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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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e  3  7^^^ 


DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  Al  NOSTRI  GIORNI 

SPECIAL  INI  ENTE     IiN  TORNÒ 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA  ,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI  ,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  TESTE  PIÙ  SOLENNI, 
AI  RITI,  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NOK 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA    ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA    PONTIFICIA,  EC.  EC.  EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONI  ROMANO 

SECONOa AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI   SUA   SANTITÀ   PIO   IX. 


VOL.  XCIL 
IN     VENEZIA 

DALLA       r  I  P  O  C,  R  A  K  I  A      F.  :M  I  I-  1  A  N  A 
."MDCCCL  VI  11, 


La  presente  edizione  è  pnsla  sol  lo  la  salvaguardia  delle  leggi 
vigenli,  per  quanto  riguarda  la  proprietà  letteraria,  di  cui 
l'Autore  intende  godere  il  diritto,  giusta  le  Convenzioni 
relative. 


DIZIONAPiIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


V 


V  E  N 


VE  N 


Coiilinnazìone  e  fine  dell'  articolo 
Venezia. 

§  XiX.  Indicazioni  sieriche:  de  po- 
poli veneti j  delV origine  di  Venezia; 
del  governo  Tribunizio  j  della  Repuh- 
hlica  e  suoi  CXX  Dogi.  Considern- 
zioni  e  cagioni  della  caduta  della 
medesima  nel  1797,  e  de\';noi  ulti- 
mi 5o  anni.  Cemn  delle  Forze  ma- 
rittime e  terrestri,  delle  Rendite,  del- 
le Monete  effettive,  degli  Archivi  ve- 
neti generali,  degli  Ambasciatori 
della  repubblica  veneta.  Occupazio- 
ne di  Venezia  fatta  dalla  repubbli- 
ca francese  in  detto  anno. 

t'    . 

I.  Aj  origine  della  stupenda  città  di 
Veiiezii»  che  ho  descritla  compeiniiosa- 
niente,  poiché  inollissimo  assai  di  più 
vi  sarchile  stato  da  dire,  qual  già  mae 
slosa  sede  di  nobihssiiua  lepnbbhca  che 
•visse  vita  più  lunga  di  qualunque  altra 
de'  tempi  antichi  e  de'  uioderni,  e  s'eb- 
be altissima  fama  di  sapienza  e  di  virtù, 


l.ionde  è  nella  storia  in  eniinenle  seg- 
gio collocala,  indis[)ensabilmenle  va  pre- 
ceduto da  un  cenno  stoiico  sui  popoli  ve- 
neti che  ricavo  dal  veuelo  Dizionario  geo- 
grafico, ihtiecciandovi  nozioni  e  opinioni 
tli  al  tii  storici  patrii. E  tale  cenno  dalla  pro- 
testa, che  di  tutto  quanto  vado  a  narrare, 
le  relative  nozioni  descrissi  negli  artico- 
li che  vi  hanno  relazione,  massime  quel- 
li che  senza  espressamente  citarli,  secon- 
do il  mio  metodo,  ricorderò  in  corsivo. 
Questa  avvertenza  è  intrinseca,  peiche 
abbrevia  il  mio  dire  e  mi  fti  evitare  ri- 
petizioni, tranne  l'indispensiibili  e  quelle 
utili  a  maggior  schiarimento  degli  ar- 
gomenti. Il  popolo  che  sotto  il  nome  di 
Veneti,  invase  le  sedi  degli  euganei  (po- 
poli dell'Italia  verso  le  Alpi,  secondo  al- 
cuni, stabilitisi  ne'  dintorni  di  Padova, 
allorché  Antenore  venne  a  fabbricare 
quella  città,  come  leggesi  in  Tito  Livio; 
e  secondo  altri,  abitanti  nel  Dresciano  e 
nel  Heigamasco.  E  monti  e  colli  Euga- 
nei diconsi  que' deliziosissimi  e  fertilissi- 
mi mouticelli  all'ovest  della  provincia  di 
Padova),  si  dislese  fi  a  l'Adige,  le  Alpi  ed 


4  V  E  N 

il  Mare  Afliiallco,  altro  non  fu  vnnsi- 
milmeiite  in  origine,  al  dire  del  di.  Mi- 
cali  (V  Italia  avanti  il  fìominio  de  vo- 
inani:  Storia  degli  andcìii  popoli  itn- 
ìianijy  le  cui  dotte  parole  il  Dizionario 
xenetosi  reca  ad  onore  di  spesso  trascri- 
vere, se  no!)  se  una  Irihìi  avventurata  di 
quelle  prime  genti,  la  quale  partita  dal 
luogo  natio,  usurpò  l'impero  de'naziona- 
Ji.  Può  la  loro  affinità  cogli  alili  italici 
principalmente  sostenersi  per  la  somi- 
glianza della  lingua,  la  quale,  come  mo- 
strano i  monumenti  ritrovati  nel  territo- 
rio Euganeo  e  Veneto,  fu  solamente  un 
dialetto  dell'  italico  antico.  Le  naturali 
convenienze  di  vicinanza  e  di  commercio 
indebolirono ,  e  fois'anco  eslinsero  fra 
questi  popoli  la  memoria  dell'antiche  in- 
giurie, per  cui  si  vedono  confondere  in 
secoli  posteriori  il  glorioso  titolo  di  Eh- 
ganeicon  quel  dì  T'eneti.  Pure  oggidì  i 
celebri  e  ridenti  colli  padovani  ritengono 
il  nome  degli  Euganei,  quasi  trionfai  mO' 
numenlo  dell'antica  loroesistenza  in  quel- 
le parli,  sebbene  per  molti  segni  vulcani- 
ci abbia  sostenuto  1'  ingegnoso  naliuaii- 
sta  ab.  Fortis,  che  formassero  lui  tempo 
le  sconosciute  isole  Elettridi  degli  anti- 
chi; isole  la  cui  esistenza,  non  che  il  silo 
sono  stati  non  poco  controversi  da' geo- 
grafi. Ciò  non  ostante  i  greci  ,  da'quali 
si  è  in  necessità  di  dedurre  gran  parte 
della  storia  italica,  usarono,  come  sem- 
bra, questo  titolo  di  euganei  e  veneti  per 
sinonimo  d'  illustri  (Eueti,  Heneli  o  Ve- 
neti si  dissero  i  [)opoli  dell'Italia,  origi- 
nari deiriHirio,  secondo  Erodoto,  i  qua- 
li per  molto  tempo  restaiono  senza  me- 
scolarsi con  altre  nazioni.  Abitavano  nel- 
le vicinanze  dell'  Adria,  e  Pataviuni  era 
la  loro  città  principale),  nobili,  lodevoli, 
mentre  divulgavano  molte  favole  sull'o- 
rigine stessa  di  quel  popolo  fritto  già  ce- 
lebre. Narra  Polibio,  che  sublimi  cose  ne 
avevano  detto  i  tragedi.  per  la  voce  de' 
quali  salirono  certamente  i  veneti  in  gran- 
de onore.  Sofocle,  nella  presa  di  Troia, 
pose  il  profugo  Antenore  co'figli  alla  le- 


V  E  N 
«ta  degli  eneli  di  Paflngonia,  nell'  Asia 
minore,  e  il  fece  unitamente  co'suoi  tro- 
iani (in  favoie  de'quali  avevano  pugnato 
i  medesimi  eneti)  in  Tracia  e  poscia  in 
Italia  (altri  dicono  che  vi  si  stabilirono  in 
seguito  d'una  spedizione  falla  di  concerto 
(o'  cimmerii  o  cind)ri)  a  fundare  lor  sede 
nel  seno  Adriatico.  Dalla  similitudine  del 
nome  fra  questi  eneli,  ricordati  da  Ome- 
ro, ed  i  veneti  italici,  noti  da  gran  tempo 
in  Grecia  (avendo  i  greci  qualche  colo* 
nia  sulle  coste  de' veneti,  in  cui  portarono 
il  cullo  della  Diana  Calidonia  e  della 
Giunone  d'Argo),  ebbe  verosimilmente 
principio  la  favolosa  e  volgare  opinione 
della  venuta  d'Antenore  insieme  con  una 
moltitudine  di  quegli  asiatici,  che  per- 
duto il  re  Pilemene,  vollero  seguire  la 
sorte  del  duce  troiano.  I  romani  superbi 
d'dlustrare  la  propria  origine  colla  loro 
pi  evenienza  da  Troia,  accettarono  sen- 
z'altro esame  ed  ampliarono  la  graziosa 
novella  dello  stabilimento  di  quell'eroe  e 
degli  eneli  paflagoni  nel  seno  Adriatico, 
ove  vollero,  che  vinti  gli  euganei,  piglias- 
sero in  comuneil  nome  di  veneti, secon- 
do la  pronunzia  dell'Italia  antica.  Cato- 
ne lasciò  scritto  che  i  veneti  erano  di 
troiana  stirpe,  e  fu  copiato  da  Livio,  che 
al  pari  de'nien  giudiziosi  scrittori  del  La- 
zio, non  tralasciò  mai  di  adulare  la  vanità 
nazionale (sullcoriginidi/ìow.'7  impugna- 
le da  alcuni  moderni,  in  quell'articolo  e 
altrove  col  dolio  JNibby  ne  tenni  pro- 
posito contro  dì  essi).  Plinio  non  parve 
troppo  persuaso  di  tal  concello;  e  Stra- 
bene ne  fu  sì  poco  convinto  che  amò  me- 
glio ciedeie  i  veneti  derivati  dalla  Gal- 
lia  Celtica  e  da'  lidi  dell'Oceano.  Le  altre 
sentenze  divulgate  molto  oscuramente  fra 
gli  antichi  che  quelle  genti  provenissero 
dalla  Media  o  dall'  Illirico,  debbono  fi- 
nalmente convincer  del  difetto  delle  loro 
cognizioni  ed  insieme  dell'inutilità  di  la- 
li  ricerche.  Dione  Crisostomo  nella  fa- 
mosa orazione  inlilolalar////V7crt,  sosten- 
ne che  i  veneti  esistevano  in  Italia  mol- 
to prima  della  favolosa  venuta  d' Aole- 


V  E  N 

iiojT,  ed  erano  già  collocati  nelle  stesse 
beute  "«edi.'»  Che  fossero  antichissima  gen- 
te, e  che  avessero  linijtia  diversa  da'galli 
confinanti"  lo  asserì  Polibio.espressatnen- 
le,  il  che  è  riprova  ceilissima  di  diversa 
slirpe.  Il  eh.  Roman  in  nella  Sloria  do- 
cuinenlaladi  f^'enczia,  ri  ferisce  che  dopo 
l.i  «aduta  di  Ti  oia,  per  la  quale  si  erano 
amiate  tante  popolazioni  nella  i. "gran- 
de lutta  tra  l'LInropa  e  l'Asia,  tenne  die- 
tro un  general  nioviinento  di  popoli,  e 
prohabiltuerite  un  nuovo  passaggio  d'u- 
na parte  di  eiieti  paflagoui  nella  Tracia, 
e  quindi  nell'Illirio  e  fin  sull'Adriatico. 
Fors'anco  per  l'AI[)i  del  Friuli,  dette  an- 
ticamente /  ctwle,  penetrarono  nel  pae- 
se, che  i  latini  denominarono  poi  f'eiw- 
lia^  e  reneli  i  suoi  abitanti.  ìMentre  poi 
nella  primitiva  patria  si  andò  estinguen- 
do il  loro  nome,  questo  si  conservò  lungo 
tempo  e  si  conserva  m  parte  tuttavia,  ol- 
treché nella  Venezia  d'  Italia  ,  anche  al 
Baltico,  nella  Lu^azia,  nella  Stiria,  nella 
Cai  niola  e  Carintia,  nella  Bretagna  fran- 
cese, ove  Cesare  vinse  e  sottomise  i  ve- 
neti di  Vannex^  de'(|uali  già  discorsi,  ed 
altrove.  Tutte  le  quali  colonie,  avendo 
la  stessa  origine,  tutte  couservoroni»  con 
varia  modificazione  ne'  vari  linguaggi, 
che  poscia  si  formarono,  la  radice  d'  un 
vocabolo,  contenente  l'idea  d'un  popolo 
ìioinadi'^  venuto  dal  di  fuori  ^  peregri- 
rumlCy  tale  potendo  essere  il  significato 
di  I  nome  Enetos,  col  quale  le  tribìi  che 
h|i.iliiarono  furono  chiamale  da'  greci, 
che  primi  ci  diedero  notizia  degli  eneti. 
Non  è  dunque  a  supporre,  ^oggiullge  il 
lodato  storico,  che  i  veneti  dell'Adriatico 
derivino  ilu'veiieti  delle  Gallie,  per  una 
delie  galliche  invasioni  in  Italia;  né  tam- 
poco da'/  i/idi  o  Fendi,  popoli  slavi,  co- 
sì chiamati  da'germani,  cioè  erranti j  ma 
sarebbe  piuttosto  a  considerarsi  come  una 
delle  tanle  colonie  che,  uscite  in  origine 
dalla  l'afiagunia  e  da' circostanti  paesi, 
passarono  più  volte  in  Europa.  Sorte  par- 
ticolare de  veneti  si  fu  iti  rimanere  illesi 
nella  generale  iqvasiouc  clrusca.  la  quu' 


V  E  i\  5 

le  si  stese  per  tutti  i  luoghi  situati  di  là 
del  Po;  ma  qual  fosse  la  capacità  di  quel- 
lo spazio  ch'essi  occupavano  intorno  al 
seno  Adriatico,  parve  argomento  di  gra- 
ve controversia  agli  eruditi.  Sembra  pe» 
rò  che  i  dubbiosi  coufini  della  Venezia 
non  oltrepassassero  a  ponente  il  fiume 
Chiesio,  e  che  con  più  stabilità  i  suoi  ter- 
mini naturali  fossero  a  settentrione  le  A.1- 
pi,  a  levante  il  Timavo  ed  a  mezzogior- 
no le  paludi  veronesi,  indi  il  Po  fino  al 
niare(ilcav.  INbitineHi,  negli  Annali  Ur- 
Lani  di  P'enezia,  citando  Filiasi  e  le  sue 
D/ernorie  storiche  de'  veneti  primi  e  se- 
condi,  riferisce.  Ad  occidente  il  Benaco 
e  il  Mincio,  ad  austro  il  Po,  ad  oriente 
il  Mare,  a  settentrione  le  Noriche,  le  Car- 
niche,  le  Tri  vigiane  e  le  TrentineAlpi,  dal 
Tiiuavo  fino  al  Benaco,  formarono  i  li» 
miti  della  bella  e  ricca  provincia  del  ro- 
mano impero,  P'enezia  appellata.  Sorge- 
vano in  essa  Mantova  presso  i  galli  ce- 
'fiomani,  in  riva  all'Adige  Verona,  succe- 
deva Vicenza,  indi  Padova;  in  vicinanza 
alle  AlpiTrevigi,  Asolo,Feltre  e  Belluno; 
e  sopra  le  Alpi  Oderzo  e  Giulia  Concor- 
dia; finalmente  verso  il  mare  Aitino  e  A- 
qiiileia).  Ad  ogni  modo  certo  è  che  i  ve- 
neti tennero  una  delle  regioni  più  fertili 
e  deliziose  d'Italia,  ove  da  un  antico  geo- 
grafo si  numerarono  fino  a  5o  terre,  da 
cui  sorsero  non  poche  città  cospicue  e 
nominatamente  Padova  ,  che  per  copia 
di  popolazione  poteva  armare  fiuo  a 
20,000  uomini,  Eìle,  Vicenza,  Coucor- 
dia,  Aitino,  e  fors'anco  Verona,  come  il 
Maffei  valorosamente  sostenne  contro  i 
suoi  competitori  bresciani,che  restringen- 
do il  confine  quasi  fino  a  Padova,  volle- 
ro così  escludere  questa  città  dalla  ter- 
restre Venezia.  Quindi  non  è  da  meravi- 
gliarsi se  fin  dalla  più  remota  età  ebbe- 
ro i  veneti  grido  d'illustre  nazione,  e  se 
nel  loro  paese,  in  gran  parte  vulcanico, 
fìnsero  le  favole  più  celebri  dell'Eridano 
adi  Fetonte.  Ora  quest'illustre  nazione, 
anlichissin)a  e  le  cui  origini  perdute  nel- 
la calij^inc  de' tempi,  si  sono  volute  riu- 


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tidcciare  per  tante  guise  e  per  tanti  si-  vile  uiiioue.  Se  di  tal  forma  gli  umbri,  i 
stemi,  acquisterà  lustro  e  nobiltà  ^e  iioii  volsci,i  sabiui,  e  geDeraluienle  i  popoli  <li 
(laaltre geìili,nìa  ila  unodc'fiiilidilVoc.  stirpe   toscana,  appariscono   lutti   egual- 
la  diremo  ìiiuntdiaiamenie  formaùi  in  iDCute  abori^ni  nella  i.'  loro  epoca  s<i- 
<jliielle  sedi  che  occiipm'aj  per  guisa  che,  ciale,  non  meno  il  furono  i  veneti,  grati 
ìiolo  non  essendo  popolo  da  cui  dinio-  tialcio  del  popolo  italico.  Livio  parlando 
sfrare  si  possa  discesa,  abbiasi  a  consi-  degli  etiusci  descrive  l'ampiezza  del  lo- 
derare  quasi  originaria.  Il  che  avendo  io  dominio  che  occupava  lutto  lo  Sji^/io 
in  coinuìic  con  molle  altre  nazioni,  non  lia  l'Apcnnino,  le  Alpi  ed  i  mari  clieba- 
c  nieravigtia  se  gli  scrittori  romani  pili  gnano  l'Italia,  a  riserva  del   cantone  de* 
autorevoli,  dessero  senza  esitazione  agli  veneti  :  trattando  Plinio  delle  conquiste 
antenaliil  nome  di  Aborigeni,  ilvuimeii  eslese  di   ([uel  popolo  sulla  sinistra  del 
controverso  significato    era   quello  di  Po,  ne  eccettua  il  veneto  territorio.  Coù 
gente  paesana  surta  daignoto  figlio  del  è  [trovato  che  i  veneti  qui  ertuio  quando 
la  Noetica  famiglia  qui  venuto  a  forma-  primeggiavano  gli  etiusci,  il  diesi  amcov- 
re  l' italiana  gente.  Nella  qua!  voce  co-  da  con  quanto  si   è  dello,  e  rimonta  al 
mune,  granimalicaluiente  ed    istorica-  di   là   della  guerra  troiana.    Si   ha  dalle 
mente  intesa  da  ogni  latino,  abbiamo  pu-  storie  che  prima  di  quella  guerra  e  pela- 
re  una   manife^lazione  del    buon   senso  sgi  ed  etrusci  fiorissero  grandeuieule  in 
degli  antichi;  dove  che  i  dotti  della  lei-  Italia,  e  che  poi  abbandonota  da  quelli 
teratura  roodernasiafTalicanoaiicorii  inu-  l'opulentissima  Spina  (città  d'it.dia  nel- 
lilniente  a  ricercare  chi  fossero  e  donde  la  Gallia  Cispadana,  fondala  alla  foce  dei 
originassero  i  nostri  piogenitori.  Abita-  Po  da'pelasgi,  i  quali  dicesi  che  vi  venis- 
tori  primi   d'  un  paese  sono  ccilamenle  sero  prima  della  guerra  di  Troia;  Plinio 
coloro  che  anteriori  ad  ogni  alUo  nel  pò-  la  vuole  edificata  da   Diomede,  colie  lic- 
slo  non  abbiano  couìe  provare,   uè    per  chezze  rapile  al  tempio  di  Delfo;  e  Stra- 
allineuza   di   stirpe,  uè  per  autorità  di  bone  crede  che  fosse  una  colonia  greca, 
storia  che  sien  venuti  da  altre  nazioni.  E  la  quale  da  fioritissima  si  ridusse  alla  con- 
tale è  senza   dubbio  l'origine  degl'itali  dizione  di  villaggio),   questi  ultimi  giunti 
primitivi,  da  cui  discendono   l'un   dopo  all'apice  della  grandezza  e confederatico' 
I  altro!  popoli,  che  indi  acquistaronsi  no-  veneti,  fissassero  in  Adria  Temporio  del 
me   e  grado   distinto   nella  comune   pa-  più  va^to  commercio  (per  cui  iLl/a/v; 'Sa- 
li ia:  que'popoli  insomma  the  gli  stianie-  perum  ebbe   il  nome  di  Adriatico  lutto- 
ri,  e  massimamente  i  greci ,  ritrovarono  ra  conservato, al  diie  del  Caslcliano).  iNo- 
di  già  congregati  in  tribù  o  nazioni  allo-  bilis^imo  fu    poi   quel  porlo  e  molta   la 
va  che  passarono  in  questa  nostra  terra,  grandezza  d'Adria  che,  oltre  a  Livio,  ce- 
e  che  pur  sempre  vi  riconobbero  di  san-  lebrarono  Slrabone  e  Plinio  come  anli- 
gue  dal  loio  diverso,  colla  sprezzante  no-  ca  colonia  etrusca.  Fu  essa  forse  che  die 
ta  di   barbali.  Nell'opinione  slessa   degli  il  suo  nome  al  mare  vicino.  Ma  se  que- 
anlichi  dicevansi  gli  aborigeni  nati  in  Ita-  gli  etrusci  ch'erano  in  grado  di  fondare 
lia,  dacché  per   1'  ignoranza  dell'origine  sì  ragguardevole  città  ,  e  che  già  domi- 
tutli  credevano  d'essere  di  quella  lerra  navano  un  gran  tratto  d'  Italia  con  al- 
che abitavano.  Né  solamente  i  prischi  la-  lissima  fama  di  sapienza,' di  virtù,  di  va- 
lini,  ma  le  nostre  nazioni  più  copiose  e  loie, ei ano  confederati  co'veneti,  conviett 
grandi  si  pregiavano  a  un  modo  di  porre  dire  che  questi   fossero,  se  non  paii,  al- 
1  antichissime  famiglie  degli  aborigeni  in  meno  molto  prossimi  a  loro  nelTarli,  iiel- 
fronte  a' loro  annuali ,  e  di   riconoscere  la  civiltà,  nel  nome ,  allrimenli  uou  a- 
anzi  da  quelle  i  principii  della  slessa  ci-  vrebbe  potuto  sussistere  una  comunanza 


V  E  iN 
d'iiileressi  se  una  troppo  gran  diderenza 
fosse  corsa  h-a'contiaenli.  Or  questo  è  tut- 
lociò  che  se  ne  sa,  né  alcun  fallo  partico- 
lare ci  viene  di  (|uegli  antichi  tempi  ri- 
cordato se  non  che  amici  appunto  e  me- 
scolali cogli  elrusci ,  ne  dicono  gli  stori- 
ci, ad  un  tempo  con  essi  liorirouo.  I  ve- 
neti furono  anche  fdmigerati  per  la  loro 
intelligenza  nel  nutrire  generose  razze  di 
cavalli,  il  che  parve  a'greci  fantasticatori 
nuovo  argomento  per  giudicarli  discesi 
dagli  eneUdi  Faflagonia,  ue'cjuali  vantò 
Omero  una  simile  industria.  Che  i  loro 
puleilri,  in  velocità  presuntissimi  si  se- 
gnalassero talvolta  nell'Ippodromo  d'O- 
hmpia  ,  si  deduce  chiaramente  dal  loro 
soprannome  di  portatili  corona.  Lo  stes- 
so Dionisio  di  Siiacusa.  grande  amatore 
di  giuochi  ecpitslri,  cavò  la  sua  domesti- 
ca razza  di  cavalli  dalla  Venezia:  e  se 
pongasi  mente  alia  seria  allenzione  che  i 
popoli  antichi  prestavano  a  tali  cose,  non 
altra  ragione  forse  doviem  cercare  negli 
onori  divini  che  i  veneti  erano  soliti  di 
farei»  Diomede,  fingendo  le  fìivole  aver 
fjueli'eroe  terminalo  i  suoi  giorni  presso 
loro,  e  conseguita  colà  l'apoteosi.  E'  mol- 
lo verosimile  che  le  paludi  e  l'acque  co- 
piose e  sparse,  tra  le  quali  stava  riuchiu- 
bd  la  Venezia  dalla  parte  di  mezzogiorno 
e  di  ponente,  la  rendessero  prima  inac- 
cesiihile  all'invasione  elru-sca,  siccome  (loi 
a  quella  de'  galli.  Nondimeno  può  cre- 
dersi di  leggeri  che  la  vicinanza  ed  i  bi- 
sogni sociali  aprissero  in  seguito  scam- 
i/ievoli  comunicazioni  tra'  veneti  e  le  co- 
ionie toscane  più  prossime  al  loro  paese, 
come  il  persuade  ancora  il  nome  di  cer- 
te comunità  del  distretto  di  Verona,  chia- 
mate Arusnales,  nella  cpial  voce  pare  di 
riconoscere  vestigio  etrusco;  dal  che  siasi 
poi  venuti  a  queda  confederazione  più 
sopra  nominata.  Ma  non. si  vede  che  i 
veneti  conlìoanli  tra  paludi,  stendessero 
in  verun  tem[)o  la  corrispondenza  col 
mezzodì  dell'  Italia.  Anzi  la  storia  loro, 
al  pari  di  quella  delle  Dazioni  che  ten- 
nero l'Italia  superiore,  può  considerarsi 


YEN  7 

puramente  domestica  e  locale,  sino  a  che 
la  guerra  e  le  conquiste  non  istabilirono 
nuove  convenienze,  col  propagare  in  piii 
largo  spazio  l'usanza  e  gl'interessi  reci- 
proci de'popoli.  L'invasione  de'galli  e  il 
pericolo  duna  tal  vicinanza  tennero  per 
verità  svegliate  le  genti  della  terrestre 
Venezia,  le  quali  si  approflltarouo  molto 
accortamente  de'  vantaggi  della  loro  si- 
tuazione; ma  perchè  la  forza  de'costumi 
e  l'amor  delle  lor  salse  lagune  non  per- 
misero a' veneti  di  portare  la  propria  at- 
tivila al  di  là  della  loro  frontiera,  fu  que- 
sta forse  la  cagione  per  cui,  soli  fra  tutti 
gl'itali,  non  contesero  mai  per  la  libertà 
co'romani,  né  anco  quando  avrebbe  do- 
vuto indurveli  la  politica  e  il  nazionale 
vantaggio.  Infatti  quattro  o  cinque  secoli 
prima  della  venuta  di  Gesù  Cristo,  i  ro' 
mani  da  un  lato  e  i  cello-galli  o  gaale- 
si  dall'altro,  cominciarono  a  turbar  la 
(|uiele  di  fptesle  f.dici  contrade.  1  secon- 
di, coprendo  tutto  il  territorio  dall' Alpi 
al  R(djicoiie  ed  all'Arno,  fecero  diventar 
l'Italia  quella  Gcillia  che  i  roujaui  chia- 
marono Cisalpina;  ed  i  primi,  con  pasào 
rapido  dilatavano  nelle  varie  provincie 
italiche  d  loro  dominio,  e  soggiogavano 
alcuni  di  que'galli  che  aveano  scacciato 
gii  etrnsci,  giungendo  alia  fine  alla  re- 
gione Circumpadana.  Si  spinsero  poi  col- 
la forza  anche  nella  Venezia;  ma  pare 
che  il  facessero  con  moderazione  e  ri- 
guardo, a  cagione  forse  della  fedele  ami- 
cizia e  dell'  aiuto  da'  veneti  conseguito 
nelle  critiche  circostanze  ciie  fecero  va- 
cillare la  potenzi  di  Roma;  imperocché 
è  da  sapere  che  quando  Drenno,  incen- 
diata Roma,  strinse  co'galli  la  rupe  Tar- 
pea,  un  esercito  di  veneti  verso  l'anno 
3G4  di  Roma,  secondo  che  ne  dice  Po- 
libio, invadendo  il  gallico  territorio,  l'ob- 
bligò a  stabilire  frettolosamente  co'roma- 
ni la  pace  per  accorrere  alla  difeòi  de' 
suoi;  la  quale  alleanza  col  Lazio  a'danni 
dell'itala  Gallia  e  l'avver^one  reciproca 
d»lle  due  nazioni  de'veneti  e  de'  galli,  si 
mantenne  anche  oe'seeoli  poslenoi  i  (  I 


