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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  AI  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE      INTORNO 

*AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA  ,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI  ,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
AI  RITI,  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA    ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA    PONTIFICIA,  EC.  EC.  EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONl  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI   SUA   SANTITÀ   PIO    IX. 


VCL.  LXXXVIL 
IN     VENEZIA 

iJALLA      TIPOGRAFIA      EMILIANA 
MDCCCL  Vili. 


La  presente  edizione  è  posta  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi 
vigenti,  per  quanto  riguarda  la  proprietà  letteraria,  di  cui 
l'Autore  intende  godere  il  diritto,  giusta  le  Convenzioni 
relative. 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


S  T OR  I CO -ECCLESI  ASTICA 


U 


URG 


u, 


RGEL  (Urgellen).  Ci  Uà  con  resi- 
denza vescovile  di  Spagna  nella  Catalo- 
gna a  26  leghe  da  Lerida,  32  da  Barcel- 
lona eioda  Puy,  in  bella  pianura  este- 
sissima che  si  estende  fino  a  Cordova,  alle 
radici  de'Pirenei,  Ira  la  Balira  e  la  Segre 
che  riunisconsi  un  po'  più  sotto.  Prende 
il  suo  nome  di  La  Seii  ifUrgel^  Urgel- 
liitniy  da  una  montagna  vicina, sulla  (|ua- 
le  sta  un  forte,  ma  in  seguito  dell'  ultime 
guerre,  più  non  restano  delle  sue  forti' 
ficazioni  che  4  porte.  E  però  ancora  un 
punto  importante  di  difesa,  evie  un  go- 
vernatore militare  colla  guarnigione.  La 
cattedrale,  di  gusto  gotico,  è  dedicata  alla 
B.  Vergine,  ha  il  batlisterio  e  la  cura  d'a- 
nime amministrata  dal  canonico  curalo, 
e  vi  sono  in  grandissima  venerazione,  fra 
le  ss.  Reliquie,  i  corpi  de'ss.  Hermangau- 
do  o  Ermengaldo  e  Odone  vescovi  d' Ur- 
gel. Secondo  l'ultima  proposizione  conci- 
storiale, il  capitolo  si  compone  (se  anco- 
ra non  si  è  formalo  quello  stabilito  nel 
concordalo  ultimo  colla  Spagna  e  colle 
lettere  apostoliche  ad  Vicariami  de'  5 
settembre!  85 j)  di  7  dignità,  essendone 
lai."  il  decauo,  dii3  cauonici  comprese 


URG 

le  prebende  del  teologo  e  del  penitenzie- 
re ,  di  20  beneficiati  ,  e  di  altri  preti  e 
chierici  addetti  al  servizio  divino.  Aderen- 
te alla  cattedrale  è  l'episcopio.  Tra  le  al- 
tre chiese  della  città  una  è  parrocchiale 
col  s.  fonte.  Vi  è  un  monastero  di  mona- 
che, l'ospedale,  il  seminario,  la  casa  de' 
trovatelli,  e  prima  dell'  ultime  deplora- 
bili vicende  polilicheeranvi  due  conventi 
di  religiosi.  I  suoi  abitanti,  per  la  maggior 
parte  agricoltori,  trafficano  di  legname  e 
di  grani.  Nelle  sue  adiacenze  trovasi  una 
considerevole  miniera  di  vetriolo.  Que- 
st'antichissima città,  chiamata  Orgelo  , 
UrgellOy  Orgeliò\  0/"g/<7,neira  provincia 
Tarragonese  di  Lerida,  principato  di  Ca- 
talogna, sulla  sponda  sinistra  della  Segre, 
fu  da  Carlo  Magno  compresa  nella  Set- 
timania  o  Marca  di  Spagna,  e  poi  diven- 
ne capitale  di  polente  contea,  con  signo- 
ria sopra  città  e  castella.  Avendo  Carlo 
il  Cali'OL\ì\\s'd  questa  Marca  in  due  mar- 
chesati, venne  Urgel  colle  sue  dipenden- 
ze attribuito  al  marchesato  o  contea  di 
Barcellona^ ò.\  cui  fui."  signore  eredita- 
rio Wiffiedo  il  Filloso.  Nell'884  al  più 
tardi  Suaifreddo  0  Suniario,  3.°  figlio  di 


4  une 

Gutiiililde  e  di  Wiffredo,  da  questi  venne 
pruvvediito  della  contea  «l'tirgel.  Aven- 
do sposato  Richiide,  con  essa  iielc)44^(^* 
ce  una  ragguardevoledonazione  alla  chie- 
sa di  Giroua  ,  ed  altra  a  quella  di  Bar- 
cellona. Moiì  vecchissimo  Sunifreddo  nel 
gSo,  e  gli  successe  il  primogenito  Boirel, 
chei7  anni  dopo  divenne  anche  conte  di 
Barcellona.  Terminò  di  vivere  nel  ggS, 
ereditando  il  primogenito  Hai  mondo  Bor- 
re! la  contea  di  Barcellona,  e  il  secondo- 
genito Ermengaldo  I  detto  il  Cordova- 
no quella  d'  Urgel ,  insieme  alla  contea 
d*Ausonne  o  Vich  che  divise  col  fratello. 
Si  distinse  col  suo  valore  principalmente 
contro  i  mori  saraceni  invasori  delia  Spa- 
gna. Nel  996  portatosi  in  Roma,  fu  am- 
messo nel  concilio  celebralo  da  Papa  Gre- 
goi'io  V  alla  presenza  d'Ottone  Ili  im- 
peratore, e  sedè  a'piedi  di  questi.  Tra  gli 
argomenti  che  vi  si  discussero,  i  due  più 
importanti  furono  il  matrimonio  di  Ro- 
berto Il  redi  Francia  con  Berta,  dichia* 
rato  nullo,  e  V  ordinazione  di  Guudale, 
che  dopo  essersi  fatto  ordinare  vescovo 
di  Vich,  vivente  il  vescovo  Fruian,  l'avea 
fatto  assassinare  per  le  sue  giuste  lagnan- 
ze. Il  conte  fece  testimonianza  contro  l'u- 
surpatore Gundale,  che  fu  deposto.  Nella 
grande  assemblea  di  prelati  e  signori,  se- 
guita nel  1009  in  Barcellona,  interveime- 
ro  i  fratelli  Raimondo  Borrel  e  Ermen- 
galdo I,  e  vi  fu  ristabilito  l'ordine  cano- 
nicale di  quella  chiesa.  Nel  io  io  dispo- 
nendosi il  conte  a  marciar  di  nuovo  con- 
tro i  mori ,  fece  testamento  e  distribuì 
parte  de'suoi  beni  a  diverse  chiese.  Par- 
tito col  fratello  Arnoldo  vescovo  di  Vich, 
ed  i  vescovi  Ezio  di  Barcellona  e  Ottone 
di  Girona,  e  parecchi  signori,  ciascuno 
alla  testa  delle  proprie  milizie,  vi  peri  il 
1.**  settembre  co'vescovi  che  l'aveano  ac- 
compagnato. In  età  d'un  anno  gli  succes- 
se nella  contea  d'Urgel  il  figlio  Ermen- 
galdo 11  detto  il  Pellegrino  sotto  la  tu- 
tela materna. Fatto  adulto,  idominii  della 
chiesa  d'Urgel  avendo  destatola  sua  cu- 
pidigia, fece  delle  usurpazÌQui  di  cui  senti 


URG 
poi  rammarico  ;  laonde  nel  1 02G  colla 
moglie  Arsinde  si  presentò  al  capitolo 
d'Urgel,  e  in  espiazione  de'Ioro  falli  die- 
dero ciascuno  un  servo  di  loro  terre  e  ca- 
stella. NelioSo  recatosi  il  conte  dal  ca- 
stello di  Pons,  ove  risiedeva,  pel  s.  Natale 
a  Urgel,  con  Ermengaldo  conte  di  Pai- 
Ihase  di  Guglielmo  suo  visconte  d'Urgel, 
ratificò  le  donazioni  fatte  da  lui  e  suoi 
predecessori  alla  chiesa.  Nelio4o  intra- 
preso il  viaggio  di  Terra  santa  vi  morì, 
lasciando  il  figlio  Ermengaldo  III  detto 
il  Barbastro  di  7  anni,  in  tutela  della 
madre  Costanza  2.'  moglie  del  defunto. 
Nel  1048  recatosi  il  conte  con  essa  e  con 
Miron  suo  visconte  a  Urgel  per  celebrarvi 
la  Pasqua,  fecero  parecchi  doni  alla  chie- 
sa e  suoi  ministri.  Nel  io58  essendo  in 
guerra  col  moro  Alchagil  duca  di  Sara- 
gozza ,  si  alleò  con  Berengario  conte  di 
Barcellona, alla  presenza  de'dueGugliel- 
mi  vescovi  d'Urgel  e  di  Vich.  Rinnovato 
nel  1064  il  trattato,  partì  il  conte  colle 
sue  truppe  ,  ed  espugnò  Barbastro  non 
senza  molti  sforzij  ma  poco  dopo  vi  tro- 
vò la  morte  in  mezzo  ad  una  vittoria  e 
orrenda  carnificina  degl'infedeli. Gli  suc- 
cesse il  figlio  Ermengaldo  IV  detto  Gcrb, 
il  quale  nel  1077  accolse  in  Urgel  con 
grandi  onori  Amato  vescovo  d'  Oleron 
legato  di  s.  Gregorio  VII,  e  colla  moglie 
Lucia  diedero  opera  alla  riforma  de'mo- 
nasteri  delle  loro  giurisdizioni.  Nel  1087 
il  conte  con  Adelaide  di  Provenza  2."  mo- 
glie, erede  di  Forcalquier,  donarono  alla 
chiesa  d'Urgel  il  castello  di  Foro  Barbe- 
rano,  dal  cui  atto  rilevasi  che  supremo 
signore  della  contea  d'Urgel  era  Filippo 
I  re  di  Francia.  Il  conte  faceva  l'ordina- 
ria residenza  nel  castello  di  Gerb,  che  for- 
tificò per  assalire  i  mori  de'diutorni,  e  in 
fatti  tolse  loro  Balaguer.  Nel  1092  morì 
il  conte  e  gli  successero  nella  contea  d'Ur- 
gel Ermengaldo  V  detto  WBalearidc,  na- 
to da  Lucia  ,  e  in  quella  di  Forcalquier 
Guglielmo  nato  d'Adelaide.  Valoroso  Er- 
mengaldo V  con)e  i  suoi  antenati,  com- 
battè i  mori,  e  menile  voleva  toglier  lo- 


UR  G 
ro  risole  Balenìi,  vi  restò  ucciso  neh  102. 
Ne  fu  successore  il  figlio  ErmengflldoVr 
eletto  li  Castìglìaiio^  come  nato  da  ma- 
dre di  Costiglia  e  perchè  in  tal   regione 
passò  gran  parte  di  sua  vita.  Alla  contea 
d'Urgel  unì  la  signoria  di  Lerida,  ed  a- 
vendo  commesso  guasti  a  danno  del  mo- 
j,    nastero  dis.  Saturnino,  poi  ne  die  soddi- 
sfazione all'abbate. Ne!  i  iT'4s''  successe.!! 
figlio  Ermengaldo  VII  òe\.\oValenza^c\\e 
neh  162  all'uso  de'suoi  maggiori  rinun- 
ziò d'ioìpadronirsi  de'mobili  e  immobili 
del  vescovo  d'Urgel  in  morte,  riprovevo- 
le usanza  quasi  generale  tra'gran  fenda* 
tari,  ed  a  ragione  da  lui  pure  riguardata 
come  una  rapina;  ma  si  riservò  la  custo- 
dia de'caslelli  e  delTaltre  possessioni  del 
vescovato  durante  la  sede  vacante.   Nel 
I  183  fece  guerra  a'mori  di  Valenza  col 
fratello  Gaucerando,  e  ambedue  periro- 
no avanti  quella  capitale.  Il  figlioErmen- 
galdo  Vili  riportò  d'Arnaldo  visconte  di 
Castelbon  e  di  Cerdagne  il  giuramento 
di  fedeltà  perla  prima  delle  due  signorie. 
Nel   I  198  il  conte  s'impegnò  in  guerra 
con  Raimondo  conte  di  Foix  pe'  confini 
de'Ioro  stati  e  ne  prese  parte  la  Catalo» 
gna.  Il  conte  di  Foix  assediò  ed  espugnò 
TJrgel,  la  saccheggiò  in  uno  alla  cattedra- 
le, fece  prigione  i  canonici  da'quali  tras- 
se grosso  riscatto,  e  desolò  tutto  il  paese; 
ma  poi  Ermengaldo  Vili  se  ne  vendicò 
facendo  prigioni  nel  1234  •'  conte  di  B'oix 
e  il  viscontedi  Castelbon  suo  alleato,  che 
ritenne  per  4  anni  e  rilasciò  a  mediazio- 
ne del  re  d'Aragona,  generosamente  som- 
ministrando al  conte  a  titolo  di  feudo 
2000  soldi  melgorini  fondati   sulle  sue 
terre,  e  fidanzando  al  visconte  la  nipote 
Elisabetta  con  promessa  di  dargli  i  suoi 
dorainii  se  moriva  senza  figli.  Seguitoli 
matrimonio,  nel  i  2  i  o  mori  Ermengaldo 
Vili  lasciando  erede  in  tenera  età  la  fi- 
glia AurembiaXj  e  in  caso  di  stia  morte 
senza  successione,  sostituì  la  propria  so- 
rella Miraglia  moglie  di  Pons  l  visconte 
di  Cabrerà.  Inoltre  legò  al  Papa  Innocen- 
zo 111  la  metà  della  cillàdi  Vagliadolid, 


U  R  G  5 

che  gli  apparteneva  dal  lato  dì  sua  ma- 
dre nipote  di  Raimondo  Berengario  IV 
conte  di  Barcellona,  e  la  fendale  dipen- 
denza dell'altra  metà,  a  condizione  di  far 
eseguire  il  suo  testamento.  Ma  Geraldo 
figlio  di  Miraglia  prelese  dopo  la  morte 
dello  zio,  che  la  contea  d'Urgel  dovesse 
in  lui  ritornare  a  preferenza  della  cugina 
Aurembiax.  Elvira  madre  di  questa,  im- 
potente a  resistere  alle  sue  armi,  cede  gli 
slati  della  figlia  a  Pietro  II  re  d'  Arago- 
na, il  quale  obbligò  Geraldo  e  la  sua  fa- 
miglia a  rendersi  prigioni.  Dopo  la  morte 
del  re  riuscì  a  Geraldo  di  riprendere  pa- 
recchie città  e  castella  della  contea  d'Ur- 
gel, e  vi  commise  molte  devastazioni,  in- 
di perdonato  dal  re  Giacomo  I;  ritenendo 
questi  però  la  contea  d*  Urgel  col  titolo 
di  conte,  la  die  in  feudo  a  Geraldo,  sal- 
vi i  reclami  di  Aurembiax.  Questa  nel 
1228  li  fece,  offrendo  in  dono  al  re  la 
città  di  Lerida,  facendogliene  omaggio  , 
rimettendo  al  re  9  de'suoi  castelli.  Pren- 
dendo le  difese  di  Geraldoil  visconte  Gu- 
glielmo di  Cardona  suo  cugino,  il  recol- 
l'armi  portò  la  guerra  nel  la  contea  d'Ur- 
gel :  presele  cittàdi  Abesaedi  Agramont, 
ed  alcuni  castelli  conlpreso  Pons,  e  in  tal 
guisa  la  contessa  fu  ristabilita  ne'suoi  sta- 
ti. Geraldo  entrò  allora  Ira'teraplari,  ce- 
dendo le  sue  pretensioni  al  primogenito 
Pons  II.  Il  re  die  per  marito  alla  contes- 
sa, come  la  piti  ricca  erede  del  suo  rea- 
me, d.  Pietro  infante  di  Portogallo  figlio 
del  re  Sancio  F.  Morta   Aurembiax  nel 
i23i  senza  prole,  lasciò  al  suo  sposola 
contea  d'Urgel,  colla  città  di  Vagliado- 
lid e  le  signorie  che  le  appartenevano  nel 
regno  di  Galizia,  con  autorità  di  dispor- 
ne a  beneplacito.  Ma  siccome  la  contea 
d'  Urgel  formava  una  parte  ragguarde- 
vole della  Catalogna,  il  re  temè  che  d.  Pie- 
tro cedesse  i  suoi  diritti  alla  casa  di  Ca- 
brerà, perciò  gli  die  in  cambio  la  signo- 
ria di  Maiorica  e  dell'isole  adiacenti  ia 
feudo,  con  facoltà  di  trasmetterne  la  3.^ 
parte  a'  suoi  eredi,  non  ritenendo  che 
la  cittadella  della  capitale,  colle  città  e 


6  URG 

castelli  d'Oleron  e  Palenca.  Quindi  cIM 
1233  i  re  d'Arngona  presero  il  titolo  di 
conti  d'Urge!.  Morendo  nel  1243  PonslI, 
lasciò  al  primogenito  Ermengnldo   IX    i 
diritti  sulla  contea  d'Urgel,  e  in  sua  man- 
canza i  fratelli,  coll'obbligo  di  portare  in 
perpetuo  il  nonied'Ermengaldo.  Ermen- 
gnldo IX  poco  gli  sopravvisse,  egli  succes- 
se il  fratello  Rodrigo  detto  Aharo^  a  cui 
il  padre  avea  lasciato  i  castelli  da  lui  e- 
reditali,  che  gtierreggiò  col  re  che  gli  a- 
vea  occupato  parecchie  piazze  della  con- 
tea da  lui  ricuperate,  il  re  conservando 
sempre  il  titolo  di  conte  d'Urgel.  Succes- 
se il  figlio  Ermengaldo  X  nel  1267,  non 
5enza  lurbolenza  pe'diversi  parenti  aspi- 
ranti alla  contea;  morì  senza  successione 
neli3i4,  lasciando  i  suoi  stali  a  disposi- 
zione del  vescovo  d'Urgel  e  degli  altri  e- 
secutori  leslamenlari,  o  per  restituirli  al 
re  d'Aragona.  Perciò  divenne  conte  d'Ur- 
gel e  visconte  d'Ager  Jacopo  I  figlio  del 
re  Alfonso  IV,  e  nel  1 34?  g'i  successe  il 
figlio  Pietro  che  sposò  Margherita  di  Mon- 
ferrato colla  città  d'  Aqui   per  dote.  Nel 
i4o8  per  sua  morte  divenneconte  Jaco- 
po Il  suo  figlio,  che  aspirando  al  trono 
^i  procuròdal  re  Martino  la  luogotenenza 
del  regno,  dignità  che  d'ordinario  si  con- 
feiiva  all'erede  presuntivo  della  corona; 
onde  si  ribellarono  gli  aragonesi  e  costrin- 
sero il  conte  alla  fuga.  Morto  Martino  nel 
i4i2,  il  conte  fu  unode'prelendentialla 
corona,  ed.  Antonio  de  Luna, suo  parti- 
giano esaltalo,  trucidò  l'arcivescovo  di 
Saragozza  che  ne  attraversava  l'aspiro, 
il  quale  detestabile  assas<(SÌnio  pregiudicò 
gravemente  il  conte,  e  il  regno  fu  aggiu- 
dicato a   Ferdinando  I,  contribuendovi 
s.  Vincenzo  Ferreri.  Il  conte  prese  le  ar- 
mi, e  il  re  douìò  il  vassallo,  lo  condannò 
a  prigionia  perpetua,  ne  confiscò  i  beni  e 
riunì  alla  corona  la  contea,  morendo  Ja- 
copo II  nel  1433.  Il  re  maritò  le  figlie 
con  proporzionate  doli.  Dipoi  Urgel  fu 
occupala  da'francesi  nel  1793  e  nuova- 
mente nel  (809.  Nel  182  I  vi  stanziò  la 
giunta,  che  dirigeva  l'aroiala  della  fede 


URG 

contro  i  co8litU7Ìonali_,  venendo  poi  nel 
I  823  per  convenzione  consegnala  a'fran- 
cesi  in  favore  di  Ferdinando  VII. 

Urgel  nel  V  secolo  fu  la  sedo  degli  ar- 
civescovi di  Tarragona,  e  nel  medesimo 
isliluilo  il  vescovato  d'Urgel,  divenne  se- 
de de'propri  vescovi  suiTraganei  del  me- 
tropolitano di  Tarragona  e  lo  sono  tut- 
tora. Nella  diocesi  vi  è  il  piccolo  sialo  del- 
la repubblica  d'Andorre,  nel  regno  d'A- 
ragona, sotto  la  prolezione  della  Francia 
e  della  Spagna,  ed  anticamente  n'era  si- 
gnore il  vescovo  d'Urgel  col  conte  di  Foix. 
Lo  descrissi  nel  voi.  LXVIII,  p.  27;  e  tut- 
tora il  vescovo  d'Urgel  n'è  riconosciuto 
principe  sovrano  con  piccolo  tributo,  ed 
ogni  nuovo  vescovo  si  reca  a  prendere 
possesso,  con  quelle  formalità  che  dirò 
in  fine,  narrando  quello  preso  dall'odier- 
no vescovo.  Ne  furono  primi  vescovi  Giu- 
sto che  intervenne  al  concilio  di  Toledo, 
Simplicio  che  fu  a'concilii  di  Toledo  e  di 
Barcellona,  s.  Ermengaldo,  s.  Odone,  ed 
il  fnmoso  Felice.  Egli  era  stalo  maestro 
d'£'/?/7/7«r/o  arcivescovo  di  Toìcclo^W  qua- 
le lo  considlò  in  qual  modo  egli  ricono- 
scesse Gesù  Cristo,  in  quanto  uomo,  per 
Figlio  di  Dio;  se  lo  credeva  figlio  ^rr  Jia- 
fnrrTj  o  solamente  per  adozione.  Felice 
rispose  ,  che  Gesù  Cristo,  in  quanto  uo- 
mo,  o  secondo  la  natura  umana,  non  è 
che  Figlio  adollivo  e  noneupativo ,  cioè 
solamente  di  nome.  Per  questi  errori  e 
per  quelli  contro  il  culto  delle  ss.  Imma- 
gini, quali  Ncstoriani  e  leonorlaiti,  am- 
bedue furono  condannati  da  diversi  con- 
cilii,  da'Papi  Adriano  I  e  s.  Leone  HI,  e 
principalmente  confutali  da  s.  Paolino 
patriarca  d'Aquileia,  e  da  Alenino,  come 
e  meglio  narrai  ne'due  indicali  articoli. 
Si  dubita  della  sincerità  della  conversione 
di  Felice,  poiché  alcuni  vogliono  che  do- 
po la  condanna  de'suoi  errori  li  rinunziò 
solo  esteriormente.  Essendo  slato  Felice 
rilegato  a  Lione,  dove  visse  circa  r  5  an- 
ni, Agobardo  che  nel  vescovato  d'Urgel 
gli  successe,  assicura  in  uno  scritto  ch'egli 
fece  contro  Felice,  di  già  morto,  che  a- 


U  RG 
vea  avuto  una  conferenza  con  lui ,  nella 
quale  1'  avea  costrello  a  riconoscere  la 
verità  ,  e  che  non  avea  mai  pubblicalo 
questa  sua  confessione, sulla  promessa  che 
f  Felice  gli  avea  fallo  di  non  insegnar  più 
i  suoi  errori;  ciò  ch'egli  però  non  avea  tra- 
lascialo di  fare  segretamente.  Mentre 
lì'  era  vescovo  Ingoberlo,  verso  1*884  nn 
chierico  spagnuoiodi  nome  Selva,  ch'era- 
si  ritirato  in  Guascogna,  persuaso  sopra 
una  falsa  voce  che  Ingoberlo  fosse  mor- 
to in  un  viaggio  da  lui  intrapreso,  si  re- 
cò a  visitare  Sunifreddo  conte  d'Urgel,  e 
mercè  la  sua  protezione  si  fece  ordinare 
vescovo  d'Urgel.  Poco  dopo  essendo  com- 
parso ingoberlo,  dileguò  colia  sua  presen- 
za la  voce  della  sua  morte;  ma  Selva  non 
volendo  perdere  il  frullo  della  sua  ordi- 
nazione, discacciò  il  vero  pastore  e  si  po- 
se in  sua  vece  nella  cattedra  episcopale. 
Due  anni  dopo  questo  delitto  un  altro  ne 
aggiunse,  ordinando  pel  vescovato  di  Gi- 
rona  Hermeumire  contro  il  voto  del  cle- 
ro e  del  popolo  che  aveano  eletto  un  chie- 
rico di  buoni  costumi  di  nomeServnsDer. 
Avendo  Teoilardo  arcivescovo  di  Narbo- 
na  fatto  consapevole  Papa  Stefano  V  det- 
to VI  di  quelle  due  usurpazioni ,  adunò 
per  suo  ordine  a'  i  7  novembre  887  un 
concilio  a  Pori  sui  confini  di  Maguelona  e 
di  Nimes.  Si  lesse  la  lettera  pontifìcia  che 
dichiarava  scomunicatiHermenmire  eSel- 
va,e  fu  dall'assemblea  confermata  la  con- 
danna; ma  Teodardo  impedì  che  vi  si  av- 
viluppasse ilconteSunifreddo  che  avea  fa- 
voriti i  due  intrusi,  e  V  esito  fece  vedere 
ch'egli  avea  operato  snggiamente;giacchè 
recatosi  da  Sunifreddo  ottenne  colle  sue 
rimostranze  di  slaccarlo  dal  partilo  che  a- 
vea  abbracciato.  Hermenmire  però  trovò 
mezzo  ài  mantenersi  sulla  sede  di  Girona. 
Sunifreddo  incorse  poi  per  altre  cose  le 
censure  ecclesiastiche,  ma  ne  fu  assolto 
nel  909  da  un  concilio.  Nel  1024  il  con- 
te d'Urgel  Ermengaldo  II  tenne  nel  ca- 
stello di  Pons,  situato  nella  sua  contea, 
un  placito  ili.** novembre  sulla  lite  ver- 
tente tra  Ermengaldo  vescovo  d'Urgel  e 


U  RG  7 

Durand  abbate  di  s.  Cecilia  nella  stessa 
diocesi, intorno  la  chiesa  di  Curticile  nella 
parrocchia  di  Castelbon,  di  cui  si  conten- 
devano la  proprietà.  Il  giudizio  pronun- 
ziato  dal  conte,  dopo  aver  maturamente 
pesate  le  ragioni  delle  parli,  fu  a  favore 
del  vescovo.  Il  conte  d'Urgel  Ermengal- 
do III  e  sua  moglie  Clemenza,  nel  1057 
con  Guglielmo  vescovo  d'Urgel  e  suoi 
canonici  ,  fecero  lo  scambio  del  castello 
di  Solsone  contro  la  metà  di  quello  di 
Saint-Lezinie.  Ne!  i348  da  Utrecht  fu 
trasferito  ad  Urgel  Nicolò  Capocci  (f^.) 
romano,  nel  1  35o  creato  cardinale.  Nel- 
le Notizie  di  Roma  sono  registrali  i  se- 
guenti vescovi  d'Urgel,  con  l'epoca  di  lo- 
ro promulga^ion»^  Nel  1788  d.  Giorgio 
Curado.  Nel  1747  d.  Sebastiano  de  Vit- 
toria girolamino  d'  Aspeizia  diocesi  di 
Pamplona.  Nel  1707  Francesco  Giusep- 
pe Catalan  de  Ocon  di  Ferror  diocesi  di 
Mal.Tga.  Nel  1763  Francesco  Fernandez 
de  X'iliva  de  Casas  Ibanes  diocesi  di  Car- 
lagena.  Nel  1771  Giocchino  Santiyan-y- 
Valdiavelso  d'Arge  diocesi  di  Santander. 
Nel  1780  Giovanni  Garcia  Montenegro 
di  Lugo.  Nel  1785  fr.  Giuseppe  Ooltas 
minore  osservante  d'Orano  arcidiocesi  di 
Toledo.  In  tempo  di  questo  vescovo  Pio 
VI  diresse  al  cardinil  Vincenti  Mareri 
nunzio  di  Spagna  il  breve  Decct  Ronia- 
nitni  Pontifì,cem,  de'  25  febbraio  1794» 
Bull.  Roni.  cont.  l.  9,  p.  356,  col  quale 
confermò  la  transazione  tra  il  detto  ve- 
scovo d'Urgel  e  il  suo  capitolo,  e  l'abbate 
del  regio  monas-tero  benedeltino  di  Ri- 
poli,  sotto  il  titolo  della  B.  Vergine  di  Ger- 
ii nullius  dioecesisy  nella  provincia  eccle- 
siastica di  Tarragona;  sulla  reciproca  ces- 
sione rispetto  alle  parrocchie  di  Caballe- 
ra,  Aja,  Benlola  ,  Llus ,  e  cappella  di  s. 
Pietro  della  villa  di  Rivas,  in  favore  de.' 
vescovi  d'Urgel,  tranne  s.  Michele  di  Ca- 
ballerà  da  ritenersi  dall'  abbate  di  Ri- 
poli.  Ed  a  questi  si  riconobbe  la  podestà 
di  conferire  lai.''  clericale  tonsura  e  i  4 
ordini  minori  a' secolari  e  regolari  resi- 
denti nella  medesima  parrocchìa,e  di  con- 


8  U  R  G 

cedt're  le  lettere  dimissonoli  per  lutti  e 
singoli  gli  onlini  maggiori,  ordinando 
l'amministrazione  della  confermazione  a 
qualunque  vescovo cattolico.Nel  concisto- 
ro de*27  giugno  iSaS  fu  preconizzato  da 
Leone  XI I  abbate  di  detto  monastero  nul- 
linSyi\.  Antonio  Guidel-y-Prinies,  mo- 
naco del  medesimo,  a  presentazione  del  re 
di  Spagna.  Ripiglio  la  serie  de'  vescovi 
d'Urgel.  Nel  1797  Francesco  Antonio  de 
la  Duana-y-Cisteros  di  Villanova  de   la 
Fuente  arcidiocesi  di  Toledo.  Nel  18 17 
Bernardo  Francesco  Caballerodi  Madrid. 
Nel  1824  fr.  Bonifazio  Lopez  domenica- 
no di  Montchermoso  diocesi  diCoria.  Leo- 
ne XII  nel  concistoro  de'25  giugno  1827 
dichiarò  vescovo  d'Urge!  d.  Simone  de 
Guardiola  di  Mersias  arcidiocesi  di  Tar- 
ragona,  già  abbate  cassinese  di  Monser- 
rato  e  visitatore  generale  del  suo  ordine, 
lodatissimo  nell'  esercizio  di  tali  ufiizi, 
grave,  prudente,  dotto  e  pieno  di  probi - 
tìì.  Per  sua  morte  il  regnante  Pio  IX  nel 
concistoro  de' io  marzo  18 53  promulgò 
l'attuale  vescovo  mg/  Giuseppe  Caixal-y- 
Estradè  di  Velusell  arcidiocesi  di  Taira- 
gona,  dottore  in  s.  teologia,  parroco,  ca- 
nonico della  metropolitana  di  Tarragona, 
dotto,  grave^  prudente,di  morale  probità 
e  degno  del  vescovato  (per  sospetto  d'a- 
ver favorito  i  carlisti,  fu  poi  rilegato  all'i - 
sole  Baleari,  come  notai  nel  vol.LXXVF, 
p.  253,  nel  proseguire  brevemente  i  cen- 
ni storici  contemporanei  della   Spagna, 
che  compio  a  Valenza;  indi   restitui- 
to alla  sua  sede).  Riporta  il   Giorna- 
le di  Roma  del  i853ap.  790.  Andor- 
ra città  e  la  deliziosa  Valle  d'  Andorra, 
è  un  territorio  posto  tra  la  Spagna  e  la 
Francia,  al  sud  del  dipartimento  dell'Ar- 
riege,  indipendente  da  questi  due  stati, 
ed  ha  per  suo  principe  e  ordinario  il  ve- 
scovo d'Urgel,  ed  ecco  come  ne  prese  pos- 
sesso l'encomiato  prelato  ili.°agosto  con 
solennità  secondo  gli  antichi   costumi  e 
l'antiche  memorie.  Il  vescovo  si  mise  in 
viaggio  per  alla  volta  di  sua  diocesi  e  del 
$uo  regno  insieme  col  sindaqo  e  due  abi- 


URG 

tanti  d'Andorra,  ch'erano  andati  ad  in- 
contrarlo alla  Seu  d'Urgel  ed  erano  stali 
alloggiali  nel  palazzo  vescovile;  era  pure 
accompagnato  dal  governatore,  dal  capo 
battaglione  del  i  ©."cacciatori  di  guarni- 
gione alla  Seu  ,  dal  giudice,  dall'  alcade 
ec.  Un  picchetto  di  cacciatori  a  cavallo 
precedeva  il  corteggio  vescovile  sparando 
fre(|uenti  colpi  di  fucile,  che  echeggiava- 
no per  quelle  valli.  11  limite  del  territo- 
rio d'Andorra  è  formalo  dal  torrente  Rio 
Rune;  dall'altra  parte  del  torrente  atten- 
devano il  vescovo  tutti  i  dignitari  della 
Valle,  vestili  secondo  il  loro  antico  e  pit- 
toresco costume,  e  sopra  un  poggio  vici- 
no al  cammino  stavano  4o  uomini  orna- 
li d'arcobugio  (Escopeleros);  appena  fi- 
niti gli  spari  di  questi,  un  silenzio  impo- 
nente si  slese  su  tutta  la  Valle.  Il  sinda- 
co arringò  il  vescovo  dichiarando,  che  le 
Vjalli  lo  riconoscono  per  loro  sovrano;  ma 
che  però  era  necessario,  avanti  d'enlrar- 
vi,  che  giurasse  di  rispettare  e  conserva- 
re i  loro  privilegi  o  fueros.  Il  vescovo  a- 
vendo  fatto  questo  giuramento,  il  sinda- 
co e  l'altre  autorità  gli  baciarono  la  ma- 
no ;  allora  il  sindaco  gridò:  Viva  il  prin- 
cipe d'Andorra  1  E  la  popolazione  ripetè 
mille  volte  questo  grido  con  entusiasmo, 
si  fece  una  sparata  di  facili  e  suonarono 
tutte  le  campane.  Il  torrente  Rune  è  3 
miglia  distante  d'  Andorra.   All'  entrare 
nella  città   d'  Andorra  fu  apparecchiata 
una  cappella  ornata  di  rami  e  di   fiori. 
Il  vescovo  vi  fu  ricevuto  dal  clero,  e  quin- 
di andò  alla  chiesa  principale  denomina- 
ta cattedrale,  ove  si  canlò  il  Te  Deiim. 
Il  corteggio  poscia  andò  al  palazzo  del 
consiglio ,  nella  gran  sala  del  quale  il 
principe  vescovo  prese  possesso  del  suo 
territorio,enefu  redatto  processo  verba- 
le da  due  notari  con  testimoni  ;  quindi  vi 
fu  un  banchetto  di  78  persone  a  tavola: 
il  sindaco  offrì  alcune  monete  d'argento 
in  segno  del  tributo  che  paga  Andorra. 
Il  vescovo  le  accettò  ordinando  che  fos- 
sero dille  al  curato  per  distribuirsi  a' po- 
veri. Furono  fatti  brindisi  in  verso  ed  in 


U  R  G 

prosa.  Il  vescovo  principe  sovrano  deve 
visitare  tulle  le  popolazioni  d'  Andorra, 
ed  amininisli'are  la  confermazione.  Rica- 
vo da'geografl  le  seguenti  notizie.  Andor- 
ra, capitale  della  Valle  di  questo  nome,  ha 
circa  3ooo  abitanti,  è  compresa  nella  pro- 
vincia di  Saragozza,  a  6  leghe  d'  Alcaniz 
e  I  o  da  Foix.  Andorra  è  la  i  .'^  Ira  le  6  co- 
muni, che  hanno  diritto  di  eleggibilità;  le 
altre  5  sono  Canillo,  Encarap,  Ordino, 
Massane  e  Saiut-Julien.  I  subalterni  vil- 
laggi giungono  a  34-  In  mezzo  alle  piti 
scoscese  montagne  de'Pirenei,conducono 
gli  abitami  vita  libera  e  frugale,  in  angu- 
sto territorio  che  non  oltrepassa  7  leghe 
quadrate.  Gli  andorresi  parlano  la  lingua 
ca^tigliana  e  costituiscono  nell'insieme u- 
na  popolazione  di  quasi  3o,ooo  indivi- 
dui. Il  prodotto  di  loro  possessioni  forma 
la  principale  loro  rendita,  e  vi  si  aggiun- 
ge una  copiosa  miniera  di  ferro,  che  tie- 
ne in  attività  parecchie  fucine,  e  quanti- 
tà di  legname  da  lavoro.  Gli  andorresi 
nell'esercizio  della  pastorizia  ,  per  V  ab- 
bondanza de'ioro  pascoli,  presentano  dei 
patriarcale  nel  politico  reggimento.  Im- 
perocché dalle  6  comuni  principali  eleg- 
gonsi  24  membri,  4  cioè  per  ogni  comu- 
ne, i  quali  compongono  il  supremo  consi- 
glio di  governo,  e  le  funzioni  de'raedesi* 
mi  sono  a  vita.  Il  consiglio  nomina  due 
sindaci,  i  quali  hanno  il  carico  della  pub- 
blica amministrazione,  e  radunano  al  l'oc- 
correnza r  assemblee.  Narra  l'avv.   Ca^ 
stellano,  che  la  rivalità  de* due  più  po- 
lenti vicini,  il  vescovo  d'  Urgel  e  il  conte 
di  Foix ,  negli  antichi  tempi  giunse  più 
volle  a  turbar  la  pace  anco  fra  questi  ru- 
stici casolari.  S'interpose  Pietro  III  re 
d'Aragona,  e  regolò  con  un  suo  lodo  nel 
1278  le  condizioni  dell'alto  dominio  co- 
mune a'due  padroni.  Ambedue  nomina- 
vano il  rispetti  vo  vicario  per  amministrar 
la  giustizia,  e  insieme  concorrevano  al- 
l'elezione d'un  giudice  per  1' appellazio- 
ni. 11  vescovo  percepiva  di  tributo  annui 
scudi  90,  ed  il  conte  180.  Da  particola- 
ri couveuzioui  eia  regolato  il  diiitlu  di 


URG  9 

ritirare  determinata  quantità  di  segala, 
alcuni  capi  di  bestiame  d'ogni  specie  e 
diverse  merci,  senza  soggiacere  a  pubbli- 
che gravezze.  Dopo  che  Enrico  IV  redi 
Francia   riunì  alla   corona  la  contea  di 
Foix,  e  meglio  nel  1617  l'esegui  il  suo 
figlio  Luigi  XV,  i  re  esercitarono  in  po- 
co variata  foggia  le  prerogative  degli  an- 
tichi conti.  Nel  1799  per  la  soppressione 
d'ogni  diritto  feudale,  terminò  d'eman- 
cipare gli  andorresi  dal  lato  di  Francia, 
e  da  quell'epoca,  ad  onta  delle  molle  e 
giavi  politiche  vicende  ,  nulla  si  opera  a 
pregiudizio  di  loro  libertà.  Si  può  para- 
gonare la  Valle  d'  Andorra  all'esistente 
repubblica  di  s.  Sfarino  (V.)^  e  nell'au- 
lica Grecia  a  quella  di  Petenisso  o  Pm- 
diiiisso  (T.).  Ogni  nuovo  vescovo  d'Ur- 
gel  è  lassato  ne'libri  della  camera  aposto- 
lica in  fiorini  2000;  quanto  alla  mensa, 
questa  venne  fissala  dal  ricordato  concor- 
dalo. La  diocesi  è  vasta,  e  comprende  cir- 
ca! 5  leghe  di  latitudine,  e  più  tli  26  di 
longitudine,  conlenendo  4oo  luoghi. 
Concini  d*  Urgel. 
III. "fu  tenuto  nel  799  da  Leidrado  ar- 
civescovo di  Lione,  che  Carlo  Magno  a- 
vea  inviato  a  Felice  vescovo  d'Urgel  ca- 
duto nell'eresia,  con  Nifrido  di  Narbo- 
na.  Benedetto  abbate  d'Aniano,  e  parec- 
chi altri  tanto  vescovi,  che  abbati.  Per- 
suasero Felice  d'Urgel  di  portarsi  a  tro- 
vare il  detto  re  de'  franchi,  prometten- 
dogli un'  intera   libertà  di  produrre  in 
sua  presenza  i  passi  dell'opere  de'Padri, 
eh'  egli  pretendeva  favorevoli   alla  sua 
opinione.  Baluzio,  In  Notis  ad  Àgohar^ 
do.  Il  2.°  si  adunò  neirSoo,  pure  contro 
l'eresia  di  Felice.  G^///<2  chr.  t.  6.  Il  3." 
nel  991  sulla  disciplina  ecclesiastica.  A- 
guirre,  t.  3. 

URGEL  Giovanni,  Cardinale.  Spa- 
gnuolo  crealo  cardinale  di  s.  Chiesa  i\<\ 
Urbano  VI  a'  18  o  28  settembre  1378. 
Si  portò  a  Pisa  nel  seguente  gennaio,  per 
passare  poi  in  Roma,  ne  altro  si  conosce 
di  lui  ;  anzi  Contelori  riferisce  non  avei* 
trovalo  alcuQ  monuoieoto  del  suo  cardi* 


IO  UHI 

iialato,  però  ricordalo  dagli  Annali  Pi- 
sani, da  Panvinio  e  Cìacconìo. 

URIM  e  THUMMIM.  f\  Sacerdo- 
810,  Tempio  di  Gerusalemme,  Razionale, 
Tribù'. 

URIM  A  0  ORIMA  o  SURIMA.Sede 
-vescovile  della  provincia  di  Eufralesia 
d'Antiochia,  eretta  nel  secolo  IV  sotto  la 
metropoli  di  Gerapoli.  Ne  furono  vesco- 
vi: Abraamio,  che  nel  363  sottoscrisse  la 
lettera  del  concilio  d'  Antiochia  all'  im- 
peratore Gioviano,  relativamente  alla 
consiistanzialità  ;  Marns  assistè  al  conci- 
lio d'Antiochia,  tenuto  dal  patriarca  Do- 
nino, in  rignaido  ad  Atanasio  vescovo  di 
Perrha  ;  Davide  occupava  questa  sede 
iieir  845.  Oricns  dir.  t.  2,  p.  946.  Que- 
sta chiesa  trovasi  pure  fra  le  sedi  vesco- 
vili soggette  a' patriarchi  giacobiti,  e  le 
sono  attribuiti  i  seguenti  vescovi.  Teodo- 
ro del  736,  Gregorio  suo  successore,  Da- 
vide deir845.  Oricns  dir,  t.  2,  p.  1 529. 

URlTANA.  F.  Oria. 

URNE  CINERARIE,  r.  Sepoltura. 
Ne  riparlai  ancora  nel  voi.  LXXXIV, 
p.  23o,  e  dicendo  de' sepolcri  antichi  di 
Toscana,  Fejo^  Fuld  (  ^.)  ec. 

URRACR  Corrado,  Cardinale.  F. 
Urach  o  Urrack. 

URRIES  Carlo,  Cardinale.  Vedi  il 
Tol.  Ili,  p.  23o,  col.  2.^ 

URSACIO.  F.  Valente. 

URSINO  (s.),!."  vescovo  di  Bourges. 
Ordinato  vescovo  da'discepoli  degli  Apo- 
stoli,si  recòa  spargere  la  luce  della  fede  nel- 
le Gallie;  annunziò  l'evangeloa  Bourges, 
e  vi  fondò  una  chiesa  di  cui  fu  il  i. "pasto- 
re. Dopo  la  sua  morte  fu  seppellito  nel 
luogo  ov'egli  era  usato  di  seppellire  gli  al- 
Iri;  ma  a  poco  a  poco  si  cessò  d'onorare  la 
sua  tomba,  e  se  ne  perdeUe  alfatto  la 
ricordanza.  S.Gregorio  di  Tours,  il  (piale 
ci  riferisce  questi  particolari ,  aggiunge 
the  circa  il  56o  si  scoperse  miracolosa- 
mente il  suo  corpo,e  fu  deposto  nella  chie- 
sa di  s.  Sinforiano,  che  prese  poscia  il  suo 
nome.  Filippo  arcivescovo  di  Bourges  nel 
1239  lo  diiotlerrò,e  collocatolo  in  una 


u  as 

cassa  d'argento  lo  pose  sopra  l'altare.  Si 
assegna  ordinariamente  la  missione  di  s. 
Ursino  nel  II  secolo.  Lisieux.  pretese  di 
possedere  le  di  lui  reliquie,  ma  senza  fon- 
damento, giacciiè  sono  sempre  rimaste  a 
Bourges.  La  sua  festa  principale  vienece- 
lebrala  8*29  dicembre;  però  ne'marliro- 
logi  di  Floro, di  Adone  e  di  Usuardoèia* 
dicata  a'9  novembre. 

URSMARO{s.),  vescovo  regionario  e 
abbate  di  Lobes.  Nacque  presso  Avesne 
nell'Hainaut.  Fino  dalla  sua  prima  gio« 
vinezza  mostrò  un  ardenlissimo  amore 
per  gli  esercizi  di  pietà,  e  praticando  o- 
gni  virtù,  studiavasi  d*  inspu'are  altrui 
que'  sentimenti  medesimi  ond'era  egli  a- 
nimato.  Avendo  s.Landelino  fondalo  l'ab- 
bazia di  Lobes  sulla  Sambra,  nella  diocesi 
di  Cambiai,  Ursmaro  vi  prese  rabito>pei' 
consagrarsi  unicamente  al  servigio  di  Dio, 
e  nel  686  ne  fu  fatto  abbate.  Questa  di- 
gnità fu  per  lui  motivo  di  raddoppiare  il 
fervore  in  tutti  gli  esercizi  di  religione  e 
nelle  austerità  della  penitenza.  Egli  non 
mangiava  mai  né  carne,nè  pesce,  non  be- 
vea  che  dell'acqua,  e  passò  io  anni  senza 
gustar  pane,  neppure  dopo  una  perico- 
losa infermità  che  pali.  Terminò  l'abba- 
zia e  la  chiesa  di  Lobes,  che  s.  Lan- 
delino  non  avea  potuto  compire,  e  fondò 
vari  monasteri,  fra' quali  quelli  d'  Anne 
e  di  Wasler.  Non  potendo  il  suo  zelo  ri- 
manere ristretto  nel  ricinto  dell'abbazia 
deliberò  d'uscirne  per  dedicarsi  alla  con- 
versione de'peccatori,  e  predicare  l'evan- 
gelo  agi'  idolatri  delle  diocesi  di  Cam- 
biai, Arras,  Tournay,Noyon,Tei  ouanne, 
Laon,  Metz,  Colonia, Treveri  e  Mastricht. 
Fu  consagrato  vescovo,  e  ne  esercitò  le 
funzioni  in  virtù  di  commissione  della  s. 
Sede,  continuando  tuttavia  a  dirigere  la 
sua  abbazia  con  molta  saggezza.  Senten- 
do avvicinarsi  il  suo  fine,  fece  nominare 
s.  Ermino  per  governarla  in  suo  luogo, 
e  non  occupo'«si  più  d'  altro  che  di  ter- 
minare santamente  la  sua  vita.  Morì  nel 
713,  in  età  di  69  anni,  il  18  aprile,  nel 
qual  giorno  è  onoralo  come  protettore  di 


UR3 
,  Binclie,a  Lobesea  Luxeroburgo.  Fu  sep. 
pellito  il  dì  susseguente,  ed  in  tal  giorno  è 
nominato  nel  martirologio  romano  e  in 
altri  molti.  Le  sue  reliquie  si  custodisco- 
no aBincbe,ch'è  una  piccola  città  distan- 
te 4  legbe  da  Mons. 

UUbOVICO  Cristoforo,  Cardinale. 
Inglese,  cliiamato  pure  Ursuwike  e  Barn- 
bridge,  insigne  pei*  scienza  legale,  non 
senza  taccia  d'intemperante  e  pieno  di 
vanità,  stretto  in  amicizia  col  cardinal 
IMorton  arcivescovo  di  Cantorbery,  soffrì 
gravissimi  disturbi  e  acerbe  persecuzioni 
fiotto  Riccardo  III  d'ingbilterra,  in  dife- 
sa dell'immunitàecclesiastica,  dalle  qua- 
li felicemente  scampato  fu  da  Eurico  VII 
eletto  regio  elemosiniere,  e  nominato  ve- 
scovo d'alcune  cliiese  del  regno,  non  che 
ambasciatore  all'imperalore  Massimilia- 
no I,  a  Carlo  Vili  re  di  Francia,  a  Fran- 
cesco duca  di  Bretagna,  ed  a  Lodovico 
duca  d'Ot  leaus.  Dopo  queste  ambascerie, 
in  cui  die  saggio  di  se  e  del  suo  valore, 
venne  trasferito  all'arcivescovato  di  York, 
e  da  Alessandro  VI  dichiarato  questore 
o  collettore  apostolico  nell'  Inghilterra. 
Decorato  nel  i5ii  del  carattere  di  mi- 
nistro del  re  Enrico  VIII  presso  la  s.  Se- 
de, in  ten»po  in  cui  ardeva  fiera  guerra 
tra  Luigi  XII  re  di  Francia  e  Papa  Giu- 
lio li  ;  questi  pel  di  lui  mezzo  avendo  ot- 
tenuto dal  re  la  difesa  della  Chiesa  roma- 
na e  la  guerra  mossa  a'francesi,  in  rico- 
noscenza a' IO  marzoiSi  i  lo  creò  in  Ra- 
venna cardinale  prete  de*  ss.  Marcellino 
e  Pietro.  Il  lustro  però  della  conseguita 
dignità  non  fu  capace  di  correggere  o 
frenare  il  ruvido  e  bestiale  umore  che 
talvolta  lo  predominava  e  che  poi  gli  fu 
fatale.  Lasciandosi  trasportare  dall'  im- 
peto d'un  cieco  e  infrenabile  furore,  ta- 
lora insultava  e  percuoteva  anche  in  pub- 
blico, non  solo  i  propri  famigliari  dome- 
stici, ma  anche  gli  altri.  Tra'molti  da  lui 
maltrattati  vi  fu  Rinaldo  da  Modena  suo 
servo,  il  quale  fortemente  sdegnato  del- 
l'indegno trattamento  ricevuto  pubbli- 
camente, si  abbandonò  al  riprovevole 


•   USE  n 

partito  di  propinargli  disperatamente  un 
potente  veleno,  cìel  quale  mori  in  Roma 
neli5i4j  ed  ebbe  tomba  nella  chiesa  na- 
zionale di  s.  Tommaso  del  collegio  ingle- 
se, dove  al  manco  lato  della  porta  che 
introduce  in  sagrestia  si  vede  la  statua 
del  cardinale  espressa  in  marmo,  in  abi- 
ti pontificali  e  in  piedi,  con  nobile  epi- 
taflio.  Scrisse  con  pari  erudizitjue  ed  e- 
leganza  l'istoria  di  sue  ambascerie,  e  al- 
cuni trattati  di  giurisprudenza,  che  dis- 
graziatamente perirono.  Quanto  poi  al 
crudele  fimigliare  Rinaldo,  posto  in  car- 
cere, si  tolse  la  vita  col  veleno;  ciò  non 
pertanto  e  ad  /errore/w, squartato  il  suo 
cadavere,  i  brani  furono  appesi  alle  por- 
te esterne  di  Roma. 

U  RTELLO,  Urteliim.  Vescovato  del- 
l'Aruìenia  maggiore,  sotto  il  patriarcato 
di  Sis.  Martire  suo  vescovo  assistè  e  sot- 
toscrisse il  concilio  di  Sis.  Oriens  dir.  t. 

i,p.  i448. 

USCAVANO  o  USCOVANCH  o  U- 

SCl.  Vescovato  dell'Armenia  maggiore, 
sotto  il  titolo  di  s.  Sergio,  con  resilienza 
nel  monastero  presso  Erivan,  del  patriar- 
cato d'  Ezmiazin.  Il  celebre  Uscan  ,  che 
seileva  verso  la  metà  del  secolo  XVII,  si 
qualificava  ora  vescovo  di  s.  Sergio  nel- 
l'Armenia maggiore,  ed  ora  vescovo  ar- 
meno ò! Erivan.  Questo  prelato  essendo 
ad  Amsterdam  nel  1666  e  nel  1667  la- 
sciò molte  memorie  firmate  di  sua  mano, 
relative  alla  fede  degli  armeni  sulla  pre- 
senza reale.  Oriens  dir.  t.  i_,  p.  i448- 

USELLl  o  USAL  o  USEL.  K  Ales 
e  Terraiba. 

USEZ  o  UZES,  Ucetia  seu  Usecia. 
Città  vescovile  della  Bassa  Linguadocaia 
Francia,  nel  dipartimento  del  Gard,  ca- 
poluogo di  circondario  e  di  cantone  a  cir- 
ca 5  leghe  da  Nimes  e  quasi  9  da  Avigno- 
ne, sopra  un'altura  e  sulla  sponda  destra 
dell'Auzou.  Ha  tribunale  di  i.''  istanza, 
conservazione  dell'ipotechejdirezione  del- 
le contribuzioni  indirette,  società  d'agri- 
coltura e  collegio  comunale.  La  catte- 
drale antica,  dedicata  al  patrono  s.  Teo- 


13  USE 

ìlorito  o  Teoflorico  piele  e  maiiire  an- 
tiocheno d'Usez,  fu  regolare  tie'canonici 
di  8.  Agostino,  cioè  prima  vi  furono  quel- 
li della  congregazione  di  cui  parlai  nel 
voi.  VII,  p.  i5jf  e  poi  quelli  di  s.  Geno- 
veffa in  lenipo  de*quali  e  nel  i  726  fu  se- 
colarizzato il  capitolo,  ed  allora  si  formò 
di  4  ^igi^it^  e  di  iG  canonici.  Erano  ri* 
inarcabili  la  collegiata  di  s.  Lorenzo,  le 
parrocchie  di  s.  Stefano  e  di  s.  Giuliano, 
jacasade'gesuiti,  3 conventi  di  francesca- 
ni e  2  di  monache.  Ora  1'  antico  palazzo 
vescovile,  e  il  bel  terrazzo  presso  la  chie- 
sa di  s.  Teodorico,  donde  godesi  d'estesis- 
sima vista,  sono  gli  oggetti  più  osservabi- 
li della  città,  che  in  genelale  è  mal  distri- 
buita e  mal  fabbricata.  Al  basso  del  pa- 
lazzo vedesi  l'abbondante  sorgenled'Au- 
le, che  traversa  l'acquedotto  del  Gard  per 
andare  a  Nimes.  Vi  hanno  fabbriche  di 
berrettame  di  borra  di  seta  e  lìlugello,di 
panni  comuni,  di  cartoni  equivalenti  a- 
gl'inglesi.  Vi  SI  tralìlca  di  seta,  vini, acqua- 
vile,  olio  e  grani,  tenendovisi  3  fiere  an- 
nue. Patria  di  diversi  illustri  ,  fra  questi 
si  distinsero  Mosè  Charas  chimico  e  mem- 
bro dell'  accademia  delle  scienze  ,  Pietro 
Costa  scrittore  istruitissimo,  Giovanni  Le 
Mercier  dotto  professore  d'  ebraico  nel 
collegio  diFrancia,  e  Giacomo  iMarsollier. 
^^elle  vicinanze  è  una  sorgente  minerale, 
appellata  Fontana  del  Peyret,  ed  uber- 
toso n'è  il  territorio.  A  6  miglia  di  distan- 
za si  ammira  un  bell'avanzo  del  grandio- 
so monumento  antico  detto  il  ponte  del 
Gard,  sulla  strada  tra  Nimese  Avignone. 
Gli  antichi  romani  per  dirigere  una  cor- 
rente d'acqua  aNimes,do  ve  in  alcuni  tem- 
pi la  fontana  resta  assai  bassa,  fecero  veni- 
re l'acqua  fino  dalle  vicinanze  d'Usez.  Di 
là  cominciarono  l'acquedotto  i  di  cui  a- 
vanzi  furono  giudicati  tenere  ili. "luogo 
tra  que'di  Francia,  dal  marchese  Maffei 
«elle  sue  Gallia  anliquitates  cjuaedaììi 
selectae ,  atqiie  in  plures  Epistolas  di- 
sirihiUae.  Antichissima  questa  città,  fu 
dominala  da'visigoti  e  poi  ebbe  de'parti- 
colari  vij»cooti ,  che  Cario  IX  eresse  nel 


USE 

I  ^(yQt  in  dignità  di  duca  e  pari,  in  favore 
della  nobile  fmiiglia  Cruceola.  Gli  abi- 
tanti vi  godevano  de'privilegi straordina- 
ri che  perderono  nelle  fanatiche  guerre 
religiose,  alle  quali  presero  grandissima 
parte  nel  secolo  XVI.  Avendo  abbraccia»' 
lo  il  calvinismo  della  setta  degli  ugonot- 
ti, inalberarono  con  aperta  ribellione  il 
vessillo  dell'  indipendenza  ,  sostenendosi 
co!  municipale  reggimento  sino  al  1629, 
in  cui  furono  forzati  a  sottomettersi  ed  a 
veder  spianali  i  ripari  della  loro  città.  La 
sede  vescovile  appartenne  alla  provincia 
ecclesiasticaNarbonese  i  /,non  però  suffra- 
ganea  della  metropoli  di  Narbona.Tutta- 
volta  pare  che  per  un  tempo  lo  Fosse,  poi 
di  Bourges,quindi  d'Arles.Dice  Com  man- 
ville  che  i  vescovi  ottennero  da  Papa  s. 
llaro  del  461  una  specie  di  diritto  come 
di  metropolitano  a  pregiudizio  di  quello 
di  Narbona,  ed  in  una  Notizia  antica  si 
legge,  Castriim  Ucetiense  Melropolis* 
certo  è  che  in  seguito  fu  vescovato  esen- 
te dalla  giurisdizione  del  metropolita  di 
sua  provincia.  La  Gallia  Christiana y  nel 
t.  4>p.  I  i44>  lipoi'ta  la  serie  de* vescovi, 
e  pel  I  ."registraCoslanzo  o  Costantino  del 
45 1,  sebbene  è  assai  probabile  che  abbia 
avuto  predecessori,  uno  de'quali  fu  rap- 
presentato da  un  Vincenzo  sacerdote  al 
concilio  di  Rieznel  4^9)6  per  lui  Io  sotto- 
scrisse. Costantino  intervenne  nel  4^'  a 
quello  d'Arles,  ed  all'altro  del  45>  e  ne 
firmò  gli  atti.  Nel  5o6  il  vescovo  Proba- 
zio  fu  al  concilio  d'Agde.  Nella  sua  mor- 
te il  clero  e  il  popolo  elessero  Norizio  patri- 
zio, con  sua  ripugnanza;  diligente  pasto- 
re edotto  predicatore.  Divenuto  vecchio, 
nelle  funzioni  gli  fu  surrogato  il  suo  disce- 
polo s.  Firmino  (/^.),  che  in  morte  de- 
gnamente gli  successe  e  venne  consagra- 
to nel  Sò^.  Di  nobilissima  stirpe,  era  fra- 
tello d'Aigulfo  vescovo  di  Metz. Interven- 
ne a  diversi  concilii  con  saggezza  supe- 
riore alla  sua  età,  e  pieno  di  meriti  san- 
tamente morì  nel  553.  In  questo  gli  fu 
sostituito  il  nipote  s.  Ferreolo  ^  che  per 
lo  zelo  della  conversione  degli  ebrei,  la 


USE 
calunnia  Io  fece  esiliare  a  Parigi,  però  ri- 
conosciuto innocente  venne  reintegralo 
nella  sede  dopo  3  anni  con  grandissima 
soddisfazione  del  suo  popolo.  Allora  s. 
Ferreolo,  riunito  un  sinodo,  stabilì  d'ac- 
cordo col  suo  clero  alcune  regole  sul  mo- 
do d'istruire  gli  ebrei,  de'  quali  un  gran 
numero  ricevè  da  lui  il  battesimo,  esclu- 
dendo dalla  sua  diocesi  que'  che  persiste- 
rono ne*  loro  errori.  Governò  in  seguito 
pacificamente  la  sua  chiesa,  ristabilendo- 
vi la  disciplina,  assai  rilassata  durante  la 
sua  assenza,  e  morì  nel  bacio  del  Signo- 
re a'4  gennaio  del  58 1.  Coll'assenso  del 
re  divenne  vescovo  Giovino  già  rettore 
della  provincia;  poi  Marcello,  Aureliano 
e  Audoeno  del  660.  Ricorderò  i  più  ce- 
lebri successori.  Raimondo  de*  signori  di 
Posquieres  del  1 1 3o;  Ebrardo  morto  nel 
I  i5o  dopo  avere  riedificalo  la  cattedra- 
le rovinata  dagli  eretici,  assai  liniosinie- 
roj  a  Rainardo  nel  i  209  scrisse  Innocen- 
zo ni;  Raimondo  fu  da  tal  Papa  manda- 
to legato  apostolico  forse  in  Francia  stes- 
sa, il  cui  re  Luigi  Vili  confermò  alla  chie- 
sa d"  Usez  le  donazioni  fatte  dal  padre 
suo.  In  tempo  d*Andrea  Fredol  del  i3o8 
Clemente  V  stabilì  la  residenza  pontifìcia 
nella  vicina  Avignone,  e  vide  due  paren- 
ti elevati  al  cardinalato.  Anche  il  succes- 
sore Guglielmo  de  Mandagol  del  i326 
ebbe  nel  congiuntoGuglielmo  già  arcidia- 
cono d'Usez  un  cardinale. Nel  1 3/^5  fu  ve- 
scovo Eredio  di  s.  Elia,  che  nel  1  356  In- 
nocenzo VI  elevò  alla  porpora  cardinali- 
zia. Neil 357  gli  successe  Pietro  d'Arfe- 
ville, sotto  il  quale  Guglielmo  Grimoardi 
fu  vicario  e  utìllciale  d'  Usez  e  nel  1  362 
Papa  Urbano  V.  Questi  neh  370  confe- 
rì il  vescovato  al  nipote  Pietro  de  Ru- 
vera,  cui  successe  nel  i  37  i  Bernardo  de 
Saint-Etienne.  Guglielmo  Soiberti  nel 
144^  fu  traslato  a  Carpentrasso.  Ga- 
briele du  Chastel  nipote  del  predecesso- 
re Oliverio,  morendo  in  Roma  neh  463 
fu  tumulato  in  s.  Prassede.  Fr.  Lodovico 
de  Vigne  carmelitano,  neh6o3  fondò  il 
convento  de'  minimi  di  Ponte  s.  Spirilo, 


USE  i3 

Paolo  Antonio  de  Fay  morì  neh 632,  e 
Nicola  de  Gidiié  del  1  645  è  l'ultimo  re- 
gistralo nella  Gallia  Christiana  ,  i  suc- 
cessori essendolo  nel  l.  6  della  nuova  e- 
dizione,  e  gli  ultimi"  dalle  Notizie  di  Ro- 
ma. Questi  furono,  nelr737  Bonaventu- 
ra Bauyn  di  Dijon,  già  canonico  della  me- 
tropolitana di  Parigi;  ed  Enrico  Benedet- 
to Giulio  de  Betesy  deMezieres  della  dio- 
cesi d'Argentina,  fatto  vescovo  0^1779, 
il  quale  fu  uno  di  quelli  che  ricusarono  di- 
mettersi nel  1 80  I  dalle  loro  chiese,  e  sot- 
toscrisse le  proleste  de'medesimi  vescovi 
contro  il  concordato  che  le  soppresse  in- 
sieme a  questa  di  Usez,  e  poi  morì  nel 
18  16.  Il  vescovadi  Usez  godeva  25,ooo 
lire  di  rendila,  e  pagava  1  000  fiorini  per 
lesue  bolle.  In  tutta  la  diocesi  si  contava- 
no 281  parrocchie,  divise  in  9  decanati. 
Il  celebre  cardinal  Bartolomeo  Pacca, 
morto  decano  del  sagro  collegio,  nelle  sue 
importanti  Memorie  sloriche  de' due 
viaggi  in  Francia  e  prigionia,  nel  l.  3, 
cap.  9,  descrive  il  suo  viaggio  da  Fontai- 
nebleaUjOve  era  deportalo  Pio  Vll,ad  U- 
sez  per  rilegazione  di  Napoleone  I  ordi- 
nata a'i4  gennaioi8i4>  dopo  la  revoca 
del  famoso  concordato  ivi  dettato  da  Na- 
poleone I  e  concluso  col  Papa.  11  cardina- 
leche  energicamente  avea  con  altri  col- 
leghi illuminato  il  Papa  perabrogarlo,  ra- 
gionevolmente perciò  temendo  nuova  re- 
clusione in  qualche  fortezza,  ne  restò  con- 
tento. Quindi  nel  cap.  io  descrive  il  suo 
soggiorno  in  Usez,  ove  fu  ben  accolto,  al- 
loggiando nella  virtuosa  e  edificante  casa 
d'Amoreux.  Dichiara  Usez  piccola  città, 
allora  unita  alla  diocesi  d'Avignone,  non 
lontana  dalle  famose  Cevennes  montagne 
di  Francia,  con  anguste  strade  e  irrego- 
lari edifizi.  Conteneva  poco  più  di  6000 
abitanti,  de' quali  una  3.^  parte  segue  la 
sella  di  Calvino,  ed  è  la  più  facoltosa  del 
paese,  perchè  occupatasi  nel  conunercio 
non  avea  falle  le  perdite,  che  hanno  do- 
vuto soffrire  i  nobili  cattolici  della  città, 
che  possedevano  prima  della  rivoluzione 
feudi  e  altri  diritti  signorili.  Tali  ugonol- 


i4  USI 

ti  conservono  ancora  l'anlìca  animosità  e 
il  maltalenlo  contro  i  cattolici,  e  più  vol- 
te in  tempo  dello  rivoluzione  sostenuti  da- 
gli abitanti  de'conlorni  del  così  detto  Gar- 
donanche,e  delle  vici'ne  Cevennes,  che  so- 
no anch'essi  in  gran  parte  furiosi  ugonot- 
ti, hanno  travagliala  la  popolazione  cat> 
tolico,  ed  obbligali  i  sacerdoti,  o  a  pren- 
der la  foga  in  paesi  stranieri,  o  a  nascon- 
dersi ne'vicini  boschi  per  salvarsi  dal  lo- 
ro furore.  Nel  tempo  del  soggiorno  del 
cardinale  non  diedero  alcun  segno  d*  av- 
versione, anzi  l'ebbero  in  grande  concet- 
to, considerando  la  sua  fermezza  nella  re- 
sistenza da  lui  fatta  nel  suo  segretariato 
di  stato  agli  ordini  di  Napoleone  I  tenu- 
to quasi  onnipossente.  Del  resto  trovò  che 
i  cattolici  avevano  conservalo  la  cattedra- 
le di  s.  Teodorito  ridotta  a  parrocchia,  e 
la  chiesa  di  s.  Stefano  sua  succursale.  Glie 
gli  ugonotti  avevano  trasformatoin  tem- 
pio pel  loro  cullo  erroneo  la  chiesa  de'fra- 
li  minori. Si  loda  d'avervi  passalo  70  gior- 
ni di  sua  fjuinquenne  deportazione,  che 
qualificò  i  più  sereni  e  tranquilli  e  forse 
i  più  felici  eli  sua  vita;  libero  e  sciolto  da 
ogni  cura  e  pensiero  di  carica  e  di  ufljzio, 
per  la  vita  melodica  che  vi  menò;  per  la 
quasi  generale  coltura  degli  abitanti,  spe- 
cialmente gii  ecclesiastici  e  i  nobili;  perle 
attenzioni,  ossequio  e  riguardi  che  gli  u- 
sarono,  massime  in  chiesa  ove  gl'innalza- 
rono  un  piccolo  baldacchino  ,  venendo 
spesso  visitato  dal  sotto-prefetto  e  dal 
maire.  A' 1 5 aprile  in  Usez  proclamando- 
si il  governo  del  re  Luigi  XVIII,  e  la  ca- 
duta dal  potere  di  Napoleone  I,  ed  accia- 
mando  il  Papa  e  il  cardinale  con  parti- 
colari dimostrazioni,  esso  coli'  insegne 
cardinalizie  recossi  a  celebrare  la  messa 
nella  cattedrale  con  qualche  solennità. 
Celebrò  pure  nella  parrocchia  di  s.  Ste- 
fiino,  enella  cappella  dellesuore  della  ca- 
rità dette  .?wo/r  nere  dall'abito:  dapper- 
tulio  facendo  numerose  comunioni.  Ono- 
ralo il  cardinale  in  più  modi  dagli  stessi 
calvinisti,  a'22  aprile  partì  da  Usez  per 
r  Italia  e  Roma. 


uss 

USINADA  scu  UsiDANA.  Sede  vesco- 
viledelUiMauriliana  Gesariana  nell'Afri- 
ca occidentale,  sotto  la  metropoli  di  Giu- 
lia Gesarea.  Donaziano  suo  vescovo  fu 
esiliato  nel  484  <la  Uiinerico  re  de' van- 
dali, che  favoriva  gli  errori  de' donatisti, 
contro  de*  quali  parlò  Donaziano  nella 
conferenza  di  Gartagine.  Morcelli,  Afri- 
ca dir.  1. 1. 

USSERIO  Giacomo.  Nacque  a  Dubli- 
no neh  580  da  famiglia  nobile  e  antica, 
studiò  nell'università  di  quella  città  d'Ir- 
landa, e  vi  fece  progressi  rapidissimi,  non 
solamente  nella  lingua,  nella  poesia,  nel- 
l'eloquenza e  nelle  matematiche,  ma  al- 
liesì  nella  cronologia  ,  nella  storia  sacra 
e  profana,  e  nella  teologia.  Nel  1 6 1 5  com  - 
pilo  in  un'assemblea  del  clero  d'Irlanda 
alcuni  articoli  riguardanti  la  religione  e 
la  disciplina  ecclesiastica,  che  furono  ap- 
provati dal  re  Giacomo  I,  benché  fossero 
differenti  da  quelli  della  chiesa  anglica- 
na, e  ad  onta  che  1'  Usserio  fosse  prote- 
stante ossia  anglicano.  Indi  il  re  gli  con- 
ferì nel  1620  il  vescovato  di  Mealh  in  Ir- 
landa, e  nel  1626  l'arcivescovato  d'y^r- 
inach  (avendo  in  quest'articolo  citalo  la 
sua  biografia,  scrivo  la  presente,  ad  onta 
del  protestalo  parlando  degli  Scrittori 
ecclesiastici)  e  primate  dello  slesso  re- 
gno. Neli64o  passò  in  Inghilterra  a  ca- 
gione delle  guerre  civili,  e  dicesi  che  i  cu- 
ratori dell'università  di  Leida  gli  offrisse- 
ro una  pensione  considerevole  col  titolo 
di  professore  ordinario,  se  voleva  recarsi 
in  Olanda;  e  che  il  cardinal  Richelieu  gli 
mandò  la  sua  medaglia,  e  gli  olhì  grossa 
pensione,  colla  libertà  di  professare  la  sua 
religione  acattolica  in  Francia,  se  vole- 
va andarvi.  Ma  Usserio  preferì  di  resta- 
re in  Inghilterra,  dove  morì  a*2i  raar- 
zo  I  ^55  di  75  anni,  lasciando  di  sé  cele- 
bre fama,  come  uno  de'più  grandi  dotti 
del  secolo  XVII,  senza  però  poter  cono- 
scere che  fuori  della  Ghiesa  cattolica  non 
vi  è  la  salute  eterna,  anche  pel  dichiara- 
to nel  voi.  LXXIX ,  p.  73.  Il  protettore 
d'Inghilterra  Cromwell, sapendo  quanto 


V  ss 

era  sialo  amalo  dal  popolo,  lo  fece  so- 
iennenienle    seppellire    nell'  abbazia  di 
Westniinsler.  Abbiarao  di   LJsserio   un 
gran  numero  di  dolle  opere,  lanlo  in  ia- 
lino cbe  in  inglese,  ma  cogli  errori  pro- 
pri di  sua  falsa  credenza.  Le  Ialine  sono: 
1."  Britannìcariim  Ecclesiarum   anli' 
quìtales;  quibns  inserta  estpestiferaea 
Pelagio  in  Ecclesiam  indiiclae  haere- 
seoshistoria^\&Zi.^.''Gravissimaequae' 
stionis  de  cliristianarnm  ecclesiarum  in 
Occidentis  praesertim  partihus  ,  ab  a- 
posto  liei  s  temporibus  con  ti  fina  succes' 
sionCyet  stata  historica  explicatìoy  1 6 1 3. 
Ambedue  quest'opere  sono  x\^\V  Indice 
de'libri  proibiti.  3.°  Storia  di  Gotescha- 
quCy  1 63 1  .^.''Epistole  di  s.  Ignazio  mar- 
tire ^  di  s.  Barnaba  e  di  s.  Paolo  con  no- 
te, 1 645.  5.°  De' simboli  e  formale  dife- 
de^  1647.  ^•"  P^^ll'^niio  solare  de'Ma- 
cerZo/i/,  1648.  7.°  Gli  annali  dell'antico 
Teslame?itOyi65o.  8.°  Una  lettera  sul- 
le differenti  lezioni  del  testo  ebraico, 
i652.  9.°  Gli  annali  del  nuovo  Testa- 
mento, 1654.  io.°  Regola  riguardante 
la  versione  de' Settanta,  i655.  i  i.**  Cro- 
nologia sacra, 1660.  L'opere  inglesi  so- 
no:!." Tre  discorsi,  di  cui  uno  sulla  ge- 
neralità della  Chiesa,  pronunziato  nel 
1 624.  2."  Risposta  al  p.  Malone  gesui- 
ta, i63i.  3.°  Trattato  sull'antica  reli* 
gione  irlandese  e  inglese,  1 63 1 .4.°  Trat- 
tato sulV  Incarnazione, intitolato  ImniU' 
nuel, i63g.  5.°  La  conferenza  del  giu- 
dizio di  Renauld,sulV  Episcopato,  1 64 1 . 
^J' Descrizione  geografica  dell'Asia  mi- 
«ore,  1643.  ^°  Dell'orìgine  de' vescovi  e 
de* metropolitani,  i644' 8.°P/rco/o  Ca- 
techismo,  i644'  Molle  opere  miste,  cioè: 
i."  Riduzione  de*  doveri  de' vescovi.  2.° 
Trattato  suU* estensione  de' meriti  della 
morte  di  Gesù  Cristo.  3°  Trattato  sul 
sabato.  4 ."  Dell'ordinazione  de* ministri 
nell'altre  chiese  de' riformati.  5."  Della 
potenza  del  principe.  Il  lutlo  stampato  a 
Londra  neh 638.  Lasciò  inoltre  mss.  tre 
trattali.  1 .°  La  censura  de' Padri  della 
Chiesa  e  degli  scrittori  ecclesiastici.  2.° 


U  SS  i5 

Esposizione  sopra  Bellarmino.  3.°  Bi- 
blioteca teologica.  L'ultima  edizione  de- 
gli annali  d'Usserio  è  quella  di  Ginevra 
1722  e  col  i\{o\o:  Annales T^eteris  etlVo' 
vi  Testamenti  a  prima  mundi  origine 
deducti,unacum  rerum  Asialicaiitm  et 
Aegfptiarumchronico,a  temporis  histo- 
rici principia  usque  ad  extremum  teni' 
pli  et  reipublicae  Judaìcae  excidi  uni 
producto:  J.  Usserio  Arni,  arch.etllib. 
prim.  digestore.  Accedunt  tria  ejusdem 
opuscola.  Viene  qualificato  il  più  chiaro, 
dotto  ed  esatto  compendio  della  storia  u- 
niversale,  poiché  concilia  colla  s.  Scrittu- 
ra la  storia  delle  grandi  monarchie  del- 
r  Asia  e  dell'  Egitto.  Alcuni  dotti  sopra 
diversi  punti  non  crederono  di  seguirlo. 
Tulli  convengono  che  Usserio  era  un  pro- 
digio d'erudizione,  e  che  avca  molta  cri- 
tica ed  una  gran  conoscenza  dell'antichi- 
tà sagra  e  profana;  ciò  non  ostante  alcu- 
ni protestanti  vogliono  che  non  abbia  a- 
vuto  sempre  il  discernimento  fino  ,  nel 
riconoscere  genuini  certi  scritti  dell'  an- 
tichità ecclesiastica  che  non  favoriscono 
la  loro  pretesa  riforma.  Riccardo  Parr 
cappellano  del  prelato  e  depositario  di 
tulle  le  sue  carle,nel  1 686  pubblicò  la  sua 
vita  in  inglese,  con  una  raccolta  di  3oo 
letlere  che  avea  scritto  agli  uomini  del 
suo  tempo  più  illustri  per  erudizione,  lu- 
di Tommaso  Smith  pubblicò  una  nuo- 
va vita. 

USSITI,  Hir/^.?77^e.  Eretici  seguaci  del- 
l'eresiarca Giovanni  Huss,  il  quale  prese 
il  cognome  dal  luogo  ove  nacque,  villag- 
gio diBoemia,  circolodi  Prachio  sulla  ri- 
va sinistra  del  Blanilz, detto  pure  Hus- 
senetze  Hussinetz,  vocabolo  che  significa 
oca,  perciò  somministrò  frequenti  allu- 
sioni agli  autori  protestanti  ;  quindi  isuoi 
fanatici  e  crudeli  settari  si  denominarono 
Ussiti  e  Flussi  li.  Di  basso  lignaggio,  il 
cognome  di  sua  famiglia  è  sconosciuto.  Si 
vuole  che  il  signore  del  borgo  dove  Gio- 
vanni trasse  i  natali,  gli  abbia  procuralo 
i  mezzi  di  studiare,  annunziando  egli  fe- 
lici disposizioni;  ed  in  lai  modo  contri- 


i6  USS 

)ju\  .Vsuoì  tlepIoral)ili  progressi  nel  mon- 
do, poìclièil  suo  fanatismo  e  In  mania 
tiell*  innovazioni  politico-religiose  gli  a- 
fjuislarono  poi  un'infelice  fama  superio- 
re a'suoi  meriti.  Fatto  baccelliere  e  pro- 
fessore dell'università  di  Praga  neh  393, 
ne  divenne  rettore  nel  1409,  quindi  sa- 
cerdote e  confessore  di  Sofìa  di  Baviera 
regina  di  Boemia;  il  che  pose  Giovanni 
in  relazione  co'più  ragguardevoli  signori 
del  regno.  Alcuni  giovani  boemi,  allievi 
dell'università  d'Oxford,nvendoneI  i4o4 
propagato  nel  loro  paese  la  perniciosa 
dottrina  de*  IVìclcfislì  (F.) ,  Giovanni 
Huss,  eli' erasi  tutto  infettato  del  nuovo 
veleno,  diffuse  maggiormente  gli  errori 
di  tali  eretici  e  ne  aggiunse  de'nuovi  co' 
suoi  propri  scritti  ;  osando  altresì  predica- 
re in  tutti  i  luoghi,  e  specialmente  nella 
cappella  di  Beltlerame  a  Praga  »>  che  il 
Papa  era  simoniaco,  eretico,  che  non  vi 
Bvea  ordini  nella  Chiesa  di  Dio,  ma  nella 
società  de'Demonii".  Più  tardi  non  esitò 
di  leggere  in  pubblico  una  lettera  che  due 
studenti  gli  seri  veano  dall'Inghilterra, e  di 
raccomandare  scandalosamente  a'suoi  u- 
ditori  l'opere  dell'eresiarca  Giovanni  Wi- 
clefcaposetta  de'wiclefìsli, suo  modello  ed 
oggettodi  sua  ammirazione; di  quel  Wi- 
clef  contro  cui  la  Chiesa, Gregorio  XI,  A- 
]essandro  V,e  il  governo  inglese  si  erano 
uniti  e  accordati  per  combattere  e  dissi- 
parne gl'infesti  discepoli,  conosciuti  anco 
sotto  il  nome  di  Lollardi  [F.).  Una  tin- 
ta di  fìlosofìa  antica,  sparsa  nella  novella 
eresia,  la  rendeva  più  pericolosa,  mentre 
si  sosteneva  in  essa,  che  ogni  creatura  e 
Dio,  e  vi  si  professava  il  sistema  óeWani- 
ma  itnh'ersale.  False  idee  di  libertà,  di 
iralernità,  di  eguaglianza  si  mescolarono 
all'idee  di  pretesa  riforma  religiosa  e  si 
accreditarono  rapidamente  tra  le  persone 
del  popolo.  I  suoi  progetti  di  riforma  non 
si  limitavano,  come  se  lo  immaginava  il 
•volgo,  alla  Comunione  (^F.)  che  si  dovea 
fare  da  tutti  sotto  le  due  specie  :  il  conci- 
lio di  Costanza,  di  cui  riparlai  aSvizzERA, 
si  mostrò  assai  indulgente  su  tale  articolo, 


USS 
il  quale  non  pregiudicava  al  dogma;  ma 
questo  I  .°punto  di  disputa  mascherava  al- 
tre fonti  di  errori,  sovvertitrici  della  fe- 
de, e  che  l'eresiarca  non  si  curò  di  tenere 
lungamente  nascoste.  I  buoni  erano  tutti 
indignati  ,  ne  più  ascoltare  potevano  a 
sangue  freddo  ,  spacciarsi  da  Giovanni 
Huss  questo  strano  e  perverso  ragiona- 
mento. »  Che  non  bisogna  credere  né  alla 
Madonna,  ne  a'Sanli,  né  alla  Chiesa,  ne 
al  Papa,  perchè  bisogna  credere  solamen  - 
te  a  Dio,  e  perché  la  Madonna,  i  Santi, 
la  Chiesa,  il   Papa  non  sono  Dio.  "  Con 
tali  indegni  sofismi,  questo  eresiarca  ar- 
ditamente impugnava  le  verità   fonda- 
mentali del  cristianesimo.  Altri   princi- 
pali suoi  errori  sono.  Che  la  Chiesa  non 
è  composta  che  di  predestinati.  Che  i  mi- 
nistri i  quali  non  sono  giusti  e  predesti- 
nati, non  sono  veri  ministri.  Che  l'ubbi- 
dienza ecclesiastica  è  una  mera  invenzio- 
ne degli  uomini.  Che  tutti  i  preti  hanno 
la  podestà  di  predicare,  e  che  non  devo- 
no astenersene  per  timore  della  scomu- 
nica. Leggendoi  frammenti  dell'opera  in- 
titolata Della  Chiesa,  composta  da  Gio- 
vanni Huss,  destano  stupore  l'impronti- 
tudine, la  rozzezza,  la  licenza  e  la  durez* 
za  delle  sue  espressioni  contro  il  clero, 
verso  il  quale  non  serbò  egli  mai  misura 
alcuna,  nessuna   convenienza.  Le  circo- 
stanze diedero  rilievo  al  personaggio  ch'e- 
gli  rappresentava  impunemente:  non  vi 
era  più  centro  di  unità  nell'Europa  ,  pel 
lungo  e  grande  Scisma  (F.), divisa  \' Ub- 
bidienza (F.)  tra'diversi  Papi  e  l'antipa- 
pa ;  riuscì  egli  quindi  perfettamente  nello 
scopo  che  si  era  prefisso,  d' infiammare 
cioè  ilrisentimentodella  niollitudinecon- 
tro  gli  ecclesiastici,  di  scatenare  tutte  le 
passioni  contro  di  essi  e  di  farli  trucida- 
re. Vivente  lo  stesso  Huss,  i  suoi  scritti 
misero  la  Boemia  (F.)  in  combustione, 
ed  armarono  il  popolo  del  la  capitale  Pra- 
ga contro  i  magistrali.  Contento  di  su- 
scitare gli  animi ,  il  novatore  conservò 
l'apparenze  della  moderazione  io  mezzo 
alle  turbolenze,  cui  dava  occasione  la  sua 


US  s 
eresia.  Vcnceslao  VI  redi  Boemia  avreb* 
he  di  leggieri  troncato  il  male  dalie   ra- 
dici e  avrebbe  risparmiato  molle  lagri- 
me all'umanità  se  avesse  voluto  interpor- 
re il  suo  potere;  ma  quel  monarca  indo- 
lente, crudele  e  tutto  dedito  a'piaceri,  non 
si  prendeva  troppa  briga  delle  sventure 
che  stavano  per  produrre  le  stravaganti 
visioni  del  predicatore  della  cappella   di 
Dettlemme.  Finalmente  Stefano    Paletz 
professore  di  teologia  e  Michele  de  Cau- 
sis  ,  giustamente  sbigottiti   de'  progressi 
dell'eresia,  denunziarono  Giovanni  IIuss 
alla  s.  Sede.  Il  Papa  Alessandro  V  nello 
scomunicarlo  con  bolla  de'  20  dicembre 
1409  in  Pistoia,  gl'interdisse  ogni  eccle- 
siastica funzione. Giovanni  Huss  a  ppcilossi 
al  I  ."concilio  che  doveasi  tenere  inCostan- 
za  per  fare  cessare  lo  scisma.  Neli4'2  la 
flicoltà   teologica  di  Praga  condannò  in 
globo  4^  articoli  di  Giovanni  Huss,  di- 
chiarandoli come  ciascuno o  eretico,  oer- 
ronco,  o  scandaloso,  o  tenente  liingiì fe- 
deli dal  vero  cammino  della  fede.  Egli 
parli  da  Praga  l'i  i  ottobre i4i4j  p»'if^a 
d'aver  ricevuto   il  troppo  famoso  salva- 
condotto, soggetto  di  questione  tra'piii  e- 
ruditi  critici.  Giovanni  lo  ricevè  solo  i5 
giorni  dopo  la  sua  carcerazione,  e  s'igno- 
ra il  tenore  di  quell'atto  di  sicurezza  ;  pro- 
babilmente tale  tenore  non  differiva   da 
quello  che  fu  inserito  nel  salvacondotto 
accordato  a  Girolamo  da   Praga  ,  mae- 
stro e  baccelliere  di  teologia,  suo  furioso 
discepolo,  più  di  lui  dotto  e  sottile  nella 
disputa,  ed  in  esso  è  detto  formalmente 
"  salva  nondimeno  la  giustizia  e  perquan- 
to  dipende  dal  concilio  e  1'  esige  la  fede 
ortodossa;"  il  che  dava  realmente  la  fa- 
coltà ai  concilio  di  far  catturare  la  per- 
sona dell'  eresiarca.  Costui    quantunque 
percosso   dalle   censure    maggiori   della 
Chiesa,  ribelle  all'autorità  legittima,  pre- 
dicò i  suoi  errori  lungo  tutta  la  strada ,  li 
tradusse  in  lingua  volgare,  onde  propa- 
garli più  da  lontano,  seminò  dappertut- 
to i  funesti  principii  della  sua  dottrina.  Si 
portarono  a  Costanza  anche  Paletz  e  Cau- 


U  S  S  17 

sis  ,  e  vi  arrivarono  quasi  conlempora- 
neanienleadHnss,il  quale  dominato  dal 
fanatismo  e  dall'  orgoglio,  nulla  rispar- 
miò per  irritare  contro  di  lui  non  solo  i 
padri  del  concilio,  ma  altresì  gl'inviati  di 
tulli  i  principi  d'  Europa.  A  dispetto  di 
lui  le  le  censure  di  cui  era  allaccialo  ,  di 
propria  autorità  si  sciolse  da'Iegami  del- 
l'interdizione, osò  celebrare  la  messa,  sta- 
bilire conferenze  segrete,  soffiar  la  fiam- 
ma della  discordia  e  sovvertire  i  principa- 
li dogmi  del  cristianesimo  ,  in  una  città 
scella  per  fortificai  li  e  per  depurar  la  fe- 
de. Tanli  eccessi  d'audacia  costrinse  l'im- 
peratore Sigisnìondo,  incaricato  dell'or- 
dine di  quell'augusta  assemblea,  a  farlo 
arrestare  a' 9  ottobre  i4i5i.  Giovanni 
Huss  avendo  tentalo  di  fuggire  dal  con- 
vento dov'era  rinchiuso,  fu  trasferito  una 
lega  e  mezza  lungi  da  Costanza,  nella  for- 
tezza svizzera  di  Groteleben.  L'impera- 
tore, i  padri  del  concilio  e  principalmen- 
te il  cardinal  Armet  di  Broniaco  decano, 
esaurirono  tutti  i  mezzi  di  dolcezza  e  di 
persuasione;  ebbero  ricorso  a  tutte  le  in- 
gegnose industrie  della  carità  evangelica 
per  piegare  quel  cuore  ostinato,  per  a- 
prirgli  gli  occhi  sui  pericoli  a'  quali  l'  e- 
sponeva  una  pervicacia  senza  esempio,  e 
per  sottrarlo  all'ultimo  supplizio,  con  un 
pronto  pentimento  e  ritrattazione  di  lut- 
ti i  suoi  errori.  Giovanni  era  troppo  or- 
goglioso :  volle  acquistare  una  grande  e 
lagrirnevole  celebrità  a  qualunque  costo. 
Palelz  e  de  Causis,  non  meno  che  i  giu- 
dici scelli  per  verificare  i  caratteri  de'si»,Oi 
scritti,  vollero  procacciargli  vie  di  ricon- 
ciliazione e  di  salvezza;  ma  ninno  fu  ca- 
pace di  rimoverlo  da'suoi  vani  sistemi  di 
religione.  Pareva  che  insultasse  alla  mae- 
stà dell'illustre  adunanza  ripetendo.  Sto 
ad  determinalionem  ConciliijmewUe  ri- 
gettava ogni  parola  di  pace  dello  stesso 
concilio,  ascollando  soltanto  la  voce 
d'un  amor  proprio  inconcepibile.  Un  de- 
siderio smoderato  di  farsi  un  nome  tra- 
spariva a  traverso  di  sì  incredibile  osti- 
nazione. Fino  all'estremo  momento  si  a- 


VOL.   LXXXVII. 


i«  u  ss 

<lu|ii'<)  con  riiiti-omis&ìone  de'suoi  disce- 
poli n  guaiiagi):>re  pioselili  :   fino  alTiiI- 
liiiiu  istante  palesò  egli  la  più  sfacciata 
vanità.  I  Pnihi  del  concilio  prima  di  prò 
iiuuziaie  Ih  loro  ultima  decisione  sulla 
dottrina  di  Giovanni  Huss,  gli  propose 
IO  un  formolario  d'abbiura  sì  equo,  che 
un  uomo  più  illuminato  e  d'  animo  ri- 
posalo r  avrebbe  acceltalo  con  ricono- 
scenza, poiché  tal  formolario  salvava  il 
suo  amor  proprio;  ma  tutto  inutilmente, 
e  lo  rigettò  ,  né  [u  possibile  ammollirne 
l'animo.  Piuttosto  che  piegarsi,  egli  disse: 
»»  avrebbe  voluto  che  gli  fosse  posta  una 
mola  al  collo  e  che  il  gettassero  in  mare". 
Condannata  la  sua  rea  dottrina  nella  ses- 
sione i8.\  questo  novatore  dopo  la  scou- 
sagrazione  dal  grado  sacerdotale,  fu  con- 
segnalo al  braccio  secolare  l'S  o  a'i5  lu- 
glio i4i  5,  e  condotto  in  un  sobborgo  di 
Costanza  al  supplizio  in  uìezzo  a  un  con- 
coiso  immenso  di  popolo  d'  ogni  paese. 
Egli  salì  con  tutta  l'intrepidezza  del  fa- 
natismo sul  rogo,  co;ne  sul  teatro  del  suo 
trionfo.  Bruciato  vivo,  le  sue  ceneri   si 
gettarono  nel  fiume  Reno.  Gli  ussiti  rac- 
colsero la  terra  del  luogo,  in  cui  il  loro  ca- 
po eia  stato  arso,  la  portarono  a  Praga 
e  la  distribuirono  a'Ioro  amici  come  una 
terra  sagra.  Da  quel  fatale  rogo,  su  cui 
perì  Giovanni  Huss ,  si  sparsero  fino  in 
Boemia  scintille,  che  accesero  un  sì  vio- 
lento incendio  di  guerre  intestine  e  reli- 
giose, che  il  sangue  di  più  di  200,000  uo- 
mini non  bastò  ad  estinguerlo.  La  sua  fi- 
ne tragica  ed  i  suoi  errori,  gli  avvenimen- 
ti terribili  che  ne  furono  il  risultamento, 
]o  resero  obbrobrio*)amente  immortale, 
più  che  i  suoi  talenti,  non  poco  mediocri, 
anche  nel  secolo  in  cui  visse.  INella  sua  pri- 
gione scrisse  alcuni  trattali,  sui  Coman- 
damenti di  Dio,  sull'Orazione  domenica- 
le, sul  Peccato  mollale,  sul  Matrimonio, 
sulla  Couoscenza  e  sull'amor  di  Dio,  sui 
Tie  nemici  dell*  uomo,  sui  Sette  peccali 
niorlali,  sulla  Penitenza,  e  sul  Sagramen- 
io  del  Corpo  e  del  Sangue  di  Gesù  Cri- 
sto. La  raccolta  delle  sue  erronee  opere, 


U  S  S 
pubblicale  a  Norimberga  nel  1 558  con 
una  prefazione  degl'eresiarca  Lutero^  fu 
ristampala  neli7  i  5,  coll'audace  e  insul- 
tante titolo:  J.  Huss  ctHicronyin.  Pia- 
gcns'h-  confcssoruni  Cliristi  hisLoria  et 
ino  nume  Illa.  Il  laico  Girolamo  da  Praga, 
nativo  di  quella  città,  arrestato  nella  Sel- 
va Nera,  fu  condotto  avanti  il  concilio  di 
Costanza  per  esservi  interrogato  sulla  sua 
dottrina;  nella  sessione  i  g.'^  egli  condan- 
nò gli  errori  di  Wiclelfe  di  IIuss  già  suo 
maestro  ;  ma  avendo  in  prigione  fatto 
istanza  d'essere  ulteriormente  inteso  in 
pieno  concilio,  nella  sessione  21."  vi   fu 
ammesso:  ivi  in  luogo  di  sottomettersi  al- 
le decisioni  della  Chiesa,  arditamente  ri- 
trattò la  sua  abbiurazione,  parlò  di  Gio- 
vanni Huss  come  d'  un  santo,  e  protestò 
ch'egli  aderiva  alla  sua  dottrina  ed  a  quel- 
la di  Wiclelì.  Fu  allora  anch'egli  dichia- 
rato eretico  e  spergiuro  ;   consegnato  al 
braccio  secolare,  fu  bruciato  vivo  come 
recidivo  nel  i4i6.  Narra  Novaes  nella 
Storia  di  Martino  F.  Eletto  questi  l'i  i 
novembre  1417  nel  concilio  di  Costanza, 
rimase  poi  estinto  lo  scisma,  ma  l'eresie 
de*  furiosi  e  crudelissimi  ussiti  insangui- 
narono la  Boemia^  e  gli  errori  penetra- 
rono fatalmentenella  M or a^^'ia^uftW Un- 
gheria e  nella  Germania  (V*)»  H  Papa 
colla  bolla  Inter  cunctas  pastoralis  cu- 
racy  de'22  febbraio  1 4  '  ^>  Bull.  Roni.  t.  3, 
par.  2,p.  4  18:  Damnatio errornni  Joaii- 
nis  TVicleff,  Joannis  IIuss ^  Hieronynii 
dePraga^  et  aliorwn.de  SacranientisEc- 
clcsiae  male  sentientibus,eorumque  com- 
plicunietfautorum.Ac forma  hacreticoSj 
suspectosque  de  haeresi    exatninandi. 
Contiene  4^  errori  di  Wiclelf,  3o  artico- 
li ereticali  di  Huss,  e  i  5  interrogatorii  da 
farsi  a'sospetti  d'eresia.  Mandò  la  bolla  a 
tutto  l'episcopato  e  agl'inquisitori  contro 
l'eretica  pravità,  a'quali  é  diretta.  Quin- 
di dichiarò  colla  bolla  Apostolicae  Sae- 
dis  praecellens  auctoritas  ,  de'  25  gen- 
naio 14^6,  Bull,  citato,  p.  458  :  De  Sa- 
cramento Eucharistiae  laicis  sub  una 
tantum  specie  juxta  Constantientis  san- 


V  ss 

cita   Concilìì  ministrando.   I  prinoi pa- 
li errori  di  Wicleifed  Hnss,  rimarcali  dd 
Novaes,  sono:  Sostenere  come  dogma  di 
fede  la  necessità  ne'laici  della  cojnunio- 
ne  sotto  ambedue  le  specie  e  col  Calice. 
Insegnare  l'esistenza  del  Paneei\ii\  fi- 
«o{/^.),  dopo  fatta  la  consagrazione.  Cre- 
dere di  niun  valore  l'amouinislrazionede' 
Sagran)€/iti  falla  da'ministri  dell'aliare 
in  peccato  mortale.  Ammettere  a'sagi  o 
santi  Misteri  tulli  i  laici  ,  che  fossero  in 
grazia  di  Dio.  Pretendere  che  la  Chiesa 
non  potesse  avere  Rendite  e  possedeie  Z?c'- 
/i/len)porali.  Atterrale  Tordinedella  Ge- 
rarchia, sostenendo  l'eguaglianza  di  lut- 
ti i  SacerdoliseuzH  didérenza  alcuna  dal 
Papay  dd  Cardinali^  lW P'escovi.  Anche 
nel  1422  con  mollo  zelo  e  diligenza,  Mar- 
tino V  si  applicò  a  reprimere  i   funesti 
progressi  dell'eresie  degli  ussiti  in  Boemia 
(P .)i  i  quali  diretti  e  armati  dall'ostina- 
to e  furioso  ussita,  l'ejnpio  Giovanni  Zi- 
sca,  perseguitavano  crudelmente  i  catto- 
lici, distruggevano  le  chiese,  profanavano 
gli  altari  e  le  ss.  Imniagini,  bruciavano  i 
sacerdoti,  olire  altre  iniquità.   Gli  ussiti 
lacerando  con  furoie  V  inìmagini   della 
Madonna  de  Sette  Dolori  ("^.jjil  concilio 
provinciale  di  Colonia,  tenuto  contro  di 
loro  e  contro  i  wiclefisli,  ne  ordinò  la  fe- 
sta. Pertanto  Martino  V  indusse  l'impe- 
ratore Sigismondo  re  di  Boemia  e  d'Un- 
gheria, e  gli  elettori  dell'impero  a  bandir 
la  guerra  crociala  contro  i  medesìnn  e- 
relici.  Di  più  nel  14^9  ordinò  la  celebra- 
zione della  festa  del  Corpus  Domini  con 
nuove  indulgenze,  anche  ne'luoghi  inter- 
detti, e  ciò  per  maggiormente  promuove- 
re il  culto  della  ss.  Eucaristia  combal- 
lula  iniquamente  dagli  eretici  Taboritl 
(  V.),  una  delle  principali  diramazioni  de- 
gli ussiti,  derivali  dal  sanguinario  e  fana- 
tico Zisca,  dopo  la  morte  del  quale  cnpo- 
sella  in  parte  presero  il  nome  di  Orfani 
(^/^.jy  a  vendo  sigli  uni  che  gli  altri  aggiun- 
te altre  eresie  a  quelle  degli  ussiti. Deplo- 
rabili furono  i  danni  che  cagionarono  ila- 
boriti  col  forsennato  Zisca,  loro  capitano 


e  ss  ,9 

audacissimo  e  valoroso,  contro  i  crociati, 
e  gli  altri  cattolici  di  Boemia^  Ungheria, 
e  Germania.,  nel  1 ."  articolo  avendo  nar- 
ralo a  qual  grado  eccessivo  di  fanatismo 
giunse  quel  caposella.Dopola  sua  morte 
i  sanguinari  seguaci  si  divisero  in  due  ter- 
ribili fazioni  :  una  ritenendo  il  nome  di 
taboriti,  elesse  a  capo  Procopio  il  Raso, 
così  detto  per  la  chierica  che  avea  porta- 
to come  pessimo  prete;  l'altra  prendendo 
quello  d'orfani,  per  non  volersi  sollomel- 
tere  ad  alcun  condottiero.  Parte  degli  us- 
siti prese  il  nome  d' Orchiti ^  Orehitae.pev 
la  dimora  che  fecero  in  una  monla^nache 
chiamarono  Ore/^,  e  dove  vantavano  d'a* 
vere  ricevuta  !a  loro  legge  da  Dio,  come 
Mosè.  Un  cattivo  sacerdote  denominalo 
Bedrei,iiato  in  Moravia,  si  fece  capo  di 
questo  ramo  di  ussiti,  che  professavano 
gli  stessi  errori  degli  altri,  distinguendosi 
per  la  loro  crudeltà  verso  i  sacerdoti  e  i 
religiosi.  Gli  ussiti  nelle  sanguinose  guer- 
re che  fecero, anco  coni  ro  l'impero,  erano 
armali  d'un  grande  clipeo  o  scudo  di  le- 
gno, col  quale  interamente  coprivano  e 
difendevai»o  il  loro  corpo.  Ne'Ioro  accam- 
pamenti lo  collocavano  in  terra,  e  vi  na- 
scondevano l'intera  persona.  Venne  con- 
servata per   lungo  tempo  tale  specie  di 
difesa  in  molte  città  della  Boemia,  e  fra 
le  altre  a   Praga.   Con   soddisfazione  ili 
Nicolò  V,  neh."  maggio  i44S  entrò  ui 
Praga  il  celebre  cardinal  Carvajal  lega- 
to apostolico,  per  ridurre  gli  esaltali  boe- 
mi al  buon  sentiero,  al  quale  però  non 
li  trovò  disposti.  Pretesero  questi  segua- 
ci dell'eresia  ussita,  che  confermasse  Gio- 
vanni Rochizana  primario  cnposetta, da- 
gli scismatici  del  conciliabolo  di  Basilea 
fatto  arcivescovo  di  Praga;  ma  il  cardi- 
nale ricusò  di  farlo,  e  parli  a'2  i  maggio. 
Racconta   Cardella    nella    biografia   del 
cardinal  Carvajal,  che  nemico  acerrimo 
dell'eresia  e  valido  sostegno  della  purità 
della  fede,  per  estirpare  gli  errori   pio- 
fessati  dagli  ussiti,  fu  sfidato  a  pubblica 
disputa  da  Rochizana,  ed  egli  slimò  di 
acccllaila.  per  non  dar  motivo  agli  ere- 


20  U  S   S 

liei  dì  vantnr  vittoria  in  una  causa,  nclln 
qualeerain  vece  per  essi  d'infallibile  per- 
dita. Giunto  il  giorno  stabililo  per  la  di 
sputa,  conaparsi  nella  pubblica  adunan- 
za il  cardinale  e  Rochizana,  piena  es- 
sendo de'personaggi  più  distinti  del  re- 
gno, die  principio  alla  dispula  Rochiza- 
na,  ma  sebbene  insigne  e  profondo  teo- 
logo non  potè  pronunciare  die  le  sole  pa- 
role :  Aeterni  Patris  P^erbnm;  rima- 
nendo così  confuso  e  così  ottenebrato 
nella  mente,  che  quantunque  per  ben  3 
volte  tentasse  con  ogni  sforzo  di  ripeter- 
le e  proseguire  il  discorso,  non  gli  fu  pos- 
sibile. Attoniti  per  alto  stupore  i  circo- 
stanti, e  coperto  di  confusione  l'eretico, 
il  cardinale  interrotto  dopo  convenevole 
tempo  il  di  lui  vergognoso  silenzio,  die 
principio  al  suo  argomento  colle  stesse 
parole  proferite  da  Rochizana,  e  le  pro- 
seguì con  tale  energia,  eloquenza  e  co- 
pia d'erudizione,  che  molti  di  quell'as- 
semblea, detestato  l'errore,  abbracciaro- 
no le  cattoliche  verità.  Nondimeno  in 
Praga  dipoi  prevalsero  gli  ussiti,  e  ri- 
movendo  Mainardo  amministratore  del 
regno,  per  Ladislao  i  di  tenera  età  e  poi 
degnissimo  principe,  gran  difensore  del- 
ia cattolica  religione,  consegnarono  la 
città  a  Giorgio  Podiebrado  o  Podielrna- 
zio  loro  fautore  ;  onde  il  Rochizana 
con  maggior  orgoglio  si  stabilì  nell'usur- 
pato arcivescovato,  con  grave  cordoglio 
del  Papa.  Nicolò  V  nel  finire  del  i^ìn 
mandò  suo  legato  in  Germania  il  celebre 
cardinal  di  Cosa,  per  riformare  la  disci- 
plina ecclesiastica  corrotta  dall'eresia  us- 
sita, con  ordine  d'esercitare  la  legazione 
anche  sul  reame  di  Boemia,  dove  essen- 
do rimasti  vincitori  gli  eretici,  dopo  aver 
preso  Praga  s'  erano  messi  nuovamente 
a  perseguitare  i  cattolici.  Allorché  nel 
i4^2  Nicolò  V  coronò  in  Roma  l'impe- 
ratore Federico  III,  questi  non  si  comu- 
nicò sotto  ambo  le  specie,  come  in  tal 
funzione  pralicavasi,  per  non  sembrare 
di  approvar  l'errore  sostenuto  dagli  us- 
siti, che  propugnavano  necessaria  la  co- 


U  SS 

munione  del  calice.  Nel  r45i7  morì  La- 
dislao I,  e  neli45'H  venne  eletto  succes- 
sore l'amministratore  Podiebrado  perle 
mene  degli  ussiti,  che  continuavano  a 
straziare  la  Boemia  colle  guerre.  Viven- 
te Nicolò  V,  il  suo  nunzio  Piccolomini, 
poi  Pio  11,  avea  inutihnente  dimostrato 
a  Podiebrado,  quanto  avrebbe  meritato 
colla  Chiesa  e  col  Papa,  ed  anco  col  suo 
giovine  re,  se  avesse  ridotti  gli  erranti 
boemi  al  culto  cattolico.  Inseguito  il  Pa- 
pa Pio  11  neh 463  annullò  i  preliminari 
di  pace  stabiliti  fra'  legati  del  concilia- 
bolo di  Basilea  ed  i  boemi  allorché  vi 
si  portarono,  in  virtù  de'quali  essi  avea» 
no  rinunziato  a  tutti  gli  errori,  fuorché 
alla  comunione  sotto  ambedue  le  specie, 
ciò  che  i  padri  scismatici  accordarono. 
Continuando  il  re  di  Boemia  Podiebra- 
do a  favorire  gli  ussiti  e  perseguitai>e  i 
cattolici,  riuscite  inutili  te  pontilìcie  am- 
Dionizioni,  Paolo  11  nel 1 466  lo  scomu- 
nicò e  dichiarò  decaduto  dal  regno,  sen- 
tenza che  confermò  nel  1467.  lo  vece 
avendo  il  valoroso  Mattia  l  Corvino,  re 
d'Ungheria  e  genero  di  Podiebrado,  ri- 
portato vittoria  sugli  ussiti  nel  ì^'jOy  il 
Papa  gli  mandò  l'onorifico  dono  dello 
Stocco  e  Berrettone  benedetti  (P^.).  Indi 
Podiebrado  fu  deposto  anche  da  Mattia 
I,  e  morì  in  mezzo  a  tali  turbolenze  nel 
i47i'  Sisto  IV  nel  1472  per  estinguere 
l'eresia  degli  ussiti,  concesse  il  regno  di 
Boemia,  comeché  anticamente  uno  degli 
Stati  tributari  della  s.  Sede  (^.),  a 
Mattia  I  benemerito  della  Chiesa,  ordi- 
nando a'boerai  sotto  pena  di  scomunica 
d'ubbidirlo  e  riconoscerlo  per  re,  ed  in- 
sieme assolvendoli  dal  giuramento  fatto 
a  Ladislao  II  o  Uladislao  V,  ma  questi 
prevalse.  Ormai  estinta  l'eresia  degli  us- 
siti, rincrudì  neli474'n  Praga,  facendo 
gli  eretici  strage  de'religiosi  e  spoglian- 
do i  monasteri.  Dopo  pochi  anni  rinno- 
vò l'eresia  Agostino  Luciani,  già  vescovo 
Santauriense  e  poi  eretico.  Innocenzo 
Vili  con  tanto  zelo  si  adoprò  nel  i486 
per  ridurlo  al  seno  della  Chiesa,  che  gli 


V  su 

riuscì,  onde  potè  deprimere  l'eresia.  Nel 
1493  Alessandro  VI  aderendo  all'istan- 
ze del  re  Ladislao  li,  fece  promulgare 
la  crociata  contro  i  turchi,  e  per  meglio 
prom  uoverla  creò  legato  Orso  vescovo  di 
Trani,  dandogli  ancora  autorità  d'assol- 
vere e  di  riconciliare  colla  Chiesa  roma- 
na i  pragesi, stati  lungamente  infetti  negli 
errori  di  Huss,  indi  resi  ubbidienti  i  per- 
tinaci daLadislao  II  dopoché  nel  1490 era 
divenuto  re  d'Ungheria.  Ed  è  perciò  che 
i  pragesi  sci  isserò  al  Papa  di  comun  con- 
senso, e  condannando  tutte  le  eresie,  di- 
chiararono di  volere  ricevere  tutti  i  riti 
cattolici,  e  osservarli  perpetuamente;  del- 
la (|ual  cosa  il  re  stesso  scrisse  ad  Ales- 
sandro VI.  Questi  adunque  ingiunse  al 
legato  Orso,  di  riunire  i  pragesi  nella  co- 
munione cattolica,  di  pacificare  i  principi 
boemi,  e  di  bandire  la  sagra  guerra  con- 
tro gl'infedeli.  In  questa  guisa, come  piac- 
que a  Diojfu  estirpata  l'eresia  boemica,re- 
slituendo  il  legato  nella  grazia  dellaChie- 
sa  i  pragesi,  tranne  alcuni,  i  quali  pochi 
anni  dopo  furono  costretti  da  Ladislao  II 
ad  abbiuràrgli  errori  per  timore  ancora 
di  punizioni  severe.  Laonde  nel  1499  ^"" 
rono  assolti  tutti  quelli  che  si  converti- 
rono, venendo  prosciolti  dalle  censure 
fulminate  da  Paolo  II;  ed  Alessandro  VI 
die  piena  autorità  a*  sacerdoti  cattolici 
boemi  di  riceverli  nel  seno  della  Chiesa. 
Allora  in  Boemia  rifiorì  il  cattolicismo, 
e  i  pochi  restati  tultavolla  ostinati  fu- 
rono perseguitati  dal  zelante  re.  Però  nel 
seguente  anno  pullulò  nella  Moravia  e 
nella  Boemia  la  sozzissima  eresia  de* 
Valdesi  (V.)y  come  la  qualifica  l'anna- 
lista Rinaldi,  la  quale  coH'alIeltamento 
di  laidissimi  piaceri  perverti  molti,  di- 
mentichi della  propria  eterna  salute,  con- 
tro i  quali  Alessandro  VI  destinò  inqui- 
sitori, abbracciando  essi  diversi  errori  de- 
gli ussiti.  Poco  dopo  gli  eretici  Luterani 
(/^.)  rinnovarono  la  comunione  sotto  le 
due  specie,  che  dal  concilio  di  Trento 
condannata,  divenne  un  essenziale  osta- 
colo per  la  riunione  delle  sedicenti  chie- 


UTE  21 

se  luterane  o  de'  Protestanti  (F.)  alla 
vera  Chiesa  cattolica  apostolica  romana. 
Per  altre  notizie  vedasi  il  Conlin,  Di- 
zionario delVeresic ,xìc^\  articoli  Huss 
e  V ssiti j  Beigi er.  Dizionario  enciclope- 
dico, l'articolo  f/^^z^zy Giovanni  Coeleo, 
Storia  degli  ussiti,  Magonza  i549- 

USULA  o  USILLA  o  USILAE  o  U- 
ZALA.  Sede  vescovile  dell' Africa  occi- 
dentale nella  provincia  Bizaceua,  sotto 
la  metropoli  di  Adrumeto  o  Hadramito. 
Ne  furono  vescovi:  Cassiano,  che  trovos- 
si  nel  349  al  concilio  di  Cartagine;  Teo- 
doro fautore  de*donatisti,i  quali  nel  con- 
cilio Cabarsussitano  del  383  condanna- 
rono Primiano  ;  Privato,  che  interven- 
ne nel  4'!  alla  conferenza  di  Cartagi- 
ne; Vittorino,  esiliato  nel  4^4  da  Un- 
nerico  re  de' vandali  ;  Lorenzo  sottoscris- 
se la  lettera  del  concilio  Bizaceno,  man- 
data nel  641  all'imperatore  Eraclio  Co- 
stantino contro  i  rnonoteliti.  Morcelli, 
Jfr.  chr.  t.  r .  Usula,  Usulen,  è  ora  un  ti- 
tolo vescovile  inpartihus,  che  conferisce 
la  s.  Sede,  trovandosi  ne'  registri  conci- 
storiali notata  sotto  i  titoli  arcivescovili 
in  partihus  di  Cartagine  e  di  Adrume- 
to o  Hadramito,  il  quale  è  il  più  ragione- 
vole,per  l'antica  dipendenza  ad  essa  quan- 
do n'esistevano  le  chiese.  Gregorio  XVI 
nel  1843  col  vicarialo  apostolico  di  Co' 
lombo  lo  attribuì  all'  attuale  mg."^  Gae- 
tano Antonio,  allora  pro-vicario,  indi  vi- 
cariOjCome  dissi  nel  voi.  XXXI V,  p.  260. 

USUR.A.  F.  Monte  di  Pietà  ,  e  gli 
altri  relativi  articoli. 

UTENSILI  SAGRI,  Utensilia sacra. 
Vocabolo  generico  e  complessivo  che  com- 
prende i  sagri  Arrediy  Pannilinij  Para- 
mentii Festi,  Fasi(F.)  ed  altre  Suppel- 
lettili sagre  (/^.),  ed  ornamenti  sagri  per 
uso  della  Chiesa  o  Tempio  pel  culto  di- 
vino, non  che  pe'  suoi  ministri  e  per  la 
Gerarchia  ecclesiastica,  Fcscovi  (F.) 
ec. ,  i  quali  sono  soggetti  agli  Spogli  ec- 
clesiastici, al  modo  riferito  in  quell'arti- 
colOjSu  ciò  vegliando  i  Succollcllori degli 
spogli  (F.)^  sul  quale  argomento  abbia- 


U  TE 

iiiu  di  G.  Roiloni,  De  SpoUis  Ecclcsia- 
*//(•/>,  Itoinae  i585;  ed   in  Ruoia  per 
gli  utensili  sagri  ì\ìì  Cardi na li ^  il  prelato 
Sfigri.itn  (f^.)  per  la   St/grexlia  della 
Cappella  ponlìfìvia.  Si  può  vedere  l'ai- 
tioolo  i^lcnsili.i  nel  Ferrari,    Prompta 
Bihliotheca   Canonica  ec,    sulla    loro 
somminislrazione,  inanulen7Ìoiie,  lasse, 
padronali    ec,  rigtjardanli   i  medesimi. 
iNel    1783   in   Roma    fu    stampato    dal 
Giunchi:  De  Sacris  Utcnsilibus  Iracta- 
tus^  SS.  O.  N.  Pio  f^f  clicolus:  aneto- 
re  Fabio  de  Alheriis  pnlricio  BUvaiia- 
ti,  Fabriani  primuin,  deinde  Seiio^al- 
liae,  mine  vero  Eecle.siae  Fidginalia  Fi- 
cario  generali.  Accessit  Sacrae  Roma- 
nae  Rotae  deeisionuni  ad nialeriam  per- 
tìnentiuni  ejusdem  in  altero  volu/ninc 
colleclio^etin  ntrocpie  indices  locuple- 
tissinii.  L'origine  e  il  significalo  delle  au- 
guste Ceremonie  e  de'venerandi  Riti  c\\q 
accompagnano  il    Culto  esleriore  della 
nostra  s.  Religione  formano  certamente 
una  delle  più  importanti  e  dilettevoli  par- 
li della  sagra  Erudizione.  Benché  per  al- 
tro questo  studio,  conosciuto  sotto  il  no- 
me di  Liturgia,  sia  sialo  con  grandissi- 
mo studio  e  impegno  coltivalo,  con  in- 
numerabili e  preziose  opere  che  illustra- 
no il  vastissimo  argomento ,  nondimeno 
ninno  in  certo  modo  sino  all'Albertis,  sot- 
to il  punto  di  vista  che  annunzia  il  titolo 
«lell'opera,  se  è  giusto  il  ragguaglio  che 
ne  diede  il  n."3()  deW  Effemeridi  di  Roma 
del  1783,  avea  preso  parlicolar  cura  per 
la  parte  più  interessante  di  siffatti  studi, 
tioè  la  materia  de'sagri  utensili,  l^erciò, 
soggiunge  lo  scrittore  di  tal  rivista  ,  que- 
sto vuoto  della  scienza  liturgica  venne  fi- 
nalmente riempilo,  ed  a  suo  giudizio  e 
di  tulli  gì*  inlendenli,  com'egli  assicura, 
degnamente  e  completamente  ,  da   non 
lasciar  nulla   a   desiderare.  Dice  quindi, 
che  per  la  scelta  e  disposizione  della  ma- 
teria, l'opera  può  soddisfare  lutti  quel- 
li the  ponno  averne  bisogno  o  bramino 
consultarla.  I  filologi  e  que'che sono  mos- 
si da  semplice  erudita  e  cristiana  curio- 


UTE 

*ità,  vi  troveranno  sciolti    lutti   i   did)bi 
sidia  prima  inlroduzione  de'sagri  utensi- 
li d'ogni  specie  ,  ed  il  loro  pio  e  mistico 
o  simbolico  significato;  i  teologi  e  i  mo- 
ralisti vi  leggeranno  qualunque  questione 
circa  le  cose  da  credersi  o  la  maniera  di 
condursi  riguardo  a'  medesimi;  e  finaU 
mentei  giureconsulti,  pe'(piali  precipua- 
mente,dice  l'estensore  dell'articolo,  sem- 
bra essersi  avuto  in  mira  nella  composi- 
zione dell'opera,  potranno  consultarla  in 
tulli  que'casi  forensi,  ne'quali  sj  dispute- 
rà della  proprietà  de'sagri  utensili,  e  del 
loro  risarcimento.  Si  dice  inoltre,  l'opera 
essere  divisa  in  due  vohuiìi  in  foglio, il  i.'* 
de'quali  è  destinalo  all'  esposizione  della 
materia,  ed  il  1."  ad  una  collezione  di  de- 
cisioni della  s.  Rota  romana  spettanti  al- 
la medesima  ,  e  disposte  per  ordine  cro- 
nologico dal  I  )83  al  I  777.  Tutto  l'argo- 
mento si  svolge  nel  i  .** volume  in  1  7  capi, 
lli.^e  il  2.°  parlano  del  nome  e  dell'uso, 
divisione  ed  origine  de*  sagri  utensili;  il 
3.**  della  loro  necessità  e  utilità;  il  4'**  e 
5."  della  loro  materia  e  della  loro  forma 
tanto  antica  che  moderna;  il  6°  di  loro 
consagrazione  e  benedizione;  nel  7."  della 
venerazione  a'm edesimi  dovuta;  nell'8.** 
della  preminenza    competente  per  loro 
ragione;  nel  g.°  e  io.**  di  loro  custodia  e 
di  loro  visita;  l'i  1."  della  loro  sospensione 
e  inlerdizione;  il  1 1°  di  que'  a  cui  spetta 
di  provvederli,  donde  si  prende  molivodi 
parlare  ancora  di  que'a'quali  incombe  la 
manutenzione  e  riparazione  delle  chiese, 
materia  di  tante  liti  nel  foro;  nel  1 3.°  si  a- 
gila  la  (juestione,  se  e  in  quali  occasioni 
debba  farsi  copia  de'sagri  utensili  a' ve- 
scovi ed  a'sacerdoti  che  vengono  a  richie- 
derli pe'sagri  usi;  nel  14.*'  si  disputa  sulla 
contribuzione  onerosa  per  la    manuten- 
zione o  rifazione  de'sagri  utensili;  nello." 
si  ricerca  se  i  safari  utensili  vadano  sosr- 
getti  allo  spoglio,ese  di  essi  possa  dispor- 
si per  contralto o  ultima  volontà;  nel  16.** 
si  esaminano  i  vari  abusi  che  possono  far- 
si de'sagri  utensili  colla  simonia,  col  fur- 
to, colla  superstizione,  e  si  assegnano  le 


V  T  r 

proporzionale  pene  pe'rei  «li  simili  abusi; 
nel  17/  finalmente  si  sviscera  la  materia 
dell'alien azioue  de'sagri  utensili,  e  delle 
pene  degli  alienanti.  L'autore  del  com- 
pendioso estratto  dell'opera,  dice  avere 
avuto  presente  nell*  ollrire  il  breve  prò» 
spetto  della  medesima,  di  dare  una  prò 
va  dell'utilità  grandissima  che  polranno 
rilrarne  i  vescovi,  i  vicari  generali,  i  par- 
rochi,  i  confessori,  i  canonici  e  ogni  classe 
infine  di  ecclesiastici,  giusdicenti  e  giure- 
consulti. Finisce  col  dichiarare  ,  luttociò 
oltre  l'essere  illustrato  con  copiosa  erudi- 
zione storico-liturgica,  trovasi  corrobo- 
rato dall'autorità  delle  costituzioni  apo- 
stoliche, de'concilii,  de'ss.  Padri  e  (le'più 
accreditati  dottori,  alle  quali  si  aggiunge 
all'opportunità  quella  delle  decisioni  ro- 
tali, de'decreti  delle  s.  congregazioni, mas- 
si :ue  di  quella  del  s.  concilio  di  Trento. 
Siccome  non  mi  fu  dato  conoscere  opera 
di  tanta  importanza,  stimai  non  inutile 
dune  un  piccolo  saggio  sulla  riferita  con- 
tezza, onde  renderne  avvertito  chi  l'igno- 
rasse, se  gli  piace  di  farne  ricerca.  Del 
resto,  se  no»i  m'illudo,  per  quanto  il  com- 
porta l'essenziale  natura  di  tutta  questa 
mia  opera  e  la  mia  pochezza,  comechè 
uscita  unicamente  da  questa  sola  debole 
j.>enna  ,  pure  mi  lusingo  in  buona  parte, 
almeno  nella  piti  intrinseca  ,  di  avere  e- 
saurito  l'ampio  e  fecondo  argomento  ne- 
gli innumerabili  articoli,  si  speciali  che 
generici  o  relativi,  che  comprendono  la 
descrizione  di  tutti  gli  utensili  sagri.  In- 
tendo dire,  della  loro  origine,  diversità 
di  nomi,  differenti  forme  e  materia  ,  be- 
nedizione e  consagrazioue,  usi  diversi,  in- 
terdizione e  abusi;  della  parte  mistica  e 
simbolica, e  dell'analoghe  molteplici  eru- 
dizieni, in  una  parola  di  quanto  special- 
mente li  riguarda.  Ragionai  anche  de'po- 
Hteriori  decreti  sui  medesimijemaoati  dal- 
le s.  congregHzioni  e  confermati  da'piìi  re- 
centi Papijinclusi  Vii  mente  al  regnante,  sul 
delicato  argomento  dello  spoglio  ecolesia- 
fclico,  che  pe'cardmali  fino  a  pochi  anm 
addietro  non  era  stato  del  lutto  definito. 


U  T  I  23 

UTICA.  Sede  vescovile  della  provin- 
cia Cartaginese  proconsolare  nell'xlfrica 
occidentale,  e  antica  città  marittima  del- 
la reggenza  di  Tunisi  (T'.),  tra  Cartagi- 
ne e  il  promontorio  d'Apollo. Era  un'an- 
tica colonia  de'  tirii  o  fenicii,  al  dire  di 
Pomponio  Mela  e  di  Stefano  di  Bisanzio. 
l  greci  lachiamarono  Itica,ed  è  da  nota- 
re che  quelli  di  detta  nazione  che  scrisse- 
ro fra'Iatini,  adoperarono  tale  ortografìa 
che  dava  il  suono  d'Utica  de'latini  stes- 
si. Questa  città,  per  dignità  e  grandezza 
non  la  cedeva  che  alla  famosa  Cartagi- 
ne, V  emula  di  Roma,  e  dopo  la  distru- 
zione di  questa,  divenne  la  capitale  della 
provincia.  Strabone  T  indica  sullo  stessa 
golfo  con  Cartagine,  e  si  dice  che  ad  essa 
fu  di  molto  anteriore,  e  non  mollo  lungi 
l'ubicazione.  Augusto  diede  a  qtie'd'Utica 
il  titolo  di  cittadini  romani,  e  nelle  mone- 
te chiamasi  Munì  ci  pi  ni  n  JuUiim.  Nella 
spedizione  dell'  i«nperatore  Carlo  V  di 
Tunisi,  nel  I  535  sbarcò  a  Porto-Farina, 
ritenuta  comunemente  l'antica  litica,»' 
«6  giugno.  Spesso  si  fa  di  essa  menzione 
nella  storia  della  guerra  civile  da  Cesa- 
re, e  per  la  morte  del  rigiilo  Catone  di- 
venne ancor  più  celebre.  Marco  Porcio 
Catonesoprannominatod'  lìtica, dd\  luo- 
go dove  morì,  pronipote  del  fauìoso  M. 
P.  Catone  il  Censore,  fece  la  sua  1. "cam- 
pagna nella  guerra  degli  schiavi,  e  al  suo 
ritorno  fu  fatto  qtiestore.  Si  unì  a  Cice- 
rone contro  Calilina,  e  si  oppose  a  Cesare 
nel  senato.  Fece  tutti  gli  sforzi  per  unire 
gli  animi  di  Cesare  e  di  Pompeo  ;  ma  non 
essendovi  rilascilo,  seguitò  il  partito  di 
Pom[)eo,  che  liguardava  come  il  difenso- 
re della  repubblica.  Finalmente  ilopo  la 
battaglia  di  Farsaglia  e  la  morte  di 
Pompeo,  ritiratosi  ad  Utica,si  trafisse  con 
un  pugnale  per  sottrarsi  alla  servitù  l'an- 
no 45  avanti  la  nostra  era.  Nel  sito  dove 
giaceva  Ulica,trovan8Ì  una  quantità  gran- 
de di  vecchie  mura,  un  acquedotto  molto 
largo,  cisterne  ed  altri  vestigi  d'edifiziche 
manifestano  una  magnilìca  e  granile  cit- 
tà. Al  sud  ovest  di  tali  rovine  si  vedono 


24  U  T  I 

i  vasti  campì  che  i  romani  resero  famosi 
colle  loro  gesta  militari.  La  lappreseuta 
ia  oggi  Porto-Faiiua,  in  vantaggiosa  po- 
sizione; altri  dicono  che  fosse  più  vicina 
a  Diserta:  propriamenlesulTarea  dell'an- 
tica Utica  si  colloca  il  casale  di  Boosha* 
sthes  o  Satcor.  Però  quel i.°silo,  stante  il 
limo  dal  fiume  Bagrada  convogliato,  tro- 
vasi attualmente  a  più  miglia  dal  mare, 
ove  si  [)escano  con  profitto  i  coralli  ,  di 
vhg  si  fa  ampio  comaiercio.  Ulica  ricevè 
iie'primi  tempi  della  Chiesa  il  lun»e  della 
fede,  e  nel  secolo  111  divenne  sede  vesco- 
vile sotto  la  metropoli  di  Cartagine.  ili.° 
vescovo  che  si  conosca  è  Aurelio,  che  nel 
:t55  intervenne  al  concilio  di  Cartagine. 
Pare  che  a  suo  tempo,  e  certamente  nel 
258,  durante  la  persecuzione  di  Valeria- 
no,  vi  furono  uccisi  3oo  cristiani,  deno- 
minali AJassa  Candida,  perchè  le  loro 
ceneri  si  mescolarono  colla  calce.  Sono 
venerati a'24  agosto  col  nome  di  Martiri 
di  litica  (F.),  e  resero  perciò  gloriosa  li- 
tica ne'fasti  ecclesiastici,  il  vescovo  Ma u- 
ro  vivea  nel  3o3;  Vittore  I  fu  al  concilio 
d'Arles  nel  3 14;  Quinto  si  recò  al  conci- 
lio di  Cartagine  nel  339;  Vittore  11  fu 
alla  conferenza  diCartagiue  nel  4 1  'J  ^^'" 
loniano  trovossi  al  concilio  di  Cartagine 
nel  4 1 9;  s.  Fiorentino  intervenne  alla  con- 
ferenza di  Cartagine  nel  484,  e  fu  esilia- 
lo  da  Unnerico  re  de*  vandali ,  e  con  s. 
Vindemiale  di  Gopsa  si  recò  a  Trcviso(F.) 
ove  santamente  morirono:  tumulati  nel- 
la chiesa  di  s.  Gio.  Battista ,  i  corpi   nel 
1  0^3  furono  trasportati  nella  cattedrale 
dal  vescovo  di  Ti  eviso  Rotari.  Faustinia- 
«o  vescovo  d'Ulica,  fu  al  concilio  di  Car- 
tagine nel    525;  Junillo  o  Junilio  fiori 
verso  il  55^  ;  Flaviano  sottoscrisse  la  let- 
tera mandata  dal  concilio  proconsolare 
d'Ahica,  a  Paolo  patriarca  di  Costantino- 
poli contro  i  monoteliti;  Potentino,  V  ul- 
timo vescovo  d'Utica,  rifugiossi  nella  Spa- 
gna verso  il  684,  in  conseguenza  dell'in- 
vasione falla  in  Africa  da'sarnceni.  Mor- 
celli.  ylfriia   dir.  t.  i.  Per  molto  tem- 
po suir  autorità  d'alcuni   mss.    fu  cre- 


U  T  I 

duto  Vittore  vescovo  di  Fila,  in  vece 
vescovo  d*  Ulica,  celebre  storico  del- 
l' invasione  e  [)ersecuzione  de'  Manda- 
li (K).  Utica,  Uliccn,  divenne  un  ti- 
tolo vescovile  in  partihus  sotto  il  simi- 
le arcivescovato  di  Cartagine,  che  con- 
ferisce la  s.  Sede,  ed  alcuni  che  ne  fu- 
rono insigniti  li  notai  a'ioro  luoghi,  Co- 
rnell cardinal  Ann  ibaldi  morto  nel  1367, 
riferito  nel  voi.  XX VII,  p.  173. 

UTIMMA  o  UTIlNUNA.  Sede  vesco- 
vile d'Africa,  nella  provincia  Proconsola- 
re, sotto  la  metropoli  di  Cartagine.  Il  ve- 
scovo Ottavio  si  trovò  alla  conferenza  di 
Cartagine  del  4''*  Morcelli  ,  Jfrica 
dir.  l.  I. 

UTIMMIRA.  Sede  vescovile  d'Africa, 
nella  provincia  Proconsolare  della  metro- 
poli di  Cartagine.  Ebbe  a  vescovi:  Severo, 
che  trovossi  alla  conferenza  di  Cartagine 
co' vescovi  cattolici  nel  4'  i  J  e  Beparato, 
esiliato  daUnnerico  re  de' vandali  nel  484 
per  aver  sostenuto  nella  conferenza  di 
Cartagine  la  fede  cattolica  contro  i  do- 
natisti. Morcelli,  Africa  chr.  t.  i. 

UTINA  ,  Uthina.  Sede  vescovile  del- 
l'Africa  occidentale,  nella  provincia  Pro- 
consolare, sotto  la  metropoli  di  Cartagi- 
ne. La  città  sorgeva  presso  il  fiume  Raga- 
di a,  ed  è  illustre  ne'fasti  della  Chiesa  e 
presso  gli  scrittori  profani.  Ne  furono  ve- 
scovi: Felice,  che  trovossi  al  concilio  di 
Cartagine  nel  255  ;  Lampadio  porlossi  a 
quello  d'Arles  nel  3i4;  Isacco  interven- 
ne alla  conferenza  di  Cartagine  nel  4i  »  > 
Felicissimo  fu  l'ultimo  vescovo  d'Ulina  , 
poiché  alla  sua  epocaGeoserico  rede'van- 
dali  ne  devastò  la  città.  Morcelli,  Africa 
c/ir.  t.i.  Ulina,  Utliinen,è  un  titolo  ve- 
scovile in  par tibus,(\eW eguale  arcivesco- 
vato (li  Cartagine,  che  conferisce  la  s. 
Sede. 

UTINlCA.Sede  vescovile  della  provin- 
cia Proconsolare  d'  Africa,  della  metro- 
poli di  Cartagine,  e  chiamata  pure  Uti- 
ma  o  Parva  Utina.  Valerio  suo  vescovo 
si  trovò  co'cattolici  nel  4'^  ♦'»''»  confe- 
renza di  Cartagine.  Morcelli,^'.  chr,  1. 1, 


U  T  I 

rXITI  0  MUTITI.  Erelici  ùuW-Lute- 
rani  (f.),  e  discepoli  di  Giovanni  Hult. 
Dicevanoch'essi  erano  figli  tVIsraele^ve' 
nuli  per  eslertuinare  i  cananei.  Professa- 
vano allresì  la  massima,  che  siccome  il 
giorno  del  giudizio  universale  si  avvici- 
nava, così  bisognava  prepararsi  mangian- 
do e  bevendo  senza  limite. 

UTMA.  Sede  vescovile  d'Africa,  forse 
della  provincia  di  Numidia,  e  perciò  soUo 
la  metropoli  di  Cirta  Giulia.  Timiano, 
uno  de'suoi  vescovi,  Irovossi  co' cattolici 
alla  conferenza  di  Cfutagine  del  4 1  i  .Mor- 
celli,  Jfrica  dir.  l.i. 

UTRECHT  (XJltrajccten).  Città  con 
residenza  arcivescovile,  popolosa  e  bella 
dell'Olanda  nel  regno  de'Paesi  Bassi,  ca- 
poluogo della  provincia  omonima,  nella 
quale  tiene  il  rango  principale, di  circon- 
dario e  di  due  cantoni  ,  a  circa  8  leghe 
da  Amsterdam,  ed  a  più  di  12  dall'  Aia 
capitale  della  monarchia.  Se(\(i  d'un  tri- 
bunale dii.''  istanza  ,  d'  un  tribunale  di 
commercio  della  giiuisdizione  della  corte 
superiore  di  l'Aia^d'un'alta  corte  militare, 
e  anche  d'un  arcivescovo  scismatico-gian- 
senista. Trovasi  situata  in  amena  valle,  in 
riva  al  Reno  Vecchio  ed  al  Vecht  che  da 
esso  quivi  si  distacca, ed  il  Reno  dividen- 
dola in  due  parti  o  rami,  a'quali  fu  dato 
il  nome  di  Vecchio  e  di  Nuovo  canale,  i 
quali  bagnando  la  città  si  riuniscono  do- 
po averla  attraversata  in  tutta  la  sua  lun- 
ghezza. E'  fabbricata  all'antica,  cinta  da 
terrapieni  con  anjpia  fossa,  torri  e  mura: 
quadrangolare  n'è  il  recinto,  che  ad  una 
lega  si  distende.  Niente  pareggia  la  bel- 
lezza dellesue  vicinanze, soprattutto  dalla 
parte  d'Amsterdam;  nella  sua  forma  qua- 
si quadrata,  le  sue  vie  sono  assai  larghe 
e  ritagliate  da  canali  il  cui  livello  sta  cir- 
ca 20  piedi  sotto  il  pavimento.  L'  edifi- 
cio più  rimarcabile  è  la  cattedrale  di  s. 
Marimo,  da  ultimo  in  parte  cadente,  con 
superba  torre  alta  388  piedi,  e  secondo 
il  Castellano  di  4^9,  donde  in  tempo  se- 
reno si  gode  d'  una  magnifica  prospetti- 
va, ed  iu  mezzo  u  canali,  fiumi  e  stagni 


U  T  R  l'i 

scorgonsi  circa  5o  città.  Notevole  è  an- 
cora il  palazzo  civico,  come  pure  diver- 
si stabilimenti  di  carità,  il  palazzo  del 
re  appellato  Huis-van-Loo,  la  zecca  ed 
un  collegio  generale  delle  zecche  del  re- 
gno. Utrecht  è  rinomatissima  ,  peichè  i 
ducati  d'oro  d'Olanda  ne'paesi  esteri  han- 
no corso  più  generale.  Vi  sono  eziandio, 
una  biblioteca  publ)lica  ,  un  anfiteatro 
d'anatomia,  un  giardino  botanico,  un  ga- 
binetto di  storia  naturale,  un  osservato- 
rio astronomico,  una  scuola  latina ,  una 
società  di  poesia  e  più  altre  società  lette- 
rarie. Vi  sono  pure  belli  e  comodi  pas- 
seggi, e  tra  gli  altri  quello  del  Maglio,  che 
aumenta  1'  amenità  de'dintorni.  Distin- 
guesi  l'università  fondata  neli63o,eche 
ha  professori  di  lingue  classiche,  di  ma- 
tematiche, di  medicina,  di  teologia  e  di 
legge.  Utrecht  contiene  pure  un  museo  e 
scuola  di  belle  arti,  una  scuola  veterina- 
ria fondata  dalla  società  agricola  d'  U- 
trecht,  ed  una  società  provinciale,  cioè  vi 
è  un  dipartimento  della  società  del  Bene 
Pubblico  e  un  dipartimento  della  società 
nazionale  ecorjomica.  Il  regnante  Gugliel- 
mo III  re  de'Paesi  Bassi,  con  decreto  de' 
3i  gennaio  i854  eresse  un  istituto  reale 
e  centrale  Neerlandese  di  meteorologia, 
destinando  sua  sede  Utrecht  e  incarican- 
dolo: 1  .°Di  fare  osservazioni  meteorologi- 
che in  diversi  punti  del  regnoe  delle  pos- 
sessioni neerlandesi  nell'  altre  parti  del 
mondo,  a  bordo  delle  navi  mercantili 
d'  Olanda  durante  i  loro  lontani  viag- 
gi.2. "Di  raccogliere  e  pubblicare  periodi- 
caujenle  i  risultamenti  dell'osservazioni 
meteorologiche  che  si  farebbero  ne'paesi 
esteri.  L'  istituto  dunque  deve  con  uni- 
formità d'osservazioni  meteoiologicha  su 
vari  punti  del  regno, oe'possedimenti  d'ol- 
tremare e  sui  vascelli  de  Ile  flotte  da  guer- 
ra e  mercantili,  raccogliere  e  pubblicare 
i-risiiltuli  (li  queste  osservazioni  e  di  quel- 
le che  si  fanno  all'estero.  Inoltre  il  re  or- 
dinò la  costruzione  ad  Utrecht  d'un  os- 
servatorio destinato  all'uso  speciale  del- 
l'islilulo  centrale  di  luelcorolocia.  Vi  si 


»6  U  T  R 

vede  un  molino  per  la  spianatura  del  ra- 
me; di  poca  importanza  sono  lemaiìifat- 
lure,  ed  il  commercio  poco  considerabile, 
benché  favorito  dal  vantaggio  d'una  na- 
vignzione  interna  facile;  tuttavia  vi  si  tro- 
vano fabbriche  di  panno  nero,  e  rinoma- 
te sono  le  pannine  d'Utrecht;  di  velluti, 
di  calze,  di  relfe,  di  ceraspagna,  d'inda- 
co, di  lucerne  economiche,  di  spille.  Vi 
hanno  pure  rallìnerie  di  zucchero  e  di  sa- 
le, e  purghi  di  tela;  e  net  vicino  villaggio 
di  Baarn  è  una  Horente  manifattura  di 
tappeti.  La  città  conta  quasi  40,000  a- 
bitanti,  elegge  6  deputali  agli  stali  della 
provincia.  Utrecht  vanta  parecchi  illu- 
stri, tra'quali  primeggia  il  sommo  Pon- 
tefice Adriano  /^YFlorenzi  ,  sebbene  il 
Bellinlani  senza  fondamento  lo  pretese  di 
Sanzano  di  Brescia.  Di  cpiesto  dotto  e  vir- 
tuoso Papa,  già  professore  e  benemerito 
dell'  Unh'ersità  di  Loi'nnio  (F.),  vesco- 
vo di  Tortosa  (/ .)  e  cardinale,  e  gover- 
natore della  Spugna  (/'.)  pel  suo  disce- 
polo l'impeiatore  Carlo  V,  non  meno  di 
sua  dotlrina,  virtù  e  opere,  ragionai  ne' 
citati  e  altri  articoli, comechè  per  un  com- 
plesso di  circostanze  ,  poco  conosciuto  e 
assai  calunniato.  E  quanto  alla  patria,  il 
Buroianno  nelle  noie  al  Moringo,  fltae 
Jladriani  F I^  dinjoslra  sino  all'  eviden- 
ze», ch'egli  nacque  in  Utrecht,  m  Urbe  no- 
.stia  TrajeclOf  ed  ivi  porta  un  lungo  ca- 
talogo della  genealogia  di  questo  Papa. 
È  da  avvertirsi  che  ne'Paesi  Cassi  si  dan- 
no due  Trajetli  ,  uno  superiore,  V  altro 
inferiore:  il  i  .'*alla  Mosa,  ed  è  Masirichtj 
il  2."  al  Reno,  ed  è  Utrecht  patria  d'A- 
driano VI.  Dall'essere  Utrecht  fabbrica- 
ta da'roraani  sul  maggior  guado  del  Re- 
no, da  questo  è  venuto  il  nome  di  Traje- 
cium  poi  Trerhtj  in  fine  Utrecht j  anti- 
co passaggio  del  Reno  o  Utrajeciain^  va- 
le a  dire  passaggio  alla  città  di  Volta, 
per  distinguerla  dall'antica  città  di  Ma*- 
sJricht,  o  sia  passaggio  della  Mosa,  Tra- 
Jcctitni  ad  Mosani.  ^^er^iscrizione  sepol- 
crale si  It'gge  :  Hadriano  VI  P.  /)/.  ex 
Trajccto  insigià  infer.  Gcr manine  Ur- 


•       UT  R 

he.  Del  suo  monumento  sepolcrale  ne  ri. 
parlai  nel  voi.  LXI V,  p.  109.  Esso  fu  e- 
retto  da  Willelmo  Enchem'oer  braban- 
liuo,  vescovo  d'Utrecht,  già  preposto  del- 
la slessa  chiesa  ,  e  fu    1'  unico  cardinale 
creato  da  Adriano  VI.  Ne' voi,  LXVI,  p, 
95,  LXXI,  p.  i32,  rilevai  come  antica- 
mente si  scrivevano  i  diplomi  pontifìcii, 
con  caratteri  detti  impropriamente  gotica 
o  romano  alterato,  di  cui  nel  voi.  XXXI, 
p.  3oo,  longobardo,  sassonico  e  franco- 
gallico; e  che  l'attuale  forma  di  scrittura 
usata  nelle  ^o//c^  apostoliche,  fu  introdot- 
ta in  Roma  nella  Dataria  apostolica,  tW 
concittadini  d'Adriano  VI,  e  da  questi  ivi 
chiamali  e  fatti  venire  da  Utrecht ,  a  di- 
versi de'quali  affidando  la  scrittura  delle 
bolle  con  carattere  deforme  e  di  forma 
piuttosto  olandese,  quale  usavano  tra  lo- 
ro.  Mg." Marini  nella  Diplomatica  Poii- 
tiftcia^  edizione  2-^  p.  64  ,  dice  che  nel 
pontificato  d'  Adriano    VI   da  que'd'U- 
t rechi  s'introdusse  nella  dataria  un  assai 
j>ÌLi  deforme  carattere  e  scrittura  della 
precedente,  e  detta  gotica  volgarmente. 
Che  tloveliero  le  bolle  pontifiicie  questo 
loro  deturpamento  ad  Utrecht ,  per  la 
gente  di  colà  passata  in  R.oma  ;  e  tale 
scrittura  fu  appellata  bollalica,  liegese  e 
lettera  di  s.  Pietro.  Tuttavia  fa  osserva- 
re, che  talee  altri  diversi  caratteri,  se  pu- 
re diversi,  e  non  piuttosto  modificati  dal- 
le diverse  nazioni  possano  dirsi,  non  che 
tutte  l'europee  scritture,  derivano  dal  ro- 
mano carattere,  come  sostenne  Malfei^ 
contro  Mabillon  e  Papebrochio.  Utrecht 
è  principahnenle  rinomata,  perchè  in  es- 
sa a'23  gennaioiSyg  si  strinsero  in  lega 
con  trattato  di  unione  le  7  Provincie  U- 
nile  della  repubblica  d'Olanda.  Così  fu 
scosso  il  giogo  assoluto  di  Filippo  11  re 
di  Spagna  e  sovrano  de'  Paesi  Bassi,  si 
elfetluà  la  separazione  dall'altre  10  pro- 
vincie,  ed  in  Utrechl  fu  solennemence  pro- 
clamata la  propria  indipendenza,  dichia- 
randosi Guglielmo  I  di  Nassau  principe 
d'Orange  Stadtholder  o  luogotenente  di 
tutta  la  Bassa  Alemagna,  a  cui  Filippo 


U  T  R 

1 1  nel  1  55^9  avea  tlalo  in  governo  le  prò* 
vincie  d'Uliecht,  Olanda,  Zelanda  e  Fri- 
sia. Nella  guena  del  1692,  Ulrecht  fu 
occupala  colla  provincia  dall'esercito  fran- 
cese per  3  anni.  E  inoltre  famosa  per  es- 
servi comincialo  a' 29  gennaio  1712  il 
congresso  della  pace  generale,  per  la  guer- 
ra della  sticcesdione  alla  monarchia  di 
Spagna  {^  ■).  li'di  l'i  1  aiirileiyiS  visi 
concluse  Ira  gli  alleali  la  celebre  pace  che 
tranquillò  1' Europa^  tra  la  Francia  e  la 
Spagna,  ringhiltei  ra,  la  Savoia  ,  il  Por- 
togallo,la  Prussia  e  l'Olanda.  La  pace  par- 
ticolare Ira  la  Spagna  e  il  Portogallo  vi 
fu  segnata  a'  i  3  febbraio  1  7  1  5,  e  così  eb- 
l^e  fine  quel  clamoroso  congresso,  che 
stabilì  i  nuovi  destini  d'Europa.  Il  Papa 
Clemente  XI  avendo  sa[)ulo  che  nel  con- 
gresso d'  Utrecht  i  piincij/i  eretici  procu- 
ravano con  ogni  sfojzo  la  ri  vocazione  di 
lutto  lo  stabilito  nulla  pace  di  Riswick  a 
favore  della  cattolica  religione,  questa  e- 
nergicamenle  in  più  modi  difese,  come  a* 
loro  luoghi  narrai,  Utrecht  eia  provin- 
cia fu  il  centro  de'torbidi  che  precedette- 
ro la  rivoluzione  deliygS.  Dopo  la  riu- 
nione air  impero  francese  fece  parte  del 
dipartimento  del  Zuider-zee.  Nel  1 8  i  4  '^h- 
venne  parte  del  regno  de'Pae-si  Bassi,  e 
lo  è  tuttora.  La  provincia  d'Utrecht,  di 
cui  è  capoluogo  la  città,  piano  e  sabbioso 
ha  il  territorio,  tranne  dal  lato  australe, 
ove  s'innalzano  graziose  colline.  Vi  si  re- 
Sj)ira  l'aria  più  s.dubie  e  [)iù  benigna, 
che  in  lutto  il  licnanentedel  regno.  1  dif- 
ferenti rami  del  Pveuo  irrigano  copiosa- 
mente il  suolo,  chedàsuUìciente  raccolto 
di  cereali  e  pascoli  ubertosi.  Vi  si  fa  corn- 
rnerciodi  asportazione  di  gr.ujo,  tabacco, 
bovi  e  fornuiggio.  i  suoi  abiianli  ascen- 
dono a  circa  1  60,000,  ma  sono  nella  mag- 
gior parte  Protestanti.  La  sua  storia  si 
compenelra  con  quella  ile' vescovi,  insie- 
me a  quella  della  città,  e  questa  vado 
compendiosamente  a  riferire,  dovendosi 
tener  presente  l'articolo  Paesi  BASsi,tanto 
per  le  notizie  politiche  e  civili,  (juanto  per 
le  religiose.  Prima  però  debbo  dire  del- 


U  T  R  27 

Pordine  Teutonico,  secondo  W  promesso 
a  quell'articolo,  cioè  de*  cavalieri  di  tal 
nome  come  oggi  esistono  nel  regno  de* 
Paesi  Bassi.  Il  territorio  d'Utrecht  face- 
va parie  de'i  2  tcrrilorii  dell'ordine  Tea- 
tonico  in  Germania,  formando  un  baliag- 
giodi  esso  con  i4  commende.  Esso  pro- 
cedeva in  gran  parte  dalla  donazione  fal- 
la nel  i23i  da  Svedero  gentiluomo  di 
Munster,  signore  di  Dingete  eRingem- 
burg,  e  dalla  sua  sposa  Beatrice,  a  cui  fu 
poi  unita  la  commenda  di  Schaluinen  in 
Olanda.  Il  cav.  Antonio  di  Ledersake  di 
Printhagen  pel  i.^fu  nel  i  23  i  eletto  gran 
commendatore  di  questo  baliaggio.  Al 
tempo  della  pretesa  riforma  fu  questo 
sottratto  alla  sovranità  del  gran  maestro 
di  Marienthal.  Gli  stati  della  provincia 
d'Utrecht  nel  1 58o  presero  questo  baliag- 
gio sotto  la  loro  protezione,  a  patto  che 
il  gran  couìmendature  r)on  ubbidisse  che 
ad  essi,  escludesse  dall'ordine  i  preti,  non 
ammettesse  che  i  gentiluomini  profes- 
santi la  sedicente  riforma  dello  stato  ,  e 
invitasse  i  commendatori  a  prender  mo- 
glie. Vani  tornarono  gli  sforzi  del  gran 
maestro  di  Marienthal ,  per  ricondurre 
sotto  il  suodominio  il  baliaasiod'Utrechl, 
Le  ultime  negoziazioni  aperte  nel  1791 
furono  interrotte  dalla  guerra  colla  Fran- 
cia e  dalla  rivoluzione.  Napoleone  I  sop- 
[jiesse  r  ordine  nel  territorio  d'  Utrecht; 
con  decreto  de*27  febbraio  181  1.  Dopo 
il  ritorno  della  casa  d'Orange,  il  re  Gu- 
glielmo I  propose  agli  stati  generali  di  ri- 
stabilirlo nel  suo  nuovo  regno  de'  Paesi 
Bassi,  e  ciò  ebbe  effetto  con  legge  dell'8 
agostoi8i5.  Delle  1 4  commende  stabili- 
te nel  1 23  I,  ne  restano  ancoralo:  le  gran- 
di couìmende  di  Dieren,  Maasland  ,  Tiel, 
Rhene,Leida,Katwy,Schoten,Doesburg, 
Schaluinen,  Middelburg,  Schoenhoveo. 
Ilcomniendatoredi  Dieren  è  tuttora  coa- 
diutore dell'  ordine  e  viene  immediata- 
mente dopo  il  gran  commendatore.I  com- 
mendatori portano  la  croce  smaltata  ap- 
j>csa  al  collo,  e  ne  usano  un'altra  di  j'ica- 
ujo  sull'abito;  i  cavalieri  però  non  porta- 


a8  UTR 

no  che  lui."  L* 8  sellembre  182 7  fu  con- 
cesso a'nobili  che  hanno  ollentilo  l'espet- 
XM'ìva  e  dato  prove  di  nobiltà,  di  porta- 
re una  crocetta  alia  bottoniera.  Per  es- 
sere insignito  dell'ordine  (à  d'uopo  di  dar 
prova  di  4  f]tiai'ti  di  nobiltà. 

Da'  romani  Utrecht  riconosce  la  sua 
fondazione. Prima  si  chiamò  Urbs  AnlO' 
ìlia  vel  Antoninnam^  sia  perchè  la  espu- 
gnasse Marc' Antonio  luogotenente  di  G. 
Cesure,  sia  perchè  l'ini  peratoreMarco  Pio 
A  nlonino  la  restaurasse; poi  Vllrajectum^ 
ovvero  Trajectnm  ad  Rhcnuin.  Il  paese 
apparteneva  anticamente  a  quello  de'ba- 
tavi,  ma  nella  decadenza  dell'impero  ro- 
mano fu  invaso  in  uno  olla  città  da'fran- 
chi  e  da'frisoni.  1  frisi  abitavano  antica- 
mente una  vasta  estensione  di  paese  sulla 
costiera  dell'Oceano  germanico.  Essendo 
poi  entrati  nella  Gallia  Belgica, s'insigno- 
rirono delle  proviijcie  poste  verso  V  im- 
boccatura del  Reno,  delle  quali  n'erano 
padroni  i  calti,  germani  ancli'essi  d'origi- 
ne. I  romani  riguardarono  i  catti,  e  pre- 
cipuamente i  baiavi  ,  che  ne  formavano 
parte,  come  i  popoli  più  coraggiosi  diOer- 
loania.  Essi  essendosi  stabiliti  neh'  isola 
posta  fragrami  del  Reno,  poi  si  fecero  un 
altro  stabilimento  tra'  belgi,  ma  l'arri- 
vo de'frisi  fece  loro  perdere  il  nome,  so- 
lo restalo  ne'due  villaggi  appellati  Cal- 
•wick.  Al  sopraggiungere  de'frisi,  i  baiavi 
si  rinchiusero  in  una  piccola  isola  for- 
mala da'  filimi  in  una  pai  le  della  Ghcl- 
dria,  presso  Niiuega,  la  (|uale  è  ancora 
appellata  dal  loro  nomeBetawe.  Al  dire 
di  Procopio,  fra  tutti  i  popoli  di  Germii- 
nia,  iiKuio  seppe  così  bene  mantenere  la 
sua  libertà  contro  i  romani  come  i  frisi. 
Essi  entrarono  nella  Gran  Bretagna  co- 
gli anglo  sassoni,  e  la  situazione  del  pae- 
se loro  non  lascia  dubitare  eh'  essi  non 
fossero  valenti  ujariuari.  Nella  Frisia  pe' 
primi  sparsero  1'  evangelo  s.  Swidberlo, 
co'jjuoi  compagni,  s.  Eligio  vescovo  di  No- 
yon,s.  Wilfrido  di  York  nel  678;  ma  que- 
sti lenlalivi  non  erano  troppo  bene  riu- 
sciti, per  cui  il  vero  Dio  eravi  quasi  iu- 


UTR 

teramente  sconosciuto  ,  quando  giunse 
nella  Frisia  s.  U  lUihrordo  (/',)  nel  (i()0 
o  nel  6t)  I  ,  con  s.  Swidberlo  e  10  altri 
monaci  inglesi.  Par  certo  che  approdasse- 
ro a  Calwick,  poslo  all'  antiche  foci  del 
Reno,  luogo  ove  sbarcavanogl'iiiglesi  pel 
loro  commercio.  Di  là  si  recarono  a  U- 
trechtjCittà  fabbricata  da'romani  sul  mag- 
gior guado  del  Reno.  Quivi  furono  be- 
nissimo accolti  da  Pipino  iV  Heristal  il 
Grosso^  maestro  di  palazzo  d'Austrasia 
nella  Francia,  il  quale  poco  tempo  innan- 
zi erasi  impadronito  d'una  parte  dellaFri- 
sia.  Allora  s.  Willibronlo  si  recò  in  Ro- 
ma a  prendere  l'apostolica  benedizione 
da  Papa  s.  Sergio  I,  e  l'autorità  di  pre- 
dicare la  fede  alle  nazioni  idolatre.  Ven- 
ne paternamente  accolto  e  ujunito  delle 
più  estese  facoltà.  Tornalo  con  piìi  ardo- 
re nella  Frisia,  menti  e  s.  Swiilberlo  qtial 
vescovo  regionario  convertiva  i  boruttua- 
ri, s.  Willibrordo  cogli  altri  io  mis>ionari 
predicò  l'è  vangelo  ubertosamente  nellu 
parte  della  Frisia  appartenente  a'francc- 
si;  e  tanto  fu  il  successo,  che  dopo  6  an- 
ni Pipino  il  Grosso  rimandò  il  santo  .1 
Roma,  pregantlo  s.  Sergio  I  d'insignirlo 
del  grado  vocovile.  Ad  onta  della  ripu- 
gnanza di  s.  Willibrordo  ,  il  Papa  cam- 
biatogli il  nome  in  quello  di  Cleraenlc, 
nel  696  lo  consagrò  arcivescovo  de'fri-i 
nella  basilica  di  s.  Pietro,  egl'impose  il 
pallio,  con  facoltà  di  stabilire  la  sua  se- 
de in  quel  luogo  del  paese  che  gli  fosse 
sembralo  più  opportuno.  R.estiluitosi  il 
santo  in  Frisia,  pose  la  sua  residenza  nel 
castello  d'Utrecht,  come  afferma  il  ven, 
Reda,  Ilist.  lib.  5,  e.  i  2.  Cluverio  invece 
crede  che  fosse  Willembmgo,  lungi  di 
Utrecht  3  leghe  e  mezzo,  la  qual  città  o 
castello  reale  è  nominala  anco  Vulla  o 
città  de' Volti,  da  Pipino  donala  al  san- 
to. Questi  fece  fabbricare  in  Utrecht  la 
chiesa  delSalvalore,nppellata  Onde  Man- , 
sterj  nella  quale  pose  la  sua  sede  metro- 
politana, come  narra  s.  Bonifacio  nell'^- 
pìst.  98.  Restaurò  e  consagrò  anche  quel- 
la di  s.  Martino, chei pagani aveauoqua- 


UT  R 
si  interamenle  clislrulla,  e  vi  pose  ad  uf- 
fìzìarla  i  canonici  regolari.  Si  crede  che 
questa  fosse  quella  di  s.  Tommaso  siala 
costruita  da  Dagoberto  li  re  di  Francia, 
n  richiesta  di  s.  Wilfrido  di  Yoik,  il  qua- 
le gli  avea  reso  grandi  servigi  allorché  cac- 
cialodi  Francia  erasi  ritirato  in  Irlanda  e 
in  Inghilterra.  Qui  devo  far  menzione  del 
1.° concilio  celebrato  in  Utrecht  nel  697 
o  nel  7  19  da  s.  Willibrordo,  per  man- 
dare tle' missionari  nei  settentrione.  Re- 
gia 1. 1  7,  Labbé  t.  6,Arduino  t.  3. Però  av- 
verte Lengletche  questo  concilio  è  incer- 
to. Quando  s.  Wilfrido  recandosi  a  Ro- 
ma, i  venti  Io  gettarono  sulle  coste  del- 
la Frisia  ,  gli  abitanti  del  paese  erano 
immersi  nelle  tenebre  dell'  idolatria;  vi 
predicò  la  fede,  e  ne  convertì  e  battezzò 
un  gran  numero,  fra'quali  persone  d'al- 
to aliare.  In  questa  guisa  egli  cominciò  a 
dissodare  il  cani  pò  che  fu  poscia  coltiva- 
lo da  s.  Willibrordo  e  dagli  altri  missio- 
nari che  seguirono  il  suo  esempio. La  chie- 
sa dunque  di  s.  Tommaso,  rifabbricala 
e  consugrala  in  onore  di  s.  Martino,  di- 
venne poscia  la  cattedrale  d'Utrecht,  e  fu 
uffiziata  presto  da'canonici  stabditi  da  s. 
Villibrordo.  Pipino  fu  generosissimo  con 
s.  Willibrordo,  e  gli  donòeziandio  il  vil- 
laggio di  Sweslram  ,  ora  Suslerem  ,  nel 
ducato  di  Juliers  presso  la  Mosa,  il  quale 
servì  a  dotare  un  monastero  di  religiose 
che  vi  fu  fabbricato.  Nel  n»orire.  Pipino 
raccomandò  al  santo  arcivescovo  i  nipo- 
ti ,  senza  nominare  il  padre  loro  Carlo 
Martello  suo  figlio  naturale.  Questi  di- 
venne tosto  prefetto  del  palazzo, il  i  .''guer- 
riero e  il  più  grand'uomo  distato  del  suo 
secolo.  Nel  728  donò  l'entrate  dipei>den- 
ti  dal  suo  palazzo  d'Utrecht  al  monaste- 
ro che  s.  Willibrordo  vi  avea  fondalo,  nel 
quale  voleva  stabilire  la  sua  cattedra,  ed 
in  appresso  perciò  fu  secolarizzato.  Carlo 
Martello  fece  molte  altre  donazioni  a  pa- 
recchie chiese  fondate  dal  santo  arcive- 
scovo, e  gli  conferì  la  sovranità  della  cit- 
tà d'Utrecht  colle  sue  dipendenze  e  per- 
tinenze. Tale  è  l'origine  della  grandezza 


U  T  R  29 

temporale  della  chiesa  d'Uhecht.  Il  prin- 
cipato che  la  costituì,  se  si  eccettui  un 
piccolo  distretto  che  confina  a  settentrio- 
ne collo  Zuyder-zee,  era  attorniato  dal- 
l'Olanda e  dalla  Gueldria.  Per  diversi  se- 
coli i  vescovi  di  questa  illustre  chiesa 
riunirono  alla  spirituale  estesa  giurisdi- 
zione, anche  la  sovrana,  essendo  di  loro 
slati,  il  duca  di  Biabante  gran  coppiere, 
il  conte  d'Olanda  gran  maresciallo,  il  con- 
te di  Cleves  gran  ciamberlano,  il  contedi 
Gueldria  gran  cacciatore,  e  il  conte  di 
Bentheim  gran  portiere.  Il  santo  non  con- 
tento d'aver  così  bene  stabilito  la  fede 
nella  Frisia  conquistata  da'franchi,  si  re- 
cò alti  ove  a  propagarla  e  per  tutta  la  Fri- 
sia,raggi  unto  nel  720  da  fi.BoJìifarw(P'.)f 
che  passò  3  anni  con  lui  prima  d'andare 
nella  Germania,  di  cui  divenne  l'aposto- 
lo. Dopoaver  s.  Willibrordo  co'suoicoui- 
pagni  spento  il  paganesimo  nella  maggior 
parte  della  Zelanda  e  dell'Olanda,  ed  in 
lutti  i  luoghi  de'Paesi  Bassi, aflinedi  sban- 
dire l'ignoranza  e  agevolar  la  propagazio- 
ne del  cristianesimo  ,  coli'  illuminare  gli 
spiriti  e  raddolcire  i  costumi,  stabilì  a  U- 
trecht  delle  scuole,  che  poscia  divennero 
celebri.  Mentre  s.  Bonifacio  si  affaticava 
con  s.  Willibrordo  nel  paese de'frisoni,a- 
vendo  saputo  che  il  santo  pastore  d'  U- 
trecht  divisava  di  farlo  suo  successore,ab- 
bandonò  la  missione  per  sottrarsi  al  ve- 
scovato, e  corse  l'Assia  e  la  Sassonia,  per 
lutto  battezzando  i  pagani,  ealzando  chie- 
se sulle  rovine  de'  loro  templi.  Narra  il 
Boiler, che  nel  723  Papa  s.  Gregorio  li  lo 
consagrò  vescovo,  e  gli  mutò  il  nome  di 
Winfrido  in  quello  di  Bonifacio,  il  che 
altri  credono  contardata  piùantica,o  al- 
meno già  veniva  chiamato  BonifacioWal- 
frido.  Ritornalo  s.  Bonifacio  in  Germania 
continuò  le  sue  apostoliche  fatiche,  e  da 
Papa  s.  Gregorio  111  ricevè  il  pallio  ,  per 
servirsene  nella  celebrazione  de'divini  mi- 
steri e  nella  consagrazione  de'vescovi,  ed 
insieme  lo  dichiarò  arcivescovo  e  primate 
di  tutta  l'Alemagna,  con  ampio  poteredi 
fondare  vescovati.  Intanto s.  Willibrordo 


3o  UTR 

giunto  ad  un'eia  mollo  grave,  al  ilfeii. 
re  del  cilnto  Buller,  si  tolse  un  coadiuto- 
re che  consagrò  vescovo  per  incaricarlo 
del  governo  della  sua  diocesi;  e  prepara- 
tosi nel  ritiro  al  passo  deireternità,  la  rag- 
giunse nel  788  o  nel  7 39.  Oli  successe  s. 
Bonifacio,  il  quale  governò  questa  chiesa 
per  lo  spazio  di  I  3  anni.  Tuttavolla  leg- 
go nel  Buller,  che  s.  Bonifacio,  quantun- 
que vescovo  da  gran  tempo,  non  avendo 
oDCora  slabile  sede,  Pipino  il  Piccolo  lo 
nominò  al  vescovato  di  Ma^oiiza  ,   che 
Pupa  s.  Zaccaria  eresse  nucjvamenle   in 
arcivescovato  a  favore  dels.  A  postolo  del- 
rAleroagnanel  751  .Stabilitasi  nelle  Gal- 
liela  religione  cristiana,  il  governo  eccle- 
siastico formossi  in  generale  sopra  il  go- 
verno civile.  Il  vescovo   della    ujolropoli 
civile  divenne  metropolitano  della  pro- 
vincia ecclesiastica,  e  avea  per  suIlVaga- 
nei  i  vescovi  delle  città  che  componevano 
la  provincia  nell'  ordine  politico.  Così  le 
chiese  della  primitiva  Germania  furono 
fino  da'  primi  secoli  soggette  alla  n)etro- 
poli  di  Magonza.  Ma  questa  città  essen- 
do stala  distrutta  nel  407  da' vandali,  i 
vescovati  che  n'  erano  dipendenti  furono 
tolti  a  questa  metropoli,  per  essere  com- 
messi a  quella  di  Trcvcri.  Ristabilita  la 
metropoli  di  Magonza,  s.  Zaccaria  le  sot- 
tomise anche  Utrecht,  e  Colonia  eh'  era 
stalo  arcivescovato  e  poco  dopo  fu  ripri- 
stinato. Quando  Papa  s.  Sergio  1  avea  di- 
chiarato s.  Willibrordo  arcivescovo  d'U- 
trecht e  metropolitano  della  Frisia,  il  ve- 
scovo di  Colonia  avea  portato  perciò  le 
sue  querele  al  Papa,  come  d'  una  ollesa 
recala a'propri  diritti,  dacché  pretèndeva 
appartenergli  la  porzione  della  Frisia  più 
prossima  alla  sua  diocesi,  e  dovesse  quin- 
di soggiacere  alla  propria  giurisdizione. 
Per  questi  lagni,  la  sede  d'Utrecht  dopo 
la  Dìorte  di  s.  Willibrordo  divenne  pu- 
ramente vescovile,  per  più  anni  rimase 
vacante,  e  non  ebbero  fine  che  mercè  l'e- 
spediente di  nuovamente  erigere  Colonia 
in  metropoli,  e  di  sottoporle  la  chiesa  d'U- 
trecht per  sudraganea,  sottraendola  da 


UTR 
Magonza.  Dice  Commnnville  che  Utrecht 
fu  eretta  sotto  Colonia  nel  74^^>  ed  ebbe 
il  diritto  d'esenzione  nel  7G0.  Pel  riferi* 
tOj  tali  date  non  sono  esatte.  Più  tardi  ciò 
avvenne.  Pare  che  s.  Bonif.icio  come  pri- 
mate dell' Alemagna  prendes*ie  cura  della 
chiesa  d'Utrecht,  quando  s.  Willibrordo 
per  finir  i  suoi  giorni   nella   solitudine 
abdicò;  ma  non  che  ordinasse  s.  Bonifa- 
cio, come  vuole  il  dottissimo  agiografo 
Buller  ,  sebbene  esplicilameute  non    lo 
nomini,    già  essendo  stalo  consagralo  iti 
Roma.  Di  s.   Bonifacio  si  ha  una  lelteri 
scritta  nel  754  a  Papa  Slefuio  111,  intor- 
no allo  stato  della  chiesa  d'  Utrecht  do- 
po la  morte  di  s.  Willibrordo.  Ad  onta 
delle  cure  che  esigevano  le  chiese  gover- 
nate da  s.  Bonifacio,  con  allri  zelanti  ban- 
ditori del  vangelo,  si  recò  a  predicarlo  a' 
popoli  barbari  che  abitavano  le  più  remo- 
le coste  della  Frisia,  e  ne  convertì  e  bat- 
tezzò un  gran  numero.  Indi  gl'idolatri  a* 
5  giugno  755  lo  tagliarono  a  pezzi,  pro- 
curandogli la  corona  del  cnartirio.  Il  suo 
corpo  fu  successivamente  trasportato  a 
Utrecht,  a  Magonza^  ed  a  Fulda   abba- 
zia da  lui  fondala.  Compagno  de' viaggi 
di  s.  Bonifacio,  e  discepolo  amato  come 
figlio,  fus.  Gregorio  abbate  (J-^.)  i\e\  san- 
gue reale  di  Franiia,  dal  s.  Apostolo  qual- 
che teu)po  innanzi  il  suo  martirio  fatto 
abbate  del  monastero  di   fresco  da   lui 
fondalo  in  Utrecht.  Ciò  afferma  Buller, 
che  però  nella  vita  di  s.  Willibrordo  lo 
dice  abbate  del  monastero  da  tal  santo  e- 
retto.  Alcuni  pretendono,  che  s.  Bonif»- 
cio  aflidò  pure  a  s.  Gregorio  l'  ammini- 
strazione della  chiesa  d'Utrecht;  ma  il 
Buller  dichiara,  che  restala  la  sede  senza 
pastore,  Stefano   111  e  Pipino  il  Piccolo 
obbligarono  s.   Gregorio  a    prendersene 
cura,  per  cui  alcuni  scrittori  gli  diedero 
il  titolo  di  vescovo,  ma  è  certissimo  ch'e- 
gli restò  semplice  prete.  La  chiesa  d'  U- 
trecht,  che  governò  per  22  anni,  divenne 
[)er  la  sua  vigilanza  e  per  le  sue  predica- 
zioni la  più  fiorente  di  tutto  il  paese.  E- 
gli  visse  fino  al  regno  di  Carlo  Magno,  da 


tJTR 
cui  ottenne  la  conferoìa  delle  (ìonazioni 
già  fattesi  alla  chiesa  d'  Utrecht,  con  di- 
ploma dato  ad  Aix-Ia  Chapelle.  Morì  san- 
tamente a'5  agosto  776,  venerandosi  le 
sue  reliquie  ad  Utrecht  nella  chiesa  di 
s.  Salvatore.  Alberico  o  Adalberico  di 
York,  divenuto  canonico  d'  Utrecht  ,  fu 
incaricato  dell'  amministrazione  di  que- 
sta chiesa  negli  ultimi  armi  della  vita  del 
sacerdote  Gregorio,  ed  ollenne  da  Carla 
Magno  con  di[)loma  emanalo  nel  yy6  in 
INimega,  un  cantone  appellalo  Lisidim. 
Leggo  nella  Gallìa  Christiana  ^  l.  i ,  p. 
816  ,  Vltrnjectini  Episcopi  et  Archie- 
piscopi: Totius  ripalici  inler  Ehcnum 
et  LeccamJhivioSi  Sembra  che  restasse 
prete  e  morì  nel  784'  Teodardo,  nella 
lingua  di  Frisia  detto  Tiard  ,  nacque  in 
tal  provincia ,  governò  6  anni  col  titolo 
di  vescovo  la  chiesa  d'Utrecht,  e  morì  nel 
790,  tumulato  in  s.  Salvatore.  Armaca- 
re  o  Ermocare  gli  successe  nel  791  ,  e 
•visse  i3  anni  nel  vescovato.  Rixfrido  o 
Rilfredo  o  Ricofredo,  frisone  di  nascita, 
qual  vescovo  governava  nell'816  allor- 
ché Papa  Stefano  V  si  recò  in  Francia. 
Ottenne dall'imperatoieLodovicoI  WPio 
nell'824,con  diploma  d'Aix-la-ChapelIe, 
la  confer.ma  delle  donazioni  già  fatte  dal- 
l' avo  Pipino  e  dal  padre  Carlo  Magno 
alla  cattedrale  di  s.  Martino  d'  Utrecht. 
Ke  fu  successore  s.  Federico  (/^.)  nipo- 
te di  Ratbodo  duca  o  re  di  Frisia  non 
nell' 820  come  dice  Boiler  ,  ma  verso 
1*825,  prima  the  i  francesi  compissero  la 
conquista  del  paese.  Ludovico  1  che  avea 
indotto  il  clero  e  il  popolo  ad  eleggerlo, 
non  senza  sua  ripugnanza,  venendo  con- 
sagrato tlal  metropolitano  di  Magonza, 
gli  commise  di  estinguere  il  rinVanente 
dell'idolatria  nella  Frisia,  ben  disposta 
dalle  suebeneficenze;  ond'egli  vi  spedì  al- 
cuni ministri  evangelici,  nel  qual  nove- 
ro trovossi  s,  Of/o//b  (/^.)  canonico  d'U- 
trecht,  le  cui  fatiche  sortirono  un  efjtelto 
il  più  forltmalo,  anche  nella  riforma  de' 
costumi  de'frisoni  già  cristiani.  Altrettan- 
to fece  il  vescovo  cogli  abitanti  della  Wa- 


UTR  3i 

lacria,  una  delle  principali  isole  della  Ze- 
landa; e  secondo  la  Gallìa  Christiana, 
predicò  pure  contro  l'  ariana  eresia,  pe- 
netrata nella  Frisia.  L'imperatore  avea 
sposato  in  seconde  nozze  Giuditta  di  Ba- 
viera, ambiziosa  e  data  a'piìi  infami  di- 
sordini, la  quale  pose  in  iscompiglio  lo 
stalo,  e  fu  cagione  o  almeno  il  pretesto 
che  indusse  i  3  figli  di  Lodovico  1  a  ribel- 
larsi due  volle  contro  di  lui  ,  a  imprigio- 
narlo e  a  deporlo.  Per  avere  s.  Federico 
avvertito  l'imperatore  degli  eccessi  del- 
la moglie,  e  questa  con  apostolica  liber- 
tà ammonita  di  sua  rea  condotta,  l'im- 
peratrice lo  fece  assassinare  a'  17  luglio 
deir838,  mentre  faceva  il  ringraziamen- 
to nella  cappella  di  s.  Gio.  Battista  per  la 
celebrata  messa.  11  santo  fu  sepolto  nel- 
la chiesa  di  s.  Salvatore.  Gli  fu  tosto  so- 
siituilo  il  fratello  Alfrico  o  Alfredo  ,  per 
le  cure  di  s.  Odolfo;  il  suo  vescovato  fu 
turbato  dalle  scorrerie de'danesi  norman- 
ni, che  lo  costrinsero  ad  abbandonare  la 
propria  chiesa,  alla  quale  il  conte  Rolga- 
rio  concesse  diversi  beni.  Mancò  a'vivi  pri- 
ma deir845  o  in  questo  a'  i5  agosto,  e 
fu  deposto  presso  il  fratello.  Ludgero  o 
Ungerò  frisone  circa  1'  854  S^'  successe, 
ed  ollenne  neir864  Ifi  conferma  de'beni 
concessi  alla  chiesa  d'Utrecht  dall'impe- 
ratore Lodovico  r.*'re  di  Germania,  e  do- 
nati dal  padre  Lodovico  I.  ]Neir8  r5  pe- 
netrati nuovamente  i  normanni  nella  Fri- 
sia, diedero  alle  fiamme  Utrecht,  salvan- 
dosi il  vescovo  presso  l'imperatore  Lota- 
rio 1  nell'abbazia  di  Pruyu).  Ollenne  uel- 
l'858  da  Lotario  re  di  Lorena  il  mona- 
steiodis.  Pietro  di  Berg  pre*.soRuremon- 
da,  in  compenso  delle  |)erdife  cagionate- 
gli da'normanni.  ]\eir859  fu  al  concilio 
di  Toni,  ed  encomialo  qual  vindice  della 
disciplina  ecclesiastica,  e  per  averiridot* 
lo  il  nobile  Baldrico  a  far  tiouazioni  alla 
sua  chiesa;  morì  nell'866  e  venne  depo- 
sto  nella  chiesa  di  s.  Salvatore.  La  Gai- 
Ita  Christiana  di  Ludgero  o  Ungerò  ne 
fa  due  vescovi,  e  del  solo  Ungerò  scrive 
VyJrtc  di  verificare  le  date,  con  maggio- 


3a  UTR 

re proì)aM|ità; f«)ise lìolla somiglinn/a  del 
nome,  di  uno  si  formò  due  vescovi.  Nel- 
lo stesso  866  Odilbaido,  che  inlerveime 
fd  concilio  di  Colonia  nell'867,  e  fu  mol- 
to stimato  da  Zwentiboldo  re  di  Lorena, 
il(|uaiegli  concesse  l'allVancazionee  i'im- 
monilà  di  tutte  le  tene  fiscali  comprese 
nella  sua  diocesi.  Morto  nel  900,  o  me* 
glio  circa  due  anni  prima,  fu  deposto  iu 
s.  Salvatore.  Poco  visse  il  successore  E- 
giboldooEylbolilo,  volendosi  morto  nel 
dicembre  899,  non  nel  902.  L*  impera- 
tore Arnolfo  nel  fine  deir899  contribuì 
all'elezione  di  s.  Radbo(ìo[f  ' .)  vipiì^untì- 
te,  nipotedallatomaternodìRatbodo  ul- 
timo re  o  principe  deTiisoni,  dotto  sicco- 
ITìe  educato  alla  corte  di  Francia  dal  fìlo- 
sofoNannonediSlaveren  nello  studio  delle 
7  arti  liberali. Prese  l'abito  religioso,  per- 
chè la  maggior  parte  de'suoi  predecessori 
erano  stati  monaci,  e  la  chiesa  d'Utrecht 
crostata  fondata  da  preti  dell'ordine  mo- 
nastico. Essendosi  peròi  danesi  normanni 
resi  signori  della  città,  egli  trasferì  la  sua 
sede  a  Deventer,  col  fine  di  trovarsi  vici- 
no a  Utrecht,  e  di  poter  quindi  con  più 
agevolezza  rannodare  il  suo  popolo,  che 
il  timore  de'barbari  avea  disperso,  il  suo 
ritiro  da  Utrecht,  Boiler  V  attribuì  per 
sottrarsi  alla  persecuzione  mossagli  da 
alcuni  peccatori  ostinali.  Modello  di  pe- 
nitenza, dolcezza  e  carità,  non  cessò  mai 
di  edificare  il  suo  popolo  col  sapei  e  e  co- 
gli esempi.  Per  le  sue  istanze  il  re  Corra- 
do nel  914  confermò  con  diploma  le  do- 
nazioni latte  da'predecessori  alla  chiesa 
d'Utrecht.  Il  Butler  colloca  la  sua  mor- 
te a'29  novembre  9  18,  laddove  altri  la 
ritardtino  d'un  anno.  In  questo  fu  vesco- 
vo lìaldrico  di  Cleves  il  Pio,  non  però  fi- 
glio del  conte  di  Cleves,  confermato  e 
consagralo  dall'arcivescovo  di  Colonia. 
Si  vuole  precetloie  dell'imperatore  Ot- 
tone I,  certo  è  che  ne  godè  grandenienle 
il  favore.  Continuando  la  città  di  Deven- 
ter ad  esser  la  residenza  de' vescovi  d'U- 
trecht, Baldrico  essendo  dolente  di  veder 
la  capitale  di  sua  diocesi  e  signoria  in  ma- 


U  TR 

nodegl*  infiMleli,  imprese  a  caccinrneii  e 
viriu-ici,  coll'aiulodi  persone  potenti  che 
avea  fallo  entrare  nelle  sue  mire.  Divenu- 
to signore  d'Utrecht,  ne  1  islorò  le  rovine 
e  cinse  di  torri ,  rifabhriouidovi   eziandio 
le  due  priiuMpali  chiese,  cioè  quella  cat- 
tedraledi'^.  Martino  glorioso  patrono  del- 
la città,  e  l'allradis.  Salvatore;  ed  aven- 
done ricuperato  le  rendite  statuì    nuovi 
canonici  iu  luogo  degli  estinti  ,  com'  egli 
riferisce  in  una  letlera  del  934-  Ri  più  or- 
nò la  cattedrale,  e  vi  ripose  diversi  Corpi 
santi.  Inili  otleruie  nel  987  da  Ottone  l 
un  diploma  con  facoltà  di  batter  mone- 
ta in  Utrecht  col  suo  proprio  conio,  e  gli 
conresse  anco  gli^  altri   diritti  e  regalie 
leali,  coir  assenso  di  Giselberto  duca  di 
Lorena.  Morì  nel  977  vecchissimo  e  fu 
sepolto  nella  cattedrale. Nello  stessoFolk- 
maro  o  Wolkmaro  cancelliere  dell'im- 
pero, e  visse  sino  al  990.  Nel  seguente 
Baldovino  1  d'Olanda,  figlio  di  Sifrido  o 
Sifredo,  che  imperava  nella  provincia  di 
Kennemersda  Harlem  fino  ad  Alkmaer, 
il  cui  fratello  Teodorico  era  il  3."  conte 
d' Ohiuila.  Si  conosce   ima   sua    moneta 
d'argento,  su'la  quale  è  l'edigie  d'un  ve- 
scovo senza  mitra  col  nome  Dalduiiius^ 
e  nel  rovescio  è  una  Croce  colla  parola 
Trajectu/n.^e\  994  finì  i  suoi  giorni,e  gli 
successe  Ansfrido  o  Goffredo  di  Lovanio, 
non  però  conte  e  neppure  discendente  di 
Carlo  Magno.  Siccome  i  normanni  cac- 
ciali da  Utrecht  non  aveario  perduta  la 
speranza    di  rientrarvi ,  così  confidando 
nella  santità  di  questo  vescovo,  s'imma- 
ginarono che  convertiti  al  cristianesimo, 
fingendo  di  recarsi  in  questa  città    per 
farvi  le  loro  divozioni  ,  il  prelato   ne  a- 
vrebbe  volentieri  aperte   le  porte.  Essi 
però  s'ingannarono,  e  non  trovandosi  in 
forze  bastanti  per  assediare  la  piazza,  do- 
vettero ritirarsi  e  abbandonar  per  sem- 
pre il  brigantaggio  .Avendo  Ansfrido  per- 
duto la  vista  nel  ioo5,  fondò  nel  1006 
presso  Amersford  un  monastero,  nel  qua- 
le vestì  egli  slesso  l'abito  religioso.  Nota- 
bdmenle  aumentò  i  redditi  di  sua  chiesa 


UTR 

cn*l)pnì  della  propria  famiglia  o  co'legnti 
eli  pie  persone,  che  ne  veneravano  le  vir- 
tù: non  poco  abbeiPi  L'trechl  e  vi  ai!giun- 
se  nuove  forti{jcazioni,morentlo  nel  1 009. 
Jn  questo  Adelboldo  d'illuslre  stirpe,  già 
canonico  di  Lobbes  e  poi  cancelliere  del- 
l' imperatore  s.  Enrico  II.  Le  violenze  e- 
sercitate  da  Tliierri  conte  di  Frisia  sulle 
terre  de'suoi  vicini,  aprirono  un  campo  al 
valore  di  questo  prelato;  imperocché  a- 
vendo  il  conte  cacciato  dal  proprio  paese 
Thierri  Bavone  signore  d'un  distretto  ne' 
dintorni  di  Bodegrave,  questi  implorò  il 
soccorso  del  vescovo,  il  quale  presentò  al 
conte  due  battaglie  l'i  i  luglio  1018,  in 
cui  restò  vinto  e  dal  conte  si  uni  il  con- 
trastato terreno  a'propri  dominii.  li  pre- 
lato nell'assumere  tal  difesa,  in  pari  tem- 
po si  adoperò  anche  per  quella  di  sua 
chiesa.  In  fatti  il  conte  di  Frisia  erasi  re- 
so signore  della  contrada  situata  lungo 
la  Merwe  e  anche  più  oltre,  appellata  poi 
Pagus Flardingeji.fisjeò  in  seguitoNord- 
Olanda;  e  per  mantenersi  nella  medesima 
aveva  eretto  sulle  rovine  del  forte  di 
Durfos  un  altro  forte,  il  quale  die  poi  o- 
rigine  alla  città  di  Dordrecht.  Ne  di  ciò 
ancora  si  rimase  contento,  ma  istituì  e- 
ziandio  un  pedaggio  sopra  tutte  le  barche 
che  attraversa  vano  questa  provincia.  Allo- 
ra l'imperatore,  uditi  i  lagni  de'mercanti 
di  Fieijdel  vescovo  d'Utrecht  e  di  altri  pre- 
lati ed  abbati,  commise  a  Goffredo  il  Gib- 
boso duca  della  Bassa  Lorena  di  muove- 
re contro  il  conte  Thierri  ;  ed  avendolo 
Adelboldo  accompagnato,  innanzi  al  det- 
to forte  essi  ingaggiarono  a' 27  luglio 
IO  18  un  combattimento,  ove  il  conte  ri- 
porlo nuova  vittoria  mercè  lo  stratagem- 
ma d'alcuni  armigeri  appostali,i  quali  nel 
bollor  della  mischia  si  posero  a  gridare: 
Salvai  salvai  il  che  cagionò  la  fuga  de' 
lorenesi.  Così  rimasto  il  duca  abbando- 
nato, dovè  rendersi  prigioniero;  il  vesco- 
vo si  salvò  in  un  battello,  ma  fu  preso  nel 
dì  seguente.  Liberato  il  duca  dopo  pochi 
giorni,  si  adoperò  per  la  riconciliazione 
del  vescovo  col  conte;  ma    Adelboldo  si 

VOL.   LXXXVII. 


prestò  di  mala  voglia.  T  Sanrnartani  di- 
cono che  ad  AdeII)oldo  si  unirono  gli  ar- 
civescovi di  Colonia  e  di  Treveri.  Il  ve- 
scovo non  più  avendo  da  far  guerra,  im- 
piegò le  somme  che  la  pace  gli  permi- 
se di  cumulare  nell'  erigere  una  nuo- 
va e  magnifica  cattedrale,  in  luogo  della 
distrutta  da' danesi  e  cominciala  da  Bal- 
drico,  Secondo  alcuni  ;  la  cui  dedicazione 
venne  onorata  a'27  giugno  i024da  i-z  ve- 
scovi ,  non  che  da  s.  Enrico  II  impera- 
tore, il  quale  appimto  in  «juesla  solennità 
donò  la  contea  di  Drente  alla  chiesa  d'U- 
trecht con  diploma  indi  dato  in  Bamber- 
ga.  Questa  donazione  venne  ratificata  nel 
1  025 dal  successore  Corrado  II  il  Salico 
in  Tibur,  il  quale  anzi  fece  di  più,  non 
meno  aiiezionalo  del  predecessore  alla 
chiesa  d'Utrecht  ;  poiché  con  diploma  da- 
to nel  1027  in  Cremona  confermò  la  do- 
nazione d'Ottone  1  delia  contea  di  Tei- 
sterbant.  Lodato  Adelboldo  per  virtù  ed 
erudizione  nelle  divine  e  umane  lettere, 
si  ha  di  lui  due  libri  della  vita  di  s.  En- 
rico II,  ed  un  trattato  della  Sfera  dedi- 
cato al  dottissimo  Silvestro  II  Papa.  Mor- 
to nel  1027,  in  esso  o  nel  seguente  suc- 
cesse Bernulfo  o  Bernardo  già  canonico 
d'Utrecht,  pel  favore  di  Corrado  II.  Dap- 
poiché i  capitoli  delle  due  chiesa  principali 
d'Utrecht,  cui  spettava  l'elezione  del  ve- 
scovo, non  potendosi  accordare  sulla  scel- 
ta del  successore  d'Adeiboldo,  l'impera- 
tore  credette  opporlunodi  trasferirsi  nel- 
la città  per  terminare  il  contrasto.  Ma 
mentre  egli  si  trovava  per  via,  l'impera- 
trice che  accompagnavalo  fu  sorpresa  da' 
sintomi  del  parto,  ed  obbligata  quindi  a 
feruìarsi  in  una  casa  di  campagna  ad  Oe- 
sterbeech  ,  venne  accolta  dal  canonico 
Bernulfo,  il  quale  portò  all'imperatore, 
che  continuava  il  viaggio,  la  notizia  della 
nascita  d'Enrico  III.  Allora  l'imperatore, 
nel  quale  eransi  rimessi  i  canonici  nella 
contesa  elezione,  lo  nominò  vescovo  d'U- 
trecht. Ma  questo  racconto  patisce  ecce- 
zioni,perchèEnrico  III  era  nato  nel  IO  i  7. 
Si  potrà  congetturare, con  anticipare  l'av- 
3 


34  u  T  n 

veiiimento,  che  Corrado  II  gralo  a  Ber- 
iiulfo,  fallo  aibilmdel  vescovato,  con  esso 
volle  rimunerarlo.  Dipoi  trovandosi  Cor- 
rado in  Ulrechl,  vi  morì  a'4  giugno  1 089, 
e  il  suo  corpo  fu  trosporlalo  a  Spira.  Nel 
1046  il  vescovo  inlrnprese  una  spedizio- 
ne contro  Tliierri  IV  conle  di  Frisia,  e 
gli  frullò  il  conquisto  del  suddetto  Flar- 
dingen.  In  Utrecht  edificò  le  due  colle- 
giale di  s.  Pietro  e  di  s.  Gio.  Battista  ;  da 
s.  Maria  o  s.  Salvatore  d'Utrecht  traspor- 
tò la  metà  del  collegio  canonicale  colle 
rendile,  nella  chiesa  che  in  onore  del  b. 
Lebuino  costruì  in  Deventer.  Terminò 
di  vivere  nel  i  o54,  e  fu  deposto  nella  sua 
chiesa  di  s.  Pietro.  Nello  stesso  perven- 
ne a  questa  sede  Gtiglielmo,  nato  da  una 
della  prime  famiglie  di  Gueldria,  uomo 
risoluto  edestro  nel  maneggio  degli  affari, 
per  cui  salì  in  grande  reputazione  nella 
corte  d'Enrico  III;  ne  minor  favore  go- 
dè sotto  il  figlio  e  successore  Enrico  IV. 
Vedendo  egli  1'  Olanda  governala  dal 
giovane  Thierri  V  sotto  la  tutela  di  Gel- 
Irude  sua  madre,  tentò  la  domanda  a  ti- 
tolo di  restituzione  presso  Enrico  IV  e  del- 
la sua  madre  lulrice,  di  tutta  la  contea  si- 
tuata nel  Weslflingue,  cioè  del  Renne- 
merland,  colla  badia  d'Egraondo  e  col- 
l'Olanda;,  il  che  tutto  gli  fece  ottenere 
Annone  autorevole  cancelliere  e  arcive- 
scovo di  Colonia  ,  con  due  diplomi  nel 
I  o64-  In  questi  atti  de'29  aprile  e  1  mag- 
gio, trovasi  per  la  1.^  volta  il  nome  d'O- 
landa sotto  il  significato  di  Frisia;  con- 
trada che  il  prelato  cede  in  seguito  a  Gof- 
fredo duca  della  Bassa  Lorena  per  tener- 
la da  esso  in  feudo.  Ma  il  conte  di  Fian- 
dra Roberto  I  il  Frisone,  avendo  sposato 
la  conlessa  Geltrude,  la  ripose  nel  1076 
nel  possesso  di  questo  paese  col  far  as- 
sassinare lo  slesso  Golfredo.  Alcuni  pre- 
lesero  che  Guglielmo  facesse  un  viaggio 
in  Terra  santa,  e  si  vuole  morto  nel  1076 
a'27  aprile  o  nel  maggio.  I  Sanu)artnni 
dicono  nel  1075,  e  riportano  l'epistola  di 
Papa  s.  Gregorio  VII  ,  sulla  controver- 
sia tra  Guglielmo  e  il  vescovo  Noviomen- 


UT  R 
se.  Ma  ne  essi,  ne  VArte.  di  verificnrr  le 
(late,  non  fanno  parola  della  terribile  mor- 
ie di  Guglielmo,  da  me  riferita  col  dot- 
to Voight  nella  biografia  di  s.  Grego- 
rio FU.  Qui  dirò  solo,  che  Guglielmo 
era  divenuto  scismatico  per  seguir  le 
parli  d'Enrico  IV  persecutore  della  san- 
ta Sede,  e  che  questo  principe  dimoran- 
do in  Utrecht  inlese  che  il  Papa  1*  avea 
scomunicato  e  interdette  l'insegne  regie. 
Guglielmo  dopo  aver  confortato  Enrico 
IV,  salilo  sul  pulpito,  ruppe  in  fiera  in- 
vettiva contro  s.  Gregorio  VII,  e  fu  to- 
sto in  modo  spaventevole  punito  da  Dio 
con  deplorabile  morte.  Nel  1076  ne  oc- 
cupò la  sede  il  sassone  svevo  Corrado  giù 
cameriere  dell'  arcivescovo  di  Magonzn, 
e  condusse  a  fine  il  forte  d'  Ysselmon- 
de  dal  predecessore  cominciato  nell'isola 
omonima. rimpello  a  Rotterdam;  ma  non 
godè  lungamente  il  frutto  di  queste  sue 
fatiche,  perchè  Roberto  I  conle  di  Fian- 
dra, al  quale  il  forte  riusciva  incomodo, 
iujprese  a  rendersene  signore  con  l'aiuto 
degl'inglesi  e  olandesi.  Accorse  il  prelato 
con  molti  de'suoi  vicini  alla  difesa  delU 
piazza,  ed  all'imboccatura  della  Mosa  se- 
guì duplice  cond^at limenlo  per  terra  e  pei» 
acqua,  colla  peggio  degli  episcopali.  Cor- 
rado rifugiatosi  con  altri  in  Ysselmonde, 
sostenne  in  essa  un  accanito  assedio,  e  do- 
vè rendersi  prigione,  indi  liberato  eoa 
diverse  condizioni,  fra  cui  la  principale 
fu  la  cessione  dell'Olanda  meridionale  al 
conte  Giovanni.  I  vincitori  smantellaro- 
no la  piazza,  ed  all'area  su  cui  innalza- 
vasi  fu  dato  il  nome  di  Storni-polder  o 
terra  d'assalto.  Ma  Enrico  IV,  il  perse- 
cutore della  Chiesa  e  di  s.  Gregorio  VII, 
essendo  a  lui  Corrado  attaccalo,  lo  risar- 
cì quasi  subito  di  questa  perdita  col  do- 
no cheglifecea'3  ottobre  1077  della  con- 
tea di  Staveren,  già  da  lui  confiscata  al 
margravio  Egberto  capo  de'sassoni  ribel- 
lali contro  di  lui,  alla  quale  poi  aggiunse 
I*  Oslergo  e  il  W^eslergocon  diploma  del 
1086,  il  quale  con  molti  altri  che  vado 
ricordando  si  ponno  leggere  nelfa  Gal' 


U  T  R 
Ha  chrisllrtnn.  Corrado  era  occupalo  a 
coslruire  in  Utrecht  a  spese  d'Enrico  I  V 
una  chiesa  in  onore  della  B.  Vergine,  al- 
lorché nel  1 098  venne  assassinalo  o  d'or- 
dine d'Egberlo,  o  dal  frisone  Ploberlo, 
sdegnato  per  avergli  ciirpito  il  segreto  da 
hii  inventato,  d'asciugare  una  fontana 
scoperta  ne'fondamenti  della  nuova  chie- 
sa. Tale  fi  la  misera  fine  d'un  altro  par- 
tigiano d'Enrico  IV  1  Bncardo  gli  succes- 
se nello  slesso  anno,  e  non  è  conosciuto 
che  per  le  sue  fondazioni,  e  per  le  dona- 
zioni ricevute,  terminando  di  vivere  nel 
I  I  12.  In  questo  il  sostituito  fu  Godebal- 
do,  che  pel  f.°  vescovo  d'Utrecht  fece  uso 
della  mitra,  per  concessione  fatta  da  Pa- 
pa Calisto  II  nel  concilio  di  Reims  del 
del  I  I  I  c),  e  non  1  1 49  come  leggo  nell'^r- 
te  di  verificdrc  le  date,  ma  sarà  fdlo  ti- 
[>ografìco.  Recatosi  l' imperatore  Enrico 
V  neli  1^3  ad  Utrecht  per  passarvi  l'in- 
verno, durante  il  suo  soggiorno  sorse  nel- 
la città,  fra  la  nobiltà  alemanna  e  i  vas- 
salli del  vescovo,  un  contrasto  che  dege- 
nerò in  ammutinamento,  ove  non  pochi 
gentiluomini  delle  due  parti  vi  perderò- 
no  la  vita.  Ora  l'inìperalore,  sospettan- 
do che  il  vescovo  avesse  eccitalo  tale  tur- 
bolenza, si  assicurò  di  sua  persona,  né  lo 
lasciò  libero  senza  un  forte  riscatto.  Gode- 
baldo  non  ebbe  miglior  trallamenlo  sot- 
to il  regrjo  seguente  di  Lotario  II;  poi- 
ché Petronilla  di  lui  sorella  uterina,  reg- 
gente della  contea  d'Olanda,  si  giovò  di 
sua  amicizia  per  riporre  Thierri  V^I  suo 
figlio  nelle  contee  di  Ostergo  e  di  Wester- 
go,  che  Corrado  a vea  ricevuto  da  Enri- 
co I V.  Godebaldo  per  mantenersi  nel  pos- 
sesso delle  due  contee  suscitò  i  west-fri- 
soni alla  rivoluzione,  e  indusse  Fiorenzo 
il  Nero,  fratello  di  Thierri,  a  porsi  al- 
la loro  testa.  Donde  avvenne,  che  né  il 
vescovo  d'Utrecht,  né  il  conte  d'Olan- 
da restassero  signori  della  West-Frisia, 
ma  che  Fiorenzo  se  la  ritenesse  per  conto 
proprio.  Il  vescovo  confermò  la  fondazio- 
ne della  chiesa  della  B.  Vergine  e  di  8. 
Salvatore,  eominciata  da'milili  Erman- 


UTR  35 

no  eTeodorico,  e  dotala  dairimperatrice 
Matilde  moglie  d'  Enrico  V.  Pose  la  i.' 
pietra  alla  badia  benedettina  di  s.  Loren- 
zo di  Oesbroch,  e  vicino  a  morte  vi  volle 
professare  il  monacalo,  terminando  di  vi- 
vere nel  I  128.  Ne  fu  successore  Andrea 
figlio  del  conte  o  burgravio  di  Cuyck  e 
borgomastro  d'Utrecht,  preposto  di  Lie- 
gi. Puntoal  vivo  della  perdita  fatta  dalla 
sua  chiesa  dell' Ostergo  e  del  Westergo, 
tentò  indarno  di  ritorle  a  Fiorenzo.  Que- 
sto terminata  la  guerra  col  fratello,  bra- 
moso d'ingrandirsi,  chiese  la  mano  di  Ed- 
wige erede  delta  contea  di  Rechemj  ma 
il  tutore  Ermanno  d'Arensberg, il  vesco- 
vo d'  Utrecht  e  il  signore  di  Cuyck  per 
ragioni  di  stalo  si  opposero  a  questo  no- 
do. Però  que'd'Utrecht  favorevoli  a  Fio- 
renzo r  accolsero  nella  città,  dalla  quale 
egli  cacciò  il  prelato;  ma  i  signori  d*  A- 
rensberg  e  di  Cuyck  inetti  a  resistergli,  lo 
fecero  pugnalare  in  un  bosco  ov'erasi  re- 
cato alla  caccia.  La  successa  morte  di  Lo- 
tario II  valse  a'  colpevoli  l'impunità,  e  il 
«successore  Corrado  HI  li  ristabilì  ne'Ioro 
doniinii  confiscati  dal  predecessore.  Il  ve- 
scovo traendo  partito  da  queste  disposi- 
zioni, con  diploma  del  11 38  ottenne  la 
restituzione  dell'Ostergo  e  del  Westergo, 
e  poco  dopo  morì.  Neh  «39  gli  successe 
Erberto  o  Ardebertodi  Gerente  indi  partì 
per  Roma.  Durante  la  sua  assenza  gli  a- 
bitanli  di  Groninga  essendosi  ribellati, 
cacciarono  il  suo  luogotenente  e  altro  ne 
sostituirono.  Il  vescovo  al  suo  ritorno 
marciò  contro  di  essi,  e  rimasto  ucciso  il 
capo  loro,  donò  il  burgraviatodi  Gronin- 
ga a  Lefferdo,e  la  castellania  di  Coevorden 
a  Lodolfo  suoi  fratelli.  Inquieto  Thierri 
VI  conte  d'Olanda  per  vedere  l'autorità 
del  vescovo  accrescersi  nella  Frisia,  in- 
dusse il  proprio  cognatoOltone  ad  irrom- 
pere nella  Drente,  affine  di  liberare  qua* 
di  Groninga, malcontenti  del  governo  ve- 
scovile; ma  questi  rimasto  vinto  e  prigio- 
ne, il  conte  neh  146  si  recò  ad  assediar 
Utrecht  per  liberarlo.  Vicino  la  piazza  ad 
esser  presa,  il  vescovp  uscì  adorno  de'suoi 


36  U  TR 

abili  pontlfìcnli  alla  testa  ili  tulio  il  clero, 
e  inoltratosi  alla  volta  del  conte  gli  minac- 
ciò la  scomunica  se  non  levava  subilo  il 
campo.  SbigoUilo  da  tale  appareccbio  , 
Thierri  concluse  la  pace  col   vescovo,  il 
quale  gli  restituì  suocognalo.Corrado  ili 
ottenne  da  Papa  Eugenio  111  la  nomina 
del  vescovo  d'Utreclil,  e  3  diplomi  spedì 
per  questa  cbiesa  riportati  dalla  Gallia 
Christiana.  Neh  i5o  alla  morte  d'Erber- 
lo,  ottenne  Ermanno  di  Horn  prevosto  di 
8.  Cercone  di  Colonia,  pel  favore  de'cotiti 
d'Olanda, di  Gueldria  e  di  Cleves,  la  pre- 
ferenza alla  sede  d'Utrecht  sopra  Federi- 
co de  Ilavel.  Ma  ì  cittadini  d'Utrecht,  che 
tenevano  per  quest'ullimo,  si  ribellarono 
contro  Ermanno;  però  i  di  lui  parligiani 
ricorsi  all'imperatore  Federico  I,  questi 
nella  dieta  di  Nimega  ne  confermò  l'eie- 
zione e  l'investì  eziandio  della  temporale 
autorità  del  vescovato,  il  che  ratificò  il 
legalo  apostolico.  Debole  fu   il  governo 
d'Ermanno,  che  cessò  di  vivere  nel  i  1 56. 
Succedutogli  nello  slesso  Goffredo  di  Rhe- 
nen  preposto  d'Utrecht,  volle  riunire  al 
principato  vescovile  il  burgraviato  o  ca- 
stellania  di  Groninga  dopo  la  morie   di 
LelTerdo,  ma  fu  costretto  a  prender  l'ar- 
mi contro  i  di  lui  nipoti  che  aspiravano  a 
quel  dominio.  S'impadronì  della  piazza, 
ma  quasi  subilo  ne  venne  caccialo  dal  con- 
te dì  Gueldria,  che  li  prese  a  difendere. 
Allora  Fiorenzo  111  conte  d'Olanda,  pres- 
so di  cui  il  vescovo  erasi  rifugiato  ,  corse 
ad  assediarGronioga,che  il  conledi  Guel- 
dria difese  per  un  anno,  cessando  l'ostilità 
per  la  mediazione  di  Rinaldo  arcivescovo 
di  Colonia,  il  quale  die  la  proprietà  di 
Groninga  agli  eredi  di  Lefferdo  per  3oo 
marchi  d'argento.  Comunque  amici  fra 
loro,  il  vescovo  e  il  conte  d'Olanda,  era- 
no io  controversia  siccome  i  loro  prede- 
cessori rispetto  alla  proprietà  della  Frisia 
orientale.Essendo  Federico  I  nel  1 1 65  en- 
trato ne'Paesi  Bassi,  l'afiare  fu  portato  a 
lui,  e  per  sua  imperiai  decisione  ebbe  ter- 
roine  in  modo  che  la  potenza  e  i  redditi 
furono  tra  loro  divisi  per  eguali  porzioni. 


