di Gartagine. Morcelli, Afri-
ca dir. 1. 1.
USSERIO Giacomo. Nacque a Dubli-
no neh 580 da famiglia nobile e antica,
studiò nell'università di quella città d'Ir-
landa, e vi fece progressi rapidissimi, non
solamente nella lingua, nella poesia, nel-
l'eloquenza e nelle matematiche, ma al-
liesì nella cronologia , nella storia sacra
e profana, e nella teologia. Nel 1 6 1 5 com -
pilo in un'assemblea del clero d'Irlanda
alcuni articoli riguardanti la religione e
la disciplina ecclesiastica, che furono ap-
provati dal re Giacomo I, benché fossero
differenti da quelli della chiesa anglica-
na, e ad onta che 1' Usserio fosse prote-
stante ossia anglicano. Indi il re gli con-
ferì nel 1620 il vescovato di Mealh in Ir-
landa, e nel 1626 l'arcivescovato d'y^r-
inach (avendo in quest'articolo citalo la
sua biografia, scrivo la presente, ad onta
del protestalo parlando degli Scrittori
ecclesiastici) e primate dello slesso re-
gno. Neli64o passò in Inghilterra a ca-
gione delle guerre civili, e dicesi che i cu-
ratori dell'università di Leida gli offrisse-
ro una pensione considerevole col titolo
di professore ordinario, se voleva recarsi
in Olanda; e che il cardinal Richelieu gli
mandò la sua medaglia, e gli olhì grossa
pensione, colla libertà di professare la sua
religione acattolica in Francia, se vole-
va andarvi. Ma Usserio preferì di resta-
re in Inghilterra, dove morì a*2i raar-
zo I ^55 di 75 anni, lasciando di sé cele-
bre fama, come uno de'più grandi dotti
del secolo XVII, senza però poter cono-
scere che fuori della Ghiesa cattolica non
vi è la salute eterna, anche pel dichiara-
to nel voi. LXXIX , p. 73. Il protettore
d'Inghilterra Cromwell, sapendo quanto
V ss
era sialo amalo dal popolo, lo fece so-
iennenienle seppellire nell' abbazia di
Westniinsler. Abbiarao di LJsserio un
gran numero di dolle opere, lanlo in ia-
lino cbe in inglese, ma cogli errori pro-
pri di sua falsa credenza. Le Ialine sono:
1." Britannìcariim Ecclesiarum anli'
quìtales; quibns inserta estpestiferaea
Pelagio in Ecclesiam indiiclae haere-
seoshistoria^\&Zi.^.''Gravissimaequae'
stionis de cliristianarnm ecclesiarum in
Occidentis praesertim partihus , ab a-
posto liei s temporibus con ti fina succes'
sionCyet stata historica explicatìoy 1 6 1 3.
Ambedue quest'opere sono x\^\V Indice
de'libri proibiti. 3.° Storia di Gotescha-
quCy 1 63 1 .^.''Epistole di s. Ignazio mar-
tire ^ di s. Barnaba e di s. Paolo con no-
te, 1 645. 5.° De' simboli e formale dife-
de^ 1647. ^•" P^^ll'^niio solare de'Ma-
cerZo/i/, 1648. 7.° Gli annali dell'antico
Teslame?itOyi65o. 8.° Una lettera sul-
le differenti lezioni del testo ebraico,
i652. 9.° Gli annali del nuovo Testa-
mento, 1654. io.° Regola riguardante
la versione de' Settanta, i655. i i.** Cro-
nologia sacra, 1660. L'opere inglesi so-
no:!." Tre discorsi, di cui uno sulla ge-
neralità della Chiesa, pronunziato nel
1 624. 2." Risposta al p. Malone gesui-
ta, i63i. 3.° Trattato sull'antica reli*
gione irlandese e inglese, 1 63 1 .4.° Trat-
tato sulV Incarnazione, intitolato ImniU'
nuel, i63g. 5.° La conferenza del giu-
dizio di Renauld,sulV Episcopato, 1 64 1 .
^J' Descrizione geografica dell'Asia mi-
«ore, 1643. ^° Dell'orìgine de' vescovi e
de* metropolitani, i644' 8.°P/rco/o Ca-
techismo, i644' Molle opere miste, cioè:
i." Riduzione de* doveri de' vescovi. 2.°
Trattato suU* estensione de' meriti della
morte di Gesù Cristo. 3° Trattato sul
sabato. 4 ." Dell'ordinazione de* ministri
nell'altre chiese de' riformati. 5." Della
potenza del principe. Il lutlo stampato a
Londra neh 638. Lasciò inoltre mss. tre
trattali. 1 .° La censura de' Padri della
Chiesa e degli scrittori ecclesiastici. 2.°
U SS i5
Esposizione sopra Bellarmino. 3.° Bi-
blioteca teologica. L'ultima edizione de-
gli annali d'Usserio è quella di Ginevra
1722 e col i\{o\o: Annales T^eteris etlVo'
vi Testamenti a prima mundi origine
deducti,unacum rerum Asialicaiitm et
Aegfptiarumchronico,a temporis histo-
rici principia usque ad extremum teni'
pli et reipublicae Judaìcae excidi uni
producto: J. Usserio Arni, arch.etllib.
prim. digestore. Accedunt tria ejusdem
opuscola. Viene qualificato il più chiaro,
dotto ed esatto compendio della storia u-
niversale, poiché concilia colla s. Scrittu-
ra la storia delle grandi monarchie del-
r Asia e dell' Egitto. Alcuni dotti sopra
diversi punti non crederono di seguirlo.
Tulli convengono che Usserio era un pro-
digio d'erudizione, e che avca molta cri-
tica ed una gran conoscenza dell'antichi-
tà sagra e profana; ciò non ostante alcu-
ni protestanti vogliono che non abbia a-
vuto sempre il discernimento fino , nel
riconoscere genuini certi scritti dell' an-
tichità ecclesiastica che non favoriscono
la loro pretesa riforma. Riccardo Parr
cappellano del prelato e depositario di
tulle le sue carle,nel 1 686 pubblicò la sua
vita in inglese, con una raccolta di 3oo
letlere che avea scritto agli uomini del
suo tempo più illustri per erudizione, lu-
di Tommaso Smith pubblicò una nuo-
va vita.
USSITI, Hir/^.?77^e. Eretici seguaci del-
l'eresiarca Giovanni Huss, il quale prese
il cognome dal luogo ove nacque, villag-
gio diBoemia, circolodi Prachio sulla ri-
va sinistra del Blanilz, detto pure Hus-
senetze Hussinetz, vocabolo che significa
oca, perciò somministrò frequenti allu-
sioni agli autori protestanti ; quindi isuoi
fanatici e crudeli settari si denominarono
Ussiti e Flussi li. Di basso lignaggio, il
cognome di sua famiglia è sconosciuto. Si
vuole che il signore del borgo dove Gio-
vanni trasse i natali, gli abbia procuralo
i mezzi di studiare, annunziando egli fe-
lici disposizioni; ed in lai modo contri-
i6 USS
)ju\ .Vsuoì tlepIoral)ili progressi nel mon-
do, poìclièil suo fanatismo e In mania
tiell* innovazioni politico-religiose gli a-
fjuislarono poi un'infelice fama superio-
re a'suoi meriti. Fatto baccelliere e pro-
fessore dell'università di Praga neh 393,
ne divenne rettore nel 1409, quindi sa-
cerdote e confessore di Sofìa di Baviera
regina di Boemia; il che pose Giovanni
in relazione co'più ragguardevoli signori
del regno. Alcuni giovani boemi, allievi
dell'università d'Oxford,nvendoneI i4o4
propagato nel loro paese la perniciosa
dottrina de* IVìclcfislì (F.) , Giovanni
Huss, eli' erasi tutto infettato del nuovo
veleno, diffuse maggiormente gli errori
di tali eretici e ne aggiunse de'nuovi co'
suoi propri scritti ; osando altresì predica-
re in tutti i luoghi, e specialmente nella
cappella di Beltlerame a Praga »> che il
Papa era simoniaco, eretico, che non vi
Bvea ordini nella Chiesa di Dio, ma nella
società de'Demonii". Più tardi non esitò
di leggere in pubblico una lettera che due
studenti gli seri veano dall'Inghilterra, e di
raccomandare scandalosamente a'suoi u-
ditori l'opere dell'eresiarca Giovanni Wi-
clefcaposetta de'wiclefìsli, suo modello ed
oggettodi sua ammirazione; di quel Wi-
clef contro cui la Chiesa, Gregorio XI, A-
]essandro V,e il governo inglese si erano
uniti e accordati per combattere e dissi-
parne gl'infesti discepoli, conosciuti anco
sotto il nome di Lollardi [F.). Una tin-
ta di fìlosofìa antica, sparsa nella novella
eresia, la rendeva più pericolosa, mentre
si sosteneva in essa, che ogni creatura e
Dio, e vi si professava il sistema óeWani-
ma itnh'ersale. False idee di libertà, di
iralernità, di eguaglianza si mescolarono
all'idee di pretesa riforma religiosa e si
accreditarono rapidamente tra le persone
del popolo. I suoi progetti di riforma non
si limitavano, come se lo immaginava il
•volgo, alla Comunione (^F.) che si dovea
fare da tutti sotto le due specie : il conci-
lio di Costanza, di cui riparlai aSvizzERA,
si mostrò assai indulgente su tale articolo,
USS
il quale non pregiudicava al dogma; ma
questo I .°punto di disputa mascherava al-
tre fonti di errori, sovvertitrici della fe-
de, e che l'eresiarca non si curò di tenere
lungamente nascoste. I buoni erano tutti
indignati , ne più ascoltare potevano a
sangue freddo , spacciarsi da Giovanni
Huss questo strano e perverso ragiona-
mento. » Che non bisogna credere né alla
Madonna, ne a'Sanli, né alla Chiesa, ne
al Papa, perchè bisogna credere solamen -
te a Dio, e perché la Madonna, i Santi,
la Chiesa, il Papa non sono Dio. " Con
tali indegni sofismi, questo eresiarca ar-
ditamente impugnava le verità fonda-
mentali del cristianesimo. Altri princi-
pali suoi errori sono. Che la Chiesa non
è composta che di predestinati. Che i mi-
nistri i quali non sono giusti e predesti-
nati, non sono veri ministri. Che l'ubbi-
dienza ecclesiastica è una mera invenzio-
ne degli uomini. Che tutti i preti hanno
la podestà di predicare, e che non devo-
no astenersene per timore della scomu-
nica. Leggendoi frammenti dell'opera in-
titolata Della Chiesa, composta da Gio-
vanni Huss, destano stupore l'impronti-
tudine, la rozzezza, la licenza e la durez*
za delle sue espressioni contro il clero,
verso il quale non serbò egli mai misura
alcuna, nessuna convenienza. Le circo-
stanze diedero rilievo al personaggio ch'e-
gli rappresentava impunemente: non vi
era più centro di unità nell'Europa , pel
lungo e grande Scisma (F.), divisa \' Ub-
bidienza (F.) tra'diversi Papi e l'antipa-
pa ; riuscì egli quindi perfettamente nello
scopo che si era prefisso, d' infiammare
cioè ilrisentimentodella niollitudinecon-
tro gli ecclesiastici, di scatenare tutte le
passioni contro di essi e di farli trucida-
re. Vivente lo stesso Huss, i suoi scritti
misero la Boemia (F.) in combustione,
ed armarono il popolo del la capitale Pra-
ga contro i magistrali. Contento di su-
scitare gli animi , il novatore conservò
l'apparenze della moderazione io mezzo
alle turbolenze, cui dava occasione la sua
US s
eresia. Vcnceslao VI redi Boemia avreb*
he di leggieri troncato il male dalie ra-
dici e avrebbe risparmiato molle lagri-
me all'umanità se avesse voluto interpor-
re il suo potere; ma quel monarca indo-
lente, crudele e tutto dedito a'piaceri, non
si prendeva troppa briga delle sventure
che stavano per produrre le stravaganti
visioni del predicatore della cappella di
Dettlemme. Finalmente Stefano Paletz
professore di teologia e Michele de Cau-
sis , giustamente sbigottiti de' progressi
dell'eresia, denunziarono Giovanni IIuss
alla s. Sede. Il Papa Alessandro V nello
scomunicarlo con bolla de' 20 dicembre
1409 in Pistoia, gl'interdisse ogni eccle-
siastica funzione. Giovanni Huss a ppcilossi
al I ."concilio che doveasi tenere inCostan-
za per fare cessare lo scisma. Neli4'2 la
flicoltà teologica di Praga condannò in
globo 4^ articoli di Giovanni Huss, di-
chiarandoli come ciascuno o eretico, oer-
ronco, o scandaloso, o tenente liingiì fe-
deli dal vero cammino della fede. Egli
parli da Praga l'i i ottobre i4i4j p»'if^a
d'aver ricevuto il troppo famoso salva-
condotto, soggetto di questione tra'piii e-
ruditi critici. Giovanni lo ricevè solo i5
giorni dopo la sua carcerazione, e s'igno-
ra il tenore di quell'atto di sicurezza ; pro-
babilmente tale tenore non differiva da
quello che fu inserito nel salvacondotto
accordato a Girolamo da Praga , mae-
stro e baccelliere di teologia, suo furioso
discepolo, più di lui dotto e sottile nella
disputa, ed in esso è detto formalmente
" salva nondimeno la giustizia e perquan-
to dipende dal concilio e 1' esige la fede
ortodossa;" il che dava realmente la fa-
coltà ai concilio di far catturare la per-
sona dell' eresiarca. Costui quantunque
percosso dalle censure maggiori della
Chiesa, ribelle all'autorità legittima, pre-
dicò i suoi errori lungo tutta la strada , li
tradusse in lingua volgare, onde propa-
garli più da lontano, seminò dappertut-
to i funesti principii della sua dottrina. Si
portarono a Costanza anche Paletz e Cau-
U S S 17
sis , e vi arrivarono quasi conlempora-
neanienleadHnss,il quale dominato dal
fanatismo e dall' orgoglio, nulla rispar-
miò per irritare contro di lui non solo i
padri del concilio, ma altresì gl'inviati di
tulli i principi d' Europa. A dispetto di
lui le le censure di cui era allaccialo , di
propria autorità si sciolse da'Iegami del-
l'interdizione, osò celebrare la messa, sta-
bilire conferenze segrete, soffiar la fiam-
ma della discordia e sovvertire i principa-
li dogmi del cristianesimo , in una città
scella per fortificai li e per depurar la fe-
de. Tanli eccessi d'audacia costrinse l'im-
peratore Sigisnìondo, incaricato dell'or-
dine di quell'augusta assemblea, a farlo
arrestare a' 9 ottobre i4i5i. Giovanni
Huss avendo tentalo di fuggire dal con-
vento dov'era rinchiuso, fu trasferito una
lega e mezza lungi da Costanza, nella for-
tezza svizzera di Groteleben. L'impera-
tore, i padri del concilio e principalmen-
te il cardinal Armet di Broniaco decano,
esaurirono tutti i mezzi di dolcezza e di
persuasione; ebbero ricorso a tutte le in-
gegnose industrie della carità evangelica
per piegare quel cuore ostinato, per a-
prirgli gli occhi sui pericoli a' quali l' e-
sponeva una pervicacia senza esempio, e
per sottrarlo all'ultimo supplizio, con un
pronto pentimento e ritrattazione di lut-
ti i suoi errori. Giovanni era troppo or-
goglioso : volle acquistare una grande e
lagrirnevole celebrità a qualunque costo.
Palelz e de Causis, non meno che i giu-
dici scelli per verificare i caratteri de'si»,Oi
scritti, vollero procacciargli vie di ricon-
ciliazione e di salvezza; ma ninno fu ca-
pace di rimoverlo da'suoi vani sistemi di
religione. Pareva che insultasse alla mae-
stà dell'illustre adunanza ripetendo. Sto
ad determinalionem ConciliijmewUe ri-
gettava ogni parola di pace dello stesso
concilio, ascollando soltanto la voce
d'un amor proprio inconcepibile. Un de-
siderio smoderato di farsi un nome tra-
spariva a traverso di sì incredibile osti-
nazione. Fino all'estremo momento si a-
VOL. LXXXVII.
i« u ss
<lu|ii'<) con riiiti-omis&ìone de'suoi disce-
poli n guaiiagi):>re pioselili : fino alTiiI-
liiiiu istante palesò egli la più sfacciata
vanità. I Pnihi del concilio prima di prò
iiuuziaie Ih loro ultima decisione sulla
dottrina di Giovanni Huss, gli propose
IO un formolario d'abbiura sì equo, che
un uomo più illuminato e d' animo ri-
posalo r avrebbe acceltalo con ricono-
scenza, poiché tal formolario salvava il
suo amor proprio; ma tutto inutilmente,
e lo rigettò , né [u possibile ammollirne
l'animo. Piuttosto che piegarsi, egli disse:
»» avrebbe voluto che gli fosse posta una
mola al collo e che il gettassero in mare".
Condannata la sua rea dottrina nella ses-
sione i8.\ questo novatore dopo la scou-
sagrazione dal grado sacerdotale, fu con-
segnalo al braccio secolare l'S o a'i5 lu-
glio i4i 5, e condotto in un sobborgo di
Costanza al supplizio in uìezzo a un con-
coiso immenso di popolo d' ogni paese.
Egli salì con tutta l'intrepidezza del fa-
natismo sul rogo, co;ne sul teatro del suo
trionfo. Bruciato vivo, le sue ceneri si
gettarono nel fiume Reno. Gli ussiti rac-
colsero la terra del luogo, in cui il loro ca-
po eia stato arso, la portarono a Praga
e la distribuirono a'Ioro amici come una
terra sagra. Da quel fatale rogo, su cui
perì Giovanni Huss , si sparsero fino in
Boemia scintille, che accesero un sì vio-
lento incendio di guerre intestine e reli-
giose, che il sangue di più di 200,000 uo-
mini non bastò ad estinguerlo. La sua fi-
ne tragica ed i suoi errori, gli avvenimen-
ti terribili che ne furono il risultamento,
]o resero obbrobrio*)amente immortale,
più che i suoi talenti, non poco mediocri,
anche nel secolo in cui visse. INella sua pri-
gione scrisse alcuni trattali, sui Coman-
damenti di Dio, sull'Orazione domenica-
le, sul Peccato mollale, sul Matrimonio,
sulla Couoscenza e sull'amor di Dio, sui
Tie nemici dell* uomo, sui Sette peccali
niorlali, sulla Penitenza, e sul Sagramen-
io del Corpo e del Sangue di Gesù Cri-
sto. La raccolta delle sue erronee opere,
U S S
pubblicale a Norimberga nel 1 558 con
una prefazione degl'eresiarca Lutero^ fu
ristampala neli7 i 5, coll'audace e insul-
tante titolo: J. Huss ctHicronyin. Pia-
gcns'h- confcssoruni Cliristi hisLoria et
ino nume Illa. Il laico Girolamo da Praga,
nativo di quella città, arrestato nella Sel-
va Nera, fu condotto avanti il concilio di
Costanza per esservi interrogato sulla sua
dottrina; nella sessione i g.'^ egli condan-
nò gli errori di Wiclelfe di IIuss già suo
maestro ; ma avendo in prigione fatto
istanza d'essere ulteriormente inteso in
pieno concilio, nella sessione 21." vi fu
ammesso: ivi in luogo di sottomettersi al-
le decisioni della Chiesa, arditamente ri-
trattò la sua abbiurazione, parlò di Gio-
vanni Huss come d' un santo, e protestò
ch'egli aderiva alla sua dottrina ed a quel-
la di Wiclelì. Fu allora anch'egli dichia-
rato eretico e spergiuro ; consegnato al
braccio secolare, fu bruciato vivo come
recidivo nel i4i6. Narra Novaes nella
Storia di Martino F. Eletto questi l'i i
novembre 1417 nel concilio di Costanza,
rimase poi estinto lo scisma, ma l'eresie
de* furiosi e crudelissimi ussiti insangui-
narono la Boemia^ e gli errori penetra-
rono fatalmentenella M or a^^'ia^uftW Un-
gheria e nella Germania (V*)» H Papa
colla bolla Inter cunctas pastoralis cu-
racy de'22 febbraio 1 4 ' ^> Bull. Roni. t. 3,
par. 2,p. 4 18: Damnatio errornni Joaii-
nis TVicleff, Joannis IIuss ^ Hieronynii
dePraga^ et aliorwn.de SacranientisEc-
clcsiae male sentientibus,eorumque com-
plicunietfautorum.Ac forma hacreticoSj
suspectosque de haeresi exatninandi.
Contiene 4^ errori di Wiclelf, 3o artico-
li ereticali di Huss, e i 5 interrogatorii da
farsi a'sospetti d'eresia. Mandò la bolla a
tutto l'episcopato e agl'inquisitori contro
l'eretica pravità, a'quali é diretta. Quin-
di dichiarò colla bolla Apostolicae Sae-
dis praecellens auctoritas , de' 25 gen-
naio 14^6, Bull, citato, p. 458 : De Sa-
cramento Eucharistiae laicis sub una
tantum specie juxta Constantientis san-
V ss
cita Concilìì ministrando. I prinoi pa-
li errori di Wicleifed Hnss, rimarcali dd
Novaes, sono: Sostenere come dogma di
fede la necessità ne'laici della cojnunio-
ne sotto ambedue le specie e col Calice.
Insegnare l'esistenza del Paneei\ii\ fi-
«o{/^.), dopo fatta la consagrazione. Cre-
dere di niun valore l'amouinislrazionede'
Sagran)€/iti falla da'ministri dell'aliare
in peccato mortale. Ammettere a'sagi o
santi Misteri tulli i laici , che fossero in
grazia di Dio. Pretendere che la Chiesa
non potesse avere Rendite e possedeie Z?c'-
/i/len)porali. Atterrale Tordinedella Ge-
rarchia, sostenendo l'eguaglianza di lut-
ti i SacerdoliseuzH didérenza alcuna dal
Papay dd Cardinali^ lW P'escovi. Anche
nel 1422 con mollo zelo e diligenza, Mar-
tino V si applicò a reprimere i funesti
progressi dell'eresie degli ussiti in Boemia
(P .)i i quali diretti e armati dall'ostina-
to e furioso ussita, l'ejnpio Giovanni Zi-
sca, perseguitavano crudelmente i catto-
lici, distruggevano le chiese, profanavano
gli altari e le ss. Imniagini, bruciavano i
sacerdoti, olire altre iniquità. Gli ussiti
lacerando con furoie V inìmagini della
Madonna de Sette Dolori ("^.jjil concilio
provinciale di Colonia, tenuto contro di
loro e contro i wiclefisli, ne ordinò la fe-
sta. Pertanto Martino V indusse l'impe-
ratore Sigismondo re di Boemia e d'Un-
gheria, e gli elettori dell'impero a bandir
la guerra crociala contro i medesìnn e-
relici. Di più nel 14^9 ordinò la celebra-
zione della festa del Corpus Domini con
nuove indulgenze, anche ne'luoghi inter-
detti, e ciò per maggiormente promuove-
re il culto della ss. Eucaristia combal-
lula iniquamente dagli eretici Taboritl
( V.), una delle principali diramazioni de-
gli ussiti, derivali dal sanguinario e fana-
tico Zisca, dopo la morte del quale cnpo-
sella in parte presero il nome di Orfani
(^/^.jy a vendo sigli uni che gli altri aggiun-
te altre eresie a quelle degli ussiti. Deplo-
rabili furono i danni che cagionarono ila-
boriti col forsennato Zisca, loro capitano
e ss ,9
audacissimo e valoroso, contro i crociati,
e gli altri cattolici di Boemia^ Ungheria,
e Germania., nel 1 ." articolo avendo nar-
ralo a qual grado eccessivo di fanatismo
giunse quel caposella.Dopola sua morte
i sanguinari seguaci si divisero in due ter-
ribili fazioni : una ritenendo il nome di
taboriti, elesse a capo Procopio il Raso,
così detto per la chierica che avea porta-
to come pessimo prete; l'altra prendendo
quello d'orfani, per non volersi sollomel-
tere ad alcun condottiero. Parte degli us-
siti prese il nome d' Orchiti ^ Orehitae.pev
la dimora che fecero in una monla^nache
chiamarono Ore/^, e dove vantavano d'a*
vere ricevuta !a loro legge da Dio, come
Mosè. Un cattivo sacerdote denominalo
Bedrei,iiato in Moravia, si fece capo di
questo ramo di ussiti, che professavano
gli stessi errori degli altri, distinguendosi
per la loro crudeltà verso i sacerdoti e i
religiosi. Gli ussiti nelle sanguinose guer-
re che fecero, anco coni ro l'impero, erano
armali d'un grande clipeo o scudo di le-
gno, col quale interamente coprivano e
difendevai»o il loro corpo. Ne'Ioro accam-
pamenti lo collocavano in terra, e vi na-
scondevano l'intera persona. Venne con-
servata per lungo tempo tale specie di
difesa in molte città della Boemia, e fra
le altre a Praga. Con soddisfazione ili
Nicolò V, neh." maggio i44S entrò ui
Praga il celebre cardinal Carvajal lega-
to apostolico, per ridurre gli esaltali boe-
mi al buon sentiero, al quale però non
li trovò disposti. Pretesero questi segua-
ci dell'eresia ussita, che confermasse Gio-
vanni Rochizana primario cnposetta, da-
gli scismatici del conciliabolo di Basilea
fatto arcivescovo di Praga; ma il cardi-
nale ricusò di farlo, e parli a'2 i maggio.
Racconta Cardella nella biografia del
cardinal Carvajal, che nemico acerrimo
dell'eresia e valido sostegno della purità
della fede, per estirpare gli errori pio-
fessati dagli ussiti, fu sfidato a pubblica
disputa da Rochizana, ed egli slimò di
acccllaila. per non dar motivo agli ere-
20 U S S
liei dì vantnr vittoria in una causa, nclln
qualeerain vece per essi d'infallibile per-
dita. Giunto il giorno stabililo per la di
sputa, conaparsi nella pubblica adunan-
za il cardinale e Rochizana, piena es-
sendo de'personaggi più distinti del re-
gno, die principio alla dispula Rochiza-
na, ma sebbene insigne e profondo teo-
logo non potè pronunciare die le sole pa-
role : Aeterni Patris P^erbnm; rima-
nendo così confuso e così ottenebrato
nella mente, che quantunque per ben 3
volte tentasse con ogni sforzo di ripeter-
le e proseguire il discorso, non gli fu pos-
sibile. Attoniti per alto stupore i circo-
stanti, e coperto di confusione l'eretico,
il cardinale interrotto dopo convenevole
tempo il di lui vergognoso silenzio, die
principio al suo argomento colle stesse
parole proferite da Rochizana, e le pro-
seguì con tale energia, eloquenza e co-
pia d'erudizione, che molti di quell'as-
semblea, detestato l'errore, abbracciaro-
no le cattoliche verità. Nondimeno in
Praga dipoi prevalsero gli ussiti, e ri-
movendo Mainardo amministratore del
regno, per Ladislao i di tenera età e poi
degnissimo principe, gran difensore del-
ia cattolica religione, consegnarono la
città a Giorgio Podiebrado o Podielrna-
zio loro fautore ; onde il Rochizana
con maggior orgoglio si stabilì nell'usur-
pato arcivescovato, con grave cordoglio
del Papa. Nicolò V nel finire del i^ìn
mandò suo legato in Germania il celebre
cardinal di Cosa, per riformare la disci-
plina ecclesiastica corrotta dall'eresia us-
sita, con ordine d'esercitare la legazione
anche sul reame di Boemia, dove essen-
do rimasti vincitori gli eretici, dopo aver
preso Praga s' erano messi nuovamente
a perseguitare i cattolici. Allorché nel
i4^2 Nicolò V coronò in Roma l'impe-
ratore Federico III, questi non si comu-
nicò sotto ambo le specie, come in tal
funzione pralicavasi, per non sembrare
di approvar l'errore sostenuto dagli us-
siti, che propugnavano necessaria la co-
U SS
munione del calice. Nel r45i7 morì La-
dislao I, e neli45'H venne eletto succes-
sore l'amministratore Podiebrado perle
mene degli ussiti, che continuavano a
straziare la Boemia colle guerre. Viven-
te Nicolò V, il suo nunzio Piccolomini,
poi Pio 11, avea inutihnente dimostrato
a Podiebrado, quanto avrebbe meritato
colla Chiesa e col Papa, ed anco col suo
giovine re, se avesse ridotti gli erranti
boemi al culto cattolico. Inseguito il Pa-
pa Pio 11 neh 463 annullò i preliminari
di pace stabiliti fra' legati del concilia-
bolo di Basilea ed i boemi allorché vi
si portarono, in virtù de'quali essi avea»
no rinunziato a tutti gli errori, fuorché
alla comunione sotto ambedue le specie,
ciò che i padri scismatici accordarono.
Continuando il re di Boemia Podiebra-
do a favorire gli ussiti e perseguitai>e i
cattolici, riuscite inutili te pontilìcie am-
Dionizioni, Paolo 11 nel 1 466 lo scomu-
nicò e dichiarò decaduto dal regno, sen-
tenza che confermò nel 1467. lo vece
avendo il valoroso Mattia l Corvino, re
d'Ungheria e genero di Podiebrado, ri-
portato vittoria sugli ussiti nel ì^'jOy il
Papa gli mandò l'onorifico dono dello
Stocco e Berrettone benedetti (P^.). Indi
Podiebrado fu deposto anche da Mattia
I, e morì in mezzo a tali turbolenze nel
i47i' Sisto IV nel 1472 per estinguere
l'eresia degli ussiti, concesse il regno di
Boemia, comeché anticamente uno degli
Stati tributari della s. Sede (^.), a
Mattia I benemerito della Chiesa, ordi-
nando a'boerai sotto pena di scomunica
d'ubbidirlo e riconoscerlo per re, ed in-
sieme assolvendoli dal giuramento fatto
a Ladislao II o Uladislao V, ma questi
prevalse. Ormai estinta l'eresia degli us-
siti, rincrudì neli474'n Praga, facendo
gli eretici strage de'religiosi e spoglian-
do i monasteri. Dopo pochi anni rinno-
vò l'eresia Agostino Luciani, già vescovo
Santauriense e poi eretico. Innocenzo
Vili con tanto zelo si adoprò nel i486
per ridurlo al seno della Chiesa, che gli
V su
riuscì, onde potè deprimere l'eresia. Nel
1493 Alessandro VI aderendo all'istan-
ze del re Ladislao li, fece promulgare
la crociata contro i turchi, e per meglio
prom uoverla creò legato Orso vescovo di
Trani, dandogli ancora autorità d'assol-
vere e di riconciliare colla Chiesa roma-
na i pragesi, stati lungamente infetti negli
errori di Huss, indi resi ubbidienti i per-
tinaci daLadislao II dopoché nel 1490 era
divenuto re d'Ungheria. Ed è perciò che
i pragesi sci isserò al Papa di comun con-
senso, e condannando tutte le eresie, di-
chiararono di volere ricevere tutti i riti
cattolici, e osservarli perpetuamente; del-
la (|ual cosa il re stesso scrisse ad Ales-
sandro VI. Questi adunque ingiunse al
legato Orso, di riunire i pragesi nella co-
munione cattolica, di pacificare i principi
boemi, e di bandire la sagra guerra con-
tro gl'infedeli. In questa guisa, come piac-
que a Diojfu estirpata l'eresia boemica,re-
slituendo il legato nella grazia dellaChie-
sa i pragesi, tranne alcuni, i quali pochi
anni dopo furono costretti da Ladislao II
ad abbiuràrgli errori per timore ancora
di punizioni severe. Laonde nel 1499 ^""
rono assolti tutti quelli che si converti-
rono, venendo prosciolti dalle censure
fulminate da Paolo II; ed Alessandro VI
die piena autorità a* sacerdoti cattolici
boemi di riceverli nel seno della Chiesa.
Allora in Boemia rifiorì il cattolicismo,
e i pochi restati tultavolla ostinati fu-
rono perseguitati dal zelante re. Però nel
seguente anno pullulò nella Moravia e
nella Boemia la sozzissima eresia de*
Valdesi (V.)y come la qualifica l'anna-
lista Rinaldi, la quale coH'alIeltamento
di laidissimi piaceri perverti molti, di-
mentichi della propria eterna salute, con-
tro i quali Alessandro VI destinò inqui-
sitori, abbracciando essi diversi errori de-
gli ussiti. Poco dopo gli eretici Luterani
(/^.) rinnovarono la comunione sotto le
due specie, che dal concilio di Trento
condannata, divenne un essenziale osta-
colo per la riunione delle sedicenti chie-
UTE 21
se luterane o de' Protestanti (F.) alla
vera Chiesa cattolica apostolica romana.
Per altre notizie vedasi il Conlin, Di-
zionario delVeresic ,xìc^\ articoli Huss
e V ssiti j Beigi er. Dizionario enciclope-
dico, l'articolo f/^^z^zy Giovanni Coeleo,
Storia degli ussiti, Magonza i549-
USULA o USILLA o USILAE o U-
ZALA. Sede vescovile dell' Africa occi-
dentale nella provincia Bizaceua, sotto
la metropoli di Adrumeto o Hadramito.
Ne furono vescovi: Cassiano, che trovos-
si nel 349 al concilio di Cartagine; Teo-
doro fautore de*donatisti,i quali nel con-
cilio Cabarsussitano del 383 condanna-
rono Primiano ; Privato, che interven-
ne nel 4'! alla conferenza di Cartagi-
ne; Vittorino, esiliato nel 4^4 da Un-
nerico re de' vandali ; Lorenzo sottoscris-
se la lettera del concilio Bizaceno, man-
data nel 641 all'imperatore Eraclio Co-
stantino contro i rnonoteliti. Morcelli,
Jfr. chr. t. r . Usula, Usulen, è ora un ti-
tolo vescovile inpartihus, che conferisce
la s. Sede, trovandosi ne' registri conci-
storiali notata sotto i titoli arcivescovili
in partihus di Cartagine e di Adrume-
to o Hadramito, il quale è il più ragione-
vole,per l'antica dipendenza ad essa quan-
do n'esistevano le chiese. Gregorio XVI
nel 1843 col vicarialo apostolico di Co'
lombo lo attribuì all' attuale mg."^ Gae-
tano Antonio, allora pro-vicario, indi vi-
cariOjCome dissi nel voi. XXXI V, p. 260.
USUR.A. F. Monte di Pietà , e gli
altri relativi articoli.
UTENSILI SAGRI, Utensilia sacra.
Vocabolo generico e complessivo che com-
prende i sagri Arrediy Pannilinij Para-
mentii Festi, Fasi(F.) ed altre Suppel-
lettili sagre (/^.), ed ornamenti sagri per
uso della Chiesa o Tempio pel culto di-
vino, non che pe' suoi ministri e per la
Gerarchia ecclesiastica, Fcscovi (F.)
ec. , i quali sono soggetti agli Spogli ec-
clesiastici, al modo riferito in quell'arti-
colOjSu ciò vegliando i Succollcllori degli
spogli (F.)^ sul quale argomento abbia-
U TE
iiiu di G. Roiloni, De SpoUis Ecclcsia-
*//(•/>, Itoinae i585; ed in Ruoia per
gli utensili sagri ì\ìì Cardi na li ^ il prelato
Sfigri.itn (f^.) per la St/grexlia della
Cappella ponlìfìvia. Si può vedere l'ai-
tioolo i^lcnsili.i nel Ferrari, Prompta
Bihliotheca Canonica ec, sulla loro
somminislrazione, inanulen7Ìoiie, lasse,
padronali ec, rigtjardanli i medesimi.
iNel 1783 in Roma fu stampato dal
Giunchi: De Sacris Utcnsilibus Iracta-
tus^ SS. O. N. Pio f^f clicolus: aneto-
re Fabio de Alheriis pnlricio BUvaiia-
ti, Fabriani primuin, deinde Seiio^al-
liae, mine vero Eecle.siae Fidginalia Fi-
cario generali. Accessit Sacrae Roma-
nae Rotae deeisionuni ad nialeriam per-
tìnentiuni ejusdem in altero volu/ninc
colleclio^etin ntrocpie indices locuple-
tissinii. L'origine e il significalo delle au-
guste Ceremonie e de'venerandi Riti c\\q
accompagnano il Culto esleriore della
nostra s. Religione formano certamente
una delle più importanti e dilettevoli par-
li della sagra Erudizione. Benché per al-
tro questo studio, conosciuto sotto il no-
me di Liturgia, sia sialo con grandissi-
mo studio e impegno coltivalo, con in-
numerabili e preziose opere che illustra-
no il vastissimo argomento , nondimeno
ninno in certo modo sino all'Albertis, sot-
to il punto di vista che annunzia il titolo
«lell'opera, se è giusto il ragguaglio che
ne diede il n."3() deW Effemeridi di Roma
del 1783, avea preso parlicolar cura per
la parte più interessante di siffatti studi,
tioè la materia de'sagri utensili, l^erciò,
soggiunge lo scrittore di tal rivista , que-
sto vuoto della scienza liturgica venne fi-
nalmente riempilo, ed a suo giudizio e
di tulli gì* inlendenli, com'egli assicura,
degnamente e completamente , da non
lasciar nulla a desiderare. Dice quindi,
che per la scelta e disposizione della ma-
teria, l'opera può soddisfare lutti quel-
li the ponno averne bisogno o bramino
consultarla. I filologi e que'che sono mos-
si da semplice erudita e cristiana curio-
UTE
*ità, vi troveranno sciolti lutti i did)bi
sidia prima inlroduzione de'sagri utensi-
li d'ogni specie , ed il loro pio e mistico
o simbolico significato; i teologi e i mo-
ralisti vi leggeranno qualunque questione
circa le cose da credersi o la maniera di
condursi riguardo a' medesimi; e finaU
mentei giureconsulti, pe'(piali precipua-
mente,dice l'estensore dell'articolo, sem-
bra essersi avuto in mira nella composi-
zione dell'opera, potranno consultarla in
tulli que'casi forensi, ne'quali sj dispute-
rà della proprietà de'sagri utensili, e del
loro risarcimento. Si dice inoltre, l'opera
essere divisa in due vohuiìi in foglio, il i.'*
de'quali è destinalo all' esposizione della
materia, ed il 1." ad una collezione di de-
cisioni della s. Rota romana spettanti al-
la medesima , e disposte per ordine cro-
nologico dal I )83 al I 777. Tutto l'argo-
mento si svolge nel i .** volume in 1 7 capi,
lli.^e il 2.° parlano del nome e dell'uso,
divisione ed origine de* sagri utensili; il
3.** della loro necessità e utilità; il 4'** e
5." della loro materia e della loro forma
tanto antica che moderna; il 6° di loro
consagrazione e benedizione; nel 7." della
venerazione a'm edesimi dovuta; nell'8.**
della preminenza competente per loro
ragione; nel g.° e io.** di loro custodia e
di loro visita; l'i 1." della loro sospensione
e inlerdizione; il 1 1° di que' a cui spetta
di provvederli, donde si prende molivodi
parlare ancora di que'a'quali incombe la
manutenzione e riparazione delle chiese,
materia di tante liti nel foro; nel 1 3.° si a-
gila la (juestione, se e in quali occasioni
debba farsi copia de'sagri utensili a' ve-
scovi ed a'sacerdoti che vengono a richie-
derli pe'sagri usi; nel 14.*' si disputa sulla
contribuzione onerosa per la manuten-
zione o rifazione de'sagri utensili; nello."
si ricerca se i safari utensili vadano sosr-
getti allo spoglio,ese di essi possa dispor-
si per contralto o ultima volontà; nel 16.**
si esaminano i vari abusi che possono far-
si de'sagri utensili colla simonia, col fur-
to, colla superstizione, e si assegnano le
V T r
proporzionale pene pe'rei «li simili abusi;
nel 17/ finalmente si sviscera la materia
dell'alien azioue de'sagri utensili, e delle
pene degli alienanti. L'autore del com-
pendioso estratto dell'opera, dice avere
avuto presente nell* ollrire il breve prò»
spetto della medesima, di dare una prò
va dell'utilità grandissima che polranno
rilrarne i vescovi, i vicari generali, i par-
rochi, i confessori, i canonici e ogni classe
infine di ecclesiastici, giusdicenti e giure-
consulti. Finisce col dichiarare , luttociò
oltre l'essere illustrato con copiosa erudi-
zione storico-liturgica, trovasi corrobo-
rato dall'autorità delle costituzioni apo-
stoliche, de'concilii, de'ss. Padri e (le'più
accreditati dottori, alle quali si aggiunge
all'opportunità quella delle decisioni ro-
tali, de'decreti delle s. congregazioni, mas-
si :ue di quella del s. concilio di Trento.
Siccome non mi fu dato conoscere opera
di tanta importanza, stimai non inutile
dune un piccolo saggio sulla riferita con-
tezza, onde renderne avvertito chi l'igno-
rasse, se gli piace di farne ricerca. Del
resto, se no»i m'illudo, per quanto il com-
porta l'essenziale natura di tutta questa
mia opera e la mia pochezza, comechè
uscita unicamente da questa sola debole
j.>enna , pure mi lusingo in buona parte,
almeno nella piti intrinseca , di avere e-
saurito l'ampio e fecondo argomento ne-
gli innumerabili articoli, si speciali che
generici o relativi, che comprendono la
descrizione di tutti gli utensili sagri. In-
tendo dire, della loro origine, diversità
di nomi, differenti forme e materia , be-
nedizione e consagrazioue, usi diversi, in-
terdizione e abusi; della parte mistica e
simbolica, e dell'analoghe molteplici eru-
dizieni, in una parola di quanto special-
mente li riguarda. Ragionai anche de'po-
Hteriori decreti sui medesimijemaoati dal-
le s. congregHzioni e confermati da'piìi re-
centi Papijinclusi Vii mente al regnante, sul
delicato argomento dello spoglio ecolesia-
fclico, che pe'cardmali fino a pochi anm
addietro non era stato del lutto definito.
U T I 23
UTICA. Sede vescovile della provin-
cia Cartaginese proconsolare nell'xlfrica
occidentale, e antica città marittima del-
la reggenza di Tunisi (T'.), tra Cartagi-
ne e il promontorio d'Apollo. Era un'an-
tica colonia de' tirii o fenicii, al dire di
Pomponio Mela e di Stefano di Bisanzio.
l greci lachiamarono Itica,ed è da nota-
re che quelli di detta nazione che scrisse-
ro fra'Iatini, adoperarono tale ortografìa
che dava il suono d'Utica de'latini stes-
si. Questa città, per dignità e grandezza
non la cedeva che alla famosa Cartagi-
ne, V emula di Roma, e dopo la distru-
zione di questa, divenne la capitale della
provincia. Strabone T indica sullo stessa
golfo con Cartagine, e si dice che ad essa
fu di molto anteriore, e non mollo lungi
l'ubicazione. Augusto diede a qtie'd'Utica
il titolo di cittadini romani, e nelle mone-
te chiamasi Munì ci pi ni n JuUiim. Nella
spedizione dell' i«nperatore Carlo V di
Tunisi, nel I 535 sbarcò a Porto-Farina,
ritenuta comunemente l'antica litica,»'
«6 giugno. Spesso si fa di essa menzione
nella storia della guerra civile da Cesa-
re, e per la morte del rigiilo Catone di-
venne ancor più celebre. Marco Porcio
Catonesoprannominatod' lìtica, dd\ luo-
go dove morì, pronipote del fauìoso M.
P. Catone il Censore, fece la sua 1. "cam-
pagna nella guerra degli schiavi, e al suo
ritorno fu fatto qtiestore. Si unì a Cice-
rone contro Calilina, e si oppose a Cesare
nel senato. Fece tutti gli sforzi per unire
gli animi di Cesare e di Pompeo ; ma non
essendovi rilascilo, seguitò il partito di
Pom[)eo, che liguardava come il difenso-
re della repubblica. Finalmente ilopo la
battaglia di Farsaglia e la morte di
Pompeo, ritiratosi ad Utica,si trafisse con
un pugnale per sottrarsi alla servitù l'an-
no 45 avanti la nostra era. Nel sito dove
giaceva Ulica,trovan8Ì una quantità gran-
de di vecchie mura, un acquedotto molto
largo, cisterne ed altri vestigi d'edifiziche
manifestano una magnilìca e granile cit-
tà. Al sud ovest di tali rovine si vedono
24 U T I
i vasti campì che i romani resero famosi
colle loro gesta militari. La lappreseuta
ia oggi Porto-Faiiua, in vantaggiosa po-
sizione; altri dicono che fosse più vicina
a Diserta: propriamenlesulTarea dell'an-
tica Utica si colloca il casale di Boosha*
sthes o Satcor. Però quel i.°silo, stante il
limo dal fiume Bagrada convogliato, tro-
vasi attualmente a più miglia dal mare,
ove si [)escano con profitto i coralli , di
vhg si fa ampio comaiercio. Ulica ricevè
iie'primi tempi della Chiesa il lun»e della
fede, e nel secolo 111 divenne sede vesco-
vile sotto la metropoli di Cartagine. ili.°
vescovo che si conosca è Aurelio, che nel
:t55 intervenne al concilio di Cartagine.
Pare che a suo tempo, e certamente nel
258, durante la persecuzione di Valeria-
no, vi furono uccisi 3oo cristiani, deno-
minali AJassa Candida, perchè le loro
ceneri si mescolarono colla calce. Sono
venerati a'24 agosto col nome di Martiri
di litica (F.), e resero perciò gloriosa li-
tica ne'fasti ecclesiastici, il vescovo Ma u-
ro vivea nel 3o3; Vittore I fu al concilio
d'Arles nel 3 14; Quinto si recò al conci-
lio di Cartagine nel 339; Vittore 11 fu
alla conferenza diCartagiue nel 4 1 'J ^^'"
loniano trovossi al concilio di Cartagine
nel 4 1 9; s. Fiorentino intervenne alla con-
ferenza di Cartagine nel 484, e fu esilia-
lo da Unnerico re de* vandali , e con s.
Vindemiale di Gopsa si recò a Trcviso(F.)
ove santamente morirono: tumulati nel-
la chiesa di s. Gio. Battista , i corpi nel
1 0^3 furono trasportati nella cattedrale
dal vescovo di Ti eviso Rotari. Faustinia-
«o vescovo d'Ulica, fu al concilio di Car-
tagine nel 525; Junillo o Junilio fiori
verso il 55^ ; Flaviano sottoscrisse la let-
tera mandata dal concilio proconsolare
d'Ahica, a Paolo patriarca di Costantino-
poli contro i monoteliti; Potentino, V ul-
timo vescovo d'Utica, rifugiossi nella Spa-
gna verso il 684, in conseguenza dell'in-
vasione falla in Africa da'sarnceni. Mor-
celli. ylfriia dir. t. i. Per molto tem-
po suir autorità d'alcuni mss. fu cre-
U T I
duto Vittore vescovo di Fila, in vece
vescovo d* Ulica, celebre storico del-
l' invasione e [)ersecuzione de' Manda-
li (K). Utica, Uliccn, divenne un ti-
tolo vescovile in partihus sotto il simi-
le arcivescovato di Cartagine, che con-
ferisce la s. Sede, ed alcuni che ne fu-
rono insigniti li notai a'ioro luoghi, Co-
rnell cardinal Ann ibaldi morto nel 1367,
riferito nel voi. XX VII, p. 173.
UTIMMA o UTIlNUNA. Sede vesco-
vile d'Africa, nella provincia Proconsola-
re, sotto la metropoli di Cartagine. Il ve-
scovo Ottavio si trovò alla conferenza di
Cartagine del 4''* Morcelli , Jfrica
dir. l. I.
UTIMMIRA. Sede vescovile d'Africa,
nella provincia Proconsolare della metro-
poli di Cartagine. Ebbe a vescovi: Severo,
che trovossi alla conferenza di Cartagine
co' vescovi cattolici nel 4' i J e Beparato,
esiliato daUnnerico re de' vandali nel 484
per aver sostenuto nella conferenza di
Cartagine la fede cattolica contro i do-
natisti. Morcelli, Africa chr. t. i.
UTINA , Uthina. Sede vescovile del-
l'Africa occidentale, nella provincia Pro-
consolare, sotto la metropoli di Cartagi-
ne. La città sorgeva presso il fiume Raga-
di a, ed è illustre ne'fasti della Chiesa e
presso gli scrittori profani. Ne furono ve-
scovi: Felice, che trovossi al concilio di
Cartagine nel 255 ; Lampadio porlossi a
quello d'Arles nel 3i4; Isacco interven-
ne alla conferenza di Cartagine nel 4i » >
Felicissimo fu l'ultimo vescovo d'Ulina ,
poiché alla sua epocaGeoserico rede'van-
dali ne devastò la città. Morcelli, Africa
c/ir. t.i. Ulina, Utliinen,è un titolo ve-
scovile in par tibus,(\eW eguale arcivesco-
vato (li Cartagine, che conferisce la s.
Sede.
UTINlCA.Sede vescovile della provin-
cia Proconsolare d' Africa, della metro-
poli di Cartagine, e chiamata pure Uti-
ma o Parva Utina. Valerio suo vescovo
si trovò co'cattolici nel 4'^ ♦'»''» confe-
renza di Cartagine. Morcelli,^'. chr, 1. 1,
U T I
rXITI 0 MUTITI. Erelici ùuW-Lute-
rani (f.), e discepoli di Giovanni Hult.
Dicevanoch'essi erano figli tVIsraele^ve'
nuli per eslertuinare i cananei. Professa-
vano allresì la massima, che siccome il
giorno del giudizio universale si avvici-
nava, così bisognava prepararsi mangian-
do e bevendo senza limite.
UTMA. Sede vescovile d'Africa, forse
della provincia di Numidia, e perciò soUo
la metropoli di Cirta Giulia. Timiano,
uno de'suoi vescovi, Irovossi co' cattolici
alla conferenza di Cfutagine del 4 1 i .Mor-
celli, Jfrica dir. l.i.
UTRECHT (XJltrajccten). Città con
residenza arcivescovile, popolosa e bella
dell'Olanda nel regno de'Paesi Bassi, ca-
poluogo della provincia omonima, nella
quale tiene il rango principale, di circon-
dario e di due cantoni , a circa 8 leghe
da Amsterdam, ed a più di 12 dall' Aia
capitale della monarchia. Se(\(i d'un tri-
bunale dii.'' istanza , d' un tribunale di
commercio della giiuisdizione della corte
superiore di l'Aia^d'un'alta corte militare,
e anche d'un arcivescovo scismatico-gian-
senista. Trovasi situata in amena valle, in
riva al Reno Vecchio ed al Vecht che da
esso quivi si distacca, ed il Reno dividen-
dola in due parti o rami, a'quali fu dato
il nome di Vecchio e di Nuovo canale, i
quali bagnando la città si riuniscono do-
po averla attraversata in tutta la sua lun-
ghezza. E' fabbricata all'antica, cinta da
terrapieni con anjpia fossa, torri e mura:
quadrangolare n'è il recinto, che ad una
lega si distende. Niente pareggia la bel-
lezza dellesue vicinanze, soprattutto dalla
parte d'Amsterdam; nella sua forma qua-
si quadrata, le sue vie sono assai larghe
e ritagliate da canali il cui livello sta cir-
ca 20 piedi sotto il pavimento. L' edifi-
cio più rimarcabile è la cattedrale di s.
Marimo, da ultimo in parte cadente, con
superba torre alta 388 piedi, e secondo
il Castellano di 4^9, donde in tempo se-
reno si gode d' una magnifica prospetti-
va, ed iu mezzo u canali, fiumi e stagni
U T R l'i
scorgonsi circa 5o città. Notevole è an-
cora il palazzo civico, come pure diver-
si stabilimenti di carità, il palazzo del
re appellato Huis-van-Loo, la zecca ed
un collegio generale delle zecche del re-
gno. Utrecht è rinomatissima , peichè i
ducati d'oro d'Olanda ne'paesi esteri han-
no corso più generale. Vi sono eziandio,
una biblioteca publ)lica , un anfiteatro
d'anatomia, un giardino botanico, un ga-
binetto di storia naturale, un osservato-
rio astronomico, una scuola latina , una
società di poesia e più altre società lette-
rarie. Vi sono pure belli e comodi pas-
seggi, e tra gli altri quello del Maglio, che
aumenta 1' amenità de'dintorni. Distin-
guesi l'università fondata neli63o,eche
ha professori di lingue classiche, di ma-
tematiche, di medicina, di teologia e di
legge. Utrecht contiene pure un museo e
scuola di belle arti, una scuola veterina-
ria fondata dalla società agricola d' U-
trecht, ed una società provinciale, cioè vi
è un dipartimento della società del Bene
Pubblico e un dipartimento della società
nazionale ecorjomica. Il regnante Gugliel-
mo III re de'Paesi Bassi, con decreto de'
3i gennaio i854 eresse un istituto reale
e centrale Neerlandese di meteorologia,
destinando sua sede Utrecht e incarican-
dolo: 1 .°Di fare osservazioni meteorologi-
che in diversi punti del regnoe delle pos-
sessioni neerlandesi nell' altre parti del
mondo, a bordo delle navi mercantili
d' Olanda durante i loro lontani viag-
gi.2. "Di raccogliere e pubblicare periodi-
caujenle i risultamenti dell'osservazioni
meteorologiche che si farebbero ne'paesi
esteri. L' istituto dunque deve con uni-
formità d'osservazioni meteoiologicha su
vari punti del regno, oe'possedimenti d'ol-
tremare e sui vascelli de Ile flotte da guer-
ra e mercantili, raccogliere e pubblicare
i-risiiltuli (li queste osservazioni e di quel-
le che si fanno all'estero. Inoltre il re or-
dinò la costruzione ad Utrecht d'un os-
servatorio destinato all'uso speciale del-
l'islilulo centrale di luelcorolocia. Vi si
»6 U T R
vede un molino per la spianatura del ra-
me; di poca importanza sono lemaiìifat-
lure, ed il commercio poco considerabile,
benché favorito dal vantaggio d'una na-
vignzione interna facile; tuttavia vi si tro-
vano fabbriche di panno nero, e rinoma-
te sono le pannine d'Utrecht; di velluti,
di calze, di relfe, di ceraspagna, d'inda-
co, di lucerne economiche, di spille. Vi
hanno pure rallìnerie di zucchero e di sa-
le, e purghi di tela; e net vicino villaggio
di Baarn è una Horente manifattura di
tappeti. La città conta quasi 40,000 a-
bitanti, elegge 6 deputali agli stali della
provincia. Utrecht vanta parecchi illu-
stri, tra'quali primeggia il sommo Pon-
tefice Adriano /^YFlorenzi , sebbene il
Bellinlani senza fondamento lo pretese di
Sanzano di Brescia. Di cpiesto dotto e vir-
tuoso Papa, già professore e benemerito
dell' Unh'ersità di Loi'nnio (F.), vesco-
vo di Tortosa (/ .) e cardinale, e gover-
natore della Spugna (/'.) pel suo disce-
polo l'impeiatore Carlo V, non meno di
sua dotlrina, virtù e opere, ragionai ne'
citati e altri articoli, comechè per un com-
plesso di circostanze , poco conosciuto e
assai calunniato. E quanto alla patria, il
Buroianno nelle noie al Moringo, fltae
Jladriani F I^ dinjoslra sino all' eviden-
ze», ch'egli nacque in Utrecht, m Urbe no-
.stia TrajeclOf ed ivi porta un lungo ca-
talogo della genealogia di questo Papa.
È da avvertirsi che ne'Paesi Cassi si dan-
no due Trajetli , uno superiore, V altro
inferiore: il i .'*alla Mosa, ed è Masirichtj
il 2." al Reno, ed è Utrecht patria d'A-
driano VI. Dall'essere Utrecht fabbrica-
ta da'roraani sul maggior guado del Re-
no, da questo è venuto il nome di Traje-
cium poi Trerhtj in fine Utrecht j anti-
co passaggio del Reno o Utrajeciain^ va-
le a dire passaggio alla città di Volta,
per distinguerla dall'antica città di Ma*-
sJricht, o sia passaggio della Mosa, Tra-
Jcctitni ad Mosani. ^^er^iscrizione sepol-
crale si It'gge : Hadriano VI P. /)/. ex
Trajccto insigià infer. Gcr manine Ur-
• UT R
he. Del suo monumento sepolcrale ne ri.
parlai nel voi. LXI V, p. 109. Esso fu e-
retto da Willelmo Enchem'oer braban-
liuo, vescovo d'Utrecht, già preposto del-
la slessa chiesa , e fu 1' unico cardinale
creato da Adriano VI. Ne' voi, LXVI, p,
95, LXXI, p. i32, rilevai come antica-
mente si scrivevano i diplomi pontifìcii,
con caratteri detti impropriamente gotica
o romano alterato, di cui nel voi. XXXI,
p. 3oo, longobardo, sassonico e franco-
gallico; e che l'attuale forma di scrittura
usata nelle ^o//c^ apostoliche, fu introdot-
ta in Roma nella Dataria apostolica, tW
concittadini d'Adriano VI, e da questi ivi
chiamali e fatti venire da Utrecht , a di-
versi de'quali affidando la scrittura delle
bolle con carattere deforme e di forma
piuttosto olandese, quale usavano tra lo-
ro. Mg." Marini nella Diplomatica Poii-
tiftcia^ edizione 2-^ p. 64 , dice che nel
pontificato d' Adriano VI da que'd'U-
t rechi s'introdusse nella dataria un assai
j>ÌLi deforme carattere e scrittura della
precedente, e detta gotica volgarmente.
Che tloveliero le bolle pontifiicie questo
loro deturpamento ad Utrecht , per la
gente di colà passata in R.oma ; e tale
scrittura fu appellata bollalica, liegese e
lettera di s. Pietro. Tuttavia fa osserva-
re, che talee altri diversi caratteri, se pu-
re diversi, e non piuttosto modificati dal-
le diverse nazioni possano dirsi, non che
tutte l'europee scritture, derivano dal ro-
mano carattere, come sostenne Malfei^
contro Mabillon e Papebrochio. Utrecht
è principahnenle rinomata, perchè in es-
sa a'23 gennaioiSyg si strinsero in lega
con trattato di unione le 7 Provincie U-
nile della repubblica d'Olanda. Così fu
scosso il giogo assoluto di Filippo 11 re
di Spagna e sovrano de' Paesi Bassi, si
elfetluà la separazione dall'altre 10 pro-
vincie, ed in Utrechl fu solennemence pro-
clamata la propria indipendenza, dichia-
randosi Guglielmo I di Nassau principe
d'Orange Stadtholder o luogotenente di
tutta la Bassa Alemagna, a cui Filippo
U T R
1 1 nel 1 55^9 avea tlalo in governo le prò*
vincie d'Uliecht, Olanda, Zelanda e Fri-
sia. Nella guena del 1692, Ulrecht fu
occupala colla provincia dall'esercito fran-
cese per 3 anni. E inoltre famosa per es-
servi comincialo a' 29 gennaio 1712 il
congresso della pace generale, per la guer-
ra della sticcesdione alla monarchia di
Spagna {^ ■). li'di l'i 1 aiirileiyiS visi
concluse Ira gli alleali la celebre pace che
tranquillò 1' Europa^ tra la Francia e la
Spagna, ringhiltei ra, la Savoia , il Por-
togallo,la Prussia e l'Olanda. La pace par-
ticolare Ira la Spagna e il Portogallo vi
fu segnata a' i 3 febbraio 1 7 1 5, e così eb-
l^e fine quel clamoroso congresso, che
stabilì i nuovi destini d'Europa. Il Papa
Clemente XI avendo sa[)ulo che nel con-
gresso d' Utrecht i piincij/i eretici procu-
ravano con ogni sfojzo la ri vocazione di
lutto lo stabilito nulla pace di Riswick a
favore della cattolica religione, questa e-
nergicamenle in più modi difese, come a*
loro luoghi narrai, Utrecht eia provin-
cia fu il centro de'torbidi che precedette-
ro la rivoluzione deliygS. Dopo la riu-
nione air impero francese fece parte del
dipartimento del Zuider-zee. Nel 1 8 i 4 '^h-
venne parte del regno de'Pae-si Bassi, e
lo è tuttora. La provincia d'Utrecht, di
cui è capoluogo la città, piano e sabbioso
ha il territorio, tranne dal lato australe,
ove s'innalzano graziose colline. Vi si re-
Sj)ira l'aria più s.dubie e [)iù benigna,
che in lutto il licnanentedel regno. 1 dif-
ferenti rami del Pveuo irrigano copiosa-
mente il suolo, chedàsuUìciente raccolto
di cereali e pascoli ubertosi. Vi si fa corn-
rnerciodi asportazione di gr.ujo, tabacco,
bovi e fornuiggio. i suoi abiianli ascen-
dono a circa 1 60,000, ma sono nella mag-
gior parte Protestanti. La sua storia si
compenelra con quella ile' vescovi, insie-
me a quella della città, e questa vado
compendiosamente a riferire, dovendosi
tener presente l'articolo Paesi BASsi,tanto
per le notizie politiche e civili, (juanto per
le religiose. Prima però debbo dire del-
U T R 27
Pordine Teutonico, secondo W promesso
a quell'articolo, cioè de* cavalieri di tal
nome come oggi esistono nel regno de*
Paesi Bassi. Il territorio d'Utrecht face-
va parie de'i 2 tcrrilorii dell'ordine Tea-
tonico in Germania, formando un baliag-
giodi esso con i4 commende. Esso pro-
cedeva in gran parte dalla donazione fal-
la nel i23i da Svedero gentiluomo di
Munster, signore di Dingete eRingem-
burg, e dalla sua sposa Beatrice, a cui fu
poi unita la commenda di Schaluinen in
Olanda. Il cav. Antonio di Ledersake di
Printhagen pel i.^fu nel i 23 i eletto gran
commendatore di questo baliaggio. Al
tempo della pretesa riforma fu questo
sottratto alla sovranità del gran maestro
di Marienthal. Gli stati della provincia
d'Utrecht nel 1 58o presero questo baliag-
gio sotto la loro protezione, a patto che
il gran couìmendature r)on ubbidisse che
ad essi, escludesse dall'ordine i preti, non
ammettesse che i gentiluomini profes-
santi la sedicente riforma dello stato , e
invitasse i commendatori a prender mo-
glie. Vani tornarono gli sforzi del gran
maestro di Marienthal , per ricondurre
sotto il suodominio il baliaasiod'Utrechl,
Le ultime negoziazioni aperte nel 1791
furono interrotte dalla guerra colla Fran-
cia e dalla rivoluzione. Napoleone I sop-
[jiesse r ordine nel territorio d' Utrecht;
con decreto de*27 febbraio 181 1. Dopo
il ritorno della casa d'Orange, il re Gu-
glielmo I propose agli stati generali di ri-
stabilirlo nel suo nuovo regno de' Paesi
Bassi, e ciò ebbe effetto con legge dell'8
agostoi8i5. Delle 1 4 commende stabili-
te nel 1 23 I, ne restano ancoralo: le gran-
di couìmende di Dieren, Maasland , Tiel,
Rhene,Leida,Katwy,Schoten,Doesburg,
Schaluinen, Middelburg, Schoenhoveo.
Ilcomniendatoredi Dieren è tuttora coa-
diutore dell' ordine e viene immediata-
mente dopo il gran commendatore.I com-
mendatori portano la croce smaltata ap-
j>csa al collo, e ne usano un'altra di j'ica-
ujo sull'abito; i cavalieri però non porta-
a8 UTR
no che lui." L* 8 sellembre 182 7 fu con-
cesso a'nobili che hanno ollentilo l'espet-
XM'ìva e dato prove di nobiltà, di porta-
re una crocetta alia bottoniera. Per es-
sere insignito dell'ordine (à d'uopo di dar
prova di 4 f]tiai'ti di nobiltà.
Da' romani Utrecht riconosce la sua
fondazione. Prima si chiamò Urbs AnlO'
ìlia vel Antoninnam^ sia perchè la espu-
gnasse Marc' Antonio luogotenente di G.
Cesure, sia perchè l'ini peratoreMarco Pio
A nlonino la restaurasse; poi Vllrajectum^
ovvero Trajectnm ad Rhcnuin. Il paese
apparteneva anticamente a quello de'ba-
tavi, ma nella decadenza dell'impero ro-
mano fu invaso in uno olla città da'fran-
chi e da'frisoni. 1 frisi abitavano antica-
mente una vasta estensione di paese sulla
costiera dell'Oceano germanico. Essendo
poi entrati nella Gallia Belgica, s'insigno-
rirono delle proviijcie poste verso V im-
boccatura del Reno, delle quali n'erano
padroni i calti, germani ancli'essi d'origi-
ne. I romani riguardarono i catti, e pre-
cipuamente i baiavi , che ne formavano
parte, come i popoli più coraggiosi diOer-
loania. Essi essendosi stabiliti neh' isola
posta fragrami del Reno, poi si fecero un
altro stabilimento tra' belgi, ma l'arri-
vo de'frisi fece loro perdere il nome, so-
lo restalo ne'due villaggi appellati Cal-
•wick. Al sopraggiungere de'frisi, i baiavi
si rinchiusero in una piccola isola for-
mala da' filimi in una pai le della Ghcl-
dria, presso Niiuega, la (|uale è ancora
appellata dal loro nomeBetawe. Al dire
di Procopio, fra tutti i popoli di Germii-
nia, iiKuio seppe così bene mantenere la
sua libertà contro i romani come i frisi.
Essi entrarono nella Gran Bretagna co-
gli anglo sassoni, e la situazione del pae-
se loro non lascia dubitare eh' essi non
fossero valenti ujariuari. Nella Frisia pe'
primi sparsero 1' evangelo s. Swidberlo,
co'jjuoi compagni, s. Eligio vescovo di No-
yon,s. Wilfrido di York nel 678; ma que-
sti lenlalivi non erano troppo bene riu-
sciti, per cui il vero Dio eravi quasi iu-
UTR
teramente sconosciuto , quando giunse
nella Frisia s. U lUihrordo (/',) nel (i()0
o nel 6t) I , con s. Swidberlo e 10 altri
monaci inglesi. Par certo che approdasse-
ro a Calwick, poslo all' antiche foci del
Reno, luogo ove sbarcavanogl'iiiglesi pel
loro commercio. Di là si recarono a U-
trechtjCittà fabbricata da'romani sul mag-
gior guado del Reno. Quivi furono be-
nissimo accolti da Pipino iV Heristal il
Grosso^ maestro di palazzo d'Austrasia
nella Francia, il quale poco tempo innan-
zi erasi impadronito d'una parte dellaFri-
sia. Allora s. Willibronlo si recò in Ro-
ma a prendere l'apostolica benedizione
da Papa s. Sergio I, e l'autorità di pre-
dicare la fede alle nazioni idolatre. Ven-
ne paternamente accolto e ujunito delle
più estese facoltà. Tornalo con piìi ardo-
re nella Frisia, menti e s. Swiilberlo qtial
vescovo regionario convertiva i boruttua-
ri, s. Willibrordo cogli altri io mis>ionari
predicò l'è vangelo ubertosamente nellu
parte della Frisia appartenente a'francc-
si; e tanto fu il successo, che dopo 6 an-
ni Pipino il Grosso rimandò il santo .1
Roma, pregantlo s. Sergio I d'insignirlo
del grado vocovile. Ad onta della ripu-
gnanza di s. Willibrordo , il Papa cam-
biatogli il nome in quello di Cleraenlc,
nel 696 lo consagrò arcivescovo de'fri-i
nella basilica di s. Pietro, egl'impose il
pallio, con facoltà di stabilire la sua se-
de in quel luogo del paese che gli fosse
sembralo più opportuno. R.estiluitosi il
santo in Frisia, pose la sua residenza nel
castello d'Utrecht, come afferma il ven,
Reda, Ilist. lib. 5, e. i 2. Cluverio invece
crede che fosse Willembmgo, lungi di
Utrecht 3 leghe e mezzo, la qual città o
castello reale è nominala anco Vulla o
città de' Volti, da Pipino donala al san-
to. Questi fece fabbricare in Utrecht la
chiesa delSalvalore,nppellata Onde Man- ,
sterj nella quale pose la sua sede metro-
politana, come narra s. Bonifacio nell'^-
pìst. 98. Restaurò e consagrò anche quel-
la di s. Martino, chei pagani aveauoqua-
UT R
si interamenle clislrulla, e vi pose ad uf-
fìzìarla i canonici regolari. Si crede che
questa fosse quella di s. Tommaso siala
costruita da Dagoberto li re di Francia,
n richiesta di s. Wilfrido di Yoik, il qua-
le gli avea reso grandi servigi allorché cac-
cialodi Francia erasi ritirato in Irlanda e
in Inghilterra. Qui devo far menzione del
1.° concilio celebrato in Utrecht nel 697
o nel 7 19 da s. Willibrordo, per man-
dare tle' missionari nei settentrione. Re-
gia 1. 1 7, Labbé t. 6,Arduino t. 3. Però av-
verte Lengletche questo concilio è incer-
to. Quando s. Wilfrido recandosi a Ro-
ma, i venti Io gettarono sulle coste del-
la Frisia , gli abitanti del paese erano
immersi nelle tenebre dell' idolatria; vi
predicò la fede, e ne convertì e battezzò
un gran numero, fra'quali persone d'al-
to aliare. In questa guisa egli cominciò a
dissodare il cani pò che fu poscia coltiva-
lo da s. Willibrordo e dagli altri missio-
nari che seguirono il suo esempio. La chie-
sa dunque di s. Tommaso, rifabbricala
e consugrala in onore di s. Martino, di-
venne poscia la cattedrale d'Utrecht, e fu
uffiziata presto da'canonici stabditi da s.
Villibrordo. Pipino fu generosissimo con
s. Willibrordo, e gli donòeziandio il vil-
laggio di Sweslram , ora Suslerem , nel
ducato di Juliers presso la Mosa, il quale
servì a dotare un monastero di religiose
che vi fu fabbricato. Nel n»orire. Pipino
raccomandò al santo arcivescovo i nipo-
ti , senza nominare il padre loro Carlo
Martello suo figlio naturale. Questi di-
venne tosto prefetto del palazzo, il i .''guer-
riero e il più grand'uomo distato del suo
secolo. Nel 728 donò l'entrate dipei>den-
ti dal suo palazzo d'Utrecht al monaste-
ro che s. Willibrordo vi avea fondalo, nel
quale voleva stabilire la sua cattedra, ed
in appresso perciò fu secolarizzato. Carlo
Martello fece molte altre donazioni a pa-
recchie chiese fondate dal santo arcive-
scovo, e gli conferì la sovranità della cit-
tà d'Utrecht colle sue dipendenze e per-
tinenze. Tale è l'origine della grandezza
U T R 29
temporale della chiesa d'Uhecht. Il prin-
cipato che la costituì, se si eccettui un
piccolo distretto che confina a settentrio-
ne collo Zuyder-zee, era attorniato dal-
l'Olanda e dalla Gueldria. Per diversi se-
coli i vescovi di questa illustre chiesa
riunirono alla spirituale estesa giurisdi-
zione, anche la sovrana, essendo di loro
slati, il duca di Biabante gran coppiere,
il conte d'Olanda gran maresciallo, il con-
te di Cleves gran ciamberlano, il contedi
Gueldria gran cacciatore, e il conte di
Bentheim gran portiere. Il santo non con-
tento d'aver così bene stabilito la fede
nella Frisia conquistata da'franchi, si re-
cò alti ove a propagarla e per tutta la Fri-
sia,raggi unto nel 720 da fi.BoJìifarw(P'.)f
che passò 3 anni con lui prima d'andare
nella Germania, di cui divenne l'aposto-
lo. Dopoaver s. Willibrordo co'suoicoui-
pagni spento il paganesimo nella maggior
parte della Zelanda e dell'Olanda, ed in
lutti i luoghi de'Paesi Bassi, aflinedi sban-
dire l'ignoranza e agevolar la propagazio-
ne del cristianesimo , coli' illuminare gli
spiriti e raddolcire i costumi, stabilì a U-
trecht delle scuole, che poscia divennero
celebri. Mentre s. Bonifacio si affaticava
con s. Willibrordo nel paese de'frisoni,a-
vendo saputo che il santo pastore d' U-
trecht divisava di farlo suo successore,ab-
bandonò la missione per sottrarsi al ve-
scovato, e corse l'Assia e la Sassonia, per
lutto battezzando i pagani, ealzando chie-
se sulle rovine de' loro templi. Narra il
Boiler, che nel 723 Papa s. Gregorio li lo
consagrò vescovo, e gli mutò il nome di
Winfrido in quello di Bonifacio, il che
altri credono contardata piùantica,o al-
meno già veniva chiamato BonifacioWal-
frido. Ritornalo s. Bonifacio in Germania
continuò le sue apostoliche fatiche, e da
Papa s. Gregorio 111 ricevè il pallio , per
servirsene nella celebrazione de'divini mi-
steri e nella consagrazione de'vescovi, ed
insieme lo dichiarò arcivescovo e primate
di tutta l'Alemagna, con ampio poteredi
fondare vescovati. Intanto s. Willibrordo
3o UTR
giunto ad un'eia mollo grave, al ilfeii.
re del cilnto Buller, si tolse un coadiuto-
re che consagrò vescovo per incaricarlo
del governo della sua diocesi; e prepara-
tosi nel ritiro al passo deireternità, la rag-
giunse nel 788 o nel 7 39. Oli successe s.
Bonifacio, il quale governò questa chiesa
per lo spazio di I 3 anni. Tuttavolla leg-
go nel Buller, che s. Bonifacio, quantun-
que vescovo da gran tempo, non avendo
oDCora slabile sede, Pipino il Piccolo lo
nominò al vescovato di Ma^oiiza , che
Pupa s. Zaccaria eresse nucjvamenle in
arcivescovato a favore dels. A postolo del-
rAleroagnanel 751 .Stabilitasi nelle Gal-
liela religione cristiana, il governo eccle-
siastico formossi in generale sopra il go-
verno civile. Il vescovo della ujolropoli
civile divenne metropolitano della pro-
vincia ecclesiastica, e avea per suIlVaga-
nei i vescovi delle città che componevano
la provincia nell' ordine politico. Così le
chiese della primitiva Germania furono
fino da' primi secoli soggette alla n)etro-
poli di Magonza. Ma questa città essen-
do stala distrutta nel 407 da' vandali, i
vescovati che n' erano dipendenti furono
tolti a questa metropoli, per essere com-
messi a quella di Trcvcri. Ristabilita la
metropoli di Magonza, s. Zaccaria le sot-
tomise anche Utrecht, e Colonia eh' era
stalo arcivescovato e poco dopo fu ripri-
stinato. Quando Papa s. Sergio 1 avea di-
chiarato s. Willibrordo arcivescovo d'U-
trecht e metropolitano della Frisia, il ve-
scovo di Colonia avea portato perciò le
sue querele al Papa, come d' una ollesa
recala a'propri diritti, dacché pretèndeva
appartenergli la porzione della Frisia più
prossima alla sua diocesi, e dovesse quin-
di soggiacere alla propria giurisdizione.
Per questi lagni, la sede d'Utrecht dopo
la Dìorte di s. Willibrordo divenne pu-
ramente vescovile, per più anni rimase
vacante, e non ebbero fine che mercè l'e-
spediente di nuovamente erigere Colonia
in metropoli, e di sottoporle la chiesa d'U-
trecht per sudraganea, sottraendola da
UTR
Magonza. Dice Commnnville che Utrecht
fu eretta sotto Colonia nel 74^^> ed ebbe
il diritto d'esenzione nel 7G0. Pel riferi*
tOj tali date non sono esatte. Più tardi ciò
avvenne. Pare che s. Bonif.icio come pri-
mate dell' Alemagna prendes*ie cura della
chiesa d'Utrecht, quando s. Willibrordo
per finir i suoi giorni nella solitudine
abdicò; ma non che ordinasse s. Bonifa-
cio, come vuole il dottissimo agiografo
Buller , sebbene esplicilameute non lo
nomini, già essendo stalo consagralo iti
Roma. Di s. Bonifacio si ha una lelteri
scritta nel 754 a Papa Slefuio 111, intor-
no allo stato della chiesa d' Utrecht do-
po la morte di s. Willibrordo. Ad onta
delle cure che esigevano le chiese gover-
nate da s. Bonifacio, con allri zelanti ban-
ditori del vangelo, si recò a predicarlo a'
popoli barbari che abitavano le più remo-
le coste della Frisia, e ne convertì e bat-
tezzò un gran numero. Indi gl'idolatri a*
5 giugno 755 lo tagliarono a pezzi, pro-
curandogli la corona del cnartirio. Il suo
corpo fu successivamente trasportato a
Utrecht, a Magonza^ ed a Fulda abba-
zia da lui fondala. Compagno de' viaggi
di s. Bonifacio, e discepolo amato come
figlio, fus. Gregorio abbate (J-^.) i\e\ san-
gue reale di Franiia, dal s. Apostolo qual-
che teu)po innanzi il suo martirio fatto
abbate del monastero di fresco da lui
fondalo in Utrecht. Ciò afferma Buller,
che però nella vita di s. Willibrordo lo
dice abbate del monastero da tal santo e-
retto. Alcuni pretendono, che s. Bonif»-
cio aflidò pure a s. Gregorio l' ammini-
strazione della chiesa d'Utrecht; ma il
Buller dichiara, che restala la sede senza
pastore, Stefano 111 e Pipino il Piccolo
obbligarono s. Gregorio a prendersene
cura, per cui alcuni scrittori gli diedero
il titolo di vescovo, ma è certissimo ch'e-
gli restò semplice prete. La chiesa d' U-
trecht, che governò per 22 anni, divenne
[)er la sua vigilanza e per le sue predica-
zioni la più fiorente di tutto il paese. E-
gli visse fino al regno di Carlo Magno, da
tJTR
cui ottenne la conferoìa delle (ìonazioni
già fattesi alla chiesa d' Utrecht, con di-
ploma dato ad Aix-Ia Chapelle. Morì san-
tamente a'5 agosto 776, venerandosi le
sue reliquie ad Utrecht nella chiesa di
s. Salvatore. Alberico o Adalberico di
York, divenuto canonico d' Utrecht , fu
incaricato dell' amministrazione di que-
sta chiesa negli ultimi armi della vita del
sacerdote Gregorio, ed ollenne da Carla
Magno con di[)loma emanalo nel yy6 in
INimega, un cantone appellalo Lisidim.
Leggo nella Gallìa Christiana ^ l. i , p.
816 , Vltrnjectini Episcopi et Archie-
piscopi: Totius ripalici inler Ehcnum
et LeccamJhivioSi Sembra che restasse
prete e morì nel 784' Teodardo, nella
lingua di Frisia detto Tiard , nacque in
tal provincia , governò 6 anni col titolo
di vescovo la chiesa d'Utrecht, e morì nel
790, tumulato in s. Salvatore. Armaca-
re o Ermocare gli successe nel 791 , e
•visse i3 anni nel vescovato. Rixfrido o
Rilfredo o Ricofredo, frisone di nascita,
qual vescovo governava nell'816 allor-
ché Papa Stefano V si recò in Francia.
Ottenne dall'imperatoieLodovicoI WPio
nell'824,con diploma d'Aix-la-ChapelIe,
la confer.ma delle donazioni già fatte dal-
l' avo Pipino e dal padre Carlo Magno
alla cattedrale di s. Martino d' Utrecht.
Ke fu successore s. Federico (/^.) nipo-
te di Ratbodo duca o re di Frisia non
nell' 820 come dice Boiler , ma verso
1*825, prima the i francesi compissero la
conquista del paese. Ludovico 1 che avea
indotto il clero e il popolo ad eleggerlo,
non senza sua ripugnanza, venendo con-
sagrato tlal metropolitano di Magonza,
gli commise di estinguere il rinVanente
dell'idolatria nella Frisia, ben disposta
dalle suebeneficenze; ond'egli vi spedì al-
cuni ministri evangelici, nel qual nove-
ro trovossi s, Of/o//b (/^.) canonico d'U-
trecht, le cui fatiche sortirono un efjtelto
il più forltmalo, anche nella riforma de'
costumi de'frisoni già cristiani. Altrettan-
to fece il vescovo cogli abitanti della Wa-
UTR 3i
lacria, una delle principali isole della Ze-
landa; e secondo la Gallìa Christiana,
predicò pure contro l' ariana eresia, pe-
netrata nella Frisia. L'imperatore avea
sposato in seconde nozze Giuditta di Ba-
viera, ambiziosa e data a'piìi infami di-
sordini, la quale pose in iscompiglio lo
stalo, e fu cagione o almeno il pretesto
che indusse i 3 figli di Lodovico 1 a ribel-
larsi due volle contro di lui , a imprigio-
narlo e a deporlo. Per avere s. Federico
avvertito l'imperatore degli eccessi del-
la moglie, e questa con apostolica liber-
tà ammonita di sua rea condotta, l'im-
peratrice lo fece assassinare a' 17 luglio
deir838, mentre faceva il ringraziamen-
to nella cappella di s. Gio. Battista per la
celebrata messa. 11 santo fu sepolto nel-
la chiesa di s. Salvatore. Gli fu tosto so-
siituilo il fratello Alfrico o Alfredo , per
le cure di s. Odolfo; il suo vescovato fu
turbato dalle scorrerie de'danesi norman-
ni, che lo costrinsero ad abbandonare la
propria chiesa, alla quale il conte Rolga-
rio concesse diversi beni. Mancò a'vivi pri-
ma deir845 o in questo a' i5 agosto, e
fu deposto presso il fratello. Ludgero o
Ungerò frisone circa 1' 854 S^' successe,
ed ollenne neir864 Ifi conferma de'beni
concessi alla chiesa d'Utrecht dall'impe-
ratore Lodovico r.*'re di Germania, e do-
nati dal padre Lodovico I. ]Neir8 r5 pe-
netrati nuovamente i normanni nella Fri-
sia, diedero alle fiamme Utrecht, salvan-
dosi il vescovo presso l'imperatore Lota-
rio 1 nell'abbazia di Pruyu). Ollenne uel-
l'858 da Lotario re di Lorena il mona-
steiodis. Pietro di Berg pre*.soRuremon-
da, in compenso delle |)erdife cagionate-
gli da'normanni. ]\eir859 fu al concilio
di Toni, ed encomialo qual vindice della
disciplina ecclesiastica, e per averiridot*
lo il nobile Baldrico a far tiouazioni alla
sua chiesa; morì nell'866 e venne depo-
sto nella chiesa di s. Salvatore. La Gai-
Ita Christiana di Ludgero o Ungerò ne
fa due vescovi, e del solo Ungerò scrive
VyJrtc di verificare le date, con maggio-
3a UTR
re proì)aM|ità; f«)ise lìolla somiglinn/a del
nome, di uno si formò due vescovi. Nel-
lo stesso 866 Odilbaido, che inlerveime
fd concilio di Colonia nell'867, e fu mol-
to stimato da Zwentiboldo re di Lorena,
il(|uaiegli concesse l'allVancazionee i'im-
monilà di tutte le tene fiscali comprese
nella sua diocesi. Morto nel 900, o me*
glio circa due anni prima, fu deposto iu
s. Salvatore. Poco visse il successore E-
giboldooEylbolilo, volendosi morto nel
dicembre 899, non nel 902. L* impera-
tore Arnolfo nel fine deir899 contribuì
all'elezione di s. Radbo(ìo[f ' .) vipiì^untì-
te, nipotedallatomaternodìRatbodo ul-
timo re o principe deTiisoni, dotto sicco-
ITìe educato alla corte di Francia dal fìlo-
sofoNannonediSlaveren nello studio delle
7 arti liberali. Prese l'abito religioso, per-
chè la maggior parte de'suoi predecessori
erano stati monaci, e la chiesa d'Utrecht
crostata fondata da preti dell'ordine mo-
nastico. Essendosi peròi danesi normanni
resi signori della città, egli trasferì la sua
sede a Deventer, col fine di trovarsi vici-
no a Utrecht, e di poter quindi con più
agevolezza rannodare il suo popolo, che
il timore de'barbari avea disperso, il suo
ritiro da Utrecht, Boiler V attribuì per
sottrarsi alla persecuzione mossagli da
alcuni peccatori ostinali. Modello di pe-
nitenza, dolcezza e carità, non cessò mai
di edificare il suo popolo col sapei e e co-
gli esempi. Per le sue istanze il re Corra-
do nel 914 confermò con diploma le do-
nazioni latte da'predecessori alla chiesa
d'Utrecht. Il Butler colloca la sua mor-
te a'29 novembre 9 18, laddove altri la
ritardtino d'un anno. In questo fu vesco-
vo lìaldrico di Cleves il Pio, non però fi-
glio del conte di Cleves, confermato e
consagralo dall'arcivescovo di Colonia.
Si vuole precetloie dell'imperatore Ot-
tone I, certo è che ne godè grandenienle
il favore. Continuando la città di Deven-
ter ad esser la residenza de' vescovi d'U-
trecht, Baldrico essendo dolente di veder
la capitale di sua diocesi e signoria in ma-
U TR
nodegl* infiMleli, imprese a caccinrneii e
viriu-ici, coll'aiulodi persone potenti che
avea fallo entrare nelle sue mire. Divenu-
to signore d'Utrecht, ne 1 islorò le rovine
e cinse di torri , rifabhriouidovi eziandio
le due priiuMpali chiese, cioè quella cat-
tedraledi'^. Martino glorioso patrono del-
la città, e l'allradis. Salvatore; ed aven-
done ricuperato le rendite statuì nuovi
canonici iu luogo degli estinti , com' egli
riferisce in una letlera del 934- Ri più or-
nò la cattedrale, e vi ripose diversi Corpi
santi. Inili otleruie nel 987 da Ottone l
un diploma con facoltà di batter mone-
ta in Utrecht col suo proprio conio, e gli
conresse anco gli^ altri diritti e regalie
leali, coir assenso di Giselberto duca di
Lorena. Morì nel 977 vecchissimo e fu
sepolto nella cattedrale. Nello stessoFolk-
maro o Wolkmaro cancelliere dell'im-
pero, e visse sino al 990. Nel seguente
Baldovino 1 d'Olanda, figlio di Sifrido o
Sifredo, che imperava nella provincia di
Kennemersda Harlem fino ad Alkmaer,
il cui fratello Teodorico era il 3." conte
d' Ohiuila. Si conosce ima sua moneta
d'argento, su'la quale è l'edigie d'un ve-
scovo senza mitra col nome Dalduiiius^
e nel rovescio è una Croce colla parola
Trajectu/n.^e\ 994 finì i suoi giorni,e gli
successe Ansfrido o Goffredo di Lovanio,
non però conte e neppure discendente di
Carlo Magno. Siccome i normanni cac-
ciali da Utrecht non aveario perduta la
speranza di rientrarvi , così confidando
nella santità di questo vescovo, s'imma-
ginarono che convertiti al cristianesimo,
fingendo di recarsi in questa città per
farvi le loro divozioni , il prelato ne a-
vrebbe volentieri aperte le porte. Essi
però s'ingannarono, e non trovandosi in
forze bastanti per assediare la piazza, do-
vettero ritirarsi e abbandonar per sem-
pre il brigantaggio .Avendo Ansfrido per-
duto la vista nel ioo5, fondò nel 1006
presso Amersford un monastero, nel qua-
le vestì egli slesso l'abito religioso. Nota-
bdmenle aumentò i redditi di sua chiesa
UTR
cn*l)pnì della propria famiglia o co'legnti
eli pie persone, che ne veneravano le vir-
tù: non poco abbeiPi L'trechl e vi ai!giun-
se nuove forti{jcazioni,morentlo nel 1 009.
Jn questo Adelboldo d'illuslre stirpe, già
canonico di Lobbes e poi cancelliere del-
l' imperatore s. Enrico II. Le violenze e-
sercitate da Tliierri conte di Frisia sulle
terre de'suoi vicini, aprirono un campo al
valore di questo prelato; imperocché a-
vendo il conte cacciato dal proprio paese
Thierri Bavone signore d'un distretto ne'
dintorni di Bodegrave, questi implorò il
soccorso del vescovo, il quale presentò al
conte due battaglie l'i i luglio 1018, in
cui restò vinto e dal conte si uni il con-
trastato terreno a'propri dominii. li pre-
lato nell'assumere tal difesa, in pari tem-
po si adoperò anche per quella di sua
chiesa. In fatti il conte di Frisia erasi re-
so signore della contrada situata lungo
la Merwe e anche più oltre, appellata poi
Pagus Flardingeji.fisjeò in seguitoNord-
Olanda; e per mantenersi nella medesima
aveva eretto sulle rovine del forte di
Durfos un altro forte, il quale die poi o-
rigine alla città di Dordrecht. Ne di ciò
ancora si rimase contento, ma istituì e-
ziandio un pedaggio sopra tutte le barche
che attraversa vano questa provincia. Allo-
ra l'imperatore, uditi i lagni de'mercanti
di Fieijdel vescovo d'Utrecht e di altri pre-
lati ed abbati, commise a Goffredo il Gib-
boso duca della Bassa Lorena di muove-
re contro il conte Thierri ; ed avendolo
Adelboldo accompagnato, innanzi al det-
to forte essi ingaggiarono a' 27 luglio
IO 18 un combattimento, ove il conte ri-
porlo nuova vittoria mercè lo stratagem-
ma d'alcuni armigeri appostali,i quali nel
bollor della mischia si posero a gridare:
Salvai salvai il che cagionò la fuga de'
lorenesi. Così rimasto il duca abbando-
nato, dovè rendersi prigioniero; il vesco-
vo si salvò in un battello, ma fu preso nel
dì seguente. Liberato il duca dopo pochi
giorni, si adoperò per la riconciliazione
del vescovo col conte; ma Adelboldo si
VOL. LXXXVII.
prestò di mala voglia. T Sanrnartani di-
cono che ad AdeII)oldo si unirono gli ar-
civescovi di Colonia e di Treveri. Il ve-
scovo non più avendo da far guerra, im-
piegò le somme che la pace gli permi-
se di cumulare nell' erigere una nuo-
va e magnifica cattedrale, in luogo della
distrutta da' danesi e cominciala da Bal-
drico, Secondo alcuni ; la cui dedicazione
venne onorata a'27 giugno i024da i-z ve-
scovi , non che da s. Enrico II impera-
tore, il quale appimto in «juesla solennità
donò la contea di Drente alla chiesa d'U-
trecht con diploma indi dato in Bamber-
ga. Questa donazione venne ratificata nel
1 025 dal successore Corrado II il Salico
in Tibur, il quale anzi fece di più, non
meno aiiezionalo del predecessore alla
chiesa d'Utrecht ; poiché con diploma da-
to nel 1027 in Cremona confermò la do-
nazione d'Ottone 1 delia contea di Tei-
sterbant. Lodato Adelboldo per virtù ed
erudizione nelle divine e umane lettere,
si ha di lui due libri della vita di s. En-
rico II, ed un trattato della Sfera dedi-
cato al dottissimo Silvestro II Papa. Mor-
to nel 1027, in esso o nel seguente suc-
cesse Bernulfo o Bernardo già canonico
d'Utrecht, pel favore di Corrado II. Dap-
poiché i capitoli delle due chiesa principali
d'Utrecht, cui spettava l'elezione del ve-
scovo, non potendosi accordare sulla scel-
ta del successore d'Adeiboldo, l'impera-
tore credette opporlunodi trasferirsi nel-
la città per terminare il contrasto. Ma
mentre egli si trovava per via, l'impera-
trice che accompagnavalo fu sorpresa da'
sintomi del parto, ed obbligata quindi a
feruìarsi in una casa di campagna ad Oe-
sterbeech , venne accolta dal canonico
Bernulfo, il quale portò all'imperatore,
che continuava il viaggio, la notizia della
nascita d'Enrico III. Allora l'imperatore,
nel quale eransi rimessi i canonici nella
contesa elezione, lo nominò vescovo d'U-
trecht. Ma questo racconto patisce ecce-
zioni,perchèEnrico III era nato nel IO i 7.
Si potrà congetturare, con anticipare l'av-
3
34 u T n
veiiimento, che Corrado II gralo a Ber-
iiulfo, fallo aibilmdel vescovato, con esso
volle rimunerarlo. Dipoi trovandosi Cor-
rado in Ulrechl, vi morì a'4 giugno 1 089,
e il suo corpo fu trosporlalo a Spira. Nel
1046 il vescovo inlrnprese una spedizio-
ne contro Tliierri IV conle di Frisia, e
gli frullò il conquisto del suddetto Flar-
dingen. In Utrecht edificò le due colle-
giale di s. Pietro e di s. Gio. Battista ; da
s. Maria o s. Salvatore d'Utrecht traspor-
tò la metà del collegio canonicale colle
rendile, nella chiesa che in onore del b.
Lebuino costruì in Deventer. Terminò
di vivere nel i o54, e fu deposto nella sua
chiesa di s. Pietro. Nello stesso perven-
ne a questa sede Gtiglielmo, nato da una
della prime famiglie di Gueldria, uomo
risoluto edestro nel maneggio degli affari,
per cui salì in grande reputazione nella
corte d'Enrico III; ne minor favore go-
dè sotto il figlio e successore Enrico IV.
Vedendo egli 1' Olanda governala dal
giovane Thierri V sotto la tutela di Gel-
Irude sua madre, tentò la domanda a ti-
tolo di restituzione presso Enrico IV e del-
la sua madre lulrice, di tutta la contea si-
tuata nel Weslflingue, cioè del Renne-
merland, colla badia d'Egraondo e col-
l'Olanda;, il che tutto gli fece ottenere
Annone autorevole cancelliere e arcive-
scovo di Colonia , con due diplomi nel
I o64- In questi atti de'29 aprile e 1 mag-
gio, trovasi per la 1.^ volta il nome d'O-
landa sotto il significato di Frisia; con-
trada che il prelato cede in seguito a Gof-
fredo duca della Bassa Lorena per tener-
la da esso in feudo. Ma il conte di Fian-
dra Roberto I il Frisone, avendo sposato
la conlessa Geltrude, la ripose nel 1076
nel possesso di questo paese col far as-
sassinare lo slesso Golfredo. Alcuni pre-
lesero che Guglielmo facesse un viaggio
in Terra santa, e si vuole morto nel 1076
a'27 aprile o nel maggio. I Sanu)artnni
dicono nel 1075, e riportano l'epistola di
Papa s. Gregorio VII , sulla controver-
sia tra Guglielmo e il vescovo Noviomen-
UT R
se. Ma ne essi, ne VArte. di verificnrr le
(late, non fanno parola della terribile mor-
ie di Guglielmo, da me riferita col dot-
to Voight nella biografia di s. Grego-
rio FU. Qui dirò solo, che Guglielmo
era divenuto scismatico per seguir le
parli d'Enrico IV persecutore della san-
ta Sede, e che questo principe dimoran-
do in Utrecht inlese che il Papa 1* avea
scomunicato e interdette l'insegne regie.
Guglielmo dopo aver confortato Enrico
IV, salilo sul pulpito, ruppe in fiera in-
vettiva contro s. Gregorio VII, e fu to-
sto in modo spaventevole punito da Dio
con deplorabile morte. Nel 1076 ne oc-
cupò la sede il sassone svevo Corrado giù
cameriere dell' arcivescovo di Magonzn,
e condusse a fine il forte d' Ysselmon-
de dal predecessore cominciato nell'isola
omonima. rimpello a Rotterdam; ma non
godè lungamente il frutto di queste sue
fatiche, perchè Roberto I conle di Fian-
dra, al quale il forte riusciva incomodo,
iujprese a rendersene signore con l'aiuto
degl'inglesi e olandesi. Accorse il prelato
con molti de'suoi vicini alla difesa delU
piazza, ed all'imboccatura della Mosa se-
guì duplice cond^at limenlo per terra e pei»
acqua, colla peggio degli episcopali. Cor-
rado rifugiatosi con altri in Ysselmonde,
sostenne in essa un accanito assedio, e do-
vè rendersi prigione, indi liberato eoa
diverse condizioni, fra cui la principale
fu la cessione dell'Olanda meridionale al
conte Giovanni. I vincitori smantellaro-
no la piazza, ed all'area su cui innalza-
vasi fu dato il nome di Storni-polder o
terra d'assalto. Ma Enrico IV, il perse-
cutore della Chiesa e di s. Gregorio VII,
essendo a lui Corrado attaccalo, lo risar-
cì quasi subito di questa perdita col do-
no cheglifecea'3 ottobre 1077 della con-
tea di Staveren, già da lui confiscata al
margravio Egberto capo de'sassoni ribel-
lali contro di lui, alla quale poi aggiunse
I* Oslergo e il W^eslergocon diploma del
1086, il quale con molti altri che vado
ricordando si ponno leggere nelfa Gal'
U T R
Ha chrisllrtnn. Corrado era occupalo a
coslruire in Utrecht a spese d'Enrico I V
una chiesa in onore della B. Vergine, al-
lorché nel 1 098 venne assassinalo o d'or-
dine d'Egberlo, o dal frisone Ploberlo,
sdegnato per avergli ciirpito il segreto da
hii inventato, d'asciugare una fontana
scoperta ne'fondamenti della nuova chie-
sa. Tale fi la misera fine d'un altro par-
tigiano d'Enrico IV 1 Bncardo gli succes-
se nello slesso anno, e non è conosciuto
che per le sue fondazioni, e per le dona-
zioni ricevute, terminando di vivere nel
I I 12. In questo il sostituito fu Godebal-
do, che pel f.° vescovo d'Utrecht fece uso
della mitra, per concessione fatta da Pa-
pa Calisto II nel concilio di Reims del
del I I I c), e non 1 1 49 come leggo nell'^r-
te di verificdrc le date, ma sarà fdlo ti-
[>ografìco. Recatosi l' imperatore Enrico
V neli 1^3 ad Utrecht per passarvi l'in-
verno, durante il suo soggiorno sorse nel-
la città, fra la nobiltà alemanna e i vas-
salli del vescovo, un contrasto che dege-
nerò in ammutinamento, ove non pochi
gentiluomini delle due parti vi perderò-
no la vita. Ora l'inìperalore, sospettan-
do che il vescovo avesse eccitalo tale tur-
bolenza, si assicurò di sua persona, né lo
lasciò libero senza un forte riscatto. Gode-
baldo non ebbe miglior trallamenlo sot-
to il regrjo seguente di Lotario II; poi-
ché Petronilla di lui sorella uterina, reg-
gente della contea d'Olanda, si giovò di
sua amicizia per riporre Thierri V^I suo
figlio nelle contee di Ostergo e di Wester-
go, che Corrado a vea ricevuto da Enri-
co I V. Godebaldo per mantenersi nel pos-
sesso delle due contee suscitò i west-fri-
soni alla rivoluzione, e indusse Fiorenzo
il Nero, fratello di Thierri, a porsi al-
la loro testa. Donde avvenne, che né il
vescovo d'Utrecht, né il conte d'Olan-
da restassero signori della West-Frisia,
ma che Fiorenzo se la ritenesse per conto
proprio. Il vescovo confermò la fondazio-
ne della chiesa della B. Vergine e di 8.
Salvatore, eominciata da'milili Erman-
UTR 35
no eTeodorico, e dotala dairimperatrice
Matilde moglie d' Enrico V. Pose la i.'
pietra alla badia benedettina di s. Loren-
zo di Oesbroch, e vicino a morte vi volle
professare il monacalo, terminando di vi-
vere nel I 128. Ne fu successore Andrea
figlio del conte o burgravio di Cuyck e
borgomastro d'Utrecht, preposto di Lie-
gi. Puntoal vivo della perdita fatta dalla
sua chiesa dell' Ostergo e del Westergo,
tentò indarno di ritorle a Fiorenzo. Que-
sto terminata la guerra col fratello, bra-
moso d'ingrandirsi, chiese la mano di Ed-
wige erede delta contea di Rechemj ma
il tutore Ermanno d'Arensberg, il vesco-
vo d' Utrecht e il signore di Cuyck per
ragioni di stalo si opposero a questo no-
do. Però que'd'Utrecht favorevoli a Fio-
renzo r accolsero nella città, dalla quale
egli cacciò il prelato; ma i signori d* A-
rensberg e di Cuyck inetti a resistergli, lo
fecero pugnalare in un bosco ov'erasi re-
cato alla caccia. La successa morte di Lo-
tario II valse a' colpevoli l'impunità, e il
«successore Corrado HI li ristabilì ne'Ioro
doniinii confiscati dal predecessore. Il ve-
scovo traendo partito da queste disposi-
zioni, con diploma del 11 38 ottenne la
restituzione dell'Ostergo e del Westergo,
e poco dopo morì. Neh «39 gli successe
Erberto o Ardebertodi Gerente indi partì
per Roma. Durante la sua assenza gli a-
bitanli di Groninga essendosi ribellati,
cacciarono il suo luogotenente e altro ne
sostituirono. Il vescovo al suo ritorno
marciò contro di essi, e rimasto ucciso il
capo loro, donò il burgraviatodi Gronin-
ga a Lefferdo,e la castellania di Coevorden
a Lodolfo suoi fratelli. Inquieto Thierri
VI conte d'Olanda per vedere l'autorità
del vescovo accrescersi nella Frisia, in-
dusse il proprio cognatoOltone ad irrom-
pere nella Drente, affine di liberare qua*
di Groninga, malcontenti del governo ve-
scovile; ma questi rimasto vinto e prigio-
ne, il conte neh 146 si recò ad assediar
Utrecht per liberarlo. Vicino la piazza ad
esser presa, il vescovp uscì adorno de'suoi
36 U TR
abili pontlfìcnli alla testa ili tulio il clero,
e inoltratosi alla volta del conte gli minac-
ciò la scomunica se non levava subilo il
campo. SbigoUilo da tale appareccbio ,
Thierri concluse la pace col vescovo, il
quale gli restituì suocognalo.Corrado ili
ottenne da Papa Eugenio 111 la nomina
del vescovo d'Utreclil, e 3 diplomi spedì
per questa cbiesa riportati dalla Gallia
Christiana. Neh i5o alla morte d'Erber-
lo, ottenne Ermanno di Horn prevosto di
8. Cercone di Colonia, pel favore de'cotiti
d'Olanda, di Gueldria e di Cleves, la pre-
ferenza alla sede d'Utrecht sopra Federi-
co de Ilavel. Ma ì cittadini d'Utrecht, che
tenevano per quest'ullimo, si ribellarono
contro Ermanno; però i di lui parligiani
ricorsi all'imperatore Federico I, questi
nella dieta di Nimega ne confermò l'eie-
zione e l'investì eziandio della temporale
autorità del vescovato, il che ratificò il
legalo apostolico. Debole fu il governo
d'Ermanno, che cessò di vivere nel i 1 56.
Succedutogli nello slesso Goffredo di Rhe-
nen preposto d'Utrecht, volle riunire al
principato vescovile il burgraviato o ca-
stellania di Groninga dopo la morie di
LelTerdo, ma fu costretto a prender l'ar-
mi contro i di lui nipoti che aspiravano a
quel dominio. S'impadronì della piazza,
ma quasi subilo ne venne caccialo dal con-
te dì Gueldria, che li prese a difendere.
Allora Fiorenzo 111 conte d'Olanda, pres-
so di cui il vescovo erasi rifugiato , corse
ad assediarGronioga,che il conledi Guel-
dria difese per un anno, cessando l'ostilità
per la mediazione di Rinaldo arcivescovo
di Colonia, il quale die la proprietà di
Groninga agli eredi di Lefferdo per 3oo
marchi d'argento. Comunque amici fra
loro, il vescovo e il conte d'Olanda, era-
no io controversia siccome i loro prede-
cessori rispetto alla proprietà della Frisia
orientale.Essendo Federico I nel 1 1 65 en-
trato ne'Paesi Bassi, l'afiare fu portato a
lui, e per sua imperiai decisione ebbe ter-
roine in modo che la potenza e i redditi
furono tra loro divisi per eguali porzioni.
U TU
Goffredo die alla sua chiesa il proprio C0'
stello di Uhenen clie avea ereditalo , ed
eresse 4 munitissimi castelli per opporsi
a'fìjsoni e all'imprese de'conli d'Olanda,
uno de'quali costruito fortemente sopra
una vicina montagna sulla riva sinistra
dell' Yssel, fu chiamato Monforde o Mont-
fori: questo castello divenne poi città, che
ingrandita successivamente e popolala ,
ebbe il titolo di contea. Morì Goffredo
neh 178, e in questo gli fu sui rogato Bal-
dovino d'Olanda figlio del conte Thierri
VI, ch'ebbe guerre co'conti di Gueldria
per la signoria dellaWeluve feudo del ve-
scovato,le quali ebbero fine con suo van-
taggio nel 1 1 88, mercè giudizio interinale
di Federico I, deflnilivamenle conferma-
to neh 191 con sentenza di suo figlio En-
rico VI imperalore.Col conte Thierri suo
fratello soggiogò i frisoni,ed essendosi poi
sollevati contro il prelato gli abitanti della
Drente, che avea lungo tempo pacifica-
mente governati, si recò a visitare l'impe-
ratore a Magonza per implorarne soccor-
so; ed ottenuto un corpo di genti, men-
tre colle proprie lo conduceva nella pro-
vincia nemica, la morte lo sorprese per
via a'21 aprilei 196. In questo fu eletto
Arnoldo d'Isemburgo preposto di Deven-
ter, da'canonici della fazione del conte di
Gueldria,mentre l'altra parte del capitolo,
aderente al conte d'Olanda ,nominòThier'
ri preposto d* Utrecht o meglio di Mae-
strichte fratello del vescovo defunto. Ma
i due eletti essendosi dopo qualche reci-
proca ostilità trasferiti a Roma, Innocen-
zo III prima approvò Arnoldo, che ivi
morì a'6 aprile e fu sepolto; poi confermò
Thierri, che tornando nel suo paese mo-
rì in Pavia a'3 agosto. Alla nuova della
morte de'due competitori, nel medesimo
anno fu eletto Thierri I Van-Der-Aare
preposto di Maestricht che coll'imperato-
re Irò va vasi in Sicilia. Restituitosi ne'Pae-
si Bassi e giunto io Utrecht, si die ogni cu-
ra per acquistare un' esatta cognizione
dello slato di sua chiesa; e siccome i suoi
predecessori aveano contralto molli debiti
UT R
per difenderei propri diritti, delermiuato
di pagarli, e^li passò in Frisia affine di
levar colà in via di tributo le 8omme ne-
cessarie ad eseguire il Ritto divisamento;
ma Guglielmo conte di Frisia o meglio
d'Olanda, punto da tale atto d'autorità,
lo fece arrestare in un monastero,mentr'e-
gli usciva dal tempio, e Io cacciò in una
prigione. Liberato poi da'frisoni, il vesco-
vo intimò la guerra al suo oppressore. Po-
co dopo morto Guglielmo, il vescovo pre-
se parte nella dissensione insorta fra il
conte di Loss e Guglielmo conte di Fri-
sia, relativamente alla reggenza d'Olan-
da; ed abbracciato avendo il partito del
1 ." lo spalleggiò vigorosamente coH'armi.
Si videro iu questa guerra que' d' U-
trecht inoltrarsi fino a Leida, ove il con-
te di Loss si recò a raggiungere il pre-
lato, e con esso sottomise il Kennemer-
land. Guglielmo però quasi di subito
riacquistata la superiorità delle armi, e
fattosi riconoscere conte d'Olanda, con-
cluse col prelato la pace j anzi per mag-
giormente consolidarla nel i3o4 strinse
con lui una convenzione per la quale re-
ciprocamente si cederono i ministri e i
servi, per modo che dalle terre dell'uno
dovessero passare a stabilirsi in quelle
dell'altro. Thierri I quindi tutto si dedi-
cò al governo di sua chiesa, della quale
riscattò i dominii, ritenuti in pegno da'
creditori: morì nel 12 12 a Deventer,
donde il suo cadavere fu trasferito nella
cattedrale d'Utrecht. Di 24^""» ^^ ™*5"
desimo fu eletto Ottone 1 preposto di
Santen, figlio d'Ottone II conte di Guel-
dria e cognato di quello d'Olanda, per
opera de' vescovi di Munster e Osna-
bruck. Nel 1 2 1 5 portandosi in Roma per
la dispensa dall'età, morì a Norlhusen.
In detto anno gli successe il prevosto d'U-
trecht Ottone II de'conti di Lippe. Pre-
so dalla divozione propria de'lempi, do-
po aver confidata la cura della civile au-
torità di sua chiesa al fratello Ermanno,
partì neli2i7 co'crociati alla volta d'o-
rieule. Al ri torno, l'insolenza de*suoi ufC-
UTR 37
ziali lo compromise col conte di Gueldria;
si venne all'armi, ma coll'inter vento del
legato apostolico Conone,o meglio il car-
dinal Corrado d'Urrach, furono le discor-
die sedate. Il vescovo ebbe poi un'altra
guerra col conte d'Olanda sulla proprie-
tà della Frisia ; e quest'affare ch'era sta-
lo deciso fin dal 1 i65 dall' imperatore,
lo fu allora di nuovo nel i225 da una
sentenza dello stesso legato, che con al-
cune modificazioni confermò l' imperiai
giudizio. Uscito Ottone II da tal impac-
cio, prese parte nella controversia fra'ca-
stellani Egberto di Groninga e Rodolfo
di Coevorden ; e dichiaratosi peli.°por-
lò la guerra all'altro, coll'appoggio della
piò parte de* vassalli della chiesa d' U-
Irecht. Il vescovo ebbe ad alleati i conti
d'Olanda, di Gueldria e di Cleves, oltre
il signore di Benthem, ed avendo a' ij
luglio 1226 offerto battaglia al nemico,
fu preso nella mischia e trattato da'vin-
citori nel modo il più crudele. Immagi-
nando essi che il suo sagro carattere fosse
attaccato alla tonsura, gliela strapparono
colla cute, per non essere riputati sacri-
leghi nel dargli la morte ; ond'egli non
sopravvisse che Ggiorni alai supplizio,an-
zi pare che fosse trucidato con motte feri-
te. Nello stesso anno dalla sede di Pader-
bona con autorità di Gregorio IX passò
a questa, di cui era stalo preposto, Wil-
lebraudo de'conti d'Oldemburgo, mercé
le cure del congiunto Fiorenzo IV conte
d'Olanda, mentre era in Italia per l'im-
peratore Federico II. Recatosi a Utrecht
prese 1' armi per vendicar la morte dei
suo predecessore contro Rodolfo di Coe-
vorden, che l'avea cagionata. Impadro-
nitosi di sua persona, dopo una guerra
assai lunga,gli fece rinunziare la giurisdi-
zione della provincia, lo multò di 3ooo
uìarche d'argento, di fondare un capito-
lo di i5 canonici nel luogo ov'era stato
commesso l'orribile delitto, e di costrui-
re un monastero alle benedettine; indi ad
istanza del popolo tumultuante, gli fece
espiare nel 1 2 3o il suo atroce defitto sotto
38 U T R
la ruota. Morto nel i233 o neh a 36, fu
stpollo nella chiesa di s. Servaziotlel mo-
nastero delle cislerciensi da lui fondalo.
Ebbe a successore Ottone 111 d'Olanda
conte della Frisia orientale, figlio cadet-
to di Guglielmo I conte d'Olanda; poco
dopa dagli slati venne riconosciuto, iusìe-
me al fratello Guglielmo, tutore del con-
te Guglielmo II loro nipote di 7 anni, ed
amminÌ!»tratoredeirOlanda. Seguitò poi a
reggere rOlanda,anclie dopo che il suo pu-
pillo nel i 247 a'29 setleujbie fu eletto re
de'roraanijd'ordinedi Papa Innocenzo IV
peraverdeposto riniperatoreFederico II.
Nel 1248 il re Guglielmo ^i recò a visi-
lare lo zio in Utrecht, e si fece crear cit-
tadino della medesima ; quindi mosse
contro il conte di Goor vassallo ribelle
del vescovo, ed avendolo fatto prigione,
lo spogliò d'ogni sua dignità e gli confi-
scò tutti i beni a profitto della chiesa d'U-
Irecht. Il vescovo Ottone III terminò di
vivere nel 1249 e fu sepolto nella catte-
drale, lasciando Adelaide figlia naturale,
poi mai itala a Baldovinodi JNordwyk. Fu
eletto a successore Goswino d' Amslel,
preposto di s. Giovanni d' Utrecht, ma
con tale negligenza si comportò nelle ve-
scovili funzioni, che Guglielmo d'Olan-
da re de'romani, di concerto col cardi-
nal legato Pietro Capocci, raccolto nel
laSo il capitolo d'Utrecht, Io costrinse
a rinunziare. I collettori de' concilii ri-
portano nel 1249 quello d'Utrecht, in
cui Goswino rinunziò alla dignità. Man-
si, Siippl. l. 2, p. 1 163. Per le raccoman-
dazioni di Corrado arcivescovo di Colo-
nia gli fu surrogato Enrico de' conti di
Vianden, ed il re de' romani col pasto-
rale e l'anello l' investì della temporale
giurisdizione. I congiunti di Goswino pre-
sero le armi, sdegnati per la sua destitu-
zione, per vendicarlo; tua Enrico, uomo
di senno e di mano, si pose in islalo di
difesa, ed avendoli vinti in ordinala bat-
taglia, li trasse prigioni a Utrecht. Il re
de'romani Guglielmo, che si trovava in
que'luoghi, otteone la loro liberazione,
UTR
a condizione di recarsi nella cattedrale a
chiedere perdono al vescovo, colla testa
nuda, non che a prestargli come vassalli
giuramento di fedeltà. Restava al vesco-
vo di vendicarsi del conte di Gueldria,
the loro avea prestato soccorsi ; sicché
trovandosi coll'armi in mano, senz'indu-
gio fece un'incursione nella WeIuve,pro-
vincia dipendente dalla Gueldria, e col
ricavato del riportato bottino edificò poi
il munitissimo castello di Vredeland, con-
tro i ribelli vicini. Siccome la cattedrale
d'Utrecht era per vetustà rovinosa, En-
rico imprese a rialzarla, e nel 1254 ne
gittò i fondamenti. Tre anni dopo die
nuove leggi e statuti alla città d'Amers-
fort, la quale non era prima che un sem-
plice castello. Fece donazioni al mona-
stero delle monache presso Deventer, co-
stituì in Steenwick una collegiata di 12
canonici, e morì nel 1267. In questo gli
successe Giovanni I de* conti di Nassau
per la nobiltà de'uatali , ignaro dell'ec-
cles'iastica disciplina e quasi illetterato,
per cui non potè ottenere la pontificia
conferma; mentre que'di Reiinemerland
ed i frisoni trovavansi in ribellione nel-
l'Olanda contro la nobiltà che li tiran-
neggiava. Gysbrecht d'Amstel, dagl'in-
sorti forzalo a porsi alla loro testa, li con-
dusse fino alle porte d'Utrecht, e fece ri-
bellare il popolo contro il vescovo e ma-
gistrati. Indarno il conte di Gueldria,
presso di cui il prelato erasi rifugiato,
tentò di rimetterlo nella sede, solo potè
prendere Amersfort. Intanto i cittadini
d' Utrecht, abolite le antiche magistra-
ture, stabilirono un governo democrati-
co. Il vescovo, che da due anni era pas-
sato a Deventer, sentendo come Utrecht
trovavasi in preda alle fazioni, cercò di
rientrar nella città col favore delle tur-
bolenze, col cav. Nicola di Kats. Questi
accompagnato da 5oo scudieri giunse
improvvisamente innanzi le mura e ne
sforzò le porte; deposti i nuovi magistra-
ti, ristabilì gli antichi, e restituì a Gio-
vanni I la propria sede nel 1279. Però
UTR
le sventure non avendo prodotto alciiii
migliora mento nel carattere del vescovo,
iiempre ostinato a rifiutar gli ordini sa-
gri, non ostante le rimostranze de' suoi
diocesani, egli viveva nel lusso e nella
mollezza, poco curandosi dei governo
temporale e spirituale di sua chiesa, ed
alienando senza riguardo i castelli e gli
antichi dominii della medesima per com-
piacere a* suoi partigiani. Quindi Papa
Martino IV, uditi i lagni che s'innalza»
vano contro l'indegno pastore, lo depose
nel 1282. Ne'pazzi suoi dispendii, il ve-
scovo avea dato in pegno a Gysbrecht il
forte di Vredeland, il che produsse una
guerra con Utrecht, che indignata ricor-
se al conte d'Olanda, il quale lo fece pri-
gione e liberò la piazza. Nel 1282 stesso
il lorenese Giovanni II di Zirk gli suc-
cesse, sotto il quale fu ricuperato Vre-
deland ; dopo pacifico governo, nel 1 296
fu trasferito alla sede di Toul. Gli suc-
cesse n«l medesimo anno il preposto di
Lovanio, Guglielmo Bertoldo de' signo-
ri di Malines, mdto versato nel diritto ci-
vile e canonico. Di carattere inquieto e
turbolento, trasse partito dalle sedizioni
che seguirono la morte del conte Fioren-
zo V, per suscitare i west-frisoni a scuo-
tere il giogo dell'Olanda, e per darne l'e-
sempio imprese a ricuperare Muyden, cit-
tà posta sul Wecht, cui già l'imperatore
avea donato alla di lui chiesa. Assediala
la piazza, mal difesa capitolò senz* aspet-
tare le truppe ausiliarie che il reggente
d'Olanda le conduceva. Invanitodel buon
successo, il vescovo immaginò di poter a-
gevolmeute soggiogare tuUa l'Olanda; e
dietro il disegno formatone in sua mente,
congiunse alle temporali l'armi spiritua-
li, e pubblicò una crociata contro il conte
d'Olanda e il suo popolo, accusandoli d'e-
resia. Siccome i frisoni erano religiosi e
avidi d'indulgenze, nulla sembrò ad essi
più meritorio ad acquistarle che il com-
battere contro gli olandesi loro mortali
nemici. Il vescovo imbarcò la sua arma-
ta óullo Zuyder-zee, e corse a piene vele
UTR 39
sopra Monnikeiulan. Ma quelli del Ken-
nemerland, non sì tosto egli s'era appres-
sato, gli distrussero la fiotta e lo costrin-
sero a cercare un asilo nell'Over-Yssel.
Ritornato ad Utrecht , si tirò addosso
nuove sventure , poiché essendosi rotto
co'nobili venne arrestato da 4 di loro che
l'affidarono alla custodia del borgoma-
stro, il quale per un anno lo tenne pri-
gione. Avendolo poi alcuni paesani libe-
rato, egli recossi qualche tempo dopo a
Roma coll'intenzione d'abdicare; ma Bo-
nifacio Vili non l'esaudì , ne rianisuò il
coraggio , commettendo al vescovo di
Munsler di soccorrere il proprio confra-
tello contro i sudditi ribelli. GuQ[lielrao
tornato in Olaiìda, fece leva di truppe, e
recossi ad assediar Utrecht; ma Jacopo di
Lichtenberg, dopo averlo respinto, gli
presentò battaglia presso Hegevard, nella
quale restò ucciso a'4 luglio i3oi. Il ca-
davere sepolto prima nella chiesa de' ca-
valieri gerosolimitani di s. Giovanni, fu
poi traslato nella cattedrale dal successo-
re. Questi fu tosto Guido d'Hainaut ni-
pote del conted'Olanda, eletto a pieni vo-
ti,già tesoriere diLiegi e canonico diCam-
bray; ma il suo competitore Adolfo di
Valdeck s'impadronì d'alcune piazze del*
rOver-Yssel, dalle quali però venne su-
bito cacciato. Avendogli procacciato la
sua promozione il fratello Giovanni I(
conte d'Olanda, per gratitudine nel iBoS
gli condusse alcune genti affine di cacciar
i fiamminghi invasori.della Zelanda. Ap-
pena sbarcato col contea' 2 5 marzo nel-
l'isola di Duveland fu fatto prigioniero, e
nel tempo di sua cattività, i fiamminghi
profittando delle turbolenze suscitatesi ia
Utrecht, s'impadronirono della città e ne
furono espulsi neliBo^. Liberatosi il ve-
scovo nel 1 3o5 col cambio fatto con Gui-
do di Fiandra, tutte le sue cure dedicò
alla propria chiesa. Intanto il franoeseCle-
(nente V avendo stranamente fissato la
residenza pontificia in Ai'ignone y pro-
mulgando nel i3i I il concilio generale
di Vienna v'invitò Guido. Questi com-
4o UTR
iiiciiilubiic per suiitilù di vita, prudenza
e giustizia, facondia euilie virlii, fu ao-
collu da'padri culla più alla venerazione,
«j ad islan/a di Filippo IV re di Francia il
Papa nel i 3 i 7- gli olTrl la dignità cardina-
lizia; ma il virtuoso vescovo, ringraziato
umilmente Clemente V, ricusò modesta-
uieule Tesibitogii onore. Il re lo ritenne
per alcun tempo alla sua corte, llicliia-
mato ud Ulreclit dalla sollevazione in-
sorta tra' frisoni, dopo aver tranquillala
ugni turbolenza, si die tutto a liberare d
vescovato da'debili contralti dagli ante-
cessori, ed a ristorare le piazze cb'essi a-
-«veano lascialo cader in rovina. Confer-
mòenuovi privilegi concesse ad Utrecbt,
ed una malallia lo rapì a'vi venti nel iv^iy.
Subilo ottenne il seggio vescovile il pre-
posto di s. Pietro d'Utreclit, Federico li
di Zierick, per le raccomandazioni del pa-
rente Guglielmo 111 conte d' Olanda , e
com'erasi iuipegnato con lui, sotto la sua
dipendenza resse la chiesa. L'episcopale
consagrazioue la ricevè in PLUiiia o meglio
MI Avignone. Non pochi sudditi gli si ri-
bellarono, e fu aiutato contro di essi da
parecchi vicini, quindi il conle li fece rien-
trare nel dovere per Giovanni d'Arkel.
L'eccelsa torredella cattedrale fu da lui rie-
diiìcata da' fondamenti. Morto nel 1822
a' 20 luglio, nell'anno slesso a pluralilù
di sulliagi fu eletto Jacopo d'Oudshooro
d'Ouslborn decano d'Utrecht, conferma-
to dall'arcivescovo di Colonia; ma cessò
di vivere a' 20 settembre, non senza so-
spetto di veleno, perchè al conte d'Olah-
da non era riuscito fargli anteporre Ja-
copo di Zuden preposto de' gerosolimi-
laui. Fu lodalo per onestà, probità, reli-
gione, scienza, amore alla sua chiesa e in-
signe pietà. Gli successe Giovanni III de
Diesi preposto d'Anversa e figlio di quel
castellano, quantunque i vescovi elellori
altri a vesserò designalo a vescovo,cioèG io-
vanni di Bionkborst preposto di s. Sal-
vatore d'Ulrechl; la quale elezione i con-
ti d'Olanda e di Gueldria , e il duca di
Brabanle fecero auuullare da Giovauui
U T R
XXII e sostituire il Diesi. Il conle d'O-
landa godè sotto di lui della stessa auto-
rità nella chiesa d'Utrecht die goduto a-
vea nel vescovato di Zierick. Fondò il col-
legio d'Amersforl, terminò i suoi giorni
nel i34o e fu deposto nella cattedrale.
Benedetto Xll gli surrogò il romano Ni-
colò Capocci ( /^.), per la controversia in-
sorta fra Giovanni IV d'Arkel canonico
della cattedrale scello da una parie del
capitolo a istanza del conle di Fiandra,
e il suddetto Bronkhorst, al quale il con-
te di Gueldria avea procuralo la plura-
lità de' suffragi. U Capocci costretto ad
abdicare nel 1 34 ( ,ebbe poi la chiesa d'Ur-
gel e il cardinalato. A istanza di questi il
Papa riconobbe Giovanni IV, che fu con-
sagrato a Roma, al dire deWArle di ve-
rificar le daU'i ma io trovo piti probabi-
le in Avignone ove dimoravano i Papi col-
la curia romana, e cosi altri vescovi d'U-
trecht. Allreltaulo per altri disse la Gal-
liachristiana^ ma quantoa Giovanni IV
lo vuole tiaslato da Munsler. Il suo ze-
lo fu superiore ad ogni elogio, perchè io
due anni venne a capo di ricuperare mol-
ti castelli, e lutto il paese d'Over-Yssel,già
dato in pegno per debiti al conte di Guel-
dria. Volendo egli fare risparmio delle
rendite, rilbrmò tutta la corte e limitos-
si a vivere come semplice particolare a
Grenoble, lasciato il governo civile del
vescovato al fratello Roberto d' Arkel.
Durante l'assenza del prelalo,il conte d'O-
landa Guglielmo IV, seguito da quelli di
Cleves, e nel 1 345 assediò Utrecht, e sta-
va per impadronirsene quando giunto il
vescovo, colla mediazione di Beaumont
zio del conle ottenne tregua, a patto che
100 cittadini si recherebbero a chieder-
gli grazia a capo, ginocchia e piedi nudi.
Avendo poi il nuovo conte Guglielmo V
ripigliale f armi contro il vescovo nel
I 355, queste furono incalzate dalle par-
ti con vigore incredibile; mail vescovo ve-
dendosi abbandonare da' vassalli, chiese
e ottenne pace nel 1 356. D'allora in poi
egli 5ulo SI occupò di utili e pacifiche cu-
U T R
le, neliu cultedrale eresse lu oappeila ili
s. Gio. Evangelista, e ranicchì di prezio-
se suppellettili, fondò varie scuole, formò
una biblioteca di codici e sparse nella
diocesi il gusto che avea per le lettere.
Ollenne da Lodovico V il Bavaro pei*
se e successori nuovamente il diritto di
baller moneta con proprio conio, e dal-
l'imperatore Carlo IV la conferma e rin-
novazione di tutti i privilegi di sua chie-
sa. Trasferito nel 1 364 ^ Liegi da Urba-
no V, gli successe GiovanniV di Wirnem-
burgo. 11 suo governo fermo e vigoroso
contenne nel dovere i cittadini, già dispo-
sti alla sedizione, ma a costo di molli do-
minii del vescovato che fu obbligato a-
lienare. 1 capitoli d' Utrecht, scorgendo
tal deperimento nel temporale dominio
delta loro chiesa , portarono successiva-
mente le loro querele in Avignone a Ur-
bano V e Gregorio XI. Mentre quest'ul-
timo pensava al modo di soddisfarli , lo
sfortunato vescovo, soccombendo sotto il
peso de^ suoi disastri , intprovvisamente
morì a' 23 giugno i Sy i . Tosto la mag-
gior parte del capitolo scelse Arnoldo de'
signori di Horn (^'.), il quale trovavasi in
Koma, secondo le due citate opere, ed io
ripelerò in Avignone, ove fu consagrato
da Gregorio XI , e recatosi al vescovato
ne prese possesso a' 1 8 settembre. 1 citta-
dini d'Utrecht, co'quali ebbe diverse di-
spute intorno a'rispettivi loro diritti, ot-
tennero finalmente da lui nel iSyS una
dichiarazione, che riconosceva non aver
facoltà d'impor loro nuove tasse, né d'in-
traprendere veruna guerra senza l'appro-
vazione de'3 ordini, cioè del clero, de'no-
bili e de'citladiui. £d afnnchè tal diploma
avesse perpetuo effetto , venne in esso in-
serito,che tutti i vescovi successivi nel pos-
sesso ne giurerebbero l'esecuzione. Nello
slesso aunoil vescovo fu assalito o minac-
cialo di prossima guerra dal conte d' O-
lauda, a motivo di certo canale che il pre-
lato avea costruito; controversia ternii.r-
nalacon trattalo di pace nel i 375. Final*
meolti Giegurio XI si recò lu Kuma ucl
UTR 4i
i377 e vi ristabilì la papale residenza.
Ivi morto neh 378, gli successe Urbano
V I, contro il quale poco dopo i cardinali
francesi elessero scismaticamente l'anti-
papa Clemente VII, che dando principio
al grande Scisma d'occidente, si slabiFi
in Avignone: i popoli furono divisi nel-
r Ubbidienza di Roma e d'Avignone, ma
la Germania e la Frisia seguì la i." JNel
medesimo 1 378Urbano V l trasferì l'Horu
a Liegi, per morte d'Arkel, e nel i38i lo
creò cardinale, dignità che ricusò pel tur^
balenio scisma che divideva l'unità della
Chiesa. Da Munslera'22 novembrei378
fu Iraslato a Utrecht Fiorenzo di Weve-
lichoven, per le cure d' Ottone signore
d'Arkel, il quale di più costrinse l'Horna
rilasciare i castelli della chiesa d'Utrecht
che pretendeva ritenere per un anno.Fio-
renzo fu prelato di regolata condotta, e-
conomojsaggio e zelante pel mautenimeii-
lo de' suoi diritti. Ritirò dalle mani de*
creditori del vescovato, per 7600 scudi,
parecchi castelli e villaggi alienati da'pre-
decessori; e smantellò il castello d'Eer-
dem da dove Evrardo d' Eslem faceva
molle scorrerie sulle terre d'Utrecht. In
questo mezzo Roberto di Viane brigò
per soppiantarlo nel vescovato d'Utrecht,
ed avendone ottenuta nel 1 38o la paten-
te d'ammissione o intrusione dall'antipa-
pa Clemente VII, si apparecchiava a far-
la valere. Fiorenzo però l'obbligò a de-
sistere ed a chiedergli pace; iodi nel 1 382
ottenne dall' imperatore W^enceslao la
conferma de'privilegi di sua chiesa. Sic-
come poi Enrico burgravio di Montfort
voleva sostenere la sua indipendenza dal-
la chiesa d'Utrecht, venne nel 1387 as-
salito dal vescovo e costretto coll'armi a
riconoscerne l'alto dominio. La Chrotii-
ca Bclg. nel i 39 1 riporta un concilio ce-
lebrato in Utrecht, contro Jacopo di
Giuliers francescano. Fiorenzo temuto
da'^uoi vicini e rispettato da' suoi vassal-
li, come principe; quale vescovo fu probo,
prudente e dotto. Morì nel venerdì santo
del 1 393 nel castello d'Haidcuberg, e fu
42 UTR
trosporlato nella caUedraledi s. Martino
ila lui nnicclìila criilensili sagri. Diiila
»ede di Slrasburgo,a istanza del duca di
(iueidriii pe' voli del capitolo, passò in
cpiesta Federico III di Blaiikenlieicn con-
fermato da Ijoniiacio IK, in onta alle
jorcomandazioni d' Alberlo dnca di Ba-
viera e conte d* Olanda, che spalleggia-
va Roggero di Bronkliorsl tesoriere di
Colonia. Federico III «li molto ingegno,
ed esperto in ambo le leggi, sottomise nel
i3q5 alla propria chiesa il castello di
Coevorden e la pi»ovinoia di Drente, ch'e-
ra stata tolta a'suoi antecessori; eie an-
ni dopo, assedialo il c;iSlello d 'Eberstein,
lilenulo il più forte della Germania infe-
riore, lo prese e rovesciò d.i'fondamenti.
]*arechearmalo di tutto punto marcias-
.«.e ancora sul conte di Gueldria. Confer-
mò il collegio de' canonici di Gulenbur-
go, istituito da Umberto signore del ca-
stello, e morendo nel 14^4 •" Willanha-
ven, con pompa fu portalo nella cattedra-
le e collocalo in elegante avello. Gli suc-
cesse Zvveder de'signori di Gulenburgo e
d'Egmond, per la pluralità de' voli del
capitolo, con grande rammàrico de'uiol-
ti candidati, che i potenti vicini avevano
proposti. Ma uno fra loro, Rodolfo di
Diephoul, patrocinato dal duca di Cle-
Tes, s'niipadron'i d'Utrecht, cacciandone
Zweder, il quale quindi trasferì il suo
seggio a Dordrecht sotto la protezione di
Filippo il Buono duca di Borgogna. Ora
avendo questo principe determinalo di
riporlo sulla sua sede, si recò ad assedia-
re Utrecht in persona; respinto nell'as-
salto dopo pugna di 5 ore, levò il campo
e tornò in Olanda. Frattanto Zwederim-
padrouitosi del castello di Gorst forzò gli
abitanti d'Amersfort non meno che quel-
li di Ilhenen a riconoscerlo; dopo di che
costrinse Rodolfo a sgombrare d'Utrecht,
ove fece il suo ingresso nel 1 425. Gli €-
siliati che l'aveano seguito, commìsero in
questa città enormi eccessi, proc<;deoJo
UiQl'ullre da pugnalare nel proprio letto
il buigoma&Uu Bareud Piovis, ud puu-
UTR
tu che gli si amministra v« il Viatico. Ro-
dolfo si pacificò col duca nel i43o, ed O"
j>erò tanto deslramenle nella cortedi Ro-
ma, che giunse a farsi a-^solvere dalle cen»
sm-e e confermare da Eugenio IV. Zvre*
der da tal giudizio si appellò al concilio
di Basilea ove si recò, ma tu sorpreso dal-
la morte pendendo il giudizio nel 1 433,
e restò sepolto nella certosa di Basilea.
CoM Rodolfo restò pacifico possessore del
vescovato d'Utrecht, non ostante l'elezio-
ne che una parte del clero avea falla di
Walerano di Meurs, e la conferma poi
ottenuta dall' antipapa Felice V, eletto
da' padri di Basilea divenuti scisin alici e
la loro conventicola concili ibolo. Se non
che , un' imposta che volle stabilire nei
i447jP6r soddisfare a'debiti di sua chie-
sa,gli ammulinò contro una parte de'suoi
canonici, alla cui lesta si trovava il deca-
no; e la discordia procedette a tal pun-
to, che impadronitisi d'Ulrechl, costrin-
sero il vescovo a ritirarsi ad Horst. Wa-
lerano profittando della congiuntura vol-
te far risorgere il suo partito; ma il car-
dinal di Cosa legato, recatosi nel i449
sul luogo, combinò fra' due competitori,
che Walerano rinunzierebbe il vescova-
to d' Utrecht a Rodolfo, e che questi Io
jliuterebbea salire sulla sede di Munster
allora vacante. Rodolfo in seguito ebbe
nuovi dissapori cu'suoi canonici, i quali
nel tempo ch'egli risiedeva ad Horst, cac-
ciarono i suoi amici e cambiarono i Dia-
gistrali delia città. Moiì Rodolfo di cre-
pacuore nel e 455 e fa sepolto nella cat-
tedrale. Dopo 1 4 giorni, mercè i voti de'
5 capitoli d' Utrecht, fu innalzalo al ve-
scovato Gisberto de' signori di Bredero-
de arcidiacono di s. Salvatore della me-
desima. Subito palesò l'odio suo contro
i partigiani di Rodolfo, colle deposizioni,
coll'esilio e colle proscrizioni, in tal mo-
do cagionò uno scisma , perché i perse-
guitati ritirali ad Amersfort procederono
a nuova elezione, che cadde su David di
Borgogna bastardo del duca Filippo, e al-
lora vescovo diTerouaaae. 11 duca spe-
U TR
tfi a Roma il vescovo d'Arras, per in-
durle Calisto \\\ a confermare quesla e-
Jezione, e l'ollemie, benché avesse con-
fermala queila di Gisberto; e ciò perchè
il Papa attendeva soccorsi dal duca, per
la guerra contro i turchi. Avendo il du-
ca ottenuto le bolle, si dispose a collocar
il figlio sulla sede d'Utrecht. Dal canto
suo Gisberto, .sostenuto dal vescovo e da
Rinaldo suoi fratelli, si apparecchiò alla
difesa; ma vedendo d duca, già divenuto
signore di molte piazze del vescovato,
approssimarsi alla capitale, concluse con
lui un trattato di pace; cioè che rinunzie-
rebbe in favore di David alla sua elezio-
ne , ricevendo dal duca per indennizzo
delle spese fatte 5o,ooo leoni d'oro di
Borgogna; che resterebbe arcidiacono di
s. Salvatore, e godrebbe di più la prepo-
silura di s. Dunaziano di Bruges, col ti-
tolo di I. "consigliere d'Olanda e cogli e-
inolumeiiti doppi. Approvata la rinunzia
da que'd'LIlrecht, Gisberto nel i4^7 'i
dichiarò sciolti dal giuramento di fedeltà
a lui prestato. David di Borgogna entrò
allora in possesso del vescovato d' U-
trechl; e sebbene Devenler avesse ricu-
fealo di riconoscerlo, vedendo sotto le sue
mura le genti del duca si sottomise. La
buona armonia regnò lungo tempo fra
il vescovo ed i Brederode, \\ cui maggio-
re R.inaldo venne dichiarato governatore
d'Utrecht; ma il suo procedere e quello
de'suoi congiunti li pose poi talmente iu
discordia con David , che finalmente li
fece arrestare, ed assoggettare più volte
alla tortura Piinaido e Walerano suo fi-
glio, per trarre da essi la confessione de'
delitti onde gli accusavano i loro nemici.
La violenza de'lorjnenli trionfò della co-
stanza del figlio , il quale si confessò col-
pevole; ma però non produsse lo stesso
effetto sul padre, la cui innocenza venne
riconosciuta nel 147^ per sentenza pro-
nunziala da Carlo il Temerario duca di
Borgogna, figlio e successore di Filippo
il Buono, alla lesta de'cavalien del To-
sun d' oro , di cui Biaaldo era membro.
V T R 45
La morte del duca Carlo, avvenuta a'5
gennaio i477 j diiuinuì 1' ascendente di
cui godeva il vescovo d'Utrecht, il qua-
le incessantemente contrastato da qne*
cittadini abbracciò il partito di ritirarsi
a Wyck nel 1481. Continuavano ogni
giorno le turbolenze in Utrecht, ove gli
Hoeckini davano la legge; e gli sforzi che
Massimiliano arciduca d' Austria, sposo
di Maria di Borgogna erede di Carlo, po-
se in opera per ristabilire il vescovo nel-
la sua sede, non valsero che a rendere piti
arditi e numerosi idi lui avversari. JNel-
r incursioni praticate dalle due parti,
scorgendo il prelato l'ostinazione di que*
d'Utrecht, scagliò contro la città sentenza
di scomunica e d' interdetto, che però
venne proibito a'magislrati di riconosce-
re. Tuttavia nel 14^2 fu determinato di
richiamarlojalìine di ristabilir la pace; ma
il suo ritorno non produsse quel bene
che si sperava , trovandosi quasi prigio-
niero in nìezzo a un popolo sedizioso e
mal placato. Allora l'arciduca Massiuri-
liuno si recò alla testa di 12,000 uomini
in .soccorso di David , ed insignoritosi
d' Utrecht si fece riconoscere dal senato
a'j settembre 1483 qual protettore tem-
porale di questa chiesa. La storia delle
peripezie di David si può leggere nella
bolla Eocigltprotervorurn^eaìanataa fa-
vore del prelato da Sisto IV, e riprodotta
nella Gallia chrisliann. Il vescovo pas-
sò quindi più tranquilli i suoigiorni,ch'eb-
bero termine a Wyck-te-Duerstede nel
1496. Assai dotto, interrogava egli me-
desimo que'che aspiravano agli ordini sa-
gri, ne loro li conferiva se non dopo rigo-
rose prove, ed un giorno di 3oo candi-
dati 3 soli ammise agli ordini sagri. Ne
fu successore Federico IV de' marchesi
di Bade, per in»pegno di polenti signori
in nome dell'imperatore Massimiliano I,
ed il suo competitore Filippo de' duchi
di Cleves ebbe il vescovato d' Amiens.
Federico IV sostenne guerre con Alber-
to di Sassonia sostenitore de' ribelli fii-
soui, e col duca di Gueldria pel posses-
44 u T R
M> d'alcune fortezze, il quuie ne) 1 5 1 i fu
tlu'citladiui ti' Ulieclit, tnalcuiileuli del
vescovo, dichiarato loro piotcllore per
fili le«la a Fiorenzo d' Ysseisleiu paili-
^iauo del pieialo. Ora avendo questi leu-
lalo luil iebUaio di scalar le mura del-
la città cuiruiiito del ghiaccio, le genti
di Gueldiia glielo iutpediruno. Lo svi-
lito di sedizione cosi perseverante ne'
cittadini d'Uliecht, era fondato perchè
Federico IV tutto operava senza consul-
tale gli stati , onde il prelato divisò di
rinunziare il vescovato, e nel i5i6 lo
cedette a Filippo di Borgogna, altro na-
turale del deftjiito duca Filippo il Buo-
no, e fratello di David, mentre poco do-
po Federico IV mori di vecchiaia nel Bra-
banle e il cadavere fu trasferito a Baden.
Fdippu era aumiiraglio d'Olanda, onde
contro la sua inclinazione e solo per
«compiacere Massimiliano 1, acconsentì al
cambiamento di slato , Leone X dispen*
(>audulodagrillegitlimi natidi. I cittadini
d'Utrecht videro questa nomina con ram-
marico, pei che prevedevano che alla fine
dovevano soggiacere alla dominazione
austriaca; ma fu d'uopo piegarsi, e la ma-
gistratura accordò con buona pace quel-
lo che non avrebbe potuto ricuperare
colla forza. Filippo quindi entrò in pos*
Stesso di sua chiesa alla testa di i ooo ca-
valli, ma non ne fu coasagrato che nel-
l'anno seguente. Questo vescovo vide na-
scere l'eresia di Lutero, e senza aperta-
mente abbracciarla mostrossi disposto a
favorirla. I progressi dell'armi de' duchi
di Gueldria nella Frisia l'indussero onde
far loro fronte a chieder soccorsi a Mar-
gherita d' Austria governatrice de'Paesi
Bassi; ma le genti da lei somministrate
operarono in vece a vantaggio di casa
d'Austria, che resero inleramente signo-
ra della Frisia a'iS oltobrei523. Il ve-
scovo finì i suoi giorni a Duerstede a'7
aprile i524 di 5^ anni. Questo prelato
era dotto, ma mollo equivoco nella sua
dottrina, e di costumi poco regolali, pru-
(ieute e assai pohtico. Erasmo di Uotter-
U TU
(lam gli dedicò il suo commentario sul-
le due epistole di s. Paolo a Ti moteo.Ln*
rico di Baviera figlio deireletlore Pala-
tino, fu quello sul quale cadde la scelta
de'capiloli d'Utrecht, sollecitati da casa
d'Auatiia, per vescovo d'Utrecht. Di ma-
la voglia solfrivano que' cittadini che si
trovasse fra le mani del duca di Gueldria
l'altra diocesi di loro provincia, di cui
erasi quasi impadronito durante la guer-
ra della Frisia. Enrico pertanto si assun-
se l' incarico di ricuperarla, e nel iSiy
palleggiò amichevolmente col duca di
riscattarla mediante l'osborso d'una som-
ma di denaro. Ma que'd'Utrecht,a'quali
egli voleva imporre un tributo per que-
st'oggetto, si rifiutarono di pagare pri-
ma che non fosse eseguito il trattato ;
parimenti il clero, che il prelato tentò
d'aggravare con una particolare gabella,
manifestò la medesima opposizione, e ve-
dendo che si minacciava costringerlo, su*
scilo una sedizione, dalla quale trasse
partito il duca di Gueldria per impadro-
nirsi d'Utrecht. Allora il vescovo ricorse
all'imperatore Carlo V, ma le reciproche
ostilità non ebbero fine che col trattalo
concluso a Gorinchem a*5 ottobre 1 528.
Essendosi le nuove erronee opinioni re-
ligiose rapidamente sparse nel paese, se-
condale dalle turbolenze, gli eretici Pro-
tes tanti spiegarono partito pel duca, e
gli episcopali ricorsero al patrocinio del-
l'austriaco Carlo V. Onde ottenerlo fu
mestieri di cedere a questo principe, an-
che sovrano de'Paesi Bassi ossia duca di
Brabante e conte d'Olanda, la tempora-
le sovranità della chiesa d'Utrecht, ch'e-
gli riunì alla contea d' Olanda, cioè le
Provincie d'Utrecht e d'OverYssel. La
cessione seguì con atto del vescovo in pre-
senza e col consenso de' capitoli a' 2 1
ottobre 1 528, in mano d'Antonio di Sal-
vaiiig conte d'Hogslraten incaricato dal-
l'imperalpie Carlo V, e da lui accellala
a' 2 dicembre seguente. Dice V Arie di
verificare le date^ che Papa Clemente
VII ratificò rS maggio 1 53 1 la Iraslazio-
UTR
ne della sovranità temporale della chie-
sa trUlrechl in Carlo V ; ed io aggiun-
gerò come duca di Brabante e conte d'O-
landa, colla bolla Romanus Poutìfcx^
presso la Gallia Christiana^ ma in data
de'20 agosto i52g. Carlo V avea posio
in Utrecht un presidio nella rocca mu-
nilissima da lui costruita, ed avea pro-
messo dal canto suo con allo de* 3o set-
tembre i53o,che rinnoTÒ a'i2 novem-
bre successivo, di conservar tutti i privi-
legi della chiesa d'Utrecht, uno de'quali
consisteva nel diritto de' capitoli d' eleg-
gere ed istituire il loro vescovo; ma dice
ìlNovaes, che poco dopo Clemente VH
accordò a Carlo V la nomina del vescovo
d'Utrecht. Enrico di Baviera, ristretto
alla sola autorità spirituale, così poco se
ne curò, che nel 1 Sag rinunciò il vesco-
vato nelle mani del Papa, ritlrossi in Ger-
mania, ove poco dopo ottenne il vescova-
to di Worms, di cui era coadiutore, e
mori nel 1 552. Così terminò la potenza
temporale e sovrana della chiesa e de' ve-
scovi d' Utrecht. Clemente VII nominò
i.^'vescovo d'Utrecht senza tale principato
il cardinale Willelmo Enchenvocr,c\ìe i
Sanmarlani dicono|nalivo non d'Utrecht,
ma hrahantimis patriae Silvae Diicen-
sis, ossia Bois-lc-Duc. Risiedendo in Ro-
ma, fece prendere possesso dal suo procu-
ratore, e morì in Roma nel 1 534 ove sem-
pre era rimasto. Gli successe Giorgio de*
conti d'Egmont, che pacificamente go-
vernò, ornando la cattedrale; più coll'e-
seropio che colle parole istruì i fedeli, pio,
limosiniero, diligente pastore, severo nel-
l'ordinarei chierici che voleva idonei. Mo-
rì nel 1559 nell'abbazia di s. Amando, di
cui era amministratore e vi restò sepolto,
il cuore venendo tumulato nella catte-
drale d'Utrecht, di cui fu l'ultimo vesco-
vo. Si ponno vedere la Batavìa sacra, h..
Malici, De nobilitate, de Advocatis Ec-
clesiae et de Comitatum Hollandiae
et Dìoecesi Ultraj'ectina, Amstelodamii
1816. Giovanni Vagenaar, Storia della
patria^ che contiene ^li avvenimenti sue-
u t;* R 45
ceduti ne* Paesi Bassi uniti, ed in par-
ticolare in Olanda, dagli antichi teni'
pi fino al ì'jSiy Amsterdam 1749: -^^<''
moria sulla dignità dello Statolderato
nelle Provincie Unite, Amsterdam 1787.
La Storia in parie fu riprodotta da Gof-
fredo Sellio e da Benigno Dnjardin nel-
r Histoire generale des Provincies- U-
nics, Pa ris I 7 57 - 7 o .
Arcivescovato d' Utrecht e scisma
della Chiesa d' Utrecht.
Carlo V d'Austria imperatore cede al
suo figlio Filippo II la monarchia di Spa-
gna (^^•), e la sovranità de' Paesi Bassi,
cioè V Olanda e il Belgio^ che fece gover-
nare dalla sua sorella naturale Marghe-
rita d'Austria; ma introducendovi l'as-
soluta autorità colla quale dominava la
monarchia spagnuola, generando mal-
contento, scoppiò poi in aperta ribellio-
ne. Intanto penetrando sempre più ne'
Paesi Bassi il veleno delle nuove eresie,
a sostenimento della cattolica religione,
di cui era zelantissimo, Filippo ]i sup-
plicò Papa Paolo IV di aggiungere nella
regione agli antichi vescovati altri, e di
dichiarare arcivescovati le chiese d' U~
trecht per l'Olanda, Camhray e Mali"
nes pel Belgio, il che eseguì eolla bolla
Super Universas Orhis Eeelesias, de*
12 maggio 1559, Bull. Boni. t. 4> P»»*-
I, p. 359. Alla metropolitana d' Utrecht
assegnò per suffraganei i vescovi di Har-
lenijGroninga, LeM'arden, Middelburg,
Deventer (T''.). Queste chiese costituiro-
no r episcopato d'Olanda. Peri." arcive-
scovo d'Utrecht Pio IV a'i3 novembre
I S^ I promulgò Federico Schenck de'ba-
roni di Tautembergdi Frisia, preside del-
la camera di giustizia di Spira, assai dot-
to nelle divine e umane lettere , ornato
delle qualità richieste in un pastore, as-
siduo nel governo del gregge, esempio di
pietà,erudito e facondo predicatore, scrit-
tore e confutatore dell'eresie. Così la
cattedrale d'Utrecht elevata a metropo-
litana, tornò alla dignità in cui era sotto
il suo x.° pastore s. Willibrordo. Frat-
4G U T II
Innlo tìiIflfnndo<»i ne* Pnesì Rassi 1* eresia
dt Calvinisti Ugonotti, solloii nome di
Jiiendichi o Geusi, la lihellione andava*
si organizzando, cnpitanala da Guglielmo
1 d'Or{in2;e, che orinata mano nel 1570
entrò nell'Olanda e Zelanda, dalle quali
Provincie fu proclamalo stadtholder. In-
di nel gennaio iSyp in Utrecht, come
già dissi, si formò la famosa unione delle
Sette Provincie unite, formanti la repub-
blica d'Olanda, una delle rp.iali fu quella
d'Utrecht, venendo solennemente dichia-
rato stadtholder Guglielmo I, e perdute
per sempre daFilippo 1 1, succedendo nella
maggior parte de'popoli la rinunzia alla
fedecatlolica per abbracciare l'eresia. Fu
promesso che la religione cattolica ri-
marrebbe libera e intatta, compresa la
conservazione de'religiosi e delle morfa-
che; per cui i' arcivescovo d' Utrecht Fe-
derico co'suoi 5 vescovi sulFraganei cele-
brarono un sinodo provinciale, e forniro-
no di avvisi salutari il clero e il popolo, a
non fidarsi delle fallaci promesse, e tener-
si in guardia da' pestiferi errori che am-
morbavano la regione d'Olanda. Malgra-
do le convenzioni e trattati , confermati
nell'unione d'Utrecht, i protestanti pre-
sero la somma del governo, perseguitaro-
no il clero, invasero conventi e monaste-
ri, s'impadronirono de'beni ecclesiastici,
oppressero in più modi i cattolici. La per-
secuzione tosto prese grandi proporzioni,
il clero secolare e regolare fu cacciato dal-
le Provincie unite all'Olanda; la sede ar-
civescovile d'Utrecht e le chiese vescovili
sufFraganee furono empiamente soppres-
se e distrutte, ed i cattolici miseramente
dispersi, esiliali, calunniati, atrocemente
perseguitali.L'arci vescovo d'Utrecht Fe-
derico, afflittissimo ivi morì a'25 agosto
i58o e fu sepolto nella sagrestia della
metropolitana. Non ebbe successori, on-
de i Papi nominarono vicari apostolici
d'Ulrechtedell'Olanda, insigniti del gra-
do di vescovi in partihus. La Gallia
r/j/7>//V7«tì5 registra: IN. conte di Renebur-
go. Giovanni Brukesio designato vesco-
U TR
vo. SasboldoVosmero arcivescovo di Fi-
lippi. Giacomo della Torre arcivescovo
d'Efeso. Giovanni Neerkassel vescovo di
Casloria. Indi riporta la serie de'preposli
e tie'decani dell'antica chiesa d' Ulrecht.
La s. Sede colla morte dell' arcivescovo
Federico riguardò come estinto l'arcive-
scovato d* Utrectit e il suo capitolo me-
tropolitano. Di quanto precedetle,accom-
pagnò e seguì la soppressione dell* epi-
scopato d'Olanda, non meno dell'origine
e progressi dello scisma della chiesa d'U-
trecht, per aver abbracciato il Giansrni'
stno (F.) con pseudo arcivescovo d' U-
trecht, e pseudi vescovi d'Harlem e De-
venter, ne trattai nel voi. L, p. 1 49 e seg.,
sino e inclusive al falso e scismatico Steen-
hovcn, tutti condannati successivamente
da'Papi, come scismatici e come gianse-
nisti refiattari. Dappoiché i successori di
Steemhoven, che poi riporterò, nell'esse-
re eletti da'pseudi canonici vengono con-
dannati da'Papi, nel ricevere la parteci-
pazione da detto scismatico capitolo, che
osa impudentemente chiederne la confer-
ma. I giansenisti da circa un secolo e
mezzo spiccati come membra putride dal
vivo corpo della Chiesa di Dio , essi non-
dimeno s'infingono appartenerle. Appe-
na i pretesi arcivescovi e vescovi di tal
setta hanno ricevuto la scismatica con-
sagrazione , s' alFreltano di scrivere al
sommo Pontefice parole di fedeltà , di
sommissione e di ubbidienza. L'unica ri-
sposta di sì sfacciata impostura, è la di-
chiarazione dell' incorsa scomtmica, che
suol esser loro inviala con lettere apo-
stoliche sottoscritte dal segretario de'bre-
vi a''principi, dopo pubblicate colle stam-
pe e artisse dal maestro de'cursori apo-
stolici ne'soliti luoghi in Roma, e princi-
palmente nelle pareli esterne delle basi-
liche patriarcali Lateranensee Vaticana,
della Cancelleria apostolica, della Curia
generale a Monte Citorio, della Piazza di
Campo de'fiori. In forma di breve dal
Papa si partecipava puvea'Dilectis Fi-
liis universis catholicis in Belgio Bata^
UT R
vo coìiinioranlihus. Atliinqitee come pro-
misi nel luogo cilalo, vado ad accennare
la continuazione dello seismo della chie-
sa d'Ulrechl, ripetendo quanto rignaida
10 vSleenhoven. I due pretesi capitoli iVX]"
liecht e d'Hailero dopo essersi usurpata
la giurisdizione del vicariato apostolico
dOlanda,quello sedicente d'Utrecht com-
posto di 7 chierici refrattari giansenisti,
nel I 723 elesse per proprio chifDerico ar-
civescovo Cornelio Sleenhoven, che sa-
crilegamente fu consagrafo nel 1724 da
mg/ Domenico M.' Vailet vescovo di
liabilonia , il quale pure era interdetto
e scomunicato; ed invece di due vescovi
assistenti, che non poterono trovare, con-
tro le regole ecclesiastiche supplirono due
falsi canonici. Papa Benedetto XIII sco-
miinirò il nuovo pseudo arcivescovo e
quelli che 1* aveano eletto e consagralo.
11 breve Qua so Ili ci ludi ne, dal Papa e-
manalo a'22 febbraio lyaS e diretto:
nili'ctisFiliisuniversis catholicis inFoc'
dcrato Belgio commorantibns, si legge
pure nel Bull. Pont, de Propagandafi-
<^/r, Appendi X, t. 2,p. i i. Sleenhoven pre-
tendendo di stabilire la nuova chiesa
d'Utrecht die principio allo scisma tut-
tora esistente. Poco dopo morì a'3 apri-
le 1725 lo Steenhoven , ed a' 16 dello
slesso mese fu da'refraltari giansenisti e-
letto per nuovo prendo arcivescovo d'U-
trecht Cornelio Berckmans Roitiers, il
quale sacrilegamente consagrato dallo
scomunicalo Varlet vescovo di Babilo-
nia, fu come il predecessore sospeso, in-
terdetto e scomunicato da Benedetto XI I \
col breve Novis istic, dei3 agosto i 725,
Bull. Rom. 1.12, p. 23. Morto repenti-
namente il Berckmans a' 1 5 maggio 1 782,
gli fu sostituito dagli scismatici canonici
Teodoro Wander Croon,che il suddet-
to vescovo di Babilonia consagrò a' 28
ottobre 1783 collo stesso sacrilego rito
de'due precedenti. Clemente XII con bre-
ve de* 17 febbraio 1735 dichiarò nulla
l'elezione di lui, ed esecranda la sua con-
sagrazione, il perchè Teodoro si appellò
UTR 4?
al futuro concilio. Mori egli nel giugno
1789 , e dopo ^\n mese gli fu siurogato
Gio. Pietro Meindarls, il quale Clemen-
te XII col breve Magna nos, de'6 otto-
bre 1739, Bull. Rom. l. i4> p. 392, lo
dichiarò incorso nelle più severe censu-
re, irrita l'elezione, vietandone la consa-
grazione in arcivescovo, e proibendogli
l'esercizio dell'ordine. Ma a* 18 dello
slesso mese fu consagrato arcivescovo
d'Utrecht dal sacrilego Varlet vescovo di
Babilonia. Indi Papa Benedetto XIV col
hveve Àuget Pastoralem, de'24 gennaio
1 74 r , Bull. Bened. XIV, l. r , p. 1 3, lo
sospeseda ogni esercizio dell'ordine e giu-
risdizione vescovile, dichiarò interdetto,
scomunicato e proscritto come sedutto-
re, lupo insidioso e (ìglio d'iniquità. Mo-
ri frattanto il vescovo di Babilonia Var-
let a'i4 n»fìggioi742, onde non restava
alla setta giansenistica della falsa chiesa
d'Utrecht altro vescovo che ilMeindarts,
['uomo più perduto nello scisma. Egli
dunque perchè non mancasse la succes-
sione de'vescovi scismatici della nuova
chiesa d'Olanda, ravvivò l'estinto vesco-
vato d'Harlem, e ne creò e consngrò ve-
scovo a'2 settembre 174^ Girolamo de
Bock, al qtiale Benedetto XIV prima col
breve Quamquam inhaereuft, del (."set-
tembre, Bull, cit., p. 92 , dichiarò nulla
l'elezione e illecita, proibendo la consa-
grazione;poi condannando la seguila,con-
Irò il consagranle e il consagrato fulmi-
nò la scomunica col breve Obsurdescìt
quotidie magis, de' 20 dicembre , Bull.
cit., p. I o3. Girolamo essendo morto 1' ( i
dicembrei744> Meindarts gli sostituì a'
1 5 maggio I 74^ Giovanni W^an Stiphout
pseudo curato d'Amsterdam, e nel luglio
seguente lo consagrò, dandone parte con
temeraria arroganza a Benedetto XiV,
nel chiedergli la conferma del commesso
suo reato. Il Papa col breve Hieronymo
de Bock, de'26 giugno l'j^S, Bull, c'ìt.,
p. 236, annullò l'elezione del pseudo ve-
scovo d'Harlem, e con censure gli vietò
di farsi consagrare. Saputosi poi dal Pa-
48 UTR
pa la seguila consagrazione, la con{!ann^
con sentenza di scomunica pe'fhlsi con-
sagratore e consagrato, mediante ii bre-
-ve Tarn praeclaram, de'28 agosto 1 74^,
Bull, cit., p. 244- Di pii:i Benedetto XIV
nello stesso giugno a vea condannato l'ap-
pellazione d'ambedue al futuro concilio,
col breve /altissimo Divinac Provìden-
tiacy de'26 giugno, Bull, cit,, p. 287 :
Damnatio et prohibitio libri yCiijus titu-
lus est: Illustrissimorum, acRcverendis-
siniorum Archiepiscopi Ultraj'ec tensile t
Episcopi Harleniensis instriimentwn
Appellalionis ad Concilium generalcm
futuriwit a diiobus brevìbus a Sanctis-
simo alias expcdilis ad Catholicos in
Foederato Belgio. Questi brevi di Be-
nedetto XIV e de' stioi predecessori sa-
ranno nella storia ecclesiastica un perpe-
tuo monumento non meno della perfìdia
ostinata de'settari giansenisti d'Utrecht,
che della pazienza e illuminata vigilan-
za, come della energica e salutare severi-
tà de'Papi in difesa della Chiesa e della
purità della fede, onde preservare i cat-
tolici olandesi dalie mani degli scismatici
e da* loro errori. Finsero dipoi gli sci-
smatici di volersi riconciliare colla s. Se-
de, e però Benedetto XIV nel 1748 sta-
bill avanti di se una congregazione di
cardinali, dalla quale uscì il decreto de*
6 ottobre, in cui si dichiarava , che gii
ultragettini sarebbero riammessi alia co-
munione della Sede apostolica e della s.
Chiesa, quando essi sottoscrivessero pu-
ramente il formolario di Alessandro VII,
nel quale si condannano le 5 Proposi'
zioni(y.) cavate dal libro di Giansenio;
e si sottomettessero sinceramente alle
pontifìcie costituzioni emanate contro gii
errori di Giansenio e di Quesnello. Que-
sta sola richiesta fu confermata con altro
decreto della stessa congregazione depu-
tata delr.**maggioi749;nia gli scismati-
ci stettero saldi alla negativa della richie-
sta condizione, onde la s. Sede si vide
necessitata a rigettare suo malgrado le
loro istanze. Nel 1752 Benedetto XIV ri-
UTR
c^s^ d'accettare il trattato; ma prote-
stando gli scismatici con una dichiara-
zione de' 1 2 settembre, che non avrebbe-
ro acconsentito giammai alla sosci izione
pura e semplice del formolario Alessan-
drino , né mai accettata la costituzione
Unigenitus Dei Filiusy coWa quale Cle-
mente XI condannò in globo f o i propo-
sizioni di Quesnello contenenti il danna-
lo giansenismo, per quante spiegazioni
venissero loro date, cosi la proposta ri-
conciliazione non si avanzò niente di più.