8  V  E  N 

\eneli  nel  539  Ji  Roma  preferirono  l'al- 
leanza devoniani  a  quella  cle'gallij  con- 
tro i  quali  dovevano  di  frequeule  guei- 
rtggiare,  pei  la  patria  e  per  la  propria 
salvezza.  I  veneti  aiutarono  quindi  i  ro- 
mani nel  533  di  Roma  nella  guerra  con- 
tro gl'istriani,  e  nel  535  contro  gl'illiri- 
ci). Comunque  fosse,  la  Venezia  dall'al- 
leanza passò  sotto  la  dipendenza  de'  ro- 
inani,  senza  che  se  ne  sappia  l'epoca  preci- 
sa, the  quasi  (ulti  però  si  accordano  a 
collocare  vicinoalla  2."  guerra  punica,  po- 
co più  di  due  secoli  prima  dell'era  volgare 
o  corrente  (l'aiTerma  pure  Michele  Lazza- 
ri, nella  Dissert.  sopra  lui  iscrizione  nel- 
la villa  di  s.  Eli  lalia  nel  territorio  d'A- 
solo, presso  la  Raccolta  del  p.  Caloge- 
là,  t.i5,  con  moke  notizie  sull'argomen- 
to e  quando  la  Venezia  divenne  parte 
delTiinpero  romano  e  sua  provincia,  nel 
66c)  circa  di  Roma).  All'  apparire  del 
cartaginese  Annibale  ,  molte  provincie 
d'Italia  scosseroil  giogo  romano,  esempio 
che  a'veneti  non  piacque  d'imitare,  man- 
tenendosi costantemente  fidi  a  Roma  e  in- 
viandole aiuti  e  soccorsi;  e  buo»»  frutto  ne 
Vaccolfero,  che  poco  stante  da  quel  grave 
periglio,  l'aquila  lomana  spiegò  le  ali  a 
prolezione  del  loro  lerritoiio  minaccia- 
lo da'transalpini  che  tentavano  stabilirsi 
sulle  frontiere  venete  01  ienlali,  Roma  ma- 
gnifica, Roma,  i  cui  cittadini  esercitava- 
110  il  dominio  sopra  una  gran  parte  del 
mondo,  eccitò  la  gelosia  sì  che  tutta  l'I- 
talia voleva  essere  a  parte  di  quella  glo- 
ria; ed  ecco  accendersi  la  guerra  sociale, 
terribilmente  combattuta  e  diretta  ad 
ottenere  la  cittadinanza  romana.  Allo 
parlarono  in  quella  occasione  i  veneti,  che 
per  la  loro  fedeltà  se  ne  credevano  più 
degli  altri  in  diritto,  e  fu  loro  concesso 
pricna  il  jus  latino,  che  non  era  gran  co- 
sa, e  poi,  conosciuto  da  Giulio  Cesare 
quanto  valesse  l'appoggio  loro,  gli  ascol- 
lò meglio  e  ad  essi  concesse  l'agognala 
cittadinanza.  Però  fu  data  in  principio 
senza  jus  di  suffragio;  vi  si  aggiunse  poi 
anche  questo  nel  70G  di  R,otiiu  ,  th'eru 


V  EN 

il  diritto  d'intervenire  a'comizi,  ma  sen- 
za poter  essere  eletti  a  conseguire  gli  o- 
nori  e  le  dignità;  e  finalmente  tutto  loro 
fu  accordalo  fino  alla  piena  capacità  [)er 
qualunque  carica  od  onore.  Le  venete 
città  fuiono  dunque  ascritte,  diciamo  le 
più  cospicue,  alle  tribù  di  Roma  e  con 
esse  votavano  (il  citato  Lazzari  nel  Di' 
scorso  sopra  alcune  iscrizlp/ù  Asolane, 
presso  ilp.  Calogerà,  t.40, osserva:  Quan- 
do alla  Venezia  la  romana  cittadinanza 
fu  partecipata,  ognuna  delle  sue  città  a 
qualche  particolare  tribù  fu  aggregai^ 
pel  diritto,  che  colla  cittadinanza  aveva- 
no acquistato  gli  abitanti,  di  dare  i  suf- 
fragi ne'comizi.  Aitino  fu  unita  alla  tribù 
Scapila,  Padova  alla  Fabia,  Este  alla  Ro- 
nìilia,  Vicenza  alla  Menenia,  Verona  all^ 
Publicia,  FeltreeBellunoalla  Papiria,  A- 
quileia  alla  Velina,  ec,  come  s'impara 
dalle  lapidi.  Antimaco  Filalete  nella  ri- 
sposta Al  B.agioiictnieiito  intorno  le  anti- 
che iscrizioni  di  Treviso  ec,  presso  il  p. 
Calogerà,  I.  20,  rileva  che,  secondo  Pli- 
nio, nella  Venezia  eravi  una  sola  colonia, 
e  le  altre  città  erano  municipii,  ed  il  Clu- 
verio  dà  il  titolo  di  colonia  a  Este,  e  non 
lo  dà  alle  altre  città  ),  (hichè  più  lardi 
Augusto,  a  facilitare  i  suffragi,  stabiPi 
che  da'ulunicipii  si  potessero  spiegare  i 
loro  voti.  Riconoscenti  i  veneti  al  favore, 
di  Giulio  Cesare  ,  gli  prestarono  i  pos- 
senti aiuli ,  che  la  sua  profonda  politica 
ne  aspellava,  e  che  formarono  il  nerbo 
di  cjuelle  forze,  colle  quali  vinse  l'Elve- 
zia e  le  Gallie,  e  poi  a  Roma  il  condusse- 
ro dove  si  fece  proclamare  dittatore,  e  il 
sostennero  a  domare  i  pompeiani  dovun- 
que, e  poi  reduce  vincilore  dalla  Spagna, 
con  lui  tragittarono  l'Adriatico  a  vince- 
re e  distruggere  Pompeo,  pur  difeso  da 
tante  nazioni,  e  finalmente  il  fecero  pa- 
drone dell'impero.  La  celebrità  de'vene- 
ti  li  rese  oggetto  di  pretensioni  a  coloro 
che,  morto  Cesare,  aspiravano  al  sommo 
potere.  Soleva  Cicerone  dire  al  senato 
elle  i  traspadani,  cioè  i  veneti  e  gì'  insu- 
bii, erano  11  fiore  d'Italia,  l'oruameulo  e 


V  E  N  YEN                        9 

sostegno  del  popolo  romano  (ornamento  mitata  d'un  tale  uomo.  Aftcll?)  dunque 
dulia  romana  repubblica ,  dice  invece  il  moderazione,  sia  per  evilare  i  colpi  die 
Romanin,  cioè  i  veneti  e  galli  cisalpini);  precipitarono  Cesare  ,  sia  per  ribadue 
e  anc.lie  l'imperatore  Claudio  molti  anni  meglio  le  catene  che  preparava  a'suddi- 
tjopo  a  quell'augusto  corpo  ricordava  co-  ti;  ma  non  si  può  negare  che  Homa  sol- 
ine Roma  non  fosse  mai  stata  quieta  e  tedi  lui  non  respirasse  pacificamente do- 
florida  5  né  sicura  la  repubblica  ,  come  pò  gli  orrori  delle  guerre  civili.  Molti  e- 
quando  furono  ammessi  i  traspadani  al-  logi  riscossero  le  sue  azioni;  di  dar  forn)a 
la  cittadinanza.  Infatti  in  quella  congiuri-  allo  stato,  serbando  però  il  supremo  po- 
tiira  gravissiina  ,  argontenlo  de'  consigli  tere  ;  di  dividere  il  governo  delle  provin- 
di  Cicerone,  i  veneti  dichiaratisi  pel  se-  eie  col  senato,  lasciando  pure  qualche  ap- 
nato,  non  che  favorire  IMarc'Anlonio,  sì  parenza  di  sovranità  al  popolo,  ma  per 
\alida  resistenza  o[)posero  all'ambizione  rendere  meno  sensibile  agl'italiani  il  pas- 
di  lui,  che  il  costrinsero  a  fuggire  avvi-  saggio  dalla  repubblica  al  regno.  Tutto 
lito  d'  Italia.  Se  non  che  fu  richiamalo  però  mirava  ad  un  gran  fine,  di  conser- 
da  Ottaviano,  il  quale  abbandonali  gl'in-  varsi  cioè  il  trono,  interessando  alla  sua 
tcressi  della  repubblica  e  sceso  con  pò-  slabilità  il  forte  della  nazione.  Perciò 
derose  forze,  ne  spinse  con  Pollioue  una  diede  le  maggiori  cure  all'Italia,  che  ben 
parie  nella  Venezia  per  costringerla  ad  conobbe  quanto  calcolo  doveva  fare  di 
abbracciare  quel  partito  suo  malgrado,  questo  capo  di  sì  gran  corpo;  perciò  ri- 
Gravi  travagli  oppressero  allora  il  mon-  spettava  il  diritto  alla  romana  cittadi- 
do  romano.  Morto  Bruto,  morto  Cassio,  uanza,  già  esleso  a  tutta  Italia,  che  assi- 
disfatti  gli  eserciti  loro,  debole  Lepido,  la  curava  l'ampiezza  e  la  quiete  alla  sede 
somma  del  [lotere  di  R.oma  cadde  nelle  deiri(npero;  perciò  cinse  al  trono  larga 
mani  dOttaviauo  nipote,  figlio  adottivo  corona  d'uomini  insigni,  mezzo  unico  ad 
edeiededi  Cesare, e  in  quelle  di  Marc'An-  ottenere  splendore  ed  a  moltiplicareistru- 
lonio,  ognuno  de'quali  troppo  era  forte  menti  al  potere.  Ma  chi  non  ravvisa  iu 
per  tollerare  un  collega;  laonde,  spenti  ciò  le  cause  della  rovina  d'  Italia?  Così 
i  nemici  comuni,  ruppero  tra  loro  la  spopola  vansi  le  città  per  correre  a  Pioma; 
guerra,  cercando  entrambi  l'appoggio  de'  cosìi  cittadini  dimenticavano  l'amore  del- 
traspadauì.  Ma  la  sagacità  di  Ottaviano,  la  patria  naturale  per  sostituirvi  quello 
sogacissimotra  gli  uomini,  vinse  e  l'olten-  dell'  adottiva;  così  ...  Tuttavia  potrebbe 
ne;  n'ebbe  infatti  quegli  aiuti  che  aveva-  dirsi  che  se  le  singolari  città  hanno  in 
no  conti ibuilo  alla  grandezza  di  Giulio  ciò  soiTcirto  danno,  n'ebbe  vantaggio  la 
Cesare,  e  con  questi  e  colle  navi  de'  ve-  generalità  dell'Italia,  dell'impero,  e  così, 
neti  lidi  riportò  ad  Azzio  quella  vittoria  sotto  un  certo  punto  di  vista,  a  favore 
che  lutti  sanno  e  che  lo  rese  padrone  di  de'  membri  tornò  a  ridondare  il  benes- 
yiowa  e  dell'impero.  »  Salito  co>ì  col  no-  sere  procaccialo  alla  comunità  sociale, 
me  d'Augusto  al  supremo  grado  all'uo-  Difatti  l'  Italia  intera  somministrava  a' 
Ilio  concesso,  ebbe  la  malizia  ,  dica  chi  comizi,  al  senato,  alla  pretura,  al  conso- 
Tuule  la  saviezza,  di  tosto  abbandonare  lato,  al  sacerdozio,  ed  al  trono  i  suoi, 
le  arti  usate  per  giungervi,  ed  assumere  migliori  cittadini,  i  quali,  nuovi  ma  fa- 
quelle  capaci  a  conservargli  e  fargli  l'eli-  mosi,  conservarono  alcuui  secoli  lo  stato, 
ce  il  regno;  per  il  che  ristabilì  l'ordine,  sollentrando  agli  antichi  patrizi  ,  cui  le 
&e  pur  non  sia  da  dirsi  la  durevole  schia-  smodate  ricchezze  ed  un  lusso  eccessivo 
vitìi,  che  laddove  in  uno  stato  libero  s'è  rendevano  incapaci  a  regolare  la  cosa 
usurpala  la  sovranità  ,  ivi  si  chiama  re-  pubblica  e  a  sostenerne  la  gloria  ".  E 
i^oia  ciò  che  può  foudarc  l' autorità  illi-  molli  vcueli  allpra  ij^uraiouo  a  TvoiDaj 


,  o  V  E  K  V  E  N 

iie'consigli,  negli  eserciti,  nelle  dignità,  e  rono  la  Venezia  cotue  appaiteneiile  alla 
lungo  sarebbe  l'enumerarli.  Non  si  può  GiiUia  .  siccome  invasa  per  la  maggior 
per  altro  lacere  di  Pomponio  secondo,  parte  da'  popoli  galli,  i  quali  vi  erano 
nato  a  Verona,  senatore,  generale  d'alto  preponderanti).  Nella  Fenczia  superiore 
valore  e  due  volte  console,  di  gran  me-  truvavansi  le  città  di  Padova,  Vicenza, 
nlo  e  di  tanto  animo  che  alla  morte  di  Verona,  Asolo,  Este,  Oderzo,  ec;  cele- 
Caligola  molto  non  fu  che  il  suo  brac-  brata  perla  feracità  del  suolo,  i  bagni  ler- 
cio non  ristabilisse  la  repubblica;  di  Ce-  mali  d'  Abano,  con  terreno  vulcanico,  e 
cina,  vero  genio  nell'armi,  nato  a  Viceu-  pieno  di  laghi  sulfurei  e  d'acque  bollenti, 
za.  Quel  Cornelio  Gallo  conquistatore  di  prosperandovi  colla  civiltà  della  copiosa 
Tebe,  che  tanto  allargò  le  frontiere  del  popolazione,  l'aiti,  l'industrie,  icomaier- 
l'Egitto,  fu  del  Friuli.  E  Traseo  Peto,  ci  e  questi  anche  fluviali.  Nella  Feneziit 
onore  di  Padova  e  raro  esempio  d'ogni  i:iferiore  ebbe  le  città  di  Piavenna,  Spi- 
virlù,  noD  basta  ei  solo  ad  illustrare  lut-  na,  Adria  antichissimo  porto  etrusco.  Al- 
la intera  una  nazione?  E^ti  fu  console;  tino,  ec;  con  terreni  coltivati,  conimer- 
ia  sola  sua  presenza  era  di  rossore  a  Ne-  ciò,  navigazione  e  numerosi  abitanti:  aU 
rone,  e  le  sue  beneficenze  celebiò  tutta  cune  delle  sue  terre  erano  insulari,  cir- 
l'Asia  che  governava.  Cornelio  Nipote,  condale  dalle  paludi,  da'fiumi,  dalle  la- 
Valerio  Catullo,  Eurilio  Macro,  Virgilio  gune,  altre  si  trovavano  unite  al  conti- 
Marone,  Cornelio  Augure^  Tito  Livio,  e  nente,  ma  in  genere  salubre  eravi  l'a- 
Remnìo  Polemone  ,  e  Ascanio  Pediano,  ria,  mite  il  clima;  i  flutti  dell'Adriatico, 
e  più  altri  erano  veneti.  —  Uoma  fugraii-  inoltrandoci  al  teu)[)0  dell'alta  njarea,  al- 
de  finché  onoiò  gli  uomini  che  la  illu-  lagavano  gran  parte  delle  pianure,  e  tra- 
slravano,e  decailde  quando  gli  ebbe  con-  sportando  poi  via  nel  ritirarsi  ogni  soz- 
dannati  all'obblio,  ai  disprezzo.  Fu  un  zura  e  putredine,  mantenevano  la  purità 
tempo  che  per  carestia  scacciati  crudel-  dell'atmosfera,  nel  mentre  che  il  sapore 
niente  da  Roma  ,  in  un  co'  forastieri  ,  i  amaruleuto  e  salso  dell'acque  giovava  a 
pochi  uomini  di  lettere  che  vi  si  trova-  distruggere  gl'insetti  nocivi  e  ad  impedire 
vano,  vi  rimasero  ben  Ireuiila  ballerine,  i  miasmi  che  esalano  l'acque  stagnanti, 
altrettante  e  più  cantatrici,  tutti  i  loio  La  natura  del  suolo  rese  assai  per  tempo 
maestri  ed  una  caterva  di  genti  ad  esse  necessari  i  lavori  idraulici  nella  Venezia 
attinenti  1  — Narra  il  eh.  Romanin,che  inferiore;  graud'era  la  perizia  degli  abi- 
li paese  occupato  mano  mano  da'veueti,  tanti  nei  navigare,  percorrendo  i  veneti 
slendevasi  lungo  le  marine  dell' Adrinti-  su  leggere  barchette  le  Lngune,  esercì- 
co,  verso  il  Tiuiavo  e  le  Alpi  del  Friuli,  taiidovi  da  un  capo  all'  altro  di  esse  il 
sul  Po  e  fino  al  Celiaco  o  Lago  di  Gar-  loro  commercio,  oltre  il  darsi  alla  caccia, 
da,  ove  l'accento  de'ijresciani  d'  origine  e  all'agricoltura  ne'terreui  fecondi  dell'i- 
celtica  ben  si  dislingue  da  ipiello  dc'lu-  sole.  Di  più  le  Lagune  erano  il  breve  tra- 
ro  vicini  veronesi  di  veneta  stirpe.  Chia-  gitto  da  Aquileia  a  Ravenna,  alla  quale  i 
mossi  quindi  il  paese  T'^enczia,t<\  a'teu)-  corrieri  sollecitamente  pervenivano,  im- 
pi  di  Costantino  1  fu  diviso  m  si.iperiorc  barcandosi  ad  Aitino,  e  passando  lurjgo 
ed  inferiore  o  njariltimo.  La  parte  più  i  lidi,  ora  detti  del  CavalIino,di  Tre  Por- 
bassa  ,  e  che  slendevasi  lungo  il  lembo  li,s.  Erasmo,  Lido,  Malamocco,  Peleslri- 
eslremo  dell'Adriatico,  fumava  la  /'<'•  na,  donde  poi  raggiungevano  le  foci  del 
nezì'a  inferiore,  conosciuta  dagli  antichi  Po.  Cosr  i  veneti  terrestri  e  marittimi  for- 
greci  sotto  lì  nome  d'Isole  fe/iCte,  e  ì.\iì'  niavano  polente  nazione,  prima  ancora 
romani  con  quello  di  Galliche  Paludi  che  Roma  sorgesse;  ma  inquietati  da  for- 
(poichè  dessi  per  qualche  tempo  reputa-  midabili  e  inquieti  vicini  ne'  galli  o  cel- 


V  E  X  V  E  N                      II 

ti,  i  ([iiali  devastarono  le  terre  cle"\eiieli,  re  col  medesimo  eli.  llomanin  ,  s>ul  co- 
pitcipuacnenle  neir  incursione  avvenuta  sliinie  de' veneti  priniitivi,  ma  in  parie 
4oo  anni  circa  avanti  l'eia  volgare.Do-  sornij^liando  a  quelli  de' ven'eli  secondi, 
pò  aver  i  galli  invaso  Roma,  non  mollo  riferiti  col  cav.  Mulinelli  nel  §  XVI,  n. 
passò  che  alla  Venezia  venne  nuovoegra-  2,  3,  4  e  a,  e  in  parte  con  ([utili  de'ro- 
ve  peiicolodalla  pailedel  niiire.Unasqua-  mani,  me  ne  dispenso  per  nreviià.  [  ve- 
di a  di  lacedemoni,  condotti  ila  Cleonimo,  neti  aulici)!  fcnono  popolo  luiincroso,  foi- 
(juasi  3oo  anni  innanzi  delta  era.  pene-  le  industriante,  amico  del  divei  tmienlo 
Irata  fino  alidi  veneti  ne  siti  di  Cliioggia,  e  degli  spettacoli  sagri  e  profani.  —  Ri- 
Pele^lrina  e  Malamocco,  mandò  esplora-  tornando,  col  Dizionario  veneto,  alla  de- 
tori  a  riconoscere  il  paese,  e  quindi  con  cadenza  del  romano  impero.gviari  nonan- 
legni  piccoli  e  leggeri,  raggiunte  le  3  bor-  dò  die  Pioma  fu  incenerita,  e  con  essa  di- 
gate sul  lembo  delleLagune,  le  diede  al  strutto  l'impero.  Tulli  saimo  le  vicissi- 
sacco  e  1'  incendiò.  A  tal  notizia  i  pado-  tudiiii  per  cui  Uoma  non  potè  piìi  dfen- 
vani  tosto  accorrendo,  assalirono  da  una  ilere  le  sue  provincie,  e  la  Venezia  lu  tra 
])arte  i  predatori,  dall'altra  con  barche  le  più  esposte.  Le  barbare  genti  del  set- 
fluviali  i  greci  navigli,  menandone  tanta  tentnoue  l'invasero,  calpeslarono  e  in- 
sirage  ,  the  pochi  poterono  salvarsi  con  fransero,  senza  lasciar  speranza  di  salute. 
Cleonimo.Le  spoglie  degli  spartani, i  pado-  Se  non  che  un  pugno  d'uooaini,  dalla  ter- 
vani  appesero  al  tempio  di  Giunone,  cele-  reslre  Venezia  riparando  neda  marilti- 
brando  poi  ogni  anno  la  pugna  navalecon  ma,  il  veneto  nome  conservarono,  pei' 
solenne  giostra  di  navigli  sul  fiume  che  tramandarlo  a'  posteri  di  nuova  luce 
scorre  nel  mezzo  della  città.  Nella  guerra  splendente  e  di  gloria  imperitura'  colla 
de'romani  contro  i  galli,  i  veneti  uniti  u*  città  di  Venezia  da  loro  fondata.  Sorta 
cenomanisomministraiono  lino  a20, 000  da  un  pugno  di  fuggiaschi  sollratlisi  ai- 
uomini:  Roma  liionfò,  ed  i  veiif^li  re-  la  barbarie  irrompente,  che  metteva  le 
spirarono  dalle  cessate  molestie,  sebbene  loro  terre  a  ferro  e  fuoco,  crebbe  rapi* 
SI  trovarono  circondali  da'non  meno  foi-  da  mente,  novella  Roma  ,  ben  presto  gi- 
inidabili  romani,  laonde  pare  che  si  pò-  gante.  Quindi  mentre  era  ogni  altra  na« 
ne^sero  sotto  il  loro  protettorato, daRonia  zioue  involta  nejla  barbarie  e  nell'  igno* 
vagheggiato  per  essere  le  terre  de  .veneti  ranza,  Venezia  ciltà  marittima  indrpen- 
op[)orlunameiile  collocale  alle  porle  il'l-  dente  e  forte,  non  llagellata  da  eslernci 
lalia  in  sul  mare,  tanto  fertili  e  popola-  incursioni,  stendeva  placidamente  le  cu- 
te. Così  avveime  che  poco  a  poco  la  prò-  re  verso  quegli  slutli  e  quelle  arti,  che  «ì 
tezione  romana  si  cambiò  in  signoria,  e  ellicacemeute  promuovono  e  alFrettauo 
Venezia  e  Gdllia  formarono  una  sola  prò-  riiicivilimeiito  e  la  prosperità  delle  gen- 
vincia  col  nome  di  Gallia  Cisalpina,  con-  li;  quindi  a  sé  dettava,  in  queire|)oca  di 
servando  però  le  proprie  leggi,  gli  usi,  i  lenubie,  le  sole  savie  leggi  dell'Europa; 
to^lumi,  i  magistrati  ,  infine  il  proprio  quindi  arricchiva  col  commercio  esclu- 
governo  municipale;  essendo  i  veneti,  nel  sivo  del  Levante;  quindi  scolpiva,  dipin- 
temp»  di  loro  indipendenza  ,  divisi  in  geva,  edificava  in  modo  sempre  mera- 
comuni  e  borgate,  come  gli  altri  popoli  viglioso  e  ìnìponente.  Disse  Darìi:  »  ZSoii 
italiani,  idolatrico  il  veneto  culto,  si  con*  è  raro  veder  grandi  migrazioni  di  popò- 
fuse  con  f|uello  degli  etrusci  e  poi  col-  li  inondare  un  [lacsc^  mutarne  la  faccia 
l'altro  deromani.  Dell'origine  asiatica  ed  a[irire  all'istoria  un'eia  novella;  ma 
faceva  pur  lestimoniaitza  il  vestire  de'  che  una  mano  di  Uiggitivi,  gittali  sopra 
veneti:  tunica  a  maniche,  larghi  calzoni,  un  banco  d'arena  di  poche  centinaia  di 
tiara  o  pileo  in  capo.  Qui  sarebbe  a  di-  tese,  vi  fondi  uno  sialo  icnza  Ieri  ilo- 


12  YEN 

rio;  che  una  numerosa  popolazione  al- 
tirala  da  irresislibile  allettamento  eli  li- 
J)erlà,  venga  a  coprire  questa  spiaggia  on- 
tlcggianle,  in  cui  né  vegetazione  si  tro- 
va, uè  acqua  potabile,  né  materiali  ,  né 
anche  spazio  per  fabbricare;  che  dall'in- 
dustria necessaria  a  sussistere  ed  a  fer- 
mare il  suolo  sotto  a'suoi  piedi  giunga 
sino  a  presentare  alle  nazioni  moderne  il 
i."  esempio  d'un  governo  regolare;  sino 
(I  far  uscire  da  una  palude  flotte  senza 
fine  rinascenti,  per  recarsi  a  distruggere 
un  grande  impero  e  raccogliere  le  ric- 
chezze dell'Oriente;  che  si  vedano  questi 
fuggiaschi  tenerla  bilancia  politica  dell'I- 
talia ,  doininar  sui  mari,  tener  tulle  le 
Dazioni  alla  condizione  di  tributarie^  ren- 
dere (ìnalmente  impossenti  tutti  gli  sfor- 
zi dell'Europa  contio  di  loro  coalizzata; 
è  questo  senza  dubbio  uno  sviluppo  del- 
l'umano  sapere  che  merita  le  riflessioni 
dell'osservatore  filosofo". Finalmente  pe- 
li questa  repubblica  che  vide  sì  lunghi, 
sì  fortunati,  sì  gloriosi  giorni;  e  perì  per 
l'irresistibile  potenza  del  lecnpo,  che  ad 
cgni  opera  umana,  per  bella  e  degna  che 
sia,  un  termine  prc'icrive.  Ma  appunto  il 
Itingo  periodo  di  secoli  della  sua  esistenza 
e  la  sua  fama  esigono,  che  il  piìi  breve- 
uiente  possibile  se  ne  discorrano  le  prin- 
cq)ali  fasi  almeno;  e  come  enumerai,  io 
jiioporzione  compendiosamente,  le  pre- 
cipue sue  glorie  nella  parie  materiale, 
C(j»ì  le  più  se<^nalate  vada  ad  accennare 
eziandio  nella  importantissima  parte  sto- 
rica. 