U  TU 
Goffredo  die  alla  sua  chiesa  il  proprio  C0' 
stello  di  Uhenen  clie  avea  ereditalo ,  ed 
eresse  4  munitissimi  castelli  per  opporsi 
a'fìjsoni  e  all'imprese  de'conli  d'Olanda, 
uno  de'quali  costruito  fortemente  sopra 
una  vicina  montagna  sulla  riva  sinistra 
dell' Yssel,  fu  chiamato  Monforde  o  Mont- 
fori:  questo  castello  divenne  poi  città,  che 
ingrandita  successivamente  e  popolala  , 
ebbe  il  titolo  di  contea.  Morì  Goffredo 
neh  178,  e  in  questo  gli  fu  sui  rogato  Bal- 
dovino d'Olanda  figlio  del  conte  Thierri 
VI,  ch'ebbe  guerre  co'conti  di  Gueldria 
per  la  signoria  dellaWeluve  feudo  del  ve- 
scovato,le  quali  ebbero  fine  con  suo  van- 
taggio nel  1 1 88,  mercè  giudizio  interinale 
di  Federico  I,  deflnilivamenle  conferma- 
to neh  191  con  sentenza  di  suo  figlio  En- 
rico VI  imperalore.Col  conte  Thierri  suo 
fratello  soggiogò  i  frisoni,ed  essendosi  poi 
sollevati  contro  il  prelato  gli  abitanti  della 
Drente,  che  avea   lungo    tempo  pacifica- 
mente governati,  si  recò  a  visitare  l'impe- 
ratore a  Magonza  per  implorarne  soccor- 
so; ed  ottenuto  un  corpo  di  genti,  men- 
tre colle  proprie  lo  conduceva  nella  pro- 
vincia nemica,  la  morte  lo  sorprese  per 
via  a'21  aprilei  196.  In  questo  fu   eletto 
Arnoldo  d'Isemburgo  preposto  di  Deven- 
ter,  da'canonici  della  fazione  del  conte  di 
Gueldria,mentre  l'altra  parte  del  capitolo, 
aderente  al  conte  d'Olanda  ,nominòThier' 
ri  preposto  d*  Utrecht  o  meglio  di  Mae- 
strichte  fratello  del  vescovo  defunto.  Ma 
i  due  eletti  essendosi  dopo  qualche  reci- 
proca ostilità  trasferiti  a  Roma,  Innocen- 
zo III  prima    approvò  Arnoldo,  che  ivi 
morì  a'6  aprile  e  fu  sepolto;  poi  confermò 
Thierri,  che  tornando  nel  suo  paese  mo- 
rì in  Pavia  a'3   agosto.  Alla  nuova  della 
morte  de'due  competitori,  nel  medesimo 
anno  fu  eletto  Thierri  I  Van-Der-Aare 
preposto  di  Maestricht  che  coll'imperato- 
re  Irò  va  vasi  in  Sicilia.  Restituitosi  ne'Pae- 
si Bassi  e  giunto  io  Utrecht,  si  die  ogni  cu- 
ra per  acquistare  un'  esatta  cognizione 
dello  slato  di  sua  chiesa;  e  siccome  i  suoi 
predecessori  aveano  contralto  molli  debiti 


UT  R 
per  difenderei  propri  diritti,  delermiuato 
di  pagarli,  e^li  passò  in  Frisia  affine  di 
levar  colà  in  via  di  tributo  le  8omme  ne- 
cessarie ad  eseguire  il  Ritto  divisamento; 
ma  Guglielmo  conte  di  Frisia  o  meglio 
d'Olanda,  punto  da  tale  atto  d'autorità, 
lo  fece  arrestare  in  un  monastero,mentr'e- 
gli  usciva  dal  tempio,  e  Io  cacciò  in  una 
prigione.  Liberato  poi  da'frisoni,  il  vesco- 
vo intimò  la  guerra  al  suo  oppressore. Po- 
co dopo  morto  Guglielmo,  il  vescovo  pre- 
se parte  nella  dissensione  insorta  fra  il 
conte  di  Loss  e  Guglielmo  conte  di  Fri- 
sia, relativamente  alla  reggenza  d'Olan- 
da; ed  abbracciato  avendo  il  partito  del 
1 ."  lo  spalleggiò  vigorosamente  coH'armi. 
Si   videro  iu  questa  guerra  que'  d'  U- 
trecht  inoltrarsi  fino  a  Leida,  ove  il  con- 
te di  Loss  si  recò  a  raggiungere  il  pre- 
lato, e  con  esso  sottomise  il  Kennemer- 
land.  Guglielmo  però  quasi  di  subito 
riacquistata  la  superiorità  delle  armi,  e 
fattosi  riconoscere  conte  d'Olanda,  con- 
cluse col  prelato  la  pace  j  anzi  per  mag- 
giormente consolidarla  nel  i3o4  strinse 
con  lui  una  convenzione  per  la  quale  re- 
ciprocamente si  cederono  i  ministri  e  i 
servi,  per  modo  che  dalle  terre  dell'uno 
dovessero  passare  a  stabilirsi   in  quelle 
dell'altro.  Thierri  I  quindi  tutto  si  dedi- 
cò al  governo  di  sua  chiesa,  della  quale 
riscattò  i  dominii,  ritenuti  in  pegno  da' 
creditori:  morì  nel  12 12  a  Deventer, 
donde  il  suo  cadavere  fu  trasferito  nella 
cattedrale  d'Utrecht.  Di  24^""»  ^^  ™*5" 
desimo  fu  eletto  Ottone  1  preposto  di 
Santen,  figlio  d'Ottone  II  conte  di  Guel- 
dria  e  cognato  di  quello  d'Olanda,  per 
opera  de'  vescovi  di  Munster  e  Osna- 
bruck.  Nel  1 2 1 5  portandosi  in  Roma  per 
la  dispensa  dall'età,  morì  a  Norlhusen. 
In  detto  anno  gli  successe  il  prevosto  d'U- 
trecht Ottone  II  de'conti  di  Lippe.  Pre- 
so dalla  divozione  propria  de'lempi,  do- 
po aver  confidata  la  cura  della  civile  au- 
torità di  sua  chiesa  al  fratello  Ermanno, 
partì  neli2i7  co'crociati  alla  volta  d'o- 
rieule.  Al  ri  torno,  l'insolenza  de*suoi  ufC- 


UTR  37 

ziali  lo  compromise  col  conte  di  Gueldria; 
si  venne  all'armi,  ma  coll'inter vento  del 
legato  apostolico  Conone,o  meglio  il  car- 
dinal Corrado d'Urrach,  furono  le  discor- 
die sedate.  Il  vescovo  ebbe  poi  un'altra 
guerra  col  conte  d'Olanda  sulla  proprie- 
tà della  Frisia  ;  e  quest'affare  ch'era  sta- 
lo deciso  fin  dal  1  i65  dall'  imperatore, 
lo  fu  allora  di  nuovo  nel  i225  da  una 
sentenza  dello  stesso  legato,  che  con  al- 
cune modificazioni  confermò  l' imperiai 
giudizio.  Uscito  Ottone  II  da  tal  impac- 
cio, prese  parte  nella  controversia  fra'ca- 
stellani  Egberto  di  Groninga  e  Rodolfo 
di  Coevorden  ;  e  dichiaratosi  peli.°por- 
lò  la  guerra  all'altro,  coll'appoggio  della 
piò  parte  de* vassalli  della  chiesa  d'  U- 
Irecht.  Il  vescovo  ebbe  ad  alleati  i  conti 
d'Olanda,  di  Gueldria  e  di  Cleves,  oltre 
il  signore  di  Benthem,  ed  avendo  a'  ij 
luglio  1226  offerto  battaglia  al  nemico, 
fu  preso  nella  mischia  e  trattato  da'vin- 
citori  nel  modo  il  più  crudele.  Immagi- 
nando essi  che  il  suo  sagro  carattere  fosse 
attaccato  alla  tonsura,  gliela  strapparono 
colla  cute,  per  non  essere  riputati  sacri- 
leghi nel  dargli  la  morte  ;  ond'egli  non 
sopravvisse  che  Ggiorni  alai  supplizio,an- 
zi  pare  che  fosse  trucidato  con  motte  feri- 
te. Nello  stesso  anno  dalla  sede  di  Pader- 
bona  con  autorità  di  Gregorio  IX  passò 
a  questa,  di  cui  era  stalo  preposto,  Wil- 
lebraudo  de'conti  d'Oldemburgo,  mercé 
le  cure  del  congiunto  Fiorenzo  IV  conte 
d'Olanda,  mentre  era  in  Italia  per  l'im- 
peratore Federico  II.  Recatosi  a  Utrecht 
prese  1'  armi  per  vendicar  la  morte  dei 
suo  predecessore  contro  Rodolfo  di  Coe- 
vorden, che  l'avea  cagionata.  Impadro- 
nitosi di  sua  persona,  dopo  una  guerra 
assai  lunga,gli  fece  rinunziare  la  giurisdi- 
zione della  provincia,  lo  multò  di  3ooo 
uìarche  d'argento,  di  fondare  un  capito- 
lo di  i5  canonici  nel  luogo  ov'era  stato 
commesso  l'orribile  delitto,  e  di  costrui- 
re un  monastero  alle  benedettine;  indi  ad 
istanza  del  popolo  tumultuante,  gli  fece 
espiare  nel  1 2  3o  il  suo  atroce  defitto  sotto 


38  U  T  R 

la  ruota.  Morto  nel  i233  o  neh  a 36,  fu 
stpollo  nella  chiesa  di  s.  Servaziotlel  mo- 
nastero delle  cislerciensi  da  lui  fondalo. 
Ebbe  a  successore  Ottone  111  d'Olanda 
conte  della  Frisia  orientale,  figlio  cadet- 
to di  Guglielmo  I  conte  d'Olanda;  poco 
dopa  dagli  slati  venne  riconosciuto,  iusìe- 
me  al  fratello  Guglielmo,  tutore  del  con- 
te Guglielmo  II  loro  nipote  di  7  anni,  ed 
amminÌ!»tratoredeirOlanda. Seguitò  poi  a 
reggere  rOlanda,anclie  dopo  che  il  suo  pu- 
pillo nel  i  247  a'29  setleujbie  fu  eletto  re 
de'roraanijd'ordinedi  Papa  Innocenzo  IV 
peraverdeposto  riniperatoreFederico  II. 
Nel  1248  il  re  Guglielmo  ^i  recò  a  visi- 
lare  lo  zio  in  Utrecht,  e  si  fece  crear  cit- 
tadino della   medesima  ;  quindi   mosse 
contro  il  conte  di  Goor  vassallo   ribelle 
del  vescovo,  ed  avendolo  fatto  prigione, 
lo  spogliò  d'ogni  sua  dignità  e  gli  confi- 
scò tutti  i  beni  a  profitto  della  chiesa  d'U- 
Irecht.  Il  vescovo  Ottone  III  terminò  di 
vivere  nel  1249  e  fu  sepolto  nella  catte- 
drale, lasciando  Adelaide  figlia  naturale, 
poi  mai  itala  a  Baldovinodi  JNordwyk.  Fu 
eletto  a  successore  Goswino  d'  Amslel, 
preposto  di  s.  Giovanni  d'  Utrecht,  ma 
con  tale  negligenza  si  comportò  nelle  ve- 
scovili funzioni,  che  Guglielmo  d'Olan- 
da re  de'romani,  di  concerto  col  cardi- 
nal legato  Pietro  Capocci,  raccolto  nel 
laSo  il  capitolo  d'Utrecht,  Io  costrinse 
a  rinunziare.  I  collettori  de'  concilii  ri- 
portano nel  1249  quello  d'Utrecht,  in 
cui  Goswino  rinunziò  alla  dignità.  Man- 
si, Siippl.  l.  2,  p.  1 163.  Per  le  raccoman- 
dazioni di  Corrado  arcivescovo  di  Colo- 
nia gli  fu  surrogato  Enrico  de'  conti  di 
Vianden,  ed  il  re  de'  romani  col  pasto- 
rale e  l'anello  l' investì  della  temporale 
giurisdizione.  I  congiunti  di  Goswino  pre- 
sero le  armi,  sdegnati  per  la  sua  destitu- 
zione, per  vendicarlo;  tua  Enrico,  uomo 
di  senno  e  di  mano,  si  pose  in  islalo  di 
difesa,  ed  avendoli  vinti  in  ordinala  bat- 
taglia, li  trasse  prigioni  a  Utrecht.  Il  re 
de'romani  Guglielmo,  che  si  trovava  in 
que'luoghi,  otteone  la  loro  liberazione, 


UTR 

a  condizione  di  recarsi  nella  cattedrale  a 
chiedere  perdono  al  vescovo,  colla  testa 
nuda,  non  che  a  prestargli  come  vassalli 
giuramento  di  fedeltà.  Restava  al  vesco- 
vo di  vendicarsi  del  conte  di  Gueldria, 
the  loro  avea  prestato  soccorsi  ;   sicché 
trovandosi  coll'armi  in  mano,  senz'indu- 
gio fece  un'incursione  nella WeIuve,pro- 
vincia  dipendente  dalla  Gueldria,  e  col 
ricavato  del  riportato  bottino  edificò  poi 
il  munitissimo  castello  di  Vredeland,  con- 
tro i  ribelli  vicini.  Siccome  la  cattedrale 
d'Utrecht  era  per  vetustà  rovinosa, En- 
rico imprese  a  rialzarla,  e  nel  1254  ne 
gittò  i  fondamenti.  Tre  anni  dopo  die 
nuove  leggi  e  statuti  alla  città  d'Amers- 
fort,  la  quale  non  era  prima  che  un  sem- 
plice castello.  Fece  donazioni  al  mona- 
stero delle  monache  presso  Deventer,  co- 
stituì in  Steenwick  una  collegiata  di  12 
canonici,  e  morì  nel  1267.  In  questo  gli 
successe  Giovanni  I  de*  conti  di  Nassau 
per  la  nobiltà  de'uatali  ,  ignaro  dell'ec- 
cles'iastica  disciplina  e  quasi    illetterato, 
per  cui  non  potè  ottenere   la  pontificia 
conferma;  mentre  que'di  Reiinemerland 
ed  i  frisoni  trovavansi  in  ribellione  nel- 
l'Olanda contro  la  nobiltà  che  li  tiran- 
neggiava. Gysbrecht  d'Amstel,  dagl'in- 
sorti forzalo  a  porsi  alla  loro  testa,  li  con- 
dusse fino  alle  porte  d'Utrecht,  e  fece  ri- 
bellare il  popolo  contro  il  vescovo  e  ma- 
gistrati. Indarno  il  conte  di  Gueldria, 
presso   di  cui  il  prelato  erasi   rifugiato, 
tentò  di  rimetterlo  nella  sede,  solo  potè 
prendere  Amersfort.   Intanto  i  cittadini 
d'  Utrecht,  abolite   le  antiche  magistra- 
ture, stabilirono  un  governo  democrati- 
co. Il  vescovo,  che  da  due  anni  era  pas- 
sato a  Deventer,  sentendo  come  Utrecht 
trovavasi  in  preda  alle  fazioni,  cercò  di 
rientrar  nella  città  col  favore  delle  tur- 
bolenze, col  cav.  Nicola  di  Kats.  Questi 
accompagnato   da  5oo  scudieri  giunse 
improvvisamente  innanzi  le  mura  e  ne 
sforzò  le  porte;  deposti  i  nuovi  magistra- 
ti, ristabilì  gli  antichi,  e  restituì  a   Gio- 
vanni I  la  propria  sede  nel  1279.  Però 


UTR 
le  sventure  non  avendo  prodotto  alciiii 
migliora  mento  nel  carattere  del  vescovo, 
iiempre  ostinato  a  rifiutar  gli  ordini  sa- 
gri, non  ostante  le  rimostranze  de'  suoi 
diocesani,  egli  viveva  nel  lusso  e  nella 
mollezza,  poco  curandosi  dei  governo 
temporale  e  spirituale  di  sua  chiesa,  ed 
alienando  senza  riguardo  i  castelli  e  gli 
antichi  dominii  della  medesima  per  com- 
piacere a*  suoi  partigiani.  Quindi  Papa 
Martino  IV,  uditi  i  lagni  che  s'innalza» 
vano  contro  l'indegno  pastore,  lo  depose 
nel  1282.  Ne'pazzi  suoi  dispendii,  il  ve- 
scovo avea  dato  in  pegno  a  Gysbrecht  il 
forte  di  Vredeland,  il  che  produsse  una 
guerra  con  Utrecht,  che  indignata  ricor- 
se al  conte  d'Olanda,  il  quale  lo  fece  pri- 
gione e  liberò  la  piazza.  Nel  1282  stesso 
il  lorenese  Giovanni  II  di  Zirk  gli  suc- 
cesse, sotto  il  quale  fu  ricuperato  Vre- 
deland ;  dopo  pacifico  governo,  nel  1 296 
fu  trasferito  alla  sede  di  Toul.  Gli  suc- 
cesse n«l  medesimo  anno  il  preposto  di 
Lovanio,  Guglielmo  Bertoldo  de'  signo- 
ri di  Malines,  mdto  versato  nel  diritto  ci- 
vile e  canonico.  Di  carattere  inquieto  e 
turbolento,  trasse  partito  dalle  sedizioni 
che  seguirono  la  morte  del  conte  Fioren- 
zo V,  per  suscitare  i  west-frisoni  a  scuo- 
tere il  giogo  dell'Olanda,  e  per  darne  l'e- 
sempio imprese  a  ricuperare  Muyden,  cit- 
tà posta  sul  Wecht,  cui  già  l'imperatore 
avea  donato  alla  di  lui  chiesa.  Assediala 
la  piazza,  mal  difesa  capitolò  senz*  aspet- 
tare le  truppe  ausiliarie  che  il  reggente 
d'Olanda  le  conduceva. Invanitodel  buon 
successo,  il  vescovo  immaginò  di  poter  a- 
gevolmeute  soggiogare  tuUa  l'Olanda;  e 
dietro  il  disegno  formatone  in  sua  mente, 
congiunse  alle  temporali  l'armi  spiritua- 
li, e  pubblicò  una  crociata  contro  il  conte 
d'Olanda  e  il  suo  popolo,  accusandoli  d'e- 
resia. Siccome  i  frisoni  erano  religiosi  e 
avidi  d'indulgenze,  nulla  sembrò  ad  essi 
più  meritorio  ad  acquistarle  che  il  com- 
battere contro  gli  olandesi  loro  mortali 
nemici.  Il  vescovo  imbarcò  la  sua  arma- 
ta óullo  Zuyder-zee,  e  corse  a  piene  vele 


UTR  39 

sopra  Monnikeiulan.  Ma  quelli  del  Ken- 
nemerland,  non  sì  tosto  egli  s'era  appres- 
sato, gli  distrussero  la  fiotta  e  lo  costrin- 
sero a  cercare  un  asilo  nell'Over-Yssel. 
Ritornato  ad  Utrecht ,  si  tirò  addosso 
nuove  sventure  ,  poiché  essendosi  rotto 
co'nobili  venne  arrestato  da  4  di  loro  che 
l'affidarono  alla  custodia  del  borgoma- 
stro, il  quale  per  un  anno  lo  tenne  pri- 
gione. Avendolo  poi  alcuni  paesani  libe- 
rato, egli  recossi  qualche  tempo  dopo  a 
Roma  coll'intenzione  d'abdicare;  ma  Bo- 
nifacio Vili  non  l'esaudì  ,  ne  rianisuò  il 
coraggio  ,  commettendo  al  vescovo  di 
Munsler  di  soccorrere  il  proprio  confra- 
tello contro  i  sudditi  ribelli.  GuQ[lielrao 
tornato  in  Olaiìda,  fece  leva  di  truppe,  e 
recossi  ad  assediar  Utrecht;  ma  Jacopo  di 
Lichtenberg,  dopo  averlo  respinto,  gli 
presentò  battaglia  presso  Hegevard,  nella 
quale  restò  ucciso  a'4  luglio i3oi.  Il  ca- 
davere sepolto  prima  nella  chiesa  de'  ca- 
valieri gerosolimitani  di  s.  Giovanni,  fu 
poi  traslato  nella  cattedrale  dal  successo- 
re. Questi  fu  tosto  Guido  d'Hainaut  ni- 
pote del  conted'Olanda,  eletto  a  pieni  vo- 
ti,già  tesoriere  diLiegi  e  canonico  diCam- 
bray;  ma  il  suo  competitore  Adolfo  di 
Valdeck  s'impadronì  d'alcune  piazze  del* 
rOver-Yssel,  dalle  quali  però  venne  su- 
bito cacciato.  Avendogli  procacciato  la 
sua  promozione  il  fratello  Giovanni  I( 
conte  d'Olanda,  per  gratitudine  nel  iBoS 
gli  condusse  alcune  genti  affine  di  cacciar 
i  fiamminghi  invasori.della  Zelanda.  Ap- 
pena sbarcato  col  contea'  2  5  marzo  nel- 
l'isola di  Duveland  fu  fatto  prigioniero,  e 
nel  tempo  di  sua  cattività,  i  fiamminghi 
profittando  delle  turbolenze  suscitatesi  ia 
Utrecht,  s'impadronirono  della  città  e  ne 
furono  espulsi  neliBo^.  Liberatosi  il  ve- 
scovo nel  1 3o5  col  cambio  fatto  con  Gui- 
do di  Fiandra,  tutte  le  sue  cure  dedicò 
alla  propria  chiesa.  Intanto  il  franoeseCle- 
(nente  V  avendo  stranamente  fissato  la 
residenza  pontificia  in  Ai'ignone  y  pro- 
mulgando nel  i3i  I  il  concilio  generale 
di  Vienna  v'invitò  Guido.  Questi  com- 


4o  UTR 

iiiciiilubiic  per  suiitilù  di  vita,  prudenza 
e  giustizia,  facondia  euilie  virlii,  fu  ao- 
collu  da'padri  culla  più  alla  venerazione, 
«j  ad  islan/a  di  Filippo  IV  re  di  Francia  il 
Papa  nel  i  3  i  7-  gli  olTrl  la  dignità  cardina- 
lizia; ma  il  virtuoso  vescovo,  ringraziato 
umilmente  Clemente  V,  ricusò  modesta- 
uieule  Tesibitogii  onore.  Il  re  lo  ritenne 
per  alcun  tempo  alla  sua  corte,   llicliia- 
mato  ud  Ulreclit  dalla  sollevazione  in- 
sorta tra' frisoni,  dopo  aver  tranquillala 
ugni  turbolenza,  si  die  tutto  a  liberare  d 
vescovato  da'debili  contralti  dagli  ante- 
cessori, ed  a  ristorare  le  piazze  cb'essi  a- 
-«veano  lascialo  cader  in  rovina.  Confer- 
mòenuovi  privilegi  concesse  ad  Utrecbt, 
ed  una  malallia  lo  rapì  a'vi  venti  nel  iv^iy. 
Subilo  ottenne  il  seggio  vescovile  il  pre- 
posto di  s.  Pietro  d'Utreclit,  Federico  li 
di  Zierick,  per  le  raccomandazioni  del  pa- 
rente Guglielmo  111  conte  d'  Olanda  ,  e 
com'erasi  iuipegnato  con  lui,  sotto  la  sua 
dipendenza  resse  la  chiesa.  L'episcopale 
consagrazioue  la  ricevè  in  PLUiiia  o  meglio 
MI  Avignone.  Non  pochi  sudditi  gli  si  ri- 
bellarono, e  fu  aiutato  contro  di  essi  da 
parecchi  vicini,  quindi  il  conle  li  fece  rien- 
trare nel  dovere  per  Giovanni  d'Arkel. 
L'eccelsa  torredella  cattedrale  fu  da  lui  rie- 
diiìcata  da' fondamenti.  Morto  nel  1822 
a'  20  luglio,  nell'anno  slesso  a  pluralilù 
di  sulliagi  fu  eletto  Jacopo  d'Oudshooro 
d'Ouslborn  decano  d'Utrecht,  conferma- 
to dall'arcivescovo  di  Colonia;  ma  cessò 
di  vivere  a' 20  settembre,  non  senza  so- 
spetto di  veleno,  perchè  al  conte  d'Olah- 
da  non  era  riuscito  fargli  anteporre  Ja- 
copo di  Zuden  preposto  de'  gerosolimi- 
laui.  Fu  lodalo  per  onestà,  probità,  reli- 
gione, scienza,  amore  alla  sua  chiesa  e  in- 
signe pietà.  Gli  successe  Giovanni  III  de 
Diesi  preposto  d'Anversa  e  figlio  di  quel 
castellano,  quantunque  i  vescovi  elellori 
altri  a  vesserò  designalo  a  vescovo,cioèG  io- 
vanni  di  Bionkborst  preposto  di  s.  Sal- 
vatore d'Ulrechl;  la  quale  elezione  i  con- 
ti d'Olanda  e  di  Gueldria  ,  e  il  duca  di 
Brabanle  fecero  auuullare  da  Giovauui 


U  T  R 
XXII  e  sostituire  il  Diesi.  Il  conle  d'O- 
landa godè  sotto  di  lui  della  stessa  auto- 
rità nella  chiesa  d'Utrecht  die  goduto  a- 
vea  nel  vescovato  di  Zierick.  Fondò  il  col- 
legio d'Amersforl,  terminò  i  suoi  giorni 
nel  i34o  e  fu  deposto  nella  cattedrale. 
Benedetto  Xll  gli  surrogò  il  romano  Ni- 
colò Capocci  (  /^.),  per  la  controversia  in- 
sorta fra  Giovanni  IV  d'Arkel  canonico 
della  cattedrale  scello  da  una  parie  del 
capitolo  a  istanza  del  conle  di  Fiandra, 
e  il  suddetto  Bronkhorst,  al  quale  il  con- 
te di  Gueldria  avea  procuralo  la  plura- 
lità de'  suffragi.  U  Capocci  costretto  ad 
abdicare  nel  1 34  (  ,ebbe  poi  la  chiesa  d'Ur- 
gel  e  il  cardinalato.  A  istanza  di  questi  il 
Papa  riconobbe  Giovanni  IV,  che  fu  con- 
sagrato  a  Roma,  al  dire  deWArle  di  ve- 
rificar le  daU'i  ma  io  trovo  piti  probabi- 
le  in  Avignone  ove  dimoravano  i  Papi  col- 
la curia  romana,  e  cosi  altri  vescovi  d'U- 
trecht. Allreltaulo  per  altri  disse  la  Gal- 
liachristiana^  ma  quantoa  Giovanni  IV 
lo  vuole  tiaslato  da  Munsler.  Il  suo  ze- 
lo fu  superiore  ad  ogni  elogio,  perchè  io 
due  anni  venne  a  capo  di  ricuperare  mol- 
ti castelli,  e  lutto  il  paese  d'Over-Yssel,già 
dato  in  pegno  per  debiti  al  conte  di  Guel- 
dria. Volendo  egli  fare  risparmio  delle 
rendite,  rilbrmò  tutta  la  corte  e  limitos- 
si  a  vivere  come  semplice  particolare  a 
Grenoble,  lasciato  il  governo  civile  del 
vescovato  al  fratello  Roberto  d'  Arkel. 
Durante  l'assenza  del  prelalo,il  conte  d'O- 
landa Guglielmo  IV,  seguito  da  quelli  di 
Cleves,  e  nel  1 345  assediò  Utrecht,  e  sta- 
va per  impadronirsene  quando  giunto  il 
vescovo,  colla  mediazione  di  Beaumont 
zio  del  conle  ottenne  tregua,  a  patto  che 
100  cittadini  si  recherebbero  a  chieder- 
gli grazia  a  capo,  ginocchia  e  piedi  nudi. 
Avendo  poi  il  nuovo  conte  Guglielmo  V 
ripigliale  f  armi  contro  il   vescovo  nel 
I  355,  queste  furono  incalzate  dalle  par- 
ti con  vigore  incredibile;  mail  vescovo  ve- 
dendosi abbandonare  da'  vassalli,  chiese 
e  ottenne  pace  nel  1  356.  D'allora  in  poi 
egli  5ulo  SI  occupò  di  utili  e  pacifiche  cu- 


U  T  R 

le,  neliu  cultedrale  eresse  lu  oappeila  ili 
s.  Gio.  Evangelista,  e  ranicchì  di  prezio- 
se suppellettili,  fondò  varie  scuole,  formò 
una  biblioteca  di  codici  e  sparse  nella 
diocesi  il  gusto  che  avea  per  le  lettere. 
Ollenne  da  Lodovico  V  il  Bavaro  pei* 
se  e  successori  nuovamente  il  diritto  di 
baller  moneta  con  proprio  conio,  e  dal- 
l'imperatore Carlo  IV  la  conferma  e  rin- 
novazione di  tutti  i  privilegi  di  sua  chie- 
sa. Trasferito  nel  1 364  ^  Liegi  da  Urba- 
no V,  gli  successe  GiovanniV  di  Wirnem- 
burgo.  11  suo  governo  fermo  e  vigoroso 
contenne  nel  dovere  i  cittadini,  già  dispo- 
sti alla  sedizione,  ma  a  costo  di  molli  do- 
minii  del  vescovato  che  fu  obbligato  a- 
lienare.  1  capitoli  d'  Utrecht,  scorgendo 
tal  deperimento  nel  temporale  dominio 
delta  loro  chiesa  ,  portarono  successiva- 
mente le  loro  querele  in  Avignone  a  Ur- 
bano V  e  Gregorio  XI.  Mentre  quest'ul- 
timo pensava  al  modo  di  soddisfarli ,  lo 
sfortunato  vescovo,  soccombendo  sotto  il 
peso  de^  suoi  disastri ,  intprovvisamente 
morì  a'  23  giugno  i  Sy  i .  Tosto  la  mag- 
gior parte  del  capitolo  scelse  Arnoldo  de' 
signori  di  Horn  (^'.),  il  quale  trovavasi  in 
Koma,  secondo  le  due  citate  opere,  ed  io 
ripelerò  in  Avignone, ove  fu  consagrato 
da  Gregorio  XI  ,  e  recatosi  al  vescovato 
ne  prese  possesso  a' 1 8  settembre.  1  citta- 
dini d'Utrecht,  co'quali  ebbe  diverse  di- 
spute intorno  a'rispettivi  loro  diritti,  ot- 
tennero finalmente  da  lui  nel  iSyS  una 
dichiarazione,  che  riconosceva  non  aver 
facoltà  d'impor  loro  nuove  tasse,  né  d'in- 
traprendere veruna  guerra  senza  l'appro- 
vazione de'3  ordini,  cioè  del  clero,  de'no- 
bili  e  de'citladiui.  £d  afnnchè  tal  diploma 
avesse  perpetuo  effetto  ,  venne  in  esso  in- 
serito,che  tutti  i  vescovi  successivi  nel  pos- 
sesso ne  giurerebbero  l'esecuzione.  Nello 
slesso  aunoil  vescovo  fu  assalito  o  minac- 
cialo di  prossima  guerra  dal  conte  d'  O- 
lauda,  a  motivo  di  certo  canale  che  il  pre- 
lato avea  costruito;  controversia  ternii.r- 
nalacon  trattalo  di  pace  nel  i  375.  Final* 
meolti  Giegurio  XI  si  recò  lu  Kuma  ucl 


UTR  4i 

i377  e  vi  ristabilì  la  papale  residenza. 
Ivi  morto  neh  378,  gli  successe  Urbano 
V I,  contro  il  quale  poco  dopo  i  cardinali 
francesi  elessero  scismaticamente  l'anti- 
papa Clemente  VII,  che  dando  principio 
al  grande  Scisma  d'occidente,  si  slabiFi 
in  Avignone:  i  popoli  furono  divisi  nel- 
r  Ubbidienza  di  Roma  e  d'Avignone,  ma 
la  Germania  e  la  Frisia  seguì  la  i."  JNel 
medesimo  1 378Urbano  V  l  trasferì  l'Horu 
a  Liegi,  per  morte d'Arkel,  e  nel  i38i  lo 
creò  cardinale,  dignità  che  ricusò  pel  tur^ 
balenio  scisma  che  divideva  l'unità  della 
Chiesa. Da  Munslera'22  novembrei378 
fu  Iraslato  a  Utrecht  Fiorenzo  di  Weve- 
lichoven,  per  le  cure  d'  Ottone  signore 
d'Arkel,  il  quale  di  più  costrinse  l'Horna 
rilasciare  i  castelli  della  chiesa  d'Utrecht 
che  pretendeva  ritenere  per  un  anno.Fio- 
renzo  fu  prelato  di  regolata  condotta,  e- 
conomojsaggio  e  zelante  pel  mautenimeii- 
lo  de'  suoi  diritti.  Ritirò  dalle  mani  de* 
creditori  del  vescovato,  per  7600  scudi, 
parecchi  castelli  e  villaggi  alienati  da'pre- 
decessori;  e  smantellò  il  castello  d'Eer- 
dem  da  dove  Evrardo  d'  Eslem   faceva 
molle  scorrerie  sulle  terre  d'Utrecht.  In 
questo  mezzo  Roberto  di   Viane  brigò 
per  soppiantarlo  nel  vescovato  d'Utrecht, 
ed  avendone  ottenuta  nel  1 38o  la  paten- 
te d'ammissione o  intrusione  dall'antipa- 
pa Clemente  VII,  si  apparecchiava  a  far- 
la valere.  Fiorenzo  però  l'obbligò  a  de- 
sistere ed  a  chiedergli  pace;  iodi  nel  1 382 
ottenne  dall'  imperatore  W^enceslao  la 
conferma  de'privilegi  di  sua  chiesa.  Sic- 
come poi  Enrico  burgravio  di  Montfort 
voleva  sostenere  la  sua  indipendenza  dal- 
la chiesa  d'Utrecht,  venne  nel  1387  as- 
salito dal  vescovo  e  costretto  coll'armi  a 
riconoscerne  l'alto  dominio.  La  Chrotii- 
ca  Bclg.  nel  i  39  1  riporta  un  concilio  ce- 
lebrato in   Utrecht,  contro  Jacopo  di 
Giuliers  francescano.  Fiorenzo  temuto 
da'^uoi  vicini  e  rispettato  da' suoi  vassal- 
li, come  principe;  quale  vescovo  fu  probo, 
prudente  e  dotto.  Morì  nel  venerdì  santo 
del  1 393  nel  castello  d'Haidcuberg,  e  fu 


42  UTR 

trosporlato  nella  caUedraledi  s.  Martino 
ila  lui  nnicclìila  criilensili  sagri.  Diiila 
»ede  di  Slrasburgo,a  istanza  del  duca  di 
(iueidriii  pe'  voli  del  capitolo,  passò  in 
cpiesta  Federico  III  di  Blaiikenlieicn con- 
fermato da  Ijoniiacio  IK,  in  onta  alle 
jorcomandazioni  d'  Alberlo  dnca  di  Ba- 
viera e  conte  d*  Olanda,  che  spalleggia- 
va Roggero  di  Bronkliorsl  tesoriere  di 
Colonia.  Federico  III  «li  molto  ingegno, 
ed  esperto  in  ambo  le  leggi,  sottomise  nel 
i3q5  alla  propria  chiesa  il  castello  di 
Coevorden  e  la  pi»ovinoia  di  Drente,  ch'e- 
ra stata  tolta  a'suoi  antecessori;  eie  an- 
ni dopo,  assedialo  il  c;iSlello  d 'Eberstein, 
lilenulo  il  più  forte  della  Germania  infe- 
riore, lo  prese  e  rovesciò  d.i'fondamenti. 
]*arechearmalo  di  tutto  punto  marcias- 
.«.e  ancora  sul  conte  di  Gueldria.  Confer- 
mò il  collegio  de'  canonici  di  Gulenbur- 
go,  istituito  da  Umberto  signore  del  ca- 
stello, e  morendo  nel  14^4  •"  Willanha- 
ven,  con  pompa  fu  portalo  nella  cattedra- 
le e  collocalo  in  elegante  avello.  Gli  suc- 
cesse Zvveder  de'signori  di  Gulenburgo  e 
d'Egmond,  per  la  pluralità  de' voli  del 
capitolo,  con  grande  rammàrico  de'uiol- 
ti  candidati,  che  i  potenti  vicini  avevano 
proposti.  Ma  uno  fra  loro,  Rodolfo  di 
Diephoul,  patrocinato  dal  duca  di  Cle- 
Tes,  s'niipadron'i  d'Utrecht,  cacciandone 
Zweder,  il  quale  quindi  trasferì  il  suo 
seggio  a  Dordrecht  sotto  la  protezione  di 
Filippo  il  Buono  duca  di  Borgogna.  Ora 
avendo  questo  principe  determinalo  di 
riporlo  sulla  sua  sede,  si  recò  ad  assedia- 
re Utrecht  in  persona;  respinto  nell'as- 
salto dopo  pugna  di  5  ore,  levò  il  campo 
e  tornò  in  Olanda.  Frattanto  Zwederim- 
padrouitosi  del  castello  di  Gorst  forzò  gli 
abitanti  d'Amersfort  non  meno  che  quel- 
li di  Ilhenen  a  riconoscerlo;  dopo  di  che 
costrinse  Rodolfo  a  sgombrare  d'Utrecht, 
ove  fece  il  suo  ingresso  nel 1 425.  Gli  €- 
siliati  che  l'aveano  seguito,  commìsero  in 
questa  città  enormi  eccessi,  proc<;deoJo 
UiQl'ullre  da  pugnalare  nel  proprio  letto 
il  buigoma&Uu  Bareud  Piovis,  ud  puu- 


UTR 

tu  che  gli  si  amministra  v«  il  Viatico.  Ro- 
dolfo si  pacificò  col  duca  nel  i43o,  ed  O" 
j>erò tanto deslramenle  nella  cortedi  Ro- 
ma, che  giunse  a  farsi  a-^solvere  dalle  cen» 
sm-e  e  confermare  da  Eugenio  IV.  Zvre* 
der  da  tal  giudizio  si  appellò  al  concilio 
di  Basilea  ove  si  recò,  ma  tu  sorpreso  dal- 
la morte  pendendo  il  giudizio  nel  1 433, 
e  restò  sepolto  nella  certosa  di  Basilea. 
CoM  Rodolfo  restò  pacifico  possessore  del 
vescovato  d'Utrecht,  non  ostante  l'elezio- 
ne che  una  parte  del  clero  avea  falla  di 
Walerano  di  Meurs,  e  la  conferma  poi 
ottenuta  dall' antipapa  Felice  V,  eletto 
da'  padri  di  Basilea  divenuti  scisin alici  e 
la  loro  conventicola  concili  ibolo.  Se  non 
che  ,  un'  imposta  che  volle  stabilire  nei 
i447jP6r  soddisfare  a'debiti  di  sua  chie- 
sa,gli  ammulinò  contro  una  parte  de'suoi 
canonici,  alla  cui  lesta  si  trovava  il  deca- 
no; e  la  discordia  procedette  a  tal  pun- 
to, che  impadronitisi  d'Ulrechl,  costrin- 
sero il  vescovo  a  ritirarsi  ad  Horst.  Wa- 
lerano profittando  della  congiuntura  vol- 
te far  risorgere  il  suo  partito;  ma  il  car- 
dinal di  Cosa  legato,  recatosi  nel  i449 
sul  luogo,  combinò  fra'  due  competitori, 
che  Walerano  rinunzierebbe  il  vescova- 
to d'  Utrecht  a  Rodolfo,  e  che  questi  Io 
jliuterebbea  salire  sulla  sede  di  Munster 
allora  vacante.  Rodolfo  in  seguito  ebbe 
nuovi  dissapori  cu'suoi  canonici,  i  quali 
nel  tempo  ch'egli  risiedeva  ad  Horst,  cac- 
ciarono i  suoi  amici  e  cambiarono  i  Dia- 
gistrali  delia  città.  Moiì  Rodolfo  di  cre- 
pacuore nel  e 455  e  fa  sepolto  nella  cat- 
tedrale. Dopo  1  4  giorni,  mercè  i  voti  de' 
5  capitoli  d'  Utrecht,  fu  innalzalo  al  ve- 
scovato Gisberto  de' signori  di  Bredero- 
de  arcidiacono  di  s.  Salvatore  della  me- 
desima. Subito  palesò  l'odio  suo  contro 
i  partigiani  di  Rodolfo,  colle  deposizioni, 
coll'esilio  e  colle  proscrizioni,  in  tal  mo- 
do cagionò  uno  scisma  ,  perché  i  perse- 
guitati ritirali  ad  Amersfort  procederono 
a  nuova  elezione,  che  cadde  su  David  di 
Borgogna  bastardo  del  duca  Filippo,  e  al- 
lora vescovo  diTerouaaae.  11  duca  spe- 


U  TR 
tfi  a  Roma  il  vescovo  d'Arras,  per  in- 
durle Calisto  \\\  a  confermare  quesla  e- 
Jezione,  e  l'ollemie,  benché  avesse  con- 
fermala queila  di  Gisberto;  e  ciò  perchè 
il  Papa  attendeva  soccorsi  dal  duca,  per 
la  guerra  contro  i  turchi.  Avendo  il  du- 
ca ottenuto  le  bolle,  si  dispose  a  collocar 
il  figlio  sulla  sede  d'Utrecht.  Dal  canto 
suo  Gisberto,  .sostenuto  dal  vescovo  e  da 
Rinaldo  suoi  fratelli,  si  apparecchiò  alla 
difesa;  ma  vedendo  d  duca, già  divenuto 
signore  di  molte   piazze  del   vescovato, 
approssimarsi  alla  capitale,  concluse  con 
lui  un  trattato  di  pace;  cioè  che  rinunzie- 
rebbe  in  favore  di  David  alla  sua  elezio- 
ne ,  ricevendo  dal  duca   per  indennizzo 
delle  spese  fatte  5o,ooo  leoni  d'oro  di 
Borgogna;  che  resterebbe  arcidiacono  di 
s.  Salvatore,  e  godrebbe  di  più  la  prepo- 
silura  di  s.  Dunaziano  di  Bruges,  col  ti- 
tolo di I. "consigliere  d'Olanda  e  cogli  e- 
inolumeiiti  doppi.  Approvata  la  rinunzia 
da  que'd'LIlrecht,  Gisberto  nel  i4^7  'i 
dichiarò  sciolti  dal  giuramento  di  fedeltà 
a  lui  prestato.  David  di  Borgogna  entrò 
allora   in   possesso  del    vescovato  d'  U- 
trechl;  e  sebbene  Devenler  avesse  ricu- 
fealo  di  riconoscerlo,  vedendo  sotto  le  sue 
mura  le  genti  del  duca  si  sottomise.  La 
buona  armonia  regnò  lungo  tempo  fra 
il  vescovo  ed  i  Brederode,  \\  cui  maggio- 
re R.inaldo  venne  dichiarato  governatore 
d'Utrecht;  ma  il  suo  procedere  e  quello 
de'suoi  congiunti  li  pose  poi  talmente  iu 
discordia  con  David  ,  che  finalmente  li 
fece  arrestare,  ed  assoggettare  più  volte 
alla  tortura  Piinaido  e  Walerano  suo  fi- 
glio, per  trarre  da  essi  la  confessione  de' 
delitti  onde  gli  accusavano  i  loro  nemici. 
La  violenza  de'lorjnenli  trionfò  della  co- 
stanza del  figlio  ,  il  quale  si  confessò  col- 
pevole; ma  però  non  produsse  lo  stesso 
effetto  sul  padre,  la  cui  innocenza  venne 
riconosciuta  nel  147^  per  sentenza  pro- 
nunziala da  Carlo  il  Temerario  duca  di 
Borgogna,  figlio  e  successore  di  Filippo 
il  Buono,  alla  lesta  de'cavalien  del  To- 
sun  d'  oro ,  di  cui  Biaaldo  era  membro. 


V  T  R  45 

La  morte  del  duca  Carlo,  avvenuta  a'5 
gennaio  i477 j  diiuinuì  1' ascendente  di 
cui  godeva  il  vescovo  d'Utrecht,  il  qua- 
le incessantemente  contrastato  da   qne* 
cittadini  abbracciò  il  partito  di  ritirarsi 
a  Wyck  nel   1481.  Continuavano  ogni 
giorno  le  turbolenze  in  Utrecht,  ove  gli 
Hoeckini  davano  la  legge;  e  gli  sforzi  che 
Massimiliano  arciduca  d'  Austria,  sposo 
di  Maria  di  Borgogna  erede  di  Carlo,  po- 
se in  opera  per  ristabilire  il  vescovo  nel- 
la sua  sede,  non  valsero  che  a  rendere  piti 
arditi  e  numerosi  idi  lui  avversari. JNel- 
r  incursioni    praticate  dalle  due   parti, 
scorgendo  il  prelato  l'ostinazione  di  que* 
d'Utrecht,  scagliò  contro  la  città  sentenza 
di  scomunica  e  d'  interdetto,  che  però 
venne  proibito  a'magislrati  di  riconosce- 
re. Tuttavia  nel  14^2  fu  determinato  di 
richiamarlojalìine  di  ristabilir  la  pace;  ma 
il  suo  ritorno  non  produsse  quel  bene 
che  si  sperava  ,  trovandosi  quasi  prigio- 
niero in  nìezzo  a  un  popolo  sedizioso  e 
mal  placato.  Allora  l'arciduca  Massiuri- 
liuno  si  recò  alla  testa  di  12,000  uomini 
in   .soccorso  di    David  ,  ed    insignoritosi 
d'  Utrecht  si  fece  riconoscere  dal  senato 
a'j  settembre  1483  qual  protettore  tem- 
porale di  questa  chiesa.   La   storia  delle 
peripezie  di  David   si   può  leggere  nella 
bolla  Eocigltprotervorurn^eaìanataa  fa- 
vore del  prelato  da  Sisto  IV,  e  riprodotta 
nella  Gallia  chrisliann.  Il  vescovo  pas- 
sò quindi  più  tranquilli  i  suoigiorni,ch'eb- 
bero  termine  a  Wyck-te-Duerstede  nel 
1496.  Assai  dotto,  interrogava  egli  me- 
desimo que'che  aspiravano  agli  ordini  sa- 
gri, ne  loro  li  conferiva  se  non  dopo  rigo- 
rose prove,  ed  un  giorno  di  3oo  candi- 
dati 3  soli  ammise  agli  ordini  sagri.   Ne 
fu  successore  Federico  IV  de'  marchesi 
di  Bade,  per  in»pegno  di  polenti  signori 
in  nome  dell'imperatore  Massimiliano  I, 
ed  il  suo  competitore  Filippo  de'  duchi 
di  Cleves  ebbe  il   vescovato  d'  Amiens. 
Federico  IV  sostenne  guerre  con  Alber- 
to di  Sassonia  sostenitore  de'  ribelli  fii- 
soui,  e  col  duca  di  Gueldria  pel  posses- 


44  u  T  R 

M>  d'alcune  fortezze,  il  quuie  ne)  1 5 1  i  fu 
tlu'citladiui  ti'  Ulieclit,  tnalcuiileuli  del 
vescovo,  dichiarato  loro  piotcllore  per 
fili  le«la  a  Fiorenzo  d'  Ysseisleiu  paili- 
^iauo  del  pieialo.  Ora  avendo  questi  leu- 
lalo  luil  iebUaio  di  scalar  le  mura  del- 
la città  cuiruiiito  del  ghiaccio,  le  genti 
di  Gueldiia  glielo  iutpediruno.  Lo  svi- 
lito di  sedizione  cosi  perseverante  ne' 
cittadini  d'Uliecht,  era  fondato  perchè 
Federico  IV  tutto  operava  senza  consul- 
tale gli  stati ,  onde  il  prelato  divisò  di 
rinunziare  il  vescovato,  e  nel  i5i6  lo 
cedette  a  Filippo  di  Borgogna,  altro  na- 
turale del  deftjiito  duca  Filippo  il  Buo- 
no, e  fratello  di  David,  mentre  poco  do- 
po Federico  IV  mori  di  vecchiaia  nel  Bra- 
banle  e  il  cadavere  fu  trasferito  a  Baden. 
Fdippu  era  aumiiraglio  d'Olanda,  onde 
contro  la  sua  inclinazione  e  solo  per 
«compiacere  Massimiliano  1,  acconsentì  al 
cambiamento  di  slato  ,  Leone  X  dispen* 
(>audulodagrillegitlimi  natidi.  I  cittadini 
d'Utrecht  videro  questa  nomina  con  ram- 
marico, pei  che  prevedevano  che  alla  fine 
dovevano  soggiacere  alla  dominazione 
austriaca;  ma  fu  d'uopo  piegarsi,  e  la  ma- 
gistratura accordò  con  buona  pace  quel- 
lo che  non  avrebbe  potuto  ricuperare 
colla  forza.  Filippo  quindi  entrò  in  pos* 
Stesso  di  sua  chiesa  alla  testa  di  i  ooo  ca- 
valli, ma  non  ne  fu  coasagrato  che  nel- 
l'anno seguente.  Questo  vescovo  vide  na- 
scere l'eresia  di  Lutero,  e  senza  aperta- 
mente abbracciarla  mostrossi  disposto  a 
favorirla.  I  progressi  dell'armi  de' duchi 
di  Gueldria  nella  Frisia  l'indussero  onde 
far  loro  fronte  a  chieder  soccorsi  a  Mar- 
gherita d'  Austria  governatrice  de'Paesi 
Bassi;  ma  le  genti  da  lei  somministrate 
operarono  in  vece  a  vantaggio  di  casa 
d'Austria,  che  resero  inleramente  signo- 
ra della  Frisia  a'iS  oltobrei523.  Il  ve- 
scovo finì  i  suoi  giorni  a  Duerstede  a'7 
aprile  i524  di  5^  anni.  Questo  prelato 
era  dotto,  ma  mollo  equivoco  nella  sua 
dottrina,  e  di  costumi  poco  regolali,  pru- 
(ieute  e  assai  pohtico.  Erasmo  di  Uotter- 


U  TU 
(lam  gli  dedicò  il  suo  commentario  sul- 
le  due  epistole  di  s.  Paolo  a  Ti  moteo.Ln* 
rico  di  Baviera  figlio  deireletlore  Pala- 
tino, fu  quello  sul  quale  cadde  la  scelta 
de'capiloli  d'Utrecht,  sollecitati  da  casa 
d'Auatiia,  per  vescovo  d'Utrecht.  Di  ma- 
la voglia  solfrivano  que'  cittadini  che  si 
trovasse  fra  le  mani  del  duca  di  Gueldria 
l'altra  diocesi  di  loro  provincia,  di  cui 
erasi  quasi  impadronito  durante  la  guer- 
ra della  Frisia.  Enrico  pertanto  si  assun- 
se l' incarico  di  ricuperarla,  e  nel  iSiy 
palleggiò  amichevolmente  col  duca  di 
riscattarla  mediante  l'osborso  d'una  som- 
ma di  denaro.  Ma  que'd'Utrecht,a'quali 
egli  voleva  imporre  un  tributo  per  que- 
st'oggetto, si  rifiutarono  di  pagare  pri- 
ma che  non  fosse  eseguito  il  trattato  ; 
parimenti  il  clero,  che  il  prelato  tentò 
d'aggravare  con  una  particolare  gabella, 
manifestò  la  medesima  opposizione,  e  ve- 
dendo che  si  minacciava  costringerlo, su* 
scilo  una  sedizione,  dalla  quale  trasse 
partito  il  duca  di  Gueldria  per  impadro- 
nirsi d'Utrecht.  Allora  il  vescovo  ricorse 
all'imperatore  Carlo  V,  ma  le  reciproche 
ostilità  non  ebbero  fine  che  col  trattalo 
concluso  a  Gorinchem  a*5  ottobre 1 528. 
Essendosi  le  nuove  erronee  opinioni  re- 
ligiose rapidamente  sparse  nel  paese, se- 
condale dalle  turbolenze,  gli  eretici  Pro- 
tes tanti  spiegarono  partito  pel  duca,  e 
gli  episcopali  ricorsero  al  patrocinio  del- 
l'austriaco Carlo  V.  Onde  ottenerlo  fu 
mestieri  di  cedere  a  questo  principe,  an- 
che sovrano  de'Paesi  Bassi  ossia  duca  di 
Brabante  e  conte  d'Olanda,  la  tempora- 
le sovranità  della  chiesa  d'Utrecht,  ch'e- 
gli riunì  alla  contea  d'  Olanda,  cioè  le 
Provincie  d'Utrecht  e  d'OverYssel.  La 
cessione  seguì  con  atto  del  vescovo  in  pre- 
senza e  col  consenso  de'  capitoli  a'  2 1 
ottobre  1 528,  in  mano  d'Antonio  di  Sal- 
vaiiig  conte  d'Hogslraten  incaricato  dal- 
l'imperalpie  Carlo  V,  e  da  lui  accellala 
a'  2  dicembre  seguente.  Dice  V  Arie  di 
verificare  le  date^  che  Papa  Clemente 
VII  ratificò  rS  maggio 1 53 1  la  Iraslazio- 


UTR 

ne  della  sovranità  temporale  della  chie- 
sa trUlrechl  in  Carlo  V  ;  ed  io  aggiun- 
gerò come  duca  di  Brabante  e  conte  d'O- 
landa, colla   bolla  Romanus  Poutìfcx^ 
presso  la  Gallia  Christiana^  ma  in  data 
de'20  agosto  i52g.  Carlo  V  avea  posio 
in  Utrecht  un  presidio  nella  rocca  mu- 
nilissima  da  lui  costruita,  ed  avea  pro- 
messo dal  canto  suo  con  allo  de*  3o  set- 
tembre i53o,che  rinnoTÒ  a'i2  novem- 
bre successivo,  di  conservar  tutti  i  privi- 
legi della  chiesa  d'Utrecht,  uno  de'quali 
consisteva  nel  diritto  de'  capitoli  d'  eleg- 
gere ed  istituire  il  loro  vescovo;  ma  dice 
ìlNovaes,  che  poco  dopo  Clemente  VH 
accordò  a  Carlo  V  la  nomina  del  vescovo 
d'Utrecht.  Enrico  di  Baviera,  ristretto 
alla  sola  autorità  spirituale,  così  poco  se 
ne  curò,  che  nel  1  Sag  rinunciò  il  vesco- 
vato nelle  mani  del  Papa,  ritlrossi  in  Ger- 
mania, ove  poco  dopo  ottenne  il  vescova- 
to di  Worms,  di  cui  era  coadiutore,  e 
mori  nel  1 552.  Così  terminò  la  potenza 
temporale  e  sovrana  della  chiesa  e  de' ve- 
scovi d' Utrecht.  Clemente  VII  nominò 
i.^'vescovo  d'Utrecht  senza  tale  principato 
il  cardinale  Willelmo  Enchenvocr,c\ìe  i 
Sanmarlani  dicono|nalivo  non  d'Utrecht, 
ma  hrahantimis  patriae  Silvae  Diicen- 
sis,  ossia  Bois-lc-Duc.  Risiedendo  in  Ro- 
ma, fece  prendere  possesso  dal  suo  procu- 
ratore, e  morì  in  Roma  nel  1 534  ove  sem- 
pre era  rimasto.  Gli  successe  Giorgio  de* 
conti  d'Egmont,  che  pacificamente  go- 
vernò, ornando  la  cattedrale;  più  coll'e- 
seropio  che  colle  parole  istruì  i  fedeli,  pio, 
limosiniero,  diligente  pastore,  severo  nel- 
l'ordinarei  chierici  che  voleva  idonei. Mo- 
rì nel  1559  nell'abbazia  di  s.  Amando,  di 
cui  era  amministratore  e  vi  restò  sepolto, 
il  cuore  venendo  tumulato  nella  catte- 
drale d'Utrecht,  di  cui  fu  l'ultimo  vesco- 
vo. Si  ponno  vedere  la  Batavìa  sacra,  h.. 
Malici,  De  nobilitate, de  Advocatis  Ec- 
clesiae  et  de  Comitatum  Hollandiae 
et  Dìoecesi  Ultraj'ectina,  Amstelodamii 
1816.  Giovanni  Vagenaar,  Storia  della 
patria^  che  contiene  ^li  avvenimenti  sue- 


u  t;*  R  45 

ceduti  ne* Paesi  Bassi  uniti,  ed  in  par- 
ticolare  in  Olanda,  dagli  antichi  teni' 
pi  fino  al  ì'jSiy  Amsterdam  1749:  -^^<'' 
moria  sulla  dignità  dello  Statolderato 
nelle  Provincie  Unite,  Amsterdam  1787. 
La  Storia  in  parie  fu  riprodotta  da  Gof- 
fredo Sellio  e  da  Benigno  Dnjardin  nel- 
r  Histoire  generale  des  Provincies-  U- 
nics,  Pa  ris  I  7  57  -  7  o . 

Arcivescovato  d'  Utrecht  e  scisma 
della  Chiesa  d' Utrecht. 

Carlo  V  d'Austria  imperatore  cede  al 
suo  figlio  Filippo  II  la  monarchia  di  Spa- 
gna (^^•),  e  la  sovranità  de'  Paesi  Bassi, 
cioè  V  Olanda  e  il  Belgio^  che  fece  gover- 
nare dalla  sua  sorella  naturale  Marghe- 
rita d'Austria;  ma  introducendovi  l'as- 
soluta autorità  colla  quale  dominava  la 
monarchia  spagnuola,  generando  mal- 
contento, scoppiò  poi  in  aperta  ribellio- 
ne. Intanto  penetrando  sempre  più  ne' 
Paesi  Bassi  il  veleno  delle  nuove  eresie, 
a  sostenimento  della  cattolica  religione, 
di  cui  era  zelantissimo,  Filippo  ]i  sup- 
plicò Papa  Paolo  IV  di  aggiungere  nella 
regione  agli  antichi  vescovati  altri,  e  di 
dichiarare  arcivescovati  le  chiese  d'  U~ 
trecht  per  l'Olanda,  Camhray  e  Mali" 
nes  pel  Belgio,  il  che  eseguì  eolla  bolla 
Super  Universas  Orhis  Eeelesias,  de* 
12  maggio  1559,  Bull.  Boni.  t.  4>  P»»*- 
I,  p.  359.  Alla  metropolitana  d'  Utrecht 
assegnò  per  suffraganei  i  vescovi  di  Har- 
lenijGroninga,  LeM'arden,  Middelburg, 
Deventer  (T''.).  Queste  chiese  costituiro- 
no r  episcopato  d'Olanda.  Peri."  arcive- 
scovo d'Utrecht  Pio  IV  a'i3  novembre 
I S^  I  promulgò  Federico  Schenck  de'ba- 
roni  di  Tautembergdi  Frisia, preside  del- 
la camera  di  giustizia  di  Spira,  assai  dot- 
to nelle  divine  e  umane  lettere  ,  ornato 
delle  qualità  richieste  in  un  pastore,  as- 
siduo nel  governo  del  gregge,  esempio  di 
pietà,erudito  e  facondo  predicatore,  scrit- 
tore e  confutatore  dell'eresie.  Così  la 
cattedrale  d'Utrecht  elevata  a  metropo- 
litana, tornò  alla  dignità  in  cui  era  sotto 
il  suo  x.°  pastore  s.  Willibrordo.  Frat- 


4G  U  T  II 

Innlo  tìiIflfnndo<»i  ne*  Pnesì  Rassi  1*  eresia 
dt  Calvinisti  Ugonotti,  solloii  nome  di 
Jiiendichi  o  Geusi,  la  lihellione  andava* 
si  organizzando,  cnpitanala  da  Guglielmo 
1  d'Or{in2;e,  che  orinata  mano  nel  1570 
entrò  nell'Olanda  e  Zelanda,  dalle  quali 
Provincie  fu  proclamalo  stadtholder.  In- 
di nel  gennaio  iSyp  in  Utrecht,  come 
già  dissi,  si  formò  la  famosa  unione  delle 
Sette  Provincie  unite,  formanti  la  repub- 
blica d'Olanda,  una  delle  rp.iali  fu  quella 
d'Utrecht,  venendo  solennemente  dichia- 
rato stadtholder  Guglielmo  I,  e  perdute 
per  sempre  daFilippo  1 1, succedendo  nella 
maggior  parte  de'popoli  la  rinunzia  alla 
fedecatlolica  per  abbracciare  l'eresia.  Fu 
promesso  che  la  religione  cattolica  ri- 
marrebbe libera  e  intatta,  compresa  la 
conservazione  de'religiosi  e  delle  morfa- 
che;  per  cui  i'  arcivescovo  d'  Utrecht  Fe- 
derico co'suoi  5  vescovi  sulFraganei  cele- 
brarono un  sinodo  provinciale,  e  forniro- 
no di  avvisi  salutari  il  clero  e  il  popolo,  a 
non  fidarsi  delle  fallaci  promesse,  e  tener- 
si in  guardia  da'  pestiferi  errori  che  am- 
morbavano la  regione  d'Olanda.  Malgra- 
do le  convenzioni  e  trattati  ,  confermati 
nell'unione  d'Utrecht,  i  protestanti  pre- 
sero la  somma  del  governo, perseguitaro- 
no il  clero,  invasero  conventi  e  monaste- 
ri, s'impadronirono  de'beni  ecclesiastici, 
oppressero  in  più  modi  i  cattolici.  La  per- 
secuzione tosto  prese  grandi  proporzioni, 
il  clero  secolare  e  regolare  fu  cacciato  dal- 
le Provincie  unite  all'Olanda;  la  sede  ar- 
civescovile d'Utrecht  e  le  chiese  vescovili 
sufFraganee  furono  empiamente  soppres- 
se e  distrutte,  ed  i  cattolici  miseramente 
dispersi,  esiliali,  calunniati,  atrocemente 
perseguitali.L'arci  vescovo  d'Utrecht  Fe- 
derico, afflittissimo  ivi  morì  a'25  agosto 
i58o  e  fu  sepolto  nella  sagrestia  della 
metropolitana.  Non  ebbe  successori,  on- 
de i  Papi  nominarono  vicari  apostolici 
d'Ulrechtedell'Olanda,  insigniti  del  gra- 
do di  vescovi  in  partihus.  La  Gallia 
r/j/7>//V7«tì5  registra:  IN.  conte  di  Renebur- 
go.  Giovanni  Brukesio  designato  vesco- 


U  TR 
vo.  SasboldoVosmero  arcivescovo  di  Fi- 
lippi. Giacomo  della  Torre  arcivescovo 
d'Efeso.  Giovanni  Neerkassel  vescovo  di 
Casloria.  Indi  riporta  la  serie  de'preposli 
e  tie'decani  dell'antica  chiesa  d'  Ulrecht. 
La  s.  Sede  colla  morte  dell'  arcivescovo 
Federico  riguardò  come  estinto  l'arcive- 
scovato d*  Utrectit  e  il  suo  capitolo  me- 
tropolitano. Di  quanto  precedetle,accom- 
pagnò  e  seguì  la  soppressione   dell*  epi- 
scopato d'Olanda,  non  meno  dell'origine 
e  progressi  dello  scisma  della  chiesa  d'U- 
trecht, per  aver  abbracciato  il  Giansrni' 
stno  (F.)  con  pseudo  arcivescovo  d'  U- 
trecht,  e  pseudi  vescovi  d'Harlem  e  De- 
venter,  ne  trattai  nel  voi.  L,  p.  1 49  e  seg., 
sino  e  inclusive  al  falso  e  scismatico  Steen- 
hovcn,  tutti  condannati  successivamente 
da'Papi,  come  scismatici  e  come  gianse- 
nisti refiattari.  Dappoiché  i  successori  di 
Steemhoven,  che  poi  riporterò,  nell'esse- 
re eletti  da'pseudi  canonici  vengono  con- 
dannati da'Papi,  nel  ricevere  la  parteci- 
pazione da  detto  scismatico  capitolo,  che 
osa  impudentemente  chiederne  la  confer- 
ma. I  giansenisti  da  circa   un  secolo  e 
mezzo  spiccati  come  membra  putride  dal 
vivo  corpo  della  Chiesa  di  Dio  ,  essi  non- 
dimeno s'infingono  appartenerle.  Appe- 
na i  pretesi  arcivescovi  e  vescovi   di   tal 
setta  hanno  ricevuto  la  scismatica  con- 
sagrazione  ,  s'  alFreltano  di  scrivere  al 
sommo  Pontefice  parole  di  fedeltà  ,  di 
sommissione  e  di  ubbidienza.  L'unica  ri- 
sposta di  sì  sfacciata  impostura,  è  la  di- 
chiarazione dell'  incorsa  scomtmica,  che 
suol  esser  loro  inviala  con  lettere  apo- 
stoliche sottoscritte  dal  segretario  de'bre- 
vi  a''principi,  dopo  pubblicate  colle  stam- 
pe e  artisse  dal  maestro  de'cursori   apo- 
stolici ne'soliti  luoghi  in  Roma,  e  princi- 
palmente nelle  pareli  esterne  delle  basi- 
liche patriarcali  Lateranensee  Vaticana, 
della  Cancelleria  apostolica,  della  Curia 
generale  a  Monte  Citorio,  della  Piazza  di 
Campo  de'fiori.  In  forma  di  breve  dal 
Papa  si  partecipava  puvea'Dilectis  Fi- 
liis  universis  catholicis  in  Belgio  Bata^ 


UT  R 

vo  coìiinioranlihus.  Atliinqitee  come  pro- 
misi nel  luogo  cilalo,  vado  ad  accennare 
la  continuazione  dello  seismo  della  chie- 
sa d'Ulrechl,  ripetendo  quanto  rignaida 

10  vSleenhoven.  I  due  pretesi  capitoli  iVX]" 
liecht  e  d'Hailero  dopo  essersi  usurpata 
la  giurisdizione  del  vicariato  apostolico 
dOlanda,quello  sedicente  d'Utrecht  com- 
posto di  7  chierici  refrattari  giansenisti, 
nel  I  723  elesse  per  proprio  chifDerico  ar- 
civescovo Cornelio  Sleenhoven,  che  sa- 
crilegamente fu  consagrafo  nel  1724  da 
mg/  Domenico  M.'  Vailet  vescovo  di 
liabilonia  ,  il  quale  pure  era  interdetto 
e  scomunicato;  ed  invece  di  due  vescovi 
assistenti,  che  non  poterono  trovare,  con- 
tro le  regole  ecclesiastiche  supplirono  due 
falsi  canonici.  Papa  Benedetto  XIII  sco- 
miinirò  il  nuovo  pseudo  arcivescovo  e 
quelli   che  1*  aveano  eletto  e  consagralo. 

11  breve  Qua  so  Ili  ci  ludi  ne,  dal  Papa  e- 
manalo  a'22  febbraio  lyaS  e  diretto: 
nili'ctisFiliisuniversis  catholicis  inFoc' 
dcrato  Belgio  commorantibns,  si  legge 
pure  nel  Bull.  Pont,  de  Propagandafi- 
<^/r,  Appendi X,  t.  2,p.  i  i.  Sleenhoven  pre- 
tendendo di  stabilire  la  nuova  chiesa 
d'Utrecht  die  principio  allo  scisma  tut- 
tora esistente.  Poco  dopo  morì  a'3  apri- 
le 1725  lo  Steenhoven  ,  ed  a'  16  dello 
slesso  mese  fu  da'refraltari  giansenisti  e- 
letto  per  nuovo  prendo  arcivescovo  d'U- 
trecht Cornelio  Berckmans  Roitiers,  il 
quale  sacrilegamente  consagrato  dallo 
scomunicalo  Varlet  vescovo  di  Babilo- 
nia, fu  come  il  predecessore  sospeso,  in- 
terdetto e  scomunicato  da  Benedetto  XI I  \ 
col  breve  Novis  istic,  dei3  agosto  i  725, 
Bull.  Rom.  1.12,  p.  23.  Morto  repenti- 
namente il  Berckmans  a' 1 5  maggio  1 782, 
gli  fu  sostituito  dagli  scismatici  canonici 
Teodoro  Wander  Croon,che  il  suddet- 
to vescovo  di  Babilonia  consagrò  a'  28 
ottobre  1783  collo  stesso  sacrilego  rito 
de'due  precedenti.  Clemente  XII  con  bre- 
ve de*  17  febbraio  1735  dichiarò  nulla 
l'elezione  di  lui,  ed  esecranda  la  sua  con- 
sagrazione,  il  perchè  Teodoro  si  appellò 


UTR  4? 

al  futuro  concilio.  Mori  egli  nel  giugno 
1789 ,  e  dopo  ^\n  mese  gli  fu  siurogato 
Gio.  Pietro  Meindarls,  il  quale  Clemen- 
te XII  col  breve  Magna  nos,  de'6  otto- 
bre 1739,  Bull.  Rom.  l.  i4>  p.  392,  lo 
dichiarò  incorso  nelle  più  severe  censu- 
re, irrita  l'elezione,  vietandone  la  consa- 
grazione  in  arcivescovo,  e  proibendogli 
l'esercizio  dell'ordine.  Ma  a*  18  dello 
slesso  mese  fu  consagrato  arcivescovo 
d'Utrecht  dal  sacrilego  Varlet  vescovo  di 
Babilonia.  Indi  Papa  Benedetto  XIV  col 
hveve  Àuget  Pastoralem,  de'24 gennaio 
1 74  r ,  Bull.  Bened.  XIV,  l.  r ,  p.  1 3,  lo 
sospeseda  ogni  esercizio  dell'ordine  e  giu- 
risdizione vescovile,  dichiarò  interdetto, 
scomunicato  e  proscritto  come  sedutto- 
re, lupo  insidioso  e  (ìglio  d'iniquità.  Mo- 
ri frattanto  il  vescovo  di  Babilonia  Var- 
let a'i4  n»fìggioi742,  onde  non  restava 
alla  setta  giansenistica  della  falsa  chiesa 
d'Utrecht  altro  vescovo  che  ilMeindarts, 
['uomo  più  perduto  nello  scisma.  Egli 
dunque  perchè  non  mancasse  la  succes- 
sione de'vescovi  scismatici  della  nuova 
chiesa  d'Olanda,  ravvivò  l'estinto  vesco- 
vato d'Harlem,  e  ne  creò  e  consngrò  ve- 
scovo a'2  settembre  174^  Girolamo  de 
Bock,  al  qtiale  Benedetto  XIV  prima  col 
breve  Quamquam  inhaereuft,  del  (."set- 
tembre, Bull,  cit.,  p.  92  ,  dichiarò  nulla 
l'elezione  e  illecita,  proibendo  la  consa- 
grazione;poi  condannando  la  seguila,con- 
Irò  il  consagranle  e  il  consagrato  fulmi- 
nò la  scomunica  col  breve  Obsurdescìt 
quotidie  magis,  de'  20  dicembre  ,  Bull. 
cit.,  p.  I  o3.  Girolamo  essendo  morto  1'  (  i 
dicembrei744>  Meindarts  gli  sostituì  a' 
1 5  maggio  I  74^  Giovanni  W^an  Stiphout 
pseudo  curato  d'Amsterdam,  e  nel  luglio 
seguente  lo  consagrò,  dandone  parte  con 
temeraria  arroganza  a  Benedetto  XiV, 
nel  chiedergli  la  conferma  del  commesso 
suo  reato.  Il  Papa  col  breve  Hieronymo 
de  Bock,  de'26  giugno  l'j^S,  Bull,  c'ìt., 
p.  236,  annullò  l'elezione  del  pseudo  ve- 
scovo d'Harlem,  e  con  censure  gli  vietò 
di  farsi  consagrare.  Saputosi  poi  dal  Pa- 


48  UTR 

pa  la  seguila  consagrazione,  la  con{!ann^ 
con  sentenza  di  scomunica  pe'fhlsi  con- 
sagratore  e  consagrato,  mediante  ii  bre- 
-ve  Tarn  praeclaram,  de'28 agosto  1 74^, 
Bull,  cit.,  p.  244-  Di  pii:i  Benedetto  XIV 
nello  stesso  giugno  a  vea  condannato  l'ap- 
pellazione d'ambedue  al  futuro  concilio, 
col  breve  /altissimo  Divinac  Provìden- 
tiacy  de'26  giugno,  Bull,  cit,,  p.  287  : 
Damnatio  et prohibitio  libri yCiijus  titu- 
lus  est:  Illustrissimorum,  acRcverendis- 
siniorum  Archiepiscopi  Ultraj'ec  tensile  t 
Episcopi  Harleniensis  instriimentwn 
Appellalionis  ad  Concilium  generalcm 
futuriwit  a  diiobus  brevìbus  a  Sanctis- 
simo  alias  expcdilis  ad  Catholicos  in 
Foederato  Belgio.  Questi  brevi  di  Be- 
nedetto XIV  e  de'  stioi  predecessori  sa- 
ranno nella  storia  ecclesiastica  un  perpe- 
tuo monumento  non  meno  della  perfìdia 
ostinata  de'settari  giansenisti  d'Utrecht, 
che  della  pazienza  e  illuminata  vigilan- 
za, come  della  energica  e  salutare  severi- 
tà de'Papi  in  difesa  della  Chiesa  e  della 
purità  della  fede,  onde  preservare  i  cat- 
tolici olandesi  dalie  mani  degli  scismatici 
e  da*  loro  errori.  Finsero  dipoi  gli  sci- 
smatici di  volersi  riconciliare  colla  s.  Se- 
de, e  però  Benedetto  XIV  nel  1748  sta- 
bill  avanti  di  se  una  congregazione  di 
cardinali,  dalla  quale  uscì  il  decreto  de* 
6  ottobre,  in  cui  si  dichiarava  ,  che  gii 
ultragettini  sarebbero  riammessi  alia  co- 
munione della  Sede  apostolica  e  della  s. 
Chiesa,  quando  essi  sottoscrivessero  pu- 
ramente il  formolario  di  Alessandro  VII, 
nel  quale  si  condannano  le  5  Proposi' 
zioni(y.)  cavate  dal  libro  di  Giansenio; 
e  si  sottomettessero  sinceramente  alle 
pontifìcie  costituzioni  emanate  contro  gii 
errori  di  Giansenio  e  di  Quesnello.  Que- 
sta sola  richiesta  fu  confermata  con  altro 
decreto  della  stessa  congregazione  depu- 
tata delr.**maggioi749;nia  gli  scismati- 
ci stettero  saldi  alla  negativa  della  richie- 
sta condizione,  onde  la  s.  Sede  si  vide 
necessitata  a  rigettare  suo  malgrado  le 
loro  istanze.  Nel  1752  Benedetto  XIV  ri- 


UTR 

c^s^  d'accettare  il  trattato;  ma   prote- 
stando gli  scismatici  con  una  dichiara- 
zione de'  1 2  settembre,  che  non  avrebbe- 
ro acconsentito  giammai  alla  sosci  izione 
pura  e  semplice  del  formolario  Alessan- 
drino ,  né  mai   accettata  la  costituzione 
Unigenitus  Dei  Filiusy  coWa  quale  Cle- 
mente XI  condannò  in  globo  f  o  i  propo- 
sizioni di  Quesnello  contenenti  il  danna- 
lo giansenismo,   per  quante  spiegazioni 
venissero  loro  date,  cosi  la  proposta   ri- 
conciliazione non  si  avanzò  niente  di  più. 
Frattanto  il  sacrilego  Meindarls  nel  1 757 
eresse  nuovamente  il  vescovato  di  De- 
venter,  ed  a'25  gennaio  1758  ne  consa- 
grò vescovo  Bartolomeo  Byevelt,  pseudo 
parroco  di  Rotterdam,  di  cui  fu  riprova- 
la l'illegittima  e  incompetente  elezione, 
come  altresì  la  nuova  erezione  del   ve- 
scovato, da  Benedetto  XI V  con  breve  de' 
29  dicembre  I  758,  col  quale  il  Papa  fece 
conoscere  agli  scismatici,  che  non  erano 
essi  tanto  audaci  nell'avanzare  lo  scisma, 
quanto  egli  vigilante  nell'abbatterlo.Cre- 
sciulo  secondo  il  narrato  il  niuiìero  de* 
falsi  vescovi  della  nuova  chiesa  d'Olan- 
da ,  il  Meindarls  essendosi  arrogalo  nel 
1763  il  diritto  di  metropolitano,  convo- 
cò e  tenne  a'  1 3  settembre  un  sinodo  pro- 
vinciale nella  sagrestia  della  chiesa  par- 
rocchiale di  s.  Geltrude  d*  Utrecht,  al 
quale  egli  presiedè,  coli' intervento  de* 
pseudo  vescovi  sufTraganei    della    falsa 
chiesa  d'  Utrecht,  cioè  d*  Harlem   e  di 
Deventer,  di  6  canonici  e  9  parrochi,  tul- 
li come  giudici   (ecco  il  fonte  donde  il 
Ricci  poi  vescovo  di  Pistoia  attribuì  a* 
curati  l'eguaglianza  de'  vescovi  nel  giu- 
dicare al  suo  famoso  sinodo,  che  Pio  VI 
condannò  con  bolla  dogmatica),  e  di  al- 
tri ecclesiastici,  come  teologi,  che  ne  ven- 
nero fìno  dalla  Francia.  In  questo  Conci- 
liaholo^W  scismatici  slessi  slabilironoca- 
noni  intorno  alla  fede,  a'  costumi  e  alla 
disciplina,  come  se  perciò  avessero  l'au- 
torità, di  cui  erano  privi.  Il  presidente 
ne  pubblicò  gli  alti  colla  stampa,  ed  eb- 
be ii  temerario   ardire  di  parteciparli 


UTR 
con  lettera  (le'2  i  settembre  al  Papa  Cle- 
mente  XIII,  adi  domantiaine  la  confer- 
mn.  Qiiesto  vigilante  pastore  della  Chie- 
sa universale  ,  dopo  maturo  e  rigoroso 
esame,  e  perfettamente  consapevole  del- 
le ree  massiniedi  questi  scismatici,  lo  di- 
chiarò nullo,  illegittimo  e  detestabile;  lo 
chiamò   conciliabolo  d'  Utrecht,  ne  re- 
scisse,  irritò  e  cassò  gli  atti  tutti  ,  e  ne 
vietò  severamente  la  lettura,  la  vendita 
e  la  distribuzione.  Ciò  fece  colla  bolla  Non 
sinc  acerbo  aiiinio,  de'3o  aprile  1765, 
Bull,  Ro/n.  coni.  t.  3,  p.  67,  e  Bull.  Pont, 
(le  Prop.  fule^  l.  4>  P«  9^-  bidi  Clemen- 
te Xi  li  col  breve  L'gregìatn  a  Nobis^  de* 
29  ottobre  1765,  Bull.  Boni.  cont.  l.  3, 
p.  i4o:  Colonienses  Unù'ersilateni  coin- 
meiidat  prò  evulgato  judìcio  contra  li- 
bruni  Justìnii Febronii^et  Acta  Pseudo- 
Synodi  Ultrajeciinae.  E  col  breve  Pa- 
storaltm  Epistolani ,  emanato  in  detto 
giorno,  Bull,  cit.,  p.  i/^w   Cuni  Episco- 
po Leodicnsi  gratulatur  prò  pastorali 
ab  ilio  edita,  etevulgatione  Apostolicae 
Constitutionis,(jua Pseudo-Synodus  Ul- 
trajectina  proscrìbitur.  Essendo  morto 
Meindarlspseudo  arcivescovo  d'Utrecht, 
com'era  vissuto,  ostinato  sempre  nella  sua 
detestabile  disubbidienza,  i  falsi  canonici 
d'Utrecht  gli  surrogarono  Gualtero  Mi- 
chele Van-Nieuwenhysen,  che  il  pseudo 
vescovo  d'  Harlem  Van-Stiphout  consa* 
grò  a'7  febbraio  1768.  E  Clemente  XIII 
lo  sospese,  interdisse  e  scomunicò  col  bre- 
ve Etsi  satisj  dell. ''giugno  1768,  Bull. 
Boni.  cont.  l.  3,  p.  5 1 7,  e  Bull,  de  Prop. 
fide  ,  t.'4j  pi  i5.  Si  riaprirono  tuttavia 
i  trattati  di  riconciliazione  nel  pontifica- 
to di  Clemente  XIV,  fra  le  risposte  me- 
morabili del  quale,  dice  Cancellieri  nel- 
la Storia  de'  possessi  ù  p.  4^4  >  nierita 
menzione  distinta  quella  che  die  ad  uno 
che  gl'introdusse  il  discorso  della  riunio- 
ne della  chiesa  d'Utrecht:  Adorate,  cjuae 
incendistis;  incendile,  quae  adorastis. 
Le  trattative  dell'unione  si  proseguirono 
col  successore  Pio  VI,  ma  siccome  da 
questi  Papi  volevano  gli  scismatici  uaa 

VOL.  LXXXVII. 


U  T  R  49 

dissimulazione,  che  i  refrattari  medesimi 
detestano  in  Libcrioed  in  Onorio  I,  e  dal- 
l'altra parte  non  volevano  piegar  la  men- 
te all'apostoliche  ordinazioni; così  questi 
nuovi  tentativi  andarono  nuovamente  a 
vuoto,  non  ostante  la  costanza  e  la  dol- 
cezza, che  in  essi  vi  adoperarono  succes- 
sivan)ente  i  due  nunzi  apostolici  di  Brus- 
selles,  Busca  e  Zondadari,  poscia  cardina- 
li, de'quali  tutte  le  savie  e  zelanti  premu- 
re restarono  inutili,  pe' cavilli  solili  de* 
giansenisti.  Morì  intanto  nel  dicembre 
1777  il  falso  vescovo d'Harlem  Van-Sti- 
phout, a  cui  dagli  scismatici  fu  dato  per 
successore  Adriano  Broekman  ,  parroco 
diCorleuJjurg.  Il  Nieuwenhysen  pseudo 
arcivescovo  d'  Utrecht,  dissimulando  le 
passale  vicende,  ne  partecipò  l'elezione  a 
Pio  VI,  e  con  inaudita  baldanza  gliene 
domandò  l'approvazione.  A  questa  sfac- 
ciataggine inorridì  il  Papa,  e  seguendo  le 
vestigia  de'  suoi  predecessori  diresse  il 
breve  Piane  cognitmn  vobìs,  de'22  luglio 
1778,  Bull.  Boni.  cont.  t.  6,  p.  20,  a' 
cattolici  delle  provincie  unite  d'Olanda, 
in  cui  riprovò  e  dichiarò  nulla,  nefanda, 
illegiltima  e  sacrilega  tale  elezione,  la  re- 
scisse ed  abrogò  il  pseudo  vescovo  d'Har- 
lem Broekman  da  ogni  uso  della  giuris- 
dizione vescovile,  e  sotto  pena  delle  più 
tremende  censure  vietò  al  pseudo  arcive- 
scovo d'Utrecht  Nieuwenhysen,  ed  a  qua- 
lunque altro  ancorché  legittimo  vescovo 
o  arcivescovo  di  consagrarlo.  Sperava  Pio 
VI  che  questo  rigore  temperalo  da  e- 
spressioni  amorevolissime,  facesse  torna- 
re ravveduti  i  refrattari  giansenisti  al  suo 
seno,  ma  con  indicibile»,suo  rammarico 
seppe,  che  a'2  i  luglio  si  passò  alla  con- 
sagrazione  dell'elello,  dal  quale  lo  stesso 
Papa  ricevè  una  lettera  scrittagli  nel  dì 
seguente,  in  cui  gli  partecipa  l'avvenuto. 
A  tanto  eccesso  di  temerità  stimò  Pio  VI 
di  dover  fulminare  nuove  censure  col 
breve  Dcdinius  advos,  de' 5  agosto,  Bull. 
cit.,  p.  28,  egualmente  diretto  agli  stessi 
cattolici  dimoranti  nelle  provincie  olan- 
desi, ed  a  ferire  que*  pertinaci  colla  sco- 

4 


5o  UTR 

niunica,i  quali  insultavano  la  s.  Sede  con 
lelteiedi  simulata  sommissiuno,  accom- 
pagnate dagli  atti  della  più  ostinata  disub- 
J>idienza.  La  nìorle  del  Dycvclt,  clie  si  di- 
ceva vescovo  di  Devenler,  die  luogo  ad 
altra  sacrilega  elezione  nella  persona  di 
Nicola  Nelleman,  parroco  di  s.  Orsola  di 
33eUt  e  canonico  d'CJlreclil,  segnila  a' 2 
settembre  I  778.  il  IN'ieuwenliysen  locon- 
sagrò  a'28  ottobre,  e  con  nuovo  insulto 
j)rontameute  partecipò  l'elezione  e  la  con- 
sagrazionea  Pio  Vl,ilqualecol  breve  iW 
va- et  in  cìies  dcleriora,  de'  18  gennaio 
1779,  Bull,  cil.,  p.  64,  le  riprovò  e  a- 
natematizzò ,  rilavando  in  esso,  die  se 
alla  cousagrazione  di  Broekman  sedicen* 
te  vescovo  d'Harlem  vi  fu  solitudine,   a 
cagione  del  diinìnnìto  numero  de'settaii 
giansenisti,  clie  ogni  giorno  andava  sce- 
mando nelle  [)rovincie  olandesi,  questa 
del  INelleman  fu   privala  e  clandestina, 
per  arrossire  il  consogranle  di  sua  ulte- 
riore temerità.  Indi  l'erudito  ex  gesuita 
canonico  di  Bergamo  conte  Luigi  Mozzi 
nel  I  785  stampò  in  Ferrara:  Storia  coni- 
pcndiosn  dello  scisma  della  niiovachie- 
sa  d'L'tiechtf  diretta  a  monsignor  Ve- 
scovo di ...  da  D.  A.  D.  C.  All'egregioau- 
lore  Pio  VI  spedì  un  breve  di  congra- 
tulazione. Ne  die  ragguaglio  il  Giorna- 
le. Ecclesiastico  di  Roma  nel  1. 1,  p.  23, 
il  quale  osserva  e  loda  le  riflessioni   con 
cui  si  vendica  la  Cbiesa  roo)ana  dalle  ca- 
lunnie de'suoi  nemici,  i  quali  pretendono 
tlie  abbia  esercitata  tirannia  contro  gli 
nllrajeltini,  e  s'impugna  l'insussislente  e 
infame  parallelo  fatto  dal  conte  di  Trauts- 
inandorf  della  condotta  della  Cbiesa  ro- 
mana riguardonglinllrojettini  medesimi, 
con  (|uelia  tenuta  da'  vescovi  africani  a 
riguardo  (ìe  Donatisti.  Sì  osserva  altresì 
dall'autore  della  Storia,  cbe  la  Cbiesa  di 
Francia  è  andata  su  ciò  coslanlemenle 
d'accordo   colla  romana,  e  cbe  molte 
volle  è  stata  quella  lai."  a  esercitare  al- 
cuni alti  d' ecclesiastico    rigore   contro 
quella  tal  cbiesa  ,  e  molte  altre  cose  si 
avvcilonu;  precipuameiile,  cbe  tanto  in 


UTR 

Ulrecbt  clic  negli  altri  luoglii  d*  Olanda, 
il  numero  di  que*  cbe  da  Roma  ricono- 
sciuti sono  per  cattolici  e  cbe  vivevano 
contentissimi  sotto  la  direzione  de'vicari 
apostolici,  era  molto  maggiore  dell'altro. 
1  nollre  del  bergamasco  Mozzi  si  ha  la  Sto* 
ria  delle  ris'oUizioni  della  chiesa  d'I!- 
trecìity  Venezia  1787.  Il  Bercastel  nella 
Storia  del  Cristianesimo,  l.  34,  n.°i86 
e  seg.,  ragiona  de'maneggi  degli  ultrajel- 
tini  per  riconciliarsi  colla  s.  Sede,  ripro- 
vando la  costante  avversione  all'  ubbi- 
dienza ,  percliè  lenendo  sempre  il  lin- 
guaggio della  rassegnazione,  ricalcitrava- 
no a[)ertamenfe  alle  voci  del  supremo  pa- 
store de'fedeli,  e  pretendendo  di  volerle 
seguire,  conoscendo  d'essere  separali  dal- 
l'unità dellu  cattolica  Cbiesa,  e  sforzan- 
dosi di  fur  credere  cbe  non  ne  erano 
punto  disgiunti.  Riporta  egli  pure  i  frat- 
tali di  riconciliazione  con  commendati- 
zia dell'imperatrice  Maria  Teresa,  inta- 
volati con  Clemente  XI V,  onde  concepite 
buone  speranze  da'  deputali  baiavi  in- 
viati a  Roma,  tosto  gli  ultrojettini  rima- 
sero delusi  dal  riferito  risoluto  e  brusco 
dilemma  pronunziato  dal  P^pa:  Adora 
ciochehai  abbruciato ,  abbrucia  ciò  che 
haiadorato.  Intese  dire:  accettino  prima 
gli  ultrajeltini  il  formolario  d'Alessandro 
VII  e  la  bolla  Unigenilus  di  Clemente 
XI,  detestino  la  resistenza  finora  fatta  al- 
l'uno e  all'altra;  pel  resto  ci  presteremo 
a  lutto,  ma  senza  di  questo  non  occorre 
di  venire  a  parlamento,  e  li  licenziò.  Nar- 
ra pure  i  tentativi  falli  dagli  ultrajetlini 
con  Pio  VI,  andati  a  vuoto  per  ostinarsi 
nelle  loro  erronee  privale  opinioni  ,  per 
orgoglio  ricusando  sollometlersi  a'  giu- 
dizi della  Cbiesa.  Parla  ancora  il  Berca- 
stel de'pseudo  arcivescovi  e  vescovi  d'U- 
Irecbt,  Harlem  e  Devenler,  degli  scismi 
di  quelle  cbiese,  e  de'brevi  di  riprovazio- 
ne di  Pio  VI.  Nel  i833  fu  stampata  in 
Fermo  l'Allocuzione  tenuta  in  Utrecht 
nel  tempio  cattolico  di  s.  Martino  a'RB, 
Pastori  delle  sagre  missioni  d'Olanda 
il  dì  20  settembre i'jc)i  dall'apostolico 


UTR 

superiore  arch>escovo  di  Nixihi  Cesare 
Brancadoro,  allora  nunzio  di  Crusselles 
e  poi  cardinale,  veramente  degna  di  quel 
retante  e  dotto  principe  della  Cliiesa  ro- 
mana. In  essa  ricorda  la  visita  fatta  ne* 
luoghi  delle  missioni  apostoliche  «l'Olan- 
da, l'amministrazione  de'sagramenti  del- 
IaConfermazione,deirEucnrislia,deirOr- 
dine,  del  suo  amore  e  sollecitudine  ver- 
so il  gregge  afìldatogli,  lo  slato  progressi- 
vo e  lodevole  delle  missioni;  e  si  ammira- 
no l'esortazioni  evangeliche  con  facon- 
dia pronunziate.  Ricordò  a*  detti  parrò- 
chi  ecooperatori. «Che  dall'infausto  prin- 
cipio di  cpieslo  deplorabile  scisnja  sino  a' 
dì  nostri,  tulle  le  volte  che  o  la  temerità 
del  capitolo  ultrajettino  si  avanzò  ad  e- 
lensersi  un  arcivescovo,  o  l' intruso  anti- 
canonicamente  a  tal  grado  pretese  di  de- 
stinare de'pseudo  vescovi  in  Harlein  o  a 
Deventer,  la  s.  Sede  apostolica  con  let- 
tere in  forma  di  breve  di  rette  a'fedeli  del- 
la federazione  del  Belgio,  solennemente 
dichiarò  così  fatta  elezione  e  designazio- 
ne illecita,  nulla,  irrita,  invalida  allatto, 
e  la  susseguitane  consagrazione  nefaria, 
sacrilega,  esecranda  ,  scomuniche  fulmi- 
nando ed  anatemi,  e  della  cattolica  co- 
munione privando,  e  denunciando  come 
vitandi  eletti  insieme  ed  elettori  ,  consa- 
grali e  consagranti,  e  tutti  coloro,  che  co- 
munque prestato  a  vesserò  aiulo,consigl  io, 
consentimento  ed  opera  in  tali  elezioni  e 
consagrazioni:  non  ignorate  che  la  mede- 
sima s.  Sede  gli  eletti  e  consagrati  ,  de* 
quali  parliamo,  pronunziò  sos[)esi  da  qua- 
lunque esercizio  tanto  dell'  ordine  quan- 
to della  giurisdizione  ,  e  che  tutte  le  de- 
stinazioni da  loro  fatte  e  da  farsi  per 
qualsivoglia  officio  al  regime  dell'aninje 
appartenente,  decretò  irrite  e  di  nessiui 
tralore,  e  stabilì,  che  si  avesse  a  riguardar 
come  sospesi,  ed  anche  irregolari ,  se  a- 
vessero  esercitalo  gli  ordini,  tutti  coloro 
che  per  l'autorilà  di  tali  vescovi  ricevu- 
to avessero  l'  imposizione  delle  mani". 
Rammenta  i  sunnoniinati  Papi  ch'ebbe- 
ro il  costante  iuteudimeuto  d'  estirpare 


UTR  Si 

questo  scisma,  deplorando  che  allora  fra* 
gallicani  emigrati  e  fra'  preti  esuli  da 
Francia ,  per  la  fede  de*  padri  loro  e  la 
fedeltà  ai  re,  frequentavano  le  chiese  sci- 
smatiche e  nelle  cose  divine  comunicava- 
no coU'arcivescovo  interdetto,  con  pub- 
blico scandalo.  Esortando  i  cattolici  o- 
landesi  a  vivere  separali  e  lontani  dagli 
scismatici  e  da'  loro  seguaci,  ma  di  non 
mai  perseguitarli  co'detti  o  co'  fatti,  con 
ingiurie  o  contumelie,  dovendo  esser  be- 
nigni e  compassionevoli,  e  piegare  Dio 
perchè  si  ravvedino,  secondo  le  paterne 
pontificie  esortazioni.  Gli  successe  nella 
soprintendenza  interina  delle  missioni  in- 
glesi, e  qual  superiore  delle  missioni  d'O- 
landa, mg."^  Annibale  della  Genga  arcive- 
scovo di  Tiro  e  nunzio  di  Colonia,  poi  glo* 
rioso  Leone  XII.  A  suo  tempo  essendo 
morto  il  pseudo  arcivescovo  d*  Utrecht 
Nieuwenhysen,  a*io  maggio i  797  gli  fu 
dato  in  successore  Gio.  Giaconìo  Van- 
Rhyn,checonsogròil  falso  vescovo  d'Har- 
lem  Broekinan;  laonde  Pio  VI  col  breve 
Ferlaiiis  ad  Nos y  de'  26  agosto  «797, 
Bull.  Rom.  coiit.  t.io,  p.  i  (6,  ne  con- 
dannò l'elezione  e  la  consagrazione  ,  di- 
chiarandolo sospeso  e  scomunicato  vi- 
tando. Il  successore  Pio  VII  ne  rinnovò 
la  sentenza,  anche  per  aver  consagrato  » 
vescovo  d'Hailem  e  suo  pseudo  suHraga- 
neoGiovanniNieuwenhysen,  condannan- 
do e  scomunicando  ambedue  col  breve 
Dani  urgente  univcrsif  del  i.**  ottobre 
1802,  Bull,  cit.,  t.  r  r,  p.  4^2.  Elettosi 
a  vescovo  di  Deventer  Gisberto  de  Jong, 
Tarcivescovo  Rhyn  lo  consagrò  assistito 
dall'altro  scismatico  vescovo  d'  Harletn, 
contro  lo  statuito  da'  sagri  canoni  e  dal 
pontificale  romano,  e  de  Jong  ebbe  l'ar- 
dire di  parteciparlo  a  Pio  VII  con  lettera. 
Il  Papa  col  breve  Perlatae  ad  Nos-^iìtì 
1 4  dicembre  i8o5,  Bull,  cit.,  t.  12,  p. 
4oo,  condannò  tale  elezione  e  consagra- 
zione, i  falsi  arcivescovo  e  vescovi  e  chiun- 
que vi  avesse  cooperato,  dichiarandole  ir- 
rite, nefande,  sacrileghe,  illegittime,  per- 
chè fatte  contro  le  leggi  della  Chiesa,  e 


52  UTR 

che  fossero  riconosciuti  per  scismniici  e 
scomunicali  vitandi.  Il  pseuilo  de  Jong 
vescovo  di  Devenler,dopo  over  conlribiii- 
lo  all'elezione  di  Willibroido  Vai»  ()s  a 
scismatico  arcivescovo  d'Utrecht,  locon- 
sagrò  a' 24  api  ilei  81 4;  e  Pio  VII  nello 
slesso  anno  col  breve  Inter  niaximns, 
de'7  settembre,  Bull,  cit.,  I.i3,  p.  827, 
condannò  l'elezione  e  1'  ordinazione  ,  di- 
chiarandole illecite,  nulle,  illegittime,  sa- 
crileghe, fuhnininidu  l'anatema  conlro  i 
sedicenti  vescovo  e  arci  vescovo,non  meno 
conlro  quelli  clie  vi  cooperarono.  Narra 
il  n.°  67  del  Diario  di  Roma  del  1825, 
che  gli  ostinali  scismatici  d'  Utrecht  a- 
\endo  proclamato  di  recente  vescovo  di 
Deventer  GuglielmoVet,-il  quale  con  let- 
tera de'i3  giugno  1825  non  arrossì  di 
rendere consapevoledi  sua  elezionee  con- 
sagrazioneil  Papa  Leone  XII;  penetrato 
il  santo  Padre  da  quest'esempio  di  per- 
tinacia negli  errori  giansenistici,  e  nella 
disunione  dal  centro  dell'ortodossa  uni- 
tà, a' 19  agosto  diresse  un  breve  aposto- 
lico a  tulli  i  cattolici  dimoranti  nel  Bel- 
gio Datavo  per  avvertirli  della  nullità  di 
tal  promozione,  e  dell'ecclesiastiche  cen- 
sjue  da  cui  Irovansi  innodati  tanto  il  pro- 
clamato quanto  quelli  i  quali  nella  sacri- 
lega inaugurazione  sua  avevano  avuto 
parte;  e  paternamente  gli  esortò  a  fuggir- 
ne il  consorzio,  e  rimanere  costanti  nel- 
la cattolica  comunione.  Terminando  il 
breve  con  mostrare  il  più  vivo  deside- 
rio del  ravvedimento  de'traviati,  che  es- 
so implora  con  fervide  preci  al  Signore. 
Dice l'Arlaud  nella  Storiadi  Leone  XII^ 
che  essendo  l'Olanda  agitala  dalle  tur- 
bolenze che  vi  suscitava  una  riunione  co 
iiosciuta  sotto  il  nome  di  piccola  Chie- 
sa^ Leone  XII  col  dello  breve  si  rivolse 
a'caltolici  d'Olanda,  gemendo  nel  veder 
la  Chiesa  cattolica  turbata  dallo  scisma 
d'Utrecht;  ed  osando  Guglielmo  Vet  ap- 
pellarsi vescovo  di  Deventer,  con  aver  a 
hii  notificato  la  sua  elezione,  con  lettera 
che  r  intruso  avea  studiatamente  inor- 
pellala di  adulazioni,  secondo  i  canoni  del 


UTR 

codice  giansenistico.  Riporta  il  n.T)  del 
1  Hai  io  di  Homa  del  i82(),  che  essendo 
morto  lo  scomunicato  e  scismatico  Van 
Os  arcivescovo  d'  Ulreclil,  gli  scismatici 
di  sua  setta,  sempre  costanti  nella  loro 
perlinacia,  siurogorono  a  lui  con  crimi- 
nosa illegalità  Giovanni  Van  Santen;  il 
quale  unendo  l'insolenza  alla  colpa,  con 
audacissima  lettera  osò  annunciare  In  sua 
elezione  e  consagrazione  alla  s.  Sede,  ri- 
cercando da  Leone  XII  d'essere  ricono- 
sciuto per  legittimo  pastore  delia  chiesa 
d'Ulrecli  l.Non  poteva  il  Papa  in  tale  cir- 
costanza dimenticare,  siccome  quegli  sci" 
scismatici  avrebbero  voluto,  la  sua  digni- 
tà di  supremo  Gerarca,  l'autorità  della 
Sede  apostolica,  e  le  prescrizioni  de'sagri 
canoni:  onde  con  lettera  apostolica  de'i3 
gennaio  1826,  diretta  a  tutti  i  cattolici 
del  Belgio  Baiavo,  nella  pienezza  de 'suoi 
pontificii  poteri,  sottopose  rigorosamen- 
te Giovanni  Van  Santen  alle  medesime 
censure  ecclesiastiche  di  i.^  classe,  delle 
quali  era  stato  gravato  da  Pio  VII  il  pre- 
decessore Van  Os.  Il  Santo  Padre  nondi- 
meno, in  mezzo  a'suoi  giusti  rigori,  non 
volle  chiudere  allo  scismatico  le  vie  del 
ravvedimento,  ne  toigli  la  speranza  del 
perdono;  per  cui  si  degnò  far  sapere  pa- 
ternamente, colla  lettera  apostolica,  che 
se  il  Van  Santen  abiurava  il  suo  scisma, 
ubbidiva  alle  leggi  di  s.  Chiesa,  veneras- 
se i  decreti  della  s.  Sede,  egli  lo  accoglie- 
va cou»e  figlio  carissimo  fra  l'amorevoli 
sue  braccia,  contento  di  poter  esclamare: 
Abbiamo  curato  la  Babilonia^  ed  ella 
e  sanata.  Sia  benedetto  il  santo  nome  di 
7>^/o.GregorioXVI  (che da  cardinale qual 
plenipotenziario  di  Leone  XII  avea  con- 
cluso col  re  de'  Paesi  Bassi  il  concorda- 
to che  riporta  il  Bull.  Rom.  cont.  nel  l. 
1 7,  p.  90,  che  il  Papa  approvò  colla  bol- 
la Quodj'aindiu  maximis^  de*  1 6  agosto 
1827,  e  promulgò  nel  concistoro  de'  17 
setlefnbre  coll'allocuzione  Quas prò  in- 
staurandisy  loco  cit.,  p.  94;  quindi  altre 
cose  dovè  operare  sotto  Fio  FIIIj  e  ri- 
ferii il  tulio  ne'qui  ricordali  articoli)  col 


UT  R 

breve  In  Snncta  hac  Pi- tri  iSer/^,de'4  set- 
tembre 1 843,coiidannò  l'elezione  e  la  con* 
sagrazione  d'Enrico  Giovanni  Van  Bimt 
nuovo  vescovo  falso d'Harlem,  consiigia- 
lo  da  Vaii  Sanlen  arcivescovo  scismatico 
d'Utrecht,  pronto  di  ricevere  ambedue 
nel  grembo  della  Chiesa  cattolica  seab- 
biiirassero  i  loro  errori.  Nel  i853  Er- 
manno Heykamp  divenne  nuovo  vesco- 
To  settario  di  Devenler,  ed  imitando  l'u- 
so degli  scismatici  suoi  maggiori,  scrisse 
le  soli  le  frasi  alla  s.  Sede.  Il  regnante  Pio 
IX  in  virtù  del  potere  apos^tolico  scomu- 
nicollo,  e  con  lui  quanti  concorsero  alla 
nomina  e  alla  consagrazione  del  mede- 
simo, ordinando  ne'  termini  più  formali 
che  tutti  i  cattolici  abbiauli  in  conto  di 
scomunicati.  Nel  voi.  LXXIlljp.  4^,  nar- 
rai quanto  precede,  accompagnò  e  segui 
il  decretalo  dogma  dell'Immacolato  Con- 
cepimento di  Maria  Vergine,  nel  dicem- 
bre 1 854  promulgato  dal  medesimo  Pio 
IX;  e  uell'accennare  le  dimostrazioni  so- 
lenni e  universali  di  giubilo  religioso  per 
slcomuiovente  avveiémento, ricordai  pu- 
re quelle  de'catlolici  del  Belgio  e  dell'O- 
landa. Quindi  osarono  gli  attuali  3  falsi 
arcivescovo  d' Utrecht,  e  vescovi  d'  Har- 
lem  e  Deventer  ,  scismatici  e  giansenisti 
della  provincia  d'Utrecht,  tulli  scomuni- 
cali e  già  condannati  dalla  s.  Sede,  di  pub- 
blicare una  riprovevole  pastorale  col  ti- 
tolo: l'ierderliik  Ondcrrìgit  van  den 
Aertshisscop  van  Utrecht ,  en  de  Bìss» 
choppcn  van  Ilaarlenien  Deventer  over 
de  Oubevelekte  Ontvangenis  der  IL 
Maaagd  31aria(\L\e&\.:  Instruclio  Pasto- 
ralis  Archiepiscopi  Ultrajecti  ac  Episco- 
porum  Harlemensis,  et  Daventriensis  su- 
per Immnculata  Couceptione  D.  Mariae 
Virginis).  Te  Utrecht,  By  J.  z\.Van  Woe- 
slenbergi856.  Con  decreto  della  s.  r.  In- 
quisizione de'  4  dicembre  i856  fu  con- 
dannata e  proibita  di  stamparsi,  ritenersi 
e  leggere  da'  cattolici  l'iniqua  Pastorale 
con  grave  censura  ,  e  posta  nell'  Indice 
de' libri  fìToibitiy  il  tutto  approvando  il 
Papa  Pio  IX. 


U  T  U  53 

Ristabilimento  della  Gerarchia  eccle- 
siastica nella  Neerlandia  o  Paesi 
Bassi. 

Conviene  che  anzi  tutto  faccia  un  fu- 
gacissimo cenno  del  riferito  da  me  al- 
I'articoloPAESiBASsi,per  meglio  compren- 
dere quanto  precedette  il  glorioso  avve- 
nimento, e  quali  cose  lo  prepararono  e 
maturarono.  Grande  fu  il  male  che  pro- 
dusse a'cattolici  l'infelice,  deplorato  e  o- 
stinato  scisma  della  sedicente  chiesa  d'U-^ 
trecht,  infinite  le  vessazioni  e  le  violenze 
patite,  sì  pe'giansenisti  e  sì  pe'dominanti 
protestanti;  mirabile  ed  edificante  la  co- 
stanza nella  vera  fede  de' medesimi  cat- 
tolici. In  conseguenza  dell'insurrezione 
del  1787  de'Paesi  Bassi  contro  Giuseppe 
Il  imperatore  d'  Austria,  i  cattolici  della 
repcdjblica  d'Olanda  doveano  ricuperare 
la  libertà  religiosa;  ma  quantunque  la 
chiesa  cattolica  fosse  annoverata  tra  !e 
religioni  tollerale  dallo  stato,  soltanto  nel 

I  798  ricuperarono  esse  le  chiese  e  altri 
loro  edilizi,  tranne  i  cattolici ,  che  però 
nel  resto  furono  emancipati,  prima  essen- 
do malamente  tollerato  il  loro  culto.  An- 
zi nell'Olanda  settentrionale  che  a'catto- 
lici per  la  loro  immensa  maggioranza  si 
doveano  restituire  tutte  le  chiese  e  altro, 
poco  essi  ottennero.  Nel  1806  1'  Olanda 
da  Napoleone  I  imperatore  de'francesi  fu 
eretta  in  regno  a  favore  del  fratello  Lui- 
gi, padre  di  Napoleone  III  regnante  im- 
peratore de'francesi,  indi  nel  1 809  la  riu- 
nì al  suo  impero,  ed  i  cattolici  provaro- 
no alcuni  miglioramenti.  Però  nel  181 5 
nell'erezione  del  regno  de'Paesi  Bassi,  in 
cui  fu  compresa,  nuovamente  la  chiesa 
cattolica  fu  posla  sotta  una  specie  di  tu- 
tela, e  quindi  dal  governo  neerlandese  si 
operò  sempre  a  danno  de'catlolici.  Il  per- 
chè Pio  VII, ch'era  entralo  in  trattative 
col  governo  per  organizzarvi  l'ecclesiasti- 
ca gerarchia,  non  ebbe  la  consolaziooedi 
vederne  il  progresso,  restando  troncate. 

II  riportato  concordato  tra  Leone  XII  Pa- 
pa e  re  GuglielTno  I,  concluso  dal  cardi- 
nal Cappellari  e  dal  coute  di  Cellus  nel 


54 


UTR 


1827  ,  ili  che  riparlai  n  Umvebsita  di 
LovAKio  e  nella  hiogialia  ili  Pio  Fllly 
per  volere  del  governo  non  recò  a  Inlli 
i  cntlolici  del  regno,  e  spccialmenle  alla 
chiesa  d'Olanda,  qne'vanloggi  ch'erano 
siali  slipolali.  Leone  XI 1  e  il  cardinal  Gap- 
pellari  ebbero  con  tale  allo  precipuamen' 
le  in  mira  il  rislabilin^ento  delld  gerar- 
chin  cailolica  per  tulio  il  regno,  ina  nel- 
l'esecuzione del  concordalo  la  sola  parie 
meridionale  del  regno,  ossia  il  Belgio,  ne 
provò  gli  ellelli.  Finainienle  neh  83  i  la 
rivoluzione  del  Belgio,  da'Paesi  Bassi  se- 
parò affatlo  le  provincia  meridionali,  co* 
stituite  nel  nuovo  regno  del  Belgio^  ri- 
conosciuto da  Gregorio  XVI  col  manda- 
re un  nunzio  apostolico  in  Brusselles,  re- 
stando le  Provincie  settentrionali  sollo  lo 
scettro  di  Guglielmo  l,col  nome  di  regno 
INcerlandese  o  óe' Paesi  Bassi.  Dopo  a- 
vere  riferito  nel  ricordalo  articolo  una 
rassegna  storica  intorno  allo  sialo  della 
religione  cattolica  in  Olanda  e  altre  prò- 
vincie  settentrionali,  dalla  fatalissima  pre- 
tesa riforma  sino  al  1 840,  aggiunsi  le  no- 
tizie sino  ali85o;  e  passai  indi  a  descri- 
vere la  ^fissione  delle  ^  Arcipretured'  O- 
landa  o  settentrionali  de'Paesi  Bassi,  che 
per  loro  eterna  sventura  con  ribellarsi  a 
Filippo  li  abbandonarono  la  religione 
cattolica  per  abbracciare  l'eidetica  sella 
del  calvinismo.  Pertanto  descrissi  le  mis- 
sioni,! decanali  e  loro  luoghi.  i.°  Dell'ar- 
cipreture  ^'Olanda  e  di  Zelandayhi.* 
con  Amsterdam  capitale  dell'Olanda,  già 
costello  d'Amslel,  residenza  dell'aicipre- 
le  d'Olanda,  da  Napoleone  1  dichiarata 
la  3.^  cillà  dell'impero  francese,  dopo  Pa- 
rigi e  Roma;  la  2/  con  residenza  dell'ar- 
ciprete di  Zelanda  all'Aja  capitale  del 
regno  de'Paesi  Bassi,  coulenenle  l'arci- 
prelura  anche  Harlem,  lacui  cattedrale 
è  la  più  grande  dell'Olanda,  non  che  Mid- 
delburgo.  a.'^Deirarcipretura  d'Utrecht, 
colla  residenza  dell'arciprete  in  Utrecht. 
S.**  Dell' arcipretura  di  Gueldria,  con 
Arohem  residenza  del  suo  arciprete.  4" 
Pell'arciprelura  di  Over  Yssel  oXhweu- 


UTR 
the,  con  Delden  capoluogo,  risiedendo 
l'  arciprete  in  Vasse  presso  Almeloo.  5." 
Dell'arciprelura  di  Salland  e  Drenlhe,co' 
capoluoghi  Zwolle  della  1.'  provincia,  e 
Assen  tiella  2.*  residenza  dell'arciprete. 
6. ''Dell'arciprelura  di  Frisia  o  Friesland, 
con  Lewarden  capoluogo  e  residenza  del- 
l'arcijìrete.  7.°  Dell' arcipretura  di  Gro- 
ninga,con  Groninga  capoluogo  e  residen- 
za dell' arcip)  eie.  Queste  provincie  cosi 
divise  costituiscono  7  arciprelure  o  di- 
stretti, a  ciascuno  de'  quali  presiede  un 
arciprete,  che  sotto  di  se  ne' decanati  in 
cui  sono  riparlile  l'  arciprelure  hanno 
molti  parrochi,  con  4  06  parrocchie  e  4^0 
chiese.  La  missione  dipende  per  la  s.  Se- 
de    iuimediatamenle    dalla   cardinalizia 
congregazione  di  Propaganda  ^/V/c.  L'in- 
caricalo d'affari  0  inleruunzio  apostolico 
del  Papa  all'  Aja,  per  decreto  di  Grego- 
rio XVI  nel  i83i  fu  dichiarato  vice-su- 
periore delle  medesime  missioni  d'Olan- 
da. Inoltre  riportai  la  statistica  del  clero 
secolare  e  regolare,  degli  stabilimenli  s\ 
di  pubblico  insegnPnìento  che  di  pia  be- 
neficenza. Dissi  che  nel  1834  il  governo 
regio  offri  uno  stipendio  al  clero  cattolico, 
cioè  un  3."  dell'  assegnato  al  protestante, 
facendo  il  confron lo  numerico  de'catto- 
liei  cogli  acattolici.  Dal  1840  in  poi,  os- 
sia dal  re  Guglielmo  II  soltanto  si  verificò 
la  libertà  del  culto  cattolico.  Siccome  il 
il  re  Guglielmo  11  pel  suo  regno  d'Olan- 
da o  Paesr  Bassi  nel  1840  voleva  attua- 
re il  concordato  elaboralo  dal  cardinale 
che  allora  governava  la  Chiesa  col  nome 
di  Gregorio  XVI,  per  le  gravi  opposizioni 
che  trovò  ne'prolestanli,  si  contentò  che 
intanto  ilPapa  istituisse  i  discorsi  vicariati 
apostolici  e  meglio  stabilisse  i  preesisten- 
ti. Finaluìente  tiescrissi  i  5  vicariali  apo- 
stolici de'Paesi  Bassi  del  Brabanle  setten- 
trionale, i, ''Il  vicariato  apostolico  di  Bois- 
le-Duc,  dicui  neh  83  I  Gregorio  XVI  fe- 
ce amministratore  apostolico  d.  Enrico 
Den-Dubbelden,  indi  nel  1842  lodichiarò 
vicario  apostolico  e  vescovo  d'  Emmaus 
in  parlibusj  e  nello  stesso  tempo  gli  as- 


UTR 

segnò  per  coadiutore  mg/  Giovanni  Zuy- 
sen  (alluale  arcivescovo  tl'Utreclil)  e  ve- 
scovo ili  Gena  in  parlibus  ,  dappoiché 
iti  tulli  i  vicariali  aposloiici  d'OIamla, co- 
me in  Inghilterra  eaIlrove,quel  Papa  vol- 
le porre  de'vescovi,  pel  da  lui  vagheggialo 
proponimento  e  vasto  concetto  di  ripristi- 
narvi la  gerarchia  ecclesiastica.  2."  il  vica- 
riato apostolico  di  Grave,  Ravestein  e  Me- 
gen,  eretto  neh  83  i  daGregorio  XVI, e  lo 
dièinainmiiiistrazioiieal  precedente  vica- 
rio apostolico  con  residenza  in  Grave. 3."  11 
vicariato  apostolico  di  13reda,  istituto  nel 
i8o3  da  Pio  VII,  e  meglio  stabilitone! 
1842  daGregorio  XVI,e  vi  pose  un  vesco- 
vo a  vicario  apostolico,  con  residenza  in 
Creda.  ^°  11  vicaiiato  apostolico  di  Liin- 
bargo,neli84o  istituito  da  Gregorio  XVI 
con  estensione  grandissima,  e  nominò  un 
vescovo  a  vicario  apostolico, con  residenza 
in  Limburgo.  5.°  Il  vicariato  apostolico  di 
Lussemburgo, istituito  da  Gregorio  XVI 
nel  1840,  dichiarantlo  un  vescovo  vicario 
apostolicOjCon  residenza  in  Lussemburgo. 
Oltre  la  descrizione  tle'luoghi  de'mento- 
vati  vicariati,  ragionai  dello  sluto  religio- 
so di  ciascuno,  e  notai  che  tali  vicari  apo- 
stolici furono  consagrati  damg."^  Cornelio 
Lodovico  barone  di   W^kersloolh  e  di 
Schalkwyk,  da  Gregorio  XVI  tanto  sti- 
mato enei  1 832  fatto  vescovo  di  Curiuni, 
il  i.°  vescovo  olandese  che  dopo  piti  di 
100  anni  fece  residenza  in  Olanda,  e  si 
recò  in  Roma  a*3i  gennaio  i84o.  L'in- 
defesso zelo  religioso  di  Gregorio  XVI 
per  la  propagazione  ed  esaltazione  della 
Chiesa  universale  non  si  limitò  alle  cure 
paterne  delle  7  arcipreture  delle  missio- 
ni d'Olanda,  ed  allo  stabilimento  de'  5 
accennali  vicariati  apostolici  della  slessa 
ede'Paesi  Bassi,  ma  come  narra  ancora 
ing."^  Fabi-Montaoi  a  p.  6,  //  Semina- 
rio  Pio  ,  moltissimo  caldeggiò  e  sospirò 
la  restituzione  alla  Neerlandia  e  Paesi  Bas- 
si della  sua  gerarchia  ecclesiastica,  il  che 
pure  dichiarò  il  venerando  successore  Pio 
iX coll'allocuzione  Curii placucrit,\\(\uiì' 
ebbe  la  gloria  di  poterla  cifettuure  nel 


UTR  55 

modo  che  vado  a  narrare,  avendone  io 
già  fallo  cenno  nel  più  vulte  citato  articolo 
pubblicato  nel  i  S5  r  ,con  dire  delle  copiose 
suppliche  indirizzategli  da'cattolici  d*0- 
landa  per  ottenere  de'  vescovati  come  in 
nntico.  Perciò  raccontai,  che  nel  dicem- 
bre i85o  il  governo  acattolico  d'Olandii 
del  reGugliehno  111  regnante,  mentreera 
internunzio  apostolico  e    vice-superiore 
delle  «nissioni  d'Olanda  mg.XarloBelgra- 
do  (ora  vescovo  d'Ascoli,  e  di  cui  nel  voi. 
LXXzMI,  p.  io5),  avea  manifestalo  un 
profondo  rispello  alle  libertà  religiose, 
col  dichiarare  che  vedrebbe  colla    mag- 
gior soddisfazione  il  ristabilimento  della 
gerarchia  della  Chiesa  cattolica  ne'Paesi 
Bassi,  coerentemente  al  principio  e  alla 
GOtnunicazione  nel  1  84*2  latta  sotto  il  pon- 
tilìcato  di  Gregorio  XVI,  al  sinodo  della 
sedicente  chiesa  riformata  Neerlandese 
de*  Paesi  Bassi,  per  la  libera  organizza- 
zione delle  dilferenti  comunioni  religio- 
se; principio  confermato  poi   nel  1848 
nella  revisione  delle  leggi  fondamentali. 
Ora  colla  Civiltà  CaUoiica  e  l'  udiciale 
Giornale  di  Roma  vado  a  narrare  il  gran- 
de alto  pontilìcioesua  ammissione,  che 
Iddio  operò  per  via  di  ragionévole  discus- 
sione nell'Olai  da  acattolica,  da  prima 
infuriata  di  veder  rimessa  ne'propri  stati 
l'ecclesiastica  gerarchia  de'cattolici  ;  gri- 
dò irragionevolmente  come  nuove  usur- 
pazioni, d'invasione  papale,  d'ambizione, 
di  rei  disegni.  Ma  queste  grida  non  eb- 
bero nemmeno  il  merito  della  novità  del- 
l' oggetto  al  quale  furono  applicale,  ed 
ebbero  dall'altra  parie  il  grande  vantag- 
gio d'essere  già  stale  cor»futate  di  recen- 
te da'falti  d'Inghilterra  nella  restaurala 
gerarchia  cattolica  con  J^Vestniinster(f'' .) 
per  melvopolitana.  L'Olanda  acattolica, 
condotta  a  più  ragionevoli  cousigli,  rico- 
nobbe poi  come  legittimo  l'operato  dal 
Papa,  e  couje  richiesto  dal  bene  stesso 
de'  suoi  nazionali  ;  n)entre  colla  creazio- 
ne della   nuova  provincia   ecclesiastica 
d'Olanda  0  regno  de'  Paesi  Cassi  cessa- 
rono le  missioni  delle  7  arcipreture  ed  i 


56  U  T  a 

vicariali  apostolici,  tranne  quello  di  Lus- 
seiiibiirgu  che  lo  leggo  ancora  registrato 
nelle  nOìciali  Notizie  di  Roma  del  i  JS  "Jy  e 
dell 858,  ina  senza  il  vicario  apostolico, 
perchè  wg/Laurent  vescovo  di  Chersona 
e  l'alto  da  Gregorio  XVI  morì  neh  856. 
Tultavolla  posso  io  qui  dichiarare,  che 
venne  tosto  dichiarato  pro-vicario  aposto- 
lico il  presente  mg/  D.  N.  Adanies.  Narra 
la  Civiltà  Cattolica^  2."  serie,  t.  2,  p.  344 
e  4^3,  che  a  ben  comprendere  la  que- 
stione agitala  nell'Olanda  per  la  ripristi- 
Dazione  della  gerarchia  cattolica,  è  ne- 
cessario accennare  alcuni  preliminari. 
>i  Nel  i8i5  dopo  assestati  gli  aifari  po- 
litici d'Europa  entrò  la  s.  Se(Je(o  l^ioVU) 
in  trattazioni  col  governo  de'Paesi  Dossi 
per  organizzarvi  l'ecclesiaslica gerarchia; 
ina  ogni  fatica  tornò  vana  e  i  negoziati 
rimasero  per  allora  iudeljniti.  Questi  si 
ripresero  12  anni  dopo  (da  Leone  XII) 
con  esito  più  fortunato  in  quanto  allo  sla^ 
bilire  il  diritto  e  conchiudere  il  patto  (il 
concordato  suddetto)  ;  l'esecuzione  però 
non  rispose  che  in  parte  alle  promesse. 
Poiché,  sendo  decretato  che  tutto  il  re- 
gno formerebbe  una  sola  provincia  eccle- 
siastica avente  il  metropolita  a  Malines 
nel  Belgio,  e  due  vescovi  suliraganei  ad 
Amsterdam  e  Bois-le-Duc  nell'Olanda, 
il  decreto  non  fu  tradotto  alla  pratica 
che  nella  parte  meridionale  del  regno. 
Indi  a  3  anni  sopraggiunsero  le  rivolu- 
zioni che  travagliarono  per  un  decennio 
l'infelice  paese,  llnchè  il  Belgio  nel  1840 
venne  decisamente  riconosciuto  padrone 
di  se  e  staccato  dall'Olanda.  Allora  il  re 
Guglielmo  II  mise  mano  all'  esecuzione 
dei  patto  che  dal  1  827  ancor  restava  ad 
attuare  nella  porzione  a  lui  rimasta  del 
regno.  Ma  i  protestanti  ed  i  nemici  di 
Roma,  coloro  stessi  che  aveano  semina- 
to tanti  mali  alla  patria,  levarono  cosi 
alle  le  grida  e  le  minacce,  che  il  sovrano 
intimorito  pensò  di  soprassedere  ancora 
di  vantaggio,  e  fu  convenulo  col  nunzio 
(di  Gregorio  XVI  che  poi  lo  creò  cardi- 
nale) mg.'  Capacciui  di  temporeggiare 


UTR 
alquanto,  finché  si  calmassero  gli  animi 
inaspriti.  Intanto  rimanendo  le  altre  pru- 
viiicie  inistalo  di  missione, si  eressero  (ila 
(Gregorio  XVI)  pel  Brabante  selleiilrio- 
naie  e  per  il  Lind)urgo  3  vicariali  apo- 
stolici, che  durarono  (ino  all'aprile  1  853. 
Sopraggiunse  il  1 848,  anno  n»alaugui  alo 
a  tante  nazioni,  meno  fmieslo  [)erò  a'cat- 
lolici  olandesi;  perché  la  nuova  costitu- 
zione che  riconfermava  il  princi[)io  del- 
la separazione  dello  sialo  dalla  Chiesa  at- 
tribuì a  tulle  leconumioni  religiose  il  di- 
ritto di  ordinarsi  secondo  le  leggi  del  pae- 
se. Quindi  ebrei  e  proteslanli  tolsero  a 
riorganizzare  i  loro  culli.  Anche  i  catto- 
lici protetti  dulia  legge  che  noi  divieta 
inviarono  al  S.  Padre  (Pio  IX)  nnu»erose 
suppliche  pel  riordinamento  della  tanto 
sospirata  gerarchia.  Le  Iraltalive  ebbero 
luogo,e  noi  ne  accenneremo  le  principali, 
dopo  indicato  brevemente  quali  siano  i 
nemici  contendenti  a' cattolici  quella  li- 
bertà che  loro  concede  la  costituzione. 
Mollissiuji  sono  in  Olanda  i  partili  acat» 
lolici;  possono  però  ridursi  a  3  principa- 
li, abbraccianti  ciascuno  buon  numero 
di  peculiari  frazioni,  e  sono  :  i  sedicenli 
Ortodossi,  le  Società  segrete,  etl  i  Con- 
seri'alori.  111. "degli  or/or/o.y?/, capitana- 
to da  Groen  vanPrinslerer  membro  del- 
la 2.^catnera,  aspira  a  ripristinare  la  dot- 
trina formolala  nel  sinodo  di  Dordrecht 
(eretico)  l'anno  1618,  perciò  vorrebbe 
tornar  le  cose  com'erano  avanti  il  1798, 
epoca  dell'  emancipazione  de'  cattolici 
neerlandesi,  quando  cioè  la  religione  di 
stato  era  la  calvinistica  e  malamente  tol- 
lerato ogi»i  altro  cullo.  All'antico  ordine 
governativo  bramerebbe  accoppialo  il  si- 
stema costituzionale,  ch'esso  dice  poter- 
glisi  benissimo  accordare.  Questo  parti- 
to nelle  sue  tendenze  é  implacabile  av- 
versario del  2.°  :  le  società  segrete^  nu- 
merosissime nell'Olanda  e  non  per  anco 
tulle  conosciute.  Le  principali  sono  VJj- 
niias  fondata  da  protestanti  appartenen- 
ti alla  magistratura  o  all'alio  commer- 
cio j  ha  per  iscopo  di  nou  favorire^  uè 


U  T  II 

proteggere  se  non  il  proteslanlesimo  per 
mezzo  ilella  fiirza  maleriale  :  \' Assisten- 
za cris  Liana  ^dìQ  mira  a  conservare  i  pri- 
\ilegi  religiosi  trasmessile  d;igli  avi,  e 
data  occasione,  [)rocaccia  pervertire  con 
tlcnaro  i  poveri  cattolici  traendoli  all'a- 
postasia in  \\\\  co'Ioro  figli  :  la  Tucuda 
intesa  a  comprare  l)eiii  stabili  tra'calto* 
liei  per  innalzare  parrocchie  e  stabilirvi 
ministri  protestanti  :  quella  del  Be/i  es- 
sere istituita  per  sovvenire  i  protestanti 
miserabilijspeciidmente  per  ispegnere  lo- 
ro qualsiasi  desiderio  d'  abbracciare  il 
catlolicisnjoj  tiene  l'occhio  a'fanciulli  na- 
ti di  matrimonio  misto,  cerca  d'istruirli 
fin  da'primi  anni,  li  soccorre  bisognosi, 
li  raccoglie  orf.melli  :  fìnalmenle  la  più 
sfacciata  di  tutte  appellasi  Pliylaclerion, 
la  quale,  oltre  allo  spiiito  [)articolare  di 
proselitismo  che  la  informa,  promette, 
salve  rarissime  eccezioni,  di  non  far  ma- 
trimoni co*  cattolici,  né  torli  al  servizio, 
uè  contrattar  con  loro,  uè  dar  loro  alcun 
lucro  ec.  E  ciò  basti  delle  società  segre- 
te e  de'loro  scopi  peculiari  esternamen- 
te professati.  Che  poi  oltre  a'  fini  sopra 
enunciati  esse  non  ne  abbiano  degli  altri 
più  rei  e  nascosti  sarebbe  stoltezza  il  non 
supporlo:  tuttavia  egli  è  fuor  di  propo- 
sito lo  scrutinarli  in  questo  luogo.  Di- 
eia  m  solo  che  le  Società  segrete  sono  ge- 
neralmente avverse  agli  ortodossi^  per- 
chè democratiche  e  naturali  alleate  della 
più  pura  democrazia  d'  ogni  paese,  fo- 
mentano in  patria  e  fuor  di  patria  la.  ri- 
voluzione e  l'anarchia.  Né  amano  punto 
il  protestantesimo  se  non  in  quanto  ser- 
ve loro  di  arma  raicitliale  a  danno  del 
catlolicismo.  Vogliono  libertà  piena  e  in- 
tera, e  fingendo  divozione  alla  casa  d'O- 
rani'easo'inanoal  ristabilimentodell'an- 
lica  repubblica  olandese.  Leggono  nelle 
tendenze  degli  ortodossi  un  ritorno  al 
dispotismo  oligarchico,  a  cui  esse  hanno 
giurato  eterna  guerra.  II  3."  parlilo  è  il 
Conservatore^  il  quale  rimpiangendo  i 
molti  privilegi  perduti  dopo  remancipa- 
zioae  de'cattolici,  fa  suoi  bfurzi  per  riac- 


U  T  R  57 

quistarli  ;  odia  pertanto  V  articolo  della 
costilu/Zione  che  favorisce  la  libertà  de* 
cattolici,  e  qualsiasi  ministero  si  mostri 
inclinalo  a  volerlo  osservare.  A*  conser- 
vatori appartengono  per  ordinario  i  Do- 
mine  o  sian  ministri  del  cullo  prote- 
stante. Questi  percepiscono  di  grasse  pre- 
bende ;  an>ano  la  tranquillila  e  la  pa- 
ce, l'erciò  guai  se  arrivano  a  subodo- 
rare una  qualche  riforma  che  metta 
in  pericolo  l'invidiabile  loro  slato!  Non 
sono  alfallo  avversi  a'  cattolici,  guar- 
tlavano  però  coll'occhio  del  prefàzio,  co- 
me si  suol  dire,  il  ministero  Thorbecke 
per  certo  suo  progetto  di  legge  ni  lima- 
mente  proposto.  Temevano  che  il  prov- 
vedere a'poveri  non  dilfalcasse  loro  le  pro- 
pine; era  più  che  probabile  che  volendo 
riformare  l'  università  non  introducesse 
un  qualche  articolo  a  danno  delle  catte- 
dre protestanti,  e  infine  che  il  loro  culto 
non  fosse  più  lutelatoedirelloda  un  mi- 
nistro speciale.  I  3  partiti  suddetti,  quale 
per  un  titolo,  quale  per  l'altro,  aveano  in 
ui'C'ia  il  ministero  '.  il  n.°  58  del  Gior- 

OD 

naledi  /io//7<^i  del  1  853,  riporta  l'allocu- 
zione fatta  al  sagro  collegio  dal  Pa()a  f*io 
IK  nel  concistoro de'y  marzoi853,  Cam 
placnerit  niisericordiaruni  Palri^  sulla 
instaurazione  dell'ordinaria  gerarchia  e- 
piscopale  nel  regno  d'Olanda  e  del  Bra- 
banìe  settentrionale.  Do[)o  aver  dello  co- 
me Papa  s.  Sergio  1  istituì  la  sede  vesco- 
vile d'  Utrecht  «  come  vi  pose  al  gover- 
no s.  Wilhbrordo,  encomiato  s.  lionifacio 
e  gii  altri  insigni  pastori  della  medesima, 
souiiiuiiKe  averla  Paolo  IV   decorala  del 

DO  O 

grado  di  metropolitana  con  vescovi  sulfra- 
ganei.  Pticorda  la  luttuosa  perturbazione 
recalale  da'novalori  per  far  abbandonare 
al  popolo  il  catlolicismo  per  seguire  i  loro 
errori,  quindi  dell'eresia  che  la  soppresse, 
e  quanto  fecero  senza  intermissione  prov- 
vidajnente  e  sapientemente  pel  manteni- 
mento della  fede  caitolica  nella  regione 
d'Olanda  e  del  Brabanle  i  Papi  Gregorio 
Xin,CiemenleYIll,Alessandro  VII, Cle- 
mente 1 X, Innocenzo  XII,  Benedetto  XIII 


58  U  T  R 

t:  Beiieiletto  XIV;  siiigolai  mente  colle  sue 
sollecilnclmi:  «  Gregoritts  A'/'/  Pniede- 
cessar  JVoster  omneiii  operainail  religio- 
nis  ncgolìd  in  illis  regionibus  tnagii  ma- 
gisniie  coiiinonenda^  et  tid  tcclcsuisticani 
(liscipUiinin  inslaiirandani  conliderit.  Et- 
si  vero  Pracdectssor  Nosler,Seretiissimo 
ìlio  Rege  ftiverUCy  haud  omiscrit  nmlla 
piovide  sapieiìlerque  consiilutre,nc  prue 
oculis  habert-  exoplnlaniEpiscopalis  ilie- 
rarchiac  imUitiratioiietn,  tiifne'i  ob  leni- 
poruin  adjuncla  ìuijusniodi  opus  lune 
minime  urgenditni  tsse  duxit,  hac  Fieri' 
rios  aposloUcos  Episcopali  dignilnle  or- 
ualos  in  Brabanlia  augendos  censuit.  /- 
taqtie  veìieintiiter  laetamur^cufii  Nos  di- 
i'inu  clcuìcnlia,  licei  imintrilos^  reservas- 
se K'ideatur  adilludopuspcr/icicnduui,  in 
quo  Praedectssorts  Nostri  tanta  cura  et 
studio  tlaboraverant.  Equulein  ubi  in- 
scrutabili Deijudicto  ad  liane  subliniein 
Principis  Aposioloruin  Caihedrani  evecti 
fuimusy  dlico  suinina  alacritatCy  omnique 
soUiciluduie  curas,  cogitationesque  IVo- 
stras  ad  ecclesiastica  illius  He  gai  ne  golia 
convertiinus.  Acpro  apostolici  Noslmni- 
nisterii  inunerCy  etsmguLiri  dia  cliarilate^ 
qua  ejusdein  Regni Jidtles  prosequiniur, 
ndiil  e erle  antiquius  ìiabuiinus^  quain  ea 
omnia  peragercj  quae  et  saticiissimae  no- 
strae  Religionis  rationibuSj  et  eoruuuleui 
fidelium  uldUali  maxime  conducere  pos- 
seni.  Incredìbdi  igilur  animi  nostri  con- 
solalione perspeximus  tandem  advenisse 
illud  lem  pus  tantopere  exoptatutn,  quo 
ibi  cuni  maxiino  rei  catholicae  emolu- 
mento^ elillorunifidelium  bonoEpiscopa- 
lis  Ilierarcliia  ex  comniumbus  Ecclesiae 
regulis  possit  instaurari.  Namque  ani- 
madverlimuSyCalkolicam  in  co  Regno  re* 
ligionem^Deo bene /uvaute^/nagis  in  diem 
progredi ,  et  permagnum  cat/iolicoruut 
ibi  degeulium  numerum  passim  augeri,  et 
benevolam  ac  propensam  esse  illius  Se- 
renissimi Regis  erga  calholicos  ipsos  sibi 
subjectos  voLuntalem^et  quoti  die  magisea 
amover i  impcdimenta, quae  rei  catholicae 
olim  advcrsabanLur ,  quaequepeuitus  a- 


U  T  R 
movcnda  esse  confidimns  oh  illoruni  ae- 
qnitaiein  et  justitiani^  qui  illius  gubernii 
rei  moderanttir,atque  administrant.  Ac- 
cedit  etiam  ,  ut  non  soluni  feiierabiles 
P^ratres,qui  Ficarii  Apostolici  mane  re 
ibifunguittur,  veruni  etiam  nniversus  ille 
clerus,  et  quamplurimi  laici  viri  ciijusquc 
ordinis  et  condiiiouis  enixii  iteratisque 
preci  bus  a  Nobis  cfJlagìLarinli  ut  ibi  coni- 
memoratam  Episcoporum  Hierarchiani 
restituere  vellemus.  Fos  ipsi  inlelligitis  , 
Fenerabiles/<'ralres/fuo  lubenti  lacloque 
animo  lias  poslulaliones  exceperinms  , 
cum  Nostrae  omnescurae,  soUicitudines, 
studia,  Consilia  eo  semper  spectaveritit, 
ut  ejusmodi  res  ad  optatum  exìliun  poS' 
set  adduci.  Qua  propler^  andito  cotisilio 
FF.FF.  NIV.S.  R.  E.  Cardinali u/ncon- 
grcgalionis  Fi  dei  Propagandae  preposi - 
tae,  quibus  gravissimum  hoc  negati wn  e- 
xaminandutn  convnisimus  ,  nilul  Nobis 
gratius,  nihiloptabilius  cssepoterat^  quani 
utinflollandiae^acBrabantiaeRegnoEpl- 
scopaletn  Hierarchiam  juxta  ardentissi- 
ma  Nostra  desidcria  instauraremas.  In  ìl- 
io itaqueRegno  ecclesiastici  regiminis  fot'" 
mani  ad  euni  piane  moduui  restiluimus, 
qui  libere  vigetapud  alias  excultas  prae- 
sertim  gentes^  in  quibus  nulla  peculiaris 
adsil  causa  j  ut  exlraordiiiario  ilio  Fica- 
rioruni  Apostolicorum  ministerio  regan- 
tur.  Quocirca  ecclesiasticani  ibi  proviti- 
ciani  insliluenles  decrevimus^quinque  E- 
piscopalesSedes  in  praesentia  esse  erigeii* 
das^nempe  Ultra/e.ctenseniy  liarlemensem^ 
Boscoducensem^Bredananiy  et  Ruremun- 
densem.  Ac  memoria  repetcnlcs  velerà 
illuslria  sane  facla^  et  monumenta  ejus- 
dem  Ultrajeclensis  Sedisj  quae,  velati 
diximus,  a  Paulo  IF  Decesso  re  Nostro 
Archiepiscopalis  Ecclesiae  hoiioribus  et 
privilegiis  fuit  decorata^  ac  sanclisslmae 
nostrae  Rtligionis  rat  ione  Sj  et  alia  gra- 
vissima rerum  adjuncla  serio  conside- 
rantes,  piane  non  dubilavimus,  eamdeni 
Vltrajectensem  Sedeni  ad  pristinam  Me- 
tropolitanae  Ecclesiae  dignitalem  ac 
splendoreni  evchere  et  restilucrc,  eiquc  ti- 


U  T  R 

lias  commernoratas  qtialuor  Suffraga' 
neas  Episcopales  Sedcs  aUrihtiere.  Ha- 
helis,  Penerabiles  Fratres^quae  Fobis 
non  sìne  mn^na  animi  ISl ostri  tactilìa  eie 
Epìscopnlis  in  Hollandiae  ac  Braban- 
tìaeRegno  Ilierarcìiiae  instnuralionebre- 
vìter  raptimqne  significanda  exislinia- 
vinius.  A posiolicas  vero  de  line  re  Lille- 
ras  J ani  prò  ferri  y  illasqiie  vobis  exhi  be- 
ri mandai'iniuSy  ut  clnrius  et  plenius  ea 
omnia  noscere  possilis ,  qnae  ad  ìianc 
ìpsam  rem  pertinent".  Co^ì  gloriosamen- 
te fu  islituila  e  riprislinata  una  provili- 
da  ecclesiastica  in  regno  acattolico  ,  e 
gl'incren>ei)li  progressivi  clie  faceva  il  cat- 
tolicisino,  cessate  l'anliclie  e  ingiuste  tlif- 
ficollà  che  alla  sua  propagazione  si  oppo- 
nevano, ricevessero  ila  questo  nuovo  or- 
tlinanienfo  vieminaggiore  impulso  ;  ed 
esso  coronò  in  buon  punto  le  tante  pie 
preghiere  falle  per  ottenerlo,  anche  da 
Gregorio  XVI,  e  le  tante  istanze  e  i  tanti 
mezzi  adoperali  per  acceleiare  un  sì  for- 
tunato e  ardentemente  bramalo  momeu- 
lo.  Già  il  Papa  Pio  IX  colla  bolla  Ex 
qua  die  arcano,  de'4  marzo  1 853,  a^ea 
ristabilito  l'arcivescovato  d'C/frec/i^,  ed  i 
vescovati  d*IIarlem,  Bois-le-Duc  e  Ru- 
renionda,  e  nuovamente  istituito  la  sede 
vescovile  di  Breda,  dichiarandoli  sulFra- 
ganci  della  metropolitana  e  dell'arcive- 
scovo di  Utrecht.  Dell'  arcivescovato  e 
vescovati  scrissi  gli  articoli,  e  come  notai 
ne  riparlai  descrivendo  le  ora  cessate  7  ar- 
ciprelure  d'Olanda  e  gli  egualmente  ces- 
sali vicariali  apostolici  del  Drabanle  set- 
trionale.  Quanto  a  Breda,  non  essendo 
prima  stata  sede  vescovile,  la  descrissi  nel 
vicariato  apostolico  del  suo  nome.  Collo 
stesso  allo  de'4  marzo  Pio  IX  provvide 
alle  ristabilite  e  nuovamente  creile  sedi 
episcopali  de'propri  pastori.  Dalla  chiesa 
di  Gerra  trasferì  a  questa  d'Utrecht  l'at- 
tuale mg.*^  arcivescovo  Giovanni  Zwysen, 
ch'era  succeduto  per  coadiuloria  al  vica- 
riato apostolico  di  Bois-le-Duc;  e  dipoi  a' 
27  giugno  gli  concesse  il  pallio  arcivesco* 
vile^eloiifeiisce  iin.°i43  deìGiornale  di 


U  T  R  *      59 

/Jowrt.Dicbiarc)  vescovo  d'Hnrlem  il  pre- 
sente ms».*^  Francesco  GiacomoVan-V  ree. 
Alla  sede  vescovile  di  Bois-le-Duc  die  per 
provvisorio  amministratore  l'arcivescovo 
d'Utrecht,  e  lo  è  luttora.  Dalla  chiesa  d'I- 
rinaedal  vicariato  apostolico  di  Lwnbur- 
go  traslalò  alla  sede  di  liuremoiida  1'  o- 
dierr>omg.'  Gio.  Augusto  Pareilis.  Final- 
mente dalla  chiesa  di  Dardania  e  dal  vi- 
carialo apostolico  di  Breda  trasferì  alla 
stessa  nuova  sede  di  Breda  l'alluale  mg.' 
Giovanni  Vau-Honyonk ,  confermando 
a  suo  coadiutore  uig."^  Giovanili  Van- 
Genk,  chea'a'S  marzo  i85o  a  vea  fallo  ve- 
scovo d*Adram^i«r7/Z»«.?  e  coadiutore  nel 
vicarialo.  Il  vicarialo  sollantodi  Lussem- 
burgo conservò  sotto  il  governo  del  vica- 
rio apostolico  mg."^  Laurent ,  il  qtiale  fu 
succeduto  dal  prelato  suniioujinalo.  A 
non  interrompere  quanto  mi  resta  a  di- 
re, ripeterò  col  Giornale  di  Roma  ,  p. 
434»  t^he  nel  seguente  mese,  cioè  a' 18  a- 
prile  i853,  il  P.  Deschnmp,  qual  procu- 
ratore dell'  internunzio  apostolico  resi- 
dente all' A  ja  presso  la  realcorle,mg/ Bel- 
grado, pose  la  i/{)ietra  fondamentale  al- 
la chiesa  de'pp.  Uedentoristi  (de'quali  ri- 
parlai nel  voi.  LXXX,  p.  56),  la  quale  si 
erige  in  Amslerdatn.  Si  aggiunge:  Tutto- 
ciò  ch'evvi  di  piò  nobile  e  distinto  in  quel- 
la città  fra  ogni  classe  della  popolazione, 
e  specialmeiUe  nel  clero  e  negli  ordmi  re- 
ligiosi francescano,  domenicano  ed  ago- 
stiniano, intervenne  a  quella  solenne  e  in 
pari  tempo  edificante  ceremoiiia.  Tale 
nuovo  tempio  si  costruiva  nello  stile  ad 
angoli  acuti,  a  somiglianzi  della  uìagui- 
fìca  chiesa  che  gli  stessi  pp.  Hedenlori- 
sti  hanno  in  Mons,  e  sarebl)e  il  i.**  edi- 
ficalo con  tale  architettura  ne'Paesi  Bas- 
si dopo  il  medio  evo.  Giunta  i»ell'01au- 
da  la  notizia  della  ristorata  gerarchia  ec- 
clesiastica,narra  la  Civiltà  Cattolica^un- 
mensaraenle  esilarò  il  cuore  a'buoni  cat- 
tolici, cui  fecero  giubilante  eco  quelli  di 
tutto  1'  orbe;  ma  in  quel  paese  destò  le 
ire  proleslantiche  e  provocò  calde  discus- 
siuai  ueli'  assemblea  degli  stati  generali. 


6o  U  T  R 

iVnN  il  ministero  sostenne  nulla  essersi 
fatto  ilalla  s.  Stiìe  che  non  Fosse  confoiine 
alla  costilnzione;  e  questo  quasi  consen> 
livano  anche  i  più  fieri  opposi  tori,  i  quali 
si  richiamavano  piuttosto  della  forma  e 
ilei  non  essere  precedule  comunicazioni 
uiliciali,  cui  la  «lessa  s.  Scile  non  era  in 
dovere,  né  avea  promessodi  fare.  I  nemi- 
ci de' cattolici  edel  ponlilìcato  fecero  un 
finimondo.  Tutti  i  parliti  acattolici,  com- 
poste in  breve  tempo  le  scissmeche  li  divi- 
devanOjs'alIraleliaronoe  strinsero  in  uno 
per  umiliare  la  restituita  j^erarchia  eccle- 
siastica, combatterla  e  sperperarla.  Il  me- 
no che  si  proposero  fu  la  caduta  del  mi- 
iiisterOy  e  si  gettarono  perdutamente  al- 
l'irragionevole e  ingiusta  ìq) presa. Comin- 
ciarono con  un  diluvio  di  caltnmie  con 
iscalpore  e  strepito  ne'convegni,  ne*  fon- 
dachi, per  le  piazze,  ne'libelli  e  ne'gior- 
nali,  invocando  tutli  gli  speltri  e  le  be- 
fane mille  Volte  in  simili  circostanze  invo- 
cale. Fate  i  vostri  fardelli  o  protestanti, 
gridavano  gli  ortodossi^  oggi  mai  non  vi 
limane  che  l'esilio;  80  anni  di  sforzi  de' 
vostri  padri,  per  domare  T  idolatria  e  la 
superstizione  romana,  sono  caduti  a  vuo- 
to. Le  società  segrete  rinfocolandosi  a  vi- 
cenda col  motto:  ora,o  non  mai,  non  so- 
lo infestarono  il  paese  d'un  numero  stra- 
grande di  libelli  fino  a  darne  alla  luce  8 
010  ciascun  giorno,  ma  spinsero  la  teme- 
rità a  segno  di  minacciare  nelle  pagine 
di  qualche  giornale  che  »  la  casa  d'Oran- 
ge  è  rovinala  se  non  vendica  l'insulto  fat- 
to dal  Papa  di  Roma;  ch'essa  incontrerà 
la  sorte  de'Borboni  e  de'  Stuard  se  per- 
metterà che  Thorbecke  metta  in  esecu- 
zione il  decreto  che  dà  morte  all'  Olanda 
€C."  Anch'essi  i  moderati k  specialmente 
i  Domine  trassero  fuori  la  versiera  del- 
l'inquisizione e  fecero  credere  al  popolo 
trattarsi  nientemeno  che  <li  togliere  le 
chiese  a'protestanti  per  darle  acattolici. 
Insomma  l'agitazione  arrivò  a  segno  che 
parecchi  giornali  eziandio  acattolici  tolse- 
ro a  pubblicare  articoli  pacifici  e  istruen- 
ti gl'iuesperli  del  vero  stato  della  questio- 


UTR 

ne.  Intanto  i  rimeslatori  scribacchiavano 
suppliche  al  re  Guglielmo  111,  perchè  vo- 
lesse degnarsi  di  scongiurar  la  tempesta 
eccitata  di)  [\oma.  Che  scandalo,  vi  ì»i  di- 
ceva, se  nella  patria  dello  slalolder  Gu- 
glielmo I  il  Taciturno  \m  redi  casa  O- 
range  ammettesse  ulìicialmcnte  costitui- 
ta r  ecclesiastica  gerarchia  !  che  ollraco- 
tanza  pa[)ale  il  dar  nome  d'eresie  a  tul- 
le le  dottrine  che  non  sono  della  sua 
Chiesa  !  e  mentre  i  procaccini  giravano  a 
scroccare  sottoscrizioni,  ali  citando  all'uo- 
po e  impaurendo  con  fmissim'arle,  alcu- 
ni che  aveano  seggio  in  parlamento  aguz- 
7.avanogli  strali  da  accoccare  al  ministe* 
ro.  Infatti  a'  i3  aprile,  dopo  scauibiato 
qualche  colpo  di  scaramuccia,  si  venne  al- 
la tenzone.  Van  l*)oorn  lanciossi  ili.**  nel- 
l'arena, movendo  gravi  interpellanze  al 
ministero  intorno  alla  gerarchia  nuova- 
mente stabilita.  Lungo  sarebbe  il  ripor- 
tare minutamente  le  risposte  de'mimstri 
e  le  nuove  istanze  degli  avversari,  che  si 
avvicendarono  in  quella  e  nella  seduta 
de' 18  seguente.  Tuttavia  il  discorso  tiel 
mmislro  della  giustizia  incaricato  pure 
del  culto  cattolico,  sia  pel  carattere  oHi- 
ciale  ond'è  vestito,  sia  per  la  chiarezza  in 
che  pone  le  trattative  che  precedettero  il 
decreto  pontifìcio,  merita  almeno  in  par- 
te essere  riprodotto.  Egli  adunque  dopo 
aver  ricordalo  alla  camera  che  nel  de- 
teratinarsi  il  bilancio  per  gli  anni  i85i, 
52,  53,  fu  detto  dal  governo  e  non  con- 
trastalo dagli  stali  generali,  aver  la  Chie- 
sa cattolica  piena  libertà  di  regolare  da 
se  le  cose  sue,  passò  ad  enumerare  le  dif- 
ferenti note  che  per  tale  all'are  vennero 
scambiate  con  mg."^  Belgrado,  nel  seguen- 
te modo.»  Una  lettera  dell' internunzio 
della  s.  Sede  presso  la  nostra  corte  il  q 
dicenìbrei85i  avvisò  il  gabinetto,  chea- 
vendo  giudicato  il  Papa,  dopo  le  comu- 
nicazioni fitte  dal  governo  agli  slati  ge- 
nerali e  favorevolmente  da  quelli  accolte, 
potersi  venire  all'esecuzione  di  organizza- 
le  la  Chiesa  cattolica,  era  d'avviso  esser 
giuulo  il  tempo  di  potersene  occupare; 


UTR 
desiderare  perciòili  conoscere  le  intenzio- 
ni del  governo  riguardo  al  Concordalo 
del  1827  riniaslolullora  senz'esecuzione. 
li  24  marzo  i852  fu  risposto  dal  mini- 
stro degli  aiVari  esterni,  che  secondo   la 
Jegge  fondamentale  poteva  ogni   comu- 
nione stabilire  la  sua  propria  gerarciiia, 
purché  essa  si  assoggettasse  alle  leggi  del- 
lo slato;  ma  che  nel  momento  in  cui  la 
corte  di  Roma  usasse  di  tale  libertà,   lo 
stato  si  reputava  svincolato  dalie  obbli- 
gazioni contralte  nelConcordato  del  1 827. 
Le  altre  lettere  versarono  interamente 
sopra  (juest'ullimo  punto.  Rispose  I'  in- 
ternunzio  il  23  giugno 1 852  alla  lettera 
de'24  marzo  proponendo  di  scartare  il 
Concordato,  senza  però  dichiararlo  abro- 
gato. In  una  sua  de'24  agosto  seguente, 
il  ministro  degli  affari  esterni  rispose, che 
avvenendo  un'organizzazione  della  Chie- 
sa cattolica  era  necessario  d*  abrogare  il 
Concordalo;  non  bastare  lo  scartario;  do- 
lersi annullare  definitivamente  l'obbliga- 
zioni  che  ne  risultavano;  domandaradun* 
cjue  a  questo  scopo  una  dichiarazione  ca- 
tegorica da  Roma.  La  dichiarazione  ven- 
ne data  il  I  7  setlembi  e  passato  dall'inler- 
nunzio  per  ordine  espresso  del  Papa,  e  il 
16  del  mese  seguente  il  governo  accetlol- 
la.  Cosi  terminarono  questi  negoziati.  11 
governo  ricevette  non  è  guari  la  comu- 
nicazione della  lettera  apostolica  del  4  e 
l'allocuzione  del  Papa  del  7  marzo.  Da 
questi  documenti  risulla  che  il  Papa  de- 
cretando l'organizzazione  definitiva  del- 
la Chiesa  cattolica  ne'  Paesi  Bassi  v'  ha 
istituito  4  vescovati  e  un  arcivescovato.  1 
3  vicariali  apostolici  attualmente  esisten- 
ti di  Boìs-le-DuCf  Breda  e  Riiremorìda, 
formeranno  3  vescovati;  le  altre  parti  del 
regno  che  appartennero  alla  missione  o* 
landese saranno  abbracciali  dagli  alili  2, 
cioè:  le  provincie  d'Utrecht,  della  Guel- 
dria,  d'Over  Yssel,  di  Brenta,  di  Gronio- 
ga  e  di  Frisia  dall'  arcivescovato  d'  TJ- 
tvechtj K\ue\\e.  dell'Olanda  settentrionale 
e  meridionale  e  della  Zelanda  dal  vesco- 
vato ^IIaìlcin\  Così  disse  il  ministro, 


UTR  61 

esponendo  con  dignità  e  schiettezza,  che 
gli  fece  onore,  il  vero  stato  della  questio- 
ne. Aggiunge  inoltre  la  C'wiUìi  Cattoli- 
ca. «Di  quante  osservazioni  non  sarebbe 
feconda  questa  storia  !  Bastici  osservare 
che  :  dunque  la  s.  Sede  per  ottenere  in 
modo  pacifico  e  di  buon  accordo  lo  sta- 
bilimento della  sua  gerarchia  non  solo  si 
contenne  rigorosamente  ne'suoi  diritti  e 
non  urlò  neppure  leggermente  le  leggi 
olandesi,  ma  s'abbassò  perfin  a  sagrifica- 
re  un  Concordato  ch'essa  fu  sempre  pron- 
ta ad  osservare,  e  che  quel  governo  ne'25 
anni  dacché  fu  concluso  non  volie  mai 
ridurre  in  pratica.  Eppure  ciò  nullaostan- 
te  si  dice  ancora  da  certi  giornali  spudo- 
rati che  Roma  |;etlò  nell'Olanda  la  face 
della  discordia". Non  potendosi  appiglia- 
re  alla  legalità  troppo  evidente,  si  atten- 
nero gli  avversari  a  denigrar  la  s.  Sede  per 
qualche  mancanza  di  forma  accidentale. 
Dissero  che  l'internunzio  pontificio  avea 
promesso  d'avvertire  il  governo  del  tem- 
po e  del  modo  con  che  si  procederebbe 
al  ripristinamento  della  gerarchia  e  noa 
fé'  nulla.  Ria  l' illustre,  prudente  e  bene- 
merito prelato  proteslòdel  contrario.  Due 
ministri  convennero  nell' affermare  noa 
aver  la  s.  Sede  violato  alcun  diritto,  con- 
servando profondo  silenzio  alle  replicate 
domande  sopra  questo  punto.  Anzi  nella 
seduta  del  18  Van  Zuylen  van  Nyevelt 
disse  aperto  e  sonante:  che  la  s.  Sede  non 
fece  mai  somigliante  promessa.  Ecco  dun- 
que formalmente  purgala  la  s.  Sede  da 
quest'unica  taccia  che  le  seppero  rimpro- 
verare. Di  più  si  afferma,  che  sebbene  nul- 
la fosse  promesso  offìcialmente,  il  gover- 
no olandese  fu  per  tempo  e  officiosamen- 
te istruito  di  quanto  a  tale  proposito  si  vo- 
leva fare.  Il  ministero  procede  lealmente 
e  mirabilmente  ,  chiuse  la  bocca  a'  suoi 
nemici  e  riuscì  nella  lolla  vincitore.  Si 
mitigarono  le  diatribe  contro  Roma,  e 
parve  per  un  momento  appianata  la  tem- 
pesta. Il  re  però  nelle  risposte  che  diede 
alla  deputazione  d'Amsterdam,  e  ad  al- 
tre rimostranze  piotestauliche,  contro  il 


62  UTR 

rislnbilimenlo  della  gerarchia  ,  pronun- 
ciò qualche  frase  di  uiaicontenlo  cuntro 
In  cosliliizioue,  dolendosi  del  vedersi  le- 
galo e  tincolato  da  essa,  e  contro  il  mi- 
nisiero  di  non  esser  contento  per  avergli 
dato  dispiaceri.  11  ministero  non  avendo 
ottenuto  soddisfacenti  e  benigne  spiega- 
zioni di  quelle  parole  ,  si  ritirò  e  licenziò 
senza  indugio  a*  17  aprile,  quantunque 
avesse  per  se  la  maggioranza  dell'assem- 
blea, e  godesse  la  piena  fiducia  del  paese. 
Jl  nuovo  gabinetto,  formato  dal  re,  si 
compose  di  Van  Reenen  borgomastro 
d'Amsterdam  agli  affari  interni  ,  Van 
Doorn  alle  finanze,  Donker-Curtius  alla 
giustizia,  Van  Lechteuveldt  cattolico  pel 
cullocattolico,  e  Van  Hall  agli  altari  stra- 
nieri. Questo  ministero  fu  giudicato  con- 
trario e  in  parte  ostile  a'catlolici;dal  suo 
programma  apparì  lo  spirito  die  l'infor- 
mava, vale  a  dire  di  nulla  mutare  della 
costituzione, ma  interpretarla  in  altra  gui- 
sa che  non  fecero  i  ministri  predecesso- 
ri; dicendo  che  la  legge  la  quale  accorda 
la  libertà  de'culti,  per  manlener  la  pace 
del  regno,  ne  confida  al  re  la  sorveglian- 
za; e  che  nel  rispettare  i  diritti  de'catto- 
lici,  doversi  calmare  il  paese  in  gran  par- 
ie irritato, con  giusta  soddisfazione!  Cora- 
posto  il  ministero  degli  elementi  i  più  e- 
Icrogenei,  3  di  essi  appartennero  al  pre- 
cedente; Van  Hall  e  Donker-Curtius  fu- 
rono in  tutta  loro  vita  arrabbiati  nemi- 
ci. Riconoscendo  lutto  il  diritto  de'catto- 
lici,  di  questi  nelle  correnti  dissensioni 
non  seppero  riprovare  se  non  la  maniera 
di  farne  uso;  e  intanto  si  tolsero  l'odioso 
incarico  di  disconoscere,  di  vilipendere, 
d'abolire  gli  stessi  diritti  tante  volte  e  co- 
sì solennemente  a  loro  lavore  riconosciu- 
ti. I  cattolici  ne  restarono  amareggiali  : 
essi  aveano  per  loro  il  diritto,  i  protestan- 
ti la  forza  e  le  passioni  popolari ,  e  calpe- 
stando la  costituzione  che  concede  libertà 
di  culto,  fecero  ogni  sforzo  per  riuscire 
iieiriulento.  Degni  figli  della  pazientissi- 
ma loro  madre  la  s.  Chiesa,  i  cattolici,  sen- 
za puulo  avvdirsi,  aspellarouo  iu  pace  e 


UTR 
Irnnquillilà  il  divino  soccorso  ,  che  im- 
plorarono con  fervide  preghiere.Formau- 
li  due  quinte  parti  della  popolazione  o- 
landese,  perciò  inferiori  in  numero  a  lut- 
ti i  partili,  tuttavia  rimasero  superiori  a 
qualunque  fazione  particolare.  I  buoni 
cattolici  e  i  saggi  sperarono,  che  la  guer- 
ra rotta  contro  i  cattolici  in  Olanda  per 
la  restituita  gerarchia,  avrebbe  lo  slesso 
effetto  ch'ebbe  in  Inghilterra,  ad  onta  di 
sua  eclalanza;  un  ravvicinamento  cioè  di 
molti  protestanti  di  buona  fede  alla  Chie- 
sa romana,  per  finalmente  conoscere  che 
fuori  di  essa  non  trovasi  l'  eterna  salute, 
pel  ripetuto  nel  voi.  LXXIX,p.  78.  In- 
fatti alcuni  onorevoli  e  savi  ministri  di  va- 
rie confessioni,  protestarono  di  non  par- 
tecipare agli  eccessi  de'loro  correligiona- 
ri; ed  alcuni  ministri  protestanti  all' Aja 
raccomandarono  una  limosina  pe'catto- 
lici  poveri,  con  pieno  gradimento  del  re. 
Da 'campi  della  poesia  ,  delle  belle  arti  e 
della  letteratura  del  medio  evo,  a  soste- 
nere i  diritti  della  vera  Chiesa  contro  l'e- 
sorbitanze degli  avversari,  enicacemenle 
scese  nell'  arena  il  dolio  cattolico  J.  A. 
Alberdingk  Thijm  coU'applaudito  opu- 
scolo: La  CalloUca  organizzazione  del- 
la Chiesa  della  nostra  patria.  Frattan- 
to il  zelante  mg.*^  Belgrado  internunzio 
pontifìcio,  con  sua  circolare  avvisò  i  cat- 
tolici del  riprislinamento  dell'ecclesiasti- 
ca gerarchia,  con  documento  pregevole 
per  la  saggezza  e  moderazione  col  quale 
fu  concepito.  Esso  dice:  »  E  nostro  vivo 
desiderio,  è  nostra  volontà  che  la  vostra 
letizia,  o  fedeli,  sia  letizia  nel  Signore;  per 
la  qual  cosa  vi  disdiciamo  foru»almente 
qualsiasi  dimostrazione  di  gioia  esterna  e 
fragorosa  che  potesse  ledere  chicchessia". 
Quindi  il  prelato  annunziando  la  cessa- 
zione della  missione  olandese,  di  cui  egli 
era  superiore,  confortò  i  cattolici  con  e- 
nergiche  parole  a  quello  spirilo  di  carità 
fraterna  che  forma  la  vera  divisa  de'se- 
guaci  di  Cristo.  Colla  cessazione  del  pre- 
cedente ministero  furono  chiusi  gli  stati 
generali  e  sciolta  la  camera  de'  deputali, 


UTR 

per  cui  poi  si  procede  all'eleiione  deMe- 
pulali  per  la  nuova  assemblea  ,  la  quale 
per  l'indole  pacifica  della  nazione,  seguì 
senza  disturbo  della    pubblica    quiete, 
quantunque  nulla  si  risparmiò  per  ecci- 
tare le  più  irritabili  e  più  tenibili  passio- 
ni della  plebe.  Ma  la  calunnia  seppe  sff- 
fattamente  ridestare  l'odio  religioso,  che 
non  pochi  si  crederono  tornati  al  secolo 
XVI  di  deploranda  meaioria.  »S'  incari- 
carono della  biasimevole  missione  i  sedi- 
centi ministri  dell'Evangelo  puio ,  ossia 
i  Domi  ne,  e  chiusa  {)er  qualche  tempo  la 
loro  Bibbia  ,  lanciaronsi  coraggiosi   ne' 
can)pi  della  politica,  sebbene  a  dir  vero, 
come  osserva  la  Civiltà  Cattolica yiìnche 
ivi  combattessero  colla  Bibbia  traendone 
0  spauracchio  e  indignazione  del  popo- 
lo e  la  bestia  dell'Apocalisse  e  la  prosti- 
tuta Babilonia  di  cui  dicevano  esser  ve- 
nuta l'ora  di  schiacciarle  il  capo.  Riusci- 
rono a  intorbidare  la  quiete,  a  divide- 
re la  2.*  camera  in  4  parlili,  di  cui  niuno 
ottenne  sull'altro  la  prevalenza  ,  e  tutti 
con  particolari  pretensioni.  I   reaziona- 
ri coilegalisi  allora  cogli  ortodossi ^  vo- 
levano il  movimento  retrogrado,  e  preva- 
lendo si  sarebbero  separali  dagli  o/Vo^o^- 
si^  dispulando  la  preminenza  e  l'oligar- 
chia; poiché  sebbene  volevano  l'esclusio- 
ne de'caltolici  e  degli  altri  dissidenti,  o- 
diano  la  pretesa  chiesa  riformata  quale 
uscì  dal  pseudo  sinodo  di  Dordrecht,  per 
sostenere  dover  esser  libera  d'ogni  im- 
paccio, libera  da  certe  formole  di  dirillo 
canonico  a  cui  l'avvinsero  con  manifesta 
innocenza  i  padri  di  quel  conciliabolo  ne- 
gandole il  libero  esame,  ch'è  quanto  di- 
re quel  grande  principio  d'  onde  ebbe  i 
natali  la  chiesa  proteslanle.  1  cattolici  u- 
nili  a'cosliluzioDali  in  detta  camera, i  qua- 
li non  richiedevano  altro,  fuoichè  la  pu- 
ra e  semplice  osservanza  delia  costituzio- 
ne decretata  nel  1848:  era  questo  il  par- 
tilo del  ministero  anteriore,  rimasto  vit- 
tin)a  della  tenacità  de'suoi  principi!,  e  non 
di  qualche  sbaglio  personale.  Tra  le  di- 
visioni de'parlili,  l'accennata  incoerenza 


UTR  63 

de*minlsfri,combaltula  da'princjpali  pe- 
riodici, ad  accrescere  vieppiìi  i  timori  e 
l'incertezze  sopravvenne  il  discorso  tlel  re 
recitato  alla  camera  degli  stati  generali 
a'i4  g'"g"o  dello  slesso  1 853,  riportalo 
dalla  Ch'il  là  Cattolica,  2."  serie,  t.  3,  p. 
216.  In  esso  si  legge  ,  che  il  re  colpita 
vivamente  allorché  parecchie  migliaia 
de'  suoi  sudditi  offesi  ne'  loro  sentimenti 
nazionali  e  inquieti  sopra  i  loro  più  cari 
interessi,  si  rivolsero  a  lui  per  provvede- 
re a'  loro  timori  ;  conscio  il  re  del  suo 
dovere  di  proleggerei  vantaggi  e  i  diritti 
di  ciascuno,  riputò  non  doversi  appiglia- 
re  agli  avvisi  dati  da'consiglieri  della  co- 
rona, i  ministri  ,  per  aver  compreso  che 
seguitandone  i  consigli  non  avrebbe  po- 
tuto Far  cessare  l'eccitala  inquietezza,  ne 
calmare  l'inconlraslabile  agitazione  degli 
animi.  Secondo  il  desiderio  de* ministri, 
aver  concesso  ad  alcuni  la  dimissione,  sur- 
rogando altri  di  sua  fiducia;  dopo  il  qual 
provvedimento  aver  sciolto  in  parte  la 
rappresentanza  nazionale,  per  lasciar  a- 
gio  agli  elettori  di  manifestar  le  loro  opi- 
nioni intorno  alle  attuali  circostanze.  Non 
essendosi  ancora  potuta  rimuovere  la  ca . 
gione  della  doglianza  ,  aver  procuralo 
schiarimenti, essendo  persuaso  il  governo 
che  molle  dilIJcollà  non  si  potevano  al- 
trimenti evitare  fuorché  con  «uia  legge. 
Il  6.°  capo  della  costituzione  fondamen- 
tale assicura  de'dirilli  alle  comunioni  re- 
ligiose, ma  nello  stesso  tempo  impone  la- 
li  obblighi  al  governo  chea  sdebilarsene 
non  si  poteva  prescindere  dall'  autorità 
d'una  h'gge.  Essere  sua  intenzione  invo- 
cale la  cooperazione  degli  slati  generali, 
onde  sostenere  al  pari  di  lui  con  energia 
il  principio  della  lolleranza  religiosa  ra- 
dicalo da  gran  tempo  nel  regno,  ed  evi- 
tar lutlociò  che  potesse  far  nascere  divi- 
sione e  scisma  fra'figli  dello  slesso  paese. 
Così  esser  possibile  ordinar  le  cose  per 
modo  the  possa  lo  stalo  accordare  a  tut- 
te le  credenze  religiose  la  slessa  prolezio' 
ne;  e  queste  sottoponendosi  egualmente 
alla  medesima  legge  giusta  e  iinpaiziale, 


64 


UTR 


vi  trovernnno  guaienllgie  per  In  loro  re* 
cipi'ocn  libertà  e  ìmlipeiicleiiza.  Quindi  il 
re  ilicliiaiò  nperta  InsseiubleQ.  Da  que- 
sta allocuzione,  la  Civiltà  Catloìira  %i 
rilevò  il  governo  giltarsi  dal  In  parie  di  que' 
nialcontenli,  che  non  poteva  a  meno  di 
non  conoscere  indignali  senza  ragione;  ci 
\ide  giudicato   come  contrario  ul  voler 
nazionale  l'esercizio  della  libertà  religio- 
sa concessa  dalla  costituzione;  elle  in  so- 
stanza il  ristabilimento  della  cattolica  gè* 
lorchiff  non  è  altro  fiiorcliè  V  uso  della 
facoltà  guarentita  dalle  leggi  del  1798, e 
più  volle  riconfermata  nel  i8i4,  iHi5, 
1 840  e  1 848.  Vi  si  dice  che  la  libertà  re- 
ligiosa è  radicala  nel  paese  ,  e  intanto  si 
voleva  togliere  o  ohneno  incatenare.  Un 
altro  punto  che  feri  profondamente  l'a- 
nimo  patriottico  di  molti  cittadini  ,  è  il 
supporsi  che  que'soltanto  i  quali  disfoga- 
rono negli  ultimi  mesi  gli  antichi  odji  e 
isenarono  immenso  scalpore  abbiano  sen- 
timento naziouide;  come  se  il  sentimen- 
to nazionale  fosse  il  sentimento  anticat- 
tolico, il  sentimento  di  rabbia  contro  due 
quinte  parti  del  paese,  e  quanti  disdegna* 
rono  i  brogli  e  le  trame,  cioè  quasi  la  me- 
tà de'6 1,000  elettori,  eh' è  quanto  dirli 
privi  di  sentimenti  nazionali.  Fiultosto 
doversi  ritenere,  che  il  governo  era  sgra- 
ziatamente persuaso  di  non  poter  caliga- 
re gl'irritati  colla  semplice  osservanza  del- 
la costituzione,  e  bisognare  altre  leggi 
modificanti  il  capo  6.^  della  costituzione 
che  adombra  i  nemici  de'cattolici;  ma  le 
nuove  leggi  avrebbero  probabilmente  di- 
sgustalo l'altra  metà  della  nazione.  Intan- 
to i  cattolici  furono  tenuti  in  conto  di  ri- 
fiuto della  società,  a  loro  danno  lavoraro- 
no le  sette  segrete  con  singoiar  attività, 
il  partilo  della  ribellione  si  sforzava  d'im- 
pedire ogni  amichevole  ravvicinamento; 
i  nuovi  vescovi  e  i  loro  atti  non  erano 
riconosciuti  dal  governo,  bensì  confortati 
dalla  divozione  de'.Ioio  buoni  diocesani, 
anzi  l'antico  e  rispetlabilecapitolo  d'Har- 
lem,chesenza  fondamentosi  credeva  gian- 
senista, perchè  ivi  tal  setta  ha  uu  vesco- 


UTR 

vo  con  circa  ìfooo  giansenisti,  inviò  un.i 
ileputazione  al  vescovo  nominato  dal  Pa« 
paad  oilrirgli  l'illimitata  sua  ubbidienza 
come  a  legittimo  pastore.  Nondimeno 
nella  dolorosa  condizione  e  vessazioni  pa- 
lile da'buoni  cattolici  neerlandesi,  le  ri- 
sposte della  I  ."*  e  della  7,.'  camera  al  discor- 
so del  re,  tranne  (|ualche  formola  meno 
moderata,  furono  piene  di  dignità  e  con- 
trarie alle  mire  del  gabinetto  per  bocca 
del  signore  loro  manifestate.  Finalmen- 
te la  Civiltà  Cattolica  de'3i  oltobre  al 
i4  novembre  i853  ,  gode  di  accennare 
che  dopo  tante  paure  de'  buoni  e  tanti 
soprusi  de'malvagi,  era  piaciuto  alla  di« 
vina  Provvidenza  di  serenare  la  burra- 
sca, e  quando  meno  s'attendeva  dar  vin- 
ta la  causa  alia  giustizia.  La  notizia  con- 
solantissima, e  per  la  quale  tutti  i  buoni 
cattolici  furono  compresi  di  santa  alle- 
grezza, trovasi  compendiala  nelle  seguen- 
ti parole  del  Nce  ria  tuie  r,  foglio  ullìciale 
d'Amsterdam.»»  U  ministro  del  re  incari- 
cato degli  alfari  che  riguardano  il  culto 
cattolico  ha  fatto  sapere  agi'  impiegati 
provinciali  di  S.  M.  aver  avuto  notizia  of- 
ficiale dell'essersi  eretti  da  S.  S.  il  Papa 
(nell'Olanda)  un  arcivescovato  e  quattro 
vescovati,  e  nominati  un  arcivescovo  e 
quattro  vescovi,co'quali  si  potrà  per  con- 
seguenza corrispondere  uflicialmente  , 
purché  i  nomi  della  famiglia  siano  ag- 
giunti a'titoli  de*  prelati".  Seguì  quindi 
la  circoscrizione  delle  parrocchie  delie 
nuove  diocesi,  conservando  i  regolari  le 
loro  chiese;  e  quanto  ad  Amsterdam  iu 
modo  che  si  uniscono  nella  stessa  par- 
rocchia le  due  chiese  che  ha  ciascuno  de' 
3  ordini  de'domenicani,de*fraucescani  e 
de'gesuiti.  L'arcivescovo  d'Utrecht  mg.*^ 
Zwysen  nel  1 854  comprò  un  ampio  ter- 
reno per  erigervi  il  seminario,  e  si  recò  in 
Roma  per  assistere  alla  solenne  promul- 
gazione del  decreto  dog  malico  sopra  l'Im- 
macolato Concepimento  della  D.  Vergi- 
ne; altrettanto  fece  mg."  Van-Genk  ve- 
scovo d'Adi  a  e  coadiutore  del  vescovo  di 
Breda.  Quando  uel  regno  de'Paesi  Bussi 


I 


UTR 

giunse  la  consolante  novella  delLi  segni- 
la definizione  ,  la  gioia  fu  immensa  ne* 
cattolici;  indi  alla  pubblicazione  della 
bolla  solennemente  festeggiarono  il  gran- 
de avvenimento  sì  caro  a  tulli  i  catloii- 
ci,  e  sì  glorioso  pel  pontificato  di  Pio  IX. 
La  Civiltà  Cattolica^  feiie  2/,  t.r2,  p. 
704,  del  dicembre  i855,  riferisce  »ne- 
diante  una  sua  corrispondenza  dell*  O- 
landa,  e  ulteriori  vessazioni de'protestan- 
ti  verso  i  cattolici,  ad  onta  che  l'edifizio 
ÙQ  Protestanti  (F.)^  come  altrove,  si  va 
sfasciando  e  minaccia  sftinpre  più  di  ca- 
dere sopra  se  stesso  schiaccialo  dal  pio- 
priopeso.>»Oh  che  confusione  tra'pocliis* 
simi  zelanti  che  accorrono  a  puntellarlo! 
Quante  teste  altrettante  opinioni,  o  a 
meglio  dire,  religioni.  Toltane  la  concor- 
dia comune  nel  dar  noia  a'cattolici,  nel 
resto  è  molto  se  ne  trovi  una  qualche  de- 
cina che  consentano  in  parecchi  punti 
fondamentali".  Narra  quindi,  che  l'arci- 
vescovo d'Utrecht  avea  gettato  la  i  .^  pie- 
Ira  del  suo  gran  seminario  che  alzava 
in  Ryscoyek,uno  de'più  deliziosi  dintor- 
ni d'Utrecht  città  metropolitana.  Fin  qui 
i  suoi  preti  erano  stali  educali  nel  semi- 
nario di  Warmond,  il  quale  d'or  innan- 
zi sarà  destinalo  esclusivamenle  agii  a- 
lunni  della  diocesi  d' Harlem.  Frattanto 
però  la  scuola  teologica  si  faceva  nel  pic- 
colo seminario  dell'arcidiocesi  in  Culem- 
burgo.  «  Mg.'  Belgrado  internunzio  del- 
la s.  Sede  presso  la  nostra  corte  ci  ab- 
bandonerà tra  breve  per  recarsi  ad  A- 
scoli  di  cui  è  stato  eletto  vescovo.  Esso 
•vivrà  in  ogni  tempo  nel  cuore  negli  an- 
nali cattolici  degli  olandesi  per  le  bellis- 
sime doti  dell'animo  suo  e  per  la  gran 
parte  ch'ebbe  nel  ristabilimento  dell'ec- 
clesiastica gerarchia  nella  nostra  patria". 
Aggiungerò,  che  gli  successe  l'attuale  in- 
ternunzio apostolico  all' Aja,  mg."  Setti- 
mio Maria  Vecchiotti.  La  medesima  Ci- 
viltà  Cattolica,  serie  2.^  l.  9,  p.  4^7>  *'^c- 
conta  il  giubileo  celebralo  da 'cattolici  nel 
i855  con  mollo  fruito.  I  vescovi  racco* 
mandarono  a*  parrochi  di  provvedere  in 

VOI.  LXXXVH. 


UTR  65 

lai  occasione  i  loro  fedeli  di  confessori 
straordinari  ;  il  che  die  luogo  per  ogni 
dove  ad  esercizi  e  funzioni  che  poterono 
quasi  paragonarsi  a  missioni,  dalle  quali 
derivò  grandissimo  vantaggio  spirituale. 
Il  clero  tanto  secolare  quanto  regolare 
fu  infaticabile. Amsterdam, l'Aja, Utrecht, 
Bois-le-Duc  e  le  terre  principali  furono 
evangelizzale  ,  accordandosi  tulli  i  mis- 
sionari neir  assicurare  che  il  successo  fu 
straordinario.   1     protestanti    restarono 
tranquillissimi.  Se  ne  vedevano  anzi  qua 
e  là  di  quelli  che  assistevano  alle   sagre 
funzioni  de'caltolici,  il  che  fa  loro  gran 
bene.  In  Utrecht  un  proleslante  pianse  a 
calde  lagrime  udendo  predicare  sul  pul- 
pito sì  liberamente  e  di/votaraente  la  di- 
vinila di  Gesù  Cristo.  Indi  passa  a  ripor- 
tare, dalla  sua  corrispondenza  d'Olanda, 
i  seguenti   importanti   e  autorevoli  dati 
statistici.  Nel  i854  le  varie  diocesi  già 
aveano  il  seguente  numero  di  parrocchie 
udicialmente  riconosciute.  L'arcivescovo 
d'Utrecht  2  36,  il  vescovo  d'Harlera  1 98, 
quellodi  Bois-le-Duc  222,  qijello  di  Bre- 
da  77,  quellodi  Ruremondar  78:  totale 
911  parrocchie.  Il   numero  de' preti   in 
attività  è  di  371  per  1'  arcidiocesi  d*  U- 
trecht,  di  333  per  le  diocesi  d'Harletn,  di 
43 1  per  quella  di  Bois-le-Duc ,  di  i5.6> 
per  quella  di  Breda,  e  di  358  per  quel- 
la di  Ruremonda  :  totale  1648  preti.  A 
questi  conviene  aggiungerne  86  che  per 
varieragioni  d'infermità,  di  vecchiezza  ec« 
sono  fuori  di  servizio,  e  quelli  che  vivono 
in  istituti  privali,  il  cui  numero  non  cuo- 
io. Sopra  il  bilancio  del  1 855  sono  iscrit- 
te le  seguenti   spese   pel  culto  cattoli- 
co: per  l'arcivescovo  d'Utrecht  2  5oo  fio- 
rini de'Paesi  Bassi,  per  ciascuno  de'4  ve- 
scovi sufTraganei  altrettanti  fiorini;  800 
per  un  vicario  generale,  2000  per  5  se- 
gretari, e  5322  per  le  spese  d'ufficio:  to- 
tale fiorini  20,622.  Quanto  a' seminari 
vi  hanno  800  fiorini  per  un  professore, 
600  per  quattro,  e  4oo  per  undici;  1200 
fiorini  per  borse  gratuite:  in  tutto  9400 
fiorini.  Per  686  curali  0  rettori  fiorini 


66  U  TR 

357,293;per  548  vicari  ec.  fior  .84,4  "ii: 
lolnle  fiorini  44  '  j7  ^  4-  IVcappellani  del- 
le carceri,  3357  fiorini  ;  per  86  sacer- 
<loli  cmerili  37.276.  Rimangono  i  sussi* 
dii  perlechiese  ec.  Ecco  un  quadro  com- 
parativo, il  quale  è  meglio  vederlo  nel- 
la Giviltàf  mancando  lo  spaiio  per  ri- 
produrlo in  una  colonna.  Confessioni  : 
Callolica  romana,  ministri  pagali  i  388, 
anime  !,i66,256.  Rirornìala,  ministri 
1434,  animei, 677,585. Evangelica  Lu- 
terana, ministri  58,  anime  53,66o.  Lu- 
terana ristabilila,minislri7,anime8877. 
Anabattista,  ministri  3o,  anime  38,575. 
Rimostrante,  ministri  25,  anime  4909- 
Totale  de'prolestanli,  ministri  i554,  a- 
nime  1,783,606.  Giansenistica,  ministri 
i8,anime  5668. Giudaica,  ministri  1 5, a- 
nime  1 5,626. Si  avverte  die  ali  .^gennaio 
1 853  il  numero  legale  de'cattolici  era  di 
1,196,672,  reale  1,21  3,346:  quello  de' 
giudei  ,  legale  59,365,  reale  60,192: 
non  cattolici  ,  legale  1,868,432  ,  reale 
1,894,468.  Si  aggiungono  647  anglica- 
ni, 295  framuiassoni  ,  4  quaqueri ,  39 
greci,  un  arnieno,  4o,5o8  separatisti ,  e 
1429  di  culto  incoguilo:  totale  47,723, 
ecosì  si  lia  un  totale  peli.*'gennaioi85o 
di  3,056,879  abitanti.  JNel  i852  il  nu- 
mero legale  degli  abitanti  era  3,073,  i  73, 
il  reale  3,i  19,160.  ]Neli853  il  legale  era 
3,124,409)  il  leale  3,168,006. 11  Gior- 
naie  di  Roma  del  1 856  a  p.  227,  riporta 
in  data  dell'Aja  23  febbraio.  Il  governo 
ha  pubblicato  la  statistica  djel  regno  fi- 
no a'3i  dicembre  i854.  Ammontava  a 
3,228,753  abitanti, di  cui  1,599,382  uo- 
mini, 61,639,37  1  donne:  nello  stesso  an- 
no le  nascite  furono  1 09, 563,cioè  56,35 1 
maschi,  e  53,2  12  fenjmine;  i  decessi  fu* 
jono  81,794,  di  cui  4' 446  uomini ,  e 
4o,338  donne.  Una  relazione  ufilciale  fa 
conoscere  che  neli85r  si  contavano  nel 
regno  3389  scuole  primarie,  2480  pub- 


U  Z  I 

bliche,  i^C)  privale.  Nel  luglio  dello  sles- 
so anno  240,567  allievi  frequentavano  le 
scuole.  Si  vede  che  i»on  mancano  nella 
NeerUmdia  i  mezzi  d'istruirsi,  e  die  sono 
ainpiamenle  messi  a  profitto. 

UTZIPPAUUA  o  UZIPPIRA  o  U- 
Zll^l^A  II  ITA. Sede  vescovile  d'Africa  nel- 
la provincia  procon>olare,sollo  la  metro- 
poli di  Cartagine.  Ebbe  a  vescovi:  Ma- 
riano, die  trovossi  alla  conferenza  di  Car- 
tagine nel  4  '  '  e  al  concilio  nel  4'9  5  ^i^* 
genzo  o  Augenzio,  mandato  in  esilio  nel 
484  da  Unnericd  re  de'vandali  ;  Semen- 
zio,  che  sottoscrisse  il  concilio  di  Carla- 
tagine  del  52  5.  Morcelli,  Afr.  dir.  t.  i. 

UXALI,  Uzdlis,  Usalisj  Uszalis.  Se- 
de vescovile  d'Africa  vicina  a  Utica,r[7- 
zan  di  Tolomeo,  nella  Zciigilana  medi- 
terranea. Erano  di  questa  città  i  ss.  Feli- 
ce e  Gennadio  martiri^  di  cui  mostrava- 
si  la  tomba  nel  sobboigo  della  città,  la 
memoria  de'  quali  celebrasi  nel  martiro- 
logio della  Cbiesa  romana  a*  i  5  giugno. 
Furono  suoi  vescovi  :  Saturnino  del  388, 
diiamato  uomo  santo  e  di  beata  memoria 
da  s.  Agostino;  gli  successe  Evodio,  coe- 
taneo di  s.  Agostino,  il  quale  gli  scrisse  una 
lettera  ;  Sanonio  fu  esiliato  da  Unnerico 
re  de'vandali,  per  non  aver  voluto  sot- 
toscrivere l'erronee  proposizioni  de'  do- 
natisti nella  conferenza  di  Cartagine  del 
484  ;  IMuslolo  si  trovò  nel  525  al  con- 
cilio di  Cartagine;  Vittoriano  nel  649 
intervenne  al  concilio  di  Lateraiio  con- 
tro i  monolelili.  Morcelli,  Africa  dir, 
l.  I. 

UZES.  V.  UsEz. 

UZITA.  Sede  vescovile  d'Africa  nella 
provincia  Bizacena  ,  sotto  la  metropoli 
d' Iladramito.  Me  fu  vescovo  Paolo  che 
Irovossi  co'cattolici  alla  conferenza  di  Car- 
tagine nel  4 1  i,in  presenza  del  conte  Mar- 
cellino,per  lo  scisma  de'doufatisli.  Morcel- 
li, Africa  chr.  l.i. 


V  AB 


V  AB 


V  ABRES,  Vahrae,  Castrwn  Fa- 
hrcnse in Riitenis^Pagus  Vabrensis^Va- 
hra^  Fahrincum^  Fabrium.Cilia  vesco- 
vile di  Francia,  della  vice-prefettura  di 
Saiul-Alfiique,parte  orientale  delIaGuien- 
na,  nell'anlico  paese  di  Rouergue,  di  cui 
Khodez  n'era  la  capitale, che  li'ae  il  nome 
da'iulenisuoi  antichi  abitatori,  ecol  qua- 
le si  formò  l'attuale  dipartimento  dell'A- 
veyrou.  Giace  al  confluente  del  fiumicello 
Dourdou  e  della  Sorgues  che  si  gettano 
un  po'più  basso  nel  Tarn.  E  piccola,  ha 
quasi  l'aspetto  di  villaggio,  dopo  la  ces- 
sazione della  residenza  vescovile  e  le  an- 
teriori e  successive  politiche  vicende.  Tro- 
vasi distarle  quasi  I  2  leghe  al  sud-sud-est 
da  Pihodez  sede  del  vescovato  ,  alla  cui 
diocesi  ora  appartiene,  ed  una  lega  sol- 
tanto al  sud-ovest  dalla  città  di  Saint-Af- 
frique,  che  gode  il  primato  del  circonda- 
rio non  solamente  perchè  vi  risiede  il  vi- 
ce-prefelto,  ma  ancora  per  la  sua  popo- 
lazione e  tribunali  di  I.'  istanza  e  di  com- 
mercio, de'suoi  importanti  lavoratori!  di 
filatura,  tessitura  e  tintura,  suo  spedale 
pubblico,  e  de'suoi  stabilimenti  d'istru- 
zione e  di  carità,  tra'quali  si  distingue  il 
collegio  Saint-Gabriel,  recentemente  co- 
struito ed  affidalo  ai  pp.  della  compagnia 
di  Gesù,  il  cui  edilìzio  è  riuscito  unode* 
più  belli  del  mezzogiorno  della  Francia. 
Vabres  non  va  confusa  con  Vabre  vil- 
laggio di  Francia,  nello  stesso  dipartimen- 
to dell'Aveyron,  presso  Mur-de-Barres, 
né  con  altre  4  Vabres  della  stessa  Fran- 
cia ^  cioè  3  villaggi  esisteuti  ne'  diparti- 


menti di  Cantal,  Gnrd,  e  Alla  Loira,  e  il 
borgo  di  Vabres  de  Senegats  di  piirtimento 
del  Tarn.  La  città  di  Vabres  ebbe  origi- 
ne da  un*  abbazia  di  benedettini  fondata 
da  Raimondo  I  contedi  Tolosa,  che  re- 
gnò dair852  air854,  secondo  la  Gallia 
Christiana,  t.  4>  p-i  107  •  Fabrenses  E- 
piscopi  et  Comitesj  mentre  il  Dictiow 
naire  itniverseld'i  Aynés  l'attribuisce  er- 
roneamente a  Raimondo  II  che  regnò  dal 
918  al  9^3,  come  vado  a  provare.  Però 
il  paese  di  Roiiergue  ebbe  de'conli  ere- 
ditari indipendenti,  di  cui  Ugo  lo  cede 
neh  167  ad  Alfonso  II  re  d'Aragona,  ma 
neli258  s.  Luigi  IX  lo  riunì  delìnitiva- 
mente  alla  corona  di  Francia.  In  Vabres 
hanno  luogo  3  annue  fiere,  e  conta  circa 
1000  abitanti,  fra'quali  fiorì  qualche  il- 
lustre che  onorò  la  patria.  L'abbazia  e 
monastero  dipendeva  da  s.  Vittore  di 
Marsiglia, cluniacense,  esente  ecelebratis- 
sima;  fu  sotto  l'invocazione  di  s.  Maria, 
la  chiesa  in  quella  di  s.  Pietro  principe 
degli  Apostoli,  divenne  celebre  e  vi  fiori- 
rono cluniacensi  di  santa  vita,  della  quale 
e  del  luogo  scrisse  (diversi  da  quelli,  co- 
me avverte  la  Gallia  Christiana,  ossia 
di  Vabres  di  cui  parla  s.GregoriodiTours, 
Hist.  1.  9,  e.  9),  s.  Odone  cluniacense 
nella  vita  di  s.  Geraldo  (/^.);poichèque- 
sto  santo  vi  fece  prosperare  la  monastica 
disciplina,  e  ne  informò  i  nobili  giovani , 
di  cui  amava  prender  cura  e  dirigere  nel- 
la morale  senza  professare  la  vita  religio- 
sa, ben>ì  la  virtuosa  e  penitente,  benché 
conte  ebarone  d'Aurillac  E  siccome  egli 


68  V  A  B 

sautamonle  morì  nel  909,  così  la  fonda- 
zione dell'  abbazia  di  Vubres  devesi  at- 
tribuire a  Raimondo  I.ConiQ)aiivillc, ///'- 
stoirf  ih  toits  Ics  lù'cschcz^iVìce  Vabies 
lidia  Lingiiadoca,  ma  non  sembra  giusto 
nel  civile,  piuttosto  nell'ecclesiastico  per- 
chè fu  snffioganea  di  due  metropoli  si- 
tuate nella  Linguadoca.  Dice  ancora,  che 
l'abba/ia  di  s.  Agostino  nel  1  3  1  7  fu  eretta 
in  Tescovato.  Ecco  di  lutto  la  vera  sto- 
ria. Sotto  li  regno  di  Carlo  I  il  Calvo^  i 
normanni  colte  loro  scorrerìe  sulle  coste 
dell'  Aquilania  ,  avenilo  costretto  molti 
monaci  ad  abbandonare  i  loro  monasteri 
per  solltarsi  alla  schiavitù,  BaÌQìondo  I 
conte  di  Tolosa  si  airreltò  d'ollrire  ad  A- 
dagnsio  abbate  benedettino  di  Pannai  o 
Paluial  nel  Perigord,  di  cui  conosceva  il 
grande  merito,  un  asilo  per  se  ed  i  suoi 
a  Vabres,  che  allora  faceva  parte  de'suoi 
doniinii.  Quest'offerta  fu  fatta  ed  accetta- 
ta nell'86i,  e  l'anno  seguente  Raimondo 
1  ottenne  dal  detto  re  Carlo  1  la  conferma 
del  nuovo  monastero  e  la  speciale  prote- 
zione tiella  corte  a  favore  di  esso.  Nel  me- 
desimo tempo  cedette  colla  sua  consorte 
Berlhesia  o  Berlhays,  ad  Adagasio,  il  qua- 
le avea  già  cominciato  a  costruire  il  mo- 
nastero, le  terre  di  Bias,  Bedos,  la  Bes- 
sière,  Broquiès,  ed  in  seguilo  con  molle 
altre  donazioni  accrebbero  Timportanza 
dell'abbazia,  e  le  quali  sono  mentovale  in 
una  bolla  ili  Papa  Pasquale  11  del  1 1 16  di 
conferma.  Dopo  la  morte  del  conte  Rai- 
mondo I,  uno  de'suoi  figli  vesti  1*  abito 
monastico  a  Vabres.  Adagasio  ebbe  anche 
la  consolazione  di  vedere  venire  a  met- 
tersi sotto  la  sua  direzione  un  sauto  reli- 
gioso dell'  abbazia  di  Conques,  di  nome 
Giorgio,  ornalo  di  scienza  e  di  virili,!!  qua- 
le dopo  1 5  anni  fu  fatto  vescovo  di  Lodeve 
nell'Byy,  dove  morì  pieno  di  meriti  e  in 
concetto  di  sanlilà,  e  tuttora  viene  invo- 
calo qual  pastore  diletto  a  Dio  ed  agli  uo- 
mini. Non  molto  dopo,  cioè  nell'Bgg,  s. 
Geraldo  conte  d'  Aurillac,  volendo  sta- 
bilire un'abbazia  nelle  sue  terre,  mandò 
a  Vabres  alcuni  giovani  scelti  tra  le  pri- 


V  A  B 

me  famìglie  deirAlvernia,  ncciocchè  vi  si 
formassero  al  vero  spirito  religioso.  Quel 
f«lto  di  s.  Geraldo  prova  in  che  opinio- 
ne di  sanlilà  era  in  quel  tempo  l'abbazia 
dì  Vabres.  Però,  come  suole  avvenire,  il 
primitivo  fervore  poscia  si  ralfreddò,e  nel 
1062  l'abbate  Deusdedit  si  sottomise  al- 
l'abbate di  s.  Vittore  di  Marsiglia,  che 
y\  mandò  religiosi  specchiatissimi  e  abili 
a  rendei  e  a  Vabres  la  sua  antica  riputa- 
zione. Questo  slato  durò  finché  Vabres 
venne  elevala  a  sede  vescovile  colla  bolla 
di  Papa  G'iovanmXXWj Salvator nostcr^ 
data  in  Avignone  a' 1 3  agosloiSiy,/^^//. 
Hom.  t.  3,  par.  2,  p.  1 53  :  Erectìo  Epi- 
scopatus  Fahrensis,m  cui  si  dice  chi  ara - 
mente,  che  la  chiesa  e  raonaslero  della 
Filla  di  Fabro  del  ss.  Salvatore  OriU- 
nis  s.  Benedicti,  l'esentava  dall'  abbazia 
di  Marsiglia.  11  Papa  eresse  Vabres  in 
città,  la  chiesa  del  monastero  in  cattedra- 
le,compose  il  capitolo  regolare  di  monaci, 
con  altri  smembramenti  della  diocesi  di 
Rhodez  formò  il  vescovato  Fahrensis,  e 
l'assegnò  in  sulfraganeo  alla  pur  da  lui  isti- 
tuita metropolitana  di  Tolosa,  dalla  qua- 
le passò  poi  sotto  quella  diBourges. Quin- 
di nello  slesso  iSiy  nominò  i.°  vescovo 
l'ultimo  abbate  fr.  Pietro  de  Olargio,  e 
gli  assegnò  per  mensa  episcopale  20,000 
lire  annue.  11  Chenu,  Epìscoporum  Gal- 
lìae  chronologìca  historìa  ^  ritarda  al  ai 
i320  l'elezione  dell'abbate  in  vescovo,  e  1 
conviene  che  morì  nel  1 32g.  Gli  suc- 
cesse Raimondo  de  Olargio,  il  quale  sta- 
bilì inSaint-Affriqtie  una  comunità  di4o 
sacerdoti,  e  fu  amico  del  celebre  fr.  Teo- 
dato  de  Gozon  gran  maestro  gerosolimi- 
tano e  nato  nelle  vicinanze  di  Vabres. 
Morto  neh  3  47)  indi  e  nell'istesso  annoio 
fu  Guido  de'signori  di  Veutadour,  morto 
neli35i.  PoidaClermont  vi  fu  trasferito 
Pietro  d'  Agrifoglio,  fratello  del  vescovo 
di  Rhodes.  Nel  i353  Bertrando  de  Pe- 
brach  già  i."  priore  di  Veutadour,  e  poi 
di  s.  Martino de'Campi  di  Parigi.  Gli  suc- 
cesse il  cardinal  Gus^WgUwo  Brngosc  {F.)y 
morto  in  Roma  nel  1 36'/  0 1 369  e  sepolto 


V  AB 

in  s.  Lorenzo  in  Lucina  suo  titolo,  a  cui 
lasciò  la  sua  eredità,  in  pentimento  degli 
ioìproperii  e  imprecazioni  scagliate  con- 
tro Urbano  V,  sdegnato  per  aver  questi  ri- 
parato alla  stravaganza  de'suoi  predeces- 
sori stabilitisi  in  Avignone,  nel  l'abbando- 
narla per  restituire  a  Roma  la  residenza 
pontificia;  gloria  die  però  conseguii  il  suc- 
cessore Gregorio  XLll  vescovo  Stefano  de 
Vassignac,  mandò  un  deputato  al  famo- 
so Sinodo  di  Pisa  nel  1409,  e  terminò  di 
vivere  nel  ì^ii.  Guglielmo  de  Baslidos 
morì  nel  1421.  Da  Berito  a  10  giugno 
i45:x  vi  fu  trasferito  Giovanni  Pelri ,  e 
nello  stesso  giorno  deli 4^3  gli  successe 
Bernardo  Bianchi  morto  nel  i4B5.  Nel 
seguente  Antonio  Pietro  di  Narbona  de* 
baroni  di  Taleyrand,  eletto  da'  canonici 
di  comune  consenso,  già  monaco  abbate 
commendatario  di  Grandeselva  e  Fonte- 
freddo,  nella  cui  chiesa  di  s.  Maria  fu  tu- 
mulato nel  iSog.  Gli  successe  il  fratello 
Lodovico  di  Narbona,  com'esso  abbate  di 
detta  badia,  ed  egualmente  col  suffragio 
di  tutto  il  capitolo  :  costruì  l'episcopio  e 
il  coro  della  cattedrale,  la  quale  abbellì 
e  arricchì  di  preziosi  vasi  e  ornamenti,  e 
per  molti  altri  benefizi  lasciò  preclara  la 
sua  memoria,  passando  di  vita  neliSiQ. 
In  virtù  del  concordato  tra  Leone  X  e 
Francesco  F,  quest'ultimo  nominò  vesco- 
vo di  Vabres,  Reginaldo  di  Martigny  , 
fratello  del  vescovo  di  Castres;  neliSsS 
intervenne  alla  solenne  assemblea  tenuta 
innanzi  al  re,  e  morì  in  Montpellier  nel 
i536.  Il  re  gli  sostituì  Giorgio  d'v^rmtìs- 
gnac  (P^.)  suo  oratore  a'  veneti  e  vesco- 
vo di  Khodez,da  Paolo  III  dichiarato  per- 
petuo amministratore  di  Vabres  e  creato 
poi  cardinale.  Per  altre  chiese  lasciò  que- 
sta, che  per  sua  rassegna  nel  i56o  col  ve- 
scovato di  Rhodez  fu  conferita  a  Giaco- 
mo de  Corneilhan  di  lui  nipote,  il  quale 
mostrò  un  gran  zelo  contro  la  propaga- 
zione del  calvinismo,  e  pubblicò  due  o- 
pere  di  pietà  che  a  tempo  suo  furono  mol- 
lo celebri.  Nel  1 565,  col  consenso  del  car- 
dinale, Giacomo  rassegnò  la  sede  di  Ya- 


V  A  B  69 

bres  a  Fiancesco  I  de  la  Vallette  Cor- 
nusson  nobile  di  Cahors,  fratello  di  Gio- 
varmi gran  maestro  di  Malta  ,  isola  che 
contro  i  turchi  avea  così  strenuamente  di- 
fesa, che  Pio  IV,  se  non  mori  va, erasi  pro- 
posto crearlo  cardinale.  Trovasi  nomina- 
to nel  concilio  di  Trento,  non  che  v'in- 
tervenne come  pretende  Chenu,  ed  a  suo 
tempo  Gregorio  Xlll  secolarizzò  il  capi- 
tolo che  ancor  era  regolare  monastico  nel 
1577.  Mentre  tutto  il  territorio  della  sua 
diocesi  era  in  preda  alle  guerre  suscitate 
dagli  ugonotti,  gli  sarebbe  stato  facile  dì 
ottenere  delle  truppe  da  suo  padre  si- 
niscalco di  Tolosa,  ma  qual  degno  mini- 
stro del  Sigtiore  non  volle  mai  ricorrere 
a  mezzi  violenti,  ed  in  sì  calamitosi  tem- 
pi la  carità,  la  dolcezza,  una  sincera  di- 
vozione furono  la  sua  lodevole  condotta. 
Soltanto  quando  vide  il  disordine  giunto 
all'estremo,  si  ritirò  nel  castello  di  Saint- 
Izaire,  dove  fu  assediato  da' calvinisti  ,  i 
quali  però  furono  dispersi  da'cattolici  ac- 
corsi per  difendere  il  loro  vescovo.  Que- 
sti con  somministrare  per  tempo  de* ca- 
valli alla  badessa  e  monache  di  Nonen- 
que,  ebbe  la  consolazione  di  metterle  in 
sicuro,  prima  che  giungessero  i  calvini- 
sti, che  distrussero  e  ridussero  in  cenere 
quell'antica  abbazia.  Gli  successe  Tom- 
maso de  Lauro.  Nel  1600  ne  fu  consa- 
grato vescovo  Francesco  II  de  la  Vallette 
Gornusson  abbate  di  Moissac  nella  dio- 
cesi di  Cahors,  e  pronipote  del  preceden- 
te Francesco.  Aflidò  il  santuario  di  No- 
tra  Signora  d'Orient,celebre  pel  gran  con- 
corso di  popolo  e  pe'miracoliche  vi  si  ope- 
ravano, a'cappuccini  che  vi  fecero  un  be- 
ne immenso,  e  ridussero  nel  seno  della 
vera  Chiesa  molti  protestanti.  Nel  16  14 
intervenne  in  Parigi  all'assemblea  del  cle- 
ro gallicano,  e  morì  nel  r  6 1 8.  Ne  occupò 
la  sede  il  nipote  e  coadiutore  Francesco 
IH  de  la  Vallette,  fratello  del  signore  di 
Gornusson  e  di  Parisot,  siniscalco  di  To- 
losa e  d'Alby,  ch'era  stèzoso  in ]>artibus' 
di  Filadelfia:  nel  164 1  si  recò  a*  comizi 
(\q\  clero  gallicano  iu  Medontac,  e  mori 


70  V  A  B 

nel  1 645.1  n  questo  gli  fu  «oslUullo  Isacco 
Hilbert  iliPui  igi,caiionìco  teolugo  di  quel* 
Ja  chiesa  e  lej^io  predicalore;  intervenne 
Del  i65o  airusseinblea  del  clero  in  della 
città,  lodato  per  dottrina  equale  ornauien- 
lo  dell'episcopato  francese,a  vendo  pubbli- 
cato diverse  opere  encomiate.  Esse  sono: 
1.  Tre  Discorsi  da  Ini  pronunciali  con- 
tro il  fanìoso  bbro  V Aiigustìnus  di  Gian- 
senio.  2.  Difesa  della  fede.  3.  Traduzio- 
ne latina  del  l'onlilìcale  della  chiesa  gre- 
ca con  lunghe  note.  4*  De  justiiia  coii' 
nuhìali  edicti,  per  provare  che  l'ordinan- 
ze di  Luigi  Xlll  sul  matrinr)onio  non  so- 
no contrarie  al  concilio  di  Trento.  5.  De 
consensu  llierarchiae  et  Monarchiac  : 
fu  tradotta  in  francese  col  titolo  d'Unio- 
ne della  Chiesa  collo  Stalo.  6.  De  Cathe- 
lira,  scu  Primatn  s.  Pctn.  7.  Difesa  del- 
la teologia  de'  Padri  greci  sulla  Grazia. 
8.  Spiegazione  dell'Epistole  di  s.  Paolo  a 
Timoteo,  a  Tito  ed  aFdemone.  9.  Rac 
colla  di  poesie  Ialine,  molte  delle  quali 
in  onore  di  Luigi  Xlll,  col  liloJo  di  Pie- 
tas Hegia,  raccolta  stampata  a  Parigi. 
IO.  Parafrasi  sui  Salmi  della  Bibbia  de' 
Settanta.  1  i.  Inni  sulla  festa  di  s.  Luigi. 
Questo  celebre  e  benemerito  vescovo  di 
Vabres  morì  nel  1 668  d'un  colpo  d'apo- 
plessia a  Pont  de  Salaras,  mentre  si  re- 
cav-a  a  Parigi  da  Luigi  XIV  che  voleva 
farlo  capo  del  suo  consiglio.  Il  di  lui  cor- 
po, riportato  a  Vabres,  fu  sepolto  nella 
cattedrale  a  piedi  dell' altare  maggiore 
che  avea  fatto  ricostruire,sebbene  nel  suo 
testauiento  avesse  dichiarato  di  voler  es- 
sere deposto  nel  cimilerio  de'  poveri.  Si 
legge  sopra  la  pietra  sepolcrale  quell'e- 
pitalfio  da  lui  composto  mentre  viveva: 
Isaaei  Habcrli  XX.mi  Epis.  Vahr. 
quod  mortale  fuit,  hic  resurrectionem 
expectaty  quam  heatam  precare,  pie 
vìalor^et  novissima  memorare.  \  succes- 
sori si  ponno  vedere  nella  nuova  edizio- 
ne della  Gallia  Christiana,  cioè  i  4  se- 
guenti: Lodovico  11  de  Lavergne  de  Mon- 
lenard  de  Tressan,  nominato  nel  1669, 
indi  liasferilo  a  Le  Maas  nel  1671.  Gii 


V  AC 

fu  sostituito  Lodovico  de  Baradat,  già  co- 
nosciuto pe'suoi  dotti  scritti  in  prosa  e 
poesia,  ed  oratore  sagro  mollo  elo(picu- 
le.  A  suo  tempo,  il  Papa  Innocenzo  X[ 
colla  bolla  Triumphans  Paslor  aeler- 
nus,  de'3  ottobre  1678,  Bull.  Roni.  l.  8, 
p.  61,  elevò  ad  arcivescovile  la  chiesa 
d'  Alby,  e  le  assegnò  per  vescovati  suf- 
fiaganei  diversi  di  quelli  dismembrali 
dalla  metropoli  di  Courges,  fra'  quali 
questo  di  Vabres.  1  suoi  due  ultimi  ve- 
scovi seguenti  sono  registrali  anche  nel- 
le Nolizic  di  Roma.  Clemente  XI  nel 
1  7  I  o  preconizzò  Carlo  Alessandro  leFd- 
leul  de  la  Chnpelle,  della  diocesi  di  Li- 
sieux,  che  i  suoi  talenti  e  le  sue  virtù  fe- 
cero eleggere  più  volte  deputalo  delia 
provincia  ecclesiastica  d'Alby  all'assem- 
blea generale  del  clero  di  Francia.  Ot- 
tenne che  l'ospedale  di  Saint-AlTrique 
fosse  eretto  in  ospedale  generale.  Cle- 
mente XI  li  nel  1764  promulgò  Giovan- 
ni de  la  Croix  de  Castries,  della  diocesi 
d'Uzes,  il  quale  pure  più  volte  fu  scelto 
a  deputalo  all'assemblea  generale  del  cle- 
ro ;  venne  carcerato  nella  deplorabile  ri- 
voluzione, e  prima  di  morire  egli  fece 
distribuire  a'  poveri  e  alle  chiese  di  sua 
diocesi  quanto  gli  rimaneva  in  denaro  e 
in  mobili.  Restata  vacante  la  chiesa  ve- 
scovile di  Vabres  neh  796,  dipoi  pel  con- 
cordalo del  1801  Pio  VII  la  soppresse, e 
ne  unì  la  diocesi  al  vescovato  di  Rliodez 
o  Rodez  (F.). 

VACABILI  E  VACABILISTI  DEL- 
LA  CORTE  E  CURIA  ROMANA,  Of- 
Jlcioriim  Venalium  et  VacahiVmm  Ro- 
manae  Ciiriae.  Uflìzi  vitalizi  vacabili  e 
venali  ossia  vendibili  della  Corte  e  Cu- 
ria Romana,  principalmente  della  Ca^ 
mera  apostolica, deWa  Cancelleria  apo- 
stolica, della  Dataria  apostolica,  oltre 
quelli  Capitolini^  nella  più  parie  cosli- 
luili  in  collegi.  Questi  udizi  vacando,  ri- 
cadono a  profitto  della  camera  aposto- 
lica e  si  tornano  a  vendere,  se  a  tempo 
debito  il  proprietario  non  ne  ha  disposto 
a  favore  d'altri.  Tali  ullizi  si  dissero  per- 


VA  e 

ciò  Placabili,  e  yacabiliòù  o  P^acah! li- 
sta qae'clie  gli  acquistavano,  e  (jue' che 
li  possiedono  lultorn,  tli  qiie'vaoabili  su- 
perstiti cioè,  s^i  riconosciuti  che  li(|uidali. 
Siccome  gh  ulìui  Tacabili  furono  da'Pa- 
pi  istituiti  pe'hisogni  urgenti  della  s.  Se- 
lle, o  del  tesoro  o  erario  pontificio,  così 
le  somme  che  s'introitavano  dalla  came- 
ra apostolica, per  l'occorrenze  dell'una  o 
dell'  altro  si  eiogavano  e  impiegavano. 
Altre  somme  di  frequente  servirono  a 
soccorrere  le  chiese  cattoliche  estere,  ed 
anche  i  principi  cristiani.  Dunque  lode- 
volissimo  e  commendevole  ne  fu  il  preci- 
puo scopo.  11  cardinal  De  Luca  distinse 
in  tre  specie  e  generi  diversi  gli  uflizi 
venali  e  vacabili,  i  .**  0/^C7<^  PraclatÌLìa 
et  primi  ordiiiis.  2.*  De  Offlciis  seciuidi 
generis f  quae  non  siuit  Praelaiitia,  sed 
aliquain  habent  adniinìstrationeni.  3.° 
Da  Offlciis  tcrtìae  classi^^  quae  mdlani 
habent adininistrationeni.  \  vacabili  del- 
la I."  specie  si  acquistavano  dalla  camera 
apostolica,  mediante  pagamento  d'una 
somma,  anche  cospicua  e  ragguardevole 
in  proporzione  del  reddito  e  dell'auto- 
rità e  onorificenze  annesse,  che  relativa- 
mente variò  secondo  i  tempi.  Imperoc- 
ché tra'detti  uffizi  vacabili  eranvi  anche 
quelli  di  tale  i  .°ordÌQe,avendo  annesso  l'e- 
sercizio di  diverse  primarie  cariche  car- 
dinalizie e  prelatizie,  come  andrò  enume- 
rando, per  promozione  alle  quali  vaca- 
va il  vacabile.  ]Ma  per  gli  uffizi  principa- 
li vacabili,  da  chi  gli  acquistava,  oltre  la 
somma  che  dovevano  sborsare,  richiede- 
vasi  che  ne  fossero  onniaamenle  degni, 
colla  corrispondente  piena  idoneità  e  in- 
tegrità. Siffatti  vacabilisti  maggiori  ,  sia 
pe'natali,virttiecognlzioni,dovevanopm' 
essere  d'intera  soddisfazione  e  gradi mea* 
te  de'Papi,  pe'gelosi  e  alti  uffizi  di  cui  ve- 
nivano investiti:  dovevano  es*i  aver  pri- 
tua  meritato  la  pontifìcia  estimazione  e 
benevolenza, altrimenti  non  bastava  l'of- 
frire le  somme  stabilite.  Prova  lumino- 
samente la  storia  ,  i  grandi  ed  eccellenti 
prelati  e  cardinali,  dotti  e  virtuosi  che  flo- 


V  A  G 


7» 


rirono  nella  Curia  lìomaiut^  i  quali  per- 
vennero ad  eminenti  cariche  e  dignità 
colla  comprita  de'  vacabili ,  e  persino  al 
cardinalato.  Allorché  i  Papi  conferirono 
i  principali  uffici  vacabili,  od  anche  i  mi- 
nori, senza  prezzo,  si  dicevano  vacabili 
donati.  Molti  vacabili  degli  uffizi  minori 
di  2.°  ordine,  se  i  vacabilisti  non  erano 
in  grado  di  fungerli,  si  facevano  esercita- 
re dall'intestatario  con  l'opera  personale, 
ossia  da  altri  abili  sostituti  a'medesimi  e 
forniti  de'  richiesti  requisiti  ,  mediante 
congruo  compenso  o  in  società.  Altri  va- 
cabili di  3."  specie  erano  puramente  sta- 
biliti sul  trarre  dalle  Tasse  (J^.)  impo- 
ste la  quota  loro  assegnata,  del  qual  ge- 
nere di  vacabili  e  vacabilisti  tuttora  ne 
esistono  non  poclai.  La  rendita  degli  uffi- 
zi vacabili  esistenti  deriva  e  previene  da* 
mensili  o  annui  fruitati  di  emolumenti  e 
tasse  stabilite  pe'medesimi  da'  Papi  die 
l'istituirono,  in  compenso  degl'  intestata- 
ri ossia  di  chi  T  esercitava  e  degli  acqui- 
renti proprietari  secondo  la  loro  natura, 
eil  in  generale  quanto  all' annuo  incasso 
rende  un  congruo  e  pur  anco  convenien- 
te compenso  proporzionato  alla  somma 
pagata,  non  meno  dell'S  ovvero  del  io 
per  100,  ragguagliato  cioè  sul  capitale 
somministrato,  anzi  molli  vacabili  arric- 
chirono i  vacabilisti.  Con  quest'aulicolo 
io  non  pretendo  alFatto  di  dare  un  trat- 
talo sulle  diverse  specie  de'vacabili,  non 
solo  perla  mia  relativa  insufficienza,  ma 
ancora  come  vasto  e  complicato  argo- 
mento, che  in  generale  assai  poco  si  cono- 
sce.Adunque  mi  limiterò  a  tentare  di  dar- 
ne una  semplice  indicazìone,richiamando 
i  numerosi  articoli  che  vi  hanno  relazione, 
coU'intendimento  di  possibilmente  spar- 
gere alquanto  lume  sopra  materie  inte- 
ressanti, ma  molto  oscure,  di  cui  appena 
alcuno n'è pienamente  istruito.Dopo  tan- 
ti mutamenti, non  furono  stampate  opere 
che  ci  possano  illuminare.  Se  nella  defi- 
nizione o  in  altro  non  riuscirò  del  tutto 
esatto,  mi  lusingo  che  i  tanti  articoli  che 
gli  apparlctìgono,  almeno  in  buona  parte 


71  VAC 

siipplirnnnoa  cìiiarire  questa  riunione  di 
nozioni.  La  caratteristica  degli  udizi  ve- 
nali vacabili  della  corte  e  curia  romana, 
Officia  vena  Ha  vacabilia,  si  è  che  essi 
vengono  posseduti  sotto  il  pericolo  di  vi- 
ta  della  persona,  alla  quale  gli  ullìzi  in 
Dataria  sono  inscritti  ossia  intestati;  per 
cui  alla  morte  naturale  dell'  intestatario 
Tuffizio  venale  vaca,  e  se  ne  devolve  ini* 
mediatamente  l'assoluta  proprietà  al 
principe  o  camera  apostolica  ,  a  conto 
della  quale  la  dataria  apostolica  Io  ri- 
vende al  prezzo  reperibile  ,  versandone 
Ja  somma  ricevuta  alla  medesima.  La 
vacanza  di  tal  genere  di  uffizi  venali  vie* 
ne  impedita  quando  l'uflìziale,  ossia  l'in* 
tèstatario  del  vacabile  ne  è  insieme  il  pro- 
prietario, e  il  vende  ad  altra  persona,  la 
quale  vendita  dicesi  Rasscgnaj  come  an« 
che  quando  chi  ha  la  proprietà  di  un 
uffizio  in  sua  testa  non  iscritto,  trasferi* 
sce  la  inscrizione  a  suo  beneplacito ,  os- 
sia trasferisce  il  pericolo  di  vita  nel  suo 
uffizio  ad  un'altra  persona.  Nel  caso  l'in- 
testatario sia  assente  da  Roma,  richiede- 
si  che  il  proprietario  dell'uffizio  dia  una 
cauzione  alla  dataria  del  prezzo  del  vaca- 
bile, qualora  il  detto  intestatario  non  so- 
pravviva 4o  giorni  alla  seguita  Trasla- 
zione. Dalle  traslazioni  del  pericolodi  vi- 
ta di  persona  in  persona  in  un  uffizio  va- 
cabile deriva,  che  alcune  famiglie  hanno 
di  essi  conservato  per  qualche  secolo  la 
proprietà.  L'uffizio  vacabile,  quando  sia 
intestato  nella  persona  medesima  del  pro- 
prietario, non  può  essere  lasciato  in  te- 
.stamenlo,  né  conseguirsi  per  eredità  ab 
intestalo,  solo  ciò  può  accadere  quando 
il  proprietario  di  un  vacabile  intestato  lo 
tiene  in  altra  persona.  Per  altro  deve  ve- 
rificarsi all'epoca  dell'apertura  del  tesla- 
menlOjOdel  possesso  dell'eredità, che  l^in- 
tèstatario  sia  vivente. Chi  acquista  un  uffi- 
zio venale  vacabde  della  curia  romana, os- 
sia di  quelli  attinenti  alla  dataria  e  cancel- 
ieria  apostolica,  può  intestarlo  a  se  slesso 
oa  terza  persona.  Se  lo  intesta  a  se  stesso, 
esso  ne  è  insieme  proprietario  e  intesta? 


VAC 

lario.  Se  lo  intesta  a  3.'  persona  ,  egli 
(l'acquirente  del  vacabile)  dicesi  ed  è   il 
proprietario,  durante  la  vita  del  suo  in- 
testatario, e  fa  sua  la  rendila  dell'uffizio. 
Qualora  al  vacabile  sia  annesso  un  eser- 
cizio, il  quale  esercizio  è  anche  fruttife- 
ro, la  rendita  dell'esercizio  non  è  del  pro- 
prietario,ma  dell'intestatario  del  vacabi- 
le. Non  vi  è  dilferenza  fra  gli  uffizi  colle- 
giali e  non  collegiali  per  ragione  dell'  in- 
testatario, poiché  tutti  debbono  essere  in- 
testati onde  [)otere  percepire  il  frutto. L'a- 
zienda degli  ufiizi  vacabili  venali  è  stata 
mai  senqjre  di  esclusiva   pertinenza  del 
Tribunale   della  Dataria    apostolica 
(/^.),  senza  che  mai  abbiavi  avuto  la  mi- 
nima ingerenza  la  camera  apostolica,  né 
i  suoi  ministri.  11  Datario  o  pro-datario 
è  il  difensore  nato  de'  vacabilisti ,  ed  in 
virtù  di  pontificii  chirografi  rappresenta 
tutti  gli  uffizi  vacabili   che  mancano,  e 
finché  mancano  comunque  del  vero  uffi- 
ziale.  La  persona  dalla  dataria  deputata 
privativamente  alla  partita  degli   uffizi 
sopraddetti  è  Taraministratore  delle  com* 
ponende,  il  quale  anticamente,  quando 
l'uffizio  delle  componende  era  anche  ve- 
nale,dicevasi  l'uffiziale  delle  componende. 
Gli  uffiziali  vacabilisti  se  sono  riuniti  ìu      jj 
collegio  diconsi  FacabilistiCollegialiyùì' 
trimenti  si  chiamano  f^acabilisti  Singo- 
lari. I  vacabilisti  collegiali  tenevano  pe- 
riodiche congregazioni,  nelle  quali  tratta- 
vano  liberamente  e  indipendentemente 
da  chiunque  altro  gli  affari  economici  de* 
loro  collegi;  nominavano  persuffiagi  al» 
Guni  (le  greniio  a  sostenere  varie  incom- 
benze nel  rispettivo  collegio  piti  o  meno 
lucrose  e  dette  uiliziature,  talune  trime- 
strali, talune  semestrali,  talune  annue; 
come  anche  per  suffragi  eleggevano  i  lo- 
ro ministri,  cioè  il  segretario  (detto  pure 
computista),comunemente  chiamato  cap- 
pellano (perché  come  dissi  nel  voi.  LXIf, 
p.  SoQ, anticamente  il  cappellano  che  la- 
ro quotidianamente  celebrava  la  messa, 
n'era  pure  il  segretario,  e  come  tale  avea 
la  cura  e  custodia  de'iibri  e  scritture  dei 


V  AC 

proprio  collegio;  i  collegi  avencìo  poi  co* 
iiiincialo  ad  eleggere  per  segretario  uà 
secolare,  questo  ritenne  l'antica  denomi- 
nazione di  cappellano),  il  depositario  ed 
il  procuratore  ,  i  quali  3  individui  erano 
amovibili  ad  nutuni  de'  nominanti.  Le 
congregazioni  degli  ufliziali  vacabilisti  col- 
legiali ebbero  luogo  fino  alla  chiusura  del 
Tribunale  della  Cancellerìa  apostolica 
(P^.)  avvenuta  nel  gennaioi8io.  Duran- 
te l'intruso  governo  francese,  dal  mede- 
simo fu  proposta  la  liquidazione  de' vaca- 
bili, e  venne  eileltuala  per  7/9  parli  circa 
dell'  intero  loro  numero.  Ripristinalo  il 
pontiHcio  governo  nel  1 8  f  4j^s*^"f'^^'  ^'■^' 
'vaio  in  assai  ristretto  numero  gli  ufliziali 
Tactibilisli  di  ciascun  collegio,  il  Papa  Pio 
VII  a  proposta  del  cardinal  Malici  pro-da- 
lario  stabili  una  speciale  congregazione 
sotto  la  presidenza  di  esso  cardinale,  onde 
'esaminare  l'affare  degli  uffizi  vacabili  e 
de'rimasti  vacabilisti,  che  non  vollero  li- 
quidare, per  proporre  quindi  quello  che 
air  oggetto  e  alla  circostanza  repulavasi 
espediente.  Fra  le  proposizioni  che  il  det- 
to Papa  in  modo  provvisorio  approvò  il 
i.°ollobrei8i4  furonvi  le  seguenti:  Che 
non  si  tenessero  da'  superstiti  collegiali 
vacabilisti  le  periodiche  congregazioni. 
Che  non  avessero  luogo  le  deputazioni 
alle  ufììzialure  (pe'vacabili  l'uflìzialura  è 
una  carica  lemporaria  ne'  collegi  degli 
ufliziali  vacabilisti,  come  sono  gli  ufli- 
ziali de'sodalizio confraternite).  Che  non 
si  ammettessero  rassegne,  ne  vendile  de- 
gli uflìzi  non  liquidati.  Da  queste  dispo- 
sizioni è  derivalo.  i."Che  vennero  tolte 
ne'collegi  tulle  le  ufljzialure,  a  riserva  di 
alcune  ne'collegi  degli  Scrittori  (F'.)  di 
bolle,  tanto  di  maggiore  quanto  di  mi- 
nor grazia,  troppo  necessarie  per  le  spe- 
dizioni delle  bolle  apostoliche  ,  alle  quali 
rispetto  a*  primi  ora  nomina  trimestral- 
mente il  cardinal  Fice- Cancelliere ^cà  in 
sua  assenza  Oìg.'^  reggente  della  cancelle- 
ria, e  rispetto  a'secondi  il  segretario  de- 
pula a  vita  gl'individui.  2.°  Che  i  mini- 
stri de'vacabilisli  collegiali  sono  uumiua* 


VAC  73 

ti  dal  datano.  3.*  Che  oltre  a  ciò  ad  alcu- 
ni proprietari  degli  uffizi  non  liquidati,  i 
quali  procuravano  di  essere  assicurati  del 
possesso  de'loro  uffizi  in  caso  di  morte  de* 
loro  intestatari,  fu  accordato  per  organo 
della  dataria  un  pontifìcio  rescritto  de- 
claratorio: Quod  interini  tempus  et  lem- 
poranon  curranf.  In  questa  disposizione 
s'intese  poi  comprendere  qualunque  pro- 
prietario di  vacabile  non  liquidato,  quan- 
tunque non  si  fosse  munito  di  simile  re- 
scritto. Ma  non  ostante  il  divieto  di  ras- 
segnare i  vacabili  non  liquidati,  si  è  veri- 
ficalo il  caso  di  qualche  vendita,  concor- 
rendovi però  la  pontifìcia  annuenza.  Pa- 
rimenti i  Papi,  di  alcuni  vacabili  de'qua- 
li  erasi  disposto  per  testamento,  hanno 
confermato  le  testamentarie  disposizioni 
a  favore  degli  eredi  de'possessori  defun- 
ti. In  questi  casi  però  la  dataria  non  ha 
richiesto  che  venisse  effettuata  la  voltu- 
ra del  vacabile  dall'antico  al  nuovo  pos- 
sessore. Siccome  molti  uffizi  vacabili  a- 
vevano  annesso  un  esercizio,  e  gli  emolu- 
menti di  questo  esercizio  spettavanoesclu- 
sivamente  a'rispetlivi  intestatari;  cos\  ia 
seguito  delle  suaccennate  provvisorie  di- 
sposizioni pontificie,  gli  esercenti  agli  uf- 
fìzi vacabili,  aggregati  tanto  alla  dataria, 
quanto  alla  cancelleria  apostolica,  ven- 
gono ora  deputali  dal  cardinal  pro-data- 
rio, senza  però  essere  dichiarati  formal- 
mente intestatari.  Finche  i  collegi  de'va- 
cabilisli hanno  conservalo  i'  intero  loro 
numero  de' collegiali,  ne'  nominati  prò 
tempore  alle  ufììzialure  era  richiesta  una 
cognizione  di  ciò  che  si  riferiva  al  proprio 
collegiojtanlo  per  le  tasse  spellanti  ad  es- 
so nelle  singole  spedizioni  delle  bolle  a- 
posloliche,  quanto  nella  divisione  del  de- 
naro esatto.  I  segretari,  ad  eccezione  de* 
segretari  de'suddelli  scrittori  di  bolle,  e- 
rano  quelli  che  registravano  ne'hbri  le 
somme  da  esigersi  in  ciascuna  spedizione, 
tulli  poi  conoscevano  le  norme  onde  fa- 
re i  mensuali  riparti  delle  rendile,  o  redi- 
gevano uno  scritto  mensuale,  nel  quale  a 
ciascun  uffiziale  era  assegnata  la  compe- 


74  V  A  e 

lente  qnolo,  qiinle  scritto  detto  Lisia  o 
ripailo  veniva  approvato  (lu'  deputali  di 
ctascuii  collegio,  avanti  die  d»  esso  si  fa* 
cesse  trasinissiooe  al  proprio  depositario, 
onde  questi  dasse  a  ciascun  uiliziale  o 
proprieluiio  l'assegnala  porzione.  Dal 
i8»4'"  P*^'  '  detti  segretari  lianno  le  no- 
tizie de'rispettivi  collegi  e  delle  loro  las- 
se, e  fanno  i  riparti,  che  trasmettono  a' 
depositari,  e  quanto  altro  narrai  nel  voi. 
VII,  p.i 58.  I  depositari  pertanto  de' col- 
legi ile'  vacabilisti  non  debbono  avere  e 
non  hanno  alcuna  cognizione  delle  di- 
verse tasse  de'singoli  collegi,  né  del  mo- 
do di  fare  i  riparli  delle  rendile;  ma  so- 
lo hanno  la  responsabilità  del  denaro  che 
essi  hanno  esatto ,  e  de'  pagamenti  che 
funnoa  termine  delle  liste  de'segrelari  col- 
legiali. Essendo  dal  ib*i4  lislietti  a  3  i 
depositari  de'collegi  de'vacabilisli,  e  cia- 
scuno indipendente  dall'altro,  da  ciò  ri- 
sulla che  niuno  de' depositari  può  rite- 
nersi per  depositario  generale  degli  uf- 
fìzi vacabili  (onde  tale  aggiunto  »a  tolto 
dagli  articoli  Cancelleria  A.fostoliga  e 
Datari  A  Apostolica, sebbeneio  l'aggiun- 
to lo  destmsi  dalle  ulUziali  e  annuali  No- 
tizie di  Roniay  ed  i  due  articoli  gli  appro- 
"varono  i  primari  ufliziali  de'due  tribuna- 
li). Difalli  l'esattore  camerale  riscuole  da' 
singoli  3  depositari  la  rendita  de' vacabili 
liquidati,  che  per  disposizione  pontifìcia 
è  versata  nell'erario  della  camera  aposto- 
lica. Che  se  dovesse  darsi  V  aggiunto  di 
generale  ad  uno  de' depositari  de'  vaca- 
bili, gì'  istruiti  di  queste  materie  sosten- 
gono, che  tale  aggiunto  si  apparterreb- 
be al  depositario  o  cassiere  delle  tasse  del 
piombo  nominato  dal  cardinal  vice-can- 
celliere; poiché  nelle  sue  mani  deve  farsi 
per  intero  il  pagamento  di  tuttociò  che 
in  ciascuna  spedizione  va  sotto  il  titolo 
di  tasse  del  Piombo  e  registro  delle 
lolle y  e  al  medesimo  devono  rivolgersi 
anche  gli  altri  due  depositari  per  esigere 
la  rata  spettante  al  collegio  cui  servono. 
£  mentre  il  depositario  o  cassiere  del 
piombo  può  io  qualche  modo  ascriversi 


V  A  C 

fra  gli  ufTiziali  di  cancelleKÌa  (perchè  tale 
lochiaina  anche  il  Ciairipini, Z^d  S.R./i. 
FicecancellariOyCt  Ofjìcialihas  Cancri' 
lariae  t/po^olicae^  &ec\'ìo  wii)^  non  può 
per  alcun  titolo  o  ragione  esser  chiamalo 
uflìziale  di  cancelleria  né  di  dataria  il  de- 
positario de'vacabilijch'c  veramente  il  2.° 
de'depositari.  Il  3."  depositario  è  il  pioni - 
balore  ossia  il  custode  del  sigillo  ponti- 
ficio di  piotnbo.  Le  Notizie  di  Roma  del 
i833  per  lai."  volta,  e  dopo  il  deposi- 
lario  generale  del  piombo  e  il  piomba- 
tore,  registrò  nelT  articolo  Cancri  leria 
y^postolica  tra  gli  ulìiziali  della  medesi- 
ma,  il  Depositario  de*  f^acahili  ed  anche 
con  l'aggiunto  di  generale,  e  tuttora  con 
esso  prosiegue  a  riportarlo;  e  dal  1 8  J2  re- 
gistra pure  il  suo  coadiutore.  Ripeto,  che 
niuno  de'  3  depositari  del  denaro  prove- 
niente da'  vacabili  amministra  vacabili, 
né  fa  alcun  riparto  delle  rendite  di  essi. 
Il  depositario,  che  nelle  Notizie  di  Ro- 
ma e  qualificato  depositario  generale 
de'  vacabili,  é  depositario  degli  scrittori 
delle  bolle  tanto  di  maggiore,  quanto  di 
minor  grazia;  degli  abbreviatori  del  par- 
co di  maggiore  e  di  minore  presidenza; 
de'  procuratori  delle  spedizioni  di  bolle 
di  minor  grazia;  de'presidenli  di  annona; 
de'cavalieri  del  Giglio;  de'cavalieri  Pii  ; 
de'cavalieri  Lauretani  ;  de'registratori  e 
de'  maestri  del  registro  delle  suppliche; 
de' protonotari  apostolici;  de*  mazzieri 
pontifìcii;  e  degli  altri  uOTiziali  venali  del 
palazzo  apostolico;  come  anche  de*  solle- 
citatori delle  bolle  apostoliche  di  maggior 
grazia,  comunemente  denominati  gian-  m 
nizzeri;  e  de*  restanti  collegi  degli  anna-  ^ 
listi,  ossia  partecipanti  delle  mezze  anna- 
te beneficiali,  i  quali  sono  i  correttori  e 
scrittori  d'  archivio,  i  cavalieri  di  s.  Pie- 
tro, i  cavalieri  di  s.  Paolo,  1  cubiculari  e 
gli  scudieri  apostolici,ed  i  porzionari  diRi- 
pa.  Lo  stesso  depositario  è  eziandio  de- 
positario di  qualche  altro  vacal>ile  singo- 
lare. Il  depositario  del  piombo,  rappre- 
sentalo in  tutto  dal  cassiere,  oltre  l'esse- 
re depositario  e  cassiere  iu  g<iucre  e  in 


V  A  e 

generale  delle  lasse  del  piombo,  è  in  par- 
licoloie dcposilaiio de'collegi  de'cojlello- 
li  del  piombo  ,  de*  maestri  del  registro 
delle  bolle  spedite  per  la  via  di  cancel- 
leria, e  degli  scrittori  del  registro  mede- 
simo. Il  pioiidjatoreédepositariode'mae- 
stri  e  de'  porzionari  del  piombo,  e  de' 
Penitenzieri  di  s.  Pietro^  come  parteci- 
panti delle  lasse  del  sigillo  poiUitlcio  di 
piombo.  E  qui  devesi  avvertire,  che  la 
Penitenzieria  apostolica  entra  a  parte 
di  alcune  lasse  solle  spedizioni  delle  bol- 
le, ma  di  quelle  che  vengono  spedite  per 
1'  uffizio  denominato  di  minor  grazia, 
nelle  quali  tasse  è  compresa  quella  pe' 
suddetti  penitenzieri.  Per  gli  udlzi  vaca- 
bili singolari  vengono  deputali  dal  car- 
dinal pro-datario  persone  idonee  onde  e- 
sercilare  le  incombenze  del  vacabilisla,  e 
ad  esigerne  le  rendite  che  vengono  depo- 
sitate al  depositario  per  versarle  nell'  e- 
rario  della  camera  apostolica  ossia  al  suo 
esattore.  Niuna  deposileria  degli  u/lìzi  va- 
cabili è  annessa  alla  carica  di  amministra- 
tore  delle  componende.  Pel  narralo  nel 
•voi.  XiX,  p.  i57  ,  e  pel  fallimento  del 
Tartaglia,  dalla  più  parte  de'collegi  va- 
cabilisti  eletto  loro  depositario,  Pio  VI 
nel  1790  deputò  depositario  interino  de' 
medesimi  l'ab.  Ghignardi  amministrato- 
le generale  delle  componende. Morto  que- 
sti nel  1794  gli  successe  il  rispettabile  ab. 
Domenico  Sala,  che  sin  dal  1  79  i  si  legge 
nelle  Notizie  di  Roma  suo  coadiutore. 
3VoD  solamente  occupò  la  carica  delle 
componende,  ma  fu  anche  a  lui  affida- 
ta tale  deposileria,  ed  ambedue  gli  uf- 
fizi ritennesinoali832  epoca  di  sua  mor- 
ie, e  lasciando  preziose  notizie  mss.  su 
questo  argomento,  non  meno  che  sul- 
la Dataria  e  Cancelleria.  Tanto  l'ab- 
bate Ghignardi,  che  l'abbate  Sala  ìu 
tutte  le  annuali  successive  Notizie  di  Ro- 
ma, solamente  sono  registrati  quali  am- 
ministratori delle  componende.  Nello 
slesso  i832  Gregorio  XVI,  a  mezzo  del 
cardinal  prodalario,  nominò  uno  specia- 
le Depositario  de'  vacabili ,  ed  è  il  cav. 