Frattanto il sacrilego Meindarls nel 1 757
eresse nuovamente il vescovato di De-
venter, ed a'25 gennaio 1758 ne consa-
grò vescovo Bartolomeo Byevelt, pseudo
parroco di Rotterdam, di cui fu riprova-
la l'illegittima e incompetente elezione,
come altresì la nuova erezione del ve-
scovato, da Benedetto XI V con breve de'
29 dicembre I 758, col quale il Papa fece
conoscere agli scismatici, che non erano
essi tanto audaci nell'avanzare lo scisma,
quanto egli vigilante nell'abbatterlo.Cre-
sciulo secondo il narrato il niuiìero de*
falsi vescovi della nuova chiesa d'Olan-
da , il Meindarls essendosi arrogalo nel
1763 il diritto di metropolitano, convo-
cò e tenne a' 1 3 settembre un sinodo pro-
vinciale nella sagrestia della chiesa par-
rocchiale di s. Geltrude d* Utrecht, al
quale egli presiedè, coli' intervento de*
pseudo vescovi sufTraganei della falsa
chiesa d' Utrecht, cioè d* Harlem e di
Deventer, di 6 canonici e 9 parrochi, tul-
li come giudici (ecco il fonte donde il
Ricci poi vescovo di Pistoia attribuì a*
curati l'eguaglianza de' vescovi nel giu-
dicare al suo famoso sinodo, che Pio VI
condannò con bolla dogmatica), e di al-
tri ecclesiastici, come teologi, che ne ven-
nero fìno dalla Francia. In questo Conci-
liaholo^W scismatici slessi slabilironoca-
noni intorno alla fede, a' costumi e alla
disciplina, come se perciò avessero l'au-
torità, di cui erano privi. Il presidente
ne pubblicò gli alti colla stampa, ed eb-
be ii temerario ardire di parteciparli
UTR
con lettera (le'2 i settembre al Papa Cle-
mente XIII, adi domantiaine la confer-
mn. Qiiesto vigilante pastore della Chie-
sa universale , dopo maturo e rigoroso
esame, e perfettamente consapevole del-
le ree massiniedi questi scismatici, lo di-
chiarò nullo, illegittimo e detestabile; lo
chiamò conciliabolo d' Utrecht, ne re-
scisse, irritò e cassò gli atti tutti , e ne
vietò severamente la lettura, la vendita
e la distribuzione. Ciò fece colla bolla Non
sinc acerbo aiiinio, de'3o aprile 1765,
Bull, Ro/n. coni. t. 3, p. 67, e Bull. Pont,
(le Prop. fule^ l. 4> P« 9^- bidi Clemen-
te Xi li col breve L'gregìatn a Nobis^ de*
29 ottobre 1765, Bull. Boni. cont. l. 3,
p. i4o: Colonienses Unù'ersilateni coin-
meiidat prò evulgato judìcio contra li-
bruni Justìnii Febronii^et Acta Pseudo-
Synodi Ultrajeciinae. E col breve Pa-
storaltm Epistolani , emanato in detto
giorno, Bull, cit., p. i/^w Cuni Episco-
po Leodicnsi gratulatur prò pastorali
ab ilio edita, etevulgatione Apostolicae
Constitutionis,(jua Pseudo-Synodus Ul-
trajectina proscrìbitur. Essendo morto
Meindarlspseudo arcivescovo d'Utrecht,
com'era vissuto, ostinato sempre nella sua
detestabile disubbidienza, i falsi canonici
d'Utrecht gli surrogarono Gualtero Mi-
chele Van-Nieuwenhysen, che il pseudo
vescovo d' Harlem Van-Stiphout consa*
grò a'7 febbraio 1768. E Clemente XIII
lo sospese, interdisse e scomunicò col bre-
ve Etsi satisj dell. ''giugno 1768, Bull.
Boni. cont. l. 3, p. 5 1 7, e Bull, de Prop.
fide , t.'4j pi i5. Si riaprirono tuttavia
i trattati di riconciliazione nel pontifica-
to di Clemente XIV, fra le risposte me-
morabili del quale, dice Cancellieri nel-
la Storia de' possessi ù p. 4^4 > nierita
menzione distinta quella che die ad uno
che gl'introdusse il discorso della riunio-
ne della chiesa d'Utrecht: Adorate, cjuae
incendistis; incendile, quae adorastis.
Le trattative dell'unione si proseguirono
col successore Pio VI, ma siccome da
questi Papi volevano gli scismatici uaa
VOL. LXXXVII.
U T R 49
dissimulazione, che i refrattari medesimi
detestano in Libcrioed in Onorio I, e dal-
l'altra parte non volevano piegar la men-
te all'apostoliche ordinazioni; così questi
nuovi tentativi andarono nuovamente a
vuoto, non ostante la costanza e la dol-
cezza, che in essi vi adoperarono succes-
sivan)ente i due nunzi apostolici di Brus-
selles, Busca e Zondadari, poscia cardina-
li, de'quali tutte le savie e zelanti premu-
re restarono inutili, pe' cavilli solili de*
giansenisti. Morì intanto nel dicembre
1777 il falso vescovo d'Harlem Van-Sti-
phout, a cui dagli scismatici fu dato per
successore Adriano Broekman , parroco
diCorleuJjurg. Il Nieuwenhysen pseudo
arcivescovo d' Utrecht, dissimulando le
passale vicende, ne partecipò l'elezione a
Pio VI, e con inaudita baldanza gliene
domandò l'approvazione. A questa sfac-
ciataggine inorridì il Papa, e seguendo le
vestigia de' suoi predecessori diresse il
breve Piane cognitmn vobìs, de'22 luglio
1778, Bull. Boni. cont. t. 6, p. 20, a'
cattolici delle provincie unite d'Olanda,
in cui riprovò e dichiarò nulla, nefanda,
illegiltima e sacrilega tale elezione, la re-
scisse ed abrogò il pseudo vescovo d'Har-
lem Broekman da ogni uso della giuris-
dizione vescovile, e sotto pena delle più
tremende censure vietò al pseudo arcive-
scovo d'Utrecht Nieuwenhysen, ed a qua-
lunque altro ancorché legittimo vescovo
o arcivescovo di consagrarlo. Sperava Pio
VI che questo rigore temperalo da e-
spressioni amorevolissime, facesse torna-
re ravveduti i refrattari giansenisti al suo
seno, ma con indicibile»,suo rammarico
seppe, che a'2 i luglio si passò alla con-
sagrazione dell'elello, dal quale lo stesso
Papa ricevè una lettera scrittagli nel dì
seguente, in cui gli partecipa l'avvenuto.
A tanto eccesso di temerità stimò Pio VI
di dover fulminare nuove censure col
breve Dcdinius advos, de' 5 agosto, Bull.
cit., p. 28, egualmente diretto agli stessi
cattolici dimoranti nelle provincie olan-
desi, ed a ferire que* pertinaci colla sco-
4
5o UTR
niunica,i quali insultavano la s. Sede con
lelteiedi simulata sommissiuno, accom-
pagnate dagli atti della più ostinata disub-
J>idienza. La nìorle del Dycvclt, clie si di-
ceva vescovo di Devenler, die luogo ad
altra sacrilega elezione nella persona di
Nicola Nelleman, parroco di s. Orsola di
33eUt e canonico d'CJlreclil, segnila a' 2
settembre I 778. il IN'ieuwenliysen locon-
sagrò a'28 ottobre, e con nuovo insulto
j)rontameute partecipò l'elezione e la con-
sagrazionea Pio Vl,ilqualecol breve iW
va- et in cìies dcleriora, de' 18 gennaio
1779, Bull, cil., p. 64, le riprovò e a-
natematizzò , rilavando in esso, die se
alla cousagrazione di Broekman sedicen*
te vescovo d'Harlem vi fu solitudine, a
cagione del diinìnnìto numero de'settaii
giansenisti, clie ogni giorno andava sce-
mando nelle [)rovincie olandesi, questa
del INelleman fu privala e clandestina,
per arrossire il consogranle di sua ulte-
riore temerità. Indi l'erudito ex gesuita
canonico di Bergamo conte Luigi Mozzi
nel I 785 stampò in Ferrara: Storia coni-
pcndiosn dello scisma della niiovachie-
sa d'L'tiechtf diretta a monsignor Ve-
scovo di ... da D. A. D. C. All'egregioau-
lore Pio VI spedì un breve di congra-
tulazione. Ne die ragguaglio il Giorna-
le. Ecclesiastico di Roma nel 1. 1, p. 23,
il quale osserva e loda le riflessioni con
cui si vendica la Cbiesa roo)ana dalle ca-
lunnie de'suoi nemici, i quali pretendono
tlie abbia esercitata tirannia contro gli
nllrajeltini, e s'impugna l'insussislente e
infame parallelo fatto dal conte di Trauts-
inandorf della condotta della Cbiesa ro-
mana riguardonglinllrojettini medesimi,
con (|uelia tenuta da' vescovi africani a
riguardo (ìe Donatisti. Sì osserva altresì
dall'autore della Storia, cbe la Cbiesa di
Francia è andata su ciò coslanlemenle
d'accordo colla romana, e cbe molte
volle è stata quella lai." a esercitare al-
cuni alti d' ecclesiastico rigore contro
quella tal cbiesa , e molte altre cose si
avvcilonu; precipuameiile, cbe tanto in
UTR
Ulrecbt clic negli altri luoglii d* Olanda,
il numero di que* cbe da Roma ricono-
sciuti sono per cattolici e cbe vivevano
contentissimi sotto la direzione de'vicari
apostolici, era molto maggiore dell'altro.
1 nollre del bergamasco Mozzi si ha la Sto*
ria delle ris'oUizioni della chiesa d'I!-
trecìity Venezia 1787. Il Bercastel nella
Storia del Cristianesimo, l. 34, n.°i86
e seg., ragiona de'maneggi degli ultrajel-
tini per riconciliarsi colla s. Sede, ripro-
vando la costante avversione all' ubbi-
dienza , percliè lenendo sempre il lin-
guaggio della rassegnazione, ricalcitrava-
no a[)ertamenfe alle voci del supremo pa-
store de'fedeli, e pretendendo di volerle
seguire, conoscendo d'essere separali dal-
l'unità dellu cattolica Cbiesa, e sforzan-
dosi di fur credere cbe non ne erano
punto disgiunti. Riporta egli pure i frat-
tali di riconciliazione con commendati-
zia dell'imperatrice Maria Teresa, inta-
volati con Clemente XI V, onde concepite
buone speranze da' deputali baiavi in-
viati a Roma, tosto gli ultrojettini rima-
sero delusi dal riferito risoluto e brusco
dilemma pronunziato dal P^pa: Adora
ciochehai abbruciato , abbrucia ciò che
haiadorato. Intese dire: accettino prima
gli ultrajeltini il formolario d'Alessandro
VII e la bolla Unigenilus di Clemente
XI, detestino la resistenza finora fatta al-
l'uno e all'altra; pel resto ci presteremo
a lutto, ma senza di questo non occorre
di venire a parlamento, e li licenziò. Nar-
ra pure i tentativi falli dagli ultrajetlini
con Pio VI, andati a vuoto per ostinarsi
nelle loro erronee privale opinioni , per
orgoglio ricusando sollometlersi a' giu-
dizi della Cbiesa. Parla ancora il Berca-
stel de'pseudo arcivescovi e vescovi d'U-
Irecbt, Harlem e Devenler, degli scismi
di quelle cbiese, e de'brevi di riprovazio-
ne di Pio VI. Nel i833 fu stampata in
Fermo l'Allocuzione tenuta in Utrecht
nel tempio cattolico di s. Martino a'RB,
Pastori delle sagre missioni d'Olanda
il dì 20 settembre i'jc)i dall'apostolico
UTR
superiore arch>escovo di Nixihi Cesare
Brancadoro, allora nunzio di Crusselles
e poi cardinale, veramente degna di quel
retante e dotto principe della Cliiesa ro-
mana. In essa ricorda la visita fatta ne*
luoghi delle missioni apostoliche «l'Olan-
da, l'amministrazione de'sagramenti del-
IaConfermazione,deirEucnrislia,deirOr-
dine, del suo amore e sollecitudine ver-
so il gregge afìldatogli, lo slato progressi-
vo e lodevole delle missioni; e si ammira-
no l'esortazioni evangeliche con facon-
dia pronunziate. Ricordò a* detti parrò-
chi ecooperatori. «Che dall'infausto prin-
cipio di cpieslo deplorabile scisnja sino a'
dì nostri, tulle le volte che o la temerità
del capitolo ultrajettino si avanzò ad e-
lensersi un arcivescovo, o l' intruso anti-
canonicamente a tal grado pretese di de-
stinare de'pseudo vescovi in Harlein o a
Deventer, la s. Sede apostolica con let-
tere in forma di breve di rette a'fedeli del-
la federazione del Belgio, solennemente
dichiarò così fatta elezione e designazio-
ne illecita, nulla, irrita, invalida allatto,
e la susseguitane consagrazione nefaria,
sacrilega, esecranda , scomuniche fulmi-
nando ed anatemi, e della cattolica co-
munione privando, e denunciando come
vitandi eletti insieme ed elettori , consa-
grali e consagranti, e tutti coloro, che co-
munque prestato a vesserò aiulo,consigl io,
consentimento ed opera in tali elezioni e
consagrazioni: non ignorate che la mede-
sima s. Sede gli eletti e consagrati , de*
quali parliamo, pronunziò sos[)esi da qua-
lunque esercizio tanto dell' ordine quan-
to della giurisdizione , e che tutte le de-
stinazioni da loro fatte e da farsi per
qualsivoglia officio al regime dell'aninje
appartenente, decretò irrite e di nessiui
tralore, e stabilì, che si avesse a riguardar
come sospesi, ed anche irregolari , se a-
vessero esercitalo gli ordini, tutti coloro
che per l'autorilà di tali vescovi ricevu-
to avessero l' imposizione delle mani".
Rammenta i sunnoniinati Papi ch'ebbe-
ro il costante iuteudimeuto d' estirpare
UTR Si
questo scisma, deplorando che allora fra*
gallicani emigrati e fra' preti esuli da
Francia , per la fede de* padri loro e la
fedeltà ai re, frequentavano le chiese sci-
smatiche e nelle cose divine comunicava-
no coU'arcivescovo interdetto, con pub-
blico scandalo. Esortando i cattolici o-
landesi a vivere separali e lontani dagli
scismatici e da' loro seguaci, ma di non
mai perseguitarli co'detti o co' fatti, con
ingiurie o contumelie, dovendo esser be-
nigni e compassionevoli, e piegare Dio
perchè si ravvedino, secondo le paterne
pontificie esortazioni. Gli successe nella
soprintendenza interina delle missioni in-
glesi, e qual superiore delle missioni d'O-
landa, mg."^ Annibale della Genga arcive-
scovo di Tiro e nunzio di Colonia, poi glo*
rioso Leone XII. A suo tempo essendo
morto il pseudo arcivescovo d* Utrecht
Nieuwenhysen, a*io maggio i 797 gli fu
dato in successore Gio. Giaconìo Van-
Rhyn,checonsogròil falso vescovo d'Har-
lem Broekinan; laonde Pio VI col breve
Ferlaiiis ad Nos y de' 26 agosto «797,
Bull. Rom. coiit. t.io, p. i (6, ne con-
dannò l'elezione e la consagrazione , di-
chiarandolo sospeso e scomunicato vi-
tando. Il successore Pio VII ne rinnovò
la sentenza, anche per aver consagrato »
vescovo d'Hailem e suo pseudo suHraga-
neoGiovanniNieuwenhysen, condannan-
do e scomunicando ambedue col breve
Dani urgente univcrsif del i.** ottobre
1802, Bull, cit., t. r r, p. 4^2. Elettosi
a vescovo di Deventer Gisberto de Jong,
Tarcivescovo Rhyn lo consagrò assistito
dall'altro scismatico vescovo d' Harletn,
contro lo statuito da' sagri canoni e dal
pontificale romano, e de Jong ebbe l'ar-
dire di parteciparlo a Pio VII con lettera.
Il Papa col breve Perlatae ad Nos-^iìtì
1 4 dicembre i8o5, Bull, cit., t. 12, p.
4oo, condannò tale elezione e consagra-
zione, i falsi arcivescovo e vescovi e chiun-
que vi avesse cooperato, dichiarandole ir-
rite, nefande, sacrileghe, illegittime, per-
chè fatte contro le leggi della Chiesa, e
52 UTR
che fossero riconosciuti per scismniici e
scomunicali vitandi. Il pseuilo de Jong
vescovo di Devenler,dopo over conlribiii-
lo all'elezione di Willibroido Vai» ()s a
scismatico arcivescovo d'Utrecht, locon-
sagrò a' 24 api ilei 81 4; e Pio VII nello
slesso anno col breve Inter niaximns,
de'7 settembre, Bull, cit., I.i3, p. 827,
condannò l'elezione e 1' ordinazione , di-
chiarandole illecite, nulle, illegittime, sa-
crileghe, fuhnininidu l'anatema conlro i
sedicenti vescovo e arci vescovo,non meno
conlro quelli clie vi cooperarono. Narra
il n.° 67 del Diario di Roma del 1825,
che gli ostinali scismatici d' Utrecht a-
\endo proclamato di recente vescovo di
Deventer GuglielmoVet,-il quale con let-
tera de'i3 giugno 1825 non arrossì di
rendere consapevoledi sua elezionee con-
sagrazioneil Papa Leone XII; penetrato
il santo Padre da quest'esempio di per-
tinacia negli errori giansenistici, e nella
disunione dal centro dell'ortodossa uni-
tà, a' 19 agosto diresse un breve aposto-
lico a tulli i cattolici dimoranti nel Bel-
gio Datavo per avvertirli della nullità di
tal promozione, e dell'ecclesiastiche cen-
sjue da cui Irovansi innodati tanto il pro-
clamato quanto quelli i quali nella sacri-
lega inaugurazione sua avevano avuto
parte; e paternamente gli esortò a fuggir-
ne il consorzio, e rimanere costanti nel-
la cattolica comunione. Terminando il
breve con mostrare il più vivo deside-
rio del ravvedimento de'traviati, che es-
so implora con fervide preci al Signore.
Dice l'Arlaud nella Storiadi Leone XII^
che essendo l'Olanda agitala dalle tur-
bolenze che vi suscitava una riunione co
iiosciuta sotto il nome di piccola Chie-
sa^ Leone XII col dello breve si rivolse
a'caltolici d'Olanda, gemendo nel veder
la Chiesa cattolica turbata dallo scisma
d'Utrecht; ed osando Guglielmo Vet ap-
pellarsi vescovo di Deventer, con aver a
hii notificato la sua elezione, con lettera
che r intruso avea studiatamente inor-
pellala di adulazioni, secondo i canoni del
UTR
codice giansenistico. Riporta il n.T) del
1 Hai io di Homa del i82(), che essendo
morto lo scomunicato e scismatico Van
Os arcivescovo d' Ulreclil, gli scismatici
di sua setta, sempre costanti nella loro
perlinacia, siurogorono a lui con crimi-
nosa illegalità Giovanni Van Santen; il
quale unendo l'insolenza alla colpa, con
audacissima lettera osò annunciare In sua
elezione e consagrazione alla s. Sede, ri-
cercando da Leone XII d'essere ricono-
sciuto per legittimo pastore delia chiesa
d'Ulrecli l.Non poteva il Papa in tale cir-
costanza dimenticare, siccome quegli sci"
scismatici avrebbero voluto, la sua digni-
tà di supremo Gerarca, l'autorità della
Sede apostolica, e le prescrizioni de'sagri
canoni: onde con lettera apostolica de'i3
gennaio 1826, diretta a tutti i cattolici
del Belgio Baiavo, nella pienezza de 'suoi
pontificii poteri, sottopose rigorosamen-
te Giovanni Van Santen alle medesime
censure ecclesiastiche di i.^ classe, delle
quali era stato gravato da Pio VII il pre-
decessore Van Os. Il Santo Padre nondi-
meno, in mezzo a'suoi giusti rigori, non
volle chiudere allo scismatico le vie del
ravvedimento, ne toigli la speranza del
perdono; per cui si degnò far sapere pa-
ternamente, colla lettera apostolica, che
se il Van Santen abiurava il suo scisma,
ubbidiva alle leggi di s. Chiesa, veneras-
se i decreti della s. Sede, egli lo accoglie-
va cou»e figlio carissimo fra l'amorevoli
sue braccia, contento di poter esclamare:
Abbiamo curato la Babilonia^ ed ella
e sanata. Sia benedetto il santo nome di
7>^/o.GregorioXVI (che da cardinale qual
plenipotenziario di Leone XII avea con-
cluso col re de' Paesi Bassi il concorda-
to che riporta il Bull. Rom. cont. nel l.
1 7, p. 90, che il Papa approvò colla bol-
la Quodj'aindiu maximis^ de* 1 6 agosto
1827, e promulgò nel concistoro de' 17
setlefnbre coll'allocuzione Quas prò in-
staurandisy loco cit., p. 94; quindi altre
cose dovè operare sotto Fio FIIIj e ri-
ferii il tulio ne'qui ricordali articoli) col
UT R
breve In Snncta hac Pi- tri iSer/^,de'4 set-
tembre 1 843,coiidannò l'elezione e la con*
sagrazione d'Enrico Giovanni Van Bimt
nuovo vescovo falso d'Harlem, consiigia-
lo da Vaii Sanlen arcivescovo scismatico
d'Utrecht, pronto di ricevere ambedue
nel grembo della Chiesa cattolica seab-
biiirassero i loro errori. Nel i853 Er-
manno Heykamp divenne nuovo vesco-
To settario di Devenler, ed imitando l'u-
so degli scismatici suoi maggiori, scrisse
le soli le frasi alla s. Sede. Il regnante Pio
IX in virtù del potere apos^tolico scomu-
nicollo, e con lui quanti concorsero alla
nomina e alla consagrazione del mede-
simo, ordinando ne' termini più formali
che tutti i cattolici abbiauli in conto di
scomunicati. Nel voi. LXXIlljp. 4^, nar-
rai quanto precede, accompagnò e segui
il decretalo dogma dell'Immacolato Con-
cepimento di Maria Vergine, nel dicem-
bre 1 854 promulgato dal medesimo Pio
IX; e uell'accennare le dimostrazioni so-
lenni e universali di giubilo religioso per
slcomuiovente avveiémento, ricordai pu-
re quelle de'catlolici del Belgio e dell'O-
landa. Quindi osarono gli attuali 3 falsi
arcivescovo d' Utrecht, e vescovi d' Har-
lem e Deventer , scismatici e giansenisti
della provincia d'Utrecht, tulli scomuni-
cali e già condannati dalla s. Sede, di pub-
blicare una riprovevole pastorale col ti-
tolo: l'ierderliik Ondcrrìgit van den
Aertshisscop van Utrecht , en de Bìss»
choppcn van Ilaarlenien Deventer over
de Oubevelekte Ontvangenis der IL
Maaagd 31aria(\L\e&\.: Instruclio Pasto-
ralis Archiepiscopi Ultrajecti ac Episco-
porum Harlemensis, et Daventriensis su-
per Immnculata Couceptione D. Mariae
Virginis). Te Utrecht, By J. z\.Van Woe-
slenbergi856. Con decreto della s. r. In-
quisizione de' 4 dicembre i856 fu con-
dannata e proibita di stamparsi, ritenersi
e leggere da' cattolici l'iniqua Pastorale
con grave censura , e posta nell' Indice
de' libri fìToibitiy il tutto approvando il
Papa Pio IX.
U T U 53
Ristabilimento della Gerarchia eccle-
siastica nella Neerlandia o Paesi
Bassi.
Conviene che anzi tutto faccia un fu-
gacissimo cenno del riferito da me al-
I'articoloPAESiBASsi,per meglio compren-
dere quanto precedette il glorioso avve-
nimento, e quali cose lo prepararono e
maturarono. Grande fu il male che pro-
dusse a'cattolici l'infelice, deplorato e o-
stinato scisma della sedicente chiesa d'U-^
trecht, infinite le vessazioni e le violenze
patite, sì pe'giansenisti e sì pe'dominanti
protestanti; mirabile ed edificante la co-
stanza nella vera fede de' medesimi cat-
tolici. In conseguenza dell'insurrezione
del 1787 de'Paesi Bassi contro Giuseppe
Il imperatore d' Austria, i cattolici della
repcdjblica d'Olanda doveano ricuperare
la libertà religiosa; ma quantunque la
chiesa cattolica fosse annoverata tra !e
religioni tollerale dallo stato, soltanto nel
I 798 ricuperarono esse le chiese e altri
loro edilizi, tranne i cattolici , che però
nel resto furono emancipati, prima essen-
do malamente tollerato il loro culto. An-
zi nell'Olanda settentrionale che a'catto-
lici per la loro immensa maggioranza si
doveano restituire tutte le chiese e altro,
poco essi ottennero. Nel 1806 1' Olanda
da Napoleone I imperatore de'francesi fu
eretta in regno a favore del fratello Lui-
gi, padre di Napoleone III regnante im-
peratore de'francesi, indi nel 1 809 la riu-
nì al suo impero, ed i cattolici provaro-
no alcuni miglioramenti. Però nel 181 5
nell'erezione del regno de'Paesi Bassi, in
cui fu compresa, nuovamente la chiesa
cattolica fu posla sotta una specie di tu-
tela, e quindi dal governo neerlandese si
operò sempre a danno de'catlolici. Il per-
chè Pio VII, ch'era entralo in trattative
col governo per organizzarvi l'ecclesiasti-
ca gerarchia, non ebbe la consolaziooedi
vederne il progresso, restando troncate.
II riportato concordato tra Leone XII Pa-
pa e re GuglielTno I, concluso dal cardi-
nal Cappellari e dal coute di Cellus nel
54
UTR
1827 , ili che riparlai n Umvebsita di
LovAKio e nella hiogialia ili Pio Fllly
per volere del governo non recò a Inlli
i cntlolici del regno, e spccialmenle alla
chiesa d'Olanda, qne'vanloggi ch'erano
siali slipolali. Leone XI 1 e il cardinal Gap-
pellari ebbero con tale allo precipuamen'
le in mira il rislabilin^ento delld gerar-
chin cailolica per tulio il regno, ina nel-
l'esecuzione del concordalo la sola parie
meridionale del regno, ossia il Belgio, ne
provò gli ellelli. Finainienle neh 83 i la
rivoluzione del Belgio, da'Paesi Bassi se-
parò affatlo le provincia meridionali, co*
stituite nel nuovo regno del Belgio^ ri-
conosciuto da Gregorio XVI col manda-
re un nunzio apostolico in Brusselles, re-
stando le Provincie settentrionali sollo lo
scettro di Guglielmo l,col nome di regno
INcerlandese o óe' Paesi Bassi. Dopo a-
vere riferito nel ricordalo articolo una
rassegna storica intorno allo sialo della
religione cattolica in Olanda e altre prò-
vincie settentrionali, dalla fatalissima pre-
tesa riforma sino al 1 840, aggiunsi le no-
tizie sino ali85o; e passai indi a descri-
vere la ^fissione delle ^ Arcipretured' O-
landa o settentrionali de'Paesi Bassi, che
per loro eterna sventura con ribellarsi a
Filippo li abbandonarono la religione
cattolica per abbracciare l'eidetica sella
del calvinismo. Pertanto descrissi le mis-
sioni,! decanali e loro luoghi. i.° Dell'ar-
cipreture ^'Olanda e di Zelandayhi.*
con Amsterdam capitale dell'Olanda, già
costello d'Amslel, residenza dell'aicipre-
le d'Olanda, da Napoleone 1 dichiarata
la 3.^ cillà dell'impero francese, dopo Pa-
rigi e Roma; la 2/ con residenza dell'ar-
ciprete di Zelanda all'Aja capitale del
regno de'Paesi Bassi, coulenenle l'arci-
prelura anche Harlem, lacui cattedrale
è la più grande dell'Olanda, non che Mid-
delburgo. a.'^Deirarcipretura d'Utrecht,
colla residenza dell'arciprete in Utrecht.
S.** Dell' arcipretura di Gueldria, con
Arohem residenza del suo arciprete. 4"
Pell'arciprelura di Over Yssel oXhweu-
UTR
the, con Delden capoluogo, risiedendo
l' arciprete in Vasse presso Almeloo. 5."
Dell'arciprelura di Salland e Drenlhe,co'
capoluoghi Zwolle della 1.' provincia, e
Assen tiella 2.* residenza dell'arciprete.
6. ''Dell'arciprelura di Frisia o Friesland,
con Lewarden capoluogo e residenza del-
l'arcijìrete. 7.° Dell' arcipretura di Gro-
ninga,con Groninga capoluogo e residen-
za dell' arcip) eie. Queste provincie cosi
divise costituiscono 7 arciprelure o di-
stretti, a ciascuno de' quali presiede un
arciprete, che sotto di se ne' decanati in
cui sono riparlile l' arciprelure hanno
molti parrochi, con 4 06 parrocchie e 4^0
chiese. La missione dipende per la s. Se-
de iuimediatamenle dalla cardinalizia
congregazione di Propaganda ^/V/c. L'in-
caricalo d'affari 0 inleruunzio apostolico
del Papa all' Aja, per decreto di Grego-
rio XVI nel i83i fu dichiarato vice-su-
periore delle medesime missioni d'Olan-
da. Inoltre riportai la statistica del clero
secolare e regolare, degli stabilimenli s\
di pubblico insegnPnìento che di pia be-
neficenza. Dissi che nel 1834 il governo
regio offri uno stipendio al clero cattolico,
cioè un 3." dell' assegnato al protestante,
facendo il confron lo numerico de'catto-
liei cogli acattolici. Dal 1840 in poi, os-
sia dal re Guglielmo II soltanto si verificò
la libertà del culto cattolico. Siccome il
il re Guglielmo 11 pel suo regno d'Olan-
da o Paesr Bassi nel 1840 voleva attua-
re il concordato elaboralo dal cardinale
che allora governava la Chiesa col nome
di Gregorio XVI, per le gravi opposizioni
che trovò ne'prolestanli, si contentò che
intanto ilPapa istituisse i discorsi vicariati
apostolici e meglio stabilisse i preesisten-
ti. Finaluìente tiescrissi i 5 vicariali apo-
stolici de'Paesi Bassi del Brabanle setten-
trionale, i, ''Il vicariato apostolico di Bois-
le-Duc, dicui neh 83 I Gregorio XVI fe-
ce amministratore apostolico d. Enrico
Den-Dubbelden, indi nel 1842 lodichiarò
vicario apostolico e vescovo d' Emmaus
in parlibusj e nello stesso tempo gli as-
UTR
segnò per coadiutore mg/ Giovanni Zuy-
sen (alluale arcivescovo tl'Utreclil) e ve-
scovo ili Gena in parlibus , dappoiché
iti tulli i vicariali aposloiici d'OIamla, co-
me in Inghilterra eaIlrove,quel Papa vol-
le porre de'vescovi, pel da lui vagheggialo
proponimento e vasto concetto di ripristi-
narvi la gerarchia ecclesiastica. 2." il vica-
riato apostolico di Grave, Ravestein e Me-
gen, eretto neh 83 i daGregorio XVI, e lo
dièinainmiiiistrazioiieal precedente vica-
rio apostolico con residenza in Grave. 3." 11
vicariato apostolico di 13reda, istituto nel
i8o3 da Pio VII, e meglio stabilitone!
1842 daGregorio XVI,e vi pose un vesco-
vo a vicario apostolico, con residenza in
Creda. ^° 11 vicaiiato apostolico di Liin-
bargo,neli84o istituito da Gregorio XVI
con estensione grandissima, e nominò un
vescovo a vicario apostolico, con residenza
in Limburgo. 5.° Il vicariato apostolico di
Lussemburgo, istituito da Gregorio XVI
nel 1840, dichiarantlo un vescovo vicario
apostolicOjCon residenza in Lussemburgo.
Oltre la descrizione tle'luoghi de'mento-
vati vicariati, ragionai dello sluto religio-
so di ciascuno, e notai che tali vicari apo-
stolici furono consagrati damg."^ Cornelio
Lodovico barone di W^kersloolh e di
Schalkwyk, da Gregorio XVI tanto sti-
mato enei 1 832 fatto vescovo di Curiuni,
il i.° vescovo olandese che dopo piti di
100 anni fece residenza in Olanda, e si
recò in Roma a*3i gennaio i84o. L'in-
defesso zelo religioso di Gregorio XVI
per la propagazione ed esaltazione della
Chiesa universale non si limitò alle cure
paterne delle 7 arcipreture delle missio-
ni d'Olanda, ed allo stabilimento de' 5
accennali vicariati apostolici della slessa
ede'Paesi Bassi, ma come narra ancora
ing."^ Fabi-Montaoi a p. 6, // Semina-
rio Pio , moltissimo caldeggiò e sospirò
la restituzione alla Neerlandia e Paesi Bas-
si della sua gerarchia ecclesiastica, il che
pure dichiarò il venerando successore Pio
iX coll'allocuzione Curii placucrit,\\(\uiì'
ebbe la gloria di poterla cifettuure nel
UTR 55
modo che vado a narrare, avendone io
già fallo cenno nel più vulte citato articolo
pubblicato nel i S5 r ,con dire delle copiose
suppliche indirizzategli da'cattolici d*0-
landa per ottenere de' vescovati come in
nntico. Perciò raccontai, che nel dicem-
bre i85o il governo acattolico d'Olandii
del reGugliehno 111 regnante, mentreera
internunzio apostolico e vice-superiore
delle «nissioni d'Olanda mg.XarloBelgra-
do (ora vescovo d'Ascoli, e di cui nel voi.
LXXzMI, p. io5), avea manifestalo un
profondo rispello alle libertà religiose,
col dichiarare che vedrebbe colla mag-
gior soddisfazione il ristabilimento della
gerarchia della Chiesa cattolica ne'Paesi
Bassi, coerentemente al principio e alla
GOtnunicazione nel 1 84*2 latta sotto il pon-
tilìcato di Gregorio XVI, al sinodo della
sedicente chiesa riformata Neerlandese
de* Paesi Bassi, per la libera organizza-
zione delle dilferenti comunioni religio-
se; principio confermato poi nel 1848
nella revisione delle leggi fondamentali.
Ora colla Civiltà CaUoiica e l' udiciale
Giornale di Roma vado a narrare il gran-
de alto pontilìcioesua ammissione, che
Iddio operò per via di ragionévole discus-
sione nell'Olai da acattolica, da prima
infuriata di veder rimessa ne'propri stati
l'ecclesiastica gerarchia de'cattolici ; gri-
dò irragionevolmente come nuove usur-
pazioni, d'invasione papale, d'ambizione,
di rei disegni. Ma queste grida non eb-
bero nemmeno il merito della novità del-
l' oggetto al quale furono applicale, ed
ebbero dall'altra parie il grande vantag-
gio d'essere già stale cor»futate di recen-
te da'falti d'Inghilterra nella restaurala
gerarchia cattolica con J^Vestniinster(f'' .)
per melvopolitana. L'Olanda acattolica,
condotta a più ragionevoli cousigli, rico-
nobbe poi come legittimo l'operato dal
Papa, e couje richiesto dal bene stesso
de' suoi nazionali ; n)entre colla creazio-
ne della nuova provincia ecclesiastica
d'Olanda 0 regno de' Paesi Cassi cessa-
rono le missioni delle 7 arcipreture ed i
56 U T a
vicariali apostolici, tranne quello di Lus-
seiiibiirgu che lo leggo ancora registrato
nelle nOìciali Notizie di Roma del i JS "Jy e
dell 858, ina senza il vicario apostolico,
perchè wg/Laurent vescovo di Chersona
e l'alto da Gregorio XVI morì neh 856.
Tultavolla posso io qui dichiarare, che
venne tosto dichiarato pro-vicario aposto-
lico il presente mg/ D. N. Adanies. Narra
la Civiltà Cattolica^ 2." serie, t. 2, p. 344
e 4^3, che a ben comprendere la que-
stione agitala nell'Olanda per la ripristi-
Dazione della gerarchia cattolica, è ne-
cessario accennare alcuni preliminari.
>i Nel i8i5 dopo assestati gli aifari po-
litici d'Europa entrò la s. Se(Je(o l^ioVU)
in trattazioni col governo de'Paesi Dossi
per organizzarvi l'ecclesiaslica gerarchia;
ina ogni fatica tornò vana e i negoziati
rimasero per allora iudeljniti. Questi si
ripresero 12 anni dopo (da Leone XII)
con esito più fortunato in quanto allo sla^
bilire il diritto e conchiudere il patto (il
concordato suddetto) ; l'esecuzione però
non rispose che in parte alle promesse.
Poiché, sendo decretato che tutto il re-
gno formerebbe una sola provincia eccle-
siastica avente il metropolita a Malines
nel Belgio, e due vescovi suliraganei ad
Amsterdam e Bois-le-Duc nell'Olanda,
il decreto non fu tradotto alla pratica
che nella parte meridionale del regno.
Indi a 3 anni sopraggiunsero le rivolu-
zioni che travagliarono per un decennio
l'infelice paese, llnchè il Belgio nel 1840
venne decisamente riconosciuto padrone
di se e staccato dall'Olanda. Allora il re
Guglielmo II mise mano all' esecuzione
dei patto che dal 1 827 ancor restava ad
attuare nella porzione a lui rimasta del
regno. Ma i protestanti ed i nemici di
Roma, coloro stessi che aveano semina-
to tanti mali alla patria, levarono cosi
alle le grida e le minacce, che il sovrano
intimorito pensò di soprassedere ancora
di vantaggio, e fu convenulo col nunzio
(di Gregorio XVI che poi lo creò cardi-
nale) mg.' Capacciui di temporeggiare
UTR
alquanto, finché si calmassero gli animi
inaspriti. Intanto rimanendo le altre pru-
viiicie inistalo di missione, si eressero (ila
(Gregorio XVI) pel Brabante selleiilrio-
naie e per il Lind)urgo 3 vicariali apo-
stolici, che durarono (ino all'aprile 1 853.
Sopraggiunse il 1 848, anno n»alaugui alo
a tante nazioni, meno fmieslo [)erò a'cat-
lolici olandesi; perché la nuova costitu-
zione che riconfermava il princi[)io del-
la separazione dello sialo dalla Chiesa at-
tribuì a tulle leconumioni religiose il di-
ritto di ordinarsi secondo le leggi del pae-
se. Quindi ebrei e proteslanli tolsero a
riorganizzare i loro culli. Anche i catto-
lici protetti dulia legge che noi divieta
inviarono al S. Padre (Pio IX) nnu»erose
suppliche pel riordinamento della tanto
sospirata gerarchia. Le Iraltalive ebbero
luogo,e noi ne accenneremo le principali,
dopo indicato brevemente quali siano i
nemici contendenti a' cattolici quella li-
bertà che loro concede la costituzione.
Mollissiuji sono in Olanda i partili acat»
lolici; possono però ridursi a 3 principa-
li, abbraccianti ciascuno buon numero
di peculiari frazioni, e sono : i sedicenli
Ortodossi, le Società segrete, etl i Con-
seri'alori. 111. "degli or/or/o.y?/, capitana-
to da Groen vanPrinslerer membro del-
la 2.^catnera, aspira a ripristinare la dot-
trina formolala nel sinodo di Dordrecht
(eretico) l'anno 1618, perciò vorrebbe
tornar le cose com'erano avanti il 1798,
epoca dell' emancipazione de' cattolici
neerlandesi, quando cioè la religione di
stato era la calvinistica e malamente tol-
lerato ogi»i altro cullo. All'antico ordine
governativo bramerebbe accoppialo il si-
stema costituzionale, ch'esso dice poter-
glisi benissimo accordare. Questo parti-
to nelle sue tendenze é implacabile av-
versario del 2.° : le società segrete^ nu-
merosissime nell'Olanda e non per anco
tulle conosciute. Le principali sono VJj-
niias fondata da protestanti appartenen-
ti alla magistratura o all'alio commer-
cio j ha per iscopo di nou favorire^ uè
U T II
proteggere se non il proteslanlesimo per
mezzo ilella fiirza maleriale : \' Assisten-
za cris Liana ^dìQ mira a conservare i pri-
\ilegi religiosi trasmessile d;igli avi, e
data occasione, [)rocaccia pervertire con
tlcnaro i poveri cattolici traendoli all'a-
postasia in \\\\ co'Ioro figli : la Tucuda
intesa a comprare l)eiii stabili tra'calto*
liei per innalzare parrocchie e stabilirvi
ministri protestanti : quella del Be/i es-
sere istituita per sovvenire i protestanti
miserabilijspeciidmente per ispegnere lo-
ro qualsiasi desiderio d' abbracciare il
catlolicisnjoj tiene l'occhio a'fanciulli na-
ti di matrimonio misto, cerca d'istruirli
fin da'primi anni, li soccorre bisognosi,
li raccoglie orf.melli : fìnalmenle la più
sfacciata di tutte appellasi Pliylaclerion,
la quale, oltre allo spiiito [)articolare di
proselitismo che la informa, promette,
salve rarissime eccezioni, di non far ma-
trimoni co* cattolici, né torli al servizio,
uè contrattar con loro, uè dar loro alcun
lucro ec. E ciò basti delle società segre-
te e de'loro scopi peculiari esternamen-
te professati. Che poi oltre a' fini sopra
enunciati esse non ne abbiano degli altri
più rei e nascosti sarebbe stoltezza il non
supporlo: tuttavia egli è fuor di propo-
sito lo scrutinarli in questo luogo. Di-
eia m solo che le Società segrete sono ge-
neralmente avverse agli ortodossi^ per-
chè democratiche e naturali alleate della
più pura democrazia d' ogni paese, fo-
mentano in patria e fuor di patria la. ri-
voluzione e l'anarchia. Né amano punto
il protestantesimo se non in quanto ser-
ve loro di arma raicitliale a danno del
catlolicismo. Vogliono libertà piena e in-
tera, e fingendo divozione alla casa d'O-
rani'easo'inanoal ristabilimentodell'an-
lica repubblica olandese. Leggono nelle
tendenze degli ortodossi un ritorno al
dispotismo oligarchico, a cui esse hanno
giurato eterna guerra. II 3." parlilo è il
Conservatore^ il quale rimpiangendo i
molti privilegi perduti dopo remancipa-
zioae de'cattolici, fa suoi bfurzi per riac-
U T R 57
quistarli ; odia pertanto V articolo della
costilu/Zione che favorisce la libertà de*
cattolici, e qualsiasi ministero si mostri
inclinalo a volerlo osservare. A* conser-
vatori appartengono per ordinario i Do-
mine o sian ministri del cullo prote-
stante. Questi percepiscono di grasse pre-
bende ; an>ano la tranquillila e la pa-
ce, l'erciò guai se arrivano a subodo-
rare una qualche riforma che metta
in pericolo l'invidiabile loro slato! Non
sono alfallo avversi a' cattolici, guar-
tlavano però coll'occhio del prefàzio, co-
me si suol dire, il ministero Thorbecke
per certo suo progetto di legge ni lima-
mente proposto. Temevano che il prov-
vedere a'poveri non dilfalcasse loro le pro-
pine; era più che probabile che volendo
riformare l' università non introducesse
un qualche articolo a danno delle catte-
dre protestanti, e infine che il loro culto
non fosse più lutelatoedirelloda un mi-
nistro speciale. I 3 partiti suddetti, quale
per un titolo, quale per l'altro, aveano in
ui'C'ia il ministero '. il n.° 58 del Gior-
OD
naledi /io//7<^i del 1 853, riporta l'allocu-
zione fatta al sagro collegio dal Pa()a f*io
IK nel concistoro de'y marzoi853, Cam
placnerit niisericordiaruni Palri^ sulla
instaurazione dell'ordinaria gerarchia e-
piscopale nel regno d'Olanda e del Bra-
banìe settentrionale. Do[)o aver dello co-
me Papa s. Sergio 1 istituì la sede vesco-
vile d' Utrecht « come vi pose al gover-
no s. Wilhbrordo, encomiato s. lionifacio
e gii altri insigni pastori della medesima,
souiiiuiiKe averla Paolo IV decorala del
DO O
grado di metropolitana con vescovi sulfra-
ganei. Pticorda la luttuosa perturbazione
recalale da'novalori per far abbandonare
al popolo il catlolicismo per seguire i loro
errori, quindi dell'eresia che la soppresse,
e quanto fecero senza intermissione prov-
vidajnente e sapientemente pel manteni-
mento della fede caitolica nella regione
d'Olanda e del Brabanle i Papi Gregorio
Xin,CiemenleYIll,Alessandro VII, Cle-
mente 1 X, Innocenzo XII, Benedetto XIII
58 U T R
t: Beiieiletto XIV; siiigolai mente colle sue
sollecilnclmi: « Gregoritts A'/'/ Pniede-
cessar JVoster omneiii operainail religio-
nis ncgolìd in illis regionibus tnagii ma-
gisniie coiiinonenda^ et tid tcclcsuisticani
(liscipUiinin inslaiirandani conliderit. Et-
si vero Pracdectssor Nosler,Seretiissimo
ìlio Rege ftiverUCy haud omiscrit nmlla
piovide sapieiìlerque consiilutre,nc prue
oculis habert- exoplnlaniEpiscopalis ilie-
rarchiac imUitiratioiietn, tiifne'i ob leni-
poruin adjuncla ìuijusniodi opus lune
minime urgenditni tsse duxit, hac Fieri'
rios aposloUcos Episcopali dignilnle or-
ualos in Brabanlia augendos censuit. /-
taqtie veìieintiiter laetamur^cufii Nos di-
i'inu clcuìcnlia, licei imintrilos^ reservas-
se K'ideatur adilludopuspcr/icicnduui, in
quo Praedectssorts Nostri tanta cura et
studio tlaboraverant. Equulein ubi in-
scrutabili Deijudicto ad liane subliniein
Principis Aposioloruin Caihedrani evecti
fuimusy dlico suinina alacritatCy omnique
soUiciluduie curas, cogitationesque IVo-
stras ad ecclesiastica illius He gai ne golia
convertiinus. Acpro apostolici Noslmni-
nisterii inunerCy etsmguLiri dia cliarilate^
qua ejusdein Regni Jidtles prosequiniur,
ndiil e erle antiquius ìiabuiinus^ quain ea
omnia peragercj quae et saticiissimae no-
strae Religionis rationibuSj et eoruuuleui
fidelium uldUali maxime conducere pos-
seni. Incredìbdi igilur animi nostri con-
solalione perspeximus tandem advenisse
illud lem pus tantopere exoptatutn, quo
ibi cuni maxiino rei catholicae emolu-
mento^ elillorunifidelium bonoEpiscopa-
lis Ilierarcliia ex comniumbus Ecclesiae
regulis possit instaurari. Namque ani-
madverlimuSyCalkolicam in co Regno re*
ligionem^Deo bene /uvaute^/nagis in diem
progredi , et permagnum cat/iolicoruut
ibi degeulium numerum passim augeri, et
benevolam ac propensam esse illius Se-
renissimi Regis erga calholicos ipsos sibi
subjectos voLuntalem^et quoti die magisea
amover i impcdimenta, quae rei catholicae
olim advcrsabanLur , quaequepeuitus a-
U T R
movcnda esse confidimns oh illoruni ae-
qnitaiein et justitiani^ qui illius gubernii
rei moderanttir,atque administrant. Ac-
cedit etiam , ut non soluni feiierabiles
P^ratres,qui Ficarii Apostolici mane re
ibifunguittur, veruni etiam nniversus ille
clerus, et quamplurimi laici viri ciijusquc
ordinis et condiiiouis enixii iteratisque
preci bus a Nobis cfJlagìLarinli ut ibi coni-
memoratam Episcoporum Hierarchiani
restituere vellemus. Fos ipsi inlelligitis ,
Fenerabiles/<'ralres/fuo lubenti lacloque
animo lias poslulaliones exceperinms ,
cum Nostrae omnescurae, soUicitudines,
studia, Consilia eo semper spectaveritit,
ut ejusmodi res ad optatum exìliun poS'
set adduci. Qua propler^ andito cotisilio
FF.FF. NIV.S. R. E. Cardinali u/ncon-
grcgalionis Fi dei Propagandae preposi -
tae, quibus gravissimum hoc negati wn e-
xaminandutn convnisimus , nilul Nobis
gratius, nihiloptabilius cssepoterat^ quani
utinflollandiae^acBrabantiaeRegnoEpl-
scopaletn Hierarchiam juxta ardentissi-
ma Nostra desidcria instauraremas. In ìl-
io itaqueRegno ecclesiastici regiminis fot'"
mani ad euni piane moduui restiluimus,
qui libere vigetapud alias excultas prae-
sertim gentes^ in quibus nulla peculiaris
adsil causa j ut exlraordiiiario ilio Fica-
rioruni Apostolicorum ministerio regan-
tur. Quocirca ecclesiasticani ibi proviti-
ciani insliluenles decrevimus^quinque E-
piscopalesSedes in praesentia esse erigeii*
das^nempe Ultra/e.ctenseniy liarlemensem^
Boscoducensem^Bredananiy et Ruremun-
densem. Ac memoria repetcnlcs velerà
illuslria sane facla^ et monumenta ejus-
dem Ultrajeclensis Sedisj quae, velati
diximus, a Paulo IF Decesso re Nostro
Archiepiscopalis Ecclesiae hoiioribus et
privilegiis fuit decorata^ ac sanclisslmae
nostrae Rtligionis rat ione Sj et alia gra-
vissima rerum adjuncla serio conside-
rantes, piane non dubilavimus, eamdeni
Vltrajectensem Sedeni ad pristinam Me-
tropolitanae Ecclesiae dignitalem ac
splendoreni evchere et restilucrc, eiquc ti-
U T R
lias commernoratas qtialuor Suffraga'
neas Episcopales Sedcs aUrihtiere. Ha-
helis, Penerabiles Fratres^quae Fobis
non sìne mn^na animi ISl ostri tactilìa eie
Epìscopnlis in Hollandiae ac Braban-
tìaeRegno Ilierarcìiiae instnuralionebre-
vìter raptimqne significanda exislinia-
vinius. A posiolicas vero de line re Lille-
ras J ani prò ferri y illasqiie vobis exhi be-
ri mandai'iniuSy ut clnrius et plenius ea
omnia noscere possilis , qnae ad ìianc
ìpsam rem pertinent". Co^ì gloriosamen-
te fu islituila e riprislinata una provili-
da ecclesiastica in regno acattolico , e
gl'incren>ei)li progressivi clie faceva il cat-
tolicisino, cessate l'anliclie e ingiuste tlif-
ficollà che alla sua propagazione si oppo-
nevano, ricevessero ila questo nuovo or-
tlinanienfo vieminaggiore impulso ; ed
esso coronò in buon punto le tante pie
preghiere falle per ottenerlo, anche da
Gregorio XVI, e le tante istanze e i tanti
mezzi adoperali per acceleiare un sì for-
tunato e ardentemente bramalo momeu-
lo. Già il Papa Pio IX colla bolla Ex
qua die arcano, de'4 marzo 1 853, a^ea
ristabilito l'arcivescovato d'C/frec/i^, ed i
vescovati d*IIarlem, Bois-le-Duc e Ru-
renionda, e nuovamente istituito la sede
vescovile di Breda, dichiarandoli sulFra-
ganci della metropolitana e dell'arcive-
scovo di Utrecht. Dell' arcivescovato e
vescovati scrissi gli articoli, e come notai
ne riparlai descrivendo le ora cessate 7 ar-
ciprelure d'Olanda e gli egualmente ces-
sali vicariali apostolici del Drabanle set-
trionale. Quanto a Breda, non essendo
prima stata sede vescovile, la descrissi nel
vicariato apostolico del suo nome. Collo
stesso allo de'4 marzo Pio IX provvide
alle ristabilite e nuovamente creile sedi
episcopali de'propri pastori. Dalla chiesa
di Gerra trasferì a questa d'Utrecht l'at-
tuale mg.*^ arcivescovo Giovanni Zwysen,
ch'era succeduto per coadiuloria al vica-
riato apostolico di Bois-le-Duc; e dipoi a'
27 giugno gli concesse il pallio arcivesco*
vile^eloiifeiisce iin.°i43 deìGiornale di
U T R * 59
/Jowrt.Dicbiarc) vescovo d'Hnrlem il pre-
sente ms».*^ Francesco GiacomoVan-V ree.
Alla sede vescovile di Bois-le-Duc die per
provvisorio amministratore l'arcivescovo
d'Utrecht, e lo è luttora. Dalla chiesa d'I-
rinaedal vicariato apostolico di Lwnbur-
go traslalò alla sede di liuremoiida 1' o-
dierr>omg.' Gio. Augusto Pareilis. Final-
mente dalla chiesa di Dardania e dal vi-
carialo apostolico di Breda trasferì alla
stessa nuova sede di Breda l'alluale mg.'
Giovanni Vau-Honyonk , confermando
a suo coadiutore uig."^ Giovanili Van-
Genk, chea'a'S marzo i85o a vea fallo ve-
scovo d*Adram^i«r7/Z»«.? e coadiutore nel
vicarialo. Il vicarialo sollantodi Lussem-
burgo conservò sotto il governo del vica-
rio apostolico mg."^ Laurent , il qtiale fu
succeduto dal prelato suniioujinalo. A
non interrompere quanto mi resta a di-
re, ripeterò col Giornale di Roma , p.
434» t^he nel seguente mese, cioè a' 18 a-
prile i853, il P. Deschnmp, qual procu-
ratore dell' internunzio apostolico resi-
dente all' A ja presso la realcorle,mg/ Bel-
grado, pose la i/{)ietra fondamentale al-
la chiesa de'pp. Uedentoristi (de'quali ri-
parlai nel voi. LXXX, p. 56), la quale si
erige in Amslerdatn. Si aggiunge: Tutto-
ciò ch'evvi di piò nobile e distinto in quel-
la città fra ogni classe della popolazione,
e specialmeiUe nel clero e negli ordmi re-
ligiosi francescano, domenicano ed ago-
stiniano, intervenne a quella solenne e in
pari tempo edificante ceremoiiia. Tale
nuovo tempio si costruiva nello stile ad
angoli acuti, a somiglianzi della uìagui-
fìca chiesa che gli stessi pp. Hedenlori-
sti hanno in Mons, e sarebl)e il i.** edi-
ficalo con tale architettura ne'Paesi Bas-
si dopo il medio evo. Giunta i»ell'01au-
da la notizia della ristorata gerarchia ec-
clesiastica,narra la Civiltà Cattolica^un-
mensaraenle esilarò il cuore a'buoni cat-
tolici, cui fecero giubilante eco quelli di
tutto 1' orbe; ma in quel paese destò le
ire proleslantiche e provocò calde discus-
siuai ueli' assemblea degli stati generali.
6o U T R
iVnN il ministero sostenne nulla essersi
fatto ilalla s. Stiìe che non Fosse confoiine
alla costilnzione; e questo quasi consen>
livano anche i più fieri opposi tori, i quali
si richiamavano piuttosto della forma e
ilei non essere precedule comunicazioni
uiliciali, cui la «lessa s. Scile non era in
dovere, né avea promessodi fare. I nemi-
ci de' cattolici edel ponlilìcato fecero un
finimondo. Tutti i parliti acattolici, com-
poste in breve tempo le scissmeche li divi-
devanOjs'alIraleliaronoe strinsero in uno
per umiliare la restituita j^erarchia eccle-
siastica, combatterla e sperperarla. Il me-
no che si proposero fu la caduta del mi-
iiisterOy e si gettarono perdutamente al-
l'irragionevole e ingiusta ìq) presa. Comin-
ciarono con un diluvio di caltnmie con
iscalpore e strepito ne'convegni, ne* fon-
dachi, per le piazze, ne'libelli e ne'gior-
nali, invocando tutli gli speltri e le be-
fane mille Volte in simili circostanze invo-
cale. Fate i vostri fardelli o protestanti,
gridavano gli ortodossi^ oggi mai non vi
limane che l'esilio; 80 anni di sforzi de'
vostri padri, per domare T idolatria e la
superstizione romana, sono caduti a vuo-
to. Le società segrete rinfocolandosi a vi-
cenda col motto: ora,o non mai, non so-
lo infestarono il paese d'un numero stra-
grande di libelli fino a darne alla luce 8
010 ciascun giorno, ma spinsero la teme-
rità a segno di minacciare nelle pagine
di qualche giornale che » la casa d'Oran-
ge è rovinala se non vendica l'insulto fat-
to dal Papa di Roma; ch'essa incontrerà
la sorte de'Borboni e de' Stuard se per-
metterà che Thorbecke metta in esecu-
zione il decreto che dà morte all' Olanda
€C." Anch'essi i moderati k specialmente
i Domine trassero fuori la versiera del-
l'inquisizione e fecero credere al popolo
trattarsi nientemeno che <li togliere le
chiese a'protestanti per darle acattolici.
Insomma l'agitazione arrivò a segno che
parecchi giornali eziandio acattolici tolse-
ro a pubblicare articoli pacifici e istruen-
ti gl'iuesperli del vero stato della questio-
UTR
ne. Intanto i rimeslatori scribacchiavano
suppliche al re Guglielmo 111, perchè vo-
lesse degnarsi di scongiurar la tempesta
eccitata di) [\oma. Che scandalo, vi ì»i di-
ceva, se nella patria dello slalolder Gu-
glielmo I il Taciturno \m redi casa O-
range ammettesse ulìicialmcnte costitui-
ta r ecclesiastica gerarchia ! che ollraco-
tanza pa[)ale il dar nome d'eresie a tul-
le le dottrine che non sono della sua
Chiesa ! e mentre i procaccini giravano a
scroccare sottoscrizioni, ali citando all'uo-
po e impaurendo con fmissim'arle, alcu-
ni che aveano seggio in parlamento aguz-
7.avanogli strali da accoccare al ministe*
ro. Infatti a' i3 aprile, dopo scauibiato
qualche colpo di scaramuccia, si venne al-
la tenzone. Van l*)oorn lanciossi ili.** nel-
l'arena, movendo gravi interpellanze al
ministero intorno alla gerarchia nuova-
mente stabilita. Lungo sarebbe il ripor-
tare minutamente le risposte de'mimstri
e le nuove istanze degli avversari, che si
avvicendarono in quella e nella seduta
de' 18 seguente. Tuttavia il discorso tiel
mmislro della giustizia incaricato pure
del culto cattolico, sia pel carattere oHi-
ciale ond'è vestito, sia per la chiarezza in
che pone le trattative che precedettero il
decreto pontifìcio, merita almeno in par-
te essere riprodotto. Egli adunque dopo
aver ricordalo alla camera che nel de-
teratinarsi il bilancio per gli anni i85i,
52, 53, fu detto dal governo e non con-
trastalo dagli stali generali, aver la Chie-
sa cattolica piena libertà di regolare da
se le cose sue, passò ad enumerare le dif-
ferenti note che per tale all'are vennero
scambiate con mg."^ Belgrado, nel seguen-
te modo.» Una lettera dell' internunzio
della s. Sede presso la nostra corte il q
dicenìbrei85i avvisò il gabinetto, chea-
vendo giudicato il Papa, dopo le comu-
nicazioni fitte dal governo agli slati ge-
nerali e favorevolmente da quelli accolte,
potersi venire all'esecuzione di organizza-
le la Chiesa cattolica, era d'avviso esser
giuulo il tempo di potersene occupare;
UTR
desiderare perciòili conoscere le intenzio-
ni del governo riguardo al Concordalo
del 1827 riniaslolullora senz'esecuzione.
li 24 marzo i852 fu risposto dal mini-
stro degli aiVari esterni, che secondo la
Jegge fondamentale poteva ogni comu-
nione stabilire la sua propria gerarciiia,
purché essa si assoggettasse alle leggi del-
lo slato; ma che nel momento in cui la
corte di Roma usasse di tale libertà, lo
stato si reputava svincolato dalie obbli-
gazioni contralte nelConcordato del 1 827.
Le altre lettere versarono interamente
sopra (juest'ullimo punto. Rispose I' in-
ternunzio il 23 giugno 1 852 alla lettera
de'24 marzo proponendo di scartare il
Concordato, senza però dichiararlo abro-
gato. In una sua de'24 agosto seguente,
il ministro degli affari esterni rispose, che
avvenendo un'organizzazione della Chie-
sa cattolica era necessario d* abrogare il
Concordalo; non bastare lo scartario; do-
lersi annullare definitivamente l'obbliga-
zioni che ne risultavano; domandaradun*
cjue a questo scopo una dichiarazione ca-
tegorica da Roma. La dichiarazione ven-
ne data il I 7 setlembi e passato dall'inler-
nunzio per ordine espresso del Papa, e il
16 del mese seguente il governo accetlol-
la. Cosi terminarono questi negoziati. 11
governo ricevette non è guari la comu-
nicazione della lettera apostolica del 4 e
l'allocuzione del Papa del 7 marzo. Da
questi documenti risulla che il Papa de-
cretando l'organizzazione definitiva del-
la Chiesa cattolica ne' Paesi Bassi v' ha
istituito 4 vescovati e un arcivescovato. 1
3 vicariali apostolici attualmente esisten-
ti di Boìs-le-DuCf Breda e Riiremorìda,
formeranno 3 vescovati; le altre parti del
regno che appartennero alla missione o*
landese saranno abbracciali dagli alili 2,
cioè: le provincie d'Utrecht, della Guel-
dria, d'Over Yssel, di Brenta, di Gronio-
ga e di Frisia dall' arcivescovato d' TJ-
tvechtj K\ue\\e. dell'Olanda settentrionale
e meridionale e della Zelanda dal vesco-
vato ^IIaìlcin\ Così disse il ministro,
UTR 61
esponendo con dignità e schiettezza, che
gli fece onore, il vero stato della questio-
ne. Aggiunge inoltre la C'wiUìi Cattoli-
ca. «Di quante osservazioni non sarebbe
feconda questa storia ! Bastici osservare
che : dunque la s. Sede per ottenere in
modo pacifico e di buon accordo lo sta-
bilimento della sua gerarchia non solo si
contenne rigorosamente ne'suoi diritti e
non urlò neppure leggermente le leggi
olandesi, ma s'abbassò perfin a sagrifica-
re un Concordato ch'essa fu sempre pron-
ta ad osservare, e che quel governo ne'25
anni dacché fu concluso non volie mai
ridurre in pratica. Eppure ciò nullaostan-
te si dice ancora da certi giornali spudo-
rati che Roma |;etlò nell'Olanda la face
della discordia". Non potendosi appiglia-
re alla legalità troppo evidente, si atten-
nero gli avversari a denigrar la s. Sede per
qualche mancanza di forma accidentale.
Dissero che l'internunzio pontificio avea
promesso d'avvertire il governo del tem-
po e del modo con che si procederebbe
al ripristinamento della gerarchia e noa
fé' nulla. Ria l' illustre, prudente e bene-
merito prelato proteslòdel contrario. Due
ministri convennero nell' affermare noa
aver la s. Sede violato alcun diritto, con-
servando profondo silenzio alle replicate
domande sopra questo punto. Anzi nella
seduta del 18 Van Zuylen van Nyevelt
disse aperto e sonante: che la s. Sede non
fece mai somigliante promessa. Ecco dun-
que formalmente purgala la s. Sede da
quest'unica taccia che le seppero rimpro-
verare. Di più si afferma, che sebbene nul-
la fosse promesso offìcialmente, il gover-
no olandese fu per tempo e officiosamen-
te istruito di quanto a tale proposito si vo-
leva fare. Il ministero procede lealmente
e mirabilmente , chiuse la bocca a' suoi
nemici e riuscì nella lolla vincitore. Si
mitigarono le diatribe contro Roma, e
parve per un momento appianata la tem-
pesta. Il re però nelle risposte che diede
alla deputazione d'Amsterdam, e ad al-
tre rimostranze piotestauliche, contro il
62 UTR
rislnbilimenlo della gerarchia , pronun-
ciò qualche frase di uiaicontenlo cuntro
In cosliliizioue, dolendosi del vedersi le-
galo e tincolato da essa, e contro il mi-
nisiero di non esser contento per avergli
dato dispiaceri. 11 ministero non avendo
ottenuto soddisfacenti e benigne spiega-
zioni di quelle parole , si ritirò e licenziò
senza indugio a* 17 aprile, quantunque
avesse per se la maggioranza dell'assem-
blea, e godesse la piena fiducia del paese.
Jl nuovo gabinetto, formato dal re, si
compose di Van Reenen borgomastro
d'Amsterdam agli affari interni , Van
Doorn alle finanze, Donker-Curtius alla
giustizia, Van Lechteuveldt cattolico pel
cullocattolico, e Van Hall agli altari stra-
nieri. Questo ministero fu giudicato con-
trario e in parte ostile a'catlolici;dal suo
programma apparì lo spirito die l'infor-
mava, vale a dire di nulla mutare della
costituzione, ma interpretarla in altra gui-
sa che non fecero i ministri predecesso-
ri; dicendo che la legge la quale accorda
la libertà de'culti, per manlener la pace
del regno, ne confida al re la sorveglian-
za; e che nel rispettare i diritti de'catto-
lici, doversi calmare il paese in gran par-
ie irritato, con giusta soddisfazione! Cora-
posto il ministero degli elementi i più e-
Icrogenei, 3 di essi appartennero al pre-
cedente; Van Hall e Donker-Curtius fu-
rono in tutta loro vita arrabbiati nemi-
ci. Riconoscendo lutto il diritto de'catto-
lici, di questi nelle correnti dissensioni
non seppero riprovare se non la maniera
di farne uso; e intanto si tolsero l'odioso
incarico di disconoscere, di vilipendere,
d'abolire gli stessi diritti tante volte e co-
sì solennemente a loro lavore riconosciu-
ti. I cattolici ne restarono amareggiali :
essi aveano per loro il diritto, i protestan-
ti la forza e le passioni popolari , e calpe-
stando la costituzione che concede libertà
di culto, fecero ogni sforzo per riuscire
iieiriulento. Degni figli della pazientissi-
ma loro madre la s. Chiesa, i cattolici, sen-
za puulo avvdirsi, aspellarouo iu pace e
UTR
Irnnquillilà il divino soccorso , che im-
plorarono con fervide preghiere.Formau-
li due quinte parti della popolazione o-
landese, perciò inferiori in numero a lut-
ti i partili, tuttavia rimasero superiori a
qualunque fazione particolare. I buoni
cattolici e i saggi sperarono, che la guer-
ra rotta contro i cattolici in Olanda per
la restituita gerarchia, avrebbe lo slesso
effetto ch'ebbe in Inghilterra, ad onta di
sua eclalanza; un ravvicinamento cioè di
molti protestanti di buona fede alla Chie-
sa romana, per finalmente conoscere che
fuori di essa non trovasi l' eterna salute,
pel ripetuto nel voi. LXXIX,p. 78. In-
fatti alcuni onorevoli e savi ministri di va-
rie confessioni, protestarono di non par-
tecipare agli eccessi de'loro correligiona-
ri; ed alcuni ministri protestanti all' Aja
raccomandarono una limosina pe'catto-
lici poveri, con pieno gradimento del re.
Da 'campi della poesia , delle belle arti e
della letteratura del medio evo, a soste-
nere i diritti della vera Chiesa contro l'e-
sorbitanze degli avversari, enicacemenle
scese nell' arena il dolio cattolico J. A.
Alberdingk Thijm coU'applaudito opu-
scolo: La CalloUca organizzazione del-
la Chiesa della nostra patria. Frattan-
to il zelante mg.*^ Belgrado internunzio
pontifìcio, con sua circolare avvisò i cat-
tolici del riprislinamento dell'ecclesiasti-
ca gerarchia, con documento pregevole
per la saggezza e moderazione col quale
fu concepito. Esso dice: » E nostro vivo
desiderio, è nostra volontà che la vostra
letizia, o fedeli, sia letizia nel Signore; per
la qual cosa vi disdiciamo foru»almente
qualsiasi dimostrazione di gioia esterna e
fragorosa che potesse ledere chicchessia".
Quindi il prelato annunziando la cessa-
zione della missione olandese, di cui egli
era superiore, confortò i cattolici con e-
nergiche parole a quello spirilo di carità
fraterna che forma la vera divisa de'se-
guaci di Cristo. Colla cessazione del pre-
cedente ministero furono chiusi gli stati
generali e sciolta la camera de' deputali,
UTR
per cui poi si procede all'eleiione deMe-
pulali per la nuova assemblea , la quale
per l'indole pacifica della nazione, seguì
senza disturbo della pubblica quiete,
quantunque nulla si risparmiò per ecci-
tare le più irritabili e più tenibili passio-
ni della plebe. Ma la calunnia seppe sff-
fattamente ridestare l'odio religioso, che
non pochi si crederono tornati al secolo
XVI di deploranda meaioria. »S' incari-
carono della biasimevole missione i sedi-
centi ministri dell'Evangelo puio , ossia
i Domi ne, e chiusa {)er qualche tempo la
loro Bibbia , lanciaronsi coraggiosi ne'
can)pi della politica, sebbene a dir vero,
come osserva la Civiltà Cattolica yiìnche
ivi combattessero colla Bibbia traendone
0 spauracchio e indignazione del popo-
lo e la bestia dell'Apocalisse e la prosti-
tuta Babilonia di cui dicevano esser ve-
nuta l'ora di schiacciarle il capo. Riusci-
rono a intorbidare la quiete, a divide-
re la 2.* camera in 4 parlili, di cui niuno
ottenne sull'altro la prevalenza , e tutti
con particolari pretensioni. I reaziona-
ri coilegalisi allora cogli ortodossi ^ vo-
levano il movimento retrogrado, e preva-
lendo si sarebbero separali dagli o/Vo^o^-
si^ dispulando la preminenza e l'oligar-
chia; poiché sebbene volevano l'esclusio-
ne de'caltolici e degli altri dissidenti, o-
diano la pretesa chiesa riformata quale
uscì dal pseudo sinodo di Dordrecht, per
sostenere dover esser libera d'ogni im-
paccio, libera da certe formole di dirillo
canonico a cui l'avvinsero con manifesta
innocenza i padri di quel conciliabolo ne-
gandole il libero esame, ch'è quanto di-
re quel grande principio d' onde ebbe i
natali la chiesa proteslanle. 1 cattolici u-
nili a'cosliluzioDali in detta camera, i qua-
li non richiedevano altro, fuoichè la pu-
ra e semplice osservanza delia costituzio-
ne decretata nel 1848: era questo il par-
tilo del ministero anteriore, rimasto vit-
tin)a della tenacità de'suoi principi!, e non
di qualche sbaglio personale. Tra le di-
visioni de'parlili, l'accennata incoerenza
UTR 63
de*minlsfri,combaltula da'princjpali pe-
riodici, ad accrescere vieppiìi i timori e
l'incertezze sopravvenne il discorso tlel re
recitato alla camera degli stati generali
a'i4 g'"g"o dello slesso 1 853, riportalo
dalla Ch'il là Cattolica, 2." serie, t. 3, p.
216. In esso si legge , che il re colpita
vivamente allorché parecchie migliaia
de' suoi sudditi offesi ne' loro sentimenti
nazionali e inquieti sopra i loro più cari
interessi, si rivolsero a lui per provvede-
re a' loro timori ; conscio il re del suo
dovere di proleggerei vantaggi e i diritti
di ciascuno, riputò non doversi appiglia-
re agli avvisi dati da'consiglieri della co-
rona, i ministri , per aver compreso che
seguitandone i consigli non avrebbe po-
tuto Far cessare l'eccitala inquietezza, ne
calmare l'inconlraslabile agitazione degli
animi. Secondo il desiderio de* ministri,
aver concesso ad alcuni la dimissione, sur-
rogando altri di sua fiducia; dopo il qual
provvedimento aver sciolto in parte la
rappresentanza nazionale, per lasciar a-
gio agli elettori di manifestar le loro opi-
nioni intorno alle attuali circostanze. Non
essendosi ancora potuta rimuovere la ca .
gione della doglianza , aver procuralo
schiarimenti, essendo persuaso il governo
che molle dilIJcollà non si potevano al-
trimenti evitare fuorché con «uia legge.
Il 6.° capo della costituzione fondamen-
tale assicura de'dirilli alle comunioni re-
ligiose, ma nello stesso tempo impone la-
li obblighi al governo chea sdebilarsene
non si poteva prescindere dall' autorità
d'una h'gge. Essere sua intenzione invo-
cale la cooperazione degli slati generali,
onde sostenere al pari di lui con energia
il principio della lolleranza religiosa ra-
dicalo da gran tempo nel regno, ed evi-
tar lutlociò che potesse far nascere divi-
sione e scisma fra'figli dello slesso paese.
Così esser possibile ordinar le cose per
modo the possa lo stalo accordare a tut-
te le credenze religiose la slessa prolezio'
ne; e queste sottoponendosi egualmente
alla medesima legge giusta e iinpaiziale,
64
UTR
vi trovernnno guaienllgie per In loro re*
cipi'ocn libertà e ìmlipeiicleiiza. Quindi il
re ilicliiaiò nperta InsseiubleQ. Da que-
sta allocuzione, la Civiltà Catloìira %i
rilevò il governo giltarsi dal In parie di que'
nialcontenli, che non poteva a meno di
non conoscere indignali senza ragione; ci
\ide giudicato come contrario ul voler
nazionale l'esercizio della libertà religio-
sa concessa dalla costituzione; elle in so-
stanza il ristabilimento della cattolica gè*
lorchiff non è altro fiiorcliè V uso della
facoltà guarentita dalle leggi del 1798, e
più volle riconfermata nel i8i4, iHi5,
1 840 e 1 848. Vi si dice che la libertà re-
ligiosa è radicala nel paese , e intanto si
voleva togliere o ohneno incatenare. Un
altro punto che feri profondamente l'a-
nimo patriottico di molti cittadini , è il
supporsi che que'soltanto i quali disfoga-
rono negli ultimi mesi gli antichi odji e
isenarono immenso scalpore abbiano sen-
timento naziouide; come se il sentimen-
to nazionale fosse il sentimento anticat-
tolico, il sentimento di rabbia contro due
quinte parti del paese, e quanti disdegna*
rono i brogli e le trame, cioè quasi la me-
tà de'6 1,000 elettori, eh' è quanto dirli
privi di sentimenti nazionali. Fiultosto
doversi ritenere, che il governo era sgra-
ziatamente persuaso di non poter caliga-
re gl'irritati colla semplice osservanza del-
la costituzione, e bisognare altre leggi
modificanti il capo 6.^ della costituzione
che adombra i nemici de'cattolici; ma le
nuove leggi avrebbero probabilmente di-
sgustalo l'altra metà della nazione. Intan-
to i cattolici furono tenuti in conto di ri-
fiuto della società, a loro danno lavoraro-
no le sette segrete con singoiar attività,
il partilo della ribellione si sforzava d'im-
pedire ogni amichevole ravvicinamento;
i nuovi vescovi e i loro atti non erano
riconosciuti dal governo, bensì confortati
dalla divozione de'.Ioio buoni diocesani,
anzi l'antico e rispetlabilecapitolo d'Har-
lem,chesenza fondamentosi credeva gian-
senista, perchè ivi tal setta ha uu vesco-
UTR
vo con circa ìfooo giansenisti, inviò un.i
ileputazione al vescovo nominato dal Pa«
paad oilrirgli l'illimitata sua ubbidienza
come a legittimo pastore. Nondimeno
nella dolorosa condizione e vessazioni pa-
lile da'buoni cattolici neerlandesi, le ri-
sposte della I ."* e della 7,.' camera al discor-
so del re, tranne (|ualche formola meno
moderata, furono piene di dignità e con-
trarie alle mire del gabinetto per bocca
del signore loro manifestate. Finalmen-
te la Civiltà Cattolica de'3i oltobre al
i4 novembre i853 , gode di accennare
che dopo tante paure de' buoni e tanti
soprusi de'malvagi, era piaciuto alla di«
vina Provvidenza di serenare la burra-
sca, e quando meno s'attendeva dar vin-
ta la causa alia giustizia. La notizia con-
solantissima, e per la quale tutti i buoni
cattolici furono compresi di santa alle-
grezza, trovasi compendiala nelle seguen-
ti parole del Nce ria tuie r, foglio ullìciale
d'Amsterdam.»» U ministro del re incari-
cato degli alfari che riguardano il culto
cattolico ha fatto sapere agi' impiegati
provinciali di S. M. aver avuto notizia of-
ficiale dell'essersi eretti da S. S. il Papa
(nell'Olanda) un arcivescovato e quattro
vescovati, e nominati un arcivescovo e
quattro vescovi,co'quali si potrà per con-
seguenza corrispondere uflicialmente ,
purché i nomi della famiglia siano ag-
giunti a'titoli de* prelati". Seguì quindi
la circoscrizione delle parrocchie delie
nuove diocesi, conservando i regolari le
loro chiese; e quanto ad Amsterdam iu
modo che si uniscono nella stessa par-
rocchia le due chiese che ha ciascuno de'
3 ordini de'domenicani,de*fraucescani e
de'gesuiti. L'arcivescovo d'Utrecht mg.*^
Zwysen nel 1 854 comprò un ampio ter-
reno per erigervi il seminario, e si recò in
Roma per assistere alla solenne promul-
gazione del decreto dog malico sopra l'Im-
macolato Concepimento della D. Vergi-
ne; altrettanto fece mg." Van-Genk ve-
scovo d'Adi a e coadiutore del vescovo di
Breda. Quando uel regno de'Paesi Bussi
I
UTR
giunse la consolante novella delLi segni-
la definizione , la gioia fu immensa ne*
cattolici; indi alla pubblicazione della
bolla solennemente festeggiarono il gran-
de avvenimento sì caro a tulli i catloii-
ci, e sì glorioso pel pontificato di Pio IX.
La Civiltà Cattolica^ feiie 2/, t.r2, p.
704, del dicembre i855, riferisce »ne-
diante una sua corrispondenza dell* O-
landa, e ulteriori vessazioni de'protestan-
ti verso i cattolici, ad onta che l'edifizio
ÙQ Protestanti (F.)^ come altrove, si va
sfasciando e minaccia sftinpre più di ca-
dere sopra se stesso schiaccialo dal pio-
priopeso.>»Oh che confusione tra'pocliis*
simi zelanti che accorrono a puntellarlo!
Quante teste altrettante opinioni, o a
meglio dire, religioni. Toltane la concor-
dia comune nel dar noia a'cattolici, nel
resto è molto se ne trovi una qualche de-
cina che consentano in parecchi punti
fondamentali". Narra quindi, che l'arci-
vescovo d'Utrecht avea gettato la i .^ pie-
Ira del suo gran seminario che alzava
in Ryscoyek,uno de'più deliziosi dintor-
ni d'Utrecht città metropolitana. Fin qui
i suoi preti erano stali educali nel semi-
nario di Warmond, il quale d'or innan-
zi sarà destinalo esclusivamenle agii a-
lunni della diocesi d' Harlem. Frattanto
però la scuola teologica si faceva nel pic-
colo seminario dell'arcidiocesi in Culem-
burgo. « Mg.' Belgrado internunzio del-
la s. Sede presso la nostra corte ci ab-
bandonerà tra breve per recarsi ad A-
scoli di cui è stato eletto vescovo. Esso
•vivrà in ogni tempo nel cuore negli an-
nali cattolici degli olandesi per le bellis-
sime doti dell'animo suo e per la gran
parte ch'ebbe nel ristabilimento dell'ec-
clesiastica gerarchia nella nostra patria".
Aggiungerò, che gli successe l'attuale in-
ternunzio apostolico all' Aja, mg." Setti-
mio Maria Vecchiotti. La medesima Ci-
viltà Cattolica, serie 2.^ l. 9, p. 4^7> *'^c-
conta il giubileo celebralo da 'cattolici nel
i855 con mollo fruito. I vescovi racco*
mandarono a* parrochi di provvedere in
VOI. LXXXVH.
UTR 65
lai occasione i loro fedeli di confessori
straordinari ; il che die luogo per ogni
dove ad esercizi e funzioni che poterono
quasi paragonarsi a missioni, dalle quali
derivò grandissimo vantaggio spirituale.
Il clero tanto secolare quanto regolare
fu infaticabile. Amsterdam, l'Aja, Utrecht,
Bois-le-Duc e le terre principali furono
evangelizzale , accordandosi tulli i mis-
sionari neir assicurare che il successo fu
straordinario. 1 protestanti restarono
tranquillissimi. Se ne vedevano anzi qua
e là di quelli che assistevano alle sagre
funzioni de'caltolici, il che fa loro gran
bene. In Utrecht un proleslante pianse a
calde lagrime udendo predicare sul pul-
pito sì liberamente e di/votaraente la di-
vinila di Gesù Cristo. Indi passa a ripor-
tare, dalla sua corrispondenza d'Olanda,
i seguenti importanti e autorevoli dati
statistici. Nel i854 le varie diocesi già
aveano il seguente numero di parrocchie
udicialmente riconosciute. L'arcivescovo
d'Utrecht 2 36, il vescovo d'Harlera 1 98,
quellodi Bois-le-Duc 222, qijello di Bre-
da 77, quellodi Ruremondar 78: totale
911 parrocchie. Il numero de' preti in
attività è di 371 per 1' arcidiocesi d* U-
trecht, di 333 per le diocesi d'Harletn, di
43 1 per quella di Bois-le-Duc , di i5.6>
per quella di Breda, e di 358 per quel-
la di Ruremonda : totale 1648 preti. A
questi conviene aggiungerne 86 che per
varieragioni d'infermità, di vecchiezza ec«
sono fuori di servizio, e quelli che vivono
in istituti privali, il cui numero non cuo-
io. Sopra il bilancio del 1 855 sono iscrit-
te le seguenti spese pel culto cattoli-
co: per l'arcivescovo d'Utrecht 2 5oo fio-
rini de'Paesi Bassi, per ciascuno de'4 ve-
scovi sufTraganei altrettanti fiorini; 800
per un vicario generale, 2000 per 5 se-
gretari, e 5322 per le spese d'ufficio: to-
tale fiorini 20,622. Quanto a' seminari
vi hanno 800 fiorini per un professore,
600 per quattro, e 4oo per undici; 1200
fiorini per borse gratuite: in tutto 9400
fiorini. Per 686 curali 0 rettori fiorini
66 U TR
357,293;per 548 vicari ec. fior .84,4 "ii:
lolnle fiorini 44 ' j7 ^ 4- IVcappellani del-
le carceri, 3357 fiorini ; per 86 sacer-
<loli cmerili 37.276. Rimangono i sussi*
dii perlechiese ec. Ecco un quadro com-
parativo, il quale è meglio vederlo nel-
la Giviltàf mancando lo spaiio per ri-
produrlo in una colonna. Confessioni :
Callolica romana, ministri pagali i 388,
anime !,i66,256. Rirornìala, ministri
1434, animei, 677,585. Evangelica Lu-
terana, ministri 58, anime 53,66o. Lu-
terana ristabilila,minislri7,anime8877.
Anabattista, ministri 3o, anime 38,575.
Rimostrante, ministri 25, anime 4909-
Totale de'prolestanli, ministri i554, a-
nime 1,783,606. Giansenistica, ministri
i8,anime 5668. Giudaica, ministri 1 5, a-
nime 1 5,626. Si avverte die ali .^gennaio
1 853 il numero legale de'cattolici era di
1,196,672, reale 1,21 3,346: quello de'
giudei , legale 59,365, reale 60,192:
non cattolici , legale 1,868,432 , reale
1,894,468. Si aggiungono 647 anglica-
ni, 295 framuiassoni , 4 quaqueri , 39
greci, un arnieno, 4o,5o8 separatisti , e
1429 di culto incoguilo: totale 47,723,
ecosì si lia un totale peli.*'gennaioi85o
di 3,056,879 abitanti. JNel i852 il nu-
mero legale degli abitanti era 3,073, i 73,
il reale 3,i 19,160. ]Neli853 il legale era
3,124,409) il leale 3,168,006. 11 Gior-
naie di Roma del 1 856 a p. 227, riporta
in data dell'Aja 23 febbraio. Il governo
ha pubblicato la statistica djel regno fi-
no a'3i dicembre i854. Ammontava a
3,228,753 abitanti, di cui 1,599,382 uo-
mini, 61,639,37 1 donne: nello stesso an-
no le nascite furono 1 09, 563,cioè 56,35 1
maschi, e 53,2 12 fenjmine; i decessi fu*
jono 81,794, di cui 4' 446 uomini , e
4o,338 donne. Una relazione ufilciale fa
conoscere che neli85r si contavano nel
regno 3389 scuole primarie, 2480 pub-
U Z I
bliche, i^C) privale. Nel luglio dello sles-
so anno 240,567 allievi frequentavano le
scuole. Si vede che i»on mancano nella
NeerUmdia i mezzi d'istruirsi, e die sono
ainpiamenle messi a profitto.
UTZIPPAUUA o UZIPPIRA o U-
Zll^l^A II ITA. Sede vescovile d'Africa nel-
la provincia procon>olare,sollo la metro-
poli di Cartagine. Ebbe a vescovi: Ma-
riano, die trovossi alla conferenza di Car-
tagine nel 4 ' ' e al concilio nel 4'9 5 ^i^*
genzo o Augenzio, mandato in esilio nel
484 da Unnericd re de'vandali ; Semen-
zio, che sottoscrisse il concilio di Carla-
tagine del 52 5. Morcelli, Afr. dir. t. i.
UXALI, Uzdlis, Usalisj Uszalis. Se-
de vescovile d'Africa vicina a Utica,r[7-
zan di Tolomeo, nella Zciigilana medi-
terranea. Erano di questa città i ss. Feli-
ce e Gennadio martiri^ di cui mostrava-
si la tomba nel sobboigo della città, la
memoria de' quali celebrasi nel martiro-
logio della Cbiesa romana a* i 5 giugno.
Furono suoi vescovi : Saturnino del 388,
diiamato uomo santo e di beata memoria
da s. Agostino; gli successe Evodio, coe-
taneo di s. Agostino, il quale gli scrisse una
lettera ; Sanonio fu esiliato da Unnerico
re de'vandali, per non aver voluto sot-
toscrivere l'erronee proposizioni de' do-
natisti nella conferenza di Cartagine del
484 ; IMuslolo si trovò nel 525 al con-
cilio di Cartagine; Vittoriano nel 649
intervenne al concilio di Lateraiio con-
tro i monolelili. Morcelli, Africa dir,
l. I.
UZES. V. UsEz.
UZITA. Sede vescovile d'Africa nella
provincia Bizacena , sotto la metropoli
d' Iladramito. Me fu vescovo Paolo che
Irovossi co'cattolici alla conferenza di Car-
tagine nel 4 1 i,in presenza del conte Mar-
cellino,per lo scisma de'doufatisli. Morcel-
li, Africa chr. l.i.
V AB
V AB
V ABRES, Vahrae, Castrwn Fa-
hrcnse in Riitenis^Pagus Vabrensis^Va-
hra^ Fahrincum^ Fabrium.Cilia vesco-
vile di Francia, della vice-prefettura di
Saiul-Alfiique,parte orientale delIaGuien-
na, nell'anlico paese di Rouergue, di cui
Khodez n'era la capitale, che li'ae il nome
da'iulenisuoi antichi abitatori, ecol qua-
le si formò l'attuale dipartimento dell'A-
veyrou. Giace al confluente del fiumicello
Dourdou e della Sorgues che si gettano
un po'più basso nel Tarn. E piccola, ha
quasi l'aspetto di villaggio, dopo la ces-
sazione della residenza vescovile e le an-
teriori e successive politiche vicende. Tro-
vasi distarle quasi I 2 leghe al sud-sud-est
da Pihodez sede del vescovato , alla cui
diocesi ora appartiene, ed una lega sol-
tanto al sud-ovest dalla città di Saint-Af-
frique, che gode il primato del circonda-
rio non solamente perchè vi risiede il vi-
ce-prefelto, ma ancora per la sua popo-
lazione e tribunali di I.' istanza e di com-
mercio, de'suoi importanti lavoratori! di
filatura, tessitura e tintura, suo spedale
pubblico, e de'suoi stabilimenti d'istru-
zione e di carità, tra'quali si distingue il
collegio Saint-Gabriel, recentemente co-
struito ed affidalo ai pp. della compagnia
di Gesù, il cui edilìzio è riuscito unode*
più belli del mezzogiorno della Francia.
Vabres non va confusa con Vabre vil-
laggio di Francia, nello stesso dipartimen-
to dell'Aveyron, presso Mur-de-Barres,
né con altre 4 Vabres della stessa Fran-
cia ^ cioè 3 villaggi esisteuti ne' diparti-
menti di Cantal, Gnrd, e Alla Loira, e il
borgo di Vabres de Senegats di piirtimento
del Tarn. La città di Vabres ebbe origi-
ne da un* abbazia di benedettini fondata
da Raimondo I contedi Tolosa, che re-
gnò dair852 air854, secondo la Gallia
Christiana, t. 4> p-i 107 • Fabrenses E-
piscopi et Comitesj mentre il Dictiow
naire itniverseld'i Aynés l'attribuisce er-
roneamente a Raimondo II che regnò dal
918 al 9^3, come vado a provare. Però
il paese di Roiiergue ebbe de'conli ere-
ditari indipendenti, di cui Ugo lo cede
neh 167 ad Alfonso II re d'Aragona, ma
neli258 s. Luigi IX lo riunì delìnitiva-
mente alla corona di Francia. In Vabres
hanno luogo 3 annue fiere, e conta circa
1000 abitanti, fra'quali fiorì qualche il-
lustre che onorò la patria. L'abbazia e
monastero dipendeva da s. Vittore di
Marsiglia, cluniacense, esente ecelebratis-
sima; fu sotto l'invocazione di s. Maria,
la chiesa in quella di s. Pietro principe
degli Apostoli, divenne celebre e vi fiori-
rono cluniacensi di santa vita, della quale
e del luogo scrisse (diversi da quelli, co-
me avverte la Gallia Christiana, ossia
di Vabres di cui parla s.GregoriodiTours,
Hist. 1. 9, e. 9), s. Odone cluniacense
nella vita di s. Geraldo (/^.);poichèque-
sto santo vi fece prosperare la monastica
disciplina, e ne informò i nobili giovani ,
di cui amava prender cura e dirigere nel-
la morale senza professare la vita religio-
sa, ben>ì la virtuosa e penitente, benché
conte ebarone d'Aurillac E siccome egli
68 V A B
sautamonle morì nel 909, così la fonda-
zione dell' abbazia di Vubres devesi at-
tribuire a Raimondo I.ConiQ)aiivillc, ///'-
stoirf ih toits Ics lù'cschcz^iVìce Vabies
lidia Lingiiadoca, ma non sembra giusto
nel civile, piuttosto nell'ecclesiastico per-
chè fu snffioganea di due metropoli si-
tuate nella Linguadoca. Dice ancora, che
l'abba/ia di s. Agostino nel 1 3 1 7 fu eretta
in Tescovato. Ecco di lutto la vera sto-
ria. Sotto li regno di Carlo I il Calvo^ i
normanni colte loro scorrerìe sulle coste
dell' Aquilania , avenilo costretto molti
monaci ad abbandonare i loro monasteri
per solltarsi alla schiavitù, BaÌQìondo I
conte di Tolosa si airreltò d'ollrire ad A-
dagnsio abbate benedettino di Pannai o
Paluial nel Perigord, di cui conosceva il
grande merito, un asilo per se ed i suoi
a Vabres, che allora faceva parte de'suoi
doniinii. Quest'offerta fu fatta ed accetta-
ta nell'86i, e l'anno seguente Raimondo
1 ottenne dal detto re Carlo 1 la conferma
del nuovo monastero e la speciale prote-
zione tiella corte a favore di esso. Nel me-
desimo tempo cedette colla sua consorte
Berlhesia o Berlhays, ad Adagasio, il qua-
le avea già cominciato a costruire il mo-
nastero, le terre di Bias, Bedos, la Bes-
sière, Broquiès, ed in seguilo con molle
altre donazioni accrebbero Timportanza
dell'abbazia, e le quali sono mentovale in
una bolla ili Papa Pasquale 11 del 1 1 16 di
conferma. Dopo la morte del conte Rai-
mondo I, uno de'suoi figli vesti 1* abito
monastico a Vabres. Adagasio ebbe anche
la consolazione di vedere venire a met-
tersi sotto la sua direzione un sauto reli-
gioso dell' abbazia di Conques, di nome
Giorgio, ornalo di scienza e di virili,!! qua-
le dopo 1 5 anni fu fatto vescovo di Lodeve
nell'Byy, dove morì pieno di meriti e in
concetto di sanlilà, e tuttora viene invo-
calo qual pastore diletto a Dio ed agli uo-
mini. Non molto dopo, cioè nell'Bgg, s.
Geraldo conte d' Aurillac, volendo sta-
bilire un'abbazia nelle sue terre, mandò
a Vabres alcuni giovani scelti tra le pri-
V A B
me famìglie deirAlvernia, ncciocchè vi si
formassero al vero spirito religioso. Quel
f«lto di s. Geraldo prova in che opinio-
ne di sanlilà era in quel tempo l'abbazia
dì Vabres. Però, come suole avvenire, il
primitivo fervore poscia si ralfreddò,e nel
1062 l'abbate Deusdedit si sottomise al-
l'abbate di s. Vittore di Marsiglia, che
y\ mandò religiosi specchiatissimi e abili
a rendei e a Vabres la sua antica riputa-
zione. Questo slato durò finché Vabres
venne elevala a sede vescovile colla bolla
di Papa G'iovanmXXWj Salvator nostcr^
data in Avignone a' 1 3 agosloiSiy,/^^//.
Hom. t. 3, par. 2, p. 1 53 : Erectìo Epi-
scopatus Fahrensis,m cui si dice chi ara -
mente, che la chiesa e raonaslero della
Filla di Fabro del ss. Salvatore OriU-
nis s. Benedicti, l'esentava dall' abbazia
di Marsiglia. 11 Papa eresse Vabres in
città, la chiesa del monastero in cattedra-
le,compose il capitolo regolare di monaci,
con altri smembramenti della diocesi di
Rhodez formò il vescovato Fahrensis, e
l'assegnò in sulfraganeo alla pur da lui isti-
tuita metropolitana di Tolosa, dalla qua-
le passò poi sotto quella diBourges. Quin-
di nello slesso iSiy nominò i.° vescovo
l'ultimo abbate fr. Pietro de Olargio, e
gli assegnò per mensa episcopale 20,000
lire annue. 11 Chenu, Epìscoporum Gal-
lìae chronologìca historìa ^ ritarda al ai
i320 l'elezione dell'abbate in vescovo, e 1
conviene che morì nel 1 32g. Gli suc-
cesse Raimondo de Olargio, il quale sta-
bilì inSaint-Affriqtie una comunità di4o
sacerdoti, e fu amico del celebre fr. Teo-
dato de Gozon gran maestro gerosolimi-
tano e nato nelle vicinanze di Vabres.
Morto neh 3 47) indi e nell'istesso annoio
fu Guido de'signori di Veutadour, morto
neli35i. PoidaClermont vi fu trasferito
Pietro d' Agrifoglio, fratello del vescovo
di Rhodes. Nel i353 Bertrando de Pe-
brach già i." priore di Veutadour, e poi
di s. Martino de'Campi di Parigi. Gli suc-
cesse il cardinal Gus^WgUwo Brngosc {F.)y
morto in Roma nel 1 36'/ 0 1 369 e sepolto
V AB
in s. Lorenzo in Lucina suo titolo, a cui
lasciò la sua eredità, in pentimento degli
ioìproperii e imprecazioni scagliate con-
tro Urbano V, sdegnato per aver questi ri-
parato alla stravaganza de'suoi predeces-
sori stabilitisi in Avignone, nel l'abbando-
narla per restituire a Roma la residenza
pontificia; gloria die però conseguii il suc-
cessore Gregorio XLll vescovo Stefano de
Vassignac, mandò un deputato al famo-
so Sinodo di Pisa nel 1409, e terminò di
vivere nel ì^ii. Guglielmo de Baslidos
morì nel 1421. Da Berito a 10 giugno
i45:x vi fu trasferito Giovanni Pelri , e
nello stesso giorno deli 4^3 gli successe
Bernardo Bianchi morto nel i4B5. Nel
seguente Antonio Pietro di Narbona de*
baroni di Taleyrand, eletto da' canonici
di comune consenso, già monaco abbate
commendatario di Grandeselva e Fonte-
freddo, nella cui chiesa di s. Maria fu tu-
mulato nel iSog. Gli successe il fratello
Lodovico di Narbona, com'esso abbate di
detta badia, ed egualmente col suffragio
di tutto il capitolo : costruì l'episcopio e
il coro della cattedrale, la quale abbellì
e arricchì di preziosi vasi e ornamenti, e
per molti altri benefizi lasciò preclara la
sua memoria, passando di vita neliSiQ.
In virtù del concordato tra Leone X e
Francesco F, quest'ultimo nominò vesco-
vo di Vabres, Reginaldo di Martigny ,
fratello del vescovo di Castres; neliSsS
intervenne alla solenne assemblea tenuta
innanzi al re, e morì in Montpellier nel
i536. Il re gli sostituì Giorgio d'v^rmtìs-
gnac (P^.) suo oratore a' veneti e vesco-
vo di Khodez,da Paolo III dichiarato per-
petuo amministratore di Vabres e creato
poi cardinale. Per altre chiese lasciò que-
sta, che per sua rassegna nel i56o col ve-
scovato di Rhodez fu conferita a Giaco-
mo de Corneilhan di lui nipote, il quale
mostrò un gran zelo contro la propaga-
zione del calvinismo, e pubblicò due o-
pere di pietà che a tempo suo furono mol-
lo celebri. Nel 1 565, col consenso del car-
dinale, Giacomo rassegnò la sede di Ya-
V A B 69
bres a Fiancesco I de la Vallette Cor-
nusson nobile di Cahors, fratello di Gio-
varmi gran maestro di Malta , isola che
contro i turchi avea così strenuamente di-
fesa, che Pio IV, se non mori va, erasi pro-
posto crearlo cardinale. Trovasi nomina-
to nel concilio di Trento, non che v'in-
tervenne come pretende Chenu, ed a suo
tempo Gregorio Xlll secolarizzò il capi-
tolo che ancor era regolare monastico nel
1577. Mentre tutto il territorio della sua
diocesi era in preda alle guerre suscitate
dagli ugonotti, gli sarebbe stato facile dì
ottenere delle truppe da suo padre si-
niscalco di Tolosa, ma qual degno mini-
stro del Sigtiore non volle mai ricorrere
a mezzi violenti, ed in sì calamitosi tem-
pi la carità, la dolcezza, una sincera di-
vozione furono la sua lodevole condotta.
Soltanto quando vide il disordine giunto
all'estremo, si ritirò nel castello di Saint-
Izaire, dove fu assediato da' calvinisti , i
quali però furono dispersi da'cattolici ac-
corsi per difendere il loro vescovo. Que-
sti con somministrare per tempo de* ca-
valli alla badessa e monache di Nonen-
que, ebbe la consolazione di metterle in
sicuro, prima che giungessero i calvini-
sti, che distrussero e ridussero in cenere
quell'antica abbazia. Gli successe Tom-
maso de Lauro. Nel 1600 ne fu consa-
grato vescovo Francesco II de la Vallette
Gornusson abbate di Moissac nella dio-
cesi di Cahors, e pronipote del preceden-
te Francesco. Aflidò il santuario di No-
tra Signora d'Orient,celebre pel gran con-
corso di popolo e pe'miracoliche vi si ope-
ravano, a'cappuccini che vi fecero un be-
ne immenso, e ridussero nel seno della
vera Chiesa molti protestanti. Nel 16 14
intervenne in Parigi all'assemblea del cle-
ro gallicano, e morì nel r 6 1 8. Ne occupò
la sede il nipote e coadiutore Francesco
IH de la Vallette, fratello del signore di
Gornusson e di Parisot, siniscalco di To-
losa e d'Alby, ch'era stèzoso in ]>artibus'
di Filadelfia: nel 164 1 si recò a* comizi
(\q\ clero gallicano iu Medontac, e mori
70 V A B
nel 1 645.1 n questo gli fu «oslUullo Isacco
Hilbert iliPui igi,caiionìco teolugo di quel*
Ja chiesa e lej^io predicalore; intervenne
Del i65o airusseinblea del clero in della
città, lodato per dottrina equale ornauien-
lo dell'episcopato francese,a vendo pubbli-
cato diverse opere encomiate. Esse sono:
1. Tre Discorsi da Ini pronunciali con-
tro il fanìoso bbro V Aiigustìnus di Gian-
senio. 2. Difesa della fede. 3. Traduzio-
ne latina del l'onlilìcale della chiesa gre-
ca con lunghe note. 4* De justiiia coii'
nuhìali edicti, per provare che l'ordinan-
ze di Luigi Xlll sul matrinr)onio non so-
no contrarie al concilio di Trento. 5. De
consensu llierarchiae et Monarchiac :
fu tradotta in francese col titolo d'Unio-
ne della Chiesa collo Stalo. 6. De Cathe-
lira, scu Primatn s. Pctn. 7. Difesa del-
la teologia de' Padri greci sulla Grazia.
8. Spiegazione dell'Epistole di s. Paolo a
Timoteo, a Tito ed aFdemone. 9. Rac
colla di poesie Ialine, molte delle quali
in onore di Luigi Xlll, col liloJo di Pie-
tas Hegia, raccolta stampata a Parigi.
IO. Parafrasi sui Salmi della Bibbia de'
Settanta. 1 i. Inni sulla festa di s. Luigi.
Questo celebre e benemerito vescovo di
Vabres morì nel 1 668 d'un colpo d'apo-
plessia a Pont de Salaras, mentre si re-
cav-a a Parigi da Luigi XIV che voleva
farlo capo del suo consiglio. Il di lui cor-
po, riportato a Vabres, fu sepolto nella
cattedrale a piedi dell' altare maggiore
che avea fatto ricostruire,sebbene nel suo
testauiento avesse dichiarato di voler es-
sere deposto nel cimilerio de' poveri. Si
legge sopra la pietra sepolcrale quell'e-
pitalfio da lui composto mentre viveva:
Isaaei Habcrli XX.mi Epis. Vahr.
quod mortale fuit, hic resurrectionem
expectaty quam heatam precare, pie
vìalor^et novissima memorare. \ succes-
sori si ponno vedere nella nuova edizio-
ne della Gallia Christiana, cioè i 4 se-
guenti: Lodovico 11 de Lavergne de Mon-
lenard de Tressan, nominato nel 1669,
indi liasferilo a Le Maas nel 1671. Gii
V AC
fu sostituito Lodovico de Baradat, già co-
nosciuto pe'suoi dotti scritti in prosa e
poesia, ed oratore sagro mollo elo(picu-
le. A suo tempo, il Papa Innocenzo X[
colla bolla Triumphans Paslor aeler-
nus, de'3 ottobre 1678, Bull. Roni. l. 8,
p. 61, elevò ad arcivescovile la chiesa
d' Alby, e le assegnò per vescovati suf-
fiaganei diversi di quelli dismembrali
dalla metropoli di Courges, fra' quali
questo di Vabres. 1 suoi due ultimi ve-
scovi seguenti sono registrali anche nel-
le Nolizic di Roma. Clemente XI nel
1 7 I o preconizzò Carlo Alessandro leFd-
leul de la Chnpelle, della diocesi di Li-
sieux, che i suoi talenti e le sue virtù fe-
cero eleggere più volte deputalo delia
provincia ecclesiastica d'Alby all'assem-
blea generale del clero di Francia. Ot-
tenne che l'ospedale di Saint-AlTrique
fosse eretto in ospedale generale. Cle-
mente XI li nel 1764 promulgò Giovan-
ni de la Croix de Castries, della diocesi
d'Uzes, il quale pure più volte fu scelto
a deputalo all'assemblea generale del cle-
ro ; venne carcerato nella deplorabile ri-
voluzione, e prima di morire egli fece
distribuire a' poveri e alle chiese di sua
diocesi quanto gli rimaneva in denaro e
in mobili. Restata vacante la chiesa ve-
scovile di Vabres neh 796, dipoi pel con-
cordalo del 1801 Pio VII la soppresse, e
ne unì la diocesi al vescovato di Rliodez
o Rodez (F.).
VACABILI E VACABILISTI DEL-
LA CORTE E CURIA ROMANA, Of-
Jlcioriim Venalium et VacahiVmm Ro-
manae Ciiriae. Uflìzi vitalizi vacabili e
venali ossia vendibili della Corte e Cu-
ria Romana, principalmente della Ca^
mera apostolica, deWa Cancelleria apo-
stolica, della Dataria apostolica, oltre
quelli Capitolini^ nella più parie cosli-
luili in collegi. Questi udizi vacando, ri-
cadono a profitto della camera aposto-
lica e si tornano a vendere, se a tempo
debito il proprietario non ne ha disposto
a favore d'altri. Tali ullizi si dissero per-
VA e
ciò Placabili, e yacabiliòù o P^acah! li-
sta qae'clie gli acquistavano, e (jue' che
li possiedono lultorn, tli qiie'vaoabili su-
perstiti cioè, s^i riconosciuti che li(|uidali.
Siccome gh ulìui Tacabili furono da'Pa-
pi istituiti pe'hisogni urgenti della s. Se-
lle, o del tesoro o erario pontificio, così
le somme che s'introitavano dalla came-
ra apostolica, per l'occorrenze dell'una o
dell' altro si eiogavano e impiegavano.
Altre somme di frequente servirono a
soccorrere le chiese cattoliche estere, ed
anche i principi cristiani. Dunque lode-
volissimo e commendevole ne fu il preci-
puo scopo. 11 cardinal De Luca distinse
in tre specie e generi diversi gli uflizi
venali e vacabili, i .** 0/^C7<^ PraclatÌLìa
et primi ordiiiis. 2.* De Offlciis seciuidi
generis f quae non siuit Praelaiitia, sed
aliquain habent adniinìstrationeni. 3.°
Da Offlciis tcrtìae classi^^ quae mdlani
habent adininistrationeni. \ vacabili del-
la I." specie si acquistavano dalla camera
apostolica, mediante pagamento d'una
somma, anche cospicua e ragguardevole
in proporzione del reddito e dell'auto-
rità e onorificenze annesse, che relativa-
mente variò secondo i tempi. Imperoc-
ché tra'detti uffizi vacabili eranvi anche
quelli di tale i .°ordÌQe,avendo annesso l'e-
sercizio di diverse primarie cariche car-
dinalizie e prelatizie, come andrò enume-
rando, per promozione alle quali vaca-
va il vacabile. ]Ma per gli uffizi principa-
li vacabili, da chi gli acquistava, oltre la
somma che dovevano sborsare, richiede-
vasi che ne fossero onniaamenle degni,
colla corrispondente piena idoneità e in-
tegrità. Siffatti vacabilisti maggiori , sia
pe'natali,virttiecognlzioni,dovevanopm'
essere d'intera soddisfazione e gradi mea*
te de'Papi, pe'gelosi e alti uffizi di cui ve-
nivano investiti: dovevano es*i aver pri-
tua meritato la pontifìcia estimazione e
benevolenza, altrimenti non bastava l'of-
frire le somme stabilite. Prova lumino-
samente la storia , i grandi ed eccellenti
prelati e cardinali, dotti e virtuosi che flo-
V A G
7»
rirono nella Curia lìomaiut^ i quali per-
vennero ad eminenti cariche e dignità
colla comprita de' vacabili , e persino al
cardinalato. Allorché i Papi conferirono
i principali uffici vacabili, od anche i mi-
nori, senza prezzo, si dicevano vacabili
donati. Molti vacabili degli uffizi minori
di 2.° ordine, se i vacabilisti non erano
in grado di fungerli, si facevano esercita-
re dall'intestatario con l'opera personale,
ossia da altri abili sostituti a'medesimi e
forniti de' richiesti requisiti , mediante
congruo compenso o in società. Altri va-
cabili di 3." specie erano puramente sta-
biliti sul trarre dalle Tasse (J^.) impo-
ste la quota loro assegnata, del qual ge-
nere di vacabili e vacabilisti tuttora ne
esistono non poclai. La rendita degli uffi-
zi vacabili esistenti deriva e previene da*
mensili o annui fruitati di emolumenti e
tasse stabilite pe'medesimi da' Papi die
l'istituirono, in compenso degl' intestata-
ri ossia di chi T esercitava e degli acqui-
renti proprietari secondo la loro natura,
eil in generale quanto all' annuo incasso
rende un congruo e pur anco convenien-
te compenso proporzionato alla somma
pagata, non meno dell'S ovvero del io
per 100, ragguagliato cioè sul capitale
somministrato, anzi molli vacabili arric-
chirono i vacabilisti. Con quest'aulicolo
io non pretendo alFatto di dare un trat-
talo sulle diverse specie de'vacabili, non
solo perla mia relativa insufficienza, ma
ancora come vasto e complicato argo-
mento, che in generale assai poco si cono-
sce.Adunque mi limiterò a tentare di dar-
ne una semplice indicazìone,richiamando
i numerosi articoli che vi hanno relazione,
coU'intendimento di possibilmente spar-
gere alquanto lume sopra materie inte-
ressanti, ma molto oscure, di cui appena
alcuno n'è pienamente istruito.Dopo tan-
ti mutamenti, non furono stampate opere
che ci possano illuminare. Se nella defi-
nizione o in altro non riuscirò del tutto
esatto, mi lusingo che i tanti articoli che
gli apparlctìgono, almeno in buona parte
71 VAC
siipplirnnnoa cìiiarire questa riunione di
nozioni. La caratteristica degli udizi ve-
nali vacabili della corte e curia romana,
Officia vena Ha vacabilia, si è che essi
vengono posseduti sotto il pericolo di vi-
ta della persona, alla quale gli ullìzi in
Dataria sono inscritti ossia intestati; per
cui alla morte naturale dell' intestatario
Tuffizio venale vaca, e se ne devolve ini*
mediatamente l'assoluta proprietà al
principe o camera apostolica , a conto
della quale la dataria apostolica Io ri-
vende al prezzo reperibile , versandone
Ja somma ricevuta alla medesima. La
vacanza di tal genere di uffizi venali vie*
ne impedita quando l'uflìziale, ossia l'in*
tèstatario del vacabile ne è insieme il pro-
prietario, e il vende ad altra persona, la
quale vendita dicesi Rasscgnaj come an«
che quando chi ha la proprietà di un
uffizio in sua testa non iscritto, trasferi*
sce la inscrizione a suo beneplacito , os-
sia trasferisce il pericolo di vita nel suo
uffizio ad un'altra persona. Nel caso l'in-
testatario sia assente da Roma, richiede-
si che il proprietario dell'uffizio dia una
cauzione alla dataria del prezzo del vaca-
bile, qualora il detto intestatario non so-
pravviva 4o giorni alla seguita Trasla-
zione. Dalle traslazioni del pericolodi vi-
ta di persona in persona in un uffizio va-
cabile deriva, che alcune famiglie hanno
di essi conservato per qualche secolo la
proprietà. L'uffizio vacabile, quando sia
intestato nella persona medesima del pro-
prietario, non può essere lasciato in te-
.stamenlo, né conseguirsi per eredità ab
intestalo, solo ciò può accadere quando
il proprietario di un vacabile intestato lo
tiene in altra persona. Per altro deve ve-
rificarsi all'epoca dell'apertura del tesla-
menlOjOdel possesso dell'eredità, che l^in-
tèstatario sia vivente. Chi acquista un uffi-
zio venale vacabde della curia romana, os-
sia di quelli attinenti alla dataria e cancel-
ieria apostolica, può intestarlo a se slesso
oa terza persona. Se lo intesta a se stesso,
esso ne è insieme proprietario e intesta?
VAC
lario. Se lo intesta a 3.' persona , egli
(l'acquirente del vacabile) dicesi ed è il
proprietario, durante la vita del suo in-
testatario, e fa sua la rendila dell'uffizio.
Qualora al vacabile sia annesso un eser-
cizio, il quale esercizio è anche fruttife-
ro, la rendita dell'esercizio non è del pro-
prietario,ma dell'intestatario del vacabi-
le. Non vi è dilferenza fra gli uffizi colle-
giali e non collegiali per ragione dell' in-
testatario, poiché tutti debbono essere in-
testati onde [)otere percepire il frutto. L'a-
zienda degli ufiizi vacabili venali è stata
mai senqjre di esclusiva pertinenza del
Tribunale della Dataria apostolica
(/^.), senza che mai abbiavi avuto la mi-
nima ingerenza la camera apostolica, né
i suoi ministri. 11 Datario o pro-datario
è il difensore nato de' vacabilisti , ed in
virtù di pontificii chirografi rappresenta
tutti gli uffizi vacabili che mancano, e
finché mancano comunque del vero uffi-
ziale. La persona dalla dataria deputata
privativamente alla partita degli uffizi
sopraddetti è Taraministratore delle com*
ponende, il quale anticamente, quando
l'uffizio delle componende era anche ve-
nale,dicevasi l'uffiziale delle componende.
Gli uffiziali vacabilisti se sono riuniti ìu jj
collegio diconsi FacabilistiCollegialiyùì'
trimenti si chiamano f^acabilisti Singo-
lari. I vacabilisti collegiali tenevano pe-
riodiche congregazioni, nelle quali tratta-
vano liberamente e indipendentemente
da chiunque altro gli affari economici de*
loro collegi; nominavano persuffiagi al»
Guni (le greniio a sostenere varie incom-
benze nel rispettivo collegio piti o meno
lucrose e dette uiliziature, talune trime-
strali, talune semestrali, talune annue;
come anche per suffragi eleggevano i lo-
ro ministri, cioè il segretario (detto pure
computista),comunemente chiamato cap-
pellano (perché come dissi nel voi. LXIf,
p. SoQ, anticamente il cappellano che la-
ro quotidianamente celebrava la messa,
n'era pure il segretario, e come tale avea
la cura e custodia de'iibri e scritture dei
V AC
proprio collegio; i collegi avencìo poi co*
iiiincialo ad eleggere per segretario uà
secolare, questo ritenne l'antica denomi-
nazione di cappellano), il depositario ed
il procuratore , i quali 3 individui erano
amovibili ad nutuni de' nominanti. Le
congregazioni degli ufliziali vacabilisti col-
legiali ebbero luogo fino alla chiusura del
Tribunale della Cancellerìa apostolica
(P^.) avvenuta nel gennaioi8io. Duran-
te l'intruso governo francese, dal mede-
simo fu proposta la liquidazione de' vaca-
bili, e venne eileltuala per 7/9 parli circa
dell' intero loro numero. Ripristinalo il
pontiHcio governo nel 1 8 f 4j^s*^"f'^^' ^'■^'
'vaio in assai ristretto numero gli ufliziali
Tactibilisli di ciascun collegio, il Papa Pio
VII a proposta del cardinal Malici pro-da-
lario stabili una speciale congregazione
sotto la presidenza di esso cardinale, onde
'esaminare l'affare degli uffizi vacabili e
de'rimasti vacabilisti, che non vollero li-
quidare, per proporre quindi quello che
air oggetto e alla circostanza repulavasi
espediente. Fra le proposizioni che il det-
to Papa in modo provvisorio approvò il
i.°ollobrei8i4 furonvi le seguenti: Che
non si tenessero da' superstiti collegiali
vacabilisti le periodiche congregazioni.
Che non avessero luogo le deputazioni
alle ufììzialure (pe'vacabili l'uflìzialura è
una carica lemporaria ne' collegi degli
ufliziali vacabilisti, come sono gli ufli-
ziali de'sodalizio confraternite). Che non
si ammettessero rassegne, ne vendile de-
gli uflìzi non liquidati. Da queste dispo-
sizioni è derivalo. i."Che vennero tolte
ne'collegi tulle le ufljzialure, a riserva di
alcune ne'collegi degli Scrittori (F'.) di
bolle, tanto di maggiore quanto di mi-
nor grazia, troppo necessarie per le spe-
dizioni delle bolle apostoliche , alle quali
rispetto a* primi ora nomina trimestral-
mente il cardinal Fice- Cancelliere ^cà in
sua assenza Oìg.'^ reggente della cancelle-
ria, e rispetto a'secondi il segretario de-
pula a vita gl'individui. 2.° Che i mini-
stri de'vacabilisli collegiali sono uumiua*
VAC 73
ti dal datano. 3.* Che oltre a ciò ad alcu-
ni proprietari degli uffizi non liquidati, i
quali procuravano di essere assicurati del
possesso de'loro uffizi in caso di morte de*
loro intestatari, fu accordato per organo
della dataria un pontifìcio rescritto de-
claratorio: Quod interini tempus et lem-
poranon curranf. In questa disposizione
s'intese poi comprendere qualunque pro-
prietario di vacabile non liquidato, quan-
tunque non si fosse munito di simile re-
scritto. Ma non ostante il divieto di ras-
segnare i vacabili non liquidati, si è veri-
ficalo il caso di qualche vendita, concor-
rendovi però la pontifìcia annuenza. Pa-
rimenti i Papi, di alcuni vacabili de'qua-
li erasi disposto per testamento, hanno
confermato le testamentarie disposizioni
a favore degli eredi de'possessori defun-
ti. In questi casi però la dataria non ha
richiesto che venisse effettuata la voltu-
ra del vacabile dall'antico al nuovo pos-
sessore. Siccome molti uffizi vacabili a-
vevano annesso un esercizio, e gli emolu-
menti di questo esercizio spettavanoesclu-
sivamente a'rispetlivi intestatari; cos\ ia
seguito delle suaccennate provvisorie di-
sposizioni pontificie, gli esercenti agli uf-
fìzi vacabili, aggregati tanto alla dataria,
quanto alla cancelleria apostolica, ven-
gono ora deputali dal cardinal pro-data-
rio, senza però essere dichiarati formal-
mente intestatari. Finche i collegi de'va-
cabilisli hanno conservalo i' intero loro
numero de' collegiali, ne' nominati prò
tempore alle ufììzialure era richiesta una
cognizione di ciò che si riferiva al proprio
collegiojtanlo per le tasse spellanti ad es-
so nelle singole spedizioni delle bolle a-
posloliche, quanto nella divisione del de-
naro esatto. I segretari, ad eccezione de*
segretari de'suddelli scrittori di bolle, e-
rano quelli che registravano ne'hbri le
somme da esigersi in ciascuna spedizione,
tulli poi conoscevano le norme onde fa-
re i mensuali riparti delle rendile, o redi-
gevano uno scritto mensuale, nel quale a
ciascun uffiziale era assegnata la compe-
74 V A e
lente qnolo, qiinle scritto detto Lisia o
ripailo veniva approvato (lu' deputali di
ctascuii collegio, avanti die d» esso si fa*
cesse trasinissiooe al proprio depositario,
onde questi dasse a ciascun uiliziale o
proprieluiio l'assegnala porzione. Dal
i8»4'" P*^' ' detti segretari lianno le no-
tizie de'rispettivi collegi e delle loro las-
se, e fanno i riparti, che trasmettono a'
depositari, e quanto altro narrai nel voi.
VII, p.i 58. I depositari pertanto de' col-
legi ile' vacabilisti non debbono avere e
non hanno alcuna cognizione delle di-
verse tasse de'singoli collegi, né del mo-
do di fare i riparli delle rendile; ma so-
lo hanno la responsabilità del denaro che
essi hanno esatto , e de' pagamenti che
funnoa termine delle liste de'segrelari col-
legiali. Essendo dal ib*i4 lislietti a 3 i
depositari de'collegi de'vacabilisli, e cia-
scuno indipendente dall'altro, da ciò ri-
sulla che niuno de' depositari può rite-
nersi per depositario generale degli uf-
fìzi vacabili (onde tale aggiunto »a tolto
dagli articoli Cancelleria A.fostoliga e
Datari A Apostolica, sebbeneio l'aggiun-
to lo destmsi dalle ulUziali e annuali No-
tizie di Roniay ed i due articoli gli appro-
"varono i primari ufliziali de'due tribuna-
li). Difalli l'esattore camerale riscuole da'
singoli 3 depositari la rendita de' vacabili
liquidati, che per disposizione pontifìcia
è versata nell'erario della camera aposto-
lica. Che se dovesse darsi V aggiunto di
generale ad uno de' depositari de' vaca-
bili, gì' istruiti di queste materie sosten-
gono, che tale aggiunto si apparterreb-
be al depositario o cassiere delle tasse del
piombo nominato dal cardinal vice-can-
celliere; poiché nelle sue mani deve farsi
per intero il pagamento di tuttociò che
in ciascuna spedizione va sotto il titolo
di tasse del Piombo e registro delle
lolle y e al medesimo devono rivolgersi
anche gli altri due depositari per esigere
la rata spettante al collegio cui servono.
£ mentre il depositario o cassiere del
piombo può io qualche modo ascriversi
V A C
fra gli ufTiziali di cancelleKÌa (perchè tale
lochiaina anche il Ciairipini, Z^d S.R./i.
FicecancellariOyCt Ofjìcialihas Cancri'
lariae t/po^olicae^ &ec\'ìo wii)^ non può
per alcun titolo o ragione esser chiamalo
uflìziale di cancelleria né di dataria il de-
positario de'vacabilijch'c veramente il 2.°
de'depositari. Il 3." depositario è il pioni -
balore ossia il custode del sigillo ponti-
ficio di piotnbo. Le Notizie di Roma del
i833 per lai." volta, e dopo il deposi-
lario generale del piombo e il piomba-
tore, registrò nelT articolo Cancri leria
y^postolica tra gli ulìiziali della medesi-
ma, il Depositario de* f^acahili ed anche
con l'aggiunto di generale, e tuttora con
esso prosiegue a riportarlo; e dal 1 8 J2 re-
gistra pure il suo coadiutore. Ripeto, che
niuno de' 3 depositari del denaro prove-
niente da' vacabili amministra vacabili,
né fa alcun riparto delle rendite di essi.
Il depositario, che nelle Notizie di Ro-
ma e qualificato depositario generale
de' vacabili, é depositario degli scrittori
delle bolle tanto di maggiore, quanto di
minor grazia; degli abbreviatori del par-
co di maggiore e di minore presidenza;
de' procuratori delle spedizioni di bolle
di minor grazia; de'presidenli di annona;
de'cavalieri del Giglio; de'cavalieri Pii ;
de'cavalieri Lauretani ; de'registratori e
de' maestri del registro delle suppliche;
de' protonotari apostolici; de* mazzieri
pontifìcii; e degli altri uOTiziali venali del
palazzo apostolico; come anche de* solle-
citatori delle bolle apostoliche di maggior
grazia, comunemente denominati gian- m
nizzeri; e de* restanti collegi degli anna- ^
listi, ossia partecipanti delle mezze anna-
te beneficiali, i quali sono i correttori e
scrittori d' archivio, i cavalieri di s. Pie-
tro, i cavalieri di s. Paolo, 1 cubiculari e
gli scudieri apostolici,ed i porzionari diRi-
pa. Lo stesso depositario è eziandio de-
positario di qualche altro vacal>ile singo-
lare. Il depositario del piombo, rappre-
sentalo in tutto dal cassiere, oltre l'esse-
re depositario e cassiere iu g<iucre e in
V A e
generale delle lasse del piombo, è in par-
licoloie dcposilaiio de'collegi de'cojlello-
li del piombo , de* maestri del registro
delle bolle spedite per la via di cancel-
leria, e degli scrittori del registro mede-
simo. Il pioiidjatoreédepositariode'mae-
stri e de' porzionari del piombo, e de'
Penitenzieri di s. Pietro^ come parteci-
panti delle lasse del sigillo poiUitlcio di
piombo. E qui devesi avvertire, che la
Penitenzieria apostolica entra a parte
di alcune lasse solle spedizioni delle bol-
le, ma di quelle che vengono spedite per
1' uffizio denominato di minor grazia,
nelle quali tasse è compresa quella pe'
suddetti penitenzieri. Per gli udlzi vaca-
bili singolari vengono deputali dal car-
dinal pro-datario persone idonee onde e-
sercilare le incombenze del vacabilisla, e
ad esigerne le rendite che vengono depo-
sitate al depositario per versarle nell' e-
rario della camera apostolica ossia al suo
esattore. Niuna deposileria degli u/lìzi va-
cabili è annessa alla carica di amministra-
tore delle componende. Pel narralo nel
•voi. XiX, p. i57 , e pel fallimento del
Tartaglia, dalla più parte de'collegi va-
cabilisti eletto loro depositario, Pio VI
nel 1790 deputò depositario interino de'
medesimi l'ab. Ghignardi amministrato-
le generale delle componende. Morto que-
sti nel 1794 gli successe il rispettabile ab.
Domenico Sala, che sin dal 1 79 i si legge
nelle Notizie di Roma suo coadiutore.
3VoD solamente occupò la carica delle
componende, ma fu anche a lui affida-
ta tale deposileria, ed ambedue gli uf-
fizi ritennesinoali832 epoca di sua mor-
ie, e lasciando preziose notizie mss. su
questo argomento, non meno che sul-
la Dataria e Cancelleria. Tanto l'ab-
bate Ghignardi, che l'abbate Sala ìu
tutte le annuali successive Notizie di Ro-
ma, solamente sono registrati quali am-
ministratori delle componende. Nello
slesso i832 Gregorio XVI, a mezzo del
cardinal prodalario, nominò uno specia-
le Depositario de' vacabili , ed è il cav.
V A C 75
Agostino Rempicci; a cui il Papa Pio IX
ha dato in coadiutore il suo scalco se-
greto cav. Benedetto Filippani. Deposi-
tario del piombo è il conte Castore di
Marscianoje Piombatore, Francesco Le-
pri. Dicesi che l'uffizio di depositario de'
vacabili, più o meno secondo le circostan-
ze, rende annui scudiì5oo. Gli uffizi ve-
nali vacabili ponno essere classificali in
uffizi della Cancelleria Apostolica , ed
uffizi della Dataria apostolica, secondo-
che l'esercizio di essi deve prestarsi o
l'aggregazionede'medesinii si riferisce al-
la Cancelleria o alla Dataria medesi-
me. I vacabili Camerali poi sono quelli
di diversi collegi, a'quali nella loro istitu-
zione furono assegnati in porzione di ren-
dile alcuni annui provenli della camera
apostolica, e perciò denominali aJcuni di
tali vacabilisli anche Porzionari, ridotti
indi ad annui pagamenti; qual rendita
(che tuttora luparie pagasi a'singoli col-
legi) dicesi rendita certa del vacabile,
a diffijrenza di quella incerta ed even-
tuale proveniente dall'esazione delle tas-
se nelle spedizioni delle bolle e brevi
pontifìcii. Non ponno dirsi camerali que-
gli uffizi vacabili, la cui rendita è stata ap-
plicala con chirografi pontificii per di-
versi titoli alla camera apostolica. Essen-
do i vacabili un debito della camera apo-
stolica, non si può esaltamente per questo
titolo dirsi che essa ne sia la proprietaria
diretta, il che corrisponderebbe alla pro-
posizione che i debili sono una proprietà.
JXella istituzione di alcuni uffizi vacabili
collegiali vennero cedute alcune incerte
rendile della cameia apostolica, come le
mezze Annate beneficiali ec. Le mezze
annate però non formano l'introito del-
la componenda della dataria, ma dopo
la cessione formano rendila de' vacabili-
sli, e cessarono quindi d'essere introito
pontificio o meglio un provento del pon-
tificato. Siccome nella istituzione di lut-
ti gli uffizi vacabili i romani Pontefici an-
davano a contrarre de'debili,così per sicu-
rezza della restituzione del deuaro banuu
76 VAC
ipotecato a non)e loro e dellu camera a-
poslolica i beni e reiuliie Jeihì camera
iiieclcsiina. Quindi può dirsi, die furono
vendute, non già ipotecale, alcune ren-
dite che provenivano dalla cancelleria a-
postolica. Si vuole che la camera aposlo-
Jica ritragga da'vacaUili non li(|uidali an-
lini scudi sette, otto o nove mila, e ne pa*
ghi circa 72,000 , cioè per gli assegna-
menti a'collegi de'vacabilisti denounnati
cavalieri di s. Pietro, cavalieri di s. Pao*
lo, cavalieri l*ii,cavalieri del Giglio, cubi-
culari e scudieri apostolici , porzionari
di Ripa, presidenti di annona, correttori
e scrittori di archivio, protonotari apo-
stolici, ed è perciò che tali uffìzi vacabili
(per distinzione degli altri che nulla rice-
\ono di assegnamento dalla camera) so-
no cldamati camerali. Vi sono tuttavia
de' vacabili che non si amministrano da'
summentovati depositari, ma da'proprie-
tari rispettivi, come nell'università roma-
na, nella quale uno de'bidelli è vacabile
spettante ad un principe romano, il qua-
Je cogli emolumenti e stipendio che ne
trae, ne fa partecipe quello cui fa eser-
citare r ulllzio. Vi furono de' collegi,
come dirò, di vacabilisti decorati di or-
dini equestri e onorati di privilegi. An-
che altri vacabiltsti singolari goderono
prerogative ed esenzioni. Di questi, delle
somme richieste pe'dilferenli vacabilijdi
quanto essi rendevano , ne ragionai ne*
loro articoli che poi ricorderò. 1 vacabili-
sti Scrillori aposlolici, i cavalieri Lau-
retani\i\e\ G/^'//o, di s. Pietro ^ò'xi.Paolo,
ed i cavalieri À'//Y^.j,oltrealtri erano pu-
re ProLoiiolai'i (y) titolari. I vacabilisli
collegiali, che attualmente hanno nella
cancelleria apostolica i segretari cappel-
lani, sono i seguenti; cioè il segretario
cappellano degli scrittori delle bolle di
maggior grazia, il segretario cappellano
degli id)brevialori,il segretariocappella-
no de'sollecitalori apostolici, quello degli
scrittori d'archivio, quello de' porzionari
di Iiipa, (jueliode'presidenti dell'annona,
quello de'cubiculari apostolici, quello de*
VAC
gli scudieri apostolici, quello de'cavalieri
di s. IMelro, quello de'cavalieri di s. Pao-
lo, quello de' cavalieri del Giglio, quello
de'cavalieri Pii, quello de'cavalieri Lau-
retani , quello degli scrittori di bolle di
minor grazia, quello de'procuratori del-
le bolle, quello degli scrittori de'brevi a-
postolici,(pjello de' registratori delle bol-
le di uiiiggior grazia, cjuello de' maestri
del registro, quello de'collettori del piom-
bo ec. De'Ioro onorari e stipendi, coii»e
di quelli degli altri ufllziali dellu stesso
tribunale, si può vedere a p. 68 la Sta-
tis licci (li tutti gli uffizi al impiccili del
dominio della s. Sede all' epoca del
184B, Roma 1849. A p. 73 sono ripor-
tati gli onorari e stipendi degli udìzialidel
tribunale della dataria apostolica. Lessi iu
un antico documento: Il cavalierato del
Giglio importava T acquisto dell' ulllzio
scudi I i5o, più do veasi pagare per la spe-
dizione e l'ammissione scudi 84,f''"ttau-
do certi annui scudi 66. Il collegio aduna-
vasi in congregazione una odue volte l'an-
no, con premio incerto. Il cavalierato Pio
importava l'acquisto dell* uflizio scudi
gSo, più doveasi pagare per la spedizio-
neerammissionescudi82, fruttando cer-
ti annui scudi 54- H collegio adunavasi
tre oquattro volte l'anno, con premio in-
certo. I cardinali potevano avere in pro-
prietà i vacabili della curia romana, ma
que' vacabili inerenti a ufiìiji di dignità e
all'esercizio di cariche non potevansi da
loro ritenere, e colla promozione al car-
dinalato cessavano. Talvolta i cardinali
ebbero la proprietà de' vacabili intestati
sotto altro nome. In seguito fu loro con-
cessa la ritenzione. Dice il Lunadoro, nel-
la Relazione della Corte di [ionia, esse-
re il prelato Pesoriere generale (V.) il
conservaloredegli obblighi Cìq Luoghi di
Tlio/i^d (^/^J, degli ullizi vacabili camera-
li, e de' deposili di denaro della camera
apostolica, provenienti da' Pributi (/^.) e
dal complesso di sue rendite, a seconda
della bolla di Benedetto XIV, Ronianae
Curiae, de'2i dicembre 1745». Anche i
V AC
luoghi di monte furono di due specie, va-
cabili e non vacabili, ossia azioni divise
in luoghi di loo scudi 1' una con annuo
frullato , corrispoudenle alle circoslanze
de'tempi, e di essi il prelato tesoriere fu
dichiarato soprintendente. Si può vede-
re il moto-proprio d'Innocenzo XI, Cam
recai. lueni. Clemens VIII^ de'6 giugno
1689, Bull. Rom. t. 8, p. 535 : Conflr-
manturT/iesaiirariprovisiones, et ordì'
nationes , et taxae prò hono Montium
Jxomanae Ciiriae regimine. Anche i luo-
ghi di monte furono istituiti da'Papi pe*
bisogni della s. Sede e de' suoi doininii
temporali, e principalmente per aiutarci
Sovrani nelle guerre contro gli eretici e
la Turchia {V')y ch'è quanto dire in di-
fesa della cattolica religione e della cristia-
nità, non meno che per altre loro grandi
necessità. Di che trattò egregiamente il
cardinal Gio. Battista De Luca: De Lo-
cis Montium non Vacahilium Urbis ^ Ro-
niaei682. Abbiamo pure di Fabrizio E-
\angelista: Opus de Locis Montium Ca»
meralium non Vacahilium, in quo per
materias distinctas ex professo agitar:
De erectione Locorum Montium, de eo-
rum suppressionCyde eleclione admini'
stratoris, ejusque officio, de officialihus
et curis ad eos pertinenlibus, de clauso-
la dummodo etc, Romaei 767. 1 luoghi
di monte vacabili erano quelli che in de-
terminato tempo doveaosi estinguere con
fondi ad hoc assegnali, per ammortizzar-
li mediante la restituzione delle somme
cavate ila'montisti. Di questo argomento
con diffusione ne riparlai a Tesoriere ge-
nerale, nel quale articolo vi sono altre-
sì nozioni sugli uffizi vacabili e sui vaca-
hilisti. Interessa che io qui pure ricordi:
Del denaro straniero che viene a Roma,
e die ne va per cause ecclesiastiche, cal-
co lo ragionato del prete dott. Giovan-
ni M archetti, iSoo. Nelcap.6 tratta : Co-
me i Romani Pontefici hanno impiegato
et! impiegano in aiuto delle chiese stra-
nieue, somme maggiori di quelle, che so-
no provenute loro d'allronde.Priiiiamen-
V A C 77
te rileva, che quanto a* tempi presenti,
ciò che si manda fuori sorpassa mollo ciò
che d'altronde ritirano il I^apa, la came-
ra apostolica per Tasse e altro, i vaca hi -
listi, e i ministri maggiori e minori, preso
tutto insieme. Parlando poi dell'impiego
delle componende, dopo averne enume-
rata r erogazione benefica, riguardo al-
V Annate e altri emolumenti per materie
riguardanti i Benefìzi ecclesiastici , di-
ce. M Tutti sanno, che sono entrate ven-
dute a particolari persone, che impronta-
rono somme determinate in occasione di
urgenza della s. Sede , depauperata spe-
cialmente (come prova nel decorso del li-
bro ampiamente) per sussidii dati alle
chiese estere. Si raccolsero allora delle
somme necessarie, ipotecando i proventi
della dataria e della cancelleria, in mo-
do che, per esempio, chi somministrava
duemila scudi , avesse a percepire una
porzione di quel!' entrate, finché viveva
esso acquirente, o chi altro egli avesse so-
stituito dentro il prescritto termine di 4o
giorni prima di morire. E siccome moren-
do il creditore senz'aver trasferito il suo
credilo, questo vaca a profitto della ca-
mera apostolica, che torna a vendere quel
posto, questi perciò si dicono Uffizi Pla-
cabili, e J^acahilisli quelli che li possie-
dono. Nel qual ritorno però de'fondi al-
la camera ninno s'immaginerà quel pro-
fitto, che a prima vista apparisce, se si
consideri, che il caso della vacanza non è
poi frequentissimo, perchè ognuno cerca
di stare attento sul suo, e di trasferire in
tempo abile il suo credilo: e la probabili-
tà della vacanza viene a essere compensa-
ta col frutto esorbitante dell'otto e dieci
per cento, che si ragguaglia sul capitale
somministrato. Quindi è che molli p-o-
bi nummularii credono meglio impiega-
to il loro denaro in quella sorte di uffizi
vacabili, che non in luoghislabili di mon-
te sul fruttalo del tre per cento. Laonde
tutto questo affare de'vacabili si riduce a
una speculazione di finanza, per cui po-
co piùj poco meno alla camera apostoli-
78
V AC
ca torna lo slesso interesse In avere ipo-
tecale così queste renJilea sì grave frut-
talo, come se a un più discrelo le avesse
alienale per sempre. Ne è una tlimoslra-
zionc il celebre concordalo di Spagna
(y.Ji che si fece sollo Benedelfo XI V, e
per cui volendo il re di Spagna, che i be-
nefizi non concistoriali non avessero a pas-
sare allrinienli per la dalaria , olfrendo
il proporzionalo compenso allo scapilo,
che quindi venivanea risultare, fu faci-
lissima la risposta: che non vi era com-
penso alcuno da olfrire al Ponlefice, trat-
tandosi unicamente d'interesse non suo,
ma de'vacabilisli, a* quali non si poteva
togliere il loro credilo senza compenso.
E di fatto l'agguagliando il profìllo, che
poteva venire per (juelle spedizioni di
Spagna, furono pagali goOjOoo scudi per
una volta, da restituire i loro capitali prO'
porzionatamenle a tanti vachbili.Nli , a
quanti venisse quindi a cessare il dovuto
frullalo. Il Papa rinunziòauche pergiuri-
la la parlila Spogli ecclesiastici (f^.); e
il negozio fu terminalo così. Quasi dun-
que tulio l'aiTare dell'inlroilo pontificio,
per affari beneficiali, si può considerare
come finito, e asserir Irancamenle che
nulla o quasi nulla fruttano in oggi al-
la camera. Efìnalmeule i Qidndeniii ^cìoè
annate sotto altro titolo imposte a'berie-
fjzi uniti a chiese e luoghi pii, cedono (o
servono) inleramciite in parte di sosten-
tazione del Sagro Collegio^ che separata-
mente se gli animinflslra per mezzo del-
la congregazione concistoriale, e si divi-
dono fra qtie'cardinali, che risiedono in
curia a faticare in servizio dellaChicsa cat-
tolica , e questa distribuzione si chiama
rotolo, da cui poche centinaia di scudi an-
nui riceve ciascun cardinale per suo sus-
.sidio. INe partecipano anche alcuni vaca-
bilisli, e se ne cava porzione pel mante-
nimento de'ministri della cappella ponli-
ficia,ch'è cosa appartenente al trattamen-
to del Papa, in qualilàdi capo della Chie-
sa... Kella vendila degli uffizi vacabili,8en-
za dissimulare, ho trovalo, e può sempre
VAC
rilevarsi dall'opera del cardinal De Luca
sopra (pieslo argomenlo , che le somme
si presero, in buona parte, in occasione di
difesa dello sialo pontificio, o per guerre,
carestie ec, che si può dire riguardassero
o soltanto o specialmente il nostro terri-
torio". Quanto al concordato di Spagna
del 1753 dirò, che fece cessare le spedi-
zioni delle bolle per la collazione de'bene-
fizi ecclesiastici minori, esistenti nellechie-
se de' regni della Spagna. Siccome i va-
cabilisti unitamente ad altri partecipan-
ti nelle spedizioni mentovate andavano
perciò a risentire un pregiudizio nella
rendita de'loro ufìlzi e de' loro impieghi;
così la corte regia per la porzione del
compenso da darsi a' delti vacabilisti e
parlecipanli sborsò la somma di scudi
320,000 che al 3 peri 00 ed anno avreb»
bero tlalo l'annuo frullalo di scudi 9600,
quanto cioè fu calcolato il prodotto an-
nuotli tali spedizioni. Questa rendita che
va sollo il titolo di Compenso di Spa-
glia, è ancora a'vacabilisli partecipanti,
in parte pagata dalla camera apostolica,
la quale essendosi servila della riferita
somma degli scudi 320,ooo obbligossi
pagarne a'vacabilisli e parlecipanli prò
tempore^ inscritti in una tabella, il frut-
to annuo negli scudi 9600. Laonde moq
si verifica alfatlo, checo'denari dati dalla
Spagna furono restituiti i capitali a* va-
cabilisti, come asserisce il Marchetti. Del
Concordato fra Benedetto XIP^ e Fer-
dinando F/y riparlai nel voi. LXVIII,
p. i5o, col JNovaes e altri. Il celebre car-
dinal Gio. Ballista De Luca Ira le dottis-
sime e molte sue opere ci diede: Tracta-
tus de Officiis Fenalihus Romanae Cu-
riacy Romae 1682. L'ampiezza dell'ar-
gomento m'impedisce di darne un sunto.
In buona parte si può sopperire con quan-
to mi resta a dire, e co'già ricordali nu-
merosi articoli riguardanti i vacabilisti, e
cogli altri che andrò rammentando in se-
guito. Dell'opera del cardinal De Luca
dovrò limitarmi a riferire gli argomenti
de'capiloli, con uu brano deli. "pioemia-
V A e
/e, e dell'altro che lo segue, cioè ilei più
intrinseco. Gap. i. Occasio scribendi^ ci
de qua specie 0//Iciorit/n agitar. § 3.
De quihus qffìciis agitar. § 4* Offlciorani
i'cnalìuiìi asus apacl antfqaos roinanos
sai) nomine militiarum.^ 5. Sani de re-
ga libasse t extra prii'a tani coninicrciam.
f Quidquid autemsitde huiusmodi prae-
ludiis, circa qnae ad praefatos, aliosque
similes scriptores remillo lectoreo), pro-
posito non est ogeie de o/ììciis in gene-
re , et per consequens de omnibus illis
lìiunerdjus publicis, etpiivatis, ecclesia-
slicis, et saecularibus, civilibus, et mili-
taribus, adminislralioncm, ne iiirisdictio-
iiem annexam habenlibus, vel ilia caren-
libus etc. ; sed solum de Olìlciis Venali-
l)us, ci Vacabilibns, non quidem in ge-
nere, ndeo ut omnium regionum, vel
principatuum otllcia luiiusuiodi veniant,
sed solum de illis curiae romanae, seu
pontificiae, a quibus, ex ralionis ide^nli-
tale, quando isU inlret , atque aliorum
piincipatuum, vel civilalum leges , vel
slyii non obstent, ncque diversitafrem in-
ducnnt in casuum contingenlia inferri va*
leat. Illa solum insinuala generalitale,
quae commun'is est omnibus regiionibus,
et principalibus , in quibus vivilur cum
ilio romanorum iure, quoti civile com-
niune dicilur, ut huiusmodi oflìcioruin
usus non sit novus, dum apud anliquos
lomauos quoque cognitus fuit, sub di-
Terso lameu vocabolo 31ilitiarani,c[\ì'ae
idem sonanl,acista noslrorum temporuni
ollicia venalia, iileoque id quod in prae-
falo iure de n»ililiis dispositum legilur,
bis odiciis regulariler congruit, quando
particulares leges, vel slyli diversimode
non suadeant, a quibus tanien , ut plu-
rimum huius maleiiae regulalio pendei.
Quioimo in plerisque liuius Curiae oiìi-
ciis,adhucidem continuai anliquum mi-
liliarum vocabulum, quamvis eorum e-
recliosit rccens, quia militiae, vulgo Ca-
v'allierati nuncu[)anlur, ul in eorumdem
officiorura serie lecensita in cap. sequeo-
li habetur (oell'arlicolo Soì'Rawjsumero,
V A C 79
riparlando della Milizia de'romani, dis-
si che Ira loro acccnsi si dissero gli ag-
giunti oltre il numero stabilito, perciò a-
scritti per aspettare ed entrare alle va-
canze , con diritto di succedere al vaca-
bile posto o ulllzio, come l'auliche A-
spettative, delle quali tornai a ragionare
a Dataria e articoli relativi, equivalen-
ti alle sopravvivenze laicali; e della diffe-
renza che passa al coadiutore investilo
della Coadiatoria.y il quale diviene Sue-
cessare del coadiulo. Rimarcherò inol-
tre, che r imperatore Marc' Aurelio non
soffrii mai che gli Uffizi e le Cariche ^ i
quali davano un certo potere di fare il
bene o il male, fossero venduti, essendo
Solilo dire: Essere una necessità di vcn-
dere al minato quello che si e compra-
io al£ ingrosso). Quamvis aulem inler
Regalia [V.) enumerala in iila capitu-
lalione, quae iu pace Constanliae inita
fuit inler imperatorem Federicum I, et
confetleralas Civilates Lombaidiae, regi-
strata inler leges feudales, ideoque utii-
ca Regnlium lex, et norma repul-ata (cap.
unico: Quae sint lìcgaliainasibus Facn-
dorum)^\ì\ aliorum lumen maiorum rega-
lium euumeralione manca(.yrr), ut in suis
adverlilur sedibus factdlas creandi odl-
ciales, et magislratus ad iusliliae adtni-
nistralioncj et lleipidjlicae regimen re-
censeatur (In samnia Regaliani i et seq.
in alio opere italici idiouialis, cui litulus
est: // Dottor Folgarc, codiai lit. i De
Regalia in genere j et in opu^culo eius-
dem italici idiomatis, cui litulus est : //
Prencipe pratico, cap. i3. Delle Regalie
riparlai a Tributo). JN'ihilominus de hac
specie otllciorum ad solam ulililatein,oii-
litiarum ad instar, vere isla lex non loqui-
tur adhuc tamen ex communi docloruiii
sensu, et principaluum praxi receptuni
est, ul huiusmodi Officio rum fienali ani
erectio,et dispositio si etiam de servatis
supremo principi, et per consequens de
liegaldjuSjadeo ulde unoiuallerum,quo
ad subslanliam , transferri non valeant,
absque eiusdeiiìpriucipis, vel illius^quecu
So VAC
ipse tleputaverit, licentia, ut pnlel et iis,
qiiae sparsim in enunciato Thcalriy. lib.
De Kfgalibtis liabentur, ac eliam infra
in plerisque locis, praeserlim occasione
agendi de commercio, et conlraclalione,
cap. 6 et seq. Et licet aliquae subdilae
civitates, vel subditi, et inf'eriores magi-
slraluseundem usum liaberesoleant, ut
eliam in Urbe habetur in Oflìciis l^pu-
li romani seu Capilolinis, adhuc lamen
ex Papae supremi principis concessione,
et potestate id sequitur. Ideoque lyroni-
cum potius esset in assumpto passim re-
capto, et controversiam non recipiente,
se di(rundere,atquecliartas inutiiiter im-
plere super ratione, ob quam sintde re-
galibus, et extra privatum commercium,
ulpote in iure praesupponendo". Lo sles-
so cardinal De Luca nel Discorso circa
la soppressione delcollcgio de Segreta-
riaposlolici, parla degli uffìzi venali che
esistevano in Francia, ove si costumava
nella soppressione di tali ufìizi di resti-
tuire a'possessoride'medesimi solamente
ili.° prezzo che effetlivamenteera entra-
to nella camera regia, non curandosi l'au-
mento sopravvenuto; e benché i posses-
sori gli avessero comprati da altri a mag-
gior prezzo, a tal segno, che essendo soli-
lo il re nelle sue occorrenze esigere da*
possessori degli uffìzi venali alcune sov-
venzioni, queste non si restituivano, ben-
ché il denaro era entralo nella slessa ca-
mera regia, che però molto meno non si
restituiva quello che non vi era entrato.
Koterò che in Inghilterra tuttora si fa
mercato delle cariche nell'esercito, nel
seguente modo riferito dal Giornale di
Roma del i855, p. 234- *» L' uso della
vendila delle cariche non esiste che pres-
so la fanteria e la cavalleria. Ciò che pri-
ma avveniva, che cioè anco l*uomo più
incapace e fors* anche più indegno po-
tesse trovarsi alla testa d'una compagnia
da lui comprata, fu reso in seguito me-
no agevole dalle riforme introdotte dal
duca di York. Non è già il governo che
faccia commercio di gradi, ma ogni in-
VAG
dividuo pub vendere il «uo, quando gli
piaccia di uscir alfatto dall'armata od an-
che solamente dal servizio altivo. In que-
st'ultimo caso egli vende (solitamente pei*
la sola metà del prezzo stabilito) il suo
posto ad un uffizinle dello stesso grado
che trovasi a mezza paga, e gli subentra
nella stessa coudizione. Non si può acqui-
stare che una carica di un solo grado
superiore a quella che si copre lino a
quella di tenente colonnello inclusiva-
niente, e ciò dopo un lasso di tempo sta-
bilito. Il comandante del reggimento del
compratore fa rapporto di ogni propo-
sta all'autorità superiore, ed il coman-
dante in capo decide se il contratto sia
da accettare o no. Guardie a piedi, reg-
gimenti di linea, guardie del corpo,
guardie a cavallo, cavalleria di linea han-
no diverse tarille che qui sarebbe lungo
l'enumerare: perciò non faremo men-
zione che delle più frequenti. Nella fan-
teria di linea la carica di porta-insegna
costa franchi 9900; quella di tenente
1 3,600; quella di capitano 37,000;
quella di maggiore 70,000; e quella di
tenente colonnello 88,000. Nella caval-
leria di linea quella di cornetta costa
18,200; quella di tenente 24,600 ; quel-
la di capitano 58,700; quella di mag-
giore 95,480; e quella di tenente co-
lonnello 123,000. Queste cifre sono sta-
bilite ufficialmente, ma da lungo tempo
il prezzo reale è aumentalo quasi del
doppio, ed in ciò appunto sta il più gran
male di questa disposizione. Venditori e
compratori devono assicurare sulla loro
parola d' onore che non fu pagato più
di quanto prescrive la tariffa ufficiale, ciò
che é sempre contrario alla verità ". Il
medesimo Giornale a p. 240 riprodusse
il discorso pronunziato in Londra da lord
Palmerston alla camera de' comuni, per
combattere la mozione di lord Goderich
relativa all'avanzamento militare. Disse
fra le altre cose. »> Lo spirito bellicoso
della nazione si ridesta e 5' infìamma
senza badar mollo oè poco alle coudizio-
V AC
ni dell'avanzamento. Ne'momenti di pe-
ricolo, voi vedrete sempre il nostro spi-
rito nazionale mostiaisì pari alla gran-
dezza de' fatti, e la fibra della nazione
agitarsi più fortemente. La compra e la
vendita de' gradi sono il resto d' un si-
stema ornai vieto, ne convengo sotto mol-
ti altri rispetti. Certamente, esso è un
male; ma, come sempre, questo male è
accompagnato da alcuni vantaggi che ne
compensano gì' inconvenienti. Per abo-
lire del tutto questo sistema, bisogne-
rebbe esaminar prima profondamente la
questione. A ogni modo, un uomo non
ottiene già un grado, solo perchè può
pagarlo: il comandante in capo ha un
potere discrezionale per apprezzare gli
altri titoli del medesimo candidato. Non
v'ha paese in cui gl'individui a' quali
si preferisce un altro per l'avanzamento,
non sì credano vittime d' una ingiusti-
zia : allora si grida contro il capriccio e
il favoritismo. Tuttavia, è uopo dire,
che pel comando militare più che per
qualsiasi altra posizione sociale, esistono
certe qualità essenzialmente richieste;
nozioni speciali,capacità, esperienza, ecco
quanto deve trovarsi riunito in un ulH-
ziale ; ecco quello che gli dà il diritto al
rispetto e all' ubbidienza del soldato. Da
altra parte tra la nostra armata e quel-
la del continente è una differenza note-
vole. L'armate continentali si reclutano
mediante la coscrizione che mette insie-
me uomini d'ogni classe; ma tutti que-
sti uomini non sono idonei al comando.
La posizione d' uffiziale, oltracciò, trae
seco alcune spese. Se voi fate un uffizia-
le d* un sergente, e se questi non possa
sostenere con lustro il suo grado, egli
sarà ferito ne* suoi sentimenti più inti-
mi ; e tuttavia ammetto che l'avanza-
mento deve rappresentarsi come lo sti-
molo d'una ricompensa meritata a colui
che si distingue dagli altri per la sua buo-
na condotta e la sua bravura sul campo
di battaglia. In Crimea sono stati costan-
temente promossi i sotto uQìziali più me-
VOL. LXXXVII.
VAC 8i
ri te voli. Il governo vuole che V avanza-
mento sia la ricompensa del vero merito.
Io spero che in considerazione di questo
lodevole e utile pensiero del governo,
lord Goderich non insisterà per la sua
mozione, e lascierà libero il governo di
continuare ad offrire al bravo militare
che sì è segnalato sul campo di battaglia
la ricompensa nazionale della sua bella
condotta ". Aggiungerò per analogia.
Pretendono gì' inglesi il primato sulla
civiltà delle nazioni, ma il severo e illu-
minato autore dell'eclatante recente o-
puscolo tanto diffuso : Un occhiata al-
l' Inghilterra , Torino i856, non solo
apertamente lo nega, perchè non può ad
essi darlo la sola potenza dell'industrio-
so mercantaggio di traffico delle loro
manifatture; ma inoltre vuole ampia-
mente dimostrare e provare con docu-
menti. Che avendo la pretesa riforma
religiosa prodotto l' imbrutimento fisico
e morale dì due terzi del popolo de' tre
regni uniti, crede che la sua colossale
potenza sia ormai vicina al suo tramon-
to, e persino ritiene non lontano il suo
grande sfacelo; perciò sarà nuovo, so-
lenne e memorabile esempio della cadu-
cità dell'umane istituzioni, delle quali
feci cenno anche a Uomo parlando della
società umana. Nel cap. i6: Esercito
inglese, osserva l' autore dell' opuscolo,
che gli avvenimenti recenti della guerra
di Turchia , chiaramente mostrarono
qual sia l' Inghilterra per questo lato,
dall'opinione pubblica collocata fra le
potenze di 3.° ordine. Essa in pochi me-
si perde un esercito bello in apparenza,
ma male agguerrito, mal provveduto.
Colle asserzioni degli stessi inglesi deplora
la condizione de* generali e dello slato
maggiore. Col riferito da'medesimi pro-
duce schiarimenti sull* ordinamento in-
felice dell' esercito inglese, e come si re-
cluta e si forma il soldato inglese. » Le
promozioni nell'armata inglese si fanno
comprando le rinunzie di chi avea il
grado superiore al proprio ; sistema assai
6
St V A e
lucroso al governo, che non deve calco-
lare fra le sue spese le pensioni di riti-
rOf e cangia un soldato invecchiato in
un giovane senza dover guiderdonare i
lunghi e penosi servigi del i.° Altrimen-
ti si ascende per anzianità alla morte de*
possessori di gradi superiori; ma per ef-
fetto del sistema esposto, questo avanza-
re è così lungo che diviene una ciancia;
giacché appena un udiciale si avvicina a
morte, si aifretta a vendere il suo bre-
vetto per lasciarne il prezzo alla fami-
glia.. . L' inglese non considera lo stato
militare come una professione, ma come
un passatempo: T ulliziale inglese è il
dilettante dell' arte militare. Durante
la pace vive da gentiluomo; sul campo
di battaglia si ùih uccidere da gentiluo-
mo. Figlio di famiglia, egli compra un
brevetto per costumanza, egli non si
crede tenuto ad altri doveri militari che
a combattere valorosamente giunto in
faccia al nemico... Così nell'armata in-
glese i soldati si comprano i gradi ; e le
cognizioni necessarie, che non si ponno
comprare, mancano ... Ad onta delle più
vive discussioni sulla compra dei gradi,
le camere non vollero concedere nulla
al buon senso, che comanda si diano i
gradi in premio al merito ed al corag-
gio ". M' arresto, ali rimenti vi sarebbe
assai da riportare d'un paese, ove non si
fa conto che del denaro e del parentado,
ove neir esercito sono chiusi i passi ad
ogni uomo capace di comandare, se non
possa pagare a carissimo prezzo il suo i.°
grado, e comprare successivamente tutte
le promozioni. IVIa la camera rigettò o-
gni saggia proposta contro la comprila
de'brevetti e de'gradi n)ilitari. Il sistema
della vendita non è il solo vizio dell'or-
dinamento militare nell'lnghillei ra ; gli
altri li sviluppa l'autore del famigerato
opuscolo, che nell'universale produsse la
più profonda sensazione. Dipoi il mede-
simo Giornale di Roma del iSSy, nel
n.** 1^^ riferì col giornale francese PaySy
protestando contro la militare suprema*
VAC
zia de' soldati inglesi, vantata da lord
Palmerston con tanto strepito. »> I gradi
e le cariche dell' armata inglese sono dati
in parte mediante pagamento, non alla
istruzione ed ai servigi resi: le compa-
gnie, i battaglioni, i reggimenti anche
oggi si conipiano come da noi 1* udìcio
di notaio". E parlando delle stranezze
dell* amministrazione e di sue anomalie
aggiunge.»» Così un ulììciale può essere ad
un ten)po maggiore dell'armata e capita-
no nel suo reggimento. L'esercito inglese
trae dietro a sé, in ogni corpo, centinaia
di dormee di fanciulli, e non vi ha armata
in Europa che abbia altrettanti bagagli",
biella curia romana non vi furono mai
ullizi militari venali, sì della Milìzia che
della Marina pontificia, e quelli di i ° e
di 2.° ordine si concessero colle condizio-
ni suindicate, ed altre che riferirò, del
tutto idonee. Ritornando al cardinal De
Luca, egli ragiona ne'successivi capitoli
le parti del suo dotto trattalo. Nel cap. 2.
De speciebus,etniialitalihus Venaliuni
Officioruni Vacahiliwn Curiae Roma-
nacy et praesertim de Praclatitiis, et de
requisitis necessariis ad Praelaturoni
obtinendamAw questo nuovamente si fa
la distinzione degli uffizi venali dal Papa
concessi, e denominali Camerali, g della
Cancelleria o della Dataria^etYi loro tri-
plice specie, qualità e ordine diverso; da
quelli Capitolini ossìa del Senato Roma-
no e Tribunale di Campidoglio (^^.),
perciò qualificati Uffìzi Papali e Capi^
tolinì, di cui glande fu il numero antica-
mente. Quanto agli uffizi Papali dice.
"Primi namque generis sunt ea,quae ma-
iora, vel primi ordinis essedici merentur
quamvis inter se quoque aliqua nolabilis
adsit disparas, nipote annexam habenlia
l^aelalura, adeout non conferautur nisi
praelatis, vel quod per eorum assecutio-
nem praelati afficiantur, ac eliam babenl
annexam iustiliae, vel alteriusqualilicati
muneris administrationem , ac maiores
praeerainentias, unde propterea con ferri
non solent, nisi viris iam benemeritis, si-
VA e
ve quod ex natalium qualilate, aul ex
virlule, el animi dolibus, Sedis apostoli-
cae, ac Reipublicae servitium, ac benefi-
ci iim exeorura opera probabiliterspeiari
valeat, cuiii ad bunc flnem ordinata sit
praelatura , tamquam quaedam species
primariae militiae, ex qua duces, aliique
praefecti, et oflìciales exercitus eligi de-
beant; atque boc pritnum genus dividi-
tur in pliires species, quod scilicet alii
sunt OJfìcìales Camerales^ alii Cancel-
lariae, vel Dalariae, et alii, quibus di-
versa alia miinera incumbunt, ut infra,
acetiam alia intrat dislinclio, quod alii
costiluunt Collegìimu et alii consideian-
lur Sifìgulariter'. Vacabili di i. "ordine
e maggiori erano i seguenti, i quali tutti
hanno articoli, i prelati venendo quali-
ficati dal De Luca de secunda specie. 11
cardinal Camerlengo dis. Chiesa (di cui
riparlai, per lo stato attuale, a Uditore
DEL CaMEBLEIVGATO 6 UNIVERSITÀ ROMA-
wa),! come principalmente appartenente
al principato temporale qual primaria
dignità, bencbè avesse molte giurisdizio-
ni anco su quello spirituale, e quale ulfi-
zio cbe anticamente rendeva moltissimi
emolumenti; fìncbè fu vacabile ordina-
riamente si soleva concedere gratis colla
condonazione del prezzo, il quale d'ordi-
nario soleva essere di scudi 60,000, al-
tre cifre avendo riportate al suo articolo.
Il prelato Uditore generale della Carne'
ra apostolica, eà il prelato Tesoriere ge-
nerale della Camera apostolica: W prez-
zo ordinario d' ambedue era di 56,ooo
scudi d'oro, e fu anco pagalo di piti, co-
me notai n'i'loro articoli. I prelati Pre-
sidente della Camera apostolica. Reg-
gente della Cancelleria apostolica, U-
ditore delle Contraddette, Uditore del-
le Confidenze, Correttore delle Con-
traddette (di cui air articolo Uditore
DELLE Contraddette), Prefetto delle
minute de' Brevi apostolici, Revisore
delle minute (\e Brevi apostolici, Vx-q-
sidente de' Sollecitatori delle lettere a-
postoliche detti Giannizzeri, Presiden-
V A C 83
fé del Piombo (di cui anco a Sigilli pon-
tificii). Alia oìllcia praelalilia Singula-
ria, collegium nonconstituentia,aliquam
iurisdictionen» annexam babentia ....
istorumque officioruin pretium non est
fixum, sed varium, ac respective maius,
vel minus ad mensuram emolumen-
torum. Il collegio de' 12 Chierici della
Camera apostolica^ ónscimo con ptezzo
fìsso e invariabile di 42,000 scudi d'oro.