2.  Nel  fondo  Adriatico  ,  dirimpetto  a 
quel  tratto  del  Litorale  che  corre  dalla 
foce  dell'Adige  a  (|uella  del  Tifnavo,  in 
mezzo  ad  una  vasta  Laguna,  didlcile  per 
le  molle  paludi  che  qua  e  colà  interrom- 
pevano le  acque  più  profonde,  sorgevano 
parecchie  isoielle,  quale  coperta  di  can- 
lie  puluslri,  quale  ingombra  di  folte  sel- 
ve, m  suolo  limaccioso,  e  quasi  tutte  abi- 
tale da  pescatori  pacifici,  ed  altri  non  del 
lutto  miseri  perchè  giovali  da'  prodotti 
del  suolo,  da' fruiti  della  pesca  e  della 


V  r:  N 

caccia,  e  più  di  tulio  dal  sale  marino  che 
sapevano  raccogliere  e  cambiare  in  og- 
getti più  comodi  e  vantaggiosi  al  vivere 
colle  popolazioni  vicine  della  Feiiezia 
terrtistre ,  queste  ac(jue  appellandosi  la 
yeiiezia  marittiina.  La  sua  vera  e  pre- 
cisa posizione  descrìsse  Bernardino  Zen- 
drini  ,  Ohsen'alionum  astronoinìcarnni 
et  rntleorologìcaruni ,  fase.  3,  presso  la 
Raccolta  del  p.  Calogerà,  t,  3i,  p.  36o. 
V'erano  isole  più  vicine  al  continente,  co- 
me Grado  ,  Caorle,  ec,  ed  in  frequente 
relazione  con  quello,  e  ve  n'erano  di  ben 
popolate,  con  ftibbriche  romane,  con  vil- 
le e  giardini  ,  come  Torcello  ,  Mazorbo, 
ec.  Altre  ricche,  abitate  da  genti  di  tul- 
le le  classi,  come  sui  lidi  di  Tre  Porli  e 
MalamoGCO  ,  opporlunissime  al  tragitto, 
che  per  maggiore  sollecitudine  facevano 
i  navigli  da  Ravenna  ad  Aitino,  passan- 
do [)er  le  Lagune.  Dodici  lerre  o  isole 
nomina  distintamente  il  più  antico  cro- 
nista veneziano  Sagomino,  che  fiorì  nel 
secolo  X  circa, cioè  (jiado,  Cibbione,  Ca- 
pi ule  o  Caorle,  Eraclea,  Equilio,  Tor- 
cello, Murano,  Rivoalto,  Malaiuocco,  Po- 
veglia,  Chioggia  minore,  Cliioggia  mag? 
gioie,  Capodargine  o  Cavarzeie,  che  for- 
ma l'estremo  confine  della  Laguna  verso 
ponente.  Mentre  in  questi  sicuri  asili  vi- 
vevano gli  abitanti  tranquilli,  tutto  iu- 
loi  no  la  bella  Ilalia  ardeva  d'  un  fuoco 
divoratore  che  la  minacciava  dell'ultima 
rovina.  Orde  sopra  orde  di  barbari  era- 
no piombale  sulla  misera,  e  mettendo  o- 
gni  cosa  a  ferro  ,  a  fuoco  ,  a  ruba  ,  sac- 
cheggia vanOjspoglia  vano,  uccidevanOjde- 
vasta  vano  quel  suolo  un  dì  sede  della  ro^ 
n»ans  potenza,  ed  allora  avanzo  sangui- 
noso del  vacillante  e  presto  spento  im-^ 
pero  romano,  forimi  a  sbucare  dalla  Ger- 
mania, a'tempi  di  Marc'Aurelio,  furono 
una  moltitudine  di  marcomauni  e  qua- 
di,  i  cpiali  si  gettarono  nellaVenezia,  scon- 
fìssero le  romane  legioni,  desolarono  il 
paese  fino  a  Oderzo  ed  al  Piave.  Suc^ 
cessero  (piindi  nuovi  scompigli,  nuove 
irruzicm  e  uuuvi  disastri.  In  mezzo  ^ 


V  E  N 
questi  picvnlefido  gloriosamente    il  cri- 
si iatiesimo,  Costantino  I  lo   professò,  ne 
permise  il  libero  esercizio,  e  con  danno 
«l'Italia    trasportò   la    sede   imperiale  a 
Bisanzio,  che  dal  suo  nome  di  delta  Co- 
stantinopoli, ma  l'italia  acquistò  un  lu- 
stro assai  maggiore  nella   Roma  papa- 
le e  nel  1  atìcaiio.  L'impero  fu  diviso  ia 
4  prefelltire,   alla  testa  d'ognuna  delle 
quali  stava  un  prefetto  del  pretorio  co' 
suoi  numerosi  ufilzi.  Ogni  prefettura  dir 
videvasi  inprovincie:  l'Italia  ne  conte- 
neva  17,  e  quella  de'  Veneti   dichiarata 
consolare  dipendeva  dal  Correttore  del- 
la Venezia  e  dell'Istria,  chiamato  talvol- 
ta anche  Conte.   Intanto  un  movimen- 
to fanatico  e  straordinario  manifestavasi 
fra'barhari  per  assalire  l'impero  romano. 
Quindi  dall'Alpi  Giulie,  incustodite,  fu- 
rono i  Gnti  o  Geli  (f  ■}  condotti  da  A- 
larico,  th'erasi  associato  Radagasio  rego- 
lo degli  sveviedegli  l  nnifF.J:  i  progres- 
si di  quel  re,  sospesi  per  alquanto  tempo 
dall'operosità  di   Teodosio  1  il  Grande, 
non  ebbero  più  freno,  dopo  la  divisione 
dell'impero  i\' Occidente  e  d'Oriente,  nel 
3g5  di  nostra  era  ,  per  la  debolezza  de' 
suoi  figli  Onorio  imperatore  del  i.°  e  Ar- 
cadie imperatore  del  2.";  sicché  in  mez- 
zo a  stragi  ed  incendi!  corse  la  penisola, 
desolò  la    Venezia    per  3  anni  ,  e  fatta- 
la in  breve  tutta  sua    preda  ,  1'  immerse 
nella  più  estrema  miseria,  dopo  aver  e- 
spugnato  Roma    nel  409  ,  da   dove  era 
partito  Onorio  recandosi  come  città  più 
sicura  in  Ravenna  sul  litorale  del   mare 
Adriatico.  Di  tutta  l'Italia  Alarico  se  ne 
sarebbe  reso  perpetuo  signore,  se  mentre 
nella  devastata  parte  meridionale  dell'I- 
talia vagheggiava  la  Sicilia  e  1'  Africa  in 
appresso,  morte  noi  mieteva  dopo  brevi 
giorni   di  violenta    malattia  in   Cosenza 
nel  4  '  o.  Sulle  tracce  de'goli  calarono  poi 
in  Italia  gli  unni  usciti  dal   fondo  della 
Scizia,  nazione  orrida,  crudele,  avida  di 
sangue,  e  (piale  la  descrissi  nel  citato  ar- 
licolo,  die  aveva  allora  alla  testa  re  At- 
tila, famoso  per  la  ferocia  del   carattere 


YEN  i3 

e  pel  suo  ardor  nelle  pugne ,  facendosi 
chiamare  Flagello  dì  Dio.  Trovati  aper- 
ti i  passaggi  dell'Alpi,  giunse  Attila  im- 
provviso, e  quell'irruzione  sparse  ovun- 
que il  terrore,  piombando  sulU  Venezia 
terrestre  principalmente.  Già  molle  cit- 
tà, e  l'imperiale  e  grandiosa  Aquileia  la 
I ."  nel  4^2j  dopo  lunga  resistenza,  avea- 
no  sperimentato  il  suo  furore,  barbara- 
mente saccheggiate,  date  alle  flamme,tut- 
ti  uccisi  gli  abitanti, demolite  quasi  tulle 
le  case.  Decisa  era  la  sorte  d'Italia,  se  Va- 
lenliniano  MI   imperatore  d'Occidenle, 
che  forza  non  avea  da  opporre  a  sì   po- 
lente nemico,  non  avesse  trovalo  nel  ze- 
lo mii  abile  del  Papa  s.  Leone  I  il/agno 
un  mediatore,  che  imperturbabile  reca- 
tosi da  Aitila,  al  confluente  del  Mincio  e 
del  Vo,  o  non  molto  lungi  da  Mantova, 
colla  sua  eloquenza  piegar  seppe  la  di  lui 
ferocia;  onde  l'implacabile  re,  cessati  gli 
atli  di  ostilità,  si  ritirò  coll'immenso  suo 
esercito  di  là  dal  Danubio,  e  ripreso  il 
cammino  della    Pannonia   vi   mori    nel 
453.  Frattanto  Eudossia  vedova  di  Va- 
lentiniano  HI,  vittima  dell'  ambizione  e 
del  risenlimento  di  Petronio  Massimo, per 
vendicarlochiamòinRoma  dall'Africa  uA 
455  Genserico  re  de'  Vandali  fi  tutto  pie- 
gò avanti  questi  barbari  distruttori.  Poi 
insorsero  gli  Ernli  {^f.)  il  cui  re  Odoacre 
in  mezzo  a  nuove  stragi,  nel  4?^  spense 
rin»perod'Occidente,e  assunse  il  nome  di 
re  d'Italia;  principe  mite,  giunse  a  fìir  gu- 
stare il  freno  d'uno  scila  a  quel  popoloche 
si  era  veduto  padrone  del  mondo.  Assedia- 
to in  Ravenna  da  Teodorico  re  degli  O- 
strognii  (F.),  nel  4o3  questi  gli  tolse  tro- 
no e  vita.  Nel  secolo  seguente  riuscì  al- 
l'imperatore d'Oriente  Giustiniano  I,  aiu- 
tato dagli  abitatori  dell'isole  della  Vene- 
zia con  navile  pel  trasporto  dell'esercito 
da  Aquileia  a  Ravenna,  a  cacciar  d'Italia 
i  goti  pel  valore  di  Belisario  e  di  Narsete; 
ma  quest'ultimo  dopo  aver  innalzato  in 
Rialto  le  chiese  di  s.  Teodoro,  e  de' ss, 
(iemitiiano  e  Menna,  grandemente  dal- 
l' inij.)erati'icc  Sofìa  irritalo,  chiamò  ad 


,  4                     ^  E  IN  VE  N 
ocoupnre  la  I>f'la  legiono  Alboino  re  de'  fjiKtli  aI)I)nni]iiiiP.rono  coroggiosamente  i 
Longobardi  (f^.)  verso  il  568;  laonde  ni-  ]>aesi  nativi  colla  peisiwsione,  che  rese  le 
r  iiiiptro  gieco  in    Italia  non    l•e^lò  (he  venete  Lagune  più  copiose  di  popolo,  vi 
\'  Esarcnlo  \.\\  Ravcunn   (T^)-  In    tulle  avrel)bero  condoUo  meno  disagiata  la  vi- 
quesletrcniende.irruzioni  barbariche, ac-  ta.  1  popoli  dell'infelice  provincia  corse- 
conipagnale  dal  ferro  e  dal  fuoco,  e  da  ro  in  esse,  recando  seco  il  buono  e   il 
ogni  maniera  d' indicihili  ecccs>i,  quanti  meglio  che  polerono.  Que'di  Padova  da 
d'  Italia  polerono  evadere,  da  questo  o  qualche   tempo  ricorrevano  all'  isola   di 
da  quel  lato  (uggirono.  Le  isoletle  della  Rialto,  come  ad  un  porto  pel  lorocom- 
Veiiezia  maiillima  dell^nllimo  seno  del  uicrcio  marittimo  ,  dove  i  legni   loro  si 
j;olfo  Adriatico,  furono  un  asilo  fortuna-  fermavano   prima  d'  entrare  nel   fiume, 
to  a'veneti  (Iella  Venezia  terrestre,  dove  ed  allorché  un  incendio  vi  consunse   i\. 
(in  dalla  i ."  invasione  d'Alarico,  o  alme-  case  iigiiee,  fattone  volo  a  Dio,  vi  aveva- 
no non  più  laidi  del  42  i  incominciarono  a  no  gli  ahilauti  fabbricalo  una  chiesa  de- 
liparare  i  fuggitivi,  talvolta  inseguilicol-  dicala  a  s.  Giacomo  nel  4^  '  (''  cui  ul- 
le  spade  alle  reni.  Furono  quindi  i  nuovi  timo   re^ta^^o   si   va   operando   dopo  la 
jfbilalori    dell'isole   denominati    leciteli  metà  del   i858),  percui   comunemenle 
secondi,  per  distinguerli  Ù!\  Teneti  pri  si  ritiene  la  prima  parrocchia  innalzata  in 
/;»'  abita  lori   delle    rr.edesin^e.  Essi   sul  questa  città;   ma  non   è  cerio  perchè  il 
dorso  delle  varie  isoielle,  che  sormonla-  Galiicciolli  sostiene  non  e^sere  slata  pro- 
vano la  superficie  dell'acque,  piantarono  prianu:nle  la  i  .^  chiesa  fondata  in  Vene,- 
aliituri  e  c;i panne,  lórmandu  così  a  poco  zia;  non  che  riedificato  un  maggior  nu- 
a  poco  la  <  itià  di   Venezia.  La   Venezia  mero  di  case  intorno.  Quanto  alla  chiesa 
terresti  e  fu  lai.'  a  risentire  l'urto  del-  di  s.  Giacomo  di  Kialto,  osserva  ancora 
l'irresistibile  torrente  devastatore  de'b^r-  l'ab.  Cappelletti,  essere  o[)inione  di  al- 
baii,e  provarono  pi  cslo  i  veneti  il  pregio-  coni,  che  prima  di  essa  altre  ne  abbiano 
dÌ7Ìo  di  loro  situa/ione,  in  un  paese  deli-  esistito  stdle  primitive  maremme  venete, 
zioso  bensì,  ma  tulio  anello  e  divenuto  sènza  però  nominarle;  ma  egli  non  le  re- 
sliada  ordmaiia  de'bnibari,  per  penetra-      pula  anleriori   alla  riferita  e[)Oca.  »  Po- 
re  nel  cuore  dell'  impero.  A  queste  iso-      irebbe  anche  darsi,  che  sebbene  altre  ve 
Ielle  rifuggivano  adunque  solleciti,  come      ne  fossero  siale  erette,  la  sola  di  s.  Juco- 
od  un  porlo  sicuro  ,  come  ad  un   ritiro     posi  dicesse  la  prima,  perciocché  fra  tut- 
inaccessibile,  il  quale  pei  ònon  presentati-      le  le   altre  la    prima  che  venisse  consa- 
do  loro  altro  merito  che  quello  d'un  ri-      grata  solennemente  per  mezzo  dell'cpi- 
covcro  nell'infuriare  della  tempesta,  pri-      sco[)al  ministero".  La  chièsa  de'ss.  Ser- 
vo delle  comodità,   cui  lunga  consuetu-     yio  e  Bacco,  una  delle  primissime  erette 
dine  gli  aveva  accostumali,  non  sì  tosto     nell'isole  dalla  pietà  de' primitivi   profu- 
i  barbari  si  allontanavano,  che  abbando-     gl)i  della  terraferma  o  veneti  secondi,  la 
navano  anch'essi  que'meschini  asili   per     crede  probabilmente  contemporanea  al- 
tomare alle  loro  sedi  primiere.  Ma  qiian-      l'altra  ili  s.  Jacopo  di  Rialto.  11  Cornei' 
do  Aitila  co'suoi  unni  si  volse  all'  Italia,     la  dice  edificata  nell'isola  di  Olivolo,  ora 
«inando  la  fama  si  fece  a  precederlo  col     Quintavalle,  sotto  l'immediata  giurisdi- 
racconlodella  sua  infinita  baibarie,quan-     zione  quindi  de'palriarchi  gradesi,  insie- 
do fu  inleso  che  alla  Venezia  terrestre  si      me  con  tutte  l'altre  della  Venezia  marit- 
oppressava,  lo  spavento  fece  abbandona-      lima  fino  alla   fondazioiie  del  v£scovalo 
re  Inmulludsamenle,  disperatamente  cit-      d'Oiivolo;  e  fu  lai."  cattedrale  della  cit- 
tà e  campagne;  inclusivamenle  a   quelli      là  di  Venezia,  a  cui  successe  quella  di  s. 
eh'  crauo  grandi  per  ricchezze  e  cuori,  i     PicUo  di  Caslello.  Prima  della  deraoU* 


A  E  N  V  E  N                      1 5 

zione  della  cliics^n  di  s. Teotloio,  nnclie  in  din   nel  vicino  E>.luario    di    Cnpnile  o 
e.^sa  il  vescovo  d'Olivolo  vi  aveva  la  ciit-  Caorle  ,  con  altri  abitanti  di  altre  città 
tedia  pastorale.  E  acconcio  che  io  lipro-  e  luoghi  del  Trevigiano;  quelli  d'  Acjni- 
duca  il  riferito  dalla  G/7:rr//<7  ^//V/icz/^  leia  a  Grado.  A  misura  che  le  sleimi- 
de'i5  lebbraio  j  855,  che  leggo  nel  n.  4^  natrici  armi  d' Attila  avanzavano,  la 'di- 
dei  G/o//w/('<^///ion;(7.'.0  vogliono i  nio-  seizione  facevosi  maggiore.  Senza  dislin- 
derni  storici  dare  inconiincianiento  a'fa-  zione  d'  età  o  di  se»so  lutti  fuggivano,  e 
sti  di  Venezia  dall'anno  4^1}  ''^  cui  se-  portavano  con  loro  suppellellili,  fienali, 
guì  la  fondazione  della  prima   chiesa  di  effetti,  cpianlo  mai  peimettevano  il  disor- 
s.  Jacopo  di  Piivonllo;  o  vogliono  prcn-  dine  e  la  fretta.  Finalmente  da  quel  bar- 
der  le  mosse  dal  4^^^j  epoca  deli' elezio-  haroquasi  distrutta  Aquileia,  presee  snc- 
ne  del  primo  de'suoi  tribuni;  o  vogliono  cheggiole Concordia,  Oderzo,  Aitino,  l*a- 
riportarsi  al  697,  in  cui,  di  consenso  col  dova,  ed  altre    città    niol(is>ime,  "viem- 
patriarca  eco'vescovi.deliberavasi  la  erta-  maggiore  fu  il  concorso  a' veneti  rifugi, 
zione  d'un  doge  in  Paolo  Lucio  Anale-  anche  co'popoli  di  Verona,  Vicenza, IMon- 
sto,  che  nel  1797  doveva  aver  l'ultimo  selice,  Este,  Asolo,  Ceneda,  Belluno  e  di 
de'successori  (cioè  ebbe  termine,  peicliè  altri  luoghi  delle  venete  provincie,  don- 
Manin  eia  stato  eletto  nel  I789);certa  desi  coprirono  di  nuore  genti,  oltre  quel- 
cosa  è  che  per  i  veneziani   la   stella   del  le  prime  anche   le  isole  di  Dibioiie,  Era- 
mare,  in  seno  di  cui  andaiono  a  cercale  elea,  l'^^uilio,  Mazoibo,  Ammiano,    Lni- 
sicurezza  e  pace,  e  riiggiuiiseio  graiidez-  lano,  Costanzinco,  IMui  ano,  Oli  volo,  l*o- 
za  e  gloria   imuiorlale  ,  è  stata   sempre  veglia  ed  altre  minori  fino  a  Capo  d'Ar- 
I\]aria,  tanto  che  dal  mese  e  dal   giorno  gine,  ora  Cavaryeie,  castello  situatoin  ri- 
della  sua  Annunziazione  (nel   quale  pò-  va  all'  Adige.  Tanto  e  meglio  iifeiiscono 
sere  la  impietra  alla  diiesa  di  s,  Jacopo  il  Dandolo,  fV/ C//ro'»Vo//,  nel  1. 1  adi  !Mu- 
di  l'iiallo,  secondo  alcuni,  poiché   i    più  latori,  Eeiuin  Ilalìc.  Script.,  ed  il   8a- 
asseriscono  in  vece  che  in  detto  giorno  bellico,  Ilìstoiia  ì  ernia,  decade  i.'Co' 
si   fece  la   r/erZ/Vos/o/a)  presero  a  datar  fuggitivi  cittadini  vi  vennero  i  loro  ve<c<»- 
l'anno  del  governo  loro  (poi,  come  dirò,  vi,  e  ciascuno  piantò  in  una  o  in  un'  al- 
trasporlato  al  i."  di   lai  mese,   dal  qua!  tra  isola  la  propria  sede  e|)iscopalo,  laoii- 
giorno  avea   principio  l'epoca  del    Rio-  de  ne  deriv.iroiio  le  chiese   vc^conìIi   di 
re   Vcnttiiiìì),  uè  piìi  calda  curasi  pre-  (J  r  aria,  i\\  Caorle,  dì  Eiaclrc,  ài  lù-ii  ilio, 
seio,   nel  conquisto    dell'altera    Eisan-  tli  ÌÌJcilamoccu,  (\\  JbrcfZ/oy  divenendo 
7Ìo,  di    recar  a  Venezia  la   preziosissi-  \)v\  Gvado  meli  opali  ecclesiaslica  della 
ma  di  quelle  trionfali  spoglie,  la  B.  Ver-  nuova  Femzia,  con  molli  privilegi  ed  o- 
gine  delle  Vittorie,  quella  a  cui  si  aggi-  neri,  e  formatasi   la  veneziana  repubbli- 
rano  da  tanti  secoli  i  voti  e  le  gioinalie-  ca,  assistè  a'placili  o  assemblee  del  doge, 
le  speranze  d'una  popolazione ,  che  nel  con    [)ioprio   palazzo  iu   Venezia   proso 
vanto  di  [)ossedcila  e  nel  de^ideiio  d'in-  s.  Silvestro,  come   narrai   nel  §  Vili,  n. 
cessantemente  onorai  la,  non  ha  giammai  5G.  La  piìi  copiosa  emigrazione  de'veneli 
posto,  ne  porrà  limile".  A  Rialto  dun-  abitatori  ddla   terraferma,  fu  dunque 
que,  solito  loro  asilo,  si  ritirarono,  ed  e-  quella  per  la    venuta  di    Aitila,   per   lo 
ziandio  nell'isole  d'Albiola,  di  Malamoc-  spavenlo  da  lui  sparso  da  per  lutto.  Ces- 
co, di  Pelestiina   e  di  Chioggio.   Egual-  sala  anche  questa  disastrosa  irruzione,! 
mente  in  alti  e  si  rilugiarono  Jillri  vene-  rifuggiti  [)er  sopiap[)ià  pressati  da   un;» 
ti;  quc'd  Aitino.  do[iO  valorose  difese  de-  gran  carestia,  uscirono  dal  seno  dell'  ac- 
g'i  abiliuiti,  in  Toicello  e  nelle  picco'e  que  C(.me  per  cercar  l'abbondanza  delle 
isole  che  la  ciicondavaDO;que'di  Coucoi-  pi  ime  loro  abitazioni  di  terraferma.  Il  ri- 


>  0  V  E  N  V  E  N 

torno  peib  non  fu  tanto  pieno,  Innfo  gp-      nnl.l  d'Allila  clie  fu  nel  /^^i,  fuo]a'venc»i 
neiiile  quanto  era  slata  la  fuga;  f^ian  nu-      storici  comunemente  accettata),  dono  la 
mero  di  loro  per  evitare  in  appresso  tra-      venula  di  Gesù  Cristo,  cominciando  l'an- 
smigrazion.  così  precipitose,  ed  isfuggire      no  a'  25  marzo,  come  dissi  parlando  del 
insiemea  pencoli  a  cui  era  soggello  il  con-      jlJore  renetimt,  nel  §  IX,  n.  i,  rilenula 
tinenle,  gravi,  continui  e  inev. labili,  ,, re-      epoca   della   dedicazione  della' suddetta 
sero  li  parlilo  di  fermare  stanca  in  quel-      chiesa,  fincliè  a  maggior  comodità  fu  poi 
J  isole  medesimeche  avevano  loro  procu-     cominciatorannodeliaRepubblica  ili. "di 
rato  la  sicurezza.  Così  nacque  Fenczìa,      marzo;  com'è  manifesto  altresì,che  non  da 
nome  che  m  processo  di  tempo  rislrello     pastori,  non  da  avventurieri,  non  da  pro- 
nlla   Cina   intorno  a   Rialto  edifjcalasi  ,     scritti,  cornee  forse  malignamente prele- 
pnmilivaraenle  apparteneva  a   tutto  il     se  qualcuno,  ma  da  illustri  cittadini  eb- 
complesso  dell'isole  ricordale  più  sopra,     be  i  nobilissimi  suoi  primordi.Imperocchè 
1  CUI  abitatori  formavano  la  veneziana  fa-     osserva  il  Meschini,  Venezia  si   formò  e 
miglia.  Le  più  grandi  isole  che  formaro-     crebbe  in  ricchezza  e  forza,  per  esservisi 
no  il  gruppo  e  nucleo  della  città,  che  og-     ricoverali  parecchi  de'  vescovi  a  lei  vici- 
gidi  nominiamo  Venezia,  furono  quelle     ni,  con  elette  porzioni  di  greggia.  Nata  a- 
di    Rialto,  Olivolo,   Luprio,  Dorsodur.o.      dulia  e  senza  aver  dovuto  percorrere  b 
Dice  VJrte.  di  verificare  le  date,  rifug-      stadio  dell'infanzia  sociale,  non  è  mera- 
gili  gh   antichi  veneti  nelle  piccole  isole      viglia  se  presto  l'isolana  repubblica  pen- 
giacenti   lungo  il  mare  Adriatico,  delle     so  a  darsi  una  forma  di  reggimento.  Au- 
quali  era  la  principale  Rialto,  la  riunio-      menlalasi  la  società  deirisole,pe'fug2enli 
ne  di  queste,  in  numero  di  72,f;>rmòpo-      dagli  eretici  ariani  longobardi  e  daUo  sci- 
sela la  Cina  di  Fenezia,  il  cui  reggimen-     sma  de'  Tre  C^/;//o//(/^).consideraudo  la 
to  sempre  autonomo,  fu  soggetto  però  a     chiesa  eretta  in  Oli  volo  in  onore  di  s.  Pie- 
qualche  variazione,  repubblicano,  qua^i      t,o  per  principale,  indi  cattedrale,  ivi  se- 
monarchico.eper  ultimo  puramente  ori-     devar.o   i  giudici,  e  sovente  il  popolo  a 
slocialico.  La  Venezia  fu  sempre  posse-     grande  e  generale  assemblea  nazionale  ra- 
«luta  da  SUOI  primitivi  abitatori,  senza  che     dunavasi.  Ma  vedendo  appunto  il  popò- 
mai  nazione  alcuna  straniera  sia  preval-      Io,  essere  il  corpo  della  nazione  in  diverse 
■?  '.V  "T"'"'''"'"^  '"  '"''°  "  '"  P''"'''^  '^  '^-      '^"'^  disperso,  e  come  senza  una  comun<i 
di.  JNell   irrompere  de'  barbari  nella  Ve-      società  un'isola  dall'  altre  separala  non 
nezia  terrestre  ,  gli   abitanti  ripararono     poteva  da  se  sola  provvedere  a'bisogni 
nella  Venezia  maritlima,  sicuro  asilo  e  in-      della  vita  e  resistere  agii  esteriori  assalti^ 
tatto.  Questo  asilo  si  mantenne  poi  mai      saviamente  si  deliberò  di  formare  di  quel- 
sempree  fino  agli  ultimi  tempi  indipen-      le  tante  membra  un  corpo  solo,  il  quale 
dente  e  franco  da  occupazioni  di  estranee      parimenti  si  avesse  a  governare  con  uno 
genti.  Per  mito  queslo  si  vuole,  qual  ca-      spirito  solo.   Fu   stabilito  dunque  verso 
none  storico,  da  ultimo  esplicitamente  e-      l'anno456  circa  un  tribuno  per  l'ammini. 
mincialo  :  Che  se  vi  ha  goccia  di  sangue      slrazione  della  giustizia,  il  quale  fosse  giu- 
dcglilaIiprimiliv,,scorreindubitalamen-      dicedei  proprio  distretto,  composto  da 
te  i^Ile  vene  de'veneziani.  Pel  modo  on-      una  dell'  isole  principali  e  da  altre  mino- 
de  Venezia  nacque,  è  manifesto  che  non      ri,  secondo  le  leggi  formate  di  mano  in 
SI  può  hssare  un  punto  in  cui  dirla  fon-      mano  nelle.nascenli   occasioni,  da  quegli 
data,   tuttavia  prevalse   l'uso  di  contar      nomini  d' ingegno  anzi  maturo  che  sotti- 
J  /tm  /  enczmun  dall'anno  ^i  i   (la  Ira-      le;  che  i  tribuni  fosseroscelli  annuahnen- 
dizione  del  principio  della  repubblica  in      le  dal  volo  comune  di  coloro  che  dove- 
tale  anno,  sebbene  non  si  accordi  colla  ve-     vano  rejjgei  e;  e  clte  si  chiamassero  oìjbJi-' 


VE  N 
gnfi  n  lentliT  conto  cleiraninìinisliazione 
loro.  Riiiniroiisi  poi  i  liibuni  per  consul- 
tare e  deliberare  ogni  volta  die  trattato 
si  fosse  d'un  aiT-ire  che  avesse  interessato 
il  generale  della  nazione,  cui  nell*  accen 
nata   assemblea   raccolta  ,  riservavasi   il 
giudizio  sopr<i  le  tribunizie  deliberazioni, 
come  narra  pine  il  Mntinelli.  L'adonanze 
generali  e  nazionali  si  di  "'ero  eziandio  con- 
cioni, in  esse  risiedeva  il  diritto  di  trat- 
tare le  bisogna  dello  slato;  ilqual  sistema 
stabili  la  subordinazi-jne  senza  nuocere 
all'eguaglianza,  né  toglieva  alla  libertà  se 
non  quel  tanto  che  poteva   viziarsi  in  li- 
cenza, l'er  molli  anni  sotto  il  tribunizio 
reggimento  prosperò  la  veneziana  fa  mi- 
glia, crescente  ogni  giorno  di  forze.  11  prof 
Romanìn  nel  lib.i,c.  5,  ragiona  del  prin- 
cipio dello  stato  veneziano,  della  dipen- 
denza o  indipendenza originariade'vene- 
ziani,  del  governo  interno  delle  città  ro» 
mane,  della  costituzione  della    Venezia 
terrestre,  e  della  relazione  de' veneziani 
coiritalia,  coll'impero  d'Oriente  e  con 
quello  d'Occidente.  Egli  dice,   in   tulio 
questo  le  opinioni   sono   profondamente 
divise,  poiché  alcuni  vogliono  i  veneziani 
fin  dal  [)rincipio  indipendenti,  altri  inve- 
ce soggetti  a'reggitori  d'Italia,  poi  a  quel- 
li di  Costantinopoli.  Molto  si   appoggia- 
no i  primi  sopia  una    lettera  di   Cassio- 
doro  scritta  in  nome  di  Vitige  re  de'go- 
ti  (dominò  dal  536  al  5^o)   a'   Tribuni 
ìnaritlinii  ossia  magistrati  de'  veneziani, 
che  il  patrio  slorico  riporta,  per  dipin- 
gere al  vivo  i  costumi  e  la  condizione  de' 
veneziani  a  que'tempi.   Li   loda  agilissi- 
mi navigatori,  e  spesso  varcare  spazi  in- 
fìiiili  j   perchè    intraprendevano    lunghi 
viaggi  per  mare  e  su  pe"  fiumi,   avendo 
grosso  navilio  e  ampio  coinraeicio,  spe- 
cialmente del  sale.  Gli  abitatori  avere  sol- 
tanto abbondanza  di  [)eice;  [)overi  e  ric- 
chi convivere  in  eguaglianza,  un  solo  ci- 
bo nutrirli  tutti.  Chiama  le  loro  case  qua- 
si come  di  acquatici  uccelli,  ora  terrestri, 
ora  insulari;  abitazioni  non  prodotte  dal- 
la natura,  ma  fondale  dall'indusliia  mi- 


V  E  N  17 

rabile  degli  uomini.  Quanto  poi  all'  in- 
(hpendenza ,  dicono  i   propugnatori   di 
questa,  la  lettera  essere  diretta  a' magi- 
strali mandati  dal  di  fuori;  non  coman- 
dare Casiiodoro,  ma  esortare:  i  venezia- 
ni soUraltisi  dall'antica  patria,  mafidali 
ad  abitare  isole  deserte  o  un  suolo  da  es- 
si creato  ,  esser  liberi  per  naturale  ordi- 
ne de'fatli.  Diversamenle  ragionano  gli 
oppositori,  e  pretendono  non  potersi  par- 
lare d'indipendenza  della   veneziana  re- 
pubblica se  non   molto  più   tardi;  esser 
lontano  da  ogni  probabilità, chequand'an- 
co  negli  ultimi  aneliti  dell'impero,  allor- 
ché tulio  era  in  dissoluzione,  l'isole  a- 
ve>seio  polulo  provvedere  a  se  come  fe- 
cero altre  città  e  provincic;  i  goti  poi  nel 
lungo  e  pacifico   regno  di  Teodorico,  e 
tenendo  una  fluita  in  Ravenna,  non  a- 
vesserò  pensalo  a  far  tornare  all'ubbi- 
dienza quell'isole  s'i  vantaggiose  pel  silo 
loro;  aversi  prove  evidenti  del  dominio  e- 
sercitatovi  poscia  da'greci;riconoscersi  nel 
titolo  d' flipatns,  conferito  dalla  corte  di 
Costantinopoli  a'primi  dogi  (come  l' im- 
peratore Anastasio  I  già  l' avea   dato  a 
Clodoveo  I  re  de'franchi,  titolo  d'onore 
che  il  Magri  dice  s\^\\\Cìcave  principale, 
e  nella  dignità  corrispondente  a  quello  di 
console;  onde  non  se  ne  può  dedurre  una 
sudditanza,  neppure  pe'veneziani);  e  nel- 
la data  de'documenti,  col  nome  dell'im- 
peratore regnante,  una  testimonianza  del- 
la dipendenza  dairim[)ero  orientale;  poi 
attestano  egualmente  una  dipendenza  dal- 
l'occidentale, senza  però  tracciare  netta- 
mente e  con  precisione  il  tempo  in   cui 
avrebbe  avuto  principio  lo  stato  venezia- 
no  indipendeote  (qiii  1'  autore  avverte 
gl'infiniti  errori  contenuti  nelle  Storia  di 
Venezia  del  Laugier  e  specialmente  del 
Dani,  dopo  l'osservazioni  e  rettificazioni 
del  Tiepolo,  ed  ultimamenle  del  Cap[>el 
kiti).  Nelle  quali  discrepanti  opinioni,  di- 
chiara il  Komanin  ,  è  tuttavia   pnrle  di 
vero;  errano  però  ambedue  prendendo 
in  modo  assoluto  e  difinitivo,  ciò  che  as- 
bolulo  e  difinilivo  uon  poteva  essere  e 


voL.  xcri. 