V  A  C  75 

Agostino  Rempicci;  a  cui  il  Papa  Pio  IX 
ha  dato  in  coadiutore  il  suo  scalco  se- 
greto cav.  Benedetto  Filippani.  Deposi- 
tario del  piombo  è  il  conte  Castore  di 
Marscianoje  Piombatore,  Francesco  Le- 
pri. Dicesi  che  l'uffizio  di  depositario  de' 
vacabili,  più  o  meno  secondo  le  circostan- 
ze, rende  annui  scudiì5oo.  Gli  uffizi  ve- 
nali vacabili  ponno  essere  classificali  in 
uffizi  della  Cancelleria  Apostolica  ,  ed 
uffizi  della  Dataria  apostolica,  secondo- 
che  l'esercizio  di  essi  deve  prestarsi  o 
l'aggregazionede'medesinii  si  riferisce  al- 
la Cancelleria  o  alla  Dataria  medesi- 
me. I  vacabili  Camerali  poi  sono  quelli 
di  diversi  collegi,  a'quali  nella  loro  istitu- 
zione furono  assegnati  in  porzione  di  ren- 
dile alcuni  annui  provenli  della  camera 
apostolica,  e  perciò  denominali  aJcuni  di 
tali  vacabilisli  anche  Porzionari,  ridotti 
indi  ad  annui  pagamenti;  qual  rendita 
(che  tuttora  luparie  pagasi  a'singoli  col- 
legi) dicesi  rendita  certa  del  vacabile, 
a  diffijrenza  di  quella  incerta  ed  even- 
tuale proveniente  dall'esazione  delle  tas- 
se nelle  spedizioni  delle  bolle  e  brevi 
pontifìcii.  Non  ponno  dirsi  camerali  que- 
gli uffizi  vacabili,  la  cui  rendita  è  stata  ap- 
plicala con  chirografi  pontificii  per  di- 
versi titoli  alla  camera  apostolica.  Essen- 
do i  vacabili  un  debito  della  camera  apo- 
stolica, non  si  può  esaltamente  per  questo 
titolo  dirsi  che  essa  ne  sia  la  proprietaria 
diretta,  il  che  corrisponderebbe  alla  pro- 
posizione che  i  debili  sono  una  proprietà. 
JXella  istituzione  di  alcuni  uffizi  vacabili 
collegiali  vennero  cedute  alcune  incerte 
rendile  della  cameia  apostolica,  come  le 
mezze  Annate  beneficiali  ec.  Le  mezze 
annate  però  non  formano  l'introito  del- 
la componenda  della  dataria,  ma  dopo 
la  cessione  formano  rendila  de' vacabili- 
sli, e  cessarono  quindi  d'essere  introito 
pontificio  o  meglio  un  provento  del  pon- 
tificato. Siccome  nella  istituzione  di  lut- 
ti gli  uffizi  vacabili  i  romani  Pontefici  an- 
davano a  contrarre  de'debili,così  per  sicu- 
rezza della  restituzione  del  deuaro  banuu 


76  VAC 

ipotecato  a  non)e  loro  e  dellu  camera  a- 
poslolica  i  beni  e  reiuliie  Jeihì  camera 
iiieclcsiina.  Quindi  può  dirsi,  die  furono 
vendute,  non  già  ipotecale,  alcune  ren- 
dite che  provenivano  dalla  cancelleria  a- 
postolica.  Si  vuole  che  la  camera  aposlo- 
Jica  ritragga  da'vacaUili  non  li(|uidali  an- 
lini  scudi  sette,  otto  o  nove  mila,  e  ne  pa* 
ghi  circa  72,000  ,  cioè  per  gli  assegna- 
menti a'collegi  de'vacabilisti  denounnati 
cavalieri  di  s.  Pietro,  cavalieri  di  s.  Pao* 
lo,  cavalieri  l*ii,cavalieri  del  Giglio, cubi- 
culari e  scudieri  apostolici  ,  porzionari 
di  Ripa,  presidenti  di  annona,  correttori 
e  scrittori  di  archivio,  protonotari  apo- 
stolici, ed  è  perciò  che  tali  uffìzi  vacabili 
(per  distinzione  degli  altri  che  nulla  rice- 
\ono  di  assegnamento  dalla  camera)  so- 
no cldamati  camerali.  Vi  sono  tuttavia 
de' vacabili  che  non  si  amministrano  da' 
summentovati  depositari,  ma  da'proprie- 
tari  rispettivi, come  nell'università  roma- 
na, nella  quale  uno  de'bidelli  è  vacabile 
spettante  ad  un  principe  romano,  il  qua- 
Je  cogli  emolumenti  e  stipendio  che  ne 
trae,  ne  fa  partecipe  quello  cui  fa  eser- 
citare r  ulllzio.  Vi  furono  de'  collegi, 
come  dirò,  di  vacabilisti  decorati  di  or- 
dini equestri  e  onorati  di  privilegi.  An- 
che altri  vacabiltsti  singolari  goderono 
prerogative  ed  esenzioni.  Di  questi,  delle 
somme  richieste  pe'dilferenli  vacabilijdi 
quanto  essi  rendevano  ,  ne  ragionai  ne* 
loro  articoli  che  poi  ricorderò.  1  vacabili- 
sti  Scrillori  aposlolici,  i  cavalieri  Lau- 
retani\i\e\  G/^'//o, di s.  Pietro ^ò'xi.Paolo, 
ed  i  cavalieri  À'//Y^.j,oltrealtri  erano  pu- 
re ProLoiiolai'i  (y)  titolari.  I  vacabilisli 
collegiali,  che  attualmente  hanno  nella 
cancelleria  apostolica  i  segretari  cappel- 
lani, sono  i  seguenti;  cioè  il  segretario 
cappellano  degli  scrittori  delle  bolle  di 
maggior  grazia,  il  segretario  cappellano 
degli  id)brevialori,il  segretariocappella- 
no  de'sollecitalori  apostolici,  quello  degli 
scrittori  d'archivio,  quello  de'  porzionari 
di  Iiipa,  (jueliode'presidenti  dell'annona, 
quello  de'cubiculari  apostolici,  quello  de* 


VAC 

gli  scudieri  apostolici, quello  de'cavalieri 
di  s.  IMelro,  quello  de'cavalieri  di  s.  Pao- 
lo, quello  de'  cavalieri  del  Giglio,  quello 
de'cavalieri  Pii,  quello  de'cavalieri  Lau- 
retani  ,  quello  degli  scrittori  di  bolle  di 
minor  grazia,  quello  de'procuratori  del- 
le bolle,  quello  degli  scrittori  de'brevi  a- 
postolici,(pjello  de' registratori  delle  bol- 
le di  uiiiggior  grazia,  cjuello  de'  maestri 
del  registro, quello  de'collettori  del  piom- 
bo ec.  De'Ioro  onorari  e  stipendi,  coii»e 
di  quelli  degli  altri  ufllziali  dellu  stesso 
tribunale,  si  può  vedere  a  p.  68  la  Sta- 
tis licci  (li  tutti  gli  uffizi  al  impiccili  del 
dominio  della  s.  Sede  all'  epoca  del 
184B,  Roma  1849.  A  p.  73  sono  ripor- 
tati gli  onorari  e  stipendi  degli  udìzialidel 
tribunale  della  dataria  apostolica. Lessi  iu 
un  antico  documento:  Il  cavalierato  del 
Giglio  importava  T  acquisto  dell'  ulllzio 
scudi  I  i5o,  più  do veasi  pagare  per  la  spe- 
dizione e  l'ammissione  scudi  84,f''"ttau- 
do  certi  annui  scudi  66.  Il  collegio  aduna- 
vasi  in  congregazione  una  odue  volte  l'an- 
no, con  premio  incerto.  Il  cavalierato  Pio 
importava  l'acquisto  dell*  uflizio  scudi 
gSo,  più  doveasi  pagare  per  la  spedizio- 
neerammissionescudi82,  fruttando  cer- 
ti annui  scudi  54-  H  collegio  adunavasi 
tre  oquattro  volte  l'anno,  con  premio  in- 
certo. I  cardinali  potevano  avere  in  pro- 
prietà i  vacabili  della  curia  romana,  ma 
que' vacabili  inerenti  a  ufiìiji  di  dignità  e 
all'esercizio  di  cariche  non  potevansi  da 
loro  ritenere,  e  colla  promozione  al  car- 
dinalato cessavano.  Talvolta  i  cardinali 
ebbero  la  proprietà  de'  vacabili  intestati 
sotto  altro  nome.  In  seguito  fu  loro  con- 
cessa la  ritenzione.  Dice  il  Lunadoro,  nel- 
la Relazione  della  Corte  di  [ionia,  esse- 
re il  prelato  Pesoriere  generale  (V.)  il 
conservaloredegli  obblighi  Cìq  Luoghi  di 
Tlio/i^d  (^/^J,  degli  ullizi  vacabili  camera- 
li, e  de'  deposili  di  denaro  della  camera 
apostolica,  provenienti  da'  Pributi  (/^.)  e 
dal  complesso  di  sue  rendite,  a  seconda 
della  bolla  di  Benedetto  XIV,  Ronianae 
Curiae,  de'2i  dicembre  1745».  Anche  i 


V  AC 

luoghi  di  monte  furono  di  due  specie,  va- 
cabili e  non  vacabili,  ossia  azioni  divise 
in  luoghi  di  loo  scudi  1'  una  con  annuo 
frullato  ,  corrispoudenle  alle  circoslanze 
de'tempi,  e  di  essi  il  prelato  tesoriere  fu 
dichiarato  soprintendente.  Si  può  vede- 
re il  moto-proprio  d'Innocenzo  XI,  Cam 
recai.  lueni.  Clemens  VIII^  de'6  giugno 
1689,  Bull.  Rom.  t.  8,  p.  535  :  Conflr- 
manturT/iesaiirariprovisiones,  et  ordì' 
nationes  ,  et  taxae  prò  hono  Montium 
Jxomanae  Ciiriae  regimine.  Anche  i  luo- 
ghi di  monte  furono  istituiti  da'Papi  pe* 
bisogni  della  s.  Sede  e  de' suoi  doininii 
temporali,  e  principalmente  per  aiutarci 
Sovrani  nelle  guerre  contro  gli  eretici  e 
la  Turchia  {V')y  ch'è  quanto  dire  in  di- 
fesa della  cattolica  religione  e  della  cristia- 
nità, non  meno  che  per  altre  loro  grandi 
necessità.  Di  che  trattò  egregiamente  il 
cardinal  Gio.  Battista  De  Luca:  De  Lo- 
cis  Montium  non  Vacahilium  Urbis ^  Ro- 
niaei682.  Abbiamo  pure  di  Fabrizio  E- 
\angelista:  Opus  de  Locis  Montium  Ca» 
meralium  non  Vacahilium,  in  quo  per 
materias  distinctas  ex  professo  agitar: 
De  erectione  Locorum  Montium,  de  eo- 
rum  suppressionCyde  eleclione  admini' 
stratoris,  ejusque  officio,  de  officialihus 
et  curis  ad  eos  pertinenlibus,  de  clauso- 
la dummodo  etc,  Romaei  767. 1  luoghi 
di  monte  vacabili  erano  quelli  che  in  de- 
terminato tempo  doveaosi  estinguere  con 
fondi  ad  hoc  assegnali,  per  ammortizzar- 
li mediante  la  restituzione  delle  somme 
cavate ila'montisti.  Di  questo  argomento 
con  diffusione  ne  riparlai  a  Tesoriere  ge- 
nerale, nel  quale  articolo  vi  sono  altre- 
sì nozioni  sugli  uffizi  vacabili  e  sui  vaca- 
hilisti.  Interessa  che  io  qui  pure  ricordi: 
Del  denaro  straniero  che  viene  a  Roma, 
e  die  ne  va  per  cause  ecclesiastiche, cal- 
co lo  ragionato  del  prete  dott.  Giovan- 
ni M  archetti, iSoo.  Nelcap.6  tratta  :  Co- 
me i  Romani  Pontefici  hanno  impiegato 
et!  impiegano  in  aiuto  delle  chiese  stra- 
nieue,  somme  maggiori  di  quelle,  che  so- 
no provenute  loro  d'allronde.Priiiiamen- 


V  A  C  77 

te  rileva,  che  quanto  a*  tempi  presenti, 
ciò  che  si  manda  fuori  sorpassa  mollo  ciò 
che  d'altronde  ritirano  il  I^apa,  la  came- 
ra apostolica  per  Tasse  e  altro,  i  vaca  hi - 
listi, e  i  ministri  maggiori  e  minori,  preso 
tutto  insieme.  Parlando  poi  dell'impiego 
delle  componende,  dopo  averne  enume- 
rata r  erogazione  benefica,  riguardo  al- 
V Annate  e  altri  emolumenti  per  materie 
riguardanti  i  Benefìzi  ecclesiastici ,  di- 
ce. M  Tutti  sanno,  che  sono  entrate  ven- 
dute a  particolari  persone,  che  impronta- 
rono somme  determinate  in  occasione  di 
urgenza  della  s.  Sede  ,  depauperata  spe- 
cialmente (come  prova  nel  decorso  del  li- 
bro ampiamente)  per  sussidii  dati  alle 
chiese  estere.  Si  raccolsero  allora  delle 
somme  necessarie,  ipotecando  i  proventi 
della  dataria  e  della  cancelleria,  in  mo- 
do che,  per  esempio,  chi  somministrava 
duemila  scudi ,  avesse  a  percepire  una 
porzione  di  quel!' entrate,  finché  viveva 
esso  acquirente,  o  chi  altro  egli  avesse  so- 
stituito dentro  il  prescritto  termine  di  4o 
giorni  prima  di  morire.  E  siccome  moren- 
do il  creditore  senz'aver  trasferito  il  suo 
credilo,  questo  vaca  a  profitto  della  ca- 
mera apostolica,  che  torna  a  vendere  quel 
posto,  questi  perciò  si  dicono  Uffizi  Pla- 
cabili, e  J^acahilisli  quelli  che  li  possie- 
dono. Nel  qual  ritorno  però  de'fondi  al- 
la camera  ninno  s'immaginerà  quel  pro- 
fitto, che  a  prima  vista  apparisce,  se  si 
consideri,  che  il  caso  della  vacanza  non  è 
poi  frequentissimo,  perchè  ognuno  cerca 
di  stare  attento  sul  suo,  e  di  trasferire  in 
tempo  abile  il  suo  credilo:  e  la  probabili- 
tà della  vacanza  viene  a  essere  compensa- 
ta col  frutto  esorbitante  dell'otto  e  dieci 
per  cento,  che  si  ragguaglia  sul  capitale 
somministrato.  Quindi  è  che  molli  p-o- 
bi  nummularii  credono  meglio  impiega- 
to il  loro  denaro  in  quella  sorte  di  uffizi 
vacabili,  che  non  in  luoghislabili  di  mon- 
te sul  fruttalo  del  tre  per  cento.  Laonde 
tutto  questo  affare  de'vacabili  si  riduce  a 
una  speculazione  di  finanza,  per  cui  po- 
co piùj  poco  meno  alla  camera  apostoli- 


78 


V  AC 


ca  torna  lo  slesso  interesse  In  avere  ipo- 
tecale così  queste  renJilea  sì  grave  frut- 
talo, come  se  a  un  più  discrelo  le  avesse 
alienale  per  sempre.  Ne  è  una  tlimoslra- 
zionc  il  celebre  concordalo  di  Spagna 
(y.Ji  che  si  fece  sollo  Benedelfo  XI V,  e 
per  cui  volendo  il  re  di  Spagna,  che  i  be- 
nefizi non  concistoriali  non  avessero  a  pas- 
sare allrinienli  per  la  dalaria  ,  olfrendo 
il  proporzionalo  compenso  allo  scapilo, 
che  quindi  venivanea  risultare,  fu  faci- 
lissima la  risposta:  che  non  vi  era  com- 
penso alcuno  da  olfrire  al  Ponlefice,  trat- 
tandosi unicamente  d'interesse  non  suo, 
ma  de'vacabilisli,  a*  quali  non  si  poteva 
togliere  il  loro  credilo  senza  compenso. 
E  di  fatto  l'agguagliando  il  profìllo,  che 
poteva  venire  per  (juelle  spedizioni  di 
Spagna,  furono  pagali  goOjOoo  scudi  per 
una  volta,  da  restituire  i  loro  capitali  prO' 
porzionatamenle  a  tanti  vachbili.Nli  ,  a 
quanti  venisse  quindi  a  cessare  il  dovuto 
frullalo.  Il  Papa  rinunziòauche  pergiuri- 
la la  parlila  Spogli  ecclesiastici (f^.);  e 
il  negozio  fu  terminalo  così.  Quasi  dun- 
que tulio  l'aiTare  dell'inlroilo  pontificio, 
per  affari  beneficiali,  si  può  considerare 
come  finito,  e  asserir  Irancamenle  che 
nulla  o  quasi  nulla  fruttano  in  oggi  al- 
la camera. Efìnalmeule  i  Qidndeniii ^cìoè 
annate  sotto  altro  titolo  imposte  a'berie- 
fjzi  uniti  a  chiese  e  luoghi  pii,  cedono  (o 
servono)  inleramciite  in  parte  di  sosten- 
tazione del  Sagro  Collegio^  che  separata- 
mente se  gli  animinflslra  per  mezzo  del- 
la congregazione  concistoriale,  e  si  divi- 
dono fra  qtie'cardinali,  che  risiedono  in 
curia  a  faticare  in  servizio  dellaChicsa  cat- 
tolica ,  e  questa  distribuzione  si  chiama 
rotolo,  da  cui  poche  centinaia  di  scudi  an- 
nui riceve  ciascun  cardinale  per  suo  sus- 
.sidio.  INe  partecipano  anche  alcuni  vaca- 
bilisli,  e  se  ne  cava  porzione  pel  mante- 
nimento de'ministri  della  cappella  ponli- 
ficia,ch'è  cosa  appartenente  al  trattamen- 
to del  Papa,  in  qualilàdi  capo  della  Chie- 
sa... Kella  vendila  degli  uffizi  vacabili,8en- 
za  dissimulare,  ho  trovalo,  e  può  sempre 


VAC 

rilevarsi  dall'opera  del  cardinal  De  Luca 
sopra  (pieslo  argomenlo  ,  che  le  somme 
si  presero,  in  buona  parte,  in  occasione  di 
difesa  dello  sialo  pontificio,  o  per  guerre, 
carestie  ec,  che  si  può  dire  riguardassero 
o  soltanto  o  specialmente  il  nostro  terri- 
torio". Quanto  al  concordato  di  Spagna 
del  1753  dirò,  che  fece  cessare  le  spedi- 
zioni delle  bolle  per  la  collazione  de'bene- 
fizi  ecclesiastici  minori, esistenti  nellechie- 
se  de'  regni  della  Spagna.  Siccome  i  va- 
cabilisti  unitamente  ad  altri  partecipan- 
ti nelle  spedizioni  mentovate  andavano 
perciò  a  risentire  un  pregiudizio  nella 
rendita  de'loro  ufìlzi  e  de'  loro  impieghi; 
così  la  corte  regia  per  la  porzione  del 
compenso  da  darsi  a'  delti  vacabilisti  e 
parlecipanli  sborsò  la  somma  di  scudi 
320,000  che  al  3  peri  00  ed  anno  avreb» 
bero  tlalo  l'annuo  frullalo  di  scudi  9600, 
quanto  cioè  fu  calcolato  il  prodotto  an- 
nuotli  tali  spedizioni.  Questa  rendita  che 
va  sollo  il  titolo  di  Compenso  di  Spa- 
glia,  è  ancora  a'vacabilisli  partecipanti, 
in  parte  pagata  dalla  camera  apostolica, 
la  quale  essendosi  servila  della  riferita 
somma  degli  scudi  320,ooo  obbligossi 
pagarne  a'vacabilisli  e  parlecipanli  prò 
tempore^  inscritti  in  una  tabella,  il  frut- 
to annuo  negli  scudi  9600.  Laonde  moq 
si  verifica  alfatlo,  checo'denari  dati  dalla 
Spagna  furono  restituiti  i  capitali  a*  va- 
cabilisti, come  asserisce  il  Marchetti.  Del 
Concordato  fra  Benedetto  XIP^  e  Fer- 
dinando F/y  riparlai  nel  voi.  LXVIII, 
p.  i5o,  col  JNovaes  e  altri.  Il  celebre  car- 
dinal Gio.  Ballista  De  Luca  Ira  le  dottis- 
sime e  molte  sue  opere  ci  diede:  Tracta- 
tus  de  Officiis  Fenalihus  Romanae  Cu- 
riacy  Romae  1682.  L'ampiezza  dell'ar- 
gomento m'impedisce  di  darne  un  sunto. 
In  buona  parte  si  può  sopperire  con  quan- 
to mi  resta  a  dire,  e  co'già  ricordali  nu- 
merosi articoli  riguardanti  i  vacabilisti,  e 
cogli  altri  che  andrò  rammentando  in  se- 
guito. Dell'opera  del  cardinal  De  Luca 
dovrò  limitarmi  a  riferire  gli  argomenti 
de'capiloli,  con  uu  brano  deli. "pioemia- 


V  A  e 

/e,  e  dell'altro  che  lo  segue,  cioè  ilei  più 
intrinseco.  Gap.  i.  Occasio  scribendi^  ci 
de  qua  specie  0//Iciorit/n  agitar.  §  3. 
De  quihus  qffìciis  agitar.  §  4*  Offlciorani 
i'cnalìuiìi  asus  apacl  antfqaos  roinanos 
sai)  nomine  militiarum.^  5.  Sani  de  re- 
ga  libasse  t  extra  prii'a  tani  coninicrciam. 
f  Quidquid  autemsitde  huiusmodi  prae- 
ludiis,  circa  qnae  ad  praefatos,  aliosque 
similes  scriptores  remillo  lectoreo),  pro- 
posito non  est  ogeie  de  o/ììciis  in  gene- 
re ,  et  per  consequens  de  omnibus  illis 
lìiunerdjus  publicis,  etpiivatis,  ecclesia- 
slicis,  et  saecularibus,  civilibus,  et  mili- 
taribus,  adminislralioncm,  ne  iiirisdictio- 
iiem  annexam  habenlibus,  vel  ilia  caren- 
libus  etc.  ;  sed  solum  de  Olìlciis  Venali- 
l)us,  ci  Vacabilibns,  non  quidem  in  ge- 
nere, ndeo  ut  omnium  regionum,  vel 
principatuum  otllcia  luiiusuiodi  veniant, 
sed  solum  de  illis  curiae  romanae,  seu 
pontificiae,  a  quibus,  ex  ralionis  ide^nli- 
tale,  quando  isU  inlret  ,  atque  aliorum 
piincipatuum,  vel  civilalum  leges  ,  vel 
slyii  non  obstent,  ncque  diversitafrem  in- 
ducnnt  in  casuum  contingenlia  inferri  va* 
leat.  Illa  solum  insinuala  generalitale, 
quae  commun'is  est  omnibus  regiionibus, 
et  principalibus  ,  in  quibus  vivilur  cum 
ilio  romanorum  iure,  quoti  civile  com- 
niune  dicilur,  ut  huiusmodi  oflìcioruin 
usus  non  sit  novus,  dum  apud  anliquos 
lomauos  quoque  cognitus  fuit,  sub  di- 
Terso  lameu  vocabolo  31ilitiarani,c[\ì'ae 
idem  sonanl,acista  noslrorum  temporuni 
ollicia  venalia,  iileoque  id  quod  in  prae- 
falo  iure  de  n»ililiis  dispositum  legilur, 
bis  odiciis  regulariler  congruit,  quando 
particulares  leges,  vel  slyli  diversimode 
non  suadeant,  a  quibus  tanien ,  ut  plu- 
rimum  huius  maleiiae  regulalio  pendei. 
Quioimo  in  plerisque  liuius  Curiae  oiìi- 
ciis,adhucidem  continuai  anliquum  mi- 
liliarum  vocabulum,  quamvis  eorum  e- 
recliosit  rccens,  quia  militiae,  vulgo  Ca- 
v'allierati  nuncu[)anlur,  ul  in  eorumdem 
officiorura  serie  lecensita  in  cap.  sequeo- 
li  habetur  (oell'arlicolo  Soì'Rawjsumero, 


V  A  C  79 

riparlando  della  Milizia  de'romani,  dis- 
si che  Ira  loro  acccnsi  si  dissero  gli  ag- 
giunti oltre  il  numero  stabilito,  perciò  a- 
scritti  per  aspettare  ed  entrare  alle  va- 
canze ,  con  diritto  di  succedere  al  vaca- 
bile posto  o  ulllzio,  come  l'auliche  A- 
spettative,  delle  quali  tornai  a  ragionare 
a  Dataria  e  articoli  relativi,  equivalen- 
ti alle  sopravvivenze  laicali;  e  della  diffe- 
renza che  passa  al  coadiutore  investilo 
della  Coadiatoria.y  il  quale  diviene  Sue- 
cessare  del  coadiulo.  Rimarcherò  inol- 
tre, che  r  imperatore  Marc'  Aurelio  non 
soffrii  mai  che  gli  Uffizi  e  le  Cariche  ^  i 
quali  davano  un  certo  potere  di  fare  il 
bene  o  il  male,  fossero  venduti,  essendo 
Solilo  dire:  Essere  una  necessità  di  vcn- 
dere  al  minato  quello  che  si  e  compra- 
io  al£  ingrosso).  Quamvis  aulem  inler 
Regalia  [V.)  enumerala  in  iila  capitu- 
lalione,  quae  iu  pace  Constanliae  inita 
fuit  inler  imperatorem  Federicum  I,  et 
confetleralas  Civilates  Lombaidiae,  regi- 
strata inler  leges  feudales,  ideoque  utii- 
ca  Regnlium  lex,  et  norma  repul-ata  (cap. 
unico:  Quae  sint lìcgaliainasibus Facn- 
dorum)^\ì\  aliorum  lumen  maiorum  rega- 
lium  euumeralione  manca(.yrr),  ut  in  suis 
adverlilur  sedibus  factdlas  creandi  odl- 
ciales,  et  magislratus  ad  iusliliae  adtni- 
nistralioncj  et  lleipidjlicae  regimen  re- 
censeatur  (In  samnia  Regaliani  i  et  seq. 
in  alio  opere  italici  idiouialis,  cui  litulus 
est:  //  Dottor  Folgarc, codiai  lit.  i  De 
Regalia  in  genere j  et  in  opu^culo  eius- 
dem  italici  idiomatis,  cui  litulus  est  :  // 
Prencipe  pratico,  cap.  i3.  Delle  Regalie 
riparlai  a  Tributo).  JN'ihilominus  de  hac 
specie  otllciorum  ad  solam  ulililatein,oii- 
litiarum  ad  instar, vere  isla  lex  non  loqui- 
tur  adhuc  tamen  ex  communi  docloruiii 
sensu,  et  principaluum  praxi  receptuni 
est,  ul  huiusmodi  Officio  rum  fienali  ani 
erectio,et  dispositio  si  etiam  de  servatis 
supremo  principi,  et  per  consequens  de 
liegaldjuSjadeo  ulde  unoiuallerum,quo 
ad  subslanliam  ,  transferri  non  valeant, 
absque  eiusdeiiìpriucipis,  vel  illius^quecu 


So  VAC 

ipse  tleputaverit,  licentia,  ut  pnlel  et  iis, 
qiiae  sparsim  in  enunciato  Thcalriy.  lib. 
De  Kfgalibtis  liabentur,  ac  eliam  infra 
in  plerisque  locis,   praeserlim  occasione 
agendi  de  commercio,  et  conlraclalione, 
cap.  6  et  seq.  Et  licet  aliquae  subdilae 
civitates,  vel  subditi,  et  inf'eriores  magi- 
slraluseundem  usum  liaberesoleant,  ut 
eliam  in  Urbe  habetur  in  Oflìciis  l^pu- 
li  romani  seu  Capilolinis,  adhuc  lamen 
ex  Papae  supremi  principis  concessione, 
et  potestate  id  sequitur.  Ideoque  lyroni- 
cum  potius  esset  in  assumpto  passim  re- 
capto,  et  controversiam  non  recipiente, 
se  di(rundere,atquecliartas  inutiiiter  im- 
plere  super  ratione,  ob  quam  sintde  re- 
galibus,  et  extra  privatum  commercium, 
ulpote  in  iure  praesupponendo".  Lo  sles- 
so cardinal  De  Luca  nel  Discorso  circa 
la  soppressione  delcollcgio  de  Segreta- 
riaposlolici,  parla  degli  uffìzi  venali  che 
esistevano  in  Francia,  ove  si  costumava 
nella  soppressione  di  tali  ufìizi  di   resti- 
tuire a'possessoride'medesimi  solamente 
ili.°  prezzo  che  effetlivamenteera  entra- 
to nella  camera  regia,  non  curandosi  l'au- 
mento sopravvenuto;  e  benché  i  posses- 
sori gli  avessero  comprati  da  altri  a  mag- 
gior prezzo,  a  tal  segno,  che  essendo  soli- 
lo il  re  nelle  sue  occorrenze  esigere  da* 
possessori  degli  uffìzi  venali  alcune  sov- 
venzioni, queste  non  si  restituivano,  ben- 
ché il  denaro  era  entralo  nella  slessa  ca- 
mera regia,  che  però  molto  meno  non  si 
restituiva  quello  che  non  vi  era  entrato. 
Koterò  che  in  Inghilterra  tuttora  si  fa 
mercato  delle  cariche  nell'esercito,   nel 
seguente  modo  riferito  dal  Giornale  di 
Roma  del  i855,  p.  234-  *»  L'  uso  della 
vendila  delle  cariche  non  esiste  che  pres- 
so la  fanteria  e  la  cavalleria.  Ciò  che  pri- 
ma avveniva,  che  cioè  anco  l*uomo  più 
incapace  e  fors* anche  più  indegno  po- 
tesse trovarsi  alla  testa  d'una  compagnia 
da  lui  comprata,  fu  reso  in  seguito  me- 
no agevole  dalle  riforme  introdotte  dal 
duca  di  York.  Non  è  già  il  governo  che 
faccia  commercio  di  gradi,  ma  ogni  in- 


VAG 

dividuo  pub  vendere  il  «uo,  quando  gli 
piaccia  di  uscir  alfatto  dall'armata  od  an- 
che solamente  dal  servizio  altivo.  In  que- 
st'ultimo caso  egli  vende  (solitamente  pei* 
la  sola  metà  del  prezzo  stabilito)  il  suo 
posto  ad  un  uffizinle  dello  stesso  grado 
che  trovasi  a  mezza  paga,  e  gli  subentra 
nella  stessa  coudizione.  Non  si  può  acqui- 
stare che  una  carica  di  un  solo  grado 
superiore  a  quella  che  si  copre  lino  a 
quella  di  tenente  colonnello  inclusiva- 
niente,  e  ciò  dopo  un  lasso  di  tempo  sta- 
bilito. Il  comandante  del  reggimento  del 
compratore  fa  rapporto  di  ogni  propo- 
sta all'autorità  superiore,  ed  il  coman- 
dante in  capo  decide  se  il  contratto  sia 
da  accettare  o  no.  Guardie  a  piedi,  reg- 
gimenti di  linea,  guardie  del  corpo, 
guardie  a  cavallo,  cavalleria  di  linea  han- 
no diverse  tarille  che  qui  sarebbe  lungo 
l'enumerare:  perciò  non  faremo  men- 
zione che  delle  più  frequenti.  Nella  fan- 
teria di  linea  la  carica  di  porta-insegna 
costa  franchi  9900;  quella  di  tenente 
1 3,600;  quella  di  capitano  37,000; 
quella  di  maggiore  70,000;  e  quella  di 
tenente  colonnello  88,000.  Nella  caval- 
leria di  linea  quella  di  cornetta  costa 
18,200; quella  di  tenente 24,600  ;  quel- 
la di  capitano  58,700;  quella  di  mag- 
giore 95,480;  e  quella  di  tenente  co- 
lonnello 123,000.  Queste  cifre  sono  sta- 
bilite ufficialmente,  ma  da  lungo  tempo 
il  prezzo  reale  è  aumentalo  quasi  del 
doppio,  ed  in  ciò  appunto  sta  il  più  gran 
male  di  questa  disposizione.  Venditori  e 
compratori  devono  assicurare  sulla  loro 
parola  d' onore  che  non  fu  pagato  più 
di  quanto  prescrive  la  tariffa  ufficiale,  ciò 
che  é  sempre  contrario  alla  verità  ".  Il 
medesimo  Giornale  a  p.  240  riprodusse 
il  discorso  pronunziato  in  Londra  da  lord 
Palmerston  alla  camera  de' comuni,  per 
combattere  la  mozione  di  lord  Goderich 
relativa  all'avanzamento  militare.  Disse 
fra  le  altre  cose.  »>  Lo  spirito  bellicoso 
della  nazione  si  ridesta  e  5' infìamma 
senza  badar  mollo  oè  poco  alle  coudizio- 


V  AC 

ni  dell'avanzamento.  Ne'momenti  di  pe- 
ricolo, voi  vedrete  sempre  il  nostro  spi- 
rito nazionale  mostiaisì  pari  alla  gran- 
dezza de'  fatti,  e  la  fibra  della  nazione 
agitarsi  più  fortemente.  La  compra  e  la 
vendita  de'  gradi  sono  il  resto  d'  un  si- 
stema ornai  vieto,  ne  convengo  sotto  mol- 
ti altri  rispetti.  Certamente,  esso  è  un 
male;  ma,  come  sempre,  questo  male  è 
accompagnato  da  alcuni  vantaggi  che  ne 
compensano  gì' inconvenienti.  Per  abo- 
lire del  tutto  questo  sistema,  bisogne- 
rebbe esaminar  prima  profondamente  la 
questione.  A  ogni  modo,  un  uomo  non 
ottiene  già  un  grado,  solo  perchè  può 
pagarlo:  il  comandante  in  capo  ha  un 
potere  discrezionale  per  apprezzare  gli 
altri  titoli  del  medesimo  candidato.  Non 
v'ha  paese  in  cui  gl'individui  a' quali 
si  preferisce  un  altro  per  l'avanzamento, 
non  sì  credano  vittime  d'  una  ingiusti- 
zia :  allora  si  grida  contro  il  capriccio  e 
il  favoritismo.  Tuttavia,  è  uopo  dire, 
che  pel  comando  militare  più  che  per 
qualsiasi  altra  posizione  sociale,  esistono 
certe  qualità  essenzialmente  richieste; 
nozioni  speciali,capacità, esperienza,  ecco 
quanto  deve  trovarsi  riunito  in  un  ulH- 
ziale  ;  ecco  quello  che  gli  dà  il  diritto  al 
rispetto  e  all' ubbidienza  del  soldato.  Da 
altra  parte  tra  la  nostra  armata  e  quel- 
la del  continente  è  una  differenza  note- 
vole. L'armate  continentali  si  reclutano 
mediante  la  coscrizione  che  mette  insie- 
me uomini  d'ogni  classe;  ma  tutti  que- 
sti uomini  non  sono  idonei  al  comando. 
La  posizione  d'  uffiziale,  oltracciò,  trae 
seco  alcune  spese.  Se  voi  fate  un  uffizia- 
le  d*  un  sergente,  e  se  questi  non  possa 
sostenere  con  lustro  il  suo  grado,  egli 
sarà  ferito  ne*  suoi  sentimenti  più  inti- 
mi ;  e  tuttavia  ammetto  che  l'avanza- 
mento deve  rappresentarsi  come  lo  sti- 
molo d'una  ricompensa  meritata  a  colui 
che  si  distingue  dagli  altri  per  la  sua  buo- 
na condotta  e  la  sua  bravura  sul  campo 
di  battaglia.  In  Crimea  sono  stati  costan- 
temente promossi  i  sotto  uQìziali  più  me- 

VOL.  LXXXVII. 


VAC  8i 

ri  te  voli.  Il  governo  vuole  che  V  avanza- 
mento sia  la  ricompensa  del  vero  merito. 
Io  spero  che  in  considerazione  di  questo 
lodevole  e  utile  pensiero  del  governo, 
lord  Goderich  non  insisterà  per  la  sua 
mozione,  e  lascierà  libero  il  governo  di 
continuare  ad  offrire  al  bravo  militare 
che  sì  è  segnalato  sul  campo  di  battaglia 
la  ricompensa  nazionale  della  sua  bella 
condotta  ".  Aggiungerò  per  analogia. 
Pretendono  gì'  inglesi  il  primato  sulla 
civiltà  delle  nazioni,  ma  il  severo  e  illu- 
minato autore  dell'eclatante  recente  o- 
puscolo  tanto  diffuso  :  Un  occhiata  al- 
l' Inghilterra ,  Torino  i856,  non  solo 
apertamente  lo  nega,  perchè  non  può  ad 
essi  darlo  la  sola  potenza  dell'industrio- 
so mercantaggio  di  traffico  delle  loro 
manifatture;  ma  inoltre  vuole  ampia- 
mente dimostrare  e  provare  con  docu- 
menti. Che  avendo  la  pretesa  riforma 
religiosa  prodotto  l' imbrutimento  fisico 
e  morale  dì  due  terzi  del  popolo  de' tre 
regni  uniti,  crede  che  la  sua  colossale 
potenza  sia  ormai  vicina  al  suo  tramon- 
to, e  persino  ritiene  non  lontano  il  suo 
grande  sfacelo;  perciò  sarà  nuovo,  so- 
lenne e  memorabile  esempio  della  cadu- 
cità dell'umane  istituzioni,  delle  quali 
feci  cenno  anche  a  Uomo  parlando  della 
società  umana.  Nel  cap.  i6:  Esercito 
inglese,  osserva  l' autore  dell'  opuscolo, 
che  gli  avvenimenti  recenti  della  guerra 
di  Turchia ,  chiaramente  mostrarono 
qual  sia  l' Inghilterra  per  questo  lato, 
dall'opinione  pubblica  collocata  fra  le 
potenze  di  3.°  ordine.  Essa  in  pochi  me- 
si perde  un  esercito  bello  in  apparenza, 
ma  male  agguerrito,  mal  provveduto. 
Colle  asserzioni  degli  stessi  inglesi  deplora 
la  condizione  de*  generali  e  dello  slato 
maggiore.  Col  riferito  da'medesimi  pro- 
duce schiarimenti  sull*  ordinamento  in- 
felice dell'  esercito  inglese,  e  come  si  re- 
cluta e  si  forma  il  soldato  inglese.  »  Le 
promozioni  nell'armata  inglese  si  fanno 
comprando  le  rinunzie  di  chi  avea  il 
grado  superiore  al  proprio  ;  sistema  assai 
6 


St  V  A  e 

lucroso  al  governo,  che  non  deve  calco- 
lare fra  le  sue  spese  le  pensioni  di  riti- 
rOf  e  cangia  un  soldato  invecchiato  in 
un  giovane  senza  dover  guiderdonare  i 
lunghi  e  penosi  servigi  del  i.°  Altrimen- 
ti si  ascende  per  anzianità  alla  morte  de* 
possessori  di  gradi  superiori;  ma  per  ef- 
fetto del  sistema  esposto,  questo  avanza- 
re è  così  lungo  che  diviene  una  ciancia; 
giacché  appena  un  udiciale  si  avvicina  a 
morte,  si  aifretta  a  vendere  il  suo  bre- 
vetto per  lasciarne  il  prezzo  alla  fami- 
glia.. .  L'  inglese  non  considera  lo  stato 
militare  come  una  professione,  ma  come 
un  passatempo:  T  ulliziale  inglese  è  il 
dilettante  dell'  arte  militare.  Durante 
la  pace  vive  da  gentiluomo;  sul  campo 
di  battaglia  si  ùih  uccidere  da  gentiluo- 
mo. Figlio  di  famiglia,  egli  compra  un 
brevetto  per  costumanza,  egli  non  si 
crede  tenuto  ad  altri  doveri  militari  che 
a  combattere  valorosamente  giunto  in 
faccia  al  nemico...  Così  nell'armata  in- 
glese i  soldati  si  comprano  i  gradi  ;  e  le 
cognizioni  necessarie,  che  non  si  ponno 
comprare,  mancano ...  Ad  onta  delle  più 
vive  discussioni  sulla  compra  dei  gradi, 
le  camere  non  vollero  concedere  nulla 
al  buon  senso,  che  comanda  si  diano  i 
gradi  in  premio  al  merito  ed  al  corag- 
gio ".  M'  arresto,  ali  rimenti  vi  sarebbe 
assai  da  riportare  d'un  paese,  ove  non  si 
fa  conto  che  del  denaro  e  del  parentado, 
ove  neir  esercito  sono  chiusi  i  passi  ad 
ogni  uomo  capace  di  comandare,  se  non 
possa  pagare  a  carissimo  prezzo  il  suo  i.° 
grado,  e  comprare  successivamente  tutte 
le  promozioni.  IVIa  la  camera  rigettò  o- 
gni  saggia  proposta  contro  la  comprila 
de'brevetti  e  de'gradi  n)ilitari.  Il  sistema 
della  vendita  non  è  il  solo  vizio  dell'or- 
dinamento militare  nell'lnghillei  ra  ;  gli 
altri  li  sviluppa  l'autore  del  famigerato 
opuscolo,  che  nell'universale  produsse  la 
più  profonda  sensazione.  Dipoi  il  mede- 
simo Giornale  di  Roma  del  iSSy,  nel 
n.**  1^^  riferì  col  giornale  francese  PaySy 
protestando  contro  la  militare  suprema* 


VAC 

zia  de' soldati  inglesi,  vantata  da  lord 
Palmerston  con  tanto  strepito.  »>  I  gradi 
e  le  cariche  dell'  armata  inglese  sono  dati 
in  parte  mediante  pagamento,  non  alla 
istruzione  ed  ai  servigi  resi:  le  compa- 
gnie, i  battaglioni,   i   reggimenti  anche 
oggi  si  conipiano  come  da  noi  1*  udìcio 
di  notaio".  E  parlando  delle  stranezze 
dell*  amministrazione  e  di  sue  anomalie 
aggiunge.»»  Così  un  ulììciale  può  essere  ad 
un  ten)po  maggiore  dell'armata  e  capita- 
no nel  suo  reggimento.  L'esercito  inglese 
trae  dietro  a  sé,  in  ogni  corpo,  centinaia 
di  dormee  di  fanciulli,  e  non  vi  ha  armata 
in  Europa  che  abbia  altrettanti  bagagli", 
biella  curia  romana  non  vi  furono  mai 
ullizi  militari  venali,  sì  della  Milìzia  che 
della  Marina  pontificia,  e  quelli  di  i  °  e 
di  2.°  ordine  si  concessero  colle  condizio- 
ni suindicate,  ed  altre  che  riferirò,  del 
tutto  idonee.  Ritornando  al  cardinal  De 
Luca,  egli  ragiona  ne'successivi  capitoli 
le  parti  del  suo  dotto  trattalo.  Nel  cap.  2. 
De  speciebus,etniialitalihus  Venaliuni 
Officioruni  Vacahiliwn  Curiae  Roma- 
nacy  et  praesertim  de  Praclatitiis,  et  de 
requisitis  necessariis  ad  Praelaturoni 
obtinendamAw  questo  nuovamente  si  fa 
la  distinzione  degli  uffizi  venali  dal  Papa 
concessi,  e  denominali  Camerali,  g  della 
Cancelleria  o  della  Dataria^etYi  loro  tri- 
plice specie,  qualità  e  ordine  diverso;  da 
quelli  Capitolini  ossìa  del  Senato  Roma- 
no e   Tribunale  di  Campidoglio  (^^.), 
perciò  qualificati  Uffìzi  Papali  e  Capi^ 
tolinì,  di  cui  glande  fu  il  numero  antica- 
mente. Quanto  agli  uffizi  Papali  dice. 
"Primi  namque generis  sunt  ea,quae  ma- 
iora,  vel  primi  ordinis  essedici  merentur 
quamvis  inter  se  quoque  aliqua  nolabilis 
adsit  disparas,  nipote  annexam  habenlia 
l^aelalura,  adeout  non  conferautur  nisi 
praelatis,  vel  quod  per  eorum  assecutio- 
nem  praelati  afficiantur,  ac  eliam  babenl 
annexam  iustiliae,  vel  alteriusqualilicati 
muneris  administrationem ,  ac  maiores 
praeerainentias,  unde  propterea  con  ferri 
non  solent,  nisi  viris  iam  benemeritis,  si- 


VA  e 

ve  quod  ex  natalium  qualilate,  aul  ex 
virlule,  el  animi  dolibus,  Sedis  apostoli- 
cae,  ac  Reipublicae  servitium,  ac  benefi- 
ci iim  exeorura  opera  probabiliterspeiari 
valeat,  cuiii  ad  bunc  flnem  ordinata  sit 
praelatura  ,  tamquam  quaedam  species 
primariae  militiae,  ex  qua  duces,  aliique 
praefecti,  et  oflìciales  exercitus  eligi  de- 
beant;  atque  boc  pritnum  genus  dividi- 
tur  in  pliires  species,  quod  scilicet  alii 
sunt  OJfìcìales  Camerales^  alii  Cancel- 
lariae,  vel  Dalariae,  et  alii,  quibus  di- 
versa alia  miinera  incumbunt,  ut  infra, 
acetiam  alia  intrat  dislinclio,  quod  alii 
costiluunt  Collegìimu  et  alii  consideian- 
lur  Sifìgulariter'.  Vacabili  di i. "ordine 
e  maggiori  erano  i  seguenti,  i  quali  tutti 
hanno  articoli,  i  prelati  venendo  quali- 
ficati dal  De  Luca  de  secunda  specie.  11 
cardinal  Camerlengo  dis.  Chiesa  (di  cui 
riparlai,  per  lo  stato  attuale,  a  Uditore 

DEL   CaMEBLEIVGATO  6  UNIVERSITÀ    ROMA- 

wa),!  come  principalmente  appartenente 
al  principato  temporale  qual  primaria 
dignità,  bencbè  avesse  molte  giurisdizio- 
ni anco  su  quello  spirituale,  e  quale  ulfi- 
zio  cbe  anticamente  rendeva  moltissimi 
emolumenti;  fìncbè  fu  vacabile  ordina- 
riamente si  soleva  concedere  gratis  colla 
condonazione  del  prezzo,  il  quale  d'ordi- 
nario soleva  essere  di  scudi  60,000,  al- 
tre cifre  avendo  riportate  al  suo  articolo. 
Il  prelato  Uditore  generale  della  Carne' 
ra  apostolica, eà  il  prelato  Tesoriere  ge- 
nerale della  Camera  apostolica:  W  prez- 
zo ordinario  d'  ambedue  era  di  56,ooo 
scudi  d'oro,  e  fu  anco  pagalo  di  piti,  co- 
me notai  n'i'loro  articoli.  I  prelati  Pre- 
sidente della  Camera  apostolica.  Reg- 
gente della  Cancelleria  apostolica,  U- 
ditore  delle  Contraddette,  Uditore  del- 
le Confidenze,  Correttore  delle  Con- 
traddette (di  cui  air  articolo  Uditore 
DELLE  Contraddette),  Prefetto  delle 
minute  de'  Brevi  apostolici,  Revisore 
delle  minute  (\e  Brevi  apostolici,  Vx-q- 
sidente  de'  Sollecitatori  delle  lettere  a- 
postoliche  detti  Giannizzeri,  Presiden- 


V  A  C  83 

fé  del  Piombo  (di  cui  anco  a  Sigilli  pon- 
tificii). Alia  oìllcia  praelalilia  Singula- 
ria,  collegium  nonconstituentia,aliquam 
iurisdictionen»  annexam  babentia  .... 
istorumque  officioruin  pretium  non  est 
fixum,  sed  varium,  ac  respective  maius, 
vel  minus  ad  mensuram  emolumen- 
torum.  Il  collegio  de' 12  Chierici  della 
Camera  apostolica^  ónscimo  con  ptezzo 
fìsso  e  invariabile  di  42,000  scudi  d'oro. 
Il  collegio  de'i 2  (com'era  anticamente) 
Protonotari  apostolici  partecipanti  (ne 
riparlai  nel  voi.  LXXI,  p.  8), pretium  ve- 
ro non  est  fìxum,  sed  varium  iuxla  tem- 
porum  contingenlias.  Il  collegio de'i2  /éL- 
breviatori  di  parco  maggiore  (de' quali 
riparlai  negli  articoli  spettatiti  al  T'rihu- 
naie  della  Cancelleria  apostolica  cui 
appartengono),  et  pariter  pretium  est  va- 
rium iuxta  temporum,  et  ecnolumento- 
rum  variationem.  Istorumque  Abbrevia- 
torum  medietas  prius  pertinebat  ad  car- 
dinalem  Fice  Cancellariam  (/^.),  qui  ea 
vendebatjSed  perlnnocenliumXldismem- 
brata  fuerunt,  omniaque  applicata  Ca- 
merae,  ut  in  motu  proprio,  Divina  dispo- 
ncnte  clementia,  xix  kal.  januarii  anno 
IV,  1679,  riportato  in  fine  del  presente 
capitolo.  Secundi  generis  sunt  Officia  , 
quae  media  dici  merentur,  utpote  quid 
medium  constituentia  inter  Praelatitia 
primi  ordinis,  de  quibus  supra,  et  infe- 
riora  popolarla  tertii  generis,  vel  ordinis, 
de  quibus  infra,  ex  eo  quod  annexam  lia- 
bent  aliquam  administralionem  negotio- 
rum  Cancellariae  npostolicae,  et  in  lit- 
lerarum  apostolicarum  expeditioiiibus, 
aut  in  actis  iudicialibus  conscribendis,  et 
ordinandis,  sive  in  illis  exequeudis,  onde 
propterea  in  eis  re(juiritur  aliqna  idonei- 
tas,  et  liUeratura,  et  in  plerisque  iuxta 
legem  fundationis,  requiritur  eliam  gra- 
dus  doctoratus,  istaque  prò  malori  parte 
sunt  Gollegialia,  eorumque  pretium  est 
varium, mai  US,  vel  minus  prò  temporum, 
et  emolumenlorum  varietale  ,  et  quali- 
tale.  Collegiaiia  vero  sunt ,  nempe  (  ed 
hanno  tulli  i  propri  articoli  0  ne  par- 


84  VAC 

lai  ne'relalivi  che  indicherò  in  corsivo): 
Scrittori  apostolici  xn  numero  di  loo. 
Scrittori  de  Brevi  8 1 .  Scrittori  del  Tri- 
bunale della  Penitenzieria  delti  di  mi- 
nor grazia  27.  Procuratori  della  Peni- 
tenzieria delti  di  minor  grazia  24,  oltre  3 
Procuratori  e  3  Scrittori  di  detto  Tri- 
bunale della  Penitenzieria  pel  foro  pe- 
nitenziale ,  cum  ista  officia  non  sint  ve- 
nalia.  Ahhreviatori  di  parco  mmore  del 
Tribunale  della  Cancelleria  apostolica 
60.  Sollecitatori  detti  Giannizzeri  100. 
Correttori  dell'archivio  di  detto  Tribù- 
naie  8.  Di  questo  inoltre:  Chierici  del 
Registro  6  ;  Registratori  delle  Suppli- 
che 20;  Registratori  delle  Bolle  i/\\ 
Maestri  del  Registro  delle  Suppliche  8; 
Maestri  del  Registro  delle  Bolle  6  ;  Cubi- 
culari 60  ;  Procuratori  presso  l' Uditore 
delle  Contraddette  i  ^.NotarideW  Udito- 
re della  Camera  i  o.  Notari  o  segretari 
del  Tribunale  della  Camera  apostoli- 
ca 4-  Notari  degli  Uditori  di  Rota  4* 
Notari  del  cardinal  Vicario  di  Roma  ^. 
Cursori apostolicHanche  a  Uditore  del- 
la Camera  ne  trailo)  ig.  Mandatari  ònì- 
la  curia  e  Tribunale  del  Governatore 
di  Roma  7.  Maestri  del  Piombo  pe'  Si- 
gilli 3.  Notari  della  provincia  della  Mar- 
ca.... Adsunt  etiam  aliqua  Officia  Ve- 
nalia  habentia  annexam  aliquam  admi- 
nistrationem,  vel  exercitium,  quae  sunt 
singularia,  et  non  effbrmant  Collegium  : 
■vale  a  dire  i  Notari  civili  del  Governato- 
re di  Romaj  i  Notari  criminali  del  me- 
desimo appartenenti  aW Arciconfrater- 
nita  della  Carità^  detta  pure  di  s.  Giro- 
lamo della  Caritàj  i  Notari  pe'processi 
de'promoveodi  ai Fescovato,àe  quali  tor- 
nai a  parlare  nel  vol.LXXXIl,  p.  1 98;  del 
Tribunale  e  Dogana  di  Ripaj  del  Tri- 
bunale dì  Borgo;  óe  Maestri  di  Strada; 
deW  Università  de' Mercanti;  del  Tribu- 
nale del  Protomedico  ;  dell'  Uditore  delle 
Contraddette;  del  Tribunale  e  Universi- 
tàartìstica  dell'  Agricoltura  ;  degli  E- 
brei  e  Neofiti;  Tuttìzio  dell'assessore  de' 
maestri  delle  Strade  di  Roma,  et  suo t 


VAC 

quamplures  Depositariae  aliquorum  ex 
Collegiis.  Ex  his  aulem,  de  quibus  supra, 
oc  etiam  ex  iis,  de  quibus  infra  ,  aliqui 
Officiales  exercere  solent  per  se  ipsos,  et 
alii  prò  maiori  parte  exercent  per  sub- 
stitulos,  ut  adverlitur  infra  cap.19.  De- 
mum  terlii  generis  sunt  Officia  minora 
magispopularia  ,quae  nullaui  habentan- 
nexam  administralionem,  ideo  non  exi- 
gunt  induslriam,  vel  idoneitateni  perso- 
nae,  sed  illorum  sunt  capaces  etiam  idio- 
tae,  et  ìnfantes,  utpote  ad  solum  emolu- 
mentuo),quinimo  in  aliquibusexi$tis,ac 
etiam  in  illisser.undaeclassiSjde qua supra, 
sunterectaequaedam  portiones,  quarum 
sunt  capaces  etiam  raulieres,  et  infantes, 
atque infra  CI  i  explicatur  quidnamistae 
portiones  importent,  illaeque  portio- 
nes, quae  Ripac  dìcuntur  sunt  in  nuoi. 
364  ultra  plures  alias  portiones  recen- 
ler  erectas  super  aliquibus  ofticiis,  de 
quibus  supra,  et  infra.  Istaque  Officia 
constituunt  etiam  Collegia, atque  eorum 
pretio  est  varium  iuxla  teraporum  qua- 
litatem,  ac  magis,  vel  minus,  ad  meosu- 
rara  emoiumentorura,  eaque  sunt  vide- 
licet.  Anche  de'  seguenti  scrissi  articoli 
speciali,  o  ne  tenni  proposito  negli  arti- 
coli che  ricorderò.  Collettori  del  Piombo 
deìlVibunale  della  Cancelleria  aposto- 
lica 104.  Scrittori  deW  /archivio  91. 
Scudieri  apostolici  i4o.  Presidenti  del- 
V Annona  i4i'  Mazzieri  del  Papa  25. 
Maestri  O  s  ti  ari  deil'ì  Firga  rubea  16. 
Ostiariocusloóì delia  i.^ catena  del  Pa- 
lazzo apostolico  Valicano  3  ;  Ostiari  o 
custodi  della  2."  catena  2  ;  Ostiari  o  cu- 
stodi della  i.^  e  della  2.^  catena  5.  Mili- 
tes  vulgo  Cavalieri  :  Laure tani33o',  del 
Giglio  35o  ;  Pii  67 1;  di  s.  Pietro  4o  IJ 
di  s.  Paolo  200.  Aggiunge  il  De  Luca, 
forse  ne  saranno  esistili  altri  a  lui  ignoti, 
non  essendo  in  ciò  esatti  gì'  istorici.  De 
Offìciis  Capitolini  non  agilur,  nisi  inci- 
denter,  tum  quia  diversa  habere  solent 
naturam,cum  aliqua  sint  haereditaria,et 
transitoria,  etiam  ad  extraneos,  cum  sola 
obligalioue  reuovaudi  expeditiones,  ut 


ì 


V  AC 

sunl  praeseiiim  officia  Notaiiorum  fori 
Capitolini, et  aliqua  solent  esse  ad  lineas, 
Tel  generationes  ;  turn  quia  pene  anni- 
hilata  videntur,  atque  in  dies  suppri- 
inuntur,eo  quia  magnumcausabant  gra- 
varaen  Camerae,  populi  autenì  nullum 
levamen,  et  benefìcium,  dura  contingen- 
te vacalione,perConservatores  prò  tem- 
pore concedi  soiebant  gratis  eorum  con- 
iunctisjvel  benevolis,aut  si  mediante  pie- 
tio,  istud  ad  eoiura  privatum  tendebat 
comwodum,  quinìmo  prorogationes,  ac 
praeventivas  concessiones  de  facili  facere 
solebaut  ;  unde  propterea  Innocentius  X 
niagnam  quidem  eorum  fecit  suppiessio- 
nem,  quam  successive  alii  Ponlifices  con- 
tinuarunt,  ut  actu  continuai  Innocentius 
XI.  Ac  etiam  quia  tiactatio  est  de  ofìì- 
ciis  Pk.omanae  Curiae  sub  cuius  nomine 
venit  Curia  Papae,  ubicumque  iste  resi- 
dentiam  habeat,  unde  quando  longam  re- 
sidenliam  habuit  in  Gallia,  adhucRoma- 
na  Curia  dicebatur  ;  e  converso  autem 
Curia  Capitolina,  est  Curia  paiticularis 
Romanae  Civitatisconstitutaeex  proprio 
populo,  et  districtualibus,  ad  instar  cu- 
iublibet  alterius  Civitatis.  1  Tribunali  di 
Roma  {F.)  del  Campidoglio  ora  più  non 
esistono. Riporta  quindi  il  De  Luca  i  pri- 
vilegi di  alcuni  collegi  vacabilisti,  che  io 
descrissi  a'  loro  luoghi.  Cap.  3.  An  pre- 
tium  Ollìciorum  Vacabilium  habeat  na- 
turam  sortis,eiusque  iure  censendum  sit, 
Tel  potius  fructuum,  et  reddituum  ;  et 
quid  proprie  isla  Ofllcia  importent,  et  de 
eorumdem  Oflìciorum  emolumentis,  an 
sortis,  vel  fructuum  naturam  habeant. 
Cap.  4.  An  huiusmodi  Officiorum  vena- 
lilas,  et  respeclive  vacatio  per  promolio- 
nem  ad  Cardinalaluui,  eorumque  dispo- 
silio  aiiquam  redoleaut  simoniacam  la- 
bera,  vel  aliam  turpiludinem,  seu  rem  il- 
licitam.  Cap.5.  An  Papa  licite  possit  con* 
donare  emolumenta  expeditionum ,  et 
demandare  expeditiones  gratis,  et  per 
Tiam  secreta  ni  iu  praeiudicium  Ofllcia- 
lium,  qui  oblinent  Ollìcia  ex  causa  one- 
rosa, et  qualem  potestateai  iu  hoc  habeat 


V  AC  85 

Collegium  Cardinalium.  Cap.  G.Quomo- 
do  Officia  Venalia  acquirantur,  et  quid 
ubi  acquisitio  in  persona  unius  fiat  per 
alterum  de  istius  pecunia.  Et  de  prae- 
sumpta  donatione,  ac  imputatione  in  le- 
gitimam.  Et  de  materia  reservationisde- 
cretis.  Cap.  7.  De  Officiorum  resignatio- 
De,et  alienatione,  vel  translatione  de  uno 
in  alium,  vel  eorum  obligatione,  et  quo- 
modo  esse  dicantur  in  commercio,  in  sub- 
stantia,vel  in  pretio,sivein  commoditate, 
etquandoresignationisadmissio  denegar! 
possit.  Cap.  8.  De  eadem  materia  resigna- 
tionis  Officiorum,  quale  ius  tribuat  Re- 
signatario,  ubi  ex  sola  partium  cooven- 
tione,  ante  illam  admissam,  conclusa  sit, 
et  cuius  nam  sit  damnum,velpericulum, 
quod  interim  contingat.Et  an  post  illara 
admissam  Resignatarius  reddatur  lutus 
quamvis  ob  mandatum  falsura,  velinsuf- 
ficiens,  aut  ob  invalidum  factum  Judicis 
resiguatio  sequuta  sit.  Cap.  q.  De  Resi- 
goatione,  sive  de  extenaone,  et  proroga- 
tione  Officii  de  una  persona  in  aliam,  ia 
quo  dilFerant,  et  an  expediat  praclicare 
slylura  admittendi  passim  resignaliones 
absque  aliquo  pretio;  et  quando  iusle  as- 
sensus  resignalioni  denegari  valeat.Etde 
coadiutoria  ac  etiam  de  Officiis  haeredi- 
tariis,  vel  transmissibilibus.  Cap.io.  De 
creditoribus  Officialis  quale  ius  habeant 
in  officio, et  de  illorum  concursu,et  potio- 
ritale,  et  de  eadem  materia  reservationis 
decreti,de  qua  sopra  cap.  óetseq.Cap.  1 1. 
De  capacitate  necessaria  ad  obtinendum> 
et  retinendum  Officia  Venalia,  et  an  mu- 
lieres,  infanles,  et  idiotae  sint  capaces. 
Et  quid  in  Officiis  non  Vacabilibushae- 
reditariis,  quibus  haeredibus  deferantur 
Officia,  quae  exerceri  possint  per  substi- 
tutum,  ac  etiam  locari.  Cap.  12.  De  Of- 
ficio assignato  in  dotem,  vel  possesso  ia 
commoditate  per  virum  tamquam  re  ex- 
tradotali, ad  quid  vir  teneatur  erga  mu- 
lierem.  Et  de  Officio  possesso  per  haere- 
dem  fideicommisso  gravatum,  sive  obli- 
gatura  reddere rationes creditoribus  hae- 
reditai'iis,  vel  per  usufructuarius,  et  si- 


86  V  A  G 

niiles.  Cap.  1 3.  De  Ofiìciorum  Venalium 
vacalione,  quomoclo  seqiialui*.  Hi  clepri- 
vnlioiieOr(icialium,an,  et  exquibuscau- 
sis  in  pai'ticulat'i,  absque  OriìcioiMun  siq)» 
pressione,  fieri  valeat.  Ctip.  14.  Ari  Papa 
vel  alter  Princej)s  possit  suppiiinere,  ia- 
vilis  Ofììcialibus,  aliipjod  geuus  Ofdcio- 
l'um  ,  istaqiie  occasiune  enarratur  Facti 
series  suppressionis  Collegi!  Secretario- 
rum  Aposlolicoriun,  quae  Imic  operuin 
iiiotiviun  tieilil.  Nell'articolo  Segretario 
Ai'osTOLico  parlai  dell'altra  opera  appo- 
sitamente sctilla  dal  De  Luca,  per  i'e- 
stiuzione  di  tali  udizi  vacabili ,  e  trovasi 
dopo  il  Tractatus  de  Ofjlcns  Penali- 
bus  Vacahilihus.  Abbiamo  di  Tomma- 
so Tommasi  Gualleruzzi,  Jiira  et  pri- 
vilegia Seeretariontm  apostolicoriim, 
lioniae  1087.  Cap.  i5.  Praesupposita  le- 
gitima  soppressione  CoUegii,  de  quo  ca- 
pitulo  praecedenti,  quid  restituendum  es- 
set  Ollicialibus  ex  legibus  particularibus 
eiusdem  Collegii.  Cap.  16.  De  eadem  re- 
stilutione  prelii,dequo  in  capitulo  prae- 
cedenti, facienda  tribus  locis  Piis  ,  quae 
habebaul  Officia  in  perpeluum.  Cap.  i  7. 
De  eadem  materia  suppressionis  Officio- 
rum,  et  quid  in  eiuscasu  reficiendum  sit 
illorum  possessoribusin  genere, iuxta  ter- 
minos,  et  dispositionenj  iuris  communis. 
Cap.iS.Deelf'ectibus,  tara  f'avorabilibus, 
quam  odiosis,  veldecommodis,  et  incom- 
iiiodis,quaeremanent  in  Ofììciorum  pos- 
sessoribus,eliani  postdimissumOfficium, 
et  quando  successor  teueatur  ad  debita, 
vel  ouera,et  facla  praedecessores.Cap.  i  g. 
An,et  quando  Officiales  teneauturde  fa- 
cto substituti.  Cap.  20.  DeSocietale  Of- 
fici). In  argomento  scrissero  ancora:  Ber- 
nardino Dmarelli,  Uffici  de  Ila  Cor  te  Ro- 
manay  eretti  da  diversi  Pontefici^  dove 
notato  iCjuanto  sogliono  vendersi^e  quan- 
to/ruttano ogni  a nìio,  Boìo^ììii  162.1. 
Gio.  Antonio  Ferrajuolo,  Il  Monte  Fa- 
cabile  e  non  Vacabile^  Roma  1 642.  Jaco- 
bi  CohelliojiTo////^  Cardinalatns  et  Ro- 
manae  AidaeOfficialibus  ^omd^e:  1 653. 
Cap.  1 7.  De  Yice-Cancellario.  Cap.  1 8.  De 


V  AC 

ProlhonotariisAposlolicis.Cap.  iQ.DeAu- 
ditoribus  Uotae.  Cap.  20.  De  Cancella- 
ria  A[)ostoiica.  Cap.  21.  De  Cancellaria 
Regente.  Cnp.  22.  De  Abbreviatoribus 
utriusque  Parci.  Cap.  23.  De  Secrelariis 
Apostolicis.  Cap.  24-  De  Scriptoribus  A- 
poslolicis  Rrevium  Archi  vii,  et  uiinores 
gratiae.  Cap.  25.  De  Solicitatoribus,  sive 
Jannizzeris,  et  illorum  l'raefecto.Cap.  26. 
DeUegistratoribuSjMagislrisIlegistriBul- 
larum,et  Custode  Registri.  Cap.  27.  De 
Bullatoribus,  seu  Plumbatoiibus,  et  Col* 
lecloribus  Plumbi,  Cap.  28.  De  Senescal- 
cOjSive  Custode  Cancellariae.  Cap.  29. De 
Cubicularii.s,etSculift'ris.Cap.3o.De  Mi- 
lilibus  s.  Petri.  Cap.  3i.  De  Mililibus  s. 
Pauli.  Cap.  32.  De  Mililibus  Piis.Cap.  33. 
De  Mililibus  Laurelanis.  Cap.  34- De  Mi- 
litibus  de  Lilio  nuncu[)atis.  Cap.  35.  De 
Praesidenlibus,  et  Porlionariis  Piipae  Ur- 
bis. Cap.  36.  De  Summalore  Literarutn 
Aposlolicarutn.  Cap.  37.  De  Datario  Pa* 
pae.  Cap.  38.  De  varia  Vice-Gancellarii 
nomenclatura;  quive  hanc  dignitateui 
oblinuerint.  Questi  scrittori,  e  gli  analo- 
gl»i  miei  articoli ,  mi  dispensano  da  lun- 
ghi e  minuti  dettagli. 

Moltissime  notizie  sugli  ufilzi  vacabi- 
li e  sopra  i  vacabilisli  riportò  Novaes  nel- 
la Storia  de' Pontefici^  le  quali  io  debi- 
tamente collocai  a'Iuoghi  loro.  Egli  cre- 
de che  l'origine  de' vacabili  e  de'vacabi- 
listi  possa  nsalirea  Martino  V,come  quel- 
lo che  creò,  o  meglio  sistemò  gli  uffizi 
della  Cancelleria  apostolica  con  oppor- 
tune regole  e  stabilimento  delle  lasse,me- 
dianle  la  bolla  In  Apostolicae  dignità- 
tis,  del  I ."  settembre  1 4  '  ^j  Bull.  Roin.  t. 
3,  par.  2,  p.  4^8  :  De  Officio  et  quali- 
tatibus  Scriptorum ,  et  Abbrevlatoruni 
li  te  ramni  apostolicarum  ,  Caslodisque 
Cancellariatj  ac  Exaniinatoruni^  Bui- 
latoruni  et  Registratoriini^  Auditoruni' 
c/uCf  Procuratoru/n,  et  Notarioriun  Ro- 
tae,etAdvocatoruniconsistorialiuni.Pev 
gli  altri  della  dataria  apostolica  Sisto  IV, 
Leone  X  e  Paolo  IH  stabilirono  le  rego- 
le e  le  tasse,  non  solo  per  la  rassegna,  ma 


V  A  e 
net'  gli  emoIutnenti,ddtuio  a  ciascun  vaca- 
bilista  i)  proprio  disliulo  esercizio  pei*  im- 
pedire gli  abusi  di  confidenza  simoniaca 
e  di  spedizione  volontaria.  Gli  slessi  Pa- 
pi, e  Sisto  V  il  confermò ,  assegnarono  e 
donarono  una  porzione  di  vacabili  della 
cancelleria,  per  appannaggio  del  cardinal 
vice-canceliiere,  il  quale  nella  vacabdità 
poteva  disporre  a  suo  beneplacito,  ossia 
donare  o  vendere,  nel  modo  slesso  die  fa- 
cevano i  Papi;  ed  il  prezzo  degli  uffizi  va- 
cabili in  discorso,  allorché  si  vendevano, 
era  senjpre quello  reperibile.  Questa  pre- 
rogativa del  cardinal  vice-cancelliere  ri- 
irocò  e  soppresse  Innocenzo  XI  col  molo- 
proprio  Divina  disponente^  de'  1 4  dicem- 
bre 1679, /?«//.  ^om.i.  8,  p.  127:  Revo- 
catur  concessio  facta  Vìce-cancellario 
(luaniplurium  Officioriuri  Vacabilium^ 
ijuae  deano  Camerae  opostolicae  resti- 
tuuntur.  Gli  uffizi  vacabili  tolti  dalla  no- 
mina del  vice-cancelliere  furono:  Reggen- 
leldellaCancelleria,  1 5  abbreviatori  di  par- 
co minore,  6  abbreviatori  di  parco  mag- 
giore, 25  sollecitatori  detti  giannizzeri,  i  2 
iiotari  delle  cause  del  palazzo  apostolico, 
ad  unum  dunitaxaiper  ree.  me. Clemen- 
te PP.  X  praedeeessoreni  nostrum  redii- 
c/^, Scubiculari, 7scud ieri  partecipanli,2G 
cavalieri  di  s. Pietro,  1 3  cavalieri  di  s.Pao- 
lo,  2  cavalieri  delGiglio,  20  cavalieri  Pii,il 
custode  della  cancelleria, il  notaro,  il  por- 
tiere della  medesima,  un  notaro  delle  con- 
traddettee  un  notaro  delle  confidenze^zVe 
De  consuetis  nuncupatum,  nonnullaque 
far  san  alia  Officia  huiusmodi  vaeabi- 
lia,  quae  pariter  in  pr aesenti  lìlotu  pro- 
prio prò  plenC)  et  suffìeienter  expressis 
liaberi  volumus.  Calisto  ili  trovando 
che  il  numero de'segrelari  apostolici,  del- 
l'introduzione de'quali  non  si  ha  certa  no- 
tizia, al  dire  di  De  Luca  ,  non  erasi  mai 
stabilito,  lo  prefìsse  a  6,  il  che  confermò 
il  successore  Pio  11,  insieme  a'ioro  privi- 
legi ed  emolumenti,  negli  atti  de'  quali  si 
legge  che  fossero  uffizi  venali,  uno  de'qua  - 
li  col  pagamento  del  suo  prezzo  Pio  li 
concesse  al  famoso  storico  Platina,  il  qua- 


V  A  C  87 

le  ne  fu  privalo  da  Paolo  H  che  nel  1464 
gli  successe,  accusato  di  congiura  contro 
di  lui;  ma  egli  dolendosene  acerbamente 
ne  riportò  travagli  e  triennale  carcere, 
per  cui  sfogò  poi  il  riprovevole  suo  risen- 
timento nella  vita  di  quel  Papa,  colla  qua- 
le terminò  le  sue  Vite  de' Pontefici.  Ca- 
listo III  nel  1455  elevato  alla  cattedra  a- 
postolica,  tosto  ebbe  in  cima  de'suoi  pen- 
sieri d' infrenare  le  deplorabili  conquiste 
de'turchi,  a'(juali  subito  mosse  guerra,  e 
pe'dispendii  fu  costretto  vendere  e  impe- 
gnare gran  parte  degli  ornamenti  ponti- 
ficii, e  di  alienare  alcune  terre  del  domi- 
nio della  s.  Sede.  Probabilmente  pe'bi- 
sogni  urgenti  in  cui  trovossi,  per  propu- 
gnare impavido  la  difesa  della  cristianità, 
peli  .^^  vendè  i  segretaria  ti  apostolici  a  per- 
sone idonee,  impiegando  le  somme  ritira- 
te per  combattere  i  feroci  nemici  del  no- 
me cristiano.  Veramente  il  Pan  vinio,  con- 
tinuatore di  Platina,  ìxqW Historia  della 
vita  di  Sisto  IV ^  che  a  Paolo  li  succes- 
se nel  1471J  lasciò  scritto:  >»  Ritrovan- 
dosi il  Papa  colle  spese  di  tante  guerre 
(co'turclii,  col  re  di  Napoli,  co'fiorentini) 
bisognoso  d'un  gran  denaio,  fu  il  1. "Pon- 
tefice, che  ritrovasse  nuovi  uffizi  da  po- 
ter vendere.  Datone  dunque  il  carico  a 
Sinolfo  di  Castro  Otterico,  protonotario  e 
persona  molto  diligente,  restituì  gli  ufti- 
zi  degli  abbreviatori  minori  già  creali  da 
Pio  II,  e  poi  tolti  da  Paolo  li,  il  quale  uf- 
fizio vendè  molto  bene.  11  medesimo  fe- 
ce degli  uffizi  de'sollecitatori  delle  lettere 
apostoliche.  Introdusse  anche  l'uffizio 
d'alcuni,che  intervenivano  a  quante  scrit- 
ture pubbliche  si  celebravano,  e  senza  lo- 
ro non  se  ne  poteva  alcuna  fare.  Ma  que- 
sto uffizio  fu  da  Innocenzo  Vili  suo  suc- 
cessore estinto.  Introdusse  ancora  gli  uffi- 
zi de'giannizzeri,  degli  strudiotti  ede'ma- 
malucchi.  Ma  quest'  ultimo  fu  da  Inno- 
cenzo Vili  annullato  (anco  quello  degli 
strazioti,  senza  restituir  laro  il  denaro,  e 
alle  loro  querele  corrispose  con  ricever- 
li benignamente:  ciò  rilevai  nel  voi.  LI, 
p.  49).  Ordinò  fiaalmente  9  notari  del- 


88  V  A  C 

la  camera  apostolien,  a'quali  assegnò  tut' 
te  reulrate,  ch'erau  prima  d'un  solo,  il 
quale  era  capo  degli  altri.  Sisto  IV  fu  an- 
cora il  primo,  che  vendè  gli  uffìzi  del  prò* 
curatore  della  camera, del  notariato  apo- 
slolico,  del  protouotario del  Campidoglio, 
del  notariato  dello  studio  (quanto  pregiu- 
dizio resea'professori  ògW'  Università  ro- 
mana, in  queir  articolo  lo  dissi;  mentre 
nella  biografia  lo  difesi  dall'imputazione 
di  complicità  nella  tragica  congiura  de' 
Pazzi),della  mensuratura  del  sale,e  del  ca- 
meratorio  della  città.  Ritrovò  nuovi  Da- 
zi (/ V,  et  accrebbe  gli  antichi.  Riscosse 
non  senza  macchia  d'  avarizia  di  molte 
Decime  (^.)  da'prelati.  Ma  queste  cose 
si  debbono,  al  parer  mio,  a  necessità  at- 
tribuire, o  ii  Parenti  (^  .),e  ministri  suoi 
piuttosto ,  massime  non  essendo  sino  a 
quel  tempo  stato  Pontefice  ne  d' animo 
più  generoso  di  lui,  uè  più  pronto  nel  be- 
neficar altrui".  Nel  1484  gli  fu  surrogato 
Innocenzo  Vili,  del  quale  narra  Io  stesso 
Panvinio  nella  sua  Fita.*»  Ha  vendo  ritro- 
vato la  Sede  apostolica  esausta  per  le 
grosse  spese  fatte  dal  suo  antecessore  (per 
difendere  il  dominio  della  Chiesa)  fu  co- 
stretto  apparecchiandoseli  molti  trava- 
gli, di  creare  ^5  ufHziali  delle  bolle  di 
piombo  (Novaesdice  5i  piombatori  delle 
bolle,  da'  quali  ricavò  26,000  ducati  d'o- 
ro, vendendosi  ciascun  uffizio  sSoo  duca* 
ti),  e  26  segretari  (cioè  ne  ampliò  il  col- 
legio con  altri  24,  in  tutti  3o  ,  da'  quali 
uffizi  ricavò  62,400  fiorini  o  scudi  d'oro, 
secondo  Novaes:  la  bolla  Non  debet^de' 
3i  dicembre  1487  sottoscritta  dal  Papa 
e  da  16  cardinali,  presso  il  Bull.  Rom,  t. 
3,  par,  3,  p.  212,  dichiara  :  Anipliatìo 
Collega  Sex  Secretariorum  apostolico- 
rum  ad  numeruni  vigint{(juatuor  :  Et 
praejinitio  Officii  unius  Secretarii  do- 
mestici:Cu7nemolum.entorum  tam  ipsius 
Secretarii,  quani  totius  Collegii,  privi- 
legiorumfjiuc  concessione),  e  3iO  presiden- 
ti di  Ripa  (Novaes  aggiunge  che  creò  più 
di  3oo  ufflziali,  ognuno  de'quali  compra- 
va l'ufluio  per  200  pesi  d'oro,  incamera- 


V  AC 

ti  pe'bisogni  della  s.  Sede),  i  quali  denari 
non  spese  vanamente,  poiché  i  primi  due 
anni  del  pontificato,  essendo  il  turco  for- 
midabile per  infiniti  danni  fatti  a'cristia- 
ni,  spesei5o,ooo  scudi  a  mandar  all'ar- 
mata contro  quello  per  reprimere  il  fu- 
ror suo,  come  in  buona  parte  ne  segui  ef- 
fetto, di  che  ne  riportò  infinita  lode ... 
Sgravò  la  Chiesa  ,  e  insieme  il  palazzo  e 
sua  corte  di  tutte  le  spese  superflue;  e  le- 
vò l'uffizio  de'  matnalucchi,  non  gli  pa- 
rendo necessario".  Il  De  Luca  dice  che 
Innocenzo  VI  Il,estinli  i  6  antichi  segreta- 
ri ,  compresi  essi  formò  il  collegio  di  24 
con  assegnazione  di  emolumenti,  ed  il 
nuovo  collegio  gli  pagò  62,400  scudi 
d'oro  di  camera,  che  in  quel  tempo  im- 
portavano circa  85, 000  scudi,  per  estin- 
guere i  debili  contratti  co'pegni  del  trire- 
gno  e  altri  papali  ornamenti,  per  libera- 
re Roma  dall'insolenze  e  delitti  d'alcuni 
uomini  armati;  disponendo  in  caso  di  re- 
voca degli  uffizi  la  restituzione  delle  som- 
me a'  vacabilisti ,  riservandosi  l'  elezione 
d'un  segretario  domestico  per  le  spedizio- 
ni segrete.  E  perchè  alcuni  poco  idonei 
pretendevano  acquistare  tali  uffizi  ,  nel 
1488  dichiarò  con  breve,  che  ninno  si 
ammettesse  senza  precedente  esame  e  ap- 
provazione del  collegio  stesso.  Quindi  il 
De  Luca  narra  gli  uffizi  donati:  uno  da 
Alessandro  VI  all'ospedale  del  ss.  Salva- 
tore; altro  da  Paolo  III  a  quello  di  s.  Spi- 
rito, mediante  permuta  di  casali  e  tenu- 
te, ed  anche  altro,  il  quale  pervenuto  ia 
possesso  del  cardinal  Farnese,  questi  col 
beneplacito  di  Pio  IV  lo  die  al  capitolo 
di  s.  Eustachio,  in  pagamento  di  parte 
del  prezzo  d'un  casale  chiamato  Torre 
Vergata  ,  che  comprò  dal  capitolo  per 
1 5,000  scudi, col  patto  in  caso  di  soppres- 
sione degli  uffizi,  il  cardinale  fosse  tenuto 
restituire  il  casale,  ovvero  ii,ooo  scudi. 
Moltissimi  scrittori  affermano  che  Ales- 
sandro VI  nel  1 5oo  creasse  un  nuovo  col- 
legio di  80  Scrittori  de  brevi yiifCm  vaca- 
bili che  ciascuno  si  pagava  ySo  scudi  d'o- 
ro, 11  successore  Giulio  li  colla  bolla  Si* 


VA  e 

ciUprudenSy  deli.°  dicembre  i^ioy,  sot- 
toscritta da  hxìymann propria  subscripsi\ 
e  da  27  cardinali,  ciascuno  de'quali  pii* 
re  al  nome  aggiunse  maini  propria  sub- 
scripsi,  Bull.  Rom.  t.  3,  par.  3,  p.  299  : 
Jnstilutio  Collega  Scriptorum  Archivii 
romanae  Curiae  Notariorum  in  causis 
Commissarìis  in  Urbe ^apucljudices prò- 
prios  notarios  non  liabcntes.  Etconces' 
sia  facultatis  creandi  alios  Notarios^ 
ac  legitiniandi  bastardos.  Lo  costituì 
di  I  o  I  Scrittori  d'Archivio,  compresi  i  o 
maestri  correttori,  e  stabiliti  gli  eoiolu» 
menti  ordinò  che  ciascun  uffìzio  vacabile 
si  pagasse  5oo  ducali  d'  oro  di  camera; 
destinando  a  prolettori  del  collegio  i  car- 
dinali Fice-cancclliere  e  Camerlengo, 
ed  il  prelato  Uditore  della  camera.  Di- 
poi Paolo  III  colla  bolla  Romani  Ponti- 
ficis^  de'3i  ottobrei537,  Bull.  Rom,  l. 
4,  par.  I,  p.  i52:  D  celar  alio  et  amplia-^ 
tiofacultatem  Collegii  Scriptorum  Ar- 
chivii  romanae  Curiae,  in  legitimandis 
bastardis.  Di  più  Giulio  li  eresse  il  col- 
legio de'i4i  vacabilisti  denominati  Prc' 
sidenti  o  Porzionari  di  Ripa  o  dicW An- 
nona, e  rannoveiò  alla  Cancelleria  a- 
poslolica:  ci  ricavò  91,000  scudi  d'oro, 
e  loro  ne  assegnò  dal  sale  10,000,  col- 
Tincarico  di  procurar  l'abbondanza  delle 
vettovaglie,  massime  provenienti  per  ma- 
re. Leone  X  l'aumentò  con  altri  6 1 2  pre- 
sidenti porzionari  di  ripa,  da'quali  trasse 
286,000  ducati  d'oro.  Inoltre  Leone  X 
istituì  il  collegio  de'vacabilisti  cavalieri  o 
soldati  di  s.  Pietro^  composto  di  4o  i  per- 
sone, ciascuna  delle  quali  p;ìgarono  1 000 
fiorini  d'  oro,  e  gli  assegnò  dalle  dogane 
di  Ripa  e  altre  l'annua  rendita  di  5  scu- 
di per  1 00, oltre  i  privilegi  che  loro  accor- 
dò. Accrebbe  il  collegio  ì\q  Cubiculari  al 
numero  di  60,  e  degli  Scudieri  a  \  ^o,àQ 
quali  i  primi  compravano  l'uffizioche  lo- 
ro rendeva  90,000  fiorini,  ed  a'secondi 
1 1 2,000  fiorini,comealtestaNovaes.Dis- 

sta  CANCELLERIà  APOSTOLICA,  COl  Bovio, 

altre  analoghe  notizie,  cioè  che  i  cavalie- 
ri di  s.  Pietro  pagaroao  44»>ooo  fiorini 


V  AC  89 

d^oro,  ed  i  motivi  di  tali  aumenti  e  crea- 
zione di  vacabili.  Paolo  111  nel 1 545  isti- 
tuì i  cavalieri  Lauretani,  de'qnali  ripar- 
lai nel  voi.  XXXIX,  p.  244»  collegio  di 
vacabilisti  poscia  aumentati  daSistoV  pri- 
ma con  200  per  la  somma  di  100,000 
scudi,  indi  con  altri  60  col  pagamento 
per  ciascuno  di  5oo  scudi,  assegnando 
loro  rate  di  fi'utti  sulle  spedizioni  della 
dataria  e  cancelleria  apostolica.  In  segui- 
lo i  vacabilisti  Lauretani  si  accrebbero 
fino  a  33o,  pe'70  aumentali  neli656  da 
Alessandro  VII  in  occasione  di  traslata- 
re  e  commutare  le  spese  de'  luoghi  di 
monte  vacabili,  per  minorazione  di  frut- 
ti alla  camera  apostolica  e  restituzione  de* 
capitali  a'montisti.LostessoPaoloIII  nel 
i546  eresse  il  collegio  de'  vacabilisti  di 
5o  cavalieri  del  Giglio,  i  quali  per  l'ac- 
quisto de'vacabili  contribuirono  25, 000 
scudi  d'oro  alla  camera  apostolica,  asse- 
gnando loro  dalle  rendite  della  provin- 
cia di  Viterbo  annui  scudi  3ooo  d'  oro. 
E  finalmente  nel  i547  Paolo  III  istituì 
il  collegio  di  200  vacabilisti  cavalieri  o 
soldati  di  s.  P^o/o,  i  quali  somministra- 
rono 200,000  scudi:  il  Bovio  scrisse  che 
pagarono  1 00,000  scudi  d'oro  di  stampa, 
e  che  furono  assegnati  sull'annate  e  sul- 
le dogane  il  20  perioo.  Paolo  IV  a' va- 
cabilisti cavalieri  del  Giglio  aggiunse  al* 
tri  3oo  al  collegio  loro,  da'quali  la  came* 
ra  apostolica  introitò  i5o, 000  scudi  d'o- 
ro ,  assicurandogli  l' annua  rendita  di 
18,000  scudi.  Pio  IV  neh  559  eresse  il 
collegio  di  375  cavalieri  Pu' partecipan- 
ti, vacabilisti  cheneli56o  aumentò  d'al- 
tri 160:  in  corrisposta  agli  acquistati  va- 
cabili, a  tulli  assegnò  l'annua  pensione  di 
scudi  34,5oo,  poi  forse  accresciuti  a  scu- 
di 73,000.  Essendo  l'erario  pontificio  ag- 
gravalo di  molti  debiti,  il  Papa  preferì  al- 
l'imposizione  di  nuove  gabelle,  l*  istitu- 
zione di  quest'altri  vacabili.  Nel  1 572  di- 
venuto Papa  Gregorio  XIII  sgravò  tosto 
in  parte  i  sudditi  pontificii  dalle  pubbli- 
che gravezze,  e  ricomprò  con  generale 
soddisfazione  1'  uffizio  dell'  avvocato  del 


9° 


V  A  C 


7'7*ro,eliJlli  i  Fiscaiatidi  Ro«naj5ni  ven- 
duti dati'  autecessorti  s.  Pio  V  a  diversi, 
acquali  tulli  restituì  il  prezzo  che  aveano 
«boritalo.  Nel  1 585  gli  successe  il  gran  Si- 
sto V.  11  p.  u).  Casimiro  Teinpesli  dello 
stesso  suo  ordine  e  di  lui  benemerito  sto- 
riografo ne  vendicò  le  calunnie  colla 
Storia  (lidia  vita  e  gesta  di  Sisto  Vdcl' 
t ordine  de  minori  conventuali.  Nel  1. 1, 
lib.  i6,  svolse  l'argonieato  :  Sisto  V  per 
supplire  a'  bisogni  della  Cliiesa  imitò  i 
suoi  predecessori  e  nel  creare  e  nel  rifor- 
mare gli  ufilzi  vacabili.  Avanti  il  p.  Tem* 
pesti  era  voce  volgare  e  comune,  clie  Si- 
sto V  avesse  aggravato  straordiuai^iamen- 
le  i  sudditi,  e  fosse  slato  di  pregiudizio 
grande,  ancor  dopo  la  sua  morte,  a  tut- 
to il  dominio  ecclesiastico  con  lauti  luo- 
ghi di  monte  da  lui  eretti,  con  tante  ga- 
belle da  lui  imposte;  e  questa  voce  comu* 
ne  ebbe  origine  da  alcuni  malcunlenti, 
a'quali  tolse  di  mano  quello  ch'era  della 
s.  Sede  e  di  tutti  i  sudditi  della  mede- 
sima in  generale.  L'anonimo  Vallicellia* 
no  nel  dusi  cortigiano  di  Sisto  V  ,  non 
confessò  ch'egli  pure  era  uno  de'malcon- 
teuli,  nello  scrivere  che  non  si  condannò 
la  causa  per  radunare  denaro,  ma  il  mo- 
do, avendo  angariate  le  Provincie  con  l'a- 
cerbità  delle  gabelle  e  con  lauti  luòghi 
di  monte.  A  tante  strane  opinioni,  ripe- 
Uile  successivamente  sino  al  p.  Tempe- 
sti ,  questi  mostrò  che  Sisto  V  non  im- 
pose die  una  sola  gabella  d'  un  quattri- 
no delta  deila  foglietta  per  ciascuna  di 
vino  a  minuto,  la  quale  lolsedopo  un  an- 
no, e  che  se  le  sue  provvide  leggi  si  fosse- 
ro conservale  inviolabili,  non  solo  non  a- 
vrebbero  portalo  [uegiudi/io alcuno,  ma 
sarebbero  stale  anzi  t'ecomle  di  pubbli- 
che utilità.  Certamente  egli  non  fu  iu- 
veulore  degli  ufQzi  vacabili,  de'luoghi  di 
monte  vacabili  e  de'luoghi  di  monle  ca- 
merali non  vacabili,  perchè  lutti  già  e- 
rano  in  uso  anticoi  benché  i  maligni  e  gl'i- 
gnoranti spacciarono  o  crederono  il  con- 
trario. Sisto  V  ad  imitazione  de'  prede- 
cessori riformò  o  creò  nuovi  ufilzi  vaca- 


V  AC 

bili  e  luoghi  di  monle,  ma  quanto  a'nuo- 
vi  furono  pochi  e  non  quanti  pretesero 
l'anonimo  Vallicelliano  e  nitri  che  lo  se- 
guirono; e  nel  crearli  il  fece  per  minor 
aggravio  de'sudditi,  per  molivi  utilissimi, 
per  l'abbellimento  maestoso  di  Roma,  e 
per  grandi  necessità.  Nel  riformare  gli 
antichi  uflì/.i  vacabili  e  luoghi  di  monte 
lo  fece  per  estirpare  abusi  e  [>er  liberare 
la  camera  apostolica  da  tanti  debili,  con- 
tratti speciahiienlepe'luoghi  di  monte  ca- 
merali non  vacabili.  La  biografia  che  di 
lui  scrissi,  tolti  i  numerosi  articoli  riguar- 
danti i  vacabili  e  i  monti,  e  le  sue  grandi 
opere  meravigliose  e  monumentali  giu- 
stificano l'incomparabile  fedeltà  sull'uso 
lodevole  del  denaro  raccolto  in  breve  spa- 
zio di  tempo.  Anzi  tutto^  col  p.  Tempe- 
sti, conviene  formare  il  seguente  esalto 
catalogo  degli  uffizi  vacabili  ,  cioè  degli 
uffìzi  che  passando  da  una  persona  all'al- 
tra, o  si  esercitavano  dalle  medesime,  eb- 
bero il  nome  di  J^acabili.  Quando  Si- 
sto V  fu  sollevato  al  maggiore  de'troni, 
gli  uffizi  vacabili  erano  da  gran  tempo  iu 
uso,  cioè  i  seguenti,  de'quali  tulli  aven- 
do trattato  negli  articoli  di  sopra  citati, 
non  mi  rimane  che  descriverli  con  po- 
che parole,  per  dare  qui  una  semplice  i- 
dea  dell'operato  da  Sisto  V;  mentre  del- 
l'uso fallo  del  ritratto  dagli  uffizi  vaca- 
bili, e  da'  nuovi  Luoglii  di  Monte  isti- 
tuiti, ne'  medesimi  articoli  li  riportai,  e 
così  notabilmente  accorderò  il  riferito 
dal  p.  Tempesti,  coli*  autorità  del  quale  j 
in  essi  pure  procedei.  Segretari  aposto-  ^ 
liei.  Canierlengato.  Uditore  generale  del- 
la  Camera.  Tesoriere  generale.  Prcsiden" 
te  della  Camera.  Reggente  di  Cancelle- 
ria. Uditore  delle  Contraddette.  Udito- 
re delle  Confidenze.  Correttore  delle  Con- 
iraddette.  Prefetto  delle  minute  de' Brevi. 
Revisore  delle  minute  de' Brevi.  Presiden- 
te de' Sollecitatori  chiainaiiGiannizzeri, 
Presidente  del  Piombo.  Chierici  di  Ca- 
mera 1 1.  Protonotari  apostolici  parteci- 
panti ii.  Abhreviatori  di  parco  mags^io- 
r£  di  Cancelleria  1 2.  Se  r  ilio  ri  apostolici 


V  AC 
100.  Scrittori  di  Brevi  8r.  Scrittori  di 
Penitenzicrici  di  minor  grazia  if.  Pro- 
curatori di  Penileiizieria  di  minor  gra- 
zia 24*  Abbrevialori  di  parco  minore  di 
Cancelleria  60.  Sollecitatori  apostolici 
delti  Giannizzeri  100.  Correttori  d'  Ar- 
chivio 8.  Chierici  del  Registro  6.  Regi- 
stratori di  Suppliche  20.  Registratori  di 
Bollei^.  Maestri  delleSuppliche  ^.Mae- 
stri delle  Bolle  S.  Cubiculari  60.  Procu- 
rotori  delle  Contraddette  1 3.  Notari  del- 
V  Uditore  della  Camera  i  o.  Segretari  di 
Camera  4-  Notari  degli  Uditori  di  Ro- 
ta 4.  ISotari  del  carduial  Sicario  di  Ro- 
ma 4-  Cursori  del  Papa  rg.  Mandatari 
del  Tribunale  del  Governo  fj.  Maestri  del 
Piombo  3.  Notaro  pe' processi  de  Fesco- 
vi.  Notaro  delle  Ripe.  Notaro  di  Borgo 
civile  e  criminale.  Notaro  de^ Maestri  di 
strada.  Notaro  de' Mercanti.  Notaro  de 
Protomedici.  Notaro  delle  Contraddet- 
te. Notaro  dell'agricoltura.  Notaro  de- 
gli Ebrei  e  Neofiti.  Officio  dell'  Assesso- 
re delle  strade.  Depositeria  de'  Collegi 
de^Facabili.  Porzioni  di  Ripa  364.  Col- 
lettori del  Piombo  i^.  Scrittori  d^ Archi- 
vio. 9 1 .  Scudieri  apostolici  i  o4-  Presi- 
denti dell'  Annona  1 4 1 .  Mazzieri  1 4-  Of- 
ficiali della  verga  rossa  1 6.  Custodi  del- 
lai.''  catena  3.  Custodi  della  1."  catena 
1.  Porzionari  della  i."  e  2.'  catena  5. 
Cavalieri  Lauretani  33o.  Cavalieri  del 
Giglio  35o.  Cavalieri  Pil  67  i.  Cavalie- 
ri di  s.  Pietro  601.  Cavalieri  di  s.  Paolo 
200.  Dopo  questo  calalogo,  il  p.  Tempe- 
sti passa  ad  esaminate  quali  e  quanti  de' 
nominati  uffizi  vacabili  fossero  istituiti  o 
liformati  da  Sisto  V,  notando  che  il  loro 
Dìaggior  numero,  come  fissalo  sulle  spedi- 
zioni delle  lettere  e  grazie  apostoliche  di 
Dataria,  Cancelleria  ^Segreteria  de' Bre- 
vi,^\\  uffizi  che  rappresentavano  risalgo- 
no a  remota  antichità.  Collegio  dii'segre- 
tari  apostolici:  colla  bolla  Romani  Pon- 
tificis,  del i.°  aprile  i586,  Bull.  Rom.  I. 
4,  par.  4)  p.  201  ,  lo  riformò,  no  stabili 
gli  emolumenti  con  lasse, soppresse  Tuffi- 
zio  del  segretai'iu  domestico  e  ne  ultribuì 


VAC  91 

la  cura  di  depularlo,perc)  coll'approvazio- 
ne  del  Papa,  al  collegio,  il  quale  per  sov- 
venire alle  gravi  necessità  della  s.  Se- 
de ,  spontaneamente  sborsò  alla  camera 
25,000  scudi  d'oro.  Canierlengato:  col- 
la bolla  Praeclara  tui  generis  nobilitaSy 
de'23  marzo  1 588,  lo  conferì  al  cardinal 
Enrico  Gaetani  per  5o,ooo  scudi  ,  cioè 
10,000  di  meno  da  quanto  l'avea  paga- 
lo il  cardinal  Vastavillani  sotto  Gregorio 
XIII,  e  non  in  tempo  di  s.  Pio  V,  come 
vuole  il  p.  Tempesti.  Da  tale  uffizio  ave- 
va smendjrato  6,000  scudi  d'annua  ren- 
dita per  assegnarne  2200  a'5  nuovi  chie- 
rici di  camera,  e  co'residuali  38oo  crea- 
re il  Luogo  di  Monte  Canierlengato  va- 
cabile, coTrutti  del  9  per  100  a  ciascun 
luogo,  col  disposto  della  bolla  Non  secus 
ac  prudenSj  de' 12  settembre  1587.  Te- 
soriere generale  :  restituì    1 5,000  scudi 
d'oro  all'ingannato  tesoriere  Duonfiglioli, 
e  per  5o,ooo  scudi  conferì  l'uffizio  a  Be- 
nedetto Giustiniani,  dopo  avere  riserva- 
to da'frutti  dell'uffizio  annui  scudi  5ooo, 
che  applicò  al  nuovo  Luogo   di  Monte 
Tesoreria.  Uditore  generale  della  Ca- 
mera: allorché  vacò  la  carica,  per  l'an- 
teriore prezzo  di  60,000  scudi,  colla  bol- 
la Ad  tui  generis  nobilit.,  unendovi  le  cor- 
rettorie  dell'archivio,  la  conferì  ad  Ora- 
zio Borghese.  11  Novaes  disse  che  lo  pa- 
gò 70,000  ducati,  e  che  morendo  poco 
dopo,  Gregorio  XIV  nel  1 59 1  senza  prez- 
zo l'attribuì  al  fratello  del  defunto  Ca- 
millo, poi  Paolo  V.  Chierici  di  Camera: 
ristabilì  il  numero  di  12,  da  7  cui  eran-» 
si  ridotti,  stabilendone  il  prezzo  di  ciascu- 
no a  4'2,ooo  scudi,  e  senz'aggravare  l'e- 
rario assegnò  la  suddetta  rata    di   scudi 
2200  del  camerlengato  a'novelli  5  chie- 
rici  di  camera,  da' quali  ricavò  scudi 
2  I  o,ooo.Commissario  generale  deliaca- 
mera  apostolica  (che  per  supplire  nell'as- 
senza e  impotenza  del  Tesoriere  genera^ 
le,  non  poco  ne  riparlai  in  quell'articolo): 
pe'cospicui  lucri  che  traeva,  volendo  Si- 
sto V  che  parte  ne  fruisse  la  cauìera,  pro- 
mosse il  comuiissario  Gio.  Bernardino 


9!i  VAC 

Piscìhn  nlln  prefettura  ili  Norcia,  dicliia- 
rò  l'iifìfizio  venale  e  vacabile,  ed  unendo- 
vi Tamoìinistrazione  delle  scritture  del- 
l'archivio, lo  concesse  all'ottimo  curiale 
GollVedo  Lomelliui  genovese, referenda- 
rio e  prelato  domestico,  colla  bolla  Ad 
excelsitni,  de*  1 2  ottobre  1 5S6,ButLRotn. 
ì.  4j  par.  4>  P'  259,  il  quale  pagò  20,000 
scudi  in  sovvenimento  de' bisogni  di  s. 
Chiesa.  Tesoreria  della  Dataria  aposto- 
lica: Io  dichiarò  uffizio  vacabile  colla  bol- 
la Ut  ingens  tiel  i  585,  e  V  accordò  per 
34,000  scudi  n  Girolamo  Rustici  roma- 
no, vescovo  di  Tropeo,assegnaudogli  per 
appannaggio  5  scudi  d'oro  per  ogni  100 
di  tal  moneta,  i  quali  per  abusiva  con- 
suetudine si  spartivano  tra  loro  i  mini- 
stri delle  spedizioni,  onde  annualmente 
«e  traevano  grosso  lucro.  Uditore  delle 
Confidenze: cvtòVu(\\[oi'e  delle  confiden- 
ze beneficiali  in  giudice  perpetuo  degli  a- 
busi  simoniaci,  e  colla  bolla  Divina  Dei 
•providenlia,  del  1  ."novembre  1 586,  Bull. 
cit.,  p.  270,10  dichiarò  uffizio  vacabile, 
e  lo  conferì  al  degnissimo  Alessandro  Ca- 
talani romano,  abbreviatore  e  referenda- 
rio, per  2000  ducati  d'oro  pari  a  33oo 
sciuVìi'omanì.Protonotari  apostolici  par- 
tecipanti: òa  7  gliatuTientòai2  colla  bol- 
la Romnnus  Fonti/ex,  de' 16  uovembre 
i585,  Bali,  cil.jp.  i6r,  mediante  il  pa- 
gamento di  scudii2,5oo  per  ciascun  uf- 
fìzio, in  tutti  introitandola  camera  scudi 
62,500;  e  perciò  aggiunse  all'ampliato 
collegio  l'annua  rendila  di  1980  scudi. 
Referendari  dell'una  e  V  altra  Segnatu- 
ra (U.):  ridusse  il  collegio  a  70  prelati 
per  la  Segnatura  di  grazia  e  la  Segna- 
tura  di  giustizia  (^.),  con  3o  sopratmu- 
meri  j  roa  non  trovo  propriamente  che 
fossero  dichiarali  uffizi  venali,  né  l'asse- 
gna lo  prezzo.  Ct;i^<7//er/Xrt?/re/rz/i/':  gli  au- 
mentò di  260  e  ne  ritrasse  i  3o,ooo  scu- 
di, assegnando  a  questi  uffizi  vacabili  200 
scudi  per  ciascuno,  sulle  spedizioni  di  da- 
taria e  cancelleria,  specialmente  delie  nu- 
merose matrimoniali  di  minor  grazia. 
Stamperia  Camerale  (F.J:  la  rese  uilìzio 


VAC 

vacabile  conferendola  a  Paolo  Biadi,  per 
23oo  «codi  d'oro,  pari  n  romani  scudi 
3795.  Reggente  dell^  Archivio  generale 
(U.)  per  le  pubbliche  scritture  di  lutto 
lo  stato  e  per  vegliare  sui  TVo/^n  (di  cui 
riparlai  a  Scriniari):  l'istituì  colla  bolla 
Solicitudo  pastoralis,  del  i  ."agosto  1 588, 
Bull.  Boni.  t.  5,  par.  i ,  p.  1 5;  e  colla  bol- 
la Solicitudo  ministeriiy  de*  3i  ottobre 
i588,  Bull,  cit.,  p.  17,  Io  dichiarò  uffi- 
zio vacabile,  e  l'assegnò  pel  prezzo  di  scu- 
di 25,000  a  Fabio  Orsini  referendario  di 
numero,  coir  emolumento  di  scudi  100 
mensili.  Notari  Capitolini  o  del  Senato 
Romano  (U.):  di  questo  collegio  ne  fu  ri- 
formatore e  creatore  colla  bolla  Utlitiuni 
diuturnitati,  de'29  dicembre  1 586.  Fissò 
il  nuuìero  a  3o,  de'quali  i  5  per  ciascun 
collaterale,  li  dichiarò  uffizi  vacabili  col 
prezzo  di  5oo  scudi  l'uno,  onde  la  came- 
ra introitò 1 5,000  scudi.  Alle  vacanze  poi 
stabilì,  che  la  collazione  appartenesse  per 
lai  .'volta  al  datario,  indi  a'conservatori 
e  priori  de'caporioni.  Assegnò  in  dote  al 
collegio  la  4.''  parie  di  lutti  e  singoli  gli 
emolumenti,  mercedi  ec,  la  quale  si  do- 
vea  dividere  tra'  notari  ogni  mese;  e.  la 
3.'  parte  degli  emolumenti  provenienti 
dalla  mercede  degli  slromenli  transunti 
de' notari  defunti  tanto  nell'archivio, 
quanto  altrove,  non  però  esistenti  ne'me- 
desimi  uffizi  notarili;  e  1'  intera  parte  di 
tutti  e  singoli  gli  emolumenti  che  prove- 
nivano dalla  mercede  degli  atti  e  dalle 
scritture  de' notari  defunti,  trasferite  e 
da  trasferirsi  alla  curia  del  Tribunale  Ca- 
pitolino. Termina  il  p.  Tempesti  la  di- 
fesa di  Sisto  V  con  osservare,  che  i  suoi 
nemici  divulgarono  1'  ingiuriosa  taccia, 
per  aver  giovato  all'erario  pubblico  eoa 
togliere  ad  alcuni  pochi  particolari  quan- 
to a  suo  danno  e  senza  ragione  ampia- 
mente lucravano,  onde  non  pochi  dive- 
nivano più  ricchi  del  principe.  Clemente 
Vili  colla  costituzione  Aequuni  reputa- 
y/j«.y,  de'9  febbraio  1593,  Bull.  Rom.  t. 
5,  par. i,p.  4 1 5;  Ualidatio  erectionis  Of- 
ciiPraesidis  Cancellariae  prò  expedien- 


VAC 

dis  lìterìs  quorumcumqiie  OfJlciornmVa' 
cahìlium.  Urbano  Vili  del  r623  tolse 
la  facoltà  di  dispone  degli  uffizi  vacabili 
della  curia  romana,  coaie  moderò  il  po- 
tei' trasferire  le  Pensioni  ecclesiastiche^ 
e  nella  sua  Storia  lo  riferisce  Novaes.  Il 
Lunadoro  nella  Retatio ne  della  Corte  di 
Roma  pubblicata  nel  16^6,  riporta  di- 
verse notizie  sulle  rendite  desili  uffìzi  va- 
cabili,  registrando  a  parte  i  seguenti  uf- 
fizi venali,i  quali  non  esercilavanogiuris* 
dizione,  acquistandosi  pe'prezzi  che  dirò; 
gli  emolumenti  ricavandosi  dalle  tasse  e 
rendite  ecclesiastiche  impegnale  da*  Papi 
ne'bisogni  della  s.  Sede.  I  quali  ufiizi  e- 
i*ano  lutti  a  vita  de'possessori,  e  vacando 
si  vendevano  di  nuovo,  ed  il  prezzo  che  se 
ne  ricavava  era  considerabile  ed  a  disposi- 
zione de'Papi;  sebbene  nelle  dette  vacan- 
ze alcuni  vacabili  liberamente  spettavano 
al  cardinal  vice-cancelliere.  Scrittori  di 
penitenzieria  ducati  2900; Scrittori  apo- 
stolici 1800;  Cubiculari  apostolici  1700; 
Scudieri  apostolici  i3oo;  Segretari  apo- 
stolici 9ooo;Scrittori  de'brevi  8oojGian- 
nizzeri  oSol  lecitalori  1  yoojPiombo  1 900; 
Cavalieri  di  s.  Pietro  i5oo;  Cavalieri  di 
s.  Paolo  1600;  Cavalieri  del  Giglio  5oo; 
Cavalieri  Pii  5oo;  Cavalieri  Lauretani 
5oo;  Archivio  2200;  Porzioni  800;  Pre- 
sidente 600.  Offizi  del  palazzo  apostolico: 
Prima  catena  ducati  3oo;  Seconda  cate- 
na 3oo;  Porta  ferrea  3oo;  Custode  del- 
le pitture  1000;  Verghe  rubee  600;  Maz- 
zieri 600.  Innocenzo  XI  non  polendo 
tollerare  che  nella  corte  pontificia  si  ven- 
dessero per  denaro  gli  uffizi,  benché  que- 
sti nulla  avesserodi  ecclesiastico, soppres- 
se il  suddellocollegiode*segrelari  aposto- 
lici nel  1678,  e  per  equità  restituì  a  cia- 
scuno de'  segretari  vacabilisti  quanto  a- 
veano  sborsato.  E  siccome  sul  collegio 
godeva  una  rendita  1'  Ospedale  del  ss. 
Salvatore^  in  quest'articolo  notai  il  com- 
penso che  gli  die  il  Papa.  Il  collegio  de' 
segretari  apostolici  non  solamente  si  op- 
pose alla  sua  soppressione,  ma  pretese, 
oltre  la  restituzione  delle  somme  pagale 


VAC 


93 


per  racquislo  di  ciascun  vaoibile,  anche 
de'compeiisi  proporzionali  agli  aumenta- 
ti frutti  che  ne  traeva,  olire  altre  esigen- 
ze. Si  fece  causa  nel  tribunale  della  Rota, 
e  nel  riferito  trattalo  del  cardinal  De  Lu- 
ca, che  tutto  riporta,  vi  è  pure  sulla  que- 
stione il  Discorso  aif ami  le  dispute  Ro- 
tali,  circa  la  soppressione  del  collegio  de' 
segretari  apostolici  fatta  dallaSantilà  di 
N.  S.  Innocenzo  XI.  Quanto  al  §  3o:  Se 
il  prezzo  degli  uffizi  vacabili  sia  capitale 
o  frullo,  opina  il  De  Luca.  »  Primiera- 
mente, che  il  prezzo  degli  uffizi  venali  va- 
cabili veramente  nella  sostanza  non  co- 
stituisce capitale,  ma  è  un'anticipata  per- 
cezione di  que'frutli  ed  emolumenti,  che 
per  altro  in  ciascun  anno  si  otterrebbe- 
ro dal  Principe,  quando  gli  uffizi  noa 
fossero  venduti;  sicché  come  per  una  spe- 
cie di  censo  vitalizio  regolando  la  vita 
dell'  uomo  con  un  lenjpo  verosimile,  si 
stabilisce  un  prezzo  proporzionato  a  que- 
sta verosìmilitudine,  in  quel  modo  che 
la  legge  nelle  cose  vitalizie  ha  fatto  una 
tassa  generale  ed  uniforme  a  guisa  del- 
le vendile  o  cessioni  dell'usufrutto,  ovve- 
ro delle  pensioni  o  anche  delle  vendite 
delle  case  e  degli  altrf  beni  stabiliti  a  vi- 
ta, conlenendosi  in  tal  modo  la  compra  e 
la  vendita  d'un'alea  (sic)  incerta,  parago- 
nata alla  rete  che  si  butta  nel  mare,  la 
quale  contiene  egualmente  il  comodo  e 
l'incomodo,  ovvero  la  perdita  e  il  gua- 
dagno d'ambo i  contraenti;  imperciocché 
quella  vita  la  quale  da  principio  si  valu- 
ta per  un  cerio  spazio  verosimile  di  tem- 
po, può  essere  molto  breve,  sicché  il  com- 
pratore faccia  una  perdita  notabile,  e  il 
venditore  un  notabile  guadagno,  e  all'in- 
contro può  esser  mollo  lunga  ,  in  modo 
che  il  venditore  faccia  una  gran  perdila, 
e  il  compratore  un  gran  guadagno,  per  lo 
che  il  prezzo  di  queste  vendile  viene  sti- 
mato come  un  frutto  annuo  delIaDalaria, 
e  come  tale  si  consuma  negli  usi  corren- 
ti, in  modo  che  non  può  dirsi  estante  nel- 
la specie,  ovvero  nell'equivalente,  sicché 
la  Camera  di  presente  lo  possieda  ,  con- 


94 


VAC 


forme  di  sua  nalurn  sej^ne  nel  prezzo  di 
quelle  robe  o  ragioni,  delle  quoli  se  ne 
■vende  in  perpetuo  la  sorte  principale.  E 
questa  valutazione  di  vita,  secondo  la  più 
alta  ragguagliazione  si  restringe  dentro 
lo  spazio  dii5  anni,  per  quel  che  c'inse- 
gna la  pratica  notoria  e  comune, de'quin- 
denni  spirituali  e  profani.  E  da  ciò  na- 
scono due  cose.  Una  del  gran  pregiudi- 
zio e  della  gran  lesione  che  risulta  alla 
camera  nella  niaiigior  parte  di  questi  uf- 
fìzi, che  essendo  venduti  per  quel  prez- 
zo, che  verosiofiilmente  imporla  e  si  sti- 
ma la  vita  d'un  uomo,  ciò  non  ostante 
per  mezzo  delle  rassegne  si  sono  fatti 
quasi  perpetui,  a  segno  che  molti  di  essi 
passano  un  secolo  intero,  e  di  vantaggio, 
conforme  di  sopra  nella  narrazione  del 
fatto  si  è  detto.  E  1'  altra  ,  che  il  prezzo 
non  può  dirsi  estante,  e  per  conseguenza 
non  vi  entra  l'equità  naturale,  la  quale 
proibisce  il  ritenere  la  roba  ed  il  prez- 
zo. Per  lo  che  senza  violazione  della  giu- 
stizia, col  rigore  legale,  avrebbe  potuto 
e  potrebbe  la  Camera  pretendere,  a  gui- 
sa del  pupillo  e  della  Chiesa,  di  non  es- 
ser  tenuta  a  restituzione  alcuna  del  prez- 
zo pagato,  come  non  estante.  Secotidaria- 
mentesi  deve  presuppone,  che  l'aumen- 
to notabile  degli  emolumenti  non  è  nato 
dalla  diligenza  degli  uffiziali,  ovvero  dal 
benefìcio  del  tempo,  ma  dal  fatto  del  me- 
desimo Principe  e  de'suoi  uflìziali,  collo 
spedire  molli  negozi  per  questa  segreteria 
de'brevi,  che  per  avanti  si  spedivano  per 
la  penitenzieria  e  per  la  cancelleria,  ov- 
■vero  per  le  sagre  congregazioni,  ed  an- 
che per  gli  ordinari  de'  luoghi.  Dunque 
ninno  si  può  dolere  se  il  Principe  toglie 
quel  beneficio,  che  ad  esso  è  piaciuto  di 
concedere.  In  terzo  luogo  si  deve  presup- 
porre, che  particolarmente  pe'donatari, 
ed  anche  per  quelli  i  quali  ne'tempi  più 
antichi  hanno  comprato  questi  uffizi  a 
prezzo  «nollo  inferiore,  si  è  fatto  un  gua- 
dagno troppo  eccessivo  del  i  Qs  e  del  f5, 
ed  anche  del  20  e  più  per  cento  nello 
spazio  di  molti  anni,  dimodoché  si  sono 


VAC 

rinfrancali  del   prezzo  nel  capitale  du- 
plicatamenle  e  di  vantaggio.  Onde  quan- 
do anche  ad  alcuni  possessori  degli  uffi- 
zi assista  l'ecpiità  pel  motivo  della  buo- 
na fede,  tuttavia  per  questa  ragione  cessa 
in  gran  parte  questa  equità  a  loro  favo- 
re, e  maggior  ecjuità  assiste  alla  Camera 
lauto  danneggiala  che  non  debba  soggia- 
cere a  quest'altro  danno.  Ed  in   quarto 
luogo  si  deve  presupporre,  che   quando 
un  contratto  nel  progresso  del    tempo  si 
scuopre  notabilmente  ingiusto    e  lesivo,      * 
benché  da  principio  fosse  giusto  ,  se  ne 
può  pielendere  la  rescissione,  anche  col- 
la restituzione,  ovvero  coli' imputazione 
de'frutti  notabilmente  eccessivi,  e  parti- 
colarmente quando  si  tratta  di  pupilli,  o 
di  Chiese,  odi  altri,  i  quali  non  potendo 
amministrare  il  suo  per  se  medesitni,  vi- 
vono sotto  l'altrui  legale  necessaria  am- 
ministrazione, mentre  la  legge  presume 
una  mala  fede  in  quelli,  i  quali  con  essi 
facciano  siffatti  eccessivi  guadagni.  Che 
però  stante  questi   quattro  assunti,  par- 
te di  fatto  e  parte  di  ragione,  quando  an- 
che non  si  restituisse  cos'aicuna,  ciò  non 
sarebbe  lontano  dalla  giustizia  e  dall'  e- 
quità,  eccettuatone  que'pochi,  i  quali  da 
tempo  moderno,  col  pre/zo  corrente  al- 
terato,hanno  compro  l'ufilziodallaCa  me- 
ra, e  ne  hanno  percetto  poco  fruito,  sic- 
cbé  non  si  adattano  le  suddette  ragioni; 
e  da  ciò  si  può  scorgere  con  quanta  e- 
quità  e  circospezione  si   sia  proceduto, 
piuttosto  aggravando  la  Camera.  Da  tut- 
tociò  risulta  la  risposta   al   fondamento 
de' donatari  immediati   possessori  ,  cioè 
che  devono  le  donazioni  de'principi  esse- 
re ferme  e  stabili,  poiché  ciò  cammina 
bene,  quando  senza  giusta  causa  si  fac- 
cia la  rivocazione  d'una  donazione  parti- 
colare, in  modo  che  l'  atto  di  sua  natura 
sia  illecito  e  proibito  dalle  leggi,  non  già 
quando  ne'casi  particolari  I'  allo  sia  le- 
cito, conforme  particolarmente  al  nostro 
proposito  segue,  quando  il  donatore  di  - 
venti  povero,  e  il  donatario  sia  ricco,  mol- 
to più  e  fuori  d'ogni  dubbio,  quando  l'at- 


V  AC 

to  è  universale  ordinalo  ad  altro  fine  pei 
beneficio  pubblico,  dal  quale  perindiiel- 
lo,  ovvero  per  conseguenza  segue  che  la 
donazione  rimanga  inutile,  imperciocché 
altriroenli  ingiuste  e  irragionevoli  sareb- 
bero le  celebri  e  approvate  costituzioni 
ri vocatorie  delle  i'^rtì'/ic/i/^/e  di  Bonifacio 
IX, Martino  V,  Innocenzo  Vili,  Adriano 
VI,  Pio  IV,  Paolo  V  e  Urbano  Vili,  ol- 
tre altre  molte  ".  Prima  di  lasciare  In- 
nocenzo XI,  non  sarà  forse  del  tutto  su- 
perfluo che  io  ricordi,  di  trovarsi  nel  Dull. 
^  Hom.  t.  8,  p-  58,  in  data  del  i."  ottobre 
*  1678,  la  Tassa  Jnnocenzìana  per  il  fo- 
ro ecclesiastico ,  ovvero  dichiarazioni 
"per  li  emolumenti y  che  trarre  si  posso» 
no  dalle  cause  o  materie  ecclesiastiche 
o  spirituali.  Neil'  Italia  fu  di  nuovo  co- 
mandata l'osservanza  di  questa  Tassa 
da  Benedetto  XI 11  nel  concilio  romano, 
al  tit.  De  Foro  compet.,  cap.  unico.  Il 
glorioso  Innocenzo  XII,  dopo  aver  aboli- 
to il  Nepotismo ,  dopo  aver  abolito  lutti 
i  tribunali  ed  i  giudici  de'  Tribunali  di 
Roma  particolari,  eziandio  rivolse  il  suo 
animo  e  sollecitudine  ad  eliminare  per 
sempre  un  altro  gravissimo  abuso.  Consi- 
derando che  pe'pubblici  bisogni  della  s. 
Seée  e  del  suo  principato  temporale,  non 
meno  per  soccorrere  più  volte  la  cristia- 
nità, aveano  i  Papi  suoi  predecessori  re- 
so vendibili  e  vitalizi  molti  primari  ufìì- 
zi  della  etnia  e  corte  romana; che  poteva 
passar  la  cosa  rispetto  agli  uffizi  vacabili 
secondari  e  minori,  che  davano  un  mero 
titolo  d'onorificenza,  o  avevano  un  eser- 
cizio non  concernente  amministrazione 
di  giustizia;  ed  egli  bramando  che  fosse 
amministrala  colla  più  scrupolosa  inte- 
grila ed  esattezza,  in  che  era  oltremodo 
geloso,  e  vigilantissimo  sulla  condotta  e 
scella  de'magisti  ali,  percui  in  diverse  oc- 
casioni die  pubblici  esempi  di  salutare  ri- 
gore. Adunque  tra'  primari  uflìzi  di  tal 
indole  comprendendosi  i  pnncipalissiuìi 
componenti  il  Tribunale  della  Camera 
apostolica  (d  camerlengalo  era  di  fatto 
cebsalo  d'esser  uffizio  vendibile  e  venale  , 


VAC  95 

per  aver  i  Papi  condonato  il  prezzo  «'car- 
dinali camerlenghi,  per  nominarvi  ordi- 
nariamente i  cardinali  nipoti,  a'quali  an- 
zi talvolta  donarono  altri  vacabili  di  mi- 
nor entità),  cioè  di  Uditore  generale^  di 
Tesoriere  generale ,  di  1 2  Chierici  di 
Camera^àe\  Presidente àtiW^  medesima; 
i  quali  prelati  amministravano  la  giusti- 
zia, l'erario  e  le  finanze, l'annona,  le  pub- 
bliche strade,  le  forze  marittime  e  milita- 
ri dello  stato  pontificio  ec,  colla  bolla  Ad 
hoc  unxitDeus,dei'ó  ottobre  1692, /?«//. 
Boni.  l.  9,  p.  277;  Aboletur  venalitns 
Offìciorum  Auditoris  generalis  causa- 
rum  Curiae  Camerae  ApostoUcac^  ejus- 
dem  Camerae  Thcsaurari  generalis  ^ 
duodecim  Clericorum  ,  et  Praesiden- 
tis.  Quindi  Innocenzo  XII  fece  a'prelati 
possessori  di  tali  cariche  restituire  le  vi- 
stose somme  da  loro  sborsate  per  acqui- 
starle, ne  soppresse  in  perpetuo  la  vena- 
lità, e  onninamente  volle  che  soltanto  i 
meriti  personali,  e  non  il  denaro,  aprisse- 
ro in  avvenire  l'adito  a  chiunque  per  ot- 
tenerle. Il  ^ovaesneWa  Storia d' Innocen- 
zo X/ìy  celebra  quest'altra  sua  gloria  im- 
mortale, e  dice  d'aver  ordinalo  la  resti- 
tuzione de'denaii  sborsati  all'uditore,  te- 
soriere, 12  chierici  e  presidente  della  ca- 
mera,il  che  ammontò  poco  meno  d'un  mi- 
lione di  scudi,  perchè  le  cariche  d'uditore 
e  di  tesoriere  costavano  ciascuna  100,000 
scudi  circa,  ed  ogni  chiericato  80,000, 
fruttando  ogni  anno  1*8,0  ilio  per  100; 
e  die  Sisto  V  avendo  reso  vendibili  tali 
uffizi  camerali, Innocenzo  XII  nel  proibir- 
ne la  vendita, e  nel  reintegrare  dello  sbor- 
salo quelli  che  allora  l'occupavano,  pro- 
testò non  più  denaro  ma  reali  meriti  esige- 
re per  conseguirli.  Sebbene  anche  il  No- 
vaes  nella  Storia  di  Sisto  F  procede  col 
p.  Tempesti,  in  quella  d'Innocenzo  XI l  si 
mostrò  alquanto  inesatloe  un  poco  in  con- 
traddizione, sia  coll'afTermare  che  i  detti 
vacabili  Sisto  V  rese  vendibili  ,  sia  pel 
maggior  prezzo  che  attribuì  a  ciascuno, 
sia  in  fine  nel  credere  che  il  restituito  a- 
scese  a  poco  meno  d'un  milione  di  scudi 


96  V  A  G 

mentre  il  riferito  superiormente  ptio  cìiia- 
rire  il  tulio,  e  quanto  alle  somme  reinte- 
grate, la  bolla  Innocenzianain  parole  e  in 
cifre  dice:  ascendens  in  toliun  ad  sum~ 
mani  decies  centenoriim,  et  viginti  mil- 
liunt  scptingentornm  scxdecim  scutorani 
monetac  romanae^  sivc  120,716  sento- 
rum.  Già  il  Papa  con  bolla  ile'3  febbraio, 
secondo  il  Novaes,  avea  prescritto,  die 
nell'avvenire  gli  uffizi  e  luoghi  di  monte 
Tacabili  non  si  perdessero  per  la  promo* 
zione  al  cardinalato,  ma  a  vantaggio  della 
catuera  apostolica  attribuì  il  risparmio  di 
molte  propine  che  appartenevano  a'com- 
pratori.  Ed  a  benefìzio  della  stessa  dimi- 
nuì le  rendite  de' cardinali  vice-cancel- 
liere e  vicario  di  Roma.  Indi  Innocenzo 
XII  colla  bolla  Circiimspecta  Romani 
Pontifìcis,óe%  dicembre  1693,  Bull.  cit. 
p.  335,  confermò  le  disposizioni  de'pre* 
clecessori  sulle  Sportale  (F,)  ,  pe'  giu- 
dici e  tribunali  di  Roma.  Morendo  nel 
1697  il  cardinal  Paluzzi  Altieri  nipote 
di  Clemente  X  e  camerlengo  di  s.  Ghiesa, 
Innocenzo  XII  vietò  affatto  la  vendita  di 
tale  uffizio,  applicando  parte  degli  emo- 
lumenti del  camerlengato  alla  camera  a- 
poslolica,  e  parte  all'ospizio  apostolico  di 
s.  Michele.  Per  la  guerra  navale  contro  i 
turchi,  sostenuta  da  s.  Pio  V,  avea  que- 
sto Papa  imposto  a  diverse  congregazio- 
ni monastiche  annue  somministrazioni  , 
colle  quali  si  eresse  il  luogo  di  monte  Fe- 
de, poi  detto  Religione.  Denedetto  XIV, 
al  modo  che  narrai  anco  nel  vol.LXXIV, 
p.  3 1 2,  abilitò  le  congregazioni  ad  affran- 
carsi da  tale  gravezza,  con  isborsare  V  e- 
quivalenle  al  capitale  di  cui  pagavano  i 
vistosi  frutti.  Per  dare  poi  alla  camera  a- 
postoììca  un  compenso  del  danno  che  ne 
risentiva,  con  moto-proprio  dell'  8  gen- 
naio 1 744.  le  concesse  la  facoltà  di  poter 
"venire  all'estrazione  degli  uffizi  vacabili 
specialmente  del  collegio  de'  presidenti 
dell'  annona,  de'porzionari  di  ripa,  e  del 
collegio  de'cavalierì  di  s.  Pietro;  i  quali 
vacabili  fossero  posseduti  dagli  estcri,cioè 
che  ooQ  fossero  domiciliati  in  Roma ,  o 


V  A  C 

al  servizio  della  s.  Sede,  dovendo  i  por- 
zionari  estratti  riprendere  il  loro  denaro 
in  contante  o  in  luoghi  di  monte  fra  ^o 
giorni  dopo  l'estrazione.  Indi  con  chiro- 
grafo de'7  maggio,  Benedetto  XIV  fece 
la  nuova  erezione  di  porzioni  vacabili  del- 
le legazioni  e  altre  provincie  dello  slato 
ecclesiastico,  di  scudi  100  l'uno,  coli' an- 
nuo frutto  certo  di  scudi  5  per  porzione, 
oltre  il  godimenlo  de'privilegi  degli  uffizi 
vacabili  della  dataria.  Pe'bisogni  del  te- 
soro pontifìcio  Benedetto  XIV  impose  di- 
verse pubbliche  gravezze,  e  sopra  gli  uf- 
fìzi vacabili  di  1 000  scudi  dì  capitale,paoli 
10  annui.  Glemente  XlII  nel  1761  abolì 
e  soppresse  la  venalità  degli  uffizi  vaca- 
bili de'notari  degli  Uditori  di  Rota,  vQ' 
stituendo  a'proprietari  i  loro  capitali;  e 
nel  r  762  parimenti  estinse  i  notariali  va- 
cabili del  tribunale  àé\' Uditore  del  Pa- 
pa. Per  la  carestia  del  1764  Clemente 
XIII  sui  frutti  de' vacabili  impose  la  tassa 
già  ordinala  dal  predecessore  per  altre 
pubbliche  necessità.  Divenuto  Papa  Pio 
VI  neli775,  rivocòcon  moto-proprio  le 
sopravvivenze  sugli  uffizi  vacabili,  accor- 
date da  Clemente  XIV  a  varie  persone, 
nominate  a  p.  4della  Storia  imparziale 
del  Papato  di  Pio  VI.  Indi  col  chirogra- 
fo Cam  Sanctissinnis,  de  i5  settembre 
1775,  Bull.  Rom.  cont.  t.  5,  p.  1 34:  ^^- 
tinctio  et  respectiva  concessio  Vacali" 
liuni  inclyti  Populi  romani,  earumque 
regaliarum  Salis.  Ne  darò  1'  estratto. 
Siccome  nella  sede  vacante,  per  morte 
del  duca  d.  Carlo  Cesi  erano  vacali  5  uf- 
fìzi vacabili  capitolini ,  ciò  produsse  alla 
camera  capitolina  un  risparmio  di  circa 
scudi  25o  annui.  Erano  i  vacabili  gli  uf- 
fizi :  dell'  agente  del  popolo  romano ,  il 
i.°  custode  della  statua  di  Sisto  V  (in 
bronzo  di  Taddeo  Landini  ),  il  com- 
missario dell'acqua  del  Circo  massimo,  il 
custode  delle  misure  di  Campidoglio,  il 
maestro  delle  mosse  per  le  corse  de'bar- 
beri  con  due  sostituti.  Pio  VI  era  stalo 
pregato  di  concederli  con  proroga  vita- 
lizia ai  duca  Federico  figlio  del  defunto. 


V  AG 

mn  egli  con  raccennalo  chirografo  volle 
che  i  delti  vacabili  si  repiilnssero  esfiiili 
a  hcneficio  della  camera  capitolina,  in 
conformila  del  chirografo  d'  Imioceu/o 
XII  de'  r  f)  giugno 1 694.  Ma  gli  uffizi  d'a- 
gente del  popolo  romano  e  di  maestro 
delle  mosse  avendo  il  loro  esercizio,  il  l^a- 
pa  li  conservò,  ordinando  a' conservatori 
del  popolo  romano  di  deputare  u«ja  o 
due  persone  per  esercitare  da  per  loro  e 
non  per  altri  l'uffizio.  All'ogente  del  po- 
polo romano  incombendo  d'accompagnar 
nelle  funzioni  pubbliche,  in  qualità  di  fa- 
migliare nobile,  i  delti  conservatori,  e  ri- 
cevere l'armi  dall'armeria  Vaticana  rjella 
sede  vacante  e  di  custodii  le,  il  Papa  as- 
segnò l'emolumento  d'  annui  scudi  "2.5  , 
dovendo  cessare  gli  altri,  in  uno  a'  1 8  scu- 
di che  in  compenso  della  casa  del  palazzo 
di  Campidoglio  gli  pagava  il  palazzo  a- 
poslolico.  Al  maestro  delle  mosse  spet- 
tando far  aggiustare  il  canapo,  armare 
la  balestra  e  tuli'  altro  che  concerne  la 
corsa  de'barberi,  custodire  i  ferramenti, 
legnami  ,  canapi  e  altro  riguardante  la 
mossa,  il  Papa  volle  che  gli  assegnassero 
lutti  gli  emolumenti  soliti  percepirsi  nel 
carnevale  e  per  le  corse.  Considerando 
che  cumulando  i  due  ullìzi  in  una  persona, 
questa  percepirebbe  annui  scudi  4o,  la- 
collizzò  i  conservatori  a  fai  lo,  concedendo 
ad  essi  le  3  regalie  annesse  airuf(l7Ìo  di 
maestrodelle  mosse  e  a*  due  sostituti, con 
autorità  di  disporne  a  beneplacito.  Lo  sta- 
to deplorabile  delle  finanze  nel  pontifi- 
cato di  Pio  VI,  come  pure  quello  degli  al- 
tri Papi  lo  descrissi  a  Tesoriere,  dicen- 
do che  i  soli  vacabili  ascendevano  a  scudi 
1,89'^, 4^0*  N*^l  principio  del  pontificato 
tli  l^io  VII ,  calcolate  1'  annue  rendite  a 
circa  4  «nilioni  di  scudi,  perchè  colhi  fa- 
tale pace  di  Tolentino  i  repubblicani  fran- 
cesi era  usi  prese  le  provincie  delle  Lega- 
zioni e  lo  stato  d'Avignone,  si  pagavano 
anche  4  qoioti  de' vacabili. Nel  1809  gl'im- 
periali francesi  completamente  consuma- 
rono la  nuova  invasione  dello  stalo  pon- 
tificio, e  come  prima  aveano  deportalo 

VOL.  LXXXVK. 


V  A  C  97 

Pio  VI,  fecero  il  simile  con  Pio  VII.  L'im- 
peratore Napoleone  I  quindi  stabilì,  che 
il  debito  pubblico  romano  fosse  dichia- 
rato debito  dell'  impero  francese  ,  e  nel 
1 8 1  o  fu  deputato  un  consiglio  a  liquidarlo 
co'beni  nazionali.  Si  legge  nel  n.°3i  del 
Giornale  del  Campidoglio  di  Roma  del 
1 8  I  I .  j-»  S.  M.  I.  e  R.  con  suo  decreto  de* 
4  febbraio  scorso  ha  ordinato,  che  il  con- 
siglio di  liquidazione  lifjuidasse  i  diversi 
Vacabili  costituiti  dall'  antico  governo 
pontifìcio.  I  Vacabili  di  Dataria  e  Came- 
rali, ad  eccezione  del  collegio  de'  proto- 
notari  apostolici  (partecipanti),  saranno 
rimborsati  in  azioni  sul  Demanio  in  ra- 
gione della  metà  del  capitale,  che  ha  for- 
mato l'ultimo  prezzo  di  compra  degli  uf- 
fìzi e  azioni,  senza  che  le  spese  di  ammis- 
sione sieno  comprese.  Quelli  del  collegio 
de'protonotari  apostolici  saranno  rimbor- 
sali come  sopra  in  ragione  di  io  volle  la 
rendila  conosciuta.  1  Vacabili  Capitolini 
a  qualunque  titolo  concessi,  le  regalie  che 
ne  dipendono,  e  quelle  possedute  isolata- 
mente saranno  pur  anco  rimborsate  sul 
piede  di  i  o  volle  la  rendita.  Queste  dispo- 
sizioni del  noslroamatissimoSovrano  han- 
no sparsola  gioia  in  una  classe  numerosa 
di  cittadini, e  tulli  vi  riconoscono  l'inte- 
resse che  prende  S.  M.  al  benessere  de* 
dipartimenti  di  R.oma  e  del  Trasimeno 
(cioè  dello  stalo  pontifìcio,  dopo  la  ridu- 
zione del  trattato  imposto  a  Tolentino)." 
Oltre  il  riferito  superiormente  in  argo- 
mento, credo  opportuno  di  aggiungere  a 
ulteriore  suo  schiarimento.  L*  ammini- 
strazione francese  de'beni  ecclesiastici  de- 
nominala Demanio,  invitò  tulli  i  vacabi- 
listi  proprietari  a  liquidare  i  loro  vaca- 
bili, ma  con  notabile  diminuzione  del  ca- 
pitale impiegato  per  l'acquisto  di  ciascun 
vacabile.  Quelli  che  liquidarono  riceven- 
do una  determinata  somma  di  denaro , 
rinunziarono  agi'  inerenfi  diritti ,  come 
rilevai  nel  voi.  VII,  p.  178.  Quindi  il  De- 
manio acquistò  tali  diritti  e  di  venne  il  pro- 
prietario de* vacabili  liquidali.  Però  buo» 
uà  parte  de'vauabilisti  o  non  bisognosi  0  di 
7 


9»  V  A  C 

timorata  coscienza,  non  volendo  allenare 
e  iiquichire  i  loro  vacubili,  ripugnando 
loro  di  transigere  con  un  governo  ille- 
gitlimo  e  d'occnpnzione,  restarono  prò* 
prietari  de'  vacabili.  Il  maggior  numero 
di  sillalli  vacabili  non  liquidali  spellava* 
no  alla  camera  apostolica,  ed  a'corpi  mo- 
rali, i  quali  tuttora  li  possiedono  (sicco- 
me i  corpi  morali  raramente  sono  sog- 
getti a  perire,  e  perciò  la  vacanza  ordi- 
naria non  si  verifica  ,  occorre  loro  spe> 
ciale  facoltà  nelT  acquisto  di  vacabili),  e 
la  camera  apostolica  in  quantità  nume- 
rosa, per  quanto  vado  a  dire.  Nel  i8i4 
Pio  V 1 1  ricuperò  colla  libertà  il  dimidialo 
suo  dominio,  e  nel  1 8 1 5  anche  le  Lega- 
zioni. Avendo  il  Papa  nel  suo  ritorno  in 
Koma  trovalo  che  i  collegi  de*  vacabili - 
sii,  già  formati  ciascuno  di  più  ceulinaia 
di  persone,  perla  seguita  liquidazione  o 
per  movie  ab  inlesta  lo  erano  ridotti  a  po- 
chi individui,  cioè  di  quelli  die  aveano 
ricusato  liquidare  i  vacabili,  il  Papa  e- 
mano  quelle  provvidenze  narrate  in  prin- 
cipio di  quesl'  articolo.  La  camera  apo- 
slolica,  che  vendeva  i  vacabili  e  li  ripren- 
deva alle  vacanze,  se  i  proprietari  non  ne 
aveano  dcbilamenle  disposto,  a  della  e- 
poca  ne  possedeva  un  buon  numero ,  il 
quale  nella  restaurazione  del  governo 
^nlifjcio  di  assai  si  aumentò,  per  essere 
naluraln)enle  succeduta  a'dirilli  del  De- 
titanio,  ed  in  conseguenza  nell'acquisto 
eziandio  di  tutti  i  vacabili  liquidati.  E- 
gli  è  per  tutto  questo,  die  la  camera  a- 
postolica  ha  la  maggiore  e  principale  par- 
te de*  vacabili  ,  e  ne  ritrae  il  prodotto. 
Jndi  Pio  VII  col  moto-proprio,  Quando 
per  ammirabile,  de' 6  luglioiBi 6,  rico- 
nobbe come  debito  delio  stato  i  vacabili 
non  liquidati,  che  sono  ì  superstiti  ed  e- 
sistenti,  cioè  nel  ricordalo  modo  riferito 
superiorn>ente.  Nell'agosto  1 856,  essendo 
assente  da  Roma  il  cardinal  Pietro  Ugo 
Spinola  pro-dalaiio,  per  cura  di  sua  sa» 
Iute,  il  regnante  Pio  IX  stabilì  uno  spe- 
ciale congregazione  incaricala  a  prende- 
re cognizione  dello  stalo  de'singoli  vaca- 


V  A  C 
bili  per  dare  a*n)edesimi  una  sisleQiazio- 
ne  e  richinntarne  in  osservanza  le  aiiti' 
che  leggi  conciliabili  colle  presenli  circo* 
stanze,  per  fare  quindi  a  lui  rapporto  di 
tutto.  La  morte  d'un  antico  vacabilìsta  , 
il  quale  con  indulto  poulifìcio  percepiva 
durante  sua  vita  la  rendita  di  esercizio 
del  suo  vacabilesenza  che  esercitasse  l'uf- 
fizio, die  impulso  a  dover  esaminare  que- 
sto rilevante  affare  de' vacabili.  La  con- 
gregazior)e  si  compone  di  mg.' France- 
sco Vici  sollo-datario,  facente  le  veci  di 
datario;  mg.'  Stefano  Bruti  reggente  del* 
la  cancelleria  apostolica;  mg.' Antonio 
Pagnoncelli  commissario  generale  della 
rev.  camera  apostolica;  cav.  Pio  Folchi 
uffiziale  della  dataria  apostolica  col  titolo 
di  amministratore  generale  delle  compo- 
iu;nde,  e  insieme  sosliUilo  de'prelali  ab- 
brevialori  nella  cancelleria  apostolica;  e 
di  Andrea  Santini  nfiìciale  delia  medesi- 
ma dataria  col  titolo  di  sohlitolo  nell'uf- 
fizio delle  vacanze  beneficiali  comune- 
mente  dello  uffìzio  per  obitiim,  e  insie- 
me sostituto  decano  de'nominali  prelati 
abbrevialori,  non  che  sostituto  di  mg.*^ 
reggente  della  cancelleria.  Inoltre  il  San- 
tini, siccome  peritissimo  in  questa  mate- 
ria, degnamente  venne  deputalo  segreta- 
rio di  essa  congregazione,alla  quale  presie- 
dè il  sullodalo  cardinal  Spinola  qual  pro- 
datario, quando  era  presente  in  Uoma. 
Quanto  all'operalo  sui  Luoghi  eli  3J on- 
ice altri  credili,  in  quell'articolo, a  Roma 
ed  a  Tes(jriere  ne  ragionai,  con  noti- 
zie pure  de' vacabili  e  de*  vacabilisli,  nel 
riferire  l'origine  della  direzione  generale 
del  Debito  Pubblico.  Anticamenie  a' ca- 
valieri di  s.  Pietro  ed  a'cavalieri  di  s.  Pao- 
lo vacabilisli,  negli  ^nni  SanU\  i  Pa- 
pi affidavano  la  custodia  delle  Porte 
Sanie (F.).  Narrai  ne'vol.  IX,  p. 62,  X LI, 
p.  174»  ®  altrove,  che  sino  e  inclusive  a* 
pi  imi  anni  del  secolo  corrente,  coll'aller- 
nativa  d*  un  anno  sì  e  l'altro  no,  tulli  i 
proprietari  vacabilisli  o  i  da  loro  sostitui- 
ti ossia  intestatari  erano  obbligati,  vestiti 
deoeulemeule  in  abito  da  città  se  laici , 


V  A  e 

ed  in  nÌDlfo  talare  e  lungo  se  ecclesiastici, 
d'intervenire  con  torcia  di  ceia  accese  alla 
solenne  Processione  óeì  Corpus  Domini 
che  celebra  il  Papa.  Adunatisi  i  vacabi* 
listi  nel  gran  cortile  di  Delvedere  del  Va- 
ticano, ivi  erano  esaminali  sulla  conve- 
nienza dell'abito  e  della  persona,  da  mg/ 
reggente  della  cancelleria  apostolica  e  dal- 
l'amministratore  generale  delle  compo- 
tiende  della  dataria  apostolica  ,  destinati 
a  presiedere  al  buon  regolamento  di  que- 
sti vacabilistl,  i  quali  se  non  erano  vestili 
dccenten)enle,veuivano  respinti  colla  per- 
dila della  torcia.  Incedevano  nella  proces- 
sione 4  per  4  >  dopo  il  clero  romano  e 
ing.*^  vicegerente,  seguiti  da*  procuratori 
de'principi  e  de'baroni ,  o  dagli  scudieri 
pontificii  e  da'procuralori  generali  degli 
ordini  religiosi.  Otto  chierici  vacabilisti 
per  un  tratto  di  strada  sostenevano  1'  a- 
ste  del  baldacchino,  sotto  il  quale  proce- 
deva il  Papa.  Dissi  pure,  che  siccome  au- 
licamente due  frali  cistcrciensi  aveano  l'uf- 
fizio di  bollare  i  pontifìcii  Diplomi  col 
piombo,  onde  venivano  denominali  Fra- 
tres  de  PlumhOy  Fralres  de  Balla,  Fra- 
tres  Barbati,  e  lavavano  il  Cadavere  del 
Papa(^f''.),c\ò  che  ora  fanno  i  penitenzieri 
di  s.  Pietro;  trasferito  l'uffìzio  ne'chierici 
secolari  e  ne'laici  (da  Sisto  V,dice  il  Ciam- 
pini,z«  eorum  locum^unus  praelatus  sur- 
rogatusfait,  qui  idem  munus^per  substi- 
tuluni  cxercere  valerci.  Ciò  deve  iuten* 
dersi  de'due  cisterciensi  superstiti,  perchè 
eranvi  anche  altri  piombalori  delle  bolle 
contemporaneamente.  Il  celebre  Bastia- 
no Luciano  veneto  pittore,  morto  circa  il 
i546,  avendolo  Clemente  VII  premiato 
eoo  l'uffizio  di  Frate  del  Piombo^  avuto 
il  quale  non  più  si  trovò  in  bisogno  di  la- 
\orare,  volle  vivere  a  Roma  in  pace,  efu 
denominato  P^ra  Bastiano  del  Piombo j 
ebbe  pure  l'uffizio  il  celebre  architetto 
Bramante,  il  quale  fece  un  ordigno  inge- 
gnoso per  improntare  le  bolle,  e  lo  rile- 
vai nel  voi.  LXVl,  p.  gS,  ove  riparlai  de* 
sigilli  pontifìcii,  e  de'caralteri  co'quali  si 
scriTouo  le  bolle))  quando  questi  si  reca- 


VAG  99 

vano  alla  processione  in  discorso,  soleva- 
no indossare  l'abito  de'  conversi  cister- 
ciensi, in  memoria  di  essi.  Giunti  i  vaca- 
bilisti o  i  loro  rappresentanti  processio- 
nalmente  nella  basilica  Vaticana,  si  schie- 
ravano lateralmente  in  due  linee  nella 
nave  di  mezzo,  dalla  porla  maggiore  sino 
alla  Confessione  o  altare  papale  con  lor- 
de elevale,  aspettando  l'arrivo  del  ss.  Sa- 
gramento  portato  dal  Papa.  Ricevuta  la 
benedizione,  i  vacabilisti  restavano  in  lo- 
ro libertà  e  partivano.  Rilevò  Novaes  nel- 
la Storia  di  Benedetto  XIII,  che  nella 
processione  da  lui  celebrata  nel  1725, 
v'intervennero 998  vacabilisti.  Il  contem- 
poraneo Cecconi  nel  suo  Diario  istorico, 
registrò  i  seguenti  che  incederono  nella 
I."  processione  del  medesimo  nel  1723. 
Dopo  il  clero  e  mg.'  Vicegerenle,  veniva- 
no i  vacabilisti  che  hanno  uffici  vacabili, 
con  torcie.  Sensali  di  Ripa.  Porzionarl 
di  Ripa.  No  tari  Capitolini.  No  taro  di 
Tor  di  Nona.  Nolaro  de' Pro  tono  tari  a- 
postolici  partecipanti.  No  tari  del  car- 
dinal Ficario,  No  tari  del  Fìce  Camer- 
lengo governatore  di  Roma.  Scrittori 
dell'Archivio.  Collettori  delPiombo.Sol- 
lecitatori  apostolici.  No  tari  dell'  Udito- 
re della  Camera.Scrittori  e  Chierici  del 
registro  delle  suppliche.  Scrittori  del 
registro  di  bolle.  No  tari  degli  Uditori 
di  Rota.  Procuratori  delle  lettere  apo- 
stoliche di  minor  grazia.  Uditore  e  Reg- 
gente della  Penilenzieria.  No  taro  e  O- 
stiario  della  Cancelleria  de  Consuetis. 
Cavalieri  Laure ta ni.  Cavalieri  Pii.  Ca- 
valieri del  Giglio..  Cavalieri  di  s.  Pao* 
lo.  Cavalieri  di  s.  Pietro ^  insieme  cogli 
Scudieri  senz'abito.  Scrittori  apostolici 
togati.  Rescribendario  con  due  difensori. 
Maestro  dell'uno  e  dell'altro  Registro. 
Custode  della  Cancelleria.  Reggente 
della  Cancelleria.  Piombatori.  Maestro 
del  Piombo.  Gli  altri  uffiziali  vacabilisti 
incedevano  ne'Iuoghi  che  vado  a  riferire, 
con  relazione  anteriore  e  più  minuta.  Nel 
i653  il  Cohellio  pubblicò  in  Roma,  iVb- 
titia  Romanae  Aulac  OJJìcialibus.  Nel 


loo  V  A  e 

cap.  37  :  De  Datario  Papa,  fra  Tallre 
cose  tlichinra:  Et  quoniniii  si  non  omiies, 
nìaiorcin  lanicn,  et  nobilioieui  [)arlem 
Oifìcialium  S.  1).  N.  Pupae,  ac  Eniiiien* 
tiss.  D.  Card.  Vice  Ciuicellario  iiiseivien- 
lem,  qua  potuimiis  brevitate,  ac  fide  le- 
tulìmus  ;  quibus  etiam  cerliim  locurn  ia 
ptdjlicis  actibus  assigiialutn  uovimtis , 
praecipuae  ìu  l^iocessione  ss.  Corporis 
Cbristi  a  fel.  ree.  Gregei  io  XIII  non  in- 
iucundum  pittavi  bnnc  etiam  ordinem 
refene  ;  ut  bine,  si  quid  in  ninnerò,  et 
ordine  a  nobis  peccalum  fuerit,  correctio 
desumalur.  Gregorius  igilurXIll  ad  tol- 
lcndasdifllcullales,el  dissensiones,  quae 
possenl  exoriri  in  bis  publicis  actibus, 
ac  elìam  et  veneratione  condigna  tanti 
Sacramenli,  ipsius  l^ontificis  quieti,  et 
celeri  expeditione,  actus  ante  augmen- 
tnin  caloris,  sub  poena  excouimunicalio- 
i)is  eo  ipso  incurrendae,  banc  poinpam 
per  Olliciales  Komanae  Curiae,  et  Gan- 
ctllariae  Apostulicae  ila  explendainedi- 
xit  anno  salulis  iSyS.  Praecedenlibus 
reiigìosis,  et  clero  ordine  suo,  sequantur. 
Projcenctae  Riparuin  (ne  riparlai  nel 
voi.  LXXXIV,  p.  159  e  218:  quanto 
a'  seguenti,  ne'  rispettivi  vocaboli  e  ne* 
tanti  cbe  vi  lianno  relazione,  ne  ragio- 
no). Portionarii  Hipac.  Notarius  Turris 
JNonae.Notarius  Prothonolariorum  par- 
ttcìpanlìuin.  Notarli  Ficarii  Papae. 
Notarli  Vice  Camerarii.  Scrìptores  Ar- 
chivii.  Scrìptores  Brevium.  Collectores 
Pltinibi.  Solicitatores  Apostolici.  No- 
tarii  Auditoris  Camerae.  Scriptores,  et 
Clerici  Registri  Supplì  cado  luim.  Scrì- 
ptores Registri  Dullariun.  Notarii  Au- 
tlìloruin  Rotae,  Procuratores  litera- 
rum  Aposlolicarum  inìnorìs  gratiae. 
Procuratores  Contradictarum.  Abbre- 
viatores  de  minori.  Scrìptores  literaruni 
Apostolicanwì  minor ìs  gratiae.  Audi- 
tor Poenitentìariae.  Regens  Poenitentìa- 
riae.  Notarius  Cancellariae.  Ostìarius 
Cancellariae.  de  Consuetis.  Milites  Pii. 
Mìliles  Lilii.  lìli/ites  s.  Pauli.  Milites 
s.  Pclri  sima  l  cuni  Scuti feris  habiluin 


V  A  C 

non  porla  ni  ìbns,  Scriptoret  Apostolici 
to'j^oti.  Rescribendarius  rum  duobus  de- 
fcnsoribus.  Magistri  ìitrinsquc  Registri. 
Custoi  Cancellariae.  Regens  Cancella- 
riae. Plumhatores  I\] n gisti i plumbiScu- 
tifi  ri  Papae  porta ntes  habituni,  et  Sol- 
daniis.  Procuratores  Oidinum.  Procu- 
ralores  Principuin.  Prociiralor  Fiscalis. 
Afh'ocati  CoiisisiorìnU's.  Sumniista.  Se- 
cretarii.  Cubicularii  extra  Carne  ram. 
Cubicularii  Apostolici  partecìpantes. 
Clerici  Sacri  Collega.  Cubicularii  se- 
creti. Cubicularii^seu  Capellaniportan- 
tes  AJitras.  Nobìles,  qui  sedenl  in  gra- 
dtbus  Solii.  Conservatores  Urbis.  Ora- 
iores  Princìpuni.  Seuator.  Oralor  Cae» 
saris.  Principes  stanles  in  Solio.  Can- 
tores  Papae.  Abbreviatores,  et  Accoliti 
cuni  coitis.  Clerici  Camerae.  Audilores 
Rotae^  cani  Magistro  sacri  Palatiì. Sub- 
diaconi.  Accoliti  cum  candclabris  se- 
pteni.  Subdiaconus  paratusportans  Crii- 
cenij  ad  eius  latera  duo  Ostìarìi  ciini 
virgis.  Praelati  parali.  Poenitentiarii» 
Abbates.  Episcopi  et  Archiepiscopi.  O- 
ratores  Praelati.  Assistentes  Papae. Car* 
dinales  Diaconi,  Praesbyteri,  Episco- 
pi. Duo  Diaconi  assistentes.  Scutiferi 
cum  fanalibus  accensis.  Milites  aliquot 
s.  Petri  supplentes  ad  Baldacchinum» 
Accolìtus  cum  Navicula.  Caerenionia- 
rii.  Accoliti  duo  cum  duobus  turribu^ 
lis.  Servientes  armorum  quatuor  (Maz- 
zieri). PAPA  sub  baldacchino.  Auditor 
de  mitra  medius  inter  duos  Cubicula» 
ri  OS.  Secretarius  Papae.  Medici.  Pro- 
thonotarii  cum  cappis.  Generales  Or- 
clinum.  Refercndarii.  Servientes  armo- 
rum, et  Cursores cum  suis  maziis  a  por- 
ta Palata  per  viam  Processioni s  usque 
ad  portata  s.  Petri  custodiant  Proces» 
sionem,  et  horteniur  ad  proccdendiim. 
Ostiarii  siniiliter  cum  suis  virgis  pur- 
pureis,  et  cum  eis  Offìciales  de  porta 
Ferrea,  et  de  Catena  a  porta  s.  Petri 
usque  ad  Altare  similUer  custodiant^ 
et  non  perni  ittant  aliquos  ex  ire  e  uni 
loriiisj  ucc  eas  extingucre^  nisi  reposito 


V  A  e 

Sacramento  super  Aliarì  per  Ponlìft- 
cem.  Cneremoniarnm  Magislcr,  ciim 
lin'erendiss.  DD.  Cardìiialiuni^  Diaco- 
noritm  Priore^  et  Vice  Camerario  prae- 
missiim  ordinem  ab  servar  i  faci  ani  ^  et 
exequo  mar.  j4lque  linee  de  Offìcialibus^ 
et  Miiiistris  inservienlibus  Emincntiss. 
D.  Card.  Vice  Cancellario^  et  Can- 
cellariac  A postolicae  dieta  sufflciant. 
Quindi  conlinua  il Cohellio colle  seguen- 
ti nozioni,  che  sebbene  non  siano  pro- 
priamente da  me  poste  al  luogo  loro,  per 
non  interrompere  il  suo  racconto,  le  ri 
ferisco  per  ultimo.  Cum  autem  lii  vel 
per  resignationem  in  manibus  S.  D.  N. 
Papae,  vel  per  morlem  tales  esse  desi- 
nant,  ut  scribunl  Gabrielius,  et  Rolan- 
dus  a  Valle  :  ex  quo  Leo  X  in  ereclione 
seuampliationecollegii  Praesidentium  et 
Porlionariorum  Ripaeairirmare  non  du- 
bilavit  assignationes  redditutii  Camerae, 
et  Sedis  apostolicae,  (|uae  fiunt  huius- 
roodi  Ofllciis,  et  Collegiis,  non  esse  pro- 
prie alienaliones,  sed  polius  contractus 
localionis  ad  breve  tempus  propler  liii- 
manae  conditionis  fragiiitateni;  quid- 
quid  enioi  Olììcialibus  (ut  ipse  ait)  per 
Sedem  apostolicam  hoc  modo  concedi- 
tur,  brevi  manu  ad  eandem  redite  vide- 
mus:  non  inutiliter  igiturquaeri  poterit 
primo  circa  vacationem  per  obitum^  si 
quis  morte  naturali  non  moriatur,  sed 
cavili  tantum,  puta  quia  condemnatus  est 
ad  triremes?  Et  dicas  Ofticium  vacare, 
quia  per  huiusmodi  poenam  status  ci- 
vdis  hominum  mulatur,  it  aut  non  re- 
maneat  subiectum,  in  quo  Ollìcium  per- 
sistal:  ita  Castrensis  et  facit  texlus  iuris 
civilis;  alque  ita  servari  in  practica  seri- 
bit  Cherubinus  iunior.  Quid  autem  i  uris 
erit,  si  Tilius  emat  Officium  huiusmodi 
vacabile  in  personam  Gaii,  reservato  sibi 
dominio,  ut  quotidie  sit  in  Curia,  si  Ti- 
tius  raoriatur,  pretium  d.  Ollìcii  erit  ne 
Caii,  an  haeredeni  Titii?  Dicas  esse  hae- 
redem  Tilii,  quia  Caius  liabet  solum 
nomen,  uldecisum  invenies  in  Rota  ro- 
mana iater  decisioues,  quas  vocant  uu- 


VAC  loi 

vissìmas,  qnae  licet  loqnatur  in  locis 
Montium  Vacabilium,  eadem  quoque 
ratio  viget  in  Oiiiciis,  ut  in  alia  decisio- 
ne Uomana  Scriptoriae  i3  maii  i583 
coram  Pamphilio,  et  in  alia  Romana 
Ofìjcii  lauizeratus  coram  Cavalerio  de- 
cis.  6o3  per  tot.  Alque  haec  si  vacent 
Officia  per  obitum.  Si  vero  vacent  per 
resignationem,  quaerilur,an  huiusmodi 
re^ignalionis  fieri  possint  sine  consensu, 
et  licentia  Papae?  Negative  respondeas, 
quia  Ofliciales  isti  aequiparantur  usuFru- 
ctuario,  qui  non  potest  cedere  fructum 
nisi  proprietario,  ex  iure  civili  ;  ita  di- 
cendum  de  huiusmodi  Officiis  scribit 
cardi naiis  Tuscus,  quia  horum  Ofticio- 
rum  Papa  est  proprietarius,  et  ila  serva- 
tur  in  Curia.  Et  cessai  hodie  in  hoc 
omnis  omnino  difficultas  per  ea,  quae 
sancita  leguntur  a  Sixto  V,  qui  neduni 
alienaliones  et  resignationes  huiusmodi 
vetuit,  sed  eliam  factas  irritavit;  quod 
etiam  a  sa.  me.  Urbano  Vili,  conflrma- 
tus  invenies  anno  1624.  Et  quoad  Mi- 
lites  de  Lilio,  et  aliorum  Collegia  in  prò- 
vinciis iMarchiae  Romandioliae,  Umbriae 
et  Patrimonii  erecta,  ut  supra  relatis 
constilutionibus,  in  manibus  Pontifici- 
bus  tantummodo  resignari,  et  ab  ipso 
impetrar!  posse,  novosq.  Milites  a  Col- 
legio in  Urbedumtaxat  admitlendosesse 
sancivit  Julius  III.  An  autem  supposita 
licentia  Papae,  huiusmodi  resignationes 
Olliciorum,  et  Locorum  Montium  factae 
per  minorem  suslineantur,  atlentis  pri- 
vilegiis  concessis  in  erectione  Motìtium, 
et  Otficiorum  ?  Negative  respondet  Rota 
apud  Seraphiuum,  quae  loquitur  in  Mon- 
te Novennali.  Leggo  nel  n.*'  44  ^^^  ^^^' 
rio  di  Roma  del  1807,  che  nella  pro- 
cessione solenne  del  Corpus  Domim\  e 
fu  l'ultima  celebrata  da  Pio  VII  avanti  la 
sua  deportazione,  v'intervennero  >*  tutti 
gli  uftlciali  della  Cancelleria  e  degli  al- 
tri Vacabili  de'diversi  collegi,  e  questi  in 
numero  di  più  centinaia  con  torcie  ac- 
cese ".  Occupata  poi  Roma  da'  francesi 
nel  1 8o8j  la  solt:nae  processione  papale 


J02  V  A  C 

fu  celel)rato  dal  cnidiiinl  Antonclli  de- 
cano del  sagro  collegio,  e  da'  n.  /\c)e  5o 
del  Diario  di  Roma  che  la  nolilicono, 
ron  si  nomina  1*  intervento  de' vocabili- 
sti.  Bensì  dopo  vari  anni  sì  tornarono  ad 
esporre  gli  arazzi  di  Rofiaello,  ove  passò 
la  precessione.  Nel  1809  il  n.°  44  ^'^^ 
Diario  di  Roma  appena  dice,  che  nel 
1.**  giugno  la  solennità  del  Corpus  Do- 
mini fu  celebrata  con  processioni  dalle 
patriarcali  e  altre  chiese.  Nel  mese  se- 
guente il  Papa  fu  deportato,  ed  i  vacabi- 
lisli  non  più  intervennero  alla  detta  pro- 
cessione pe' surriferiti  motivi.  Nel  i855 
il  Cimento^  Rivista  di  Torino,  scrisse  e 
pubblicò  8  articoli  maligni  intorno  alle 
Finanze  Pontificie.  Considerali  come 
accuse  contro  il  governo  papale,  i  gior- 
nali libertini,  come  li  chiama  la  Civiltà 
Caltolica j  ne  menarono  trionfo.  Questo 
fu  breve,  imperocché  la  Civiltà  Catto- 
lica nel  t.  I  della  serie  3.',  uno  ad  uno, 
capo  per  capo,  li  confutò  con  opportune 
disquisizioni  lodaleda'saggi.  Nell'art.  7.*^ 
il  Cimento  prese  di  mira  i  Vacabili^ 
qualificandoli  soggetto  d' ilarità  1  e  con 
ridere  di  alcune  denominazioni  de'  me- 
desimi, che  disse  misteri  sepolti  in  re- 
condili ripostigli  ;  dimenticando  che  ogni 
paese  del  mondo  ha  i  propri  nomi  d'ul- 
fìcio,  i  quali  talvolta  agli  altri  sembrano 
strani,  come  inusitati  dal  comune  lin- 
guaggio. Ed  allernando  il  riso,  co' frizzi 
e  lo  scherno,  dichiarò  il  Debito  Pubblico 
pontificio,  arbitrio,  dilapidazione  e  peg- 
gio; oltre  in  cadere  in  molti  spropositi, 
su  quanto  si  credeva  pienamente  infor- 
mato. Anche  su  quesl'  articolo  ragione- 
volmente rispose  la  Civiltà  Cattolica. 
Quanto  a*  Facahili  ed  ai  Vacabilisti^ 
pare  che  il  Cimento  innanzi  d*  erigersi  in 
severo  censore  fosse  in  debito  d*  erudirsi 
ne' notissimi  tratlatisti,  fra' quali  Cohel- 
lio  e  De  Luca  sono  d*  universale  cogni- 
zione; e  così  non  si  sarebbe  esposto  ad 
esser  segno  di  rimproveri  e  di  biasimo, 
qual  prosuntuoso  Aristarco. 

VACANTE.  Facans^f^acuuSy  Inter' 


V  AC 

regnimi.  Clic  vaca  senza  possessore;  e  an- 
che si  dice  per  similitudine  d'nltrecose; 
e  di  vuoto,  secondo  l'idea  relativa.  In 
materia  di  Carica^iìì  Dignità^  di  Bene- 
ficio ecclesiastico,  significa  che  non  è 
"occupato  da  un  Titolare  (F.).  Un  bene- 
ficio é  riputato  vacante  in  Curia  romana^ 
quando  il  titolare  muore  in  Roma,  od  a 
20  leghe  o  2  diete  da  Roma,  benché  non 
si  trovi  m  Italia  se  non  per  caso.  È  il 
Papa  che  nomina  a'  benefìzi  vacanti  in 
corte  di  Roma  per  morte.  Dicesi  Sede 
P'acante  (F.),  la  vacanza  del  Pontifica^ 
to  (V.)i  del  Vescovato  (V.)  e  simili.  Va- 
cano i  benefizi  non  solo  per  Morte,  ma 
per  Promozione,  Rinunzia^  Rassegna, 
Deposizione  (V.)  ec. 

VACANZA,  Facatio.  Si  prende  per 
benefizio  P'acante  (P^.)  e  j)er  difetto  di 
Titolare  (P^.)  legittimo^  anco  in  una  ca- 
rica. E  si  prende  per  Ferie  e  Feste  (F.), 
sospensione  di  Scuola  e  di  Tribunale 
(F.).  Per  vacanza  di  scuola  particolare  o 
di  Università  si  óìceferiorj  e  vacanza  di 
3  giorni,  Scholae  vacant  in  triduum. 
Per  vacanza  di  affari  forensi,  de'  Tribu- 
nali <7//?o/7z<t,  massime  degli  Uditori  di 
Rota,  sono  a  vedersi  tali  articoli  per  le 
diverse  denominazioni.  Presso  gli  antichi 
romani  eranvi  due  sorta  di  vacanze,  una 
ordinaria,  e  l'altra  straordinaria.  La  i.* 
avea  luogo  per  certo  numero  di  giorni 
dell'anno,  ch'erano  da  tutti  conosciuti. 
La  straordinaria  non  avea  luogo  che  in 
tempo  di  turbolenze  e  di  guerre  civili  ; 
allora  il  senato  stabiliva  che  tulli  gli  af- 
fari cessassero,  e  non  si  dovesse  più  am- 
ministrar la  giustizia  finche  non  fosse  ri- 
stabilita la  tranquillità.  Così  avvenne  al- 
lorché Cesare  passò  il  Rubicone.  Tale  so- 
spensione chiamavasi  anche  rerum  prò- 
latio  e  judiciorum  indictio.  La  deriva- 
zione del  vocabolo  Facanza,  la  riportai 
nel  voi.  LX,  p.  64  e  altrove.  Abbiamo 
Feriae  Juveniles  Petri  Servii,  nelle  Mi- 
scellaneae  Antiqui tatum  Romanorum, 
p.  1881.  Feriae  Aestivales  Petri  Fri' 
dericiArpii,  sive  suorum  scriptorum  hi- 


f 


V  AC 

storia^  Hambiirgi  1726.  Ferine  Aatii- 
mnalcs  Jos.  Ant,  de  Januarìo  post  rcdi- 
turn  a  Repuhlicafurisconsultoriim,NQa' 
|)oIi  1752  e  1 767. 

VACCARiZiA  o  VICCARr,  Facca- 
ri  ria.  Sede  vescovile  del  regno  di  Nnpoli, 
nella  provincia  di  Ca[)il.inata,  nella  Dau- 
iiia,  a  4  miglia  lungi  da  Troia, come  vuo- 
le il  Sainelli,  Memorie  degli  arcivescovi 
di  Benevento,  p.  258.  Egli  dice  essere 
stata  l'antica  città  nel  luogo  die  i  paesa- 
ni chiamano  Caslellaccio,e  che  si  vedono 
le  vestigia  della  rocca  e  di  sue  muraglie. 
Perciò  non  crede  che  Vaccarizia  sia  Vie- 
cari  o  Biccarij  luogo  pure  situalo  nulla 
diocesi  di  Troia,  capoluogo  di  cantone 
con  collegiata  e  molte  altre  chiese.  Nella 
bolla  emanata  nel  gennaio  io58  in  Mon- 
te Cassino  da  Papa  Stefano  X,  nel  dichia- 
rare suiFraganea  di  Benevento  la  chiesa 
di  7Voirf(nel  quale  articolo  ho  parlato 
del  recente  smembramento  di  Foggia  e 
sua  erezione  in  vescovato),  vi  aggiunse 
anche  Ficcari,  Leandro  Alberti  nella 
Descritione  di  tutta  //(^^//V/, rimarcando  i 
bioghi  presso  Lucerà  e  gli  Apennini  all'o- 
riente, riferisce  esservi  Viccari  e  detto  da 
lui  Biccarino.  Di  Faccaritias\  parla  nella 
Cronaca  di  s.  i^o^f^, e  riferita  neW  Anec- 
dota Ughelliana  nel  t.  io, p.  4i5dell'/- 
talia  sacra j  e  Ira*  vescovati  deperiti  et 
antiquati,  nello  stesso  1. 1  o,  p.  1 8  r  :  VaC' 
cariciensis  seuBaccariciensisEpiscopa- 
tuSf  riportando  un  atto  di  Roffrido  o  Gof- 
fredo arcivescovo  di  Benevento  del  1 099, 
ragionando  del  monastero  di  s.  Aroncio 
martire,  in  cui  si  legge:  (juod  constra- 
cium  est  prope  CasteLlum  Baccarici  ju- 
xta  fluviam,  qui  nominarla  maioruni 
nostrorum  tempore,  ah  omnibus  solehat 
Jlunien  Acelonis,  moderno  auteni  tem- 
pore nominatur  /lumen  Tirenuni.  Nella 
stessa  Cro/ififc^  si  nomina  Faccaricia,  in 
UQ  diploma  di  Pasquale  U  a  Madetmo  ab- 
bate di  s.  Sofìa  di  Benevento,  emanato  ia 
Capua  a'  27  ottobre  1 102,  nel  quale  tra* 
luoghi  soggetti  alla  badia  si  ricorda  apud 
Faccariciam  monasterum  s,  Bencdicti. 


VAC  io3 

Inoltre  ò\Faccarizia^\ li-alla dall'Ughel- 
li  nel  t.  I,  p. i335,  in  un  documento  dei 
vescovi  di  Troia, in  cui  si  assegnano  i  cou- 
flni  di  tal  città  colle  seguenti  parole.  Ita- 
que  nec  Faccaricienses  Trojanis^  nec 
Trojani  Faccariciensihus  herhaticuni 
vel  dent,  vel  accipiantj  vel  quicunique 
extraneusfuit  Trojae,fuit  Faccariciae^ 
ad  hahitanduni  sit  sub  eodemjure,  et  de 
omni  herbatico  ejctraneoruniy  quod  est 
commune  in  ter  Tr  o/ano  s,  et  Faccari' 
cienses,  haheant  ec.Osserva  SarQelli,cbe 
se  dalla  distrutta  Vaccarizia  passassero 
gli  abitanti  a  edificar  Biccari  6  miglia 
lungi  da  Troia  verso  i  monti,  non  è  nolo, 
ma  verosimilissimo.  Ignoransi  i  nomi  dei 
vescovi  che  occuparono  la  sede  di  Vacca- 
rizia, e  solo  si  conosce  che  la  sede  vesco-v 
vile  e  la  diocesi  furono  unite  a  quelle  di 
Troia. 

VACCI  A  (Faccien).  Città  con  resi- 
denza vescovile  dell'alta  Ungheria,  nel 
circolo  Cisdanubiano,  capoluogo  di  co- 
mitato, circa  8  leghe  al  nord  di  Pesth,  o 
secondo  altri  5  miglia  da  Buda,  nella 
marca  del  suo  nome.  È  situala  itt  amena 
e  piana  situazione,  sulla  sponda  sinistra 
del  Danubio,  che  in  queista  parte  forma 
r  isola  di  s.  Andrea  ;  mille  et  sexcentwii 
enunierat  domos,atque  aduodecini  cir» 
citer  minibus  inhabitatur  catholicis  in- 
colis,come  leggo  nell'ullima  proposizione 
concistoriale.  Tra*  suoi  edifìzi  distingue- 
si  la  cattedrale  di  magnifica  ed  elegante 
struttura,  sotto  l'invocazione  dellaB.  Ver- 
gine Maria  e  di  s.  Michele  Arcangelo,  ia 
ottima  condizione.  Ha  il  fonte  battesima- 
le e  la  cura  d'anime  amministrata  dal 
proprio  parroco.  Il  capitolo  si  compone 
di  5  dignità,  la  i. 'delle  quali  è  il  prepo- 
sto maggiore,  1'  altra  dell'arcidiacono  e- 
sercitala  prebenda  penitenziale,  e  di  altri 
7  canonici  compreso  il  prebendato  teo- 
logo, e  di  due  cappellani  inservienti  al- 
l' uffiziatura  divina.  Non  molto  distante 
dalla  cattedrale  è  il  magnifico  episcopio, 
bisognoso  di  riparazione.  Vi  é  un'altra 
chiesa  parrocchiale  col  batlisterio,diverse 


io4  V  A  e 

altre  cìiiei^e,  3  conventi  di  reìiglos»,iin  rag- 
gnarilevole  seminario,  l'ospedale, scuola 
di  sordo-muti  e  altri  slabilimeiiti.  La  casa 
del  comune  è  riinnrclievole.  Vi  è  stabilita 
un'  eecellente  scuola  militare^  una  car- 
tiera e  grandi  inercali  di  besliatne,  per- 
chè esercita  un  conveniente  traHìco  per 
l'abbondanti  produzioni  del  feracissiuio 
suolo,  e  per  T  eccellente  bestiame  bovino 
e  cavallino,  che  nudresi  nel  suo  territo- 
rio. Da'  molti  armenti  si  trae  la  lunga  e 
ruvida  lana,  che  dicesi  schiax^ina^  e  serve 
])er grossolane  coperte  e  mantelli.  Vaccia 
o  WailzenoWaatzeno  Wals,  in  unghe- 
rese Wacz,  ed  in  latino  P^aciuni,  secon- 
do alcuni  fu  edificala  nel  1076  dal  re  di 
Ungheria  Geysa  1,  e  presa  da'  turchi  nel 
i<]84  la  rovinarono  e  quasi  distrussero. 
Ma  siccome  la  sede  vescovile  vuoisi  eret* 
la  verso  ili  000  dal  res.  Slefano  I,  e  quin- 
di fatta  sudraganea  della  metropolitana 
di  Strigonia  o  Gran,  e  lo  è  lultora,  così 
sembra  meglio  allribuirne  l'edificazione 
al  duca  Geysa  padre  di  s.  Stefano  I,  ver- 
so la  fine  del  precedente  secolo  X.  Fra' 
primi  vescovi  merita  special  menzione 
JJtefano  de'conli  Vancha{V.)  unghere- 
se, nominalo  dal  re  Bela  IV,  che  governò 
la  diocesi  per  12  anni  con  mirabile  zelo, 
indi  da  Papa  Innocenzo  IV  nel  1244^1*^' 
sferito  all'arci  vescovato  di  Slrigonia,  edal 
medesimo  crealo  cardi tiale  circa  il  1  2  52. 
Il  vescovo  Stefano  Broderico  nel  i526 
coir  arcivescovo  di  Slrigonia  coronò  in 
re  d'Ungheria  Giovanni  Zapolski.  Sigi- 
smondo de'conli  di  Kollonitz  (^^.)fu  ve- 
scovo di  Vaccia  ,  indi  i."  arcivescovo  di 
Vienna  e  cardinale.  Michele  Federico  de' 
conti  iVAllliann  (^.),  neliyiS  fatto  da 
Clemente  XI  uditore  di  Rota  e  poi  vesco- 
vo di  Vaccia  ,  indi  nel  1719  lo  creò  car- 
dinale colla  ritenzione  del  vescovato,  seb- 
bene destinato  a  viceré  di  Napoli,  dove 
con  apostolica  intrepidezza  si  oppose  al 
regio  tribunale  ,  che  pretendeva  di  so- 
spendere l'esecuzione  delle  bolle  e  brevi 
pontificii  senza  il  Regio  cxcqiialiir.  Por- 
tatosi alla  sua  chiesa^  mostrò  grande  sol- 


V  A  C 

Iccitndlnee  vigilanza,  n  fine  di  lenere  da 
essa  lontani  gli  errori  degli  «'retici  e  sci- 
sinnlici  confinanti  colla  medesima  ,  ac- 
compagnata da  uno  ^elo  incomparabile 
<li  n)antenere  e  ddalare  la  cattolica  re- 
ligione. Egli  era  comprotettore  delloGer- 
Uìania,  de' regni  e  duminii  di  casa  d'Au- 
stiia,  presso  la  s.  Sìiì\{ì\  come  pure  del- 
l'ordine di  s.  Paolo  1  eremita,  e  di  s.  Ma- 
ria  di  Camposanto  delle  nazioni  teutoni- 
ca e  (ìannninga. Intervenne  a'conclavi  pei' 
r  elezioni  d'  Innocenzo  XIII  ,  BenedeLlo 
XIII  eClenienle  XII.  Morì  in  Vaccia  a' 18 
giugnoi734  e  fu  sepolto  onorevolmente 
nella  sua  cattedrale.  Ivi  erasi  ritirato  a 
menar  vita  mortificala  e  penitente,  sin- 
golarmente per  lo  scrupolo  che  gli  era  ri- 
masto fitto  nel  cuore,  per  aver  datoin  no- 
me dell'imperatore  l'esclusiva  al  pontifi- 
calo contro  il  cardinal  Paolucci.  Le  No- 
tizie di  Roma  registrano  i  seguenti  suoi 
successori  nel  vescovato  di  Vaccia.  Nel 
J735  Michele  Carlo  d'  Althann,  proba- 
bilmente nipote  del  precedente,  di  Rlo- 
schlanarcidiocesidi  Praga,  trasferito  dal- 
l'arcivescovato  di  Bari.  Nel  1757  Paolo 
Stefano  Foignch  di  Cseitha  arcidiocesi  di 
Strigonia,  tiaslatoda  Varadino.Nel  i  760 
Carlo  Esterhazy  de  Galanlha  di  Pre- 
sburgo  arcidiocesi  di  Strigonia,  Nel  1762 
cardi nalCristoforo  ileyi//g^tì5zzz(^.)arci  ve- 
scovo di  Trento,  dichiaralo  amministra- 
tore. A  suo  tempo  Pio  VI  emanò  la  bolla 
Ex  injuncto  Nohisy  degli  8  agosto  17 87, 
Bull.  Roin.  cont.  t.  6,  p.  75:  Approha- 
tio  et  coìifirmalio  nonnullorum  dccre' 
loriun  a  cardinal  iVìgazzi  archiepisco- 
po episcopo  J^accicnsi  adininislrator, 
prò  nicliori  giibcrnio  siiae  dioecesls.  Nel 
1788  Francesco  Saverio  Spleny  di  Fer* 
naye  diocesi  d'Agria.  Nel  i  806  Carlo  Am- 
brogio Ferdinando  arciduca  d'  Austria, 
nato  nel  i  794,  cioè  di  1 2  anni  con  dis[)en- 
sa  apostolica.  Nel  1  808  Ladislao  Raman- 
hazy  di  Nilria.  Nel  1823  Francesco  di 
Paola  de'conli  Nadasdy  de  Fogaras  di 
Vienna,  nel  i845  traslato  all'arci  vesco- 
vato di  Colgcza.Narrai  nel  vol.LXXXlII, 


V  A  D 

p.i/\2,c\ìe  ricevè  nel  giugno 1 85 1  solen- 
nemente in  Colocza  il  nunzio  eli  V^ienna, 
Ola  cardinal  Viale  Prelà;  ma  l'arcive- 
scovo essendo  poco  dopo  morto,  mg.' 
lìonzio  nel  sellendu  e  tornò  in  Colocza  a 
celebrargli  il  funerale,  colie  formalità  e 
intere.ssanti  particolarità  che  raccontai. 
Pio  IX  regnante  nel  concistoro  de'5  set- 
lembre  i85i  <liè  termine  alla  sede  va- 
cante, con  preconizzare  vescovo  di  Vac- 
cia  r  attuale  mg/  Agostino  Roskovany 
di  Szinne  diocesi  di  iSzalmar,  <lotlore  in  s. 
teologia,  già  rettore  e  prelielto  degli  slu- 
di del  seminaiio  d'Agria,  vice-notaro  di 
cpieila  metropolitana  e  assessore  del  con- 
cistoro, segielario  e  cancelliere  arcivesco- 
vile, prefello  della  biblioteca  diocesana, 
cappellano  aulico  onorario,  abbate  di  s. 
Andrea  deSaary,  canonico  lettore  di  det- 
ta metropolitana  e  nella  sede  vacante  vi- 
cario capitolare;  dotto,  prudente,  pieno 
d'esperienza  ,  degnissimo  del  vescovato. 
Ogni  ntiovo  vescovo  è  tassalo  ne' libri 
della  camera  apostolica  in  fiorini  5oo. 
La  diocesi  occupa  lo  spazio  oh' è  fra  il 
Danubio  e  il  TiI)isco,  e  si  protende  in 
lunghezza  per  3o  miglia,  e  più  luoghi  e 
molle  parrocchie  comprende. 

VADO  SABAZIO,  CasLnim  Vaden- 
scy  V aduni  S abbati  uni.  C'ìUlx  vescovile 
antica  della  Liguria,  lungi  3  miglia    da 
Savona,  oggi  ridotta  a  piccola  vdla,  fu  un 
giorno  cillà  fiorentissima  ed  ebbe  alcun 
tempo  la  sede  vescovile.  Il  eh.  prete  Se- 
meria  nella  Storia  ecclesiastica  di  Ge- 
nova e  della  LigJiria,  la  chiama  picco» 
la  terra,  famosa  a'iempi  della  romana  re- 
pubblica per  accampamenti  militari,  pa- 
ti ia  di  somnìi  personaggi,  sede  episcopa- 
le ne'primi  secoli  della  Chiesa.  1  geografi 
l'appellano  Jado  Sabatìa^  borgo  e  pic- 
colo porlo  degli  slati  sardi,  divisione  di 
Genova,  sulla  costa  occidentale  del  golfo 
diGenova, con  rada  eccellenle.l  suoi  2000 
e  pili  abitanti  sono  quasi  tulli  pescatori. 
Si  vedono  nello  spazio  fra  Savona  etpie- 
slo  borgo  molli  ruderi,  vestigio  d'antica 
grandezza.  Sopra  una  rupe  torreggia  ia 


V  AD 


io5 


ciUadelIfi  che  ne  difende  T  ingresso.  Il 
benemerito  d.  Palenìone  Bima  canonico 
della  cattedrale  d'  Asti,  nella  Serie  cro- 
nologica degli  arcivescovi  e  vescovi  del 
regno  di  Sardegna^  pubblicò  a  p.  1 1 4  *• 
Cenni  storico  critici  sull^  antica  sede  di 
ì  a  do  nella.  Liguria  da  servire  di  schia- 
rimento alle  notizie  relative  alla  sede  di 
Savona,  senza  però  in  nulla  derogare  a 
cpianlo  avea  scritto  nella  serie  de'vescovi 
di  Savona  ,  che  io  in  parte  seguii  e  col 
Monti.  Si  dichiara  grato  alcau.  Domeni- 
co Navone  d'Albenga  per  le  memorie  a 
lui  trasmesse,  ed  estratte  dall'opera  mss. 
del  p.  Pietro  Paganelli  e  da  altri  autori 
eruditissimi,  le  quali  servirono  ad  agevo- 
lare le  sue  ricerche  per  chiarire  e  illu- 
strare un  punto  di  storia  ecclesiastica  pa- 
tria, senza  però  in  tutto  seguirlo,  lo  poi 
mi  professo  gralissimo  ad  ambedue,  per 
l'estratto  che  mi  propongo  darne,  senza 
fatica.  La  situazione  dell'antica  Vado  in 
sito  per  natura  paludoso,  le  die  il  nome 
di  Sabbatum,  e  da  vari  scrittori  antichi 
chiamasi  J'ado  Sahbatuni.Vnr\^2V?i\o\e 
Lotario  1  e  re  d' Italia  ne  fa  special  men- 
zione nell'editto  pubblicato  nellSSo,  on- 
de far  eseguire  nel  suo  regno  il  decreto  del 
concilio  romano,  celebralo  da  Papa  Eu- 
genio II  neir826  per  le  pubbliche  scuo- 
le de'giovani  chierici,  ordinando  che:«  a 
Pavia  debbano  recarsi  alla  scuola  di  Dun- 
gaio  da  Milano,  Brescia,  Lodi,  Bergamo, 
JNovara,  Vercelli,  Tortona,  Acqui, Geno- 
va, Asti  e  Como;  in  Ivrea,  che  lo  stesso 
vescovo  faccia  la  scuola  a'chierici;  in  To- 
rino, che  concorrano  da  Venti  miglia,  da 
Albenga,  da  Vado,  da  Alba.  In  Cremo- 
na  iinparino  que'di  Reggio,  di  Piacenza, 
di  Parma, di  Modena  ec".  A  questo  de- 
creto o  edillo  appoggialo  Muratori ,  af- 
ferma che  le  ciltà  in  esso  ricordate  fu-^ 
rono  le  più  illustri,  e  rallegrossi  con  Va- 
do che  in  que'tempi  fosse  città  fiorentis- 
sima. Sia  comunque  di  loro  opulenza,  è 
certo  che  tutte  le  nominale  ciltà  erano 
vescovili.  Nell'alto  di  fondazione  del  mo- 
nastero di  Spingo,  seguilo  nel  991   nel 


,o6  VAD 

castello  di  Visone,  si  prescrive  all'abbai 
le  di  ricevere  la  consagrazioiie  e  il  crisma 
dal  vescovo  della  chiesa  di  Vado,  KpiscO' 
pi s.  Fadensìs  Ecclesine.  Mg/  Domeni- 
co Giorgio  nell'aureo  libro,  De  antiqui- 
tiileltaliaeMetropolihus^  exercitatìo  hi- 
;r/or/c^,Roniae  1 722, nel  cap. 22  forman- 
do un  catalogo  delle  sedi  vescovili  sog- 
gf-tte  alla  metropolitica  giurisdizione  di 
Milano,  estratto  dal  codice  Tuano  com- 
pilato tra  il  989  e  il  1000  annovera  Ac- 
qui, Alba,  Albenga,  Asti,  Bergamo,  Bre- 
scia ,  Coirà  ,  Cremona  ,  Genova  ,  Ivrea, 
Lodi,  Novara,  Parma,  Reggio,  Torino, 
Tortona,  Vado,  Vercelli,  Venliiniglia. 
Il  che  di  più  comprova  l'esistenza  della 
città  e  vescovato  di  Vado  in  delta  epo- 
ca. Il  can.  Navone,  con  l'Ughelli,  Italia 
sacra,  l.  4^  p-  »  oo3  (o  p.  780  dell'  ediz. 
del  1719),  Smonenses Episcopi,  diceche 
sederono  sulla  cattedra  di  Vado:  Monta- 
no (del  601  primo  Sa^'onensis  Episco- 
pus),  heueàeUo  (Episcopns  Vadensis, 
quod  idem  est,acSavouensis,fIorui  tan- 
no 680  :  per  tale  Io  riconosce  pure  il  Se- 
nieria),  Giovanni  I,  Pisano,  Giovanni  H, 
Bernardo  (per  la  cui  opera  singolaruìen* 
le,  dice  Semeria,  nel  994  venne  traslo- 
cata la  sede  episcopale  di  Vado  a  Savona), 
Giovanni  111  e  Giovanni  IV,  con  cui  con- 
corda Verzellino  nelle  Memorie  di  Sa* 
vona.  Il  Risso,  altro  storico  di  Savona, 
pelle  sue  Memorie  Savonesi,  ne  aggiun- 
ge 4^5.  Eugenio,  Adniando,  Berardo,  Fe- 
lice; così  sarebbero  slati  12  i  vescovi  di 
Vado.  Il  can.  Bima  ritiene  in  vece,  ap- 
poggialo a  più  certi  documenti,  che  s. 
Eugenio,  Montano,  Amando,  Berardo, 
Felice,  Pisano,  non  furono  mai  vescovi 
di  Vado,  perchè  crede  di  non  errare  ri- 
ducendoli a'seguenli.  i.**  nel  680  Bene- 
detto; 2.°nel  940  Giovanni  I;  3.°  nel  967 
Giovanni  II;  4."nel  992  Bernardo;  S.^nel 
999 Giovanni  III;  6."* nel  1004  Giovanni 
JV.  Il  Coleti  vuole  Montano  vescovo  di 
Aleria  o  Sagona  in  Corsica,  e  non  di  Sa- 
vona. Ma  il  can.  Bima  ha  argomenti  per 
riteoere  che  Monlauo  fu  realmente  ve- 


VAD 

scovo  di  Savona  (e  per  tale  l'  avea  regi- 
strato nella  Cronoloi^ia  dr^est'ovi  di  Sa- 
vonn),  e  che  non  debba  confondersi  con 
Martino  vescovo  d'  Aleria,  uè  con  Mar- 
tino predecessore  di  Montano  nella  sede 
savonese.  Avvertì  l'Ughelli,  nel  dire  Mon- 
tano I .°vescovoconosciuto di  Savona, che 
questa  sede  era  già  celebre  a'tempi  di  s. 
Ambrogio,  e  per  conseguenza  provvista 
di  pastore.  Il  can.  Bima  concorda  con 
esso  che  non  lo  sia  stalo  di  Vado  ,  cioè 
che  non  abbia  fissato  la  sede  in  Vado. 
Pisano  trovasi  registrato  negli  atti  del 
conciliabolo  tenuto  in  Roma  nel  963 
contro  Giovanni  XII,  solloscrillo  ve- 
scovo di  Soana  fia'  vescovi  di  Tosca- 
na ;  e  lo  slesso  Ughelli  afferma  che  die- 
tro inchiesta  della  serie  de*  vescovi  di 
Soana  gli  venne  notato  anche  Pisano, 
e  può  darsi  che  il  Baronio,  fìdandosi 
di  edizione  poco  accurata  degli  atti  di 
detto  conciliabolo,  leggesse  fra*  vescovi 
toscani  anche  Pisano  vescovo  di  Savo- 
na,  invece  di  Soana  (la  quale  in  latino 
dicesi  Soanen,  e  Savona  Savonen),  tan- 
to più  che  in  diverse  accurate  edizioni  si 
del  Baronio  che  del  conciliabolo,  Pisano 
dicesi  vescovo  Sanese,  e  non  di  Vado  o 
Savona:  ma  per  escludere  Pisano  dalla 
serie  de'  vescovi  di  Savona,  fa  ostacolo  la 
sottoscrizione  fatta  in  Genova  dal  sacer- 
dote Decupis  munito  di  procura  dal  ve- 
scovo di  Cislerone  del  964,  in  cui  si  sot- 
toscrisse: Ego  Pisanus  liwnilis  episc.  Sa^ 
vonensis.  Giusta  l'asserto  dal  can.  Navo- 
ne, esclusi  i  detti  due  vescovi  fra'pastori 
di  Vado,  sarebbe  Benedetto  il  i."  vesco- 
vo che  si  abbia  certezza  dell'  antica  Va- 
do, e  il  can.  Bima  ci  si  accorda  quanto 
a  Vado,  sebbene  in  alcuni  rass.  si  trovino 
alterati  i  nomi  propri  della  sede  de'  ve- 
scovi sottoscritti  al  detto  sinodo  ,  massi- 
me la  serie  stampata  dell'Arduino,  in  cui 
si  fa  vescovo  della  chiesa  Valvense ,  e 
rOlstenio  lo  fa  vescovo  Albense;  ma  Val- 
va o  Balva,  città  dell'antico  ducato  di 
Spoleto,  avea  il  suo  vescovo  Chiarenzo 
sottoscritto  allo  stesso  concilio  romutio 


V  A  D 

con  alili  vescovi  del  ducato;  Benedetto 
poi  è  solloscrilfo  con  Mansueto  metro- 
polita milanese  e  gli  altri  vescovi  di  Li- 
guria ,  hnmilis  Episcopìis  s.  Ecclesiae 
Falvensìs^  ma  nel  codice  Valicano  leg- 
gesi  Vadensifì^  come  notò  Ughelli,  ef<i 
imperizia  de'copisti  di  scrivere  Falvensc. 
11  Yerzeiiiiio  assicura,  che  collazionati  i 
mss.  del  concilio  romano  si  trovò  Vadca- 
sisj  Badensis,  Bandenns  ^  scambiala  la 
lettera  F  colla  B,  perciò  doversi  ricono- 
scer Fado^  che  il  Natali  nel  suo  catalo- 
go dice  essersi  chiamato  Castrimi  Fa- 
dense  o  Fandense.  1  codici  Vaticani  chia- 
ramente riportando  P^adeiise ,  non  vi  è 
dubbk)  che  Benedetto  sia  il  i.^vescovo  di 
Vado,  che  con  sicurezza  si  possa  all'erma- 
re  aver  ivi  fissata  la  sua  residenza  e  as- 
sunto tal  titolo.  Stando  alle  nominale  me- 
morie ,  sarebbe  il  2.**  Giovanni  l  che  a- 
Trebbe  seduto  nel  94^?  trovasi  però  sot- 
toscritto in  antichissima  pergamena  del 
gyy  :  E^opeccator  liumìlisJoannes  Epì- 
scopus  Fadensìs et  Savonen,  ratificando 
una  donazione  o  privilegio  del  piedeces- 
sore  Pietro.  Duncjue  non  Denedetlo,  ma 
Pietro  sarebbe  il  predecessore  a  Giovan- 
ni I,  e  questo  il  i.**  che  fissò  la  sede  in 
Vado  e  ne  assunse  il  titolo  congiunto  a 
quello  di  Savonaj  dunque  sarà  vero  che 
eell'intervallo  di  circa  3oo  anni,  tra  Be- 
oedelto  e  Giovanni  I,  sia  stata  la  chiesa 
Vadense  governala  dal  proprio  vescovo 
di  Savona,  nel  cui  distretto  trovavasi,  e 
che  non  abbia  a'raedesimi  piaciuto  assu- 
mere il  titolo  di  Vado.  11  3.°  sarebbe  quin- 
di Giovanni  11  longobardo,  che  in  più  luo- 
ghi si  soltoscrisse  Episcopus  Fadensìs  et 
Savonensisj  e  l'Ughelli  asserisce  averne 
trovato  il  nome  ne'registri  Vaticani.  Di- 
strulla poi  l'antica  Vado,  sia  da  Lotario 
re  de'  longobardi  (non  esiste  tal  nome, 
forse  dovrà  dire  Luilperlo  e  meglio  Liut- 
prando)  «spugnalore  delle  città  restate 
fedeli  all'impero  d'oriente,  come  preten- 
de taluno;  sia  da  Carlo  Magno  per  pu- 
nire i  vadesi  della  resistenza  a  lui  fatta, 
quando  coTiauchi  sccsu  iu  Italia  vinse  i 


VAD  107 

longobardi  e  s'  irapadroiù  del  regno ,  il 
che  seiidiia  pih  probabile  ,  poiché  da* 
franchi  venne  distrutto  anche  T  antico 
castello  Savo.  Caduta  così  la  potenza  lon- 
gobarda, fu  l'antica  Vado  unita  alla  vi- 
cina Savona,  e  come  opina  il  can.  Bima, 
il  vescovo  tra'^feri  la  sua  sede  in  Savona, 
a  cui  le  sventure  di  Vado  diedero  incre- 
mento di  popolazione,  di  splendore  e  di 
autorità,  non  essendo  ammissibile  l'  opi- 
nione d'alcuni  che  vogliono  far  credere 
i  vadesi  fondatori  di  Savona,  la  quale  già 
esisteva  a'iempi  d'Augusto, ed  assai  rino- 
mata pel  suo  castello  ricordato  da  T.  Li» 
vio  e  da  Slrnbone;  bensì  era  pochissimo 
popolala,  riferendo  P.  Forte  nelle  Noti- 
zie di  Savona:  Augmentiim  coepit  Savo- 
na  ex civilatis^qiiae dicehatnr  Fadoruni 
Sabba tioriitn.  La  città  di  Vado,  già  sì  po- 
tente, venne  ridotta  a  piccolo  paese  ,  e 
passò  la  sua  gloria  e  potenza  a  Savona, 
per  cui  chiamasi  anco  Sabazia,  perchè 
succeduta  a  VadoSabazio.  In  tale  circo- 
stanza il  vescovo  Giovanni  11  pensò  di 
traslocare  la  sede  vescovile  in  Savona  nel- 
la chiesa  di  s.  Maria  di  Castello,  e  prose- 
guì nondimeno  a  intitolarsi  Episcopus 
Fadensis  ^  e  come  nota  l'  Ughelli  :  Ali- 
quando  appellatur  Fadi  Episcopus,  a- 
liquando  Savonensis^  nonnumquani  «- 
troque  titulo  insignitur.  Gli  successe  il 
savonese  Bernardo, che  dotò  il  monastero 
di  S.Eugenio  sull'isoletla  di  Ber/ezzirinrj- 
petlo  a  V^o,  ove  vi  costituì  una  quan- 
tità d^i  monaci  che  chiamò  dal  celebre 
monastero  dell'isola  di  Lerins  in  Proven- 
za. Al  successore  Giovanni  III,  espulso 
dalla  sede,fu  sosliluitoGiovanni  IV  d'or- 
dine di  Arduino  re  d'Italia,  perchè  mal 
soffriva  che  si  fosse  associato  al  metropo- 
lita di  Milano  nel  riconoscere  lìurico  re 
d'Italia, e  questo  essendo  tulio  dedito  ad 
Arduino,  pose  fine  ad  ogni  vertenza  in- 
sorta tra'vadesi  ed  i  nolesi  relativa  a'con- 
fìni  di  terreno.  Conclude  il  can.  Bima, col 
Monti  nel  suo  Compendio  di  memorie  di 
Savona,  che  la  città  di  Sabazia  (cioè  Va- 
do de'Sabazi,  e  diverso  da  Sabazia  etru- 


io8  V  A  D 

scn  succeduta  da  Trevignano,  di  cui  nel 
voi.  LVIII,  (>.  I  iS),  alilo  più  non  avea 
die  il  nome  e  il  (itolo  di  capo  di  questa 
diocesi;  che  Uernaido  vescovo  da  Saba- 
zio  trasferì  la  sua  leììidcnza  a  Savona  ,  e 
nel  995  ottenne  da  Gregorio  V  (ma  que- 
sti fu  eletto  a'  3o  maggio  996)  che  eoo 
suo  diploma  fosse  dichiarata  Savona  ca- 
pò  e  residenza  del  vescovato,  essendo  ces- 
sati i  motivi  che  indussero  IVatanalio  nei 
575  a  chiedere  da  Savona  la  traslazione 
a  Vado  da  Papa  benedetto  I,  ed  a  poco  a 
poco  andò  in  disuso  la  denominazione  di 
rado^  ritenendo  solamente  la  1  /  e  antica 
(li  Savona  ,  1  imanendo  a  Vado  un  solo 
«uciprete,  che  con  autorità  precaria  sotto 
la  giurisdizione  del  vescovo  di  Savona 
governava  quella  chiesa.  Dice  ilcan.  Bi- 
lua,  premesse  queste  critiche  osservazio- 
ni sulla  città  di  Vado,  e  sui  vescovi  che 
ivi  (issarono  la  loro  residenza,  pare  oppor- 
tuno dare  qualche  notizia  sulla  sua  chie- 
sa. In  quasi  tutta  la  Liguria, e  specialmen- 
te in  Vado,  città  popolalissima,  molli  e- 
lano  gli  adoratori  delle  false  divinità  sul 
cominciare  del  secolo  VI,  e  narra  il  Uui- 
iiart  neir  istoria  della  persecuzione  van- 
dalica, riferito  dal  can.  Navone,  che  i  re 
*\t\'andali  ilominalori  dell'Africa,  setta- 
ri ariani  e  nemici  de'cattolici,  cacciarono 
in  esilio  sul  principio  di  detto  secolo  (da- 
ta contrastata  pel  riferito  nel  voi.  LXXX, 
p.  87,  e  in  tanti  articoli),  i  vescovi  della 
regione  fedeli  all'ortodossia,  fra' quali  i 
gloriosi  ss.  Eugenio  e  Viudemiale  (il  JVIon* 
ti  vi  aggiunge  s.  Fiorenzo  o  riorentino 
d'  Utica),  che  dopo  d'  essere  stati  alcuni 
anni  in  Corsica  passarono  in  Vado,  e  qui- 
vi convertita  alla  fede  gran  parte  del  po- 
polo, Viudemiale  ritornò  in  Corsica,  ed 
Eugenio  si  ritirò  in  un'isuletla  distante 
circa  1  miglia  dal  castello  di  Vado,  la 
quale  esiste  divisa  dalla  villa  Berzezzi,  di 
cui  porla  il  nome,  per  un  piccolo  tratto 
di  mare,  in  cui  tuttora  esistono  le  rovine 
d'un  antico  monastero  ancora  celebre  pel 
soggiorno  che  in  essa  vi  fece  s.  Eugenio, 
divenuto  proiettore  della  vicina  IVoU  che 


V  AD 

na  cele!)i'a  la  festa  n*i6  luglio,  giorno  fe- 
nato pe'savonesi  a  tempo  di  Verzellino. 
Il  che  fa  credere  al  can.  Dima,  che  circa  il 
G-20  Vindemiale  ed  Eugenio  chiamasse- 
ro alla  fede  cristiana  gli  abitanti  di  Va- 
do ed  i  vicini  paesi.  Soggiunge, che  da  tal 
epoca  indietro  non  par  credibile  che  i 
vadesi  fossero  prowisli  di  sede  vescovile, 
perchè  in  tanta  copia  non  vi  sarebbero 
statii  gentili, ed iss.  Eugenioe  Vindemia- 
le non  avrebbero  assunto  l'apostolico  mi- 
nistero in  un  luogo  provveduto  di  pasto- 
re legittimo,  perchè  giusta  l'antica  di- 
sciplina della  Chiesa  d'occidente, soleva- 
si  spedire  zelanti  ecclesiastici  a  promul- 
garrEvangelo,e  formato  un  numero  rag- 
guardevole di  cristiani  loro  davasi  un 
vescovo  proprio.  Da  questo  racconto,  il 
can.  Navone  vorrebbe  escludere  ogni  ve- 
scovo sia  a  Vado,  che  a  Savona  prima  di 
tale  epoca.  Invece  il  can.  Bima, convenen- 
do che  nel  secolo  VI  esistessero  vari  ido- 
latri nella  popolosa  città  di  Vado  e  paesi 
circonvicini,  non  nega  la  gloria  a'ss.  Eu- 
genio e  Vindemiale  d'  averli  richiamati 
alla  vera  fede,  in  uno  a'traviati;  ma  che 
non  avesse  Vado  il  suo  vescovo,  ed  i  pae- 
si circostanti  nella  persona  del  vescovo  ti- 
tolare di  Savona  ,  nel  cui  dislretto  era  il 
Caslrum  P^adense,  e  che  tale  fosse  la  di- 
sciplina della  Chiesa  occidentale  nell'isti- 
tuzione ì\g  Fescovati^  dice  esistere  trop- 
pi argomenti  per  opinare  diversamente. 
Quanto  alla  Liguria  (Ino  da'  tempi  apo- 
stolici era  provvista  di  vari  vescovi  ,  per 
deputazione  dell'apostolo  s.  Barnaba  che 
ivi  predicò  la  fede  di  Cristo,  e  la  stessa 
sede  di  Savona  l'  avea  ricevuto  nel  3  i  2 
da  Papa  s.  Melchiade  nella  persona  d'  I- 
merio  ,  e  l' imperatore  Costantino  I  nel 
3  I  3  la  dotò;  ed  è  perciò  che  Vado  e  i  pae- 
si convicini  aveano  il  vescovo  in  quello 
di  Savona,  sotto  la  cui  giurisdizione  tro- 
va vansi.  Vero  è  però,  che  infierendo  il 
furore  degli  ariani,  e  mal  sicuro  trovan- 
dosi il  vescovo  di  Savona,  ricorse  Nata- 
nallo  a  Papa  Benedetto  V  per  trasferire 
la  sua  residenza  io  Vado,  città  ben  dlfe- 


V  A  D 

sa  e  pnpnlnta  ,  e  ne  ottenne  facoltà ,  per 
i;iii  ellelhiò  la  iraslocazione.  Si  lia  una 
convenzione  falla  in  Vado  con  certo  A- 
lipi  andò  diacono,  a'5  agosto  588,  per  un 
fondo  rustico,  senza  die  il  vescovo  avesse 
assunto  il  titolo  del  luogo  re?idenziale,rite- 
nendo  quello  diSavona,  come  fecero  i  suc- 
cessori suio  a  BenedeltOjche sarebbe  stalo 
il  I  .°hd assumere  il  l'\io\o iV Episcopus Fa- 
densis^  e  ad  unirlo  all'altro  di  Savoncn- 
sis.  Riferiscono  i  Sanmartani,  che  i  suc- 
cessori di  Benedetto,  Annecio,  Remo  e  I- 
giulfo,  passarono  gran  parte  del  loro  go- 
verno in  Genova,  da  dove  provvedevano 
a'bisogni  della  chiesa  Savonese  e  Vadese, 
e  ciò  per  evitare  l'eretico  furore  degli  a» 
riani,  divenuti  più  fanatici  e  crudeli.  Ne 
vale  a  confermare  la  contraria  opinione 
il  dire,  che  non  trovasi  la  chiesa  di  Savo- 
na ricordala  nel  concilio  di  Milano  del 
45 1,  e  neppure  farsene  menzione  nel  ca- 
talogo Tuano.  Diifatti  Frodonio  litolare 
della  sede  savonese  nel  4^  i ,  non  potè  in- 
tervenire a  detto  sinodo,  perchè  secondo 
la  testimonianza  dell'archivio  Valicano, 
chiaoìato  in  Roma  da  s. Leone  I,  vi  rima- 
se due  interi  anni  nel  disimpegno  di  va- 
rie incumbenze.  Nel  detto  catalogo  e  nel- 
l'editto di  Lotario  I  non  si  fa  menzione  di 
Savona,  oltreché  in  ambedue  sonovi  non 
poche  ommissioni;  in  essi  trovasi  bensì 
nominata  la  sede  di  Vado,  ch'è  lo  slesso 
di  quella  di  Savona.  La  mutazione  del 
titolo  si  operò  insensibilmente,  e  senza  che 
producesse  la  menoma  influenza  sul  ve- 
scovo titolare  e  sul  popolo.  Che  poi  ìlZuc- 
carello  abbia  nel  i533  col  catalogo  de* 
\escovi  savonesi  da  lui  collocato  ne'regi- 
stri  capitolari,  cominciata  la  sua  serie  da 
Giovatali  11, perchè  ili. "che  al  titolo  P'a- 
densis  uni  il  Savonenfis ,  ciò  altro  non 
proverebbe  se  non  che  esso  non  conobbe 
i  documenti  consultati  dal  can.  Rima  nel 
compilar  la  serie  de'vescovi  savonesi,  e  lo 
slesso  si  contraddirebbe  nel  porre  a  capo 
dì  sua  serie  Giovanni  li  ,  non  potendosi 
dire  secondo  se  non  fu  preceduto  da  al- 
tra omouimo.  Anche  UgheUi  priocipiò  la 


V  A  H  109 

serie  da  Montano,  circa  3ooann»  prima 
del  Zuccarello,  e  3oo  dopo  la  pubblica- 
ta dallo  stesso  can.  Rima;  ma,  come  dissi, 
afferma  che  già  altri  esistevano  prima  di 
lui,  ignorandone  il  nome,  il  che  prova  ia 
qual  conto  abbiasi  a  tenere  il  catalogo 
del  Zuccarello. 

VAGARSCIARAT  o  VALASCIA- 
BAT.  /^.  EzMiAziN  e  Patriarcato  Ar- 
meno. 

VAHABITI  0  VECABITI.  Setta  ara- 
ba maomettana  ,  numerosa  e  bellicosa, 
della  quale  ragionai  a  Maomettismo  e 
Turchia.  Quanto  a'Ioro  usi  e  costumi  si 
legge  un  erudito  e  interessante  articolo 
n^WAlhmn  di  Romciy  1. 14>  p-  ^3,  di  cui 
credo  opportuno  di  darne  un  cenno.  Le 
tribù  arabe  denominate  vahabiti  o  veca- 
bili, occupano  tutta  l'Arabia  centrale,  va* 
sta  regione  poco  conosciuta  agli  europei 
prima  delie  guerre  del  celebre  Mehcmet- 
Alì  viceré  tV Egitto  (F,).S\  crede  che  la 
principale  tribù  de' vecabili  derivi  diret- 
tamente iWcannalij  popolo  intrepido  e 
guerriero,  *he  nato  ne'deserli  e  animalo 
dallo  spirito  medesiuio,  fu  già  sotto  i  ca- 
liffi Abassidi  il  flagello  deW Islamismo  o 
Maomettismo^  ed  il  terrore  dell'  Arabia. 
Sulla  derivazione  de'  vahabiti  o  vecabili 
cWcarmatiy  veramente  il  eh.  e  benemeri» 
to  Bazzarini  non  conviene,  e  la  chiama 
congettura  poco  fondata,  nel  suo  supplì- 
mento  al  Dizionario  Enciclopedico^  nel- 
l'articolo Carmath.  Questi  dichiara  fon- 
datore d'una  setta  ^v^' Mussulmani ^ch^ 
fece  molli  danni  all' impero  degli  arabi 
nel  secolo  111  e  IV  dell'  Era  della  Egira 
Maomettana.  Tale  caposetta  si  nominava 
Hamdan,efu  soprannominato  Carmath, 
dagli  occhi  rossi  o  da'  piedi  corti.  Nato 
in  bassa  condizione  nel  li  secolo  dell'  E- 
gira,  e  Vili  di  nostra  era,  abbracciò  la 
dottrina  degli  ismaeliti  o  islamiti ,  e  la 
propalò  ne'  dintorni  di  Rufa.  I  capi  di 
questa  setta  nutrendo  mire  ambiziose,  che 
coprivano  col  velo  della  religione,  usava- 
no ogni  specie  di  seduzione  onde  aumen- 
tare i  loro  adereuli.  HamdaD  divenne 


no  VAH 

subito  uno  de*  più  fanatici  e  zelanti  fra 
essi,  e  fu  fallo  capo  o  Dai  ótiWa  missione 
isinaelìtuin  parte  della  Mc<«opulainia.  In- 
siiuiaute  e  (ecunito  iu  es[)oilic'uli,  iiun  tar- 
ilo od  allirare  gran  uiimetu  di  uomini 
al  suo  partito  ,  e  su  di  essi  uttemie  tale 
ascendente,  che  potè  intraprendere  d'in- 
trodurre fra  essi  la  comunanza  de'  beni, 
ed  anche  quella  delle  mugli.  Andò  poi  in* 
segnando  non occoirere  digiuni,  preghie- 
re, limosine,  né  gli  altri  dovei i  imposti  a' 
luussuimaui  seguaci  di  Mao(nello;  di  piìi» 
potersi  impunemente  abbandonar  senza 
freno  a  tulle  le  proprie  passioni ,  truci- 
dare i  nemici  della  propria  credenza,  sac- 
che^jgiare  i  loro  beni,  calpestare  tulle  le 
leggi,  ec.  Una  società  fondala  su  tale  as- 
soluta licenza  ispirò  terrore  a  tulli  quel- 
li che  non  appartenevano  a  (piesla  forini- 
dabile  scita;  i  missionari  crederono  indi- 
spensabile erigere  un  forte  che  servisse 
loro  di  capitale  e  d'asilo  all'occorrenza. 
In  esso  Carniath  fissò  la  sua  residenza. 
Egli  in  seguilo  ruppe  ogni  commercio 
cogl'ismaeliti,  ma  s'ignora  cosa  avvenne 
in  (ine  di  lui;  forse  perì  vittima  della  ven- 
detta del  capo  supremo  della  sella  av- 
versaria, ossia  de' maomettani.  La  sua 
morte  o  scomparsa  si  pone  intorno  al- 
l'anno 285  dell'Egira,  o  900  di  nostra  e- 
ra.  JVeir  Irak- Arabi  presso  di  Rufu  vi  è 
il  villaggio  di  Cannatila  rimarcabile  per 
aver  dulo  il  suo  nome  alta  persiana  di- 
nastia de'Carmalhes,  che  regnò  circa  per 
uw  3.°  del  secolo  X.  L'aulore  dell'artico- 
lo iìtW  Jlhiim^  dice  che  a'discendenli  de* 
Carfnali  si  unirono  5o  anni  adilielro(ora 
60)  fra  le  diverse  tribù,  che  hanno  co- 
minciato a  mostrarsi  nella  storia  moder- 
na, insieme  col  promotore  della  scissione 
religiosa  u)ussulmana  ,  lo  sceik  Abd-el- 
\ahab  o  Vehab,  del  quale  tali  tribù  a- 
dottarono  il  nome,  i  seguaci  avendo  ri- 
dotto il  maoniettismo  alla  sua  più  gran- 
de semplicità.  11  suddetto  pascià  d'Egit- 
to per  3o  anni  guerreggiò  contro  i  ve- 
cabili,  dal  I b  1  I  ali 842,  e  non  potè  mai 
ìuterameute  sollomellerli;  dopo  le  villo- 


V  AH 

rie  del  suo  figlio  Ibrahìm  pascià,  essi 
propriamente  non  formano  una  nazione; 
nondimeno  sono  ognora  pronti  a  ricom- 
parire ulla  prima  favorevole  occasione, ed 
a  rivendicarci  loro  diritti,  e  di  recente 
tornarono  a  guerreggiare  contro  i  turchi. 
La  religione  de'valuibili  o  vecabiti  è  il 
deismo  :  e  negano  pertinacemente  di  ri- 
conoscere in  Maometto  le  qualità  di  pro- 
feta. Le  loro  moschee  sono  prive  intera- 
mente di  decorazioni;  non  vi  si  vedono 
né  cupole, né  torricelle;  abborriscono  pro- 
fondamente i  seguaci  di  Maometto,  e  la 
loro  avversione  per  questi  è  assai  maggio- 
re di  quella  che  sentono  pe'crisliani  e  pei 
giudei;  deridono  la  memoria  de'  sceik  e 
degl'i  mani  maomettani,  e  distruggono 
da'fondamenli  gliedifizi  che  i  mussulma- 
ni hanno  eretto  a  que'defunti  che  vene* 
rano  quali  santoni.  1  vecubiti  seppellisco- 
no i  loro  morti  senza  alcuna  pompa,  e 
non  innalzano  loro  alcun  monumento. 
Sono  egualmente  semplici  i  loro  costumi; 
regna  fra  essi  una  perfetta  eguaglianza, 
uè  conoscono  distinzioni;  non  ammetto- 
no titoli,  e  si  salutano  reciprocamente  col 
nome  di  fratello  e  di  sorella ,  ed  usano 
verso  il  loro  capo  una  rozza  famigliari- 
tà, quantunque  prontamente  e  ciecamen- 
te ne  eseguiscano  i  cenni.  Ponno  divider- 
si i  vecabiti  in  3  classi  :  i  guerrieri,  gli  a- 
gricollori  e  gli  artigiani.  Lungi  dal  di* 
sprezzar  l'agricoltura,  come  gli  arabi  del 
deserto,  essi  l'apprezzano  e  vi  si  dedicano 
volenlieri  ;  coltivano  l'arti  meccaniche, 
ed  i  loro  tessuti  di  lana  e  di  cotone,  non 
che  i  loro  lavori  di  cuoio  e  di  ferro,  non 
sono  punto  inferiori  a  quelli  degli  altri 
arabi.  Vivono  sotto  povere  tende,  o  iu 
meschine  casipole  assai  mal  costruite,  e 
non  hanno  altre  suppellettili  che  tappeti 
grossolani,  stuoie  e  vasi  di  legno  o  di 
creta.  1  vecabiti  sono  in  generale  estre- 
mamente sobri ,  non  si  nutrono  che  di 
pane  d'orzo,  di  datteri  e  di  pesce;  di  ra- 
do si  pascono  di  riso  e  di  carne.  Come  gli 
altri  orientali,  mangiano  assisi  per  terra, 
colle  gambe  iocroeiate  iotoruo  ad  un 


VA  H 
cuoio  circolare,  che  serve  loro  di  mensa. 
II  caffè  e  il  tabacco  sono  loro  inlerdelti. 
JN'elle  loro  spedizioni  portano  seco  soltan- 
to due  otri  pieni,  uno  di  farina  e  l' altro 
d'acqua.  Quando  hanno  fame, stemprano 
in  un  poco  d'acqua  un  pugno  di  farina, 
e  senz'aicuna  preparazione  l'inghioltono. 
Induriti  alle  privazioni  e  alla  fatica,  pon- 
ilo sopportar  la  fame  e  la  sete  per  gior- 
ni interi.  Semplice  è  altresì  il  loro  vestia- 
rio. Portano  un'  ampia  camicia  di  tela 
giallastra,  che  avvolge  quasi  tutto  il  lo- 
ro corpo,  e  sopra  di  essa  indossano  un 
semplice  mantello  di   lana,  rozzamente 

I  tessuto  ;  la  loro  testa  rasa  è  coperta  da 
una  specie  di  berretta  di  colore,  serrata 
intorno  ni  capo  da  una  funicella  di  pelo 
di  cammello,©  da  un  cerchio  di  legno  or- 
nato d'intagli  di  stagno  e  di  madreperla: 
altra  calzatura  non  hanno  che  ì  sandali. 
Gli  emiri  ed  i  sceik  mostrano  più  lusso 
nelle  loro  vesti ,  ma  non  ponno  far  uso 
d'oro  e  di  seta.  In  tempo  di  guerra  i  veca- 
biti  portano  una  cintura  di  cuoio,  cui  ap- 
pendono un  pugnale  ricurvo  ,  arma  ter- 
ribile nelle  n)ani  loro,  che  scagliano  eoa 
Somma  forza  e  destrezza,  e  col  quale  fe- 
riscono mortalmente  e  da  mollo  lungi  il 
nemico.  Siccome  mancano  di  pietre  fo- 
caie e  di  piombo,  si  servono  ordinaria- 
mente di  micce  per  scaricare  i  loro  mo- 
schetti, ed  invece  di  palle  lanciano  per  lo 
più  piccoli  ciottoli  rotondi,  avvolti  in  pez- 
zetti di  cuoio,  aflìnchè  empiono  esatta- 
mente il  calibro  dell'  archibugio.  Le  fe- 
rite prodotte  da  tali  ciottoli  sono  senipre 
pericolosissime.  Al  pari  di  tutti  gli  ambi, 
i  vecabiti  si  compiacciono  nel  caricarsi 
d'un  arsenale  d'armi  e  di  munizioni,  chiu- 
se in  sacchetti  ed  in  giberne  ornali  di  sta- 
gno, coralli  e  cuoio,  di  effetto  [)ittoresco. 
Coujbattono  ordinariamente  a  piedi  j  o 
assisi  sui  cammelli,  i  soli  capi  avendo  ca- 
valli.Su'cammelli  siedono  due  vecabiti  su 
doppie  selle,  e  volgendosi  le  spalle.  Uno 

•  combatte,  l'altro  carica  il  moschetto  e  di- 
rige il  cammello  o  per  inseguire  il  nemico 
o  per  fuggire.  La  loro  cavalkria  è  poco 


VAI  I  f  I 

nnaierosa,  non  s' impegna  nella  zuffu,  e 
solo  comparisce  dopo  la  vittoria,  per  sac- 
cheggiare e  spogliare  i  morti.  Gli  emiri 
ed  i  sceik  portano  Telmo,  ed  una  lunga 
e  larga  spada  a  due  tagli,  o  una  sciabo- 
la turca,  una  lunga  lancia  ,  un  piccolo 
scudo  e  un  ricco  pugnale  alla  cintola, 
talvolta  anche  la  mazza.  Due  grandi  scu- 
di bislunghi  attaccati  a'fianchi  del  caval- 
lo, lo  difendono  in  singoiar  modo  dalle 
lancie  e  da*  pugnali  nemici.  I  vecabiti 
combattono  con  somma  intrepidezza,  ed 
affrontano  con  incredibile  coraggio  i  lo* 
ro  nemici,  massime  quando  si  tratta  tteU 
la  loro  religione,  che  accorda  la  gloria 
del  martirio  a  coloro  che  periscono  cooi- 
by: tendo  per  la  sua  difesa. 