Il collegio de'i 2 (com'era anticamente)
Protonotari apostolici partecipanti (ne
riparlai nel voi. LXXI, p. 8), pretium ve-
ro non est fìxum, sed varium iuxla tem-
porum contingenlias. Il collegio de'i2 /éL-
breviatori di parco maggiore (de' quali
riparlai negli articoli spettatiti al T'rihu-
naie della Cancelleria apostolica cui
appartengono), et pariter pretium est va-
rium iuxta temporum, et ecnolumento-
rum variationem. Istorumque Abbrevia-
torum medietas prius pertinebat ad car-
dinalem Fice Cancellariam (/^.), qui ea
vendebatjSed perlnnocenliumXldismem-
brata fuerunt, omniaque applicata Ca-
merae, ut in motu proprio, Divina dispo-
ncnte clementia, xix kal. januarii anno
IV, 1679, riportato in fine del presente
capitolo. Secundi generis sunt Officia ,
quae media dici merentur, utpote quid
medium constituentia inter Praelatitia
primi ordinis, de quibus supra, et infe-
riora popolarla tertii generis, vel ordinis,
de quibus infra, ex eo quod annexam lia-
bent aliquam administralionem negotio-
rum Cancellariae npostolicae, et in lit-
lerarum apostolicarum expeditioiiibus,
aut in actis iudicialibus conscribendis, et
ordinandis, sive in illis exequeudis, onde
propterea in eis re(juiritur aliqna idonei-
tas, et liUeratura, et in plerisque iuxta
legem fundationis, requiritur eliam gra-
dus doctoratus, istaque prò malori parte
sunt Gollegialia, eorumque pretium est
varium, mai US, vel minus prò temporum,
et emolumenlorum varietale , et quali-
tale. Collegiaiia vero sunt , nempe ( ed
hanno tulli i propri articoli 0 ne par-
84 VAC
lai ne'relalivi che indicherò in corsivo):
Scrittori apostolici xn numero di loo.
Scrittori de Brevi 8 1 . Scrittori del Tri-
bunale della Penitenzieria delti di mi-
nor grazia 27. Procuratori della Peni-
tenzieria delti di minor grazia 24, oltre 3
Procuratori e 3 Scrittori di detto Tri-
bunale della Penitenzieria pel foro pe-
nitenziale , cum ista officia non sint ve-
nalia. Ahhreviatori di parco mmore del
Tribunale della Cancelleria apostolica
60. Sollecitatori detti Giannizzeri 100.
Correttori dell'archivio di detto Tribù-
naie 8. Di questo inoltre: Chierici del
Registro 6 ; Registratori delle Suppli-
che 20; Registratori delle Bolle i/\\
Maestri del Registro delle Suppliche 8;
Maestri del Registro delle Bolle 6 ; Cubi-
culari 60 ; Procuratori presso l' Uditore
delle Contraddette i ^.NotarideW Udito-
re della Camera i o. Notari o segretari
del Tribunale della Camera apostoli-
ca 4- Notari degli Uditori di Rota 4*
Notari del cardinal Vicario di Roma ^.
Cursori apostolicHanche a Uditore del-
la Camera ne trailo) ig. Mandatari ònì-
la curia e Tribunale del Governatore
di Roma 7. Maestri del Piombo pe' Si-
gilli 3. Notari della provincia della Mar-
ca.... Adsunt etiam aliqua Officia Ve-
nalia habentia annexam aliquam admi-
nistrationem, vel exercitium, quae sunt
singularia, et non effbrmant Collegium :
■vale a dire i Notari civili del Governato-
re di Romaj i Notari criminali del me-
desimo appartenenti aW Arciconfrater-
nita della Carità^ detta pure di s. Giro-
lamo della Caritàj i Notari pe'processi
de'promoveodi ai Fescovato,àe quali tor-
nai a parlare nel vol.LXXXIl, p. 1 98; del
Tribunale e Dogana di Ripaj del Tri-
bunale dì Borgo; óe Maestri di Strada;
deW Università de' Mercanti; del Tribu-
nale del Protomedico ; dell' Uditore delle
Contraddette; del Tribunale e Universi-
tàartìstica dell' Agricoltura ; degli E-
brei e Neofiti; Tuttìzio dell'assessore de'
maestri delle Strade di Roma, et suo t
VAC
quamplures Depositariae aliquorum ex
Collegiis. Ex his aulem, de quibus supra,
oc etiam ex iis, de quibus infra , aliqui
Officiales exercere solent per se ipsos, et
alii prò maiori parte exercent per sub-
stitulos, ut adverlitur infra cap.19. De-
mum terlii generis sunt Officia minora
magispopularia ,quae nullaui habentan-
nexam administralionem, ideo non exi-
gunt induslriam, vel idoneitateni perso-
nae, sed illorum sunt capaces etiam idio-
tae, et ìnfantes, utpote ad solum emolu-
mentuo),quinimo in aliquibusexi$tis,ac
etiam in illisser.undaeclassiSjde qua supra,
sunterectaequaedam portiones, quarum
sunt capaces etiam raulieres, et infantes,
atque infra CI i explicatur quidnamistae
portiones importent, illaeque portio-
nes, quae Ripac dìcuntur sunt in nuoi.
364 ultra plures alias portiones recen-
ler erectas super aliquibus ofticiis, de
quibus supra, et infra. Istaque Officia
constituunt etiam Collegia, atque eorum
pretio est varium iuxla teraporum qua-
litatem, ac magis, vel minus, ad meosu-
rara emoiumentorura, eaque sunt vide-
licet. Anche de' seguenti scrissi articoli
speciali, o ne tenni proposito negli arti-
coli che ricorderò. Collettori del Piombo
deìlVibunale della Cancelleria aposto-
lica 104. Scrittori deW /archivio 91.
Scudieri apostolici i4o. Presidenti del-
V Annona i4i' Mazzieri del Papa 25.
Maestri O s ti ari deil'ì Firga rubea 16.
Ostiariocusloóì delia i.^ catena del Pa-
lazzo apostolico Valicano 3 ; Ostiari o
custodi della 2." catena 2 ; Ostiari o cu-
stodi della i.^ e della 2.^ catena 5. Mili-
tes vulgo Cavalieri : Laure tani33o', del
Giglio 35o ; Pii 67 1; di s. Pietro 4o IJ
di s. Paolo 200. Aggiunge il De Luca,
forse ne saranno esistili altri a lui ignoti,
non essendo in ciò esatti gì' istorici. De
Offìciis Capitolini non agilur, nisi inci-
denter, tum quia diversa habere solent
naturam,cum aliqua sint haereditaria,et
transitoria, etiam ad extraneos, cum sola
obligalioue reuovaudi expeditiones, ut
ì
V AC
sunl praeseiiim officia Notaiiorum fori
Capitolini, et aliqua solent esse ad lineas,
Tel generationes ; turn quia pene anni-
hilata videntur, atque in dies suppri-
inuntur,eo quia magnumcausabant gra-
varaen Camerae, populi autenì nullum
levamen, et benefìcium, dura contingen-
te vacalione,perConservatores prò tem-
pore concedi soiebant gratis eorum con-
iunctisjvel benevolis,aut si mediante pie-
tio, istud ad eoiura privatum tendebat
comwodum, quinìmo prorogationes, ac
praeventivas concessiones de facili facere
solebaut ; unde propterea Innocentius X
niagnam quidem eorum fecit suppiessio-
nem, quam successive alii Ponlifices con-
tinuarunt, ut actu continuai Innocentius
XI. Ac etiam quia tiactatio est de ofìì-
ciis Pk.omanae Curiae sub cuius nomine
venit Curia Papae, ubicumque iste resi-
dentiam habeat, unde quando longam re-
sidenliam habuit in Gallia, adhucRoma-
na Curia dicebatur ; e converso autem
Curia Capitolina, est Curia paiticularis
Romanae Civitatisconstitutaeex proprio
populo, et districtualibus, ad instar cu-
iublibet alterius Civitatis. 1 Tribunali di
Roma {F.) del Campidoglio ora più non
esistono. Riporta quindi il De Luca i pri-
vilegi di alcuni collegi vacabilisti, che io
descrissi a' loro luoghi. Cap. 3. An pre-
tium Ollìciorum Vacabilium habeat na-
turam sortis,eiusque iure censendum sit,
Tel potius fructuum, et reddituum ; et
quid proprie isla Ofllcia importent, et de
eorumdem Oflìciorum emolumentis, an
sortis, vel fructuum naturam habeant.
Cap. 4. An huiusmodi Officiorum vena-
lilas, et respeclive vacatio per promolio-
nem ad Cardinalaluui, eorumque dispo-
silio aiiquam redoleaut simoniacam la-
bera, vel aliam turpiludinem, seu rem il-
licitam. Cap.5. An Papa licite possit con*
donare emolumenta expeditionum , et
demandare expeditiones gratis, et per
Tiam secreta ni iu praeiudicium Ofllcia-
lium, qui oblinent Ollìcia ex causa one-
rosa, et qualem potestateai iu hoc habeat
V AC 85
Collegium Cardinalium. Cap. G.Quomo-
do Officia Venalia acquirantur, et quid
ubi acquisitio in persona unius fiat per
alterum de istius pecunia. Et de prae-
sumpta donatione, ac imputatione in le-
gitimam. Et de materia reservationisde-
cretis. Cap. 7. De Officiorum resignatio-
De,et alienatione, vel translatione de uno
in alium, vel eorum obligatione, et quo-
modo esse dicantur in commercio, in sub-
stantia,vel in pretio,sivein commoditate,
etquandoresignationisadmissio denegar!
possit. Cap. 8. De eadem materia resigna-
tionis Officiorum, quale ius tribuat Re-
signatario, ubi ex sola partium cooven-
tione, ante illam admissam, conclusa sit,
et cuius nam sit damnum,velpericulum,
quod interim contingat.Et an post illara
admissam Resignatarius reddatur lutus
quamvis ob mandatum falsura, velinsuf-
ficiens, aut ob invalidum factum Judicis
resiguatio sequuta sit. Cap. q. De Resi-
goatione, sive de extenaone, et proroga-
tione Officii de una persona in aliam, ia
quo dilFerant, et an expediat praclicare
slylura admittendi passim resignaliones
absque aliquo pretio; et quando iusle as-
sensus resignalioni denegari valeat.Etde
coadiutoria ac etiam de Officiis haeredi-
tariis, vel transmissibilibus. Cap.io. De
creditoribus Officialis quale ius habeant
in officio, et de illorum concursu,et potio-
ritale, et de eadem materia reservationis
decreti,de qua sopra cap. óetseq.Cap. 1 1.
De capacitate necessaria ad obtinendum>
et retinendum Officia Venalia, et an mu-
lieres, infanles, et idiotae sint capaces.
Et quid in Officiis non Vacabilibushae-
reditariis, quibus haeredibus deferantur
Officia, quae exerceri possint per substi-
tutum, ac etiam locari. Cap. 12. De Of-
ficio assignato in dotem, vel possesso ia
commoditate per virum tamquam re ex-
tradotali, ad quid vir teneatur erga mu-
lierem. Et de Officio possesso per haere-
dem fideicommisso gravatum, sive obli-
gatura reddere rationes creditoribus hae-
reditai'iis, vel per usufructuarius, et si-
86 V A G
niiles. Cap. 1 3. De Ofiìciorum Venalium
vacalione, quomoclo seqiialui*. Hi clepri-
vnlioiieOr(icialium,an, et exquibuscau-
sis in pai'ticulat'i, absque OriìcioiMun siq)»
pressione, fieri valeat. Ctip. 14. Ari Papa
vel alter Princej)s possit suppiiinere, ia-
vilis Ofììcialibus, aliipjod geuus Ofdcio-
l'um , istaqiie occasiune enarratur Facti
series suppressionis Collegi! Secretario-
rum Aposlolicoriun, quae Imic operuin
iiiotiviun tieilil. Nell'articolo Segretario
Ai'osTOLico parlai dell'altra opera appo-
sitamente sctilla dal De Luca, per i'e-
stiuzione di tali udizi vacabili , e trovasi
dopo il Tractatus de Ofjlcns Penali-
bus Vacahilihus. Abbiamo di Tomma-
so Tommasi Gualleruzzi, Jiira et pri-
vilegia Seeretariontm apostolicoriim,
lioniae 1087. Cap. i5. Praesupposita le-
gitima soppressione CoUegii, de quo ca-
pitulo praecedenti, quid restituendum es-
set Ollicialibus ex legibus particularibus
eiusdem Collegii. Cap. 16. De eadem re-
stilutione prelii,dequo in capitulo prae-
cedenti, facienda tribus locis Piis , quae
habebaul Officia in perpeluum. Cap. i 7.
De eadem materia suppressionis Officio-
rum, et quid in eiuscasu reficiendum sit
illorum possessoribusin genere, iuxta ter-
minos, et dispositionenj iuris communis.
Cap.iS.Deelf'ectibus, tara f'avorabilibus,
quam odiosis, veldecommodis, et incom-
iiiodis,quaeremanent in Ofììciorum pos-
sessoribus,eliani postdimissumOfficium,
et quando successor teueatur ad debita,
vel ouera,et facla praedecessores.Cap. i g.
An,et quando Officiales teneauturde fa-
cto substituti. Cap. 20. DeSocietale Of-
fici). In argomento scrissero ancora: Ber-
nardino Dmarelli, Uffici de Ila Cor te Ro-
manay eretti da diversi Pontefici^ dove
notato iCjuanto sogliono vendersi^e quan-
to/ruttano ogni a nìio, Boìo^ììii 162.1.
Gio. Antonio Ferrajuolo, Il Monte Fa-
cabile e non Vacabile^ Roma 1 642. Jaco-
bi CohelliojiTo////^ Cardinalatns et Ro-
manae AidaeOfficialibus ^omd^e: 1 653.
Cap. 1 7. De Yice-Cancellario. Cap. 1 8. De
V AC
ProlhonotariisAposlolicis.Cap. iQ.DeAu-
ditoribus Uotae. Cap. 20. De Cancella-
ria A[)ostoiica. Cap. 21. De Cancellaria
Regente. Cnp. 22. De Abbreviatoribus
utriusque Parci. Cap. 23. De Secrelariis
Apostolicis. Cap. 24- De Scriptoribus A-
poslolicis Rrevium Archi vii, et uiinores
gratiae. Cap. 25. De Solicitatoribus, sive
Jannizzeris, et illorum l'raefecto.Cap. 26.
DeUegistratoribuSjMagislrisIlegistriBul-
larum,et Custode Registri. Cap. 27. De
Bullatoribus, seu Plumbatoiibus, et Col*
lecloribus Plumbi, Cap. 28. De Senescal-
cOjSive Custode Cancellariae. Cap. 29. De
Cubicularii.s,etSculift'ris.Cap.3o.De Mi-
lilibus s. Petri. Cap. 3i. De Mililibus s.
Pauli. Cap. 32. De Mililibus Piis.Cap. 33.
De Mililibus Laurelanis. Cap. 34- De Mi-
litibus de Lilio nuncu[)atis. Cap. 35. De
Praesidenlibus, et Porlionariis Piipae Ur-
bis. Cap. 36. De Summalore Literarutn
Aposlolicarutn. Cap. 37. De Datario Pa*
pae. Cap. 38. De varia Vice-Gancellarii
nomenclatura; quive hanc dignitateui
oblinuerint. Questi scrittori, e gli analo-
gl»i miei articoli , mi dispensano da lun-
ghi e minuti dettagli.
Moltissime notizie sugli ufilzi vacabi-
li e sopra i vacabilisli riportò Novaes nel-
la Storia de' Pontefici^ le quali io debi-
tamente collocai a'Iuoghi loro. Egli cre-
de che l'origine de' vacabili e de'vacabi-
listi possa nsalirea Martino V,come quel-
lo che creò, o meglio sistemò gli uffizi
della Cancelleria apostolica con oppor-
tune regole e stabilimento delle lasse,me-
dianle la bolla In Apostolicae dignità-
tis, del I ." settembre 1 4 ' ^j Bull. Roin. t.
3, par. 2, p. 4^8 : De Officio et quali-
tatibus Scriptorum , et Abbrevlatoruni
li te ramni apostolicarum , Caslodisque
Cancellariatj ac Exaniinatoruni^ Bui-
latoruni et Registratoriini^ Auditoruni'
c/uCf Procuratoru/n, et Notarioriun Ro-
tae,etAdvocatoruniconsistorialiuni.Pev
gli altri della dataria apostolica Sisto IV,
Leone X e Paolo IH stabilirono le rego-
le e le tasse, non solo per la rassegna, ma
V A e
net' gli emoIutnenti,ddtuio a ciascun vaca-
bilista i) proprio disliulo esercizio pei* im-
pedire gli abusi di confidenza simoniaca
e di spedizione volontaria. Gli slessi Pa-
pi, e Sisto V il confermò , assegnarono e
donarono una porzione di vacabili della
cancelleria, per appannaggio del cardinal
vice-canceliiere, il quale nella vacabdità
poteva disporre a suo beneplacito, ossia
donare o vendere, nel modo slesso die fa-
cevano i Papi; ed il prezzo degli uffizi va-
cabili in discorso, allorché si vendevano,
era senjpre quello reperibile. Questa pre-
rogativa del cardinal vice-cancelliere ri-
irocò e soppresse Innocenzo XI col molo-
proprio Divina disponente^ de' 1 4 dicem-
bre 1679, /?«//. ^om.i. 8, p. 127: Revo-
catur concessio facta Vìce-cancellario
(luaniplurium Officioriuri Vacabilium^
ijuae deano Camerae opostolicae resti-
tuuntur. Gli uffizi vacabili tolti dalla no-
mina del vice-cancelliere furono: Reggen-
leldellaCancelleria, 1 5 abbreviatori di par-
co minore, 6 abbreviatori di parco mag-
giore, 25 sollecitatori detti giannizzeri, i 2
iiotari delle cause del palazzo apostolico,
ad unum dunitaxaiper ree. me. Clemen-
te PP. X praedeeessoreni nostrum redii-
c/^, Scubiculari, 7scud ieri partecipanli,2G
cavalieri di s. Pietro, 1 3 cavalieri di s.Pao-
lo, 2 cavalieri delGiglio, 20 cavalieri Pii,il
custode della cancelleria, il notaro, il por-
tiere della medesima, un notaro delle con-
traddettee un notaro delle confidenze^zVe
De consuetis nuncupatum, nonnullaque
far san alia Officia huiusmodi vaeabi-
lia, quae pariter in pr aesenti lìlotu pro-
prio prò plenC) et suffìeienter expressis
liaberi volumus. Calisto ili trovando
che il numero de'segrelari apostolici, del-
l'introduzione de'quali non si ha certa no-
tizia, al dire di De Luca , non erasi mai
stabilito, lo prefìsse a 6, il che confermò
il successore Pio 11, insieme a'ioro privi-
legi ed emolumenti, negli atti de' quali si
legge che fossero uffizi venali, uno de'qua -
li col pagamento del suo prezzo Pio li
concesse al famoso storico Platina, il qua-
V A C 87
le ne fu privalo da Paolo H che nel 1464
gli successe, accusato di congiura contro
di lui; ma egli dolendosene acerbamente
ne riportò travagli e triennale carcere,
per cui sfogò poi il riprovevole suo risen-
timento nella vita di quel Papa, colla qua-
le terminò le sue Vite de' Pontefici. Ca-
listo III nel 1455 elevato alla cattedra a-
postolica, tosto ebbe in cima de'suoi pen-
sieri d' infrenare le deplorabili conquiste
de'turchi, a'(juali subito mosse guerra, e
pe'dispendii fu costretto vendere e impe-
gnare gran parte degli ornamenti ponti-
ficii, e di alienare alcune terre del domi-
nio della s. Sede. Probabilmente pe'bi-
sogni urgenti in cui trovossi, per propu-
gnare impavido la difesa della cristianità,
peli .^^ vendè i segretaria ti apostolici a per-
sone idonee, impiegando le somme ritira-
te per combattere i feroci nemici del no-
me cristiano. Veramente il Pan vinio, con-
tinuatore di Platina, ìxqW Historia della
vita di Sisto IV ^ che a Paolo li succes-
se nel 1471J lasciò scritto: >» Ritrovan-
dosi il Papa colle spese di tante guerre
(co'turclii, col re di Napoli, co'fiorentini)
bisognoso d'un gran denaio, fu il 1. "Pon-
tefice, che ritrovasse nuovi uffizi da po-
ter vendere. Datone dunque il carico a
Sinolfo di Castro Otterico, protonotario e
persona molto diligente, restituì gli ufti-
zi degli abbreviatori minori già creali da
Pio II, e poi tolti da Paolo li, il quale uf-
fizio vendè molto bene. 11 medesimo fe-
ce degli uffizi de'sollecitatori delle lettere
apostoliche. Introdusse anche l'uffizio
d'alcuni,che intervenivano a quante scrit-
ture pubbliche si celebravano, e senza lo-
ro non se ne poteva alcuna fare. Ma que-
sto uffizio fu da Innocenzo Vili suo suc-
cessore estinto. Introdusse ancora gli uffi-
zi de'giannizzeri, degli strudiotti ede'ma-
malucchi. Ma quest' ultimo fu da Inno-
cenzo Vili annullato (anco quello degli
strazioti, senza restituir laro il denaro, e
alle loro querele corrispose con ricever-
li benignamente: ciò rilevai nel voi. LI,
p. 49). Ordinò fiaalmente 9 notari del-
88 V A C
la camera apostolien, a'quali assegnò tut'
te reulrate, ch'erau prima d'un solo, il
quale era capo degli altri. Sisto IV fu an-
cora il primo, che vendè gli uffìzi del prò*
curatore della camera, del notariato apo-
slolico, del protouotario del Campidoglio,
del notariato dello studio (quanto pregiu-
dizio resea'professori ògW' Università ro-
mana, in queir articolo lo dissi; mentre
nella biografia lo difesi dall'imputazione
di complicità nella tragica congiura de'
Pazzi),della mensuratura del sale,e del ca-
meratorio della città. Ritrovò nuovi Da-
zi (/ V, et accrebbe gli antichi. Riscosse
non senza macchia d' avarizia di molte
Decime (^.) da'prelati. Ma queste cose
si debbono, al parer mio, a necessità at-
tribuire, o ii Parenti (^ .),e ministri suoi
piuttosto , massime non essendo sino a
quel tempo stato Pontefice ne d' animo
più generoso di lui, uè più pronto nel be-
neficar altrui". Nel 1484 gli fu surrogato
Innocenzo Vili, del quale narra Io stesso
Panvinio nella sua Fita.*» Ha vendo ritro-
vato la Sede apostolica esausta per le
grosse spese fatte dal suo antecessore (per
difendere il dominio della Chiesa) fu co-
stretto apparecchiandoseli molti trava-
gli, di creare ^5 ufHziali delle bolle di
piombo (Novaesdice 5i piombatori delle
bolle, da' quali ricavò 26,000 ducati d'o-
ro, vendendosi ciascun uffizio sSoo duca*
ti), e 26 segretari (cioè ne ampliò il col-
legio con altri 24, in tutti 3o , da' quali
uffizi ricavò 62,400 fiorini o scudi d'oro,
secondo Novaes: la bolla Non debet^de'
3i dicembre 1487 sottoscritta dal Papa
e da 16 cardinali, presso il Bull. Rom, t.
3, par, 3, p. 212, dichiara : Anipliatìo
Collega Sex Secretariorum apostolico-
rum ad numeruni vigint{(juatuor : Et
praejinitio Officii unius Secretarii do-
mestici:Cu7nemolum.entorum tam ipsius
Secretarii, quani totius Collegii, privi-
legiorumfjiuc concessione), e 3iO presiden-
ti di Ripa (Novaes aggiunge che creò più
di 3oo ufflziali, ognuno de'quali compra-
va l'ufluio per 200 pesi d'oro, incamera-
V AC
ti pe'bisogni della s. Sede), i quali denari
non spese vanamente, poiché i primi due
anni del pontificato, essendo il turco for-
midabile per infiniti danni fatti a'cristia-
ni, spesei5o,ooo scudi a mandar all'ar-
mata contro quello per reprimere il fu-
ror suo, come in buona parte ne segui ef-
fetto, di che ne riportò infinita lode ...
Sgravò la Chiesa , e insieme il palazzo e
sua corte di tutte le spese superflue; e le-
vò l'uffizio de' matnalucchi, non gli pa-
rendo necessario". Il De Luca dice che
Innocenzo VI Il,estinli i 6 antichi segreta-
ri , compresi essi formò il collegio di 24
con assegnazione di emolumenti, ed il
nuovo collegio gli pagò 62,400 scudi
d'oro di camera, che in quel tempo im-
portavano circa 85, 000 scudi, per estin-
guere i debili contratti co'pegni del trire-
gno e altri papali ornamenti, per libera-
re Roma dall'insolenze e delitti d'alcuni
uomini armati; disponendo in caso di re-
voca degli uffizi la restituzione delle som-
me a' vacabilisti , riservandosi l' elezione
d'un segretario domestico per le spedizio-
ni segrete. E perchè alcuni poco idonei
pretendevano acquistare tali uffizi , nel
1488 dichiarò con breve, che ninno si
ammettesse senza precedente esame e ap-
provazione del collegio stesso. Quindi il
De Luca narra gli uffizi donati: uno da
Alessandro VI all'ospedale del ss. Salva-
tore; altro da Paolo III a quello di s. Spi-
rito, mediante permuta di casali e tenu-
te, ed anche altro, il quale pervenuto ia
possesso del cardinal Farnese, questi col
beneplacito di Pio IV lo die al capitolo
di s. Eustachio, in pagamento di parte
del prezzo d'un casale chiamato Torre
Vergata , che comprò dal capitolo per
1 5,000 scudi, col patto in caso di soppres-
sione degli uffizi, il cardinale fosse tenuto
restituire il casale, ovvero ii,ooo scudi.
Moltissimi scrittori affermano che Ales-
sandro VI nel 1 5oo creasse un nuovo col-
legio di 80 Scrittori de brevi yiifCm vaca-
bili che ciascuno si pagava ySo scudi d'o-
ro, 11 successore Giulio li colla bolla Si*
VA e
ciUprudenSy deli.° dicembre i^ioy, sot-
toscritta da hxìymann propria subscripsi\
e da 27 cardinali, ciascuno de'quali pii*
re al nome aggiunse maini propria sub-
scripsi, Bull. Rom. t. 3, par. 3, p. 299 :
Jnstilutio Collega Scriptorum Archivii
romanae Curiae Notariorum in causis
Commissarìis in Urbe ^apucljudices prò-
prios notarios non liabcntes. Etconces'
sia facultatis creandi alios Notarios^
ac legitiniandi bastardos. Lo costituì
di I o I Scrittori d'Archivio, compresi i o
maestri correttori, e stabiliti gli eoiolu»
menti ordinò che ciascun uffìzio vacabile
si pagasse 5oo ducali d' oro di camera;
destinando a prolettori del collegio i car-
dinali Fice-cancclliere e Camerlengo,
ed il prelato Uditore della camera. Di-
poi Paolo III colla bolla Romani Ponti-
ficis^ de'3i ottobrei537, Bull. Rom, l.
4, par. I, p. i52: D celar alio et amplia-^
tiofacultatem Collegii Scriptorum Ar-
chivii romanae Curiae, in legitimandis
bastardis. Di più Giulio li eresse il col-
legio de'i4i vacabilisti denominati Prc'
sidenti o Porzionari di Ripa o dicW An-
nona, e rannoveiò alla Cancelleria a-
poslolica: ci ricavò 91,000 scudi d'oro,
e loro ne assegnò dal sale 10,000, col-
Tincarico di procurar l'abbondanza delle
vettovaglie, massime provenienti per ma-
re. Leone X l'aumentò con altri 6 1 2 pre-
sidenti porzionari di ripa, da'quali trasse
286,000 ducati d'oro. Inoltre Leone X
istituì il collegio de'vacabilisti cavalieri o
soldati di s. Pietro^ composto di 4o i per-
sone, ciascuna delle quali p;ìgarono 1 000
fiorini d' oro, e gli assegnò dalle dogane
di Ripa e altre l'annua rendita di 5 scu-
di per 1 00, oltre i privilegi che loro accor-
dò. Accrebbe il collegio ì\q Cubiculari al
numero di 60, e degli Scudieri a \ ^o,àQ
quali i primi compravano l'uffizioche lo-
ro rendeva 90,000 fiorini, ed a'secondi
1 1 2,000 fiorini,comealtestaNovaes.Dis-
sta CANCELLERIà APOSTOLICA, COl Bovio,
altre analoghe notizie, cioè che i cavalie-
ri di s. Pietro pagaroao 44»>ooo fiorini
V AC 89
d^oro, ed i motivi di tali aumenti e crea-
zione di vacabili. Paolo 111 nel 1 545 isti-
tuì i cavalieri Lauretani, de'qnali ripar-
lai nel voi. XXXIX, p. 244» collegio di
vacabilisti poscia aumentati daSistoV pri-
ma con 200 per la somma di 100,000
scudi, indi con altri 60 col pagamento
per ciascuno di 5oo scudi, assegnando
loro rate di fi'utti sulle spedizioni della
dataria e cancelleria apostolica. In segui-
lo i vacabilisti Lauretani si accrebbero
fino a 33o, pe'70 aumentali neli656 da
Alessandro VII in occasione di traslata-
re e commutare le spese de' luoghi di
monte vacabili, per minorazione di frut-
ti alla camera apostolica e restituzione de*
capitali a'montisti.LostessoPaoloIII nel
i546 eresse il collegio de' vacabilisti di
5o cavalieri del Giglio, i quali per l'ac-
quisto de'vacabili contribuirono 25, 000
scudi d'oro alla camera apostolica, asse-
gnando loro dalle rendite della provin-
cia di Viterbo annui scudi 3ooo d' oro.
E finalmente nel i547 Paolo III istituì
il collegio di 200 vacabilisti cavalieri o
soldati di s. P^o/o, i quali somministra-
rono 200,000 scudi: il Bovio scrisse che
pagarono 1 00,000 scudi d'oro di stampa,
e che furono assegnati sull'annate e sul-
le dogane il 20 perioo. Paolo IV a' va-
cabilisti cavalieri del Giglio aggiunse al*
tri 3oo al collegio loro, da'quali la came*
ra apostolica introitò i5o, 000 scudi d'o-
ro , assicurandogli l' annua rendita di
18,000 scudi. Pio IV neh 559 eresse il
collegio di 375 cavalieri Pu' partecipan-
ti, vacabilisti cheneli56o aumentò d'al-
tri 160: in corrisposta agli acquistati va-
cabili, a tulli assegnò l'annua pensione di
scudi 34,5oo, poi forse accresciuti a scu-
di 73,000. Essendo l'erario pontificio ag-
gravalo di molti debiti, il Papa preferì al-
l'imposizione di nuove gabelle, l* istitu-
zione di quest'altri vacabili. Nel 1 572 di-
venuto Papa Gregorio XIII sgravò tosto
in parte i sudditi pontificii dalle pubbli-
che gravezze, e ricomprò con generale
soddisfazione 1' uffizio dell' avvocato del
9°
V A C
7'7*ro,eliJlli i Fiscaiatidi Ro«naj5ni ven-
duti dati' autecessorti s. Pio V a diversi,
acquali tulli restituì il prezzo che aveano
«boritalo. Nel 1 585 gli successe il gran Si-
sto V. 11 p. u). Casimiro Teinpesli dello
stesso suo ordine e di lui benemerito sto-
riografo ne vendicò le calunnie colla
Storia (lidia vita e gesta di Sisto Vdcl'
t ordine de minori conventuali. Nel 1. 1,
lib. i6, svolse l'argonieato : Sisto V per
supplire a' bisogni della Cliiesa imitò i
suoi predecessori e nel creare e nel rifor-
mare gli ufilzi vacabili. Avanti il p. Tem*
pesti era voce volgare e comune, clie Si-
sto V avesse aggravato straordiuai^iamen-
le i sudditi, e fosse slato di pregiudizio
grande, ancor dopo la sua morte, a tut-
to il dominio ecclesiastico con lauti luo-
ghi di monte da lui eretti, con tante ga-
belle da lui imposte; e questa voce comu*
ne ebbe origine da alcuni malcunlenti,
a'quali tolse di mano quello ch'era della
s. Sede e di tutti i sudditi della mede-
sima in generale. L'anonimo Vallicellia*
no nel dusi cortigiano di Sisto V , non
confessò ch'egli pure era uno de'malcon-
teuli, nello scrivere che non si condannò
la causa per radunare denaro, ma il mo-
do, avendo angariate le Provincie con l'a-
cerbità delle gabelle e con lauti luòghi
di monte. A tante strane opinioni, ripe-
Uile successivamente sino al p. Tempe-
sti , questi mostrò che Sisto V non im-
pose die una sola gabella d' un quattri-
no delta deila foglietta per ciascuna di
vino a minuto, la quale lolsedopo un an-
no, e che se le sue provvide leggi si fosse-
ro conservale inviolabili, non solo non a-
vrebbero portalo [uegiudi/io alcuno, ma
sarebbero stale anzi t'ecomle di pubbli-
che utilità. Certamente egli non fu iu-
veulore degli ufQzi vacabili, de'luoghi di
monte vacabili e de'luoghi di monle ca-
merali non vacabili, perchè lutti già e-
rano in uso anticoi benché i maligni e gl'i-
gnoranti spacciarono o crederono il con-
trario. Sisto V ad imitazione de' prede-
cessori riformò o creò nuovi ufilzi vaca-
V AC
bili e luoghi di monle, ma quanto a'nuo-
vi furono pochi e non quanti pretesero
l'anonimo Vallicelliano e nitri che lo se-
guirono; e nel crearli il fece per minor
aggravio de'sudditi, per molivi utilissimi,
per l'abbellimento maestoso di Roma, e
per grandi necessità. Nel riformare gli
antichi uflì/.i vacabili e luoghi di monte
lo fece per estirpare abusi e [>er liberare
la camera apostolica da tanti debili, con-
tratti speciahiienlepe'luoghi di monte ca-
merali non vacabili. La biografia che di
lui scrissi, tolti i numerosi articoli riguar-
danti i vacabili e i monti, e le sue grandi
opere meravigliose e monumentali giu-
stificano l'incomparabile fedeltà sull'uso
lodevole del denaro raccolto in breve spa-
zio di tempo. Anzi tutto^ col p. Tempe-
sti, conviene formare il seguente esalto
catalogo degli uffizi vacabili , cioè degli
uffìzi che passando da una persona all'al-
tra, o si esercitavano dalle medesime, eb-
bero il nome di J^acabili. Quando Si-
sto V fu sollevato al maggiore de'troni,
gli uffizi vacabili erano da gran tempo iu
uso, cioè i seguenti, de'quali tulli aven-
do trattato negli articoli di sopra citati,
non mi rimane che descriverli con po-
che parole, per dare qui una semplice i-
dea dell'operato da Sisto V; mentre del-
l'uso fallo del ritratto dagli uffizi vaca-
bili, e da' nuovi Luoglii di Monte isti-
tuiti, ne' medesimi articoli li riportai, e
così notabilmente accorderò il riferito
dal p. Tempesti, coli* autorità del quale j
in essi pure procedei. Segretari aposto- ^
liei. Canierlengato. Uditore generale del-
la Camera. Tesoriere generale. Prcsiden"
te della Camera. Reggente di Cancelle-
ria. Uditore delle Contraddette. Udito-
re delle Confidenze. Correttore delle Con-
iraddette. Prefetto delle minute de' Brevi.
Revisore delle minute de' Brevi. Presiden-
te de' Sollecitatori chiainaiiGiannizzeri,
Presidente del Piombo. Chierici di Ca-
mera 1 1. Protonotari apostolici parteci-
panti ii. Abhreviatori di parco mags^io-
r£ di Cancelleria 1 2. Se r ilio ri apostolici
V AC
100. Scrittori di Brevi 8r. Scrittori di
Penitenzicrici di minor grazia if. Pro-
curatori di Penileiizieria di minor gra-
zia 24* Abbrevialori di parco minore di
Cancelleria 60. Sollecitatori apostolici
delti Giannizzeri 100. Correttori d' Ar-
chivio 8. Chierici del Registro 6. Regi-
stratori di Suppliche 20. Registratori di
Bollei^. Maestri delleSuppliche ^.Mae-
stri delle Bolle S. Cubiculari 60. Procu-
rotori delle Contraddette 1 3. Notari del-
V Uditore della Camera i o. Segretari di
Camera 4- Notari degli Uditori di Ro-
ta 4. ISotari del carduial Sicario di Ro-
ma 4- Cursori del Papa rg. Mandatari
del Tribunale del Governo fj. Maestri del
Piombo 3. Notaro pe' processi de Fesco-
vi. Notaro delle Ripe. Notaro di Borgo
civile e criminale. Notaro de^ Maestri di
strada. Notaro de' Mercanti. Notaro de
Protomedici. Notaro delle Contraddet-
te. Notaro dell'agricoltura. Notaro de-
gli Ebrei e Neofiti. Officio dell' Assesso-
re delle strade. Depositeria de' Collegi
de^Facabili. Porzioni di Ripa 364. Col-
lettori del Piombo i^. Scrittori d^ Archi-
vio. 9 1 . Scudieri apostolici i o4- Presi-
denti dell' Annona 1 4 1 . Mazzieri 1 4- Of-
ficiali della verga rossa 1 6. Custodi del-
lai.'' catena 3. Custodi della 1." catena
1. Porzionari della i." e 2.' catena 5.
Cavalieri Lauretani 33o. Cavalieri del
Giglio 35o. Cavalieri Pil 67 i. Cavalie-
ri di s. Pietro 601. Cavalieri di s. Paolo
200. Dopo questo calalogo, il p. Tempe-
sti passa ad esaminate quali e quanti de'
nominati uffizi vacabili fossero istituiti o
liformati da Sisto V, notando che il loro
Dìaggior numero, come fissalo sulle spedi-
zioni delle lettere e grazie apostoliche di
Dataria, Cancelleria ^Segreteria de' Bre-
vi,^\\ uffizi che rappresentavano risalgo-
no a remota antichità. Collegio dii'segre-
tari apostolici: colla bolla Romani Pon-
tificis, del i.° aprile i586, Bull. Rom. I.
4, par. 4) p. 201 , lo riformò, no stabili
gli emolumenti con lasse, soppresse Tuffi-
zio del segretai'iu domestico e ne ultribuì
VAC 91
la cura di depularlo,perc) coll'approvazio-
ne del Papa, al collegio, il quale per sov-
venire alle gravi necessità della s. Se-
de , spontaneamente sborsò alla camera
25,000 scudi d'oro. Canierlengato: col-
la bolla Praeclara tui generis nobilitaSy
de'23 marzo 1 588, lo conferì al cardinal
Enrico Gaetani per 5o,ooo scudi , cioè
10,000 di meno da quanto l'avea paga-
lo il cardinal Vastavillani sotto Gregorio
XIII, e non in tempo di s. Pio V, come
vuole il p. Tempesti. Da tale uffizio ave-
va smendjrato 6,000 scudi d'annua ren-
dita per assegnarne 2200 a'5 nuovi chie-
rici di camera, e co'residuali 38oo crea-
re il Luogo di Monte Canierlengato va-
cabile, coTrutti del 9 per 100 a ciascun
luogo, col disposto della bolla Non secus
ac prudenSj de' 12 settembre 1587. Te-
soriere generale : restituì 1 5,000 scudi
d'oro all'ingannato tesoriere Duonfiglioli,
e per 5o,ooo scudi conferì l'uffizio a Be-
nedetto Giustiniani, dopo avere riserva-
to da'frutti dell'uffizio annui scudi 5ooo,
che applicò al nuovo Luogo di Monte
Tesoreria. Uditore generale della Ca-
mera: allorché vacò la carica, per l'an-
teriore prezzo di 60,000 scudi, colla bol-
la Ad tui generis nobilit., unendovi le cor-
rettorie dell'archivio, la conferì ad Ora-
zio Borghese. 11 Novaes disse che lo pa-
gò 70,000 ducati, e che morendo poco
dopo, Gregorio XIV nel 1 59 1 senza prez-
zo l'attribuì al fratello del defunto Ca-
millo, poi Paolo V. Chierici di Camera:
ristabilì il numero di 12, da 7 cui eran-»
si ridotti, stabilendone il prezzo di ciascu-
no a 4'2,ooo scudi, e senz'aggravare l'e-
rario assegnò la suddetta rata di scudi
2200 del camerlengato a'novelli 5 chie-
rici di camera, da' quali ricavò scudi
2 I o,ooo.Commissario generale deliaca-
mera apostolica (che per supplire nell'as-
senza e impotenza del Tesoriere genera^
le, non poco ne riparlai in quell'articolo):
pe'cospicui lucri che traeva, volendo Si-
sto V che parte ne fruisse la cauìera, pro-
mosse il comuiissario Gio. Bernardino
9!i VAC
Piscìhn nlln prefettura ili Norcia, dicliia-
rò l'iifìfizio venale e vacabile, ed unendo-
vi Tamoìinistrazione delle scritture del-
l'archivio, lo concesse all'ottimo curiale
GollVedo Lomelliui genovese, referenda-
rio e prelato domestico, colla bolla Ad
excelsitni, de* 1 2 ottobre 1 5S6,ButLRotn.
ì. 4j par. 4> P' 259, il quale pagò 20,000
scudi in sovvenimento de' bisogni di s.
Chiesa. Tesoreria della Dataria aposto-
lica: Io dichiarò uffizio vacabile colla bol-
la Ut ingens tiel i 585, e V accordò per
34,000 scudi n Girolamo Rustici roma-
no, vescovo di Tropeo,assegnaudogli per
appannaggio 5 scudi d'oro per ogni 100
di tal moneta, i quali per abusiva con-
suetudine si spartivano tra loro i mini-
stri delle spedizioni, onde annualmente
«e traevano grosso lucro. Uditore delle
Confidenze: cvtòVu(\\[oi'e delle confiden-
ze beneficiali in giudice perpetuo degli a-
busi simoniaci, e colla bolla Divina Dei
•providenlia, del 1 ."novembre 1 586, Bull.
cit., p. 270,10 dichiarò uffizio vacabile,
e lo conferì al degnissimo Alessandro Ca-
talani romano, abbreviatore e referenda-
rio, per 2000 ducati d'oro pari a 33oo
sciuVìi'omanì.Protonotari apostolici par-
tecipanti: òa 7 gliatuTientòai2 colla bol-
la Romnnus Fonti/ex, de' 16 uovembre
i585, Bali, cil.jp. i6r, mediante il pa-
gamento di scudii2,5oo per ciascun uf-
fìzio, in tutti introitandola camera scudi
62,500; e perciò aggiunse all'ampliato
collegio l'annua rendila di 1980 scudi.
Referendari dell'una e V altra Segnatu-
ra (U.): ridusse il collegio a 70 prelati
per la Segnatura di grazia e la Segna-
tura di giustizia (^.), con 3o sopratmu-
meri j roa non trovo propriamente che
fossero dichiarali uffizi venali, né l'asse-
gna lo prezzo. Ct;i^<7//er/Xrt?/re/rz/i/': gli au-
mentò di 260 e ne ritrasse i 3o,ooo scu-
di, assegnando a questi uffizi vacabili 200
scudi per ciascuno, sulle spedizioni di da-
taria e cancelleria, specialmente delie nu-
merose matrimoniali di minor grazia.
Stamperia Camerale (F.J: la rese uilìzio
VAC
vacabile conferendola a Paolo Biadi, per
23oo «codi d'oro, pari n romani scudi
3795. Reggente dell^ Archivio generale
(U.) per le pubbliche scritture di lutto
lo stato e per vegliare sui TVo/^n (di cui
riparlai a Scriniari): l'istituì colla bolla
Solicitudo pastoralis, del i ."agosto 1 588,
Bull. Boni. t. 5, par. i , p. 1 5; e colla bol-
la Solicitudo ministeriiy de* 3i ottobre
i588, Bull, cit., p. 17, Io dichiarò uffi-
zio vacabile, e l'assegnò pel prezzo di scu-
di 25,000 a Fabio Orsini referendario di
numero, coir emolumento di scudi 100
mensili. Notari Capitolini o del Senato
Romano (U.): di questo collegio ne fu ri-
formatore e creatore colla bolla Utlitiuni
diuturnitati, de'29 dicembre 1 586. Fissò
il nuuìero a 3o, de'quali i 5 per ciascun
collaterale, li dichiarò uffizi vacabili col
prezzo di 5oo scudi l'uno, onde la came-
ra introitò 1 5,000 scudi. Alle vacanze poi
stabilì, che la collazione appartenesse per
lai .'volta al datario, indi a'conservatori
e priori de'caporioni. Assegnò in dote al
collegio la 4.'' parie di lutti e singoli gli
emolumenti, mercedi ec, la quale si do-
vea dividere tra' notari ogni mese; e. la
3.' parte degli emolumenti provenienti
dalla mercede degli slromenli transunti
de' notari defunti tanto nell'archivio,
quanto altrove, non però esistenti ne'me-
desimi uffizi notarili; e 1' intera parte di
tutti e singoli gli emolumenti che prove-
nivano dalla mercede degli atti e dalle
scritture de' notari defunti, trasferite e
da trasferirsi alla curia del Tribunale Ca-
pitolino. Termina il p. Tempesti la di-
fesa di Sisto V con osservare, che i suoi
nemici divulgarono 1' ingiuriosa taccia,
per aver giovato all'erario pubblico eoa
togliere ad alcuni pochi particolari quan-
to a suo danno e senza ragione ampia-
mente lucravano, onde non pochi dive-
nivano più ricchi del principe. Clemente
Vili colla costituzione Aequuni reputa-
y/j«.y, de'9 febbraio 1593, Bull. Rom. t.
5, par. i,p. 4 1 5; Ualidatio erectionis Of-
ciiPraesidis Cancellariae prò expedien-
VAC
dis lìterìs quorumcumqiie OfJlciornmVa'
cahìlium. Urbano Vili del r623 tolse
la facoltà di dispone degli uffizi vacabili
della curia romana, coaie moderò il po-
tei' trasferire le Pensioni ecclesiastiche^
e nella sua Storia lo riferisce Novaes. Il
Lunadoro nella Retatio ne della Corte di
Roma pubblicata nel 16^6, riporta di-
verse notizie sulle rendite desili uffìzi va-
cabili, registrando a parte i seguenti uf-
fizi venali,i quali non esercilavanogiuris*
dizione, acquistandosi pe'prezzi che dirò;
gli emolumenti ricavandosi dalle tasse e
rendite ecclesiastiche impegnale da* Papi
ne'bisogni della s. Sede. I quali ufiizi e-
i*ano lutti a vita de'possessori, e vacando
si vendevano di nuovo, ed il prezzo che se
ne ricavava era considerabile ed a disposi-
zione de'Papi; sebbene nelle dette vacan-
ze alcuni vacabili liberamente spettavano
al cardinal vice-cancelliere. Scrittori di
penitenzieria ducati 2900; Scrittori apo-
stolici 1800; Cubiculari apostolici 1700;
Scudieri apostolici i3oo; Segretari apo-
stolici 9ooo;Scrittori de'brevi 8oojGian-
nizzeri oSol lecitalori 1 yoojPiombo 1 900;
Cavalieri di s. Pietro i5oo; Cavalieri di
s. Paolo 1600; Cavalieri del Giglio 5oo;
Cavalieri Pii 5oo; Cavalieri Lauretani
5oo; Archivio 2200; Porzioni 800; Pre-
sidente 600. Offizi del palazzo apostolico:
Prima catena ducati 3oo; Seconda cate-
na 3oo; Porta ferrea 3oo; Custode del-
le pitture 1000; Verghe rubee 600; Maz-
zieri 600. Innocenzo XI non polendo
tollerare che nella corte pontificia si ven-
dessero per denaro gli uffizi, benché que-
sti nulla avesserodi ecclesiastico, soppres-
se il suddellocollegiode*segrelari aposto-
lici nel 1678, e per equità restituì a cia-
scuno de' segretari vacabilisti quanto a-
veano sborsato. E siccome sul collegio
godeva una rendita 1' Ospedale del ss.
Salvatore^ in quest'articolo notai il com-
penso che gli die il Papa. Il collegio de'
segretari apostolici non solamente si op-
pose alla sua soppressione, ma pretese,
oltre la restituzione delle somme pagale
VAC
93
per racquislo di ciascun vaoibile, anche
de'compeiisi proporzionali agli aumenta-
ti frutti che ne traeva, olire altre esigen-
ze. Si fece causa nel tribunale della Rota,
e nel riferito trattalo del cardinal De Lu-
ca, che tutto riporta, vi è pure sulla que-
stione il Discorso aif ami le dispute Ro-
tali, circa la soppressione del collegio de'
segretari apostolici fatta dallaSantilà di
N. S. Innocenzo XI. Quanto al § 3o: Se
il prezzo degli uffizi vacabili sia capitale
o frullo, opina il De Luca. » Primiera-
mente, che il prezzo degli uffizi venali va-
cabili veramente nella sostanza non co-
stituisce capitale, ma è un'anticipata per-
cezione di que'frutli ed emolumenti, che
per altro in ciascun anno si otterrebbe-
ro dal Principe, quando gli uffizi noa
fossero venduti; sicché come per una spe-
cie di censo vitalizio regolando la vita
dell' uomo con un lenjpo verosimile, si
stabilisce un prezzo proporzionato a que-
sta verosìmilitudine, in quel modo che
la legge nelle cose vitalizie ha fatto una
tassa generale ed uniforme a guisa del-
le vendile o cessioni dell'usufrutto, ovve-
ro delle pensioni o anche delle vendite
delle case e degli altrf beni stabiliti a vi-
ta, conlenendosi in tal modo la compra e
la vendita d'un'alea (sic) incerta, parago-
nata alla rete che si butta nel mare, la
quale contiene egualmente il comodo e
l'incomodo, ovvero la perdita e il gua-
dagno d'ambo i contraenti; imperciocché
quella vita la quale da principio si valu-
ta per un cerio spazio verosimile di tem-
po, può essere molto breve, sicché il com-
pratore faccia una perdita notabile, e il
venditore un notabile guadagno, e all'in-
contro può esser mollo lunga , in modo
che il venditore faccia una gran perdila,
e il compratore un gran guadagno, per lo
che il prezzo di queste vendile viene sti-
mato come un frutto annuo delIaDalaria,
e come tale si consuma negli usi corren-
ti, in modo che non può dirsi estante nel-
la specie, ovvero nell'equivalente, sicché
la Camera di presente lo possieda , con-
94
VAC
forme di sua nalurn sej^ne nel prezzo di
quelle robe o ragioni, delle quoli se ne
■vende in perpetuo la sorte principale. E
questa valutazione di vita, secondo la più
alta ragguagliazione si restringe dentro
lo spazio dii5 anni, per quel che c'inse-
gna la pratica notoria e comune, de'quin-
denni spirituali e profani. E da ciò na-
scono due cose. Una del gran pregiudi-
zio e della gran lesione che risulta alla
camera nella niaiigior parte di questi uf-
fìzi, che essendo venduti per quel prez-
zo, che verosiofiilmente imporla e si sti-
ma la vita d'un uomo, ciò non ostante
per mezzo delle rassegne si sono fatti
quasi perpetui, a segno che molti di essi
passano un secolo intero, e di vantaggio,
conforme di sopra nella narrazione del
fatto si è detto. E 1' altra , che il prezzo
non può dirsi estante, e per conseguenza
non vi entra l'equità naturale, la quale
proibisce il ritenere la roba ed il prez-
zo. Per lo che senza violazione della giu-
stizia, col rigore legale, avrebbe potuto
e potrebbe la Camera pretendere, a gui-
sa del pupillo e della Chiesa, di non es-
ser tenuta a restituzione alcuna del prez-
zo pagato, come non estante. Secotidaria-
mentesi deve presuppone, che l'aumen-
to notabile degli emolumenti non è nato
dalla diligenza degli uffiziali, ovvero dal
benefìcio del tempo, ma dal fatto del me-
desimo Principe e de'suoi uflìziali, collo
spedire molli negozi per questa segreteria
de'brevi, che per avanti si spedivano per
la penitenzieria e per la cancelleria, ov-
■vero per le sagre congregazioni, ed an-
che per gli ordinari de' luoghi. Dunque
ninno si può dolere se il Principe toglie
quel beneficio, che ad esso è piaciuto di
concedere. In terzo luogo si deve presup-
porre, che particolarmente pe'donatari,
ed anche per quelli i quali ne'tempi più
antichi hanno comprato questi uffizi a
prezzo «nollo inferiore, si è fatto un gua-
dagno troppo eccessivo del i Qs e del f5,
ed anche del 20 e più per cento nello
spazio di molti anni, dimodoché si sono
VAC
rinfrancali del prezzo nel capitale du-
plicatamenle e di vantaggio. Onde quan-
do anche ad alcuni possessori degli uffi-
zi assista l'ecpiità pel motivo della buo-
na fede, tuttavia per questa ragione cessa
in gran parte questa equità a loro favo-
re, e maggior ecjuità assiste alla Camera
lauto danneggiala che non debba soggia-
cere a quest'altro danno. Ed in quarto
luogo si deve presupporre, che quando
un contratto nel progresso del tempo si
scuopre notabilmente ingiusto e lesivo, *
benché da principio fosse giusto , se ne
può pielendere la rescissione, anche col-
la restituzione, ovvero coli' imputazione
de'frutti notabilmente eccessivi, e parti-
colarmente quando si tratta di pupilli, o
di Chiese, odi altri, i quali non potendo
amministrare il suo per se medesitni, vi-
vono sotto l'altrui legale necessaria am-
ministrazione, mentre la legge presume
una mala fede in quelli, i quali con essi
facciano siffatti eccessivi guadagni. Che
però stante questi quattro assunti, par-
te di fatto e parte di ragione, quando an-
che non si restituisse cos'aicuna, ciò non
sarebbe lontano dalla giustizia e dall' e-
quità, eccettuatone que'pochi, i quali da
tempo moderno, col pre/zo corrente al-
terato,hanno compro l'ufilziodallaCa me-
ra, e ne hanno percetto poco fruito, sic-
cbé non si adattano le suddette ragioni;
e da ciò si può scorgere con quanta e-
quità e circospezione si sia proceduto,
piuttosto aggravando la Camera. Da tut-
tociò risulta la risposta al fondamento
de' donatari immediati possessori , cioè
che devono le donazioni de'principi esse-
re ferme e stabili, poiché ciò cammina
bene, quando senza giusta causa si fac-
cia la rivocazione d'una donazione parti-
colare, in modo che l' atto di sua natura
sia illecito e proibito dalle leggi, non già
quando ne'casi particolari I' allo sia le-
cito, conforme particolarmente al nostro
proposito segue, quando il donatore di -
venti povero, e il donatario sia ricco, mol-
to più e fuori d'ogni dubbio, quando l'at-
V AC
to è universale ordinalo ad altro fine pei
beneficio pubblico, dal quale perindiiel-
lo, ovvero per conseguenza segue che la
donazione rimanga inutile, imperciocché
altriroenli ingiuste e irragionevoli sareb-
bero le celebri e approvate costituzioni
ri vocatorie delle i'^rtì'/ic/i/^/e di Bonifacio
IX, Martino V, Innocenzo Vili, Adriano
VI, Pio IV, Paolo V e Urbano Vili, ol-
tre altre molte ". Prima di lasciare In-
nocenzo XI, non sarà forse del tutto su-
perfluo che io ricordi, di trovarsi nel Dull.
^ Hom. t. 8, p- 58, in data del i." ottobre
* 1678, la Tassa Jnnocenzìana per il fo-
ro ecclesiastico , ovvero dichiarazioni
"per li emolumenti y che trarre si posso»
no dalle cause o materie ecclesiastiche
o spirituali. Neil' Italia fu di nuovo co-
mandata l'osservanza di questa Tassa
da Benedetto XI 11 nel concilio romano,
al tit. De Foro compet., cap. unico. Il
glorioso Innocenzo XII, dopo aver aboli-
to il Nepotismo , dopo aver abolito lutti
i tribunali ed i giudici de' Tribunali di
Roma particolari, eziandio rivolse il suo
animo e sollecitudine ad eliminare per
sempre un altro gravissimo abuso. Consi-
derando che pe'pubblici bisogni della s.
Seée e del suo principato temporale, non
meno per soccorrere più volte la cristia-
nità, aveano i Papi suoi predecessori re-
so vendibili e vitalizi molti primari ufìì-
zi della etnia e corte romana; che poteva
passar la cosa rispetto agli uffizi vacabili
secondari e minori, che davano un mero
titolo d'onorificenza, o avevano un eser-
cizio non concernente amministrazione
di giustizia; ed egli bramando che fosse
amministrala colla più scrupolosa inte-
grila ed esattezza, in che era oltremodo
geloso, e vigilantissimo sulla condotta e
scella de'magisti ali, percui in diverse oc-
casioni die pubblici esempi di salutare ri-
gore. Adunque tra' primari uflìzi di tal
indole comprendendosi i pnncipalissiuìi
componenti il Tribunale della Camera
apostolica (d camerlengalo era di fatto
cebsalo d'esser uffizio vendibile e venale ,
VAC 95
per aver i Papi condonato il prezzo «'car-
dinali camerlenghi, per nominarvi ordi-
nariamente i cardinali nipoti, a'quali an-
zi talvolta donarono altri vacabili di mi-
nor entità), cioè di Uditore generale^ di
Tesoriere generale , di 1 2 Chierici di
Camera^àe\ Presidente àtiW^ medesima;
i quali prelati amministravano la giusti-
zia, l'erario e le finanze, l'annona, le pub-
bliche strade, le forze marittime e milita-
ri dello stato pontificio ec, colla bolla Ad
hoc unxitDeus,dei'ó ottobre 1692, /?«//.
Boni. l. 9, p. 277; Aboletur venalitns
Offìciorum Auditoris generalis causa-
rum Curiae Camerae ApostoUcac^ ejus-
dem Camerae Thcsaurari generalis ^
duodecim Clericorum , et Praesiden-
tis. Quindi Innocenzo XII fece a'prelati
possessori di tali cariche restituire le vi-
stose somme da loro sborsate per acqui-
starle, ne soppresse in perpetuo la vena-
lità, e onninamente volle che soltanto i
meriti personali, e non il denaro, aprisse-
ro in avvenire l'adito a chiunque per ot-
tenerle. Il ^ovaesneWa Storia d' Innocen-
zo X/ìy celebra quest'altra sua gloria im-
mortale, e dice d'aver ordinalo la resti-
tuzione de'denaii sborsati all'uditore, te-
soriere, 12 chierici e presidente della ca-
mera,il che ammontò poco meno d'un mi-
lione di scudi, perchè le cariche d'uditore
e di tesoriere costavano ciascuna 100,000
scudi circa, ed ogni chiericato 80,000,
fruttando ogni anno 1*8,0 ilio per 100;
e die Sisto V avendo reso vendibili tali
uffizi camerali, Innocenzo XII nel proibir-
ne la vendita, e nel reintegrare dello sbor-
salo quelli che allora l'occupavano, pro-
testò non più denaro ma reali meriti esige-
re per conseguirli. Sebbene anche il No-
vaes nella Storia di Sisto F procede col
p. Tempesti, in quella d'Innocenzo XI l si
mostrò alquanto inesatloe un poco in con-
traddizione, sia coll'afTermare che i detti
vacabili Sisto V rese vendibili , sia pel
maggior prezzo che attribuì a ciascuno,
sia in fine nel credere che il restituito a-
scese a poco meno d'un milione di scudi
96 V A G
mentre il riferito superiormente ptio cìiia-
rire il tulio, e quanto alle somme reinte-
grate, la bolla Innocenzianain parole e in
cifre dice: ascendens in toliun ad sum~
mani decies centenoriim, et viginti mil-
liunt scptingentornm scxdecim scutorani
monetac romanae^ sivc 120,716 sento-
rum. Già il Papa con bolla ile'3 febbraio,
secondo il Novaes, avea prescritto, die
nell'avvenire gli uffizi e luoghi di monte
Tacabili non si perdessero per la promo*
zione al cardinalato, ma a vantaggio della
catuera apostolica attribuì il risparmio di
molte propine che appartenevano a'com-
pratori. Ed a benefìzio della stessa dimi-
nuì le rendite de' cardinali vice-cancel-
liere e vicario di Roma. Indi Innocenzo
XII colla bolla Circiimspecta Romani
Pontifìcis,óe% dicembre 1693, Bull. cit.
p. 335, confermò le disposizioni de'pre*
clecessori sulle Sportale (F,) , pe' giu-
dici e tribunali di Roma. Morendo nel
1697 il cardinal Paluzzi Altieri nipote
di Clemente X e camerlengo di s. Ghiesa,
Innocenzo XII vietò affatto la vendita di
tale uffizio, applicando parte degli emo-
lumenti del camerlengato alla camera a-
poslolica, e parte all'ospizio apostolico di
s. Michele. Per la guerra navale contro i
turchi, sostenuta da s. Pio V, avea que-
sto Papa imposto a diverse congregazio-
ni monastiche annue somministrazioni ,
colle quali si eresse il luogo di monte Fe-
de, poi detto Religione. Denedetto XIV,
al modo che narrai anco nel vol.LXXIV,
p. 3 1 2, abilitò le congregazioni ad affran-
carsi da tale gravezza, con isborsare V e-
quivalenle al capitale di cui pagavano i
vistosi frutti. Per dare poi alla camera a-
postoììca un compenso del danno che ne
risentiva, con moto-proprio dell' 8 gen-
naio 1 744. le concesse la facoltà di poter
"venire all'estrazione degli uffizi vacabili
specialmente del collegio de' presidenti
dell' annona, de'porzionari di ripa, e del
collegio de'cavalierì di s. Pietro; i quali
vacabili fossero posseduti dagli estcri,cioè
che ooQ fossero domiciliati in Roma , o
V A C
al servizio della s. Sede, dovendo i por-
zionari estratti riprendere il loro denaro
in contante o in luoghi di monte fra ^o
giorni dopo l'estrazione. Indi con chiro-
grafo de'7 maggio, Benedetto XIV fece
la nuova erezione di porzioni vacabili del-
le legazioni e altre provincie dello slato
ecclesiastico, di scudi 100 l'uno, coli' an-
nuo frutto certo di scudi 5 per porzione,
oltre il godimenlo de'privilegi degli uffizi
vacabili della dataria. Pe'bisogni del te-
soro pontifìcio Benedetto XIV impose di-
verse pubbliche gravezze, e sopra gli uf-
fìzi vacabili di 1 000 scudi dì capitale,paoli
10 annui. Glemente XlII nel 1761 abolì
e soppresse la venalità degli uffizi vaca-
bili de'notari degli Uditori di Rota, vQ'
stituendo a'proprietari i loro capitali; e
nel r 762 parimenti estinse i notariali va-
cabili del tribunale àé\' Uditore del Pa-
pa. Per la carestia del 1764 Clemente
XIII sui frutti de' vacabili impose la tassa
già ordinala dal predecessore per altre
pubbliche necessità. Divenuto Papa Pio
VI neli775, rivocòcon moto-proprio le
sopravvivenze sugli uffizi vacabili, accor-
date da Clemente XIV a varie persone,
nominate a p. 4della Storia imparziale
del Papato di Pio VI. Indi col chirogra-
fo Cam Sanctissinnis, de i5 settembre
1775, Bull. Rom. cont. t. 5, p. 1 34: ^^-
tinctio et respectiva concessio Vacali"
liuni inclyti Populi romani, earumque
regaliarum Salis. Ne darò 1' estratto.
Siccome nella sede vacante, per morte
del duca d. Carlo Cesi erano vacali 5 uf-
fìzi vacabili capitolini , ciò produsse alla
camera capitolina un risparmio di circa
scudi 25o annui. Erano i vacabili gli uf-
fizi : dell' agente del popolo romano , il
i.° custode della statua di Sisto V (in
bronzo di Taddeo Landini ), il com-
missario dell'acqua del Circo massimo, il
custode delle misure di Campidoglio, il
maestro delle mosse per le corse de'bar-
beri con due sostituti. Pio VI era stalo
pregato di concederli con proroga vita-
lizia ai duca Federico figlio del defunto.
V AG
mn egli con raccennalo chirografo volle
che i delti vacabili si repiilnssero esfiiili
a hcneficio della camera capitolina, in
conformila del chirografo d' Imioceu/o
XII de' r f) giugno 1 694. Ma gli uffizi d'a-
gente del popolo romano e di maestro
delle mosse avendo il loro esercizio, il l^a-
pa li conservò, ordinando a' conservatori
del popolo romano di deputare u«ja o
due persone per esercitare da per loro e
non per altri l'uffizio. All'ogente del po-
polo romano incombendo d'accompagnar
nelle funzioni pubbliche, in qualità di fa-
migliare nobile, i delti conservatori, e ri-
cevere l'armi dall'armeria Vaticana rjella
sede vacante e di custodii le, il Papa as-
segnò l'emolumento d' annui scudi "2.5 ,
dovendo cessare gli altri, in uno a' 1 8 scu-
di che in compenso della casa del palazzo
di Campidoglio gli pagava il palazzo a-
poslolico. Al maestro delle mosse spet-
tando far aggiustare il canapo, armare
la balestra e tuli' altro che concerne la
corsa de'barberi, custodire i ferramenti,
legnami , canapi e altro riguardante la
mossa, il Papa volle che gli assegnassero
lutti gli emolumenti soliti percepirsi nel
carnevale e per le corse. Considerando
che cumulando i due ullìzi in una persona,
questa percepirebbe annui scudi 4o, la-
collizzò i conservatori a fai lo, concedendo
ad essi le 3 regalie annesse airuf(l7Ìo di
maestrodelle mosse e a* due sostituti, con
autorità di disporne a beneplacito. Lo sta-
to deplorabile delle finanze nel pontifi-
cato di Pio VI, come pure quello degli al-
tri Papi lo descrissi a Tesoriere, dicen-
do che i soli vacabili ascendevano a scudi
1,89'^, 4^0* N*^l principio del pontificato
tli l^io VII , calcolate 1' annue rendite a
circa 4 «nilioni di scudi, perchè colhi fa-
tale pace di Tolentino i repubblicani fran-
cesi era usi prese le provincie delle Lega-
zioni e lo stato d'Avignone, si pagavano
anche 4 qoioti de' vacabili. Nel 1809 gl'im-
periali francesi completamente consuma-
rono la nuova invasione dello stalo pon-
tificio, e come prima aveano deportalo
VOL. LXXXVK.
V A C 97
Pio VI, fecero il simile con Pio VII. L'im-
peratore Napoleone I quindi stabilì, che
il debito pubblico romano fosse dichia-
rato debito dell' impero francese , e nel
1 8 1 o fu deputato un consiglio a liquidarlo
co'beni nazionali. Si legge nel n.°3i del
Giornale del Campidoglio di Roma del
1 8 I I . j-» S. M. I. e R. con suo decreto de*
4 febbraio scorso ha ordinato, che il con-
siglio di liquidazione lifjuidasse i diversi
Vacabili costituiti dall' antico governo
pontifìcio. I Vacabili di Dataria e Came-
rali, ad eccezione del collegio de' proto-
notari apostolici (partecipanti), saranno
rimborsati in azioni sul Demanio in ra-
gione della metà del capitale, che ha for-
mato l'ultimo prezzo di compra degli uf-
fìzi e azioni, senza che le spese di ammis-
sione sieno comprese. Quelli del collegio
de'protonotari apostolici saranno rimbor-
sali come sopra in ragione di io volle la
rendila conosciuta. 1 Vacabili Capitolini
a qualunque titolo concessi, le regalie che
ne dipendono, e quelle possedute isolata-
mente saranno pur anco rimborsate sul
piede di i o volle la rendita. Queste dispo-
sizioni del noslroamatissimoSovrano han-
no sparsola gioia in una classe numerosa
di cittadini, e tulli vi riconoscono l'inte-
resse che prende S. M. al benessere de*
dipartimenti di R.oma e del Trasimeno
(cioè dello stalo pontifìcio, dopo la ridu-
zione del trattato imposto a Tolentino)."
Oltre il riferito superiormente in argo-
mento, credo opportuno di aggiungere a
ulteriore suo schiarimento. L* ammini-
strazione francese de'beni ecclesiastici de-
nominala Demanio, invitò tulli i vacabi-
listi proprietari a liquidare i loro vaca-
bili, ma con notabile diminuzione del ca-
pitale impiegato per l'acquisto di ciascun
vacabile. Quelli che liquidarono riceven-
do una determinata somma di denaro ,
rinunziarono agi' inerenfi diritti , come
rilevai nel voi. VII, p. 178. Quindi il De-
manio acquistò tali diritti e di venne il pro-
prietario de* vacabili liquidali. Però buo»
uà parte de'vauabilisti o non bisognosi 0 di
7
9» V A C
timorata coscienza, non volendo allenare
e iiquichire i loro vacubili, ripugnando
loro di transigere con un governo ille-
gitlimo e d'occnpnzione, restarono prò*
prietari de' vacabili. Il maggior numero
di sillalli vacabili non liquidali spellava*
no alla camera apostolica, ed a'corpi mo-
rali, i quali tuttora li possiedono (sicco-
me i corpi morali raramente sono sog-
getti a perire, e perciò la vacanza ordi-
naria non si verifica , occorre loro spe>
ciale facoltà nelT acquisto di vacabili), e
la camera apostolica in quantità nume-
rosa, per quanto vado a dire. Nel i8i4
Pio V 1 1 ricuperò colla libertà il dimidialo
suo dominio, e nel 1 8 1 5 anche le Lega-
zioni. Avendo il Papa nel suo ritorno in
Koma trovalo che i collegi de* vacabili -
sii, già formati ciascuno di più ceulinaia
di persone, perla seguita liquidazione o
per movie ab inlesta lo erano ridotti a po-
chi individui, cioè di quelli die aveano
ricusato liquidare i vacabili, il Papa e-
mano quelle provvidenze narrate in prin-
cipio di quesl' articolo. La camera apo-
slolica, che vendeva i vacabili e li ripren-
deva alle vacanze, se i proprietari non ne
aveano dcbilamenle disposto, a della e-
poca ne possedeva un buon numero , il
quale nella restaurazione del governo
^nlifjcio di assai si aumentò, per essere
naluraln)enle succeduta a'dirilli del De-
titanio, ed in conseguenza nell'acquisto
eziandio di tutti i vacabili liquidati. E-
gli è per tutto questo, die la camera a-
postolica ha la maggiore e principale par-
te de* vacabili , e ne ritrae il prodotto.
Jndi Pio VII col moto-proprio, Quando
per ammirabile, de' 6 luglioiBi 6, rico-
nobbe come debito delio stato i vacabili
non liquidati, che sono ì superstiti ed e-
sistenti, cioè nel ricordalo modo riferito
superiorn>ente. Nell'agosto 1 856, essendo
assente da Roma il cardinal Pietro Ugo
Spinola pro-dalaiio, per cura di sua sa»
Iute, il regnante Pio IX stabilì uno spe-
ciale congregazione incaricala a prende-
re cognizione dello stalo de'singoli vaca-
V A C
bili per dare a*n)edesimi una sisleQiazio-
ne e richinntarne in osservanza le aiiti'
che leggi conciliabili colle presenli circo*
stanze, per fare quindi a lui rapporto di
tutto. La morte d'un antico vacabilìsta ,
il quale con indulto poulifìcio percepiva
durante sua vita la rendita di esercizio
del suo vacabilesenza che esercitasse l'uf-
fizio, die impulso a dover esaminare que-
sto rilevante affare de' vacabili. La con-
gregazior)e si compone di mg.' France-
sco Vici sollo-datario, facente le veci di
datario; mg.' Stefano Bruti reggente del*
la cancelleria apostolica; mg.' Antonio
Pagnoncelli commissario generale della
rev. camera apostolica; cav. Pio Folchi
uffiziale della dataria apostolica col titolo
di amministratore generale delle compo-
iu;nde, e insieme sosliUilo de'prelali ab-
brevialori nella cancelleria apostolica; e
di Andrea Santini nfiìciale delia medesi-
ma dataria col titolo di sohlitolo nell'uf-
fizio delle vacanze beneficiali comune-
mente dello uffìzio per obitiim, e insie-
me sostituto decano de'nominali prelati
abbrevialori, non che sostituto di mg.*^
reggente della cancelleria. Inoltre il San-
tini, siccome peritissimo in questa mate-
ria, degnamente venne deputalo segreta-
rio di essa congregazione,alla quale presie-
dè il sullodalo cardinal Spinola qual pro-
datario, quando era presente in Uoma.
Quanto all'operalo sui Luoghi eli 3J on-
ice altri credili, in quell'articolo, a Roma
ed a Tes(jriere ne ragionai, con noti-
zie pure de' vacabili e de* vacabilisli, nel
riferire l'origine della direzione generale
del Debito Pubblico. Anticamenie a' ca-
valieri di s. Pietro ed a'cavalieri di s. Pao-
lo vacabilisli, negli ^nni SanU\ i Pa-
pi affidavano la custodia delle Porte
Sanie (F.). Narrai ne'vol. IX, p. 62, X LI,
p. 174» ® altrove, che sino e inclusive a*
pi imi anni del secolo corrente, coll'aller-
nativa d* un anno sì e l'altro no, tulli i
proprietari vacabilisli o i da loro sostitui-
ti ossia intestatari erano obbligati, vestiti
deoeulemeule in abito da città se laici ,
V A e
ed in nÌDlfo talare e lungo se ecclesiastici,
d'intervenire con torcia di ceia accese alla
solenne Processione óeì Corpus Domini
che celebra il Papa. Adunatisi i vacabi*
listi nel gran cortile di Delvedere del Va-
ticano, ivi erano esaminali sulla conve-
nienza dell'abito e della persona, da mg/
reggente della cancelleria apostolica e dal-
l'amministratore generale delle compo-
tiende della dataria apostolica , destinati
a presiedere al buon regolamento di que-
sti vacabilistl, i quali se non erano vestili
dccenten)enle,veuivano respinti colla per-
dila della torcia. Incedevano nella proces-
sione 4 per 4 > dopo il clero romano e
ing.*^ vicegerente, seguiti da* procuratori
de'principi e de'baroni , o dagli scudieri
pontificii e da'procuralori generali degli
ordini religiosi. Otto chierici vacabilisti
per un tratto di strada sostenevano 1' a-
ste del baldacchino, sotto il quale proce-
deva il Papa. Dissi pure, che siccome au-
licamente due frali cistcrciensi aveano l'uf-
fizio di bollare i pontifìcii Diplomi col
piombo, onde venivano denominali Fra-
tres de PlumhOy Fralres de Balla, Fra-
tres Barbati, e lavavano il Cadavere del
Papa(^f''.),c\ò che ora fanno i penitenzieri
di s. Pietro; trasferito l'uffìzio ne'chierici
secolari e ne'laici (da Sisto V,dice il Ciam-
pini,z« eorum locum^unus praelatus sur-
rogatusfait, qui idem munus^per substi-
tuluni cxercere valerci. Ciò deve iuten*
dersi de'due cisterciensi superstiti, perchè
eranvi anche altri piombalori delle bolle
contemporaneamente. Il celebre Bastia-
no Luciano veneto pittore, morto circa il
i546, avendolo Clemente VII premiato
eoo l'uffizio di Frate del Piombo^ avuto
il quale non più si trovò in bisogno di la-
\orare, volle vivere a Roma in pace, efu
denominato P^ra Bastiano del Piombo j
ebbe pure l'uffizio il celebre architetto
Bramante, il quale fece un ordigno inge-
gnoso per improntare le bolle, e lo rile-
vai nel voi. LXVl, p. gS, ove riparlai de*
sigilli pontifìcii, e de'caralteri co'quali si
scriTouo le bolle)) quando questi si reca-
VAG 99
vano alla processione in discorso, soleva-
no indossare l'abito de' conversi cister-
ciensi, in memoria di essi. Giunti i vaca-
bilisti o i loro rappresentanti processio-
nalmente nella basilica Vaticana, si schie-
ravano lateralmente in due linee nella
nave di mezzo, dalla porla maggiore sino
alla Confessione o altare papale con lor-
de elevale, aspettando l'arrivo del ss. Sa-
gramento portato dal Papa. Ricevuta la
benedizione, i vacabilisti restavano in lo-
ro libertà e partivano. Rilevò Novaes nel-
la Storia di Benedetto XIII, che nella
processione da lui celebrata nel 1725,
v'intervennero 998 vacabilisti. Il contem-
poraneo Cecconi nel suo Diario istorico,
registrò i seguenti che incederono nella
I." processione del medesimo nel 1723.
Dopo il clero e mg.' Vicegerenle, veniva-
no i vacabilisti che hanno uffici vacabili,
con torcie. Sensali di Ripa. Porzionarl
di Ripa. No tari Capitolini. No taro di
Tor di Nona. Nolaro de' Pro tono tari a-
postolici partecipanti. No tari del car-
dinal Ficario, No tari del Fìce Camer-
lengo governatore di Roma. Scrittori
dell'Archivio. Collettori delPiombo.Sol-
lecitatori apostolici. No tari dell' Udito-
re della Camera.Scrittori e Chierici del
registro delle suppliche. Scrittori del
registro di bolle. No tari degli Uditori
di Rota. Procuratori delle lettere apo-
stoliche di minor grazia. Uditore e Reg-
gente della Penilenzieria. No taro e O-
stiario della Cancelleria de Consuetis.
Cavalieri Laure ta ni. Cavalieri Pii. Ca-
valieri del Giglio.. Cavalieri di s. Pao*
lo. Cavalieri di s. Pietro ^ insieme cogli
Scudieri senz'abito. Scrittori apostolici
togati. Rescribendario con due difensori.
Maestro dell'uno e dell'altro Registro.
Custode della Cancelleria. Reggente
della Cancelleria. Piombatori. Maestro
del Piombo. Gli altri uffiziali vacabilisti
incedevano ne'Iuoghi che vado a riferire,
con relazione anteriore e più minuta. Nel
i653 il Cohellio pubblicò in Roma, iVb-
titia Romanae Aulac OJJìcialibus. Nel
loo V A e
cap. 37 : De Datario Papa, fra Tallre
cose tlichinra: Et quoniniii si non omiies,
nìaiorcin lanicn, et nobilioieui [)arlem
Oifìcialium S. 1). N. Pupae, ac Eniiiien*
tiss. D. Card. Vice Ciuicellario iiiseivien-
lem, qua potuimiis brevitate, ac fide le-
tulìmus ; quibus etiam cerliim locurn ia
ptdjlicis actibus assigiialutn uovimtis ,
praecipuae ìu l^iocessione ss. Corporis
Cbristi a fel. ree. Gregei io XIII non in-
iucundum pittavi bnnc etiam ordinem
refene ; ut bine, si quid in ninnerò, et
ordine a nobis peccalum fuerit, correctio
desumalur. Gregorius igilurXIll ad tol-
lcndasdifllcullales,el dissensiones, quae
possenl exoriri in bis publicis actibus,
ac elìam et veneratione condigna tanti
Sacramenli, ipsius l^ontificis quieti, et
celeri expeditione, actus ante augmen-
tnin caloris, sub poena excouimunicalio-
i)is eo ipso incurrendae, banc poinpam
per Olliciales Komanae Curiae, et Gan-
ctllariae Apostulicae ila explendainedi-
xit anno salulis iSyS. Praecedenlibus
reiigìosis, et clero ordine suo, sequantur.
Projcenctae Riparuin (ne riparlai nel
voi. LXXXIV, p. 159 e 218: quanto
a' seguenti, ne' rispettivi vocaboli e ne*
tanti cbe vi lianno relazione, ne ragio-
no). Portionarii Hipac. Notarius Turris
JNonae.Notarius Prothonolariorum par-
ttcìpanlìuin. Notarli Ficarii Papae.
Notarli Vice Camerarii. Scrìptores Ar-
chivii. Scrìptores Brevium. Collectores
Pltinibi. Solicitatores Apostolici. No-
tarii Auditoris Camerae. Scriptores, et
Clerici Registri Supplì cado luim. Scrì-
ptores Registri Dullariun. Notarii Au-
tlìloruin Rotae, Procuratores litera-
rum Aposlolicarum inìnorìs gratiae.
Procuratores Contradictarum. Abbre-
viatores de minori. Scrìptores literaruni
Apostolicanwì minor ìs gratiae. Audi-
tor Poenitentìariae. Regens Poenitentìa-
riae. Notarius Cancellariae. Ostìarius
Cancellariae. de Consuetis. Milites Pii.
Mìliles Lilii. lìli/ites s. Pauli. Milites
s. Pclri sima l cuni Scuti feris habiluin
V A C
non porla ni ìbns, Scriptoret Apostolici
to'j^oti. Rescribendarius rum duobus de-
fcnsoribus. Magistri ìitrinsquc Registri.
Custoi Cancellariae. Regens Cancella-
riae. Plumhatores I\] n gisti i plumbiScu-
tifi ri Papae porta ntes habituni, et Sol-
daniis. Procuratores Oidinum. Procu-
ralores Principuin. Prociiralor Fiscalis.
Afh'ocati CoiisisiorìnU's. Sumniista. Se-
cretarii. Cubicularii extra Carne ram.
Cubicularii Apostolici partecìpantes.
Clerici Sacri Collega. Cubicularii se-
creti. Cubicularii^seu Capellaniportan-
tes AJitras. Nobìles, qui sedenl in gra-
dtbus Solii. Conservatores Urbis. Ora-
iores Princìpuni. Seuator. Oralor Cae»
saris. Principes stanles in Solio. Can-
tores Papae. Abbreviatores, et Accoliti
cuni coitis. Clerici Camerae. Audilores
Rotae^ cani Magistro sacri Palatiì. Sub-
diaconi. Accoliti cum candclabris se-
pteni. Subdiaconus paratusportans Crii-
cenij ad eius latera duo Ostìarìi ciini
virgis. Praelati parali. Poenitentiarii»
Abbates. Episcopi et Archiepiscopi. O-
ratores Praelati. Assistentes Papae. Car*
dinales Diaconi, Praesbyteri, Episco-
pi. Duo Diaconi assistentes. Scutiferi
cum fanalibus accensis. Milites aliquot
s. Petri supplentes ad Baldacchinum»
Accolìtus cum Navicula. Caerenionia-
rii. Accoliti duo cum duobus turribu^
lis. Servientes armorum quatuor (Maz-
zieri). PAPA sub baldacchino. Auditor
de mitra medius inter duos Cubicula»
ri OS. Secretarius Papae. Medici. Pro-
thonotarii cum cappis. Generales Or-
clinum. Refercndarii. Servientes armo-
rum, et Cursores cum suis maziis a por-
ta Palata per viam Processioni s usque
ad portata s. Petri custodiant Proces»
sionem, et horteniur ad proccdendiim.
Ostiarii siniiliter cum suis virgis pur-
pureis, et cum eis Offìciales de porta
Ferrea, et de Catena a porta s. Petri
usque ad Altare similUer custodiant^
et non perni ittant aliquos ex ire e uni
loriiisj ucc eas extingucre^ nisi reposito
V A e
Sacramento super Aliarì per Ponlìft-
cem. Cneremoniarnm Magislcr, ciim
lin'erendiss. DD. Cardìiialiuni^ Diaco-
noritm Priore^ et Vice Camerario prae-
missiim ordinem ab servar i faci ani ^ et
exequo mar. j4lque linee de Offìcialibus^
et Miiiistris inservienlibus Emincntiss.
D. Card. Vice Cancellario^ et Can-
cellariac A postolicae dieta sufflciant.
Quindi conlinua il Cohellio colle seguen-
ti nozioni, che sebbene non siano pro-
priamente da me poste al luogo loro, per
non interrompere il suo racconto, le ri
ferisco per ultimo. Cum autem lii vel
per resignationem in manibus S. D. N.
Papae, vel per morlem tales esse desi-
nant, ut scribunl Gabrielius, et Rolan-
dus a Valle : ex quo Leo X in ereclione
seuampliationecollegii Praesidentium et
Porlionariorum Ripaeairirmare non du-
bilavit assignationes redditutii Camerae,
et Sedis apostolicae, (|uae fiunt huius-
roodi Ofllciis, et Collegiis, non esse pro-
prie alienaliones, sed polius contractus
localionis ad breve tempus propler liii-
manae conditionis fragiiitateni; quid-
quid enioi Olììcialibus (ut ipse ait) per
Sedem apostolicam hoc modo concedi-
tur, brevi manu ad eandem redite vide-
mus: non inutiliter igiturquaeri poterit
primo circa vacationem per obitum^ si
quis morte naturali non moriatur, sed
cavili tantum, puta quia condemnatus est
ad triremes? Et dicas Ofticium vacare,
quia per huiusmodi poenam status ci-
vdis hominum mulatur, it aut non re-
maneat subiectum, in quo Ollìcium per-
sistal: ita Castrensis et facit texlus iuris
civilis; alque ita servari in practica seri-
bit Cherubinus iunior. Quid autem i uris
erit, si Tilius emat Officium huiusmodi
vacabile in personam Gaii, reservato sibi
dominio, ut quotidie sit in Curia, si Ti-
tius raoriatur, pretium d. Ollìcii erit ne
Caii, an haeredeni Titii? Dicas esse hae-
redem Tilii, quia Caius liabet solum
nomen, uldecisum invenies in Rota ro-
mana iater decisioues, quas vocant uu-
VAC loi
vissìmas, qnae licet loqnatur in locis
Montium Vacabilium, eadem quoque
ratio viget in Oiiiciis, ut in alia decisio-
ne Uomana Scriptoriae i3 maii i583
coram Pamphilio, et in alia Romana
Ofìjcii lauizeratus coram Cavalerio de-
cis. 6o3 per tot. Alque haec si vacent
Officia per obitum. Si vero vacent per
resignationem, quaerilur,an huiusmodi
re^ignalionis fieri possint sine consensu,
et licentia Papae? Negative respondeas,
quia Ofliciales isti aequiparantur usuFru-
ctuario, qui non potest cedere fructum
nisi proprietario, ex iure civili ; ita di-
cendum de huiusmodi Officiis scribit
cardi naiis Tuscus, quia horum Ofticio-
rum Papa est proprietarius, et ila serva-
tur in Curia. Et cessai hodie in hoc
omnis omnino difficultas per ea, quae
sancita leguntur a Sixto V, qui neduni
alienaliones et resignationes huiusmodi
vetuit, sed eliam factas irritavit; quod
etiam a sa. me. Urbano Vili, conflrma-
tus invenies anno 1624. Et quoad Mi-
lites de Lilio, et aliorum Collegia in prò-
vinciis iMarchiae Romandioliae, Umbriae
et Patrimonii erecta, ut supra relatis
constilutionibus, in manibus Pontifici-
bus tantummodo resignari, et ab ipso
impetrar! posse, novosq. Milites a Col-
legio in Urbedumtaxat admitlendosesse
sancivit Julius III. An autem supposita
licentia Papae, huiusmodi resignationes
Olliciorum, et Locorum Montium factae
per minorem suslineantur, atlentis pri-
vilegiis concessis in erectione Motìtium,
et Otficiorum ? Negative respondet Rota
apud Seraphiuum, quae loquitur in Mon-
te Novennali. Leggo nel n.*' 44 ^^^ ^^^'
rio di Roma del 1807, che nella pro-
cessione solenne del Corpus Domim\ e
fu l'ultima celebrata da Pio VII avanti la
sua deportazione, v'intervennero >* tutti
gli uftlciali della Cancelleria e degli al-
tri Vacabili de'diversi collegi, e questi in
numero di più centinaia con torcie ac-
cese ". Occupata poi Roma da' francesi
nel 1 8o8j la solt:nae processione papale
J02 V A C
fu celel)rato dal cnidiiinl Antonclli de-
cano del sagro collegio, e da' n. /\c)e 5o
del Diario di Roma che la nolilicono,
ron si nomina 1* intervento de' vocabili-
sti. Bensì dopo vari anni sì tornarono ad
esporre gli arazzi di Rofiaello, ove passò
la precessione. Nel 1809 il n.° 44 ^'^^
Diario di Roma appena dice, che nel
1.** giugno la solennità del Corpus Do-
mini fu celebrata con processioni dalle
patriarcali e altre chiese. Nel mese se-
guente il Papa fu deportato, ed i vacabi-
lisli non più intervennero alla detta pro-
cessione pe' surriferiti motivi. Nel i855
il Cimento^ Rivista di Torino, scrisse e
pubblicò 8 articoli maligni intorno alle
Finanze Pontificie. Considerali come
accuse contro il governo papale, i gior-
nali libertini, come li chiama la Civiltà
Caltolica j ne menarono trionfo. Questo
fu breve, imperocché la Civiltà Catto-
lica nel t. I della serie 3.', uno ad uno,
capo per capo, li confutò con opportune
disquisizioni lodaleda'saggi. Nell'art. 7.*^
il Cimento prese di mira i Vacabili^
qualificandoli soggetto d' ilarità 1 e con
ridere di alcune denominazioni de' me-
desimi, che disse misteri sepolti in re-
condili ripostigli ; dimenticando che ogni
paese del mondo ha i propri nomi d'ul-
fìcio, i quali talvolta agli altri sembrano
strani, come inusitati dal comune lin-
guaggio. Ed allernando il riso, co' frizzi
e lo scherno, dichiarò il Debito Pubblico
pontificio, arbitrio, dilapidazione e peg-
gio; oltre in cadere in molti spropositi,
su quanto si credeva pienamente infor-
mato. Anche su quesl' articolo ragione-
volmente rispose la Civiltà Cattolica.
Quanto a* Facahili ed ai Vacabilisti^
pare che il Cimento innanzi d* erigersi in
severo censore fosse in debito d* erudirsi
ne' notissimi tratlatisti, fra' quali Cohel-
lio e De Luca sono d* universale cogni-
zione; e così non si sarebbe esposto ad
esser segno di rimproveri e di biasimo,
qual prosuntuoso Aristarco.
VACANTE. Facans^f^acuuSy Inter'
V AC
regnimi. Clic vaca senza possessore; e an-
che si dice per similitudine d'nltrecose;
e di vuoto, secondo l'idea relativa. In
materia di Carica^iìì Dignità^ di Bene-
ficio ecclesiastico, significa che non è
"occupato da un Titolare (F.). Un bene-
ficio é riputato vacante in Curia romana^
quando il titolare muore in Roma, od a
20 leghe o 2 diete da Roma, benché non
si trovi m Italia se non per caso. È il
Papa che nomina a' benefìzi vacanti in
corte di Roma per morte. Dicesi Sede
P'acante (F.), la vacanza del Pontifica^
to (V.)i del Vescovato (V.) e simili. Va-
cano i benefizi non solo per Morte, ma
per Promozione, Rinunzia^ Rassegna,
Deposizione (V.) ec.
VACANZA, Facatio. Si prende per
benefizio P'acante (P^.) e j)er difetto di
Titolare (P^.) legittimo^ anco in una ca-
rica. E si prende per Ferie e Feste (F.),
sospensione di Scuola e di Tribunale
(F.). Per vacanza di scuola particolare o
di Università si óìceferiorj e vacanza di
3 giorni, Scholae vacant in triduum.
Per vacanza di affari forensi, de' Tribu-
nali <7//?o/7z<t, massime degli Uditori di
Rota, sono a vedersi tali articoli per le
diverse denominazioni. Presso gli antichi
romani eranvi due sorta di vacanze, una
ordinaria, e l'altra straordinaria. La i.*
avea luogo per certo numero di giorni
dell'anno, ch'erano da tutti conosciuti.
La straordinaria non avea luogo che in
tempo di turbolenze e di guerre civili ;
allora il senato stabiliva che tulli gli af-
fari cessassero, e non si dovesse più am-
ministrar la giustizia finche non fosse ri-
stabilita la tranquillità. Così avvenne al-
lorché Cesare passò il Rubicone. Tale so-
spensione chiamavasi anche rerum prò-
latio e judiciorum indictio. La deriva-
zione del vocabolo Facanza, la riportai
nel voi. LX, p. 64 e altrove. Abbiamo
Feriae Juveniles Petri Servii, nelle Mi-
scellaneae Antiqui tatum Romanorum,
p. 1881. Feriae Aestivales Petri Fri'
dericiArpii, sive suorum scriptorum hi-
f
V AC
storia^ Hambiirgi 1726. Ferine Aatii-
mnalcs Jos. Ant, de Januarìo post rcdi-
turn a Repuhlicafurisconsultoriim,NQa'
|)oIi 1752 e 1 767.
VACCARiZiA o VICCARr, Facca-
ri ria. Sede vescovile del regno di Nnpoli,
nella provincia di Ca[)il.inata, nella Dau-
iiia, a 4 miglia lungi da Troia, come vuo-
le il Sainelli, Memorie degli arcivescovi
di Benevento, p. 258. Egli dice essere
stata l'antica città nel luogo die i paesa-
ni chiamano Caslellaccio,e che si vedono
le vestigia della rocca e di sue muraglie.
Perciò non crede che Vaccarizia sia Vie-
cari o Biccarij luogo pure situalo nulla
diocesi di Troia, capoluogo di cantone
con collegiata e molte altre chiese. Nella
bolla emanata nel gennaio io58 in Mon-
te Cassino da Papa Stefano X, nel dichia-
rare suiFraganea di Benevento la chiesa
di 7Voirf(nel quale articolo ho parlato
del recente smembramento di Foggia e
sua erezione in vescovato), vi aggiunse
anche Ficcari, Leandro Alberti nella
Descritione di tutta //(^^//V/, rimarcando i
bioghi presso Lucerà e gli Apennini all'o-
riente, riferisce esservi Viccari e detto da
lui Biccarino. Di Faccaritias\ parla nella
Cronaca di s. i^o^f^, e riferita neW Anec-
dota Ughelliana nel t. io, p. 4i5dell'/-
talia sacra j e Ira* vescovati deperiti et
antiquati, nello stesso 1. 1 o, p. 1 8 r : VaC'
cariciensis seuBaccariciensisEpiscopa-
tuSf riportando un atto di Roffrido o Gof-
fredo arcivescovo di Benevento del 1 099,
ragionando del monastero di s. Aroncio
martire, in cui si legge: (juod constra-
cium est prope CasteLlum Baccarici ju-
xta fluviam, qui nominarla maioruni
nostrorum tempore, ah omnibus solehat
Jlunien Acelonis, moderno auteni tem-
pore nominatur /lumen Tirenuni. Nella
stessa Cro/ififc^ si nomina Faccaricia, in
UQ diploma di Pasquale U a Madetmo ab-
bate di s. Sofìa di Benevento, emanato ia
Capua a' 27 ottobre 1 102, nel quale tra*
luoghi soggetti alla badia si ricorda apud
Faccariciam monasterum s, Bencdicti.
VAC io3
Inoltre ò\Faccarizia^\ li-alla dall'Ughel-
li nel t. I, p. i335, in un documento dei
vescovi di Troia, in cui si assegnano i cou-
flni di tal città colle seguenti parole. Ita-
que nec Faccaricienses Trojanis^ nec
Trojani Faccariciensihus herhaticuni
vel dent, vel accipiantj vel quicunique
extraneusfuit Trojae,fuit Faccariciae^
ad hahitanduni sit sub eodemjure, et de
omni herbatico ejctraneoruniy quod est
commune in ter Tr o/ano s, et Faccari'
cienses, haheant ec.Osserva SarQelli,cbe
se dalla distrutta Vaccarizia passassero
gli abitanti a edificar Biccari 6 miglia
lungi da Troia verso i monti, non è nolo,
ma verosimilissimo. Ignoransi i nomi dei
vescovi che occuparono la sede di Vacca-
rizia, e solo si conosce che la sede vesco-v
vile e la diocesi furono unite a quelle di
Troia.
VACCI A (Faccien). Città con resi-
denza vescovile dell'alta Ungheria, nel
circolo Cisdanubiano, capoluogo di co-
mitato, circa 8 leghe al nord di Pesth, o
secondo altri 5 miglia da Buda, nella
marca del suo nome. È situala itt amena
e piana situazione, sulla sponda sinistra
del Danubio, che in queista parte forma
r isola di s. Andrea ; mille et sexcentwii
enunierat domos,atque aduodecini cir»
citer minibus inhabitatur catholicis in-
colis,come leggo nell'ullima proposizione
concistoriale. Tra* suoi edifìzi distingue-
si la cattedrale di magnifica ed elegante
struttura, sotto l'invocazione dellaB. Ver-
gine Maria e di s. Michele Arcangelo, ia
ottima condizione. Ha il fonte battesima-
le e la cura d'anime amministrata dal
proprio parroco. Il capitolo si compone
di 5 dignità, la i. 'delle quali è il prepo-
sto maggiore, 1' altra dell'arcidiacono e-
sercitala prebenda penitenziale, e di altri
7 canonici compreso il prebendato teo-
logo, e di due cappellani inservienti al-
l' uffiziatura divina. Non molto distante
dalla cattedrale è il magnifico episcopio,
bisognoso di riparazione. Vi é un'altra
chiesa parrocchiale col batlisterio,diverse
io4 V A e
altre cìiiei^e, 3 conventi di reìiglos»,iin rag-
gnarilevole seminario, l'ospedale, scuola
di sordo-muti e altri slabilimeiiti. La casa
del comune è riinnrclievole. Vi è stabilita
un' eecellente scuola militare^ una car-
tiera e grandi inercali di besliatne, per-
chè esercita un conveniente traHìco per
l'abbondanti produzioni del feracissiuio
suolo, e per T eccellente bestiame bovino
e cavallino, che nudresi nel suo territo-
rio. Da' molti armenti si trae la lunga e
ruvida lana, che dicesi schiax^ina^ e serve
])er grossolane coperte e mantelli. Vaccia
o WailzenoWaatzeno Wals, in unghe-
rese Wacz, ed in latino P^aciuni, secon-
do alcuni fu edificala nel 1076 dal re di
Ungheria Geysa 1, e presa da' turchi nel
i<]84 la rovinarono e quasi distrussero.
Ma siccome la sede vescovile vuoisi eret*
la verso ili 000 dal res. Slefano I, e quin-
di fatta sudraganea della metropolitana
di Strigonia o Gran, e lo è lultora, così
sembra meglio allribuirne l'edificazione
al duca Geysa padre di s. Stefano I, ver-
so la fine del precedente secolo X. Fra'
primi vescovi merita special menzione
JJtefano de'conli Vancha{V.) unghere-
se, nominalo dal re Bela IV, che governò
la diocesi per 12 anni con mirabile zelo,
indi da Papa Innocenzo IV nel 1244^1*^'
sferito all'arci vescovato di Slrigonia, edal
medesimo crealo cardi tiale circa il 1 2 52.
Il vescovo Stefano Broderico nel i526
coir arcivescovo di Slrigonia coronò in
re d'Ungheria Giovanni Zapolski. Sigi-
smondo de'conli di Kollonitz (^^.)fu ve-
scovo di Vaccia , indi i." arcivescovo di
Vienna e cardinale. Michele Federico de'
conti iVAllliann (^.), neliyiS fatto da
Clemente XI uditore di Rota e poi vesco-
vo di Vaccia , indi nel 1719 lo creò car-
dinale colla ritenzione del vescovato, seb-
bene destinato a viceré di Napoli, dove
con apostolica intrepidezza si oppose al
regio tribunale , che pretendeva di so-
spendere l'esecuzione delle bolle e brevi
pontificii senza il Regio cxcqiialiir. Por-
tatosi alla sua chiesa^ mostrò grande sol-
V A C
Iccitndlnee vigilanza, n fine di lenere da
essa lontani gli errori degli «'retici e sci-
sinnlici confinanti colla medesima , ac-
compagnata da uno ^elo incomparabile
<li n)antenere e ddalare la cattolica re-
ligione. Egli era comprotettore delloGer-
Uìania, de' regni e duminii di casa d'Au-
stiia, presso la s. Sìiì\{ì\ come pure del-
l'ordine di s. Paolo 1 eremita, e di s. Ma-
ria di Camposanto delle nazioni teutoni-
ca e (ìannninga. Intervenne a'conclavi pei'
r elezioni d' Innocenzo XIII , BenedeLlo
XIII eClenienle XII. Morì in Vaccia a' 18
giugnoi734 e fu sepolto onorevolmente
nella sua cattedrale. Ivi erasi ritirato a
menar vita mortificala e penitente, sin-
golarmente per lo scrupolo che gli era ri-
masto fitto nel cuore, per aver datoin no-
me dell'imperatore l'esclusiva al pontifi-
calo contro il cardinal Paolucci. Le No-
tizie di Roma registrano i seguenti suoi
successori nel vescovato di Vaccia. Nel
J735 Michele Carlo d' Althann, proba-
bilmente nipote del precedente, di Rlo-
schlanarcidiocesidi Praga, trasferito dal-
l'arcivescovato di Bari. Nel 1757 Paolo
Stefano Foignch di Cseitha arcidiocesi di
Strigonia, tiaslatoda Varadino.Nel i 760
Carlo Esterhazy de Galanlha di Pre-
sburgo arcidiocesi di Strigonia, Nel 1762
cardi nalCristoforo ileyi//g^tì5zzz(^.)arci ve-
scovo di Trento, dichiaralo amministra-
tore. A suo tempo Pio VI emanò la bolla
Ex injuncto Nohisy degli 8 agosto 17 87,
Bull. Roin. cont. t. 6, p. 75: Approha-
tio et coìifirmalio nonnullorum dccre'
loriun a cardinal iVìgazzi archiepisco-
po episcopo J^accicnsi adininislrator,
prò nicliori giibcrnio siiae dioecesls. Nel
1788 Francesco Saverio Spleny di Fer*
naye diocesi d'Agria. Nel i 806 Carlo Am-
brogio Ferdinando arciduca d' Austria,
nato nel i 794, cioè di 1 2 anni con dis[)en-
sa apostolica. Nel 1 808 Ladislao Raman-
hazy di Nilria. Nel 1823 Francesco di
Paola de'conli Nadasdy de Fogaras di
Vienna, nel i845 traslato all'arci vesco-
vato di Colgcza.Narrai nel vol.LXXXlII,
V A D
p.i/\2,c\ìe ricevè nel giugno 1 85 1 solen-
nemente in Colocza il nunzio eli V^ienna,
Ola cardinal Viale Prelà; ma l'arcive-
scovo essendo poco dopo morto, mg.'
lìonzio nel sellendu e tornò in Colocza a
celebrargli il funerale, colie formalità e
intere.ssanti particolarità che raccontai.
Pio IX regnante nel concistoro de'5 set-
lembre i85i <liè termine alla sede va-
cante, con preconizzare vescovo di Vac-
cia r attuale mg/ Agostino Roskovany
di Szinne diocesi di iSzalmar, <lotlore in s.
teologia, già rettore e prelielto degli slu-
di del seminaiio d'Agria, vice-notaro di
cpieila metropolitana e assessore del con-
cistoro, segielario e cancelliere arcivesco-
vile, prefello della biblioteca diocesana,
cappellano aulico onorario, abbate di s.
Andrea deSaary, canonico lettore di det-
ta metropolitana e nella sede vacante vi-
cario capitolare; dotto, prudente, pieno
d'esperienza , degnissimo del vescovato.
Ogni ntiovo vescovo è tassalo ne' libri
della camera apostolica in fiorini 5oo.
La diocesi occupa lo spazio oh' è fra il
Danubio e il TiI)isco, e si protende in
lunghezza per 3o miglia, e più luoghi e
molle parrocchie comprende.
VADO SABAZIO, CasLnim Vaden-
scy V aduni S abbati uni. C'ìUlx vescovile
antica della Liguria, lungi 3 miglia da
Savona, oggi ridotta a piccola vdla, fu un
giorno cillà fiorentissima ed ebbe alcun
tempo la sede vescovile. Il eh. prete Se-
meria nella Storia ecclesiastica di Ge-
nova e della LigJiria, la chiama picco»
la terra, famosa a'iempi della romana re-
pubblica per accampamenti militari, pa-
ti ia di somnìi personaggi, sede episcopa-
le ne'primi secoli della Chiesa. 1 geografi
l'appellano Jado Sabatìa^ borgo e pic-
colo porlo degli slati sardi, divisione di
Genova, sulla costa occidentale del golfo
diGenova, con rada eccellenle.l suoi 2000
e pili abitanti sono quasi tulli pescatori.
Si vedono nello spazio fra Savona etpie-
slo borgo molli ruderi, vestigio d'antica
grandezza. Sopra una rupe torreggia ia
V AD
io5
ciUadelIfi che ne difende T ingresso. Il
benemerito d. Palenìone Bima canonico
della cattedrale d' Asti, nella Serie cro-
nologica degli arcivescovi e vescovi del
regno di Sardegna^ pubblicò a p. 1 1 4 *•
Cenni storico critici sull^ antica sede di
ì a do nella. Liguria da servire di schia-
rimento alle notizie relative alla sede di
Savona, senza però in nulla derogare a
cpianlo avea scritto nella serie de'vescovi
di Savona , che io in parte seguii e col
Monti. Si dichiara grato alcau. Domeni-
co Navone d'Albenga per le memorie a
lui trasmesse, ed estratte dall'opera mss.
del p. Pietro Paganelli e da altri autori
eruditissimi, le quali servirono ad agevo-
lare le sue ricerche per chiarire e illu-
strare un punto di storia ecclesiastica pa-
tria, senza però in tutto seguirlo, lo poi
mi professo gralissimo ad ambedue, per
l'estratto che mi propongo darne, senza
fatica. La situazione dell'antica Vado in
sito per natura paludoso, le die il nome
di Sabbatum, e da vari scrittori antichi
chiamasi J'ado Sahbatuni.Vnr\^2V?i\o\e
Lotario 1 e re d' Italia ne fa special men-
zione nell'editto pubblicato nellSSo, on-
de far eseguire nel suo regno il decreto del
concilio romano, celebralo da Papa Eu-
genio II neir826 per le pubbliche scuo-
le de'giovani chierici, ordinando che:« a
Pavia debbano recarsi alla scuola di Dun-
gaio da Milano, Brescia, Lodi, Bergamo,
JNovara, Vercelli, Tortona, Acqui, Geno-
va, Asti e Como; in Ivrea, che lo stesso
vescovo faccia la scuola a'chierici; in To-
rino, che concorrano da Venti miglia, da
Albenga, da Vado, da Alba. In Cremo-
na iinparino que'di Reggio, di Piacenza,
di Parma, di Modena ec". A questo de-
creto o edillo appoggialo Muratori , af-
ferma che le ciltà in esso ricordate fu-^
rono le più illustri, e rallegrossi con Va-
do che in que'tempi fosse città fiorentis-
sima. Sia comunque di loro opulenza, è
certo che tutte le nominale ciltà erano
vescovili. Nell'alto di fondazione del mo-
nastero di Spingo, seguilo nel 991 nel
,o6 VAD
castello di Visone, si prescrive all'abbai
le di ricevere la consagrazioiie e il crisma
dal vescovo della chiesa di Vado, KpiscO'
pi s. Fadensìs Ecclesine. Mg/ Domeni-
co Giorgio nell'aureo libro, De antiqui-
tiileltaliaeMetropolihus^ exercitatìo hi-
;r/or/c^,Roniae 1 722, nel cap. 22 forman-
do un catalogo delle sedi vescovili sog-
gf-tte alla metropolitica giurisdizione di
Milano, estratto dal codice Tuano com-
pilato tra il 989 e il 1000 annovera Ac-
qui, Alba, Albenga, Asti, Bergamo, Bre-
scia , Coirà , Cremona , Genova , Ivrea,
Lodi, Novara, Parma, Reggio, Torino,
Tortona, Vado, Vercelli, Venliiniglia.
Il che di più comprova l'esistenza della
città e vescovato di Vado in delta epo-
ca. Il can. Navone, con l'Ughelli, Italia
sacra, l. 4^ p- » oo3 (o p. 780 dell' ediz.
del 1719), Smonenses Episcopi, diceche
sederono sulla cattedra di Vado: Monta-
no (del 601 primo Sa^'onensis Episco-
pus), heueàeUo (Episcopns Vadensis,
quod idem est,acSavouensis,fIorui tan-
no 680 : per tale Io riconosce pure il Se-
nieria), Giovanni I, Pisano, Giovanni H,
Bernardo (per la cui opera singolaruìen*
le, dice Semeria, nel 994 venne traslo-
cata la sede episcopale di Vado a Savona),
Giovanni 111 e Giovanni IV, con cui con-
corda Verzellino nelle Memorie di Sa*
vona. Il Risso, altro storico di Savona,
pelle sue Memorie Savonesi, ne aggiun-
ge 4^5. Eugenio, Adniando, Berardo, Fe-
lice; così sarebbero slati 12 i vescovi di
Vado. Il can. Bima ritiene in vece, ap-
poggialo a più certi documenti, che s.
Eugenio, Montano, Amando, Berardo,
Felice, Pisano, non furono mai vescovi
di Vado, perchè crede di non errare ri-
ducendoli a'seguenli. i.** nel 680 Bene-
detto; 2.°nel 940 Giovanni I; 3.° nel 967
Giovanni II; 4."nel 992 Bernardo; S.^nel
999 Giovanni III; 6."* nel 1004 Giovanni
JV. Il Coleti vuole Montano vescovo di
Aleria o Sagona in Corsica, e non di Sa-
vona. Ma il can. Bima ha argomenti per
riteoere che Monlauo fu realmente ve-
VAD
scovo di Savona (e per tale l' avea regi-
strato nella Cronoloi^ia dr^est'ovi di Sa-
vonn), e che non debba confondersi con
Martino vescovo d' Aleria, uè con Mar-
tino predecessore di Montano nella sede
savonese. Avvertì l'Ughelli, nel dire Mon-
tano I .°vescovoconosciuto di Savona, che
questa sede era già celebre a'tempi di s.
Ambrogio, e per conseguenza provvista
di pastore. Il can. Bima concorda con
esso che non lo sia stalo di Vado , cioè
che non abbia fissato la sede in Vado.
Pisano trovasi registrato negli atti del
conciliabolo tenuto in Roma nel 963
contro Giovanni XII, solloscrillo ve-
scovo di Soana fia' vescovi di Tosca-
na ; e lo slesso Ughelli afferma che die-
tro inchiesta della serie de* vescovi di
Soana gli venne notato anche Pisano,
e può darsi che il Baronio, fìdandosi
di edizione poco accurata degli atti di
detto conciliabolo, leggesse fra* vescovi
toscani anche Pisano vescovo di Savo-
na, invece di Soana (la quale in latino
dicesi Soanen, e Savona Savonen), tan-
to più che in diverse accurate edizioni si
del Baronio che del conciliabolo, Pisano
dicesi vescovo Sanese, e non di Vado o
Savona: ma per escludere Pisano dalla
serie de' vescovi di Savona, fa ostacolo la
sottoscrizione fatta in Genova dal sacer-
dote Decupis munito di procura dal ve-
scovo di Cislerone del 964, in cui si sot-
toscrisse: Ego Pisanus liwnilis episc. Sa^
vonensis. Giusta l'asserto dal can. Navo-
ne, esclusi i detti due vescovi fra'pastori
di Vado, sarebbe Benedetto il i." vesco-
vo che si abbia certezza dell' antica Va-
do, e il can. Bima ci si accorda quanto
a Vado, sebbene in alcuni rass. si trovino
alterati i nomi propri della sede de' ve-
scovi sottoscritti al detto sinodo , massi-
me la serie stampata dell'Arduino, in cui
si fa vescovo della chiesa Valvense , e
rOlstenio lo fa vescovo Albense; ma Val-
va o Balva, città dell'antico ducato di
Spoleto, avea il suo vescovo Chiarenzo
sottoscritto allo stesso concilio romutio
V A D
con alili vescovi del ducato; Benedetto
poi è solloscrilfo con Mansueto metro-
polita milanese e gli altri vescovi di Li-
guria , hnmilis Episcopìis s. Ecclesiae
Falvensìs^ ma nel codice Valicano leg-
gesi Vadensifì^ come notò Ughelli, ef<i
imperizia de'copisti di scrivere Falvensc.
11 Yerzeiiiiio assicura, che collazionati i
mss. del concilio romano si trovò Vadca-
sisj Badensis, Bandenns ^ scambiala la
lettera F colla B, perciò doversi ricono-
scer Fado^ che il Natali nel suo catalo-
go dice essersi chiamato Castrimi Fa-
dense o Fandense. 1 codici Vaticani chia-
ramente riportando P^adeiise , non vi è
dubbk) che Benedetto sia il i.^vescovo di
Vado, che con sicurezza si possa all'erma-
re aver ivi fissata la sua residenza e as-
sunto tal titolo. Stando alle nominale me-
morie , sarebbe il 2.** Giovanni l che a-
Trebbe seduto nel 94^? trovasi però sot-
toscritto in antichissima pergamena del
gyy : E^opeccator liumìlisJoannes Epì-
scopus Fadensìs et Savonen, ratificando
una donazione o privilegio del piedeces-
sore Pietro. Duncjue non Denedetlo, ma
Pietro sarebbe il predecessore a Giovan-
ni I, e questo il i.** che fissò la sede in
Vado e ne assunse il titolo congiunto a
quello di Savonaj dunque sarà vero che
eell'intervallo di circa 3oo anni, tra Be-
oedelto e Giovanni I, sia stata la chiesa
Vadense governala dal proprio vescovo
di Savona, nel cui distretto trovavasi, e
che non abbia a'raedesimi piaciuto assu-
mere il titolo di Vado. 11 3.° sarebbe quin-
di Giovanni 11 longobardo, che in più luo-
ghi si soltoscrisse Episcopus Fadensìs et
Savonensisj e l'Ughelli asserisce averne
trovato il nome ne'registri Vaticani. Di-
strulla poi l'antica Vado, sia da Lotario
re de' longobardi (non esiste tal nome,
forse dovrà dire Luilperlo e meglio Liut-
prando) «spugnalore delle città restate
fedeli all'impero d'oriente, come preten-
de taluno; sia da Carlo Magno per pu-
nire i vadesi della resistenza a lui fatta,
quando coTiauchi sccsu iu Italia vinse i
VAD 107
longobardi e s' irapadroiù del regno , il
che seiidiia pih probabile , poiché da*
franchi venne distrutto anche T antico
castello Savo. Caduta così la potenza lon-
gobarda, fu l'antica Vado unita alla vi-
cina Savona, e come opina il can. Bima,
il vescovo tra'^feri la sua sede in Savona,
a cui le sventure di Vado diedero incre-
mento di popolazione, di splendore e di
autorità, non essendo ammissibile l' opi-
nione d'alcuni che vogliono far credere
i vadesi fondatori di Savona, la quale già
esisteva a'iempi d'Augusto, ed assai rino-
mata pel suo castello ricordato da T. Li»
vio e da Slrnbone; bensì era pochissimo
popolala, riferendo P. Forte nelle Noti-
zie di Savona: Augmentiim coepit Savo-
na ex civilatis^qiiae dicehatnr Fadoruni
Sabba tioriitn. La città di Vado, già sì po-
tente, venne ridotta a piccolo paese , e
passò la sua gloria e potenza a Savona,
per cui chiamasi anco Sabazia, perchè
succeduta a VadoSabazio. In tale circo-
stanza il vescovo Giovanni 11 pensò di
traslocare la sede vescovile in Savona nel-
la chiesa di s. Maria di Castello, e prose-
guì nondimeno a intitolarsi Episcopus
Fadensis ^ e come nota l' Ughelli : Ali-
quando appellatur Fadi Episcopus, a-
liquando Savonensis^ nonnumquani «-
troque titulo insignitur. Gli successe il
savonese Bernardo, che dotò il monastero
di S.Eugenio sull'isoletla di Ber/ezzirinrj-
petlo a V^o, ove vi costituì una quan-
tità d^i monaci che chiamò dal celebre
monastero dell'isola di Lerins in Proven-
za. Al successore Giovanni III, espulso
dalla sede,fu sosliluitoGiovanni IV d'or-
dine di Arduino re d'Italia, perchè mal
soffriva che si fosse associato al metropo-
lita di Milano nel riconoscere lìurico re
d'Italia, e questo essendo tulio dedito ad
Arduino, pose fine ad ogni vertenza in-
sorta tra'vadesi ed i nolesi relativa a'con-
fìni di terreno. Conclude il can. Bima, col
Monti nel suo Compendio di memorie di
Savona, che la città di Sabazia (cioè Va-
do de'Sabazi, e diverso da Sabazia etru-
io8 V A D
scn succeduta da Trevignano, di cui nel
voi. LVIII, (>. I iS), alilo più non avea
die il nome e il (itolo di capo di questa
diocesi; che Uernaido vescovo da Saba-
zio trasferì la sua leììidcnza a Savona , e
nel 995 ottenne da Gregorio V (ma que-
sti fu eletto a' 3o maggio 996) che eoo
suo diploma fosse dichiarata Savona ca-
pò e residenza del vescovato, essendo ces-
sati i motivi che indussero IVatanalio nei
575 a chiedere da Savona la traslazione
a Vado da Papa benedetto I, ed a poco a
poco andò in disuso la denominazione di
rado^ ritenendo solamente la 1 / e antica
(li Savona , 1 imanendo a Vado un solo
«uciprete, che con autorità precaria sotto
la giurisdizione del vescovo di Savona
governava quella chiesa. Dice ilcan. Bi-
lua, premesse queste critiche osservazio-
ni sulla città di Vado, e sui vescovi che
ivi (issarono la loro residenza, pare oppor-
tuno dare qualche notizia sulla sua chie-
sa. In quasi tutta la Liguria, e specialmen-
te in Vado, città popolalissima, molli e-
lano gli adoratori delle false divinità sul
cominciare del secolo VI, e narra il Uui-
iiart neir istoria della persecuzione van-
dalica, riferito dal can. Navone, che i re
*\t\'andali ilominalori dell'Africa, setta-
ri ariani e nemici de'cattolici, cacciarono
in esilio sul principio di detto secolo (da-
ta contrastata pel riferito nel voi. LXXX,
p. 87, e in tanti articoli), i vescovi della
regione fedeli all'ortodossia, fra' quali i
gloriosi ss. Eugenio e Viudemiale (il JVIon*
ti vi aggiunge s. Fiorenzo o riorentino
d' Utica), che dopo d' essere stati alcuni
anni in Corsica passarono in Vado, e qui-
vi convertita alla fede gran parte del po-
polo, Viudemiale ritornò in Corsica, ed
Eugenio si ritirò in un'isuletla distante
circa 1 miglia dal castello di Vado, la
quale esiste divisa dalla villa Berzezzi, di
cui porla il nome, per un piccolo tratto
di mare, in cui tuttora esistono le rovine
d'un antico monastero ancora celebre pel
soggiorno che in essa vi fece s. Eugenio,
divenuto proiettore della vicina IVoU che
V AD
na cele!)i'a la festa n*i6 luglio, giorno fe-
nato pe'savonesi a tempo di Verzellino.
Il che fa credere al can. Dima, che circa il
G-20 Vindemiale ed Eugenio chiamasse-
ro alla fede cristiana gli abitanti di Va-
do ed i vicini paesi. Soggiunge, che da tal
epoca indietro non par credibile che i
vadesi fossero prowisli di sede vescovile,
perchè in tanta copia non vi sarebbero
statii gentili, ed iss. Eugenioe Vindemia-
le non avrebbero assunto l'apostolico mi-
nistero in un luogo provveduto di pasto-
re legittimo, perchè giusta l'antica di-
sciplina della Chiesa d'occidente, soleva-
si spedire zelanti ecclesiastici a promul-
garrEvangelo,e formato un numero rag-
guardevole di cristiani loro davasi un
vescovo proprio. Da questo racconto, il
can. Navone vorrebbe escludere ogni ve-
scovo sia a Vado, che a Savona prima di
tale epoca. Invece il can. Bima, convenen-
do che nel secolo VI esistessero vari ido-
latri nella popolosa città di Vado e paesi
circonvicini, non nega la gloria a'ss. Eu-
genio e Vindemiale d' averli richiamati
alla vera fede, in uno a'traviati; ma che
non avesse Vado il suo vescovo, ed i pae-
si circostanti nella persona del vescovo ti-
tolare di Savona , nel cui dislretto era il
Caslrum P^adense, e che tale fosse la di-
sciplina della Chiesa occidentale nell'isti-
tuzione ì\g Fescovati^ dice esistere trop-
pi argomenti per opinare diversamente.
Quanto alla Liguria (Ino da' tempi apo-
stolici era provvista di vari vescovi , per
deputazione dell'apostolo s. Barnaba che
ivi predicò la fede di Cristo, e la stessa
sede di Savona l' avea ricevuto nel 3 i 2
da Papa s. Melchiade nella persona d' I-
merio , e l' imperatore Costantino I nel
3 I 3 la dotò; ed è perciò che Vado e i pae-
si convicini aveano il vescovo in quello
di Savona, sotto la cui giurisdizione tro-
va vansi. Vero è però, che infierendo il
furore degli ariani, e mal sicuro trovan-
dosi il vescovo di Savona, ricorse Nata-
nallo a Papa Benedetto V per trasferire
la sua residenza io Vado, città ben dlfe-
V A D
sa e pnpnlnta , e ne ottenne facoltà , per
i;iii ellelhiò la iraslocazione. Si lia una
convenzione falla in Vado con certo A-
lipi andò diacono, a'5 agosto 588, per un
fondo rustico, senza die il vescovo avesse
assunto il titolo del luogo re?idenziale,rite-
nendo quello diSavona, come fecero i suc-
cessori suio a BenedeltOjche sarebbe stalo
il I .°hd assumere il l'\io\o iV Episcopus Fa-
densis^ e ad unirlo all'altro di Savoncn-
sis. Riferiscono i Sanmartani, che i suc-
cessori di Benedetto, Annecio, Remo e I-
giulfo, passarono gran parte del loro go-
verno in Genova, da dove provvedevano
a'bisogni della chiesa Savonese e Vadese,
e ciò per evitare l'eretico furore degli a»
riani, divenuti più fanatici e crudeli. Ne
vale a confermare la contraria opinione
il dire, che non trovasi la chiesa di Savo-
na ricordala nel concilio di Milano del
45 1, e neppure farsene menzione nel ca-
talogo Tuano. Diifatti Frodonio litolare
della sede savonese nel 4^ i , non potè in-
tervenire a detto sinodo, perchè secondo
la testimonianza dell'archivio Valicano,
chiaoìato in Roma da s. Leone I, vi rima-
se due interi anni nel disimpegno di va-
rie incumbenze. Nel detto catalogo e nel-
l'editto di Lotario I non si fa menzione di
Savona, oltreché in ambedue sonovi non
poche ommissioni; in essi trovasi bensì
nominata la sede di Vado, ch'è lo slesso
di quella di Savona. La mutazione del
titolo si operò insensibilmente, e senza che
producesse la menoma influenza sul ve-
scovo titolare e sul popolo. Che poi ìlZuc-
carello abbia nel i533 col catalogo de*
\escovi savonesi da lui collocato ne'regi-
stri capitolari, cominciata la sua serie da
Giovatali 11, perchè ili. "che al titolo P'a-
densis uni il Savonenfis , ciò altro non
proverebbe se non che esso non conobbe
i documenti consultati dal can. Rima nel
compilar la serie de'vescovi savonesi, e lo
slesso si contraddirebbe nel porre a capo
dì sua serie Giovanni li , non potendosi
dire secondo se non fu preceduto da al-
tra omouimo. Anche UgheUi priocipiò la
V A H 109
serie da Montano, circa 3ooann» prima
del Zuccarello, e 3oo dopo la pubblica-
ta dallo stesso can. Rima; ma, come dissi,
afferma che già altri esistevano prima di
lui, ignorandone il nome, il che prova ia
qual conto abbiasi a tenere il catalogo
del Zuccarello.
VAGARSCIARAT o VALASCIA-
BAT. /^. EzMiAziN e Patriarcato Ar-
meno.
VAHABITI 0 VECABITI. Setta ara-
ba maomettana , numerosa e bellicosa,
della quale ragionai a Maomettismo e
Turchia. Quanto a'Ioro usi e costumi si
legge un erudito e interessante articolo
n^WAlhmn di Romciy 1. 14> p- ^3, di cui
credo opportuno di darne un cenno. Le
tribù arabe denominate vahabiti o veca-
bili, occupano tutta l'Arabia centrale, va*
sta regione poco conosciuta agli europei
prima delie guerre del celebre Mehcmet-
Alì viceré tV Egitto (F,).S\ crede che la
principale tribù de' vecabili derivi diret-
tamente iWcannalij popolo intrepido e
guerriero, *he nato ne'deserli e animalo
dallo spirito medesiuio, fu già sotto i ca-
liffi Abassidi il flagello deW Islamismo o
Maomettismo^ ed il terrore dell' Arabia.
Sulla derivazione de' vahabiti o vecabili
cWcarmatiy veramente il eh. e benemeri»
to Bazzarini non conviene, e la chiama
congettura poco fondata, nel suo supplì-
mento al Dizionario Enciclopedico^ nel-
l'articolo Carmath. Questi dichiara fon-
datore d'una setta ^v^' Mussulmani ^ch^
fece molli danni all' impero degli arabi
nel secolo 111 e IV dell' Era della Egira
Maomettana. Tale caposetta si nominava
Hamdan,efu soprannominato Carmath,
dagli occhi rossi o da' piedi corti. Nato
in bassa condizione nel li secolo dell' E-
gira, e Vili di nostra era, abbracciò la
dottrina degli ismaeliti o islamiti , e la
propalò ne' dintorni di Rufa. I capi di
questa setta nutrendo mire ambiziose, che
coprivano col velo della religione, usava-
no ogni specie di seduzione onde aumen-
tare i loro adereuli. HamdaD divenne
no VAH
subito uno de* più fanatici e zelanti fra
essi, e fu fallo capo o Dai ótiWa missione
isinaelìtuin parte della Mc<«opulainia. In-
siiuiaute e (ecunito iu es[)oilic'uli, iiun tar-
ilo od allirare gran uiimetu di uomini
al suo partito , e su di essi uttemie tale
ascendente, che potè intraprendere d'in-
trodurre fra essi la comunanza de' beni,
ed anche quella delle mugli. Andò poi in*
segnando non occoirere digiuni, preghie-
re, limosine, né gli altri dovei i imposti a'
luussuimaui seguaci di Mao(nello; di piìi»
potersi impunemente abbandonar senza
freno a tulle le proprie passioni , truci-
dare i nemici della propria credenza, sac-
che^jgiare i loro beni, calpestare tulle le
leggi, ec. Una società fondala su tale as-
soluta licenza ispirò terrore a tulli quel-
li che non appartenevano a (piesla forini-
dabile scita; i missionari crederono indi-
spensabile erigere un forte che servisse
loro di capitale e d'asilo all'occorrenza.
In esso Carniath fissò la sua residenza.
Egli in seguilo ruppe ogni commercio
cogl'ismaeliti, ma s'ignora cosa avvenne
in (ine di lui; forse perì vittima della ven-
detta del capo supremo della sella av-
versaria, ossia de' maomettani. La sua
morte o scomparsa si pone intorno al-
l'anno 285 dell'Egira, o 900 di nostra e-
ra. JVeir Irak- Arabi presso di Rufu vi è
il villaggio di Cannatila rimarcabile per
aver dulo il suo nome alta persiana di-
nastia de'Carmalhes, che regnò circa per
uw 3.° del secolo X. L'aulore dell'artico-
lo iìtW Jlhiim^ dice che a'discendenli de*
Carfnali si unirono 5o anni adilielro(ora
60) fra le diverse tribù, che hanno co-
minciato a mostrarsi nella storia moder-
na, insieme col promotore della scissione
religiosa u)ussulmana , lo sceik Abd-el-
\ahab o Vehab, del quale tali tribù a-
dottarono il nome, i seguaci avendo ri-
dotto il maoniettismo alla sua più gran-
de semplicità. 11 suddetto pascià d'Egit-
to per 3o anni guerreggiò contro i ve-
cabili, dal I b 1 I ali 842, e non potè mai
ìuterameute sollomellerli; dopo le villo-
V AH
rie del suo figlio Ibrahìm pascià, essi
propriamente non formano una nazione;
nondimeno sono ognora pronti a ricom-
parire ulla prima favorevole occasione, ed
a rivendicarci loro diritti, e di recente
tornarono a guerreggiare contro i turchi.
La religione de'valuibili o vecabiti è il
deismo : e negano pertinacemente di ri-
conoscere in Maometto le qualità di pro-
feta. Le loro moschee sono prive intera-
mente di decorazioni; non vi si vedono
né cupole, né torricelle; abborriscono pro-
fondamente i seguaci di Maometto, e la
loro avversione per questi è assai maggio-
re di quella che sentono pe'crisliani e pei
giudei; deridono la memoria de' sceik e
degl'i mani maomettani, e distruggono
da'fondamenli gliedifizi che i mussulma-
ni hanno eretto a que'defunti che vene*
rano quali santoni. 1 vecubiti seppellisco-
no i loro morti senza alcuna pompa, e
non innalzano loro alcun monumento.
Sono egualmente semplici i loro costumi;
regna fra essi una perfetta eguaglianza,
uè conoscono distinzioni; non ammetto-
no titoli, e si salutano reciprocamente col
nome di fratello e di sorella , ed usano
verso il loro capo una rozza famigliari-
tà, quantunque prontamente e ciecamen-
te ne eseguiscano i cenni. Ponno divider-
si i vecabiti in 3 classi : i guerrieri, gli a-
gricollori e gli artigiani. Lungi dal di*
sprezzar l'agricoltura, come gli arabi del
deserto, essi l'apprezzano e vi si dedicano
volenlieri ; coltivano l'arti meccaniche,
ed i loro tessuti di lana e di cotone, non
che i loro lavori di cuoio e di ferro, non
sono punto inferiori a quelli degli altri
arabi. Vivono sotto povere tende, o iu
meschine casipole assai mal costruite, e
non hanno altre suppellettili che tappeti
grossolani, stuoie e vasi di legno o di
creta. 1 vecabiti sono in generale estre-
mamente sobri , non si nutrono che di
pane d'orzo, di datteri e di pesce; di ra-
do si pascono di riso e di carne. Come gli
altri orientali, mangiano assisi per terra,
colle gambe iocroeiate iotoruo ad un
VA H
cuoio circolare, che serve loro di mensa.
II caffè e il tabacco sono loro inlerdelti.
JN'elle loro spedizioni portano seco soltan-
to due otri pieni, uno di farina e l' altro
d'acqua. Quando hanno fame, stemprano
in un poco d'acqua un pugno di farina,
e senz'aicuna preparazione l'inghioltono.
Induriti alle privazioni e alla fatica, pon-
ilo sopportar la fame e la sete per gior-
ni interi. Semplice è altresì il loro vestia-
rio. Portano un' ampia camicia di tela
giallastra, che avvolge quasi tutto il lo-
ro corpo, e sopra di essa indossano un
semplice mantello di lana, rozzamente
I tessuto ; la loro testa rasa è coperta da
una specie di berretta di colore, serrata
intorno ni capo da una funicella di pelo
di cammello,© da un cerchio di legno or-
nato d'intagli di stagno e di madreperla:
altra calzatura non hanno che ì sandali.
Gli emiri ed i sceik mostrano più lusso
nelle loro vesti , ma non ponno far uso
d'oro e di seta. In tempo di guerra i veca-
biti portano una cintura di cuoio, cui ap-
pendono un pugnale ricurvo , arma ter-
ribile nelle n)ani loro, che scagliano eoa
Somma forza e destrezza, e col quale fe-
riscono mortalmente e da mollo lungi il
nemico. Siccome mancano di pietre fo-
caie e di piombo, si servono ordinaria-
mente di micce per scaricare i loro mo-
schetti, ed invece di palle lanciano per lo
più piccoli ciottoli rotondi, avvolti in pez-
zetti di cuoio, aflìnchè empiono esatta-
mente il calibro dell' archibugio. Le fe-
rite prodotte da tali ciottoli sono senipre
pericolosissime. Al pari di tutti gli ambi,
i vecabiti si compiacciono nel caricarsi
d'un arsenale d'armi e di munizioni, chiu-
se in sacchetti ed in giberne ornali di sta-
gno, coralli e cuoio, di effetto [)ittoresco.
Coujbattono ordinariamente a piedi j o
assisi sui cammelli, i soli capi avendo ca-
valli.Su'cammelli siedono due vecabiti su
doppie selle, e volgendosi le spalle. Uno
• combatte, l'altro carica il moschetto e di-
rige il cammello o per inseguire il nemico
o per fuggire. La loro cavalkria è poco
VAI I f I
nnaierosa, non s' impegna nella zuffu, e
solo comparisce dopo la vittoria, per sac-
cheggiare e spogliare i morti. Gli emiri
ed i sceik portano Telmo, ed una lunga
e larga spada a due tagli, o una sciabo-
la turca, una lunga lancia , un piccolo
scudo e un ricco pugnale alla cintola,
talvolta anche la mazza. Due grandi scu-
di bislunghi attaccati a'fianchi del caval-
lo, lo difendono in singoiar modo dalle
lancie e da* pugnali nemici. I vecabiti
combattono con somma intrepidezza, ed
affrontano con incredibile coraggio i lo*
ro nemici, massime quando si tratta tteU
la loro religione, che accorda la gloria
del martirio a coloro che periscono cooi-
by: tendo per la sua difesa.
VAISON, Vasio. Città vescovile di
Francia del contado Venaissino in Pro-
venza, dipartimento di Valchiusa, reso
celebratissimo pegli immortali versi del
Petrarca, pel riferito nel voi. LXKV,
p. i33, circondario, distante 5 leghe e
mezza da Grange e 9 d'Avignone, capo«
luogo di cantone. Giace sopra m\ moute,
a pie del tpiale scorre il fiume Ouveze o
Lovcze L' antica cattedrale è dedicala
alla B. Vergine, e vi sono altre chiese. Ha
alcuni stabilimenti. Si rese rinomata l'u-
niversità degli sludi eretta da PapaNicolò
V il I .^'maggio 1 45o,a cui concesse prero-
gali ve e privilegi. I suoi abitanti ascendo-
no a circa 2000, e vi tengono 4 fie»*e
r anno. Nella sommità è un forte castel-
lo. Ha le sue terme e bagni chiamali Dar*
gus Balneoliy presso un sobborgo della
città, mentovali nella bolla da Pasqua-
le H diretta al vescovo Ilostagno. Tra*
suoi illustri vanta d'aver dato i natali
all'antico storico latino Trogo Pompeo,
che fu segretario di Giulio Cesare. E fab-
bricala presso l'antichissima ^rt^/o,graa-
de e opulente città de' galli, di cui s'im-
puta la distruzione a* longobardi. Di sue
magnificenze sono testimonio le vestigia,
e i monumenti scavati, iscrizioni, meda-
glie, sepolcri, statue e altri marmi. L'an-
tica Vasio fu capitale de* Vacoulii, come
113 VAI
Lue al dire di Plinio, della provincia
Viennese nel poese de' Ti icastini, e prese
il suo nome di Casone e poi Vaison dal
tiello (iuuie, cliiamato anclie Ovasico. To-
lomeo riferisce che superò in isplendore
Lue. e Pomponio Mela l'annoverò Ira
le città principali delia Gallia Narbone*
se, e la preferì ad altre inclusi vamenle ad
Avignone. Fu una delle principali colo*
nie romane, e città federata de' romani
la chiama Plinio. Siccome erano di due
specie, si crede che Vasio fosse della i^
perchè i vaconzìì non più guerreggiaro-
no contro i romani, in uno co' popoli Sa-
lii^ dopo che di essi trionfò il proconsole
M. Fulvio Fiacco. Vaison, chiamala anco
f'^asoiu't soggiacque al dominio degli o-
slrogoti nella decadenza del romano im«
pero, indi fu occupata da' franchi e poscia
fece parte de' polenti conti tolosani, si-
gnoreggiandola anche i propri vescovi,
tranne quando ne usurparono il dominio
ì medesimi conti. In punizione di Rai-
inondo VII conte di Tolosa (/^.), fau-
tore degli eretici albigesi, decaduto dai
suoi stati, la contea del Fenaissino (/^.)
venne con Vaison devoluta in sovranità
della s. Sede nel i 228, in compenso del-
le gravissime spese sostenute per avere
guerreggiato i crudeli e fanatici eretici al-
bigesi, per la pace e prosperità di quel-
l'ampie contrade; e Gregorio IX dopo a-
ver assolto il già scomunicato conte, r)el
1229 ne assunse il governo. Papa Cle-
mente V, stabilita la residenza pontificia
neli3o5 in Provenza, passò a dimorare
in Avignone, assumendo il titolo di con-
te del Fenaissino, al quale dominio nel
1348 Clemente VI uni Avignone (F.)^
avendola acquistata da Giovanni, e con-
giunta al Venaissino si formò lo stato
d'Avignone. Questo stalo lo fece occu-
pare Luigi XIV ne'pontificali d'Alessan-
dro VII e Innocenzo XI per rappresa-
glia , e nuovamente fece il simile Luigi
XV sotto Clemenle XI li. Indi per la ri-
voluzione di Francia occupali da'repnb-
bliconi Avignone , il contado Venaissino
V A I
e Vaison, r' i4 settembre 1791 furono
riuniti alla Francia. Nel disastroso tratta-
to di Tolentino fu costretto Pio VI di ce-
derli alla medesima Francia , contro di
che il successore Pio VII emise solenne
protesta. Della chiesa vescovile di Vai-
son, il p. Fanloni nella Storia cV /lvi»no*
ne e del contado Fenesino^ stato della
Sede apostolica, nel riferire la serie de*
suoi vescovi, fece menzione prima dell'al-
tre del Venaissino, perchè di esso la più
antica e più cospicua , cominciando le
memorie di sua conversione al cristiane-
simo ne' primi secoli della Chiesa. Fece
parte della provincia ecclesiastica Vien-
nese nell'esarcato de' Gauli, divenne suf-
fraganea dell'arcivescovo d'Arles, finche
Sisto IV nel!' elevare Avignone al grado
metropolitico, fra le sulfraganee che gli
assegnò vi comprese Vaison. Il [."vescovo
che si conosca è Dafno o Da mas, il qua-
le intervenne nel i.° concilio che dopo il
sinodo rouìano celebralo in Laterano da
Papa s. Melchiade, si adunò in Arles nel
3 14 per la causa de' donatisti. Di che
scrisse poi s. Agostino nell' Epist. 162 a
Glorio e ad altri vescovi, che Dafno vi si
portò, cani Fictore esorcista decidila-'
te Fasensi. Da questo argomentò il p. Co-
lombi, che avesse Dafno ricevuto da'suoi
maggiori una chiesa già fornita di chiari
soggetti, mentre tra gli esorcisti , ullinio
grado del clero, conlavasi Vittore degno
d'aver luogo in quella ragguardevole sa-
gra adunanza de' vescovi d'occidente. Chi
a Dafno successe, s' ignora; né si conosce
se o Dafno, com'è credibile, o altro vesco-
vo, reggesse (|uesta chiesa (|unndo fu ce-
lebrato il I ." concilio in Vaison, poco do-
po il i." concilio generale di Nicea. Dopo
l'intervallo di più d'un secolo trovasi Au-
spicio vescovo di Vasone nel concilio te-
nuto aUiez nel 4^9» •'* quello d' Grange
del 440, e nel 2.°di Vaison del 44'^'- ^^''""
no credulo alcuni, che quest'ultimo con-
cilio debba dirsi Fasatensc, come tenuto
in Hazas città vescovile di Guascogna; ma
ciò è lontano dal verosimile, mentre e
VAI
cerio che i vescovi intervenuti erano deU
lei provincia ecclesiastica d'Arles. Inoltre
questo prelato è senza dubbio quell'Au-
spicio, che con ahri vescovi delia metro-
poli d'Arles consagiòRavennio arcivesco-
vo di quel la chiesa nel 449» <^<^'^» cui scris-
se Papa s. Leone I. In quest'ultimo anno
sticcesse ad Auspicio il vescovo Fonteio,
lodato per umanità e dottrina da Sido-
nio Apollinare nei lib. 7, Epist. ^idì lui
si fa pur menzione nel ^ji: l'assedio che
a suo tempo fece Genserico re de'vandali
alla città Vasalense, meglio si deve rife-
rire a Bazas, la quale dicendosi in latino
Vasatiirn e Basatimi , più volte dagli
scrittori fu confusa con Vasio o Vaìson^
la quale fu anche detta Vasense , e nel
diploma di Pietro IH di donazione alla
chiesa di Nizza, leggo Petro J^asensis E-
piscopus. Ethilio o Sestilio vescovo in-
tervenne al 3.** concilio d'Orleans: non si
conosce se fu immediato successore di
Fonteio. Bensì nel 5o9 occupò la sua se-
de GemellojSecondo i Sanmartani,il qua-
le nel 5i 7 sottoscrisse il concilio d'Epao-
ria, nel qual tempo essendo morto iuVai-
son il prete Euiipiodi 27 anni, da que-
sto rilevasi essere ancora la città sotto il
dominio degli ostrogoti che l'aveano oc-
cupata, perchè il concilio d'Agde aduna-
lo nel regno de' visigoti, esigeva 3o anni
per ordinarsi sacerdote. E verosimile che
questo vescovo di Vaison fosse quello tro-
vatosi nel 524 al 4-° concilio d'Arles, re-
gnando l'ostrogoto re Teodorico. Alethio
che gli successe, probabilmente assistè nel
528 al S.** concilio di Vaison: inoltre è re-
gistralo il suo nome negli atti del 2.° con-
cilio d'Oiange del 529, e in quelli d'Or-
leans del 54 1 . Di S.Teodosio suo successo-
re altra memoria non resta, se non che per
l'eccellenza dell'integrità de'suoi costumi,
e per la copia de'miracoli in cui risplen-
dè dopo morte, venendo ascritto Ira'san-
iiah immemorabili. SoUoscnsse il con-
cilio d' Arles del 552 o 554 P?^' mezzo
di s. Quinidio [F .) di Vaison , arcidiaco-
no di sua chiesa, che vi assistè come prò-
VCL. LXXXYII.
VAI n3
curatore suo, regnando allora nel Ve-
naissino e in Avignone Childeberto 1 re
de'franchi residente in Parigi. Invecchia-
tosi il vescovo, per le viilìi di s. Quinidio
e il desiderio del popolo lo prese a coadiu-
tore, e gli aflìdò l'amministrazione della
diocesi. Il servo di Dio fu chiaro per emi-
nenti virtù ; aveano precorso la sua na-
scita celesti apparizioni e profezie, onde
la madre prima che venisse alla luce l'of-
frì a Dio; e fu tale che riempì colla ce-
lebrità del suo nome non meno Vaison,
che le città vicine e le regioni Alpine ma-
rittime. Poco dopo, morto s. Teodosio nei
5SQ o nel 56 1, s. Quinidio divenne ve-
scovo della patria, e assistè al concilio di
Parigi del 572 0578. Governava Avigno-
ne colle sue dipendenze il patrizio Ennio
Mommolo, figlio di Penio conte d'Auxer-
re, il quale con A nsberto era nato da Fer-
reolo e da Industria o Deuteria figlia di
Clodoveo I re de' franchi. Ansberto di-
venne duca d'Austrasia, e dal suo figlio
Arnoaldo nacque s. Arnoldo padre d'Ar-
segiso, avo di Pipino da cui ebbe i natali
Cai lo Martello avo di Carlo Magno. Ora
Mommolo recandosi in Vaison , reduce
dalla vittoria ottenuta sui longobardi nel
Delfìnato , per lungo tratto s. Quinidio
r incontrò con gran pompa e ossequio.
L' orgoglioso Mommolo nel congresso
ch'ebbe luogo nella città si oifese , non
credendosi abbastanza onorato,e montato
infuria aspramente maltrattò il santo pa-
store. Questi temendo piìi pel gregge, che
per la propria vita, si ritirò nella sua ca-
mera e con umili e fervide preghiere si
rivolse a Dio. L'inseguiva Mommolo con
animo ostile, quando s'intese tocco dalla
mano divina, compreso di terrore, man-
car le forze e i sensi. Caduto io mortale
agonia, cede la sua superbia al timore di
mancar di vita , e fattosi portare nella
stanza di s. Quinidio, gli domandò perdo-
no e il ricupero della sanità. L'uno e l'al-
tra tosto ottenne dal misericordioso pre-
lato , bensì ammonendolo, che in avanti
venerasse Cristo nella persona de' suoi
8
idrtS/P/irvt/ì^. t'osi.
ii4 V A !
saceiiloli e non più gli oltraggiasse. Mo-
vi s. Quinidio, celebre per insigni mira-
coli, per vigilanza, 7elo e carità pastora-
le, n' i5 f«!l)|jraio 578 o T79, nel qual
giorno se ne celebra la festa, ed i conoil-
tidini l'assunsero a loro comprotettore. A
suo onore fu fondata iiu'obba/ia subnr-
bana. E chiamato anco Gcncsiì in una
bulla di Pasquale II , e in altri monu-
iTienli Clinidìo. 11 p. Fantoni lo dice ca-
nonizzato da Innocenzo HI con solenne
Canonizzazione. In tale articolo ripor-
tando il catalogo de' santi solennemente
canonizzati da'Papi, noi trovai compreso.
Il bealo Barsio o Bartlio ne fu successo-
re , per lesti «nonianza del Breviario di
l'aison. Le sue virtuose ge^la, come quel-
le di s. Teodosio, restano ignorale, solo
essendone gloriosi i nomi. Artemio che gli
successe è nominalo nel concilio di Ma-
^on del 58 1, in quello di Valenza del
584,eneirahrodi Macon del 585.Petro-
Ilio che segue, non si sa se immediatamen-
te gli fu sosliluilo, e se ne fa menzione
nel concilio di Chalons del 65o. Perdu-
ti i monumenti de' successivi vescovi di
Vaison, s' ignorano per 200 anni. E fa-
Jiia che la chiesa cattedrale <li s. Maria
«li Vaison l'edificasse Carlo Magno, pro-
babilmenle per aver l'antica colla città
palilo il furore de'saraceni, dal quale ec-
cidio si credono ancora perdute le scrit-
tine. Secondo il p. Ctilouìbi, ueir853era
vescovodi Vaison SÌQ)plicio,in teaq)0 del
quale Carlo redi Borgogna e di Proven-
za si recò a Vaison e vi fece una dona-
zione. Egli regnava uell'868, per cui al-
cuni voglionocheciò avvenisse sotloil ve-
scovo successore Elia, il quale assistè nel-
r87f) al sinodo di Montala nell'arcidio-
cesi di Vienna, in cui si concesse a liosone
il titolo di re del nuovo regno della Bor-
gogna Cisjurana e d'Arles. Umberto se-
deva nel 911, come scrive il Colombi, e
da'oìonumenti della chiesa d'Arles si rac-
coglie,che ancora reggeva la chiesa di Vai-
son nel 985 e nel 989; ma osserva il p.
Euutoni, che conviene credere che fosse
VA I
nitro Umberto , essendo impossibile che
un medesimo vescovo governasse 78 an-
ni. Benedetto I vivea nel 996, essendo ri-
cordalo nelle lettere di Benetletto Vili a
favore del monastero di Monte Maggio-
re. Almerado nel 1 oo3, Pietro I nel 1 009,
Imbeito nel 1026: ne'calaloghi episcopa-
li si leggono i soli loro nomi. Ad Imber-
to successe Pietro 11 , e di lui si fa me-
moria nell'antiche scritture di s. Vittore
di Marsiglia sotto gIianniio4o, io43 e
io44- J^gli acquistò per se e pe' vescovi
successori il dominio lecnporale della me-
tà di Vaison, per donazione di Goffredo
e di Bertrando conti di Provenza, come
riferisce la bolla di Pasquale 11 neh 108
diretta al vescovo Rostaguo, nella quale
inoltre si attesta, che il dominio dell'altra
metà di Vaison, prima di Pietro II e da
lungo tempo già apparteneva a'vescovi di
Vaison. Benedetlo 11 sticcesse a Pietro II,
indifiorìPielro 111 cognominaloPiaimbal-
do,nelio56intervenne al concilio di S.Gil-
les o Egidio sul Rodano, e nel 1 060 donò
a'monaci di Marsiglia la badia de'ss. Pie-
tro e Vittore posta nella sua diocesi. Di
questo Pietro 111 diverse notizie si ponno
leggeienel t. 4 delle Monumenta Histo-
riac Patriae. Ivi si dice figlio di Raim-
baldo oriundo di Nizza , il quale per de-
naro procurò al figlio in età molto ver-
de il vescovato di Sisleron, come ricco e
polente parente de' conti di Forcalquier
e di Provenza; dipoi passò alla sede di
Vaisou. Di più, che a' i5 ottobre i o4o
intervenne co'vescovi dell'Alpi marini me
alia consagrazione della riedificata chie-
sa di s. Villoredi Marsiglia, onorala dal-
la presenza di Papa Benedetlo IX. Nel
1 073 donò al vescovo di Nizza Raimon-
do e successori il castello e pertinenze di
DrappOjil quale lo goderono con titolo di
conti, esistendo una lega e mezza da Niz-
za, e ciò per lasciar di se benefica memo-
ria nella patria cattedrale. In segno poi di
gralitudine, Pietro 111 ricevèda Baimon-
do due cappe vescovili ed un bastone pa-
storale probabilmente d'argento. Sem-
VA I
bra merlo nel 1 098 circa, die hai. scpt.y
dopo esserrieslalo uno de'lulori d'Ernien-
gaudo possente conte d'Urgeljfjglio d'Er-
niengaudo del Gerbo. Rosfagno gover-
nava questa chiesa neli io8, com'è ma-
nifesto dalla bolla di Papa Pasquale If,
dalla quale rilevasi che la cattedrale di
Vaison era dedicata alla B. Vergine Ma-
ria ; e che la badia di s. Quiiiidio esisteva
fuori della città. Nel 1 1 1 7 Roslagno donò
alcune chiese a s. Vittore di Marsiglia.
Ne fu successore Berengario 1 di Mornas,
nativo o signore di quel luogo del Vene-
sino, ed è nominato dal 1 i5i al i lyS :
Raimondo V conte di Tolosa nel i 1 60 lo
cacciò da Vaison e lo spogliò del dominio
della città, e di tutte V altre terre e ca-
stella che appartenevano alla sua chiesa,
anzi deformò la città medesima con al-
cuni incendi.Bertrando I deLambesco,di
stirpe chia rissima jdi gran potenza e d'am-
pie facoltà in Provenza, sedeva neli 178
e fu testimonio dell'atto pubblico con cpi
r imperatore Federico I concesse a R.ai-
iDondo arcivescovo d'Arles, a'suoi cano-
nici e clero V immunità ed esenzione da
ogni peso civico e municipale. Egli ricu-
però alla sua chiesa quanto avea usur-
palo il conte di Tolosa, e colla forza del-
l'armi al riferire del Colombi. Tali ricu-
perali dominii li godè pacificamente per
tutta la sua vita, e nel 1 18 i confermò la
donazione della terra di Manosco, falla
allo spedale di s. Gio. Gerosolimitano da
Guglielmo conte di Forcalquier. Beren-
gario II di Reilane, della i.' e più poten-
te nobiltà del contado di Forcalquier, gli
successe intorno al i i85; continuò da
principio nel pacifico possesso di Vaison,
ma verso il 1 187 ne fu espulso da Rai-
mo V conte di Tolosa, che ne riprese di
prepotenza il dominio, e ciò avvenne pel
seguente caso. Avea mandato il conte o-
perai in Vaison per fabbricare sulla som-
mità del monte ov'era il castello di Vai-
son una fortificazione , chiamata Escar*
razonata. Essendo riguardato da Beren-
gario lai fallo di pregiudizio e danno al-
VAI ii5
la sua chiesa, e insieme altentatorio alla
giurisdizione episcopale, ne vietò i lavori
alle genti del conte; ma non ostante il di-
vieto, d'ordine del conte continuando es-
si a lavorare, il vescovo fulminò la scomu-
nica contro di loro. Allora cessarono gli
operai dal lavoro, ed abbandonarono il
luogo. Il vescovo fece trasportare al suo
palazzo tutti i legnami ammassali per la
costruzione , onde valersene a far fuoco.
Perciò irritato il conte, occupò coU'armi
Vaison, Cresleto e Rastello. L'espulso ve-
scovo rilirossi in Enlrechaux, altra terra
del vescovato , ft riunitivi i canonici e i
preti della diocesi, ivi scomunicò il con-
te Raimondo V,ed interdisse con senten-
za tutte le terre che possedeva nella dio-
cesi di Vaison. Morto Berengario nel 1 1 9 1 ,
il successore Guglielmo I di Landuno, di.
casa potentissima dell' Occilania o Lia-
guadoca, ricuperò la città e le terre del
vescovato, ma è incerto se coli' armi , o
col credilo della famiglia, ch'era in clien-
tela de'conti di Tolosa. Morto Guglieluio
neliigS, mentre con pianto universale
della città si portava il cadavere alla cat;-
tedrale, sopravvennero le milizie lolosane
di Raimondo V, e prima occupalo a vi-
va forza il palazzo vescovile, indi s'impos-
sessarono di tutta la città e dell'altre ter-
re della chiesa di Vaison; prepotente fat-
to riprovevole, solo proprio del segreto
fautore degli eretici alhìgesi. Benché fos-
se eletto vescovo Raibaldo Flotta d'illu-
stre sangue, stretto parente di Guglielmo
conte di f'^orcalquier, tanto Raimondo V,
quanto Raimondo VI suo figlio e suc-
cessore nel f 195, e peggiore del padre,
continuarono a ritenere tirannicamente
il possesso delle terre vescovili e l'episco-
pio; di più osarono edificare nell'alto del
monte una torre, la quale ingrandì o for-
mò il castello di Vaison, e ciò fecero col
denaro che ritrassero dal grano e dal vi-
no che R.aimondo V avea trovato in det-
to palazzo dopo la morte di Guglielmo»
Dipoi nel 1209 il conte Raimondo VI fu
coslrello di restituire al vescovo Raibaldo
ii6 VAI
le terre usurpale, ma non sodilisfece a'
danni recati da lui e dal padre a' beni
del vescovo e de'canonici; ad onta die nel-
l'atto deli'assotuzionee liconciliazione del
òonte culla chiesa, seguila in s. Gilles, glie-
ne fosse dal cardinal Milune legalo d'in*
lìoccuzo 111 espressamente ingiunta la
soddisfazione. Quindi per provvedervi
giuridicamente, il Papa deputò Raimon-
do vescovo d'Usez, ed allo stesso effetto
r imperatore Ottone IV deputò Michele
arcivescovo d' Arles. Il vescovo d' Usez
subdelegò Guglielmo vescovo d'Orange,
acciocché in sua vece e come più vicino
prendesse ledebiteinformazioni. Avendo
Guglielmo esaminati io8 testimoni, so-
pra tutto il corso della persecuzione de'
conti di Tolosa, ne trasmise le deposizio-
ni al vescovo d'Usez, il quale come lega-
to ponlifìcio le mandò all'arcivescovo di
Arles delegato imperiale, riportando l'at-
to il p. Fantoni nel t. 2, p. 355. Scrisse il
p. Colombi, che Raimondo Flotta eletto
"vescovo di Vaison neli2i2 intervenne ai
concilio di Lavaur, nella causa di Pietro
11 re d'Aragona prolettore di Raimondo
VI; ma la qualilica di eletto è erronea,
perchè già era ordinato da parecchi an-
ni. Rinaldo Flolta è l'eletto di Vaison che
trovossi in detto concilio, e scrisse cogli al-
tri vescovi ad Innocenzo Ili , onde Rai-
mondo era già morto. Guido era vesco-
vo nel 1 24 1^ come testifica l'atto dell'o-
maggio, che alla sua presenza rese in quel-
l'anno Raimondo Vii contedi Tolosa al
vescovo d'A Iby.Faraudo da canonico del-
la chiesa di Vaison, fattone pastore do-
po la morte di Guido , nel i25o eresse
nella cattedrale di Vaison un altare in o-
nore di s. Quinidio. E perchè tra' vesco-
vi di Vaison e i conti di Tolosa, antichi
signori del Venesino, irbn era ancora com-
posta la controversia intorno al dominio
della cillà di Vaison e di 3 altri castelli,
Alfonso conte di Poitiers , fratello di s.
Luigi IX re di Francia, che in virtù del-
la pace di Parigi era succeduto nella con-
tea di Jb/o^^ (articolo che va tenuto pre*
VAI
sente per chiarire quanto vado narran-
do, altrimenti sembrerebbe che la s. Se-
de non dominasse più laconica Venaissi-
na) al suocero Raimondo VII, ed in vir-
tù del diritto ereditario di Giovanna sua
consorte, nel dominio del Venesino, con-
seguilo per investitura vitalizia concessa
da Papa Innocenzo IV, volle piamente
terminarla col voto e arbitraggio d'alcun
soggetto per integrità d'animo e per dot-
trina riputalissimo. Tale in quel tempo
era sopraltulti ammirato nella Gallia
Guido di Fulcodio Gross di s. Gilles, il
quale pe'gradi di varie prelature nel 1 265
divenne Papa Clemente IV. In lui dun-
que si compromisero il conte Alfonso e
il vescovo Faraudo, a tale effetto trasfe-
ritisi in Mimes il vescovo stesso , e Rai-
mondo Gaucelino siniscalco del Venesi-
no per parte del principe. Assunto da
Guido Gross l'arbitrato, ordinò che il ve-
scovo fosse messo in possesso del forte di
Vaison e d'ogni altra cosa contenziosa, vo-
lendo forse così soddisfare alle violenze
per r addietro usale da' conti tolosani a*
vescovi predecessori. Indi discusse matu-
ramente le ragioni dell' una e dell'altra
parie, e decretò poi definitivamente. Che
il vescovo rimettesse nelle mani del con-
te il forte di Vaison. Assegnò al conte i da-
zi, tranne quello del piombo, e d* un* er-
ba tingente in rosso i panni, della quale
dichiarò appartenere la gabella al vesco-
vo. A questi inoltreaggiudicò l'intera giu-
risdizione del mero e misto impero, nelle
cause civili e criminali, in quella parte
della città eh* era chiamala Regione del
f^cscovo, esclusone allatto il conte. Al-
l'incontro nella parte della città che no-
minavasi Regione del Conte distinse la
giurisdizione, con attribuirgli quanto ap-
partiene al mero impero, cioè la cogni-
zione de'delitti capitali, di quelli pe' qua-
li il diritto ingiunge mulilazione d'al-
cun membro, e d' ogni altro delitto ove
concorra l'effusione del sangue e la frat-
tura dell'ossa. Al vescovo die inoltre 0-
gni altra giurisdizione contenziosa « vo-
VA I
lontaria. Di più ordinò, che se nelle cau*
se riservate alla giurisdizione del conte,
ossia nella sua regione , si procedesse ad
alcuna confisca, fossero i beni mobili del-
la caoaera del conte, e gl'immobili della
camera del vescovo. Inllne, dopo alcuni
altri regolamenti, coneluse con sentenzia-
re, che il vescovo terrebbe in feudo ono-
rario dal conte tutta la signoria e giuris-
dizione di Vaison, di Cresteto, di Rastel-
10 e d'Entrechaux. Così Guido Gross ter-
minò a'3o dicembrei25i l'anticae gra-
ve controversia in Parigi. Tentò d'infran-
gere questa composizione il siniscalcoGio*
vanni Arsisio, successore del Gaucelino,
attentando sulla giurisdizione vescovile
colla fabbrica d'un molino. Ma se ne dol-
se il principe, più giusto che il suo mini-
stro nel Venesino_,econ l'opera di fr. Pie-
tro Ruzato domenicano, da lui delegato
come pieno d' integrità e sapere, resiò
prontamente spenta quella scintilla di
scissura, e con sua risoluzione confermò
e convalidò il decretato da Guido Gross.
Nel 1262 il vescovo Feraudocomposean-
cora una divergenza, che intorno ad al-
cune decime verteva tra il suo vescovato
e i monaci di Vaireas, e stabilì la pace col
capitolo della cattedrale, mediante l' ar-
bitrato di Giovanni Ili vescovo d' Avi-
gnone. Il successore Giraudo o Geraldo I
de Libra, compose anch'esso nel 1 27 i al-
cuni litigi co'cavalieri gerosolimitani, che
avevano nella diocesi di Vaison due pre-
cettorie o commende, Tuna di s. Romano
di Malegarde e l'altra di Villadio, ambe-
due nel contado Venaissino. Bertrando
11 sedeva nel 1280. Giraudo o Geraldo
li gii sHiccesse dal 1287 al 1 295, il quale
nel 1292 fece una convenzione con Richa-
no commendatore o piecellore de'cava-
lieri templari in R.oays, per la deviazione
<leir acqua dell^ Ouveza o Ovasio ossia
Loueze, nel luogo di Raslello. Nel 1296
fucollocalo nella sede Raimondo I di Bei-
monte, ed allora per tutti i beni immo-
bili esigette e ricevè l'omaggio da nobili
e da'ciltudiui del suo dominio, tia'quaU
VAI 117
due lo prestarono in piedi al vescovo, pa-
rimenti stando dritto, dandogli il bacio
di fedeltà in bocca: essi furono Guglielmo
Artaud e Guglielmo Catalan di Vaison.