1 8                      V  E  IN'  y  li  y 
doveva  leslaisoggelloall'aziooe  dogliav.  nezinnn  ,  .juesto  il  principio  del  governo 
venimeiili  e  delle   varie   emergenze.    La      democrolico  neirisole,  non  giù  che  i  pio- 
sloria  fa  vedi-ye  le  lelazi.^ni,  die  furono      fughi  s'accordas^e^•o  d'islitoire   una    le- 
se.npie  Ira  l'isole  e  la  Venezia  lenesiie,      pubblica  democratica,  ma    venne  essa  a 
derivanti  dall'origine  comune,  dalla  fi  e-      formarsi  come  conseguenza  naturale  del 
qnenia  de'  passaggi,  dalla  giacitura,  da-  diritto,  che  quelli  già  avevano  nelle  In- 
gl'inleressi  del  commercio  interno  ed  e-  ro  città  natali,  di  concorrere  alla  nomina 
sterno.  A  Malantocco,a  Toreello,  a  Cliiog-  de'propri  magistrali;  e  della  comunanza 
già,  a  Rialto  erano  i  porti,  gli  ancorag-  di  sciagure  che  gì'  interessi  altresì  acco- 
gì,  gli  emporii  de'veneti  terrestri,  e  perciò  munava.  Trovasi  qualche  memoria  d'im 
doveva   esservi   una  popolazione  dipen-  consiglio  particolare  o  minore,  costituii 
dente  dalle  città  madri;   doveva   esservi  to  probabilmente  da'nobili  e  maggioren- 
/lualche  magistrato  incaricalo  della  vigi-  li,  ma  insieme  d'una  popolare  assemblea 
lauza,  come  l'avevano  i  porti  toscani    e  deliberante;  e  tal  forma  di  governo  pò- 
nel  secolo  V  quel  di  I»isa,  e  col  nome  ap-  tè  manienersi  nell'isole  anche  durante  la 
punto  di  Tribuno.  Era  cpiesto  magistia-  dominazione  erula  e  gotica  in  Italia,  la 
to  negli  ultimi  ten)pi  dell'  impero  un  uf-  quale  avendo  lasciato  sussistere  le  roma- 
fizialc  investito   talvolta,  come   il   duca,  ne  istituzioni,  non  alterò  il  governo   de' 
d'una  giurisdizione  oltreché  militare,  au-  veneziani.  Pare  che  i  veneziani  facessero 
che  civile.  La  costituzione  imperiale  fi<r-  parte  del  regno  gotico,  che  possedeva  l'in- 
ni precisamente  le  basi  all'  ordinamento  tera  Italia,  e  cheavca  probabilmente  una 
dell'isole  veneziane,imperocchècome  nel-  fiotta  ad  Aquileia,  ed  altra  per  sicuro  a 
le   città   maggiori   di   terraferma    erano  Ravenna.  La  loro  dipendenza  f-piò   era 
duci  e  prefetti  comandanti  de'loro  presi-  più  nominale,  che  di   fallo;  regolavusi  a 
dii,  e  nelle  minori  tribuni;  così  è  a  ere-  norma  dell'emergenze,  era  quale  conve- 
dei-si  che,  durante  ancora  l'impero,  sieno  ni  va  ad  uno  sialo  nascente  ,  che  pe'suoi 
stali  mandati  al  governo   dell'  isole   ap-  rapporti  colle  lene  vicine,  pe'suoi  inte- 
partenenti  a'  lerrilorii  di  Padova,  Aqui-  ressi    commerciali  non  poteva  nimicarsi 
leia  ec,  egualmente  tribuni,  sopratlulto  col  dominatore  di  quelle.  La  relazione  de' 
negli  ubimi  tempi.  Per  la  venula  d'Alti-  veneziani  col  regno  gotico,  fu  quella  te- 
la nel  452,  data  die  non  si  accorda  col-  nula  anche  più  lardi  co'due  im[)eri  d'O- 
J'era  nazionale  fìssala  al  421,  come  già  rienle  e  d'Occidente;  fu  una  relazione  di 
dissi.e  per  la  distruzione  di  Padovani  lega-  protelloi  alo,un  riconoscimenlodi  rispet- 
me  che  teneva  unite  l'isole  a  questa  città  lo  e  d'  omaggio  al  sovrano  che  regnava 
e  all'altre  del  continente,  venne  naturai-  in  Italia  e  da  cui   ottenevano  in  cambio 
mente  a  sciogliersi,  e  gli  abitanti  di  quel-  utili  privilegi  e  la  conservazione  del  pro- 
le costretti  a  provvedere  a  se,  passarono  prio  stato.  L'  isole  dunque,  senza  essere 
a  nominare  ne' propri  comizi   i  tribuni,  propriamentesndditc.furonosotlo  la  pio- 
onde  l'accreditata  Cronaca  Savina,   pò-  lezione  de'  re  goti,  i  quali  non  avevano 
nendo  nel  466  la    loro   creazione,   dice  motivo  di  fcnne  la  conquista,  dacché  e- 
che  SI  ridussero  in  Grado  e  s'istiluì  una  rano  nominalmente  annesse  al  loro  im- 
repubblica,  composta  de'membri  di  tulle  pero;  mentre  esse  poi  dal  canto  loro,  prò- 
quell'isole;  per  essersi  moltiplicato  il  pò-  fìllando  d'ogni  propizia  occasione, alien- 
polo  e  succedendo  molli  disordini,  onde  lavano  a  poco  a  |)oco  sempre    più   qtie- 
i  capi  delle  case  si  adunarono  in  Grado  sto  vincolo  di  dipe-idenzn,  finché  si  semi- 
e  nominarono  in  ognuna  dell'isole  mag.  se  del  lutto.  Dopo  la  morte  di  Teodori-  • 
glori  un  magistnilo  col  nome  di  liibiino.  co,  cominciate  le  guerre  gieco-goliche, 
E  questo  fu  ih. "passo  dell'autonomia  ve-  (Jostanziano  generale  de' greci   occupata 


V  E  N 

rilalin  (o  parie  di  essa)  e  le  isole  della 
Venezia,  colle  navi,  dalla  loro  parte  get- 
tatisi i  veneziani,  .colle  proprie  barche 
soccorsero  limpresedi  Belisario  e  di  Nar* 
sete.  A  qiiesl'nllimo,  e  contro  i  venezia- 
ni, ricorsero  i  pntlovani,  per  essersi  impa- 
dioniti  del  porto  di  Malarnocco  già  ,ap- 
parlenenle  a  Padova,  non  che  occnpatu 
tntlele  bocchede'tiunii  a  loio  nso,  e  nin- 
nile con  difesa,  essendosi  soliralte  l'isole 
dall'  antica  dipendenza  ,  e  di  tulio  do- 
mandando la  reintegrazione.  Però  i  ve- 
neziani rappresentarono  a  Narsete,  ninn 
dirillo  avere  i  padovani  sui  luoghi  che 
un  tempo  avevano  ricoverato  i  loro  an- 
tenati, e  da  questi  assicurali  e  inglandi- 
ti:  appartenere  l'isole  alla  gente  che  l'oc- 
cupavano e  sempre  l'avevano  abitale,  ed 
appartenere  quell'acque  a'marinari  che 
le  solcavano  e  difendevano.  Narsete,  pre- 
muroso di  recarsi  alla  spedizione,  si  asten- 
ne dal  decidere  la  lite,  soltanto  consi- 
gliar)do  le  due  parti  a  concordia  e  pace; 
e  recatosi  a  Piiallo  fece  voto  d'innalzar- 
vi le  suddette  due  chiese.  L'occupazione 
greca  viene  riguardata  dal  eh.  Roma- 
nin,  piuttosto  un'occupazione  inililare,  e 
truppe  greche  tuttavia  erano  a  Grado  nel 
declinar  del  VI  secolo.  Ma  calati  in  Italia 
i  longobardi,  ebbe  lungo  nuovo  e  gran- 
de concorso  di  profughi  nell'  isole  delle 
Lagune,  i  Cui  abitanti  decisero  di  non 
più  ripalriare,  di  dar  forma  stabile  al 
fdtto  fuio  allora  per  modo  di  provvisio- 
ne, e  di  ordinare  il  proprio  governo.  L'e- 
lezione de'capi  o  tribuni  ne'comizi  dell'i- 
sole venne  perciò  sancita  solennenieutp, 
e  cos'i  tale  ni;igislratura  fu  stabilita  lego- 
laiinente.  A  dimostrare  l'elezione  esser 
seguila  di  piena  autorità  degl'isolani, 
senza  riguardo  alle  città  madri,  s'intito- 
larono i  liibuni  delle  12  isole  maggiori: 
Noi  Tribuni  de  W  ho  le  delle  Lagune  M^  - 
rilliine. preposti  dalla  università  di  quel- 
le. Il  Sagomino  da  qucsl'ejìoca  comincia 
a  registrar  lelezione  de'  tribuni  annuali, 
cioè  circa  alla  metà  del  secolo  VI ,  con 
polere  civile  e  militare  per  ammioislra- 


V  E  \  19 

re  In  giustizia  agli  abitanti,  falla  da^  ve- 
neziani nell'isole  nel  mancare  di  gover- 
no, e  poi  indipendenti  dalla  madre  pa- 
tria, con  Giade  per  ineiropoli;  essendo 
durato  il  governo  tribunizio  1 5o  anni. 
Per  tutto  (pieslo,  sembra  al  prof  Rouia- 
nin,doversiconsiilerare  lo  sta  lo  veneziano, 
come  veramente  costituito,  solo  alquan- 
to dopo  la  metà  del  VI  secolo;  non  però 
ancora  indipendente, per  durarelutlavia 
una  relazione  più  o  meno  stretta  di  di- 
pendenza óaW  Esarra  (^^.j  greco,  co- 
nìiiicialo  in  certo  modo  nel  544  ^  meglio 
nel  568  con  residenza  in  Ravenna.  Le 
isole  per  la  loro  giacitura,  opportima  a 
servir  d'appoggio  alle  greche  intraprese 
contro  i  longobardi,  e  dar  soccorso  alle 
ciltà,  che  couie  Padova,  si  sostenevano  li- 
bere da!  dominio  di  quelli,  acquistarono 
una  grande  importanza  per  l'impero  gre- 
co di  Costantinopoli.  Quindi  per  restituir- 
si ad  essa,  il  \°  esarca  Longino  nel  la- 
sciar l'i  talia  nel  584,  ^'  '"'^^^  ^  visitar 
l'isole  venete;  restò  meravigliato  di  loro 
condizione,  dell'operosità  degli  abitanti  e 
del  loro  prosperamento,  trovando  vero 
il  detto  da  Narsete^  d'  essersi  i  veneziani 
creata  una  patria  sicura  da  ogni  nemica 
invasione.  Pertanto  desiderò  firlipiùa- 
mici  del  suo  imperatore  greco  Maurizio, 
stimandolo  vantaggioso;  e  mostrandosi 
co'veneti  sommamente  benevolo,  prese  a 
perstiaderli  a  farsi  spontanei  buoni  ser- 
vitori dell'impero  e  soccorrerlo  colTarmi 
al  bisogno,  senza  giuramento  di  fedeltà. 
?  veneziani  riflel tendo  che  con  tal  atto 
d'  osservanza,  nulla  perdendo  della  pro- 
pria libertà,  acquistavano  ne  a  specie  di 
protellorato  e  per  questo  molti  privilegi 
e  incremento  al  loro  commercio;dopo  a- 
ver  ricordato  al  l'esarca, com'erausi  crea- 
lo tale  asilo  nelle  Lagune  da  non  temere 
d'essere soggetlali  né  d  dl'imperatore,  ne 
da'  re,  né  da  altro  qualunque  principe, 
acconsentilo  alla  prn[>osla,  inviarono  al- 
l'uopo alcuni  de'più  ragguardevoli  a  Co- 
stantinopoli. L'imperatore  gli  accolse  as- 
sai benignamente,  lodò  la  presa  delibe- 


20  YEN  YEN 
razione,  e  concesse  loro  un  diploma,  con  zioni  e  qnanlo  si  riferisce  a  possessioni, 
prornelleie,  olire  particolari  favori,  la  fiumi,  passaggi  ec,  tlc'veneziani  nel  re- 
proiezione (li  tulle  le  forze  impeiiali  per  gno  d'Ilalia.  Alcune  espressioni,  che  seni - 
trilla  l'estensione  marillima,  e  la  piena  brano  acceimare  ad  un  dominio,  incKisi- 
siiurezza  del  loro  cotnniercio  nel  vaslo  vamenle  all'invilo  fatto  nel  i  3  i  i  da  En- 
in)pero  ,  con  ampia  lacollà  di  trallicare  rico  VII  al  doge  di  mandare  ambascialo- 
liberamente  di  tulle  le  cose  e  in  lutti  i  ri  alla  sua  coronazione  (e  chi  mai  polrcb- 
Juoghi  del  medesimo.  Questa  fu  duncjue  be  osare  dire  in  quel  tempo  Venezia  di- 
lai/  relazione  politica  de' veneziani  con  pendente  dall'  impero?)  o  che  suonano 
Costantinopoli,  e  al  paro  di  quella  co're  orgogliose,  sono  dello  stile  diplomatico 
d'Italia,  piìi  di  protezione  che  di  som-  del  tempo  e  derivate  dalla  pretensione 
niessione.  Riconobbero  l'imperatore  gre-  curiosa  e  vana,  che  quegl' imperatori  a- 
co  come  loro  alto  signore,  si  piegarono  vevano  della  propria  supiema  autorità  su 
alle  formole  servili,  volute  dall'orgoglio-  tutto  il  mondo  cattolico,  come  in  tanti  qi-- 
sa  vanità  della  corle  d'Oriente,  accetta-  licoli  narrai,  osando  intrudersi  talvolta 
l'ono  il  costume  generale  di  porre  in  ca-  persino  nella  Soi'raiiità  della  s.  Sede  e 
poa'propri  atti  il  nome  e  gli  anni  dell'im-  de'  Papi  [T  .) ,  '\  c\i\Sk\\  nella  persona  di 
peralore  regnante;  ma  continuarono  a  s.  Leone  III  avevano  colla  loro  suprema 
reggersi  da  sé,  colle  nroprie  leggi  e  ma-  autorità  ristabilito  nell' 800  Y  Impero 
gistrali ,  facendo  guerre  e  concludendo  d'  Occidente.  Parole  non  meno  superbe 
trattali  ,  cose  tutte  che  non  avrebbeio  easiatiche,  ampollosamente  usò  la  Tur- 
polulofare  in  condizione  di  sudditanza,  chia  ne' dì  della  sua  formidabile  poten- 
Le  testimonianze  degli  stessi  storici  gre-  za,  verso  i  scissi  principi  cristiani,  i  quali 
ci  concorrono  a  provare  ,  che  la  reb-  inoltre  pagarono  lungo  tetnpo  certi  tri- 
zione  de'veneziani  verso  rim[)ero  d'  O-  buti  agli  stnli  barbareschi  dell'  Africa, 
liente,  era  soltanto  di  protezione,  di  ri-  A' Algeri^  Tunisie  T/7/?o//,  come  di  chia - 
verenza  e  non  di  soggezione;  e  tale  eia  rai  in  quegli  articoli,  per  mettersi  al  sicu- 
aitresì  verso  gì'  imperatori  d'Occidente,  ro  dalle  loro  piraterie,  senza  averne  per- 
Uappresentavano  questi  la  maestà  del  ro-  ciò  ad  inferire  che  fossero  sudditi  di  que- 
niano  impero,  tenevano  le  vicine  terre  gli  stati  o  da  essi  dipendenti,  il  Romaniu 
d'Italia,  ea'veneziani  dovevastare  a  cuo-  conclude  i  suoi  critici  e  pregevoli  schiari- 
re di  conservarsene  la  buona  grazia  pe^  menti  col  dire:  che  l'isole  delle  Lagune  in 
loro  commerci  terrestri,  come  quella  de-  principio  fmono  dipendenti  dalla  Vene- 
gl'imperatori  orientali  pei  marittimi,  zia  terrestre,  alla  quale  erano  annessejche 
Quindi  anche  verso  di  quelli  certe  esle-  nella  confusione  derivala  dall'invasioni 
riori  dimostrazioni,  cerio  tributo  altresì;  barbariche,  esse  trovandosi  staccate  dal- 
rna  questo  e  tpielle  soltanto  per  tutela  la  madre  patria,  doverono  provvedere  a 
da'tialfici  e  per  la  sicurezza  delle  terre,  sé  e  nominare  i  tribuni  a  propri  magl- 
ie quali  assai  per  tempo  acquistarono  strati,  che  probaijiimente  prinja  da  quel- 
snl  continente,  il  tulio  provandosi  con  la  ricevevano;  che  riconobbero  il  domi- 
documenti.  I  diplomi  imperiali,  coinin-  niogotico, dal  quale  non  ebbero  molestia 
ciando  dal  più  antico  di  Lotario  I  del-  e  furono  lasciate  in  possesso  del  proprio 
r84o,  di  cui  ragiona  in  progresso  dellac-  governo  municipale  ;  che  infine  a'  tempi 
turala  e  bellissima  storia  il  bene(nerifo  longobardici  la  loro  costituzione  prese 
patrio  autore  Romanin,  trottano  collo  forma  stabile,  e  le  loro  prime  relazioni 
stato  veneziano  come  una  potenza  rico-  co'  re  d'Italia  e  cogl'  im[)eratori  furono 
nosciula,  ne  disegnano  i  conlini  e  le  pò-  quali  ponno  meglio  corrispondere  ad  m\ 
poiazioni,  regolano  le  scambievoli  rela-  protettorato, che  ad  una  vera  sudditanza. 


V  E  iN 

3. La  condotta  de'greci  iie'lorodoiiiinii 
d'Ihtlia, fecero  o'popoli  talvolta  desidera- 
re il  dominio  de'  longobirdi,  convertiti 
dall'arianesimo  al  caltolicismo;  ma  pre- 
cipuamente riconoscendo  per  padri  e  su- 
premi protettori  ellicaci  i  romani  Fonte- 
liei,  anco  nelle  cose  civili,  onde  eserci- 
tavano una  specie  di  sovrani'à  tempora- 
le, die  non  lardò  a  produrre  il   princi- 
pato a  cui  l'acclamarono  gli  stessi  popoli, 
trascurati  e  angariali  da' greci,  e  spesso 
aggravali  ila'  longobardi   sempre  cupidi 
d'ampliare  Is  loro  invasioni, aspirando  al- 
l'intera signoria  d'Italia, la  quale  di  quan- 
do in  quando  era  desolata  ali'  occidente 
dèi!rirruzionide'franclii,ed  all'oriente  da 
({uelle  degli  avari.  L'impero  greco  in  pre- 
ila  a  continue  rivoluzioni  e  dispulazioni 
religiose,  minacciaìo  pur  esso  da'barbari 
da  tutte  le  parti,  niim  soccorso   poteva 
m  uidare  a'possedimenli  rimastigli  in  I- 
talia.  Ed  i  veneziani,  esposti  a  gravi  mo- 
lestie, per  parie  de'  longobardi  e  degli 
slavi,  a  mala  pena  si  sostenevano.  A  quel 
tempo,  un  nuovo  popolo  usciva  dall'A- 
sia, ohe  pel  fanalisu'o  religioso,  predica- 
lo dall' iujpoilore  Miìonwllo  (/-'.),  dive- 
nuto a  un  trailo  conquistatore,  per  pro- 
pagar colla  spada  la  falsa  credenza,  mi- 
nacciò la  stessa  Europa,  fece  tremare  Co- 
stantinopoli e  stabilì  per  olire  7  secoli  il 
suo  dominio  nella  Spagna.  Esso  princi- 
palmente si  compose  in  principio  d'arabi 
Saraceni  (^  ■),  i   quali  occuparono  e- 
ziandio  la  Siria,  Gerusalemme  e  gli  altri 
luoghi  di  TcrraSanta( F .).\ìì  [eit)p\  tan- 
to burrascosi,  anche  la  nascente  repub- 
blica di  Venezia  fu  costretta  ad  impugnar 
l'armi  a  propria  di!t;sa.  Imperocché,  di- 
scesi gli  slavi  ^\ì\  Danubio  e   dalla  Sava 
fino  alle  sponde  dell'Adriatico,  l'alpestre 
natura  del  suolo  dell'attuale  Dalmazia, la 
facilità  di  sicuro  riparo  che  loro  offriva- 
no i  tanti  sejii,  i  tanti  golfi,  gl'invilava- 
no  alle  piialeiie,  e  su   leggere   navicelle 
percorrendo  quel    mare,  recavano   non 
poca   molestia  a'  veneziani.   Accaddero 
«juindi  fin  d'allora  alcuni  scontri,  Hjiie- 


V  E  i\  21 

ri  delle  lunghe  e  feroci  guerre  avvenire. 
Dall'  altro  canto  i  longobardi  non  erano 
quieti,  sempre  più  estendendosi  nella  Ve- 
nezia terrestre,  e  fattisi   confinanti  del- 
l' isole  veneziane,  or  1'  una  or  l'altra  as- 
salivano di  quelle  più  vicine  al  continen- 
te. Lupo  duca  del  Friuli,  eoa  improvvi- 
sa scorreria  saccheggiò  Grado;  altre  con- 
tinue ostilità  commettevano  i  potenti  pa- 
triarchi d'  Aquiieia;  e  tru[)pe  longobar- 
da si  spingevano  fino  ad  Eraclea  e   più 
oltre.  Fu  quindi  uopo  fortificare  le  foci 
de'  fiumi,  i  porti  de'  lidi  ;  Giado,   iVm- 
Uiiano,  Olivolo,  Luprio    ebbero  castelli 
e  torri.  Ma  non  contenti  a  ciò  i  venezia- 
ni, non  mancavano   all'  opportunità  di 
gettarsi  anch'essi  sul  continente,  e  con 
improvvise  sorprese  danneggiare  a'ioro 
nemici,  sicché  era  una  vita  continua  di 
agitazioni  e  di  armi. Tutto  ricavo  dal  prof, 
iioinanin.  Equi  puredevo  registrare  una 
gloria  della  repubblica  di  Venezia  rife- 
rita nell'articolo  Cristi \xissimo  e  Cri- 
stianissima. Narrano  il  Baronio  e  il  Ri- 
naldi negli  ,4tinaH  ccrlcsiaiticì,  all'anno 
63o,  n.    16.  «  Nel  63o  Papa  Onorio    I, 
deponendo  Fortunato  eretico  patriarca 
di  Grado,  sostituì  in  suo  luogo  Primi- 
genio suddiacono  regionario  romano,  nel 
qual  proposito  si  legge  una  lettera  scritta 
dall' istesso  Pontefice  a'vescovi  di  Vine- 
gii  e  dell' Istria,  presso  la  Chronira  lìd 
Dandolo,  nella  quale  lettera  egli    meri- 
tamente  dà  alla     repubblica   veneta   il 
degno  titolo  di  Cliristianissimaj  come  a 
quella,  che  lasciando  gli  scismatici,  per 
la  làmosa  controversia  de' 77v;  Capitoli, 
s'  era  tenuta  colla  Chiesa  R.omana,  e  per 
noi  avvilupparsi  ne'  lacci   de'  medesimi 
sci-'malici,  soleva  chiedere  il  vescovo  alla 
Stidf.  apostolica  ;  col  quale  amplissimo  ti- 
tolo ella  gloriosa  e  potente  ha  felicemen- 
te ddalato  il  suo  dominio  per  terra  e  per 
mare".  Dunque  la  repubblica  di    Vene- 
zia polè    vantare  come  il  re  di  Francia 
coi  sublicne  titolo  d'onore.    La    lettera 
d'Ouoriu  I  è  riportata  pure  dall'ai).  Cap- 
pelletti, Le  Chiese  d' haliu)  Jauileia  al- 


52  V  E  N 

l'anno"  63o,  ed  alle  ponlidcie  parole 
Chiisilanissiniae  Rcipublicde,  aggiunge 
q-ianto  nolo  Severino  Biiiio.  Hoc  litulo 
Venetani  KtinpuhUcnm  inerito  exor- 
nat  :  quia  ipsa,  relicìif  schismaticis, 
Romanae  Ecclesiae  adhaerebat,  el  a 
Bomnna  Ecclesia  Episcopum  petere  so- 
Ichal,  ne  scliismalicoruin  Inqueis  im- 
piicaretur.  JNotò  pure  il  liinaldi,  all'an- 
no G37,  n.  I,  che  gli  arabi  e  saraceni 
niaonieltani  avendo  preso  Antiochia,  me- 
tropoli di  lutto  l'Oliente,  colia  Siria  e 
Gerroaleinme,  oltre  Alessandiia.  emi- 
grando molti  de' loro  abitanti  in  Occi- 
dente, e  Irallicando  i  mercanti  ciistiani 
in  f|uelle  parti,  o  per  0[)era  d'  altri  cri- 
stiani, onde  preservarli  dalla  profanazio- 
ne, moltissimi  Cor[)i  de'  ss.  IMarln'i  e 
Confessori  fuiono  portati  a  Roma,  a  V'^i- 
negia  e  altrove.  Leggo  poi  nei  ÌNlutinelli 
che  se  la  lontananza  e  la  barbarie  de'letn- 
pi  ci  tolgono  il  conoscere  qual  fosse  pro- 
priamente ramministrazione  e  la  giuris- 
dizione de'  tribuni  nell'isole,  quale  ed  a 
qual  punto  1'  autoiità  loro  si  estendesse, 
si  sa  però  come  per  ambizione,  per  va- 
ghezza didominio,e  divisi  da  gelosie  per 
desiderio  di  migliorare  i  loro  particolari 
interessi,  abusando  i  tribuni  d'  autorità, 
lìtialmenle  commosse  1'  indignazione  e 
le  mormorazioni  di  non  pochi  aperta- 
mente. Divisa  in  fazioni  diverse  la  na- 
zione, minacciata  da' confinanti  longo- 
bardi, che  spiavano  1'  isolane  scissure 
per  trarne  vantaggio  e  ridurla  a  servi- 
lìi;  molestata  dagli  schiavoni  o  slavi 
pirati  arditamentesino  nelle  Lagune;  for- 
tunatamente nella  violenza  dell'  insor- 
te passioni  la  nazione  de'  veneti  rientrò 
in  se, e  siccome  la  cagione  del  male  stava 
nella  forma  del  governo,  in  principio 
saggio  e  valoroso,  così  vide  la  necessità 
di  cand)iarlo  e  motlificarlo.  Osserva  il 
Dizionario  veneto,  come  suole  nel  cre- 
scere delle  nazioni,  che  vanno  piìi  fre- 
quenti succedendosi  i  casi,  e  più  gravi  si 
rendono  e  più  bisognosi  di  adattati  rime- 
di, venne  il  tetnpo  in  cui  dissidii  interni, 