VAISON,  Vasio.  Città  vescovile  di 
Francia  del  contado  Venaissino  in  Pro- 
venza, dipartimento  di  Valchiusa,  reso 
celebratissimo  pegli  immortali  versi  del 
Petrarca,  pel  riferito  nel  voi.  LXKV, 
p.  i33,  circondario,  distante  5  leghe  e 
mezza  da  Grange  e  9  d'Avignone,  capo« 
luogo  di  cantone.  Giace  sopra  m\  moute, 
a  pie  del  tpiale  scorre  il  fiume  Ouveze  o 
Lovcze  L'  antica  cattedrale  è  dedicala 
alla  B.  Vergine, e  vi  sono  altre  chiese.  Ha 
alcuni  stabilimenti.  Si  rese  rinomata  l'u- 
niversità degli  sludi  eretta  da  PapaNicolò 
V  il  I  .^'maggio  1 45o,a  cui  concesse  prero- 
gali ve  e  privilegi.  I  suoi  abitanti  ascendo- 
no a  circa  2000,  e  vi  tengono  4  fie»*e 
r  anno.  Nella  sommità  è  un  forte  castel- 
lo. Ha  le  sue  terme  e  bagni  chiamali  Dar* 
gus  Balneoliy  presso  un  sobborgo  della 
città,  mentovali  nella  bolla  da  Pasqua- 
le H  diretta  al  vescovo  Ilostagno.  Tra* 
suoi  illustri  vanta  d'aver  dato  i  natali 
all'antico  storico  latino  Trogo  Pompeo, 
che  fu  segretario  di  Giulio  Cesare.  E  fab- 
bricala presso  l'antichissima  ^rt^/o,graa- 
de  e  opulente  città  de' galli,  di  cui  s'im- 
puta la  distruzione  a*  longobardi.  Di  sue 
magnificenze  sono  testimonio  le  vestigia, 
e  i  monumenti  scavati,  iscrizioni,  meda- 
glie, sepolcri,  statue  e  altri  marmi.  L'an- 
tica Vasio  fu  capitale  de*  Vacoulii,  come 


113  VAI 

Lue  al  dire  di  Plinio,  della   provincia 
Viennese  nel  poese  de'  Ti  icastini,  e  prese 
il  suo  nome  di  Casone  e  poi  Vaison  dal 
tiello  (iuuie,  cliiamato  anclie  Ovasico. To- 
lomeo riferisce  che  superò  in  isplendore 
Lue.  e  Pomponio  Mela  l'annoverò  Ira 
le  città  principali  delia  Gallia  Narbone* 
se,  e  la  preferì  ad  altre  inclusi vamenle  ad 
Avignone.  Fu  una  delle  principali  colo* 
nie  romane,  e  città  federata  de'  romani 
la  chiama  Plinio.  Siccome  erano  di  due 
specie,  si  crede  che  Vasio  fosse  della  i^ 
perchè  i  vaconzìì  non  più  guerreggiaro- 
no contro  i  romani, in  uno  co'  popoli  Sa- 
lii^ dopo  che  di  essi  trionfò  il  proconsole 
M.  Fulvio  Fiacco.  Vaison,  chiamala  anco 
f'^asoiu't  soggiacque  al  dominio  degli  o- 
slrogoti  nella  decadenza  del  romano  im« 
pero,  indi  fu  occupata  da'  franchi  e  poscia 
fece  parte  de' polenti  conti  tolosani,  si- 
gnoreggiandola anche  i  propri    vescovi, 
tranne  quando  ne  usurparono  il  dominio 
ì  medesimi  conti.   In  punizione  di  Rai- 
inondo  VII  conte  di  Tolosa  (/^.),  fau- 
tore degli  eretici  albigesi,  decaduto  dai 
suoi  stati,  la  contea  del  Fenaissino  (/^.) 
venne  con  Vaison  devoluta  in  sovranità 
della  s.  Sede  nel  i  228,  in  compenso  del- 
le gravissime  spese  sostenute  per  avere 
guerreggiato  i  crudeli  e  fanatici  eretici  al- 
bigesi, per  la  pace  e  prosperità  di  quel- 
l'ampie contrade;  e  Gregorio  IX  dopo  a- 
ver  assolto  il  già  scomunicato  conte,  r)el 
1229  ne  assunse  il  governo.  Papa  Cle- 
mente V,  stabilita  la  residenza  pontificia 
neli3o5  in  Provenza,  passò  a  dimorare 
in  Avignone,  assumendo  il  titolo  di  con- 
te del  Fenaissino,  al  quale  dominio  nel 
1348  Clemente  VI  uni  Avignone  (F.)^ 
avendola  acquistata  da  Giovanni,  e  con- 
giunta al  Venaissino  si  formò   lo  stato 
d'Avignone.  Questo  stalo  lo  fece  occu- 
pare Luigi  XIV  ne'pontificali  d'Alessan- 
dro VII  e  Innocenzo   XI  per  rappresa- 
glia ,  e  nuovamente  fece  il  simile  Luigi 
XV  sotto  Clemenle  XI li.  Indi  per  la  ri- 
voluzione di  Francia  occupali  da'repnb- 
bliconi  Avignone  ,  il  contado  Venaissino 


V  A  I 

e  Vaison, r'  i4  settembre  1791  furono 
riuniti  alla  Francia.  Nel  disastroso  tratta- 
to di  Tolentino  fu  costretto  Pio  VI  di  ce- 
derli alla  medesima  Francia  ,  contro  di 
che  il  successore  Pio  VII  emise  solenne 
protesta.  Della  chiesa  vescovile  di  Vai- 
son, il  p.  Fanloni  nella  Storia  cV /lvi»no* 
ne  e  del  contado  Fenesino^  stato  della 
Sede  apostolica,  nel  riferire  la  serie  de* 
suoi  vescovi,  fece  menzione  prima  dell'al- 
tre del  Venaissino,  perchè  di  esso  la  più 
antica  e  più  cospicua  ,  cominciando   le 
memorie  di  sua  conversione  al  cristiane- 
simo ne'  primi  secoli  della  Chiesa.  Fece 
parte  della  provincia  ecclesiastica    Vien- 
nese nell'esarcato  de' Gauli,  divenne  suf- 
fraganea  dell'arcivescovo  d'Arles,  finche 
Sisto  IV  nel!' elevare  Avignone  al  grado 
metropolitico,  fra  le  sulfraganee  che  gli 
assegnò  vi  comprese  Vaison.  Il  [."vescovo 
che  si  conosca  è  Dafno  o  Da  mas,  il  qua- 
le intervenne  nel  i.°  concilio  che  dopo  il 
sinodo  rouìano  celebralo  in  Laterano  da 
Papa  s.  Melchiade,  si  adunò  in  Arles  nel 
3  14  per  la  causa  de'  donatisti.   Di   che 
scrisse  poi  s.  Agostino  nell'  Epist.  162  a 
Glorio  e  ad  altri  vescovi,  che  Dafno  vi  si 
portò,  cani  Fictore  esorcista  decidila-' 
te  Fasensi.  Da  questo  argomentò  il  p.  Co- 
lombi, che  avesse  Dafno  ricevuto  da'suoi 
maggiori  una  chiesa  già  fornita  di  chiari 
soggetti,  mentre  tra  gli  esorcisti  ,  ullinio 
grado  del  clero,  conlavasi  Vittore  degno 
d'aver  luogo  in  quella  ragguardevole  sa- 
gra adunanza  de' vescovi  d'occidente.  Chi 
a  Dafno  successe,  s'  ignora;  né  si  conosce 
se  o  Dafno,  com'è  credibile,  o  altro  vesco- 
vo, reggesse  (|uesta  chiesa  (|unndo  fu  ce- 
lebrato il  I ."  concilio  in  Vaison,  poco  do- 
po il  i."  concilio  generale  di  Nicea.  Dopo 
l'intervallo  di  più  d'un  secolo  trovasi  Au- 
spicio vescovo  di  Vasone  nel  concilio  te- 
nuto aUiez  nel  4^9»  •'*  quello  d'  Grange 
del  440,  e  nel  2.°di  Vaison  del  44'^'-  ^^''"" 
no  credulo  alcuni,  che  quest'ultimo  con- 
cilio debba  dirsi  Fasatensc,  come  tenuto 
in  Hazas  città  vescovile  di  Guascogna;  ma 
ciò  è  lontano  dal  verosimile,  mentre  e 


VAI 

cerio  che  i  vescovi  intervenuti  erano  deU 
lei  provincia  ecclesiastica  d'Arles.  Inoltre 
questo  prelato  è  senza  dubbio  quell'Au- 
spicio, che  con  ahri  vescovi  delia  metro- 
poli d'Arles  consagiòRavennio  arcivesco- 
vo di  quel  la  chiesa  nel  449»  <^<^'^»  cui  scris- 
se Papa  s.  Leone  I.  In  quest'ultimo  anno 
sticcesse  ad  Auspicio  il  vescovo  Fonteio, 
lodato  per  umanità  e  dottrina  da  Sido- 
nio  Apollinare  nei  lib.  7,  Epist.  ^idì  lui 
si  fa  pur  menzione  nel  ^ji:  l'assedio  che 
a  suo  tempo  fece  Genserico  re  de'vandali 
alla  città  Vasalense,  meglio  si  deve  rife- 
rire a  Bazas,  la  quale  dicendosi  in  latino 
Vasatiirn  e  Basatimi  ,  più   volte  dagli 
scrittori  fu  confusa  con  Vasio  o  Vaìson^ 
la  quale  fu  anche  detta  Vasense  ,  e  nel 
diploma  di  Pietro  IH  di  donazione  alla 
chiesa  di  Nizza,  leggo  Petro  J^asensis  E- 
piscopus.  Ethilio  o  Sestilio  vescovo  in- 
tervenne al  3.**  concilio  d'Orleans:  non  si 
conosce  se  fu   immediato  successore  di 
Fonteio.  Bensì  nel  5o9  occupò  la  sua  se- 
de GemellojSecondo  i  Sanmartani,il  qua- 
le nel  5i  7  sottoscrisse  il  concilio  d'Epao- 
ria,  nel  qual  tempo  essendo  morto  iuVai- 
son  il   prete  Euiipiodi  27  anni,  da  que- 
sto rilevasi  essere  ancora  la  città  sotto  il 
dominio  degli  ostrogoti  che  l'aveano  oc- 
cupata, perchè  il  concilio  d'Agde  aduna- 
lo nel  regno  de' visigoti,  esigeva  3o  anni 
per  ordinarsi  sacerdote.  E  verosimile  che 
questo  vescovo  di  Vaison  fosse  quello  tro- 
vatosi nel  524  al  4-°  concilio  d'Arles,  re- 
gnando l'ostrogoto  re  Teodorico.  Alethio 
che  gli  successe,  probabilmente  assistè  nel 
528  al  S.**  concilio  di  Vaison:  inoltre  è  re- 
gistralo il  suo  nome  negli  atti  del  2.°  con- 
cilio d'Oiange  del  529,  e  in  quelli  d'Or- 
leans del  54 1 .  Di  S.Teodosio  suo  successo- 
re altra  memoria  non  resta, se  non  che  per 
l'eccellenza  dell'integrità  de'suoi  costumi, 
e  per  la  copia  de'miracoli  in  cui  risplen- 
dè dopo  morte,  venendo  ascritto  Ira'san- 
iiah  immemorabili.  SoUoscnsse  il  con- 
cilio d'  Arles  del  552  o  554  P?^'  mezzo 
di  s.  Quinidio  [F .)  di  Vaison  ,  arcidiaco- 
no di  sua  chiesa,  che  vi  assistè  come  prò- 

VCL.  LXXXYII. 


VAI  n3 

curatore  suo,    regnando  allora  nel  Ve- 
naissino  e  in  Avignone  Childeberto  1  re 
de'franchi  residente  in  Parigi.  Invecchia- 
tosi  il  vescovo,  per  le  viilìi  di  s.  Quinidio 
e  il  desiderio  del  popolo  lo  prese  a  coadiu- 
tore, e  gli  aflìdò  l'amministrazione  della 
diocesi.  Il  servo  di  Dio  fu  chiaro  per  emi- 
nenti virtù  ;  aveano  precorso  la  sua  na- 
scita celesti  apparizioni  e  profezie,  onde 
la  madre  prima  che  venisse  alla  luce  l'of- 
frì a  Dio;  e  fu  tale  che  riempì  colla  ce- 
lebrità del  suo  nome  non  meno  Vaison, 
che  le  città  vicine  e  le  regioni  Alpine  ma- 
rittime. Poco  dopo,  morto  s.  Teodosio  nei 
5SQ  o  nel  56 1,  s.  Quinidio  divenne  ve- 
scovo della  patria,  e  assistè  al  concilio  di 
Parigi  del  572  0578.  Governava  Avigno- 
ne colle  sue  dipendenze  il  patrizio  Ennio 
Mommolo,  figlio  di  Penio  conte  d'Auxer- 
re,  il  quale  con  A  nsberto  era  nato  da  Fer- 
reolo  e  da  Industria  o  Deuteria  figlia  di 
Clodoveo  I  re  de'  franchi.  Ansberto  di- 
venne duca  d'Austrasia,  e  dal  suo  figlio 
Arnoaldo  nacque  s.  Arnoldo  padre d'Ar- 
segiso,  avo  di  Pipino  da  cui  ebbe  i  natali 
Cai  lo  Martello  avo  di  Carlo  Magno.  Ora 
Mommolo  recandosi  in  Vaison  ,  reduce 
dalla  vittoria  ottenuta  sui  longobardi  nel 
Delfìnato  ,  per   lungo  tratto  s.  Quinidio 
r  incontrò  con  gran  pompa  e  ossequio. 
L'  orgoglioso  Mommolo  nel    congresso 
ch'ebbe  luogo  nella  città  si  oifese ,  non 
credendosi  abbastanza  onorato,e  montato 
infuria  aspramente  maltrattò  il  santo  pa- 
store. Questi  temendo  piìi  pel  gregge,  che 
per  la  propria  vita,  si  ritirò  nella  sua  ca- 
mera e  con  umili  e  fervide  preghiere  si 
rivolse  a  Dio.  L'inseguiva  Mommolo  con 
animo  ostile,  quando  s'intese  tocco  dalla 
mano  divina,  compreso  di  terrore,  man- 
car le  forze  e  i  sensi.  Caduto  io  mortale 
agonia,  cede  la  sua  superbia  al  timore  di 
mancar  di  vita  ,  e  fattosi  portare  nella 
stanza  di  s.  Quinidio,  gli  domandò  perdo- 
no e  il  ricupero  della  sanità.  L'uno  e  l'al- 
tra tosto  ottenne  dal  misericordioso  pre- 
lato ,  bensì  ammonendolo,  che  in  avanti 
venerasse  Cristo  nella  persona  de'  suoi 

8 


idrtS/P/irvt/ì^.    t'osi. 


ii4  V  A  ! 

saceiiloli  e  non  più  gli  oltraggiasse.  Mo- 
vi s.  Quinidio,  celebre  per  insigni  mira- 
coli, per  vigilanza,  7elo  e  carità  pastora- 
le, n'  i5  f«!l)|jraio  578  o  T79,  nel  qual 
giorno  se  ne  celebra  la  festa,  ed  i  conoil- 
tidini  l'assunsero  a  loro  comprotettore.  A 
suo  onore  fu  fondata  iiu'obba/ia  subnr- 
bana.  E  chiamato  anco  Gcncsiì  in  una 
bulla  di  Pasquale  II  ,  e  in  altri  monu- 
iTienli  Clinidìo.  11  p.  Fantoni  lo  dice  ca- 
nonizzato da  Innocenzo  HI  con  solenne 
Canonizzazione.  In  tale  articolo  ripor- 
tando il  catalogo  de' santi  solennemente 
canonizzati da'Papi,  noi  trovai  compreso. 
Il  bealo  Barsio  o  Bartlio  ne  fu  successo- 
re ,  per  lesti «nonianza  del  Breviario  di 
l'aison.  Le  sue  virtuose  ge^la,  come  quel- 
le di  s.  Teodosio,  restano  ignorale,  solo 
essendone  gloriosi  i  nomi.  Artemio  che  gli 
successe  è  nominalo  nel  concilio  di  Ma- 
^on  del  58 1,  in  quello  di  Valenza  del 
584,eneirahrodi  Macon  del  585.Petro- 
Ilio  che  segue,  non  si  sa  se  immediatamen- 
te gli  fu  sosliluilo,  e  se  ne  fa  menzione 
nel  concilio  di  Chalons  del  65o.  Perdu- 
ti i  monumenti  de' successivi  vescovi  di 
Vaison,  s' ignorano  per  200  anni.  E  fa- 
Jiia  che  la  chiesa  cattedrale  <li  s.  Maria 
«li  Vaison  l'edificasse  Carlo  Magno,  pro- 
babilmenle  per  aver  l'antica  colla  città 
palilo  il  furore  de'saraceni,  dal  quale  ec- 
cidio si  credono  ancora  perdute  le  scrit- 
tine. Secondo  il  p.  Ctilouìbi,  ueir853era 
vescovodi  Vaison  SÌQ)plicio,in  teaq)0  del 
quale  Carlo  redi  Borgogna  e  di  Proven- 
za si  recò  a  Vaison  e  vi  fece  una  dona- 
zione. Egli  regnava  uell'868,  per  cui  al- 
cuni voglionocheciò  avvenisse  sotloil  ve- 
scovo successore  Elia,  il  quale  assistè  nel- 
r87f)  al  sinodo  di  Montala  nell'arcidio- 
cesi  di  Vienna,  in  cui  si  concesse  a  liosone 
il  titolo  di  re  del  nuovo  regno  della  Bor- 
gogna Cisjurana  e  d'Arles.  Umberto  se- 
deva nel  911,  come  scrive  il  Colombi,  e 
da'oìonumenti  della  chiesa  d'Arles  si  rac- 
coglie,che  ancora  reggeva  la  chiesa  di  Vai- 
son nel  985  e  nel  989;  ma  osserva  il  p. 
Euutoni,  che  conviene  credere  che  fosse 


VA  I 
nitro  Umberto  ,  essendo  impossibile  che 
un  medesimo  vescovo  governasse  78  an- 
ni. Benedetto  I  vivea  nel  996,  essendo  ri- 
cordalo nelle  lettere  di  Benetletto  Vili  a 
favore  del  monastero  di  Monte  Maggio- 
re. Almerado  nel  1  oo3,  Pietro  I  nel  1 009, 
Imbeito  nel  1026:  ne'calaloghi  episcopa- 
li si  leggono  i  soli  loro  nomi.  Ad  Imber- 
to  successe  Pietro  11  ,  e  di  lui  si  fa  me- 
moria nell'antiche  scritture  di  s.  Vittore 
di  Marsiglia  sotto  gIianniio4o,  io43  e 
io44-  J^gli  acquistò  per  se  e  pe' vescovi 
successori  il  dominio  lecnporale  della  me- 
tà di  Vaison,  per  donazione  di  Goffredo 
e  di  Bertrando  conti  di  Provenza,  come 
riferisce  la  bolla  di  Pasquale  11  neh  108 
diretta  al  vescovo  Rostaguo,  nella  quale 
inoltre  si  attesta,  che  il  dominio  dell'altra 
metà  di  Vaison,  prima  di  Pietro  II  e  da 
lungo  tempo  già  apparteneva  a'vescovi  di 
Vaison.  Benedetlo  11  sticcesse  a  Pietro  II, 
indifiorìPielro  111  cognominaloPiaimbal- 
do,nelio56intervenne  al  concilio  di  S.Gil- 
les o  Egidio  sul  Rodano,  e  nel  1 060  donò 
a'monaci  di  Marsiglia  la  badia  de'ss.  Pie- 
tro e  Vittore  posta  nella  sua  diocesi.  Di 
questo  Pietro  111  diverse  notizie  si  ponno 
leggeienel  t.  4  delle  Monumenta  Histo- 
riac  Patriae.  Ivi  si  dice  figlio  di  Raim- 
baldo  oriundo  di  Nizza  ,  il  quale  per  de- 
naro procurò  al  figlio  in  età  molto  ver- 
de il  vescovato  di  Sisleron,  come  ricco  e 
polente  parente  de' conti  di  Forcalquier 
e  di  Provenza;  dipoi  passò  alla  sede  di 
Vaisou.  Di  più,  che  a'  i5  ottobre  i  o4o 
intervenne  co'vescovi  dell'Alpi  marini  me 
alia  consagrazione  della  riedificata  chie- 
sa di  s.  Villoredi  Marsiglia,  onorala  dal- 
la presenza  di  Papa  Benedetlo  IX.  Nel 
1  073  donò  al  vescovo  di  Nizza  Raimon- 
do e  successori  il  castello  e  pertinenze  di 
DrappOjil  quale  lo  goderono  con  titolo  di 
conti,  esistendo  una  lega  e  mezza  da  Niz- 
za, e  ciò  per  lasciar  di  se  benefica  memo- 
ria nella  patria  cattedrale.  In  segno  poi  di 
gralitudine,  Pietro  111  ricevèda  Baimon- 
do  due  cappe  vescovili  ed  un  bastone  pa- 
storale probabilmente  d'argento.  Sem- 


VA  I 

bra  merlo  nel  1 098  circa,  die  hai.  scpt.y 
dopo  esserrieslalo  uno  de'lulori  d'Ernien- 
gaudo  possente  conte  d'Urgeljfjglio  d'Er- 
niengaudo  del  Gerbo.  Rosfagno  gover- 
nava questa  chiesa  neli  io8,  com'è  ma- 
nifesto dalla  bolla  di  Papa  Pasquale  If, 
dalla  quale  rilevasi  che  la  cattedrale  di 
Vaison  era  dedicata  alla  B.  Vergine  Ma- 
ria ;  e  che  la  badia  di  s.  Quiiiidio  esisteva 
fuori  della  città.  Nel  1 1 1 7  Roslagno  donò 
alcune  chiese  a  s.  Vittore  di  Marsiglia. 
Ne  fu  successore  Berengario  1  di  Mornas, 
nativo  o  signore  di  quel  luogo  del  Vene- 
sino,  ed  è  nominato  dal  1  i5i  al  i  lyS  : 
Raimondo  V  conte  di  Tolosa  nel  i  1 60  lo 
cacciò  da  Vaison  e  lo  spogliò  del  dominio 
della  città,  e  di  tutte  V  altre  terre  e  ca- 
stella che  appartenevano  alla  sua  chiesa, 
anzi  deformò  la  città  medesima  con  al- 
cuni incendi.Bertrando  I  deLambesco,di 
stirpe  chia rissima jdi  gran  potenza  e  d'am- 
pie facoltà  in  Provenza,  sedeva  neli  178 
e  fu  testimonio  dell'atto  pubblico  con  cpi 
r  imperatore  Federico  I  concesse  a  R.ai- 
iDondo  arcivescovo  d'Arles,  a'suoi  cano- 
nici e  clero  V  immunità  ed  esenzione  da 
ogni  peso  civico  e  municipale.  Egli  ricu- 
però alla  sua  chiesa  quanto  avea  usur- 
palo il  conte  di  Tolosa,  e  colla  forza  del- 
l'armi al  riferire  del  Colombi.  Tali  ricu- 
perali dominii  li  godè  pacificamente  per 
tutta  la  sua  vita,  e  nel  1 18  i  confermò  la 
donazione  della  terra  di  Manosco,  falla 
allo  spedale  di  s.  Gio.  Gerosolimitano  da 
Guglielmo  conte  di  Forcalquier.  Beren- 
gario II  di  Reilane,  della i.'  e  più  poten- 
te nobiltà  del  contado  di  Forcalquier,  gli 
successe  intorno  al  i  i85;  continuò  da 
principio  nel  pacifico  possesso  di  Vaison, 
ma  verso  il  1 187  ne  fu  espulso  da  Rai- 
mo V  conte  di  Tolosa,  che  ne  riprese  di 
prepotenza  il  dominio,  e  ciò  avvenne  pel 
seguente  caso.  Avea  mandato  il  conte  o- 
perai  in  Vaison  per  fabbricare  sulla  som- 
mità del  monte  ov'era  il  castello  di  Vai- 
son una  fortificazione  ,  chiamata  Escar* 
razonata.  Essendo  riguardato  da  Beren- 
gario lai  fallo  di  pregiudizio  e  danno  al- 


VAI  ii5 

la  sua  chiesa,  e  insieme  altentatorio  alla 
giurisdizione  episcopale,  ne  vietò  i  lavori 
alle  genti  del  conte;  ma  non  ostante  il  di- 
vieto, d'ordine  del  conte  continuando  es- 
si a  lavorare,  il  vescovo  fulminò  la  scomu- 
nica contro  di  loro.  Allora  cessarono  gli 
operai  dal  lavoro,  ed  abbandonarono  il 
luogo.  Il  vescovo  fece  trasportare  al  suo 
palazzo  tutti  i  legnami  ammassali  per  la 
costruzione  ,  onde  valersene  a  far  fuoco. 
Perciò  irritato  il  conte,  occupò  coU'armi 
Vaison,  Cresleto  e  Rastello.  L'espulso  ve- 
scovo rilirossi  in  Enlrechaux,  altra  terra 
del  vescovato  ,  ft  riunitivi  i  canonici  e  i 
preti  della  diocesi,  ivi  scomunicò  il  con- 
te Raimondo  V,ed  interdisse  con  senten- 
za tutte  le  terre  che  possedeva  nella  dio- 
cesi di  Vaison. Morto  Berengario  nel  1  1 9 1 , 
il  successore  Guglielmo  I  di  Landuno,  di. 
casa  potentissima  dell' Occilania  o  Lia- 
guadoca,  ricuperò  la  città  e  le  terre  del 
vescovato,  ma  è  incerto  se  coli'  armi ,  o 
col  credilo  della  famiglia,  ch'era  in  clien- 
tela de'conti  di  Tolosa.  Morto  Guglieluio 
neliigS,  mentre  con  pianto  universale 
della  città  si  portava  il  cadavere  alla  cat;- 
tedrale,  sopravvennero  le  milizie  lolosane 
di  Raimondo  V,  e  prima  occupalo  a  vi- 
va forza  il  palazzo  vescovile,  indi  s'impos- 
sessarono di  tutta  la  città  e  dell'altre  ter- 
re della  chiesa  di  Vaison;  prepotente  fat- 
to riprovevole,  solo  proprio  del  segreto 
fautore  degli  eretici  alhìgesi.  Benché  fos- 
se eletto  vescovo  Raibaldo  Flotta  d'illu- 
stre sangue, stretto  parente  di  Guglielmo 
conte  di  f'^orcalquier,  tanto  Raimondo  V, 
quanto  Raimondo  VI  suo  figlio  e  suc- 
cessore nel  f  195,  e  peggiore  del  padre, 
continuarono  a  ritenere  tirannicamente 
il  possesso  delle  terre  vescovili  e  l'episco- 
pio; di  più  osarono  edificare  nell'alto  del 
monte  una  torre,  la  quale  ingrandì  o  for- 
mò il  castello  di  Vaison,  e  ciò  fecero  col 
denaro  che  ritrassero  dal  grano  e  dal  vi- 
no che  R.aimondo  V  avea  trovato  in  det- 
to palazzo  dopo  la  morte  di  Guglielmo» 
Dipoi  nel  1209  il  conte  Raimondo  VI  fu 
coslrello  di  restituire  al  vescovo  Raibaldo 


ii6  VAI 

le  terre  usurpale,  ma  non  sodilisfece  a' 
danni  recati  da  lui  e  dal  padre  a'  beni 
del  vescovo  e  de'canonici;  ad  onta  die  nel- 
l'atto deli'assotuzionee  liconciliazione  del 
òonte  culla  chiesa,  seguila  in  s.  Gilles,  glie- 
ne fosse  dal  cardinal  Milune  legalo  d'in* 
lìoccuzo  111  espressamente  ingiunta  la 
soddisfazione.  Quindi  per  provvedervi 
giuridicamente,  il  Papa  deputò  Raimon- 
do vescovo  d'Usez,  ed  allo  stesso  effetto 
r  imperatore  Ottone  IV  deputò  Michele 
arcivescovo  d' Arles.  Il  vescovo  d' Usez 
subdelegò  Guglielmo  vescovo  d'Orange, 
acciocché  in  sua  vece  e  come  più  vicino 
prendesse  ledebiteinformazioni.  Avendo 
Guglielmo  esaminati  io8  testimoni,  so- 
pra tutto  il  corso  della  persecuzione  de' 
conti  di  Tolosa,  ne  trasmise  le  deposizio- 
ni al  vescovo  d'Usez,  il  quale  come  lega- 
to ponlifìcio  le  mandò  all'arcivescovo  di 
Arles  delegato  imperiale,  riportando  l'at- 
to il  p.  Fantoni  nel  t.  2,  p.  355.  Scrisse  il 
p.  Colombi,  che  Raimondo  Flotta  eletto 
"vescovo  di  Vaison  neli2i2  intervenne  ai 
concilio  di  Lavaur,  nella  causa  di  Pietro 
11  re  d'Aragona  prolettore  di  Raimondo 
VI;  ma  la  qualilica  di  eletto  è  erronea, 
perchè  già  era  ordinato  da  parecchi  an- 
ni. Rinaldo  Flolta  è  l'eletto  di  Vaison  che 
trovossi  in  detto  concilio,  e  scrisse  cogli  al- 
tri vescovi  ad  Innocenzo  Ili ,  onde  Rai- 
mondo era  già  morto.  Guido  era  vesco- 
vo nel  1 24 1^  come  testifica  l'atto  dell'o- 
maggio, che  alla  sua  presenza  rese  in  quel- 
l'anno Raimondo  Vii  contedi  Tolosa  al 
vescovo  d'A  Iby.Faraudo  da  canonico  del- 
la chiesa  di  Vaison,  fattone  pastore  do- 
po la  morte  di  Guido ,  nel  i25o  eresse 
nella  cattedrale  di  Vaison  un  altare  in  o- 
nore  di  s.  Quinidio.  E  perchè  tra' vesco- 
vi di  Vaison  e  i  conti  di  Tolosa,  antichi 
signori  del  Venesino,  irbn  era  ancora  com- 
posta la  controversia  intorno  al  dominio 
della  cillà  di  Vaison  e  di  3  altri  castelli, 
Alfonso  conte  di  Poitiers  ,  fratello  di  s. 
Luigi  IX  re  di  Francia,  che  in  virtù  del- 
la pace  di  Parigi  era  succeduto  nella  con- 
tea di  Jb/o^^  (articolo  che  va  tenuto  pre* 


VAI 

sente  per  chiarire  quanto  vado  narran- 
do, altrimenti  sembrerebbe  che  la  s.  Se- 
de non  dominasse  più  laconica  Venaissi- 
na)  al  suocero  Raimondo  VII,  ed  in  vir- 
tù del  diritto  ereditario  di  Giovanna  sua 
consorte,  nel  dominio  del  Venesino,  con- 
seguilo per  investitura  vitalizia  concessa 
da  Papa  Innocenzo  IV,  volle  piamente 
terminarla  col  voto  e  arbitraggio  d'alcun 
soggetto  per  integrità  d'animo  e  per  dot- 
trina riputalissimo.  Tale  in  quel  tempo 
era  sopraltulti  ammirato  nella  Gallia 
Guido  di  Fulcodio  Gross  di  s.  Gilles,  il 
quale  pe'gradi  di  varie  prelature  nel  1 265 
divenne  Papa  Clemente  IV.  In  lui  dun- 
que si  compromisero  il  conte  Alfonso  e 
il  vescovo  Faraudo,  a  tale  effetto  trasfe- 
ritisi in  Mimes  il  vescovo  stesso  ,  e  Rai- 
mondo Gaucelino  siniscalco  del  Venesi- 
no per  parte  del  principe.  Assunto  da 
Guido  Gross  l'arbitrato,  ordinò  che  il  ve- 
scovo fosse  messo  in  possesso  del  forte  di 
Vaison  e  d'ogni  altra  cosa  contenziosa, vo- 
lendo forse  così  soddisfare  alle  violenze 
per  r  addietro  usale  da' conti  tolosani  a* 
vescovi  predecessori.  Indi  discusse  matu- 
ramente le  ragioni  dell'  una  e  dell'altra 
parie,  e  decretò  poi  definitivamente.  Che 
il  vescovo  rimettesse  nelle  mani  del  con- 
te il  forte  di  Vaison.  Assegnò  al  conte  i  da- 
zi, tranne  quello  del  piombo,  e  d*  un*  er- 
ba tingente  in  rosso  i  panni,  della  quale 
dichiarò  appartenere  la  gabella  al  vesco- 
vo. A  questi  inoltreaggiudicò  l'intera  giu- 
risdizione del  mero  e  misto  impero,  nelle 
cause  civili  e  criminali,  in  quella  parte 
della  città  eh*  era  chiamala  Regione  del 
f^cscovo,  esclusone  allatto  il  conte.  Al- 
l'incontro nella  parte  della  città  che  no- 
minavasi  Regione  del  Conte  distinse  la 
giurisdizione,  con  attribuirgli  quanto  ap- 
partiene al  mero  impero,  cioè  la  cogni- 
zione de'delitti  capitali, di  quelli  pe'  qua- 
li il  diritto  ingiunge  mulilazione  d'al- 
cun membro,  e  d'  ogni  altro  delitto  ove 
concorra  l'effusione  del  sangue  e  la  frat- 
tura dell'ossa.  Al  vescovo  die  inoltre  0- 
gni  altra  giurisdizione  contenziosa  «  vo- 


VA  I 

lontaria.  Di  più  ordinò,  che  se  nelle  cau* 
se  riservate  alla  giurisdizione  del  conte, 
ossia  nella  sua  regione  ,  si  procedesse  ad 
alcuna  confisca,  fossero  i  beni  mobili  del- 
la caoaera  del  conte,  e  gl'immobili  della 
camera  del  vescovo.  Inllne,  dopo  alcuni 
altri  regolamenti, coneluse  con  sentenzia- 
re, che  il  vescovo  terrebbe  in  feudo  ono- 
rario dal  conte  tutta  la  signoria  e  giuris- 
dizione di  Vaison,  di  Cresteto,  di  Rastel- 

10  e  d'Entrechaux.  Così  Guido  Gross  ter- 
minò a'3o  dicembrei25i  l'anticae  gra- 
ve controversia  in  Parigi.  Tentò  d'infran- 
gere questa  composizione  il  siniscalcoGio* 
vanni  Arsisio,  successore  del  Gaucelino, 
attentando  sulla  giurisdizione  vescovile 
colla  fabbrica  d'un  molino.  Ma  se  ne  dol- 
se il  principe,  più  giusto  che  il  suo  mini- 
stro nel  Venesino_,econ  l'opera  di  fr.  Pie- 
tro Ruzato  domenicano,  da  lui  delegato 
come  pieno  d'  integrità  e  sapere,  resiò 
prontamente  spenta  quella  scintilla  di 
scissura,  e  con  sua  risoluzione  confermò 
e  convalidò  il  decretato  da  Guido  Gross. 
Nel  1262  il  vescovo  Feraudocomposean- 
cora  una  divergenza,  che  intorno  ad  al- 
cune decime  verteva  tra  il  suo  vescovato 
e  i  monaci  di  Vaireas,  e  stabilì  la  pace  col 
capitolo  della  cattedrale,  mediante  l'  ar- 
bitrato di  Giovanni  Ili  vescovo  d' Avi- 
gnone. Il  successore  Giraudo  o  Geraldo I 
de  Libra,  compose  anch'esso  nel  1 27  i  al- 
cuni litigi  co'cavalieri  gerosolimitani,  che 
avevano  nella  diocesi  di  Vaison  due  pre- 
cettorie  o  commende,  Tuna  di  s.  Romano 
di  Malegarde  e  l'altra  di  Villadio,  ambe- 
due nel  contado  Venaissino.  Bertrando 

11  sedeva  nel  1280.  Giraudo  o  Geraldo 
li  gii  sHiccesse  dal  1287  al  1  295,  il  quale 
nel  1292  fece  una  convenzione  con  Richa- 
no  commendatore  o  piecellore  de'cava- 
lieri  templari  in  R.oays,  per  la  deviazione 
<leir  acqua  dell^  Ouveza  o  Ovasio  ossia 
Loueze,  nel  luogo  di  Raslello.  Nel  1296 
fucollocalo  nella  sede  Raimondo  I  di  Bei- 
monte,  ed  allora  per  tutti  i  beni  immo- 
bili esigette  e  ricevè  l'omaggio  da  nobili 
e  da'ciltudiui  del  suo  dominio,  tia'quaU 


VAI  117 

due  lo  prestarono  in  piedi  al  vescovo,  pa- 
rimenti stando  dritto,  dandogli  il  bacio 
di  fedeltà  in  bocca: essi  furono  Guglielmo 
Artaud  e  Guglielmo  Catalan  di  Vaison. 
Gli  altri  fecero  i'  omaggio  in  ginocchio, 
sedendoli  vescovo,  e  gli  baciarono  il  pol- 
lice della  mano  destra;  dilFerenzadi  nota- 
bile prerogativa.  Per  ultimo  comparve  a 
fare  la  medesima  prestazione  Leonetto 
ebreo  abitante  di  Vaison,  giurando  però 
come  leggesi  nell'  atto,  super  s.  Legein 
Moysis  ab  ipso  corporaliter  propria  ma- 
mi  tactam.  Neli3oo  procede  Raimondo 
contro  gli  eretici  valdesi  di  Vaireas.  Sot- 
to il  suo  vescovato  eletto  Papa  neli3o5 
Clemente  V  de  Goth  arcivescovo  di  Bor- 
deaux, chianjò  i  cardinali  in  Francia  e 
con  istupore  universale  fissò  la  sua  resi- 
denza in  Avignone,  per  essere  vicina  al 
contado  Venaissino,  con  funeste  conse- 
guenze; indi  visitò  il  contado  Venaissino 
e  Vaison,  facendo  coniar  monete  col  nome 
di  Clemente  F  conte  del  Fenaissin.  Nel 
i33o  divenne  vescovo  Giovanni  di  Co- 
iardano,  traslato  ad  Avignone  residenza 
papale  neh  335.  Nel  seguente  già  lo  era 
Gozio  B attaglia  o  Battaglini  (ì^.)  rimi- 
nese  ,  poi  creato  cardinale.  Nel  i336  gli 
successe  Raterio,  il  quale  vendè  ad  Um- 
berto Delfino  di  Vienna  due  quarte  par- 
li della  terra  di  Propiac,  chetale  principe 
teneva  in  feudo  dalla  chiesa  di  Vaison  fi- 
no dal  1296.  All'incontro  Umberto  costi- 
tuì per  cambio  a  Raterio  e  suoi  succes- 
sori ,  sul  dazio  della  terra  di  Nione,  uà 
censo  annuo  di  io  fiorini  d'oro  delfinesi 
da  pagarsi  il  giorno  d'Ognissanti. Nel  i  34o 
Benedetto  XII  inviò  Raterio,  con  Rober- 
to patriarca  di  Costantinopoli,  a  Roberto 
il  Saggio  re  di  Sicilia  di  qua  dal  Faro, 
ed  a  Pietro  IV  re  d'  Aragona  occupalore 
della  Sicilia  di  là  dal  Faro,  per  compor- 
re tra  loro  la  pace:  ma  venendo  da'mes- 
sinesi  respinti  dal  porlo  i  nunzi  pontifìcii, 
questi  ripassato  il  Faro  fulminarono  con- 
tro di  essi  l'interdetto.  Indi  a' io  ottobre 
1341  Raterio  fu  traslato  al  vescovato  di 
MonU  Cassino.  Ebbg  a  successore  fr.  Pie- 


ii8  VAI 

tro  de  Casa  o  de  Cesis  di  Limoges  giù  ge- 
nerale de*  carmelitani ,  caro  a  Clemeiile 
VI  per  suhliinilà  didoUrinn,  vigor  d'elo- 
quenza e  salitila  di  costumi,  onde  io  pro- 
iiìossea  patriarca  di  Genisalemme,  e  mo- 
rì a*3  agosto  1348,  illustrando  Dio  la  sua 
tond)a  con  gran  copia  di  miracoli.  Il  Sua- 
lez,  poi  di  Ini  successore,  attesta  essere  di- 
voto costume  del  popolo  diocesano,  di  ra- 
dere la  polvere  di  sua  statua  e  sepoltura, 
per  servirsene  di  potente  rimedio  in  di- 
versi morbi.  Da  Grasse  di  Provenza  vi 
ili  trasferito  Pietro  di  Berretto  della  Gal- 
lia  Narbonese,  ond'esser  più  vicino  ad  A- 
vignone,  qual  confessore  di  Gleraenle  VI. 
Senza  dubbio  fu  atich'  egli  carmelitano, 
anzi  il  Gesiiero  erroneamente  lo  vorrebbe 
maestro  del  s.  palazzo,  uffizio  proprio  de' 
tloQienicani  :  la  sua  dottrina  e  altri  pregi 
resero  cbiara  la  sua  memoria.  Nel  i356 
Lorenzo  d'  Aibiac,  cui  successe  nel  i  362 
Giovanni  Morelli.  A  questi  ed  a  Giovan- 
ni arcivescovo  d'Aix  commise  Urbano  V 
di  compilare  il  processo  informativo  del- 
la santità  di  vita  ede'roiracoli  della  bea- 
ta Delfina  conlessa  d'Ariano.  Nel  1376, 
secondo  1'  Ugbelli ,  da  Orvieto  vi  fu  tra- 
slato Pietro  Borrio  della  Gallia  Narbo- 
nese. Ebone  fu  creato  vescovo  di  Vaison 
nel  1372  0  nel  1375  da  Gregorio  XI,  il 
quale  Papa  partendo  d'  Avignone,  a' 17 
gennaio  1377  '"'stabilì  la  residenza  ponti- 
ficia in  Roma.  Ma  nel  1  378  contro  il  suc- 
cessore Urbano  VI,  insorti  i  cardinali  fran- 
cesi contro  di  lui,  perchè  acerbamente  gli 
an»moniva,  mentre  sospiravano  il  delizio- 
so soggiorno  di  Provenza,  a'20  settendjre 
scismaticamente  elessero  in  Fondi  l'anti- 
papa Clemente  VII.  Questi  portatosi  co* 

ribelli  cardinali  in  Avignone  vi  stabilì  una 

o 

perniciosa  cattedra  di  pestilenza,  che  die 
origine  e  sostenne  il  deplorabile  e  grande 
Scisma  (/' .)  d'occidente,  e  divise  i  fedeli 
Tìt\i' Ubbidienza  (F.),  Ira'Papi  di  Roma 
e  gli  antipapi  d'Avignone.  La  Francia,  la 
Provenza,  il  Venaissino  seguirono  l'avi- 
gnonese.  Raimondo  11  si  vuole  che  fosse 
vescovo  di  Vuisou  uel  1 38o,ueirubbidiea- 


VA  I 

za  del  psendo  Clemente  VIL  Radolforeg- 
geva  la  sede  nel  i  397  e  nel  1  4"  •  nelTan- 
tipontificatodi  Benedetto  Xili.  Neli4oi 
è  pure  registrato  Guglielmo  11.  Il  falso  Be- 
nedetto XllI  a*  26  luglio  i4o6  dichiarò 
vescovo  fr.  Guglielmo  Ili  di  Passeraio  re- 
ligioso d'ordine  incerto.  Nel  Diario  Va- 
licano di  qtiell'antipapa,  si  narra  che  di- 
morando egli  in  Villafranca,co'due  anli- 
cardinali  di  Pamplona  e  Fiesco,  vi  tenne 
concistoro  e  provvide  di  prelati  le  chie- 
se vacanti  di  Cavaillone  di  Vaison,  dan- 
do a  questa  per  pastore  Guglielmo  III. 
Per  l'eleiione  d'Alessandro  V  seguila  in 
Pisa  nel  i4<^9>  ^^  istituita  la  legazione 
apostolica  ù' Avignone,  che  comprese  il 
contado  Venaissino,  mentre  il  deposto 
antipapa  Benedetto  XI II  si  ritirò  in  Pa- 
niscolaj  perchè  la  Francia^  la  Proven- 
za, Avignone  e  il  Venaissino,  abbando- 
nalo lo  scisma,  ritornarono  all'ubbidien- 
za del  Papa.  Intanto  Guglielmo  III  nel 
i4io  per  gran  somma  di  denaro  impe- 
gnò tutta  la  giurisdizione  temporale,  e 
tulle  le  reudite  e  frulli  de'  beni  di  sua 
chiesa,  a  Bernardone  de  Seriis  signore  di 
Malaucene  ,  di  che  fu  assai  biasimato. 
Morto  nel  i^i  i^  trovasi  vescovo  nel  i4'  2 
Ugo  di  Theysiacoodi  Theriaco  savoiar- 
do, ed  in  quell'anno,  giusta  il  costume  e 
l'obbligo  de'nuovi  vescovi ,  prestò  omag- 
gio e  giuramento  di  fedeltà  a  Giovanni 
XXIII,  nelle  mani  di  Giovanni  vescovo 
di  Valenza  e  rettore  del  Venaissino,  per 
la  città  di  Vaison  e  per  altri  castelli  di 
giurisdizione  temporale  del  vescovo.  Sul 
principio  dell' amministrazione,  Ugo  fu 
agitato  dalie  pretensioni  di  Gnrcioto  de 
Seriis,  fratello  del  defunto  Bernardo- 
ne; ma  compose  opportunamente  le  dif- 
ferenze il  legalo  d'Avignone  e  del  Ve- 
nesino  Francesco  arcivescovo  di  Narbo- 
na.  Possedeva  la  chiesa  di  Vaison  da  più 
di  3oo  anni  addietro  la  mela  della  ter- 
ra d'Enlrechaux,  ma  neli4i9  il  vesco- 
vo U^o  non  per  la  chiesa  ma  per  se  stes- 
so ne  comprò  il  domiuio  dell'altra  metà 
da  Giovauui  du  l^uy  o  del  Poggio  per 


V  A  I 

2024  fiorini  d'oro:  questa  metà  si  de- 
volse  al  Papa  Martino  V, essendo  morto 
Ugo  senza  eredi;  indi  dopo  8  anni,  d'or- 
dine di  Eugenio  IV,  fu  venduta  dal  le- 
gato cardinal  de  Foix  a  Bernardo  Gof- 
fredi  ;  poi  passò  nel  dominio  di  casa  Fo- 
gasse,  che  ne  possedeva  la  mela  ,  come 
feudatari  del  Papa,  essendo  per  l'altra 
mela  sub-feudaJari  del  vescovo  di  Vai- 
son.  Ebbe  Ugo  in  commenda  o  ammini- 
strazione il  vescovato  di  s.  Paul  Trois 
Chateaux,  eneli44o  ottenne  da  Euge- 
nio IV  che  fosse  unito  alla  chiesa  di  Vai- 
son,  unione  che  durò  poco.  Morto  Ugo 
in  Creslelo  neli44^>  S''  successe  subito 
Ponzio  de  Sade  nobile  d'Avignone,  pre- 
posto di  quella  cattedrale  e  vicegerente 
della  medesima  cillà,  poiché  vuoisi  che 
ne  fosse  coadiutore.  Neli44^  interven- 
ne con  molti  altri  vescovi  alla  celebre  in- 
venzione de'sagri  corpi  di  s.  Maria  ma- 
dre di  s.  Giacomo  e  di  s.  Maria  Sa  lume, 
alla  presenza  del  conte  di  Provenza  Pie- 
nato  d'Angiò,  re  pretendente  del  reame 
di  Napoli,  e  del  cardinal  de  Foix  legato 
d'Avignone,  che  la  promosse.  Assistè  nel 
14^7  al  concilio  d'Avignone,  e  terminò 
di  vivere  neli46g.  Ne  fu  successore  Gio- 
vanni di  Montemirabile,  referendario  e 
abbreviatole  apostolico, celebrò  nel  147^ 
il  sinodo  diocesano  in  Vaison,  e  fu  ili.° 
vescovo  di  questa  chiesa  sulFraganeo  d'A- 
vignone eretta  in  metropolitana  nel  i^'/5. 
Visse  Giovanni  per  lo  più  in  Roma  ,  e 
vi  morì  a'3 giugno  i479>^enendo  sepolto 
in  s.  Maria  del  Popolo  con  epitaffio  ri- 
prodotto dal  p.  Fanloni.  Nello  stesso  an- 
no Sisto  IV  gli  surrogò  Amalrico,  che  nel 
1482  rassegnò  il  vescovato,  e  lo  slesso  Pa- 
pa lo  conferì  a  Odone.  Indi  da  altra  chie- 
sa ignota  vi  fu  trasferito  Rolando,  che 
a'28  ottobre 1 485  rinunziò,  ed  allora  fu 
assunto  al  vescovato  fr.  Benedetto  de  Pa- 
ganoti  fiorentino  domenicano,  morto  nel 
i52i  e  tumulato  nella  chiesa  del  suo 
ordine  in  Vaison.  Girolamo  Scledo  o 
Schio  di  Vicenza,  che  gli  successe,  die  tali 
prove  di  virtù  a  Clemeule  Vii,  che  que- 


V  A  I  119 

sti  lo  tenne  per  alcun  tempo  in  suo  con- 
fessore e  per  nuiggiordomo  del  palazzo 
apostolico,  nel  quale  articolo  lo  celebrai 
pel  da  lui  operato  nel  terribile  sacco  di 
Roma,im piegato  dal  Papa  in  gravissime 
nunziature,  e  nel  1539  nella  Spagna  al- 
l'imperatore Callo  Y  per  la  pace  e  per 
stabilire  1'  abboccamento  con  Clemente 
VII  in  Bologna,  con  pieno  e  felice  e(Fello.~ 
Tornato  in  Roma,  n»entre  il  Papa  ne 
voleva  premiate  le  grandi  benemerenze 
colla  porpora,  morì  nel  1 532  e  il  cadave- 
re fu  trasportato  in  Vicenza,  e  sepolto 
con  onorifica  iscrizione  riferita  dal  p. 
Fan  toni.  Questi'inoltre  rileva,  che  ne' fu- 
nerali di  Roma,  mentre  il  cadavere  era 
esposto,  volle  il  Papa  che  due  servi  lo  di- 
fendessero dalle  mosche  con  ventagli, co- 
me praticasi  co'cardinali  defunti.  In  Vai- 
son restaurò  il  culto  divino  sommamente 
divenuto  negletto  nella  cattedrale  per  ne- 
gligenza del  capitolo,  e  dopo  vari  contra- 
sti lo  riordinò  col  consenso  e  soddisfazio- 
ne degli  slessi  canonici.  Neh  533  Tom- 
masoCortesi  da  Prato,  e  resse  questa  chic* 
sasino  al  I  55 1,  in  tempi  difficili  che  ri- 
chiedevano operosa  vigilanza  per  tener 
lontanigli  errori  serpeggianti  (\t  cnhi- 
nìstì-iigo no t li, cvin\e\'i  eretici.  Egli  si  com- 
pose con  Girolamo  Giuramando,  a  cui 
il  vescovo  Paganoti  avea  venduto,  con 
approvazione  di  Giulio  II,  la  metà  epi- 
scopale d'Entrechaux  ,  onde  ricevè  per 
la  lesione  del  contratto  il  compenso  di 
700  scudi  d'oro.  Giulio  III  gli  sostituì  il 
(iglio  Giacomo  Cortesi,  nato  da  legittimo 
matrimonio  di  Tommaso  prima  del  sa- 
cerdozio. Per  essere  cresciute  le  calamità 
de'tempi,  ebbe  d'uopo  di  attentamente 
vegliare  per  difendere  i  suoi  popoli  dal- 
l'eresia armata  e  sanguinaria  degli  ugo- 
notti.Onorato  ancora  del  titolo  di  patriar- 
ca d'Alessandria  in  partihus^  intervenne 
con  tali  gradi  al  concilio  di  Trento.  Res- 
se la  chiesa  di  Vaison  sino  al  1570  incoi 
morì  ,  avendolo  preceduto  nella  tomba 
Ir.  Raniero  Ceuli  domenicano,  figlio  di 
sua  sorella,  ch'egli  per  grazia  di  Pio  IV 


120  VAI 

area  nel  i56o  preso  a  coodiulore.  Nel 
medesiino  amio  fu  provveduto  di  que- 
sta chiesa  Guglielmo  Cheisoldi  nobilis- 
simo scozzese,  vescovo  di  Dublino  ed  e- 
sule  per  la  fede  cattolica  dalla  sua  sede 
e  dalla  patria,   pel  lacrimevole  scisma 
d'Inghilterra  e  di  Scozia.  Prelato  di  spec- 
chiata pietà,  la  resse  con  santità  e  pru- 
denza sino  al  i5cS4,irtCui  rinunziò  la  mi- 
tra per  la  cocolla  certosina  :  governò  sa- 
pientemente la  certosa  di  Lione,  e  morì 
priore  di  quella  di  Roma  nel  1 593.  Gu- 
glielujo  Cheisoldi,  nipote  del  precedente, 
iieli584  per  assenso  di  Gregorio  XIll 
ne  occupò  la  sede,  e  gli  fu  ancora  com- 
messo il  carico  di  rettore  del  Venaissi- 
no.  Essendo  stato  destinalo  nunzio  al  re 
di  Scozia  Giacomo  VI, die  in  luce  un  dot- 
to libro  contro  i  calvinisti-ugonotti,  e  mo- 
rì nel  1629.  Gii  successe  il  coadiutore 
Michele  Dalmerasdi  Linguadoca,  vesco- 
vo di  Filadelfia  in  partìbiis,  e  morì  in 
sua  patria  a' 16  aprile  1 633. Ne  occupò  la 
cattedra  il  dotto  ed  eruditissimo  Giusep- 
pe M."  Suarez  nobile  avignonese,  d'illu- 
stre origine  di  Cordova,  e  già  vicegeren- 
le  d'Avignone.  Egli  era  allora  coadiuto- 
re della  patria  metropolitana  e  camerie- 
re segreto  d'Urbano  Vili, a  cui  era  caris- 
simo, non  che  al  nipote  cardinal  Fran* 
Cesco  Barberini  legato  d'  Avignone;  ri- 
spettabile non  meno  per  illibati  costumi 
che  per  la  perfetta  conoscenza  delle  lin- 
gue greca  e  latina,  e  per  la  profonda  eru- 
dizione sagra  e  profana.  Riparò  le  chie- 
se, restaurò  la  disciplina  regolare  ne'mo- 
iiasteri  di   monache,  difese  dal  conta- 
gio eretico  la  sua  chiesa,  e  tolse  molti 
abusi   nella  diocesi.   Illustrò  ancora   la 
sua  chiesa  colla  corografia  della  dioce- 
si, descritta  elegantemente  in  metro  la- 
tino, ed   immortalò  il  suo  nome  colle 
sue  opere,  massime  snll*  antichità  eccle- 
siastica. Ilitiralosi  in  Roma  presso  il  car- 
dinal  Barberini,  quesù  quale  arciprete 
della  basilica  Vaticana  lo  nominò  vicario 
della  medesima  b'5  giugno  i665,  con- 
fermandolo il  nipol«  cardinal  Carlo,  do- 


VAI 

pò  avere  rassegnalo  nel  1666  il  vescova- 
to. Morì  in  Roma  nel  1677  e  fu  sepolto 
nel  cimiteriode'canonici  Vaticani.  Di  lui 
abbiamo:  i .  Diatriba  qune  um\'crsalis 
historiae.  synlaxini  et  auctoribu<:  grae- 
cis nondiim  editis  exhib('ljPav\iì'\<i  1 6  )o. 

2.  Descrizione  Ialina  della  città  d'Avigno- 
ne edellii  contea  Venaissinii,Lioiìei6  j>8. 

3.  Dissertazione  sul  nome  di  Tracala, 
che  un  antico  autore  die  a  Costantino, 
Roma  I  &^'j.  4.  Pracnestcs  aiitiquac^Ko- 
maei655.  5..Con/cctura  de  libris  de  1- 
mitatioìie  Chris  ti ,  eorumqae  auclorì- 
bus.  Pretende  in  quest'opera  che  cia- 
scun libro  di  essa  abbia  il  suo  autore  par- 
ticolare. 6.  Quattro  dissertazioni:  lai.* 
contiene  la  cronologia  delle  opere  di  s.  A- 
gostino;  la  2."  in  cui  pretende  ohe  l'o- 
pera di  quel  s.  dottore  contro  Giuliano, 
che  chiamasi  0/)iis  i/nperfectum,s\a  per- 
fetta, e  che  debbnsi  chiamare  0/)(is  per- 
fectumj  la  3."  tratta  dell'abito  che  i  car- 
dinali portano  in  conclave,  e  dell'etimo- 
logia del  nome  Fcslis  Crocea  j  nel  la  4.* 
parla  del  cardinale  Lahorante  intorno 
alla  sua  collezione  de'Canoni  col  titolo 
di  Compiialio  decretorum.  7.  La  tradu- 
zione degli  opuscoli  di  s.  Nilo,  con  note 
in  greco  e  latino,  Roma  1673.  8.  Tutto- 
ciò  che  trovasi  nel  Salterio  chiamato  di 
di  s.  Pietro,  nella  dissertazione  sugli  E- 
sapli  e  Ottapli  d'Origene  del  p.Rives  cap- 
puccino. Carlo  Giuseppe  Suarez  fratello 
del  precedente  e  canonico  della  metro- 
politana d'Avignone,  d' esempi  a  rissi  ma 
vita,  in  riguardo  de'meriti  del  fratello, 
Alessandro  VII  nel  1666  lo  fece  vescovo 
di  Vaison,  e  passò  a  miglior  vita  nel  i  670. 
Allora  Clemente  X  volendo  ccntiiiuaro 
questa  dignità  nella  famiglia  Suarez,  vi 
promosse  Lodovico  Alfonso  Suarez,  ni- 
pote de'precedenti.  ch'era  coadiutore,  co- 
me lo  era  dell'  altro  zio  Lodovico  M.' 
preposto  della  metropolitana,  ed  ezian- 
dio del  padre  Francesco  signore  d'Aula  n, 
decano  della  Rota  d'Avignone.  Con  esso 
il  p.  Fanloni  termina  la  sua  serie  de've^ 
«covi  di  Vaison.  Si  ponno  vedere  Diooi- 


V  A  I 
sio  SammartanijG^///^  Christiana:  Pro- 
vìncia ecclesiastica  Avenionensis  con- 
tinens  cUoeceses  Ai'enionensem,  Carpen- 
toractcnseni ,  Vasionenseniy  ec.  Luigi 
A  osel mo  Boyer,  Histoire  de  l'Eg lise  Ca- 
thcdrale  de  Maison  avec  une  chronolo- 
gie  de  toiis  les  E^'cques  qui  Uontgouver- 
«ee,  et  une  chorograpkie,  ou  descrip' 
tion  en  vers  latins,  etfrancois  des  villes, 
bourges,  villa ges^  paroisses,  et  chapel- 
les^qui  compose /it  se  diocèse,  Avigtion 
i^Si.  Giovanni  Colombi,  De  rebus  ge- 
stis  Episcoporum  Fasìoiiensìuin,  Liig- 
dunii  656.  Le  Notizie  di  Roma  y\^o\'ì?\' 
noi  seguenti  ultimi  vescovi.  Neil  708 
Giuseppe  Francesco  Giiallerocli  Carpen- 
trasso.  Nei  1 724  Lodovico  de  Goliorn  de 
Lapaiun  di  Carpentrasso.  Nel  1  748  Pao- 
lo Lupo  de  Sallleies  de  Fausseian  d'A- 
vignone. Nel  I  758  Francesco  de  Feles* 
sier  de  Saint-Ferreol  di  Visano  diocesi 
di  s.  Paul.  Nel  1786  Stefano  Andrea  de 
Fallotde  Beaupié  de  Beaumout  d'Avi- 
gnone,  succeduto  per  coadiutoria  avuta 
nel  f  782  col  titolo  in  partihus  di  vescovo 
di  Sebastopoli.  Neil 801  Pio  VII  pel  con- 
cordato soppresse  la  sede  vescovile  di 
Vaison. 

Concila  di  Vaison. 
Il  i."  secondo  il  Baronio  ha  confusi  gli 
atlicon(|uellidel  2.°edel  3.°,forse  fu  cele- 
brato nel  337  al  dire  di  Adone  a  tale  an- 
no, poco  dopo  ih."  concilio  generale  di 
Nicea,  da  Nettario  vescovo  di  Vienna,  o 
meglio  nel  seguente,  per  pubblicar  nella 
sua  provincia  le  sue  definizioni,  portate 
nella  Gallia  da  Nicasio  vescovo  di  Die, 
che  vi  assistè  mandatovi  da'vescovì  gal- 
licani. Tra  le  altre  cose  fu  ordinato  il 
canto  del  Trisagio,  e  che  in  tutte  le  chie- 
se si  canti  o  reciti  al  termine  de'  Salmi 
r  inno  della  glorificazione  della  ss.  Tri- 
nità: Gloria  Patri y  et  Filio,  et  Spiri- 
lui  Saneto,  con  l'appendice:  Sieuterat 
in  princìpio,  et  mmc^  et  semper,  et  in 
saecula  saeculorum.  Amen.  Aggiunta 
ordinata  dal  Niceno,e  quanto  al  dirsiilo- 
po  i  salmi  prescritta  dal  concilio  di  Vai- 


V  A  I  121 

son,  che  altri  attribuiscono  a  quello  del 
52C).  Dice  il  p.  Fantoni  aver  dato  occa- 
sione a  questo  canone  il  tenore  del  mede- 
simo. Et  quìa  non  solum  in   Sede  a  pò* 
stolica,  scd.  etiam  per  lotum  Orienlem, 
et  totani  Africani,  vel  lialiam  propier 
haereticorumastutiam,qua  Dei  Fdiiun 
non  semper  cuni  Patrefuisse,  sed  a  leni' 
pore  caepisse  hlasphemant,  in  omnibus 
clausulis  post  Gloria  Patri . . .  Sicut  e- 
rat. . .  Amen  dicitur:  etiam  et  nos  in  u- 
niversis  Ecclesiis  nostris  hoc  ila  dicen- 
dum  esse  decernimus.  Il  2.**  concilio  fu 
tenuto  nel  44^  ^  44^  ^'^^   novembre  , 
ma  ripeto  anche  su  questo  non  vi  è  cosa 
di  certo,  per  essere  in  uno  confusi  gli  alti 
di  tutti  e  tre,  come  notò  Baronio  all'an- 
no 825.  Alcuni,  come  rimarcai  di  sopra, 
vogliono  che  debba  dirsi   Vasense ,  altri 
Fasalensey  per  essersi  eziandio  confusi 
i  canoni  con  quello  di  Bazas,  al  dire   di 
Lenglef,  poiché  Bazas  in  latino  si  chia- 
mò pure  Fasatum  j  ct[[o  è  però   che 
v'intervenneAuspicio  vescovo  di  Vaison, 
cogli  altri  della  metropoli  d'Arles.  A  que- 
sto piuttosto  devesi  riferire  la  presiden- 
za di  Nettario  vescovo  di  Vienna.  Egli 
vi  predicò  pubblicamente  :  Che  il  Padre, 
il  Figliuolo  e  lo  Spirilo   Santo  non  han- 
no che  una  Natura,   una  Potenza,  una 
Divinità  e  una  Virtù.  Inoltre  questo  con- 
cilio fece  IO  canoni  per  la  disciplina  ec- 
clesiastica. Il  3  .**  concilio  fu  adunato  nel 
528  o  meglio  nel  52^  a'7  novembre.  Do- 
dici vescovi  fia'quali  eravi  s. Cesario  d'Ar- 
les, ed  anche  probnbilmente    Alethio  di 
Vaison,  vi  fecero  5  canoni.  Vi  si  ordinò 
che,  secondo  il  costume  d'Italia,  tutti  i 
sacerdoti  di  campagna  riceveranno  in  ca- 
sa loro  i  giovani  lettori,  che  sono  mari- 
tati, per  educarli  e  formarli  come  buoni 
padri,  facendo  loro  impararci  salmi,  leg- 
gere la  s.  Scrittura,  e  istruendoli  soda- 
mente nella  legge  di  Dio  per  prepararsi 
de'  degni  successori.  Meglio  già  ne  par- 
lai nel  voi.  LXllI,p.  3i3.  IlNovaes  nella 
Storia  di  s.  Damaso  /,  corregge  quelli 
che  ullribuirono  a  tale  Papa  il  doversi 


122  VAI 

dite  nel  fine  de'  snimi  la  dossologia  del 
Gloria  Filtri  [V.),  a  cui  il  Niceiio  ag- 
giunse il  Sicut  eratj  pei*  opporsi  agli  a- 
riani;  ed  aggiunge:»  Ma  il  dirlo  tulio 
nel  line  de'saijni  non  fu  slabilmente  co- 
mandalo dalia  Cliiesasì  preslo  couìc  al- 
cuni credono;  forse  non  fu  ordinato  pri- 
ma del  concilio  di  Vaison  in  Francia,  ca- 
libralo nel  529,  nel  quale  se  ne  Irova  la 
j /volta  il  decreto'Mnoltre  nel  concilio  di 
Vaison  si  ordinò  che  in  lulte  le  chiese 
delle  Galliesi  dicesse  nella  messa  la  pre- 
ghiera o  introito  Kyrie  elcison  (^'.),  ed 
eziandio  al  mattutino  e  al  vespero;  il  che 
meglio  slcibili  nelle  Gallie  il  concilio  di 
Uazas  neli'istesso  anno,  e  non  nel  1.529, 
come  per  fallo  numerico  Tipografico  si 
legge  nel  citato  articolo.  Ed  anche  per 
questo  il  concilio  di  Vaison  fu  confuso 
con  quello  di  Dazas. 

VAIVODA  o  VOIVODA  o  WAI- 
W^ODA,  o  MlllTZA,  oOSPODAROS 
oOSPODOROS,rmVo^rtc.  Titolo  ono. 
lifico  slavo  di  principe  o  signore,  o  go- 
\ernalore  principesco,  come  l'antico  vai- 
\oda  di  Transihania.CU'ì'ómù^amì  Vai- 
s'odico  Foìvodie  in  Polonia,\Palatinali 
o  Provincie,  lequali  erano  divise  inObvo- 
die,  cioè  governi  o  circondari.  Nel  1842 
perc>,uella  flessa  Polonia,  essendo  i  gover- 
ni un  tempo  detti  Vaivodie,  divisi  in  di- 
stretti o  Obvodie  ,  e  questi  in  circoli  o 
Powiaty,  per  ordinanza  di  Nicolò  I  im- 
peratore delle  Russie  furono  cambiate 
tali  denominazioni:  le  grandi  suddivisio- 
ni si  chiamarono  PoAvialy,  le  minori 
Okrengi.  I  principati  Danubiani  di  Mol- 
dm'ia,  Valacchia  e  Servia  (f^.)  si  chia- 
mano pure  Ospodarati,  come  sinoni- 
mi di  Vaivodali.  Anzi  il  governo  impe- 
riale d'Austria  da  alcuni  anni  olllcialmen- 
le  die  al  bauato  di  Temeswar  il  nome 
di  Vaivodia,  per  compiacere  un  senti- 
mento nazionale ,  perchè  nella  popola- 
zione predomina  l'elemento  serviano,  e 
per  averla  aiutata  in  tulle  le  lolle  con- 
tro V  insurrezione  de'  magiari  in  Un- 
gheria. Il  Macii,  nel  Hicrolexicon,  ar- 


V  A  I 

ticolo  Va'ìK'oda  \>ul  Fnyvoda^  lo  defini- 
sce colle  PwìdcUe  Tiircico  di  Leoncla- 
vio:  raivodae  nomen  genera lilcr  signi- 
fica t  Praefectiun  milìlum^  quem  Capi- 
tancuni  vulgo  vocant.  Sed  apiid  hitti' 
garos  ut  clini ,  sic  etìani  hodic  ,  duae 
sunt  appellatìones  administralionwii 
maxiniaruni.  Una  Frani,  altera  Fai- 
vodae.  Faivodae  vero  Praeses  dicilur^ 
loco  Regis  administrationeni  hahens  in 
aliqua  Provincia^  pula  Transilvania  , 
Valacliia  niajori,  Malachia  minori^  ec. 
Nella  Russia  dicevansi  vaivodi  i  Cover-' 
natori  delle  principali  città  dell'impero. 
Si  chiamavano  altresì  vaivodi  i  palatini 

0  governatori  delle  provincie  di  Polonia. 

1  principi  o  ospodari  di  Valacchia  e  di 
Moldavia  non  erano  riguardali  se  non 
come  vaivodi  da'polacchi,i  quali  preten- 
dono che  queste  provincie,  ora  dell'im- 
pero di  Turchia^  e  denominate  Princi- 
pati Danubiani, sieno  statesoltralte  dalla 
repubblica  di  Polonia  dagli  antichi  go- 
vernatori :  le  allre  potenze  li  chiamano 
ospodari  o  Despoti  {F.).  Gli  stessi  ospo- 
dari di  Moldavia  e  di  Valacchia  talvol- 
ta presero  il  titolo  di  ^/ev/;o^rtr.  La  dignità 
di  despola  fu  creala  dall'imperatore  gre- 
co Alessio  111  l'Angelo  de'Comneni,  che 
regnò  dali  igS  al  i2o3  in  cui  fu  depo- 
sto. Egli  stabifi  che  i  despoti  sedessero 
pe'  primi  presso  1'  ioaperatore,  al  di  so- 
pra eziandio  (\e.\V Augusto  e  <\A  Cesare. 
Sebljene  il  titolo  di  Augusto  fu  propria 
de'soli  injperatori,  ed  anche  dell'impe- 
ralrici  loro  spose,  talvolta  fu  dato  al  col- 
lega ed  all'associato  all'  impero,  ossia 
alla  1*  persona  dell'impero,  senza  che 
l'imperatore  lasciasse  di  portarlo  anch'es- 
so. Però  questi  Augusti  colleglli  dovea- 
no  esser  prima  dichiarati  Cesari.  Il  titolo 
di  Cesare  si  attribuiva  all'erede  dell'im- 
pero, e  divenne  titolo  d'onore,  senza  che 
l'imperatore  tralasciasse  d*  usarlo  con- 
giuntamente a  quelli  (\*  Imperatore  e 
d'Augusto.  Gl'imperatori  greci  portaro- 
no pure  il  titolo  di  Basilévs  o  Vasileus, 
e  con  questo  equivalente  anche  di  Re 


VAL 

(P'^.)^  chiamavano  gP  imperntoi  i  Ialini 
d'occitleiile,  negantlo  loro  l'altro  tl'irape- 
l'atoie.  Noiuliineno  leggo  nella  Nolizia 
de  vocaboli  del  Macri,  che  Vasileus  o 
Re,  titolo  proprio  del  solo  imperatore 
greco,  per  privilegio  singolare  fu  conces- 
so al  re  óe  Bulgari  e  defalaccld  {^-) 
Pietro,  quando  uno  di  essi  sposò  la  figlia 
dell'imperatore.  I  despoti  erano  ordina- 
riamente i  figli  o  i  generi  degl'  impera- 
tori di  Costantinopoli.  L'autore  delle 
Osservazioni  intorno  la  Malachia  e  la 
liJoldavia  riferisce  ,  che  la  Porta  Otto- 
mana a'piincipi  di  Valachia  e  di  Mol- 
davia dà  il  titolo  di  Foivoda,  termine 
slavo  adottato  da'turchi,  che  corrispon- 
de in  italiano  a  condottiero  d'armata  ;  e 
volgarmente  li  chia mano  i?<y,  nome cor- 
ii>pondente  a  principe;  ma  lo  slesso  tito- 
lo di  Bey  dà  la  Porta  al  principe  di  Ser- 
via  (/^.),  non  meno  che  a  quello  di  Tu- 
nisi (^.)j  nel  qual  articolo  dissi  che  quel- 
lo di  Algeri  si  chiamava /9(y  dalla  Por- 
ta, come  appella  quello  di  Tripoli  [F.) 
o  Pascià ,  vocaboli  tutti  di  cui  riparlai 
a  Turchia.  Inoltre  la  Porta  chiama  col 
nonie  di  bey,  secondo  il  detto  scrittore, 
i  ministri  residenti  in  Costantinopoli,  ed 
i  pascià  lo  danno  a'consoli  delle  potenze 
estere.  Aggiunge  che  la  corte  di  Vienna 
a'  vaivoda  di  Moldavia  e  Valachia  dà  i 
titoli  d'  Altezza  e  di  Principe^  e  quella 
di  Russia  li  chiama  Gospodar ,  parola 
slava  corrispondente  a  Signore  o  Padro- 
ne, e  tralasciandosi  la  lettera  iniziale,  di- 
cesi co Qiun emente  Ospodar  e  Ospoda- 
ros»  Essi  poi  ne'  loro  diplomi  in  islavo 
usano  questa  formola:  Io  per  la  grazia 
di  Dio  Gospodar  dell'impero  Falaco  o 
Moldavo,  lo  NN.  Vojvoda. 

V  alacchi  A  o  VALACHIA  oVAL- 
LACHIA,  io  turco  Ac-Iflac  o  hlac  (e 
anticamente  Carahogdana  o  paese  del 
grano  nero,  per  la  quantità  che  ne  pro- 
duceva, e  Tolomeo  la  disse  pevcìb  Negra 
Bogdonia  ,  o  regione  del  Bogdano) ,  in 
valacco  Zara-Rumaaaska  ,  o  Zara  Pio- 
manesca  (vale  a  dire  paese  de'  lomani). 


VAL  123 

Provincia  del  nord  della  Turchia  euro- 
pea con  titolo  di  principato  e  di  ospoda- 
rato  o  vaivodatOj  come  la  Moldavia  (F\ 
colla  quale  anticamente  fece  parte  della 
Dacia  (V.),^mhQf\we  chiamate  principa- 
ti Danubiani,  le  notizie  delle  quali  sono 
quasi  comuni,  poiché  non  formatìo  ,  per 
così  dire,  che  un  medesimo  stato,  sebbe- 
ne governato  da  due  diversi  principi,e  for- 
male lulte  e  due  dall'antica  Dacia  conqui- 
stata da  Traiano,  essendo  entrambe  par- 
li integranti  dell'impero  Ottomano.  Cia- 
scuna di  queste  due  provincie  ha  la  sua 
politica  costituzione  ,  e  il  suo  principe 
chiamasi  Ospoda  /'o  jsi  n  on  i  m  o  di  Vaivo  da 
(/^.).  Oltre  la  somiglianza  de'  due  paesi, 
quanto  all'aspetto  naturale,  ed  i  loro  pro- 
dotti,i  loro  abitantijChe  secondo  alcuni  so- 
no tulli  d'origine  rumena  e  di  tjuella  che 
dirò,  i  loro  costumi  ,  le  loro  abitudini  e 
la  lingua  sono  in  molle  cose  identiche  in 
modo  che  ne'  loro  rapporti  politici  col- 
r  Europa,  fa  sì  che  tutta  la  regione  che 
li  comprende,  si  denomini  ordinariamen- 
te col  nome  di  Moldo- Valacchia,  co- 
me ancora  questi  principali  prendono  il 
nome  di  Moldo- Valacchia  egli  abitan- 
ti moldo-valacchi.  Non  mancano  alcuni 
di  osservare,  che  sebbene  i  due  popoli  non 
sono  l'uno  dall'altro  separati  che  da  un 
ruscello,  questo  basta  tuttavia,  malgrado 
tanta  affinità  di  sangue  ,  d'  origine  e  di 
destino,  a  stabilire  tra'figli  d'una  stessa 
madre  molte  differenze  di  linguaggio  e 
di  carattere,  t  moldavi  sono  generalmen- 
te più  gravi  de'valacchi,  e  siffatta  carat- 
teristica differenza  che  li  distingue  da'val- 
lachi  loro  vicini,  viene  in  gran  parteattri- 
buita  al  continuo  contallo  in  cui  si  sono 
ti  ovati  co'russi  già  loro  protettori.  La  po- 
polazione generale  di  questo  paese, secon- 
do teceoli  calcoli,  è  di  circa  4  it'ilioni,  di 
cui2,5oo,oooper  la  Valacchia  e  i  ,5oo,ooo 
per  la  Moldavia;  enumerazione  die  sem- 
brando eccedente,  poi  parlerò  di  loro  sta- 
tistiche, le  quali  però  sono  quasi  tulle  dif- 
formi, e  secnbra  che  ancora  non  si  cono- 
scano perfellameule  le  cihc  positive.   I 


ii4  VAL 

principati  in  discorso  sono  limitali  al  nord 
e  tiii'esl  dalla  ctttena  de'nionti  Etcinio* 
Carpazi, situali  fra  loro  e  leprovincie  au- 
slri.'iclie  di  Temeswar,  di  Transilvonia 
e  di  Biikovina.  Il  Pruth  serve  loro  di  con- 
fine  dalla  parte  della  Russia  ,  e  il  Danu- 
bio, cine  II  bagna  al  sud,  e  li  unisce  olla 
Turchia  più  di  quello  die  li  divida.  Egli 
è  questo  in  generale  un  paese  di  pianura 
solcato  da  nioltu fiumi  che  corrono  dal 
nord  al  sud  per  gettarsi  nel  Danubio^  il 
più  gran  fiume  d'Europa  dopo  il  Volga, 
il  clima  (Ielle  provincie  Danubiane  è  mol- 
to variabile:  tuttavia  le  loro  risorse  sono 
assai  considerevoli;  le  terre  vi  sono  ferii* 
lissime,  e  grande  la  quantità  del  bestiame. 
Basta  gettare  gli  occhi  sulla  carta  geo- 
grafica per  esser  convinto,  che  per  que- 
sti paesi  stretti  fra'Carpazi,  il  Mar  Nero 
e  il  Danubio  ,  la  libera  navigazione  di 
questo  fiume  è  una  questione  di  vita  o 
di  morte.  Premesso  questo  rapido  e  ge- 
nerico cenno,  indispensabile  agii  inlimi 
rapporti  tra'  due  pruicipali,  e  per  le  al- 
tre comuni  notizie  che  dovrò  riferire,  sì 
antiche  e  sì  moderne,  torno  all'argomen- 
to che  mi  propongo  compendiosamente 
svolgere.  La  Valacchia  propriamentedet- 
la  confina  al  nord  colla  Transilvania,  da 
cui  la  separano  i  Carpazi;  al  nordest  col- 
la Moldavia, con  cui  ha  per  limitili Mitku 
ed  il  Serelh;  all'est  ed  al  sud  colla  Bul- 
garia, dalla  quale  trovasi  disgiunta  me- 
diante il  Danubio;  all'ovest  colla  Servia, 
•verso  cui  la  limita  lo  slesso  fiume;  e  col- 
r  Ungheria  dove  la  C/.eriia  forma  una 
parte  del  confine.  La  forma  sua  é  quella 
d'un  elissi  allungala  dall'est  all'ovest,  del- 
la lunghezza  di  circa  loo  leghe,  con  4^ 
leghe  di  larghezza  media  e  la  superficie 
di  3ooo  leghe  quadrate.  Altri  notabil- 
ineule  diminuiscono  l' estensione  a  i  200 
miglia  quadrate;  ma  il  celebre  Balbi 
dice  che  la  Valacchia  si  forma  da  una 
superficie  di  21,600  miglia  quadrate. 
Vuriatissiraa  è  la  faccia  di  questa  con- 
trada; montuosa  nel  nord,  dove  i  Carpa- 
;ii  aggettano  copiose  ramificazioni;  nella 


VAL 

parte  centrale  ed  al  sud  védonsi  pingui  e 
vaste  pianure,  ritagliate  da  fertili  valli  e 
romantiche.  Poche  contrade  vi  sono  più 
favorite  dalla  natura,  e  potiebbero  pre- 
sentare più  estesa  coltura  se  più  vi  ve- 
gliasse il  governo,  e  le  proprietà  fossero 
più  rispellate  ,  il  che  è  da  sperarsi  per 
quanto  si  va  ad  operare  nella  sua  poli- 
tica sistemazione.  Non  si  deve  tacere,  che 
negli  ullimi  anni  l' agricoltura  vi  avea 
non  poco  avvantaggiato,  poiché  si  os- 
servò che  produceva  il  doppio  di  prima. 
Il  fiume  principale  si  è  il  Danubio,!!  qua- 
le scorre  dapprima  lambendo  i  confini 
meridionali,  poi  si  volge  e  ban:na  alcune 
parti  dell'  oriente  e  dell'  occidente  della 
provincia.  In  lui  fiume  si  scaricano  tutti 
gli  altri  che  scorrono  nella  Valacchia.  Le 
loro  regolari  inondazioni  e  traripamen- 
ti,  nella  maggior  parte,  formarono  ad  am- 
be le  sponde  paludi  che  rendono  l*  aria 
malsana  nelle  vicinanze;  abbandonale,  fi- 
nora non  si  pensò  a  prosciugarle.  Acco- 
glie il  Danubio  in  questo  paese  gran  nu- 
mero d'  affluenti,  i  più  considerabili  fra* 
quali  sono  l'Alt,  il  Chyl,  l'Ardijk  ingros- 
sato dalla  Dumbovitza;  la  J.ilovitza  e  il 
Serelh,  che  si  accresce  col  Bulzeo.  Breve 
è  l'iuverno,  ma  in  generale  rigido  e  tal- 
volta molto  freddo,  il  che  si  può  attribui- 
re alle  regioni  fredde  del  nord,  non  meno 
alla  condizione  trascurata  dell'agricoltu- 
ra; il  caldo  iiell'eslale  è  sensibile,  massi- 
me ne'paesi  in  pianura.  L'aria  è  salubre, 
per  cui  poche  sono  le  malattie,  le  più  co- 
muni essendo  le  febbri  intermittenti  e  bi- 
liose. Nou  sono  rari  i  terremoti.  Il  suolo 
del  nord  corrisponde  alla  natura  monta- 
gnosa del  paese;  nelle  pianure  e  valli  del 
sud  è  in  generale  pingue  e  ferace.  Ma  non 
occupandosi  i  valacchi  che  pochissimo 
dell'agricoltura,  sì  privilegiate  campagne 
seuibrano  abbandonate,  e  mostrano  ap- 
pena alcuna  traccia  della  coltura  europea. 
Nondimeno  sui  campi  crescono  le  biade 
senza  fatica  e  concime;  1'  ubertosità  e  la 
fertilità  del  terreno  principalmente  pro- 
duce gran  quantità  di  grano  turco  ,  mi- 


VAL 

glio,  orzOjlegumi;  del  maiz  gli  abitanti  del- 
ie campagne  formano  la  base  del  loro  a- 
liroento.  Si  abbonda  di  frutti  di  varie  spe» 
eie,  e  si  ricava  copiosa  qnanlilìi  di  vino 
comune  e  in  parte  buono.  Più  confacen* 
te  all'indole  del  popolo  valacco,  amante 
di  libertà,  si  è  la  pastorizia.  I  pascoli  sono 
ottimi  e  vastissimi,  ed  alimentano  nume- 
rosi  ed  eccellenti  armenti  di  bestie  bovi- 
ne e  pecorine,  né  mancano  i  buffali  :  le 
pecore  sono  di  3  specie,  le  quali  poi  dan- 
no origine  alle  3  differenti  qualità  di  la- 
ne che  vengono  messe  in  commercio.  I 
cavalli  sono  in  generale  di  bella  razza,  e 
molto  somiglianti  agli  ungheresi  ;  nelle 
selve  delle  parti  più  incolte  inconlransi 
nello  slato  selvatico.  Visi  trova  una  quan- 
tità prodigiosa  di  selvaggina  d'ogni  spe- 
cie, massime  cinghiali,  cervi  e  orsi.  Fra 
gli  uccelli  primeggiano  le  cicogne,  tenu- 
te di  buon  augurio,  per  cui  si  lasciano  ni- 
dificare sopra  tutte  le  case:  vi  sono  inol- 
tre beccacce,  galli  d'Jndia,colombi,  anitre 
e  oche.  Le  locuste  sono  la  rovina  de'cam- 
pi  seminati,  le  zanzare  sono  il  tormento 
degli  abitanti,  specialmente  alle  rive  del 
Danubio,  dove  Ilaria  è  malsana.  I  boschi 
offrono  ricco  pascolo  di  ghiande  pe'ma^ 
iali.  Ogni  casa  ha  i  suoi  alveari,  e  tiene 
mollo  pollame.  I  primarijDrodolti  mine- 
rali consistono  in  sale  e  nitro;  oltre  le  sor- 
genti minerali,  visi  trovano  metalli  d'o- 
g»»i  qualità,  e  si  è  talvolta  trovalo  qual- 
che poco  d'oro  nell'arene  de'fìumi.  1  bo- 
schi contengono  legname  da  costruzione, 
che  nell'Europa  si  va  sempre  facendo  più 
raro.  I  rapporti  del  paese  furono  finora 
molto  sfavorevoli  all'  industria.  Non  po- 
lendo vantare  notabili  manifatture,  e  la 
fabbricazione  d'oggetti  grossolani  occu- 
pando una  gran  parte  de*  100,000  boe- 
mi circa  che  vi  stanziano,  tuttavia  il  va* 
lacco  colle  proprie  mani  soddisfa  a  tulli 
i  bisogni  interni  del  paese.  Oggetti  prin- 
cipali co'quali  commerciasi,  sono  cereali, 
animali,  talco,  lana,  seta,  formaggi ,  re- 
sine, pelli,  corna,  cera,  miele,  pesci,  pelli 
di  lepre,  sale,  nitro,  tabacco,  It^gQa,  vino, 


VAL  ìi^ 

sego,  lino,  canapa  ec.  Il  suo  commercio, 
in  rilardo  quanto  la  sua  agricoltura  e  in- 
dustria, è  precipuamente  in  mano  degli 
ebrei,  de'greci  e  degli  armeni.  La  Valac- 
chia non  conia  monete,  però  vi  hanno  va- 
lore quasi  tulle  le  monete  de'principi  re- 
gnanti d'Europa.  L'arma  del  paese  è  uà 
Corvo  nero  con  un  anello  nel  becco o  Lu- 
na e  la  Croce,  sopra  un  colle  in  mezzo  al 
sole.  Le  armi  di  Moldavia  esprimono  una 
testa  di  Bove.  Braila  olbraila  e  Galatz so- 
no le  due  città,  in  cui  maggiormente  vi 
ha  commercio:  esse  sono  la  scala  com- 
merciante della  Valacchia ,  ed  ivi  sono 
grandi  depositi  di  grani  sì  nazionali  che 
stranieri.  Nelle  medesime  la  maggior  par- 
te de'  negozianti  sono  greci,  tedeschi  e 
italiani.  Galatz  è  sempre  frequentato  da 
buon  numero  di  navi  nel  suo  porto.  Il 
florido  movimento  commerciale  di  Brai- 
la e  di  Galatz  è  in  notabilissimo  e  pro- 
gressivo incremento  ne'  loro  porti,  come 
può  rilevarsi  da  quello  del  i852,  riferito 
dui  Giornale  di  Roma  del  1 853,  a  p.  9 1 5. 
Il  commercio  valacco  va  ora  sempre  più 
prosperando,  mediante  la  navigazione  a 
vapore  sul  Danubio  introdotta,  la  quale 
sarebbe  compita  se  i  bastimenti  potessero 
montare  le  cataralte,  che  incontransi  a 
Scaladova  ed  a  Neu-Orsova.  Si  progettò 
un  canale,  ma  l'impresa  è  gigantesca;  in- 
tanto anni  addietro  si  andò  facendo  luti» 
ghesso  il  fiume  un  comodissimo  stradale. 
Nella  Valacchia  le  strade  non  hanno  qua- 
si traccia;  si  attraversano  quelle  spaziose 
campagne  alla  ventura,  ed  i  carri  benché 
leggeri  sono  tirati  da  molle  paia  di  bovi. 
Le  poste  sono  affatto  singolari ,  perchè 
consistono  in  una  specie  di  carro,  basso  e 
angusto,  che  appena  contiene  una  perso- 
na, unito  insieme  alla  meglio  con  chiodi 
di  legno,  le  cui  parli  sembrano  ogni  mo- 
mento volersi  separare;  le  ruote  non  han- 
no cerchi  di  ferro,  ed  un  po'di  paglia  ser- 
ve di  cuscino  per  sdraiarsi.  Quattro  bel- 
lissimi cavalli  corrono  a  rompicollo.  La 
Valacchia,  di  cui  la  capitale  èEucharest, 
dividci^i  in  Grande  e  l'iccola  Valacchia. 


ii6  VAL 

Ln  Grande  o  maggiore  Fdlacchia  al- 
l'est, è  divisa  in  parie  superiore  all'est  o 
occidentale,  o  Zara  de  Sitss;  ed  in  par* 
le  inferiore  all'ovest  o  orientale,  o  Zara 
de  Choss.  La  i ."  coniprenile  i  distretti  se- 
j^uenli;  Ardjicli,  Dumbovil^a  o  DuQibro- 
■\vic,  IMiuilchel  o  Munstoliel,  Olloul  o 
OltidoOllos,Teliorman,Vla'>ka.  Ardjicli 
ha  per  capoluogo  il  borgo  omonimo,  il 
quale  era  un  tempo  la  residenza  de'prin- 
cipi  del  paese.  Dumbovilza  o  Duuìbrowic 
pare  che  abbia  preso  il  nome  dal  Oiune  co- 
sì chiamalo,  celebre  non  solo  perchè  seco 
trascina  de'  granelli  d'  oro,  ma  pel  buon 
pesce  che  somministra  e  per  la  dolcezza 
di  sue  acque  :  nel  suo  distretto  è  Tergo- 
M'/7r.  (/^.),  sede  arcivescovile  e  metropo- 
litana della  Valacchia  superioie,  già  ca- 
pitale di  tutto  il  principato  e  residenza  del 
voivoda  sino  al  1698,  la  quale  fu  allora 
trasferita  a  Ducharest;  perciò  la  piccola 
città  decadde  successivamente.  La  parte 
inferiore  contiene  i  distretti  seguenti:  Bu- 
zeo  o  lìouzeo  ,  con  città  di  tal  nome  per 
capoluogo,  residenza  d'un  vescovo  greco 
scismatico;  Brankilow  oBraila  o  Ibraila, 
situata  sul  Danubio  e  tenuta  la  più  com- 
merciante della  Valacchia,  con  porto  fre- 
quentatissimo. Ola  con  case  di  legno  ,  co- 
me lo  sono  le  sue  numerose  chiese,  tra  le 
quali  primeggia  quella  di  s.  Nicolò,  innal- 
zata in  mezzo  ad  una  piazza  da  INicolò  I 
imperatore  delleRussie;  llfow,  il  cui  ca- 
poluogo èBucharest,  Jalomnitza  o  Jalo- 
\ilza,  Rimnik,  Prohova  e  Sekujen.  La 
Piccola  o  minore  Valacchia,  ch'è  all'e- 
stremo lato  occidentale  della  Grande  ^  e 
dicesi  pure  Transalpina,  ha  per  capoluo- 
go Craiova  o  Crajowa, grande  e  regolar- 
mente f  d)bricata  a  pie  de'monti,  e  abbrac- 
cia i  distretti  seguenti:  Chyl  mferiore  od 
Ollzi  o  Doltzi,  con  Craiova  per  capoluo- 
go; Chyl  superiore oGorlzi,  Mehendilzi, 
liomautzi,e  Vulcia  o  Voultcha.  Altra  cit- 
ta nolabiledella  Valacchia  è Giurgevo  sul 
Danubio,  già  con  buona  fortezza,  ma  è 
turca  perchè  appartiene  al  sangiacato  di 
Huslchuk,  sorgendo  iu  fucciu  alla  città  di 


VAL 
lai  nome  in  modo  pittoresco.  La  grande 
e  piccola  Valiicchia  è  divisa  ne' 18  nomi- 
nati distretti,  che  in  tutto  contengono  2Ci 
città,!  5  borghi,  e  356o  villaggi  formati 
nella  piìi  parte  in  capanne  di  legno,  e 
situate  in  mezzo  a  vaste  campagne,  nel- 
la maggior  parte  incolte.  Ogni  distretto 
ha  una  magistratura  speciale  di  gover- 
natori, i  cui  membri  sono  eletti  dall  ospo- 
daro,  che  suole  scegliere  il  più  degno  de* 
candidati  a  lui  proposti: questa  magistra- 
tura si  compone  di  3  boiardi  o  nobili,! 
quali  prendono  il  nome  d'ispravniki,  e  so- 
no neir  anìminislrazione  attentamente 
sorvegliali  da  un  giudice  e  da  un  sa- 
messi  o  ispettore.  Ogni  distretto  poi  è 
suddiviso  in  comuni  denominale  plaza,  in 
ciascuna  delle  quali  vi  è  un  esattore  del- 
le contrUiUzioni.  Ciascuna  città  ha  pari- 
menti un  consiglio  municipale  composto 
di  4  individui,  il  quale  deve  amministrare 
il  paese,  quindi  può  imporre  aggravi,(pia- 
lora  l'esigono  le  circostanze:  ogni  anno 
però  egli  deve  sottoporre  a'  ministri  lo 
slato  attivo  e  passivo  della  sua  ammini- 
strazione. 1  membri  componenti  il  corpo 
municipale  vengono  scelli  fra*  cittadini 
possessori  almeno  d'immobili  del  valore 
di  2800  franchi,  e  sono  nominali  da  u- 
na  deputazione,  che  viene  formala  di  no- 
bili e  di  proprietari  d'uno  stabile  per  lo 
menod'800  franchi.  L'autore  delle  Os- 
sensazioni  storico-naturali  e  politiche 
intorno  la  Malachia  e  Moldavia,  Na- 
poli 1788,  che  fece  lunga  dimora  negli 
stati  ottomani, colla  cognizione  della  mag- 
gior parte  delle  lingue  antiche  e  moder- 
ne parlale  da'popoli,  e  stanzialo  per  i  i 
anni  nella  Valacchia  e  Moldavia  ,  e  ne 
raccolse  le  nozioni  più  interessanti,  rife- 
risce che  a  suo  tempo  le  città  principali 
Bucharest  capitale  della  Valachia,  e/<r/55t 
(F.)  capitale  della  Moldavia,  si  potevano 
piuttosto  chiamare  grandi  villaggi  che 
città,  essendo  composte  di  case  e  casuc» 
eie, con  grandi  giardini  e  cortili  occupan- 
ti grande  spazio  :  dopo  la  guerra  colla 
llussio,Qclle  due  citlà  si  fabbricarono  moi- 


VAL 

(i  palazzi  e  case  di  pietra,  vaste  e  comode, 
n»a  d*  un  solo  piano  senza  siiniiìetria  e 
ordine.  Prima  usavano  i  tetti  formali  di 
tavolette,  poi  si  formarono  di  tegole  di 
terra  cotta  ad  angoli  acuti,  afììne  di  faci- 
litare lo  scolo  delle  nevi,  onde  non  soc- 
combere ai  loro  peso,  ed  in  tutte  le  stan- 
re  si  posero  stufe  per  riscaldarsi  T  inver- 
no. Nel  centro  delle  città  vi  sono  i  mer- 
cati air  uso  di  Turchia,  dove  si  vendono 
merci  ordinarie  e  commestibili;  le  botte- 
ghe per  lo  più  erano  di  legno  e  terra  in- 
tonacate con  calce,  e  le  strade  coperte  con 
letti  di  tavole.  Nel  recinto  de' mercati  sì 
trovano  de'convenli  cinti  di  buone  mura, 
che  nel  chiostro  porticato  hanno  diverse 
botteglie  o  magazzini  per  le  merci  piìl 
ragguardevoli.  Di  Bucharest  o  Bukarest 
dirò  in  fine,  parlando  del  vicarialo  apo- 
stolico. Quanto  a  Jassy,  notizie  recenti  la 
dicono  edificata  principalmente  in  legno, 
tranne  alcuni  grandi  edifizi,  ed  abitata  da 
4o,ooo  anime,  altri  dicono  meno;  mol- 
to commerciante,  e  mercè  l'accademia  e- 
relta  nel  1 8  1 4>  il  Basilianum  riaperto  nel 
i83r  per  le  scienze  di  diritto  e  per  lo 
studio  di  lingue,  non  che  pe'floridi  istitu- 
ti letterari,  !e  sue  tipografie  e  le  gazzette 
che  vi  si  pubblicano,  ha  acquistata  un'im- 
portanza letteraria  piuttosto  grande  nel- 
la regione.  Gli  abitanti  della  bella  città  di 
Jassy  sono  scalili  e  pieni  d'intelligenza; 
il  loro  vesliario  nazionale  è  mezzo  polac- 
co e  mezzo  turco;  le  doime  moldave,  pe' 
vezzi  del  volto  e  per  l'eleganza  delle  ma- 
niere, si  accostano  tanto  al  tipo  della  bel- 
tà polacca,  quanto  quelle  di  Valacchia  si 
avvicinano  al  tipo<lella  bellezza  delle  fem- 
mine orientali.  Dell'antico  governo  del 
principato  parlerò  in  progresso,  dirò  qui 
soltanto  di  quello  ultimo,  mentre  ora  si 
sta  operando  la  sua  riorganizzazione,  in 
lino  a  quello  della  Moldavia,  discutendo- 
si anche  suH'  unione  de'due  principati  e 
quanto  altro  accennerò  a  suo  luogo.  La 
Valacchia  essendo  governata  da  un  vai- 
voila,  che  mandava  la  Turchia,  sceglien- 
dolo fra'greci  del  Fanar;  indi  in  virtù  del 


VAL  127 

trattalo  concluso  tra  la  Porta  e  la  Russia 
e  segnato  a  Pietroburgo  a'ag  luglio  1 834» 
questo  paese  venne  governato  costituzio- 
nalmente da  un  valacco,  il  (juale  era  no- 
minato a  vita  dall'assemblea  nazionale 
composta  di  5o  boiardi  della  i.''  classe,  di 
60  della  2.',  di  due  vescovi  diocesani  e  di 
due  deputati  di  ciascun  distretto,  non  che 
da'delegati  delle  città.  Il  penultimo  prin- 
cipe però  venne  direttamente  nominato 
ospodoros  o  ospodaro  della  Valacchia  dal 
gran  sultano  di  Turchia  e  dal  czar  delle 
Russie.  L'ospodaro  era  subordinato  al  se- 
nato o  assemblea  costituita  del  metropo- 
litano che  n'era  presidente,  di  due  vesco- 
vi diocesani,  di  20  boiardi  e  di  18  depu- 
tati de'dislretti,  oltre  i  rappresentanti  del- 
la città  di  Craiova.  A  tale  assemblea  ap^ 
parleneva  il  controllo  degli  atti  del  gover- 
no, l'autorità  di  suprema  corte  di  giusti- 
zia e  di  ultima  istanza  in  tutti  gli  alfaridi 
stato,  la  sanzione  delle  leggi,  e  l'approva- 
zione de' diversi  ministri  che  il  principe 
destinava  alle  incombenze  dello  stato.  La 
legislazione,  confrontata  con  quella  de* 
paesi  civilizzati  d'Europa, era  ancora  im- 
perfetta, nondimeno  negli  ultimi  anni  a- 
vea  migliorato  di  condizione.il  codice  pro- 
mulgalo nel  18 18  ricevè  molte  modifica- 
zioni  ne'successivi  anni,  a  segno  che  dal 
1834  in  poi  moltissiini  cambiamenti  si 
operarono.  Le  leggi  civili  furono  la  mag- 
gior parte  desunte  dalle  Pandette  e  dal 
codice  Napoleonico.  Il  codice  di  commer- 
cio è  il  francese  senza  veruna  modifica- 
zione. L'antico  divano  per  amministrare 
la  giustizia  si  componeva  di  quelle  cari- 
che descritte  dall'autore  dtìU'Ossen'azio- 
ni,  di  cui  era  presidente  e  tenuto  quasi 
oracolo  della  legge  l'arcivescovo  metro- 
politano di  Bucharest  ,  come  del  divano 
di  Moldavia  era  quello  di  Jassi,  ed  i  ve- 
scovi di  Rimnico  e  di  Buzeo  ne  facevano 
parte.  Regnando  il  principe  Alessandro 
Ghika,  ninno  venne  condannato  a  morte, 
e  da  ciò  alcuni  vollero  dedurre,  che  nel- 
la Valacchia  la  pena  di  morte  fosse  abo- 
lita; il  che  proveaae  dall'essersi  tramuta- 


laS  VAL 

ta  In  penn  cnpitnle  pionunziala  su  diver- 
si rei,  in  mi  caroeie  |)ei|jeluo  o  nc'lavo- 
ri  follali.  Le  pubbliche  carceri  sono  a  lUi 
cburest,  a  Giiirgevoeil  a  Craiova.  1  con- 
dannali a'publ)lici  lavori  sono  irnpie£»ali 
alle  saline,  lavoro  penosissimo,  che  mol- 
ti ne  rinmn^ono  villima.  Ulliniainenle  si 
diniiniiiiono  nofabibnenle  i  delitti,  e  me- 
no frequenti  e  quasi  rari  gli  assassinii  e  i 
furli;  beneficio  grandissimo,  dovuto  prin- 
cipalmente a^li  inestimabili  sforzi  del  ge- 
nerale russo  RisselelF,  per  condurre  i  va* 
lacchi  a  qualche  civiltà.  Vi  dovea  essere 
eguaglianza  di  diritti   per  lutti  ,  ma   gli 
sforzi  dell'uUin)o  ospodaro  non  poterono 
svellere  del  tulio  gli  abusi,  che  esistenti 
da  tanti  anni  hanno  preso  forza  di  con- 
suetudine. I  boiari  sono  in  possesso  de'po 
sti  più  in»porlanti  e  che  rendono  di  più. 
All'ospodaro  era  fìssala  una  listacivile  di 
700,000  piastre,  ed  il  tributo,  chiamalo 
dono  annuo,  ch'egli  paga  alla  Turchia  è 
di  600  borse,  ossia  3o,ooo  fiorini  (1'  o- 
spodaro  di  Servia  vassallo  indipendente 
della  Porta, iodipendeiica  acquistata  dal- 
la nazione  a  prezzo  di  sangue  ,  è  tenuto 
all'annuo  tributo  di  2,3oo,ooo  piastre 
turche):  altri  liporlano  diverse  cifre,  co- 
lue  duo.  Il  eh.  ab,  Domenico  Zanelli  nel 
t.  8  AeW Album  di  Roma yCow  3  articoli 
pubblicò  nel  i%/y\  :  Cenni  storici  della 
Moldavia  e  della  ^«/^cr/im. Egli  dichia- 
rò: »  La   Moldavia  e  la  Valacchia  sono 
due  stati ,  di  cui  poco  o  nulla  si  conosce 
presso  noi;  per  cui  volontieri  e  minuta- 
mente ci  occuperemo  di  loro  in  questo 
giornale, esponendo  in  appositi  articoli  le 
vicende  e  lo  stalo  attuale  di  questi  paesi, 
che  essi  pure  cominciano  a   incivilirsi". 
Parlando  delle  finanze,  dice  che  nella  Va- 
lacchia costituisce  il  pubblico  reddito  il 
testatico,  i  beni  dello  stalo,  le  saline  e  le 
gabelle.  Al  testatico  sono  sottoposti  tutti 
i  paesani  e  i  mansili  o  boiardi,  della  4- 
classe;  colla  dilferenza  però  che  i  primi 
pagano  per  ciascuno  3o  piastre  all'anno, 
i  secondi  45;  la  quale  differenza  viene  pe- 
lò ricompensala  dal  privilegio  che  haa- 


V  A  L 

no  gli  uhimi  di  essere  immuni  dal  servi- 
zio cnilitart*.  Le  saline  costituiscono  il  3. 
dell'entrala  dello  slato:  ogni  annosoglion- 
si  spedire  fuori  da  circa  \i  milioni  dV    j 
che  di  sale,  e  nel  paese  ne  vengono  consti- 
ujale  da  4  milioni.  I  beni  stabili  che  pos- 
siede lo  stato  sono  allìtlali  ,  perchè  ser- 
vano di  pascolo  o  perchè  siano  messi   a 
coltura: oyarit  si  chiama  quell'imposizio- 
ne ,  che  pagasi  pel   pascolo.  Gli  oggetti 
d'impori'azione  pagano  il  3  per  100,  e  co- 
muneme  ite  sono  sottoposte  alla  gabella 
le  cose  dette  di  consumo.  In  tal  maniera 
lo  stalo  ebbe  nell'anno  1827  un  reddi- 
to di  1 4,633,1  18  piastre,  e  nel  1840  di 
19,500,000;  la  qual  somma  serve  a  pa- 
gare l'annuo  tributo  di  1,400,000  pia- 
stre al  gran  sultano,  e  a  coprire  le  spese 
della  nazione,  le  quali  a  detta  epoca  era- 
no sempre  minori  dell'entrata;  e  per  tal 
modo,  non  essendovi  ,  a  fronte  di  tanti 
mali  sollerti,  nessun  debito  pubblico,  o- 
gni  anno  vi  avea  un  avanzo,  che  veniva 
impiegato  nell'abbellire  la  capitale  e  nel- 
l'eseguire  lavori  di  pubblica  utilità. Quan- 
to alla  milizia,  riferisce  l'encomialo  ab. 
.  Zanelli,  che  tutta  l'armata  si  componeva 
di  4  reggimenti  di  fanteria  e  d'uno  di  ca- 
valleria ,  che  in  tutto  formavano  5, 000 
uomini.  Pel  servigio  militare  le  comuni 
dovevano  dare  un  numero  determinato 
di  uomini,  passando  una  mercede  a'  de- 
stinali pel  medesimo,  le  famiglie de'quali 
si  esentavano  dal  testatico.  Il  vestiario  de' 
soldati    mollo  somigliava  al  russo,  ed  i 
comandi  usali  nelle  manovre  erano  una 
abbreviazione  del  linguaggio  russo.  Ol- 
tre la   truppa  di    linea  era  vi  ancora   la 
guardia  civica  e  i  soldati  destinati  a  cu- 
stodire i  confini  dalla  parte  dell'Austria, 
oltre  le  stazioni  del  cordone  sanitario. 
Passando  a  parlare  dell' istruzione  pub- 
blica, della  lingua  e  della  letteratura,  ri- 
porla  le  seguenti  notizie.  L'istruzione  è 
dilTosa dappertutto;  ogni  grosso  villaggio 
ha  mia  scuola  per   imparare  a   leggere, 
scrivere  e  far  di  conti,  sostenuta  a  spese 
del comune.Uucharest  avea  4  scuole  pub- 


V  A  L 

hliolie,  moltissime  private,  sia  pe'flinciul- 
li,  sia  per  le  fanciulle:  vi  ha  un  liceo  det- 
to anche  accademia,  la  quale  era  frequen- 
tala da  5oo  scolari,  i  quali  vi  op[)rendo- 
no  la  grammatica  delia  lingua  valacca.  la 
lingua  francese,  la  greca  moderna  eanti* 
ca,  la  geografia,  la  storia^  la  matematica, 
la  filosofia,  e  alcuni  vi  apprendono  anche 
lei'f'i  e  vi  ricevono  la  laurea.  L'ab.  Za- 
nelli,  che  la  visitò,  se  ne  dichiarò  malcon- 
tento. I  giovani  che  amano  fare  un  corso 
compilo  di  studi ,  passano  alle  celebrale 
università  di  Germania  e  a  Parigi,  ed  al- 
cuni vi  sono  mandati  a  spese  del  gover- 
no. Anche  a  Craiova  vi  è  wx  collegio,  ch'è 
tenuto  in  qualche  stima.  L'amore  del- 
l'imparare si  dilFonde  nel  paese  eziandio 
ne'campagnoli  adulti.  La  lingua  de'va- 
lacchi  è  povera  e  rozza;  nondimeno  tie- 
ne della  soD3Ìglianza  col  latino,  col  gre- 
co e  col  tedesco;  alcune  parole  si  ravvi- 
cinano  all'italiano  (altri  la  dicono  ricchis- 
sima di  elementi  slavi  e  latini,  un  miisto 
di  latino  corrotto  e  di  slavone;  altri  la 
dicono  derivata  dal  latino, come  l'italia- 
na, la  linguadoca  e  la  catalana.  I  valac- 
chi  delle  classi  elevate  hanno  una  gran 
predilezione  per  la  lingua  italiana,  ed  al- 
cuni di  loro  mandano  i  figli  a  studiare  a 
Padova.  L'idioma  francese  è  poco  stu- 
diato, ed  il  tedesco  trovasi  sparso  nella 
sola  classe  mercantile).  Essa  fu  sempre 
negletta ,  e  sono  pochi  anni  che  venne 
scritta  una  grammatica  (in  islavo  valac- 
co  nel  iBSy  fu  stampato  a  Rermanstadt 
da  A  ndreaClemen*;:  A/e/^/V.y  TVaLadiisch- 
Df.Htschy  and  Deutòch-I F^alachìsches 
werlerbuch).  Ora  però  viene  assai  colti- 
vata, e  molti  uomini  d'ingegno  non  più 
in  greco  o  in  francese,  ma  in  valacco  a- 
mano  esprimere,  scrivendo,  i  loro  pensie- 
ri: e  in  tal  maniera  hanno  dato  vita  al- 
la letteratura  nazionale,  che  agradi  a  gra- 
di andrà  progredendo.  Già  si  sono  fatte 
alcune  traduzioni  in  valacco  di  qualche 
dramma,  d'alcuni  romanzi  e  di  poesie. 
Una  società  di  dame  di  lassi,  capitale  del- 
la Moldavia  ,  dove  si  parla  egualmente 

VOL.  LXXXVII. 


VAL  139 

valacco,  imprese  a  tradurre  Topere  irre- 
ligiose e  immorali  di  Giorgio  Sandl  A 
Bucharest  viene  pubblicato  anche  un  gior- 
nale in  valacco,  e  due  a  Jassy;  ma  molti 
erano  costretti  a  trattenersi  dal  pubbli- 
care i  loro  scritti  pel  gran  dispendio  della 
stampa.  A  Bucharest  vi  è  una  tipografia, 
la  qua  le  comunemente  si  occupava  d'ope- 
re greche  (stabilita  nel  principio  del  secolo 
passato  da  un  arcivescovo  greco,  ed  i  tor- 
chi erano  principalmente  impiegali  nel 
stampare  i  libri  liturgici,cheogni  prete  era 
obbligato  acquistar  a  caro  prezzo  di  quan- 
do in  quando).  Né  le  arti  belle  sono  di- 
menticale, qualche  giovane  vi  ha  mostra- 
to vocazione,  ma  indarno  avrebbe  potu- 
to trovar  una  guida  nella  sua  patria,  do- 
ve non  si  vede  un  quadro  o  una  st'jtua 
d'un  mediocre  artista.Le  slesse  chiese  non 
presentano  che  piccole  immagini  di  santi, 
le  quali  in  nulla  differiscono  da  quelle 
delle  di  scuola  greca,  che  ci  sono  ancora 
rimaste  o  che  risalgono  a'secoli  XI  e  XI F, 
Il  principe  Alessandro  Ghika  ,  amatore 
delle  belle  arti,  pensò  inviare  alcuni  gio« 
vanijChe  ad  esso  mostrarono  disposizioni, 
in  luoghi  ove  esistonograndi  modelli  e  va- 
lenti maestri,  come  Migulich  a  Parigi,  e 
Tommaso  Constanzin  a  Roma.  In  tal  ma- 
niera, é  da  sperare,  essi  potranno  dilfon- 
dere  la  coltura  dell'arti  sovrane  ove  mai 
esistette.  Leggo  nel  t.  17,  p.  267  ,  dello 
stesso  Album  di  Roma  del  i85o  la  de- 
scrizione sopra  un  dipinto  a  olio  di  Gior- 
gio Tattarescko  di  Valacchia,  col  disegno 
inciso,  esprimendo  laReligione  fondamen- 
to d'ogni  civiltà.  Imperocché  la  Dacia, 
oggi  Romania  o  Valacchia,  dopo  l'incur- 
sioni de'traci  cadde  in  uno  stato  di  squal- 
lore;e  di  modo  che  i  suoi  popoli,  perden- 
do i  vincoli  sociali,  trassero  dispersi  una  vi- 
ta agreste  in  tante  piccole  famiglie  e  tri- 
bù. Le  sue  città  erano  atterrate,  il  suo 
culto  ,  le  sue  leggi  ,  il  suo  commercio  e 
osni  mezzo  di  civiltà  estinto*  La  luce  del- 
la  religione  rivelata  apparve  su  questa 
terra,  e  per  lei  rifiorirono  le  scienze  e  le 
arti,  e  quanl'alUo  può  prosperare  e  ren- 
9 


i3o  VAL 

dere  cullo  e  felice  un  popolo.  Luigi  Ab* 
bali,  autore  della  desciiz/ione,  encomia  il 
pittore  \alacco,  peicliè  ue'5  anni  di  sua 
residenza  in  Roma  seppe  arricchirsi  di 
queVaii  pregi  che  leniiono  illustri  i  mae- 
stri dell'arte;  lodando  pure  1'  accuratez- 
za del  disegno,  la  vaghezza  del  colorilo, 
la  nobiltà  delle  fjgure,primeggiando  quel- 
le della  Religione  e  della  Rumonia  per- 
sonificala e  abbattuta,  le  vive  espressio- 
ni, l'armonia,  la  diligenza  e  lo  studio  del 
detto  quadro,  ^'otizie  più  recenti  riferi- 
scono: L'istruzione  si  è  rapidamente  svi- 
luppata nella  classe  ricca  de'  moldo-va- 
lacchi,  i  quali  quasi  (ulti  sanno  il  france- 
se e  l'italiano,  e  vanno  in  grande  nume- 
io  a  fare  i  loro  studi  in  Parigi,  o  in  altre 
capitali.  Il  Giornale  di  Roma  del  1 85i, 
a  p.  892,  narra  che  fu  presentato  all'im- 
peratore INicolò  1  un  fenomeno  musica- 
le de'più  straordinari, cioè  Federico  Roltz 
giovane  valacco  ,  il  quale  è  nato  con  4 
mani;  il  più  strano  si  è  che  ciascuna  di 
queste  mani  ha  io  dita.  Educato  nell'età 
di  i5  anni  da  un  russo  che  gl'uisegnò  a 
suonar  l'organo,  indi  egli  lavorando  da 
se  solo  giunse  ad  un  grado  straordinario 
d'ingegno  e  di  forza.  Questo  sorprenden- 
te pianista  si  fece  meccanico  e  potè,  mer- 
cè combinazioni,  aumentar  d'un' ottava 
e  mezza  l'estensione  della  tastiera  de'pia- 
iioforli  ordinari.  L'istrumento  da  se  co- 
strutto è  un  vero  capolavoro.  Roltz  cam- 
biò con  vantaggio  le  corde  acute  del  pia- 
noforte, facendole  da  fili  d'acciaiocom'e- 
lano,  in  fili  di  platina  galvanizzali.  La  sua 
costituzione  è  eccellente,  e  niente  nel  suo 
esterno  rivela  la  strana  conformazione 
de'suoi  avambracci.  Soltanto  dal  gomito 
in  giù  il  braccio  si  biforca.  Ciasctmo  de' 
4  avambracci  è  perfettamente  conforma- 
to, e  composti  d'un  radio  e  d'un  cubi- 
to,come  nell'uomo  meglio  formalo.  L'im- 
peratore, dopo  avere  udito  suonar  da  lui 
il  suo  strumento,  lo  ricolmò  delle  mag- 
giori prove  di  generosa  bontà.  II  suo  e- 
ducalore  morendo  nel  i85o  gli  legò  una 
piccola  fortuna,  colla  quale  Roltz  si  ac- 


V  A  L 

quietò  una  gran  quantità  d'anelli  in  di.i^ 
manti  e  ne  rivestì  le  sue  4o  dita.  L'ef- 
fetto di  quelita  riunione  di  brillanti  è  ma- 
gico ,  poiché  muovendo  le  4  luani  sulla 
tastiera  di  ebano,  si  vedono  miriadi  di 
scintille;  e  per  un'innovazione  bizzarra, 
ha  costrutto  in  ebano  i  tasti  del  proprio 
pianoforte,!  cui  tuoni  minori  al  contra< 
1  io  sono  costruiti  in  avorio.  La  sicurezza 
e  una  migliore  legislazione  hanno  mollo 
giovato  alla  sorte  de'contadini;  da  20  an- 
ni sono  innumerevoli  i  progressi  della 
coltivazione,  dell'industria  e  dell'incivi- 
limento. Sulla  religione  e  costumi ,  rac- 
conta l'ub.  Zanelli.  1  valacchi  professano 
la  religione  greco  scismatica  ;  e  le  loro 
])ratiche  religiose  sono  grossolane,  senza 
scopo  morale  ,  superstiziose.  Moltissime 
sono  le  chiese,  e  alcune  le  fece  innalzare 
r  iu)peratore  delle  Russie  defunto,  che 
amava  farsi  conoscere  il  sostenitore  del- 
la chiesa  greca  separata  dalla  cattolica.  I 
preti  greci  valacchi  dividono  col  popolo 
l'ignoranza  e  la  dissolutezza,  la  quale  è 
penetrata  per  anco  ne'chiostri  de'mona- 
ci  e  delle  monache.  INella  Valacchia  essi 
erano  i  referendari  politici  del  czar  di  ]*ie- 
Iroburgo.  Tutto  il  clero  valacco  dipende 
da  un  sinodo  composto  dell'  arcivescovo 
di  Bucharest  e  de'vescovi,  i  quali  sono  ol- 
Iremodo  ricchi.  All'assemblea  nazionale 
appartiene  la  nomina  de'vescovi,  che  di 
recente  eiansi  emancipati  dalla  dipen- 
denza del  patriarca  loro  di  Costantino- 
poli, facendosi  dipendenti  dell'arcivesco- 
\odiBucharest,il  quale  ha  l'annuo  reddi- 
to di  20,000  ducali  d'oro  per  se,  e  7000 
pe'poveri:  tutti  i  vescovi  sono  pagati  dal 
governo.  1  papaso  preti  inferiori  sono  po- 
verijda'proprietari  ricevono  una  porzione 
di  terre,  che  coltivate  danno  loro  con  che 
vivere;  e  per  vivere  meglio  fanno  un  traf- 
fico indegno  del  loro  ministero.  Anche  i 
conventi  sono  ricchissimi,  e  questi  sono 
dipendenti,  altri  dal  patriarca  scismati- 
co di  Gerusalemme,  altri  dal  monastero 
del  monte  Sinai  parimenti  greco  scisma- 
tico (per  la  disciplina  e  per  reconomico). 


VAL 

I  cosUimi  sono  generalmente  depravali  : 
noco  o  nessun  sentimento  di  pudore  sia 
nel  boiaro  sia  nel  plebeo;  nel  paese  è  do- 
vunque prostituzione  e  peggio  (è  sempre 
l'ab.  Zanelli  die  parla  di  cose  vedute  co* 
propri  occhi,  e  conosciute  sul  luogo  da  lui 
visitalo).  Nelle  città  presso  i  fiumi  il  luo- 
go de'bagni  è  il  (lume  stesso,  dove  uomi- 
ni e  donne,  e  non  quelle  del  popolo  sol- 
tanto, si  bagnano  contemporaneamente, 
distanti  pochi  passi  gli  uni  dalle  altre.  A 
Bucharesl  di  frequente  nelTaltraversare  i 
ponti  di  legno,  si  vedono  nuotar  pubbli- 
camente uomini ,  e  sotto  le  finestre  di 
chiunque.  Fanciulli  già  grandicelli ,  che 
appartengono  a* Zìngari (f'\)i  alF.ilto  nu- 
di corrono  dietro  a  domandar  limosina. 
Per  lutto  questo  ben  a  ragione  esclama 
l'ab.  Zanelli:  Oh  misero  quel  popolo  che 
vive  in  una  religione  impotente  a  reniler- 
lo  morale  !  Ragionando  di  questa  Tanoui- 
mo  autore  óeW'Osseri'azioni^  narra  che 
incredibile  è  il  numero  delle  chiese  e  con- 
venti che  trovansi  nelle  città  e  fuori.  Tut- 
ti i  principi  e  molti  particolari  ebbero  la 
vanità  di  fabbricarne  per  conservare  la 
loro  memoria,  e  non  trascurarono  di  far 
dipingere  internamente  sulle  pareli  i  pro- 
pri ritratti  e  quelli  di  loro  famiglia.  Le 
chiese  sono  molto  oscure,dipinte  interna* 
mente  ed  esternamente  con  figure  di  san- 
ti, e  colla  rappresentazione  de'Ioro  mira- 
coli, che  non  fanno  molto  onore  né  al  pen* 
nello,  né  alla  fantasia  del  pittore.  Vi  è  uà 
solo  altare  nella  cappella  in  fondo,  la  cui 
vista  è  impedita  da  cortine,  e  da  un  ta- 
volato dipinto  e  dorato  ,  come  praticasi 
nelle  chiese  di  rito  greco.  Lungo  le  mura 
vi  sono  i  sedili  come  ne'cori.  Nelle  chie^ 
se  principali  vi  è  il  trono  pel  principe,  ed 
uno  minore  per  la  principessa.  Nell'ingres- 
so s' incontrano  i  depositi  in  marmo  de* 
fondatori,  ed  i  loro  discendenti  vi  hanno 
il  diritto  di  farsi  seppellire.  La  plebe  e 
gli  altri  si  contentano  del  vicino  cimile- 
rio.  Tre  sono  le  diocesi  in  Valacchia,  l'ar- 
civescovo metropolitano  di  Bucharesl^  il 
Tescovo  di  Craiova  o  Rimnico,  ed  il  ve- 


VAL  i3r 

scovo  di  Buzeo.  Quattro  sono  quelle  di 
Moldavia,  cioè  l'arcivescovo  metropolita- 
no di  Jassi  (anticamente,  come  ripeterò 
in  fine  ,  la  metropoli  era  Solzaha)^  ed  i 
vescovi  di  Zernauci,  di  Rommano  o  Ro- 
manivvaivar,  e  di  Falci.  La  religione  do- 
minante greca,  per  la  generale  ignoranza, 
nel  popolo  non  ha  altri  principii  che  quel- 
lo d'un  cullo  esterno  e  superstizioso.  L'ar- 
ticolo principale  nel  quale  i  moldo  valac* 
chi  fauno  consistere  la  religione,  è  il  fare 
4  quaresime  all'anno  mollo  rigorose  per 
riguardo  alla  qualità,  non  la  quantità  dei 
cibi,  e  il  digiunare  due  giorni  della  setti- 
mana. I  confessori  sono  preti  ammo- 
gliali, ed  a'prelati,  scelli  sempre  da'mo- 
nasteri  de'  monaci  basiliani,  non  è  per- 
messo il  confessare,  restando  nello  slato 
monastico.  Il  penitente  deve  dare  una  li- 
mosina al  confessore  ,  che  non  trascura 
di  racconiandiirgli  di  far  dire  ^o  messe 
in  sulìragio  de'morli.  Si  piota  pm  cullo 
ad  «ma  Siigra  immagine,  che  al  sagramen- 
lo  dell'Eucaristia.  In  ogni  chiesa  dicesi 
una  sola  messa  sul  fir  del  giorno,  e  nel- 
la cappella  de'principi  a  tne/za  mattina. 
La  quantità  delle  feste  è  inuumerabile, 
ed  in  Valacchia  si  celebra  fin  anco  quel- 
la del  Demonio  il  2.°  mercoledì  dopo  l;*a- 
squa  con  infinite  superstizioni.  Oltre  i  ve- 
scovi nazionali ,  ve  ne  sono  molti  altri  ia 
parlibiis  residenti  in  Valacchia  e  in  Mol« 
davia,  e  vivono  lautamente  colle  limosi- 
ne  de'fedeli,  i  quali  rig^uardano  per  infe- 
deli tutti  quelli  ohe  non  sono  del  rito  loro. 
Grande  è  la  venerazione  del  popolo  pe' 
vescovi.  L'uffizio  divino  celebra  vasi  anti- 
camente in  lingua  slava,  ignota  ài  sacer- 
dote e  al  popolo,  perciò  il  principe  Co- 
stantino Maurocordalo  lo  fece  cambiare 
nella  lingua  valacca,  che  essendo  molto 
scarsa  di  termini,  la  traduzione  riuscì  ri- 
dicola e  poco  gustala.  I  due  fratelli  Gre- 
ciano  tradussero  in  valacco  la  Bibbia,  di- 
venuta rara.  La  scienza  d'un  prete  con- 
siste in  saper  leggere  mediocremente  nel- 
la propria  lingua,  e  cantare.  I  dottori  so- 
no ignoranti,  negano  la  validità  del  bai- 


i3i  VAL 

tesimotìegli  altri  cristiani,  e  li  obblignno, 
r|iian(lo  abbracciano  il  loro  rito,  a  sogget- 
tarsi airimmei'sione.I  più  mmlerati  si  con- 
tentano d'ungerli  coll'olio  santo,  facendo 
loro  sempre  cambiare  il  nome.  Alcuni  uo- 
mini dabbene  istituirono  degli  ospedali, 
principalmente  pel  morbo  venereo;  ma  i 
nazionali,  quantunque  poveri,  ci  vanno 
con  gran  dillìcoltìi.  Ogni  setta  e  religio- 
ne è  tollerata  in  Valaccbia  e  in  Molda- 
"via,  esercitando  pubblicamente  le  proprie 
sagre  funzioni.  A  tempo  dell'autore  del- 
l'O5^crtv/s/o«z,  in  Ikjcbarest  era  vi  una 
chiesa  luterana,  e  la  sinagoga  degli  ebrei, 
i  quali  essendo  numerosi  in  Moldavia  ot- 
tennero in  più  luoghi  di  stabilir  le  sina- 
goghe. Tornando  all'ab.  Zanelli,  ragiona 
ancora  della  divisione,  carattere  e  costu- 
manze de'  valacchi.  I  valacchi  si  divido* 
no  couìunemenle  in  due  classi,  boiardi  e 
paesani:  i  negozianti  vi  formerebbero  la 
media,  ma  sono  pochi  e  la  maggior  par- 
te stranieri  (altri  dividano  i  valacchi  in  3 
classi:  la  nobiltà  ossia  i  boiari.il  clero,i  con- 
tadini delti  rum  un).  La  parola  boiardo 
significa  guerriero  e  corrisponde  alla  la- 
tina parola  miles^  titolo  d'alto  onore  ne' 
secoli  di  mezzo  per  tutta  Europa,  ed  al- 
trettanto riferisce  l'anonimo  nell'O^^er- 
vazioni.  I  boiardi  sono  divisi  in  4  classi, 
delle  quali  1'  ultima  è  forse  la  più  ricca, 
ma  la  meno  considerata;  dall'una  si  può 
passare  all'altra  in  meglio,  mediante  me- 
rito di  servigi  prestati.  Un  soldato  fatto 
uffiziale,  un  cittadino  insignito  d'un  gra- 
do accademico  sono  considerali  boiardi 
dell'ultima  classe.  Il  grande  privilegio  de* 
boiardi  delle  3  prime  classi  è  quello  d'es- 
sere immuni  da  qualunque  imposizione; 
essi  sono  eccessivamenle  dedili  al  lusso, 
amano  avere  molle  livree  e  belle,  e  gran 
ìsfarzo  nelle  carrozze,  di  maniera  che  vi 
ha  fra  loro  una  gara,  la  quale  finisce  poi 
con  ridurli  in  povertà  (l'autore  dell'O.?- 
sen>azìo?n\  pubblicate  nel  1788,  riferisce 
che  nella  Valacchia  e  nella  Moldavia  Tuo. 
mo  il  più  vile  con  un  poco  di  denaro  era 
fallo  nobile^e  talvolta  i  facchini  e  gli  scoz- 


V  A  L 

zoni  de'ca valli  venivano  tramutati  in  bo- 
iari;  trattandosi  Ira  loro  colle  parole  Ce- 
stili  Bojar  in  valacco,  o  con  quella  di 
J'\'irni{ish  in  greco,  cioè  /astra  Nobil- 
tà. Deplorando  l'eccessivo  lusso  sì  degli 
uomini,  che  delle  donne,  e  le  immorali 
conseguenze,  rimarca  che  la  rovina  del- 
le case  nasceva  dalle  superfluità  vane  del 
Iraltamenlo.  A  Natale,  a  Pasqua  e  all'As- 
sunzione ,  ogni  donna  dovea  vestirsi  di 
nuovo.  Si  vestivano  di  stoffa  d'Imlia,  eoa 
iscialli  di  cascemir  foderalo  di  zibellini 
o  altre  pelli  preziose  russe,  e  sopra  tut- 
te le  cuciture  ed  estremità  erano  posti 
galloni  d'oro  o  ricami  di  Vienna  :  ordi- 
nariamente tal  vestiario  costava  3ooo  fio- 
rini). L'altra  classe  è  quella  de' paesani, 
la  cui  condizione  è  veramente  miserabi- 
le. Eglino  ricevono  da'boiardi  una  certa 
quantità  di  terreni, a  condizione  che  diano 
loro  il  I  0.°  del  raccolto,  i  2  giornale  di  la- 
voro con  un  paio  di  bovi,e  senza  questi  36. 
Cbese  il  paesano  non  può  o  non  vuol  dare 
queste  giornate,  deve  darne  il  valore  ia 
denaro,  compenso  che  non  viene  calco- 
lato dal  capriccio  del  padrone,ma  da  una 
deputazione  esistente  in  ogni  comune.  Il 
paesano  è  ignorante,  superstizioso  ;  crede 
non  solo  alle  streghe,alle  fatlucchierie,ma 
al  malocchio.  11  valacco  è  di  color  bruno, 
in  generale  d'alta  statura,  massime  nelle 
montagne,  per  lo  più  d'aspetto  fiero,  di 
modi  rozzi  (ordinariamente  di  costituzio- 
ne robusta  e  coraggiosi,  ma  abitanti  d'uà 
paese  fertile  e  barbaro  ,  sono  pigri  al- 
quanto, ed  insieme  ospitali  e  franclii  ;  i 
soldati  indisciplinali,  ma  prodi).  Il  pae- 
sano si  ciba  di  pane  senza  lievito,  colto 
sotto  la  cenere, di  legumi,  di  carne  di  pe- 
cora e  di  latte  o  cacio  agro,  di  pesce  sa- 
lato, di  cui  sono  molto  ghiotti;  è  avido 
delie  bevande  spiritose  e  beve  il  cracquit 
oacquavila  di  frumento  con  tale  ingor- 
digia, cbe  tosto  si  vede  ubbriaco.  Egli 
in  generale  è  amante  della  fatica,  pazien- 
te, con  lento  del  poco,  e  di  poche  parole. 
Gli  uomini  indossano  calzoni  di  latia,  una 
lunga  veste  di  pelle  di  pecora  col  pelo; 


VAL 

un  bonetto  alla  cosacca  dì  pelle  d'agnel- 
io,  e  scarpe  di  pelle  non  conciata.  Le  don- 
ne poi  usano  una  camicia  che  stretta  al 
collo  tocca  i  piedi  ,  sulla  quale  portano 
due  stretti  grembiali,  utio  dinanzi  e  l'al- 
tro di  dietro,  facenti  Tuiìicio  di  gonna  ; 
sul  capo  una  specie  di  berretto  di  paglia 
e  di  crine  tessuto;  al  collo  e  alle  orec- 
chie pochi  o  nessuni  ornamenti.  I  boiar- 
di sono  orgogliosi^  trattano  con  asprez- 
za i  loro  dipendenti,  guardano  di  mal  oc- 
chio un  loro  eguale  e  con  disprezzo  gl'in- 
feriori :  tutto  annuncia  la  boria  non  più 
voluta  e  sopportata  a'tempi  nostri  d'una 
malintesa  aristocrazia.  Coiranonimo  po- 
trei dare  maggiori   notizie,  ma  appuulo 
avendo  sorpassato  le  debite  proporzioni 
pel  riflesso  che  poco  si  conosceva  la  sto- 
ria e  i  costumi  de'moldo-valacchi,ne  rac- 
colsi le  nozioni  derivale  pure  dall'  ulti- 
ma guerra  d'oriente  e  dalle  loro  attua- 
lità sulle  quali  si  stanno  occupando  le 
grandi  potenze  d'Europa,  e  per  qtianlo 
altro  mi  resta  a  dire,  specialmente  sui 
tempi  ultimi  e  correnti,  con  esso  riferi- 
rò solo.  Che  i  difetti  e  i  vizi  di  questa  na- 
zione deiivavano  dal  governo  dispotico 
e  già  tirannico,  e  da  una  pessima  pubbli- 
ca educazione,  la  quale  essendo  in  buona 
parte  in  mano  del  clero,  questo  era  ed  è 
biasimevole.  Tutte  le  arti  meccaniche  e- 
rano  in  mano  de'forastieri  delle  vicine 
contrade  ode'zingari,  esercitandole  pro- 
fìcuamente. Le  donne  si  applicavano  al  la- 
voro più  degli  uomini,  preparando  i  pan- 
ni e  le  tele  per  uso  della  famiglia.  Le  ca- 
se de'nobili  erano  piene  di  schiavi  e  schia- 
ve zingari,  applicali  a  tulli  i  servizi  do- 
mestici, l  zingari  ritenerli  la  più  vile  e 
la  più  sucida  razza  d'Europa,  ladri,  ma- 
liziosi e  dati  alla  libidine  dall'età  più  te- 
nera. Un  fanciulloeducato  tra  simil  gen- 
te, non  può  che  divenir  depravato.  I  no- 
bili procuravano  far  apprender  il  greco 
linguaggio a'figli  da  qualche n)onaco  gre- 
co stanco  del  chiostro,  per  parlarsi  nella 
corte  de'principi.  La  nazione  ama  molto 
il  ballo,  i  festini,  i pranzi  tumultuosi, gli 


VAL  i33 

spettacoli,  i  giuochi  d'azzardo.  In  que- 
sto conservano  ancora  i  costumi  antichi 
de'loro  vicini  ungheri  e  polacchi,  come 
rileva  Anton  M/  del  Chiaro,  Rìvoluzio' 
ni  moderne  della  Valacliia,  libro  stam- 
pato nel  principio  del  secolo  decorso;  ma 
l'I  parte  generosa  e  magnifica  cambiòcol 
consorzio  e  dominio  de'greci,i  quali  per 
signoreggiarli   procurarono  distruggere 
ogni  seme  di  virtù.  Dopo  l'occupazione 
de'russi,  i  valacchi  mostrarono  migliori 
disposizioni.  1  moldo-valacchi  prendono 
moglie  in  tenera  età, a  scelta  della  propria 
madre,  le  nozze  essendo  accompagnate  da 
usi  che  la  civiltà  introdotta  avrà  elimina- 
lo. Non  mancano  tra'moldo-valacchi  ri- 
spettabili famiglie,  e  persone  di  merito  in 
mezzo  a  tanti  disordini  pubblici  e  privati, 
anco  uomini  di  stato.  Il  Muratori  crede 
che  in  Valacchia  originarono  i  zingari 
o  zingani,  di  cui  riparlai  a  Superstizio- 
ne, a  Servia  e  ne'luoghi  ove  sono.  Non- 
dimeno, udiamo  dall'ab.  Zanelli,  che  li 
vide,  cosa  essi  sono  in  questo  paese.  «  l 
zingani  nella  Valacchia  e  Moldavia  sono 
nientemeno  che  più  di  25o,ooo.  lo  non 
mi  arresto  a  tracciarne  l'origine:  chi  ne 
avesse  vaghezza  consulti  l'opera  ora  pub- 
blicala in  Milano  da  Francesco  Predar!; 
a  me  basta  il  dire  che  nella  Moldavia  e 
Valacchia  sono  segnati  fino  dal  1 417,  e 
che  sono  tuttora  condannali  ad  una  vita 
errante  e  misera.  Quivi  essi  vivono  di- 
visi in  due  classi:  tulli  però  schiavi,  altri 
del  governo,  altri  de'  boiardi.  Gli  schia- 
vi del  governo  prendono  il  nome  di  aii- 
rariy  itrsarl  e  lingurari  o  artigiani.  La 
classe  la   più  compassionevole  è  quella 
de'vagabondi,  che  passano  da  un  luogo 
all'altro  a  maniera  di  carovane,  elemo- 
sinando, rubacchiando  o  anche  suonau- 
do  qualche  musicale  stromento,  essendo 
nella  musìcaabilissimi. Glizinganischia- 
vi  de'  boiardi  esercitano  il  mestiere  del 
cuoco,  del  barbiere,  del  calzolaio  e  di  al- 
tri ancora,  secondo  che  vuole  il  capriccio 
del  padrone.  Gli  zingani  conducono  una 
vita  veramente  brutale;  noa  conoscono 


i34  VAL 

|iuilore,  non  hanno  religione,  non  cono- 
scono legge  ili  Djati  imonio,  tranne  quel- 
la iteliu  natura  :  se  qualcuno  di  essi  si  fa 
distiano,  lo  fa  pei  l'ingoitligia  tl'un  re- 
galo; quindi  avviene  die  Si  fa  alle  volte 
battezzare  più  fìate.  E'  pur  lagriuievule 
cosa  che  in  un  secolo,  in  cui  tanto  si  è 
gridato  e  altamente  si  grida  ancora  in- 
torno alla  tratta  de'  negri,  tuttavia  si 
sopporti  la  schiavili!  de*  zingani.  Un  se- 
colo di  lumi  e  di  carità  non  pensa  an- 
cora a  liberare  tanti  infelici!  lo  intan- 
to faccio  voli  che  il  principe  regnante 
della  Valacchia  possa  pienamente  effet- 
tuare la  nobilissima  idea  di  emancipare 
ne'suoi  stati  gli  zingani,  di  sollevarli  alla 
condizione  de' paesani,  e  quindi  di  sotto* 
porli  alle  leggi  comuni  a'suoi  sudditi.  In 
tal  maniera  sarà  di  assai  migliorala  la 
condizione  civile  e  morale  di  tanti  ntise- 
II".  Quanto  alla  statistica,  l'ab.  Zanelli 
riporta  quella  che  in  parie  riprodurrò. 
Chiese  SySy  ,  monasteri  62  ,  case  nel 
1840  numero  34o,5oo;  la  popolazione 
Del  i  889  ascese  ad  1  ,g50j000,  la  quale  si 
compone  dii.g35.ooo  greci  scismatici  , 
6200  cattolici  latini,  e  5ooo  ebrei,  gli 
altri  protestanti.  Il  reddito  pubblico  nel 
1767  fu  di  2,175,000  piastre,  nel  1782 
fu  di  3,55o,ooo,nel  1 887  di  1 4*824, 1 95, 
nel  1839  di  17,494)000,  e  nel  1840  di 
19,500,000.  JNel  1840  le  spese  furono 
nimuri  dell'entrata.  La  cifra  del  totale 
della  popolazione  pubblicata  nel  i854 
la  riferii  in  principio,  cioè  2,5oo,ooo. 
Nell'Appendice  l'ab.  Zanelli  discorre  del- 
ia Moldavia,  la  dice  divìsa  dalla  Valac- 
chia per  mezzo  del  Danubio,  conìpren- 
dere  una  superfìcie  di  2,67  i  miglia  qua- 
drate di  28  e  mezza  al  grado,  con  una 
popolazione  d'  un  milione,  maggiore  di 
assai  in  proporzione  a  quella  della  Va- 
lacchia. Le  vicende  storiche  de'due  prin- 
cipati essere  molte  volte  comuni  all'uno 
e  all'altro;  ambedue  spesso  si  ribel- 
larono alla  Porta,  ed  ambedue  ebbe- 
ro per  vaivoda  tiranni  nel  Fanar.  La 
Moldavia,  più  montuosa  e  alquanto  più 


VAL 

fredda,  è  divisa  in  i3  distretti  che  con- 
tengono 7  città,  con  Jassy  per  capitale, 
più  bella  e  ricca  di  Bucharest,  ma  più  pic- 
cola, imperocché  nella  Moldavia  vi  sono 
boiardi  assai  doviziosi.  A  3us>y  vi  è  un 
teatro  francese,  un  liceo,  una  società  di 
scienze  e  lettere,  due  collegi  e  molte  altre 
scuole,  meglio  dirette  di  quelle  di  Va- 
lacchia. 11  popolo  moldavoèpiù  educalo 
del  valaccoeconla  molti  distimi  letterati. 
A  cagione  della  popolazione  n)oggiore 
della  Valacchia,  avuto  riguardo  all'esten- 
sione del  pae^ie,  l'agricoltura  vi  è  assai  col- 
tivala, e  grande  quantità  di  grani  è  man- 
data all'estero.  A  oche  la  pastorizia  foruja 
un  ramo  d'industria  maggiore  di  quella 
della  Valacchia,  li  principe  che  allora 
regnava  era  dotato  d'uno  spirilo  d'in- 
dustria e  di  trafììco;  come  sommamente 
ricco,  d'anno  in  anno  migliorava  la  con- 
dizione del  proprio  paese,  in  cui  fra  l'in- 
tera populazìone si  contavano  1,010,000 
greci  scismati^ci,  4  0,000  cattolici,  5o,ooo 
ebrei.  L'annuo  tributo  che  il  paese  paga- 
va alla  Porla  consisteva  in  740,000  pia- 
stre, e  l'entrala  pubblica  ascendeva  a  cir- 
ca 10,000,000.  Di  recente  e  nel  1857  il 
eh.  Luciano  Scarabelli,  nell'utile  e  inte- 
ressante Enciclopedia  contemporanea 
di  i^tìr/zo,  pubblicò  nel  l.  33  un'assai  im- 
portante e  distinta  Statistica  e  Notizie 
de^  Principati  Danubiani.  Ne  darò  ap- 
pena un  qualche  cermo.  Pel  grande  a  fare 
che  ha  la  diplomazia  ad  assestare  la  cosa 
pubblica  delia  Moldavia  e  della  Valac- 
chia, tutta  Europa  è  in  attenzione  conti- 
nua dì  ciò  che  sia  per  nascere;  quindi  di- 
ce l'encomiato  scrittore,  non  volersi  me- 
scolare né  disputare  di  politica,  ma  di  e- 
conomia,  e  quindi  dare  alcuna  notizia  del 
commercio  di  que'paesi  che  può  giovare 
a  chi  dì  essi  studia,  tanto  più  che  essen- 
dosi sparsi  di  essi  teste  in  vari  fogli  d'I- 
talia conti  più  fallaci,  può  essere  che  qual- 
cuno abbia  accettato  per  verità  quegli 
errori  che  per  ventura  esso  può  correg- 
gere. Sì  attribuirono  testé  a'  piiucipati 
Danubiani  ettari  3,700,000  di  superll- 


VAL 

eie;  in  vece  la  sola  Moldavia,  senza  gli  et- 
tari che  le  si  resero  colla  parie  di  Oessa- 
rabia  in  vii  Iti  del  traltato  di  Parigi,  che 
sono  1,1 2 5,000,  ne  tiene  4,700,000,  ed 
è  già  più  vasta  del  Belgio  e  del  regno 
dì  Sassonia  :  la  Valacchia  si  ritiene  di 
7,696,601;  quindi  la  superficie  gene- 
rale si  può  ricevere  per  chilometri  qua- 
drali 1 35,2  IO  ,  ed  una  popolazione  di 
430,000  abitanti  (qui  la  stampa  pare 
errala).  Poco  fa  erano  i  principali  slrelli 
fra  il  Prulh,  il  Danubio,  i  Carpazi;  ora 
scendono  al  mare,  e  chiudendo  in  se  le 
bocche  del  Danubio  con  5  ciuà  si  pren- 
dono Ismail,  Rilia  e  Reni,  porli  Danu- 
biani diesi  erano  guadagnata  buona  par- 
te del  commercio  intermedio  de'grani.  Il 
territorio  valacco  scende  al  sud,  e  il  mol- 
davo al  sud-est,  e  per  valli  e  monti  che 
dalla  catena  Carpazia  inoltransi  piti  in- 
nanzi che  a  mezzo  lo  spazio  del  paese  va- 
ria di  climi,  di  fertilità,  di  prodotti  ec. 
indi  passa  a  parlare  de*  prodotti,  le  es- 
portazioni e  le  importazioni,  le  rendi- 
te del  1857  della  Valacchia  in  franchi 
6,349,774»  e  le  spese  in  7,163,828;  il 
tributo  alla  Porta  della  Moldavia  in 
180,000,  doppio  essere  quello  della  Va- 
lacchia. Le  cifre  de*  principati  Danubia- 
ni avere  un  bilancio  di  circa  io  uiilio- 
ni  e  mezzo  di  franchi.  Segue  la  statisti- 
ca dell'agricoltura  e  del  commercio,  l'es- 
portaziotii  e  l'importazioni,  l'arrivo  delle 
navi  e  la  loro  capacità  ne'  porli  de'  due 
principali  a  lutto  il  i853,e  nozioni  sulla 
navigazione  del  Danubio.  Nel  18 56  si 
parlò  di  proposito  d'un  progetto  di  stra- 
da ferrala,  che  partendo  da  Galatz  arri- 
verebbe a  Mihaileiii  sulla  frontiera  della 
Bucowina,  linea  che  traverserebbe  tut- 
ta la  Moldavia  dal  sud-est  al  nord-est, 
distanze  di  22  poste,  cioè  17  di  qua  a  Jas- 
sy,  e  5  dalla  capitale  alla  frontiera  austria- 
ca. Osservano  gì'  intendenti,  che  se  vi  è 
paese  indicato  dalla  natura  per  ferrovie, 
esso  è  positivamente  la  Moldavia  e  an- 
cor più  la  Valacchia  ,  poiché  tutto  pia- 
nura, e  le  rare  elevazioui  faciUssime  u  li- 


VAL 


i35 


vellarsi.  Si  parlò  anche  d'una  strada  fer- 
rata che  da  Orsova  lungo  il  litorale  ar- 
riverebbe a  Braila,  con  uu  braccio  da 
Giurgevo  a  Bucharest.  Nel  declinar  del 
1854  fu  eretto  il  telegrafo  da  Cronstadt 
a  Bucharest,  la  quale  così  fa  compresa 
nella  vastissima  rete  di  telegrafiche  com- 
prende l'Europa  civilizzata.  Rilevo  dalle 
notizie  correnti.  Da  molto  tempo  trovasi 
in  costruzione  la  ferrovia  da  Bucharest 
a  Giurgevo,  ma  il  lavoro  non  procede  di 
molto.  Una  linea  telegrafica  da  tal  città  a 
Craiova,edi  là  aOrso  va, va  per  essere  uni- 
ta alle  linee  dell'Austria,  ed  è  quasi  termi- 
nala; icui  lavori  erano  slati  sospesi  nella 
primavera  del  1857.  Nel  gennaio  18 53 
il  sultano  ha  ordinalo  la  costruzione  d'u- 
na linea  telegrafica  da  Scolari  a  Basso- 
rah  per  Bagdad.  11  telegrafo  turco,  che 
finora  comunicava  solamente  con  Bucha- 
rest, sta  al  presente  iu  diretta  congiun- 
zione con  Monaco,  Varsavia,  Trieste,  Ve- 
nezia, Milano,  Torino,  Vienna,  Parigi  e 
Londra.  Anche  quello  con  Pietroburgo 
e  col  resto  dell'Italia  e  coli' Algeria  può 
essere  attivato  facilmente. 

Tulli  quelli  che  hanno  parlato  della 
Valacchia  e  della  Moldavia  si  sono  in- 
gegnali di  trovare  l'origine  di  questi  no- 
mi, dicendo  che  la  2.'  lo  prese  dal  fiu- 
me omonimo,  eh'  é  molto  insìguificante. 
In  quanto  alla  i.*è  certo  che  in  islavo 
Ulach  significa  italìanOy  e  la  Valaechia 
dicesi  Volosca  Semghij  che  letteralmen- 
te corrisponde  a  Terra  de  Bovi.  Se  gli 
slavi  entrando  nella  Dacia  le  hanno 
dato  questo  nome  per  aver  tro  vaio  mol- 
ti bovi,  ed  i  romani  abitatori  hanno  chia- 
mati Ulossi  o  Ulassi\  o  prima  cono- 
scevano i  romani,  e  li  chiamavano  Casi 
per  puro  caso,  l'aaonimo  delle  Osser^ 
^'azioni  lo  lascia  decidere  agli  eruditi. 
Scrivono  i  geografi.  Il  nome  Falaco  ^ 
che  significa  pastore  in  lingua  slava,  lor 
fu  dato  al  tempo  in  cui,  co'loro  armenti, 
emigrarono  dall'altra  parte  delDanubio. 
Fondarono  parecchie  colonie  in  alcuni 
cantoni  della  Macedonia  e  della  Tracia, 


Ì36  VAL 

e  nelle  gole  del  Piiulo;  i  dlscendenli  eli  lali 
coloni,  pnslori  e  guerrieri  come  i  loronn. 
fenati,  sono  ancora  indicali  soUo  il  no- 
me di  Mescalo  Vnlachì ,  cioè  Grandi* 
Valachi.  Avevano  fabbricalo  in  Mucedo- 
iiia  una  cillà  chiamala  Voscopolis^  che 
nel  secolo  scorso  fu  distrutta  e  sncclieg- 
giata  dagli  albanc&i;  i  suoi  abitatori  ri- 
parando in  Uiighcriay  dove  la  popola- 
zione componesi  in  gran  parte  di  valac- 
clii,  che  conservarono  un  idioma  e  co- 
stumi distinti  da  quelli  degli  slavi  e  de' 
inagyari,  che  costituiscono  il  fondo  del- 
la popolazione  ungherese.  Il  Martinelli 
nel  Tesoro  dell' andcìàtà  crede,  che  l'o- 
rigine de' valacchi,de'bulgan,  de'bosnia- 
ci,  de'transilvani,  e  di  altre  nazioni  che 
iaiid)iscono  il  mar  Nero  e  si  avvicinano 
alle  foci  del  Danubio,  debba  ripetersi 
dalTemigrazione  degl'iberi,  antichi  abi  - 
latori  della  Betica  e  della  Spagna  ,  ca- 
gionata da  Nabucodònosor,  e  che  puòes- 
sere  avvenuta  circa  i  primi  anni  del  suo 
regno,  cioè  negli  anni  del  mondo  3398 
Secondo  Scaligero,  o  35go  secondo  K.ir- 
kerio.  Dice  l'anonimo  delT  Osservazio- 
ni intorno  la  Falachia  e  Moldavia^  la 
Transilvania,  la  Valachia  e  la  Moldavia 
furono  da'rouiani  comprese  sotto  il  no- 
me di  Dacia,  e  gli  abitanti  riguardali 
come  bellicosi  e  arditi.  Se  questi  fossero 
indigeni  o  oriundi  da  popoli  più  lontani, 
ed  a  qual  grado  di  civiltà  arrivali,  con- 
fessa di  non  poterlo  dichiarare.  Avverte 
che  in  dette  Provincie  trovansi  molte  mo- 
nete antiche  d'argento,  d'A minta  e  Fi- 
lippo re  di  Macedonia.  Il  paese  dunque 
conosciuto  sotto  il  nome  di  Valacchia  e 
Moldavia,  formò  parte  dell'an li caD<7c/rt 
edell'imperodel  valoroso  reDiicebalo.  l 
popoli  barbari  che  1'  abitavano,  venuti 
in  guerra  co'romani,  ne  furono  vincitori, 
e  costrinsero  ad  una  vergognosa  pace 
i  generali  dell*  imperatore  Domiziano. 
Però  riaccesa  la  guerra,dopo  lunghi  e  o- 
«linali  combattimenti, l'imperatore  Tra- 
iano vendicò  il  danno  e  la  patita  umilia- 
zione del  popolo  romano,  vinse  Decebalo, 


VAL 

il  quale  vedendosi  li  op pò  debole  per  re- 
sistere ad  un  principe  così  possente  e  pro- 
de, si  uccise  da  se  slesso  nelT  anno  106 
di  nostra  era.  Traiano  convertì  la  Dacia 
in  provincia  romana,  e  per  lui  chiamala 
Daeia  Traiana  ,  al  nord  del  Danubio 
di>lribuendo  in  ricompensa  le  terre  a* 
suoi  soldati,  e  trapiantandovi  numerose 
colonie;  il  che  servì  a  promuovere  al- 
quanto l'agricollura  e  a  dirozzare  i  feroci 
costumi  degli  abilant  i.  Monuuìenlo  in 
queste  contrade  delia  romana  domina- 
zione, sono  gli  avanzi  d'  un  ponte  di 
pietra,  che  presso  Seveiino  fece  gettare 
Traiano  attraverso  il  Danubio,  che  uni- 
va le  iiixe  Mesie,  oggi  Bulgaria,  col  ha- 
nato  di  Craiova,  ed  ora  sono  slati  me- 
glio ammirali  ;  molte  medaglie  qua  e 
là  trovate,  e  la  lingua  attualmenle  [)ar- 
lata,la  quale  benché  corrotta  tiene  molta 
somiglianza  colla  latina,  al  modo  però  che 
narrai,  sotto  forma  di  dialetto  Ialino  mi- 
sto. Il  po(K)lo  tuttora  nel  darsi  e  ricevere 
il  saluto,  suol  chiamarsi  col  nome  fra  ter  ^ 
e  Zara  romanesca^  paese  romano,  suole 
denominarsi  questa  regione.  La  lingua 
latina,  appena  i  romani  ne  divennero  li- 
t)eri  dominatori, in  poco  tempo  di  venne  la 
comune  e  unica  di  queste  contrade.  Si 
crede,  che  nell'abbigliamento  de'  valac- 
chi  si  ricordi  il  vestire  degli  antichi  ro- 
mani, ad  onta  che  gli  abitanti,  oltre  l'es- 
sere nella  massima  parte  valacchi,  sono 
misti  a'daci,mesii,  bulgari,  slavi  ec.  I  va- 
lacchi prendonoanche  il  nome  di  ruma- 
ni  o  rumniasti  e  più  comunemente  ni' 
nieniy  probabilmente  per  corruzione  della 
voce  romani,  comesi  chiamarono  quali 
discendenti  dalle  legioni  ,  che  Traiana 
stabilì  al  nord  del  Danubio  dopo  la  con- 
quista del  paese  de'daci.  Secondo  il  Ca- 
stellano, fu  Fiacco  che  d'ordine  di  Tra- 
iaiìo  vi  dedusse  una  colonia  di  3o,ooo 
individui  per  ridurre  il  paese  di  sua  na- 
tura ferace  a  coltura,  e  divenne  il  gra- 
naio dell'  armata  romana  nelle  guerre 
contro  gli  scili  ed  i  saroiati.  Quindi  di- 
ce che  la  provincia  si  chiamò  F taccia j 


V  A  L 
e  l'antico  nome  di  Dacia  si  convertì  in 
cjuelio  (li  f' alarcliia,  che  per  lanino  tem- 
po abbrucciò  anche  la  Moldavia^  dii  cui 
poi  in  seguilo  fu  (hslaccata.  Nella  metà 
del  18:17  dichiarò  la  Gazzella  JUirica 
ili  Zagabria,  L'incivilimento  e  la  coltu- 
ra ogni  giorno  qui  progrediscono  di  be- 
ne in  ateglio.  Ciascuno,  secondo  stie  for- 
ze, si  presta  all'opera  santa  di  dirozzare, 
illuminare  e  ingentilire  la  nazione;  i  ric- 
chi col  denaro,  collo  scrivere  i  dotti.  Nuo- 
ve scuole  s'  istituiscono,  nuovi  libri  si 
con)pongono  o  si  tradùcono,  i  giornali  si 
Diolliplicano,  non  pochi  giovani  si  man- 
dano all'estero  ad  educarsi  ed  erudirsi. 
Ciò  tulio  prova  chiaramente  che  la  Va- 
lacchia di  buon  passo  procede  incontro 
al  suo  incivilimento.  Gli  scrittori  valac- 
chi  si  sono  fitti  in  mente,  e  questa  loro 
opinione  è  diffusa,  essere  i  valacchi  veri 
discendenti  de'roniani;  ed  è  perciò  che  a 
tutto  potere  si  adoperano  a  svellere  dalla 
lingua  loro  tutte  le  parole  slave  che  vi 
sono,  alle  (|uali  altre  ne  sostituiscono  di 
francesi  e  italiane.  Inollre  sono  nell'inten- 
zione d'abbandonare  l'alfybetoCirilliano, 
del  quale  per  tanto  tempo  fecero  uso,  e 
d'adottare  il  latino.  Però  sì  i'una  cosa  e 
61  Tallra  riuscirà  loro  piuttosto  malage- 
vole; poiché,  se  tutte  le  parole  slave  vor- 
ranno scambiale  con  altre, dovranno  la 
lingua  loro  privare  d'un  buon  terzo  della 
sua  ricchezza;  e  d'altronde  non  saràfli- 
lica  indifferente  il  cambiare  ad  un  Iralto 
una  tanta  quantità  di  parole.  In  quanto 
airnlfabelo,  vi  troveranno  diflìcolià  non 
poche,  mentre  l'alfabeto  Ialino  non  è  da 
se  sullicienle  ad  esprimere  tutti  i  suoni 
della  lingua  loro;  e  poi  gli  scrittori  non 
seguono  il  modo  degl'illirici  nello  scrive- 
re; ma  a  rappresentare  un  suono  unico 
pongono  due  lettere,  ciò  che  al  semplice 
alfabeto  Cirilliano  allatto  contrasta.  Tra- 

tiano  prima  di  conquistare  il  paese de'daci, 
^  oltre  il  Danubio  costruì  il  vallo  dir  Ru- 
stendie,  diverso  da  quello  che  chiude  la 
Dobrudscia  da  Rossova  fino  al  porlo  di 
Kusleudie,  onde  pone  a  coperto  dalle 


VAL  187 

loro  invasioni  la  IMesia.  Quando  ebbe  re- 
calo le  sue  ormi  vincitrici  fino  al  Pruth, 
vale  a  dire  nella  Moldo- Valacchia,  e  ri- 
dotta la  regione  a  colonia  mercè  legioni 
romane,  Traiano  le  volle  proteggere  con- 
tro i  daci  e  i  geli  fuggiaschi,  siccome  pu- 
re contro  i  sarmati  e  altri  popoli  barbari 
die  aveano  stanza  lunghesso  le  sponde 
dell'odierno  Dniester.  Ad  ottenere  I'  in- 
lento fece  erigere  sopra  una   lunghezza 
di  20  leghe  un  nuovo  baluardo,  di  cui 
tuttora  sussiste  il  rilievo,  e  che  chiude 
tutta   la  regione  del  basso  Prulh  e  del 
basso   Danubio.    Inoltre  da*  romani  si 
costruì  la   via  consolare  che   traversava 
i  Carpazi  al  passo  oggi  detto  Terra  Ros- 
sa, via  che  nel  17  18  restaurò  Carlo  VI 
dopo  la  conqtiista  di  Craiova,  e  fu  pro- 
lungala fino  a  Render,  come  apparisce  da* 
ruderi  esistenti,  forse  gli  unici  superstiti 
monumenti  di  fabbriche  romane  in  det- 
te contrade.  La  Dacia  fu  divisa  in  3  pro- 
vincie,  cioè  in  Dacia  Montana,  Ripense  e 
Mediterranea.  Le  abbandonale  miniere 
de'iì)etalli  che  sono  racchiuse  nelle  visce- 
re de'Carpazi,  furono  scavate  da'  roma- 
ni e  se  ne  incontrano  in  diversi  luoghi  le 
vestigia,  ed  un  transilvano  scrisse  un  li- 
bro curioso  su  tali  Qìiniere.  Dalle  colonie 
romane  sicuramente  ne  derivarono  altri 
vantaggi,  perchè  si  vuole  che  furono  mol- 
lo munerose.  L'imperatore  Adriano  poi, 
immediatosuccessore  di  Traiano  neh  17, 
distrusse  il  suo  ponte  perimpedire  il  pas- 
saggio a'barbari  della  Mesia,  che  proba - 
l)il  mente  era  no  slavi.  LaMolda  via,  appel- 
lata anche  il  Deserto  Gelo,  dopo  essere 
stala  scorsa  e  conquistala  a  vicenda  da' 
re  persiani,  sciti  e  macedoni  ,  più  tardi 
ridotta  a  colonia    greca  ,  fece  anch'essa 
parte  dell' impero  fondalo  da  Decebalo, 
e  venne  eziandio  soltocnessa  da  Traiano. 
Di  essa  (pii  dirò  in  breve.  Durante  l'  e- 
migrazione  de'  popoli  barbari  e  dopo  di 
questa  occuparono  il  paese  i  geli  ,  unni, 
bulgari,  avari,  cumani,  mongoli,  tartari 
e  valacchi,  finché  da  Ulmo  Bogilano  I  e 
suo  figlio  Dragosch  vi  fondarono  uu  priu» 


i38  VAL 

cipato  ereditario,  i  cui  reggitori,  sotto  il 
I  itolo  tli  Vaivoilao  Miriza,  regnarono  iii- 
terrotinmente  fjiio  ali  526  e  si  eslinsero 
colla  iDorte  di  Stefano  VI.  Essi  vissero 
in  continue  lotte  cu'Ioro  vicini,  in  guisa 
rlie  doverono  ora  porsi  sotto  la  prole- 
zione della  Polonia ,  ora  dell'  Ungheria, 
ora  della  Sublime  Porta,  sotto  la  (piale 
rimasero  sino  al  principio  del  XVI  seco- 
lo. Dopo  la  morte  di  Stefano  VI,  prima 
i  boiari  scelsero  il  principe  dal  grembo 
loro,  poi  venne  eletto  dal  gran  sultano, 
e  per  ultioio  la  dignità  fu  occupata  da  un 
greco  sino  al  1821.  I  moldo-va lacchi  fu* 
rono  chiamali  anche  Biada  ^  e  la  Mol- 
davia MoldoBlachia.  11  Nardi,  Z)e'^i7o- 
li  del  re  delle  due  Sicilie ^  dicemlo  che 
portò  pure  quelli  di  Gallicia  e  Cumania, 
credechelaGallicia  oHallicia  fd cesse  par- 
ledella  Valacchia,  e  prendersi  per  la  sles- 
sa Valacchiajechela  Cumania  fosse  parte 
ancl/essa  della  Valacchia.  Cotilinùù  la 
Valacchia  sotto  il  nome  di  Dacia  Traia- 
na  o  romana  ad  essere  provincia  roma- 
na dal  I  o5  al  275,  allorché  le  romane  le- 
gioni l'abbandonarono,  non  potendo  più 
sostenere  1'  urlo  dell'irrompenti  orde  di 
barbari.  A'romani  quindi,  durante  la  de- 
cadenza dell'impero,  toccando  al  paese  la 
sorledell'altre  Provincie  di  frontiera, suc- 
cesse ralternata  dominazione  degl'impe- 
ratori greci  di  Costantinopoli  e  de'  bar- 
bari, di  quell*  orde  cioè  che  abbando- 
nali i  loro  focolari,  si  sparsero  per  tutta 
Europa  in  traccia  di  più  bel  paese  e  di 
miglior  fortuna.  Attila,  il  terribile  cou- 
dutlore  degli  unni,  invase  la  Dacia  e  ne 
restò  per  qualche  tempo  dominatore:  a 
lui  soltentrarono  altri  popoli,  non  meno 
barbari,  tulli  congiurati  a  distruggersi  gli 
uni  e  gli  altri,  e  a  scacciarsi  vicendevol- 
mente dalle  usurpate  sedi.  Dal  VII  (ino 
al  secolo  1 X  fu  occupata  laDacia  da'bulga- 
ri  edagli  slavi,  sotto  de'quali,  secondo  l'o- 
pinione d'alcuni,  il  pa^se  venne  chiamato 
J^alacchia^  forse  dall'essere  i  romani  co- 
nosciuti col  nome  solamente  di  idacchi. 
Ma  siccome  ooq  ha  foudamealo  sloiico 


VAL 

siffatta  opinione,  e  già  da  tempo  notabi- 
le avea  cessalo  la  dominazione  romana, 
sembra  che  altri  popoli  siano  sopravve- 
nuti, prima  che  la  Dacia  prendesse  l'  at- 
tuai nocne  di  Valacchia.  Nel  periodo  tra- 
scorso dal  111  al  Xljl  secolo  altri  voglio- 
no che  alla  loro  volta  signoreggiarono  la 
contrada  i  goti  ,  gepìdi,  avari  ,  bulgari, 
cuiTiani,  tartari,  veneti,  slavoni,  caccian- 
dosi reciprocamente  e  conquistando  una 
terra  imbevuta  di  tanto  sangue  umano 
per  le  successive  stragi.  11  regnò  de'bul- 
gali  durò  dal  680  al  QiS:  sotto  uno  di 
questi  re  del  paese  i  discendenti  de'fug- 
genti  dalla  Dacia  romana  si  stabilirono 
nelle  vicinanze  di  Severinopoli  e  fonda- 
rono una  specie  di  principato,  al  cui  ca- 
po diedero  il  nome  di  Bano.  Neil' 870, 
quando  cioè  i  bulgari  si  ridussero  al  cri- 
stianesimo, esso  si  diifuse  fra  quelli  sta- 
biliti nel  paese,  ed  è  questa  lai. ''epoca  in 
cui  si  vuole  registrato  propriamente  il  no- 
me di  P'alacchia  e  di  Moldavia  nella 
storia,  che  altri  ritardano  sino  e  verso  il 
secolo  XIII  circa.  Ne'secoli  X,  XI  e  Xlf, 
nel  principio  del  quale  si  ritiene  fonda- 
ta Bucharest,  sostennero  guerre  co'cuma- 
ni  e  co'palzineki,  durante  le  quali  Gio- 
vanni A  lexis  fondò  un  regno  alle  due  spon- 
de del Danubio,che avea  percapitale  Cra- 
iova  o  Crajowa,  che  già  dissi  capitale  at- 
tuale della  piccolaValacchia  e  tuttora  po- 
polata e  importante.  L'epoca  accennata, 
ecco  come  la  riferisce  l'a utore  dell' 0.y^er- 
i'az/oAi/.  Gli  slavi  avendo  cominciato  a  far 
le  loro  incursioni  nell'Europa,  ed  attac* 
care  l'impero  romano,  sembra  che  aves- 
sero fissalo  il  loro  quartiere  generale  nel» 
la  Valacchia  e  Moldavia,  e  nella  Bessa- 
rabia,  comode  per  la  posizione  e  vantag- 
giose per  la  facilità  e  abbondanza  della 
sussistenza.  Pare  che  le  moltissime  orde 
o  tribù  di  questa  numerosa  nazione^  a- 
vanzandosi  di  tratto  in  tratto  verso  il 
mezzogiorno  per  genio  di  nuove  conqui- 
ste, cedessero  il  luogo  ad  altre  truppe  di 
barbari,  mosse  dallo  slesso  principio  e  sol- 
lecitate dal  medesimo  bisogno,  le  quali 


VAL 

crnno  spesso  obbligate  a  cederlo  a*  più 
ferii.  Cerio  è  cbe  per  più  secoli  gli  abi- 
tanti della  Valcìccbia  e  Moldavia,  uniti 
agli  slavi  bulgari,  fecero  le  loro  esclusioni 
sino  ad  Adrianopoli  e  Costantinopoli,  co- 
me si  Ila  dalla  Storia  Bizantina.  Uile- 
Tasi  dagli  storici  di  quella  ,  i  quali  con- 
servarono per  incidenza  qualcbe  nìenio- 
ria  di  questa  nazione  ,  cbe  fosse  unica- 
mente occupata  nelle  guerre  e  nella  pa- 
storizia ;  cosiccbè  si  rende  impossibile  e 
sarebbe  poco  interessante  il  voler  tesse- 
re una  storia  di  gente,  cbe  per  più  secoli 
dedita  all'ozio  o  alla  rapina,  non  poteva 
avere  altro  carattere  cbe  quello  cbe  pro- 
duce tal  genere  di  vita,  e  cbe  un  clima 
mollo  freddo  e  umido  rendeva  più  alta 
alle  falicbe  corporali,  cbe  alla  coltura  del- 
lo spirito.  Del  regno  di  Bulgaria,  Blacbia 
e  Valaccliia,in  cui  si  rese  famoso  Giovan- 
ni o  Calogianni,  fallo  coronare  da  Inno- 
cenzo 1 1 1  nel  I  204,  parlerò  in  fine  dicen- 
do del  vicariato  apostolico  di  Valaccbia, 
e  delle  relazioni  de'  Fapi  colla  nazione. 
Esaurita  l'Asia  di  tante  nazioni  bellicose, 
particolarmente  di  slavi,  deV|uali  ora  non 
esistono  le  tracce  in  quelle  contrade,  co- 
minciò ad  avvicinarsi  all'Europa  un'al- 
tra nazione  più  lontana  e  numerosissima, 
conosciuta  sotto  il  nome  di  Tartari(P\)t 
cbe  quasi  quale  rapido  torrente  inondò 
Je  parti  meridionali  dell'  Asia,  e  penetrò 
sino  a'confiui  dell'Italia,  cogli  scili  e  gli 
slavi. 11  famoso Gengis-Kan  mongolo, do- 
po aver  conquistato  l'India  e  la  maggior 
parte  dell'Asia,  rivolse  all'Europa  le  sue 
mire,  dove  spedì  forti  stuoli  di  guerrieri, 
cbe  sotto  i  suoi  successori  fecero  due  ir- 
ruzioni, cioè  nel  1228  e  neli2  36,neirUu- 
gheria  e  nella  Dacia.  Tanto  la  Valacchia 
che  la  Moldavia,  in  que'tempi  delta  Cu- 
mania,  aveano  i  loro  particolari  princi- 
pi o  capi  di  nazione,  i  quali  spesso  erano 
io  guerra  co'vicini  ungberi.  Per  sottrar- 
si dalla  schiavitù  e  dai  temuto  giogo  de' 
nuovi  barbari,  essi  si  rifugiarono  co' lo- 
ro popoli  e  bestiami  negli  stali  e  sotto  la 
prolezione  de'  re  d'  Unglieria ,  che  as- 


VAL  139 

sunsero  il  titolo  di  principi  di  Cumania  e 
Valaccbia,e  mandavano  i  loro  giudici  per 
reggere  gli  avanzi  di  que' po[)oli.  Batù- 
Kan  nipote  di  Gengis-Kan,  succeduto» 
suo  padre  neh  228,  fu  quello  cbe  portò 
la  guerra  in  Bùssiaedi  là  in  Polonia, Un- 
gheria, Bulgaria,  Valaccbia  e  Moldavia, 
ovunque  recando  la  desolazione,  e  mori 
neli255.  Questa  terribile  irruzione  tar- 
tara, che  si  pretende  l'ultima  calala  de' 
tartari  nella  Moldo- Valacchia,  avvetme 
in  tempo  di  Bela  IV  re  d'Ungheria.  Qua- 
si tulli  gli  abitanti  cercaroi»o  un  rifugio 
nel  paese  Trans-Carpazio,  ove  formaro- 
no sotto  la  protezione  ungarica  i  ducali 
di  Fogaras  nella  Transilvania  e  Mara- 
mosch.  Allorché  alcuni  anni  dopo  gli  a- 
bilanti  ritornarono  a  poco  a  poco  nel 
paese  nativo,  fondarono  vari  piccoli  prin- 
cipali, tra'quali  il  Banalo  Severino oCra- 
iova, assumendo  il  titolo  slavo  di  Vai^O' 
da.  Indi  la  Moldavia  e  la  Valacchia  co- 
minciarono in  due  epoche  diverse  ad  es- 
sere governate,  egualmente  col  titolo  di 
vai  voda,da  due  capitani  e  condottieri  del- 
la nazione  moldo-valacca ,  cioè  gli  slavi 
transilvani,  Baddo  o  Rado  lo  o  Radollb 
Bassaraba  il  Nero,  duca  di  Fogaras  che 
fermò  la  sua  dimora  in  Valacchia  ;  e  più 
tardi  Dragosc  Bogdam  o  Bogden  da- 
ca  di  Maramosch  ,  sotto  gli  auspicii  di 
Luigi  1  re  d'Ungheria,  nel  1 354  si  portò 
nella  parte  appellata  Cuuìania  co*  suoi 
valacchi,  che  poi  prese  da  lui  il  nome  di 
Bogdania,cioè  la'Molda  via,  come  la  chia- 
mano i  turchi,  e  fabbricò  variecillà,fia  le 
quali  Jassy,  Saroccae  Romanolf.  Così  co- 
minciossi  a  vedere  una  specie  di  gover- 
no, che  rese  meno  dolorosa  la  condizio- 
ne di  que'popoli.  Da  questi  due  principi 
comincia  la  sloria  interrotta  della  Va- 
lacchia e  della  Moldavia  che  arriva  fino 
a'nostri  giorni,  e  non  offre  che  un  conti- 
nuo intreccio  d'infelici  avvenimenti,  mo- 
tivati principalmente  dall'elezione  de' 
principi.  De'tanli  che  vi  dominarono  nel- 
la Valacchia  non  si  ricordano  che  pochis- 
simi falli  geuerosi  :  il  valore  iuualo  del 


i4o  VAL 

popolo  diede  luogo  ad  una  sempre  cre- 
scente deoioralizzuzione,  che  raggiunse  il 
suo  colmo  sollo  i  così  delti  principi  Fa- 
narioti  o  greci  di  Costantinopoli.  Uaddo 
il  Negro  fu  il  I.''  a  stabilirsi  co'suoi  tra  il 
Danubio  e  il  Seret  o  Siret,  o  comeallri  di* 
cono  occupò  quel  terreno  posto  tra*  fiu- 
mi Seret  e  Aiuta,  oggi  detto  Valacchia. 
Bogdam  si  stabilì  tra  il  Seret  e  il  I^rulh. 
Osserva  il  p.  l^rny  nelle  sue  Disserta- 
zioni storico-critiche  sopra  gli  Unni 3  che 
uo  altro  piccolo  distretto  fu  governato  da 
un  altro  vaivoda  valacco  ,  ma  non  durò 
molto  ad  essere  incorporato  nella  porzio- 
ne maggiore  e  più  forte.  Il  banato  di 
Craiova,  che  oggi  forma  la  bassa  Valac- 
chia, reslò  dipendente  dal  regno  d'  Un- 
gheria, e  fu  da  que're  dato  in  commen- 
da a'cavalieri  gerosolimitani,  che  ne  di- 
■venuero  i  bani  o  viceré,  coli'  obbligo  di 
proteggere  i  pellegrini,  che  dalla  Germa- 
nia passavano  per  la  Valacchia  onde  re- 
carsi in  Terra  Santa  e  a  Gerusalemme. 
Difatli  si  trovano  molte  lapidi  dov'è  scol- 
pita la  Croce  di  quel  benemerito  e  sovra- 
no ordine.  Raddoeisuoi  successori  edi- 
ficarono o  restaurarono  varie  città  che 
successivamente  furono  residenze  de' vai* 
vodi,  come  Campolungo,  Curii  d'Argis, 
Tergowilz  e  Cucharest.  E'  probabile  che 
Raddo  il  Negro  fosse  della  stirpe  deWe- 
spoti  o  principi  della  Servia,  perchè  uno 
de' suoi  immediali  successori  chiamato 
DanBassaraba  di  lui  nipote,  venne  assun- 
to al  trono  della  Valacchia  senz'opposi- 
zione, e  lo  tramandò  a'suoi  posteri.  Da' 
loro  nomi  si  conosce  eh'  erano  slavi  ,  e 
della  lingua  slava  si  servirono  ne'Ioro  di- 
plomi. Si  vedono  alle  porte  della  chiesa 
fabbricata  da  Niagul  Bassaraba  in  Curii 
d'Argis  neli5i8,due  iscrizioni  lapidarie, 
una  in  islavo,  l'altra  in  valacco.  In  islavo 
esistono  altre  iscrizioni  lapidarie,  e  nella 
liturgia  comune  a  tutta  la  nazione  valac- 
ca  si  usa  lo  slavo.  Nel  palazzo  arcivescovi- 
le di  Bucharest  si  conserva  il  registro  de* 
diplomi. accordati  a'monasteri, tutti  scrit- 
ti io  islavo.  Laonde  pare,  che  i  principi 


VAL 

ed  ì  hoiari  o  nobili ,  fossero  slavi  discen- 
denti dagli  ultimi  conquistatori,  ed  i  sud- 
diti valacchi  oriundi  da'  romani  e  dagli 
anticlìi  duci.  Da'  ritratti  esistenti  nelle 
chiese  da  loro  fabbricate  in  memoria  di 
qualche  vittoria,  apparisce  che  usavano 
vestire  all'ungarese.  Benché  i  due  vaivodi 
di  Valacchia  e  Moldavia  fossero  da  prin- 
cipio come  vassalli  tributari  de're  d'Un- 
gheria, da'qùali  riconoscevano  la  conser- 
vazione della  loro  nazione,  pure  acqui- 
stando il  loro  stabilimento  qualche  con- 
sistenza e  forza,  cominciarono  a  scuoter- 
ne il  giogo,  e  resistere  coll'armi  alla  ma- 
no, collegati  tra  di  loro  o  con  altri  vicini 
popoli  rivali  degli  ungheri.  La  Polonia 
tanto  vicina  alla  Moldavia,  procurò  sem- 
pre d'influire  nel  suo  governo  in  oppo- 
sizione all'Ungheria;  dall'altra  parte  cre- 
sciuta la  potenza  turca  ,  dopo  la  distru- 
zione dell'  impero  greco,  il  suo  genio  di 
conquista  si  estese  al  di  là  dal  Danubio, 
e  cominciò  ad  aspirare  al  possesso  della 
Valacchia  e  Moldavia  ,  come  una  preda 
facile  e  vantaggiosa.  I  principi  e  i  nobili 
di  delle  due  provincie,  di  genio  poco  ac- 
corto e  incostante,  profittarono  di  que- 
st'occasione per  sottrarsi  del  tutto  dalla 
soggezione  della  Polonia  e  dell'  Unghe- 
ria; co\mnc\avono  a  collegarsi  colla  Tur- 
chia (i  quali  3  articoli  per  questo  vanno 
tenuti  presenti),  pagando  loro  il  tributo: 
l'ambizione  de'nobili  contribuì  moltissi- 
mo alla  totale  sommissione  di  questi  due 
principati  alla  potenza  ottomana,  il  che 
vado  a  narrare.  Nel  declinare  del  secolo 
XIV,  regnando  sul  trono  ungarico  Ma- 
ria, Stefano  vaivoda  di  Valacchia  giudi- 
cando indegno  di  sua  nazione  1'  ubbidire 
a  una  donna  ne  scosse  il  giogo.  Alaria  ma- 
ritatasi a  Sigismondo,  questo  re  nel  1387 
entrò  nella  Valacchia  con  poderoso  eser- 
cito e  costrinse  Stefano  alla  sommissione. 
Suscitati  o  secondali  da  Bajazet  I  gran 
sidtano  de'turchi,  i  valacchi  ripresero  le 
armi,  ma  Sigismondo  tosto  gii  affrontò  e 
ne  fece  carnlficina,  e  s'unpadronì  di  Ni- 
copoli.  Indi  insorse  feroce  guerra  tra  il 


VAL 

grnn  sultano  Bajnzet  I  e  Sigismondo  re 
iJ'Unglu'iia,  Questi  bisognevole  di  soccor- 
si, strinse  nnovamenle  amicizia  col  vai- 
voda  della  Valacchia,  al  quale  dannosa 
riuscì  la  regia  alleanza.  Impeioccliè  ve- 
nuti i  belligeranti  a  battaglia  campale,  il 
re  sul  principio  riporlo  vittoria,  la  qua- 
le indi  si  tramutò  in  isconfìtta  ,  per  la 
vergognosa  fuga  a  cui  si  abbandonò  il 
vaivoda.  Per  tal  maniera  Bajazet  I,  mar- 
ciando di  vittoria  in  vittoria,  invase  l'Un- 
gheria, occupò  parecchie  piazze  forti,  e 
Ja    Valacchia    egualmente    sottomise    e 
le  impose  annuo  tributo,  mediante  il  se- 
guente trattalo  nel  i  SgS  stipulato  a  Ni- 
copoli  tra  la  Torchia  e  la  Valacchia,  di- 
chiarando con  esso  il  sultano. i.  Il  prin- 
cipato  recenlemente  sottomesso  dalla  no- 
stra invincibile  forza,  sarà  governalo  col- 
ie proprie  leggi,  ed  il  principe  avrà  il  th- 
litto  della  vita  e  della  morte  de'suoi  sud- 
diti. 2.  Ogni  cristiano  che  avendo  abbrac- 
cialo il  maomettismo  andasse  nella  Va- 
lacchia e  ritornasse  alla  sua  antica  fede, 
non  sarà  molestato  e  punito.  3.  1  valac- 
chi  i  quali  andranno  in  una  parte  qual- 
siasi del  nostro  territorio,  saranno  esenti 
da  ogni  tassa  e  capitazione.  4-  I   princi- 
pi cristiani  saranno  eletti  dal  metropoli- 
tano e  da'boiari.  5.  In  riguardo  però  di 
sì  grande  clemenza,  e  consideralo  che  noi 
abbiamo  iscritto  il  principe  rajà  sulla  lista 
degli  altri  nostri  sudditi,  pagherà  esso  in 
ogni  anno  al  nostro  tesoro  la  somma  di 
3ooo  piastre  d'oro  del  paese,  o  5oo  pia- 
slie  d'argento  della  nostra  moneta  (altri 
esemplari  dicono  Sodo  ducali).  Quest'ul- 
timo articolo  pare  che  stabilisca   per  la 
Porta  Ottomana  un  diritto  di  sovranità 
anziché  di  feudalità.  Altri  ci  videro  nei 
trattato  1'  autonomia  dell'  indipendenza 
della  Valacchia  stipulala  contro  il  tribu- 
to, cioè  il  diritto  di  governarsi  colle  pro- 
prie leggi  per  le  città  e  luoghi  del  prin- 
cipato, esente  da  ogni  dominio  turco  e  al- 
tro straniero.  Grandissimi  e  per  lungo 
tempo  furono  gli  sforzi  de'valacchi  perli- 
berarsi  dal  tributo  e  soggezione  a'turchi, 


VAL  i4i 

e  sostener  Tindipendenza  della  Valacchia, 
in  tempo  de'sultani  Maometto  I  del  141  3 
e  Amurai  II  che  gli  successe  nel  i4^'> 
contro  gli  ambasciatori  del  quale  commi- 
se feroci  rappresaglie  il  vaivoda  Dracula. 
I  valacchi  domandarono  soccorso  agli  un- 
gheresi; l'ottennero,  ma  inutilmente,  an- 
zi in  progresso  di  tempo  furono  ridotti  a 
tristissima  condÌ7.ione,come  a  omento  del- 
l'annuo tributo.  Imperocché  il  gran  sul- 
lanoMaomelto  1 1, espugnala  nel  1 453  Co- 
stantinopoli ,  estinse  il  greco  impero  ,  e 
in  quella  metropoli  fissò  la  sede  dell'im- 
pero ottomano.  11  citato  p.  Pray  narra, 
che  dopo  la  presa  di   Costantinopoli  ,  i 
turchi  mandarono  a  governare  la  Molda- 
via e  la  Valacchia   da'piincipi  greci  di- 
scendenti dagli  ultimi  imperatori, per  con- 
solarli in  parte  del  perduto  impero.  Ma  il 
più  volte  ricordalo  anonimo  osserva  che 
di  ciò  non  vi  è  traccia  nelle  storie.  Solo 
Del  secolo  XVII  regnarono  due  greci  o 
piultoslo  albanesi,  il  Ducca  e  il  Chicca, 
gente  tli  uniile  origine  ingranditasi  ser- 
vendo i  line  principati,  e  i  due  Cantacu- 
zeno  nati  in  Valacchia  da  parenti  greci 
cheaveano  preso  questo  nome  illustre.Di- 
poi  continuando  Maometto  li  lesue  vaste 
conquiste,  mosse  guerra  alla  Valacchia,  la 
occupò  e  ne  cacciò  il  figlio  del  principeUla- 
dislao  o  Uladimiro  IV  Dracula,  sostituen- 
dogli il  fratello  Uladimiro  V  ,  mediante 
trattato  concluso  nel  r 460  in  Adrianopo- 
li.  Eccone  il  testo,  i.  Il  sultano  s'impegna 
di  proteggere  la  Valacchia  contro  tutti  i 
nemici,  senza  esigere  altro  in  riguardo  al- 
la sua  supremazia  sopra  la  sovranità  del 
principato.  Il  vaivoda  sarà  obbligalo  di 
pagare  alla  Sublime  Porla  un  tributo  di 
6000  piastre(allre  versioni  dicono  1 0,000 
ducali).  2.  La  Porla  non  interverrà  nel- 
l'amminislrazione  de' principali ,  e  niun 
turco  potrà  entrare  nella  Valacchia  sen- 
za un  motivo  ostensibile.  3.  Tutti  gli  an- 
ni sarà  dalla  Porla  inviato  un  ufliziale  per 
ricevere  il  tributo,  col  permesso  del  prin- 
cipe. Un  impiegato  di  questi  l'accompa- 
gnerà siDoaEucharest.  Dopo  ricevuto  la 


i4^  VAL 

somma  egli  s«tj;i  scortato  cìa'valncclii  sì* 
no  a  lUistcliuk,  sul  qual  luogo  il  denaro 
sarà  nuovamente  conlato  dal  cadì  e  da 
lui  fatta  Fa  quietanza  col  mezzo  d' un  i- 
inam.  4>  H  voivoda  piotessa  In  leligione 
oiiodossa,  e  saia  eletto  dal  meliopolila- 
no,  da 'vescovi  e  da 'boia  ri,  e  la  sua  eiezio- 
ne sarà  riconosciuta  dalla  Porta.  5.  La 
nazione  valacca  avrà  leggi  proprie.  1  vai- 
\odi  avranno  il  diritto  della  vita  e  della 
morte  sui  loro  sudditi,  e  il  diritto  di  fa* 
re  la  pace  o  la  guerra  senza  alcuna  spe- 
cie di  responsabilità  dinanzi  la  Porta.  6. 
Tutti  ì  cristiani  che  passati  all'islamismo 
ritorneranno  al  paese  loro  e  alla  loro  re- 
ligione, restano  intaccabili,  e  laTurcUia 
non  deve  fare  alcun  benché  minimo  re- 
clamo delie  loro  persone.  7.  1  valacchi, 
andando  in  qualunque  parte  del  territo- 
rio ottomano,  non  pa«gheranno  l'imposta 
haratsch,  a  cui  sono  tenuti  tutti  gli  altri 
rajas.  Fonno  a  loro  beneplacito  ritenere 
la  loro  carica,  ne  sono  solloposli  in  alcun 
modo  a'iegolamenti  stabiliti  per  tutti  gli 
altri  sudditi  turchi.  8.  Le  litiche  ponno 
insorgere  fra'sudditi  turchi  e  valacchi  sa- 
ranno appianate  dal  divano  del  principa- 
tOjin  conformità  delle  leggi  del  medesimo; 
e  riguardo  al  giudizio  non  vi  sarà  luogo 
all'appello,  g.  1  mercanti  turchi  andando 
nel  principato  con  appositi  permessi,  per 
\endervi  o  con)prarvi  le  mercanzie,  an- 
nunzieranno  all'autorità  la  durata  del  lo- 
ro soggiorno,  e  lascieranno  il   paese  nel 
giorno  preciso  stabilito  da  essi.   Le  loro 
merci  ponno  venderle  solo  all'  ingrosso. 
10.  Kiun  turco  potrà  condurre  con  se 
servi  valacchi  de'due  sessi.  Ninna  moschea 
turca  verrà  costruita  nella  Valacchia,  né 
altro  luogo  pel  culto  e  ceremouie  mao- 
mettane.! I.  La  Sublime  Porta  si  obbli- 
ga di  non  arrestare  giammai  alcun  sud- 
dito valacco  in  Costantinopoli,  0  in  qual- 
sivoglia altra  parte  del  suo  territorio,  e 
di  sottoporlo  alla  giustizia  turca.  Una 
grande  quantità  di  fìrmani  e  di  hallisce- 
rif  confermarono  e  consagrarono  succes- 
sivameole  questa  cousistcoza  del  privile- 


V  AL 

gio  internazionale.  Perfino  la  formola, 
che  dev'  esser  preposta  a   tulli  gli  atti 
relativi  al  principato  ,  indica  chiaro  e 
specificalo  il  diritto.  Essa  dice  :  »  Que- 
sto paese  che  gode  la  piena  libertà  e  dei 
suo  personale  governo,  è  diviso  dall' im- 
pero ottomano ,  e  retto  solo  secondo  il 
bisogno  e  i  suoi  usi  ".  Narra  l'annalista 
Rinaldi  all'anno  1462,  ch'era  signore  di 
Valacchia  Dlado  o  Valado o  Dracole, che 
forse  sarà  il  suddetto  Vladimiro  V,uomo 
più  fiero  di  qualunque  fierezza,  il  quale 
cercanilo  di  stabilire  la  sua  tirannia  ri- 
cevuta da  Maometto  li,  chiamò  a  se  con 
piacevole  modo  tulli  i  baroni  della  pro- 
vincia a  se  sospetti  j  e  feceli  colle  mogli 
e  figli  insieme  morire  col  supplizio  del 
palo,  da  così  fatti  barbari  usalo,  e  diede 
le  loro  dignità  e  ricchezze  a'suoi  masna- 
dieri. Sì  grande  fu  il  numero  di  uomini, 
di  donne  e  di  fanciulli,  che  furono  allo- 
ra d'ordine  suo  uccisi,che  arri  vòa2o, eoo. 
Dipoi  avendo  egli  paura  di  Maometto  II, 
fece  contro  di  lui  lega  con  Mattia  re  d'Un- 
gheria, e  coli' aiuto  degli  ungheri  e  colla 
gente  d'arme  da  se  raccolta  fece  in  più 
volte  molla  uccisione;  ma  finalmente  re- 
stò ucciso  in  battaglia  e  la  sua  testa  fu 
mandata  in  dono  come  trofeo  a  Mao- 
metto li.  Di  sue  crudeltà  si  raccontano 
cose  orrende.  Fece  inchiodare  il  turban- 
te sul  ca[)0  agli  ambasciatori  turchi,  che 
non  se  lo  avevano  tolto  per  ossequiarlo. 
Soleva  adornarci  suoi  banchetti  con  un 
cerchio  di  turchi  impalali,  deliziandosi  a 
contemplarne   lo  strazio,  ed  a'  prigioni 
usava  di  scorticare  la  pianta  de'  piedi, 
stropicciandovi   poscia   del  sale.  Impor- 
taole  è  il  trattalo  concluso  neli5i3  fra 
il  gran  sultano  Selim  1,  e  Dogdan  princi- 
pe regnante  della  Moldavia,  il  cui  tenore 
è  il  seguente,  i.  Il  sultano  riconosce  che 
la  Moldavia  prometterà  liberamente  e  vo- 
lonlariamente  ubbidienza  all'impero  ot- 
tomano. 2.  La  nazione  moldava  godrà 
di  lutti  i  privilegi ,  e  la  Porta  promette 
di  non  mai  ridurli  in  qualsivoglia  guisa. 
3.  1  principi  governerauno  il  paese,  e  la 


V  A  L 

Porta  non  interverrà  nel  loro  governo  ne 
ilirettatnenle,  ne  indireltamente.  4*  La 
Torta  non  interverrà  nelle  differenze  fra* 
particolari.  5.  Le  frontiere  della  Molda- 
via rimarranno  intatte.  6.  La   religione 
maomettana  è  proscritta  nelln  Moldavia. 
^.Niun  maomettano  possedei à  vere  pro- 
prietà nella  Moldavia.  8.  Il  commercio 
colla  Moldavia  sarà  aperto  a  tulle  le  na- 
zioni; ma  i  turchi  avranno  la  preferenza, 
se  desiderano  di  con)prare  i  prodotti  del 
paese.  1  turchi  però  dovranno  fare  le  lo- 
ro transazioni  commerciali  a  Calata  ,  !• 
smail  o  Kilia,  purché  non  vengano  auto- 
rizzati dal  principe  ad  internarsi  nel  pae- 
se. 9.  La  Moldavia  conserverà  il   titolo 
ù^indiptìidente^  che  le  verrà  dato  in  tut- 
te le  lettere  indiiizzate  dalla  Porta  al  prin- 
cipe. 10.  1  turchi  portando  al    principe 
letteredella  Porla,  resteranno  nella  spon- 
da sinistra  del  Danubio.  11  governatore 
di  Calata  manderà  a  prendere  la  lettera 
dall'altra  jìarte  del  fiume,  e  la  farà  giun- 
gere al  principe.!  I.  Il  principe  della  Mol- 
davia sarà  eletto  dalla  nazione,  e  ricono- 
sciuto dalla  Porta  senz'alcuna  diflicolià. 
12.  Il  paese  sarà  protetto  dalla  Turchia, 
quando  la  nazione  moldava  domanderà 
aiuto  o  assistenza.  i3.  Per  lutti  questi 
vantaggi  il  paese  farà  alla  Porta  un  pre- 
sente di  4ooo  ducati.  Tuttavolla,  cotne 
già  indicai  supen9rmente,  non  tardò  la 
Moldavia  a  divenir  feudo  dell'impero  ot- 
tomano neh  526,  sottomessa  da'generali 
di  Solimano  11.  Essendosi  questo  propo- 
sto di  conquistare  anche  V  Ungheria,  in 
detto  anno  venne  a  campale  battaglia  in 
Mohacz,  e  vi  perì  a'29  agosto  il  re  Luigi 
11.  Allora  rCJngheria  trovandosi  senza  il 
sovrano,  ed  occupala  seriamente  da'suoi 
domestici  e  gravi  affari ,  non  curò  più. 
que'de'vicini,  ne  quelli  della  Valacchia. 
1  boiari  valacchi  in  particolare,  non  a- 
"Vendo  più  questo  freno,  e  the  già  da  po- 
chi anni  prima  si  erano  opposti  alle  di- 
sposizioni teslamentariedi  Niagul  Cassa- 
raba  che  lasciava  il  trono  al  suo  figlio 
Teodosio  ancora  faQciuUo^  aspirarono  a 


VAL  143 

gara  ni  principato,  e  per  conseguirlo  eb- 
bero alcuni  de'più  ambiziosi  l'impruden- 
za di  ricorrere  alla  protezione  della  Por- 
la ottomana,  divenuta  sempre  più  pre- 
ponderante nella  regione,  la  quale  con 
piacere  colse  l'occasione  per  estendere  il 
suo  vastissimo  dominio,  che  da  quell'epo- 
ca conserva  tanto  sulla  Moldavia  che  sul- 
la Valacchia.  La  Porta  accortamente  co* 
riferiti  trattati  e  altri  atti,  accordò  a'bo- 
iari  valacchi  e  moldavi  il  privilegio  di  no- 
minare nelle  vacanze  i  loro  principi  :  i  va- 
lacchi lo  goderono  sino  alla  decapitazione 
di  Costantino  Brancovano,  seguita  in  Co- 
stantinopoli nel  17  i4,ed  i  n)oldavi  presso 
a  poco  sino  alla  ribellione  e  foga  in  Rus- 
sia di  Cantimiro  nel  i  7  i  1 .  L'abuso  ch'es- 
si fecero  del  privilegio,  costò  la  libertà 
alle  due  nazioni,  e  la  vita  a  molli  prin- 
cipi. Pel  corso  di  due  secoli  la  compe- 
tenza del  trono  cagionò  una  continua 
guerra  civile,  e  basti  il  dire  che  in  tal  pe- 
riodo di  tempo  nella  sola  Valacchia  si 
mutarono  da  /\o  principi,  e  quasi  allrel- 
tanti  in  Molduvitj.  La  Porta  non  volen- 
do ingelosire  gl'imperatori  re  d'Unghe- 
ria e  la  Polonia,  o  per  altre  cagioni,  nou 
credè  polilican»ente  d'impossessarsi  inte- 
ramente delle  due  provincie,  e  si  conten- 
tò più  0  meno  d'  opprimerle  e  d'averle 
tributarie;  è  da  osservare  che  i  lenlalivi 
e  le  incursioni  in  dilìerenli  lempi  fatteda* 
turchi,  furono  poco  fortunate.  La  Porla 
per  meglio  dotninare,  invece  d'impedire 
il  disordine  cagionato  dall'ambizione  de' 
pretendenti  al  trono, la  foraenlò,mai>dan- 
do  l'investitura  al  vincitore  nel  conflitto, 
che  consisteva  in  una  clamide,  cimiero, 
due  code,  la  spada,  ed  il  lopus  o  oiazza 
ferrala. Vedendo  la  Porta  finalmente  spo- 
polate e  desolate  la  Valacchia  e  la  Mol- 
davia, si  risolse  dopo  la  deposizione  del 
Brancovano,  nominare  ella  un  principe 
senza  consultare  i  boiari,  come  poco  pri- 
ma avea  fallo  in  Moldavia.  Questi  fu  ve- 
ramente valacco,  ma  poco  dopo  gli  tolse 
la  vita  e  il  trono,  che  die  a  un  greco  di 
Costantinopoli,  e  continuò  a  darlo  fino 


i44  VAL 

all'epoca  die  dirò.  Per  un  tempo  la  Por- 
to,-al  cominciar  del  secolo  XVI  soslilnl 
nel  governo  della  Valacchia  un  pascià  al 
voivoda,  conservando  però  a'valacchi  la 
nazionalità,  gli  statuti  e  il  libero  esercizio 
del  culto  greco;  ne  migliore  divenne  la 
condizione  del  principato,  quando  fu  lo- 
ro restituito  il  vaivoda  scelto  dalla  na- 
zione. P'amoso  per  crudeltà  si  rese  il  vai- 
voda UIad,  elevato  dalla  Porta.  Cose  or- 
rende si  raccontano  di  lui:  banchettava 
tra  gli  uomini  impalali  e  boccheggianti. 
Inventò  ordigni  e  macchine  per  trincia- 
re e  cuocere  a  lesso  gli  uomini  vivi.  Si 
dilettava  di  far  recidere  le  uiammelle  al- 
le donne,  e  afllggere  al  materno  seno  i 
capi  tronchi  de'loro  bambini,  e  costringe- 
va i  figli  a  divorare  arrostite  lecarni  del- 
le loro  madri  !  Fu  un  vero  mostro  di  bar- 
barie e  di  fierezza.  Il  che  Qìosse  il  sulta- 
no Selim  II  a  terminare  tanta  ferocia  nel 
i574,  '"''»  con  maggiormente  opprimere 
la  Valacchia.  Tanto  narra  il  Castellano 
e  alili;  ma  io  credo, quanto  alle  barbarie 
di  Uliid,  che  si  siano  confuse  con  quelle  del 
suddetto  Valado  o  Vladimiro  V.  Il  cre- 
dito «legl*  inetti  principi  andò  sempre  più 
decadendo:  essi  vennero  costretti  a  spedi- 
re per  ostaggio  a  Costantinopoli  i  loro 
propri  figli;  mentre  i  turchi  tenevano  oc- 
cupate le  fortezze  d'ibraila,  Giurgevo  e 
Turn,  e  andavano  esercitando  ogni  sor- 
ta d'angherie.  Piiuscendo  a'valacchi  trop- 
po pesante  la  servitù  mussulmana  ,  im- 
potenti a  più  oltre  solfrire,  si  ribellarono 
sotto  il  proprio  principe  e  concittadino 
Mikal  o  Michele,  già  generalissimo  del- 
rimperalore  Rodolfo  11.  Questo  celebre 
e  prode  guerriero,  d'elevati  sensi,  caldo 
d'amor  patrio,  secondò  l'impulso  nazio- 
nale nello  scuotere  il  giogo  oltoniano,  ri- 
fiutandosi di  pagare  alla  Porta  l'  annuo 
tributo,  aumentato  come  dissi  a  10,000 
piastre  o  ducati,  o  come  altri  vogliono 
1000  fiorini.  Da  ciò  nacque  guerra  con- 
ilo il  sultano  Amurat  111,  e  nell'agosto 
iSgS  Mikal  venne  a  battaglia  campale 
col  hooinioalo  òiiiao  pascià,  il  quale  fu 


VAL 

respinto,  correndo  anco  gravissimo  peri- 
colo della  vita.  Tuttavia  non  avvilito,  il 
copitano  turco,  marciò  alla  volta  di  lìii- 
charest  capitale  della  Valacchia,  vi  si  di- 
fese dentro,  formnmlo  baluardi  e  iinial- 
zando  barricale  di  legno.  Intanto  il  voi- 
voda Mikal  corse  a  Tergowit/.,  la  strinse 
con  assedio,  la  prese  e  a  morte  ne  man- 
dò tutta  la  guarnigione,  non  la  perdo- 
nando allo  stesso  capitano  ATi  pascià,  che 
fece  abbruciare  a  lentissimo  fuoco.  Mos- 
se indi  contro  BucharestjCui  Sinai»  pascià, 
dopo  1 5  giorni  di  vana  resistenza,  dovet- 
te abbandonare,  e  la  sua  ritirala  tn  peg- 
giore d'una  strage  e  d'  una  intera  scon- 
fitta; imperocché  nel  varcare  il  Danubio 
venne  l'artiglieria  interamente  disfalla 
dagli  accanili  valacchi,  che  per  itnpedirle 
il  passaggio  aveano  rollo  il  ponte.  Cosi 
potè  la  Valacchia  spirare  un'aura  d'in- 
dipendenza; ma  per  troppo  breve  tempo, 
poiché  il  suo  liberatore  IMikal,  che  avendo 
rianimato  il  so[)ilo  coraggio  de'valacchi, 
vittorioso  dovunque  avea  vinto  e  sotto- 
messo la  Moldavia  e  la  Transilvania,  do- 
minato dall'ambizione  intendeva  di  riu- 
nirle al  suo  icnpero;  ma  nel  mezzo  di  sua 
splendida  carriera  fu  vittima  del  tradi- 
mento. Nel  1601  venne  ucciso  da  un  si- 
cario di  Basta,  generale  dell'armata  im- 
periale di  Rodolfo  1 1.  Il  vaivoda  avea  guer- 
reggiato insieme  col  Dista,  contro  il  car- 
dinal Bathori,  a  cui  il  cugino  Sigismon- 
do Il  avea  ceduto  il  principato  di  Tran- 
silvania,e  nello  sconfiggerlo  5  valacchi  gli 
troncarono  il  capo.  Da  quel  tempo  cessa- 
rono del  tulio  gli  sforzi  degli  ospodari 
valacchi  onde  rendersi  indipendenti,  an- 
co per  non  vedersi  secondali  dalla  forza 
della  nazione.  Nel  1666  il  pascià  di  Sili- 
stria,  avendo  molestato  I  valacchi,  il  sal- 
tano Maometto  IV  ordinò  di  demolire 
tutte  l'abitazioni  costruite  da'turchi  sul- 
la riva  sinistra  del  fiume  ,  e  l'  ordine  fu 
eseguito.  Nondimeno  rinnovatesi  le  ves- 
sazioni, intollerante  di  sì  penosa  servitù, 
la  Valacchia  nuovamente  ribelloSìi.  Il 
vaivoda  Michnè,  pieno  di  libertà  e  di  ar- 


VAL 

dire,  mise  a  morte  tulli  que'boiardi,  cui 
conobbe  parlilanli  dell'io) pero  turco:  in- 
cendiò le  città  di  Braila  e  di  Giurgevo, 
dove  eravi  mussulmana  guarnigione,  e 
a  fil  di  spada  fece  passare  ([uanli  ne  in- 
contrò a  Tergowilz.  Ma  quel  valoroso, 
dopo  un  anno  soltanto  di  felici  tentativi, 
venne  sconfìtto  e  morì  nella  fortezza  di 
Varadino:  e  la  Valacchia  colla  Moldavia 
continuarono  sotto  il  dispotismo  ottoma- 
no ,  che  andò  talmente  aumentando  in 
seguito  della  concorrenza  de'candidnli  al 
trono  valacco,  che  nel  1701  accrebbe  il 
tributo  a  4  milioni  di  piastre  ,  ossia 
400,000  fiorini  annui.  In  quel  tempo  era 
fio  dal  1688  vaivoda  oospodaro  Costan- 
tino Brankowa  o  Brancovano,  uno  de' 
migliori  principi  di  Valacchia  ,  il  quale 
col  suo  savio  operare  rimise  in  prospero 
stato  la  Valacchia;  venne  però  strascina- 
to a  Costantinopoli,  e  nel  1714  crudel- 
mente ucciso  insieme  a  tutta  la  sua  fa- 
miglia e  4  figli,  dopo  l'infelice  battaglia 
del  Pruth.  Costantino  era  entrato  in  i- 
strette  relazioni  con  Pietro  I  il  Grande 
imperatore  di  Russia  ,  e  con  Carlo  VI 
imperatore  che  gli  avea  conferito  il  tito- 
lo di  Priiiceps  Imperii  Romani.  Due  an- 
ni dopo  cominciarono  gli  eccessi  de'prin- 
cipi  greci  di  Fanar  o  Fauarioli ,  greci  di 
Costantinopoli  ,  i  quali  nel  periodo  di 
io5  anni  che  regnarono  nella  Valacchia, 
cioè  dal  1 7  1 6  al  1  82  I  ,si  acquistarono  una 
indelebile  macchia  per  le  loro  angarie, 
prepotenze,  oppressioni,  corruzioni,  e  pel 
servile  loro  conlegno.  La  Porta  tolse  alla 
Valacchia,  come  di  recente  avea  fatto  col* 
la  Moldavia,  il  privilegio  concesso  a'boia- 
ri  di  crearsi  il  vaivoda  ;  perchè  tali  ele- 
zioni dava  sempre  argomento  a'cittadioi 
di  discordie  e  guerre  civili,  e  perchè  vol- 
le vendicarsi  di  questi  paesi,  i  quali  avea- 
no  invocato  la  protezione  di  Pietro  l  il 
Grtì!/2<^e imperatore  delle  R.ussie.  La  scel- 
ta de'fanarioti  a'principati  moldo-valac- 
co  fu  cagione  di  funesti  mali,  poiché  per 
conseguirli  si  ricorreva  a'più  nefandi  rag- 
giri; e  il  gran  sultano  condannò  i  due  pò- 

VOL.  LXXXVH. 