Gli altri fecero i' omaggio in ginocchio,
sedendoli vescovo, e gli baciarono il pol-
lice della mano destra; dilFerenzadi nota-
bile prerogativa. Per ultimo comparve a
fare la medesima prestazione Leonetto
ebreo abitante di Vaison, giurando però
come leggesi nell' atto, super s. Legein
Moysis ab ipso corporaliter propria ma-
mi tactam. Neli3oo procede Raimondo
contro gli eretici valdesi di Vaireas. Sot-
to il suo vescovato eletto Papa neli3o5
Clemente V de Goth arcivescovo di Bor-
deaux, chianjò i cardinali in Francia e
con istupore universale fissò la sua resi-
denza in Avignone, per essere vicina al
contado Venaissino, con funeste conse-
guenze; indi visitò il contado Venaissino
e Vaison, facendo coniar monete col nome
di Clemente F conte del Fenaissin. Nel
i33o divenne vescovo Giovanni di Co-
iardano, traslato ad Avignone residenza
papale neh 335. Nel seguente già lo era
Gozio B attaglia o Battaglini (ì^.) rimi-
nese , poi creato cardinale. Nel i336 gli
successe Raterio, il quale vendè ad Um-
berto Delfino di Vienna due quarte par-
li della terra di Propiac, chetale principe
teneva in feudo dalla chiesa di Vaison fi-
no dal 1296. All'incontro Umberto costi-
tuì per cambio a Raterio e suoi succes-
sori , sul dazio della terra di Nione, uà
censo annuo di io fiorini d'oro delfinesi
da pagarsi il giorno d'Ognissanti. Nel i 34o
Benedetto XII inviò Raterio, con Rober-
to patriarca di Costantinopoli, a Roberto
il Saggio re di Sicilia di qua dal Faro,
ed a Pietro IV re d' Aragona occupalore
della Sicilia di là dal Faro, per compor-
re tra loro la pace: ma venendo da'mes-
sinesi respinti dal porlo i nunzi pontifìcii,
questi ripassato il Faro fulminarono con-
tro di essi l'interdetto. Indi a' io ottobre
1341 Raterio fu traslato al vescovato di
MonU Cassino. Ebbg a successore fr. Pie-
ii8 VAI
tro de Casa o de Cesis di Limoges giù ge-
nerale de* carmelitani , caro a Clemeiile
VI per suhliinilà didoUrinn, vigor d'elo-
quenza e salitila di costumi, onde io pro-
iiìossea patriarca di Genisalemme, e mo-
rì a*3 agosto 1348, illustrando Dio la sua
tond)a con gran copia di miracoli. Il Sua-
lez, poi di Ini successore, attesta essere di-
voto costume del popolo diocesano, di ra-
dere la polvere di sua statua e sepoltura,
per servirsene di potente rimedio in di-
versi morbi. Da Grasse di Provenza vi
ili trasferito Pietro di Berretto della Gal-
lia Narbonese, ond'esser più vicino ad A-
vignone, qual confessore di Gleraenle VI.
Senza dubbio fu atich' egli carmelitano,
anzi il Gesiiero erroneamente lo vorrebbe
maestro del s. palazzo, uffizio proprio de'
tloQienicani : la sua dottrina e altri pregi
resero cbiara la sua memoria. Nel i356
Lorenzo d' Aibiac, cui successe nel i 362
Giovanni Morelli. A questi ed a Giovan-
ni arcivescovo d'Aix commise Urbano V
di compilare il processo informativo del-
la santità di vita ede'roiracoli della bea-
ta Delfina conlessa d'Ariano. Nel 1376,
secondo 1' Ugbelli , da Orvieto vi fu tra-
slato Pietro Borrio della Gallia Narbo-
nese. Ebone fu creato vescovo di Vaison
nel 1372 0 nel 1375 da Gregorio XI, il
quale Papa partendo d' Avignone, a' 17
gennaio 1377 '"'stabilì la residenza ponti-
ficia in Roma. Ma nel 1 378 contro il suc-
cessore Urbano VI, insorti i cardinali fran-
cesi contro di lui, perchè acerbamente gli
an»moniva, mentre sospiravano il delizio-
so soggiorno di Provenza, a'20 settendjre
scismaticamente elessero in Fondi l'anti-
papa Clemente VII. Questi portatosi co*
ribelli cardinali in Avignone vi stabilì una
o
perniciosa cattedra di pestilenza, che die
origine e sostenne il deplorabile e grande
Scisma (/' .) d'occidente, e divise i fedeli
Tìt\i' Ubbidienza (F.), Ira'Papi di Roma
e gli antipapi d'Avignone. La Francia, la
Provenza, il Venaissino seguirono l'avi-
gnonese. Raimondo 11 si vuole che fosse
vescovo di Vuisou uel 1 38o,ueirubbidiea-
VA I
za del psendo Clemente VIL Radolforeg-
geva la sede nel i 397 e nel 1 4" • nelTan-
tipontificatodi Benedetto Xili. Neli4oi
è pure registrato Guglielmo 11. Il falso Be-
nedetto XllI a* 26 luglio i4o6 dichiarò
vescovo fr. Guglielmo Ili di Passeraio re-
ligioso d'ordine incerto. Nel Diario Va-
licano di qtiell'antipapa, si narra che di-
morando egli in Villafranca,co'due anli-
cardinali di Pamplona e Fiesco, vi tenne
concistoro e provvide di prelati le chie-
se vacanti di Cavaillone di Vaison, dan-
do a questa per pastore Guglielmo III.
Per l'eleiione d'Alessandro V seguila in
Pisa nel i4<^9> ^^ istituita la legazione
apostolica ù' Avignone, che comprese il
contado Venaissino, mentre il deposto
antipapa Benedetto XI II si ritirò in Pa-
niscolaj perchè la Francia^ la Proven-
za, Avignone e il Venaissino, abbando-
nalo lo scisma, ritornarono all'ubbidien-
za del Papa. Intanto Guglielmo III nel
i4io per gran somma di denaro impe-
gnò tutta la giurisdizione temporale, e
tulle le reudite e frulli de' beni di sua
chiesa, a Bernardone de Seriis signore di
Malaucene , di che fu assai biasimato.
Morto nel i^i i^ trovasi vescovo nel i4' 2
Ugo di Theysiacoodi Theriaco savoiar-
do, ed in quell'anno, giusta il costume e
l'obbligo de'nuovi vescovi , prestò omag-
gio e giuramento di fedeltà a Giovanni
XXIII, nelle mani di Giovanni vescovo
di Valenza e rettore del Venaissino, per
la città di Vaison e per altri castelli di
giurisdizione temporale del vescovo. Sul
principio dell' amministrazione, Ugo fu
agitato dalie pretensioni di Gnrcioto de
Seriis, fratello del defunto Bernardo-
ne; ma compose opportunamente le dif-
ferenze il legalo d'Avignone e del Ve-
nesino Francesco arcivescovo di Narbo-
na. Possedeva la chiesa di Vaison da più
di 3oo anni addietro la mela della ter-
ra d'Enlrechaux, ma neli4i9 il vesco-
vo U^o non per la chiesa ma per se stes-
so ne comprò il domiuio dell'altra metà
da Giovauui du l^uy o del Poggio per
V A I
2024 fiorini d'oro: questa metà si de-
volse al Papa Martino V, essendo morto
Ugo senza eredi; indi dopo 8 anni, d'or-
dine di Eugenio IV, fu venduta dal le-
gato cardinal de Foix a Bernardo Gof-
fredi ; poi passò nel dominio di casa Fo-
gasse, che ne possedeva la mela , come
feudatari del Papa, essendo per l'altra
mela sub-feudaJari del vescovo di Vai-
son. Ebbe Ugo in commenda o ammini-
strazione il vescovato di s. Paul Trois
Chateaux, eneli44o ottenne da Euge-
nio IV che fosse unito alla chiesa di Vai-
son, unione che durò poco. Morto Ugo
in Creslelo neli44^> S'' successe subito
Ponzio de Sade nobile d'Avignone, pre-
posto di quella cattedrale e vicegerente
della medesima cillà, poiché vuoisi che
ne fosse coadiutore. Neli44^ interven-
ne con molti altri vescovi alla celebre in-
venzione de'sagri corpi di s. Maria ma-
dre di s. Giacomo e di s. Maria Sa lume,
alla presenza del conte di Provenza Pie-
nato d'Angiò, re pretendente del reame
di Napoli, e del cardinal de Foix legato
d'Avignone, che la promosse. Assistè nel
14^7 al concilio d'Avignone, e terminò
di vivere neli46g. Ne fu successore Gio-
vanni di Montemirabile, referendario e
abbreviatole apostolico, celebrò nel 147^
il sinodo diocesano in Vaison, e fu ili.°
vescovo di questa chiesa sulFraganeo d'A-
vignone eretta in metropolitana nel i^'/5.
Visse Giovanni per lo più in Roma , e
vi morì a'3 giugno i479>^enendo sepolto
in s. Maria del Popolo con epitaffio ri-
prodotto dal p. Fanloni. Nello stesso an-
no Sisto IV gli surrogò Amalrico, che nel
1482 rassegnò il vescovato, e lo slesso Pa-
pa lo conferì a Odone. Indi da altra chie-
sa ignota vi fu trasferito Rolando, che
a'28 ottobre 1 485 rinunziò, ed allora fu
assunto al vescovato fr. Benedetto de Pa-
ganoti fiorentino domenicano, morto nel
i52i e tumulato nella chiesa del suo
ordine in Vaison. Girolamo Scledo o
Schio di Vicenza, che gli successe, die tali
prove di virtù a Clemeule Vii, che que-
V A I 119
sti lo tenne per alcun tempo in suo con-
fessore e per nuiggiordomo del palazzo
apostolico, nel quale articolo lo celebrai
pel da lui operato nel terribile sacco di
Roma,im piegato dal Papa in gravissime
nunziature, e nel 1539 nella Spagna al-
l'imperatore Callo Y per la pace e per
stabilire 1' abboccamento con Clemente
VII in Bologna, con pieno e felice e(Fello.~
Tornato in Roma, n»entre il Papa ne
voleva premiate le grandi benemerenze
colla porpora, morì nel 1 532 e il cadave-
re fu trasportato in Vicenza, e sepolto
con onorifica iscrizione riferita dal p.
Fan toni. Questi'inoltre rileva, che ne' fu-
nerali di Roma, mentre il cadavere era
esposto, volle il Papa che due servi lo di-
fendessero dalle mosche con ventagli, co-
me praticasi co'cardinali defunti. In Vai-
son restaurò il culto divino sommamente
divenuto negletto nella cattedrale per ne-
gligenza del capitolo, e dopo vari contra-
sti lo riordinò col consenso e soddisfazio-
ne degli slessi canonici. Neh 533 Tom-
masoCortesi da Prato, e resse questa chic*
sasino al I 55 1, in tempi difficili che ri-
chiedevano operosa vigilanza per tener
lontanigli errori serpeggianti (\t cnhi-
nìstì-iigo no t li, cvin\e\'i eretici. Egli si com-
pose con Girolamo Giuramando, a cui
il vescovo Paganoti avea venduto, con
approvazione di Giulio II, la metà epi-
scopale d'Entrechaux , onde ricevè per
la lesione del contratto il compenso di
700 scudi d'oro. Giulio III gli sostituì il
(iglio Giacomo Cortesi, nato da legittimo
matrimonio di Tommaso prima del sa-
cerdozio. Per essere cresciute le calamità
de'tempi, ebbe d'uopo di attentamente
vegliare per difendere i suoi popoli dal-
l'eresia armata e sanguinaria degli ugo-
notti.Onorato ancora del titolo di patriar-
ca d'Alessandria in partihus^ intervenne
con tali gradi al concilio di Trento. Res-
se la chiesa di Vaison sino al 1570 incoi
morì , avendolo preceduto nella tomba
Ir. Raniero Ceuli domenicano, figlio di
sua sorella, ch'egli per grazia di Pio IV
120 VAI
area nel i56o preso a coodiulore. Nel
medesiino amio fu provveduto di que-
sta chiesa Guglielmo Cheisoldi nobilis-
simo scozzese, vescovo di Dublino ed e-
sule per la fede cattolica dalla sua sede
e dalla patria, pel lacrimevole scisma
d'Inghilterra e di Scozia. Prelato di spec-
chiata pietà, la resse con santità e pru-
denza sino al i5cS4,irtCui rinunziò la mi-
tra per la cocolla certosina : governò sa-
pientemente la certosa di Lione, e morì
priore di quella di Roma nel 1 593. Gu-
glielujo Cheisoldi, nipote del precedente,
iieli584 per assenso di Gregorio XIll
ne occupò la sede, e gli fu ancora com-
messo il carico di rettore del Venaissi-
no. Essendo stato destinalo nunzio al re
di Scozia Giacomo VI, die in luce un dot-
to libro contro i calvinisti-ugonotti, e mo-
rì nel 1629. Gii successe il coadiutore
Michele Dalmerasdi Linguadoca, vesco-
vo di Filadelfia in partìbiis, e morì in
sua patria a' 16 aprile 1 633. Ne occupò la
cattedra il dotto ed eruditissimo Giusep-
pe M." Suarez nobile avignonese, d'illu-
stre origine di Cordova, e già vicegeren-
le d'Avignone. Egli era allora coadiuto-
re della patria metropolitana e camerie-
re segreto d'Urbano Vili, a cui era caris-
simo, non che al nipote cardinal Fran*
Cesco Barberini legato d' Avignone; ri-
spettabile non meno per illibati costumi
che per la perfetta conoscenza delle lin-
gue greca e latina, e per la profonda eru-
dizione sagra e profana. Riparò le chie-
se, restaurò la disciplina regolare ne'mo-
iiasteri di monache, difese dal conta-
gio eretico la sua chiesa, e tolse molti
abusi nella diocesi. Illustrò ancora la
sua chiesa colla corografia della dioce-
si, descritta elegantemente in metro la-
tino, ed immortalò il suo nome colle
sue opere, massime snll* antichità eccle-
siastica. Ilitiralosi in Roma presso il car-
dinal Barberini, quesù quale arciprete
della basilica Vaticana lo nominò vicario
della medesima b'5 giugno i665, con-
fermandolo il nipol« cardinal Carlo, do-
VAI
pò avere rassegnalo nel 1666 il vescova-
to. Morì in Roma nel 1677 e fu sepolto
nel cimiteriode'canonici Vaticani. Di lui
abbiamo: i . Diatriba qune um\'crsalis
historiae. synlaxini et auctoribu<: grae-
cis nondiim editis exhib('ljPav\iì'\<i 1 6 )o.
2. Descrizione Ialina della città d'Avigno-
ne edellii contea Venaissinii,Lioiìei6 j>8.
3. Dissertazione sul nome di Tracala,
che un antico autore die a Costantino,
Roma I &^'j. 4. Pracnestcs aiitiquac^Ko-
maei655. 5..Con/cctura de libris de 1-
mitatioìie Chris ti , eorumqae auclorì-
bus. Pretende in quest'opera che cia-
scun libro di essa abbia il suo autore par-
ticolare. 6. Quattro dissertazioni: lai.*
contiene la cronologia delle opere di s. A-
gostino; la 2." in cui pretende ohe l'o-
pera di quel s. dottore contro Giuliano,
che chiamasi 0/)iis i/nperfectum,s\a per-
fetta, e che debbnsi chiamare 0/)(is per-
fectumj la 3." tratta dell'abito che i car-
dinali portano in conclave, e dell'etimo-
logia del nome Fcslis Crocea j nel la 4.*
parla del cardinale Lahorante intorno
alla sua collezione de'Canoni col titolo
di Compiialio decretorum. 7. La tradu-
zione degli opuscoli di s. Nilo, con note
in greco e latino, Roma 1673. 8. Tutto-
ciò che trovasi nel Salterio chiamato di
di s. Pietro, nella dissertazione sugli E-
sapli e Ottapli d'Origene del p.Rives cap-
puccino. Carlo Giuseppe Suarez fratello
del precedente e canonico della metro-
politana d'Avignone, d' esempi a rissi ma
vita, in riguardo de'meriti del fratello,
Alessandro VII nel 1666 lo fece vescovo
di Vaison, e passò a miglior vita nel i 670.
Allora Clemente X volendo ccntiiiuaro
questa dignità nella famiglia Suarez, vi
promosse Lodovico Alfonso Suarez, ni-
pote de'precedenti. ch'era coadiutore, co-
me lo era dell' altro zio Lodovico M.'
preposto della metropolitana, ed ezian-
dio del padre Francesco signore d'Aula n,
decano della Rota d'Avignone. Con esso
il p. Fanloni termina la sua serie de've^
«covi di Vaison. Si ponno vedere Diooi-
V A I
sio SammartanijG^///^ Christiana: Pro-
vìncia ecclesiastica Avenionensis con-
tinens cUoeceses Ai'enionensem, Carpen-
toractcnseni , Vasionenseniy ec. Luigi
A osel mo Boyer, Histoire de l'Eg lise Ca-
thcdrale de Maison avec une chronolo-
gie de toiis les E^'cques qui Uontgouver-
«ee, et une chorograpkie, ou descrip'
tion en vers latins, etfrancois des villes,
bourges, villa ges^ paroisses, et chapel-
les^qui compose /it se diocèse, Avigtion
i^Si. Giovanni Colombi, De rebus ge-
stis Episcoporum Fasìoiiensìuin, Liig-
dunii 656. Le Notizie di Roma y\^o\'ì?\'
noi seguenti ultimi vescovi. Neil 708
Giuseppe Francesco Giiallerocli Carpen-
trasso. Nei 1 724 Lodovico de Goliorn de
Lapaiun di Carpentrasso. Nel 1 748 Pao-
lo Lupo de Sallleies de Fausseian d'A-
vignone. Nel I 758 Francesco de Feles*
sier de Saint-Ferreol di Visano diocesi
di s. Paul. Nel 1786 Stefano Andrea de
Fallotde Beaupié de Beaumout d'Avi-
gnone, succeduto per coadiutoria avuta
nel f 782 col titolo in partihus di vescovo
di Sebastopoli. Neil 801 Pio VII pel con-
cordato soppresse la sede vescovile di
Vaison.
Concila di Vaison.
Il i." secondo il Baronio ha confusi gli
atlicon(|uellidel 2.°edel 3.°,forse fu cele-
brato nel 337 al dire di Adone a tale an-
no, poco dopo ih." concilio generale di
Nicea, da Nettario vescovo di Vienna, o
meglio nel seguente, per pubblicar nella
sua provincia le sue definizioni, portate
nella Gallia da Nicasio vescovo di Die,
che vi assistè mandatovi da'vescovì gal-
licani. Tra le altre cose fu ordinato il
canto del Trisagio, e che in tutte le chie-
se si canti o reciti al termine de' Salmi
r inno della glorificazione della ss. Tri-
nità: Gloria Patri y et Filio, et Spiri-
lui Saneto, con l'appendice: Sieuterat
in princìpio, et mmc^ et semper, et in
saecula saeculorum. Amen. Aggiunta
ordinata dal Niceno,e quanto al dirsiilo-
po i salmi prescritta dal concilio di Vai-
V A I 121
son, che altri attribuiscono a quello del
52C). Dice il p. Fantoni aver dato occa-
sione a questo canone il tenore del mede-
simo. Et quìa non solum in Sede a pò*
stolica, scd. etiam per lotum Orienlem,
et totani Africani, vel lialiam propier
haereticorumastutiam,qua Dei Fdiiun
non semper cuni Patrefuisse, sed a leni'
pore caepisse hlasphemant, in omnibus
clausulis post Gloria Patri . . . Sicut e-
rat. . . Amen dicitur: etiam et nos in u-
niversis Ecclesiis nostris hoc ila dicen-
dum esse decernimus. Il 2.** concilio fu
tenuto nel 44^ ^ 44^ ^'^^ novembre ,
ma ripeto anche su questo non vi è cosa
di certo, per essere in uno confusi gli alti
di tutti e tre, come notò Baronio all'an-
no 825. Alcuni, come rimarcai di sopra,
vogliono che debba dirsi Vasense , altri
Fasalensey per essersi eziandio confusi
i canoni con quello di Bazas, al dire di
Lenglef, poiché Bazas in latino si chia-
mò pure Fasatum j ct[[o è però che
v'intervenneAuspicio vescovo di Vaison,
cogli altri della metropoli d'Arles. A que-
sto piuttosto devesi riferire la presiden-
za di Nettario vescovo di Vienna. Egli
vi predicò pubblicamente : Che il Padre,
il Figliuolo e lo Spirilo Santo non han-
no che una Natura, una Potenza, una
Divinità e una Virtù. Inoltre questo con-
cilio fece IO canoni per la disciplina ec-
clesiastica. Il 3 .** concilio fu adunato nel
528 o meglio nel 52^ a'7 novembre. Do-
dici vescovi fia'quali eravi s. Cesario d'Ar-
les, ed anche probnbilmente Alethio di
Vaison, vi fecero 5 canoni. Vi si ordinò
che, secondo il costume d'Italia, tutti i
sacerdoti di campagna riceveranno in ca-
sa loro i giovani lettori, che sono mari-
tati, per educarli e formarli come buoni
padri, facendo loro impararci salmi, leg-
gere la s. Scrittura, e istruendoli soda-
mente nella legge di Dio per prepararsi
de' degni successori. Meglio già ne par-
lai nel voi. LXllI,p. 3i3. IlNovaes nella
Storia di s. Damaso /, corregge quelli
che ullribuirono a tale Papa il doversi
122 VAI
dite nel fine de' snimi la dossologia del
Gloria Filtri [V.), a cui il Niceiio ag-
giunse il Sicut eratj pei* opporsi agli a-
riani; ed aggiunge:» Ma il dirlo tulio
nel line de'saijni non fu slabilmente co-
mandalo dalia Cliiesasì preslo couìc al-
cuni credono; forse non fu ordinato pri-
ma del concilio di Vaison in Francia, ca-
libralo nel 529, nel quale se ne Irova la
j /volta il decreto'Mnoltre nel concilio di
Vaison si ordinò che in lulte le chiese
delle Galliesi dicesse nella messa la pre-
ghiera o introito Kyrie elcison (^'.), ed
eziandio al mattutino e al vespero; il che
meglio slcibili nelle Gallie il concilio di
Uazas neli'istesso anno, e non nel 1.529,
come per fallo numerico Tipografico si
legge nel citato articolo. Ed anche per
questo il concilio di Vaison fu confuso
con quello di Dazas.
VAIVODA o VOIVODA o WAI-
W^ODA, o MlllTZA, oOSPODAROS
oOSPODOROS,rmVo^rtc. Titolo ono.
lifico slavo di principe o signore, o go-
\ernalore principesco, come l'antico vai-
\oda di Transihania.CU'ì'ómù^amì Vai-
s'odico Foìvodie in Polonia,\Palatinali
o Provincie, lequali erano divise inObvo-
die, cioè governi o circondari. Nel 1842
perc>,uella flessa Polonia, essendo i gover-
ni un tempo detti Vaivodie, divisi in di-
stretti o Obvodie , e questi in circoli o
Powiaty, per ordinanza di Nicolò I im-
peratore delle Russie furono cambiate
tali denominazioni: le grandi suddivisio-
ni si chiamarono PoAvialy, le minori
Okrengi. I principati Danubiani di Mol-
dm'ia, Valacchia e Servia (f^.) si chia-
mano pure Ospodarati, come sinoni-
mi di Vaivodali. Anzi il governo impe-
riale d'Austria da alcuni anni olllcialmen-
le die al bauato di Temeswar il nome
di Vaivodia, per compiacere un senti-
mento nazionale , perchè nella popola-
zione predomina l'elemento serviano, e
per averla aiutata in tulle le lolle con-
tro V insurrezione de' magiari in Un-
gheria. Il Macii, nel Hicrolexicon, ar-
V A I
ticolo Va'ìK'oda \>ul Fnyvoda^ lo defini-
sce colle PwìdcUe Tiircico di Leoncla-
vio: raivodae nomen genera lilcr signi-
fica t Praefectiun milìlum^ quem Capi-
tancuni vulgo vocant. Sed apiid hitti'
garos ut clini , sic etìani hodic , duae
sunt appellatìones administralionwii
maxiniaruni. Una Frani, altera Fai-
vodae. Faivodae vero Praeses dicilur^
loco Regis administrationeni hahens in
aliqua Provincia^ pula Transilvania ,
Valacliia niajori, Malachia minori^ ec.
Nella Russia dicevansi vaivodi i Cover-'
natori delle principali città dell'impero.
Si chiamavano altresì vaivodi i palatini
0 governatori delle provincie di Polonia.
1 principi o ospodari di Valacchia e di
Moldavia non erano riguardali se non
come vaivodi da'polacchi,i quali preten-
dono che queste provincie, ora dell'im-
pero di Turchia^ e denominate Princi-
pati Danubiani, sieno statesoltralte dalla
repubblica di Polonia dagli antichi go-
vernatori : le allre potenze li chiamano
ospodari o Despoti {F.). Gli stessi ospo-
dari di Moldavia e di Valacchia talvol-
ta presero il titolo di ^/ev/;o^rtr. La dignità
di despola fu creala dall'imperatore gre-
co Alessio 111 l'Angelo de'Comneni, che
regnò dali igS al i2o3 in cui fu depo-
sto. Egli stabifi che i despoti sedessero
pe' primi presso 1' ioaperatore, al di so-
pra eziandio (\e.\V Augusto e <\A Cesare.
Sebljene il titolo di Augusto fu propria
de'soli injperatori, ed anche dell'impe-
ralrici loro spose, talvolta fu dato al col-
lega ed all'associato all' impero, ossia
alla 1* persona dell'impero, senza che
l'imperatore lasciasse di portarlo anch'es-
so. Però questi Augusti colleglli dovea-
no esser prima dichiarati Cesari. Il titolo
di Cesare si attribuiva all'erede dell'im-
pero, e divenne titolo d'onore, senza che
l'imperatore tralasciasse d* usarlo con-
giuntamente a quelli (\* Imperatore e
d'Augusto. Gl'imperatori greci portaro-
no pure il titolo di Basilévs o Vasileus,
e con questo equivalente anche di Re
VAL
(P'^.)^ chiamavano gP imperntoi i Ialini
d'occitleiile, negantlo loro l'altro tl'irape-
l'atoie. Noiuliineno leggo nella Nolizia
de vocaboli del Macri, che Vasileus o
Re, titolo proprio del solo imperatore
greco, per privilegio singolare fu conces-
so al re óe Bulgari e defalaccld {^-)
Pietro, quando uno di essi sposò la figlia
dell'imperatore. I despoti erano ordina-
riamente i figli o i generi degl' impera-
tori di Costantinopoli. L'autore delle
Osservazioni intorno la Malachia e la
liJoldavia riferisce , che la Porta Otto-
mana a'piincipi di Valachia e di Mol-
davia dà il titolo di Foivoda, termine
slavo adottato da'turchi, che corrispon-
de in italiano a condottiero d'armata ; e
volgarmente li chia mano i?<y, nome cor-
ii>pondente a principe; ma lo slesso tito-
lo di Bey dà la Porta al principe di Ser-
via (/^.), non meno che a quello di Tu-
nisi (^.)j nel qual articolo dissi che quel-
lo di Algeri si chiamava /9(y dalla Por-
ta, come appella quello di Tripoli [F.)
o Pascià , vocaboli tutti di cui riparlai
a Turchia. Inoltre la Porta chiama col
nonie di bey, secondo il detto scrittore,
i ministri residenti in Costantinopoli, ed
i pascià lo danno a'consoli delle potenze
estere. Aggiunge che la corte di Vienna
a' vaivoda di Moldavia e Valachia dà i
titoli d' Altezza e di Principe^ e quella
di Russia li chiama Gospodar , parola
slava corrispondente a Signore o Padro-
ne, e tralasciandosi la lettera iniziale, di-
cesi co Qiun emente Ospodar e Ospoda-
ros» Essi poi ne' loro diplomi in islavo
usano questa formola: Io per la grazia
di Dio Gospodar dell'impero Falaco o
Moldavo, lo NN. Vojvoda.
V alacchi A o VALACHIA oVAL-
LACHIA, io turco Ac-Iflac o hlac (e
anticamente Carahogdana o paese del
grano nero, per la quantità che ne pro-
duceva, e Tolomeo la disse pevcìb Negra
Bogdonia , o regione del Bogdano) , in
valacco Zara-Rumaaaska , o Zara Pio-
manesca (vale a dire paese de' lomani).
VAL 123
Provincia del nord della Turchia euro-
pea con titolo di principato e di ospoda-
rato o vaivodatOj come la Moldavia (F\
colla quale anticamente fece parte della
Dacia (V.),^mhQf\we chiamate principa-
ti Danubiani, le notizie delle quali sono
quasi comuni, poiché non formatìo , per
così dire, che un medesimo stato, sebbe-
ne governato da due diversi principi,e for-
male lulte e due dall'antica Dacia conqui-
stata da Traiano, essendo entrambe par-
li integranti dell'impero Ottomano. Cia-
scuna di queste due provincie ha la sua
politica costituzione , e il suo principe
chiamasi Ospoda /'o jsi n on i m o di Vaivo da
(/^.). Oltre la somiglianza de' due paesi,
quanto all'aspetto naturale, ed i loro pro-
dotti,i loro abitantijChe secondo alcuni so-
no tulli d'origine rumena e di tjuella che
dirò, i loro costumi , le loro abitudini e
la lingua sono in molle cose identiche in
modo che ne' loro rapporti politici col-
r Europa, fa sì che tutta la regione che
li comprende, si denomini ordinariamen-
te col nome di Moldo- Valacchia, co-
me ancora questi principali prendono il
nome di Moldo- Valacchia egli abitan-
ti moldo-valacchi. Non mancano alcuni
di osservare, che sebbene i due popoli non
sono l'uno dall'altro separati che da un
ruscello, questo basta tuttavia, malgrado
tanta affinità di sangue , d' origine e di
destino, a stabilire tra'figli d'una stessa
madre molte differenze di linguaggio e
di carattere, t moldavi sono generalmen-
te più gravi de'valacchi, e siffatta carat-
teristica differenza che li distingue da'val-
lachi loro vicini, viene in gran parteattri-
buita al continuo contallo in cui si sono
ti ovati co'russi già loro protettori. La po-
polazione generale di questo paese, secon-
do teceoli calcoli, è di circa 4 it'ilioni, di
cui2,5oo,oooper la Valacchia e i ,5oo,ooo
per la Moldavia; enumerazione die sem-
brando eccedente, poi parlerò di loro sta-
tistiche, le quali però sono quasi tulle dif-
formi, e secnbra che ancora non si cono-
scano perfellameule le cihc positive. I
ii4 VAL
principati in discorso sono limitali al nord
e tiii'esl dalla ctttena de'nionti Etcinio*
Carpazi, situali fra loro e leprovincie au-
slri.'iclie di Temeswar, di Transilvonia
e di Biikovina. Il Pruth serve loro di con-
fine dalla parte della Russia , e il Danu-
bio, cine II bagna al sud, e li unisce olla
Turchia più di quello die li divida. Egli
è questo in generale un paese di pianura
solcato da nioltu fiumi che corrono dal
nord al sud per gettarsi nel Danubio^ il
più gran fiume d'Europa dopo il Volga,
il clima (Ielle provincie Danubiane è mol-
to variabile: tuttavia le loro risorse sono
assai considerevoli; le terre vi sono ferii*
lissime, e grande la quantità del bestiame.
Basta gettare gli occhi sulla carta geo-
grafica per esser convinto, che per que-
sti paesi stretti fra'Carpazi, il Mar Nero
e il Danubio , la libera navigazione di
questo fiume è una questione di vita o
di morte. Premesso questo rapido e ge-
nerico cenno, indispensabile agii inlimi
rapporti tra' due pruicipali, e per le al-
tre comuni notizie che dovrò riferire, sì
antiche e sì moderne, torno all'argomen-
to che mi propongo compendiosamente
svolgere. La Valacchia propriamentedet-
la confina al nord colla Transilvania, da
cui la separano i Carpazi; al nordest col-
la Moldavia, con cui ha per limitili Mitku
ed il Serelh; all'est ed al sud colla Bul-
garia, dalla quale trovasi disgiunta me-
diante il Danubio; all'ovest colla Servia,
•verso cui la limita lo slesso fiume; e col-
r Ungheria dove la C/.eriia forma una
parte del confine. La forma sua é quella
d'un elissi allungala dall'est all'ovest, del-
la lunghezza di circa loo leghe, con 4^
leghe di larghezza media e la superficie
di 3ooo leghe quadrate. Altri notabil-
ineule diminuiscono l' estensione a i 200
miglia quadrate; ma il celebre Balbi
dice che la Valacchia si forma da una
superficie di 21,600 miglia quadrate.
Vuriatissiraa è la faccia di questa con-
trada; montuosa nel nord, dove i Carpa-
;ii aggettano copiose ramificazioni; nella
VAL
parte centrale ed al sud védonsi pingui e
vaste pianure, ritagliate da fertili valli e
romantiche. Poche contrade vi sono più
favorite dalla natura, e potiebbero pre-
sentare più estesa coltura se più vi ve-
gliasse il governo, e le proprietà fossero
più rispellate , il che è da sperarsi per
quanto si va ad operare nella sua poli-
tica sistemazione. Non si deve tacere, che
negli ullimi anni l' agricoltura vi avea
non poco avvantaggiato, poiché si os-
servò che produceva il doppio di prima.
Il fiume principale si è il Danubio,!! qua-
le scorre dapprima lambendo i confini
meridionali, poi si volge e ban:na alcune
parti dell' oriente e dell' occidente della
provincia. In lui fiume si scaricano tutti
gli altri che scorrono nella Valacchia. Le
loro regolari inondazioni e traripamen-
ti, nella maggior parte, formarono ad am-
be le sponde paludi che rendono l* aria
malsana nelle vicinanze; abbandonale, fi-
nora non si pensò a prosciugarle. Acco-
glie il Danubio in questo paese gran nu-
mero d' affluenti, i più considerabili fra*
quali sono l'Alt, il Chyl, l'Ardijk ingros-
sato dalla Dumbovitza; la J.ilovitza e il
Serelh, che si accresce col Bulzeo. Breve
è l'iuverno, ma in generale rigido e tal-
volta molto freddo, il che si può attribui-
re alle regioni fredde del nord, non meno
alla condizione trascurata dell'agricoltu-
ra; il caldo iiell'eslale è sensibile, massi-
me ne'paesi in pianura. L'aria è salubre,
per cui poche sono le malattie, le più co-
muni essendo le febbri intermittenti e bi-
liose. Nou sono rari i terremoti. Il suolo
del nord corrisponde alla natura monta-
gnosa del paese; nelle pianure e valli del
sud è in generale pingue e ferace. Ma non
occupandosi i valacchi che pochissimo
dell'agricoltura, sì privilegiate campagne
seuibrano abbandonate, e mostrano ap-
pena alcuna traccia della coltura europea.
Nondimeno sui campi crescono le biade
senza fatica e concime; 1' ubertosità e la
fertilità del terreno principalmente pro-
duce gran quantità di grano turco , mi-
VAL
glio, orzOjlegumi; del maiz gli abitanti del-
ie campagne formano la base del loro a-
liroento. Si abbonda di frutti di varie spe»
eie, e si ricava copiosa qnanlilìi di vino
comune e in parte buono. Più confacen*
te all'indole del popolo valacco, amante
di libertà, si è la pastorizia. I pascoli sono
ottimi e vastissimi, ed alimentano nume-
rosi ed eccellenti armenti di bestie bovi-
ne e pecorine, né mancano i buffali : le
pecore sono di 3 specie, le quali poi dan-
no origine alle 3 differenti qualità di la-
ne che vengono messe in commercio. I
cavalli sono in generale di bella razza, e
molto somiglianti agli ungheresi ; nelle
selve delle parti più incolte inconlransi
nello slato selvatico. Visi trova una quan-
tità prodigiosa di selvaggina d'ogni spe-
cie, massime cinghiali, cervi e orsi. Fra
gli uccelli primeggiano le cicogne, tenu-
te di buon augurio, per cui si lasciano ni-
dificare sopra tutte le case: vi sono inol-
tre beccacce, galli d'Jndia,colombi, anitre
e oche. Le locuste sono la rovina de'cam-
pi seminati, le zanzare sono il tormento
degli abitanti, specialmente alle rive del
Danubio, dove Ilaria è malsana. I boschi
offrono ricco pascolo di ghiande pe'ma^
iali. Ogni casa ha i suoi alveari, e tiene
mollo pollame. I primarijDrodolti mine-
rali consistono in sale e nitro; oltre le sor-
genti minerali, visi trovano metalli d'o-
g»»i qualità, e si è talvolta trovalo qual-
che poco d'oro nell'arene de'fìumi. 1 bo-
schi contengono legname da costruzione,
che nell'Europa si va sempre facendo più
raro. I rapporti del paese furono finora
molto sfavorevoli all' industria. Non po-
lendo vantare notabili manifatture, e la
fabbricazione d'oggetti grossolani occu-
pando una gran parte de* 100,000 boe-
mi circa che vi stanziano, tuttavia il va*
lacco colle proprie mani soddisfa a tulli
i bisogni interni del paese. Oggetti prin-
cipali co'quali commerciasi, sono cereali,
animali, talco, lana, seta, formaggi , re-
sine, pelli, corna, cera, miele, pesci, pelli
di lepre, sale, nitro, tabacco, It^gQa, vino,
VAL ìi^
sego, lino, canapa ec. Il suo commercio,
in rilardo quanto la sua agricoltura e in-
dustria, è precipuamente in mano degli
ebrei, de'greci e degli armeni. La Valac-
chia non conia monete, però vi hanno va-
lore quasi tulle le monete de'principi re-
gnanti d'Europa. L'arma del paese è uà
Corvo nero con un anello nel becco o Lu-
na e la Croce, sopra un colle in mezzo al
sole. Le armi di Moldavia esprimono una
testa di Bove. Braila olbraila e Galatz so-
no le due città, in cui maggiormente vi
ha commercio: esse sono la scala com-
merciante della Valacchia , ed ivi sono
grandi depositi di grani sì nazionali che
stranieri. Nelle medesime la maggior par-
te de' negozianti sono greci, tedeschi e
italiani. Galatz è sempre frequentato da
buon numero di navi nel suo porto. Il
florido movimento commerciale di Brai-
la e di Galatz è in notabilissimo e pro-
gressivo incremento ne' loro porti, come
può rilevarsi da quello del i852, riferito
dui Giornale di Roma del 1 853, a p. 9 1 5.
Il commercio valacco va ora sempre più
prosperando, mediante la navigazione a
vapore sul Danubio introdotta, la quale
sarebbe compita se i bastimenti potessero
montare le cataralte, che incontransi a
Scaladova ed a Neu-Orsova. Si progettò
un canale, ma l'impresa è gigantesca; in-
tanto anni addietro si andò facendo luti»
ghesso il fiume un comodissimo stradale.
Nella Valacchia le strade non hanno qua-
si traccia; si attraversano quelle spaziose
campagne alla ventura, ed i carri benché
leggeri sono tirati da molle paia di bovi.
Le poste sono affatto singolari , perchè
consistono in una specie di carro, basso e
angusto, che appena contiene una perso-
na, unito insieme alla meglio con chiodi
di legno, le cui parli sembrano ogni mo-
mento volersi separare; le ruote non han-
no cerchi di ferro, ed un po'di paglia ser-
ve di cuscino per sdraiarsi. Quattro bel-
lissimi cavalli corrono a rompicollo. La
Valacchia, di cui la capitale èEucharest,
dividci^i in Grande e l'iccola Valacchia.
ii6 VAL
Ln Grande o maggiore Fdlacchia al-
l'est, è divisa in parie superiore all'est o
occidentale, o Zara de Sitss; ed in par*
le inferiore all'ovest o orientale, o Zara
de Choss. La i ." coniprenile i distretti se-
j^uenli; Ardjicli, Dumbovil^a o DuQibro-
■\vic, IMiuilchel o Munstoliel, Olloul o
OltidoOllos,Teliorman,Vla'>ka. Ardjicli
ha per capoluogo il borgo omonimo, il
quale era un tempo la residenza de'prin-
cipi del paese. Dumbovilza o Duuìbrowic
pare che abbia preso il nome dal Oiune co-
sì chiamalo, celebre non solo perchè seco
trascina de' granelli d' oro, ma pel buon
pesce che somministra e per la dolcezza
di sue acque : nel suo distretto è Tergo-
M'/7r. (/^.), sede arcivescovile e metropo-
litana della Valacchia superioie, già ca-
pitale di tutto il principato e residenza del
voivoda sino al 1698, la quale fu allora
trasferita a Ducharest; perciò la piccola
città decadde successivamente. La parte
inferiore contiene i distretti seguenti: Bu-
zeo o lìouzeo , con città di tal nome per
capoluogo, residenza d'un vescovo greco
scismatico; Brankilow oBraila o Ibraila,
situata sul Danubio e tenuta la più com-
merciante della Valacchia, con porto fre-
quentatissimo. Ola con case di legno , co-
me lo sono le sue numerose chiese, tra le
quali primeggia quella di s. Nicolò, innal-
zata in mezzo ad una piazza da INicolò I
imperatore delleRussie; llfow, il cui ca-
poluogo èBucharest, Jalomnitza o Jalo-
\ilza, Rimnik, Prohova e Sekujen. La
Piccola o minore Valacchia, ch'è all'e-
stremo lato occidentale della Grande ^ e
dicesi pure Transalpina, ha per capoluo-
go Craiova o Crajowa, grande e regolar-
mente f d)bricata a pie de'monti, e abbrac-
cia i distretti seguenti: Chyl mferiore od
Ollzi o Doltzi, con Craiova per capoluo-
go; Chyl superiore oGorlzi, Mehendilzi,
liomautzi,e Vulcia o Voultcha. Altra cit-
ta nolabiledella Valacchia è Giurgevo sul
Danubio, già con buona fortezza, ma è
turca perchè appartiene al sangiacato di
Huslchuk, sorgendo iu fucciu alla città di
VAL
lai nome in modo pittoresco. La grande
e piccola Valiicchia è divisa ne' 18 nomi-
nati distretti, che in tutto contengono 2Ci
città,! 5 borghi, e 356o villaggi formati
nella piìi parte in capanne di legno, e
situate in mezzo a vaste campagne, nel-
la maggior parte incolte. Ogni distretto
ha una magistratura speciale di gover-
natori, i cui membri sono eletti dall ospo-
daro, che suole scegliere il più degno de*
candidati a lui proposti: questa magistra-
tura si compone di 3 boiardi o nobili,!
quali prendono il nome d'ispravniki, e so-
no neir anìminislrazione attentamente
sorvegliali da un giudice e da un sa-
messi o ispettore. Ogni distretto poi è
suddiviso in comuni denominale plaza, in
ciascuna delle quali vi è un esattore del-
le contrUiUzioni. Ciascuna città ha pari-
menti un consiglio municipale composto
di 4 individui, il quale deve amministrare
il paese, quindi può imporre aggravi,(pia-
lora l'esigono le circostanze: ogni anno
però egli deve sottoporre a' ministri lo
slato attivo e passivo della sua ammini-
strazione. 1 membri componenti il corpo
municipale vengono scelli fra* cittadini
possessori almeno d'immobili del valore
di 2800 franchi, e sono nominali da u-
na deputazione, che viene formala di no-
bili e di proprietari d'uno stabile per lo
menod'800 franchi. L'autore delle Os-
sensazioni storico-naturali e politiche
intorno la Malachia e Moldavia, Na-
poli 1788, che fece lunga dimora negli
stati ottomani, colla cognizione della mag-
gior parte delle lingue antiche e moder-
ne parlale da'popoli, e stanzialo per i i
anni nella Valacchia e Moldavia , e ne
raccolse le nozioni più interessanti, rife-
risce che a suo tempo le città principali
Bucharest capitale della Valachia, e/<r/55t
(F.) capitale della Moldavia, si potevano
piuttosto chiamare grandi villaggi che
città, essendo composte di case e casuc»
eie, con grandi giardini e cortili occupan-
ti grande spazio : dopo la guerra colla
llussio,Qclle due citlà si fabbricarono moi-
VAL
(i palazzi e case di pietra, vaste e comode,
n»a d* un solo piano senza siiniiìetria e
ordine. Prima usavano i tetti formali di
tavolette, poi si formarono di tegole di
terra cotta ad angoli acuti, afììne di faci-
litare lo scolo delle nevi, onde non soc-
combere ai loro peso, ed in tutte le stan-
re si posero stufe per riscaldarsi T inver-
no. Nel centro delle città vi sono i mer-
cati air uso di Turchia, dove si vendono
merci ordinarie e commestibili; le botte-
ghe per lo più erano di legno e terra in-
tonacate con calce, e le strade coperte con
letti di tavole. Nel recinto de' mercati sì
trovano de'convenli cinti di buone mura,
che nel chiostro porticato hanno diverse
botteglie o magazzini per le merci piìl
ragguardevoli. Di Bucharest o Bukarest
dirò in fine, parlando del vicarialo apo-
stolico. Quanto a Jassy, notizie recenti la
dicono edificata principalmente in legno,
tranne alcuni grandi edifizi, ed abitata da
4o,ooo anime, altri dicono meno; mol-
to commerciante, e mercè l'accademia e-
relta nel 1 8 1 4> il Basilianum riaperto nel
i83r per le scienze di diritto e per lo
studio di lingue, non che pe'floridi istitu-
ti letterari, !e sue tipografie e le gazzette
che vi si pubblicano, ha acquistata un'im-
portanza letteraria piuttosto grande nel-
la regione. Gli abitanti della bella città di
Jassy sono scalili e pieni d'intelligenza;
il loro vesliario nazionale è mezzo polac-
co e mezzo turco; le doime moldave, pe'
vezzi del volto e per l'eleganza delle ma-
niere, si accostano tanto al tipo della bel-
tà polacca, quanto quelle di Valacchia si
avvicinano al tipo<lella bellezza delle fem-
mine orientali. Dell'antico governo del
principato parlerò in progresso, dirò qui
soltanto di quello ultimo, mentre ora si
sta operando la sua riorganizzazione, in
lino a quello della Moldavia, discutendo-
si anche suH' unione de'due principati e
quanto altro accennerò a suo luogo. La
Valacchia essendo governata da un vai-
voila, che mandava la Turchia, sceglien-
dolo fra'greci del Fanar; indi in virtù del
VAL 127
trattalo concluso tra la Porta e la Russia
e segnato a Pietroburgo a'ag luglio 1 834»
questo paese venne governato costituzio-
nalmente da un valacco, il (juale era no-
minato a vita dall'assemblea nazionale
composta di 5o boiardi della i.'' classe, di
60 della 2.', di due vescovi diocesani e di
due deputati di ciascun distretto, non che
da'delegati delle città. Il penultimo prin-
cipe però venne direttamente nominato
ospodoros o ospodaro della Valacchia dal
gran sultano di Turchia e dal czar delle
Russie. L'ospodaro era subordinato al se-
nato o assemblea costituita del metropo-
litano che n'era presidente, di due vesco-
vi diocesani, di 20 boiardi e di 18 depu-
tati de'dislretti, oltre i rappresentanti del-
la città di Craiova. A tale assemblea ap^
parleneva il controllo degli atti del gover-
no, l'autorità di suprema corte di giusti-
zia e di ultima istanza in tutti gli alfaridi
stato, la sanzione delle leggi, e l'approva-
zione de' diversi ministri che il principe
destinava alle incombenze dello stato. La
legislazione, confrontata con quella de*
paesi civilizzati d'Europa, era ancora im-
perfetta, nondimeno negli ultimi anni a-
vea migliorato di condizione.il codice pro-
mulgalo nel 18 18 ricevè molte modifica-
zioni ne'successivi anni, a segno che dal
1834 in poi moltissiini cambiamenti si
operarono. Le leggi civili furono la mag-
gior parte desunte dalle Pandette e dal
codice Napoleonico. Il codice di commer-
cio è il francese senza veruna modifica-
zione. L'antico divano per amministrare
la giustizia si componeva di quelle cari-
che descritte dall'autore dtìU'Ossen'azio-
ni, di cui era presidente e tenuto quasi
oracolo della legge l'arcivescovo metro-
politano di Bucharest , come del divano
di Moldavia era quello di Jassi, ed i ve-
scovi di Rimnico e di Buzeo ne facevano
parte. Regnando il principe Alessandro
Ghika, ninno venne condannato a morte,
e da ciò alcuni vollero dedurre, che nel-
la Valacchia la pena di morte fosse abo-
lita; il che proveaae dall'essersi tramuta-
laS VAL
ta In penn cnpitnle pionunziala su diver-
si rei, in mi caroeie |)ei|jeluo o nc'lavo-
ri follali. Le pubbliche carceri sono a lUi
cburest, a Giiirgevoeil a Craiova. 1 con-
dannali a'publ)lici lavori sono irnpie£»ali
alle saline, lavoro penosissimo, che mol-
ti ne rinmn^ono villima. Ulliniainenle si
diniiniiiiono nofabibnenle i delitti, e me-
no frequenti e quasi rari gli assassinii e i
furli; beneficio grandissimo, dovuto prin-
cipalmente a^li inestimabili sforzi del ge-
nerale russo RisselelF, per condurre i va*
lacchi a qualche civiltà. Vi dovea essere
eguaglianza di diritti per lutti , ma gli
sforzi dell'uUin)o ospodaro non poterono
svellere del tulio gli abusi, che esistenti
da tanti anni hanno preso forza di con-
suetudine. I boiari sono in possesso de'po
sti più in»porlanti e che rendono di più.
All'ospodaro era fìssala una listacivile di
700,000 piastre, ed il tributo, chiamalo
dono annuo, ch'egli paga alla Turchia è
di 600 borse, ossia 3o,ooo fiorini (1' o-
spodaro di Servia vassallo indipendente
della Porta, iodipendeiica acquistata dal-
la nazione a prezzo di sangue , è tenuto
all'annuo tributo di 2,3oo,ooo piastre
turche): altri liporlano diverse cifre, co-
lue duo. Il eh. ab, Domenico Zanelli nel
t. 8 AeW Album di Roma yCow 3 articoli
pubblicò nel i%/y\ : Cenni storici della
Moldavia e della ^«/^cr/im. Egli dichia-
rò: » La Moldavia e la Valacchia sono
due stati , di cui poco o nulla si conosce
presso noi; per cui volontieri e minuta-
mente ci occuperemo di loro in questo
giornale, esponendo in appositi articoli le
vicende e lo stalo attuale di questi paesi,
che essi pure cominciano a incivilirsi".
Parlando delle finanze, dice che nella Va-
lacchia costituisce il pubblico reddito il
testatico, i beni dello stalo, le saline e le
gabelle. Al testatico sono sottoposti tutti
i paesani e i mansili o boiardi, della 4-
classe; colla dilferenza però che i primi
pagano per ciascuno 3o piastre all'anno,
i secondi 45; la quale differenza viene pe-
lò ricompensala dal privilegio che haa-
V A L
no gli uhimi di essere immuni dal servi-
zio cnilitart*. Le saline costituiscono il 3.
dell'entrala dello slato: ogni annosoglion-
si spedire fuori da circa \i milioni dV j
che di sale, e nel paese ne vengono consti-
ujale da 4 milioni. I beni stabili che pos-
siede lo stato sono allìtlali , perchè ser-
vano di pascolo o perchè siano messi a
coltura: oyarit si chiama quell'imposizio-
ne , che pagasi pel pascolo. Gli oggetti
d'impori'azione pagano il 3 per 100, e co-
muneme ite sono sottoposte alla gabella
le cose dette di consumo. In tal maniera
lo stalo ebbe nell'anno 1827 un reddi-
to di 1 4,633,1 18 piastre, e nel 1840 di
19,500,000; la qual somma serve a pa-
gare l'annuo tributo di 1,400,000 pia-
stre al gran sultano, e a coprire le spese
della nazione, le quali a detta epoca era-
no sempre minori dell'entrata; e per tal
modo, non essendovi , a fronte di tanti
mali sollerti, nessun debito pubblico, o-
gni anno vi avea un avanzo, che veniva
impiegato nell'abbellire la capitale e nel-
l'eseguire lavori di pubblica utilità. Quan-
to alla milizia, riferisce l'encomialo ab.
. Zanelli, che tutta l'armata si componeva
di 4 reggimenti di fanteria e d'uno di ca-
valleria , che in tutto formavano 5, 000
uomini. Pel servigio militare le comuni
dovevano dare un numero determinato
di uomini, passando una mercede a' de-
stinali pel medesimo, le famiglie de'quali
si esentavano dal testatico. Il vestiario de'
soldati mollo somigliava al russo, ed i
comandi usali nelle manovre erano una
abbreviazione del linguaggio russo. Ol-
tre la truppa di linea era vi ancora la
guardia civica e i soldati destinati a cu-
stodire i confini dalla parte dell'Austria,
oltre le stazioni del cordone sanitario.
Passando a parlare dell' istruzione pub-
blica, della lingua e della letteratura, ri-
porla le seguenti notizie. L'istruzione è
dilTosa dappertutto; ogni grosso villaggio
ha mia scuola per imparare a leggere,
scrivere e far di conti, sostenuta a spese
del comune.Uucharest avea 4 scuole pub-
V A L
hliolie, moltissime private, sia pe'flinciul-
li, sia per le fanciulle: vi ha un liceo det-
to anche accademia, la quale era frequen-
tala da 5oo scolari, i quali vi op[)rendo-
no la grammatica delia lingua valacca. la
lingua francese, la greca moderna eanti*
ca, la geografia, la storia^ la matematica,
la filosofia, e alcuni vi apprendono anche
lei'f'i e vi ricevono la laurea. L'ab. Za-
nelli, che la visitò, se ne dichiarò malcon-
tento. I giovani che amano fare un corso
compilo di studi , passano alle celebrale
università di Germania e a Parigi, ed al-
cuni vi sono mandati a spese del gover-
no. Anche a Craiova vi è wx collegio, ch'è
tenuto in qualche stima. L'amore del-
l'imparare si dilFonde nel paese eziandio
ne'campagnoli adulti. La lingua de'va-
lacchi è povera e rozza; nondimeno tie-
ne della soD3Ìglianza col latino, col gre-
co e col tedesco; alcune parole si ravvi-
cinano all'italiano (altri la dicono ricchis-
sima di elementi slavi e latini, un miisto
di latino corrotto e di slavone; altri la
dicono derivata dal latino, come l'italia-
na, la linguadoca e la catalana. I valac-
chi delle classi elevate hanno una gran
predilezione per la lingua italiana, ed al-
cuni di loro mandano i figli a studiare a
Padova. L'idioma francese è poco stu-
diato, ed il tedesco trovasi sparso nella
sola classe mercantile). Essa fu sempre
negletta , e sono pochi anni che venne
scritta una grammatica (in islavo valac-
co nel iBSy fu stampato a Rermanstadt
da A ndreaClemen*;: A/e/^/V.y TVaLadiisch-
Df.Htschy and Deutòch-I F^alachìsches
werlerbuch). Ora però viene assai colti-
vata, e molti uomini d'ingegno non più
in greco o in francese, ma in valacco a-
mano esprimere, scrivendo, i loro pensie-
ri: e in tal maniera hanno dato vita al-
la letteratura nazionale, che agradi a gra-
di andrà progredendo. Già si sono fatte
alcune traduzioni in valacco di qualche
dramma, d'alcuni romanzi e di poesie.
Una società di dame di lassi, capitale del-
la Moldavia , dove si parla egualmente
VOL. LXXXVII.
VAL 139
valacco, imprese a tradurre Topere irre-
ligiose e immorali di Giorgio Sandl A
Bucharest viene pubblicato anche un gior-
nale in valacco, e due a Jassy; ma molti
erano costretti a trattenersi dal pubbli-
care i loro scritti pel gran dispendio della
stampa. A Bucharest vi è una tipografia,
la qua le comunemente si occupava d'ope-
re greche (stabilita nel principio del secolo
passato da un arcivescovo greco, ed i tor-
chi erano principalmente impiegali nel
stampare i libri liturgici,cheogni prete era
obbligato acquistar a caro prezzo di quan-
do in quando). Né le arti belle sono di-
menticale, qualche giovane vi ha mostra-
to vocazione, ma indarno avrebbe potu-
to trovar una guida nella sua patria, do-
ve non si vede un quadro o una st'jtua
d'un mediocre artista.Le slesse chiese non
presentano che piccole immagini di santi,
le quali in nulla differiscono da quelle
delle di scuola greca, che ci sono ancora
rimaste o che risalgono a'secoli XI e XI F,
Il principe Alessandro Ghika , amatore
delle belle arti, pensò inviare alcuni gio«
vanijChe ad esso mostrarono disposizioni,
in luoghi ove esistonograndi modelli e va-
lenti maestri, come Migulich a Parigi, e
Tommaso Constanzin a Roma. In tal ma-
niera, é da sperare, essi potranno dilfon-
dere la coltura dell'arti sovrane ove mai
esistette. Leggo nel t. 17, p. 267 , dello
stesso Album di Roma del i85o la de-
scrizione sopra un dipinto a olio di Gior-
gio Tattarescko di Valacchia, col disegno
inciso, esprimendo laReligione fondamen-
to d'ogni civiltà. Imperocché la Dacia,
oggi Romania o Valacchia, dopo l'incur-
sioni de'traci cadde in uno stato di squal-
lore;e di modo che i suoi popoli, perden-
do i vincoli sociali, trassero dispersi una vi-
ta agreste in tante piccole famiglie e tri-
bù. Le sue città erano atterrate, il suo
culto , le sue leggi , il suo commercio e
osni mezzo di civiltà estinto* La luce del-
la religione rivelata apparve su questa
terra, e per lei rifiorirono le scienze e le
arti, e quanl'alUo può prosperare e ren-
9
i3o VAL
dere cullo e felice un popolo. Luigi Ab*
bali, autore della desciiz/ione, encomia il
pittore \alacco, peicliè ue'5 anni di sua
residenza in Roma seppe arricchirsi di
queVaii pregi che leniiono illustri i mae-
stri dell'arte; lodando pure 1' accuratez-
za del disegno, la vaghezza del colorilo,
la nobiltà delle fjgure,primeggiando quel-
le della Religione e della Rumonia per-
sonificala e abbattuta, le vive espressio-
ni, l'armonia, la diligenza e lo studio del
detto quadro, ^'otizie più recenti riferi-
scono: L'istruzione si è rapidamente svi-
luppata nella classe ricca de' moldo-va-
lacchi, i quali quasi (ulti sanno il france-
se e l'italiano, e vanno in grande nume-
io a fare i loro studi in Parigi, o in altre
capitali. Il Giornale di Roma del 1 85i,
a p. 892, narra che fu presentato all'im-
peratore INicolò 1 un fenomeno musica-
le de'più straordinari, cioè Federico Roltz
giovane valacco , il quale è nato con 4
mani; il più strano si è che ciascuna di
queste mani ha io dita. Educato nell'età
di i5 anni da un russo che gl'uisegnò a
suonar l'organo, indi egli lavorando da
se solo giunse ad un grado straordinario
d'ingegno e di forza. Questo sorprenden-
te pianista si fece meccanico e potè, mer-
cè combinazioni, aumentar d'un' ottava
e mezza l'estensione della tastiera de'pia-
iioforli ordinari. L'istrumento da se co-
strutto è un vero capolavoro. Roltz cam-
biò con vantaggio le corde acute del pia-
noforte, facendole da fili d'acciaiocom'e-
lano, in fili di platina galvanizzali. La sua
costituzione è eccellente, e niente nel suo
esterno rivela la strana conformazione
de'suoi avambracci. Soltanto dal gomito
in giù il braccio si biforca. Ciasctmo de'
4 avambracci è perfettamente conforma-
to, e composti d'un radio e d'un cubi-
to,come nell'uomo meglio formalo. L'im-
peratore, dopo avere udito suonar da lui
il suo strumento, lo ricolmò delle mag-
giori prove di generosa bontà. II suo e-
ducalore morendo nel i85o gli legò una
piccola fortuna, colla quale Roltz si ac-
V A L
quietò una gran quantità d'anelli in di.i^
manti e ne rivestì le sue 4o dita. L'ef-
fetto di quelita riunione di brillanti è ma-
gico , poiché muovendo le 4 luani sulla
tastiera di ebano, si vedono miriadi di
scintille; e per un'innovazione bizzarra,
ha costrutto in ebano i tasti del proprio
pianoforte,! cui tuoni minori al contra<
1 io sono costruiti in avorio. La sicurezza
e una migliore legislazione hanno mollo
giovato alla sorte de'contadini; da 20 an-
ni sono innumerevoli i progressi della
coltivazione, dell'industria e dell'incivi-
limento. Sulla religione e costumi , rac-
conta l'ub. Zanelli. 1 valacchi professano
la religione greco scismatica ; e le loro
])ratiche religiose sono grossolane, senza
scopo morale , superstiziose. Moltissime
sono le chiese, e alcune le fece innalzare
r iu)peratore delle Russie defunto, che
amava farsi conoscere il sostenitore del-
la chiesa greca separata dalla cattolica. I
preti greci valacchi dividono col popolo
l'ignoranza e la dissolutezza, la quale è
penetrata per anco ne'chiostri de'mona-
ci e delle monache. INella Valacchia essi
erano i referendari politici del czar di ]*ie-
Iroburgo. Tutto il clero valacco dipende
da un sinodo composto dell' arcivescovo
di Bucharest e de'vescovi, i quali sono ol-
Iremodo ricchi. All'assemblea nazionale
appartiene la nomina de'vescovi, che di
recente eiansi emancipati dalla dipen-
denza del patriarca loro di Costantino-
poli, facendosi dipendenti dell'arcivesco-
\odiBucharest,il quale ha l'annuo reddi-
to di 20,000 ducali d'oro per se, e 7000
pe'poveri: tutti i vescovi sono pagati dal
governo. 1 papaso preti inferiori sono po-
verijda'proprietari ricevono una porzione
di terre, che coltivate danno loro con che
vivere; e per vivere meglio fanno un traf-
fico indegno del loro ministero. Anche i
conventi sono ricchissimi, e questi sono
dipendenti, altri dal patriarca scismati-
co di Gerusalemme, altri dal monastero
del monte Sinai parimenti greco scisma-
tico (per la disciplina e per reconomico).
VAL
I cosUimi sono generalmente depravali :
noco o nessun sentimento di pudore sia
nel boiaro sia nel plebeo; nel paese è do-
vunque prostituzione e peggio (è sempre
l'ab. Zanelli die parla di cose vedute co*
propri occhi, e conosciute sul luogo da lui
visitalo). Nelle città presso i fiumi il luo-
go de'bagni è il (lume stesso, dove uomi-
ni e donne, e non quelle del popolo sol-
tanto, si bagnano contemporaneamente,
distanti pochi passi gli uni dalle altre. A
Bucharesl di frequente nelTaltraversare i
ponti di legno, si vedono nuotar pubbli-
camente uomini , e sotto le finestre di
chiunque. Fanciulli già grandicelli , che
appartengono a* Zìngari (f'\)i alF.ilto nu-
di corrono dietro a domandar limosina.
Per lutto questo ben a ragione esclama
l'ab. Zanelli: Oh misero quel popolo che
vive in una religione impotente a reniler-
lo morale ! Ragionando di questa Tanoui-
mo autore óeW'Osseri'azioni^ narra che
incredibile è il numero delle chiese e con-
venti che trovansi nelle città e fuori. Tut-
ti i principi e molti particolari ebbero la
vanità di fabbricarne per conservare la
loro memoria, e non trascurarono di far
dipingere internamente sulle pareli i pro-
pri ritratti e quelli di loro famiglia. Le
chiese sono molto oscure,dipinte interna*
mente ed esternamente con figure di san-
ti, e colla rappresentazione de'Ioro mira-
coli, che non fanno molto onore né al pen*
nello, né alla fantasia del pittore. Vi è uà
solo altare nella cappella in fondo, la cui
vista è impedita da cortine, e da un ta-
volato dipinto e dorato , come praticasi
nelle chiese di rito greco. Lungo le mura
vi sono i sedili come ne'cori. Nelle chie^
se principali vi è il trono pel principe, ed
uno minore per la principessa. Nell'ingres-
so s' incontrano i depositi in marmo de*
fondatori, ed i loro discendenti vi hanno
il diritto di farsi seppellire. La plebe e
gli altri si contentano del vicino cimile-
rio. Tre sono le diocesi in Valacchia, l'ar-
civescovo metropolitano di Bucharesl^ il
Tescovo di Craiova o Rimnico, ed il ve-
VAL i3r
scovo di Buzeo. Quattro sono quelle di
Moldavia, cioè l'arcivescovo metropolita-
no di Jassi (anticamente, come ripeterò
in fine , la metropoli era Solzaha)^ ed i
vescovi di Zernauci, di Rommano o Ro-
manivvaivar, e di Falci. La religione do-
minante greca, per la generale ignoranza,
nel popolo non ha altri principii che quel-
lo d'un cullo esterno e superstizioso. L'ar-
ticolo principale nel quale i moldo valac*
chi fauno consistere la religione, è il fare
4 quaresime all'anno mollo rigorose per
riguardo alla qualità, non la quantità dei
cibi, e il digiunare due giorni della setti-
mana. I confessori sono preti ammo-
gliali, ed a'prelati, scelli sempre da'mo-
nasteri de' monaci basiliani, non è per-
messo il confessare, restando nello slato
monastico. Il penitente deve dare una li-
mosina al confessore , che non trascura
di racconiandiirgli di far dire ^o messe
in sulìragio de'morli. Si piota pm cullo
ad «ma Siigra immagine, che al sagramen-
lo dell'Eucaristia. In ogni chiesa dicesi
una sola messa sul fir del giorno, e nel-
la cappella de'principi a tne/za mattina.
La quantità delle feste è inuumerabile,
ed in Valacchia si celebra fin anco quel-
la del Demonio il 2.° mercoledì dopo l;*a-
squa con infinite superstizioni. Oltre i ve-
scovi nazionali , ve ne sono molti altri ia
parlibiis residenti in Valacchia e in Mol«
davia, e vivono lautamente colle limosi-
ne de'fedeli, i quali rig^uardano per infe-
deli tutti quelli ohe non sono del rito loro.
Grande è la venerazione del popolo pe'
vescovi. L'uffizio divino celebra vasi anti-
camente in lingua slava, ignota ài sacer-
dote e al popolo, perciò il principe Co-
stantino Maurocordalo lo fece cambiare
nella lingua valacca, che essendo molto
scarsa di termini, la traduzione riuscì ri-
dicola e poco gustala. I due fratelli Gre-
ciano tradussero in valacco la Bibbia, di-
venuta rara. La scienza d'un prete con-
siste in saper leggere mediocremente nel-
la propria lingua, e cantare. I dottori so-
no ignoranti, negano la validità del bai-
i3i VAL
tesimotìegli altri cristiani, e li obblignno,
r|iian(lo abbracciano il loro rito, a sogget-
tarsi airimmei'sione.I più mmlerati si con-
tentano d'ungerli coll'olio santo, facendo
loro sempre cambiare il nome. Alcuni uo-
mini dabbene istituirono degli ospedali,
principalmente pel morbo venereo; ma i
nazionali, quantunque poveri, ci vanno
con gran dillìcoltìi. Ogni setta e religio-
ne è tollerata in Valaccbia e in Molda-
"via, esercitando pubblicamente le proprie
sagre funzioni. A tempo dell'autore del-
l'O5^crtv/s/o«z, in Ikjcbarest era vi una
chiesa luterana, e la sinagoga degli ebrei,
i quali essendo numerosi in Moldavia ot-
tennero in più luoghi di stabilir le sina-
goghe. Tornando all'ab. Zanelli, ragiona
ancora della divisione, carattere e costu-
manze de' valacchi. I valacchi si divido*
no couìunemenle in due classi, boiardi e
paesani: i negozianti vi formerebbero la
media, ma sono pochi e la maggior par-
te stranieri (altri dividano i valacchi in 3
classi: la nobiltà ossia i boiari.il clero,i con-
tadini delti rum un). La parola boiardo
significa guerriero e corrisponde alla la-
tina parola miles^ titolo d'alto onore ne'
secoli di mezzo per tutta Europa, ed al-
trettanto riferisce l'anonimo nell'O^^er-
vazioni. I boiardi sono divisi in 4 classi,
delle quali 1' ultima è forse la più ricca,
ma la meno considerata; dall'una si può
passare all'altra in meglio, mediante me-
rito di servigi prestati. Un soldato fatto
uffiziale, un cittadino insignito d'un gra-
do accademico sono considerali boiardi
dell'ultima classe. Il grande privilegio de*
boiardi delle 3 prime classi è quello d'es-
sere immuni da qualunque imposizione;
essi sono eccessivamenle dedili al lusso,
amano avere molle livree e belle, e gran
ìsfarzo nelle carrozze, di maniera che vi
ha fra loro una gara, la quale finisce poi
con ridurli in povertà (l'autore dell'O.?-
sen>azìo?n\ pubblicate nel 1788, riferisce
che nella Valacchia e nella Moldavia Tuo.
mo il più vile con un poco di denaro era
fallo nobile^e talvolta i facchini e gli scoz-
V A L
zoni de'ca valli venivano tramutati in bo-
iari; trattandosi Ira loro colle parole Ce-
stili Bojar in valacco, o con quella di
J'\'irni{ish in greco, cioè /astra Nobil-
tà. Deplorando l'eccessivo lusso sì degli
uomini, che delle donne, e le immorali
conseguenze, rimarca che la rovina del-
le case nasceva dalle superfluità vane del
Iraltamenlo. A Natale, a Pasqua e all'As-
sunzione , ogni donna dovea vestirsi di
nuovo. Si vestivano di stoffa d'Imlia, eoa
iscialli di cascemir foderalo di zibellini
o altre pelli preziose russe, e sopra tut-
te le cuciture ed estremità erano posti
galloni d'oro o ricami di Vienna : ordi-
nariamente tal vestiario costava 3ooo fio-
rini). L'altra classe è quella de' paesani,
la cui condizione è veramente miserabi-
le. Eglino ricevono da'boiardi una certa
quantità di terreni, a condizione che diano
loro il I 0.° del raccolto, i 2 giornale di la-
voro con un paio di bovi,e senza questi 36.
Cbese il paesano non può o non vuol dare
queste giornate, deve darne il valore ia
denaro, compenso che non viene calco-
lato dal capriccio del padrone,ma da una
deputazione esistente in ogni comune. Il
paesano è ignorante, superstizioso ; crede
non solo alle streghe,alle fatlucchierie,ma
al malocchio. 11 valacco è di color bruno,
in generale d'alta statura, massime nelle
montagne, per lo più d'aspetto fiero, di
modi rozzi (ordinariamente di costituzio-
ne robusta e coraggiosi, ma abitanti d'uà
paese fertile e barbaro , sono pigri al-
quanto, ed insieme ospitali e franclii ; i
soldati indisciplinali, ma prodi). Il pae-
sano si ciba di pane senza lievito, colto
sotto la cenere, di legumi, di carne di pe-
cora e di latte o cacio agro, di pesce sa-
lato, di cui sono molto ghiotti; è avido
delie bevande spiritose e beve il cracquit
oacquavila di frumento con tale ingor-
digia, cbe tosto si vede ubbriaco. Egli
in generale è amante della fatica, pazien-
te, con lento del poco, e di poche parole.
Gli uomini indossano calzoni di latia, una
lunga veste di pelle di pecora col pelo;
VAL
un bonetto alla cosacca dì pelle d'agnel-
io, e scarpe di pelle non conciata. Le don-
ne poi usano una camicia che stretta al
collo tocca i piedi , sulla quale portano
due stretti grembiali, utio dinanzi e l'al-
tro di dietro, facenti Tuiìicio di gonna ;
sul capo una specie di berretto di paglia
e di crine tessuto; al collo e alle orec-
chie pochi o nessuni ornamenti. I boiar-
di sono orgogliosi^ trattano con asprez-
za i loro dipendenti, guardano di mal oc-
chio un loro eguale e con disprezzo gl'in-
feriori : tutto annuncia la boria non più
voluta e sopportata a'tempi nostri d'una
malintesa aristocrazia. Coiranonimo po-
trei dare maggiori notizie, ma appuulo
avendo sorpassato le debite proporzioni
pel riflesso che poco si conosceva la sto-
ria e i costumi de'moldo-valacchi,ne rac-
colsi le nozioni derivale pure dall' ulti-
ma guerra d'oriente e dalle loro attua-
lità sulle quali si stanno occupando le
grandi potenze d'Europa, e per qtianlo
altro mi resta a dire, specialmente sui
tempi ultimi e correnti, con esso riferi-
rò solo. Che i difetti e i vizi di questa na-
zione deiivavano dal governo dispotico
e già tirannico, e da una pessima pubbli-
ca educazione, la quale essendo in buona
parte in mano del clero, questo era ed è
biasimevole. Tutte le arti meccaniche e-
rano in mano de'forastieri delle vicine
contrade ode'zingari, esercitandole pro-
fìcuamente. Le donne si applicavano al la-
voro più degli uomini, preparando i pan-
ni e le tele per uso della famiglia. Le ca-
se de'nobili erano piene di schiavi e schia-
ve zingari, applicali a tulli i servizi do-
mestici, l zingari ritenerli la più vile e
la più sucida razza d'Europa, ladri, ma-
liziosi e dati alla libidine dall'età più te-
nera. Un fanciulloeducato tra simil gen-
te, non può che divenir depravato. I no-
bili procuravano far apprender il greco
linguaggio a'figli da qualche n)onaco gre-
co stanco del chiostro, per parlarsi nella
corte de'principi. La nazione ama molto
il ballo, i festini, i pranzi tumultuosi, gli
VAL i33
spettacoli, i giuochi d'azzardo. In que-
sto conservano ancora i costumi antichi
de'loro vicini ungheri e polacchi, come
rileva Anton M/ del Chiaro, Rìvoluzio'
ni moderne della Valacliia, libro stam-
pato nel principio del secolo decorso; ma
l'I parte generosa e magnifica cambiòcol
consorzio e dominio de'greci,i quali per
signoreggiarli procurarono distruggere
ogni seme di virtù. Dopo l'occupazione
de'russi, i valacchi mostrarono migliori
disposizioni. 1 moldo-valacchi prendono
moglie in tenera età, a scelta della propria
madre, le nozze essendo accompagnate da
usi che la civiltà introdotta avrà elimina-
lo. Non mancano tra'moldo-valacchi ri-
spettabili famiglie, e persone di merito in
mezzo a tanti disordini pubblici e privati,
anco uomini di stato. Il Muratori crede
che in Valacchia originarono i zingari
o zingani, di cui riparlai a Superstizio-
ne, a Servia e ne'luoghi ove sono. Non-
dimeno, udiamo dall'ab. Zanelli, che li
vide, cosa essi sono in questo paese. « l
zingani nella Valacchia e Moldavia sono
nientemeno che più di 25o,ooo. lo non
mi arresto a tracciarne l'origine: chi ne
avesse vaghezza consulti l'opera ora pub-
blicala in Milano da Francesco Predar!;
a me basta il dire che nella Moldavia e
Valacchia sono segnati fino dal 1 417, e
che sono tuttora condannali ad una vita
errante e misera. Quivi essi vivono di-
visi in due classi: tulli però schiavi, altri
del governo, altri de' boiardi. Gli schia-
vi del governo prendono il nome di aii-
rariy itrsarl e lingurari o artigiani. La
classe la più compassionevole è quella
de'vagabondi, che passano da un luogo
all'altro a maniera di carovane, elemo-
sinando, rubacchiando o anche suonau-
do qualche musicale stromento, essendo
nella musìcaabilissimi. Glizinganischia-
vi de' boiardi esercitano il mestiere del
cuoco, del barbiere, del calzolaio e di al-
tri ancora, secondo che vuole il capriccio
del padrone. Gli zingani conducono una
vita veramente brutale; noa conoscono
i34 VAL
|iuilore, non hanno religione, non cono-
scono legge ili Djati imonio, tranne quel-
la iteliu natura : se qualcuno di essi si fa
distiano, lo fa pei l'ingoitligia tl'un re-
galo; quindi avviene die Si fa alle volte
battezzare più fìate. E' pur lagriuievule
cosa che in un secolo, in cui tanto si è
gridato e altamente si grida ancora in-
torno alla tratta de' negri, tuttavia si
sopporti la schiavili! de* zingani. Un se-
colo di lumi e di carità non pensa an-
cora a liberare tanti infelici! lo intan-
to faccio voli che il principe regnante
della Valacchia possa pienamente effet-
tuare la nobilissima idea di emancipare
ne'suoi stati gli zingani, di sollevarli alla
condizione de' paesani, e quindi di sotto*
porli alle leggi comuni a'suoi sudditi. In
tal maniera sarà di assai migliorala la
condizione civile e morale di tanti ntise-
II". Quanto alla statistica, l'ab. Zanelli
riporta quella che in parie riprodurrò.
Chiese SySy , monasteri 62 , case nel
1840 numero 34o,5oo; la popolazione
Del i 889 ascese ad 1 ,g50j000, la quale si
compone dii.g35.ooo greci scismatici ,
6200 cattolici latini, e 5ooo ebrei, gli
altri protestanti. Il reddito pubblico nel
1767 fu di 2,175,000 piastre, nel 1782
fu di 3,55o,ooo,nel 1 887 di 1 4*824, 1 95,
nel 1839 di 17,494)000, e nel 1840 di
19,500,000. JNel 1840 le spese furono
nimuri dell'entrata. La cifra del totale
della popolazione pubblicata nel i854
la riferii in principio, cioè 2,5oo,ooo.
Nell'Appendice l'ab. Zanelli discorre del-
ia Moldavia, la dice divìsa dalla Valac-
chia per mezzo del Danubio, conìpren-
dere una superfìcie di 2,67 i miglia qua-
drate di 28 e mezza al grado, con una
popolazione d' un milione, maggiore di
assai in proporzione a quella della Va-
lacchia. Le vicende storiche de'due prin-
cipati essere molte volte comuni all'uno
e all'altro; ambedue spesso si ribel-
larono alla Porta, ed ambedue ebbe-
ro per vaivoda tiranni nel Fanar. La
Moldavia, più montuosa e alquanto più
VAL
fredda, è divisa in i3 distretti che con-
tengono 7 città, con Jassy per capitale,
più bella e ricca di Bucharest, ma più pic-
cola, imperocché nella Moldavia vi sono
boiardi assai doviziosi. A 3us>y vi è un
teatro francese, un liceo, una società di
scienze e lettere, due collegi e molte altre
scuole, meglio dirette di quelle di Va-
lacchia. 11 popolo moldavoèpiù educalo
del valaccoeconla molti distimi letterati.
A cagione della popolazione n)oggiore
della Valacchia, avuto riguardo all'esten-
sione del pae^ie, l'agricoltura vi è assai col-
tivala, e grande quantità di grani è man-
data all'estero. A oche la pastorizia foruja
un ramo d'industria maggiore di quella
della Valacchia, li principe che allora
regnava era dotato d'uno spirilo d'in-
dustria e di trafììco; come sommamente
ricco, d'anno in anno migliorava la con-
dizione del proprio paese, in cui fra l'in-
tera populazìone si contavano 1,010,000
greci scismati^ci, 4 0,000 cattolici, 5o,ooo
ebrei. L'annuo tributo che il paese paga-
va alla Porla consisteva in 740,000 pia-
stre, e l'entrala pubblica ascendeva a cir-
ca 10,000,000. Di recente e nel 1857 il
eh. Luciano Scarabelli, nell'utile e inte-
ressante Enciclopedia contemporanea
di i^tìr/zo, pubblicò nel l. 33 un'assai im-
portante e distinta Statistica e Notizie
de^ Principati Danubiani. Ne darò ap-
pena un qualche cermo. Pel grande a fare
che ha la diplomazia ad assestare la cosa
pubblica delia Moldavia e della Valac-
chia, tutta Europa è in attenzione conti-
nua dì ciò che sia per nascere; quindi di-
ce l'encomiato scrittore, non volersi me-
scolare né disputare di politica, ma di e-
conomia, e quindi dare alcuna notizia del
commercio di que'paesi che può giovare
a chi dì essi studia, tanto più che essen-
dosi sparsi di essi teste in vari fogli d'I-
talia conti più fallaci, può essere che qual-
cuno abbia accettato per verità quegli
errori che per ventura esso può correg-
gere. Sì attribuirono testé a' piiucipati
Danubiani ettari 3,700,000 di superll-
VAL
eie; in vece la sola Moldavia, senza gli et-
tari che le si resero colla parie di Oessa-
rabia in vii Iti del traltato di Parigi, che
sono 1,1 2 5,000, ne tiene 4,700,000, ed
è già più vasta del Belgio e del regno
dì Sassonia : la Valacchia si ritiene di
7,696,601; quindi la superficie gene-
rale si può ricevere per chilometri qua-
drali 1 35,2 IO , ed una popolazione di
430,000 abitanti (qui la stampa pare
errala). Poco fa erano i principali slrelli
fra il Prulh, il Danubio, i Carpazi; ora
scendono al mare, e chiudendo in se le
bocche del Danubio con 5 ciuà si pren-
dono Ismail, Rilia e Reni, porli Danu-
biani diesi erano guadagnata buona par-
te del commercio intermedio de'grani. Il
territorio valacco scende al sud, e il mol-
davo al sud-est, e per valli e monti che
dalla catena Carpazia inoltransi piti in-
nanzi che a mezzo lo spazio del paese va-
ria di climi, di fertilità, di prodotti ec.
indi passa a parlare de* prodotti, le es-
portazioni e le importazioni, le rendi-
te del 1857 della Valacchia in franchi
6,349,774» e le spese in 7,163,828; il
tributo alla Porta della Moldavia in
180,000, doppio essere quello della Va-
lacchia. Le cifre de* principati Danubia-
ni avere un bilancio di circa io uiilio-
ni e mezzo di franchi. Segue la statisti-
ca dell'agricoltura e del commercio, l'es-
portaziotii e l'importazioni, l'arrivo delle
navi e la loro capacità ne' porli de' due
principali a lutto il i853,e nozioni sulla
navigazione del Danubio. Nel 18 56 si
parlò di proposito d'un progetto di stra-
da ferrala, che partendo da Galatz arri-
verebbe a Mihaileiii sulla frontiera della
Bucowina, linea che traverserebbe tut-
ta la Moldavia dal sud-est al nord-est,
distanze di 22 poste, cioè 17 di qua a Jas-
sy, e 5 dalla capitale alla frontiera austria-
ca. Osservano gì' intendenti, che se vi è
paese indicato dalla natura per ferrovie,
esso è positivamente la Moldavia e an-
cor più la Valacchia , poiché tutto pia-
nura, e le rare elevazioui faciUssime u li-
VAL
i35
vellarsi. Si parlò anche d'una strada fer-
rata che da Orsova lungo il litorale ar-
riverebbe a Braila, con uu braccio da
Giurgevo a Bucharest. Nel declinar del
1854 fu eretto il telegrafo da Cronstadt
a Bucharest, la quale così fa compresa
nella vastissima rete di telegrafiche com-
prende l'Europa civilizzata. Rilevo dalle
notizie correnti. Da molto tempo trovasi
in costruzione la ferrovia da Bucharest
a Giurgevo, ma il lavoro non procede di
molto. Una linea telegrafica da tal città a
Craiova,edi là aOrso va, va per essere uni-
ta alle linee dell'Austria, ed è quasi termi-
nala; icui lavori erano slati sospesi nella
primavera del 1857. Nel gennaio 18 53
il sultano ha ordinalo la costruzione d'u-
na linea telegrafica da Scolari a Basso-
rah per Bagdad. 11 telegrafo turco, che
finora comunicava solamente con Bucha-
rest, sta al presente iu diretta congiun-
zione con Monaco, Varsavia, Trieste, Ve-
nezia, Milano, Torino, Vienna, Parigi e
Londra. Anche quello con Pietroburgo
e col resto dell'Italia e coli' Algeria può
essere attivato facilmente.
Tulli quelli che hanno parlato della
Valacchia e della Moldavia si sono in-
gegnali di trovare l'origine di questi no-
mi, dicendo che la 2.' lo prese dal fiu-
me omonimo, eh' é molto insìguificante.
In quanto alla i.*è certo che in islavo
Ulach significa italìanOy e la Valaechia
dicesi Volosca Semghij che letteralmen-
te corrisponde a Terra de Bovi. Se gli
slavi entrando nella Dacia le hanno
dato questo nome per aver tro vaio mol-
ti bovi, ed i romani abitatori hanno chia-
mati Ulossi o Ulassi\ o prima cono-
scevano i romani, e li chiamavano Casi
per puro caso, l'aaonimo delle Osser^
^'azioni lo lascia decidere agli eruditi.
Scrivono i geografi. Il nome Falaco ^
che significa pastore in lingua slava, lor
fu dato al tempo in cui, co'loro armenti,
emigrarono dall'altra parte delDanubio.
Fondarono parecchie colonie in alcuni
cantoni della Macedonia e della Tracia,
Ì36 VAL
e nelle gole del Piiulo; i dlscendenli eli lali
coloni, pnslori e guerrieri come i loronn.
fenati, sono ancora indicali soUo il no-
me di Mescalo Vnlachì , cioè Grandi*
Valachi. Avevano fabbricalo in Mucedo-
iiia una cillà chiamala Voscopolis^ che
nel secolo scorso fu distrutta e sncclieg-
giata dagli albanc&i; i suoi abitatori ri-
parando in Uiighcriay dove la popola-
zione componesi in gran parte di valac-
clii, che conservarono un idioma e co-
stumi distinti da quelli degli slavi e de'
inagyari, che costituiscono il fondo del-
la popolazione ungherese. Il Martinelli
nel Tesoro dell' andcìàtà crede, che l'o-
rigine de' valacchi,de'bulgan, de'bosnia-
ci, de'transilvani, e di altre nazioni che
iaiid)iscono il mar Nero e si avvicinano
alle foci del Danubio, debba ripetersi
dalTemigrazione degl'iberi, antichi abi -
latori della Betica e della Spagna , ca-
gionata da Nabucodònosor, e che puòes-
sere avvenuta circa i primi anni del suo
regno, cioè negli anni del mondo 3398
Secondo Scaligero, o 35go secondo K.ir-
kerio. Dice l'anonimo delT Osservazio-
ni intorno la Falachia e Moldavia^ la
Transilvania, la Valachia e la Moldavia
furono da'rouiani comprese sotto il no-
me di Dacia, e gli abitanti riguardali
come bellicosi e arditi. Se questi fossero
indigeni o oriundi da popoli più lontani,
ed a qual grado di civiltà arrivali, con-
fessa di non poterlo dichiarare. Avverte
che in dette Provincie trovansi molte mo-
nete antiche d'argento, d'A minta e Fi-
lippo re di Macedonia. Il paese dunque
conosciuto sotto il nome di Valacchia e
Moldavia, formò parte dell'an li caD<7c/rt
edell'imperodel valoroso reDiicebalo. l
popoli barbari che 1' abitavano, venuti
in guerra co'romani, ne furono vincitori,
e costrinsero ad una vergognosa pace
i generali dell* imperatore Domiziano.
Però riaccesa la guerra,dopo lunghi e o-
«linali combattimenti, l'imperatore Tra-
iano vendicò il danno e la patita umilia-
zione del popolo romano, vinse Decebalo,
VAL
il quale vedendosi li op pò debole per re-
sistere ad un principe così possente e pro-
de, si uccise da se slesso nelT anno 106
di nostra era. Traiano convertì la Dacia
in provincia romana, e per lui chiamala
Daeia Traiana , al nord del Danubio
di>lribuendo in ricompensa le terre a*
suoi soldati, e trapiantandovi numerose
colonie; il che servì a promuovere al-
quanto l'agricollura e a dirozzare i feroci
costumi degli abilant i. Monuuìenlo in
queste contrade delia romana domina-
zione, sono gli avanzi d' un ponte di
pietra, che presso Seveiino fece gettare
Traiano attraverso il Danubio, che uni-
va le iiixe Mesie, oggi Bulgaria, col ha-
nato di Craiova, ed ora sono slati me-
glio ammirali ; molte medaglie qua e
là trovate, e la lingua attualmenle [)ar-
lata,la quale benché corrotta tiene molta
somiglianza colla latina, al modo però che
narrai, sotto forma di dialetto Ialino mi-
sto. Il po(K)lo tuttora nel darsi e ricevere
il saluto, suol chiamarsi col nome fra ter ^
e Zara romanesca^ paese romano, suole
denominarsi questa regione. La lingua
latina, appena i romani ne divennero li-
t)eri dominatori, in poco tempo di venne la
comune e unica di queste contrade. Si
crede, che nell'abbigliamento de' valac-
chi si ricordi il vestire degli antichi ro-
mani, ad onta che gli abitanti, oltre l'es-
sere nella massima parte valacchi, sono
misti a'daci,mesii, bulgari, slavi ec. I va-
lacchi prendonoanche il nome di ruma-
ni o rumniasti e più comunemente ni'
nieniy probabilmente per corruzione della
voce romani, comesi chiamarono quali
discendenti dalle legioni , che Traiana
stabilì al nord del Danubio dopo la con-
quista del paese de'daci. Secondo il Ca-
stellano, fu Fiacco che d'ordine di Tra-
iaiìo vi dedusse una colonia di 3o,ooo
individui per ridurre il paese di sua na-
tura ferace a coltura, e divenne il gra-
naio dell' armata romana nelle guerre
contro gli scili ed i saroiati. Quindi di-
ce che la provincia si chiamò F taccia j
V A L
e l'antico nome di Dacia si convertì in
cjuelio (li f' alarcliia, che per lanino tem-
po abbrucciò anche la Moldavia^ dii cui
poi in seguilo fu (hslaccata. Nella metà
del 18:17 dichiarò la Gazzella JUirica
ili Zagabria, L'incivilimento e la coltu-
ra ogni giorno qui progrediscono di be-
ne in ateglio. Ciascuno, secondo stie for-
ze, si presta all'opera santa di dirozzare,
illuminare e ingentilire la nazione; i ric-
chi col denaro, collo scrivere i dotti. Nuo-
ve scuole s' istituiscono, nuovi libri si
con)pongono o si tradùcono, i giornali si
Diolliplicano, non pochi giovani si man-
dano all'estero ad educarsi ed erudirsi.
Ciò tulio prova chiaramente che la Va-
lacchia di buon passo procede incontro
al suo incivilimento. Gli scrittori valac-
chi si sono fitti in mente, e questa loro
opinione è diffusa, essere i valacchi veri
discendenti de'roniani; ed è perciò che a
tutto potere si adoperano a svellere dalla
lingua loro tutte le parole slave che vi
sono, alle (|uali altre ne sostituiscono di
francesi e italiane. Inollre sono nell'inten-
zione d'abbandonare l'alfybetoCirilliano,
del quale per tanto tempo fecero uso, e
d'adottare il latino. Però sì i'una cosa e
61 Tallra riuscirà loro piuttosto malage-
vole; poiché, se tutte le parole slave vor-
ranno scambiale con altre, dovranno la
lingua loro privare d'un buon terzo della
sua ricchezza; e d'altronde non saràfli-
lica indifferente il cambiare ad un Iralto
una tanta quantità di parole. In quanto
airnlfabelo, vi troveranno diflìcolià non
poche, mentre l'alfabeto Ialino non è da
se sullicienle ad esprimere tutti i suoni
della lingua loro; e poi gli scrittori non
seguono il modo degl'illirici nello scrive-
re; ma a rappresentare un suono unico
pongono due lettere, ciò che al semplice
alfabeto Cirilliano allatto contrasta. Tra-
tiano prima di conquistare il paese de'daci,
^ oltre il Danubio costruì il vallo dir Ru-
stendie, diverso da quello che chiude la
Dobrudscia da Rossova fino al porlo di
Kusleudie, onde pone a coperto dalle
VAL 187
loro invasioni la IMesia. Quando ebbe re-
calo le sue ormi vincitrici fino al Pruth,
vale a dire nella Moldo- Valacchia, e ri-
dotta la regione a colonia mercè legioni
romane, Traiano le volle proteggere con-
tro i daci e i geli fuggiaschi, siccome pu-
re contro i sarmati e altri popoli barbari
die aveano stanza lunghesso le sponde
dell'odierno Dniester. Ad ottenere I' in-
lento fece erigere sopra una lunghezza
di 20 leghe un nuovo baluardo, di cui
tuttora sussiste il rilievo, e che chiude
tutta la regione del basso Prulh e del
basso Danubio. Inoltre da* romani si
costruì la via consolare che traversava
i Carpazi al passo oggi detto Terra Ros-
sa, via che nel 17 18 restaurò Carlo VI
dopo la conqtiista di Craiova, e fu pro-
lungala fino a Render, come apparisce da*
ruderi esistenti, forse gli unici superstiti
monumenti di fabbriche romane in det-
te contrade. La Dacia fu divisa in 3 pro-
vincie, cioè in Dacia Montana, Ripense e
Mediterranea. Le abbandonale miniere
de'iì)etalli che sono racchiuse nelle visce-
re de'Carpazi, furono scavate da' roma-
ni e se ne incontrano in diversi luoghi le
vestigia, ed un transilvano scrisse un li-
bro curioso su tali Qìiniere. Dalle colonie
romane sicuramente ne derivarono altri
vantaggi, perchè si vuole che furono mol-
lo munerose. L'imperatore Adriano poi,
immediatosuccessore di Traiano neh 17,
distrusse il suo ponte perimpedire il pas-
saggio a'barbari della Mesia, che proba -
l)il mente era no slavi. LaMolda via, appel-
lata anche il Deserto Gelo, dopo essere
stala scorsa e conquistala a vicenda da'
re persiani, sciti e macedoni , più tardi
ridotta a colonia greca , fece anch'essa
parte dell' impero fondalo da Decebalo,
e venne eziandio soltocnessa da Traiano.
Di essa (pii dirò in breve. Durante l' e-
migrazione de' popoli barbari e dopo di
questa occuparono il paese i geli , unni,
bulgari, avari, cumani, mongoli, tartari
e valacchi, finché da Ulmo Bogilano I e
suo figlio Dragosch vi fondarono uu priu»
i38 VAL
cipato ereditario, i cui reggitori, sotto il
I itolo tli Vaivoilao Miriza, regnarono iii-
terrotinmente fjiio ali 526 e si eslinsero
colla iDorte di Stefano VI. Essi vissero
in continue lotte cu'Ioro vicini, in guisa
rlie doverono ora porsi sotto la prole-
zione della Polonia , ora dell' Ungheria,
ora della Sublime Porta, sotto la (piale
rimasero sino al principio del XVI seco-
lo. Dopo la morte di Stefano VI, prima
i boiari scelsero il principe dal grembo
loro, poi venne eletto dal gran sultano,
e per ultioio la dignità fu occupata da un
greco sino al 1821. I moldo-va lacchi fu*
rono chiamali anche Biada ^ e la Mol-
davia MoldoBlachia. 11 Nardi, Z)e'^i7o-
li del re delle due Sicilie ^ dicemlo che
portò pure quelli di Gallicia e Cumania,
credechelaGallicia oHallicia fd cesse par-
ledella Valacchia, e prendersi per la sles-
sa Valacchiajechela Cumania fosse parte
ancl/essa della Valacchia. Cotilinùù la
Valacchia sotto il nome di Dacia Traia-
na o romana ad essere provincia roma-
na dal I o5 al 275, allorché le romane le-
gioni l'abbandonarono, non potendo più
sostenere 1' urlo dell'irrompenti orde di
barbari. A'romani quindi, durante la de-
cadenza dell'impero, toccando al paese la
sorledell'altre Provincie di frontiera, suc-
cesse ralternata dominazione degl'impe-
ratori greci di Costantinopoli e de' bar-
bari, di quell* orde cioè che abbando-
nali i loro focolari, si sparsero per tutta
Europa in traccia di più bel paese e di
miglior fortuna. Attila, il terribile cou-
dutlore degli unni, invase la Dacia e ne
restò per qualche tempo dominatore: a
lui soltentrarono altri popoli, non meno
barbari, tulli congiurati a distruggersi gli
uni e gli altri, e a scacciarsi vicendevol-
mente dalle usurpate sedi. Dal VII (ino
al secolo 1 X fu occupata laDacia da'bulga-
ri edagli slavi, sotto de'quali, secondo l'o-
pinione d'alcuni, il pa^se venne chiamato
J^alacchia^ forse dall'essere i romani co-
nosciuti col nome solamente di idacchi.
Ma siccome ooq ha foudamealo sloiico
VAL
siffatta opinione, e già da tempo notabi-
le avea cessalo la dominazione romana,
sembra che altri popoli siano sopravve-
nuti, prima che la Dacia prendesse l' at-
tuai nocne di Valacchia. Nel periodo tra-
scorso dal 111 al Xljl secolo altri voglio-
no che alla loro volta signoreggiarono la
contrada i goti , gepìdi, avari , bulgari,
cuiTiani, tartari, veneti, slavoni, caccian-
dosi reciprocamente e conquistando una
terra imbevuta di tanto sangue umano
per le successive stragi. 11 regnò de'bul-
gali durò dal 680 al QiS: sotto uno di
questi re del paese i discendenti de'fug-
genti dalla Dacia romana si stabilirono
nelle vicinanze di Severinopoli e fonda-
rono una specie di principato, al cui ca-
po diedero il nome di Bano. Neil' 870,
quando cioè i bulgari si ridussero al cri-
stianesimo, esso si diifuse fra quelli sta-
biliti nel paese, ed è questa lai. ''epoca in
cui si vuole registrato propriamente il no-
me di P'alacchia e di Moldavia nella
storia, che altri ritardano sino e verso il
secolo XIII circa. Ne'secoli X, XI e Xlf,
nel principio del quale si ritiene fonda-
ta Bucharest, sostennero guerre co'cuma-
ni e co'palzineki, durante le quali Gio-
vanni A lexis fondò un regno alle due spon-
de del Danubio,che avea percapitale Cra-
iova o Crajowa, che già dissi capitale at-
tuale della piccolaValacchia e tuttora po-
polata e importante. L'epoca accennata,
ecco come la riferisce l'a utore dell' 0.y^er-
i'az/oAi/. Gli slavi avendo cominciato a far
le loro incursioni nell'Europa, ed attac*
care l'impero romano, sembra che aves-
sero fissalo il loro quartiere generale nel»
la Valacchia e Moldavia, e nella Bessa-
rabia, comode per la posizione e vantag-
giose per la facilità e abbondanza della
sussistenza. Pare che le moltissime orde
o tribù di questa numerosa nazione^ a-
vanzandosi di tratto in tratto verso il
mezzogiorno per genio di nuove conqui-
ste, cedessero il luogo ad altre truppe di
barbari, mosse dallo slesso principio e sol-
lecitate dal medesimo bisogno, le quali
VAL
crnno spesso obbligate a cederlo a* più
ferii. Cerio è cbe per più secoli gli abi-
tanti della Valcìccbia e Moldavia, uniti
agli slavi bulgari, fecero le loro esclusioni
sino ad Adrianopoli e Costantinopoli, co-
me si Ila dalla Storia Bizantina. Uile-
Tasi dagli storici di quella , i quali con-
servarono per incidenza qualcbe nìenio-
ria di questa nazione , cbe fosse unica-
mente occupata nelle guerre e nella pa-
storizia ; cosiccbè si rende impossibile e
sarebbe poco interessante il voler tesse-
re una storia di gente, cbe per più secoli
dedita all'ozio o alla rapina, non poteva
avere altro carattere cbe quello cbe pro-
duce tal genere di vita, e cbe un clima
mollo freddo e umido rendeva più alta
alle falicbe corporali, cbe alla coltura del-
lo spirito. Del regno di Bulgaria, Blacbia
e Valaccliia,in cui si rese famoso Giovan-
ni o Calogianni, fallo coronare da Inno-
cenzo 1 1 1 nel I 204, parlerò in fine dicen-
do del vicariato apostolico di Valaccbia,
e delle relazioni de' Fapi colla nazione.
Esaurita l'Asia di tante nazioni bellicose,
particolarmente di slavi, deV|uali ora non
esistono le tracce in quelle contrade, co-
minciò ad avvicinarsi all'Europa un'al-
tra nazione più lontana e numerosissima,
conosciuta sotto il nome di Tartari(P\)t
cbe quasi quale rapido torrente inondò
Je parti meridionali dell' Asia, e penetrò
sino a'confiui dell'Italia, cogli scili e gli
slavi. 11 famoso Gengis-Kan mongolo, do-
po aver conquistato l'India e la maggior
parte dell'Asia, rivolse all'Europa le sue
mire, dove spedì forti stuoli di guerrieri,
cbe sotto i suoi successori fecero due ir-
ruzioni, cioè nel 1228 e neli2 36,neirUu-
gheria e nella Dacia. Tanto la Valacchia
che la Moldavia, in que'tempi delta Cu-
mania, aveano i loro particolari princi-
pi o capi di nazione, i quali spesso erano
io guerra co'vicini ungberi. Per sottrar-
si dalla schiavitù e dai temuto giogo de'
nuovi barbari, essi si rifugiarono co' lo-
ro popoli e bestiami negli stali e sotto la
prolezione de' re d' Unglieria , che as-
VAL 139
sunsero il titolo di principi di Cumania e
Valaccbia,e mandavano i loro giudici per
reggere gli avanzi di que' po[)oli. Batù-
Kan nipote di Gengis-Kan, succeduto»
suo padre neh 228, fu quello cbe portò
la guerra in Bùssiaedi là in Polonia, Un-
gheria, Bulgaria, Valaccbia e Moldavia,
ovunque recando la desolazione, e mori
neli255. Questa terribile irruzione tar-
tara, che si pretende l'ultima calala de'
tartari nella Moldo- Valacchia, avvetme
in tempo di Bela IV re d'Ungheria. Qua-
si tulli gli abitanti cercaroi»o un rifugio
nel paese Trans-Carpazio, ove formaro-
no sotto la protezione ungarica i ducali
di Fogaras nella Transilvania e Mara-
mosch. Allorché alcuni anni dopo gli a-
bilanti ritornarono a poco a poco nel
paese nativo, fondarono vari piccoli prin-
cipali, tra'quali il Banalo Severino oCra-
iova, assumendo il titolo slavo di Vai^O'
da. Indi la Moldavia e la Valacchia co-
minciarono in due epoche diverse ad es-
sere governate, egualmente col titolo di
vai voda,da due capitani e condottieri del-
la nazione moldo-valacca , cioè gli slavi
transilvani, Baddo o Rado lo o Radollb
Bassaraba il Nero, duca di Fogaras che
fermò la sua dimora in Valacchia ; e più
tardi Dragosc Bogdam o Bogden da-
ca di Maramosch , sotto gli auspicii di
Luigi 1 re d'Ungheria, nel 1 354 si portò
nella parte appellata Cuuìania co* suoi
valacchi, che poi prese da lui il nome di
Bogdania,cioè la'Molda via, come la chia-
mano i turchi, e fabbricò variecillà,fia le
quali Jassy, Saroccae Romanolf. Così co-
minciossi a vedere una specie di gover-
no, che rese meno dolorosa la condizio-
ne di que'popoli. Da questi due principi
comincia la sloria interrotta della Va-
lacchia e della Moldavia che arriva fino
a'nostri giorni, e non offre che un conti-
nuo intreccio d'infelici avvenimenti, mo-
tivati principalmente dall'elezione de'
principi. De'tanli che vi dominarono nel-
la Valacchia non si ricordano che pochis-
simi falli geuerosi : il valore iuualo del
i4o VAL
popolo diede luogo ad una sempre cre-
scente deoioralizzuzione, che raggiunse il
suo colmo sollo i così delti principi Fa-
narioti o greci di Costantinopoli. Uaddo
il Negro fu il I.'' a stabilirsi co'suoi tra il
Danubio e il Seret o Siret, o comeallri di*
cono occupò quel terreno posto tra* fiu-
mi Seret e Aiuta, oggi detto Valacchia.
Bogdam si stabilì tra il Seret e il I^rulh.
Osserva il p. l^rny nelle sue Disserta-
zioni storico-critiche sopra gli Unni 3 che
uo altro piccolo distretto fu governato da
un altro vaivoda valacco , ma non durò
molto ad essere incorporato nella porzio-
ne maggiore e più forte. Il banato di
Craiova, che oggi forma la bassa Valac-
chia, reslò dipendente dal regno d' Un-
gheria, e fu da que're dato in commen-
da a'cavalieri gerosolimitani, che ne di-
■venuero i bani o viceré, coli' obbligo di
proteggere i pellegrini, che dalla Germa-
nia passavano per la Valacchia onde re-
carsi in Terra Santa e a Gerusalemme.
Difatli si trovano molte lapidi dov'è scol-
pita la Croce di quel benemerito e sovra-
no ordine. Raddoeisuoi successori edi-
ficarono o restaurarono varie città che
successivamente furono residenze de' vai*
vodi, come Campolungo, Curii d'Argis,
Tergowilz e Cucharest. E' probabile che
Raddo il Negro fosse della stirpe deWe-
spoti o principi della Servia, perchè uno
de' suoi immediali successori chiamato
DanBassaraba di lui nipote, venne assun-
to al trono della Valacchia senz'opposi-
zione, e lo tramandò a'suoi posteri. Da'
loro nomi si conosce eh' erano slavi , e
della lingua slava si servirono ne'Ioro di-
plomi. Si vedono alle porte della chiesa
fabbricata da Niagul Bassaraba in Curii
d'Argis neli5i8,due iscrizioni lapidarie,
una in islavo, l'altra in valacco. In islavo
esistono altre iscrizioni lapidarie, e nella
liturgia comune a tutta la nazione valac-
ca si usa lo slavo. Nel palazzo arcivescovi-
le di Bucharest si conserva il registro de*
diplomi. accordati a'monasteri, tutti scrit-
ti io islavo. Laonde pare, che i principi
VAL
ed ì hoiari o nobili , fossero slavi discen-
denti dagli ultimi conquistatori, ed i sud-
diti valacchi oriundi da' romani e dagli
anticlìi duci. Da' ritratti esistenti nelle
chiese da loro fabbricate in memoria di
qualche vittoria, apparisce che usavano
vestire all'ungarese. Benché i due vaivodi
di Valacchia e Moldavia fossero da prin-
cipio come vassalli tributari de're d'Un-
gheria, da'qùali riconoscevano la conser-
vazione della loro nazione, pure acqui-
stando il loro stabilimento qualche con-
sistenza e forza, cominciarono a scuoter-
ne il giogo, e resistere coll'armi alla ma-
no, collegati tra di loro o con altri vicini
popoli rivali degli ungheri. La Polonia
tanto vicina alla Moldavia, procurò sem-
pre d'influire nel suo governo in oppo-
sizione all'Ungheria; dall'altra parte cre-
sciuta la potenza turca , dopo la distru-
zione dell' impero greco, il suo genio di
conquista si estese al di là dal Danubio,
e cominciò ad aspirare al possesso della
Valacchia e Moldavia , come una preda
facile e vantaggiosa. I principi e i nobili
di delle due provincie, di genio poco ac-
corto e incostante, profittarono di que-
st'occasione per sottrarsi del tutto dalla
soggezione della Polonia e dell' Unghe-
ria; co\mnc\avono a collegarsi colla Tur-
chia (i quali 3 articoli per questo vanno
tenuti presenti), pagando loro il tributo:
l'ambizione de'nobili contribuì moltissi-
mo alla totale sommissione di questi due
principati alla potenza ottomana, il che
vado a narrare. Nel declinare del secolo
XIV, regnando sul trono ungarico Ma-
ria, Stefano vaivoda di Valacchia giudi-
cando indegno di sua nazione 1' ubbidire
a una donna ne scosse il giogo. Alaria ma-
ritatasi a Sigismondo, questo re nel 1387
entrò nella Valacchia con poderoso eser-
cito e costrinse Stefano alla sommissione.
Suscitati o secondali da Bajazet I gran
sidtano de'turchi, i valacchi ripresero le
armi, ma Sigismondo tosto gii affrontò e
ne fece carnlficina, e s'unpadronì di Ni-
copoli. Indi insorse feroce guerra tra il
VAL
grnn sultano Bajnzet I e Sigismondo re
iJ'Unglu'iia, Questi bisognevole di soccor-
si, strinse nnovamenle amicizia col vai-
voda della Valacchia, al quale dannosa
riuscì la regia alleanza. Impeioccliè ve-
nuti i belligeranti a battaglia campale, il
re sul principio riporlo vittoria, la qua-
le indi si tramutò in isconfìtta , per la
vergognosa fuga a cui si abbandonò il
vaivoda. Per tal maniera Bajazet I, mar-
ciando di vittoria in vittoria, invase l'Un-
gheria, occupò parecchie piazze forti, e
Ja Valacchia egualmente sottomise e
le impose annuo tributo, mediante il se-
guente trattalo nel i SgS stipulato a Ni-
copoli tra la Torchia e la Valacchia, di-
chiarando con esso il sultano. i. Il prin-
cipato recenlemente sottomesso dalla no-
stra invincibile forza, sarà governalo col-
ie proprie leggi, ed il principe avrà il th-
litto della vita e della morte de'suoi sud-
diti. 2. Ogni cristiano che avendo abbrac-
cialo il maomettismo andasse nella Va-
lacchia e ritornasse alla sua antica fede,
non sarà molestato e punito. 3. 1 valac-
chi i quali andranno in una parte qual-
siasi del nostro territorio, saranno esenti
da ogni tassa e capitazione. 4- I princi-
pi cristiani saranno eletti dal metropoli-
tano e da'boiari. 5. In riguardo però di
sì grande clemenza, e consideralo che noi
abbiamo iscritto il principe rajà sulla lista
degli altri nostri sudditi, pagherà esso in
ogni anno al nostro tesoro la somma di
3ooo piastre d'oro del paese, o 5oo pia-
slie d'argento della nostra moneta (altri
esemplari dicono Sodo ducali). Quest'ul-
timo articolo pare che stabilisca per la
Porta Ottomana un diritto di sovranità
anziché di feudalità. Altri ci videro nei
trattato 1' autonomia dell' indipendenza
della Valacchia stipulala contro il tribu-
to, cioè il diritto di governarsi colle pro-
prie leggi per le città e luoghi del prin-
cipato, esente da ogni dominio turco e al-
tro straniero. Grandissimi e per lungo
tempo furono gli sforzi de'valacchi perli-
berarsi dal tributo e soggezione a'turchi,
VAL i4i
e sostener Tindipendenza della Valacchia,
in tempo de'sultani Maometto I del 141 3
e Amurai II che gli successe nel i4^'>
contro gli ambasciatori del quale commi-
se feroci rappresaglie il vaivoda Dracula.
I valacchi domandarono soccorso agli un-
gheresi; l'ottennero, ma inutilmente, an-
zi in progresso di tempo furono ridotti a
tristissima condÌ7.ione,come a omento del-
l'annuo tributo. Imperocché il gran sul-
lanoMaomelto 1 1, espugnala nel 1 453 Co-
stantinopoli , estinse il greco impero , e
in quella metropoli fissò la sede dell'im-
pero ottomano. 11 citato p. Pray narra,
che dopo la presa di Costantinopoli , i
turchi mandarono a governare la Molda-
via e la Valacchia da'piincipi greci di-
scendenti dagli ultimi imperatori, per con-
solarli in parte del perduto impero. Ma il
più volte ricordalo anonimo osserva che
di ciò non vi è traccia nelle storie. Solo
Del secolo XVII regnarono due greci o
piultoslo albanesi, il Ducca e il Chicca,
gente tli uniile origine ingranditasi ser-
vendo i line principati, e i due Cantacu-
zeno nati in Valacchia da parenti greci
cheaveano preso questo nome illustre.Di-
poi continuando Maometto li lesue vaste
conquiste, mosse guerra alla Valacchia, la
occupò e ne cacciò il figlio del principeUla-
dislao o Uladimiro IV Dracula, sostituen-
dogli il fratello Uladimiro V , mediante
trattato concluso nel r 460 in Adrianopo-
li. Eccone il testo, i. Il sultano s'impegna
di proteggere la Valacchia contro tutti i
nemici, senza esigere altro in riguardo al-
la sua supremazia sopra la sovranità del
principato. Il vaivoda sarà obbligalo di
pagare alla Sublime Porla un tributo di
6000 piastre(allre versioni dicono 1 0,000
ducali). 2. La Porla non interverrà nel-
l'amminislrazione de' principali , e niun
turco potrà entrare nella Valacchia sen-
za un motivo ostensibile. 3. Tutti gli an-
ni sarà dalla Porla inviato un ufliziale per
ricevere il tributo, col permesso del prin-
cipe. Un impiegato di questi l'accompa-
gnerà siDoaEucharest. Dopo ricevuto la
i4^ VAL
somma egli s«tj;i scortato cìa'valncclii sì*
no a lUistcliuk, sul qual luogo il denaro
sarà nuovamente conlato dal cadì e da
lui fatta Fa quietanza col mezzo d' un i-
inam. 4> H voivoda piotessa In leligione
oiiodossa, e saia eletto dal meliopolila-
no, da 'vescovi e da 'boia ri, e la sua eiezio-
ne sarà riconosciuta dalla Porta. 5. La
nazione valacca avrà leggi proprie. 1 vai-
\odi avranno il diritto della vita e della
morte sui loro sudditi, e il diritto di fa*
re la pace o la guerra senza alcuna spe-
cie di responsabilità dinanzi la Porta. 6.
Tutti ì cristiani che passati all'islamismo
ritorneranno al paese loro e alla loro re-
ligione, restano intaccabili, e laTurcUia
non deve fare alcun benché minimo re-
clamo delie loro persone. 7. 1 valacchi,
andando in qualunque parte del territo-
rio ottomano, non pa«gheranno l'imposta
haratsch, a cui sono tenuti tutti gli altri
rajas. Fonno a loro beneplacito ritenere
la loro carica, ne sono solloposli in alcun
modo a'iegolamenti stabiliti per tutti gli
altri sudditi turchi. 8. Le litiche ponno
insorgere fra'sudditi turchi e valacchi sa-
ranno appianate dal divano del principa-
tOjin conformità delle leggi del medesimo;
e riguardo al giudizio non vi sarà luogo
all'appello, g. 1 mercanti turchi andando
nel principato con appositi permessi, per
\endervi o con)prarvi le mercanzie, an-
nunzieranno all'autorità la durata del lo-
ro soggiorno, e lascieranno il paese nel
giorno preciso stabilito da essi. Le loro
merci ponno venderle solo all' ingrosso.
10. Kiun turco potrà condurre con se
servi valacchi de'due sessi. Ninna moschea
turca verrà costruita nella Valacchia, né
altro luogo pel culto e ceremouie mao-
mettane.! I. La Sublime Porta si obbli-
ga di non arrestare giammai alcun sud-
dito valacco in Costantinopoli, 0 in qual-
sivoglia altra parte del suo territorio, e
di sottoporlo alla giustizia turca. Una
grande quantità di fìrmani e di hallisce-
rif confermarono e consagrarono succes-
sivameole questa cousistcoza del privile-
V AL
gio internazionale. Perfino la formola,
che dev' esser preposta a tulli gli atti
relativi al principato , indica chiaro e
specificalo il diritto. Essa dice : » Que-
sto paese che gode la piena libertà e dei
suo personale governo, è diviso dall' im-
pero ottomano , e retto solo secondo il
bisogno e i suoi usi ". Narra l'annalista
Rinaldi all'anno 1462, ch'era signore di
Valacchia Dlado o Valado o Dracole, che
forse sarà il suddetto Vladimiro V,uomo
più fiero di qualunque fierezza, il quale
cercanilo di stabilire la sua tirannia ri-
cevuta da Maometto li, chiamò a se con
piacevole modo tulli i baroni della pro-
vincia a se sospetti j e feceli colle mogli
e figli insieme morire col supplizio del
palo, da così fatti barbari usalo, e diede
le loro dignità e ricchezze a'suoi masna-
dieri. Sì grande fu il numero di uomini,
di donne e di fanciulli, che furono allo-
ra d'ordine suo uccisi,che arri vòa2o, eoo.
Dipoi avendo egli paura di Maometto II,
fece contro di lui lega con Mattia re d'Un-
gheria, e coli' aiuto degli ungheri e colla
gente d'arme da se raccolta fece in più
volte molla uccisione; ma finalmente re-
stò ucciso in battaglia e la sua testa fu
mandata in dono come trofeo a Mao-
metto li. Di sue crudeltà si raccontano
cose orrende. Fece inchiodare il turban-
te sul ca[)0 agli ambasciatori turchi, che
non se lo avevano tolto per ossequiarlo.
Soleva adornarci suoi banchetti con un
cerchio di turchi impalali, deliziandosi a
contemplarne lo strazio, ed a' prigioni
usava di scorticare la pianta de' piedi,
stropicciandovi poscia del sale. Impor-
taole è il trattalo concluso neli5i3 fra
il gran sultano Selim 1, e Dogdan princi-
pe regnante della Moldavia, il cui tenore
è il seguente, i. Il sultano riconosce che
la Moldavia prometterà liberamente e vo-
lonlariamente ubbidienza all'impero ot-
tomano. 2. La nazione moldava godrà
di lutti i privilegi , e la Porta promette
di non mai ridurli in qualsivoglia guisa.
3. 1 principi governerauno il paese, e la
V A L
Porta non interverrà nel loro governo ne
ilirettatnenle, ne indireltamente. 4* La
Torta non interverrà nelle differenze fra*
particolari. 5. Le frontiere della Molda-
via rimarranno intatte. 6. La religione
maomettana è proscritta nelln Moldavia.
^.Niun maomettano possedei à vere pro-
prietà nella Moldavia. 8. Il commercio
colla Moldavia sarà aperto a tulle le na-
zioni; ma i turchi avranno la preferenza,
se desiderano di con)prare i prodotti del
paese. 1 turchi però dovranno fare le lo-
ro transazioni commerciali a Calata , !•
smail o Kilia, purché non vengano auto-
rizzati dal principe ad internarsi nel pae-
se. 9. La Moldavia conserverà il titolo
ù^indiptìidente^ che le verrà dato in tut-
te le lettere indiiizzate dalla Porta al prin-
cipe. 10. 1 turchi portando al principe
letteredella Porla, resteranno nella spon-
da sinistra del Danubio. 11 governatore
di Calata manderà a prendere la lettera
dall'altra jìarte del fiume, e la farà giun-
gere al principe.! I. Il principe della Mol-
davia sarà eletto dalla nazione, e ricono-
sciuto dalla Porta senz'alcuna diflicolià.
12. Il paese sarà protetto dalla Turchia,
quando la nazione moldava domanderà
aiuto o assistenza. i3. Per lutti questi
vantaggi il paese farà alla Porta un pre-
sente di 4ooo ducati. Tuttavolla, cotne
già indicai supen9rmente, non tardò la
Moldavia a divenir feudo dell'impero ot-
tomano neh 526, sottomessa da'generali
di Solimano 11. Essendosi questo propo-
sto di conquistare anche V Ungheria, in
detto anno venne a campale battaglia in
Mohacz, e vi perì a'29 agosto il re Luigi
11. Allora rCJngheria trovandosi senza il
sovrano, ed occupala seriamente da'suoi
domestici e gravi affari , non curò più.
que'de'vicini, ne quelli della Valacchia.
1 boiari valacchi in particolare, non a-
"Vendo più questo freno, e the già da po-
chi anni prima si erano opposti alle di-
sposizioni teslamentariedi Niagul Cassa-
raba che lasciava il trono al suo figlio
Teodosio ancora faQciuUo^ aspirarono a
VAL 143
gara ni principato, e per conseguirlo eb-
bero alcuni de'più ambiziosi l'impruden-
za di ricorrere alla protezione della Por-
la ottomana, divenuta sempre più pre-
ponderante nella regione, la quale con
piacere colse l'occasione per estendere il
suo vastissimo dominio, che da quell'epo-
ca conserva tanto sulla Moldavia che sul-
la Valacchia. La Porta accortamente co*
riferiti trattati e altri atti, accordò a'bo-
iari valacchi e moldavi il privilegio di no-
minare nelle vacanze i loro principi : i va-
lacchi lo goderono sino alla decapitazione
di Costantino Brancovano, seguita in Co-
stantinopoli nel 17 i4,ed i n)oldavi presso
a poco sino alla ribellione e foga in Rus-
sia di Cantimiro nel i 7 i 1 . L'abuso ch'es-
si fecero del privilegio, costò la libertà
alle due nazioni, e la vita a molli prin-
cipi. Pel corso di due secoli la compe-
tenza del trono cagionò una continua
guerra civile, e basti il dire che in tal pe-
riodo di tempo nella sola Valacchia si
mutarono da /\o principi, e quasi allrel-
tanti in Molduvitj. La Porta non volen-
do ingelosire gl'imperatori re d'Unghe-
ria e la Polonia, o per altre cagioni, nou
credè polilican»ente d'impossessarsi inte-
ramente delle due provincie, e si conten-
tò più 0 meno d' opprimerle e d'averle
tributarie; è da osservare che i lenlalivi
e le incursioni in dilìerenli lempi fatteda*
turchi, furono poco fortunate. La Porla
per meglio dotninare, invece d'impedire
il disordine cagionato dall'ambizione de'
pretendenti al trono, la foraenlò,mai>dan-
do l'investitura al vincitore nel conflitto,
che consisteva in una clamide, cimiero,
due code, la spada, ed il lopus o oiazza
ferrala. Vedendo la Porta finalmente spo-
polate e desolate la Valacchia e la Mol-
davia, si risolse dopo la deposizione del
Brancovano, nominare ella un principe
senza consultare i boiari, come poco pri-
ma avea fallo in Moldavia. Questi fu ve-
ramente valacco, ma poco dopo gli tolse
la vita e il trono, che die a un greco di
Costantinopoli, e continuò a darlo fino
i44 VAL
all'epoca die dirò. Per un tempo la Por-
to,-al cominciar del secolo XVI soslilnl
nel governo della Valacchia un pascià al
voivoda, conservando però a'valacchi la
nazionalità, gli statuti e il libero esercizio
del culto greco; ne migliore divenne la
condizione del principato, quando fu lo-
ro restituito il vaivoda scelto dalla na-
zione. P'amoso per crudeltà si rese il vai-
voda UIad, elevato dalla Porta. Cose or-
rende si raccontano di lui: banchettava
tra gli uomini impalali e boccheggianti.
Inventò ordigni e macchine per trincia-
re e cuocere a lesso gli uomini vivi. Si
dilettava di far recidere le uiammelle al-
le donne, e afllggere al materno seno i
capi tronchi de'loro bambini, e costringe-
va i figli a divorare arrostite lecarni del-
le loro madri ! Fu un vero mostro di bar-
barie e di fierezza. Il che Qìosse il sulta-
no Selim II a terminare tanta ferocia nel
i574, '"''» con maggiormente opprimere
la Valacchia. Tanto narra il Castellano
e alili; ma io credo, quanto alle barbarie
di Uliid, che si siano confuse con quelle del
suddetto Valado o Vladimiro V. Il cre-
dito «legl* inetti principi andò sempre più
decadendo: essi vennero costretti a spedi-
re per ostaggio a Costantinopoli i loro
propri figli; mentre i turchi tenevano oc-
cupate le fortezze d'ibraila, Giurgevo e
Turn, e andavano esercitando ogni sor-
ta d'angherie. Piiuscendo a'valacchi trop-
po pesante la servitù mussulmana , im-
potenti a più oltre solfrire, si ribellarono
sotto il proprio principe e concittadino
Mikal o Michele, già generalissimo del-
rimperalore Rodolfo 11. Questo celebre
e prode guerriero, d'elevati sensi, caldo
d'amor patrio, secondò l'impulso nazio-
nale nello scuotere il giogo oltoniano, ri-
fiutandosi di pagare alla Porta l' annuo
tributo, aumentato come dissi a 10,000
piastre o ducati, o come altri vogliono
1000 fiorini. Da ciò nacque guerra con-
ilo il sultano Amurat 111, e nell'agosto
iSgS Mikal venne a battaglia campale
col hooinioalo òiiiao pascià, il quale fu
VAL
respinto, correndo anco gravissimo peri-
colo della vita. Tuttavia non avvilito, il
copitano turco, marciò alla volta di lìii-
charest capitale della Valacchia, vi si di-
fese dentro, formnmlo baluardi e iinial-
zando barricale di legno. Intanto il voi-
voda Mikal corse a Tergowit/., la strinse
con assedio, la prese e a morte ne man-
dò tutta la guarnigione, non la perdo-
nando allo stesso capitano ATi pascià, che
fece abbruciare a lentissimo fuoco. Mos-
se indi contro BucharestjCui Sinai» pascià,
dopo 1 5 giorni di vana resistenza, dovet-
te abbandonare, e la sua ritirala tn peg-
giore d'una strage e d' una intera scon-
fitta; imperocché nel varcare il Danubio
venne l'artiglieria interamente disfalla
dagli accanili valacchi, che per itnpedirle
il passaggio aveano rollo il ponte. Cosi
potè la Valacchia spirare un'aura d'in-
dipendenza; ma per troppo breve tempo,
poiché il suo liberatore IMikal, che avendo
rianimato il so[)ilo coraggio de'valacchi,
vittorioso dovunque avea vinto e sotto-
messo la Moldavia e la Transilvania, do-
minato dall'ambizione intendeva di riu-
nirle al suo icnpero; ma nel mezzo di sua
splendida carriera fu vittima del tradi-
mento. Nel 1601 venne ucciso da un si-
cario di Basta, generale dell'armata im-
periale di Rodolfo 1 1. Il vaivoda avea guer-
reggiato insieme col Dista, contro il car-
dinal Bathori, a cui il cugino Sigismon-
do Il avea ceduto il principato di Tran-
silvania,e nello sconfiggerlo 5 valacchi gli
troncarono il capo. Da quel tempo cessa-
rono del tulio gli sforzi degli ospodari
valacchi onde rendersi indipendenti, an-
co per non vedersi secondali dalla forza
della nazione. Nel 1666 il pascià di Sili-
stria, avendo molestato I valacchi, il sal-
tano Maometto IV ordinò di demolire
tutte l'abitazioni costruite da'turchi sul-
la riva sinistra del fiume , e l' ordine fu
eseguito. Nondimeno rinnovatesi le ves-
sazioni, intollerante di sì penosa servitù,
la Valacchia nuovamente ribelloSìi. Il
vaivoda Michnè, pieno di libertà e di ar-
VAL
dire, mise a morte tulli que'boiardi, cui
conobbe parlilanli dell'io) pero turco: in-
cendiò le città di Braila e di Giurgevo,
dove eravi mussulmana guarnigione, e
a fil di spada fece passare ([uanli ne in-
contrò a Tergowilz. Ma quel valoroso,
dopo un anno soltanto di felici tentativi,
venne sconfìtto e morì nella fortezza di
Varadino: e la Valacchia colla Moldavia
continuarono sotto il dispotismo ottoma-
no , che andò talmente aumentando in
seguito della concorrenza de'candidnli al
trono valacco, che nel 1701 accrebbe il
tributo a 4 milioni di piastre , ossia
400,000 fiorini annui. In quel tempo era
fio dal 1688 vaivoda oospodaro Costan-
tino Brankowa o Brancovano, uno de'
migliori principi di Valacchia , il quale
col suo savio operare rimise in prospero
stato la Valacchia; venne però strascina-
to a Costantinopoli, e nel 1714 crudel-
mente ucciso insieme a tutta la sua fa-
miglia e 4 figli, dopo l'infelice battaglia
del Pruth. Costantino era entrato in i-
strette relazioni con Pietro I il Grande
imperatore di Russia , e con Carlo VI
imperatore che gli avea conferito il tito-
lo di Priiiceps Imperii Romani. Due an-
ni dopo cominciarono gli eccessi de'prin-
cipi greci di Fanar o Fauarioli , greci di
Costantinopoli , i quali nel periodo di
io5 anni che regnarono nella Valacchia,
cioè dal 1 7 1 6 al 1 82 I ,si acquistarono una
indelebile macchia per le loro angarie,
prepotenze, oppressioni, corruzioni, e pel
servile loro conlegno. La Porta tolse alla
Valacchia, come di recente avea fatto col*
la Moldavia, il privilegio concesso a'boia-
ri di crearsi il vaivoda ; perchè tali ele-
zioni dava sempre argomento a'cittadioi
di discordie e guerre civili, e perchè vol-
le vendicarsi di questi paesi, i quali avea-
no invocato la protezione di Pietro l il
Grtì!/2<^e imperatore delle R.ussie. La scel-
ta de'fanarioti a'principati moldo-valac-
co fu cagione di funesti mali, poiché per
conseguirli si ricorreva a'più nefandi rag-
giri; e il gran sultano condannò i due pò-
VOL. LXXXVH.
VAL t4^
poli, come ad un pubblico incanto, giac-
ché ne investiva quel greco che piìi a-
vesse offerto. Laonde i prescelti, per rein-
tegra rsi delle pagate somme, tiranneggia-
vano gì' infelici sudditi, perciò ridotti a
pessima condizione; ed il più delle volle
esacerbali a non più poter soffrire, mise-
ro a morte i principi inviali, per cui dal
17 16 ali 796 ne furono trucidali 1 3. Ap-
prendo dall'autore dell' 055eri'<2zzo«7,che
il r.** greco mandalo dal sultano Acmet
III al governo della Valacchia in qualità
di vaivoda, fu Nicolò Maurocordato, che
avendo già governala la Moldavia avea
dato prove di sua ferocia , onde poi fu
cognominato il iVe7'0«e di Falacchia.^-
gli era figlio del celebre Alessandro, che
pel suo ingegno e sapere era stalo pleni-
potenziario della Porta alla pace di Car-
lowitz, e 2.° interprete della medesima,
carica occupata in prima da un qualche
rinegato europeo, e che passata poi ne*
greci , fu per loro di grande eccitamento
allo studio e sicura via a elevali onori. Ni-
colò, o pegli ordini ricevuti o pel suo cat-
tivissimo animo , estinse ogni avanzo di
libertà, che malgrado 1' oppressioni sof-
ferte tuttavia in parte godevano i boiari
valacchi e moldavi, con levar loro la vi-
ta e gli averi. Costui essendo in Moldavia
avea fatto fortificare l'antico castello di
Chotlin sulle rive del Nistro. Dopo la
sua morte ebbe a successore il figlio Co-
stantino giovinetto, ma regnò poco, sbal-
zato da un allro partilo di grecidetlo del
Fanale, che avevano cominciato a gusta-^
re il dolce del governo e delle dovizie na-
turali della Valacchia e Moldavia. Sog-
giunge l'anonimo, la nazione greca dive-
nuta schiava de'turchi, ed avvilita da più
di due secoli, avea perduto ogni idea di
nobiltà e gentilezza, e si contentava d'e-
sercitare in Costantinopoli la mercatura
e le arti meccaniche. Per una strana com-
binazione e pe* servizi resi al gran visir
Chiuperli sotto Candia, come interprete
della lingua italiana , il greco Panajotti
fu ili. "ad esser dichiarato interprete del-
io
140 VAL
\a l'orla Ollomana;e per un'altra com«
hinarione gii successe alla sua morte Tal-
Iro greco Alessandro Maurocortlalo o-
riundo di Scio e suwmenlovalo, capace
e dotto nella medicina e nelle lingue eu-
ropee, ma ambizioso; si guadagnò presso
i grandi credilo e protezione. Il posto
d'interprete e l'aspiro al vaivodato de*
due principali, risxegliarono l'ambizione
e lo spirilo d'intrigo naturale ne' greci.
Molti fecero istruire i loro figli, e li po-
sero al seguilo de'nuovi principi greci di
A^niacchia e Moldavia. Acquistala cos*i ca-
pacità e reputazione, si procurarono l'uf-
fìzio d' interprete, per poi concorrere a*
principali , che si aHidavano al maggior
titlerenle. Non è a dire quindi i raggiri e
l'iniquità usaleda'greci fanarioti per pro-
iiìuoveie al principato le creature e gl'i-
stromenli de'furbi; ma se desolarono l'in-
felici due Provincie colla loro dominazio-
ne, molti finirono col laccio e niun greco
divenne ricco. L'anonimo enumera i gre-
ci valaccbi e moldavi nel decorso secolo
impiccali e decollali , per causa de' due
principali. Nel 1714 il suddetto principe
Brancovano con 4 figli» e il bolaro Va-
caresculo. Nel 17 16 il principe Cantacu-
zeno col padre, e l'arcivescovo di Ijucha-
rest annegalo. Nel 17 19 Giovanni Mau-
rocordalo principe di Valacchia avvele-
nalo dal fratello Nicolò. Nel 1787 Jana-
chi Ypsilanti capo dell'arte de'pellicciai
in Costantinopoli, pro-zio del principe
Alessandro Ypsilanti, impiccato. Nel 1 740
CostanlinoGhicca dragomanno dellaPor-
ta decollato. Nel 1760 Janachi Suzzo fra-
tello maggiore del principe Michele im-
piccalo. Nel 1765 Slauracchi agente di
Valacchia e Moldavia impiccato: per suo
ordine due boiari valacchi erano siati am-
mazzati, e 3 del popolo uccisi dagli arnau-
ti in una sollevazione.' Neil 769 Gregorio
Rallimachi principe di Moldavia decolla-
to, e lo fu pure Nicolacchi Suzzo drago-
manno della Porta. Nel 1777 Gregorio
Chicca principe di Moldavia scannalo da
un capigi a Jassy, Nel 1778 llvestiar»
VAL
Bogdano discendente da'prlnclpi di Mol-
davia, fitto decapitare dal principe M«i-
rusi in Jassy con un compagno. Neh 786
Petracchi della Zecca decollato. I boiari,
in particolare i valacchi, presero i vizi de'
greci, che copiavano i ttuchi, senza ave-
re il loro genio e spirilo. 1 principi e i lo-
ro ministri per impedire a'boiari dì por-
tare doglianze alla Porta Ottomana, non
solo proibirono ogni corrispondenza co*
foraslieri,ma non permettevano loro nep-
pure d'uscire dalla residenza del gover-
no per vedere le loro terre, temendo che
fuggissero a Costantinopoli; accordarono
la libertà a'contadini, ch'erano servi de'
boiari e de'numerosi monaci, non per u»
manità, ma per averli interamente loro
divoli. Venne proibito a'boiari anche di
leggere le gazzelle, e di sapere le notizie
estere. I boiari moldavi, siccome più ar-
dili e uniti, non si lasciarono tanto oppri-
mere, e conservarono il diritto di vivere
nelle loro terre, quando non avevano im-
pieghi pubblici. Ecco come la Valacchia
e la Moldavia, da uno slato monarchico
indipendente, passato prima a quello d'o-
ligarchia feudale, nel secolo passato era-
no cadute sotto il duro giogo del più di-
strullivo dispotismo de'principi forestie-
ri, schiavi d'un governo assurdo e tiran-
nico, come lo qualifica l'autore dell' O5-
servazìoni intorno la Valachiaela Mal'
davìa. Inoltre riferisce che non conosce-
vasi governo più dispotico di quello e-
sercilalo da' principi di Moldavia e Va-
lacchia, tuttoché i despoti fossero preca-
ri, e spesso uomini senza nascita e talen-
ti, che l'intrigo greco, il denaro e il favo-
re della Porla esaltavano, mentre da al-
tri intrighi venivano deposti e ritornati al
nulla. Ostentavano tanta fiera gravità,
che i boiari tremavano nel comparir lo-
ro innanzi , in atteggiamento il più ser-
vile, invocando il permesso di baciare la
mano, d'ordinario baciando i piedi o il
lembo della veste. I principi erano dive-
nuti padroni della vita e delle sostanze
de'sudditi, disponendo a talento de' loro
I
VAL
beni. Ogni principe fanariolo conduceva
seco gran numero di greci, a*quali di pre-
ferenza conferivano i posti più lucrosi e
tutte lecariclieclie godevano assai copiosi
emolumenti. La pena di morte venne qua-
si abolita dagli ultimi principi del secolo
passalo, generalmente umani eabborren-
ti le crudeltà, particolarmente il principe
Alessandro Ypsilanti cbe si studiò di fa-
re la felicità de'valacclii. Se era indispen-
sabile l'estremo supplizio, in 3di versi tem-
pi s'interrogava il principe se persisteva
nel permettere l'esecuzione della senten-
za. Veramente i gravi delitti erano rari,
ad eccezione de'rubamenti eassassinii de*
zingari. Non essendovi codice di leggi
scritte, poiché le romane e imperiali che
dicevansi osservare, non erano né inte-
se né studiate, piuttosto seguivasi l'uso
tradizionale del paese, il che dava luogo
a capricci, secondo la volontà del princi-
pe, il cui successore spesso annullava il de-
cretalo, quindi generale confusione nella
proprietà de'beni. L'Ypsilanti fece un co-
dice succinto o piuttosto urj'istruzionepe*
giudici come dovevano regolarsi ne* casi
pili frequenti; il quale per la chiarezza e
semplicità riuscì di molto giovamento al-
la Valacchia; ed i successori furono ob-
bligali a conservarlo. Quando la Porla
creava un principe, questi recavasi poi
con numeroso seguilo a cavallo dal sul-
tano, il quale lo riceveva sedente in tro-
no e nella stanza in cui accoglieva gli am-
basciatori esteri. In presenza del sultano
eragli posta in capo la cucca o cimiero di
feltro ricoperto di velluto cremisi e da un
lato con gran pennacchio di penne di
struzzo; veniva vestito della cabauizza, ve-
ste usata nelle funzioni dal solo sultano e
da'magnali. Tornava alla sua abitazione
sul cavallo donatogli dalsùltano e barda-
to riccamente, avendo attaccate alla sella
la sciabola e la mazza ferrata. Lo precede-
vano due code di cavallo, e lo seguiva la
musica militare turca, la quale seguitava
a suonar nel cortile dopo il pranzo. Collo
stesso treno partiva da Costantinopoli, ac-
VAL i47
compagnatoda tm capigi bascì della Por-
ta e da 4 guardie del sultano. A' confini
del principato era ricevuto dalla nobiltà e
corteggiato sino a un monastero subur-
bano della capitale, dove ponevasi all'or-
dine per indi fue il solenne ingresso. Que-
sto veniva preceduto dalle milizie urba-
ne, da' boiari e dagli uffìziali, cavalcando
l'ospodaro sul detto cavallo col capigi e
le guardie, co' paggi e camerieri, termi-
nandosi il treno da numerosa musica tur-
ca, e dalla carrozza della principessa cor-
teggiata dalle dame. 11 principe snionla-
Ta alla cappella di corle, ricevuto dall'ar-
civescovo, da'vescovi e clero, che 1' unge-
vano coli'olio santo. Passato nel divano,
si assideva in trono, e stando in piedi si
leggeva dal divan effendi il diploma im-
periale, col quale veniva costituito prin-
cipe col formolario: «L'inclito tra'princi-
pi della nazione del Messia, essendo una
pianta aromatica coltivata colle nostre
mani (ovvero un cereo acceso da noi),
V abbiamo destinato per vostro vaivoda,
cioè generale, onde dovete ubbidire ec. "
Terminata la lettura, ritiratisi i turchi, il
principe ammetteva al baciamano gli a-
stanti. Quando poi il sultano mandava la
deposizione del principe, questi era tosto
da tutti abbandonato e sovente anche in-
sultato, e tornato a Costantinopoli ivi vi-
veva privatamente. Sino a Nicolò Mau-
rocordalo , i principi erano trattati con
molto maggiore distinzione dalla Porta,
e portavano sul berrettone un gioiello
con piume d'airone, simile a quello del
sultano; prerogativa ch'egli rinunziò, glo-
riandosi d' esser vile schiavo della Porta.
Limitandosi i turchi a mantenere alcuni
presidii nelle città principali, lasciavano
agli ospodari la cura di riscuotere il tri-
buto destinato per Costantinopoli, e di
opprimere per loro proprio conto i pae-
sani e i boiari. Questi principi flìnarioti
impiegavano a istrumento delle loro esa-
zioni soldati albanesi formanti la loro
guardia, conosciuti sotto il nome di ar-
nauti.
i48 VAL
Frollanlo per ambiziose mire Cateri-
uà 11 ini pelatrice delie Russie prese à pro-
teggere la Valacchia e la Moldavi;!, e col
trattalo di Kaiuargik la Russia acquistò
il diritto d'intercedere a favore deceda-
mi che potesse muovere la popolazione.
Questo trattato fa la conseguenza della
guerra che la Francia nel i jSS avea fatto
dichiarare dalla Porta contro la Russia,
gelosa dell'influenza che esercitava in Po-
lonia. La guerra riuscì disastrosa per la
Turchia, e fra le conquiste de'russi vi fu
la Moldavia e buona parte della Valac-
chia, oltre la Crimea, ad onta degli sforzi
del sultano Muslafà III , e del fratello e
successore Abdul-Hamed. Ecco il tratta-
to di pace concluso traCaterina IleAbdul-
Hanied , a Kainargik a'2 i luglio 1774»
ciocia parte che riguarda i principati; del-
l'altra umiliante per la Turchia^ in quel*
Tarticolo ne parlai. «L'impero della Rus-
sia rende alla sublime Porta tutta la Bes-
sarabia, colle città d'Akerman, Rilia, I-
smail, e tutti gli altri borghi, villaggi eluo-
ghi situati in queste provincie. Le rende
similmente la fortezza di Render. Di più
l'impero della Russia rende alla sublime
Porta i due ducati di Valacchia e Molda-
via, con tutti i castelli , città, borghi, vil-
laggi e tultociò che vi si trova. La subli-
me Porta da parte sua li riceve alle se-
guenti condizioni che promette nella più
solenne maniera di santamente osservare.
I. Sì osserverà verso tutti gli abitanti di
questi ducati, di qualunque dignità, ran-
go, condizione , carattere o nazione che
siano , senza la menoma eccezione , una
perfetta amnistìa, ed eterna dimentican-
za, com'èstato convenuto, a favore di tut-
ti quelli, i quali realmente si sono resi col-
pevoli di qualche mancanza, o che siano
guardati come sospetti d'essere stati con-
trari agl'interessi della sublime Porta; sa-
ranno ristabiliti in tutte le dignità, ranghi
e beni che possedevano per i'a vanti, e sa-
rà loro restituito tùtlociò che godevano
prima della guerra presente. 2. Non si
porrà veruD ostacolo, di qualunque ma*
VAL
niera che possa essere, alla professione
della religione cristiana , la quale sarà
perfettamente libera, uè alla fabbrica di
nuovi templi, o alla restaurazione degli
antichi, com'è stato praticato per l'avan-
ti. 3. Saranno restituiti a' conventi e a'
particolari le terre e beni, i quali loro ap-
partenevano anticamente e sono loro sta-
ti usurpati contro ogni giustizia nelle vi-
cinanze d* Ibraila, Chotin, Render ec, e
che attualmente si chiamano Paradli,
4. Gli ecclesiastici saranno trattali con gli
onori é distinzioni dovute al loro caratte-
re. 5. Sarà accordata la permissione alle
famiglie che vorranno lasciare la loro pa-
tria, di trasportarsi in altri paesi con tut-
to quello che posseggono, ed a fine che
queste famiglie possano aver la ficilità di
disporre de' loro beni, si concede loro il
tempo d' un anno intero per profittare
di questa libertà di sortire dal paese, da
contarsi dal giorno della permuta del pre-
sente trattalo. 6. Non sarà domandata,
ne ricercata agli abitanti veruna somma
di denaro, né tassa a titolo di antiche im-
posizioni di qualunque natura siano. 7.
Non si esigerà parimenti da loro alcuna
contribuzione o tassa per tutto il tempo
che ha durato la guerra; ma al contrario
in considerazione del gran numero di
disgrazie e perdite che hanno solferto nel
corso della guerra, saranno ancora fran-
chi e liberi da ogni imposizione e contri-
buzione per lo spazio di due anni da con-
tarsi dal giorno della permuta del presen-
te trattato. 8. Dopo il detto termine di
dueanni, la sublime Porta promette d'os-
servare nell'imposizione del tributo pecu- j
niario sopra questi popoli, tutta l'umani- '|
tà e magnanimità possibile. Ella farà ri-
scuotere questo tributo per mezzo di de-
putati ogni due anni, e se in tempo della
scadenza gli abitanti lo soddisferanno e-
satlamente, ne pascià, ne governatore e
altro uffiziale potrà vessarli con modo op-
pressivo , né esigerà da loro alcun* altra
pensione o imposizione, sotto qualunque
titolo o pretesto che sia, ma permetterà
VAL
loroalconlrariodi godere degli slessi van-
taggi (reclamati da'nazionali senza docu-
menti, e perciò ignorati, dice Tanonimo,
da cui ricavo il testo del presente tratta-
to), de'quali hanno goduto sotto il regno
del sultano Acmel IH di gloriosa memo-
ria, padre di S. M. il sultano regnante. 9.
La sublime Porta permette o'principi di
questi due ducati d'avere presso ad essa
ognuno di loro un incaricato d'affari che
professi la legge cristiana, i quali avran-
no cura degl'interessi de' suddetti ducati,
e saranno trattati dalla sublime Porta
con bontà e distinzione, imperciocché,
malgrado la mediocrità della loro condi-
zione relativamente ad essa, sono pure
persone che devono godere di tutti i pri-
vilegi del diritto delle genti, e per conse-
guenza non essere esposti a veruna vio-
lenza. ( o. La sublime Porta consente an-
cora, che i ministri della corte imperia*
le di Russia che risiederanno presso di
essa, possano impiegarsi a favore dell'u-
no e dell' altro di questi ducati, secondo
le circostanze nelle quali potranno tro-
varsi questi due paesi, e la sublime Por-
ta prouìette d'avere in questo caso per
loro tutta l'attenzione ed i riguardi do-
vuti a potenze alleate e rispettabili". Ri-
marca r autore dell' Osservazioni , che
quasi nessuno di questi io articoli è stato
osservato e posto in pratica per la con-
naturale disposizione della sublime Por-
ta Ottomana in mancar di parola, per
non aver avuto i principi e le due nazioni
coraggio d' insistere sulla esecuzione , e
per non essersi curati i ministri russi dal
bel principio di far valere il trattato; in
somma per tutte le altre ragioni che pro-
dussero una nuova guerra colla Russia,
dopo quella sorda fatta da questa poten-
za ai medesimo sultano, per la nuova in-
vasione della Crimea. Inoltre riferisce,che
in conseguenza del trattato di pace, ed in
virtù del convenuto a favore de'due prin-
cipati, il colonnello Peteisou ministro di
Russia a Costantinopoli, fece dare a'due
nuovi principi di Valacchia e Moldavia
VAL 149
un hatliscerifF segnalo dallo stesso sulta-
no, nel quale oltre molti privilegi, vi era
quello espressamente dichiarato, che la
Porta non avrebbe cambiato i principi
senza grave colpa loro, e senza l'intelli-
genza della Russia. Tre anni dopo la sles-
sa Porta, a mezzo d'un suo emissario, fe-
ce proditoriamente assassinare Gregorio
Ghicca principe di Moldavia, ch'era sta-
to nominato a istanza di Caterina 11 , a
tradimento e mentre in buona fede, anzi
in onta agli avvisi del principe di Valac-
chia e di altri di riguardarsi, erasi recato
solo a visitare il capigi basci fintosi ma-
lato, il quale lo fece pugnalare alla sua
presenza. Subito troncatagli la testa fu
inviata a Costantinopoli, ove restò espo-
sta per 3 giorni alla porta del serraglio.
Il corpo fu lasciato a' parenti, ma la ro-
ba e i denari, che molli ne avea fatti con
intrighi, li confiscò il sultano. Si colorì
l'operato da'turchi, pe'sospetli formati su
Gregorio, ne'torbidi cominciali nella Cri-
mea, per la succennata 2." invasione rus-
sa. La Bukovina, che fino al 1777 appar-
teneva alla Moldavia, avendola reclama-
ta l'imperatore Giuseppe li, perchè situa-
ta tra le sue provincie di Gallizia e Tran-
silvania, e come antica dipendenza del
suo regno d'Ungheria, i russi nello sgom-
brarla la consegnarono agli austriaci. Il
sultano credè prudente dissimulare, e poi
la cede formalmente. Indi la Porta co-
minciò a cambiare i principi a suo ca-
priccio senza saputa della Russia, e gra-
vare i principali di eccessive contribu-
zioni, soprattutto in commestibili. La cor-
te imperiale di Pietroburgo, unitamente
a quella di Vienna, fece delle doglianze
contro questa ingiusta e illegale condot-
ta, ed ottenne un nuovo privilegio simi-
le air.", nella nuova pace per la Crimea
però ritenuta da'russi. Nel seguente hatli-
scerilfa favore de'principati di Valacchia
e Moldavia rinnovato nel 1784? il sulta-
no Abdul-Hamed vi scrisse di suo pugno:
In conformità si operi.»» Inclito fra'prin-
cipi seguaci di Gesù, Scherlet-Zade Ales-
i5o VAL
Sandro Vaivodacìi Moldavia , clie il tuo
fine sia felice. Giungendoli questo allo
segno imperiale^ ti sia noto, che 1' anno
1 188 (dell' Egira) nella luna di Scewal
furono emanali due alli comandameuli
sopra ornali col nostro imperiale polen-
te carattere, fatti paiiicolarmente per la
Valacchia e Moldavia, i quali conteneva*
no quanto segue. Che i sudditi di queste
due Provincie che sono le Canove dei po-
tente mio impero, non diano in avveni*
re , dopo aver pagato il fissato tributo,
altre contribuzioni sotto vari nomi, come
si praticava prima delTultima guerra.Che
i loro vai vedi non siano deposti fino a
tanto che non apparisca qualche.segno po-
tente di ribellione; e che un tale regola-
mento sia osservato stabile in perpetuo
senza cambiamento o deposizione, confor-
me i trattati già fatti fra il potente nostro
impero e la corte di Russia; che per que-
sl'oggello debbano darsi a'principi Berat
ornati col mio sagro caraltere, e accompa-
gnati da clemenza, acciò gli abitanti viva-
no consolati e tranquilli, ed i loro princi-
pi con sicurezza e quiete d'animo. Che
del tributo che i sudditi sono obbligati di
dare,se ne faccia ogni due anni una volta
il pagamento al nostro imperiai tesoro in
Costantinopoli per mezzo del loro agen-
te. Che i sudditi di Moldavia e Valacchia
siano liberi dal tributo ed altre imposi-
zioni, cominciando dall'anno 1 188 e la
luna di Gemasiul-Ewel, fino al termine
de'due anni. Che dopo terminati i sud-
detti due anni, si debba pagare, come si
è detto, ogni due anni una volta il tribu-
to, che dalla somma pietà e misericordia
\erso di loro sarà determinato, e che si
spedisca per roano dell'agente nominato
dal principe appresso la nostra sublime
Porta. Che per i conti e debiti vecchi
non si faccia veruna ricerca sì di denari,
che di qualsiasi altro genere. Che succe-
dendo Ira lurco e cristiano suddito qual-
die contesa , debba esaminarsi dal prin-
cipe di Moldavia 1' aliare unitamente al
suo divan etì'endi, ed altri turchi che si
VAL
troveranno colà, procurando un accomo-
damento che contenti entrambi; ma se j
la sua mediazione non produrrà il bra- a
malo effetto, si chiami il cadì d'ibiuila,
il quale giudicherà , e terminerà la lite
con somma integrità, e senza opprime-
re il sùddito, essendo nostra ferma vo-
lontà, che il suddito non debba essere ci-
tato ad altri tribunali fuori del paese. Che
essendo emanata una sagra decisione o
fefta in cause le quali fossero per eredi-
tà con testamento, o per parentela, è ac-
cettabile la testimonianza di Pietro gre-
co contro Omer turco, in quelle cause
però che fossero avanti la giustizia fuori
di parentela, o testamento, la testimo-
nianza contro il turco non sia accettabi-
le, sicché a tenore dell' alto fefla segua
ec. Che quanti de' ministri o altri com-
mettessero qualche delitto nel paese del-
la Moldavia, siano presi e mandati nel-
le vicine fortezze per essere castigati da'
loro comandanti. Che essendo slati spe-
diti in passato diversi fìrmani intorno ad
alcuni militari delle fortezze, ed abitanti
delle rive del Danubio, che contro i no-
stri regolamenti entra vano senza permes-
so ne'dne principati facendo risse , ucci-
dendosi fra di loro, e dopo ricercando il
riscatto del sangue muovevano liti, e do-
mandavano denari a'sudditi di Moldavia
recando loro altri disturbi; come pure in-
torno all'estirpazione degli uomini cattivi,
i quali scorrevano il paese,ed alla distru-
zione (secondo i prelodali regolamenti)
delle possessioni ed abitazioni, che que-
sti costruivano sul terreno della Molda-
via. Ora non essendo lontano dal crede-
re, che tali malviventi possano aver in-
tenzione di fare lo stesso, intendiamo che
il descritto regola n»enlo negli emanati
alli ordini si pratichi ed eseguisca inal-
terabilmente, e che in avveuire non deb-
ba entrare in Moldavia, che un dato nu-
mero di negozianti conosciuti d'ogni for-
tezza, i quali debbano aver la licenza in
iscritto da'ioro comandanti per presen-
tarla al vaivoda di Moldavia, o al suo uf-
VAL
flziale, e riceverne da essi il permesso in
carta; che non acquistino case ne'distret-
li, non seminino, non moleslino i suddi-
ti, e non diano denaro ad usura. Che per
simili fraudolenti cause, i visir, i coman-
danti ed i giudici non permettano che
sia danneggiato il suddito con ispedizio-
ni di cotunìissari. Che le possessioni e ter«
re , che altre volle spettavano a* mona-
steri o a'boiari, e poi ingiustamente sono
state tolte ad essi, ed al presente vengo-
no nominati rajà, siano a suo tempo re-
stituite a'rispellivi proprietari, dopo un
giusto esame. Che non sia lecito a'nego*
zianti turchi di prendere possessioni e te-
uute,o pascolare animali inlMoldavia.Che
i sudditi non vengano danneggiali in ve-
run modo da' visir e pascià, o dalle loro
genti che escono dal retto cammino per
entrare in Moldavia, e prendere da' sud-
diti provvisione d'ogni sorte senza paga*
mento, o disturbarli con altre domande.
Similmente, che le persone che vanno e
vengono per importanti affari in alcune
parti, non entrino nella Moldavia, uscen-
do dal retto cammino, e quelli che ven-
gono per affari in Moldavia non cerchino
alle poste più cavalli di quelli che sono
fissati nel loro firmano di posta. E poi-
ché furono emanati altri ordini contenen-
ti l'accennate prescrizioni, non segua iu
avvenire la menoma mancanza nell'im-
preteribile esecuzione e osservanza delle
medesime. Se taluno si mostrerà disub-
bidiente , si prenda cura della sua im-
mediata corre/.ione. Che i sudditi di Mol-
davia, i quali passano per negozio ne' vil-
laggi, terree mercati sulle rive del Danu-
bio, non siano molestali dagli esattori del
tributo e da altri uffiziali di quelle par-
ti, con domande di tributo o testatico, o
per verun'altra causa; che quelli delle ri-
ve del Danubio non enlrmo in Moldavia
con pretesto di ricercare i loro sudditi, e
per quest'oggetto saranno spedili altri fir-
mani a chi spelta, con ordini positivi e mi-
«acce. Che i sudditi e abitanti della Mol-
davia, a tenore de'privilegidelluogo,noa
VAL tSt
siano molestati da chi che sia intorno olla
loro maniera di vestire. Che riguardo al
caso, che abbracciando un suddito la fe-
de maomettana non possa cercare por-
zione di eredità; essendo questa una ma-
teria oscura in legge, si esamini perciò il
fefta,de*quali ne sono emanali i 4 seguen-
ti : Pietro cristiano, dopo che sarà santi-
ficato colla santità del mussnlmanismo,
ossia vera fede, se morisse Paolo suo pa-
dre cristiano, egli non lo eredita. Pietro
cristiano marito di Maria cristiana, fatto
turco, moiendo Maria cristiana, Pietro
non i' eredita. Paolo cristiano padre di
Pietro cristiano, fatto turco, morendo il
figlio , il padre non l' eredita. Il turco
Mecmet, dopo aver dato la libertà al suo
schiavo Pietro cristiano, se morisse Pie-
tro senza farsi turco, Mecmet non lo e-
redita. Gli accennati 4 sagri fefta siano
dunque eseguiti. Che dovendosi compra-
re per mano de* commissionati del capo
macellaio la nota quantità di pecore nel-
la Moldavia, avendo questi cagionato
danni e ingiustizie a'poveri, Noi usando
clemenza verso i medesimi, abbiamo a-
bolilo l'antico modo di compra: ma poi-
ché è inevitabile e necessario, che si con-
ducano pecore dal custodito mio stalo
per le porzioni di carne dispensate dal
mio tesoro, e per rali(nento degli abitan-
ti dell'alta mia dominante , i sudditi di
Moldavia non devono nascondere le pe-
core vendibili, ma venderle a'negozianti
di carne, ed il vaivoda di Moldavia non
deve mancar d' attenzione acciò le peco-
re sienodalea'suddetti negozianti che do-
vranno trasportarle in Costantinopoli, ne
venderle in altra parte. Che il paese del-
la Moldavia essendo la Canova del felice
mio soglio, ed essendo determinatala ve-
nuta delle necessarie vettovaglie da Va-
lacchia e Moldavia, i sudditi di Moldavia
per contraccambiare alla contribuzione iu
grani , che per nostra clemenza fu levata
poco fa; devono far pervenire abbondan-
temente alla scala del Danubio i grani e
le biade che acquistano seminando , e
i5i VAL
vender tulio al prezzo corrente a'copila-
ni delle u»vi del mercato dello Capan di
Coslaiilinopoli, non dandoli ad aliti luo-
ghi, e sul riflesso d'essere slata levala det-
ta contribuzione, che non cessino di semi-
nare, o per fine di monopolio non na-
scondino i grani che hanno e che raccol-
gono. In lai modo e^si potranno vantag-
giarsi, e gli abitanti del nostro felice so-
glio saranno liberi dalla carestia; e di ciò
ne abbia cura il vaivoda ed i boiari in
perpetuo. Che qualunque mancanza o
delitto de'snddili e boiari, della Valacchia
e Moldavia, che apparve di uecessilà nel
tempo delle guerre, sia loro lutto perdo-
nalo , e posto in una totale dimeutican*
za; che non si pensi né a castigare, né a
rimproveiare le loro passate procedure,
e siano certi in avvenire, lino a tanto che
non travici anno dal centro dell'ubbidien-
za, dall'adempimento del tributo, dal for-
nire le provvisioni, e dagli altri doveri di
sudditi, di non esperimenlare altro che
benignità e clemenza. Che stando in ar-
bitrio de* principi di Valacchia e Molda-
via il dare gl'inipieghi del paese a' sog-
getti distinti fru'nazionali, ed a' greci ed
a quanti di essi sono fedeli e degni di go-
vernare, resti in libertà de'principi di pre-
valersi pel loro servizio , seconde il biso-
gno, tanto de* greci , quanto de* paesani,
preferendo peiò i signori del paese ne-
gl'impieghi che sono propri a loro. Che
le qualità de*legnami che occorrono per
le fortezze situale nella Romelia , si se-
guitino a tagliare come per l'addietro, e
si trasportino da' monti della Valacchia
e Moldavia , mediante le giuste mercedi,
per il taglio e trasporto che si pagheran-
no da'tribuli di Valacchia e Moldavia, a
tenore delle ricevute degl'intendenti del-
le fabbriche senza la diminuzione d' un
obolo. Che si usi diligenza acciò in avve-
nire non sìa mandato senza necessità un
doganiere in Galatz, tanto per parte del
governatore di Chiri,c!ie d'Isachcia.Che
non vada alcuno in Moldavia a nomedcl-
V appaltatore per ricercare il nitro, che
VAL
fa d'uopo alla nostra ricca zecca , ma il
necessario nitro venga procurato dal prin-
cipe, ed il trasporlo e costo di esso si de-
falcherà dal tributo, ed egli darà avviso
alla nostra ricca zecca, acciò lo faccia ri-
cevere alla scala, che sarà prevenuta, per
trasportarlo in Costantinopoli. Slantechè
finora non è stata commessa veruna man-
canza per parte de'suddelli paesi nell'a-
dempimento a'dovuti obblighi di servitù,
si sono aggiunti a' suddetti capitoli i se-
guenti punti dettali dalla nostra impe-
riai misericordia, onde sì guardino in av-
venire dalla menoma mancanza, ed usi-
no prontezza e diligenza, per quanto oc-
corre al nostro imperiale servizio, e pre-
stino intera ubbiilienza a' loro principi,
non mancando d'un atomo alla dovuta
fedeltà e servitù. E perciò si fa nolo, che
in avvenire non si ricerchi dalla Valacchia
che borse 6 1 9,e dalla Moldavia borse i 3 5
e piastre 444» P^^' '^''^ tributo, che sarà
alla fine di ciascun anno contribuito al
felice mìo soglio, nel caso non fosse sta-
to impiegato in commissioni. Che pel re-
galo del Dairam si esigano dalla Valacchia
piastre 90,000 in contanti e robe, e pia-
stre 4o,ooo periIRichiabie; e dalla Mol-
davia si esigano piastre 90,000 in con-
tanti e robe [>el Bairam, e piastre 25,ooo
per il Richiabie, e non si domandi altro.