V  E  N 
esterne  minacce  e  danni,  richiedevano 
prontezza  ne'  provvedimenti  ed  energia 
neir  esecuzione,  quali  attendere  non  si 
potevano  dal  tribuno  del  1  uogo,  da  se  solo 
troppo  debole,  né  dalla  lenta  tribunizia 
a(liu)anza,e  rnoUo  meno  dalla  generale 
concione  o  comizi  generali  che  dirsi  vo- 
glia. l*erciò  fu  bandita  una  generale  con- 
vocazione da  tenersi  in  Eraclea,  come 
luogo  più  sicuro,  e  dove  sorgeva  trovasi 
tra'  recinti  della  diocesi  di  Treviso.  Gir- 
conilata  da  fiiuni  e  paludi  e  piuttosto 
mediterranea  che  isola,  era  Eraclea,  che 
fabbricata  nel  declinare  del  V  secolo  col 
nome  di  Melidissa,  prese  poi  quello  d'E- 
raclea, o  perchè  ampliata  ad  onore  del- 
l'imperatore Eraclio  (regnò  dal  Gfo  al 
64  '),  da'  fuggitivi  di  A-olo,  Oderzo,  Fé!- 
tre  e  altri  luoghi  della  Venezia  alpina, 
per  cnm[)are  dal  furore  di  Rotari  re  de' 
longobardi  del  636,  ed  ebbevi  rifugio  s. 
Magno  vescovo  d'Oderzo  nel  secolo  Vl[ 
cogli  esuli  suoi  diocesani.  A  vea  suolo 
asciutto  e  sano,  territorio  fertile,  la  ri- 
gogliosa selva  Eracleana  abbondantissi- 
ma di  selvaggina;  e  nella  città  molte  e 
nobili  chiese,  ricche  di  marmi  e  musai- 
ci; fiorendo  tra  le  principali  famiglie  i 
Donusdei,  i  Dongiorgi,i  Barboìani,  i  Sa- 
natlori,i  Tradonici,  gli  Erizzo,  originari 
dagli  ottimati  e  da' decurioni  d'  Oilerzo 
e  di  Concordia.  Adunata  dunque  iu  E- 
raclea  la  dieta  del  popolo,  si  propose  di 
concentrare  la  pubblica  autorità  in  uno 
solo,  col  potere  d'unire  la  nazione  quan- 
do il  bisogno  richiesto  lo  avesse,  col  di- 
ritto di  decidere  iu  ultima  istanza,  e  cui 
dovesseroesseresotloposti  i  tribuni:si  pro- 
pose pure,chenonil  titolo  di  re, bensì  quel- 
lo di  duce  o  di  condottiero  della  nazione 
dovesse  assumere.Accolta  unanimemente 
la  proposizione  si  elesse  nel  697  a  Duca 
o  Doge  (P.),  Paolo  Lucio  Anafesto  cit- 
tadino d'  Eraclea,  per  saggezza  e  per  o- 
neslà  umversalmetite  slimalo,  il  quale 
stabilì  la  residenza  in  Eraclea  stessa.  Fin 
(pii  il  Mulinelli.  A  tanto  avvenimento  è 
lune  riportare  il  riferito  pure  dal  Uoniu- 


V  E  N 

tiiii.  Dt-pliii'ulì  i  ilìssìdii  e  idisoidiui  nella 
cosa  piibl)lica  di  vari  tribuni,  «iella  ge- 
nciale  concione  o  assetiiblea  di  Eraclea, 
ilicesi  clieCrisloforo  patriarca  di  Grado  (d 
t'appelletti  lo  cliiauia  d'Aijuileia  residen- 
te in  (irado,  e  non  fa  parola  di  quanto 
qui  forse  si  attribuisce  a  lai  prelato,  anclie 
dal  Dizionario  veneto,  in  que>Li  genera- 
li comizi)  prendesse  a  culiuare  gli  animi 
molto  in.i'prili,ed  in  grave  ragionamen- 
lo  facesse  coiisiilerare:  i  danni  8  le  mo- 
lestie deilisole  provenire  non  meno  dal- 
la mancanza  di  legame  tra  queste  e  dal- 
la discordia  de'  IrJjuui,  che  dalla    forza 
de'  nemici;  tante  essere  le  vie  aperte  a 
questi  per  introdursi,  o  colia  violenza  o 
ili  soppiatto,  <\ii  riuscire  ddìcile  a   cia- 
scuna isola  da  per  se  il  respingerli;  per- 
ciò avrebbe  stimalo  molto op[>ortuna  de- 
liberazione (jtiella  di  maggiormente   re- 
stringersi  intorno  ad  un  capo  comune, 
il  {|uale  avesse  l'obbligo  di  provvedere, 
li:»!  solo  alla  difesa  ilella  sua  isola,   tna 
dell'  altre  tutte  ;  più  unità  vi  sarebbe  al- 
lora nel  comando,  maggior  pruulezia  nel- 
1   esecuzione;  tolte  le  gare,  tutti  concor- 
rerebbero al  liene  universale, sicuruefor- 
le  quindi   ne  diverrebbe  lo  stato    vene- 
ziano. Soggiunge  il  medesimo  lloinanin. 
Cuecehè  sia  a  pensare  di  questo  discor- 
so, forse  vero   nella   sostanza,    viene   ad 
ogni  modo  accettato  comunemente,  clie 
nel  697  (anco  il  eh.  cav.  Cesare  Cantìi 
nella  sua  Cronologia  per  servire  alla 
storia  universale  dal  697  comincia   la 
serie  de'dogi  di  Venezia  e  con  E*aoIucciu 
Anafesto)  i  veneziani  deliberassero  l'ele- 
zione d'un  doge  o  duca,  a  ciò  spinti  o  dal 
bisogno  d'introdurre  [)iìi  stretta  unità  nel 
governo,  o  ad  imitazione  delle  città  mag- 
giori d'Italia,  come  Roma,  Genova  (che 
[)ure  ebbe  dogi,  ma  più  lardi  nel  i33c)) 
e  JNapoli,  eh' erano  allora   governate  da 
un  duca.  Eraclea  quindi  divenne  l<i   re- 
sidenza del  doge,  fu  per  circa  70  aum  la 
capitale   de'  f'cncziaui  secondi,  e  vi   si 
tennero  le  nazionali  assemblee.  Ne'piueli 
e  uc'boschi  i  dogi  audavauo  a  caccia,   e 


V  E  N  23 

ne'  vari  trattali  co*  re  d'  Italia,  non  om- 
uiiseroi  veneziani  di  farli  sempre  dichia- 
rare come  spettanti  al  loro  ducato  0  do- 
g  ido,  in  regno  nostro.  Innanzi  d'  inco- 
minciar a  descrivere  i  fasti  de'dogi,  e  con 
c»\  i  principali  avvenimenti  della  storia 
della  repubblica  e  della  città  di  Vene- 
zia, trovo  opportuno  e  assai  interessante 


il  giovarmi  liberamente  delle  notizie  ge- 
neriche premesse  a' dogi  dall' encomiato 
prof  Roiuanin.  Eletto  il  1  °  doge,  non  es- 
sendo bene  definiti    i  limiti  della  ducale 
autorità,  rimase  questa  incerta,  ondeg- 
giante e  spesso  in  lotta  co'diritti  e  colle 
[)relensioni  de' nobili,  del  clero  e  del  po- 
polo. Laonde,  se  il  doge  era  d'animo  for- 
te, egli  tentava  non  di  rado  usare  d'un 
assoluto  potere,  e  perciò  veniva   per   lo 
[)iìi  deposto,  accecato,  ucciso;  se  debole, 
n  ju  s  ipeva  comprimere  la  superbia  de' 
potenti  e  de' vescovi,  e  specialmente  il 
furor  delle  passioni,  quindi  ne  derivava- 
no gì  a  vi  confusioni  ed  eccessi.  Si  erano 
conservati  anche  i  tribuni,  come  mas:!- 
strati  subalterni,   poiché  sarebbe  slato 
imprudente  lo  spogliare  di  quella  digni- 
tà tante  famiglie  che  da  secoli  q' erano 
stale  investite,  e  tanto  pareva  se  ne  glo- 
riassero, che  alcuni  convertirono  quel  ti- 
tolo perfino  in  nome  di  casato,  come  I 
Memmo;  ma  di  ciò  veniva  altresì  nuo- 
vo disordine,  giacché  quelle  potenti  fa- 
miglie non  lasciavano  d'opporsi  al  nuo- 
vo governo  e  di  suscitargli  ostacoli  d'o- 
gni parte,  onde  le  frequenti  rivoluzioni 
successero.  Siffatto  iucomposto  governo 
doveva  però  essere  la  conseguenza  natu- 
rale dell'  idee  romane  d'assoluto   impe- 
li), e  insieme  del  sentimento  della  pro- 
pria libertà  de'  veneziani.  Aveva  il  doge 
lu  facoltà  di  convocare  la  generale  cou- 
cionc  del  popolo,  nel  quale  sedeva  insie- 
me col  patriarca,  co'vescovi,  co'giudici; 
egli  avea  la  nomina  de'magistrati,  e  po- 
teva rimuoverli  e  punirli;   trattava  co' 
principi  stranieri,  ma  per  concludere  le- 
ga o  pace  0  dichiarar  la  guerra,  pure  che 
fujie  uecessaria  l'approvazione  del   pò- 


2  ;  V  E  N 

polu.  E  in  faUi  quando  nel  i  202  gli  aiii- 
hasciatoii  francesi  vennero  a  domandare 
l'assistenza  de'  veneziani   nell' impresa 
della  crociata  di   Teira  Santa,  esposeio 
la  loro  missione  a  tutto  il  popolo  nella 
chiesa  di  s.  Marco,  ed  il  popolo  approvò 
colle  suegi'ida.  Varie  sono  l'opinioni  degli 
sciittori  circa  alla  composizione  di  dette 
concioni  0  assemblee  popolari,  volendole 
alcuni  cosliluile  di  soli  nobili,  ossia  de' 
maggiorenti  della   popolazione,   altri  di 
tutto  il  popolo  in  generale.  Ma  la  que- 
stione sembra  sciogliersi  co'documenti, 
e  se  si  consideri,  die  nella  prima  origi- 
ne la  repu!)blica  veneziana    non  poteva 
[ondarsi  che  sulla  fratellanza  di  tutte  le 
classi  e  sul  concorso  comime   a'  comuni 
interessi  di  provvedimento  e   di   difesa. 
Sicuramente  che  gii  uouìini  piìi  istrui- 
ti, più  ricchi  e  di  più  illustre  prosapia, 
e   tra  questi    i  decurioni^    avranno  ri- 
dotta, nella  slessa  democrazia,  in   pio- 
prie  mani  la  direzione  de'  puliblici  alfa- 
ri  ;  ma  non  perciò  poteva   la  nvassa  del 
popolo,  seujpre  la  più  numerosa,  resta- 
re esclusa  alfalto  d'essere  consultata  nel- 
le deliberazioni  di  massima  importanza 
e  che  concernevano  interessi  generali  ; 
mollo  più  che  a  ciò  era  chiamala  anche 
dalla  precedente  forma  del  municipio  ro- 
mano, ancora  agli  ultimi  tempi  dell'ini- 
pero. Infatti  molte  volte  trovasi  menzione 
di  concorso  di  tulio  il  popolo, da  Gradua 
Capo  d'A  rgine  o  Ca  varzere,  territorio  che 
formava  i^i  dominio  denominato Dogado, 
alle  pubbliche  faccende.  AlTelezione  del 
doge  Selvo  nel  107  !, si  radunò  Sulla  spiag- 
gia del  Lido  una   moltitudine  imo^ensa 
di  quasi  tulio  il  popolo  di  Venezia,  che 
acclamò  il  doge;  pel  quale  alto,  e  per 
altri  molti,  manifesto  apparisce  la  parie 
the  avea  il  popolo  nella  scelta  del    suo 
supremo  magistrato.  Interveniva  «'giu- 
dizi e  approvava  le  leggi,  diviso  nelle.sue 
classi  di  nuìi^i^iori,  rneiliocri e  minori j  uè 
vaiel'obbiezionemossada  la  lunOjChe  con- 
vocandoci allora  le  assemblee  nelle  chie- 
se, niuna  di  esse  avrebbe  potuto  conte- 


V  E  N 
nere  tanta  moltitudine;  tale  essendo  sta- 
la la  consuetudine  del  medio  evo  di  trat- 
tare le  cose  politiche  in  chiesa,  cosi  in 
Italia,  in  Francia,  e  dapperlulto  ove  il 
popolo  ebbe  scosso  il  giogo  feudale  ed 
istituito  il  reggiinenlo  a  Comune.  Per- 
ciò erano  avanti  alle  chiese  vasti  campi 
o  piazze,  ove  trattenevansi  coloro  che 
nella  chiesa  stessa  non  capivano;  ed  era- 
no (pielle  numerose  assemblee  una  delle 
particolarità  di  que'  secoli.  Eraiivi  oltre 
la  generale concione,  altri  consigli  mino- 
ri, compiesti  o  de'soli  consiglieri  del  tlo- 
ge  o  coir  intervento  ancora  de' maggio- 
renti e  del  clero,  per  quelle  cose  a  cui 
il  popolo  non  avea  o  non  poteva  aver 
una  partecipazione  dii'etta,  onde  alcune 
volte  si  convocavano  le  sole  classi  pri- 
marie. Del  resto  1'  intervento  divenne  a 
poco  a  poco  sempre  più  raro,  ristretto, 
in  fine  abolito  per  decreto  del  14^3, co- 
me dice  il  lodato  prof.  Uomanin,  patrio 
storico,  che  più  non  si  convocasse  V  a- 
vengo  ossia  assemblea  popolare.  L'ari- 
stocrazia si  andò  progressivamente  for- 
mando, e  sempre  più  esclusiva,  per  l'o- 
perato precipuamente  del  doge  Pielio 
Gradcnigo  nel  I2C)6,  che  narrai  nel  § 
XVI,  n.  7,  e  meglio  dirò  nel  suo  do- 
gado 49'''  iu  questo  §  :  ma  a  torto  per 
adulare  ad  essa  furono  talvolta  svisa- 
ti i  falli,  mentre  e  la  natura  della  pri- 
mitiva costituzione  degl'  isolani,  e  la  te- 
stimonianza de' docuuienti  e  de'  [)iù  an- 
tichi e  accreditati  scrittori,  coufermauo 
che  democratico  fu  a  principio  il  gover- 
no della  veneziana  repubblica.  Era  puie 
ne'  duini  del  doge,  a  principio,  imporre 
gabelle  chiamale  angaiie,\e  quali  ortli- 
naria  mente  consiste  va  no  nella  deci  ma  de- 
gli averi,  ma  per  lo  più  col  concorso  del 
popolo,  od  almeno  d'alcune  classi  ;  come 
nel  f)g6  in  cui  il  doge  co'  primati,  ec,  e 
con  tutto  il  cdnsiglio,  deliberò  imporre 
una  decima  a  benefizio  della  patria.  A- 
veano  i  dogi  altresì  grande  auloritìi  nel- 
le cose  ecclesiastiche,  specialmente  nell'e- 
lezione de' vescovi.  Apprendo  dal  eh.  ab. 


V  E  N  YEN                      1 T 
CippeJIcUi,  ilie  V  Ln'rstitnrci  ecclesia'  i  352,  clie  circa  il  i  i  3  T,  a'ieinp'ulcl  do- 
sdcaif^.)  a'vescovi,  agli  abbati  e  al  pa-  gè  PoIìidì,  orano  in^o^li  gravi  diss:ipori 
triarca  soleva  darsi  dal  doge  solenneiiien-  Ira  la  signoria  di  Venezia,  e  il  Papa  Iu- 
te nella  ba>ilica  di   s.  .Marco.  L'  esercizio  nocenzo  11,  perchè  tiell'elezione  della  ba- 
coslarile  di  questo  diiitlo,   incomincialo  dc'^sa  di  s.  Z;iccaiia,  il  patiiaica  di  Gra- 
sin  <!a'piimi  tempi  della  veneziana  toii-  do,  Enrico  Dandolo,  iioaio  di   coscienza 
sociazione  e  continuato  per  lanli  secoli, era  delie, ilisilina,  si  sforzava  di  negare  aldo- 
dissimile  da  tutto  d  resto  della  Chies  i  cat-  gè  il  diritto,  perchè  giustamenle  lo  d:ce- 
tolica  questa  disciplina  ecclesiuslica  de' ve-  va  contrario  alla  ecclesiastica  libertà.  Il 
nez  ani.  Ninno  ignora  le  funeste  discordie  patriarca  si  recò  a  Pioina  piìi  volte,  ed  il 
ti  a  il  sacerdozio  e  l'impero  a  cai^ione  a[»-  Papa  ne  assunse  la  difesa;   quindi  pro- 
punto  dell'investiture  (che  diltusainente  cessi  e  censure   fulminate   dalla   s.   Seile 
nairaiin  tanti  articoli,   cioè  esigevano   i  contro  il  doge  e  la    repubblica;   quindi 
Papi  che  gl'imperatori  non  avessero  ad  in-  proscrizioni,  esilii,  coniìsclie  de'  beni  dal 
geriisi  nelle nomineecclesiastiche,  le  (jua-  doge  e  dal  senato,  contro  il  patriarca  eil 
li    venivano  per  lo  più  fatte  simoniaca-  i  suoi  fratelli.  Durarono  le  discordie  iii- 
Dienle;  e  gì' imperatori  sostenevano  pu-  torno  a   i5  anni,  e  frattanto   da    Riuna 
re,  che  i  vescovi  e  gii  abbati, siccome  in  furono  scritte  lettere  a'vescovi  dello  sta- 
possessodi  terre  e  benefizi,  dovessero  ri-  to,  furono  persino  mamlali  4  cardinali  a 
cevere  da  loro  l'investitura,  colia  fradizio-  tiattarne  la  riconciliazione.  Finalmente 
ne  del  Pastorale  e  dell' y/«f7/o,  al  paro  nel   i  i5o,  il  doge  Domenico  Morosini  e 
tiegli  altri    signori   feudali),   uiassioie  a'  Papa  Eugenio  111  vennero   ad   amiche- 
tempi  del  Pontefice  Innocenzo  ili  e  del-  vole  componimento,  [)er  cui  fu  stabilito, 
r  imperatore  Arrigo  V   (sarà    meglio   il  i  he  in  avvenire  il  patriarca,  i  vescovi,  gli 
dire  Papa  s.  Gregorio  VII  e  gl'immediati  abbati  e  le  badesse  avessero  l'investitura 
successori,  massimePasfjuale  11,  che  con-  dal  doi;e  e  riconoscessero  la  loro  dignità 
dannarono  tali  investiture,  egl'impera-  y^c/'.s. /ly^rc»/;?.  Il  Ca[)pelletli  riporta  i'iu- 
lori  Enrico  IV  e  il  suo  figlio  Eurico  V,  lero  racconto  del  Benintendi,  eil   ezian- 
solto  il  quale  colla    Pace  Calistiua    nel  dio  il  rescritto  pontifìcio  ed  il  ceremonia- 

I  1  22  ebbe  fine  la  grave  controversia.  La  le  usato  da'dogi  nel  dare  l'investitura 
con\enzione  di  Papa  Calisto  11  determi-  a'  prelati  del  dogado,  inclusivamente  a 
nò  che  in  avvenire   i    vescijvi  e  gli  abba-  cpielL  del  primicerio  e  cappellani  di  s. 

II  fossero  eletti  dal  clero  e  dal  popolo,  IMarco,  come  già  divsi  nel  ^  VI,  n.  2.P».i- 
alla  presenza  dell  imperatore  o  de'  suoi  leva  il  eh.  scrittore,  che  a  ben  considera- 
legati  ;  che  r  eletto  gmrasse  fedeltà  al-  re  il  pontificio  rescritto,  poco  o  nulla  ven- 
l'imperalore,  e  che  questi  nella  tradizio-  necacnbiato  dall'antico  e  primitivo  rito 
ne  sioibolica  de' beni,  si  servisse  dello  dell'investiture  conferite  d-il  doge.  ÌN'e  fu 
scettro,  e  non  dell'anello  e  pastorale,  co-  tutto  al  più  sconvolto  l'ordine,  perchè 
me  faceva  prima  abusivamente.  Co/icor-  dopo  l'elezione,  fitta  certamente  dal  do- 
dalo  che  ralilicò  il  concilio  generale  I  di  gè  e  dal  senato,  in  conseguenzi  della  pro- 
Lalerano).  Eppure  il  doge  de'  Venezia-  posizione  del  clero  o  dell' esibizione  del- 
ni  5  secoli  prima  di  quell'età,  ed  altri  lo  stesso  che  vi  aspirava,  n' è  prescritta 
3  secoli  dopo,  investi  pubblicamente  gli  la  conferma  del  patriarca;  si  noti,  del 
abbati,  i  vescovi  e  persino  l'istesM)  p.itriar-  palriarca,  non  del  Papa.  Dopo  la  con- 
ca, senza  che  vi  sia  stala  giammai  oppo-  ferma  il  primicerio  di  s.  Marco,  ovvero 
sizione  veruna  per  parte  tlella  s.  Sede,  un  cappellano  ducale,  dava  all'eletto  il 
Soltanto  notifica  Ijuninlendi  Ravagnano,  possesso  del  suo  benefizio  in  nome  di  .v. 
cuticeliier  g'"^'^*^»^  d'ella  repubblica  uel  Marco,  E  qui  osserva  lo  storico,  che  il 


2G  V  E  N  *  YEN 

primicerio  eii  i  cappellani  non  avevano  per  le  valorose  imprese  d<i  lui  opeiate 
una  purlicolare  e  propria  rappvesentau-  nel  leiupo  del  suo  principato,  nicissinie 
za,  ma  erano  persone  dipendenti  dal  do-  per  la  vittoria  da  lui  ottenuta  sugli  luaii 
gè;  cosicché  la  cereaionia,  cosi  detenni-  nel  seno  delle  Laj^une  venete.  L'  unico 
naia  did  rescritto,  non  consisteva  clie  iu  dissapore  tra  Ini  e  il  popolo  fu  per  I  e- 
un' esteriore  apparenza  di  farvi  figurare  lezione  di  Domenico,  e  sono  false  e  smen- 
una  persona  piuttostocliè  un'altra, nien-  lite  da  tutti  gli  altri  pii;i  antichi  cronisti 
tre  in  realtà  operavano  in  nome  di  (juel-  e  dalla  stessa  serie  de'  fatti,  tutte  le  ca- 
lo, da  CUI  dipendevano.  Ed  anche  la  for-  iuunie  inventate  a  disonore  di  lui  ddcro- 
uiola  di  dare  all'eletto  il  possesso  del  be-  nisti  altinate.  Riporta  poi  lab.  Cippel- 
ueficio  in  ìionu;  di s,  3Lirco,  era  una  for-  letti  il  ducuatenlo  che  ricorda  1'  investi  • 
moia  insignificante,  quanto  allo  scopo,  tura  con  ritardo  conferita  neli3i)r),  dal 
perchè  col  nonje  di  s.  Marco,  non  s'in-  tioge  Antonio  Venier  al  patriarca  di 
tendeva  che  la  repubblica.  E  similiuen-  Grado  Pietro  III  Amely  o  Amelio.  E 
te  il  farsi  questa  ceremonia  nella  basilica  siccome  ne'registri  della  cancelleria  du- 
ducale  di  s.  Marco,  piuttosto  che  in  c|ua-  cale  si  trovano  gli  atti  dell' iuvestilure 
lun(|ue  altra  chiesa,  mostrava  che  l'  m-  a'  vescovi  e  altri  prelati  dello  stato,  lo 
ve?.litura  conferivasi  dallo  stato.  Ed  era  storico  riproduce  il  registro  di  una,  a  cui 
questa  quasi  una  prima  investitura,  la  tutte  le  altre,  poco  più  poco  meno somi- 
quale  per  essere  data  d.i  una  perso-  gliano,  cioè  l"  investitura  pure  ritardala 
uà  ecclesiastica,  non  peto  in  nome  prò-  nel  1429  al  [)atriaicj  gradeie  Ijiagio  Mo- 
prio,  offriva  l'aspetto  d'un'in  vestitura  spi-  lui.  Liacconta  per  ultimo,  die  cessato  l'u- 
litnale.  Seguiva  poi  la  consagrazione  del-  so  deUiiivestitura,  già  conferita  solenne- 
r  eletto,  e  dopo  questa  il  doge  gli  dava  incute  dal  doge  nella  basilica  di  s.  Marco, 
una  2.^  in  vestitura,  a  cui  meglio  della  1.'  di  poi  se  ne  dava  soltanto  il  possesso  spiri- 
si poteva  dare  un  tal  nome;  perchè  iu  tualein  Venezia  al  solo  patriarca,  e  glie- 
essa  il  doge  col  mettere  iu  dito  all'eletto,  lo  dava  nella  cattedrale  di  s.  Pietro  l'ar- 
4;he  stava  genuflesso  dinanzi  all'altare,  cidiacono  assistito  da'cauouici,  comeog- 
il  suo  anello, e  col  dargli  in  mano  ilba-  gidi  si  suole  praticare  in  tutte  le  dioce- 
stone  [ìastorale,  ne  compiva  la  ceremo-  si.  Tutto  al  più  variava  in  qualche  cir- 
iiia.  In  sostanza  si  ridusse  il  concordalo  costanza  del  ceremoniale.  bensì  un  qual- 
a  raddoppiare  il  rito,  che  per  l' innanzi  che  avanzo  del' investitura,  che  dava  il 
teiibravasi  una  sola  volta.  Al  proposito  doge,  fu  conservato  nella  ceremonia  che 
di  silf.itle  investiture,  ci  fa  sapere  la  ero-  praticavasi  ad  ogni  nuova  elezione,  e  che 
naca  Altinate,  che  il  vescovo  d'  Olivolo  continuò  sino  agli  ultimi  tempi  della  re- 
Domenico  li  Vilinico  del  f)Oq, sdegnando  pubblica.  11  patriarca  dal  palazzo  di  sua 
di  ricevere  1'  investitura  dal  doge  Pietro  dimora,  sino  alla  basilica  metropolitana 
Tribuno,  la  cui  condotta  scandalosa  l'a-  di  s.  Pietro  di  Castello,  era  condotto  dal 
veva  reso  oggetto  di  disprezzo  e  di  abbo-  doge  e  dalla  signoria  ;  e  giunto  iu  chiesa, 
minio  alla  nazione,  prese  colle  sue  mani  il  doge  io  faceva  sedere  sul  trono,  gli  face- 
medesime  il  pastorale,  che  stava  prepa-  va  baciar  l'altare,  compiva  in  somma  il 
rato  sopra  l'altare  di  s.  Marco.  Nota  pe-  ritod'una  vera  investilura,senza  che  si  po- 
lo r  ab.  Cappelletti,  che  il  fatto  è  vero,  tesse  o  si  dovesse  dire  investitura.  Che  iu 
non  il  motivo  da  cui  fu  causato.  Ne  fu  certi  giorni  solenni, e  in  alcuni  monaste- 
il  vero  motivo,  perchè  il  popolo  contro  li  d  doge  dava  la  benedizione  al  po[)olo 
la  volontà  del  doge  l'avea  eletto  al  ve-  e  alle  monache,  mostrandosi  pubblica- 
6Covato  d' Olivolo.  D'altronde,  Pietro  niente;  e  che  per  lui  con  particolari  for- 
Tribuuo  era  anzi  assai  caro  al  popolo,  uiuie    si    piegava  pubblicamente  nelle 