VAL  t4^ 

poli,  come  ad  un  pubblico  incanto,  giac- 
ché ne  investiva  quel  greco  che  piìi  a- 
vesse  offerto.  Laonde  i  prescelti,  per  rein- 
tegra rsi  delle  pagate  somme,  tiranneggia- 
vano gì'  infelici  sudditi,  perciò  ridotti  a 
pessima  condizione;  ed  il  più  delle  volle 
esacerbali  a  non  più  poter  soffrire,  mise- 
ro a  morte  i  principi  inviali,  per  cui  dal 
17  16  ali  796  ne  furono  trucidali  1 3.  Ap- 
prendo dall'autore  dell' 055eri'<2zzo«7,che 
il  r.**  greco  mandalo  dal  sultano  Acmet 
III  al  governo  della  Valacchia  in  qualità 
di  vaivoda,  fu  Nicolò  Maurocordato,  che 
avendo  già  governala  la  Moldavia  avea 
dato  prove  di  sua  ferocia  ,  onde  poi  fu 
cognominato  il  iVe7'0«e  di  Falacchia.^- 
gli  era  figlio  del  celebre  Alessandro,  che 
pel  suo  ingegno  e  sapere  era  stalo  pleni- 
potenziario della  Porta  alla  pace  di  Car- 
lowitz,  e  2.°  interprete  della  medesima, 
carica  occupata  in  prima  da  un  qualche 
rinegato  europeo,  e  che  passata  poi  ne* 
greci  ,  fu  per  loro  di  grande  eccitamento 
allo  studio  e  sicura  via  a  elevali  onori.  Ni- 
colò, o  pegli  ordini  ricevuti  o  pel  suo  cat- 
tivissimo animo  ,  estinse  ogni  avanzo  di 
libertà,  che  malgrado  1'  oppressioni  sof- 
ferte tuttavia  in  parte  godevano  i  boiari 
valacchi  e  moldavi,  con  levar  loro  la  vi- 
ta e  gli  averi.  Costui  essendo  in  Moldavia 
avea  fatto  fortificare  l'antico  castello  di 
Chotlin  sulle  rive  del  Nistro.  Dopo  la 
sua  morte  ebbe  a  successore  il  figlio  Co- 
stantino giovinetto,  ma  regnò  poco, sbal- 
zato da  un  allro  partilo  di  grecidetlo  del 
Fanale,  che  avevano  cominciato  a  gusta-^ 
re  il  dolce  del  governo  e  delle  dovizie  na- 
turali della  Valacchia  e  Moldavia.  Sog- 
giunge l'anonimo,  la  nazione  greca  dive- 
nuta schiava  de'turchi,  ed  avvilita  da  più 
di  due  secoli,  avea  perduto  ogni  idea  di 
nobiltà  e  gentilezza,  e  si  contentava  d'e- 
sercitare in  Costantinopoli  la  mercatura 
e  le  arti  meccaniche.  Per  una  strana  com- 
binazione e  pe*  servizi  resi  al  gran  visir 
Chiuperli  sotto  Candia,  come  interprete 
della  lingua  italiana  ,  il  greco  Panajotti 
fu  ili. "ad  esser  dichiarato  interprete  del- 
io 


140  VAL 

\a  l'orla  Ollomana;e  per  un'altra  com« 
hinarione  gii  successe  alla  sua  morte  Tal- 
Iro  greco  Alessandro  Maurocortlalo  o- 
riundo  di  Scio  e  suwmenlovalo,  capace 
e  dotto  nella  medicina  e  nelle  lingue  eu- 
ropee, ma  ambizioso;  si  guadagnò  presso 
i  grandi  credilo  e  protezione.  Il  posto 
d'interprete  e  l'aspiro  al  vaivodato  de* 
due  principali,  risxegliarono  l'ambizione 
e  lo  spirilo  d'intrigo  naturale  ne' greci. 
Molti  fecero  istruire  i  loro  figli,  e  li  po- 
sero al  seguilo  de'nuovi  principi  greci  di 
A^niacchia  e  Moldavia.  Acquistala  cos*i ca- 
pacità e  reputazione,  si  procurarono  l'uf- 
fìzio d'  interprete,  per  poi  concorrere  a* 
principali  ,  che  si  aHidavano  al  maggior 
titlerenle.  Non  è  a  dire  quindi  i  raggiri  e 
l'iniquità  usaleda'greci  fanarioti  per  pro- 
iiìuoveie  al  principato  le  creature  e  gl'i- 
stromenli  de'furbi;  ma  se  desolarono  l'in- 
felici due  Provincie  colla  loro  dominazio- 
ne, molti  finirono  col  laccio  e  niun  greco 
divenne  ricco.  L'anonimo  enumera  i  gre- 
ci valaccbi  e  moldavi  nel  decorso  secolo 
impiccali  e  decollali  ,  per  causa  de'  due 
principali.  Nel  1714  il  suddetto  principe 
Brancovano  con  4  figli»  e  il  bolaro  Va- 
caresculo.  Nel  17  16  il  principe  Cantacu- 
zeno  col  padre,  e  l'arcivescovo  di  Ijucha- 
rest  annegalo.  Nel  17  19  Giovanni  Mau- 
rocordalo  principe  di  Valacchia  avvele- 
nalo dal  fratello  Nicolò.  Nel  1787  Jana- 
chi  Ypsilanti  capo  dell'arte  de'pellicciai 
in  Costantinopoli,  pro-zio  del  principe 
Alessandro  Ypsilanti,  impiccato.  Nel  1  740 
CostanlinoGhicca  dragomanno  dellaPor- 
ta  decollato.  Nel  1760  Janachi  Suzzo  fra- 
tello maggiore  del  principe  Michele  im- 
piccalo. Nel  1765  Slauracchi  agente  di 
Valacchia  e  Moldavia  impiccato:  per  suo 
ordine  due  boiari  valacchi  erano  siati  am- 
mazzati, e  3  del  popolo  uccisi  dagli  arnau- 
ti  in  una  sollevazione.' Neil 769 Gregorio 
Rallimachi  principe  di  Moldavia  decolla- 
to, e  lo  fu  pure  Nicolacchi  Suzzo  drago- 
manno della  Porta.  Nel  1777  Gregorio 
Chicca  principe  di  Moldavia  scannalo  da 
un  capigi  a  Jassy,  Nel  1778  llvestiar» 


VAL 

Bogdano  discendente  da'prlnclpi  di  Mol- 
davia, fitto  decapitare  dal  principe  M«i- 
rusi  in  Jassy  con  un  compagno.  Neh  786 
Petracchi  della  Zecca  decollato.  I  boiari, 
in  particolare  i  valacchi,  presero  i  vizi  de' 
greci,  che  copiavano  i  ttuchi,  senza  ave- 
re il  loro  genio  e  spirilo.  1  principi  e  i  lo- 
ro ministri  per  impedire  a'boiari  dì  por- 
tare doglianze  alla  Porta  Ottomana,  non 
solo  proibirono  ogni  corrispondenza  co* 
foraslieri,ma  non  permettevano  loro  nep- 
pure d'uscire  dalla  residenza  del  gover- 
no per  vedere  le  loro  terre,  temendo  che 
fuggissero  a  Costantinopoli;  accordarono 
la  libertà  a'contadini,  ch'erano  servi  de' 
boiari  e  de'numerosi  monaci,  non  per  u» 
manità,  ma  per  averli   interamente  loro 
divoli.  Venne  proibito  a'boiari  anche  di 
leggere  le  gazzelle,  e  di  sapere  le  notizie 
estere.  I  boiari  moldavi,  siccome  più  ar- 
dili e  uniti,  non  si  lasciarono  tanto  oppri- 
mere, e  conservarono  il  diritto  di  vivere 
nelle  loro  terre,  quando  non  avevano  im- 
pieghi pubblici.  Ecco  come  la  Valacchia 
e  la  Moldavia,  da  uno  slato  monarchico 
indipendente,  passato  prima  a  quello  d'o- 
ligarchia feudale,  nel  secolo  passato  era- 
no cadute  sotto  il  duro  giogo  del  più  di- 
strullivo  dispotismo  de'principi  forestie- 
ri, schiavi  d'un  governo  assurdo  e  tiran- 
nico, come  lo  qualifica  l'autore  dell'  O5- 
servazìoni intorno  la  Valachiaela  Mal' 
davìa.  Inoltre  riferisce  che  non  conosce- 
vasi  governo  più    dispotico  di  quello  e- 
sercilalo  da'  principi  di  Moldavia  e  Va- 
lacchia, tuttoché  i  despoti  fossero  preca- 
ri, e  spesso  uomini  senza  nascita  e  talen- 
ti, che  l'intrigo  greco,  il  denaro  e  il  favo- 
re della  Porla  esaltavano,  mentre  da  al- 
tri intrighi  venivano  deposti  e  ritornati  al 
nulla.  Ostentavano  tanta  fiera   gravità, 
che  i  boiari  tremavano  nel  comparir  lo- 
ro innanzi ,  in  atteggiamento  il  più  ser- 
vile, invocando  il  permesso  di  baciare  la 
mano,  d'ordinario  baciando  i  piedi  o  il 
lembo  della  veste.  I  principi  erano  dive- 
nuti padroni  della  vita  e  delle  sostanze 
de'sudditi,  disponendo  a  talento  de' loro 


I 


VAL 

beni.  Ogni  principe  fanariolo  conduceva 
seco  gran  numero  di  greci,  a*quali  di  pre- 
ferenza conferivano  i  posti  più  lucrosi  e 
tutte  lecariclieclie  godevano  assai  copiosi 
emolumenti. La  pena  di  morte  venne  qua- 
si abolita  dagli  ultimi  principi  del  secolo 
passalo,  generalmente  umani  eabborren- 
ti  le  crudeltà,  particolarmente  il  principe 
Alessandro  Ypsilanti  cbe  si  studiò  di  fa- 
re la  felicità  de'valacclii.  Se  era  indispen- 
sabile l'estremo  supplizio, in  3di  versi  tem- 
pi s'interrogava  il  principe  se  persisteva 
nel  permettere  l'esecuzione  della  senten- 
za. Veramente  i  gravi  delitti  erano  rari, 
ad  eccezione  de'rubamenti  eassassinii  de* 
zingari.  Non  essendovi  codice  di   leggi 
scritte,  poiché  le  romane  e  imperiali  che 
dicevansi  osservare,  non  erano  né  inte- 
se né  studiate,   piuttosto  seguivasi  l'uso 
tradizionale  del  paese,  il  che  dava  luogo 
a  capricci,  secondo  la  volontà  del  princi- 
pe, il  cui  successore  spesso  annullava  il  de- 
cretalo, quindi  generale  confusione  nella 
proprietà de'beni.  L'Ypsilanti  fece  un  co- 
dice succinto  o  piuttosto  urj'istruzionepe* 
giudici  come  dovevano  regolarsi  ne* casi 
pili  frequenti;  il  quale  per  la  chiarezza  e 
semplicità  riuscì  di  molto  giovamento  al- 
la Valacchia;  ed  i  successori  furono  ob- 
bligali a  conservarlo.  Quando  la  Porla 
creava  un  principe,  questi   recavasi  poi 
con  numeroso  seguilo  a  cavallo  dal  sul- 
tano, il  quale  lo  riceveva  sedente  in  tro- 
no e  nella  stanza  in  cui  accoglieva  gli  am- 
basciatori esteri.  In  presenza  del  sultano 
eragli  posta  in  capo  la  cucca  o  cimiero  di 
feltro  ricoperto  di  velluto  cremisi  e  da  un 
lato  con  gran  pennacchio  di   penne  di 
struzzo;  veniva  vestito  della  cabauizza, ve- 
ste usata  nelle  funzioni  dal  solo  sultano  e 
da'magnali.  Tornava  alla  sua  abitazione 
sul  cavallo  donatogli  dalsùltano  e  barda- 
to riccamente,  avendo  attaccate  alla  sella 
la  sciabola  e  la  mazza  ferrata.  Lo  precede- 
vano due  code  di  cavallo,  e  lo  seguiva  la 
musica  militare  turca,  la  quale  seguitava 
a  suonar  nel  cortile  dopo  il  pranzo.  Collo 
stesso  treno  partiva  da  Costantinopoli,  ac- 


VAL  i47 

compagnatoda  tm  capigi  bascì  della  Por- 
ta e  da  4  guardie  del  sultano.  A' confini 
del  principato  era  ricevuto  dalla  nobiltà  e 
corteggiato  sino  a  un  monastero  subur- 
bano della  capitale,  dove  ponevasi  all'or- 
dine per  indi  fue  il  solenne  ingresso.  Que- 
sto veniva  preceduto  dalle  milizie  urba- 
ne, da'  boiari  e  dagli  uffìziali,  cavalcando 
l'ospodaro  sul  detto  cavallo  col  capigi  e 
le  guardie,  co' paggi  e  camerieri,  termi- 
nandosi il  treno  da  numerosa  musica  tur- 
ca, e  dalla  carrozza  della  principessa  cor- 
teggiata dalle  dame.  11  principe  snionla- 
Ta  alla  cappella  di  corle,  ricevuto  dall'ar- 
civescovo, da'vescovi  e  clero,  che  1'  unge- 
vano coli'olio  santo.  Passato  nel  divano, 
si  assideva  in  trono,  e  stando  in  piedi  si 
leggeva  dal  divan  effendi  il  diploma  im- 
periale, col  quale  veniva  costituito  prin- 
cipe col  formolario:  «L'inclito  tra'princi- 
pi  della  nazione  del  Messia,  essendo  una 
pianta  aromatica  coltivata  colle  nostre 
mani  (ovvero  un  cereo  acceso  da  noi), 
V  abbiamo  destinato  per  vostro  vaivoda, 
cioè  generale,  onde  dovete  ubbidire  ec.  " 
Terminata  la  lettura,  ritiratisi  i  turchi, il 
principe  ammetteva  al  baciamano  gli  a- 
stanti.  Quando  poi  il  sultano  mandava  la 
deposizione  del  principe,  questi  era  tosto 
da  tutti  abbandonato  e  sovente  anche  in- 
sultato, e  tornato  a  Costantinopoli  ivi  vi- 
veva privatamente.  Sino  a  Nicolò  Mau- 
rocordalo  ,  i  principi  erano  trattati  con 
molto  maggiore  distinzione  dalla  Porta, 
e  portavano  sul  berrettone  un  gioiello 
con  piume  d'airone,  simile  a  quello  del 
sultano;  prerogativa  ch'egli  rinunziò, glo- 
riandosi d'  esser  vile  schiavo  della  Porta. 
Limitandosi  i  turchi  a  mantenere  alcuni 
presidii  nelle  città  principali,  lasciavano 
agli  ospodari  la  cura  di  riscuotere  il  tri- 
buto destinato  per  Costantinopoli,  e  di 
opprimere  per  loro  proprio  conto  i  pae- 
sani e  i  boiari.  Questi  principi  flìnarioti 
impiegavano  a  istrumento  delle  loro  esa- 
zioni soldati  albanesi  formanti  la  loro 
guardia,  conosciuti  sotto  il  nome  di  ar- 
nauti. 


i48  VAL 

Frollanlo  per  ambiziose  mire  Cateri- 
uà  11  ini  pelatrice  delie  Russie  prese  à  pro- 
teggere la  Valacchia  e  la  Moldavi;!,  e  col 
trattalo  di  Kaiuargik  la  Russia  acquistò 
il  diritto  d'intercedere  a  favore  deceda- 
mi che  potesse  muovere  la  popolazione. 
Questo  trattato  fa  la  conseguenza  della 
guerra  che  la  Francia  nel  i  jSS  avea  fatto 
dichiarare  dalla  Porta  contro  la  Russia, 
gelosa  dell'influenza  che  esercitava  in  Po- 
lonia. La  guerra  riuscì  disastrosa  per  la 
Turchia,  e  fra  le  conquiste  de'russi  vi  fu 
la  Moldavia  e  buona  parte  della  Valac- 
chia, oltre  la  Crimea,  ad  onta  degli  sforzi 
del  sultano  Muslafà  III  ,  e  del  fratello  e 
successore  Abdul-Hamed.  Ecco  il  tratta- 
to di  pace  concluso  traCaterina  IleAbdul- 
Hanied  ,  a  Kainargik  a'2  i  luglio  1774» 
ciocia  parte  che  riguarda  i  principati;  del- 
l'altra umiliante  per  la  Turchia^  in  quel* 
Tarticolo  ne  parlai. «L'impero della  Rus- 
sia rende  alla  sublime  Porta  tutta  la  Bes- 
sarabia,  colle  città  d'Akerman,  Rilia,  I- 
smail,  e  tutti  gli  altri  borghi, villaggi  eluo- 
ghi  situati  in  queste  provincie.  Le  rende 
similmente  la  fortezza  di  Render.  Di  più 
l'impero  della  Russia  rende  alla  sublime 
Porta  i  due  ducati  di  Valacchia  e  Molda- 
via, con  tutti  i  castelli ,  città,  borghi,  vil- 
laggi e  tultociò  che  vi  si  trova.  La  subli- 
me Porta  da  parte  sua  li  riceve  alle  se- 
guenti condizioni  che  promette  nella  più 
solenne  maniera  di  santamente  osservare. 
I.  Sì  osserverà  verso  tutti  gli  abitanti  di 
questi  ducati,  di  qualunque  dignità,  ran- 
go, condizione  ,  carattere  o  nazione  che 
siano  ,  senza  la  menoma  eccezione ,  una 
perfetta  amnistìa,  ed  eterna  dimentican- 
za, com'èstato  convenuto, a  favore  di  tut- 
ti quelli,  i  quali  realmente  si  sono  resi  col- 
pevoli di  qualche  mancanza,  o  che  siano 
guardati  come  sospetti  d'essere  stati  con- 
trari agl'interessi  della  sublime  Porta;  sa- 
ranno ristabiliti  in  tutte  le  dignità,  ranghi 
e  beni  che  possedevano  per  i'a vanti,  e  sa- 
rà loro  restituito  tùtlociò  che  godevano 
prima  della  guerra  presente.  2.  Non  si 
porrà  veruD  ostacolo,  di  qualunque  ma* 


VAL 

niera  che  possa  essere,  alla  professione 
della  religione  cristiana  ,  la  quale  sarà 
perfettamente  libera,  uè  alla  fabbrica  di 
nuovi   templi,  o  alla  restaurazione  degli 
antichi,  com'è  stato  praticato  per  l'avan- 
ti.  3.  Saranno  restituiti  a'  conventi  e  a' 
particolari  le  terre  e  beni,  i  quali  loro  ap- 
partenevano anticamente  e  sono  loro  sta- 
ti usurpati  contro  ogni  giustizia  nelle  vi- 
cinanze  d*  Ibraila,  Chotin,  Render  ec,  e 
che  attualmente  si  chiamano  Paradli, 
4.  Gli  ecclesiastici  saranno  trattali  con  gli 
onori  é  distinzioni  dovute  al  loro  caratte- 
re. 5.  Sarà  accordata  la  permissione  alle 
famiglie  che  vorranno  lasciare  la  loro  pa- 
tria, di  trasportarsi  in  altri  paesi  con  tut- 
to quello  che  posseggono,  ed  a  fine  che 
queste  famiglie  possano  aver  la  ficilità  di 
disporre  de' loro  beni,  si  concede  loro  il 
tempo  d'  un  anno  intero  per  profittare 
di  questa  libertà  di  sortire  dal  paese,  da 
contarsi  dal  giorno  della  permuta  del  pre- 
sente trattalo.  6.  Non  sarà  domandata, 
ne  ricercata  agli  abitanti  veruna  somma 
di  denaro,  né  tassa  a  titolo  di  antiche  im- 
posizioni di  qualunque  natura  siano.  7. 
Non  si  esigerà  parimenti  da  loro  alcuna 
contribuzione  o  tassa  per  tutto  il  tempo 
che  ha  durato  la  guerra;  ma  al  contrario 
in   considerazione  del  gran  numero  di 
disgrazie  e  perdite  che  hanno  solferto  nel 
corso  della  guerra,  saranno  ancora  fran- 
chi e  liberi  da  ogni  imposizione  e  contri- 
buzione per  lo  spazio  di  due  anni  da  con- 
tarsi dal  giorno  della  permuta  del  presen- 
te trattato.  8.  Dopo  il  detto  termine    di 
dueanni,  la  sublime  Porta  promette  d'os- 
servare nell'imposizione  del  tributo  pecu-       j 
niario  sopra  questi  popoli,  tutta  l'umani-      '| 
tà  e  magnanimità  possibile.  Ella  farà  ri- 
scuotere questo  tributo  per  mezzo  di  de- 
putati ogni  due  anni,  e  se  in  tempo  della 
scadenza  gli  abitanti  lo  soddisferanno  e- 
satlamente,  ne  pascià,  ne  governatore  e 
altro  uffiziale  potrà  vessarli  con  modo  op- 
pressivo ,  né  esigerà  da  loro  alcun*  altra 
pensione  o  imposizione,  sotto  qualunque 
titolo  o  pretesto  che  sia,  ma  permetterà 


VAL 

loroalconlrariodi  godere  degli  slessi  van- 
taggi (reclamati  da'nazionali  senza  docu- 
menti, e  perciò  ignorati,  dice  Tanonimo, 
da  cui  ricavo  il  testo  del  presente  tratta- 
to), de'quali  hanno  goduto  sotto  il  regno 
del  sultano  Acmel  IH  di  gloriosa  memo- 
ria, padre  di  S.  M.  il  sultano  regnante.  9. 
La  sublime  Porta  permette  o'principi  di 
questi  due  ducati  d'avere  presso  ad  essa 
ognuno  di  loro  un  incaricato  d'affari  che 
professi  la  legge  cristiana,  i  quali  avran- 
no cura  degl'interessi  de'  suddetti  ducati, 
e  saranno  trattati  dalla  sublime  Porta 
con  bontà  e  distinzione,  imperciocché, 
malgrado  la  mediocrità  della  loro  condi- 
zione relativamente  ad  essa,  sono  pure 
persone  che  devono  godere  di  tutti  i  pri- 
vilegi del  diritto  delle  genti,  e  per  conse- 
guenza non  essere  esposti  a  veruna  vio- 
lenza. (  o.  La  sublime  Porta  consente  an- 
cora, che  i  ministri  della  corte  imperia* 
le  di  Russia  che  risiederanno  presso  di 
essa,  possano  impiegarsi  a  favore  dell'u- 
no e  dell'  altro  di  questi  ducati,  secondo 
le  circostanze  nelle  quali  potranno  tro- 
varsi questi  due  paesi,  e  la  sublime  Por- 
ta prouìette  d'avere  in  questo  caso  per 
loro  tutta  l'attenzione  ed  i  riguardi  do- 
vuti a  potenze  alleate  e  rispettabili".  Ri- 
marca r  autore  dell'  Osservazioni ,  che 
quasi  nessuno  di  questi  io  articoli  è  stato 
osservato  e  posto  in  pratica  per  la  con- 
naturale disposizione  della  sublime  Por- 
ta Ottomana  in  mancar  di  parola,  per 
non  aver  avuto  i  principi  e  le  due  nazioni 
coraggio  d'  insistere  sulla  esecuzione  ,  e 
per  non  essersi  curati  i  ministri  russi  dal 
bel  principio  di  far  valere  il  trattato;  in 
somma  per  tutte  le  altre  ragioni  che  pro- 
dussero una  nuova  guerra  colla  Russia, 
dopo  quella  sorda  fatta  da  questa  poten- 
za ai  medesimo  sultano,  per  la  nuova  in- 
vasione della  Crimea.  Inoltre  riferisce,che 
in  conseguenza  del  trattato  di  pace,  ed  in 
virtù  del  convenuto  a  favore  de'due  prin- 
cipati, il  colonnello  Peteisou  ministro  di 
Russia  a  Costantinopoli,  fece  dare  a'due 
nuovi  principi  di  Valacchia  e  Moldavia 


VAL  149 

un  hatliscerifF segnalo  dallo  stesso  sulta- 
no, nel  quale  oltre  molti  privilegi,  vi  era 
quello  espressamente  dichiarato,  che  la 
Porta  non  avrebbe  cambiato  i  principi 
senza  grave  colpa  loro,  e  senza  l'intelli- 
genza della  Russia.  Tre  anni  dopo  la  sles- 
sa Porta,  a  mezzo  d'un  suo  emissario,  fe- 
ce proditoriamente  assassinare  Gregorio 
Ghicca  principe  di  Moldavia,  ch'era  sta- 
to nominato  a  istanza  di  Caterina  11 ,  a 
tradimento  e  mentre  in  buona  fede,  anzi 
in  onta  agli  avvisi  del  principe  di  Valac- 
chia e  di  altri  di  riguardarsi,  erasi  recato 
solo  a  visitare  il  capigi  basci  fintosi  ma- 
lato, il  quale  lo  fece  pugnalare  alla  sua 
presenza.  Subito  troncatagli  la  testa  fu 
inviata  a  Costantinopoli,  ove  restò  espo- 
sta per  3  giorni  alla  porta  del  serraglio. 
Il  corpo  fu  lasciato  a'  parenti,  ma  la  ro- 
ba e  i  denari,  che  molli  ne  avea  fatti  con 
intrighi,  li  confiscò  il  sultano.  Si  colorì 
l'operato  da'turchi,  pe'sospetli  formati  su 
Gregorio,  ne'torbidi  cominciali  nella  Cri- 
mea, per  la  succennata  2."  invasione  rus- 
sa. La  Bukovina,  che  fino  al  1777  appar- 
teneva alla  Moldavia,  avendola  reclama- 
ta l'imperatore  Giuseppe  li,  perchè  situa- 
ta tra  le  sue  provincie  di  Gallizia  e  Tran- 
silvania,  e  come  antica  dipendenza  del 
suo  regno  d'Ungheria,  i  russi  nello  sgom- 
brarla la  consegnarono  agli  austriaci.  Il 
sultano  credè  prudente  dissimulare,  e  poi 
la  cede  formalmente.  Indi  la  Porta  co- 
minciò a  cambiare  i  principi  a  suo  ca- 
priccio senza  saputa  della  Russia,  e  gra- 
vare i  principali  di  eccessive  contribu- 
zioni, soprattutto  in  commestibili.  La  cor- 
te imperiale  di  Pietroburgo,  unitamente 
a  quella  di  Vienna,  fece  delle  doglianze 
contro  questa  ingiusta  e  illegale  condot- 
ta, ed  ottenne  un  nuovo  privilegio  simi- 
le air.",  nella  nuova  pace  per  la  Crimea 
però  ritenuta  da'russi.  Nel  seguente  hatli- 
scerilfa  favore  de'principati  di  Valacchia 
e  Moldavia  rinnovato  nel  1784?  il  sulta- 
no Abdul-Hamed  vi  scrisse  di  suo  pugno: 
In  conformità  si  operi.»»  Inclito  fra'prin- 
cipi  seguaci  di  Gesù,  Scherlet-Zade  Ales- 


i5o  VAL 

Sandro  Vaivodacìi  Moldavia  ,  clie  il  tuo 
fine  sia  felice.  Giungendoli  questo  allo 
segno  imperiale^  ti  sia  noto,  che  1'  anno 
1 188  (dell'  Egira)  nella  luna  di  Scewal 
furono  emanali  due  alli  comandameuli 
sopra  ornali  col  nostro  imperiale  polen- 
te carattere,  fatti  paiiicolarmente  per  la 
Valacchia  e  Moldavia,  i  quali  conteneva* 
no  quanto  segue.  Che  i  sudditi  di  queste 
due  Provincie  che  sono  le  Canove  dei  po- 
tente mio  impero,  non  diano  in  avveni* 
re  ,  dopo  aver  pagato  il  fissato  tributo, 
altre  contribuzioni  sotto  vari  nomi,  come 
si  praticava  prima  delTultima  guerra.Che 
i  loro  vai  vedi  non  siano  deposti  fino  a 
tanto  che  non  apparisca  qualche.segno  po- 
tente di  ribellione;  e  che  un  tale  regola- 
mento sia  osservato  stabile  in  perpetuo 
senza  cambiamento  o  deposizione,  confor- 
me i  trattati  già  fatti  fra  il  potente  nostro 
impero  e  la  corte  di  Russia;  che  per  que- 
sl'oggello  debbano  darsi  a'principi  Berat 
ornati  col  mio  sagro  caraltere,  e  accompa- 
gnati da  clemenza,  acciò  gli  abitanti  viva- 
no consolati  e  tranquilli, ed  i  loro  princi- 
pi con  sicurezza  e  quiete  d'animo.  Che 
del  tributo  che  i  sudditi  sono  obbligati  di 
dare,se  ne  faccia  ogni  due  anni  una  volta 
il  pagamento  al  nostro  imperiai  tesoro  in 
Costantinopoli  per  mezzo  del  loro  agen- 
te. Che  i  sudditi  di  Moldavia  e  Valacchia 
siano  liberi  dal  tributo  ed  altre  imposi- 
zioni, cominciando  dall'anno  1 188  e  la 
luna  di  Gemasiul-Ewel,  fino  al  termine 
de'due  anni.  Che  dopo  terminati  i  sud- 
detti due  anni,  si  debba  pagare,  come  si 
è  detto,  ogni  due  anni  una  volta  il  tribu- 
to, che  dalla  somma  pietà  e  misericordia 
\erso  di  loro  sarà  determinato,  e  che  si 
spedisca  per  roano  dell'agente  nominato 
dal  principe  appresso  la  nostra  sublime 
Porta.  Che  per  i  conti  e  debiti  vecchi 
non  si  faccia  veruna  ricerca  sì  di  denari, 
che  di  qualsiasi  altro  genere.  Che  succe- 
dendo Ira  lurco  e  cristiano  suddito  qual- 
die  contesa  ,  debba  esaminarsi  dal  prin- 
cipe di  Moldavia  1'  aliare  unitamente  al 
suo  divan  etì'endi,  ed  altri  turchi  che  si 


VAL 

troveranno  colà,  procurando  un  accomo- 
damento che  contenti  entrambi;  ma  se  j 
la  sua  mediazione  non  produrrà  il  bra-  a 
malo  effetto,  si  chiami  il  cadì  d'ibiuila, 
il  quale  giudicherà  ,  e  terminerà  la  lite 
con  somma  integrità,  e  senza  opprime- 
re il  sùddito,  essendo  nostra  ferma  vo- 
lontà, che  il  suddito  non  debba  essere  ci- 
tato ad  altri  tribunali  fuori  del  paese.  Che 
essendo  emanata  una  sagra  decisione  o 
fefta  in  cause  le  quali  fossero  per  eredi- 
tà con  testamento,  o  per  parentela,  è  ac- 
cettabile la  testimonianza  di  Pietro  gre- 
co contro  Omer  turco,  in  quelle  cause 
però  che  fossero  avanti  la  giustizia  fuori 
di  parentela,  o  testamento,  la  testimo- 
nianza contro  il  turco  non  sia  accettabi- 
le, sicché  a  tenore  dell'  alto  fefla  segua 
ec.  Che  quanti  de'  ministri  o  altri  com- 
mettessero qualche  delitto  nel  paese  del- 
la Moldavia,  siano  presi  e  mandati  nel- 
le vicine  fortezze  per  essere  castigati  da' 
loro  comandanti.  Che  essendo  slati  spe- 
diti in  passato  diversi  fìrmani  intorno  ad 
alcuni  militari  delle  fortezze,  ed  abitanti 
delle  rive  del  Danubio,  che  contro  i  no- 
stri regolamenti  entra  vano  senza  permes- 
so ne'dne  principati  facendo  risse  ,  ucci- 
dendosi fra  di  loro,  e  dopo  ricercando  il 
riscatto  del  sangue  muovevano  liti,  e  do- 
mandavano denari  a'sudditi  di  Moldavia 
recando  loro  altri  disturbi;  come  pure  in- 
torno all'estirpazione  degli  uomini  cattivi, 
i  quali  scorrevano  il  paese,ed  alla  distru- 
zione (secondo  i  prelodali  regolamenti) 
delle  possessioni  ed  abitazioni,  che  que- 
sti costruivano  sul  terreno  della  Molda- 
via. Ora  non  essendo  lontano  dal  crede- 
re, che  tali  malviventi  possano  aver  in- 
tenzione di  fare  lo  stesso,  intendiamo  che 
il  descritto  regola n»enlo  negli  emanati 
alli  ordini  si  pratichi  ed  eseguisca  inal- 
terabilmente, e  che  in  avveuire  non  deb- 
ba entrare  in  Moldavia,  che  un  dato  nu- 
mero di  negozianti  conosciuti  d'ogni  for- 
tezza, i  quali  debbano  aver  la  licenza  in 
iscritto  da'ioro  comandanti  per  presen- 
tarla al  vaivoda  di  Moldavia,  o  al  suo  uf- 


VAL 

flziale,  e  riceverne  da  essi  il  permesso  in 
carta;  che  non  acquistino  case  ne'distret- 
li,  non  seminino,  non  moleslino  i  suddi- 
ti, e  non  diano  denaro  ad  usura.  Che  per 
simili  fraudolenti  cause,  i  visir,  i  coman- 
danti ed  i  giudici  non  permettano  che 
sia  danneggiato  il  suddito  con  ispedizio- 
ni  di  cotunìissari.  Che  le  possessioni  e  ter« 
re  ,  che  altre  volle  spettavano  a*  mona- 
steri o  a'boiari,  e  poi  ingiustamente  sono 
state  tolte  ad  essi,  ed  al  presente  vengo- 
no nominati  rajà,  siano  a  suo  tempo  re- 
stituite a'rispellivi  proprietari,  dopo  un 
giusto  esame.  Che  non  sia  lecito  a'nego* 
zianti  turchi  di  prendere  possessioni  e  te- 
uute,o  pascolare  animali  inlMoldavia.Che 
i  sudditi  non  vengano  danneggiali  in  ve- 
run  modo  da' visir  e  pascià,  o  dalle  loro 
genti  che  escono  dal  retto  cammino  per 
entrare  in  Moldavia,  e  prendere  da'  sud- 
diti provvisione  d'ogni  sorte  senza  paga* 
mento,  o  disturbarli  con  altre  domande. 
Similmente,  che  le  persone  che  vanno  e 
vengono  per  importanti  affari  in  alcune 
parti, non  entrino  nella  Moldavia,  uscen- 
do dal  retto  cammino,  e  quelli  che  ven- 
gono per  affari  in  Moldavia  non  cerchino 
alle  poste  più  cavalli  di  quelli  che  sono 
fissati  nel  loro  firmano  di  posta.  E  poi- 
ché furono  emanati  altri  ordini  contenen- 
ti l'accennate  prescrizioni,  non  segua  iu 
avvenire  la  menoma  mancanza  nell'im- 
preteribile esecuzione  e  osservanza  delle 
medesime.  Se  taluno  si  mostrerà  disub- 
bidiente ,  si  prenda  cura  della  sua  im- 
mediata corre/.ione.  Che  i  sudditi  di  Mol- 
davia, i  quali  passano  per  negozio  ne' vil- 
laggi, terree  mercati  sulle  rive  del  Danu- 
bio, non  siano  molestali  dagli  esattori  del 
tributo  e  da  altri  uffiziali  di  quelle  par- 
ti, con  domande  di  tributo  o  testatico,  o 
per  verun'altra  causa;  che  quelli  delle  ri- 
ve del  Danubio  non  enlrmo  in  Moldavia 
con  pretesto  di  ricercare  i  loro  sudditi,  e 
per  quest'oggetto  saranno  spedili  altri  fir- 
mani  a  chi  spelta,  con  ordini  positivi  e  mi- 
«acce.  Che  i  sudditi  e  abitanti  della  Mol- 
davia, a  tenore  de'privilegidelluogo,noa 


VAL  tSt 

siano  molestati  da  chi  che  sia  intorno  olla 
loro  maniera  di  vestire.  Che  riguardo  al 
caso,  che  abbracciando  un  suddito  la  fe- 
de maomettana  non  possa  cercare  por- 
zione di  eredità;  essendo  questa  una  ma- 
teria oscura  in  legge,  si  esamini  perciò  il 
fefta,de*quali  ne  sono  emanali  i  4  seguen- 
ti :  Pietro  cristiano,  dopo  che  sarà  santi- 
ficato colla  santità  del  mussnlmanismo, 
ossia  vera  fede,  se  morisse  Paolo  suo  pa- 
dre cristiano,  egli  non  lo  eredita.  Pietro 
cristiano  marito  di  Maria  cristiana,  fatto 
turco,  moiendo  Maria  cristiana,  Pietro 
non  i'  eredita.  Paolo  cristiano  padre  di 
Pietro  cristiano,  fatto  turco,  morendo  il 
figlio  ,  il  padre  non  l'  eredita.  Il  turco 
Mecmet,  dopo  aver  dato  la  libertà  al  suo 
schiavo  Pietro  cristiano,  se  morisse  Pie- 
tro senza  farsi  turco,  Mecmet  non  lo  e- 
redita.  Gli  accennati  4  sagri  fefta  siano 
dunque  eseguiti.  Che  dovendosi  compra- 
re per  mano  de*  commissionati  del  capo 
macellaio  la  nota  quantità  di  pecore  nel- 
la Moldavia,  avendo  questi  cagionato 
danni  e  ingiustizie  a'poveri,  Noi  usando 
clemenza  verso  i  medesimi,  abbiamo  a- 
bolilo  l'antico  modo  di  compra:  ma  poi- 
ché è  inevitabile  e  necessario,  che  si  con- 
ducano pecore  dal  custodito  mio  stalo 
per  le  porzioni  di  carne  dispensate  dal 
mio  tesoro,  e  per  rali(nento  degli  abitan- 
ti dell'alta  mia  dominante  ,  i  sudditi  di 
Moldavia  non  devono  nascondere  le  pe- 
core vendibili,  ma  venderle  a'negozianti 
di  carne,  ed  il  vaivoda  di  Moldavia  non 
deve  mancar  d' attenzione  acciò  le  peco- 
re sienodalea'suddetti  negozianti  che  do- 
vranno trasportarle  in  Costantinopoli, ne 
venderle  in  altra  parte.  Che  il  paese  del- 
la Moldavia  essendo  la  Canova  del  felice 
mio  soglio,  ed  essendo  determinatala  ve- 
nuta delle  necessarie  vettovaglie  da  Va- 
lacchia e  Moldavia,  i  sudditi  di  Moldavia 
per  contraccambiare  alla  contribuzione  iu 
grani  ,  che  per  nostra  clemenza  fu  levata 
poco  fa;  devono  far  pervenire  abbondan- 
temente alla  scala  del  Danubio  i  grani  e 
le  biade  che  acquistano  seminando ,  e 


i5i  VAL 

vender  tulio  al  prezzo  corrente  a'copila- 
ni  delle  u»vi  del  mercato  dello  Capan  di 
Coslaiilinopoli,  non  dandoli  ad  aliti  luo- 
ghi, e  sul  riflesso  d'essere  slata  levala  det- 
ta contribuzione,  che  non  cessino  di  semi- 
nare, o  per  fine  di  monopolio  non  na- 
scondino i  grani  che  hanno  e  che  raccol- 
gono. In  lai  modo  e^si  potranno  vantag- 
giarsi, e  gli  abitanti  del  nostro  felice  so- 
glio saranno  liberi  dalla  carestia;  e  di  ciò 
ne  abbia  cura  il  vaivoda  ed  i  boiari  in 
perpetuo.  Che  qualunque  mancanza  o 
delitto  de'snddili  e  boiari,  della  Valacchia 
e  Moldavia,  che  apparve  di  uecessilà  nel 
tempo  delle  guerre,  sia  loro  lutto  perdo- 
nalo ,  e  posto  in  una  totale  dimeutican* 
za;  che  non  si  pensi  né  a  castigare,  né  a 
rimproveiare  le  loro  passate  procedure, 
e  siano  certi  in  avvenire,  lino  a  tanto  che 
non  travici  anno  dal  centro  dell'ubbidien- 
za, dall'adempimento  del  tributo,  dal  for- 
nire le  provvisioni,  e  dagli  altri  doveri  di 
sudditi,  di  non  esperimenlare  altro  che 
benignità  e  clemenza.  Che  stando  in  ar- 
bitrio de*  principi  di  Valacchia  e  Molda- 
via il  dare  gl'inipieghi  del  paese  a' sog- 
getti distinti  fru'nazionali,  ed  a' greci  ed 
a  quanti  di  essi  sono  fedeli  e  degni  di  go- 
vernare, resti  in  libertà  de'principi  di  pre- 
valersi pel  loro  servizio  ,  seconde  il  biso- 
gno, tanto  de*  greci ,  quanto  de*  paesani, 
preferendo  peiò  i  signori  del  paese  ne- 
gl'impieghi che  sono  propri  a  loro.  Che 
le  qualità  de*legnami  che  occorrono  per 
le  fortezze  situale  nella  Romelia  ,  si  se- 
guitino a  tagliare  come  per  l'addietro,  e 
si  trasportino  da'  monti  della  Valacchia 
e  Moldavia  ,  mediante  le  giuste  mercedi, 
per  il  taglio  e  trasporto  che  si  pagheran- 
no da'tribuli  di  Valacchia  e  Moldavia,  a 
tenore  delle  ricevute  degl'intendenti  del- 
le fabbriche  senza  la  diminuzione  d'  un 
obolo.  Che  si  usi  diligenza  acciò  in  avve- 
nire non  sìa  mandato  senza  necessità  un 
doganiere  in  Galatz,  tanto  per  parte  del 
governatore  di  Chiri,c!ie  d'Isachcia.Che 
non  vada  alcuno  in  Moldavia  a  nomedcl- 
V  appaltatore  per  ricercare  il  nitro,  che 


VAL 

fa  d'uopo  alla  nostra  ricca  zecca  ,  ma  il 
necessario  nitro  venga  procurato  dal  prin- 
cipe, ed  il  trasporlo  e  costo  di  esso  si  de- 
falcherà dal  tributo,  ed  egli  darà  avviso 
alla  nostra  ricca  zecca,  acciò  lo  faccia  ri- 
cevere alla  scala,  che  sarà  prevenuta,  per 
trasportarlo  in  Costantinopoli.  Slantechè 
finora  non  è  stata  commessa  veruna  man- 
canza per  parte  de'suddelli  paesi  nell'a- 
dempimento a'dovuti  obblighi  di  servitù, 
si  sono  aggiunti  a'  suddetti  capitoli  i  se- 
guenti punti  dettali  dalla  nostra  impe- 
riai misericordia,  onde  sì  guardino  in  av- 
venire dalla  menoma  mancanza,  ed  usi- 
no prontezza  e  diligenza,  per  quanto  oc- 
corre al  nostro  imperiale  servizio,  e  pre- 
stino intera  ubbiilienza  a'  loro  principi, 
non  mancando  d'un  atomo  alla  dovuta 
fedeltà  e  servitù.  E  perciò  si  fa  nolo,  che 
in  avvenire  non  si  ricerchi  dalla  Valacchia 
che  borse  6  1 9,e  dalla  Moldavia  borse  i  3  5 
e  piastre  444»  P^^'  '^''^  tributo,  che  sarà 
alla  fine  di  ciascun  anno  contribuito  al 
felice  mìo  soglio,  nel  caso  non  fosse  sta- 
to impiegato  in  commissioni.  Che  pel  re- 
galo del  Dairam  si  esigano  dalla  Valacchia 
piastre  90,000  in  contanti  e  robe,  e  pia- 
stre 4o,ooo  periIRichiabie;  e  dalla  Mol- 
davia si  esigano  piastre  90,000  in  con- 
tanti e  robe  [>el  Bairam, e  piastre  25,ooo 
per  il  Richiabie,  e  non  si  domandi  altro. 
Che  da'principi  non  si  esiga  denaro  per 
conferma,  e  non  si  depongluno  fin  tanto 
che  non  si  commettesse  da  loro  qualche 
delitto  evidente.  Che  non  sia  ricercato  da* 
nuovi  principi  per  diritti  e  regali  un  obo- 
lo più  del  solilo,e  questi  non  si  esigano  da' 
sudditi, ma  si  diano  dalle  rendite  partico- 
lari de'principi.  Che  non  si  tollera  dal  no- 
stro potente  soglio,  che  i  pascià  ,  cadì  o 
altri  comandanti  che  si  tiovinoinque'conr 
torni,  prelendino  iributoo  ricerchino  re- 
gali dalle  due  provincie  ,  ricadendo  ciò 
in  danno  del  suddito,  o  dicessi  spedisca- 
no in  loro  nome  commissari  fuori  del  so- 
lo e  unico  caso  di  ritirare  denaro  del  Iri- 
buio  da  noi  ordinato.  Che  non  siano  i 
principi  obbligali  a  dare  regali  quando 


VAL 

seguono  eerabiamenli  nel  ministero  del 
nosho  polente  impero.  Glie  il  nostro  po- 
tente impero  esiga  provvisione  d'ogni  sor- 
te, ma  in  grado  clie  queste  non  portino 
angustia  agli  abitanti  delie  due  provin- 
cie,  e  quando  le  domanderà  il  tesoro,  sia- 
no pagate  in  denaro  contante,  senza  ag- 
gravare gli  abitanti  delle  spese  del   ira- 
sporto,  e  quando  saranno  comprale  da' 
mercanti  debbano  pagarsi  in  contanti  al 
prezzo  corrente  sul  luogo.  Che  essendo- 
ci  note  le  ingiustizie  e  oppressioni  ,  die 
succedono  nelle  compre  dt^lle  pecore  cUe 
si  fanno  per  mezzo  degli  uomini  del  ca- 
po macellaio,  si  è  tolta  tal  forma  di  com- 
pre di  pecore;  ma  perchè  è  necessario  che 
gli  abitanti  di  Costantinopoli  siano  prov- 
veduti dal  custodito  nostro  impero;  i  sud- 
diti delle  due  provincieche  vogliono  ven- 
dere le  loro  pecore/le  vendano  a'mercaa- 
li  al  prezzo  corrente,  ed  i  principi  abbia- 
no cura,  che  non  si  faccia  mancanza  nel- 
lo spedirle  al  nostro  felice  soglio.  Che 
quando  sarà  nostra  volontà  di   esigersi 
dalle  due  provincie  legnami  o  allro  per 
le  fabbriche  pubbliche,  si  dia  previo  av- 
viso a'principi,  ed  in  tal  modo  si  traspor- 
tino a'confini  delle  due  provincie,  e  da' 
commissari  a  ciò  destinatisi  paghi a'sud- 
dili  in  contanti  tanto  il  valore,  che  il  tra- 
sporlo di  detti  legnami,  né  si  usi  violen- 
za per  farglieli  trasportare  fuori  de'con- 
fìni;e  quando  si  ricerca  dagli  abitanti  de' 
óue  luoghi  lavoro  e  fatica  ,  si  dia  loro  il 
consueto  pagamento  senza  din»inuzioneo 
rilardo.  Che  non  si  ^ìermetla  l'entrata  ne' 
delti  luoghi  a  veruno  de' circonvicini  a- 
bilanti  militari,  o  altri  che  vi  si  recassero 
ad  oggetto  di  far  danno  a'sudditi,  ma  sol- 
tanto si  conceda  a'mercanti  che  hanno  fìr- 
mani;  come  pure  s'impedisca,  che  altri 
venga  a  seminare  o  a  pascolare  animali 
in  terre  appartenenti  agli  abitanti  de'luo- 
ghi,  o  ad  impadronirsi  delle  medesime;  e 
chi  ardirà  d'operare  dolosamente  contro 
questo  sistema,  sarà  castigato.  Che  se  do- 
po la  pace  sono  slati  usurpali  da'  vicini 
luvchi  alcuQÌ  terreui  nelle  due  pioviucie, 


VAL  i53 

siano  questi  restituiti  a'proprielari.  Che 
senza  urgente  bisogno  non  si  spedisca  com- 
missario dal  nostro  potente  soglio  nelle 
due  Provincie  ,  e  quando  verrà  spedilo, 
che  non  debbano  i  sudditi  pagare  la  sua 
commissione,  né  egli  dilungare  la  sua  di- 
mora  inventando   prelesti   e   molivi.  E 
dunque  nostra  clemente  e  imperiai    vo- 
lontà, che  siano  osservati  ed  eseguiti  i 
suddetti  capitoli  unitamente  alle  prime 
condiziotii  del  sistema;  e  poiché  la  mise- 
ricordia verso  de'poveri  e  impotenti,  e  la 
clemenza  verso  i  soggetti  é  proprio  attri- 
buto di  segnalata  giustizia  del  nostro  go- 
verno, che  spande  abbondantissime  gra- 
zie sopra  i  sudditi  di  Valacchia  e  Molila- 
via,  acciò  siano  preservati  da  qualunque 
sorte  d'ingiustizia,  e  stabili  nella  loro  fe- 
licità e  tranquilla  permanenza  sotto  l'om- 
bra del  nostro  impero;  così  si  è  dato  il  pre- 
sente noslro  alto  ordine  ornalo  dell'  im- 
periai nostio  carattere, comandando,  che 
dopo  aperto  e  letto  alla   presenza  gene- 
rale di  lutti  i  metropoliti,  vescovi,  abba- 
ti,boiari,  boiarnasci,  capitani,  ulliziali,  a- 
bitanti  e  sudditi,  e  fallo  ad  essi  palese  il 
suo  contenulo  dettalo  dalla  giustizia  ,  si 
conservi  presso  di  loro,  e  che  in  avvenire 
si  osservino  tutti  i  suddetti  punti  del  fis- 
sato sistema  nel  modo  si  è  spiegato  e  fat- 
to noto,  e  sia  tua  cura  scrivere  e  parte- 
cipare alla  clemente  nostra  Porta,  se  mai 
veruno  agirà  in  contrario,  acciò  subilo  ne 
sia  fatta   vendetta.  Quando  poi  i   boiari 
di  Valacchia  e  Moldavia  si  condurranno 
verso  il  polente  nostro  impero  con  fedel- 
tà, e  verso  i  loro  principi  con  ubbidien- 
za e  sommissione,  restino  ad  essi  le  loro 
terre  e  possessioni ,  e  quanto   hanno  in 
prima  ottenuto  in  virtù  di  diplomi,  uflì- 
2Ì  e  gladi ,  siccome  precedentemente  fu 
comandato.  In  seguito  si  abbia  cura,  che 
si  osservino  in  perpetuo  i  nominati  pre- 
celti, e  che  i  paesi  si  mantengano  in  ista- 
to  felice,  perché  dalla  loro  felicità  dipen- 
de l'alimento  de'nobili;  che  questi  viva- 
no quietamente  e  non  facciano  intrighi, 
prestino  ubbidienza  a'principi^  e  colla  io- 


54 


VAL 


ro  suborilinnzione  si  reiulino  degni  iV  ot« 
tenere ,  secondo  gli  nnliclu  costumi  de' 
luoghi,  i  gradi  e  i  lucri  spettanti  a  loro. 
Se  poi  alcuno  de'nobili  ardisse  di  far  do- 
mande irragionevoli,  e  che  sogliono  por- 
tar confusione  nello  stabilito  sistema,  co- 
n)e  da  un  tempo  in  qua  hanno  costuma- 
to di  fare,  o  molestassero  i  sudditi  contro 
i<t  nostra  volontà,  e  dopo  che  saranno  co- 
mandati di  aslcncrsene,  non  prestassero 
ubbidienza  e  si  muovessero  contro  i  vo* 
lei  i  di  quel  principe,  che  dalla  potente  no- 
stra sovranità  sarà  eletto  e  destinato  a 
governarli,  e  che  ha  permissione,  piena 
autorità  e  arbitrio  di  castigare  tali  teme- 
rari colle  meritate  pene.  Tu  che  sei  prin- 
cipe attuale,  devi  sempre  invigilare  alla 
correzione  di  tal  gente,  usando  tutta  la 
cura  pel  mantenimento  del  buon  ordine; 
e  perchè  il  povero  suddito  viva  con  tran- 
quillità, che  la  distribuzione  del  tributo 
si  faccia  egualmente,  senz'aggravare  più 
uno  che  l'altro  per  impegni,  e  si  pratichi 
il  giusto.  Con  altrettanta  attenzione  devi 
raccomandare  e  insinuare  a  tulli  i  nobili 
e  sudditi,  di  porgere  voti  per  la  conser- 
vazione della  nosli  a  vita  e  per  la  durevo- 
le gloria  e  felicità  della  nostra  potenza, 
Fa  che  infendano  tutti  il  senso  dell'alto 
nostro  ordme  ,  cioè  che  tanto  i  nobili, 
quanto  i  sudditi  di  Moldavia,  non  tra- 
viando nella  retta  strada  d'osservare  i  do- 
veri di  subordinazione  agl'imperiali  no- 
stri decreti,  eh'  esiger  devono  una  rasse- 
gnata ubbidienza,  e  non  ommetteudo 
giammai  la  consueta  fedeltà  e  rettitudi- 
ne, e  la  purità  de'costumi,  siano  certi  di 
godere  infinita  quiete  e  riposo,  non  di- 
sgiunto dagli  effetti  della  nostra  imperiai 
clemenza  e  misericordia.  Tu  e  i  tuoi  suc- 
cessori prestando  servitù  e  gratitudine  al- 
hi  potente  nostra  sovranità  ed  all'infini- 
ta nostra  imperiai  ajunificenza,  ed  osser- 
vando i  suddetti  comandi ,  non  avrai  ti- 
more d'essere  deposto  fin  tanto  che  non 
apparisca  in  te  patente  delitto  che  dia  mo- 
tivo al  cambiamento,  ma  resterai  fermo 
uel  principato  di  Moldavia;  ed  è  certo  e 


VAL 

indubitabile,  che  nell'ora  stessa  in  cui  ci 
sarà  nolo, chequnlcunodegli  abitanti  del- 
le rive  del  Danubio  e  delle  fortezze  gran- 
di e  piccole  anlirà  d'opporsi  a  questo  sta- 
bilimento, sarà  fatta  contro  di  lui  ven- 
detta. E  sarà  invigilato  con  perpetua  cu- 
ra e  gelosa  attenzione  dalla  nostra  so- 
vranità, e  da'gran  visir  e  onorati  pascià, 
sul  riposo  e  privilegi  che  furono  accor- 
dati in  tempo  del  giustissimo  impero  del 
Nostro  avo  sultan  Maometto  IV".  Ad 
onta  di  questo  diploma,  narra  ranonimo 
che  lo  riporta,  nello  stesso  1784  il  sulta- 
no Abdul-Hamed  ,  cambiò  il  suddetto 
principe  di  Moldavia,  soggetto  slravagan- 
techeper  tutti  i  riguardi  non  doveva  mai 
la  Porta  promuovere  al  vaivodalo;  e  po- 
co dopo  Michele  Suzzo  vaivoda  di  Va- 
lacchia,uomo  dabbene  e  di  eccellente  con- 
dotta, per  sostituire  una  creatura  del  ca- 
pitan pascià,  contro  l'uso  di  non  nomi- 
nare che  i  figli  de'passati  principi,  o  gli 
attuali  dragomanni  o  interpreti  di  lingue. 
Il  surrogato  non  solo  divenne  il  tiranno 
della  Valacchia,  ma  si  pretende  che  pel 
suo  fondato  mallaleuto  contribuì  molto 
colle  sue  istigazioni  e  falsi  rapporti  a  ri- 
scaldare la  testa  del  furioso  gran  visir,  e 
indurlo  a  dichiarare  la  guerra  alla  Russia 
nel  1788.  Prima  della  sua  deposizione, 
Alessandro  vaivoda  della  Moldavia  avea 
accordato  a'mercanti  armeni  sudditi  del- 
l'imperatore Giuseppe  li,  il  seguente Gri- 
sovolo  o  diploma. »j  E'  dovere  de'prudeu- 
ti  sovrani  vegliare  sempre  per  ([uegli  uo- 
mini, che  si  danno  la  premura  e  si  a(ia- 
licano  per  l'utile  de'Ioro  stessi  sudditi,  ed 
aumentano  con  l'industria  del  commer- 
cio l'agricoltura.  Siccome  in  questo  prin- 
cipato si  trova  da  molto  tempo  una  quan- 
tità di  mercanti  armeni  sudditi  austriaci 
di  Gallizia  con  bovi  ,  cavalli  e  altro  be- 
stiame, ed  essendo  notorio,  che  non  poco 
utile  fanno  agli  abitanti  di  questo  stato, 
accrescendo  il  prezzo  del  bestiame  e  di 
altre  cose  con  contento  degli  abitanti,  ed 
essendo  stati  favoriti  anche  dagl'illustris- 
sìmi  nostri  antecessori  con  qualche  gru- 


VAL 

zia,  come  si  vede  da*[)rivilegi,  massima- 
titente  da  quello  del  nostro  defuiilo  zio 
Joan  Nicolai  vaivoda,  che  Ita  loro  accor- 
dato  benefìzi  esclusivi,  il  qual  privilegio 
tengono  nelle  loro  mani;  così  dunque  ab- 
biamo giudicato  giu^»to,  non  solamente  di 
rinnovare  e  confermate  li  pristini  bene- 
fìzi, ma  di  aumentarli  con  qualche  nuo- 
va grazia  per  il  loro  miglior  stabilimen- 
to secondoehè  per  mezzo  di  questo  no- 
stro diploma  determiniamo.  Per  li  terre- 
ni che  questi  mercanti  hanno  bisogno,  e 
ailìltano  annualmente,  avendo  inteso  che 
qualcuno  de'proprietari  delle  terre  volen- 
do alzar  li  prezzi  di  queste,  trovano  vari 
mezzi  fiod olenti,  cioè  si  uniscono  co'Ioro 
vicini,  fingono  d'afllttarli  a  maggior  prez- 
zo di  quello  li  aveano  già  ailìltati  i  mer- 
canti, e  così  questi  si  vedono  cosUelti  o 
di  tramutarsi  co' loro  bestiami  sopra  al- 
tri beni ,  o  di  dare  il  maggior  prezzo  of- 
ferto da  costoro,  e  così  loro  viene  cagio- 
nato danno;  il  che  essendo  conilo  ogni 
giustizia  e  buona  regola,  ogni  qual  volta 
che  sarà  palesata  una  tal  azione,  non  so- 
lamente quel  vicino  che  agirà  con  tal 
frode  per  danneggiare  li  mercanti,  si  ca- 
stigherà con  tutta  la  giustizia  ,  ma  anco 
il  proprietario  sarà  giudicato  dal  nostro 
divano.  Li  mercanti  che  sono  da  più  an- 
ni stabiliti  sopra  una  terra  col  loro  be- 
stiame ,  che  occupano  col  consenso  del 
proprietario,  non  ardirà  nessuno  de'  vi- 
cini di  molestarli  o  cacciarli  colla  parola 
di  Protimissis  o  sia  di  priorità.  Li  beni 
poi  che  in  avvenire  si  venderanno  an- 
nuahiìente,  aliai. 'vendila  il  vicino  avrà 
la  priorità.  Dopo  poi,  che  una  volta  un 
suddito  austriaco  ha  ottenuto  la  posses- 
sione sopra  una  terra  e  l'ha  occupala  per 
qualche  anno,  facendo  e  fabbricando  so- 
pra questa  cose  necessarie  pel  suo  com- 
mercio, allora  non  può  inquietarlo  in  nes- 
sun modo  il  vicino  sotto  titolo  di  Proti- 
missis. Nessuno  de'viciui  abbia  la  facoltà 
di  arare,  seminare  o  tagliare  l'erba  per 
forza  sopra  una  terra  eh 'è  adìttata  an- 
nualmente da  questi  mercanti  esteri  per 


VAL  i55 

proprio  uso  delloro  bestiame.  Per  il  fie- 
no che  vorranno  fare  per  l'uso  proprio, 
o  sostentamento  del  bestiame  loro,  a  vran- 
no  la  facoltà  di  accordarsi  cogli  uomini 
di  quel  luogo  che  troveranno,  che  siano 
stranieri  o  paesani  di  qui  ,  a  loro  piaci' 
mento.  Intorno  a'bovi  che  comprano  per 
negozio,paglierannodicornarilonna  pia- 
stra, ed  un  polronic  moneta  vecchia,  per 
ogni  bove,  secondo  l'uso,  cioè  dovranno 
ancora  pagare  per  tutta  la  u»andra  ,  al- 
lorché passeranno  li  confini,  una  piastra 
e  60  denari  a'doganieri  de' limili,  come 
pure  pe'bovi  che  si  staccano  dalle  man- 
dre  e  fuggono,  dovranno  pagare  a  quegli 
uomini  che  li  troveranno,  due  piastre  per 
un  tale  distaccamento  di  buona  mano. 
Ma  ogni  volta  che  si  staccasse  poi  dalie 
mandre  uno  o  due  soli  bovi,  dovranno 
pagare  la  buona  mano,secondo  l'uso, d'u- 
na piastra.  Parimenti  pagheranno  per 
lutto  il  bestiame  ch'essi  avranno  qui  nel 
paese,  eccelluati  i  bovi  di  commercio, 
cioè  vacche,  cavalli,  giumenti,  laConitza 
a  4o  aspri  per  uno,  secondo  l'uso;  ma  per 
li  poledri  e  vitelli,  che  non  siano  mole- 
slati.  Come  anche  intorno  al  bestiame 
che  con)prano  alle  fiere,  volendo  essi  do- 
po due  mesi  di  tempo  esportare  quesli  e 
farli  passar  i  confini,  in  questo  spazio  di 
due  mesi  che  li  terranno  qui  al  pascolo, 
che  non  siano  incomodali  per  la  Conilza, 
ma  tenendoli  più,  che  paghino.  Pe'ca val- 
li che  sortono  dalle  loro  stesse  e  proprie 
razze,  allorché  li  faranno  passare  nella  Po- 
lonia, non  sarà  da  loro  esatta  la  dogana; 
ma  per  altri  cavalli,  bestiami  e  ogni  al- 
tra cosa  che  compreranno  di  questo  pae- 
se, e  la  faranno  esportare  da'confini,  co- 
me anche  per  qualsiasi  altri  capi,  che  con- 
ti urranno  e  meneranno  da  altre  parti  in 
queste,  dovranno  pagare  la  dogana  se- 
condo gli  articoli  sigillali  della  nostra  can- 
celleria, che  in  quest'anno  sono  siali  rego- 
lali e  fatti,  ne'quali  si  dimostra  per  tutti 
i  sudditi  austriaci  come  deve  pagarsi  la 
dogana,  cioè  il  3  per  100  secondo  l'ordi- 
ne. Se  avranno  e  tenauuu  api  e  atuiali 


i56  VAL 

qui  il)  Mok1rtvia,pngheiannoIaDesjellnn 
a  IO  denari  vecchi  per  tanti  quanti  ne 
avranno.  Li  loro  cavalli  non  oserà  nessu- 
no prenderli  per  T  olac  ossia  posta  ,  ne 
quelli  dalle  loro  abitazioni,  né  dalle  loro 
razze ,  né  dalla  strada.  Ed  intorno  alle 
dispute  e  liligi  die  alcuno  di  questi  iiier- 
canti,  o  i  loro  uomini  avessero  con  qual- 
che nostro  suddito  paesano,  non  conten- 
tandosi castialmente  della  giustizia  degli 
spravnìci  ,  possa  ap[)ellarsi  al  nostro  di- 
vano,  ed  in  tal  occasione  li  litiganti  de- 
vono essere  mandali  dagli  spravnìci  a- 
vanti  di  noi  per  fare  la  totale  delìnizio- 
ne.  Accadendo  poi  che  alcuno  di  questi 
nominati  sudditi  commettesse  qualche 
delitto,  gli  spravnìci  non  abbiano  la  fa- 
coltà sopia  costoro  di  cnrcerarli  o  altri- 
menti castigarli,  ma  di  mandorli  subito 
qua,  denunciando  il  fatto  del  loro  delit- 
to, per  potere  procedere  a  tenore  degli 
antichi  trattali,  che  sono  eseguiti  in  Co- 
stantinopoli, e  si  osservano  anche  qui  per 
Jestesse  ragioni.  Ricerchiamo  dunque  con 
an)ore  anco  da  altri  principi^  nostri  fra- 
telli e  successori  che  Dio  sostituirà  dopo 
di  noi  in  questo  principato,  di  non  alte- 
rare questa  grazia  e  privilegio,  ma  ben- 
sì confermarla  per  loro  proprio  onore  e 
eterna  memoria.  Dato  questo  diploma 
nella  residenza  nostra  di  Jassy,  del  i  .**  no- 
stro principato  di  Moldavia  l'anno  2.*' 
1784  II  9  marzo.  Noi  Alessandro  Vaivo- 
da.  Janacki  Canlakuzeno  gran  vestiar. 
L.  S.  "  Precedeuten)ente  a  qtiesto  diplo- 
ma, fu  emanalo  per  contando  del  sulta- 
no Abdul-Hameil  l'ordine  che  segue,  di- 
retto al  principe  di  Valacchia. »»Airiucli- 
to  Ira'principi  della  nazione  del  Messia, 
il  vaivoda  di  Valacchia  Mikal  vaivoda,li 
cui  eslreuìi  siano  felici.  Pervenuto  che  vi 
sarà  il  presente  mio  supremo  eiuìperial 
comandan)enlo  saprete  qualmente  ilpiìi 
cospicuo  signore  fra'  grandi  delia  nazio- 
ne cristiana  il  signor  l)arone  Herbert 
Kathkeal  internunzio  cesareo  residente 
presso  la  n)ia  sublime  Porta,  il  di  cui 
termine  aia  felice,  ha  preseuluto  alla  tue- 


VAL 

desima  una  sua  memoria  nel  contenuto 
della  cui  traduzione  espone,  che  per  pro- 
curare l'assistenza  e  protezione  de'mer- 
canti  sudditi  di  S.  M.  V  imperatore  de* 
romani,  che  a  cagion  del  commercio  con- 
tinuamente vanno  e  vengono  per  le  prò- 
vincie  della  Valacchia  e  Moldavia,  e  per 
le  vie  del  Danubio,  fu  da  canto  della  suc- 
cennata  sua  I.  M.  l'anno  passato  manda- 
to in  que'contorni  V  illustre  tra'primati 
della  nazione  del  Messia  Piaicewich  at- 
tuai segretario  della  corte  imperiale,  la 
di  cui  sngacltà  sia  aumentata.  £  siccome 
il  commercio  va  vieppiù  sempre  crescen- 
do ed  aumentandosi,  così  per  il  buon  or- 
dine degl'interessi  del  commercio,  per  la 
sicurezza  de'mercanti  tedeschi  che  vanno 
e  vengono,  e  che  quivi  si  ritrovano;  co- 
me per  accudire  ed  attendere  a'Ioro  af- 
fari  e  negozi,  è  stato  egli  dall' accennata 
imperiai  corte  destinato  per  suo  agente; 
e  che  quantunque  V  assistenza  e  buoa 
trattamento  usato  finora  da'  vaivoda  di 
Volacchia  e  di  Moldavia,  verso  la  perso- 
na del  succennato  segretario,  dia  motivo 
di  esserne  soddisfatti,  ciò  non  ostante  per- 
chè non  si  abbia  ad  usare  verun  man- 
camento nella  protezione  ed  osservanza, 
che  secondo  il  costume  esige  il  suo  ca- 
rattere, la  suddetta  corte  imperiale  richie- 
de amichevolmente,  che  sia  ordinato  tan- 
to a  voi  che  siete  il  sopraccennato  vaivo- 
da ,  quanto  al  vaivoda  di  Moldavia  ,  ac- 
ciocché tutti  (jue' trattamenti,  immunità 
e  privilegi,  concessioni  ed  usanze  stipula- 
te dell'imperiali  capitolazioni  verso  i  con- 
soli ed  agenti  della  riferita  imperiai  cor- 
te, abbiano  ad  essere  osservate  anche  ver- 
so il  sopraccennato;  facendo  il  summen- 
tovato  ministro  sapere,  che  questa  requi- 
sizione tende  unicamente  a  confermare 
e  vieppiìi  rassodare  il  commercio  e  l'a- 
micizia, che  sussiste  fra  lì  rispettivi  sud- 
diti, ed  il  vantaggio  d'ambedue  le  corti; 
ed  a  tal  oggetto  ha  richiesto  l'emanazio- 
ne separatamente  di  due  miei  nobili  co- 
mandamenti diretti  l'uno  a  voi,  e  l'altro 
al  sopraccitato  vaivoda  di  Moldavia. Laou- 


l 


VAL 

eie  essendoci!  dovere  il  compiacere  la  cor- 
te di  Germanio,  eh'  è  una  corte  inagnifi- 
centissìma,  antica  e  sincera  amica,  e  vi- 
cina colla  fulgida  mia  Porla,  e  che  la  per* 
fetta  sincerità  e  candore  che  Iia  per  la 
medesima  è  evidente;  come  pure  è  di 
massima  importanza  l'appianare  ossia  fa- 
cilitare, secondo  esigono  l'imperiali  capi- 
tolazioni, i  di  lei  interessi;  ed  essendo  al- 
tresì chiaro  ed  evidente,  esser  di  mia  im- 
periai brama  e  intenzione,  che  deferendo, 
giusta  il  tenore  dell'imperiali  capitolazio- 
ni, a'  di  lei  desideri!  e  richieste,  venga 
dato  corso  al  loro  commercio,  ch'è  il  frut- 
to dell'alma  pace,  e  che  i  di  lei  sudditi  e 
mercanti  che  vanno  e  vengono,  sieno  se- 
condo il  tenore  dell'imperiali  capitolazio- 
ni protetti  e  assistiti;  e  rilevandosi  ancora 
dal  contenuto  della  sopraddetta  memo- 
ria del  succennato  ministro,  che  il  buon 
ordine  del  loro  conimercio  dipenderà  dal 
buon  trattamento  e  riguardo  che  si  use- 
rà al  sopraddetto  segretario.  Così  voi  che 
siete  il  sopraddetto  vaivoxla,  essendo  di 
mio  imperiai  ordine,  che  abbiate  ogni  cu- 
ra e  usiate  ogni  diligenza  per  tutto  quel- 
lo che  secondo  il  tenore  dell'imperiali  ca- 
pitolazioni riguarda  il  buon  tiattamento, 
la  stima  e  osservanza  della  dignità  e  ca- 
rattere del  succennato  agente,  non  occor- 
rendo dichiarare  e  spiegarvi  ulteriormen- 
te a  che  segno  sia  d'impegno,  intenzione 
e  volontà  mia  imperiale  ,  il  compiacere 
la  sopraccennata  cesarea  corte,  e  il  dare 
esecuzione  alle  condizioni  stipulate  fra  le 
due  corti  nell'imperiali  capitolazioni, im- 
piegherete con  tutta  la  premura  ogni  vo- 
stro studio  ,  e  la  più  grande  attenzione 
nell'onorare  e  stimare  la  dignità  del  so- 
praccennato agente,  che  ha  l'ordine  d'ac- 
cudire à'negozi  e  interessi  de'mercanti  im- 
periali, come  pure  nel  prestargli  in  virtù 
dell'imperiali  capitolazioni  tutta  l'assi- 
stenza e  protezione.  Al  qua!  eflielto  fu  e- 
roanatoil  presente  mio  supremo  coman- 
da mento,col  quale  voglio  e  comando,per- 
venuto  che  vi  sarà,  d'uniformar  l'opera- 
zioni vostre,  giusta  il  tenore  di  questo  mio 


VAL  1^7 

imperiale  mandato,  al  quale  è  dovuta  o- 
gni  sommissione,  rispetto  e  ubbidienza, 
astenendovi  onninamente  da  qualunque 
azione  contraria  al  medesimo,  e  temendo 
di  contravvenirvi.  Così  saprete  operare, e 
preslarete  piena  fede  alla  mia  nobile  ci- 
fra imperiale.  Dato  dalla  custodita  resi- 
denza di  Costantinopoli  verso  la  metà 
della  luna  Zilcadeade  l'anno  i  197,  che 
corrisponde  a' 16  ottobre  1783  ".  Final- 
mente nel  I  784  il  sultano  Abdul  Hamed 
pubblicò  il  seguente  Sened,  contenente  le 
prerogative  in  favore  del  commercio  de* 
sudditi  imperiali  e  reali  negli  slati  dell'im- 
pero ottomano.  »  In  Nome  dell'Ente  Su- 
premo. La  ragione  per  la  quale  il  presen- 
te islrumenlo  è  stalo  spedito  si  è,  che  il 
signor  iuternunzio  dell'imperatore  nostro 
amicOjin  una  memoria  presentata  per  par- 
te della  sua  corte,  ed  appoggiandosi  so- 
pra le  clausole  dell'articolo  2.°  del  trat- 
tato di  Belgrado,  ha  domandato  dilferen- 
ti  disposizioni  e  stabilimenti  a  favore  de* 
mercanti  sudditi  dell'imperatore ne'paesi 
del  dominio  ottomano.  La  sublime  Por- 
ta avendo  esaminato  il  contenuto  di  que- 
sta memoria,  ha  trovato  che  il  detto  ar- 
ticolo serve  di  base  alle  proposizioni  del- 
la corte  in)periale  intorno  a  questo  sog- 
getto; in  conseguenza  di  che,  e  sopra  \e 
positive  asservanze  date  nella  suddetta 
memoria,  che  li  bastimenti  ,  mercanti  e 
sudditi  delia  sublime  Porta  che  auderan- 
no  e  verranno  esercitando  il  commercio 
per  terra  e  per  mare,  e  pe'fìumi  io  tulli 
gli  stali  dell'imperatore,  goderanno  co- 
stantemente dell'inimuni  là  e  privilegi  che 
godono  relativamente  al  commercio  le  na- 
zioni più  favorite,  ed  anche  al  di  là.  La 
sublime  Porta  eseguendo  sempre  colla 
massima  sincerità  le  obbligazioni  contrat- 
te in  virtù  de'traltali,  ed  essendo  costu- 
mata a  provvedere  alleolameotea'mez- 
zi  più  propri  per  dare  alla  corte  imperia- 
le sua  antica  amica  e  vicina  prove  non 
equivoche  della  sincerità  de' suoi  senti- 
menti e  delia  sua  perfetta  amicizia,  hfi 
risoluto  d'impeguarsi  e  prendere  sopra  di 


i58  VAL 

se  nella  sopracldella  maniera  col  presen- 
te Sened,  dì  osservare  religiosamenle  i 
seguenti  punti  e  miicoli,  i  cpinli  serviran- 
no d' ora  in  avanti  di  regola  invariabile 
al  trattamento  da  farsi  alla  nazione  tede* 
sca,  ed  avranno  la  stessa  forza  che  il  Irat- 
talodi  Belgrado.  Àrt.i.  Il  trattatodi  coni* 
mercio  segnato  presso  di  Passa rowit?.  l'an- 
noi 1  32  dell'Egira,  ed  adottato  per  base 
del  detto  articolo  2.°  del  trattalo  di  Bel- 
grado, sarà,  com'è  di  dovere,  mantenu- 
to e  osservato  in  tutto  e  per  lutto  negli 
slati  dell'  impero  ottomano  a  favore  de' 
sudditi  e  mercanti  dell'  imperatore,  e  la 
sublime  Porta  non  permetterà  e  non  au- 
torizzerà la  menoma  trasgressione  su  di 
questo;  e  per  fjuello  che  riguarda  il  com- 
nìercio  per  mare  e  pe' fiumi,  si  procederà 
in  conformità  di  quello  che  sarà  regolato 
nell'articolo  6°  del  piesenfe  Sened.  Ari. 
2.  In  quanto  a'  diritti  della  dogana  che 
dovranno  pagarci  sudditi  e  mercanti  im- 
periali, la  sublime  Porta  riconosce  qui  di 
nuovo  leanlicheconvenzionijCioècbenon 
pagheranno  più  del  3  per  100  di  dogana 
ima  volta  solamente,  sia  nel  luogo  del- 
l'introduzione, o  in  quello  della  destina- 
zione di  tulle  le  merci  che  compreranno 
per  esportarle,  e  che  non  saranno  della 
natura  delle  proibite,  dimodoché  il  com- 
mercio de' mercanti  tedeschi  specificalo 
qui  sopra  tanto  d'  introduzione  che  d'e- 
strazione, sarà  libero  da  ogni  altra  e  qua- 
lunque imposizione  ,  e  specialmente  di 
quelle  chiamate  Mastarie,  Cassabie,  Bi- 
daat,  Resmi-hudamie,  Refi,  Badch-Jas- 
saculi  ec.  Abbenchè  le  disposizioni  rela- 
tive a  ciò  siano  chiaramente  ed  evidenle- 
menle  spiegale  nel  suddetto  Irallato  di 
commercio  di  Passarowitz,  aveiìdo  per 
altro  dichiarato  l'internunzio,  che  col  de- 
corso del  tempo  si  sono  introdotti,  a  ri- 
guardo di  questo  stabilimento,  dillerenti 
abusi  contrari  alla  regola  fìssala  nelle  pro- 
"vincieoltomane,e  principalmente  in  quel- 
ledella  Valacchia  e  Rlohlavia,  la  sublime 
Porta  le  conferma  qui  formalmente  per 
essere  osservate  d'ora  in  avanti  intcramen- 


VAL 

te  in  lutti  gli  stati  dell'impero  ottomano. 
Art.  3.  I   sudditi  e  negozianti   imperiali 
goderanno  anche  tanto  all'introduzione  e 
all'estrazione  di  tutte  le  merci  non  proi- 
bite, che  nel  vendere  e  comprare,  d'una 
hbertà  piena  ed  intera  ,  e  non  sarà  per- 
messo in  verun  modo  alle  corporazioni, 
compagnie  e  monopolisti,  o  a  chi  si  vo- 
glia, di  porvi  il  menomo  ostacolo  aperta- 
mente o  clandestinamente,  né  tnolestare 
o  punire  i  sudditi  della  sublime  Porta  a 
causa  di  queste  vendite  o  compre,  né  inco- 
modare o  vessare  chi  che  sia  de'mercanli 
o  sudditi  ottomani,  sotto  pretesto  o  pei* 
causa  che  ha  comprato  qualche  elTello  o 
mercanziede'negozianli  tedeschi. Per  que- 
sta ragione  l'esecuzione  del  presente  Se- 
ned  sarà  ordinala  a'capi  e  magistrati  del- 
le Provincie,  del  mare  e  delle  coste  ,  ed 
agli  ufijziali  delle  dogane  con  firmani  mol- 
lo positivi  ed  energici  ,  contenenti  le  re- 
gole sopra  il  modo  con  cui  dovranno  con- 
dursi verso  i  sudditi  imperiali  che  van- 
no e  vengono,  o  dimorano  in  tutti  gli  sta- 
ti dell'impero  ottomano.  Nel  tempo  stes- 
so saranno  date  copie  di  questi   firmani 
alla  corte  imperiale,  afìlnchè  i  suoi  mi- 
nistri, consoli  e  agenti,  come  pure  i  co- 
mandanti de'  confini  possano  esserne  in- 
formali per  dirigersi  in  conformità.  Art. 
4.  Per  prevenire  ogni  dubbio  e  sospetto 
che  potrebbe  nascere  a'comandanli,  ma- 
gistrali e  inipiegali  delle  provinole  otto- 
mane, soprintendenti  al  commercio  per 
mare  e  pe'fiumi,  la  sublime  Porta  dichia- 
ra, che  in  virtù  de'lratlali  é  permesso  a* 
sudditi  e  mercanti  imperiali  muniti  de' 
loro  passaporti  d'andare  e  venire  libera- 
mente per  mare  e  pe'fiumi  dovunque  sa- 
rà loro  di  convenienza,  approdare  e  sca- 
ricare le  loro  merci,  e  caricare  quelle  che 
sono  proibite,  pagando  i  diritti  che  devo- 
no. Art.  5.  La  sublime  Porta  riconosce, 
che  la  corte  imperiale  ha  diritto  in  virtù 
del  trattato  di  Belgrado  ,  e  di  quello  di 
commercio  di  Passarowitz,  come  anche 
in  conformità  della  sincera  e  perfetta  a- 
micizia  che  sussiste  tra  le  due  corti ,  di 


VAL 

reclamare  pe'j3ropri  sutltlili  e  mercanti  i 
favori,  privilegi  e  vantaggi  nel  commer- 
cio senza  veruna  eccezione,  che  godono 
e  goderanno  in  avvenire  ,  lelativamenle 
al  commercio  ,  le  alUe  nazioni  franche, 
speciain)enle  i  francesi,  gì' inglesi,  gli  o- 
ianclesi ,  i  russi,  ed  altre  nazioni  le  più 
favorite.  Ali.  6.  1  sudditi  e  mercanti 
imperiali  potranno  liberamenle,  e  senza 
che  l'eccezione  inserita  nel  detto  trattalo 
di  commeicio  di  Passarowilz  possa  esse- 
re di  verun  impedimento, passare  percati- 
sa  del  commercio  da'iìumi  al  mare  e  vi- 
ceversa, con  navi,  bandiere  ed  equipag- 
gi tedesthi,  e  non  saranno  obbligali  ad  al- 
tra cosa  senoncliè  a  pagare,  come  si  è  det- 
to qui  sopra,  una  sola  volta  i  diritti  di 
dogana  per  le  mei  ci  introdotte  ed  estrat- 
te. Art.  7.  li  transito  per  le  coste,  canali 
e  stretti  della  dominazione  ottomana  ,  e 
nominatamente  pel  canale  del  mar  JN'éro, 
sarà  libero  per  tutti  i  sudditi  e  meicanli 
imperiali  che  verranno  jier  niare  e  pe' 
fiumi  con  bandiera  imperiale  dalle  pro- 
vincie  tedesche,  e  saranno  esenti  da  ogni 
e  qualunque  diritto,  e  non  saranno  ves- 
sati, molestati  e  forzati  a  scaricare  le  lo- 
ro merci;  ben  in  leso  che  le  merci,  le  qua- 
li saranno  scaricate,  cammin  fticendo  di 
loro  propria  volontà  per  venderle,  siano 
franche  da  ogni  altra  in) posizione,  fuor- 
ché da'dirilli  ordinari  di  dogana  ,  e  che 
i  suddetti  bastimenti  mercantili  non  sia- 
no più  grandi  che  quelli  permessi  a'russi. 
]  suddetti  sudditi  e  mercanti  imperiali 
saranno  anche  assistiti  e  soccorsi  amiche- 
volmente nel  corso  del  loro  soggiorno  nel- 
le provincia  ottomane  ,  come  apparte- 
nenti alla  corte  la  più  amica  di  quest'im- 
pero. Dovendosi  considerare  che  i  basti- 
menti mercantili  che  navigatìo  sopì  a  i  fiu- 
mi,  non  sono  punto  propri  alla  naviga- 
zione marittima,  sarà  loro  libero,  che  ar- 
rivando i  bastimenti  ne'  luoghi  vicini  al 
mare,  le  merci  che  avranno  a  bordo  sia- 
no trasportale  sopra  altri  bastimenti  ,  i 
quali  frequentano  il  mare  Nero  ,  ed  in 
qnesto  caso  non  si  dotiiaoderà  verun  di- 


VAL  1% 

ritto.  Art.  8.  Nascendo  delle  difficoltà  nel- 
l'esecuzione di  qualche  punto  del  presen- 
te Sened,  e  specialmente  intorno  le  mer- 
ci proibite  così  nel  trattato  di  l^assero- 
witz,  che  in  quello  di  commercio  di  Bel- 
grado, la  sublime  Porta  condiscenderà  a 
spianarle  di  comun  consenso,  e  di  manie 
ra  amichevole  e  giusta.  Per  altro,  se  non 
si  potrà  terminare  in  tal  modo,  Ella  con- 
sente ,  che  questo  punto  di  dilìlcollà  sia 
spianato,regolalo  e  deciso  amichevolmen- 
te a  tenore  delle  disposizioni  falle  nel 
trattalo  di  commercio  concluso  con  l'im- 
pero della  Russia,  l'anno  passato  ,  e  di 
modo  convenienteal commercio  tedesco. 
Dato  in  Costantinopoli  li  2  della  lunaRa- 
biul-ahir  dell'anno  dell'Egira  1 1 98,  cioè 
li  24  febbraio  1784.  Colui  che  implora 
il  soccorso  dell'Ente  supremo  ff  amid  fi- 
glio di  Halil  gran  visir,  ed  a  canto  il  suo 
sigillo  grande  ". 

il  sultano  Selim  IH,  d'  elevali  spiriti, 
mal  solfrendo  che  la  Crimea  si  riteneva 
dalla  Pi.ussia,si  propose  ricuperarla.  Rup- 
pe quindi  guerra  a'russi  collegati  cogli 
austriaci,  contro  i  consigli  di  Francia,  de- 
ferendo a  quelli  d'Inghilterra,  Prussia  e 
Svezia,  per  a  vere  il  vaivoda  di  Valacchia 
Suzzo,  con  falsi  rapporti, riscaldato  la  te- 
sta del  furioso  gran  visir.  Il  suo  protet- 
tore Hassan,  valoroso  capitan  pascià,  ve- 
nendo presso  Focziani  in  Moldavia  as- 
salilo dall'armata  combinala  de'russi  e 
austriaci,  comandati  da  Suwarow  e  dal 
principe  di  Coburgo,  restò  del  tutto  scon- 
fino a'21  luglio  1789.  11  gran  visir  vo- 
lendo ristabilir  l'onore  dell'armi  ottoma- 
ne, marciò  contro  gli  austriaci;  ma  i  russi 
avendolo  raggiunto  presso  Martinistia 
sul  Rimnick  nel  momento  che  principia- 
va il  conflitto,  i  turchi  rimasero  sangui- 
nosamente vinti.  Tosto  il  principe  diCo- 
burgo  entrò  in  Valacchia  e  s'impadronì 
di  Bucharest,  mentre  Laudon  in  breve 
sottomise  la  Servia.  In  |3olere  quindi  de' 
russi  caddero  Render,  Akermann,  la  pro- 
vincia d'Oczakow,  la  Moldavia,  la  Bes- 
sarabia  ec.  ;  ridussero  in  cenere  Galatz, 


i6o  VAL 

e  sul  Danubio minaccinrono  in  piìncìpale 
foilezzn  d'Ismail.  Nel  i  7C)oclivemilo  im- 
peraloie Leopoldo  11  si  pacificò  poi  colla 
l*oiia,  ma  la  Ri^ssia  continuò  la  guerra, 
finché  fece altiellanlo nell'agosto;  le  cose 
riuìaseio  com'erano  innanzi  la  guerra. 
TuHavolta  l'Austria  nell'accordo  di  Si- 
stow  ebbe  una  fortezza  vantaggiosa  sul- 
rUnn,  e  la  vecchia  Orsowa  dalla  parie 
di  Valacchia;  e  la  Russia  oltre  la  Crimea 
conser\ò  Oczakow,  e  il  territorio  fra  il 
Bog  e  il  Dniester,  ove  subito  costruì  O- 
dessa,  in  conseguenza  del  trattato  di  Jassy 
de'9  gcnnaioi792.  Inoltre  Selim  II!  ac- 
consentì a  lasciar  nel  principato  i  vai- 
vodi  di  Valacchia  e  Moldavia  per  7  anni, 
e  di  non  dimetterli  in  tal  tempo  senza 
l'adesione  de'  russi.  Neh  794  •'  famoso 
ribdle  Passwan  Ogiou  minacciò  la  Ser- 
bia e  la  Valacchia,  e  obbligò  la  Porta  a 
riconoscerlo  quasi  indipendente  nell'oc- 
cupate Orsowa  e  Tirlowa.Nel  1  806  con- 
tro le  minacce  russe  e  inglesi,  Selim  Ili 
accolse  in  Costantinopoli  l'ambasciatore 
di  Napoleone  I  imperatore  de'francesi,  e 
depose  gli  ospodari  di  Valacchia  e  Mol- 
davia ,  come  ligii  della  Russia,  in  onta 
del  trattato  di  Jassy.  Avendo  questa  po- 
tenza invaso  la  Valacchia  e  la  Moldavia, 
col  pretesto  di  sostenere  i  diritti  degli  o- 
spodari,  a  istanza  de'  francesi  i  turchi 
chiusero  il  Bosforo  a'russi  e  inglesi  colle- 
gali. Mentre  l'impero  ottomano  minac- 
ciava dissolversi,  nel  1807  Selim  III  fu 
deposto  e  gli  successe  il  cugino  Muslafà 
IV,  figlio  d'Abdul-Hamed,  e  il  gran  vi- 
sir  che  comandava  l'esercito  di  Valac- 
chia contro  i  russi,  venne  trucidato  da'se- 
diziosi. Il  nuovo  sultano  rinnovò  la  dichia- 
razione di  guerra  alla  Russia,  e  Napoleo- 
ne I  si  decise  sostenere  la  Turchia.  Però 
in  conseguenza  della  pace  di  Tilsit  fra 
Napoleone  I  e  Alessandro  I  imperatore 
delle  Russie,  de'7  luglio  1807,  cessatele 
ostilità  mediante  la  tregua,  i  russi  pro- 
misero lo  sgombero  de'priucipati  di  Va- 
lacchia  e  Moldavia.  Ma  con  articolo  se- 
greto, Napoleone  1  si  contentò,  che  A- 


V  A  L 

lessa ndro  I  li  riunisse  poscia  ai  suo  im- 
pero. Indi  col  pretesto  d'alciuie  correrie 
de'turchi,  i  russi  continuarono  a  occu- 
pare i  principati  Danubiani.  Nel  luglio 
I  808  rilegato  in  prigione  il  sultano  Mn- 
slafà  IV,  gli  fu  sostituito  Mahmud  li, 
portando  sul  trono  l'idee  di  riforma  del- 
l'illuminato Selim  HI.  Intanto  Napoleo- 
ne I  nell'autunno  rinnovò  ad  Alessan- 
dro I  la  promessa, che  non  si  sarebbe  op- 
posto all'unione  della  Valacchia  e  della 
Moldavia  all'impero  russo.  Nel  18 09  A- 
lessandro  I  prorogò  colla  Porta  l'armi- 
stizio, e  trattò  in  Jassy  nelle  conferenze 
per  la  pace,  la  cessione de'due  principati. 
Non  essendosi  conclusa,  i  russi  ricomin- 
ciata la  guerra  s' impadronirono  total- 
mente delle  due  provincie.  Progreden- 
do ne'  conquisti,  Mahmud  II  fu  costret- 
to a  domandar  la  pace.  Questa  sareb- 
be riuscita  meno  pregiudizievole,  sen- 
za la  guerra  che  immediatamente  seguì 
tra  la  Russia  e  la  Francia.  In  fatti  nel- 
la pace  segnata  a  Bucliarest  a' 28  mag- 
gio 18 12,  Alessandro  I  solo  potè  esten- 
dere i  suoi  confini  fino  al  Prulh,  con  che 
unì  al  suo  immenso  impero  la  Bessara- 
bia,  ed  un  3."  della  Moldavia,  regioni  in- 
teressanti, ma  non  proporzionate  a'van- 
taggi  riportati  da'  russi.  In  tal  modo  la 
Turchia  perdette  una  superficie  di  85o 
miglia  quadrate  e  le  fortezze  di  Choczim, 
AkermaUjBender,  Ismail  e  Rilia,  che  re- 
starono in  potere  della  Russia;  oltreBraila 
sulla  sponda  sinistra  del  Danubio  con  cir- 
ca 25,000  abitanti  con  porto  franco,  con- 
siderata la  prìncipal  piazza  di  commer- 
cio della  Valacchia,  e  Giurgevo  pure  su 
tal  sponda  assai  commerciante  e  di  cui 
furono  abbattute  le  fortificazioni.  La  pos- 
sessione della  Bessarabia  produsse  a'russi 
diversi  vantaggi  nelle  future  questioni 
che  potevano  rumovarsi  co'turchi.  Nulla 
loro  impedendo  di  penetrar  direttamen- 
te nella  provincia  di  ^ilistria  ;  dall'altra 
passando  il  Pruth  potevano  prendere  a 
tergo  la  Moldavia, essendo  Jassydistaiite 
solo  4  leghe;  di  più  la  loro  situazione  lua- 


VAL 
go  il  Pi'uth  permise  ad  essi  di  passare  que- 
sto fiume,  presso  la  sua  imboccaliira  nel 
Danubio,  verso  Galatz ,  meltendoli  così 
a  pie  pari  nella  Valacchia.  Neh  8 14  es- 
sendosi formata  la  società  segreta  degli 
eteri  sti,  il  cui  scopo  era  di  liberar  la  Gre- 
eia  dal  giogo  ottomano,  neliS^i  si  sol- 
levarono i  greci  contro  i  turchi.  Dopo  al- 
cuni brevi  e  infelici  movimenti  suscitati 
da'greci  stabiliti  nella  Valacchia  e  Mol- 
davia, la  rivoluzione  scoppiò  nel  Pelo- 
ponneso e  quindi  comunicossi  alla  Gre- 
cia e  vicine  regioni.  Nella  Valacchia  pu- 
re la  tanto  diramata  congiura  greca  si 
manifestò  sotto  la  direzione  d'  Alessan- 
dro Ypsilanti.  Il  paese  cadde  nella  più 
orribilesituazione,  quando  morì  improv- 
visamente Alessandro  Souzzo,  e  Teodo- 
ro VViadìmiresko  alzò  lo  stendardo  della 
ribellione,  intorno  al  quale  si  adunaro- 
no migliaia  d'uomini.  D'altra  parte  so- 
praggiunseAlessandro  Ypsilanti  colle  così 
dette  legioni.  Que'due  capi  non  potero- 
no andar  d'accordo,  e  allorquando  Wla- 
dimiresko  fece  motto  di  volersi  sogget- 
tare a'iurchi, venne  ucciso  da'propri  com- 
pagni. Le  legioni  però  vennero  annien- 
te  presso  Galatz,  e  il  solo  Ypsilanti  potè 
sfuggire  all'ira  turca,  ricoverandosi  in 
Transilvania.  Fu  allora  che  gl'inaspriti 
turchi  saccheggiarono  ,  devastarono  e 
bruciarono  l'infelice  paese;  impalarono 
e  decapitarono  gli  abitanti  sospetti ,  e 
commisero  le  più  orribili  crudeltà.  Alla 
fine  s'interpose  la  Piussia,  e  nel  luglio 
1822  il  sultano  si  vide  costretto  di  no- 
minare due  ospodari  scelti  tra'naziouali 
de'principati,  cessando  così  i'  oppressiva 
dominazione  de'  principi  fanarioli.  La 
scella  dell'ospodaro  di  Valacchia  cadde 
su  Gregorio  Ghika.  Nella  Moldavia  tut- 
ti i  greci  vennero  allontanati  da*  pub- 
blichi impieghi ,  fu  eletto  ospodaro  il 
boiaro  Giovanni  Slourdza,  al  quale  nel 
1834  successe  Michele  Slourdza.  L'im- 
peratore Alessandro  I  disapprovò  la  ri- 
bellione de'  greci,  ma  fece  forti  rimo- 
iilianze  alla  Porla  sugli  eccessivi  di  lei 

VOI.  LXXXVU. 


VAL  161 

rigori,  contrari  all'umanità  ed  a*  trat- 
tati. Sì  querelò  pure  che  contro  i  trat- 
tati  si  fossero  mandate  truppe  a  stanzia- 
re ne'  principati  moldo-valacchi.  Perciò 
nacquero  tra  le  due  potenze  calde  que- 
stioni, non  senza  minacce  di  guerra.  Col 
riferito  trattato  di  Kainargi  del  1774  si 
die  alla  Russia  il  diritto  d'intercedere  in 
favore  de'reclami  che  potesse  muovere 
la  popolazione  di  Valacchia  e  Moldavia; 
ma  nel  1826  col  trattato  d'Akermann  , 
tra  Nicolò  I  e  Mahmud  II ,  quella  con- 
cessione fu  trasformata  in  diritto  di  rap- 
presentanza. Nel  1827  avendo  inutil- 
mente Russia,  Francia  e  Inghilterra  in- 
timato a'  greci  e  turchi  di  desistere  dal- 
l'ostilità, nel  porto  di  Navarino  distrus- 
sero la  poderosa  flotta  turco-egizia,  il  che 
confermò  la  greca  indipendenza. Nel  1828 
Nicolò  I  imperatore  diRussia  ruppe  guer- 
ra al  sultano,  sì  per  la  questione  greca  e 
sì  per  quelle  sull'esecuzione  del  trattato 
di  Bucharest  del  18 12,  impadronendosi 
di  molte  piazze  ,  ed  occupando  militar- 
mente la  Valacchia  e  la  Moldavia  :  il 
principe  Ghika  si  ritirò  dagli  affari  e  visse 
da  semplice  privato.  Inoltre  la  Russia  nel 
1829  con  Francia  e  Inghilterra  deter- 
minò i  confini  della  Grecia  libera,  quin* 
di  per  le  vittorie  del  suo  generale  Die* 
bitsch,  prese  Adrianopoli,  antica  metro- 
poli di  Tracia  e  dell'impero  ottomano, 
minacciando  seriamente  Costantinopoli, 
dopo  aver  superato  i  Balkan,  famosa  ca- 
tena di  montagne.  Fu  allora  che  le  altre 
grandi  potenze,  per  conservare  l'impero 
ottomano  all'equilibrio  politico  europeo, 
indussero  Mahmud  II  alla  pace  a' 1 4  set- 
tembre in  Adrianopoli.  Fra  le  altre  cose 
il  sultano  fu  costretto  cedere  alla  Russia 
le  fortezze  sulla  riva  sinistra  del  Danu- 
bio, ammettere  il  protettorato  della  Va- 
lacchia e  di  Moldavia,  e  di  promettere  a 
tali  principati  un  governo  costituzionale 
o  nazionale  e  indipendente,  libero  eser- 
cizio di  religione,  intera  libertà  commer- 
ciale, e  che  il  diritto  della  designazione 
e  uoiuiaa  de'due  ospodurì  a  vita  dovesse 


i62  VAL 

spellare  alia  Russia  e  alla  Porta.  Così  la 
Kussìa  ottenne  il  diritto  formale  eli  gua- 
rentigia verso  i  diritti  e  privilegi  della 
nazione  moldo-valacca,  regolando  i  rap- 
porti de'  due  principali  sulle  basi  delle 
condizioni  di  pace  stipuiatein  Akern)ann, 
con)plelamente emancipando  i  principa- 
ti. Indi  vi  venne  introdotta  una  costitu- 
zione sotto  la  direzione  del  general  Kis* 
seleffjche  venne  riconosciuta  da'gabinelti 
turco  e  russo  cpiale  legge  fondamentale 
de'principali.  Questi  da'russi  furono  te- 
nuti occupati  per  parecchi  anni  e  sino  al 
1834, finché  la  Porta  ebbe  totalmente  pa- 
gata la  contribuzione  di  guerra,  cb'erale 
slata  imposta,oItre  la  cessione  di  vari  luo- 
ghi.In  sostanza  laRussia  restituì  poi  la  Va- 
lacchia e  la  Moldavia,  ma  lasovranitàsu 
di  esse  e  sulla  Servia  del  sultano  fu  li> 
cnitata  alla  nomina  degli  ospodari,i  quali 
doveauo  pagargli  un  discreto  tiibuto,  e 
la  Russia   vi  aggiunse  la  guarentigia  o 
prolettorato  per  la  prosperità  delle  pro- 
"vincie.  Il  Pruth  fu  determinalo  come  il 
confine  nord-est  tra  la  Russia  e  la  Tur- 
chia. Nel  i83o   Russia,  Francia  e  In- 
ghilterra riconobbero  lo  stato  e  regno 
indipendente  di  Grecia.  Quindi  la  na- 
zione greca  fece  giganteschi  progressi  sot- 
to r  attuale  suo  reale  governo:  basti  il 
dire  che  la  popolazione  è  cresciuta  quasi 
del  doppio,  giacché  essa  si  componeva 
28  anni  fa  di  6 1 2,608  anime,  mentre  ne 
conta  presentemente  1,200,000  (gli  al- 
tri immensi  vantaggi  si  ponno  leggere  a 
p.  1 34  del  Giornale  di  Ho  ni  a  del  1 858). 
Kel  i833  Jbrahim  pascià,  figlio  di  Me- 
hemel-Ari  viceré  d'Egitto,  ostilmente 
si  aiivicinò  a  Costantinopoli,  onde  Mah* 
mud  II  dovè  chiedere  o  accettare  ì  soc- 
corsi de'  russi,  i  quali  poi  nel  ritirar- 
si non  tralasciarono  di    trarne  profit- 
to col  trattato  d'  Unkiar-Skelessi  d'al- 
leanza fra  le  due  potenze;  ma  venne  qua- 
lificalo quasi  prolettorato    di  Turchia 
della  Russia,  di  cui  Francia  e  Inghilter- 
ra impedirono  l'attuazione.  Neli834uo 
regolaaieulo  organico  stabilito  di  coucer- 


VAL 

to  tra  la  Russia  e  la  Porta,  con  impor> 
tanti  cambiamenti,  die  ima  costituzione 
a'principati  di  Valacchia  e  Moldavia,  con 
senato  per  controllare  gli  alti   del  go- 
verno; confermandosi  che  idue  ospodari 
sarebbero  a  vila,  ma  eletti  da'boiari  e 
dui  clero  coU'approvazione  della  Russia,    ^ 
ricevendo  l'investitura  dalla  Porla  me-    M 
diante  il  pagamento  di  moderalo  tributo. 
Nello  stesso  anno  di  fatto  elessero  ospo- 
darò  della  Valacchia  Alessandro  Glnka 
fratello  del  ritiratosi  Gregorio.  Si  disse 
animalo  dal  miglior  volere,  ma  posse- 
dere poca  energia  onde  porre  un  argine 
alla  corruzione  e  alla  parzialità  de' suoi 
impiegati.  Il  sultano  a  tale  eifello  etna- 
nò   il   seguente   rimarchevole  hattisce-     * 
riff.  »  Essendoci  sembrato  necessario  di 
stabilire  sopra  una  base  più  solida  l'am- 
ministrazione interna  de'  due  paesi,  ab- 
biamo risoluto  che  i  principi  di  Molda- 
via e  di  Valacchia  saranno  nominati    a 
vila.  Amministreranno  d'accordo  co'lo - 
ro  divani  gli  affari   interni  del   proprio 
paese, senza  l'intervento  d'alcuno,  e  sen- 
za che  alcun  ordine  possa  mettere  osta- 
colo all'esercizio  de'loro  diritli.  Tutte  le 
isole  appartenenti  alla  sponda  sinistra  del 
Danubio  formeranno  parte  integrante 
de'principali,  e  il  mezzo  del  fiume,  dal 
suo  ingresso  negli  stati  ottomani  fino  al 
confluente  col  Prulh,  formerà  la  frontie- 
ra de'  principali.  La  Porta  promette  di 
non  mantenere  alcuna  fortezza  o  stabi* 
limenlo  militare  sulla  sponda  sinistra  del 
Danubio.  Niun  maomettano  più  risiede- 
rà sulla  riva  sinistra  del  fiume,  e  niun 
mercante  turco  potrà  entrare  nel  paese 
senza  di  averne  ottenuto  un  permesso 
speciale,  o  per  venirvi  a  comprare  le  mer- 
canzie per  proprio  conto  o  per  quello  del 
governo  ottomano.  1  due  principali  a- 
vendo  un'amministrazione  interna  indi- 
pendente, potranno  stabilire  quarantene 
e  cordoni  sanitari  lungo  il  Danubio,  e 
dovunque  giudicheranno  piìi  necessarie 
queste  precauzioni.  In  compenso  delle 
concessioni  sopra  espressela  Valacchia  si 


VAL 

obbliga  di  pagare  un  tributo  annuale  di 
4ooo  borse,  e  la  Moldavia  di  2000".  Nel 
1839  morì  JNlalimud  II  e  gli  successeli 
figlio  regnante  Abdul  Medijd,  seguace  del 
genitore  neirinlendimenlo  di  civilizzare 
con  utili  riforme  la  Turcbia.  Quando 
lab.  Zanelli  nel  febbraio  1842  pubblicò 
i  suoi  Cenni  SiìWa  Valaccbia,  ci  die  pure 
quello  sull'  ospodaro  con  queste  parole. 
»  L'ospodaro  attualmente  regnante  è  A- 
lessandro  Ghika,  principe  valacco,  del- 
l'età di  46  anni;  il  quale  veniva  educato 
in  Germania  e  in  Francia.  Egli  sortiva 
animo  pio;  amante  de*8uoi  sudditi,  tutto 
si  adopra  pel  bene  loro  :  egli  ba  diffuso 
ovutique  le  scuole  lancaslriane,  in  Bu- 
cbarest  ba  fatto  erigere  un  ospedale,  una 
casa  per  le  partorienti,  e  una  per  quelle 
donne  di  mala  vita,  cbe  vengono  levale 
al  pericolo  di  peggiorare.  Amante  delle 
lettere  e  delle  arti,  accarezza  e  protegge 
cbi  le  coltiva  ;  alcuni  artisti  e  artigiani 
mantiene  a  sue  spese  all'estero  percliè  vi 
apprendiuo  l'arti  e  i  mestieri,  e  dipoi  con 
esse  sieno  utili  alla  nazione.  Egli  però  è 
ligio  eccessivamente  alla  corte  di  Russia, 
cosiccbè  sembra  da  quella  governato;  né 
ha  quella  fina  avvedutezza  politica  dei 
principe  di  Moldavia,  cbe  è  assai  più  ric- 
co, e  che  mostra  d'essere  abile  politico  e 
avveduto  mercante".  Ma  quanto  al  suo 
contegno  colla  Uussia,  tutl'  altro  riferi- 
rono i  pubblici  fogli  dello  slesso  1842. 
Primieramente  CI  dissero,  che  nell'assem- 
blea generale  si  formò,  per  la  sua  poca 
energia,  un  grande  partito  dell'  opposi- 
zione a  lui  sfavorevole,  le  cui  lagnanze 
occasionarono  nel  medesimo  anno  la  sua 
dimissione.  JNell'ottobre  quindi  la  Porla 
depose  l'ospodaro  Ghika.  Essa  stimò  di 
dover  fare  qualche  grata  cosa  alla  Rus- 
sia, per  indurla  a  non  opporsi  al  nuovo 
ordine  di  cose  nella  Servia,per  la  sosti- 
. tuzione  d'Alessandro  Georgewitch  al 
principe  Michele  fuggilo  dopo  esser  stato 
scunfitto dagl'insorti.  Imperocché  l'ospo- 
daro Ghika  faceva  di  tutto  per  francare 
la  Valacchia  e  la  Moldavia  dairin£luea> 


VAL  i63 

za  della  Russia  ;  onde  avea  nominato  suo 
ministro  Wakaresko,  inviso  a  quella  po- 
tenza e  poco  gradilo  alla  Turchia  stessa, 
il  quale  noa  si  mantenne  in  posto  se  non 
per  l'eccellente  reputazione  che  godeva. 
Da  queir  epoca  in  poi  la  Russia  si  con* 
dusse  in  modo  da  far  sentire  al  principe 
Ghika  quanto  incautamente  adoperasse 
nel  sorgere  contro  il   protettorato  di  lei. 
Dal  canto  suo  la  Porta  non  era  malcon- 
tenta del  suo  reggimento.  11  destino  vol- 
le che  la  Porta  avesse  bisogno  d'accarez- 
zare il  gabinetto  di  Pietroburgo,  e  Ghi- 
ka fu  sagriflcato.  11  principe  deposto  a' 
26  ottobre  partì  per  laTransilvania,  do- 
po aver  posta  la  sua  autorità  nelle  njani 
del  governo  temporaneo  detto  Cairaaca- 
nia,  stabilito  dal  regolamento  organico, 
e  composto  dal  gran  bano  di   Valacchia 
Giorgio  Filippesco,  dal   gran  dvornick 
Teodoro  Wakaresko,  e  dal  gran  logote- 
ta  Michele  Kornesko.  Andarono  in  pre- 
dicamento  per  succederloFilippesco  prin- 
cipalmente, Slirbey  e  Vilaras.  Convocali 
i  deputali  ad  una  tornata  straordinaria, 
si  procede  all'  elezione  del  nuovo  ospo- 
daro di  Valacchia,  nel  modo  e  tempo 
prescritto  dal  regolamento,  ed  eseguite 
con  rigore  le  norme  ne  uscì  eletto  il  ca«- 
pò  dell'opposizione  Giorgio  Bibesko,  il 
quale  tosto  pose  in  opera  ogni  mezzo  on- 
de trarre  il  paese  da  quello  stato  di  roz- 
zezza nel  quale  erano  cadute  le  classi  alte 
e  il  basso  popolo;   tuttavolta  non  potè 
svellere  del  tutto  gli  abusi,  che  esistenti 
da  tanti  anni,avevano  preso  forza  di  con- 
suetudine, né  stabilire  l'eguaglianza  de' 
diritti  per  tatti  ,piescritti  dal  regolamen- 
to organico.  A'Si  gennaio  1848  il  prin- 
cipe Ribesko  aprì  la  sessione  dell'assem- 
blea generale  de'deputati  di  Valacchia: 
nel  discorso  che  pronunziò,  felicitò  i  de- 
putati d'aver  nel  corso  della  sessione  ul- 
tima resa  la  libertà  a  10,000  famiglie, 
le  quali  perciò  godevano  del  benefizio 
prezioso  della  libertà.  Soggiunse, che  fra 
pochi  anni  non  vi  sarebbero  più  che  uo* 
luiui  hberi  sul  suolo  della  Valacchia,  e 


i64  VAL 

che  questa  prospettiva  gli  era  gralissi- 
ma.A'23  giugno  1848  in  Bucharesl  nac- 
que grave  insurrezione  per  una  nuova 
costituzione,  al  grido  singolare  di  :  Viva 
ìa  Turchia,  ed  abbasso  i  Russi;  che  pro- 
dusse l'espulsione  o  ritiro  dell'ospodaro 
Bibesko.  11  console  russo  de  Kotzebru  a' 
25  trasmise  al  principe  una  protesta  e 
partì  insieme  col  commissario  imperia- 
le. L'ospodaro  per  non  aver  voluto  sot- 
toscrivere certi  decreti,  quindi  abdicò  e 
partì  nella  sera  stessa,  tutto  divoto  alla 
Kussia.  Da'rivoltosi  si  passò  quindi  a  Do- 
minare un  governo  provvisorio,  col  me- 
tropolita per  presidente,  nuovi  ministri 
e  nuovo  capo  della  municipalità.  Dal  bal- 
cone del  palazzo  arcivescovile,  tutti  i  no- 
tabili e  gran  dignitari  promisero  fedel- 
tà alla  nuova  costituzione;  ma  parecchi 
vecchi,  tra'quali  il  Filippesco,  gran  ba- 
ro della  Valacchia  e  perciò  ili.°  perso- 
naggio politico  dopo  il  principe,  dichia- 
rò a  capo  scoperto  ch'egli  riuunziava  ad 
ogni  suo  grado.  Quindi  i  russi  nel  luglio 
entrarono  ne'principati  moldo  valacchi, 
ed  altrettanto  fecero  i  turchi,  e  la  Por- 
la v'inviò  Soliman  pascià  ed  Emin  effen- 
di. 1  russi  domandarono  che  il  principe 
Bibesko  riprendesse  le  redini  del  gover- 
no, mentre  un  partito  voleva  ristabilire 
Alessandro  Ghika.  Sparsasi  la  notizia 
dcH'avviciuarsi  i  russi  a  Bucharest,  l'ii 
luglio  i  membri  del  governo  provvisorio 
fuggirono,  indi  ebbe  luogo  una  comple- 
ta reazione,  per  la  quale  Baliano  o  Bai- 
leano  e  Wakaresko  presero  le  redini  del 
governo  in  qualità  di  caimacan,  e  reinte- 
grarono nelle  loro  funzioni  tutti  gli  an- 
tichi impiegati,  venendo  abbassata  la 
bandiera  rivoluzionaria,  li  metropolita- 
no pubblicò  un  proclama,  in  cui  tacciò 
di  ribelli  i  suoi  colleghi  del  governo  prov- 
visorio fuggiti,  invitando  il  popolo  a  sot- 
tomettersi a'russi.  Ciò  produsse  nuova  e 
deplorabile  insurrezione  nel  dì  seguente, 
che  costrinse  il  metropolita  con  altro  pro- 
clama a  ritrattare  l'epiteto  di  ribelli  a' 
merabridelgovernoprovvisorio,chefuro- 


V  A  L 

no  richiamalì,ed  egli  si  rimise  alla  lesta  del- 
l'amministrazione. Il  governo  russo  pub- 
blicò una  memoria  giustificativa  del  suo 
intervento  ne'principati,  massime  in  Va- 
lacchia, a  seconda  de'trattati  e  d'accordo 
colla  Porta,  perciò  non  essere  aggressione  | 
contro  la  Turchia,  ma  per  aiutarla  a  rista- 
bilir l'ordine  ne'principati  e  \o  stata  quo 
nella  Valacchia.  A'25  settembre  in  Bucha- 
rest ebbe  luogo  una  contro-rivoluzione. 
Richiamatosi  Soliman  pascià,  1'  energico 
Fuad  effendi  ^  altro  commissario  della 
Porta,  entrato  nella  città  alla  testa  del- 
ie truppe  turche,  e  in  compagnia  del  ge- 
nerale russo  Duhamel,  depose  gli  anzia- 
ni e  fece  pubblicare  nuovamente  l'anti- 
co regolamento  organico.  Il  principe  Co- 
stantino Cantacuzeno  fu  nominato  a  cai- 
macait  solo,  in  sostituzione  del  luogote- 
nente del  principato  eletto  dal  paese  e  ri- 
conosciuto dalla  Porta  il  i.°  agosto,  per 
la  forza  delle  circostanze,  l  boiardi  rima- 
sero oltremodo  soddisfatti,  ma  la  fervida 
gioventù  ne  fu  rattristata  nel  vedere  co- 
sì improvvisamente  distrutta  l'opera  sua. 
Si  fece  una  rivolta  a  favore  dell'ordine; 
sotto  il  comando  d'  Oaier  pascià  si  con- 
dussero le  numerose  truppe  ottomane  nel- 
la città:  queste  militarmente  occupale  le 
caserme,  con  sanguinoso  combattimen- 
to portarono  la  morte  fra  le  truppe  va- 
lacche,  che  tosto  si  disarmarono  e  disciol- 
sero; uccisero  chiunque  loro  preseolossi 
nelle  strade ,  saccheggiarono  le  case  ne' 
sobborghi,  e  nella  sera  tennero  un  graa 
mercato  delle  cose  rubate.  Tutto  venne 
disapprovato  dal  rappresentante  russo 
commissario  Duhamel,  e  questo  bastò  a 
guadagnargli  una  certa  popolarità.  A '2 7 
settembre  il  generale  Liiders  cotnandan- 
te  supremo  del  5.*^  corpo  d'annata  gene- 
rale d'infanteria  russa,  entrando  nella  Va- 
lacchia, emanò  il  seguente  proclama. «A- 
bitanti  della  Valacchia  !  Siccome  l'anar- 
chia, prodotta  nel  vostro  paese  da'fazio- 
si  che  s' impadronirono  delle  redini  del 
governo,  può  prendere  un'estensione  da 
mettere  in  pericolo  l'avvenire  della  Va- 


VAL 

locchin,  e  siccome  le  operazioni  di  que- 
sto governo  improvvisato  non  sono  con- 
formi, né  alle  istituzioni  secondo  le  qua* 
li  questi  principati  devono  esser  gover- 
nati sulle  basi  degli  esistenti  trattati,  ne 
all'esistenza  politica  accordata  a'  medesi- 
mi, così  S.  M.  l'impeitòtore  di  tutte  le 
Russie  d*  accordo  con  S.  M.  il  Sultano, 
ha  determinato  di  porre  un  sollecito  fine 
a  tali  disordini,  e  di  ristabilire  nella  Va- 
lacchia un  governo  legittimo  fondato  so- 
pra solide  basi.  In  seguito  di  che,  io  rice- 
vetti l'ordine  d'occupare  militarmente  la 
Valacchia  di  concerto  colle  truppe  del 
Sultano,  all'edetto  di  porre  un  argine  a' 
progressi  della  propaganda  rivoluziona- 
ria, e  di  ristabilire  nel  vostro  paese  il  go- 
verno legittimo.  Pieno  di  fiducia  che  voi, 
abitanti  della  Valacchia,  animati  da  biio* 
ni  sentimenti,  riconoscerete  in  questo  pas- 
so una  nuova  ed  incontrastabile  prova 
dell'alta  cura  presa  da  S.  M.  l'imperato- 
re per  la  felicità  della  vostra  patria ,  io 
vi  esorto  d'  unire  i  vostri  sforzi  onde  fa- 
cilitare con  lutti  i  mezzi  quest'opera  che 
mi  venne  affidata  dall'eccelso  Autocrata  ". 
Ne'principati  entrarono  circa  4o,ooo  rus- 
si, con  80  pezzi  di  cannoni  e  forte  treno, 
ed  occuparono  pure  Bucharest  e  Jassy  ; 
questa  il i. "ottobre,  l'altra  a'y;  e  doma- 
le le  recenti  commozioni  politiche  ,  fu 
completamente  ristabilito  l'antico  gover- 
no e  la  pubblica  tranquillità.  La  Russia 
guarnì  i  principati  anche  per  protegger- 
li da  un'invasione  de'ribelli  d'CZ/zg^/ter/Vz, 
e  per  l'aspetto  allarmante  degli  affari  ge- 
nerali d'Europa;  ed  entrò  in  sospetti  su 
d'Omer  pascià  quale  apostata  ungherese, 
sebbene  si  mostrasse  zelante  mussulma- 
no. L'ordine  sempre  più  consolidandosi 
ne'principatiDanubiaui,roccupazione  pe- 
rò turco-russa  si  aggravò  di  giorno  in  gior- 
no sul  paese;  il  principe  Bibesko  risieden- 
do in  Fosckhani,  secondo  i  suoi  desiderii 
procedeva  la  commissione  istituita  da  Du- 
han:^e]  per  giudicare  i  ribelli.  Essendosi 
conosciuto  dalla  Russia  ,  che  per  la  sua 
protratta  dimora  ne'principati,  a  Parigi 


VAL  i65 

ed  a  Londra  si  trattava  d'assumere  una 
attitudineconcorde  relativamente  agli  af- 
fari de'principatiDanubiani,  e  che  la  Por- 
ta, non  potendo  più  tollerare  una  specie 
di  giogo  impostole  da'russi,  era  pronta  a 
far  la  guerra,  offesa  eziandio  perl'inva» 
sione  delle  frontiere  di  Transilvania,  on- 
de aiutare  l'Austria  contro  gli  ungheri  ; 
il  gabinetto  di  Pietroburgo  pensò  che  per 
rendere  inutile  una  tale  negoziazione  bi- 
sognava affrettare  un  trattato  colla  Tur- 
chia, ma  lo  iniziò  con  articoli  che  furo- 
no respinti,  massime  per  l'esclusiva  al- 
leanza offensiva  e  difensiva  che  pretende- 
va colla  medesima,  e  per  esigere  sui  prin- 
cipali moldo-valacchi  la  stessa  autorità 
sovrana  della  Porta.  Intanto  un  gran  nu- 
mero di  famiglie  fuggite  dalla  Transil- 
vania, si  rifugiarono  nella  Valacchia,  per 
salvarsi  dagl'imminenti  orrori  della  guer- 
ra. Indi  cominciarono  a  manifestarsi  sen- 
timenti vicendevolmente  ostili  fra'russi  e 
turchi,  ed  in  questi  ultimisi  risvegliò  l'an- 
tico ardore  militare;  onde  la  Porta  ve- 
dendo probabile  la  guerra ,  per  non  ri- 
tirarsi i  russi  da'  principati  in  onta  alle 
sue  replicate  istanze, pose  l'esercito  in  gra- 
do di  sostenerla,  nel  timore  ancora  di  ve- 
der invadere  la  Turchia,  secondo  qualche 
minaccia  fatta,  traendo  profitto  dalla  di- 
sastrosa condizione  della  miglior  parte 
degli  stati  europei.  La  Russia  inoltre  mo- 
slravasi  malcontenta  di  non  veder  la  Por- 
ta aderire  alle  sue  pretensioni  sui  princi- 
pati, avendo  chiesto  che  gli  jospodari  non 
fossero  più  nominati  a  vita,  come  prescri- 
veva il  trattato  di  Adrianopoli  ,  ma  per 
soli  7  anni,  secondo  il  precedente  d'Aker- 
mann.  In  Costantinopoli  la  politica  fran- 
cese e  inglese  guadagnò  il  sultano,  onde 
formare  un'alleanza  per  fare  evacuare  la 
Valacchia  e  la  Moldavia  dall'invasione 
russa,  ivi  stanziata  per  particolari  motivi, 
essendo  da  molto  tempo  cessato  quello 
di  ristabilire  la  tranquillità.  Vedendo  i 
russi  di  non  potere  riuscire  ne'loro  pro- 
getti, cambiarono  interamente  di  politica, 
a  Bucharest  ed  a  Costantinopoli  mostran- 


im  VAL 

dosi  coni  piacenti,  e  dinielfentlo  il  tuono 
dell'anteriori  minacce,  usando  docilità  e 
buone  maniere,  benché  le  loro  forze  ne' 
pt'incipnti  eransi  aumentate  a  quasi 
100,000  nomini,  anco  per  gli  aiuti  che 
davano  alTAustria  per  comI)attere  i  ri- 
voltosi armati  d'Ungheria.  Finalmente  la 
Bussia  e  la  Turchia,  mediante  il  general 
Grabbe,  convennero  nella  conclusione  del 
seguente  trattato  di  Balta  Liman.»Art.i. 
Viste  le  circostanze  eccezionali  indotte  da- 
gli ultimi  avvenimenti,  le  due  corti  im- 
periali sono  conveiujle,  che  invece  di  se- 
guire il  modo  stabilito  dal  regolamento 
del  1834  per  l'elezione  degli  ospodari  di 
Moldavia  e  di  Valacchia,  questi  alti  fun- 
zionari saranno  nominati  da  S.  M.  il  Sul- 
tano, dietro  un  modo  specialmente  con- 
certalo per  questa  volta  fra  le  due  corti, 
nello  scopo  di  confidare  l'amministrazio- 
ne di  queste  provincie  a' più  degni  can- 
didali, e  godenti  la  miglior  faiiìa  fra'lo* 
10  coropatriotti.  Per  questa  volta  egual- 
mente, i  due  ospodari  non  saranno  no- 
minati che  per  7  anni,  le  due  corti  riser- 
bandosi, un  anno  innanzi  lo  spirare  del 
termine  fissato  dalla  presente  transazio- 
ne, di  prendere  in  considerazione  lo  stalo 
interiore  de'  principali  e  i  servigi  che  a- 
\rebbero  reso  i  due  ospodari,  per  sugge- 
rire di  comune  accordo  determinazioni 
ulteriori.  Art.  2.  11  regolamento  organi- 
co accordato  a'principati  neh  834  conti- 
nuerà ad  essere  in  vigore  ,  salvo  i  cam- 
biamenti e  le  modificazioni  di  cui  l'espe- 
rienza ha  provato  la  necessità,  segnata- 
mente per  quel  che  concerne  le  assemblee 
ordinarie  e  straordinarie  de'  boiardi,  nel 
modo  d'elezione  e  di  composizione  tenu* 
to  fin  qui.  Queste  riunioni  avendo  dato 
luogo  più  d'una  "volta  a  de' confitti  de- 
plorabili,e  perfino  a  degli  atti  d'aperta  in- 
subordinazione, la  loro  convocazione  re- 
sterà sospesa,  e  le  due  corti  si  ri  serba  no 
d'intendersi  al  loro  ristabilimento  su  ba- 
si combinate  con  tutta  la  maturila  ri- 
chiesta, all'epoca  in  cui  esse  giudicheran- 
uu  che  ciò  potrebbe  esser  messo  ad  ese- 


V  A  L 

cuzìone  senza  inconveniente  per  la  con- 
servazione della  pubblica  (juielene'prin- 
cipali.  Le  loro  funzioni  deliberative  sa- 
ranno provvisoriamente  confidate  a  de* 
consigli  o  divatn  adhoCy  foruiati  de'bo- 
iardi  più  notabili  e  più  degni  di  fiducia, 
come  ancora  di  alquanti  membri  dell'al- 
to clero.  Le  attribuzioni  principali  di  que- 
sti consigli  saranno  la  distribuzione  del- 
l'imposte e  r  esame  del  bilancio  anntio 
delle  due  provincie.  Art.  3.  Onde  proce- 
dere con  tutta  la  maturità  necessaria  al- 
le migliorie  organiche,  che  reclamano  la 
situazione  attuale  de'principati  egli  abu- 
si amministrativi  che  vi  sono  introdotti, 
saranno  stabiliti  due  comitali  di  revisio- 
ne, l'uno  a  Jassy  e  1'  altro  a  Bucharest, 
composti  de'boiardi  più  ragguardevoli  pel 
loro  carattere  e  capacità,  a'quali  sarà  de- 
ferito l'incarico  di  rivedere  i  regolamen- 
ti esistenti,  e  segnalare  le  modificazioni 
pili  alte  a  dare  all'  amministrazione  del 
paese  la  regolarità  e  l'armonia  che  le  so- 
no spesso  mancate.  Il  lavoro  di  questi  co* 
n)itali  sarà  sottomesso,  nel  più  breve  ter« 
mine  possibile,  all'esame  del  governo  ot- 
tomanOjche  dopo  essersi  inteso  colia  corte 
di  Russia,  ed  avere  così  constato  l'appro- 
vazione scambievole,  accorderà  alle  dette 
modificazioni  la  sua  sanzione  definitiva, 
che  sarà  pubblicata  mediante  la  forma 
solita  d'un  hattiscerifF  di  S.  M.  il  Sulta- 
no. Art.  4  Le  turbolenze  che  hanno  te- 
ste così  profondamente  agitato  i  princi* 
pati,  avendo  mostralo  la  necessità  di  pre- 
slare  a'ioro  governi  l'appoggio  d'una  for- 
za militare  capace  di  reprimere  pronta- 
mente ogni  moto  insurrezionale  e  di  fare 
rispettare  l'autorità  stabilite,  le  due  corti 
imperiali  sono  convenute  di  prolungare 
la  presenza  d'una  certa  parte  delie  trup- 
pe russe  e  ottomane  che  occupano  adesso 
il  paese;  e  segnatamente  per  preservare 
la  frontiera  di  Valacchia  e  di  Moldavia 
dagli  accidenti  dal  di  fuori,  è  stato  deciso 
che  vi  sarebbero  lasciati  per  il  momento 
da  2.5 a  35,ooo  uomini  da  ciascuna  delle 
due  parli.  Dopo  il  ristabilimento  della 


VAL 

Iranquillilà  delle  delle  fronliere,  de'(3aesi 
confinanti  d'Ungheria  e  Transilvania,  vi 
resteranno  ne*  due  paesi  10,000  uomini 
da  ciascuna  parte,  fino  al  termine  de'la* 
Tori  di  niiglioramenlo  organico,  e  la  con- 
solidazione del  riposo  interno  delle  due 
Provincie.  In  seguito  le  truppe  delle  due 
potenze  evacueranno  completamente  i 
principati;  ma  resteranno  ancora  in  gra- 
do di  rientrarvi  immediatamente,  nel  ca- 
so in  cui  circostanze  gravi  sopravvenute 
ne'  principali  reclamassero  di  nuovo  l'a- 
dozione di  questa  misura.  Indipendenle- 
inenle  da  ciò,  avrà  cura  di  completare 
senza  ritardo  la  riorganizzazione  della 
milizia  indigena,  in  modo  ch'essa  offra, 
colla  sua  disciplina  e  il  suo  eft'eltivo,  una 
garanzia  sullìcienle  pel  mantenimento 
dell'ordine  legale.  Art.  5.  Nella  durata 
dell'occupazione  le  due  corti  continue- 
ranno a  far  risiedere  ne'principati,  allato 
degli  ospodari,  un  commissario  straordi- 
nario russo  ed  un  commissario  straordi- 
nario ottomano.  Questi  agenti  speciali 
sararuio  incaricali  di  sorvegliare  l'anda- 
metJto  degli  affari,  e  d'offrire  in  comune 
figli  ospodari  i  loro  pareri  ed  i  loro  con- 
sigli ogni  qual  volta  noteranno  qualche 
abuso  o  qualche  misura  nociva  alla  tran- 
quillità del  paese,  l  delti  commissari 
straordinari  saranno  muniti  d'istruzioni 
identiche  concretate  fra  le  due  corti,e  che 
tracceranno  ad  essi  i  loro  doveri  e  il  gra- 
do d'ingerenza  che  dovranno  esercitare 
negli  affari  de'  principali.  I  due  commis- 
sari dovranno  parimenti  intendersi  sulla 
scelta  de'membri  de'comilati  di  revisio- 
ne da  stabilirsi  ne'principali  com'è  stato 
detto  all'art.  3.  Renderanno  conto  alle 
loro  corti  rispettive  del  lavoro  di  questi 
comitali,  unendovi  le  proprie  loro  osser- 
vazioni. Art.  6  .  La  durata  del  presente 
atto  è  fissata  al  termine  di  7  anni,  allo 
spirar  del  quale  le  due  corti  si  riservano 
di  prendere  in  considerazione  la  situa- 
zione nella  quale  i  principati  si  troveran- 
no allora,  e  di  prendere  quelle  ulteriori 
misure  che  giudicheranno  più  convenieu- 


VAL  167 

li,  e  pili  alle  ad  assicurare  per  un  lungo 
avvenire  il  benessere  e  la  tranquillità  di 
queste  provincie.  Art.  7.  E  ben  inteso  che, 
col  presente  allo,  motivato  da  circostan- 
ze eccezionali  e  concluso  per  un  termine 
limitato,  non  è  derogato  ad  alcuna  delle 
stipulazioni  esistenti  tra  le  due  corti  ri- 
spetto a'principatidi  Valacchia  e  di  Mol- 
davia, e  che  tulli  i  trattati  anteriori,  cor- 
roborati dall'  atto  separato  del  trattalo 
d'Adrianopoli,  conservano  tutta  la  forza 
e  valore.  1  7  articoli  che  precedono  es- 
sendo stali  fissati  e  conclusi ,  la  nostra 
firma  e  il  sigillo  delle  nostre  armi  sono 
siali  apposti  al  presente  atto  ch'è  rimesso 
alla  sublime  Porla  in  iscnmbio  di  quello 
che  ci  è  rimesso  da  S.  A.  il  gran  visir  e 
da  S.  E.  il  ministro  degli  affari  esteri. 
Fatto  a  Balta  Liraan  il  19  aprile  ([  mag- 
gio) 1849,  ®  dell'Egira  l'S  Djemaziul-A- 
khiri 265.  Firmalo  Vladimir  TitolFin- 
vialo  straordinario  e  ministro  plenipo- 
tenziario di  S.  M.  l'imperatore  di  Rus- 
sia presso  la    sublime  Porla  Ottoma- 
na ".  Fu  stabilita  ancora  la  dimissione  di 
Stourdza  ospodaro  di  Moldavia, concessa 
dal  general  Grabbe  dopo  una   viva  di- 
scussione, e  gli  venne  dato  a  successore 
Gregorio  Alessandro  Ghika.  Per  la  Va- 
lacchia fu  nominalo  ospodaro  il  boiardo 
Barbo  Demetrio  Stirbey  fratello  dell'ex 
principe  Bibesko.   A' 16  giugno  partiro- 
no da  Costantinopoli  i  commissari  Kia- 
mil  bey  e  Nurrediu  bey,  onde  condurre 
a  Jassy  e  Bucharest  i  due  nuovi  ospoda- 
ri ;  e  consegnali  loro  i  corri  spondeo  ti  fir- 
mani  imperiali,  quindi  li  condussero  ia 
Costantinopoli  a  ricevere  la  solenne  in- 
vestitura di  loro  funzioni.  Ambedue  pre- 
sero i  titoli  di  Vaivoda,  per  la  grazia  di 
Dio,regnante  di  tutta  la  Valacchia,o Mol- 
davia. Dopo  la  soluzione  degli  affari  della 
Valacchia  e  Moldavia,  e  l'istallazione  de' 
due  principi ,  il  gabinetto  ottooiano  ri- 
pigliò il  corso  de'  suoi  lavori,  occupan- 
dosi delle  riforme  amministrative  e  de* 
provvedimenti  propri  per  la  prosperità 
dell'impero;  però  la  calma  non  ebbe  lunga 


i68  VAL 

durala. Nel  maggioi85 1  l'ospotlnro  cìlMcil 
(iavia  Gregorio  Alessandro  Ghika  comu- 
nicò udlcialmente  al  consiglio  ammini- 
strativo il  iìrmano  emanato  dalla  sti- 
blime  Porla,  ed  il  manifesto  de'commis- 
sari  imperiali  ottomano  e  russo,  pubbli- 
cati in  debita  forma,  in  occasione  dell'e- 
vacuazione de' principati  che  si  andava 
lìnalmenleeiretluando.  1  russi  che  si  tro- 
vavano in  Galatz.  partirono  scortando  il 
commissario  di  sanità  russo,  stato  aggiun- 
to al  dipartimento  della  quarantena.  Il 
general  Liiders  ritornò  da  Biicharest  al 
suo  quarlieregeneralein  Bessarabia,  do- 
po alcuni  colloqui  tenuti  col  commissario 
imperiale  ottomano  Ahmed  Wedìck  ef- 
fendi,relativamcnte all'evacuazione  della 
Valacchia  per  parte  delle  truppe  turche. 
Si  convenne  tra  loro,chene'principali  non 
doveva  rimanere  un  soldato  russo  e  tur- 
co. Sì  pubblicarono  parecchi  firmani  e 
lettere  visiriali  riguardanti  l'  ammini- 
strazione interna  del  principato  di  Mol- 
davia, il  cui  governo  venne  autorizzato 
dalla  Porta  di  riscuotere,  per  una  sola 
volta  e  straordinariamente,  la  metà  del- 
l'imposta annua  ripartita  in  8  rate, da  pa- 
garsi dagli  abitanti  trimestralmente  in 
due  anni  in  estinzione  del  debito  con- 
tratto negli  ultimi  3  anni,  per  le  vicende 
politiche,ascendente  a  piastre  3,  i  72,42  t 
corso  di  Jassy.  «  U/Ticio  elei  principe  re- 
gnar, te  di  Moldavia  al  consiglio  animi- 
/e/i^r^f/fO.ComunJcandoal  consiglio  am- 
ministrativo traduzione  del  firmano  im- 
periale che  viene  a  me  diretto  in  occa- 
sione dell'evacuazione  de'principati,  co- 
me pure  d'una  dichi  arazione  trasmessa- 
n>i  per  parte  de'commissari  imperiali  per 
esser  pubblicata  nelle  gazzette  uHìciali , 
io  l'invito  di  portare  i  loro  contenuti  a 
notorietà  pubblica.  Prendendone  couot 
scenza  ognuno,  non  v'è  dubbio,  sarà  pe- 
netrato de'sentimenti  pieni  di  clemenza 
di  S.  M.  il  Sultano  y  nostro  augusto  so- 
vraHo,  e  della  sollecitudine  paterna  delle 
due  alte  corti,  le  (juali  dopo  d'aver  ri- 
stabilita la  tranquiiUlà  nelle  due  provine 


V  A  t 

eie,  dotandole  di  benevole  riforme,  non 
perdettero  di  vista  la  necessità  d'assicu- 
rare in  avveni  re  questa  tranquillità,  u- 
nica  sorgente  del  loro  benessere.  Quan- 
to a  noi  ,  persuasi  de' buoni  sentimenti 
de'nostri  compatriotti,  chenon  monche- 
ranno  certo  di  essere  sensibili  in  fac- 
cia alla  niagnanima  sollecitudine  impe- 
riale e  a* veri  interessi  del  paese,  voglia- 
mo sperare  die  non  saremo  nel  caso  di 
far  uso  de'poteri  conferitici  all'ell'elto  di 
garantire  la  sicurezza  ed  il  benessere  \^w\}' 
hWco.- Pubblicazione  inserita  nelle  Gaz- 
zette ufficiali  della  Moldo-Falacchiay 
per  parte  de* commissari  imperiali.  Le 
loro  Maestà  imperiali  il  Sultano  e  l'Ini- 
peratore  di  Russia  ritirano  in  questo  mo- 
mento le  rispettive  loro  truppedalla  Va- 
lacchia e  dalla  Moldavia.  Gli  Ospodari 
in  virtù  delle  loro  attribuzioni,  secondo 
le  leggi  e  l' immunità  guarentite  in  fa- 
vore delle  due  provincie,  restano  esclu- 
sivamente incaricati  e  responsabili  di 
mantenervi  l'ordine  pubblico.  Durante 
il  soggiorno  de'corpi  di  truppe  ottoma- 
no e  russo,  i  nuovi  Ospodari,  in  presen- 
za de'commissari  straordinari  nominati 
per  parte  de'due  augusti  Sovrani,  si  so- 
no occupati  del  miglioramento  della  di- 
rezione de'di  versi  dipartimenti  del  ser- 
vizio, non  che  di  riunire  e  riorganizzare 
le  milizie,  consolidando  cosi  le  basi  d'una 
tranquillità  permanente.  All'oggetto  di 
meglio  tutelare  i  diritti  de'propri etari  di 
terra  e  di  favorire  i  coltivatori,  delle  ri- 
forme sono  state  introdotte  ne'  regola- 
menti organici.  Tutto  il  mondo  sa  che  J 
l'occupazione  militare  di  queste  contra-  J 
de  è  stata  motivata  dagli  avvenimenti 
deplorabili  che  nel  1848  ebbero  luogo 
nella  città  di  Bucharest  e  in  altre  parti 
della  Valacchia.  I  rivoluzionari  vi  per- 
vennero allora  ad  ingannare  per  un  mo- 
mento la  buona  fede  d'un  certo  numero 
di  creduli,  ed  hanno  in  conseguenza  con- 
tato sulla  riuscita  de' loro  intrighi.  Ma 
l'illusione  completamente  disparve  all'ap- 
parizione delle  truppe,  e  si  è  rilevato  ad 


VAL 

«n  tratto  quanto  fosse  pericolosa  la  via 
nella  quale  si  voleva  trascinare  il  paese. 
Che  la  recente  esperienza  del  passalo  il- 
lutuini  adunque  ognuno  ne'suoi  doveri. 
Pastori  spirituali, funzionari  pubblici,  uf- 
ficiali e  soldati  delie  tnilizie,Bbitanli  delle 
città  e  campagne,  che  veruno  fra  voi  non 
si  lasci  più  sedurre  ed  intimidire  da  in- 
trighi e  fallaci  suggestioni.  Che  gli  one- 
sti cittadini  si  abbandonino  tranquilla- 
mente a'ioro  lavori,  certi  conae sono del- 
Talta  e  tutelare  autorità  che  vigila  alla 
loro  sicurezza.  Le  due  truppe  inoperiali 
d'occupazione  lasciano  i  principali  in 
una  tianquillilà  perfetta.  Spetta  ormai 
a  tulli  gli  onesti  abitanti  del  paese  di 
sostenere  l'autorità  legittima  nella  mis- 
sione die  l'è  imposta  di  con^olidarequesla 
tranquillità,  e  di  vigilare  al  progresso  del- 
la proprietà  di  tutte  le  classi  della  società. 
Se,  malgrado  ogni  aspettativa  e  per  no- 
stra più  grande  disgrazia,  de'malfattori 
trovassero  i  mezzi  di  turbare  la  tranquil- 
lità di  cui  si  gode,  noi  possiamo  dichia- 
rare da  questo  momento  e  nella  manie- 
ra più  positiva,  che  la  repressione  sarà 
non  meno  iramediala  che  severa,  men- 
tre ci  è  slato  notificalo  che  si  avviserà 
alle  misure  più  ellìcaci  da  impiegarsi  al 
primo  pericolo  che  minaccerebbe  seria- 
mente la  quiete  pubblica". 

La  tranquillità  de'principatiDanubia- 
ni  fu  brevcjper  essere  sopraggiunta  la  me- 
morabile e  disastrosa  gran  guerra  perla 
clamorosa  questione  d'oriente,  sostenuta 
dalla  potente  Russia,  contro  la  Tarchiaj 
nel  quale  articolo  m'ingegnai  di  accen- 
nare il  più  essenziale  di  tutto  quanto  la 
promosse  e  precedette,  1'  accompagnò  e 
seguì.  Quanto  mi  resta  a  dire,  per  avere 
la  Moldo-Valacchia  occupato  una  parte 
importante  nella  questione  orientale,  n'è 
una  conseguenza,  e  tuttora  tiene  l'atten- 
zione del  mondo  politico  a  se  rivolta. 
Né  tacqui  gli  altri  guai,  interni  ed  ester- 
ni, che  in  pari  tempo  minacciarono  l'e- 
sistenza dcH'iaipero  ottomano,  inclusi va- 
inenle  a  quanto  riguarda  i  Fahahid  o 


VAL  169 

Fecahiti  (V.),  ed  il  Monte  Negro  tutela- 
to e  «ostenulo  da' russi  contro  il  pascià  di 
S(Utarì[F.)  e  la  Porta.  L'imperatore  di 
RussiaNicolò  1  nel  marzoi 853  dal  general 
Menzikoff  fece  chiedere  al  sultano  Abdul 
Medjid  cose  inammissibili,  che  aveano 
relazione  pure  co*  Oìoldo-valacchi.  Alle 
negative  sdegnato  il  principe  Menzikoff, 
a'i4  maggio  abbandonò  Costantinopoli, 
ed  a'22  s'avviò  per  Odessa.  III. "segre- 
tario della  legazione  russa  Balobine,  an- 
ch'egli  ù5  giugno  partì  per  Odessa,  in- 
di a'9  tornò  a  bordo  del  vapore  Jeni-Rale 
][ioyÌHtìóoV ultimatum  di  Nicolò  I,  eduna 
sua  nota  confermatoria  dell'operalo  con 
alterezza  dal  Menzikoff.  In  essa  si*accor- 
davano  8  giorni  per  sottoscrivere  il  trat- 
tato sulla  guarentigia  de'dirilti  e  privi- 
legi della  chiesa  greca-eterodossa;  scorso 
il  qual  tempo  le  ostihtà  sarebbero  comin- 
ciate dall'occupazione  delle  provinole  da- 
nubiane della  Valacchia  e  Moldavia.  Ma 
la  sublime  Porta  restò  ostinatissima  nel 
rifiuto,  perchè  il  domandato  essa  avea 
già  accortamente  concesso  a  tutte  le  re- 
ligioni esistenti  nel  suo  impero  con  fir- 
mano de'6  dello  slesso  mese,  non  poten- 
do con  concessione  speciale  porre  più  di 
9  milioni  di  sudditi  greci  sotto  la  prote- 
zione esclusiva  degl*  imperatori  russi,  i 
quali  perciò  avrebbero  influenzato  in  tut- 
to l'impero  turco.  Pertanto  l'ii  giugno 
il  governo  russo  avvisò  gli  ospodari  Slir- 
bey  di  Valacchia  e  Ghika  di  Moldavia  , 
che  nel  caso  probabile  in  cui  la  Porta  ri- 
gettasse Vultimatiuìiy  le  truppe  russe  do- 
vevano passar  la  frontiera,  e  perciò  do- 
vessero preparare  viveri  e  carri.  In  que- 
sto avviso  ufficiale  inoltre  si  dichiarò  for- 
malmente :  l'imperatore  di  Russia  non 
mandare  le  sue  truppe  in  Valacchia  e 
Moldavia  per  farvi  la  guerra,  ma  soltan- 
to per  costringere  la  Porta  ad  accettare 
Vultimalumj  che  tale  occupazione  mi-» 
litare  non  doveva  aver  alcun  carattere 
d'invasione,  perciò  raccomandare  di  nul- 
la cambiare  nell'  amministrazione  de' 
principati;  che  i  funzionari  restassero  al 


170 


V  A  L 


poslo  loro,  che  la  percezione  dell'i m po- 
ste non  fosse  inlenolla,  e  che  si  mante- 
nesse il  servizio  delle  dognne.  /\*i8  giu- 
gno Halcinski  console  generale  di  Uussia 
nella  Valacchia,  parli  per  la  Moldavia 
per  incontrare  le  truppe  russe  del  corpo 
comandalo  dal  principe  Gorlschukoll , 
rhe  avevano  ricevuto  l'ordine  di  passare  il 
Prulh  da  quella  parte,e  d'occupar  la  Mol* 
do-Valacchia  sino  al  Danubio.  Comin- 
ciò l'ingresso  de'  russi  del  corpo  man- 
dato dal  general  Danneherg  in  Molda- 
via a*2ea'3  luglio  presso  Skuleny  e  Leo- 
•wna,  con  proclama  del  principe  Gort- 
schakoir,  dichiarante  lo  scopo  dell'occu- 
pazion*e,  e  il  mantenimento  dell'ammini- 
si  razione  degli  ospodari.  A*  7  co«  altro 
allrocorpoi  russi  occuparono  ancora  Ol- 
tenitz  sul  Danubio  della  Valacchia,  pun- 
to assai  iujportanle  ,  dirigendosi  sopra 
I3ucharest.  Così  due  corpi  d'armale  russe 
occuparono  la  Moldo-Valacchia.  La  Por- 
ta (jualificò  l'invasione  un'  usurpazione, 
e  doversi  respingere  coll'armi,  e  ne  fece 
gravi  rimostranze  alla  Russia.  Molti  della 
A'alncchia  e  Moldavia  volendosi  conser- 
vare Fedeli  al  sultano  ,  ne  parliiono;  il 
simile  fecero  in  seguilo  gli  ospodari  Stir- 
bey  e  Ghika,  abbandonando  Bucharest 
e  Jassy  nel  declinar  di  ottobre  ,  recan- 
dosi a  Vienna  dopo  aver  ambedue  ema- 
nalo un  rescritto  al  consiglio  straordina- 
rio d'amministrazione.  In  quello  dell'o- 
spodaro  di  Valacchia  Stirbey  è  detto. 
Che  lo  slato  attuale  delle  cose  richiede- 
va da  l^ui  il  temporaneo  allontanamento 
dal  principato,  e  perciò  aftìtiare  d  gover- 
no al  consiglio  generale  d'  amministra- 
zione di  Valacchia,  lino  ad  altre  misu- 
re; incaricando  ili."  boiaro  e  gran  bano 
Giorgio  Filippesko,  di  procedere  co'capi 
de'dipartimeutiii  corso  degli  affari,  i  casi 
speciali  dovendosi  assoggettare  al  consi- 
glio. Questo  poi  pubblicò  analoghe  di- 
sposizioni. Nel  rescritto  dell'ospodaro  di 
JMoldavia  Ghika,  diretto  al  consiglio 
straordinario  d'  amministrazione  della 
medesima,  si  legge.  Che  eiseado,  in  forza 


VAL 

de'difficili  avvenimenti,  divenuta  incom- 
patibile la  sua  posizione  collo  stato  delle 
cose,  riteneva  suo  dovere  affidare  le  re- 
dini del  governo  nelle  mani  di  detto oon- 
siglio,  invitandolo  insieme  ad  ailempiere 
le  relative  cure  sia  colletlivaraenle  e  sia 
individualmente  sotto  lu  loro  responsa- 
bilità, fino  ad  ulteriori  disposizioni.   Al 
logoteta  poi  Basilio  Ghika  ministro  delle 
lìnan/e,  l'ospodaro  diresse  un'ordinanza, 
hidandone  la  gestione  e  i  vantaggi  recali 
al  tesoro  e  al  paese;  gli  manifestò  la  sua 
principesca  soddisfazione,  e  conferman- 
dolo con  particolare  decreto  in  logoteta^ 
espose  la  piena  convinzione  che  avrebbe 
conlinuato  ad  amministrare  col  medesi- 
mo zelojtaientie  attività  nel  posto  in  cui 
lo  avea  collocato.  Si  disse  che  l'impera- 
tore delle  Russie  accordò  a' principi  Stir- 
bey e  Ghika  10,000  franchi  al  mese  per 
ciascuno,  con  tratlauienlo  di  disponibili- 
tà ;  e  che  pagò  5o,ooo  ducati  pe'  debiti 
formati  dall'ospodaro  Ghika.  Il  sultano 
con  un  manifesto  istruì  di  tutto  i  suoi 
sudditi,  e  vi  eccitò  il  patrio  bellicoso  eu- 
tusiasujo,  ricevendo  poi  a  propria  difesa  e 
dellaTurchiaavantiCostanlino[)oli  le  flot- 
te francese  e  inglese.  Decisa  dal  sultano  la 
guerra  contro  la  Russia,  ingiunse  a  Omer 
pascià  d'intimare  al  principeGortschakol! 
Io  sgombro  de'principali  ini 5  giorni,   e 
quindi  incominciare  le  ostilità;  ed  Omer 
rS  ottobre  formalmente  eseguì  l'intima- 
v.ione.  Rispose  il  principe  nel  dì  seguente 
non  aver  poteri  per  trattare  della  pace, 
della  guerra  o  dello  sgombro  de'  princi- 
pati colle  truppe  alGdate  al  suo  comando. 
Non  solamente  il  comandante  russo  si  ri- 
cusò di  partire,  ma  occupò  le  fortezze  che 
sino  allora  guarnivano  le  truppe  raol- 
do-valacche,ed  d  principe  Menzikoff ven- 
ne nominato  governatore  civile  e  mili- 
tare de'principali  Danubiani.  Questi  pe- 
rò furono  governati  dal  barone  di  Bud- 
berg.  Bucharest,  Jassy  e  tutte  le  città  de' 
principati  Daruibiani  furono  dichiarate 
in  istato  d'assedio;  venne  promulgata  la 
legge  marziale,  ordinato  a  tutti  i  luao- 


VAL 

mettani  di  parlile  senz'indugio cla'prin* 
cipali,  e  proibita  a'molilo-valacchi  sotto 
pena  di  morte  qualunque  relazione  co' 
turchi.  Buchaiest  divenne  quartiere  ge- 
nerale de'russi.  Nella  notte  de'  23  otto- 
bre, essendo  spirato  il  termine  stabilito 
da  Omer  pascPa  al  principe  GortschakolF 
per  l'evacuazione  de' principali,  le  osti* 
lilà  cominciarono  sul  Danubio,  il  quale 
era  vietalo  di  rimontarlo  a'russi  con  na« 
TÌ  guerresche  dal  trattato  d'AdrianopoIi, 
oltre  la  foce  del  Pruth.  Quindi  nella  sles- 
sa notte  i  turchi  passalo  il  Danubio  a 
Turlukai,  aggredirono  i  russi  nel  cam- 
po e  fecero  alcuni  prigioni ,  altrettanto 
operarono  gli  arabi  nell'isola  di  Tscetal, 
varcato  il  Carussù. Contemporaneamen- 
te in  Asia  nello  stesso  giorno  comincia- 
rono le  ostilità  fra'lurchi  e  i  russi,  altac- 
cando  i  primi  il  forte  di  Chekvetil  e  lo 
presero.  Inoltre  a'2  3  i  russi  con  battelli 
a  vapore  sforzarono  il  passo  del  Danu- 
bio, resistendo  all'artiglierie  della  fortez- 
za d'Isaklcha.  A'27  i  turchi  entrarono 
nella  piccola  Valacchia  ,  e  presero  Ka- 
jafat.  Questi  furono  i  principii  delle  o- 
slililà  per  cominciar  la  sanguinosa  lotta. 
Nondimeno  a  consiglio  della  Francia  e 
dell'Inghilterra,  la  Porla  si  dichiarò  an- 
cora pronta  a  trattative  di  pace  ,  ma  a 
condizione.!. Dell'immediata  evacuazio- 
ne de' principati  da  parte  della  Piussia. 
2.  Che  le  potenze  europee  dassero  alla 
Porta  dellegaranzie  per  impedire  nuo- 
ve invasioni  della  Valacchia  e  della  Mol- 
davia. Si  calcolò  l'armata  occupalrice  de' 
russi  a  100,000  uomini;  quella  d'Oraer  pa- 
scià entrato  inValacchia  a  circa  160,000, 
ma  soli  40,000  ne  introdusse  in  princi- 
pio nel  paese,  potendo  essere  rinforzato 
da  un  giorno  all'altro;  cosi  i  russi  lo  po- 
tevano coU'esercito  di  Bessarabia,  In  tal 
modo  gli  sventurati  principali  divenne- 
ro il  teatro  dell'esordio  della  gigantesca 
guerra,  e  ne  provarono  tutte  le  calami- 
tà che  ne  sono  inevitabile  conseguenza. 
Finché  la  storia  non  avrà  stabilito  e  chia- 
rito i  fatti  d'  arali  che   si  successero  la 


VAL  171 

più  punti,  è  da  evitarsi  il  dettaglio  rife- 
rito dal  giornalismo  cojjlemporaneo,  so- 
vente contraddittorio  o  per  lo  meno  ine- 
satto.Gortschakolf  incorporò  al  suo  eser- 
cito la  milizia  valacca,  e  ne  fece  encomi. 
Quella  regolare  ascendeva  a  10,000  uo- 
mini, quella  detta  de'conHnari  era  d'un 
numero  maggiore;  tulle  le  forze  che  la 
Valacchia  teneva  sotto  le  armi  ,  al  più 
si  calcolarono  a  24,000  uomini.  Princi- 
piò i  combattimenti  la  Turchia  con  di- 
versi prosperi  eventi  in  Europa  e  in  A- 
sia  ;  ma  poi  indietreggiò,  solo  occupan- 
do una  piccola  porzione  della  Valac- 
chia.Tale  era  in  generale  lo  stato  delle  co- 
se allo  spirar  del  1 853.  Cominciò  il  nuo- 
vo anno  con  avvenimenti  importanti  nel- 
la Valacchia,  che  ne  fu  teatro,  e  dove  i 
russi  co'rinforzi  della  grande  Valacchia  vi 
riunirono  un3o,ooo  uomini. ìVon  lungi  da 
Ralafat  verso  Craiova  è  l'ignobile  villag- 
gio  di  Csetale,  che  divenne  celebre  per  le 
battaglie  che  vi  si  combatterono,  di  cui 
fu  campo  sanguinoso  le  sue  pianiu'e;  gli 
scontri  furono  terribili  con  gravi  perdi- 
te de'belligeranli,  durando  parecchi  gior- 
ni la  lolla.  Quasi  lutti  i  conventi  della 
Valacchia  vennero  trasformati  in  ospe- 
dali, continuamente  riempiendosi  di  fe- 
riti e  di  malati.  Constando  da'lratlali  che 
l'integrità  della  Turchìa  è  sotto  la  gua- 
rentigia delle  5  grandi  potenze  europee, 
dopo  la  battaglia  navale  di  Sinopc^  per 
impedire  altri  simili  disastri,  il  naviglio 
anglo-francese  entrò  nell'Eusino  a'3  gen- 
naio ,  con  flotta  combinata  superiore  a 
quella  de'russi  per  numero  di  navi  e  abi- 
lità di  maneggio.  A  contrappeso  dell'oc- 
cupazione russa  de'principa  ti,  ebbero  pei* 
iscopo  l'occupazione  del  mar  Nero,  fiu- 
che  i  russi  non  si  ritirassero  al  di  là  del 
Pruth.  Essi  invece  richiamarono  in  ser- 
vizio le  flotte  di  riserva  del  mar  Baltico, 
temendo  che  questo  fosse  attaccato.  Ni- 
colò I  si  preparò  sempre  più  alla  formi- 
dabile tenzone,  vedendo  laTurchia  soste- 
nuta dalle  possenti  Francia  e  Inghilter- 
ra, non  solo  quanto  al  materiale,  ma  cb- 


172  VAL 

be  cura  pure  del  morale,  sia  colle  pre- 
ghiere ordinate  anche  ne'princìpali  Da- 
nubiani, sia  con  pastorali  encicliche  del» 
l'episcopato  all'esercito,  per  indammar* 
]oa  guerra  di  patria  e  di  religione.  L'Au- 
stria inviò  a' confini  della  Valacchia  un 
considerabile  corpo  di  milizie,  a  tutela 
delle  Provincie  di  frontiera  del  suo  ini- 
pero.  La  Servia  si  dichiarò  neutrale,  e 
fu  assicurala  di  sua  benevolenza  da  Ni- 
colò I,  ed  a'i3  gennaio  fece  altrettanto 
il  sultano  col  seguente  firmano,  riguar» 
dante  eziandio  la  Moldo- Valacchia.  »  A 
te,  Alessandro  Georgewitch  bey,  altuaie 
principe  di  Serbia,  cui  voglia  esserti  du- 
ratura la  tua  dignità,  ordino:  Io  mi  ho 
io  ogni  tempo  data  sollecitudine  pel  per* 
manente  mantenimento  de'privilegi,  in 
quanto  concerne  l'amministrazione  in- 
terna delia  Serbia,  della  Valacchia  e  del- 
la Moldavia,  provincieche  sono  parti  in- 
tegranti del  mio  impero.  E  sebbene  in 
seguito  alla  guerra  scoppiata  tra  la  mia 
sublime  Porta  e  la  Russia  siano  abrogati 
i  trattati  tra  le  due  corti,  pure  le  premu- 
re della  mia  sublime  Porta  pella  conser- 
vazione del  benessere  e  della  trancpjillità 
de'miei  fedeli  sudditi  del  mio  impero  so- 
no una  garanzia  pel  mantenimento  de' 
medesimi.  Del  resto  essendo  la  conserva- 
zione di  disposizioni  di  tale  natura  una 
conseguenza  de'fermi  princìpii  della  mia 
sublime  Porta,  che  essa  stessa  se  li  ha 
fìssati,  ed  essendone  interessata  la  sua  di- 
gnità, io  ho  la  sincera  intenzioue  di  man- 
tenere continuamente  i  privilegi  di  que- 
ste 3  Provincie,  e  lungi  dal  volerne  toglie- 
re qualche  menoma  particella  ,  non  mi 
rìstarrò,  al  contrario,  di  dare  ad  esse,  a 
norma  delle  circostanze  e  della  loro  di- 
vozione ,  ulteriori  prove  della  sovrana 
mia  benevolenza.  Quest'ordine  del  mio 
imperiai  divano  è  stato  emanato  onde 
palesare  e  notificare  pubblicamente  che 
ella  è  mia  ferma  deliberazione  di  man- 
tenere intatti,  come  fin'ora,  gli  esistenti 
privilegi  della  Serbia  ,  che  è  una  parte 
del  mio  impero.  Tostochè  V  avrai  rice-< 


VAL 

vuto,  sarà  tua  cura  che  il  contenuto  di 
quest'ordine  vengaa  cognizione,con  tutte 
le  sue  particolarità,  di  tutti  quelli  a  cui 
è  diretto;  tu  applicherai  tutta  la  premu- 
ra ch'esige  la  tua  carica  e  la  tua  pruden- 
za nel  mantenere  il  benessere,  la  tran- 
quillità e  la  pace  generale  de'sudditi  della 
mia  sublime  Porla,  e  tu  farai  tutto  il 
tuo  possibile  per  eseguire  esattamente 
tutti  questi  punti."  Il  passaggio  del  Da- 
nubio si  operò  da  Ibraila  e  di  fronte  a 
Galalz,  a '2  3  marzo  a  Ma  Ischi  n,  Isaktcha 
Tulcha,  da'generali  GortschakofF  e  Lii- 
ders,  i  quali  si  recarono  nella  Bulgaria 
e  nella  Dubruska,  colTintendimento  di 
tentare  l'occupazione  di  Costantinopoli. 
Però  a'2  ymarzo  la  Francia  e  l'Inghilterra 
dichiararono  definitivamente  la  guerra 
alla  Russia,  per  prestare  assistenza  attiva 
al  sultano  Abdul-Medjid  loro  alleato,  alla 
cui  difesa  poi  si  aggiunse  il  redi  Sarde- 
gna. Indi  le  potenze  di  Germania  ammi- 
sero l'inviolabile  integrità  della  Turchia 
e  lo  sgombro  della  Valacchia  e  Molda- 
via. Frattanto  eletto  comandante  supre- 
mo di  tutte  le  truppe  russe  sul  Danubio 
il  celebre  feld-maresciallo  principe  Pa- 
skewitch,a'24  aprile  arrivò  aRucharest, 
e  tosto  fece  evacuar  la  piccola  Valacchia, 
poiché  cambiando  i  piani  politici  e  stra- 
tegici, voi  le  concentrare  le  forze  IraRust- 
sciuk  e  Silislria.  Mentre  gli  alleali  ne' 
mari  Nero  e  Baltico  andavano  iu  caccia 
delle  flotte  russe,  queste  ebbero  ordine 
d'evitare  qualunque  scontro.  1  russi  in- 
tanto sulla  riva  del  Danubio  continua- 
vano ad  esser  superiori  di  mollo  a'tur- 
chi  comandati  da  Oiner  pascià,  imperoc- 
ché sebbene  questi  avesse  circa  i  10,000 
uomini  di  truppa  regolare,  la  cavalleria 
era  mal  montala  e  sproporzionala  al  nu- 
me ro  de'fanti,  e  l'artiglieria  avea  quasi 
2  00  bocche  da  fuoco.  Gì'  irregolari  si 
battevano  male,  e  forse  si  resero  piti  no- 
cevoli  che  utili,  insofferenti  d'ogni  disci- 
plina. Con  tale  truppa,  nella  quale  sem- 
bra va  concentrala  la  vita  dell'impero  tur- 
co iu  Europa,  Omer  dovea  provvedere 


VAL 

dì  guarnigioni  le  fortezze  di  Vlddino  e 
Silistrìa,  e  quelle  situate  fra  questi  punti| 
cioè  Nicopoli,  Sistowa  e  altre.  Dovea 
inoltre  difendere  la  2/  linea  delle  città 
che  si  stendono  da  Sofia  a  Varna.   Più 
difender  Kalafat ,  e  far  fronte  a' russi. 
Questi  in  vece  erano  forti  di  1 90,000  fan- 
ti, 25,000  cavalli,  12,000  artiglieri,   il 
che  portava  l'esercito  russo  a  227,000 
uomini,  oltre  25,ooo  cosacchi,con  55o 
bocche  da  fuoco.  Il  corpo  della  Dobru- 
ska  era  di  60,000  russi,  onde  l'esercito 
che  nel  alaggio  si  preparava  a  passare  il 
Danubio  a  Kassova  per  unirsi  al  passato, 
sommava  a  circa  140,000  uomini.  Sili- 
stria  fece  un'insuperabile  resistenza  a  Pa- 
skewitch  e  Liiders,  ed  ili.°  per  contu- 
sione ricevuta  si  ritirò  a  Jassy,  indi  parli 
da  essa  e  riprese  il  supremo   comando 
GortschakofF.  Dopoché  sul  Danubio  si 
agglomerò  un   potente  esercito  anglo- 
francese, l'Austria  cominciò  a  minacciar 
la  Russia,  insistendo  sullo  sgombero  de' 
principati,  per  non  voler  tollerare  som- 
mosse a'  suoi  confini  ;  anche  la  Prussia 
fece  mostra  d'imporre  altrettanto  a'russi 
per  non  dichiarar  loro  la  guerra.  I  nobili 
valàcchi  e  la  popolazione  niostrandosi  av- 
versi alla  Russia,  Nicolò  I  ordinò  al  baro- 
ne di  Budberg  di  rimproverarli,  prima  di 
recarsi  al  quartiere  generale  del  princi- 
pe GortschakofF.  Il  barone  convocò  i  prin- 
cipali boiari  e  impiegati  per  comunicar 
loro  gli  ordini  da  eseguirsi  durante  la 
sua  assenza.  La  maggior  parte  si  scusò 
dicendosi  ammalali,  laonde  il  barone  do- 
vette contentarsi  di  Irasmeller  loro  co- 
pia d'un  rescritto  del  ministero  imperia- 
le dato  a  Pietroburgo  l'i  i  giugno 1 854- 
Eccone  il  tenore,  che  inoltre  svela  quali 
erano  l'intenzioni  dell'  imperatore.  «  S. 
M.  lo  Czar  desidera  che  facciate  compren- 
dere a'valacchi  il  disgusto  prodotto  in  S. 
M.  pel  loro  strano  conlegno,  e  special- 
mente perquello  de'boiari  riguardo  alle 
truppe  russe  che  entrarono  ne'principatl 
coli'  intenzione  di   liberarli    per  sempre 
dall'  insopportabile  giogo  maomettano. 


VAL  173 

Lo  Czar  non  reputa  conveniente  che  nel- 
le presenti  circostanze  i  correligionari  di 
S.  M.  sieno  sottomessi  ad  un  governo  che 
non  è  cristiano.  Se  i  valacchi  non  lo  com- 
prendono, perchè  troppo  dominati  dal- 
l'influenza dell*  eretica  Europa  occiden- 
tale ,  non  pertanto  lo  Czar  non  può  la- 
sciar incompiuta  la  missione  affidatagU 
dal  cielo  come  a  supremo  capo  de'fedeli 
cristiani  ,  eh'  è  quella  di  strappare  per 
sempre  i  seguaci  della  vera  religione  cri- 
stiana, la  greca,  dal  dominio  ottomano. 
S.  M.  lo  Czar  ha  pensato  a  ciò  sin  dal 
principio  del  suo  gì  orioso  regno,  ed  ora 
è  giunto  il  tempo  in  cui  S.  M.  porrà  in 
esecuzione  questo  suo  proponimento  sta- 
bilito da  tanto    tempo,   e  ad  onta  del- 
l'opposizione degli  alni  impossenti  stati 
dell'Europa  eretica.  ]\oi  siamo  con  Dio 
e  Dio  con  noi ,  la  vittoria  sarà  dunque 
dal  lato  nostro.  S.M.  lo  Czar  ordina  che 
voi  sig.    Barone  rimproveriate  acerba- 
mente gl'impiegati  superiori  valacchi  per 
il  loro  sleale  contegno  verso  le  nostre 
truppe.  Verrà  presto  il  tempo  in  cui  que- 
sti renitenti  valacchi  che  provocarono  la 
collera  di  S.  M.  dovranno  espiare  la  loro 
slealtà.  Siate  severissimo  sig.  Barone  con- 
tro questi  libertini  valacchi  ;  quanto  più 
severo  sarete,  tanto  meglio.  Questa  è  la 
volontà  di  S.  M.  lo  Czar.  Nesselrode".  I 
russi  battuti  sul  Danubio,  vincevano  iu 
Armenia.  Nel  luglio  Nicolò  I  ordinò,  che 
per  breve  tempo  le  truppe  si  ritirassero 
dalle  posizioni  insalubri  del  Danubio  ver- 
so le  più  sane  de'monti,  inquieto  per  l'in- 
credibile resistenza  fatta  da'turchi  a  Si- 
listria  e  nell'improvvisata  fortezza  di  Ka- 
lafat ;  di  più  i  turchi  avendo  sempre  tor- 
mentato i  russi  con  frequenti  assalii,  ri- 
ducendoli  alla  difensiva  ed  a  fortificarsi 
in  Bucharest  ed  in  Giurgevo,  dalla  qua! 
ullima  posizione  riuscirono  a   valorosa- 
mente cacciarli  a'7  luglio.  Nel  declinar  di 
tal  mese  alla  fine  i  russi,  per  difender  le 
coste  del  mar  Nero  e  la  Crimea,  e  col 
pretesto  di  molivi  strategici,  comincia- 
rono a  rilirarsì  dalla  Valacchia  e  Mol- 


174  VAL 

davia,  immeilialnmente  nelTiigoslo  occu- 
pale prima  da'Uirchi  coiuantlali  da  IJa- 
lini  pascià  e  da  Meliiiied  Sadyk  pascià 
coinaiidaule  de' cosacclii,  dichiaralo  co- 
mandante della  cillà  di  Bucliaiest  ;  le 
quali  milizie  mussulmane,  generalmen- 
te  furono  con  entusiasmo  festeggiate  e 
massime  in  Bucliarest,  con  rancore  de* 
russi.  Indi  le  provincie  si  occuparono  dal- 
l'Austria, in  conseguenza  delle  sue  rimo- 
stranze, dell'inipegno  preso  in  faccia  al- 
le potenze  col  protocollo  de'  9  aprile,  e 
de'posteriori  accordi  colla  Porta  ;  aven- 
do dovuto  insistere  colla  corte  di  Piussia 
per  lo  sgombro  de'  principati,  la  quale 
annuendovi,  esigeva  convenienti  garan- 
zie, come  può  vedersi  dalla  nota  del  con- 
te di  JN'esseIrode,  riportata  dal  n.°  1 87  del 
Giornale  di  Roma  del  1 854>  in  "uo  alla 
risposta  della  Francia,  dalla  quale  rile- 
vasi non  voler  più  le  grandi  potenze  il 
protettorato  russo  sui  principati  Moldo- 
Valacchi  e  diServia;  esigere  libera  la  na- 
vigazione del  Danuliio  a'suoi  sbocchi,  e 
Ja  revisione  del  trattato  de'  i3  luglio 
1841  per  r  interesse  dell' equihbrio  eu- 
ropeo, e  nel  senso  d'una  limitazione  del- 
la potenza  della  Russia  nel  marNero. En- 
tralo Halim  pascià  in  Bucharest  a'9  ago- 
sto, ricevuto  dal  bano  o  gran  logot(ita 
Cantacuzeno  capo  del  consiglio  d'ammi- 
nistrazione, pubblicò  un  proclama,  in  cui 
assicurò  che  sarebbero  mantenute  tutte 
le  istituzioni  del  paese,  e  che  con  tutte 
le  sue  forze  avrebbe  difeso  la  quiete  e  l'or- 
dine. Vi  giunse  pure  in  Bucharest  Der- 
"vvisch  pascià,  nominato  commissario  del- 
la Porla  ne'principati  Danubiani,  il  qua- 
le notificò  ufficialmente  al  consiglio  d'am- 
oiinisti azione  valacco,che  tulli  i  trattati 
relativi  ai  principali  che  esistevano  fra  la 
B ossia  e  la  Porta  sono  sciolti.  Omer  pa- 
scià fece  il  suo  ingresso  a  Bucharest  so- 
lennemente a'22,  incontralo  da  gran  nu- 
mero di  boiari  alla  testa  di  25,ooo  uo- 
mini e  di  3o  cannoni,  emanando  un  pro- 
clama tranquillante,  di  dimenticanza  al 
passalo,  e  anuuuciaudo  la  prossima  ve- 


V  A  L 

nula  degli  austriaci  per  1*  occupazione 
temporanea  de'principati,  secondo  il  trat- 
tato austro-turco  de'  \f\.  giugno,  e  che 
l'Austria  d  accordo  colla  Porta  effettue- 
rebbe l'organizzazione  de'principati  e  la 
sua  amministrazione,  non  che  difenderli 
da  una  seconda  invasione  russa. L'Austria 
nominò  capitano  generale  delle  truppe 
d'occupazione  della  Moldo-Valacchia,il 
luogotenente  feld-maresciallo  conte  Gio- 
vanni Coronini,  con  residenza  in  Bucha- 
rest. 11  barone  di  Bach  fu  eletto  commis- 
sario civile  ne'principati  per  ristabilirvi 
l'ordine  e  la  fiducia,  inipedire  e  sopire 
qualunque  controversia.  Così  l*  Austria 
vi  ristabilì  l'autorità  della  Porta,  assicu- 
rò le  foci  del  Danubio,  e  francò  il  com- 
mercio degli  stali  federali  gernìanici  so- 
pra il  mar  Nero,  da  essi  lauto  desidera- 
to ;  dappoiché  le  corti  tedesche  aveano 
dichiarato  l'occupazione  russa  de'princi- 
pati e  la  sua  durala  essere  inconciliabile 
cogl'interessi  d'  Austria  e  di  Germania, 
e  che  un  attacco  diretto  dalla  Russia  con- 
tro l'Austria,  in  seguilo  dell'occupazione 
de'principati,  chiamerebbe  all'armi  tut- 
ta la  Confederazione  Germanica.  Così 
venne  evitato  un  conflitto  Ira'due  impe- 
ri, fu  rimosso  il  pericolo  d'  uno  scontro 
fi  a  le  milizie  austriache  e  le  russe,  e  que- 
ste poterono  accorrere  alla  difesa  della 
Crimea  e  di  Sebastopoli  presa  di  mira 
dagli  alleali.  Per  tutto  ciò  la  Valacchia 
e  laMoldavia  stale  tanto  crudelmente  fla- 
gellate dalle  guerresche  azioni,  rimasero 
preservale  da  nuovi  disagi  e  da  sovrab- 
bondanza di  prestazioni.  Già  a'  i3  ago- 
sto si  recò  in  Bucharest  il  quartier  ma- 
stro generale  dell' esercito  austriaco,  i! 
quale  cominciò  a  fare  il  suo  ingresso  ne* 
principati  a'  20,  mentre  il  conte  Gio- 
vanni Coronini  entrò  in  Bucharest  a'  6 
settembre  ricevuto  da  Ouìer  pascià.  Gli 
austriaci  furono  accolti  da*  moldo-va- 
lacchi  con  pubbliche  e  festive  dimostra- 
zioni e  plauso.  Il  comandante  del  3.  e 
4.°  corpo  d*  armata  generale  d'  artiglie- 
lia  barone  de  Hess,  rilasciò  in  occasio- 


VAL 

ne  dell'ingresso  delle  (ruppe  auslriaclie 
il  seguente  proclama  a*  moldo-valacchi. 
«  ALitanti  della  Valacchia  e  Moldavia  ! 
In  seguito  d'  una  convenzione  conclusa 
colla  Sublime  Porla  da  Sua  Maestà  il  raio 
graziosissimo  Signore  e  Imperatore,  l'im- 
periali truppe  austriacheenlraoo  ne'Prin- 
cipali.  Esse  devono  riportarvi  le  benedi- 
zioni della  pace.  Accogliete  quindi  i  mal- 
levadori della  futura  vostra  quiete  e  si- 
curezza, con  aujore  e  fiducia,  essi  si  me- 
riteranno questo  coir  ottimo  contegno, 
coll'ordine  e  colla  disciplina  sempre  di- 
mostrala. I  privilegi  a  voi  assicurati  dal- 
la Sublime  Porta  rimangono  in  pieno  vi- 
gore, però  attendo  da  parte  delle  vostre 
autorità  ogni  coopcrazione,  acciò  venga- 
no alloggiate  e  provvedute  in  modo  sod- 
disfacente le  truppe,  pe'cui  bisogni  sarà 
sempre  dato  l'indennizzo.  M'attendo  pu- 
re quiete  ed  ordine  per  parte  della  po- 
polazione, imperciocché  ogni  perturba- 
zione o  anche  una  semplice  minaccia  per 
parte  di  uomini  o  partili  sediziosi  verrà 
punita  con  tutto  il  rigore  della  legge.  Si 
indica  con  ciò  in  pari  tempo  a  tutte  le 
autorità,  di  rivolgersi  da  oggi  in  poi  in 
lutti  gli  adari  al  tenente  maresciallo  con- 
te Coronini,  che  sta  sotto  i  miei  ordini, 
e  venne  nominato  da  Sua  Maestà  a  co- 
mandante di  tutte  le  truppe  ne'due  prin- 
cipatiDanubiani,o  agli  organi  militari  da 
lui  autorizzali".  Quindi  il  baronede  Hess 
si  recò  a'23  settembre  in  Bucharest,  con 
ricevimenlo  solenne  e  brillante,  accollo 
con  distinzioni  da  0«ner  pascià  e  da  Der- 
wisch  pascià  ;  indi  ispezionò  le  truppe, 
gli  alloggi  e  i  viveri,  e  fece  poi  allrettaii» 
toin  Jassy,  ricevuto  col  maggior  entusia- 
smo dalla  popolazione.  Omer  pascià  par- 
li da  Bucharest  alla  fine  di  settembre,  a' 
29  del  qualeDerwisch  pascià  emanò  aJas- 
sy  un  proclama  diretto  a'moldavi.  Loro 
notificò  averlo  il  sultano  nominalo  com- 
missario imperiale  de'due  principali, per 
vegliare  al  loio  benessere  e  ristabilirvi 
l'ordine.  iVon  doverli  inquietare  l'ingres- 
so delle  forze  militari  austriache  ueila 


VAL  175 

Moldo-Valacchia,  come  di  potenza  ami- 
ca e  alleata  della  Porta,  ed  a  seconda  del 
trattato  speciale  tra  loro  concluso,  in  se- 
quela di  quello  convenuto  co'governi  in- 
glese e  francese.  Che  esse  non  saranno  di 
verun  aggravio,  pagando  puntualmente 
e  in  contanti  quanto  loro  farà  bisogno 
di  comprare.  E  che  siccome  i  russi  avea- 
no  definitivamente  abbandonato  i  prin- 
cipali, così  doversi  ristabilire  lo  stato  an- 
teriore del  paese,  e  S.  A.  il  principe  Ghi- 
ka  aver  ricevuto  l'ordine  di  riprender  le 
redini  di  sua  amministrazione.  Gli  anti- 
chi privilegi  e  diritti  esser  mantenuti  dal- 
la benevola  e  paterna  premura  di  S.  M. 
L  il  Sultano,e  non  doversi  piìistarea'lrat- 
tati  ormai  annullati.  Deplorò  le  molte 
sofferenze  patite  dal  paese,  il  quale  sotto 
l'egida  protettrice  del  sovrano  Sultano, 
in  breve  ritornerebbe  nello  stato  nor- 
male, e  l'invitò  a  proseguire  nell*  osser- 
vanza delle  leggi  vigenti,  nell*  ordine  e 
nella  pubblica  tranquillità.  Già  sino  da' 
1  3  dello  stesso  settembre  il  commissario 
Derwisch  avea  diretto  la  seguente  nota 
al  consiglio  d'amministrazione  del  prin- 
cipato di  Valacchia.  «  Ho  l'onore  d'  an- 
nunziare al  consiglio  d'amministrazione, 
che  in  seguito  alla  ritirala  de'russi  il  go- 
verno di  S.  M.  1.  il  Sultano  è  intenzio- 
nato di  ristabilire  nel  principato  di  Va- 
lacchia lo  stato  anteriore  di  cose,  e  che 
Sua  Serenità  il  principe  Slirbey  ricevet- 
te l'ordine  di  ritornare  a  Bucharest. L'i  in- 
periale  governo  ottomano,  fedele  agli  ob- 
blighi assuntisi,  di  cointelligenza  col  go- 
verno di  S.  M.  I.  R.  Apostolica, amico  ed 
allealo  della  Sublime  Porta,  prese  le  mi- 
sure necessarie  onde  ristabilire  nel  prin- 
cipato di  Valacchia  il  legale  slato  di  cose, 
quale  risulta  da'privilegi  che  furono  ac- 
cordati dal  governo  di  S.  M.  I.  il  Sulta- 
no, in  quanto  concerne  l'amministrazio- 
ne di  questo  paese".  Il  principe  Slirbey 
da  Vienna  con  un  piroscafo  si  condusse 
a  Giurgevo,  ricevuto  solennemente  da' 
boiari,  munito  dell'appoggio  materiale 
(£  morale  de'due  goverui  oltomauo  e  au- 


176  VAL 

sti  iacOj  i  quali  non  ìstiniarono  cosa  pru- 
dente digellarsi  in  braccio  a'nialoii  d'ti- 
nn  nuova  elezione  de'  due  ospodari.  lì 
principe  Slirbey  a*  5  oltobie  fece  il  suo 
ingresso  a  Bucbarest,  formalmente  accol- 
to nel  suo  palazzo  dal  conte  Coronini  col 
suo  stato  maggiore,e  dalle  autorità  civili  e 
militali  luicbe;essendoscbiei'atealla  pur* 
tadel  palazzo  guardie  d'onore  auslriacbe 
e  volaccbe.  Il  principe  Stirbey  emanò  una 
notificazione  agli  abitanti  del  principato 
di  Valacchia.  In  essa  ricordò  loro  il  di- 
spaccio de'  1 4  ottobre  1 853,  nel  quale  ma- 
nifestò a'medesimi  i  motivi  che  l'indus- 
sero allora  ad  abbandonare  il  paese,  i  do- 
lorosi sentimenti  perciò  provali  nel  se- 
pararsi per  veder  interrotta  l'opera  del- 
l' organizzazione,  alla  quale  egli  consa- 
grava le  notti,  mentre  il  paese  trova  vasi 
iu  una  criticissima  posizione.  Ora  coU'a- 
iuto  di  Dio  e  per  ordine  della  sublime 
Porla,essere  tornato  nella  residenza  prin- 
cipesca, ed  avere  ripreso  le  redini  del 
governo.  11  ristabilimento  del  legale  go- 
verno del  paese  essere  nuova  prova  del- 
l'amore paterno  di  S.  i\l.  I.  il  Sultano;  il 
quale  amato  nostro  protettore,  onde  me- 
glio assicurare  la  tranquillità  del  paese, 
concluse  con  S.  M.  l'  imperatore  d'  Au- 
stria speciale  convenzione  suU'  inviate 
truppe,  le  quali  in  unione  alle  vittoriose 
truppe  ottomane,  erano  un  nuovo  pegno 
di  pace  e  di  sicurezza  pel  paese.>i Rumeni  1 
Miei  amali  compatriotti  !  Noi  ci  cono- 
sciamo da  lungo  tempo.  Voi  sapete  con 
quale  cura  noi  percorremmo  il  paese  iu 
tutte  le  direzioni  per  imparare  a  cono- 
scere i  vostri  bisogni  e  per  soddisfarli 
con  tulli  i  mezzi  stanti  in  nostro  potere. 
Voi  sapete  in  quali  dillicili  tempi  noi  ab- 
biamo vissuto,  specialmente  negli  anni 
1 849  e  1 85o.  Voi  sapele  che  noi  vi  ab- 
biamo amato  sempre  con  amore  pater- 
no! Voi  non  avete  dimenticato  la  tran- 
quillila e  la  felice  prosperità  che  il  paese 
godette  negli  ultimi  anni.  Noi  torniamo 
a  voi  qual  padre  a'fìgir.  Noi  ci  sentiamo 
liei  più  profondo  del  cuore  commossi  pc' 


VAL 

vostri  patimenti.  Noi  conosciamo  la  gran- 
dezza e  la  dillìcollà  di  nostra  missione  1 
Siate  sicuri  che  tutti  i  nostri  sforzi  ten- 
deranno a  ristabilire  l'ordine  ed  a  cura- 
re che  lutto  vada  in  bene.  Noi  non  guar- 
deremo a  fatiche  o  sagrifizi,  eredititelo  , 
onde  dar  forma  e  vita  all'amate  e  bene- 
fiche intenzioni  del  nostro  amato  prolet- 
tore. A  raggiungere  ciò  noi  raccogliere- 
mo a  braccia  aperte,  senza  eccezione,lut. 
ti  coloro  che  ci  vorranno  aiutare  con  fe- 
deltà ed  onoratezza.  Quanto  più  diflìcile 
si  è  la  nostra  missione  a  motivo  dell'at- 
tuale condizione  di  cose,  e  per  avere  il 
paese  tanto  sofferto,  tanto  più  sapremo 
riconoscere  il  zelo  e  il  merito  d'ogni  sin- 
golo, come  d'altra  parte  dirigeremo  la 
nostra  più  seria  attenzione  a  sopprime- 
re ogni  conato  il  cui  scopo  fosse  il  di- 
sordine, o  che  tendesse  ad  allontanarsi 
dalla  via  del  retto.  In  questo  modo  la 
benedizione  dell'Altissimo  verrà  a  posar- 
si sui  nostri  sforzi  comuni,  e  si  aprirà  al- 
la nostra  patria  un  brillante  avvenire". 
Il  conte  Coronini  dopo  essere  stato  a  Jas- 
sy,  e  consegnato  il  comando  al  general 
Paar,  qual  comandante  in  capo  delle 
truppe  austriache  di  stazione  nella  Mol- 
davia e  Valacchia,  l'  i  i  ottobre  diresse 
al  consiglio  provvisorio  d' anmiinistra- 
zione  valacco  la  comunicazione  :  Che  ri- 
tenutesi dalle  corti  austriaca  e  ottomana 
necessario  per  ristabilir  ne'due  principati 
lo  stato  normale  di  cose,  di  richiamare  i 
legittimi  principi  de'  medesimi,  e  porre 
nelle  mani  loro  il  governo;avere  d'accordo 
con  Derwisch  pascià,  diretto  invito  a  S. 
A.  il  principe  Ghika,  pregandolo  d'  ab- 
bandonar Vienna  e  tornare  al  suo  poslo 
in  Jassy.  L'  ospodaro  Ghika  licenziatosi 
dall'iujperalore  Francesco  Giuseppe  in 
Vienna,  parli  per  laMoldavia,e  fece  la  sua 
formale  entrala  a  Jassy  l'  1  i  novembre. 
Seguì  quindi  un  gran  nmvimento  di  nu- 
merose truppe  turche  ne'  principali, ove 
la  loro  presenza  non  era  necessaria,  per 
marciare  sul  Prnth,  onde  passare  nella 
Bessarabia  e  nella  Crimea,  ove  si  com- 


VAL 
batteva  accanitamente  la  grande  guerra, 
per  la  memorabile  espugnazione  di  Seba- 
stopoli. A'28  dicembre  fu  comunicato  il 
memorandum  all'ambasciatore  russo  a 
Vienna,  da'ministri  d'Austria,  di  Fran- 
cia e  d'Inghilterra.  In  questo  memoran- 
duìiìy  diviso  in  4  a'ticoli,  era  indicata  la 
Éiecessità  di  sopprimere  il   protettorato 
esclusivodeila  Russia  sulla  Moldavia, Va- 
lacchia e  Servia,  per  l'abusiva  influenza 
che  vi  esercitava  quasi  governandole  co' 
suoi  agenti,  e  di  porre  in  avvenire  sotto 
la  garanzia  collettiva  delle  5  grandi  po- 
tenze i  privilegi  accordati  da*  sultani  a' 
principati,  che  dipendono  dal  loro  impe- 
ro. Era  indicala  anche  la  libera  naviga- 
zione del  Danubio,  uno  de'piìi  magnifici 
sbocchi  del  mondo,  vincolato  da  20  an- 
ni, con  vantaggio  immenso  per  la  Ger- 
mania, e  la  revisione  del  trattato  de'i3 
luglio  1 84 1 ,  onde  stringere  l'impero  ot- 
tomano all'equilibrio  europeo  e  metter 
fine  alla  preponderanza  russa   sul  mar 
Nero.  Ma  ad  onta  che  ardesse  sotto  Se- 
bastopoli la  guerra  con  indicibile  vigore, 
l'imperatore  di  Russia  Nicolò  I  neli855 
accettò  tali  famosi  4  articoli  per  trattare 
la  pace,  convenendo  alla  conferenza  da 
tenersi  in  Vienna  per  discùterli  ;  però 
colpito  da  repentino  male,  moria'2  mar- 
zo, e  gli  successe  il  primogenito  regnan- 
te Alessandro  II  ;  inatteso  avvenimento 
che  accrebbero  alquanto  le  vagheggiate 
speranze  di  pace,  anche  per  essersi  aper- 
te in  Vienna  a'y  marzo  le  corrisponden- 
ti conferenze  dagli  ambasciatori  delle  po- 
tenze. Oltre  il  doversi  sempre  tener  pre- 
sente l'articolo  Turchia  come  già  avver- 
tii, le  cui  notizie  si  compenetrano  con 
quelle  che  in  questo  vado  accennando, 
può  vedersi  il  n."  i25  del  Giornale  di 
Roma  del  i855,  in  cui  si  legge  la  rela- 
tiva risposta  del  ministro  degli  affari  e- 
sleri  di  Francia  Droùyn  de  Lhùys  alla 
circolare  de' io  maggio  del  conte  di  Nes- 
selrode  in  nome  della  Rùssia.  Non  deb- 
bo lacere,  quanto  a'  principali   Moldo- 
Valacchi,  che  il  Giornale  di  Pietrohur- 
VOL.  Lxxxvn. 


VAL  177 

go   rilevò  i  vantaggi  di  cui  essi  sono  de- 
bitori all'intervento  della  Russia.  Fatto 
un  quadro  delle  condizioni,  in  che  furo- 
no poste  le  Provincie  Danubiane  per  vir- 
ili di  antichi  trattati  sotto  la  Porta,  rife- 
risce come  gii  ospodari  erano  scelli  fra 
le  greche  famiglie  di  Costantinopoli  ,  e 
che  dessi  spesso  compravano  la  carica  a 
spese  poi  de' sudditi  de'  principali;  fece 
conoscere  altres'i,  che  a  spese  de* princi- 
pali la   Porta  provvedeva  a'  bisogni  de* 
merdati  della  capitale;  che  il  commercio 
non  vi  era  libero  né  all'interno,   né  al- 
l'estero  ;  che  sotto  un  cattivo  governo 
crebbe  l'immoralità  e  la  miseria;  ed  ac- 
cennò i  miglioramenti  introdotti  ne'me- 
desimi  principati  dalla  paced'Adrianopo- 
li.  La  missione  che  avea  la  Russia  da  a- 
dempiere  nel  duraturo  interesse  nel  be- 
ne de'principati  Danubiani  fu  compiuta, 
conclude  il  Giornale  russo,  nel  momen- 
to in  cui  il  governo  privilegiato,  eh'  essi 
godono  sotto  la  supremazia  della  Porta, 
ebbe  la  sanzione  nel  diritto  internaziona- 
le europeo  ,  mediante  una  garanzia  col- 
lettiva di  tutte  le  grandi  potenze.  Final- 
mente espugnata  1*8  settembre  Sebasto- 
poli ,  nel  di  seguente   gli  alleati   furono 
padroni  di  quel  terribile  baluardo  della 
potenza  russa  nel  mar  Nero  e  regina  di 
questo.  Nel  dicembre  i855  il  principe 
Ghika  ospodaro  di  Moldavia  prese  l'ini- 
ziativa d'  un  provvedimento  che  dimo- 
stra sempre  più  quali  siano  i  suoi  nobili 
e  alti  sentimenti,  e  che  a  lui  assicura  una 
pagina  onorevole  nella  storia;  cioè  l'abo- 
lizione in  massima  della  schiavitù  in  Mol- 
davia, ed  il  riscatto  da  operarsi  dallo  sta- 
to, di  coloro  che  non  verranno  affrancati 
da'loro  padroni.  Nel  1 844»  «otto  ''  regno 
del  principe  Michele  Stourdza,  una  leg- 
ge votata  dall'  assemblea  generale  avea 
già  affrancalo  i  zingari  appartenenti  al- 
lo stato  e  al  clero,  ed  aveva  risoluto  che 
i  fondi  provenienti  dalle  contribuzioni 
pagate  da  que'boemi  emancipati  fossero 
destinali  al  riscatto  degli  schiavi  de'pri- 
vati,  cosi  da  6  o  700  individui  poterono 
12 


78  VAL 

essere  riscattati  sino  al  i855.  Appena  il 
principe  Gliika  fuassiinlo  all'ospodara- 
to,  si  occupò  dell'abolizione  della  schia- 
-vitìi  nella  Moldavia,  e  se  avesse  potuto 
non  dare  ascollo  che  alla  voce  del  cuor 
suo  generoso,  da  lungo  tempo  già  egli  a- 
vrebbe  potuto  compiere  l'opera  del  suo 
predecessore;  ma  le  complicazioni  delle 
tristi  circostanze  cbe  per  molli  anni  si  ag- 
gravarono sui  principati,  non  gli  permi- 
sero di  estirpare  prima  questa  piaga  so- 
ciale del  suo  paese.  1  r«issi  die  vi  eVano 
siali  onnipolenli,  si  sarebbero  certamen- 
te opposti,  com'essi  fecero  neh  844»  ^^ 
senza  successo,  all'adempimento  d'un  at- 
to che  avrebbe  richiamato  su  queste  Pro- 
vincie uno  sguardo  simpatico  dell'  Eu- 
ropa, Ora  eh'  è  cessata  la  forza  della  lo- 
ro influenza,  il  principe  Ghika,  i  cui  po- 
teri erano  prossicni  a  spirare,  ed  il  cui  rin  • 
iiovamento  egli  pareva  deciso  di  non 
più  acceltare  se  gli  venisse  olferto,  volle 
prima  di  ritirarsi  collegare  il  suo  nome 
alla  soppressione  d'un  ordine  di  cose  cosi 
vecchio  e  cos'i  vergognoso  pel  suo  paese. 


E"li 


pe 


ciò  indirizzò  al  suo  consiglio  de' 


nunistri  un  messaggio,  per  incai icario  di 
elaborare  su  questa  questione  un  proget- 
to di  legge  j)er  soltoporsi  al  divano  o  con- 
siglio generale.  Questo  messaggio  fu  ac- 
colto con  entusiasmo  dal  consiglio  de' 
ministri.  Si  sperava  che  simile  accogli- 
mento sarebbe  fallo  a  questa  benefica  ri- 
soluzione dal  di  vano  generale.  A'i4  gen- 
naioi856  la  sessione  del  divano  genera- 
le di  Valacchia,  per  lale  anno  fu  aperta 
in  Bucharest  ,  ed  il  ministro  Plangino 
lesse  il  discorso  d'apertura  del  principe 
regnante  Stirbey  al  divano  generale.  Di- 
chiarò considerevolraenle  migliorato  lo 
stato  del  paese,  in  paragone  di  quello  de- 
gli ultimi  mesi  del  1 8 54;  gli  animi  essersi 
tranquillali,  ed  ogni  ben  pensante  va- 
lacco  essere  pienamente  convinto  che  l'u- 
nione e  la  sincera  cooperazione  di  ciascu- 
no, sono  le  condizioni  indispensabili  per 
un  migliore  avvenire  della  patria  sì  du- 
ramente bersagliata.  Che  la  quiete  e  la 


VAL 

sicurezza  nell*  interno  del  paese  non  fu- 
rono turbate  neppure  per  un  istante,  e 
pel  consolidamento  loro  non  cessare  di 
adoperarsi  in  ogni  modo.  Che  la  regola- 
zione e  l'esame  de*  bilanci  consuntivi  de- 
gli anni  1 854  e  1855,  come  pure  il  bilan- 
cio preventivo  dell' entrate  e  uscite  del 
i856,  il  che  coslituisce  la  vera  missione 
del  divano  generale,  forniranno  al  con- 
gresso la  prova  di  non  essersi  risparmia- 
ta fatica  per  migliorar  le  condizioni  fi- 
nanziarie del  paese.  11  bilancio  prevenli- 
vo  presentare  nell'  entrale  un   maggior 
imporlo,  il  quale  coprendo  il  disavanzo 
cagionalo  dalle  spese  straordinarie  del 
i855,  forniva  pure  un  civanzo  di   due 
milioni  e  mezzo,  il  quale  doveva  coprire 
le  spese  della  medesima  categoria  straor- 
dinaria pel  servizio  deli 856.  Essersi  au- 
mentali diversi  redditi  per  ammortizza- 
re il  debito  pubblico,  che  senza  i  soprag- 
giunti avvenimenti  sarebbe  stato  quasi 
del  tutto  pagato  neh 853.  1  fondi  di  ri- 
serva posseduti  da' pubblici  stabilimenti 
sin  dah849,  essere  utibnenle  servili  pe* 
prestiti  al  ministero  delle  finanze  ,  onde 
sopperire  a'bisogni  straordinari.  La  libe- 
ra esportazione  vietata  da  due  anni,  esse- 
re riuscita  un  vero  benefizio  pel   paese. 
♦»  L'assoluta  soppressione  della  schiavila 
de' zingari,  iniziala  già  dalla  legge  del 
1847,  la  quale  mise  allora  elletlivamen- 
te  in  libertà  i  zingari  ch'erano  proprietà 
dello  stalo  e  del  clero,  era  divenuta  una 
necessità  cui  non  si  poteva  più  a  lungo 
differire.  Noi  raccomandiamo  al  serio  vo- 
stro esame  il  progetto  di  legge  riguardan- 
te questa   importantissima   disposizione 
che  fu  elaborata  dal  consiglio  d'  ammi- 
nistrazione, e  non  dubitiamo  che  il  diva- 
no lo  considererà  di  somma   urgenza. 
L'indispensabile  necessità  di  mettere  la 
nostra  patria  in  gradodi  seguire  l'immen- 
so impulso  provocato  negli   altri  paesi 
dalla  costruzione  di  ferrovie  e  da  altri 
stabilimenti  d'utilità  pubblica,  attrasse  a 
se  anche  la   nostra  speciale  attenzione. 
Quantunque  noi  non  dissimuliamo  che 


I 


VAL 

soltanto  la  conclusione  d'una  pace  desi- 
tieiala  da  lutti  può  render  possibile  l'e- 
secuzione di  tali  intraprese  atte  a  dare  uno 
straordinario  inìpulso  a  tutte  le  risorse 
della  nostra  patria,  nullameno  rilenem- 
mo  per  nostro  dovere  di  prendere  in- 
tanto le  disposizioni  preliminari,  affinchè 
inseguito  non  accada  verun  indugio,  e 
di  appianare  1'  eventuali  difficoltà.  Per 
conseguenza  nominanomo  un  delegalo, 
incaricandolo  d'  assumere  offerte  e  di 
mettersi  in  relazione  con  delle  societàche 
fossero  intenzionate  d'imprendere  nella 
Valacchia  la  costruzione  di  ferrovie  e  l'il- 
luminazione a  gaz.  Confidando  nella  vo- 
stra cooperazione,  preghiamo  Iddio  che 
benedica  a'nostri  comuni  lavori  nell'in- 
teresse del  benessere  generale.  Dichiaro 
aperta  la  sessione  del  divano  generale  del 
i856".  India'  7  febbraio  fu  decisa  dal- 
l'assemblea generale  di  Btìcharest  l'è» 
mancipazione  de'zingariconi  i  contro  10 
voti.  Si  calcolò  trovarsi  allora  nella  Va- 
lacchia 70,000  zingari;  la  sola  casa  Bran- 
kovan  ne  possedeva  5ooo,  e  altrettanti  i 
fratelli  Baìianu.  Peronella  Moldavia  l'a- 
bolizione della  schiavitù  e  l'introduzio- 
ne del  bollo  ne' contralti  ,  contestando 
l'attribuzioni  del  divano  generale,  chia- 
ramente fissate  dall'ospodaro  Ghika  con 
allo  de' 17  febbraio  i85o  nell'occasione 
della  I.*  tornata  di  sua  apertura,  provo- 
carono una  sconsiderala  rimostranza  in 
iscritto  da  parte  del  metropolita  di  Jassy 
e  di  vari  boiari,  alla  Porta.  Questa  sen- 
za far  calcolo  di  tale  indirizzo  ,  dettato 
da  animosità  e  spirito  di  parte  ,  confer- 
mò la  misura  presa  dal  principe  Ghika. 
I  documenti  di  grave  biasimo  contro  1'  o- 
peralode'boiari, sedotti  dagli  agitatori  del 
paese,  si  leggono  a  p.  2  38  del  Giornale 
di  Roma  del  i856.  L'indole  pacifica  del- 
l'imperatore Alessandro  II  agevolò  la  so- 
spirata pace  ,  i  cui  preliminari  si  sotto- 
scrissero ili.°  febbraio, in  uno  alla  con- 
venuta Tregua  (F^.)  o  armistizio,  ed  u- 
niversali  furono  le  allegrezze,  tranne  po- 
che non  curabili  eccezioni.  A'  2  i  l'dlu- 


VAL  179 

minalo  sultano  AbduI  Medijd  pubblicò 
il  celebre  Hatti-Humayoun  sull'emanci- 
pazione de'crlsliani  esistenli  nell'impero 
di  Turchia  (^.),  equiparandoli  a'turchi 
ne'diritti  civili,  il  quale  segnò  un'era  no- 
vella per  le  cose  religiose  d'oriente,  non 
senza  rancore  de'mtìssulmani  ingiusti,  e 
non  senza  malcontento  de'  greci  scismati- 
ci. La  tanto  desideratissima  pace  fu  sot- 
toscritta da'  plenipotenziari  in  Parigi  a' 
3o  marzo  i856,  eia  riportai  nel  citalo 
articolo,  precisamente  nel  voi.  LXXXf, 
p.  454  e  seg.  Gli  articoli  i5,  16,  r7,  r8, 
19,  riguardano  la  regolazione  della  na- 
vigazione del  Danubio,  da  eseguirsi  da 
una  commissione  di  delegati  delle  poten- 
ze, fra'quali  dovranno  aver  luogo  i  com- 
missari de'4  principati  Danubiani. La  li- 
bera navigazione  del  Danubio  fu  così 
consagrata,  ed  una  commissione  euro- 
pea venne  preposta  alla  vigilanza  e  al 
nettamento  delle  bocche  del  fiume  ,  che 
i  russi  lasciavano  ingombre  di  sabbia, 
con  grave  danno  della  Germania  centra* 
le, con  politica  per  essi  vantaggiosa.  L'ar- 
ticolo 20  contiene  la  rettificazione  della 
frontiera  di  Bessarabia,  per  la  libertà  di 
detta  navigazione;  cioè  tutta  la  parte  del- 
la Bessarabia  vicina  al  fiume  ,  fu  tolta 
alla  Russia,  perchè  il  basso  Danubio  col- 
le sue  3  bocche  scorreva  sul  territorio 
da  essa  conquistato  nel  1828.  L'articolo 
2  I  dichiara,  che  il  territorio  ceduto  dal- 
la Ptussia  sarà  annesso  alla  Moldavia.  Gli 
articoli  22,  23,  24,  ^5,  26,  27,  28  ,  29, 
riguardano  i  principati  di  Valacchia  e  di 
Moldavia  ,  non  che  quello  di  Servia  ,  i 
quali  continuando  nella  sovranità  della 
Porta  ottomana,  il  godimento  de'privi- 
legi  e  immunità  si  pose  sotto  la  guaren- 
tigia delle  potenze  contraenti  Francia, 
Austria,  Inghilterra,  Russia,  Sardegna  e 
Prussia;  vietandosi  il  protettorato  esclu- 
sivo d'una  delle  potenze  garanti.  La  Por- 
ta s'impegnò  a  conservare  a'  due  princi- 
pali Molclo-Valacchi  l'amministrazione 
indipendente  nazionale,  piena  lil^ertà  di 
cullo,  di  legislazione,  di  commercio  e  di 


i8o  VAL 

navigazione;  così  il  principato  di  Servìa. 
Si  convenne  la  revisione  delle  leggi  raol- 
do-valacche  mediante  commissione  da 
formarsi  dalle  potenze,da  riunirsi  senz'in- 
dugio a  Bucharest;  la  quale  commissio- 
ne dover  preparare  le  basi  per  l'orga- 
nizzazione de*  principati  medesimi ,  pel 
riordinamento  politico  e  amministrativo. 
Promise  la  Porta  di  subito  convocare  un 
divano  ad  hoc  sì  per  la  Valacchia  e  si 
per  la  Moldavia,  composti  in  modo  da 
formare  la  rappresentanza  più  esatta  de- 
gl'interessi di  tutte  le  classi  della  società 
raoldo-valacca,  onde  esprimerei  voti  del- 
le popolazioni  sull'  organizzazione  de' 
principati.  Si  stabilirono  le  loro  principa- 
li norme,  dovendo  l'organizzazione  esse- 
re sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutte 
le  potenze  segnatarie.  Si  convenne  l'esi- 
stenza d'una  forza  armata  nazionale  ne' 
due  principati,  per  mantener  la  loro  si- 
curezza interna  e  quella  delle  frontiere, 
dovendo  respingere  qualunque  aggres- 
sione straniera  d'accordo  colla  Porta.  La 
quiete  interna  de'principati  se  minaccia- 
ta, dover  la  Porta  intendersi  colle  poten- 
ze contraenti  sulle  misure  da  prendersi. 
Si  conservòjl  diritto  di  presidiodella  Por- 
ta. Merita  leggersi  l'articolo  riprodotto 
dal  n.°  128  del  Giornale  di  Roma  del 
]  856,  intorno  alle  bocche  del  Danubio, 
alla  Bessarabia,  ed  al  territorio  tolto  al- 
la Russia  in  forza  del  discorso  trattato  di 
pace;  poiché  la  guerra  del  1828-29  e  il 
conseguente  trattato  estese  i  confini  russi 
dal  Dniester  al  Prutb,  onde  die  alla  Rus- 
sia il  possesso  delle  bocche  del  Danubio. 
Quindi  le  venivano  agevolati  i  mezzi  di 
sturbare  e  impedire  a  norma  de'propri 
interessi  il  commercio  che  inclinava  a  di- 
rigersi per  quella  grande  arteria  fluvia- 
le dell'  Europa.  Traiano  prima  di  con- 
quistare il  paese  de'daci,  oltre  il  Danu- 
bio, costruì  il  Vallo  di  confine  o  baluar- 
do di  Kustendie  ,  volle  proteggere  la 
Moldo-Valacchia,da  lui  ridotta  a  colonia 
romana,  contro  i  daci,  ì  geti,  i sarmati  e  al- 
tri popoli  barbariche  abitavano  lunghesso 


VAL 

il  Dniester.  Fu  quindi  osservato,  che  nel 
1 856  lo  stesso  confine  venne  imposto  a'di- 
scendenti  de'sarmati  e  sciti,  i  russi,  per 
uno  scopo  identico  a  quello  di  Traiano. 
La  cessione  del  territorio  richiesta  si  vol- 
le qualificare  nel  trattato,  col  vocabolo 
urbano  di  Rettificazione  del  confine  rus- 
so in  Bessarabia;  con  che  la  Russia  perde 
un  4-°  della  provincia  con  circa  25o,ooo 
abitanti,  comprese  diverse  città  che  avea 
fortificate  sulle  sponde  del  Danubio  e  del 
Prulh,  massime  Israaìl,  tenuta  per  lungo 
tempo  inespugnabile  e  costata  a'russi  ri- 
vi di  sangue,  quando  nel  1789  la  con- 
quistò SouwarolF.  Allontanata  così  la 
Russia  dal  Prulh  e  dal  Danubio,  l'indi- 
pendenza de'principati  Dauubiani  fu  as- 
sicurata contro  ogni  protettorato  esclu» 
sivo  della  Russia  :  insieme  venne  eretto 
un  argine  territoriale  e  politico  tra  essa 
e  l'impero  ottomano;  laonde  il  piano  se- 
colare della  Russia  contro  l'Oriente  fu 
rovesciato ,  o  almeno  per  lungo  tempo 
prorogato.  Quindi  però  non  tardarono  a 
convergere  tutte  le  preoccupazioni  poli- 
tiche quasi  esclusivamente  verso  le  pro- 
vincieMoldo-Valacche:  questo  fu  il  pun- 
to di  mira  in  cui  si  concentrò  tutta  l'at- 
tenzione del  pubblico,  non  meno  che  del- 
la diplomazia  ,  e  dura  ancora.  Imperoc- 
ché si  formarono  della  questione  de'prin- 
cipati Danubiani  3 questioni, cioè:  i. "Re- 
golazione de'confioi.2.'*  Bocche  delDanu- 
bio.3.°Riorganizzazione  interna  ed  ester- 
na ,  la  quale  tosto  risvegliò  le  più  serie 
inquietudini  e  fece  prevedere  i  maggiori 
conflitti,  che  tuttora  prosieguono.  Sicco- 
me il  i.^'e  principale  capo  della  que- 
stione consiste  nel  progetto  di  riunione 
delle  due  provincie  in  una  sola,  sotto  un 
sol  governo  e  sotto  1'  alta  sovranità  del 
sultano,  ne  consegue  che  siffatta  propo- 
sta tende  a  modificare  essenzialmente  i 
rapporti  esterni  de'principati  non  meno 
verso  la  Porta  che  verso  l'Europa.  Le 
potenze  che  vogliono  1'  unione  sono  la 
Francia,  la  Russia  ,  la  Prussia  e  la  Sar- 
degna: quelle  che  vogliono  la  separazio- 


1 


VAL 

ne  e  lo  stata  quo,  quanto  all'esterno,  so* 
no  rinf]hilteiTa,  l'Austria  e  la  Porta.  Os- 
serva la  Civiltà  Cattolica^  serie  3/,  t.  7, 
p.  i5^'.  Principati  Danubiani. ^ha  Por- 
ta perchè  non  ama  avere  uno  stato  che 
di  fatto  sarebbe  poi  da  lei  indipendente: 
1'  Austria  perchè  vede  che  1'  unione  de' 
principati  è  cosa  tutta  liberale  alla  mo- 
derna ,  e  non  ama  avere  alle  sue  porte 
un  nuovo  Piemonte  ed  una  nuova  Sviz- 
zera :  l'Inghilterra  perchè  essa  non  ama 
il  liberalismo  se  non  quando  l'è  utile:  e 
le  è  inutile  nella  Moldo-Valacchia,  anche 
perchè  fa  disservìgio  all'Austria  con  cui 
l'Inghilterra  è  ora  alleata.  La  Russia  in- 
vece pare  che  favorisca  l'unione  per  dar 
noia  air  Austria,  alla  Porta  e  all'  Inghil- 
terra insieme.  La  Sardegna  poi ,  come 
incaricata  ora  di  proteggere  le  grandi  i« 
dee  di  libertà  in  lutto  il  mondo,  favori- 
sce l'unione  senza  voler  saper  altro.  Ciò 
non  ostante,  come  dicemmo,  pare  che  si 
pensi  ora  ad  un  disegno  proposto  dal- 
l'Inghilterra, il  quale  i  giornalinon  dico- 
no ancora  chiaro  che  cosa  voglia  essere, 
ma  certo  non  sarà  favorevole  all'unione: 
aggi  ungesi  che  anche  la  Francia  vi  abbia 
consentito.  Ma  il  P<2y5,  giornale  france- 
se che  è  io  voce  di  semi-ufficiale,protesla 
che  la  Francia  segue  a  volere  l'unione  de' 
priucipali.  Altri  dicono  che  il  disegno  di 
unione  proposto  dall'  Inghilterra  è  ipo- 
tetico; cioè  nel  caso  in  cui  i  divani  voti- 
no per  la  separazione.  In  tal  caso,  per 
conciliare  in  qualche  modo  le  diverse  o- 
pinioni,  si  proporrà,  dicono,  un'unione, 
non  politica,  maamminis  trativa".lnoltre 
aggiunge  la  Civiltà  Cattolica  a  p.  636. 
^> Tutti  i  liberali  d'Europa  desiderano  l'u- 
nione de'principati  Moldo-Valacchi  ;  la 
quale  la  Riis<^ia,  la  Sardegna  eia  Prussia 
vogliono  parimenti  per  fiu*  dispetto  all'Au- 
stria ,  e  r  Inghilterra  non  vuole  per  hv 
dispetto  alla  Russia.  L'Austria  poi  la  te- 
me assaissimo  perchè  porterebbe  seco  u« 
no  stalo  liberale  alle  sue  porte.  Né  man- 
cano politici  i  quali  pretendono  essere 
l'Austria  e  la  Porta  disposte  ad  impedir 


VAL  181 

l'unione,  anco  co*  mezzi  estremi  di  armi 
e  di  guerra,  sì  che  non  sarebbe  a  stupi- 
re se  una  guerra  d'Occidente  dovesse  se- 
guire come  effetto  della  guerra  d'Orien- 
tel  Ma  non  conviene,  come  dice  il  pro- 
verbio italiano,  farle  vigilie  de'guai".  Fi- 
nalmente osserva  la  Civiltà  Cattolica  a 
p.  753.  I  principati  Moldo-Valacchi  so- 
no situati  sul  Danubio  e  sulla  via  di  Co- 
stantinopoli; di  che  il  padrone  de''princi- 
pati  sarà  il  padrone  del  Bosforo  e  del 
commercio  del  Danubio.  Quinci  si  spie- 
ga perchè  da  due  secoli  l'Europa  si  sia 
occupata  sì  premurosamente  di  questo 
territorio.  Quelli  che  pretendono  l'unio- 
ne de'principati,  si  dice  che  principalmen- 
te esigono.  I .  La  Valacchia  e  la  Moldavia, 
con  parte  della  Bessarabia  ,  formeranno 
uno  slato  unico  sotto  la  mallevaria  delle 
grandi  potenze.  2.  La  nazione  avrà  il  di- 
ritto di  scegliere  il  suo  principe  nel  pro- 
prio seno,  od  io  una  delle  famiglie  prin- 
cipesche d'Europa  jil  sultano  riconosce- 
rà la  trasmissione  ereditaria  del  potere 
nella  famiglia  di  quel  principe  ,  sotto  la 
mallevaria  delle  grandi  potenze.  3.  Al 
principe  eletto  ed  al  suo  governo  sarà 
riserbato  d'introdurre  nel  paese  le  rifor- 
me e  le  istituzioni  necessarie,  conforme- 
mente alle  massime  stabilite  dalla  Porla, 
d'accordo  colle  grandi  potenze,  cioè:  l'a- 
bolizione della  servitìi,  l'emancipazione 
de'contadini,  il  proporzionale  riparto  del- 
l'imposte su  tutte  le  classi,  l'introduzio- 
ne di  codici  e  di  leggi  simili  a  quelle  che 
esistono  ne'paesi  civili  d  Europa.  Ma  tor- 
nando all'epoca  che  seguì  la  pace,  si  dis- 
se da'pubblici  giornali,  che  appena  nel  fi» 
nir  di  giugno  1 856 Aalì  pascià  rientrò  nel- 
le sue  funzioni  di  gran  visir,  il  i.^suo  atto 
fu  quello  di  sottoscrivere  in  nome  della 
Porta  ottomana  un'energica  protesta  as- 
sai esplicita,  contro  ogni  progelto'.che  ab- 
bia per  iscopo  di  fare  della  Moldavia  e 
della  Valacchia  uno  stato  solo.  Il  divano 
imperiale  intanto  pareva  disposto  di  pro- 
rogare a  tutto  agosto  prossimo  i  poteri 
di  Ghika  ospodaro  di  Moldavìa,e  di  Stir- 


i82  VAL 

bey  ospodaro  di  Valaccbio;  poteri  th'e- 
jano  già  spirati ,  giusta  la  uota  coi)veii> 
zioiie  de'i4  o  24  gi"o'^^>  (piando  ambe- 
due gli  ospodari  abdicuruuu  iu  loro  rap- 
presentanza. 11  principe  Slirbey  depose  il 
potere  e  l'annunziò  a' 7  luglio  con  pro- 
clama agli  abitanti  della  Valaccbia  ,  ri- 
mettendo al  consiglio  straordinario  d'am- 
minislrazione,  l'amministrazione  provvi- 
soria del  paese ,  sotto  la  presidenza  del 
bano  Emanuele  Dalleano.  Ammoni  i  va- 
laccbi  alla  concordia  e  all'unione,  pel  ben 
essere  della  patria  comune,  per  corri- 
spondere alle  magnanime  intenzioni  del 
sultano  protettore  e  a  quelle  nobili  delle 
grandi  potenze.  Fincbè  il  commissario  ot- 
tomano e  i  commissari  di  dette  potenze 
in  Bucharest  conosceranno  i  desiderii  e  i 
bisogni  del  paese,  fu  risoluto  d'  aflidar- 
si  in  tjuest'  intervallo  la  direzione  degli 
alTari  di  Valaccbia  e  di  Moldavia  all'am- 
ininistrazione  provvisoria  di  due  speciali 
caimacani,  luogotenenti  o  vice-principi, 
da  durare  Hncbè  entri  in  vigore  la  nuo- 
\a  organizzazione  cbe  verrà  garantita  a 
ciascuno  ile'principati.  Ad  ogni  caimacan 
fu  fissata  la  slessa  lista  civile  degli  ospo- 
dari  ,  cioè  annui  60,000  ducati ,  corri- 
spondenti a  più  di  700,000  franchi.  A*  16 
luglio  il  bano  di  Valaccbia  Balleano  no- 
tificò agli  abitanti  del  paese,  cbe  la  Porta 
gli  avea  comunicato  1'  elezione  al  cai  ma- 
canato  valacco  di  Sua  Serenità  il  princi- 
pe Alessandro  Demetrio  Gbika,  figlio  del 
giù  ospodaro  di  Moldavia,  e  di  dovere  ad 
esso  trasmettere  il  governo  del  piincipa- 
to  il  consiglio  straordinario  d'ammini- 
strazione. A'  29  luglio  nella  metropoli- 
tana di  Bucbarest,dinanzi  a  numerosa  as- 
se n>b!ea,  si  lesse  il  firmano  che  conferiva 
ol  principe  A.  Gbika  la  dignità  di  cai- 
tnacan  del  principato  valacco,  prima  in 
lingua  turca  e  poi  in  lingua  rumena,  se- 
guendo l'allocuzione  di  Riamilbey  por- 
tatore del  firmano.  11  caimacan  rispose  in 
modo  degno  e  fern»o.  Nel  firmano  la  Por- 
ta sovente  ripetè  la  parola  sovranità  ,  e 
aoounzio  l'arrivo  de'commissari  e  T  at- 


VAL 

funzione  del  prossimo  riordinamento  con 
tanta  impazienza  atteso  dalle  popolazio- 
ni. Secondo  il  tenore  del  firmano  la  cai- 
inncania  deve  durare  quanto  l'elabora- 
zione delle  nuove  riforme,  e  sino  all'ele- 
zione d'un  nuovo  vaivoda.  La  presenza 
del  corpo  di[>lomalico,  di  tutte  le  nota- 
bilità civili  e  militari  indigene,  di  tutti  i 
ministri  in  funzione  e  d'un  gran  numero 
di  boiari,  accrebbe  lo  splendore  della  so- 
lennità. A' 24  luglio  Teodoro  Balcbe  o 
Balsacb  in  Jassy  diresse  all'armata  un  or- 
dine del  giorno,  nel  quale  dichiarò:  Che 
avendo  il  principe  Gregorio  Gbika  com- 
pito il  suo  mandalo,  la  Porta  erasi   de- 
gnata nominarlo  caimacan  del  principa- 
to di  Moldavia,  e  di  afìidargli  il  gover- 
no provvisorio  del  paese.  Esortò  le  trup- 
pe d'ogni  arma  dell'esercito  moldavo  al- 
l'esemplare disciplina  e  alia  divozione  al 
governo,  promettendogli  un  migliore  av- 
venire quando  ne  sarà  aumentato  il  nu- 
mero e  migliorala  l'organizzazione.  Co- 
me soldato  uscilo  dalle  sue  fila,  promise 
di  saper  valutare  imparzialmente  i  servi- 
gi e  i  meriti  di  ciascuno,  e  di  curare  e- 
nergicamente  che   venissero    soddisfatti 
tutti  i  bisogni  dell'armala.  Ne'primi  d'a- 
gosto il  coiileCoronini,comandanle  il  cor- 
po austriaco  d'occupazione,  comunicò  uf- 
ficialmente alle  serenità  de'principi  cai- 
macani regnanti  di  Valaccbia  e  Molda- 
via ,  cbe  la  sua  missione  era  compita  ,  e 
che  d'ordine  del  suo  imperatore  ritorna- 
va in  Austria  ,  succedendolo  nel  coman- 
do dell'imperiali  truppe,  finche  restavano 
nel  paese,  il  tenente  maresciallo  barone 
Marziani.  Indi  il  conte  Coronini  a'g  ago- 
sto partì  dal  suo  quartier  generale  di  Bu- 
charest, ot»de  ritornare  a  Temeswar,  la- 
sciando di  se  ne' principali  ouoratissirna 
memoria,  dopo  averne  ricevute  pubbli- 
che dimostrazioni.  1  n.i  22  5  e  247  del 
Giornale  di  Roma  del  1 856  riportano  la 
circolare  e  la  noia  del  governo  ottoma' 
no  a'suoi  diplomatici ,  per  parteciparla 
alle  rispettive  corti  alleate  ov' erano  ac- 
creditali, sulla  riorganizzazione  de'priu- 


VAL 

ci  pati  Moldo-Valacclii,  sulla  convocazio- 
ne de'dlvaoi  ad  IioCy  e  sulla  coui missio- 
ne europea  da  recarsi  sul  teatro  de'suoi 
lavori  col  delegato  ottomauo,  nelT  inten- 
dimento di  spiegarsi  sulla  questione;  poi- 
ché la  riorganizzazione  de'principati  con- 
venuta dalla   Porta  per  promuovere  le 
loro  prosperità ,  posta  sotto  la  guarenti- 
gia delle  potenze  seguatarie  del  trattato 
de'3o  marzo,  entra  nel  diritto  pubblico 
europeo,  quindi  si  sviluppa  come  dover- 
si operare.  Fero  il  governo  ottomano  nel- 
la circolare  e  nella  nota^  geloso  de'diritti 
del  sultano  sovrano  de*  medesimi,  com- 
batte l'opinione  d'una  minoranza  esisten- 
te ne'principali  che  li  vorrebbe  riuniti  in 
un  solo  stato  e  governati  da  un  solo  prin- 
cipe; opinione  che  avendo  trovato  un  e- 
co  in  alcuni  gabinetti  alleati  della  Porta, 
questa  co'due  scritti  in  discorso  volle  il- 
luminarli sulle  fatali  conseguenze  che  ne 
deriverebbero,  e  rimuovere  la  divergen- 
za d'opinione,  non  conforme  all'idee  con- 
servatrici delle  stesse  grandi  potenze  di 
Europa,  d'integrità  e  indipendenza  del- 
l' impero   ottomano,  che  fu  loro  guida 
nelle  stipulazioni  di  Parigi.  Perciò,  chia- 
mò la  loro  seria  attenzione  sulle  gravi  e 
perniciose  conseguenze  di   tale  sisteuìa, 
spiegando  loro  il  proprio  modo  di  vedere 
a  questo  riguardo,  discutendo  i  due  pun- 
ii de'fautori  dell'unione,  i .  Erigere  uno 
stato  assai  forte  per  servire  di  barriera 
air  impeto.  2.  Creare  un  governo  per  la 
Moldo- Valacchia,  che  colla  sua  unità  d'a- 
zione possa  sviluppare  il  benessere  de' 
suoi  abitami.  Quanto  al  i."  punto  si  so- 
stiene, che  l'unione  non  sarà  barriera  al- 
l' impero,  ma  un  imbarazzo  e  un  conti- 
nuo pericolo,  anco  ne' suoi  rapporti  co* 
vicini.  Quanto  al  2.°  punto  si  dichiara, 
che  da  io  secoli  i  due  principati  furono 
due  nazionalità  separale,  due  corpi  di- 
stinti ;  l' incorporarli   insieme,  produrre 
immancabilmente  la  rovina  de'  vantaggi 
goduti  da  ciascuno  per  le  particolari  lo- 
ro istituzioni.  LaServia  esserne  un  esem- 
pio palpabile:  essa  non  conta  che  la  me^ 


VAL 


i83 


là  della  popolazione  di  Valacchia  e  due 
terzi  di  quella  di  Moldavia ,  e  vive  col- 
le sue  leggi   felice  e  pacifica,  con  a  ca- 
po un  governo  forte  e  nazionale.  Creder- 
si quindi  dal  governo  ottomano ,  che  la 
riunione  de' due  principati  non  sia  una 
condizione  essenziale  del  benessere  loro, 
ed  un  bisogno  reale  per  essi.  La  riunio- 
ne non  offrire  vantaggi,  ne  per  l'impero 
e  uè  pe'moldo-valacchi,  ma  produrrà  in- 
convenienti per  le  due  parti,  e  per  conse- 
guenza complicazioni  per  l'Europa  inte- 
ra. Il  trattato  de'3o  marzo  avere  stabi- 
lito per  le  riforme  da  introdursi  ne'prin- 
cipali, il  principio  di  consultare  i  voti  de* 
due  popoli, che  la  Porta  intende  per  una 
revisione  di  regolamenti  organici,  o  mi- 
glioramento dell'istituzioni  de'due  paesi, 
per  rendere  i  loro  governi  forti  e  stabi- 
li, e  le  loro  amministrazioni  giuste  e  rego- 
lari. Desiderare  il  governo  ottomano  che 
sul  regime  del  governo  de'principati  nel 
rapporto  col  proprio  impero,  di  cui  sono 
vassalli,  non   si  debba  rimettersi  all'  as- 
semblea de'due  paesi,  che  ponno  preferi- 
je  le  utopie  alle  verità  e  alle  realtà,  ma 
ad  un  serio  esame  delle  potenze  alleate. 
Ad  ognuna  delle  provincie  doversi  assi- 
curare un'amministrazione  indipendente 
e  nazionale;  però  la  forma  del   loro  go- 
verno non  deve  stare  in  opposizione  col- 
la costituzione  dell'mipero  da  cui  dipen- 
dono; altrimenti  saranno  una  continua 
sorgente  d'imbarazzi  pel  corpo  a  cui  sono 
legale,  e  non  avrebbero  una  vita  solida  e 
durevole.  Frattanto  insorsero  complica- 
zioni e  dissapori  in  alcune  parli  dell'ese- 
cuzione del  trattato,  come  sullo  sgombro 
de'principati  Danubiani  dalle  truppe  au- 
striache, sul  prolungato  soggiorno  della 
flotta  inglese  nel  Bosforo  e  nel  mar  Nero 
oltre  i  28  ottobre,  sui  confini  tra  la  Rus- 
sia e  la  Turchia,  ec.  Ad  eliminare  siffat- 
ti litigi,  si  convenne  alla  riunione  d'un' 
altra  conferenza  a   Parigi ,  e  chiarite  le 
controversie,  fu  firmato  il  suo  protocollo 
a'6  gennaio  1857  (non  a'7,  come  seguen- 
do la  diligeolissimaCfVz7/à  Cattolica^  dis- 


i84  VAL 

si  sugli  slampuiiidel  voi.  LXXXI,  p.47  i» 
L>eutiiè  ne'giurtiaii  leggessi  la  data  del  G, 
acceuuaiidu  la  conclusione  del  nuovo 
congresso  degli  alleati  e  delle  potenze  iu- 
teiesiiate  nel  tiatlato),  stabilendosi  fra  le 
altre  cose:  per  la  nuova  frontiera,  seguen- 
do il  Vallo  di  Traiano  fino  al  fiume  Yal- 
pouk,  di  lasciarsi  Bolgrad  e  Tocbak  alla 
Moldavia;  l'isola  de'  Serpenti  considerar- 
si come  una  dipendenza  delle  bocche  del 
Danubio;  i  nuovi  lerrilorii  all'ovest  del- 
la nuova  delimitazione,  doversi  aggrega- 
le alhi  Moldavia,  fuori  del  Delta  del  Da- 
nubio, restituito  alla  Turchia;  e  che  a'3o 
inalzo  la  delimitazione  sarebbe  coiupilu, 
e  gli  austriaci  e  gl'inglesi  avrebbero  ri- 
speliivamente  evacualo  i  principali  Da- 
nubiani e  il  mar  Nero.  A' io  in  Coslanti- 
uopuli  finalmente  ebbero  termine  le  con- 
ferenze relative  al  fiiuianodi  convocazio- 
nede'divani  moldo-valacchi,  la  cui  reda- 
zione fu  lungamente  combattuta,  pel  rior- 
ganautento  de'principati.  Il  firmano  dal- 
ia Porta  fii  indirizzato  a'caimacan  di  Va- 
lacchia e  Moldavia  per  la  convocazione 
de'divani  ue'due  principati,  per  esprime- 
re i  desiderii  di  quelle  popolazioni  riguar- 
do alle  riforme  da  introdurre  nelle  loro 
costituzioni.  Il  testo  del  firmano  si  ripro- 
dusse dal  iì°  32  del  Giornale  di  Roma 
del  1857.  In  esso  fra  le  altre  cose  già  e- 
sposte,  quanto  al  line  e  allo  scopo,  sulla 
revisione  delle  leggi  e  statuti,si  dice:  avere 
il  sultano  per  stabilire  un  accordo  perfetto 
io  tale  revisione,  convenuto  colie  poten- 
ze che  guai  entirouo  il  trattato  de'3o  mar- 
zo, che  una  commissione  speciale,  com- 
posta de'Ioro  delegati,  si  riunisca  a  Bu- 
charest,  col  commissario  e  delegato  del- 
la Porta  Mehemed  Essaad  Saafat,  mu- 
slechar  del  gran  visir,  afline  d'esamina- 
re lo  stato  attuale  de'principati,  e  di  pro- 
porre le  basi  del  futuro  loro  ordinamen- 
to. L  quanto  alla  riunione  in  ciascuna 
delle  due  provincie  d'un  divano  «fi /toc, 
composto  il)  guisa  da  rappresentare  gl'in- 
teressi di  tutte  le  classi  della  società  ,  e 
iu'caricalu  d'esprimere  i  desiderii  delle  pò* 


VA  L 
polazioni  riguardo  all'ordinamenlo  defi- 
nitivo de'principati,  il  sultano  ordinò  che 
i  divani  fossero  costituiti  su  basi  che  com- 
pendierò.  Oltre  i  metropolitani  e  i  vesco- 
vi di  ciascuna  provincia,  che  saranno  di 
diritto  membri  del  divano,  i  superiori  e 
amministratori  de'  conventi,  la  cui  pro- 
prietà non  ha  la  stessa  destinazione,  e- 
leggeranno  ciascuno  separatamente  2  de- 
putati originari  del  paese  e  laici,  4  ^'^ 
tutto;  e  i  preti  delia  sede  di  ciascun  ve- 
scovo, da  questi  convocali ,  eleggeranno 
tra  loro  un  deputalo  per  diocesi  per  far 
parte  del  divano.  Tutti  i  boiari  e  i  loro 
figli,  purché  di  3o  anni,  nati  nel  paese  o 
naturalizzati,  e  in  possesso  de'Ioro  diritti 
civili,  si  riuniranno  nel  capoluogo  del 
distretto  in  cui  sono  domiciliati  o  possie- 
dono una  proprietà  di  100  fuUhe  alme- 
no. Essi  a  maggioranza  di  voli  vi  eleg- 
geranno 2  deputati  pel  divano  ti  a  colo- 
ro che  posseggono  almeno  5oo  falshe.  I 
soli  grandi  boiari  che  soddisferanno  a  que- 
st'  ultima  condizione  saranno  eleggibili 
per  qiie'  distretti  ove  non  hanno  domi- 
cilio. Tutti  i  proprietari  in  età  di  3o  an- 
ni, godenti  i  diritti  civili  e  possidenti  da  5 
a  gg  falshe,  riuniti  nel  capoluogo  del  cir- 
condario loro  doQiicilio  eleggeranno  tra 
loro  5  elettori  di  2."  grado,  i  quali  tra 
di  loro  nomineranno  un  deputato  pel  di- 
vano. 1  comuni  rurali  di  conladini  man- 
dei  anno  ciascuno  2  deputati  di  1 ."  grado, 
i  quali  nomineranno  Ira  di  loro  2  per  e- 
iettori  di  2."  grado  ,  e  questi  nel  capo* 
luogo  del  distretto  nomineranno  tra  di 
se  un  deputato  pel  divano.  La  città,  sede 
del  governo,  nominerà  4  deputati  pel  di- 
vano; le  2  città  di  2.°  ordine  ciascuna  2 
deputati;  e  le  altre  città  capoluoghi  di 
distretto,  un  deputato  ciascuna.  Le  ele- 
zioni saranno  fatte  sulle  basi  indicate,  e 
su  altre  contenute  nel  firmano,  e  saran- 
no candidali  a  questa  deputazione.  Gli 
abitanti  possidenti,  oltre  i  nominali, case 
non  minori  del  valore  di  20,000  piastre 
per  la  capitale,  e  d'Booo  per  le  altre  cit- 
tà. Gli  esercenti  professioni  liberali,  come 


VAL 

professori  di  scuole  dello  stato ,  membri 
d'accademie  o  società  letterarie  e  scienli- 
£cbe  riconosciute, medici,  uomini  di  leg- 
ge, ingegneri  civili,  mercanti  di  3/  classe 
iscritti  nelle  liste  municipali ,  prevosti 
delle  diverse  corporazioni  acquali  saran- 
no aggiunti  3  delegali  eletti  dalla  corpo- 
razione. Tutti  i  nominali  elettori  nella  se- 
de di  loro  municipalità  eleggeranno  nel 
proprio  seno  i  deputali  che  ciascuna  cit- 
tà  dovrà  mandare  al  divano.  Seguono  le 
Dorme  per  le  liste  elettorali.  I  deputati 
delle  varie  provincie  riunite  in  assemblea 
generale  costituiranno  il  divano  ad  hoCy 
convocato  per  esprimere  i  desideri!  del 
principato  riguardo  agli  statuti  e  regola- 
menti in  vigore.  Tali  voli  saranno  pri- 
ma esaminati  dalla  commissione,  coai po- 
sta de'delegati  della  Porta  e  delle  suddet- 
te potenze,  e  discussi  poi  tra  la  Porta  e  i 
suoi  alleati.  Il  presidente  del  divano  sarà 
il  metropolitano,  assistito  da  un  vice-pre- 
sidente eletto  fra'boiari  dii."  classe  dalla 
maggioranza  de'voti  in  assemblea  genera- 
le. 1  segretari,  in  numero  eguale  a  quel- 
lo delle  classi  che  sono  rappresentate,  sa- 
ranno pur  nominati  a  maggioranza  di 
■voli.  Ciascun  comitato,  formato  da' de- 
putali di  ciascuna  classe  per  studiare  le 
diverse  questioni  riguardanti  i  loro  inte- 
ressi, eleggerà  il  suo  presidente  a  mag- 
gioranza di  voti.  La  Porta  accordò  ad  o- 
gni  divano  6  mesi  a  tercninare  i  suoi  lavo- 
ri, i  quali  non  dovere  attentare  aVliritli 
di  sua  sovranità,  onde  operarsi  l'ordina- 
menlo  definitivo.  Continuò  intanto  la 
discorsa  questione  dell'unione  politica  e 
amministrativa  de'  principati,  avversata 
dall'Austria, dall'Inghilterra  e  dalla  Tur- 
chia; la  gazzetta  di  Colonia  tultavolta  fe- 
ce noto,  che  desse  sarebbero  disposte  a 
stabihr  ne'principati  l'unità  delle  dogane, 
deir  esercito  e  della  suprema  autorità 
giudiziaria,  non  che  dell'organizzazione 
amministrativa;  concessioni  cui  non  mo- 
strarono di  contentarsi  Francia,  Russia, 
Prussia  e  Sardegna.  Hi .°  marzo  seguì  la 
cousegna  della  parte  della  Dcssurabiu  alla 


VAL  i85 

Moldavia,com presa  nella  nuova  delimita- 
zione, ed  i  russi  passato  il  Pruth  lasciaro- 
no il  nuovo  territorio  della  Moldavia.  Al 
cominciar  dello  stesso  marzo  gli  austriaci 
principiarono  a  ri|,irarsi  da'  principati; 
dalla  Moldavia  a'  i6  partirono  i  super- 
stiti di  Jassy,  tranne  i  malati  nello  speda- 
le di  s.  Spirito;  nella  Valacchia  a'24  ab- 
bandonarono Bucharest,  e  nel  di  seguen- 
te parli  il  lenente  maresciallo  Marziani 
col  quartiere  generale.  Al  3o  marzo  i 
principati  erano  del  tutto  evacuati  dagli 
austriaci.  Eseguite  dalla  Russia  e  dal- 
l'Austria le  loro  obbligazioni,  lord  Lyons 
abbandonò  colla  squadra  inglese  l'acque 
del  mar  Nero  e  del  Bosforo.  A'28  marzo 
il  sultano  Abdul  Medjid  ,  giorno  prece- 
dente alla  partenza  della  flotta  ,  si  recò 
formalmente  a  visitare  il  vascello  ammi- 
raglio Pioyal  Albert,  portante  la  bandie- 
ra dell'ammiraglio  Lyons,  e  fu  lai.^  vi- 
sita fatta  da  un  sovrano  ottomano  ad  uq 
vascello  straniero,  perciò  ricevuto  eoa 
grandi  onorificenze;  esprimendo  il  sulta- 
no l'alta  sua  soddisfazione  per  la  mira- 
bile disposizione  del  magnifico  vascello, 
tra'suoni  delle  bande,  le  salve  d'artiglie- 
ria e  gli  urrah  de'  marinari.  A  misura 
che  le  truppe  austriache  si  ritirarono  da* 
principati ,  una  divisione  ottomana  di 
10,000  uomini  e  comandata  dal  muscir 
Halim  pascià  ,  gli  occupò  all'  effetto  di 
mantenere  il  buon  ordine  e  la  pubblica 
tranquillità  durante  l'elezione  de'divani 
e  le  altre  operazioni  necessarie  al  riorga- 
nameoto.  Tostochè  il  nuovo  ordine  di  co- 
se sarà  definitivamente  stabilito,  queste 
truppe  evacueranno  il  territorio  moldo- 
valacco.  Intanto  la  Porta  concesse  a  Jas- 
sy la  banca  nazionale  moldava;  e  per  la 
morte  del  gran  vornic  ocaimacan  di  Mol- 
davia Teodoro  Balsach,  con  firmano  d'in- 
vesti tura,  riferito  a  p.  33o  del  Giorna- 
le di  Roma,  nella  luogotenenza  dell' o- 
spodarato  di  Moldavia  gli  die  a  succes- 
sore il  principe  Nicolò  Conaki  Vogori- 
des  ,  antico  ministro  de'  lavori  pubblici 
sotto  l'ospodaro  Ghika,  con  elogio  di  sue 


i86  VAL 

idunee  qualità  ,  raccomandandogìi  una 
condotta  e^senzialaiente  coiifonne  a'  re» 
goinmenti  in  vigore,  nell'aHìdaigli  l'am- 
fiiinistrazione  provvisoria  del  principato, 
a  seconda  del  firmano  sul  divano  ini* 
periate  precedentemente  emanato,  e  di 
farlo  rispettare  con  sagace  fedeltà.  Fu 
osservato,  die  il  caimacan  Vogorides,  a* 
iiialo  nella  Moldavia  esceilo  per  rinfluen- 
la  di  Rescliid  pascià,  trovò  grande  oppo- 
sizione nel  consiglio,  per  aver  inaugura- 
to un  principio  di  repressione  contro  i 
vagheggiatori  delTunioiie  de' principali; 
mentre  il  caimacan  di  Valaccliia  Gliika 
lanciò  completa  libertà  alle  opinioni  del 
popolo,  da  far  travedere  che  il  divano  va- 
lacco  si  dichiarerà  unanimemente  per 
Funioue.  Di  più  nel  maggio  si  considerò 
da  alcuni,  che  il  firmano  di  convocazio- 
ne de'  divani  venne  redallo  quasi  sul  re- 
golamento organico  della  Moldavia,  con 
poco  riguardo  a  quello  dtlla  Valacchia, 
profondamente  diverso  dall'  altro  così 
nella  furn)a  cotne  nella  sostanza.  Perfet- 
tamente adatto,  per  conseguenza,  a'biso- 
gni  civili  e  politici  dell'  istituzioni  mol- 
dave, il  firmano  fu  taccialo  di  presenta» 
re  delle  didicoltà  d'applicazioue  riguar- 
do alla  Valacchia.  Da  ciò  nacque  che  le 
liste  elettorali  e  i  lavori  preparatorii  per 
l'elezioni  de' rappresentanti  erano  termi- 
nati a  Jussy,  quando  a  Buchaiest  non  e- 
rano  ancora  cominciati.  Questo  risulta- 
to, sia  che  fosse  stato  calcolato  e  prepa- 
rato appositamente  dalla  Porta  e  dalle 
potenze  che  l'appoggiano  fino  dall'epoca 
della  redazione  del  firmano,  come  pen- 
sano alcuni  ,  sia  che  fosse  uu  semplice 
effetto  del  caso,  come  vogliono  altri,  non 
venne  sentilo  dall'ambasciatore  francese 
Thouvenel,  se  non  quando  passò  allo 
stalo  di  fatto  compiuto,  e  non  fu  più  pos- 
sibile di  non  vedere  le  conseguenze  che 
ne  sarebbero  derivate  in  disfavore  del 
partito  dell'  unione  che  la  Frauda  so- 
stenne con  tanto  calore.  In  effetto  egli  è 
noto  che  il  pensiero  anli-unionista  pre« 
vale  iu  Moldavia,  mentre  la  fazione  con- 


VAL 

trarla  ha  il  disopra  in  Valacchia.  In  tale 
stato  di  cose,  la  Francia  procurò  di  di' 
sospendere  l'operazioni  elellorali  in  Mol- 
davia, aHinchè  avessero  luogo  simulta- 
neamente con  quelle  di  Valacchia,  men- 
tre la  Porta  aveva  interesse  che  si  faces- 
se il  contrario,  e  voleva  la  riunione  del 
divano  di  Jassy  non  dovesse  essere  me- 
nomamente subordmala  a  quella  del  di- 
vano di  Bucharest.  Mentici  lavori  pre- 
paratorii per  l'elezioni  erano  compiuti  in 
Moldavia, incominciali  appena  in  Valac- 
chia, si  elevarono  reclami  per  le  misure 
prese  a  Jassy  dal  principe  Vogorides,  da 
qualcuno  qualificandosi  la  sua  condotta 
arbitraria  e  attenlaloria  alla  libertà  d'o- 
pinione. L'ambasciatore  francese  si  fece 
l'eco  di  queste  lagnanze;  e  diresse  una 
1.^  nota  alla  Porta,  domandando  la  de- 
stituzione del  Vogorides  e  1*  aggiorna- 
mento dell'elezioni  moldave,  finche  fos- 
sero dichiarali  alcuni  punti  oscuri  o  dub- 
biosi del  firmano  di  convocazione.  Ricor- 
dò che  queste  oscurità  e  dubbiezze  si  ri- 
ferivano unicamente  alla  Valacchia,  di- 
cendosi da  lui,  che  del  suo  regolamento 
organico  nel  firtnano  di  con  vocazione  noa 
erasi  tenuto  conto.  La  Porta  rispose  al- 
la nota  francese,  ch'ella  non  vedeva  nel 
firmano  nulla  d'incerto  o  d'oscuro;  che 
d'altronde  esso  era  stalo  elaborato  e  di- 
scusso dalla  conferenza  tenuta  in  Costan- 
tinopoli da'ministri  delle  potenze  segna- 
tarie  del  trattato  di  Parigi ,  conferenza 
di  cui  lo  slesso  ambasciatore  Thouvenel 
faceva  parte;  perciò  le  recava  sorpresa 
ch'egli  trovasse  ora  delle  dillìcoltà  in  un 
documento  alla  cui  redazione  avea  con- 
corso; tutta  volta  avrebbe  acconsentito  di 
sottoporre  l'emergente  ad  una  imo  va  con- 
ferenza, e  siccome  lutti  i  segnatari  al  trat- 
tato di  Parigi  aveano  dato  vita  al  firma- 
no, il  comune  accordo  di  tutti  soltanto 
poteva  decidere,  se  e  come  si  dovesse  iu- 
lerpretare.  Furono  intanto  consultati  gii 
altri  rappresentanti  esteri.  Quelli  d'Au- 
stria e  Inghilterra  risposero  in  senso  con- 
forme alle  dichiarazioni  del  governo  ot- 


VAL 

tornano,  aggiùngendo  che  alla  sola  Por- 
la spelta  il  tliiillo  di  dare  oidiui  e  deci- 
dere quanto  meglio  conviene  sull'elezio- 
ni ,  mentre  la  parte  dell'altre  potenze 
doversi  unicamente  limitare  a  sindacai* 
l'operazioni  ed  emettere  de' consigli.  11 
rappresentante  della   Prussia  disse  do- 
mandar isti  uzioni  al  suo  governo;  quel  di 
Bussia  si  riservò  d'accedei  e  all'opinione 
della  maggioranza;  quello  solo  di  Sarde- 
gna si  dichiarò  in  senso  favorevole  all'o- 
pinar di  Francia.  Avute  queste  risposte, 
la  Porla  mandò  istruzioni  al  caitnacau 
Vogorides,  che  cominci  l'elezioni,  e  in- 
sieme ordinò    al    proprio    commissario 
d'abbcindonar  Jassy,  acciò  non  si  taccias- 
se d'influenzar  l'elezioni  elettorali.  Allo- 
ra l'anibasciator  francese  emise  proteste 
contro  l'elezioni  illegali,  come  le  chia- 
mò, perchè  non  erano  simultanee  ne'due 
principati  e  non   ancora  chiariti  i  punti 
da  lui  tenuti  oscuri  del  Hi  mano  ;  benaì 
accettò  la   proposta   conferenza  ,  perchè 
non  eravi  altro  modo  di  porsi  d'  accor- 
do. Dopo  qualche  opposizione  da  parte 
di  lord  de  Redclifle,  la  riunioneebbe  luo- 
go a' 3o  maggio  iSSy.  L'ambasciatore 
francese  propose  che  si  decidesse  a  mag- 
gioranza ,  contando  sui  voti  di   Russia, 
Prussia  e  Sardegna;  ma  tal  proposta  fu 
subilo  rigettata,  perchè  il  decidere  tocca 
solo  alla  Turchia,  gli  altri  non  potendo 
che  esprimere  il  loro  parere  e  consiglia- 
re. Dopo  parecchie  discussioni,  e  senz'af- 
fallo  biasimare  il  Vogorides,  si  concluse. 
Che  l'elezioni  di  Moldavia  non  sarebbe- 
ro aggiornate.  Che  si   rimetterebbe  al 
caimacan  di  Valacchia  l'incarico  d'inter- 
pretare fedelmente  e  lealmente  gli  i  i 
punti,  riconosciuti  dubbi  nel  firmano,  e 
di  modificarne  l'applicazione  a  secoiida 
dell'esigenze  speciali  del  paese.  Che  si  co- 
municherebbe al  caimacan  Vogorides  ta- 
li istruzioni,  con  ordine  d'uniformarvisi, 
salvo  i  casi  propri  della  Moldavia.  Che 
si  richiamerebbe  l'attenzione de'commis- 
sari  europei  di  Bucharest  sughi  i  punti 
oscuri  del  firmano,  e  di  dovere  sciogliere 


VAL  187 

le  questioni  elettorali  che  potessero  sor- 
gere, e  che  alle  sue  decisioni  il  caitnacau 
di  Moldavia  dovesse  cedere.  Che  si  prò* 
cederebbe  attivainenle  in  Valacchia  alla 
formazione  delle  liste  elettorali,  e  3o  gior- 
ni dopo  la  pubblicazione  loro  si  darebbe 
principio  all'elezioni.  Nondimeno  il  con- 
flitto e  la  discrepante  questione  s'inasprì 
tanto,  da  far  perfino  quasi  dimenticare 
la  terribile  e  feroce  sollevazione  dell' In- 
die  orientali  contro  gl'inglesi.  L'8  luglio 
la  Porta  ordinò  che  si  so[)rassedesse  al- 
l'elezioni moldave,  con  approvazione  di 
Francia,  colla  condizione  che  intanto  si 
rivedessero  le  liste  elettorali.  Frattanto 
gli  ambasciatori  delle  potenze  ostili  all'u- 
nione fecero  di  tutto  in  Costantinopoli 
perchè  l'  elezioni  fossero  subito  fatte ,  e 
dicesi  che  tali  furono  l'insistenze  di  quel- 
lo inglese  e  dell'  interounzio  austriaco 
Prokesck,  che  la  Porta,  slimandosi  sicu- 
ra per  le  loro  promesse,  fece  risoluta- 
mente e  con  fermezza  procedere  all'ele- 
zioni, le  quali  stabilite  pe'  1 1  luglio  e  pro- 
tratte a' 18,  si  compirono  prima  del  tem- 
po assegnalo,  pronunziandosi  la  maggio- 
ranza degli  elettori  contro  il  progetto 
d'  unione  ;  non  rimanendo  alle  potenze 
desiderose  di  migliori  elezioni,  altro  ri- 
medio che  il  protestare  contro  la  loro  va- 
lidità. Protestarono  infalli  tanto  energi- 
camente, che  la  Porta  dovette  cambiare 
il  ministero,  lasciando  cadere  il  gran  vi- 
sir Pieschid  pascià,  a  cui  sostituì  Aah  pa- 
scià suo  rappresentante  al  congresso  di 
Parigi.  Ma  il  licenziamento  del  minislro 
non  bastava  alla  Francia   e  alle  potenze 
a  lei  unite  nella  questione.  Esse  voleva- 
no r  annullamento  intero  dell'elezioni 
moldave;  il  che  ricusando  di  fare  la  Por- 
ta, la  rottura  diplomatica  era  in  sul  pun- 
to di  scoppiare.  Stando  ferma  la  Francia 
nel  chiedere  l'annullamento  dell'elezioni 
moldave,  anche  dopo  la  caduta  del  mini- 
stro che  le  sosteneva,  né  la  Porta,  confor- 
tala da'rappresentanli  inglese  e  austriaco, 
mostrandosi  disposta  a  piegare,  il  nodo 
diplomatico  era  tale  che  già  si  prognosLi- 


88 


VAL 


cavano  guerre  e  sangue ,  per  aver  inler- 
lulto  osili  punto  (l'interrompere  del  tut- 
to le  loro  relazioni  col  sultano,  i  rappre- 
sentanti francese,  russo,  pi  assi  ano  e  sar- 
do. Ma  il  viaggio  e  visita  dell'  imperato- 
re Napoleone  III,  fatta  ad  Osborne  alla 
regina  d'Inghilterra,  acconciò  ogni  cosa, 
e  la  mala  intelligenza  delle  parli,  col  suo 
ministro  degli  aifari  esteri  che  T  accom- 
pagnava, ponendosi  d'accordo  coi  gover- 
no iiigle.«.e,  col  riconosce»  si  le  elezioni  mol- 
dave alquanto  viziose  e  irregolari,  o  al- 
meno apparentemente.  Il  gabinetto  au- 
striaco convenne  ne'risiiilati  delle  confe- 
renze d' Osborne.  Le  6  potenze  quindi  si 
concertarono  per  chiedere  alla  Porta  l'an- 
nullamento dell'elezioni  moldave,  e  fu  la 
soluzione  della  differenza  che  l'avea  divi- 
de. Quindi  l'Austria  e  l'Inghilterra  con- 
sigliarono la  Porla  di  rivedere  le  liste  elet- 
torati, ed'intraprenderenuove  eiezioni  in 
I\lulda via, permettendolo  la  sua  diguitùe 
i  suoi  interessi  per  l'unanime  domande 
di  tutte  le  potenze,  conservandosi  Vogo- 
rides  nelle  funzioni  di  caioiacan.  Di  con- 
seguenza nel  declinar  d'agosto  la  Porta 
ordinò  che  l'elezioni  moldave  fossero  an- 
nullate, e  dopo  1 5  giorni  si  procedesse  al- 
le nuove  elezioni;  e  fu  detto,  dopo  esser- 
si assicurala  che  il  progetto  di  riunione 
non  avrebbe  più  luogo.  A*  3o  agosto  i 
rappresentanti  delle  potenze  ripresero  le 
loro  relazioni  uQìcialì  colla  Porta,  dopo 
aver  rialzato  le  loro  bandiere.  Disse  al- 
lora ì'Univers  queste  gravi  parole:  La 
tremenda  rivolta  dell'  India  ha  prodotto 
il  sì  pronto  scioglimento  del  conflitto  di 
Costantinopoli  pe'  principati;  1'  India  ha 
fatto  perdere  all'Inghilterra  la  preponde- 
ranza che  aveva  sugli  affari  d'Europa; 
l'India  va  a  togliere  l'ultimo  ostacolo  al 
taglio  dell'Istmo  diSuez,  di  cui  riparlai  nel 
■voi.  LXXXIV,  p.  22,  insieme  all'occu- 
pazione dell'isola  di  Perim,  che  la  Porta 
possiede  dal  1 535,per  signoreggiarlo;  l'In- 
dia ha  impedito  che  si  rompessero  le  di- 
plomatiche relazioni  fra  Napoli  e  il  Pie- 
monte; l'India  certo  permetterà  all'Eu- 


VAL 

ropn  di  liberarsi  dagli  eterni  agitatori,  di 
cui  r Inghilterra  é  il  rifugio  (e  da  dove 
partirono  anche  per  1*  infernale  aggres- 
sione, a'  i4  gennaio  i858  avvenuta  in 
Parigi  contro  la  vita  dell*  imperatore  e 
imperatrice).  La  rivoluzione  ha  avu- 
to un  gran  colpo  sul  continente  a  ca- 
gione degl'imbarazzi  che  l'India  ha  su- 
scitato a'  nostri  vicini  :  questo  mede- 
simo colpo  tocca  anche  la  propaganda 
protestante,  alleata  più  o  meno  volonta- 
ria della  rivoluzione!  L'equilibrio  euro- 
peo va  a  cauìbiare  la  sua  base;  entriamo 
in  nuovo  periodo  politico  I  Così  VUnivers 
del  settembre  1857.  Ma  nuovi  avveni- 
menti si  successero,  io  questi  correnti 
tempi  così  di  essi  tanto  fecondi.  Mentre 
a' 16  settembre  si  aprì  al  pubblico  la  fer- 
rovia da  SzegheJino  a  Temeswar  in  Un- 
gheria, ne'conflui  della  Turchia;  in  que- 
sta a*  2 2  seguì  la  solenne  inaugurazione 
de'Iavori  della  strada  ferrata  da  Smirne 
ad  Aidin,  e  il  governatore  Mustafà  pa- 
scià con  una  pala  d'argento  mosse  la  ter- 
ra per  dare  cominciamenlo  alla  prima 
ferrovia  di  Turchia,  pronunziandio  ana- 
logo discorso.  Quanto  alla  questione  eu- 
ropea de'priocipali  ed  alle  nuove  elezio- 
ni ,  queste  procederoao  in  senso  ftivore- 
vole  alla  causa  dell'unione  della  Valac- 
chia e  Moldavia  in  uno  stato  solo,  concor- 
rendovi alle  moldave  il  clero,  che  nelle 
precedenti  elezioni  erasi  astenuto  di  vo- 
tare. Anche  in  Valacchia  una  considere- 
vole maggioranza  si  pronunziò  per  ia  cau- 
sa dell'unione  sotto  un  principe  straniero 
di  dinastia  occidentale  (si  dissero  preten- 
denti della  nuova  corona  Daco-Rumena 
il  principe  Murat  e  il  principe  Nicolò  di 
Leuchteidjerg  di  i4  anni),  un  governo 
rappresentativo  e  slato  neutrale.  Tanto 
proclamarono  i  divani  di  Valacchia  e 
di  Moldavia,  interamente  influenzati  da- 
gli antichi  agitatori  e  corifei  delle  rivo- 
Kizioiii  del  1 84B.  Nel  Giornale  di  Roma 
del  1837  si  leggono:  nel  n.*'26i  il  rappor- 
to della  commissione  del  divano  di  Va- 
lacchia; nel  a.°265  il  volo  ancora  di  più 


VAL 

esigente  del  divano  di  Moldavia;  e  nel 
n.^iG/l  il  dispaccio  contrario  della  Por- 
ta a'iappresenlanli  delle  potenze  segnata- 
ne del  trattato  di  Parigi,  acciocché  nel- 
la conferenza  da  tenersi  ad  hoc  da*  me- 
desimi in  quella  metropoli,  si  combat- 
tessero le  domande  nazionali  dell'assem- 
blee moldo-valacclie ,  le  quali  invece  di 
domandare  le  riforraeamministrative,pei' 
le  quali  erano  slate  formate,  invocarono 
le  politiche,  con  manifesto  attentato  olla 
sovranità  della  Porta.  Questa  impugnan- 
do virilmente  la  prelesa  unione  politica 
e  nazionale  de'princìpati,  soltanto  si  mo- 
stra di  convenire  a  quella  amministrati- 
ve, giudiziaria,  finanziaria  e  militare,  se- 
condo ancora  le  viste  della  confinante 
Austria  e  dell'Inghilterra.  Altrimenti  l'in- 
dipendenza e  l'integrità  dell'impero  ot- 
tomano sarebbe  incompatibile  e  alta- 
mente compromessa.  Alcune  potenze  che 
favoriscono  1'  unione,  toglierebbero  un 
valido  baluardo  allaTurchia,  mentre  dal- 
l'altro canto  presero  e  prendono  tanto  in- 
teresse per  la  sua  conservazione.  Il  sulta- 
no per  dichiararsi  meglio  e  più  aperta- 
mente contro  l'unione,  ripristinò  nel  vi- 
sirato Reschid  pascià  ,  che  avea  sagrifi- 
calo  a'Iamenti  delle  4  potenze  unioniste, 
dopo  essere  andato  da  lui  formalmente  a 
pranzo  ed  a  passar  con  esso  un'intera  se- 
rata, contro  ogni  uso  della  severa  etichet- 
ta de'sultani.  11  ministero  si  ricompose  a' 
22  ottobre,  venendo  pure  reintegralodel- 
la  carica  di  gran  maestro  dell'  artiglieria 
Ahmet  Fethi  pascià.  Eransi  fatti  de' ri- 
marchi sull'indugiare  della  Porta  alla  ra- 
tifica del  trattato  concluso  per  la  libera 
navigazione  del  Danubio  abilmente  a 
Vienna,  dalla  commissione  degli  slati  ri- 
\ieraschi  di  detto  fiume.  Fece  meravi- 
gliare tal  dilazione  sopra  un  allo  di  di- 
ritto pubblico  europeo,  mentre  questo  è 
il  i."  trattato  al  quale  partecipa  la  Porla 
nella  nuova  sua  posizione  nel  concerto 
europeo.  Questa  è  lai."  volta  in  cui  essa 
esce  dall'  isolamento  nel  quale  la  lascia- 
l'ono  uè'  tempi  anteriori  le  potenze  cri- 


VAL 


189 


sliane  ;  mentre  oggi  sta  con  egual  diritto 
nel  numero  degli  altri  stali  d*  Europa, 
pel  convenuto  ne'congressi  di  Vienna  e 
di  Parigi.  Finalmente  si  sottoscrisse  Tat- 
to rS  novembre  1857,  non  però  da'com- 
missari  de' principati  di  Servia  (contro  il 
qual  principe  fu  scoperta  la  congiura, 
ordita  orribilmente  per  ucciderlo  a'bagni 
di  Brestowatz,  non  meno  contro  l'istitu- 
zioni e  l'esistenza  politica  del  principato, 
alla  testa  del  quale  era  il  presidente  del 
senato  Stefano  Slefanovich.  Il  principe 
però  si  mostrò  indulgente  mitigando  la 
sentenza  emanata  contro  i  rei,  e  riferita 
a  p.  1089  del  Giornale  di  Roma),  Va- 
lacchia e  Moldavia,  essendovisi  opposto 
l'ottomano  per  considerare  i  detti  3  prin- 
cipati Danubiani  sottomessi  alla  Turchia 
e  non  essere  sovrani  indipendenti.  Per 
cui  i  3  governi  si  proposero  ricorrere  al 
congresso  che  si  deve  adunare  in  Parigi 
per  regolare  definitivamente  la  grave  e 
complicata  questione  Moldo-Valacca.  l 
principati  Danubiani  parlano  dell'auto- 
nomia de'  diritti  che  possiedono  già  da 
600  anni,  secondo  il  tenore  delle  loro 
antiche  capitolazioni  colla  Porta  conclu- 
se nel  1393,  1460,  i5i  I,  1634  ,  e  non 
vogliono  rispellare  i  diritti  della  Porta 
garantiti  da  latte  le  potenze  segnalarie 
nel  trattato  di  Parigi  deli 856.  A  Bucha- 
rest  ed  a  Jassy  si  espresse  il  voto  politico 
nel  reggimento de'principali,  bramando- 
si uniti  in  uno  stalo  soloda  chiamarsi  ^o- 
mania,e  retto  da  un  principe  straniero e- 
reditario,  da  scegliersi  Ira  le  dinastie  re- 
gnanti d'Europa,  i  cui  figli  siano  educati 
nella  religione  del  paese;  che  il  territorio 
del  nuovo  stato  sia  neutrale;einfinecheil 
potere  legislativo  sia  affidato  ad  una  sola 
assembleagenerale.il  qual  voto,  dato  dal- 
le due  assemblee  moldo-valacche,  lascia 
però  liberi  i  grandi  potentati  europei  so- 
pra il  decidere  se  convenga  o  no  effet- 
tuarlo. E  questi  sono  finora  ben  lontani 
dall'essere  d'accordo  sopra  il  conto  che 
si  debba  fare  di  tale  volo.  Speriamo  che 
il  fili  uro  congresso  di  Parigi  acconceià 


igo  VAL 

pacificamente  lulle  le  narrate  difTerenze 
e  pretensioni.  Tale  unione,  voluta  ila  spi- 
rili allucinati,  esaltali  e  anibiziosi  ,  sa- 
rebbe il  segnale  dello  scioglimenlo  del- 
l'impero turco,  non  volendo  essi  circo- 
scrivere i  loro  temerari  progetti  ne'  soli 
due  principati,  ma  estenderli  median- 
te cioè  la  fì)rmazione  d' ini  regno  Rume- 
no, d'un  regno  della  Servia,  tV  un  gran 
ducato  di  Bulgaria,  d'un  ducalo  della  Bo- 
snia, e  d'  un  gran  principato  del  Monte 
^^egro  e  per  capitale  Sciitari (F.).  Non 
mancarono  moldo-valacchi  di  presentare 
alla  Porta  e  alle  potenze  europee  unme' 
morandunij  in  cui  gli  apparenti  vantaggi 
d'una  unione  vengono  posti  nella  vera  lu- 
ce, enumerandone  i  prevalenti  svantag- 
gi e  futuri  pericoli,  raccomandando  cal- 
damente i  veri  e  solidi  interessi  delle  due 
Provincie.  Arroge  quanto  pubblicò  il 
(^70/'A7<7/r^//?omflap.  io88.1ntantonon 
senza  qualche  apprensione  si  osserva  da 
taluno,  in  generale  non  esserci  maomet- 
tani riconoscenli  a' soccorsi  prestali  alla 
Turchia  ;  dappoiché  non  è  nell'  Indie  o- 
rientali  snlaa»enle  che  da'maomellani  si 
corra  all'armi,  rinìarcandosi  un  arma- 
mento quasi  generale,  anco  de' più  paci- 
fici mussulmani  nell'Asia  minore,  nella 
Siria,  nell'Egitto  e  in  altre  regioni. 