Che da'principi non si esiga denaro per
conferma, e non si depongluno fin tanto
che non si commettesse da loro qualche
delitto evidente. Che non sia ricercato da*
nuovi principi per diritti e regali un obo-
lo più del solilo,e questi non si esigano da'
sudditi, ma si diano dalle rendite partico-
lari de'principi. Che non si tollera dal no-
stro potente soglio, che i pascià , cadì o
altri comandanti che si tiovinoinque'conr
torni, prelendino iributoo ricerchino re-
gali dalle due provincie , ricadendo ciò
in danno del suddito, o dicessi spedisca-
no in loro nome commissari fuori del so-
lo e unico caso di ritirare denaro del Iri-
buio da noi ordinato. Che non siano i
principi obbligali a dare regali quando
VAL
seguono eerabiamenli nel ministero del
nosho polente impero. Glie il nostro po-
tente impero esiga provvisione d'ogni sor-
te, ma in grado clie queste non portino
angustia agli abitanti delie due provin-
cie, e quando le domanderà il tesoro, sia-
no pagate in denaro contante, senza ag-
gravare gli abitanti delle spese del ira-
sporto, e quando saranno comprale da'
mercanti debbano pagarsi in contanti al
prezzo corrente sul luogo. Che essendo-
ci note le ingiustizie e oppressioni , die
succedono nelle compre dt^lle pecore cUe
si fanno per mezzo degli uomini del ca-
po macellaio, si è tolta tal forma di com-
pre di pecore; ma perchè è necessario che
gli abitanti di Costantinopoli siano prov-
veduti dal custodito nostro impero; i sud-
diti delle due provincieche vogliono ven-
dere le loro pecore/le vendano a'mercaa-
li al prezzo corrente, ed i principi abbia-
no cura, che non si faccia mancanza nel-
lo spedirle al nostro felice soglio. Che
quando sarà nostra volontà di esigersi
dalle due provincie legnami o allro per
le fabbriche pubbliche, si dia previo av-
viso a'principi, ed in tal modo si traspor-
tino a'confini delle due provincie, e da'
commissari a ciò destinatisi paghi a'sud-
dili in contanti tanto il valore, che il tra-
sporlo di detti legnami, né si usi violen-
za per farglieli trasportare fuori de'con-
fìni;e quando si ricerca dagli abitanti de'
óue luoghi lavoro e fatica , si dia loro il
consueto pagamento senza din»inuzioneo
rilardo. Che non si ^ìermetla l'entrata ne'
delti luoghi a veruno de' circonvicini a-
bilanti militari, o altri che vi si recassero
ad oggetto di far danno a'sudditi, ma sol-
tanto si conceda a'mercanti che hanno fìr-
mani; come pure s'impedisca, che altri
venga a seminare o a pascolare animali
in terre appartenenti agli abitanti de'luo-
ghi, o ad impadronirsi delle medesime; e
chi ardirà d'operare dolosamente contro
questo sistema, sarà castigato. Che se do-
po la pace sono slati usurpali da' vicini
luvchi alcuQÌ terreui nelle due pioviucie,
VAL i53
siano questi restituiti a'proprielari. Che
senza urgente bisogno non si spedisca com-
missario dal nostro potente soglio nelle
due Provincie , e quando verrà spedilo,
che non debbano i sudditi pagare la sua
commissione, né egli dilungare la sua di-
mora inventando prelesti e molivi. E
dunque nostra clemente e imperiai vo-
lontà, che siano osservati ed eseguiti i
suddetti capitoli unitamente alle prime
condiziotii del sistema; e poiché la mise-
ricordia verso de'poveri e impotenti, e la
clemenza verso i soggetti é proprio attri-
buto di segnalata giustizia del nostro go-
verno, che spande abbondantissime gra-
zie sopra i sudditi di Valacchia e Molila-
via, acciò siano preservati da qualunque
sorte d'ingiustizia, e stabili nella loro fe-
licità e tranquilla permanenza sotto l'om-
bra del nostro impero; così si è dato il pre-
sente noslro alto ordine ornalo dell' im-
periai nostio carattere, comandando, che
dopo aperto e letto alla presenza gene-
rale di lutti i metropoliti, vescovi, abba-
ti,boiari, boiarnasci, capitani, ulliziali, a-
bitanti e sudditi, e fallo ad essi palese il
suo contenulo dettalo dalla giustizia , si
conservi presso di loro, e che in avvenire
si osservino tutti i suddetti punti del fis-
sato sistema nel modo si è spiegato e fat-
to noto, e sia tua cura scrivere e parte-
cipare alla clemente nostra Porta, se mai
veruno agirà in contrario, acciò subilo ne
sia fatta vendetta. Quando poi i boiari
di Valacchia e Moldavia si condurranno
verso il polente nostro impero con fedel-
tà, e verso i loro principi con ubbidien-
za e sommissione, restino ad essi le loro
terre e possessioni , e quanto hanno in
prima ottenuto in virtù di diplomi, uflì-
2Ì e gladi , siccome precedentemente fu
comandato. In seguito si abbia cura, che
si osservino in perpetuo i nominati pre-
celti, e che i paesi si mantengano in ista-
to felice, perché dalla loro felicità dipen-
de l'alimento de'nobili; che questi viva-
no quietamente e non facciano intrighi,
prestino ubbidienza a'principi^ e colla io-
54
VAL
ro suborilinnzione si reiulino degni iV ot«
tenere , secondo gli nnliclu costumi de'
luoghi, i gradi e i lucri spettanti a loro.
Se poi alcuno de'nobili ardisse di far do-
mande irragionevoli, e che sogliono por-
tar confusione nello stabilito sistema, co-
n)e da un tempo in qua hanno costuma-
to di fare, o molestassero i sudditi contro
i<t nostra volontà, e dopo che saranno co-
mandati di aslcncrsene, non prestassero
ubbidienza e si muovessero contro i vo*
lei i di quel principe, che dalla potente no-
stra sovranità sarà eletto e destinato a
governarli, e che ha permissione, piena
autorità e arbitrio di castigare tali teme-
rari colle meritate pene. Tu che sei prin-
cipe attuale, devi sempre invigilare alla
correzione di tal gente, usando tutta la
cura pel mantenimento del buon ordine;
e perchè il povero suddito viva con tran-
quillità, che la distribuzione del tributo
si faccia egualmente, senz'aggravare più
uno che l'altro per impegni, e si pratichi
il giusto. Con altrettanta attenzione devi
raccomandare e insinuare a tulli i nobili
e sudditi, di porgere voti per la conser-
vazione della nosli a vita e per la durevo-
le gloria e felicità della nostra potenza,
Fa che infendano tutti il senso dell'alto
nostro ordme , cioè che tanto i nobili,
quanto i sudditi di Moldavia, non tra-
viando nella retta strada d'osservare i do-
veri di subordinazione agl'imperiali no-
stri decreti, eh' esiger devono una rasse-
gnata ubbidienza, e non ommetteudo
giammai la consueta fedeltà e rettitudi-
ne, e la purità de'costumi, siano certi di
godere infinita quiete e riposo, non di-
sgiunto dagli effetti della nostra imperiai
clemenza e misericordia. Tu e i tuoi suc-
cessori prestando servitù e gratitudine al-
hi potente nostra sovranità ed all'infini-
ta nostra imperiai ajunificenza, ed osser-
vando i suddetti comandi , non avrai ti-
more d'essere deposto fin tanto che non
apparisca in te patente delitto che dia mo-
tivo al cambiamento, ma resterai fermo
uel principato di Moldavia; ed è certo e
VAL
indubitabile, che nell'ora stessa in cui ci
sarà nolo, chequnlcunodegli abitanti del-
le rive del Danubio e delle fortezze gran-
di e piccole anlirà d'opporsi a questo sta-
bilimento, sarà fatta contro di lui ven-
detta. E sarà invigilato con perpetua cu-
ra e gelosa attenzione dalla nostra so-
vranità, e da'gran visir e onorati pascià,
sul riposo e privilegi che furono accor-
dati in tempo del giustissimo impero del
Nostro avo sultan Maometto IV". Ad
onta di questo diploma, narra ranonimo
che lo riporta, nello stesso 1784 il sulta-
no Abdul-Hamed , cambiò il suddetto
principe di Moldavia, soggetto slravagan-
techeper tutti i riguardi non doveva mai
la Porta promuovere al vaivodalo; e po-
co dopo Michele Suzzo vaivoda di Va-
lacchia,uomo dabbene e di eccellente con-
dotta, per sostituire una creatura del ca-
pitan pascià, contro l'uso di non nomi-
nare che i figli de'passati principi, o gli
attuali dragomanni o interpreti di lingue.
Il surrogato non solo divenne il tiranno
della Valacchia, ma si pretende che pel
suo fondato mallaleuto contribuì molto
colle sue istigazioni e falsi rapporti a ri-
scaldare la testa del furioso gran visir, e
indurlo a dichiarare la guerra alla Russia
nel 1788. Prima della sua deposizione,
Alessandro vaivoda della Moldavia avea
accordato a'mercanti armeni sudditi del-
l'imperatore Giuseppe li, il seguente Gri-
sovolo o diploma. »j E' dovere de'prudeu-
ti sovrani vegliare sempre per ([uegli uo-
mini, che si danno la premura e si a(ia-
licano per l'utile de'Ioro stessi sudditi, ed
aumentano con l'industria del commer-
cio l'agricoltura. Siccome in questo prin-
cipato si trova da molto tempo una quan-
tità di mercanti armeni sudditi austriaci
di Gallizia con bovi , cavalli e altro be-
stiame, ed essendo notorio, che non poco
utile fanno agli abitanti di questo stato,
accrescendo il prezzo del bestiame e di
altre cose con contento degli abitanti, ed
essendo stati favoriti anche dagl'illustris-
sìmi nostri antecessori con qualche gru-
VAL
zia, come si vede da*[)rivilegi, massima-
titente da quello del nostro defuiilo zio
Joan Nicolai vaivoda, che Ita loro accor-
dato benefìzi esclusivi, il qual privilegio
tengono nelle loro mani; così dunque ab-
biamo giudicato giu^»to, non solamente di
rinnovare e confermate li pristini bene-
fìzi, ma di aumentarli con qualche nuo-
va grazia per il loro miglior stabilimen-
to secondoehè per mezzo di questo no-
stro diploma determiniamo. Per li terre-
ni che questi mercanti hanno bisogno, e
ailìltano annualmente, avendo inteso che
qualcuno de'proprietari delle terre volen-
do alzar li prezzi di queste, trovano vari
mezzi fiod olenti, cioè si uniscono co'Ioro
vicini, fingono d'afllttarli a maggior prez-
zo di quello li aveano già ailìltati i mer-
canti, e così questi si vedono cosUelti o
di tramutarsi co' loro bestiami sopra al-
tri beni , o di dare il maggior prezzo of-
ferto da costoro, e così loro viene cagio-
nato danno; il che essendo conilo ogni
giustizia e buona regola, ogni qual volta
che sarà palesata una tal azione, non so-
lamente quel vicino che agirà con tal
frode per danneggiare li mercanti, si ca-
stigherà con tutta la giustizia , ma anco
il proprietario sarà giudicato dal nostro
divano. Li mercanti che sono da più an-
ni stabiliti sopra una terra col loro be-
stiame , che occupano col consenso del
proprietario, non ardirà nessuno de' vi-
cini di molestarli o cacciarli colla parola
di Protimissis o sia di priorità. Li beni
poi che in avvenire si venderanno an-
nuahiìente, aliai. 'vendila il vicino avrà
la priorità. Dopo poi, che una volta un
suddito austriaco ha ottenuto la posses-
sione sopra una terra e l'ha occupala per
qualche anno, facendo e fabbricando so-
pra questa cose necessarie pel suo com-
mercio, allora non può inquietarlo in nes-
sun modo il vicino sotto titolo di Proti-
missis. Nessuno de'viciui abbia la facoltà
di arare, seminare o tagliare l'erba per
forza sopra una terra eh 'è adìttata an-
nualmente da questi mercanti esteri per
VAL i55
proprio uso delloro bestiame. Per il fie-
no che vorranno fare per l'uso proprio,
o sostentamento del bestiame loro, a vran-
no la facoltà di accordarsi cogli uomini
di quel luogo che troveranno, che siano
stranieri o paesani di qui , a loro piaci'
mento. Intorno a'bovi che comprano per
negozio,paglierannodicornarilonna pia-
stra, ed un polronic moneta vecchia, per
ogni bove, secondo l'uso, cioè dovranno
ancora pagare per tutta la u»andra , al-
lorché passeranno li confini, una piastra
e 60 denari a'doganieri de' limili, come
pure pe'bovi che si staccano dalle man-
dre e fuggono, dovranno pagare a quegli
uomini che li troveranno, due piastre per
un tale distaccamento di buona mano.
Ma ogni volta che si staccasse poi dalie
mandre uno o due soli bovi, dovranno
pagare la buona mano,secondo l'uso, d'u-
na piastra. Parimenti pagheranno per
lutto il bestiame ch'essi avranno qui nel
paese, eccelluati i bovi di commercio,
cioè vacche, cavalli, giumenti, laConitza
a 4o aspri per uno, secondo l'uso; ma per
li poledri e vitelli, che non siano mole-
slati. Come anche intorno al bestiame
che con)prano alle fiere, volendo essi do-
po due mesi di tempo esportare quesli e
farli passar i confini, in questo spazio di
due mesi che li terranno qui al pascolo,
che non siano incomodali per la Conilza,
ma tenendoli più, che paghino. Pe'ca val-
li che sortono dalle loro stesse e proprie
razze, allorché li faranno passare nella Po-
lonia, non sarà da loro esatta la dogana;
ma per altri cavalli, bestiami e ogni al-
tra cosa che compreranno di questo pae-
se, e la faranno esportare da'confini, co-
me anche per qualsiasi altri capi, che con-
ti urranno e meneranno da altre parti in
queste, dovranno pagare la dogana se-
condo gli articoli sigillali della nostra can-
celleria, che in quest'anno sono siali rego-
lali e fatti, ne'quali si dimostra per tutti
i sudditi austriaci come deve pagarsi la
dogana, cioè il 3 per 100 secondo l'ordi-
ne. Se avranno e tenauuu api e atuiali
i56 VAL
qui il) Mok1rtvia,pngheiannoIaDesjellnn
a IO denari vecchi per tanti quanti ne
avranno. Li loro cavalli non oserà nessu-
no prenderli per T olac ossia posta , ne
quelli dalle loro abitazioni, né dalle loro
razze , né dalla strada. Ed intorno alle
dispute e liligi die alcuno di questi iiier-
canti, o i loro uomini avessero con qual-
che nostro suddito paesano, non conten-
tandosi castialmente della giustizia degli
spravnìci , possa ap[)ellarsi al nostro di-
vano, ed in tal occasione li litiganti de-
vono essere mandali dagli spravnìci a-
vanti di noi per fare la totale delìnizio-
ne. Accadendo poi che alcuno di questi
nominati sudditi commettesse qualche
delitto, gli spravnìci non abbiano la fa-
coltà sopia costoro di cnrcerarli o altri-
menti castigarli, ma di mandorli subito
qua, denunciando il fatto del loro delit-
to, per potere procedere a tenore degli
antichi trattali, che sono eseguiti in Co-
stantinopoli, e si osservano anche qui per
Jestesse ragioni. Ricerchiamo dunque con
an)ore anco da altri principi^ nostri fra-
telli e successori che Dio sostituirà dopo
di noi in questo principato, di non alte-
rare questa grazia e privilegio, ma ben-
sì confermarla per loro proprio onore e
eterna memoria. Dato questo diploma
nella residenza nostra di Jassy, del i .** no-
stro principato di Moldavia l'anno 2.*'
1784 II 9 marzo. Noi Alessandro Vaivo-
da. Janacki Canlakuzeno gran vestiar.
L. S. " Precedeuten)ente a qtiesto diplo-
ma, fu emanalo per contando del sulta-
no Abdul-Hameil l'ordine che segue, di-
retto al principe di Valacchia. »»Airiucli-
to Ira'principi della nazione del Messia,
il vaivoda di Valacchia Mikal vaivoda,li
cui eslreuìi siano felici. Pervenuto che vi
sarà il presente mio supremo eiuìperial
comandan)enlo saprete qualmente ilpiìi
cospicuo signore fra' grandi delia nazio-
ne cristiana il signor l)arone Herbert
Kathkeal internunzio cesareo residente
presso la n)ia sublime Porta, il di cui
termine aia felice, ha preseuluto alla tue-
VAL
desima una sua memoria nel contenuto
della cui traduzione espone, che per pro-
curare l'assistenza e protezione de'mer-
canti sudditi di S. M. V imperatore de*
romani, che a cagion del commercio con-
tinuamente vanno e vengono per le prò-
vincie della Valacchia e Moldavia, e per
le vie del Danubio, fu da canto della suc-
cennata sua I. M. l'anno passato manda-
to in que'contorni V illustre tra'primati
della nazione del Messia Piaicewich at-
tuai segretario della corte imperiale, la
di cui sngacltà sia aumentata. £ siccome
il commercio va vieppiù sempre crescen-
do ed aumentandosi, così per il buon or-
dine degl'interessi del commercio, per la
sicurezza de'mercanti tedeschi che vanno
e vengono, e che quivi si ritrovano; co-
me per accudire ed attendere a'Ioro af-
fari e negozi, è stato egli dall' accennata
imperiai corte destinato per suo agente;
e che quantunque V assistenza e buoa
trattamento usato finora da' vaivoda di
Volacchia e di Moldavia, verso la perso-
na del succennato segretario, dia motivo
di esserne soddisfatti, ciò non ostante per-
chè non si abbia ad usare verun man-
camento nella protezione ed osservanza,
che secondo il costume esige il suo ca-
rattere, la suddetta corte imperiale richie-
de amichevolmente, che sia ordinato tan-
to a voi che siete il sopraccennato vaivo-
da , quanto al vaivoda di Moldavia , ac-
ciocché tutti (jue' trattamenti, immunità
e privilegi, concessioni ed usanze stipula-
te dell'imperiali capitolazioni verso i con-
soli ed agenti della riferita imperiai cor-
te, abbiano ad essere osservate anche ver-
so il sopraccennato; facendo il summen-
tovato ministro sapere, che questa requi-
sizione tende unicamente a confermare
e vieppiìi rassodare il commercio e l'a-
micizia, che sussiste fra lì rispettivi sud-
diti, ed il vantaggio d'ambedue le corti;
ed a tal oggetto ha richiesto l'emanazio-
ne separatamente di due miei nobili co-
mandamenti diretti l'uno a voi, e l'altro
al sopraccitato vaivoda di Moldavia. Laou-
l
VAL
eie essendoci! dovere il compiacere la cor-
te di Germanio, eh' è una corte inagnifi-
centissìma, antica e sincera amica, e vi-
cina colla fulgida mia Porla, e che la per*
fetta sincerità e candore che Iia per la
medesima è evidente; come pure è di
massima importanza l'appianare ossia fa-
cilitare, secondo esigono l'imperiali capi-
tolazioni, i di lei interessi; ed essendo al-
tresì chiaro ed evidente, esser di mia im-
periai brama e intenzione, che deferendo,
giusta il tenore dell'imperiali capitolazio-
ni, a' di lei desideri! e richieste, venga
dato corso al loro commercio, ch'è il frut-
to dell'alma pace, e che i di lei sudditi e
mercanti che vanno e vengono, sieno se-
condo il tenore dell'imperiali capitolazio-
ni protetti e assistiti; e rilevandosi ancora
dal contenuto della sopraddetta memo-
ria del succennato ministro, che il buon
ordine del loro conimercio dipenderà dal
buon trattamento e riguardo che si use-
rà al sopraddetto segretario. Così voi che
siete il sopraddetto vaivoxla, essendo di
mio imperiai ordine, che abbiate ogni cu-
ra e usiate ogni diligenza per tutto quel-
lo che secondo il tenore dell'imperiali ca-
pitolazioni riguarda il buon tiattamento,
la stima e osservanza della dignità e ca-
rattere del succennato agente, non occor-
rendo dichiarare e spiegarvi ulteriormen-
te a che segno sia d'impegno, intenzione
e volontà mia imperiale , il compiacere
la sopraccennata cesarea corte, e il dare
esecuzione alle condizioni stipulate fra le
due corti nell'imperiali capitolazioni, im-
piegherete con tutta la premura ogni vo-
stro studio , e la più grande attenzione
nell'onorare e stimare la dignità del so-
praccennato agente, che ha l'ordine d'ac-
cudire à'negozi e interessi de'mercanti im-
periali, come pure nel prestargli in virtù
dell'imperiali capitolazioni tutta l'assi-
stenza e protezione. Al qua! eflielto fu e-
roanatoil presente mio supremo coman-
da mento,col quale voglio e comando,per-
venuto che vi sarà, d'uniformar l'opera-
zioni vostre, giusta il tenore di questo mio
VAL 1^7
imperiale mandato, al quale è dovuta o-
gni sommissione, rispetto e ubbidienza,
astenendovi onninamente da qualunque
azione contraria al medesimo, e temendo
di contravvenirvi. Così saprete operare, e
preslarete piena fede alla mia nobile ci-
fra imperiale. Dato dalla custodita resi-
denza di Costantinopoli verso la metà
della luna Zilcadeade l'anno i 197, che
corrisponde a' 16 ottobre 1783 ". Final-
mente nel I 784 il sultano Abdul Hamed
pubblicò il seguente Sened, contenente le
prerogative in favore del commercio de*
sudditi imperiali e reali negli slati dell'im-
pero ottomano. » In Nome dell'Ente Su-
premo. La ragione per la quale il presen-
te islrumenlo è stalo spedito si è, che il
signor iuternunzio dell'imperatore nostro
amicOjin una memoria presentata per par-
te della sua corte, ed appoggiandosi so-
pra le clausole dell'articolo 2.° del trat-
tato di Belgrado, ha domandato dilferen-
ti disposizioni e stabilimenti a favore de*
mercanti sudditi dell'imperatore ne'paesi
del dominio ottomano. La sublime Por-
ta avendo esaminato il contenuto di que-
sta memoria, ha trovato che il detto ar-
ticolo serve di base alle proposizioni del-
la corte in)periale intorno a questo sog-
getto; in conseguenza di che, e sopra \e
positive asservanze date nella suddetta
memoria, che li bastimenti , mercanti e
sudditi delia sublime Porta che auderan-
no e verranno esercitando il commercio
per terra e per mare, e pe'fìumi io tulli
gli stali dell'imperatore, goderanno co-
stantemente dell'inimuni là e privilegi che
godono relativamente al commercio le na-
zioni più favorite, ed anche al di là. La
sublime Porta eseguendo sempre colla
massima sincerità le obbligazioni contrat-
te in virtù de'traltali, ed essendo costu-
mata a provvedere alleolameotea'mez-
zi più propri per dare alla corte imperia-
le sua antica amica e vicina prove non
equivoche della sincerità de' suoi senti-
menti e delia sua perfetta amicizia, hfi
risoluto d'impeguarsi e prendere sopra di
i58 VAL
se nella sopracldella maniera col presen-
te Sened, dì osservare religiosamenle i
seguenti punti e miicoli, i cpinli serviran-
no d' ora in avanti di regola invariabile
al trattamento da farsi alla nazione tede*
sca, ed avranno la stessa forza che il Irat-
talodi Belgrado. Àrt.i. Il trattatodi coni*
mercio segnato presso di Passa rowit?. l'an-
noi 1 32 dell'Egira, ed adottato per base
del detto articolo 2.° del trattalo di Bel-
grado, sarà, com'è di dovere, mantenu-
to e osservato in tutto e per lutto negli
slati dell' impero ottomano a favore de'
sudditi e mercanti dell' imperatore, e la
sublime Porta non permetterà e non au-
torizzerà la menoma trasgressione su di
questo; e per fjuello che riguarda il com-
nìercio per mare e pe' fiumi, si procederà
in conformità di quello che sarà regolato
nell'articolo 6° del piesenfe Sened. Ari.
2. In quanto a' diritti della dogana che
dovranno pagarci sudditi e mercanti im-
periali, la sublime Porta riconosce qui di
nuovo leanlicheconvenzionijCioècbenon
pagheranno più del 3 per 100 di dogana
ima volta solamente, sia nel luogo del-
l'introduzione, o in quello della destina-
zione di tulle le merci che compreranno
per esportarle, e che non saranno della
natura delle proibite, dimodoché il com-
mercio de' mercanti tedeschi specificalo
qui sopra tanto d' introduzione che d'e-
strazione, sarà libero da ogni altra e qua-
lunque imposizione , e specialmente di
quelle chiamate Mastarie, Cassabie, Bi-
daat, Resmi-hudamie, Refi, Badch-Jas-
saculi ec. Abbenchè le disposizioni rela-
tive a ciò siano chiaramente ed evidenle-
menle spiegale nel suddetto Irallato di
commercio di Passarowitz, aveiìdo per
altro dichiarato l'internunzio, che col de-
corso del tempo si sono introdotti, a ri-
guardo di questo stabilimento, dillerenti
abusi contrari alla regola fìssala nelle pro-
"vincieoltomane,e principalmente in quel-
ledella Valacchia e Rlohlavia, la sublime
Porta le conferma qui formalmente per
essere osservate d'ora in avanti intcramen-
VAL
te in lutti gli stati dell'impero ottomano.
Art. 3. I sudditi e negozianti imperiali
goderanno anche tanto all'introduzione e
all'estrazione di tutte le merci non proi-
bite, che nel vendere e comprare, d'una
hbertà piena ed intera , e non sarà per-
messo in verun modo alle corporazioni,
compagnie e monopolisti, o a chi si vo-
glia, di porvi il menomo ostacolo aperta-
mente o clandestinamente, né tnolestare
o punire i sudditi della sublime Porta a
causa di queste vendite o compre, né inco-
modare o vessare chi che sia de'mercanli
o sudditi ottomani, sotto pretesto o pei*
causa che ha comprato qualche elTello o
mercanziede'negozianli tedeschi. Per que-
sta ragione l'esecuzione del presente Se-
ned sarà ordinala a'capi e magistrati del-
le Provincie, del mare e delle coste , ed
agli ufijziali delle dogane con firmani mol-
lo positivi ed energici , contenenti le re-
gole sopra il modo con cui dovranno con-
dursi verso i sudditi imperiali che van-
no e vengono, o dimorano in tutti gli sta-
ti dell'impero ottomano. Nel tempo stes-
so saranno date copie di questi firmani
alla corte imperiale, afìlnchè i suoi mi-
nistri, consoli e agenti, come pure i co-
mandanti de' confini possano esserne in-
formali per dirigersi in conformità. Art.
4. Per prevenire ogni dubbio e sospetto
che potrebbe nascere a'comandanli, ma-
gistrali e inipiegali delle provinole otto-
mane, soprintendenti al commercio per
mare e pe'fiumi, la sublime Porta dichia-
ra, che in virtù de'lratlali é permesso a*
sudditi e mercanti imperiali muniti de'
loro passaporti d'andare e venire libera-
mente per mare e pe'fiumi dovunque sa-
rà loro di convenienza, approdare e sca-
ricare le loro merci, e caricare quelle che
sono proibite, pagando i diritti che devo-
no. Art. 5. La sublime Porta riconosce,
che la corte imperiale ha diritto in virtù
del trattato di Belgrado , e di quello di
commercio di Passarowitz, come anche
in conformità della sincera e perfetta a-
micizia che sussiste tra le due corti , di
VAL
reclamare pe'j3ropri sutltlili e mercanti i
favori, privilegi e vantaggi nel commer-
cio senza veruna eccezione, che godono
e goderanno in avvenire , lelativamenle
al commercio , le alUe nazioni franche,
speciain)enle i francesi, gì' inglesi, gli o-
ianclesi , i russi, ed altre nazioni le più
favorite. Ali. 6. 1 sudditi e mercanti
imperiali potranno liberamenle, e senza
che l'eccezione inserita nel detto trattalo
di commeicio di Passarowilz possa esse-
re di verun impedimento, passare percati-
sa del commercio da'iìumi al mare e vi-
ceversa, con navi, bandiere ed equipag-
gi tedesthi, e non saranno obbligali ad al-
tra cosa senoncliè a pagare, come si è det-
to qui sopra, una sola volta i diritti di
dogana per le mei ci introdotte ed estrat-
te. Art. 7. li transito per le coste, canali
e stretti della dominazione ottomana , e
nominatamente pel canale del mar JN'éro,
sarà libero per tutti i sudditi e meicanli
imperiali che verranno jier niare e pe'
fiumi con bandiera imperiale dalle pro-
vincie tedesche, e saranno esenti da ogni
e qualunque diritto, e non saranno ves-
sati, molestati e forzati a scaricare le lo-
ro merci; ben in leso che le merci, le qua-
li saranno scaricate, cammin fticendo di
loro propria volontà per venderle, siano
franche da ogni altra in) posizione, fuor-
ché da'dirilli ordinari di dogana , e che
i suddetti bastimenti mercantili non sia-
no più grandi che quelli permessi a'russi.
] suddetti sudditi e mercanti imperiali
saranno anche assistiti e soccorsi amiche-
volmente nel corso del loro soggiorno nel-
le provincia ottomane , come apparte-
nenti alla corte la più amica di quest'im-
pero. Dovendosi considerare che i basti-
menti mercantili che navigatìo sopì a i fiu-
mi, non sono punto propri alla naviga-
zione marittima, sarà loro libero, che ar-
rivando i bastimenti ne' luoghi vicini al
mare, le merci che avranno a bordo sia-
no trasportale sopra altri bastimenti , i
quali frequentano il mare Nero , ed in
qnesto caso non si dotiiaoderà verun di-
VAL 1%
ritto. Art. 8. Nascendo delle difficoltà nel-
l'esecuzione di qualche punto del presen-
te Sened, e specialmente intorno le mer-
ci proibite così nel trattato di l^assero-
witz, che in quello di commercio di Bel-
grado, la sublime Porta condiscenderà a
spianarle di comun consenso, e di manie
ra amichevole e giusta. Per altro, se non
si potrà terminare in tal modo, Ella con-
sente , che questo punto di dilìlcollà sia
spianato,regolalo e deciso amichevolmen-
te a tenore delle disposizioni falle nel
trattalo di commercio concluso con l'im-
pero della Russia, l'anno passato , e di
modo convenienteal commercio tedesco.
Dato in Costantinopoli li 2 della lunaRa-
biul-ahir dell'anno dell'Egira 1 1 98, cioè
li 24 febbraio 1784. Colui che implora
il soccorso dell'Ente supremo ff amid fi-
glio di Halil gran visir, ed a canto il suo
sigillo grande ".
il sultano Selim IH, d' elevali spiriti,
mal solfrendo che la Crimea si riteneva
dalla Pi.ussia,si propose ricuperarla. Rup-
pe quindi guerra a'russi collegati cogli
austriaci, contro i consigli di Francia, de-
ferendo a quelli d'Inghilterra, Prussia e
Svezia, per a vere il vaivoda di Valacchia
Suzzo, con falsi rapporti, riscaldato la te-
sta del furioso gran visir. Il suo protet-
tore Hassan, valoroso capitan pascià, ve-
nendo presso Focziani in Moldavia as-
salilo dall'armata combinala de'russi e
austriaci, comandati da Suwarow e dal
principe di Coburgo, restò del tutto scon-
fino a'21 luglio 1789. 11 gran visir vo-
lendo ristabilir l'onore dell'armi ottoma-
ne, marciò contro gli austriaci; ma i russi
avendolo raggiunto presso Martinistia
sul Rimnick nel momento che principia-
va il conflitto, i turchi rimasero sangui-
nosamente vinti. Tosto il principe diCo-
burgo entrò in Valacchia e s'impadronì
di Bucharest, mentre Laudon in breve
sottomise la Servia. In |3olere quindi de'
russi caddero Render, Akermann, la pro-
vincia d'Oczakow, la Moldavia, la Bes-
sarabia ec. ; ridussero in cenere Galatz,
i6o VAL
e sul Danubio minaccinrono in piìncìpale
foilezzn d'Ismail. Nel i 7C)oclivemilo im-
peraloie Leopoldo 11 si pacificò poi colla
l*oiia, ma la Ri^ssia continuò la guerra,
finché fece altiellanlo nell'agosto; le cose
riuìaseio com'erano innanzi la guerra.
TuHavolta l'Austria nell'accordo di Si-
stow ebbe una fortezza vantaggiosa sul-
rUnn, e la vecchia Orsowa dalla parie
di Valacchia; e la Russia oltre la Crimea
conser\ò Oczakow, e il territorio fra il
Bog e il Dniester, ove subito costruì O-
dessa, in conseguenza del trattato di Jassy
de'9 gcnnaioi792. Inoltre Selim II! ac-
consentì a lasciar nel principato i vai-
vodi di Valacchia e Moldavia per 7 anni,
e di non dimetterli in tal tempo senza
l'adesione de' russi. Neh 794 •' famoso
ribdle Passwan Ogiou minacciò la Ser-
bia e la Valacchia, e obbligò la Porta a
riconoscerlo quasi indipendente nell'oc-
cupate Orsowa e Tirlowa.Nel 1 806 con-
tro le minacce russe e inglesi, Selim Ili
accolse in Costantinopoli l'ambasciatore
di Napoleone I imperatore de'francesi, e
depose gli ospodari di Valacchia e Mol-
davia , come ligii della Russia, in onta
del trattato di Jassy. Avendo questa po-
tenza invaso la Valacchia e la Moldavia,
col pretesto di sostenere i diritti degli o-
spodari, a istanza de' francesi i turchi
chiusero il Bosforo a'russi e inglesi colle-
gali. Mentre l'impero ottomano minac-
ciava dissolversi, nel 1807 Selim III fu
deposto e gli successe il cugino Muslafà
IV, figlio d'Abdul-Hamed, e il gran vi-
sir che comandava l'esercito di Valac-
chia contro i russi, venne trucidato da'se-
diziosi. Il nuovo sultano rinnovò la dichia-
razione di guerra alla Russia, e Napoleo-
ne I si decise sostenere la Turchia. Però
in conseguenza della pace di Tilsit fra
Napoleone I e Alessandro I imperatore
delle Russie, de'7 luglio 1807, cessatele
ostilità mediante la tregua, i russi pro-
misero lo sgombero de'priucipati di Va-
lacchia e Moldavia. Ma con articolo se-
greto, Napoleone 1 si contentò, che A-
V A L
lessa ndro I li riunisse poscia ai suo im-
pero. Indi col pretesto d'alciuie correrie
de'turchi, i russi continuarono a occu-
pare i principati Danubiani. Nel luglio
I 808 rilegato in prigione il sultano Mn-
slafà IV, gli fu sostituito Mahmud li,
portando sul trono l'idee di riforma del-
l'illuminato Selim HI. Intanto Napoleo-
ne I nell'autunno rinnovò ad Alessan-
dro I la promessa, che non si sarebbe op-
posto all'unione della Valacchia e della
Moldavia all'impero russo. Nel 18 09 A-
lessandro I prorogò colla Porta l'armi-
stizio, e trattò in Jassy nelle conferenze
per la pace, la cessione de'due principati.
Non essendosi conclusa, i russi ricomin-
ciata la guerra s' impadronirono total-
mente delle due provincie. Progreden-
do ne' conquisti, Mahmud II fu costret-
to a domandar la pace. Questa sareb-
be riuscita meno pregiudizievole, sen-
za la guerra che immediatamente seguì
tra la Russia e la Francia. In fatti nel-
la pace segnata a Bucliarest a' 28 mag-
gio 18 12, Alessandro I solo potè esten-
dere i suoi confini fino al Prulh, con che
unì al suo immenso impero la Bessara-
bia, ed un 3." della Moldavia, regioni in-
teressanti, ma non proporzionate a'van-
taggi riportati da' russi. In tal modo la
Turchia perdette una superficie di 85o
miglia quadrate e le fortezze di Choczim,
AkermaUjBender, Ismail e Rilia, che re-
starono in potere della Russia; oltreBraila
sulla sponda sinistra del Danubio con cir-
ca 25,000 abitanti con porto franco, con-
siderata la prìncipal piazza di commer-
cio della Valacchia, e Giurgevo pure su
tal sponda assai commerciante e di cui
furono abbattute le fortificazioni. La pos-
sessione della Bessarabia produsse a'russi
diversi vantaggi nelle future questioni
che potevano rumovarsi co'turchi. Nulla
loro impedendo di penetrar direttamen-
te nella provincia di ^ilistria ; dall'altra
passando il Pruth potevano prendere a
tergo la Moldavia, essendo Jassydistaiite
solo 4 leghe; di più la loro situazione lua-
VAL
go il Pi'uth permise ad essi di passare que-
sto fiume, presso la sua imboccaliira nel
Danubio, verso Galatz , meltendoli così
a pie pari nella Valacchia. Neh 8 14 es-
sendosi formata la società segreta degli
eteri sti, il cui scopo era di liberar la Gre-
eia dal giogo ottomano, neliS^i si sol-
levarono i greci contro i turchi. Dopo al-
cuni brevi e infelici movimenti suscitati
da'greci stabiliti nella Valacchia e Mol-
davia, la rivoluzione scoppiò nel Pelo-
ponneso e quindi comunicossi alla Gre-
cia e vicine regioni. Nella Valacchia pu-
re la tanto diramata congiura greca si
manifestò sotto la direzione d' Alessan-
dro Ypsilanti. Il paese cadde nella più
orribilesituazione, quando morì improv-
visamente Alessandro Souzzo, e Teodo-
ro VViadìmiresko alzò lo stendardo della
ribellione, intorno al quale si adunaro-
no migliaia d'uomini. D'altra parte so-
praggiunseAlessandro Ypsilanti colle così
dette legioni. Que'due capi non potero-
no andar d'accordo, e allorquando Wla-
dimiresko fece motto di volersi sogget-
tare a'iurchi, venne ucciso da'propri com-
pagni. Le legioni però vennero annien-
te presso Galatz, e il solo Ypsilanti potè
sfuggire all'ira turca, ricoverandosi in
Transilvania. Fu allora che gl'inaspriti
turchi saccheggiarono , devastarono e
bruciarono l'infelice paese; impalarono
e decapitarono gli abitanti sospetti , e
commisero le più orribili crudeltà. Alla
fine s'interpose la Piussia, e nel luglio
1822 il sultano si vide costretto di no-
minare due ospodari scelti tra'naziouali
de'principati, cessando così i' oppressiva
dominazione de' principi fanarioli. La
scella dell'ospodaro di Valacchia cadde
su Gregorio Ghika. Nella Moldavia tut-
ti i greci vennero allontanati da* pub-
blichi impieghi , fu eletto ospodaro il
boiaro Giovanni Slourdza, al quale nel
1834 successe Michele Slourdza. L'im-
peratore Alessandro I disapprovò la ri-
bellione de' greci, ma fece forti rimo-
iilianze alla Porla sugli eccessivi di lei
VOI. LXXXVU.
VAL 161
rigori, contrari all'umanità ed a* trat-
tati. Sì querelò pure che contro i trat-
tati si fossero mandate truppe a stanzia-
re ne' principati moldo-valacchi. Perciò
nacquero tra le due potenze calde que-
stioni, non senza minacce di guerra. Col
riferito trattato di Kainargi del 1774 si
die alla Russia il diritto d'intercedere in
favore de'reclami che potesse muovere
la popolazione di Valacchia e Moldavia;
ma nel 1826 col trattato d'Akermann ,
tra Nicolò I e Mahmud II , quella con-
cessione fu trasformata in diritto di rap-
presentanza. Nel 1827 avendo inutil-
mente Russia, Francia e Inghilterra in-
timato a' greci e turchi di desistere dal-
l'ostilità, nel porto di Navarino distrus-
sero la poderosa flotta turco-egizia, il che
confermò la greca indipendenza. Nel 1828
Nicolò I imperatore diRussia ruppe guer-
ra al sultano, sì per la questione greca e
sì per quelle sull'esecuzione del trattato
di Bucharest del 18 12, impadronendosi
di molte piazze , ed occupando militar-
mente la Valacchia e la Moldavia : il
principe Ghika si ritirò dagli affari e visse
da semplice privato. Inoltre la Russia nel
1829 con Francia e Inghilterra deter-
minò i confini della Grecia libera, quin*
di per le vittorie del suo generale Die*
bitsch, prese Adrianopoli, antica metro-
poli di Tracia e dell'impero ottomano,
minacciando seriamente Costantinopoli,
dopo aver superato i Balkan, famosa ca-
tena di montagne. Fu allora che le altre
grandi potenze, per conservare l'impero
ottomano all'equilibrio politico europeo,
indussero Mahmud II alla pace a' 1 4 set-
tembre in Adrianopoli. Fra le altre cose
il sultano fu costretto cedere alla Russia
le fortezze sulla riva sinistra del Danu-
bio, ammettere il protettorato della Va-
lacchia e di Moldavia, e di promettere a
tali principati un governo costituzionale
o nazionale e indipendente, libero eser-
cizio di religione, intera libertà commer-
ciale, e che il diritto della designazione
e uoiuiaa de'due ospodurì a vita dovesse
i62 VAL
spellare alia Russia e alla Porta. Così la
Kussìa ottenne il diritto formale eli gua-
rentigia verso i diritti e privilegi della
nazione moldo-valacca, regolando i rap-
porti de' due principali sulle basi delle
condizioni di pace stipuiatein Akern)ann,
con)plelamente emancipando i principa-
ti. Indi vi venne introdotta una costitu-
zione sotto la direzione del general Kis*
seleffjche venne riconosciuta da'gabinelti
turco e russo cpiale legge fondamentale
de'principali. Questi da'russi furono te-
nuti occupati per parecchi anni e sino al
1834, finché la Porta ebbe totalmente pa-
gata la contribuzione di guerra, cb'erale
slata imposta,oItre la cessione di vari luo-
ghi.In sostanza laRussia restituì poi la Va-
lacchia e la Moldavia, ma lasovranitàsu
di esse e sulla Servia del sultano fu li>
cnitata alla nomina degli ospodari,i quali
doveauo pagargli un discreto tiibuto, e
la Russia vi aggiunse la guarentigia o
prolettorato per la prosperità delle pro-
"vincie. Il Pruth fu determinalo come il
confine nord-est tra la Russia e la Tur-
chia. Nel i83o Russia, Francia e In-
ghilterra riconobbero lo stato e regno
indipendente di Grecia. Quindi la na-
zione greca fece giganteschi progressi sot-
to r attuale suo reale governo: basti il
dire che la popolazione è cresciuta quasi
del doppio, giacché essa si componeva
28 anni fa di 6 1 2,608 anime, mentre ne
conta presentemente 1,200,000 (gli al-
tri immensi vantaggi si ponno leggere a
p. 1 34 del Giornale di Ho ni a del 1 858).
Kel i833 Jbrahim pascià, figlio di Me-
hemel-Ari viceré d'Egitto, ostilmente
si aiivicinò a Costantinopoli, onde Mah*
mud II dovè chiedere o accettare ì soc-
corsi de' russi, i quali poi nel ritirar-
si non tralasciarono di trarne profit-
to col trattato d' Unkiar-Skelessi d'al-
leanza fra le due potenze; ma venne qua-
lificalo quasi prolettorato di Turchia
della Russia, di cui Francia e Inghilter-
ra impedirono l'attuazione. Neli834uo
regolaaieulo organico stabilito di coucer-
VAL
to tra la Russia e la Porta, con impor>
tanti cambiamenti, die ima costituzione
a'principati di Valacchia e Moldavia, con
senato per controllare gli alti del go-
verno; confermandosi che idue ospodari
sarebbero a vila, ma eletti da'boiari e
dui clero coU'approvazione della Russia, ^
ricevendo l'investitura dalla Porla me- M
diante il pagamento di moderalo tributo.
Nello stesso anno di fatto elessero ospo-
darò della Valacchia Alessandro Glnka
fratello del ritiratosi Gregorio. Si disse
animalo dal miglior volere, ma posse-
dere poca energia onde porre un argine
alla corruzione e alla parzialità de' suoi
impiegati. Il sultano a tale eifello etna-
nò il seguente rimarchevole hattisce- *
riff. » Essendoci sembrato necessario di
stabilire sopra una base più solida l'am-
ministrazione interna de' due paesi, ab-
biamo risoluto che i principi di Molda-
via e di Valacchia saranno nominati a
vila. Amministreranno d'accordo co'lo -
ro divani gli affari interni del proprio
paese, senza l'intervento d'alcuno, e sen-
za che alcun ordine possa mettere osta-
colo all'esercizio de'loro diritli. Tutte le
isole appartenenti alla sponda sinistra del
Danubio formeranno parte integrante
de'principali, e il mezzo del fiume, dal
suo ingresso negli stati ottomani fino al
confluente col Prulh, formerà la frontie-
ra de' principali. La Porta promette di
non mantenere alcuna fortezza o stabi*
limenlo militare sulla sponda sinistra del
Danubio. Niun maomettano più risiede-
rà sulla riva sinistra del fiume, e niun
mercante turco potrà entrare nel paese
senza di averne ottenuto un permesso
speciale, o per venirvi a comprare le mer-
canzie per proprio conto o per quello del
governo ottomano. 1 due principali a-
vendo un'amministrazione interna indi-
pendente, potranno stabilire quarantene
e cordoni sanitari lungo il Danubio, e
dovunque giudicheranno piìi necessarie
queste precauzioni. In compenso delle
concessioni sopra espressela Valacchia si
VAL
obbliga di pagare un tributo annuale di
4ooo borse, e la Moldavia di 2000". Nel
1839 morì JNlalimud II e gli successeli
figlio regnante Abdul Medijd, seguace del
genitore neirinlendimenlo di civilizzare
con utili riforme la Turcbia. Quando
lab. Zanelli nel febbraio 1842 pubblicò
i suoi Cenni SiìWa Valaccbia, ci die pure
quello sull' ospodaro con queste parole.
» L'ospodaro attualmente regnante è A-
lessandro Ghika, principe valacco, del-
l'età di 46 anni; il quale veniva educato
in Germania e in Francia. Egli sortiva
animo pio; amante de*8uoi sudditi, tutto
si adopra pel bene loro : egli ba diffuso
ovutique le scuole lancaslriane, in Bu-
cbarest ba fatto erigere un ospedale, una
casa per le partorienti, e una per quelle
donne di mala vita, cbe vengono levale
al pericolo di peggiorare. Amante delle
lettere e delle arti, accarezza e protegge
cbi le coltiva ; alcuni artisti e artigiani
mantiene a sue spese all'estero percliè vi
apprendiuo l'arti e i mestieri, e dipoi con
esse sieno utili alla nazione. Egli però è
ligio eccessivamente alla corte di Russia,
cosiccbè sembra da quella governato; né
ha quella fina avvedutezza politica dei
principe di Moldavia, cbe è assai più ric-
co, e che mostra d'essere abile politico e
avveduto mercante". Ma quanto al suo
contegno colla Uussia, tutl' altro riferi-
rono i pubblici fogli dello slesso 1842.
Primieramente CI dissero, che nell'assem-
blea generale si formò, per la sua poca
energia, un grande partito dell' opposi-
zione a lui sfavorevole, le cui lagnanze
occasionarono nel medesimo anno la sua
dimissione. JNell'ottobre quindi la Porla
depose l'ospodaro Ghika. Essa stimò di
dover fare qualche grata cosa alla Rus-
sia, per indurla a non opporsi al nuovo
ordine di cose nella Servia,per la sosti-
. tuzione d'Alessandro Georgewitch al
principe Michele fuggilo dopo esser stato
scunfitto dagl'insorti. Imperocché l'ospo-
daro Ghika faceva di tutto per francare
la Valacchia e la Moldavia dairin£luea>
VAL i63
za della Russia ; onde avea nominato suo
ministro Wakaresko, inviso a quella po-
tenza e poco gradilo alla Turchia stessa,
il quale noa si mantenne in posto se non
per l'eccellente reputazione che godeva.
Da queir epoca in poi la Russia si con*
dusse in modo da far sentire al principe
Ghika quanto incautamente adoperasse
nel sorgere contro il protettorato di lei.
Dal canto suo la Porta non era malcon-
tenta del suo reggimento. 11 destino vol-
le che la Porta avesse bisogno d'accarez-
zare il gabinetto di Pietroburgo, e Ghi-
ka fu sagriflcato. 11 principe deposto a'
26 ottobre partì per laTransilvania, do-
po aver posta la sua autorità nelle njani
del governo temporaneo detto Cairaaca-
nia, stabilito dal regolamento organico,
e composto dal gran bano di Valacchia
Giorgio Filippesco, dal gran dvornick
Teodoro Wakaresko, e dal gran logote-
ta Michele Kornesko. Andarono in pre-
dicamento per succederloFilippesco prin-
cipalmente, Slirbey e Vilaras. Convocali
i deputali ad una tornata straordinaria,
si procede all' elezione del nuovo ospo-
daro di Valacchia, nel modo e tempo
prescritto dal regolamento, ed eseguite
con rigore le norme ne uscì eletto il ca«-
pò dell'opposizione Giorgio Bibesko, il
quale tosto pose in opera ogni mezzo on-
de trarre il paese da quello stato di roz-
zezza nel quale erano cadute le classi alte
e il basso popolo; tuttavolta non potè
svellere del tutto gli abusi, che esistenti
da tanti anni,avevano preso forza di con-
suetudine, né stabilire l'eguaglianza de'
diritti per tatti ,piescritti dal regolamen-
to organico. A'Si gennaio 1848 il prin-
cipe Ribesko aprì la sessione dell'assem-
blea generale de'deputati di Valacchia:
nel discorso che pronunziò, felicitò i de-
putati d'aver nel corso della sessione ul-
tima resa la libertà a 10,000 famiglie,
le quali perciò godevano del benefizio
prezioso della libertà. Soggiunse, che fra
pochi anni non vi sarebbero più che uo*
luiui hberi sul suolo della Valacchia, e
i64 VAL
che questa prospettiva gli era gralissi-
ma.A'23 giugno 1848 in Bucharesl nac-
que grave insurrezione per una nuova
costituzione, al grido singolare di : Viva
ìa Turchia, ed abbasso i Russi; che pro-
dusse l'espulsione o ritiro dell'ospodaro
Bibesko. 11 console russo de Kotzebru a'
25 trasmise al principe una protesta e
partì insieme col commissario imperia-
le. L'ospodaro per non aver voluto sot-
toscrivere certi decreti, quindi abdicò e
partì nella sera stessa, tutto divoto alla
Kussia. Da'rivoltosi si passò quindi a Do-
minare un governo provvisorio, col me-
tropolita per presidente, nuovi ministri
e nuovo capo della municipalità. Dal bal-
cone del palazzo arcivescovile, tutti i no-
tabili e gran dignitari promisero fedel-
tà alla nuova costituzione; ma parecchi
vecchi, tra'quali il Filippesco, gran ba-
ro della Valacchia e perciò ili.° perso-
naggio politico dopo il principe, dichia-
rò a capo scoperto ch'egli riuunziava ad
ogni suo grado. Quindi i russi nel luglio
entrarono ne'principati moldo valacchi,
ed altrettanto fecero i turchi, e la Por-
la v'inviò Soliman pascià ed Emin effen-
di. 1 russi domandarono che il principe
Bibesko riprendesse le redini del gover-
no, mentre un partito voleva ristabilire
Alessandro Ghika. Sparsasi la notizia
dcH'avviciuarsi i russi a Bucharest, l'ii
luglio i membri del governo provvisorio
fuggirono, indi ebbe luogo una comple-
ta reazione, per la quale Baliano o Bai-
leano e Wakaresko presero le redini del
governo in qualità di caimacan, e reinte-
grarono nelle loro funzioni tutti gli an-
tichi impiegati, venendo abbassata la
bandiera rivoluzionaria, li metropolita-
no pubblicò un proclama, in cui tacciò
di ribelli i suoi colleghi del governo prov-
visorio fuggiti, invitando il popolo a sot-
tomettersi a'russi. Ciò produsse nuova e
deplorabile insurrezione nel dì seguente,
che costrinse il metropolita con altro pro-
clama a ritrattare l'epiteto di ribelli a'
merabridelgovernoprovvisorio,chefuro-
V A L
no richiamalì,ed egli si rimise alla lesta del-
l'amministrazione. Il governo russo pub-
blicò una memoria giustificativa del suo
intervento ne'principati, massime in Va-
lacchia, a seconda de'trattati e d'accordo
colla Porta, perciò non essere aggressione |
contro la Turchia, ma per aiutarla a rista-
bilir l'ordine ne'principati e \o stata quo
nella Valacchia. A'25 settembre in Bucha-
rest ebbe luogo una contro-rivoluzione.
Richiamatosi Soliman pascià, 1' energico
Fuad effendi ^ altro commissario della
Porta, entrato nella città alla testa del-
ie truppe turche, e in compagnia del ge-
nerale russo Duhamel, depose gli anzia-
ni e fece pubblicare nuovamente l'anti-
co regolamento organico. Il principe Co-
stantino Cantacuzeno fu nominato a cai-
macait solo, in sostituzione del luogote-
nente del principato eletto dal paese e ri-
conosciuto dalla Porta il i.° agosto, per
la forza delle circostanze, l boiardi rima-
sero oltremodo soddisfatti, ma la fervida
gioventù ne fu rattristata nel vedere co-
sì improvvisamente distrutta l'opera sua.
Si fece una rivolta a favore dell'ordine;
sotto il comando d' Oaier pascià si con-
dussero le numerose truppe ottomane nel-
la città: queste militarmente occupale le
caserme, con sanguinoso combattimen-
to portarono la morte fra le truppe va-
lacche, che tosto si disarmarono e disciol-
sero; uccisero chiunque loro preseolossi
nelle strade , saccheggiarono le case ne'
sobborghi, e nella sera tennero un graa
mercato delle cose rubate. Tutto venne
disapprovato dal rappresentante russo
commissario Duhamel, e questo bastò a
guadagnargli una certa popolarità. A '2 7
settembre il generale Liiders cotnandan-
te supremo del 5.*^ corpo d'annata gene-
rale d'infanteria russa, entrando nella Va-
lacchia, emanò il seguente proclama. «A-
bitanti della Valacchia ! Siccome l'anar-
chia, prodotta nel vostro paese da'fazio-
si che s' impadronirono delle redini del
governo, può prendere un'estensione da
mettere in pericolo l'avvenire della Va-
VAL
locchin, e siccome le operazioni di que-
sto governo improvvisato non sono con-
formi, né alle istituzioni secondo le qua*
li questi principati devono esser gover-
nati sulle basi degli esistenti trattati, ne
all'esistenza politica accordata a' medesi-
mi, così S. M. l'impeitòtore di tutte le
Russie d* accordo con S. M. il Sultano,
ha determinato di porre un sollecito fine
a tali disordini, e di ristabilire nella Va-
lacchia un governo legittimo fondato so-
pra solide basi. In seguito di che, io rice-
vetti l'ordine d'occupare militarmente la
Valacchia di concerto colle truppe del
Sultano, all'edetto di porre un argine a'
progressi della propaganda rivoluziona-
ria, e di ristabilire nel vostro paese il go-
verno legittimo. Pieno di fiducia che voi,
abitanti della Valacchia, animati da biio*
ni sentimenti, riconoscerete in questo pas-
so una nuova ed incontrastabile prova
dell'alta cura presa da S. M. l'imperato-
re per la felicità della vostra patria , io
vi esorto d' unire i vostri sforzi onde fa-
cilitare con lutti i mezzi quest'opera che
mi venne affidata dall'eccelso Autocrata ".
Ne'principati entrarono circa 4o,ooo rus-
si, con 80 pezzi di cannoni e forte treno,
ed occuparono pure Bucharest e Jassy ;
questa il i. "ottobre, l'altra a'y; e doma-
le le recenti commozioni politiche , fu
completamente ristabilito l'antico gover-
no e la pubblica tranquillità. La Russia
guarnì i principati anche per protegger-
li da un'invasione de'ribelli d'CZ/zg^/ter/Vz,
e per l'aspetto allarmante degli affari ge-
nerali d'Europa; ed entrò in sospetti su
d'Omer pascià quale apostata ungherese,
sebbene si mostrasse zelante mussulma-
no. L'ordine sempre più consolidandosi
ne'principatiDanubiaui,roccupazione pe-
rò turco-russa si aggravò di giorno in gior-
no sul paese; il principe Bibesko risieden-
do in Fosckhani, secondo i suoi desiderii
procedeva la commissione istituita da Du-
han:^e] per giudicare i ribelli. Essendosi
conosciuto dalla Russia , che per la sua
protratta dimora ne'principati, a Parigi
VAL i65
ed a Londra si trattava d'assumere una
attitudineconcorde relativamente agli af-
fari de'principatiDanubiani, e che la Por-
ta, non potendo più tollerare una specie
di giogo impostole da'russi, era pronta a
far la guerra, offesa eziandio perl'inva»
sione delle frontiere di Transilvania, on-
de aiutare l'Austria contro gli ungheri ;
il gabinetto di Pietroburgo pensò che per
rendere inutile una tale negoziazione bi-
sognava affrettare un trattato colla Tur-
chia, ma lo iniziò con articoli che furo-
no respinti, massime per l'esclusiva al-
leanza offensiva e difensiva che pretende-
va colla medesima, e per esigere sui prin-
cipali moldo-valacchi la stessa autorità
sovrana della Porta. Intanto un gran nu-
mero di famiglie fuggite dalla Transil-
vania, si rifugiarono nella Valacchia, per
salvarsi dagl'imminenti orrori della guer-
ra. Indi cominciarono a manifestarsi sen-
timenti vicendevolmente ostili fra'russi e
turchi, ed in questi ultimisi risvegliò l'an-
tico ardore militare; onde la Porta ve-
dendo probabile la guerra , per non ri-
tirarsi i russi da' principati in onta alle
sue replicate istanze, pose l'esercito in gra-
do di sostenerla, nel timore ancora di ve-
der invadere la Turchia, secondo qualche
minaccia fatta, traendo profitto dalla di-
sastrosa condizione della miglior parte
degli stati europei. La Russia inoltre mo-
slravasi malcontenta di non veder la Por-
ta aderire alle sue pretensioni sui princi-
pati, avendo chiesto che gli jospodari non
fossero più nominati a vita, come prescri-
veva il trattato di Adrianopoli , ma per
soli 7 anni, secondo il precedente d'Aker-
mann. In Costantinopoli la politica fran-
cese e inglese guadagnò il sultano, onde
formare un'alleanza per fare evacuare la
Valacchia e la Moldavia dall'invasione
russa, ivi stanziata per particolari motivi,
essendo da molto tempo cessato quello
di ristabilire la tranquillità. Vedendo i
russi di non potere riuscire ne'loro pro-
getti, cambiarono interamente di politica,
a Bucharest ed a Costantinopoli mostran-
im VAL
dosi coni piacenti, e dinielfentlo il tuono
dell'anteriori minacce, usando docilità e
buone maniere, benché le loro forze ne'
pt'incipnti eransi aumentate a quasi
100,000 nomini, anco per gli aiuti che
davano alTAustria per comI)attere i ri-
voltosi armati d'Ungheria. Finalmente la
Bussia e la Turchia, mediante il general
Grabbe, convennero nella conclusione del
seguente trattato di Balta Liman.»Art.i.
Viste le circostanze eccezionali indotte da-
gli ultimi avvenimenti, le due corti im-
periali sono conveiujle, che invece di se-
guire il modo stabilito dal regolamento
del 1834 per l'elezione degli ospodari di
Moldavia e di Valacchia, questi alti fun-
zionari saranno nominati da S. M. il Sul-
tano, dietro un modo specialmente con-
certalo per questa volta fra le due corti,
nello scopo di confidare l'amministrazio-
ne di queste provincie a' più degni can-
didali, e godenti la miglior faiiìa fra'lo*
10 coropatriotti. Per questa volta egual-
mente, i due ospodari non saranno no-
minati che per 7 anni, le due corti riser-
bandosi, un anno innanzi lo spirare del
termine fissato dalla presente transazio-
ne, di prendere in considerazione lo stalo
interiore de' principali e i servigi che a-
\rebbero reso i due ospodari, per sugge-
rire di comune accordo determinazioni
ulteriori. Art. 2. 11 regolamento organi-
co accordato a'principati neh 834 conti-
nuerà ad essere in vigore , salvo i cam-
biamenti e le modificazioni di cui l'espe-
rienza ha provato la necessità, segnata-
mente per quel che concerne le assemblee
ordinarie e straordinarie de' boiardi, nel
modo d'elezione e di composizione tenu*
to fin qui. Queste riunioni avendo dato
luogo più d'una "volta a de' confitti de-
plorabili,e perfino a degli atti d'aperta in-
subordinazione, la loro convocazione re-
sterà sospesa, e le due corti si ri serba no
d'intendersi al loro ristabilimento su ba-
si combinate con tutta la maturila ri-
chiesta, all'epoca in cui esse giudicheran-
uu che ciò potrebbe esser messo ad ese-
V A L
cuzìone senza inconveniente per la con-
servazione della pubblica (juielene'prin-
cipali. Le loro funzioni deliberative sa-
ranno provvisoriamente confidate a de*
consigli o divatn adhoCy foruiati de'bo-
iardi più notabili e più degni di fiducia,
come ancora di alquanti membri dell'al-
to clero. Le attribuzioni principali di que-
sti consigli saranno la distribuzione del-
l'imposte e r esame del bilancio anntio
delle due provincie. Art. 3. Onde proce-
dere con tutta la maturità necessaria al-
le migliorie organiche, che reclamano la
situazione attuale de'principati egli abu-
si amministrativi che vi sono introdotti,
saranno stabiliti due comitali di revisio-
ne, l'uno a Jassy e 1' altro a Bucharest,
composti de'boiardi più ragguardevoli pel
loro carattere e capacità, a'quali sarà de-
ferito l'incarico di rivedere i regolamen-
ti esistenti, e segnalare le modificazioni
pili alte a dare all' amministrazione del
paese la regolarità e l'armonia che le so-
no spesso mancate. Il lavoro di questi co*
n)itali sarà sottomesso, nel più breve ter«
mine possibile, all'esame del governo ot-
tomanOjche dopo essersi inteso colia corte
di Russia, ed avere così constato l'appro-
vazione scambievole, accorderà alle dette
modificazioni la sua sanzione definitiva,
che sarà pubblicata mediante la forma
solita d'un hattiscerifF di S. M. il Sulta-
no. Art. 4 Le turbolenze che hanno te-
ste così profondamente agitato i princi*
pati, avendo mostralo la necessità di pre-
slare a'ioro governi l'appoggio d'una for-
za militare capace di reprimere pronta-
mente ogni moto insurrezionale e di fare
rispettare l'autorità stabilite, le due corti
imperiali sono convenute di prolungare
la presenza d'una certa parte delie trup-
pe russe e ottomane che occupano adesso
il paese; e segnatamente per preservare
la frontiera di Valacchia e di Moldavia
dagli accidenti dal di fuori, è stato deciso
che vi sarebbero lasciati per il momento
da 2.5 a 35,ooo uomini da ciascuna delle
due parli. Dopo il ristabilimento della
VAL
Iranquillilà delle delle fronliere, de'(3aesi
confinanti d'Ungheria e Transilvania, vi
resteranno ne* due paesi 10,000 uomini
da ciascuna parte, fino al termine de'la*
Tori di niiglioramenlo organico, e la con-
solidazione del riposo interno delle due
Provincie. In seguito le truppe delle due
potenze evacueranno completamente i
principati; ma resteranno ancora in gra-
do di rientrarvi immediatamente, nel ca-
so in cui circostanze gravi sopravvenute
ne' principali reclamassero di nuovo l'a-
dozione di questa misura. Indipendenle-
inenle da ciò, avrà cura di completare
senza ritardo la riorganizzazione della
milizia indigena, in modo ch'essa offra,
colla sua disciplina e il suo eft'eltivo, una
garanzia sullìcienle pel mantenimento
dell'ordine legale. Art. 5. Nella durata
dell'occupazione le due corti continue-
ranno a far risiedere ne'principati, allato
degli ospodari, un commissario straordi-
nario russo ed un commissario straordi-
nario ottomano. Questi agenti speciali
sararuio incaricali di sorvegliare l'anda-
metJto degli affari, e d'offrire in comune
figli ospodari i loro pareri ed i loro con-
sigli ogni qual volta noteranno qualche
abuso o qualche misura nociva alla tran-
quillità del paese, l delti commissari
straordinari saranno muniti d'istruzioni
identiche concretate fra le due corti,e che
tracceranno ad essi i loro doveri e il gra-
do d'ingerenza che dovranno esercitare
negli affari de' principali. I due commis-
sari dovranno parimenti intendersi sulla
scelta de'membri de'comilati di revisio-
ne da stabilirsi ne'principali com'è stato
detto all'art. 3. Renderanno conto alle
loro corti rispettive del lavoro di questi
comitali, unendovi le proprie loro osser-
vazioni. Art. 6 . La durata del presente
atto è fissata al termine di 7 anni, allo
spirar del quale le due corti si riservano
di prendere in considerazione la situa-
zione nella quale i principati si troveran-
no allora, e di prendere quelle ulteriori
misure che giudicheranno più convenieu-
VAL 167
li, e pili alle ad assicurare per un lungo
avvenire il benessere e la tranquillità di
queste provincie. Art. 7. E ben inteso che,
col presente allo, motivato da circostan-
ze eccezionali e concluso per un termine
limitato, non è derogato ad alcuna delle
stipulazioni esistenti tra le due corti ri-
spetto a'principatidi Valacchia e di Mol-
davia, e che tulli i trattati anteriori, cor-
roborati dall' atto separato del trattalo
d'Adrianopoli, conservano tutta la forza
e valore. 1 7 articoli che precedono es-
sendo stali fissati e conclusi , la nostra
firma e il sigillo delle nostre armi sono
siali apposti al presente atto ch'è rimesso
alla sublime Porla in iscnmbio di quello
che ci è rimesso da S. A. il gran visir e
da S. E. il ministro degli affari esteri.
Fatto a Balta Liraan il 19 aprile ([ mag-
gio) 1849, ® dell'Egira l'S Djemaziul-A-
khiri 265. Firmalo Vladimir TitolFin-
vialo straordinario e ministro plenipo-
tenziario di S. M. l'imperatore di Rus-
sia presso la sublime Porla Ottoma-
na ". Fu stabilita ancora la dimissione di
Stourdza ospodaro di Moldavia, concessa
dal general Grabbe dopo una viva di-
scussione, e gli venne dato a successore
Gregorio Alessandro Ghika. Per la Va-
lacchia fu nominalo ospodaro il boiardo
Barbo Demetrio Stirbey fratello dell'ex
principe Bibesko. A' 16 giugno partiro-
no da Costantinopoli i commissari Kia-
mil bey e Nurrediu bey, onde condurre
a Jassy e Bucharest i due nuovi ospoda-
ri ; e consegnali loro i corri spondeo ti fir-
mani imperiali, quindi li condussero ia
Costantinopoli a ricevere la solenne in-
vestitura di loro funzioni. Ambedue pre-
sero i titoli di Vaivoda, per la grazia di
Dio,regnante di tutta la Valacchia,o Mol-
davia. Dopo la soluzione degli affari della
Valacchia e Moldavia, e l'istallazione de'
due principi , il gabinetto ottooiano ri-
pigliò il corso de' suoi lavori, occupan-
dosi delle riforme amministrative e de*
provvedimenti propri per la prosperità
dell'impero; però la calma non ebbe lunga
i68 VAL
durala. Nel maggioi85 1 l'ospotlnro cìlMcil
(iavia Gregorio Alessandro Ghika comu-
nicò udlcialmente al consiglio ammini-
strativo il iìrmano emanato dalla sti-
blime Porla, ed il manifesto de'commis-
sari imperiali ottomano e russo, pubbli-
cati in debita forma, in occasione dell'e-
vacuazione de' principati che si andava
lìnalmenleeiretluando. 1 russi che si tro-
vavano in Galatz. partirono scortando il
commissario di sanità russo, stato aggiun-
to al dipartimento della quarantena. Il
general Liiders ritornò da Biicharest al
suo quarlieregeneralein Bessarabia, do-
po alcuni colloqui tenuti col commissario
imperiale ottomano Ahmed Wedìck ef-
fendi,relativamcnte all'evacuazione della
Valacchia per parte delle truppe turche.
Si convenne tra loro,chene'principali non
doveva rimanere un soldato russo e tur-
co. Sì pubblicarono parecchi firmani e
lettere visiriali riguardanti l' ammini-
strazione interna del principato di Mol-
davia, il cui governo venne autorizzato
dalla Porta di riscuotere, per una sola
volta e straordinariamente, la metà del-
l'imposta annua ripartita in 8 rate, da pa-
garsi dagli abitanti trimestralmente in
due anni in estinzione del debito con-
tratto negli ultimi 3 anni, per le vicende
politiche,ascendente a piastre 3, i 72,42 t
corso di Jassy. « U/Ticio elei principe re-
gnar, te di Moldavia al consiglio animi-
/e/i^r^f/fO.ComunJcandoal consiglio am-
ministrativo traduzione del firmano im-
periale che viene a me diretto in occa-
sione dell'evacuazione de'principati, co-
me pure d'una dichi arazione trasmessa-
n>i per parte de'commissari imperiali per
esser pubblicata nelle gazzette uHìciali ,
io l'invito di portare i loro contenuti a
notorietà pubblica. Prendendone couot
scenza ognuno, non v'è dubbio, sarà pe-
netrato de'sentimenti pieni di clemenza
di S. M. il Sultano y nostro augusto so-
vraHo, e della sollecitudine paterna delle
due alte corti, le (juali dopo d'aver ri-
stabilita la tranquiiUlà nelle due provine
V A t
eie, dotandole di benevole riforme, non
perdettero di vista la necessità d'assicu-
rare in avveni re questa tranquillità, u-
nica sorgente del loro benessere. Quan-
to a noi , persuasi de' buoni sentimenti
de'nostri compatriotti, chenon monche-
ranno certo di essere sensibili in fac-
cia alla niagnanima sollecitudine impe-
riale e a* veri interessi del paese, voglia-
mo sperare die non saremo nel caso di
far uso de'poteri conferitici all'ell'elto di
garantire la sicurezza ed il benessere \^w\}'
hWco.- Pubblicazione inserita nelle Gaz-
zette ufficiali della Moldo-Falacchiay
per parte de* commissari imperiali. Le
loro Maestà imperiali il Sultano e l'Ini-
peratore di Russia ritirano in questo mo-
mento le rispettive loro truppedalla Va-
lacchia e dalla Moldavia. Gli Ospodari
in virtù delle loro attribuzioni, secondo
le leggi e l' immunità guarentite in fa-
vore delle due provincie, restano esclu-
sivamente incaricati e responsabili di
mantenervi l'ordine pubblico. Durante
il soggiorno de'corpi di truppe ottoma-
no e russo, i nuovi Ospodari, in presen-
za de'commissari straordinari nominati
per parte de'due augusti Sovrani, si so-
no occupati del miglioramento della di-
rezione de'di versi dipartimenti del ser-
vizio, non che di riunire e riorganizzare
le milizie, consolidando cosi le basi d'una
tranquillità permanente. All'oggetto di
meglio tutelare i diritti de'propri etari di
terra e di favorire i coltivatori, delle ri-
forme sono state introdotte ne' regola-
menti organici. Tutto il mondo sa che J
l'occupazione militare di queste contra- J
de è stata motivata dagli avvenimenti
deplorabili che nel 1848 ebbero luogo
nella città di Bucharest e in altre parti
della Valacchia. I rivoluzionari vi per-
vennero allora ad ingannare per un mo-
mento la buona fede d'un certo numero
di creduli, ed hanno in conseguenza con-
tato sulla riuscita de' loro intrighi. Ma
l'illusione completamente disparve all'ap-
parizione delle truppe, e si è rilevato ad
VAL
«n tratto quanto fosse pericolosa la via
nella quale si voleva trascinare il paese.
Che la recente esperienza del passalo il-
lutuini adunque ognuno ne'suoi doveri.
Pastori spirituali, funzionari pubblici, uf-
ficiali e soldati delie tnilizie,Bbitanli delle
città e campagne, che veruno fra voi non
si lasci più sedurre ed intimidire da in-
trighi e fallaci suggestioni. Che gli one-
sti cittadini si abbandonino tranquilla-
mente a'ioro lavori, certi conae sono del-
Talta e tutelare autorità che vigila alla
loro sicurezza. Le due truppe inoperiali
d'occupazione lasciano i principali in
una tianquillilà perfetta. Spetta ormai
a tulli gli onesti abitanti del paese di
sostenere l'autorità legittima nella mis-
sione die l'è imposta di con^olidarequesla
tranquillità, e di vigilare al progresso del-
la proprietà di tutte le classi della società.
Se, malgrado ogni aspettativa e per no-
stra più grande disgrazia, de'malfattori
trovassero i mezzi di turbare la tranquil-
lità di cui si gode, noi possiamo dichia-
rare da questo momento e nella manie-
ra più positiva, che la repressione sarà
non meno iramediala che severa, men-
tre ci è slato notificalo che si avviserà
alle misure più ellìcaci da impiegarsi al
primo pericolo che minaccerebbe seria-
mente la quiete pubblica".
La tranquillità de'principatiDanubia-
ni fu brevcjper essere sopraggiunta la me-
morabile e disastrosa gran guerra perla
clamorosa questione d'oriente, sostenuta
dalla potente Russia, contro la Tarchiaj
nel quale articolo m'ingegnai di accen-
nare il più essenziale di tutto quanto la
promosse e precedette, 1' accompagnò e
seguì. Quanto mi resta a dire, per avere
la Moldo-Valacchia occupato una parte
importante nella questione orientale, n'è
una conseguenza, e tuttora tiene l'atten-
zione del mondo politico a se rivolta.
Né tacqui gli altri guai, interni ed ester-
ni, che in pari tempo minacciarono l'e-
sistenza dcH'iaipero ottomano, inclusi va-
inenle a quanto riguarda i Fahahid o
VAL 169
Fecahiti (V.), ed il Monte Negro tutela-
to e «ostenulo da' russi contro il pascià di
S(Utarì[F.) e la Porta. L'imperatore di
RussiaNicolò 1 nel marzoi 853 dal general
Menzikoff fece chiedere al sultano Abdul
Medjid cose inammissibili, che aveano
relazione pure co* Oìoldo-valacchi. Alle
negative sdegnato il principe Menzikoff,
a'i4 maggio abbandonò Costantinopoli,
ed a'22 s'avviò per Odessa. III. "segre-
tario della legazione russa Balobine, an-
ch'egli ù5 giugno partì per Odessa, in-
di a'9 tornò a bordo del vapore Jeni-Rale
][ioyÌHtìóoV ultimatum di Nicolò I, eduna
sua nota confermatoria dell'operalo con
alterezza dal Menzikoff. In essa si*accor-
davano 8 giorni per sottoscrivere il trat-
tato sulla guarentigia de'dirilti e privi-
legi della chiesa greca-eterodossa; scorso
il qual tempo le ostihtà sarebbero comin-
ciate dall'occupazione delle provinole da-
nubiane della Valacchia e Moldavia. Ma
la sublime Porta restò ostinatissima nel
rifiuto, perchè il domandato essa avea
già accortamente concesso a tutte le re-
ligioni esistenti nel suo impero con fir-
mano de'6 dello slesso mese, non poten-
do con concessione speciale porre più di
9 milioni di sudditi greci sotto la prote-
zione esclusiva degl* imperatori russi, i
quali perciò avrebbero influenzato in tut-
to l'impero turco. Pertanto l'ii giugno
il governo russo avvisò gli ospodari Slir-
bey di Valacchia e Ghika di Moldavia ,
che nel caso probabile in cui la Porta ri-
gettasse Vultimatiuìiy le truppe russe do-
vevano passar la frontiera, e perciò do-
vessero preparare viveri e carri. In que-
sto avviso ufficiale inoltre si dichiarò for-
malmente : l'imperatore di Russia non
mandare le sue truppe in Valacchia e
Moldavia per farvi la guerra, ma soltan-
to per costringere la Porta ad accettare
Vultimalumj che tale occupazione mi-»
litare non doveva aver alcun carattere
d'invasione, perciò raccomandare di nul-
la cambiare nell' amministrazione de'
principati; che i funzionari restassero al
170
V A L
poslo loro, che la percezione dell'i m po-
ste non fosse inlenolla, e che si mante-
nesse il servizio delle dognne. /\*i8 giu-
gno Halcinski console generale di Uussia
nella Valacchia, parli per la Moldavia
per incontrare le truppe russe del corpo
comandalo dal principe Gorlschukoll ,
rhe avevano ricevuto l'ordine di passare il
Prulh da quella parte,e d'occupar la Mol*
do-Valacchia sino al Danubio. Comin-
ciò l'ingresso de' russi del corpo man-
dato dal general Danneherg in Molda-
via a*2ea'3 luglio presso Skuleny e Leo-
•wna, con proclama del principe Gort-
schakoir, dichiarante lo scopo dell'occu-
pazion*e, e il mantenimento dell'ammini-
si razione degli ospodari. A* 7 co« altro
allrocorpoi russi occuparono ancora Ol-
tenitz sul Danubio della Valacchia, pun-
to assai iujportanle , dirigendosi sopra
I3ucharest. Così due corpi d'armale russe
occuparono la Moldo-Valacchia. La Por-
ta (jualificò l'invasione un' usurpazione,
e doversi respingere coll'armi, e ne fece
gravi rimostranze alla Russia. Molti della
A'alncchia e Moldavia volendosi conser-
vare Fedeli al sultano , ne parliiono; il
simile fecero in seguilo gli ospodari Stir-
bey e Ghika, abbandonando Bucharest
e Jassy nel declinar di ottobre , recan-
dosi a Vienna dopo aver ambedue ema-
nalo un rescritto al consiglio straordina-
rio d'amministrazione. In quello dell'o-
spodaro di Valacchia Stirbey è detto.
Che lo slato attuale delle cose richiede-
va da l^ui il temporaneo allontanamento
dal principato, e perciò aftìtiare d gover-
no al consiglio generale d' amministra-
zione di Valacchia, lino ad altre misu-
re; incaricando ili." boiaro e gran bano
Giorgio Filippesko, di procedere co'capi
de'dipartimeutiii corso degli affari, i casi
speciali dovendosi assoggettare al consi-
glio. Questo poi pubblicò analoghe di-
sposizioni. Nel rescritto dell'ospodaro di
JMoldavia Ghika, diretto al consiglio
straordinario d' amministrazione della
medesima, si legge. Che eiseado, in forza
VAL
de'difficili avvenimenti, divenuta incom-
patibile la sua posizione collo stato delle
cose, riteneva suo dovere affidare le re-
dini del governo nelle mani di detto oon-
siglio, invitandolo insieme ad ailempiere
le relative cure sia colletlivaraenle e sia
individualmente sotto lu loro responsa-
bilità, fino ad ulteriori disposizioni. Al
logoteta poi Basilio Ghika ministro delle
lìnan/e, l'ospodaro diresse un'ordinanza,
hidandone la gestione e i vantaggi recali
al tesoro e al paese; gli manifestò la sua
principesca soddisfazione, e conferman-
dolo con particolare decreto in logoteta^
espose la piena convinzione che avrebbe
conlinuato ad amministrare col medesi-
mo zelojtaientie attività nel posto in cui
lo avea collocato. Si disse che l'impera-
tore delle Russie accordò a' principi Stir-
bey e Ghika 10,000 franchi al mese per
ciascuno, con tratlauienlo di disponibili-
tà ; e che pagò 5o,ooo ducati pe' debiti
formati dall'ospodaro Ghika. Il sultano
con un manifesto istruì di tutto i suoi
sudditi, e vi eccitò il patrio bellicoso eu-
tusiasujo, ricevendo poi a propria difesa e
dellaTurchiaavantiCostanlino[)oli le flot-
te francese e inglese. Decisa dal sultano la
guerra contro la Russia, ingiunse a Omer
pascià d'intimare al principeGortschakol!
Io sgombro de'principali ini 5 giorni, e
quindi incominciare le ostilità; ed Omer
rS ottobre formalmente eseguì l'intima-
v.ione. Rispose il principe nel dì seguente
non aver poteri per trattare della pace,
della guerra o dello sgombro de' princi-
pati colle truppe alGdate al suo comando.
Non solamente il comandante russo si ri-
cusò di partire, ma occupò le fortezze che
sino allora guarnivano le truppe raol-
do-valacche,ed d principe Menzikoff ven-
ne nominato governatore civile e mili-
tare de'principali Danubiani. Questi pe-
rò furono governati dal barone di Bud-
berg. Bucharest, Jassy e tutte le città de'
principati Daruibiani furono dichiarate
in istato d'assedio; venne promulgata la
legge marziale, ordinato a tutti i luao-
VAL
mettani di parlile senz'indugio cla'prin*
cipali, e proibita a'molilo-valacchi sotto
pena di morte qualunque relazione co'
turchi. Buchaiest divenne quartiere ge-
nerale de'russi. Nella notte de' 23 otto-
bre, essendo spirato il termine stabilito
da Omer pascPa al principe GortschakolF
per l'evacuazione de' principali, le osti*
lilà cominciarono sul Danubio, il quale
era vietalo di rimontarlo a'russi con na«
TÌ guerresche dal trattato d'AdrianopoIi,
oltre la foce del Pruth. Quindi nella sles-
sa notte i turchi passalo il Danubio a
Turlukai, aggredirono i russi nel cam-
po e fecero alcuni prigioni , altrettanto
operarono gli arabi nell'isola di Tscetal,
varcato il Carussù. Contemporaneamen-
te in Asia nello stesso giorno comincia-
rono le ostilità fra'lurchi e i russi, altac-
cando i primi il forte di Chekvetil e lo
presero. Inoltre a'2 3 i russi con battelli
a vapore sforzarono il passo del Danu-
bio, resistendo all'artiglierie della fortez-
za d'Isaklcha. A'27 i turchi entrarono
nella piccola Valacchia , e presero Ka-
jafat. Questi furono i principii delle o-
slililà per cominciar la sanguinosa lotta.
Nondimeno a consiglio della Francia e
dell'Inghilterra, la Porla si dichiarò an-
cora pronta a trattative di pace , ma a
condizione.!. Dell'immediata evacuazio-
ne de' principati da parte della Piussia.
2. Che le potenze europee dassero alla
Porta dellegaranzie per impedire nuo-
ve invasioni della Valacchia e della Mol-
davia. Si calcolò l'armata occupalrice de'
russi a 100,000 uomini; quella d'Oraer pa-
scià entrato inValacchia a circa 160,000,
ma soli 40,000 ne introdusse in princi-
pio nel paese, potendo essere rinforzato
da un giorno all'altro; cosi i russi lo po-
tevano coU'esercito di Bessarabia, In tal
modo gli sventurati principali divenne-
ro il teatro dell'esordio della gigantesca
guerra, e ne provarono tutte le calami-
tà che ne sono inevitabile conseguenza.
Finché la storia non avrà stabilito e chia-
rito i fatti d' arali che si successero la
VAL 171
più punti, è da evitarsi il dettaglio rife-
rito dal giornalismo cojjlemporaneo, so-
vente contraddittorio o per lo meno ine-
satto.Gortschakolf incorporò al suo eser-
cito la milizia valacca, e ne fece encomi.
Quella regolare ascendeva a 10,000 uo-
mini, quella detta de'conHnari era d'un
numero maggiore; tulle le forze che la
Valacchia teneva sotto le armi , al più
si calcolarono a 24,000 uomini. Princi-
piò i combattimenti la Turchia con di-
versi prosperi eventi in Europa e in A-
sia ; ma poi indietreggiò, solo occupan-
do una piccola porzione della Valac-
chia.Tale era in generale lo stato delle co-
se allo spirar del 1 853. Cominciò il nuo-
vo anno con avvenimenti importanti nel-
la Valacchia, che ne fu teatro, e dove i
russi co'rinforzi della grande Valacchia vi
riunirono un3o,ooo uomini. ìVon lungi da
Ralafat verso Craiova è l'ignobile villag-
gio di Csetale, che divenne celebre per le
battaglie che vi si combatterono, di cui
fu campo sanguinoso le sue pianiu'e; gli
scontri furono terribili con gravi perdi-
te de'belligeranli, durando parecchi gior-
ni la lolla. Quasi lutti i conventi della
Valacchia vennero trasformati in ospe-
dali, continuamente riempiendosi di fe-
riti e di malati. Constando da'lratlali che
l'integrità della Turchìa è sotto la gua-
rentigia delle 5 grandi potenze europee,
dopo la battaglia navale di Sinopc^ per
impedire altri simili disastri, il naviglio
anglo-francese entrò nell'Eusino a'3 gen-
naio , con flotta combinata superiore a
quella de'russi per numero di navi e abi-
lità di maneggio. A contrappeso dell'oc-
cupazione russa de'principa ti, ebbero pei*
iscopo l'occupazione del mar Nero, fiu-
che i russi non si ritirassero al di là del
Pruth. Essi invece richiamarono in ser-
vizio le flotte di riserva del mar Baltico,
temendo che questo fosse attaccato. Ni-
colò I si preparò sempre più alla formi-
dabile tenzone, vedendo laTurchia soste-
nuta dalle possenti Francia e Inghilter-
ra, non solo quanto al materiale, ma cb-
172 VAL
be cura pure del morale, sia colle pre-
ghiere ordinate anche ne'princìpali Da-
nubiani, sia con pastorali encicliche del»
l'episcopato all'esercito, per indammar*
]oa guerra di patria e di religione. L'Au-
stria inviò a' confini della Valacchia un
considerabile corpo di milizie, a tutela
delle Provincie di frontiera del suo ini-
pero. La Servia si dichiarò neutrale, e
fu assicurala di sua benevolenza da Ni-
colò I, ed a'i3 gennaio fece altrettanto
il sultano col seguente firmano, riguar»
dante eziandio la Moldo- Valacchia. » A
te, Alessandro Georgewitch bey, altuaie
principe di Serbia, cui voglia esserti du-
ratura la tua dignità, ordino: Io mi ho
io ogni tempo data sollecitudine pel per*
manente mantenimento de'privilegi, in
quanto concerne l'amministrazione in-
terna delia Serbia, della Valacchia e del-
la Moldavia, provincieche sono parti in-
tegranti del mio impero. E sebbene in
seguito alla guerra scoppiata tra la mia
sublime Porta e la Russia siano abrogati
i trattati tra le due corti, pure le premu-
re della mia sublime Porta pella conser-
vazione del benessere e della trancpjillità
de'miei fedeli sudditi del mio impero so-
no una garanzia pel mantenimento de'
medesimi. Del resto essendo la conserva-
zione di disposizioni di tale natura una
conseguenza de'fermi princìpii della mia
sublime Porta, che essa stessa se li ha
fìssati, ed essendone interessata la sua di-
gnità, io ho la sincera intenzioue di man-
tenere continuamente i privilegi di que-
ste 3 Provincie, e lungi dal volerne toglie-
re qualche menoma particella , non mi
rìstarrò, al contrario, di dare ad esse, a
norma delle circostanze e della loro di-
vozione , ulteriori prove della sovrana
mia benevolenza. Quest'ordine del mio
imperiai divano è stato emanato onde
palesare e notificare pubblicamente che
ella è mia ferma deliberazione di man-
tenere intatti, come fin'ora, gli esistenti
privilegi della Serbia , che è una parte
del mio impero. Tostochè V avrai rice-<
VAL
vuto, sarà tua cura che il contenuto di
quest'ordine vengaa cognizione,con tutte
le sue particolarità, di tutti quelli a cui
è diretto; tu applicherai tutta la premu-
ra ch'esige la tua carica e la tua pruden-
za nel mantenere il benessere, la tran-
quillità e la pace generale de'sudditi della
mia sublime Porla, e tu farai tutto il
tuo possibile per eseguire esattamente
tutti questi punti." Il passaggio del Da-
nubio si operò da Ibraila e di fronte a
Galalz, a '2 3 marzo a Ma Ischi n, Isaktcha
Tulcha, da'generali GortschakofF e Lii-
ders, i quali si recarono nella Bulgaria
e nella Dubruska, colTintendimento di
tentare l'occupazione di Costantinopoli.
Però a'2 ymarzo la Francia e l'Inghilterra
dichiararono definitivamente la guerra
alla Russia, per prestare assistenza attiva
al sultano Abdul-Medjid loro alleato, alla
cui difesa poi si aggiunse il redi Sarde-
gna. Indi le potenze di Germania ammi-
sero l'inviolabile integrità della Turchia
e lo sgombro della Valacchia e Molda-
via. Frattanto eletto comandante supre-
mo di tutte le truppe russe sul Danubio
il celebre feld-maresciallo principe Pa-
skewitch,a'24 aprile arrivò aRucharest,
e tosto fece evacuar la piccola Valacchia,
poiché cambiando i piani politici e stra-
tegici, voi le concentrare le forze IraRust-
sciuk e Silislria. Mentre gli alleali ne'
mari Nero e Baltico andavano iu caccia
delle flotte russe, queste ebbero ordine
d'evitare qualunque scontro. 1 russi in-
tanto sulla riva del Danubio continua-
vano ad esser superiori di mollo a'tur-
chi comandati da Oiner pascià, imperoc-
ché sebbene questi avesse circa i 10,000
uomini di truppa regolare, la cavalleria
era mal montala e sproporzionala al nu-
me ro de'fanti, e l'artiglieria avea quasi
2 00 bocche da fuoco. Gì' irregolari si
battevano male, e forse si resero piti no-
cevoli che utili, insofferenti d'ogni disci-
plina. Con tale truppa, nella quale sem-
bra va concentrala la vita dell'impero tur-
co iu Europa, Omer dovea provvedere
VAL
dì guarnigioni le fortezze di Vlddino e
Silistrìa, e quelle situate fra questi punti|
cioè Nicopoli, Sistowa e altre. Dovea
inoltre difendere la 2/ linea delle città
che si stendono da Sofia a Varna. Più
difender Kalafat , e far fronte a' russi.
Questi in vece erano forti di 1 90,000 fan-
ti, 25,000 cavalli, 12,000 artiglieri, il
che portava l'esercito russo a 227,000
uomini, oltre 25,ooo cosacchi,con 55o
bocche da fuoco. Il corpo della Dobru-
ska era di 60,000 russi, onde l'esercito
che nel alaggio si preparava a passare il
Danubio a Kassova per unirsi al passato,
sommava a circa 140,000 uomini. Sili-
stria fece un'insuperabile resistenza a Pa-
skewitch e Liiders, ed ili.° per contu-
sione ricevuta si ritirò a Jassy, indi parli
da essa e riprese il supremo comando
GortschakofF. Dopoché sul Danubio si
agglomerò un potente esercito anglo-
francese, l'Austria cominciò a minacciar
la Russia, insistendo sullo sgombero de'
principati, per non voler tollerare som-
mosse a' suoi confini ; anche la Prussia
fece mostra d'imporre altrettanto a'russi
per non dichiarar loro la guerra. I nobili
valàcchi e la popolazione niostrandosi av-
versi alla Russia, Nicolò I ordinò al baro-
ne di Budberg di rimproverarli, prima di
recarsi al quartiere generale del princi-
pe GortschakofF. Il barone convocò i prin-
cipali boiari e impiegati per comunicar
loro gli ordini da eseguirsi durante la
sua assenza. La maggior parte si scusò
dicendosi ammalali, laonde il barone do-
vette contentarsi di Irasmeller loro co-
pia d'un rescritto del ministero imperia-
le dato a Pietroburgo l'i i giugno 1 854-
Eccone il tenore, che inoltre svela quali
erano l'intenzioni dell' imperatore. « S.
M. lo Czar desidera che facciate compren-
dere a'valacchi il disgusto prodotto in S.
M. pel loro strano conlegno, e special-
mente perquello de'boiari riguardo alle
truppe russe che entrarono ne'principatl
coli' intenzione di liberarli per sempre
dall' insopportabile giogo maomettano.
VAL 173
Lo Czar non reputa conveniente che nel-
le presenti circostanze i correligionari di
S. M. sieno sottomessi ad un governo che
non è cristiano. Se i valacchi non lo com-
prendono, perchè troppo dominati dal-
l'influenza dell* eretica Europa occiden-
tale , non pertanto lo Czar non può la-
sciar incompiuta la missione affidatagU
dal cielo come a supremo capo de'fedeli
cristiani , eh' è quella di strappare per
sempre i seguaci della vera religione cri-
stiana, la greca, dal dominio ottomano.
S. M. lo Czar ha pensato a ciò sin dal
principio del suo gì orioso regno, ed ora
è giunto il tempo in cui S. M. porrà in
esecuzione questo suo proponimento sta-
bilito da tanto tempo, e ad onta del-
l'opposizione degli alni impossenti stati
dell'Europa eretica. ]\oi siamo con Dio
e Dio con noi , la vittoria sarà dunque
dal lato nostro. S.M. lo Czar ordina che
voi sig. Barone rimproveriate acerba-
mente gl'impiegati superiori valacchi per
il loro sleale contegno verso le nostre
truppe. Verrà presto il tempo in cui que-
sti renitenti valacchi che provocarono la
collera di S. M. dovranno espiare la loro
slealtà. Siate severissimo sig. Barone con-
tro questi libertini valacchi ; quanto più
severo sarete, tanto meglio. Questa è la
volontà di S. M. lo Czar. Nesselrode". I
russi battuti sul Danubio, vincevano iu
Armenia. Nel luglio Nicolò I ordinò, che
per breve tempo le truppe si ritirassero
dalle posizioni insalubri del Danubio ver-
so le più sane de'monti, inquieto per l'in-
credibile resistenza fatta da'turchi a Si-
listria e nell'improvvisata fortezza di Ka-
lafat ; di più i turchi avendo sempre tor-
mentato i russi con frequenti assalii, ri-
ducendoli alla difensiva ed a fortificarsi
in Bucharest ed in Giurgevo, dalla qua!
ullima posizione riuscirono a valorosa-
mente cacciarli a'7 luglio. Nel declinar di
tal mese alla fine i russi, per difender le
coste del mar Nero e la Crimea, e col
pretesto di molivi strategici, comincia-
rono a rilirarsì dalla Valacchia e Mol-
174 VAL
davia, immeilialnmente nelTiigoslo occu-
pale prima da'Uirchi coiuantlali da IJa-
lini pascià e da Meliiiied Sadyk pascià
coinaiidaule de' cosacclii, dichiaralo co-
mandante della cillà di Bucliaiest ; le
quali milizie mussulmane, generalmen-
te furono con entusiasmo festeggiate e
massime in Bucliarest, con rancore de*
russi. Indi le provincie si occuparono dal-
l'Austria, in conseguenza delle sue rimo-
stranze, dell'inipegno preso in faccia al-
le potenze col protocollo de' 9 aprile, e
de'posteriori accordi colla Porta ; aven-
do dovuto insistere colla corte di Piussia
per lo sgombro de' principati, la quale
annuendovi, esigeva convenienti garan-
zie, come può vedersi dalla nota del con-
te di JN'esseIrode, riportata dal n.° 1 87 del
Giornale di Roma del 1 854> in "uo alla
risposta della Francia, dalla quale rile-
vasi non voler più le grandi potenze il
protettorato russo sui principati Moldo-
Valacchi e diServia; esigere libera la na-
vigazione del Danuliio a'suoi sbocchi, e
Ja revisione del trattato de' i3 luglio
1841 per r interesse dell' equihbrio eu-
ropeo, e nel senso d'una limitazione del-
la potenza della Russia nel marNero. En-
tralo Halim pascià in Bucharest a'9 ago-
sto, ricevuto dal bano o gran logot(ita
Cantacuzeno capo del consiglio d'ammi-
nistrazione, pubblicò un proclama, in cui
assicurò che sarebbero mantenute tutte
le istituzioni del paese, e che con tutte
le sue forze avrebbe difeso la quiete e l'or-
dine. Vi giunse pure in Bucharest Der-
"vvisch pascià, nominato commissario del-
la Porla ne'principati Danubiani, il qua-
le notificò ufficialmente al consiglio d'am-
oiinisti azione valacco,che tulli i trattati
relativi ai principali che esistevano fra la
B ossia e la Porta sono sciolti. Omer pa-
scià fece il suo ingresso a Bucharest so-
lennemente a'22, incontralo da gran nu-
mero di boiari alla testa di 25,ooo uo-
mini e di 3o cannoni, emanando un pro-
clama tranquillante, di dimenticanza al
passalo, e anuuuciaudo la prossima ve-
V A L
nula degli austriaci per 1* occupazione
temporanea de'principati, secondo il trat-
tato austro-turco de' \f\. giugno, e che
l'Austria d accordo colla Porta effettue-
rebbe l'organizzazione de'principati e la
sua amministrazione, non che difenderli
da una seconda invasione russa. L'Austria
nominò capitano generale delle truppe
d'occupazione della Moldo-Valacchia,il
luogotenente feld-maresciallo conte Gio-
vanni Coronini, con residenza in Bucha-
rest. 11 barone di Bach fu eletto commis-
sario civile ne'principati per ristabilirvi
l'ordine e la fiducia, inipedire e sopire
qualunque controversia. Così l* Austria
vi ristabilì l'autorità della Porta, assicu-
rò le foci del Danubio, e francò il com-
mercio degli stali federali gernìanici so-
pra il mar Nero, da essi lauto desidera-
to ; dappoiché le corti tedesche aveano
dichiarato l'occupazione russa de'princi-
pati e la sua durala essere inconciliabile
cogl'interessi d' Austria e di Germania,
e che un attacco diretto dalla Russia con-
tro l'Austria, in seguilo dell'occupazione
de'principati, chiamerebbe all'armi tut-
ta la Confederazione Germanica. Così
venne evitato un conflitto Ira'due impe-
ri, fu rimosso il pericolo d' uno scontro
fi a le milizie austriache e le russe, e que-
ste poterono accorrere alla difesa della
Crimea e di Sebastopoli presa di mira
dagli alleali. Per tutto ciò la Valacchia
e laMoldavia stale tanto crudelmente fla-
gellate dalle guerresche azioni, rimasero
preservale da nuovi disagi e da sovrab-
bondanza di prestazioni. Già a' i3 ago-
sto si recò in Bucharest il quartier ma-
stro generale dell' esercito austriaco, i!
quale cominciò a fare il suo ingresso ne*
principati a' 20, mentre il conte Gio-
vanni Coronini entrò in Bucharest a' 6
settembre ricevuto da Ouìer pascià. Gli
austriaci furono accolti da* moldo-va-
lacchi con pubbliche e festive dimostra-
zioni e plauso. Il comandante del 3. e
4.° corpo d* armata generale d' artiglie-
lia barone de Hess, rilasciò in occasio-
VAL
ne dell'ingresso delle (ruppe auslriaclie
il seguente proclama a* moldo-valacchi.
« ALitanti della Valacchia e Moldavia !
In seguito d' una convenzione conclusa
colla Sublime Porla da Sua Maestà il raio
graziosissimo Signore e Imperatore, l'im-
periali truppe austriacheenlraoo ne'Prin-
cipali. Esse devono riportarvi le benedi-
zioni della pace. Accogliete quindi i mal-
levadori della futura vostra quiete e si-
curezza, con aujore e fiducia, essi si me-
riteranno questo coir ottimo contegno,
coll'ordine e colla disciplina sempre di-
mostrala. I privilegi a voi assicurati dal-
la Sublime Porta rimangono in pieno vi-
gore, però attendo da parte delle vostre
autorità ogni coopcrazione, acciò venga-
no alloggiate e provvedute in modo sod-
disfacente le truppe, pe'cui bisogni sarà
sempre dato l'indennizzo. M'attendo pu-
re quiete ed ordine per parte della po-
polazione, imperciocché ogni perturba-
zione o anche una semplice minaccia per
parte di uomini o partili sediziosi verrà
punita con tutto il rigore della legge. Si
indica con ciò in pari tempo a tutte le
autorità, di rivolgersi da oggi in poi in
lutti gli adari al tenente maresciallo con-
te Coronini, che sta sotto i miei ordini,
e venne nominato da Sua Maestà a co-
mandante di tutte le truppe ne'due prin-
cipatiDanubiani,o agli organi militari da
lui autorizzali". Quindi il baronede Hess
si recò a'23 settembre in Bucharest, con
ricevimenlo solenne e brillante, accollo
con distinzioni da 0«ner pascià e da Der-
wisch pascià ; indi ispezionò le truppe,
gli alloggi e i viveri, e fece poi allrettaii»
toin Jassy, ricevuto col maggior entusia-
smo dalla popolazione. Omer pascià par-
li da Bucharest alla fine di settembre, a'
29 del qualeDerwisch pascià emanò aJas-
sy un proclama diretto a'moldavi. Loro
notificò averlo il sultano nominalo com-
missario imperiale de'due principali, per
vegliare al loio benessere e ristabilirvi
l'ordine. iVon doverli inquietare l'ingres-
so delle forze militari austriache ueila
VAL 175
Moldo-Valacchia, come di potenza ami-
ca e alleata della Porta, ed a seconda del
trattato speciale tra loro concluso, in se-
quela di quello convenuto co'governi in-
glese e francese. Che esse non saranno di
verun aggravio, pagando puntualmente
e in contanti quanto loro farà bisogno
di comprare. E che siccome i russi avea-
no definitivamente abbandonato i prin-
cipali, così doversi ristabilire lo stato an-
teriore del paese, e S. A. il principe Ghi-
ka aver ricevuto l'ordine di riprender le
redini di sua amministrazione. Gli anti-
chi privilegi e diritti esser mantenuti dal-
la benevola e paterna premura di S. M.
L il Sultano,e non doversi piìistarea'lrat-
tati ormai annullati. Deplorò le molte
sofferenze patite dal paese, il quale sotto
l'egida protettrice del sovrano Sultano,
in breve ritornerebbe nello stato nor-
male, e l'invitò a proseguire nell* osser-
vanza delle leggi vigenti, nell* ordine e
nella pubblica tranquillità. Già sino da'
1 3 dello stesso settembre il commissario
Derwisch avea diretto la seguente nota
al consiglio d'amministrazione del prin-
cipato di Valacchia. « Ho l'onore d' an-
nunziare al consiglio d'amministrazione,
che in seguito alla ritirala de'russi il go-
verno di S. M. 1. il Sultano è intenzio-
nato di ristabilire nel principato di Va-
lacchia lo stato anteriore di cose, e che
Sua Serenità il principe Slirbey ricevet-
te l'ordine di ritornare a Bucharest. L'i in-
periale governo ottomano, fedele agli ob-
blighi assuntisi, di cointelligenza col go-
verno di S. M. I. R. Apostolica, amico ed
allealo della Sublime Porta, prese le mi-
sure necessarie onde ristabilire nel prin-
cipato di Valacchia il legale slato di cose,
quale risulta da'privilegi che furono ac-
cordati dal governo di S. M. I. il Sulta-
no, in quanto concerne l'amministrazio-
ne di questo paese". Il principe Slirbey
da Vienna con un piroscafo si condusse
a Giurgevo, ricevuto solennemente da'
boiari, munito dell'appoggio materiale
(£ morale de'due goverui oltomauo e au-
176 VAL
sti iacOj i quali non ìstiniarono cosa pru-
dente digellarsi in braccio a'nialoii d'ti-
nn nuova elezione de' due ospodari. lì
principe Slirbey a* 5 oltobie fece il suo
ingresso a Bucbarest, formalmente accol-
to nel suo palazzo dal conte Coronini col
suo stato maggiore,e dalle autorità civili e
militali luicbe;essendoscbiei'atealla pur*
tadel palazzo guardie d'onore auslriacbe
e volaccbe. Il principe Stirbey emanò una
notificazione agli abitanti del principato
di Valacchia. In essa ricordò loro il di-
spaccio de' 1 4 ottobre 1 853, nel quale ma-
nifestò a'medesimi i motivi che l'indus-
sero allora ad abbandonare il paese, i do-
lorosi sentimenti perciò provali nel se-
pararsi per veder interrotta l'opera del-
l' organizzazione, alla quale egli consa-
grava le notti, mentre il paese trova vasi
iu una criticissima posizione. Ora coU'a-
iuto di Dio e per ordine della sublime
Porla,essere tornato nella residenza prin-
cipesca, ed avere ripreso le redini del
governo. 11 ristabilimento del legale go-
verno del paese essere nuova prova del-
l'amore paterno di S. i\l. I. il Sultano; il
quale amato nostro protettore, onde me-
glio assicurare la tranquillità del paese,
concluse con S. M. l' imperatore d' Au-
stria speciale convenzione suU' inviate
truppe, le quali in unione alle vittoriose
truppe ottomane, erano un nuovo pegno
di pace e di sicurezza pel paese.>i Rumeni 1
Miei amali compatriotti ! Noi ci cono-
sciamo da lungo tempo. Voi sapete con
quale cura noi percorremmo il paese iu
tutte le direzioni per imparare a cono-
scere i vostri bisogni e per soddisfarli
con tulli i mezzi stanti in nostro potere.
Voi sapete in quali dillicili tempi noi ab-
biamo vissuto, specialmente negli anni
1 849 e 1 85o. Voi sapele che noi vi ab-
biamo amato sempre con amore pater-
no! Voi non avete dimenticato la tran-
quillila e la felice prosperità che il paese
godette negli ultimi anni. Noi torniamo
a voi qual padre a'fìgir. Noi ci sentiamo
liei più profondo del cuore commossi pc'
VAL
vostri patimenti. Noi conosciamo la gran-
dezza e la dillìcollà di nostra missione 1
Siate sicuri che tutti i nostri sforzi ten-
deranno a ristabilire l'ordine ed a cura-
re che lutto vada in bene. Noi non guar-
deremo a fatiche o sagrifizi, eredititelo ,
onde dar forma e vita all'amate e bene-
fiche intenzioni del nostro amato prolet-
tore. A raggiungere ciò noi raccogliere-
mo a braccia aperte, senza eccezione,lut.
ti coloro che ci vorranno aiutare con fe-
deltà ed onoratezza. Quanto più diflìcile
si è la nostra missione a motivo dell'at-
tuale condizione di cose, e per avere il
paese tanto sofferto, tanto più sapremo
riconoscere il zelo e il merito d'ogni sin-
golo, come d'altra parte dirigeremo la
nostra più seria attenzione a sopprime-
re ogni conato il cui scopo fosse il di-
sordine, o che tendesse ad allontanarsi
dalla via del retto. In questo modo la
benedizione dell'Altissimo verrà a posar-
si sui nostri sforzi comuni, e si aprirà al-
la nostra patria un brillante avvenire".
Il conte Coronini dopo essere stato a Jas-
sy, e consegnato il comando al general
Paar, qual comandante in capo delle
truppe austriache di stazione nella Mol-
davia e Valacchia, l' i i ottobre diresse
al consiglio provvisorio d' anmiinistra-
zione valacco la comunicazione : Che ri-
tenutesi dalle corti austriaca e ottomana
necessario per ristabilir ne'due principati
lo stato normale di cose, di richiamare i
legittimi principi de' medesimi, e porre
nelle mani loro il governo;avere d'accordo
con Derwisch pascià, diretto invito a S.
A. il principe Ghika, pregandolo d' ab-
bandonar Vienna e tornare al suo poslo
in Jassy. L' ospodaro Ghika licenziatosi
dall'iujperalore Francesco Giuseppe in
Vienna, parli per laMoldavia,e fece la sua
formale entrala a Jassy l' 1 i novembre.
Seguì quindi un gran nmvimento di nu-
merose truppe turche ne' principali, ove
la loro presenza non era necessaria, per
marciare sul Prnth, onde passare nella
Bessarabia e nella Crimea, ove si com-
VAL
batteva accanitamente la grande guerra,
per la memorabile espugnazione di Seba-
stopoli. A'28 dicembre fu comunicato il
memorandum all'ambasciatore russo a
Vienna, da'ministri d'Austria, di Fran-
cia e d'Inghilterra. In questo memoran-
duìiìy diviso in 4 a'ticoli, era indicata la
Éiecessità di sopprimere il protettorato
esclusivodeila Russia sulla Moldavia, Va-
lacchia e Servia, per l'abusiva influenza
che vi esercitava quasi governandole co'
suoi agenti, e di porre in avvenire sotto
la garanzia collettiva delle 5 grandi po-
tenze i privilegi accordati da* sultani a'
principati, che dipendono dal loro impe-
ro. Era indicala anche la libera naviga-
zione del Danubio, uno de'piìi magnifici
sbocchi del mondo, vincolato da 20 an-
ni, con vantaggio immenso per la Ger-
mania, e la revisione del trattato de'i3
luglio 1 84 1 , onde stringere l'impero ot-
tomano all'equilibrio europeo e metter
fine alla preponderanza russa sul mar
Nero. Ma ad onta che ardesse sotto Se-
bastopoli la guerra con indicibile vigore,
l'imperatore di Russia Nicolò I neli855
accettò tali famosi 4 articoli per trattare
la pace, convenendo alla conferenza da
tenersi in Vienna per discùterli ; però
colpito da repentino male, moria'2 mar-
zo, e gli successe il primogenito regnan-
te Alessandro II ; inatteso avvenimento
che accrebbero alquanto le vagheggiate
speranze di pace, anche per essersi aper-
te in Vienna a'y marzo le corrisponden-
ti conferenze dagli ambasciatori delle po-
tenze. Oltre il doversi sempre tener pre-
sente l'articolo Turchia come già avver-
tii, le cui notizie si compenetrano con
quelle che in questo vado accennando,
può vedersi il n." i25 del Giornale di
Roma del i855, in cui si legge la rela-
tiva risposta del ministro degli affari e-
sleri di Francia Droùyn de Lhùys alla
circolare de' io maggio del conte di Nes-
selrode in nome della Rùssia. Non deb-
bo lacere, quanto a' principali Moldo-
Valacchi, che il Giornale di Pietrohur-
VOL. Lxxxvn.
VAL 177
go rilevò i vantaggi di cui essi sono de-
bitori all'intervento della Russia. Fatto
un quadro delle condizioni, in che furo-
no poste le Provincie Danubiane per vir-
ili di antichi trattati sotto la Porta, rife-
risce come gii ospodari erano scelli fra
le greche famiglie di Costantinopoli , e
che dessi spesso compravano la carica a
spese poi de' sudditi de' principali; fece
conoscere altres'i, che a spese de* princi-
pali la Porta provvedeva a' bisogni de*
merdati della capitale; che il commercio
non vi era libero né all'interno, né al-
l'estero ; che sotto un cattivo governo
crebbe l'immoralità e la miseria; ed ac-
cennò i miglioramenti introdotti ne'me-
desimi principati dalla paced'Adrianopo-
li. La missione che avea la Russia da a-
dempiere nel duraturo interesse nel be-
ne de'principati Danubiani fu compiuta,
conclude il Giornale russo, nel momen-
to in cui il governo privilegiato, eh' essi
godono sotto la supremazia della Porta,
ebbe la sanzione nel diritto internaziona-
le europeo , mediante una garanzia col-
lettiva di tutte le grandi potenze. Final-
mente espugnata 1*8 settembre Sebasto-
poli , nel di seguente gli alleati furono
padroni di quel terribile baluardo della
potenza russa nel mar Nero e regina di
questo. Nel dicembre i855 il principe
Ghika ospodaro di Moldavia prese l'ini-
ziativa d' un provvedimento che dimo-
stra sempre più quali siano i suoi nobili
e alti sentimenti, e che a lui assicura una
pagina onorevole nella storia; cioè l'abo-
lizione in massima della schiavitù in Mol-
davia, ed il riscatto da operarsi dallo sta-
to, di coloro che non verranno affrancati
da'loro padroni. Nel 1 844» «otto '' regno
del principe Michele Stourdza, una leg-
ge votata dall' assemblea generale avea
già affrancalo i zingari appartenenti al-
lo stato e al clero, ed aveva risoluto che
i fondi provenienti dalle contribuzioni
pagate da que'boemi emancipati fossero
destinali al riscatto degli schiavi de'pri-
vati, cosi da 6 o 700 individui poterono
12
78 VAL
essere riscattati sino al i855. Appena il
principe Gliika fuassiinlo all'ospodara-
to, si occupò dell'abolizione della schia-
-vitìi nella Moldavia, e se avesse potuto
non dare ascollo che alla voce del cuor
suo generoso, da lungo tempo già egli a-
vrebbe potuto compiere l'opera del suo
predecessore; ma le complicazioni delle
tristi circostanze cbe per molli anni si ag-
gravarono sui principati, non gli permi-
sero di estirpare prima questa piaga so-
ciale del suo paese. 1 r«issi die vi eVano
siali onnipolenli, si sarebbero certamen-
te opposti, com'essi fecero neh 844» ^^
senza successo, all'adempimento d'un at-
to che avrebbe richiamato su queste Pro-
vincie uno sguardo simpatico dell' Eu-
ropa, Ora eh' è cessata la forza della lo-
ro influenza, il principe Ghika, i cui po-
teri erano prossicni a spirare, ed il cui rin •
iiovamento egli pareva deciso di non
più acceltare se gli venisse olferto, volle
prima di ritirarsi collegare il suo nome
alla soppressione d'un ordine di cose cosi
vecchio e cos'i vergognoso pel suo paese.
E"li
pe
ciò indirizzò al suo consiglio de'
nunistri un messaggio, per incai icario di
elaborare su questa questione un proget-
to di legge j)er soltoporsi al divano o con-
siglio generale. Questo messaggio fu ac-
colto con entusiasmo dal consiglio de'
ministri. Si sperava che simile accogli-
mento sarebbe fallo a questa benefica ri-
soluzione dal di vano generale. A'i4 gen-
naioi856 la sessione del divano genera-
le di Valacchia, per lale anno fu aperta
in Bucharest , ed il ministro Plangino
lesse il discorso d'apertura del principe
regnante Stirbey al divano generale. Di-
chiarò considerevolraenle migliorato lo
stato del paese, in paragone di quello de-
gli ultimi mesi del 1 8 54; gli animi essersi
tranquillali, ed ogni ben pensante va-
lacco essere pienamente convinto che l'u-
nione e la sincera cooperazione di ciascu-
no, sono le condizioni indispensabili per
un migliore avvenire della patria sì du-
ramente bersagliata. Che la quiete e la
VAL
sicurezza nell* interno del paese non fu-
rono turbate neppure per un istante, e
pel consolidamento loro non cessare di
adoperarsi in ogni modo. Che la regola-
zione e l'esame de* bilanci consuntivi de-
gli anni 1 854 e 1855, come pure il bilan-
cio preventivo dell' entrate e uscite del
i856, il che coslituisce la vera missione
del divano generale, forniranno al con-
gresso la prova di non essersi risparmia-
ta fatica per migliorar le condizioni fi-
nanziarie del paese. 11 bilancio prevenli-
vo presentare nell' entrale un maggior
imporlo, il quale coprendo il disavanzo
cagionalo dalle spese straordinarie del
i855, forniva pure un civanzo di due
milioni e mezzo, il quale doveva coprire
le spese della medesima categoria straor-
dinaria pel servizio deli 856. Essersi au-
mentali diversi redditi per ammortizza-
re il debito pubblico, che senza i soprag-
giunti avvenimenti sarebbe stato quasi
del tutto pagato neh 853. 1 fondi di ri-
serva posseduti da' pubblici stabilimenti
sin dah849, essere utibnenle servili pe*
prestiti al ministero delle finanze , onde
sopperire a'bisogni straordinari. La libe-
ra esportazione vietata da due anni, esse-
re riuscita un vero benefizio pel paese.
♦» L'assoluta soppressione della schiavila
de' zingari, iniziala già dalla legge del
1847, la quale mise allora elletlivamen-
te in libertà i zingari ch'erano proprietà
dello stalo e del clero, era divenuta una
necessità cui non si poteva più a lungo
differire. Noi raccomandiamo al serio vo-
stro esame il progetto di legge riguardan-
te questa importantissima disposizione
che fu elaborata dal consiglio d' ammi-
nistrazione, e non dubitiamo che il diva-
no lo considererà di somma urgenza.
L'indispensabile necessità di mettere la
nostra patria in gradodi seguire l'immen-
so impulso provocato negli altri paesi
dalla costruzione di ferrovie e da altri
stabilimenti d'utilità pubblica, attrasse a
se anche la nostra speciale attenzione.
Quantunque noi non dissimuliamo che
I
VAL
soltanto la conclusione d'una pace desi-
tieiala da lutti può render possibile l'e-
secuzione di tali intraprese atte a dare uno
straordinario inìpulso a tutte le risorse
della nostra patria, nullameno rilenem-
mo per nostro dovere di prendere in-
tanto le disposizioni preliminari, affinchè
inseguito non accada verun indugio, e
di appianare 1' eventuali difficoltà. Per
conseguenza nominanomo un delegalo,
incaricandolo d' assumere offerte e di
mettersi in relazione con delle societàche
fossero intenzionate d'imprendere nella
Valacchia la costruzione di ferrovie e l'il-
luminazione a gaz. Confidando nella vo-
stra cooperazione, preghiamo Iddio che
benedica a'nostri comuni lavori nell'in-
teresse del benessere generale. Dichiaro
aperta la sessione del divano generale del
i856". India' 7 febbraio fu decisa dal-
l'assemblea generale di Btìcharest l'è»
mancipazione de'zingariconi i contro 10
voti. Si calcolò trovarsi allora nella Va-
lacchia 70,000 zingari; la sola casa Bran-
kovan ne possedeva 5ooo, e altrettanti i
fratelli Baìianu. Peronella Moldavia l'a-
bolizione della schiavitù e l'introduzio-
ne del bollo ne' contralti , contestando
l'attribuzioni del divano generale, chia-
ramente fissate dall'ospodaro Ghika con
allo de' 17 febbraio i85o nell'occasione
della I.* tornata di sua apertura, provo-
carono una sconsiderala rimostranza in
iscritto da parte del metropolita di Jassy
e di vari boiari, alla Porta. Questa sen-
za far calcolo di tale indirizzo , dettato
da animosità e spirito di parte , confer-
mò la misura presa dal principe Ghika.
I documenti di grave biasimo contro 1' o-
peralode'boiari, sedotti dagli agitatori del
paese, si leggono a p. 2 38 del Giornale
di Roma del i856. L'indole pacifica del-
l'imperatore Alessandro II agevolò la so-
spirata pace , i cui preliminari si sotto-
scrissero ili.° febbraio, in uno alla con-
venuta Tregua (F^.) o armistizio, ed u-
niversali furono le allegrezze, tranne po-
che non curabili eccezioni. A' 2 i l'dlu-
VAL 179
minalo sultano AbduI Medijd pubblicò
il celebre Hatti-Humayoun sull'emanci-
pazione de'crlsliani esistenli nell'impero
di Turchia (^.), equiparandoli a'turchi
ne'diritti civili, il quale segnò un'era no-
vella per le cose religiose d'oriente, non
senza rancore de'mtìssulmani ingiusti, e
non senza malcontento de' greci scismati-
ci. La tanto desideratissima pace fu sot-
toscritta da' plenipotenziari in Parigi a'
3o marzo i856, eia riportai nel citalo
articolo, precisamente nel voi. LXXXf,
p. 454 e seg. Gli articoli i5, 16, r7, r8,
19, riguardano la regolazione della na-
vigazione del Danubio, da eseguirsi da
una commissione di delegati delle poten-
ze, fra'quali dovranno aver luogo i com-
missari de'4 principati Danubiani. La li-
bera navigazione del Danubio fu così
consagrata, ed una commissione euro-
pea venne preposta alla vigilanza e al
nettamento delle bocche del fiume , che
i russi lasciavano ingombre di sabbia,
con grave danno della Germania centra*
le, con politica per essi vantaggiosa. L'ar-
ticolo 20 contiene la rettificazione della
frontiera di Bessarabia, per la libertà di
detta navigazione; cioè tutta la parte del-
la Bessarabia vicina al fiume , fu tolta
alla Russia, perchè il basso Danubio col-
le sue 3 bocche scorreva sul territorio
da essa conquistato nel 1828. L'articolo
2 I dichiara, che il territorio ceduto dal-
la Ptussia sarà annesso alla Moldavia. Gli
articoli 22, 23, 24, ^5, 26, 27, 28 , 29,
riguardano i principati di Valacchia e di
Moldavia , non che quello di Servia , i
quali continuando nella sovranità della
Porta ottomana, il godimento de'privi-
legi e immunità si pose sotto la guaren-
tigia delle potenze contraenti Francia,
Austria, Inghilterra, Russia, Sardegna e
Prussia; vietandosi il protettorato esclu-
sivo d'una delle potenze garanti. La Por-
ta s'impegnò a conservare a' due princi-
pali Molclo-Valacchi l'amministrazione
indipendente nazionale, piena lil^ertà di
cullo, di legislazione, di commercio e di
i8o VAL
navigazione; così il principato di Servìa.
Si convenne la revisione delle leggi raol-
do-valacche mediante commissione da
formarsi dalle potenze,da riunirsi senz'in-
dugio a Bucharest; la quale commissio-
ne dover preparare le basi per l'orga-
nizzazione de* principati medesimi , pel
riordinamento politico e amministrativo.
Promise la Porta di subito convocare un
divano ad hoc sì per la Valacchia e si
per la Moldavia, composti in modo da
formare la rappresentanza più esatta de-
gl'interessi di tutte le classi della società
raoldo-valacca, onde esprimerei voti del-
le popolazioni sull' organizzazione de'
principati. Si stabilirono le loro principa-
li norme, dovendo l'organizzazione esse-
re sotto la garanzia collettiva di tutte
le potenze segnatarie. Si convenne l'esi-
stenza d'una forza armata nazionale ne'
due principati, per mantener la loro si-
curezza interna e quella delle frontiere,
dovendo respingere qualunque aggres-
sione straniera d'accordo colla Porta. La
quiete interna de'principati se minaccia-
ta, dover la Porta intendersi colle poten-
ze contraenti sulle misure da prendersi.
Si conservòjl diritto di presidiodella Por-
ta. Merita leggersi l'articolo riprodotto
dal n.° 128 del Giornale di Roma del
] 856, intorno alle bocche del Danubio,
alla Bessarabia, ed al territorio tolto al-
la Russia in forza del discorso trattato di
pace; poiché la guerra del 1828-29 e il
conseguente trattato estese i confini russi
dal Dniester al Prutb, onde die alla Rus-
sia il possesso delle bocche del Danubio.
Quindi le venivano agevolati i mezzi di
sturbare e impedire a norma de'propri
interessi il commercio che inclinava a di-
rigersi per quella grande arteria fluvia-
le dell' Europa. Traiano prima di con-
quistare il paese de'daci, oltre il Danu-
bio, costruì il Vallo di confine o baluar-
do di Kustendie , volle proteggere la
Moldo-Valacchia,da lui ridotta a colonia
romana, contro i daci, ì geti, i sarmati e al-
tri popoli barbariche abitavano lunghesso
VAL
il Dniester. Fu quindi osservato, che nel
1 856 lo stesso confine venne imposto a'di-
scendenti de'sarmati e sciti, i russi, per
uno scopo identico a quello di Traiano.
La cessione del territorio richiesta si vol-
le qualificare nel trattato, col vocabolo
urbano di Rettificazione del confine rus-
so in Bessarabia; con che la Russia perde
un 4-° della provincia con circa 25o,ooo
abitanti, comprese diverse città che avea
fortificate sulle sponde del Danubio e del
Prulh, massime Israaìl, tenuta per lungo
tempo inespugnabile e costata a'russi ri-
vi di sangue, quando nel 1789 la con-
quistò SouwarolF. Allontanata così la
Russia dal Prulh e dal Danubio, l'indi-
pendenza de'principati Dauubiani fu as-
sicurata contro ogni protettorato esclu»
sivo della Russia : insieme venne eretto
un argine territoriale e politico tra essa
e l'impero ottomano; laonde il piano se-
colare della Russia contro l'Oriente fu
rovesciato , o almeno per lungo tempo
prorogato. Quindi però non tardarono a
convergere tutte le preoccupazioni poli-
tiche quasi esclusivamente verso le pro-
vincieMoldo-Valacche: questo fu il pun-
to di mira in cui si concentrò tutta l'at-
tenzione del pubblico, non meno che del-
la diplomazia , e dura ancora. Imperoc-
ché si formarono della questione de'prin-
cipati Danubiani 3 questioni, cioè: i. "Re-
golazione de'confioi.2.'* Bocche delDanu-
bio.3.°Riorganizzazione interna ed ester-
na , la quale tosto risvegliò le più serie
inquietudini e fece prevedere i maggiori
conflitti, che tuttora prosieguono. Sicco-
me il i.^'e principale capo della que-
stione consiste nel progetto di riunione
delle due provincie in una sola, sotto un
sol governo e sotto 1' alta sovranità del
sultano, ne consegue che siffatta propo-
sta tende a modificare essenzialmente i
rapporti esterni de'principati non meno
verso la Porta che verso l'Europa. Le
potenze che vogliono 1' unione sono la
Francia, la Russia , la Prussia e la Sar-
degna: quelle che vogliono la separazio-
1
VAL
ne e lo stata quo, quanto all'esterno, so*
no rinf]hilteiTa, l'Austria e la Porta. Os-
serva la Civiltà Cattolica^ serie 3/, t. 7,
p. i5^'. Principati Danubiani. ^ha Por-
ta perchè non ama avere uno stato che
di fatto sarebbe poi da lei indipendente:
1' Austria perchè vede che 1' unione de'
principati è cosa tutta liberale alla mo-
derna , e non ama avere alle sue porte
un nuovo Piemonte ed una nuova Sviz-
zera : l'Inghilterra perchè essa non ama
il liberalismo se non quando l'è utile: e
le è inutile nella Moldo-Valacchia, anche
perchè fa disservìgio all'Austria con cui
l'Inghilterra è ora alleata. La Russia in-
vece pare che favorisca l'unione per dar
noia air Austria, alla Porta e all' Inghil-
terra insieme. La Sardegna poi , come
incaricata ora di proteggere le grandi i«
dee di libertà in lutto il mondo, favori-
sce l'unione senza voler saper altro. Ciò
non ostante, come dicemmo, pare che si
pensi ora ad un disegno proposto dal-
l'Inghilterra, il quale i giornalinon dico-
no ancora chiaro che cosa voglia essere,
ma certo non sarà favorevole all'unione:
aggi ungesi che anche la Francia vi abbia
consentito. Ma il P<2y5, giornale france-
se che è io voce di semi-ufficiale,protesla
che la Francia segue a volere l'unione de'
priucipali. Altri dicono che il disegno di
unione proposto dall' Inghilterra è ipo-
tetico; cioè nel caso in cui i divani voti-
no per la separazione. In tal caso, per
conciliare in qualche modo le diverse o-
pinioni, si proporrà, dicono, un'unione,
non politica, maamminis trativa".lnoltre
aggiunge la Civiltà Cattolica a p. 636.
^> Tutti i liberali d'Europa desiderano l'u-
nione de'principati Moldo-Valacchi ; la
quale la Riis<^ia, la Sardegna eia Prussia
vogliono parimenti per fiu* dispetto all'Au-
stria , e r Inghilterra non vuole per hv
dispetto alla Russia. L'Austria poi la te-
me assaissimo perchè porterebbe seco u«
no stalo liberale alle sue porte. Né man-
cano politici i quali pretendono essere
l'Austria e la Porta disposte ad impedir
VAL 181
l'unione, anco co* mezzi estremi di armi
e di guerra, sì che non sarebbe a stupi-
re se una guerra d'Occidente dovesse se-
guire come effetto della guerra d'Orien-
tel Ma non conviene, come dice il pro-
verbio italiano, farle vigilie de'guai". Fi-
nalmente osserva la Civiltà Cattolica a
p. 753. I principati Moldo-Valacchi so-
no situati sul Danubio e sulla via di Co-
stantinopoli; di che il padrone de''princi-
pati sarà il padrone del Bosforo e del
commercio del Danubio. Quinci si spie-
ga perchè da due secoli l'Europa si sia
occupata sì premurosamente di questo
territorio. Quelli che pretendono l'unio-
ne de'principati, si dice che principalmen-
te esigono. I . La Valacchia e la Moldavia,
con parte della Bessarabia , formeranno
uno slato unico sotto la mallevaria delle
grandi potenze. 2. La nazione avrà il di-
ritto di scegliere il suo principe nel pro-
prio seno, od io una delle famiglie prin-
cipesche d'Europa jil sultano riconosce-
rà la trasmissione ereditaria del potere
nella famiglia di quel principe , sotto la
mallevaria delle grandi potenze. 3. Al
principe eletto ed al suo governo sarà
riserbato d'introdurre nel paese le rifor-
me e le istituzioni necessarie, conforme-
mente alle massime stabilite dalla Porla,
d'accordo colle grandi potenze, cioè: l'a-
bolizione della servitìi, l'emancipazione
de'contadini, il proporzionale riparto del-
l'imposte su tutte le classi, l'introduzio-
ne di codici e di leggi simili a quelle che
esistono ne'paesi civili d Europa. Ma tor-
nando all'epoca che seguì la pace, si dis-
se da'pubblici giornali, che appena nel fi»
nir di giugno 1 856 Aalì pascià rientrò nel-
le sue funzioni di gran visir, il i.^suo atto
fu quello di sottoscrivere in nome della
Porta ottomana un'energica protesta as-
sai esplicita, contro ogni progelto'.che ab-
bia per iscopo di fare della Moldavia e
della Valacchia uno stato solo. Il divano
imperiale intanto pareva disposto di pro-
rogare a tutto agosto prossimo i poteri
di Ghika ospodaro di Moldavìa,e di Stir-
i82 VAL
bey ospodaro di Valaccbio; poteri th'e-
jano già spirati , giusta la uota coi)veii>
zioiie de'i4 o 24 gi"o'^^> (piando ambe-
due gli ospodari abdicuruuu iu loro rap-
presentanza. 11 principe Slirbey depose il
potere e l'annunziò a' 7 luglio con pro-
clama agli abitanti della Valaccbia , ri-
mettendo al consiglio straordinario d'am-
minislrazione, l'amministrazione provvi-
soria del paese , sotto la presidenza del
bano Emanuele Dalleano. Ammoni i va-
laccbi alla concordia e all'unione, pel ben
essere della patria comune, per corri-
spondere alle magnanime intenzioni del
sultano protettore e a quelle nobili delle
grandi potenze. Fincbè il commissario ot-
tomano e i commissari di dette potenze
in Bucharest conosceranno i desiderii e i
bisogni del paese, fu risoluto d' aflidar-
si in tjuest' intervallo la direzione degli
alTari di Valaccbia e di Moldavia all'am-
ininistrazione provvisoria di due speciali
caimacani, luogotenenti o vice-principi,
da durare Hncbè entri in vigore la nuo-
\a organizzazione cbe verrà garantita a
ciascuno ile'principati. Ad ogni caimacan
fu fissata la slessa lista civile degli ospo-
dari , cioè annui 60,000 ducati , corri-
spondenti a più di 700,000 franchi. A* 16
luglio il bano di Valaccbia Balleano no-
tificò agli abitanti del paese, cbe la Porta
gli avea comunicato 1' elezione al cai ma-
canato valacco di Sua Serenità il princi-
pe Alessandro Demetrio Gbika, figlio del
giù ospodaro di Moldavia, e di dovere ad
esso trasmettere il governo del piincipa-
to il consiglio straordinario d'ammini-
strazione. A' 29 luglio nella metropoli-
tana di Bucbarest,dinanzi a numerosa as-
se n>b!ea, si lesse il firmano che conferiva
ol principe A. Gbika la dignità di cai-
tnacan del principato valacco, prima in
lingua turca e poi in lingua rumena, se-
guendo l'allocuzione di Riamilbey por-
tatore del firmano. 11 caimacan rispose in
modo degno e fern»o. Nel firmano la Por-
ta sovente ripetè la parola sovranità , e
aoounzio l'arrivo de'commissari e T at-
VAL
funzione del prossimo riordinamento con
tanta impazienza atteso dalle popolazio-
ni. Secondo il tenore del firmano la cai-
inncania deve durare quanto l'elabora-
zione delle nuove riforme, e sino all'ele-
zione d'un nuovo vaivoda. La presenza
del corpo di[>lomalico, di tutte le nota-
bilità civili e militari indigene, di tutti i
ministri in funzione e d'un gran numero
di boiari, accrebbe lo splendore della so-
lennità. A' 24 luglio Teodoro Balcbe o
Balsacb in Jassy diresse all'armata un or-
dine del giorno, nel quale dichiarò: Che
avendo il principe Gregorio Gbika com-
pito il suo mandalo, la Porta erasi de-
gnata nominarlo caimacan del principa-
to di Moldavia, e di afìidargli il gover-
no provvisorio del paese. Esortò le trup-
pe d'ogni arma dell'esercito moldavo al-
l'esemplare disciplina e alia divozione al
governo, promettendogli un migliore av-
venire quando ne sarà aumentato il nu-
mero e migliorala l'organizzazione. Co-
me soldato uscilo dalle sue fila, promise
di saper valutare imparzialmente i servi-
gi e i meriti di ciascuno, e di curare e-
nergicamente che venissero soddisfatti
tutti i bisogni dell'armala. Ne'primi d'a-
gosto il coiileCoronini,comandanle il cor-
po austriaco d'occupazione, comunicò uf-
ficialmente alle serenità de'principi cai-
macani regnanti di Valaccbia e Molda-
via , cbe la sua missione era compita , e
che d'ordine del suo imperatore ritorna-
va in Austria , succedendolo nel coman-
do dell'imperiali truppe, finche restavano
nel paese, il tenente maresciallo barone
Marziani. Indi il conte Coronini a'g ago-
sto partì dal suo quartier generale di Bu-
charest, ot»de ritornare a Temeswar, la-
sciando di se ne' principali ouoratissirna
memoria, dopo averne ricevute pubbli-
che dimostrazioni. 1 n.i 22 5 e 247 del
Giornale di Roma del 1 856 riportano la
circolare e la noia del governo ottoma'
no a'suoi diplomatici , per parteciparla
alle rispettive corti alleate ov' erano ac-
creditali, sulla riorganizzazione de'priu-
VAL
ci pati Moldo-Valacclii, sulla convocazio-
ne de'dlvaoi ad IioCy e sulla coui missio-
ne europea da recarsi sul teatro de'suoi
lavori col delegato ottomauo, nelT inten-
dimento di spiegarsi sulla questione; poi-
ché la riorganizzazione de'principati con-
venuta dalla Porta per promuovere le
loro prosperità , posta sotto la guarenti-
gia delle potenze seguatarie del trattato
de'3o marzo, entra nel diritto pubblico
europeo, quindi si sviluppa come dover-
si operare. Fero il governo ottomano nel-
la circolare e nella nota^ geloso de'diritti
del sultano sovrano de* medesimi, com-
batte l'opinione d'una minoranza esisten-
te ne'principali che li vorrebbe riuniti in
un solo stato e governati da un solo prin-
cipe; opinione che avendo trovato un e-
co in alcuni gabinetti alleati della Porta,
questa co'due scritti in discorso volle il-
luminarli sulle fatali conseguenze che ne
deriverebbero, e rimuovere la divergen-
za d'opinione, non conforme all'idee con-
servatrici delle stesse grandi potenze di
Europa, d'integrità e indipendenza del-
l' impero ottomano, che fu loro guida
nelle stipulazioni di Parigi. Perciò, chia-
mò la loro seria attenzione sulle gravi e
perniciose conseguenze di tale sisteuìa,
spiegando loro il proprio modo di vedere
a questo riguardo, discutendo i due pun-
ii de'fautori dell'unione, i . Erigere uno
stato assai forte per servire di barriera
air impeto. 2. Creare un governo per la
Moldo- Valacchia, che colla sua unità d'a-
zione possa sviluppare il benessere de'
suoi abitami. Quanto al i." punto si so-
stiene, che l'unione non sarà barriera al-
l' impero, ma un imbarazzo e un conti-
nuo pericolo, anco ne' suoi rapporti co*
vicini. Quanto al 2.° punto si dichiara,
che da io secoli i due principati furono
due nazionalità separale, due corpi di-
stinti ; l' incorporarli insieme, produrre
immancabilmente la rovina de' vantaggi
goduti da ciascuno per le particolari lo-
ro istituzioni. LaServia esserne un esem-
pio palpabile: essa non conta che la me^
VAL
i83
là della popolazione di Valacchia e due
terzi di quella di Moldavia , e vive col-
le sue leggi felice e pacifica, con a ca-
po un governo forte e nazionale. Creder-
si quindi dal governo ottomano , che la
riunione de' due principati non sia una
condizione essenziale del benessere loro,
ed un bisogno reale per essi. La riunio-
ne non offrire vantaggi, ne per l'impero
e uè pe'moldo-valacchi, ma produrrà in-
convenienti per le due parti, e per conse-
guenza complicazioni per l'Europa inte-
ra. Il trattato de'3o marzo avere stabi-
lito per le riforme da introdursi ne'prin-
cipali, il principio di consultare i voti de*
due popoli, che la Porta intende per una
revisione di regolamenti organici, o mi-
glioramento dell'istituzioni de'due paesi,
per rendere i loro governi forti e stabi-
li, e le loro amministrazioni giuste e rego-
lari. Desiderare il governo ottomano che
sul regime del governo de'principati nel
rapporto col proprio impero, di cui sono
vassalli, non si debba rimettersi all' as-
semblea de'due paesi, che ponno preferi-
je le utopie alle verità e alle realtà, ma
ad un serio esame delle potenze alleate.
Ad ognuna delle provincie doversi assi-
curare un'amministrazione indipendente
e nazionale; però la forma del loro go-
verno non deve stare in opposizione col-
la costituzione dell'mipero da cui dipen-
dono; altrimenti saranno una continua
sorgente d'imbarazzi pel corpo a cui sono
legale, e non avrebbero una vita solida e
durevole. Frattanto insorsero complica-
zioni e dissapori in alcune parli dell'ese-
cuzione del trattato, come sullo sgombro
de'principati Danubiani dalle truppe au-
striache, sul prolungato soggiorno della
flotta inglese nel Bosforo e nel mar Nero
oltre i 28 ottobre, sui confini tra la Rus-
sia e la Turchia, ec. Ad eliminare siffat-
ti litigi, si convenne alla riunione d'un'
altra conferenza a Parigi , e chiarite le
controversie, fu firmato il suo protocollo
a'6 gennaio 1857 (non a'7, come seguen-
do la diligeolissimaCfVz7/à Cattolica^ dis-
i84 VAL
si sugli slampuiiidel voi. LXXXI, p.47 i»
L>eutiiè ne'giurtiaii leggessi la data del G,
acceuuaiidu la conclusione del nuovo
congresso degli alleati e delle potenze iu-
teiesiiate nel tiatlato), stabilendosi fra le
altre cose: per la nuova frontiera, seguen-
do il Vallo di Traiano fino al fiume Yal-
pouk, di lasciarsi Bolgrad e Tocbak alla
Moldavia; l'isola de' Serpenti considerar-
si come una dipendenza delle bocche del
Danubio; i nuovi lerrilorii all'ovest del-
la nuova delimitazione, doversi aggrega-
le alhi Moldavia, fuori del Delta del Da-
nubio, restituito alla Turchia; e che a'3o
inalzo la delimitazione sarebbe coiupilu,
e gli austriaci e gl'inglesi avrebbero ri-
speliivamente evacualo i principali Da-
nubiani e il mar Nero. A' io in Coslanti-
uopuli finalmente ebbero termine le con-
ferenze relative al fiiuianodi convocazio-
nede'divani moldo-valacchi, la cui reda-
zione fu lungamente combattuta, pel rior-
ganautento de'principati. Il firmano dal-
ia Porta fii indirizzato a'caimacan di Va-
lacchia e Moldavia per la convocazione
de'divani ue'due principati, per esprime-
re i desiderii di quelle popolazioni riguar-
do alle riforme da introdurre nelle loro
costituzioni. Il testo del firmano si ripro-
dusse dal iì° 32 del Giornale di Roma
del 1857. In esso fra le altre cose già e-
sposte, quanto al line e allo scopo, sulla
revisione delle leggi e statuti,si dice: avere
il sultano per stabilire un accordo perfetto
io tale revisione, convenuto colie poten-
ze che guai entirouo il trattato de'3o mar-
zo, che una commissione speciale, com-
posta de'Ioro delegati, si riunisca a Bu-
charest, col commissario e delegato del-
la Porta Mehemed Essaad Saafat, mu-
slechar del gran visir, afline d'esamina-
re lo stato attuale de'principati, e di pro-
porre le basi del futuro loro ordinamen-
to. L quanto alla riunione in ciascuna
delle due provincie d'un divano «fi /toc,
composto il) guisa da rappresentare gl'in-
teressi di tutte le classi della società , e
iu'caricalu d'esprimere i desiderii delle pò*
VA L
polazioni riguardo all'ordinamenlo defi-
nitivo de'principati, il sultano ordinò che
i divani fossero costituiti su basi che com-
pendierò. Oltre i metropolitani e i vesco-
vi di ciascuna provincia, che saranno di
diritto membri del divano, i superiori e
amministratori de' conventi, la cui pro-
prietà non ha la stessa destinazione, e-
leggeranno ciascuno separatamente 2 de-
putati originari del paese e laici, 4 ^'^
tutto; e i preti delia sede di ciascun ve-
scovo, da questi convocali , eleggeranno
tra loro un deputalo per diocesi per far
parte del divano. Tutti i boiari e i loro
figli, purché di 3o anni, nati nel paese o
naturalizzati, e in possesso de'Ioro diritti
civili, si riuniranno nel capoluogo del
distretto in cui sono domiciliati o possie-
dono una proprietà di 100 fuUhe alme-
no. Essi a maggioranza di voli vi eleg-
geranno 2 deputati pel divano ti a colo-
ro che posseggono almeno 5oo falshe. I
soli grandi boiari che soddisferanno a que-
st' ultima condizione saranno eleggibili
per qiie' distretti ove non hanno domi-
cilio. Tutti i proprietari in età di 3o an-
ni, godenti i diritti civili e possidenti da 5
a gg falshe, riuniti nel capoluogo del cir-
condario loro doQiicilio eleggeranno tra
loro 5 elettori di 2." grado, i quali tra
di loro nomineranno un deputato pel di-
vano. 1 comuni rurali di conladini man-
dei anno ciascuno 2 deputati di 1 ." grado,
i quali nomineranno Ira di loro 2 per e-
iettori di 2." grado , e questi nel capo*
luogo del distretto nomineranno tra di
se un deputato pel divano. La città, sede
del governo, nominerà 4 deputati pel di-
vano; le 2 città di 2.° ordine ciascuna 2
deputati; e le altre città capoluoghi di
distretto, un deputato ciascuna. Le ele-
zioni saranno fatte sulle basi indicate, e
su altre contenute nel firmano, e saran-
no candidali a questa deputazione. Gli
abitanti possidenti, oltre i nominali, case
non minori del valore di 20,000 piastre
per la capitale, e d'Booo per le altre cit-
tà. Gli esercenti professioni liberali, come
VAL
professori di scuole dello stato , membri
d'accademie o società letterarie e scienli-
£cbe riconosciute, medici, uomini di leg-
ge, ingegneri civili, mercanti di 3/ classe
iscritti nelle liste municipali , prevosti
delle diverse corporazioni acquali saran-
no aggiunti 3 delegali eletti dalla corpo-
razione. Tutti i nominali elettori nella se-
de di loro municipalità eleggeranno nel
proprio seno i deputali che ciascuna cit-
tà dovrà mandare al divano. Seguono le
Dorme per le liste elettorali. I deputati
delle varie provincie riunite in assemblea
generale costituiranno il divano ad hoCy
convocato per esprimere i desideri! del
principato riguardo agli statuti e regola-
menti in vigore. Tali voli saranno pri-
ma esaminati dalla commissione, coai po-
sta de'delegati della Porta e delle suddet-
te potenze, e discussi poi tra la Porta e i
suoi alleati. Il presidente del divano sarà
il metropolitano, assistito da un vice-pre-
sidente eletto fra'boiari dii." classe dalla
maggioranza de'voti in assemblea genera-
le. 1 segretari, in numero eguale a quel-
lo delle classi che sono rappresentate, sa-
ranno pur nominati a maggioranza di
■voli. Ciascun comitato, formato da' de-
putali di ciascuna classe per studiare le
diverse questioni riguardanti i loro inte-
ressi, eleggerà il suo presidente a mag-
gioranza di voti. La Porta accordò ad o-
gni divano 6 mesi a tercninare i suoi lavo-
ri, i quali non dovere attentare aVliritli
di sua sovranità, onde operarsi l'ordina-
menlo definitivo. Continuò intanto la
discorsa questione dell'unione politica e
amministrativa de' principati, avversata
dall'Austria, dall'Inghilterra e dalla Tur-
chia; la gazzetta di Colonia tultavolta fe-
ce noto, che desse sarebbero disposte a
stabihr ne'principati l'unità delle dogane,
deir esercito e della suprema autorità
giudiziaria, non che dell'organizzazione
amministrativa; concessioni cui non mo-
strarono di contentarsi Francia, Russia,
Prussia e Sardegna. Hi .° marzo seguì la
cousegna della parte della Dcssurabiu alla
VAL i85
Moldavia,com presa nella nuova delimita-
zione, ed i russi passato il Pruth lasciaro-
no il nuovo territorio della Moldavia. Al
cominciar dello stesso marzo gli austriaci
principiarono a ri|,irarsi da' principati;
dalla Moldavia a' i6 partirono i super-
stiti di Jassy, tranne i malati nello speda-
le di s. Spirito; nella Valacchia a'24 ab-
bandonarono Bucharest, e nel di seguen-
te parli il lenente maresciallo Marziani
col quartiere generale. Al 3o marzo i
principati erano del tutto evacuati dagli
austriaci. Eseguite dalla Russia e dal-
l'Austria le loro obbligazioni, lord Lyons
abbandonò colla squadra inglese l'acque
del mar Nero e del Bosforo. A'28 marzo
il sultano Abdul Medjid , giorno prece-
dente alla partenza della flotta , si recò
formalmente a visitare il vascello ammi-
raglio Pioyal Albert, portante la bandie-
ra dell'ammiraglio Lyons, e fu lai.^ vi-
sita fatta da un sovrano ottomano ad uq
vascello straniero, perciò ricevuto eoa
grandi onorificenze; esprimendo il sulta-
no l'alta sua soddisfazione per la mira-
bile disposizione del magnifico vascello,
tra'suoni delle bande, le salve d'artiglie-
ria e gli urrah de' marinari. A misura
che le truppe austriache si ritirarono da*
principati , una divisione ottomana di
10,000 uomini e comandata dal muscir
Halim pascià , gli occupò all' effetto di
mantenere il buon ordine e la pubblica
tranquillità durante l'elezione de'divani
e le altre operazioni necessarie al riorga-
nameoto. Tostochè il nuovo ordine di co-
se sarà definitivamente stabilito, queste
truppe evacueranno il territorio moldo-
valacco. Intanto la Porta concesse a Jas-
sy la banca nazionale moldava; e per la
morte del gran vornic ocaimacan di Mol-
davia Teodoro Balsach, con firmano d'in-
vesti tura, riferito a p. 33o del Giorna-
le di Roma, nella luogotenenza dell' o-
spodarato di Moldavia gli die a succes-
sore il principe Nicolò Conaki Vogori-
des , antico ministro de' lavori pubblici
sotto l'ospodaro Ghika, con elogio di sue
i86 VAL
idunee qualità , raccomandandogìi una
condotta e^senzialaiente coiifonne a' re»
goinmenti in vigore, nell'aHìdaigli l'am-
fiiinistrazione provvisoria del principato,
a seconda del firmano sul divano ini*
periate precedentemente emanato, e di
farlo rispettare con sagace fedeltà. Fu
osservato, die il caimacan Vogorides, a*
iiialo nella Moldavia esceilo per rinfluen-
la di Rescliid pascià, trovò grande oppo-
sizione nel consiglio, per aver inaugura-
to un principio di repressione contro i
vagheggiatori delTunioiie de' principali;
mentre il caimacan di Valaccliia Gliika
lanciò completa libertà alle opinioni del
popolo, da far travedere che il divano va-
lacco si dichiarerà unanimemente per
Funioue. Di più nel maggio si considerò
da alcuni, che il firmano di convocazio-
ne de' divani venne redallo quasi sul re-
golamento organico della Moldavia, con
poco riguardo a quello dtlla Valacchia,
profondamente diverso dall' altro così
nella furn)a cotne nella sostanza. Perfet-
tamente adatto, per conseguenza, a'biso-
gni civili e politici dell' istituzioni mol-
dave, il firmano fu taccialo di presenta»
re delle didicoltà d'applicazioue riguar-
do alla Valacchia. Da ciò nacque che le
liste elettorali e i lavori preparatorii per
l'elezioni de' rappresentanti erano termi-
nati a Jussy, quando a Buchaiest non e-
rano ancora cominciati. Questo risulta-
to, sia che fosse stato calcolato e prepa-
rato appositamente dalla Porta e dalle
potenze che l'appoggiano fino dall'epoca
della redazione del firmano, come pen-
sano alcuni , sia che fosse uu semplice
effetto del caso, come vogliono altri, non
venne sentilo dall'ambasciatore francese
Thouvenel, se non quando passò allo
stalo di fatto compiuto, e non fu più pos-
sibile di non vedere le conseguenze che
ne sarebbero derivate in disfavore del
partito dell' unione che la Frauda so-
stenne con tanto calore. In effetto egli è
noto che il pensiero anli-unionista pre«
vale iu Moldavia, mentre la fazione con-
VAL
trarla ha il disopra in Valacchia. In tale
stato di cose, la Francia procurò di di'
sospendere l'operazioni elellorali in Mol-
davia, aHinchè avessero luogo simulta-
neamente con quelle di Valacchia, men-
tre la Porta aveva interesse che si faces-
se il contrario, e voleva la riunione del
divano di Jassy non dovesse essere me-
nomamente subordmala a quella del di-
vano di Bucharest. Mentici lavori pre-
paratorii per l'elezioni erano compiuti in
Moldavia, incominciali appena in Valac-
chia, si elevarono reclami per le misure
prese a Jassy dal principe Vogorides, da
qualcuno qualificandosi la sua condotta
arbitraria e attenlaloria alla libertà d'o-
pinione. L'ambasciatore francese si fece
l'eco di queste lagnanze; e diresse una
1.^ nota alla Porta, domandando la de-
stituzione del Vogorides e 1* aggiorna-
mento dell'elezioni moldave, finche fos-
sero dichiarali alcuni punti oscuri o dub-
biosi del firmano di convocazione. Ricor-
dò che queste oscurità e dubbiezze si ri-
ferivano unicamente alla Valacchia, di-
cendosi da lui, che del suo regolamento
organico nel firtnano di con vocazione noa
erasi tenuto conto. La Porta rispose al-
la nota francese, ch'ella non vedeva nel
firmano nulla d'incerto o d'oscuro; che
d'altronde esso era stalo elaborato e di-
scusso dalla conferenza tenuta in Costan-
tinopoli da'ministri delle potenze segna-
tarie del trattato di Parigi , conferenza
di cui lo slesso ambasciatore Thouvenel
faceva parte; perciò le recava sorpresa
ch'egli trovasse ora delle dillìcoltà in un
documento alla cui redazione avea con-
corso; tutta volta avrebbe acconsentito di
sottoporre l'emergente ad una imo va con-
ferenza, e siccome lutti i segnatari al trat-
tato di Parigi aveano dato vita al firma-
no, il comune accordo di tutti soltanto
poteva decidere, se e come si dovesse iu-
lerpretare. Furono intanto consultati gii
altri rappresentanti esteri. Quelli d'Au-
stria e Inghilterra risposero in senso con-
forme alle dichiarazioni del governo ot-
VAL
tornano, aggiùngendo che alla sola Por-
la spelta il tliiillo di dare oidiui e deci-
dere quanto meglio conviene sull'elezio-
ni , mentre la parte dell'altre potenze
doversi unicamente limitare a sindacai*
l'operazioni ed emettere de' consigli. 11
rappresentante della Prussia disse do-
mandar isti uzioni al suo governo; quel di
Bussia si riservò d'accedei e all'opinione
della maggioranza; quello solo di Sarde-
gna si dichiarò in senso favorevole all'o-
pinar di Francia. Avute queste risposte,
la Porla mandò istruzioni al caitnacau
Vogorides, che cominci l'elezioni, e in-
sieme ordinò al proprio commissario
d'abbcindonar Jassy, acciò non si taccias-
se d'influenzar l'elezioni elettorali. Allo-
ra l'anibasciator francese emise proteste
contro l'elezioni illegali, come le chia-
mò, perchè non erano simultanee ne'due
principati e non ancora chiariti i punti
da lui tenuti oscuri del Hi mano ; benaì
accettò la proposta conferenza , perchè
non eravi altro modo di porsi d' accor-
do. Dopo qualche opposizione da parte
di lord de Redclifle, la riunioneebbe luo-
go a' 3o maggio iSSy. L'ambasciatore
francese propose che si decidesse a mag-
gioranza , contando sui voti di Russia,
Prussia e Sardegna; ma tal proposta fu
subilo rigettata, perchè il decidere tocca
solo alla Turchia, gli altri non potendo
che esprimere il loro parere e consiglia-
re. Dopo parecchie discussioni, e senz'af-
fallo biasimare il Vogorides, si concluse.
Che l'elezioni di Moldavia non sarebbe-
ro aggiornate. Che si rimetterebbe al
caimacan di Valacchia l'incarico d'inter-
pretare fedelmente e lealmente gli i i
punti, riconosciuti dubbi nel firmano, e
di modificarne l'applicazione a secoiida
dell'esigenze speciali del paese. Che si co-
municherebbe al caimacan Vogorides ta-
li istruzioni, con ordine d'uniformarvisi,
salvo i casi propri della Moldavia. Che
si richiamerebbe l'attenzione de'commis-
sari europei di Bucharest sughi i punti
oscuri del firmano, e di dovere sciogliere
VAL 187
le questioni elettorali che potessero sor-
gere, e che alle sue decisioni il caitnacau
di Moldavia dovesse cedere. Che si prò*
cederebbe attivainenle in Valacchia alla
formazione delle liste elettorali, e 3o gior-
ni dopo la pubblicazione loro si darebbe
principio all'elezioni. Nondimeno il con-
flitto e la discrepante questione s'inasprì
tanto, da far perfino quasi dimenticare
la terribile e feroce sollevazione dell' In-
die orientali contro gl'inglesi. L'8 luglio
la Porta ordinò che si so[)rassedesse al-
l'elezioni moldave, con approvazione di
Francia, colla condizione che intanto si
rivedessero le liste elettorali. Frattanto
gli ambasciatori delle potenze ostili all'u-
nione fecero di tutto in Costantinopoli
perchè l' elezioni fossero subito fatte , e
dicesi che tali furono l'insistenze di quel-
lo inglese e dell' interounzio austriaco
Prokesck, che la Porta, slimandosi sicu-
ra per le loro promesse, fece risoluta-
mente e con fermezza procedere all'ele-
zioni, le quali stabilite pe' 1 1 luglio e pro-
tratte a' 18, si compirono prima del tem-
po assegnalo, pronunziandosi la maggio-
ranza degli elettori contro il progetto
d' unione ; non rimanendo alle potenze
desiderose di migliori elezioni, altro ri-
medio che il protestare contro la loro va-
lidità. Protestarono infalli tanto energi-
camente, che la Porta dovette cambiare
il ministero, lasciando cadere il gran vi-
sir Pieschid pascià, a cui sostituì Aah pa-
scià suo rappresentante al congresso di
Parigi. Ma il licenziamento del minislro
non bastava alla Francia e alle potenze
a lei unite nella questione. Esse voleva-
no r annullamento intero dell'elezioni
moldave; il che ricusando di fare la Por-
ta, la rottura diplomatica era in sul pun-
to di scoppiare. Stando ferma la Francia
nel chiedere l'annullamento dell'elezioni
moldave, anche dopo la caduta del mini-
stro che le sosteneva, né la Porta, confor-
tala da'rappresentanli inglese e austriaco,
mostrandosi disposta a piegare, il nodo
diplomatico era tale che già si prognosLi-
88
VAL
cavano guerre e sangue , per aver inler-
lulto osili punto (l'interrompere del tut-
to le loro relazioni col sultano, i rappre-
sentanti francese, russo, pi assi ano e sar-
do. Ma il viaggio e visita dell' imperato-
re Napoleone III, fatta ad Osborne alla
regina d'Inghilterra, acconciò ogni cosa,
e la mala intelligenza delle parli, col suo
ministro degli aifari esteri che T accom-
pagnava, ponendosi d'accordo coi gover-
no iiigle.«.e, col riconosce» si le elezioni mol-
dave alquanto viziose e irregolari, o al-
meno apparentemente. Il gabinetto au-
striaco convenne ne'risiiilati delle confe-
renze d' Osborne. Le 6 potenze quindi si
concertarono per chiedere alla Porta l'an-
nullamento dell'elezioni moldave, e fu la
soluzione della differenza che l'avea divi-
de. Quindi l'Austria e l'Inghilterra con-
sigliarono la Porla di rivedere le liste elet-
torati, ed'intraprenderenuove eiezioni in
I\lulda via, permettendolo la sua diguitùe
i suoi interessi per l'unanime domande
di tutte le potenze, conservandosi Vogo-
rides nelle funzioni di caioiacan. Di con-
seguenza nel declinar d'agosto la Porta
ordinò che l'elezioni moldave fossero an-
nullate, e dopo 1 5 giorni si procedesse al-
le nuove elezioni; e fu detto, dopo esser-
si assicurala che il progetto di riunione
non avrebbe più luogo. A* 3o agosto i
rappresentanti delle potenze ripresero le
loro relazioni uQìcialì colla Porta, dopo
aver rialzato le loro bandiere. Disse al-
lora ì'Univers queste gravi parole: La
tremenda rivolta dell' India ha prodotto
il sì pronto scioglimento del conflitto di
Costantinopoli pe' principati; 1' India ha
fatto perdere all'Inghilterra la preponde-
ranza che aveva sugli affari d'Europa;
l'India va a togliere l'ultimo ostacolo al
taglio dell'Istmo diSuez, di cui riparlai nel
■voi. LXXXIV, p. 22, insieme all'occu-
pazione dell'isola di Perim, che la Porta
possiede dal 1 535,per signoreggiarlo; l'In-
dia ha impedito che si rompessero le di-
plomatiche relazioni fra Napoli e il Pie-
monte; l'India certo permetterà all'Eu-
VAL
ropn di liberarsi dagli eterni agitatori, di
cui r Inghilterra é il rifugio (e da dove
partirono anche per 1* infernale aggres-
sione, a' i4 gennaio i858 avvenuta in
Parigi contro la vita dell* imperatore e
imperatrice). La rivoluzione ha avu-
to un gran colpo sul continente a ca-
gione degl'imbarazzi che l'India ha su-
scitato a' nostri vicini : questo mede-
simo colpo tocca anche la propaganda
protestante, alleata più o meno volonta-
ria della rivoluzione! L'equilibrio euro-
peo va a cauìbiare la sua base; entriamo
in nuovo periodo politico I Così VUnivers
del settembre 1857. Ma nuovi avveni-
menti si successero, io questi correnti
tempi così di essi tanto fecondi. Mentre
a' 16 settembre si aprì al pubblico la fer-
rovia da SzegheJino a Temeswar in Un-
gheria, ne'conflui della Turchia; in que-
sta a* 2 2 seguì la solenne inaugurazione
de'Iavori della strada ferrata da Smirne
ad Aidin, e il governatore Mustafà pa-
scià con una pala d'argento mosse la ter-
ra per dare cominciamenlo alla prima
ferrovia di Turchia, pronunziandio ana-
logo discorso. Quanto alla questione eu-
ropea de'priocipali ed alle nuove elezio-
ni , queste procederoao in senso ftivore-
vole alla causa dell'unione della Valac-
chia e Moldavia in uno stato solo, concor-
rendovi alle moldave il clero, che nelle
precedenti elezioni erasi astenuto di vo-
tare. Anche in Valacchia una considere-
vole maggioranza si pronunziò per ia cau-
sa dell'unione sotto un principe straniero
di dinastia occidentale (si dissero preten-
denti della nuova corona Daco-Rumena
il principe Murat e il principe Nicolò di
Leuchteidjerg di i4 anni), un governo
rappresentativo e slato neutrale. Tanto
proclamarono i divani di Valacchia e
di Moldavia, interamente influenzati da-
gli antichi agitatori e corifei delle rivo-
Kizioiii del 1 84B. Nel Giornale di Roma
del 1837 si leggono: nel n.*'26i il rappor-
to della commissione del divano di Va-
lacchia; nel a.°265 il volo ancora di più
VAL
esigente del divano di Moldavia; e nel
n.^iG/l il dispaccio contrario della Por-
ta a'iappresenlanli delle potenze segnata-
ne del trattato di Parigi, acciocché nel-
la conferenza da tenersi ad hoc da* me-
desimi in quella metropoli, si combat-
tessero le domande nazionali dell'assem-
blee moldo-valacclie , le quali invece di
domandare le riforraeamministrative,pei'
le quali erano slate formate, invocarono
le politiche, con manifesto attentato olla
sovranità della Porta. Questa impugnan-
do virilmente la prelesa unione politica
e nazionale de'princìpati, soltanto si mo-
stra di convenire a quella amministrati-
ve, giudiziaria, finanziaria e militare, se-
condo ancora le viste della confinante
Austria e dell'Inghilterra. Altrimenti l'in-
dipendenza e l'integrità dell'impero ot-
tomano sarebbe incompatibile e alta-
mente compromessa. Alcune potenze che
favoriscono 1' unione, toglierebbero un
valido baluardo allaTurchia, mentre dal-
l'altro canto presero e prendono tanto in-
teresse per la sua conservazione. Il sulta-
no per dichiararsi meglio e più aperta-
mente contro l'unione, ripristinò nel vi-
sirato Reschid pascià , che avea sagrifi-
calo a'Iamenti delle 4 potenze unioniste,
dopo essere andato da lui formalmente a
pranzo ed a passar con esso un'intera se-
rata, contro ogni uso della severa etichet-
ta de'sultani. 11 ministero si ricompose a'
22 ottobre, venendo pure reintegralodel-
la carica di gran maestro dell' artiglieria
Ahmet Fethi pascià. Eransi fatti de' ri-
marchi sull'indugiare della Porta alla ra-
tifica del trattato concluso per la libera
navigazione del Danubio abilmente a
Vienna, dalla commissione degli slati ri-
\ieraschi di detto fiume. Fece meravi-
gliare tal dilazione sopra un allo di di-
ritto pubblico europeo, mentre questo è
il i." trattato al quale partecipa la Porla
nella nuova sua posizione nel concerto
europeo. Questa è lai." volta in cui essa
esce dall' isolamento nel quale la lascia-
l'ono uè' tempi anteriori le potenze cri-
VAL
189
sliane ; mentre oggi sta con egual diritto
nel numero degli altri stali d* Europa,
pel convenuto ne'congressi di Vienna e
di Parigi. Finalmente si sottoscrisse Tat-
to rS novembre 1857, non però da'com-
missari de' principati di Servia (contro il
qual principe fu scoperta la congiura,
ordita orribilmente per ucciderlo a'bagni
di Brestowatz, non meno contro l'istitu-
zioni e l'esistenza politica del principato,
alla testa del quale era il presidente del
senato Stefano Slefanovich. Il principe
però si mostrò indulgente mitigando la
sentenza emanata contro i rei, e riferita
a p. 1089 del Giornale di Roma), Va-
lacchia e Moldavia, essendovisi opposto
l'ottomano per considerare i detti 3 prin-
cipati Danubiani sottomessi alla Turchia
e non essere sovrani indipendenti. Per
cui i 3 governi si proposero ricorrere al
congresso che si deve adunare in Parigi
per regolare definitivamente la grave e
complicata questione Moldo-Valacca. l
principati Danubiani parlano dell'auto-
nomia de' diritti che possiedono già da
600 anni, secondo il tenore delle loro
antiche capitolazioni colla Porta conclu-
se nel 1393, 1460, i5i I, 1634 , e non
vogliono rispellare i diritti della Porta
garantiti da latte le potenze segnalarie
nel trattato di Parigi deli 856. A Bucha-
rest ed a Jassy si espresse il voto politico
nel reggimento de'principali, bramando-
si uniti in uno stalo soloda chiamarsi ^o-
mania,e retto da un principe straniero e-
reditario, da scegliersi Ira le dinastie re-
gnanti d'Europa, i cui figli siano educati
nella religione del paese; che il territorio
del nuovo stato sia neutrale;einfinecheil
potere legislativo sia affidato ad una sola
assembleagenerale.il qual voto, dato dal-
le due assemblee moldo-valacche, lascia
però liberi i grandi potentati europei so-
pra il decidere se convenga o no effet-
tuarlo. E questi sono finora ben lontani
dall'essere d'accordo sopra il conto che
si debba fare di tale volo. Speriamo che
il fili uro congresso di Parigi acconceià
igo VAL
pacificamente lulle le narrate difTerenze
e pretensioni. Tale unione, voluta ila spi-
rili allucinati, esaltali e anibiziosi , sa-
rebbe il segnale dello scioglimenlo del-
l'impero turco, non volendo essi circo-
scrivere i loro temerari progetti ne' soli
due principati, ma estenderli median-
te cioè la fì)rmazione d' ini regno Rume-
no, d'un regno della Servia, tV un gran
ducato di Bulgaria, d'un ducalo della Bo-
snia, e d' un gran principato del Monte
^^egro e per capitale Sciitari (F.). Non
mancarono moldo-valacchi di presentare
alla Porta e alle potenze europee unme'
morandunij in cui gli apparenti vantaggi
d'una unione vengono posti nella vera lu-
ce, enumerandone i prevalenti svantag-
gi e futuri pericoli, raccomandando cal-
damente i veri e solidi interessi delle due
Provincie. Arroge quanto pubblicò il
(^70/'A7<7/r^//?omflap. io88.1ntantonon
senza qualche apprensione si osserva da
taluno, in generale non esserci maomet-
tani riconoscenli a' soccorsi prestali alla
Turchia ; dappoiché non è nell' Indie o-
rientali snlaa»enle che da'maomellani si
corra all'armi, rinìarcandosi un arma-
mento quasi generale, anco de' più paci-
fici mussulmani nell'Asia minore, nella
Siria, nell'Egitto e in altre regioni.