V  E  N  VE  N  27 

rl.iese  lo  narrai  nel  §  W,  n.  3,  parlan-     tinuaiono  per  lungo  le.p.po  ancora   ad 
tic  dell'  antico  rito  Palriarcliino.  —  Fa-     esercilare  il  commercio,  ed  a  tenere  iia- 
cendo  ritorno  alla  Storia  del  eh.  lioma-      vigli  per  proprio  conto,  onde  dovevano 
iiin,  eoli  dice  che  l'aulorilà  militare  pare     essere  ricchissimi,e  potevano  quindi  spen- 
si trovasse  a.iticanienle  ailldata,  sernpie     dere  grosse  somme   nella    fondazione  e 
pelò  con  dipendenza  ilal  doge,  al  mae-      ornamento  di  chiese  e  di  palazzi,   e   la- 
Siro  de  militi,  dignità  di  cui  a'  tempi  di     sciare  alla  morte  considerabili  legali,  co- 
Anafeslo  trovasi  rivestito   un   Marcello,      me  supei  lorujenle  in  diversi  §v5  ho  nar- 
A  veva  il  doge  le  sue  guardie,  numerosi     rato,  specialmente  no'§§  Vili,  X  e  XI  \^ 
servi  e  famigli,  e  gli  escutali,  nomini  che,     1  dogi  antichi  solevano  alzarsi  prima  del 
a  lui  oddeUi,  godevano  di  certi  privilegi      giorno,  e  ascollata  la  messa,  come  acceu- 
ed   esenzioni,   torse  corrispondenti   agli      nai  nel   §  XVi,  n.  1  ■  indi   passavano   a 
aiitrn.-:tionii\e\  re  germanici,  come  in  gè-      giudicare  il  popolo,  e  ciò  sempre  in  pub- 
Iterale  è  a  credersi  che  la   corte   ducale      blico,  le  sentenze  venendo   stese  da'  no- 
si  formas-e  io  parte  sull'esempio  de'priu-     tari  ducali,  per  la  più  parte  ecclesiastici, 
ci')i"recielongobardi.Cerloda(iuestide-     e  se  uetrovano  d'antichissime, sottoscrit- 
rivava  la  carica  di  gastaldi  o  gastaldio-     le  da  un  buon  numero  degli  astanti.  Pro- 
;//,  i  quali  erano  depurali  a  soprintende-      cedevasi,comea'tempi  tribunizi, alla  bre- 
re'alle  lene,  a'censi,  asservì  del  doge  in      ve,  con  dichiarazioni  di  testimoni,  giura- 
ima  parte  delle  decime,  i  censi  e  tributi  di      mento  di  uomini  probi,  e^amee  confrou- 
gale,  di  pesci,  d'uccelli,  di  erbaggi,  di  vi-     to  delle  scriUure,  giudicando  a    nonna 
no,  di  frulla  dalle  varie  isole  a   norma     (ielle  consuetudini,  dell' ecpiità    naturale 
delle  produzioni  e  delle  ricchezze  di  eia-      e  con  qualche  applicazione  di  leggi    ro- 
scima:  aveva  terre,  selve,  pascoli,  diritti      mane;  alle  quali  forme   vennero  poi    di 
di  caccia,  di  i;/rpz//co  pel  taglio  delle  le-     mano  in  mano   aggiunte   anche   alcune 
gna,di  gliindaritio[)t\  pascolo ec.  Dice  il     |)arli  tolte  <la'codici  longobardi,  come  le 
Mulinelli:  Erano  i  gastaldi  ducali  antica-     compensazioni  in  denaro:  nonfurono  pe- 
nienlegli  esecutori  delle  sentenze  a  nome     rò  mai   accettati   a  Prove  giudiziarie   i 
del  doge,  prima  che  s'istituisse  la  magi-     Duelli  e  i  Giudizii  di  Dio  (l-'.).  Le  pe- 
iyiaWn, \iW{USopraga.':taido.(Zh'w^g\o\.-     ne  atroci,  come  del    t^iglio  della  mano, 
li,  loic-desi,  equiliani,  erncleani,  gradcsi  e     del  cavar  gli  occhi,  e  simili,  piaticate  a 
nitri  isolani  eranotenuli  di  [>reslarealdo-     Costantinopoli  e  da'  longobardi,   passa- 
gè  servigi  di  scorta,  di   barche  d'accom-      rono  Ira'  veneziani.  Le  vesti  egli  orna- 
ppgnamentoallacacciao  nelle  visitech'e-     Dienti  de\logi  erano  alla  foggia  de'greci 
gli  ficeva  all'isole;  aveva  il  doge  mugnai      esarchi  e  de'  con,oli,  non  che  degli  stessi 
e  vignaiuoli  che  per  lui   lavoravano;  a-      imperatori  greci,  e  in  parte  de're  o  du- 
Acva  in  (ine  do  ilio  alla  lesla  e  alle  zam-     chi  longobardi.  Ne  dissi  alquanto   sudi- 
ne de' cinghiali,  non  che  alle  corna   de'      cientemente  col  cav.  Mulinelli,  ragionan- 
cervi  che  si  cacciavano  ne'pineli  e  nelle     do  de'cosUimi  e  delle  vesti  de'  venezia- 
selve  eracleane,  di  già  memorati  ;  coslu-      ni  antichi,  nell'ultimo  citato  §  e  numero, 
ine  ancor  quoto  tolto  da' duchi  e  priii-     inclusi  vamenle  alla  cullia  e  al  corno  du- 
cipi  germanici, presso  i  quali  era  in  lan-      cale,  riserbando  per  ([ui  altre   erudiz:o- 
to  onore  la  caccia.  Avevanoquindi  i  dogi      ni,  che  poi  dirò  col  Nani.    Intanto   rac- 
servi  addetti  a'  cavalli,  a'  falconi,  agli  a-      conterò  e  in  parte  ripelerò  collo  storico 
stori,  i  quali  servi  par  che  fossero  d;ip-      Romanin,  essere  le  vesti  e  gli  ornamenti 
prima  schiavi,  poi  allele/ione  del  (."do-      de"  dogi,  ne' pi  imi    tempi,   un  manto  di 
gè  successivo  dichiarali  liberti.  Innalzati      seta  con  aurei  fregi,  allllibialo  con  bor- 
al  i.''ijrado  della  repubblica,  i  dogi  con-     chia  d'oro,  e  sotto  a  quello  uua  solla- 


98  V  E  N  V  E  N 

i)i;llii  a  maniclie  strette  e  altocolhie,  ha-  Seb.i<;tianoZiani,lemeodocli  non  ottener 
veto  di  pelle  e  rossi  calzari.  Eia  in  ori-  tini  popolo,  per  la  variata  forma  ilell'e- 
}^ine  il  famoso  cornoclucale  soltanto  una  lezione, le oidinaiie  acclamazioni, ad  uso 
Ixrietfa,  come  quella  degli  altri  pi'inci-  degl'  imperatori  greci  e  di  altii  principi, 
pi  e  signori  di  quel    tempo,   alcun   poco  fece  gettargli  una   qmiilitù   di   denaro; 
iiìodifìcata:  comunemente  sino  al  secolo  novità  cliepoi  divenneconsnetiidine.  Im- 
XVI  circa  si   chiamò   hirellair/,  e  zo/a  peroccliè  eletto  appena  il  doge,  era    po- 
quella  riciliissima  per  le  occasioni  suien-  sto  a  sedere  entro,  un  pergamo  di  legno, 
ni.  Fu  anche  detto  Corona  Ducale  (f.).  volgarmente  appellato y:)ozze«c>,  nel  qua- 
Leggo  nel  Mutinelli,  che   nel   1664  nel  le  adagiatosi   era  portato  in   giro  dagli 
tesoro  di  s.  Marco  si  custodiva  un  cor-  operai  dell'arsenale  per  la   piazza   di  s. 
no  ducale  d'oro  tempestato  di  diaman-  Marco,  spargendo  intanto  egli  ogni  sor- 
ti   alquanto  grossi,  di  perle  e  di  rubini,  la  di  n>onete,  coniate  col  suo  nome  nel- 
col  quale  si  coronava  il  iloge.  Sotto   al  la  noi  te  precedente.  Ad  evitare  un'  eco- 
lìeirelto  portavano  sem[)re  i  dogi  la  cuf  nomia  soverchia  o  una  eccessiva  profu- 
lit    bianca   di  sollilissinm  lino,  onde  le-  sione,  fu  poi  stabilito  che  il   doge   non 
vaudo  quello   rimanesse   il   capo  coper-  potesse  gettare  al  popolo  né  menodi  100 
to  a   segno  di  dignità.   Cingevano  inol-  e  né  piìi  di  5oo  ducali.    Ne' funerali   si 
Ire  la  spada,  aveano  scettro  e  sedia  d'a-  osservava   un  (teremoniale,  parte   greco, 
V(jrio,  a   imitazione  de'  consoli   e    magi-  parte  longobardo.  I!  cadavere  del   doge 
hirali  greco-romani, come[)re>ero(laque-  veniva  esposto  nel  leito  di    parata,   cir- 
sli  l'ombrello,  d  doppiero  acceso  (ma  per  condato  da  ima  moltitudine  di  ceri  e  tor- 
que-lo  e  per  quello    ne  ripailerò  diceii-  ce  accese;  era  vegliato  da   distinti    per- 
do del  doge  89." Sebastiano  Ziani  nel  n.  snnaggi,  e  stavano  a'  suoi  piedi  lo  scudo 
8  di  questo  §),  le  trombee  gli  stendardi,  rovescialo,  gli  sproni  ed  altie  insegne  ca- 
da cuierario  accompagnati  allorché  coni-  valleresche.    De'  titoli  dati  al  doge  li  ri- 
j)arivano  in  pubblico.  Quando  fu  assuii-  friirò  in  |)rogresso  di  questo  §.  il    Mor- 
,   lo  al  dogado  Anaiesto,  approvato  dal  pò-  celli  latinamente   lo  disse:  f^ e  ite.  li ar  uni 
polo  e  ricevuto  (la  esso  il  giuramento  di  Princcp';,  Diix  Serenissimus    l^tneLo- 
ft-deltà,  fu  portato  in  giro  sulle  spalle  e  v:un.  Per  le  feste  del   s.   Natale,    lutti   i 
scalzoflnoailachiesa.ov'egligiuròrosser-  cardinali  con  lettere  felicitavano  il  doge 
vaiiza  delleleggi,edi  adoperarsi  pel  bene  di  Venezia,  osservando  questi  titoli.  Sc' 
della  nazione.  Di  sua  elezione  fu  manda-  realfsinio    Signor     31io    Colendissimo 
lo  avviso  al  Papa,  e  assai  probabilmente  (nel  Cicci,  Notizia  de' Boccapaflulì,  leg- 
anche  all'  imperatore  greco.  Nelle  bio-  go   una   lettera   del    i6^5  del   cardinal 
grafie  de' dogi  che  vado  a  riportare,  di-  Pamphil)  nipote  del  Papa  al  Doge,   in 
róde' diversi  modi   come  seguirono   le  cu\  q\\  diì  \n  \'ece  ùe\  Colendissimo,  ì'Os- 
loro  eiezioni,  finché  fu  stabilito  un  cere-  scrvandissinio,  e  si    sottoscrisse:    Affe- 
«iioniale,  somigliante  in  qualche  parte  al  zionadssinio    Str\'itor  vero.   Del   valo- 
Coìic.lave(l\)  nei  quale  I  cardinali  eleg-  re  de'  Titoli  d'  onore  che   vado  dicen- 
gono  il  Papa,che  rileiirù  nel  n.  I  I  dique-  do,   si   può   vederlo   ne'   loro    articoli), 
sto  5,  massime  in   fine  del   dogado  7 5."  Fo^lra  Serenità,  di  Mostra  Serenità, 
e  priiici[)io  del  76.°,  ove  dico  pure  del  Bacio  divotissinianiente  le  ninni.    De- 
funerale  del  doge:   delle  spese  notabili  votissimo  Servitore.  Nella  lettera   si  do- 
poi  che  occorrevano  per  gli  elettori   del  veva  nominare  la   Screnis.^inia  Repiib- 
doge,  ne  ragiono  nel  n.  44>  parimenti  di  blica  di   f^enezia.  Non  si  dava  al  doge 
queslo  §.  Trovo  nel  Mulinelli,  che   nel  nella  soprascritta  il  titolo  di  i^Vij/zori*,  n)a 
I  172  sollevato  a!  <logado  il  ricchissimo  Siinì[ì\\ctvati)\e:  Al  Serenissimo  Doge  di 


f^enezia.  Anche  il  Reumont,  Della  Di- 
plomazia,^, ivo,  altesla  che  spellava- 
no al  doge  di  Venezia  i  titoli  di  Scre^ 
nità.  Cchìlitclinc,eL\\  Serc/iissi'jio  Priii' 
cipc.  Noterò  ancora,  the  il  titolo  di  Se- 
reiiissitìia  contpeleva  alla  dogaressa  mo- 
glie del  doge,  se  era  slata  coionala  col 
corno  ducale,  che  usava.  Della  corooa- 
zione  delle  dogaresse  discorro  ne'dogadi 
G^.'^,  82.",  89."  e  109."  Secondo  il  Sa- 
nudo,  pare  che  fosse  coronata  dogaressa 
anihe  la  Alorosmi  mogl.e  del  doge  (58. 
INicolò  TroD.  lo  però  non  trovai  che  gl'in- 
dicali  quattro  esempi,  e  ne  descris>i  le 
funzioni.  Uen-"i  per  ispeciaie  onoie  e  ben- 
che  non  coronate  fu  concesso  1'  uso  del 
corno  ducale  alle  dogaresse  mogli  di  Al- 
vise I  Mocenigo  e  d.i  Alvise  IV  IMoctni- 
gOjCome  dico  ne  loro  dogadi  85.°  e  i  1  8.° 
Dell'esequie  della  dogaressa  ne  parlo  nel 
dogado  84-°  e  altrove.  Finaluienle  il  ti- 
tolo di  Sereiiissiina  apparUneva  al- 
la Signoria,  oltreché  alia  Repubblica, 
ed  al  Collegio  si  da\a  (juello  di  Seie- 
nissimo.  Nel  n.  8  del  §  XVI  ricordai  di- 
versi biografi  de'dogi,  comprensivamen- 
te aWa  Serie  de'  Dogi  di  Venezia  inta- 
gliali in  rame  da  Antonio  Nani,  giun- 
tevi alcune  notizie  biografiche  eslege  da 
dii'crsi.  Siccome  tue  ne  gioverò  Idjera- 
niente,  occorrono  alcune  |)reliniinari  av- 
vei  lenze.  Lei  20  biogiafiede'ilogi  lesciis- 
sero  i  seguenti  ris|)ellabili  veneti  lettera- 
li. Dal  I  .°al48."  doge  inclusive,  le  notizie 
sono  del  cav.  E.  A.  Cicoi-na.  La  biosra- 
fia  49-^  tli  Giovanni  Veludo.  La  5o.% 
5i.',  52.%  53.'.  Francesco  Cafli.  La  54-' 
e  SSJ'  Veludo.  La  5G.'  e  57.' Cicogna. 
La  58."  Caflì.  La  5g.'  Cicogna.  La  Go.'' 
Giovanjii  Caconi.  La  G  i .'"  e  62.""  Cicogna. 
La  63.  '  Veludo,  La  64-'  Casoni.  La  G5.' 
Veludo,  Dal  doge  G6.°  air87."  iiiiliiM\e, 
Casoni  L'  88.'  e  89."  Veludo.  Dal  90." 
doge  al  1  09. "inclusive  Casoni.  Dal  i  10," 
al  120.°  inclusive  d.  Giannanlonio  cav, 
RIosi  Inni,  Nel  riportare  il  da  loro  riferi- 
to, uun  inlendo  d'essere  in  contraddizio- 
ne su   qualche   variante  pel  già  nanato 


V  E  N  -M) 

coir  autorità  d' altri  sciillori,  ma  ri- 
produrre le  l'ispellive  opinioni,  tranne 
qualche  indispensabile  rellifìcazione  o 
schiarimeulo.  La  pi  efazione  e  le  noie  so- 
no del  cav.  Cicogna.  In  fine  vi  sono  due 
indici  cronologici  de'dogi,  il  i .°  per  ordi- 
ne di  elezione,  il  2."  per  alfabeto  di  co- 
gnomi; ambedue  coli'  epoca  della  loio 
elezione,  rinunzia,  deposizione  o  morie. 
Si  nota,  che  ne'diié  indici  si  posero  le  e- 
poche  possibilmente  esalto  de'  dogi,  an- 
che [)er  rellilicare qualche  abbaglio  corso 
nello  precedenli  notizie;  il  perchè  doversi 
attenere  [>iulloslo  a  queste  ilale  che  a 
cjuelledelle  biografìe  in  caso  di  dubbiezza. 
Gli  anni  ne'  mesi  di  gennaio  e  febbraio 
sono  posti  secondo  l'era  comune,  non  se- 
condo l'usanza  veneziana  del  Dlore  1  e- 
7k7o,  che  cominciava  l'anno  col  mese  di 
marzo.  Di  che  islruilo,  fin  qui  [)rocedei 
e  procederò  sino  alla  fine,  di  preferenza 
coir  epoche  contenute  ne' due  indici.  A 
cagione  di  grato  animo  dichiaro,  che  I  e- 
semplare  da  me  posseduto  è  gentile  do- 
no del  eh.  Giovanni  Casoni,  che  lasciò 
tanto  desiderio  di  se  per  sa[)ere  e  [ler  \  ir- 
lo, impreziosito  per  me  con  onorevole 
autografa  epigrafe.  L'elegante  incisione 
del  frontespizio  ci  dà  il  costume  delliii- 
tero  vestiario  de'  dogi  de'primi  tempi  e 
e  de'dngi  degli  ultimi  tempi,  gli  steuMui 
genldizi  de' quali  erano  sovrastali  ilal 
corno  ducale.  Il  valente  intagliatole  in 
rame  Antonio  Nani,  veneto,  esegui  i  ri- 
traili dietro  le  collezioni  delle  slampe 
già  pubblicale,  tutte  ricordate  con  cru- 
dizioui  bibliografiche;  anzi  per  esser  pììi 
fedele  nelle  fi^onomieragguagliiMa  sua  se- 
rie co'rittalli  ad  olio  de'dogi  che  ricorro- 
no lunghesso  il  cornicione  delle  due  mag- 
giori sale  del  palazzo  (hicale,  cioè  del  Mag- 
gior Consiglio  e  dello  Scrutinio,  sebbene 
in  esse  non  si  cominci  che  dal  doge  iX, 
cioè  da  Obelerio  Anienoreo,  creato  nel- 
r8o4-  Sotto  a  ciascun  ritratto  è  lo  stem- 
ma gentilizio  del  iloge,  sovrastato  dalla 
berretta  o  corno  ducale.  Si  avverte,  ch'è 
vano   rintracciare  se  la  eldgie  de'dogi 


3o  V  E  N  VE  [V 
dal  pi'inripio  (lell;t  loro  i>liftizioiio  al  se-  in  nntico  1  dogi  usavano  della  berreMn, 
colo  XIV,  e  di  alcuni  anclie  posteiiorij  e  non  del  corno  ducale,  e  la  riferisce 
lappresenli  pro[)iiamente  la  fisoiioniia  neWix  Di'^xcrlazione.  ì?ev  \a  sua  vanììx  ed 
loro.  Inipeioccliè  hniciala  nel  lo^y  la  a  cura  di  G.  B.  Astori  venne  riprodotta 
saia  del  Maggior  Consiglio,  ove  attor-  in  Venezia  da  G.  B.  Merlo  nel  i83^. 
no  nelle  lunette  sotto  il  soffitto  erano  i  Con  tale  scorta  il  Nani  alterò  la  forma 
flelti  ritratti,  se  ne  perdettero  letraccie;  del  cornosecondo  il  progressivo  costume. 
e  per  rifarli  convenne  certamente  al  pit-  Peiò  ripetè,  com'  è  ne'ritratli  preceden- 
tore  cavarne  |)areccl)i  o  dagli  originali,  temente  incisi,  la  solita  cuffia,  anche  a' 
che  forse  nelle  rispettive  famiglie  si  con-  primissimi  dogi  anteriori  al  iiyy:  poi- 
servavano,  o  dalle  medaglie,  o  da'monu-  cliè  piiva  d'ogni  buon  fondamento  de- 
menti scolpiti,  vari  essendovene  tuttavia  vesi  Icnei"  la  tradizione  che  Papa  Ales- 
nelle  chiese  di  Venezia  anteriori  al  i577,  Sandro  III  accoidasse  a' dogi  veneti,  ol- 
e  pregievoli  ne  sono  le  corrispondenti  tre  altri  privilegi,  anche  il  portar  sotto 
ei  udizioni  illusli  ali  ve;  ma  la  maggior  la  berretta  la  cunia;  e  in  effetto  ru";o  di 
parte  si  dovette  ritrarre  dalla  fantasia  del  portarla  è  ben  più  antico  di  qiiell'  epo- 
pittore  slesso,  solo  p(jlendo<i  assicurare,  ca,  sì  (piale  inscena  di  persona  sagra  a- 
cbe  i  poslerioii  al  077  fino  all'ulti-  dopernla  non  solo  da' dogi,  ma  da  altri 
nio  doge  Lodovico  Manin  presentano  la  principi,  e  sì  per  decenza  e  per  non  re- 
Terissima  loro  immagine,  la  quale  però  slare  a  capo  scoperto  del  lutto  volendo 
non  si  poleva  liirarre  nelle  sale  se  non  levar  il  corno.  La  cuffia  adoperata  dal- 
dnpo  la  morte  di  ciascuno,  e  quella  del  l'ultimo  doge  Manin  il  giorno  dell'abdi- 
IManin,  siccome  morto  dopo  la  caduta  cazione,  |ierveniie  in  potere  del  sullodato 
della  repubblica,  vi  fu  posta  con  sovrana  Casoni.  ì\lorto  il  Casoni  nel  1  837  fu  com- 
annucnza,  uia  col  solo  nome  e  cognouìe.  pei'ala  dal  conte  Alessandro  Albrizzi  che 
Il  Natii,  (juanto  agli  antichissimi,  fu  fé-  gelosamente  la  conserva  con  tutti  gli  al- 
dele  all' effìgie  di  convenzione,  e  quanto  testati  che  ne  assicuranoraulenticilà.  Col 
agli  altri  imitò  allo  scrupolo  la  serie  di-  corno  il  doge  era  solennemente  corona- 
vulgata  e  geiieralmetile  accettata  per  ve-  io,  e  la  sua  moglie,  che  avea  il  nome  di 
ridica.  Ma  siccome  tanto  ne' ritratti  a  /?ng:/7rf.y5(7,era  purecoronata con  pompa, 
olio  esistenti  nelle  anzidette  due  sale,  cioè  soltanto  le  dogaressesuindicatee  non 
quanto  in  quelli  negli  scorsi  ultimi  secoli  tutte.  In  riguardo  poi  al  veslinìeiito  du- 
inlagliati  in  ran)e  non  è  serbato  il  coslu-  cale,  siccojne  i  piìi  antichi  fìogi  erano 
me  sia  della  berretta  ducale,  sia  delle  ve-  esercitati  nella  milizia,  e  taluni  celebri 
sii  ;  così  il  Nani  si  studiò  possibilmente  guerrieri  edireltorid'armatc,cosìadalcu- 
coiiservarlo  nel  suo  intaglio  a  seconda  del-  ni  d  Nani  pose  sotto  un  abito  analogo,  so- 
l'uso  de'lempi  in  che  fiorii  ono  i  dogi.  E  prapposlovi  però  il  paludamento  ducale, 
primieramente,  quanto  alla  berretta, pre-  or  chiuso,  or  aperto  dinanzi,  vestendoli 
se  per  norma  lerudila  opera:  Della  Ber-  parte  da  dogi  e  parie  da  generali.  Nel 
reltadHCole,volgarnieiì(echlainatnCor-  vestiario  in)itò  que' dogi  espressi,  in  al- 
lìo,  che  porlrisi  da  Seronissiiìii  Dogi  di  coni  n)usaici  della  chiesa  di  s.  Marco,  e 
l'enezin,  Disserfnzionc  di  Girolamo  in  generale  alla  descrizione  dell'  abito 
Zaiìdti,  I  77g.  Dall'efligie  del  doge  gè-  dùcale  del  Sansovino,  il  quale  lasciò  scrit- 
niiflesso  innanzi  la  Croce,  espresso  in  uno  lo  :  »  La  sotlanella  sotto  il  ricco  e  splen- 
de' mu-aici  della  mezzaluna  sopra  1'  al-  dido  manto  ne'lempi addietro  era  la  ve- 
lare della  cappella  del  Ballislerio  di  s.  ste  principale,  e  in  principio  si  portava 
Marco  (musaici  lavorati  dal  XI  al  XIV  colle  uiamcbe  strette  e  col  collare  allo. 
Secolo),  il  Zanetti  cavò  una   prova  che  Non  era  di  scia,  poi  lo  divenne;  e  indi 


V  E  N  VE  r>  3  ( 
il  doge  si  veslì  col  manto  Inigo,  spazio-  doge  le  monete  e  le  medaglie  coniate  «ot- 
so,  e  con  la  coda  a  strascico  per  lena,  col-  to  d  suo  reggimento,  con  iiiiislra7Ìoni 
la  soltanella  sotto  al  manto.  I  prinjissimi  «lell'ota  defunto  ab.  Pietro  Pasini.  liiu- 
do"i  coltivarono  la  barba,  poiché  nella  sci  infatti  si  spl<?ndida  e  si  completa  cjue- 
deposizione  per  castigo  si  faceva  loro  ra-  sia  nuova  edizione,  die  presentata  dal 
deie  r  onor  del  cnenlo.  Il  doge  Domeni-  Giimaldo  in  omaggio  alla  INb'eslà  (lai- 
co Micliiel  del  i  i  i  r,  per  fare  dispetto  l'impeialore  Franre>co  Giuseppe  I,  nie- 
a' greci,  ordinò  a' veneziani  di  farsi  ra-  rito  dal  sire  magnanimo  il  premio  del- 
dere  la  barba,  che  portavano  ad  «so  de'  l'aurea  grande  medaglia  per  le  arti.  Ec- 
greci.  Del  resto  i  dogi  furono  rapprcsen-  cone  il  titolo  :  ha  ISiiììA^nintìca  vcvctn. 
lati  or  colla  bniba,  or  senza.  Alla  fine  o  Serie  dìmonele  e  fiiedaglie  de'  dogi 
pelò  del  secolo  W  era  tornala  in  uso,  di  I  cHta'f?,  ivi  i  847-56.  Il  degno  sacer- 
come  si  vede  in  varie  slalue.  L'accon-  dote  veneto  Pasini,  morto  sanlamente 
ciaiiitnlo  di  essa  era  capriccioso,  e  non  nel  1853,  dotto  «jiecialmente  nella  storia 
eravi  costume  uniforme  nemmeno  Ira  patria,  nella  poesia  Ijitina,  iieil' arcbeo- 
privali,  e  tale  viarielà  ancor  più  si  didn-  logia, massime  nella  parte  lapidaria  e  mi- 
se. (|uando  le  lunghe  barbe  andavanoce-  mismalica.  pubblicò  pure:  I  Fasti  T  c- 
dendo  alla  moda  deile  corti,  a'  mustac-  ntziani,  cioè  illustrazioni  di  molte  inci- 
c  Ili, alle  basette  e  alle  mostlulle;  ciò  prin-  sioni  rappresenlanti  i  falli  principali  del- 
cipalmente  nel  X\  Il  secolo.  iNelle  col'e-  la  veneta  sloiia.  Sono  8o  e  racchiudono 
zumi  incise  de'ritratti  de'dogi  ve  ne  sono  tutta  la  storia  di  Venezia,  ove  furono 
con  abito  monacale,  peicliè  abbandonato  stam[)ale  nel  iS/p.  Inolile  lasciò  molle 
per  forza  o  per  volonià  il  principato  si  opere  inedile,  e  merilaiio  d'essere  licor- 
1  inchiusero  in  un  monaslero  assumendo  date:  i.°  Un  poema  epico  in  esnmeiri  in 
il  \e  •«lilo  (lell'tiidine.  !  dogi  veslili  da  mo-  6  libri  sulla  caduta  della  Repubblica  ve- 
naci  nelle  serie  del  JMalina.  del  IMacedo  nela,  intitolalo:  Adriade<:.  2."  La  tra- 
e  altri,  sono  Giovanni  Pnrteci[>azio,  Or-  duzione  in  versi  sciolti  delle  Metamoi- 
so  Parlecipazio,  s.  Pietro  Orseolo,  Vitale  fo*i  d'  Ovidio.  3.°  IMoltissime  poesie  la- 
Candiano, Tribuno  INlemmn,  Pietro  Cen-  line  ed  italiane.  4-°  Varie  dissertazioni 
Iranico,  v'-ebasliano  Ziani,  Orio  INJastro-  su  lapidi  e  Diouele  antiche.  5.°  Alcuni 
pieio,  Pietro  Ziani.  Al  iNani  parve  ragio-  sermoni  ec. 

nevole  di  levar  loro  quell'abito  e  sosti-  4-  Paoluccio  Anaftsto  Idcgc  di  Ve.' 
luirvi  il  solito  de'dogi,  riuscendo  stra-  mzia.  Narrai  già,  che  dopo  la  consocia- 
no rappre^entaieun  personaggio  col  cor-  zione  de  padri  veneti  secondi,  foggili  da 
no  ducale  in  capo  e  coli' abito  religioso,  molle  cillà  e  provincie,  e  dalle  stesse  an- 
aiico  pel  riflesso  chedivenuti  monaci  non  lichissime  Venezie,  al  modo  di  espriroer- 
eran  più  dogi.  Iii|iiodusse  però  «piella  si  del  cav.  Ci(ogna,  per  le  [>ersccu7Ìo- 
spcciedi  cappucdo  ro-so  con  lista  di  pel-  ni  de'baibaii,  e  nelle  Lagune  venete  fi- 
li iiianche,  che  al  corno  ducale  sopiap-  doilisi,  vivendo  sotto  il  reggimenlo  de' 
posto  scende  giù  pei  le  spalle  a'dogi  Gio-  Inliuni,  insorse  il  primo  male  per  lecon- 
vaiuii  Delfino  e  Marco  Cornaro,  singo-  linue  «liscordie  e  gelosie  <li  comando. 
lar  costume  forse  proveniente  da  qual-  JVlessa  così  a  cimento  più  volle  la  pub- 
che  privilegio  o  onorificenza  ricevula.  blica  tranquillila,  disubbidite  le  leggi,  ne- 
Giova  riferire,  che  avendo  il  Nani  alle-  giigenlalo  il  commercio,  i  veneti  vetlevo- 
nalo  le  lamine  eh  ei  inci>e  per  questa  o-  no  i  propri  legni  divenir  impimemenle 
pera  sua, ed  acquistali!  dal  lipogiafo  Giù-  preda  depilali.  Ad  impedii  e  il  danno  e- 
.sep[;e  Grimaldo,  questi  neprocuiò  una  stremo,  si  raccolsero  nel  Gcfj  in  i.snw- 
secùutìa  edizione,  aggiungendo  ad   ogni  blea  ad  Eraclea  i  primi  della  nazione,  e 