Avendo  tenuto  dietro  a  questo  grave 
argomento, dal  punto  in  che  inviai  il  mio 
IDS.  di  questo  articolo,  fino  ad  oggi  che 
lo  ricevo  impresso  nelle  provedi  stampa, 
ecco  quanto  mi  fu  dato  raccogliere.  Nel 
declinar  di  dicembre iSSy,  si  ripristina- 
rono le  relazioni  fra  Thouvenel  e  il  gran 
visir  Reschid.  Ma  quest'ultimo  genio  in- 
telligente morì  a' 7  gennaio  i858,  per- 
dendo in  lui  la  Porta  il  suo  i.°  uomo  di 
stato.  Egli  avea  compreso,  che  il  gover- 
no tuico  dovea  risolutamente  gettarsi 
nella  via  delle  riforme  scritte  nell'Hatt- 
Humayoum  deli 854, e  con  perseveran- 
za instancabile  le  altuava;  la  morie  pe- 
rò lo  colpì  prima  di  compiere  la  sua  mis- 
sione. Si  legge  la  biografia  del  grand'uo- 
mo  a  p.  5o  del  Giornale  dì  Roma,  ove 


VAL 

si  rimarca  che  nelle  sue  diverse  amba- 
scerie presso  le  principali  corti  d'Euro- 
pa, passò  per  Roma  ov'ebbe  un'udienza 
da  Gregorio  XVI.  Era  questa  una  cosa 
nuova  nella  storia  dell*  impero  ottoma- 
no. La  stia  perdita  fu  compianta  in  Tur- 
chia come  pubblica  sciagura.   La   trista 
nuova  fu  dal  sidlnno  ricevuta  con  pro- 
fonda commozione,  e  mandò  le  sue  con- 
doglianze alla  di  lui  famiglia.  La  Civil- 
tà CatfnlicajUeWa  dispensa  de'6  febbra- 
io i858  riporta  a  p.  382  nozioni  atialo- 
ghe  e  interessanti.  Dice  che  Reschid  for- 
se non  avea  di  turco  che  la  nascita   e  il 
nome.  Egli  era  oslile  alla  Russia,  ed  a- 
Hiicissimo  dell'Inghilterra, ch'egli  crede- 
va necessaria  al  mantenimento  dell'im- 
pero. Perciò  a  Pieschid  doversi  in  gran 
parte  la  potenza  del  suo  ambasciatore  ia 
Costantinopoli,  la  guerra  contro  la  Rus- 
sia e  quanto  ne  seguì.  L'avvenire  dirà  se 
Picschid  fu  buon  politico.  Era  suo  desi- 
derio mutar  poco  a  poco  la  Turchia  in 
uno  stato  veramente  europeo;  e  si  slava 
occupando  sopra  un  disegno  che  doveva 
rendere  realmente  liberi  i  cristiani  dalle 
prepotenti  vessazioni  de'  pascià.  Egli  fu 
ministro  6  volte,  benché  non  sia  morto 
che  dell'età  di  circa  5o  anni.  Il  gabinet- 
to ottomano  quindi  l'i  i  gennaio  si  mo- 
dificò con  A'alì  pascià  di  nuovo  granvi- 
sir,  Fuad   pascià  ebbe  gli   affari  esteri, 
Riprisli  Mehemet  pascià  divenne  presi- 
dente del  Tanzimat.  Il  divano  di  Valac- 
chia nel  suo  voto  a  favore  dell'unione 
colla  Moldavia,  stabilì  che  dovea  essere 
subordinato  alla  possibilità  d'ottenere  un 
priucipe  straniero  ereditario,  altrimenti 
intendere  far  da  se.  La  Porta  si  occupò 
di  proporre  una  costituzione  moldo-va- 
Iacca,da  presentarsi  all'approvazione  del 
congresso  di  Parigi,  bramando  un  prin- 
cipe per  ciascun  principato  scelto  a  vita 
tra  le  principali  famiglie  del  paese  e  con- 
fermato dal  sultano.  Secondo  tale  costi- 
tuzione, i  dueospodari  o  vaivodi  avran- 
no  un  corpo  deliberante  per  l*  interna 
amminislrazione,  la  quale  dovendo  es- 


VAL 

sere  comune  a'tlue  paesi,  i  corpi  delibe- 
ranti si  aduneranno  ora  a  Jassy  e  ora  a 
Bucliarest  per  trattare  insieme  gli  affa- 
ri. Sembra  dunque  che  la  sorte  futura 
de'  principati  sia,  d'esser  separati  politi- 
camente, ed  uniti  solo  amministrativa- 
mente ;  se  pure  non  tornino  nelle  pre- 
cedenti condizioni.  I  divani  essersi  occu- 
pati più  d'  utopie  politicbe,  che  dello 
scopo  per  cui  furono  convociili,  il  valac- 
co  chiuse  le  sue  tornate  nel  principio  di 
novembre,  e  il  moldavo  si  sciolse  verso 
la  metà  di  dicembre.  I  due  divani  invece 
d'occuparsi  delle  leggi  amministrative, 
anzi  rifiutandosene  innanzi  d'ottenere 
l'unione,  si  occupaiono  con  ardore  di 
quelle  di  persecuzione  contro  la  Chiesa 
cattolica,  facendo  con  ciò  intendere  da 
quale  spirilo  erano  mossi,  cioè  anticat- 
tolici di  cuore.  In  fatti  il  divano  molda- 
vo decise  che  fosse  nullo  il  matrimonio 
d'una  moldava  con  un  cattolico.  Che  20 
anni  di  soggiorno  nel  paese  non  ballasse 
a'  cattolici  per  ottenere  la  cittadinanza, 
ed  altrettali  leggi  d'intolleranza  religio- 
sa, voluta  a  nome  del  liberalismo  spal- 
leggiatore della  causa  de'  rumeni.  Pare 
che  colla  fine  del  18 Sy  cessassero  ne'prin- 
cipati  tutte  l'illusioni  e  simpatie  per  l'u- 
nione e  per  la  politica  in  generale  :  fer- 
rovìe, linee  telegrafiche,  iniprese  di  na- 
vigazione a  vapore  del  Danubio,  non  si 
fanno  senza  denari.  A'25  gennaio  i858 
in  Jassy  fu  dal  principe  caimacan  solen- 
nemente pubblicato  il  firmano  del  sul- 
tano chediscioglie  il  d'iMauo  ad  hoc.  Quel- 
lo che  sciolse  il  divano  di  Valacchia  si 
legge  a  p.  1 28  del  Giornale  di  Roma. 
La  proposta  ambiziosa  de'principi  stra- 
nieri fu  sempre  respinta  dalla  Porta  ; 
indi  venne  abbandonala  dalle  potenze 
soscrittrici  del  trattato  di  pace  di  Parigi, 
come  del  tutto  impraticnbile.  Quelle  po- 
tenze nel  trattato  ebbero  per  scopo  prin* 
cipale,  oltre  di  assicurare  l'indipenden- 
za dell'impero  ottomano,  e  migliorare  la 
sorte  delle  popolazioni  cristiane  dalla  sua 
alla  sovranilà  dipendenti,eziandiodi  por- 


VAL  191 

re  le  franchigie  e  privilegi  antichi  de'prin- 
cipali  Danubiani  sotto  la  guarentigia  del 
diritto  europeo,  per  trovarvi  nuovi  ele- 
menti d'ordine  e  di  prosperità,  senza  le 
quali  la  loro  sorte  non  sarebbe  mai  ve- 
ramente migliorata.  La  Francia  in  so- 
stanza proclamò  la  fusione  meramente 
amministrativa,  e  che  invece  di  due  o- 
spodari  uno  solo  la  Porta  nominasse  al 
governo  della  Valacchia  e  della  Molda- 
via. Nacque  quindi  prima  discordia  fra 
la  commissione  europea  ed  i  divani  ad 
hoc,  poiché  gli  agitatori  che  seppero  por- 
si alla  direzione  delle  cose,  si  occuparo- 
nodelle  ideali  in  una  serie  di  sedute  tem- 
pestose. Le  notabilità  de'  divani,  strepi- 
tanti esaltati,  dierono  la  loro  dimissio- 
ne e  partirono  in  congedo,  il  che  fu  ma- 
nifesto indizio  del  prossimo  scioglimen- 
to del  parlamento  sovrano  della  Valac- 
chia e  Moldavia,  come  segm.  La  Porla 
vide  con  piacere  che  i  diversi  governi  ne 
conobbero  la  necessità,  tolto  che  la  com- 
missione europea  avesse  fitto  il  suo  rap- 
porto finale,  a  seconda  del  trattalo.  Ne* 
primi  dell 858  dalla  Francia,  Inghilter- 
ra, Prussia  e  Russia  fu  stabilita  la  mas- 
sima ,  che  la  convenzione  elaborata  a  Ga- 
latz  ed  a  Vienna  dalla  commissione  de- 
gli slati  rivieraschi  del  Danubio,  per  re- 
golare la  navigazione  de'fìumi  che  toc- 
cano vari  stati  e  sancirne  la  libertà  del 
commercio,  per  essere  applicata  al  Danu- 
bio e  alle  sue  foci,  abbisogna  prima  di  far 
parte  del  diritto  pubblico  europeo  della 
sanzione  della  conferenza  di  Parigi,  da 
adunarsi  forse  nel  declinar  di  febbraio, 
per  regolare  la  questione  de' principati 
Danubiani.  L'Austria  però  inerendo  alla 
libertà^  di  navigazione  sui  fiumi  detti 
Convenzionali,  proclamala  nel  congres- 
so di  Vienna  del  181 5,  sostenne  l'opinio- 
ne contraria,  cioè  che  il  congresso  debba 
semplicemente  prendere  notizia  della 
convenzione  preparala  dalla  commissio- 
ne, e  pare  che  la  Turchia  pure  fosse  di 
tale  avviso.  A'23  gennaio  furono  pubbli- 
cali a  Vienna  io  articoli  de'47  dell'atto 


192  VAL 

della  libera  navigazinne  del  Dannino  fi- 
no ni  mar  Nero,  e  contengono  i  principii 
direttori  di  esso:  sono  riportati  nel  n.°27 
del  Giornale  di  Ronia,  e  nel  n.°  29  an- 
che altri  5  articoli  importanti  del  docu- 
mento. Nel  partire  da  Costantinopoli  di 
lord  Statford  de  Redclifle,  fu  ammesso  a 
far  visita  di  comminto  anche  al  principe 
imperiale  Murad  Effendi  Hasredleri,  non 
che  al  principe  imperiale  AbduI  Aziz  Ef- 
fendi Hasredleri  erede  presuntivo  della 
corona.  Questa  è  la  prima  volta  che  il 
prìncipe  ereditario  ricevè  la  visita  d*  un 
ambasciatore  europeo.  E  il  sultano  ora 
ha  ricevuto  anche  dalla  Prussia  l'ordine 
dell'Aquila  Nera.  Intanto  la  Russia  pro- 
testò in  Londra  e  in  Costantinopoli  con- 
tro l'occupazione  fatta  dagl*  inglesi  della 
compagnia  Anglo-Indiana,  dell'  isola  di 
Perim,  chiave  del  mare  Rosso  e  dell'esi- 
stenza de'dominii  del  sultano  nell'  Egit- 
to, come  contraria  all'integrità  dellaTur- 
chia,  aprendo  una  breccia  sulla  Raaba 
della  Mecca,  ch'é  la  preziosa  gemma  del 
califfato  del  sultano;  la  cui  importanza 
si  connette  cogl' interessi  universali  del 
canale  di  Suez.  I  popoli  de'luoghi  vicini 
n  Perim,  allarmati  dell'  imponente  ap- 
parecchio militare  degl'inglesi,  indiriz- 
zarono una  petizione  alla  Porta  sotto- 
scritta da  lutti  i  loro  capi  civili  e  reli- 
giosi per  l'espulsione  di  essi  che  minac- 
ciano invadere  Moka,  tutto  il  Yemen,  e 
di  avviluppare  la  città  di  Mecca,  sede  del 
sceriffato  e  del  califfato  del  sultano.  Giun- 
to in  Costantinopoli  Lesseps  promotore 
del  taglio  dell'Istmo  di  Suez,  onde  otte- 
nerne la  definitiva  sanzione  dalla  Porta, 
trovò  buon'accoglienza  per  la  sua  pro- 
gettata unione  del  Mediterraneo  col  ma- 
re Rosso  o  Oceano  Indiano,  ma  doversi 
prima  di  trattarlo  ricuperare  l' isola  di 
Perim,  altrimenti  sarebbe  una  chimera 
la  neutralità  del  canale.  Anche  il  taglio 
dell'Istmo  di  Corinto  fu  proposto  in  Gre- 
cia durante  la  presenza  di  Lesseps,  e  tro- 
vò subito  favore  e  approvazione  in  mas- 
sima. Quello  poi  di  Suez  è  di  grande  utili- 


V  A  L 

tà  universnle,e  mettendo  l'Europa  civiliz- 
zata in  continuo  e  facile  contatto  con  po- 
poli abbrutiti  nell'ignoranza,  senza  cono- 
scenza di  Dio  e  della  verità,  coopererà  a 
far  loro  arrivare  i  benefizi  del  cristiane- 
simo e  della  civilizzazione.  Neil'  accade- 
mia delle  scienze  di  Vienna  degli  8  gen- 
naio 18 58  il  barone  di  Czoering  tenne 
nn  discorso  intorno  al  taglio  dell'  Istmo 
di  Suez.  Disse,  che  fin  dall'epoca  de'Fa- 
raoni  avrebbe  esistitoli  piano  dell'unio- 
ne de'due  mari,  e  negli  ultimi  tempi  es- 
so sarebbe  stato  l'oggetto  degl*  interessi 
generali.  Il  grande  Bosforo  di  Suez  riu- 
scirebbe di  massimo  vantaggio  per  l'Au- 
stria, specialmente  pe'porti  di  Trieste  e 
Venezia,  i  quali  situati  per  così  dire  alla 
porta  dell'oriente,  ne  trarrebbero  i  più 
prossimi  utili.  Le  merci  patrie  ora  tro- 
vano smercio  in  Nubia  e  nell'Abissinia; 
scavato  che  sia  il  Bosforo,  esse  lo  trove- 
ranno anche  nell'  Indie  orientali  e  nella 
Cina.  Anche  per  le  città  di  Germania  me- 
ridionale ritornerà  un'epoca  di  prospe- 
rità come  durante  la  floridezza  di  Ve- 
nezia. A  ciò  contribuirà  1'  agevolato  si- 
stema doganale  dell'  Europa  centrale  , 
non  meno  che  la  ferrovia  e  il  telegrafo. 
Il  trattato  relativo  al  confine  fra  la  Rus- 
sia e  la  Turchia  in  Bessarabia,  al  Delta 
del  Danubio  e  all'  Isola  de*  Serpenti,  sti- 
pulato a  Parigi  a'r9  giugno  1857, quia- 
di  successivamente  ratificalo,  lo  pubbli- 
cò ancora  il  Giornale  dì  Roma  del  1 858, 
a  p.  I  IO.  Si  convenne  in  esso,  che  l'iso- 
le comprese  fra' differenti  rami  del  Da- 
nubio alla  sua  imboccatura  e  formanti 
il  Delta  del  fiume,  in  vece  d'esser  an- 
nesse al  principato  di  Moldavia,  fossero 
ricollocale  sotto  la  sovranità  immediata 
della  Porta,  cui  appartenevano  antica- 
mente. E  che  r  Isola  de'  Serpenti  fosse 
considerala  una  dipendenza  di  detto  Del- 
ta, ed  ove  la  Porta  manterrà  un  faro  a 
vantaggio  della  navigazione  de'bastimen- 
ti  che  si  recano  nel  Danubio  e  nel  porto 
d'  Odessa.  Ora  sono  insorte  turbolenze 
neir  Erzegovina   turca.   Le  popolazioni 


VAL 

cristiane  si  lagnano  delle  truppe  indisci- 
plinate, e  domandano  l'applicazione  del- 
le riforme  enunciale  nell'  Halt-IInma- 
youoo.  Vi  è  chi  ci  vede  in  tale  movimen- 
to la  mano  de'liberali  de'principati  Da- 
nubiani, i  quali  con  questi  tumulti  da  lo- 
ro eccitati,  vogliono  ad  ogni  modo  far 
toccar  con  mano  alle  potenze  la  neces- 
sità di  separare  le  Provincie  cristiane  dal- 
l'impero turco.  La  ribellione  de*  cristia- 
ni, specialmente  greci  scismatici,  sembra 
avere  qualche  segreta  unione  colle  que- 
stioni de*  principali  Danubiani,  se  non 
anche  per  avventura  con  quella  prelesa 
tendenza  d'  unione  slava,  ch'è  una  delle 
molle  ora  più  usale  dalla  democrazia 
cosmopolita  per  sommuovere  il  mondo. 
Se  i  turchi  non  tralasciano  di  far  da  pa- 
droni despoti  delle  provincie  cristiane 
del  loro  impero,  se  non  eseguiscono  leal- 
mente le  promesse  fatte  nell'ultimo  trat- 
tato di  Parigi,  le  delle  provincie  sono 
forse  destinate  a  divenire  un  pomo  fa- 
tale di  discordia,  di  cui  non  si  poono  pre- 
vederne le  conseguenze.  La  Bosnia  e  il 
Monle  Negro  non  sono  quieti. 
Roma  \Q febbraio  i858. 

Vicarialo  apostolico  di  Valacchia. 

La  fede  cristiana  fu  introdotta  nella 
Dacia  ne'primi  secoli  della  Chiesa,  e  nel 
declinar  del  IV  secolo  già  avea  il  suo  ve- 
scovato la  confinante  Moldavia.  Sino  da 
dello  secolo,  dominanti  i  goti,  missiona- 
ri greci  cominciarono  a  predicare  il  cri- 
stianesimo nella  Moldavia,  tosto  annien- 
tato dagli  unni.  Allorché  poi  la  Bulga- 
ria  (V.)s\  ridusse  al  cristianesimo,  si  dif- 
fuse anche  nella  Valacchia.  Questa  pro- 
vincia nel  secolo  V  era  una  di  quelle  chia- 
mate barbare,  che  il  concilio  di  Calcedo- 
nia  nel  ^Si  soggettò  al  vescovo  poi  pa- 
triarca di  Costantinopoli.  Il  p.  Le  Quien 
neir  Oriens  chrislianus,t.  i  ,p.  1 247>  li'^it* 
la  della  Provincia  Valachiae,  7."  eccle- 
siastica della  diocesi  di  Tracia,  la  qua- 
le occupata  da'Blachi  fu  delta  gran  par- 
ie de'Blachi,  e  Blachia  0  Valaclda.  Fu 

VOL.  LXXXVH. 


VAL  193 

anticamente  la  regione  divisa  in  due  par- 
ti, quella  vicina  all'Ungheria  si  disse  Uii' 
garo  Blachia,  l'altra  presso  il  fiome  Mol- 
do  venne  denominala  Moldo- Blachia. 
Primieramente  i  valacchi  furono  nella 
giurisdizione  dell'arcivescovo  d'Ocrida  o 
Àcrida{  ^.),metropoli  dell'esarcato  diDa* 
eia,  nellaBulgaria;  poscia  dell'arcivescovo 
d  i  Nicopoli,  che  fu  Ivaskv'ilo  a  Marciano- 
poli,  indi  dell'arcivescovo  di  Debeltus,  la 
cui  sede  stabilita  aTernova,fu  quindi  det- 
to arcivescovo  Trimonitano  di  Trinovia  o 
Trinoba  o Tornoba  o  Ternova  [V,),óii\x 
della  Bulgaria  e  capitale  di  essa  nel  seco- 
lo IX,  indi  nel  X  arcivescovato  dipenden- 
te dal  patriarca  di  Costantinopoli,  ed  e- 
sarcalo  di  Bulgaria.  Innocenzo  IH  lo  riu- 
nì alla  Chiesa  cattolica,  dichiarò  il  vesco* 
vo  metropolita,  e  gli  concesse  il  pallio  ei 
la  dignità  di  primate,  ma  poi  ritornò  al- 
lo scisma  de'greci,  i  quali  gli  diedero  il 
titolo  di  Cattolico  (V.)  o  primate  o  ca- 
po ecclesiastico  della  nazione.  Il  p.  Le 
Quien  registra  3  metropolitani  greci  di 
V^alacchia,  cioè  Teodosio,  Valachiae  me» 
tropolita  seti  Ungro-Blachiaeyàeì  1 70 1 5 
Antimo  dell'ordine  di  s.  Basilio,  Unga* 
ro-Blachiae  metropolita, del  1 7  i  o- 1 7  1 4? 
Daniele  metropolita  Ungaro-  Valachiae, 
del  1719-1721.  Coramanville  dice  che 
l'arcivescovo  onorario  di  Valacchia  s'in- 
titolava dal  secolo  XIII  Ungaro-Blachid 
sive  Ungro-Blachiae ,  con  residenza  in 
Tergowitz.U  p.  Mirco  pone  in  Valacchia 
il  vescovato  di  Bacow  o  Bakow ( V.),  ve- 
ramente confinante  col  principato, ed  ap- 
partenente alla  Moldavia;ovveroClemen- 
te  Vili  che  l'istituì,  forse  gli  die  in  cura 
i  valacchi  cattolici,  perchè  ancoComman- 
ville  chiama  Bacovia  città  di  Valacchia, 
eretta  in  vescovato  da  Clemente  Vili  in 
favore  de*  cattolici  di  questi  paesi.  Il  ve- 
scovo fr.  Giovanni  Rosa  domenicano  pe- 
rì nella  persecuzione  contro  i  cattolici,  co-*' 
me  dissi  a  Moldavia,  io  cui  parlar  di  al^ 
tri  vescovi  di  Bacow.  Le  Notizie  di  Ro* 
ma  riferiscono  gli  ultimi  vescovi  di  Ba- 
eow,  e  sono  i  seguenti,  ma  li  dice  uelh| 
i3 


194  \  AL 

Molduvia.  Nel  1 733  fr.  Toniroaso  Zaieski 
domenicano.  Nel  17 35  fr.  Rnimontlo  Je- 
ziei  i»ki  domenicano  di  Cracovia.  Nel  1 744 
gli  fu  dato  in  coailiu loie  con  fuluia  suc- 
cessione fr.  Domenico  Pietro  Korwo- 
siecki   minore  conventuale  di  Zamoski 
diocesi  di  Clielma,col  titolo  vescovile  m 
partibus  di  Biblo.  (ili  successe  e  visse  lun- 
gamente sino  al  1807.  Nel  solo  1826  vie- 
ne riportato  fr.  Bonaventura  Ziiberroni 
de'minori  conventuali,  fatto  vescovo  di 
Ellenopoli  inpartibus  a*  19  luglio  1825, 
e  visitatore  apostolico  di  Moldavia.  Do- 
po il  1840  il  vescovato  di  Bacow  non  fa 
piii  descritto  nelle  Notizie  di  Roma.  Al 
vicario  apostolico  di  Moldavia  mg/  Sar- 
di, il  Papa  Pio  IX  die  in  successore  a'  28 
agosto  1849  ^'olluale  mg.'  Antonio  de 
Stefano  de'iuinori  conventuali,  fatto  ve- 
scovo Bendeme  in  par iibns  e  visitatore 
apostolico.  11  p.  Le  Quien  registra  a  p. 
I25i  per  8.*  provincia  ecclesiastica  del- 
la diocesi  di  Tracia  la  Provincia  HJoldO' 
BlachiaCf  con  Solzaba  (F.)  per  metro- 
poli ed  esarcato  dì  Moldavia,  avente  per 
suffi  aganei  i  vescovati  di  Cusium,  Rataut- 
zium  e  Romanum,  riportandone  i  ve- 
scovi. Nel  novembre  1848  l'arcivescovo 
di  Servia  si  dichiarò  patriarca  degli  sla- 
vi: della  diocesi  di  Servia  il  p.  Le  Quien 
tratta  nel  l.  2,  p.  3 19,  e  della  metropo- 
li diPecA/rtjCo'vescovali  suffraganei. L'ar- 
ci vescovo  di  Tergowilz  trasferì  la  sua  se- 
de a Buchai  est,  dopoché  la  città  nel  1 698 
lo  divenne  pure  del  vaivoda,  qual  nuo- 
va capitale  del  principato  di  Valacchia, 
e  insieme  assegnata  residenza  del  vicario 
apostolico.  Di  questa  città  ne  parlerò  per 
ultimo  ,  e  prima  riferirò  alcune  notizie 
riguardanti  i  Papi  ed  i  valacchi,  in  cui 
si  couspenetrano  colle  civili,  T  ecclesia- 
stiche e  le  religiose.  Narra  il  eh.  Hur- 
ter  nella  Storia  di  Papa  Innocenzo  II J^ 
ed  il  Rinaldi  negli  Annali  ecclesiasti' 
ciy  che  tale  Papa  nell'anno  11 99  pro- 
mosse la  sommissione  alla  s.  Sede  del  si- 
gnore de*  bulgari  e  de'  valacclii,  che  un 
popolo  proveniente  dalle  rive  del  Volga 


VAL 

(Tolomeo  perciò  dice  la  Bulgaria  qtìasi 
Volgaria),  s'era  nel  tempo  della  grande 
trasmigrazione  de'  popoli  stabilito  sulle 
sponde  del  Dmubio,  nell'antica   Mesia, 
spargendo  dipoi  bene  spesso  sotto  l'impe- 
ro di  Giustiniano  1,  colle   sue  rapine,  i 
guasti,  le  stragi,  il  terrore  in  tutte  le  Pro- 
vincie settentrionali  dell'impero  greco  e 
fin  sotto  le  mura  di  Costantinopoli.  Que- 
sto popolo  fondò  quindi  un  regno  che  si 
estese  dal  Danubio  alle  montagne  della 
Macedonia  e  della  Tracia^  il  quale  dopo 
più  di  4*^0  a"»'  ^^  di  nuovo  da  Basilio 
li  sottomesso  al  dominio  dell'im  pero  gre-^ 
co;  e  questa  conquista  contro  i   bulgari 
divenne  la  dote  di  Margherita,  figlia  di 
Bela  in  re  d'Ungheria,  e  il  pegno  della 
riconciliazione  dell'imperatore  Isacco  U 
l'Angelo  verso  il  fine  del  secolo  XII.  Quel- 
l'imperatore, per  supplire  agli  smodali 
dispendi!  della  sfarzosa  sua  corte,  olire  i 
risarcimenti  in  denaro  co»)tanl«  che  il  re 
d'Ungheria  esigeva,  volle  imporre  a'suoi 
sudditi  straordinari  e  arbitrari  balzelli,  e 
chiese  a'bulgari  e  a'valacchi  una  tassa  sui 
bovi  e  sui  porci  non  castrali;  e  i  bulgari, 
popolo  dedicato  alla  pastorizia,  si  sdegna- 
rono al  vedersi  condurre  via  a  forza  i  lo- 
ro bestiami.  Qualche  tempo  dopo  il  suc- 
cessore Alessio  III  l'Angelo  con  insolen- 
te e  tirannico  capriccio  non  volle  più  da- 
re i  gradi  nell'esercito  al  valore  e  al  co- 
raggio, ma  a'soli  natali;  onde  Pietro  ed 
Azan,  due  capi  tributari  che  discendeva- 
no dagli  antichi  sovrani  della  nazione,  e 
secondo  alcuni  oriundi  nobili  romani, of- 
fesi da  questo  procedere ,  si  videro  co- 
stretti, dopo  d'  essere  slati  ignominiosa- 
niente  licenziati,  a  inghiottirsi  pure  una 
pubblica  olìesa,  avendo  lo  zio  dell'impe- 
ratore fatto  dare  uno  schiaffo  ad  Azao. 
Da  questo  giorno  cominciò  nelle  provin- 
eie  a  vacillare  l'autorità  dell'imperatore: 
Pietro  ed  Azan,  non  altro  respirando  e 
meditando  che  vendetta,  corsero  alla  pa- 
tria loro;  ma  occorrevano  mezzi  ben  più 
efficaci  delle  semplici  persuasioni  a  sol- 
levare il  popolo.  Osserva  il  medesiaio  ea- 


VAL 

comiafo  Huitei :  La  religione  fu  in  ogni 
teuìpo  il  più  valido  impulso  a  muover 
le  masse,  e  colà  dove  questo  supremo  a* 
genie  della  vila  universale  ancora  sussi- 
sta, chi  sn  metterlo  in  opera  può  condur- 
re ad  elFetlo  e  la  più  nobile  e  la  più  dan- 
nosa dell'imprese.  I  due  fratelli  edifica- 
rono una  chiesa  a  s.  Demetrio,  avuto  in 
gran  venerazione  in  quelle  contrade;  ed 
ecco  che  il  giorno  della  consagiazione  di 
detta  chiesa,  alcuni  come  inspirati,  ven- 
gono a  bandire  che  questo  principe  del 
cielo  ha  per  seuìpre  abbandonato  i  gre- 
^  ci,  ed  essere  volere  di  Dio  che  il  popolo 
^  -de'bulgari  e  de'vaiacchi  sia  sgravato  dal 
giogo  e  torni  libero;  s.  Demetrio  mede- 
simo guardarli  dalia  cima  del  sagro  edifì- 
zio  e  prometter  loro  il  suo  aiuto.  Alf  ar- 
mi diniq  ne  contro  i  Bizantini  !  A  questo 
grido  la  moltitudine  corse  lietamente  a 
schiararsi  sotto  le  bandiere  de'prodi  suoi 
principi  ereditari,  e  Azan  fu  loro  condot- 
tiero; se  nonché  una  massa  indisciplinata 
mal  resister  seppe  a  un  esercito  guidato 
dall'imperatore  in  persona,  ed  Azan  me- 
desimo fu  costretto  ricovrarsi  al  di  là  del 
Danubio  presso  i  cumaui.  Ma  non  sì  to- 
sto Isacco  11  l'Angelo  fu  ristabilito  in  Co- 
stantinopoli, egli  co'greci  ricomparve  di 
nuovo  nel  paese.  L'improvvido  disprez- 
zo de'  greci  verso  questo  nemico,  le  loro 
intestine  discordie,  per  le  quali  anche  le 
forze  militari  venivano  meno,  la  manie- 
ra di  guerreggiare  de'bulgari  e  de'valac- 
chi,  che  quella  è  di  tutti  i  popoli  tartari, 
cioè  d'andar  sempre  scorrazzando  qua  e 
là  ,  continuamente  tribolando  i  nemici; 
tutte  queste  ragioni  insieme  indussero 
l'imperatore,  che  non  voleva  più  a  lungo 
lasciare  i  suoi  piaceri  per  le  fatiche  d'una 
spedizione,  a  concedere  a*  sollevati  una 
tregua,  che  loro  diede  agio  a  far  nuovi 
apparecchi  di  guerra.  La  codardia  de* 
greci  loro  malgrado  die  a  conoscere,  es- 
ser più  facile  offendere  un  popolo  che 
domarlo.  Un  3°  fratello  di  nome  Giovau- 
ui,cuuosciuto  megliocon  quello  di  Gioan- 
nìcio  e  Calogio vanni,  dovette leudersico- 


V  A  L  195 

me  ostaggio  a  Costantinopoli,  ma  dopo 
4  anni  che  la  tregua   durava  fuggì  ,  e 
congiuntosi  nuovamente  con  Pietro  e  A- 
zan,  tornò  a  scoppiar  la  guerra  con  mi- 
glior fortuna  di  prima  pe' bulgari  e  va- 
lacchi.  La  negligenza  e  la  vanitosa  fidan- 
za del  generale  contribuirono  alla  rolla 
de'greci  assai  più  che  il  valore  de' solle- 
vati, i  quali  perciò  parlavano  con  disprez- 
zo d'un  imperatore  sì  malamente  servi- 
to. I  bulgari  facevano  pubbliche  preci  per 
Isacco  II  e  per  la  sua  famiglia,  perchè  di- 
cevano essi,  finche  regnino  di  siffatti  im- 
peratori le  cose  del  nuovo  regno  valac- 
co  non  ponno  che  prosperare.  Azau  in- 
tanto, nel  bello  di  liberare  il  suo  popolo 
e  di  rassodarsi  la  corona  sul  capo,  venne 
ucciso  dallo  zio  Ivanco  o  Giovanni   nel 
I  195,  in  punizione  dell'avergli  disonora- 
ta la  cognata;  né  contento  costui  del  com- 
messo omicidio,  tentò  anche,  col  soccor- 
so de'greci,  d'impadronirsi  del  governo. 
Ma  Pietro  fratello  di  Azan  l'assediò  in 
Ternova,  da  cui  l'omicida  fuggì  travesti- 
to. L'amor  di  Pietro  per  la  pace  non  val- 
se a  frenar  l'ardor  guerriero  del  suo  po- 
polo; ma  poco  durò  nel  suo  governo,  poi- 
ché non  appena  cavato  dal  suo  ricovero 
il  fratello  Giovanni,  altrettanto  bellicoso 
quanto  crudele,  e  nominatolo  suo  collega 
nel  reggimento  dello  sfato,  fu  pur  egli 
ammazzato.  Giovanni,  che  nelle  lettere 
d'Innocenzo  HI  è  chiamato  Gioannicio,  e 
Calogiovanni  dagli  scrittori,  s'impossessò 
del  supremo  potere  a  danno  de'due  figli 
d'Azan,  e  cercò,  più  per  politica  che  per 
convincimento  religioso,  di  collegarsi  col 
Papa  per  averne  la  protezione  contro 
l'imperatore  bizantino,  e  di  soggettare  la 
sua  chiesa  a  quella  d'occidente,  onde  far 
riconoscere  la  legittimità  di  sua  usurpa- 
zione. Negli  ultimi  anni  perciò  di  Papa 
Celestino  III  spedì  deputati  a  R.oraa  a 
chieder  la  corona  per  se,  ed  un  patriarca 
pel  suo  paese;  ma  eglino  caddero  in  po- 
tere dell'imperatore  greco,  tranne  un  so- 
lo che  giunse  alla  sua  destinazione,   hi 
questo  mezzo  divenuto  Papa  lunuceitzo 


igO  V  A  L 

111,  la  pryJenza  sua  gli  suggerì  di  ordi- 
nare investigazioni  sulla  sincerità  di  que* 
sta  ofTei  te  e  sullo  stato  delle  cose;  al  qual 
uopo,  prima  di  spedire ,  secondo  l'uso 
della  s.  Sede  in  sicuiglianti  occasioni,  una 
ambasciata  solenne,  contentossi  d'inviare 
colà  Tarcipretedi  Brindisi  Domenico, co- 
me versalo  nella  cognizione  della  lingua 
greca  e  latina.  Recò  egli  a  Gioannicio  u- 
Da  lettera  del  Papa,  in  cui  era  detto: «A- 
ver  sapulo  il  Sanlo  Padre  ch'egli  faceva 
discender  la  sua  origine  da  .Roma,  onde 
avrà  ereditato  da'suoi  padri  qualche  par- 
te del  loro  alFelto  verso  la  s.  Sede;  che 
per  questo  era  venuto  fin  da  prima  in 
deliberazione  di  scrivergli  ,  ma  esserne 
sempre  stalo  impedito  dall'altre  molte- 
plici e  più  gravi  sue  cure.  Ma  di  presente 
il  principal  suo  dovere  esser  quello  di 
raffermare  il  re  nella  sua  commendevo- 
le risoluzione  d'unirsi  colla  s.  Sede;  per 
la  qualcosa  gli  manda  un  deputato, pre- 
gandolo a  fargli  buona  accoglienza  :  e 
quando  questi  l'avrà  veramente  informa- 
lo della  sincerità  di  sue  intenzioni ,  gli 
manderà  un  legato  per  assicurarlo  della 
benevolenza  pontificia  ".  Innocenzo  III 
\ide  certo  chiaramente  di  quale  impor- 
tanza riuscir  potesse  questa  lega  col  nuo- 
vo principe  de'bulgari ,  de'  blachi  e  de' 
valacchi,  nel  caso  d'una  nuova  Crocia- 
ta in  Terra  Santa,  e  il  sussidio  che  nelle 
sue  Provincie  potrebbe  trovar  l'esercito 
latino.  Gioannicio  ricevè  onorevolmente 
l'arcipretedi  Brindisi  e  la  pontificia  lette- 
ra, e  rispose  al  Papa  nel  1202.  »  I  mes- 
saggeri e  le  lettere  del  Romano  Ponte- 
fice hanno  maggior  pregio  per  me  che 
l'oro  e  le  gemme.  I  miei  fratelli  vollero 
già  inviare  a  Roma  ambasciatori,  ed  io 
stesso  tentai  due  volte  dì  farlo,  ma  i  mìei 
inviati  giuuger  non  poterono  al  luogo 
destinato.  Ora  che  la  Santità  Sua  ha,  co- 
me un  padre  al  figlio,  mandato  negli  sla- 
ti miei  uno  de'suoi  legali,  col  ritorno  di 
questo  a  Roma  le  invio  l'arcivescovo  di 
Branizzowa  (questo  vocabolo  non  Io  trovo 
ne'geografi  sagri,  né  ne'  profani  :  il   Ri- 


V  A  L 

nnldi  h  chiamo  Basilio  vescovo  Brandi- 
zuberense,  e  col  p.  Le  Quien  parlai  del 
\e<^Q.o\'à\o  Brandiziiheriiim  evtlXo  in  me- 
tropoli da  Innocenzo  III,  di  cui  fuL^ar- 
ci vescovo  Biagio)  e  l'arciprete  Domenico 
di  Brindisi,  per  assicurarlo  della  mia  gra- 
titudine, dell'acnicizia  mia  e  della  mia  di- 
vozione". Pregò  inoltre  Innocenzo  III  di 
concedergli  la  corona  e  gli  onori  di  cui 
godettero  gli  antichi  principi  suoi  prede- 
cessori, couje  Simeone, Pietro  e  Samuele, 
ed  ancora  di  mandargli  la  solenne  am- 
basceria che  gli  promise;  la  qual  doman- 
da fu  presentata  e  raccomandata  dall'or- 
civescovo  di  Debeltus  Basilio,  come  con- 
corde al  desiderio  del  popolo,  che  sareb- 
be lietissimo  per  simil  favore.  Il  Papa  fu» 
ce  accompagnare  1'  inviato  bulgaro,  da 
Giovanni  suo  cappellano,  con  commissio- 
ne di  vedere  se  le  cose  concordavano  col- 
la relazione  di  Caloiannì,  a  cui  Innocen- 
zo III  scrisse.»» Secondo  l'istanza  tua,  noi 
abbiamo  fatto  fare  indasrine  ne'nostri  ar- 

o 

chi  vi,  e  trovalo  che  v'ebbe  effetti  va  men- 
te pili  d'  un  re  coronalo  nel  paese  a  te 
soggetto.  A'ierapi  di  Papa  Nicolò  I,  e  per 
merito  delle  sue  istruzioni,  un  re  de'bul- 
gari si  fece  battezzare  insieme  con  tutto 
il  suo  popolo,  e  chiese  che  gli  fosse  man- 
dato un  arcivescovo.  Un  re  Michele  die 
pur  commissione  ad  un  ambasciatore  di 
portarsi  con  doni  alla  corte  di  Papa  Adria- 
no II  per  pregarlo  d' inviar  ne'suoi  stati 
un  cardinale,  con  facoltà  di  eleggere  e 
consagrare  un  arcivescovo;  ma  i  greci  al- 
lora si  opposero  a  questo  disegno.  Ond'è 
che  noi  oggi,  per  precauzione,  ti  mandia- 
mo non  già  un  cardinale,  ma  si  Giovan- 
ni nostro  cappellano  e  confidente,  in  qua- 
lità di  legalo,  dandogli  pieni  poteri  eia- 
caricandolo  di  recare  il  pallio  all' arcive- 
scovo, di  fare  indagini  nell'antiche  per- 
gamene circa  il  conferimento  della  coro- 
na a*  tuoi  predecessori  per  parte  della 
Chiesa  romana,  e  di  riferire  in  proposi- 
to". Innocenzo  III  confortò  poi  l'arcive- 
scovo a  mostrarsi  sempre  di  voto  alla  s. 
S^àQf  e  gli  pose  sotto  gli  occhi,  w  Che  la 


VAL 

Chiesa  formanclo  un  sol  corpo,  aver  non 
poteva  piti  capi  (quesl'  avvertimento  fu 
dato  senza  dubbio  per  insegnare  a  quel- 
li ch'eran  passali  alla  chiesa  greca,  non 
poter  essi  riguardare  il  patriarca  di  Co- 
sta ntinopoli  con»e  il  vero  capo  della  Chie- 
sa; anzi  sino  a  Innocenzo  111,  i  Papi  non 
lo  riguardarono  per  patriarca).  Il  nostro 
legato  ha  facoltà  di  far  ordinare  da'  ve- 
scovi cattolici  circonvicini  i  preti  e  ve- 
scovi di  cui  è  bisogno.  Quanto  ni  resto, 
aspettiamo  le  convenienti  informazioni 
si  dal  nostro  legalo  e  sì  da*  messaggeri 
dell'arcivescovo".  I  principi  di  quella  re- 
gione, seguendo  l'esempio  del  re,  entra- 
rono co'loro  soggetti  nella  comunione  del- 
la Chiesa  romana ,  e  mandate  dichiara- 
zioni conformi  a  quelle  del  capo  supremo 
dello  sialo,  n'ebbero  egualmente  le  assi- 
curazioni deiralìello  e  benevolenza  della 
s.  Sede.  Verso  la  metà  del  i2o3  Gio- 
vanni re  de'bulgari  ede'valacchi  fece  a- 
vere  al  Papa  una  dichiarazione  ,  colla 
quale  lo  riconobbe  pel  successore  di  s. 
Pietro,  a  cui  si  appartiene  quaggiù  lega- 
re e  sciogliere,  e  gli  scrisse.  >»  Calo  Gio- 
vanni imperatore  de'Bulgari  e  de'Blachi 
al  Santissimo  Signore  patriarca  della  fe- 
de de'crisliani  dall'oriente  insino  all' oc- 
cidente Papa  romano.  Già  da  6  anni  in 
qua,  io  volli  per  ben  tre  volte  mandarli 
questa  dichiarazione;  ma  non  potè  mai 
venir  fatto  a'raiei  ambasciatori  d'ai  riva- 
re fino  a  Boma.  La  commissione  da  te 
data  all'arciprete  di  Brindisi  mi  prova 
che  io  li  sto  pur  sempre  a  cuore,  e  il  mio 
proposto  è  del  pari  irremovibile  :  onde 
il  mio  arcivescovo,  nelTatlo  che  viene  a 
Roma  con  vari  doni  da  parte  mia,  è  in- 
caricalo di  pregarti  di  mandar  qualche 
cardinale  per  coronarmi  imperatore  e 
coiisagrare  un  patriarca  pel  mio  popolo". 
Verso  il  medesimo  tempo  alcuni  amba- 
sciatori bulgari  si  recarono  da  Emericore 
ò' Ungheria,  presso  il  quale  io  que' gior- 
ni dimorava  il  legalo  Giovanni  da  Casa- 
marìo  cappellano  del  Papa,  cui  era  com- 
messo di  passare  in  Bosnia  per  reprima.- 


VAL  197 

re  l'eresia  de'patarini,  e  il  re  li  fece  solen- 
nemente giurare  di  dare  una  scoria  a  ta- 
le legalo  perchè  potesse  giungere  sicura- 
mente al  signore  loro.  L'arcivescovo  di 
Debellus  Basilio,  invialo  a  Roma  dal  re 
de'bulgari  e  de' valacchi,  giunse  infatti  fe- 
licemente fino  a  Durazzo,  dove  trovò  aL 
cuni  messaggeri  del  conte  di  Brienne  che 
volevano  fare  il  tragitto  insieme  con  lui; 
ma  avendo  un  greco,  ch'era  in  loro  com- 
pagnia, rappresentalo  al  governatore  di 
colà  che  all'imperatore  di  Costantinopo- 
li dispiacerebbe  di  vederli  uniti  coll'arci- 
vescovo  (giacché  l'imperatore  avea  fallo 
di  lutto  per  impedire  a  Gioannicio  d'u- 
nirsi alla  Chiesa  romana),  fu  loro  negato 
di  passare  innanzi,  e  il  clero  Ialino  di  Du- 
razzo ebbe  da  fare  assai  per  impedire  che 
i  greci  invidiosi  non  gettassero  l'arcive- 
scovo in  mare;  consigliandolo  intanto  di 
non  volersi  esporre  a  nuovi  pericoli,  ma 
sì  a  far  conoscere  per  mezzo  di  qualche 
fidalo  messo  questi  suoi  pericoli  al  Pa- 
pa; il  quale  ormai  cerio  dell'ortodosse 
opinioni  del  re  de'bulgari  e  de'valacchi, 
circa  la  podestà  de'successoridis.  Pietro, 
scrisse  all'arcivescovo  aver  già  mandalo 
in  Bulgaria  il  suddetto  Giovanni  di  Ca- 
samario  cappellano,  legalo  anche  in  Bo- 
snia, con  piena  facoltà  d'ordinare  le  cose 
ecclesiastiche,  di  consagrare  i  vescovi  e  i 
preti,  di  dare  il  pallio  a  un  arcivescovo, 
e  di  far  investigazioni  sul  punto  della  di- 
gnità regia  che  si  avessero  in  antico  i  pre- 
decessori del  re.  Tuttavia,  siccome  que- 
sl' ultimo  avea  dato  incarico  all'arcive- 
scovo di  portarsi  a  Roma  in  persona,  co- 
sì il  Papa  Io  confortò  a  lasciar  indietro 
lutto  il  suo  seguito  e  mettersi  in  punto 
di  venirvi,  assicurandolo  che  avrebbe 
provveduto  affinchè  il  suo  ritorno  tanto 
per  terra  quanto  per  mare  fosse  piena- 
mente sicuro,  e  dandogli  eziandio  spe- 
ranza di  farlo  ac<:ompagnare  da  un  le- 
galo che  seconderebbe  le  intenzioni  tut- 
te del  re ,  al  quale  scrisse  ne'  medesimi 
termini ,  non  senza  significargli  essere 
desiderio  suo  di  vederlo  per  prima  cossk 


198  VAL 

conci  luler  la  pace  con  VnJcnno  gran  lupa  • 
no  o^iupanocli  Servia,  che  poi  fece  coro* 
naie  re.  Il  legalo  Giovanni  postosi  in  cam* 
ininoperlaBuIgat'ia,menlregiàil  reavea 
incontanente  da  un  villaggio  vicino  a  Du> 
lazzo,  (love  tuttavia  soggiornava,  richia- 
malo il  suo  arcivescovo  di  Bulgaria,  que- 
sti poi  potè  nel  giorno  della  Nalivilà  di 
Maria  Vergine,  prestato  prima  il  giura- 
mento d'ubbidienza  alia  s.  Sede,  riceve- 
re il  pallio,  l'anello  e  la  mitra  pastorale, 
essendo  stato  Basilio  trasferito  dalla  se- 
de di  Debcltus  a  quella  di  Terno  va.  Il 
legalo,  tl'accordo  col  re,  creò  quindi  due 
nuovi  arcivescovati  (di  BrandiziiberiurUy 
e  di  i\Iarcianopoli\  la  quale  sede  fu  a 
meglio  dire  ristabilita  nella  dignità  ar> 
civescovile,  venendo  chiamata  pure  Pre- 
slaw.  Altra  metropoli  istituita  da  Inno- 
cenzo 111  fu  Belesbiigd  nella  diocesi  di 
Tracia  e  non  Francia  come  per  menda 
tipografica  è  detto  in  tale  articolo) ,  e 
conferì  la  dignità  di  primate  agli  arcive- 
scovi di  Debcllus  o  Zagora,  e  di  Terno- 
i'(J (nel  qual  articolo,  nella  colonna  a.'  per 
fallo  invece  d'arcivescovo  di  Bulgaria  è 
dello  di  DiirazzOy  per  ooimissione  della 
parola  richiamato^  dopo  quella  à*  arci' 
vescovo)  stabilita  a  residenza  priraaziale. 
Dopo  di  che  il  re,  conaltoaulenticatocon 
r  aureo  sigillo,  dichiarò  :  Che  seguendo 
1  orme  degli  avi  suoi,  poneva  il  suo  re- 
gno nella  comunione  della  Chiesa  roma- 
na, promettendo  per  se  e  successori  suoi, 
eterna  divozione  alla  s.  Sede;  e  prescris- 
se al  primate,  agli  arcivescovi,  a* vescovi 
ed  a'preli  del  suo  regno  di  conformarsi 
a' canoni  della  medesima  romana  Sede, 
alla  quale  egualmente  promise  sottopor- 
re tutti  i  paesi  cristiani  che  avesse  con- 
quistato. Pregò  il  Papa  che  si  stabilisse 
la  santa  e  gran  chiesa  di  Ternova  per  fa- 
re la  cresima  e  pel  battesimo  de'crislia- 
ni,  perchè  quando  i  greci  sapranno  ch'e- 
gli e  i  suoi  popoli  hanno  ricevuto  la  con- 
sagrazione  dalla  s.  S^Ae^  non  gli  daranno 
la  cresima,  il  vescovo  di  Braoizzova  (Ri- 
naldi io  chiama  Biagio  e  Basilio,  mentre 


VAL 

Biagio  lo  disse  il  p.  Le  Quien,  e  vescovo 
Brandizuberense)  e  il  ca[)pellano  Giovan- 
ni portarono  a  Roma  la  dichiarazione 
del  re,  i  suoi  ringraziamenti,  le  doman- 
de dell'arcivescovo  di  Ternova,  per  l'e- 
lezione e  consagrazione  del  patriarca,  e 
finalmente  d'invocar  l'invio  d'un  cardi- 
nale colla  corona  e  lo  scettro  reali,  au- 
torizzandolo con  boi  la  col  sigillo  d'oro,  da 
conservarsi  nella  chiesa  diTernovn  in  per- 
petuo, a  procedere  alla  coronazione  del 
re.  Questi  inoltre  lasciò  in  arbitrio  del 
Papa  la  sua  controversia  col  le  d'Unghe- 
ria, col  desiderio  che  per  essa  non  più  si 
spargesse  il  sangue  d'alcun  cristiano,  ed 
in  conferma  di  sue  promesse  mandò  a 
Innocenzo  III  donativi  divoti  e  preziosi, 
Nella  lettera  regia  al  Papa  si  legge  que- 
sto indirizzo.  Al  Santissimo  dominatore 
e  Papa  universale  sedente  nella  sede  del 
B.  Pietro,  e  Signor  padre  del  mio  regno 
Innocenzo  111  Papa  della  Sede  apostolica 
delia  Chiesa  romana  e  Maestro  di  tutto 
il  mondo.  Il  Papa  mostrò  grandissima 
consolazione  di  questo  nuovo  accresci- 
mento della  Chiesa,  e  deliberò,  dopo  ma- 
turo consiglio,  di  proclamare  Gioaunicio 
re  de' V^alacchi,  de'BIachi  e  de'Bulgari,  e 
mandare  colla  corona  e  lo  scettro,ad  im- 
gerlo  il  cardinal  Leone  Brancaleone  le- 
gato apostolico.  A  questi  il  Papa  die  pu- 
re il  pallio  pel  nuovo  primate  patriarca 
della  gran  chiesa  di  Trinova  o  Ternova, 
prima  città  di  tutta  la  Bulgaria,  arcive- 
scovo di  tutta  la  Bulgaria  e  Blachia,  e  per 
gli  arcivescovi  colle  debile  istruzioni,  or- 
dinando al  primate,  nella  lettera  che  gli 
scrisse,  d'eseguire  le  ri  forme  e  ord  i  na  men  • 
li  suggeriti  dal  cardinale.  «Poiché  a  quel 
modo  che  tu  ti  sei  sottomesso  al  supremo 
vescovo  e  pastore  dell'anime  a  le  confi- 
date, così  fa  di  conformarti  alla  dottrina 
di  colui  al  quale  il  Signore  ha  confida- 
lo il  reggimento  della  Chiesa,  la  quale  è 
saldamente  piantata  sulla  pietra  su  cui  ha 
edificato  il  suo  tempio".  Di  più  gl'impo- 
se  la  seguente  formola  di  giuramento.«lo 
giuro  d'esser  fedele  e  ubbidiente  a  s.  Pie- 


V  kh 

tìo,  alla  Chiesa  lomana,  ad  Innocenzo 
mio  signore,  ed  a  lutli  i  suoi  cattolici  suc- 
cessGni;  di  non  mai  commetter  cosa  con* 
li'o  la  vita  o  itbertà  loro;  di  nondarea  niu- 
uo  consigli  a  danno  loro;  di  difender  To- 
Doreja  dignità  e  i  diritti  della  Sedia  pon- 
tificia; di  portarmi  a*  concilii  ogni  volta 
che  io  vi  sia  chiamato;  di  farmi  dare  un 
giuramento  simile  da  tutti  i  vescovi  ch'io 
fossi  chiamato  a  consagrare,  e  di  far  pari- 
menti giurare  a're  che  io  avrò  ad  unge- 
re, divozione  per  se  e  pe*suddili  loro  alla 
s.  Sede'*.  Questa  formok  si  legge  abbre- 
viata in  Hurler,  e  più  dilìusa  e  particola- 
reggiata in  Rinaldi ,  indi  pronunziata  da 
Basilio  arcivescovo  Trinovilano  odi  Ter* 
nova,  primate  di  tutta  la  Bulgaria  e  Bla- 
chia.  Promise  ancora  di  visitare  i  sagri 
Limina  Jpostoloriim  ogni  4  anni ,  o  di 
persona  o  per  messo  se  impedito.  Termi- 
nando il  giuramento  colle  parole.  Così 
m'  aiuti  Dio  e  questi  santi  Evangeli  nel 
presente  secolo  e  nel  futuro.  Amen. 
Dimorando  il  Papa  in  Anagni,  sicco- 
me il  vescovo  di  Branizzova,  al  pari  dei 
sacerdoti  del  suo  paese,  non  avea  rice- 
vuto nella  sua  consagrazione  l'unzione 
secondo  il  rito  romano,  Innocenzo  III 
lo  fece  ungere  alla  sua  presenza  da  uà 
cardinale  assÌ!>tito  da  due  vescovi,  ordi- 
nando che  in  appresso  nessuno  del  rea- 
me potesse  essere  innalzato  al  sacerdozio 
o  all'  episcopato  senza  la  pratica  iunan- 
zi  di  questo  rito,  di  cui  ne  spiegò  le  ra- 
gioni in  lunga  lettera  all'arcivescovo  di 
Ternova,  colle  citazioni  di  moltissimi  e- 
sempi  tratti  dall'antico  e  dal  nuovo  Te- 
stamento. Il  cardinale  partì  d'Anagni  pei* 
la  legazione  nel  declinar  di  febbraio  1 2o4, 
e  probabilmente  in  compagnia  del  vé- 
scovo di  Branizzova;  e  giunto  dal  re  gli 
consegnò  la  bolla  Rex  Regam^ddla  in 
Ana^i  a'  24  febbraio,  Bull,  Roni.  ì.  3, 
par.  I,  p.  107,  nella  quale  il  Papa  con 
passi  della  sagra  Scrittura  e  le  parole 
del  Salvatore,  espose  le  prerogative  di 
s.  Pietro  e  de'  suoi  successori ,  in  virtù 
delle  quali  appunto  gli  mandava  le  re- 


V  A  L  199 

gìe  insegne,  con  flicoltà  al  cardinale  di 
consagrarlo  dopo  il  giuramento  di  som- 
missione alla  Chiesa  romana.  11  Papa 
concesse  inoltre  al  re  Gioannicio  il  di- 
ritto di  batter  moneta  in  proprio  nome, 
e  gli  fece  presentare  uno  stendardo  colle 
figure  della  Croce  e  delle  Chiavi  di  s. 
Pietro;  l'una  a  ricordargli  che  a  Dio  e 
non  a  se  stesso  il  re  dovea  le  sue  villo- 
rie;  le  altre  come  simbolo  della  pruden- 
za e  della  forza;  l'una  e  l'altra  congiunte 
poi,  coinè  segno  della  salute  pe'patimenli 
delRedentoree  per  merito  della  suaChie- 
sa.  A  tale  traduzione  dell*  Hurler ,  sog- 
giungo quella  del  Rinaldi,  che  riporta 
quasi  per  intero  le  lettere  pontificie  e  re- 
gie.»» Mandiamo  a  tua  Serenità  pel  nostro 
venerabile  fratello  B.    vescovo  Brandi- 
zuberese,  lo  stendardo  che  tu  userai  con- 
tro di  quelli  li  quali  onorano  colle  labbra 
il  Crocifìsso,  ma  il  cuore  è  lutto  rimoto 
da  lui.  Contiene  non  sen/,a  mistero  la 
la  Croce  e  le  Chiavi,  perchè  il  B.  Pietro 
Apostolo,  e  sostenne  la  Croce  per  Cristo, 
e  ricevè  le  Chiavi  tla  Cristo.  R.appreseuta 
dunque  il  segno  della  Croce,  perchè  Cri- 
sto, che  vince,  regna  e  impera,  ha  supe- 
rato le  podestà  aeree,  e  nel  quale  per- 
dendo la  preda  il  predatore,  morendo  Id 
vita,  assorbì  la  morte,  e  prese  Beemot, 
quasi  con  amo  negli  occhi  suoi.  Anche 
rappresenta  due  Chiavi,  l'una  della  di- 
screzione e  l'altra  della  podestà,  accioc- 
ché mentre  tu  discernerai  discretamente 
tra  il  bene  e  il  male,  tra  la  luce  e  le  te- 
nebre, tra  il  santo  e  il  profano  ,  tu  ado- 
peri la  spada  materiale  commessati  ad 
vindlctam^  come  si  legge  scritto,  male- 
far.toriim^  laudem  vero  boiioruni;  e  tu 
prendi  l'arme  e  lo  scudo  contro  quelli,  che 
non  ponierunt  Dewn  adiutoriiun  sibi". 
Una  lettera  particolare  del  E'apa  faceva 
conoscere  al  principe  le  commissioni  del 
legato,  le  piene  facoltà  di  cui  era  fornito, 
gli  onori  e  i  privilegi  concessi  a*  vescovi 
del  suo  paese,  e  confortavalo  ad  accO' 
glierlo  rispettosamente,  ed  a  provvedere 
altresì  che  si  prestasse  ubbidienza  agUor- 


300  VAL 

ilini  suol  in  ItiUo  i)  regno.  Il  privilegio 
d'  incoronare  il  re  fu  da  Innocenzo  ili 
iiUnbuilo  alla  dignità  di  primate,  giù 
conferita  all' arcivescovo  di  Tcrnova  ,  e 
ordinò  al  clero  di  riconoscere  il  primate 
stesso  per  capo,  dappoiché  egli  era  pari 
iji  dignità  al  patriarca.  Innocenzo  111 
quindi  annunciò  al  clero  e  a'popoli  del  • 
rUnglieria  e  dellaServia  la  fortunata  con- 
giunzione de'  valacchi  e  de'  bulgari  alla 
Chiesa  romana.  Ad  onta  degl'impedi- 
iMcnti  frapposti  dal  ve  lV  Ungheria  (/^.), 
il  cardinal  legato  giunse  a  Ternova  (F.) 
a' 1 5  ottobre,  ed  a'y  novembre  vi  consa- 
grò il  primate  Basilio ,  per  le  provincie 
di  Bulgaria,  Blachia  o  Valacchia,  già  ar- 
civescovo di  Debeltus,  il  quale  ordinò  poi 
i  suoi  metropolitani  e  vescovi ,  i  primi 
de'quali  riceverono  il  pallio  dal  cardinale. 
Nel  d'i  seguente  questi  in  nome  del  Papa 
procede  alla  coronazione  del  re  Giovan- 
ni in  mezzo  alle  festose  grida  del  popolo, 
e  partì  a*i5.  Il  re  gli  allìdò  due  fanciul- 
li per  farli  istruire  in  Roma  nell'idioma 
latino,  onde  servirsene  nella  traduzione 
delle  lettere;  e  pel  Papa  ne  consegnò  u- 
iia,  nella  quale  significò  la  propria  con- 
tentezza per  aver  conseguilo  quanto  più 
desiderava;  dichiarando  però  di  non  vo- 
ler concedere  alla  s.  Sede  altra  podestà  nel 
suo  regno,  se  non  quella  riferibile  alte 
cose  spirituali,  non  volendo  egli  inimicar  • 
si  l'imperatore  greco,  per  solloporsi  a  u- 
na  maggior  soggezione  di  quella  che  già 
lo  gravava  (il  Rinaldi  traduce  in  altro 
senso  la  lettera  del  re,  il  quale  con  un 
editto  comandò,  che  tutte  le  terre  del 
suo  impero  fossero  sottoposte  nelle  cose 
sagre  alla  Chiesa  romana).  Inviò  altri  do- 
ni al  Papa  per  sua  memoria,  e  volere  spes* 
so  mostrare  d'averlo  in  cuore  coll'inviar- 
gli  frequenti  ambasciate.  Intanto  avendo 
i  crociati  latini  conquistato  Costautinopo* 
lì,  ed  eletto  imperatore  Baldovino  I ,  il 
cardinal  Brancaleone  scrisse  al  Papa  di 
raccomandare  ad  essi  il  re,  di  non  turbare 
iu  modo  alcuno  i  suoi  stati,  altrimenti  e- 
gli  ayiehhe  saputo  opporre  la  lofza  alla 


VAL 

forza.  Ne  ondò  guari  che  lo  provò  co' 
futti.  I  grandi  signori  bizantini,  punti  al 
vivo  d'esser  licenziati  da'latini,a'quali  e- 
rnnsi  arresi,  olIVirono  segretamente  i  lo- 
ro servigi  a  Gioannicio,  il  quale  temeva 
e  odiava  i  latini  ,  perchè  questi  nell'  eb- 
brezza della  vittoria  aveano  risposto  a* 
suoi  ambasciatori  ad  offrir  loro  amicizia: 
«Non  dover  egli  tener  con  essi  il  linguag- 
gio d'un  re  co'suoi  pari,  ma  sì  d'uno  schia- 
vo col  suo  signore,  altrimenti  gl'insegne- 
rebbero  con  1'  armi  a  più  acconciamente 
parlare,  e  lo  tornerebbero  bentosto  nella 
condizione  di  prima".  Alle  quali  parole 
Gioannicio  fece  rispondere.»  Posseder  e- 
gli  il  proprio  reame  a  più  buon  diritto  che 
non  essi  Costantinopoli;  aver  egli  ricupe- 
rato il  retaggio  de' suoi  maggiori  e  non 
altro;  eglino  aver  occupato  Costantino- 
poli senza  che  ci  avessero  ragione  alcu- 
na ;  portar  egli  legittimamente  una  co- 
rona avuta  dal  Papa,  laddove  colui  che 
porta  il  titolo  di  re  di  Costantinopoli  a- 
verla  qrbilrariamenle  usurpata  ,  onde 
questo  reame  esser  dovuto  a  se  meglio 
che  a  lui.  Moverebbe  lutto  confidente  aU 
la  pugna,  sotto  il  vessillo  di  s.  Pietro,  in 
cui  risplendouo  le  due  chiavi,  contro  co- 
loro che  portano  sull'omero  la  falsa  in- 
segna della  Croce".  Cosi  essendo  le  co- 
se, iu  buon  punto  adunque  i  grandi  si- 
gnori greci  si  rivolsero  a  lui.  Gioannicio 
li  consigliò  a  tornar  nel  loro  paese,  e  di 
far  quanto  più  male  potessero  al  nemi- 
co; troppo  non  tarderebbe  a  venire  il  mo- 
mento di  soccorrerli  scopertamente.  Ve- 
dendo i  greci  che  Baldovino  I  non  pote- 
va far  uso  di  forze  ragguardevoli,  poiché 
i  capi  dell'esercito  e  i  cavalieri  attendeva- 
no a  custodire  o  a  conquistare  le  provin- 
cie toccate  in  parte  a  ciascuno  di  essi,  nel 
i2o5  fecero  sollevare  a  un  tratto  le  città 
della  Tracia  e  della  Macedonia,  e  truci- 
darono ©cacciarono  i  latini,  il  che  ven- 
ne loro  fatto  princi[)alraente  in  Adriano- 
poli,  confine  de'popoli  blachi,  donde  i  ver 
ueziani  ed  altri  si  gettarono  in  Filippopo- 
lii  che  pelerenieule  fortificaroao.  1  gi'eci 


VAL 

rinseguii'ono  anche  colà,  e  tulio  il  paese 
intorno  parfeggiantlo  per  Gioannicio,  si 
rifugiaiono  a  Costantinopoli ,  non  osan- 
do restar  più  chiusi  nella  città.  Baiilovi- 
no  1  vedendo  la  sollevazione  diirondersi 
per  tutta  la  contrada,  di  concordia  col 
doge  di  Venezia  e  cogli  altri  capi  dell'e- 
sercito, risolvè  pel  meglio  di  rinunziare 
alla  conquista  dell'  Asia,  e  di  richiamare 
il  fratello  Enrico  di  Fiandra  colle  sue  gen- 
ti da  Adramitto;  tutto  fu  in  moto  fra* 
crociati  per  combattere  i  greci,  e  questi 
per  alfronlarli  si  riunirono  in  massa  ad 
Adrianopoli  per  aspellar  i  crociali.  Bal- 
dovino 1  al  tutto  sfornito  di  gente,  sen- 
za attendere  il  fratello,  appena  arrivò  da 
JVicomedia  Sainte-Menehouid  co'suoi  i  co 
cavalieri,  nel  marzo  mosse  contro  Adria- 
nopoli, mentre  anco  Gioannicio  entrava 
in  campagna  coir  eseicito  segretamente 
armato.  1  crociali  abituali  a  restar  vitto- 
riosi de'greci,  minor  slima  fecero  de'bul- 
gari  ,  blaclii  e  valacchi  non  avvezzi  al 
modo  di  guerreggiare  degli  occidentali. 
L'  imperatore  si  credè  forte  abbastanza 
per  assalir  quell'  orde  selvagge  ,  senz'  a- 
speltare  l'altre  soldatesche,  ed  a'39  mar- 
ciò a  pie  d' Adrianopoli,  sulle  cui  torri 
sventolavano  le  bandiere  bulgare,  rag- 
giunto con  pochi  dal  vecchio  doge  veneto, 
ma  penuriando  pure  di  vettovaglie.  Fat- 
ti gli  apparecchi  per  atterrare  le  mura 
della  città,  si  avanzò  Gioannicio  con  for- 
ze ragguardevoli ,  composte  di  bulgari, 
di  valacchi  e  di  1 4,000  cumani  o  popoli 
tartari.  Al  piccolo  stuolo  di  latini  fu  for- 
za quindi  dividersi  in  due  schiere,  l'una 
per  guardare  il  campo,  l'altra,  guidata 
dall'imperatore,  per  sostener  l'assalto  se 
Gioannicio  volesse  venir  a  giornata.  Avea 
costui  preso  gh  alloggiamenti  a  5  leghe 
distante,  ordinò  a'cumani,  agili  ed  usi  a 
saettare  il  nemico  fuggendo  ,  di  trava- 
gliare i  latini  armati  alla  greve.  I  crocia- 
ti a  loro  confronto  essendo  appena  un 
decimo,  sebbene  si  fossero  proposti  d'  a- 
spellarli  a  pie  fermo,  ripetutamente  pro- 
'VQicali,imprudeutemeute  piombar  ono  sui 


VAL  201 

cavalli  nemici,  che  si  lasciarono  insegui- 
re per  (juasi  due  leghe,  e  quando  videro  i 
cuvfdli  de'crociati  stanchi  dal  peso  de'ca- 
valieri  ,  ad  un  tratto  si  rivolsero  e  man- 
dando alte  grida  ,  invilupparono  come 
tempestosa  nube  i  latini ,  che  colti  alla 
sprovveduta  si  disordinarono.  Il  conflit- 
to durò  lungo  tempo  e  in  un  modo  a  cui 
non  erano  i  latini  accostumati;  perchè  ì 
cumani  scannavano  i  cavalli,  troncavano 
con  falci  il  capo  a'cavalieri,  o  gittavano 
lacci  sopra  di  loro  per  tirarli  giù  d'  ar- 
cione e  ucciderli.  Finalmente  la  vittoria 
fu  per  loro.  I  più  de'crociati  rimasero  e- 
stinti  sul  campo,  fra'quali  diversi  signo- 
ri capitani.  Nel  numero  de'prigionieri  fu 
Baldovino  I,  che  venne  condotto  alla  cor- 
te di  Gioannicio  a  Ternova  ,  un  anno  e 
due  giorni  dopo  il  suo  ingresso  trionfale 
in  Costantinopoli.  Per  buona  ventura  de* 
crociati ,  i  cumani,  i  valacchi  ed  i  greci  si 
ritirarono  senza  rinnovare  l'assalto.  Però 
il  re  inseguì  con  ardore  i  crociati,  che  da 
Adrianopoli  si  ritiravano  a  Rodosto  ,  ove 
arrivarono  in  mezzo  a  mille  pericoli  e 
continuamente  combattendo.  In  tale  for- 
te città  crearono  Enrico  fratello  dell'im- 
peratore, reggente  dell'  impero,  imperii 
haillìvani.  Sperava  Gioannicio  che  A- 
drianopoli  gli  avrebbe  aperto  le  porle  per 
gratitudine  della  fedele  alleanza  e  per  pre- 
mio della  vittoria;  ma  resistendo  i  greci 
e  non  essendo  i  bulgari  meglio  esperti 
nell'assediare  le  città  che  nel  combattere 
in  aperta  campagna,  passò  a  impossessar- 
si delle  ciltà  greche  che  prima  erano  ia 
mano  de'lalini,  mentre  i  cumani  correva- 
no il  paese  fin  sotto  le  mura  di  Costanti- 
nopoli; laonde  il  reggente  e  il  doge  fu- 
rono costretti ,  lasciato  un  forte  presidio 
in  UodoslOjdi  recarsi  colle  genti  loro  nel- 
la metropoli,  che  sola  quasi  reslava  a* 
crociali  di  tanti  possessi,  poiché  il  re  de* 
bulgari  avea  sottoniesso  tutto  il  paese  di 
qua  dallo  stretto.  Pertanto  i  più  zelanti 
crociati  sempre  più  si  persuasero  che  il 
castigo  divino  fu  provocato  dalla  loro 
arroganza  e  leggerezza  iq  loro  prodotte 


201  VAL 

dalia  vittoria,  e  che  la  conquista  deirini- 
peiogrecoavea  impedito  quella  di  Oeru- 
Stilemiue.  Crescendo  frattanto  i  calori  del> 
Testate,  i  cumani  si  separarono  da'bulga- 
l'i  e  se  ne  tornarono  al  paese  loro;  ma 
Cìioannicio  condusse  tuttavia  i  suoi  con» 
Irò  Tessalonica  e  se  n'  inipadrom,  e  do- 
po aver  guastato  il  paese,  i  pauliziani  o 
turchi  paizineki  gii  agevolarono  la  con- 
quista di  Fiiippopoii,che  agguagliò  ai  suo* 
lo.  Intanto  il  conte  Enrico  reggente  del« 
l'iuìpero  si  rivolse  tutto  confidente  a  In- 
nocenzo III,  che  mandava  l'aiuto  delle 
sue  cure  e  de'suoi  consigli  in  tutte  le  par- 
ti, per  soccorsi  e  per  la  liberazione  del 
linlello.  Tosto  il  Papa  scrisse  al  re  de* 
bulgari,  che  avendo  ricevuto  dalia  Ghie* 
sa  romana  il  diadema  e  lo  stendardo  mi- 
litare, dovesse  restituire  la  libertà  a  Bal- 
dovino 1  e  far  pace  co'latini,  altrimenti 
questi  e  gli  ungiieri  avrebi:)ero  rivolto  le 
loro  anni  contro  di  lui;  e  di  aver  esorta- 
to Enrico  a  por  fine  ali*  ostilità  e  pacifi- 
carsi con  lui.  Gli  rispose  il  re,  avere  im- 
preso la  guerra  contro  i  latini,  per  avere 
ricusato  la  pace  e  per  esigere  le  sue  Pro- 
vincie come  appartenenti  all'impero  gre- 
co; e  che  Dioaveagii  conceduto  gloriosa 
vittoria,  la  quale  attribuiva,  non  alla  po- 
tenza di  sue  armi,  ma  ai  patrocinio  di  s. 
Pietro  col  cui  stendardo  era  marciato;  e 
quanto  a  Baldovino  I  era  morto.  Natu- 
ralmente dicono  alcuni  in  prigione,  ove 
Tavea  trattato  onorevolmente.  Altri  lo 
negano,  e  narrano  con  più  probabilità, 
che  carico  di  cater»e  in  Terno  va,  gli  fura- 
no mozzali  i  piedi  e  le  mani,  indi  preci- 
pitato in  una  valle,  ove  mori  dopo  3  gior- 
ni pasto  degli  uccelli.  Altri  lo  dicono  de- 
capitato, e  tuttociòper  la  ribellione  d'A- 
spiete  greco  unitosi  a'  latini,  il  che  fece 
montare  in  furore  il  re.  In  Costantinopoli 
la  sua  morte  si  seppe  dopo  1 6  mesi,  e  al- 
lora gli  fu  dato  a  successore  il  fratello. 
Inoltre  Innocenzo  MI  ordinò  al  primate 
de*  bulgari  di  disporre  il  re  a  sentimenti 
più  pacifici;  ma  egli  di  genio  bellicoso^ 
allettalo  dalla  speranza  d'acquistar  prò* 


VAL 

vincie  e  bottino,  continuò  le  sue  incur- 
sioni nel  i  20 6  co'valacchi  e  ciunnui,  con- 
tro i  latini  e  i  greci  per  la  loro  doppiezza. 
Si  preci  ()itarono  nel  paese  e  lutto  distrus- 
sero, cillà,  uomini  e.  messi;  fece  tremare 
Costantinopoli,  e  ridusse  per  5  giornate 
di  cammino  intorno,  lutto  silenzio  e  de- 
serto. A  quel  modo  che  l' imperatore  Ba- 
silio Il  assunse  il  %o[)Vi\niìomGd' Ammaz- 
zatore, de*  btilgari  (battuto  dal  re  loro 
Samuele,  vinto  poi  (juesto  in  parecchie 
pugne, nel  IO  I  3  con  orribile  crudeltà  fe- 
ce cavar  gii  occhi  a  i5,ooo  bulgari  pri- 
gioni, risparmiando  un  solo  per  centinaio, 
nfrinchè  conducesse  gli  altri  nella  loro  pa- 
tria: s[)ettacolo  sì  miserando  cagionò  la 
morte  del  re) ,  co^l  ora  Gioannicio  volle 
cancellarlo  con  quello  di  Ammazzatore 
de* romani  o  feiidìcatore  del  sito  popò* 
lo.  Anche  i  greci  d'Adrianopoli  e  di  De- 
motica vedendosi  prossimi  a  soggiacere  a 
Gioannicio,  si  accostarono  a'  latini,  onde 
l'imperatore  Enrico  con  4oo  de'suoi  ac- 
corsead  Adrianopoli,  per  poi  rivolgersi  a 
Demotica  assediata  dal  re  con  4o,ooo  ca- 
valli ed  innumerabili  fanti.  Quel  pugno 
di  prodi  nel  giorno  di  s.  Gio.  Battista  si 
confessarono  e  comunicarono.  Gioanni- 
cio preso  da  spavento  si  ritirò  da  Demo- 
tica, bruciando  le  macchine  d'assedio,  e 
si  restituì  nel  suo  paese  senza  voler  ac- 
cettar la  battaglia  offerta  da'  latini.  Di- 
poi tornato  su  Demotica  l'espugnò  e  di- 
strusse. Enrico  inseguì  il  nemico,  ricupe- 
rò un  grosso  numero  di  prigioni,  ed  una 
gran  quantità  di  bottino,  altro  facendone 
nell'invasione  del  paese  de' bulgari  di 
qua  dal  mare.  Teodoro  Lascaris  impe- 
ratore di  Nicea  avvisò  il  re  trovarsi  la 
maggior  parte  delle  forze  Ialine  al  di  là 
del  mare  nell'Asia  minore,  l' imperatore 
Enrico  aver  intorno  pochissime  milizie, 
onde  dover  profittare  della  bella  occasio* 
ne  per  vendicarsi.  A  quest'avviso  Gioan- 
nicio irruppe  nella  Tracia;  e  mentre  i  cu- 
mani, suoi  fedeli  alleati,  spingevano  le 
loro  correrie  fin  sotto  a  Costanliuopoii, 
egU  tornò  a  stringer  d'  assedio  Adriauo' 


VAL 

poli,  IravngHandola  continuamente  colle 
ince-^sanli  batterie  di  33  baliste,  colle  mi- 
ne sotten  ance  e  con  replicati  assalli.l  g^ie- 
ci  ed  i  latini  che  la  dijfendevano,  chiama- 
rono Enrico  a  difender  la  2.'  città  del- 
l'impero e  baluardo  della  capitale.  L'ud- 
peralore  trovavasi  nel  bivio  di  lasciar  i 
crociati  di  Natòlia  nel  pericolo  d'  esser 
sconfitti  da  Lascarls,  se  accorreva  all'a- 
iulo  di  Adrianopoli,  quando  Dio  in  mo- 
do al  tutto  inopinalo  salvò  gli  assediali. 
I  cumani,  tornali  carichi  di  bottino  da' 
contorni  di  Costantinopoli,  avendo  otte- 
nuto r  intento  della  loro  spedizione,  ne- 
garono di  più  lungamente  rimanere;  on- 
de Gioannicio,  non  volendo  continuar 
l'assedio  senza  di  loro,  fece  ritorno  ne* 
suoi  stati  quando  appunto  la  città  stava 
per  cadere.  Indi  Enrico  entrò  in  Bulga- 
ria, e  per  combatterla  si  unì  col  suocero 
marchese  Bonifacio  di  Monferrato  signo- 
re di  Tessalonica;  ma  questi  rivolto  a  i- 
sligazione  de'greci  in  una  spedizione  ver* 
so  le  montagne  di  Rodope  ,  fu  sorpreso 
da'bulgari,  che  gli  mozzarono  il  capo  e  lo 
mandarono  al  re,  con  estremo  dolore  del* 
l'imperatore  e  di  lutti  i  latini  d'oriente. 
]Neli207  Innocenzo  III  tentò  nuovamen- 
te d'indurre  il  re  de'bulgari  alla  pacco  al- 
meno a  tregua  ,  cercando  pur  di  persua* 
derlo  non  dover  egli  attribuir  la  vittoria 
se  non  a  Dio.»  Se  tu  sei  così  divoto  alla 
s.  Sede  come  dici,  che  per  lei  daresti  an- 
che la  vita,  tu  dei  darle  prova  di  questa 
tua  divozione  col  conchiudere  pace  o 
tregua  coU'imperatore  Etnico  e  cogli  al- 
tri Ialini  che  sono  nell'impero  romano". 
Ma  neppure  quest'  ultime  rimostranze 
del  Papa  fecero  maggior  effetto  delle  pre- 
cedenti. Per  la  morte  del  marchese  Bo- 
nifacio e  liberato  di  sì  formidabile  nemi- 
co, credette  il  re  essergli  venuto  il  tempo 
propizio  di  conquistare  i  suoi  stati,  quin- 
di si  recò  con  grosso  esercito  sotto  Tes- 
salonica; ma  quivi  ebbe  morte  inattesa, 
avendolo  Manastrete  capitano  supremo 
del  suo  esercito,  trovato  una  notte  nella 
sua  leuda  trafitto  di  più  colpi  e  immerso 


VAL  2o3 

nel  proprio  sangue;  né  sebbene  avesse  u- 
dito  gridare,  ^^c  l'assassino  ì  ^  si  potè  mai 
scoprire  da  chi  ucciso;  onde  gli  abitanti 
tennero  di  dover  questa  inaspettata  loro 
salvezza  al  patrocinio  di  s.  Demetrio,  le 
cui  reliquie  si  veneravano  nella  loro  chie- 
sa. Manastrete  sciolse  l*  assedio  e  ricon- 
dusse l'esercito  in  Bulgaria^  nel  quale  ar- 
ticolo riferisco  altre  successive  notizie.  In 
seguito  Enrico  sposò  in  seconde  nozze  la 
figlia  di  Gioannicio,assicurandosi  così  l'a- 
micizia di  sì  poderosi  vicini;  e  la  sua  mor- 
te avvenuta  a'3  giugno  12 16  in  Tessalo- 
nica ,  con  sospetto  d*  avvelenamento  pei* 
parte  della  moglie,  riuscì  fatale  alla  do- 
minazione de'Ialini  io  oriente.  Frattanto 
morto  Basilio  arcivescovo  e  primate  di 
Ternova,  Germanoche  gli  successe, si  se- 
parò dalla  Chiesa  romana,  e  ricorse  al  pa- 
triarca greco  di  Costantinopoli  che  risie- 
deva a  Nicea,  da  cui  ottenne  la  conferma 
de'privilegi  per  la  sua  chiesa.  Così  i  bul- 
gari, i  blachi,  i  valacchi  tornarono  age- 
volmente allo  scisma  de' greci;  massime 
dopoché  il  re  Giovanni,  nipote  di  Gioan- 
nicio e  figlio  d'Azan,si  separò  dalla  Chie- 
sa latina  per  riunirsi  alla  greca,  onde  Pa- 
pa Gregorio  IX  eccitò  Andrea  II  re  d'Un- 
gheria a  guerreggiarlo. Alquanti  anni  pri- 
ma s.  Domenico  fondatore  dell'  ordine 
de'predicatori,  mandò  fr.  Paolo,  uno  de* 
suoi  religiosi,  a  convertire  gl'idolatri  di 
Transilvania,  Valacchia,  Moldavia,  Ser- 
\ia  e  regioni  circostanti,  e  solFrì  il  marti' 
rio  con  90  religiosi  del  benemerito  suo 
ordine.  Papa  Nicolò  IV  del  1288  esorlò 
inutilmente  il  successore  Gioacchino  a 
tornare  alla  comunione  romana;  miglior 
successo  ebbe  il  suo  zelo  colla  Schiu  vonia, 
la  Servia  e  la  Tarlarla.  Nel  i29[  invitò 
Giorgio  imperatore  o  re  de'bulgari,  ecou 
gravissime  sentenze  gli  propose  1'  abiura 
dello  scisma,  esponendogli  la  vera  e  sin- 
cera fede  tenuta  dalla  Chiesa  romana,  la 
quale  non  può  essere  contaminata  da  er- 
rori, né  ablialtuta  per  forza  o  violenza  al- 
cuna, e  fuori  della  quale  non  vi  è  salute. 
Nella  lettera  che  gli  scrisse,  gli  mandò 


ao4  VAL 

pure  la  regola  del  credere.  Confortò  il 
dello  arcivescovo  de'  bulgari  a  tenere  e 
a  predicare  ai  suo  popolo  l' istessa  fede. 
Fu  Elena  regiiin  catlolica  di  Sorvia  ,  che 
pel  suo  ambasciatore  indusse  il  Papa  a 
scrivere  tali  lettere,  proponendosi  d'ab- 
boccarsi col  re  Giorgio  per  ridurlo  all'ub- 
bidienza della  Chiesa  romana. Il  Papa  Ur- 
bano V  bandì  la  crociata  contro  i  turchi, 
in  favore  de'greci,  ed  esortò  l'imperatore 
G  iovanni  I  Paleologo  a  tornare  al  grembo 
della  Chiesa  cattolica,  ed  indurre  i  greci 
ad  abbandonare  lo  scisma.  L'imperatore 
n  mezzo  del  suo  ambasciatore  si  dichiarò 
proi»tissimo  all'abiura  de'siioi  errori,  on- 
de il  Papa  propose  a  lui  ed  a'greci  la  re- 
gola cattolica  del  credere  e  la  forma  del 
giuramento  nel  condannare  lo  scisma,am- 
monendolo  a  non  più  indugiare  opera  sì 
gloriosa.  Nel  1867  ricevè  in  Viterbo  gli 
ambasciatori  greci  per  trattar  1*  unione 
delle  chiesegreca  e  latina,  e  per  reprime- 
re l'impeto  de'tarchi;  indi  per  8  nobilis- 
simi ambasciatori,  Urbino  V  ricevette  in 
Roma  l'assicurazione  da  Giovanni  I  che 
sarebbe  venuto  ad  elFellaarla  ,  avendovi 
consentito  i  figli  Andronico  e  Mannello, 
inuno  a'patriarchi  di  Gerusalemme,  A- 
Jessandria  e  Costantinopoli,  co'quali  lut- 
ti il  Papa  paternamente  si  congratulò. 
Giunto  l'unperalore  in  Roma  nel  1869, 
a'  1 8  ottobre  abiurò  lo  scisma  nelle  mani 
del  Papa,  il  quale  gli  concesse  diverse 
grazie,  e  sollecitò  tutti  i  greci  a  fare  al- 
trettanto. Fiorendo  in  Bosnia  il  caltoli- 
cismo  pel  bano  Stefano,  il  Papa  ne  prese 
la  protezione,  contro  il  fratello  vecchio 
bano  scismatico;  e  siccome  da  tale  regio- 
ne gli  eretici  passavano  in  Dalmazia,  ec- 
citò gli  arcivescovi  dalmati  e  loro  sulFra- 
ganei  a  impedirlo.  Nel  1870  Urbano  V 
attese  con  ogni  studio  a  confermare  i  gre- 
ci nell'  ubbidienza  della  Chiesa  romana, 
e  di  allettare  a  venir  ad  essa  i  valacchi,  i 
iDoldavi,  gli  albanesi,  i  russi,  i  glorgiani, 
e  d'illuminare  colla  luce  evangelica  i  tar- 
tari. L'esempio  di  Giovanni  I  mosse  altri 
principi,  sino  allora  involti  nel  greco  sci- 


V  AL 

sma,  a  venire  al  seno  della  Chiesa  roma* 
na,  onde  il  Papa  propose  loro  la  confes- 
sione di  fede.  In  Valacchia,  Chiara  vedo- 
va del  defunto  principe  Alessandro,  rice- 
vè la  lede  cattolica,  e  indusse  a  fare  il  me- 
desimo una  delje  due  figlie  dell*  impera- 
trice di  Bulqaria.  Del  che  Urbano  V  mol- 
to si  rallegrò  con  Chiara,  e  la  pregò  a  vo- 
lere usare  del  suo  potere  per  trarre  dal- 
lo scisma  anche  T  altra  figlia  e  regina  di 
Servia,  e  altre  persone  de'  due  sessi  con- 
taminate di  scisma  e  di  varie  eresie.  Si- 
milmente il  duca  di  Moldavia  Latzko,  co- 
nosciuta la  verità  cattolica  predicata  a 
lui  e  a' suoi  da  alcuni  frati  minori  ,  avea 
con  essi  cotidannato  lo  scisma;  e  pregalo 
il  Papa  di  fare  città  la  nobile  terra  di  Ce- 
reto  del  suo  ducato,  situato  nella  diocesi 
d'Haliese,  occupata  da  un  vescovo  sci- 
smatico, e  di  dargli  un  vescovo  cattolico, 
il  cpiale  ammaestrasse  e  mantenesse  lui  e 
la  sua  gente  nella  fede  cattolica.  A  sì  pia 
domanda  acconsentì  Urbano V,  e  ne  com- 
mise l'esecuzione  all'arcivescovo  di  Pra- 
ga, ed  a'vescovi  di  Vralislavia  e  di  Craco- 
via, a'quali  anche  ingiùnse,  che  ordinas- 
sero vescovo  di  Moldavia  Andrea  da  Cra- 
covia frate  minore,  maestro  in  divinità  e 
ornato  di  singolari  virtù.  Del  quale  ordi- 
ne mandò  4  vescovi  in  Albania  e  vicine 
Provincie,  per  dilatare  la  religione  catlo- 
lica. Per  simil  modo  Urbano  V  inviò  Ni- 
cola  di  Melsac  con  autorità  di  spargere 
per  la  Lituania  e  Valacchia  25  frati  mi- 
nori per  ammaestrare  que'popoli  nella 
fede  cattolica.  Si  legge  nel  p.  Le  Quien, 
parlando  di  Tergowilz  e  di  Ternova  i 
Fraedpuis  aulem  illis  Jarihiis,  {juìhus 
potiehalur  adeìnptis ,  utraque  f^ala- 
chia  ConslantinopoUfano  ilerwn  vclut 
oliin  ihrono  obnoxia  facta  est.  CactC' 
rum  anno  i  Syo  circiter^  Ladislaus  Va^ 
lacliiae  princeps  rcgionem  suamgraeco 
schismate  laboranteni  ad  catholicaiii 
unita teni  revocare  meditatus  est,  atqiie 
lileras de conimunione  cuni  Romana  Se-^ 
de  incunda  Urbano  f^ per  nobìlem  lìlol-^ 
daviensem  dfCdit  f  cui  per  inde  Ponti/ex 


VA  L 

rcsrrìp^jtj'  sed  cassus  utriusqiie  cona- 
tHsfait.  f^alachìac  metropolita  illustris- 
simo TTierosolymorum  patriarcliae  y  ut 
Jìloldoblachìac  Exarchus  Plcrgenanim 
appellatur;  ccii  totus  ille  tracina  Pla^ 
genae  dicatiirj  quo  etiam  nomine  ap- 
pellatur in  Notitia  Codini  Curopalatae. 
Poslerisy  inquity  temporibus  constituti 
sunt  in  V ngarohlachia  duo  metropo- 
litae,  quorum  alter  tenet  locum  Ni- 
comediensisy  alter  dicitur  metropoli' 
la  partis  Ungaroblachiae,  geritque  vi' 
ces  Amaseni.  P^alachiae  metropolis , 
seu  primaria  civilas  est  Tergovitzium^ 
eique  nulla  subest  episcopalis  altera. 
Probabilmente  ne*  pontificali  di  Euge- 
nio IV  e  di  Nicolò  V  si  rinnovarono  le 
relazioni  Ira  la  s.  Sede  ed  i  inoldo-va- 
lacchi.  Imperciocché  Eugenio  IV  per  la 
celebrazione  del  concilio  generale  di  Fer- 
rara e  di  Firenze,  invitò  all'unione  col- 
la Chiesa  Ialina  lulta  la  Chiesa  di  Grecia 
ed  i  principi  de'popoli  che  ne  seguivano 
lo  scisma,  ed  operatasi  l'unione  coli*  in- 
tervento e  consenso  nel  concilio  dell'im- 
peratore Giovanni  III  Paleologo,  e  con 
Giuseppe  patriarca  di  Costantinopoli  nel 
1439,  certamente  anche  i  moldo-valac- 
chi  co'  loro  pastori  dipendenti  dal  pa- 
triai'calo  avranno  abbracciato  l'unione. 
E  siccome  per  confermare  in  essa  i  greci 
o  convertire  i  dissenzienti  Nicolò  V  nel 
1447  e  seguenti  anni  mandò  i  suoi  nun- 
zi e  missionari  apostolici  ne'  paesi  con- 
termini di  Bulgaria,  Tracia,  Servia,  Bo- 
snia, Transilvania  e  Ungheria, sarà  lecito 
congetturare,  che  il  simile  facesse  anche 
colla  Valacchia  e  la  Moldavia.  Ma  per 
l'accanita  contrarietà  del  detestabile  Mar- 
co d'Efeso,  ben  presto  i  greci  tornarono 
alto  scisma,  in  cui  miseiamenle  vivono, 
tranne  gli  ubbidienti  cattolici  veneratori 
della  Chiesa  romana.  Fra' Papi  più  sol- 
leciti e  benefici  co'cattolici  inoldo-valac- 
chi  e  Iransilvani,  devesi  celebrare  Gre- 
gorio XIII.  Neil 585  gli  successe  Sisto  V, 
al  quale,  come  riferisce  il  p.  Tempesti  nel- 
la sua  Storia,  ricorse  Pietro  cattolico 


VAL  2o5 

principe  di  Valacchia,  che  a  mezzo  del 
re  di  Francia,  impegnalo  da  Gregorio 
Xlll,  a  cui  avea  ricorso,  ricuperò  i  suoi 
stali.  Egli  era  di  costumi  assai  virtuosi, 
e  governando  con  amore  di  padre  i  sud- 
diti, chiamò  nella  Valacchia  religiosi  e 
parrochi  dottissimi  ed  esemplari  per  la 
riforma  di  molli  cattolici  e  per  la  con- 
versione alla  fede  degli  scismatici.  Noa 
potendo  tollerare  i  lui  chi  tanta  pietà,  lo 
misero  in  sospetto  di  novatore  in  mate- 
ria di  stato  col  vicino  pascià  di  Buda;  il 
quale  argomentando  chedalla  disgrazia 
di  Pietro  poteva  accrescere  la  sua  fortu- 
na, se  gli  finse  amico  per  poi  tradirlo;  e 
lo  tradì  con  tanta  perfidia,  che  il  sultano 
Amurat  111  lo  condannò  alla  prigione. 
Però  Pietro  ne  fu  avvisalo  a  tempo,  e  con 
precipitosa  fuga  si  rilirò  in  Transilvania, 
del  cui  vaivoda  Cristoforo  Bathori  era 
amico.  Ma  restò  ingannato,  perchè  mor- 
to Cristoforo,  nella  minorità  del  figlio 
Sigismondo  governavano  i  ministri, i  qua- 
li cacciarono  Pietro  in  orrido  carcere,  si 
per  mal  animo  e  sì  per  timore  del  sul- 
tano. Perciò  lo  trattarono  tanto  crudel- 
mente, che  si  proposero  farlo  morire  di 
fame  e  di  stento.  Il  sultano  infuriatosi, 
per  la  fuga  del  vaivoda,  lo  fece  cercare 
dappertutto,  ed  ancora  in  Transilvania; 
ma  ivi  per  la  segretezza  cui  era  stato  im- 
prigionato, gli  fecero  credere  eh'  erasi  ri- 
coverato altrove.  Correva  ormai  un  an- 
no dell'  obbrobriosa  prigionia,  quando 
Pietro  guadagnatasi  l'amicizia  del  custo- 
de, ottenne  da  lui  in  grazia  di  scrivere 
due  lettere.  Una  la  diresse  ad  un  signore 
valacco  e  l'altra  a  Papa  Sisto  V,  al  qua- 
le pregò  farla  giungere.  In  essa  gli  narrò 
quanto  eragli  avvenuto,  e  la  dolorosis- 
sima prigionia  che  pativa,  scusandone  gli 
autori  ;  quindi  non  domandò  al  Papaia 
ripristinazione  sul  trono,  ma  semplice- 
mente il  ricupero  della  libertà,  che  po- 
teva intercedergli  dal  re  di  Polonia  Stefa- 
no Bathori  tutore  del  vaivoda  Sigismon- 
do suo  nipote.  I  valacchi  avendo  sapulo 
dal  nobile  loro  couciltadiuo  le  brame 


ao6  VAL 

tlell'infelice  loro  ornalo  principe,  vollero 
nieciianle  onorali  ambascìalori  presen- 
tare al  Pupa  colla  lettera  le  loro  fervo- 
rose suppliche.  Giunli  in  Roma  gli  am- 
basciatori adempirono  la  commissione 
col  Papa,e  piangendo  enumerarono  e  ce- 
lebrarono le  paterne  virtù  del  signore  lo- 
ro amalissimo,  tanto  fervoroso  nel  fare 
istruire  il  popolo  nelle  verità  cattoliche. 
Rappresentarono  inoltre  a  Sisto  V  la  tri- 
ste condizione  della  Valacchia  priva  del 
suo  vaivoda,  impegnandolo  ad  ottene- 
re la  sua  liberazione,  colla  quale  avreb- 
be ricuperalo  anche  il  trono.  Commos- 
so il  Pontefice  da  si  aireltuose  perorazio- 
ni, scrisse  al  re  di  Polonia  il  breve:  Ste- 
pJuììio  Regi Poloniae  conimendatiir  Pe- 
trus f^alachìae princeps  tenliis  a  turca 
in  carcere.  Espose  al  re, che  Pietro  ami- 
co  grande  della  s.  Sede  e  vaivoda  di  Va- 
lacchia, era  ingiustamente  carcerato  in 
Transilvania  e  trattato  inumanamente, 
per  essere  vero  cattolico  e  generoso  di- 
fensore della  fede;  quindi  l'esortò  per  l'o- 
iiore  di  Dio,  per  la  giustizia  e  per  la  ri- 
verenza dovuta  alla  s.  Sede,  ad  eflìcace- 
mente  adoperarsi  per  la  pronta  sua  libe- 
razione, e  allenderlo  dall'  amore  che  gli 
portava.  In  pari  tempo  Sisto  V  coman- 
dò al  suo  nunzio  in  Polonia,  che  unisse 
col  re  i  suoi  energici  uflizi  a  favore  del- 
l'innocenza perseguitata  che  patrocinava 
la  Sede  apostolica.  Il  re  di  Polonia  avea 
altra  volta  ordinata  la  liberazione  del 
vaivoda,  senza  che  fosse  stato  ubbidito; 
ma  ora  in  ossequio  delle  calorose  premu- 
re di  Sisto  V,  volle  che  non  più  s'indu- 
giasse, restituendo  a  Pietro  la  libertà.  Ciò 
saputosi  da'nobili  valacchi  andarono  in- 
contro al  vaivoda,  e  lo  ricondussero  in 
trionfo  sul  trono,  dopo  averlo  il  re  Ste- 
fano colla  sua  autorità  rimesso  in  grazia 
d' A  murai  111,  il  quale  era  ammiratore 
di  Sisto  V,  ed  anco  lo  temeva.  Ricupe- 
ralo il  principato,  con  più  di  fervore  Pie- 
tro si  dedicò  a  governare  i  sudditi,  a  rie- 
dificar chiese,  a  chiamare  io  Valacchia 
religiosi^  e  colle  più  esemplari  industrie 


VAL 

procurò  la  gloria  di  Dio  e  il  bene  de* va- 
lacchi. Quindi  Sislo  V  nel  i588  al  vai- 
voda di  Transilvania  indirizzò  il  breve: 
Trans ih'ano  Principi contnicndat  Prin- 
cipe vi  Pctruni  Falachiae^  ut  res  siiae 
ipsi  rcstiluantur.  Di  quando  in  quan- 
do i  Papi  inviarono  missionari  aposto- 
lici in  Sbatacchia,  massime  dopo  V  isti- 
tuzione della  congregazione  di  propa- 
ganda //dfc,  e  nel  suo  collegio  Urbano 
più  volte  sono  slati  istruiti  per  le  mis- 
sioni alcuni  moldo-valacchi.  Il  cardinal 
Leopoldo  di  Kollonitz  ungherese  ,  ar- 
civescovo di  Slrigonia,  nel  mirabile  suo 
zelo  religioso,  giunse  a  riunire  alla  Chie- 
sa cattolica  circa  200,000  valacchi  di 
Transilvania,  de'quali  feci  parola  supe- 
riormente e  riparlerò  in  fine,  che  vive- 
vano nello  scisnia  greco.  Notai  nel  voi. 
LXXIX,  p.  ic^,  che  l'imperatore  Car- 
lo VI  provvide  onde  3  greci  valacchi  di 
Transilvania  fossero  mantenuti  quali  a- 
luniii  in  Roma  nel  collegio  di  Propagan- 
da. Narra  il  contemporaneo  diarista  Cec- 
coni,  che  nel  pontificato  di  Clemente  XI 
e  nel  1716,  proveniente  da  Napoli  giun- 
se in  Roma  per  passare  a  Vienna  la  ve- 
dova principessa  di  Valacchia,  con  due 
suoi  figli j,  fuggila  dalla  tirannide  della. 
Porta  ottomana.  La  principessa  per  es- 
sere di  greco  rito,  si  portò  ad  udire  la 
messa  nella  chiesa  di  s.  Anastasio  del  col- 
legio greco,  nella  quale  per  vederla  ac- 
corse gran  quantità  di  popolo.  Tale  prin- 
cipessa deve  essere  stata  la  vedova  del 
vaivoda  Brancovano,che  deplorai  più  so- 
pra. 1  Papi  a  vantaggio  spirituale  de'cal- 
lolici  valacchi  istituirono  il  vicario  apo- 
stolico di  Valacchia,  per  tulio  il  princi- 
pato, ed  alììdarono  l'amministrazione  del 
medesimo  nelle  due  Valacchia,  maggio- 
re e  minore,  al  vescovo  prò  tempore  di 
Nicopoli  {F.)i  citlà  vescovile  di  Bulga- 
ria distante  3o  leghe  da  Bucharest.  la 
tale  articolo  nel  riferire  gli  ultimi  suoi 
vescovi ,  ìnclusivamente  al  passionista 
mg/  Parsi,  ch'è  tuttora  amministratore 
aposlolicu  delia  Valacchia^  uaiiai  qÌìh  il 


VAL 

predecessore  mg.'  Molajoni,  pel  feiribi- 
je  incendio  scoppiato  in  Eticharest  nel 
giorno  di  Pasqua  1847,  ^'*  perdette  co' 
suoi  effetti  la  propria  casa  di  residenza, 
in  cui  avea  istituita  a  sue  spese  una  scuo- 
la di  fanciulle.  Come  residenza  Bucha- 
lest  del  vicario  apostolico,  ne  darò  un 
cenno. 

Bucarest  o  Bukaresl  o  Biicharesf^ 
capitale  e  metropoli  della  Valacchia,  ca- 
poluogo del  distretto  d'Ilfow,è  distante 
ì5  leghe  da  Ruslchuck, più  di  20  da  Si- 
lislria,  e  100  da  Costantinopoli.  Aperta 
da  ogni  banda,  giace  in  vasta  pianura  pa- 
ludosa, sulle  rive  della  Duml->ovitza,che 
si  atlraveisa  sopra  un  ponte.  Essa  ha 
una  circonferenza  non  minore  di  quella 
di  Vienna,  giacché  la  massima  parte  deJ- 
le  case  de*  boia  ri  è  secondo  l'uso  orien- 
tale e  per  ragione  di  salute,  circondata 
da  vasti  giardini.  Il  numero  degli  abi- 
tanti pub  salire  a  circa  100,000,  cioè: 
c)0,ooo  originari  rumeni  ossia  valacchì, 
e  10,000  foraslieri.  Essi  abitano  ne'67 
quartieri  in  cui  è  divisa  la  ciMà,  oltre  a 
12,000  case  di  varie  forme  e  grandezze, 
nella  più  parte  costrutte  in  legno  e  ges- 
so, d'ordinario  basse  e  con  corteegiar. 
dino  :  la  città  però  dopo  1*  ultimo  e  ac- 
cennato disastroso  incendio  del  1847  ^^^ 
di  mollo  guadagnalo  in  solidità  e  bellez- 
za con  nuovi  edifizi  che  si  estendono  per 
la  lunghezza  d'intere  contrade.  Magnifi- 
co è  l'aspetto  che  essa  offre  veduta  da 
sud-est  o  da  sud-ovest,  monotono  all'in- 
contro  veduta  dal  nord-est  o  dal  nord- 
ovest. Quattro  lunghissime  contrade 
principali,  Mogosota,  Serbanu  Vodao  o 
Beilucu,  Tei  gula  de  afarà,  e  Caliti,  sono 
tagliate  da  innumerevoli  pìccole  strade  e 
viottoli.  In  generale  le  strade  sono  dirit- 
te e  assai  larghe,  e  quasi  tutte  guarnite 
d'un  pavimento  di  tavoloni,  in  luogo  di 
lastricato,  il  che  le  rende  incomodissi- 
me. La  città  ha  un  aspetto  che  sembra 
un  immenso  villaggio,  per  la  separazio- 
ne in  alcune  parti  delle  case  franiezzate 
da'giardiui;  partecipa  delie  città  oricnla- 


V  A  L  207 

li  e  occidentali.  In  una  piazza  fu  innal- 
zala una  statua  marmorea  a  Kisselelf , 
per  gratitudine  de'  grandi  benefizi  che 
quel  prode  generale  russ.o  rese  alla  Va- 
lacchia, nel  tempo  che  la  governò  per  la 
Kussia.  Cento  e  trenta  cliiese,  monasteri 
e  conventi  innalzano  i  loro  letti  oltre 
quelli  comuni  delle  case,  ma  in  lutla  la 
città  non  ci  sono  che  due  altezze  strate- 
gicamente importanti,  la  melropolitana 
dov'è  la  grandiosa  e  bella  residenza  ar- 
civescovile, e  Cuelea  arsa  ossia  l'arso  pa- 
lazzo principesco,  che  venne  riedificalo 
sulle  rovine  di  quello  abbruciato  nel 
18  r  3.  Altri  dicono  che  l'antico  palazzo 
era  nel  centro  della  città  e  che  in  miglior 
forma  si  rifabbricò  presso  la  cattedrale. 
Da  questi  due  punti  Bucharest  polieb- 
be  bensì  venir  bombardata,  ma  non  mai 
difesa.  Dal  tempo  della  sua  fondazione 
fino  al  discorso  1^53  questa  città  dovè 
albergare  per  ben  5  volte  le  armate  rus- 
se, cioè  dal  1 669  fino  al  1 774»  dal  1  806 
fino  al  18 12,  dal  1828  fino  al  1829  e 
e  più  avanti  fino  Qli85i,e  nella  descrit- 
ta guerra  d'oriente.  Bucharesl  può  esser 
d'importanza  in  riguardo  commerciale, 
politico  e  altro,  ma  in  fallo  di  strategia 
essa  è  priva  di  significanza.  E  vero  che 
ci  sono  nella  città  alcuni  edifizi  fabbri- 
cati a  modo  di  fortezze,  ma  nessun  ge- 
nerale vorrà  mai  esaurire  le  sue  forze 
nella  difesa  di  punti  che  non  potrebbe  a 
lungo  conservare.  Dopo  che  nel  1698  la 
qualità  di  capitale  della  Valacchia  ,  da 
'Tergowilzfu  trasferita  in  Ducharest, qui- 
vi risiederono  i  vaivoda  o  ospodari,  l'ar- 
civescovo greco  scismatico,  i  consoli  eu- 
ropei e  Tautorilà  amn)inistrative  e  mi- 
litari del  principato.  Tra'pubblici  edifi- 
zi primeggiano  il  palazzo  abitato  dal  prin 
cipe  ;  la  torre  del  fuoco,  sulla  cui  cima 
vigila  di  continuo  un  guardiano  per  dar 
l'avviso  negli  incendii  ;  e  la  chiesa  me- 
tropolitana situata  in  un'  altura,  donde 
lo  sguardopiacevolmenle  spazia  sulla  sot- 
toposta città  e  sopra  un'estesa  pianura,de- 
nudata  nella  maggior  patte  di  piaule.La 


2o8  VAL 

chiesa  ha  un  aspetto  elegante,  è  sormon- 
tata ci<i  3  belle  torri  e  da  una  cupola,  co* 
perle  dì  metallo  dipinto  i  n  verde:  ha  3  na- 
vale, ma  strette  e  cariche  di  troppi  orna- 
noenli  ;  il  vestibolo  é  elegante  e  da  pochi 
anni  mediocremente  dipinto  a  fresco.  Le 
altre  chiese  sono  tutte  costruite  sullo  sles- 
so ordine,  e  tutte  hanno  intorno  le  case 
in  cui  abitano  i  preti.  Però  la  chiesa  di 
s.  Giorgio  è  un  bellissimo  esempio  delia 
pianta  e  dello  stile  generalmente  adot* 
tato  per  gli  edilìzi  religiosi  di  qualche 
importanza  nella  Valacchia.  Più  impo- 
nente per  la  massa  che  pel  finito  delle  lo- 
ro parti,  raramente  questi  edifizi  sono 
costruiti  di  pietra,  facendosi  uso  gene- 
ralmente di  mattoni  coperti  di  gesso;  ed 
in  conseguenza  gli  ornati  non  ponno  ave- 
re sullicienle  solidità.  La  stessa  osserva- 
zione va  fatta  sugli  altri  edìfizi  di  JUu- 
churest  e  di  parecchie  altrecitlà  del  prin- 
cipato, i  quali  a  prima  vista  fanno  sfog- 
gio e  pompa  di  decorazioni,  ma  passato 
un  inverno  o  due,  si  vedono  spogliati  de' 
loro  appariscenti  ornati.  La  chiesa  di  s. 
Giorgio  ha  un  ampio  portico  con  pre- 
gevoli pitture  di  siile  bizantino,  fra  le 
quali  sono  effigiali  molti  falli  della  vita 
del  santo  titolare.  L'  Album  di  Roma 
produsse  i  disegni  della  cattedrale  di  Bu- 
charest  nel  t.  8,  p.  32i,edella  facciata 
di  s.  Giorgio  nel  t.  21,  p.  69.  In  Bucha- 
rest  evvi  ancoradaantico  tempo  la  chie- 
sa de'protestanti  di  buona  architetlura,e 
la  sinagoga. Altri  considerabili  fabbricali 
sono:  l'ospedale  fondato  nel  i835  dalla 
nobile  Brancovana,  e  capace  per  60  ma- 
iali, la  casa  abitata  dal  console  d'Austria, 
quella  del  console  russo,  la  camera  de' 
rappresentanti,  ed  il  collegio  di  s.  Sava. 
Vi  sono  moltissimi  grandi  alberghi  pub- 
blici occupati  principalmente  da  ricchi 
mercanti  che  trafficano  di  tulle  le  der- 
rate del  mondo  commerciante.  Alcune 
comode  case  degli  ereganli  quartieri  han- 
no magazzini  in  cui  si  pongono  in  bella 
moslra  merci  d'ogni  geneie;  altri  sono 
iu  uu  basar,  e  di  oolle  si  chiudono  eoa 


VAL 

porle  di  ferro.  Vi  è  un  piccolo  lenirò  te- 
desco ed  altro  francese,  pel  quale  i  valac- 
chi  hanno  mollo  trasporlo,  essendo  i  no- 
tabili educati  alla  francese.  Luogo  di  con- 
vegno ne'giorni  festivi  sono:  Cherestre* 
vo  che  giace  quasi  un  miglio  dalla  cillìi^ 
in  cui  non  vedonsi  che  boiardi  parlanli 
il  francese,  e  vi  si  recano  con  carrozze  di 
lusso  di  Germania  e  Pietroburgo;  e  il 
giardino  che  trovasi  vicino  alla  Dumbo- 
vitza,  dove  son  bagni,  musica  militare  > 
danze  e  giostra,  hi  questi  due  convegni 
si  vede  molto  lusso,  tutti  vestono  all'eu- 
ropea, gran  isfarzo  negli  abiti  delle  don- 
ne,nelle  livree,ne'cavallieloro  fornimen- 
ti,  delle  moltissime  carrozze  e  vetture. 
Non  mancano  stabilimenti  di  pubblica 
beneficenza,  d'ospedale  militare.  Per  la 
pubblica  istruzione,  olire  il  suddetto  col- 
legio di  s.  Sava,  denominato  il  Liceo,  vi 
sono  alcune  pensioni  private,  le  scuole 
lancastricane,  una  biblioteca  provveduta 
di  circa  8000  volumi,  \\r\  museo  di  sto- 
ria naturale,  ed  un  seminario  per  l'istru- 
zione del  giovane  clero.  11  metropolita 
Ignazio  nel  18 io  eresse  una  società  di 
scienza,  letteratura  e  lingue.  Molli  so- 
no i  monaci  e  le  monache,  per  lo  più  as- 
sai ricchi,  molti  de'quali  dipendenti  da' 
greci  scismatici  di  Palestina.  Vi  sono 
fabbriche  di  vetri,  di  tele,  tappeti,  sac- 
chi, collane  di  foglie  di  rose,  distillerie 
d'acquavite  e  altre  manifatture.  Questa 
città  si  può  chiamare  il  deposito  di  tulio 
le  merci  di  Valacchia.  Vi  si  fanno  gran- 
di all'ari  in  panni,  vetri,  chincaglie  pro- 
venienti di  Germania,  grani,  lane,  tabac- 
co, miele,  cera,  sego,  burro,  pelli  e  bestia- 
me. Gli  artisti  vi  formano  49  corpora^ 
zioni.  Nella  relazione  dei  funesto  incen- 
dio del  giorno  di  Pasqua  1847,  scoppia^ 
to  a  mezzodì  nel  centro  della  città  sotto 
l'azione  d'un  vento  gagliardo,  si  legge 
che  perirono  1 3  vittime, e  restarono  con- 
sumale dal  fuoco  più  migliaia  di  case  , 
ovvero  1798,  comprese  le  casipole  e  le 
capanne;  ma  sventuratamente  la  [)erdi* 
la  maggiore  colpii!  commercio^essenda 


siale  distrutte  gran  numero  di  botteghe 
e  di  magazzini  colle  merci  in  essi  cuslo- 
diti,  circa  i5oo  mngazzini  o  khan,  fm- 
perocchè  a  farsi  un'idea  della  quantità 
di  merci  e  derrate  d'ogni  specie  ch'erano 
raccolte  ne'fondachi  della  capitale  della 
Valacchia,  conviene  avvertire  ch'essa  è 
come  l'emporio  di  tutti  gli  opiflcii  di  ma- 
nifatture e  di  lusso  per  l'Europa  orien- 
tale, e  che  ìndi  ne  vengono  fornite  non 
solo  tutta  la  Valacchia,  la  Moldavia,  ma 
ancora  la  Bessarabia,  la  Uomelia,  la  Ser- 
via,  e  persino  una  parte  della  Transilva- 
nia.  11  danno  fu  stimato  approssimativa- 
mente ad  un  4o  milioni  di  franchi.  Le 
perdite  colpirono  specialmente  varie  ca- 
se di  Vienna,  massime  israeiite,  di  Pest 
e  Berlino.  Il  principe  Bibesko  si  trovò 
per  lutto  colle  pompe  idrauliche  per  fre- 
nare l'elemento  divoratore,  e  quindi  in- 
cessantemente si  occupò  di  mitigare  la 
generale  miseria,  con  energiche  provvi- 
videnze  e  benigne  disposizioni.  Aprì  una 
soscrizione  in  tutta  la  Valacchia  per  soc- 
correre i  danneggiati  dall'incendio,  po- 
nendosi a  capo  di  essa  per  6000  zecchi- 
ni. S'accordò  col  metropolitano  e  col  con- 
siglio amministrativo  d'impiegar  in  soc- 
corso de'bisognosi  la  4-^  parte  delle  ren- 
dite d'un  anno,  o  circa  5oo,ooo  pia'stre; 
dalia  cassa  centrale  200,000,  dopo  aver 
provveduto  agl'istituti  di  beneficenza  su 
di  essa  fondati;  la  doppia  decima  delle 
rendite  annue  de'chioslri  giovevoli  al  s. 
Sepolcro,  tranne  quello  di  s.  Giorgio  che 
patì  l'incendio,  di  circa  700,000  piastre; 
il  fondo  di  riserva  della  cassa  Wessiarie, 
di  3oo,ooo  piastre;  una  mesata  a  tutti 
gl'impiegati  civili  e  militari,  che  ricevono 
più  di  3oo  piastre,  per  3oo,ooo  piastre, 
eccettuati  i  pregiudicati  dal  fuoco  ;  i  sussi- 
dii  dalle  casse  di  riserva  di  tutti  i  magi- 
strali della  Valacchia,  per  180,000  pia- 
stre, ec.  ec.  Il  perchè  numerose  deputa- 
zioni di  negozianti  si  presentarono  all'o- 
spodaro  per  solennemente  ringraziarlo 
del  vivo  zelo  da  lui  mostrato  durante 
l'iucendio,  pe'prowedimenti  opportuni 

VOL.   LXXXVII. 


Val  109 

a  farne  cessare  le  distruzioni,  e  del  pater- 
no amore  con  cui  aveva  poi  procacciato 
di  rimediare  alle  disastrose  conseguenze 
del  desolante  infortunio.  Bucharest  si 
vuole  edificata  nel  principio  del  secolo 
Xil.  Di  sue  principali  vicende  già  ragio- 
nai. Solo  qui  ricorderò:Checeduta  all'Au- 
stria nel  I  718,  fu  restituita  a'turchi  nel 
j  789  per  la  pace  di  Belgrado.  Occupata 
da'russi  a' 17  noveo)brei769,  fu  resti- 
tuita alla  Porla  nel  1774-  Gli  austriaci 
la  presero  pure  nel  1789,  indi  la  resero 
alla  pace  di  Christowa.  Successivamente 
i  russi  l'occuparono  le  narrate  volte.  Due 
congressi  vi  furono  tenuti,  il  i ."  dall'ot- 
tobre [772  al  marzo  I  778  ;  il  2.°  nel  1812 
in  cui  a'28  maggio  fu  ceduta  a'russi  la 
Bessarabia.  Le  notizie  più  recenti  sul  vi- 
cariato apostolico  della  Valacchia,  di 
cui  è  amministratore  il  vescovo  di  Nico- 
poli,  sono  le  seguenti.  Bucharest,  residen- 
za del  vescovo  amininistratore  del  vica- 
riato, ha  cliiesa  e  convento  de'francesca- 
ni  minori  osservanti  riformati  di  Bul- 
garia e  di  Transilvania,  con  vicario  ge- 
nerale e  parroco.  Il  vescovo  ha  le  facol- 
tà dalla  congregazione  di  propaganda^z- 
de^  da  cui  dipende  ,  della  formola  2."*  e 
altre  straordinarie.  Benctè  in  Bucharest 
e  nel  resto  del  principato  la  religione  do- 
minante è  la  greca  scismatica,  il  metro- 
politano ultimamente  col  suo  clero  ave- 
vano sentimenti  cattolici.  Istruiti  nella 
storia  ecclesiastica,  conoscono  bene  l'e- 
poca, gli  autori  e  le  cause  dell'  allonta- 
namento de'  greci  e  de*  valacchi  dalla 
Chiesa  romana,  e  non  sembravano  alie- 
ni dal  ritornarvi.  Il  vescovo  amministra- 
tore mg."  Arduini  scrisse  alla  s.  congre- 
gazione, che  se  il  vescovo  di  Wicopoli  ri- 
siedesse stabilmente  in  Bucharest,  e  a- 
vesse  seco  due  ecclesiastici  dotti,  pruden- 
ti e  zelanti,  si  potrebbe  col  divino  aiuto 
giungere  al  desiderato  fine.  Tuttavia  i 
cattoHci  chene'primi  anni  del  secolo  cor- 
rente erano  quasi  1000,  secondo  le  rela- 
zioni del  1 882  ascendevano  a  circa  6000, 
Mg/Bosali  che  pubblicò  nel  1 848  la  No* 

i4 


210  VAL 

tizia  statistica  delle  Missioni  cattai  i- 
che^  legisliò  in  quelle  di  Valacchia  e  Mo  1- 
davia  38  preti,  85  chiese,  74,000  cat- 
tolici, che  saranno  accresciuti;  poiché  in 
Buchaiest  e  altrove  le  conversioni  de'lu- 
terani  e  calvinisti  sono  frequentissime  , 
quindi  molto  e  progressivo  è  l'accresci - 
mento de'caltolici.  In  generale,  i  greci  sci  • 
smalici  in  Valacchia  vivonoqunsi  da  atei. 
]Nel  doloroso  incendio  del  1847  i'^^ucha- 
rest  arsero!  3  chiese,  compresa  la  calteli* 
ca.  Nel  chiostro  de'  francescani  e  nella 
casa  del  vescovo  amminislratgre  periro- 
no nel  fuoco  lutti  gli  oroamenti  di  chiesa 
ed  i  vasi  sagri,  onde  i  divini  ufijzi  con- 
venne celebrarli  temporaneamente  nella 
casa  del  console  austriaco,  sotto  l'imme- 
diata prolezione  del  quale  è  la  chiesa  cat- 
tolica di  Hucharest.  Che  fu  riedificala, 
«e  ho  prova  d'aver  letto,  che  a'24  aprile 
1854  nella  chiesa  parrocchiale  vi  fu  ce- 
lebrato un  solenne  uffizio  divino  in  occa- 
sione del  matrimonio  dell*  imperatore 
d'Austria  Fiancesco Giuseppe.  Mg/  Mo- 
litjoni  vescovo  amministratore,  che  tro- 
vavasi  a  Bucharest  nella  deplorabile  vi- 
cenda, riparò  a  Ciopple,allra  sua  residen- 
za, ov'era  un  missionario  romano  e  una 
chiesa  callolica;  e  come  già  dissi,  dopo  a* 
ver  perdtJlo  co'suoi  elfetti  la  propria  ca- 
sa, in  coi  a  sue  spese  avea  istituito  una 
scuola  di  fanciulle.  I!  parroco  e  il  guar- 
diano de'  francescani  furono  accolli  dal 
console  austriaco,  e  gli  altri  4  francesca- 
ni si  ospitarono  da  altre  famiglie  catto- 
liche. 11  loro  convento  colla  chiesa  allo 
svilupparsi  dell'incendio  fu  ravvolto  nel- 
le fiamme  e  distrulli  in  meno  di  1 6  minu- 
ti, di  maniera  che  nulla  si  potè  salvare 
degli  arredi  della  chiesa  e  delle  masse- 
rizie del  convento;  per  non  perirvi  do- 
vettero fuggire,  il  che  avvenne  ad  un  fa- 
miglio, il  quale  voleva  sottrarre  alla  di- 
struzione le  robe  sue.  l  luoghi  del  vica- 
rialo ove  principalmente  esistono  calto- 
hci  sono  i  seguenti.  Bucharest,  forse  con 
un  centinaio  di  cattolici.  Tersowitzcon 
pochi  cattolici  :  i  francescani  vi  possedè- 


VAL 

vano  un  convento  con  magnifica  chiesa, 
ma  tutto  perì.  Resta  una  vigna,  un  orto, 
un  albereto,  una  casa  abitabile, con  ren- 
dile per  due  persone.  lu  Calnuovo  o  fab- 
brica di  velri,  alla  destra  di  Tergowitz, 
vi  risiedeva  im  missionario.  Plejes  o  l'Io- 
jest,  alla  sinistra  di  Tergo witz,  con  alcu- 
ni cattolici.  Campolongocon  chiesa  econ* 
vento  ossia  casa  parrocchiale,  ove  risie- 
de il  guardiano,  il  parroco  e  qualche  lai- 
co. Crajova  capitale  della  Valacchia  mi- 
nore e  talvolta  residenza  del  principe  o 
del  suo  caimacan  ,  vi  sono  de'  cattolici. 
Dell'antica  chiesa  e  convento  ora  diruto  e 
abbandonato,  vi  restano  le  mm-a  e  il  re- 
cinto abitato  da'zingari.  Ciò  non  ostante 
vi  risiede  un  religioso  ,  ma  nulla  ritrae 
dall'antiche  rendite  della  chiesa  ch'era- 
no vistose,  poiché  possedeva  molte  terre, 
e  molte  case  della  città  pagavanoalla  chie- 
sa il  canone.  Il  vescovo  Molajoniavea  ot- 
tenuto dall'ospodaro  la  promessa  della 
restituzione  delle  mura  del  convento  e 
chiesa,  e  dell'annesso  recinto  che  i  zin- 
gari ridussero  a  loro  abitazione.  La  cillà 
di  Crajova  è  distante  43  leghe  da  Bu- 
charest, e  127  da  Coslanlinopoli:  è  gran- 
de, con  chiese,  conventi  e  mollo  belle 
botteghe.  Piiranik,  città  sulla  sinistra 
sponda  del  fiume  del  suo  nome,  ha  po- 
chi cattolici,  e  vi  é  un  convento  di  fran 
cescani  ben  provveduto.  Ma  a'ig  aprile 
1847  "0  incendio,  reso  estesissimo  dal 
vento  turbinoso,  fece  perire  Sq  edifizi  , 
fra'quali  il  seminario  vescovile,  le  scuole, 
il  tribunale  e  molle  altre  case  di  valore. 
Rimnik  o  Ribnik  nel  1 789  vide  dappres* 
so  la  compiuta  vittoria  riportata  sui  tur- 
chi, dagli  austriaci  sotto  gli  ordini  del 
principe  di  Coburgo,  e  da'russi  coman- 
dati da  Souvarow,  il  che  fece  dare  a 
questi  il  titolo  di  Rimnikskow.  Cioppe  o 
C^iopple  è  un  villaggio  con  un  700  catto- 
lici, per  esservi  1'  esercizio  della  religio- 
ne interamente  e  pienamente  libero:  i 
cattolici  erano  buoni,  frequentanti  i  sa- 
gramenti,  e  coltivati  da  un  religioso  pas- 
sionisla,  giacché  i  passionisli  sono  am- 


VAL 

messi  Ira 'cooperatori  missiotiari  valacchi, 
ed  uno  di  loro  è  vescovo  di  Nicopoli. 
In  tutto  il  vicariato  vi  è  una  provincia 
di  minori  osservanti  riformati,  con  8 
conventi,  compresi  quelli  di  Transilva- 
nia  e  del  banato  di  Temeswar.  Vi  sono 
molli  ospedali,  alcune  scuole  elementa- 
ri. I  conventi  di  questi  luoghi  però  non 
sono  che  piccole  case,  ed  è  quasi  impos- 
sibile osservarvi  la  clausura.  Anni  sono 
l'attuale  vescovo  amministratore  mg/ 
Parsi  fece  venire  dall'Austria  alcune  mo- 
nache, onde  erigere  in  Bucharesl  uno  sta- 
3)ilimento  per  le  fanciulle,  per  sopperite 
al  distrutto  dal  fuoco.  A  spese  sue  fu  co- 
struita la  scuola  e  l'abitazione  per  le  me- 
desime. Di  questa  lodevole  intrapresa 
profittarono  specialmente  le  famiglie  te- 
desche ivi  domiciliale.  Il  numero  delle 
fanciulle  che  nel  principio  del  1 856  vole- 
vano entrare  nelT  istituto  era  già  cosi 
grande,  che  non  tutte  vi  poterono  essere 
accettale,  per  cui  le  monache  domanda- 
rono che  venissero  loro  accordali  nuovi 
locali.  Il  metropolita  greco  non  unito  die 
quindi  loro  un  terreno  sufficiente  e  per 
costruirvi  un  istituto  e  per  erigervi  dap- 
presso un  giardino.  Pel  vitto,  alloggio  ec. 
ogni  fanciulla  della  classe  agiata  paga  60 
zecchini  all'anno,  e  le  fanciulle  povere  9 
a  1 1  lire  austriache  al  mese.  Le  monache 
hanno  già  tanto  risparmialo\;he  coadiu 
vate  da  alcune  pie  elargizioni,  esse  nel 
febbrafo  di  detto  anno  erano  ormai  in 
grado  di  far  costruir  la  casa  per  l'istitu- 
to nella  prossima  primavera,  e  mi  giova 
ritenere  che  l'abbiano  efiettuato,  e  le  con- 
seguenze saranno  feraci  e  prospere  alla 
religione,  alla  morale,  all'incivilimento. 
Terminerò  questo  ai  licolo  col  rammen- 
tare una  gloria  del  pontificato  romano, 
ed  un  immenso  benefizio  per  la  chiesa  di 
rito  greco  cattolico  de' valacchi  esistente  in 
Tranfih'ctma^  /''.),per  la  nuova  arcidioce- 
si  e  provincia  ecclesiastica  di  Fogaras,con 
arcivescovo  omonimo  e  d'Alba  Giulia,  e 
per  le  nuove  sedi  vescovili  suffraganee  di 
Logos  e  Armenopoli,  oltre  l'altra  suf- 


VAL  111 

fraganea  di  Varadìno  smembrata  dal 
metropolitano  di  vStrigonia.  Avendo  lut- 
to quanto  narrato  nel  fine  del  cita- 
to articolo,  mi  limiterò  ad  accennare. 
Gregorio  XV i  stendendo  la  pastora- 
le vigilanza  e  sollecitudine  apostolica  a* 
popoli  V  alacchi  di  rito  greco  cattolico 
stanziali  nella  Transilvania,volle  per  con- 
fortarli e  consolarli  e  confermarli  nella 
cattolica  fede,  istituire  per  loro  una  par- 
ticolar  gerarchia  ecclesiastica  di  rito  gre- 
co; ma  la  difficoltà  de'tetupi  e  altre  mala- 
gevoli circostanze  avendone  impedito 
l'elfetluazione,  questa  attuò  e  felicemen- 
te compì  il  Papa  successore  Pio  IXa'26 
novembre  1 853  ;  contribuendovi  il  zelan- 
tissimo arcivescovo  di  Slrigonia  cardinal 
Scitowski,edil  nunzio apostolicodiVien- 
na  mg.'  Viale-Prelà,  ora  cardinal  arci- 
vescovo di  Bologna,  lume  e  ornamento 
della  Chiesa  catloMca,  che  con  trionfale 
viaggio  si  recò  in  Transilvania  ad  istal- 
larvi solennemente  i  nuovi  pastori,  edo- 
ve fra'prelali  che  recaronsi  ad  ossequiar- 
lo vi  fu  [)ure  mg."^  Angelo  Parsi  di  Ci- 
vitavecchia, vicario  e  amministratore  de! 
vicariato  apostolico  di  Valacchia,  parli- 
lo appositamente  da  Bucharesl,  col  ve- 
scovo di  Va  radino  assistendolo  alla  con- 
sagrazione  de'nuovi  vescovi  di  Lugos  e 
di  Armenopoli.  Di  recente  a  mg."^  Par-  / 
si  r  imperatore  Francesco  Giuseppe  l  ha  ^ 
conferito  l'ordine  imperiale  austriaco  del- 
la Corona  dì  ferro  di  2.'  classe. 

VALCARIO  (s.),  canonico  regolare  di 
Limoges. Era  di  Meuian,  città  limitrofa 
del  Vessinese  francese.  In  età  di  18  anni 
lasciò  il  proprio  paese,e  ritirossi  nel  Limo- 
sino, ove  si  fermò  in  un  luogo  solitario, che 
dipoi  fu  chiamalo  Chavagiiac.  Ivi  visse 
tre  anni  nell'esercizio  della  preghiera  e 
della  penitenza,  con  un  compagno  per 
nome  Germone,  il  quale  avea  con  lui  ab- 
bandonata la  patria.  Ambedue  passaro- 
no in  seguito  nel  vicino  bosco  di  Aureil, 
e  vi  edificarono  due  monasteri,  uno  di 
uomini  e  l'altro  di  donne,  sotto  la  re- 
gola de'canonici  regolari  di  s.  Agostino, 


ali  VAL 

la  quale  ern  siala  approvata  da  Papa  A- 
lessantlio  li  nel  io63.  S.  Valcario  rese  i 
SUOI  discepoli  sommamenle  perfetti  co* 
suoi  discorsi  e  co'  suoi  esempi.  Egli  era 
stretto  in  santa  amicizia  co'  canonici  di 
Limoges,  e  con  s.  Stefano  di  Muret  ossia 
di  Grandmont,la  cui  solitudine  non  era 
lunge  d'Aurei).  Morì  d'una  caduta  a*  9 
aprile  1 1 3o,  in  età  di  80  anni.  Papa  Ce- 
lestino III  lo  canonizzò  nel  i  194,  ed  o> 
uorasi  ad  Auieil  ed  a  Meulan  nel  giorno 
del  beato  suo  transito.  I  Bollandisti,/^^^^ 
Sanclorum  aprilìs,  t.  2,  p.  853, chiama- 
no questo  santo  Gaiwherioo  Gauchie' 
ro y  ed  il  simile  feci  io  nel  voi.  VII,  p. 
3o8  ;  ma  seguendo  il  Butler,  in  questo 
articolo  ho  usato  la  sua  denominazione. 
VALDESI  o  POVERI  DI  LIONE, 
Valdenses.  Eretici,  ch'ebbero  la  prima 
loro  origine  in  Lione  di  Francia,  poco 
dopo  la  metà  del  secolo  XII,  e  perciò  da 
principio  furono  detti  i  poveri  di  Lione 
(ed  anco  L.eonisti,  da  Lione,  città  già  det- 
ta Leona),  per  la  stretta  povertà  volon- 
taria che  si  proposero  professare:  furono 
anche  denominati  Salatatij  Inciahatta' 
//ed  Lisahatati i\a.\U  foggia  di  formarsi 
le  scarpe  o  sandali  con  sopra  una  croce, 
per  scuoprire  la  nudila  de'piedi  in  guisa 
che  sembrava  andassero  scalzi.  Con  tali 
nomi  furono  chiamati  i  ritenuti  più  per- 
fetti, gli  altri  sen)plicemente  appellando- 
si fedeli  o  credenti.  Essi  rinnovarono  gli 
errori  degli  apostolici  (/^'.)  e  degli  Ar- 
contici  (T'^.)t  eretici  de'primi  secoli  della 
Chiesa,  e  ne  aggiunsero  altri.  E  falsissi- 
mo  il  riferito  dagli  scrittori  valdesi  o  lo- 
ro partitanti,  le  supposizioni  e  le  conget- 
ture affastellate  senza  prove  che  questi 
settari  discendano  dugli  apostoli  s.  Pao- 
lo o  s.  Giacomo,  o  da'loro  discepoli  o  al- 
meno da'discepoli  di  quest'ultimi. Si  giun- 
se a  sognare,  nel  viaggio  di  s.  Paolo  nel- 
la Spagna  (intrapreso  secondo  alcuni  e 
da  altri  contrastato,  su  di  che  può  ve- 
dersi il  voi.  LXVl  11,  p.  66),  il  suo  pas- 
saggio per  le  valli  di  Piemonte,  nel  se- 
colo Xlll  cominciate  ad  abitare  du'val- 


VAL 

desi.  Tulle  queste  ridicole  e  sfrontate  ipo- 
lesi sono  state  trionfalmente  confutate  dia- 
gli scrittori  cattolici  che  celebrerò.  La  i ." 
loro  origine  è  fìssala  dal  Fleury,  Storia 
ecclesiastica ,  lib.  73,  n.°  55,  all'  anno 
1160.  Il  domenicano  eruditissimo  fr. 
Tommaso  Agostino  Piicchini,  nell'edizio- 
ne: P'enerahilis  p,  Monetae  cremoncn- 
siSfOrdinispraedicat.,  adversus  Catha- 
ros  et  Valdenses,  libri  5,  quo  ex  marni' 
scriptis  mine  priniwn  edidit ,  Romae 
1743,  è  di  avviso  che  la  prima  appari- 
zione  di  questi  poveri  Leonisti  sia  stata 
nel  1 170.  Il  p.  Moneta  nacque  nel  me- 
desimo secolo  in  cui  coniparvero  i  val- 
desi, ed  enlrò  nell'ordine  di  s.  Domenico 
qualche  anno  prima  che  il  santo  fonda- 
tore cessasse  di  vivere  nel 1 22  i.  Bernar- 
do abbate  di  Fontecaldo,  che  fioriva  e 
scriveva  sulla  fine  del  secolo  XII,  fu  ao- 
ch'egli  contemporaneo  della  prima  com- 
parsa de'  valdesi;  e  tanto  esso  che  molti 
altri  scrittori  di  quel  secolo  non  lasciano 
alcun  dubbio  della  primitiva  loro  origi- 
ne. L'  autentiche  loro  testimonianze  si 
ponno  leggere  nell'  opera  del  dottissimo 
attuale  arcivescovo  di  Genova,  e  già  ve- 
scovo prima  di  Pinerolo  e  poi  di  Sebaste, 
istitutore  de'reali  duchi  di  Savoia  (ora  re 
Vittorio  Emanuele  li)  e  di  Genova,  cioè 
ing."^  Andrea  Charvaz,  Origine  de*  Val' 
desi  e  carattere  delle  primitive  loro  dot- 
tri  ne ,  versione  del  prof.  Murato  ri,  To- 
rino i838.  Furono  conosciuti  e  si  dira- 
mai ono  sotto  il  nome  di  Valdesi  ^  per- 
chè Pietro  Valdo  (da  allri  detto  pure  di 
Vaud ,  e  perciò  i  suoi  seguaci  chiamati 
ancora  Vaudesif^  Vodesi,  ed  in  france- 
se Vaudoisy  siccome  nato  nel  villaggio 
di  Vaux  o  Vaud  sulle  rive  del  Rodano 
nel  Delfinato,  provincia  di  Francia),  ric- 
co mercante  lionese,  si  costituì  loro  capo 
e  maestro,  in  quella  stessa  maniera,  che 
da  Ario  eresiarca  trassero  il  nome  gli  a- 
rianiy  da  Donato  i  donatisti,  da  Lutero 
i  luterani.  Il  p.  Helyot,  Storia  degli  or- 
dini monastici,  t.  3,  cap.  ^:  Dell'ordine 
de' Poveri  cattolici  diLÀone  unito  a  quel- 


VAL 

lo  degli  eremiti  di  s.  Agostino^  dichiara 
che  Pietro  sensibiloiente  commosso  dal- 
l'improvvisa morte  d'un  amicoj  risolvè 
di  mutar  vita,  e  letteralmente  spiegando 
le  parole  di  Gesti  Cristo  contro  i  ricchi, 
dispensò  tutti  ì  suoi  beni  a'poveri  di  Lio- 
ne ,  per  vivere  in  volontaria  povertà  e 
rinnovare  la  maniera  di  vita  tenuta  da- 
gli apostoli,  com'egli  protestavasi.  I  suoi 
discepoli  appellaronsi  i  Poderi  di  Lione 
per  la  povertà  che  professavano,  Zeo/zz- 
sti  dal  nome  della  citlà  di  Lione,  In- 
ciabattali  a  riguardo  de'sandali  che  por- 
tavano, e  Valdesi  dal  luogo  nativo  del 
loro  istitutore.  Questi  spiegando  loro  in 
"volgare  il  Testamento  nuovo,  s'invoglia- 
rono ancora  di  predicare  e  d'insegnare, 
<juantunque  laici  a  ciò  non  destinali.  Con- 
tinuarono adonta  della  proibizione  d'A- 
lessandro III  e  della  scomunica  di  Lucio 
IH,  anzi  s' impegnarono  a  sostenere  di- 
versi errori.  Alfonso  II  re  d'  Aragona  li 
condannò  nel  i  194  j  e  1'  arcivescovo  di 
Narbona  Bernardo  li  cacciò,  dopo  aver- 
li convinti  d'eresia  in  una  conferenza  te- 
nuta con  essi.  Alcuni  si  convertirono  e  nel 
1207  rinunziarono  all'eresia,  e  col  capo 
loro  Durando  d'Huesca  nel  1208  si  por- 
tarono da  Innocenzo  III,  il  quale  li  rico- 
nobbe per  cattolici  dopo  giuramento  e 
professione  compieta  delle  verità  e  cre- 
denze cattoliche ,  tutto  riportandosi  dal 
p.  Helyot.  Quindi  aspirando  alla  perfe- 
zione cristiana,  composero  una  regola  in 
cui  dichiararono,  che  dopo  avere  rinun- 
ziato al  secolo  e  aver  dispensato  a'pove- 
ri  quanto  aveano,  erano  risoluti  d'essere 
eglino  stessi  poveri ,  di  non  prendersi 
pensiero  pel  di  seguente,  e  di  non  accet- 
tare che  soltanto  il  vitto  e  il  vestito  ne- 
cessario per  ciascun  giorno,  non  però  in 
denari.  Di  volere  studiare  per  disputare 
contro  tulle  le  sette  degli  eretici,  e  pre- 
dicar nelle  loro  scuole  la  parola  di  Dio 
a'  loro  confratelli  e  amici ,  colla  licenza 
de'propri  prelati.  Che  osserverebbero  la 
continenza,  e  digiunerebbero  due  quare- 
sime, seguendo  le  regole  della  Chiesa.  Che 


VAL  2i3 

il  vestire  fosse  modesto ,  usando  scarpe 
al  di  sopra  aperte,  ma  differenti  da  quel- 
le de'  Valdesi.  Che  nelle  loro  case  for- 
merebbero società  di  vita  regolare,  lavo- 
rando gli  uni  colle  loro  mani,  gli  altri 
predicando  e  dispulando  contro  gli  ere- 
sici. Questi  sono  i  principali  articoli  del- 
la regola  che  Innocenzo  III  approvò  eoa 
due  bolle  de' 18  dicembre  1208,  una  di- 
retta all'arcivescovo  di  Tarragona,  e  l'al- 
tra a  Durando  d'Huesca  ed  a'suoi  frati 
detti  Poveri  di  Lione,  he  lettere  scritte 
perciò  da  Innocenzo  III  agli  arcivescovi 
di  Milano,  Narbona  e  Tarragona,  ed  a' 
vescovi  di  Marsiglia,  Barcellona  ed  Hue- 
sca,  a  riguardo  di  questi  particolari  po- 
veri di  Lione,  dimostrano  che  tale  socie- 
tà eslendevasi  in  Francia,  Italia,  Arago- 
na e  Catalogna.  Durando,  prima  di  con- 
Terlirsi,  faceva  scuola  in  Milano  per  gua- 
dagnare discepoli,  e  siccome  1'  arcivesco- 
vo per  la  scomunica  l'avea  fatta  demo- 
lire e  quindi  riedificare,  Innocenzo  III 
ordinò  a*  3  aprile  1209  di  restituirla  a 
Durando  e  suoi  compagni.  Il  Papa  rice- 
vette accuse  da  diversi  vescovi  contro 
Durando  sopra  diversi  punti,  massime  il 
sostenere  alcuni  de'suoi,  non  esser  lecito 
ad  alcun  magistrato  secolare  esercitare 
giudizio  di  sangue ,  senza  farsi  reo  di 
colpa  mortale.  A  motivo  di  queste  que- 
rele Innocenzo  III  scrisse  a  Durando  e 
compagni,  esorlandoli  a  correggersi  dal- 
le cose  loro  imputate,  e  soprattutto  riget- 
tare l'errore,  che  il  braccio  secolare  non 
potesse  esercitare  giudizio  di  sangue,  so- 
pra di  che  non  mancò  di  addurre  la  dot- 
trina delle  due  spade;  ed  ordinò  che  la- 
sciassero i  sandali  e  non  piìi  usassero  si- 
mili calzari,  per  togliere  ogni  occasione 
di  censura.  Quindi  a'5  luglio  i  209  scris- 
se a'vescovi  reclamanti,  che  se  Durando 
operava  con  frode,  in  questa  resterebbe 
avviluppalo  ;  ma  se  conservava  qualche 
reliquia  dell'antica  sua  superstizione  per 
più  facilmente  guadagnare  gli  eretici  vai- 
desijbisognava  tollerarlo  per  qualche  tem- 
po, e  finché  da'frutti  si  conoscesse  l'albe- 


ai4  VAL 

ro,  purché  però  sana  fosse  la  dì  luì  fede 
quanto  all'esseuziule  del  dogma. Gli  esor- 
tò ancora  a  trattare  Durando  eoo  dol- 
cezza, e  a  procurare  di  cattivarselo,  anzi* 
che  inasprirlo  e  far  concepire  contro  di 
loro  avversione.  Che  se  poi  avesse  di- 
sprezzato le  loro  salutari  ammonizioni, 
\i  avrebbe  applicalo  opportuno  rimedio. 
Sembta  molto  verosimile  che  Durando 
e  i  suoi  ubbidissero,  poiché  a' 12  maggio 
1210  Innocenzo  III  mandò  agli  arcive- 
scovi di  JNarbona  e  Tarragona,  ed  a'Ioro 
suffraganeì,  il  giuramento  ortodosso  e  la 
professione  di  fede  cattolica  emessi  da 
Durando  e  da'compagni;  non  senza  mo- 
strarsi sorpresi  ch'eglino  tergiversavano 
a  ricevere  l'abiura  degli  errori  da' valdesi 
che  bramavano  riconciliarsi  colla  Chie- 
sa, premessi  il  giuramento  e  la  professio- 
ne di  fede.  Con  altre  lettere  dello  slesso 
giorno  esortò  gli  stessi  prelati  a  trattare  i 
Poveri  cattolici  QQw  amorevolezza,  e  di 
non  impedire  che  le  persone  caritatevoli 
facessero  loro  del  bene,  scomunicando 
coloro  che  vi  si  opponessero.  A'i3  poi 
scrisse  a  Durando,  a  Guglielmo  di  s.  An- 
tonino ed  a'Ioro  frati  di  perseverare  nel- 
la fede  cattolica,  e  proibì  di  riconoscere 
per  superiore  se  non  che  quello  da  loro 
eletto  col  consenso  del  vescovo  diocesa- 
no. Nel  12  u  Durando  d' Huesca,  Du- 
rando di  INajaco,  Guglielmo  di  s.  Antoni- 
no e  gli  altri  poveri  cattolici,  informaro- 
no Innocenzo  111  d'aver  convertito  mol- 
ti della  diocesi  d'  EIna  nel  Rossiglione 
(sede  trasferita  a  Perpignanoneli6o4)a 
\ita  esemplare  sotto  la  loro  direzione,  ve- 
stendo abili  bianchi  o  bigi,  con  quel  te- 
nore di  vivere  riferito  dal  p.  Helyot;  che 
soprattutto  volevano  consagrarsi  al  ser- 
\izio  de'poveri,  ed  uno  bramar  nella  sua 
casa  aprire  un  ospedale  pegli  uomini  e  per 
le  donne  poveri,  in  luoghi  separali,  e  di 
ammettere  pure  i  fanciulli  trovatelli  o  e- 
sposli,  e  le  donne  partorienti,  con  chiesa 
per  l'ulfiziatura  de' frati ,  perciò  suppli- 
carlo di  permettere  tale  fondazione.  Il 
Papa  a'26  maggio  ne  rimise  l'esame  al 


VAL 

vescovo  d'Elna,  ingiungendogli  d'appro- 
varla se  le  [>ersoue  erano  veramente  cat' 
toliche,  e  con  tulle  le  convenienti  precau- 
zioni a  riguardo  de'due  sessi.  Nondime- 
no i  poveri  cattolici  essendo  continua^ 
mente  molestati,  nuovamente  Innocenzo 
HI  scrisse  a  loro  favore  a' vescovi  di  Mar- 
siglia, Barcellona,  fluesca  e  ad  altri  pre- 
lati. Inoltre  racconta  il  p.  Helyot,  che  più 
di  3o  anni  innanzi  altri  valdesi  converti- 
ti, i  cui  capi  erano  Bernardo  IVimo  e  Gu- 
glielmo Arnoldo,  avendo  altresì  formalo 
una  società,  presentatisi  a  Lucio  III  per 
l'approvazione  dell'i slitulo  loro,  furono 
rigettati,  peravere  il  Pupa  trovalo  alcune 
pratiche  superstiziose,  e  per  incedere  ve- 
stili con  cappe  di  religiosi  con  donue,  col- 
le quali  alloggiavano  e  anco  dormivano. 
Innocenzo  1 1 1  però  a'  1 4  g'Ug»o  1 2 1  o  ap- 
provò la  società  di  Bernardo  Primo,  do- 
po aver  loro  falla  emettere  un'abiura  si- 
mile a  quella  di  Durando,  e  con  bolla  de' 
23  luglio  confermò  la  loro  regola,  poco 
diversa  dall'osservala  dalla  società  di  Du- 
rando, notandosi  solanìente  che  vi  erano 
delle  donne  dell'  istituto  di  Bernardo  I. 
Ma  in  tale  regola  era  proibito  a'frati  e  al- 
le suore  la  convivenza,  l'abitare  la  stessa 
casa,  il  mangiare  nella  medesima  tavo- 
la, né  i  fiali  potevano  parlare  alle  suore 
se  non  in  presenza  d'  altre  persone.  La 
società  di  Bernardo  non  si  obbligò  che 
a' digiuni  delle  diocesi  ove  dimoravano, 
vestivanoabilo  abbietto  e  modeslo,calza- 
vano  scarpe  comuni  d'ordine  del  Papa, 
per  togliere  morinorazione  e  scandalo  ne* 
cattolici  che  allora  avversavano  i  Sari' 
dati  (F.)  usati  dagli  eretici  valdesi.  La 
società  esleudevasi  pure  in  Italia  ,  come 
in  Cremona,  e  col  nome  di  Poveri  cat- 
tolici. Seuibra  credibile  al  p.  Helyot,  che 
le  due  società  di  Durando  e  di  Bernardo, 
così  conformi  nelle  loro  osservanze,  facil- 
mente si  unissero  e  abbracciassero  in  pro- 
gresso la  regola  di  s.  Agostino.  Erano  ia 
Francia  e  nella  Spagna,  ed  il  priucipal 
monastero  d'Italia  era  quello  in  Milano, 
sotto  il  titolo  di  s.  Agostino  fuori  della 


VAL 
porla  Orientale  poi  Renza.  Peiò  l'oiiìine 
(Je'poveri  cattolici  osservanti  la  regola  di 
s.  Agostino,  nuli  fu  ili  quelli  che  entra» 
rono  subilo  nell'unione  generale  fatta  da- 
gli J^ostinìanì  [P^.)  nel  i256,  che  for- 
mò il  rispettabile  e  benemerito  ordine 
(ìorenle  degli  eremiti  di  s.  Agostino;  ma 
bensì  vi  fu  unito  nello  stesso  anno,  a- 
\endo  il  p.  iNicola  provinciale  de' pove- 
ri cattolici, ceduti  i  ccnvenliche  il  suo  or- 
dine avea  in  Lombardia,  al  p.  Giacomo 
di  Cremona  procuratore  generale  degli 
eremitani  agostiniani,  il  quale  li  ricevet- 
te a  nome  del  suo  generale  p.  Lanfran- 
co Sellalano.  Apparisce  che  ciò  egli  fa- 
cesse d'ordine  d'Alessandro  IV  e  del  car- 
dinal Pvìccardo  Annibaldeschida  quel  I^a- 
pa  deputalo  a  far  l'unione  generale.Quin- 
di  è  verosimile  che  i  poveri  cattolici  fos- 
sero citali  da  questo  cardinale,  egual- 
mente che  le  altre  congregazioni,  che  en- 
trarono nella  unione  generale;  ma  che 
non  volessero  essi  trovarsi  in  iioma  nel 
convento  di  s.  Maria  del  Popolo,  in  cui 
radunossi  l'assemblea  e  fece^i  quest'unio- 
ne. Il  p.  Helyol  riporlo,  quindi  per  in- 
tero l'istrumenlo  della  cessione  de' con- 
venti de'poveri  cattolici,  il  quale  fu  inse- 
rito nella  bolla  colla  quale  Alessandro  IV 
nel  1 156  confermò  tale  unione;  bolla  che 
fu  depositala  nell'archivio  del  convento 
di  s.  Marco  degli  agostiniani  di  Milano. 
Nondimeno  alcuni  di  questi  poveri  cat- 
tolici, che  avevano  vestito  gli  abili  de'ro- 
milani  di  s.  Agostino  e  professalo  que- 
st'ordine, dimoranti  di  famiglia  nel  cou- 
vento  di  s.  Mfirco,  rigettando  d'aver  con 
troppa  ficilità  consentito  all'unione  co' 
romilani  agostiniani  ,  di  nottetempo  u- 
scirono  dal  convento,  avendo  alla  loro  le- 
sta fi.  Gaspare,  ricordato  nello  sirumen- 
lo  d'  unione,  e  portaronsi  con  mano  ar- 
mata all'antico  loro  convento,  da  cui 
cacciarono  i  religiosi.  Vi  dimorarono  per 
16  anni,  rivestili  dell'antico  abito  e  rice- 
verono de'novizi.  Ma  nel  1272  eletto  per 
loro  priore  fr.  Anselmo  di  Gardano,  li 
consigliò  a  liloraaie  fra'  romitaui  di  s. 


VAL  II") 

Agostino,  a  cui  questi  poveri  cattolici  ce- 
derono  di  bel  nuovo  il  loro  monastero 
di  s.  Agostino,  e  riconobbero  il  loro  er- 
rore con  alto  pubblico  notarile  de' 3  a- 
goslo.  Il  priore  di  s.  Marco  restituì  loro 
l'abito  d'eremiti  di  s.  Agostino;  però  te- 
mendo che  a  questi  poveri  cattolici  ve- 
nisse nuovamente  il  desiderio  di  ritorna- 
re al  convento  di  s.  Agostino,  unì  i  suoi 
b(^ni  a  quello  di  s.  Marco  e  poi  lo  sop- 
presse. Dice  il  p.  Torelli,  Secoli  Agosti' 
nìatiìy  ovvero  storia  generale  del  s.  Or- 
dine di  s.  Agostino^  l.  4»  t:he  c|uesti  pove- 
ri cattolici  aveano  degli  altri  conventi  a 
Como  e  a  Cremona,  e  che  il  convento  di 
s.  Martino  di  Tortona  poteva  altresì  es- 
sere membro  di  questa  congregazione,per 
concessione  fatta  dal  vescovo  della  città 
e  dal  capitolo  della  cattedrale  a  Gugliel- 
mo priore  provinciale  dell'ordine  de'po- 
veri cattolici,  cioè  della  chiesa  suburba- 
na di  s.  Martino,  acciò  accanto  potesse 
fabbricarvi  il  convento, come  eseguirono, 
il  quale  poscia  fu  incorporato  all'ordine 
de'romilani  agostiniani  nella  generale  u- 
nione.  Questo  couvenlo  in  seguilo  fu  tra- 
sferito in  città,  con  nuova  bella  fabbrica 
e  chiesa  dedicala  alla  ss.  Trinità.  L'abi- 
to de'  poveri  cattolici  consisteva  in  una 
veste  bigia,  serrata  con  una  cintura  di 
cuoio;porlavano  la  cappa  dello  stesso  co- 
lore, ed  erano  calzati.  Il  sacerdote  G.  B. 
Semeria,  Storia  dcllaChiesa metropoli' 
tana  di  Torino ^  col  quale  procedendo  ia 
quell'articolo  ivi  parlai  non  poco  di  que- 
sti eretici,  ragionando  nel  lib.  i,  §  (36:  O- 
rigine  e  propagazione  de'  Faldesi,  ripro- 
duce il  seguente  narrato  da  Stefano  Bor- 
bone ossia  di  Bella  villa.»»  Che  questo  ric- 
co mercante  di  Lione,  per  nome  Valdo, 
udendo  un  giorno  leggere  i  Vangeli,  sic- 
come colui  che  poco  letterato  era,  ne  po- 
teva intendere  che  cosa  volessero  signifi- 
care, bramoso  di  saperne,  fece  patto  eoa 
due  sacerdoti,  di  pagare  una  somma  al- 
l' uno,  perchè  glieli  recasse  di  latino  iu 
volgare,  all'altro  perchè  scrivesse  quello 
che  il  i.°deltava.  La  qualcosa  fu  fatta. 


ai6  VAL 

non  «olo  intorno  a*  Vongeli,  ma  di  più 
pei-niolii  Hitii  libri  della  Bil)bÌH,  e  di  pas» 
si  scelli  dalle  opere  lie'ss.  Pudii,  ordinati 
per  titoli,  che  chiamavano  sentenze.  Le 
quali  cose  leggendo  il  dello  mercante,  e 
procuranilo  di  scolpirle  nella  mentoria, 
fermò  in  cuor  suo  di  osservare  la  pei  fé- 
zioiie  evangelica  come  gli  apostoH  futlo 
avevano,  e  d'imitarne  in  lutto  la  loro  vi- 
ta, l^eiloccliè  ,  venduto  ogni  suo  avere, 
seguendo  povertà  e  spregiando- il  mondo, 
lutto  il  suo  denaro  gettò  via  nel  fango  a' 
poveri,  e  pigliando  consiglio  solo  dalla 
sua  presunzione,  si  usurpò  l'udìzio  degli 
tiposloli,  ed  ntlribuì  a  se  slesso  ed  a'suoi 
discepoli  d'ambo  i  sessi  il  diritto  d'ao» 
iiunziare  la  parola  di  Dio.  11  Vangelo  e 
le  alire  cose  che  aveva  imparato  ,  per  le 
strade  e  le  pubbliche  piazze  predicava, 
n)olti  uuuiini  e  molle  femmine  riduceva 
0  fare  il  somigliante, convocando  ognuno 
a  se,  e  fortificandoli  col  Vangelo.  1  (piali 
pure  mandava  innanzi  per  le  città  a  pre- 
dicare, e  si  serviva  di  uomini  addetti  a'piii 
vili  mestieri,  senza  dìllerenza  ne  di  uomi- 
ni né  di  ienimine,  né  d'idioti  e  illetterati. 
Questi  vagando  per  le  ville,  e  nelle  case 
penetrando  e  nelle  piazze,  predicavano, 
e  nelle  chiese  eziandio,  e  spronavano  gli 
altri  che  il  medesimo  volessero  fare.  La 
temerità,  la  baldanza  ed  ignoranza  loro 
niun  ostacolo  trovando  ,  n)olti  errori  e 
scandali  in  ogni  parte  disseminarono,  per 
foggia  che  Giovanni  (Bolesmanis  prela* 
lo  distinto)  arcivescovo  diLione  (dal  i  1 8o 
al  1 1 94)..5»'avvide  del  pericolo  di  permette- 
re che  dassero  pubbliche  istruzioni,  e  vie- 
tò loro  d'immischiarsi  più  olire  nell'  in- 
terpretare le  Scritture  e  nel  predicare. 
Ma  ricorrendo  alla  risposta  degli  apostoli 
che  si  legge  al  cap.  5  degli  AUi\ì\  mae- 
stro loro  r  ufficio  di  Pietro  si  arrogò,  e 
siccome  colui  rispose  al  principe  de'sacer- 
doti,  cos'i  pure  ei  disse:  Ubbidire  piti  a 
Dio  conviene  die  non  agli  uomini ,  ac- 
ciocché si  adempia  il  precetto  fallo  agli 
apostoli:  Predicale  il  Fangelo  ad  ogni 
creatura j  come  se  il  Signore  loro  avesse 


VAL 

ciò  comandato,  e  non  agli  apostoli,  e  co- 
me se  gli  apostoli  avessero  predicalo  pri- 
ma di  ricevere  la  virtù  dall' allo  e  il  do- 
no delle  lingue.  Ver  la  qual  cosa  dunquti 
Valdo  e  i  seguaci  suoi,  colpevoli  primie- 
ramente di  presunzione  e  di  usurpazione 
del  ministero  apostolico,  caddero  in  dis- 
ubbidienza, quindi  in  contumacia,  fìnal- 
mente  fu  pronunciata  contro  di  loro  sen- 
tenza di  scomunica,  e  vennero  poscia  cac* 
ciati  dalla  città  di  Lione".  Cosi  il  p.  Ste» 
fanodi  Bella  villa,  il  quale  erasi  già  levalo 
in  gran  credito  a  Lione,  esercitando  il  sa- 
gro minislero  nel 1 223,  informatissimo  , 
de'più  minuti  ragguagli  di  ciò  che  spet- 
ta all'origine  della  setta  de*  valdesi,  e  te- 
stimonio di  que'tempi,  comesi  può  ap- 
prendere dallEchard,  Scriptorcs  eccle- 
siastici ordinis  Praedicaf.  Cacciato  Val- 
do da  Lione,  rilirossi  nelle  montagne  del 
Delfinato  e  del  Piemonte,  da  dove  i  suoi 
settari  discepoli  si  dilfusero  in  tutta  l'Eu'- 
ropa  con  diversi  nomi;  si  moltiplicarono 
in  Provenza,  in  Linguadoca  ,  ne'  Paesi 
Bassi  e  in  Germania,  assumendo  i  costu- 
mi e  altri  errori  di  varie  selle.  I  prote«^ 
stanti  riguardano  Valdo  come  uno  de'lo- 
ro  precursori,  ed  ammisero  i  suoi  seguaci 
nella  loro  comunione,  sebbene  la  loro 
erronea  credenza  sia  differente  in  molli 
articoli  ,  particolarmente  sulla  presenza 
reale  di  Gesù  Cristo  nel  sagramento  del- 
l'Eucaristia. 1  valdesi,  sterminati  nel  ri- 
manente dell'Europa,  non  si  mantenne- 
ro che  a  grande  stento  nelle  valli  del  Pie- 
monte, dove  s'  erano  dapprima  stanziati, 
SecoudoMallia Fiacco  Ilhrico protestante 
e  iniquissimo  i.°  cenluriatore  di  Magde- 
borgo,  Valdo  era  uomo  istruito,  ed  a  lui 
si  pretende  attribuire  la  i  .'traduzione  del- 
la Bibbia  in  lingua  volgare;  ma  tal  versio- 
ne, di  coi  non  si  conosce  più  veruna  co- 
pia, era  di  Stefano  d'Acusa.  Alano  de  l'is- 
le,  in  uno  libro  scritto  contro  questi  ere- 
tici, gli  appella  Valdesi  da  Valdo  loro 
fondatore,  filosofo  senza  criterio^  profe- 
ta senza  visione^  apostolo  senza  ìnissio-» 
ne^  dottore  senza  dottrina.  Lo  storica 


VAL 

principale  de'  valdesi  è  Giovanni  Léger, 
ma  non  devesi  a  lui  credere interameule, 
come  fanalico  eretico  ribelle,che  implorò 
in  favore  de' valdesi  la  prolezione  di  Lui- 
gi XIV  redi  Francia, la  quale  già  propen- 
deva per  essi  a  mezzo  di  Lesdiguierese  di 
Cromwell  protettore  d'Inghilterra.  Nella 
sua  Storia  generale  delle  chiese  Evan- 
geliche delle  Falli  del  Piemonte  o  Fai- 
desi,  stampata  in  Leida  nel  1669,  pretese 
fare  risalire  l'origine  de'  valdesi  all'  Vili 
secolo,  mostrandosi  di  essi  parzialissiino, 
mendace  e  calunniatore.  Tale  opera  ven- 
ne riprovata  dalla  s.  Sede,  la  quale  inol- 
tre pose  all'indice  de'libri  proibiti  quella 
di  Mattia  Fiacco  Illirico.  La  vera  origine 
de'  valdesi  è  la  narrata  dal  p.  Bellavilla. 
Ora  tale  essendo,  soggiunge  il  eh.  Seme- 
ria,  incontrastabilmente  l'origine  de' val- 
desi, non  si  sa  comprendere  come  Carlo 
Cotta,  scrittore  tanto  applaudito  da  molti 
de'giorni  nostii  (nella  Storia  d^ Italia a\- 
V  anno  15^1-^2),  abbia  potuto  scrivere 
che»»  viveano  da  tempi  antichissimi  nelle 
valli  del  Piemonte,  sopra  Pinerolo,  i  val- 
desi, anzi  sin  da'  primi  secoli  della  Chie- 
sa ...  che  ebbero  a'  tempi  di  Carlo  Magno 
per  seguace  e  prolettore  un  Claudio  arci- 
vescovo di  Torino,  ec."  Osserva  quindi  il 
Semeria  (dopo  averlo  confutato  anche 
colle  Osservazioni  sopra  la  storia  d' I^ 
tnlia,  scritta  da  Carlo  Botta,  Torit»o 
i833.  Altri  scrittori  corressero  i  di  lui  er- 
rori sopra  ancora  altri  punti  storici). «Pos- 
sibile, che  uno  -storico  nato  nel  nostro 
paese,  sotto  il  colore  di  sciivere  una  sto- 
ria spregiudicata  e  imparziale,  abbia  da- 
to fuori  una  simile  asserzione?  E  dove  im- 
parò egli  mai,  che  a'  tempi  di  Carlo  Ma- 
gno i  vescovi  di  Torino  fossero  arcivesco- 
vi, se  appena  ebbero  questa  dignità  dopo 
il  i5oo?  E  qual  Claudio  di  Torino  ha 
mai  protetto  i  valdesi?  Forse  i'  iconocla- 
sta delTSao,  discepolo  di  Felice  vescovo 
d'Urgcl,  spregevole  anco  per  ignoranza, 
morto  impenitente neir83o  (come ogget- 
to di  scandalo  e  di  odio  a  tutto  il  suo  gì  eg- 
gè,  il  suo  cadavere  pubblicaiuenle  ubbru- 


VAL  217 

ciato,  le  sueceneri  furono  disperse  al  ven- 
to: le  valli  poi  abitate  da'valdesi,  a'iempi 
di  Claudio  erano  ancora  selve  pressoché 
inabitate,  o  rifugio  de'mori  saraceni.  Ba- 
snagio  e  Mosheim,  fra  gli  storici  prote- 
stanti, facendo  in  ciò  causa  comune  co* 
valdesi,  lo  innalzarono  pure  alle  stelle), 
a  cui  tempo  ancor  non  esistevano?  Forse 
il  Claudio  di  Seyssel,  che  eruditamente  li 
ha  confutati  (col  ììbi'o:  Àdversits errores, 
e  t  sectam  V aldensiwn  disputa  tiones^tra- 
ctatus,  Parisiisi  520,  opera  encomiala  da 
Bossuet,  da  JNatale  Alessandro  e  da  altri 
insigni  letterali?)  Neppur  so  capire,  co- 
me l'autore  ùeW  Istoria  della  real  casa 
di  Savoia  (Bertolotti),  stampata  in  Tori- 
no a'giorni  nostri,  abbia  potuto  asserire 
nel  t.  2,  p.  I  8.  -  Si  dice  che  i  valdesi  tol- 
sero il  nome  da  un  certo  Valdo  lionese, 
capo  di  setta  nel  secolo  XII ,  ma  la  setta 
loro  e  molto  pili  antica.  -  Esimili  baie 
troveranno  credito?  Se  questi  due  scrit- 
tori nazionali,  invece  di  adottare  cieca- 
mente i  grossolani  errori  di  alcuni  valde- 
si e  protestanti,  avessero  per  pochino  con- 
sultato l'opera  dell'arcivescovo  eruditis- 
simo Seyssel,  si  sarebbero  disingannati. 
Mentono  a' semplici,  scrive  Polichdorf, 
quelli  che  osano  alFermare  la  pretesa  ori- 
gine de' valdesi  ne' tempi  di  s.  Silvestro  I. 
AJcntiuntiir  corani  simplicihus  ...  men- 
tiuntiir  ergo  qiiod  ex  tempore  Sylvestri 
Papae  scctae  eorwn  dnraverinl  ".  Da 
Claudio  l'iconoclasta  non  furono  mai  am- 
maestrati i  valdesi,  bensì  da  Valdo,  la  cui 
origine  di  più  secoli  è  posteriore  ,  come 
dimostrò  nelle  Osservazioni  rencoinia- 
lo  Semeria,  contro  Botta;  e  meglio  anco- 
ra provò  con  l'ultima  evidenza  il  piissi- 
mo e  dotto  mg.'  Charvaz  nelle  Ricerche 
storiche.  Il  Semeria  non  nega  che  alla 
morte  di  Claudio  l'iconoclasta,  siansi  tro- 
vati alcuni  seguaci  de'  suoi  stessi  errori; 
ma  questi  tali  presto  si  estinsero,  né  for- 
marono certissimamente  una  setta  ,  né 
giammai  si  proverà  che  vi  siano  stati  gli 
eretici  Claudiani.  Che  cosa  dunque  pre- 
teodooo  i  valdesi  di  aver  ia  comune  eoa 


ai8  VAL 

Chiutìio?  Forse  la  meilcsima  dollrina? 
Falsissiiua  asserzione,  perchè  come  mg/ 
Charvaz  lui  fallo  chiarameiile  vedere  nel 
ca|).  I  3,  Clautlio  non  negò  mai  la  presen- 
la  I  caie  ili  Gej.vi  Ci  islo  e  la  trnusiislanzia- 
zioneneiriùicarislia,  neppure  un  solo  ile* 
7  sagian)enli  egli  negò,  eil  essi  come  gli 
autmeltono?  Non  negò  mai  la  primazia 
tie' romani  Pontefici  ,  comunque  voglia 
dirsi  averne  talvolta   parlalo  con  poco 
rispetto.  Finalmente  Claudio  non  conob* 
he  l'autorità  dello  spirilo  o  senso  privalo 
nell'interprelare  le  divine  Scrilture;  ed  è 
forse  questa  la   noruia   che  segtiitano  i 
valdesi  e  i  pioteslanli?  Tulio  al  più  pò- 
Irasiti  dire,  che  di  comune  eoo  lui  hanno 
eglino  l'odio  alle  ss.  Immagini,  la  mede- 
sima pertinacia  nell'errore,  l'abbandono 
dèlia  Chiesa  callolic.»  ,  la  quale  tulle  si- 
niilmeule  condanna  le  selle  e  Tei  esie  an- 
liche  e  moderne.  1  valdesi  medesimi,  nel* 
le  più  solenni  circostanze  ,  confessarono 
apertamente  di  non  avere  un'origine  au- 
lica, ossia  prima  del  secolo  XI;  e  di  falli 
nella  lettera  o  supplica  che  nel  i  SyS  pre- 
sentarono al  conte  di  Birago,  luogoleneo- 
te  di  Carlo  IX  re  di  Francia  al  di  qua 
de'monli,  dicevano.  «  1  valdesi  supplica- 
no S.  E.  di  rappresentare  al  re  come  e- 
rano  passali  più  di  ^5o  anni  che  il  loro 
popolo  da  padre  in  figlio  insino  ad  essi 
aveva  professalo  questa  religione,  ed  e- 
sercilata  pubblicamente  da  lunga  serie 
di  anni  ec".  Condannati  i  valdesi  dall'ar- 
civescovo di  Lione,  cercarono  una  prole- 
zione nel  Papa  Lucio  III,  che  governò  la 
Chiesa  daliiBi  al  1 185.  Questo  Papa, 
conosciuta  la  somma  loro  temerità  ,  la 
promiscuità  di  uomini  e  di  femmine  che 
andavano  vagando  per  insegnar  al  mon- 
do la  povertà  evangelica,  la  presunzione 
intollerabile  che  avevano  di  essere  man- 
dali, siccome  gli  apostoli,  alla  predicazio- 
ne, e  quindi  d'essere  approvali  ;  non  so- 
lamente si  ricusò  rimproverando  loro  le 
pratiche  superstiziose  e  scandalose ,  ma 
eziandio  fece  radunare  un  concilio  a  Ve- 
iooa,  ed  i  nuovi  erclici,  seguaci  di  Vai- 


V  A  L 

do,  ftuono  condannali  nel  1 184)  come 
riporta  il  Mansi,  Sac.  Cane,  no^'a  et  am- 
plìssima collcctiOyi.'Xit  p.  492-93.  Non 
atterriti  per  questa  condanna,  anzi  nella 
loro  disubbidienza  falli  più  contumaci,  si 
renarono  nell'i  i  2  ad  implorare  l'appro- 
vazione di  Papa  Innocenzo  III,  il  quale 
ben  conosciuta  l'indole  e  la  dottrina  de' 
nuovi  settari  ,  severamente  proibì  loro 
ogni  unione  ed  insegnamento,  nel  1 199 
come  si  ha  dal  p.  Moneta.  Anche  que- 
sta supreum  condanna  fu  disprezzata  con 
invincibile  ostinazione.  Tre  anni  dopo  nel 
concilio  generale  di  Laterano  IV  ,  cele- 
bralo neh  2 15  dallo  stesso  Innocenzo  III, 
ì  valdesi  vi  furono  condannali  nel  canone 
fatto  conlro  gli  eretici ,  che  sotto  prete- 
sto di  pietà  attribuivansi  senza  missione 
l'autorità  di  Predicare.  Altra  condanna 
l'ebbero  dall'arcivescovo  di  Narbona.  De* 
valdesi  il  Rinaldi  negli  Annali  ecclesia- 
stici ne  ragiona  all'anno  i2o4,  n."  64» 
dicendo  che  furono  delti  anco  Pigardr, 
e  che  originarono  dagli  Albigesi,  i  quali 
eretici  avendo  desolalo  Tolosa  e  AvignO' 
ne y  ili  tali  articoli  più  di  proposito  ne 
triillai.  Conviene  che  i  valdesi  presero  il 
nome  da  Valdo  di  Lione,  procedendo  nel 
racconto  con  Pietro  Vallisernese  (questi 
è  Pietro  monaco  di  Vaux  de  Cernay  ci- 
slerciense,  che  avendo  molto  faticalo  al- 
la conversione  degli  albigesi,  con  Guido 
suo  abbate,  d'ordine  d'Innocenzo  111  ne 
scrisse  la  storia  e  la  dedicò  a  quel  Papa), 
il  quale  riferisce,  che  essi  erano  senza  dub- 
bio cattivi,  ma  in  confronto  degli  altri  e- 
reliei  meno  perversi,  convenendo  in  più 
cose  con  noi,  e  in  altre  discordavano  (poi- 
ché vogliono  alcuni,  che  in  origine  i  val- 
desi non  fossero  separali  dalla  Chiesa 
cattolica  da  altro  fuorché  dall'usurpazio- 
ne che  facevano  de'diritli  de'paslori  le- 
gittimi ,  e  che  d'  altronde  animeltevano 
quasi  tutti  gli  altri  punti  di  sua  credenza. 
Ma  presto  sentiremo  dallo  slesso  Valli- 
sernese, ne'loro  stessi  inizi  il  rifiuto  della 
fede  cattolica,  i  loro  riti  diabolici^  le  lo- 
ro orrende  besteinmie,  il  solenne  rifiuto 


VAL 

tle'sogra  menti).  I  loro  errori  consiste  va- 
no principalQienle  in  4  cose:  in  pollare  i 
sandali  al  modo  usato  dagli  apostoli,  nel 
dire  non  esser  mai  lecito  in  verun  caso 
il  giurare  uè  l'uccider  persona,  e  qualun* 
quedi  loro  poter  in  caso  di  necessità  con- 
sagrare il  Corpo  di  Cristo  senza  gli  ordi- 
ni ricevuti  dal  vescovo,  purché  avesse  i 
sandali.  Ma  eoa  qual  empio  rito  que'pes- 
simi  ipocriti  ,  che  chiamavano  se  stessi 
Buoni  Uomini^  ne'cui  apparenti  meriti 
la  stolta  plebe  poneva  la  .speranza  della 
sua  salute,  ricevessero  tra  loro  persone 
sedotte,  si  descrive  dal  Vallisernese  così  : 
Quando  alcuno  si  rende  eretico,  chi  lo  ri* 
ce  ve  gli  dice:  Amico,  se  tu  vuoi  esser  de* 
nostri,  egli  fa  mestiere  che  tu  rifiuti  tut- 
ta la  fede  che  tiene  la  Chiesa  romana.  Pii- 
spondeva:  Jo  la  rifiuto.  Dunque  tu  ricevi 
lo  Spirito  Santo  (\a  Buoni  uomini;  e  gli 
soHìava  7  volte  in  faccia.  Dicevagli  anco- 
ra: Rifiuti  tu  la  Croce,  che  il  sacerdote 
quando  li  battezzò  ti  fece  coll'olio  e  colla 
cresima  nel  petto,  e  nelie  spalle,  e  nel  ca- 
po? Rispondeva  :  Rifiuto  la.  Cvedì  tu  che 
quell'acqua  li  cagioni  la  salute?  Piispou- 
deva:  Non  lo  credo.  Rifiuti  tu  quei  velo, 
che  il  sacerdote  ti  pose  in  lesta  poiché 
l'ebbe  battezzato?  Rispondeva:  //  rijuito. 
Cosi  colui  riceve  il  battesimo  degli  ereti- 
ci,  e  nega  il  battesimo  della  Chiesa.  Al- 
lora tulli  gli  pongono  le  mani  sulla  testa; 
e  da  quel  punto  innauzi  egli  è  reputalo 
come  uu  di  loro.  Continuarono  pertan- 
to i  valdesi  ad  interpretare  i  santi  libri  col 
privalo  loro  senso,  ad  esercitare  a  loro 
capriccio  il  ministero  della  predicazione, 
senza  alcuna  dipendenza  dalla  Chiesa;  né 
solo  i  semplici  laici  osavano  predicare, 
senza  missione  e  senza  dottrina,  ma  le 
donne  altresì  s'erano  arrogate  questo  uf- 
fizio. E  siccome  la  Chiesa  romana  e  i  ve- 
scovi cattolici  riprovavano  tanta  temeri- 
tà, cominciarono  i  perversi  a  blaterare 
contro  la  Chiesa  medesima,  dicendo  non 
esser  più  quella  che  fu  fondata  da  Gesù 
Cristo,  contro  i  vescovi  ed  i  sacerdoti,  de- 
uigrauduli  cou  euGimi  ingiurie,  vietando 


VAL  219 

didarloro  limosine  in  suffragio  de'defun- 
ti,  per  essere  inutili  l'orazioni  pe'  morti. 
Won  contenti  a  ciò,  dopo  il  predicare  vol- 
lero udire  le  confessioni,  i  peccali  assolve- 
re e  r  Eucaristia  consagrare,  semprechè 
avessero  i  sandali  a'piedi,  e  innanzi  a  Dio 
si  potessero  in  islalo  di  grazia  e  di  san- 
tità riputare.  Perciò  ancora  insegnavano 
dover  essere  migliore  la  confessione  sa- 
gramenlale  falla  a  un  laico,  il  ((uale  fos- 
se santo,  che  non  (juella  che  altri  facesse 
a  un  prete  che  fosse  conosciuto  reo  d'al- 
cun peccalo.  Proibivano  ogni  giuramen- 
lo,  e  reputavano  delitto  il  giusto  potere 
che  esercitano  i  legittimi  gimlici  di  con- 
dannare nella  vita  chicchessia.  Tal  è  pre- 
cisamente la  somma  degli  errori  che  in- 
segnavano i  primi  discepoli  di  Pietro  Val- 
do sino  al  12  IO  ovvero  al  12  i2,e  tulio- 
ciò  chiaramente  si  scorge  dalle  diverse 
lettere  di  Papa  Innocenzolll,  specialmen- 
te la  196  del  iib.  xi,  la  69  del  hb.  xii,  la 
94  del  lib.  xiii,  lai 37  del  lib.  xv,  presso 
il  p.  Ricchiui.  Mg."^  Charvaz  osserva  che 
1*  ignorante  ,  caparbio  e  quindi  eretico 
Valdo,  volle  interpretare  la  s.  Scrittura, 
predicare  e  rinnovare  la  vita  apostolica  a 
dispello  de'  Papi  e  de*  vescovi.  Pose  pei' 
principio  che  ciò  potessero  fare  i  laici,  e 
siccome  i  Papi,  i  vescovi  e  il  clero  posse- 
devano beni  temporali ,  non  erano  mi- 
nistri di  Gesù  Cristo;  dunque  nulli  erano 
i  loro  poteri  ei  sagramenti  amministrati. 
IVI  a  i  laici  pur  possedevano!  Dunque  non 
era  vi  più  Chiesa,  i  valdesi  soltanto  la  for- 
mavano, essi  soli  pretendevano  d'aver 
poteri  e  funzioni  di  apostoli.  Dopo  la  con- 
danna del  concilio  Laleranense,  in  segui- 
to adottarono  molli  errori  di  altri  ereti- 
ci, a*  quali  successivamente  si  unirono, 
formandone  quasi  un  grottesco  musaico, 
ove  spiccavano  principalmente  l'eresie  di 
Donalo^  di  Fi^ilanziOy  (\q^X Iconoclasti^ 
de'  Petro  Brussiani,  degli  Arnaldisti, 
degli  Albigesi  ec.  Onorio  IV  (P.)  con- 
dannò gli  eretici  e  fanatici  denominati 
Fraticelli  e  Apostoli  o  Apostolici,  se- 
guaci deli'  eretico  Segaielli  parmigiano, 


210  VAL 

e  tiegli  errori  degli  olbigesi  e  de*  valdesi; 
il  loro  autore  fu  bruciato  nel  i  3oo.  Il  suo 
discepolo  Dulcino  fu  capo^ietta  i\e*Dttlci' 
ìiìsti  (nel  quale  articolo  Novara  sua  pa- 
tria per  fallo  tipografico  è  detta  Ma  var- 
rà), eretici  condannali  nel  i  3  i  i  da  Cle- 
mente V  nel  concilio  generaledi  Vienna, 
insieme  agli  eretici  Deguardi (V.)  e  all'è- 
l'tùdit  Beghine  (F.),  derivali  iW Frati» 
celli  e  apostolici.  In  sostanza  i  d(dcini< 
sti,cuu)e  il  Segarelli  primo  loro  maestro, 
sotto  un  esteriore  religioso  e  composto,  si 
permettevano  ogni  maggioreccesso  di  li- 
bei  tiuaggio,  e  pretendevano  che  la  loro 
dutlrina  fosse  la  3."  legge  che  perfeziona- 
va quella  di  Gesù  Cristo.  Il  Segarelli  e- 
scluso  dall'ordine  francescano,  si  veslì  in 
quella  maniera  che  diceva  aver  vestitogli 
apostoli;  e  spacciava,  che  fiuahnenle  era 
giunto  il  tempo  dello  Spirilo  Santo  e  del- 
la Carilà;che  tulle  le  cose  erano  comuni, 
e  perciò  tulli  gli  uomini  e  donne  poteva- 
no indistintamente  vivere  maritalmente 
insieote,  perchè  la  carità  esigeva  che  tut- 
te le  cose  fossero  comuni;  che  il  Papa,  i 
cardinali  e  prelati  non  erano  veri  posto- 
ri  della  Chiesa,  perchè  non  facevano  vita 
apostolica  ,  onde  egli  solamenle  era  vero 
apostolo  di  Cristo  e  degno  del  papato. 
J3ulcino  poi  fu  brucialo  vivo  nel  1 3  i  o  in 
Parigi,  colla  sedicente  moglie  Margheri- 
ta Porretla  deli'Haynaul:  insegnava  co* 
suoi  seguaci,  ha'quali  i  beguardi  e  le  be- 
ghine, che  raiiima  giunta  ad  annichilir- 
si da  se  slessa  nell'  amor  di  Dio,  non  pec- 
casse più,  uè  crescesse  in  grazia,  e  che  po- 
tesse imj)unemenle  lasciar  operare  la  par* 
te  inferiore,  allorquando  la  superiore  fos- 
se attaccala  a  Dio;  quindi  disprezzavano 
tulli  gli  esercizi  della  religione  ,  le  peni- 
tenze, il  ralFrenamentodegli appetiti, pre- 
tendendo di  non  applicarsi  che  alla  con- 
ten)plazione,quanlunque  si  dasseroad  ec- 
cessi di  tale  lascivia,  che  la  prudenza  di 
Clemente  V  non  permise  che  fossero  ri- 
feriti nella  bolla  di  loro  condanna.  Tali 
errori  furono  rinnovati  poi  dal  condanna- 
to Molinismo  (F.)  o  (Quietismo.  11  Papa 


VAL 
Giovanni  XXTI,  che  successe  a  Clemente 
V  nel  I  3  I  H, altamente  si  dolse de'valdesi, 
the  moltiplicatisi  principalmente  nell'Al- 
pi, tenevano  pubbliche  assemblee  nume- 
rosissime, insorgevano  contro  1'  autorilù 
della  Chiesa,  e  giunsero  ad  uccidere  il  ret- 
tore Guglielmo,  e  ad  avventarsi  contro 
l'inquisitore  Alberto.  Laonde  il  Papa  con- 
dannò e  scomunicò  i  valdesi  con  bolla 
diretta  a  Giovanni  de  Badis  frale  mino- 
re, anch'egli  in(juisilore.  Ma  poco  profit- 
tò il  pontifìcio  provvedimento,  imperoc- 
ché Innocenzo  Vili  inviando  fr.  Alberto 
de  Capitani  nuovo  inquisitore  negli  slafi 
di  Savoia  e  nel  Delfìnato  ,  con  bolla  del 
14B7  si  lagnò  non  solo  del  disprezzo  con 
cui  i  valdesi  braveggiavano  le  censure  ec- 
clesiastiche, ma  de'lutnulli,  omicidiie  al- 
tri misfatti  detestabili  con  cui  funestava- 
no qne'paesi.  Riporta  il  Rinaldi  all'anno 
i5oo,  n."  60  e  61,  che  nella  Moravia  e 
nella  Boemia  pullulò  la  sozzissima  eresia 
de'valdesi,  la  quale  coli*  allettamento  di 
laidissimi  piaceri  pervertiva  molti  dimen- 
tichi della  propria  saluOe  eterna.  Contro 
a'  quali  Alessandro  VI  creò  inquisitori  e 
nunzi  in  Germania,  cioè  il  preposto  Clo- 
sternunburg  per  pietà  e  dottrina  chiaris- 
simo,e  fr.  Eurico  domenicano  nominalis- 
si(no  teologo.  Di  più  narra,  che  caddero 
nell'empietà  degli  antichi  valdesi, opicar- 
di  che  dir  vogliamo,  molli  Calistini  (/ .) 
o  forse  Calici s ti  (F.)^  i  quali  per  non  la- 
sciar la  Comunione  sotto  le  due  specie, 
rilìiilarono  di  ritornare  nel  seno  di  s. Chie- 
sa. Fu  cosa  certamente  mostruosa  ,  che 
coloro  i  quali  per  ipocrisia  si  davano  a 
vedere  tanto  divoti  della  ss.  Eucaristia  e 
dell'uso  del  calice,  in  ultimo  empiamente 
e  follemente  negassero  contenersi  Cristo 
in  ni  una  delle  due  specie  sagramentali. 
Dissi  in  principio  che  i  valdesi  rinnova- 
rono tutti  gli  errori  degli  Apostolici  e 
degli  Jrconticfy  e  che  poi  altri  ne  aggiun- 
sero. Comunemente  furono  e  sono  ad  es- 
si particolari  i  seguenti.  Però  devesi  av- 
vertire, che  i  primitivi  valdesi,  ed  anche 
sino  al  secolo  XVI  circa,  non  professava- 


VAL 
ìio  tulli  gli  errori  de'moder ni,  come  cìì- 
lò  in  seguito.  Progredirono  nell'errore  e 
nelle  novità,  coiruniformnrsi  ngli  eretici 
insorti  ne'  primi  anni  di  dello  secolo  e 
massime  de'  Cali'inistì.  Dichiara  mg/ 
Charvaz,  poco  prima  della  pretesa  rifor- 
ma il  catalogo  degli  errori  de'valdesi  di- 
venne più  esteso,  ma  restò  conforme  in 
gran  parte  a  quello  de'Ioro  primi  tempi, 
e  lo  comprova  con  diversi  autori.  Molti 
però  contrari  a  quelli  ne  abbracciarono 
in  grazia  della  sedicente  riforma.  Quindi 
usanze,  culto  ,  pretensioni  contrarie  ,  co- 
sicché i  valdesi  presenti  meritamente  sa- 
rebbero maledetti,  come  antagonisti,  da* 
loro  primi  antenati.  I  pp.  Pvichard  e  Gi- 
raud  nella  Biblioteca  sacra^  o  i  loro  atn- 
plialori,  compendiarono  ne'segueuti  35 
capi  gli  errori  principali  de' moderni  e- 
retici  che  portano  il  nome  di  valdesi,  i. 
Ch'é  permesso  a  qualunque  laico  di  pre- 
dicare r  Ei'angelo.  2.  Che  i  laici  ponno 
consagrar  V Eucaristia.  3.  Che  il  Batte- 
Simo  non  è  che  una  ceremonia  esteriore. 
4.  Che  qualunque  laico  in  istato  di  gra- 
zia può  assolvere  da*  Peccati.  5.  Che  il 
cullo  de' Santi  è  idolatrico.G.Che  l'uso  de* 
Templi  è  una  conseguenza  di  quello  de* 
pagani  (altri  poi  in  seguilo  con  aperta  con- 
traddizione li  vollero  innalzare  alla  loro 
foggia),  y.  Che  la  Salutazione  Angeli- 
ca di  Maria  è  una  superstizione.  8.  Che 
bisogna  distruggere  le  Unzioni  ianie  c\\q 
si  fanno  a'bambini  battezzandoli,  g.  Che 
la  Cresima  non  è  un  sagramento ,  ma 
una  semplice  ceremonia  che  può  essere 
falla  da  qualunque  prete,  io.  Che  la  Con- 
fessione auricolare  è  un  uso  criminal- 
mente inventalo  da'preli.  11.  Che  V In- 
dulgenze non  sono  d'alcun  valore,  ma 
artifizi  inventali  da'Papi  per  lucrare.  12. 
Che  non  vi  è  Purgatorio,  e  che  le  Pre- 
ghiere o  Suffragi  ^)e  morti  sono  inutili. 
1 3.  Che  i  Vescovi  non  hanno  alcuna  di- 
gnità, ne  podestà  di  sopra  a*  preti,  i^. 
Che  la  Chiesa  non  ha  podestà  di  far  le 
leggi.  i5.  Che  non  devesi  alcuna  Ubbi- 
dienza uè  al  Papa^  oè  a'  Fescovi.  1 6.  Che 


VAL  221 

il  D/g'/V/^oeTaslinenza  delle  carni  non  so- 
no d'alcun  merito  innanzi  a  Dio.  i  y.  Che 
Y  Estrema  Unzione  non  è  im  sagramen- 
to. 18.  Che  lo  slato  di  /lfo«tìfco  o  mona- 
cale fu  inventato  dal  demonio,  ig.  Che 
non  devesi  credere  ad  alcun   Miracolo. 

20.  Che  gli  Esorcismi  falli  dalla  Chie- 
sa non  sono  che  usi  inventati  per  ingan- 
nare i  semplici;  cos\  dicasi  di  luttele  Be^ 
nedizioni  sopra  qualunque  siasi  materia. 