Avendo tenuto dietro a questo grave
argomento, dal punto in che inviai il mio
IDS. di questo articolo, fino ad oggi che
lo ricevo impresso nelle provedi stampa,
ecco quanto mi fu dato raccogliere. Nel
declinar di dicembre iSSy, si ripristina-
rono le relazioni fra Thouvenel e il gran
visir Reschid. Ma quest'ultimo genio in-
telligente morì a' 7 gennaio i858, per-
dendo in lui la Porta il suo i.° uomo di
stato. Egli avea compreso, che il gover-
no tuico dovea risolutamente gettarsi
nella via delle riforme scritte nell'Hatt-
Humayoum deli 854, e con perseveran-
za instancabile le altuava; la morie pe-
rò lo colpì prima di compiere la sua mis-
sione. Si legge la biografia del grand'uo-
mo a p. 5o del Giornale dì Roma, ove
VAL
si rimarca che nelle sue diverse amba-
scerie presso le principali corti d'Euro-
pa, passò per Roma ov'ebbe un'udienza
da Gregorio XVI. Era questa una cosa
nuova nella storia dell* impero ottoma-
no. La stia perdita fu compianta in Tur-
chia come pubblica sciagura. La trista
nuova fu dal sidlnno ricevuta con pro-
fonda commozione, e mandò le sue con-
doglianze alla di lui famiglia. La Civil-
tà CatfnlicajUeWa dispensa de'6 febbra-
io i858 riporta a p. 382 nozioni atialo-
ghe e interessanti. Dice che Reschid for-
se non avea di turco che la nascita e il
nome. Egli era oslile alla Russia, ed a-
Hiicissimo dell'Inghilterra, ch'egli crede-
va necessaria al mantenimento dell'im-
pero. Perciò a Pieschid doversi in gran
parte la potenza del suo ambasciatore ia
Costantinopoli, la guerra contro la Rus-
sia e quanto ne seguì. L'avvenire dirà se
Picschid fu buon politico. Era suo desi-
derio mutar poco a poco la Turchia in
uno stato veramente europeo; e si slava
occupando sopra un disegno che doveva
rendere realmente liberi i cristiani dalle
prepotenti vessazioni de' pascià. Egli fu
ministro 6 volte, benché non sia morto
che dell'età di circa 5o anni. Il gabinet-
to ottomano quindi l'i i gennaio si mo-
dificò con A'alì pascià di nuovo granvi-
sir, Fuad pascià ebbe gli affari esteri,
Riprisli Mehemet pascià divenne presi-
dente del Tanzimat. Il divano di Valac-
chia nel suo voto a favore dell'unione
colla Moldavia, stabilì che dovea essere
subordinato alla possibilità d'ottenere un
priucipe straniero ereditario, altrimenti
intendere far da se. La Porta si occupò
di proporre una costituzione moldo-va-
Iacca,da presentarsi all'approvazione del
congresso di Parigi, bramando un prin-
cipe per ciascun principato scelto a vita
tra le principali famiglie del paese e con-
fermato dal sultano. Secondo tale costi-
tuzione, i dueospodari o vaivodi avran-
no un corpo deliberante per l* interna
amminislrazione, la quale dovendo es-
VAL
sere comune a'tlue paesi, i corpi delibe-
ranti si aduneranno ora a Jassy e ora a
Bucliarest per trattare insieme gli affa-
ri. Sembra dunque che la sorte futura
de' principati sia, d'esser separati politi-
camente, ed uniti solo amministrativa-
mente ; se pure non tornino nelle pre-
cedenti condizioni. I divani essersi occu-
pati più d' utopie politicbe, che dello
scopo per cui furono convociili, il valac-
co chiuse le sue tornate nel principio di
novembre, e il moldavo si sciolse verso
la metà di dicembre. I due divani invece
d'occuparsi delle leggi amministrative,
anzi rifiutandosene innanzi d'ottenere
l'unione, si occupaiono con ardore di
quelle di persecuzione contro la Chiesa
cattolica, facendo con ciò intendere da
quale spirilo erano mossi, cioè anticat-
tolici di cuore. In fatti il divano molda-
vo decise che fosse nullo il matrimonio
d'una moldava con un cattolico. Che 20
anni di soggiorno nel paese non ballasse
a' cattolici per ottenere la cittadinanza,
ed altrettali leggi d'intolleranza religio-
sa, voluta a nome del liberalismo spal-
leggiatore della causa de' rumeni. Pare
che colla fine del 18 Sy cessassero ne'prin-
cipati tutte l'illusioni e simpatie per l'u-
nione e per la politica in generale : fer-
rovìe, linee telegrafiche, iniprese di na-
vigazione a vapore del Danubio, non si
fanno senza denari. A'25 gennaio i858
in Jassy fu dal principe caimacan solen-
nemente pubblicato il firmano del sul-
tano chediscioglie il d'iMauo ad hoc. Quel-
lo che sciolse il divano di Valacchia si
legge a p. 1 28 del Giornale di Roma.
La proposta ambiziosa de'principi stra-
nieri fu sempre respinta dalla Porta ;
indi venne abbandonala dalle potenze
soscrittrici del trattato di pace di Parigi,
come del tutto impraticnbile. Quelle po-
tenze nel trattato ebbero per scopo prin*
cipale, oltre di assicurare l'indipenden-
za dell'impero ottomano, e migliorare la
sorte delle popolazioni cristiane dalla sua
alla sovranilà dipendenti,eziandiodi por-
VAL 191
re le franchigie e privilegi antichi de'prin-
cipali Danubiani sotto la guarentigia del
diritto europeo, per trovarvi nuovi ele-
menti d'ordine e di prosperità, senza le
quali la loro sorte non sarebbe mai ve-
ramente migliorata. La Francia in so-
stanza proclamò la fusione meramente
amministrativa, e che invece di due o-
spodari uno solo la Porta nominasse al
governo della Valacchia e della Molda-
via. Nacque quindi prima discordia fra
la commissione europea ed i divani ad
hoc, poiché gli agitatori che seppero por-
si alla direzione delle cose, si occuparo-
nodelle ideali in una serie di sedute tem-
pestose. Le notabilità de' divani, strepi-
tanti esaltati, dierono la loro dimissio-
ne e partirono in congedo, il che fu ma-
nifesto indizio del prossimo scioglimen-
to del parlamento sovrano della Valac-
chia e Moldavia, come segm. La Porla
vide con piacere che i diversi governi ne
conobbero la necessità, tolto che la com-
missione europea avesse fitto il suo rap-
porto finale, a seconda del trattalo. Ne*
primi dell 858 dalla Francia, Inghilter-
ra, Prussia e Russia fu stabilita la mas-
sima , che la convenzione elaborata a Ga-
latz ed a Vienna dalla commissione de-
gli slati rivieraschi del Danubio, per re-
golare la navigazione de'fìumi che toc-
cano vari stati e sancirne la libertà del
commercio, per essere applicata al Danu-
bio e alle sue foci, abbisogna prima di far
parte del diritto pubblico europeo della
sanzione della conferenza di Parigi, da
adunarsi forse nel declinar di febbraio,
per regolare la questione de' principati
Danubiani. L'Austria però inerendo alla
libertà^ di navigazione sui fiumi detti
Convenzionali, proclamala nel congres-
so di Vienna del 181 5, sostenne l'opinio-
ne contraria, cioè che il congresso debba
semplicemente prendere notizia della
convenzione preparala dalla commissio-
ne, e pare che la Turchia pure fosse di
tale avviso. A'23 gennaio furono pubbli-
cali a Vienna io articoli de'47 dell'atto
192 VAL
della libera navigazinne del Dannino fi-
no ni mar Nero, e contengono i principii
direttori di esso: sono riportati nel n.°27
del Giornale di Ronia, e nel n.° 29 an-
che altri 5 articoli importanti del docu-
mento. Nel partire da Costantinopoli di
lord Statford de Redclifle, fu ammesso a
far visita di comminto anche al principe
imperiale Murad Effendi Hasredleri, non
che al principe imperiale AbduI Aziz Ef-
fendi Hasredleri erede presuntivo della
corona. Questa è la prima volta che il
prìncipe ereditario ricevè la visita d* un
ambasciatore europeo. E il sultano ora
ha ricevuto anche dalla Prussia l'ordine
dell'Aquila Nera. Intanto la Russia pro-
testò in Londra e in Costantinopoli con-
tro l'occupazione fatta dagl* inglesi della
compagnia Anglo-Indiana, dell' isola di
Perim, chiave del mare Rosso e dell'esi-
stenza de'dominii del sultano nell' Egit-
to, come contraria all'integrità dellaTur-
chia, aprendo una breccia sulla Raaba
della Mecca, ch'é la preziosa gemma del
califfato del sultano; la cui importanza
si connette cogl' interessi universali del
canale di Suez. I popoli de'luoghi vicini
n Perim, allarmati dell' imponente ap-
parecchio militare degl'inglesi, indiriz-
zarono una petizione alla Porta sotto-
scritta da lutti i loro capi civili e reli-
giosi per l'espulsione di essi che minac-
ciano invadere Moka, tutto il Yemen, e
di avviluppare la città di Mecca, sede del
sceriffato e del califfato del sultano. Giun-
to in Costantinopoli Lesseps promotore
del taglio dell'Istmo di Suez, onde otte-
nerne la definitiva sanzione dalla Porta,
trovò buon'accoglienza per la sua pro-
gettata unione del Mediterraneo col ma-
re Rosso o Oceano Indiano, ma doversi
prima di trattarlo ricuperare l' isola di
Perim, altrimenti sarebbe una chimera
la neutralità del canale. Anche il taglio
dell'Istmo di Corinto fu proposto in Gre-
cia durante la presenza di Lesseps, e tro-
vò subito favore e approvazione in mas-
sima. Quello poi di Suez è di grande utili-
V A L
tà universnle,e mettendo l'Europa civiliz-
zata in continuo e facile contatto con po-
poli abbrutiti nell'ignoranza, senza cono-
scenza di Dio e della verità, coopererà a
far loro arrivare i benefizi del cristiane-
simo e della civilizzazione. Neil' accade-
mia delle scienze di Vienna degli 8 gen-
naio 18 58 il barone di Czoering tenne
nn discorso intorno al taglio dell' Istmo
di Suez. Disse, che fin dall'epoca de'Fa-
raoni avrebbe esistitoli piano dell'unio-
ne de'due mari, e negli ultimi tempi es-
so sarebbe stato l'oggetto degl* interessi
generali. Il grande Bosforo di Suez riu-
scirebbe di massimo vantaggio per l'Au-
stria, specialmente pe'porti di Trieste e
Venezia, i quali situati per così dire alla
porta dell'oriente, ne trarrebbero i più
prossimi utili. Le merci patrie ora tro-
vano smercio in Nubia e nell'Abissinia;
scavato che sia il Bosforo, esse lo trove-
ranno anche nell' Indie orientali e nella
Cina. Anche per le città di Germania me-
ridionale ritornerà un'epoca di prospe-
rità come durante la floridezza di Ve-
nezia. A ciò contribuirà 1' agevolato si-
stema doganale dell' Europa centrale ,
non meno che la ferrovia e il telegrafo.
Il trattato relativo al confine fra la Rus-
sia e la Turchia in Bessarabia, al Delta
del Danubio e all' Isola de* Serpenti, sti-
pulato a Parigi a'r9 giugno 1857, quia-
di successivamente ratificalo, lo pubbli-
cò ancora il Giornale dì Roma del 1 858,
a p. I IO. Si convenne in esso, che l'iso-
le comprese fra' differenti rami del Da-
nubio alla sua imboccatura e formanti
il Delta del fiume, in vece d'esser an-
nesse al principato di Moldavia, fossero
ricollocale sotto la sovranità immediata
della Porta, cui appartenevano antica-
mente. E che r Isola de' Serpenti fosse
considerala una dipendenza di detto Del-
ta, ed ove la Porta manterrà un faro a
vantaggio della navigazione de'bastimen-
ti che si recano nel Danubio e nel porto
d' Odessa. Ora sono insorte turbolenze
neir Erzegovina turca. Le popolazioni
VAL
cristiane si lagnano delle truppe indisci-
plinate, e domandano l'applicazione del-
le riforme enunciale nell' Halt-IInma-
youoo. Vi è chi ci vede in tale movimen-
to la mano de'liberali de'principati Da-
nubiani, i quali con questi tumulti da lo-
ro eccitati, vogliono ad ogni modo far
toccar con mano alle potenze la neces-
sità di separare le Provincie cristiane dal-
l'impero turco. La ribellione de* cristia-
ni, specialmente greci scismatici, sembra
avere qualche segreta unione colle que-
stioni de* principali Danubiani, se non
anche per avventura con quella prelesa
tendenza d' unione slava, ch'è una delle
molle ora più usale dalla democrazia
cosmopolita per sommuovere il mondo.
Se i turchi non tralasciano di far da pa-
droni despoti delle provincie cristiane
del loro impero, se non eseguiscono leal-
mente le promesse fatte nell'ultimo trat-
tato di Parigi, le delle provincie sono
forse destinate a divenire un pomo fa-
tale di discordia, di cui non si poono pre-
vederne le conseguenze. La Bosnia e il
Monle Negro non sono quieti.
Roma \Q febbraio i858.
Vicarialo apostolico di Valacchia.
La fede cristiana fu introdotta nella
Dacia ne'primi secoli della Chiesa, e nel
declinar del IV secolo già avea il suo ve-
scovato la confinante Moldavia. Sino da
dello secolo, dominanti i goti, missiona-
ri greci cominciarono a predicare il cri-
stianesimo nella Moldavia, tosto annien-
tato dagli unni. Allorché poi la Bulga-
ria (V.)s\ ridusse al cristianesimo, si dif-
fuse anche nella Valacchia. Questa pro-
vincia nel secolo V era una di quelle chia-
mate barbare, che il concilio di Calcedo-
nia nel ^Si soggettò al vescovo poi pa-
triarca di Costantinopoli. Il p. Le Quien
neir Oriens chrislianus,t. i ,p. 1 247> li'^it*
la della Provincia Valachiae, 7." eccle-
siastica della diocesi di Tracia, la qua-
le occupata da'Blachi fu delta gran par-
ie de'Blachi, e Blachia 0 Valaclda. Fu
VOL. LXXXVH.
VAL 193
anticamente la regione divisa in due par-
ti, quella vicina all'Ungheria si disse Uii'
garo Blachia, l'altra presso il fiome Mol-
do venne denominala Moldo- Blachia.
Primieramente i valacchi furono nella
giurisdizione dell'arcivescovo d'Ocrida o
Àcrida{ ^.),metropoli dell'esarcato diDa*
eia, nellaBulgaria; poscia dell'arcivescovo
d i Nicopoli, che fu Ivaskv'ilo a Marciano-
poli, indi dell'arcivescovo di Debeltus, la
cui sede stabilita aTernova,fu quindi det-
to arcivescovo Trimonitano di Trinovia o
Trinoba o Tornoba o Ternova [V,),óii\x
della Bulgaria e capitale di essa nel seco-
lo IX, indi nel X arcivescovato dipenden-
te dal patriarca di Costantinopoli, ed e-
sarcalo di Bulgaria. Innocenzo IH lo riu-
nì alla Chiesa cattolica, dichiarò il vesco*
vo metropolita, e gli concesse il pallio ei
la dignità di primate, ma poi ritornò al-
lo scisma de'greci, i quali gli diedero il
titolo di Cattolico (V.) o primate o ca-
po ecclesiastico della nazione. Il p. Le
Quien registra 3 metropolitani greci di
V^alacchia, cioè Teodosio, Valachiae me»
tropolita seti Ungro-Blachiaeyàeì 1 70 1 5
Antimo dell'ordine di s. Basilio, Unga*
ro-Blachiae metropolita, del 1 7 i o- 1 7 1 4?
Daniele metropolita Ungaro- Valachiae,
del 1719-1721. Coramanville dice che
l'arcivescovo onorario di Valacchia s'in-
titolava dal secolo XIII Ungaro-Blachid
sive Ungro-Blachiae , con residenza in
Tergowitz.U p. Mirco pone in Valacchia
il vescovato di Bacow o Bakow ( V.), ve-
ramente confinante col principato, ed ap-
partenente alla Moldavia;ovveroClemen-
te Vili che l'istituì, forse gli die in cura
i valacchi cattolici, perchè ancoComman-
ville chiama Bacovia città di Valacchia,
eretta in vescovato da Clemente Vili in
favore de* cattolici di questi paesi. Il ve-
scovo fr. Giovanni Rosa domenicano pe-
rì nella persecuzione contro i cattolici, co-*'
me dissi a Moldavia, io cui parlar di al^
tri vescovi di Bacow. Le Notizie di Ro*
ma riferiscono gli ultimi vescovi di Ba-
eow, e sono i seguenti, ma li dice uelh|
i3
194 \ AL
Molduvia. Nel 1 733 fr. Toniroaso Zaieski
domenicano. Nel 17 35 fr. Rnimontlo Je-
ziei i»ki domenicano di Cracovia. Nel 1 744
gli fu dato in coailiu loie con fuluia suc-
cessione fr. Domenico Pietro Korwo-
siecki minore conventuale di Zamoski
diocesi di Clielma,col titolo vescovile m
partibus di Biblo. (ili successe e visse lun-
gamente sino al 1807. Nel solo 1826 vie-
ne riportato fr. Bonaventura Ziiberroni
de'minori conventuali, fatto vescovo di
Ellenopoli inpartibus a* 19 luglio 1825,
e visitatore apostolico di Moldavia. Do-
po il 1840 il vescovato di Bacow non fa
piii descritto nelle Notizie di Roma. Al
vicario apostolico di Moldavia mg/ Sar-
di, il Papa Pio IX die in successore a' 28
agosto 1849 ^'olluale mg.' Antonio de
Stefano de'iuinori conventuali, fatto ve-
scovo Bendeme in par iibns e visitatore
apostolico. 11 p. Le Quien registra a p.
I25i per 8.* provincia ecclesiastica del-
la diocesi di Tracia la Provincia HJoldO'
BlachiaCf con Solzaba (F.) per metro-
poli ed esarcato dì Moldavia, avente per
suffi aganei i vescovati di Cusium, Rataut-
zium e Romanum, riportandone i ve-
scovi. Nel novembre 1848 l'arcivescovo
di Servia si dichiarò patriarca degli sla-
vi: della diocesi di Servia il p. Le Quien
tratta nel l. 2, p. 3 19, e della metropo-
li diPecA/rtjCo'vescovali suffraganei. L'ar-
ci vescovo di Tergowilz trasferì la sua se-
de a Buchai est, dopoché la città nel 1 698
lo divenne pure del vaivoda, qual nuo-
va capitale del principato di Valacchia,
e insieme assegnata residenza del vicario
apostolico. Di questa città ne parlerò per
ultimo , e prima riferirò alcune notizie
riguardanti i Papi ed i valacchi, in cui
si couspenetrano colle civili, T ecclesia-
stiche e le religiose. Narra il eh. Hur-
ter nella Storia di Papa Innocenzo II J^
ed il Rinaldi negli Annali ecclesiasti'
ciy che tale Papa nell'anno 11 99 pro-
mosse la sommissione alla s. Sede del si-
gnore de* bulgari e de' valacclii, che un
popolo proveniente dalle rive del Volga
VAL
(Tolomeo perciò dice la Bulgaria qtìasi
Volgaria), s'era nel tempo della grande
trasmigrazione de' popoli stabilito sulle
sponde del Dmubio, nell'antica Mesia,
spargendo dipoi bene spesso sotto l'impe-
ro di Giustiniano 1, colle sue rapine, i
guasti, le stragi, il terrore in tutte le Pro-
vincie settentrionali dell'impero greco e
fin sotto le mura di Costantinopoli. Que-
sto popolo fondò quindi un regno che si
estese dal Danubio alle montagne della
Macedonia e della Tracia^ il quale dopo
più di 4*^0 a"»' ^^ di nuovo da Basilio
li sottomesso al dominio dell'im pero gre-^
co; e questa conquista contro i bulgari
divenne la dote di Margherita, figlia di
Bela in re d'Ungheria, e il pegno della
riconciliazione dell'imperatore Isacco U
l'Angelo verso il fine del secolo XII. Quel-
l'imperatore, per supplire agli smodali
dispendi! della sfarzosa sua corte, olire i
risarcimenti in denaro co»)tanl« che il re
d'Ungheria esigeva, volle imporre a'suoi
sudditi straordinari e arbitrari balzelli, e
chiese a'bulgari e a'valacchi una tassa sui
bovi e sui porci non castrali; e i bulgari,
popolo dedicato alla pastorizia, si sdegna-
rono al vedersi condurre via a forza i lo-
ro bestiami. Qualche tempo dopo il suc-
cessore Alessio III l'Angelo con insolen-
te e tirannico capriccio non volle più da-
re i gradi nell'esercito al valore e al co-
raggio, ma a'soli natali; onde Pietro ed
Azan, due capi tributari che discendeva-
no dagli antichi sovrani della nazione, e
secondo alcuni oriundi nobili romani, of-
fesi da questo procedere , si videro co-
stretti, dopo d' essere slati ignominiosa-
niente licenziati, a inghiottirsi pure una
pubblica olìesa, avendo lo zio dell'impe-
ratore fatto dare uno schiaffo ad Azao.
Da questo giorno cominciò nelle provin-
eie a vacillare l'autorità dell'imperatore:
Pietro ed Azan, non altro respirando e
meditando che vendetta, corsero alla pa-
tria loro; ma occorrevano mezzi ben più
efficaci delle semplici persuasioni a sol-
levare il popolo. Osserva il medesiaio ea-
VAL
comiafo Huitei : La religione fu in ogni
teuìpo il più valido impulso a muover
le masse, e colà dove questo supremo a*
genie della vila universale ancora sussi-
sta, chi sn metterlo in opera può condur-
re ad elFetlo e la più nobile e la più dan-
nosa dell'imprese. I due fratelli edifica-
rono una chiesa a s. Demetrio, avuto in
gran venerazione in quelle contrade; ed
ecco che il giorno della consagiazione di
detta chiesa, alcuni come inspirati, ven-
gono a bandire che questo principe del
cielo ha per seuìpre abbandonato i gre-
^ ci, ed essere volere di Dio che il popolo
^ -de'bulgari e de'vaiacchi sia sgravato dal
giogo e torni libero; s. Demetrio mede-
simo guardarli dalia cima del sagro edifì-
zio e prometter loro il suo aiuto. Alf ar-
mi diniq ne contro i Bizantini ! A questo
grido la moltitudine corse lietamente a
schiararsi sotto le bandiere de'prodi suoi
principi ereditari, e Azan fu loro condot-
tiero; se nonché una massa indisciplinata
mal resister seppe a un esercito guidato
dall'imperatore in persona, ed Azan me-
desimo fu costretto ricovrarsi al di là del
Danubio presso i cumaui. Ma non sì to-
sto Isacco 11 l'Angelo fu ristabilito in Co-
stantinopoli, egli co'greci ricomparve di
nuovo nel paese. L'improvvido disprez-
zo de' greci verso questo nemico, le loro
intestine discordie, per le quali anche le
forze militari venivano meno, la manie-
ra di guerreggiare de'bulgari e de'valac-
chi, che quella è di tutti i popoli tartari,
cioè d'andar sempre scorrazzando qua e
là , continuamente tribolando i nemici;
tutte queste ragioni insieme indussero
l'imperatore, che non voleva più a lungo
lasciare i suoi piaceri per le fatiche d'una
spedizione, a concedere a* sollevati una
tregua, che loro diede agio a far nuovi
apparecchi di guerra. La codardia de*
greci loro malgrado die a conoscere, es-
ser più facile offendere un popolo che
domarlo. Un 3° fratello di nome Giovau-
ui,cuuosciuto megliocon quello di Gioan-
nìcio e Calogio vanni, dovette leudersico-
V A L 195
me ostaggio a Costantinopoli, ma dopo
4 anni che la tregua durava fuggì , e
congiuntosi nuovamente con Pietro e A-
zan, tornò a scoppiar la guerra con mi-
glior fortuna di prima pe' bulgari e va-
lacchi. La negligenza e la vanitosa fidan-
za del generale contribuirono alla rolla
de'greci assai più che il valore de' solle-
vati, i quali perciò parlavano con disprez-
zo d'un imperatore sì malamente servi-
to. I bulgari facevano pubbliche preci per
Isacco II e per la sua famiglia, perchè di-
cevano essi, finche regnino di siffatti im-
peratori le cose del nuovo regno valac-
co non ponno che prosperare. Azau in-
tanto, nel bello di liberare il suo popolo
e di rassodarsi la corona sul capo, venne
ucciso dallo zio Ivanco o Giovanni nel
I 195, in punizione dell'avergli disonora-
ta la cognata; né contento costui del com-
messo omicidio, tentò anche, col soccor-
so de'greci, d'impadronirsi del governo.
Ma Pietro fratello di Azan l'assediò in
Ternova, da cui l'omicida fuggì travesti-
to. L'amor di Pietro per la pace non val-
se a frenar l'ardor guerriero del suo po-
polo; ma poco durò nel suo governo, poi-
ché non appena cavato dal suo ricovero
il fratello Giovanni, altrettanto bellicoso
quanto crudele, e nominatolo suo collega
nel reggimento dello sfato, fu pur egli
ammazzato. Giovanni, che nelle lettere
d'Innocenzo HI è chiamato Gioannicio, e
Calogiovanni dagli scrittori, s'impossessò
del supremo potere a danno de'due figli
d'Azan, e cercò, più per politica che per
convincimento religioso, di collegarsi col
Papa per averne la protezione contro
l'imperatore bizantino, e di soggettare la
sua chiesa a quella d'occidente, onde far
riconoscere la legittimità di sua usurpa-
zione. Negli ultimi anni perciò di Papa
Celestino III spedì deputati a R.oraa a
chieder la corona per se, ed un patriarca
pel suo paese; ma eglino caddero in po-
tere dell'imperatore greco, tranne un so-
lo che giunse alla sua destinazione, hi
questo mezzo divenuto Papa lunuceitzo
igO V A L
111, la pryJenza sua gli suggerì di ordi-
nare investigazioni sulla sincerità di que*
sta ofTei te e sullo stato delle cose; al qual
uopo, prima di spedire , secondo l'uso
della s. Sede in sicuiglianti occasioni, una
ambasciata solenne, contentossi d'inviare
colà Tarcipretedi Brindisi Domenico, co-
me versalo nella cognizione della lingua
greca e latina. Recò egli a Gioannicio u-
Da lettera del Papa, in cui era detto: «A-
ver sapulo il Sanlo Padre ch'egli faceva
discender la sua origine da .Roma, onde
avrà ereditato da'suoi padri qualche par-
te del loro alFelto verso la s. Sede; che
per questo era venuto fin da prima in
deliberazione di scrivergli , ma esserne
sempre stalo impedito dall'altre molte-
plici e più gravi sue cure. Ma di presente
il principal suo dovere esser quello di
raffermare il re nella sua commendevo-
le risoluzione d'unirsi colla s. Sede; per
la qualcosa gli manda un deputato, pre-
gandolo a fargli buona accoglienza : e
quando questi l'avrà veramente informa-
lo della sincerità di sue intenzioni , gli
manderà un legato per assicurarlo della
benevolenza pontificia ". Innocenzo III
\ide certo chiaramente di quale impor-
tanza riuscir potesse questa lega col nuo-
vo principe de'bulgari , de' blachi e de'
valacchi, nel caso d'una nuova Crocia-
ta in Terra Santa, e il sussidio che nelle
sue Provincie potrebbe trovar l'esercito
latino. Gioannicio ricevè onorevolmente
l'arcipretedi Brindisi e la pontificia lette-
ra, e rispose al Papa nel 1202. » I mes-
saggeri e le lettere del Romano Ponte-
fice hanno maggior pregio per me che
l'oro e le gemme. I miei fratelli vollero
già inviare a Roma ambasciatori, ed io
stesso tentai due volte dì farlo, ma i mìei
inviati giuuger non poterono al luogo
destinato. Ora che la Santità Sua ha, co-
me un padre al figlio, mandato negli sla-
ti miei uno de'suoi legali, col ritorno di
questo a Roma le invio l'arcivescovo di
Branizzowa (questo vocabolo non Io trovo
ne'geografi sagri, né ne' profani : il Ri-
V A L
nnldi h chiamo Basilio vescovo Brandi-
zuberense, e col p. Le Quien parlai del
\e<^Q.o\'à\o Brandiziiheriiim evtlXo in me-
tropoli da Innocenzo III, di cui fuL^ar-
ci vescovo Biagio) e l'arciprete Domenico
di Brindisi, per assicurarlo della mia gra-
titudine, dell'acnicizia mia e della mia di-
vozione". Pregò inoltre Innocenzo III di
concedergli la corona e gli onori di cui
godettero gli antichi principi suoi prede-
cessori, couje Simeone, Pietro e Samuele,
ed ancora di mandargli la solenne am-
basceria che gli promise; la qual doman-
da fu presentata e raccomandata dall'or-
civescovo di Debeltus Basilio, come con-
corde al desiderio del popolo, che sareb-
be lietissimo per simil favore. Il Papa fu»
ce accompagnare 1' inviato bulgaro, da
Giovanni suo cappellano, con commissio-
ne di vedere se le cose concordavano col-
la relazione di Caloiannì, a cui Innocen-
zo III scrisse.»» Secondo l'istanza tua, noi
abbiamo fatto fare indasrine ne'nostri ar-
o
chi vi, e trovalo che v'ebbe effetti va men-
te pili d' un re coronalo nel paese a te
soggetto. A'ierapi di Papa Nicolò I, e per
merito delle sue istruzioni, un re de'bul-
gari si fece battezzare insieme con tutto
il suo popolo, e chiese che gli fosse man-
dato un arcivescovo. Un re Michele die
pur commissione ad un ambasciatore di
portarsi con doni alla corte di Papa Adria-
no II per pregarlo d' inviar ne'suoi stati
un cardinale, con facoltà di eleggere e
consagrare un arcivescovo; ma i greci al-
lora si opposero a questo disegno. Ond'è
che noi oggi, per precauzione, ti mandia-
mo non già un cardinale, ma si Giovan-
ni nostro cappellano e confidente, in qua-
lità di legalo, dandogli pieni poteri eia-
caricandolo di recare il pallio all' arcive-
scovo, di fare indagini nell'antiche per-
gamene circa il conferimento della coro-
na a* tuoi predecessori per parte della
Chiesa romana, e di riferire in proposi-
to". Innocenzo III confortò poi l'arcive-
scovo a mostrarsi sempre di voto alla s.
S^àQf e gli pose sotto gli occhi, w Che la
VAL
Chiesa formanclo un sol corpo, aver non
poteva piti capi (quesl' avvertimento fu
dato senza dubbio per insegnare a quel-
li ch'eran passali alla chiesa greca, non
poter essi riguardare il patriarca di Co-
sta ntinopoli con»e il vero capo della Chie-
sa; anzi sino a Innocenzo 111, i Papi non
lo riguardarono per patriarca). Il nostro
legato ha facoltà di far ordinare da' ve-
scovi cattolici circonvicini i preti e ve-
scovi di cui è bisogno. Quanto ni resto,
aspettiamo le convenienti informazioni
si dal nostro legalo e sì da* messaggeri
dell'arcivescovo". I principi di quella re-
gione, seguendo l'esempio del re, entra-
rono co'loro soggetti nella comunione del-
la Chiesa romana , e mandate dichiara-
zioni conformi a quelle del capo supremo
dello sialo, n'ebbero egualmente le assi-
curazioni deiralìello e benevolenza della
s. Sede. Verso la metà del i2o3 Gio-
vanni re de'bulgari ede'valacchi fece a-
vere al Papa una dichiarazione , colla
quale lo riconobbe pel successore di s.
Pietro, a cui si appartiene quaggiù lega-
re e sciogliere, e gli scrisse. >» Calo Gio-
vanni imperatore de'Bulgari e de'Blachi
al Santissimo Signore patriarca della fe-
de de'crisliani dall'oriente insino all' oc-
cidente Papa romano. Già da 6 anni in
qua, io volli per ben tre volte mandarli
questa dichiarazione; ma non potè mai
venir fatto a'raiei ambasciatori d'ai riva-
re fino a Boma. La commissione da te
data all'arciprete di Brindisi mi prova
che io li sto pur sempre a cuore, e il mio
proposto è del pari irremovibile : onde
il mio arcivescovo, nelTatlo che viene a
Roma con vari doni da parte mia, è in-
caricalo di pregarti di mandar qualche
cardinale per coronarmi imperatore e
coiisagrare un patriarca pel mio popolo".
Verso il medesimo tempo alcuni amba-
sciatori bulgari si recarono da Emericore
ò' Ungheria, presso il quale io que' gior-
ni dimorava il legalo Giovanni da Casa-
marìo cappellano del Papa, cui era com-
messo di passare in Bosnia per reprima.-
VAL 197
re l'eresia de'patarini, e il re li fece solen-
nemente giurare di dare una scoria a ta-
le legalo perchè potesse giungere sicura-
mente al signore loro. L'arcivescovo di
Debellus Basilio, invialo a Roma dal re
de'bulgari e de' valacchi, giunse infatti fe-
licemente fino a Durazzo, dove trovò aL
cuni messaggeri del conte di Brienne che
volevano fare il tragitto insieme con lui;
ma avendo un greco, ch'era in loro com-
pagnia, rappresentalo al governatore di
colà che all'imperatore di Costantinopo-
li dispiacerebbe di vederli uniti coll'arci-
vescovo (giacché l'imperatore avea fallo
di lutto per impedire a Gioannicio d'u-
nirsi alla Chiesa romana), fu loro negato
di passare innanzi, e il clero Ialino di Du-
razzo ebbe da fare assai per impedire che
i greci invidiosi non gettassero l'arcive-
scovo in mare; consigliandolo intanto di
non volersi esporre a nuovi pericoli, ma
sì a far conoscere per mezzo di qualche
fidalo messo questi suoi pericoli al Pa-
pa; il quale ormai cerio dell'ortodosse
opinioni del re de'bulgari e de'valacchi,
circa la podestà de'successoridis. Pietro,
scrisse all'arcivescovo aver già mandalo
in Bulgaria il suddetto Giovanni di Ca-
samario cappellano, legalo anche in Bo-
snia, con piena facoltà d'ordinare le cose
ecclesiastiche, di consagrare i vescovi e i
preti, di dare il pallio a un arcivescovo,
e di far investigazioni sul punto della di-
gnità regia che si avessero in antico i pre-
decessori del re. Tuttavia, siccome que-
sl' ultimo avea dato incarico all'arcive-
scovo di portarsi a Roma in persona, co-
sì il Papa Io confortò a lasciar indietro
lutto il suo seguito e mettersi in punto
di venirvi, assicurandolo che avrebbe
provveduto affinchè il suo ritorno tanto
per terra quanto per mare fosse piena-
mente sicuro, e dandogli eziandio spe-
ranza di farlo ac<:ompagnare da un le-
galo che seconderebbe le intenzioni tut-
te del re , al quale scrisse ne' medesimi
termini , non senza significargli essere
desiderio suo di vederlo per prima cossk
198 VAL
conci luler la pace con VnJcnno gran lupa •
no o^iupanocli Servia, che poi fece coro*
naie re. Il legalo Giovanni postosi in cam*
ininoperlaBuIgat'ia,menlregiàil reavea
incontanente da un villaggio vicino a Du>
lazzo, (love tuttavia soggiornava, richia-
malo il suo arcivescovo di Bulgaria, que-
sti poi potè nel giorno della Nalivilà di
Maria Vergine, prestato prima il giura-
mento d'ubbidienza alia s. Sede, riceve-
re il pallio, l'anello e la mitra pastorale,
essendo stato Basilio trasferito dalla se-
de di Debcltus a quella di Terno va. Il
legalo, tl'accordo col re, creò quindi due
nuovi arcivescovati (di BrandiziiberiurUy
e di i\Iarcianopoli\ la quale sede fu a
meglio dire ristabilita nella dignità ar>
civescovile, venendo chiamata pure Pre-
slaw. Altra metropoli istituita da Inno-
cenzo 111 fu Belesbiigd nella diocesi di
Tracia e non Francia come per menda
tipografica è detto in tale articolo) , e
conferì la dignità di primate agli arcive-
scovi di Debcllus o Zagora, e di Terno-
i'(J (nel qual articolo, nella colonna a.' per
fallo invece d'arcivescovo di Bulgaria è
dello di DiirazzOy per ooimissione della
parola richiamato^ dopo quella à* arci'
vescovo) stabilita a residenza priraaziale.
Dopo di che il re, conaltoaulenticatocon
r aureo sigillo, dichiarò : Che seguendo
1 orme degli avi suoi, poneva il suo re-
gno nella comunione della Chiesa roma-
na, promettendo per se e successori suoi,
eterna divozione alla s. Sede; e prescris-
se al primate, agli arcivescovi, a* vescovi
ed a'preli del suo regno di conformarsi
a' canoni della medesima romana Sede,
alla quale egualmente promise sottopor-
re tutti i paesi cristiani che avesse con-
quistato. Pregò il Papa che si stabilisse
la santa e gran chiesa di Ternova per fa-
re la cresima e pel battesimo de'crislia-
ni, perchè quando i greci sapranno ch'e-
gli e i suoi popoli hanno ricevuto la con-
sagrazione dalla s. S^Ae^ non gli daranno
la cresima, il vescovo di Braoizzova (Ri-
naldi io chiama Biagio e Basilio, mentre
VAL
Biagio lo disse il p. Le Quien, e vescovo
Brandizuberense) e il ca[)pellano Giovan-
ni portarono a Roma la dichiarazione
del re, i suoi ringraziamenti, le doman-
de dell'arcivescovo di Ternova, per l'e-
lezione e consagrazione del patriarca, e
finalmente d'invocar l'invio d'un cardi-
nale colla corona e lo scettro reali, au-
torizzandolo con boi la col sigillo d'oro, da
conservarsi nella chiesa diTernovn in per-
petuo, a procedere alla coronazione del
re. Questi inoltre lasciò in arbitrio del
Papa la sua controversia col le d'Unghe-
ria, col desiderio che per essa non più si
spargesse il sangue d'alcun cristiano, ed
in conferma di sue promesse mandò a
Innocenzo III donativi divoti e preziosi,
Nella lettera regia al Papa si legge que-
sto indirizzo. Al Santissimo dominatore
e Papa universale sedente nella sede del
B. Pietro, e Signor padre del mio regno
Innocenzo 111 Papa della Sede apostolica
delia Chiesa romana e Maestro di tutto
il mondo. Il Papa mostrò grandissima
consolazione di questo nuovo accresci-
mento della Chiesa, e deliberò, dopo ma-
turo consiglio, di proclamare Gioaunicio
re de' V^alacchi, de'BIachi e de'Bulgari, e
mandare colla corona e lo scettro,ad im-
gerlo il cardinal Leone Brancaleone le-
gato apostolico. A questi il Papa die pu-
re il pallio pel nuovo primate patriarca
della gran chiesa di Trinova o Ternova,
prima città di tutta la Bulgaria, arcive-
scovo di tutta la Bulgaria e Blachia, e per
gli arcivescovi colle debile istruzioni, or-
dinando al primate, nella lettera che gli
scrisse, d'eseguire le ri forme e ord i na men •
li suggeriti dal cardinale. «Poiché a quel
modo che tu ti sei sottomesso al supremo
vescovo e pastore dell'anime a le confi-
date, così fa di conformarti alla dottrina
di colui al quale il Signore ha confida-
lo il reggimento della Chiesa, la quale è
saldamente piantata sulla pietra su cui ha
edificato il suo tempio". Di più gl'impo-
se la seguente formola di giuramento.«lo
giuro d'esser fedele e ubbidiente a s. Pie-
V kh
tìo, alla Chiesa lomana, ad Innocenzo
mio signore, ed a lutli i suoi cattolici suc-
cessGni; di non mai commetter cosa con*
li'o la vita o itbertà loro; di nondarea niu-
uo consigli a danno loro; di difender To-
Doreja dignità e i diritti della Sedia pon-
tificia; di portarmi a* concilii ogni volta
che io vi sia chiamato; di farmi dare un
giuramento simile da tutti i vescovi ch'io
fossi chiamato a consagrare, e di far pari-
menti giurare a're che io avrò ad unge-
re, divozione per se e pe*suddili loro alla
s. Sede'*. Questa formok si legge abbre-
viata in Hurler, e più dilìusa e particola-
reggiata in Rinaldi , indi pronunziata da
Basilio arcivescovo Trinovilano odi Ter*
nova, primate di tutta la Bulgaria e Bla-
chia. Promise ancora di visitare i sagri
Limina Jpostoloriim ogni 4 anni , o di
persona o per messo se impedito. Termi-
nando il giuramento colle parole. Così
m' aiuti Dio e questi santi Evangeli nel
presente secolo e nel futuro. Amen.
Dimorando il Papa in Anagni, sicco-
me il vescovo di Branizzova, al pari dei
sacerdoti del suo paese, non avea rice-
vuto nella sua consagrazione l'unzione
secondo il rito romano, Innocenzo III
lo fece ungere alla sua presenza da uà
cardinale assÌ!>tito da due vescovi, ordi-
nando che in appresso nessuno del rea-
me potesse essere innalzato al sacerdozio
o all' episcopato senza la pratica iunan-
zi di questo rito, di cui ne spiegò le ra-
gioni in lunga lettera all'arcivescovo di
Ternova, colle citazioni di moltissimi e-
sempi tratti dall'antico e dal nuovo Te-
stamento. Il cardinale partì d'Anagni pei*
la legazione nel declinar di febbraio 1 2o4,
e probabilmente in compagnia del vé-
scovo di Branizzova; e giunto dal re gli
consegnò la bolla Rex Regam^ddla in
Ana^i a' 24 febbraio, Bull, Roni. ì. 3,
par. I, p. 107, nella quale il Papa con
passi della sagra Scrittura e le parole
del Salvatore, espose le prerogative di
s. Pietro e de' suoi successori , in virtù
delle quali appunto gli mandava le re-
V A L 199
gìe insegne, con flicoltà al cardinale di
consagrarlo dopo il giuramento di som-
missione alla Chiesa romana. 11 Papa
concesse inoltre al re Gioannicio il di-
ritto di batter moneta in proprio nome,
e gli fece presentare uno stendardo colle
figure della Croce e delle Chiavi di s.
Pietro; l'una a ricordargli che a Dio e
non a se stesso il re dovea le sue villo-
rie; le altre come simbolo della pruden-
za e della forza; l'una e l'altra congiunte
poi, coinè segno della salute pe'patimenli
delRedentoree per merito della suaChie-
sa. A tale traduzione dell* Hurler , sog-
giungo quella del Rinaldi, che riporta
quasi per intero le lettere pontificie e re-
gie.»» Mandiamo a tua Serenità pel nostro
venerabile fratello B. vescovo Brandi-
zuberese, lo stendardo che tu userai con-
tro di quelli li quali onorano colle labbra
il Crocifìsso, ma il cuore è lutto rimoto
da lui. Contiene non sen/,a mistero la
la Croce e le Chiavi, perchè il B. Pietro
Apostolo, e sostenne la Croce per Cristo,
e ricevè le Chiavi tla Cristo. R.appreseuta
dunque il segno della Croce, perchè Cri-
sto, che vince, regna e impera, ha supe-
rato le podestà aeree, e nel quale per-
dendo la preda il predatore, morendo Id
vita, assorbì la morte, e prese Beemot,
quasi con amo negli occhi suoi. Anche
rappresenta due Chiavi, l'una della di-
screzione e l'altra della podestà, accioc-
ché mentre tu discernerai discretamente
tra il bene e il male, tra la luce e le te-
nebre, tra il santo e il profano , tu ado-
peri la spada materiale commessati ad
vindlctam^ come si legge scritto, male-
far.toriim^ laudem vero boiioruni; e tu
prendi l'arme e lo scudo contro quelli, che
non ponierunt Dewn adiutoriiun sibi".
Una lettera particolare del E'apa faceva
conoscere al principe le commissioni del
legato, le piene facoltà di cui era fornito,
gli onori e i privilegi concessi a* vescovi
del suo paese, e confortavalo ad accO'
glierlo rispettosamente, ed a provvedere
altresì che si prestasse ubbidienza agUor-
300 VAL
ilini suol in ItiUo i) regno. Il privilegio
d' incoronare il re fu da Innocenzo ili
iiUnbuilo alla dignità di primate, giù
conferita all' arcivescovo di Tcrnova , e
ordinò al clero di riconoscere il primate
stesso per capo, dappoiché egli era pari
iji dignità al patriarca. Innocenzo 111
quindi annunciò al clero e a'popoli del •
rUnglieria e dellaServia la fortunata con-
giunzione de' valacchi e de' bulgari alla
Chiesa romana. Ad onta degl'impedi-
iMcnti frapposti dal ve lV Ungheria (/^.),
il cardinal legato giunse a Ternova (F.)
a' 1 5 ottobre, ed a'y novembre vi consa-
grò il primate Basilio , per le provincie
di Bulgaria, Blachia o Valacchia, già ar-
civescovo di Debeltus, il quale ordinò poi
i suoi metropolitani e vescovi , i primi
de'quali riceverono il pallio dal cardinale.
Nel d'i seguente questi in nome del Papa
procede alla coronazione del re Giovan-
ni in mezzo alle festose grida del popolo,
e partì a*i5. Il re gli allìdò due fanciul-
li per farli istruire in Roma nell'idioma
latino, onde servirsene nella traduzione
delle lettere; e pel Papa ne consegnò u-
iia, nella quale significò la propria con-
tentezza per aver conseguilo quanto più
desiderava; dichiarando però di non vo-
ler concedere alla s. Sede altra podestà nel
suo regno, se non quella riferibile alte
cose spirituali, non volendo egli inimicar •
si l'imperatore greco, per solloporsi a u-
na maggior soggezione di quella che già
lo gravava (il Rinaldi traduce in altro
senso la lettera del re, il quale con un
editto comandò, che tutte le terre del
suo impero fossero sottoposte nelle cose
sagre alla Chiesa romana). Inviò altri do-
ni al Papa per sua memoria, e volere spes*
so mostrare d'averlo in cuore coll'inviar-
gli frequenti ambasciate. Intanto avendo
i crociati latini conquistato Costautinopo*
lì, ed eletto imperatore Baldovino I , il
cardinal Brancaleone scrisse al Papa di
raccomandare ad essi il re, di non turbare
iu modo alcuno i suoi stati, altrimenti e-
gli ayiehhe saputo opporre la lofza alla
VAL
forza. Ne ondò guari che lo provò co'
futti. I grandi signori bizantini, punti al
vivo d'esser licenziati da'latini,a'quali e-
rnnsi arresi, olIVirono segretamente i lo-
ro servigi a Gioannicio, il quale temeva
e odiava i latini , perchè questi nell' eb-
brezza della vittoria aveano risposto a*
suoi ambasciatori ad offrir loro amicizia:
«Non dover egli tener con essi il linguag-
gio d'un re co'suoi pari, ma sì d'uno schia-
vo col suo signore, altrimenti gl'insegne-
rebbero con 1' armi a più acconciamente
parlare, e lo tornerebbero bentosto nella
condizione di prima". Alle quali parole
Gioannicio fece rispondere.» Posseder e-
gli il proprio reame a più buon diritto che
non essi Costantinopoli; aver egli ricupe-
rato il retaggio de' suoi maggiori e non
altro; eglino aver occupato Costantino-
poli senza che ci avessero ragione alcu-
na ; portar egli legittimamente una co-
rona avuta dal Papa, laddove colui che
porta il titolo di re di Costantinopoli a-
verla qrbilrariamenle usurpata , onde
questo reame esser dovuto a se meglio
che a lui. Moverebbe lutto confidente aU
la pugna, sotto il vessillo di s. Pietro, in
cui risplendouo le due chiavi, contro co-
loro che portano sull'omero la falsa in-
segna della Croce". Cosi essendo le co-
se, iu buon punto adunque i grandi si-
gnori greci si rivolsero a lui. Gioannicio
li consigliò a tornar nel loro paese, e di
far quanto più male potessero al nemi-
co; troppo non tarderebbe a venire il mo-
mento di soccorrerli scopertamente. Ve-
dendo i greci che Baldovino I non pote-
va far uso di forze ragguardevoli, poiché
i capi dell'esercito e i cavalieri attendeva-
no a custodire o a conquistare le provin-
cie toccate in parte a ciascuno di essi, nel
i2o5 fecero sollevare a un tratto le città
della Tracia e della Macedonia, e truci-
darono ©cacciarono i latini, il che ven-
ne loro fatto princi[)alraente in Adriano-
poli, confine de'popoli blachi, donde i ver
ueziani ed altri si gettarono in Filippopo-
lii che pelerenieule fortificaroao. 1 gi'eci
VAL
rinseguii'ono anche colà, e tulio il paese
intorno parfeggiantlo per Gioannicio, si
rifugiaiono a Costantinopoli , non osan-
do restar più chiusi nella città. Baiilovi-
no 1 vedendo la sollevazione diirondersi
per tutta la contrada, di concordia col
doge di Venezia e cogli altri capi dell'e-
sercito, risolvè pel meglio di rinunziare
alla conquista dell' Asia, e di richiamare
il fratello Enrico di Fiandra colle sue gen-
ti da Adramitto; tutto fu in moto fra*
crociati per combattere i greci, e questi
per alfronlarli si riunirono in massa ad
Adrianopoli per aspellar i crociali. Bal-
dovino 1 al tutto sfornito di gente, sen-
za attendere il fratello, appena arrivò da
JVicomedia Sainte-Menehouid co'suoi i co
cavalieri, nel marzo mosse contro Adria-
nopoli, mentre anco Gioannicio entrava
in campagna coir eseicito segretamente
armato. 1 crociali abituali a restar vitto-
riosi de'greci, minor slima fecero de'bul-
gari , blaclii e valacchi non avvezzi al
modo di guerreggiare degli occidentali.
L' imperatore si credè forte abbastanza
per assalir quell' orde selvagge , senz' a-
speltare l'altre soldatesche, ed a'39 mar-
ciò a pie d' Adrianopoli, sulle cui torri
sventolavano le bandiere bulgare, rag-
giunto con pochi dal vecchio doge veneto,
ma penuriando pure di vettovaglie. Fat-
ti gli apparecchi per atterrare le mura
della città, si avanzò Gioannicio con for-
ze ragguardevoli , composte di bulgari,
di valacchi e di 1 4,000 cumani o popoli
tartari. Al piccolo stuolo di latini fu for-
za quindi dividersi in due schiere, l'una
per guardare il campo, l'altra, guidata
dall'imperatore, per sostener l'assalto se
Gioannicio volesse venir a giornata. Avea
costui preso gh alloggiamenti a 5 leghe
distante, ordinò a'cumani, agili ed usi a
saettare il nemico fuggendo , di trava-
gliare i latini armati alla greve. I crocia-
ti a loro confronto essendo appena un
decimo, sebbene si fossero proposti d' a-
spellarli a pie fermo, ripetutamente pro-
'VQicali,imprudeutemeute piombar ono sui
VAL 201
cavalli nemici, che si lasciarono insegui-
re per (juasi due leghe, e quando videro i
cuvfdli de'crociati stanchi dal peso de'ca-
valieri , ad un tratto si rivolsero e man-
dando alte grida , invilupparono come
tempestosa nube i latini , che colti alla
sprovveduta si disordinarono. Il conflit-
to durò lungo tempo e in un modo a cui
non erano i latini accostumati; perchè ì
cumani scannavano i cavalli, troncavano
con falci il capo a'cavalieri, o gittavano
lacci sopra di loro per tirarli giù d' ar-
cione e ucciderli. Finalmente la vittoria
fu per loro. I più de'crociati rimasero e-
stinti sul campo, fra'quali diversi signo-
ri capitani. Nel numero de'prigionieri fu
Baldovino I, che venne condotto alla cor-
te di Gioannicio a Ternova , un anno e
due giorni dopo il suo ingresso trionfale
in Costantinopoli. Per buona ventura de*
crociati , i cumani, i valacchi ed i greci si
ritirarono senza rinnovare l'assalto. Però
il re inseguì con ardore i crociati, che da
Adrianopoli si ritiravano a Rodosto , ove
arrivarono in mezzo a mille pericoli e
continuamente combattendo. In tale for-
te città crearono Enrico fratello dell'im-
peratore, reggente dell' impero, imperii
haillìvani. Sperava Gioannicio che A-
drianopoli gli avrebbe aperto le porle per
gratitudine della fedele alleanza e per pre-
mio della vittoria; ma resistendo i greci
e non essendo i bulgari meglio esperti
nell'assediare le città che nel combattere
in aperta campagna, passò a impossessar-
si delle ciltà greche che prima erano ia
mano de'lalini, mentre i cumani correva-
no il paese fin sotto le mura di Costanti-
nopoli; laonde il reggente e il doge fu-
rono costretti , lasciato un forte presidio
in UodoslOjdi recarsi colle genti loro nel-
la metropoli, che sola quasi reslava a*
crociali di tanti possessi, poiché il re de*
bulgari avea sottoniesso tutto il paese di
qua dallo stretto. Pertanto i più zelanti
crociati sempre più si persuasero che il
castigo divino fu provocato dalla loro
arroganza e leggerezza iq loro prodotte
201 VAL
dalia vittoria, e che la conquista deirini-
peiogrecoavea impedito quella di Oeru-
Stilemiue. Crescendo frattanto i calori del>
Testate, i cumani si separarono da'bulga-
l'i e se ne tornarono al paese loro; ma
Cìioannicio condusse tuttavia i suoi con»
Irò Tessalonica e se n' inipadrom, e do-
po aver guastato il paese, i pauliziani o
turchi paizineki gii agevolarono la con-
quista di Fiiippopoii,che agguagliò ai suo*
lo. Intanto il conte Enrico reggente del«
l'iuìpero si rivolse tutto confidente a In-
nocenzo III, che mandava l'aiuto delle
sue cure e de'suoi consigli in tutte le par-
ti, per soccorsi e per la liberazione del
linlello. Tosto il Papa scrisse al re de*
bulgari, che avendo ricevuto dalia Ghie*
sa romana il diadema e lo stendardo mi-
litare, dovesse restituire la libertà a Bal-
dovino 1 e far pace co'latini, altrimenti
questi e gli ungiieri avrebi:)ero rivolto le
loro anni contro di lui; e di aver esorta-
to Enrico a por fine ali* ostilità e pacifi-
carsi con lui. Gli rispose il re, avere im-
preso la guerra contro i latini, per avere
ricusato la pace e per esigere le sue Pro-
vincie come appartenenti all'impero gre-
co; e che Dioaveagii conceduto gloriosa
vittoria, la quale attribuiva, non alla po-
tenza di sue armi, ma ai patrocinio di s.
Pietro col cui stendardo era marciato; e
quanto a Baldovino I era morto. Natu-
ralmente dicono alcuni in prigione, ove
Tavea trattato onorevolmente. Altri lo
negano, e narrano con più probabilità,
che carico di cater»e in Terno va, gli fura-
no mozzali i piedi e le mani, indi preci-
pitato in una valle, ove mori dopo 3 gior-
ni pasto degli uccelli. Altri lo dicono de-
capitato, e tuttociòper la ribellione d'A-
spiete greco unitosi a' latini, il che fece
montare in furore il re. In Costantinopoli
la sua morte si seppe dopo 1 6 mesi, e al-
lora gli fu dato a successore il fratello.
Inoltre Innocenzo MI ordinò al primate
de* bulgari di disporre il re a sentimenti
più pacifici; ma egli di genio bellicoso^
allettalo dalla speranza d'acquistar prò*
VAL
vincie e bottino, continuò le sue incur-
sioni nel i 20 6 co'valacchi e ciunnui, con-
tro i latini e i greci per la loro doppiezza.
Si preci ()itarono nel paese e lutto distrus-
sero, cillà, uomini e. messi; fece tremare
Costantinopoli, e ridusse per 5 giornate
di cammino intorno, lutto silenzio e de-
serto. A quel modo che l' imperatore Ba-
silio Il assunse il %o[)Vi\niìomGd' Ammaz-
zatore, de* btilgari (battuto dal re loro
Samuele, vinto poi (juesto in parecchie
pugne, nel IO I 3 con orribile crudeltà fe-
ce cavar gii occhi a i5,ooo bulgari pri-
gioni, risparmiando un solo per centinaio,
nfrinchè conducesse gli altri nella loro pa-
tria: s[)ettacolo sì miserando cagionò la
morte del re) , co^l ora Gioannicio volle
cancellarlo con quello di Ammazzatore
de* romani o feiidìcatore del sito popò*
lo. Anche i greci d'Adrianopoli e di De-
motica vedendosi prossimi a soggiacere a
Gioannicio, si accostarono a' latini, onde
l'imperatore Enrico con 4oo de'suoi ac-
corsead Adrianopoli, per poi rivolgersi a
Demotica assediata dal re con 4o,ooo ca-
valli ed innumerabili fanti. Quel pugno
di prodi nel giorno di s. Gio. Battista si
confessarono e comunicarono. Gioanni-
cio preso da spavento si ritirò da Demo-
tica, bruciando le macchine d'assedio, e
si restituì nel suo paese senza voler ac-
cettar la battaglia offerta da' latini. Di-
poi tornato su Demotica l'espugnò e di-
strusse. Enrico inseguì il nemico, ricupe-
rò un grosso numero di prigioni, ed una
gran quantità di bottino, altro facendone
nell'invasione del paese de' bulgari di
qua dal mare. Teodoro Lascaris impe-
ratore di Nicea avvisò il re trovarsi la
maggior parte delle forze Ialine al di là
del mare nell'Asia minore, l' imperatore
Enrico aver intorno pochissime milizie,
onde dover profittare della bella occasio*
ne per vendicarsi. A quest'avviso Gioan-
nicio irruppe nella Tracia; e mentre i cu-
mani, suoi fedeli alleati, spingevano le
loro correrie fin sotto a Costanliuopoii,
egU tornò a stringer d' assedio Adriauo'
VAL
poli, IravngHandola continuamente colle
ince-^sanli batterie di 33 baliste, colle mi-
ne sotten ance e con replicati assalli.l g^ie-
ci ed i latini che la dijfendevano, chiama-
rono Enrico a difender la 2.' città del-
l'impero e baluardo della capitale. L'ud-
peralore trovavasi nel bivio di lasciar i
crociati di Natòlia nel pericolo d' esser
sconfitti da Lascarls, se accorreva all'a-
iulo di Adrianopoli, quando Dio in mo-
do al tutto inopinalo salvò gli assediali.
I cumani, tornali carichi di bottino da'
contorni di Costantinopoli, avendo otte-
nuto r intento della loro spedizione, ne-
garono di più lungamente rimanere; on-
de Gioannicio, non volendo continuar
l'assedio senza di loro, fece ritorno ne*
suoi stati quando appunto la città stava
per cadere. Indi Enrico entrò in Bulga-
ria, e per combatterla si unì col suocero
marchese Bonifacio di Monferrato signo-
re di Tessalonica; ma questi rivolto a i-
sligazione de'greci in una spedizione ver*
so le montagne di Rodope , fu sorpreso
da'bulgari, che gli mozzarono il capo e lo
mandarono al re, con estremo dolore del*
l'imperatore e di lutti i latini d'oriente.
]Neli207 Innocenzo III tentò nuovamen-
te d'indurre il re de'bulgari alla pacco al-
meno a tregua , cercando pur di persua*
derlo non dover egli attribuir la vittoria
se non a Dio.» Se tu sei così divoto alla
s. Sede come dici, che per lei daresti an-
che la vita, tu dei darle prova di questa
tua divozione col conchiudere pace o
tregua coU'imperatore Etnico e cogli al-
tri Ialini che sono nell'impero romano".
Ma neppure quest' ultime rimostranze
del Papa fecero maggior effetto delle pre-
cedenti. Per la morte del marchese Bo-
nifacio e liberato di sì formidabile nemi-
co, credette il re essergli venuto il tempo
propizio di conquistare i suoi stati, quin-
di si recò con grosso esercito sotto Tes-
salonica; ma quivi ebbe morte inattesa,
avendolo Manastrete capitano supremo
del suo esercito, trovato una notte nella
sua leuda trafitto di più colpi e immerso
VAL 2o3
nel proprio sangue; né sebbene avesse u-
dito gridare, ^^c l'assassino ì ^ si potè mai
scoprire da chi ucciso; onde gli abitanti
tennero di dover questa inaspettata loro
salvezza al patrocinio di s. Demetrio, le
cui reliquie si veneravano nella loro chie-
sa. Manastrete sciolse l* assedio e ricon-
dusse l'esercito in Bulgaria^ nel quale ar-
ticolo riferisco altre successive notizie. In
seguito Enrico sposò in seconde nozze la
figlia di Gioannicio,assicurandosi così l'a-
micizia di sì poderosi vicini; e la sua mor-
te avvenuta a'3 giugno 12 16 in Tessalo-
nica , con sospetto d* avvelenamento pei*
parte della moglie, riuscì fatale alla do-
minazione de'Ialini io oriente. Frattanto
morto Basilio arcivescovo e primate di
Ternova, Germanoche gli successe, si se-
parò dalla Chiesa romana, e ricorse al pa-
triarca greco di Costantinopoli che risie-
deva a Nicea, da cui ottenne la conferma
de'privilegi per la sua chiesa. Così i bul-
gari, i blachi, i valacchi tornarono age-
volmente allo scisma de' greci; massime
dopoché il re Giovanni, nipote di Gioan-
nicio e figlio d'Azan,si separò dalla Chie-
sa latina per riunirsi alla greca, onde Pa-
pa Gregorio IX eccitò Andrea II re d'Un-
gheria a guerreggiarlo. Alquanti anni pri-
ma s. Domenico fondatore dell' ordine
de'predicatori, mandò fr. Paolo, uno de*
suoi religiosi, a convertire gl'idolatri di
Transilvania, Valacchia, Moldavia, Ser-
\ia e regioni circostanti, e solFrì il marti'
rio con 90 religiosi del benemerito suo
ordine. Papa Nicolò IV del 1288 esorlò
inutilmente il successore Gioacchino a
tornare alla comunione romana; miglior
successo ebbe il suo zelo colla Schiu vonia,
la Servia e la Tarlarla. Nel i29[ invitò
Giorgio imperatore o re de'bulgari, ecou
gravissime sentenze gli propose 1' abiura
dello scisma, esponendogli la vera e sin-
cera fede tenuta dalla Chiesa romana, la
quale non può essere contaminata da er-
rori, né ablialtuta per forza o violenza al-
cuna, e fuori della quale non vi è salute.
Nella lettera che gli scrisse, gli mandò
ao4 VAL
pure la regola del credere. Confortò il
dello arcivescovo de' bulgari a tenere e
a predicare ai suo popolo l' istessa fede.
Fu Elena regiiin catlolica di Sorvia , che
pel suo ambasciatore indusse il Papa a
scrivere tali lettere, proponendosi d'ab-
boccarsi col re Giorgio per ridurlo all'ub-
bidienza della Chiesa romana. Il Papa Ur-
bano V bandì la crociata contro i turchi,
in favore de'greci, ed esortò l'imperatore
G iovanni I Paleologo a tornare al grembo
della Chiesa cattolica, ed indurre i greci
ad abbandonare lo scisma. L'imperatore
n mezzo del suo ambasciatore si dichiarò
proi»tissimo all'abiura de'siioi errori, on-
de il Papa propose a lui ed a'greci la re-
gola cattolica del credere e la forma del
giuramento nel condannare lo scisma,am-
monendolo a non più indugiare opera sì
gloriosa. Nel 1867 ricevè in Viterbo gli
ambasciatori greci per trattar 1* unione
delle chiesegreca e latina, e per reprime-
re l'impeto de'tarchi; indi per 8 nobilis-
simi ambasciatori, Urbino V ricevette in
Roma l'assicurazione da Giovanni I che
sarebbe venuto ad elFellaarla , avendovi
consentito i figli Andronico e Mannello,
inuno a'patriarchi di Gerusalemme, A-
Jessandria e Costantinopoli, co'quali lut-
ti il Papa paternamente si congratulò.
Giunto l'unperalore in Roma nel 1869,
a' 1 8 ottobre abiurò lo scisma nelle mani
del Papa, il quale gli concesse diverse
grazie, e sollecitò tutti i greci a fare al-
trettanto. Fiorendo in Bosnia il caltoli-
cismo pel bano Stefano, il Papa ne prese
la protezione, contro il fratello vecchio
bano scismatico; e siccome da tale regio-
ne gli eretici passavano in Dalmazia, ec-
citò gli arcivescovi dalmati e loro sulFra-
ganei a impedirlo. Nel 1870 Urbano V
attese con ogni studio a confermare i gre-
ci nell' ubbidienza della Chiesa romana,
e di allettare a venir ad essa i valacchi, i
iDoldavi, gli albanesi, i russi, i glorgiani,
e d'illuminare colla luce evangelica i tar-
tari. L'esempio di Giovanni I mosse altri
principi, sino allora involti nel greco sci-
V AL
sma, a venire al seno della Chiesa roma*
na, onde il Papa propose loro la confes-
sione di fede. In Valacchia, Chiara vedo-
va del defunto principe Alessandro, rice-
vè la lede cattolica, e indusse a fare il me-
desimo una delje due figlie dell* impera-
trice di Bulqaria. Del che Urbano V mol-
to si rallegrò con Chiara, e la pregò a vo-
lere usare del suo potere per trarre dal-
lo scisma anche T altra figlia e regina di
Servia, e altre persone de' due sessi con-
taminate di scisma e di varie eresie. Si-
milmente il duca di Moldavia Latzko, co-
nosciuta la verità cattolica predicata a
lui e a' suoi da alcuni frati minori , avea
con essi cotidannato lo scisma; e pregalo
il Papa di fare città la nobile terra di Ce-
reto del suo ducato, situato nella diocesi
d'Haliese, occupata da un vescovo sci-
smatico, e di dargli un vescovo cattolico,
il cpiale ammaestrasse e mantenesse lui e
la sua gente nella fede cattolica. A sì pia
domanda acconsentì Urbano V, e ne com-
mise l'esecuzione all'arcivescovo di Pra-
ga, ed a'vescovi di Vralislavia e di Craco-
via, a'quali anche ingiùnse, che ordinas-
sero vescovo di Moldavia Andrea da Cra-
covia frate minore, maestro in divinità e
ornato di singolari virtù. Del quale ordi-
ne mandò 4 vescovi in Albania e vicine
Provincie, per dilatare la religione catlo-
lica. Per simil modo Urbano V inviò Ni-
cola di Melsac con autorità di spargere
per la Lituania e Valacchia 25 frati mi-
nori per ammaestrare que'popoli nella
fede cattolica. Si legge nel p. Le Quien,
parlando di Tergowilz e di Ternova i
Fraedpuis aulem illis Jarihiis, {juìhus
potiehalur adeìnptis , utraque f^ala-
chia ConslantinopoUfano ilerwn vclut
oliin ihrono obnoxia facta est. CactC'
rum anno i Syo circiter^ Ladislaus Va^
lacliiae princeps rcgionem suamgraeco
schismate laboranteni ad catholicaiii
unita teni revocare meditatus est, atqiie
lileras de conimunione cuni Romana Se-^
de incunda Urbano f^ per nobìlem lìlol-^
daviensem dfCdit f cui per inde Ponti/ex
VA L
rcsrrìp^jtj' sed cassus utriusqiie cona-
tHsfait. f^alachìac metropolita illustris-
simo TTierosolymorum patriarcliae y ut
Jìloldoblachìac Exarchus Plcrgenanim
appellatur; ccii totus ille tracina Pla^
genae dicatiirj quo etiam nomine ap-
pellatur in Notitia Codini Curopalatae.
Poslerisy inquity temporibus constituti
sunt in V ngarohlachia duo metropo-
litae, quorum alter tenet locum Ni-
comediensisy alter dicitur metropoli'
la partis Ungaroblachiae, geritque vi'
ces Amaseni. P^alachiae metropolis ,
seu primaria civilas est Tergovitzium^
eique nulla subest episcopalis altera.
Probabilmente ne* pontificali di Euge-
nio IV e di Nicolò V si rinnovarono le
relazioni Ira la s. Sede ed i inoldo-va-
lacchi. Imperciocché Eugenio IV per la
celebrazione del concilio generale di Fer-
rara e di Firenze, invitò all'unione col-
la Chiesa Ialina lulta la Chiesa di Grecia
ed i principi de'popoli che ne seguivano
lo scisma, ed operatasi l'unione coli* in-
tervento e consenso nel concilio dell'im-
peratore Giovanni III Paleologo, e con
Giuseppe patriarca di Costantinopoli nel
1439, certamente anche i moldo-valac-
chi co' loro pastori dipendenti dal pa-
triai'calo avranno abbracciato l'unione.
E siccome per confermare in essa i greci
o convertire i dissenzienti Nicolò V nel
1447 e seguenti anni mandò i suoi nun-
zi e missionari apostolici ne' paesi con-
termini di Bulgaria, Tracia, Servia, Bo-
snia, Transilvania e Ungheria, sarà lecito
congetturare, che il simile facesse anche
colla Valacchia e la Moldavia. Ma per
l'accanita contrarietà del detestabile Mar-
co d'Efeso, ben presto i greci tornarono
alto scisma, in cui miseiamenle vivono,
tranne gli ubbidienti cattolici veneratori
della Chiesa romana. Fra' Papi più sol-
leciti e benefici co'cattolici inoldo-valac-
chi e Iransilvani, devesi celebrare Gre-
gorio XIII. Neil 585 gli successe Sisto V,
al quale, come riferisce il p. Tempesti nel-
la sua Storia, ricorse Pietro cattolico
VAL 2o5
principe di Valacchia, che a mezzo del
re di Francia, impegnalo da Gregorio
Xlll, a cui avea ricorso, ricuperò i suoi
stali. Egli era di costumi assai virtuosi,
e governando con amore di padre i sud-
diti, chiamò nella Valacchia religiosi e
parrochi dottissimi ed esemplari per la
riforma di molli cattolici e per la con-
versione alla fede degli scismatici. Noa
potendo tollerare i lui chi tanta pietà, lo
misero in sospetto di novatore in mate-
ria di stato col vicino pascià di Buda; il
quale argomentando chedalla disgrazia
di Pietro poteva accrescere la sua fortu-
na, se gli finse amico per poi tradirlo; e
lo tradì con tanta perfidia, che il sultano
Amurat 111 lo condannò alla prigione.
Però Pietro ne fu avvisalo a tempo, e con
precipitosa fuga si rilirò in Transilvania,
del cui vaivoda Cristoforo Bathori era
amico. Ma restò ingannato, perchè mor-
to Cristoforo, nella minorità del figlio
Sigismondo governavano i ministri, i qua-
li cacciarono Pietro in orrido carcere, si
per mal animo e sì per timore del sul-
tano. Perciò lo trattarono tanto crudel-
mente, che si proposero farlo morire di
fame e di stento. Il sultano infuriatosi,
per la fuga del vaivoda, lo fece cercare
dappertutto, ed ancora in Transilvania;
ma ivi per la segretezza cui era stato im-
prigionato, gli fecero credere eh' erasi ri-
coverato altrove. Correva ormai un an-
no dell' obbrobriosa prigionia, quando
Pietro guadagnatasi l'amicizia del custo-
de, ottenne da lui in grazia di scrivere
due lettere. Una la diresse ad un signore
valacco e l'altra a Papa Sisto V, al qua-
le pregò farla giungere. In essa gli narrò
quanto eragli avvenuto, e la dolorosis-
sima prigionia che pativa, scusandone gli
autori ; quindi non domandò al Papaia
ripristinazione sul trono, ma semplice-
mente il ricupero della libertà, che po-
teva intercedergli dal re di Polonia Stefa-
no Bathori tutore del vaivoda Sigismon-
do suo nipote. I valacchi avendo sapulo
dal nobile loro couciltadiuo le brame
ao6 VAL
tlell'infelice loro ornalo principe, vollero
nieciianle onorali ambascìalori presen-
tare al Pupa colla lettera le loro fervo-
rose suppliche. Giunli in Roma gli am-
basciatori adempirono la commissione
col Papa,e piangendo enumerarono e ce-
lebrarono le paterne virtù del signore lo-
ro amalissimo, tanto fervoroso nel fare
istruire il popolo nelle verità cattoliche.
Rappresentarono inoltre a Sisto V la tri-
ste condizione della Valacchia priva del
suo vaivoda, impegnandolo ad ottene-
re la sua liberazione, colla quale avreb-
be ricuperalo anche il trono. Commos-
so il Pontefice da si aireltuose perorazio-
ni, scrisse al re di Polonia il breve: Ste-
pJuììio Regi Poloniae conimendatiir Pe-
trus f^alachìae princeps tenliis a turca
in carcere. Espose al re, che Pietro ami-
co grande della s. Sede e vaivoda di Va-
lacchia, era ingiustamente carcerato in
Transilvania e trattato inumanamente,
per essere vero cattolico e generoso di-
fensore della fede; quindi l'esortò per l'o-
iiore di Dio, per la giustizia e per la ri-
verenza dovuta alla s. Sede, ad eflìcace-
mente adoperarsi per la pronta sua libe-
razione, e allenderlo dall' amore che gli
portava. In pari tempo Sisto V coman-
dò al suo nunzio in Polonia, che unisse
col re i suoi energici uflizi a favore del-
l'innocenza perseguitata che patrocinava
la Sede apostolica. Il re di Polonia avea
altra volta ordinata la liberazione del
vaivoda, senza che fosse stato ubbidito;
ma ora in ossequio delle calorose premu-
re di Sisto V, volle che non più s'indu-
giasse, restituendo a Pietro la libertà. Ciò
saputosi da'nobili valacchi andarono in-
contro al vaivoda, e lo ricondussero in
trionfo sul trono, dopo averlo il re Ste-
fano colla sua autorità rimesso in grazia
d' A murai 111, il quale era ammiratore
di Sisto V, ed anco lo temeva. Ricupe-
ralo il principato, con più di fervore Pie-
tro si dedicò a governare i sudditi, a rie-
dificar chiese, a chiamare io Valacchia
religiosi^ e colle più esemplari industrie
VAL
procurò la gloria di Dio e il bene de* va-
lacchi. Quindi Sislo V nel i588 al vai-
voda di Transilvania indirizzò il breve:
Trans ih'ano Principi contnicndat Prin-
cipe vi Pctruni Falachiae^ ut res siiae
ipsi rcstiluantur. Di quando in quan-
do i Papi inviarono missionari aposto-
lici in Sbatacchia, massime dopo V isti-
tuzione della congregazione di propa-
ganda //dfc, e nel suo collegio Urbano
più volte sono slati istruiti per le mis-
sioni alcuni moldo-valacchi. Il cardinal
Leopoldo di Kollonitz ungherese , ar-
civescovo di Slrigonia, nel mirabile suo
zelo religioso, giunse a riunire alla Chie-
sa cattolica circa 200,000 valacchi di
Transilvania, de'quali feci parola supe-
riormente e riparlerò in fine, che vive-
vano nello scisnia greco. Notai nel voi.
LXXIX, p. ic^, che l'imperatore Car-
lo VI provvide onde 3 greci valacchi di
Transilvania fossero mantenuti quali a-
luniii in Roma nel collegio di Propagan-
da. Narra il contemporaneo diarista Cec-
coni, che nel pontificato di Clemente XI
e nel 1716, proveniente da Napoli giun-
se in Roma per passare a Vienna la ve-
dova principessa di Valacchia, con due
suoi figli j, fuggila dalla tirannide della.
Porta ottomana. La principessa per es-
sere di greco rito, si portò ad udire la
messa nella chiesa di s. Anastasio del col-
legio greco, nella quale per vederla ac-
corse gran quantità di popolo. Tale prin-
cipessa deve essere stata la vedova del
vaivoda Brancovano,che deplorai più so-
pra. 1 Papi a vantaggio spirituale de'cal-
lolici valacchi istituirono il vicario apo-
stolico di Valacchia, per tulio il princi-
pato, ed alììdarono l'amministrazione del
medesimo nelle due Valacchia, maggio-
re e minore, al vescovo prò tempore di
Nicopoli {F.)i citlà vescovile di Bulga-
ria distante 3o leghe da Bucharest. la
tale articolo nel riferire gli ultimi suoi
vescovi , ìnclusivamente al passionista
mg/ Parsi, ch'è tuttora amministratore
aposlolicu delia Valacchia^ uaiiai qÌìh il
VAL
predecessore mg.' Molajoni, pel feiribi-
je incendio scoppiato in Eticharest nel
giorno di Pasqua 1847, ^'* perdette co'
suoi effetti la propria casa di residenza,
in cui avea istituita a sue spese una scuo-
la di fanciulle. Come residenza Bucha-
lest del vicario apostolico, ne darò un
cenno.
Bucarest o Bukaresl o Biicharesf^
capitale e metropoli della Valacchia, ca-
poluogo del distretto d'Ilfow,è distante
ì5 leghe da Ruslchuck, più di 20 da Si-
lislria, e 100 da Costantinopoli. Aperta
da ogni banda, giace in vasta pianura pa-
ludosa, sulle rive della Duml->ovitza,che
si atlraveisa sopra un ponte. Essa ha
una circonferenza non minore di quella
di Vienna, giacché la massima parte deJ-
le case de* boia ri è secondo l'uso orien-
tale e per ragione di salute, circondata
da vasti giardini. Il numero degli abi-
tanti pub salire a circa 100,000, cioè:
c)0,ooo originari rumeni ossia valacchì,
e 10,000 foraslieri. Essi abitano ne'67
quartieri in cui è divisa la ciMà, oltre a
12,000 case di varie forme e grandezze,
nella più parte costrutte in legno e ges-
so, d'ordinario basse e con corteegiar.
dino : la città però dopo 1* ultimo e ac-
cennato disastroso incendio del 1847 ^^^
di mollo guadagnalo in solidità e bellez-
za con nuovi edifizi che si estendono per
la lunghezza d'intere contrade. Magnifi-
co è l'aspetto che essa offre veduta da
sud-est o da sud-ovest, monotono all'in-
contro veduta dal nord-est o dal nord-
ovest. Quattro lunghissime contrade
principali, Mogosota, Serbanu Vodao o
Beilucu, Tei gula de afarà, e Caliti, sono
tagliate da innumerevoli pìccole strade e
viottoli. In generale le strade sono dirit-
te e assai larghe, e quasi tutte guarnite
d'un pavimento di tavoloni, in luogo di
lastricato, il che le rende incomodissi-
me. La città ha un aspetto che sembra
un immenso villaggio, per la separazio-
ne in alcune parti delle case franiezzate
da'giardiui; partecipa delie città oricnla-
V A L 207
li e occidentali. In una piazza fu innal-
zala una statua marmorea a Kisselelf ,
per gratitudine de' grandi benefizi che
quel prode generale russ.o rese alla Va-
lacchia, nel tempo che la governò per la
Kussia. Cento e trenta cliiese, monasteri
e conventi innalzano i loro letti oltre
quelli comuni delle case, ma in lutla la
città non ci sono che due altezze strate-
gicamente importanti, la melropolitana
dov'è la grandiosa e bella residenza ar-
civescovile, e Cuelea arsa ossia l'arso pa-
lazzo principesco, che venne riedificalo
sulle rovine di quello abbruciato nel
18 r 3. Altri dicono che l'antico palazzo
era nel centro della città e che in miglior
forma si rifabbricò presso la cattedrale.
Da questi due punti Bucharest polieb-
be bensì venir bombardata, ma non mai
difesa. Dal tempo della sua fondazione
fino al discorso 1^53 questa città dovè
albergare per ben 5 volte le armate rus-
se, cioè dal 1 669 fino al 1 774» dal 1 806
fino al 18 12, dal 1828 fino al 1829 e
e più avanti fino Qli85i,e nella descrit-
ta guerra d'oriente. Bucharesl può esser
d'importanza in riguardo commerciale,
politico e altro, ma in fallo di strategia
essa è priva di significanza. E vero che
ci sono nella città alcuni edifizi fabbri-
cati a modo di fortezze, ma nessun ge-
nerale vorrà mai esaurire le sue forze
nella difesa di punti che non potrebbe a
lungo conservare. Dopo che nel 1698 la
qualità di capitale della Valacchia , da
'Tergowilzfu trasferita in Ducharest, qui-
vi risiederono i vaivoda o ospodari, l'ar-
civescovo greco scismatico, i consoli eu-
ropei e Tautorilà amn)inistrative e mi-
litari del principato. Tra'pubblici edifi-
zi primeggiano il palazzo abitato dal prin
cipe ; la torre del fuoco, sulla cui cima
vigila di continuo un guardiano per dar
l'avviso negli incendii ; e la chiesa me-
tropolitana situata in un' altura, donde
lo sguardopiacevolmenle spazia sulla sot-
toposta città e sopra un'estesa pianura,de-
nudata nella maggior patte di piaule.La
2o8 VAL
chiesa ha un aspetto elegante, è sormon-
tata ci<i 3 belle torri e da una cupola, co*
perle dì metallo dipinto i n verde: ha 3 na-
vale, ma strette e cariche di troppi orna-
noenli ; il vestibolo é elegante e da pochi
anni mediocremente dipinto a fresco. Le
altre chiese sono tutte costruite sullo sles-
so ordine, e tutte hanno intorno le case
in cui abitano i preti. Però la chiesa di
s. Giorgio è un bellissimo esempio delia
pianta e dello stile generalmente adot*
tato per gli edilìzi religiosi di qualche
importanza nella Valacchia. Più impo-
nente per la massa che pel finito delle lo-
ro parti, raramente questi edifizi sono
costruiti di pietra, facendosi uso gene-
ralmente di mattoni coperti di gesso; ed
in conseguenza gli ornati non ponno ave-
re sullicienle solidità. La stessa osserva-
zione va fatta sugli altri edìfizi di JUu-
churest e di parecchie altrecitlà del prin-
cipato, i quali a prima vista fanno sfog-
gio e pompa di decorazioni, ma passato
un inverno o due, si vedono spogliati de'
loro appariscenti ornati. La chiesa di s.
Giorgio ha un ampio portico con pre-
gevoli pitture di siile bizantino, fra le
quali sono effigiali molti falli della vita
del santo titolare. L' Album di Roma
produsse i disegni della cattedrale di Bu-
charest nel t. 8, p. 32i,edella facciata
di s. Giorgio nel t. 21, p. 69. In Bucha-
rest evvi ancoradaantico tempo la chie-
sa de'protestanti di buona architetlura,e
la sinagoga. Altri considerabili fabbricali
sono: l'ospedale fondato nel i835 dalla
nobile Brancovana, e capace per 60 ma-
iali, la casa abitata dal console d'Austria,
quella del console russo, la camera de'
rappresentanti, ed il collegio di s. Sava.
Vi sono moltissimi grandi alberghi pub-
blici occupati principalmente da ricchi
mercanti che trafficano di tulle le der-
rate del mondo commerciante. Alcune
comode case degli ereganli quartieri han-
no magazzini in cui si pongono in bella
moslra merci d'ogni geneie; altri sono
iu uu basar, e di oolle si chiudono eoa
VAL
porle di ferro. Vi è un piccolo lenirò te-
desco ed altro francese, pel quale i valac-
chi hanno mollo trasporlo, essendo i no-
tabili educati alla francese. Luogo di con-
vegno ne'giorni festivi sono: Cherestre*
vo che giace quasi un miglio dalla cillìi^
in cui non vedonsi che boiardi parlanli
il francese, e vi si recano con carrozze di
lusso di Germania e Pietroburgo; e il
giardino che trovasi vicino alla Dumbo-
vitza, dove son bagni, musica militare >
danze e giostra, hi questi due convegni
si vede molto lusso, tutti vestono all'eu-
ropea, gran isfarzo negli abiti delle don-
ne,nelle livree,ne'cavallieloro fornimen-
ti, delle moltissime carrozze e vetture.
Non mancano stabilimenti di pubblica
beneficenza, d'ospedale militare. Per la
pubblica istruzione, olire il suddetto col-
legio di s. Sava, denominato il Liceo, vi
sono alcune pensioni private, le scuole
lancastricane, una biblioteca provveduta
di circa 8000 volumi, \\r\ museo di sto-
ria naturale, ed un seminario per l'istru-
zione del giovane clero. 11 metropolita
Ignazio nel 18 io eresse una società di
scienza, letteratura e lingue. Molli so-
no i monaci e le monache, per lo più as-
sai ricchi, molti de'quali dipendenti da'
greci scismatici di Palestina. Vi sono
fabbriche di vetri, di tele, tappeti, sac-
chi, collane di foglie di rose, distillerie
d'acquavite e altre manifatture. Questa
città si può chiamare il deposito di tulio
le merci di Valacchia. Vi si fanno gran-
di all'ari in panni, vetri, chincaglie pro-
venienti di Germania, grani, lane, tabac-
co, miele, cera, sego, burro, pelli e bestia-
me. Gli artisti vi formano 49 corpora^
zioni. Nella relazione dei funesto incen-
dio del giorno di Pasqua 1847, scoppia^
to a mezzodì nel centro della città sotto
l'azione d'un vento gagliardo, si legge
che perirono 1 3 vittime, e restarono con-
sumale dal fuoco più migliaia di case ,
ovvero 1798, comprese le casipole e le
capanne; ma sventuratamente la [)erdi*
la maggiore colpii! commercio^essenda
siale distrutte gran numero di botteghe
e di magazzini colle merci in essi cuslo-
diti, circa i5oo mngazzini o khan, fm-
perocchè a farsi un'idea della quantità
di merci e derrate d'ogni specie ch'erano
raccolte ne'fondachi della capitale della
Valacchia, conviene avvertire ch'essa è
come l'emporio di tutti gli opiflcii di ma-
nifatture e di lusso per l'Europa orien-
tale, e che ìndi ne vengono fornite non
solo tutta la Valacchia, la Moldavia, ma
ancora la Bessarabia, la Uomelia, la Ser-
via, e persino una parte della Transilva-
nia. 11 danno fu stimato approssimativa-
mente ad un 4o milioni di franchi. Le
perdite colpirono specialmente varie ca-
se di Vienna, massime israeiite, di Pest
e Berlino. Il principe Bibesko si trovò
per lutto colle pompe idrauliche per fre-
nare l'elemento divoratore, e quindi in-
cessantemente si occupò di mitigare la
generale miseria, con energiche provvi-
videnze e benigne disposizioni. Aprì una
soscrizione in tutta la Valacchia per soc-
correre i danneggiati dall'incendio, po-
nendosi a capo di essa per 6000 zecchi-
ni. S'accordò col metropolitano e col con-
siglio amministrativo d'impiegar in soc-
corso de'bisognosi la 4-^ parte delle ren-
dite d'un anno, o circa 5oo,ooo pia'stre;
dalia cassa centrale 200,000, dopo aver
provveduto agl'istituti di beneficenza su
di essa fondati; la doppia decima delle
rendite annue de'chioslri giovevoli al s.
Sepolcro, tranne quello di s. Giorgio che
patì l'incendio, di circa 700,000 piastre;
il fondo di riserva della cassa Wessiarie,
di 3oo,ooo piastre; una mesata a tutti
gl'impiegati civili e militari, che ricevono
più di 3oo piastre, per 3oo,ooo piastre,
eccettuati i pregiudicati dal fuoco ; i sussi-
dii dalle casse di riserva di tutti i magi-
strali della Valacchia, per 180,000 pia-
stre, ec. ec. Il perchè numerose deputa-
zioni di negozianti si presentarono all'o-
spodaro per solennemente ringraziarlo
del vivo zelo da lui mostrato durante
l'iucendio, pe'prowedimenti opportuni
VOL. LXXXVII.
Val 109
a farne cessare le distruzioni, e del pater-
no amore con cui aveva poi procacciato
di rimediare alle disastrose conseguenze
del desolante infortunio. Bucharest si
vuole edificata nel principio del secolo
Xil. Di sue principali vicende già ragio-
nai. Solo qui ricorderò:Checeduta all'Au-
stria nel I 718, fu restituita a'turchi nel
j 789 per la pace di Belgrado. Occupata
da'russi a' 17 noveo)brei769, fu resti-
tuita alla Porla nel 1774- Gli austriaci
la presero pure nel 1789, indi la resero
alla pace di Christowa. Successivamente
i russi l'occuparono le narrate volte. Due
congressi vi furono tenuti, il i ." dall'ot-
tobre [772 al marzo I 778 ; il 2.° nel 1812
in cui a'28 maggio fu ceduta a'russi la
Bessarabia. Le notizie più recenti sul vi-
cariato apostolico della Valacchia, di
cui è amministratore il vescovo di Nico-
poli, sono le seguenti. Bucharest, residen-
za del vescovo amininistratore del vica-
riato, ha cliiesa e convento de'francesca-
ni minori osservanti riformati di Bul-
garia e di Transilvania, con vicario ge-
nerale e parroco. Il vescovo ha le facol-
tà dalla congregazione di propaganda^z-
de^ da cui dipende , della formola 2."* e
altre straordinarie. Benctè in Bucharest
e nel resto del principato la religione do-
minante è la greca scismatica, il metro-
politano ultimamente col suo clero ave-
vano sentimenti cattolici. Istruiti nella
storia ecclesiastica, conoscono bene l'e-
poca, gli autori e le cause dell' allonta-
namento de' greci e de* valacchi dalla
Chiesa romana, e non sembravano alie-
ni dal ritornarvi. Il vescovo amministra-
tore mg." Arduini scrisse alla s. congre-
gazione, che se il vescovo di Wicopoli ri-
siedesse stabilmente in Bucharest, e a-
vesse seco due ecclesiastici dotti, pruden-
ti e zelanti, si potrebbe col divino aiuto
giungere al desiderato fine. Tuttavia i
cattoHci chene'primi anni del secolo cor-
rente erano quasi 1000, secondo le rela-
zioni del 1 882 ascendevano a circa 6000,
Mg/Bosali che pubblicò nel 1 848 la No*
i4
210 VAL
tizia statistica delle Missioni cattai i-
che^ legisliò in quelle di Valacchia e Mo 1-
davia 38 preti, 85 chiese, 74,000 cat-
tolici, che saranno accresciuti; poiché in
Buchaiest e altrove le conversioni de'lu-
terani e calvinisti sono frequentissime ,
quindi molto e progressivo è l'accresci -
mento de'caltolici. In generale, i greci sci •
smalici in Valacchia vivonoqunsi da atei.
]Nel doloroso incendio del 1847 i'^^ucha-
rest arsero! 3 chiese, compresa la calteli*
ca. Nel chiostro de' francescani e nella
casa del vescovo amminislratgre periro-
no nel fuoco lutti gli oroamenti di chiesa
ed i vasi sagri, onde i divini ufijzi con-
venne celebrarli temporaneamente nella
casa del console austriaco, sotto l'imme-
diata prolezione del quale è la chiesa cat-
tolica di Hucharest. Che fu riedificala,
«e ho prova d'aver letto, che a'24 aprile
1854 nella chiesa parrocchiale vi fu ce-
lebrato un solenne uffizio divino in occa-
sione del matrimonio dell* imperatore
d'Austria Fiancesco Giuseppe. Mg/ Mo-
litjoni vescovo amministratore, che tro-
vavasi a Bucharest nella deplorabile vi-
cenda, riparò a Ciopple,allra sua residen-
za, ov'era un missionario romano e una
chiesa callolica; e come già dissi, dopo a*
ver perdtJlo co'suoi elfetti la propria ca-
sa, in coi a sue spese avea istituito una
scuola di fanciulle. I! parroco e il guar-
diano de' francescani furono accolli dal
console austriaco, e gli altri 4 francesca-
ni si ospitarono da altre famiglie catto-
liche. 11 loro convento colla chiesa allo
svilupparsi dell'incendio fu ravvolto nel-
le fiamme e distrulli in meno di 1 6 minu-
ti, di maniera che nulla si potè salvare
degli arredi della chiesa e delle masse-
rizie del convento; per non perirvi do-
vettero fuggire, il che avvenne ad un fa-
miglio, il quale voleva sottrarre alla di-
struzione le robe sue. l luoghi del vica-
rialo ove principalmente esistono calto-
hci sono i seguenti. Bucharest, forse con
un centinaio di cattolici. Tersowitzcon
pochi cattolici : i francescani vi possedè-
VAL
vano un convento con magnifica chiesa,
ma tutto perì. Resta una vigna, un orto,
un albereto, una casa abitabile, con ren-
dile per due persone. lu Calnuovo o fab-
brica di velri, alla destra di Tergowitz,
vi risiedeva im missionario. Plejes o l'Io-
jest, alla sinistra di Tergo witz, con alcu-
ni cattolici. Campolongocon chiesa econ*
vento ossia casa parrocchiale, ove risie-
de il guardiano, il parroco e qualche lai-
co. Crajova capitale della Valacchia mi-
nore e talvolta residenza del principe o
del suo caimacan , vi sono de' cattolici.
Dell'antica chiesa e convento ora diruto e
abbandonato, vi restano le mm-a e il re-
cinto abitato da'zingari. Ciò non ostante
vi risiede un religioso , ma nulla ritrae
dall'antiche rendite della chiesa ch'era-
no vistose, poiché possedeva molte terre,
e molte case della città pagavanoalla chie-
sa il canone. Il vescovo Molajoniavea ot-
tenuto dall'ospodaro la promessa della
restituzione delle mura del convento e
chiesa, e dell'annesso recinto che i zin-
gari ridussero a loro abitazione. La cillà
di Crajova è distante 43 leghe da Bu-
charest, e 127 da Coslanlinopoli: è gran-
de, con chiese, conventi e mollo belle
botteghe. Piiranik, città sulla sinistra
sponda del fiume del suo nome, ha po-
chi cattolici, e vi é un convento di fran
cescani ben provveduto. Ma a'ig aprile
1847 "0 incendio, reso estesissimo dal
vento turbinoso, fece perire Sq edifizi ,
fra'quali il seminario vescovile, le scuole,
il tribunale e molle altre case di valore.
Rimnik o Ribnik nel 1 789 vide dappres*
so la compiuta vittoria riportata sui tur-
chi, dagli austriaci sotto gli ordini del
principe di Coburgo, e da'russi coman-
dati da Souvarow, il che fece dare a
questi il titolo di Rimnikskow. Cioppe o
C^iopple è un villaggio con un 700 catto-
lici, per esservi 1' esercizio della religio-
ne interamente e pienamente libero: i
cattolici erano buoni, frequentanti i sa-
gramenti, e coltivati da un religioso pas-
sionisla, giacché i passionisli sono am-
VAL
messi Ira 'cooperatori missiotiari valacchi,
ed uno di loro è vescovo di Nicopoli.
In tutto il vicariato vi è una provincia
di minori osservanti riformati, con 8
conventi, compresi quelli di Transilva-
nia e del banato di Temeswar. Vi sono
molli ospedali, alcune scuole elementa-
ri. I conventi di questi luoghi però non
sono che piccole case, ed è quasi impos-
sibile osservarvi la clausura. Anni sono
l'attuale vescovo amministratore mg/
Parsi fece venire dall'Austria alcune mo-
nache, onde erigere in Bucharesl uno sta-
3)ilimento per le fanciulle, per sopperite
al distrutto dal fuoco. A spese sue fu co-
struita la scuola e l'abitazione per le me-
desime. Di questa lodevole intrapresa
profittarono specialmente le famiglie te-
desche ivi domiciliale. Il numero delle
fanciulle che nel principio del 1 856 vole-
vano entrare nelT istituto era già cosi
grande, che non tutte vi poterono essere
accettale, per cui le monache domanda-
rono che venissero loro accordali nuovi
locali. Il metropolita greco non unito die
quindi loro un terreno sufficiente e per
costruirvi un istituto e per erigervi dap-
presso un giardino. Pel vitto, alloggio ec.
ogni fanciulla della classe agiata paga 60
zecchini all'anno, e le fanciulle povere 9
a 1 1 lire austriache al mese. Le monache
hanno già tanto risparmialo\;he coadiu
vate da alcune pie elargizioni, esse nel
febbrafo di detto anno erano ormai in
grado di far costruir la casa per l'istitu-
to nella prossima primavera, e mi giova
ritenere che l'abbiano efiettuato, e le con-
seguenze saranno feraci e prospere alla
religione, alla morale, all'incivilimento.
Terminerò questo ai licolo col rammen-
tare una gloria del pontificato romano,
ed un immenso benefizio per la chiesa di
rito greco cattolico de' valacchi esistente in
Tranfih'ctma^ /''.),per la nuova arcidioce-
si e provincia ecclesiastica di Fogaras,con
arcivescovo omonimo e d'Alba Giulia, e
per le nuove sedi vescovili suffraganee di
Logos e Armenopoli, oltre l'altra suf-
VAL 111
fraganea di Varadìno smembrata dal
metropolitano di vStrigonia. Avendo lut-
to quanto narrato nel fine del cita-
to articolo, mi limiterò ad accennare.
Gregorio XV i stendendo la pastora-
le vigilanza e sollecitudine apostolica a*
popoli V alacchi di rito greco cattolico
stanziali nella Transilvania,volle per con-
fortarli e consolarli e confermarli nella
cattolica fede, istituire per loro una par-
ticolar gerarchia ecclesiastica di rito gre-
co; ma la difficoltà de'tetupi e altre mala-
gevoli circostanze avendone impedito
l'elfetluazione, questa attuò e felicemen-
te compì il Papa successore Pio IXa'26
novembre 1 853 ; contribuendovi il zelan-
tissimo arcivescovo di Slrigonia cardinal
Scitowski,edil nunzio apostolicodiVien-
na mg.' Viale-Prelà, ora cardinal arci-
vescovo di Bologna, lume e ornamento
della Chiesa catloMca, che con trionfale
viaggio si recò in Transilvania ad istal-
larvi solennemente i nuovi pastori, edo-
ve fra'prelali che recaronsi ad ossequiar-
lo vi fu [)ure mg."^ Angelo Parsi di Ci-
vitavecchia, vicario e amministratore de!
vicariato apostolico di Valacchia, parli-
lo appositamente da Bucharesl, col ve-
scovo di Va radino assistendolo alla con-
sagrazione de'nuovi vescovi di Lugos e
di Armenopoli. Di recente a mg."^ Par- /
si r imperatore Francesco Giuseppe l ha ^
conferito l'ordine imperiale austriaco del-
la Corona dì ferro di 2.' classe.
VALCARIO (s.), canonico regolare di
Limoges. Era di Meuian, città limitrofa
del Vessinese francese. In età di 18 anni
lasciò il proprio paese,e ritirossi nel Limo-
sino, ove si fermò in un luogo solitario, che
dipoi fu chiamalo Chavagiiac. Ivi visse
tre anni nell'esercizio della preghiera e
della penitenza, con un compagno per
nome Germone, il quale avea con lui ab-
bandonata la patria. Ambedue passaro-
no in seguito nel vicino bosco di Aureil,
e vi edificarono due monasteri, uno di
uomini e l'altro di donne, sotto la re-
gola de'canonici regolari di s. Agostino,
ali VAL
la quale ern siala approvata da Papa A-
lessantlio li nel io63. S. Valcario rese i
SUOI discepoli sommamenle perfetti co*
suoi discorsi e co' suoi esempi. Egli era
stretto in santa amicizia co' canonici di
Limoges, e con s. Stefano di Muret ossia
di Grandmont,la cui solitudine non era
lunge d'Aurei). Morì d'una caduta a* 9
aprile 1 1 3o, in età di 80 anni. Papa Ce-
lestino III lo canonizzò nel i 194, ed o>
uorasi ad Auieil ed a Meulan nel giorno
del beato suo transito. I Bollandisti,/^^^^
Sanclorum aprilìs, t. 2, p. 853, chiama-
no questo santo Gaiwherioo Gauchie'
ro y ed il simile feci io nel voi. VII, p.
3o8 ; ma seguendo il Butler, in questo
articolo ho usato la sua denominazione.
VALDESI o POVERI DI LIONE,
Valdenses. Eretici, ch'ebbero la prima
loro origine in Lione di Francia, poco
dopo la metà del secolo XII, e perciò da
principio furono detti i poveri di Lione
(ed anco L.eonisti, da Lione, città già det-
ta Leona), per la stretta povertà volon-
taria che si proposero professare: furono
anche denominati Salatatij Inciahatta'
//ed Lisahatati i\a.\U foggia di formarsi
le scarpe o sandali con sopra una croce,
per scuoprire la nudila de'piedi in guisa
che sembrava andassero scalzi. Con tali
nomi furono chiamati i ritenuti più per-
fetti, gli altri sen)plicemente appellando-
si fedeli o credenti. Essi rinnovarono gli
errori degli apostolici (/^'.) e degli Ar-
contici (T'^.)t eretici de'primi secoli della
Chiesa, e ne aggiunsero altri. E falsissi-
mo il riferito dagli scrittori valdesi o lo-
ro partitanti, le supposizioni e le conget-
ture affastellate senza prove che questi
settari discendano dugli apostoli s. Pao-
lo o s. Giacomo, o da'loro discepoli o al-
meno da'discepoli di quest'ultimi. Si giun-
se a sognare, nel viaggio di s. Paolo nel-
la Spagna (intrapreso secondo alcuni e
da altri contrastato, su di che può ve-
dersi il voi. LXVl 11, p. 66), il suo pas-
saggio per le valli di Piemonte, nel se-
colo Xlll cominciate ad abitare du'val-
VAL
desi. Tulle queste ridicole e sfrontate ipo-
lesi sono state trionfalmente confutate dia-
gli scrittori cattolici che celebrerò. La i ."
loro origine è fìssala dal Fleury, Storia
ecclesiastica , lib. 73, n.° 55, all' anno
1160. Il domenicano eruditissimo fr.
Tommaso Agostino Piicchini, nell'edizio-
ne: P'enerahilis p, Monetae cremoncn-
siSfOrdinispraedicat., adversus Catha-
ros et Valdenses, libri 5, quo ex marni'
scriptis mine priniwn edidit , Romae
1743, è di avviso che la prima appari-
zione di questi poveri Leonisti sia stata
nel 1 170. Il p. Moneta nacque nel me-
desimo secolo in cui coniparvero i val-
desi, ed enlrò nell'ordine di s. Domenico
qualche anno prima che il santo fonda-
tore cessasse di vivere nel 1 22 i. Bernar-
do abbate di Fontecaldo, che fioriva e
scriveva sulla fine del secolo XII, fu ao-
ch'egli contemporaneo della prima com-
parsa de' valdesi; e tanto esso che molti
altri scrittori di quel secolo non lasciano
alcun dubbio della primitiva loro origi-
ne. L' autentiche loro testimonianze si
ponno leggere nell' opera del dottissimo
attuale arcivescovo di Genova, e già ve-
scovo prima di Pinerolo e poi di Sebaste,
istitutore de'reali duchi di Savoia (ora re
Vittorio Emanuele li) e di Genova, cioè
ing."^ Andrea Charvaz, Origine de* Val'
desi e carattere delle primitive loro dot-
tri ne , versione del prof. Murato ri, To-
rino i838. Furono conosciuti e si dira-
mai ono sotto il nome di Valdesi ^ per-
chè Pietro Valdo (da allri detto pure di
Vaud , e perciò i suoi seguaci chiamati
ancora Vaudesif^ Vodesi, ed in france-
se Vaudoisy siccome nato nel villaggio
di Vaux o Vaud sulle rive del Rodano
nel Delfinato, provincia di Francia), ric-
co mercante lionese, si costituì loro capo
e maestro, in quella stessa maniera, che
da Ario eresiarca trassero il nome gli a-
rianiy da Donato i donatisti, da Lutero
i luterani. Il p. Helyot, Storia degli or-
dini monastici, t. 3, cap. ^: Dell'ordine
de' Poveri cattolici diLÀone unito a quel-
VAL
lo degli eremiti di s. Agostino^ dichiara
che Pietro sensibiloiente commosso dal-
l'improvvisa morte d'un amicoj risolvè
di mutar vita, e letteralmente spiegando
le parole di Gesti Cristo contro i ricchi,
dispensò tutti ì suoi beni a'poveri di Lio-
ne , per vivere in volontaria povertà e
rinnovare la maniera di vita tenuta da-
gli apostoli, com'egli protestavasi. I suoi
discepoli appellaronsi i Poderi di Lione
per la povertà che professavano, Zeo/zz-
sti dal nome della citlà di Lione, In-
ciabattali a riguardo de'sandali che por-
tavano, e Valdesi dal luogo nativo del
loro istitutore. Questi spiegando loro in
"volgare il Testamento nuovo, s'invoglia-
rono ancora di predicare e d'insegnare,
<juantunque laici a ciò non destinali. Con-
tinuarono adonta della proibizione d'A-
lessandro III e della scomunica di Lucio
IH, anzi s' impegnarono a sostenere di-
versi errori. Alfonso II re d' Aragona li
condannò nel i 194 j e 1' arcivescovo di
Narbona Bernardo li cacciò, dopo aver-
li convinti d'eresia in una conferenza te-
nuta con essi. Alcuni si convertirono e nel
1207 rinunziarono all'eresia, e col capo
loro Durando d'Huesca nel 1208 si por-
tarono da Innocenzo III, il quale li rico-
nobbe per cattolici dopo giuramento e
professione compieta delle verità e cre-
denze cattoliche , tutto riportandosi dal
p. Helyot. Quindi aspirando alla perfe-
zione cristiana, composero una regola in
cui dichiararono, che dopo avere rinun-
ziato al secolo e aver dispensato a'pove-
ri quanto aveano, erano risoluti d'essere
eglino stessi poveri , di non prendersi
pensiero pel di seguente, e di non accet-
tare che soltanto il vitto e il vestito ne-
cessario per ciascun giorno, non però in
denari. Di volere studiare per disputare
contro tulle le sette degli eretici, e pre-
dicar nelle loro scuole la parola di Dio
a' loro confratelli e amici , colla licenza
de'propri prelati. Che osserverebbero la
continenza, e digiunerebbero due quare-
sime, seguendo le regole della Chiesa. Che
VAL 2i3
il vestire fosse modesto , usando scarpe
al di sopra aperte, ma differenti da quel-
le de' Valdesi. Che nelle loro case for-
merebbero società di vita regolare, lavo-
rando gli uni colle loro mani, gli altri
predicando e dispulando contro gli ere-
sici. Questi sono i principali articoli del-
la regola che Innocenzo III approvò eoa
due bolle de' 18 dicembre 1208, una di-
retta all'arcivescovo di Tarragona, e l'al-
tra a Durando d'Huesca ed a'suoi frati
detti Poveri di Lione, he lettere scritte
perciò da Innocenzo III agli arcivescovi
di Milano, Narbona e Tarragona, ed a'
vescovi di Marsiglia, Barcellona ed Hue-
sca, a riguardo di questi particolari po-
veri di Lione, dimostrano che tale socie-
tà eslendevasi in Francia, Italia, Arago-
na e Catalogna. Durando, prima di con-
Terlirsi, faceva scuola in Milano per gua-
dagnare discepoli, e siccome 1' arcivesco-
vo per la scomunica l'avea fatta demo-
lire e quindi riedificare, Innocenzo III
ordinò a* 3 aprile 1209 di restituirla a
Durando e suoi compagni. Il Papa rice-
vette accuse da diversi vescovi contro
Durando sopra diversi punti, massime il
sostenere alcuni de'suoi, non esser lecito
ad alcun magistrato secolare esercitare
giudizio di sangue , senza farsi reo di
colpa mortale. A motivo di queste que-
rele Innocenzo III scrisse a Durando e
compagni, esorlandoli a correggersi dal-
le cose loro imputate, e soprattutto riget-
tare l'errore, che il braccio secolare non
potesse esercitare giudizio di sangue, so-
pra di che non mancò di addurre la dot-
trina delle due spade; ed ordinò che la-
sciassero i sandali e non piìi usassero si-
mili calzari, per togliere ogni occasione
di censura. Quindi a'5 luglio i 209 scris-
se a'vescovi reclamanti, che se Durando
operava con frode, in questa resterebbe
avviluppalo ; ma se conservava qualche
reliquia dell'antica sua superstizione per
più facilmente guadagnare gli eretici vai-
desijbisognava tollerarlo per qualche tem-
po, e finché da'frutti si conoscesse l'albe-
ai4 VAL
ro, purché però sana fosse la dì luì fede
quanto all'esseuziule del dogma. Gli esor-
tò ancora a trattare Durando eoo dol-
cezza, e a procurare di cattivarselo, anzi*
che inasprirlo e far concepire contro di
loro avversione. Che se poi avesse di-
sprezzato le loro salutari ammonizioni,
\i avrebbe applicalo opportuno rimedio.
Sembta molto verosimile che Durando
e i suoi ubbidissero, poiché a' 12 maggio
1210 Innocenzo III mandò agli arcive-
scovi di JNarbona e Tarragona, ed a'Ioro
suffraganeì, il giuramento ortodosso e la
professione di fede cattolica emessi da
Durando e da'compagni; non senza mo-
strarsi sorpresi ch'eglino tergiversavano
a ricevere l'abiura degli errori da' valdesi
che bramavano riconciliarsi colla Chie-
sa, premessi il giuramento e la professio-
ne di fede. Con altre lettere dello slesso
giorno esortò gli stessi prelati a trattare i
Poveri cattolici QQw amorevolezza, e di
non impedire che le persone caritatevoli
facessero loro del bene, scomunicando
coloro che vi si opponessero. A'i3 poi
scrisse a Durando, a Guglielmo di s. An-
tonino ed a'Ioro frati di perseverare nel-
la fede cattolica, e proibì di riconoscere
per superiore se non che quello da loro
eletto col consenso del vescovo diocesa-
no. Nel 12 u Durando d' Huesca, Du-
rando di INajaco, Guglielmo di s. Antoni-
no e gli altri poveri cattolici, informaro-
no Innocenzo 111 d'aver convertito mol-
ti della diocesi d' EIna nel Rossiglione
(sede trasferita a Perpignanoneli6o4)a
\ita esemplare sotto la loro direzione, ve-
stendo abili bianchi o bigi, con quel te-
nore di vivere riferito dal p. Helyot; che
soprattutto volevano consagrarsi al ser-
\izio de'poveri, ed uno bramar nella sua
casa aprire un ospedale pegli uomini e per
le donne poveri, in luoghi separali, e di
ammettere pure i fanciulli trovatelli o e-
sposli, e le donne partorienti, con chiesa
per l'ulfiziatura de' frati , perciò suppli-
carlo di permettere tale fondazione. Il
Papa a'26 maggio ne rimise l'esame al
VAL
vescovo d'Elna, ingiungendogli d'appro-
varla se le [>ersoue erano veramente cat'
toliche, e con tulle le convenienti precau-
zioni a riguardo de'due sessi. Nondime-
no i poveri cattolici essendo continua^
mente molestati, nuovamente Innocenzo
HI scrisse a loro favore a' vescovi di Mar-
siglia, Barcellona, fluesca e ad altri pre-
lati. Inoltre racconta il p. Helyot, che più
di 3o anni innanzi altri valdesi converti-
ti, i cui capi erano Bernardo IVimo e Gu-
glielmo Arnoldo, avendo altresì formalo
una società, presentatisi a Lucio III per
l'approvazione dell'i slitulo loro, furono
rigettati, peravere il Pupa trovalo alcune
pratiche superstiziose, e per incedere ve-
stili con cappe di religiosi con donue, col-
le quali alloggiavano e anco dormivano.
Innocenzo 1 1 1 però a' 1 4 g'Ug»o 1 2 1 o ap-
provò la società di Bernardo Primo, do-
po aver loro falla emettere un'abiura si-
mile a quella di Durando, e con bolla de'
23 luglio confermò la loro regola, poco
diversa dall'osservala dalla società di Du-
rando, notandosi solanìente che vi erano
delle donne dell' istituto di Bernardo I.
Ma in tale regola era proibito a'frati e al-
le suore la convivenza, l'abitare la stessa
casa, il mangiare nella medesima tavo-
la, né i fiali potevano parlare alle suore
se non in presenza d' altre persone. La
società di Bernardo non si obbligò che
a' digiuni delle diocesi ove dimoravano,
vestivanoabilo abbietto e modeslo,calza-
vano scarpe comuni d'ordine del Papa,
per togliere morinorazione e scandalo ne*
cattolici che allora avversavano i Sari'
dati (F.) usati dagli eretici valdesi. La
società esleudevasi pure in Italia , come
in Cremona, e col nome di Poveri cat-
tolici. Seuibra credibile al p. Helyot, che
le due società di Durando e di Bernardo,
così conformi nelle loro osservanze, facil-
mente si unissero e abbracciassero in pro-
gresso la regola di s. Agostino. Erano ia
Francia e nella Spagna, ed il priucipal
monastero d'Italia era quello in Milano,
sotto il titolo di s. Agostino fuori della
VAL
porla Orientale poi Renza. Peiò l'oiiìine
(Je'poveri cattolici osservanti la regola di
s. Agostino, nuli fu ili quelli che entra»
rono subilo nell'unione generale fatta da-
gli J^ostinìanì [P^.) nel i256, che for-
mò il rispettabile e benemerito ordine
(ìorenle degli eremiti di s. Agostino; ma
bensì vi fu unito nello stesso anno, a-
\endo il p. iNicola provinciale de' pove-
ri cattolici, ceduti i ccnvenliche il suo or-
dine avea in Lombardia, al p. Giacomo
di Cremona procuratore generale degli
eremitani agostiniani, il quale li ricevet-
te a nome del suo generale p. Lanfran-
co Sellalano. Apparisce che ciò egli fa-
cesse d'ordine d'Alessandro IV e del car-
dinal Pvìccardo Annibaldeschida quel I^a-
pa deputalo a far l'unione generale.Quin-
di è verosimile che i poveri cattolici fos-
sero citali da questo cardinale, egual-
mente che le altre congregazioni, che en-
trarono nella unione generale; ma che
non volessero essi trovarsi in iioma nel
convento di s. Maria del Popolo, in cui
radunossi l'assemblea e fece^i quest'unio-
ne. Il p. Helyol riporlo, quindi per in-
tero l'istrumenlo della cessione de' con-
venti de'poveri cattolici, il quale fu inse-
rito nella bolla colla quale Alessandro IV
nel 1 156 confermò tale unione; bolla che
fu depositala nell'archivio del convento
di s. Marco degli agostiniani di Milano.
Nondimeno alcuni di questi poveri cat-
tolici, che avevano vestito gli abili de'ro-
milani di s. Agostino e professalo que-
st'ordine, dimoranti di famiglia nel cou-
vento di s. Mfirco, rigettando d'aver con
troppa ficilità consentito all'unione co'
romilani agostiniani , di nottetempo u-
scirono dal convento, avendo alla loro le-
sta fi. Gaspare, ricordato nello sirumen-
lo d' unione, e portaronsi con mano ar-
mata all'antico loro convento, da cui
cacciarono i religiosi. Vi dimorarono per
16 anni, rivestili dell'antico abito e rice-
verono de'novizi. Ma nel 1272 eletto per
loro priore fr. Anselmo di Gardano, li
consigliò a liloraaie fra' romitaui di s.
VAL II")
Agostino, a cui questi poveri cattolici ce-
derono di bel nuovo il loro monastero
di s. Agostino, e riconobbero il loro er-
rore con alto pubblico notarile de' 3 a-
goslo. Il priore di s. Marco restituì loro
l'abito d'eremiti di s. Agostino; però te-
mendo che a questi poveri cattolici ve-
nisse nuovamente il desiderio di ritorna-
re al convento di s. Agostino, unì i suoi
b(^ni a quello di s. Marco e poi lo sop-
presse. Dice il p. Torelli, Secoli Agosti'
nìatiìy ovvero storia generale del s. Or-
dine di s. Agostino^ l. 4» t:he c|uesti pove-
ri cattolici aveano degli altri conventi a
Como e a Cremona, e che il convento di
s. Martino di Tortona poteva altresì es-
sere membro di questa congregazione,per
concessione fatta dal vescovo della città
e dal capitolo della cattedrale a Gugliel-
mo priore provinciale dell'ordine de'po-
veri cattolici, cioè della chiesa suburba-
na di s. Martino, acciò accanto potesse
fabbricarvi il convento, come eseguirono,
il quale poscia fu incorporato all'ordine
de'romilani agostiniani nella generale u-
nione. Questo couvenlo in seguilo fu tra-
sferito in città, con nuova bella fabbrica
e chiesa dedicala alla ss. Trinità. L'abi-
to de' poveri cattolici consisteva in una
veste bigia, serrata con una cintura di
cuoio;porlavano la cappa dello stesso co-
lore, ed erano calzati. Il sacerdote G. B.
Semeria, Storia dcllaChiesa metropoli'
tana di Torino ^ col quale procedendo ia
quell'articolo ivi parlai non poco di que-
sti eretici, ragionando nel lib. i, § (36: O-
rigine e propagazione de' Faldesi, ripro-
duce il seguente narrato da Stefano Bor-
bone ossia di Bella villa.»» Che questo ric-
co mercante di Lione, per nome Valdo,
udendo un giorno leggere i Vangeli, sic-
come colui che poco letterato era, ne po-
teva intendere che cosa volessero signifi-
care, bramoso di saperne, fece patto eoa
due sacerdoti, di pagare una somma al-
l' uno, perchè glieli recasse di latino iu
volgare, all'altro perchè scrivesse quello
che il i.°deltava. La qualcosa fu fatta.
ai6 VAL
non «olo intorno a* Vongeli, ma di più
pei-niolii Hitii libri della Bil)bÌH, e di pas»
si scelli dalle opere lie'ss. Pudii, ordinati
per titoli, che chiamavano sentenze. Le
quali cose leggendo il dello mercante, e
procuranilo di scolpirle nella mentoria,
fermò in cuor suo di osservare la pei fé-
zioiie evangelica come gli apostoH futlo
avevano, e d'imitarne in lutto la loro vi-
ta, l^eiloccliè , venduto ogni suo avere,
seguendo povertà e spregiando- il mondo,
lutto il suo denaro gettò via nel fango a'
poveri, e pigliando consiglio solo dalla
sua presunzione, si usurpò l'udìzio degli
tiposloli, ed ntlribuì a se slesso ed a'suoi
discepoli d'ambo i sessi il diritto d'ao»
iiunziare la parola di Dio. 11 Vangelo e
le alire cose che aveva imparato , per le
strade e le pubbliche piazze predicava,
n)olti uuuiini e molle femmine riduceva
0 fare il somigliante, convocando ognuno
a se, e fortificandoli col Vangelo. 1 (piali
pure mandava innanzi per le città a pre-
dicare, e si serviva di uomini addetti a'piii
vili mestieri, senza dìllerenza ne di uomi-
ni né di ienimine, né d'idioti e illetterati.
Questi vagando per le ville, e nelle case
penetrando e nelle piazze, predicavano,
e nelle chiese eziandio, e spronavano gli
altri che il medesimo volessero fare. La
temerità, la baldanza ed ignoranza loro
niun ostacolo trovando , n)olti errori e
scandali in ogni parte disseminarono, per
foggia che Giovanni (Bolesmanis prela*
lo distinto) arcivescovo diLione (dal i 1 8o
al 1 1 94)..5»'avvide del pericolo di permette-
re che dassero pubbliche istruzioni, e vie-
tò loro d'immischiarsi più olire nell' in-
terpretare le Scritture e nel predicare.
Ma ricorrendo alla risposta degli apostoli
che si legge al cap. 5 degli AUi\ì\ mae-
stro loro r ufficio di Pietro si arrogò, e
siccome colui rispose al principe de'sacer-
doti, cos'i pure ei disse: Ubbidire piti a
Dio conviene die non agli uomini , ac-
ciocché si adempia il precetto fallo agli
apostoli: Predicale il Fangelo ad ogni
creatura j come se il Signore loro avesse
VAL
ciò comandato, e non agli apostoli, e co-
me se gli apostoli avessero predicalo pri-
ma di ricevere la virtù dall' allo e il do-
no delle lingue. Ver la qual cosa dunquti
Valdo e i seguaci suoi, colpevoli primie-
ramente di presunzione e di usurpazione
del ministero apostolico, caddero in dis-
ubbidienza, quindi in contumacia, fìnal-
mente fu pronunciata contro di loro sen-
tenza di scomunica, e vennero poscia cac*
ciati dalla città di Lione". Cosi il p. Ste»
fanodi Bella villa, il quale erasi già levalo
in gran credito a Lione, esercitando il sa-
gro minislero nel 1 223, informatissimo ,
de'più minuti ragguagli di ciò che spet-
ta all'origine della setta de* valdesi, e te-
stimonio di que'tempi, comesi può ap-
prendere dallEchard, Scriptorcs eccle-
siastici ordinis Praedicaf. Cacciato Val-
do da Lione, rilirossi nelle montagne del
Delfinato e del Piemonte, da dove i suoi
settari discepoli si dilfusero in tutta l'Eu'-
ropa con diversi nomi; si moltiplicarono
in Provenza, in Linguadoca , ne' Paesi
Bassi e in Germania, assumendo i costu-
mi e altri errori di varie selle. I prote«^
stanti riguardano Valdo come uno de'lo-
ro precursori, ed ammisero i suoi seguaci
nella loro comunione, sebbene la loro
erronea credenza sia differente in molli
articoli , particolarmente sulla presenza
reale di Gesù Cristo nel sagramento del-
l'Eucaristia. 1 valdesi, sterminati nel ri-
manente dell'Europa, non si mantenne-
ro che a grande stento nelle valli del Pie-
monte, dove s' erano dapprima stanziati,
SecoudoMallia Fiacco Ilhrico protestante
e iniquissimo i.° cenluriatore di Magde-
borgo, Valdo era uomo istruito, ed a lui
si pretende attribuire la i .'traduzione del-
la Bibbia in lingua volgare; ma tal versio-
ne, di coi non si conosce più veruna co-
pia, era di Stefano d'Acusa. Alano de l'is-
le, in uno libro scritto contro questi ere-
tici, gli appella Valdesi da Valdo loro
fondatore, filosofo senza criterio^ profe-
ta senza visione^ apostolo senza ìnissio-»
ne^ dottore senza dottrina. Lo storica
VAL
principale de' valdesi è Giovanni Léger,
ma non devesi a lui credere interameule,
come fanalico eretico ribelle,che implorò
in favore de' valdesi la prolezione di Lui-
gi XIV redi Francia, la quale già propen-
deva per essi a mezzo di Lesdiguierese di
Cromwell protettore d'Inghilterra. Nella
sua Storia generale delle chiese Evan-
geliche delle Falli del Piemonte o Fai-
desi, stampata in Leida nel 1669, pretese
fare risalire l'origine de' valdesi all' Vili
secolo, mostrandosi di essi parzialissiino,
mendace e calunniatore. Tale opera ven-
ne riprovata dalla s. Sede, la quale inol-
tre pose all'indice de'libri proibiti quella
di Mattia Fiacco Illirico. La vera origine
de' valdesi è la narrata dal p. Bellavilla.
Ora tale essendo, soggiunge il eh. Seme-
ria, incontrastabilmente l'origine de' val-
desi, non si sa comprendere come Carlo
Cotta, scrittore tanto applaudito da molti
de'giorni nostii (nella Storia d^ Italia a\-
V anno 15^1-^2), abbia potuto scrivere
che»» viveano da tempi antichissimi nelle
valli del Piemonte, sopra Pinerolo, i val-
desi, anzi sin da' primi secoli della Chie-
sa ... che ebbero a' tempi di Carlo Magno
per seguace e prolettore un Claudio arci-
vescovo di Torino, ec." Osserva quindi il
Semeria (dopo averlo confutato anche
colle Osservazioni sopra la storia d' I^
tnlia, scritta da Carlo Botta, Torit»o
i833. Altri scrittori corressero i di lui er-
rori sopra ancora altri punti storici). «Pos-
sibile, che uno -storico nato nel nostro
paese, sotto il colore di sciivere una sto-
ria spregiudicata e imparziale, abbia da-
to fuori una simile asserzione? E dove im-
parò egli mai, che a' tempi di Carlo Ma-
gno i vescovi di Torino fossero arcivesco-
vi, se appena ebbero questa dignità dopo
il i5oo? E qual Claudio di Torino ha
mai protetto i valdesi? Forse i' iconocla-
sta delTSao, discepolo di Felice vescovo
d'Urgcl, spregevole anco per ignoranza,
morto impenitente neir83o (come ogget-
to di scandalo e di odio a tutto il suo gì eg-
gè, il suo cadavere pubblicaiuenle ubbru-
VAL 217
ciato, le sueceneri furono disperse al ven-
to: le valli poi abitate da'valdesi, a'iempi
di Claudio erano ancora selve pressoché
inabitate, o rifugio de'mori saraceni. Ba-
snagio e Mosheim, fra gli storici prote-
stanti, facendo in ciò causa comune co*
valdesi, lo innalzarono pure alle stelle),
a cui tempo ancor non esistevano? Forse
il Claudio di Seyssel, che eruditamente li
ha confutati (col ììbi'o: Àdversits errores,
e t sectam V aldensiwn disputa tiones^tra-
ctatus, Parisiisi 520, opera encomiala da
Bossuet, da JNatale Alessandro e da altri
insigni letterali?) Neppur so capire, co-
me l'autore ùeW Istoria della real casa
di Savoia (Bertolotti), stampata in Tori-
no a'giorni nostri, abbia potuto asserire
nel t. 2, p. I 8. - Si dice che i valdesi tol-
sero il nome da un certo Valdo lionese,
capo di setta nel secolo XII , ma la setta
loro e molto pili antica. - Esimili baie
troveranno credito? Se questi due scrit-
tori nazionali, invece di adottare cieca-
mente i grossolani errori di alcuni valde-
si e protestanti, avessero per pochino con-
sultato l'opera dell'arcivescovo eruditis-
simo Seyssel, si sarebbero disingannati.
Mentono a' semplici, scrive Polichdorf,
quelli che osano alFermare la pretesa ori-
gine de' valdesi ne' tempi di s. Silvestro I.
AJcntiuntiir corani simplicihus ... men-
tiuntiir ergo qiiod ex tempore Sylvestri
Papae scctae eorwn dnraverinl ". Da
Claudio l'iconoclasta non furono mai am-
maestrati i valdesi, bensì da Valdo, la cui
origine di più secoli è posteriore , come
dimostrò nelle Osservazioni rencoinia-
lo Semeria, contro Botta; e meglio anco-
ra provò con l'ultima evidenza il piissi-
mo e dotto mg.' Charvaz nelle Ricerche
storiche. Il Semeria non nega che alla
morte di Claudio l'iconoclasta, siansi tro-
vati alcuni seguaci de' suoi stessi errori;
ma questi tali presto si estinsero, né for-
marono certissimamente una setta , né
giammai si proverà che vi siano stati gli
eretici Claudiani. Che cosa dunque pre-
teodooo i valdesi di aver ia comune eoa
ai8 VAL
Chiutìio? Forse la meilcsima dollrina?
Falsissiiua asserzione, perchè come mg/
Charvaz lui fallo chiarameiile vedere nel
ca|). I 3, Clautlio non negò mai la presen-
la I caie ili Gej.vi Ci islo e la trnusiislanzia-
zioneneiriùicarislia, neppure un solo ile*
7 sagian)enli egli negò, eil essi come gli
autmeltono? Non negò mai la primazia
tie' romani Pontefici , comunque voglia
dirsi averne talvolta parlalo con poco
rispetto. Finalmente Claudio non conob*
he l'autorità dello spirilo o senso privalo
nell'interprelare le divine Scrilture; ed è
forse questa la noruia che segtiitano i
valdesi e i pioteslanli? Tulio al più pò-
Irasiti dire, che di comune eoo lui hanno
eglino l'odio alle ss. Immagini, la mede-
sima pertinacia nell'errore, l'abbandono
dèlia Chiesa callolic.» , la quale tulle si-
niilmeule condanna le selle e Tei esie an-
liche e moderne. 1 valdesi medesimi, nel*
le più solenni circostanze , confessarono
apertamente di non avere un'origine au-
lica, ossia prima del secolo XI; e di falli
nella lettera o supplica che nel i SyS pre-
sentarono al conte di Birago, luogoleneo-
te di Carlo IX re di Francia al di qua
de'monli, dicevano. « 1 valdesi supplica-
no S. E. di rappresentare al re come e-
rano passali più di ^5o anni che il loro
popolo da padre in figlio insino ad essi
aveva professalo questa religione, ed e-
sercilata pubblicamente da lunga serie
di anni ec". Condannati i valdesi dall'ar-
civescovo di Lione, cercarono una prole-
zione nel Papa Lucio III, che governò la
Chiesa daliiBi al 1 185. Questo Papa,
conosciuta la somma loro temerità , la
promiscuità di uomini e di femmine che
andavano vagando per insegnar al mon-
do la povertà evangelica, la presunzione
intollerabile che avevano di essere man-
dali, siccome gli apostoli, alla predicazio-
ne, e quindi d'essere approvali ; non so-
lamente si ricusò rimproverando loro le
pratiche superstiziose e scandalose , ma
eziandio fece radunare un concilio a Ve-
iooa, ed i nuovi erclici, seguaci di Vai-
V A L
do, ftuono condannali nel 1 184) come
riporta il Mansi, Sac. Cane, no^'a et am-
plìssima collcctiOyi.'Xit p. 492-93. Non
atterriti per questa condanna, anzi nella
loro disubbidienza falli più contumaci, si
renarono nell'i i 2 ad implorare l'appro-
vazione di Papa Innocenzo III, il quale
ben conosciuta l'indole e la dottrina de'
nuovi settari , severamente proibì loro
ogni unione ed insegnamento, nel 1 199
come si ha dal p. Moneta. Anche que-
sta supreum condanna fu disprezzata con
invincibile ostinazione. Tre anni dopo nel
concilio generale di Laterano IV , cele-
bralo neh 2 15 dallo stesso Innocenzo III,
ì valdesi vi furono condannali nel canone
fatto conlro gli eretici , che sotto prete-
sto di pietà attribuivansi senza missione
l'autorità di Predicare. Altra condanna
l'ebbero dall'arcivescovo di Narbona. De*
valdesi il Rinaldi negli Annali ecclesia-
stici ne ragiona all'anno i2o4, n." 64»
dicendo che furono delti anco Pigardr,
e che originarono dagli Albigesi, i quali
eretici avendo desolalo Tolosa e AvignO'
ne y ili tali articoli più di proposito ne
triillai. Conviene che i valdesi presero il
nome da Valdo di Lione, procedendo nel
racconto con Pietro Vallisernese (questi
è Pietro monaco di Vaux de Cernay ci-
slerciense, che avendo molto faticalo al-
la conversione degli albigesi, con Guido
suo abbate, d'ordine d'Innocenzo 111 ne
scrisse la storia e la dedicò a quel Papa),
il quale riferisce, che essi erano senza dub-
bio cattivi, ma in confronto degli altri e-
reliei meno perversi, convenendo in più
cose con noi, e in altre discordavano (poi-
ché vogliono alcuni, che in origine i val-
desi non fossero separali dalla Chiesa
cattolica da altro fuorché dall'usurpazio-
ne che facevano de'diritli de'paslori le-
gittimi , e che d' altronde animeltevano
quasi tutti gli altri punti di sua credenza.
Ma presto sentiremo dallo slesso Valli-
sernese, ne'loro stessi inizi il rifiuto della
fede cattolica, i loro riti diabolici^ le lo-
ro orrende besteinmie, il solenne rifiuto
VAL
tle'sogra menti). I loro errori consiste va-
no principalQienle in 4 cose: in pollare i
sandali al modo usato dagli apostoli, nel
dire non esser mai lecito in verun caso
il giurare uè l'uccider persona, e qualun*
quedi loro poter in caso di necessità con-
sagrare il Corpo di Cristo senza gli ordi-
ni ricevuti dal vescovo, purché avesse i
sandali. Ma eoa qual empio rito que'pes-
simi ipocriti , che chiamavano se stessi
Buoni Uomini^ ne'cui apparenti meriti
la stolta plebe poneva la .speranza della
sua salute, ricevessero tra loro persone
sedotte, si descrive dal Vallisernese così :
Quando alcuno si rende eretico, chi lo ri*
ce ve gli dice: Amico, se tu vuoi esser de*
nostri, egli fa mestiere che tu rifiuti tut-
ta la fede che tiene la Chiesa romana. Pii-
spondeva: Jo la rifiuto. Dunque tu ricevi
lo Spirito Santo (\a Buoni uomini; e gli
soHìava 7 volte in faccia. Dicevagli anco-
ra: Rifiuti tu la Croce, che il sacerdote
quando li battezzò ti fece coll'olio e colla
cresima nel petto, e nelie spalle, e nel ca-
po? Rispondeva : Rifiuto la. Cvedì tu che
quell'acqua li cagioni la salute? Piispou-
deva: Non lo credo. Rifiuti tu quei velo,
che il sacerdote ti pose in lesta poiché
l'ebbe battezzato? Rispondeva: // rijuito.
Cosi colui riceve il battesimo degli ereti-
ci, e nega il battesimo della Chiesa. Al-
lora tulli gli pongono le mani sulla testa;
e da quel punto innauzi egli è reputalo
come uu di loro. Continuarono pertan-
to i valdesi ad interpretare i santi libri col
privalo loro senso, ad esercitare a loro
capriccio il ministero della predicazione,
senza alcuna dipendenza dalla Chiesa; né
solo i semplici laici osavano predicare,
senza missione e senza dottrina, ma le
donne altresì s'erano arrogate questo uf-
fizio. E siccome la Chiesa romana e i ve-
scovi cattolici riprovavano tanta temeri-
tà, cominciarono i perversi a blaterare
contro la Chiesa medesima, dicendo non
esser più quella che fu fondata da Gesù
Cristo, contro i vescovi ed i sacerdoti, de-
uigrauduli cou euGimi ingiurie, vietando
VAL 219
didarloro limosine in suffragio de'defun-
ti, per essere inutili l'orazioni pe' morti.
Won contenti a ciò, dopo il predicare vol-
lero udire le confessioni, i peccali assolve-
re e r Eucaristia consagrare, semprechè
avessero i sandali a'piedi, e innanzi a Dio
si potessero in islalo di grazia e di san-
tità riputare. Perciò ancora insegnavano
dover essere migliore la confessione sa-
gramenlale falla a un laico, il ((uale fos-
se santo, che non (juella che altri facesse
a un prete che fosse conosciuto reo d'al-
cun peccalo. Proibivano ogni giuramen-
lo, e reputavano delitto il giusto potere
che esercitano i legittimi gimlici di con-
dannare nella vita chicchessia. Tal è pre-
cisamente la somma degli errori che in-
segnavano i primi discepoli di Pietro Val-
do sino al 12 IO ovvero al 12 i2,e tulio-
ciò chiaramente si scorge dalle diverse
lettere di Papa Innocenzolll, specialmen-
te la 196 del iib. xi, la 69 del hb. xii, la
94 del lib. xiii, lai 37 del lib. xv, presso
il p. Ricchiui. Mg."^ Charvaz osserva che
1* ignorante , caparbio e quindi eretico
Valdo, volle interpretare la s. Scrittura,
predicare e rinnovare la vita apostolica a
dispello de' Papi e de* vescovi. Pose pei'
principio che ciò potessero fare i laici, e
siccome i Papi, i vescovi e il clero posse-
devano beni temporali , non erano mi-
nistri di Gesù Cristo; dunque nulli erano
i loro poteri ei sagramenti amministrati.
IVI a i laici pur possedevano! Dunque non
era vi più Chiesa, i valdesi soltanto la for-
mavano, essi soli pretendevano d'aver
poteri e funzioni di apostoli. Dopo la con-
danna del concilio Laleranense, in segui-
to adottarono molli errori di altri ereti-
ci, a* quali successivamente si unirono,
formandone quasi un grottesco musaico,
ove spiccavano principalmente l'eresie di
Donalo^ di Fi^ilanziOy (\q^X Iconoclasti^
de' Petro Brussiani, degli Arnaldisti,
degli Albigesi ec. Onorio IV (P.) con-
dannò gli eretici e fanatici denominati
Fraticelli e Apostoli o Apostolici, se-
guaci deli' eretico Segaielli parmigiano,
210 VAL
e tiegli errori degli olbigesi e de* valdesi;
il loro autore fu bruciato nel i 3oo. Il suo
discepolo Dulcino fu capo^ietta i\e*Dttlci'
ìiìsti (nel quale articolo Novara sua pa-
tria per fallo tipografico è detta Ma var-
rà), eretici condannali nel i 3 i i da Cle-
mente V nel concilio generaledi Vienna,
insieme agli eretici Deguardi (V.) e all'è-
l'tùdit Beghine (F.), derivali iW Frati»
celli e apostolici. In sostanza i d(dcini<
sti,cuu)e il Segarelli primo loro maestro,
sotto un esteriore religioso e composto, si
permettevano ogni maggioreccesso di li-
bei tiuaggio, e pretendevano che la loro
dutlrina fosse la 3." legge che perfeziona-
va quella di Gesù Cristo. Il Segarelli e-
scluso dall'ordine francescano, si veslì in
quella maniera che diceva aver vestitogli
apostoli; e spacciava, che fiuahnenle era
giunto il tempo dello Spirilo Santo e del-
la Carilà;che tulle le cose erano comuni,
e perciò tulli gli uomini e donne poteva-
no indistintamente vivere maritalmente
insieote, perchè la carità esigeva che tut-
te le cose fossero comuni; che il Papa, i
cardinali e prelati non erano veri posto-
ri della Chiesa, perchè non facevano vita
apostolica , onde egli solamenle era vero
apostolo di Cristo e degno del papato.
J3ulcino poi fu brucialo vivo nel 1 3 i o in
Parigi, colla sedicente moglie Margheri-
ta Porretla deli'Haynaul: insegnava co*
suoi seguaci, ha'quali i beguardi e le be-
ghine, che raiiima giunta ad annichilir-
si da se slessa nell' amor di Dio, non pec-
casse più, uè crescesse in grazia, e che po-
tesse imj)unemenle lasciar operare la par*
te inferiore, allorquando la superiore fos-
se attaccala a Dio; quindi disprezzavano
tulli gli esercizi della religione , le peni-
tenze, il ralFrenamentodegli appetiti, pre-
tendendo di non applicarsi che alla con-
ten)plazione,quanlunque si dasseroad ec-
cessi di tale lascivia, che la prudenza di
Clemente V non permise che fossero ri-
feriti nella bolla di loro condanna. Tali
errori furono rinnovati poi dal condanna-
to Molinismo (F.) o (Quietismo. 11 Papa
VAL
Giovanni XXTI, che successe a Clemente
V nel I 3 I H, altamente si dolse de'valdesi,
the moltiplicatisi principalmente nell'Al-
pi, tenevano pubbliche assemblee nume-
rosissime, insorgevano contro 1' autorilù
della Chiesa, e giunsero ad uccidere il ret-
tore Guglielmo, e ad avventarsi contro
l'inquisitore Alberto. Laonde il Papa con-
dannò e scomunicò i valdesi con bolla
diretta a Giovanni de Badis frale mino-
re, anch'egli in(juisilore. Ma poco profit-
tò il pontifìcio provvedimento, imperoc-
ché Innocenzo Vili inviando fr. Alberto
de Capitani nuovo inquisitore negli slafi
di Savoia e nel Delfìnato , con bolla del
14B7 si lagnò non solo del disprezzo con
cui i valdesi braveggiavano le censure ec-
clesiastiche, ma de'lutnulli, omicidiie al-
tri misfatti detestabili con cui funestava-
no qne'paesi. Riporta il Rinaldi all'anno
i5oo, n." 60 e 61, che nella Moravia e
nella Boemia pullulò la sozzissima eresia
de'valdesi, la quale coli* allettamento di
laidissimi piaceri pervertiva molti dimen-
tichi della propria saluOe eterna. Contro
a' quali Alessandro VI creò inquisitori e
nunzi in Germania, cioè il preposto Clo-
sternunburg per pietà e dottrina chiaris-
simo,e fr. Eurico domenicano nominalis-
si(no teologo. Di più narra, che caddero
nell'empietà degli antichi valdesi, opicar-
di che dir vogliamo, molli Calistini (/ .)
o forse Calici s ti (F.)^ i quali per non la-
sciar la Comunione sotto le due specie,
rilìiilarono di ritornare nel seno di s. Chie-
sa. Fu cosa certamente mostruosa , che
coloro i quali per ipocrisia si davano a
vedere tanto divoti della ss. Eucaristia e
dell'uso del calice, in ultimo empiamente
e follemente negassero contenersi Cristo
in ni una delle due specie sagramentali.
Dissi in principio che i valdesi rinnova-
rono tutti gli errori degli Apostolici e
degli Jrconticfy e che poi altri ne aggiun-
sero. Comunemente furono e sono ad es-
si particolari i seguenti. Però devesi av-
vertire, che i primitivi valdesi, ed anche
sino al secolo XVI circa, non professava-
VAL
ìio tulli gli errori de'moder ni, come cìì-
lò in seguito. Progredirono nell'errore e
nelle novità, coiruniformnrsi ngli eretici
insorti ne' primi anni di dello secolo e
massime de' Cali'inistì. Dichiara mg/
Charvaz, poco prima della pretesa rifor-
ma il catalogo degli errori de'valdesi di-
venne più esteso, ma restò conforme in
gran parte a quello de'Ioro primi tempi,
e lo comprova con diversi autori. Molti
però contrari a quelli ne abbracciarono
in grazia della sedicente riforma. Quindi
usanze, culto , pretensioni contrarie , co-
sicché i valdesi presenti meritamente sa-
rebbero maledetti, come antagonisti, da*
loro primi antenati. I pp. Pvichard e Gi-
raud nella Biblioteca sacra^ o i loro atn-
plialori, compendiarono ne'segueuti 35
capi gli errori principali de' moderni e-
retici che portano il nome di valdesi, i.
Ch'é permesso a qualunque laico di pre-
dicare r Ei'angelo. 2. Che i laici ponno
consagrar V Eucaristia. 3. Che il Batte-
Simo non è che una ceremonia esteriore.
4. Che qualunque laico in istato di gra-
zia può assolvere da* Peccati. 5. Che il
cullo de' Santi è idolatrico.G.Che l'uso de*
Templi è una conseguenza di quello de*
pagani (altri poi in seguilo con aperta con-
traddizione li vollero innalzare alla loro
foggia), y. Che la Salutazione Angeli-
ca di Maria è una superstizione. 8. Che
bisogna distruggere le Unzioni ianie c\\q
si fanno a'bambini battezzandoli, g. Che
la Cresima non è un sagramento , ma
una semplice ceremonia che può essere
falla da qualunque prete, io. Che la Con-
fessione auricolare è un uso criminal-
mente inventalo da'preli. 11. Che V In-
dulgenze non sono d'alcun valore, ma
artifizi inventali da'Papi per lucrare. 12.
Che non vi è Purgatorio, e che le Pre-
ghiere o Suffragi ^)e morti sono inutili.
1 3. Che i Vescovi non hanno alcuna di-
gnità, ne podestà di sopra a* preti, i^.
Che la Chiesa non ha podestà di far le
leggi. i5. Che non devesi alcuna Ubbi-
dienza uè al Papa^ oè a' Fescovi. 1 6. Che
VAL 221
il D/g'/V/^oeTaslinenza delle carni non so-
no d'alcun merito innanzi a Dio. i y. Che
Y Estrema Unzione non è im sagramen-
to. 18. Che lo slato di /lfo«tìfco o mona-
cale fu inventato dal demonio, ig. Che
non devesi credere ad alcun Miracolo.
20. Che gli Esorcismi falli dalla Chie-
sa non sono che usi inventati per ingan-
nare i semplici; cos\ dicasi di luttele Be^
nedizioni sopra qualunque siasi materia.
21. Che 1* anima non riceve alcun pro-
fìtto quando si dà Sepoltura al corpo in
luogo santo. 22. Che devesi sprezzare il
Canto ecclesiastico. iZ. Ch'è perdere il
tempo a recitar le preghiere del Brevia-
rio o Uffizio divino e le Ore Canoniche,
24. Ch' è contro la perfezione cristiana
l'occuparsi del lavoro AeWeMani. 25.Che
non devesi amroetlere altra formola di
preghiera fuorché quella del Pater no-
ster. 26. Che la consagrazione dell' Eu-
caristia non dev' essere falla che bene-
dicendo il Pane ed il Fino , dopo aver
7 volte recitato il Pater noster. l'j. Che
r Eucaristia profilla di più allorché la
consagrazione è stala fatta nella Messa
del giovedì santo, e che bisogna couser-
vare pe'malali le Ostie che furono con-
sagrate nel suddetto giorno privilegiato.
28. Che nella Chiesa vi sono 3 soli Or-
dini, il diaconato cioè, il sacerdozio e l'e-
piscopato (contraddizione manifesta nel-
la loro stessa dottrina, poiché sosteneva-
no che il Prete o Sacerdote é eguale al
P^ escovo). 29. Che qualunque podestà
secolare od ecclesiastica perde la sua giu-
risdizione col Peccato mortale. 3o. Che
gli Ecclesiastici non ponno possedere
Beni o Rendita e nulla in proprio. 3i.
Che la Chiesa romana cessò d' esser la
vera dopo il pontificalo del !*apa s. iSzY-
i^e.9/ro / (alcuni fja'difensori della setta
de'valdesi sparsero la favola ch'essa de-
rivi da Leoue uomo religiosissimo de*
tempi dell'imperatore Costantino 1, scan-
dalezzato dall'avarizia di s. Silvestro J :
nulla di più insulso e di peggio poteva
invetitarsij poiché non mai da tal Leone
I
222 VAL
immoginorìo, ma soltnnlo da Valdo, sta-
bilitosi in Lione, trassero origine i valde-
si. I loro scritlori ripetono ad essi die
discendono dal suddetto Claudio l'ico-
lioclnsla; a* cattolici poi gridano , che i
Leonisti vengono dal nominolo Leone,
il quale testimonio sdegnoso de'doni fat-
ti da Costantino I a Papa s. Silvestro I,
sì separò immediatamente dalla comu-
nione cattolica. La contraddizione, per
dirla con frase di Léger, è più chiara del
sole. Ormai più non crcdesi alle dona-
zioni di Costantino 1, come raccontai in
tanti luoghi; quindi mg.*^ Chorvaz a ra-
gione conclude: Cinmera la clonazione :
chimera la separazione fondata sopra
questo motivo: chimem l'esistenza stes-
sa di questo Leone). 32. Che non si deve
prestare alcuna fede al Simbolo degli A-
postoli. 33. Che qualunque Giuramento
è proihitoa'crisliani. 34- Che non è Pec-
cato il seguir la voluttà carnale, quando
la concupiscenza vi spinge. 35. Che nes-
sun Tribunale, Giudice e nessun Sovra-
ìw può condannare un C/owo alla morte.
Le risposte e confutazioni a lutti gli e-
sposli 35 errori, assurdi e hestemmie e-
reticali, si ponno trovare negli articoli
che indicai in corsivo e ne'molleplicì re-
lativi. Dice il Semeria, con questi erro-
ri fìssi in cape, i valdesi si dispersero in
\arie parti della Francia, dell'Italia e di
altre regioni d'Europa, alcune squadre
ondando in Boemia, altre nella Puglia,
alcune in Lombardia, ed altre si trafu-
garono nelle valli dell'Alpi Cozie che di-*
bidono il Piemonte dalla Francia, molti-
plicandosi e facendo nuovi proseliti in o-
gni parte. Né ciò deve far meraviglia, im-
perocché nelle vestimenta loro aifetlava-
no una grande povertà, severa temperan-
za de'costumi, ed aperto disprezzo delle
ricchezze; portavano indosso delle cappe,
quasi fossero persone date particolarmen-
te al servizio di Dio; e come era quello il
secolo in cui facevano rapido progresso
gli un»ili figliuoli e i poveri seguaci di s.
Francesco, così i seguaci di Valdo eoa
VAL
qiielle mentile apparenze dercarono di
farsi largo, trovar creilito, sedurre i sem-
plici, qualificarsi i nuovi missionari, suc-
cessori e imitatori tlegli apostoli, che ve-
nivano a disingannare il mondo troppo
creduloall'iguoranza e alla malvagitàde*
sacerdoti. Con questi artifizi si propaga-
rono in molti luoghi, e propagandosi, si
congiunsero ad altri eretici, specialmente
Catari ossia Jlbigesi$ ed altri eretici fe-
cero società con essi, comunicandosi vi-
cendevolmente i propri errori, riferiti dal
p. Ricchini. Quindi adottarono l* eresie
ile* Dona tistij per quello che appartiene
olia natura della Chiesa e nullità de' sa-
gramenti amministrali da'catlivi preti, le
dottrine di Figilanzio sopra il culto e
le reliquie de' santi e la gerarchia della
Chiesa, e finalmente l'empietà degl'/co-
noclasti che volevano abolito l'uso delle
ss Immagini , che la Chiesa ha sempre
ritenuto, non per adorarle, ma per onora-
re i santi servi e amici di Dio, nella per-
sona che rappresentano. Si radicarono
questi errori specialmente in que'valde-
si, che furtivamente insinuali nelle valli
sopra Pineroloy ivi quasi in propria sede
si stabilirono; ed appunto di queste e di
alcune altre perverse dottrine li ritrovò
imbevuti l'arcivescovo di Torino Seys-
sei nel i5i 7, allorché in quelle valli in-
trapresa la visita pastorale, usò la più di-
ligente indagine, com'egli afierma, per
scuoprire sino nella radice ogni loro er-
rore, per cui migliore teslimonianza noa
può trovarsi. Delle valli de' valdesi ren-
dono ragione i Cenni intorno a' fatti sto-
ricif monumenti notevoli e particolarità
naturali del Piemonte^ che vado a ripro-
durre. Le due valli del Chisone e del Pe-
lice, che giù scendendo dall'Alpi finitime
della Francia sboccano l'una a Pinerolo,
e r altra più a meriggio in poca distan-
za, sono per ogni riguardo oggetto di cu-
riosità e di osservazione. Poiché, se si ba-
da a'fenomeni naturali, furono queste val-
li ne'secoli passati e più che mai nell'apri-
le! 808, teatro di spaventevoli lerremo-
VAL
li, le cui tracce vi si scorgono ancora.
Che se a più liete scene si vuol rivolge-
re il guardo, convien diie che fra le Inu-
le pilloresche regioni del Piemonte ulti-
ma non sia quesla certamente. Infalli il
contrapposto delle minacciose rupi cogli
ameni praticelli e co' verdeggianti pasco-
li, l'aspelto de'luoghi principali, quali so-
no Lucerna, la Torre, Angrogna, la Pe-
rosaj il romoreggiar dell'acque, l'ombra
delle piante, i vaghi casamenti, le scene
Alpine che vi s'incontrano ad ogni passo
e principalmente nella valle di Pelice,
tutto colà ricorda i quadri piti graziosi
della Svizzera. E tale giudizio ne porta-
no pure i viaggiatori che spesse volte vi
si recano o per diletto o per motivi di re-
ligione. Cresce poi ancora la somiglian-
za quando vi si os«;erva la numerosa po-
polazione, di cui la maggior parte non
cattolica, ha un certo che di ginevrino
e di svizzero, perchè annunlo a Ginevra
pe
ppi
e nella Svizzera si manda ordinariamen-
te a educar la gioventù. Presero nome i
valdesi da'segoaci di Pietro Valdo, che
scacciali da Lione e dal Delfinato per ere-
sia, in parte simile a quella degli albige-
si , rifuggirono in queste valli sul finire
del secolo XII (o ne'primi anni del XIII:
neh 220 uno statuto della cillà di Pine-
rolo poneva ammenda di 12 soldi, corri-
spondenti a circa 3oo franchi, a chi ri-
coverasse alcun di loro in ospizio, il che
dimostra eh' erano ancor nuovi ed erran-
ti). S'accostarono poscia alle pretese rifor-
ine protestanti, e furono quindi protetti
dalle corti che le professavano. «Ora è de-
bito il soggiungere , che se talvolta il fa-
natismo ed il bollore della vendetta ac-
cese fra questa gente fiere sommosse, che
il governo, da cui era sol tollerata, ebbe
a reprimere con rigori straordinari, e se
in alcuni tempi una malvagia parte di
essa valendosi del furore delle fazioni,
trasse il biasimo e l'odio sopra i suoi
compaesani, ciò non deve far dimentica-
re le molte prove di fedeltà e di valore
che diedero i valdesi uclle guerre anti-
VAL ai3
che, guerreggiando da miliziolli negli e-
sercili savoiardi, come narra la storia'*.
Ma colla storia andrò io dicendo alcune
cose, che certamente diminuiranno tut-
to il roseo contenuto in quest'ultimo pe-
riodo, alquanto parziale, come in favore
de'valdesi lo sono non pochi altri scritto-
ri prevenuti a loro vantaggio,o non istrui-
ti abbastanza di loro storia, o per aver
comuni gli errori e la contrarietà al cat-
tolicismo. rissi contano 1 3 parrocchie del-
le vallale in discorso, nella divisione di
Torino, provincia di Pinerolo,ed a più di
20,000 ascendono. La magnifica catte-
drale di S al lizzo (V,) in eretta dalla pie-
tà del marchese Lodovico II e dalla mo-
glie Margherita, nel declinar del secolo
XV, per dare uno splendido segno di loro
religione, ed anco per raffermare il zelo
religioso de'caltolici, poiché ne'confini del
Saluzzese e in alcuni angoli più remoli del-
la pi ovincia andava si occultamente spar-
gendo il germe degli errori de'valdesi. Ve-
dasi M.Aurelio Rorenco o Worento^ Breve
narrazione delV introduzione desili ere-
tici nelle Falli del Piemonte , Torino
i632 : Memorie his loriche dell' introdu-
zione delVheresie nelle Fa Ili di Lucerna
marchesato di Saluzzo ec, Torino 1 649-
Osserva il sacerdote Seuìeria, che i val-
desi sino quasi alla metà , o almeno sino
al cominciamento del secolo XVI, ossia
sino al 1 5f 7 in cui 1' arcivescovo Seyssel
portossi alla visita delle valli di Lucerna,
di An»ro«na edi Pra<jfel!ato, sebbene con
DO D '
intollerabile temerità presumessero d'in-
tendere e interpretare secondo le loro
proprie idee la s. Bibbia, tuttavia non ri-
gettavano dalla medesima veruno de'san-
ti libri che essa contiene, riconoscendo
anzi co'cattolici tutti i libri ispirati, nin-
no escluso, confbimeal canone del con-
cilio di Trento, che sulla forma de' ca-
noni antichi venne dipoi rinnovato. Co-
sì pure ne'rili e nell'atnministrazione de'
sagramcnti , quantunque discordassero
dalla Chiesa cattolica, nondimeno gliam-
cueltevano tutti uell'essenza e nel preciso
224 VAL
nun)ero di 7. Animeltevono il sngra-
luenlo del battesimo con l'ucqua nalu»
iole, afrermando però non essere utile,
né necessario abbambini. Per quello che
appartiene alla contermazione, dice Rei-
nero, contra Valdcnscs^ essi si mcravi-
gliavono che a* soli vescovi fosse lecito
l'amministrarla^ onde tal facoltà esten-
devano anche a'Iaici. In quanto all'Eu-
caristia, non negavano in essa la presen-
za reale di Gesù Cristo e la transustan-
ziazione; ma errarono in questo, che cre-
devano non potersi far questo sagramen-
to da'caltivì sacerdoti. In una parola, niu-
no di quelli che a fondo conobbe le dot-
trine de'valdesi non iscrisse mai ch'eglino
dannassero In Chiesa romana, perchècre-
deessa che l'Eucaristia offerta sull'altare
sia il sagrifizio delia nuova alleanza. Nel
sagramento della penitenza non abroga-
vano l'uso e la necessità della confessio-
ne auricolare; ma solamente ammoniva-
no, secondo Polichdorf, Contra haere-
sim 1 aldensinm Iractalus^ che scrisse
nella metà del secolo XIII, i loro creden-
ti che Jion confessassero i peccali piti gra-
vi a'sacerdoli della romana Chiesa, ac-
ciocché scoperti 7WIÌ fossero mandati al'
la podestà de'vescovi. L'estrema unzio-
ne non cancellavano del lutto dal nu-
mero de'y sagramenti, ma solo biasima-
vano certi abusi, che sognavano essersi
introdotti nell'amministrazionedella me-
desima. Andarono più errati intorno al
sagramento dell'ordine, poiché insigniva-
no del ministero e della podestà sacer-
dotale qualunque laico dabbene. E final-
mente non riprovavano il sagramento del
matrimonio , se non che in questo senso,
che asserivano peccare mortalmente i
coniugi, ove abbiano commercio carnale
senza speranza di prole. Malgrado que-
sti gravissimi errori, sarà sempre vero che
i valdesi sino aliSiy e più olire ancora,
ammettevano il settenario numero de*
sagramenti, e la vera sostanza de'mede-
simi, né censuravano per questo la Chie-
sa cattolica, e lo atTermaoo il p. Ricchiui
VAL
e mg.' Charvaz. Inoltre osserva il lodalo
Semeria, che i valdesi moderni e d'oggi-
giorno lungo tratto si sono allontanali
dalle dottrine de'primi loro settari e de'
discepoli di Valdo, ossia sono più oltre
assai progrediti nell'errore e nelle novi-
tà, in modo tale , che neppure un solo,
dice lo stesso p. Ricchinì, può trovarsi
oggidì che contengasi ne' limiti , entro i
quali Valdo loro capo si contenne. E per-
ciò sono valdesi di solo nome, unifor-
mi agli eretici degli ultimi secoli, inco-
stanti e varianti siccome gli altri tut-
ti. Insorte V eresie di Lutero e di Gal-
vino, e sulle loro orme fattisi ardimen-
tosi altri novatori, si studiarono di tro-
vare nella setta valdese un'anteriorità
o antichità de'perversi loro insegnamen-
ti. A questo fine Bucero ed Ecolampa-
dio, oìinistri iW Sagramentari, ricevu-
ta una solenne deputazione di valdesi,
usarono di ogni sforzo neli53o per riu-
nirli alla setta de' Zuingliani, ossia de-
gli svizzeri, insistendo particolarmente,
perché volessero affatto abolire la sagra-
mentale confessione delle colpe. E molti
si arresero, e quindi ne nacque un mi-
scuglio ; ma i Barbati (o Barbelti o an-
ziani ; e secondo il Bazzarini, i popoli del
Piemonte, abitatori delle vallale di Lu-
cerna, Angrogna, Perosa e s. Martino, a*
piedi dell' Alpi, verso Pinerolo, e sulle
frontiere del Delfinato,così nominali da*
loro ministri, ch'essi chiamano Barbes,
per la maggior parte di religione piote-
stante. Il p. Ricchini spiega, Barbati, hoc
est Valdensium ministri)^ più accorti,
non furono d' accordo in tulio, rispon-
dendo appunto, che con aderire alle
nuove propo!>te dottrine, venivano a de-
cadere del proprio loro pregio di anti-
chilà, e coslanlemente ripugnarono. Ma
ciò che non poterono ottenere gli svizze-
ri, lo conseguirono poco dopo i Calvini-
sti nel I 536 per mezzo di Guglielmo Fa-
rei, uomo astuto e profondo raggirato-
re, da' pochi e deboli valdesi, che si po-
sero sotto la tutela de'calviuisti, de'quu-
VAL
li adollatìdo con amore molti errori, re-
carono loro in dono 4 secoli d'antichità.