VEN- 
da  CiisloCuro  palriiiicii  di  Grado  (e  lo 
affeimnno  anco  lo  storico  Paolo  Morosi- 
11  i,  e  V  Arie  di  i'crìfìcar  le  date),  dn' 
suoi  vescovi  sudVagniiei  (o  almeno  fla 
(juelli  le  r.ii  sedi  ei'ano  siale  trasferite 
iiell'isolt),  dal  clero,  dalla  nobiltà  e  dal 
popvjlo,  per  iscnotere  il  giogo  de'lribuiii, 
si  decretò  di  eleggere  un  sol  capo,  nel 
fanale  concentrata  la  puliblica  autorità 
tolta  quanta  la  nazione  diligesse;  e  riget- 
tato il  n(jme  regio  non  proporzionato  al- 
la città,  odioso  al  popolo  e  pregiudizie' 
■\olealla  pubblica  libertà,  si  convenne  per 
(pjello  di  duce  o  doge,  o  di  condottiero 
tlella  veneta  nazione.  Quindi  nella  stessa 
general  conclone  venne  scelto  a  duca  o 
doge  delle  Venezie  Paoluocio  o  Paolo 
Lucio  Anafeslo,  uomo  saggio  e  di  r.h'rd 
sangue  eiaclc^ano  (detto  da'cronisli  anclie 
J'aiilncione,  forse  creduto  della  famiglia 
Faliei:  Fciletrì  de  Fano  veneriint,  Ann- 
Jtslìs  nomine  appellanittr,  si  legge  nel- 
la Cronaca  Altinalc),  per  consenso  una- 
nicue  del  popolo,  de'nobili,  del  clero,  de' 
vescovi.  Ricevè  il  giuraniento  di  fedeltà, 
e  giurò  egli  pure  d'osservare  le  consue- 
Uuiini  aniicbc  e  gli  statuti  delia  nazione, 
ed  in  Eraclea  sua  patria  fermò  la  sede 
dei  nuovo  governo  ducale.  Dis<.i  già  col 
ci).  Ilouianii), diedi  r|uesto  tnutamentodi 
governo  ed  elezione,  ne  fu  dato  avviso  al 
Papa.  Piacquea  quell'egregio  e  dotto  ve- 
neto, nella  lettera  che  volle  indirizzarmi 
nel  I  853,  come  notai  nel  §  X,  n.  3,  d'in- 
terpellarmi sul  riferito  da  qualche  cro- 
nista: Che  i  veneziani,  alla  nomina  del 
loro  primo  dogePaoluccio  Anafeslo  (697- 
712),  mandarono  ambasciatori  a  liouia 
e  ne  ottemieio  da  Papa  Adeodato  (672- 
r)76)  la  conférma.  Perciò  voler  sapere, 
se  del  fallo  in  PiOQia  esisteva  memoria 
li.  qualche  cronaca  o  archivio;  tanto  [)ii!, 
e  giustamenle,  the  non  sapeva  in  vero 
combinai  le  date  che  punto  non  corri- 
spondono. Opinare, che  i  veneziani  in  air 
lo  d'ossequio  abbiano  avvisalo  il  Poii- 
lefice,  ilei  cambiamento  da  loro  o[)erato, 
non  credere  pciò  ne  cliiedesscro  la  con- 


V  E  N 
ferma.  —  Pusposi, essere  tro[>po  immerso 
in  altri  vasli  sludi;  per  allora  non  poter- 
mene occupare,  riservandomi  [ieraltro  di 
prendere  in  esame  questo  punto  storico 
nel  presente  articolo,  anche  in  riverenza 
di  sì  benemerito  e  rispettabile  patrio  sto- 
rico. Quindi  ecco  il  risultato  di  niie  ri- 
cerche e  studi  in  proposito.  —  Col  iXo- 
vaes,  Storia  de  Ponte  fi  ci,  (\\%?^\  nella  bio- 
grafia di  Papa  Adeodato  II,  eletto  a'22 
aprile  672  e  morto  a'  26  giugno  676  : 
Confermò  a'veneziani  il  diritto  perpetuo 
di  eleggersi  il  loro  doge,  citando  col  me- 
desimo Novaes,  Pietro  Giustiniani  fedele 
storico  e  senatore  veuet-o  chiarissimo,  fio- 
rilogloiiosimenlenel  secolo  XVI, escrit- 
tore della  storia  intitolata:  Rerii/n  leiie- 
lariiin  ab  Urbe  condita  Jii storia,  fino  al 
suo  tempo,  lib.  i,  p.  6.  Tale  asserzione  co- 
sì semplicemente  riferita,  in  certo  modo 
quasi  fa  credere  che  a'  tempi  di  Adeo- 
tlalo  11,  già  i  veneziani  avessero  il  diritto 
dell'elezione  del  doge;  mentre  sta  in  fallo 
che  non  sussisteva  allora  il  doge,  e  sol- 
tanto [)er  la  i.^  volta  fu  eletto  21  anni 
dopo  la  morte  di  Adeodato  11,  chiamato 
Adeodato  1  da  quelli  che  il  Papa  di  la! 
nome  del  61  5,  denominarono  s.  Deusde- 
dit,  e  da  altri  appellalo  Deodato.  lo  vo- 
glio dir  lutto  e  nulla  occultare,  per  poi  opi- 
nare colla  ragione.  Principiando  da  /4na- 
stasii  Dihiiothecarii,  De  f'itis  lioniano- 
rnniPontificum,  con  dissertazioni,  prefa- 
zioni,prolegomeni,  varianti  del  dotto  pre- 
lato veronese  FrancescoBiaiichini,  nel  1. 1, 
a  p.  I  33,  si  dice  eletto.\dcodalo  nel  GGf)  e 
morto  nel  676, senza  leggersi  parola  in  ar- 
gomento: discrepanti  sono  altresì  diversi 
storici  sull'anno  dell'  elezione.  Nulla  ne 
dissero,  il  cremonese  Bartolomeo  Plati- 
na, Le  Vite  de" Pontefici,  in  quella  di  Deo- 
dato 11,  sebbene  racconti  avvenute  nel 
suo  pontificato  le  irruzioni  di  Lupo  du- 
ca del  Friuli,  e  le  calamità  patite  da  O- 
derzo;  l'altro  veronese  Onofrio  Panvi- 
nio,  EpitoniePontifìcum  Roinanorum,  p. 
3  I  ;  Alfonso  Ciacconio,  Viiae  Pontifieuni 
Uùuianorum,  t.  i,  p.  4^3,  e  neppure   i 


V  E  i\ 
suoi  annotatoti  Vitlorellie  OldoinijFran- 
cesco  Pagi,  BreK'iariiiin  Ponli/lciuìi  Ho- 
mnuorum  gcsta^  t.i,  p.  44^  J  Guglielmo 
'Qm'\o  ,  Romanorwn  Ponlifìcnni  hrevis 
Notilia,  p.io4  ;  e  nulla  il  moderno  ba- 
rone Henrion,  Storia  de  Pnpi,  t.  i,  p. 
\^G.  L'annalista  Baronio,  e  il  suo  com- 
pendiatore  Piinaldi,  hetichè  narrino  tut- 
te le  gesta  di  Adeodato  II,  non  fanno  pa- 
rola del  riferito  dal  veneto  Giustiniani  e 
del  Novnes.  Soltanto  prima  di  quest'ul- 
timo, il  vicentino  Antonio  Sandini  biblio- 
tecario del  seminario  di  Padova  ,  Tltae 
Pontifìcuìn  Ronìanoriim,  1. 1,  p.  242,  ci- 
tando il  medesimo  Giustiniani,  scrisse;  A- 
dcodatus  anno  Chrisli  672  ...  Hic  insti- 
tueiidieligendiqiie  Ducis  Apostolica  aii- 
cloritate  jus  Fcnetìs perpetuo  confirma' 
vii.  Ma  siccome  allorché  nel  697  fu  elet- 
to ili."  doge  Anafesto,  sedeva  sulla  cat- 
tedra apostolica  Papa  s.  Sergio  I,  ch'eb- 
Ije  la  gloria  di  riconciliare  colla  Chiesa 
Romana  quella  di  Aquileia,  separatasi  per 
lo  scisma  de'Z're  Capitoli,  negli  stessi  ri- 
cordali autori  volli  ricercare  se  ricevet- 
te partecipazione  della  seguita  elezione  al 
dogado  d' Anafesto,  nulla  avendone  io 
detto  col  Novaes  e  altri  nella  biografia. 
Nihil  verbo,  ne  trovo  in  Anastasio  Biblio- 
tecario e  nel  Bianchini  che  Io  commenlò; 
neppure  nei  Platina,  nel  Panvinio  ,  nel 
Ciacconio,  nel  Pagi,  nel  Burio,  nel  San- 
dioi,  nell'Henrion,  nel  Baronio,  nel  Ri- 
naldi; neppure  finalmente  ne  disse  Lo- 
dovico Agnello  Anastasio,  che  nella  Sto- 
na degli  Antipapi  scrisse  ancora  accu- 
ratamente, e  con  diverse  cronache,  quel- 
la de'Papi,  contro  i  quali  insorsero,  s.  Ser- 
gio I  avendo  avuto  a  competitori  i  pseu- 
do  Teodoro  e  Pasquale.  Stringo  il  risul- 
tato delle  mie  ricerche' con  rilevare,  che 
il  Giustiniani,  e  forse  altri  pure,  fu 
quello  da  cui  il  Sandini  e  il  Novaes  li- 
cavarono  la  notizia  sulla  approvazione 
e  conferma  del  diritto  de'veneziani  nel- 
l'elezione dei  doge,  senza  riflettere  al- 
l' apparente  grave  anacronismo,  che  il 
doge  fu  nominato?,!  anni  dopo  il  de- 
voi..  XCII. 


YEN  33 

cesso  d'Adeodato  If,  secondo'  l'epoca 
in  generale  adottata.  Non  debbo  poi  ta- 
cere il  dichiaralo  d;d  Romaniu."  Però  il 
Sagomino,  dicendo  avvenuta  I'  elezione 
(d'Anafesto)  a'tempi  dell'imperatore  di 
Costantinopoli  Anastasio  II  (713-710)0 
di  Liutprando  re  de' longobardi  (712- 
744),  converrebbe  ritardarla  di  qualche 
anno  e  stabilire  la  nomina  del  primo  do- 
ge almeno  nel  715  avanti  la  morte  del 
patriarca  Cristoforo,  che  forse  mancò  in 
quell'anno  (o  nel  precedente  almeno  «se- 
condo l'ab.  Cappelletti).  In  generale, nel- 
la confusione  dell'antiche  cronache  circa 
a'tempi,  e  fra'tanli  errori  de'copi<ti,  è  iiìi- 
possibile  di  bene  accertare  le  date".  Par- 
rebbedunquedoversi  contentaredi  ritene- 
re, con  varie cronache,che  seguita  l'elezio- 
ne di  Anafesto, per  ossequio  siasi  partecipa- 
to al  Papa, che  probabiliàsimamentennn 
fu  Adeodato  II,  ma  in  tempo  d'alcunode' 
successori,  massime  di  s.  Sergio  I,  e  dub- 
biosamente in  quello  di  Giovanni  VI,  Si- 
sinnio.  Costantino  e  s.  Gregorio  II  del 
715,  qualora  contro  la  comune  e  più 
abbracciata  sentenza  si  volesse  protrarre 
l'elevazione  d'Anafesto  alla  ducea  vene- 
ziana. Si  potrebbe  ancora  ragionare  e  o- 
pinare  così  :  secondo  l'uso  de'  tempi  e  la 
grande  venerazione  che  si  professava  a' 
Papi  in  que'  secoli,  sta  benissimo  che  i 
veneziani  abbiano  domandalo  o  la  san- 
zione del  diritto  di  eleggersi  'in  doge,  o 
la  conferma  del  da  essi  operato,  preci- 
puamente per  una  innovazione  politica 
così  fondamentale,  a  seconda  del  prati- 
cato dagli  stessi  imperatori,  re  e  altri 
principi  in  diverse  circostanze,  e  più  an- 
cora per  vestirlo  d'un  caratleie  sagro,  e 
così  rendere  più  rispettabile  in  faccia  a' 
popoli  ,  ed  alle  altie  nazioni  e  principi, 
quanto  aveano  eseguito.  Qui  non  si  tratta 
della  domanda  della  conferma  anzi  tem- 
po, che  sarebbe  as<;iuda,  e  darebbe  un 
anacronismo.  Sì  invece  d'una  manifesta 
necessiià  politica  ;  né  posso  dipartirmi 
dagli  storici  Giustiniani  e  Sandini.  Per- 
ciò   appunto,  riflettendo,   che  il   patri- 


34  V  E  N 

zio  sierico  era  responsaI)i]e  della  ve- 
lila verso  il  senato,  delibo  o[)inare  e 
spiegare,  per  iillinia  conclusione:  do- 
rarsi rispetlaie  l'aiilorilà  del  Giustinia- 
ni, pel  naturale  riflesso  che  i  primili- 
"vi  veneti,  pensando  di  proposito  già  da 
qualche  anteriore  tempo  alla  nuova  for- 
mei  stabile  del  governo  ducale,  savia- 
mente prima  di  efTc'Uuarla  abbiano  vo- 
luto premiuiirsene,  con  procurarsi  an- 
zitutto la  suprema  autorizzazione  del 
soiumo  Pontefice,  a  poter  in  iiiwìsìnui 
eleggersi  a  suo  leuìpo  il  proprio  principe 
indipendente.  Questa  ottenuta  da  Papa 
Adeodato  li,  l'applicarono  al  caso  nell'»- 
lezione  di  Anafeslo.  Dal  672-676  di  A- 
deodato  11,31  697  dello  slesso  Anafeslo 
vi  é  bensì  una  distanza  di  1 1  anni,  ma 
min  vi  è  un  anacronismo  ;  perchè  altro  è 
far  decidere  il  punto  di  massima  neces- 
saria (acciò  l'elezione  non  fosse  potuta 
esser  contraddetta  dalla  gelosia  o  pre- 
tensioni di  altri  principi),  altro  mandar- 
lo ad  elletto  ;  e  tra  una  tal  cosa  e  l'altra, 
ai  anni  non  creano  un  impedimento  ad 
Jinimeltere  l'aulorilà  del  Giustiuiani  e 
degli  altri.  In  questo  uiodo  le  date  si  pon- 
no  benissimo  combinale,  e  così  il  rima- 
nente, stante  che  i  veneziani  non  aveva- 
no più  bisogno  di  cliiedere  alla  s.  Sede 
conferma  dell'operato,  quando  già  era- 
no muniti  di  anteriore  assenso  nella  per- 
sona di  Adeodato  li.  Questa  io  credo  la 
più  probabile  e  la  più  ragionevole  spie- 
gazione che  possa  darsi  al  'quesito  di- 
scorso, restando  così  lutto  salvo,  con 
semplicissima  dichiarazione,  che  i  lo- 
dati storici  onunisero.  —  Una  delle  pri- 
me luminose  azioni  del  doge  Paoliic- 
cio  Anafeslo,  d'animo  coraggioso,  dal- 
la  mente  e  di  profondo  ingegno,  fu  quel- 
la di  cercare  e  ottenere  la  pace  tra  Luit- 
prando  re  de' longobardi  (tale  diven- 
ne nel  712).  e  i  veneti,  e  di  por  line 
così  alle  vicendevoli  persecuzioni  che 
da  70  anni  andavano  lacerandogli  ani- 
mi e  le  sostanze  di  ciascuno.  Frutto  di 
questa  pace  fu  l'aver  posto  i  coufioi  Ira 


V  E  N 

il  ducalo  Vendico  e  1'  Italico,  pailico- 
larmente  verso  Eraclea  (dice  1'  Arte  dì 
verificar  le  date,  che  ritarda  al  7  i  5  la 
stipulazione  del  trattato,  che  allora  i  ve- 
neziani possedevano  in  terraferma  ciò  che 
trovasi  Ira'fiumi  delti  la  glande  e  la  pic- 
cola Piave;  possessioni,  egualmente  che 
tulio  lo  stato  veneto  ,  indipendenti  dal 
regno  de' longobardi);  stabilito  di  quali 
immunità  e  franchigie  a  tutela  del  com- 
mercio goder  dovessero  i  mercanti  vene- 
ziani, che  i  fiumi  e  le  terre  del  regno  lon- 
gobardo scorrevano.  Né  da  questi  patii 
sfuggì  ciò  che  alle  gieggie  numerose  di 
pecore,  e  alle  razze  de'cavalli  pascolanti 
sul  terreno  di  Equilio  (pel  copioso  nu- 
mero de'quali  che  ivi  si  allevavano,  quel 
luogo  tuttora  porla  il  nome  di  Lido  Ca- 
vallino, tra  il  porto  di  Piave  e  quello  di 
Tre  Porti),  e  di  Eraclea  spettar  poteva, 
e  il  taglio  delle  legna  ne'boschi  del  con- 
tinente, oggetto  cotanto  necessario  agl'i- 
solani; e  in  fine  ebbero  luogo  altri  privi- 
legi e  trattati  (obbligandosi  il  doge  al 
pagamento  d'annua  somma  a  giusta  in- 
dennità e  compenso),  che  in  processo  di 
tem[)0  tra'veneti,  i  re  d'Italia,!  francesi 
e  gli  alemanni  furono  rinnovati.  Inoltre 
il  doge  compose  gl'interni  dissidii,  liberò 
l'acque  venete  da'corsari,  e  munì  le  foci 
de' fiumi.  INIa,  ad  onta  de'  benefizi  che 
Paol uccio  seppe  procacciare  al  suo  po- 
polo, alcune  famiglie,  specialoiente  delle 
più  cospicue  che  in  addietro  avevano  te- 
nuto signoria,  non  sapevano  piegarsi  alla 
son)missione.  Laonde  scoppiarono  nirai- 
cizie  tra  il  doge,  ed  Egilio  di  Malamocco 
e  Aulo  d'Equilio,  che  trasmodate  in  alti 
violenti,  fu  aspramente  combattuto  nel 
pineto  jesolano  e  ntW  Archiniicidiuni  o 
//om/aW/(3/f' (così  denominato  anche  per 
altre  sanguinose  battaglie  dipoi  in  esso 
date),  detto  poi  Canale  dell'  Arco.  I  su- 
perstiti, ritiratisi  più  entro  terra,  costrui- 
rono il  castello  d'Equilio  0  lesolo,  e  vi 
stabilirono,  a  dispetto  del  doge,  un  tribu- 
nale con  propri  giudici.  Le  scissure  e  la 
guerre  si  continuarono  anche  sotto  i  sue- 


V  E  rs'  V  E  N  35 
cessoi  i  dì  Pciùliiccio,  con  de[ilor;ibiIi  con-  quilein,  al  decreto  fjlto  da  s.  Gregorio 
sciieoze  ;  poiché  divenula  Eqnilio  coi>-  HI  nel  concilio  di  Lalerano  del  782,  che 
sideievole  e  rinomala  cillà,  con  sede  ve-  eguahiiente  separò  per  sempre  le  due 
sco\ile,  florida  e  furie,  potè  cozzare  per  giurisdizioni^dichiarandosutiVaganeidei- 
ben  no  anni  colla  vicina  Eraclea.  Tran-  la  Dictropoiilana  di  Grado  i  vescovi  del- 
ne  queste  vertenze,  Paoluccio  ebbe  felice  l'Istria  e  delle  Lagune  Venete,  mentre 
e  tranquillo  governo,  ed  amalo  e  carez-  quelli  della  terraferma,  fino  oltre  il  JMin- 
zaloda  ognuno,  quindi  da  lutti  compian-  ciò,  dovevano  dipendere  da  quella  d'  A- 
to,  fini  ili  vivere  nel  71  7  dopo  oltre  20  quileia.  Saggio  e  triuiquillo  fu  il  governo 
anni  di  principato,  e  in  Eraclea  ebbe  o-  e  reggimento  di  Marcello,  uomo  forse 
ìinrevolis^ima  tomba.  —  HI  ai  cello  Te-  alquanto  debole,  per  aver  sopportalo  pa- 
gntliano  JI  doge.  Qiìeriìì  pin-e  di  Era-  zientemenle  qua'che  mossa  allcslalo  pre* 
dea,  è  assai  verosimile  che  sia  quel  Mar-  giudizievole.  Santissime  leggi  promulgò, 
cello  maestro  de'militi,  il  quale  con  A-  e  invigilandoallaconservazione  loro,  me- 
iiafeslo  {]>^b  Ira'lougobardi  e  i  veneti  i  rilò  da'cronisli  d'esser  paragonato  a  Nu- 
patti  dell'alleanza  ,  e  gli  successe  nello  ma  2.°  redi  Roma.  Egli  fu  piincipal  ca- 
slesso  717,  eletto  doge  dal  popolo  nella  gione  che  Antonio  0  Antonino  abbate  dei- 
campagna  Eracleàna  radunato.  Per  tale  la  ss.  Trinità  di  Brondolo,  per  dottrina  e 
elezione  venne  riunito  il  potere  civile  e  pielà  celeberrimo,  fosse  proclamato  a  tne- 
militare  in  una  sola  mano,  ciò  forse  ri-  Iropolita  della  Venezia  e  dell'Istria.  Do- 
chiedendo  la  condizione  delle  cose  ,  già  pò  questa  elezione  visse  un  anno  appena 
iiitoibidate  per  l'accenunte frizioni  eguer-  Marcello  (invece  1' ab.  Cappelletli  pro- 
re. IVon  appena  ascese  il  soglio,  fece  co-  trae  la  dignità  di  Antonino  intorno  al72"), 
sliuiie  de' forli  alle  bocche  de' fiumi,  e  essendo  morto  nel  726,  dopo  circa  q  an- 
stabih  certo  numero  di  barche  armate  ni  di  principato,  e  fu  nella  stessa  Eraclea 
per  ogni  isola.  Nelle  violenze  da  Sereno  sepolto.  —  Orso  Ipalo  IH  doge.  Nobi- 
palriarca  aquileiese  ,  col  favore  di  Lini-  lissimo  cittadino  di  Eraclea,  ne'comizi 
prando  re  de'longobardi,  usate  contro  il  ivi  raccolti  fu  eletto  nel  726.  Esperto  nel 
metropolita  di  Grado  Donato,  pei-  cui  mestiere  dell' armi  acce«e  la  veneta  gio- 
•vantando  antiche  pretensioni,  aveva  per  ventò  alle  battaglie,  e  il  momento  ago- 
forza  occupato  l'isolette  di  Centenaria  e  gnò  di  venirne  alle  prove.  In  eltetto  a- 
Mossnne  nelle  Lagune  di  Grado,  il  doge  vendo  Luitprando  re  de'  longobardi  ce- 
ne soffi'i  mollo  dolore;  non  però  si  smar-  cupata  Ravenna  ch'era  de'greci,  e  scac- 
II,  e  scrittone  al  Pa[)a  s.  Gregorio  II,  ot-  ciatone  l'esarca  Paolo  (lo  fu  nel  727  o 
tenue,  che  se  non  il  longobardo,  almeno  728),  riparò  questo  in  Venezia,  unico 
Sereno  tralasciò  di  molestar  gl'isolani.  luogo  ove  potesse  stimarsi  sicuro  per  es- 
Si  quietarono  per  allora  le  ostilità,  ma  sere  i  veneziani  sempre  legali  pel  coin- 
poco  dopo  si  rinnovarono,  e  neppur  vai-  mercio  coll'impero  greco.  Indi  li  pregò  a 
se  a  por  termine  alle  pretensioni  del  pre-  prendere  le  sue  difese  ,  e  ritornare  Ra- 
Jato  d'Aquileia,  che  il  Papa  fin  dal  717  venna  al  suo  signore  Leone  III  V Isaiiri- 
avesse  segnatoa  lui  e  al  patri;ucn  di  Gra-  co  imperatore  de'greci.  Toli  preci  furono 
do  i  confini  delle  giurisdizioni  rispettive,  avvalorate  dal  veder  di  mal  occhio  i  ve- 
determinando  peli."  il  territorio  de'Ion-  neziani  in  possesso  i  longobardi  di  quel- 
gobardi  ,  ed  al  2."  sottoponendo  ([uello  l'importante  porto  ,  e  dalle  papali  esor- 
de'veneziani;  e  quella  fu  l'epoca  del  ca-  tazioni  (di  s.  Gregorio  II  con  questa  let- 
nonico  principio  del  patriarcato  gradese  lera,  che  ricavo  da  PaoloIMorosini:»  Gre- 
già  originato  dallo  scisma  de' Tre  Capi-  goi  io  Vescovo  Servo  de'Servi  di  Dio  aldi- 
tuli.  Neppure  si   quietò  il  palliai  ca  d'  A-  letto  figliuolo  Orso  doge  di  Venezia.  Per- 


3G  V  E  N 

elle  per  li  «noi  peccali  la  cillìi  di  Rnvon- 
Yìn,  ch'è  capo  di  molle  cliiese,  è  cndutn 
nell'empie  mani  de'  loiigohaiili,  e  il  no- 
bilissimo Esarca,  come  ci  è  slato  liferilo, 
si  trattiene  appresso  di  voi,  e  si  ritrova 
nella  vostra  città;  ci  sarà  sommamente 
caro,  che  sia  favorito  e  aiutato,  e  che  in- 
vece nostra  a  gara  insietne  con   lui   per 
il  desiderio,  che  tenete  pel  bene  di  quel- 
la città,  e  per  l'alletlo  che  portate  alla 
nostra  s.  Fede,  procurate  di  restituirla, 
com'era  prima,  ella  cristiana  repubblica, 
e  rassegnare  di  nuovo  nel  servizio  de'si- 
gnori  figliuoli  nostri  Leone  e  Costantino: 
il  Signore  vi  custodisca".  Nonostante  le 
tante  e  gravissime  vertenze  fra  s.  Gre- 
ifono /7  propugnatore  del  culto  delle  ss. 
Immagini, e  Leone  III  eretico  sostenitore 
t\e^\'  fconorlasii,  onde  non  potendo  vin- 
cerlo co'  benefizi  era  slato  scomunicato 
dal  l*apa,  anche  per  aver  allentato  alla 
sua   vita  ;  e  non  ostante   1'  apprensione 
dell' ingrandimento   de'  longobardi,   in 
quel  torno  la  virtù  pontificia  fu  premia- 
ta colla  Sovranìlàxìellax.  Sede  e  de  Pa- 
j)ì,  originata  dalla  spontanea   dedizione 
de'[)opoli.  sol  trai  lisi  dtU'etn  pio  Leone  III, 
avvenimenti  clamorosi  che  descrissi  ne' 
3  indicati  e  altri  articoli.  Ma  non  voglio 
tacere  il  giudizio  che  da  ultimo  die  di  s. 
Gregorio  11  il  libro:  Pensieri  sulla. storia 
d' Italia.  Studi  di  Cesare  Balbo."  Quel 
troppo  mal  conosciuto  Gregorio   11,  che 
fu  l'inventore  del  vero  metodo  di  libertà 
italiana,  perchè  seppe  resistere  a'  longo- 
bardi e  a'greci   senza  aiuti  stranieri  con 
forze  italiane  sole  e  fu  capo  della  i."  lega 
di  città  italiane"  ),  indussero  Orso  ed  i 
suoi  a  mettere  in  mare  poderosa  flotta,  e 
data  voce  che  ad  altra  impresa  fosse  ri- 
volta, l'esarca  fece  sembiante  d'esser  sta- 
to espulso  da'veneziani;  ma  recatosi  ver- 
so Imola  quivi  raccolse  soldati,  quasi  che 
la  volesse  assediare;  se  non  che  pollatosi 
subito  sollo  Ravenna,  nel  punto  in   cui 
i  veneziani,  già  del  porlo  usciti,  s'ancora- 
vano dinanzi  alla  città.  •=  Sorpresi  i  lon- 
gobardi non  sanno  cui  più  giovi  opporsi. 