21.  Che  1*  anima  non  riceve  alcun  pro- 
fìtto quando  si  dà  Sepoltura  al  corpo  in 
luogo  santo.  22.  Che  devesi  sprezzare  il 
Canto  ecclesiastico.  iZ.  Ch'è  perdere  il 
tempo  a  recitar  le  preghiere  del  Brevia- 
rio o  Uffizio  divino  e  le  Ore  Canoniche, 
24.  Ch'  è  contro  la  perfezione  cristiana 
l'occuparsi  del  lavoro  AeWeMani.  25.Che 
non  devesi  amroetlere  altra  formola  di 
preghiera  fuorché  quella  del  Pater  no- 
ster.  26.  Che  la  consagrazione  dell'  Eu- 
caristia non  dev'  essere  falla  che  bene- 
dicendo il  Pane  ed  il  Fino  ,  dopo  aver 
7  volte  recitato  il  Pater  noster.  l'j.  Che 
r  Eucaristia  profilla  di  più  allorché  la 
consagrazione  è  stala  fatta  nella  Messa 
del  giovedì  santo,  e  che  bisogna  couser- 
vare  pe'malali  le  Ostie  che  furono  con- 
sagrate  nel  suddetto  giorno  privilegiato. 
28.  Che  nella  Chiesa  vi  sono  3  soli  Or- 
dini,  il  diaconato  cioè,  il  sacerdozio  e  l'e- 
piscopato (contraddizione  manifesta  nel- 
la loro  stessa  dottrina,  poiché  sosteneva- 
no che  il  Prete  o  Sacerdote  é  eguale  al 
P^ escovo).  29.  Che  qualunque  podestà 
secolare  od  ecclesiastica  perde  la  sua  giu- 
risdizione col  Peccato  mortale.  3o.  Che 
gli  Ecclesiastici  non  ponno  possedere 
Beni  o  Rendita  e  nulla  in  proprio.  3i. 
Che  la  Chiesa  romana  cessò  d'  esser  la 
vera  dopo  il  pontificalo  del  !*apa  s.  iSzY- 
i^e.9/ro  /  (alcuni  fja'difensori  della  setta 
de'valdesi  sparsero  la  favola  ch'essa  de- 
rivi da  Leoue  uomo  religiosissimo  de* 
tempi  dell'imperatore  Costantino  1,  scan- 
dalezzato  dall'avarizia  di  s.  Silvestro  J  : 
nulla  di  più  insulso  e  di  peggio  poteva 
invetitarsij  poiché  non  mai  da  tal  Leone 


I 


222  VAL 

immoginorìo,  ma  soltnnlo da  Valdo,  sta- 
bilitosi in  Lione,  trassero  origine  i  valde- 
si. I  loro  scritlori  ripetono  ad  essi  die 
discendono  dal  suddetto  Claudio  l'ico- 
lioclnsla;  a*  cattolici  poi  gridano  ,  che  i 
Leonisti  vengono  dal  nominolo  Leone, 
il  quale  testimonio  sdegnoso  de'doni  fat- 
ti da  Costantino  I  a  Papa  s.  Silvestro  I, 
sì  separò  immediatamente  dalla  comu- 
nione cattolica.  La  contraddizione,  per 
dirla  con  frase  di  Léger,  è  più  chiara  del 
sole.  Ormai  più  non  crcdesi  alle  dona- 
zioni di  Costantino  1,  come  raccontai  in 
tanti  luoghi;  quindi  mg.*^  Chorvaz  a  ra- 
gione conclude:  Cinmera  la  clonazione  : 
chimera  la  separazione  fondata  sopra 
questo  motivo:  chimem  l'esistenza  stes- 
sa di  questo  Leone).  32.  Che  non  si  deve 
prestare  alcuna  fede  al  Simbolo  degli  A- 
postoli.  33.  Che  qualunque  Giuramento 
è  proihitoa'crisliani.  34-  Che  non  è  Pec- 
cato il  seguir  la  voluttà  carnale,  quando 
la  concupiscenza  vi  spinge.  35.  Che  nes- 
sun Tribunale,  Giudice  e  nessun  Sovra- 
ìw  può  condannare  un  C/owo  alla  morte. 
Le  risposte  e  confutazioni  a  lutti  gli  e- 
sposli  35  errori,  assurdi  e  hestemmie  e- 
reticali,  si  ponno  trovare  negli  articoli 
che  indicai  in  corsivo  e  ne'molleplicì  re- 
lativi. Dice  il  Semeria,  con  questi  erro- 
ri fìssi  in  cape,  i  valdesi  si  dispersero  in 
\arie  parti  della  Francia,  dell'Italia  e  di 
altre  regioni  d'Europa,  alcune  squadre 
ondando  in  Boemia,  altre  nella  Puglia, 
alcune  in  Lombardia,  ed  altre  si  trafu- 
garono nelle  valli  dell'Alpi  Cozie  che  di-* 
bidono  il  Piemonte  dalla  Francia,  molti- 
plicandosi e  facendo  nuovi  proseliti  in  o- 
gni  parte.  Né  ciò  deve  far  meraviglia,  im- 
perocché nelle  vestimenta  loro  aifetlava- 
no  una  grande  povertà,  severa  temperan- 
za de'costumi,  ed  aperto  disprezzo  delle 
ricchezze;  portavano  indosso  delle  cappe, 
quasi  fossero  persone  date  particolarmen- 
te al  servizio  di  Dio;  e  come  era  quello  il 
secolo  in  cui  facevano  rapido  progresso 
gli  un»ili  figliuoli  e  i  poveri  seguaci  di  s. 
Francesco,  così  i  seguaci  di  Valdo  eoa 


VAL 

qiielle  mentile  apparenze  dercarono  di 
farsi  largo,  trovar  creilito,  sedurre  i  sem- 
plici, qualificarsi  i  nuovi  missionari, suc- 
cessori e  imitatori  tlegli  apostoli,  che  ve- 
nivano a  disingannare  il  mondo  troppo 
creduloall'iguoranza  e  alla  malvagitàde* 
sacerdoti.  Con  questi  artifizi  si  propaga- 
rono in  molti  luoghi,  e  propagandosi,  si 
congiunsero  ad  altri  eretici,  specialmente 
Catari  ossia  Jlbigesi$  ed  altri  eretici  fe- 
cero società  con  essi,  comunicandosi  vi- 
cendevolmente i  propri  errori,  riferiti  dal 
p.  Ricchini.  Quindi  adottarono  l*  eresie 
ile* Dona tistij  per  quello  che  appartiene 
olia  natura  della  Chiesa  e  nullità  de'  sa- 
gramenti  amministrali  da'catlivi  preti, le 
dottrine  di  Figilanzio  sopra  il  culto  e 
le  reliquie  de'  santi  e  la  gerarchia  della 
Chiesa,  e  finalmente  l'empietà  degl'/co- 
noclasti  che  volevano  abolito  l'uso  delle 
ss  Immagini ,  che  la  Chiesa  ha  sempre 
ritenuto,  non  per  adorarle,  ma  per  onora- 
re i  santi  servi  e  amici  di  Dio,  nella  per- 
sona che  rappresentano.  Si  radicarono 
questi  errori  specialmente  in  que'valde- 
si,  che  furtivamente  insinuali  nelle  valli 
sopra  Pineroloy  ivi  quasi  in  propria  sede 
si  stabilirono;  ed  appunto  di  queste  e  di 
alcune  altre  perverse  dottrine  li  ritrovò 
imbevuti  l'arcivescovo  di  Torino  Seys- 
sei  nel  i5i  7,  allorché  in  quelle  valli  in- 
trapresa la  visita  pastorale,  usò  la  più  di- 
ligente indagine,  com'egli  afierma,  per 
scuoprire  sino  nella  radice  ogni  loro  er- 
rore, per  cui  migliore  teslimonianza  noa 
può  trovarsi.  Delle  valli  de'  valdesi  ren- 
dono ragione  i  Cenni  intorno  a' fatti  sto- 
ricif  monumenti  notevoli  e  particolarità 
naturali  del  Piemonte^  che  vado  a  ripro- 
durre. Le  due  valli  del  Chisone  e  del  Pe- 
lice,  che  giù  scendendo  dall'Alpi  finitime 
della  Francia  sboccano  l'una  a  Pinerolo, 
e  r  altra  più  a  meriggio  in  poca  distan- 
za, sono  per  ogni  riguardo  oggetto  di  cu- 
riosità e  di  osservazione.  Poiché,  se  si  ba- 
da a'fenomeni  naturali,  furono  queste  val- 
li ne'secoli  passati  e  più  che  mai  nell'apri- 
le! 808,  teatro  di  spaventevoli  lerremo- 


VAL 

li,  le  cui  tracce  vi  si  scorgono  ancora. 
Che  se  a  più  liete  scene  si  vuol  rivolge- 
re il  guardo,  convien  diie  che  fra  le  Inu- 
le pilloresche  regioni  del  Piemonte  ulti- 
ma non  sia  quesla  certamente.  Infalli  il 
contrapposto  delle  minacciose  rupi  cogli 
ameni  praticelli  e  co' verdeggianti  pasco- 
li, l'aspelto  de'luoghi  principali,  quali  so- 
no Lucerna,  la  Torre,  Angrogna,  la  Pe- 
rosaj  il  romoreggiar  dell'acque,  l'ombra 
delle  piante,  i  vaghi  casamenti,  le  scene 
Alpine  che  vi  s'incontrano  ad  ogni  passo 
e  principalmente  nella  valle  di  Pelice, 
tutto  colà  ricorda  i  quadri  piti  graziosi 
della  Svizzera.  E  tale  giudizio  ne  porta- 
no pure  i  viaggiatori  che  spesse  volte  vi 
si  recano  o  per  diletto  o  per  motivi  di  re- 
ligione. Cresce  poi  ancora  la  somiglian- 
za quando  vi  si  os«;erva  la  numerosa  po- 
polazione, di  cui  la  maggior  parte  non 
cattolica,  ha  un  certo  che  di  ginevrino 
e  di  svizzero,  perchè  annunlo  a  Ginevra 


pe 


ppi 


e  nella  Svizzera  si  manda  ordinariamen- 
te a  educar  la  gioventù.  Presero  nome  i 
valdesi  da'segoaci  di  Pietro  Valdo,  che 
scacciali  da  Lione  e  dal  Delfinato  per  ere- 
sia, in  parte  simile  a  quella  degli  albige- 
si  ,  rifuggirono  in  queste  valli  sul  finire 
del  secolo  XII  (o  ne'primi  anni  del  XIII: 
neh  220  uno  statuto  della  cillà  di  Pine- 
rolo  poneva  ammenda  di  12  soldi,  corri- 
spondenti a  circa  3oo  franchi,  a  chi  ri- 
coverasse alcun  di  loro  in  ospizio,  il  che 
dimostra  eh'  erano  ancor  nuovi  ed  erran- 
ti). S'accostarono  poscia  alle  pretese  rifor- 
ine protestanti,  e  furono  quindi  protetti 
dalle  corti  che  le  professavano.  «Ora  è  de- 
bito il  soggiungere  ,  che  se  talvolta  il  fa- 
natismo ed  il  bollore  della  vendetta  ac- 
cese fra  questa  gente  fiere  sommosse,  che 
il  governo,  da  cui  era  sol  tollerata,  ebbe 
a  reprimere  con  rigori  straordinari,  e  se 
in  alcuni  tempi  una  malvagia  parte  di 
essa  valendosi  del  furore  delle  fazioni, 
trasse  il  biasimo  e  l'odio  sopra  i  suoi 
compaesani,  ciò  non  deve  far  dimentica- 
re le  molte  prove  di  fedeltà  e  di  valore 
che  diedero  i  valdesi  uclle  guerre  anti- 


VAL  ai3 

che,  guerreggiando  da  miliziolli  negli  e- 
sercili  savoiardi,  come  narra  la  storia'*. 
Ma  colla  storia  andrò  io  dicendo  alcune 
cose,  che  certamente  diminuiranno  tut- 
to il  roseo  contenuto  in  quest'ultimo  pe- 
riodo, alquanto  parziale,  come  in  favore 
de'valdesi  lo  sono  non  pochi  altri  scritto- 
ri prevenuti  a  loro  vantaggio,o  non  istrui- 
ti abbastanza  di  loro  storia,  o  per  aver 
comuni  gli  errori  e  la  contrarietà  al  cat- 
tolicismo.  rissi  contano  1 3  parrocchie  del- 
le vallale  in  discorso,  nella  divisione  di 
Torino,  provincia  di  Pinerolo,ed  a  più  di 
20,000  ascendono.  La  magnifica  catte- 
drale di  S  al  lizzo  (V,)  in  eretta  dalla  pie- 
tà del  marchese  Lodovico  II  e  dalla  mo- 
glie Margherita,  nel  declinar  del  secolo 
XV,  per  dare  uno  splendido  segno  di  loro 
religione,  ed  anco  per  raffermare  il  zelo 
religioso  de'caltolici,  poiché  ne'confini  del 
Saluzzese  e  in  alcuni  angoli  più  remoli  del- 
la pi  ovincia  andava  si  occultamente  spar- 
gendo il  germe  degli  errori  de'valdesi. Ve- 
dasi M.Aurelio Rorenco  o  Worento^ Breve 
narrazione  delV introduzione  desili  ere- 
tici  nelle  Falli  del  Piemonte  ,  Torino 
i632  :  Memorie  his  loriche  dell'  introdu- 
zione delVheresie  nelle  Fa  Ili  di  Lucerna 
marchesato  di  Saluzzo  ec,  Torino  1 649- 
Osserva  il  sacerdote  Seuìeria,  che  i  val- 
desi sino  quasi  alla  metà  ,  o  almeno  sino 
al  cominciamento  del  secolo  XVI,  ossia 
sino  al  1  5f  7  in  cui  1'  arcivescovo  Seyssel 
portossi  alla  visita  delle  valli  di  Lucerna, 
di  An»ro«na  edi  Pra<jfel!ato,  sebbene  con 

DO  D  ' 

intollerabile  temerità  presumessero  d'in- 
tendere e  interpretare  secondo  le  loro 
proprie  idee  la  s.  Bibbia,  tuttavia  non  ri- 
gettavano dalla  medesima  veruno  de'san- 
ti  libri  che  essa  contiene,  riconoscendo 
anzi  co'cattolici  tutti  i  libri  ispirati,  nin- 
no escluso,  confbimeal  canone  del  con- 
cilio di  Trento,  che  sulla  forma  de' ca- 
noni antichi  venne  dipoi  rinnovato.  Co- 
sì pure  ne'rili  e  nell'atnministrazione  de' 
sagramcnti ,  quantunque  discordassero 
dalla  Chiesa  cattolica,  nondimeno  gliam- 
cueltevano  tutti  uell'essenza  e  nel  preciso 


224  VAL 

nun)ero  di  7.  Animeltevono  il    sngra- 
luenlo  del  battesimo  con  l'ucqua  nalu» 
iole,  afrermando  però  non  essere  utile, 
né  necessario  abbambini.  Per  quello  che 
appartiene  alla  contermazione,  dice  Rei- 
nero,  contra  Valdcnscs^  essi  si  mcravi- 
gliavono  che  a*  soli  vescovi  fosse  lecito 
l'amministrarla^  onde  tal  facoltà  esten- 
devano anche  a'Iaici.  In  quanto  all'Eu- 
caristia, non  negavano  in  essa  la  presen- 
za reale  di  Gesù  Cristo  e  la  transustan- 
ziazione; ma  errarono  in  questo,  che  cre- 
devano non  potersi  far  questo  sagramen- 
to  da'caltivì  sacerdoti.  In  una  parola,  niu- 
no  di  quelli  che  a  fondo  conobbe  le  dot- 
trine de'valdesi  non  iscrisse  mai  ch'eglino 
dannassero  In  Chiesa  romana, perchècre- 
deessa  che  l'Eucaristia  offerta  sull'altare 
sia  il  sagrifizio  delia  nuova  alleanza.  Nel 
sagramento  della  penitenza  non  abroga- 
vano l'uso  e  la  necessità  della  confessio- 
ne auricolare;  ma  solamente  ammoniva- 
no, secondo  Polichdorf,  Contra  haere- 
sim  1  aldensinm  Iractalus^  che  scrisse 
nella  metà  del  secolo  XIII,  i  loro  creden- 
ti che  Jion  confessassero  i  peccali  piti  gra- 
vi a'sacerdoli  della  romana  Chiesa,  ac- 
ciocché  scoperti  7WIÌ  fossero  mandati  al' 
la  podestà  de'vescovi.  L'estrema  unzio- 
ne non  cancellavano  del  lutto  dal  nu- 
mero de'y  sagramenti,  ma  solo  biasima- 
vano certi  abusi,  che  sognavano  essersi 
introdotti  nell'amministrazionedella  me- 
desima. Andarono  più  errati  intorno  al 
sagramento  dell'ordine,  poiché  insigniva- 
no del  ministero  e  della   podestà  sacer- 
dotale qualunque  laico  dabbene.  E  final- 
mente non  riprovavano  il  sagramento  del 
matrimonio  ,  se  non  che  in  questo  senso, 
che   asserivano  peccare  mortalmente  i 
coniugi,  ove  abbiano  commercio  carnale 
senza  speranza  di  prole.  Malgrado  que- 
sti gravissimi  errori,  sarà  sempre  vero  che 
i  valdesi  sino  aliSiy  e  più  olire  ancora, 
ammettevano  il  settenario  numero  de* 
sagramenti,  e  la  vera  sostanza  de'mede- 
simi,  né  censuravano  per  questo  la  Chie- 
sa cattolica,  e  lo  atTermaoo  il  p.  Ricchiui 


VAL 

e  mg.'  Charvaz.  Inoltre  osserva  il  lodalo 
Semeria,  che  i  valdesi  moderni  e  d'oggi- 
giorno lungo  tratto  si  sono   allontanali 
dalle  dottrine  de'primi  loro  settari  e  de' 
discepoli  di  Valdo,  ossia  sono  più  oltre 
assai  progrediti  nell'errore  e  nelle  novi- 
tà, in  modo  tale ,  che  neppure  un  solo, 
dice  lo  stesso  p.  Ricchinì,  può  trovarsi 
oggidì  che  contengasi  ne'  limiti ,  entro  i 
quali  Valdo  loro  capo  si  contenne.  E  per- 
ciò sono  valdesi  di  solo  nome,  unifor- 
mi agli  eretici  degli  ultimi  secoli,  inco- 
stanti e  varianti  siccome  gli  altri  tut- 
ti. Insorte  V  eresie  di  Lutero  e  di  Gal- 
vino,  e  sulle  loro  orme  fattisi  ardimen- 
tosi altri  novatori,  si  studiarono  di   tro- 
vare nella  setta  valdese  un'anteriorità 
o  antichità  de'perversi  loro  insegnamen- 
ti. A  questo  fine  Bucero  ed  Ecolampa- 
dio,  oìinistri  iW Sagramentari,  ricevu- 
ta una  solenne  deputazione  di   valdesi, 
usarono  di  ogni  sforzo  neli53o  per  riu- 
nirli alla  setta  de'  Zuingliani,  ossia  de- 
gli svizzeri,  insistendo  particolarmente, 
perché  volessero  affatto  abolire  la  sagra- 
mentale  confessione  delle  colpe.  E  molti 
si  arresero,  e  quindi  ne  nacque  un  mi- 
scuglio ;  ma  i  Barbati  (o  Barbelti  o  an- 
ziani ;  e  secondo  il  Bazzarini,  i  popoli  del 
Piemonte,  abitatori  delle  vallale  di  Lu- 
cerna, Angrogna,  Perosa  e  s.  Martino,  a* 
piedi  dell'  Alpi,   verso  Pinerolo,  e  sulle 
frontiere  del  Delfinato,così  nominali  da* 
loro  ministri,  ch'essi  chiamano  Barbes, 
per  la  maggior  parte  di  religione  piote- 
stante.  Il  p.  Ricchini  spiega,  Barbati,  hoc 
est  Valdensium  ministri)^  più  accorti, 
non  furono  d'  accordo  in  tulio,  rispon- 
dendo   appunto,  che  con  aderire  alle 
nuove  propo!>te  dottrine,  venivano  a  de- 
cadere del  proprio  loro  pregio  di  anti- 
chilà,  e  coslanlemente  ripugnarono.  Ma 
ciò  che  non  poterono  ottenere  gli  svizze- 
ri, lo  conseguirono  poco  dopo  i  Calvini- 
sti nel  I  536  per  mezzo  di  Guglielmo  Fa- 
rei, uomo  astuto  e  profondo  raggirato- 
re, da'  pochi  e  deboli  valdesi, che  si  po- 
sero sotto  la  tutela  de'calviuisti,  de'quu- 


VAL 

li  adollatìdo  con  amore  molti  errori,  re- 
carono loro  in  dono  4  secoli  d'antichità. 
Trattando  co'ministri  Borbetti  fece  loro 
intendere  che,  alìratellandosi  Co'calvini- 
sti,  avrebbe  trovato  la  setta  valdese  più 
autorevole  protezione  e  più  rapido  avan- 
zamento, mentre  che,  lasciata  a  se  sola, 
sarebbe  rimasta  sempre  avvilita  e  neglet- 
ta ;  e  queste  speciose  ragioni  seppe  cosi 
ben  colorire  l'uomo  scaltro,  che  alla  fi- 
ne, cambiata  dottrina,  ossia  alla  propria 
setta  accresciuta  ed  inserita  1'  altra,  de' 
loro  maggiori  non  ritengono  più  che  una 
Tana  apparenza.  E  mentre  i  calvinisti  si 
lusingavano  con  questa  scambievole  u- 
nione  di  massime  e  di  sentimenti,  di  mol- 
to guadagnare,  gli  uni  e  gli  altri  resta- 
rono miseramente  delusi,  e  fecero  prati- 
camente conoscere  che,  scossa  l'autorità 
della  Chiesa  cattolica,  sostegno  e  firma- 
mento  d'ogni  verità,  si  corredi  precipi- 
zio in  precipizio.  Ora  col  sacerdote  Se- 
meria  dirò  ciò  che  di  particolare  i  pre- 
lati della  diocesi  di  Torino  (oltre  il  rife- 
rito de'valdesi  in  tale  articolo),  ed  i  so- 
vrani del  Piemonte  intrapresero,  affin- 
chè i  loro  errori  non  si  dilatassero,  con 
danno  della  fede  cattolica.  11  i.°  vescovo 
torinese  che  a  questo  Hne  usò  tutto  il  suo 
zelo  fu  Giacomo  L  Essendo  egli  andato 
nel  i^og  alla  corte  imperiale  d'Ottone 
IV,  il  quale  in  quel  tempo  era  venuto  in 
Lombardia  e  in  Homa,per  avere  solenne- 
mente la  corona  da  Innocenzo  III,  gli  rap- 
presentò che  certa  razza  d'eretici,  i  quali 
nella  sua  diocesi  eran>i  di  fresco  insinua- 
li, per  errore  traviali  e  per  ostinazione 
inflessibili,  sol  temeva  la  forza  j  ed  Ot- 
tone IV  alle  domande  del  vescovo  accon- 
discendendo, gli  fece  subito  spedire  il  di- 
ploma che  riporta  il  Semeria.  In  esso  si 
dice,  volere  estinguere  l'eretica  pravità, 
punirla  severamente  e  dal  consorzio  de* 
fedeli  per  tutto  l'impero  separare.  Per- 
tanto gli  die  autorità  di  espellere  ed  es- 
purgare la  diocesi  di  Torino  dalla  zizza- 
nia seminata  falsamente  dagli  eretici  val- 
desi. S'ignora  l'operato  di  Giacomo  1  in 
VOL.  Lxxxvir. 


VAL  2x^ 

conseguenza  di  tal  diploma,  quantunque 
non  possa  dubitarsi,  ch'essendosi  inter- 
posto per  reprimere  1'  ardimento  loro, 
non  abbia  realmente  usato  d'ogni  giusto 
mezzo  che  a  ciò  gli  convenisse.  Certissi- 
ma cosa  poi  è,  che  i  vescovi  suoi  succes- 
sori non  dimenticarono  mai  di  applicar- 
si a  questa  infetta  porzione  del  gregge 
loroj  adoperando  tutte  quell'efficacissime 
maniere  che  al  Vangelo  sono  più  confor- 
mi, cioè  persuasione, conferenze,  esorta- 
zioni e  limosine  ;  e  Giglio  medesimo, 
scrittore  della  setta,  non  potè  negare  tal 
verità.  Or  mandavano  in  quelle  valli  sa- 
cerdoti illuminati  e  edificanti,  ora  sagre 
missioni  di  zelanti  cappuccini  e  di  ge- 
suiti, or  eglino  medesimi  andavano  in 
persona  in  que'Iuoghi  orridissimi,  espo- 
nendosi a  penosissime  fatiche,  per  tirarli 
sul  retto  sentiero.  Cosi  appunto  fecero  i 
vescovi  Giovanni  di  Rivalla,  Lodovico 
Romagnano,  Giovanni  di  Compeys,  gli 
arcivescovi  Claudio  di  Seyssel,  Antonio 
Provana,  Carlo  Broglia  e  più  altri  mol- 
tissimi. Dalle  gesta  de'quali  si  rileva  con, 
prove  indubitabili,  che  mentre  i  pastori 
della  cattolica  religione  operavano  pel 
ravvedimento  degli  eretici  con  zelo  vera- 
mente paterno,  i  ministri  della  setta  in- 
vece colla  malafede  che  mostravano, 
colle  ingiurie  con  cui  rispondevano,  col- 
la durissima  pervicacia  con  cui  resiste- 
vano ad  ogni  soavissimo  invito,  si  tira- 
vano addosso  quel  rimprovero,  già  dello 
da  s.  Stefano  :  f^os  Spiritili  Sancto  re- 
sisdtisj  sicut  patres  vestrij  ita  et  vos. 
Non  minore  sollecitudine  mostrarono  in 
ogni  tempo  i  sovrani  che  governarono  il 
Piemonte,  per  estirpare  dagli  stati  loro 
l'eresia,  ben  persuasi  che  coloro  i  quali 
scuotono  l'ubbidienza  alla  Chiesa,  si  ri- 
voltano ancora  audacemente  contro  il 
Irono,  ogni  qualvolta  l'occasione  sia  loro 
propizia,  e  solo  temono  la  giustizia  del 
principe  ed  affettano  sommissione  per- 
chè mancano  d'armi  e  di  forza.  La  real 
casa  di  Savoia  non  era  ancor  ben  fer- 
ma in  Piemonte,  allorché  dal  Lionese  e 
i5 


326  VAL 

dal  DelHnnto  nascostamente  s' insinua- 
rono i  valdesi  nell'Alpi  Cozie  ;  anzi  in  di- 
verse marche  stando  continuamente  agi- 
tali e  divisi  i  popoli  subalpini,  poterono 
quelli  radicarsi  ed  estendersi  in  ({nell'or- 
rido  paese,  tanto  più  facilmente,  inquan- 
to che,  essendo  poveri,  laboriosi  e  rinta- 
nati, non  solevano  uscire  a  recar  mole- 
stia. Però  subilo  che  ben  li  riconobbero 
i  principi  d'Acaia  (ramo  delia  casa  di  Sa- 
voia che  dal  lagS  al  i4«B  signoreggiò 
una  pai  te  del  Piemonte,  da  Rivoli  sino  al 
Po  e  alla  Maira,  limite  allora  del  mar- 
chesato di  Saluzzo,  comprese  le  città  di 
Torino,  Pinerolo  e  Carignano,  cui  s'ag- 
giunse quella  di  Sa  vigliano  nel  1 32o)  ed 
i  magistrali  di  Pinerolo,  procurarono  va- 
lidamente opporsi  alla  propagazione  del- 
l'errore; e  difatti  il  principe  Giacomo  nel 
i354  avendo  scoperto  che  alcuni  val- 
desi eransi  insinuati  nella  valle  di  Lucer- 
na^ ordinò  che  incontanente  fossero  car- 
cerati. Altre  severe  precauzioni  pratica- 
rono Fdippo,  pur  principe  d'  Acaia,  la 
duchessa  Jolanda  vedova  del  b.  Amedeo 
IX  nel  1476»  Carlo  I  duca  di  Savoia  nel 
1484»  e  il  duca  Filippo  II  nel  1496.  Oc- 
cupale dall'armi  francesi  nel  i535  To- 
rino, Possano,  Pinerolo,  Chivasso,  Lavi- 
guano,  Mondovi  e  altre  piazze,  si  riem- 
pirono le  valli  non  solo  d'  Angrogna  e 
di  Lucerna,  ma  quasi  tulle  le  terre  del 
marchesato  di  Saluzzo  e  dell'  adiacenze 
di  Castel  Delfino,  d'ogni  sorla  di  eretici  ; 
e  quello  che  peggio  fu,  di  moltissimi  a- 
poslati  che  dal  seno  d'Italia  là  accorre- 
vano per  vivere  impunemente  in  ogni 
più  sordido  libertinaggio.  Cosi  ingrossali 
e  frammischiati  i  traviati  e  i  religionari, 
alzarono  tanto  la  fronte  audace,  che  edi- 
ficarono il  I  ."loro  tempio  nel  1 555  in  An- 
grogna, e  là  cominciarono  ad  esercitare 
in  pubblico  quello  che  vantavansi  d'aver 
fallo  centinaia  d'anni  con  maggior  pu- 
rità e  rispetto  de'  supremi.  Carlo  IH  il 
^MO/20, espulso  da  Torino  per  l'usurpa- 
2Ìone  de'francesi,  e  ritiratosi  in  Vercelli, 
ed  ivi  molto  nel  1 553,  non  ebbe  più  tem- 


V  A  L 

pò  ne  forza  per  distruggere  la  zizzania 
che  d'ogni  parte  opprimeva  i  cattolici;  ed 
i  decurioni  di  Toiino  sostennero  non  po- 
ca fatica  e  sollecitudine  in  preservar  la 
città  dall'infezione.  In  questo  slato  di  co- 
se ritornò  ne'  suoi  dominii  trionfatore  il 
dùca  Emanuele  Filiberto,  e  non  sì  tosto 
ascese  il  trono  de'suoi  maggiori, che  rin- 
tuzzò l'orgoglio  de'religionari,  per  modo 
tale,  che  li  tollerava  nel  suo  territorio, 
se  volevano  vivere  pacifici  sudditi,  ed 
inesorabilmentn  li  puniva,  se  faziosi.  Pro- 
misero allora  d'osservar  le  leggi,  e  non 
oltrepassare  i  giusti  confini  che  loro  ve- 
nivano assegnali;  ma  presto  audacemen- 
te trasgredirono  le  prime  e  violarono  i 
secondi  ;  e  12  e  più  templi  avevano  in- 
nalzato alla  propria  sella  nel  secolo  se- 
guente. Carlo  Emanuele  I  suo  figlio,  vo- 
lendo ridurli  al  dovere, fu  costretto  a  im- 
pugnar le  armi  per  ispogliare  gli  armati 
eretici,  sedicenti  sempre  valdesi  ;  e  loro 
malgrado  dovettero  fremendo  restrin- 
gersi e  contenersi.  Nel  memoriale  da'val- 
desi  diretto  a  Carlo  Emanuele  I  nel  1 585, 
protestarono  che  professarono  il  loro  cul- 
to da  alcune  centinaia  di  anni  segreta- 
mente, e  da  3o  anni  circa  palesemente. 
£  nuovamente  insorsero,  vantando  di- 
ritti che  non  avevano,  e  pretensioni  e 
privilegi  che  per  tolleranza,  e  non  pei* 
giuslizia,erano stati  loroconceduti. Quin- 
di il  successore  suo  Vittorio  Amedeo  I, 
cercò  pure  di  mortificarli;  così  pur  fece 
dopo  di  lui  la  duchessa  vedova  M."  Cri- 
stina, reggente  gli  stali  ;  ma  erano  qua' 
tempi  scabrosi  ed  agitali  da  guerre  stra- 
niere e  domestiche,  e  gli  eretici  sapevano 
profittarne.  La  meraviglia  è, che  i  fazio- 
si volevano  negoziare  e  pattuire  co'pro- 
pri  sovrani,  come  se  principi  fossero  pur 
eglino  indipendenti;  ed  il  peggio  ancora, 
che  ogni  volta  ch'erano  costretti  a  cede- 
re alla  forza  imperante,  giacché  non  vo- 
levano soggettarsi  per  dovere,  altamente 
si  lamentavano,  quasi  a  torto  fossero  per- 
seguitali da'duchì  di  Savoia,  e  spediva- 
no ambasciate  alle  corti  de'priocipi  stra* 


VAL 

nieri,  con  nera  calunnia  rappresentando 
di  essere  violentati  nella  coscienza  e  nel 
pacifico  esercizio  della  loro  religione;  es- 
sere una  tirannia  il  tirarli  coli*  armi  al 
calfolicismo,  e  frandolentemenle  taceva- 
no le  conventicole,  l'assemblee,  i  sinodi, 
gli  ammutinamenti  che  tenevano  contro 
ogni  buon  ordine  dello  slato,  e  senza  la 
giustissima  sorveglianza  del  principe.  E 
il  Semeria  che  ciò  narra,  ed  il  Roreneo 
o  llorenconel  cap.  xxii  ne  adduce  le  prò* 
ye  di  fatto  innegabili.  Il  recentissimo 
scrittore  della  Storia  della  monarchia  dì 
Sa^'oia^per  uso  delle  regie  scuole^  stam- 
pata a  Torino  nel  1 835,racconla  a  p.  1 08. 
«  Le  popolazioni  de*  valdesi,  non  conte- 
nendosi ne*limiti  già  stati  loro  assegnati 
da  Emanuele  Filiberto,  andavano  esten- 
dendo le  loro  possessioni  sopra  altri  ter- 
ritori!, come  nelle  valli  di  Lucerna,  di 
s.  Martino  e  di  Perosa  :  vi  seminavano 
le  loro  dottrine,  vi  facevano  orribili  in- 
sulti al  culto  cattolico,  non  volendo  che 
si  esercitasse  tra  loro.  Scacciarono  per- 
fino i  cappuccini  dal  convento  di  Villa- 
ro,  e  ne  misero  in  fiamme  il  convento  e 
la  chiesa.  Comandati  dal  duca  Carlo  E- 
manuele  il  di  ritirarsi  entro  gli  antichi 
loro  confini,  non  vollero  ubbidire,  essen- 
do istigati  alla  sollevazione  dal  Léger, 
ministro  del  loro  culto  (  cioè  lo  storico 
summenlovato,  e  secondo  Bossuet  il  più 
ignorante  e  il  più  prosontuoso  degli  uo- 
mini; era  pastore  di  s.  Giovanni,  succe- 
duto nell'uffizio  allo  zio  Antonio,del  qua- 
le si  ha  un'arringa,  De  TValdensiuni 
ortu  et progresso)y  uomo  fanatico  e  per- 
verso, che,  come  fu  il  perfido  eccitatore 
di  quella  ribellione,  così  ne  fu  lo  storico 
malignoecalonniatore,  per  astio  che  por- 
tava contro  il  duca  di  Savoia.  Una  fune- 
sta guerra  si  accese,  ed  enormi  crudeltà 
si  commisero  da  ambe  le  parti.  Piisuona- 
vano  di  gemiti  e  di  strida  quelle  valli  ri- 
poste, solite  in  prima  ad  echeggiar  de' 
canti  e  suoni  pastorali.  Sangue,  fame  e 
desolazione  le  coutristarono,ec....  Furono 
allora  veduti  calar  in  Piemonte  deputa- 


VAL  227 

li  d'Inghilterra  e  di  Olanda,  guidati  da 
un  parente  di  Cromwell,detto  Moreland, 
i  quali  interposero  i  loro  uffici  in  favor 
de'valdesi,  e  dove  pigliarono  origine  que- 
gli annuì  sussidii  che  questi  religiouari 
tuttora  ricevono  dagli  Anglicani**.  Ag- 
giungerò solamente,  che  i  valdesi  alteri 
per  l'aperta  protezione  straniera  loro  ac- 
cordata, e  profittando  dell'imbarazzo  in 
cui  era  il  Piemonte,  oppresso  da  lungo 
tempo  da  guerre  intestine  ed  esterne,  era- 
no divenuti  più  che  mai  temerari.  Di- 
strussero il  forte  della  Torre,  si  sparse- 
ro per  le  valli  di  Susa  e  di  Saluzzo,  né 
dissimularono  il  progetto  diformareuna 
repubblica  indipendente  rinchiusa  nel 
Piemonte,  lusingandosi  che  tutti  gli  slati 
protestanti  dell'Europa  armati  si  sareb- 
iDcro  in  loro  favore.  Il  duca  di  Pianezze, 
incaricalo  di  sottometterli,  mostrò  un  ri- 
gore eccessivo  ;  de'reggi menti  bavaresi  e 
ungheresi  agli  stipendii  del  duca  di  Sa- 
voia, i  quali  duranti  le  guerre  del  Pie- 
monte si  erano  avvezzati  all'indisciplina, 
si  abbandonarono  a  non  poche  crudel- 
tà. 1  valdesi  dal  canto  loro  si  difesero 
con  un  coraggio  incredibile  :  delle  botti 
vuote,  empiute  di  borra  internamente, 
formavano  loro  de'  baluardi  mobili  cui 
facevano  rotolare  dinanzi  ad  essi  quando 
andavano  all'assaltOjC  cui  si  strascinavano 
dietro  ritirandosi. Finalmente  l'ultima  lo- 
ro trincera,  cui  chiamavano  la  loro  Ro- 
chelle  (ultimo  propugnacolo  in  Francia 
de'calvinisti  ugonotti), nella  sommità  del- 
la valle  d'Aiigrogna,venne  presa  d'assalto. 
Si  può  vedere  le  Memorie  storiche  sul- 
la casa  di  Savoia^  di  Costa  de  Beaure- 
gard,  t.  2,  p.  213-219.  Léger  scampato 
a  tante  stragi,  si  salvò  in  Francia,  dove 
compilò  una  3Iemoria,  nella  quale  con 
molte  falsità  cercò  di  discolpare  i  suoi 
fratelli  religionari  dall'accuse  mosse  con- 
tro di  essi,  e  fu  autorizzatoa  fare  in  Fran- 
cia una  colletta  a  loro  favore,  avendone 
Cromwell  fatte  premure  a  Luigi  XIV. 
Le'ger  intervenne  in  nome  de'valdesi  nel 
i655  alle  confeienze  di  Pinerolo,  la  cui 


ii8  VAL 

si  regolarono  le  ricliieste  de'protcstanti; 
fu  loro  accordato  un  perdono  generale, 
e  sotto  diverse  condizioni  il  libero  eser< 
cizio  del  cullo  loro.  Dopo  la  morte  di  Car- 
io Emanuele  li  nel  1 67  5,  gli  successe  Vit- 
torio Amedeo  li,  il  quale  dolalo  di  co* 
raggio  imperterrito,  non  temeva  nessu- 
na potenza  d'Europa.  Inasprito  pur  egli 
da'sediceuli  valdesi,  portossi  armato  nel- 
le loro  valli  nella  primavera  del  1686,  e 
sì  terribilmente  gli  sconfisse,  con  levar 
loro  anche  i  teneri  fnnciuUi,  che  data  Io* 
ro  una  legge,  non  ebbero  più  baldanza 
di  violarla  ne  in  quel  secolo,  e  neppure 
nel  seguente  (dipoi  a  vantaggio  de'calto- 
lici  di  Lucerna  e  altre  valli,  vi  mandò  il 
suo  confessore  b.  J^alfrc^  il  quale  vi  ope- 
rò quel  bene  che  ricorderò  nella  sua  bio- 
grafia). Anzi  nelle  guerre  del  successore 
Carlo  Emanuele  Ili,  prestarono  il  de- 
bito soccorso  alia  sua  casa.  Questo  ma- 
gnanimo re,  con  provvida  munificenza 
fece  fabbricare  nel  1754  in  Pinerolo  un 
grandioso  ospizio,  onde  quelli  chetante 
volte  tralasciano  d'abiurare  l'eresia  pel 
timore  di  non  ricevere  più  verun  sussi" 
dio  da'  parenti,  volendo  ritornare  alla 
Chiesa  cattolica,  trovassero  un  aperto  ri- 
covero gratuito,  colta  istruzione,  un'ar- 
te o  civil  mestiere,  per  cui  intuito  il  tem- 
po di  loro  vita  non  fossero  esposti  alla 
mendicità.  Benefico  e  sapientissimo  di- 
visa mento.  Fremeva  d'indignazione,  ma 
taceva,  la  vicina  eresia  in  vedere  erigersi 
questo  pio  e  generoso  monumento,  de- 
gno della  religione  de'  sovrani  del  Pie- 
monte; ed  esultò  di  allegrezza,  quando 
i  francesi  usurpalo  il  Piemonte  sulla  fine 
del  secolo  passato,  ottenne  quel  sagro  e 
beneficentissimo  asilo  a  sua  disposizione. 
Ciò  avvenne  nel  1800  con  un  decreto 
della  Commissio fi  executive  duPiemont^ 
art.  4>  per  cui  l'ospizio,  tolto  a'catlolici, 
fu  dato  a' valdesi  !  ed  il  ministro  prole- 
stante  Mondone,  io  nome  de'raedesimi, 
ne  prese  formale  possesso.  Fu  poco  dopo 
saccheggialo  interamente,  conie  si  legge 
nel  Tableau  du  Picmont  sous  le  regime 


VAL 

des  roiSf  avec  un  precis  sur  les  Vnu^ 
dois,  et  une  notice  sur  les  BarbetSj  par 
AIaranda,\\  c\\ia\e  inoltre  falsamente  af- 
fermò che  l'eresia  de'valdesi  fu  condan- 
nata ne'  due  concilii  di  Vercelli  nel  se- 
colo XI,  e  di  Tours  nel  1 165  o  1 167, 
ne'  quali  non  furono  neppur  nominati. 
JN'è  qui  risleltero  i  valdesi:  violando  i 
confini  assegnati,  uscirono  a  diramarsi  e 
coabitare  fra'  cattolici;  così  mostrarono 
la  propria  loro  indole;  così  de*  governi 
stranieri  in  Piemo  nle  profiltarono  a  dan- 
no dello  Stalo  e  della  Chiesa  ;  così  pro- 
varono che  la  presenza  della  real  casa  di 
Savoia  sol  temerono  per  la  forza,  e  mai 
non  amarono  per  dovere,  ne  mai  l'ub- 
bidirono per  sentimento.  Il  tutto  aller- 
ma  lo  storico  Semeria,  terminando  il  suo 
dire.  «  Ma  finalmente,  per  le  cure  della 
città  di  Pinerolo,  quell'ospizio  è  stato 
rivolto  ad  un  collegio  di  pubblica  e  cat- 
tolica istruzione;  ed  altro  pio  ricovero  è 
slato  aperto  a  benefizio  de*  catecumeni, 
e  sperasi  ancora  qualche  asilo  o  stabili- 
mento assai  maggiore  ".  Ciò  però  egli 
scriveva  nel   1840. 

L'imperatore  de'francesi  Napoleone!, 
ebbe  col  pastore  de'valdesi  un  colloquio, 
dopo  il  quale  i  ministri  del  culto  valdese 
furono  salariati  come  quelli  degli  altri 
culti  dell'impero;  assegnando  a  loro  so* 
slentamento  delle  terre  per  la  rendita  di 
1000  franchi,  ed  aggiungendovi  dal  te- 
soro 200  franchi,  i  quali  trattamenti  fu- 
rono neli8i4  soppressi  alla  restaurazio- 
ne del  reale  governo  sardo.  Però  con  or- 
dinanza del  re  Carlo  Felice,  de*  1  o  gennaio 
1824,  fu  data  a'valdesi  facoltà  di  costrui- 
re un  ospedale  pe'  loro  poveri  malati,  e 
di  farlo  amministrare  da  un  oiedico  e 
da  chirurghi  della  loro  credenza.  Leggo 
nel  Memorandum  storico  politico  (idi  ri- 
spettabile conte  Solaro  della  Margherita, 
già  ministro  e  i.°  segretario  di  stalo  per 
gli  a  Ila  ri  esteri  del  re  di  Sardegna  Carlo 
Alberto,  che  l' Inghilterra,  allora  al  go- 
verno sardo  così  poco  favorevole,  a  mo« 
tivo  che  propugnava  la  legittimità  nella 


VAL 

Spagna,  volle  nel  iSSy  intervenire  a  so- 
stegno de'valdesi  delle  valli  di  Piemonte, 
che  non  avevano  ragione  alcuna  dì  lagnar- 
si del  generoso  modo  coti  cui  erano  dai 
re  trattati.  S'incaricò  l'inviato  britanni* 
co  Foster  di  trasmettere  all'encomiato 
conte  accompagnata  da  una  sua  nota,  u- 
na  rappresentanza  d'alcuni  sudditi  vaU 
desi  al  re,  i  quali  richiamavano  contro 
l'applicazione  degli  editti  antichi  in  vigo* 
re  a  loro  riguardo.  Il  re  Carlo  Alberto, 
a  fronte  di  si  potente  avvocato,  e  delle 
circostanze  del  momento ,  giustamente 
non  piegò  nel  sostenere  i  suoi  diritti ,  e 
cosÌL  respinse  la  straniera  in-tervenzione. 
A  tale  effetto  ebbe  il  conte  ordine  di  ri- 
spondere ufficialmente  all'inviato  inglese, 
essere  il  re  sorpreso  che  alcuni  fra'  suoi 
sudditi  avessero  cercato  un  intermedio 
straniero  per  sottomettergli  le  loro  rap- 
presentanze; che  quanto  al  modo  con  cui 
erano  trattati  i  valdesi ,  il  re  dacché  era 
salito  al  trono  non  aveva  emanato  alcu- 
na disposizione  che  restringesse  le  con- 
cessioni loro  accordate  da'suoi  predeces- 
sori; che  non  era  di  sua  dignità  far  caso 
dell'epiteto  di  odioso,  dato  agli  editti  che 
i  di  lui  antenati  avevano  emanatoin  tem- 
po di  guerre  civili  e  di  ribellione  per  par- 
te de'sudditi  valdesi,  editti  d'altronde  as- 
sai men  severi  a  riguardo  de'  protestanti, 
die  non  lo  fossero  quelli  emanati  a  ri- 
guardo de'  cattolici  in  altri  stati.  Questa 
risposta  e  specialmente  per  l'ultima  allu- 
sione potè  spiacere  all'  inviato  inglese, 
ma  chiuse  la  discussione  e  non  si  cedette 
alle  rimostranze  del  possente  governo  an- 
glicano. Eravi  inoltre  una  circostanza  as- 
sai pungente,  che  il  conte  della  Marghe- 
rita dichiara  non  convenirsi  esprimere 
nella  risposta  ufficiale  alla  nota  del  Fo- 
ster, in  cui  si  rammentavano  i  trattati  che 
guarentivano  a'valdesii  loro  privilegi,  ma 
che  potè  benissimo  essere  enunziata  sen*' 
z'aria  di  recriminazione  ne'discorsi  ver- 
bali. Nel  trattato  concluso  all'  Aia  nel 
1690  fra  il  duca  Vittorio  Amedeo  li, 
riughilterra  e  gli  stali  generali  d'Qlaa- 


V  A  L  229 

da,  e  nel  Irallalo  di  Torino  del  1704  f«a 
il  medesimo  sovrano  e  la  regina  d'Inghil- 
terra Anna,  vi  furono  articoli  segreti  ri- 
guardanti i  valdesi.  lli.°  trattato  aveva 
per  oggetto  di  far  loro  perdonare  le  ri- 
bellioni di  cui  eransi  resi  colpevoli  i  val- 
desi ,  di  tar  cessare  le  misure  di  guerra 
prese  in  loro  odio,  e  di  restituir  loro  il 
beneficio  degli  editti  di  tolleranza;  nel 
1°  trattato  nulla  di  più  si  stipulò  a  fa- 
vore de'valdesi;  ma  è  questo  trattato  me- 
desimo quello  in  cui  l'Inghilterra  s'im- 
pegnava a  guarentire  alla  casa  di  Savo- 
ia la  successione  eventuale  alla  corona  di 
Spagna,  e  sembrò  al  conte  non  essere  il 
momento  a  scegliere  dall'inviato  inglese 
per  richiamarne  la  memoria.  Nel  seguen- 
te 1 838  il  re  Carlo  Alberto  promulgò  uà 
codice  di  leggi  civili^  in  cui  primamente 
dichiarò:  La  religione  cattolica  apostoli- 
ca romana  è  la  sola  dello  stato.  Gli  al- 
tri culti  attualmente  in  esso  esistenti,  so- 
no semplicemente  tollerati.  Indi  nello 
statuto  costituzionale  che  nel  1848  Car« 
lo  Alberto  die  al  regno,  ripetè:  La  reli- 
gione cattolica  apostolica  romana  è  la  so- 
la religione  dello  stato.  Gli  altri  culti  ora 
esistenti ,  sono  tollerati  conformemente 
alle  leggi.  Neh  836  vennero  alla  luce  ia 
Parigi  l'anonime  e  già  celebrate:  Recherà 
ches  historiques  sur  la  véritable  origi- 
ne des  P'audoisy  et  sur  le  caractère  de 
leurs  doctrines  priniitives.  Il  venerando 
autore  rog.*^  arcivescovo  Charvaz  vi  po- 
se per  epigrafe  quanto  nell'articolo  J^al- 
desi  disse  il  Bergier  nel  suo  Dizionario 
enciclopedico  della  Teologia^  dell'Ere- 
sie ec.  :  Non  esservi  forse  netta  alcuna^ 
di  cui  V  origine  sia  stata  piti  contestata 
di  quella  de  Faldesi^  che  abbia  dato  luo- 
go a  racconti  piìi  opposti  ^  e  a  maggior 
numero  di  calunnie  contro  la  Chiesa  ro* 
mana.  L' illustre  e  dotto  prelato  si  pro- 
pose di  decidere  perentoriamente  una 
contesa,  con  tanta  ostinazione  e  si  ingiu- 
stamente sostenuta,  che  sembra  perfino 
da  quando  a  quando  irritarlo,  e  vi  ha  ra- 
giouedi  giudicare,  ch'egli  sia  riuscito  pie- 


%Zo  VAL 

nomenfe  nel  suo  intento,  siccome  propu- 
gnatore zelantissimo  della  Cliieiia  cattoli- 
ca; poiché  è  dinìcile  immaginare  in  qual 
maniera  i  valdesi  e  i  loro  sostenitori  pos- 
sano resistere  e  contraddire  alle  autorità 
e  agli  argomenti  co*  quali  gì*  incalza  ,  e 
uuovamenle  involgere  nelT  oscurità  de' 
secoli  precedenti  la  loto  origine,  ch'egli 
mette  in  chiara  luce,  colla  storia  e  co' 
documenti  pazientemente  ricercati  e  fe- 
delniente  riferiti,  e  fissa  con  incontrasta* 
bile  autorità  ad  evidenza  al  secolo  XII, 
come  già  raccontai  in  principio.  Di  si 
pregievole  libro  se  ne  legge  il  più  inte- 
ressante per  sonimi  capi,  nel  t.  5,  p.  76, 
degli  ylunali  delle  scienze  religiose,  il 
cui  dolio  autore  del  compendio  vi  pre- 
mise sapienti  e  utili  osservazioni  sulla 
Chiesa  di  Gesù  Cristo,  e  sulle  pretensio- 
ni de'sedicenti  riformatori.  1  valdesi  ri- 
tengono, che  la  loro  storia  sia  grande  e 
importante,  e  che  sia  //  monumento  più 
imporlanle  di  quella  del  Cristianesi- 
mo jeù  inoltre  assicuri  loro  la  gloria  d'es- 
sere siali  trascelti  dalla  Provvidenza  a 
conservare  intutte  le  delirine  evangeli- 
che, di  avere  fedelmente  compiuto  una 
sì  solenne  missione  con  solhire  crudeli 
persecuzioni,  e  del  sangue  loro  bagnan- 
do le  monlague  e  le  valli  deh'  Alpi,  e  di 
avere  così  formato  Vanello  d' unione  tra 
la  prinntiva  Chiesa  e  la  Riforma^  conìe 
scrissero,  prinìa  l'autore  òóiHistoire des 
Vaudois^  ou  des  hahitans  des  Falléts 
occidentales du  Piemonte  Paris  1 796,  at- 
tribuita ad  un  ministro  della  setta  chia- 
mato Guido  Brez;  poi  l'altro  valdese  nel- 
Vllistoìre  des  Vaudois  des  Fallées  du 
Piemont  par  A.  i)7f/5/oAi ,  Paris  1834. 
Grande  è  veramente  questa  importanza 
sotto  il  rapporto  religioso,  perchè  la  sto- 
ria chiarisce  essere  recente  la  loro  origi- 
ne, e  perciò  vane  e  ridicole  le  loro  pre- 
tensioni; perchè  dichiara  l'assurdità  di  lo- 
ro dottrine,  e  i  cambiamenti  ch'esse  su- 
birono in  vari  tempi,  i  brogli  de' valdesi 
presso  i  pretesi  riformatori  e  viceversa;  e 
perchè  dissipata  l' illusione  di  loro  frasi 


VAL 

fantastiche,  discopre  la  verità  che  li  con- 
danna, e  gl'invita  nel  teuìpo  stesso  a  ri- 
tornare alla  grande  unità  ch'ebbero  tor- 
to d'abbandonnie.  È  grande  pure  sotto 
il  rapporto  politico,  perchè  giustifica  mol- 
te disposizioni  della  casa  sovrana  di  Sa« 
voia  verso  di  essi,  la  quale,  non  che  gli 
abbia  trovati,  avendoli  anzi  ammessi  ne* 
suoi  dominii  a  certe  conilizioni,  doveva 
esigerne  1'  adempimento  ,  e  pt»nirne  le 
violazioni.  Jacopo  Gretsero  tratta  di  fa- 
vola assurda  le  pretese  dell'antichità  de* 
valdesi,  nelle  P  v  ole  gomena  in  Se  ri  pio  ves 
contra  Sectain  Faldensium^  e.  i.  H  lo- 
dato compeudiatore  delle  Ricerche  stori- 
che sulla  origine  de'  Faldesi^[evm\niì  con 
dire,  w  Percorso,  sulle  tracce  sicure  del- 
l'autore mg.'  Charvaz,  il  tortuoso  labe- 
riuto  delle  supposizioni  e  de'  sistemi  da 
essi  immagmali  per  provare  la  discen- 
denza apostolica  di  loro  setta  ,  bisogna 
poi  e  fermarsi  al  secolo  Xll,  e  riconoscer- 
ne in  esso  la  vergognosa  generazione  da 
Valdo.  La  quale  sua  origine  sfpiega  come 
questa  setta,  nudrita  di  menzogne  e  di 
errori,  riprovata  dalla  Chiesa  ,  cresciuta 
nella  nudità  e  nell'ignoranza,  sia  giunta 
ad  olfiirsi  quale  schiava,  e  vendersi  con 
ignominiosa  prostituzione  al  Calvinismo! 
Oh  !  potesse  ella  ormai  squarciare  il  ve- 
lo di  sua  funesta  illusione ,  e  rompendo 
le  catene  che  la  ritengono,  sorgere,  per 
ritornare  all'unità  cattolica,  da  cui  non 
avrebbe  mai  dovuto  allontanarsi!  Oh!  vo- 
glia il  cielo, chela  storia  dell'  origine  de* 
valdesi,  possa  ,  come  luce  di  salutare  ri- 
velazione, penetrar  nelle  valli,  e  risplen- 
dere così  agli  occhi  loro ,  che  riscuoten- 
dosi alfine  dal  lungo  affascinamento  io 
cui  giacciono,  rendano  omaggio  a  quel- 
la fede  ch'è  l'unico  mezzo  di  salute,  e  la 
sola  sorgente  di  ben  fondate  speranze  | 
Serva  loro  d'incitamento  a  questo  fine  ii 
vedere  le  stesse  comunioni  protestanti, 
nelle  quali  si  afildano,  ormai  prive  di  fe- 
de ne'lorodogmi,e  ridotte  nelle  loro  cre- 
denze ad  un  vago  Razionalismo ,  che 
soffoca  i  sentimenti  come  confonde  l' i- 


VAL 

dee ....  Questo  voto  è  pur  quello  che  ci 
nasceva  in  cuore  nel  percorrere,  che  uoi 
facemmo,  le  Falli  de  P^aldesi.  Possia- 
mo uoi  nutrire  qualche  speranza  di  veder- 
lo un  giorno  compiuto?  Due  grandi  o- 
staceli  a  nostro  avviso  si  oppongono,  i. 
La  ignoranza  de'più  di  loro,  che  non  po- 
tendo andare  in  traccia  della  verità  da 
se  stessi,  non  ne  sono  istruiti  da'loro  pa- 
stori, a'quali  questa  ignoranza  dà  luogo 
di  tener  viva  negli  animi  Tantìpalia  ver- 
so le  credenze  cattoliche,  il  perchè  po- 
chissimi leggeranno  le  Ricerche  storiche 
sulla  loro  origine.  2.  Lo  interesse  de*  vai* 
desi:  imperciocché  non  si  tosto  si  move- 
rebbero a  riconciliazione  colla  Chiesa  ro- 
mana, che  verrebbero  loro  meno  i  sussi- 
dii,  che  straniere  nazioni  protestanti  co- 
me a  terra  santa  mandano  nelle  valli,  e 
cesserebbero  gli  slipendii,  che  ne  ricevo- 
no i  ministri  del  culto.  Stravagantissimo 
rivolgimento  di  cose!  Col  pretesto  di  se- 
guire la  povertà  evangelica  e  per  tenere 
in  abbom inazione  i  beni  terreni,  nel  Xll 
secolo  si  separarono  dalla  Chiesa  cattoli- 
ca, ed  ora  non  vogliono  ritornare  al  suo 
seno  per  tema  di  perdere  i  beni  che  posse- 
dono  e  col  desiderio  di  accuuìularne  ogno- 
ra de'maggiori  !  11  cuore  a  silFatte  riflessio- 
ni resta  oppresso  da  sentimenti  di  pietà 
e  di  dolore,  ma  l'animo  trova  un  confor- 
to in  pensare,  che  Dio  permette  così  l'o- 
perazione dell'errore  per  fare  ognor  me- 
glio comprendere  a'popoli  a  quale  accie- 
camento  e  termine  miserando  si  giunga 
quando  si  è  scosso  una  volta  il  giogo  del- 
la legittima  autorità  della  Fede.  U.  R.  D. 
S.  P.  "  Questo  medesimo  zelante  e  dotto 
scrittore  ci  diede  poi  neli844»  "c'mede- 
simi  /4  finali  delle  scienze  religio  se  ^  1. 19, 
p.  1 8 1  :  Riflessioni  in  occasione  di  due  di- 
scorsi detti  nella  cattedrale  di  Pinerolo 
per  l'abbiura  di  ventiquattro  P^aldesi,  e 
stampati  col  titolo  di  -  Considerazioni 
sul  Protestantesimo.  Comincia  sapiente- 
mente con  dire:  Pviesce  cosa  ad  un  ani- 
mo cattolico  troppo  piti  dolorosa  il  vede- 
re, che  io  Italia^  stabile  e  gloriosa  sede 


VAL  23r 

del  successore  di  s.  Pietro,  ed  eletta  dal 
cielo  a  diffondere  fino  all'estremità  della 
terra  la  luce  della  divina  rivelazione,  sia- 
no ancora  venti  e  più  mila  infelici,  che 
sotto  il  nome  di  J^aldesi  ^  protestano 
contro  l'autorità  e  V  insegnamento  della 
Chiesa  di  Gesù  Cristo,  impediscono  all'I- 
talia di  conseguire  il  primo  e  più  bel  van- 
to ,  di  cui  possa  andar  superba  in  faccia 
a  tutte  le  nazioni,  Tunità  cioè  di  creden- 
za e  di  culto,  e  giacciono  profondamente 
avvolti  nell'ignoranza  e  nell'errore  (egli 
è  per  questo,  che  deplorando  anch'io  sif- 
fatta eccezione,  in  quest'articolo  alquan- 
to più  mi  diffusi,  in  proporzione  di  quel- 
li di  tale  genere).  Nel  mentre  che  la  Chie- 
sa ha  cagione  di  rallegrarsi  di  molte  lon- 
tane popolazioni  di  Asia, di  America,  del- 
l'isole de'mari australi o Oceania,  cheen- 
tratedi  recente  nella  sua  comunione  ne 
riconoscono  l'autorità  e  la  salutare  loro 
salvatrice  e  madre,  e  per  cui  si  eressero 
e  si  vanno  erigendo  tanti  Vescovati  e  tan- 
ti Vicariati  apostolici  (/^.),  non  può  a 
meno  di  gemere  sopra  i  valdesi  ,  che  po- 
tendo esperimentare  dappresso  gli  elfelti 
del  materno  suo  amore^  ributtano  ogni 
mezzo  di  persuasione  e  di  riconciliazione 
con  lei  (E  opportuno  che  io  qui  con  re- 
ligiosa gioia  aggiunga,  che  il  desidera- 
tissimo  ristabilimento  della  gerarchia  ec- 
clesiastica cattolica  d*  Inghilterra  e  d'O- 
landa, cioè  in  regni  acattolici,  colle  metro- 
politane di  IVcstinìnster  ed'  Utrecht^  ol- 
tre l'erezione  della  provincia  ecclesiasti- 
ca pe'valacchi  greco-cattolici  in  Transil- 
Vania,  preparate  nel  pontificato  di  Gre- 
gorio XVI  ,  in  questo  del  regnante  Pio 
IX  pel  suo  zelo  e  con  tanta  sua  gloria 
ebbero  felicissimo  effetto,  nel  modo  co- 
me lo  celebrai  con  riverente  animo  in  ta- 
li articoli).  Oltre  le  Alpi  sono  città  e  pro- 
vincie,  che  dopo  avere  dato  dentro  all'e- 
resie del  secolo  XVI ,  alla  fine  dal  duro 
giogo  per  propria  loro  virtù  si  riscossero, 
o  ne  furono  redente  per  opera  di  evan- 
gelizzatori cattolici;  ma  i  seguaci  di  Val- 
do da  7  secoli  perseverano  nel  loro  sci- 


a3a  VAL 

sinH)  riè  ^entóno ancora  rinfelicilù  e  il  pe- 
ricolo del  loro  stato,  fuori  della  Chiesa 
non  essendovi  la  salute  eterna,  anche  pel 
riferito  nel  voi.  LXXIX,  p.  73.  In  In- 
ghilterra, e  in  talune  parti  di  Germania 
e  di  Svizzera,  gl'ingegni  più  elevali  sono 
orinai  compresi  dal  bisogno  di  sottomet- 
tere la  ragione  alla  fede,  imperocché  per- 
corse tutte  le  fusi  del  razionalismo,  pa- 
dre funesto  d'ogni  errore  possibile,  senza 
trovarvi  il  riposo  degli  animi,  ben  avvisa- 
no che  sarebbe  follia  il  ricominciare  il 
ciclo  delle  mostruose  sue  trasformazioni. 
I  valdesi  invece,  per  loro  sventura,  inca- 
paci d'innalzarsi  di  per  se  all'altezza  di  ri- 
flessione che  si  richiede,  sono  tuttavia, 
com'  erano  molle  generazioni  passate  , 
schiavi  di  deplorabili  pregiudizi,  e  dura- 
no costanti  nella  protesta,  che  nel  i83o 
reiteravano  per  mezzo  di  Bert,  uno  de' 
loro  ministri:  Le  livre  de  Faniillcy  Genè- 
ve i83o,  di  consentire  nella  sana  dot- 
trina con  tutte  le  chiese  Riformate  di 
Francia^  d' Inghilterra^  de.  Paesi  Bassi, 
d'Alemagna,  di  Svizzera,  di  Boemia,  di 
Polonia,  di  Ungheria  ed  altre,  quale  e 
espressa  nellaConfes sione  d'Ausburgo, 
secondo  la  dichiarazione  che  ne  ha  data 
V  autore,  e  promettono  inviolabilmente 
di  perseverarvi  in  vita  ed  in  morte. 
Ora,  come  e  quanto  queste  chiese  pretese 
riformate, alle  quali  i  valdesi  miseramen- 
te sono  ligi,  sieno  concordi  fra  loro,  cia- 
scuno lo  conosce:  basii  il  dire  con  Esslin- 
ger,  Entretiens  familiers ,  p.  45>  che  i 
membri  della  medesima  setta,  che  si  a- 
dunano  nel  tempio  medesimo,  non  con- 
vengono punto  fra  loro,  e  coloro  che  si 
occupano  più  della  religione,  i  dottori  e 
i  ministri  sono  divisi  sopra  tutti  i  punti 
di  loro  erronea  credenza.  E'  dunque  giu- 
stamente a  temere,  che  ove  Dio  non  soc- 
corra colla  sua  misericordia,  fino  a  che 
saranno  di  qualsivoglia  maniera  eresie  e 
selle  nel  mondo,  i  valdesi,  anziché  porsi 
da  per  se  stessi  con  sincera  disposizione 
alla  ricerca  del  vero,  e  muover  passo  per 
l'iqopgiungersi  alla  grande  famiglia  caltQ- 


V  A  L 

lica,  probabilmente  ameranno  meglio  a- 
dollarne  ciecamente  gli  errori.  Frattan- 
to in  Italia,  e  in  uno  degli  stati  d'  Italia, 
ove  i  popoli  furono  sempre  figli  docilissi- 
nti  della  Chiesa,  ove  i  principi  si  recaro- 
no sempre  a  dovere  ed  a  gloria  di  farsi,  fi- 
no dagli  avi  loro  antichissimi,  sostenitori 
delle  doltrine  e  del  cullo  cattolico,  i  val- 
desi continuano  nel  loro  religioso  dissidio. 
Singolarissima  ed  affliggente  condizione  l 
Sorsero  già  iti  Italia  uomini  che  per  tra- 
viamento d'animo  e  abuso  d'ingegno  non 
furono  da  meno  de'più  famosi  fondato- 
ri e  capi  della  sedicente  riforma,  che  niu- 
no  ignora  di  qual  tempra  furono  Pucci, 
Cellino  ,  due  Socini,  Gentili  e  altretlali. 
Ma  le  loro  prave  dottrine  non  poterono 
a  lungo  radicare  in  Italia,  né  eglino  stes- 
si sperarono  di  vedervele  trapiantate.  Il 
perché  tutti, alfine  di  dare  sfogo  all'intem- 
peranza de'Ioro  pensieri,  esularono  dal- 
la patria,  e  in  seno  d'altre  nazioni,  giù 
traviate  e  meglio  disposte  a  seguire  gli 
empi  delirii,  versarono  la  piena  di  nuovi 
perniciosi  errori,  E  una  mano  di  stra- 
nieri, un  pugno  di  fanatici,  un  drappello 
di  uomini  denominati  anche  insabaltati, 
4oo  anni  prima  dell' eresiarca  Lutero, 
muove  da  Lione,  traversa  le  Alpi,  ripara 
nelle  valli  presso  le  sorgenti  del  Po,  recan- 
dovi tutte  le  colpevoli  e  grossolane  inno-r 
vazioni  di  Valdo;  di  colà  sfida  gli  anate- 
mi de'Papi  e  de'concilii,  resiste  del  pari  a* 
caritatevoli  inviti,  alle  minacce  e  all'armi 
de' principi,  e  dopo  lungo  seguito  di  vif 
cende,  dura  tutta  via  e  cresce  in  quell'an- 
golo remoto,  ma  pure  osservabilissimo 
d'Italia:  tribù  italiana  sì,  ma  che  per  lin^ 
guaggio(il  valdese Muston  nel  falso  siste- 
ma d'antichità  di  sua  setta,  contro  il  ver 
ro  pure  pretende  ,  giudicandone  da  soli 
34  vocaboli  da  lui  trascelti  e  fatti  elastici, 
che  il  dialetto  valdese  si  scosti  meno  dal 
latino  degli  altri  dialetti  piemontesi.  Ma 
osserva  l'autore  del  sunlo  delle  Ricerche, 
e  col  quale  vado  discorrendo,  che  sarebbe 
dare  al  rustico  linguaggio  valdese  un'as- 
sai più  probabile,  comechè  troppo  glorio- 


VAL 

sa,  parentela  col  Ialino,  facendolo  semplì- 
ceoiente  derivare  dal  celtico  latino  usato 
iu  Francia,  o  dal  Ialino  molto  usato  in  I- 
talia  anche  posteriormente  al  secolo  X,  o 
da  quello  della  Chiesa  cattolica  e  roma- 
na, a  cui  le  valli  appartennero  fino  al  se- 
colo XIII,  come  antica  signora  dell'  Alpi 
Cozze,  già  uno  degli  Stati  della  s.  Secle)^ 
per  credenza,  per  cullo  dissente  da  tutta 
Italia,  e  ad  essa  in  certa  guisa  insulta,  se 
non  per  proposito  deliberato,  almeno  per 
consueludine  antica;  imperocché  si  oppo- 
ne e  maledice  alla  verità  e  alle  pratiche 
religiose  nelle  quali  sono  riposti  I  onore, 
il  bene,  la  vita  d'Italia,  ed  accoglie  impu- 
nemente tulle  le  menzogne  e  le  idee,  che 
in  ordine  alla  morale  e  al  dogma  sono  al- 
l'italiche, eh'  è  quanto  a  dire  alle  cattoli- 
che verità,  più  contrarie.  Un  fenomeno 
di  questa  natura,  sì  durevole,  e  che  per 
le  circostanze  dalle  quali  è  accompagnato 
può  dirsi  unico  negli  annali  della  storia 
ecclesiastica,  merita  certamente  1' atten- 
zione di  tutti  coloro  a'quali  sta  a  cuore  la 
salute  eterna  de'fratelli,  l'incremento  del 
corpo  mistico  di  Gesti  Cristo,  e  1'  unità 
medesima  dell'Italia  ;  quella  unità  cioè 
che  più  monta,  quella  che  soprattutto  de- 
ve sperarsi  e  che  sola  può  conseguirsi, 
l'unità  di  dottrina  e  di  fede  ,  condizione 
essenziale  per  formare  degl'italiani  un  sol 
popolo  raccolto  in  un  solo  ovile,  sotto  un 
solo  pastore  ,  e  stretto  dal  vincolo  più 
santo,  più  fratellevole,  più  forte  che  pos- 
sa esservi,  dal  vincolo  della  stessa  reli- 
gione e  dello  stesso  culto.  Quindi  l'au- 
tore delle  Bijles.sioni  ragiona  sul  conse- 
guimento dell'unità  cattolica  dell'Italia, 
mancare  il  ritorno  alla  Chiesa  della  popo- 
lazione valdese,  senza  la  quale  non  sarà 
mai  integralmente  costituita,  ed  essere  o- 
pera  meritevole  de'  maggiori  sforzi  della 
carità  cattolica  per  procacciarla,  pe'senti- 
rnenti  di  religioso  zelo  che  l'informa,  de- 
plorando la  perdita  di  tante  anime,  men- 
tre per  una  sola  geme  la  Chiesa  per  la  ca- 
rità da  cui  è  sempre  e  vivamente  anima- 
ta. E  dall'altro  canto  osserva  le  premu- 


VAL  233 

rose  sollecitudini,  che  per  tener  inceppa- 
li i  valdesi  nell'  errore  si  danno  i  prote- 
stanti d'inghillerra  e  di  Prussia, d'Olan- 
da e  diSvizzera.Tengono  eglino  nelle  valli 
un  loro  emissario,che  vegli  di  conti nuo  so- 
pra di  essi,  somministri  buone  pensioni  a* 
ministri  de'medesimi,  provveda  a'ioro  bi- 
sogni, prevenga  i  loro desiderii, alimenti  i 
loro  pregiudizi  contro  i  cattolici,  e  ponga 
in  opera  tuttociò  che  giovi  a  distogliere 
dall'occasione  e  dal  pensiero  di  conoscere 
e  ripudiare  gli  errori  di  loro  setta,  allea- 
no di  essi  fece  ne'Iuoghi  più  comodi  eri- 
gere spedali,  scuole  e  collegi.  Quelle  na- 
zioni lontane  non  perdono  un  istante  di 
vista  i  valdesi:  luterani,  calvinisti,  angli- 
cani pongono  ogni  studio  in  tenerseli  ligi 
e  ben  disposti  ad  ogni  loro  volere,  e  noi 
cattolici   potremo    rimanerci    spettatori 
indifferenti  e  inoperosi  di  vedere  perpe- 
tuarsi in  Italia  una  generazione  di  uomi- 
ni sempre  pronti  ad  ammettere  come  ve- 
rità incontrastabili,  senza  pur  compren- 
derne il  senso,  senza  discussione  e  senz'ec- 
cezioni, tutte  l' invenzioni,  le  novità,  le 
teorie  arbitrarie  e  proteiformi  che  piace 
loro  importarvi!  Poiché  sia  pur  vero,  che 
i  valdesi  non  agognino  di  far  proseliti,  il 
che  può  esser  effetto  di  loro  ignoranza, non 
che  dell'inutilitàde'loro  tentativi,  ma  per 
lo  contrario  si  rendono  loro  proseliti  doci- 
fissimi  di  qualsiasi  innovatore,  cui  riesca 
aver  qualche  influenza  nelle  valli.  T)e\^ 
r  antiche  loro  dottrine  più  non  serbano 
che  il  nome  e  principio  di  ribellione  alla 
Chiesa;  essi  ammisero  quasi  tutti  gli  er-» 
rori  d'oltremare  e  d'  oltremonti.  Rmfac- 
ciarono  al  clero  cattolico  di  possedere  be- 
ni terreni,  adottarono  una  povertà  volon- 
taria per  rinnovare  i  tempi  apostolici,  ed 
al  presente  subentrò  negli  animi  loro  af- 
fetto grandissimo  alla  ricchezza  e  somma 
avidità  a'  guadagni.  Non  riconoscono  ge- 
rarchia, per  avere  ciascun  valdese  potere 
e  qualità  di  sacerdote,  e  non  ammettono 
il  sagramentodelTordine.  In  appresso  se- 
guendo i  luterani  e  i  calvinisti,  non  volle^ 
ro  più  di  due  o  tre  sagramenti  j  a'  nostri 


3.34  VAL 

giorni  rimisero  in  voga  quello  cieli'  oihIì- 
ii«  oiule  nel  1841  consagiarono  un  loro 
n^inislro,  e  discussero  il  progetto  di  far 
consograre  un  vescovo  olla  foggia  ungli- 
cnna.  Una  volta  non  avevano  cullo  pub- 
blico, e  di  presente  hanno  templi,  ceremo» 
iiie  e  liturgia  stampata  nel  1  887  a  Edim- 
burgo, ristampando  il  loro  catechismo. 
Trovano  lodatori  i  quali  mandano  a  cie- 
lo, con  quanta  verità  lo  sa  Dio,  la  bontà 
di  loro  indole  e  di  loro  costumi,  le  loro 
credenze  e  il  loro  culto,  come  da  ultimo 
JVlustol,  e  più  di  recente  il  Fcch'ral,^\o\'- 
naie  di  Ginevra,  con  3  articoli,  celebran- 
do i  valdesi  qual  popolazione  scelta  dal- 
la divina  Provvidenza  a  conservar  la  ve- 
ra religione  di  Cristo  e  delia  primitiva 
Chiesa  pura  e  inlatta,  la  sola  rimasta  fe- 
dele al  Vangelo  !  I  cattolici  delle  valli 
frammisti  a'valdesi,  in  molti  luoghi  han- 
no la  chiesa  accanto  al  tempio  protestan- 
te. 11  pia  sovente  sono  essi  poveri  e  dere- 
lilli,  ciò  che  dà  a'valdesi  una  cattiva  idea 
della  nostra  religione  che  non  provvede 
a  sufllcieuza  i  suoi  seguaci.  La  maggior 
parte  de'parrochi  cattolici  hanno  appena 
con  che  sostentare  la  vita,  e  mancano  spes- 
so ancora  con  the  provvedere  al  decoro, 
perciò  impotenti  di  soccorrere  i  poveri 
cattolici  e  di  allettare  con  largizioni  i  pro- 
testanti. Le  chiese  stesse  poco  fornite  di 
sagri  arredi ,  ed  anco  rovinose,  sono  ri- 
guardate con  amaro  sogghigno  dagli  ere- 
tici, lo  tanta  desolazione  di  cose,non  pon- 
no  i  cattolici  allettare  i  dissidenti  collo 
splendore  del  culto  e  colla  maestà  solen- 
ne dell'ecclesiastiche  ceremonie,  che  suo- 
le essere  tanto  efiicace  a  scuotere  l'imma- 
ginazione ,  e  di  cui  gli  animi  de'  valdesi 
ìianno  tanto  piii  bisogno,  quanto  più  difìi- 
cilmente  può  operarsi  sulla  loro  ragione. 
L'autore  dopo  avere  ragionato  sulle  ca- 
gioni della  costante  variabilità  de' valde- 
si nelle  cose  e  credenze  religiose,  e  della 
persistenza  nell'avversione  al  culto  catto- 
lico, cioè  l'interesse  per  una  parte  e  l'i- 
gnoranza per  l'altra,  la  quale  ritiene  for- 
se più  efficace  cagione;  spiega  come  il  co* 


VAL 

noscere  Perrore  è  la  prima  condizione  in- 
dispensabile ad  abbiurarlo,  e  come  il  co- 
noscere la  verità  è  il  primo  passo  a  tener- 
la in  pregio,  e  il  pregiarla  conduce  ad  a- 
marla.  A'valdesi  non  è  dato  conoscere  la 
fallacia  dciriusegnamento  de' loro  mini- 
stri, l'inganno  deplorabile  di  cui  sono  vit- 
time, perchè  gli  stessi  ministri  pongono 
ogni  studio  in  mantenere  la  loro  igno- 
ranza, come  principal  fondamento  di  lo- 
ro autorità.  Vegliano  di  continuo,  affin- 
chè nelle  valli  non  s'introduca  alcun  li- 
bro alto  a  illuminarli.  Usano  ogni  arte 
per  impedire  la  dimestichezza  co'  preti 
cattolici,  laonde  que'poveri  vallegiani  cre- 
dono ciò  che  i  loro  ministri  affermano 
autorevolmente.  Ad  onta  di  tutloquesto, 
nelle  valli  non  nìancano  de'cuori  che  ge- 
mono di  trovarsi  senza  convinzioni  reli- 
giose, e  che  volgono  segretamente  uno 
sguardo  di  desiderio  a  quel  raggio  di  lu- 
ce ,  che  vedono  in  lontananza  trapelare 
dal  cattolicismo,  che  sospirano  nell'ansia 
d'un  bene,  di  cui  sentono  la  mancanza, 
massime  in  diverse  donne  giovani  inchi- 
nale naturalmente  a  pietà  ,  che  videro 
tornar  fra  loro  compagne  divenute  cat- 
toliche per  convincimento,  o  furtivamen- 
te lessero  qualche  libretto  di  preghiere 
cattoliche.  Se  l'aureo  libro  delle  Ricer- 
che storiche  di  rag.'Charvaz  ordinario  di 
Pinerolo,  fosse  ito  perle  mani  de' valde- 
si, ed  avessero  compreso  la  forza  dell'ar- 
gomento, bastava  a  convincerli  di  non  es- 
sere che  settari  ingannati,  d'esser  fuori 
della  vera  Chiesa  e  contro  di  essa;  ma 
l'interesse  de'ministri  e  l'ignoranza  degli 
altri  uè  furono  i  più  forti  ostacoli.  Si  co- 
nobbe quindi  ch'era  d'uopo  di  maggiori 
sforzi,  e  lo  stato  delle  cose  primieramen- 
te indicava  il  bisogno  d'un  libro  elemen- 
tare, ove  fossero  esposti  e  ad  uno  ad  uno 
combattuti  i  pregiudizi  e  gli  errori  della 
setta,  e  chiariti  i  principii  e  le  credenze 
della  Chiesa  cattolica,  il  quale  libro  fosse 
scritto  in  modo  di  essere  da  tutti  subito 
inteso,  e  di  servire  di  facile  guida  a  colo- 
roj  che  si  facessero  eoa  buone  disposizio- 


VAL 

Ili  a  studiare  la  religione.  Faceva  meslìe- 
li  in  secondo  luogo  d'aprire  un  rifugio, 
ove  i  valdesi  desiderosi  d'istruzione  e  di- 
sposti ad  abbiuraie  l'errore,  potessero  ri- 
parare ed  in  quiete  operaie  con  tutta  li- 
ijerlìi,  secondo  la  persuasione,  la  coscien- 
za e  l'ispirazione  della  grazia.  Raccontai 
più  sopra  che  un  tale  slabiliineulo  e^ì- 
sleva  in  Pinerolo  col  nome  d'ospizio  de' 
colecumeni,  fondatovi  da' principi  di  ca- 
sa di  Savoia,  ma  era  stalo  soppresso  nel 
1800  dopo  l'invasione  francese  in  Pie- 
monte. Mg.'  Charvaz  ricorse  dunque  per 
riaprirlo  alla  pietà  e  munificenza  di  re 
Carlo  Alberto,  il  quale  secoridò  i  dise- 
gni del  prelato,  e  con  regio  cuore  e  ge- 
nerosa mano  lo  soccorse  nel  giusto  e  op- 
portuno suo  divisanienlo.  Fu  pertanto 
con  lieti  auspicii  e  con  dolci  speranze  ria- 
pei  lo  r  ospizio  presso  Pinerolo  in  con- 
venientissimo  luogo  ,  e  poco  dopo  nel 
1840  mg.*^  Charvaz  cominciò  a  pubbli- 
care i  due  primi  volumi  della  sua  Gui- 
da del  Catecumeno  Valdese ^ossia  Cor- 
so d' istruzioni  destinato  a  far  gli  cono- 
scere la  verità  della  religione  cattolica y 
a  cui  ben  presto  venne  dietro  il  3.  ;  nel 
4.''  trattando  della  disciplina  e  del  culto, 
e  raccogliendo  i  principali  capi  della  sua 
opera  in  un  compendio,  lo  ridusse  a  forma 
d'un  catechismo  di  controversia.  Ne  ciò 
appagava  ancora  il  desiderio  e  lo  zelo  in- 
stancabile del  prelato. AllaTorre  diLucer- 
na,continua  a  dire  l'autore  (ìtWtRiJlessio- 
niy  si  doveva  aprire  ben  presto  una  casa, 
ove  si  sarebbe  accolto  un  discreto  nume- 
ro di  giovani  sacerdoti,  i  quali  collo  stu- 
dio e  colla  preghiera  si  preparassero  nel 
ritiro  alla  predicazione  ,  e  si  rendessero 
capaci  a  dar  missioni  egualmente  nelle 
parrocchie  miste  delle  valli,  e  nel  rima- 
nente della  diocesi,  e  a  tenere  conferenze 
in  materia  di  controversia  religiosa,  a  i- 
slruzionede'protestanli.  Già  era  disposto 
non  senza  molla  spesa  e  sufficiente  dota- 
zione il  locale,  già  si  forniva  di  convenevo- 
le biblioteca.  Inoltre  a  prò  de'poveri  cat- 
tolici delle  Talli,  vi  sarebbero  fondati  due 


VAL  23.) 

spedali  in  luogo  ove  potevano  riuscire  di 
comodo  e  vantaggio  maggiore.  Indi  nar- 
ra,come  a'y  gennaio  1  844  "ella  cattedra- 
le di  Pinerolo  abbiurarono  l'errore  la 
valdesi  istruiti  nell'ospizio  de'  catecume- 
ni, rientrando  nel  grembo  della  Chiesa 
cattolica.  Altrettanto  feceroi2  aìlri  val- 
desi a*27  del  seguente  marzo.  Tutte  l'au- 
torità e  le  persone  più  ragguardevoli  del- 
la città  assisterono  alla  ceremonia  solen- 
ne ,  che  ricolmò  di  giubilo  tulli  i  cuori 
cattolici.  Vi  accorsero  pure  in  buon  nu- 
mero dalle  propinque  valli  i  valdesi,  sia 
per  curiosità  o  sia  per  altra  più  lodevo- 
le disposizione.  In  ciascuno  di  que' due 
giorni  solenni  il  padre  e  pastore  mg." 
Charvaz  esprimeva  il  suo  giubilo  a'ricu- 
perali  figli  ,  e  die  loro  i  paterni  suoi  av- 
■vertimenti  con  due  Discorsi  y  pieni  di 
quella  eloquenza,  die  nasce  dall'  abbon- 
danza degli  affetti  del  cuore,  e  di  quella 
maschia  forza  di  ragionamento  eh'  era 
tutta  propria  a  confermarli  e  avvalorarli 
ognor  meglio  nella  comunione  de' santi, 
nella  quale  erano  stati  ricevuti.  E  quasi 
a  perpetuare  la  memoria  del  fausto  av- 
venimenlo,pegno  di  più  abbondante  frut- 
to ,  di  cui  i  neofiti  sono  come  preziose 
primizie,  fece  egli  impiimere  i  Discorsi 
con  molte  note  relative  a' protestanti  in 
generale,  e  a'valdesi  e  alle  loro  dottrine. 
L'autore  indi  ne  diede  un  sugoso  estrat- 
to, che  può  leggersi  ne'citali  Annali,  uon 
senza  religiosa  commozione.  Nel  i°  di* 
scorso  il  venerando  vescovo  di  Pinerolo 
spiega  le  giuste  cagioni  della  gioia  de'neo- 
fili  e  della  sua  propria;  il  2.°  può  riguar- 
darsi un  breve  trattato  sulla  redola  della 

o 

fede,  ed  è  pieno  d'opportunissiuia  erudi- 
zione, poiché  quanto  vi  si  afferma  a  lode 
della  Chiesa  cattolica,  e  a  condanna  del 
protestantesimo,  è  pressoché  lutto  rica- 
vato dall'asserzioni  de'prolestauli,  e  rife- 
rito colle  stesse  loro  parole.  Termina  l'au- 
tore delle  Riflessioni  colle  seguenti  pa- 
role. «  Ci  è  dolce  il  pensare,  ed  una  lieta 
speranza  accompagna  un  tal  peusiere,  che 
questi  due  discorsi,  ne'quali  ogni  parola. 


a36  VAL 

ogni  argomento  spira  ia  carila  evangelica 
ed  una  ineliillabile  persuasione,  ossia  che 
da' valligiani  siano  stali  uditi  dalla  bocca 
dei  pastore,  che  stende  ad  essi  le  braccia 
per  accoglierli  al  suo  seno,  ossia  che  pe- 
netrino nelle  valli,  e  li  leggano,  faranno 
forza  agli  animi  loro,  e  desteranno  una 
saiutare  inquietitudìne  nella  loro  cosciea* 
za.  E  la  grazia  divina  avvalorerà  queste 
prime  disposizioni,  ed  abbrevierà  il  tem- 
po della  dura  schiavitù  de'valdesi,  acce- 
lerando l'epoca  felice  di  loro  ritorno  al- 
la Chiesa  di  Gesù  Cristo,  non  che  il  com- 
pimento de'  voli  di  ogni  vero  italiano,  di 
cedere  ia  patria  tutta  quanta  senza  ec- 
cezione raccolta  intorno  alla  cattedra  di 
s.  Pietro,  e  alla  pietra  fondamentale  del- 
l'unico e  vero  tempio  di  Dio  e  nel  cen- 
tro dell'uuilà".  Ma  le  succes^sive  vicende 
politiche  del  regno  di  Sardegna  e  ótWiì 
capitale  Torino,  che  accennai  vn  tali  arti- 
coli,  resero  i  valdesi  più  audaci,  siccome 
opertaniente  protetti  ,  nun  mancando 
giornali  che  ne  predicano  ie  dottrine. 
Più  volte  la  Civiltà  CaUolica  tultociò 
deplorò.  Nel  1 853,  serie  a/,  t.  3,  p.  4^4» 
discorrendo  delle  scissure  tra  gli  etero- 
dossi negli  stali  sardi,  fa  le  seguenti  gra- 
■vi  osservazioni.  Favoriti  dal  principio 
della  tolleranza  politica  in  fatto  di  reli^ 
gione,  ch'è  apertamente  proclamato  da* 
ministri,  gli  eterodossi  esercitano  in  Pie- 
monte una  propaganda  attivissima,  sic-» 
che  a  trarre  il  novero  de'  cristiani  acat- 
tolici venuti  di  fuori,  o  comprali  a  de^ 
«aro  sonante  da'  sedicenti  apostoli  an- 
glicani, se  ne  hanno  anche  in  Torino  pa- 
recchie migliaia.  Or  come  era  da  aspet- 
tarsi incominciano  a  venir  in  gara  fra  Io- 
io  le  varie  selle,  e  lo  scoppio  della  discor- 
dia ebbe  per  occasione  la  nomina  del  mi-^ 
Distro  o  predicante,  da  cui  dev'  essere 
nfiiciato  il  nuovo  tempio  protestante  in 
Torino.  Le  fazioni  precipue  sono  due  : 
l'una  de'valdesi,  che  vorrebbe  conferito 
quell'  onore  e  quell'  incarico  ^l  suo  A. 
Beri  ;  l'  altra  degli  evangelici  anglicani, 
j)russiani  ec,  che  vorrel^iero  avere  per 


VAL 

loro  ministro  quella  buona  tana  dell'  a^ 
postata  De  Sanctis.  Per  tali  discordie  si 
ralleulòd'assai  ia  forza  che  mettevasi  nel 
compiere  l'edilìcio  o  tempio  valdese, e  ia 
Gazzetta  del  popolo  cessò  di  cantarne 
le  glorie.  Ma,  a  peggio  andare,  dice  la 
Civiltà^  la  questione  s'aggiusterà  con  un 
2.*^  tempio,  lasciando  all'arbitrio  di  cia- 
scuno di  silfalti  fcdcdi  il  raccogliere  ie 
ispirazioni  divine  dalla  bocca  del  De  San- 
ctis o  da  quella  del  Beri.  E  non  ci  sarà 
nel  fondo  gran  divario.  Tali  dissensioni 
non  impediscono  tuttavia  la  propaganda 
eterodossa,  e  le  sue  pratiche  sono  cos'i  in- 
calzanti e  pericolose,  che  già  parecchi  in- 
signi prelati,  e  segnatamente  rag/  Char- 
vaz  arcivescovo  di  Genova  e  mg."^  d'An- 
gennes  arcivescovo  di  Vercelli,  dovettero 
con  opportune  pastorali  e  omelie  far  avvi- 
sali  i  cattolici  a  star  bene  in  guardia  per 
non  esser  illusi,  sedotti  e  traditi.  Sopra 
tutto  è  mirabile  per  una  scolpita  impron- 
ta di  caldissimo  zelo  e  d'  atta  sapienza 
religiosa  la  pastorale  di  mg.'^Charvaz  in- 
torno al  fatale  proselitismo  protestante 
in  Italia,  e  vi  sì  ravvisa  tosto  il  grave  ed 
erudito  scrittore  dell'  Origine  de  Val^ 
desi,  e  della  Guida  del  catecumeno 
valdese.  Nel  t.  4,  ?•  55o,  la  Civiltà  Cat- 
tolica nel  riprovare  l'  edizione  di  Lon- 
dra e  altrove  : //iV^fiOt^o  Testamento  tra^ 
dotto  in  lingua  italiana,  dall'empio  ere- 
tico Giovanni  Diodati,  termina  con  que- 
sta osservazione  curiosa.  I  valdesi  di  To- 
rino, convinti  già  altre  volle  da'giornali 
piemontesi  di  spargere  Bibbie  falsificale, 
credettero  far  di  se  una  buona  difesa  al- 
legando nel  giornale  loro,  La  Buona  No- 
vella,ch'essi  non  ispargono  solamente  le 
versioni  proibite,  ma  ancora  le  appro- 
vale :  essendo  loro  molto  indifferente  che 
altri  legga  la  versione  di  mg."  Martini  o 
quella  del  Diodati.  Ma  pur  troppo  si  ve- 
rifica anche  qui  il  proverbio  Ovidiauo  : 
Causa  patrocinio  non  bona  peior  erit. 
Giacche  da  tale  ridicola  scusa  che  cosa 
sì  ricava?  Che  pe' valdesi  è  cosa  indiffe- 
reule  che  si  legga  la  parola  di  Dio  o  quel- 


VAL 

la  delTuomo  :  die  o*  vaklesi  poco  impor- 
ta che  Dio  abbia  detto  di  sì,  e  nondime- 
no gii  si  faccia  dire  di  no  e  viceversa  ; 
che  i  valdesi  tengono  in  conio  di  nulla 
che  gli  uomini  siano  ingannati  nella  re- 
hgione  e  nella  morale  :  the  infine  i  val- 
desi sono  appunto  come  quella  donna 
che  aveva  rubato  il  figliuoletto  alla  sua 
vicina.  Salomone  che  ne  fu  giudice,  sa- 
pientemente decretò  che  si  dividesse  fra 
loro  in  duepezzi,  per  cui  la  vera  madre 
cominciò  a  strillar  alto,  che  piuttosto  si 
desse  intero  all'altra  donna^  la  quale  o- 
stinala mente  voleva  che  il  bambino  sì 
dimezzasse,  e  cosi  il  re  conobbe  di  chi 
dovesse  esser  il  figlio.  Il  caso  nostro  è  mol- 
to simile.  Abbiamo  da  un  lato  la  Chiesa 
cattolica  che  non  ammette  altra  Bibbia 
che  l'intera,  e  tutte  le  monche  e  false  di- 
vieta. Dall'altro  abbiamo  la  setta  valde- 
se ch'è  indiiferenle  ad  ogni  Bibbia  an- 
corché dimezzala  e  tronca,  e  di  tal  sa- 
crilega indilferenza  fa  pompa  e  profes- 
sione nella  Buona  Novella^  nobilissimo 
organo  di  sue  savie  determinazioni.  Q  ual 
è  la  vera  madie?  facile  è  il  darne  giu- 
dizio. La  Chiesa  ammette  la  Bibbia  in- 
tera, ed  è  falsa  la  vecchia  canzone  de' val- 
desi, che  la  Chiesa  proibisce  la  Bibbia. 
Inoltre  la  Civillà  Cattolica  nel  l.  6, 
p.  3io,  dando  ragguaglio  del  Catechismo 
intorno  al  Protestantesimo,  e  del  Ca- 
iechismo  intorno  alla  Chiesa  Cattali- 
ca,  ad  uso  delpopoloy  del  doltissinjo  p. 
Perrone  gesuita,  rileva  che  fra'moltissimi 
argomenti  che  gli  somministrava  un  cam- 
po così  vasto,  seppe  con  isquisito  senso 
d'  opportunità  scegliere  appunto  quelli 
che  a'  nostri  tempi  e  a'nostri  bisogni  po- 
tevano riuscir  più  adatti.  Quindi  la  Ci- 
viltà non  dubita  d'affermare,  essere  im- 
possìbile che  un  chicchessiasi  li  legga  sen- 
za ricavarne  per  certo  frullo,  una  gran 
compassione  pe'  poveri  protestanti,  un 
grande  odio  al  protestantesimo,  ed  un 
filiale  aifetto  alla  Chiesa  cattolica.  Spe- 
cialmente vorrebbe  che  fossero  pubbli- 
cate a  parte  quelle  pagine  nelle  quali  il 


VAL  2i37 

rispettabile  autore  parla  de'valdesi.  Im- 
perocché dice  d'esser  certo,  che  i  valde- 
si medesimi  non  oseranno  fiatare  contro 
l'evidenza  di  qne'fatli  e  di  quegli  argo- 
menti. Degli  altri  poi,  essa  ritiene,  niu- 
no  certamente  sarà  tentalo,  dopo  quella 
lettura,  di  pur  pensare  che  questa  sella 
possa  essere  almeno  tollerabile  ad  un 
uomo,  non  dice  di  fede  ma  di  senno  !  Il 
n.**  a85  del  Giornale  di  Roma  del  i  856 
notificò.  Nella  s.  congregazione  ordina- 
ria de'  rili  de'  24  novembre  venne  rico- 
nosciuto, e  quindi  a'  4  dicembre  appro- 
vato il  culto  tributato  da  tempo  imme- 
morabile a'beali  martiri  Pietro  Cambia- 
no di  Ruffia,  ed  Antonio  Favonio  dell'or- 
dine de'predicatori.  III. "di essi, nato  dal- 
la nobile  famiglia  Cambiano  signora  di 
Ruffia,  e  resosi  per  virtù  e  dottrina  in- 
signe nel  lodalo  ordine,  fu  costituito  in- 
quisitore generale  del  Piemonte.  In  a- 
deu)pimenlo  del  quale  ufficio  recandosi 
egli  a  combattere  colla  predicazione  l'e- 
resia de'  valdesi  nella  valle  di  Pragela- 
lo,  ed  avendo  a  tale  oggetto  presa  stan- 
za nel  prossimo  convento  de'frati  minori 
di  Susa,  fuvvi  prodiloriamente  ucciso  da 
un  sicario  speditovi  nel  giorno  della  Pu- 
rificazione di  Maria  ss.  deli 365.  Perla 
qual  cosa  fu  venerato  come  martire  del- 
la fede,  in  odio  di  cui  aveva  subito  la 
morie.  A  questa  1. 'vittima  dell'odio  de- 
gli eretici  valdesi,  un'altra  ne  succede  9 
anni  dopo  nella  persona  del  b.  Antonio 
Pavonio.  Uomo  anch'esso  d'esimie  vir- 
tù, dolio  e  zelante  predicatore,  venne  e- 
letto  inquisitore  di  tutta  la  Lon)bardia 
superiore  e  Marca  genovese.  11  vescovo 
di  Torino  Giovanni  Orsini  da  Rivalla  , 
desiderando  valersi  dello  zelo  di  tant'uo- 
mo  contro  l'eresia  de* valdesi  che  grandi 
guasti  menava,  lo  spedì  a  Bricherasio, 
meno  di  due  leghe  da  Pinerolo;  ma  que- 
gli eretici  ben  prevedendo  quanto  pe'ioro 
errori  fosse  a  temere  la  sua  predicazio- 
ne, ben  presto  pensarono  a  disfarsene. 
Per  celeste  rivelazione  conobbe  i  loro  con- 
sigli il  b.  Antonio  :  lungi  però  dali'inli^ 


238  VAL 

morirsenp,  assai  se  ne  rallegrb,  e  niiste- 
riosonienfe  predisse  d'essere  invitato  a 
rozze.  Wè  esse  tardarono:  clie  la  dome- 
nica in  A  ll)is  del  I  3^4  a*c)apiiIe,dopoaver 
egli  ceU'hralo  l'incruento  sagrifi/io,  falti- 
glisi  alla  vita  y  degli  eretici  valdesi  con 
diverse  sorti  d'armi  barbaramente  lo  lace- 
rarono e  trucidarono  nella  pubblica  piaz- 
za. Un  così  patente  martirio  gli  procac- 
ciò quel  pubblico  culto  ecclesiastico  cb'è 
giunto  sino  a  noi,  e  cbe  meritò  quindi 
l'approvazione  della  s.  congtegazione  e 
la  sanzione  pontifìcia  ne'gioi  ni  sopra  in- 
dicati. Un  secolo  dopo  un  altro  inquisi- 
tore cadde  vittima  de'medesimi  valdesi. 
Il  b.  Bartolomeo,  nato  dalla  famiglia  pa- 
trizia saviglianese  de'Cerveri,  signora  di 
Rossano,  era  entralo  nell'ordine  de'pre- 
dicalori.  E  mentre  per  la  sua  dottrina 
era  stato  ricevuto  nel  collegio  de'dottori 
teologi  dell'università  di  Torino,  per  la 
santità  sua  si  era  reso  cospicuo  nella  sua 
religiosa  famiglia,  e  per  ambedue  le  doli 
assieme  riunite  era  stato  anch'egli  eletto 
inquisitore.  Nella qual carica  poslo,  men- 
tre recavasi  a  predicare  contro  l'eresia  in 
Cerverè  (o  Cervasco  a  una  lega  e  mezza 
da  Cuneo)  fu  per  la  strada  da  5  eretici 
"Valdesi  crudelmente  ucciso,  a' 21  aprile 
1466.  Il  culto  però  di  questo  beato,  che 
per  ordine  cronologico  è  il  3.°,  fu  già  san- 
zionalo dalla  s.  Sede  fin  da'  11  settem- 
bre i853.  Ma  allo  stesso  suddetto  i  856 
si  riferisce  l'approvazione  del  culto  di 
due  altri  luminari  dell'ordine  de'predi- 
catori  cbe  illustrarono  la  diocesi  di  To- 
rino. lli.°di  essi  è  il  b.  Sfefai»o  Bandel- 
lo,  morto  nel  1 4^0,  e  protellore  di  Saluz- 
zo  per  averla  salvata  nel  r  487  da  un  pros- 
simo eccidio  de'nemici  cbe  l'assediavano 
strettamente.  Il  1°  è  il  b.  Aimone  Tapa- 
relli  de'conli  d'  Azeglio  e  signori  di  La- 
gnasco,  già  feudo  e  tuttora  posseduto  dal- 
la sua  illustre  famiglia.  Lettore  di  s.  teo- 
logia nell'università  di  Torino,  econfes- 
soredelb.  Amedeo  IX  duca  diSavoia, co- 
stituito dipoi  inquisilor  generale  de'sub- 
alpini,  rispleudè  per  santità  di  vita  e  per 


VAL 

insigne  dottrina;  ed  arriccbilodi  singo- 
lari celesti  favori,  l'aureola  del  martirio 
potè  ben  meritarla,  ma  non  conseguii  la  J 
e  per  quanto  s'ingegnasse  nel  difendere 
e  ristorare  quella  fede  che  tanlo  odio  sof- 
friva dalla  parte  valdese,  dovette  salite 
al  cielo  per  le  vie  d'una  virtù  eroica,  non 
di  una  morte  violenta,  nel  149^,  solleva- 
tovi dal  coro  degli  angeli  che  lo  invita- 
vano ad  esultare  co'santi,  non  dal  pugna- 
le degli  eretici  che  insidiarono  indarno 
la  4  "  vittima.  Il  suo  culto  immemoiabile 
fu  confermalo  dalla  s.  Sede  a'^g  febbra- 
io i856,  avendo  a' 16  riconosciuto  quel- 
lo del  b.  Stefano.  La  Civiltà  Cattolica, 
serie  3.\  l.  3,  p.  87,  con  interessante  ar- 
ticolo erudito  su  quanto  riguarda  i  mas- 
sacri operati  da'valdesi,ed  intitolato  Un 
nuovo  beato  in  Piemonte^  cioè  il  b.  Ai- 
mone Taparelli,  prende  motivo  di  rivol- 
gersi al  popolo  gentile  che  a  pie  dell'Al- 
pi serba  tuttavia  illibata  la  fede  eredita- 
ta da'padri  suoi,  non  ostante  gli  sforzi  di 
quel  parlilo,  che  in  un  coll'ordine  cerca 
di  manomettere  la  sua  coscienza;  ed  an- 
nunziargli lietamente,  che  dall' oracolo 
del  Valicano  un  antico  suo  patrizio,  il  b. 
Aimone,  venne  proposto  a  modello  del 
popolo  credente,  il  quale  ah  immemora- 
bili lo  appellava  e  venerava  Beato.  Sa- 
per pur  troppo  essere  ora  in  Piemonte 
uno  stuolo  di  miscredenti  ben  diverso 
dall'  encomialo  popolo,  cui  tanto  preme 
de'Beati  incielo,  quanto  della  Religione 
in  terra;  uno  stuolo  di  schiavi,  che  si 
assidono  o  si  alzano  al  tocco  de'  dischi 
metallici  d'occulti  agitatori;  uno  sluolodi 
fuorusciti  senza  patria  e  di  anime  venali 
senza  coscienza  ;  un  popolo  la  cui  pub' 
blica  opinione,  al  dir  del  conte  Cavour, 
non  vuole  conciliazione  conRoma  e  nie* 
^f^  ogni  principio  di  libertà  alla  Chic» 
saj  un  popolo  che  toglie  i  beni  a'calto- 
liei  per  largire  sussidii  ad  innalzar  tem- 
pli alla  setta  valdese.  Que*  valdesi  stessi 
che  mercè  degli  anglomani  oggi  trionfa- 
no, tiranneggiarono  mercè  dell'  Inghil- 
terra, alUavolla  sosleuuli  dall'  eiopio  e 


VAL 
furbo  pi'olellore  Croii.well,  che  fin  nelle 
nostie  valli  inseguiva  accanito  i  piofiighi 
irlandesi,  iti  a  cercarvi  un  asilo  contro  la 
colui  tirannia.  Celebrate  le  insigni  virtù 
del  b.  Aimone,  soggiunge  la  Civiltà,  ecco 
il  nuovo  modello  di  virtù  eroica  che  vie- 
ne oggi  presentalo  sugli  altari  dalla  Mae- 
stra di  verità  a'  fedeli  tutti,  olire  i  sul» 
lodati  martiri  uccisi  da'  valdesi  in  odio 
della  fede  che  difendevano,  e  specialmen- 
te a'  tribolatissimi  cattolici  del  Piemon- 
te. Essi  alzando  all'immagine  del  santo 
loro  concittadino  splendente  di  novella 
aureola  lo  sguardo  e  il  cuore,  e  veden- 
do con  qual  vnlore  affrontasse  per  la  Chie- 
sa ogni  pericolo,  comprenderanno  come 
sarà  anche  oggi  invincibile  il  cattolico, 
se  adoprerà  quell'armi  stesse  di  viva  fe- 
de, d'unità  nell'amore,  di  zelo  operoso  e 
imperterrito  a  fronte  d'  ogni  umano  ri- 
guardo, d'ogni  perdita,  d'ogni  cimento. 
w  Ed  opportunissirao  per  fermo  è  che  5 
doQienicani  piemontesi  vengano  beatifi- 
cati nel  momento  appunto  in  cui  i  loro 
confratelli  ed  eredi  tanno  portando  ra- 
minghi nel  Piemonte  l'obbrobrio  di  Cri- 
sto sotto  i  colpi  dell'  eterodossia  gover- 
nante e  trionfante  ;  opportunissimo,  che 
mentre  una  plebaglia  di  fuoruscili  priva 
la  Chiesa  d'ogni  autorità  e  vuol  sepa- 
rarne ad  ogni  costo  lo  Stato,  si  ricordi  a' 
piemontesi  che  gl'inquisitori  e  difensori 
della  fede  venivano  dagli  avi  loro  vene- 
rati per  santi  e  sollevati  jigli  altari  ap- 
pena morti  ;  opportunissimo,  che  mentre 
si  grida  contro  \\  fanatismo  defrati  che 
scannarono  gli  eretici^  si  presenti  a'fi- 
sii  della  storia  il  fanatisaio  degli  eretici 
che  assassinavano  i  frati;  opporlunissi- 
mo,  che  mentre  si  esalta  la  moderazio- 
ne d'una  civiltà  che  amalgama  Valde- 
si e  Cattolici^  e  appende  il  ciondolo  della 
croce  ad  ebrei  e  mussulmani, si  ricordi  al 
Piemonte  qual  fu  un  giorno  lo  zelo  del 
popolo  per  l'unità  del  callolicismo;  op- 
portunissimo, che  mentre  si  fa  di  tulio 
per  troncare  con  Pioma  ogni  comunica- 
zione^  da  Roma  ottenga  il  popolo  mede- 


VAL  239 

simo  raulenticità  di  quel  culto  che  giù 
preslava  a*  santi  suoi  concittadini".  F^u 
tratto  della  Provvidenza  regolatrice  del- 
la Chiesa  che  le  venerande  ossa  de'suoi 
Apostoli,  rinvigorite  in  qualche  modo 
da'  decreti  del  Vaticano,  dalla  pietà  de' 
fedeli  e  dalle  loro  anime  beale  che  scen- 
deranno dall'empireo  a  visitarle,  rechi- 
no al  cattolico  subalpino  quel  conforto 
di  che  tanto  abbisogna  nelle  trepide  vi- 
cende che  per  lui  si  volgono.  Gli  ricor- 
dino qual  fu  contro  di  loro  la  ferocia  di 
que' valdesi  che  cercano  oggidì  blandire 
le  passioni  del  popolo  odi  comprarne  le 
coscienze;  gli  raccontino  con  quale  accor- 
tezza essi  ne  scernessero  le  fraudi  ,  eoa 
qual  dottrina  ne  sciogliessero  i  sofismi, 
con  qual  fortezza  ne  affrontassero  i  pu- 
gnali, con  quale  unità  ne  respingessero 
gli  assalti.  Óltre  altre  gravissime  e  veri- 
diche osservazioni,  la  Civiltà  Cattolica^ 
massime  sul  favore  che  si  prodiga  sopra 
un  branco  di  miscredenti,  che  5  milioni 
di  cattolici  dovrebbero  regnar  sopra  di 
loro,  i  quali  irrompono  nuovamente  sul- 
le nostre  pianure  con  l'errore  di  Valdo, 
dall'anguste  valli  ove  lo  confinarono  i 
padri  nostri  ;  esclama  che  se  i  rappre- 
sentanti servissero  in  verità  al  Dio  de'pa- 
dri  loro,  V  Italia  serbar  potrebbe  tran- 
quilla quell'urilà  che  sola  le  resta,  l'u- 
nità cattolica  ;  ed  opportunamente  scris- 
se l'Azeglio,  illustre  rampollo  della  fa- 
miglia del  b.  Aimone,  Ultimi  casi  di 
Romagna,  p.  Sy:  Slimerei  l'ultiina  del- 
le sventure  per  l'Italia,  se  si  turbasse  la 
sua  unità  religiosa,  la  sola  che  ci  sia  ri- 
masta 1  Finalmente  la  Civiltà  Cattolica^ 
l.  7,  p.  98,  fra  gli  annunzi  bibliografici 
vi  comprese."  Charvaz  Andrea,  Giada 
del  Catecumeno  Valdese^  ossia  difesa 
del  Cattolicismo  contro  gli  errori  de' 
protestanti,  di  mg.''  A.  C.  arcivescovo 
di  Genova.  Traduzione  dal  francese 
con  aggiunte  dell'autore,  Torino  1 857. 
Quest'opera  fu  stampata  nel  1840,  e  la 
presente  edizione  italiana  supera  la  fran-' 
cese  per  le  giunte  fattevi  dai  suo  dotto 


24o  VAL 

autore.  Essa  è  diretta  propriamente  a' 
valdesi  die  poco  hanno  di  comune  al 
presente  cogli  altri  protestanti  :  ha  la  for- 
ma del  dialogo,  che  è  tonto  acconcia  nel- 
le controversie  religiose.  Dividesi  in  6  li- 
bri :  il  1.°  indaga  le  disposizioni  che  deb- 
bonsi  recare  nella  ricerca  della  vera  reli- 
gione, ed  espone  l'origine  della  setta  val- 
dese; il  2."  dimostra  la  necessilìi  per  sal- 
varsi di  appartenere  alla  vera  Chiesa  isti- 
tuita da  Gesù  Cristo;  il  3.°  stabilisce  le 
note  o  i  caratteri  di  questa  vera  Chiesa  ; 
il  4'°  espone  la  regola  della  fede;  il  5.**  fi- 
nalmente parla  del  Papa.  Sotto  ciascuno 
di  questi  titoli  vengono  discusse  molte  di 
quelle  questioni  religiose  che  sogliono  al 
presente  essere  cosi  falsale  da'  libertini, 
come  per  esempio  l'indifferenza  religio- 
sa, l'intolleranza,  il  progresso,  la  Bibbia, 
la  lingua  Ialina  nella  liturgia,  l'insegna- 
mento  della  Chiesa,  ec.  Quindi  l'utilità 
del  libro  non  è  ristretta  a' soli  valdesi,  ed 
è  tanto  maggiore  per  ogni  sorla  di  let- 
tori, quanto  maggiore  è  la  dottrina,  l'e- 
loquenza e  la  chiarezza  di  mg.*^  Charvaz 
che  lo  scrisse".  Già  l' illustre  1'  8  aprile 
1854  avea  pubblicato  i  pastorali  :  j4v- 
vcrlimenli  a  cattolici  intorno  alle  mene 
de^ protestanti.  Li  riprodussero  gli  An- 
nalidelle scienze  religiose^i.^  serie, 1. 1 2, 
p.  342,  ed  a  p.  379  si  leggono  le  Note 
agli  Avvertimenti  a' cattolici é  Tanto  gli 
Avvertimenti^  quanto  le  Note^  conten- 
gono molle  nozioni  riguardanti  i  val- 
desi. 

VALDO  (s.),  vescovo  di  Evreux.  Do- 
po lungo  tempo  che  la  chiesa  d'  Evreux 
era  priva  del  suo  pastore,  a  cagione  delle 
scorrerie  de'barbari,  ne  fu  eletto  vescovo 
s.  Valdo.  Non  sembra  ch'egli  fosse  nato 
nel  territorio  d'Evreux:  il  nome  di  Wal- 
dus^  che  non  è  ne  romano,  ne  gallo,  fa- 
rebbe piuttosto  credere  che  fosse  nato 
nella  bassa  Bretagna,  o  almeno  che  di- 
scendesse da  genitori  bretoni.  Poiché  s. 
Valdo  fu  investito  del  pastorale  ministe- 
ro, si  dedicò  a  predicare  quotidianamen- 
te la  fede  nelle  città  e  nelle  borgate^  e 


VAL 

riuscì  a  svellere  da  quelle  contrade  le  su- 
perstizioni del  paganesimo.  Dopo  4o  ^^' 
ni  del  più  faticoso  apostolato,  sentendosi 
omai  affievolito,  disegnò  a  suo  successo- 
re il  prete  Maurusione,  e  deposto  il  ve- 
scovato, ritirossi,  giusta  un'antichissima 
tradizione  di  quel  paese,  nella  solitudine 
di  Scicy,  nella  diocesi  di  Coutances,  sulla 
spiaggia  del  mare.  Ivi  passò  gli  ultimi  an- 
ni di  sua  vita  negli  esercizi  della  più  su- 
blime contemplazione,  e  moiì  nel  491» 
Fu  sepolto  neir  oratorio  di  s.  Paterno^ 
col  quale  avea  faticato  alla  conversione 
degl'idolatri  di  quel  paese.  Questo  ora* 
torio  divenne  poi  la  chiesa  parrocchiale 
di  San-Pairr-sur-Mer,  e  vi  si  conservano 
le  reliquie  di  s.  Valdo,  che  furono  sco- 
perte nel  I  I  3  I,  alcune  parli  delle  quali 
furono  in  seguilo  donate  ad  altre  chic* 
se.  Egli  è  onorato  a'3i  gennaio  a  Cou* 
tances  e  ad  Evreux. 

VALENTE  Cardinale.Yxon  nel  pon- 
tificato di  s.  Gelasio  I,  e  vivea  nel  494 
prete  cardinale  di  s.  Sabina  nel  Monte 
Aventino. 

VALENTE.  Vescovo  ariano  di  Mur- 
sa  capitale  della  Pannonia  inferiore,  già 
colonia  romana  fondala  sotto  Adriano, 
sede  vescovile  nel  335  nella  provincia  ec- 
clesiastica di  Colocza,  restò  soppressa  ver- 
so la  fine  del  V  secolo  :  si  crede  che  ne 
occupi  il  silo  Esseck  o  Eszek,  capoluogo 
della  Schiavonia  civile.  Valente,  ed  tJr- 
sacio  vescovo  di  Singedon,  altro  vescovato 
di  detta  provincia,  eretici  ariani  fanati- 
ci e  de'più  famosi  di  tale  empia  sella,  si 
dichiararono  apertamente  contro  il  pro- 
pugnacolo del  catlolicismo,  il  gran  s.  A- 
tanasio  patriarca  d'Alessandria  d'Egittoj 
e  furono  cosi  audaci  sino  a  farlo  condan- 
nare nel  335  dal  conciliabolo  di  7"/ro(K.), 
benché  innocenlissimo,  co' presidenti  di 
tal  conventicola  i  perfidi  due  Eusebi  di 
Nicoraedia  e  di  Cesarea,  restando  da  lo- 
ro ingannato  iMmperatore  Coslaulino  1, 
che  li  riteneva  amatori  della  pace  e  ze- 
lanti del  catlolicismo.  Ricorse  s.  Atana- 
sio all'imperatore,  il  quale  ad  onla  che  fos* 


VAL 

se  mal  prevenuto,  scrisse  a'vescovt  adu- 
untisi  iu  Tiro  di  portarsi  a  Costantino* 
poli.  Vi  andarono  i  dueEusebì,  proletti 
da  Costanzo  Cesare,  Teognide  di  Nicea, 
Patrofìlo  di  Scitopoli,  Valente  e  Ursacio 
vescovi  della  Pannonia  e  Mesia  nell'Illi- 
rico occidentale:  gli  altri  non  osarono  pre- 
sentarsi avanti  al  principejrimordeudo  lo- 
ro la  coscienza.  Per  nuove  calunnie,  l'im- 
peratore rilegò  s.  Atanasio  a  Treveri,  che 
i  suoi  perversi  nemici  volevano  morto. 
Per  questa  condanna  tutta    la  Chiesa  cat- 
tolica restò  scossa,  e  la  pietà  di  Costan- 
tino I  fu  molto  ecclissata  ,  sebbene  non 
volle  cedere  agli  ariani  che  lo  sollecita- 
vano a  mandar  in  Alessandria  altro  pa- 
store. Dipoi  ad  istanza  di  s.  Atanasio  nel 
347  fu  celebrato  nella  Dacia  il  concilio 
di  Sardica  (/^.),  nel  quale  tra'principa- 
li  suoi   nemici  intervennero  Valente  e 
Ursacio,  e  vi  restarono  deposti  e  scomu- 
nicati ,  dopo  esserne  fuggiti  con  altri  a- 
riani.  Allora  essi,  come  facili  a   volger- 
si secondo  il  vento   che  traeva,   porse- 
ro libelli   supplichevoli   al  concilio,  do- 
mandando misericordia  e  perdono  del 
grave  fallo  commesso  contro  s.  Atana- 
sio. E  siccome  vagavano  fuori  delle  loro 
sedi  co'compagni  dell'empietà,  il  concilio 
per  riparare  a  simili  inconvenienti,  ordi- 
nò che  i  vescovi  non  potessero  allonta- 
narsi dalla  loro  chiesa  senza  urgente  ne- 
cessità. Mentre  essi  si  sforzavano  di  spar- 
gere gli  errori  dell'  arianesimo  in  occi- 
dente, vedendo  che  l'imperatore  Costan- 
te 1  proleggeva  s.  Atanasio,  e  consideran- 
do ormai  il  partilo  degli  ariani  come  ro- 
vinato,  nel  349  si  recarono  al  concilio 
di  Milano.  Ivi   per  politica  fintamente 
abbiurarono  l'arianesimo,  ma  il  concilio 
secondo  il  consueto  gl'indirizzo  alla  s.  Se- 
de, a  cui  ne  riservò  il  giudizio,  e  se  me- 
ritassero d'essere  ammessi  alla  comunio- 
ne. Valente  e  Ursacio,  scritto  a  s.  Atana- 
sio in  maniera  onorevolissima  qual  zelan- 
te difensore  della  fede,  e  passali  a  Roma 
nel  35o,  presentarono  a  Papa  s.  Giulio  I 
una  ritrattazione,  detestando  l'eresia  a- 

VOl.  LXXXVII. 


VAL  241 

riatta,  confessando  esser  falso  quanto  a- 
vevano  detto  e  fatto  contro  il  santo,  ma 
non  tardarono  a  fare  ritorno  a' loro  er- 
rori. Valente  ingannò  l'imperatore  Co- 
stanzo, fautore  degli  eretici  ariani,  inva- 
so dalla  mania  teologica,  che  non  fu  ra- 
ra negl'imperatori  bizantini,  amando  di 
tener  sempre  in  moto  i  vescovi  per  la 
celebrazione  di  nuovi  concilii,e  molto  si 
alfaccendò  per  aggiustare  a  suo  modo  le 
controversie  già  decise  nel  325  nel  con- 
cilio di  Nicea.  Per  guadagnarsene  il  fa- 
vore, finse  che  l'Angelo  gli  avesse  rivela- 
ta la  vittoria  riportala  dalle  sue  armi 
contro  il  ribelle  Magnentio;  ed  il  credu- 
lo principe  confessò  d'  averla  ottenuta 
pe*  meriti  di  Valente.  Questi  se  ne  gio- 
vò con  mettere  di  più  in  credito  gli  aria- 
ni presso  l'imperatore,  il  quale  l'incaricò 
de'suoi  ordini  per  perseguitare  i  cattolici; 
commissione  che  fu  troppo  bene  da  es- 
si adempita.  Nel  355  Valente  commise 
insolenze  nel  conciliabolo  di  Milano  ,  e 
con  Ursacio  fu  cagione  dell'eccesso  com- 
messo contro  i  legati  della  s.  Stàe.  Co- 
stanzo che  avea  chiamato  in  Milano  Pa- 
pa s.  Liberio  (P^-),  ripugnando  questi  al- 
la condanna  di  s.  Atanasio,  fu  segno  al- 
le di  lui  violenze  e  venne  rilegato  nella 
Tracia.  Inutilmente  Oslo  di  Cordova  e- 
sorlò  Costanzo  a  non  dare  orecchio  a  Va- 
lente e  ad  Ursacio  perfidi  calunniatori, 
venendo  riconosciuto  Valente  pel  peggio- 
re di  tutti  gli  eretici  ariani.  Si  trovarono 
ambedue  ne'successivi  concilii  di  Sirmio, 
di  Rimini  e  di  Nicea  (/^.),  e  figurarono 
dappertutto  come  due  furbi  per  le  loro 
maliziose  espressioni.  Fu  intendimento 
di  Valente  e  Ursacio,  e  de'loro  compa- 
gni, di  dividere  i  vescovi  tra'  concilii  di 
Rimini  e  di  Seleucia  (^.),  e  vi  fecero 
un'empia  petizione  intorno  alla  fede,  op- 
ponendosi perchè  non  fosse  condannata 
r  ariana  eresia.  Essi  furono  i  principali 
autori  della  sorpresa  fiuta  a' vescovi  cat- 
tolici a  Rimini,  sostituita  nel  359  ^  ^'" 
cea  per  gli  occidentali,  gli  orientali  adu- 
nandosi in  Seleucia  d' ordine  di  Costan- 
16 


a42  VAL 

zo,  questi  facendola  da  Papa  ne'medesi- 
mi.  li  concilio  ticinese  nel  principio  fa 
ortodosso  e  callolico;  ma  indi  Valente  e 
Ursacio,  secondali  da  A nssenzio  vescovo 
ariano  di  Milano  e  da  3  alili,  allorché 
cominciavasi  a  trallat-  della  fede,  si  fece- 
ro in  mezzo  a'padri,  richiedendo;  Che  si 
abrogassero  tutte  le  formoledi  fede  scrit- 
te fino  a  quel  punto;  quella  sola  fosse  au- 
torevole, ciie  si  era  scritta  a  Sirmio,  la 
quale,  secondo  le  scritture,  insegnava  al 
clivin  Paiire  il  Figlio  esser  simile  j  non 
doversi  fare  affatto  menzione  alcuna  di 
sostanza^  parlandosi  di  Dio  :  la  formola 
indicata  essere  slata  appiovata  dall'  im- 
peratore, e  necessariamente  doversi  ac- 
cettare dal  concilio;  meglio  essere,  con 
semplicità  favellando,  rellamenledi  Dio 
sentire,  che  introdurre  novità  somiglian- 
ti all'arguzie  de'dialeltici.  Questa  formo- 
la di  Sirmio  non  conteneva  espressa  ere- 
sia; era  peraltro  iusunìcieute  ed  equivo- 
ca. Si  voleva  questa  sostituire  al  Siniho' 
lo  Niceno,  ed  escludere  la  voce  consu- 
slnuzialc,  che  dichiarava  una  medesima 
ia  sostanza  del  divin  Padre  e  del  suo  Fi- 
glio Unigenito,  e  perciò  esser  questo  t^e- 
ro  Dio  :  le  voci  simile  al  Padre  e  DiOy 
erano  diversamente  inlese  da' cattolici  e 
dagli  eretici,  i  quali  non  ammettevano  la 
consustarizialilà,  né  potevano  perciò  quel- 
le voci  stabilire  se  non  un'apparente  con- 
cordia di  parole,  lasciando  la  discordia 
nella  fede  e  la  libertà  all'eresia.  1  vesco- 
vi cattolici  non  sì  acquietarono  alle  paro- 
le di  Valente  e  di  Ursacio.  Proposero  che 
si  anatematizzasse  colTaltre  l'eresia  aria- 
na. JNon  acconsentendo  questi  due  e  i  lo- 
ro associati,  fu  manifesta  la  perversa  lo- 
ro mente  d'  annullare  ta  fede  Nicena  e 
propagare  l'errore.  Onde  fu  risposto  ad 
essi:  Noi  non  siamo  qui  venul;  per  biso- 
gno di  fede,  che  sana  in  noi  la  serbiamo, 
ma  per  confondere  coloro,!  quali  alla  veri- 
tà ripugnano  e  macchinano  novità.  Se  voi 
queste  cose  avete  scritte,  quasi  ora  a  cre- 
dere cominciaste,  vi  dichiarale  neppur 
chierici,  come  quelli  che  ora  primumen- 


VAL 

te  apprendete  i  priucipii  della  fede.  Se 
poi  coH'animo  stesso  con  cui  noi  venim- 
mo, voi  qui  vi  recaste,  accordiamoci  tut- 
ti ed  anatematizziamo  l'eresie.  Probabil- 
mente dopo  questo  colloquio  avvenne  che 
gli  eretici  ed  i  cattolici  si  radunarono 
separatamente.  Presto  i  padri  riceverono 
nuova  lettera  dell'  imperatore  ,  che  vie- 
tando loro  d'occuparsi  nelle  cause  de* ve- 
scovi orientali,  ripetè  1'  ordine  di  man- 
dargli IO  legali,  i  quali  potrebbero  confe- 
rire cogli  orientali.  Ed  avendo  con  pro- 
messa di  consolato  ,  mandato  a  Rimini 
Tauro  prefetto  del  pretorio  d'Italia,  gl'm- 
giunse  di  non  lasciar  partire  i  vescovi,  se 
prima  non  si  accordavano  io  una  formo- 
la di  fede.  I  vescovi  cattolici  s'avvidero 
che  ciò  non  era  possibile,  senza  esser  te- 
nuti per  vili  e  prevaricatori,  onde  unani- 
mi definirono:  Doversi  tenere  e  professa- 
re intera  la  formola  Nicena;  nulla  a  que- 
sta esser  da  togliere  o  d'  aggiungere;  e 
quella  ad  essi  bastare.  Condannarono  e 
segregarono  dalla  Chiesa  cattolica  Ursa- 
cio, Valente  e  gli  allri  oppositori,  e  eoa 
particolari  anatematismi  confermarono 
le  condanne  contro  l'eiesiarca  Ario  e  le 
sue  bestemmie,  e  contro  le  altre  eresie. 
Finalmente  scrissero  ia  lettera  sinodica, 
rispettosa  e  prudente,  ma  ferma  e  petfet- 
lamenle  cattolica;  accennando  l'  operalo 
da  loro,  lo  supplicarono  a  lasciar  intatte 
le  cose  stabilite  a  Nicea,  ed  a  permette- 
re il  ritorno  alle  loro  sedi.  Il  concilio 
sembrava  terminato,  ma  fatalmente  noi 
fu  e  terminò  male.  I  io  vescovi  legali 
portatori  della  lettera,  giovani  d'età  e  po- 
co accoi  ti,  prevenuti  da  Valenle  e  da  Ur- 
sacio ch'eransi  alfretlati  di  giungere  dal- 
riinperatore,  per  l'indignazione  di  que- 
sto ,  miseramente  con  (rande  lasciaronsi 
persuadere  che  non  dovevasi  per  amore 
d'un  vocabolo  perpetuar  la  discordia;  ri- 
conobbero come  sinceri  cattolici  quelli  cui 
in  Riininì  avevano  condannali,  condan- 
narono quant'erasi  ivi  fallo,  e  sottoscris- 
sero l'insufficiente  ed  equivoca  formola 
di  Sirmio.  Cosi  oltrepassarono  e  Irasgre- 


VAL 

direno  il  mandato  del  concilio:  Costan- 
zo fu  soddisfatto,  e  gli  ariani  esultarono. 
Tornando  i  legati  a  Riniini,  venne  di  nuo- 
vo ingiunto  a  Tauro  di  non  lasciar  par- 
tire i  vescovi,  se  prima  tutti  non  sotto- 
scrivessero alla  sua  formola  di  fede,  con 
pena  d'esilio  a' renitenti  se  in  numero  non 
più  dii5.  1  vescovi  cattolici,  malconten- 
ti de'legati,  negarono  loro  la  comunione; 
ma  a  poco  a  poco,  meno  forse  per  le  mi- 
nacce e  preghiere  di  Tauro,  che  per  V  a- 
stuzia  di  Valente  e  de'  suoi,  i  più  si  an- 
darono piegando,  e  sottoscrissero  con  es- 
si una  formola  ,  che  reputarono  cattoli- 
ca. Non  seppero  sospettar  frode,  e  quel- 
r  ultimo  passo  fu  scandalo  pe'  deboli, 
trionfo  pegli  eretici;  la  Chiesa  ne  pianse 
e  con  s.  Liberio  riprovò,  restando  a  que- 
st'ultima parte  del  sinodo  riminese  l'ap- 
pellativo di  conciliabolo.  Zelanti  vescovi 
cedettero  allorché  dulia  lingua  versatile 
di  Valente  ricevettero  dichiarazioni  tali, 
che  didlcile  era  non  restassero  ingannati. 
Alcuni  tultavolta  ricusarono  sottoscrive- 
re, in  uno  a  Vincenzo  di  Capua  legato  a- 
postolico  ,  rifugiandosi  in  quel  luogo  di 
cui  riparlai  nel  voi.  LXXXVI,p.  i53.  Pa- 
pa s.  Liberio^che  dall'esilio  era  tornato  in 
Roma,  avendo  fulminato  colla  scomuni- 
ca la  nuova  formola,  fu  cacciato  da  Va- 
lente dalla  città,  per  aver  quest'ariano  ri- 
cevuto da  Costanzo  podestà  di  cacciar 
dalle  proprie  sedi  chiunque  avesse  ricu- 
salo sottoscrivere  il  sinodo' riminese.  Il 
Papa  fu  costretto  nascondersi  ne'subur- 
bani  cimiteri,  chia  mali  dall'annalista  Ri- 
naldi, di  Novello  e  di  Ostiiano,ove  s.  Da- 
niaso  I  che  avea  lascialo  in  Roma  suo  vi- 
cario, e  poi  fu  suo  successore,  e  gii  altri 
del  clero  romano  andavano  a  trovarlo, 
evi  restò  fino  alla  morte  di  Costanzo,  av- 
venuta nel  36 1,  dopo  la  quale  i  vescovi 
sbandeggiati  fecero  ritorno  alle  loro  se- 
di, venendo  restituita  la  pace  alla  Chie- 
sa. Però  il  Novaes,  nella  Storia  di  s.  Li- 
herìOf  scrive  ch'egli  dimorò  in  detti  luo- 
ghi sino  alla  preziosa  sua  morte,  a*  9  set- 
tembre 367,  essendo  stato  sepolto  nel  ci- 


VAL  243 

tniterio  di  Priscilla  nella  via  Salaria.  Nel 
precedente  anno  Valente  ed  Ursacio,  fec- 
cia degli  ariani,  co'  colleghi  nella  perfi- 
dia, fecero  in  Singedon,  sede  d'Ursacio  e 
chiamata  pure  Samandria,  una  conventi- 
cola o  conciliabolo  contro  i  cattolici  ed  i 
Scnii-Jrianiy  onde  scrissero  una  lettera 
a  Germinio  vescovo  di  quella  setta  per 
trarlo  alla  loro  parte;  ma  invano  andaro- 
no l'industrie  loro,  per  la  risposta  di  Ger- 
niìnio.Nel  36g  Papa  s.  Damaso  1  nel  con- 
cilio di Roma[F.)  nuovamente  condan- 
nò Valente,  Ursacio,  Aussenzio  di  Mila- 
no, ed  i  loro  aderenti  ariani,  con  senten- 
za di  scomunica,  confermando  la  fede  di 
Nicea  e  dichiarando  nullo  l'operato  in 
Rimini.  Il  Rinaldi,  che  mollo  scrisse  de* 
due  infestissimi  eretici  Valente  e  Ursacio, 
non  parla  più  di  loro  dopo  tal  nuovo 
anatema. 

VALENTI  Erminio,  CardinaleJùòYvQ' 
vi  nell'Umbria,  facendo  buon  uso  dell'in- 
gegno ricevuto  dalla  natura, si  formò  con 
esso  una  solida  base  alla  sua  fortuna.  Qua- 
si da  fanciullo  npplicossi  allo  studio  della 
giurisprudenza,  nella  quale  fece  progres- 
si così  rapidi,  che  riportatane  la  laurea, 
con  singoiar  applauso  degli  uomini  dotti 
e  scenziati,  fece  di  lui  concepire  liete  spe- 
ranze. Datosi  quindi  in  Roma  alla  pro- 
fessione d'avvocalo, fu  animesso nella  cor- 
te del  cardinal  Aldobrandini,  che  dive- 
nulo  Clemente  Vili,  1'  assegnò  con  feli- 
ce riuscita  per  segretario  al  suo  nipote 
cardinal  Pietro  Aldobrandini,  che  l'ebbe 
in  luogo  di  compagno  e  se  ne  servi  per 
iscrivere  le  lettere  a'prlncipi,  in  che  volle 
da  lui  solo  essere  aiutalo,  onde  perciò 
lo  lodai  come  più  per  pratica  che  per  i- 
studio  in  tale  materia,  nel  voi.  LXIII,  p. 
248  ("la  al  secolo  XVII  fu  omn»essoil  nu- 
mero 1,  dicendosi  XVI).  Dotato  Erminio 
di  meravigliosa  affabilità,  unicioso  all'ec- 
cesso ,  unicamente  contristavasi  quando 
il  suo  impegno  non  riusciva  efìicace  col 
cardinale  suo  signore.  D'altronde  il  suo 
ministero  l'esercitava  con  mirabile  assi- 
duità e  integerrima  fede,  per  cui  guada- 


244  VAL 

guatasi  giustamente  la  grazia  del  cardi* 
naie  e  del  zio  Papa,  questi  prima  lo  fece 
canonico  di  s.  Pietro,  e  poi  a'  9  giugno 
i6o4  Io  creò  cardinale  prete  di  s.  Ma- 
ria in  Trastevere ,  e  siccome  erasi  pro- 
cacciata l'universale  benevolenza,  la  sua 
promozione  fu  intesa  con  gran  gioia  da 
tutta  Roma.  Ma  il  Papa  morendo  poco 
dopo,  il  cardinale  restò  affatto  senza  prov- 
vista, Io  che  mosse  Paolo  V  nel  i6o5  a 
conferirgli  una  pingue  abbazia  e  il  ve- 
scovato di  Faenza,  dove  introdusse  i  car- 
melitani scalzi,  avendo  loro  accordata  la 
chiesa  di  s.  Tommaso.  Con  singoiar  pietà 
e  zelo  governò  la  diocesi  peri 3 anni,  nel 
corso  de'quali  non  mancò  di  celebrare  il 
sinodo  e  darlo  alla  pubblica  luce  per  van- 
taggio del  suo  clero.  Synodus  Favcntina 
anno  1 6 1 5,  Faventiae.  Acerrimo  difenso- 
re della  giurisdizione  ecclesiastica,  non 
perdonò  ne  a  fèìtiche,  né  a  spese  per  difen- 
derla e  mantenerla  illesa;  e  nel  tempo 
stesso  non  lasciò  d'essere  liberale  e  pro- 
fuso co' poveri,  non  meno  che  colle  chie- 
se, delle  quali  una  ne  fondò  in  onore  di 
s.  Paolo  apostolo,  oltre  la  cappella  ch'e- 
resse nella  cattedrale  alla  memoria  di  s. 
Carlo  Borromeo  canonizzalo  a  suo  tem- 
po. Ad  imitazione  del  proprio  pastore, 
il  magistrato  pubblico  di  Faenza  fececo- 
struire  incontro  a  detta  cappella  altra  no- 
bilissima dedicata  alla  B. Vergine.  Oltre  a 
ciò  il  cardinale  fece  edificare  un  mona- 
stero per  le  religiose  convertile,  e  accor- 
dò di  buon  grado  la  penitenzieria  della 
cattedrale  a'  gesuiti.  Dopo  aver  col  suo 
fufifragio  favorite  l'elezioni  di  Leone  XI 
e  di  Paolo  V,  condottosi  in  Trevi  sua  pa- 
tria per  ricuperare  col  beneficio  dell'a- 
ria nativa  la  salute  alquanto  alfranta,  vi 
perde  la  vita  nel  1618,  di  54  anni  non 
compiti,  ed  ebbe  sepoltura  nella  chie- 
sa di  s.  Maria  delle  Lagrime,  col  solo  no- 
me inciso  sulla  lapide  sepolcrale,  a  cui  in 
appresso  fu  eretto  nobile  e  sontuoso  avel- 
lo, ornalo  del  busto  del  cardinale  e  d'una 
prolissa  iscrizione.  Questa  si  legge  a  p.  1 3 
del  libro:  Le  antichità  Valentine^osQ 


VAL 

si  riportano  gli  scrittori  che  celebraro- 
no il  cardinale.  Fu  questo  porporato 
nomo  d'  insigne  prudenza,  e  perito  nel 
maneggio  de'  grandi  affari,  e  potè  dar- 
si il  vanto  d'  essere  stato  il  principale 
autore  della  concordia  seguita  tra  la  s. 
Sede  e  la  casa  d'Este, dopo  che  questa  per- 
de il  ducalo  di  Ferrara,  e  di  aver  anco- 
ra composte  le  vertenze  ch'erano  in  di- 
battimento tra  quelle  di  Francia  e  Sa- 
voia. 

VALENTI LoDOvico,Ctìfr^/W/c.  No- 
bile dell'Umbria,  nacque  in  Trevi  a*  27 
aprileiGgS  da  rispettabile  famiglia,  la 
quale  fu  sollecita  in  curare  la  sua  dili- 
gente educazione  e  istruzione,  poiché  si- 
no dalla  tenera  età  die  riprove  di  saviez- 
za, di  talento  e  di  amore  allo  studio. 
Questo  imparò  regolarmente,  massime 
nelle  materie  ecclesiastiche  e  legali,  co- 
mechè  sentivasi  assai  inclinato  alla  voca- 
zione chiericale,  ed  a  servire  la  s.  Sede. 
Neil 721  divenne  coadiutore  del  suo  zio 
Ferdinando  avvocato  concistoriale,  indi 
Benedetto  XIII  glielo  sostituì  nella  cari- 
ca  di  avvocato  fiscale  della  camera  apo- 
stolica. Clemente  XII  io  ascrisse  tra'pre- 
lati  domestici,  e  surrogò  a  mg.'  Caval- 
chini  nel  rilevante  impiego  di  promoto- 
re della  fede,  non  che  fece  consultore  de' 
riti  e  del  s.  offizio,  votante  della  segna- 
tura di  grazia  e  protonotario  apostolico 
soprannumerario,  come  si  ha  dalle  Noti- 
zie di  Roma.  Nel  1787  dal  collegio  de* 
suoi  avvocati  concistoriali  a'22  novem- 
bre fu  eletto  rettore  dell'  Università  Ro- 
mana {^.),  ed  ottenne  che  si  trasaudasse 
in  essa  l'anlichissi  ma  festa  di  s.Luca,e  che 
si  trasferisse  l'orazione  pel  riaprimento 
dell'anno  scolastico  a'25  novembre, festa 
di  s.  Caterina.  Nel  1740  fu  elevato  al  pon- 
tificato Benedetto  XIV  già  suo  collega 
e  predecessore  nel  promolorato  e  nel 
rettorato,  ed  egli  die  pubblici  e  ripetuti 
segni  di  letizia,  anche  per  incontrarne  il 
genio,  siccome  conoscitore  del  mondo  e 
della  corte,  e  non  alieno  dagli  onori  e 
dall'incremento  di  fortune,  come  osser- 


VAL 

va  Renazzi,  Storia  dell'  Unwersìtà  di 
Romani,  ^j  p.  68.  A  tal  fine  subito  ideò 
di  combinare  un  piano  di  riforma  e  di 
ampiianjento  dell'università,  che  capiva 
sarebbesi  dal  Papa  assai  gustato  e  che  in- 
sinuato avrebbelo  nella  di  lui  pontificia 
grazia.  Per  ivìggiungeie  il  suo  scopo  chia- 
mò in  suo  aiuto  i  professori  della  stessa 
università  di  maggior  credito  e  rinoman- 
za ;  ma  sebbeoedestroe  sottile,  non  pose 
niente  che  gli  altri  avvocati  concistoriali 
aveano  al  par  di  lui  e  fors*  anche  mag- 
gior desiderio  cPi  figurare  nelle  cose  uni- 
versitarie, e  insieme  di  conciliarsi  la  be- 
nevolenza del  Papa.  Scopertosi  da' col- 
leghi avvocati  quanto  da  lui  si  combina- 
va,dissimuIarono,  e  arrivato  il  mesed'a- 
gosto  174'»  convocatosi  il  collegio  de'me- 
desimi  avvocali  per  la  conferma  o  nuova 
elezione  del  rettore,  a  pieni  voti  scelsero 
l'avv. ''Tommaso  Antamori,  escludendo- 
ne il  Valenti  con  colpo  inaspettato.  Sva- 
nì per  allora  l'ideato  progetto  di  riforma, 
e  dipoi  riassunto  da  altri  avvocati,  ebbe 
((uel  felice  esito  in  parle,che  accenno  nella 
biografia  àaì  cavàìnaìSììvio FalentiGori' 
zaga.  Il  prelato  non  per  questo  si  smar* 
il,  e  collo  splendore  de'propri  meriti  con» 
tinuò  io  Roma  a  far  buona  figura,  e  da 
Benedetto  Xi  V  fu  vieppiù  promosso,  co- 
me leggo  nelle  Notizie  di  Roma,  In  fatti 
successivamente  lo  fece  prelato  della  rev. 
fabbrica  di  s.  Pietro,  esaminatore  de've* 
scovi  in  sagri  canoni,  gli  die  in  coadiu- 
tore quale  avvocato  concistoriale  Gio. 
Battista  dal  Corno  di  Ravenna  ,  e  nel 
1755  l'esaltò  all'importante  carica  d'as- 
sessore del  s.  ofiìzio  e  canonico  Vaticano. 
Clemente  XIII  nel  concistoro  de'9.4  set- 
tembre 1759  lo  creò  carduiale  dell'ordi- 
ne de*  preti  e  vescovo  di  Rimini.  A*i4 
ottobre  gli  conferì  l'episcopale  consagra- 
zione  nella  chiesa  principale  di  Castel 
Gandolfo,  in  uno  al  cardinal  Erba  Ode- 
scalchi  suo  vicario,  e  li  tenne  seco  a  men- 
sa con  solenne y[:)r^/2Zo  imbandito  nel  pa- 
lazzo apostolico  del  luogo.  Poscia  diede 
al  cardiuale  per  titolo  la  chiesa  di  s.  Su- 


VAL  ^4^ 

sanna,  donde  poi  lo  trasferì  a  quello  di 
s.  Croce  in  Gerusalemme;  lo  annoverò 
alle  congregazioni  del  concilio,  dell'esa- 
me de'vescovi,  de'rili,  de' vescovi  e  rego- 
lari, dell'indulgenze  e  reliquie;  e  lodi- 
chiaro  protettore  di  Narni  e  del  capitolo 
di  quella  cattedrale,  di  sua  patria  Trevi 
e  della  chiesa  de' ss.  Benedetto  e  Scola- 
stica di  Norcia  io  Roma.  Neil*  articolo 
RiMiNi,  narrai  le  grandi  benemerenze 
che  si  acquistò  il  cardinale  con  quella 
città  e  diocesi,  siccome  generoso  pastore. 
Il  n.**  7224  del  Diario  di  Roma  del  1 763 
racconta ,  che  il  cardinale  dopo  lunga 
raalattia,essendo  stato  assalito  da  gagliar- 
da febbre,  spedì  il  suo  maestro  di  came- 
ra a  Castel  Gandolfo  a  chiedere  a  Cle- 
mente XIII  l'apostolica  benedizione  per 
trovarsi  in  pericolo  di  vita. Aumentatosi  il 
roale,morì  inRoma  d'anni  69  non  finili,a' 
1 8  ottobre,  festa  di  s.  Luca,  rimarco  che  fci 
il  Renazzi,  pel  detto  di  sopra,  in  casa  del 
suo  cognato  Nicolò  M.'deVecchi  romano, 
decano  degli  avvocati  concistoriali ,  po- 
sta in  via  della  Catena  di  Borghese.  Ivi 
fu  decorosamente  esposto,  giusta  il  co- 
stume, vestito  degli  abiti  cardinalizi,  ove 
per  le  messe  di  suffragio,  oltre  la  cap- 
pella domestica,  furono  innalzati  due  al- 
tari dichiarati  dal  Papa  privilegiati,  ad 
istanza  di  mg.'  Filippo  Valenti  da  Trevi 
prelato  votante  della  segnatura  di  giu- 
stizia e  canonico  Liberiano  ,  probabil- 
mente suo  parente,  in  occasione  ch'erasi 
portato  a  Castel  Gandolfo  a  notificarne 
la  morte.  Colla  solita  pompa  e  per  di- 
sposizione del  defunto,  i  funerali  furono 
celebrati  nella  chiesa  di  s.  Andrea  delle 
Fratte,  per  esservi  sepolti  alcuni  de'suoi 
illustri  antenati.  Pontificò  la  messa  il  car- 
dinal Gentili  camerlengo  del  sagro  col- 
legio, terminata  la  quale  e  le  assoluzioui, 
in  esecuzione  del  disposto  nel  testamento, 
il  cadavere  rinchiuso  nelle  3  casse  nella 
sera  fu  trasportato  nel  titolo  di  s.  Cro- 
ce in  Gerusalemme  e  ivi  tumulato,  re- 
stando il  suo  cuore  nella  detta  chiesa  e- 
spouente,  sotto  una  lapide  che  sovrasta 


i46  VAL 

il  suo  slemma  genlilitio  formalo  di  mar- 
mi colorati  e  col  cappello  cartlinnlizio  , 
nella  nave  principale  o  mezzo  della  ba- 
silica e  poco  lungi  dall'ingresso  maggio- 
re della  medesima,  come  trovai  nel  re* 
carvimi  apposilan)ente. 

VALEiMI  GONZAGA  Silvio,  Car- 
(lìnalc.  De*mnrchesi  del  suo  nome,  nac- 
que in  Mantova  d'antica  e  illustre  fami- 
glia, e  prevenne  l'età  col  progresso  negli 
studi  che  fece  nel  collegio  floridissimo  de* 
gesuiti  di  Parma,  ne'quali  fu  aiutato  da 
una  memoria  così  felice,  che  avea  quasi 
del  prodigioso.Sapeva  a  mente  una  quan- 
tità innumerabile  de'piìi  belli  prodotti 
dell'italiana  poesia,  e  i  tratti  più  gravi  ed 
eloquenti  de'ss.  Padri  greci  che  avea  pro- 
fondamente studiati.  Se  nel  dettare  le  let- 
tere veniva  a  caso  interrotto,  dopo  lun- 
go intervallo  la  memoria  pronta  gli  sur- 
gerivB  il  luogo,  il  sentimento  e  le  parole 
the  avea  lasciate,  e  quanto  dovea  dire  in 
appresso.  Una  dama  di  Mantova  fornita 
di  buon  senso  e  di  finissimo  discernimen- 
to, la  cui  grata  conversazione  usato  egli 
era  di  frequentare  ,  sorpresa  dall' alta 
meraviglia  che  le  recava  il  di  lui  vivissi- 
mo ingegno,  gli  suggerì  di  recarsi  in  Ro- 
ma, dove  tutte  le  carriere  sono  aperte  al 
talento,  presagendogli  le  piti  luminose 
fortune.  E"li  si  arrese  al  di  lei  savio  e  ze- 
lnn!e  consiglio,  ed  ebbe  la  sorte  di  vede- 
re in  se  avverato  il  suo  felice  presagio. 
Nella  fieschissima  sua  gioventù  partì  da 
Mantova  per  Roma,  dove  compi  con  lo- 
de i  suoi  studi,  e  si  die  con  indicibile  cu- 
ra ad  apprendere  le  lingue  latina, greca  e 
francese,e  divenne  sì  franco  nell'usodelle 
medesime,  che  dettava  lettere  in  ciascu- 
na. Sotto  la  direzione  del  dolio  mg.'^Gal- 
liani  si  erudì  nella  storia  ecclesiastica  e 
nelle  più  gravi  discipline.  Cominciò  sin 
d'  allora  a  raccogliere  libri,  che  poi  in 
piogres«;o  d'eia, di  mezzi  e  di  onori,  creb- 
be a  tal  segno  di  opere  scelte  e  di  rare  e- 
dizioni,  che  in  Roma  divenne  una  delle 
più  complete  e  pregievoli  private  biblio- 
teche del  suo  tempo.  La  fama  intanto 


VAL 

delle  molle  cognizioni  e  de'suoi  vasti  la- 
lenli,  mosse  l'  animo  di  Clemente  XI  a 
speriuìentarne  l'abilità  in  una  gravissima 
circostanza.  Ad  oggetto  di  procurare  la 
restituzione  alla  s  .  Sede  della  città  di  Co- 
macchio  occupata  dagl'imperiali,  fu  in- 
vialo a  Vienna  Alessandro  Albani  ni- 
pote del  Papa.  D  opo  lo  spazio  di  vari 
mesi  il  Valenti,  già  dichiarato  camerie- 
re segreto,  dovette  recarsi  colà  per  por- 
tare la  berretta  al  cardinal  Althann:  in 
quell'occasione  ebbe  particolari  istruzio- 
ni relaii ve  all' affare  imporlanle  che  si 
maneggiava,  ond'egli  col  favore  de'suoi 
amici  e  colla  sua  fina  destrezza  seppe  in 
breve  tempo  appagare  le  premure  del 
Papa,  il  quale  contento  del  felice  succes- 
so di  sì  delicata  negoziazione,  chiamollo 
a  Roma  colla  mira  di  spedirlo  a  Torino 
per  sedare  alcune  turbolenze,  che  presso 
quella  corte  vertevano;  uìa  la  morte  del 
Papa  fece  svanire  questa  2.'  commissio- 
ne. L'oggetto  più  grave  che  l'occupò  poi, 
fu  il  procurare  a  suo  fivore  la  rinunzia 
dell'archimandritato  di  Sicilia  ,  che  da 
vari  anni  avea  determinato  di  fare  A- 
scanio  Gonzaga  di  lui  parente:  tutta  volta 
questo  all'are,  sebbene  si  fosse  recato  in 
quell'isola,  non  sortì  il  bramato  elfetlo, 
se  non  con  estrema  difficoltà  nel  princi- 
pio del  pontificato  di  Benedetto  XIII  , 
che  nel  1  724  lo  ascrisse  tra  il  numero  de' 
prelati,  indi  fu  fallo  consultore  del  s.  of- 
fizio,  come  leggo  nella  dedica  che  gli  fe- 
ce il  cav.  Pecci  della  Storia  del  vesco- 
vato di  Siena,  con  grandi  encomi.  Cle- 
mente Xll  lo  spedì  nunzio  a  Brusselles, 
dove  la  sua  prudente  e  savia  coiido  tta  gli 
fece  ottenere  alcune  cose  in  fìivore  della 
s.  Sede,  che  sino  a  quel  tempo  aveano  a* 
vuto  dell'impossibile.  Si  ricusavano  nelle 
Fiandre  i  brevi  facoltativi  del  Papa,  e 
questo  era  l'affare  più  importante  che 
allora  colasi  agitasse.  A  questo  diresse  le 
sue  prime  cure  e  i  suoi  maneggi,  i  quali 
per  l'alta  stima  e  il  favore  che  si  conciliò 
presso  Caterina  arciduchessa  d'Austria  e 
governatrice  di  quegli  stati,  ebbero  prò- 


VAL 

spero  e  felice  successo;  Imperocché  gli 
riuscì,  che  i  brevi  pontificii  si  accettasse- 
ro nella  stessa  maniera  in  cui  erano  slati 
soliti  a  riceversi  quando  le  Fianulie  era- 
no soggette  alla  monarchia  di  Spagna. 
Ottenne  ancora  di  più,  e  con  gran  me- 
raviglia, che  persino  nelle  terre  de'pro- 
testanti  dell'Olanda  e  in  Amsterdam  si 
promulgasse  la  bolla  del  giubileo  ordi- 
nario di  Clemente  XII  ,  per  implorare 
dall'Altissimo  la  pace  universale  d'Eu- 
ropa, e  rendergli  poi  i  ringraziamenti 
quando  si  fosse  ottenuta  e  conclusa  dalle 
potenze  belligeranti.  Dopo  aver  con  sa- 
viezza^ abilità  e  somma  lode  per  lo  spa- 
zio di  circa  3  anni  esercitata  la  nunzia- 
tura di  Brusselles,  fu  avanzato  a  quella 
di  Spagna,  vacata  per  morte  del  nunzio 
Alemanni.  Se  non  chea  motivo  d'alcu- 
ne dillereiize  insorte  tra  il  Papa  e  Filip- 
po V,  non  potè  giungere  ad  averne  su- 
bilo l'esercizio,  per  cui  fu  obbligato  a 
trattenersi  a'confìni  di  quel  regno  in  Bajo- 
na,  ove  Irovavasi  Anna  M."  di  Neoburgo, 
vedova  di  Carlo  11  re  di  Spagna,  alla 
quale  riuscì  destramente  il  nunzio  di 
persuadere  a  deporre  qualunque  sinistro 
sospetto  concepito  de'ministri  del  nuovo 
re  Filippo  V,  di  trattarli  con  maggior  fi- 
ducia e  tornare  in  Madrid.  Il  che  ese- 
guito dalla  regina,  che  inoltre  fece  il  suo 
testamento  a  favore  di  Filippo  V, venne 
il  nunzio  ani  messo  all'  esercizio  del  suo 
ministero,  durante  il  quale  godè  la  s.  Se- 
de in  quel  regno  una  perfetta  pace,  con 
sua  gran  reputazione.  In  premio  di  ave- 
re sostenute  le  suddette  nunziature  apo- 
sloliclie  con  tanto  plauso  e  decoio,  e  di 
aver  accomodale  le  controversie  con  re- 
ci[iroca  soddisfazione  delle  parti,  passa- 
to appena  un  triennio  nella  nunziatura 
di  JNladrid,  Clemente  XII  a'  19  dicem- 
bre 17  38  lo  creò  cardinale  prete  di  s.  Pri- 
sca,reslando  peralcun  tempo  pro-nunzio, 
iinchè  il  Papa  lo  nominò  legato  apostoli- 
co di  Bologna;  ma  la  sua  partenza  riuscì 
dispiaceutissima  a  tutta  la  corte.  La  re- 
gina Elisabetta  Farn.ese,p"er  segno  di  sua 


VAL  247 

intima  benevolenza,  gli  donò  un  quadro 
da  lei  dipinto  ed  esprimente  s.  Caterina. 
]l  re  poi  gli  regalò  un  altro  quadro  che 
ornava  la  camera  del  suo  letto,  capo  d'o- 
pera di  Correggio  e  rappresentante  s.  M." 
Maddalena.  Inoltre  Fdippo  V  lo  amò  e 
distinse  con  islraordinarie  dimostrazioni, 
l'ammise  alla  sua  confidenza,  lo  consultò 
negli  affari  più  importanti  del  reame,  e 
lo  voleva  trattenere  in  Ispagna  per  suo 
I.*'  ministro  ,  il  che  forse  si  sarebbe  ef- 
fettuato, se  per  la  morte  del  Papa, avve- 
nuta a'6  febbraroi74o,  non  si  fosse  do- 
vuto sollecitamente  portare  a  Roma  pel 
conclave.  Contribuì  all'elezione  di  Be- 
nedetto XIV,  il  quale  con  generale  ap- 
plauso subito  lo  nominò  segretario  di 
stato,  eminente  carica  che  esercitò  il  car- 
dinale finché  gli  durò  la  vita,  non  poten- 
dosi più  recare  alla  legazione  di  Bologna, 
a  cui  lo  avea  destinalo  il  predecessore. 
Divenne  pure  prolettore  dell'ordine  be- 
nedettino, de'collegi  greco,  e  germanico- 
ungarico,  dell'ospizio  apostolico  dis.  Mi- 
chele; prefetto  della  congregazione  di 
propaganda,  nel  1  747  camerlengo  di  s. 
Chiesa,  e  dipoi  nel  i  703  vescovo  subur- 
bicario  di  Sabina.  Sul  principio  di  sua 
amministrazione  dello  stalo  pontificio, 
con  ijidicibile  sperlezza  e  meravigliosa 
prudenza,  le  sue  premure  si  rivolsero  a 
restituire  la  tranquillità  e  la  pace  esterna 
alla  Sede  apostolica.  Le  vertenze  conti- 
nuale per  molti  anni  tra  essa  e  le  corti  di 
Portogallo,  di  Sicilia  e  di  Sardegna  fu- 
rono in  virtù  de'suoi  negoziati  vinte  e  su- 
peiale  con  reciproca  soddisfazione  delle 
parli.  Si  riaprirono  quindi  le  nunziatu- 
re di  Lisbona,  Napoli  e  Torino,  e  la  da- 
teria apostolica  per  tali  stati  riassunse 
l'esercizio  delle  sue  spedizioni,  e  colla  sua 
profonda  prudenza  e  conciiiante  conte- 
gno seppe  rendeisi  amiche  le  araiata 
sp;ignoole,  napoletane  e  austriache  tra 
loro  belligeranti  ne'dominii  della  s.  Sede, 
e  pervenute  sino  alle  porte  di  Roma. Do- 
talo il  cardinale  di  mente  vasta  e  di  ta- 
lento superiore  a  qualunque  grave  UC' 


248  VAL 

gozio ,  li   guadagnò  il  credilo  di  degno 
ministio  primario  d'un  Beiiedetlo  XI V, 
da'ptìi  savi  e  avveduti  ininislri  delle  corti 
d'Europa-  Secondò  il  genio  del  gran  Pon- 
tefice e  il  suo  proprio,  con  tanto  lustro 
del  suo  memorabile  pontificato,  sia  per 
le  leltereche  colle  arti.  Contribuì  all'au- 
mento delle  cattedre  nell'università  ro- 
Diana,  come  alla  formazione  della  carta 
topografica  dello  stato  pontificio,  o  map- 
pa geografica,  eseguita  da'gesuili  Bosco- 
vich  e  Maire.  Senza   crescere  l*  imposte 
cooperò  al  miglioramento  delle  finanze, 
ad  onta   delle  tante  spese  iinpiegale  in 
nuovi  edifizi  e  pel  restauro  di  altri  ;  fa- 
vorì il  commercio,  e  riformò  vari  abusi, 
migliorando  la  pubblica  am ministrazio- 
uè.  Quando  voleva  riposarsi  dalle  cure 
si  recava  in  un  luogo  solitario  della  città, 
ove  un  scello  numero  d'amici  delle  let- 
tere, alcune  raccolte  di  piante  esolicbe, 
degli  strumenti  di  fisica  e  d'astronomia, 
una  scelta  biblioteca  e  vari  capolavori 
d'arte,  rendevano  quella  casa  un  liceo,  ed 
ove  trattava  i  suoi  ospiti  con  amabile  af- 
fabilità, lo  questa  villa,  emula  dell' an- 
tiche romane,  fece  germogliare  per  la  i ." 
volta  non  solo  molte  piante  esotiche,  ma 
eziandio  per  lai."  volta  fece  gustare  l'a- 
nanas. Sorpreso  da  un  accidente  apople- 
lieo,  nel  piti  bel  corso  di  sua  gloriosa  vi- 
ta, non  fu  possibile  che  ricuperasse  giam- 
mai perfetta  salute  ,   quantunque  a  tal 
uopo  si  adoperarono  tutti  i  rimedi  del- 
l'arte salutare.  Portatosi  a'bagni  di  Vi- 
terbo per  ricuperare  la  sanità,  caduto  in 
cronicismo,  vi  moiì  nel  i  ^56  di  66  anni, 
con  vivo  rammarico  del  Papa.  Trasferi- 
to il  cadavere  a  Koma,  fu  sepolto  nella 
chiesa  di  s.  Bonaventura  alla  Polverie- 
ra nel  Monte  Palatino,  innanzi  l'altare 
maggiore,  sotto  una  semplice  e  disador- 
na lapide,  che  il  cardinale  vivente  era- 
visi  fatta  collocare,  ed  in  cui  fu  incisa 
breve  iscrizione;  altra  più  diffusa  e  ben 
concepita  gli  fu  eretta  nel  1757  da'  be- 
nedettini nella  basilica  Ostiense,  nella  pa- 
\ii\6  cioè  della  stanza  che  precede  la  sa- 


VAL 

grestìa,  in  memoria  degl'insigni  benefizi 
compartiti  dal  cardinale  a  quell'ordine. 
^aW Effemeridi  letterarie  di  Roma  l\g\ 
1776,  n.°  i5y  vi  è  un  sunto  óeW Elogio 
del  cardinal  Sih'io   talenti  Gonzaga 
dedicato  a  Pio  FI^  Roma  1776.  Ne  fu 
l'autore  mg."^  Claudio  Todesclii  ministro 
in  Koma  di  Ferrara  sua  patria.  Lo  ce- 
lebra come  uno  de'piìi  illuminati  cardi- 
nali che  a'suoi  giorni  regolò  gli  allari  del 
principato  della  romana  Chiesa.  Dotto, 
penetrante,  ed  occupatissimo  senza  pa- 
rerlo, seppe  egli  reggere  tutti  in  un  tem- 
po e  solidamente,  non  meno  gli  allari  che 
si  estendono  per  tutto  il  mondo  cattoli- 
co, che  i  politici,  gli  economici,  i  lettera- 
ri e  quelli  delle  bellearti.  Secondò  in  tut- 
to ciò  i  grandi  talenti  e  il  genio  di  Bene- 
detto XIV,  cambiando  in  Ironia  il  me- 
todo e  la  natura  degli  studi  con  iscuole 
nuove  nella  fisica, geometria,  chimica,  bo- 
tanica, storia  naturale  e  gius  pubblico; 
aprendovi  inoltre  nuove  accademie  let- 
terarie. Sotto  i  di  lui  auspicii  fu  pid)bli- 
cato  in  Roma  il  periodico  Giornale  de* 
letterati^  che  durò  sino  alla  sua  morte 
e  informò  l'Italia  degli  altrui  studi  e  de* 
nostri.  Per  lui  furono  disegnate,  incise  e 
colorate  leLogge  diRaffaele  egregiamen- 
te. Si  rese  amiche  le  armate  belligeranti 
che  si  accostarono  a  Roma,  nella  quale 
fece  regnare  l'abbondanza  in  tempo  di 
carestia.  Nella  prefettura  di  propaganda 
dilatò  nell'Indie  la  religione.  E  per  non 
dire  altro,  fu  pel  cardinal  Valenti   che 
Benedetto  XIV  conobbe  il  Braschi,  che 
incominciata  sotto  tanto  patrocinio  la  sua 
sublime  carriera,  pervenne  alla  cattedra 
dis.  Pietro  col  nome  di  Pio  VI.  Altre  ma- 
gnifiche lodi  pubblicò  dell'  insigne  por- 
porato il  Renazzi,  nella  Storia  deW  U' 
nivcrsità  di  Roma,  t.  4»  p-  2  36,  rimar- 
cando le  principali  sue  memorabili  azio- 
ni, e  particolarmente  come  camerlengo 
l'operato  in  favore  del  singolare  incre- 
mento dell'università  degli  >.tudi  ;  poiché 
oltre  l'accennato  con  mg.*^  Todeschi  ,  il 
wuovo  teatro  fisico  fuforuilodi  slromeu- 


VAL 

ti  e  macchine  moderne  pegli  sperimenll. 
Nola  che  il  suo  impegno  pel  pubblico  in- 
segna menlo,non  derivò  da  vanità, ina  da 
gran  fondo  di  erudizione  e  di  finissima 
intelligenza.  Riguardo  alle  belle  arti,  fu 
egli  che  persuase  Benedetto  XIV  ad  isti- 
tuire 1'  accademia  del  nudo  nella  gran 
sala  di  Campidoglio  per  iscuola  pubblica 
del  disegno.  Eppure  dopo  tanti  alti  en- 
comi, dopo  tante  benemerenze,  il  popolo 
fu  malcontento  di  lui  nel  declinar  di  sua 
vita,  annoiato  di  vederlo  costantemente 
nella  più  intima  conlidetiza  e  favore  del 
Papa,  e  perchè  tutto  poteva  sul  suo  ani- 
mo,su  diche  può  leggersi  il  voi.  LXIlI,p. 
lyy.  Il  lungo  godimento  della  benevo- 
lenza de'sovrani,  nelle  loro  corti  e  preci- 
puamente in  quelle  de'principi  elettivi  , 
suole  produrre  gelosie  e  nimicizie,  non 
volendosi  che  il  potere  venga  esercitato 
a  lungo  esclusivamente  da  uno  o  da  po- 
chi stabili  individui,  poiché  tutti  aspira- 
no di  pervenire  a  dominare  alla  loro  vol- 
ta, e  se  non  succedono  le  vagheggiale  va- 
riazioni restano  delusi.  La  storia  è  piena 
disilfalti  esempi. Gli  si  rimproverò  più  di 
tutto  il  famoso  concordato  colla  Spagna 
(/^.);  e  se  non  fosse  premorto  al  Papa, 
egli  avrebbe  patito  umiliazioni  e  forse  ol- 
traggi I  Tanto  rilevo  dalla  storia  mss.  e 
contemporanea  del  conclave  per  l'elezio' 
uè  del  successore  di  Benedetto  XIV. 

VALElNTl  GOiNZAGA  Luigi,  Car- 
dinale. Nipote  del  precedente  cardinal 
Silvio,  nacque  dalla  celebre  e  nobilissi- 
ma sua  famiglia  in  Revere,città  della  dio- 
cesi di  Mantova,  a' 1 5  ottobre I  7*25.  Col- 
la direzione  di  un  tanto  zio  ricevè  accu- 
rata e  compita  educazione,  corrisponden- 
do col  suo  talento  e  buona  volontà  a'ri- 
cevuti  insegnamenti,  per  cui  si  rese  an- 
ch'egli  illustre  per  le  virtù  di  cui  andò 
adorno,  e  pel  suo  amore  non  meno  per 
le  scienze,  che  per  le  belle  arti.  Dedica- 
tosi allo  stato  ecclesiastico  ,  s'  iniziò  nel 
servizio  della  s.  Sede,  e  Benedetto  XIV 
Io  annoverò  tra'  suoi  catnerieri  segreti 
ì»opratiaumei'arij  coaàullure  de'rili^pr^- 


V  A  L  249 

Iato  della  fabbrica  di  s.  Pietro,  protono- 
tario  apostolico  suprannumerario  ,  pre- 
sidente della  camera  apostolica.  Indi  Cle- 
mente XIII  lo  fece  prelato  dell'immu- 
nità  ecclesiastica  e  chierico  di  camera  , 
mentre  il  cardinal  Alessandro  Albani  lo 
deputò  vicario  della  sua  diaconia  e  basi- 
lica di  s.  Maria  in  Cosmedin.  Quindi  il 
Papa  a'g  luglio  i  y64  lo  preconizzò  arci- 
vescovo di  Cesarea  in  partibus,  e  lo  no- 
minò nunzio  apostolico  della  Svizzera.  I 
suoi  aurei  costumi  e  le  sue  dolci  manie- 
re, non  che  le  sue  virtù  religiose  gli  con- 
ciliarono la  slima  e  Talfezione  non  solo 
de*  cantoni  cattolici,  massime  di  Lucer- 
na ove  risiedeva  ,  ma  sibbene  di  quelli 
protestanti.  Pertanto  Clemente  XIV  nel 
1  yyS  lo  promosse  alla  nunziatura  diSpa- 
gna,  nella  quale  pure  si  meritò  pubbli- 
che e  singolari  testimonianze  di  lode  e  di 
ammirazione  dal   re  Carlo  IIÌ.   In  pre- 
mio di  SI  nobile  carriera.  Pio  VI  nel  con- 
cistoro de'iS  aprile  1776  lo  creò  cardi- 
nale dell'ordine  de'preli,  riservandolo  ia 
petto;  indi  in  quello  de'  20   maggio  lo 
pubblicò,  inviandogli  per  ablegato  apo- 
stolico colla  berretta  cardinalizia   il  suo 
nipote  m2^,^ Guerrieri  Gonzaga  [F.)  poi 
cardinale.  Tornalo  in  Roma  il  cardinale, 
il  Papa  l'ornò  col  cappello  cardinalizio, 
gli  die  per  titolo  la  chiesa  de*  ss.  Nereo 
ed   Achilleo,  e  successivamente  gli  con^ 
ferì  le  congregazioni  del  s.  odizio,  de've- 
scovi  e  regolari  ,  del  concilio,  di  propa- 
ganda, dell'indulgenze  e  reliquie, dell'in- 
dice, dell'acque,  della  correzione  de'libri 
della  chiesa  orientale,  e  nel  1778  lo  fece 
prefetto  di  quella  dell'  immunità  eccle- 
siastica, e  poi  dell'economia  di  propagan- 
da. Gli  attribuì  le  proteltorie  de'  cano- 
nici regolari  Lateranensi,  del  monastero 
di  s.  Marta,  del  collegio  germanico-un- 
garico,  dell' arcicoufralernita  di  Gesù  e 
Maria,  delle  monache  del    Corpus  Do^ 
mini  di  Forh,  e  di  Castel  Madama.  Inol- 
tre nel  1778  lo  dichiarò  legato  apostoli» 
co  di  Ravenna,  nel  quale  articolo  notai 
come   vi  lasciò  celcbve  e  ludevolissimu 


ajo  VAL 

fuenioria^  per  le  benemerenze  esercita- 
tevi, e  per  avere  nobilmente  restaurato 
e  abbellito  con  leggindre  forme  il  se- 
polcro (li  Dcinte  Alighieri,  come  insigne 
protettore  ile'dotli.  Dimesso  il  titolo  car- 
diiuilizio,  Pio  Vi  nel  concistoro  deli." 
giugno  1 795  lo  procliiinò  vescovo  snbur- 
bicario d'Albano.  Nel  1  798  occupata  Ro- 
Uia  e  tostalo  papale  da'repubblicani  fran- 
cesi detronizzato  e  imprigionalo  Pio  Y\, 
sparpaglialo  il  sagro  collegio  ,  il  cardi- 
nale per  un  tempo  restò  in  Roma  con 
altri  I  scolleghi,  i quali  non  tralasciando  i 
consueti  ullizi  di  religione,nel  dì  delle  Ge- 
neri, e  nel  lai. "e  2.''  domenica  di  quare- 
sima fecero  cappella  nel  coro  della  ba- 
silica Vaticana,  finché  agli  8  marzo  fu- 
rono imprigionali, tranne  i  cardinali  Va- 
lenti e  Rezzonico  gra veniente  infermi. 
Continuando  il  cardinale  a  dimorare  in 
Iloma,  appena  guarito  ne  partì,  e  dopo 
)a  gloriosa  morie  del  Papa  in  Valenza  , 
si  recò  a  Venezia  e  co' suoi  colleglli  nel 
1800  procedèall'elezionedi  Pio  VII,  nel- 
la quale  narra  l'Artaud  nella  Storia  di 
Pio  TlI^  che  si  pensò  anche  al  cardinal 
Valenti  efu  tra'candidali  al  sommo  pon- 
tificalo. All'  articolo  Bibliotecario  di  s. 
Chiesa,  dichiarai  che  il  Papa  nel  1802  lo 
elesse  a  quella  dignità,  e  che  arricchì  la 
biblioteca  di  diversi  preziosi  mss.  Dive- 
nulo  sotto-decano  del  sagro  collegio, Pio 
VII  nel  concistoro  de'3  agosto  1807  lo 
trasferì  al  vescovato  suburbicario  di  Por- 
to e  s.  Rufllna.  Il  n.°io5  del  Diario  di 
B-Oììia  del  1808,  col  più  vivo  dolore  ne 
annunziò  la  morte  avvenuta  nel  palazzo 
del  collegio  germanico-ungarico,  presso 
s.  Apollinare,  da  lui  abitato  e  in  etàd'84 
anni ,  la  mallina  de'  29  dicembre  verso 
le  ore  16.  Quindi  il  n.'  i  del  Diario  del 
1809,  riporla  i  funerali  e  ne  fa  l'elogio. 
Il  suo  cadavere  vestito  degli  abiti  cardi- 
nalizi fu  esposlosopra  alto  letto  nel  gran- 
de oratorio  del  collegio  di  cui  era  pro- 
lettore, e  nelle  3  seguenti  mattine  furo- 
no di  continuo  celebrale  delle  messe  sì 
Jieiroralorio,  che  negli  altari  della  coa- 


V  A  L 

tigna  chiesa  di  s.  Apollinare,  dichiarali 
per  tale  elFello  privilegiati  dal  Papa.  Gii 
ordini  mendicanti  in  detti  giorni  vi  si 
portarono  per  cantarvi  a  vicenda  rulli- 
zio  de'defunti. Nella  sera  dell'idtimo  gior- 
no il  suo  corpo  fu  trasportalo  in  s.  A- 
pollinare  apparata  maestosamente  a  lut- 
to, ricevuto  sulla  porta  della  chiesa  dal 
clero  per  farvi  la  consueta  assoluzione. 
Nella  seguente  mattina  si  vide  esposto 
su  elevato  letto  ricoperto  di  ricco  drap- 
po funerario  e  circondalo  da  100  cerei  e 
4  torcie,  a'iati  essendovi  le  4  banderuo- 
le sostenute  da'suoi  piìi  antichi  palafre- 
nieri vestili  a  lutto.  Di  buon'ora  vi  ri- 
tornarono i  detti  religiosi  a  ripetere  l'uf- 
fizio de'morti,  e  poi  vi  fu  cappella  papa  - 
le  coll'inlervenlo  de' cardinali,  prelati  e 
altri  soliti,  cantando  la  solenne  messa  di 
requiem  il  cardinal  Malici  vescovo  di 
Paiestrina,  che  fece  in  seguito  V  assolu- 
zione. Fu  poscia  amato  nella  stessa  chie- 
sa innanzi  la  cappella  dis.  Luigi  Gonza- 
ga, ch'è  lai."  a  destra,  come avea  in  vita 
ordinalo,  e  dipoi  gli  fu  collocata  sopra 
semplice  e  onorevole  lapide  marmorea. 
Amico  delle  lettere  e  fautore  de'suoi  cul- 
tori ,  fu  benefico  pastore.  Ne'  vescovati 
d'Albano,  e  di  Porto  e  s.  RufTina  sarà 
sempre  accompagnato  il  suo  nome  dalle 
benedizioni  de' popoli, per  la  costante  pre- 
mura colla  quale  indefesso  si  occupò  dello 
stabilimento  del  seminario  e  delle  pub- 
bliche scuole,  air  ornamento  delle  sue 
chiese,  alla  coltura  degli  ecclesiastici,  ed 
al  sollievo  de'poveri.  Ne'  n.i  48  e  49  ^^^' 
V  Effemeridi  letterarie  di  Roma  de  i  791 
si  rende  ragione  della  magnifica  eduio- 
ne  a  lui  intitolata  ,  colla  continuazione 
dell'ex  gesuita  Giuseppe  Mariolti:  Sci- 
pionis  Gonzaga  Card.  Commentario- 
rum  rerum  suarum,  Romae  1 79 1 •  Pre- 
zioso monumento,  scritto  con  nobile  det- 
tato sulla  importante  storia  e  origine  del- 
la celeberrima  fimiglia  Gonzaga,  che  in 
tante  linee  sovrane  divisa,  forma  sì  gran 
parte  della  storia  di  Mantova  che  prin- 
cipalmente signoreggiò,  e  d'Italia  ancora. 


VAL 

VALENTINA  (s.),  vergine  e  mailiie. 
r.  Tea  (s.). 

VALENTINIANI.  Eretici  dell'nntica 
sella  de'  Gnostici  [f^.)^coù  chiamali  da 
Valentino  filosofo  lorocnpo,clie  compar- 
ve verso  l'anno  i  34-  Credesi  die  fosse  di 
rbrebon  o  di  Pharbè,  cillà  situata  sulle 
coste  dell'Egillo; di  Fehonite  lo  dice  il  P«.i- 
lìaldi  iì€^\'iJfinaliecclcsiastici.Frecivien~ 
tò  le  lezioni  della  scuola  d'Alessandria, 
dove  si  distinse  nella  letteratura  e  nelle 
scienze  de*  greci.  Applicossi  dapprima  a 
predicar  la  fede  nell'Egitto,  ciò  che  fece 
anco  in  Roma,  come  alferma  s.  Epifa- 
nio. Avendo  brigato  l'episcopato,  che  il 
suo  spirito  e  la  sua  eloquenza  gli  avevano 
fallo  sperare,  ebbe  il  dispiacere  di  vede- 
re a  lui  preferito  un  semplice  confessore 
della  fede.  Umilialo  il  suo  orgoglio,  pie- 
no di  dispetto  formò  il  pravo  disegno  di 
condjaltere  la  dottrino  della  Chiesa,  e  di 
divenire  il  capo  d'una  nuova  selta,uu  ere- 
siarca. Per  lo  studio  che  aveva  fallo  de'li- 
bri  greci,e particolarmente de'principii  di 
Platone  e  di  Pitagora,  mischiò  la  dottri- 
na dell'idee  ed  i  misteri  de'uumeri^  col- 
la teogonia  d'Esiodo  e  coll'Evaugelo  di 
s.  Giovanni,  il  solo  ch'esili  considerava 
come  autentico,  e  fabbricò  un  sistema  so- 
migliante a  quello  di  Basilide  d'Alessan- 
dria discepolo  di  Simon  Mago  e  caposel- 
ta  degli  eretici  Basilidìani  (F.)^  e  somi- 
gliante pure  a  quello  de'guoslici.  Fabbri- 
cò un  nuovo  sistema  di  religione ,  che 
consisteva  in  una  genealogia  favolosa  di 
molli  Eoni  od  Eone  (nome  greco  che  si- 
gnifica secolo,  e  che  Valenlino  dava  al 
suo  Dio  ed  a  tutte  le  sue  produzioni,  di 
cui  faceva  altrettante  persone),  maschi  o 
femmine,  di  cui  componeva  la  divinità, 
che  chiamava  Plerorna  o  Pienezza  invi- 
sibile e  spirituale.  Il  Rinaldi  dice,  che 
Valentino  ad  imitazione  d'  Esiodo  finse 
3o  Dei,  che  nominò  secoli,  i5  maschi  e 
i5  femmine,  Eoni  e  Eone.  III."  di  que- 
sti Eoni  ed  il  più  perfetto,  era  un  essere 
invisibile,  eterno,  non  generato,  incom- 
prensibile,  che  chiamava  più  comune- 


VAL  25i 

mente  ryllios  ,  cioè  profondità.  Da  vagli 
per  moglie  Eunoì'o,  od  il  pensiero,  che 
chiamava  anco  charìsy  grazia,  e  sige^  si- 
lenzio. Ammetteva  fino  a  3o  coppie  di 
Eoni  (e  figuranti  ancora  i  3o  anni  della 
vita  ritirala  del  Salvatore),  a'quali  limi- 
lava  tutla  la  pienezza  della  divinità.  Ag- 
giungeva che  tutti  gli  Eoni  avevano  con- 
tribuito alla  produzione  del  Solerò  o  Sal- 
vatore, che  non  aveva  fatto  che  passare 
negli  interiori  della  Vergine  ,  come  per 
un  canale,  senza  prendervi  cartie.  Oltre 
a  questi  sogni  e  molti  altri  simili,  i  valen- 
tiniani  distinguevano  3  sorla  di  uomini, 
gli  spirituali  ,  i  psichichi  (o  animali:  psi- 
chico o  animale  è  un  nome  odioso  che 
Tertulliano  die  a'  cattolici,  dopo  averli 
abbandonali),  ed  i  materiali  o  carnali.  L 
primi,  nel  numero  de'cjuali  essi  si  mette- 
vano, dovevano  infallibilmente  essere  sal- 
vati iti  anima  e  in  corpo,  per  qualunq<ie 
delitto  commettessero.  1  psichichi  pote- 
vano altresì  salvarsi  colla  semplice  fede  e 
colle  buone  azioni,  però  colla  sola  anima; 
ma  per  i  materiali  o  carnali,  non  dove- 
vano sperare  salute,  né  anche  colle  ope- 
re sante.  Negavano  in  generale  la  risur- 
rezione de'corpi;  e  la  fine  del  mondo  do- 
veva avvenire,  dicevanoessi,  quando  tut- 
ti gli  uomini  spirituali  sarebbero  forcna- 
ti  o  perfezionati  da  gnosi  o  dalla  vera 
scienza  (gnosa  significò  pure  spiritualità, 
e  da  tal  vocabolo  presero  il  nome  gli  e- 
retici  Gnosimachi).  Allora  ja  semente 
spirituale  avendo  ricevuto  la  sua  perfe- 
zione, Hachamelh,  loro  madre,  passerà 
nella  regione  media  nel  Pleronia  e  sarà 
maritala  col  Salvatore,  formalo  da  tutti 
gli  Eoni.  Gli  uomini  spirituali,  spogliati 
dalle  loro  anime,  e  diventati  puri  spiriti, 
entreranno  anch'essi  nel  Pleroina^  e  sa- 
ranno le  spose  degli  angeli  che  circonda- 
no il  Salvatore.  L'autore  del  mondo  pas- 
serà alla  regione  media,  dove  era  sua 
madre,  e  sarà  seguilo  dall'anime  de'giu- 
sli;  ma  nulla  di  animale  entrerà  nel  Pie- 
roma.  Allora  il  fuoco  eh*  è  nel  mondo 
comparirà,  si  accenderà,  consumerà  lut- 


a52  VAL 

la  la  materia,  e  si  consumerà  con  essa 
fino  atl  annullarsi.  Malgrado  rassurtlità 
ili  sua  dottrina,  Valentino  trovò  in  E- 
gillo  moltissimi  discepoli.  In  seguilo  an- 
dò a  Roma  verso  ili 54,  sotto  il  ponlilì- 
calo  di  s.  Igino,  sperando  di  poter  quivi 
trovare  de'faulori;  ma  dopo  d'essere  sla- 
to ripetutamente  escluso  dalTasserablea 
de'fedeli,  fu  scomunicatodefinitivamenle 
dopo  3  anni  ,  secondo  la  cronaca  di  s. 
Girolamo.  INarra  Rinaldi  all'anno  i55, 
che  Valentino,  e  Cerdone  caposetla  de' 
Cerdoniani,  nefandissimi  eresiarchi  ve- 
nuti in  Roma  ^  volendo  spargervi  i  pro- 
pri errori  vi  cagionarono  de'tumulli.  Vi 
rimase  Valentino  ne'ponlificati  di  s.  Igi- 
no,  di  8.  Pio  1,  di  s.  Aniceto ,  di  s.  Sole* 
ro,  ed  anche  di  s.  Eleulero  del  179  se- 
condo Tertulliano.  Dappoiché  prima  si 
mostrò  cattolico,  essendo  restalo  talmen- 
te sbigottito  dalla  maestà  della  Chiesa 
romana  ,  che  non  ardì  di  proferire  sco- 
pertamente le  sue  pazzie  e  bestemmie, 
indi  lo  fece  segretamente.  Professò  fìnta- 
mente  la  fede  cattolica,  ma  poi  scoperto 
fu  caccialo.  Ritornando  audacemente  in 
Roma,  die  a  vedere  d'essersi  corretto,  ma 
alla  fine  conosciutosi,  fu  condannato  af- 
fatto. Valentino  ben  lontano  dal  ricono- 
scere ed  abbiurare  i  suoi  errori,  tentò  al 
contrario  di  maggiormente  propagarli,  e 
la  sua  sella  eslendevasi  già  in  molle  prò- 
•vincie  dell'  oriente,  quando  morì  verso 
l'anno  161.  Scrisse  un  libro  di  epistole  ed 
omelie  pe'suoi  nefandi  dogmi,  citate  da 
Clemente  Alessandrino  e  da  s.  Epifanio, 
nelle  quali  appariva  un  eccessivo  orgo- 
glio. Gli  furono  pure  attribuiti  alcuni 
salmi,  un  Vangelo  che  conteneva  l'infan- 
zia del  Salvatore,  un  libro  intitolato  So' 
phia,  e  raccolse  una  infinità  di  cose  apo- 
crife. Non  pare  che  Valentino  propria- 
mente sia  stalo  il  I."  autore  delsuccen- 
nato  mostruoso  sistema  di  sua  setta;  ma 
che  prima  di  lui  lo  avessero  insegnato 
molli  capi  de' gnostici,  e  che  Valentino 
soltanto  lo  dispose  a  suo  modo.  Prima  e 
dopo  di  lui  tulli  i  riferiti  errori  furono 


VAL 

insegnali  da  altri  entusiasti, ciascuno  de* 
(piali  li  ordinò  secondo  il  suo  gusto.  Scris- 
sero contro  Valentino  :  Tertulliano  col  li- 
bro De  boni  I\larlfrìi\  o  contro  i  gno- 
stici, col  quale  nome  volevano  esser  chia- 
n)ali  anco  i  valentiniani  per  essersi  ad 
essi  uniti,  perchè  l'eresiarca  con  grave 
danno  della  Chiesa  spargeva  non  dover- 
si patire  il  martirio;  Giustino  ed  Ireneo 
martiri,  e  Proculo,  a'quaUTeodoreto  ag- 
giunge Teofilo  antiocheno,  Filippo  ve- 
scovo di  Cortina,  Modesto,  Origene,  Ro- 
done,  1  ppoli  lo,  ed  EusebioEinisseno;  con- 
futandolo eziandio  i  nominati  Clemente 
Alessandrino  e  s.  Epifanio.  Ma  la  pro- 
tervia de' valentiniani  fu  tanto  grande,  che 
disse  Tertulliano:  Cotmnci  possunt,  scd 
iuacleri  non possiint.  Dice  di  più,  che  i 
valentiniani  imitavano  ne'rili  loro i  segre- 
ti Eleusini,  usando  «ran  dilÌ2;enza  in  oc- 

'  DO 

cullare  quel  che  predicavano;  e  facendo 
le  cose  con  segretezza,  avevano  molle  por- 
le coperte  con  più  veli,  osservandovi  per- 
petuo silenzio.  Quindi  crede  il  Rinaldi, 
essere  avvenuto  che  in  Roma,  ove  Va- 
lentino buon  tempo  dimorò,  non  si  ce- 
lebrasse con  veli  tirali,  com'è  usanza  nel- 
la Chiesa  orientale,  ma  palesemente  ed  a 
vista  di  tutti;  e  non  solo  a  luce  chiara, 
ma  co'  lumi  accesi,  imperciocché  la  ve- 
rità d'altro  non  si  vergogna,  che  d'esser 
nascosta.  Adunque  a  dilFerenza  di  questi 
eretici,  volle  la  Chiesa  romana,  che  i  sa- 
grosanli  misteri  fossero  aperti  a  tutti.  An- 
che dopo  morto  Valentino  fu  condanna- 
to, dicendo  il  Novaes  nella  Storia  di  v. 
P'ittore  /del  1 94,  che  lo  condannò,  oltre 
ad  altri  errori,  per  ammettere  molti  Dei 
e  per  insegnare  che  il  corpo  di  Cristo  era 
celeste.  I  discepoli  di  Valentino,  sorliti 
dallo  slesso  tronco,  si  divisero  in  molle 
selle  d'  eretici,  fra  le  quali  gli  jédarniti, 
i  Selhiani,  ì  Cainid,  i  Doceli,  i  Severia- 
ni,  gli  apostolici,  gli  Ofiti  [V,)  ec,  che 
si  sparsero  fino  nelle  Gallie,  dove  trova- 
rono in  s.  Ireneo  vescovo  di  Lione  mi 
formidabile  avversario,  dopo  aver  dispu- 
tato in  Roma  contro  lo  stesso  Valentino 


VAL 

ed  i  suoi  discepoli  Fiorino  e  Bastie,  col- 
la voce  e  cogli  scritti.  Altri  più  famosi 
discepoli  che  turbarono  co'Ioro  eiioii  la 
s.  Chiesa,  furono  Tolomeo,  Secondo,  E- 
radione,  e  Marco  peggiore  di  tutti,  che 
alTeresie  aggiunse  l'arie  magica,  adope- 
rando cose  che  parevano  miracoli  ,  dal 
quale  derivarono  i  3Iar  e  iti. Mai  co  ingan- 
nò più  persone,  specialmente  donne,  col- 
le quali  sfogava  la  sua  sfrenata  volontà, 
come  somigliantemente  eseguivano  i  di 
Jui  discepoli,  che  portando  il  nome  di  cri- 
stiani rendevano  colle  sozzure  loro  odio- 
sa e  oltremodo  spiacevole  a'gentili  la  no- 
stra religione  ,  secondochè  narra  diiTu- 
samenfes.  Ireneo.  Fecero  maggior  dan- 
no alla  Chiesa  questi  scellerati  di  perdu- 
ta salute, che  i  persecutori  stessi,  massime 
pegli  allettamenti;  poiché  tutti  i  valenli- 
niani,  come  scrive  Tertulliano,asserivano 
non  doversi  confessar  Cristo  ,nè  patire  il 
martirio,  laonde  erano  sicurissimi  tra  le 
persecuzioni  mosse  dagl'imperatori  con- 
tro i  cristiani.  Congiunge  s.  Ireneo  con 
Marco  certo  Colarbasio,  di  cui  fa  altresì 
menzione  Tertulliano,  ed  appresso  Fila- 
strio  chiamato  anche  Basso.  Aggiunge 
Teodoreto  a'  Marciti  o  Marcasi  ti  gli  e- 
relici  Àrcontici  ed  Ascodruti  che  ripro- 
vavano i  sagramenli,  e  furono  più  astu- 
ti degli  altri  per  i  ngannare,  perché  viven- 
dosolitari  mostravano  d'essersi  spropria- 
ti  d'ogni  cosa.  Finalmente  riferisce  Ter- 
lullianOjfra  tulli  questi  discepoli  dell'ere- 
siarca Valentino  doversi  riconoscere  pu- 
re Teotimo.  Sebbene  lutti  derivassero 
da  Valentino,  nondimeno  con  altri  erro- 
ri si  discoslarono  dalle  sue  riprovate  pro- 
posizioni. I  costumi  de'valentiuiani  era- 
no molto  corrotti.  Oltre  alle  massime 
de'primi  Nicolai  ti  (^.),  avevano  molto 
aumentato  con  quelle  de'  Gnostici ,  sul 
soggetto  degl'impuri  piaceri  della  volut- 
tà carnale,  dicendo  che  abbisognava  da- 
re alla  carne  ciò  che  la  carne  deside- 
rava, e.  COSI  pure  allo  spirito  ciò  che  lo 
spirito  può  desiderare.  E  perciò  i  valen- 
iiuiaui  furono  sovente  confusi  co'gnosti- 


VAL  2^13 

ci.  Il  dottore  s.  Ireneo  si  fece  come  uno 
studio  particolare  di  combattere  Valen- 
tino, articolo  per  articolo,  e  di  riportare 
tutti  gli  errori,  ed  eziandio  le  massime 
che  la  modestia  e  il  pudore  non  permet- 
te di  qui  riferire.  Il  santo  confutò  la 
falsa  dottrina  nella  sua  opera  de  Cinque 
libri  contro  V  eresie^  e  fece  vedere  eh'  è 
un  compostodi capricci, d'assurdi, di  con- 
traddizioni, di  errori  sciocchi,  un  vero  po- 
liteismo, il  sistema  di  V.ilenlino.  Questo 
eretico  riguardossi  da  molti  come  un 
profeta  ed  un  filosofo  de' più  dotli,  ma 
le  sue  opere  non  più  esistono.  I  suoi  di- 
scepoli fecero  de'  cambiamenti  nel  suo 
sistema  sugli  Eoni.  Alcuni  rigettarono  il 
battesimo  e  tutte  le  ceremonie  esterne; 
altri  le  amministravano  in  un  modo 
straordinario  e  profano.  Gli  errori  de* 
valentiniani  si  sparsero  non  solamente  in 
Europa,  ma  anche  in  parte  dell'  Asia  e 
dell'  Africa  ,  con  perniciosissiaie  conse- 
guenze. Nel  passato  secolo  si  trovarono 
alcuni  critici  che  vollero  fare  risorgere  la 
memoria  di  Valentino  e  de' suoi  simili, 
fecero  ogni  sforzo  per  trovare  la  ragione 
e  il  buon  senso  in  un  caos  di  capricci  che 
i  Padri  della  Chiesa  riguardarono  cotne 
traviamento  di  spiriti  deliranti.  Beauso- 
bre  in  particolare  nella  sua  Stona  clelMa- 
nicheisnio  ,  tentò  questa  intrapresa;  so- 
stiene che  il  sistetna  di  Valentino  non  è 
tanto  ridicolo  come  sembra  a  prima  giun- 
ta, che  era  un  metodo  mistico  ed  allego- 
rico di  spiegare  gli  attributi  e  le  opera- 
zioni di  Dio,  che  questo  eretico  le  per- 
sonificò secondo  il  costume  de'filosofi  di 
quel  tempo,  che  sono  le  stesse  idee  di  Pi- 
tagora e  di  Platone,  i  quali  potevano  a- 
verle  prese  da'caldei.  Pretende  che  i  Pa- 
dri non  abbiano  inleso  il  vero  senso  di 
ciò  che  dicevano  i  valentiniani, eche fuor 
di  ragione  cercarono  di  rendere  odiosa 
questi»  dottrina.  Non  fu  di  questa  opinio- 
ne l'altro  prolestanle  Mosheun;  dopo  a- 
verla  ben  esaminata, neir///57.C7tr/.vY.,se- 
colo  II,  e  nella  Storia  /scc/., secolo  II,  ac- 
cordò che  in  qualunque  modo  si  riguar- 


254  VAL 

i)i  questa  dottrina,  non  si  potrà  mai  mo- 
strarvi un'apparenza  di  buon  senso  ne 
di  ortoclossia,e  che  tulli  quelli  i  quali  vi  si 
cimentarono,  hanno  gettala  la  fatica.  Con 
hinsja  e  dotta  discussione  Io  prova  il  dot- 
to Bergier,  nei  Dizionario  enciclopt di- 
co della  teologia^  dell'eresie  ec.,  nell'ar- 
ticolo /^'alentiniani  y  facendo  pure  1' e- 
slrallo  i]e5  libri  di  s.  Ireneo  ,  ed  oppor- 
tune riflessioni  sulla  detestabile  morale 
de'  valentiniani  e  de' gnostici.  Conclude 
col  dire.  L'adeltazione  de' protestanli  di 
voler  giudicare  tutti  gli  eretici  a  spese 
de' Padri  della  Chiesa,  dimostra  che  il  ca- 
rattere dell'eresia  è  sempre  lo  stesso,  ne 
da  XVIi  secoli  ha  cambiato.  Quando  si 
esamini  da  vicino,  scorgesi  esservi  una 
grandissima  differenza  tra  la  condotta 
dell'antica  sei  la  tie'gnoslici,  nata  sul  prin- 
cipio del  li  secolo,  e  quel  la  i\e  Protestan- 
ti (^.).  I  primi,  in  virtù  de'  lumi  supe- 
riori che  si  arrogavano,  vantaronsi  d'in- 
tendere e  spiegare  la  s.  Scrittura  meglio 
che  i  pastori  della  Chiesa  cattolica;  i  se- 
condi pretendono  d'avere  lo  stesso  privi- 
legio coH'aiuto  della  grazia  dello  Spirito 
Santo,  che  non  manca  mai  ad  alcun  par- 
ticolare di  loro  setta.  I  valentiniani,  de- 
rivati da' gnostici  nello  stesso  secolo,  per 
appoggiare  i  loro  comnsentari  citavano 
una  tradizione  occulta  e  conservata  tra 
xm  piccolo  numero  d'illuminati;  i  prote- 
stanti sostennero  ciie  in  ogni  secolo  era- 
"vi  stato  nel  seno  della  Chiesa  un  certo  nu- 
mero di  partigiani  segreti  della  verità, ma 
che  non  ardivano  dichiararsi  né  professa- 
re pubblicamente  la  loro  credenza;  indi 
chiamarono  in  loro  soccorso  i  Manicheiy 
gli  Jlhi^esi^  i  Valdesi^  ^\\  Ussiti,ì  JVi- 
clejìti  (V.)^  tutti  ribelli  com'essi  alla  dot- 
trina della  Chiesa  cattolica.  I  gnostici  si 
gloriavano  delle  filosofiche  loro  cognizio- 
ni, anteponevano  l'autorità  de*  filosofi  a 
quella  degli  apostoli  e  de' loro  discepoli; 
i  pretesi  riformatori  fecero  pomposa  mo- 
stra d'erudizione  che  avevano  acquistata 
collo  studio  delle  lingue,  della  critica,  del- 
ia storia  e  delle  belle  lettere,  furono  ere- 


VAL 

duli  superiori,  anco  in  materia  di  teolo- 
gia, non  solo  al  clero  che  in  quel  tempo 
insegnava,  ma  a'dottori  cattolici  di  tulli 
i  secoli.  Con  tultociò  prevalse  l'amiiìae- 
slra mento  pubblico,  costante,  rmiforme 
della  Cliiesa  a  tutti  gli  sforzi  degli  anti- 
chi eretici;  venti  sette  più  recenti  invano 
1'  attaccarono  da  quel  tempo,  sempre  si 
sostiene  e  persevera  come  nel  il  secolo, 
l'asta  questo  fenomeno  per  farci  com- 
prendere dove  si  trovi  la  vera  dottrina 
di  Gesù  Cristo. 

VALENTlNlANOI^OLl.Sede  vesco- 
vile della  I ."  provincia  d'Asia,  nell'esarca- 
to del  suo  nome,  sotto  la  metropoli  d'E- 
feso, chiamata  altresì  Oulico/ne,  Aure- 
liconie  ed  Aurcliopoli,  di  cui  furono 
vescovi  :  Eusebio,  che  occupava  que- 
sta sede  nel  4^0  >  6  Tommaso,  che  assi- 
stette ali." concilio  d'Efeso,  e  in  seguito 
a  quello  di  Costantinopoli,  dove  Euti- 
chio  fu  convinto  d'eresia.  Oriens  chr., 
l.  I,  p.  712. 

VALENTINO  (s.),  martire.  Era  pre- 
te della  chiesa  romana,  ed  insieme  con 
5.  Mario  e  tutta  la  sua  famiglia  adopra- 
vasi  in  servigio  de'confessoridi  Gesù  Cri- 
sto, che  pativano  per  la  fede  sotto  l'im- 
[>erntore  Claudio  ii.  I  pagani  perciò  lo 
arrestarono,  e  lo  trassero  dinanzi  al  pre- 
fetto di  Roma,  il  quale  dopo  avere  in- 
vano tentato  colle  più  lusinghiere  pro- 
messe di  fargli  rinnegare  la  fede,  ordinò 
che  fosse  crudelmente  batlulOj  indi  de- 
capitalo. Per  tal  modo  s.  Valentino  ri- 
portò la  corona  del  martirio,  a'  i4  feb- 
l^raio  dell'anno  270.  Dicesi  che  Papa  s. 
Giulio  I  del  336  fece  riedificare  una  chie- 
sa intitolata  a  s.  Valentino  presso  il  Pon- 
te Molle,  e  la  porta  oggidì  chiamata  del 
Popolo,  portava  anticamente  il  suo  no- 
me. Della  chiesa  e  cimiterio  di  s.  Valen- 
tino parlai  in  diversi  articoli,  come  ne 
voi.  LIV,  p.  176,  LXXIV,  p.  27.  La 
maggior  parte  delle  sue  reliquie  si  custo- 
disce nella  chiesa  di  s.  Prassede  di  R.oma. 
Egli  è  nominato  come  martire  illustre 
nel  Sagrauientariodi  s.  Gregorio  i  Ma- 


VAL 
gno,  nel  Messale  romano  di  Tommasi, 
nonché  in  diversi  calendari  e  marliro- 
logi. 

VALENTINO  ,  Papa  CHI.  Ebbe  la 
culla  in  Bouia  da  nobilissima  prosapia, 
figlio  di  Pier  Leonzio,  uomo  assai  pio,  a- 
bitanle  nella  lei^ione  Via  Lata.  Fino  dal- 
la sua  prima  età  fu  allevalo  e  visse  eoo 
costumi  immacolati,  nemico  de* giuochi 
e  degli  altri  tlivagamenti  solili  ne'giova- 
iii.  Alcuni  scrivono  c(»e  fu  affidalo  a  un 
dolio  maestro,  sotto  la  disciplina  del  qua- 
ìe  rivolse  tutti  i  suoi  studi  alla  divina  leg- 
ge, della  quale  procurò  penetrare  i  sensi 
più  profondi,  tenendoli  poi  presenti  col 
favore  d'  una   felicissima  memoria.  Per 
lo  svegliato  suo  ingegno  ed  eloquenza,  e- 
ragli  agevole  il  persuadere  e  dissuadere 
quanto  voleva  ,  benché  non  proponesse 
giammai  cosa  che  slata  non  fosse  mode- 
sta e  lodevole.  A  malore  de'poverijCOgl'in- 
segnamenli  ed  esempi  de'sanli  Pontefici 
s.  Pasquale  I  ed  Eugenio  il  si  perfezionò 
nelle  virtù  e  nella  sana  dottrina.  Laonde 
s.  Pasquale  I  lo  sollevò  al  grado  di  sud- 
diacono, e  poi  di  diacono  come  vuole  l'au- 
tore del  libro  Pontificale^  ed  in  fine  alia 
dignità  cardinalizia  col  grado  di  arcidia- 
cono di  s.  romana  chiesa.  Quindi  per  fanti 
suoi  meriti  e  per  morte  d'Eugenio  II,  do- 
po 4  giorni,  nel  i  ."settembre  827,  fu  per 
comune  e  generale  consentimento  del  cle- 
ro e  del  popolo  elelfo  in  romano  Ponte- 
fice. Sebbene  secondo  i  consueti  riti  se- 
guisse comunemente  prima  Vordinazio- 
ne  nella  basilica  Vaticana,  e  poi  l'/«//o- 
nizzazioìie,  che  per  consueto  avea  luogo 
nella  basilica  Laterenense,  tuttavia  Va- 
lentino fu  prima  intronizzalo  che  con- 
sagratOjCome  notò  il  p.  Mabillon,mCom- 
uìcn.  ad  Ord.  Rom.,  e.  1 8,  p.  i  1 7,  come 
erasi  praticato  con  Conone,  e  poi  si  fece 
da  Benedetto  HI.  JXegli   Annali  Berti- 
niani  si  dice  Valentino  eletto  da*romani 
e  consagrato,  senza  farsi  menzione  del 
consenso  dell'imperatore,  cioè  l'assisten- 
za de'suoi  ambasciatori  alla  consagrazio- 
ne,  per  ovviare  a'  tumulti  e  prepotenze 


VAL  a55 

delle  fazioni, secondo  le  costituzioni  ema- 
nate da  Eiigenio  II  e  dall'imperator  Lo- 
tario I,  come  dichiarai  nel  voi.  XKl,  p. 
2o5  e  seg.,  legge  che  non  attese  Valen- 
tino, e  lo  rimarcai  nel  voi.  XVI,  p.  3  i4« 
1  riti  eseguili  per  la  consagrazione  e  in- 
tronizzazione di  Valentino,  ed  in  vigore 
alla  sua  epoca,  col  donativo  Preshile- 
rioy  li  descrissi  ne'vol.VIII,p.  i68,XLVI, 
p.  I  IO, ove  dissi  che  lo dispeusòal senato 
e  popolo  roujano  quando  glibaciò  i  pie- 
di, e  che  poi  batlè  moneta  d'argento,  di- 
scorrendo d'una  moneta  di  lui  esistente 
in  Roma  nella  biblioteca  Vaticana,  per 
quanto  riportai  nel  voi.  L,  p.  272,^06 
della  rara  collezione  del  cav.  Andrea  Belli, 
il  quale  eiuditamente  illustrò  la  Moneta 
inedita  del  sommo  Ponte/ice  romano 
Valentino.  Di  questa  moneta  d'argento 
ben  conservata  del  diametro  di  22  mil- 
limetri, ne  trattai  a  Monete  Pontificie, 
ed  il  cav.  Belli  crede  che  non  esista  in 
altra  collezione,  è  che  niono  autore  prima 
di  lui  ne  abbia  fatta  menzione;  provando 
con  altri  esempi,  che  la  brevità  del  suo 
pontificato  non  gl'im[)edì  di  far  coniare 
monete,  come  non  l'impedì  a  Marcello 
li  e  Leone  XI  per  le  medogiie,  iquali  vis- 
sero meno  di  Valentino.  Avendo  Euge- 
nio II  per  le  accuse  contro  s.  Catello  ve- 
scovo di  Stabia[F.),  ora  Castellamare, 
fattolo  porre  nelle  prigioni  di  Roma,  co- 
nosciutasi da  Valentino  la  sua  innocen- 
za ,  ne  ordinò  la  liberazione.  Papa  Va- 
lentino governò  la  Chiesa  universale  4» 
giorni,  degno  però  di  più  lungo  ponti- 
ficalo, per  la  sua  cospicua  pietà,  clemen- 
za e  benigna  liberalità.  Mori  a'io  otto- 
bre dell'827,  e  fu  sepolto  nel  Vaticano. 
Vacò  la  romana  chiesa  3  giorni. 

VALENTINO  (s.),  Cardinale.  Nato 
in  Terni,  per  l'ardente  zelo  da  lui  nudri- 
to  verso  la  religione  cattolica,  meritò  di 
essere  creato  cardinale  arciprete  del  tito- 
lo di  s.  Eusebio,  da  s.  Gelasio  Idei  49*2» 
come  affermano  rUghellieilPalazzi.  Pe- 
rò rOldoino,  seguendo  Panvinio,  dimo- 
stra che  s.  Valentino  fu  arciprete  di  s. 


256  VAL 

Eusebio,  mcnlre  n'  era  carcìinale  prete 
titolare  Probiano.  Verso  il  5x3  s.  Va- 
lentino fu  vescovo  di  sua  patria,  ripor- 
tò la  corona  del  Q)artirio,  ed  ebbe  ono- 
revole sepoltura  nella  chiesa  di  s.  Ze- 
none fuori  della  città,  dove  Iddio  a  sua 
intercessione  operò  molli  prodigi.  Ne 
parla  a  lungo  V  Ughelli ,  Jlalia  sacra 
1. 1,  p.  j5o.  Altrettanto  feci  io  nell'arti- 
colo Terni,  per  cui  è  meglio  vedere  quel- 
l'articolo. 

\ ALE^Tll^O.Cardinale.  F.Yalevi- 
TINO  Papa. 

VALENTINO,  Cardinale.  Marino  o 
Martino  11  lo  creò  cardinale  vescovo  di 
Porto,  die  neir883  sottoscrisse  come  bi- 
bliotecario della  s.  Sede  un  privilegio  ac- 
cordato da  quel  Papa  al  monastero  di 
Soligny  nella  diocesi  di  Limoges.  Forse 
cessò  di  vivere  in  detto  anno,  allorquan- 
do Formoso  fu  restituito  al  vescovato  di 
Porto. 

VALENTINO,  Cardinale.  Nato  da 
nobili   parenti  in  Ungheria  ,  si   recò  in 
Francia  e  in  Italia  per  attendere  a'gravi 
studi  della  giurisprudenza  civile  e  cano- 
nica.Ritornato  in  patria,quantunque  gio- 
"vinelto,  insegnò  in  Strigonia,  e  divenuto 
insigne  per  dottrina  ed  eloquenza,  si  gua- 
dagnò l'amore  diLodovico  Ijche  nel  1 3^5 
lo  fece  pro-cancelliere  regio,  e  neh  876 
vescovo  di  Cinque  Chiese.  Entrato  in  di- 
sputa coH'arcivescovo di  Strigonia  a  tor- 
lo, Papa  Urbano  VI  lo  richiamò  al  do- 
vere. Il  re  nel  1879  l'inviò  ambasciatore 
in  Roma  per  confermare  la  sua  ubbidien- 
za alla  s.  Sede  nello  scisma  che  divide- 
va i  fedeli,  ed  ivi  a'g  febbraio  Urbano 
VI,  pedi  luì  meriti  e  in  grazia  del  suo 
sovrano,  lo  creò  cardinale  prete  di  s.  Sa- 
bina, nella  cui  tribuna, secondo  Cardella, 
si  conserva  il  suo  stemma  gentilizio.  Pie- 
no di  zelo  per  l'estinzione  dello  scisma, 
quantunque  nonagenario,  si  recò  da  Gre- 
gorio XII  in  Siena,  dove  caduto  infer- 
mo e  accortosi  che  si  agognava  alla  sua 
eredità,  senza  farne  motto  con  alcuno  e 
benché  nella  rigida  stagione,  si  fece  Ira- 


V  A  L 
sporlare  in  lettiga  a  Venezia,  e  indi  alla 
sua  chiesa, dove  appena  giunto  cessò  di 
vivere  nel  i4o8,  o  con  minor  probabilità 
neli4io.  Fu  sepolto  in  quella  basilica 
di  s.  PietrOj  in  cui  gli  fu  eretto  un  bel- 
lissimo monumento  di  marmo  colla  sua 
statua,  nella  [.'^cappella  del  destro  lato  , 
col  suo  nome  e  lilolo.  Il  Timon  nell'Ap- 
pendice della  sua  Porpora  Pannonica^ 
riporta  quanto  di  lui  avea  ommesso  nel- 
l'opera. 

VALENZA  {Valentin).  Città  con  re- 
sidenza arcivescovile  di  Spagna xA^o\yxQ' 
go  della  vasta  provincia  del  suo  nome  si- 
tuata nell'  est  della  monarchia  col  titolo 
di  regno,  di  cui  fa  la  capitale,  compresa 
nella  corona  d'  Aragona.  Trovasi  a  ^o 
leghe  nord-est  da  Marcia,  a  67  est-sud- 
est da  Madrid  e  ad  eguale  distanza  sud- 
est da   Barcellona;  in  fiorente  e  pingue 
pianura  ed  estesissima  per  circa  3o  le- 
ghe, lungi  mezza  lega  dal  Mediterraneo, 
e  sulla  sponda  destra  del  Guadalaviar, 
che  la  disgiunge  da'  suoi  5  sobborghi,  co* 
quali  comunica  mediante  5  bei  ponti,  a 
due  leghe  nord-nord-ovest  del  bel  lago 
d'Albufera  ,  che  ha  una  circonferenza  di 
IO  leghe^  e  viene  per  un  argine  o  lingua 
di  terra  separato  dalle  acque  del  Medi- 
terraneo, colle  quali  però  comunica  per 
un  angusto  canale.  Sede  d'un'udienza  re- 
gia e  d'una  capitaneria  generale,  nonché 
delle  supreme  magistrature  provinciali 
d'ogni  ordine,  non  ha  che  una  cinta  mu- 
rata senza  fortificazioni,  interrotta  da  9 
porte,  una  delle  quali  chiamata  la  Citta- 
della, è  fiancheggiata  da  due  grosse  tor- 
ri rotonde.  Forse  è  quel  monumento  di 

stile  moresco,  costruito  nel  i444>^PP""^o 
con  dette  o  simili  torri,  formandoli  prin- 
cipale ingresso  della  cillà,e  viene  appella- 
lo comunemente  del  Cuarte,  e  pel  i.°  si 
ofhe  a  chi  da  Madrid  per  la  strada  della 
Castiglia  nuova  recasi  a  Valenza.  Ebbe 
già  importanti  fortificazioni j  ma  ora  noa 
si  vedono  che  logori  avanzi,  e  la  stessa 
cattiva  cittadella  viene  "trascurata.  Que- 
sta città  è  di  figura  bislunga,   divisa  io 


VAL 

quattro  grandi  quartieri ,  e  ciascuno  di 
essi  riparlili  in  8  minori  ;  vi  si  contano 
9600  case  ,  e  nell'  uiliraa  proposizione 
concistoriale  del  1  848  si  legge,  et  in  suo 
uniiLs  cìrcllcr  Iciicae  ambita  a  0,0  fere 
ìnìllihas  inìiahitatur  mco//.?.Le strade  so- 
no slrettej  corte,  tortuose,  frastagliale  in 
un'infinità  di  viottoli,  non  insiniciate,  e  co- 
perte di  sola  incomoda  arena;  la  maggior 
parte  hanno  scoli  sotterranei  che  condu- 
cono l'acque  al  fiume,  a  grande  distanza 
inferiormente  alla  città;  epretendesi  che 
que'sotlerranei,  bene  fabbricati  e  solida- 
mente, sieno  opera  de'romani.  Tutte  le 
si  rade  nella  notte  sono  illuminate,  e  con- 
fidate per  la  polizia  notturna  a  guardie 
chiamate  serenos,  che  le  battono  conti- 
nuamente. Vi  hanno  molle  piazze  pub- 
bliche, ma  quasi  tutte  irregolari  e  poco 
rimarcabili.  Vi  si  contano  9000  pozzi 
d'acqua  bevibile,ed  una  sola  fontana  pub- 
blica che  di  sovente  manca  d*  acqua.  Le 
riviere  di  pietra  che  contengono  il  fiu' 
me,  cominciano  mezza  lega  sopra  la  cit- 
tà e  terminano  mezza  lega  sotto,  presso 
la  sua  foce  in  mare;  costruite  di  pietra 
lavorata,  guernite  di  belle  case  e  pianta- 
le d'alberi,  formano  una  delle  più.  vaghe 
parti  della  città;  quanto  agli  altri  passeg- 
gi, tutti  gli  aditi  ne  (ormano  di  bellissimi, 
essendo  il  più  notabile  quello  che  conilu- 
ce  al  porto  di  Gran  lontano  mezza  lega, 
ornalo  non  solo  da  bellissimi  viali  d'albe- 
ri, ma  eziandio  dalle  case  di  villeggiatura 
e  da'giardini  ameni  che  lo  fiancheggiano 
e  ne  fanno  un  sito  incantato.  Era  antica- 
mente fuori  delle  mura  un  bellissimo  pa- 
lazzo che  serviva  di  residenza  a'capitani 
generali;  fu  demolito,  e  poi  nel  suo  luo* 
go  si  formò  uno  de' più  graziosi  giardini 
delia  cillà,  ed  anche  la  gran  piazza  irre- 
golare di  s.  Domingo  fu  nei  i  7  i  7- 1 8  con- 
vertila in  un  giardino  pubblico  d'ottimo 
gusto,  dove  si  osservano  di  belle  statue  di 
marmo,  i  quali  due  giardini  si  devono  al 
capitano  generale  F.  Saverio  Elio  ,  alla 
memoria  del  quale  si  è  vicino  alla  città 
eretta  una  magnifica  piramide  adorna  di 

VOI.  LXXXVIf. 