Trattando co'ministri Borbetti fece loro
intendere che, alìratellandosi Co'calvini-
sti, avrebbe trovato la setta valdese più
autorevole protezione e più rapido avan-
zamento, mentre che, lasciata a se sola,
sarebbe rimasta sempre avvilita e neglet-
ta ; e queste speciose ragioni seppe cosi
ben colorire l'uomo scaltro, che alla fi-
ne, cambiata dottrina, ossia alla propria
setta accresciuta ed inserita 1' altra, de'
loro maggiori non ritengono più che una
Tana apparenza. E mentre i calvinisti si
lusingavano con questa scambievole u-
nione di massime e di sentimenti, di mol-
to guadagnare, gli uni e gli altri resta-
rono miseramente delusi, e fecero prati-
camente conoscere che, scossa l'autorità
della Chiesa cattolica, sostegno e firma-
mento d'ogni verità, si corredi precipi-
zio in precipizio. Ora col sacerdote Se-
meria dirò ciò che di particolare i pre-
lati della diocesi di Torino (oltre il rife-
rito de'valdesi in tale articolo), ed i so-
vrani del Piemonte intrapresero, affin-
chè i loro errori non si dilatassero, con
danno della fede cattolica. 11 i.° vescovo
torinese che a questo Hne usò tutto il suo
zelo fu Giacomo L Essendo egli andato
nel i^og alla corte imperiale d'Ottone
IV, il quale in quel tempo era venuto in
Lombardia e in Homa,per avere solenne-
mente la corona da Innocenzo III, gli rap-
presentò che certa razza d'eretici, i quali
nella sua diocesi eran>i di fresco insinua-
li, per errore traviali e per ostinazione
inflessibili, sol temeva la forza j ed Ot-
tone IV alle domande del vescovo accon-
discendendo, gli fece subito spedire il di-
ploma che riporta il Semeria. In esso si
dice, volere estinguere l'eretica pravità,
punirla severamente e dal consorzio de*
fedeli per tutto l'impero separare. Per-
tanto gli die autorità di espellere ed es-
purgare la diocesi di Torino dalla zizza-
nia seminata falsamente dagli eretici val-
desi. S'ignora l'operato di Giacomo 1 in
VOL. Lxxxvir.
VAL 2x^
conseguenza di tal diploma, quantunque
non possa dubitarsi, ch'essendosi inter-
posto per reprimere 1' ardimento loro,
non abbia realmente usato d'ogni giusto
mezzo che a ciò gli convenisse. Certissi-
ma cosa poi è, che i vescovi suoi succes-
sori non dimenticarono mai di applicar-
si a questa infetta porzione del gregge
loroj adoperando tutte quell'efficacissime
maniere che al Vangelo sono più confor-
mi, cioè persuasione, conferenze, esorta-
zioni e limosine ; e Giglio medesimo,
scrittore della setta, non potè negare tal
verità. Or mandavano in quelle valli sa-
cerdoti illuminati e edificanti, ora sagre
missioni di zelanti cappuccini e di ge-
suiti, or eglino medesimi andavano in
persona in que'Iuoghi orridissimi, espo-
nendosi a penosissime fatiche, per tirarli
sul retto sentiero. Cosi appunto fecero i
vescovi Giovanni di Rivalla, Lodovico
Romagnano, Giovanni di Compeys, gli
arcivescovi Claudio di Seyssel, Antonio
Provana, Carlo Broglia e più altri mol-
tissimi. Dalle gesta de'quali si rileva con,
prove indubitabili, che mentre i pastori
della cattolica religione operavano pel
ravvedimento degli eretici con zelo vera-
mente paterno, i ministri della setta in-
vece colla malafede che mostravano,
colle ingiurie con cui rispondevano, col-
la durissima pervicacia con cui resiste-
vano ad ogni soavissimo invito, si tira-
vano addosso quel rimprovero, già dello
da s. Stefano : f^os Spiritili Sancto re-
sisdtisj sicut patres vestrij ita et vos.
Non minore sollecitudine mostrarono in
ogni tempo i sovrani che governarono il
Piemonte, per estirpare dagli stati loro
l'eresia, ben persuasi che coloro i quali
scuotono l'ubbidienza alla Chiesa, si ri-
voltano ancora audacemente contro il
Irono, ogni qualvolta l'occasione sia loro
propizia, e solo temono la giustizia del
principe ed affettano sommissione per-
chè mancano d'armi e di forza. La real
casa di Savoia non era ancor ben fer-
ma in Piemonte, allorché dal Lionese e
i5
326 VAL
dal DelHnnto nascostamente s' insinua-
rono i valdesi nell'Alpi Cozie ; anzi in di-
verse marche stando continuamente agi-
tali e divisi i popoli subalpini, poterono
quelli radicarsi ed estendersi in ({nell'or-
rido paese, tanto più facilmente, inquan-
to che, essendo poveri, laboriosi e rinta-
nati, non solevano uscire a recar mole-
stia. Però subilo che ben li riconobbero
i principi d'Acaia (ramo delia casa di Sa-
voia che dal lagS al i4«B signoreggiò
una pai te del Piemonte, da Rivoli sino al
Po e alla Maira, limite allora del mar-
chesato di Saluzzo, comprese le città di
Torino, Pinerolo e Carignano, cui s'ag-
giunse quella di Sa vigliano nel 1 32o) ed
i magistrali di Pinerolo, procurarono va-
lidamente opporsi alla propagazione del-
l'errore; e difatti il principe Giacomo nel
i354 avendo scoperto che alcuni val-
desi eransi insinuati nella valle di Lucer-
na^ ordinò che incontanente fossero car-
cerati. Altre severe precauzioni pratica-
rono Fdippo, pur principe d' Acaia, la
duchessa Jolanda vedova del b. Amedeo
IX nel 1476» Carlo I duca di Savoia nel
1484» e il duca Filippo II nel 1496. Oc-
cupale dall'armi francesi nel i535 To-
rino, Possano, Pinerolo, Chivasso, Lavi-
guano, Mondovi e altre piazze, si riem-
pirono le valli non solo d' Angrogna e
di Lucerna, ma quasi tulle le terre del
marchesato di Saluzzo e dell' adiacenze
di Castel Delfino, d'ogni sorla di eretici ;
e quello che peggio fu, di moltissimi a-
poslati che dal seno d'Italia là accorre-
vano per vivere impunemente in ogni
più sordido libertinaggio. Cosi ingrossali
e frammischiati i traviati e i religionari,
alzarono tanto la fronte audace, che edi-
ficarono il I ."loro tempio nel 1 555 in An-
grogna, e là cominciarono ad esercitare
in pubblico quello che vantavansi d'aver
fallo centinaia d'anni con maggior pu-
rità e rispetto de' supremi. Carlo IH il
^MO/20, espulso da Torino per l'usurpa-
2Ìone de'francesi, e ritiratosi in Vercelli,
ed ivi molto nel 1 553, non ebbe più tem-
V A L
pò ne forza per distruggere la zizzania
che d'ogni parte opprimeva i cattolici; ed
i decurioni di Toiino sostennero non po-
ca fatica e sollecitudine in preservar la
città dall'infezione. In questo slato di co-
se ritornò ne' suoi dominii trionfatore il
dùca Emanuele Filiberto, e non sì tosto
ascese il trono de'suoi maggiori, che rin-
tuzzò l'orgoglio de'religionari, per modo
tale, che li tollerava nel suo territorio,
se volevano vivere pacifici sudditi, ed
inesorabilmentn li puniva, se faziosi. Pro-
misero allora d'osservar le leggi, e non
oltrepassare i giusti confini che loro ve-
nivano assegnali; ma presto audacemen-
te trasgredirono le prime e violarono i
secondi ; e 12 e più templi avevano in-
nalzato alla propria sella nel secolo se-
guente. Carlo Emanuele I suo figlio, vo-
lendo ridurli al dovere, fu costretto a im-
pugnar le armi per ispogliare gli armati
eretici, sedicenti sempre valdesi ; e loro
malgrado dovettero fremendo restrin-
gersi e contenersi. Nel memoriale da'val-
desi diretto a Carlo Emanuele I nel 1 585,
protestarono che professarono il loro cul-
to da alcune centinaia di anni segreta-
mente, e da 3o anni circa palesemente.
£ nuovamente insorsero, vantando di-
ritti che non avevano, e pretensioni e
privilegi che per tolleranza, e non pei*
giuslizia,erano stati loroconceduti. Quin-
di il successore suo Vittorio Amedeo I,
cercò pure di mortificarli; così pur fece
dopo di lui la duchessa vedova M." Cri-
stina, reggente gli stali ; ma erano qua'
tempi scabrosi ed agitali da guerre stra-
niere e domestiche, e gli eretici sapevano
profittarne. La meraviglia è, che i fazio-
si volevano negoziare e pattuire co'pro-
pri sovrani, come se principi fossero pur
eglino indipendenti; ed il peggio ancora,
che ogni volta ch'erano costretti a cede-
re alla forza imperante, giacché non vo-
levano soggettarsi per dovere, altamente
si lamentavano, quasi a torto fossero per-
seguitali da'duchì di Savoia, e spediva-
no ambasciate alle corti de'priocipi stra*
VAL
nieri, con nera calunnia rappresentando
di essere violentati nella coscienza e nel
pacifico esercizio della loro religione; es-
sere una tirannia il tirarli coli* armi al
calfolicismo, e frandolentemenle taceva-
no le conventicole, l'assemblee, i sinodi,
gli ammutinamenti che tenevano contro
ogni buon ordine dello slato, e senza la
giustissima sorveglianza del principe. E
il Semeria che ciò narra, ed il Roreneo
o llorenconel cap. xxii ne adduce le prò*
ye di fatto innegabili. Il recentissimo
scrittore della Storia della monarchia dì
Sa^'oia^per uso delle regie scuole^ stam-
pata a Torino nel 1 835,racconla a p. 1 08.
« Le popolazioni de* valdesi, non conte-
nendosi ne*limiti già stati loro assegnati
da Emanuele Filiberto, andavano esten-
dendo le loro possessioni sopra altri ter-
ritori!, come nelle valli di Lucerna, di
s. Martino e di Perosa : vi seminavano
le loro dottrine, vi facevano orribili in-
sulti al culto cattolico, non volendo che
si esercitasse tra loro. Scacciarono per-
fino i cappuccini dal convento di Villa-
ro, e ne misero in fiamme il convento e
la chiesa. Comandati dal duca Carlo E-
manuele il di ritirarsi entro gli antichi
loro confini, non vollero ubbidire, essen-
do istigati alla sollevazione dal Léger,
ministro del loro culto ( cioè lo storico
summenlovato, e secondo Bossuet il più
ignorante e il più prosontuoso degli uo-
mini; era pastore di s. Giovanni, succe-
duto nell'uffizio allo zio Antonio,del qua-
le si ha un'arringa, De TValdensiuni
ortu et progresso)y uomo fanatico e per-
verso, che, come fu il perfido eccitatore
di quella ribellione, così ne fu lo storico
malignoecalonniatore, per astio che por-
tava contro il duca di Savoia. Una fune-
sta guerra si accese, ed enormi crudeltà
si commisero da ambe le parti. Piisuona-
vano di gemiti e di strida quelle valli ri-
poste, solite in prima ad echeggiar de'
canti e suoni pastorali. Sangue, fame e
desolazione le coutristarono,ec.... Furono
allora veduti calar in Piemonte deputa-
VAL 227
li d'Inghilterra e di Olanda, guidati da
un parente di Cromwell,detto Moreland,
i quali interposero i loro uffici in favor
de'valdesi, e dove pigliarono origine que-
gli annuì sussidii che questi religiouari
tuttora ricevono dagli Anglicani**. Ag-
giungerò solamente, che i valdesi alteri
per l'aperta protezione straniera loro ac-
cordata, e profittando dell'imbarazzo in
cui era il Piemonte, oppresso da lungo
tempo da guerre intestine ed esterne, era-
no divenuti più che mai temerari. Di-
strussero il forte della Torre, si sparse-
ro per le valli di Susa e di Saluzzo, né
dissimularono il progetto diformareuna
repubblica indipendente rinchiusa nel
Piemonte, lusingandosi che tutti gli slati
protestanti dell'Europa armati si sareb-
iDcro in loro favore. Il duca di Pianezze,
incaricalo di sottometterli, mostrò un ri-
gore eccessivo ; de'reggi menti bavaresi e
ungheresi agli stipendii del duca di Sa-
voia, i quali duranti le guerre del Pie-
monte si erano avvezzati all'indisciplina,
si abbandonarono a non poche crudel-
tà. 1 valdesi dal canto loro si difesero
con un coraggio incredibile : delle botti
vuote, empiute di borra internamente,
formavano loro de' baluardi mobili cui
facevano rotolare dinanzi ad essi quando
andavano all'assaltOjC cui si strascinavano
dietro ritirandosi. Finalmente l'ultima lo-
ro trincera, cui chiamavano la loro Ro-
chelle (ultimo propugnacolo in Francia
de'calvinisti ugonotti), nella sommità del-
la valle d'Aiigrogna,venne presa d'assalto.
Si può vedere le Memorie storiche sul-
la casa di Savoia^ di Costa de Beaure-
gard, t. 2, p. 213-219. Léger scampato
a tante stragi, si salvò in Francia, dove
compilò una 3Iemoria, nella quale con
molte falsità cercò di discolpare i suoi
fratelli religionari dall'accuse mosse con-
tro di essi, e fu autorizzatoa fare in Fran-
cia una colletta a loro favore, avendone
Cromwell fatte premure a Luigi XIV.
Le'ger intervenne in nome de'valdesi nel
i655 alle confeienze di Pinerolo, la cui
ii8 VAL
si regolarono le ricliieste de'protcstanti;
fu loro accordato un perdono generale,
e sotto diverse condizioni il libero eser<
cizio del cullo loro. Dopo la morte di Car-
io Emanuele li nel 1 67 5, gli successe Vit-
torio Amedeo li, il quale dolalo di co*
raggio imperterrito, non temeva nessu-
na potenza d'Europa. Inasprito pur egli
da'sediceuli valdesi, portossi armato nel-
le loro valli nella primavera del 1686, e
sì terribilmente gli sconfisse, con levar
loro anche i teneri fnnciuUi, che data Io*
ro una legge, non ebbero più baldanza
di violarla ne in quel secolo, e neppure
nel seguente (dipoi a vantaggio de'calto-
lici di Lucerna e altre valli, vi mandò il
suo confessore b. J^alfrc^ il quale vi ope-
rò quel bene che ricorderò nella sua bio-
grafia). Anzi nelle guerre del successore
Carlo Emanuele Ili, prestarono il de-
bito soccorso alia sua casa. Questo ma-
gnanimo re, con provvida munificenza
fece fabbricare nel 1754 in Pinerolo un
grandioso ospizio, onde quelli chetante
volte tralasciano d'abiurare l'eresia pel
timore di non ricevere più verun sussi"
dio da' parenti, volendo ritornare alla
Chiesa cattolica, trovassero un aperto ri-
covero gratuito, colta istruzione, un'ar-
te o civil mestiere, per cui intuito il tem-
po di loro vita non fossero esposti alla
mendicità. Benefico e sapientissimo di-
visa mento. Fremeva d'indignazione, ma
taceva, la vicina eresia in vedere erigersi
questo pio e generoso monumento, de-
gno della religione de' sovrani del Pie-
monte; ed esultò di allegrezza, quando
i francesi usurpalo il Piemonte sulla fine
del secolo passato, ottenne quel sagro e
beneficentissimo asilo a sua disposizione.
Ciò avvenne nel 1800 con un decreto
della Commissio fi executive duPiemont^
art. 4> per cui l'ospizio, tolto a'catlolici,
fu dato a' valdesi ! ed il ministro prole-
stante Mondone, io nome de'raedesimi,
ne prese formale possesso. Fu poco dopo
saccheggialo interamente, conie si legge
nel Tableau du Picmont sous le regime
VAL
des roiSf avec un precis sur les Vnu^
dois, et une notice sur les BarbetSj par
AIaranda,\\ c\\ia\e inoltre falsamente af-
fermò che l'eresia de'valdesi fu condan-
nata ne' due concilii di Vercelli nel se-
colo XI, e di Tours nel 1 165 o 1 167,
ne' quali non furono neppur nominati.
JN'è qui risleltero i valdesi: violando i
confini assegnati, uscirono a diramarsi e
coabitare fra' cattolici; così mostrarono
la propria loro indole; così de* governi
stranieri in Piemo nle profiltarono a dan-
no dello Stalo e della Chiesa ; così pro-
varono che la presenza della real casa di
Savoia sol temerono per la forza, e mai
non amarono per dovere, ne mai l'ub-
bidirono per sentimento. Il tutto aller-
ma lo storico Semeria, terminando il suo
dire. « Ma finalmente, per le cure della
città di Pinerolo, quell'ospizio è stato
rivolto ad un collegio di pubblica e cat-
tolica istruzione; ed altro pio ricovero è
slato aperto a benefizio de* catecumeni,
e sperasi ancora qualche asilo o stabili-
mento assai maggiore ". Ciò però egli
scriveva nel 1840.
L'imperatore de'francesi Napoleone!,
ebbe col pastore de'valdesi un colloquio,
dopo il quale i ministri del culto valdese
furono salariati come quelli degli altri
culti dell'impero; assegnando a loro so*
slentamento delle terre per la rendita di
1000 franchi, ed aggiungendovi dal te-
soro 200 franchi, i quali trattamenti fu-
rono neli8i4 soppressi alla restaurazio-
ne del reale governo sardo. Però con or-
dinanza del re Carlo Felice, de* 1 o gennaio
1824, fu data a'valdesi facoltà di costrui-
re un ospedale pe' loro poveri malati, e
di farlo amministrare da un oiedico e
da chirurghi della loro credenza. Leggo
nel Memorandum storico politico (idi ri-
spettabile conte Solaro della Margherita,
già ministro e i.° segretario di stalo per
gli a Ila ri esteri del re di Sardegna Carlo
Alberto, che l' Inghilterra, allora al go-
verno sardo così poco favorevole, a mo«
tivo che propugnava la legittimità nella
VAL
Spagna, volle nel iSSy intervenire a so-
stegno de'valdesi delle valli di Piemonte,
che non avevano ragione alcuna dì lagnar-
si del generoso modo coti cui erano dai
re trattati. S'incaricò l'inviato britanni*
co Foster di trasmettere all'encomiato
conte accompagnata da una sua nota, u-
na rappresentanza d'alcuni sudditi vaU
desi al re, i quali richiamavano contro
l'applicazione degli editti antichi in vigo*
re a loro riguardo. Il re Carlo Alberto,
a fronte di si potente avvocato, e delle
circostanze del momento , giustamente
non piegò nel sostenere i suoi diritti , e
cosÌL respinse la straniera in-tervenzione.
A tale effetto ebbe il conte ordine di ri-
spondere ufficialmente all'inviato inglese,
essere il re sorpreso che alcuni fra' suoi
sudditi avessero cercato un intermedio
straniero per sottomettergli le loro rap-
presentanze; che quanto al modo con cui
erano trattati i valdesi , il re dacché era
salito al trono non aveva emanato alcu-
na disposizione che restringesse le con-
cessioni loro accordate da'suoi predeces-
sori; che non era di sua dignità far caso
dell'epiteto di odioso, dato agli editti che
i di lui antenati avevano emanatoin tem-
po di guerre civili e di ribellione per par-
te de'sudditi valdesi, editti d'altronde as-
sai men severi a riguardo de' protestanti,
die non lo fossero quelli emanati a ri-
guardo de' cattolici in altri stati. Questa
risposta e specialmente per l'ultima allu-
sione potè spiacere all' inviato inglese,
ma chiuse la discussione e non si cedette
alle rimostranze del possente governo an-
glicano. Eravi inoltre una circostanza as-
sai pungente, che il conte della Marghe-
rita dichiara non convenirsi esprimere
nella risposta ufficiale alla nota del Fo-
ster, in cui si rammentavano i trattati che
guarentivano a'valdesii loro privilegi, ma
che potè benissimo essere enunziata sen*'
z'aria di recriminazione ne'discorsi ver-
bali. Nel trattato concluso all' Aia nel
1690 fra il duca Vittorio Amedeo li,
riughilterra e gli stali generali d'Qlaa-
V A L 229
da, e nel Irallalo di Torino del 1704 f«a
il medesimo sovrano e la regina d'Inghil-
terra Anna, vi furono articoli segreti ri-
guardanti i valdesi. lli.° trattato aveva
per oggetto di far loro perdonare le ri-
bellioni di cui eransi resi colpevoli i val-
desi , di tar cessare le misure di guerra
prese in loro odio, e di restituir loro il
beneficio degli editti di tolleranza; nel
1° trattato nulla di più si stipulò a fa-
vore de'valdesi; ma è questo trattato me-
desimo quello in cui l'Inghilterra s'im-
pegnava a guarentire alla casa di Savo-
ia la successione eventuale alla corona di
Spagna, e sembrò al conte non essere il
momento a scegliere dall'inviato inglese
per richiamarne la memoria. Nel seguen-
te 1 838 il re Carlo Alberto promulgò uà
codice di leggi civili^ in cui primamente
dichiarò: La religione cattolica apostoli-
ca romana è la sola dello stato. Gli al-
tri culti attualmente in esso esistenti, so-
no semplicemente tollerati. Indi nello
statuto costituzionale che nel 1848 Car«
lo Alberto die al regno, ripetè: La reli-
gione cattolica apostolica romana è la so-
la religione dello stato. Gli altri culti ora
esistenti , sono tollerati conformemente
alle leggi. Neh 836 vennero alla luce ia
Parigi l'anonime e già celebrate: Recherà
ches historiques sur la véritable origi-
ne des P'audoisy et sur le caractère de
leurs doctrines priniitives. Il venerando
autore rog.*^ arcivescovo Charvaz vi po-
se per epigrafe quanto nell'articolo J^al-
desi disse il Bergier nel suo Dizionario
enciclopedico della Teologia^ dell'Ere-
sie ec. : Non esservi forse netta alcuna^
di cui V origine sia stata piti contestata
di quella de Faldesi^ che abbia dato luo-
go a racconti piìi opposti ^ e a maggior
numero di calunnie contro la Chiesa ro*
mana. L' illustre e dotto prelato si pro-
pose di decidere perentoriamente una
contesa, con tanta ostinazione e si ingiu-
stamente sostenuta, che sembra perfino
da quando a quando irritarlo, e vi ha ra-
giouedi giudicare, ch'egli sia riuscito pie-
%Zo VAL
nomenfe nel suo intento, siccome propu-
gnatore zelantissimo della Cliieiia cattoli-
ca; poiché è dinìcile immaginare in qual
maniera i valdesi e i loro sostenitori pos-
sano resistere e contraddire alle autorità
e agli argomenti co* quali gì* incalza , e
uuovamenle involgere nelT oscurità de'
secoli precedenti la loto origine, ch'egli
mette in chiara luce, colla storia e co'
documenti pazientemente ricercati e fe-
delniente riferiti, e fissa con incontrasta*
bile autorità ad evidenza al secolo XII,
come già raccontai in principio. Di si
pregievole libro se ne legge il più inte-
ressante per sonimi capi, nel t. 5, p. 76,
degli ylunali delle scienze religiose, il
cui dolio autore del compendio vi pre-
mise sapienti e utili osservazioni sulla
Chiesa di Gesù Cristo, e sulle pretensio-
ni de'sedicenti riformatori. 1 valdesi ri-
tengono, che la loro storia sia grande e
importante, e che sia // monumento più
imporlanle di quella del Cristianesi-
mo jeù inoltre assicuri loro la gloria d'es-
sere siali trascelti dalla Provvidenza a
conservare intutte le delirine evangeli-
che, di avere fedelmente compiuto una
sì solenne missione con solhire crudeli
persecuzioni, e del sangue loro bagnan-
do le monlague e le valli deh' Alpi, e di
avere così formato Vanello d' unione tra
la prinntiva Chiesa e la Riforma^ conìe
scrissero, prinìa l'autore òóiHistoire des
Vaudois^ ou des hahitans des Falléts
occidentales du Piemonte Paris 1 796, at-
tribuita ad un ministro della setta chia-
mato Guido Brez; poi l'altro valdese nel-
Vllistoìre des Vaudois des Fallées du
Piemont par A. i)7f/5/oAi , Paris 1834.
Grande è veramente questa importanza
sotto il rapporto religioso, perchè la sto-
ria chiarisce essere recente la loro origi-
ne, e perciò vane e ridicole le loro pre-
tensioni; perchè dichiara l'assurdità di lo-
ro dottrine, e i cambiamenti ch'esse su-
birono in vari tempi, i brogli de' valdesi
presso i pretesi riformatori e viceversa; e
perchè dissipata l' illusione di loro frasi
VAL
fantastiche, discopre la verità che li con-
danna, e gl'invita nel teuìpo stesso a ri-
tornare alla grande unità ch'ebbero tor-
to d'abbandonnie. È grande pure sotto
il rapporto politico, perchè giustifica mol-
te disposizioni della casa sovrana di Sa«
voia verso di essi, la quale, non che gli
abbia trovati, avendoli anzi ammessi ne*
suoi dominii a certe conilizioni, doveva
esigerne 1' adempimento , e pt»nirne le
violazioni. Jacopo Gretsero tratta di fa-
vola assurda le pretese dell'antichità de*
valdesi, nelle P v ole gomena in Se ri pio ves
contra Sectain Faldensium^ e. i. H lo-
dato compeudiatore delle Ricerche stori-
che sulla origine de' Faldesi^[evm\niì con
dire, w Percorso, sulle tracce sicure del-
l'autore mg.' Charvaz, il tortuoso labe-
riuto delle supposizioni e de' sistemi da
essi immagmali per provare la discen-
denza apostolica di loro setta , bisogna
poi e fermarsi al secolo Xll, e riconoscer-
ne in esso la vergognosa generazione da
Valdo. La quale sua origine sfpiega come
questa setta, nudrita di menzogne e di
errori, riprovata dalla Chiesa , cresciuta
nella nudità e nell'ignoranza, sia giunta
ad olfiirsi quale schiava, e vendersi con
ignominiosa prostituzione al Calvinismo!
Oh ! potesse ella ormai squarciare il ve-
lo di sua funesta illusione , e rompendo
le catene che la ritengono, sorgere, per
ritornare all'unità cattolica, da cui non
avrebbe mai dovuto allontanarsi! Oh! vo-
glia il cielo, chela storia dell' origine de*
valdesi, possa , come luce di salutare ri-
velazione, penetrar nelle valli, e risplen-
dere così agli occhi loro , che riscuoten-
dosi alfine dal lungo affascinamento io
cui giacciono, rendano omaggio a quel-
la fede ch'è l'unico mezzo di salute, e la
sola sorgente di ben fondate speranze |
Serva loro d'incitamento a questo fine ii
vedere le stesse comunioni protestanti,
nelle quali si afildano, ormai prive di fe-
de ne'lorodogmi,e ridotte nelle loro cre-
denze ad un vago Razionalismo , che
soffoca i sentimenti come confonde l' i-
VAL
dee .... Questo voto è pur quello che ci
nasceva in cuore nel percorrere, che uoi
facemmo, le Falli de P^aldesi. Possia-
mo uoi nutrire qualche speranza di veder-
lo un giorno compiuto? Due grandi o-
staceli a nostro avviso si oppongono, i.
La ignoranza de'più di loro, che non po-
tendo andare in traccia della verità da
se stessi, non ne sono istruiti da'loro pa-
stori, a'quali questa ignoranza dà luogo
di tener viva negli animi Tantìpalia ver-
so le credenze cattoliche, il perchè po-
chissimi leggeranno le Ricerche storiche
sulla loro origine. 2. Lo interesse de* vai*
desi: imperciocché non si tosto si move-
rebbero a riconciliazione colla Chiesa ro-
mana, che verrebbero loro meno i sussi-
dii, che straniere nazioni protestanti co-
me a terra santa mandano nelle valli, e
cesserebbero gli slipendii, che ne ricevo-
no i ministri del culto. Stravagantissimo
rivolgimento di cose! Col pretesto di se-
guire la povertà evangelica e per tenere
in abbom inazione i beni terreni, nel Xll
secolo si separarono dalla Chiesa cattoli-
ca, ed ora non vogliono ritornare al suo
seno per tema di perdere i beni che posse-
dono e col desiderio di accuuìularne ogno-
ra de'maggiori ! 11 cuore a silFatte riflessio-
ni resta oppresso da sentimenti di pietà
e di dolore, ma l'animo trova un confor-
to in pensare, che Dio permette così l'o-
perazione dell'errore per fare ognor me-
glio comprendere a'popoli a quale accie-
camento e termine miserando si giunga
quando si è scosso una volta il giogo del-
la legittima autorità della Fede. U. R. D.
S. P. " Questo medesimo zelante e dotto
scrittore ci diede poi neli844» "c'mede-
simi /4 finali delle scienze religio se ^ 1. 19,
p. 1 8 1 : Riflessioni in occasione di due di-
scorsi detti nella cattedrale di Pinerolo
per l'abbiura di ventiquattro P^aldesi, e
stampati col titolo di - Considerazioni
sul Protestantesimo. Comincia sapiente-
mente con dire: Pviesce cosa ad un ani-
mo cattolico troppo piti dolorosa il vede-
re, che io Italia^ stabile e gloriosa sede
VAL 23r
del successore di s. Pietro, ed eletta dal
cielo a diffondere fino all'estremità della
terra la luce della divina rivelazione, sia-
no ancora venti e più mila infelici, che
sotto il nome di J^aldesi ^ protestano
contro l'autorità e V insegnamento della
Chiesa di Gesù Cristo, impediscono all'I-
talia di conseguire il primo e più bel van-
to , di cui possa andar superba in faccia
a tutte le nazioni, Tunità cioè di creden-
za e di culto, e giacciono profondamente
avvolti nell'ignoranza e nell'errore (egli
è per questo, che deplorando anch'io sif-
fatta eccezione, in quest'articolo alquan-
to più mi diffusi, in proporzione di quel-
li di tale genere). Nel mentre che la Chie-
sa ha cagione di rallegrarsi di molte lon-
tane popolazioni di Asia, di America, del-
l'isole de'mari australi o Oceania, cheen-
tratedi recente nella sua comunione ne
riconoscono l'autorità e la salutare loro
salvatrice e madre, e per cui si eressero
e si vanno erigendo tanti Vescovati e tan-
ti Vicariati apostolici (/^.), non può a
meno di gemere sopra i valdesi , che po-
tendo esperimentare dappresso gli elfelti
del materno suo amore^ ributtano ogni
mezzo di persuasione e di riconciliazione
con lei (E opportuno che io qui con re-
ligiosa gioia aggiunga, che il desidera-
tissimo ristabilimento della gerarchia ec-
clesiastica cattolica d* Inghilterra e d'O-
landa, cioè in regni acattolici, colle metro-
politane di IVcstinìnster ed' Utrecht^ ol-
tre l'erezione della provincia ecclesiasti-
ca pe'valacchi greco-cattolici in Transil-
Vania, preparate nel pontificato di Gre-
gorio XVI , in questo del regnante Pio
IX pel suo zelo e con tanta sua gloria
ebbero felicissimo effetto, nel modo co-
me lo celebrai con riverente animo in ta-
li articoli). Oltre le Alpi sono città e pro-
vincie, che dopo avere dato dentro all'e-
resie del secolo XVI , alla fine dal duro
giogo per propria loro virtù si riscossero,
o ne furono redente per opera di evan-
gelizzatori cattolici; ma i seguaci di Val-
do da 7 secoli perseverano nel loro sci-
a3a VAL
sinH) riè ^entóno ancora rinfelicilù e il pe-
ricolo del loro stato, fuori della Chiesa
non essendovi la salute eterna, anche pel
riferito nel voi. LXXIX, p. 73. In In-
ghilterra, e in talune parti di Germania
e di Svizzera, gl'ingegni più elevali sono
orinai compresi dal bisogno di sottomet-
tere la ragione alla fede, imperocché per-
corse tutte le fusi del razionalismo, pa-
dre funesto d'ogni errore possibile, senza
trovarvi il riposo degli animi, ben avvisa-
no che sarebbe follia il ricominciare il
ciclo delle mostruose sue trasformazioni.
I valdesi invece, per loro sventura, inca-
paci d'innalzarsi di per se all'altezza di ri-
flessione che si richiede, sono tuttavia,
com' erano molle generazioni passate ,
schiavi di deplorabili pregiudizi, e dura-
no costanti nella protesta, che nel i83o
reiteravano per mezzo di Bert, uno de'
loro ministri: Le livre de Faniillcy Genè-
ve i83o, di consentire nella sana dot-
trina con tutte le chiese Riformate di
Francia^ d' Inghilterra^ de. Paesi Bassi,
d'Alemagna, di Svizzera, di Boemia, di
Polonia, di Ungheria ed altre, quale e
espressa nellaConfes sione d'Ausburgo,
secondo la dichiarazione che ne ha data
V autore, e promettono inviolabilmente
di perseverarvi in vita ed in morte.
Ora, come e quanto queste chiese pretese
riformate, alle quali i valdesi miseramen-
te sono ligi, sieno concordi fra loro, cia-
scuno lo conosce: basii il dire con Esslin-
ger, Entretiens familiers , p. 45> che i
membri della medesima setta, che si a-
dunano nel tempio medesimo, non con-
vengono punto fra loro, e coloro che si
occupano più della religione, i dottori e
i ministri sono divisi sopra tutti i punti
di loro erronea credenza. E' dunque giu-
stamente a temere, che ove Dio non soc-
corra colla sua misericordia, fino a che
saranno di qualsivoglia maniera eresie e
selle nel mondo, i valdesi, anziché porsi
da per se stessi con sincera disposizione
alla ricerca del vero, e muover passo per
l'iqopgiungersi alla grande famiglia caltQ-
V A L
lica, probabilmente ameranno meglio a-
dollarne ciecamente gli errori. Frattan-
to in Italia, e in uno degli stati d' Italia,
ove i popoli furono sempre figli docilissi-
nti della Chiesa, ove i principi si recaro-
no sempre a dovere ed a gloria di farsi, fi-
no dagli avi loro antichissimi, sostenitori
delle doltrine e del cullo cattolico, i val-
desi continuano nel loro religioso dissidio.
Singolarissima ed affliggente condizione l
Sorsero già iti Italia uomini che per tra-
viamento d'animo e abuso d'ingegno non
furono da meno de'più famosi fondato-
ri e capi della sedicente riforma, che niu-
no ignora di qual tempra furono Pucci,
Cellino , due Socini, Gentili e altretlali.
Ma le loro prave dottrine non poterono
a lungo radicare in Italia, né eglino stes-
si sperarono di vedervele trapiantate. Il
perché tutti, alfine di dare sfogo all'intem-
peranza de'Ioro pensieri, esularono dal-
la patria, e in seno d'altre nazioni, giù
traviate e meglio disposte a seguire gli
empi delirii, versarono la piena di nuovi
perniciosi errori, E una mano di stra-
nieri, un pugno di fanatici, un drappello
di uomini denominati anche insabaltati,
4oo anni prima dell' eresiarca Lutero,
muove da Lione, traversa le Alpi, ripara
nelle valli presso le sorgenti del Po, recan-
dovi tutte le colpevoli e grossolane inno-r
vazioni di Valdo; di colà sfida gli anate-
mi de'Papi e de'concilii, resiste del pari a*
caritatevoli inviti, alle minacce e all'armi
de' principi, e dopo lungo seguito di vif
cende, dura tutta via e cresce in quell'an-
golo remoto, ma pure osservabilissimo
d'Italia: tribù italiana sì, ma che per lin^
guaggio(il valdese Muston nel falso siste-
ma d'antichità di sua setta, contro il ver
ro pure pretende , giudicandone da soli
34 vocaboli da lui trascelti e fatti elastici,
che il dialetto valdese si scosti meno dal
latino degli altri dialetti piemontesi. Ma
osserva l'autore del sunlo delle Ricerche,
e col quale vado discorrendo, che sarebbe
dare al rustico linguaggio valdese un'as-
sai più probabile, comechè troppo glorio-
VAL
sa, parentela col Ialino, facendolo semplì-
ceoiente derivare dal celtico latino usato
iu Francia, o dal Ialino molto usato in I-
talia anche posteriormente al secolo X, o
da quello della Chiesa cattolica e roma-
na, a cui le valli appartennero fino al se-
colo XIII, come antica signora dell' Alpi
Cozze, già uno degli Stati della s. Secle)^
per credenza, per cullo dissente da tutta
Italia, e ad essa in certa guisa insulta, se
non per proposito deliberato, almeno per
consueludine antica; imperocché si oppo-
ne e maledice alla verità e alle pratiche
religiose nelle quali sono riposti I onore,
il bene, la vita d'Italia, ed accoglie impu-
nemente tulle le menzogne e le idee, che
in ordine alla morale e al dogma sono al-
l'italiche, eh' è quanto a dire alle cattoli-
che verità, più contrarie. Un fenomeno
di questa natura, sì durevole, e che per
le circostanze dalle quali è accompagnato
può dirsi unico negli annali della storia
ecclesiastica, merita certamente 1' atten-
zione di tutti coloro a'quali sta a cuore la
salute eterna de'fratelli, l'incremento del
corpo mistico di Gesti Cristo, e 1' unità
medesima dell'Italia ; quella unità cioè
che più monta, quella che soprattutto de-
ve sperarsi e che sola può conseguirsi,
l'unità di dottrina e di fede , condizione
essenziale per formare degl'italiani un sol
popolo raccolto in un solo ovile, sotto un
solo pastore , e stretto dal vincolo più
santo, più fratellevole, più forte che pos-
sa esservi, dal vincolo della stessa reli-
gione e dello stesso culto. Quindi l'au-
tore delle Bijles.sioni ragiona sul conse-
guimento dell'unità cattolica dell'Italia,
mancare il ritorno alla Chiesa della popo-
lazione valdese, senza la quale non sarà
mai integralmente costituita, ed essere o-
pera meritevole de' maggiori sforzi della
carità cattolica per procacciarla, pe'senti-
rnenti di religioso zelo che l'informa, de-
plorando la perdita di tante anime, men-
tre per una sola geme la Chiesa per la ca-
rità da cui è sempre e vivamente anima-
ta. E dall'altro canto osserva le premu-
VAL 233
rose sollecitudini, che per tener inceppa-
li i valdesi nell' errore si danno i prote-
stanti d'inghillerra e di Prussia, d'Olan-
da e diSvizzera.Tengono eglino nelle valli
un loro emissario,che vegli di conti nuo so-
pra di essi, somministri buone pensioni a*
ministri de'medesimi, provveda a'ioro bi-
sogni, prevenga i loro desiderii, alimenti i
loro pregiudizi contro i cattolici, e ponga
in opera tuttociò che giovi a distogliere
dall'occasione e dal pensiero di conoscere
e ripudiare gli errori di loro setta, allea-
no di essi fece ne'Iuoghi più comodi eri-
gere spedali, scuole e collegi. Quelle na-
zioni lontane non perdono un istante di
vista i valdesi: luterani, calvinisti, angli-
cani pongono ogni studio in tenerseli ligi
e ben disposti ad ogni loro volere, e noi
cattolici potremo rimanerci spettatori
indifferenti e inoperosi di vedere perpe-
tuarsi in Italia una generazione di uomi-
ni sempre pronti ad ammettere come ve-
rità incontrastabili, senza pur compren-
derne il senso, senza discussione e senz'ec-
cezioni, tutte l' invenzioni, le novità, le
teorie arbitrarie e proteiformi che piace
loro importarvi! Poiché sia pur vero, che
i valdesi non agognino di far proseliti, il
che può esser effetto di loro ignoranza, non
che dell'inutilitàde'loro tentativi, ma per
lo contrario si rendono loro proseliti doci-
fissimi di qualsiasi innovatore, cui riesca
aver qualche influenza nelle valli. T)e\^
r antiche loro dottrine più non serbano
che il nome e principio di ribellione alla
Chiesa; essi ammisero quasi tutti gli er-»
rori d'oltremare e d' oltremonti. Rmfac-
ciarono al clero cattolico di possedere be-
ni terreni, adottarono una povertà volon-
taria per rinnovare i tempi apostolici, ed
al presente subentrò negli animi loro af-
fetto grandissimo alla ricchezza e somma
avidità a' guadagni. Non riconoscono ge-
rarchia, per avere ciascun valdese potere
e qualità di sacerdote, e non ammettono
il sagramentodelTordine. In appresso se-
guendo i luterani e i calvinisti, non volle^
ro più di due o tre sagramenti j a' nostri
3.34 VAL
giorni rimisero in voga quello cieli' oihIì-
ii« oiule nel 1841 consagiarono un loro
n^inislro, e discussero il progetto di far
consograre un vescovo olla foggia ungli-
cnna. Una volta non avevano cullo pub-
blico, e di presente hanno templi, ceremo»
iiie e liturgia stampata nel 1 887 a Edim-
burgo, ristampando il loro catechismo.
Trovano lodatori i quali mandano a cie-
lo, con quanta verità lo sa Dio, la bontà
di loro indole e di loro costumi, le loro
credenze e il loro culto, come da ultimo
JVlustol, e più di recente il Fcch'ral,^\o\'-
naie di Ginevra, con 3 articoli, celebran-
do i valdesi qual popolazione scelta dal-
la divina Provvidenza a conservar la ve-
ra religione di Cristo e delia primitiva
Chiesa pura e inlatta, la sola rimasta fe-
dele al Vangelo ! I cattolici delle valli
frammisti a'valdesi, in molti luoghi han-
no la chiesa accanto al tempio protestan-
te. 11 pia sovente sono essi poveri e dere-
lilli, ciò che dà a'valdesi una cattiva idea
della nostra religione che non provvede
a sufllcieuza i suoi seguaci. La maggior
parte de'parrochi cattolici hanno appena
con che sostentare la vita, e mancano spes-
so ancora con the provvedere al decoro,
perciò impotenti di soccorrere i poveri
cattolici e di allettare con largizioni i pro-
testanti. Le chiese stesse poco fornite di
sagri arredi , ed anco rovinose, sono ri-
guardate con amaro sogghigno dagli ere-
tici, lo tanta desolazione di cose,non pon-
no i cattolici allettare i dissidenti collo
splendore del culto e colla maestà solen-
ne dell'ecclesiastiche ceremonie, che suo-
le essere tanto efiicace a scuotere l'imma-
ginazione , e di cui gli animi de' valdesi
ìianno tanto piii bisogno, quanto più difìi-
cilmente può operarsi sulla loro ragione.
L'autore dopo avere ragionato sulle ca-
gioni della costante variabilità de' valde-
si nelle cose e credenze religiose, e della
persistenza nell'avversione al culto catto-
lico, cioè l'interesse per una parte e l'i-
gnoranza per l'altra, la quale ritiene for-
se più efficace cagione; spiega come il co*
VAL
noscere Perrore è la prima condizione in-
dispensabile ad abbiurarlo, e come il co-
noscere la verità è il primo passo a tener-
la in pregio, e il pregiarla conduce ad a-
marla. A'valdesi non è dato conoscere la
fallacia dciriusegnamento de' loro mini-
stri, l'inganno deplorabile di cui sono vit-
time, perchè gli stessi ministri pongono
ogni studio in mantenere la loro igno-
ranza, come principal fondamento di lo-
ro autorità. Vegliano di continuo, affin-
chè nelle valli non s'introduca alcun li-
bro alto a illuminarli. Usano ogni arte
per impedire la dimestichezza co' preti
cattolici, laonde que'poveri vallegiani cre-
dono ciò che i loro ministri affermano
autorevolmente. Ad onta di tutloquesto,
nelle valli non nìancano de'cuori che ge-
mono di trovarsi senza convinzioni reli-
giose, e che volgono segretamente uno
sguardo di desiderio a quel raggio di lu-
ce , che vedono in lontananza trapelare
dal cattolicismo, che sospirano nell'ansia
d'un bene, di cui sentono la mancanza,
massime in diverse donne giovani inchi-
nale naturalmente a pietà , che videro
tornar fra loro compagne divenute cat-
toliche per convincimento, o furtivamen-
te lessero qualche libretto di preghiere
cattoliche. Se l'aureo libro delle Ricer-
che storiche di rag.'Charvaz ordinario di
Pinerolo, fosse ito perle mani de' valde-
si, ed avessero compreso la forza dell'ar-
gomento, bastava a convincerli di non es-
sere che settari ingannati, d'esser fuori
della vera Chiesa e contro di essa; ma
l'interesse de'ministri e l'ignoranza degli
altri uè furono i più forti ostacoli. Si co-
nobbe quindi ch'era d'uopo di maggiori
sforzi, e lo stato delle cose primieramen-
te indicava il bisogno d'un libro elemen-
tare, ove fossero esposti e ad uno ad uno
combattuti i pregiudizi e gli errori della
setta, e chiariti i principii e le credenze
della Chiesa cattolica, il quale libro fosse
scritto in modo di essere da tutti subito
inteso, e di servire di facile guida a colo-
roj che si facessero eoa buone disposizio-
VAL
Ili a studiare la religione. Faceva meslìe-
li in secondo luogo d'aprire un rifugio,
ove i valdesi desiderosi d'istruzione e di-
sposti ad abbiuraie l'errore, potessero ri-
parare ed in quiete operaie con tutta li-
ijerlìi, secondo la persuasione, la coscien-
za e l'ispirazione della grazia. Raccontai
più sopra che un tale slabiliineulo e^ì-
sleva in Pinerolo col nome d'ospizio de'
colecumeni, fondatovi da' principi di ca-
sa di Savoia, ma era stalo soppresso nel
1800 dopo l'invasione francese in Pie-
monte. Mg.' Charvaz ricorse dunque per
riaprirlo alla pietà e munificenza di re
Carlo Alberto, il quale secoridò i dise-
gni del prelato, e con regio cuore e ge-
nerosa mano lo soccorse nel giusto e op-
portuno suo divisanienlo. Fu pertanto
con lieti auspicii e con dolci speranze ria-
pei lo r ospizio presso Pinerolo in con-
venientissimo luogo , e poco dopo nel
1840 mg.*^ Charvaz cominciò a pubbli-
care i due primi volumi della sua Gui-
da del Catecumeno Valdese ^ossia Cor-
so d' istruzioni destinato a far gli cono-
scere la verità della religione cattolica y
a cui ben presto venne dietro il 3. ; nel
4.'' trattando della disciplina e del culto,
e raccogliendo i principali capi della sua
opera in un compendio, lo ridusse a forma
d'un catechismo di controversia. Ne ciò
appagava ancora il desiderio e lo zelo in-
stancabile del prelato. AllaTorre diLucer-
na,continua a dire l'autore (ìtWtRiJlessio-
niy si doveva aprire ben presto una casa,
ove si sarebbe accolto un discreto nume-
ro di giovani sacerdoti, i quali collo stu-
dio e colla preghiera si preparassero nel
ritiro alla predicazione , e si rendessero
capaci a dar missioni egualmente nelle
parrocchie miste delle valli, e nel rima-
nente della diocesi, e a tenere conferenze
in materia di controversia religiosa, a i-
slruzionede'protestanli. Già era disposto
non senza molla spesa e sufficiente dota-
zione il locale, già si forniva di convenevo-
le biblioteca. Inoltre a prò de'poveri cat-
tolici delle Talli, vi sarebbero fondati due
VAL 23.)
spedali in luogo ove potevano riuscire di
comodo e vantaggio maggiore. Indi nar-
ra,come a'y gennaio 1 844 "ella cattedra-
le di Pinerolo abbiurarono l'errore la
valdesi istruiti nell'ospizio de' catecume-
ni, rientrando nel grembo della Chiesa
cattolica. Altrettanto feceroi2 aìlri val-
desi a*27 del seguente marzo. Tutte l'au-
torità e le persone più ragguardevoli del-
la città assisterono alla ceremonia solen-
ne , che ricolmò di giubilo tulli i cuori
cattolici. Vi accorsero pure in buon nu-
mero dalle propinque valli i valdesi, sia
per curiosità o sia per altra più lodevo-
le disposizione. In ciascuno di que' due
giorni solenni il padre e pastore mg."
Charvaz esprimeva il suo giubilo a'ricu-
perali figli , e die loro i paterni suoi av-
■vertimenti con due Discorsi y pieni di
quella eloquenza, die nasce dall' abbon-
danza degli affetti del cuore, e di quella
maschia forza di ragionamento eh' era
tutta propria a confermarli e avvalorarli
ognor meglio nella comunione de' santi,
nella quale erano stati ricevuti. E quasi
a perpetuare la memoria del fausto av-
venimenlo,pegno di più abbondante frut-
to , di cui i neofiti sono come preziose
primizie, fece egli impiimere i Discorsi
con molte note relative a' protestanti in
generale, e a'valdesi e alle loro dottrine.
L'autore indi ne diede un sugoso estrat-
to, che può leggersi ne'citali Annali, uon
senza religiosa commozione. Nel i° di*
scorso il venerando vescovo di Pinerolo
spiega le giuste cagioni della gioia de'neo-
fili e della sua propria; il 2.° può riguar-
darsi un breve trattato sulla redola della
o
fede, ed è pieno d'opportunissiuia erudi-
zione, poiché quanto vi si afferma a lode
della Chiesa cattolica, e a condanna del
protestantesimo, è pressoché lutto rica-
vato dall'asserzioni de'prolestauli, e rife-
rito colle stesse loro parole. Termina l'au-
tore delle Riflessioni colle seguenti pa-
role. « Ci è dolce il pensare, ed una lieta
speranza accompagna un tal peusiere, che
questi due discorsi, ne'quali ogni parola.
a36 VAL
ogni argomento spira ia carila evangelica
ed una ineliillabile persuasione, ossia che
da' valligiani siano stali uditi dalla bocca
dei pastore, che stende ad essi le braccia
per accoglierli al suo seno, ossia che pe-
netrino nelle valli, e li leggano, faranno
forza agli animi loro, e desteranno una
saiutare inquietitudìne nella loro cosciea*
za. E la grazia divina avvalorerà queste
prime disposizioni, ed abbrevierà il tem-
po della dura schiavitù de'valdesi, acce-
lerando l'epoca felice di loro ritorno al-
la Chiesa di Gesù Cristo, non che il com-
pimento de' voli di ogni vero italiano, di
cedere ia patria tutta quanta senza ec-
cezione raccolta intorno alla cattedra di
s. Pietro, e alla pietra fondamentale del-
l'unico e vero tempio di Dio e nel cen-
tro dell'uuilà". Ma le succes^sive vicende
politiche del regno di Sardegna e ótWiì
capitale Torino, che accennai vn tali arti-
coli, resero i valdesi più audaci, siccome
opertaniente protetti , nun mancando
giornali che ne predicano ie dottrine.
Più volte la Civiltà CaUolica tultociò
deplorò. Nel 1 853, serie a/, t. 3, p. 4^4»
discorrendo delle scissure tra gli etero-
dossi negli stali sardi, fa le seguenti gra-
■vi osservazioni. Favoriti dal principio
della tolleranza politica in fatto di reli^
gione, ch'è apertamente proclamato da*
ministri, gli eterodossi esercitano in Pie-
monte una propaganda attivissima, sic-»
che a trarre il novero de' cristiani acat-
tolici venuti di fuori, o comprali a de^
«aro sonante da' sedicenti apostoli an-
glicani, se ne hanno anche in Torino pa-
recchie migliaia. Or come era da aspet-
tarsi incominciano a venir in gara fra Io-
io le varie selle, e lo scoppio della discor-
dia ebbe per occasione la nomina del mi-^
Distro o predicante, da cui dev' essere
nfiiciato il nuovo tempio protestante in
Torino. Le fazioni precipue sono due :
l'una de'valdesi, che vorrebbe conferito
quell' onore e quell' incarico ^l suo A.
Beri ; l' altra degli evangelici anglicani,
j)russiani ec, che vorrel^iero avere per
VAL
loro ministro quella buona tana dell' a^
postata De Sanctis. Per tali discordie si
ralleulòd'assai ia forza che mettevasi nel
compiere l'edilìcio o tempio valdese, e ia
Gazzetta del popolo cessò di cantarne
le glorie. Ma, a peggio andare, dice la
Civiltà^ la questione s'aggiusterà con un
2.*^ tempio, lasciando all'arbitrio di cia-
scuno di silfalti fcdcdi il raccogliere ie
ispirazioni divine dalla bocca del De San-
ctis o da quella del Beri. E non ci sarà
nel fondo gran divario. Tali dissensioni
non impediscono tuttavia la propaganda
eterodossa, e le sue pratiche sono cos'i in-
calzanti e pericolose, che già parecchi in-
signi prelati, e segnatamente rag/ Char-
vaz arcivescovo di Genova e mg."^ d'An-
gennes arcivescovo di Vercelli, dovettero
con opportune pastorali e omelie far avvi-
sali i cattolici a star bene in guardia per
non esser illusi, sedotti e traditi. Sopra
tutto è mirabile per una scolpita impron-
ta di caldissimo zelo e d' atta sapienza
religiosa la pastorale di mg.'^Charvaz in-
torno al fatale proselitismo protestante
in Italia, e vi sì ravvisa tosto il grave ed
erudito scrittore dell' Origine de Val^
desi, e della Guida del catecumeno
valdese. Nel t. 4, ?• 55o, la Civiltà Cat-
tolica nel riprovare l' edizione di Lon-
dra e altrove : //iV^fiOt^o Testamento tra^
dotto in lingua italiana, dall'empio ere-
tico Giovanni Diodati, termina con que-
sta osservazione curiosa. I valdesi di To-
rino, convinti già altre volle da'giornali
piemontesi di spargere Bibbie falsificale,
credettero far di se una buona difesa al-
legando nel giornale loro, La Buona No-
vella,ch'essi non ispargono solamente le
versioni proibite, ma ancora le appro-
vale : essendo loro molto indifferente che
altri legga la versione di mg." Martini o
quella del Diodati. Ma pur troppo si ve-
rifica anche qui il proverbio Ovidiauo :
Causa patrocinio non bona peior erit.
Giacche da tale ridicola scusa che cosa
sì ricava? Che pe' valdesi è cosa indiffe-
reule che si legga la parola di Dio o quel-
VAL
la delTuomo : die o* vaklesi poco impor-
ta che Dio abbia detto di sì, e nondime-
no gii si faccia dire di no e viceversa ;
che i valdesi tengono in conio di nulla
che gli uomini siano ingannati nella re-
hgione e nella morale : the infine i val-
desi sono appunto come quella donna
che aveva rubato il figliuoletto alla sua
vicina. Salomone che ne fu giudice, sa-
pientemente decretò che si dividesse fra
loro in duepezzi, per cui la vera madre
cominciò a strillar alto, che piuttosto si
desse intero all'altra donna^ la quale o-
stinala mente voleva che il bambino sì
dimezzasse, e cosi il re conobbe di chi
dovesse esser il figlio. Il caso nostro è mol-
to simile. Abbiamo da un lato la Chiesa
cattolica che non ammette altra Bibbia
che l'intera, e tutte le monche e false di-
vieta. Dall'altro abbiamo la setta valde-
se ch'è indiiferenle ad ogni Bibbia an-
corché dimezzala e tronca, e di tal sa-
crilega indilferenza fa pompa e profes-
sione nella Buona Novella^ nobilissimo
organo di sue savie determinazioni. Q ual
è la vera madie? facile è il darne giu-
dizio. La Chiesa ammette la Bibbia in-
tera, ed è falsa la vecchia canzone de' val-
desi, che la Chiesa proibisce la Bibbia.
Inoltre la Civillà Cattolica nel l. 6,
p. 3io, dando ragguaglio del Catechismo
intorno al Protestantesimo, e del Ca-
iechismo intorno alla Chiesa Cattali-
ca, ad uso delpopoloy del doltissinjo p.
Perrone gesuita, rileva che fra'moltissimi
argomenti che gli somministrava un cam-
po così vasto, seppe con isquisito senso
d' opportunità scegliere appunto quelli
che a' nostri tempi e a'nostri bisogni po-
tevano riuscir più adatti. Quindi la Ci-
viltà non dubita d'affermare, essere im-
possìbile che un chicchessiasi li legga sen-
za ricavarne per certo frullo, una gran
compassione pe' poveri protestanti, un
grande odio al protestantesimo, ed un
filiale aifetto alla Chiesa cattolica. Spe-
cialmente vorrebbe che fossero pubbli-
cate a parte quelle pagine nelle quali il
VAL 2i37
rispettabile autore parla de'valdesi. Im-
perocché dice d'esser certo, che i valde-
si medesimi non oseranno fiatare contro
l'evidenza di qne'fatli e di quegli argo-
menti. Degli altri poi, essa ritiene, niu-
no certamente sarà tentalo, dopo quella
lettura, di pur pensare che questa sella
possa essere almeno tollerabile ad un
uomo, non dice di fede ma di senno ! Il
n.** a85 del Giornale di Roma del i 856
notificò. Nella s. congregazione ordina-
ria de' rili de' 24 novembre venne rico-
nosciuto, e quindi a' 4 dicembre appro-
vato il culto tributato da tempo imme-
morabile a'beali martiri Pietro Cambia-
no di Ruffia, ed Antonio Favonio dell'or-
dine de'predicatori. III. "di essi, nato dal-
la nobile famiglia Cambiano signora di
Ruffia, e resosi per virtù e dottrina in-
signe nel lodalo ordine, fu costituito in-
quisitore generale del Piemonte. In a-
deu)pimenlo del quale ufficio recandosi
egli a combattere colla predicazione l'e-
resia de' valdesi nella valle di Pragela-
lo, ed avendo a tale oggetto presa stan-
za nel prossimo convento de'frati minori
di Susa, fuvvi prodiloriamente ucciso da
un sicario speditovi nel giorno della Pu-
rificazione di Maria ss. deli 365. Perla
qual cosa fu venerato come martire del-
la fede, in odio di cui aveva subito la
morie. A questa 1. 'vittima dell'odio de-
gli eretici valdesi, un'altra ne succede 9
anni dopo nella persona del b. Antonio
Pavonio. Uomo anch'esso d'esimie vir-
tù, dolio e zelante predicatore, venne e-
letto inquisitore di tutta la Lon)bardia
superiore e Marca genovese. 11 vescovo
di Torino Giovanni Orsini da Rivalla ,
desiderando valersi dello zelo di tant'uo-
mo contro l'eresia de* valdesi che grandi
guasti menava, lo spedì a Bricherasio,
meno di due leghe da Pinerolo; ma que-
gli eretici ben prevedendo quanto pe'ioro
errori fosse a temere la sua predicazio-
ne, ben presto pensarono a disfarsene.
Per celeste rivelazione conobbe i loro con-
sigli il b. Antonio : lungi però dali'inli^
238 VAL
morirsenp, assai se ne rallegrb, e niiste-
riosonienfe predisse d'essere invitato a
rozze. Wè esse tardarono: clie la dome-
nica in A ll)is del I 3^4 a*c)apiiIe,dopoaver
egli ceU'hralo l'incruento sagrifi/io, falti-
glisi alla vita y degli eretici valdesi con
diverse sorti d'armi barbaramente lo lace-
rarono e trucidarono nella pubblica piaz-
za. Un così patente martirio gli procac-
ciò quel pubblico culto ecclesiastico cb'è
giunto sino a noi, e cbe meritò quindi
l'approvazione della s. congtegazione e
la sanzione pontifìcia ne'gioi ni sopra in-
dicati. Un secolo dopo un altro inquisi-
tore cadde vittima de'medesimi valdesi.
Il b. Bartolomeo, nato dalla famiglia pa-
trizia saviglianese de'Cerveri, signora di
Rossano, era entralo nell'ordine de'pre-
dicalori. E mentre per la sua dottrina
era stato ricevuto nel collegio de'dottori
teologi dell'università di Torino, per la
santità sua si era reso cospicuo nella sua
religiosa famiglia, e per ambedue le doli
assieme riunite era stato anch'egli eletto
inquisitore. Nella qual carica poslo, men-
tre recavasi a predicare contro l'eresia in
Cerverè (o Cervasco a una lega e mezza
da Cuneo) fu per la strada da 5 eretici
"Valdesi crudelmente ucciso, a' 21 aprile
1466. Il culto però di questo beato, che
per ordine cronologico è il 3.°, fu già san-
zionalo dalla s. Sede fin da' 11 settem-
bre i853. Ma allo stesso suddetto i 856
si riferisce l'approvazione del culto di
due altri luminari dell'ordine de'predi-
catori cbe illustrarono la diocesi di To-
rino. lli.°di essi è il b. Sfefai»o Bandel-
lo, morto nel 1 4^0, e protellore di Saluz-
zo per averla salvata nel r 487 da un pros-
simo eccidio de'nemici cbe l'assediavano
strettamente. Il 1° è il b. Aimone Tapa-
relli de'conli d' Azeglio e signori di La-
gnasco, già feudo e tuttora posseduto dal-
la sua illustre famiglia. Lettore di s. teo-
logia nell'università di Torino, econfes-
soredelb. Amedeo IX duca diSavoia, co-
stituito dipoi inquisilor generale de'sub-
alpini, rispleudè per santità di vita e per
VAL
insigne dottrina; ed arriccbilodi singo-
lari celesti favori, l'aureola del martirio
potè ben meritarla, ma non conseguii la J
e per quanto s'ingegnasse nel difendere
e ristorare quella fede che tanlo odio sof-
friva dalla parte valdese, dovette salite
al cielo per le vie d'una virtù eroica, non
di una morte violenta, nel 149^, solleva-
tovi dal coro degli angeli che lo invita-
vano ad esultare co'santi, non dal pugna-
le degli eretici che insidiarono indarno
la 4 " vittima. Il suo culto immemoiabile
fu confermalo dalla s. Sede a'^g febbra-
io i856, avendo a' 16 riconosciuto quel-
lo del b. Stefano. La Civiltà Cattolica,
serie 3.\ l. 3, p. 87, con interessante ar-
ticolo erudito su quanto riguarda i mas-
sacri operati da'valdesi,ed intitolato Un
nuovo beato in Piemonte^ cioè il b. Ai-
mone Taparelli, prende motivo di rivol-
gersi al popolo gentile che a pie dell'Al-
pi serba tuttavia illibata la fede eredita-
ta da'padri suoi, non ostante gli sforzi di
quel parlilo, che in un coll'ordine cerca
di manomettere la sua coscienza; ed an-
nunziargli lietamente, che dall' oracolo
del Valicano un antico suo patrizio, il b.
Aimone, venne proposto a modello del
popolo credente, il quale ah immemora-
bili lo appellava e venerava Beato. Sa-
per pur troppo essere ora in Piemonte
uno stuolo di miscredenti ben diverso
dall' encomialo popolo, cui tanto preme
de'Beati incielo, quanto della Religione
in terra; uno stuolo di schiavi, che si
assidono o si alzano al tocco de' dischi
metallici d'occulti agitatori; uno sluolodi
fuorusciti senza patria e di anime venali
senza coscienza ; un popolo la cui pub'
blica opinione, al dir del conte Cavour,
non vuole conciliazione conRoma e nie*
^f^ ogni principio di libertà alla Chic»
saj un popolo che toglie i beni a'calto-
liei per largire sussidii ad innalzar tem-
pli alla setta valdese. Que* valdesi stessi
che mercè degli anglomani oggi trionfa-
no, tiranneggiarono mercè dell' Inghil-
terra, alUavolla sosleuuli dall' eiopio e
VAL
furbo pi'olellore Croii.well, che fin nelle
nostie valli inseguiva accanito i piofiighi
irlandesi, iti a cercarvi un asilo contro la
colui tirannia. Celebrate le insigni virtù
del b. Aimone, soggiunge la Civiltà, ecco
il nuovo modello di virtù eroica che vie-
ne oggi presentalo sugli altari dalla Mae-
stra di verità a' fedeli tutti, olire i sul»
lodati martiri uccisi da' valdesi in odio
della fede che difendevano, e specialmen-
te a' tribolatissimi cattolici del Piemon-
te. Essi alzando all'immagine del santo
loro concittadino splendente di novella
aureola lo sguardo e il cuore, e veden-
do con qual vnlore affrontasse per la Chie-
sa ogni pericolo, comprenderanno come
sarà anche oggi invincibile il cattolico,
se adoprerà quell'armi stesse di viva fe-
de, d'unità nell'amore, di zelo operoso e
imperterrito a fronte d' ogni umano ri-
guardo, d'ogni perdita, d'ogni cimento.
w Ed opportunissirao per fermo è che 5
doQienicani piemontesi vengano beatifi-
cati nel momento appunto in cui i loro
confratelli ed eredi tanno portando ra-
minghi nel Piemonte l'obbrobrio di Cri-
sto sotto i colpi dell' eterodossia gover-
nante e trionfante ; opportunissimo, che
mentre una plebaglia di fuoruscili priva
la Chiesa d'ogni autorità e vuol sepa-
rarne ad ogni costo lo Stato, si ricordi a'
piemontesi che gl'inquisitori e difensori
della fede venivano dagli avi loro vene-
rati per santi e sollevati jigli altari ap-
pena morti ; opportunissimo, che mentre
si grida contro \\ fanatismo defrati che
scannarono gli eretici^ si presenti a'fi-
sii della storia il fanatisaio degli eretici
che assassinavano i frati; opporlunissi-
mo, che mentre si esalta la moderazio-
ne d'una civiltà che amalgama Valde-
si e Cattolici^ e appende il ciondolo della
croce ad ebrei e mussulmani, si ricordi al
Piemonte qual fu un giorno lo zelo del
popolo per l'unità del callolicismo; op-
portunissimo, che mentre si fa di tulio
per troncare con Pioma ogni comunica-
zione^ da Roma ottenga il popolo mede-
VAL 239
simo raulenticità di quel culto che giù
preslava a* santi suoi concittadini". F^u
tratto della Provvidenza regolatrice del-
la Chiesa che le venerande ossa de'suoi
Apostoli, rinvigorite in qualche modo
da' decreti del Vaticano, dalla pietà de'
fedeli e dalle loro anime beale che scen-
deranno dall'empireo a visitarle, rechi-
no al cattolico subalpino quel conforto
di che tanto abbisogna nelle trepide vi-
cende che per lui si volgono. Gli ricor-
dino qual fu contro di loro la ferocia di
que' valdesi che cercano oggidì blandire
le passioni del popolo odi comprarne le
coscienze; gli raccontino con quale accor-
tezza essi ne scernessero le fraudi , eoa
qual dottrina ne sciogliessero i sofismi,
con qual fortezza ne affrontassero i pu-
gnali, con quale unità ne respingessero
gli assalti. Óltre altre gravissime e veri-
diche osservazioni, la Civiltà Cattolica^
massime sul favore che si prodiga sopra
un branco di miscredenti, che 5 milioni
di cattolici dovrebbero regnar sopra di
loro, i quali irrompono nuovamente sul-
le nostre pianure con l'errore di Valdo,
dall'anguste valli ove lo confinarono i
padri nostri ; esclama che se i rappre-
sentanti servissero in verità al Dio de'pa-
dri loro, V Italia serbar potrebbe tran-
quilla quell'urilà che sola le resta, l'u-
nità cattolica ; ed opportunamente scris-
se l'Azeglio, illustre rampollo della fa-
miglia del b. Aimone, Ultimi casi di
Romagna, p. Sy: Slimerei l'ultiina del-
le sventure per l'Italia, se si turbasse la
sua unità religiosa, la sola che ci sia ri-
masta 1 Finalmente la Civiltà Cattolica^
l. 7, p. 98, fra gli annunzi bibliografici
vi comprese." Charvaz Andrea, Giada
del Catecumeno Valdese^ ossia difesa
del Cattolicismo contro gli errori de'
protestanti, di mg.'' A. C. arcivescovo
di Genova. Traduzione dal francese
con aggiunte dell'autore, Torino 1 857.
Quest'opera fu stampata nel 1840, e la
presente edizione italiana supera la fran-'
cese per le giunte fattevi dai suo dotto
24o VAL
autore. Essa è diretta propriamente a'
valdesi die poco hanno di comune al
presente cogli altri protestanti : ha la for-
ma del dialogo, che è tonto acconcia nel-
le controversie religiose. Dividesi in 6 li-
bri : il 1.° indaga le disposizioni che deb-
bonsi recare nella ricerca della vera reli-
gione, ed espone l'origine della setta val-
dese; il 2." dimostra la necessilìi per sal-
varsi di appartenere alla vera Chiesa isti-
tuita da Gesù Cristo; il 3.° stabilisce le
note o i caratteri di questa vera Chiesa ;
il 4'° espone la regola della fede; il 5.** fi-
nalmente parla del Papa. Sotto ciascuno
di questi titoli vengono discusse molte di
quelle questioni religiose che sogliono al
presente essere cosi falsale da' libertini,
come per esempio l'indifferenza religio-
sa, l'intolleranza, il progresso, la Bibbia,
la lingua Ialina nella liturgia, l'insegna-
mento della Chiesa, ec. Quindi l'utilità
del libro non è ristretta a' soli valdesi, ed
è tanto maggiore per ogni sorla di let-
tori, quanto maggiore è la dottrina, l'e-
loquenza e la chiarezza di mg.*^ Charvaz
che lo scrisse". Già l' illustre 1' 8 aprile
1854 avea pubblicato i pastorali : j4v-
vcrlimenli a cattolici intorno alle mene
de^ protestanti. Li riprodussero gli An-
nalidelle scienze religiose^i.^ serie, 1. 1 2,
p. 342, ed a p. 379 si leggono le Note
agli Avvertimenti a' cattolici é Tanto gli
Avvertimenti^ quanto le Note^ conten-
gono molle nozioni riguardanti i val-
desi.
VALDO (s.), vescovo di Evreux. Do-
po lungo tempo che la chiesa d' Evreux
era priva del suo pastore, a cagione delle
scorrerie de'barbari, ne fu eletto vescovo
s. Valdo. Non sembra ch'egli fosse nato
nel territorio d'Evreux: il nome di Wal-
dus^ che non è ne romano, ne gallo, fa-
rebbe piuttosto credere che fosse nato
nella bassa Bretagna, o almeno che di-
scendesse da genitori bretoni. Poiché s.
Valdo fu investito del pastorale ministe-
ro, si dedicò a predicare quotidianamen-
te la fede nelle città e nelle borgate^ e
VAL
riuscì a svellere da quelle contrade le su-
perstizioni del paganesimo. Dopo 4o ^^'
ni del più faticoso apostolato, sentendosi
omai affievolito, disegnò a suo successo-
re il prete Maurusione, e deposto il ve-
scovato, ritirossi, giusta un'antichissima
tradizione di quel paese, nella solitudine
di Scicy, nella diocesi di Coutances, sulla
spiaggia del mare. Ivi passò gli ultimi an-
ni di sua vita negli esercizi della più su-
blime contemplazione, e moiì nel 491»
Fu sepolto neir oratorio di s. Paterno^
col quale avea faticato alla conversione
degl'idolatri di quel paese. Questo ora*
torio divenne poi la chiesa parrocchiale
di San-Pairr-sur-Mer, e vi si conservano
le reliquie di s. Valdo, che furono sco-
perte nel I I 3 I, alcune parli delle quali
furono in seguilo donate ad altre chic*
se. Egli è onorato a'3i gennaio a Cou*
tances e ad Evreux.
VALENTE Cardinale.Yxon nel pon-
tificato di s. Gelasio I, e vivea nel 494
prete cardinale di s. Sabina nel Monte
Aventino.
VALENTE. Vescovo ariano di Mur-
sa capitale della Pannonia inferiore, già
colonia romana fondala sotto Adriano,
sede vescovile nel 335 nella provincia ec-
clesiastica di Colocza, restò soppressa ver-
so la fine del V secolo : si crede che ne
occupi il silo Esseck o Eszek, capoluogo
della Schiavonia civile. Valente, ed tJr-
sacio vescovo di Singedon, altro vescovato
di detta provincia, eretici ariani fanati-
ci e de'più famosi di tale empia sella, si
dichiararono apertamente contro il pro-
pugnacolo del catlolicismo, il gran s. A-
tanasio patriarca d'Alessandria d'Egittoj
e furono cosi audaci sino a farlo condan-
nare nel 335 dal conciliabolo di 7"/ro(K.),
benché innocenlissimo, co' presidenti di
tal conventicola i perfidi due Eusebi di
Nicoraedia e di Cesarea, restando da lo-
ro ingannato iMmperatore Coslaulino 1,
che li riteneva amatori della pace e ze-
lanti del catlolicismo. Ricorse s. Atana-
sio all'imperatore, il quale ad onla che fos*
VAL
se mal prevenuto, scrisse a'vescovt adu-
untisi iu Tiro di portarsi a Costantino*
poli. Vi andarono i dueEusebì, proletti
da Costanzo Cesare, Teognide di Nicea,
Patrofìlo di Scitopoli, Valente e Ursacio
vescovi della Pannonia e Mesia nell'Illi-
rico occidentale: gli altri non osarono pre-
sentarsi avanti al principejrimordeudo lo-
ro la coscienza. Per nuove calunnie, l'im-
peratore rilegò s. Atanasio a Treveri, che
i suoi perversi nemici volevano morto.
Per questa condanna tutta la Chiesa cat-
tolica restò scossa, e la pietà di Costan-
tino I fu molto ecclissata , sebbene non
volle cedere agli ariani che lo sollecita-
vano a mandar in Alessandria altro pa-
store. Dipoi ad istanza di s. Atanasio nel
347 fu celebrato nella Dacia il concilio
di Sardica (/^.), nel quale tra'principa-
li suoi nemici intervennero Valente e
Ursacio, e vi restarono deposti e scomu-
nicati , dopo esserne fuggiti con altri a-
riani. Allora essi, come facili a volger-
si secondo il vento che traeva, porse-
ro libelli supplichevoli al concilio, do-
mandando misericordia e perdono del
grave fallo commesso contro s. Atana-
sio. E siccome vagavano fuori delle loro
sedi co'compagni dell'empietà, il concilio
per riparare a simili inconvenienti, ordi-
nò che i vescovi non potessero allonta-
narsi dalla loro chiesa senza urgente ne-
cessità. Mentre essi si sforzavano di spar-
gere gli errori dell' arianesimo in occi-
dente, vedendo che l'imperatore Costan-
te 1 proleggeva s. Atanasio, e consideran-
do ormai il partilo degli ariani come ro-
vinato, nel 349 si recarono al concilio
di Milano. Ivi per politica fintamente
abbiurarono l'arianesimo, ma il concilio
secondo il consueto gl'indirizzo alla s. Se-
de, a cui ne riservò il giudizio, e se me-
ritassero d'essere ammessi alla comunio-
ne. Valente e Ursacio, scritto a s. Atana-
sio in maniera onorevolissima qual zelan-
te difensore della fede, e passali a Roma
nel 35o, presentarono a Papa s. Giulio I
una ritrattazione, detestando l'eresia a-
VOl. LXXXVII.
VAL 241
riatta, confessando esser falso quanto a-
vevano detto e fatto contro il santo, ma
non tardarono a fare ritorno a' loro er-
rori. Valente ingannò l'imperatore Co-
stanzo, fautore degli eretici ariani, inva-
so dalla mania teologica, che non fu ra-
ra negl'imperatori bizantini, amando di
tener sempre in moto i vescovi per la
celebrazione di nuovi concilii,e molto si
alfaccendò per aggiustare a suo modo le
controversie già decise nel 325 nel con-
cilio di Nicea. Per guadagnarsene il fa-
vore, finse che l'Angelo gli avesse rivela-
ta la vittoria riportala dalle sue armi
contro il ribelle Magnentio; ed il credu-
lo principe confessò d' averla ottenuta
pe* meriti di Valente. Questi se ne gio-
vò con mettere di più in credito gli aria-
ni presso l'imperatore, il quale l'incaricò
de'suoi ordini per perseguitare i cattolici;
commissione che fu troppo bene da es-
si adempita. Nel 355 Valente commise
insolenze nel conciliabolo di Milano , e
con Ursacio fu cagione dell'eccesso com-
messo contro i legati della s. Stàe. Co-
stanzo che avea chiamato in Milano Pa-
pa s. Liberio (P^-), ripugnando questi al-
la condanna di s. Atanasio, fu segno al-
le di lui violenze e venne rilegato nella
Tracia. Inutilmente Oslo di Cordova e-
sorlò Costanzo a non dare orecchio a Va-
lente e ad Ursacio perfidi calunniatori,
venendo riconosciuto Valente pel peggio-
re di tutti gli eretici ariani. Si trovarono
ambedue ne'successivi concilii di Sirmio,
di Rimini e di Nicea (/^.), e figurarono
dappertutto come due furbi per le loro
maliziose espressioni. Fu intendimento
di Valente e Ursacio, e de'loro compa-
gni, di dividere i vescovi tra' concilii di
Rimini e di Seleucia (^.), e vi fecero
un'empia petizione intorno alla fede, op-
ponendosi perchè non fosse condannata
r ariana eresia. Essi furono i principali
autori della sorpresa fiuta a' vescovi cat-
tolici a Rimini, sostituita nel 359 ^ ^'"
cea per gli occidentali, gli orientali adu-
nandosi in Seleucia d' ordine di Costan-
16
a42 VAL
zo, questi facendola da Papa ne'medesi-
mi. li concilio ticinese nel principio fa
ortodosso e callolico; ma indi Valente e
Ursacio, secondali da A nssenzio vescovo
ariano di Milano e da 3 alili, allorché
cominciavasi a trallat- della fede, si fece-
ro in mezzo a'padri, richiedendo; Che si
abrogassero tutte le formoledi fede scrit-
te fino a quel punto; quella sola fosse au-
torevole, ciie si era scritta a Sirmio, la
quale, secondo le scritture, insegnava al
clivin Paiire il Figlio esser simile j non
doversi fare affatto menzione alcuna di
sostanza^ parlandosi di Dio : la formola
indicata essere slata appiovata dall' im-
peratore, e necessariamente doversi ac-
cettare dal concilio; meglio essere, con
semplicità favellando, rellamenledi Dio
sentire, che introdurre novità somiglian-
ti all'arguzie de'dialeltici. Questa formo-
la di Sirmio non conteneva espressa ere-
sia; era peraltro iusunìcieute ed equivo-
ca. Si voleva questa sostituire al Siniho'
lo Niceno, ed escludere la voce consu-
slnuzialc, che dichiarava una medesima
ia sostanza del divin Padre e del suo Fi-
glio Unigenito, e perciò esser questo t^e-
ro Dio : le voci simile al Padre e DiOy
erano diversamente inlese da' cattolici e
dagli eretici, i quali non ammettevano la
consustarizialilà, né potevano perciò quel-
le voci stabilire se non un'apparente con-
cordia di parole, lasciando la discordia
nella fede e la libertà all'eresia. 1 vesco-
vi cattolici non sì acquietarono alle paro-
le di Valente e di Ursacio. Proposero che
si anatematizzasse colTaltre l'eresia aria-
na. JNon acconsentendo questi due e i lo-
ro associati, fu manifesta la perversa lo-
ro mente d' annullare ta fede Nicena e
propagare l'errore. Onde fu risposto ad
essi: Noi non siamo qui venul; per biso-
gno di fede, che sana in noi la serbiamo,
ma per confondere coloro,! quali alla veri-
tà ripugnano e macchinano novità. Se voi
queste cose avete scritte, quasi ora a cre-
dere cominciaste, vi dichiarale neppur
chierici, come quelli che ora primumen-
VAL
te apprendete i priucipii della fede. Se
poi coH'animo stesso con cui noi venim-
mo, voi qui vi recaste, accordiamoci tut-
ti ed anatematizziamo l'eresie. Probabil-
mente dopo questo colloquio avvenne che
gli eretici ed i cattolici si radunarono
separatamente. Presto i padri riceverono
nuova lettera dell' imperatore , che vie-
tando loro d'occuparsi nelle cause de* ve-
scovi orientali, ripetè 1' ordine di man-
dargli IO legali, i quali potrebbero confe-
rire cogli orientali. Ed avendo con pro-
messa di consolato , mandato a Rimini
Tauro prefetto del pretorio d'Italia, gl'm-
giunse di non lasciar partire i vescovi, se
prima non si accordavano io una formo-
la di fede. I vescovi cattolici s'avvidero
che ciò non era possibile, senza esser te-
nuti per vili e prevaricatori, onde unani-
mi definirono: Doversi tenere e professa-
re intera la formola Nicena; nulla a que-
sta esser da togliere o d' aggiungere; e
quella ad essi bastare. Condannarono e
segregarono dalla Chiesa cattolica Ursa-
cio, Valente e gli allri oppositori, e eoa
particolari anatematismi confermarono
le condanne contro l'eiesiarca Ario e le
sue bestemmie, e contro le altre eresie.
Finalmente scrissero ia lettera sinodica,
rispettosa e prudente, ma ferma e petfet-
lamenle cattolica; accennando l' operalo
da loro, lo supplicarono a lasciar intatte
le cose stabilite a Nicea, ed a permette-
re il ritorno alle loro sedi. Il concilio
sembrava terminato, ma fatalmente noi
fu e terminò male. I io vescovi legali
portatori della lettera, giovani d'età e po-
co accoi ti, prevenuti da Valenle e da Ur-
sacio ch'eransi alfretlati di giungere dal-
riinperatore, per l'indignazione di que-
sto , miseramente con (rande lasciaronsi
persuadere che non dovevasi per amore
d'un vocabolo perpetuar la discordia; ri-
conobbero come sinceri cattolici quelli cui
in Riininì avevano condannali, condan-
narono quant'erasi ivi fallo, e sottoscris-
sero l'insufficiente ed equivoca formola
di Sirmio. Cosi oltrepassarono e Irasgre-
VAL
direno il mandato del concilio: Costan-
zo fu soddisfatto, e gli ariani esultarono.
Tornando i legati a Riniini, venne di nuo-
vo ingiunto a Tauro di non lasciar par-
tire i vescovi, se prima tutti non sotto-
scrivessero alla sua formola di fede, con
pena d'esilio a' renitenti se in numero non
più dii5. 1 vescovi cattolici, malconten-
ti de'legati, negarono loro la comunione;
ma a poco a poco, meno forse per le mi-
nacce e preghiere di Tauro, che per V a-
stuzia di Valente e de' suoi, i più si an-
darono piegando, e sottoscrissero con es-
si una formola , che reputarono cattoli-
ca. Non seppero sospettar frode, e quel-
r ultimo passo fu scandalo pe' deboli,
trionfo pegli eretici; la Chiesa ne pianse
e con s. Liberio riprovò, restando a que-
st'ultima parte del sinodo riminese l'ap-
pellativo di conciliabolo. Zelanti vescovi
cedettero allorché dulia lingua versatile
di Valente ricevettero dichiarazioni tali,
che didlcile era non restassero ingannati.
Alcuni tultavolta ricusarono sottoscrive-
re, in uno a Vincenzo di Capua legato a-
postolico , rifugiandosi in quel luogo di
cui riparlai nel voi. LXXXVI,p. i53. Pa-
pa s. Liberio^che dall'esilio era tornato in
Roma, avendo fulminato colla scomuni-
ca la nuova formola, fu cacciato da Va-
lente dalla città, per aver quest'ariano ri-
cevuto da Costanzo podestà di cacciar
dalle proprie sedi chiunque avesse ricu-
salo sottoscrivere il sinodo' riminese. Il
Papa fu costretto nascondersi ne'subur-
bani cimiteri, chia mali dall'annalista Ri-
naldi, di Novello e di Ostiiano,ove s. Da-
niaso I che avea lascialo in Roma suo vi-
cario, e poi fu suo successore, e gii altri
del clero romano andavano a trovarlo,
evi restò fino alla morte di Costanzo, av-
venuta nel 36 1, dopo la quale i vescovi
sbandeggiati fecero ritorno alle loro se-
di, venendo restituita la pace alla Chie-
sa. Però il Novaes, nella Storia di s. Li-
herìOf scrive ch'egli dimorò in detti luo-
ghi sino alla preziosa sua morte, a* 9 set-
tembre 367, essendo stato sepolto nel ci-
VAL 243
tniterio di Priscilla nella via Salaria. Nel
precedente anno Valente ed Ursacio, fec-
cia degli ariani, co' colleghi nella perfi-
dia, fecero in Singedon, sede d'Ursacio e
chiamata pure Samandria, una conventi-
cola o conciliabolo contro i cattolici ed i
Scnii-Jrianiy onde scrissero una lettera
a Germinio vescovo di quella setta per
trarlo alla loro parte; ma invano andaro-
no l'industrie loro, per la risposta di Ger-
niìnio.Nel 36g Papa s. Damaso 1 nel con-
cilio di Roma[F.) nuovamente condan-
nò Valente, Ursacio, Aussenzio di Mila-
no, ed i loro aderenti ariani, con senten-
za di scomunica, confermando la fede di
Nicea e dichiarando nullo l'operato in
Rimini. Il Rinaldi, che mollo scrisse de*
due infestissimi eretici Valente e Ursacio,
non parla più di loro dopo tal nuovo
anatema.
VALENTI Erminio, CardinaleJùòYvQ'
vi nell'Umbria, facendo buon uso dell'in-
gegno ricevuto dalla natura, si formò con
esso una solida base alla sua fortuna. Qua-
si da fanciullo npplicossi allo studio della
giurisprudenza, nella quale fece progres-
si così rapidi, che riportatane la laurea,
con singoiar applauso degli uomini dotti
e scenziati, fece di lui concepire liete spe-
ranze. Datosi quindi in Roma alla pro-
fessione d'avvocalo, fu animesso nella cor-
te del cardinal Aldobrandini, che dive-
nulo Clemente Vili, 1' assegnò con feli-
ce riuscita per segretario al suo nipote
cardinal Pietro Aldobrandini, che l'ebbe
in luogo di compagno e se ne servi per
iscrivere le lettere a'prlncipi, in che volle
da lui solo essere aiutalo, onde perciò
lo lodai come più per pratica che per i-
studio in tale materia, nel voi. LXIII, p.
248 ("la al secolo XVII fu omn»essoil nu-
mero 1, dicendosi XVI). Dotato Erminio
di meravigliosa affabilità, unicioso all'ec-
cesso , unicamente contristavasi quando
il suo impegno non riusciva efìicace col
cardinale suo signore. D'altronde il suo
ministero l'esercitava con mirabile assi-
duità e integerrima fede, per cui guada-
244 VAL
guatasi giustamente la grazia del cardi*
naie e del zio Papa, questi prima lo fece
canonico di s. Pietro, e poi a' 9 giugno
i6o4 Io creò cardinale prete di s. Ma-
ria in Trastevere , e siccome erasi pro-
cacciata l'universale benevolenza, la sua
promozione fu intesa con gran gioia da
tutta Roma. Ma il Papa morendo poco
dopo, il cardinale restò affatto senza prov-
vista, Io che mosse Paolo V nel i6o5 a
conferirgli una pingue abbazia e il ve-
scovato di Faenza, dove introdusse i car-
melitani scalzi, avendo loro accordata la
chiesa di s. Tommaso. Con singoiar pietà
e zelo governò la diocesi peri 3 anni, nel
corso de'quali non mancò di celebrare il
sinodo e darlo alla pubblica luce per van-
taggio del suo clero. Synodus Favcntina
anno 1 6 1 5, Faventiae. Acerrimo difenso-
re della giurisdizione ecclesiastica, non
perdonò ne a fèìtiche, né a spese per difen-
derla e mantenerla illesa; e nel tempo
stesso non lasciò d'essere liberale e pro-
fuso co' poveri, non meno che colle chie-
se, delle quali una ne fondò in onore di
s. Paolo apostolo, oltre la cappella ch'e-
resse nella cattedrale alla memoria di s.
Carlo Borromeo canonizzalo a suo tem-
po. Ad imitazione del proprio pastore,
il magistrato pubblico di Faenza fececo-
struire incontro a detta cappella altra no-
bilissima dedicata alla B. Vergine. Oltre a
ciò il cardinale fece edificare un mona-
stero per le religiose convertile, e accor-
dò di buon grado la penitenzieria della
cattedrale a' gesuiti. Dopo aver col suo
fufifragio favorite l'elezioni di Leone XI
e di Paolo V, condottosi in Trevi sua pa-
tria per ricuperare col beneficio dell'a-
ria nativa la salute alquanto alfranta, vi
perde la vita nel 1618, di 54 anni non
compiti, ed ebbe sepoltura nella chie-
sa di s. Maria delle Lagrime, col solo no-
me inciso sulla lapide sepolcrale, a cui in
appresso fu eretto nobile e sontuoso avel-
lo, ornalo del busto del cardinale e d'una
prolissa iscrizione. Questa si legge a p. 1 3
del libro: Le antichità Valentine^osQ
VAL
si riportano gli scrittori che celebraro-
no il cardinale. Fu questo porporato
nomo d' insigne prudenza, e perito nel
maneggio de' grandi affari, e potè dar-
si il vanto d' essere stato il principale
autore della concordia seguita tra la s.
Sede e la casa d'Este, dopo che questa per-
de il ducalo di Ferrara, e di aver anco-
ra composte le vertenze ch'erano in di-
battimento tra quelle di Francia e Sa-
voia.
VALENTI LoDOvico,Ctìfr^/W/c. No-
bile dell'Umbria, nacque in Trevi a* 27
aprileiGgS da rispettabile famiglia, la
quale fu sollecita in curare la sua dili-
gente educazione e istruzione, poiché si-
no dalla tenera età die riprove di saviez-
za, di talento e di amore allo studio.
Questo imparò regolarmente, massime
nelle materie ecclesiastiche e legali, co-
mechè sentivasi assai inclinato alla voca-
zione chiericale, ed a servire la s. Sede.
Neil 721 divenne coadiutore del suo zio
Ferdinando avvocato concistoriale, indi
Benedetto XIII glielo sostituì nella cari-
ca di avvocato fiscale della camera apo-
stolica. Clemente XII io ascrisse tra'pre-
lati domestici, e surrogò a mg.' Caval-
chini nel rilevante impiego di promoto-
re della fede, non che fece consultore de'
riti e del s. offizio, votante della segna-
tura di grazia e protonotario apostolico
soprannumerario, come si ha dalle Noti-
zie di Roma. Nel 1787 dal collegio de*
suoi avvocati concistoriali a'22 novem-
bre fu eletto rettore dell' Università Ro-
mana {^.), ed ottenne che si trasaudasse
in essa l'anlichissi ma festa di s.Luca,e che
si trasferisse l'orazione pel riaprimento
dell'anno scolastico a'25 novembre, festa
di s. Caterina. Nel 1740 fu elevato al pon-
tificato Benedetto XIV già suo collega
e predecessore nel promolorato e nel
rettorato, ed egli die pubblici e ripetuti
segni di letizia, anche per incontrarne il
genio, siccome conoscitore del mondo e
della corte, e non alieno dagli onori e
dall'incremento di fortune, come osser-
VAL
va Renazzi, Storia dell' Unwersìtà di
Romani, ^j p. 68. A tal fine subito ideò
di combinare un piano di riforma e di
ampiianjento dell'università, che capiva
sarebbesi dal Papa assai gustato e che in-
sinuato avrebbelo nella di lui pontificia
grazia. Per ivìggiungeie il suo scopo chia-
mò in suo aiuto i professori della stessa
università di maggior credito e rinoman-
za ; ma sebbeoedestroe sottile, non pose
niente che gli altri avvocati concistoriali
aveano al par di lui e fors* anche mag-
gior desiderio cPi figurare nelle cose uni-
versitarie, e insieme di conciliarsi la be-
nevolenza del Papa. Scopertosi da' col-
leghi avvocati quanto da lui si combina-
va,dissimuIarono, e arrivato il mesed'a-
gosto 174'» convocatosi il collegio de'me-
desimi avvocali per la conferma o nuova
elezione del rettore, a pieni voti scelsero
l'avv. ''Tommaso Antamori, escludendo-
ne il Valenti con colpo inaspettato. Sva-
nì per allora l'ideato progetto di riforma,
e dipoi riassunto da altri avvocati, ebbe
((uel felice esito in parle,che accenno nella
biografia àaì cavàìnaìSììvio FalentiGori'
zaga. Il prelato non per questo si smar*
il, e collo splendore de'propri meriti con»
tinuò io Roma a far buona figura, e da
Benedetto Xi V fu vieppiù promosso, co-
me leggo nelle Notizie di Roma, In fatti
successivamente lo fece prelato della rev.
fabbrica di s. Pietro, esaminatore de've*
scovi in sagri canoni, gli die in coadiu-
tore quale avvocato concistoriale Gio.
Battista dal Corno di Ravenna , e nel
1755 l'esaltò all'importante carica d'as-
sessore del s. ofiìzio e canonico Vaticano.
Clemente XIII nel concistoro de'9.4 set-
tembre 1759 lo creò carduiale dell'ordi-
ne de* preti e vescovo di Rimini. A*i4
ottobre gli conferì l'episcopale consagra-
zione nella chiesa principale di Castel
Gandolfo, in uno al cardinal Erba Ode-
scalchi suo vicario, e li tenne seco a men-
sa con solenne y[:)r^/2Zo imbandito nel pa-
lazzo apostolico del luogo. Poscia diede
al cardiuale per titolo la chiesa di s. Su-
VAL ^4^
sanna, donde poi lo trasferì a quello di
s. Croce in Gerusalemme; lo annoverò
alle congregazioni del concilio, dell'esa-
me de'vescovi, de'rili, de' vescovi e rego-
lari, dell'indulgenze e reliquie; e lodi-
chiaro protettore di Narni e del capitolo
di quella cattedrale, di sua patria Trevi
e della chiesa de' ss. Benedetto e Scola-
stica di Norcia io Roma. Neil* articolo
RiMiNi, narrai le grandi benemerenze
che si acquistò il cardinale con quella
città e diocesi, siccome generoso pastore.
Il n.** 7224 del Diario di Roma del 1 763
racconta , che il cardinale dopo lunga
raalattia,essendo stato assalito da gagliar-
da febbre, spedì il suo maestro di came-
ra a Castel Gandolfo a chiedere a Cle-
mente XIII l'apostolica benedizione per
trovarsi in pericolo di vita. Aumentatosi il
roale,morì inRoma d'anni 69 non finili,a'
1 8 ottobre, festa di s. Luca, rimarco che fci
il Renazzi, pel detto di sopra, in casa del
suo cognato Nicolò M.'deVecchi romano,
decano degli avvocati concistoriali , po-
sta in via della Catena di Borghese. Ivi
fu decorosamente esposto, giusta il co-
stume, vestito degli abiti cardinalizi, ove
per le messe di suffragio, oltre la cap-
pella domestica, furono innalzati due al-
tari dichiarati dal Papa privilegiati, ad
istanza di mg.' Filippo Valenti da Trevi
prelato votante della segnatura di giu-
stizia e canonico Liberiano , probabil-
mente suo parente, in occasione ch'erasi
portato a Castel Gandolfo a notificarne
la morte. Colla solita pompa e per di-
sposizione del defunto, i funerali furono
celebrati nella chiesa di s. Andrea delle
Fratte, per esservi sepolti alcuni de'suoi
illustri antenati. Pontificò la messa il car-
dinal Gentili camerlengo del sagro col-
legio, terminata la quale e le assoluzioui,
in esecuzione del disposto nel testamento,
il cadavere rinchiuso nelle 3 casse nella
sera fu trasportato nel titolo di s. Cro-
ce in Gerusalemme e ivi tumulato, re-
stando il suo cuore nella detta chiesa e-
spouente, sotto una lapide che sovrasta
i46 VAL
il suo slemma genlilitio formalo di mar-
mi colorati e col cappello cartlinnlizio ,
nella nave principale o mezzo della ba-
silica e poco lungi dall'ingresso maggio-
re della medesima, come trovai nel re*
carvimi apposilan)ente.
VALEiMI GONZAGA Silvio, Car-
(lìnalc. De*mnrchesi del suo nome, nac-
que in Mantova d'antica e illustre fami-
glia, e prevenne l'età col progresso negli
studi che fece nel collegio floridissimo de*
gesuiti di Parma, ne'quali fu aiutato da
una memoria così felice, che avea quasi
del prodigioso.Sapeva a mente una quan-
tità innumerabile de'piìi belli prodotti
dell'italiana poesia, e i tratti più gravi ed
eloquenti de'ss. Padri greci che avea pro-
fondamente studiati. Se nel dettare le let-
tere veniva a caso interrotto, dopo lun-
go intervallo la memoria pronta gli sur-
gerivB il luogo, il sentimento e le parole
the avea lasciate, e quanto dovea dire in
appresso. Una dama di Mantova fornita
di buon senso e di finissimo discernimen-
to, la cui grata conversazione usato egli
era di frequentare , sorpresa dall' alta
meraviglia che le recava il di lui vivissi-
mo ingegno, gli suggerì di recarsi in Ro-
ma, dove tutte le carriere sono aperte al
talento, presagendogli le piti luminose
fortune. E"li si arrese al di lei savio e ze-
lnn!e consiglio, ed ebbe la sorte di vede-
re in se avverato il suo felice presagio.
Nella fieschissima sua gioventù partì da
Mantova per Roma, dove compi con lo-
de i suoi studi, e si die con indicibile cu-
ra ad apprendere le lingue latina, greca e
francese,e divenne sì franco nell'usodelle
medesime, che dettava lettere in ciascu-
na. Sotto la direzione del dolio mg.'^Gal-
liani si erudì nella storia ecclesiastica e
nelle più gravi discipline. Cominciò sin
d' allora a raccogliere libri, che poi in
piogres«;o d'eia, di mezzi e di onori, creb-
be a tal segno di opere scelte e di rare e-
dizioni, che in Roma divenne una delle
più complete e pregievoli private biblio-
teche del suo tempo. La fama intanto
VAL
delle molle cognizioni e de'suoi vasti la-
lenli, mosse l' animo di Clemente XI a
speriuìentarne l'abilità in una gravissima
circostanza. Ad oggetto di procurare la
restituzione alla s . Sede della città di Co-
macchio occupata dagl'imperiali, fu in-
vialo a Vienna Alessandro Albani ni-
pote del Papa. D opo lo spazio di vari
mesi il Valenti, già dichiarato camerie-
re segreto, dovette recarsi colà per por-
tare la berretta al cardinal Althann: in
quell'occasione ebbe particolari istruzio-
ni relaii ve all' affare imporlanle che si
maneggiava, ond'egli col favore de'suoi
amici e colla sua fina destrezza seppe in
breve tempo appagare le premure del
Papa, il quale contento del felice succes-
so di sì delicata negoziazione, chiamollo
a Roma colla mira di spedirlo a Torino
per sedare alcune turbolenze, che presso
quella corte vertevano; uìa la morte del
Papa fece svanire questa 2.' commissio-
ne. L'oggetto più grave che l'occupò poi,
fu il procurare a suo fivore la rinunzia
dell'archimandritato di Sicilia , che da
vari anni avea determinato di fare A-
scanio Gonzaga di lui parente: tutta volta
questo all'are, sebbene si fosse recato in
quell'isola, non sortì il bramato elfetlo,
se non con estrema difficoltà nel princi-
pio del pontificato di Benedetto XIII ,
che nel 1 724 lo ascrisse tra il numero de'
prelati, indi fu fallo consultore del s. of-
fizio, come leggo nella dedica che gli fe-
ce il cav. Pecci della Storia del vesco-
vato di Siena, con grandi encomi. Cle-
mente Xll lo spedì nunzio a Brusselles,
dove la sua prudente e savia coiido tta gli
fece ottenere alcune cose in fìivore della
s. Sede, che sino a quel tempo aveano a*
vuto dell'impossibile. Si ricusavano nelle
Fiandre i brevi facoltativi del Papa, e
questo era l'affare più importante che
allora colasi agitasse. A questo diresse le
sue prime cure e i suoi maneggi, i quali
per l'alta stima e il favore che si conciliò
presso Caterina arciduchessa d'Austria e
governatrice di quegli stati, ebbero prò-
VAL
spero e felice successo; Imperocché gli
riuscì, che i brevi pontificii si accettasse-
ro nella stessa maniera in cui erano slati
soliti a riceversi quando le Fianulie era-
no soggette alla monarchia di Spagna.
Ottenne ancora di più, e con gran me-
raviglia, che persino nelle terre de'pro-
testanti dell'Olanda e in Amsterdam si
promulgasse la bolla del giubileo ordi-
nario di Clemente XII , per implorare
dall'Altissimo la pace universale d'Eu-
ropa, e rendergli poi i ringraziamenti
quando si fosse ottenuta e conclusa dalle
potenze belligeranti. Dopo aver con sa-
viezza^ abilità e somma lode per lo spa-
zio di circa 3 anni esercitata la nunzia-
tura di Brusselles, fu avanzato a quella
di Spagna, vacata per morte del nunzio
Alemanni. Se non chea motivo d'alcu-
ne dillereiize insorte tra il Papa e Filip-
po V, non potè giungere ad averne su-
bilo l'esercizio, per cui fu obbligato a
trattenersi a'confìni di quel regno in Bajo-
na, ove Irovavasi Anna M." di Neoburgo,
vedova di Carlo 11 re di Spagna, alla
quale riuscì destramente il nunzio di
persuadere a deporre qualunque sinistro
sospetto concepito de'ministri del nuovo
re Filippo V, di trattarli con maggior fi-
ducia e tornare in Madrid. Il che ese-
guito dalla regina, che inoltre fece il suo
testamento a favore di Filippo V, venne
il nunzio ani messo all' esercizio del suo
ministero, durante il quale godè la s. Se-
de in quel regno una perfetta pace, con
sua gran reputazione. In premio di ave-
re sostenute le suddette nunziature apo-
sloliclie con tanto plauso e decoio, e di
aver accomodale le controversie con re-
ci[iroca soddisfazione delle parti, passa-
to appena un triennio nella nunziatura
di JNladrid, Clemente XII a' 19 dicem-
bre 17 38 lo creò cardinale prete di s. Pri-
sca,reslando peralcun tempo pro-nunzio,
iinchè il Papa lo nominò legato apostoli-
co di Bologna; ma la sua partenza riuscì
dispiaceutissima a tutta la corte. La re-
gina Elisabetta Farn.ese,p"er segno di sua
VAL 247
intima benevolenza, gli donò un quadro
da lei dipinto ed esprimente s. Caterina.
]l re poi gli regalò un altro quadro che
ornava la camera del suo letto, capo d'o-
pera di Correggio e rappresentante s. M."
Maddalena. Inoltre Fdippo V lo amò e
distinse con islraordinarie dimostrazioni,
l'ammise alla sua confidenza, lo consultò
negli affari più importanti del reame, e
lo voleva trattenere in Ispagna per suo
I.*' ministro , il che forse si sarebbe ef-
fettuato, se per la morte del Papa, avve-
nuta a'6 febbraroi74o, non si fosse do-
vuto sollecitamente portare a Roma pel
conclave. Contribuì all'elezione di Be-
nedetto XIV, il quale con generale ap-
plauso subito lo nominò segretario di
stato, eminente carica che esercitò il car-
dinale finché gli durò la vita, non poten-
dosi più recare alla legazione di Bologna,
a cui lo avea destinalo il predecessore.
Divenne pure prolettore dell'ordine be-
nedettino, de'collegi greco, e germanico-
ungarico, dell'ospizio apostolico dis. Mi-
chele; prefetto della congregazione di
propaganda, nel 1 747 camerlengo di s.
Chiesa, e dipoi nel i 703 vescovo subur-
bicario di Sabina. Sul principio di sua
amministrazione dello stalo pontificio,
con ijidicibile sperlezza e meravigliosa
prudenza, le sue premure si rivolsero a
restituire la tranquillità e la pace esterna
alla Sede apostolica. Le vertenze conti-
nuale per molti anni tra essa e le corti di
Portogallo, di Sicilia e di Sardegna fu-
rono in virtù de'suoi negoziati vinte e su-
peiale con reciproca soddisfazione delle
parli. Si riaprirono quindi le nunziatu-
re di Lisbona, Napoli e Torino, e la da-
teria apostolica per tali stati riassunse
l'esercizio delle sue spedizioni, e colla sua
profonda prudenza e conciiiante conte-
gno seppe rendeisi amiche le araiata
sp;ignoole, napoletane e austriache tra
loro belligeranti ne'dominii della s. Sede,
e pervenute sino alle porte di Roma. Do-
talo il cardinale di mente vasta e di ta-
lento superiore a qualunque grave UC'
248 VAL
gozio , li guadagnò il credilo di degno
ministio primario d'un Beiiedetlo XI V,
da'ptìi savi e avveduti ininislri delle corti
d'Europa- Secondò il genio del gran Pon-
tefice e il suo proprio, con tanto lustro
del suo memorabile pontificato, sia per
le leltereche colle arti. Contribuì all'au-
mento delle cattedre nell'università ro-
Diana, come alla formazione della carta
topografica dello stato pontificio, o map-
pa geografica, eseguita da'gesuili Bosco-
vich e Maire. Senza crescere l* imposte
cooperò al miglioramento delle finanze,
ad onta delle tante spese iinpiegale in
nuovi edifizi e pel restauro di altri ; fa-
vorì il commercio, e riformò vari abusi,
migliorando la pubblica am ministrazio-
uè. Quando voleva riposarsi dalle cure
si recava in un luogo solitario della città,
ove un scello numero d'amici delle let-
tere, alcune raccolte di piante esolicbe,
degli strumenti di fisica e d'astronomia,
una scelta biblioteca e vari capolavori
d'arte, rendevano quella casa un liceo, ed
ove trattava i suoi ospiti con amabile af-
fabilità, lo questa villa, emula dell' an-
tiche romane, fece germogliare per la i ."
volta non solo molte piante esotiche, ma
eziandio per lai." volta fece gustare l'a-
nanas. Sorpreso da un accidente apople-
lieo, nel piti bel corso di sua gloriosa vi-
ta, non fu possibile che ricuperasse giam-
mai perfetta salute , quantunque a tal
uopo si adoperarono tutti i rimedi del-
l'arte salutare. Portatosi a'bagni di Vi-
terbo per ricuperare la sanità, caduto in
cronicismo, vi moiì nel i ^56 di 66 anni,
con vivo rammarico del Papa. Trasferi-
to il cadavere a Koma, fu sepolto nella
chiesa di s. Bonaventura alla Polverie-
ra nel Monte Palatino, innanzi l'altare
maggiore, sotto una semplice e disador-
na lapide, che il cardinale vivente era-
visi fatta collocare, ed in cui fu incisa
breve iscrizione; altra più diffusa e ben
concepita gli fu eretta nel 1757 da' be-
nedettini nella basilica Ostiense, nella pa-
\ii\6 cioè della stanza che precede la sa-
VAL
grestìa, in memoria degl'insigni benefizi
compartiti dal cardinale a quell'ordine.
^aW Effemeridi letterarie di Roma l\g\
1776, n.° i5y vi è un sunto óeW Elogio
del cardinal Sih'io talenti Gonzaga
dedicato a Pio FI^ Roma 1776. Ne fu
l'autore mg."^ Claudio Todesclii ministro
in Koma di Ferrara sua patria. Lo ce-
lebra come uno de'piìi illuminati cardi-
nali che a'suoi giorni regolò gli allari del
principato della romana Chiesa. Dotto,
penetrante, ed occupatissimo senza pa-
rerlo, seppe egli reggere tutti in un tem-
po e solidamente, non meno gli allari che
si estendono per tutto il mondo cattoli-
co, che i politici, gli economici, i lettera-
ri e quelli delle bellearti. Secondò in tut-
to ciò i grandi talenti e il genio di Bene-
detto XIV, cambiando in Ironia il me-
todo e la natura degli studi con iscuole
nuove nella fisica, geometria, chimica, bo-
tanica, storia naturale e gius pubblico;
aprendovi inoltre nuove accademie let-
terarie. Sotto i di lui auspicii fu pid)bli-
cato in Roma il periodico Giornale de*
letterati^ che durò sino alla sua morte
e informò l'Italia degli altrui studi e de*
nostri. Per lui furono disegnate, incise e
colorate leLogge diRaffaele egregiamen-
te. Si rese amiche le armate belligeranti
che si accostarono a Roma, nella quale
fece regnare l'abbondanza in tempo di
carestia. Nella prefettura di propaganda
dilatò nell'Indie la religione. E per non
dire altro, fu pel cardinal Valenti che
Benedetto XIV conobbe il Braschi, che
incominciata sotto tanto patrocinio la sua
sublime carriera, pervenne alla cattedra
dis. Pietro col nome di Pio VI. Altre ma-
gnifiche lodi pubblicò dell' insigne por-
porato il Renazzi, nella Storia deW U'
nivcrsità di Roma, t. 4» p- 2 36, rimar-
cando le principali sue memorabili azio-
ni, e particolarmente come camerlengo
l'operato in favore del singolare incre-
mento dell'università degli >.tudi ; poiché
oltre l'accennato con mg.*^ Todeschi , il
wuovo teatro fisico fuforuilodi slromeu-
VAL
ti e macchine moderne pegli sperimenll.
Nola che il suo impegno pel pubblico in-
segna menlo,non derivò da vanità, ina da
gran fondo di erudizione e di finissima
intelligenza. Riguardo alle belle arti, fu
egli che persuase Benedetto XIV ad isti-
tuire 1' accademia del nudo nella gran
sala di Campidoglio per iscuola pubblica
del disegno. Eppure dopo tanti alti en-
comi, dopo tante benemerenze, il popolo
fu malcontento di lui nel declinar di sua
vita, annoiato di vederlo costantemente
nella più intima conlidetiza e favore del
Papa, e perchè tutto poteva sul suo ani-
mo,su diche può leggersi il voi. LXIlI,p.
lyy. Il lungo godimento della benevo-
lenza de'sovrani, nelle loro corti e preci-
puamente in quelle de'principi elettivi ,
suole produrre gelosie e nimicizie, non
volendosi che il potere venga esercitato
a lungo esclusivamente da uno o da po-
chi stabili individui, poiché tutti aspira-
no di pervenire a dominare alla loro vol-
ta, e se non succedono le vagheggiale va-
riazioni restano delusi. La storia è piena
disilfalti esempi. Gli si rimproverò più di
tutto il famoso concordato colla Spagna
(/^.); e se non fosse premorto al Papa,
egli avrebbe patito umiliazioni e forse ol-
traggi I Tanto rilevo dalla storia mss. e
contemporanea del conclave per l'elezio'
uè del successore di Benedetto XIV.
VALElNTl GOiNZAGA Luigi, Car-
dinale. Nipote del precedente cardinal
Silvio, nacque dalla celebre e nobilissi-
ma sua famiglia in Revere,città della dio-
cesi di Mantova, a' 1 5 ottobre I 7*25. Col-
la direzione di un tanto zio ricevè accu-
rata e compita educazione, corrisponden-
do col suo talento e buona volontà a'ri-
cevuti insegnamenti, per cui si rese an-
ch'egli illustre per le virtù di cui andò
adorno, e pel suo amore non meno per
le scienze, che per le belle arti. Dedica-
tosi allo stato ecclesiastico , s' iniziò nel
servizio della s. Sede, e Benedetto XIV
Io annoverò tra' suoi catnerieri segreti
ì»opratiaumei'arij coaàullure de'rili^pr^-
V A L 249
Iato della fabbrica di s. Pietro, protono-
tario apostolico suprannumerario , pre-
sidente della camera apostolica. Indi Cle-
mente XIII lo fece prelato dell'immu-
nità ecclesiastica e chierico di camera ,
mentre il cardinal Alessandro Albani lo
deputò vicario della sua diaconia e basi-
lica di s. Maria in Cosmedin. Quindi il
Papa a'g luglio i y64 lo preconizzò arci-
vescovo di Cesarea in partibus, e lo no-
minò nunzio apostolico della Svizzera. I
suoi aurei costumi e le sue dolci manie-
re, non che le sue virtù religiose gli con-
ciliarono la slima e Talfezione non solo
de* cantoni cattolici, massime di Lucer-
na ove risiedeva , ma sibbene di quelli
protestanti. Pertanto Clemente XIV nel
1 yyS lo promosse alla nunziatura diSpa-
gna, nella quale pure si meritò pubbli-
che e singolari testimonianze di lode e di
ammirazione dal re Carlo IIÌ. In pre-
mio di SI nobile carriera. Pio VI nel con-
cistoro de'iS aprile 1776 lo creò cardi-
nale dell'ordine de'preli, riservandolo ia
petto; indi in quello de' 20 maggio lo
pubblicò, inviandogli per ablegato apo-
stolico colla berretta cardinalizia il suo
nipote m2^,^ Guerrieri Gonzaga [F.) poi
cardinale. Tornalo in Roma il cardinale,
il Papa l'ornò col cappello cardinalizio,
gli die per titolo la chiesa de* ss. Nereo
ed Achilleo, e successivamente gli con^
ferì le congregazioni del s. odizio, de've-
scovi e regolari , del concilio, di propa-
ganda, dell'indulgenze e reliquie, dell'in-
dice, dell'acque, della correzione de'libri
della chiesa orientale, e nel 1778 lo fece
prefetto di quella dell' immunità eccle-
siastica, e poi dell'economia di propagan-
da. Gli attribuì le proteltorie de' cano-
nici regolari Lateranensi, del monastero
di s. Marta, del collegio germanico-un-
garico, dell' arcicoufralernita di Gesù e
Maria, delle monache del Corpus Do^
mini di Forh, e di Castel Madama. Inol-
tre nel 1778 lo dichiarò legato apostoli»
co di Ravenna, nel quale articolo notai
come vi lasciò celcbve e ludevolissimu
ajo VAL
fuenioria^ per le benemerenze esercita-
tevi, e per avere nobilmente restaurato
e abbellito con leggindre forme il se-
polcro (li Dcinte Alighieri, come insigne
protettore ile'dotli. Dimesso il titolo car-
diiuilizio, Pio Vi nel concistoro deli."
giugno 1 795 lo procliiinò vescovo snbur-
bicario d'Albano. Nel 1 798 occupata Ro-
Uia e tostalo papale da'repubblicani fran-
cesi detronizzato e imprigionalo Pio Y\,
sparpaglialo il sagro collegio , il cardi-
nale per un tempo restò in Roma con
altri I scolleghi, i quali non tralasciando i
consueti ullizi di religione,nel dì delle Ge-
neri, e nel lai. "e 2.'' domenica di quare-
sima fecero cappella nel coro della ba-
silica Vaticana, finché agli 8 marzo fu-
rono imprigionali, tranne i cardinali Va-
lenti e Rezzonico gra veniente infermi.
Continuando il cardinale a dimorare in
Iloma, appena guarito ne partì, e dopo
)a gloriosa morie del Papa in Valenza ,
si recò a Venezia e co' suoi colleglli nel
1800 procedèall'elezionedi Pio VII, nel-
la quale narra l'Artaud nella Storia di
Pio TlI^ che si pensò anche al cardinal
Valenti efu tra'candidali al sommo pon-
tificalo. All' articolo Bibliotecario di s.
Chiesa, dichiarai che il Papa nel 1802 lo
elesse a quella dignità, e che arricchì la
biblioteca di diversi preziosi mss. Dive-
nulo sotto-decano del sagro collegio, Pio
VII nel concistoro de'3 agosto 1807 lo
trasferì al vescovato suburbicario di Por-
to e s. Rufllna. Il n.°io5 del Diario di
B-Oììia del 1808, col più vivo dolore ne
annunziò la morte avvenuta nel palazzo
del collegio germanico-ungarico, presso
s. Apollinare, da lui abitato e in etàd'84
anni , la mallina de' 29 dicembre verso
le ore 16. Quindi il n.' i del Diario del
1809, riporla i funerali e ne fa l'elogio.
Il suo cadavere vestito degli abiti cardi-
nalizi fu esposlosopra alto letto nel gran-
de oratorio del collegio di cui era pro-
lettore, e nelle 3 seguenti mattine furo-
no di continuo celebrale delle messe sì
Jieiroralorio, che negli altari della coa-
V A L
tigna chiesa di s. Apollinare, dichiarali
per tale elFello privilegiati dal Papa. Gii
ordini mendicanti in detti giorni vi si
portarono per cantarvi a vicenda rulli-
zio de'defunti. Nella sera dell'idtimo gior-
no il suo corpo fu trasportalo in s. A-
pollinare apparata maestosamente a lut-
to, ricevuto sulla porta della chiesa dal
clero per farvi la consueta assoluzione.
Nella seguente mattina si vide esposto
su elevato letto ricoperto di ricco drap-
po funerario e circondalo da 100 cerei e
4 torcie, a'iati essendovi le 4 banderuo-
le sostenute da'suoi piìi antichi palafre-
nieri vestili a lutto. Di buon'ora vi ri-
tornarono i detti religiosi a ripetere l'uf-
fizio de'morti, e poi vi fu cappella papa -
le coll'inlervenlo de' cardinali, prelati e
altri soliti, cantando la solenne messa di
requiem il cardinal Malici vescovo di
Paiestrina, che fece in seguito V assolu-
zione. Fu poscia amato nella stessa chie-
sa innanzi la cappella dis. Luigi Gonza-
ga, ch'è lai." a destra, come avea in vita
ordinalo, e dipoi gli fu collocata sopra
semplice e onorevole lapide marmorea.
Amico delle lettere e fautore de'suoi cul-
tori , fu benefico pastore. Ne' vescovati
d'Albano, e di Porto e s. RufTina sarà
sempre accompagnato il suo nome dalle
benedizioni de' popoli, per la costante pre-
mura colla quale indefesso si occupò dello
stabilimento del seminario e delle pub-
bliche scuole, air ornamento delle sue
chiese, alla coltura degli ecclesiastici, ed
al sollievo de'poveri. Ne' n.i 48 e 49 ^^^'
V Effemeridi letterarie di Roma de i 791
si rende ragione della magnifica eduio-
ne a lui intitolata , colla continuazione
dell'ex gesuita Giuseppe Mariolti: Sci-
pionis Gonzaga Card. Commentario-
rum rerum suarum, Romae 1 79 1 • Pre-
zioso monumento, scritto con nobile det-
tato sulla importante storia e origine del-
la celeberrima fimiglia Gonzaga, che in
tante linee sovrane divisa, forma sì gran
parte della storia di Mantova che prin-
cipalmente signoreggiò, e d'Italia ancora.
VAL
VALENTINA (s.), vergine e mailiie.
r. Tea (s.).
VALENTINIANI. Eretici dell'nntica
sella de' Gnostici [f^.)^coù chiamali da
Valentino filosofo lorocnpo,clie compar-
ve verso l'anno i 34- Credesi die fosse di
rbrebon o di Pharbè, cillà situata sulle
coste dell'Egillo; di Fehonite lo dice il P«.i-
lìaldi iì€^\'iJfinaliecclcsiastici.Frecivien~
tò le lezioni della scuola d'Alessandria,
dove si distinse nella letteratura e nelle
scienze de* greci. Applicossi dapprima a
predicar la fede nell'Egitto, ciò che fece
anco in Roma, come alferma s. Epifa-
nio. Avendo brigato l'episcopato, che il
suo spirito e la sua eloquenza gli avevano
fallo sperare, ebbe il dispiacere di vede-
re a lui preferito un semplice confessore
della fede. Umilialo il suo orgoglio, pie-
no di dispetto formò il pravo disegno di
condjaltere la dottrino della Chiesa, e di
divenire il capo d'una nuova selta,uu ere-
siarca. Per lo studio che aveva fallo de'li-
bri greci,e particolarmente de'principii di
Platone e di Pitagora, mischiò la dottri-
na dell'idee ed i misteri de'uumeri^ col-
la teogonia d'Esiodo e coll'Evaugelo di
s. Giovanni, il solo ch'esili considerava
come autentico, e fabbricò un sistema so-
migliante a quello di Basilide d'Alessan-
dria discepolo di Simon Mago e caposel-
ta degli eretici Basilidìani (F.)^ e somi-
gliante pure a quello de'guoslici. Fabbri-
cò un nuovo sistema di religione , che
consisteva in una genealogia favolosa di
molli Eoni od Eone (nome greco che si-
gnifica secolo, e che Valenlino dava al
suo Dio ed a tutte le sue produzioni, di
cui faceva altrettante persone), maschi o
femmine, di cui componeva la divinità,
che chiamava Plerorna o Pienezza invi-
sibile e spirituale. Il Rinaldi dice, che
Valentino ad imitazione d' Esiodo finse
3o Dei, che nominò secoli, i5 maschi e
i5 femmine, Eoni e Eone. III." di que-
sti Eoni ed il più perfetto, era un essere
invisibile, eterno, non generato, incom-
prensibile, che chiamava più comune-
VAL 25i
mente ryllios , cioè profondità. Da vagli
per moglie Eunoì'o, od il pensiero, che
chiamava anco charìsy grazia, e sige^ si-
lenzio. Ammetteva fino a 3o coppie di
Eoni (e figuranti ancora i 3o anni della
vita ritirala del Salvatore), a'quali limi-
lava tutla la pienezza della divinità. Ag-
giungeva che tutti gli Eoni avevano con-
tribuito alla produzione del Solerò o Sal-
vatore, che non aveva fatto che passare
negli interiori della Vergine , come per
un canale, senza prendervi cartie. Oltre
a questi sogni e molti altri simili, i valen-
tiniani distinguevano 3 sorla di uomini,
gli spirituali , i psichichi (o animali: psi-
chico o animale è un nome odioso che
Tertulliano die a' cattolici, dopo averli
abbandonali), ed i materiali o carnali. L
primi, nel numero de'cjuali essi si mette-
vano, dovevano infallibilmente essere sal-
vati iti anima e in corpo, per qualunq<ie
delitto commettessero. 1 psichichi pote-
vano altresì salvarsi colla semplice fede e
colle buone azioni, però colla sola anima;
ma per i materiali o carnali, non dove-
vano sperare salute, né anche colle ope-
re sante. Negavano in generale la risur-
rezione de'corpi; e la fine del mondo do-
veva avvenire, dicevanoessi, quando tut-
ti gli uomini spirituali sarebbero forcna-
ti o perfezionati da gnosi o dalla vera
scienza (gnosa significò pure spiritualità,
e da tal vocabolo presero il nome gli e-
retici Gnosimachi). Allora ja semente
spirituale avendo ricevuto la sua perfe-
zione, Hachamelh, loro madre, passerà
nella regione media nel Pleronia e sarà
maritala col Salvatore, formalo da tutti
gli Eoni. Gli uomini spirituali, spogliati
dalle loro anime, e diventati puri spiriti,
entreranno anch'essi nel Pleroina^ e sa-
ranno le spose degli angeli che circonda-
no il Salvatore. L'autore del mondo pas-
serà alla regione media, dove era sua
madre, e sarà seguilo dall'anime de'giu-
sli; ma nulla di animale entrerà nel Pie-
roma. Allora il fuoco eh* è nel mondo
comparirà, si accenderà, consumerà lut-
a52 VAL
la la materia, e si consumerà con essa
fino atl annullarsi. Malgrado rassurtlità
ili sua dottrina, Valentino trovò in E-
gillo moltissimi discepoli. In seguilo an-
dò a Roma verso ili 54, sotto il ponlilì-
calo di s. Igino, sperando di poter quivi
trovare de'faulori; ma dopo d'essere sla-
to ripetutamente escluso dalTasserablea
de'fedeli, fu scomunicatodefinitivamenle
dopo 3 anni , secondo la cronaca di s.
Girolamo. INarra Rinaldi all'anno i55,
che Valentino, e Cerdone caposetla de'
Cerdoniani, nefandissimi eresiarchi ve-
nuti in Roma ^ volendo spargervi i pro-
pri errori vi cagionarono de'tumulli. Vi
rimase Valentino ne'ponlificati di s. Igi-
no, di 8. Pio 1, di s. Aniceto , di s. Sole*
ro, ed anche di s. Eleulero del 179 se-
condo Tertulliano. Dappoiché prima si
mostrò cattolico, essendo restalo talmen-
te sbigottito dalla maestà della Chiesa
romana , che non ardì di proferire sco-
pertamente le sue pazzie e bestemmie,
indi lo fece segretamente. Professò fìnta-
mente la fede cattolica, ma poi scoperto
fu caccialo. Ritornando audacemente in
Roma, die a vedere d'essersi corretto, ma
alla fine conosciutosi, fu condannato af-
fatto. Valentino ben lontano dal ricono-
scere ed abbiurare i suoi errori, tentò al
contrario di maggiormente propagarli, e
la sua sella eslendevasi già in molle prò-
•vincie dell' oriente, quando morì verso
l'anno 161. Scrisse un libro di epistole ed
omelie pe'suoi nefandi dogmi, citate da
Clemente Alessandrino e da s. Epifanio,
nelle quali appariva un eccessivo orgo-
glio. Gli furono pure attribuiti alcuni
salmi, un Vangelo che conteneva l'infan-
zia del Salvatore, un libro intitolato So'
phia, e raccolse una infinità di cose apo-
crife. Non pare che Valentino propria-
mente sia stalo il I." autore delsuccen-
nato mostruoso sistema di sua setta; ma
che prima di lui lo avessero insegnato
molli capi de' gnostici, e che Valentino
soltanto lo dispose a suo modo. Prima e
dopo di lui tulli i riferiti errori furono
VAL
insegnali da altri entusiasti, ciascuno de*
(piali li ordinò secondo il suo gusto. Scris-
sero contro Valentino : Tertulliano col li-
bro De boni I\larlfrìi\ o contro i gno-
stici, col quale nome volevano esser chia-
n)ali anco i valentiniani per essersi ad
essi uniti, perchè l'eresiarca con grave
danno della Chiesa spargeva non dover-
si patire il martirio; Giustino ed Ireneo
martiri, e Proculo, a'quaUTeodoreto ag-
giunge Teofilo antiocheno, Filippo ve-
scovo di Cortina, Modesto, Origene, Ro-
done, 1 ppoli lo, ed EusebioEinisseno; con-
futandolo eziandio i nominati Clemente
Alessandrino e s. Epifanio. Ma la pro-
tervia de' valentiniani fu tanto grande, che
disse Tertulliano: Cotmnci possunt, scd
iuacleri non possiint. Dice di più, che i
valentiniani imitavano ne'rili loro i segre-
ti Eleusini, usando «ran dilÌ2;enza in oc-
' DO
cullare quel che predicavano; e facendo
le cose con segretezza, avevano molle por-
le coperte con più veli, osservandovi per-
petuo silenzio. Quindi crede il Rinaldi,
essere avvenuto che in Roma, ove Va-
lentino buon tempo dimorò, non si ce-
lebrasse con veli tirali, com'è usanza nel-
la Chiesa orientale, ma palesemente ed a
vista di tutti; e non solo a luce chiara,
ma co' lumi accesi, imperciocché la ve-
rità d'altro non si vergogna, che d'esser
nascosta. Adunque a dilFerenza di questi
eretici, volle la Chiesa romana, che i sa-
grosanli misteri fossero aperti a tutti. An-
che dopo morto Valentino fu condanna-
to, dicendo il Novaes nella Storia di v.
P'ittore /del 1 94, che lo condannò, oltre
ad altri errori, per ammettere molti Dei
e per insegnare che il corpo di Cristo era
celeste. I discepoli di Valentino, sorliti
dallo slesso tronco, si divisero in molle
selle d' eretici, fra le quali gli jédarniti,
i Selhiani, ì Cainid, i Doceli, i Severia-
ni, gli apostolici, gli Ofiti [V,) ec, che
si sparsero fino nelle Gallie, dove trova-
rono in s. Ireneo vescovo di Lione mi
formidabile avversario, dopo aver dispu-
tato in Roma contro lo stesso Valentino
VAL
ed i suoi discepoli Fiorino e Bastie, col-
la voce e cogli scritti. Altri più famosi
discepoli che turbarono co'Ioro eiioii la
s. Chiesa, furono Tolomeo, Secondo, E-
radione, e Marco peggiore di tutti, che
alTeresie aggiunse l'arie magica, adope-
rando cose che parevano miracoli , dal
quale derivarono i 3Iar e iti. Mai co ingan-
nò più persone, specialmente donne, col-
le quali sfogava la sua sfrenata volontà,
come somigliantemente eseguivano i di
Jui discepoli, che portando il nome di cri-
stiani rendevano colle sozzure loro odio-
sa e oltremodo spiacevole a'gentili la no-
stra religione , secondochè narra diiTu-
samenfes. Ireneo. Fecero maggior dan-
no alla Chiesa questi scellerati di perdu-
ta salute, che i persecutori stessi, massime
pegli allettamenti; poiché tutti i valenli-
niani, come scrive Tertulliano,asserivano
non doversi confessar Cristo ,nè patire il
martirio, laonde erano sicurissimi tra le
persecuzioni mosse dagl'imperatori con-
tro i cristiani. Congiunge s. Ireneo con
Marco certo Colarbasio, di cui fa altresì
menzione Tertulliano, ed appresso Fila-
strio chiamato anche Basso. Aggiunge
Teodoreto a' Marciti o Marcasi ti gli e-
relici Àrcontici ed Ascodruti che ripro-
vavano i sagramenli, e furono più astu-
ti degli altri per i ngannare, perché viven-
dosolitari mostravano d'essersi spropria-
ti d'ogni cosa. Finalmente riferisce Ter-
lullianOjfra tulli questi discepoli dell'ere-
siarca Valentino doversi riconoscere pu-
re Teotimo. Sebbene lutti derivassero
da Valentino, nondimeno con altri erro-
ri si discoslarono dalle sue riprovate pro-
posizioni. I costumi de'valentiuiani era-
no molto corrotti. Oltre alle massime
de'primi Nicolai ti (^.), avevano molto
aumentato con quelle de' Gnostici , sul
soggetto degl'impuri piaceri della volut-
tà carnale, dicendo che abbisognava da-
re alla carne ciò che la carne deside-
rava, e. COSI pure allo spirito ciò che lo
spirito può desiderare. E perciò i valen-
iiuiaui furono sovente confusi co'gnosti-
VAL 2^13
ci. Il dottore s. Ireneo si fece come uno
studio particolare di combattere Valen-
tino, articolo per articolo, e di riportare
tutti gli errori, ed eziandio le massime
che la modestia e il pudore non permet-
te di qui riferire. Il santo confutò la
falsa dottrina nella sua opera de Cinque
libri contro V eresie^ e fece vedere eh' è
un compostodi capricci, d'assurdi, di con-
traddizioni, di errori sciocchi, un vero po-
liteismo, il sistema di V.ilenlino. Questo
eretico riguardossi da molti come un
profeta ed un filosofo de' più dotli, ma
le sue opere non più esistono. I suoi di-
scepoli fecero de' cambiamenti nel suo
sistema sugli Eoni. Alcuni rigettarono il
battesimo e tutte le ceremonie esterne;
altri le amministravano in un modo
straordinario e profano. Gli errori de*
valentiniani si sparsero non solamente in
Europa, ma anche in parte dell' Asia e
dell' Africa , con perniciosissiaie conse-
guenze. Nel passato secolo si trovarono
alcuni critici che vollero fare risorgere la
memoria di Valentino e de' suoi simili,
fecero ogni sforzo per trovare la ragione
e il buon senso in un caos di capricci che
i Padri della Chiesa riguardarono cotne
traviamento di spiriti deliranti. Beauso-
bre in particolare nella sua Stona clelMa-
nicheisnio , tentò questa intrapresa; so-
stiene che il sistetna di Valentino non è
tanto ridicolo come sembra a prima giun-
ta, che era un metodo mistico ed allego-
rico di spiegare gli attributi e le opera-
zioni di Dio, che questo eretico le per-
sonificò secondo il costume de'filosofi di
quel tempo, che sono le stesse idee di Pi-
tagora e di Platone, i quali potevano a-
verle prese da'caldei. Pretende che i Pa-
dri non abbiano inleso il vero senso di
ciò che dicevano i valentiniani, eche fuor
di ragione cercarono di rendere odiosa
questi» dottrina. Non fu di questa opinio-
ne l'altro prolestanle Mosheun; dopo a-
verla ben esaminata, neir///57.C7tr/.vY.,se-
colo II, e nella Storia /scc/., secolo II, ac-
cordò che in qualunque modo si riguar-
254 VAL
i)i questa dottrina, non si potrà mai mo-
strarvi un'apparenza di buon senso ne
di ortoclossia,e che tulli quelli i quali vi si
cimentarono, hanno gettala la fatica. Con
hinsja e dotta discussione Io prova il dot-
to Bergier, nei Dizionario enciclopt di-
co della teologia^ dell'eresie ec., nell'ar-
ticolo /^'alentiniani y facendo pure 1' e-
slrallo i]e5 libri di s. Ireneo , ed oppor-
tune riflessioni sulla detestabile morale
de' valentiniani e de' gnostici. Conclude
col dire. L'adeltazione de' protestanli di
voler giudicare tutti gli eretici a spese
de' Padri della Chiesa, dimostra che il ca-
rattere dell'eresia è sempre lo stesso, ne
da XVIi secoli ha cambiato. Quando si
esamini da vicino, scorgesi esservi una
grandissima differenza tra la condotta
dell'antica sei la tie'gnoslici, nata sul prin-
cipio del li secolo, e quel la i\e Protestan-
ti (^.). I primi, in virtù de' lumi supe-
riori che si arrogavano, vantaronsi d'in-
tendere e spiegare la s. Scrittura meglio
che i pastori della Chiesa cattolica; i se-
condi pretendono d'avere lo stesso privi-
legio coH'aiuto della grazia dello Spirito
Santo, che non manca mai ad alcun par-
ticolare di loro setta. I valentiniani, de-
rivati da' gnostici nello stesso secolo, per
appoggiare i loro comnsentari citavano
una tradizione occulta e conservata tra
xm piccolo numero d'illuminati; i prote-
stanti sostennero ciie in ogni secolo era-
"vi stato nel seno della Chiesa un certo nu-
mero di partigiani segreti della verità, ma
che non ardivano dichiararsi né professa-
re pubblicamente la loro credenza; indi
chiamarono in loro soccorso i Manicheiy
gli Jlhi^esi^ i Valdesi^ ^\\ Ussiti,ì JVi-
clejìti (V.)^ tutti ribelli com'essi alla dot-
trina della Chiesa cattolica. I gnostici si
gloriavano delle filosofiche loro cognizio-
ni, anteponevano l'autorità de* filosofi a
quella degli apostoli e de' loro discepoli;
i pretesi riformatori fecero pomposa mo-
stra d'erudizione che avevano acquistata
collo studio delle lingue, della critica, del-
ia storia e delle belle lettere, furono ere-
VAL
duli superiori, anco in materia di teolo-
gia, non solo al clero che in quel tempo
insegnava, ma a'dottori cattolici di tulli
i secoli. Con tultociò prevalse l'amiiìae-
slra mento pubblico, costante, rmiforme
della Cliiesa a tutti gli sforzi degli anti-
chi eretici; venti sette più recenti invano
1' attaccarono da quel tempo, sempre si
sostiene e persevera come nel il secolo,
l'asta questo fenomeno per farci com-
prendere dove si trovi la vera dottrina
di Gesù Cristo.
VALENTlNlANOI^OLl.Sede vesco-
vile della I ." provincia d'Asia, nell'esarca-
to del suo nome, sotto la metropoli d'E-
feso, chiamata altresì Oulico/ne, Aure-
liconie ed Aurcliopoli, di cui furono
vescovi : Eusebio, che occupava que-
sta sede nel 4^0 > 6 Tommaso, che assi-
stette ali." concilio d'Efeso, e in seguito
a quello di Costantinopoli, dove Euti-
chio fu convinto d'eresia. Oriens chr.,
l. I, p. 712.
VALENTINO (s.), martire. Era pre-
te della chiesa romana, ed insieme con
5. Mario e tutta la sua famiglia adopra-
vasi in servigio de'confessoridi Gesù Cri-
sto, che pativano per la fede sotto l'im-
[>erntore Claudio ii. I pagani perciò lo
arrestarono, e lo trassero dinanzi al pre-
fetto di Roma, il quale dopo avere in-
vano tentato colle più lusinghiere pro-
messe di fargli rinnegare la fede, ordinò
che fosse crudelmente batlulOj indi de-
capitalo. Per tal modo s. Valentino ri-
portò la corona del martirio, a' i4 feb-
l^raio dell'anno 270. Dicesi che Papa s.
Giulio I del 336 fece riedificare una chie-
sa intitolata a s. Valentino presso il Pon-
te Molle, e la porta oggidì chiamata del
Popolo, portava anticamente il suo no-
me. Della chiesa e cimiterio di s. Valen-
tino parlai in diversi articoli, come ne
voi. LIV, p. 176, LXXIV, p. 27. La
maggior parte delle sue reliquie si custo-
disce nella chiesa di s. Prassede di R.oma.
Egli è nominato come martire illustre
nel Sagrauientariodi s. Gregorio i Ma-
VAL
gno, nel Messale romano di Tommasi,
nonché in diversi calendari e marliro-
logi.
VALENTINO , Papa CHI. Ebbe la
culla in Bouia da nobilissima prosapia,
figlio di Pier Leonzio, uomo assai pio, a-
bitanle nella lei^ione Via Lata. Fino dal-
la sua prima età fu allevalo e visse eoo
costumi immacolati, nemico de* giuochi
e degli altri tlivagamenti solili ne'giova-
iii. Alcuni scrivono c(»e fu affidalo a un
dolio maestro, sotto la disciplina del qua-
ìe rivolse tutti i suoi studi alla divina leg-
ge, della quale procurò penetrare i sensi
più profondi, tenendoli poi presenti col
favore d' una felicissima memoria. Per
lo svegliato suo ingegno ed eloquenza, e-
ragli agevole il persuadere e dissuadere
quanto voleva , benché non proponesse
giammai cosa che slata non fosse mode-
sta e lodevole. A malore de'poverijCOgl'in-
segnamenli ed esempi de'sanli Pontefici
s. Pasquale I ed Eugenio il si perfezionò
nelle virtù e nella sana dottrina. Laonde
s. Pasquale I lo sollevò al grado di sud-
diacono, e poi di diacono come vuole l'au-
tore del libro Pontificale^ ed in fine alia
dignità cardinalizia col grado di arcidia-
cono di s. romana chiesa. Quindi per fanti
suoi meriti e per morte d'Eugenio II, do-
po 4 giorni, nel i ."settembre 827, fu per
comune e generale consentimento del cle-
ro e del popolo elelfo in romano Ponte-
fice. Sebbene secondo i consueti riti se-
guisse comunemente prima Vordinazio-
ne nella basilica Vaticana, e poi l'/«//o-
nizzazioìie, che per consueto avea luogo
nella basilica Laterenense, tuttavia Va-
lentino fu prima intronizzalo che con-
sagratOjCome notò il p. Mabillon,mCom-
uìcn. ad Ord. Rom., e. 1 8, p. i 1 7, come
erasi praticato con Conone, e poi si fece
da Benedetto HI. JXegli Annali Berti-
niani si dice Valentino eletto da*romani
e consagrato, senza farsi menzione del
consenso dell'imperatore, cioè l'assisten-
za de'suoi ambasciatori alla consagrazio-
ne, per ovviare a' tumulti e prepotenze
VAL a55
delle fazioni, secondo le costituzioni ema-
nate da Eiigenio II e dall'imperator Lo-
tario I, come dichiarai nel voi. XKl, p.
2o5 e seg., legge che non attese Valen-
tino, e lo rimarcai nel voi. XVI, p. 3 i4«
1 riti eseguili per la consagrazione e in-
tronizzazione di Valentino, ed in vigore
alla sua epoca, col donativo Preshile-
rioy li descrissi ne'vol.VIII,p. i68,XLVI,
p. I IO, ove dissi che lo dispeusòal senato
e popolo roujano quando glibaciò i pie-
di, e che poi batlè moneta d'argento, di-
scorrendo d'una moneta di lui esistente
in Roma nella biblioteca Vaticana, per
quanto riportai nel voi. L, p. 272,^06
della rara collezione del cav. Andrea Belli,
il quale eiuditamente illustrò la Moneta
inedita del sommo Ponte/ice romano
Valentino. Di questa moneta d'argento
ben conservata del diametro di 22 mil-
limetri, ne trattai a Monete Pontificie,
ed il cav. Belli crede che non esista in
altra collezione, è che niono autore prima
di lui ne abbia fatta menzione; provando
con altri esempi, che la brevità del suo
pontificato non gl'im[)edì di far coniare
monete, come non l'impedì a Marcello
li e Leone XI per le medogiie, iquali vis-
sero meno di Valentino. Avendo Euge-
nio II per le accuse contro s. Catello ve-
scovo di Stabia[F.), ora Castellamare,
fattolo porre nelle prigioni di Roma, co-
nosciutasi da Valentino la sua innocen-
za , ne ordinò la liberazione. Papa Va-
lentino governò la Chiesa universale 4»
giorni, degno però di più lungo ponti-
ficalo, per la sua cospicua pietà, clemen-
za e benigna liberalità. Mori a'io otto-
bre dell'827, e fu sepolto nel Vaticano.
Vacò la romana chiesa 3 giorni.
VALENTINO (s.), Cardinale. Nato
in Terni, per l'ardente zelo da lui nudri-
to verso la religione cattolica, meritò di
essere creato cardinale arciprete del tito-
lo di s. Eusebio, da s. Gelasio Idei 49*2»
come affermano rUghellieilPalazzi. Pe-
rò rOldoino, seguendo Panvinio, dimo-
stra che s. Valentino fu arciprete di s.
256 VAL
Eusebio, mcnlre n' era carcìinale prete
titolare Probiano. Verso il 5x3 s. Va-
lentino fu vescovo di sua patria, ripor-
tò la corona del Q)artirio, ed ebbe ono-
revole sepoltura nella chiesa di s. Ze-
none fuori della città, dove Iddio a sua
intercessione operò molli prodigi. Ne
parla a lungo V Ughelli , Jlalia sacra
1. 1, p. j5o. Altrettanto feci io nell'arti-
colo Terni, per cui è meglio vedere quel-
l'articolo.
\ ALE^Tll^O.Cardinale. F.Yalevi-
TINO Papa.
VALENTINO, Cardinale. Marino o
Martino 11 lo creò cardinale vescovo di
Porto, die neir883 sottoscrisse come bi-
bliotecario della s. Sede un privilegio ac-
cordato da quel Papa al monastero di
Soligny nella diocesi di Limoges. Forse
cessò di vivere in detto anno, allorquan-
do Formoso fu restituito al vescovato di
Porto.
VALENTINO, Cardinale. Nato da
nobili parenti in Ungheria , si recò in
Francia e in Italia per attendere a'gravi
studi della giurisprudenza civile e cano-
nica.Ritornato in patria,quantunque gio-
"vinelto, insegnò in Strigonia, e divenuto
insigne per dottrina ed eloquenza, si gua-
dagnò l'amore diLodovico Ijche nel 1 3^5
lo fece pro-cancelliere regio, e neh 876
vescovo di Cinque Chiese. Entrato in di-
sputa coH'arcivescovo di Strigonia a tor-
lo, Papa Urbano VI lo richiamò al do-
vere. Il re nel 1879 l'inviò ambasciatore
in Roma per confermare la sua ubbidien-
za alla s. Sede nello scisma che divide-
va i fedeli, ed ivi a'g febbraio Urbano
VI, pedi luì meriti e in grazia del suo
sovrano, lo creò cardinale prete di s. Sa-
bina, nella cui tribuna, secondo Cardella,
si conserva il suo stemma gentilizio. Pie-
no di zelo per l'estinzione dello scisma,
quantunque nonagenario, si recò da Gre-
gorio XII in Siena, dove caduto infer-
mo e accortosi che si agognava alla sua
eredità, senza farne motto con alcuno e
benché nella rigida stagione, si fece Ira-
V A L
sporlare in lettiga a Venezia, e indi alla
sua chiesa, dove appena giunto cessò di
vivere nel i4o8, o con minor probabilità
neli4io. Fu sepolto in quella basilica
di s. PietrOj in cui gli fu eretto un bel-
lissimo monumento di marmo colla sua
statua, nella [.'^cappella del destro lato ,
col suo nome e lilolo. Il Timon nell'Ap-
pendice della sua Porpora Pannonica^
riporta quanto di lui avea ommesso nel-
l'opera.
VALENZA {Valentin). Città con re-
sidenza arcivescovile di Spagna xA^o\yxQ'
go della vasta provincia del suo nome si-
tuata nell' est della monarchia col titolo
di regno, di cui fa la capitale, compresa
nella corona d' Aragona. Trovasi a ^o
leghe nord-est da Marcia, a 67 est-sud-
est da Madrid e ad eguale distanza sud-
est da Barcellona; in fiorente e pingue
pianura ed estesissima per circa 3o le-
ghe, lungi mezza lega dal Mediterraneo,
e sulla sponda destra del Guadalaviar,
che la disgiunge da' suoi 5 sobborghi, co*
quali comunica mediante 5 bei ponti, a
due leghe nord-nord-ovest del bel lago
d'Albufera , che ha una circonferenza di
IO leghe^ e viene per un argine o lingua
di terra separato dalle acque del Medi-
terraneo, colle quali però comunica per
un angusto canale. Sede d'un'udienza re-
gia e d'una capitaneria generale, nonché
delle supreme magistrature provinciali
d'ogni ordine, non ha che una cinta mu-
rata senza fortificazioni, interrotta da 9
porte, una delle quali chiamata la Citta-
della, è fiancheggiata da due grosse tor-
ri rotonde. Forse è quel monumento di
stile moresco, costruito nel i444>^PP""^o
con dette o simili torri, formandoli prin-
cipale ingresso della cillà,e viene appella-
lo comunemente del Cuarte, e pel i.° si
ofhe a chi da Madrid per la strada della
Castiglia nuova recasi a Valenza. Ebbe
già importanti fortificazioni j ma ora noa
si vedono che logori avanzi, e la stessa
cattiva cittadella viene "trascurata. Que-
sta città è di figura bislunga, divisa io
VAL
quattro grandi quartieri , e ciascuno di
essi riparlili in 8 minori ; vi si contano
9600 case , e nell' uiliraa proposizione
concistoriale del 1 848 si legge, et in suo
uniiLs cìrcllcr Iciicae ambita a 0,0 fere
ìnìllihas inìiahitatur mco//.?.Le strade so-
no slrettej corte, tortuose, frastagliale in
un'infinità di viottoli, non insiniciate, e co-
perte di sola incomoda arena; la maggior
parte hanno scoli sotterranei che condu-
cono l'acque al fiume, a grande distanza
inferiormente alla città; epretendesi che
que'sotlerranei, bene fabbricati e solida-
mente, sieno opera de'romani. Tutte le
si rade nella notte sono illuminate, e con-
fidate per la polizia notturna a guardie
chiamate serenos, che le battono conti-
nuamente. Vi hanno molle piazze pub-
bliche, ma quasi tutte irregolari e poco
rimarcabili. Vi si contano 9000 pozzi
d'acqua bevibile,ed una sola fontana pub-
blica che di sovente manca d* acqua. Le
riviere di pietra che contengono il fiu'
me, cominciano mezza lega sopra la cit-
tà e terminano mezza lega sotto, presso
la sua foce in mare; costruite di pietra
lavorata, guernite di belle case e pianta-
le d'alberi, formano una delle più. vaghe
parti della città; quanto agli altri passeg-
gi, tutti gli aditi ne (ormano di bellissimi,
essendo il più notabile quello che conilu-
ce al porto di Gran lontano mezza lega,
ornalo non solo da bellissimi viali d'albe-
ri, ma eziandio dalle case di villeggiatura
e da'giardini ameni che lo fiancheggiano
e ne fanno un sito incantato. Era antica-
mente fuori delle mura un bellissimo pa-
lazzo che serviva di residenza a'capitani
generali; fu demolito, e poi nel suo luo*
go si formò uno de' più graziosi giardini
delia cillà, ed anche la gran piazza irre-
golare di s. Domingo fu nei i 7 i 7- 1 8 con-
vertila in un giardino pubblico d'ottimo
gusto, dove si osservano di belle statue di
marmo, i quali due giardini si devono al
capitano generale F. Saverio Elio , alla
memoria del quale si è vicino alla città
eretta una magnifica piramide adorna di
VOI. LXXXVIf.
VAL 257
statue e di trofei militari. Le case di Va-
lenza non sono nobili per X architettura,
ma poche sono le città che contengono al-
trettanti palazzi e edifizi pubblici, fra'pri-
mi notandosi soprattutti que' del con-
te Cerbelloujdel marchese di DosArguas,
del conte di Parsent e altri; e fra gli edifi-
zi pubblici la cattedrale metropolitana, il
palazzo dell'arcivescovo, il Tempio o pa-
lazzo reale costruito da Carlo HI per es-
sere utj capoluogo di ordine militare, la
dogana, il consolato, il tribunale di com-
mercio, la scuola Esculapia, la casa regia
di Misericordia, il collegio di s. Pio V, il
monastero di s. Michele de'Re, le ricor-^
date torri di Cuarle e di Serranos, che
servono di carcere, il grande spedale re-
gio, il convento de'domenicani , il colle-
gio del Corpus Chris ti^ e la borsa. La
metropolitana jd'ottima ed elegante strut-
tura, è dedicata alla B. Vergine Assunta
incielo, tra le cui sagre reliquie si vene'
ra con granile venerazione quasi 1' inte-
ro corpo di s. Lodovico arcivescovo di To-
losa. Vi è il fonte battesimale e la cura
d'anime amministrata da due vicari, de*
quali uno è perpetuo. Alquanto prossimo
è l'arciepiscopio, bisognoso da ultimo di
restauri. L'antico capitolo si componeva
di 7 dignità,?.' delle quali era l'arcidia-
cono, di 23 canonici comprese le preben-
de del teologo e del penitenziere, d' 80
beneficiati, e di altri preti e chierici in-
servienliall'uffiziatura divina. PioVIlI col
breve Ecclesiasiicos ritiis^ de' 22 mag-
gio 1829, Bull. Ronii cont. t. 18, p. 16:
Ahrogatio consuetudinis existentis iti
Ecclesia metropolitana Valentina recl*
tancli Matutinum cum Laudibus in cho-
ro liora noctis xir. Il Papa regnante Pio
IX nel concordato del 1 85 1 , concluso col-
la Spagna e riferito in quell'articolo, for-
mò il capitolo come le altre metropoli-
tane del regno, cioè delle dignità del de-
cano I .* dignità, dell' arciprete, deli' arci-
diacono, del cantore e prefetto della scuo-
la, e del tesoriere; di 4 canonici chiama-
ti de offìcioj ossia il magistrale , il dot-
»7
258 VAL
forate, il lellornle, il penitenziere; non clic
d'un numero di canonici delti de gracia^
e d'un numero di 6 beneficiati. Al dire
della citata proposizione, nella città eran*
vi altre 12 cliiese parrocchiali munite del
s. fonte, (\y\G collegiate e altre chiese. Fra
qoesle ultime una è militare. Fra'suoi 22
oratorii, quello di Nostra Donna de los
Desemparados è il più bello, tanto per
conto dell'architettura e quanto per la sua
grandezza; contiene la divota immagine
della Madonna venerata assai come pro-
tettrice delia città e di sua provìncia. No-
tasi pure l'oratorio di s. Vincenzo mar-
tire, parimente venerato protettore della
città. Prima delle deplorabili vicende po-
litiche della tijp^g^/z^. Valenza si pregia-
va di 22 conventi e monasteri religiosi,
oltre due case d'ordini militari, due ca-
se di gesuiti, ed una de'chierici regolari
minori ; le monache vi possedevano 22
monasteri , ed ora sono non poco dimi-
nuiti. Vi è il seminario, diversi sodalizi,
la casa penitenziale per le donne, la ca-
sa d'asilo pe' delinquenti. Generalmente
parlando , le case e chiese religiose sono
osservabili per gli ornamenti di tulli i
generi e per quantità di pitture, gran nu-
mero delle quali opere di artisti nativi di
questa città: talune chiese e altri edìfizi
sono di gusto gotico e moresco. Di più
Ti sono 5 spedali, ne'quali sono medicale
ogni sorte di malattie, compresa la paz-
zia; l'ospedale della Maternità per le don-
ne incinte, l'orfanotrofio, l'ospizio de'lro-
vatelli. Avendo Carlo V fondato in Va-
lenza un collegio per l'istruzione cattoli-
ca de'mori maomettani convertiti al cri-
stianesimo, Filippo Ili volle ampliarlo in
favore delle more maomettane venute
alla fede, ed ottenne da Clemente VII! e
diretto all'arcivescovo Giovanni, il breve
Exponi Nobis, de'6 maggio 1602, BulL
Rom. i. 5, par. i^^. ^i^'.Facultas Ar-
chiepiscopo Valentin, conver tendi sum-
mam 60 mìUiimi libraruni ex pensioni'
bus impositìs prò erectione , et dotatio-
ng Parochialium, in emplionem reddi-
VAL
tua in per pc fuor uni prò manutentìone
CoUegii Pncroriim ex genere MaurO'
rum. nnper conversorum, et erectione Se-
minariiPuellarum ejusdem generi s.Vac-
cennate vicende politiche distrussero, ol-
tre altri benefìci stabilimenti, il monte di
pietà, in cui si prestava senza interesse a-
gli agricoltori e fittaiuoli. Esistono 4 ba-
gni pubblici, il teatro, le caserme pe'sol-
dali e varie carceri. Gli alberghi, le trat-
torie, i cade sono numerosi e in genera-
le pulitamente tenuti, come ben provve-
duti sono i mercati, i viveri e altro essen-
do a discreti prezzi più che altrove. Gli
stabilimenti d'istruzione pubblica di Va-
lenza ponno gareggiare con tutti quelli
del resto della Spagna, per lo studio del-
le scienze e dell'arti. L' università degli
studi ebbe origine per lo zelo del Valen-
tino s. Vincenzo Ferreri, dipoi conferma-
ta dal re Ferdinando V, ed eretta cano-
nicamente con prerogative e privilegi dal
Valentino Papa Alessandro VI. In segui-
to Sisto V colla bolla Copiosus in mise-
ricordia DominuSy de'3o ottobre i 585,
BulL Rom. t. 4, pai'- 4> ?• • 53: De regimi'
ne studii generali s Valentin, ah Alexan-
dre VI institutìy et applicntione benefl'
ciorum ecclesiasticorum. Nel 1786 il re
Carlo III die novella forma all'universi-
tà, ed il Papa Pio Vili col breve StudiO'
rum Universitati Valentìae , de' 5 feb-
braio i83o, 5m//./?o/7z. 1. 18, p. 86: Coni'
municatioprivìlegiorum,aliorumqueju''
riunì Univcrsitatis regni, cum reserva-
tìone activi patronatus favore regis Hi'
spaniae prò Universitate studioruni ci'
vitatis P'alentiae. Questa università si
vuole che sia lai.* della Spagna. Ha 60
professori che v'insegnano la teologia, la
filosofia, il diritto canonico, il diritto ci-
vile, la medicina pratica e teorica, la chi-
mica, la botanica, l'anatomia, le mate-,
maliche e le lingue orientali: possiede un
giardino botanico, un anfiteatro anatomi-
co , il laboratorio chimico, la biblioteca
pubblica. Inoltre Valenza ha 6 collegi, tra
i quali si distingue quello di s. Paolo , e
VAL
parecchi altri grandi slabilimentì cristru*
zioiie secondaria pe'gìovani d'ambo i ses-
si; un'accademia regia di belle arti, sotto
il titolo di s. Carlo , dove si fìjrmano a-
lunni nella scultura, nell'architettura e
nella pittura , ed ogni anno distribuisce
premi; una scuola di disegno frequenta-
tissima, e nella quale parimente si distri-
buiscono premi d'incoiaggiamento; una
società regia economica, ed un* altra bi-
blioteca pubblica nell'arcivescovato. Va-
lenza ha il vanto d'essere slata la i / cit-
tà della Spagna in cui fu introdotta la
stampa neli474> ^ "^1 suo seno meglio
riuscì questa mirabirarle. Le manifattu-
re di stoffe di seta che vi furono un tempo
cotanto fiorenti, sono in oggi sommamen-
te decadute, ma pur oggi stesso formano
ancora uno de'primari rami d'industria ;
le altre fabbricano cappelli, panni, india-
ne (ossia tele stampate e dipinte che an-
ticamente facevansi soltanto nell' Indie),
biancherie da tavola, tele fine e comuni,
veli, galloni d'oro e d'argento, corami,
cordami di canepa e di sparlo (pianta che
spontanea cresce in gran copia nelle pia-
nure meridionali della Spagna), lavori di
stipettaio, fiori artificiali, oggetti confet-
tati, paste d'Italia, acquavite e liquori,
candele, sapone, carte da giuoco, vetra-
mi, oggetti di bronzo, di rame e d'otto-
ne, aghi, terraglie fine e comuni ec. La
caccia de'numerosi uccelli acquatici e la
copiosa pescagione offrono considerevole
profitto. 11 commercio, che in altri tempi
estendevasi fino nella Barbaria, nell' Ar-
cipelago, in Siria e nell'Egitto, ebbe mol-
to a soifrire dalle corse de'barbareschi, e
fu in breve limitato ad alcune potenze
d'Europa ed alleprovincie della Spagna ;
dopo l'indipendenza dell'America meri-
dionale, quasi totalmente cessarono le
sue relazioni col nuovo continente. Noa
avendo Valenza né porto ne rada, le e-
sportazioni e importazioni si fanno sopra
una cattiva spiaggia inferiormente al vil-
laggio di Gran a mezza lega dalla città,
dove si sono stabilite alcune batterie e de'
VAL 2%
magazzini, in cui risiedono de*negozianli,
insieme co' consoli e vice-consoli (inda-
sivamenle al console pontificio) di parec-
chie nazioni. Diede questa città i natali
a un gran numero di peisonaggi celebri
in santità di vita, nelle dignità ecclesia-
stiche, nell'armi, nelle scienze e nelle ar-
ti. In sanlilà di vita ricorderò soltanto: il
taumaturgo s. Vincenzo Fcrreri[]^.) do-
menicano', s. Lodovico Bertrando (V.)
dello stesso ordine; il b. Andrea Hìher-
non [V^ francescano della stretta osser-
vanza; il b. Gasparo Bon (/^.) religioso
de' minimi; e s. Francesco Borgia (F.)
duca di Gandia, indi gesuita e 3.° genera-
le di sua compagnia, protettore contro i
terremoti ne' regni di Granata, Portogal-
lo , Napoli e di Paleroìo. Nelle dignità
ecclesiastiche rammenterò i seguenti. Pa-
pa Calisto III (V.) Borgia , eletto nel
1 4^5», secondo la predizione di s. Vincen-
zo che canonizzò. Si rese celebre pel sin-
golarissimo suo zelo nel frenare anche
coll'armi navali proprie i formidabili ot-
tomani , che pretendevano sottomettere
il cristianesimo all' impero di Turcìiia
(F.). Tra'cardinali che creò vi comprese
due valentiiii e suoi nipoti, Gio. Lodovi-
co Milano {F.)^ e Roderigo Lenzoli Bor-
gia che nel 1492 divenne Papa Alessaii'
dro F1{^V.). Egli fu biasimato pe'P^rc/i-
// (/^.), e celebralo per grandi azioni. Se
denigrato dagli scrittori nemici della
Chiesa e del romano Pontificato , e da
que'che per malignità sfogarono la loro
bile su quanto era da biasimare e con
eccesso, non deve uno scrittore cattolico
cumulare contro Alessandro VI quanto
può rattristare e deformare la Chiesa sua
madre, con ciò che disonora quello che
nella fede fu padre , precipuamente ne*
nostri infelici tempi. Il romano Pontefice
è monarca supremo della Chiesa, e come
tale nel governo della medesima e pei
suo Primato (V.) non può esser giudi-
cato da nessuno ; neppure da' Concilii
(F.) o Sinodi (F.). Nel narrare la storia
grave d' Alessandro VI si deve osservare
260 VAL
iiìodei'azione,poichè egli fu Pontefice /7-
rario di Gesìi Cristo^ il quale ha dello
colla sua divina bocca : Qui non est me-
nini cotitra 7uc est. Conviene poi distin-
guere il Sommo Pontefice, indcfellibile e
divino e la sua persona sagra, dalla con-
dizione mortale e fragile di cui è rivesti*
lo l'uomo. Non premier di mira questo
o quel Papa sulle relazioni politiche, poi-
ché in generale 1* influenza politica de*
Papi fu salutare, benefica e conservatri-
ce, ed ebbe quasi sempre a scopo la pace
o la prosperità pubblica, per tacciare d'al-
cun eccesso, secondo le circostanze de*
tempi, e quindi censurare tutti i Papi in-
giustamente. Non si deve accennare da
nu lato per menare dalTaltro, di cui Vin-
cenzo Gioberti fu sì perito maestro! Un
tempo il Pontefice romano stringeva in
pugno le fila maestre della politica euro-
pea. Finché In grande fìimiglia occiden-
tale corrispondeva al suo appellativo di
cristianità , ed i Papi n' erano 1' oracolo,
questi non mancarono mai a'doveri im-
posti loro dalla fiducia Aq Sovrani (P^.)
e de'popoli, nell'arbitraggio de' loro più
gravi affari e bisogni. Ma poiché quella
grande unità sociale del moudo cristiano
fu scissa; poiché gli siali e regni eziandio
ortodossi dichiararono di non aver biso-
gno che di Dio e della loro spada, i Pa-
pi si circoscrissero nobilmente nell'ammi-
nistrazione temporale de'propristali,con-
tinuando col medesimo zelo nel governo
spirituale della Chiesa. Che se non pote-
rono far trionfare lutti i suoi diritti, per
amor della Pace^ a mezzo i\t Concorda-
ti ne salvarono il piìi meglio che potero-
no. Il governo temporale de'P.ipi, che re-
gnano nel Faticano (/'.), fu ed é sempre
lui buon governo, ad onta delle lagrime-
\oli condizioni in che lo ridussero le rivo-
luzioui; e che se pure talvolta vi si scon-
trano le imperfeziotii e gli abusi insepara-
bili dalle cose umane, la gravità n'é sem-
pre minore degli altri siali e più agevole
ne é il raddrizzamento. Il eh. prof. d. Gia-
como Arrighi compilatore della i." serie
VAL
degli Annali delle scienze religiose^ nel
t. a, a p. a 1 6, die contezza del libro d'Eu-
genio Aroux, il quale seguendo le matte
interpretazioni che Ugo Foscolo e Gabrie-
le Rosselli appiccarono alla Divina Com-
media ed altre opere di Dante, per farlo
comparire un eretico caporione, lo pub-
blicò neh 854 a Parigi dedicalo al Papa
Pio IX^, senza che questi l'avesse accetta-
lo, e col titolo: Dante hérélìqiic révoln-
tionnaire et socialiste, Rcvclations d'un
catoVujue sur le Moyen-age. Ne confutò
in parte le stranezze di cui è pieno zeppo
il libro, e lo qualificò la stravaganza mag-
giore di cui è ferace il nostro tempo, di-
fendendo il gran poeta che merilossi il ti-
tolo f\'\ poeta teologo^ il quale Ira'suoi au-
rei versi cantò: Avete il vecchio! e 'l nuo-
vo Testamento, - EU Pastor della Chie-
sa che vi guida: - Questo vi basti a vo-
stro salvamento. La quale terzina r A-
roux interamente tacque! Fra le altre co-
se arroge al mio argomento che io riferi-
sca un brano dell' encomiato prof. Arri-
ghi. « E questa persuasione dell' interez-
ze della fede di Dante fu tale che tulli an-
darono a gara per lavare la reputazione
di lui da quelle lacche, di cui la sua bile
contro le azioni dì alcuni Papi sembrava
averla mricchiata. Gl'inlerpreli fecero os-
servare eoa quanta diligenza Dante dislin-
gue le azioni personali de' Papi dal loro
potere, dalle loro dignità e da' loro inse-
gnamenti. E qualunque sia il giudiz io che
si voglia fare delleimputazioni da lui fal-
le a' Papi che pone all'inferno, egli è cer-
to che per nulla offende la purezza della
fede l'ammettere pecche personali più o
meno gravi ne' Pontefici. Giacché fino i
bimbi fia 'cattolici sanno distinguere l'/w
fallibilità nell'insegnare daW'impeccabi»
lilà nell'operare: quella fu sempre rico-
nosciuta ne^Papi, non mai questa. Anzi,
quando gli etnpi, per isvillaneggiar la re-
ligione cattolica, vanno rozzolando ne*
mondezzai della storia per trovarvi qual-
che raro Papa, che non rispose coli' inte-
grità della vila alla sanlità della tiara.
VAL
non Fanno alito che copiare autori catto-
lici, preti, monaci, vescovi e cardinali, che
ci tramandarono ne'lorolihri, insieme col-
le gloriose gesta de'ronoianì Pontefici, i nei
che talora resero meno splendida quella
ss. Sede. E que* tristi non fecero che ap-
piccar loro frange alle schiette narrazio-
ni de'nostri storici, i quali soddisfacendo
al debito di veritiero, quale deve essere
lo storico , non vennero meno al dovere
di cattolici, serbando il rlspello alla sede
di Pietro, e a quello di figliuoli riverenti
costretli dalla verità a scoprire le vergo-
gne del padre comune. Senza andar tan-
to per le lunghe si veda il Muratori ed il
Baronio ne'loroy^/i/2«//,odancheil Man-
si nella sua Concilionim antpUssima col'
lectioy ove a ciascun Papa pone la biogra-
fia tratta da autori, per quanto è possibi-
le, veri, e tutti cattolici. Vedasi per esem-
pio al 1. 18 la biografia di Giovanni XI
e Giovanni XII (/^.), ove non tace gli
scandali di que'lempi. E quivi trovere-
te questa rìfiessione gravissima tolta da
Ambrogio Morales, che; La navicella di
Pietro, agitaladajlalii^ ove Cristo seni-
brava dormire^ fu tuttavia dal medesi'
mo liberata non solo da irifinite eresie^
ma la sostenne contro gravissimi scan-
dali ^ a segno che^per quella stessa ra-
gione ^ per cui gli eretici novatori , da
quelli empi che sono , bestemmiano s.
Chiesa, per quella i figliuoli della stes-
sa Chiesa^ pieni di riconoscenza, lodano
Dio e lo benedicono. Argomento lumino-
sissiujo trattato da Paolo Segneri nella
magnifica orazione sulla Cattedra di s.
Pietro; cioè, che i falli de'Pontefici inve-
ce di nuocere alle prove della divitia assi-
stenza , che sostiene la Cattedra romana,
ne sono anzi uno de'piìi splendidi argo-
menti. Perchè non solo gli uomini e i de-
monii insieme collegati non poterono ro-
vesciarla, ma neppure i vizi personali de*
Pontefici. Dal che si deduce non essere
quella opera umana, ma divina. Dante
perciò potè essere calunniatore o maledi-
co cacciaudo dai paradiso uell' iufeiuo
VAL a6t
quanti Papi voleva, ma non per ciò solo
diventava eretico". Miserefurono le con-
dizioni di Roma e anche di tutta Italia
sul finire del secolo XVI, in cui spesso la
forza e la prepotenza soverchiava il di-
ritto, e i sensi avevano sovverso la ragio-
ne;ma pure fra tanti vizi, regnarono gran-
di virtù. Alessandro VI si trovò in tali
condizioni, e perciò nella necessità di fare
rispettare il principato temporale della s.
S^de^ onde si riguarda come il i.° Papa
che mise i suoi successori in istatodi figu-
rare nel mondo come sovrani, principal-
mente control feudatari e i vicari tempo-
rali della sovranità papale. Se talvolta ne
superò i limiti, devesi attribuire air in-
fluenza di Cesare Borgia bellicoso, e alla
sua insaziabile ambizione. Fatalmente il
calunnioso e inverecondo Diario del ce-
remoniere Burcardo acquistò riprovevo-
le fama per 1* indegne e strabocchevoli
sozzure onde l'interpolarono i protestan-
ti, minuziosamente narrando e commen-
tando gli atti privati e domestici di Ales-
sandro VI. A quanto fu criticabile in tal
Papa, si può contrapporre quelle lodevoli
gesta che celebrai in tanti luoghi, la giu-
stizia, la mn-gnanìmità. Io zelo. Per lui si
deve il migliore stabilimento delle Portó
Sante ( V.) del Giubileo (F,) o AnnoSaw
/o.Facile fu nell'accordare l* Udienza^ V.)
a lutti per rendere giustizia, massime ne*
primi tempi del pontificato. Soleva por-
tare seco in una scatola d'oro la ss. Eu-
caristia, e lo dissi nel voi. LI, p. 128. Am-
pliò e abbellì il Palazzo apostolico Fa-
ticano (F.). Già altrove notai il grande
autorevole alto da lui esercitato tra' di-
scordi Isabella I e Ferdinando V sovrani
di Spagna, e Giovanni II redi Portogal-
lo, che lo fecero arbitro nelle loro gravis-
sime differenze. Scopertosi da'portoghe-
si il passaggio all' Indie orientali, ed a-
vendo Cristoforo Colombo scoperta l'A^
merica pe* monarchi spagnuoli, e ricor-
rendo i rispettivi sovrani nelle loro con-
troversie ad Alessandro VI, questi con
i'aulorilk d' uua bolla segnando una li-^
262 VAL
Deu sul mappamotiilo, ussin tiranilo colla
penna un graflìo sull' Oceano, divise le
conquiste cle'due regni e il campo de'lo*
IO conquisti, e le due corone riverenti al*
l'operato dal Vicario di Cristo, vi si uni-
formarono e quietarono. Così Alessandro
VI impedì che i novelli mari si facessero
rossi di sangue cristiano, obbligando stret-
tamente ed edìcacemenle i monarchi di
Spagna e di Portogallo a spedire nelle
nuove terre zelanti missionari apostolici,
sicché fosse ad tasx legittimo titolo a con*
quistarle al regno di Cristo. Alessandro VI
si ammalò a* 12 agosto i5o3 di febbre
maligna, contratta nella campagna di Ro-
ma, la quale si convertì in terzana dopo
cavalo sangue a*i5; prese medicina a' 1 7,
nel dì seguente verso lei 3 ore si confes-
sò da mg.*^ Pietro vescovo Cui mese, il
quale disse messa innanzi a lui , e dopo
la sua comunione diede al Papa sedente
in -sul letto la ss. Eucaiistia, alla presen-
za di 5 cardinali. Nell'ora del vespero ri-
cevuta l'estrema unzione da detto vesco-
vo, trapassò pie-enle il datario e il mede-
simo vescovo. Questo è il diario del u)e-
dico pontificio, che tratto dall'archivio
Vaticano pubblicò il Rinaldi , col quale
resta confutala la scandalosa favola, che
Alessandro VI morì in breve senza rice-
vere alcun ecclesiastico sagramento. Es-
sendosi poi disfigurato il suo cadavere,
die origine alia diceria , che morì di ve-
leno. Le sue ossa e quelle dello zio Ca-
listo 111 , si trovano presso la chiesa na-
zionale di s. Mai ia di Monserrato di Ro-
ina,al modo e pel narrato nel vol.LXVlU,
p. 46) ed aspettano che i nobilissimi ed
opulenti duchi d'Ossuna, loro discenden-
ti , gli erigano un decoroso monumento
in quel tempio. Alessandro VI fu anche
benefico e benemerito colla Spagna e con
Valenza sua patria, alla quale per singo-
iar propensione diede i seguenti nume-
rosi cardinali valentini da lui creati. Ce-
sare Borgia (V.)^ suo figlio, nato io Ro-
ma, poi duca del Valenlinois, nel dipar-
limenlo della Drómc, di cui è capoluogo
VAL
Valenza (V.) di Francia ; i nipoti Gio-
vanni seniore, Giovanni giUuiore, e Pier
Luigi, tutti di sua famiglia Borgia (V.);
il cugino Francesco Borgia (f\) (iglio di
Calisto III; Barlolomeo/l/<:ir /////( /.),Gio-
\amì'\ (\\ Castro (F.)f Jacopo Casaiio\>a
(F.), Francesco de Loris (/'.), Giovan-
ni / era (F.) d'Arcilla diocesi di Valenza,
Giovanni Castellar (F.) ì\v.\\ì\ tliocesidi
Valenza, nella quale citlà morì, oltre al-
tri spagnuoli pel suo amor nazionale. Il
Paovinio riferisce che di 43 cardinali da
luicreati,i8 furono spagnuoli. Inoltre fe-
ce successivamente duca di Gandia, nel
regno e diocesi di Valenza, i propri figli
Pier Luigi , e Giovanni che fu avo a s.
Francesco Borgia. Di tal santo Paolo III
fece cardinali i fratelli Roderico ed En-
rico Borgia^ de'duchi di (iandiaje Pao-
lo V creò cardinale il pronipote del san-
to, Gaspare Borgia de'duchi di Gandia.
Altri due cardinali discendenti del santo
e de' duchi di Gandia, furono Francesco
Borgia e Carlo Borgia Centella Ponce
de Leon. Tra' più rinomati guerrieri di
Valenza, oltre Cesare Borgia, sono a no-
mijiarsi Ugo di Moncada, col quale ebbe
a trattare Clemente Vii, innanzi il fune-
sto sacco di Roma^ J. de Argullo, e F.
di Moncada. Tra'legislatori fiorirono Bel-
luga, Crespi eBojas. Tra'letteratiJ. L. Vi-
ves, P. J. Nugnez-y-Martorell. Tra'poe-
ti Gaspare di Aguillar, Guillen de Castro,
Micer Andres Rey de Artieda , Antonio
Folcb-y-Cardona. Tra gli storici Beuter,
Escolano, Mignana. Oltre a'quali Valen-
za si pregia del botanico Cabanilles , e
de'pittori Espinosa, Rib^^lta, Juanez, Za-
rignena, March, Lopez, Soto-Mayor. Gli
abitanti sommano a più di 80,000 e su*
perano il 00,000 compresi quelli delTe-
sterno circondario. La temperatura di
Valenza e della bella campagna che la
circonda è dolce ed amena, malgrado i
venti d'est e d'ovest che frequenlemenle
vi regnano; l'inverno vi si fa appena sen-
tire; la primavera riesce assai piovosa e
l'estate caldissima; uoudimetio l'umidità
VAL
elle trovasi nelle campagne, e certi venti-
celli d'est vi rinfrescano l'atiuosfera; Tau-
» tunno è la più bella stagione e prolunga-
si quasi fino al teiaiine eli dicembre. Va-
lenza, nobile città,ha dintorni pittoreschi
e seducenti , straordinariamente fertili e
coltivati con multa cura, quindi è questo
paese da (juasi tutti i viaggiatori descrit-
to come un nuovo Eden. Posta in mezzo
a fecondissimi campi, che bene irrigati
in ogni settimana mercé un sistema di
canali immaginato ed attuato da' mori
saraceni, sotto l'azione del calore e del-
l'umidità danno sino a 4 raccolte all'an-
no, e da per tutto ordinariamente 2. Ha
inoltre il vanto di conservare ancora fa-
mosi monumenti di stilfi moresco e sor-
prendenti, che ricordano la lunga domi-
nazione maomettana. Il regno e la provin-
cia di Valenza è lungo 100 leghe e largo
20. Le acque del Segura, del Xucar e del
Guadalaviar si versano in mare sulla sua
costa, ed il Murviedo, il Paleucia, il Me-
jares vi fluiscono con altri minori torren-
ti. Il territorio ha molte eslese pianure,
sel)bene de'monti l'attraversino, ma non
vi ha punto in cui non appariscano se-
gni di fertilità esuberante. La purezza
dell'aria e la dolcezza del clima sono fa-
talmente controbilanciate da frequenti
uragani, da vorticosi terremoti, dalla pe-
stifera influenza del Solano, che sovente
va soflìando dalle spiaggie africane. 1 ter-
reni paludosi d'Oropesa, e d'alcune par-
ti delle sponde del Jucar, ivi rendono il
clima malsano. Si deve all'operosità e
alla perizia agraria de'campagnoli valeo-
zaui grandi elogi, non essendo tali 1 vici-
ni. Non vi è luogo alpestre o arido, che
la loro marra non arrivi ingegnosamente
a l'ertilizzare, e prodiga la natura vi cor-
risponde con abbondanti e raddoppiati
raccolti. Le esportazioni si effettuano co'
rinomati vini d' Alicante, di Benicarlo e
della Torre, co! riso, colle olive, le frutta
secche, il lino, la canapa, la seta. L'indu-
stria non vi è generalizzala, ma non lascia
di far progressi. iVon vi mancano miniere
VAL 263
di cinabro, d' argento vivo, rame , zolfo,
arsenico che diverse considerazioni noa
permisero di scavare: a Murviedro ed a
Segorbia vi èdel piombo mistoad argen-
to, ed io più siti del ferro di diverse qua-
lità. Si scoprirono ancora minieredi car-
bon fossile, ed in alcune parti delle mon-
tagne trovansi cave di gesso, di marmi di
più colori e d'alabastro; né raro vi é il sa-
le che si ricava dalle sorgenti salate. Vi-
vaci , ingegnosi e industri sono i valea-
Zani , di carattere gaio , benché buona
parte non siano felici; l'immaginazione
n'é ardente^ ma volubile; tuttavia hanno
molta tenacità nell'esecuzione de'Ioro di-
segni, massime in ciò che coucerne a' lo-
ro interessi. Coltivano le lettere, le scien-
ze e l'arti con ardore; hanno portato l'ar-
te dell'agricoltura al più alto grado di
splendore, né mai trascurano veruna co-
sa cui credano che la debba migliorare.
Le donne sono belle, di statura alta e
snella e di piacevolissima fisionomia ; la
carnagione loro é fra le più belle della
Spagna; l'adornamento semplice, ma e-
leganle, il carattere amabile, la compa-
gnia graziosa. In generale i valenzani a-
mano le feste sommamente, e l'adunanze
pubblit;he, per te quali niente risparmia-
no, soprattutto se si tratti di feste religio-
se. Meravigliosa é la loro maestria nel
cavalcare. Il dialetto è formato d'un mi-
sto di catalano e castigliano. Nella divi-
sione decretata dalle Cortes nel 1822, il
regno di Valenza formò le provincie di
Castellou della Plana, quasi tutta quella
di Valenza, quella di s. Felipe o Jativa
o Xativa, la massima parte di quella d'A-
licante, e piccole porzioni di quelle di
Teruel e Murcia. Attualmente il regno
di Valenza si compone delle 4 provincie
di Valenza, Castellone, Xativa e Alicau-
le. Oltre l'antica capitale Valenza, sono
principali città del reame Morviedro o
Sagunto, Muri Veteres^ che espugnata
da' cartaginesi, ne parlai in più luoghi;
Castellone della Plana, Cas Lilio ^ nella
quale di recente fu trasferita la sede ve-
a64 VAL
scovile di Segorve {P".); Panìscoln (F,)^
lesa famosa dal soggiorno e morte del-
J'aulipapa Beueilelto X\\\; SegorlnjXiì'
li va, SctahiSf o san Gilippoo Felipe, Hib-
biicata su d'una rupe con castello di di-
fesa, già sede vescovile eretta nel V seco-
lo, poi sufliHganea di Valenza; Gandia,
ducato de* Borgia die vi fondarono un
distinto collegio e fabbricarono il bel pa-
lazzo, coA piccolo porlo e rimarcbevole
chiesa collegiata; Denia , Dianum^ riiio*
mala perla vetusta origine, con buon
porto custodito da forte castello, già se-
de vescovile eretta nel VI secolo, poi suf-
fraganea di Valenza; Alicante, nella qua-
le come rilevai nel voi. LXVIII, p. 200,
\ièstata traslocata la sede vescovile d'O-
rihudaj Elea (F.), Illicis^ antica e con-
siderevole città, presso al capo di s. Po-
la, già sede vescovile, poi sulFraganea di
Valenza; ed Or Untela (F.). Sulle nomi-
nale sedi vescovili si può vedere il voi.
LXVIII, p. 83. Il governo pontificio tie-
ne in Valenza, come in Cadice, un conso-
le residente, ed ora lo è Francesco Fer-
rer y-Valles: però il console generale sog-
giorna a Barcellona. Alcuni calcolarono
a circa 900,000 gli abitanti del reame
di Valenza, altri a più d'un milione. 11
maresciallo Narvaez porta il titolo di du-
ca di Valenza dal i843.
Valenza, Valencia, Fahntia^ è la Va-
lentia Edetanorum seu Contestanorutn
de'romani, ed i primi popoli della regio-
uè, che si conoscono, furono gli Edetani
e i Conteslani. Gli edetani ebbero il no-
me da Edeta o Lìria, città antichissima
eretta da'pri.milivi abitanti della Spagna,
e surse a qualclie distanza del fiume Tu-
ria, ora Guadalaviar, al cui nord fu e-
dificata Valenza. Gli edetani furono uo
popolo possente, che dominarono diver-
se ciltà più considerabili della contrada,
ed il paese abitato da essi ebbe il nome
di Edctanìa, che corrisponde pi esente-
mente alla parte seltentrionale del regno
di Valenza. 1 conteslani, popoli della Spa-
jgua pit^ripre, ati'Uavaao il pae^e al sud
VAL
dogli edetani sino alla Betica , od alme-
no sino all'eslremilà della Tarragonese,
ove Irovdvansi luoghi dipendenti tla'ba-
stitani, che stavano in parte nella Betica
orientale. Vuoisi che la contrada da lo-
ro abitala e denominala Conlcstan'ui^
cortisponda in gran parie a quella che
modernamente dicesi regno di Valenza,
avendo pure portato i nomi di lìJai'ita'
nia e di Deitauia. Questa grande e an-
tica città dicesi edificala 240 anni innan-
zi la nostra era; distrutta nella guerra di
Pompeo Magno, fu ristabilita da Giulio
Cesare. Dipoi la ciltà di Valenza e la re-
gione passò da'romani a' goti conquista-
tori, e da essi a' mori saraceni nel 7 1 5,
i quali pressoché distrussero Valenza ver-
so il 761, ed i cristiani trasportarono le
sagre ossa di s. Vincenzo [F.) martire
nell'estremilà del Porlogallo, in un luogo
che dal suo nome s'intitolò poscia pro-
montorio di s. Vincenzo, e cominciaro-
no a fabbricare in Oviedo l'insigne mo-
nastero in onore del sauto , al liferire
dell'annalisla Rinaldi. Narrano il Biiller
e il suo annotatore, ches. Vincenzo, uno
de'più illustri mai tiri, da Saragozza sua
patria fu portato in Valenza e rinchiuso
in orribile prigione, indi dopo crudelis-
simi tormenti fu il cadavere giltato nel
mare; miracolosamente lo ricuperarono
due cristiani , e lo seppellirono in una
piccola cappella fuori delle mura di Va-
lenza; indi le sue reliquie furono traspor-
tale da Valenza alla badia di Caslres nel-
r864 pei* sottrarle dal furore de* mori, e
n'ebbero porzione altre chiese, come l'ab-
bazia di s. Germano de'Prati, Valenza di
Linguadoca e Lisbona . ES'el voi. LXVIII,
p. 85, riparlai delle gloriose gesta del pro-
de Cid o Rodrigo Diaz di Bivar di Bur-
gos, il quale nel 1094 conquistò sui mo?
ri Valenza, ove si stabilì e mori nel 1099,
La porta per la quale fece il suo ingres-
so nella città prese il suo nome, e quan-
tunque l'espugnò pel re di Castiglia o di
Leon Alfonso VI, la ritenne e governò
fiucl^è visse ip un'intera dipendenza. La
VAL
sua ve<lova, la celebre Chimene o Xiine-
ne, la consegnò al re di Castiglia, il quale
gliene confidò il governo; assaltala Va-
lenza nel 1 loo (ìa'mori di Cordova , ella
con vigorosa resislenzu gli obbligò a levar
l'assedio; nondimeno Valenza fu presa
r anno appresso, e lornò in poleie de'
niussubnani re di Cordova , a' quali era
slata tolta; ({ualche tempo dopo divenne
capitale del particolare regno di Valenza.
Giacomo 1 il Conquisiatoreyied'A.vdQO'
Da, conquistò la città con islrepitosa vit-
toria, che gli procacciò il titolo di Fitto-
n'oso , insieme col regno del suo nome
nel 1238, e la popolò di catalani e fran-
cesi delle provincie meridionali, avendone
espulso moltissimi mori. Racconta il Ri-
naldi, che Giacomo I assediò la città con
numerosi e poderosi stuoli de' suoi, e si
ancora di francesi ed inglesi, i quali pre-
sa la croce futta bandire e predicare da
Papa Gregorio IX, passarono nella Spa-
gna e cinsero d'assedio Valenza, respin-
gendo valorosamente i mori nelle loro
sortite con grande loro uccisione. Indi i
crociali vinta 1' armata maomettana di
Tunisi , accorsa in aiuto co' loro correli-
gionari, costrinsero Zaeno re moro a ce-
dere la città per estreaia penuria di vet-
tovaglie. Partirono da Valenza per accor-
do 5o,ooo maomettani, indi Giacomo l
fece puigareco'rili cristiani i sagri templi
profanali da' mori, vi ristabilì il vescovo,
e succederono nuovi abitatori cristiani.
Pervenuta la lieta novella a Gregorio IX
ne'priini del i 2 89, non si può due quan-
to mai ne fu contento, e perchè si potesse
ritenere e difendere il regno di Valenza
da'cristiani, stimolò ad andarvi a stabilir-
si i catalani, i francesi, i lombardi, propo-
nendo loro i premi delle sagre indulgen-
ze. 11 re Giacomo I nelle terre del regno
di Valenza, tenute sì lungamente da'mo-
ri e conlaminate colla bai bara supersti-
zione maomettana, vi eresse molte chie-
se, ed il Papa per gradimento gliene con-
cesse il padronato. Quindi Valenza col
SMo reauie seguì le viceUde di quello d'A-
VAL 26j
ragondy perciò seguì lo Scisma d' occi-
dente cagionalo dall' antipapa Clemente
VII, che stabilitosi in Avignone , molli
popoli ingannati ne seguirono V Ublfidien'
zrt (^/^.J credendolo legittimo, e perciò ne
restò inviluppato lo stesso valenziano s.
Vincenzo Ferreri, che nell' università di
Lerida ricevè il dottorato dall' anticardi-
nale de Luna legato del pseudoPapa.
Questi nel 1890 inviando l'anticardinale
suo legato in Francia, recatosi a Valenza,
volle che il santo l'accompagnasse. Mor-
to l'antipapa, gli successele Luna col no-
me di Benedetto XIII nel i 394> e tosto
chiamato a se in Avignone il santo lo fe-
ce Maestro del s. Palazzo (F.), e poi suo
confessore. Ormai s. Vjnceozo avveduto-
si dello spirito dell'antipapa, tralasciò di
difenderlo e favorirlo col suo credito, ed
afflitto per lo scisma che divideva la Chie-
sa, con velo procurò d'indurre Benedet-
to XllI a porvi fine; ma egli ambizioso
fece promesse che mai effettuò. Gli offrì
vescovati e il cardinalato, ma il santo
non volle accettare, e preferì di recar-
si a fare il missionario apostolico. L'an-
tipapa l'invilo a portarsi in Genova ov'e-
rasi recato , promettendo di rinunziare
alle sue pretensioni sul papato; il santo
ubbidì, ma non furono ascoltali i suoi
animonimenti di far cessare il pernicioso
scisma. Benedetto XIll dovette abbandor
nare .Avignone e ritirarsi a Perpignano,
essendosi la Francia sottratta dalla sua
ubbidienza, da dove passò in Paniscola.
JXeli4i5 si condusse a Valenza, per in-
vestire del regno di Napoli Giovanni se-
condogenito di Ferdinando I red'Ai'ago-
na, alla sua presenza e della regina, do-
po aver insieme ascoltalo la messa. L'ari-,
lipapa co'solili riti benedisse il vessillo che
Giovanni doveva portale nel reame, e di
questo l'investì nel consegnarglielo, es-.
sendo il principe genuflesso. Giovanni ba-
ciò i piedi e la mano a Benedetto XllI,
e questi l'ammise al bacio del volto; poi
baciò la mano al re padre, il quale pure
l'ammise al bacio dei volto. Fialtanto di-
266 VAL
\enutos. Vincenzo confessore e pretlica-
lore tli Ferdinando I, lo consigliò di sol-
trRi'ji dall'ubbidienza dell' ostinato anti*
|)ii()a, qualora non si folesse sottomettere
ni concilio che celebra vasi in Costanza per
dare la pace alla lacerata Chiesa , onde
il le con editto de'6 gennaioi4i6 ma-
iiifestu a'suoi sudditi di rimettersi all' o*
perato del sinodo. Nello stesso giorno s.
Vincenzo predicò pubblicamente , che
Pietro di Luna era un perfido inganna-
tore del popolo di Dio, onde i re di Ca-
sliglia e Leon, e d' Aragona eransi ri-
tirati dalla sua ubbidienza con altri prio*
cipì. Continuando l'antipapa nella sua
caparbietà, neli4i7 fu deposto e scomu-
nicato dal concilio^di Costanza. Indi riti-
ratosi in Paniscola (Z^), Martino V e»
letto in detto concilio pubblicò contro di
lui la crociata, anche nel regno di Va-
lenza, ma non si elFeltuò per averlo im-
pedito il re Alfonso V. Morto l'antipa-
pa gli successe il falso Clemente Vili nel
1424, riconosciuto da Alfjuso Vj fi-
iinliuente nel i4^9 terminò lo scisma
colla sua rinunzia. Il Pontefice Nicolò V
per la guerra contro i turchi, avendo
concesso ad Alfonso V re d' Aragona le
decime e altri sussidii ecclesiastici, sul
modo di pagarle essendo nata discor-
dia negli stali del re, fra il clero e i
regi ministri, il Papa per estinguerla a*
i3 novembre i4^o deputò il cardinal
Jeun vescovo Morinense ossia di Te-
rouanne suo legato a latore nel regno di
Valenza e altri dominii, e con breve de*
ig conferì al cardinale 1* opportune fa-
coltà per sedare silfatte diderenze, in che
pienamente riuscì, ed il Papa l'approvò
a'25 gennaioi45i. Ferdinando V re di
Castiglia edi Leon, pel suo matrimonio
colla regina Isabella I, divenuto nel 1479
re d'Aragona e poi di Granata neli493
e di Na varrà neli5[2, fu ili.° re di tut-
ta la Spagna (/^.), onde Valenza col re-
gno fu riunita alla monarchia e ne seguì
i destini. Nel 1609 '' ''*^ Filippo III aven-
do ordioalo sullo pena di morte a tulli
VAL
i mori stabiliti nel regno di Valenza, di
partire dalla monarchia di Spagna in ter*
mine di 3o giorni, questa espulsione re-
cò gravissimo pregiudizio alla città e al
reame di Valenza , poiché perdette più
della metà di sua popolazione, ma ci gua-
tlfignò nella morale e nella religione , il
che piò importa. Tuttavia al presente la
popolazione valenziana è più numerosa
di delta epoca, raddoppiandosi altresì le
sue produzioni. Durante la guerra della
successione alla monarchia spagnuola,
per morte di Carlo 11 d'Austria, Valen-
za riconobbe sulle prime Filippo V di
Borbone, ma poco stante aprì le porle a*
generali di Carlo arciduca d'Austria. Pe-
rò, dopo la battaglia d' Almanza , com-
battuta sulle frontiere del regno di Va-
lenza a'25 aprilei707, ed ove in memo-
ria della decisiva vittoria riportata da*
francesi e spagnuoli, comandati dal ma*
resciallo di Berw^ick, sugli austriaci e al-
leati sotto la condotta dell'arciduca Car-
lo, Valenza fu forzata ad implorare la cle-
menza del re, al quale avea mancato di
fedeltà. Filippo V portatosi nella città
punì i ribelli col supplizio di gran nume-
ro di loro, colla perdita di tutti i privi-
legi notabili goduti da essa e dal suo re-
gno, e coll'obbligazionedi seguire gli sta-
tuti di Casliglia; altrettanto subì il regno
d'Aragona, egualmente conquistato. Nel
secolo progrediente i francesi se neimpa*
dronirono n' 9 luglioi8i2, sotto il ma-
resciallo Suchet, e l'evacuarono in giù-
gnoi8i3, cessando il loro precario pos-
sesso. Ferdinando VII ricuperò quindi
tutta la monarchia di Spagna , ed alla
sua morte toccando la successione di es-
sa al fratello Carlo V, restò posposto, ad
onta che per lui si dichiararono i regni
di Valenza, Aragona, Castiglia ec. Nella
guerra di questa sua successione, si distin-
se nel regno di Valenza il valoroso ge-
neral Cabrerà; ma il re non potendosi
più sostenere, Carlo V rinunziò i suoi di-
ritti alla corona di Spagna al suo degno
primogenito conte di Moulemoliu , che
VAL
prese i! nome di Ca; lo VT, e ritiratosi in
l^rieste ivi terminò i suoi giorni. In ta-
le articolo, dopo aver narrato altre noti-
zie riguardanti lo sventurato e virtuoso
Carlo \ e gli ultimi anni di sua vita,
promisi in questo di accennare i princi-
pali avvenimenti di Spagna accaduti do-
po la pubblicazione di quell'articolo, cioè
in seguito de'posleriori al luglio 1 854 P^^'
la rivoluzione militare scoppiata a Ma-
drid e sue rovinose conseguenze , già il
tutto deplorato e riportato a Toledo, il
cui defunto arcivescovo presenlò in no-
me della regina al Papa Pio IX un pre-
ziosissimo Triregno (f^.y, onde in breve
\ado qui ad elFeltuario. Se lo scrivere è
considerato tra le più gravi e diilicili fa-
tiche toccate in retaggio a' figli di Atla-
iDo; lo scrivere la storia contemporanea,
ed inoltre ridurre in brevi proporzioni
un complesso di copiose nozioni, è assai
ardua e angustiosa impresa, e nella qua»
le di frequente mi devo accingere in epo-
che fecondissime di rapidi e svariati gra-
vissimi avvenimenti. Divenula la Spagna
per la suddetta rivoluzione il convegno
di molti rivoluzionari del continente, pas-
sò un periodo violento d'anarchia legale
e di dispotismo rivoluzionario, d'ogni ge-
nere di persecuzioni sistematiche contro i
moderati, ogni classe di savie persone e il
clero, di usurpazioni religiose con porsi
eziandio in vendita i beni ecclesiastici (le
sole Provincie Basche resìsterono a tale
iniquo spogliamento), che lesive al con-
cordato concluso colla s. Sede neh 85 1,
allaoienle furono riprovate dal Papa Pio
IX col riferito nel citato articolo. L'enor-
me debito pubblico della Spagna alla fi-
ne del luglio i855 montava a più di j5
mila milioni di reali, con circa 4 n^il^t ini-
lioni di reali in carta. Frattanto la Spa-
gna fu in preda a desolanti condizioni.
Peste, fame, incendii, assassinamenti, ri-
volture, inondazioni, supplizi; dappertut-
to guerra, in tutti i cuori spavento, in tut-
ti gli animi incertezza e inquieti indine.
La tremenda crisi fu preceduta dali'um-
VAL 267
mutinaraenlo di varie citta. Quello di Va-
lenza fu qualificato come la mostra prin-
cipale data nella Spagna dalla demagogia
delle proprie forze organizzate; appunto
perciò in quest'articolo mi proposi dare
un'indicazione delle notizie di Spagna,
ritenute da me indispensabili per le pre-
cedenti pubblicale. Il governo prese tan-
to in sul serio la faccenda , che vi spedi
a reprimerei ribelli il general Zabala mi-
nistro di slato. L'indagini falle scopriro-
no che tutta la milizia nazionale di Va-
lenza fu complice dell'attentato; che il
capitano generale della provincia Vdla-
longa fu costretto a capitolare con essa
per mancanza di sudicienti forze a resi-
stere, e per trovarsi le autorità senza la
coscienza e il coraggio di opporsi. Abile
ed energico il Villalonga , la sua azione
si disse impedita dall'istruzioni private di
lenità e ntitezza verso i sollevati, del pre-
sidente de'ministri Esparlero, ilqualegià
aveva concesso l'impunità a tutti i pub-
blici perturbatori degli ultimi tempi, an-
zi dagli onori e da'premi decretati or dal-
l'assemblea delle Cortes, di cui pure era
presidente, or dal governo che dirigeva,
ad ogni sorta di cospiratori. Nondimeno,
e sembrò strano, si affettò sdegno contro
queli." colpo, colla destituzione del Vil-
lalonga, operata dal Zabala e ad onta che
sul luogo aveva ben potuto g^iiidicare de'
fatti. Per allora il pronto accorrer delle
soldatesche nella ribellata Valenza , e il
non esser stato imitato il suo esempio da
altre città, fece cessar il disordine e quie-
tar il rumore. I capi de'faziosi arrestati
dalle milizie,mercè potenti protezioni riu-
scirono a sottrar la loro causa dal giudi-
zio militare, e sottometterla a' tribunali
ordinari, i quali da lungo tempo erano co-
stumati a usare ogni riguardo a tali se-
dicenti coraggiosi difensori della libertà.
11 movimento di Valenza smascherò mol-
ti, e svelò tutta l' organizzazione pode-
rosa del vandalico Socialismo [P^.) nella
Spagna, specialmente nelle provincie o-
rienlali. 1 giornali progressisti, senza al-
268 VAL
cun rilegno, pubblicarono clocnmenli da*
quali risultò, che in tutta la regione det-
ta la Coronilla de Aragona^ e più spe-
cialmente in Valenza e Barcellona, v'ha
un gran numero eli società segrete che
giurano col pugnale in mano l'esterminio
degli aristocratici e il livellamento delle
proprietà. L'operato in Valenza e tali
manifestazioni, fu preso per una vera mi-
naccia all'ordine pubblico d'Europa. La
lotta delie due fazioni cominciò quindi
quando Espartero incoraggialo da'demo-
cralici e spinto eziandio da' progressisti
puri, volle ripetere l'antico tentativo d'i-
solare il suo collega ed emulo ministro
della guerra e conte di Lucena Leopoldo
O' Donnell, allontanandogli dal fianco i
generali collocali ne'gradi più imporlun*
ti. E^parlero si cinse dell'armi delle mi-
lizie nazionali, e O' Donnei! delle schiere
dell'esercito, meditante un colpo di sta-
to. Successivamente insorsero Vallado-
lid, Rioseco, Valencia, Badajoz, Mojados,
Camillac, Maracena, Lillo, Oviedo, Due-
iias, Triana, Eslella, Duron, Aranjuez,
Toledo, Zamora, Linares, Vidi , Siviglia,
Barcellona, nuovamente i contumaci di
Valenza, Murcia, Saragozza, ec. ec. Tut-
te queste sollevazioni ebbero l'indole so-
cialistica, guerra alla proprietà e all'au-
torità, con bruciauìento delle fabbriche
manifatturiere, e domande sfrenate d'au'
mento di salario giornaliero per gli ope-
rai. Siffatto violento e lagrimevole stato
di cose finalmente ebbe la sua terribile
crisi , principalmente ne'snnguinosi e o-
stinati combattimenti di Madrid , nelle
desolanti e famose giornale de'i4> i5 e
j6 luglio 1 856, che iniziarono le ultime
mostre che dell'anarchia uvea per ora di-
visato di fare la demagogia spagnuola.
Ne'3 giorni precedenti radunati a consi-
glio i ministri per prendere energiche
provvidenze sulla desolante condizione
di tutta la Spagna, ebbero luogo discus-
sioni vivissime alla presenza delia regina.
)1 ministro Escosura propose la pubbli-
pa^iooe della costituzione , ipcolpaqdo i
VAL
moderati, i carlisti, e massimaraente il
clero cotne c.igione prima di tanti disor-
dini. O' Donnell sdegnato di tanta men-
zogna e arditezza, si levò immantinenti
di consiglio e die la sua dimissione. Espar-
lero e gli altri dilfidando di reggersi soli
« tante catastrofi rinunziarono anch'essi.
La regina accettò queste riiumzie, e ab
cune ore appresso si rivolse fiduciosa-
mente ad O' Donnell, perchè questi com-
ponesse un nuovo ministero, e fu allora
che arditamente contro la regia preroga-
tiva i faziosi declamarono in Madrid, fin-
che il popolo corse all' armi. O' Donnell
tenne fermo, vinse la ribellione di Madrid,
e decretò lo stato d'assedio per tutta la pe-
nisola. Tutto egregiamente venne com-
pendialo dalla Civiltà Cattolica, massi-
me nella serie 3.", t. 3, p. ^5o. Il suo cor-
rispondente definì Esparlero ed O'Don-
nell: Espartero capo, vessillo e guida na-
turale di tutte le fazioni ultra li'berline, di
tutti i principii dissolventi. O'Donnell ca-
po casuale e speranza unica delle frazio-
ni conservatrici e de'principii d' ordine.
Tutte le capitali e le città più importan-
ti della monarchia, principalmente Bar-
cellona e Saragozza , si pronunziarono
contro il gabinetto ministeriale del gene-
rale presidente e ministro della guerra O*
Donnell : ma fortunatamente la ribellione
da'fedeli militari, nel ilifendere costante-
mente la monarchia e l'ordine sociale, fa
soffocala per tulio, di guisa che al comin-
ciar del seguente agosto non rimasero
delle scorse vicende che le molle lagrime
versale sopra il sangue largamente spar-
so in (ma lolla cosi generale; e vinta dal-
le coraggiose e fedeli milizie della regina
Isabella 11, e dal gran numero di perso-
ne dabbene che si unirono alle forze del
governo per salvare se e lo stalo dal ter-
ribde vandalismo che desolò la Spagna
con disastrosi incendii de'socialisti o pro-
gressisti puri, saccheggi e uccisioni senza
modo né freno. O' Donnell ne uscì vilto-
rioso,e formò tm nuovo ministero alquan-
to moderato e iadulgeale, molli individui
VA L
de! quale SI mostrarono clisposlissimi a ri-
parare al danno che la religione aveva
sofferto sino allora nella Spagna; essendo
ciò pure ardenlissimo desiderio della re-
gina, mentre il popolospagnuolo in tutta
la penisola domandò altamente la ricon-
ciliazione colla Chiesa, per cui in favore
di questa sì concepirono liete speranze.
Quindi in tutta la monarchia fu sop-
pressa la guardia nazionale (nel modo in-
teressante riferito dallo slesso Giorna-
le (li Roma del i856, p.8o8e n.*'2o4),
sciolte le magistrature municipali, licen-
ziate le Cortes costituenti, sciolte le società
di fabbricanti e operai del principato di
Catalogna, e poi anche le loro casse di soc»
COI si e associazioni, con quelle disposizioni
prese dal luogotenente generaleZapatero,
che riprodussi nel voi. LXXXIV, p.54e
55. A' I 5 settembre dello stesso 1 856 si ri-
pristinò la costituzione promulgata per la
Spagna a* 23 maggio i845, e quale re*
guava allo scoppiar delia rivoluzione del
ricordalo luglio 1 854, e con qualche lie-
ve modificazione d'un atto addizionalejsi
dispose di riunire il senato a vita de'com-
ponenti, come vìgeva avanti tal politica
commozione, e d' aumentarlo con alcuni
nuo vi senatori; di convocare ì comizi per
1' elezione generale de' deputati alle Cor-
tes, secondo il sistema elettorale della co-
stituzione del 1837; di sospendere la leg-
ge degli Ayuntamientos votata dalle Cor-
tes costituenti, e intanto porre in atto al-
tri regolamenti perle deputazioni provin-
ciali. Arrogeche io ricordi l'importante
articolo che si legge nell'encomiata Civil'
tà Cattolica j\, 4> P-i45'. e intitolato: Le
Cortes costituenti e la Milizia cittadina
in Ispagnaj non che le gravi parole pro-
nunziate dal giornale di Madrid l'iT^^re/-
la, sulla condizione fatale da cui fortu-
natamente uscì la Spagna, e ripetute da'
n.i 2 1 o e 227 del Giornale di Roma del
i856. Indi \a Civiltà nel citalo voi. ri-
parlando delle cose di Spagna a p. 246,
quanto alla questione ecclesiastica, la ri-
conosce la più spifiusa e più diUiciledie
VAL 269
si presentò al nuovo ministero, perchè co-
stò la breve vita ministeriale al ministro
delle finanze Cantero , a motivo della
fretta inopportuna in raccomandare a*
suoi dipendenti la rapida e puntuale e-
secùzione della biasimevole legge di dis-
ammortizzazione votatasi dalle Cortes co-
stituenti, contro i beni del clero. Volle e-
gli senza dubbio farsi con tale zelo un me-
rito presso la fazione progressista , che
professava aperta ostilità a danno del cat-
tolicismo e perciò contro la s. Sede, con-
tro la quale erasi sostenuta deplorabile
lotta, con politica biasimevolecheper lun-
go tempo oltraggiò laChiesa,e specialmen-
te ne'due precedenti anni. Gli uomini o-
iioratì e prudenti non potevano tollerare
con pace che non fosse riparato dal no-
vello ministero ogni aggravio e ingiuria
dolorosa recata alia Chiesa in detto ulti-
mo periodo, di tempo, e l'offesa al senti-
mento religioso del popolo invece di ces-
sare fosse aumentata. La grande solleci-
tudine e l'impegno fianco della pietà fi-
liale della regina verso il Papa, esigeva
da'suoi ministri che gli si desse un'intera,
efficace e pronta soddisfazione, de'violati
diritti della s. Sede e della conculcata di-
gnità del clero. Or dovendosi pure secon-
dare la giusta espettazione del popolo, e
far ragione alla volontà della regina, bi-
sognava dall'una parte cominciar appun-
to dal rimuovere l'ollesa più grave, qua-
le si era la disammortizzazione de' beni
municipali, dì Chiesa e de' luoghi pii; e
dall'allra parte ciò non poteva fare quel
Cantero che pochi dì innanzi erasene mo-
strato cos'i passionato partigiano. Laonde
visto il mal punto, al quale erasi tal mi-
nistro ridotto, rinunziò all'uflizio e vide
sul fatto accettata la sua rinunzia a' 18
settembre. Gli fu destinato a successore
Salaverria, antico e probo uffiziale cospi-
cuo dello stalo, il quale si recò ad ono-
re l'inaugurare la sua nuova carriera col-
l'apporre la firma al real decreto che so-
spende la vendita de'beni del clero seco-
lare, sospende l'esecuzione delia legge del
270 VAL
disammoilizzamenlo, e annulln ogni di-
sposizione contraria. Così fu fallo il i.°
passo per rannodare le intenotle relazio-
ni della Spagna coi Padre comune de'fe-
deli,da'iuinistri d'una reginaed'una na*
zione sinceramente cattolica. L' enorme
deficit lascialo ne' bilanci, e per conse-
guenza nell'erario, dagli sconcerti econo-
mici della dominazione progressista, an-
che con aver le Cortes costituenti soppres-
so il dazio di consumo che formava la
base principale delle pubbliche entrale,
invano si volle riparare colla spogliazione
della Chiesa e de' poveri de'Ioro legittimi
beni, poiché la disammorlizzazione non
riuscì ad incassare che un meschinissimo
pugno di reali, presto assorbito da'biso-
gni urgenti come stentatamente inlroita-
to. La G azzelta di Madrid noli fìch il de-
creto che ristabilì la casa centrale de'ge-
suiti a Loyola nella provincia di Guipu»
scoa, fondala neh 85 1 sotto il ministero
BravoMiuillo, e chiusa nella rivoluzio-
ne del 1854 colla relegazione de'gesuiti
all'isole Baleari. Perciò il GiomalediRo'
ma^ a p. 972, pubblicò la seguente ordi-
nanza del ministro d' Oltremare Colla-
do de'2 ottobre 1 856. «Considerando l'e-
sposizione falla a questo dipartimento dal
prociM'alore delle missioni della compa-
gnia di Gesti, colla quale manifestava
l'iropossibilità che il collegio situato og'
gi a Palma di Maiorca possa corrispon»
dere al sagro fine di sua istituzione, op-
ponendosi l'eccentrica situazione del pun-
to del suo stabilimento e l'insufficienza
del locale destinato, dove non è possibi-
le ammettere i necessari novizi, ne pro-
porzionare agli ammessi l'indispensabili
condizioni per compiere un giorno il lo-
ro scopo. Considerando l' esposizione fat-
ta nel novembre 1 854 ^'''^ presidenza del
consiglio de' ministri, nella quale esposi-
zione s; sollecitava che i pp. della compa-
gnia diGesìi continuassero inLoyola.Con-
siderando un* altra esposizione , che più
d*8ooo cittadini, rappresentanti la pro-
vincia di Guipuscoa,fecerouellostessoaa-
V A L
no alle Cortes coslituenli, e queste la pas-
sarono alla risoluzione del governo, nel-
la <piale si domandava che fosse restitui-
to a Loyola il collegio de* pp. della com-
pagnia di Gesù, che così graia memoria
aveva lasciato fra qtie'leali e morigerali
abitanti. Considerando diverse comuni-
cazioni de' governatori generali dell' An-
tille, mostrando al governo l'urgente ne-
cessità di collegi de*pp. gesuiti , e consi-
derando ancora, i. Che l'esperienza ha
dimostrato la legittimità delle grandi spe-
ranze, che furono concepite determinan-
dosi nell'isola di Cuba la fondazione di
collegi de' pp. gesuiti per migliorare l'e-
ducazione religiosa e l'istruzione morale
ed ÌMtellelluale,che riceveva prima la gio-
ventù di quella provincia. 2. Che questi
medesimi risultati finora conseguili, co-
me anche quelli che si hanno a sperare,
svanirebbero completamente, se i sud-
delti gesuiti fossero privati de'mezzi op-
portuni per provvedere alla continuazio-
ne e all'auuiento di una casa matrice nel-
la capitale. 3. Che la situazione di Pal-
ma di Maiorca e le circostanze delle ca-
se ivi stabilite, rendono impossibile il con-
seguimento de*fìni alli e necessari, il cui
compimento dovrebbesi facilitare. 4* Che
la Iraslocazione della casa matrice da
Palma a Loyola, per nulla innova essen-
zialmente il mandato oggi vigente. 5.Che
col ritorno a Loyola della casa matrice
non si producono le spese che suppone-
va la creazione di quella in qualunque
altra città della penisola. 6. Che essen-
dosi ristabilita con ordine reale de*rg ot-
tobre i852 la compagnia di Gesù, uni-
camente per le nostre provincie trans-
atlantiche, non può riconoscersi come cor-
porazione religiosa soggetta alla compe-
tenza della amministrazione penisolare,
ma alia centrale oltremarina. 7. Checer-
to al ministero di V. S. corrisponde il
dispaccio o per lo meno l' intervento in
ogni assunto, che più o meno direlta-
luente involgono questioni di polizia ge-
nerale ammiuiàlrativa della penisola: S,
VAL
M. la Reginn (raccordo col consiglio de*
tuinistri ha ordinalo che i missionari del-
la compagnia di Gesù siano autorizzati
a riportare a Loyola la casa matrice al
presente stabilita a Palma di Maiorca.
Per ordine reale lo dico a V. S. per sua
norma e per gh elfetli corrispondenti. Dio
tì salvi per molli anni". 1 giornali spa-
gnuoli riportano i decreti della regina I-
sabeila, de'i2 ottobre i856 sulla accet-
tazione della dimissione del ministero O*
Donnell e della nomina del nuovo, rife-
riti dal Giornale di Roma a p. 976. Per-
tanto la regina dichiarò, che consideran-
do i meriti e le qualità del capitano ge-
nerale dell'esercito Ramon M." Narvaez
duca di Valenza, lo nominava presiden-
te dei suo consiglio de'ministri. Era sta«
to ministro dal 1844 ^''^4^> e dal 1847
ali85i: nel 1848 era stato detto il salva-
tore della Spagna, per aver combattuto
decisamente e con senno la rivoluzione
che dominava l'Europa, intorno a que-
sto cambiamento ministeriale, nel citato
Juogo si legge. Il ministero O' Donnell «
caduto, essendo sostituito da un altro as-
sai più conforme a'bisogni della situazio*
ne politica e a'diritti del parlilo modera-
to. Questo successo è un bel trionfo del-
la pubblica opinione, del sentimento co-
mune. Il cambiamento politico, che si è
verificalo, ha la sua spiegazione natura*
le e logica non solo nelle attribuzioni e
nelle prerogative della corona; ma anche
nel dovere in che si trova questa di chia-
iTìare al potere uomini che rappresenti-
no principii opposti a quelli che hanno
dominalo anteriormente, quando questi
principii sono stali quelli de'parlili, Vin-
to il progressista a' i4 luglio 1 854, era
naturale cl»e venisse a rimpiazzarlo nel
governo dello stalo il parlilo conservalo-
re , di cui è capo il duca di Valenza, e
la regina,chiamando ne'suoi consigli gl'in-
dividui dei partito conservatore, non so-
lo ha pagato im tributo alla pubblica o-
pinione, ma ha compiuto uno de'suoi al-
ti doveri. Noudimeuo non furono disco-
VAL 271
no<?ciiili i servigi prestati al paese dal ga-
binetto O' Donnell, ne saranno dimenti-
cati dalla regina e dalla nazione: le cir-
costanze e i bisogni politici, che caratte-
rizzarono il suo punto di partenza , fu-
rono quelli che produssero la fine di su^
onorevole e patriottica missione, al dire
del Parlamento. Fra le cause che produs-
sero la caduta del ministero O' Donnell,
si disse la principale la disammorlizza-
zione, che la regina voleva prontamente
e interamente abolita, sì civile e sì eccle-
siastica, reclamala ad urgenza dalle po-
polazioni, che vedevano passare le loro
proprietà, quelle del clero e degristiluli
di beneficenza in mano di specidatori, che
all'ombra d' una falsa libertà tentavano
d'arricchirsi. Si credette, col nuovo mini-
stero, cominciare per la Spagna un'epo-
ca di felicità, nella quale il trono, l'ordi-
ne pubblico e il principio d' autorità si
stabilissero su più ferme basi. Il gabinet-
to formato dal duca di Valenza può a-
spirare a tuttociò, perchè rappresenta i
patriottici sentimenti della regina, e per-
chè è r espressione del partito popolare
della Spagna. La /?e^'e/7e/-^r/o/z, giorna-
le eminentemenlecaUolicOjdis^edi più in
favore del seguito cambiamento, compia-
cendosi della caduta del ministero ante-
riore , per aver fallo cosi poco, perchè
venisserocompletamente soddisfatte l'in-
tenzioni e i desiderii nutriti dal cuore pio
6 magnanimo della regina a favore del-
la Chiesa, così perseguitala e maltratta-
la nella persona de'suoi pastori e mini-
stri ne'due ultimi anni. Sentire compia-
cenza anche nel vedere che sono scotn-
parse dalle regioni del potere elementi
discordanti d'opinioni e di dottrine, che
per forza dovevano farsi vicendevoli con-
cessioni per giungere all' uniformila vo-
luta da' mezzi e dalle disposizioni che si
prenilevano. Neil' encomiare le beneme-
renze del general O' Donnell , aggiunge
che non seppe o non potè apprezzare
quanto conveniva 1' esigenza della (pie-
stione polilica^ nella situazione in che e-
272 VAL
rasi pos!o;e ch'era impossibile conlinua-
le Ufi potere. Tutto riportasi dal dar-
vale tli Roma a p. 980, insieme alle lo-
di de'imovi ministri. Il medesioto Gior'
Udir nel n.° 247 ed a p. C)85 riprodus-
se i seguenti rapporto de'niinistn e de-
creto della regina, in ordine al concorda-
lo della 5. Sede. « Madan»a. Il Concor-
dalo concluso colla s. Sti\ià dal governo
di V. M., debitamente sancito dalla legge
degli 8 maggio 1849 e ratificato ili. 'Ca-
prile 1 85 1 , è ad un tempo una legge im-
portantissima dello slato ed un atto, a-
veiido tulio il valore d'un trattalo inter-
nazionale. Sotto fjuesl' ultimo rapporto,
le sue disposizioni non possono essere va-
lidamente abrogale ne alterale senza il
concorso e l'assistenza delle due alte par-
li contraenti. Nondimeno, nel corso del-
le ultime agitazioni, sono slate adottale
misure, che, più o meno direttamente,
abrogano od alterano alcuni arlicob di
questa solenne stipulazione. I consiglieri
responsabili di V. M., onorali della vostra
augusta fiducia, non hanno potuto esi-
mersi dal riconoscere, portando la loro
alleiizione sopra questa q«ìestione si de-
licata, che sarebbe pregiudizievole e al-
la monarchia ed allo slesso governo se si
partisse da quel punto per credere che la
fede e la santità de' trattati non sono da
lei a debito modo custodite e rispellale.
Questa sola considerazione, Madama, sen-
za porre in campo altre ragioni della più
grantle importanza, delle quali il gover-
no di V. M. terrà sempre conio, obbliga
i segnatari del presente espostoa sottopor-
re immediatameule alla suprema appro-
vazione della M. V. il decreto cb'eghno
hanno l'onore di rimettere nelle vomire
reali mani". Seguono le firme de* mini-
stri, e il decreto reale che annulla le di-
sposizioni contrarie e richiama in pieno vi-
gore il concordalo: eccolo. « Consideran-
do le ragioni esposte dal mio consiglio
de' ministri, ho decretato quanto segue.
Art. 1. Sono e restano senza elTetto tutte
le dispo&iziuai di qualunque oaUua, che
VAL
hanno aìirogato in quidunque nìodo, a-
lienalo e modificalo ciò eli' è stalo con-
venuto nel Concordalo concluso colla s.
Sede il 16 marzo i85i. Ari. 2. I rispel-
livi ministeri mi proporranno subito le
misure spellanti al line di dare iuìmedia-
lamenle pieno ed intero elicilo al pre>ieii-
te decreto. Dato dal palazzo i3 ottobre
i856. La Regin.i". Nel dì seguente ema-
nò quesl' altro decreto. »* In conlòrmità
dì ciò che mi è slato esposto dal consi-
glio de'ministri, decreto quanto segue :
Art. I. E' sospesa d'ora in poi dal giorno
d' oggi la esecuzione della legge (\\ dis-
ammortizzazione in data del i." moggio
i85i. Art. 2. Perciò non saranno posti
in vendila i beni di coloro che la delta
legge ordinava di vendere : né saranno
approvale le aste ancora pendenti. Art.
3. Il governo proporrà alle Cortes la de-
finitiva risoluzione riguardante l' esecu^
zione di delta legge. Dato dal palazzo 1 4
ottobre! 856. La Regina". Tale decreto
o
fi-i accollo con plauso dal popolo calloli-
co di Spagna, non avendo più a temere
per l'esercizio del cullo, che gli sta lanlot
a cuore, e le popolazioni videro assicu-
rata l'esistenza delle pie istituzioni , che
loro aprono le porle nell* iuf^inzia, nelle
malattie e nella decrepitezza. Narra il
Giornale di Roma a p. i i45. Nel prin-
cipio di dicembre il barone d' Uxola^ ac-
compagnalo dal conle di Cervellon e m :ir-
chese della Romana, conle d' Altrodova
e marchese di Jura Rea!, ebbero l'onoi e
di porre in mano di S. M. la regina, qual
degna successora di Filippo IV e Carlo
III, l'esposizione che presenta al trono
la città di Valenza, chiedendo che si de-
creti una festa solenne e uu'ulUzialedimo»
strazione con giusta e dovuta celebrità^
in lutti i dominii delle Spagne, in onore
della dogmatica dichiarazione e procla-
n»azione dell'Immacolata Concezione di
Maria Vergine (della divozione della Spa-
gna a tale insigne prerogativa della gran
Madre di Dio, riparlai nel voi. LXXVI,
p. 267)) fcsla che gli spago uoli celebri»-
VAL
rono innanzi die fosse diramala la cor-
rispondente bolla lìieffahilis Deus ^ per
sì caro e glorioso avvenimento, come de'
più antichi e distinti divoti fia tutte le
nazioni della B. Vergine e dell'inedabi-
Je mistero di sua pura Concezione. Di-
vozione dagli spagnuoli manifestata e con-
fermata mille volte con alti i piti solenni
ed uflìziali, singolarmente nelle sempre
ìmmoitaii Cortes del 162 [ e del 1760, co-
me a loro venerata Patrona particolare
e universale delle Spagne, e oggetto dol-
cissimo dell'amore e delle speranze d' o-
gni spagnuolo. L' edificante petizione si
ammira a p. 1 148 del Giornale. S. JVI.
accolse quell' idea in modo assai favore-
vole, lodando Valenza per la gloria d'a-
verla iniziata. Indi la nobile deputazione
manifestò, che i sottoscritti alla petizione
desideravano innalzare una statua in ono-
re dell'Immacolata Concezione in una
piazza di Valenza, essendo firmatala pe-
tizione da 987 persone. Frattanto il go-
verno ricuperando di giorno in giorno il
principio d'autorità e di forza, dopo che
si chiusero le porte principali per le qua-
li entrava l'anarchia; cessando la stampa
sboccala che audacemente stimolava di
continuo alla rivolta, nella Spagna ezian-
dio riacquistandosi il bene fondamenta-
le toltole negli anni precedenti di per-
secuzione sistematica contro la Chiesa,
non avendo più luogo la prolezione cal-
colata di tutti gl'interessi rivoluzionari e
di sfacciato propagamento d'ogni più li-
cenziosa sfrenatezza. Alla reintegrazione
del Concordato colla s. Sede, seguirono
alcune leggi lodevoli della stessa indole
e tendenza, fra le quali hanno un'impor-
tanza maggiore le seguenti, che ricavo
dalla Civiltà Cattolicciyi. 5^^. 244- '«^
La derogazione della legge delle Cortes
costituenti, relativa alle pappellanie col-
lative : il governo restituì la loro condi-
zione canonica a queste pie fondazioni,
le quali il liberalismo tentò d'aniiichila-
re insieme con lutto quello che mena o
che giova a nìanleucre iudipeudenle il
VOL. LXXXVII.
VAL 273
sacerdozio callolico. 2.° L* apertura de'
concorsi pubblici giusta le prescrizioni
tridentine per la provvisione de'curati e
dell'alti e prebende ecclesiastiche. 3. "L'or-
ganizzazione della censura de'teatri, di-
retta a purgare le scene dallo sozzure che
da parecchi anni le rendevano immen-
samente pericolose e detestabili. 4-° L'in-
vito fatto dal governo a' prelati del regno
perchè celebrassero con tutta la pompa
la solennità dell'Immacolata Concezione.
5." L'intero annullamento delle clausole
empie e barbaramente restrittive che il
regalismo ateo de' progressisti avea po-
sto al placet della suddetta bolla Incf-
fahilis Deus ; e per la quale neh' enco-
miata petizione di Valenza era stato ri-
chiesto alla regina riparazione all'ope-
ralo dall'anteriore governo, che conside-
rò >i come non necessaria ogni dimostra -
zione ufliziale, ed a far circolare la citala
bolla col solo Regio Exeqnalur, conces-
so con restrizioni poco convenienti al ca-
rattere e air indole del suddetto docu-
mento ". Gli ultimi due provvedimenti
dinotano la soddisfazione che il governo
dovette dare alla generale indignazione,
con cui gli spagnuoli videro le profana-
zioni che la demagogia accumulò per o-
scurare e avvelenare la pura allegrezza e
il fervido entusiasmo , col quale la Spa-
gna accolse la definizione dogmatica del-
l'Immacolata Concezione. Quindi vivissi-
mo fu il giubilo destatosi nell'anime cat-
toliche al mirare l'universale e spontanea
pietà colla quale tutte le classi di perso-
ne, 18 dicembre 1 856, cooperarono a ri-
parare gì' insulti bestiali, che la stam-
pa libertina, le Cortes costituenti e il go^
verno stesso scagliarono impunemente,
due anni addietro, contro l'augusta Ma-
dre di Dio. Dal reale palazzo fino al più
povero abituro del manovale, dalle pom-
pose assemblee degli ordini militari fino
alle ultime confraternite de'poveri gior-
nalieri, tutti concorsero airatlo di ripa-
razione. L'orazioni, le limosina, le gene-
rali comuaioui, la frequenza divola de*
j8
9.74 VAL
fedeli mostrarono, che gli addobbamenti
de' templi, 1' orcliestre, le luminarie eie
processioni erano In manifestatiune ve-
rissima de'Ioro profondi sentimenti d'a-
nimo religioso. Ne'primi mesi del 1857
sì cominciarono l'elezioni pel nuovo par-
lamento oCortesda inau gui arsi il 1 .°mag-
gio. E importante e veritiero quanto ri-
produsse il o.** 76 del Giornale di Ro-
ma del 1857, cioè l'indirizzo agli eletto-
li dell.** distretto di Granata, in cui sono
egregiamente esposti i pensamenti e i de-
siderii, da cui sono animatigli elettori re*
ligiosi monarchici , tali e altri savi elet-
tori, sull'elezione del loro rappresentan-
te nel congresso de'deputati, per la glo-
riosa rigenerazione delia Spagna." Dopo
molti anni di sventure e di mali sempre
crescenti, il popolo spagnuolo ha udito
dal labbro di S. M. con somma esultan-
za, ch'è assolutamente necessario riven-
dicare al trono il suo splendore e difen-
dere la religione de'padri nostri dagli ol-
traggi dell'empietà: parole, che chiara-
mente esprimono il prò fondo e necessa-
rio legame, che stringe, come aurea cate-
na, la pace e tutti i beni sociali all' anco-
ra della religione ed al brillante diadema
de'nostri monarchi, e che nella tremenda
lem[)esta, da cui è minacciala la ci vile Eu-
ropa, offrono agli occhi del popolo le due
uniche vie di salvezza: CalloUcisino clìlo-
uarchia.Yi finché questi alti fini procla-
mati dal governo di S. M. non siano con-
seguiti, la società , tocca nel cuore da can-
crena mortale , seguirà un cammino di
perdizione: profondamente agitata da po'
litiche convulsioni, lacerala dalla discor-
dia , talvolta inondata di sangue e di la-
grime, cadrà in fine nel funesto abisso a-
perto sotto i suoi piedi dalla rivoluzione,
e sarà cancellata dal numero delle nazio-
ni civili. E nel dire, che la società è in-
ferma, non pronunci amo una parola vuo-
ta di senso: visibili sono i sintomi di sua
infermità,ene fanno testimonianza i mez-
zi di che abbisognano i governi per fre-
nare il male e salvare la società da' suoi
VAL
propri eccessi. Ne' bei tempi in cui il ciio-
re degli uomini batteva colla regolarità
propria della vita cristiana, era bastan-
te la voce del dovere a guidare i popoli
sulle vie dell;» pace, della rassegnazione e
dell' ubbidienza : oggi svenluratamenle
bastano appena gli eserciti e la polizia,
moltiplicati senza numero, a mautenere,
non diremo l' ordine morale , dove non
giunge la f jiza , n)a 1* ordine materiale
de'popoli. Ora come curare questa gran-
de e dolorosa piaga? Il governo di S. M.
lo ha detto : ridonando al trono il suo
splendore e vendicando la religione dagli
oltraggi ricevuti. Grandioso concello , a
cui devono associarsi tutti gli uomini di
buona volontà. E coloro che osteggiano
questo bel pensiero, non ci dicano che io
esso non sono espressi i nomi di libertà e
di progresso intellelluale e materiale de*
popoli. Se con quella parola si espresse la
libertà demagogica, non potremo mai mi-
rarla come un diritto, ma come un'arma
micidiale contro le cose più sagre : però
se s'intende ad indicare la vera libertà, la
libertà per il bene, la libertà data all'uo-
mo dalla Chiesa cattolica per rompere le
catene, in che gemeva, la bella e pura li-
bertà, che per nulla si distingue dalla ci-
viltà cristiana, noi dobbiamo dire che a.
niiamo la libertà e desideriamo che regni
nella cara nostra patria con tatti gli splen-
dori e gli attributi, che ha ricevuto dalla
Chiesa cattolica, unica istituzione che ha
la gloria d'aver incivilita 1' umanità. Ri-
guardo al progresso intellettuale , busta
dire che questa civiltà, nel cui seno corse
per non pochi secoli con glorioso proce-
dere la monarchia spagnuolu, portò in se
lo splendore della luce e della verità ne-
cessaria alla salvezza del mondo, dal cui
splendore sono derivate luce e verilà per
lescienze, belle/za d'inspirazione per l'ar-
ti, bontà pe' costumi , e più specialmente
quel retto sentire, quel sicuro giudizio,
che hanno gli animi religiosi, e che vaie
più di tutta quella coltura di vane parole
e di falsi splendori. E nell' ordine male-
VAL
riale, chi non vede, che non solo è in ar«
inuuia, ma uecessaiiamente legata al re-
gno della pace e dell'ordine religioso e
morale? Da qualche tempo si va procla-
mando come bene supremo il pensiero
de'beni materiali, non interamente però
attuato : noi vorremmo che questi beni
materiali si realizzassero senza violenta-
re quell'ordine che loro segnala un luo-
go inferiore e subordinato a' beni che
hanno per oggetto i costumi. Donde pro-
cede poi che il bene materiale non è rea-
lizzato da quelli che lo chiamano supre-
mo, e che bisogna secondar le mire di
quelli che lo pongono in luogo inferiore?
Avviene, perchè i primi non coulano sul-
la pace, sull'ordine, sulle virtù religiose,
mezzi senza cui anche l'imprese inferio-
ri sono sempre illusorie, e non escono dal-
le labbra loro tali pronvesse con quella
sincerità propria de'cuori veramentecat-
tolici.Ecco la bandiera, che deveguidare
chi ama il bene della sua patria con quel-
l'amore inlimo e fervido, che tutti strin-
ge: Cattolicìsmo e Monarchia : e in for-
za di questi due gran fatti e principii, pa-
ce, ordine, virtù religiose, progresso nel
Tero, soccorso ne' bisogni, giusta libertà
per tutti, e infine benessere materiale e-
steso possibilmente ne' membri della so-
cielù". Come procederono 1' elezioni de'
deputati alle Cortes, e de'dilFerenli parti-
ti politici, lo dice e ne rende rag ione il cor-
rispondente della Civiltà Cattolica nel
l. 6, p. 499 ^ ^"^^ della medesima. Si
compirono l'elezioni in pace, e fu grazia
grande di Dio; riuscirono in favore del
governo e suoi ministri, con discreta op-
posizione di progressisti temperati e d'al-
cun partitanle dell' unione liberale. Per
cui si osservò,che il ministero non avreb-
be aviitoa lottarecontro ropposizioue,ma
colla maggioranza parlamentaria. Che sa-
rebbe pei ò guerra domestica, questione
di famiglia, nella quale niuno riporterà
la vittoria, se non fosse la democrazia, la
quale, secondo l'uso, è tornata a seppel-
lirsi nelle sue caverne per prepararsi alla
VAL ^75
3.* riscossa. Si dice ancora del real decre-
to d'aprile che concesse piena amnistia
a tutti coloro che in qualsivoglia modo
avevano preso parte ne' due ultimi an-
ni all' insurrezioni e cospirazioni carli-
ste, in favore del conte di Monlemoliu
o Carlo VI ditnorante IranquillajTienle
nella corte de' suoi reali parenti di Na-
poli, in piena estimazione. Si parla pu-
re del nuovo ambasciatore straordina-
rio e plenipotenziario della regina di Spa-
gna presso la santa Stde^ gitmto in Ro-
ma, S. E. Alessandro Mon già ministro
di gabinetto, il quale presentò al Pontefi-
ce le sue credenziali a'4 aprile iSSy con
liete speranze per le riprese relazioni, e
con quella di presto rivedere il nunzio
apostolico in Madiid , e quindi provve-
dere alle tante sedi vescovili vacanti; es-
sendo generale la religiosa impazienza de'
buoni spagnuoli di godere quanto prima
compita la ristorazione e l'organamento
della afflittissima e illustre loro Chiesa.
Grande essere il bisogno che sentono gli
spagnuoli d'un gagliardo sacerdozio che
segua il compito di combattere l'inditfe-
renlismo delle classi agiate ed il profondo
pervertimentocagionato nello spili to cat-
tolico del popolo per le predicazioni del
protestantesimo; il quale venne nel pae-
se inoculato non sotto l'esterna forma
del suo culto di tolleranza ec, ma indi-
rettamente per mezzo d'una cotale spe-
cie di propaganda politica e letteraria, la
cui malignità riesce tanto più terribile
ed efficace, quando più occulta e insidio-
sa. Per ultimo si annuncia e da contez-
za di un* opera di recente stampata in
Ispagna, a cagione di sua grande impor-
tanza per quanti studiano la storia ec-
clesiastica, il diritto canonico, l'antichità
cristiane, i costumi, la disciplina e le tra-
dizioni cattoliche delle nazioni. L'opera è
intitolata: Co leccio n des Canones y de
todos los Coiicilios de la Iglesia de E-
spanay America cu latin y castellano
per d, Juan Tejada y Ramiro^ Madrid
1849-1B56. Sotto gli auspicii della si-
27G VAL
curezza pubblica e della tranquillila gè-
iieiale^ non solo con lulla libertà e sen-
f.a |)ertui'!)nzione seguirono l'elezioni de'
deputali alle Cortes, ma anco l'elezioni
delle magistrature municipali. A p. 434
del Giornale di Roma si riproduce il di-
scorso del trono, pronunzialo a nome del-
la regina Isabella dal maresciallo Narvaez,
nellapertura delle Cortes, a' senatori e
a'deputali. Tra le altre cose ivi si riferi-
sce.'» Colla più grande consolazione del
mio cuore io vi annunzio il ristabilimen-
to delle relazioni colla s. Sede. Le dilli-
collà che si opponevano a questo avve-
nimento tanto desideiato essendo rimos-
se,, io ho mandato a Roma un ambascia-
tore, il quale in mio nome deve stringe-
re i vincoli sagri che uniscono la monar-
chia spagnuola al Padre comune de' fe-
deli". Annunziò pure le ristabilite rela-
zioni coll'imperatore delle Russie, anti-
co alleato della Spagna. Le relazioni di-
plomatiche colla repubblica del Messico,
interrotle percasideplorabili,sperarecbe
l'interruzione non avrà lunga durala. Lo
stato interno della monarchia essere per
quanto possibile soddisfacente; la tian-
quillilà pubblica e la sicurezza interna
essere pienamente consolidale. Le Pro-
vincie d' oltremare in America e in Asia
trovarsi in via di prosperità. Il concor-
dato concluso colla s. Sede essere slato
ristabilito in tutta la sua forza e vigore;
inoltre essersi adottate altre disposizioni
iieirinlendimentodi restituire alla Chie-
sa la libertà, ch'ebbe in dote dal suo di-
\io Fondatore e fu in ogni tempo sì ri-
spettata dal religioso popolo spagnuolo
e da'gloriosi antenati della regina. Disse
dell'imperiosa necessità di contrarre un
prestito; de'provvedimenli sulla riforma
costituzionale del senato, e dell' unione
della dignità di senatore alle piti alte ca-
riche della Chiesa e dello stalo , con in-
trodursi l'eredità a' senatori nati grandi
di Spagna come un nuovo elemento di
forza e di stabilità, e come mezzodì man-
tenere in modo permanente i gloriosi no-
V AL
mi, che ne'lempi passali e presenlemente
hanno servilo e recalo lustro alla patria.
Che gli sarebbero presentali i provvedi-
menti adottati pel ristabilimento delle leg-
gi in vigore nel 1854, ed i bilanci per le
riforme e modificazioni necessarie ad e-
qnilibrare l'entra te colle spese pulìbliche.
La stampa, da lungo tempo rella dadi-
sposizioni transitorie, richiedere una leg-
ge fìssa e slabile, la quale sarebbe sotlo*
posta alla loro approvazione , e che pur
permettendole la più semplice discus-
sione delle cose pubbliche, dovesse trat-
tenerla da quegli abusi e traviamenti che
r hanno così sovente compromessa. Che
gli sarebbero proposte disposizioni im-
portanti, per dare all'insegnamento pub-
blico la stabilità legale; e per rimuove-
re gli ostacoli che si oppongono alla ra-
pida esecuzione de' lavori pubblici; non
che per unire alle grandi strade di co-
municazione d'ogni sorla, le strade pro-
vinciali e municipali, tanto necessarie al-
lo svolgimentodell'agricoltura e del com-
mercio. Della legge sul regime ipoteca-
rio, anche per diminuire 1' interesse de'
prestiti , divenuto eccessivo. In armonia
furono i discorsi di risposta de'corpi le-
gislativi del senato e de'deputali. Essen-
dosi presentato alle Cortes il progetto di
legge sulla pubblica istruzione, vari ora-
tori parlarono, fra'quali Orobio e Teia-
do, col riferito dal Giornale dì Roma a
p. 592. Disse il primo. » In Ispagna, fino
da'più remoti tempi, la Chiesa è stala la
direttrice del pubblico insegnamento; a
lei dobbiamo non solo la conservazione
delle buone dottrine, ma in molte epo-
che i progressi d'ogni ramo dell'umano
sapere. L'istruzione diretta da'principii
religiosi ha continuato in Ispagna da'
tempi più remoti fino a noi: e in tempo
de' re cattolici abbiamo veduto fiorire
grandi uomini in ogni scienza; il che pro-
va, che tale influenza religiosa era alta-
mente provvida nella pubblica istruzio-
ne. Signori , questa pubblica istruzione
ha un grande numero d'istituti intenti
VAL
a darla gi'ahiìlatnenle, e perciò gran nu-
mero di professori hanno la necessaria
vocazione, perchè sia provvida e camoli-
ni snll'aperla via. Fino a Carlo Ili è ri-
masta divisa dallo sialo, e fu allora quan-
do la nomina de'rellori venne a dare al-
lo stalo sopra 1' università una direzione
fissa e permanente. E non ho mestieri di
favellare de'vari progetti proposti dal go-
verno, ne dello ristabilimento della com-
pagnia di Gesù, che venne ad avere tan-
ta importanza in una parie dell' istruzio-
ne, a mio credere con tanto utile, perchè
luttociò è abbastanza noto a' signori de-
putali. Ma dal 1820 si osserva una spe-
ciale tendenza nell'introdnrre nel ramo
della pubblica istruzione idee rivoluzio-
narie, come nella politica e nel!' ammini-
strazione: e questo è deplorabile, perchè
con queste idee sorgono nuovi pericoli per
la società e per lo stato, i quali non si
ponno combattere se non colle idee re-
ligiose. Onde, o signori , quando 1* idee
dissolventi e antireligiose crescono tanto,
non possiamo lasciare disarmata la Chie-
sa, e procurare dobbiamo, che il clero
abbia un intervento necessario a ripara-
re questi mali, E credo che lo stalo non
può di per se trattenere il veleno di que-
ste idee, e che per combatterle dobbia-
mo appoggiarci all' influenza del clero
sopra h gioventù. Queste idee che cauì-
minano costantemente co'fucili della ri-
voluzione non si provano, ne si altaccano
se non con 1' altre idee del tutto contra-
rie. Ciò eloquentemente ha espresso l'uo-
mo che in questo secolo ha significato
più l'idee della forza; Napoleone l nell'a-
pogeo di sua potenza dicea al capo del-
l'università di Francia, il sig/ Fontanes:
In questo mondo non vi sono piìi che due
forze j quella della spada e quella del-
lo spirito: non so come avvenga che lo
■ spirito vinca sempre la spada. Ma se il
governo, il quale, o signori, ha la forza,
non si appoggia ne! sostegno della Chie-
sa, come potrà combattere (juesle idee?
lo pel mio paese desidero una grande i-
VAL 277
slrnzione: ma se i maestri non mi oliro-
no la garanzia di moralità e di religione
necessarie perchè non sia insegnalo il
male, preferisco, che vi sia ignoranza;
perocché se questa è somigliante alla fa-
me, l'istruzione anti-religiosa è eguale al
veleno: la fame si estingue con un pezzo
di pane; ma se diventa veleno non so se
arriveremo a ten)po coli' antidoto. Ogni
nuova dottrina si riduce all' immodera-
to desiderio de'godinjenli materiali, e al-
la ribellione contro l'autorità. 11 deside-
rio de'godimenti materiali soltanto può
esser frenato colle niassime religiose, che
obbligano allo slesso modo il ricco e il
povero: ed oggi che la insubordinazione
è un fitto perpetuo giornaliero, oggi che
si vanta chi si ribella, non sarà per tulli
un bene l'insegnare alanciulli delle scuo-
le, come insegnamenlo di fede, che si
deve rispettare l'autorità? " Termina l'e-
loquente Orobio. col dire : Queste ragio-
ni e questi molivi non isviluppava, per
non essere venuto a ciò preparalo; tocca-
re al governo di ridurre alla pratica l'i-
dee enunciate nel preambolo del proget-
to, mediante un articolo, il quale deter-
mini che il clero debba avere un inter-
vento in ogni ramo d'insegnamento, in
conformità di ciò che previene il concor-
dato, e di ciò che si è sempre praticato
nella Spagna. Sarebbe una grande sod-
disfazione pegli spagnuoli tulli, che fos-
se fissala fra le basi dell' insegnatnento,
una che determinasse la direzione del
clero in questo insegnamento. Dipoi par-
lò il non meno eloquente Teiado, dichia-
randosi sorpreso in dovere ragionare do-
po un discorso, che in sostanza aveva e-
spresso le sue idee. La questione essere
di somma importanza e tale che a suo
credere nessun'allra ve n'ha eguale (di-
videndo con lui il senlimento,di preferen-
za ad altre nozioni, di questa ragionai a
Università e in altri articoli, ed anche
qui amai riparlarne);dtrppoichè non pon-
no paragonarsi con essa né la riforma po-
lilica, né un completo mutamento di pò-
278 VAL
liliche istiliizioni. » Lo rngìone è più chia-
ra: ui tniltarst U' min riforma politica si
tialterebhe ci' interessi tratisitorii, come
ogni iuleiesse politico; e anche quanilo
fosse risoluto con errore, sarebbe questo
transitorio e non nuocerebbe che ad una
generazione: ma nella questione della
pubblica istruzione si traila non solo de-
gl'interessi della presente generazione,ma
delle generazioni future l Che cosa è uà
progetto di pubblica istruzione? Un pro-
getto, incoisi fissano i principii che devo-
no servire a dirigere la mente e la volontà
dell'uomo: istruire e insegnare ciò che si
deve credere: istruire e insegnare ciò che
si deve pensare in ordine alle verità , che
hanno da dirigere la vita e la mente del-
ruomo. Ebbene: l'uomo non sa che ciò
che gli è insegnato, e non opera che in
conformità di quanto sa: per conseguenza
Finterà vita dell'uomo dev'essere in ar-
monia con ciò che gli viene insegnato : e
siccome la società è l'unione degl'indivi-
dui, ciò che è l'individuo sarà la società,
e ciò che sarà la presente società, lo sa-
rà anche la futura. Dico che la pubblica
istruzione si occupa de'priucipii, che han-
no da dirigere l'individuo in tutti i diffe-
renti ordini di verità. Perciò fra gli ordi-
ni di verità sta naturalmente l'ordine della
verità religiosa: perciò dico che gl'interes-
si di questo assunto non solo sono di que-
sto mondo, ma riguardano l'altro ancora:
onde r unica cosa che io vengo a combat-
tere, come il sig."^ Orobio , è la rivoluzio-
ne. La rivoluzione, sventuratamente ab-
bastanza previdente, ha ben conosciuto,
che dove dovea agire per allargare il suo
dominio era ne'progetti della pubblica i-
struzione. La rivoluzione ha conosciuto
assai bene, che avvelenando la fonte, sa-
sebbe avvelenalo il canale, e naturalmen-
te dilatandosi il male, il mondo sarebbe
suo, perchè la rivoluzione cerca sempre
il male. Onde da 80 anni a questa par-
te si è visto che la rivoluzione ha avvele-
nato la filosofia col razionalismo, la sto-
ria colla nicuzogua, e così distruggendo
VAL
nell'uomo la verità nel principio, che de-
ve dirigere la sua ragione e la sua memo-
ria, gli ha ispirato rerrore,ed il male è pe-
netrato in tutti i pori. Da questa regola ge-
nerale si vanno certo eccettuando molti :
CI edo molti, credo che il mondo in genere,
e la Spagna in ispecie,sia in via di reazione:
credo che i grandi n^ali prodotti dall' in-
terne rivoluzioni abbiano aperto gli oc-
chi a molti uomini dabbene, e distruggen-
do il principio dell'idee assolute hanno a
poco a poco ristabilito ciò che direi equi-
librio della ragione. E qual è il fonda-
mentale principio proclamato dalla rivo-
luzione nella pubblica istruzione? Il Ra-
zioiialismo (^.), cioè la sovranità assolu-
ta della ragione, la quale dalla pretesa ri -
forma luterana in primo luogo e dalla ri-
voluzione francese in secondo, ha preso
un carattere spaventevole, perchè consi-
derato come una dottrina e una teoria
conosciuta dal comune della gente ; ma
non sono note le sue conseguenze, e que-
sto vengo adesporvi. Il che conferma che
la ragione è sovrana, che uno non si tie-
ne obbligato a credere, se non ciò che pa-
re alla sua ragione, e da ciò la guerra con-
tro la religione, tutte le idee protestanti
e l'eresie 1 Ciò nell'ordine religioso: e nel-
r ordine politico, se la mia ragione è so-
vrana, non vi ha per me alcuna vera po-
litica, se non quella che io amo: da ciò
cjuella perturbazione, quell' agitarsi de*
partiti, ne'(juali nessuno ha principii cer-
ti : quel pervertimento del sentimento
artistico e letterario, que'romaozi assur-
di e immorali del secolo presente (che
meglio deplorai nel voi. LXX.XI1I , p.
292) : da ciò l'assoluta sovranità della
volontà; perocché dal momento che pos-
so pensare ciò che voglio, posso anche
fareciòche voglio, posto che quanto pen-
so è certo: da ciò lo scandalo insorto nel-
le scuole, dove si dice male il bene, bene
il male. Dio un male, la proprietà un fur-
to! " Frattanto si annunziò dalla CiviUà
Cattolica l'universale contento, che nel
roaggio già in Madrid era stalo ricono-
VAL
sciuto mg.' Giovanni Simeoni. Questo
prelalo tlonieslico del Papa vi fu irivialo
quale incaricalo d'adìiri, e fu già uditore
delia nunziatura in quella del cardinal
Krunelli. La questione dell' istruzione
pubblica, cbe nel congresso delle Cortes
sollevò un caldo dibaltimentOjViene chia-
rita dall'istruito corrispondente della Ci-
viltà cattolica a p. 867 del t. 7 di que-
sta. Dice che vi presentò francamente il
pensiero cattolico contro l'ommissione del
governo, il quale sopra così importante
materia nelle basi da lui presentate niu-
lìB consagrava l'ingerenza uell' insegna-
mento pubblico imposta alla Chiesa dal-
la fede cattolica e dalle tradizioni degli
spagnuoli,'e dal concordato; e contro il
giusto mezzo della commissione del con-
gresso incaricata d'informare sul proget-
to, che riparando a ommissione sì stra-
na e ingiusta, volle ripararvi nel pream-
bolo della legge , benché la tralasciasse
nelle basi. Così fu intavolata la lolla tra
il catlolicismo sincero e assoluto, e ilcat-
tolicisnuo secundum quicl degli ammo-
dernatori e de'moderati. Cercò il gover-
no di porre la pace colle sue timide di-
chiarazioni , e con vaghe promesse che
non soddisfaceva ninna delle parli, e fu
necessario venire a battaglia finita afil-
dando il ddoaltimenfo ad una votazione
noniinale, nella quale l'opposizione cat-
tolica ottenne 62 voti, contro poco più dì
iqo. JNon si creda però die questa mag-
glorila sia anticattolica ; ciò sarebbe ine-
salto e ingiusto. Ciò che si posea'voli non
fu già se la Chiesa dovesse o no interveni-
re nell'inseguamenlo pubblico , nel che
erano tutti pienamenled'accordo. La vo-
tazione riguardava bensì l'estensione e la
natura della confidenza che doveasi con-
cedere al governo per attuare nel fatto
il principio cattolico ammesso del pari
dal governo e da'deputati. Il dibattimen-
to non fu certamente inutile: esso chiarì
una questione la quale veniva malamente
sciolta senza alcuna opposizione dagli u-
niversilari hbei tini, e destò V alteuzio-
VAL 279
ne negli animi indilferenti sui pericoli del
cattivo insegnamento. La prova che la
discussione fu opportuna, e la difesa de-
gl'interessi cattolici ben diretla, si ha dal-
la rabbia ^oUa quale il razionalismo di-
fese i suoi principia Insulti, sarcasQìi, ca-
lunnie, tutto si avventò contro i 62 de-
putati della minorità: il liberalismo stril-
lò, e la Chiesa per lai." volta dopo ili 854
spiegò la sua bandiera nel parlamento
spagnuolo in una questione concreta. I
dibattimenti sopra l'istruzione pubblica
presentarono il conlrapposlo delle be-
steaimie scagliate impunemente da' co-
stituenti demagoghi deli 854 nel discu-
tersi la celebie base 2."' della loro costi-
tuzione nonnata. Dipoi a' io settembre
scrisse il corrispondente della Cì^'iltà
Catlolica, 1.8, p. II 7, che la Gacela
avea pubblicato la legge dell'istruzione
pubblica, composta dal governo in for-
za dell'autorità datagliene dalle Cortes.
I richiami de'deputati cattolici non ri-
masero fuori d'elTelto ; si può dire se la
legge non è ottima, certo è molto mi-
gliore di quella che le circostanze pre-
senti facevano sperare. Si pone un limi-
te alla libertà de'professori hello sceglie-
re i testi per le lezioni. 1 libri destinati
all'insegnamento della religione e della
morale devono ottenere la sanzione ec-
clesiastica; per tutti gli altri testi d'ogni
facoltà pubblica occorre l'approvazio-
ne del consiglio dell' istruzione pubbli-
ca, nel quale entrano qua'membri pro-
pri il fiscale della Rota e il vicario ec-
clesiaslico di Madrid. Non bastando l'a-
ver buoni testi se sono uìale spiegati, si
lascia a' prelati compiutamente libera
la vigilanza sopra l'insegnamento, e ven-
gono determinati prudenti modi di re-
pressione e di castigo a' professori che
insegnano cattive dottrine; viene intro-
dotto in ogni giunta provinciale e mu-
nicipale d'istruzione pubblica un eccle-
siastico designalo dal rispettivo dioce-
sano ; e finalmente si dà facoltà agli or-
dini i'elip[iosi de' due sessi di fondare e
^|8o: VAL
tìirigere istituii d' iiisegiia mento secon-
dario, senza essere soggetti a ispezioni lai-
cali, e senza ricliiedersi da loro qiie' ti-
toli accademici che sono necessari pe'se*
colari. Vengono separali e divisi i corsi e
i programmi di teologia e di diritto cu*
iionico, e si riuniscono nuovamente, co-
m'erano ab antico, quelli di diritto civile
e canonico, imponendo di studiar ambe-
due a chi si dedica alla giurisprudenza.
Questo è il lato buono della legge. Il la-
to cattivo lo deriva dalla doppia smania
di secolarizzare l'insegnamento, e di ren-
dere r istruzione enciclopedica. Quindi
disposizioni, classificazioni, ordinamenti
molteplici, i quali non avranno altro ef-
fetto che di crescere il numero degl'in-
diderenti nella religione e dei^li ambi-
ziosi pedanti nelle scienze, e per conse-
guenza d'indebolire la forza generale del-
la nazione, la qual forza diaiora in una
eletta d'uomini veramente dotti, in cui
i forti sentimenti sono pari a*grandi pen-
sieri. Vi sarà una nuova accademia di
scienze morali e polilicbe, la quale riu-
scirà forse col tempo qualche cosa di so-
migliante alla famosa scuola normale di
filosofia di Parigi. A*3o settembre la re-
gina la fondò in Madrid, eguale in cate-
goria alle4esistentispa^nuola,di storia,
di belle arti, e di scienze esalte, fìsiche e
naturali. La compose di 36 accademici,
e intanto ne nominò la metà, e per pre-
sidente il marchese di Pidal ministro de-
gli affari esteri. Frattanto la città diTor-
tosa avea ottenuto la facoltà di stabilire
entro le sue mura un collegio di chieri-
ci regolari delle scuole pie; Daroca ne
inaugurò altro; e nell'isola di Cuba re-
caronsi i medesimi religiosi ad aprire una
scuola normale. Per una coincidenza, la
quale non può tenersi per fortuita da chi
studia la cagione inlima e universale e lo
stroraento iojraediato delle rivoluzioni
moderne, è avvenuto che mentre il re-
cente incendio politico del Belgio era mal
domato, mentre al tempo slesso la de-
mocrazia francese agita vasi intoruoe fuo-
V AL
ri le urne elettorali, mentre i mazzinia-
ni tentavano ne' giorni 7,9 e 3o giugno
di sommovere Livorno,Genova e Napoli,
oltre l'allentare alla vita di Napoleone 11 [
(indi a' 1 4 gennaio 1 858 si rinnovò infer-
nale tentali vo,conlro di esso e la spaguuo-
la iujperalrice); appunto in quegli stessi
giorni levaronsi nella Spagna, e propria-
mente al settentrione delie provincie di
Andalusia, vari gruppi di faziosi armali.
Cominciarono col fermare e rompere la
corrispondenza pubblica, seguitarono col
penetrare nelle borgate, commettendo o-
gni genere di delitti e di eccessi. Particolar-
mente la fazione capitanata da un tal Ca-
ro, formatasi in Siviglia q<iasi alla piena
luce del giorno, ed organizzatasi impune-
mente come se fosse slata una società in-
dustriale, corse, senza impedimento al-
cuno ne ostacolo, per lo spazio di 8 gior-
ni interi, terre e città di molto rilievo, co»
me Otrera e Arahal, ed in esse si abban-
donò al saccheggio e all'incendio, impa-
dronendosi degli archivi pubblici e pri-
vali, imponendo contribuzioni pecunia-
rie, rubando cavalli, il denaro e tutti i
mobili di valore ch'erano nelle case, dis-
onorando le donne e ferendo ed ammaz-
zando gli uomini. Finora non s'era mai
veduto nella Spagna che 200 fuoruscili,
in nome di una bandiera politica, violas-
sero con tanta vi Uà e barbarie tutte le
leggi divine ed umane. Ma ciò che fa più
orrore in si lagrimevoli casi, si è che la
parte più feroce vi fu sostenuta dalle fem-
mine del popolaccio, le quali furono le pri-
me a indicare a'faziosi le case agiate di lo-
ro terre, le prime a gettarsi al saccheggio,
le prime a provocare gli ammazzamenti.
Fortunatamente le milizie reali, secon-
dando r energia de' medesimi cittadini
onorali di quelle terre, riuscirono a di-
struggere quelle fazioni, dopo combatti-
menti tenaci e sanguinosi. Nelle diverse
scaraoauccie nella Serrania de Ronda,
morirono circa 3o faziosi, i quali uniti
ad altri 5o fucilati, dopo d' essere stati
presi coirurmi in mano, e ad allri puniti
VAL
pure òi morte, formarono un notabile
numero ; vittime tutti dell'indegne pre-
dicazioni fatte loro nel biennio progres-
sista, e delle suggestioni infernali onde
sono mossi dalle società segrete organiz'
za tesi e dipendenti da'due centri di Lon-
dra e di Lisbona. Questo spiega la coin*
cidenza rilevata, tra 'casi d'Italia e di Spa-
^na.LaGazzetta di Madridde'j sellem-
bre pubblicò gli stati della popolazione dì
Spagna, la quale ascende a I7,5i8,5i6
abilanli,ossia 3,755,664 più che nel cen-
so ufficiale, che serve di base alla mag-
gior parie degli atti d' amministrazione.
Ì5u questo proposito si legge del corrispon-
dente della Civiltà Cattolica^. 8, p. 1 1 7.
*» Si è pubblicata la statistica del censo
fattosi della nostra popolazione, l dati
ufljzialì fanno giungere a i5 milioni e
mezzo gli abitanti della nostra penisola
e dell'isole adiacenti ; senoncbè la me-
desima commissione centrale di statisti-
ca, per certi suoi argomenti, opina che
quel numero debba montare fino a 1 7
milioni. Sia checche si voglia di questo
fatto, il certo è che la mania statistica ha
fatto commettere e dire molle strava-
ganze in tutta l'Europa, e non credo che
ia Spagna faccia un'eccezione alla regola
comune. Fra gli altri argomenti che ho
per formare questo giudizio così severo,
me ne porge uno la funzione che deve
compiersi in questo giorno stesso che
scrivo. S. M. la Piegina deve recarsi di
persona a render grazie alla commissione
centrale di statistica pel grande atto da lei
compiuto di notare il numero degli spa-
gnuoli, quasi si trattasse di render grazie
a'conquistatori dell' America o agli eroi
di Lepanto. È questo un tributo che pa-
gasi alla statisticomania, e fa pensare a'
popoli doversi essi credere ricchi e felici
allorché sono bene contali e bene clas-
sificati". Per la celebrala divozione degli
spagnuoli e di Valenza verso V Imma-
colata Concezione,trovo opporlunodi qui
riferire quanto avvenne nel di seguente
in Roma. Nel voi. LXXllI per omaggio
YOL. LXXXVIf.
VAL 281
di filiale e affettuosa divozione alla B.
Vergine Maria celebrai quanto prece-
dette, accompagnò e seguì i' immortai
decreto promulgato dal Papa Pio IX sul
di lei Immacolato Concepimento; ed a
p. 76 e seg. descrissi la colonna monu-
mentale eretta dal medesimo Pontefice^
coll'ofFerlede'fedeli d'ogni parte del mon-
do (dichiarò poi il Giornale di Roma
avere le somme raccolte bastato oltre al
bisogno allo scopo di ossequio pel santo
dogmaj il quale è una nuova solenne ma-
nifestazione del religioso consenso del-
l'orbe cattolico pel medesimo. La som-
ma raccolta essere stata di scudi 57jigo^
e quella spesa di scudi 54, 1 85^ non com-
preso il valore de'materiali donati e nolo
d'attrezzi egualmente condonato in scu-
di 2291, il residuo di scudi 3oo5 ero-
gato parte a favore e rimunerazione di
alcuni artefici del monumento,e parte per
opere pie e per gli scavi di catacombe)^
e commemorativa nobilissima del solen-
ne atto, a perpetua testimonianza del-
l' uni versai con lento per quella conso-
lante definizione, nella Piazza di Spa-
gnaydìnanzì al palazzo della Congrega-
zione di Propaganda fide, e a quello
nazionale della legazione di Spagna, so-
vrastala dalla statua colossale in bronzo
dorato, fusa nella fonderia del Pratica'
no (^.), ed esprimente la Madre di Dio,
la quale vi fu innalzata a'5 agosto 1857,
con l'opera de'pompieri pontificii. 11 di-
segno del magnifico e artistico monu-
mento, e la sua descrizione la pubblicò
ancora il n." ^S del t. 23 àeWAlbum di
Roma, volume dedicato a S. M. la regi-
na M.' Cristina di Spagna, madre della
regina Isabella II. Riporta poi il n.° 20 3
del Giornale di Roma del 1857, e leggo
nel rituale di cui vado a far menzione^
aggiùngendovi le debile a vvertenze.Com-
pilo il pubblico monumento ricco e no-
bilissimo, per perpetuare in Roma la
solenne definizione dogmatica dell' Im-
macolata Concezione, alla quale opera
concorsero con pie offerite i fedeli d'ogni
»9
28a VAL
Inaile del mondo, per le spese nccrssnrie
(avvenimento di altìssimo signincolo,
dappoicliè si scorse in qnelT orcasione
una nuova evidentissima dimostrazione
della unità e verità di nostra s. fede, e
della sempre crescente divozione univer-
sale alla S^ergine Immacolata, tutta pu-
ra e tutta santa), stabilì il Pontefice di
benedirlo secondo i riti della Chiesa 1*8
settembre, giorno sagro alla Natività del-
la ss.Vergine (con apposite orazioni stam-
pate nello slesso iBSy in Roma dalla ti-
pografia della camera apostolica con que-
sto titolo : Ixitus a SS. D. N. Pio Papa
IX serva ndits in hcuedictioiie J enei Si-
mulacri B. rirginis Mariae sine labe
originali Conceptae^ ab ipso Sumnio
Pontifici splendido monumento erecto
apudAedess. Consilii Catholicae Fi-
dei Propaganda e). L'arnhascìaìa di Spa-
gna ebbe la somma soddisfazione di ve-
dere compiersi questa memorabile e fe-
stevole ceremonia dal suo palazzo. E ben
degna ne era, considerando che la Spa-
gna fu una delle prime nazioni cattoli-
che che ha onorato con pubblico cullo
l'Immacolata Concezione, che la Vergi-
ne invocata sollo questo titolo assunse a
proteggitricedi lutto il regno : couside-
landò ancora che i cattolici suoi monar-
chi fondarono perfino col titolo della
Concezione ordini cavallereschi, e che
nelle università chiunque nel ricevere un
grado accademico giurava di difendere
questo gran mistero. Onde S. E. il sig/
Alessandro Mon, enìbasciatore straordi-
nario di S.M. Isabella li presso la s. Se-
de, colla maggior sollecitudine e con una
magnificenza degna della pietà della na-
zione e della regina che rappresenta, di-
sponeva quanto meglio conveniva per la
solennità. Con disegno pertanto dell' e-
gregio architetto prof. Antonio cav. Sarti
•venne eretta quasi per incanto sopra del-
l'ingresso del palazzo una grande e mae-
stosa loggia, lunga quanto l* intera fac-
ciata, sostenuta da colonne e pilastri, e
sormontala da un timpano. Nel fondo di
VAL
qiicsla un dipinto a bassorilievo rappre-
sentava le varie provincie della cattolica
Spagna, che porgono le loro congratu-
lazioni ed esternaiio la loro esultanza al
sommo Pontefice, per avere definito il
dogma dell' Immacolato Concepimento
di Maria, e solto leggevasi l'iscrizione,
checolle altre si riportano dal Giornali';
altra essendo sotto la cornice del timpa-
no, nel mezzo fra le colonne. Alla destra
di essa iscrizione vedevasi un bassorilie-
vo rappresentante Pio IX nel momen-
to che alla presenza degli augusti re-
gnanti di Toscana e di Modena favel-
la air Episcopato de* loro siali, di re-
cente da luì visitati, e alla sinistra un
altro bassorilievo, nel quale venne effi-
giato il Pontefice che visita ed acco-
glie i "voli delle Provincie de' suoi stati.
A' lati dì questi bassorilievi altri vede-
vansi allusivi alle principali virtù del me-
desimo Papa. Oltre ciò, l'ambasciatore
fece tutto rinlerno del palazzo ornare
con una tale magnificenza, che tutto cor-
rispondesse air onore che ricevea nel-
l'accogliere in esso il supremo Gerarca
della Chiesa in una circostanza così so-
lenne. Il Papa dopo avere assistilo alla
solita cappella papale nella chiesa di s.
Maria del Popolo, avendo seco in car-
rozza gli Emi. cardinali Malici solto de-
cano del sacro collegio e Barnabò pre-
fetto della congregazione di propaganda,
si portò colla sua corte e gli altri perso-
naggi che avevano assistilo alla cappella
a Piazza di Spagna, seguilo dagli Emi.
cardinali intervenuti alla medesima per
assistere alla sagra ceremonia. Ricevuto
a' piedi delle scale del palazzo dell'amba»
sciala di Spagna dall' encomiato amba-
sciatore di S.M. Cattolica, ascese nell'ap-
partamento. Nella sala espressamente
disposta, depose la stola e la mozzelta, ed
assunse l'amilto, il camice, che cinse coi
cingolo, la stola, il piviale bianco, il for-
male e la mitra di lama d'oro ; mentre
tulli i cardinali tollesi le mozzette e le
mantellette rosse, presero le cappe e le
VAL
Lenelle rosse. Indi il Papa si condusse
processionalniente, co' prelati che dove-
vano prender parte alla sagra funzione
e col sagro collegio, alla gran loggia, pres-
so la fjuale stavano già in grande uni-
forme reccellentissiino corpo diplomati-
co, i principi romani, e altri personaggi
espressamente invitati dall'ambasciatore
di Spagna. Ascesa Sua Santità nel deco-
roso trono, deposta la mitra, si alzò e in-
luonò il ^^. Àdjiilorìum nostrum in no-
mine Dominiy al quale e all'altre preci
risposero i cantori della cappellp ponti-
ficia. Detto il ^. Dominiis i^ohiscnni^ve-
citò V Oremus: Deus già de B. Mariae
f^irginis utero Verbum tuum. Indi al-
tro apposito Oremus: Omnìpotens sem-
piterne Deus^ clemcniissime cujus di-
spensatione cwicta creantur ex nihiloj
hanc Imaginem in honorem piissimae
Genitricis Filii tui D. N. Jesu Christi
venevahiliter adaptatam hene^ dicere
et sancii 4|f ficare dìgnerisj et praesta^
misericordissìme Pater, per invocatio-
neni nominis tui, atque ejusdem Unige-
niti Filii tui Domini Nostri Jesu Chri-
sti, quempro salute generis humani in-
tegritate J^irginis Mariae servata in-
carnari voluistìj quatenus precibus e-
j'usdem sacratissimae Firginis, quicuni'
que eamdem mìsericordiae Reginani et
gratiosissimani Dominam nostram co-
ram hac Effigie suppliciter honorare
studuerint, et de instantibus periculis
eruantur, et in conspectu divinae ma-
jestatis tuae de commissis et omissis ve-
niam impetrentj ac mereantur in prae-
senti gratiam quam desiderant adipi-
sci j et in futuro perpetua salvatione
cum eleclis tuis valeant gratulari. Per
eumdem Dominum Nostrum Jesum
Chris tum Filium tuum^ qui tecum vivit
et regnai in unitate Spiritus Sancii
Deus per omnia saecula saeculorum.
g^. Amen. Terminata questa orazione,
il Papa riprese la mitra e sedendo pose
l'incenso nel tmibolo, indi depostala mi-
tra s' alzò^ per 3 volte^ rivolto alla sta-
VAL 283
tua deirimmiacolata Concezione, la be-
nedisse coll'aspersorio dell'acqua santa, e
3 volte l'incensò. Dopo di che in ginoc-
chio intuonò l'inno : Ave lìlaris Stella,
ed alzatosi fu proseguito da'cantori. Ter-
minato l'inno, il Papa intuonò cantan-
do l'antifona : Immaculata Conceplio
tua, continuata da'cantori. Poscia il Pa*
pa cantò l' Oremus: Deus qui per Ini-
maculatam Virginis Conceplìouemj e
V Oremus: Defende, quaesumus Domi-
ne. Finalmente il Papa pose fine alla com-
movente ceremonia, con cantare le preci
della benedizione solenne: Sancti Apo-
stoli: Precibus jet meritis B. Mariae:
Indulgentiam^ absolu^'^ tionem: Et be-
»ie<i/c//oelc.,compartendocon indulgenza
plenaria l'apostolica benedizione aduna
straordinaria e imponcntissima moltitu-
dine di popolo divoto e giubilante, sti-
pato sulla piazza, nelle loggie e finestre,
come nelle vie circostanti. Dopo la be-
nedizione i due cardinali diaconi assi-
slenti lessero ciascuno in latino e in ita-
liano la formula dell'indulgenza plena-
ria concessa agli astanti, e quindi getta-
rono nella piazza le due carte che la con-
tenevano, secondo la consuetudine pro-
pria delle Benedizioni solenni del Som-
mo Pontefice. Deposti gli abili pon li fi-
cali, e ripresa la mozzelta e la stola, il
Papa degnossi aderire alla preghiera u-
minatagli dall' ambasciatore di passare
nell'appartamento, ov' era stato prepa-
rato un lautissimo rinfresco. E lì raccol-
tosi anche il sagro collegio, il Papa si
compiacque ammettere al bacio del pie-
de il prefato ambasciatore con tutte le
persone a lui addette, e poscia 1' eccel-
lentissimo corpo diplomatico, unitamen-
te a vari altri distinti personaggi e mol-
te dame. Infine esternatosi dal Papa l'al-
to suo gradimento all'ambasciatore, par-
tì co'due sullodati cardinali, e si restituì
alla sua residenza in Vaticano. A perpe-
tua memoria di sì fausto avvenimento,
l'ambasciatore in nome di S. M. la regina
fece collocare sul 1° ripiano della grau
5t8i
VAL
scala del palazzo una marmorea ìsciizio-
ne, clellata come tutte le altre dall'aurea
penna del eh. p. Marchi gesuita. Roma
vide colla più viva e religiosa compia-
cenza la solenne benedizione e inaugu*
razione del grandioso monumento in-
nalzato in onore dell' Immacolata Ver-
gine. E a segno di letizia la sera antece-
dente alla medesima e in quella della fe-
sta della solennità della Natività, ogni
pubblico stabilimento e le case tutte era*
no illuminate con grandissima copia e
ricchezza di lumi. Il Monte di pietà e la
gradinata della chiesa della ss. Trinità
de'Monti, adiacente alla piazza di Spa-
gna, lo erano a fiaccole ; l'insigne acca-
demia di s. Luca e la via del Corso si
distinguevano soprattutto, essendosi in
tale strada dalTintraprendente dell' illu-
minazione a gaz rinnovata la sorpren-
dente illuminazione delle precedenti se-
re del 5 e del 6, eseguita per festeggiare
il ritorno del Papa in Roma dal trion-
fale suo Piaggio, dove dispose, in ve-
ce di lampioni, migliaia di fiammelle,
che fecero un magnifico effetto. Nella
stessa piazza di Spagna poi si distinsero il
palazzo dell' ambasciatore di Spagna, e
quello della s. congregazione di propa-
ganda fide, che brillava di varie migliaia
di lumi collocati a disegno, e vedendosi
a trasparente l'effigie del Papa Pio IX, e
sopra di esso il monogramma del ss. No-
mB di Maria coll'epigrafe: Cunctas hae-
reses itiLereinisti in universo inimdo.
%Sulla cima dell'edifizio innalzavasi una
gran Croce sostenuta dalle figurate 4 par-
ti del mondo, e sotto leggevansi le parole
di Cristo : Euntes in universo mundum
praedicate Evangelium. Parole conve-
nienti al propinquo e contiguo collegio
Urbano, i cui allievi hanno per missione
la predicazione della cattolica religione
in ogni contrada dell'Orbe. L'illumina-
zione riuscì di mirabile effetto, e una
straordinaria folla vi accorse, rallegrala
anche dalle armonie de 'musicali concerti
che stavano sulla piazza. Con tali modi
VAL
e riverenti dimostrazioni festeggiò Ro-
ma la benedizione e V inaugurazione di
un altro pubblico monumento sagro alla
gran Madre di Dio. Nei concistori de' 3
agosto e 25 settembre 1857, * comuni
voti furono esauditi con essersi provve-
duto alle vacanti sedi vescovili e arcive-
scovili con nuovi pastori o con traslazioni.
Nel i.° furono dal Papa preconizzati gli
arcivescovi di Toledo, Siviglia, Tarra-
gona e Valladolid. Nel 2.° 1' arcivescovo
di Burgos, ed i vescovi di Tortosa, Oren-
se, Jaen, Barcellona, Cordova, Salaman-
ca, Oviedo, Lugo, Mondonedo, Guadix
e Segovia. I processi de'nuovi pastori fu-
rono fatti dall'encomiato mg.' Simeoni
praelato domestico^ ntque negotiorum
Sedis Apostolicae in Hispaniarum re-
gnis ad interim Gestore j e nelle sue ma-
ni e in quelle delle dignità ecclesiastiche
da lui deputate, ciascuno emise la pro-
fessione di fede, come leggo nelle pro-
posizioni concistoriali de' due concistori
di Bologna e Roma. Dipoi insorsero dif-
ferenze ben gravi fra la regina ed isuoi
ministri, come narra il corrispondente
della Civiltà Cattolica^ e principalmen-
te per esigere i ministri, di togliere il co-
mando dell'isola di Cuba a De la Concha^
l'allontanamento di alcune persone dal-
la corte, e la nomina dì alcuni senatori.
Alle negative della regina, il ministero
nella metà di settembre le presentò due
volte la sua dimissione, senza che fosse
accettata, e finalmente lo fu a*2 ottobre,
pubblicandosi a*i5. Intanto la regina a-
vea in tutta fretta chiamato a Madrid da
Parigi Bravo Murillo,da Roma Alessan-
droMon,e dall'Andalusia il capitanogene-
rale Francesco Armerò, onde consultar-
li e formare il nuovo ministero, come i
capi più notevoli della supposta parte mo-
derata; il suddetto corrispondente quali-
ficando i moderati, partigiani del dottri-
narismo liberalesco.Cìrca all'odierno mi-
nistero egli ne fa la biografia nella Civil-
tà Cattolica, t. 8, p. 6 1 9. Osservò la Re-
generacion, giornale cattolico monar-
VAL
cliico, che nel partilo chiamalo conser-
vatore era impossibile formare un mi-
nistero più forte di quello presieduto dal
duca di Valenza. Ma essendo durato ap-
pena un anno, tirarsi la conseguenza per
gli altri, poiché dal 1840 fino al presente
\\ sono stati in Ispagna 28 ministeri. Il
nuovo ministero, a'25 ottobre lo pubbli-
cò come segue la Gaceta di Madrid : se-
gretario di stato e ministro degli affari
esteri IVIartinez de la Rosa, grazia e giu-
stizia Giuseppe Casaus, finanze Mon, ma»
rina Buslillos, dell'interno EraanueleBer-
mudez de Castro, lavori pubblici Sala-
irerria, guerra Armerò e presidente del
consiglio dei ministri, il quale formò que-
sto gabinetto. I giornali quindi pubblica-
rono, essere il programma del nuovo mi-
nistero la costituzione del 184 5, colle leg-
gi organiche, e comporsi di elementi con-
servatori. Frattanto il Papa nominò nun-
zio apostolico di Spagna mg."^ Lorenzo Ba-
rili già delegalo apostolico della Nuova
Granata(della cui opera mi giovai nell'ar-
ticolo Umana), il r. "novembre consagrato
arcivescovo eli Tiana nella cattedrale di
Ancona sua patria, dal cardinal Brunelli
vescovo di Osimo e Cingoli, assistito da
mg.' Antonucci vescovo d'Ancona ed U-
mana(F.)eda mg/ Gio. Francesco Ma-
gnani vescovo di R.ecanati e Loreto. La
regina Isabella 11 3*28 novembre iSSy
die alla luce d. Alfonso principe dell' A-
sturie ed erede della corona di Spagna.
Questo fausto avvenimento eccitò il più
grande entusiasmo in Madrid e in lutto
il resto dellaSpagna,per cui si fecero gran-
di e solenni dimostrazioni d' universale
gioia da'popoli veramente cattolici e mo-
narchici. E indispensabile poi, che sugli
stamponi aggiunga un fugace cenno del
posteriormente e di recente avvenuto in
Ispagna. L'encomiato nunzio giunto op-
portunamente in Madrid a' 5 dicembre,
nel di seguente con quel treno reale che
descrive il Giornale di Roma a p.i 149,
presentò solennemente le lettere pontifi-
cie, che io accreditano in qualità di nua-
V A L 285
zìo presso S. M. la regina, e di delegalo
straordinario per levare al s. fonte a nome
di Sua Santità S. A. R. Serenissima il
principe dell'Asturie. Ivi sono riportati i
corrispondenti discorsi falli alla regina e
poi al re da mg."^ Barili, e le analoghe ri-
sposte degli augusti sposi. Prima del ve-
spero della festa dell'Immacolata Conce-
zione, seguì con gran pompa la ceremo-
nia, descritta dal Giornale di Roma a p.
1 152, e nel n." 288, del battesimo del
principe dell'Asturie nella cappella reale,
celebrata dall'arcivescovo di Toledo mg.""
fr. Cirillo de Alameda-y-Brea de'mioori
osservanti (iraslato da Burgos, e presto di-
cesi sarà cardinale); e gli furono imposti
i nomi di Alfonso, Francesco d'Asisi, Fer-
dinando, Pio , Mariano della Concezio-
ne, Giacomo e Pelagio. Il nunzio fece da
padrino in nome del Papa Pio IX, te-
nendo colle braccia al battisterio il prin-
cipe destinato ad essere re cattolico del-
la Spagna col nome d'Alfonso XII. Fra
gl'intervenuti alla funzione sagra, oltre il
re colla divisa di capitano generale, e la
sua figlia infanta d. Isabella, finora prin-
cipessa dell'Asturie, v'intervennero il du-
ca e la duchessa di Monlpensier, gli ar-
civescovi di Siviglia, Burgos, Valladolid,
il patriarca dell'Indie, ec. Di più in appo-
sita tribuna eravi il tribunale della Ro-
ta; e vi furono presenti i deputati del
principato dell'Asturie, secondo l'antiche
disposizioni, nella nascita del suo princi-
pe. Al popolo furono gettate monete d'o-
ro, d'argento e di rame, quando il nunzio
collo slesso treno di corte si restituì alla
sua residenza. Dipoi la deputazione del-
l'Asturie offrì al suo principe l'insegne in
brillanti, previo discorso di Mon i.°di
essa, ed al quale rispose il re. L' insegne
rappresentano la famosa Croce, che il re
Pelagio ed i suoi successori innalzarono
come bandiera contro i mori, e che ora
si conserva nel santuario d'Oviedo. Tale
Croce fin da que' remoti tempi fu chia-
mata la Croce della P^ittoria, e forma
l'arme del principato deli' Asturie, colia
a86 VAL
leggenda: la hoc tigno \>mcitur inimicos.
ludi il iiconalo principe lu insignito de-
gli ordini civili del regno, cioè di cavalie-
re gran croce del Toson d'oro, di Carlo
111 e d'Isabella Callolica, e di s. Giovan-
ni di Gerusalemme. Le decorazioni gli
furono imposte dal re suo padre. A'4 gen-
naio! 858 ebbe luogo la presentazione in
grande formalità della regina, per la i.'
Tolta dopo il suo parlo, nella cappella del
palazzo reale, per ringraziare Dio, e vi si
recò col re, col principe delTAsturie, col
nunzio. Indi la regina col re, dinanzi l'ai*
tare pregarono per l'erede del trono. Nel-
l'olFertorio della messa, la regina fece pre-
sentare al Signore per oblazione, due
]jianche tortorelle. L'8 gennaio s' imban-
dì il gran banchetto reale in onore del
nunzio apostolico, il quale prelato riuja-
se soddisfattissimo dal complesso dell'af-
fettuosa e filiale accoglienza che ha rice-
iruto dalla corte e da tutto il regno per
rispetto verso la s. Sede. La regina si por-
tò al santuario d'Atocha a presentargli
il reale suo figlio, e poi gli donò i piùiic-
chi ornamenti che a vea indossato in cpiel-
la solenne circostanza, facendo molte li-
niosine e altre opere di carità. A* i o gen-
naio la regina pronunziò alle Cortes quel
discorso, ragionando pure delia nascila
del principe dell* Asturie, di cui riferisce
lai .^ parte il Giornale di Roma del 1 858
a p. 47» Ma d corrispondente della Civil-
tà Cattolica, l. 9, p. 1 1 1, dopo avere ri-
portato le notizie del descritto avveni-
mento, cominciò a lamentare l'inerzia e
i pericoli del nuovo ministero Armero-
]VIon,di tendenze liberali, narrando i pri^
mi sintomi di sua vicina caduta, andan*
do perciò in fumo le speranze concepite
da'liberlini ; l'opposizione essendo ormai
divenuta generale, come gabinetto rap-
presentante genuino della politica mi-
tìcolosa, indecisa e perciò funesta. Indi
dice queste gravi e notabili parole : La
Spagna essere stanca delle farse, volere
uu governo che governi, un re che re-
gni, e un popolo che sottratto dalla li-
VAL
rnnnia ipocrita del bberalìsmo , abbia e
goda vera libertà. L'elezione falla da'de-
putati o Cortes V 1 1 gennaio di Bravo
Murillo in presidente di sua camera, fu
cagione della dimissione del ministero
Armero-Mon. Chiama BravoMurillo ini-
ziatore e capo de'riformisli, cioè di quel-
li che desiderano finirla colle tradizioni
rivoluzionarie perchè rappresenta la ten-
denza di riformare nel senso opposto al
parlamentarismo la costituzione di Spa-
gna. Dopo tale elezione, il ministero pre-
sentò alla regina il dilemma o la dimis-
sione del gabinetto o lo scioglimento del-
le Cortes; per quest'ultimo propendendo
la regina , pur tuttavia meglio pensan-
do, accettò la dimissione de' ministri a'
i3 gennaio. Così il vero partito conser-
vatore deironizzò il recente ministero.
Nel dì seguente il nuovo si compose de'se-
guenti ministri. Saverio Isturiz già presi-
dente de' ministri nel i836 e nel 1846,
reduce dall'ambasciata di Russia per oc-
cupare la presidenza del senato , come
sempre appartenente al partito conserva-
tore, venne rieletto presidente del consi-
glio de'ministrì, ministro di stato e d'ol-
tremare. Il tenente generale Firmino Ez-
peleta , ministro della guerra; Ventura
Diaz, dell'interno: l'ammiraglio Giusep-
pe M." Quesada, della mai+na; Giuseppe
M.' Fernandezde la Hoz, di grazia e giu-
stizia; Giuseppe Sanchez Ocano, delle
finanze; Gioacchino Ignazio Mencos, del
commercio o fomento ec. A p. 75 del
Giornale di Roma sono nominati tutti i
presidenti del ministero di Spagna dal
i833 ah 858, e si osserva che in tali 25
anni si cambiarono ^1 ministeri ! Indi a
p. 78 si fanno alcuni cenni biografici di
ciascuno de'detti nuovi ministri. A' 1 5 il
presidente Isturiz dichiarò al senato, es-
sere il programma del nuovo ministero;
L'osservanza della costituzione del 1 845,
la quale guarentisce le prerogative della
corona e le ben intese libertà pubbliche; j
e lo svolgimento dell'idee e de'principii
espressi da S. IVI. la regina uell'oprire le
VAL
Cortes, senza pregiudizio delle modifica»
aloni che vi si devono intiodurre, quan-
do giunga il caso delle contestazioni per
la risposta delle Goi'tes, al discorso della
Corona. Di questa se ne legge il proget-
to nel detto Gianiale a p. 126 e nel n.°
29, tutto quanto conservatore e favore-
vole alla Chiesa; nutrendo speranze, che
quanto prima saranno sciolti con soddi-
sfazione i negoziati pendenti colla s. Se-*
de , anco colla restituzione de' beni alla
Chiesa che sono sue proprietà; progetto
dettato da sentimenti eguali e comuni a
quelli del senato. Il nuovo ministero^ in
una parola, si propone tenere una via
conservatrice, e può confidare nelle Cor-
tes attuaU , che rappresentano il partito
conservatore. A.*i8 gennaio mg. "^ nunzio
prese formalmente possesso con gran so-
lennità della chiesa pontificia e dell'o-
spedale degl' italiani in Madrid. Lodalo
fu il discorso tenuto alla camera de'de-
putati a' 3o dal presidente Bravo Mu-
rillo, e lo riprodusse il Giornale nel n.°
37. L' i I febbraio la regifia nominò S.
A. il. il cognato duca di Montpensier,
capitano generale dell'esercito. Il veritie-
ro corrispondente della Chiltà Cattoli-
ca, t. g, p. 367, chiama il presente mi-
nistero, un ministero di transizione tem-
poranea, per non ricadere in mani della
rivoluzione; e se viene considerato nel-
l'idee che rappresentano i suoi membri,
non è in alcun modo la soluzione deside-
rata del nodopolitico che ci siringe. Dun-
que ripeterò ancora una volta, Dio aiuti
Ja cattolica Spagna: dirigendola ad uno
stato fermo e tranquillo, che la nazione
da molti anni ha perduto, come si espres-
se Bravo Murillo nel suo discorso al con-
gresso, di cui ragiona la Civiltà Cattali»
ca a p. 6iS.
La fede fu predicata in Valenza ne'
primi tempi della Chiesa, e fiorendovi il
cristianesimo nel V secolo vi fu eretta la
sede vescovile, indi sutfraganea della me-
tropolitana di Toledo. Cessò il vescova-
to coll'invasione de' mori saraceni nei
VAL 287
7 1 5 circa, i quali poi espulsi nel 1 2 38 fu
ripristinala la cattedra vescovile e dichia-
rata suffraganea della metropoli diXar-
ragona. Narra il portoghese Novaes nella
Storia d' Alessandro K/,che eletto que-
sti Papa l'i I agosto ijg^, subito elevò
al grado metropolitico la cattedrale di
sua patria Valenza, e già sua sede vesco-
vile, ed a'26 agosto giorno di sua inco-
ronazione ne confermò l'erezione. Lospa-
gnuolo Orliz che scrisse la Descrizione
del viaggio di Adriano F'Ismo signore
del 1 522, dice che air arcivescovato di
Valenza furono assegnati per suffraga-
uei i vescovati di Segorve^ di Orihnela
e di Majorica. Il p. Mirco che nel 16 j 3
pubblicò la Notitia Episcopatiium, ci-
tando Gaspare Escolano, Historia Va-
lentina^ Valentiae i6io, dice che Ales-
sandro VI gli die per sufFraganee le sedi
di Majorica e Cartagena, ma che allo-
ra lo erano Segorbe, Ori/mela e Majo-
rica. In seguito furono aumentati, poi-
ché Commanville neW'Histoire de tous
les Archeveschez et Eveschez, stampata
nel 1700, registra'per sufFraganei di Va-
lenza i vescovati di Orihucla, a ciii erau-
si uniti qtielli antichi diDenia,Xaliva ed
Elche; e di Mr/yorctìr col l'antiche e unite
sedi di Minorca ed Evusum o Juica os-
sia /^'/zrt(/^.), ch'egli come l'altra di Xa-
tiva dice fìjndata nel V secolo, mentre le
altre lo furono nel seguente. De Lagna,
annotatore di Ortiz, nel i 790 scrisse suf-
Fraganee di Valenza, Segorve, Temei,
Orihuela, Majorica e Jaca. Negli ulti-
mi anni, come rilevasi da'registri conci-
storiali, lo erano Segorve^ Orihuela,
Majorca e Minorica, ma da ultimo Ma-
jorca e Minorica erano state soggettate a
Tarragona. Finalmente il Papa Pio IX,
col concordato delr85i, promulgò colla
bolla Ad Ficariam, de'g settembre, che
la metropolitana di Valenza avesse per
sutfiaganee le chiese vescovili di Major-
ca^ Minorca, OriJuiela con residenza in
Alicante, e di Segorve con residenza iu
CastelloQ de la Plana, assegnando all'ar-
a68 VAL
cìvescovo per mensa non menodì 1 3o,ooo
monete di reali d'argento. Dice Novaes,
die prima l'arcivescovo di Valenza ave*
va la rendita annua di 3o,ooo ducati,
secondo alcuni, e 4o,ooo secondo altri,
ossia 19,500 scudi, come calcolarono al-
tri. Nella Biblioteca sacra de* pp. Ri-
cliard e Gìraud, e ampliata, si nota che
l'arcivescovo ha diritto di portare l'abi-
to de'cardinali, ed i canonici quello de'
vescovi. Ih." vescovo di Valenza, che si
conosca, fu Giustiniano che sottoscrisse
al concilio tenutosi nella sua chiesa a' ^
dicembre 546; il vescovo Musila sio in-
tervenne al 4-° concilio di Toledo. I suc-
cessori occuparono la sede fino a Girola-
mo Vischio monaco benedettino, il qua-
le a motivo dell'invasione de' saraceni
venne trasferito a Salamanca. Espulsi i
saraceni da Valenza e suo regno, fu no-
minato vescovo Ferrerio di s. Martino,
già arcidiacono di Tarragona; Papa Gre-
gorio IX lo confermò nel luglior24o, e
poco dopo morì nel 1 24*2- Fra' suoi suc-
cessori ricorderò i seguenti. Alfonso Bor-
gia diXaliva diocesi e regno di Valen-
za, commendabile per la sua modestia,
giustizia e carità verso i poveri, e per la
sua profonda scienza nell'uno e nell' al-
tro diritto, essendo amministratore della
chiesa di Majorca nel 1429 Martino V gli
conferì il vescovato di Valenza, per ri-
guardo al molto che operò per indurre
l'antipapa Clemente Vili Mugnoz, suc-
cessore del falso Benedetto XIII, a rinun-
ziare il fantastico e immaginario ponti-
ficato, ed invece nominando al vescova-
to di Majorca il Mugnoz, avendo così de-
iìnitivamente termine lo scisma degli a-
ragonesi e de'valenziani che con que' di
Paniscola ne seguivano in buona parte
l'ubbidienza. Chiamato Alfonso al con-
cilio di Basilea, non volle in conto alcuno
condurvisì, per aver saputo che que'pa-
dri eransi ribellati al Papa Eugenio IV,
ad onta delle replicate istanze fattegli da
Alfonso V re d'Aragona e Valenza, che
^c^vev^ stÌDip|alo a portarvisi ; aqzi non
VAL
avendo avuto difTicoUà di resìstere in mol-
te occasioni in faccia a quel sovrano, di
cui era segretario e consigliere, quando
da lui richiedeva cose che non fossero
giuste e ragionevoli. In premio di tali e
altre benemerenze, e di essere stato ar-
bitro nella pace tra Alfonso V, come re
di Napoli, ed Eugenio IV, questi lo creò
cardinale nel i444' Nel cardinalato an^
Cora non volle possedere altro benefìzio o
commenda, ripetendo d' esser contento
d'una sola sposa, come ordinava il dirit-
to pontifìcio, cioè di Valenza; e quindi
fu sublimato al triregno nel 1 455 col no-
me di Calisto HI. Conferì tosto il suo
vescovato di Valenza al giovane nipote
Roderico Lenzuoli o Lanzol tesoriere
della chiesa di Valenza, gli die il suo co-
gnome e stemma, e neli456 lo pubblicò
cardinale. Altri scrivono che fu fatto ve-
scovo di Barcellona nel 147^, e che nel
1479 soltanto ^" trasferito a Valenza, da
Innocenzo Vili eretta in arcivescovato.
Educato dallo zio nell'umane lettere, ne
aveva profittato col suo sottile e pene^"
trante ingegno, e fatto tali mirabili pro-
gressi che sino dall' adolescenza mostrò
gran facondia e perspicacia nell' espri-
mere i propri sentimenti, atta a persua-
dere, e ninno forse fu meglio di lui nel
sapersi accomodare con tutti. In seguito si
cumularono in lui pingui benefìzi eccle-
siastici, le commende delle chiese di Car-
tagena e Majorca, e diverse dignità, fra le
quali di vice-cancelliere di s. Chiesa e di
i.^'diacono, acquistandosi l' affetto della
curia romana. Ma vivente lo zio, pel rife-
rito nel voi. LVII I, p. 1 27,contrasse quel-
la deplorabile relazione che lo fece pa^
dre di più figli. Narra Cardella nelle Me*
morie storiche de' Cardinali, ed altri
scrittori, che divenne successivamente nel
1457 per lo zio legato della Marca, e poi
di Sisto IV pe* regni di Castiglia e Ara-
gona, e di Portogallo, a motivo delle pre-
tensioni de're d'Aragona e di Portogallo
pel reame di Castiglia j ma si fece censu-
rare pel fasto mondano, pel lusso, per l'a-
VAL
varìzìa, e senza aver nulla coualuso in
quelle legazioni per le quali era slato in-
viato. Tuttavia adunò un concilio a Ma^
drid{F.) e lo presiedette. Nel ritornare
a Roma sulle galere de*veneziani, assali-
to da fiera tempesta di mare, presso a Li-
vorno, poco mancò che non rimanesse
preda de'flutti, avendo perduto yS per-
sone di sua comitiva, compresi 3 vescovi
e ahri personaggi di conto, oltre 3o,ooo
e più scudi di valsente. 11 Panvinio scri-
ve nelle Fìtede' Pontefici^ che pati due
tempeste, in una perde tutta la guarda-
roba, nell'altra ne'lidi di Pisa poco man-
cò ch'egli stesso naufragasse; poiché al-
tra galera, ov'erano molti de' suoi, do-
po molte ore di angustie si perde, restan-
do sommersi 180 uomini, fra'quali 3 ve-
scovi e alcuni dottori di legge. A tali lega-
zioni successe quella a Ferdinando 1 re
di Napoli, d'ordine di Sisto IV, per assi-
stere alle sue seconde nozze colla (jglia
di Giovanni II re d'Aragona, ed impose
alla novella sposa la corona reale, come
notai ne' voi. LXV, p. 224, e LXVIII,
p. 109. Perlo spazio di 22 anni fu abba-
te commendatario di Siibiaco, ove edifi-
cò una torre che prese il suo nome di
Borgia ; ed in Roma fece edificare non
lungi da Campo de* Fiori due magnifici
palazzi, della cui splendidezza parla il
Ciacconio, Fitae Ponlificum ci Cardi-
naliuuiy t. 2, p. 991; cioè l'odierno Pa-
lazzo Cesarini Sforza (F.), e il compi-
mento del Palazzo della Cancelleria
apostolica^ del quale riparlai nel voi.
LXXXII,p. 25o e altrove. Eletto Papa
col nome d' Alessandro Vi nell'agosto
1492, subito dichiarò metropolitana la
sua chiesa di Valenza, e la conferì al suo
figlio Cesare Borgia di 1 7 anni, nato da
Caterina Vannozza di Rignano, la cui
effigie, al dire di Degli ^iìeXù^ Memorie
di s. Nonnoso abbate del Soratte e de*
luoghi circonvicini, p. 62, fij da Giaco-
mo Palma il Vecchio dipinta nel quadro
di s. Lucia nella chiesa di s. Maria del
Popolo di Roma : noterò che tal quadro
VAL 289
Tili e Venuti V allribuiscono a Luigi
Garzi, per cui si deve intendere il nuo-
vo. Alessandro VI da cardinale indetta
chiesa fece Tornamento di marmi sopra
l'antico altare maggiore e intorno la mi-
racolosa immagine della Madonna, e da
Papa fece l'organo e più volte visitò la
chiesa celebrandovi la messa. Aggiunge
Degli Effetti, che Cesare Borgia fu scol-
pito nella statua marmorea del Salvato-
re, collocata nelle mura della fortezza di
Civita Castellana (^.), rifabbricata e
ingrandita dal Papa, il quale lo dichiarò
castellano della medesima. Allorché Ce-
sare fii innalzato alla sede di Valenza, era
vescovo amministratore di Pamplona ,
alle quali chiese Alessandro VI aggiunse
nel 1493 quella di Castres e nel i^^^
quella di Perpignano, né manca chi a Ce-
sare attribuì pure la sede di Nantes, ma
non è sicuro, altri aggiungendovi quel-
la di Elna. Già nell' agosto o settembre
1493 il Pontefice lo aveva creato car-
dinale diacono, ma giammai fii insignito
d'alcun ordine sagro: secondo il costu-
me si chiamò il Cardinal di Valenza,
Alessandro VI avendo impiegato le sue
prime cure in favore della sua nazione
spagnuola e del re Ferdinando V, questi
per riconoscenza donò il ducato diGandia
al di lui figlio primogenito Pier Luigi. Al-
lorchèCarlo Vili re diFrancia si recò alla
conquista del regno di Napoli, entrando
in Roma nel finir deli 494 obbligò il Pa-
pa a diversi accordi, e nel partire vol-
le il cardinal Cesare per ostaggio, sotto
colore d' accompagnarlo quale legato ;
onde partì da Roma avendo al suo lato
sinistroilcardinale,il quale giunto a Fel-
letri^V.) fuggì e tornò in Roma. Il Papa
incaricò quindi il cardinal Cesare della
legazione d'Orvieto, e nel 1 497 di quella
di Napoli, ove coronò Ferduiandoll so-
lennemente, egli consegnò lo Stendardo
della Chiesa romana inviatogli dallo stes-
so Papa. Neli498 divenuto re di Fran-
cia Lodovico XII, pretese oltre il regno
di Napoli il ducato di Milano, e cou le-
ago VAL
ga a Ilalia funesta si confedeiò col Papa,
co'fioienlini, i veneziaui e il re di Spa-
gna, contro il te di Napoli e il duca di
Milano. Cesare Borgia dopo aver ucciso
i) fralelloduca di Gandia, e vissuto 5 an-
ni nel cardinalato, aveva rinunziato alla
porpora ed a tulle le dignità ecolesiasti-
clie, e datosi al mestiere dell'arnii fu fat-
to generale di s. Chiesa e suo gonfalo-
niere, dignità possedute dal fratello. Gli
fu promesso dal redi Francia d'assister-
lo nell'occupazione della ^larcajdQÌ-
VU/nbria^ della Romagna (/^.), che di
fallo conquistò crudelmente , spoglian-
done i feudatari e vicari temporali della
«tuila Sede, in uno allo slato di Urhi-
;ìo(/^.), alcuni de'quali privòdi vita» mo-
lestando Siena e occupando Piombino.
Di più Luigi XII gli die in moglie a'io
maggio 1 499 la s"2i parenteCarlotlad'Al-
bret sorella di Giovanni d'Albret re di
]Vavarra,con /^^/e/2Sfl5 di Francia per do-
te, secondo il Panvinio, o meglio conie
irogliono altri del ducato di Valentinois
o Valeiitinese nel basso Delfinato, di cui
fu un tempo capitale la delta f^alcnza ,
e residenza prima de'conli e poi de'suoi
duchi,dicui meglio ragionerò nel seguen-
te articolo. Il Valentioese die il titolo
a Cesare di duca f^alentino^ col quale
è comunemente appellalo. L'insaziabile
ambizione di Cesare travagliò i baroni
romani Colonna^ Orsini, Caetani [V.)
e altri, li spogliò de' loro-stati e diversi
De fece perire. Da Luigi XII ebbe inol-
tre una pensione di 20,000 lire^ ed una
compagnia di 1 00 soldati. Morto Alessan-
dro VI nell'agosto 1 5o3,svauì ad uu trat-
to la potenza di Cesare, che spogliato da
Giulio li delle fortezze che aveva occu-
pale, fu inviato in Ispagna, ove per due
anni fu tenuto prigione nel castello di Me-
dina. Riuscì a fuggire e recarsi presso il
cognato re diNavarra,ma guerreggian
do
•valorosamente con esso contro 1 casti-
gliani, nella battaglia di Mondavia, di-
rimpetto al castello di Viane, nella dio-
cesi di Pamploìia, vi restò ucciso da uua
VAL
palla di moschetto nel giorno annfVcr-
sario in cui avea preso possesso di quella
chiesa, e dal suo scudiere trasportato so-
pra un cavallo a Pamplona, ivi ebbe se-
poltura senza alcun onore. Questo rao-
s(ro d' ambizione e di crudeltà, di co-
stumi corrotti, accusato d' incesto colla
sorellaLucrezia morta duchessa di Ferra-
ra, amò e prolesse le lettere, scrisse versi
e possedette una eloquenza persuasiva.
Il famoso Macchia velli nel suo libro : Del
Principe, prese Cesare Borgia per esem-
plare: scegliere non poteva un eroe che
maggior orrore ispirasse, anche pel nar-
ralo e riprovalo in tanti luoghi. In que-
sti però egualmente non tacqui colla sto-
ria, quanto qui meglio riferirò. Il cav.
Belli nella sua descrizione tUW Ospedale
della Consolazione (^.) di Roma, e nel-
la raccolta di Monumenti lapidari del
medesimo, riporta quelli che dichiara-
no Cesare Borgia benemerito per avere
neli5o3 col suo peculio fondala la cor-
sia dell' ospedale delle donne : A Duce
P^alentino excifatam ad sanandas ae-
gras avidneribus midieres. Di più fu be-
nefattrice dello stesso ospedale sua madre
Vanozza Catanea, detta pure in una la-
pide del 1.527 ^' f^annotia Catani Bor-
gia da Carignano (il Novaes nella Sto-
ria d^ A lessa/idro P^I chiatna l'avvenen-
te e seducente madre del Borgia, Lucre-
zia Fannozia^ cortigiana famosa e da-
ma romana, moglie di Domenico Ari'
gnani, uno de'grandi di Roma), poiché
si legge in un'altra iscrizione che con at-
to del«otaroCarosode'i5 gennaio 1 517
gli donò parte d'alcune case in Campo
di Fiore , ove allora era l* osteria [ della
Vacca, col peso di far celebrare 3 anni-
versari l'anno: uno per l'anima propria,
l'altro per l'anima di Giorgio Croce suo
marito PiRjno, il terzo per 1' anima di
Carlo Canale suo 2.° niarilo. Anche
iìtW Ospedale del ss. Salvatore (^.) di
Roma, Vannozza Caiani fu benefattri-
ce e si apprende da una iscrizione esi-
stente uel medesimo. Nel 1499 Alessau-
VAL
dio VI dalla chiesa di Melfi trasferì al-
l'arcivescovato di Valenza sua patria, il
nipote cardinal Giovanni Borgia^ restato
vacante per la cessione di Cesare Borgia,
il quale poi per rapirgli le sue ricchezze
fu incolpato di averlo avvelenato a' 17
gennaio I DOG inUrbino,o mentre passato
in Fossonibrone recavasi a Forlì, e mo«
rendone il cadavere fu portato a Roma,
Gli successe nell'arcivescovato il fratello
cardinal Pier Luigi Borgia (\\ Valenza,
nipote del Papa e cugino di Cesare, iu
età giovanile, morto in Napoli nel i5i r
CI 5 12, ov' erasi ritirato. Dipoi divenne
arcivescovo Giorgio arciduca d'Austria,
zio dell'imperatore Carlo V, che rinun-
ziando colla riserva di 2000 ducati di
pensione, per passare all'arcivescovato di
Liegi, ebbe a successore s. Tommaso di
Villano<^a (F.), ornamento delia chiesa
di Spagna negli ultimi tempi. Quest'in-
signe religioso agostinieino accettò l'ar-
civescovato per comando de* suoi supe-
riori, e vi fece il suo ingresso ili." gen-
naio 1 545'. Avendo egli precedentemen-
te ricusato l'arcivescovato di Granata of-
fertogli da Carlo V,questi non pensò a no-
minarlo alla vacata sede, per cui nell'a-
gosto i544 ordinò di stendere il brevetto
di nomina in favore di un girolamino.
Tuttavia il brevetto fu segnato col no-
me del santo, di che meravigliato l'im-
peratore, ne chiese ragione al segretario.
Questi gli rispose d' avergli sembrato u-
dire il nome di Tommaso di Villano va;
che però gli sarebbe agevole di correg-
gere il suo sbaglio. No, no, rispose Carlo
V; riconosco in ciò una provvidenza di-
vina particolare, e conviene unifortnarsi
alla celeste volontà. Sottoscrisse subilo
il brevetto di nomina e lo mandò al san-
to, ch'era allora priore in Valladolid. li
sauto ne restò sommamente sgomentato,
emise in opera tutti que'mezzi per esen-
tarsene ch'erangli riusciti altra volta. Ma
il principeFilippOjche governava iu assen-
za dell'imperatore suo padre,oon ebbe ah
cuQ riguardo alle SiUe ragioni 3 e nello
VAL 291
slesso tempo il suo arcivescovo di Tole-
do e parecchie altre persone di allo ran-
go gli fecero intimare dal suo p. provin-
ciale, in virtù d* ubbidienza religiosa e
sotto pena di scomunica, che dovesse sot-
tomettersi alla volontà dell'imperatore.
Essendo pertanto giunta In bolla di Paolo
IH, egli fu consagrato a Valladolid dal
cardinale Tavera arcivescovo di Toledo,
e nel dì seguente si pose in viaggio per
Valenza. Sua madre, che vivea ancora,
lo fece pregare che volesse passare per
Villanova , onde avere la consolazione
di vederlo prima di morire; ma il santo
consultalo Dio su tal domanda, credette
di doversi recare, senza fi-ammettere al-
tro ritardo, alla sua arcidiocesi, e prefe-
rire il dovere suo a qualunque altra con-
siderazione. Fece il viaggio a piedi, e col
suo abito assai logoro e da lui rattoppato,
poiché il portava fino dalla sua profes-
sione, la quale aveva fatta a'25 novein-
brei5i7, in compagnia d'un religioso e
due douiestici. Fu insigne modello di u-
miltà, d'ogni virtù, eccellente esemplare
de'vescovi, magnanimo padre de'poveri e
degli orfani, a'quali tutto dava, acceso di
carità pel pressi mo,d'a more versoDio.Ze-
lante a'doveri di vigilante pastore, visitò
l'arcidiocesi, predicando dappertutto cou
tanto ardore ed elfusioue, clie ciascuna
parola che usciva dalla sua bocca era
come uno strale infuocato che penetrava
i cuori; venendo riguardato come un a-
postolo e un profeta suscitato dal cielo
per la riforma de'costumi del popolo di
Dio. Finita la visita celebrò il concilia
provinciale, con ubertosi effetti. Essen-
dosi accorto che i suoi domestici, per ti-
more d' interrompere i suoi esercizi di
pietà, facevano aspettare le persone che
venivano per consultarlo; raccomandò
ad essi d'avvertirlo senza ritardo^ quan-
do alcuno si presentava nelle sue stanze
per parlargli,e ne rese questa ragione. Che
il suo amore pel ritiro e per la solitu-
dine doveva cedere al suo dovere; e die
poscia che aveva accettato 1^ episcopato
2^2 VAL
egli Don ern più padrone di se stesso, ma
servo del suo gregge. Quotidianamente
dispensando tutte le rendile per elemo-
sine, giunto al punto estremo, e volendo
partire alFatto nudo da questa terra, fe-
ce distribuire a'poveri della pHrrocchia
il denaro che aveva, donò quanto pos-
sedeva al rettore del collegio, tranne il
letto che dispose a favore de' carcerati,
pregando però il custode loro a lasciar-
gliene Tuso sino alla morte, che avvenne
l'8 settembrei 555, pronunziando le pa-
role: Signore io rimetto nelle vostre ma-
ìli il mìo spirito. Fu sepolto, come avea
desiderato , nella chiesa de' suoi agosti-
iiiuni di Valenza. Abbiamo di lui deSer-
moni e Predicìie fatte al suo popolo in
ispagnuolo, e da lui stesso scritte in lati-
no, ed una Spiegazione del libro de' Can-
tici. Stamparonsi la i .'volta nel 1 58 1 per
cura dell' agostiniano Mugnautonio nel
j556 fatto vescovo di Segorbe, già suo
discepolo. La santità della vita e la copia
de'miracoli co'quati Dio lo glorifìcò,mos-
se Filippo Illa domandarne la canoniz-
zazione. Paolo V colla bolla I/i Sede lo
beatificò a'7 otlobrei6i8, permettendo
che dalla metropolitana e dagli agostiuia-
ui di Valenza si facesse memoria di lui con
uffizio e messa in suo onore a' 1 8 settem-
bre; indi col breve In Suprem0y(ìe2i^
settembre 16 10, volle che da tutti gli a*
gostinìani di Spagna fosse venerato collo
stesso rito, ampliando la medesima fa-
coltà agli ecclesiastici di Villanova. Gre-
gorio XV col breve /ilias^de' i^ "leg-
gio 162 i, eslese lo stesso uffizio e messa
a tulio l'ordine di s. Agostino. Nella festa
d'Ognissanti deli 658 Alessandro Villo
canonizzò colla bolla SanctissiniumRe-
gem, presso il Ball. Rom. t. 6, par. 4>P'
(i56, a* I 7 giugno 1 659 estendendo a tut-
ta la Chiesa ad libitum con rito semi-
doppio l'uffizio e messa, che nel 1694 fu
ordinato con precetto, e Clemente XIV
trasportò la sua festa da' 18 settembre a'
22 dello stesso mese, per introdurre in
detto gioruoi8 quella di s. Giuseppe da
VAL
Cuperlino del suo ordine de'convenluali.
Si ha la Series Actorum omnium in Cu"
nonizatione s. Tliomae a Villanova ,
Romae 1 658. Il Novaes nella ^tórzVz^/'^'
lessandro V 11^ riporta un bel numero
di Vite di s. Tommaso in diversi idiomi,
dovendosi a tutte preferire quella intito-
lala : S. Tliomae a Villanova Opera
omniajiocest Conciones in Dominicis
totius anni, et feriis quadrages. necnon
ìnfestis D. N. J. C, B. Mariae V., et
Sanctorum. Editio recentior, omnium
locupleiior... Item Praef atto , Vita s,
PraesuliSf et notae studio, et labore p,
Laurentii a s. Barbara fr. discalceati,
Mediolanii76o. Neh 567 fu nominato
arcivescovo di Valenza Ferdinando di
Loazes d'Alicante, gran teologo e giure-
consulto. Nel 1 569 fu consagrato arcive-
scovo di Valenza il b. Giovanni di Ribe-
ra (V.) di Siviglia, traslato dalla sede
di Badajoz a cui era stato nominato, e in
pari tempo ebbe pure il titolo di patriar-
ca in partibus d'Antiochia, il tulio a i-
stanza di Filippo II e non ostante la sua
modesta ripugnanza per l'alta idea che
giustamente avea per Tepiscopato e pe*
doveri che impone, a'quali corrispose mi-
rabilmente , massime in un' arcidiocesi
che richiedeva particolari cure a motivo
de'numerosi superstiti mori. A suo tem-
po Gregorio XIV col breve Quae prò
indemnitate,de 1 4 settembre 1 59 1 ,BulL
Rom. t. 5, par. i , p. 3 1 2:Confirmatio de-
ere ti in synodo provinciali Valentin,
circa legata in Testamento, seu alias a
defunctis relicta,et quartamfuner aleni.
Benché da secoli nella Spagna già occu-
pata da' mori fosse distrutto il governo
mauro e il popolo del tutto soggiogato;
questa nazione conservava pe' trattati i
suoi beni , ricchezze, costumi, religio-
ne maomettana, come fosse dipenden-
te da'suoi re saraceni, e andavano sem-
pre notabilmente crescendo. Un gran nu-
mero popolava Valenza, in cui, come al-
trove, la mescolanza del maomettismo
coi cattoiicismo produceva deplorabili e
VAL
indicibili mali. Le cose erano giunte a
tali estremi che destarono serie appren-
sioni al governo,le ragioni politiche e re-
ligiose facevano bramare la conversione
al cristianesimo de'inori; egli è perqiie-
sto che si volle elevare il beato sulla se-
de di Valenza, per affrettarne il compi-
mento colla sua prudente pietà, ingegno
e fervore. Egli fece ogni sforzo per abo-
lire i gravi disordini che ne conseguiva-
no e desolavano l'arcidiocesi, e reinte-
grarvi i morali e religiosi costumi. Gran-
di furono le sue laboriose fatiche pel be-
ne spirituale e ten^porale di sua gregge,
pel clero, pe*poveri, per le vìsite episco-
pali, nel dedicarsi con zelanti coopera-
tori all'istruzione de'mori per convertirli
e con dolcezza persuaderli della vera re-
ligione, li successo fu poco fecondo co*
convertili sinceramente, a segno che or-
mai disperò della riuscita, per cui scris-
se al re Filippo III, come aveva fatto a
suo padre Filippo li il valenziano s. Lo-
dovico Bertrando, affinchè gl'infedeli fos-
sero espulsi non meno da Valenza e suo
regno, che dalla Spagna. Il re animato
da religioso zelo, prese in profonda con-
siderazione l'esposizione de! b. Giovan-
ni e risolvette abbracciarne il consiglio. 11
decreto fu sottoscritto 1' i i settembre
1609, e subito dopo eseguilo prima nel
regno di Valenza, e successivamente nel-
l'Andalusia, nella Catalogna, nell'AragO'
DO, e in tutte le altre provincie della Spa-
gna , come si legge nelle Croniche de*
xMori di Spagna del Bleda, e presso Mi-
chele Geddas che scrisse la Storia deh
l'espulsione de* Mori dalla Spagna sot-
to il regno di Filippo III. Molti sono
gli storici che per sì fatta risoluzione bia-
simano Filippo 111 , e di qui prendono
occasione di spargere il loro veleno con-
tro gli ecclesiastici , quasi che avessero
eglino a ciò indolto il re, col timore su-
persiizioso ispiratogli da pretesi mira-
coli e daprofezic supposte , come auda-
cemente scrive qualche autore. Forse u-
no di essi, nella Storia universale scrit'
VAL 293
ta da una compagnia di letterati inglc-
si, t. 6, p. 53, ecco come in una nota sul
fallo iti discorso si espresse. « A tre pon-
no ridursi le ragioni principali del clero,
e particolarmente del cardinal arcivesco-
vo di Toledo e dell' arcivescovo di Va-
lenza, per l'espulsione de'mori o more-
schi. La I." perchè sono infedeli ostinati
e non correggibili, sull'animo de' quali
nulla producevano i ragionamenti, ed a
riguardo de'quali erano gettate al vento
tutte le istruzioni, dimodoché era inutile
l'usare a più lungo indulgenza verso di
essi. In secondo luogo, perchè erano tra-
ditori, che esultavano delle disgrazie del-
l'armi del re, amavano i suoi nemici,
mantenevano con essi corrispondenza, li
invitavano ad invadere il regno, con pro-
messa di dar loro mano , e che quante
volle si presentava l'incontro, vendevano
o consegnavano a' loro eompalriotti di
Barbaria de'crisliani ; talché per propria
sicurezza era necessario di liberarsene. la
terzo luogo, perchè siccome di continuo
si moltiplicavano, ed in molli luoghi in-
cominciavano ad avere mollo credilo fra*
loro vicini, era da temersi che non cor-
rompessero la fede ed i costumi de'cri-
sli«ni,ed cravi egual pericolo che non di-
venissero forti a grado di prendere so-
pra di essi una superiorità: che dunque
per evitare lutti questi mali era assolu-
ta mente necessario di discacciarli senza ri-
lardo". Ed in vero eziandio nell' accen-
nato decreto di Filippo IH si dice che
avevano essi sollecitalo ilgran sultano de'
turchi ed il re di Marocco a invadere la
Spagna, ove troverebbero ben 5o,ooo
armali e caldi maomettani quanto dar se
nepotesseroin Asia ed in Africa. Le quali
polenti e gravi ragioni quanta forza do-
vessero avere, nessuno è che non vegga,
se con occhio imparziale e retto mirar
coglia ogni cosa. Invano però nella ri-
prodotta nota , dopo esposti i molivi de*
baroni e grandi di Spagna per la con-
traria sentenza, si aggiunge che:»» lire
ed i suoi ministri adunque non doveva-
294 VAL
no piesfar fede ne agli uni né agii altri"
e propongousi vari mezzi che erano da
seguirsi. Ma quelli che pensano in tal
inolio, ad altro non ebbero l'occhio che
aii'un»ana polilica, e adducendo i mali
che ne polevaiio venircj dioienlicando
quelli esistenti e che pur troppo recava-
no i mori nella Spagna, ed alla purità
della tede. Ogni re deve provvedere alla
felicità de'suoi popoli, ed ogni re cristia-
no deve proteggere la religione che pro-
fessa, e difenderla da'pcricoli che per al-
trui perfìdia le vengono minacciati, mas-
sime il re di Spagna che si vanta del glo-
rioso litolodi He Cattolico. Ma se per
adempiere questo santissimo obbligo ve-
de riuscir vana ogni dolce maniera , e
mira dall'altra parte crescerne ognor più
il pernicioso contagio, e svanire ogni spe-
ranza migliore, non dovrà egli forse met-
tere il ferro alle radici, e con un colpo
franco e deciso schiantare il inale fino
dalla sua origine? A mali estremi si ri-
chiedono rimedi energici ed estremi. I
\escovi che sono posti a custodia delle
chiese devono adoperarsi in ogni guisa
per guarentirle da ogni pericolo,ed ezian-
dio rivolgersi alla podestà secolare qua-
lora l'armi che loro die Gesù Cristo non
\aIgano a frenare i nemici contumaci. Il
più grande vantaggio per uno stato cri-
stiano è che la religione cattolica trionfi,
e sono da tenere per falsi tutti gli altri
vantaggi mondani in confronto di que-
sto, se pur vuoisi credere veramente u-
lile alla società quella gente eh' è tanto
dannosa alla religione medesima. E que-
ste poche parole siano dette in giustifi-
cazione di s. Lodovico Bertrando e del b.
Tuberà che promossero, e di Filippo III
che operò la cacciata definitiva de'mori
maomettani dalsuocatlolicoregno.il Pa-
pa Paolo V encomiò l'operato di Filippo
111. Il beato arcivescovo si meritò che il
re Io dichiarasse viceré di Valenza , di-
gnità importante ch'egli disimpegnò e-
gregiamente. In Valenza istituì il colle-
gio denominato Corpus Chris ti ,\o dolo
VAL
riccamente e lo fornì d'idonei professori.
Egli desiderò sì vivamente la propaga-
zione della fede, che diceva sovente di
esser pronto a versare lutto il suo sangue
per la conversione de' protestanti. Gran-
de fu la sua pietà, e tenera la sua divo-
zione alla Madre di Dio, e la promosse
ne'diocesani. An)ato da Dio e dagli uomi-
ni, compì il corso mortale a' 6 gennaio
i6i I. La città di Valenza onorò la sua
memoria con magnifici funerali, a' quali
accorse una moltitudine di poveri che
benedicevano il suo nome proclamando i
suoi benefizi, e pregando Dio pel riposo
di sua anima. Avendo per virtù divina
operati parecchi miracoli, Pio VI lo bea-
tificò a'3o agosto 1796, assegnando il rito
col quale dovea esser venerato. Abbia-
mo di F. Escriva, Fita del ven. servo
di Dio d. Giovanni di Ribcra, patriar-
ca d* Antiochia e arcivescovo di Valen-
za^ in italiano e spagnuolo, Roma 1 696.
Del p. Vincenzo Castrillo de'minimi, po-
stulatore di sua causa, P^ita del h. Gio-
vanni di Ribera^ Roma 1 796. Quanto a-
gli altri arcivescovi di lui successori, si può
leggere la Storia ecclesiastica di Valen-
za, e le Memorie ricavate da'migliori au-
tori spagnuoli e compilate dal p. Vincen-
zo Valaguer, priore de'domenicani di Va-
lenza. Le Notizie di Roma riferiscono i
seguenti. Nel 1738 Andrea Mayoral di
Molacillo di Zamora, traslato da Ceula: fu
suo sutliaganeo fr. Raffaele de Sala agosti-
niano di Binazordi Tortosa, vescovo d'A-
dramito in partibus. Nel 17 70 Tommaso
Azpura di Saragozza, continuando il pre-
cedente ad essere suffraganeo. Nel 1773
Francesco deFabian-y-Fuerodi Terzaga
di Siguenza,traslato da Tlascala.Nel 1 793
Gio. Francesco XimenesGalinsoga d'O-
neala di Gal aborra, traslato da Segovia
da Pio VI. Questo Papa ne sperimentò
l'animo magnifico e generoso nella sua
rilegazione in Valenza di Francia. Il vir-
tuoso arcivescovo imitatore del re Carlo
IV e dell'arcivescovo di Siviglia Despuig,
riserbandobi per se poca porzione di sue
VAL
rendile, tulio il linianenle dedico a soc-
correre il gran Pio VI, e promosse ancO'
ra unacollelta, la qunle molilo a somma
molto grande, onde fu depositata ne'bnn-
chi di Madrid per somministrarsi al Pa-
pa prigioniere. Nel 1800 fr. Gioacchino
Campany minore osservante di Paraqui-
le arcidiocesi Valenzajliaslalo da Sara-
gozza. Neli8i4d. Vercmondo Arias-y-
Teyeiro monaco benedettino di Cavane-
las diocesi d'Orense, Iraslato da Pam»
plona. Nel i8?.4 Simone Lopez filippino
di Nerpio diocesi di Carlagena, travialo
da Orihuela. Per sua morte, Gregorio
XVI nel concistoro de*24 febbraio i832
preconizzò Gioacchino Lopez y-Sicilia, di
Cubel diocesi diTarazona: Leone XII
B*i7. luglioi824 l'avea dichiarato vesco-
vo di Coria, e Pio Vili a'i8 mar70i83o
l'avea trasferito all'arcivescovato di ìhw»
gos, come leggo nelle proposizioni con-
cistoriali. Morì neli835 e per le vicende
politiche della Spagna la metropolitana
di Valenza restò vacante sino al 1848.
In questo il Papa Pio IX nel concistoro
de' 17 gennaio promulgò 1' attuale arci-
vescovo mg. '' Paolo Garcia Abeila della
congregazione dell'oratorio, nato in Ma-
drid. Rilevo dagli atti concistoriali, che
LeoneXII, mentre esso era prepositode'fi-
lippini di Madrid, perla sua gravità, pru-
denza, esemplarità ed esperienza, nel con-
cistoro de'17 settembre 1827 lo dichia-
rò vescoTo inpartibiis di Tiberiopoli e
e lo die a sufFraganeo dell'arcivescovo di
Toledo, ad cxerccnda pontifica Ha in
VAL 2q'>
clioecesìToletana, et praecipue Ma tri li y
cjusque pertinentiisy cum onere se trans-
ferendi adOranumqiioties nccessitas id
requiraty atque assignatione congniae
3oo ducatorum auri de camera super
mensa Toleiana. Indi meritò che Gre-
gorio XVI a' 1 5 aprile 1 833 lo Iraslatas-
se alle sedi unite di Calahorra e Calzada,
dalle quali passò alla metropolitana che
governa. Ogni arcivescovo di Valenza è
lassato ne'libri dalia camera apostolica
a fiorini 5ooo. L'arcidiocesi si estende
in larghezza a circa 16 leghe, ed oltre a
1 o in lunghezza, conlenendo più di 3oo
parrocchie munite del batlisterio, e com-
prendendo più città e luoghi.
Concila di Valenza.
lli.°fu tenuto nel 5^4 sotto il regno
di Teodorico re de' goti. Vi assisterono
6 vescovi, e vi fecero 6 canoni riguardan-
ti l'abluzioni e i catecumeni; i beni la-
sciati da'vescovi, e sì regolarono le cose
da osservarsi in tempo «li sede vacante;
i doveri de' vescovi verso i loro confi atelli
malati; più fu ordinalo che vengano pri-
vali della comunione gli ecclesiastici va-
gabondi, e che un vescovo non possa or-
dinare un chierico dipendente dalla giu-
risdizione di un altro vescovo. Regia t.
I ijLabbé t. 4, Arduino t. 2. Il 2." con-
cilio si adunò nel 546sulla disciplina ec-
clesiastica, e lo sottoscrisse Giustiniano
vescovo di Valenza. Aguirre t. 2. 113."
si celebrò nel 1240 egualmente sulla di-
sciplina ecclesiastica. Marleuue , The'
saur. l. 4«
FINE DEL VOLUME OTTANTESIMOSETTIMO.
2860-0
- R-n
BX 841 .M67 1840
SMCR
Moroni , Gaetano,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)