VAL  257 

statue  e  di  trofei  militari.  Le  case  di  Va- 
lenza non  sono  nobili  per  X  architettura, 
ma  poche  sono  le  città  che  contengono  al- 
trettanti palazzi  e  edifizi  pubblici,  fra'pri- 
mi  notandosi  soprattutti  que'  del  con- 
te Cerbelloujdel  marchese  di  DosArguas, 
del  conte  di  Parsent  e  altri;  e  fra  gli  edifi- 
zi pubblici  la  cattedrale  metropolitana,  il 
palazzo  dell'arcivescovo,  il  Tempio  o  pa- 
lazzo reale  costruito  da  Carlo  HI  per  es- 
sere utj  capoluogo  di  ordine  militare,  la 
dogana,  il  consolato,  il  tribunale  di  com- 
mercio, la  scuola  Esculapia,  la  casa  regia 
di  Misericordia,  il  collegio  di  s.  Pio  V,  il 
monastero  di  s.  Michele  de'Re,  le  ricor-^ 
date  torri  di  Cuarle  e  di  Serranos,  che 
servono  di  carcere,  il  grande  spedale  re- 
gio, il  convento  de'domenicani ,  il  colle- 
gio del  Corpus  Chris ti^  e  la  borsa.  La 
metropolitana  jd'ottima  ed  elegante  strut- 
tura, è  dedicata  alla  B.  Vergine  Assunta 
incielo,  tra  le  cui  sagre  reliquie  si  vene' 
ra  con  granile  venerazione  quasi  1'  inte- 
ro corpo  di  s.  Lodovico  arcivescovo  di  To- 
losa. Vi  è  il  fonte  battesimale  e  la  cura 
d'anime  amministrata  da  due  vicari,  de* 
quali  uno  è  perpetuo.  Alquanto  prossimo 
è  l'arciepiscopio,  bisognoso  da  ultimo  di 
restauri.  L'antico  capitolo  si  componeva 
di  7  dignità,?.' delle  quali  era  l'arcidia- 
cono, di  23  canonici  comprese  le  preben- 
de del  teologo  e  del  penitenziere,  d'  80 
beneficiati,  e  di  altri  preti  e  chierici  in- 
servienliall'uffiziatura  divina. PioVIlI  col 
breve  Ecclesiasiicos  ritiis^  de'  22  mag- 
gio 1829,  Bull.  Ronii  cont.  t.  18,  p.  16: 
Ahrogatio  consuetudinis  existentis  iti 
Ecclesia  metropolitana  Valentina  recl* 
tancli  Matutinum  cum  Laudibus  in  cho- 
ro  liora  noctis  xir.  Il  Papa  regnante  Pio 
IX  nel  concordato  del  1 85 1 ,  concluso  col- 
la Spagna  e  riferito  in  quell'articolo,  for- 
mò il  capitolo  come  le  altre  metropoli- 
tane del  regno,  cioè  delle  dignità  del  de- 
cano I  .*  dignità,  dell'  arciprete,  deli'  arci- 
diacono, del  cantore  e  prefetto  della  scuo- 
la, e  del  tesoriere;  di  4  canonici  chiama- 
ti de  offìcioj  ossia  il  magistrale  ,  il  dot- 
»7 


258  VAL 

forate,  il  lellornle,  il  penitenziere;  non  clic 
d'un  numero  di  canonici  delti  de  gracia^ 
e  d'un  numero  di  6  beneficiati.  Al  dire 
della  citata  proposizione,  nella  città  eran* 
vi  altre  12  cliiese  parrocchiali  munite  del 
s.  fonte,  (\y\G  collegiate  e  altre  chiese.  Fra 
qoesle  ultime  una  è  militare.  Fra'suoi  22 
oratorii,  quello  di  Nostra  Donna  de  los 
Desemparados  è  il  più  bello,  tanto  per 
conto  dell'architettura  e  quanto  per  la  sua 
grandezza;  contiene  la  divota  immagine 
della  Madonna  venerata  assai  come  pro- 
tettrice delia  città  e  di  sua  provìncia.  No- 
tasi pure  l'oratorio  di  s.  Vincenzo  mar- 
tire, parimente  venerato  protettore  della 
città.  Prima  delle  deplorabili  vicende  po- 
litiche della  tijp^g^/z^.  Valenza  si  pregia- 
va di  22  conventi  e  monasteri  religiosi, 
oltre  due  case  d'ordini  militari,  due  ca- 
se di  gesuiti,  ed  una  de'chierici  regolari 
minori  ;  le  monache  vi  possedevano  22 
monasteri  ,  ed  ora  sono  non  poco  dimi- 
nuiti. Vi  è  il  seminario,  diversi  sodalizi, 
la  casa  penitenziale  per  le  donne,  la  ca- 
sa d'asilo  pe' delinquenti.  Generalmente 
parlando  ,  le  case  e  chiese  religiose  sono 
osservabili  per  gli  ornamenti  di  tulli   i 
generi  e  per  quantità  di  pitture,  gran  nu- 
mero delle  quali  opere  di  artisti  nativi  di 
questa  città:  talune  chiese  e  altri  edìfizi 
sono  di  gusto  gotico  e  moresco.  Di  più 
Ti  sono  5 spedali,  ne'quali  sono  medicale 
ogni  sorte  di  malattie,  compresa  la  paz- 
zia; l'ospedale  della  Maternità  per  le  don- 
ne incinte,  l'orfanotrofio,  l'ospizio  de'lro- 
vatelli.  Avendo  Carlo  V  fondato  in  Va- 
lenza un  collegio  per  l'istruzione  cattoli- 
ca de'mori  maomettani  convertiti  al  cri- 
stianesimo, Filippo  Ili  volle  ampliarlo  in 
favore  delle  more  maomettane  venute 
alla  fede,  ed  ottenne  da  Clemente  VII!  e 
diretto  all'arcivescovo  Giovanni,  il  breve 
Exponi  Nobis,  de'6  maggio  1602,  BulL 
Rom.  i.  5,  par.  i^^.  ^i^'.Facultas  Ar- 
chiepiscopo Valentin,  conver tendi  sum- 
mam  60  mìUiimi  libraruni  ex  pensioni' 
bus  impositìs  prò  erectione ,  et  dotatio- 
ng  Parochialium,  in  emplionem  reddi- 


VAL 

tua  in  per pc  fuor  uni  prò  manutentìone 
CoUegii  Pncroriim  ex  genere  MaurO' 
rum.  nnper  conversorum,  et  erectione  Se- 
minariiPuellarum  ejusdem  generi  s.Vac- 
cennate  vicende  politiche  distrussero,  ol- 
tre altri  benefìci  stabilimenti,  il  monte  di 
pietà,  in  cui  si  prestava  senza  interesse  a- 
gli  agricoltori  e  fittaiuoli.  Esistono  4  ba- 
gni pubblici,  il  teatro,  le  caserme  pe'sol- 
dali  e  varie  carceri.  Gli  alberghi,  le  trat- 
torie, i  cade  sono  numerosi  e  in  genera- 
le pulitamente  tenuti,  come  ben  provve- 
duti sono  i  mercati,  i  viveri  e  altro  essen- 
do a  discreti  prezzi  più  che  altrove.  Gli 
stabilimenti  d'istruzione  pubblica  di  Va- 
lenza ponno  gareggiare  con  tutti  quelli 
del  resto  della  Spagna,  per  lo  studio  del- 
le scienze  e  dell'arti.  L'  università  degli 
studi  ebbe  origine  per  lo  zelo  del  Valen- 
tino s.  Vincenzo  Ferreri,  dipoi  conferma- 
ta dal  re  Ferdinando  V,  ed  eretta  cano- 
nicamente con  prerogative  e  privilegi  dal 
Valentino  Papa  Alessandro  VI.  In  segui- 
to Sisto  V  colla  bolla  Copiosus  in  mise- 
ricordia  DominuSy  de'3o  ottobre  i  585, 
BulL  Rom.  t.  4,  pai'-  4>  ?•  •  53:  De  regimi' 
ne  studii generali s  Valentin,  ah  Alexan- 
dre VI  institutìy  et  applicntione  benefl' 
ciorum  ecclesiasticorum.  Nel  1786  il  re 
Carlo  III  die  novella  forma  all'universi- 
tà, ed  il  Papa  Pio  Vili  col  breve  StudiO' 
rum  Universitati  Valentìae ,  de'  5  feb- 
braio i83o,  5m//./?o/7z.  1. 18,  p.  86:  Coni' 
municatioprivìlegiorum,aliorumqueju'' 
riunì  Univcrsitatis  regni,  cum  reserva- 
tìone  activi  patronatus favore  regis  Hi' 
spaniae  prò  Universitate  studioruni  ci' 
vitatis  P'alentiae.  Questa  università  si 
vuole  che  sia  lai.*  della  Spagna.  Ha  60 
professori  che  v'insegnano  la  teologia,  la 
filosofia,  il  diritto  canonico,  il  diritto  ci- 
vile, la  medicina  pratica  e  teorica,  la  chi- 
mica, la  botanica,  l'anatomia,  le  mate-, 
maliche  e  le  lingue  orientali:  possiede  un 
giardino  botanico,  un  anfiteatro  anatomi- 
co ,  il  laboratorio  chimico,  la  biblioteca 
pubblica.  Inoltre  Valenza  ha  6  collegi, tra 
i  quali  si  distingue  quello  di  s.  Paolo  ,  e 


VAL 

parecchi  altri  grandi slabilimentì  cristru* 
zioiie  secondaria  pe'gìovani  d'ambo  i  ses- 
si; un'accademia  regia  di  belle  arti,  sotto 
il  titolo  di  s.  Carlo  ,  dove  si  fìjrmano  a- 
lunni  nella  scultura,  nell'architettura  e 
nella  pittura  ,  ed  ogni  anno  distribuisce 
premi;  una  scuola  di  disegno  frequenta- 
tissima, e  nella  quale  parimente  si  distri- 
buiscono premi  d'incoiaggiamento;  una 
società  regia  economica,  ed  un*  altra  bi- 
blioteca pubblica  nell'arcivescovato.  Va- 
lenza ha  il  vanto  d'essere  slata  la  i  /  cit- 
tà della  Spagna  in  cui  fu  introdotta  la 
stampa  neli474>  ^  "^1  suo  seno  meglio 
riuscì  questa  mirabirarle.  Le  manifattu- 
re di  stoffe  di  seta  che  vi  furono  un  tempo 
cotanto  fiorenti, sono  in  oggi  sommamen- 
te decadute,  ma  pur  oggi  stesso  formano 
ancora  uno  de'primari  rami  d'industria  ; 
le  altre  fabbricano  cappelli,  panni,  india- 
ne (ossia  tele  stampate  e  dipinte  che  an- 
ticamente facevansi  soltanto  nell'  Indie), 
biancherie  da  tavola,  tele  fine  e  comuni, 
veli,  galloni  d'oro  e  d'argento,  corami, 
cordami  di  canepa  e  di  sparlo  (pianta  che 
spontanea  cresce  in  gran  copia  nelle  pia- 
nure meridionali  della  Spagna),  lavori  di 
stipettaio,  fiori  artificiali,  oggetti  confet- 
tati, paste  d'Italia,  acquavite  e  liquori, 
candele,  sapone,  carte  da  giuoco,  vetra- 
mi, oggetti  di  bronzo,  di  rame  e  d'otto- 
ne, aghi,  terraglie  fine  e  comuni  ec.  La 
caccia  de'numerosi  uccelli  acquatici  e  la 
copiosa  pescagione  offrono  considerevole 
profitto.  11  commercio, che  in  altri  tempi 
estendevasi  fino  nella  Barbaria,  nell'  Ar- 
cipelago, in  Siria  e  nell'Egitto,  ebbe  mol- 
to a  soifrire  dalle  corse  de'barbareschi,  e 
fu  in  breve  limitato  ad  alcune  potenze 
d'Europa  ed  alleprovincie  della  Spagna  ; 
dopo  l'indipendenza  dell'America  meri- 
dionale, quasi  totalmente  cessarono  le 
sue  relazioni  col  nuovo  continente.  Noa 
avendo  Valenza  né  porto  ne  rada,  le  e- 
sportazioni  e  importazioni  si  fanno  sopra 
una  cattiva  spiaggia  inferiormente  al  vil- 
laggio di  Gran  a  mezza  lega  dalla  città, 
dove  si  sono  stabilite  alcune  batterie  e  de' 


VAL  2% 

magazzini,  in  cui  risiedono  de*negozianli, 
insieme  co'  consoli  e  vice-consoli  (inda- 
sivamenle  al  console  pontificio)  di  parec- 
chie nazioni.  Diede  questa  città  i  natali 
a  un  gran  numero  di  peisonaggi  celebri 
in  santità  di  vita,  nelle  dignità  ecclesia- 
stiche, nell'armi,  nelle  scienze  e  nelle  ar- 
ti. In  sanlilà  di  vita  ricorderò  soltanto:  il 
taumaturgo s.  Vincenzo  Fcrreri[]^.) do- 
menicano', s.  Lodovico  Bertrando  (V.) 
dello  stesso  ordine;  il  b.  Andrea  Hìher- 
non  [V^  francescano  della  stretta  osser- 
vanza; il  b.  Gasparo  Bon  (/^.)  religioso 
de'  minimi;  e  s.  Francesco  Borgia  (F.) 
duca  di  Gandia,  indi  gesuita  e  3.°  genera- 
le di  sua  compagnia,  protettore  contro  i 
terremoti  ne' regni  di  Granata,  Portogal- 
lo ,  Napoli  e  di  Paleroìo.  Nelle  dignità 
ecclesiastiche  rammenterò  i  seguenti.  Pa- 
pa Calisto  III  (V.)  Borgia  ,  eletto  nel 
1 4^5»,  secondo  la  predizione  di  s.  Vincen- 
zo che  canonizzò.  Si  rese  celebre  pel  sin- 
golarissimo suo  zelo  nel  frenare  anche 
coll'armi  navali  proprie  i  formidabili  ot- 
tomani ,  che  pretendevano  sottomettere 
il  cristianesimo  all'  impero  di  Turcìiia 
(F.).  Tra'cardinali  che  creò  vi  comprese 
due  valentiiii  e  suoi  nipoti,  Gio.  Lodovi- 
co Milano  {F.)^  e  Roderigo  Lenzoli  Bor- 
gia che  nel  1492  divenne  Papa  Alessaii' 
dro  F1{^V.).  Egli  fu  biasimato  pe'P^rc/i- 
// (/^.),  e  celebralo  per  grandi  azioni.  Se 
denigrato  dagli  scrittori  nemici  della 
Chiesa  e  del  romano  Pontificato ,  e  da 
que'che  per  malignità  sfogarono  la  loro 
bile  su  quanto  era  da  biasimare  e  con 
eccesso,  non  deve  uno  scrittore  cattolico 
cumulare  contro  Alessandro  VI  quanto 
può  rattristare  e  deformare  la  Chiesa  sua 
madre,  con  ciò  che  disonora  quello  che 
nella  fede  fu  padre ,  precipuamente  ne* 
nostri  infelici  tempi.  Il  romano  Pontefice 
è  monarca  supremo  della  Chiesa,  e  come 
tale  nel  governo  della  medesima  e  pei 
suo  Primato  (V.)  non  può  esser  giudi- 
cato da  nessuno  ;  neppure  da'  Concilii 
(F.)  o  Sinodi  (F.).  Nel  narrare  la  storia 
grave  d'  Alessandro  VI  si  deve  osservare 


260  VAL 

iiìodei'azione,poichè  egli  fu  Pontefice  /7- 
rario  di  Gesìi  Cristo^  il  quale  ha  dello 
colla  sua  divina  bocca  :  Qui  non  est  me- 
nini  cotitra  7uc  est.  Conviene  poi  distin- 
guere il  Sommo  Pontefice,  indcfellibile  e 
divino  e  la  sua  persona  sagra,  dalla  con- 
dizione mortale  e  fragile  di  cui  è  rivesti* 
lo  l'uomo.  Non  premier  di  mira  questo 
o  quel  Papa  sulle  relazioni  politiche,  poi- 
ché in  generale  1*  influenza  politica  de* 
Papi  fu  salutare,  benefica  e  conservatri- 
ce, ed  ebbe  quasi  sempre  a  scopo  la  pace 
o  la  prosperità  pubblica,  per  tacciare  d'al- 
cun eccesso,  secondo  le  circostanze  de* 
tempi,  e  quindi  censurare  tutti  i  Papi  in- 
giustamente. Non  si  deve  accennare  da 
nu  lato  per  menare  dalTaltro,  di  cui  Vin- 
cenzo Gioberti  fu  sì  perito  maestro!  Un 
tempo  il  Pontefice  romano  stringeva  in 
pugno  le  fila  maestre  della  politica  euro- 
pea. Finché  In  grande  fìimiglia  occiden- 
tale corrispondeva  al  suo  appellativo  di 
cristianità  ,  ed  i  Papi  n'  erano  1'  oracolo, 
questi  non  mancarono  mai  a'doveri  im- 
posti loro  dalla  fiducia  Aq  Sovrani (P^.) 
e  de'popoli,  nell'arbitraggio  de'  loro  più 
gravi  affari  e  bisogni.  Ma  poiché  quella 
grande  unità  sociale  del  moudo  cristiano 
fu  scissa;  poiché  gli  siali  e  regni  eziandio 
ortodossi  dichiararono  di  non  aver  biso- 
gno che  di  Dio  e  della  loro  spada,  i  Pa- 
pi si  circoscrissero  nobilmente  nell'ammi- 
nistrazione temporale  de'propristali,con- 
tinuando  col  medesimo  zelo  nel  governo 
spirituale  della  Chiesa.  Che  se  non  pote- 
rono far  trionfare  lutti  i  suoi  diritti,  per 
amor  della  Pace^  a  mezzo  i\t  Concorda- 
ti ne  salvarono  il  piìi  meglio  che  potero- 
no. Il  governo  temporale  de'P.ipi,  che  re- 
gnano nel  Faticano  (/'.),  fu  ed  é  sempre 
lui  buon  governo,  ad  onta  delle  lagrime- 
\oli  condizioni  in  che  lo  ridussero  le  rivo- 
luzioui;  e  che  se  pure  talvolta  vi  si  scon- 
trano le  imperfeziotii  e  gli  abusi  insepara- 
bili dalle  cose  umane,  la  gravità  n'é  sem- 
pre minore  degli  altri  siali  e  più  agevole 
ne  é  il  raddrizzamento.  Il  eh.  prof.  d.  Gia- 
como Arrighi  compilatore  della  i."  serie 


VAL 
degli  Annali  delle  scienze  religiose^  nel 
t.  a,  a  p.  a  1 6,  die  contezza  del  libro  d'Eu- 
genio Aroux,  il  quale  seguendo  le  matte 
interpretazioni  che  Ugo  Foscolo  e  Gabrie- 
le Rosselli  appiccarono  alla  Divina  Com- 
media ed  altre  opere  di  Dante,  per  farlo 
comparire  un  eretico  caporione,  lo  pub- 
blicò neh  854  a  Parigi  dedicalo  al  Papa 
Pio  IX^,  senza  che  questi  l'avesse  accetta- 
lo, e  col  titolo:  Dante  hérélìqiic  révoln- 
tionnaire  et  socialiste,  Rcvclations  d'un 
catoVujue  sur  le  Moyen-age.  Ne  confutò 
in  parte  le  stranezze  di  cui  è  pieno  zeppo 
il  libro,  e  lo  qualificò  la  stravaganza  mag- 
giore di  cui  è  ferace  il  nostro  tempo,  di- 
fendendo il  gran  poeta  che  merilossi  il  ti- 
tolo f\'\  poeta  teologo^  il  quale Ira'suoi  au- 
rei versi  cantò:  Avete  il  vecchio! e 'l  nuo- 
vo Testamento,  -  EU  Pastor  della  Chie- 
sa che  vi  guida:  -  Questo  vi  basti  a  vo- 
stro salvamento.  La  quale  terzina  r  A- 
roux  interamente  tacque!  Fra  le  altre  co- 
se arroge  al  mio  argomento  che  io  riferi- 
sca un  brano  dell'  encomiato  prof.  Arri- 
ghi. «  E  questa  persuasione  dell'  interez- 
ze della  fede  di  Dante  fu  tale  che  tulli  an- 
darono a  gara  per  lavare  la  reputazione 
di  lui  da  quelle  lacche,  di  cui  la  sua  bile 
contro  le  azioni  dì  alcuni  Papi  sembrava 
averla  mricchiata.  Gl'inlerpreli  fecero  os- 
servare eoa  quanta  diligenza  Dante  dislin- 
gue le  azioni  personali  de'  Papi  dal  loro 
potere,  dalle  loro  dignità  e  da'  loro  inse- 
gnamenti. E  qualunque  sia  il  giudiz  io  che 
si  voglia  fare  delleimputazioni  da  lui  fal- 
le a' Papi  che  pone  all'inferno,  egli  è  cer- 
to che  per  nulla  offende  la  purezza  della 
fede  l'ammettere  pecche  personali  più  o 
meno  gravi  ne'  Pontefici.  Giacché  fino  i 
bimbi  fia 'cattolici  sanno  distinguere  l'/w 
fallibilità  nell'insegnare  daW'impeccabi» 
lilà  nell'operare:  quella  fu  sempre  rico- 
nosciuta ne^Papi,  non  mai  questa.  Anzi, 
quando  gli  etnpi,  per  isvillaneggiar  la  re- 
ligione cattolica,  vanno  rozzolando  ne* 
mondezzai  della  storia  per  trovarvi  qual- 
che raro  Papa,  che  non  rispose  coli'  inte- 
grità della  vila  alla  sanlità  della  tiara. 


VAL 

non  Fanno  alito  che  copiare  autori  catto- 
lici, preti,  monaci,  vescovi  e  cardinali,  che 
ci  tramandarono  ne'lorolihri,  insieme  col- 
le gloriose  gesta  de'ronoianì  Pontefici,  i  nei 
che  talora  resero  meno  splendida  quella 
ss.  Sede.  E  que*  tristi  non  fecero  che  ap- 
piccar loro  frange  alle  schiette  narrazio- 
ni de'nostri  storici,  i  quali  soddisfacendo 
al  debito  di  veritiero,  quale  deve  essere 
lo  storico ,  non  vennero  meno  al  dovere 
di  cattolici,  serbando  il  rlspello  alla  sede 
di  Pietro,  e  a  quello  di  figliuoli  riverenti 
costretli  dalla  verità  a  scoprire  le  vergo- 
gne del  padre  comune.  Senza  andar  tan- 
to per  le  lunghe  si  veda  il  Muratori  ed  il 
Baronio  ne'loroy^/i/2«//,odancheil  Man- 
si nella  sua  Concilionim  antpUssima  col' 
lectioy  ove  a  ciascun  Papa  pone  la  biogra- 
fia tratta  da  autori,  per  quanto  è  possibi- 
le, veri, e  tutti  cattolici.  Vedasi  per  esem- 
pio al  1. 18  la  biografia  di  Giovanni  XI 
e  Giovanni  XII  (/^.),  ove  non  tace  gli 
scandali  di  que'lempi.  E  quivi  trovere- 
te questa  rìfiessione  gravissima  tolta  da 
Ambrogio  Morales,  che;  La  navicella  di 
Pietro,  agitaladajlalii^  ove  Cristo  seni- 
brava  dormire^  fu  tuttavia  dal  medesi' 
mo  liberata  non  solo  da  irifinite  eresie^ 
ma  la  sostenne  contro  gravissimi  scan- 
dali ^  a  segno  che^per  quella  stessa  ra- 
gione ^  per  cui  gli  eretici  novatori ,  da 
quelli  empi  che  sono ,  bestemmiano  s. 
Chiesa,  per  quella  i  figliuoli  della  stes- 
sa Chiesa^  pieni  di  riconoscenza,  lodano 
Dio  e  lo  benedicono.  Argomento  lumino- 
sissiujo  trattato  da  Paolo  Segneri  nella 
magnifica  orazione  sulla  Cattedra  di  s. 
Pietro;  cioè,  che  i  falli  de'Pontefici  inve- 
ce di  nuocere  alle  prove  della  divitia  assi- 
stenza ,  che  sostiene  la  Cattedra  romana, 
ne  sono  anzi  uno  de'piìi  splendidi  argo- 
menti. Perchè  non  solo  gli  uomini  e  i  de- 
monii  insieme  collegati  non  poterono  ro- 
vesciarla, ma  neppure  i  vizi  personali  de* 
Pontefici.  Dal  che  si  deduce  non  essere 
quella  opera  umana,  ma  divina.  Dante 
perciò  potè  essere  calunniatore  o  maledi- 
co cacciaudo  dai  paradiso  uell'  iufeiuo 


VAL  a6t 

quanti  Papi  voleva,  ma  non  per  ciò  solo 
diventava  eretico".  Miserefurono  le  con- 
dizioni di  Roma  e  anche  di  tutta  Italia 
sul  finire  del  secolo  XVI,  in  cui  spesso  la 
forza  e  la  prepotenza  soverchiava  il  di- 
ritto, e  i  sensi  avevano  sovverso  la  ragio- 
ne;ma  pure  fra  tanti  vizi,  regnarono  gran- 
di virtù.  Alessandro  VI  si  trovò  in  tali 
condizioni,  e  perciò  nella  necessità  di  fare 
rispettare  il  principato  temporale  della  s. 
S^de^  onde  si  riguarda  come  il  i.°  Papa 
che  mise  i  suoi  successori  in  istatodi  figu- 
rare nel  mondo  come  sovrani,  principal- 
mente control  feudatari  e  i  vicari  tempo- 
rali della  sovranità  papale.  Se  talvolta  ne 
superò  i  limiti,  devesi  attribuire  air  in- 
fluenza di  Cesare  Borgia  bellicoso,  e  alla 
sua  insaziabile  ambizione.  Fatalmente  il 
calunnioso  e  inverecondo  Diario  del  ce- 
remoniere  Burcardo  acquistò  riprovevo- 
le fama  per  1*  indegne  e  strabocchevoli 
sozzure  onde  l'interpolarono  i  protestan- 
ti, minuziosamente  narrando  e  commen- 
tando gli  atti  privati  e  domestici  di  Ales- 
sandro VI.  A  quanto  fu  criticabile  in  tal 
Papa,  si  può  contrapporre  quelle  lodevoli 
gesta  che  celebrai  in  tanti  luoghi,  la  giu- 
stizia, la  mn-gnanìmità.  Io  zelo.  Per  lui  si 
deve  il  migliore  stabilimento  delle  Portó 
Sante  (  V.)  del  Giubileo  (F,)  o  AnnoSaw 
/o.Facile fu  nell'accordare  l*  Udienza^  V.) 
a  lutti  per  rendere  giustizia,  massime  ne* 
primi  tempi  del  pontificato.  Soleva  por- 
tare seco  in  una  scatola  d'oro  la  ss.  Eu- 
caristia, e  lo  dissi  nel  voi.  LI,  p.  128.  Am- 
pliò e  abbellì  il  Palazzo  apostolico  Fa- 
ticano (F.).  Già  altrove  notai  il  grande 
autorevole  alto  da  lui  esercitato  tra'  di- 
scordi Isabella  I  e  Ferdinando  V  sovrani 
di  Spagna,  e  Giovanni  II  redi  Portogal- 
lo, che  lo  fecero  arbitro  nelle  loro  gravis- 
sime differenze.  Scopertosi  da'portoghe- 
si  il  passaggio  all'  Indie  orientali,  ed  a- 
vendo  Cristoforo  Colombo  scoperta  l'A^ 
merica  pe*  monarchi  spagnuoli,  e  ricor- 
rendo i  rispettivi  sovrani  nelle  loro  con- 
troversie ad  Alessandro  VI,  questi  con 
i'aulorilk  d'  uua  bolla  segnando  una  li-^ 


262  VAL 

Deu  sul  mappamotiilo,  ussin  tiranilo  colla 
penna  un  graflìo  sull'  Oceano,  divise  le 
conquiste  cle'due  regni  e  il  campo  de'lo* 
IO  conquisti,  e  le  due  corone  riverenti  al* 
l'operato  dal  Vicario  di  Cristo,  vi  si  uni- 
formarono e  quietarono.  Così  Alessandro 
VI  impedì  che  i  novelli  mari  si  facessero 
rossi  di  sangue  cristiano,  obbligando  stret- 
tamente ed  edìcacemenle  i  monarchi  di 
Spagna  e  di  Portogallo  a  spedire  nelle 
nuove  terre  zelanti  missionari  apostolici, 
sicché  fosse  ad  tasx  legittimo  titolo  a  con* 
quistarle  al  regno  di  Cristo. Alessandro  VI 
si  ammalò  a*  12  agosto  i5o3  di  febbre 
maligna,  contratta  nella  campagna  di  Ro- 
ma, la  quale  si  convertì  in  terzana  dopo 
cavalo  sangue  a*i5;  prese  medicina  a' 1  7, 
nel  dì  seguente  verso  lei  3  ore  si  confes- 
sò da  mg.*^  Pietro  vescovo  Cui  mese,  il 
quale  disse  messa  innanzi  a  lui  ,  e  dopo 
la  sua  comunione  diede  al  Papa  sedente 
in -sul  letto  la  ss.  Eucaiistia,  alla  presen- 
za di  5  cardinali.  Nell'ora  del  vespero  ri- 
cevuta l'estrema  unzione  da  detto  vesco- 
vo, trapassò  pie-enle  il  datario  e  il  mede- 
simo vescovo.  Questo  è  il  diario  del  u)e- 
dico  pontificio,  che  tratto  dall'archivio 
Vaticano  pubblicò  il  Rinaldi  ,  col  quale 
resta  confutala  la  scandalosa  favola,  che 
Alessandro  VI  morì  in  breve  senza  rice- 
vere alcun  ecclesiastico  sagramento.  Es- 
sendosi poi  disfigurato  il  suo  cadavere, 
die  origine  alia  diceria ,  che  morì  di  ve- 
leno. Le  sue  ossa  e  quelle  dello  zio  Ca- 
listo 111  ,  si  trovano  presso  la  chiesa  na- 
zionale di  s.  Mai  ia  di  Monserrato  di  Ro- 
ina,al  modo  e  pel  narrato  nel  vol.LXVlU, 
p.  46)  ed  aspettano  che  i  nobilissimi  ed 
opulenti  duchi  d'Ossuna,  loro  discenden- 
ti ,  gli  erigano  un  decoroso  monumento 
in  quel  tempio.  Alessandro  VI  fu  anche 
benefico  e  benemerito  colla  Spagna  e  con 
Valenza  sua  patria,  alla  quale  per  singo- 
iar propensione  diede  i  seguenti  nume- 
rosi cardinali  valentini  da  lui  creati.  Ce- 
sare Borgia  (V.)^  suo  figlio,  nato  io  Ro- 
ma, poi  duca  del  Valenlinois,  nel  dipar- 
limenlo  della  Drómc,  di  cui  è  capoluogo 


VAL 

Valenza  (V.)  di  Francia  ;  i  nipoti  Gio- 
vanni seniore,  Giovanni  giUuiore,  e  Pier 
Luigi,  tutti  di  sua  famiglia  Borgia  (V.); 
il  cugino  Francesco  Borgia  (f\)  (iglio  di 
Calisto  III; Barlolomeo/l/<:ir /////( /.),Gio- 
\amì'\  (\\  Castro  (F.)f  Jacopo  Casaiio\>a 
(F.),  Francesco  de  Loris  (/'.),  Giovan- 
ni /  era  (F.)  d'Arcilla  diocesi  di  Valenza, 
Giovanni  Castellar  (F.)  ì\v.\\ì\  tliocesidi 
Valenza,  nella  quale  citlà  morì,  oltre  al- 
tri spagnuoli  pel  suo  amor  nazionale.  Il 
Paovinio  riferisce  che  di  43  cardinali  da 
luicreati,i8  furono  spagnuoli.  Inoltre  fe- 
ce successivamente  duca  di  Gandia,  nel 
regno  e  diocesi  di  Valenza,  i  propri  figli 
Pier  Luigi ,  e  Giovanni  che  fu  avo  a  s. 
Francesco  Borgia.  Di  tal  santo  Paolo  III 
fece  cardinali  i  fratelli  Roderico  ed  En- 
rico Borgia^  de'duchi  di  (iandiaje  Pao- 
lo V  creò  cardinale  il  pronipote  del  san- 
to, Gaspare  Borgia  de'duchi  di  Gandia. 
Altri  due  cardinali  discendenti  del  santo 
e  de'  duchi  di  Gandia,  furono  Francesco 
Borgia  e  Carlo  Borgia  Centella  Ponce 
de  Leon.  Tra'  più  rinomati  guerrieri  di 
Valenza,  oltre  Cesare  Borgia,  sono  a  no- 
mijiarsi  Ugo  di  Moncada,  col  quale  ebbe 
a  trattare  Clemente  Vii,  innanzi  il  fune- 
sto sacco  di  Roma^  J.  de  Argullo,  e  F. 
di  Moncada. Tra'legislatori  fiorirono  Bel- 
luga,  Crespi  eBojas.  Tra'letteratiJ.  L.  Vi- 
ves,  P.  J.  Nugnez-y-Martorell.  Tra'poe- 
ti  Gaspare  di  Aguillar,  Guillen  de  Castro, 
Micer  Andres  Rey  de  Artieda  ,  Antonio 
Folcb-y-Cardona.  Tra  gli  storici  Beuter, 
Escolano,  Mignana.  Oltre  a'quali  Valen- 
za si  pregia  del  botanico  Cabanilles  ,  e 
de'pittori  Espinosa,  Rib^^lta,  Juanez,  Za- 
rignena,  March,  Lopez,  Soto-Mayor.  Gli 
abitanti  sommano  a  più  di  80,000  e  su* 
perano  il 00,000  compresi  quelli  delTe- 
sterno  circondario.  La  temperatura  di 
Valenza  e  della  bella  campagna  che  la 
circonda  è  dolce  ed  amena,  malgrado  i 
venti  d'est  e  d'ovest  che  frequenlemenle 
vi  regnano;  l'inverno  vi  si  fa  appena  sen- 
tire; la  primavera  riesce  assai  piovosa  e 
l'estate  caldissima;  uoudimetio  l'umidità 


VAL 

elle  trovasi  nelle  campagne,  e  certi  venti- 
celli d'est  vi  rinfrescano l'atiuosfera;  Tau- 
»  tunno  è  la  più  bella  stagione  e  prolunga- 
si quasi  fino  al  teiaiine  eli  dicembre.  Va- 
lenza, nobile  città,ha  dintorni  pittoreschi 
e  seducenti ,  straordinariamente  fertili  e 
coltivati  con  multa  cura,  quindi  è  questo 
paese  da  (juasi  tutti  i  viaggiatori  descrit- 
to come  un  nuovo  Eden.  Posta  in  mezzo 
a  fecondissimi  campi,  che  bene  irrigati 
in  ogni  settimana  mercé  un  sistema  di 
canali  immaginato  ed  attuato  da'  mori 
saraceni,  sotto  l'azione  del  calore  e  del- 
l'umidità danno  sino  a  4  raccolte  all'an- 
no, e  da  per  tutto  ordinariamente  2.  Ha 
inoltre  il  vanto  di  conservare  ancora  fa- 
mosi monumenti  di  stilfi  moresco  e  sor- 
prendenti, che  ricordano  la  lunga  domi- 
nazione maomettana.  Il  regno  e  la  provin- 
cia di  Valenza  è  lungo  100  leghe  e  largo 
20.  Le  acque  del  Segura,  del  Xucar  e  del 
Guadalaviar  si  versano  in  mare  sulla  sua 
costa,  ed  il  Murviedo,  il  Paleucia,  il  Me- 
jares  vi  fluiscono  con  altri  minori  torren- 
ti. Il  territorio  ha  molte  eslese  pianure, 
sel)bene  de'monti  l'attraversino,  ma  non 
vi  ha  punto  in  cui  non  appariscano  se- 
gni di  fertilità  esuberante.  La  purezza 
dell'aria  e  la  dolcezza  del  clima  sono  fa- 
talmente controbilanciate  da  frequenti 
uragani,  da  vorticosi  terremoti,  dalla  pe- 
stifera influenza  del  Solano,  che  sovente 
va  soflìando  dalle  spiaggie africane.  1  ter- 
reni paludosi  d'Oropesa,  e  d'alcune  par- 
ti delle  sponde  del  Jucar,  ivi  rendono  il 
clima  malsano.  Si  deve  all'operosità  e 
alla  perizia  agraria  de'campagnoli  valeo- 
zaui  grandi  elogi,  non  essendo  tali  1  vici- 
ni. Non  vi  è  luogo  alpestre  o  arido,  che 
la  loro  marra  non  arrivi  ingegnosamente 
a  l'ertilizzare,  e  prodiga  la  natura  vi  cor- 
risponde con  abbondanti  e  raddoppiati 
raccolti.  Le  esportazioni  si  effettuano  co' 
rinomati  vini  d'  Alicante,  di  Benicarlo  e 
della  Torre,  co!  riso,  colle  olive,  le  frutta 
secche,  il  lino,  la  canapa,  la  seta.  L'indu- 
stria non  vi  è  generalizzala,  ma  non  lascia 
di  far  progressi.  iVon  vi  mancano  miniere 


VAL  263 

di  cinabro,  d'  argento  vivo,  rame  ,  zolfo, 
arsenico  che  diverse  considerazioni  noa 
permisero  di  scavare:  a  Murviedro  ed  a 
Segorbia  vi  èdel  piombo  mistoad argen- 
to, ed  io  più  siti  del  ferro  di  diverse  qua- 
lità. Si  scoprirono  ancora  minieredi  car- 
bon  fossile,  ed  in  alcune  parti  delle  mon- 
tagne trovansi  cave  di  gesso,  di  marmi  di 
più  colori  e  d'alabastro;  né  raro  vi  é  il  sa- 
le che  si  ricava  dalle  sorgenti  salate.  Vi- 
vaci ,  ingegnosi  e  industri  sono  i  valea- 
Zani ,  di  carattere  gaio ,  benché  buona 
parte  non  siano  felici;  l'immaginazione 
n'é  ardente^  ma  volubile;  tuttavia  hanno 
molta  tenacità  nell'esecuzione  de'Ioro  di- 
segni, massime  in  ciò  che  coucerne  a'  lo- 
ro interessi.  Coltivano  le  lettere,  le  scien- 
ze e  l'arti  con  ardore;  hanno  portato  l'ar- 
te dell'agricoltura  al  più  alto  grado  di 
splendore,  né  mai  trascurano  veruna  co- 
sa cui  credano  che  la  debba  migliorare. 
Le  donne  sono  belle,  di  statura  alta  e 
snella  e  di  piacevolissima  fisionomia  ;  la 
carnagione  loro  é  fra  le  più  belle  della 
Spagna;  l'adornamento  semplice,  ma  e- 
leganle,  il  carattere  amabile,  la  compa- 
gnia graziosa.  In  generale  i  valenzani  a- 
mano  le  feste  sommamente,  e  l'adunanze 
pubblit;he,  per  te  quali  niente  risparmia- 
no, soprattutto  se  si  tratti  di  feste  religio- 
se. Meravigliosa  é  la  loro  maestria  nel 
cavalcare.  Il  dialetto  è  formato  d'un  mi- 
sto di  catalano  e  castigliano.  Nella  divi- 
sione decretata  dalle  Cortes  nel  1822,  il 
regno  di  Valenza  formò  le  provincie  di 
Castellou  della  Plana,  quasi  tutta  quella 
di  Valenza,  quella  di  s.  Felipe  o  Jativa 
o  Xativa,  la  massima  parte  di  quella  d'A- 
licante, e  piccole  porzioni  di  quelle  di 
Teruel  e  Murcia.  Attualmente  il  regno 
di  Valenza  si  compone  delle  4  provincie 
di  Valenza,  Castellone,  Xativa  e  Alicau- 
le.  Oltre  l'antica  capitale  Valenza,  sono 
principali  città  del  reame  Morviedro  o 
Sagunto,  Muri  Veteres^  che  espugnata 
da'  cartaginesi,  ne  parlai  in  più  luoghi; 
Castellone  della  Plana,  Cas Lilio ^  nella 
quale  di  recente  fu  trasferita  la  sede  ve- 


a64  VAL 

scovile  di  Segorve  {P".);  Panìscoln  (F,)^ 
lesa  famosa  dal  soggiorno  e  morte  del- 
J'aulipapa  Beueilelto  X\\\;  SegorlnjXiì' 
li  va,  SctahiSf  o  san  Gilippoo  Felipe,  Hib- 
biicata  su  d'una  rupe  con  castello  di  di- 
fesa, già  sede  vescovile  eretta  nel  V  seco- 
lo, poi  sufliHganea  di  Valenza;  Gandia, 
ducato  de*  Borgia  die  vi  fondarono  un 
distinto  collegio  e  fabbricarono  il  bel  pa- 
lazzo, coA  piccolo  porlo  e  rimarcbevole 
chiesa  collegiata;  Denia  ,  Dianum^  riiio* 
mala  perla  vetusta  origine,  con  buon 
porto  custodito  da  forte  castello,  già  se- 
de vescovile  eretta  nel  VI  secolo,  poi  suf- 
fraganea  di  Valenza;  Alicante,  nella  qua- 
le come  rilevai  nel  voi.  LXVIII,  p.  200, 
\ièstata  traslocata  la  sede  vescovile  d'O- 
rihudaj  Elea  (F.),  Illicis^  antica  e  con- 
siderevole città,  presso  al  capo  di  s.  Po- 
la,  già  sede  vescovile,  poi  sulFraganea  di 
Valenza;  ed  Or  Untela  (F.).  Sulle  nomi- 
nale sedi  vescovili  si  può  vedere  il  voi. 
LXVIII,  p.  83.  Il  governo  pontificio  tie- 
ne in  Valenza,  come  in  Cadice,  un  conso- 
le residente,  ed  ora  lo  è  Francesco  Fer- 
rer  y-Valles:  però  il  console  generale  sog- 
giorna a  Barcellona.  Alcuni  calcolarono 
a  circa  900,000  gli  abitanti  del  reame 
di  Valenza,  altri  a  più  d'un  milione.  11 
maresciallo  Narvaez  porta  il  titolo  di  du- 
ca di  Valenza  dal  i843. 

Valenza,  Valencia,  Fahntia^  è  la  Va- 
lentia  Edetanorum  seu  Contestanorutn 
de'romani,  ed  i  primi  popoli  della  regio- 
uè,  che  si  conoscono,  furono  gli  Edetani 
e  i  Conteslani.  Gli  edetani  ebbero  il  no- 
me da  Edeta  o  Lìria,  città  antichissima 
eretta  da'pri.milivi  abitanti  della  Spagna, 
e  surse  a  qualclie  distanza  del  fiume  Tu- 
ria,  ora  Guadalaviar,  al  cui  nord  fu  e- 
dificata  Valenza.  Gli  edetani  furono  uo 
popolo  possente,  che  dominarono  diver- 
se ciltà  più  considerabili  della  contrada, 
ed  il  paese  abitato  da  essi  ebbe  il  nome 
di  Edctanìa,  che  corrisponde  pi  esente- 
mente alla  parte  seltentrionale  del  regno 
di  Valenza.  1  conteslani,  popoli  della  Spa- 
jgua  pit^ripre,  ati'Uavaao  il  pae^e  al  sud 


VAL 

dogli  edetani  sino  alla  Betica  ,  od  alme- 
no  sino  all'eslremilà  della  Tarragonese, 
ove  Irovdvansi  luoghi  dipendenti  tla'ba- 
stitani,  che  stavano  in  parte  nella  Betica 
orientale.  Vuoisi  che  la  contrada  da  lo- 
ro abitala  e  denominala  Conlcstan'ui^ 
cortisponda  in  gran  parie  a  quella  che 
modernamente  dicesi  regno  di  Valenza, 
avendo  pure  portato  i  nomi  di  lìJai'ita' 
nia  e  di  Deitauia.  Questa  grande  e  an- 
tica città  dicesi  edificala  240  anni  innan- 
zi la  nostra  era;  distrutta  nella  guerra  di 
Pompeo  Magno,  fu  ristabilita  da  Giulio 
Cesare.  Dipoi  la  ciltà  di  Valenza  e  la  re- 
gione passò  da'romani  a' goti  conquista- 
tori, e  da  essi  a'  mori  saraceni  nel  7  1  5, 
i  quali  pressoché  distrussero  Valenza  ver- 
so il  761,  ed  i  cristiani  trasportarono  le 
sagre  ossa  di  s.  Vincenzo  [F.)  martire 
nell'estremilà  del  Porlogallo,  in  un  luogo 
che  dal  suo  nome  s'intitolò  poscia  pro- 
montorio di  s.  Vincenzo,  e  cominciaro- 
no a  fabbricare  in  Oviedo  l'insigne  mo- 
nastero in  onore  del  sauto  ,  al  liferire 
dell'annalisla  Rinaldi.  Narrano  il  Biiller 
e  il  suo  annotatore,  ches.  Vincenzo,  uno 
de'più  illustri  mai  tiri,  da  Saragozza  sua 
patria  fu  portato  in  Valenza  e  rinchiuso 
in  orribile  prigione,  indi  dopo  crudelis- 
simi tormenti  fu  il  cadavere  giltato  nel 
mare;  miracolosamente  lo  ricuperarono 
due  cristiani ,  e  lo  seppellirono  in  una 
piccola  cappella  fuori  delle  mura  di  Va- 
lenza; indi  le  sue  reliquie  furono  traspor- 
tale da  Valenza  alla  badia  di  Caslres  nel- 
r864  pei*  sottrarle  dal  furore  de*  mori,  e 
n'ebbero  porzione  altre  chiese, come  l'ab- 
bazia di  s.  Germano  de'Prati,  Valenza  di 
Linguadoca  e  Lisbona .  ES'el  voi.  LXVIII, 
p.  85,  riparlai  delle  gloriose  gesta  del  pro- 
de Cid  o  Rodrigo  Diaz  di  Bivar  di  Bur- 
gos,  il  quale  nel  1094  conquistò  sui  mo? 
ri  Valenza, ove  si  stabilì  e  mori  nel  1099, 
La  porta  per  la  quale  fece  il  suo  ingres- 
so nella  città  prese  il  suo  nome,  e  quan- 
tunque l'espugnò  pel  re  di  Castiglia  o  di 
Leon  Alfonso  VI,  la  ritenne  e  governò 
fiucl^è  visse  ip  un'intera  dipendenza.  La 


VAL 

sua  ve<lova,  la  celebre  Chimene  o  Xiine- 
ne,  la  consegnò  al  re  di  Castiglia,  il  quale 
gliene  confidò  il  governo;  assaltala  Va- 
lenza nel  1  loo  (ìa'mori  di  Cordova  ,  ella 
con  vigorosa  resislenzu  gli  obbligò  a  levar 
l'assedio;  nondimeno  Valenza  fu  presa 
r  anno  appresso,  e  lornò  in   poleie  de' 
niussubnani  re  di  Cordova ,  a' quali  era 
slata  tolta;  ({ualche  tempo  dopo  divenne 
capitale  del  particolare  regno  di  Valenza. 
Giacomo  1  il  Conquisiatoreyied'A.vdQO' 
Da,  conquistò  la  città  con  islrepitosa  vit- 
toria, che  gli  procacciò  il  titolo  di  Fitto- 
n'oso ,  insieme  col  regno  del  suo  nome 
nel  1238,  e  la  popolò  di  catalani  e  fran- 
cesi delle  provincie  meridionali,  avendone 
espulso  moltissimi  mori.  Racconta  il  Ri- 
naldi, che  Giacomo  I  assediò  la  città  con 
numerosi  e  poderosi  stuoli  de' suoi,  e  si 
ancora  di  francesi  ed  inglesi,  i  quali  pre- 
sa la  croce  futta  bandire  e  predicare  da 
Papa  Gregorio  IX,  passarono  nella  Spa- 
gna e  cinsero  d'assedio  Valenza,  respin- 
gendo valorosamente  i  mori   nelle  loro 
sortite  con  grande  loro  uccisione.  Indi  i 
crociali  vinta  1'  armata  maomettana  di 
Tunisi  ,  accorsa  in  aiuto  co'  loro  correli- 
gionari, costrinsero  Zaeno  re  moro  a  ce- 
dere la  città  per  estreaia  penuria  di  vet- 
tovaglie. Partirono  da  Valenza  per  accor- 
do 5o,ooo  maomettani,  indi  Giacomo  l 
fece  puigareco'rili  cristiani  i  sagri  templi 
profanali  da'  mori,  vi  ristabilì  il  vescovo, 
e  succederono  nuovi  abitatori  cristiani. 
Pervenuta  la  lieta  novella  a  Gregorio  IX 
ne'priini  del  i  2 89,  non  si  può  due  quan- 
to mai  ne  fu  contento,  e  perchè  si  potesse 
ritenere  e  difendere  il  regno  di  Valenza 
da'cristiani,  stimolò  ad  andarvi  a  stabilir- 
si i  catalani,  i  francesi,  i  lombardi,  propo- 
nendo loro  i  premi  delle  sagre  indulgen- 
ze. 11  re  Giacomo  I  nelle  terre  del  regno 
di  Valenza,  tenute  sì  lungamente  da'mo- 
ri  e  conlaminate  colla  bai  bara  supersti- 
zione maomettana,  vi  eresse  molte  chie- 
se, ed  il  Papa  per  gradimento  gliene  con- 
cesse il  padronato.  Quindi    Valenza  col 
SMo  reauie  seguì  le  viceUde  di  quello  d'A- 


VAL  26j 

ragondy  perciò  seguì  lo  Scisma  d'  occi- 
dente cagionalo  dall'  antipapa  Clemente 
VII,  che  stabilitosi  in  Avignone  ,  molli 
popoli  ingannati  ne  seguirono  V  Ublfidien' 
zrt  (^/^.J  credendolo  legittimo,  e  perciò  ne 
restò  inviluppato  lo  stesso  valenziano  s. 
Vincenzo  Ferreri,  che  nell' università  di 
Lerida  ricevè  il  dottorato  dall'  anticardi- 
nale de  Luna  legato  del   pseudoPapa. 
Questi  nel  1890  inviando  l'anticardinale 
suo  legato  in  Francia,  recatosi  a  Valenza, 
volle  che  il  santo  l'accompagnasse.  Mor- 
to l'antipapa,  gli  successele  Luna  col  no- 
me di  Benedetto  XIII  nel  i  394>  e  tosto 
chiamato  a  se  in  Avignone  il  santo  lo  fe- 
ce Maestro  del  s.  Palazzo  (F.),  e  poi  suo 
confessore.  Ormai  s.  Vjnceozo  avveduto- 
si dello  spirito  dell'antipapa,  tralasciò  di 
difenderlo  e  favorirlo  col  suo  credito,  ed 
afflitto  per  lo  scisma  che  divideva  la  Chie- 
sa, con  velo  procurò  d'indurre  Benedet- 
to XllI  a  porvi  fine;  ma  egli  ambizioso 
fece  promesse  che  mai  effettuò.  Gli  offrì 
vescovati  e  il   cardinalato,  ma   il  santo 
non  volle  accettare,  e  preferì  di  recar- 
si a  fare  il  missionario  apostolico.  L'an- 
tipapa l'invilo  a  portarsi  in  Genova  ov'e- 
rasi  recato ,  promettendo  di   rinunziare 
alle  sue  pretensioni  sul  papato;  il  santo 
ubbidì,  ma  non   furono  ascoltali   i  suoi 
animonimenti  di  far  cessare  il  pernicioso 
scisma.  Benedetto  XIll  dovette  abbandor 
nare  .Avignone  e  ritirarsi  a  Perpignano, 
essendosi   la  Francia  sottratta  dalla   sua 
ubbidienza,  da  dove  passò  in  Paniscola. 
JXeli4i5  si  condusse  a  Valenza,  per  in- 
vestire del  regno  di  Napoli  Giovanni  se- 
condogenito di  Ferdinando  I  red'Ai'ago- 
na,  alla  sua  presenza  e  della  regina,  do- 
po aver  insieme  ascoltalo  la  messa.  L'ari-, 
lipapa  co'solili  riti  benedisse  il  vessillo  che 
Giovanni  doveva  portale  nel  reame,  e  di 
questo  l'investì  nel  consegnarglielo,  es-. 
sendo  il  principe  genuflesso.  Giovanni  ba- 
ciò i  piedi  e  la  mano  a  Benedetto  XllI, 
e  questi  l'ammise  al  bacio  del  volto;  poi 
baciò  la  mano  al  re  padre,  il  quale  pure 
l'ammise  al  bacio  dei  volto.  Fialtanto  di- 


266  VAL 

\enutos.  Vincenzo  confessore  e  pretlica- 
lore  tli  Ferdinando  I,  lo  consigliò  di  sol- 
trRi'ji  dall'ubbidienza  dell' ostinato  anti* 
|)ii()a,  qualora  non  si  folesse  sottomettere 
ni  concilio  che  celebra  vasi  in  Costanza  per 
dare  la  pace  alla  lacerata  Chiesa  ,  onde 
il  le  con  editto  de'6  gennaioi4i6  ma- 
iiifestu  a'suoi  sudditi  di  rimettersi  all'  o* 
perato  del  sinodo.  Nello  stesso  giorno  s. 
Vincenzo   predicò  pubblicamente ,  che 
Pietro  di  Luna  era  un  perfido  inganna- 
tore del  popolo  di  Dio,  onde  i  re  di  Ca- 
sliglia  e  Leon,   e  d'  Aragona  eransi  ri- 
tirati dalla  sua  ubbidienza  con  altri  prio* 
cipì.  Continuando  l'antipapa  nella  sua 
caparbietà,  neli4i7  fu  deposto  e  scomu- 
nicato dal  concilio^di  Costanza.  Indi  riti- 
ratosi in  Paniscola  (Z^),  Martino  V  e» 
letto  in  detto  concilio  pubblicò  contro  di 
lui  la  crociata,  anche  nel  regno  di  Va- 
lenza, ma  non  si  elFeltuò  per  averlo  im- 
pedito il  re  Alfonso  V.  Morto  l'antipa- 
pa gli  successe  il  falso  Clemente  Vili  nel 
1424,  riconosciuto  da  Alfjuso  Vj  fi- 
iinliuente  nel  i4^9  terminò   lo  scisma 
colla  sua  rinunzia.  Il  Pontefice  Nicolò  V 
per  la  guerra  contro  i  turchi,  avendo 
concesso  ad  Alfonso  V  re  d'  Aragona  le 
decime  e  altri  sussidii  ecclesiastici,  sul 
modo  di   pagarle  essendo  nata  discor- 
dia  negli  stali   del   re,  fra  il  clero  e  i 
regi  ministri,  il   Papa  per  estinguerla  a* 
i3  novembre  i4^o  deputò  il  cardinal 
Jeun   vescovo   Morinense   ossia  di    Te- 
rouanne  suo  legato  a  latore  nel  regno  di 
Valenza  e  altri  dominii,  e  con  breve  de* 
ig  conferì  al  cardinale  1*  opportune  fa- 
coltà per  sedare  silfatte  diderenze,  in  che 
pienamente  riuscì,  ed  il  Papa  l'approvò 
a'25  gennaioi45i.  Ferdinando  V  re  di 
Castiglia  edi  Leon,  pel  suo  matrimonio 
colla  regina  Isabella  I,  divenuto  nel  1479 
re  d'Aragona  e  poi  di  Granata  neli493 
e  di  Na varrà  neli5[2,  fu  ili.°  re  di  tut- 
ta la  Spagna  (/^.),  onde  Valenza  col  re- 
gno fu  riunita  alla  monarchia  e  ne  seguì 
i  destini.  Nel  1609  ''  ''*^  Filippo  III  aven- 
do ordioalo  sullo  pena  di  morte  a  tulli 


VAL 

i  mori  stabiliti  nel  regno  di  Valenza,  di 
partire  dalla  monarchia  di  Spagna  in  ter* 
mine  di  3o  giorni,  questa  espulsione  re- 
cò gravissimo  pregiudizio  alla  città  e  al 
reame  di  Valenza  ,  poiché  perdette  più 
della  metà  di  sua  popolazione,  ma  ci  gua- 
tlfignò  nella  morale  e  nella  religione  ,  il 
che  piò  importa.  Tuttavia  al  presente  la 
popolazione  valenziana  è  più  numerosa 
di  delta  epoca,  raddoppiandosi  altresì  le 
sue  produzioni.  Durante  la  guerra  della 
successione  alla  monarchia  spagnuola, 
per  morte  di  Carlo  11  d'Austria,  Valen- 
za riconobbe  sulle  prime  Filippo  V  di 
Borbone,  ma  poco  stante  aprì  le  porle  a* 
generali  di  Carlo  arciduca  d'Austria.  Pe- 
rò, dopo  la  battaglia  d' Almanza  ,  com- 
battuta sulle  frontiere  del  regno  di  Va- 
lenza a'25  aprilei707,  ed  ove  in  memo- 
ria della  decisiva  vittoria  riportata  da* 
francesi  e  spagnuoli,  comandati  dal  ma* 
resciallo  di  Berw^ick,  sugli  austriaci  e  al- 
leati sotto  la  condotta  dell'arciduca  Car- 
lo, Valenza  fu  forzata  ad  implorare  la  cle- 
menza del  re,  al  quale  avea  mancato  di 
fedeltà.  Filippo  V  portatosi  nella  città 
punì  i  ribelli  col  supplizio  di  gran  nume- 
ro di  loro,  colla  perdita  di  tutti  i  privi- 
legi notabili  goduti  da  essa  e  dal  suo  re- 
gno, e  coll'obbligazionedi  seguire  gli  sta- 
tuti di  Casliglia;  altrettanto  subì  il  regno 
d'Aragona,  egualmente  conquistato.  Nel 
secolo  progrediente  i  francesi  se  neimpa* 
dronirono  n'  9  luglioi8i2,  sotto  il  ma- 
resciallo Suchet,  e  l'evacuarono  in  giù- 
gnoi8i3,  cessando  il  loro  precario  pos- 
sesso. Ferdinando  VII  ricuperò  quindi 
tutta  la  monarchia  di  Spagna  ,  ed  alla 
sua  morte  toccando  la  successione  di  es- 
sa al  fratello  Carlo  V,  restò  posposto,  ad 
onta  che  per  lui  si  dichiararono  i  regni 
di  Valenza,  Aragona,  Castiglia  ec.  Nella 
guerra  di  questa  sua  successione,  si  distin- 
se nel  regno  di  Valenza  il  valoroso  ge- 
neral Cabrerà;  ma  il  re  non  potendosi 
più  sostenere,  Carlo  V  rinunziò  i  suoi  di- 
ritti alla  corona  di  Spagna  al  suo  degno 
primogenito  conte  di  Moulemoliu ,  che 


VAL 

prese  i!  nome  di  Ca;  lo  VT,  e  ritiratosi  in 
l^rieste  ivi  terminò  i  suoi  giorni.  In  ta- 
le articolo,  dopo  aver  narrato  altre  noti- 
zie riguardanti  lo  sventurato  e  virtuoso 
Carlo  \  e  gli  ultimi  anni  di  sua  vita, 
promisi  in  questo  di  accennare  i  princi- 
pali avvenimenti  di  Spagna  accaduti  do- 
po la  pubblicazione  di  quell'articolo,  cioè 
in  seguito  de'posleriori  al  luglio  1 854  P^^' 
la  rivoluzione  militare  scoppiata  a  Ma- 
drid e  sue  rovinose  conseguenze  ,  già  il 
tutto  deplorato  e  riportato  a  Toledo,  il 
cui  defunto  arcivescovo  presenlò  in  no- 
me della  regina  al  Papa  Pio  IX  un  pre- 
ziosissimo Triregno  (f^.y,  onde  in  breve 
\ado  qui  ad  elFeltuario.  Se  lo  scrivere  è 
considerato  tra  le  più  gravi  e  diilicili  fa- 
tiche toccate  in  retaggio  a'  figli  di  Atla- 
iDo;  lo  scrivere  la  storia  contemporanea, 
ed  inoltre  ridurre  in  brevi  proporzioni 
un  complesso  di  copiose  nozioni,  è  assai 
ardua  e  angustiosa  impresa,  e  nella  qua» 
le  di  frequente  mi  devo  accingere  in  epo- 
che fecondissime  di  rapidi  e  svariati  gra- 
vissimi avvenimenti.  Divenula  la  Spagna 
per  la  suddetta  rivoluzione  il  convegno 
di  molti  rivoluzionari  del  continente,  pas- 
sò un  periodo  violento  d'anarchia  legale 
e  di  dispotismo  rivoluzionario,  d'ogni  ge- 
nere di  persecuzioni  sistematiche  contro  i 
moderati,  ogni  classe  di  savie  persone  e  il 
clero,  di  usurpazioni  religiose  con  porsi 
eziandio  in  vendita  i  beni  ecclesiastici  (le 
sole  Provincie  Basche  resìsterono  a  tale 
iniquo  spogliamento),  che  lesive  al  con- 
cordato concluso  colla  s.  Sede  neh 85 1, 
allaoienle  furono  riprovate  dal  Papa  Pio 
IX  col  riferito  nel  citato  articolo.  L'enor- 
me debito  pubblico  della  Spagna  alla  fi- 
ne del  luglio  i855  montava  a  più  di  j5 
mila  milioni  di  reali,  con  circa  4  n^il^t  ini- 
lioni  di  reali  in  carta.  Frattanto  la  Spa- 
gna fu  in  preda  a  desolanti  condizioni. 
Peste,  fame,  incendii,  assassinamenti,  ri- 
volture, inondazioni,  supplizi;  dappertut- 
to guerra,  in  tutti  i  cuori  spavento,  in  tut- 
ti gli  animi  incertezza  e  inquieti  indine. 
La  tremenda  crisi  fu  preceduta  dali'um- 


VAL  267 

mutinaraenlo  di  varie  citta.  Quello  di  Va- 
lenza fu  qualificato  come  la  mostra  prin- 
cipale data  nella  Spagna  dalla  demagogia 
delle  proprie  forze  organizzate;  appunto 
perciò  in  quest'articolo  mi  proposi  dare 
un'indicazione  delle  notizie  di  Spagna, 
ritenute  da  me  indispensabili  per  le  pre- 
cedenti pubblicale.  Il  governo  prese  tan- 
to in  sul  serio  la  faccenda  ,  che  vi  spedi 
a  reprimerei  ribelli  il  general  Zabala  mi- 
nistro di  slato.  L'indagini  falle  scopriro- 
no che  tutta  la  milizia  nazionale  di  Va- 
lenza fu  complice  dell'attentato;  che  il 
capitano  generale  della  provincia  Vdla- 
longa  fu  costretto  a  capitolare  con  essa 
per  mancanza  di  sudicienti  forze  a  resi- 
stere, e  per  trovarsi  le  autorità  senza  la 
coscienza  e  il  coraggio  di  opporsi.  Abile 
ed  energico  il  Villalonga ,  la  sua  azione 
si  disse  impedita  dall'istruzioni  private  di 
lenità  e  ntitezza  verso  i  sollevati,  del  pre- 
sidente de'ministri  Esparlero,  ilqualegià 
aveva  concesso  l'impunità  a  tutti  i  pub- 
blici perturbatori  degli  ultimi  tempi,  an- 
zi dagli  onori  e  da'premi  decretati  or  dal- 
l'assemblea delle  Cortes,  di  cui  pure  era 
presidente,  or  dal  governo  che  dirigeva, 
ad  ogni  sorta  di  cospiratori.  Nondimeno, 
e  sembrò  strano,  si  affettò  sdegno  contro 
queli."  colpo,  colla  destituzione  del  Vil- 
lalonga, operata  dal  Zabala  e  ad  onta  che 
sul  luogo  aveva  ben  potuto  g^iiidicare  de' 
fatti.  Per  allora  il  pronto  accorrer  delle 
soldatesche  nella  ribellata  Valenza  ,  e  il 
non  esser  stato  imitato  il  suo  esempio  da 
altre  città,  fece  cessar  il  disordine  e  quie- 
tar il  rumore.  I  capi  de'faziosi  arrestati 
dalle  milizie,mercè  potenti  protezioni  riu- 
scirono a  sottrar  la  loro  causa  dal  giudi- 
zio militare,  e  sottometterla  a' tribunali 
ordinari,  i  quali  da  lungo  tempo  erano  co- 
stumati a  usare  ogni  riguardo  a  tali  se- 
dicenti coraggiosi  difensori  della  libertà. 
11  movimento  di  Valenza  smascherò  mol- 
ti, e  svelò  tutta  l'  organizzazione  pode- 
rosa del  vandalico  Socialismo  [P^.)  nella 
Spagna,  specialmente  nelle  provincie  o- 
rienlali.  1  giornali  progressisti,  senza  al- 


268  VAL 

cun  rilegno,  pubblicarono  clocnmenli  da* 
quali  risultò,  che  in  tutta  la  regione  det- 
ta la  Coronilla  de  Aragona^  e  più  spe- 
cialmente in  Valenza  e  Barcellona,  v'ha 
un  gran  numero  eli  società  segrete  che 
giurano  col  pugnale  in  mano  l'esterminio 
degli  aristocratici  e  il  livellamento  delle 
proprietà.  L'operato  in  Valenza  e  tali 
manifestazioni,  fu  preso  per  una  vera  mi- 
naccia all'ordine  pubblico  d'Europa.  La 
lotta  delie  due  fazioni  cominciò  quindi 
quando  Espartero  incoraggialo  da'demo- 
cralici  e  spinto  eziandio  da'  progressisti 
puri,  volle  ripetere  l'antico  tentativo  d'i- 
solare  il  suo  collega  ed  emulo  ministro 
della  guerra  e  conte  di  Lucena  Leopoldo 
O'  Donnell,  allontanandogli  dal  fianco  i 
generali  collocali  ne'gradi  più  imporlun* 
ti.  E^parlero  si  cinse  dell'armi  delle  mi- 
lizie nazionali,  e  O'  Donnei!  delle  schiere 
dell'esercito,  meditante  un  colpo  di  sta- 
to. Successivamente  insorsero  Vallado- 
lid,  Rioseco,  Valencia,  Badajoz,  Mojados, 
Camillac,  Maracena,  Lillo,  Oviedo,  Due- 
iias,  Triana,  Eslella,  Duron,  Aranjuez, 
Toledo,  Zamora,  Linares,  Vidi , Siviglia, 
Barcellona,  nuovamente  i  contumaci  di 
Valenza,  Murcia,  Saragozza,  ec.  ec.  Tut- 
te queste  sollevazioni  ebbero  l'indole  so- 
cialistica, guerra  alla  proprietà  e  all'au- 
torità, con  bruciauìento  delle  fabbriche 
manifatturiere,  e  domande  sfrenate  d'au' 
mento  di  salario  giornaliero  per  gli  ope- 
rai. Siffatto  violento  e  lagrimevole  stato 
di  cose  finalmente  ebbe  la  sua  terribile 
crisi ,  principalmente  ne'snnguinosi  e  o- 
stinati  combattimenti  di  Madrid  ,  nelle 
desolanti  e  famose  giornale  de'i4>  i5  e 
j6  luglio  1 856,  che  iniziarono  le  ultime 
mostre  che  dell'anarchia  uvea  per  ora  di- 
visato di  fare  la  demagogia  spagnuola. 
Ne'3  giorni  precedenti  radunati  a  consi- 
glio i  ministri  per  prendere  energiche 
provvidenze  sulla  desolante  condizione 
di  tutta  la  Spagna,  ebbero  luogo  discus- 
sioni vivissime  alla  presenza  delia  regina. 
)1  ministro  Escosura  propose  la  pubbli- 
pa^iooe  della  costituzione ,  ipcolpaqdo  i 


VAL 

moderati,  i  carlisti,  e  massimaraente  il 
clero  cotne  c.igione  prima  di  tanti  disor- 
dini. O'  Donnell  sdegnato  di  tanta  men- 
zogna e  arditezza,  si  levò  immantinenti 
di  consiglio  e  die  la  sua  dimissione.  Espar- 
lero  e  gli  altri  dilfidando  di  reggersi  soli 
«  tante  catastrofi  rinunziarono  anch'essi. 
La  regina  accettò  queste  riiumzie,  e  ab 
cune  ore  appresso  si  rivolse  fiduciosa- 
mente ad  O'  Donnell,  perchè  questi  com- 
ponesse un  nuovo  ministero,  e  fu  allora 
che  arditamente  contro  la  regia  preroga- 
tiva i  faziosi  declamarono  in  Madrid,  fin- 
che il  popolo  corse  all'  armi.  O'  Donnell 
tenne  fermo,  vinse  la  ribellione  di  Madrid, 
e  decretò  lo  stato  d'assedio  per  tutta  la  pe- 
nisola. Tutto  egregiamente  venne  com- 
pendialo dalla  Civiltà  Cattolica,  massi- 
me nella  serie  3.",  t.  3,  p.  ^5o.  Il  suo  cor- 
rispondente definì  Esparlero  ed  O'Don- 
nell:  Espartero  capo,  vessillo  e  guida  na- 
turale di  tutte  le  fazioni  ultra  li'berline,  di 
tutti  i  principii  dissolventi.  O'Donnell  ca- 
po casuale  e  speranza  unica  delle  frazio- 
ni conservatrici  e  de'principii  d'  ordine. 
Tutte  le  capitali  e  le  città  più  importan- 
ti della  monarchia,  principalmente  Bar- 
cellona e  Saragozza  ,  si  pronunziarono 
contro  il  gabinetto  ministeriale  del  gene- 
rale presidente  e  ministro  della  guerra  O* 
Donnell  :  ma  fortunatamente  la  ribellione 
da'fedeli  militari,  nel ilifendere  costante- 
mente la  monarchia  e  l'ordine  sociale,  fa 
soffocala  per  tulio,  di  guisa  che  al  comin- 
ciar del  seguente  agosto  non  rimasero 
delle  scorse  vicende  che  le  molle  lagrime 
versale  sopra  il  sangue  largamente  spar- 
so in  (ma  lolla  cosi  generale;  e  vinta  dal- 
le coraggiose  e  fedeli  milizie  della  regina 
Isabella  11,  e  dal  gran  numero  di  perso- 
ne dabbene  che  si  unirono  alle  forze  del 
governo  per  salvare  se  e  lo  stalo  dal  ter- 
ribde  vandalismo  che  desolò  la  Spagna 
con  disastrosi  incendii  de'socialisti  o  pro- 
gressisti puri,  saccheggi  e  uccisioni  senza 
modo  né  freno.  O'  Donnell  ne  uscì  vilto- 
rioso,e  formò  tm  nuovo  ministero  alquan- 
to moderato  e  iadulgeale,  molli  individui 


VA  L 

de!  quale  SI  mostrarono  clisposlissimi  a  ri- 
parare al  danno  che  la  religione  aveva 
sofferto  sino  allora  nella  Spagna;  essendo 
ciò  pure  ardenlissimo  desiderio  della  re- 
gina, mentre  il  popolospagnuolo  in  tutta 
la  penisola  domandò  altamente  la  ricon- 
ciliazione colla  Chiesa,  per  cui  in  favore 
di  questa  sì  concepirono  liete  speranze. 
Quindi  in  tutta  la  monarchia  fu  sop- 
pressa la  guardia  nazionale  (nel  modo  in- 
teressante riferito  dallo  slesso  Giorna- 
le (li  Roma  del  i856,  p.8o8e  n.*'2o4), 
sciolte  le  magistrature  municipali,  licen- 
ziate le  Cortes  costituenti,  sciolte  le  società 
di  fabbricanti  e  operai  del  principato  di 
Catalogna,  e  poi  anche  le  loro  casse  di  soc» 
COI  si  e  associazioni,  con  quelle  disposizioni 
prese  dal  luogotenente  generaleZapatero, 
che  riprodussi  nel  voi.  LXXXIV,  p.54e 
55.  A'  I  5  settembre  dello  stesso  1 856  si  ri- 
pristinò la  costituzione  promulgata  per  la 
Spagna  a*  23  maggio  i845,  e  quale  re* 
guava  allo  scoppiar  delia  rivoluzione  del 
ricordalo  luglio 1 854,  e  con  qualche  lie- 
ve modificazione  d'un  atto  addizionalejsi 
dispose  di  riunire  il  senato  a  vita  de'com- 
ponenti,  come  vìgeva  avanti  tal  politica 
commozione,  e  d' aumentarlo  con  alcuni 
nuo  vi  senatori;  di  convocare  ì  comizi  per 
1'  elezione  generale  de'  deputati  alle  Cor- 
tes, secondo  il  sistema  elettorale  della  co- 
stituzione del  1837;  di  sospendere  la  leg- 
ge degli  Ayuntamientos  votata  dalle  Cor- 
tes costituenti,  e  intanto  porre  in  atto  al- 
tri regolamenti  perle  deputazioni  provin- 
ciali. Arrogeche  io  ricordi  l'importante 
articolo  che  si  legge  nell'encomiata  Civil' 
tà  Cattolica j\,  4>  P-i45'.  e  intitolato:  Le 
Cortes  costituenti  e  la  Milizia  cittadina 
in  Ispagnaj  non  che  le  gravi  parole  pro- 
nunziate dal  giornale  di  Madrid  l'iT^^re/- 
la,  sulla  condizione  fatale  da  cui  fortu- 
natamente uscì  la  Spagna,  e  ripetute  da' 
n.i  2 1  o  e  227  del  Giornale  di  Roma  del 
i856.  Indi  \a  Civiltà  nel  citalo  voi.  ri- 
parlando delle  cose  di  Spagna  a  p.  246, 
quanto  alla  questione  ecclesiastica,  la  ri- 
conosce la  più  spifiusa  e  più  diUiciledie 


VAL  269 

si  presentò  al  nuovo  ministero,  perchè  co- 
stò la  breve  vita  ministeriale  al  ministro 
delle  finanze  Cantero ,  a  motivo  della 
fretta  inopportuna  in  raccomandare  a* 
suoi  dipendenti  la  rapida  e  puntuale  e- 
secùzione  della  biasimevole  legge  di  dis- 
ammortizzazione votatasi  dalle  Cortes  co- 
stituenti, contro  i  beni  del  clero.  Volle  e- 
gli  senza  dubbio  farsi  con  tale  zelo  un  me- 
rito presso  la  fazione  progressista  ,  che 
professava  aperta  ostilità  a  danno  del  cat- 
tolicismo  e  perciò  contro  la  s.  Sede,  con- 
tro la  quale  erasi  sostenuta  deplorabile 
lotta, con  politica  biasimevolecheper  lun- 
go tempo  oltraggiò  laChiesa,e  specialmen- 
te ne'due  precedenti  anni.  Gli  uomini  o- 
iioratì  e  prudenti  non  potevano  tollerare 
con  pace  che  non  fosse  riparato  dal  no- 
vello ministero  ogni  aggravio  e  ingiuria 
dolorosa  recata  alia  Chiesa  in  detto  ulti- 
mo periodo,  di  tempo,  e  l'offesa  al  senti- 
mento religioso  del  popolo  invece  di  ces- 
sare fosse  aumentata.  La  grande  solleci- 
tudine e  l'impegno  fianco  della  pietà  fi- 
liale della  regina  verso  il  Papa,  esigeva 
da'suoi  ministri  che  gli  si  desse  un'intera, 
efficace  e  pronta  soddisfazione,  de'violati 
diritti  della  s.  Sede  e  della  conculcata  di- 
gnità del  clero.  Or  dovendosi  pure  secon- 
dare la  giusta  espettazione  del  popolo,  e 
far  ragione  alla  volontà  della  regina,  bi- 
sognava dall'una  parte  cominciar  appun- 
to dal  rimuovere  l'ollesa  più  grave,  qua- 
le si  era  la  disammortizzazione  de'  beni 
municipali,  dì  Chiesa  e  de'  luoghi  pii;  e 
dall'allra  parte  ciò  non  poteva  fare  quel 
Cantero  che  pochi  dì  innanzi  erasene  mo- 
strato cos'i  passionato  partigiano.  Laonde 
visto  il  mal  punto,  al  quale  erasi  tal  mi- 
nistro ridotto,  rinunziò  all'uflizio  e  vide 
sul  fatto  accettata  la  sua  rinunzia  a'  18 
settembre.  Gli  fu  destinato  a  successore 
Salaverria,  antico  e  probo  uffiziale  cospi- 
cuo dello  stalo,  il  quale  si  recò  ad  ono- 
re l'inaugurare  la  sua  nuova  carriera  col- 
l'apporre  la  firma  al  real  decreto  che  so- 
spende la  vendita  de'beni  del  clero  seco- 
lare, sospende  l'esecuzione  delia  legge  del 


270  VAL 

disammoilizzamenlo,  e  annulln  ogni  di- 
sposizione contraria.  Così  fu  fallo  il  i.° 
passo  per  rannodare  le  intenotle  relazio- 
ni della  Spagna  coi  Padre  comune  de'fe- 
deli,da'iuinistri  d'una  reginaed'una  na* 
zione  sinceramente  cattolica.  L'  enorme 
deficit  lascialo  ne'  bilanci,  e  per  conse- 
guenza nell'erario,  dagli  sconcerti  econo- 
mici della  dominazione  progressista,  an- 
che con  aver  le  Cortes  costituenti  soppres- 
so il  dazio  di  consumo  che  formava  la 
base  principale  delle  pubbliche  entrale, 
invano  si  volle  riparare  colla  spogliazione 
della  Chiesa  e  de'  poveri  de'Ioro  legittimi 
beni,  poiché  la  disammorlizzazione  non 
riuscì  ad  incassare  che  un  meschinissimo 
pugno  di  reali,  presto  assorbito  da'biso- 
gni  urgenti  come  stentatamente  inlroita- 
to.  La  G azzelta  di  Madrid  noli  fìch  il  de- 
creto che  ristabilì  la  casa  centrale  de'ge- 
suiti  a  Loyola  nella  provincia  di  Guipu» 
scoa,  fondala  neh  85 1  sotto  il  ministero 
BravoMiuillo,  e  chiusa  nella  rivoluzio- 
ne del  1854  colla  relegazione  de'gesuiti 
all'isole  Baleari. Perciò  il  GiomalediRo' 
ma^  a  p.  972,  pubblicò  la  seguente  ordi- 
nanza del  ministro  d'  Oltremare  Colla- 
do  de'2  ottobre  1 856.  «Considerando  l'e- 
sposizione falla  a  questo  dipartimento  dal 
prociM'alore  delle  missioni  della  compa- 
gnia di  Gesti,  colla  quale  manifestava 
l'iropossibilità  che  il  collegio  situato  og' 
gi  a  Palma  di  Maiorca  possa  corrispon» 
dere  al  sagro  fine  di  sua  istituzione,  op- 
ponendosi l'eccentrica  situazione  del  pun- 
to del  suo  stabilimento  e  l'insufficienza 
del  locale  destinato,  dove  non  è  possibi- 
le ammettere  i  necessari  novizi,  ne  pro- 
porzionare agli  ammessi  l'indispensabili 
condizioni  per  compiere  un  giorno  il  lo- 
ro scopo.  Considerando  l' esposizione  fat- 
ta nel  novembre  1 854  ^'''^  presidenza  del 
consiglio  de'  ministri,  nella  quale  esposi- 
zione s;  sollecitava  che  i  pp.  della  compa- 
gnia diGesìi  continuassero  inLoyola.Con- 
siderando  un*  altra  esposizione  ,  che  più 
d*8ooo  cittadini,  rappresentanti  la  pro- 
vincia di  Guipuscoa,fecerouellostessoaa- 


V  A  L 

no  alle  Cortes  coslituenli,  e  queste  la  pas- 
sarono alla  risoluzione  del  governo,  nel- 
la <piale  si  domandava  che  fosse  restitui- 
to a  Loyola  il  collegio  de*  pp.  della  com- 
pagnia di  Gesù,  che  così  graia  memoria 
aveva  lasciato  fra  qtie'leali  e  morigerali 
abitanti.  Considerando  diverse  comuni- 
cazioni de'  governatori  generali  dell'  An- 
tille,  mostrando  al  governo  l'urgente  ne- 
cessità di  collegi  de*pp.  gesuiti  ,  e  consi- 
derando ancora,  i.  Che  l'esperienza  ha 
dimostrato  la  legittimità  delle  grandi  spe- 
ranze, che  furono  concepite  determinan- 
dosi nell'isola  di  Cuba  la  fondazione  di 
collegi  de'  pp.  gesuiti  per  migliorare  l'e- 
ducazione religiosa  e  l'istruzione  morale 
ed  ÌMtellelluale,che  riceveva  prima  la  gio- 
ventù di  quella  provincia.  2.  Che  questi 
medesimi  risultati  finora  conseguili,  co- 
me anche  quelli  che  si  hanno  a  sperare, 
svanirebbero  completamente,  se  i  sud- 
delti  gesuiti  fossero  privati  de'mezzi  op- 
portuni per  provvedere  alla  continuazio- 
ne e  all'auuiento  di  una  casa  matrice  nel- 
la capitale.  3.  Che  la  situazione  di  Pal- 
ma di  Maiorca  e  le  circostanze  delle  ca- 
se ivi  stabilite,  rendono  impossibile  il  con- 
seguimento de*fìni  alli  e  necessari,  il  cui 
compimento  dovrebbesi  facilitare.  4*  Che 
la  Iraslocazione  della  casa  matrice  da 
Palma  a  Loyola,  per  nulla  innova  essen- 
zialmente il  mandato  oggi  vigente.  5.Che 
col  ritorno  a  Loyola  della  casa  matrice 
non  si  producono  le  spese  che  suppone- 
va la  creazione  di  quella  in  qualunque 
altra  città  della  penisola.  6.  Che  essen- 
dosi ristabilita  con  ordine  reale  de*rg  ot- 
tobre i852  la  compagnia  di  Gesù,  uni- 
camente per  le  nostre  provincie  trans- 
atlantiche, non  può  riconoscersi  come  cor- 
porazione religiosa  soggetta  alla  compe- 
tenza della  amministrazione  penisolare, 
ma  alia  centrale  oltremarina.  7.  Checer- 
to  al  ministero  di  V.  S.  corrisponde  il 
dispaccio  o  per  lo  meno  l'  intervento  in 
ogni  assunto,  che  più  o  meno  direlta- 
luente  involgono  questioni  di  polizia  ge- 
nerale ammiuiàlrativa  della  penisola:  S, 


VAL 
M.  la  Reginn  (raccordo  col  consiglio  de* 
tuinistri  ha  ordinalo  che  i  missionari  del- 
la compagnia  di  Gesù  siano  autorizzati 
a  riportare  a  Loyola  la  casa  matrice  al 
presente  stabilita  a  Palma  di  Maiorca. 
Per  ordine  reale  lo  dico  a  V.  S.  per  sua 
norma  e  per  gh  elfetli  corrispondenti.  Dio 
tì  salvi  per  molli  anni".  1  giornali  spa- 
gnuoli  riportano  i  decreti  della  regina  I- 
sabeila,  de'i2  ottobre  i856  sulla  accet- 
tazione della  dimissione  del  ministero  O* 
Donnell  e  della  nomina  del  nuovo,  rife- 
riti dal  Giornale  di  Roma  a  p.  976.  Per- 
tanto la  regina  dichiarò,  che  consideran- 
do i  meriti  e  le  qualità  del  capitano  ge- 
nerale dell'esercito  Ramon  M."  Narvaez 
duca  di  Valenza,  lo  nominava  presiden- 
te dei  suo  consiglio  de'ministri.  Era  sta« 

to  ministro  dal  1844  ^''^4^>  e  dal  1847 
ali85i:  nel  1848  era  stato  detto  il  salva- 
tore della  Spagna,  per  aver  combattuto 
decisamente  e  con  senno  la  rivoluzione 
che  dominava  l'Europa,  intorno  a  que- 
sto cambiamento  ministeriale,  nel  citato 
Juogo  si  legge.  Il  ministero  O' Donnell  « 
caduto,  essendo  sostituito  da  un  altro  as- 
sai più  conforme  a'bisogni  della  situazio* 
ne  politica  e  a'diritti  del  parlilo  modera- 
to. Questo  successo  è  un  bel  trionfo  del- 
la pubblica  opinione,  del  sentimento  co- 
mune. Il  cambiamento  politico,  che  si  è 
verificalo,  ha  la  sua  spiegazione  natura* 
le  e  logica  non  solo  nelle  attribuzioni  e 
nelle  prerogative  della  corona;  ma  anche 
nel  dovere  in  che  si  trova  questa  di  chia- 
iTìare  al  potere  uomini  che  rappresenti- 
no principii  opposti  a  quelli  che  hanno 
dominalo  anteriormente,  quando  questi 
principii  sono  stali  quelli  de'parlili,  Vin- 
to il  progressista  a'  i4  luglio  1 854,  era 
naturale  cl»e  venisse  a  rimpiazzarlo  nel 
governo  dello  stalo  il  parlilo  conservalo- 
re  ,  di  cui  è  capo  il  duca  di  Valenza,  e 
la  regina,chiamando  ne'suoi  consigli  gl'in- 
dividui dei  partito  conservatore,  non  so- 
lo ha  pagato  im  tributo  alla  pubblica  o- 
pinione,  ma  ha  compiuto  uno  de'suoi  al- 
ti doveri.  Noudimeuo  non  furono  disco- 


VAL  271 

no<?ciiili  i  servigi  prestati  al  paese  dal  ga- 
binetto O' Donnell,  ne  saranno  dimenti- 
cati dalla  regina  e  dalla  nazione:  le  cir- 
costanze e  i  bisogni  politici,  che  caratte- 
rizzarono il  suo  punto  di  partenza  ,  fu- 
rono quelli  che  produssero  la  fine  di  su^ 
onorevole  e  patriottica  missione,  al  dire 
del  Parlamento.  Fra  le  cause  che  produs- 
sero la  caduta  del  ministero  O' Donnell, 
si  disse  la  principale  la  disammorlizza- 
zione,  che  la  regina  voleva  prontamente 
e  interamente  abolita,  sì  civile  e  sì  eccle- 
siastica, reclamala  ad  urgenza  dalle  po- 
polazioni, che  vedevano  passare  le  loro 
proprietà,  quelle  del  clero  e  degristiluli 
di  beneficenza  in  mano  di  specidatori,  che 
all'ombra  d'  una  falsa  libertà  tentavano 
d'arricchirsi.  Si  credette,  col  nuovo  mini- 
stero, cominciare  per  la  Spagna  un'epo- 
ca di  felicità,  nella  quale  il  trono,  l'ordi- 
ne pubblico  e  il  principio  d'  autorità  si 
stabilissero  su  più  ferme  basi.  Il  gabinet- 
to formato  dal  duca  di  Valenza  può  a- 
spirare  a  tuttociò,  perchè  rappresenta  i 
patriottici  sentimenti  della  regina,  e  per- 
chè è  r  espressione  del  partito  popolare 
della  Spagna.  La /?e^'e/7e/-^r/o/z, giorna- 
le eminentemenlecaUolicOjdis^edi  più  in 
favore  del  seguito  cambiamento,  compia- 
cendosi della  caduta  del  ministero  ante- 
riore ,  per  aver  fallo  cosi  poco,  perchè 
venisserocompletamente  soddisfatte  l'in- 
tenzioni e  i  desiderii  nutriti  dal  cuore  pio 
6  magnanimo  della  regina  a  favore  del- 
la Chiesa,  così  perseguitala  e  maltratta- 
la nella  persona  de'suoi  pastori  e  mini- 
stri ne'due  ultimi  anni.  Sentire  compia- 
cenza anche  nel  vedere  che  sono  scotn- 
parse  dalle  regioni  del  potere  elementi 
discordanti  d'opinioni  e  di  dottrine,  che 
per  forza  dovevano  farsi  vicendevoli  con- 
cessioni per  giungere  all'  uniformila  vo- 
luta da'  mezzi  e  dalle  disposizioni  che  si 
prenilevano.  Neil'  encomiare  le  beneme- 
renze del  general  O'  Donnell  ,  aggiunge 
che  non  seppe  o  non  potè  apprezzare 
quanto  conveniva  1'  esigenza  della  (pie- 
stione  polilica^  nella  situazione  in  che  e- 


272  VAL 

rasi  pos!o;e  ch'era  impossibile  conlinua- 
le  Ufi  potere.  Tutto  riportasi  dal  dar- 
vale  tli  Roma  a  p.  980,  insieme  alle  lo- 
di de'imovi  ministri.  Il  medesioto  Gior' 
Udir  nel  n.°  247  ed  a  p.  C)85  riprodus- 
se i  seguenti  rapporto  de'niinistn  e  de- 
creto della  regina,  in  ordine  al  concorda- 
lo della  5.  Sede.  «  Madan»a.  Il  Concor- 
dalo concluso  colla  s.  Sti\ià  dal  governo 
di  V.  M., debitamente  sancito  dalla  legge 
degli  8  maggio  1849  e  ratificato  ili. 'Ca- 
prile 1 85 1 ,  è  ad  un  tempo  una  legge  im- 
portantissima dello  slato  ed  un  atto,  a- 
veiido  tulio  il  valore  d'un  trattalo  inter- 
nazionale. Sotto  fjuesl'  ultimo  rapporto, 
le  sue  disposizioni  non  possono  essere  va- 
lidamente abrogale  ne  alterale  senza  il 
concorso  e  l'assistenza  delle  due  alte  par- 
li contraenti.  Nondimeno,  nel  corso  del- 
le ultime  agitazioni,  sono  slate  adottale 
misure,  che,  più  o  meno  direttamente, 
abrogano  od  alterano  alcuni  arlicob  di 
questa  solenne  stipulazione.  I  consiglieri 
responsabili  di  V.  M.,  onorali  della  vostra 
augusta  fiducia,  non  hanno  potuto  esi- 
mersi dal  riconoscere,  portando  la  loro 
alleiizione  sopra  questa  q«ìestione  si  de- 
licata, che  sarebbe  pregiudizievole  e  al- 
la monarchia  ed  allo  slesso  governo  se  si 
partisse  da  quel  punto  per  credere  che  la 
fede  e  la  santità  de' trattati  non  sono  da 
lei  a  debito  modo  custodite  e  rispellale. 
Questa  sola  considerazione, Madama, sen- 
za porre  in  campo  altre  ragioni  della  più 
grantle  importanza,  delle  quali  il  gover- 
no di  V.  M.  terrà  sempre  conio,  obbliga 
i  segnatari  del  presente  espostoa  sottopor- 
re immediatameule  alla  suprema  appro- 
vazione della  M.  V.  il  decreto  cb'eghno 
hanno  l'onore  di  rimettere  nelle  vomire 
reali  mani".  Seguono  le  firme  de*  mini- 
stri, e  il  decreto  reale  che  annulla  le  di- 
sposizioni contrarie  e  richiama  in  pieno  vi- 
gore il  concordalo:  eccolo. «  Consideran- 
do le  ragioni  esposte  dal  mio  consiglio 
de'  ministri,  ho  decretato  quanto  segue. 
Art.  1.  Sono  e  restano  senza  elTetto  tutte 
le  dispo&iziuai  di  qualunque  oaUua,  che 


VAL 

hanno  aìirogato  in  quidunque  nìodo,  a- 
lienalo  e  modificalo  ciò  eli'  è  stalo  con- 
venuto nel  Concordalo  concluso  colla  s. 
Sede  il  16  marzo  i85i.  Ari.  2.  I  rispel- 
livi ministeri  mi  proporranno  subito  le 
misure  spellanti  al  line  di  dare  iuìmedia- 
lamenle  pieno  ed  intero  elicilo  al  pre>ieii- 
te  decreto.  Dato  dal  palazzo  i3  ottobre 
i856.  La  Regin.i".  Nel  dì  seguente  ema- 
nò quesl'  altro  decreto.  »*  In  conlòrmità 
dì  ciò  che  mi  è  slato  esposto  dal  consi- 
glio de'ministri,  decreto  quanto  segue  : 
Art.  I.  E'  sospesa  d'ora  in  poi  dal  giorno 
d'  oggi  la  esecuzione  della  legge  (\\  dis- 
ammortizzazione  in  data  del  i."  moggio 
i85i.  Art.  2.  Perciò  non  saranno  posti 
in  vendila  i  beni  di  coloro  che  la  delta 
legge  ordinava  di  vendere  :  né  saranno 
approvale  le  aste  ancora  pendenti.  Art. 
3.  Il  governo  proporrà  alle  Cortes  la  de- 
finitiva risoluzione  riguardante  l'  esecu^ 
zione  di  delta  legge.  Dato  dal  palazzo  1 4 
ottobre! 856.  La  Regina".  Tale  decreto 

o 

fi-i  accollo  con  plauso  dal  popolo  calloli- 
co  di  Spagna,  non  avendo  più  a  temere 
per  l'esercizio  del  cullo,  che  gli  sta  lanlot 
a  cuore,  e  le  popolazioni  videro  assicu- 
rata l'esistenza  delle  pie  istituzioni  ,  che 
loro  aprono  le  porle  nell*  iuf^inzia,  nelle 
malattie  e  nella  decrepitezza.  Narra  il 
Giornale  di  Roma  a  p.  i  i45.  Nel  prin- 
cipio di  dicembre  il  barone  d'  Uxola^  ac- 
compagnalo dal  conle  di  Cervellon  e  m :ir- 
chese  della  Romana,  conle  d'  Altrodova 
e  marchese  di  Jura  Rea!,  ebbero  l'onoi  e 
di  porre  in  mano  di  S.  M.  la  regina,  qual 
degna  successora  di  Filippo  IV  e  Carlo 
III,  l'esposizione  che  presenta  al  trono 
la  città  di  Valenza,  chiedendo  che  si  de- 
creti una  festa  solenne  e  uu'ulUzialedimo» 
strazione  con  giusta  e  dovuta  celebrità^ 
in  lutti  i  dominii  delle  Spagne,  in  onore 
della  dogmatica  dichiarazione  e  procla- 
n»azione  dell'Immacolata  Concezione  di 
Maria  Vergine  (della  divozione  della  Spa- 
gna a  tale  insigne  prerogativa  della  gran 
Madre  di  Dio,  riparlai  nel  voi.  LXXVI, 
p.  267))  fcsla  che  gli  spago uoli  celebri»- 


VAL 

rono  innanzi  die  fosse  diramala  la  cor- 
rispondente bolla  lìieffahilis  Deus ^  per 
sì  caro  e  glorioso  avvenimento,  come  de' 
più  antichi  e  distinti  divoti  fia  tutte  le 
nazioni  della  B.  Vergine  e  dell'inedabi- 
Je  mistero  di  sua  pura  Concezione.  Di- 
vozione dagli  spagnuoli  manifestata  e  con- 
fermata mille  volte  con  alti  i  piti  solenni 
ed  uflìziali,  singolarmente  nelle  sempre 
ìmmoitaii  Cortes  del  162  [  e  del  1760,  co- 
me a  loro  venerata  Patrona  particolare 
e  universale  delle  Spagne,  e  oggetto  dol- 
cissimo dell'amore  e  delle  speranze  d'  o- 
gni  spagnuolo.  L'  edificante  petizione  si 
ammira  a  p.  1  148  del  Giornale.  S.  JVI. 
accolse  quell'  idea  in  modo  assai  favore- 
vole, lodando  Valenza  per  la  gloria  d'a- 
verla iniziata.  Indi  la  nobile  deputazione 
manifestò,  che  i  sottoscritti  alla  petizione 
desideravano  innalzare  una  statua  in  ono- 
re dell'Immacolata  Concezione  in  una 
piazza  di  Valenza,  essendo  firmatala  pe- 
tizione da  987  persone.  Frattanto  il  go- 
verno ricuperando  di  giorno  in  giorno  il 
principio  d'autorità  e  di  forza,  dopo  che 
si  chiusero  le  porte  principali  per  le  qua- 
li entrava  l'anarchia;  cessando  la  stampa 
sboccala  che  audacemente  stimolava  di 
continuo  alla  rivolta, nella  Spagna  ezian- 
dio riacquistandosi  il  bene  fondamenta- 
le toltole  negli  anni  precedenti  di  per- 
secuzione sistematica  contro  la  Chiesa, 
non  avendo  più  luogo  la  prolezione  cal- 
colata di  tutti  gl'interessi  rivoluzionari  e 
di  sfacciato  propagamento  d'ogni  più  li- 
cenziosa sfrenatezza.  Alla  reintegrazione 
del  Concordato  colla  s.  Sede,  seguirono 
alcune  leggi  lodevoli  della  stessa  indole 
e  tendenza,  fra  le  quali  hanno  un'impor- 
tanza maggiore  le  seguenti,  che  ricavo 
dalla  Civiltà  Cattolicciyi.  5^^.  244-  '«^ 
La  derogazione  della  legge  delle  Cortes 
costituenti,  relativa  alle  pappellanie  col- 
lative  :  il  governo  restituì  la  loro  condi- 
zione canonica  a  queste  pie  fondazioni, 
le  quali  il  liberalismo  tentò  d'aniiichila- 
re  insieme  con  lutto  quello  che  mena  o 
che  giova   a  nìanleucre  iudipeudenle  il 

VOL.  LXXXVII. 


VAL  273 

sacerdozio  callolico.  2.°  L*  apertura  de' 
concorsi  pubblici  giusta  le  prescrizioni 
tridentine  per  la  provvisione  de'curati  e 
dell'alti  e  prebende  ecclesiastiche. 3. "L'or- 
ganizzazione della  censura  de'teatri,  di- 
retta a  purgare  le  scene  dallo  sozzure  che 
da  parecchi  anni  le  rendevano  immen- 
samente pericolose  e  detestabili.  4-°  L'in- 
vito fatto  dal  governo  a' prelati  del  regno 
perchè  celebrassero  con  tutta  la  pompa 
la  solennità  dell'Immacolata  Concezione. 
5."  L'intero  annullamento  delle  clausole 
empie  e  barbaramente  restrittive  che  il 
regalismo  ateo  de'  progressisti  avea  po- 
sto al  placet  della  suddetta  bolla  Incf- 
fahilis  Deus  ;  e  per  la  quale  neh'  enco- 
miata petizione  di  Valenza  era  stato  ri- 
chiesto alla  regina  riparazione  all'ope- 
ralo dall'anteriore  governo,  che  conside- 
rò >i  come  non  necessaria  ogni  dimostra  - 
zione  ufliziale,  ed  a  far  circolare  la  citala 
bolla  col  solo  Regio  Exeqnalur,  conces- 
so con  restrizioni  poco  convenienti  al  ca- 
rattere e  air  indole  del  suddetto  docu- 
mento ".  Gli  ultimi  due  provvedimenti 
dinotano  la  soddisfazione  che  il  governo 
dovette  dare  alla  generale  indignazione, 
con  cui  gli  spagnuoli  videro  le  profana- 
zioni che  la  demagogia  accumulò  per  o- 
scurare  e  avvelenare  la  pura  allegrezza  e 
il  fervido  entusiasmo  ,  col  quale  la  Spa- 
gna accolse  la  definizione  dogmatica  del- 
l'Immacolata Concezione.  Quindi  vivissi- 
mo fu  il  giubilo  destatosi  nell'anime  cat- 
toliche al  mirare  l'universale  e  spontanea 
pietà  colla  quale  tutte  le  classi  di  perso- 
ne, 18  dicembre 1 856,  cooperarono  a  ri- 
parare gì'  insulti  bestiali,  che  la  stam- 
pa libertina,  le  Cortes  costituenti  e  il  go^ 
verno  stesso  scagliarono  impunemente, 
due  anni  addietro,  contro  l'augusta  Ma- 
dre di  Dio.  Dal  reale  palazzo  fino  al  più 
povero  abituro  del  manovale,  dalle  pom- 
pose assemblee  degli  ordini  militari  fino 
alle  ultime  confraternite  de'poveri  gior- 
nalieri, tutti  concorsero  airatlo  di  ripa- 
razione. L'orazioni,  le  limosina,  le  gene- 
rali comuaioui,  la  frequenza  divola  de* 
j8 


9.74  VAL 

fedeli  mostrarono, che  gli  addobbamenti 
de' templi,  1' orcliestre,  le  luminarie  eie 
processioni  erano  In  manifestatiune  ve- 
rissima de'Ioro  profondi  sentimenti  d'a- 
nimo religioso.  Ne'primi  mesi  del  1857 
sì  cominciarono  l'elezioni  pel  nuovo  par- 
lamento oCortesda  inau  gui arsi  il  1  .°mag- 
gio.  E  importante  e  veritiero  quanto  ri- 
produsse il  o.**  76  del  Giornale  di  Ro- 
ma del  1857,  cioè  l'indirizzo  agli  eletto- 
li dell.**  distretto  di  Granata,  in  cui  sono 
egregiamente  esposti  i  pensamenti  e  i  de- 
siderii,  da  cui  sono  animatigli  elettori  re* 
ligiosi  monarchici ,  tali  e  altri  savi  elet- 
tori, sull'elezione  del  loro  rappresentan- 
te nel  congresso  de'deputati,  per  la  glo- 
riosa rigenerazione  delia  Spagna." Dopo 
molti  anni  di  sventure  e  di  mali  sempre 
crescenti,  il  popolo  spagnuolo  ha  udito 
dal  labbro  di  S.  M.  con  somma  esultan- 
za, ch'è  assolutamente  necessario  riven- 
dicare al  trono  il  suo  splendore  e  difen- 
dere la  religione  de'padri  nostri  dagli  ol- 
traggi dell'empietà:  parole,  che  chiara- 
mente esprimono  il  prò  fondo  e  necessa- 
rio legame,  che  stringe,  come  aurea  cate- 
na, la  pace  e  tutti  i  beni  sociali  all'  anco- 
ra della  religione  ed  al  brillante  diadema 
de'nostri  monarchi,  e  che  nella  tremenda 
lem[)esta,  da  cui  è  minacciala  la  ci  vile  Eu- 
ropa, offrono  agli  occhi  del  popolo  le  due 
uniche  vie  di  salvezza:  CalloUcisino  clìlo- 
uarchia.Yi  finché  questi  alti  fini  procla- 
mati dal  governo  di  S.  M.  non  siano  con- 
seguiti, la  società ,  tocca  nel  cuore  da  can- 
crena mortale  ,  seguirà  un  cammino  di 
perdizione:  profondamente  agitata  da  po' 
litiche  convulsioni,  lacerala  dalla  discor- 
dia ,  talvolta  inondata  di  sangue  e  di  la- 
grime, cadrà  in  fine  nel  funesto  abisso  a- 
perto  sotto  i  suoi  piedi  dalla  rivoluzione, 
e  sarà  cancellata  dal  numero  delle  nazio- 
ni civili.  E  nel  dire,  che  la  società  è  in- 
ferma, non  pronunci  amo  una  parola  vuo- 
ta di  senso:  visibili  sono  i  sintomi  di  sua 
infermità,ene  fanno  testimonianza  i  mez- 
zi di  che  abbisognano  i  governi  per  fre- 
nare il  male  e  salvare  la  società  da'  suoi 


VAL 

propri  eccessi.  Ne' bei  tempi  in  cui  il  ciio- 
re  degli  uomini  batteva  colla  regolarità 
propria  della  vita  cristiana,  era  bastan- 
te la  voce  del  dovere  a  guidare  i  popoli 
sulle  vie  dell;»  pace,  della  rassegnazione  e 
dell'  ubbidienza  :  oggi  svenluratamenle 
bastano  appena  gli  eserciti   e  la  polizia, 
moltiplicati  senza  numero, a  mautenere, 
non  diremo  l'  ordine  morale ,  dove  non 
giunge  la  f jiza  ,  n)a  1*  ordine  materiale 
de'popoli.  Ora  come  curare  questa  gran- 
de e  dolorosa  piaga?  Il  governo  di  S.  M. 
lo  ha  detto  :   ridonando   al  trono  il  suo 
splendore  e  vendicando  la  religione  dagli 
oltraggi  ricevuti.  Grandioso  concello  ,  a 
cui  devono  associarsi  tutti  gli  uomini  di 
buona  volontà.  E  coloro  che  osteggiano 
questo  bel  pensiero,  non  ci  dicano  che  io 
esso  non  sono  espressi  i  nomi  di  libertà  e 
di  progresso  intellelluale  e  materiale  de* 
popoli.  Se  con  quella  parola  si  espresse  la 
libertà  demagogica, non  potremo  mai  mi- 
rarla come  un  diritto,  ma  come  un'arma 
micidiale  contro  le  cose  più  sagre  :  però 
se  s'intende  ad  indicare  la  vera  libertà,  la 
libertà  per  il  bene,  la  libertà  data  all'uo- 
mo dalla  Chiesa  cattolica  per  rompere  le 
catene,  in  che  gemeva,  la  bella  e  pura  li- 
bertà, che  per  nulla  si  distingue  dalla  ci- 
viltà cristiana,  noi  dobbiamo  dire  che  a. 
niiamo  la  libertà  e  desideriamo  che  regni 
nella  cara  nostra  patria  con  tatti  gli  splen- 
dori e  gli  attributi,  che  ha  ricevuto  dalla 
Chiesa  cattolica,  unica  istituzione  che  ha 
la  gloria  d'aver  incivilita  1'  umanità.  Ri- 
guardo al  progresso  intellettuale  ,  busta 
dire  che  questa  civiltà,  nel  cui  seno  corse 
per  non  pochi  secoli  con  glorioso  proce- 
dere la  monarchia  spagnuolu,  portò  in  se 
lo  splendore  della  luce  e  della  verità  ne- 
cessaria alla  salvezza  del  mondo,  dal  cui 
splendore  sono  derivate  luce  e  verilà  per 
lescienze,  belle/za  d'inspirazione  per  l'ar- 
ti, bontà  pe'  costumi ,  e  più  specialmente 
quel  retto  sentire,  quel  sicuro  giudizio, 
che  hanno  gli  animi  religiosi,  e  che  vaie 
più  di  tutta  quella  coltura  di  vane  parole 
e  di  falsi  splendori.  E  nell'  ordine  male- 


VAL 

riale,  chi  non  vede,  che  non  solo  è  in  ar« 
inuuia,  ma  uecessaiiamente  legata  al  re- 
gno della  pace  e  dell'ordine  religioso  e 
morale?  Da  qualche  tempo  si  va  procla- 
mando come  bene  supremo  il  pensiero 
de'beni  materiali,  non  interamente  però 
attuato  :  noi  vorremmo  che  questi  beni 
materiali  si  realizzassero  senza  violenta- 
re quell'ordine  che  loro  segnala  un  luo- 
go inferiore  e  subordinato  a'  beni  che 
hanno  per  oggetto  i  costumi.  Donde  pro- 
cede poi  che  il  bene  materiale  non  è  rea- 
lizzato da  quelli  che  lo  chiamano  supre- 
mo, e  che  bisogna  secondar  le  mire  di 
quelli  che  lo  pongono  in  luogo  inferiore? 
Avviene,  perchè  i  primi  non  coulano  sul- 
la pace,  sull'ordine,  sulle  virtù  religiose, 
mezzi  senza  cui  anche  l'imprese  inferio- 
ri sono  sempre  illusorie,  e  non  escono  dal- 
le labbra  loro  tali  pronvesse  con  quella 
sincerità  propria  de'cuori  veramentecat- 
tolici.Ecco  la  bandiera,  che  deveguidare 
chi  ama  il  bene  della  sua  patria  con  quel- 
l'amore  inlimo  e  fervido,  che  tutti  strin- 
ge: Cattolicìsmo  e  Monarchia  :  e  in  for- 
za di  questi  due  gran  fatti  e  principii,  pa- 
ce, ordine,  virtù  religiose,  progresso  nel 
Tero,  soccorso  ne'  bisogni,  giusta  libertà 
per  tutti,  e  infine  benessere  materiale  e- 
steso  possibilmente  ne'  membri  della  so- 
cielù".  Come  procederono  1'  elezioni  de' 
deputati  alle  Cortes,  e  de'dilFerenli  parti- 
ti politici,  lo  dice  e  ne  rende  rag  ione  il  cor- 
rispondente della  Civiltà  Cattolica  nel 
l.  6,  p.  499  ^  ^"^^  della  medesima.  Si 
compirono  l'elezioni  in  pace,  e  fu  grazia 
grande  di  Dio;  riuscirono  in  favore  del 
governo  e  suoi  ministri,  con  discreta  op- 
posizione di  progressisti  temperati  e  d'al- 
cun partitanle  dell'  unione  liberale.  Per 
cui  si  osservò,che  il  ministero  non  avreb- 
be aviitoa  lottarecontro  ropposizioue,ma 
colla  maggioranza  parlamentaria.  Che  sa- 
rebbe pei  ò  guerra  domestica,  questione 
di  famiglia,  nella  quale  niuno  riporterà 
la  vittoria,  se  non  fosse  la  democrazia,  la 
quale,  secondo  l'uso,  è  tornata  a  seppel- 
lirsi nelle  sue  caverne  per  prepararsi  alla 


VAL  ^75 

3.*  riscossa.  Si  dice  ancora  del  real  decre- 
to d'aprile  che  concesse  piena  amnistia 
a  tutti  coloro  che  in  qualsivoglia  modo 
avevano  preso  parte  ne'  due  ultimi  an- 
ni all'  insurrezioni  e  cospirazioni  carli- 
ste,  in  favore  del  conte  di  Monlemoliu 
o  Carlo  VI  ditnorante  IranquillajTienle 
nella  corte  de'  suoi  reali  parenti  di  Na- 
poli, in  piena  estimazione.  Si  parla  pu- 
re del  nuovo  ambasciatore  straordina- 
rio e  plenipotenziario  della  regina  di  Spa- 
gna presso  la  santa  Stde^  gitmto  in  Ro- 
ma, S.  E.  Alessandro  Mon  già  ministro 
di  gabinetto,  il  quale  presentò  al  Pontefi- 
ce le  sue  credenziali  a'4  aprile  iSSy  con 
liete  speranze  per  le  riprese  relazioni,  e 
con  quella  di  presto  rivedere  il  nunzio 
apostolico  in  Madiid  ,  e  quindi  provve- 
dere alle  tante  sedi  vescovili  vacanti;  es- 
sendo generale  la  religiosa  impazienza  de' 
buoni  spagnuoli  di  godere  quanto  prima 
compita  la  ristorazione  e  l'organamento 
della  afflittissima  e  illustre  loro  Chiesa. 
Grande  essere  il  bisogno  che  sentono  gli 
spagnuoli  d'un  gagliardo  sacerdozio  che 
segua  il  compito  di  combattere  l'inditfe- 
renlismo  delle  classi  agiate  ed  il  profondo 
pervertimentocagionato  nello  spili  to  cat- 
tolico del  popolo  per  le  predicazioni  del 
protestantesimo;  il  quale  venne  nel  pae- 
se inoculato  non  sotto  l'esterna  forma 
del  suo  culto  di  tolleranza  ec,  ma  indi- 
rettamente per  mezzo  d'una  cotale  spe- 
cie di  propaganda  politica  e  letteraria,  la 
cui  malignità  riesce  tanto  più  terribile 
ed  efficace,  quando  più  occulta  e  insidio- 
sa. Per  ultimo  si  annuncia  e  da  contez- 
za di  un*  opera  di  recente  stampata  in 
Ispagna,  a  cagione  di  sua  grande  impor- 
tanza per  quanti  studiano  la  storia  ec- 
clesiastica, il  diritto  canonico,  l'antichità 
cristiane,  i  costumi,  la  disciplina  e  le  tra- 
dizioni cattoliche  delle  nazioni.  L'opera  è 
intitolata:  Co  leccio  n  des  Canones  y  de 
todos  los  Coiicilios  de  la  Iglesia  de  E- 
spanay  America  cu  latin  y  castellano 
per  d,  Juan  Tejada  y  Ramiro^  Madrid 
1849-1B56.  Sotto  gli  auspicii  della  si- 


27G  VAL 

curezza  pubblica  e  della  tranquillila  gè- 
iieiale^  non  solo  con  lulla  libertà  e  sen- 
f.a  |)ertui'!)nzione  seguirono  l'elezioni  de' 
deputali  alle  Cortes,  ma  anco  l'elezioni 
delle  magistrature  municipali.  A  p.  434 
del  Giornale  di  Roma  si  riproduce  il  di- 
scorso del  trono,  pronunzialo  a  nome  del- 
la regina  Isabella  dal  maresciallo  Narvaez, 
nellapertura  delle  Cortes,  a'  senatori  e 
a'deputali.  Tra  le  altre  cose  ivi  si  riferi- 
sce.'» Colla  più  grande  consolazione  del 
mio  cuore  io  vi  annunzio  il  ristabilimen- 
to delle  relazioni  colla  s.  Sede.  Le  dilli- 
collà  che  si  opponevano  a  questo  avve- 
nimento tanto  desideiato  essendo  rimos- 
se,, io  ho  mandato  a  Roma  un  ambascia- 
tore, il  quale  in  mio  nome  deve  stringe- 
re i  vincoli  sagri  che  uniscono  la  monar- 
chia spagnuola  al  Padre  comune  de' fe- 
deli". Annunziò  pure  le  ristabilite  rela- 
zioni coll'imperatore  delle  Russie,  anti- 
co alleato  della  Spagna.  Le  relazioni  di- 
plomatiche colla  repubblica  del  Messico, 
interrotle  percasideplorabili,sperarecbe 
l'interruzione  non  avrà  lunga  durala.  Lo 
stato  interno  della  monarchia  essere  per 
quanto  possibile  soddisfacente;  la  tian- 
quillilà  pubblica  e  la  sicurezza  interna 
essere  pienamente  consolidale.  Le  Pro- 
vincie d'  oltremare  in  America  e  in  Asia 
trovarsi  in  via  di  prosperità.  Il  concor- 
dato concluso  colla  s.  Sede  essere  slato 
ristabilito  in  tutta  la  sua  forza  e  vigore; 
inoltre  essersi  adottate  altre  disposizioni 
iieirinlendimentodi  restituire  alla  Chie- 
sa la  libertà,  ch'ebbe  in  dote  dal  suo  di- 
\io  Fondatore  e  fu  in  ogni  tempo  sì  ri- 
spettata dal  religioso  popolo  spagnuolo 
e  da'gloriosi  antenati  della  regina.  Disse 
dell'imperiosa  necessità  di  contrarre  un 
prestito;  de'provvedimenli  sulla  riforma 
costituzionale  del  senato,  e  dell'  unione 
della  dignità  di  senatore  alle  piti  alte  ca- 
riche della  Chiesa  e  dello  stalo  ,  con  in- 
trodursi l'eredità  a'  senatori  nati  grandi 
di  Spagna  come  un  nuovo  elemento  di 
forza  e  di  stabilità,  e  come  mezzodì  man- 
tenere in  modo  permanente  i  gloriosi  no- 


V  AL 

mi,  che  ne'lempi  passali  e  presenlemente 
hanno  servilo  e  recalo  lustro  alla  patria. 
Che  gli  sarebbero  presentali  i  provvedi- 
menti adottati  pel  ristabilimento  delle  leg- 
gi in  vigore  nel  1854,  ed  i  bilanci  per  le 
riforme  e  modificazioni  necessarie  ad  e- 
qnilibrare  l'entra  te  colle  spese  pulìbliche. 
La  stampa,  da  lungo  tempo  rella  dadi- 
sposizioni  transitorie,  richiedere  una  leg- 
ge fìssa  e  slabile,  la  quale  sarebbe  sotlo* 
posta  alla  loro  approvazione  ,  e  che  pur 
permettendole  la  più  semplice  discus- 
sione delle  cose  pubbliche,  dovesse  trat- 
tenerla da  quegli  abusi  e  traviamenti  che 
r  hanno  così  sovente  compromessa.  Che 
gli  sarebbero  proposte  disposizioni  im- 
portanti, per  dare  all'insegnamento  pub- 
blico la  stabilità  legale;  e  per  rimuove- 
re gli  ostacoli  che  si  oppongono  alla  ra- 
pida esecuzione  de'  lavori  pubblici;  non 
che  per  unire  alle  grandi  strade  di  co- 
municazione d'ogni  sorla,  le  strade  pro- 
vinciali e  municipali,  tanto  necessarie  al- 
lo svolgimentodell'agricoltura  e  del  com- 
mercio. Della  legge  sul  regime  ipoteca- 
rio, anche  per  diminuire  1'  interesse  de' 
prestiti  ,  divenuto  eccessivo.  In  armonia 
furono  i  discorsi  di  risposta  de'corpi  le- 
gislativi del  senato  e  de'deputali.  Essen- 
dosi presentato  alle  Cortes  il  progetto  di 
legge  sulla  pubblica  istruzione,  vari  ora- 
tori parlarono,  fra'quali  Orobio  e  Teia- 
do,  col  riferito  dal  Giornale  dì  Roma  a 
p.  592.  Disse  il  primo.  »  In  Ispagna,  fino 
da'più  remoti  tempi,  la  Chiesa  è  stala  la 
direttrice  del  pubblico  insegnamento;  a 
lei  dobbiamo  non  solo  la  conservazione 
delle  buone  dottrine,  ma  in  molte  epo- 
che i  progressi  d'ogni  ramo  dell'umano 
sapere.  L'istruzione  diretta  da'principii 
religiosi  ha  continuato  in  Ispagna  da' 
tempi  più  remoti  fino  a  noi:  e  in  tempo 
de'  re  cattolici  abbiamo  veduto  fiorire 
grandi  uomini  in  ogni  scienza;  il  che  pro- 
va, che  tale  influenza  religiosa  era  alta- 
mente provvida  nella  pubblica  istruzio- 
ne. Signori  ,  questa  pubblica  istruzione 
ha  un  grande  numero  d'istituti  intenti 


VAL 
a  darla  gi'ahiìlatnenle,  e  perciò  gran  nu- 
mero di  professori  hanno  la  necessaria 
vocazione,  perchè  sia  provvida  e  camoli- 
ni snll'aperla  via.  Fino  a  Carlo  Ili  è  ri- 
masta divisa  dallo  sialo,  e  fu  allora  quan- 
do la  nomina  de'rellori  venne  a  dare  al- 
lo stalo  sopra  1'  università  una  direzione 
fissa  e  permanente.  E  non  ho  mestieri  di 
favellare de'vari  progetti  proposti  dal  go- 
verno, ne  dello  ristabilimento  della  com- 
pagnia di  Gesù,  che  venne  ad  avere  tan- 
ta importanza  in  una  parie  dell'  istruzio- 
ne, a  mio  credere  con  tanto  utile,  perchè 
luttociò  è  abbastanza  noto  a'  signori  de- 
putali. Ma  dal  1820  si  osserva  una  spe- 
ciale tendenza  nell'introdnrre  nel  ramo 
della  pubblica  istruzione  idee  rivoluzio- 
narie, come  nella  politica  e  nel!'  ammini- 
strazione: e  questo  è  deplorabile,  perchè 
con  queste  idee  sorgono  nuovi  pericoli  per 
la  società  e  per  lo  stato,  i  quali  non  si 
ponno  combattere  se  non  colle  idee  re- 
ligiose. Onde,  o  signori  ,  quando  1*  idee 
dissolventi  e  antireligiose  crescono  tanto, 
non  possiamo  lasciare  disarmata  la  Chie- 
sa, e  procurare  dobbiamo,  che  il  clero 
abbia  un  intervento  necessario  a  ripara- 
re questi  mali,  E  credo  che  lo  stalo  non 
può  di  per  se  trattenere  il  veleno  di  que- 
ste idee,  e  che  per  combatterle  dobbia- 
mo appoggiarci  all'  influenza  del  clero 
sopra  h  gioventù.  Queste  idee  che  cauì- 
minano  costantemente  co'fucili  della  ri- 
voluzione non  si  provano,  ne  si  altaccano 
se  non  con  1'  altre  idee  del  tutto  contra- 
rie. Ciò  eloquentemente  ha  espresso  l'uo- 
mo che  in  questo  secolo  ha  significato 
più  l'idee  della  forza;  Napoleone  l  nell'a- 
pogeo di  sua  potenza  dicea  al  capo  del- 
l'università di  Francia,  il  sig/  Fontanes: 
In  questo  mondo  non  vi  sono  piìi  che  due 
forze j  quella  della  spada  e  quella  del- 
lo spirito:  non  so  come  avvenga  che  lo 
■  spirito  vinca  sempre  la  spada.  Ma  se  il 
governo,  il  quale,  o  signori,  ha  la  forza, 
non  si  appoggia  ne!  sostegno  della  Chie- 
sa, come  potrà  combattere  (juesle  idee? 
lo  pel  mio  paese  desidero  una  grande  i- 


VAL  277 

slrnzione:  ma  se  i  maestri  non  mi  oliro- 
no la  garanzia  di  moralità  e  di  religione 
necessarie  perchè  non  sia  insegnalo  il 
male,  preferisco,  che  vi  sia  ignoranza; 
perocché  se  questa  è  somigliante  alla  fa- 
me, l'istruzione  anti-religiosa  è  eguale  al 
veleno:  la  fame  si  estingue  con  un  pezzo 
di  pane;  ma  se  diventa  veleno  non  so  se 
arriveremo  a  ten)po  coli'  antidoto.  Ogni 
nuova  dottrina  si  riduce  all'  immodera- 
to desiderio  de'godinjenli  materiali,  e  al- 
la ribellione  contro  l'autorità.  11  deside- 
rio de'godimenti  materiali  soltanto  può 
esser  frenato  colle  niassime  religiose,  che 
obbligano  allo  slesso  modo  il  ricco  e  il 
povero:  ed  oggi  che  la  insubordinazione 
è  un  fitto  perpetuo  giornaliero,  oggi  che 
si  vanta  chi  si  ribella,  non  sarà  per  tulli 
un  bene  l'insegnare  alanciulli  delle  scuo- 
le, come  insegnamenlo  di  fede,  che  si 
deve  rispettare  l'autorità?  "  Termina  l'e- 
loquente Orobio.  col  dire  :  Queste  ragio- 
ni e  questi  molivi  non  isviluppava,  per 
non  essere  venuto  a  ciò  preparalo;  tocca- 
re al  governo  di  ridurre  alla  pratica  l'i- 
dee enunciate  nel  preambolo  del  proget- 
to, mediante  un  articolo,  il  quale  deter- 
mini che  il  clero  debba  avere  un  inter- 
vento in  ogni  ramo  d'insegnamento,  in 
conformità  di  ciò  che  previene  il  concor- 
dato, e  di  ciò  che  si  è  sempre  praticato 
nella  Spagna.  Sarebbe  una  grande  sod- 
disfazione pegli  spagnuoli  tulli,  che  fos- 
se fissala  fra  le  basi  dell' insegnatnento, 
una  che  determinasse  la  direzione  del 
clero  in  questo  insegnamento.  Dipoi  par- 
lò il  non  meno  eloquente  Teiado,  dichia- 
randosi sorpreso  in  dovere  ragionare  do- 
po un  discorso,  che  in  sostanza  aveva  e- 
spresso  le  sue  idee.  La  questione  essere 
di  somma  importanza  e  tale  che  a  suo 
credere  nessun'allra  ve  n'ha  eguale  (di- 
videndo con  lui  il  senlimento,di  preferen- 
za ad  altre  nozioni,  di  questa  ragionai  a 
Università  e  in  altri  articoli,  ed  anche 
qui  amai  riparlarne);dtrppoichè  non  pon- 
no paragonarsi  con  essa  né  la  riforma  po- 
lilica,  né  un  completo  mutamento  di  pò- 


278  VAL 

liliche  istiliizioni.  »  Lo  rngìone  è  più  chia- 
ra: ui  tniltarst  U'  min  riforma  politica  si 
tialterebhe  ci'  interessi  tratisitorii,  come 
ogni  iuleiesse  politico;  e  anche  quanilo 
fosse  risoluto  con  errore,  sarebbe  questo 
transitorio  e  non  nuocerebbe  che  ad  una 
generazione:  ma  nella  questione  della 
pubblica  istruzione  si  traila  non  solo  de- 
gl'interessi della  presente  generazione,ma 
delle  generazioni  future  l  Che  cosa  è  uà 
progetto  di  pubblica  istruzione?  Un  pro- 
getto, incoisi  fissano  i  principii  che  devo- 
no servire  a  dirigere  la  mente  e  la  volontà 
dell'uomo:  istruire  e  insegnare  ciò  che  si 
deve  credere:  istruire  e  insegnare  ciò  che 
si  deve  pensare  in  ordine  alle  verità  ,  che 
hanno  da  dirigere  la  vita  e  la  mente  del- 
ruomo.  Ebbene:  l'uomo  non  sa  che  ciò 
che  gli  è  insegnato,  e  non  opera  che  in 
conformità  di  quanto  sa:  per  conseguenza 
Finterà  vita  dell'uomo  dev'essere  in  ar- 
monia con  ciò  che  gli  viene  insegnato  :  e 
siccome  la  società  è  l'unione  degl'indivi- 
dui, ciò  che  è  l'individuo  sarà  la  società, 
e  ciò  che  sarà  la  presente  società,  lo  sa- 
rà anche  la  futura.  Dico  che  la  pubblica 
istruzione  si  occupa  de'priucipii,  che  han- 
no da  dirigere  l'individuo  in  tutti  i  diffe- 
renti ordini  di  verità.  Perciò  fra  gli  ordi- 
ni di  verità  sta  naturalmente  l'ordine  della 
verità  religiosa:  perciò  dico  che  gl'interes- 
si di  questo  assunto  non  solo  sono  di  que- 
sto mondo,  ma  riguardano  l'altro  ancora: 
onde  r  unica  cosa  che  io  vengo  a  combat- 
tere, come  il  sig."^  Orobio ,  è  la  rivoluzio- 
ne. La  rivoluzione,  sventuratamente  ab- 
bastanza previdente,  ha  ben  conosciuto, 
che  dove  dovea  agire  per  allargare  il  suo 
dominio  era  ne'progetti  della  pubblica  i- 
struzione.  La  rivoluzione  ha  conosciuto 
assai  bene,  che  avvelenando  la  fonte,  sa- 
sebbe  avvelenalo  il  canale,  e  naturalmen- 
te dilatandosi  il  male,  il  mondo  sarebbe 
suo,  perchè  la  rivoluzione  cerca  sempre 
il  male.  Onde  da  80  anni  a  questa  par- 
te si  è  visto  che  la  rivoluzione  ha  avvele- 
nato la  filosofia  col  razionalismo,  la  sto- 
ria colla  nicuzogua,  e  così  distruggendo 


VAL 

nell'uomo  la  verità  nel  principio,  che  de- 
ve dirigere  la  sua  ragione  e  la  sua  memo- 
ria, gli  ha  ispirato  rerrore,ed  il  male  è  pe- 
netrato in  tutti  i  pori.  Da  questa  regola  ge- 
nerale si  vanno  certo  eccettuando  molti  : 
CI  edo  molti, credo  che  il  mondo  in  genere, 
e  la  Spagna  in  ispecie,sia  in  via  di  reazione: 
credo  che  i  grandi  n^ali  prodotti  dall'  in- 
terne rivoluzioni  abbiano  aperto  gli  oc- 
chi a  molti  uomini  dabbene,  e  distruggen- 
do il  principio  dell'idee  assolute  hanno  a 
poco  a  poco  ristabilito  ciò  che  direi  equi- 
librio della  ragione.  E  qual  è  il  fonda- 
mentale principio  proclamato  dalla  rivo- 
luzione nella  pubblica  istruzione?  Il  Ra- 
zioiialismo  (^.),  cioè  la  sovranità  assolu- 
ta della  ragione,  la  quale  dalla  pretesa  ri  - 
forma  luterana  in  primo  luogo  e  dalla  ri- 
voluzione francese  in  secondo,  ha  preso 
un  carattere  spaventevole,  perchè  consi- 
derato come  una  dottrina  e  una  teoria 
conosciuta  dal  comune  della  gente  ;  ma 
non  sono  note  le  sue  conseguenze,  e  que- 
sto vengo  adesporvi.  Il  che  conferma  che 
la  ragione  è  sovrana,  che  uno  non  si  tie- 
ne obbligato  a  credere,  se  non  ciò  che  pa- 
re alla  sua  ragione, e  da  ciò  la  guerra  con- 
tro la  religione,  tutte  le  idee  protestanti 
e  l'eresie  1  Ciò  nell'ordine  religioso:  e  nel- 
r  ordine  politico,  se  la  mia  ragione  è  so- 
vrana, non  vi  ha  per  me  alcuna  vera  po- 
litica, se  non  quella  che  io  amo:  da  ciò 
cjuella  perturbazione,  quell' agitarsi  de* 
partiti,  ne'(juali  nessuno  ha  principii  cer- 
ti :  quel  pervertimento  del  sentimento 
artistico  e  letterario,  que'romaozi  assur- 
di e  immorali  del  secolo  presente  (che 
meglio  deplorai  nel  voi.  LXX.XI1I  ,  p. 
292)  :  da  ciò  l'assoluta  sovranità  della 
volontà;  perocché  dal  momento  che  pos- 
so pensare  ciò  che  voglio,  posso  anche 
fareciòche  voglio,  posto  che  quanto  pen- 
so è  certo:  da  ciò  lo  scandalo  insorto  nel- 
le scuole, dove  si  dice  male  il  bene,  bene 
il  male.  Dio  un  male,  la  proprietà  un  fur- 
to! "  Frattanto  si  annunziò  dalla  CiviUà 
Cattolica  l'universale  contento,  che  nel 
roaggio  già  in  Madrid  era  stalo  ricono- 


VAL 

sciuto  mg.'  Giovanni  Simeoni.  Questo 
prelalo  tlonieslico  del  Papa  vi  fu  irivialo 
quale  incaricalo  d'adìiri,  e  fu  già  uditore 
delia  nunziatura  in  quella  del  cardinal 
Krunelli.  La  questione  dell'  istruzione 
pubblica,  cbe  nel  congresso  delle  Cortes 
sollevò  un  caldo  dibaltimentOjViene  chia- 
rita dall'istruito  corrispondente  della  Ci- 
viltà cattolica  a  p.  867  del  t.  7  di  que- 
sta. Dice  che  vi  presentò  francamente  il 
pensiero  cattolico  contro  l'ommissione  del 
governo,  il  quale  sopra  così  importante 
materia  nelle  basi  da  lui  presentate niu- 
lìB  consagrava  l'ingerenza  uell' insegna- 
mento pubblico  imposta  alla  Chiesa  dal- 
la fede  cattolica  e  dalle  tradizioni  degli 
spagnuoli,'e  dal  concordato;  e  contro  il 
giusto  mezzo  della  commissione  del  con- 
gresso incaricata  d'informare  sul  proget- 
to, che  riparando  a  ommissione  sì  stra- 
na e  ingiusta,  volle  ripararvi  nel  pream- 
bolo della  legge  ,  benché  la  tralasciasse 
nelle  basi.  Così  fu  intavolata  la  lolla  tra 
il  catlolicismo  sincero  e  assoluto,  e  ilcat- 
tolicisnuo  secundum  quicl  degli  ammo- 
dernatori  e  de'moderati.  Cercò  il  gover- 
no di  porre  la  pace  colle  sue  timide  di- 
chiarazioni ,  e  con  vaghe  promesse  che 
non  soddisfaceva  ninna  delle  parli, e  fu 
necessario  venire  a  battaglia  finita  afil- 
dando  il  ddoaltimenfo  ad  una  votazione 
noniinale,  nella  quale  l'opposizione  cat- 
tolica ottenne  62  voti,  contro  poco  più  dì 
iqo.  JNon  si  creda  però  die  questa  mag- 
glorila  sia  anticattolica  ;  ciò  sarebbe  ine- 
salto e  ingiusto.  Ciò  che  si  posea'voli  non 
fu  già  se  la  Chiesa  dovesse  o  no  interveni- 
re nell'inseguamenlo  pubblico  ,  nel  che 
erano  tutti  pienamenled'accordo.  La  vo- 
tazione riguardava  bensì  l'estensione  e  la 
natura  della  confidenza  che  doveasi  con- 
cedere al  governo  per  attuare  nel  fatto 
il  principio  cattolico  ammesso  del  pari 
dal  governo  e  da'deputati.  Il  dibattimen- 
to non  fu  certamente  inutile:  esso  chiarì 
una  questione  la  quale  veniva  malamente 
sciolta  senza  alcuna  opposizione  dagli  u- 
niversilari   hbei  tini,  e  destò  V  alteuzio- 


VAL  279 

ne  negli  animi indilferenti  sui  pericoli  del 
cattivo  insegnamento.  La  prova  che  la 
discussione  fu  opportuna,  e  la  difesa  de- 
gl'interessi cattolici  ben  diretla,  si  ha  dal- 
la rabbia  ^oUa  quale  il  razionalismo  di- 
fese i  suoi  principia  Insulti,  sarcasQìi,  ca- 
lunnie, tutto  si  avventò  contro  i  62  de- 
putati della  minorità:  il  liberalismo  stril- 
lò, e  la  Chiesa  per  lai."  volta  dopo  ili  854 
spiegò  la  sua  bandiera  nel  parlamento 
spagnuolo  in  una  questione  concreta.  I 
dibattimenti  sopra  l'istruzione  pubblica 
presentarono  il  conlrapposlo  delle  be- 
steaimie  scagliate  impunemente  da' co- 
stituenti demagoghi  deli 854  nel  discu- 
tersi la  celebie  base  2."'  della  loro  costi- 
tuzione nonnata.  Dipoi  a'  io  settembre 
scrisse  il  corrispondente  della  Cì^'iltà 
Catlolica,  1.8,  p.  II  7,  che  la  Gacela 
avea  pubblicato  la  legge  dell'istruzione 
pubblica,  composta  dal  governo  in  for- 
za dell'autorità  datagliene  dalle  Cortes. 
I  richiami  de'deputati  cattolici  non  ri- 
masero fuori  d'elTelto  ;  si  può  dire  se  la 
legge  non  è  ottima,  certo  è  molto  mi- 
gliore di  quella  che  le  circostanze  pre- 
senti facevano  sperare.  Si  pone  un  limi- 
te alla  libertà  de'professori  hello  sceglie- 
re i  testi  per  le  lezioni.  1  libri  destinati 
all'insegnamento  della  religione  e  della 
morale  devono  ottenere  la  sanzione  ec- 
clesiastica; per  tutti  gli  altri  testi  d'ogni 
facoltà  pubblica  occorre  l'approvazio- 
ne del  consiglio  dell'  istruzione  pubbli- 
ca, nel  quale  entrano  qua'membri  pro- 
pri il  fiscale  della  Rota  e  il  vicario  ec- 
clesiaslico  di  Madrid.  Non  bastando  l'a- 
ver buoni  testi  se  sono  uìale  spiegati,  si 
lascia  a'  prelati  compiutamente  libera 
la  vigilanza  sopra  l'insegnamento,  e  ven- 
gono determinati  prudenti  modi  di  re- 
pressione e  di  castigo  a'  professori  che 
insegnano  cattive  dottrine;  viene  intro- 
dotto in  ogni  giunta  provinciale  e  mu- 
nicipale d'istruzione  pubblica  un  eccle- 
siastico designalo  dal  rispettivo  dioce- 
sano ;  e  finalmente  si  dà  facoltà  agli  or- 
dini i'elip[iosi  de'  due  sessi  di  fondare  e 


^|8o:  VAL 

tìirigere  istituii  d'  iiisegiia mento  secon- 
dario, senza  essere  soggetti  a  ispezioni  lai- 
cali, e  senza  ricliiedersi  da  loro  qiie'  ti- 
toli accademici  che  sono  necessari  pe'se* 
colari.  Vengono  separali  e  divisi  i  corsi  e 
i  programmi  di  teologia  e  di  diritto  cu* 
iionico,  e  si  riuniscono  nuovamente,  co- 
m'erano ab  antico,  quelli  di  diritto  civile 
e  canonico,  imponendo  di  studiar  ambe- 
due a  chi  si  dedica  alla  giurisprudenza. 
Questo  è  il  lato  buono  della  legge.  Il  la- 
to cattivo  lo  deriva  dalla  doppia  smania 
di  secolarizzare  l'insegnamento,  e  di  ren- 
dere r  istruzione  enciclopedica.  Quindi 
disposizioni,  classificazioni,  ordinamenti 
molteplici,  i  quali  non  avranno  altro  ef- 
fetto che  di  crescere  il  numero  degl'in- 
diderenti  nella  religione  e  dei^li  ambi- 
ziosi  pedanti  nelle  scienze,  e  per  conse- 
guenza d'indebolire  la  forza  generale  del- 
la nazione,  la  qual  forza  diaiora  in  una 
eletta  d'uomini  veramente  dotti,  in  cui 
i  forti  sentimenti  sono  pari  a*grandi  pen- 
sieri. Vi  sarà  una  nuova  accademia  di 
scienze  morali  e  polilicbe,  la  quale  riu- 
scirà forse  col  tempo  qualche  cosa  di  so- 
migliante alla  famosa  scuola  normale  di 
filosofia  di  Parigi.  A*3o  settembre  la  re- 
gina la  fondò  in  Madrid,  eguale  in  cate- 
goria alle4esistentispa^nuola,di  storia, 
di  belle  arti,  e  di  scienze  esalte,  fìsiche  e 
naturali.  La  compose  di  36  accademici, 
e  intanto  ne  nominò  la  metà,  e  per  pre- 
sidente il  marchese  di  Pidal  ministro  de- 
gli affari  esteri.  Frattanto  la  città  diTor- 
tosa  avea  ottenuto  la  facoltà  di  stabilire 
entro  le  sue  mura  un  collegio  di  chieri- 
ci regolari  delle  scuole  pie;  Daroca  ne 
inaugurò  altro;  e  nell'isola  di  Cuba  re- 
caronsi  i  medesimi  religiosi  ad  aprire  una 
scuola  normale.  Per  una  coincidenza,  la 
quale  non  può  tenersi  per  fortuita  da  chi 
studia  la  cagione  inlima  e  universale  e  lo 
stroraento  iojraediato  delle  rivoluzioni 
moderne,  è  avvenuto  che  mentre  il  re- 
cente incendio  politico  del  Belgio  era  mal 
domato,  mentre  al  tempo  slesso  la  de- 
mocrazia francese  agita  vasi  intoruoe  fuo- 


V  AL 

ri  le  urne  elettorali,  mentre  i  mazzinia- 
ni tentavano  ne'  giorni  7,9  e  3o  giugno 
di  sommovere  Livorno,Genova  e  Napoli, 
oltre  l'allentare  alla  vita  di  Napoleone  11  [ 
(indi  a' 1 4  gennaio  1 858  si  rinnovò  infer- 
nale tentali  vo,conlro  di  esso  e  la  spaguuo- 
la  iujperalrice);  appunto  in  quegli  stessi 
giorni  levaronsi  nella  Spagna,  e  propria- 
mente al  settentrione  delie  provincie  di 
Andalusia,  vari  gruppi  di  faziosi  armali. 
Cominciarono  col  fermare  e  rompere  la 
corrispondenza  pubblica, seguitarono  col 
penetrare  nelle  borgate,  commettendo  o- 
gni  genere  di  delitti  e  di  eccessi.  Particolar- 
mente la  fazione  capitanata  da  un  tal  Ca- 
ro, formatasi  in  Siviglia  q<iasi  alla  piena 
luce  del  giorno,  ed  organizzatasi  impune- 
mente come  se  fosse  slata  una  società  in- 
dustriale, corse,  senza  impedimento  al- 
cuno ne  ostacolo,  per  lo  spazio  di  8  gior- 
ni interi,  terre  e  città  di  molto  rilievo,  co» 
me  Otrera  e  Arahal,  ed  in  esse  si  abban- 
donò al  saccheggio  e  all'incendio,  impa- 
dronendosi degli  archivi  pubblici  e  pri- 
vali, imponendo  contribuzioni  pecunia- 
rie, rubando  cavalli,  il  denaro  e  tutti  i 
mobili  di  valore  ch'erano  nelle  case,  dis- 
onorando le  donne  e  ferendo  ed  ammaz- 
zando gli  uomini.  Finora  non  s'era  mai 
veduto  nella  Spagna  che  200  fuoruscili, 
in  nome  di  una  bandiera  politica,  violas- 
sero con  tanta  vi  Uà  e  barbarie  tutte  le 
leggi  divine  ed  umane.  Ma  ciò  che  fa  più 
orrore  in  si  lagrimevoli  casi,  si  è  che  la 
parte  più  feroce  vi  fu  sostenuta  dalle  fem- 
mine del  popolaccio, le  quali  furono  le  pri- 
me a  indicare  a'faziosi  le  case  agiate  di  lo- 
ro terre,  le  prime  a  gettarsi  al  saccheggio, 
le  prime  a  provocare  gli  ammazzamenti. 
Fortunatamente  le  milizie  reali,  secon- 
dando r  energia  de'  medesimi  cittadini 
onorali  di  quelle  terre,  riuscirono  a  di- 
struggere quelle  fazioni,  dopo  combatti- 
menti tenaci  e  sanguinosi.  Nelle  diverse 
scaraoauccie  nella  Serrania  de  Ronda, 
morirono  circa  3o  faziosi,  i  quali  uniti 
ad  altri  5o  fucilati,  dopo  d'  essere  stati 
presi  coirurmi  in  mano,  e  ad  allri  puniti 


VAL 

pure  òi  morte,  formarono  un  notabile 
numero  ;  vittime  tutti  dell'indegne  pre- 
dicazioni fatte  loro  nel  biennio  progres- 
sista, e  delle  suggestioni  infernali  onde 
sono  mossi  dalle  società  segrete  organiz' 
za  tesi  e  dipendenti  da'due  centri  di  Lon- 
dra e  di  Lisbona.  Questo  spiega  la  coin* 
cidenza  rilevata,  tra 'casi  d'Italia  e  di  Spa- 
^na.LaGazzetta  di  Madridde'j  sellem- 
bre  pubblicò  gli  stati  della  popolazione  dì 
Spagna,  la  quale  ascende  a  I7,5i8,5i6 
abilanli,ossia  3,755,664  più  che  nel  cen- 
so ufficiale,  che  serve  di  base  alla  mag- 
gior parie  degli  atti  d'  amministrazione. 
Ì5u  questo  proposito  si  legge  del  corrispon- 
dente della  Civiltà  Cattolica^.  8,  p.  1 1 7. 
*»  Si  è  pubblicata  la  statistica  del  censo 
fattosi  della  nostra  popolazione,  l  dati 
ufljzialì  fanno  giungere  a  i5  milioni  e 
mezzo  gli  abitanti  della  nostra  penisola 
e  dell'isole  adiacenti  ;  senoncbè  la  me- 
desima commissione  centrale  di  statisti- 
ca, per  certi  suoi  argomenti,  opina  che 
quel  numero  debba  montare  fino  a  1 7 
milioni.  Sia  checche  si  voglia  di  questo 
fatto,  il  certo  è  che  la  mania  statistica  ha 
fatto  commettere  e  dire  molle  strava- 
ganze in  tutta  l'Europa,  e  non  credo  che 
ia  Spagna  faccia  un'eccezione  alla  regola 
comune.  Fra  gli  altri  argomenti  che  ho 
per  formare  questo  giudizio  così  severo, 
me  ne  porge  uno  la  funzione  che  deve 
compiersi  in  questo  giorno  stesso  che 
scrivo.  S.  M.  la  Piegina  deve  recarsi  di 
persona  a  render  grazie  alla  commissione 
centrale  di  statistica  pel  grande  atto  da  lei 
compiuto  di  notare  il  numero  degli  spa- 
gnuoli,  quasi  si  trattasse  di  render  grazie 
a'conquistatori  dell'  America  o  agli  eroi 
di  Lepanto.  È  questo  un  tributo  che  pa- 
gasi alla  statisticomania,  e  fa  pensare  a' 
popoli  doversi  essi  credere  ricchi  e  felici 
allorché  sono  bene  contali  e  bene  clas- 
sificati". Per  la  celebrala  divozione  degli 
spagnuoli  e  di  Valenza  verso  V  Imma- 
colata Concezione,trovo  opporlunodi  qui 
riferire  quanto  avvenne  nel  di  seguente 
in  Roma.  Nel  voi.  LXXllI  per  omaggio 

YOL.  LXXXVIf. 


VAL  281 

di  filiale  e  affettuosa  divozione  alla  B. 
Vergine  Maria  celebrai  quanto  prece- 
dette, accompagnò  e  seguì  i'  immortai 
decreto  promulgato  dal  Papa  Pio  IX  sul 
di  lei  Immacolato  Concepimento;  ed  a 
p.  76  e  seg.  descrissi  la  colonna  monu- 
mentale eretta  dal  medesimo  Pontefice^ 
coll'ofFerlede'fedeli  d'ogni  parte  del  mon- 
do (dichiarò  poi  il  Giornale  di  Roma 
avere  le  somme  raccolte  bastato  oltre  al 
bisogno  allo  scopo  di  ossequio  pel  santo 
dogmaj  il  quale  è  una  nuova  solenne  ma- 
nifestazione del  religioso  consenso  del- 
l'orbe cattolico  pel  medesimo.  La  som- 
ma raccolta  essere  stata  di  scudi  57jigo^ 
e  quella  spesa  di  scudi  54, 1 85^  non  com- 
preso il  valore  de'materiali  donati  e  nolo 
d'attrezzi  egualmente  condonato  in  scu- 
di 2291,  il  residuo  di  scudi  3oo5  ero- 
gato parte  a  favore  e  rimunerazione  di 
alcuni  artefici  del  monumento,e  parte  per 
opere  pie  e  per  gli  scavi  di  catacombe)^ 
e  commemorativa  nobilissima  del  solen- 
ne atto,  a  perpetua  testimonianza  del- 
l' uni  versai  con  lento  per  quella  conso- 
lante definizione,  nella  Piazza  di  Spa- 
gnaydìnanzì  al  palazzo  della  Congrega- 
zione di  Propaganda  fide,  e  a  quello 
nazionale  della  legazione  di  Spagna,  so- 
vrastala dalla  statua  colossale  in  bronzo 
dorato,  fusa  nella  fonderia  del  Pratica' 
no  (^.),  ed  esprimente  la  Madre  di  Dio, 
la  quale  vi  fu  innalzata  a'5  agosto  1857, 
con  l'opera  de'pompieri  pontificii.  11  di- 
segno del  magnifico  e  artistico  monu- 
mento, e  la  sua  descrizione  la  pubblicò 
ancora  il  n."  ^S  del  t.  23  àeWAlbum  di 
Roma,  volume  dedicato  a  S.  M.  la  regi- 
na M.'  Cristina  di  Spagna,  madre  della 
regina  Isabella  II.  Riporta  poi  il  n.°  20 3 
del  Giornale  di  Roma  del  1857,  e  leggo 
nel  rituale  di  cui  vado  a  far  menzione^ 
aggiùngendovi  le  debile  a  vvertenze.Com- 
pilo  il  pubblico  monumento  ricco  e  no- 
bilissimo, per  perpetuare  in  Roma  la 
solenne  definizione  dogmatica  dell'  Im- 
macolata Concezione,  alla  quale  opera 
concorsero  con  pie  offerite  i  fedeli  d'ogni 
»9 


28a  VAL 

Inaile  del  mondo,  per  le  spese  nccrssnrie 
(avvenimento  di  altìssimo  signincolo, 
dappoicliè  si  scorse  in  qnelT  orcasione 
una  nuova  evidentissima  dimostrazione 
della  unità  e  verità  di  nostra  s.  fede,  e 
della  sempre  crescente  divozione  univer- 
sale alla  S^ergine  Immacolata,  tutta  pu- 
ra e  tutta  santa),  stabilì  il  Pontefice  di 
benedirlo  secondo  i  riti  della  Chiesa  1*8 
settembre,  giorno  sagro  alla  Natività  del- 
la ss.Vergine  (con  apposite  orazioni  stam- 
pate nello  slesso iBSy  in  Roma  dalla  ti- 
pografia della  camera  apostolica  con  que- 
sto titolo  :  Ixitus  a  SS.  D.  N.  Pio  Papa 
IX  serva  ndits  in  hcuedictioiie  J enei  Si- 
mulacri B.  rirginis  Mariae  sine  labe 
originali  Conceptae^  ab  ipso  Sumnio 
Pontifici  splendido  monumento  erecto 
apudAedess.  Consilii  Catholicae  Fi- 
dei  Propaganda  e). L'arnhascìaìa  di  Spa- 
gna ebbe  la  somma  soddisfazione  di  ve- 
dere compiersi  questa  memorabile  e  fe- 
stevole ceremonia  dal  suo  palazzo.  E  ben 
degna  ne  era,  considerando  che  la  Spa- 
gna fu  una  delle  prime  nazioni  cattoli- 
che che  ha  onorato  con  pubblico  cullo 
l'Immacolata  Concezione,  che  la  Vergi- 
ne invocata  sollo  questo  titolo  assunse  a 
proteggitricedi  lutto  il  regno  :  couside- 
landò  ancora  che  i  cattolici  suoi  monar- 
chi fondarono  perfino  col  titolo  della 
Concezione  ordini  cavallereschi,  e  che 
nelle  università  chiunque  nel  ricevere  un 
grado  accademico  giurava  di  difendere 
questo  gran  mistero.  Onde  S.  E.  il  sig/ 
Alessandro  Mon,  enìbasciatore  straordi- 
nario di  S.M.  Isabella  li  presso  la  s.  Se- 
de, colla  maggior  sollecitudine  e  con  una 
magnificenza  degna  della  pietà  della  na- 
zione e  della  regina  che  rappresenta,  di- 
sponeva quanto  meglio  conveniva  per  la 
solennità.  Con  disegno  pertanto  dell'  e- 
gregio  architetto  prof.  Antonio  cav.  Sarti 
•venne  eretta  quasi  per  incanto  sopra  del- 
l'ingresso del  palazzo  una  grande  e  mae- 
stosa loggia,  lunga  quanto  l*  intera  fac- 
ciata, sostenuta  da  colonne  e  pilastri,  e 
sormontala  da  un  timpano.  Nel  fondo  di 


VAL 

qiicsla  un  dipinto  a  bassorilievo  rappre- 
sentava le  varie  provincie  della  cattolica 
Spagna,  che  porgono  le  loro  congratu- 
lazioni ed  esternaiio  la  loro  esultanza  al 
sommo  Pontefice,  per  avere  definito  il 
dogma  dell'  Immacolato  Concepimento 
di  Maria,  e  solto  leggevasi  l'iscrizione, 
checolle  altre  si  riportano  dal  Giornali'; 
altra  essendo  sotto  la  cornice  del  timpa- 
no, nel  mezzo  fra  le  colonne.  Alla  destra 
di  essa  iscrizione  vedevasi  un  bassorilie- 
vo rappresentante  Pio  IX  nel  momen- 
to che  alla  presenza  degli  augusti  re- 
gnanti di  Toscana  e  di  Modena  favel- 
la air  Episcopato  de*  loro  siali,  di  re- 
cente da  luì  visitati,  e  alla  sinistra  un 
altro  bassorilievo,  nel  quale  venne  effi- 
giato il  Pontefice  che  visita  ed  acco- 
glie i  "voli  delle  Provincie  de' suoi  stati. 
A'  lati  dì  questi  bassorilievi  altri  vede- 
vansi  allusivi  alle  principali  virtù  del  me- 
desimo Papa.  Oltre  ciò,  l'ambasciatore 
fece  tutto  rinlerno  del  palazzo  ornare 
con  una  tale  magnificenza,  che  tutto  cor- 
rispondesse air  onore  che  ricevea  nel- 
l'accogliere  in  esso  il  supremo  Gerarca 
della  Chiesa  in  una  circostanza  così  so- 
lenne. Il  Papa  dopo  avere  assistilo  alla 
solita  cappella  papale  nella  chiesa  di  s. 
Maria  del  Popolo,  avendo  seco  in  car- 
rozza gli  Emi.  cardinali  Malici  solto  de- 
cano del  sacro  collegio  e  Barnabò  pre- 
fetto della  congregazione  di  propaganda, 
si  portò  colla  sua  corte  e  gli  altri  perso- 
naggi che  avevano  assistilo  alla  cappella 
a  Piazza  di  Spagna,  seguilo  dagli  Emi. 
cardinali  intervenuti  alla  medesima  per 
assistere  alla  sagra  ceremonia.  Ricevuto 
a'  piedi  delle  scale  del  palazzo  dell'amba» 
sciala  di  Spagna  dall'  encomiato  amba- 
sciatore di  S.M.  Cattolica,  ascese  nell'ap- 
partamento. Nella  sala  espressamente 
disposta,  depose  la  stola  e  la  mozzelta,  ed 
assunse  l'amilto,  il  camice,  che  cinse  coi 
cingolo,  la  stola,  il  piviale  bianco,  il  for- 
male e  la  mitra  di  lama  d'oro  ;  mentre 
tulli  i  cardinali  tollesi  le  mozzette  e  le 
mantellette  rosse,  presero  le  cappe  e  le 


VAL 

Lenelle  rosse.  Indi  il  Papa  si  condusse 
processionalniente,  co'  prelati  che  dove- 
vano prender  parte  alla  sagra  funzione 
e  col  sagro  collegio,  alla  gran  loggia,  pres- 
so la  fjuale  stavano  già  in  grande  uni- 
forme reccellentissiino  corpo  diplomati- 
co, i  principi  romani,  e  altri  personaggi 
espressamente  invitati  dall'ambasciatore 
di  Spagna.  Ascesa  Sua  Santità  nel  deco- 
roso trono,  deposta  la  mitra,  si  alzò  e  in- 
luonò  il  ^^.  Àdjiilorìum  nostrum  in  no- 
mine Dominiy  al  quale  e  all'altre  preci 
risposero  i  cantori  della  cappellp  ponti- 
ficia. Detto  il  ^.  Dominiis  i^ohiscnni^ve- 
citò  V Oremus:  Deus  già  de  B.  Mariae 
f^irginis  utero  Verbum  tuum.  Indi  al- 
tro apposito  Oremus:  Omnìpotens  sem- 
piterne  Deus^  clemcniissime  cujus  di- 
spensatione  cwicta  creantur  ex  nihiloj 
hanc  Imaginem  in  honorem  piissimae 
Genitricis  Filii  tui  D.  N.  Jesu  Christi 
venevahiliter  adaptatam  hene^  dicere 
et  sancii  4|f  ficare  dìgnerisj  et  praesta^ 
misericordissìme  Pater,  per  invocatio- 
neni  nominis  tui,  atque  ejusdem  Unige- 
niti Filii  tui  Domini  Nostri  Jesu  Chri- 
sti, quempro  salute  generis  humani  in- 
tegritate  J^irginis  Mariae  servata  in- 
carnari  voluistìj  quatenus  precibus  e- 
j'usdem  sacratissimae  Firginis,  quicuni' 
que  eamdem  mìsericordiae  Reginani  et 
gratiosissimani  Dominam  nostram  co- 
ram  hac  Effigie  suppliciter  honorare 
studuerint,  et  de  instantibus  periculis 
eruantur,  et  in  conspectu  divinae  ma- 
jestatis  tuae  de  commissis  et  omissis  ve- 
niam  impetrentj  ac  mereantur  in  prae- 
senti  gratiam  quam  desiderant  adipi- 
sci  j  et  in  futuro  perpetua  salvatione 
cum  eleclis  tuis  valeant  gratulari.  Per 
eumdem  Dominum  Nostrum  Jesum 
Chris tum  Filium  tuum^  qui  tecum  vivit 
et  regnai  in  unitate  Spiritus  Sancii 
Deus  per  omnia  saecula  saeculorum. 
g^.  Amen.  Terminata  questa  orazione, 
il  Papa  riprese  la  mitra  e  sedendo  pose 
l'incenso  nel  tmibolo,  indi  depostala  mi- 
tra s' alzò^  per  3  volte^  rivolto  alla  sta- 


VAL  283 

tua  deirimmiacolata  Concezione,  la  be- 
nedisse coll'aspersorio  dell'acqua  santa,  e 
3  volte  l'incensò.  Dopo  di  che  in  ginoc- 
chio intuonò  l'inno  :  Ave  lìlaris  Stella, 
ed  alzatosi  fu  proseguito  da'cantori.  Ter- 
minato l'inno,  il  Papa  intuonò  cantan- 
do l'antifona  :  Immaculata  Conceplio 
tua,  continuata  da'cantori.  Poscia  il  Pa* 
pa  cantò  l'  Oremus:  Deus  qui  per  Ini- 
maculatam  Virginis  Conceplìouemj  e 
V Oremus:  Defende,  quaesumus  Domi- 
ne. Finalmente  il  Papa  pose  fine  alla  com- 
movente ceremonia,  con  cantare  le  preci 
della  benedizione  solenne:  Sancti  Apo- 
stoli: Precibus  jet  meritis  B.  Mariae: 
Indulgentiam^  absolu^'^  tionem:  Et  be- 
»ie<i/c//oelc.,compartendocon  indulgenza 
plenaria  l'apostolica  benedizione  aduna 
straordinaria  e  imponcntissima  moltitu- 
dine di  popolo  divoto  e  giubilante,  sti- 
pato sulla  piazza,  nelle  loggie  e  finestre, 
come  nelle  vie  circostanti.  Dopo  la  be- 
nedizione i  due  cardinali  diaconi  assi- 
slenti  lessero  ciascuno  in  latino  e  in  ita- 
liano la  formula  dell'indulgenza  plena- 
ria concessa  agli  astanti,  e  quindi  getta- 
rono nella  piazza  le  due  carte  che  la  con- 
tenevano, secondo  la  consuetudine  pro- 
pria delle  Benedizioni  solenni  del  Som- 
mo Pontefice.  Deposti  gli  abili  pon  li  fi- 
cali,  e  ripresa  la  mozzelta  e  la  stola,  il 
Papa  degnossi  aderire  alla  preghiera  u- 
minatagli  dall'  ambasciatore  di  passare 
nell'appartamento,  ov'  era  stato  prepa- 
rato un  lautissimo  rinfresco.  E  lì  raccol- 
tosi anche  il  sagro  collegio,  il  Papa  si 
compiacque  ammettere  al  bacio  del  pie- 
de il  prefato  ambasciatore  con  tutte  le 
persone  a  lui  addette,  e  poscia  1'  eccel- 
lentissimo corpo  diplomatico,  unitamen- 
te a  vari  altri  distinti  personaggi  e  mol- 
te dame.  Infine  esternatosi  dal  Papa  l'al- 
to suo  gradimento  all'ambasciatore,  par- 
tì co'due  sullodati  cardinali,  e  si  restituì 
alla  sua  residenza  in  Vaticano.  A  perpe- 
tua memoria  di  sì  fausto  avvenimento, 
l'ambasciatore  in  nome  di  S.  M.  la  regina 
fece  collocare  sul  1°  ripiano  della  grau 


5t8i 


VAL 


scala  del  palazzo  una  marmorea  ìsciizio- 
ne,  clellata  come  tutte  le  altre  dall'aurea 
penna  del  eh.  p.  Marchi  gesuita.  Roma 
vide  colla  più  viva  e  religiosa  compia- 
cenza la  solenne  benedizione  e  inaugu* 
razione  del  grandioso  monumento  in- 
nalzato in  onore  dell'  Immacolata  Ver- 
gine. E  a  segno  di  letizia  la  sera  antece- 
dente alla  medesima  e  in  quella  della  fe- 
sta della  solennità  della  Natività,  ogni 
pubblico  stabilimento  e  le  case  tutte  era* 
no  illuminate  con  grandissima  copia  e 
ricchezza  di  lumi.  Il  Monte  di  pietà  e  la 
gradinata  della  chiesa  della  ss.  Trinità 
de'Monti,  adiacente  alla  piazza  di  Spa- 
gna, lo  erano  a  fiaccole  ;  l'insigne  acca- 
demia di  s.  Luca  e  la  via  del  Corso  si 
distinguevano  soprattutto,  essendosi  in 
tale  strada  dalTintraprendente  dell'  illu- 
minazione a  gaz  rinnovata  la  sorpren- 
dente illuminazione  delle  precedenti  se- 
re del  5  e  del  6,  eseguita  per  festeggiare 
il  ritorno  del  Papa  in  Roma  dal  trion- 
fale suo  Piaggio,  dove  dispose,  in  ve- 
ce di  lampioni,  migliaia  di  fiammelle, 
che  fecero  un  magnifico  effetto.  Nella 
stessa  piazza  di  Spagna  poi  si  distinsero  il 
palazzo  dell'  ambasciatore  di  Spagna,  e 
quello  della  s.  congregazione  di  propa- 
ganda fide,  che  brillava  di  varie  migliaia 
di  lumi  collocati  a  disegno,  e  vedendosi 
a  trasparente  l'effigie  del  Papa  Pio  IX,  e 
sopra  di  esso  il  monogramma  del  ss.  No- 
mB  di  Maria  coll'epigrafe:  Cunctas  hae- 
reses  itiLereinisti  in  universo  inimdo. 
%Sulla  cima  dell'edifizio  innalzavasi  una 
gran  Croce  sostenuta  dalle  figurate  4  par- 
ti del  mondo,  e  sotto  leggevansi  le  parole 
di  Cristo  :  Euntes  in  universo  mundum 
praedicate  Evangelium.  Parole  conve- 
nienti al  propinquo  e  contiguo  collegio 
Urbano,  i  cui  allievi  hanno  per  missione 
la  predicazione  della  cattolica  religione 
in  ogni  contrada  dell'Orbe.  L'illumina- 
zione riuscì  di  mirabile  effetto,  e  una 
straordinaria  folla  vi  accorse,  rallegrala 
anche  dalle  armonie  de  'musicali  concerti 
che  stavano  sulla  piazza.  Con  tali  modi 


VAL 

e  riverenti  dimostrazioni  festeggiò  Ro- 
ma la  benedizione  e  V  inaugurazione  di 
un  altro  pubblico  monumento  sagro  alla 
gran  Madre  di  Dio.  Nei  concistori  de'  3 
agosto  e  25  settembre  1857,  *  comuni 
voti  furono  esauditi  con  essersi  provve- 
duto alle  vacanti  sedi  vescovili  e  arcive- 
scovili con  nuovi  pastori  o  con  traslazioni. 
Nel  i.°  furono  dal  Papa  preconizzati  gli 
arcivescovi  di  Toledo,  Siviglia,  Tarra- 
gona  e  Valladolid.  Nel  2.°  1'  arcivescovo 
di  Burgos,  ed  i  vescovi  di  Tortosa,  Oren- 
se,  Jaen,  Barcellona,  Cordova,  Salaman- 
ca, Oviedo,  Lugo,  Mondonedo,  Guadix 
e  Segovia.  I  processi  de'nuovi  pastori  fu- 
rono fatti  dall'encomiato  mg.'  Simeoni 
praelato  domestico^  ntque  negotiorum 
Sedis  Apostolicae  in  Hispaniarum  re- 
gnis  ad  interim  Gestore j  e  nelle  sue  ma- 
ni e  in  quelle  delle  dignità  ecclesiastiche 
da  lui  deputate,  ciascuno  emise  la  pro- 
fessione di  fede,  come  leggo  nelle  pro- 
posizioni concistoriali  de'  due  concistori 
di  Bologna  e  Roma.  Dipoi  insorsero  dif- 
ferenze ben  gravi  fra  la  regina  ed  isuoi 
ministri,  come  narra  il  corrispondente 
della  Civiltà  Cattolica^  e  principalmen- 
te per  esigere  i  ministri,  di  togliere  il  co- 
mando dell'isola  di  Cuba  a  De  la  Concha^ 
l'allontanamento  di  alcune  persone  dal- 
la corte,  e  la  nomina  dì  alcuni  senatori. 
Alle  negative  della  regina,  il  ministero 
nella  metà  di  settembre  le  presentò  due 
volte  la  sua  dimissione,  senza  che  fosse 
accettata,  e  finalmente  lo  fu  a*2  ottobre, 
pubblicandosi  a*i5.  Intanto  la  regina  a- 
vea  in  tutta  fretta  chiamato  a  Madrid  da 
Parigi  Bravo  Murillo,da  Roma  Alessan- 
droMon,e  dall'Andalusia  il  capitanogene- 
rale  Francesco  Armerò,  onde  consultar- 
li e  formare  il  nuovo  ministero,  come  i 
capi  più  notevoli  della  supposta  parte  mo- 
derata; il  suddetto  corrispondente  quali- 
ficando i  moderati,  partigiani  del  dottri- 
narismo liberalesco.Cìrca  all'odierno  mi- 
nistero egli  ne  fa  la  biografia  nella  Civil- 
tà Cattolica,  t.  8,  p.  6 1 9.  Osservò  la  Re- 
generacion,  giornale  cattolico  monar- 


VAL 

cliico,  che  nel  partilo  chiamalo  conser- 
vatore era  impossibile  formare  un  mi- 
nistero più  forte  di  quello  presieduto  dal 
duca  di  Valenza.  Ma  essendo  durato  ap- 
pena un  anno,  tirarsi  la  conseguenza  per 
gli  altri,  poiché  dal  1840  fino  al  presente 
\\  sono  stati  in  Ispagna  28  ministeri.  Il 
nuovo  ministero, a'25  ottobre  lo  pubbli- 
cò come  segue  la  Gaceta  di  Madrid  :  se- 
gretario di  stato  e  ministro  degli  affari 
esteri  IVIartinez  de  la  Rosa,  grazia  e  giu- 
stizia Giuseppe  Casaus,  finanze  Mon,  ma» 
rina  Buslillos,  dell'interno  EraanueleBer- 
mudez  de  Castro,  lavori  pubblici  Sala- 
irerria,  guerra  Armerò  e  presidente  del 
consiglio  dei  ministri,  il  quale  formò  que- 
sto gabinetto.  I  giornali  quindi  pubblica- 
rono, essere  il  programma  del  nuovo  mi- 
nistero la  costituzione  del  184  5,  colle  leg- 
gi organiche,  e  comporsi  di  elementi  con- 
servatori. Frattanto  il  Papa  nominò  nun- 
zio apostolico  di  Spagna  mg."^ Lorenzo  Ba- 
rili già  delegalo  apostolico  della  Nuova 
Granata(della  cui  opera  mi  giovai  nell'ar- 
ticolo Umana),  il  r. "novembre  consagrato 
arcivescovo  eli  Tiana  nella  cattedrale  di 
Ancona  sua  patria,  dal  cardinal  Brunelli 
vescovo  di  Osimo  e  Cingoli,  assistito  da 
mg.'  Antonucci  vescovo  d'Ancona  ed  U- 
mana(F.)eda  mg/  Gio.  Francesco  Ma- 
gnani vescovo  di  R.ecanati  e  Loreto.  La 
regina  Isabella  11  3*28  novembre  iSSy 
die  alla  luce  d.  Alfonso  principe  dell'  A- 
sturie  ed  erede  della  corona  di  Spagna. 
Questo  fausto  avvenimento  eccitò  il  più 
grande  entusiasmo  in  Madrid  e  in  lutto 
il  resto  dellaSpagna,per  cui  si  fecero  gran- 
di e  solenni  dimostrazioni  d' universale 
gioia  da'popoli  veramente  cattolici  e  mo- 
narchici. E  indispensabile  poi,  che  sugli 
stamponi  aggiunga  un  fugace  cenno  del 
posteriormente  e  di  recente  avvenuto  in 
Ispagna.  L'encomiato  nunzio  giunto  op- 
portunamente in  Madrid  a'  5  dicembre, 
nel  di  seguente  con  quel  treno  reale  che 
descrive  il  Giornale  di  Roma  a  p.i  149, 
presentò  solennemente  le  lettere  pontifi- 
cie, che  io  accreditano  in  qualità  di  nua- 


V  A  L  285 

zìo  presso  S.  M.  la  regina,  e  di  delegalo 
straordinario  per  levare  al  s.  fonte  a  nome 
di  Sua  Santità  S.  A.  R.  Serenissima  il 
principe  dell'Asturie.  Ivi  sono  riportati  i 
corrispondenti  discorsi  falli  alla  regina  e 
poi  al  re  da  mg."^  Barili,  e  le  analoghe  ri- 
sposte degli  augusti  sposi.  Prima  del  ve- 
spero  della  festa  dell'Immacolata  Conce- 
zione, seguì  con  gran  pompa  la  ceremo- 
nia,  descritta  dal  Giornale  di  Roma  a  p. 
1 152,  e  nel  n."  288,  del  battesimo  del 
principe  dell'Asturie  nella  cappella  reale, 
celebrata  dall'arcivescovo  di  Toledo  mg."" 
fr.  Cirillo  de  Alameda-y-Brea  de'mioori 
osservanti  (iraslato  da  Burgos,  e  presto  di- 
cesi sarà  cardinale);  e  gli  furono  imposti 
i  nomi  di  Alfonso,  Francesco d'Asisi,  Fer- 
dinando, Pio ,  Mariano  della  Concezio- 
ne, Giacomo  e  Pelagio.  Il  nunzio  fece  da 
padrino  in  nome  del  Papa  Pio  IX,  te- 
nendo colle  braccia  al  battisterio  il  prin- 
cipe destinato  ad  essere  re  cattolico  del- 
la Spagna  col  nome  d'Alfonso  XII.  Fra 
gl'intervenuti  alla  funzione  sagra,  oltre  il 
re  colla  divisa  di  capitano  generale,  e  la 
sua  figlia  infanta  d.  Isabella,  finora  prin- 
cipessa dell'Asturie,  v'intervennero  il  du- 
ca e  la  duchessa  di  Monlpensier,  gli  ar- 
civescovi di  Siviglia,  Burgos,  Valladolid, 
il  patriarca  dell'Indie,  ec.  Di  più  in  appo- 
sita tribuna  eravi  il  tribunale  della  Ro- 
ta; e  vi  furono  presenti  i  deputati  del 
principato  dell'Asturie,  secondo  l'antiche 
disposizioni,  nella  nascita  del  suo  princi- 
pe. Al  popolo  furono  gettate  monete  d'o- 
ro, d'argento  e  di  rame,  quando  il  nunzio 
collo  slesso  treno  di  corte  si  restituì  alla 
sua  residenza.  Dipoi  la  deputazione  del- 
l'Asturie offrì  al  suo  principe  l'insegne  in 
brillanti,  previo  discorso  di  Mon  i.°di 
essa,  ed  al  quale  rispose  il  re.  L'  insegne 
rappresentano  la  famosa  Croce,  che  il  re 
Pelagio  ed  i  suoi  successori  innalzarono 
come  bandiera  contro  i  mori,  e  che  ora 
si  conserva  nel  santuario  d'Oviedo.  Tale 
Croce  fin  da  que'  remoti  tempi  fu  chia- 
mata la  Croce  della  P^ittoria,  e  forma 
l'arme  del  principato  deli'  Asturie, colia 


a86  VAL 

leggenda:  la  hoc  tigno  \>mcitur  inimicos. 
ludi  il  iiconalo  principe  lu  insignito  de- 
gli ordini  civili  del  regno,  cioè  di  cavalie- 
re gran  croce  del  Toson  d'oro,  di  Carlo 
111  e  d'Isabella  Callolica,  e  di  s.  Giovan- 
ni di  Gerusalemme.  Le  decorazioni  gli 
furono  imposte  dal  re  suo  padre.  A'4  gen- 
naio! 858  ebbe  luogo  la  presentazione  in 
grande  formalità  della  regina,  per  la  i.' 
Tolta  dopo  il  suo  parlo,  nella  cappella  del 
palazzo  reale,  per  ringraziare  Dio,  e  vi  si 
recò  col  re,  col  principe  delTAsturie,  col 
nunzio.  Indi  la  regina  col  re,  dinanzi  l'ai* 
tare  pregarono  per  l'erede  del  trono.  Nel- 
l'olFertorio  della  messa,  la  regina  fece  pre- 
sentare al  Signore  per  oblazione,  due 
]jianche  tortorelle.  L'8  gennaio  s' imban- 
dì il  gran  banchetto  reale  in  onore  del 
nunzio  apostolico,  il  quale  prelato  riuja- 
se  soddisfattissimo  dal  complesso  dell'af- 
fettuosa e  filiale  accoglienza  che  ha  rice- 
iruto  dalla  corte  e  da  tutto  il  regno  per 
rispetto  verso  la  s.  Sede.  La  regina  si  por- 
tò al  santuario  d'Atocha  a  presentargli 
il  reale  suo  figlio,  e  poi  gli  donò  i  piùiic- 
chi  ornamenti  che  a  vea  indossato  in  cpiel- 
la  solenne  circostanza,  facendo  molte  li- 
niosine  e  altre  opere  di  carità.  A*  i  o  gen- 
naio la  regina  pronunziò  alle  Cortes  quel 
discorso,  ragionando  pure  delia  nascila 
del  principe  dell*  Asturie,  di  cui  riferisce 
lai  .^  parte  il  Giornale  di  Roma  del  1 858 
a  p.  47»  Ma  d  corrispondente  della  Civil- 
tà Cattolica,  l.  9,  p.  1 1 1,  dopo  avere  ri- 
portato le  notizie  del  descritto  avveni- 
mento, cominciò  a  lamentare  l'inerzia  e 
i  pericoli  del  nuovo  ministero  Armero- 
]VIon,di  tendenze  liberali,  narrando  i  pri^ 
mi  sintomi  di  sua  vicina  caduta,  andan* 
do  perciò  in  fumo  le  speranze  concepite 
da'liberlini  ;  l'opposizione  essendo  ormai 
divenuta  generale,  come  gabinetto  rap- 
presentante genuino  della  politica  mi- 
tìcolosa,  indecisa  e  perciò  funesta.  Indi 
dice  queste  gravi  e  notabili  parole  :  La 
Spagna  essere  stanca  delle  farse,  volere 
uu  governo  che  governi,  un  re  che  re- 
gni, e  un  popolo  che  sottratto  dalla  li- 


VAL 

rnnnia  ipocrita  del  bberalìsmo ,  abbia  e 
goda  vera  libertà.  L'elezione  falla  da'de- 
putati  o  Cortes  V  1 1  gennaio  di  Bravo 
Murillo  in  presidente  di  sua  camera,  fu 
cagione  della  dimissione  del  ministero 
Armero-Mon.  Chiama  BravoMurillo  ini- 
ziatore e  capo  de'riformisli,  cioè  di  quel- 
li che  desiderano  finirla  colle  tradizioni 
rivoluzionarie  perchè  rappresenta  la  ten- 
denza di  riformare  nel  senso  opposto  al 
parlamentarismo  la  costituzione  di  Spa- 
gna. Dopo  tale  elezione,  il  ministero  pre- 
sentò alla  regina  il  dilemma  o  la  dimis- 
sione del  gabinetto  o  lo  scioglimento  del- 
le Cortes;  per  quest'ultimo  propendendo 
la  regina  ,  pur  tuttavia  meglio  pensan- 
do, accettò  la  dimissione  de'  ministri  a' 
i3  gennaio.  Così  il  vero  partito  conser- 
vatore deironizzò  il  recente  ministero. 
Nel  dì  seguente  il  nuovo  si  compose  de'se- 
guenti  ministri.  Saverio  Isturiz  già  presi- 
dente de'  ministri  nel  i836  e  nel  1846, 
reduce  dall'ambasciata  di  Russia  per  oc- 
cupare la  presidenza  del  senato ,  come 
sempre  appartenente  al  partito  conserva- 
tore, venne  rieletto  presidente  del  consi- 
glio de'ministrì,  ministro  di  stato  e  d'ol- 
tremare. Il  tenente  generale  Firmino Ez- 
peleta  ,  ministro  della  guerra;  Ventura 
Diaz,  dell'interno:  l'ammiraglio  Giusep- 
pe M."  Quesada,  della  mai+na;  Giuseppe 
M.'  Fernandezde  la  Hoz,  di  grazia  e  giu- 
stizia; Giuseppe  Sanchez  Ocano,  delle 
finanze;  Gioacchino  Ignazio  Mencos,  del 
commercio  o  fomento  ec.  A  p.  75  del 
Giornale  di  Roma  sono  nominati  tutti  i 
presidenti  del  ministero  di  Spagna  dal 
i833  ah 858,  e  si  osserva  che  in  tali  25 
anni  si  cambiarono  ^1  ministeri  !  Indi  a 
p.  78  si  fanno  alcuni  cenni  biografici  di 
ciascuno  de'detti  nuovi  ministri.  A' 1 5  il 
presidente  Isturiz  dichiarò  al  senato,  es- 
sere il  programma  del  nuovo  ministero; 
L'osservanza  della  costituzione  del  1 845, 
la  quale  guarentisce  le  prerogative  della 
corona  e  le  ben  intese  libertà  pubbliche;  j 
e  lo  svolgimento  dell'idee  e  de'principii 
espressi  da  S.  IVI.  la  regina  uell'oprire  le 


VAL 
Cortes,  senza  pregiudizio  delle  modifica» 
aloni  che  vi  si  devono  intiodurre,  quan- 
do giunga  il  caso  delle  contestazioni  per 
la  risposta  delle  Goi'tes,  al  discorso  della 
Corona.  Di  questa  se  ne  legge  il  proget- 
to nel  detto  Gianiale  a  p.  126  e  nel  n.° 
29,  tutto  quanto  conservatore  e  favore- 
vole alla  Chiesa;  nutrendo  speranze,  che 
quanto  prima  saranno  sciolti  con  soddi- 
sfazione i  negoziati  pendenti  colla  s.  Se-* 
de  ,  anco  colla  restituzione  de'  beni  alla 
Chiesa  che  sono  sue  proprietà;  progetto 
dettato  da  sentimenti  eguali  e  comuni  a 
quelli  del  senato.  Il  nuovo  ministero^  in 
una  parola,  si  propone  tenere  una  via 
conservatrice,  e  può  confidare  nelle  Cor- 
tes attuaU  ,  che  rappresentano  il  partito 
conservatore.  A.*i8  gennaio  mg. "^  nunzio 
prese  formalmente  possesso  con  gran  so- 
lennità della  chiesa  pontificia  e  dell'o- 
spedale degl'  italiani  in  Madrid.  Lodalo 
fu  il  discorso  tenuto  alla  camera  de'de- 
putati  a'  3o  dal  presidente  Bravo  Mu- 
rillo,  e  lo  riprodusse  il  Giornale  nel  n.° 
37.  L'  i  I  febbraio  la  regifia  nominò  S. 
A.  il.  il  cognato  duca  di  Montpensier, 
capitano  generale  dell'esercito.  Il  veritie- 
ro corrispondente  della  Chiltà  Cattoli- 
ca, t.  g,  p.  367,  chiama  il  presente  mi- 
nistero, un  ministero  di  transizione  tem- 
poranea, per  non  ricadere  in  mani  della 
rivoluzione;  e  se  viene  considerato  nel- 
l'idee che  rappresentano  i  suoi  membri, 
non  è  in  alcun  modo  la  soluzione  deside- 
rata del  nodopolitico  che  ci  siringe.  Dun- 
que ripeterò  ancora  una  volta,  Dio  aiuti 
Ja  cattolica  Spagna:  dirigendola  ad  uno 
stato  fermo  e  tranquillo,  che  la  nazione 
da  molti  anni  ha  perduto,  come  si  espres- 
se Bravo  Murillo  nel  suo  discorso  al  con- 
gresso, di  cui  ragiona  la  Civiltà  Cattali» 
ca  a  p.  6iS. 

La  fede  fu  predicata  in  Valenza  ne' 
primi  tempi  della  Chiesa,  e  fiorendovi  il 
cristianesimo  nel  V  secolo  vi  fu  eretta  la 
sede  vescovile,  indi  sutfraganea  della  me- 
tropolitana di  Toledo.  Cessò  il  vescova- 
to coll'invasione  de'  mori  saraceni   nei 


VAL  287 

7  1 5  circa,  i  quali  poi  espulsi  nel  1 2  38  fu 
ripristinala  la  cattedra  vescovile  e  dichia- 
rata suffraganea  della  metropoli  diXar- 
ragona.  Narra  il  portoghese  Novaes  nella 
Storia  d' Alessandro  K/,che  eletto  que- 
sti Papa  l'i  I  agosto  ijg^,  subito  elevò 
al  grado  metropolitico  la  cattedrale  di 
sua  patria  Valenza,  e  già  sua  sede  vesco- 
vile, ed  a'26  agosto  giorno  di  sua  inco- 
ronazione ne  confermò  l'erezione.  Lospa- 
gnuolo  Orliz  che  scrisse  la  Descrizione 
del  viaggio  di  Adriano  F'Ismo  signore 
del  1 522,  dice  che  air  arcivescovato  di 
Valenza  furono  assegnati  per  suffraga- 
uei  i  vescovati  di  Segorve^  di  Orihnela 
e  di  Majorica.  Il  p.  Mirco  che  nel  16  j  3 
pubblicò  la  Notitia  Episcopatiium,  ci- 
tando Gaspare  Escolano,  Historia  Va- 
lentina^  Valentiae  i6io,  dice  che  Ales- 
sandro VI  gli  die  per  sufFraganee  le  sedi 
di  Majorica  e  Cartagena,  ma  che  allo- 
ra lo  erano  Segorbe,  Ori/mela  e  Majo- 
rica.  In  seguito  furono  aumentati,  poi- 
ché Commanville  neW'Histoire  de  tous 
les  Archeveschez  et  Eveschez,  stampata 
nel  1700,  registra'per  sufFraganei  di  Va- 
lenza i  vescovati  di  Orihucla,  a  ciii  erau- 
si  uniti  qtielli  antichi  diDenia,Xaliva  ed 
Elche;  e  di  Mr/yorctìr  col  l'antiche  e  unite 
sedi  di  Minorca  ed  Evusum  o  Juica  os- 
sia /^'/zrt(/^.),  ch'egli  come  l'altra  di  Xa- 
tiva  dice  fìjndata  nel  V  secolo,  mentre  le 
altre  lo  furono  nel  seguente.  De  Lagna, 
annotatore  di  Ortiz,  nel  i  790  scrisse  suf- 
Fraganee di  Valenza,  Segorve,  Temei, 
Orihuela,  Majorica  e  Jaca.  Negli  ulti- 
mi anni,  come  rilevasi  da'registri  conci- 
storiali, lo  erano  Segorve^  Orihuela, 
Majorca  e  Minorica,  ma  da  ultimo  Ma- 
jorca e  Minorica  erano  state  soggettate  a 
Tarragona.  Finalmente  il  Papa  Pio  IX, 
col  concordato  delr85i,  promulgò  colla 
bolla  Ad  Ficariam,  de'g  settembre,  che 
la  metropolitana  di  Valenza  avesse  per 
sutfiaganee  le  chiese  vescovili  di  Major- 
ca^  Minorca,  OriJuiela  con  residenza  in 
Alicante,  e  di  Segorve  con  residenza  iu 
CastelloQ  de  la  Plana,  assegnando  all'ar- 


a68  VAL 

cìvescovo  per  mensa  non  menodì  1 3o,ooo 
monete  di  reali  d'argento.  Dice  Novaes, 
die  prima  l'arcivescovo  di  Valenza  ave* 
va  la  rendita  annua  di  3o,ooo  ducati, 
secondo  alcuni,  e  4o,ooo  secondo  altri, 
ossia  19,500  scudi,  come  calcolarono  al- 
tri. Nella  Biblioteca  sacra  de*  pp.  Ri- 
cliard  e  Gìraud,  e  ampliata,  si  nota  che 
l'arcivescovo  ha  diritto  di  portare  l'abi- 
to de'cardinali,  ed  i  canonici  quello  de' 
vescovi.  Ih."  vescovo  di  Valenza,  che  si 
conosca,  fu  Giustiniano  che  sottoscrisse 
al  concilio  tenutosi  nella  sua  chiesa  a'  ^ 
dicembre  546;  il  vescovo  Musila sio  in- 
tervenne al  4-°  concilio  di  Toledo.  I  suc- 
cessori occuparono  la  sede  fino  a  Girola- 
mo Vischio  monaco  benedettino,  il  qua- 
le a  motivo  dell'invasione  de' saraceni 
venne  trasferito  a  Salamanca.  Espulsi  i 
saraceni  da  Valenza  e  suo  regno,  fu  no- 
minato vescovo  Ferrerio  di  s.  Martino, 
già  arcidiacono  di  Tarragona;  Papa  Gre- 
gorio IX  lo  confermò  nel  luglior24o,  e 
poco  dopo  morì  nel 1 24*2-  Fra' suoi  suc- 
cessori ricorderò  i  seguenti.  Alfonso  Bor- 
gia diXaliva  diocesi  e  regno  di  Valen- 
za, commendabile  per  la  sua  modestia, 
giustizia  e  carità  verso  i  poveri,  e  per  la 
sua  profonda  scienza  nell'uno  e  nell'  al- 
tro diritto,  essendo  amministratore  della 
chiesa  di  Majorca  nel  1429  Martino  V  gli 
conferì  il  vescovato  di  Valenza,  per  ri- 
guardo al  molto  che  operò  per  indurre 
l'antipapa  Clemente  Vili  Mugnoz,  suc- 
cessore del  falso  Benedetto  XIII,  a  rinun- 
ziare il  fantastico  e  immaginario  ponti- 
ficato, ed  invece  nominando  al  vescova- 
to di  Majorca  il  Mugnoz,  avendo  così  de- 
iìnitivamente  termine  lo  scisma  degli  a- 
ragonesi  e  de'valenziani  che  con  que'  di 
Paniscola  ne  seguivano  in  buona  parte 
l'ubbidienza.  Chiamato  Alfonso  al  con- 
cilio di  Basilea,  non  volle  in  conto  alcuno 
condurvisì,  per  aver  saputo  che  que'pa- 
dri  eransi  ribellati  al  Papa  Eugenio  IV, 
ad  onta  delle  replicate  istanze  fattegli  da 
Alfonso  V  re  d'Aragona  e  Valenza, che 
^c^vev^  stÌDip|alo  a  portarvisi  ;  aqzi  non 


VAL 

avendo  avuto  difTicoUà  di  resìstere  in  mol- 
te occasioni  in  faccia  a  quel  sovrano,  di 
cui  era  segretario  e  consigliere,  quando 
da  lui  richiedeva  cose  che  non  fossero 
giuste  e  ragionevoli.  In  premio  di  tali  e 
altre  benemerenze,  e  di  essere  stato  ar- 
bitro nella  pace  tra  Alfonso  V,  come  re 
di  Napoli,  ed  Eugenio  IV,  questi  lo  creò 
cardinale  nel  i444'  Nel  cardinalato  an^ 
Cora  non  volle  possedere  altro  benefìzio  o 
commenda,  ripetendo  d'  esser  contento 
d'una  sola  sposa,  come  ordinava  il  dirit- 
to pontifìcio,  cioè  di  Valenza;  e  quindi 
fu  sublimato  al  triregno  nel  1 455  col  no- 
me di  Calisto  HI.  Conferì  tosto  il  suo 
vescovato  di  Valenza  al  giovane  nipote 
Roderico  Lenzuoli  o  Lanzol  tesoriere 
della  chiesa  di  Valenza,  gli  die  il  suo  co- 
gnome e  stemma,  e  neli456  lo  pubblicò 
cardinale.  Altri  scrivono  che  fu  fatto  ve- 
scovo di  Barcellona  nel  147^,  e  che  nel 
1479  soltanto  ^"  trasferito  a  Valenza,  da 
Innocenzo  Vili  eretta  in  arcivescovato. 
Educato  dallo  zio  nell'umane  lettere,  ne 
aveva  profittato  col  suo  sottile  e  pene^" 
trante  ingegno,  e  fatto  tali  mirabili  pro- 
gressi che  sino  dall'  adolescenza  mostrò 
gran  facondia  e  perspicacia  nell'  espri- 
mere i  propri  sentimenti,  atta  a  persua- 
dere,  e  ninno  forse  fu  meglio  di  lui  nel 
sapersi  accomodare  con  tutti.  In  seguito  si 
cumularono  in  lui  pingui  benefìzi  eccle- 
siastici, le  commende  delle  chiese  di  Car- 
tagena  e  Majorca,  e  diverse  dignità, fra  le 
quali  di  vice-cancelliere  di  s.  Chiesa  e  di 
i.^'diacono,  acquistandosi  l'  affetto  della 
curia  romana.  Ma  vivente  lo  zio,  pel  rife- 
rito nel  voi.  LVII I,  p.  1 27,contrasse  quel- 
la deplorabile  relazione  che  lo  fece  pa^ 
dre  di  più  figli.  Narra  Cardella  nelle  Me* 
morie  storiche  de'  Cardinali,  ed  altri 
scrittori, che  divenne  successivamente  nel 
1457  per  lo  zio  legato  della  Marca,  e  poi 
di  Sisto  IV  pe*  regni  di  Castiglia  e  Ara- 
gona, e  di  Portogallo,  a  motivo  delle  pre- 
tensioni de're  d'Aragona  e  di  Portogallo 
pel  reame  di  Castiglia  j  ma  si  fece  censu- 
rare pel  fasto  mondano,  pel  lusso,  per  l'a- 


VAL 

varìzìa,  e  senza  aver  nulla  coualuso  in 
quelle  legazioni  per  le  quali  era  slato  in- 
viato. Tuttavia  adunò  un  concilio  a  Ma^ 
drid{F.)  e  lo  presiedette.  Nel  ritornare 
a  Roma  sulle  galere  de*veneziani,  assali- 
to da  fiera  tempesta  di  mare,  presso  a  Li- 
vorno, poco  mancò  che  non  rimanesse 
preda  de'flutti,  avendo  perduto  yS  per- 
sone di  sua  comitiva,  compresi  3  vescovi 
e  ahri  personaggi  di  conto,  oltre  3o,ooo 
e  più  scudi  di  valsente.  11  Panvinio  scri- 
ve nelle  Fìtede'  Pontefici^  che  pati  due 
tempeste,  in  una  perde  tutta  la  guarda- 
roba, nell'altra  ne'lidi  di  Pisa  poco  man- 
cò ch'egli  stesso  naufragasse;  poiché  al- 
tra galera,  ov'erano  molti  de'  suoi,  do- 
po molte  ore  di  angustie  si  perde,  restan- 
do sommersi  180  uomini,  fra'quali  3  ve- 
scovi e  alcuni  dottori  di  legge.  A  tali  lega- 
zioni successe  quella  a  Ferdinando  1  re 
di  Napoli,  d'ordine  di  Sisto  IV,  per  assi- 
stere alle  sue  seconde  nozze  colla  (jglia 
di  Giovanni  II  re  d'Aragona,  ed  impose 
alla  novella  sposa  la  corona  reale,  come 
notai  ne'  voi.  LXV,  p.  224,  e  LXVIII, 
p.  109.  Perlo  spazio  di  22  anni  fu  abba- 
te commendatario  di  Siibiaco,  ove  edifi- 
cò una  torre  che  prese  il  suo  nome  di 
Borgia  ;  ed  in  Roma  fece  edificare  non 
lungi  da  Campo  de*  Fiori  due  magnifici 
palazzi,  della   cui  splendidezza  parla  il 
Ciacconio,  Fitae  Ponlificum  ci  Cardi- 
naliuuiy  t.  2,  p.  991;  cioè  l'odierno  Pa- 
lazzo Cesarini  Sforza  (F.),  e  il  compi- 
mento del  Palazzo  della  Cancelleria 
apostolica^  del  quale  riparlai  nel  voi. 
LXXXII,p.  25o  e  altrove.  Eletto  Papa 
col  nome   d' Alessandro  Vi  nell'agosto 
1492,  subito  dichiarò  metropolitana  la 
sua  chiesa  di  Valenza,  e  la  conferì  al  suo 
figlio  Cesare  Borgia  di  1 7  anni,  nato  da 
Caterina  Vannozza  di  Rignano,  la  cui 
effigie,  al  dire  di  Degli  ^iìeXù^  Memorie 
di  s.  Nonnoso  abbate  del  Soratte  e  de* 
luoghi  circonvicini,  p.  62,  fij  da  Giaco- 
mo Palma  il  Vecchio  dipinta  nel  quadro 
di  s.  Lucia  nella  chiesa  di  s.  Maria  del 
Popolo  di  Roma  :  noterò  che  tal  quadro 


VAL  289 

Tili  e  Venuti  V  allribuiscono  a  Luigi 
Garzi,  per  cui  si  deve  intendere  il  nuo- 
vo. Alessandro  VI  da  cardinale  indetta 
chiesa  fece  Tornamento  di  marmi  sopra 
l'antico  altare  maggiore  e  intorno  la  mi- 
racolosa immagine  della  Madonna,  e  da 
Papa  fece  l'organo  e  più  volte  visitò  la 
chiesa  celebrandovi  la  messa.  Aggiunge 
Degli  Effetti,  che  Cesare  Borgia  fu  scol- 
pito nella  statua  marmorea  del  Salvato- 
re, collocata  nelle  mura  della  fortezza  di 
Civita  Castellana  (^.),  rifabbricata  e 
ingrandita  dal  Papa,  il  quale  lo  dichiarò 
castellano  della  medesima.  Allorché  Ce- 
sare fii  innalzato  alla  sede  di  Valenza,  era 
vescovo  amministratore  di  Pamplona , 
alle  quali  chiese  Alessandro  VI  aggiunse 
nel  1493  quella  di  Castres  e  nel  i^^^ 
quella  di  Perpignano,  né  manca  chi  a  Ce- 
sare attribuì  pure  la  sede  di  Nantes,  ma 
non  è  sicuro,  altri  aggiungendovi  quel- 
la di  Elna.  Già  nell'  agosto  o  settembre 
1493  il  Pontefice  lo  aveva  creato  car- 
dinale diacono,  ma  giammai  fii  insignito 
d'alcun  ordine  sagro:  secondo  il  costu- 
me si  chiamò  il  Cardinal  di  Valenza, 
Alessandro  VI  avendo  impiegato  le  sue 
prime  cure  in  favore  della  sua  nazione 
spagnuola  e  del  re  Ferdinando  V,  questi 
per  riconoscenza  donò  il  ducato  diGandia 
al  di  lui  figlio  primogenito  Pier  Luigi.  Al- 
lorchèCarlo  Vili  re  diFrancia  si  recò  alla 
conquista  del  regno  di  Napoli,  entrando 
in  Roma  nel  finir  deli  494  obbligò  il  Pa- 
pa a  diversi  accordi,  e  nel  partire  vol- 
le il  cardinal  Cesare  per  ostaggio,  sotto 
colore  d'  accompagnarlo  quale  legato  ; 
onde  partì  da  Roma  avendo  al  suo  lato 
sinistroilcardinale,il  quale  giunto  a  Fel- 
letri^V.)  fuggì  e  tornò  in  Roma.  Il  Papa 
incaricò  quindi  il  cardinal  Cesare  della 
legazione  d'Orvieto,  e  nel  1 497  di  quella 
di  Napoli, ove  coronò  Ferduiandoll  so- 
lennemente, egli  consegnò  lo  Stendardo 
della  Chiesa  romana  inviatogli  dallo  stes- 
so Papa.  Neli498  divenuto  re  di  Fran- 
cia Lodovico  XII,  pretese  oltre  il  regno 
di  Napoli  il  ducato  di  Milano,  e  cou  le- 


ago  VAL 

ga  a  Ilalia  funesta  si  confedeiò  col  Papa, 
co'fioienlini,  i  veneziaui  e  il  re  di  Spa- 
gna, contro  il  te  di  Napoli  e  il  duca  di 
Milano.  Cesare  Borgia  dopo  aver  ucciso 
i)  fralelloduca  di  Gandia,  e  vissuto  5  an- 
ni nel  cardinalato,  aveva  rinunziato  alla 
porpora  ed  a  tulle  le  dignità  ecolesiasti- 
clie,  e  datosi  al  mestiere  dell'arnii  fu  fat- 
to generale  di  s.  Chiesa  e  suo  gonfalo- 
niere, dignità  possedute  dal  fratello.  Gli 
fu  promesso  dal  redi  Francia  d'assister- 
lo nell'occupazione  della  ^larcajdQÌ- 
VU/nbria^  della  Romagna  (/^.),  che  di 
fallo  conquistò  crudelmente  ,  spoglian- 
done i  feudatari  e  vicari  temporali  della 
«tuila  Sede,  in  uno  allo  slato  di  Urhi- 
;ìo(/^.), alcuni  de'quali  privòdi  vita»  mo- 
lestando Siena  e  occupando  Piombino. 
Di  più  Luigi  XII  gli  die  in  moglie  a'io 
maggio 1 499 la  s"2i  parenteCarlotlad'Al- 
bret  sorella  di  Giovanni  d'Albret  re  di 
]Vavarra,con  /^^/e/2Sfl5  di  Francia  per  do- 
te, secondo  il  Panvinio,  o  meglio  conie 
irogliono  altri  del  ducato  di  Valentinois 
o  Valeiitinese  nel  basso  Delfinato,  di  cui 
fu  un  tempo  capitale  la  delta  f^alcnza  , 
e  residenza  prima  de'conli  e  poi  de'suoi 
duchi,dicui  meglio  ragionerò  nel  seguen- 
te articolo.  Il  Valentioese  die  il  titolo 
a  Cesare  di  duca  f^alentino^  col  quale 
è  comunemente  appellalo.  L'insaziabile 
ambizione  di  Cesare  travagliò  i  baroni 
romani  Colonna^  Orsini,  Caetani  [V.) 
e  altri,  li  spogliò  de' loro-stati  e  diversi 
De  fece  perire.  Da  Luigi  XII  ebbe  inol- 
tre una  pensione  di  20,000  lire^  ed  una 
compagnia  di  1 00  soldati.  Morto  Alessan- 
dro VI  nell'agosto  1 5o3,svauì  ad  uu  trat- 
to la  potenza  di  Cesare,  che  spogliato  da 
Giulio  li  delle  fortezze  che  aveva  occu- 
pale, fu  inviato  in  Ispagna,  ove  per  due 
anni  fu  tenuto  prigione  nel  castello  di  Me- 
dina. Riuscì  a  fuggire  e  recarsi  presso  il 


cognato  re  diNavarra,ma  guerreggian 


do 


•valorosamente  con  esso  contro  1  casti- 
gliani,  nella  battaglia  di  Mondavia,  di- 
rimpetto al  castello  di  Viane,  nella  dio- 
cesi di  Pamploìia,  vi  restò  ucciso  da  uua 


VAL 

palla  di  moschetto  nel  giorno  annfVcr- 
sario  in  cui  avea  preso  possesso  di  quella 
chiesa,  e  dal  suo  scudiere  trasportato  so- 
pra un  cavallo  a  Pamplona,  ivi  ebbe  se- 
poltura senza  alcun  onore.  Questo  rao- 
s(ro  d'  ambizione  e  di  crudeltà,  di  co- 
stumi corrotti,  accusato  d' incesto  colla 
sorellaLucrezia  morta  duchessa  di  Ferra- 
ra, amò  e  prolesse  le  lettere,  scrisse  versi 
e  possedette  una  eloquenza  persuasiva. 
Il  famoso  Macchia  velli  nel  suo  libro  :  Del 
Principe,  prese  Cesare  Borgia  per  esem- 
plare: scegliere  non  poteva  un  eroe  che 
maggior  orrore  ispirasse,  anche  pel  nar- 
ralo e  riprovalo  in  tanti  luoghi.  In  que- 
sti però  egualmente  non  tacqui  colla  sto- 
ria, quanto  qui  meglio  riferirò.  Il  cav. 
Belli  nella  sua  descrizione  tUW Ospedale 
della  Consolazione  (^.)  di  Roma,  e  nel- 
la raccolta  di  Monumenti  lapidari  del 
medesimo,  riporta  quelli  che  dichiara- 
no Cesare  Borgia  benemerito  per  avere 
neli5o3  col  suo  peculio  fondala  la  cor- 
sia dell'  ospedale  delle  donne  :   A  Duce 
P^alentino  excifatam  ad  sanandas  ae- 
gras avidneribus midieres.  Di  più  fu  be- 
nefattrice dello  stesso  ospedale  sua  madre 
Vanozza  Catanea,  detta  pure  in  una  la- 
pide del  1.527  ^'  f^annotia  Catani  Bor- 
gia da  Carignano  (il  Novaes  nella  Sto- 
ria d^  A  lessa/idro  P^I  chiatna  l'avvenen- 
te e  seducente  madre  del  Borgia,  Lucre- 
zia Fannozia^  cortigiana  famosa  e  da- 
ma romana,  moglie  di  Domenico  Ari' 
gnani,  uno  de'grandi  di  Roma),  poiché 
si  legge  in  un'altra  iscrizione  che  con  at- 
to del«otaroCarosode'i5  gennaio  1 517 
gli  donò  parte  d'alcune  case  in  Campo 
di  Fiore  ,  ove  allora  era  l*  osteria  [  della 
Vacca,  col  peso  di  far  celebrare  3  anni- 
versari l'anno:  uno  per  l'anima  propria, 
l'altro  per  l'anima  di  Giorgio  Croce  suo 
marito  PiRjno,  il  terzo  per  1'  anima  di 
Carlo  Canale  suo  2.°  niarilo.    Anche 
iìtW Ospedale  del  ss.  Salvatore  (^.)  di 
Roma,  Vannozza  Caiani  fu   benefattri- 
ce e  si  apprende  da  una  iscrizione  esi- 
stente uel  medesimo.  Nel  1499  Alessau- 


VAL 

dio  VI  dalla  chiesa  di  Melfi  trasferì  al- 
l'arcivescovato di  Valenza  sua  patria,  il 
nipote  cardinal  Giovanni  Borgia^  restato 
vacante  per  la  cessione  di  Cesare  Borgia, 
il  quale  poi  per  rapirgli  le  sue  ricchezze 
fu  incolpato  di  averlo  avvelenato  a' 17 
gennaio I  DOG  inUrbino,o  mentre  passato 
in  Fossonibrone  recavasi  a  Forlì,  e  mo« 
rendone  il  cadavere  fu  portato  a  Roma, 
Gli  successe  nell'arcivescovato  il  fratello 
cardinal  Pier  Luigi  Borgia  (\\  Valenza, 
nipote  del  Papa  e  cugino  di  Cesare,  iu 
età  giovanile,  morto  in  Napoli  nel  i5i  r 
CI 5 12,  ov' erasi  ritirato.  Dipoi  divenne 
arcivescovo  Giorgio  arciduca  d'Austria, 
zio  dell'imperatore  Carlo  V,  che  rinun- 
ziando colla  riserva  di  2000  ducati  di 
pensione,  per  passare  all'arcivescovato  di 
Liegi,  ebbe  a  successore  s.  Tommaso  di 
Villano<^a  (F.),  ornamento  delia  chiesa 
di  Spagna  negli  ultimi  tempi.  Quest'in- 
signe religioso  agostinieino  accettò  l'ar- 
civescovato per  comando  de*  suoi  supe- 
riori, e  vi  fece  il  suo  ingresso  ili."  gen- 
naio 1 545'.  Avendo  egli  precedentemen- 
te ricusato  l'arcivescovato  di  Granata  of- 
fertogli da  Carlo  V,questi  non  pensò  a  no- 
minarlo alla  vacata  sede,  per  cui  nell'a- 
gosto i544  ordinò  di  stendere  il  brevetto 
di  nomina  in  favore  di  un  girolamino. 
Tuttavia  il  brevetto  fu  segnato  col  no- 
me del  santo,  di  che  meravigliato  l'im- 
peratore, ne  chiese  ragione  al  segretario. 
Questi  gli  rispose  d'  avergli  sembrato  u- 
dire  il  nome  di  Tommaso  di  Villano  va; 
che  però  gli  sarebbe  agevole  di  correg- 
gere il  suo  sbaglio.  No,  no,  rispose  Carlo 
V;  riconosco  in  ciò  una  provvidenza  di- 
vina particolare,  e  conviene  unifortnarsi 
alla  celeste  volontà.  Sottoscrisse  subilo 
il  brevetto  di  nomina  e  lo  mandò  al  san- 
to, ch'era  allora  priore  in  Valladolid.  li 
sauto  ne  restò  sommamente  sgomentato, 
emise  in  opera  tutti  que'mezzi  per  esen- 
tarsene ch'erangli  riusciti  altra  volta.  Ma 
il  principeFilippOjche  governava  iu  assen- 
za dell'imperatore  suo  padre,oon  ebbe  ah 
cuQ  riguardo  alle  SiUe  ragioni 3  e  nello 


VAL  291 

slesso  tempo  il  suo  arcivescovo  di  Tole- 
do e  parecchie  altre  persone  di  allo  ran- 
go gli  fecero  intimare  dal  suo  p.  provin- 
ciale, in  virtù  d*  ubbidienza  religiosa  e 
sotto  pena  di  scomunica,  che  dovesse  sot- 
tomettersi alla  volontà  dell'imperatore. 
Essendo  pertanto  giunta  In  bolla  di  Paolo 
IH,  egli  fu  consagrato  a  Valladolid  dal 
cardinale  Tavera  arcivescovo  di  Toledo, 
e  nel  dì  seguente  si  pose  in  viaggio  per 
Valenza.  Sua  madre,  che  vivea  ancora, 
lo  fece  pregare  che  volesse  passare  per 
Villanova  ,  onde  avere  la  consolazione 
di  vederlo  prima  di  morire;  ma  il  santo 
consultalo  Dio  su  tal  domanda,  credette 
di  doversi  recare,  senza  fi-ammettere  al- 
tro ritardo,  alla  sua  arcidiocesi,  e  prefe- 
rire il  dovere  suo  a  qualunque  altra  con- 
siderazione. Fece  il  viaggio  a  piedi,  e  col 
suo  abito  assai  logoro  e  da  lui  rattoppato, 
poiché  il  portava  fino  dalla  sua  profes- 
sione, la  quale  aveva  fatta  a'25  novein- 
brei5i7,  in  compagnia  d'un  religioso  e 
due  douiestici.  Fu  insigne  modello  di  u- 
miltà,  d'ogni  virtù,  eccellente  esemplare 
de'vescovi,  magnanimo  padre  de'poveri  e 
degli  orfani,  a'quali  tutto  dava,  acceso  di 
carità  pel  pressi mo,d'a  more  versoDio.Ze- 
lante  a'doveri  di  vigilante  pastore,  visitò 
l'arcidiocesi,  predicando  dappertutto  cou 
tanto  ardore  ed  elfusioue,  clie  ciascuna 
parola  che  usciva  dalla  sua  bocca  era 
come  uno  strale  infuocato  che  penetrava 
i  cuori;  venendo  riguardato  come  un  a- 
postolo  e  un  profeta  suscitato  dal  cielo 
per  la  riforma  de'costumi  del  popolo  di 
Dio.  Finita  la  visita  celebrò  il  concilia 
provinciale,  con  ubertosi  effetti.  Essen- 
dosi accorto  che  i  suoi  domestici,  per  ti- 
more d' interrompere  i  suoi  esercizi  di 
pietà,  facevano  aspettare  le  persone  che 
venivano  per  consultarlo;  raccomandò 
ad  essi  d'avvertirlo  senza  ritardo^  quan- 
do alcuno  si  presentava  nelle  sue  stanze 
per  parlargli,e  ne  rese  questa  ragione. Che 
il  suo  amore  pel  ritiro  e  per  la  solitu- 
dine doveva  cedere  al  suo  dovere;  e  die 
poscia  che  aveva  accettato  1^  episcopato 


2^2  VAL 

egli  Don  ern  più  padrone  di  se  stesso,  ma 
servo  del  suo  gregge.  Quotidianamente 
dispensando  tutte  le  rendile  per  elemo- 
sine, giunto  al  punto  estremo,  e  volendo 
partire  alFatto  nudo  da  questa  terra,  fe- 
ce distribuire  a'poveri  della  pHrrocchia 
il  denaro  che  aveva,  donò  quanto  pos- 
sedeva al  rettore  del  collegio,  tranne  il 
letto  che  dispose  a  favore  de' carcerati, 
pregando  però  il  custode  loro  a  lasciar- 
gliene Tuso  sino  alla  morte,  che  avvenne 
l'8  settembrei  555,  pronunziando  le  pa- 
role: Signore  io  rimetto  nelle  vostre  ma- 
ìli  il  mìo  spirito.  Fu  sepolto,  come  avea 
desiderato  ,  nella  chiesa  de'  suoi  agosti- 
iiiuni  di  Valenza.  Abbiamo  di  lui  deSer- 
moni  e  Predicìie  fatte  al  suo  popolo  in 
ispagnuolo,  e  da  lui  stesso  scritte  in  lati- 
no, ed  una  Spiegazione  del  libro  de'  Can- 
tici. Stamparonsi  la  i  .'volta  nel  1 58 1  per 
cura  dell'  agostiniano  Mugnautonio  nel 
j556  fatto  vescovo  di  Segorbe,  già  suo 
discepolo.  La  santità  della  vita  e  la  copia 
de'miracoli  co'quati  Dio  lo  glorifìcò,mos- 
se  Filippo  Illa  domandarne  la  canoniz- 
zazione. Paolo  V  colla  bolla  I/i  Sede  lo 
beatificò  a'7  otlobrei6i8,  permettendo 
che  dalla  metropolitana  e  dagli  agostiuia- 
ui  di  Valenza  si  facesse  memoria  di  lui  con 
uffizio  e  messa  in  suo  onore  a'  1 8  settem- 
bre; indi  col  breve  In  Suprem0y(ìe2i^ 
settembre  16 10,  volle  che  da  tutti  gli  a* 
gostinìani  di  Spagna  fosse  venerato  collo 
stesso  rito,  ampliando  la  medesima  fa- 
coltà agli  ecclesiastici  di  Villanova.  Gre- 
gorio XV  col  breve  /ilias^de'  i^  "leg- 
gio 162  i,  eslese  lo  stesso  uffizio  e  messa 
a  tulio  l'ordine  di  s.  Agostino.  Nella  festa 
d'Ognissanti  deli 658  Alessandro  Villo 
canonizzò  colla  bolla  SanctissiniumRe- 
gem,  presso  il  Ball.  Rom.  t.  6,  par.  4>P' 
(i56,  a*  I  7  giugno  1 659  estendendo  a  tut- 
ta la  Chiesa  ad  libitum  con  rito  semi- 
doppio l'uffizio  e  messa,  che  nel  1694  fu 
ordinato  con  precetto,  e  Clemente  XIV 
trasportò  la  sua  festa  da' 18  settembre  a' 
22  dello  stesso  mese,  per  introdurre  in 
detto  gioruoi8  quella  di  s.  Giuseppe  da 


VAL 

Cuperlino  del  suo  ordine  de'convenluali. 

Si  ha  la  Series  Actorum  omnium  in  Cu" 
nonizatione  s.  Tliomae  a  Villanova  , 
Romae 1 658.  Il  Novaes  nella ^tórzVz^/'^' 
lessandro  V 11^  riporta  un  bel  numero 
di  Vite  di  s.  Tommaso  in  diversi  idiomi, 
dovendosi  a  tutte  preferire  quella  intito- 
lala :  S.   Tliomae  a  Villanova  Opera 
omniajiocest  Conciones  in  Dominicis 
totius  anni,  et  feriis  quadrages.  necnon 
ìnfestis  D.  N.  J.  C,  B.  Mariae  V.,  et 
Sanctorum.  Editio  recentior,  omnium 
locupleiior...  Item  Praef atto ,  Vita  s, 
PraesuliSf  et  notae  studio,  et  labore  p, 
Laurentii  a  s.  Barbara  fr.  discalceati, 
Mediolanii76o.  Neh  567  fu  nominato 
arcivescovo  di   Valenza  Ferdinando  di 
Loazes  d'Alicante,  gran  teologo  e  giure- 
consulto. Nel  1 569  fu  consagrato  arcive- 
scovo di  Valenza  il  b.  Giovanni  di  Ribe- 
ra  (V.)  di  Siviglia,  traslato  dalla   sede 
di  Badajoz  a  cui  era  stato  nominato,  e  in 
pari  tempo  ebbe  pure  il  titolo  di  patriar- 
ca in  partibus  d'Antiochia,  il  tulio  a  i- 
stanza  di  Filippo  II  e  non  ostante  la  sua 
modesta  ripugnanza  per  l'alta  idea  che 
giustamente  avea  per  Tepiscopato  e  pe* 
doveri  che  impone,  a'quali  corrispose  mi- 
rabilmente ,  massime  in  un'  arcidiocesi 
che  richiedeva  particolari  cure  a  motivo 
de'numerosi  superstiti  mori.  A  suo  tem- 
po Gregorio  XIV  col  breve  Quae  prò 
indemnitate,de  1 4  settembre  1 59 1  ,BulL 
Rom.  t.  5,  par. i , p.  3 1 2:Confirmatio de- 
ere  ti  in  synodo  provinciali  Valentin, 
circa  legata  in  Testamento,  seu  alias  a 
defunctis  relicta,et  quartamfuner  aleni. 
Benché  da  secoli  nella  Spagna  già  occu- 
pata da'  mori  fosse  distrutto  il  governo 
mauro  e  il  popolo  del  tutto  soggiogato; 
questa  nazione  conservava   pe'  trattati  i 
suoi  beni ,  ricchezze,  costumi,   religio- 
ne maomettana,  come  fosse  dipenden- 
te da'suoi  re  saraceni,  e  andavano  sem- 
pre notabilmente  crescendo.  Un  gran  nu- 
mero popolava  Valenza,  in  cui,  come  al- 
trove, la  mescolanza  del  maomettismo 
coi  cattoiicismo  produceva  deplorabili  e 


VAL 

indicibili  mali.  Le  cose  erano  giunte  a 
tali  estremi  che  destarono  serie  appren- 
sioni al  governo,le  ragioni  politiche  e  re- 
ligiose facevano  bramare  la  conversione 
al  cristianesimo  de'inori;  egli  è  perqiie- 
sto  che  si  volle  elevare  il  beato  sulla  se- 
de di  Valenza,  per  affrettarne  il  compi- 
mento colla  sua  prudente  pietà,  ingegno 
e  fervore.  Egli  fece  ogni  sforzo  per  abo- 
lire i  gravi  disordini  che  ne  conseguiva- 
no e  desolavano  l'arcidiocesi,  e  reinte- 
grarvi i  morali  e  religiosi  costumi.  Gran- 
di furono  le  sue  laboriose  fatiche  pel  be- 
ne spirituale  e  ten^porale  di  sua  gregge, 
pel  clero,  pe*poveri,  per  le  vìsite  episco- 
pali, nel  dedicarsi  con  zelanti  coopera- 
tori all'istruzione  de'mori  per  convertirli 
e  con  dolcezza  persuaderli  della  vera  re- 
ligione, li  successo  fu  poco  fecondo  co* 
convertili  sinceramente,  a  segno  che  or- 
mai disperò  della  riuscita,  per  cui  scris- 
se al  re  Filippo  III,  come  aveva  fatto  a 
suo  padre  Filippo  li  il  valenziano  s.  Lo- 
dovico Bertrando,  affinchè  gl'infedeli  fos- 
sero espulsi  non  meno  da  Valenza  e  suo 
regno,  che  dalla  Spagna.  Il  re  animato 
da  religioso  zelo,  prese  in  profonda  con- 
siderazione l'esposizione  de!  b.  Giovan- 
ni e  risolvette  abbracciarne  il  consiglio.  11 
decreto  fu  sottoscritto  1'  i  i  settembre 
1609,  e  subito  dopo  eseguilo  prima  nel 
regno  di  Valenza,  e  successivamente  nel- 
l'Andalusia, nella  Catalogna, nell'AragO' 
DO,  e  in  tutte  le  altre  provincie  della  Spa- 
gna ,  come  si  legge  nelle  Croniche  de* 
xMori  di  Spagna  del  Bleda,  e  presso  Mi- 
chele Geddas  che  scrisse  la  Storia  deh 
l'espulsione  de* Mori  dalla  Spagna  sot- 
to il  regno  di  Filippo  III.  Molti  sono 
gli  storici  che  per  sì  fatta  risoluzione  bia- 
simano Filippo  111  ,  e  di  qui  prendono 
occasione  di  spargere  il  loro  veleno  con- 
tro gli  ecclesiastici ,  quasi  che  avessero 
eglino  a  ciò  indolto  il  re,  col  timore  su- 
persiizioso  ispiratogli  da  pretesi  mira- 
coli  e  daprofezic  supposte ,  come  auda- 
cemente scrive  qualche  autore.  Forse  u- 
no  di  essi,  nella  Storia  universale  scrit' 


VAL  293 

ta  da  una  compagnia  di  letterati  inglc- 
si,  t.  6,  p.  53,  ecco  come  in  una  nota  sul 
fallo  iti  discorso  si  espresse.  «  A  tre  pon- 
no  ridursi  le  ragioni  principali  del  clero, 
e  particolarmente  del  cardinal  arcivesco- 
vo di  Toledo  e  dell'  arcivescovo  di  Va- 
lenza, per  l'espulsione  de'mori  o  more- 
schi. La  I."  perchè  sono  infedeli  ostinati 
e  non  correggibili,  sull'animo  de'  quali 
nulla  producevano  i  ragionamenti,  ed  a 
riguardo  de'quali  erano  gettate  al  vento 
tutte  le  istruzioni,  dimodoché  era  inutile 
l'usare  a  più  lungo  indulgenza  verso  di 
essi.  In  secondo  luogo,  perchè  erano  tra- 
ditori, che  esultavano  delle  disgrazie  del- 
l'armi  del  re,  amavano  i  suoi  nemici, 
mantenevano  con  essi  corrispondenza,  li 
invitavano  ad  invadere  il  regno,  con  pro- 
messa di  dar  loro  mano ,  e  che  quante 
volle  si  presentava  l'incontro,  vendevano 
o  consegnavano  a'  loro  eompalriotti  di 
Barbaria  de'crisliani  ;  talché  per  propria 
sicurezza  era  necessario  di  liberarsene.  la 
terzo  luogo,  perchè  siccome  di  continuo 
si  moltiplicavano,  ed  in  molli  luoghi  in- 
cominciavano ad  avere  mollo  credilo  fra* 
loro  vicini,  era  da  temersi  che  non  cor- 
rompessero la  fede  ed  i  costumi  de'cri- 
sli«ni,ed  cravi  egual  pericolo  che  non  di- 
venissero forti  a  grado  di  prendere  so- 
pra di  essi  una  superiorità:  che  dunque 
per  evitare  lutti  questi  mali  era  assolu- 
ta mente  necessario  di  discacciarli  senza  ri- 
lardo". Ed  in  vero  eziandio  nell'  accen- 
nato decreto  di  Filippo  IH  si  dice  che 
avevano  essi  sollecitalo ilgran  sultano  de' 
turchi  ed  il  re  di  Marocco  a  invadere  la 
Spagna,  ove  troverebbero  ben  5o,ooo 
armali  e  caldi  maomettani  quanto  dar  se 
nepotesseroin  Asia  ed  in  Africa. Le  quali 
polenti  e  gravi  ragioni  quanta  forza  do- 
vessero avere,  nessuno  è  che  non  vegga, 
se  con  occhio  imparziale  e  retto  mirar 
coglia  ogni  cosa.  Invano  però  nella  ri- 
prodotta nota  ,  dopo  esposti  i  molivi  de* 
baroni  e  grandi  di  Spagna  per  la  con- 
traria sentenza,  si  aggiunge  che:»»  lire 
ed  i  suoi  ministri  adunque  non  doveva- 


294  VAL 

no  piesfar  fede  ne  agli  uni  né  agii  altri" 
e  propongousi  vari  mezzi  che  erano  da 
seguirsi.  Ma  quelli  che  pensano  in  tal 
inolio,  ad  altro  non  ebbero  l'occhio  che 
aii'un»ana  polilica,  e  adducendo  i  mali 
che  ne  polevaiio  venircj  dioienlicando 
quelli  esistenti  e  che  pur  troppo  recava- 
no i  mori  nella  Spagna,  ed  alla  purità 
della  tede.  Ogni  re  deve  provvedere  alla 
felicità  de'suoi  popoli,  ed  ogni  re  cristia- 
no deve  proteggere  la  religione  che  pro- 
fessa, e  difenderla  da'pcricoli  che  per  al- 
trui perfìdia  le  vengono  minacciati,  mas- 
sime il  re  di  Spagna  che  si  vanta  del  glo- 
rioso litolodi  He  Cattolico.  Ma  se  per 
adempiere  questo  santissimo  obbligo  ve- 
de riuscir  vana  ogni  dolce  maniera  ,  e 
mira  dall'altra  parte  crescerne ognor  più 
il  pernicioso  contagio,  e  svanire  ogni  spe- 
ranza migliore,  non  dovrà  egli  forse  met- 
tere il  ferro  alle  radici,  e  con  un  colpo 
franco  e  deciso  schiantare  il  inale  fino 
dalla  sua  origine?  A  mali  estremi  si  ri- 
chiedono rimedi  energici  ed  estremi.  I 
\escovi  che  sono  posti  a  custodia  delle 
chiese  devono  adoperarsi  in  ogni  guisa 
per  guarentirle  da  ogni  pericolo,ed  ezian- 
dio rivolgersi  alla  podestà  secolare  qua- 
lora l'armi  che  loro  die  Gesù  Cristo  non 
\aIgano  a  frenare  i  nemici  contumaci.  Il 
più  grande  vantaggio  per  uno  stato  cri- 
stiano è  che  la  religione  cattolica  trionfi, 
e  sono  da  tenere  per  falsi  tutti  gli  altri 
vantaggi  mondani  in  confronto  di  que- 
sto, se  pur  vuoisi  credere  veramente  u- 
lile  alla  società  quella  gente  eh'  è  tanto 
dannosa  alla  religione  medesima.  E  que- 
ste poche  parole  siano  dette  in  giustifi- 
cazione di  s.  Lodovico  Bertrando  e  del  b. 
Tuberà  che  promossero,  e  di  Filippo  III 
che  operò  la  cacciata  definitiva  de'mori 
maomettani  dalsuocatlolicoregno.il  Pa- 
pa Paolo  V  encomiò  l'operato  di  Filippo 
111.  Il  beato  arcivescovo  si  meritò  che  il 
re  Io  dichiarasse  viceré  di  Valenza ,  di- 
gnità importante  ch'egli  disimpegnò  e- 
gregiamente.  In  Valenza  istituì  il  colle- 
gio denominato  Corpus  Chris  ti  ,\o  dolo 


VAL 

riccamente  e  lo  fornì  d'idonei  professori. 
Egli  desiderò  sì  vivamente  la  propaga- 
zione della  fede,  che  diceva  sovente  di 
esser  pronto  a  versare  lutto  il  suo  sangue 
per  la  conversione  de' protestanti.  Gran- 
de fu  la  sua  pietà,  e  tenera  la  sua  divo- 
zione alla  Madre  di  Dio,  e  la  promosse 
ne'diocesani.  An)ato  da  Dio  e  dagli  uomi- 
ni, compì  il  corso  mortale  a'  6  gennaio 
i6i  I.  La  città  di  Valenza  onorò  la  sua 
memoria  con  magnifici  funerali,  a'  quali 
accorse  una   moltitudine  di  poveri  che 
benedicevano  il  suo  nome  proclamando  i 
suoi  benefizi,  e  pregando  Dio  pel  riposo 
di  sua  anima.  Avendo  per  virtù  divina 
operati  parecchi  miracoli,  Pio  VI  lo  bea- 
tificò a'3o  agosto  1796,  assegnando  il  rito 
col  quale  dovea  esser  venerato.   Abbia- 
mo di  F.  Escriva,  Fita  del  ven.   servo 
di  Dio  d.  Giovanni  di  Ribcra,  patriar- 
ca  d* Antiochia  e  arcivescovo  di  Valen- 
za^ in  italiano  e  spagnuolo,  Roma  1 696. 
Del  p.  Vincenzo  Castrillo  de'minimi,  po- 
stulatore  di  sua  causa,  P^ita  del  h.  Gio- 
vanni di  Ribera^  Roma  1 796.  Quanto  a- 
gli  altri  arcivescovi  di  lui  successori,  si  può 
leggere  la  Storia  ecclesiastica  di  Valen- 
za, e  le  Memorie  ricavate  da'migliori  au- 
tori spagnuoli  e  compilate  dal  p.  Vincen- 
zo Valaguer,  priore  de'domenicani  di  Va- 
lenza. Le  Notizie  di  Roma  riferiscono  i 
seguenti.  Nel  1738    Andrea  Mayoral  di 
Molacillo  di  Zamora, traslato  da  Ceula:  fu 
suo  sutliaganeo  fr.  Raffaele  de  Sala  agosti- 
niano di  Binazordi  Tortosa,  vescovo  d'A- 
dramito  in  partibus.  Nel  17 70  Tommaso 
Azpura  di  Saragozza, continuando  il  pre- 
cedente ad  essere  suffraganeo.  Nel  1773 
Francesco  deFabian-y-Fuerodi  Terzaga 
di  Siguenza,traslato  da  Tlascala.Nel  1 793 
Gio.  Francesco  XimenesGalinsoga  d'O- 
neala  di  Gal  aborra,  traslato  da  Segovia 
da  Pio  VI.  Questo  Papa  ne  sperimentò 
l'animo  magnifico  e  generoso  nella  sua 
rilegazione  in  Valenza  di  Francia.  Il  vir- 
tuoso arcivescovo  imitatore  del  re  Carlo 
IV  e  dell'arcivescovo  di  Siviglia  Despuig, 
riserbandobi  per  se  poca  porzione  di  sue 


VAL 

rendile,  tulio  il  linianenle  dedico  a  soc- 
correre il  gran  Pio  VI,  e  promosse  ancO' 
ra  unacollelta,  la  qunle  molilo  a  somma 
molto  grande,  onde  fu  depositata  ne'bnn- 
chi  di  Madrid  per  somministrarsi  al  Pa- 
pa prigioniere.  Nel  1800  fr.  Gioacchino 
Campany  minore  osservante  di  Paraqui- 
le  arcidiocesi  Valenzajliaslalo  da  Sara- 
gozza. Neli8i4d.  Vercmondo  Arias-y- 
Teyeiro  monaco  benedettino  di  Cavane- 
las  diocesi  d'Orense,  Iraslato  da  Pam» 
plona.  Nel  i8?.4  Simone  Lopez  filippino 
di  Nerpio  diocesi  di  Carlagena,  travialo 
da  Orihuela.  Per  sua  morte,  Gregorio 
XVI  nel  concistoro  de*24 febbraio  i832 
preconizzò  Gioacchino  Lopez  y-Sicilia,  di 
Cubel  diocesi  diTarazona:  Leone  XII 
B*i7.  luglioi824  l'avea  dichiarato  vesco- 
vo di  Coria,  e  Pio  Vili  a'i8  mar70i83o 
l'avea  trasferito  all'arcivescovato  di  ìhw» 
gos,  come  leggo  nelle  proposizioni  con- 
cistoriali. Morì  neli835  e  per  le  vicende 
politiche  della  Spagna  la  metropolitana 
di  Valenza  restò  vacante  sino  al  1848. 
In  questo  il  Papa  Pio  IX  nel  concistoro 
de' 17  gennaio  promulgò  1'  attuale  arci- 
vescovo mg. '' Paolo  Garcia  Abeila  della 
congregazione  dell'oratorio,  nato  in  Ma- 
drid. Rilevo  dagli  atti  concistoriali,  che 
LeoneXII, mentre  esso  era  prepositode'fi- 
lippini  di  Madrid,  perla  sua  gravità,  pru- 
denza, esemplarità  ed  esperienza,  nel  con- 
cistoro de'17  settembre  1827  lo  dichia- 
rò vescoTo  inpartibiis  di  Tiberiopoli  e 
e  lo  die  a  sufFraganeo  dell'arcivescovo  di 
Toledo,  ad  cxerccnda  pontifica  Ha  in 


VAL  2q'> 

clioecesìToletana,  et  praecipue  Ma  tri  li  y 
cjusque  pertinentiisy  cum  onere  se  trans- 
ferendi  adOranumqiioties  nccessitas  id 
requiraty  atque  assignatione  congniae 
3oo  ducatorum  auri  de  camera  super 
mensa  Toleiana.  Indi  meritò  che  Gre- 
gorio XVI  a'  1 5  aprile  1 833  lo  Iraslatas- 
se  alle  sedi  unite  di  Calahorra  e  Calzada, 
dalle  quali  passò  alla  metropolitana  che 
governa.  Ogni  arcivescovo  di  Valenza  è 
lassato  ne'libri  dalia  camera  apostolica 
a  fiorini  5ooo.  L'arcidiocesi  si  estende 
in  larghezza  a  circa  16  leghe,  ed  oltre  a 
1  o  in  lunghezza,  conlenendo  più  di  3oo 
parrocchie  munite  del  batlisterio,  e  com- 
prendendo più  città  e  luoghi. 
Concila  di  Valenza. 
lli.°fu  tenuto  nel  5^4  sotto  il  regno 
di  Teodorico  re  de' goti.  Vi  assisterono 
6  vescovi, e  vi  fecero  6  canoni  riguardan- 
ti l'abluzioni  e  i  catecumeni;  i  beni  la- 
sciati da'vescovi,  e  sì  regolarono  le  cose 
da  osservarsi  in  tempo  «li  sede  vacante; 
i  doveri  de' vescovi  verso  i  loro  confi  atelli 
malati;  più  fu  ordinalo  che  vengano  pri- 
vali della  comunione  gli  ecclesiastici  va- 
gabondi, e  che  un  vescovo  non  possa  or- 
dinare un  chierico  dipendente  dalla  giu- 
risdizione di  un  altro  vescovo.  Regia  t. 
I  ijLabbé  t.  4,  Arduino  t.  2.  Il  2."  con- 
cilio si  adunò  nel  546sulla  disciplina  ec- 
clesiastica, e  lo  sottoscrisse  Giustiniano 
vescovo  di  Valenza.  Aguirre  t.  2. 113." 
si  celebrò  nel  1240  egualmente  sulla  di- 
sciplina ecclesiastica.  Marleuue ,  The' 
saur.  l.  4« 


FINE  DEL  VOLUME  OTTANTESIMOSETTIMO. 


2860-0 


-  R-n 


BX  841  .M67  1840 

SMCR 

Moroni ,  Gaetano, 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

storico-ecclesiastica 
AFK-9455  (awsk)