V  E  N 

L'esarca  si  avanza.  1  veneziani  posto  pie- 
de in  terra  appoggian  le  scale  alla  mu- 
in,  p  sbarrata  nna  porta  v'entran  co'sol  ■ 
dati  dell'esarca  viltnriosainenle.    Egli    è 
verosimile  che  in  cotesta  occasione  il  do- 
gedall'in'.peratore  d'Oriente  ricevuto  ab- 
bia il  titolo  d'  Ipato,  ossia  di  console  ". 
Questo  titolo  si  convertì  in  nome  di  fa- 
miglia, come  con  altro  esempio  quello  di 
Tribuno,  il  che  già  dissi.  Si  può  vedere 
l'annalista  Rinaldi  all'anno  726,  n.   26 
e  27,  che   narra    Ira  l'altre  cose,  aver 
Lnitprando  occupato  Ravenna,  per  dete- 
stare il  sacrilego   Leone  HI   persecutore 
delle  ss.  Immagini,  e  col  Dandolo  ripor- 
ta la  riferita  lettera  di  s.  Gregorio  II.  Ma 
questi  fatti  non  potevano  sopire  !e  gare 
e  le  contese  vicendevoli  tra  glieracleani  e 
gli  equiliani.  Questi  il  doge,  divenuto  or- 
goglioso, aveva  in  odio,  per  cui  aspramen- 
te li  trattava,  e  voleva   impor  loro  nuovi 
censi  e  tributi.  Gli  altri  sostenevano  il  do- 
ge, come  cittadino  eracleano;  il  perchè  si 
venne  ad  aperta  battaglia.  Vogliono  al- 
cuni che  nella  mischia  Orso  morisse;  ma 
la  comune  degli  storici  assicura,  eh'  egli 
da'  tribuni  e  da'  nobili  intolleranti  la  si- 
gnoria d'un  doge,  sia  slato  fatto  trucida- 
re dall'  insolente   popolo  sommosso   nel 
787  in  Eraclea.  Il  Mulinelli  con  altri  lo 
chiama  Orso  Partecipazio^  uomo  à\  v\- 
vo  carattere,  di  grande  alterezza,  aman- 
te del  fisto  e  del  dominio  assoluto  ,  reg- 
geva i  cittadini  come  sudditi  e  servi;  ma 
ricordandosi  i  cittadini  di  esser  liberi  na- 
ti, e  tali  volendo  vivere,  ed  osservando 
quindi  che  il   contegno  di  Orso  era  di- 
rettamente opposto  a'diritti  e  alle  prero- 
gative del  popolo,  si  aninurtinarono,  as- 
salirono nella  sua  casa  il  tiranno  e  l'uc- 
cisero.  Non  mancano  storici  che  com- 
piansero Orso,  per  aver   recato   lustro 
a  se  stesso,  e  colle  armi    recato   più  im- 
portanza alla  patria,  non  meno  che  van- 
taggi  pe'  trattati    commerciali.   Altri  in 
fine  sospettano  che   Orso  agognasse   il 
potere  assoluto;  tentativo   rinnovalo   <la 
allri  dogi  successori.  —  Inaspriti  gli  a- 


V  E  N 

ululi,  iiou  essendosi  potuto  riunir  ìe  fa- 
zioni per  la  scella  ci'  un  nuovo  doge,  an- 
zi ila  quei  punto  venuta  in  odio  la  du- 
cai  dignità,  si  prese  il  partito  d'abolire 
e  tibiogaie  un  tal  inagistiato  supreaio 
e  perpetuo;  per  la  triste  esperienza  già 
fatta  nou  Volendosi  neppur  tribuni,  tut- 
ta viu  reputandosi  necessario  un  magistra- 
to, si  decise  e  di  sostituii  ne  uno  annuale, 
sullo  il  nome  di  Maestro  della  Milizia. 
Si  scelsero  dunque  ad  anno  i  maestri  de 
militi,  e  dal  787  al  741  cinque  ne  furo- 
no, 1  cui  nomi  ci  Irainaiulò  la  storia:  Oo- 
UJtiiico  Leone  nei  787,  Felice  Coinicola 
nel  738  ,  Teodalo  o  Deodato  figliuolo 
del  doge  ucciso  nel  739,  Gioviaiio  o  Giu- 
liano Ipalu  nel  740  ,  e  Giovanni  Fabri- 
ciaco  o  Fabriaco  eiacleese  nel  741  ,  d 
quale  governando  più  di  qualuiupie  al- 
tro de' suoi  predecessori  aspio  e  feroce, 
dall'iudigiiata  plebe  fu  cacciato  dal  suo 
uilìcio  e  alla  greca  accecato  nel  742, 
prima  cl^e  terminasse  t'  anno  del  suo 
reggimento.  —  Teodato  Ipalo  IV  doge. 
11  governo  militare  e  gli  annuali  maestri 
de'militi,  non  riuscendo  magislratura  uti- 
le e  opportuna  al  governo  del  popoly,  il 
partilo,  che  cliiainato  dall' esilio  questo 
Teodalo  oDeodato  figlio  dell'ultimo  doge 
Orso  avealo  nominato  maestro de'milit;, 
procurava  di  restituire  nella  sua  casa  la 
dignità  ducale,  volle  pure  compensare  in 
lui  il  danno  dal  padre  soiferto.  Pertanto, 
nello  stesso  742  convocata  la  conclone 
nuu  pili  in  Eraclea,  ma  in  Malamocco, 
si  stabili  di  fare  rivivere  la  dignità  per- 
petua di  doge,  e  Teodato  che  già  era  sta- 
to dall'imperalore  iusignitodel  titolo  d'I- 
palo,  non  senza  meraviglia  fu  il  iV  doge 
di  Venezia,  e  fissò  pel  i."  la  sua  dimora 
ili  Malamocco,  cillà  munita  di  torri  e  di 
mura  e  isola  sicura,  decorata  del  seggio 
vescovile,  nou  volendo  soggiornare  in  E- 
ruclea  ,  ov'eru  stato  assassinalo  suo  pa- 
dre e  vi  avea  eretto  il  palazzo  ducale  ;  e 
per  freno  all'autorità  ebbe  due  tribuni 
come  assessori.  Cosi  Malamocco  divenne 
ccuUo del  ijoveiao  dellu  repubblica  di  Ve- 


V  E  l\  37 

neziit,e  sede  del  doge.  Quanto  ad  Eraclea, 
è  bene  che  io  qui  avverta  :   Che  notabil- 
mente indebolita  dalle  guerre  colla  vici- 
na Eq'iilio  o  Jesolo,  sen)pre  più  decadde, 
e  impaludò  ilopo  la  .devastazione  recata- 
le co"  franchi  da  Pipino  re  d'  Italia   ne' 
primi  anni  del  seguente  secolo  IX,  altro 
funesto  eccidio  ricevendo  nel  Xda'tartari 
ugii.  !1  doge   Agnello    Parteclpazio  era- 
cleano  la  rifabbricò,  poco  lungi  dal  luo- 
go ove  sorgeva  l'  antica,  ma  assai   più 
piccola,  e  co!  nome  di  C/7tó  iVbi'ti,  comu- 
ne a  Emonia  o  Città  .Vov^  d'Istria  ;  né 
valsero  le  premure  del  doge  Pietro  Or- 
seolo  II, che  dispiacendogli  la  perdita  d'uu 
luogo  si  celeLre,  ne  restaurò  con  gran  di- 
spendio le  fibbriche  e  il  ducale  palazzo, 
e  vi  aggiunse  una  chiesa  assai  bella.  Con- 
servò per  altro  lungo  tempo  i  vescovi  pro- 
pri colla  cattedrale  di  s.  Pietro,  ove  si  tu- 
mulavano, eli  podestà  succeduto  al  du- 
cale gastaldo,  finché  nel  i44o  Eugenio  IV 
soppresse  il  vescovato,   ne   incorporò  le 
rendite  e  la  diocesi  al  patriarcato  di  Gra- 
do, che  neli4Ti  I  si  compenelrò  in  quel- 
lo di  Venezia,  il  luogo  restando  racchiu- 
so nella  diocesi  di  Treviso,  come  già  no- 
tai. —  Il  doge  Teodato  rinnovò  i  patti 
co're  longobardi,  e  sebbene  costoro  fece- 
ro guerra  a'greci  e  tolsero  R.avenna  all'e- 
sarca Eutichio,  il  doge  non  si  mosse.  Pel 
suo  pacifico  governo  fu  ampliato  il  com- 
mercio, la  navigazione   de'veneziani    di- 
venne fiorcntissima  ed  estesa  non  solo  ne' 
man  ilei  Levante,m  1  in  (pielli  eziandio  del 
Poneiile,  e  lungo  le  coste  e  i  porli  dell'A- 
fi  ica  e  della  Spagna.  Si  estese  eziandio  per 
l'I  tal  la,  e  specialmente  a  Pavia  ed  a  R.oma. 
11  decadimento  di  Ravenna  tornò  a  van- 
taggio de'veneziani,  partloolarmeote  do- 
po l'alleanza  più  larili  conclusa  coll'arci- 
vescovo  Sergio;  in  breve,  erano  ormai  es- 
6Ì,  si  può  dire,  la  sola  nazione  cominer- 
cianle  e  navig  itrice  di  ((•ue'tempi.  Laon- 
de gran  cura  mettevano  nella  costruzio- 
ne de' navigli,  e  già  il   maestio  de'militi 
Curnicola  aveva  invitato  maestri  ^d>bn- 
calcri  di  uavi  dulia  Schiavouia,  dall'islrui 


3S  V  E  N 

e  dalla  Puglia,  all'oggello  di  peifeaiona- 
le  quelle  in  uso  tra'  veneziani,  come  si 
narra  dal  Romanin.  Pareva  ancora  che 
sullo  al  suo  governo  gli  odii  e  le  discor- 
die Ira  gli  eracleani  e  gli  ecjuiliaui  fossero 
sopite,  quando  si  ridesiarono  a  un  trat- 
to. Per  assicurarsi  da'troi)po  vicini  longo- 
bardi già  possessori  di  R.avenna,Teodalo 
in  sulle  sponde  dell'  Adige  fece  costruire 
un  niunilissimo  forte  inferiormente  a 
Broud'olo,  poiché  dicesi  dallVir^e  di  ve- 
rificarle date,  aver  stipulato  col  loro  re 
Astolfo  un  trattalo,  col  quale  esteseli  ter- 
ritorio dello  stato  di  Venezia.  Allro  non 
ci  volle  perchè  Galla  Gaulo  di  Jesolo, 
uomoscelleralissinio,  suscitasse  tutti  colo- 
ro the  facihnenle  prestavano  fede  alle  vol- 
gari dicerie,  e  che  essendo  equiliani  era- 
no del  parlilo  contrario  al  doge,  e  uu 
giorno  in  cui  Teodalo  ritornava  dall' a- 
ver  visitate  le  fortificazioni,  si  scagliò  ar- 
mala mano  sopra  di  lui,  il  prese,  lo  acce- 
cò, e  tanto  iniquamente  operò  che  fu  dai 
principato  deposto;  nel  ySS  ciò  avvenne, 
i3  anni  circa  dacché  era  asceso  al  soglio 
ducale.  —  Galla  Gaulo  F doge.  Figlio 
d'Egidio  tribuno  d'Equilio,  uomo  quan- 
to immerso  ne'vizi,  altrettanto  prode  nel- 
l'armi, dopo  aver  battutogli  eracleani  e 
gli  Obelerii  col  soccorso  de'ravennati  e 
de'grecijUccisoEurico  Barba  romano,  oc- 
cupalo parecchi  lidi  fino  a  Grado,  invaso 
Malamocco,  e  deposto  l'infelice  Teodalo, 
con  calunnie  accusandolo  al  popolo  di  af- 
fettar la  tirannide;  invece  sedizioso  e  am- 
bizioso egli  stesso,  si  fece  acclamare  prin- 
cipe delle  Venezie.  Il  fortissimo  parlilo 
degli  equiliani  suoi  concittadini,  la  pro- 
lezione della  famiglia  de'Gaulial  sublime 
seggio  il  portarono.  Ma  anziché  tenjpera- 
re  colla  clemenza  del  governo  il  necessa- 
rio rigor  delle  leggi,  parve  che  asceso  al 
soglio  Galla  divenisse  più  llerreo  e  più 
crudele,  bn perocché,  colla  forza  per  un 
anno  intero  si  mantenne  nell'  usurpalo 
dominio,  e  colla  forza  sottomise  le  vicine 
isole  e.lecostrinse  a  tacere.  Ma  abhorrilo 
da  queste,  e  ordita  segielissioia  cougiuro, 


V  EN 
diletta  forse  dalle  primarie  famiglie  de' 
nobili,  lutto  a  un  tratto  il  popolo  solle- 
vossi,  cinse  Malamocco,  prese  Galla,  ed 
accecatolo  il  cacciò  fuori  delle  Venezie  col 
bando  nel  7  56. —  Domenico  lìlonegario 
/Yr/o^e.  Eletto  in  tale  anno,  per  restrin- 
gere la  troppo  assoluta  autorità  del  doge, 
i  veneziani  forse  riguardandolo  non  meu 
feroce  del  predecessore,  gli  misero  al  fian  - 
co  due  annuali  tribuni,  che  insieme  con 
lui  avessero  a  consultare  e  decidere  gli  af- 
fari, e  ne  frenassero  gli  arbitrii.  Dicesi  che 
fossero  Candian  Candiano  e  Agnello  Far- 
tecipazio,  e  vuoisi  pure  che  da  questi  ab- 
biano traila  origine  quelli  che  poscia  si 
chiamarono  Consiglieri  del  Doge.  Ma 
questo  rimedio  altro  non  fece  che  accre- 
scere la  confusione  e  il  disordine:  perchè 
essi,  anziché  persuaderlo  da  forti  al  ret- 
to operare,  e  interporsi  presso  lui  a  favor 
della  nazione,  erano  il  più  delle  volte  o 
per  incapacità  o  per  pusillaiiÌMiità  suoi 
laudatori.  L'  alterigia  però  del  Moiiega- 
lio  mal  solTiendo  consiglieri^  i  quali,  co- 
munque al  suo  volere  aderenti,  pure  d'o- 
stacolo erangli  a  dilatare  maggiormente 
la  sua  podestà,  li  derideva  e  sprezzava, 
ciò  che  fece  insorgere  tra  i!  doge  ed  essi 
fierissime  discordie;  il  perché  i  Sribuiii 
aiutati  da  tutta  quanta  la  nazione  mac- 
chinarono cofigiura  simile  a  quella  onde 
Galla  fu  vittima,  e  Monegario  pali  il  ca- 
stigo dellaccecameulo  e  dell'esilio  nel 
764,  dopo  8  anni  di  reggimento  tiran- 
nico. I  due  tribuni  moderatori  pare  che 
non  si  rinnovassero,  riconosciuti  quale 
lotta  fra' due  poteri,  secondo  il  Muazzo, 
Governo  della  Repubblica,  mss.  citalo 
dal  Romanin.  Questa  é  un'epoca  doloro- 
sa della  storia  veneziana,  per  le  tante  di- 
scordie e  guerre  civili  che  tennero  agita- 
lissime  l'isole;  né  ultime  erano  le  fazioni 
de'cTStellani  e  nicolotli,  di  cui  feci  parola 
ne!  §  XVI,  n.  3,  derivale  da  quelle  degli 
eracleani  indispettiti  del  trasferimento 
della  sede  a  Malamocco,  e  degl'  isoinni 
che  ne  acquistarono  la  prerogativa.  — 
Maurizio  Galbajo  VII  doge.  Il  clero  e 


V  E  N 
i  iiubiU  radunali  in  assemblea  sulla  spiag 
eia  di  Malamocco  lo  elessero  nel  764;  di- 
stinto per  nascita  cilladino  eracleano, ma 
assai  più  per  prudenza  e  saggezza,  e  per 
mente  pronta  e  perspicace.  Sedò  le  di- 
scordie che  ancor  bollivano  tra  quelli  d'E- 
raclea e  quelli  d'Ef[iiilio,  con  tregua.  Dal- 
ie incursioni  degl'  italiani  (come  allora  i 
veneziani  chiamavano  ia  generale  lutti 
gli  abitatori  della  terraferma),  seppe  di- 
fendere leF^agnue. Sostenne  i  diritti  iliGio- 
vanni  patriarca  di  Grado,  alla  cui  giuris- 
dizione pe'maneggi  di  quello  d'  Aquileia 
Sigtialdo  eransi  sottraiti  i  vescovi  su  (Ira- 
ganci  dell'Istria,  con  inviare  a  R.oma  al 
Papa  Adriano  1,  nel  772,  come  leggo  in 
tale  anno,  n.  5,  nel  Rinaldi,  quali  am- 
basciatori loslesso  Giovanni,  Magno  pre- 
te, e  Costantino  tribuno,  supplicandolo  a 
frenare  Sigualdo,  the  aiutalo  da  Deside- 
rio re  de' longobardi,  gravi  danni  e  vie- 
jen7e  recava  alia  chiesa  gradese;  ed  otten- 
nero ponliflcie  lettere  di  consolazione  pel 
patriarca  di  Grado,  e  di  rimproveri  per 
quello  d'Aquileia.  Inoltre  il  Papa  scrisse 
a'vescovi  dell'  Istria,  ricordando  loro  co- 
me ne'  patti  generali  tra'  greci,  i  longo- 
bardi ed  F  franchi,  l'Istria  era  stata  rico- 
nosciuta comesoggetta  al  patriarcnfogra- 
dese.  Narra  di  piìi  il  Pv.inaldi,  che  i  legati 
veneti  pregarono  Adi  inno  I  di  dare  un 
vescovo  diverso  da  quello  di  Malamocco, 
a  Rialto  dove  i  cittadini  dimoravano  cuu 
maggior  frequenza  e  aumento,  e  gli  esau- 
dì; nominando  poi  il  sinodo  di  Malamoc- 
co Obelerio  per  vescovo,  figlio  d'Eiiean- 
gelo  tribuno  di  Malamocco.  Dice  l'ab. 
Cappelletti  che  nel  775  o  nel  776  av- 
venne la  fondazione  della  sede  vescovile 
di  Venezia,  la  cui  residenza  fu  stabilita  in 
Olivoloossia  Castello,  una  dell'isole  Reai- 
tine, ilonde  venne  a'  suoi  pastori  il  titolo 
di  vescovi  d'Oli  volo  e  poi  di  Castello,  po- 
scia patriarchi  di  Venezia:  tutto  narrerò 
nel  §  XXI.  Frattanto  vessato  Adriano  I 
dull'ingraio  Desiderio  re  de'Iongobardi, 
ricorso  all'aiuto  di  Carlo  Magno  re  de* 
franchi  di  lui  nemico,  avendone  ripudia- 


V  E  N  39 

ta  la  figlia,  calò  in  Italia  con  poderoso  e- 
sercito  :  vinse  Desiderio  ,  l' imprigionò  e 
die  fine  al  regno  longobardico  di  cui  s'im- 
padroni.  Pare  che  i  veneziani  spontanea- 
mente accorressero  a  recar  vettovaglie  col- 
le loro  barche  all'esercito  franco,  nell'as- 
sedio di  Pavia  ov'erasi  chiuso  Desiderio. 
Carlo  Magno  confermò  al  principato  tem- 
porale della  s.  Sede  le  donazioni  fitte  da 
suo  padre  Pipino  re  de'franchi.  Leggo  in 
Anastasio  Bibliotecario,  De  Vilis  Rom. 
Ponti fìcwìtyl.  I,  p.  25o,  che  Carlo  Ma- 
gnodonò  pure  alla  Chiesa  Romana,  Pro- 
vincias  Fenetiaruniet  Histriain.  Ripor- 
ta altrettanto  il  Borgia,  Breve  istoria  del 
dominio  temporale  della  Sede  aposto- 
lica, p.  283,  riproducendo  il  testo  del  di- 
ploma Carolino,  e  soggiunge.  Il  solo  con- 
fine delle  Venezie  e  dell'  Istria  in  questa 
descrizione  per  fìnes  è  alquanto  oscuro 
per  conto  dell'/.?//'iV7,  nella  quale  posse- 
deva na^/v'mo/ij  la  Chiesa  Romana  innan- 
zi s.  Gregorio  I.  Che  VEsarcato  di  Ra- 
venna (in  parte  datosi  spontaneamente  a' 
Papi  e  in  parte  donalo  d.il  re  Pipino,  in- 
di confermato  da  Carlo  Magno)  confi- 
nasse da  un  lato  colle  Venezie  ben  si  com- 
prende, ma  non  fu  chiarito  ancora  come 
potesse  aver  per  confine  anche  l'Istria. 
Se  Carlo  per  estremo  confine  da  quella 
parte  del  dono  fatto  alla  Chiesa  da  Pipi- 
no nominò  l'Istria,  ebbe  buon  fondamen- 
to di  porvela.  A  dimostrarlo  basti  il  ricor- 
dare il  patrimonio  che  la  s.  Sede  posse- 
deva nell'Istria,  raccomandato  da  s.  Gre- 
gorio I  coir  Epist.  49»  lib.  4>  Epist.  9, 
lib.  IO,  ad  un  notaro  per  amministrar- 
lo, e  nel  possesso  del  quale  continuava 
a'tempi  di  Carlo,  come  si  trae  dalla  let- 
tera che  nel  778^  Adriano  I  gl'indirizzo 
per  narrargli  un  grave  sconcio  accaduto 
in  persona  ili  Maurizio  vescovo  dell'Istria, 
destinato  dal  Pa[)a  a  raccogliere  le  pen- 
sioni di  quel  patrimonio,  pubblicato  dal 
Borgia.  Se  si  dovesse  slare  all'  antico  si- 
stema dell'  Istria,  non  si  saprebbe  com- 
binare il  suo  confine  coU'EsarCiito,  essen- 
do incontrastabile  che  niuna  delle  sue  ter- 


4o  V  EN 

re  toccava  quelle,  che  poi  si  dissero  Esar- 
ca lo,  e  ch'ebbero  per  confine  le  Venezie. 
jNIa  se  riflettasi,  che  il  nome  ci'  Istria  fu 
ne'  bassi  tempi  dato  talvolta  a  tulle  o  ad 
una  parte  delle  medesime  Venezie, si  ve- 
drà chiaro  il  perchè  nella  donazione  cir- 
coscritta per  fines  si  nominasse  colle  Ve- 
nezie anche  l'  Istria.  Trallavasi  pertanto 
di  confine  tU  luoghi,  che  ora  dicevano 
Venezie  ed  ora  Istiiaj  laonde  per  cer- 
tezza di  teraiiua£Ìone  conveniva  nomi- 
uarle  ambedue,  ed  in  prova  offre  la  sino- 
dica del  concilio  romano  del  679,  in  cui 
j  vescovati  di  Ceneda,Oderzo  e  Altinoso- 
uo  dichiarati  in  pro^'iiiciat  Islriae,  ben- 
ché fossero  luoghi  delle  Venezie;  laonde 
ben  a  ragione  potè  dirsi  nel  secolo  Vili 
che  l'Esarcato  confinava  colle  Venezie  e 
coirislria.  Anche  la  Carnia  un  tempo  fu 
della  Istria,  e  lo  provò  il  p.  Parlati.  Cre- 
dette il  Muratori,  Aiinali  d'Italia,  an. 
96?,,  che  nella  donazione  per  fiiics  le  Pro- 
vincie delle  Venezie  e  dell'Istria  vi  fossero 
indicate  come  terre  donate;  ma  egli  prese 
su  di  ciò  grave  abbaglio,  come  dimostrai! 
Borgia.  Avendo  però  riscontrato  il  Mura- 
tori, a  me  pare  che  dica  quasi  tutt'allro, 
secondo  il  suo  sistema  d'avversare  la  so- 
vranità della  Chiesa  Romana.  Egli  dun- 
que narra  la  venuta  in  Pioma  nel  962  di 
Ottone  I,  e  poidice.  »  Leggesi  parimenti 
presso  il  cardinal  Baronio, e  in  altri  libri, 
il  diploma  d'Ottone  (I),  confermaloiio 
di  tulli  gli  stali  e  beni  della  Chiesa  Ro- 
mana :  documento  nondimeno,  che  non 
va  esente  da  varie  difficoltà,  siccome  ho 
altrove  accennato.  Fra  l'altre  cose  si  veg- 
gono ivi  confermate  a  s.  Pietro  le  Pro- 
vincie delta  Venezia  e  deli'  Istria  ,  e 
tutloil  ducalo  Spoletano  e  Bene\'enlano, 
la  città  di  Napoli,  per  lacere  d'altri  pae- 
si, che  per  l'addietro  non  mai  dipenden- 
ti nel  temporale  dal  Romano  Pontefice, 
erano  governati  da' principi,  vassalli  de- 
gl'  in)peralori  d'  Occidente  o  de'  re  d'I- 
laha,  o  pure  degli  Augusti  greci,  e  segui- 
tarono ad  esser  tali  "'.  Per  ultimo  nou 
voglio  tacerei  In  f'eneliaruin  Provincia 


V  E  N 
Jura  S.  Roinann  Ecclesia,  Io  scrisse  ao-- 
Cora  il  Cohellio  ,  Notitia  Cardiiialatus, 
p.i20,  con  riferire  il  testo  del  diploma 
della  conferma  delle  donazioni  dell'  im- 
peratore Ottone  1:  atque  Provincia  Ve- 
netaruni  et  Istria.  Sia  comunque  la 
cosa,  nou  ho  trovato  che  i  Papi  vi  eser- 
citassero sovranità  temporale.  Nell'anno 
781  Adriano  I  unse  re  d'  Italia  Pipino 
figlio  di  Carlo  Mag^o,  allora  di  6  anni. 
Tutti  questi  avvenimenti  erano  stali  se- 
guiti coir  attenzione  che  meritavano  da' 
veneziani,  i  quali  delle  cose  d'  Italia  si 
occupavano  assai  pili  che  comunemen- 
te non  si  crede.  Secondo  i  loro  interes- 
si erano  alleali  ora  co'  greci,  ora  col 
Papa,  ora  cogli  arcivescovi  di  Ravenna, 
ora  cogli  stessi  longobardi.  Eransi  recati 
al  camj)0  di  questi,  cos'i  a  quello  de'fran- 
chi,  e  vi  fecero  spaccio  di  vesti,  merci  e 
ornamenti  sontuosi;  frequentavano  le  fie- 
re; negli  ultimi  tempi  dell'Esarcato  ave- 
vano per  fino  acquistato  alcune  terre  di 
sotto  alle  foci  del  Po,  verso  Cornacchie  e 
Ravenna,  ove  tenevano  presidi!  ed  eser- 
citavano commercio.  Considerati  da  Car- 
lo Magno  i  veneziani,  siccome  per  incli- 
nazione e  per  interessi  aderenti  all'impe- 
ro greco,  non  potevano  essere  molto  in- 
nanzi nelle  sue  grazie,  onde  egli  doman- 
dò fin  dal  784  ad  Adriano  I  che  fossero 
scacciati  da  que'Iuoghie  s'inlerdicesselo- 
ro  di  negoziarvi,  in  che  fu  puntualmente 
esaudito.  Forse  che  al  dello  motivo  l'al- 
tro eziandio  si  aggiunse,  che  avendo  Car- 
lo in  queir  anno  fatto  severissimi  prov- 
vedimenti contro  il  commercio  degli 
schiavi,  egli  volesse  espulsi  da  quelle  ter- 
re i  veneziani,  che  il  traffico  iniquo  copio- 
samente esercitavano  ,  come  narrai  nel 
§  XVI,  n.  4}  e  apparisce  dal  generoso  al- 
to di  s.  Zaccaria,  Papa  del  74'»  ''  quale, 
a  liberare  alcuni  di  quegl'  infelici,  avea 
fatto  rimborsare  i  veneziani  del  prezzo 
per  essi  pagato.  L'animo  di  Carlo  pe've- 
neziani  noti  era  certamente  benevolo  ,  e 
fin  d'allora  si  preparavano  le  cause  de' 
buccessivi  avvenimenti.  11  tulio  appreu-5 


V  E  N 

tio  dal  Romnnìi).  Il  doge  Maurizio  ebbe 
(l.dla  corte  bizautiua  gli  onori  e  il  titolo 
d'Ipato;  e  divenuto  ormai  vecchio,  tan- 
ta era  la  fiducia  e  1'  auiorenn  lui  posto 
du'veueti,  che  nel  777  (al  dire  dell'^^r- 
tf  (li  \'crificare  le  date,  epoca  noi»  sicu- 
ra perchè  in  tale  anno  col  Dandolo  fa 
morire  il  doge),  imitando  l'uso  frecpjeu- 
li>simo  di  Costantinopoli,  gli  permisero 
d'associare  nella  ducea  Giovanni  Galbajo 
suo  figlio;  rendendo  cosi,  quasi  senza  vo- 
lerlo, perpetuo  nella  famiglia  Galbaja  il 
reggimento  della  repubblica,  e  monar- 
chico il  potere  de'dogi;  e  allora  è  proba- 
bile che  avessero  fine  que'tribuni  annua- 
li, i  quali  si  erano  aggiunti  al  preceden- 
te doge  Mouegario,  secondo  il  cav.  Ci- 
cogna. Questa  è  la  i."  volta  che  i  vene- 
ziani avessero  contemporaneamente  due 
dogi  ;  esempio  che  produsse  in  seguito 
perniciosi  elfetti,  dice  il  Muratori.  Final- 
mente dopo  circa  23  anni  di  glorioso 
principato  cessò  di  vivere  Maurizio  nel 
7(S7.  — —  GioK'anni  Galbajo  P  III  doge. 
Defunto  IMuiuizio  nel  787,  solo  rimase 
sul  trono  il  figlio  Giovanni,  il  quale  sciol- 
to da'riguardi  paterni  cominciò  poco  do- 
)io  a  spiegare  le  sementi  di  que'  vizi  che 
{"iiuì  allora  aveva  saputo  dissimulare, 
l'rincipe  avido,  violento,  dissoluto,  in  c) 
aiuii  di  tirannide  altro  per  avventura  di 
buono  non  procacciò,  se  non  la  conferma 
del  trattato  de'confìni  Ira'veneli  e  i  lon- 
gobardi, già  per  1'  addietro  concluso,  e 
pare  che  *ia  quell'accordo  fra'greci  e  i 
fianchi  di  cui  poi  [larlerò,  nel  quale  i  pri- 
mi tutelarono  gì'  interessi  veneziani.  A 
rendere  più  grave  il  suo  reggimento,  ri- 
cercò e  gli  fu  permesso  di  associarsi  il  fi- 
glio Maurizio,  il  quale  dissimulatore  del- 
le proprie  turpitudini  infino  a  quel  pun- 
to ,  ne  fece  mostra  in  sul  trono  ,  gareg- 
giando padre  e  lìglio  nelle  crudeltà  e  nel- 
r  infamia.  Andjedue  recatisi  a  Grado, 
dopo  aver  ingiuriato  e  fatto  battere  il 
venerabile  patriarca  Giovanni  sunnomi- 
nato, per  ricusarsi  di  consagrare  a  ve- 
bi;ovu  d"(JIivolo  il  gioviuelto  grecoCristo- 


VEN  4i 

foro,  per  propendere  al  partito  de'fran- 
chi,  e  pe'rimproveri  cu' quali  biasimava 
l'abuso  d'autorità  e  la  loro  scostiunata 
vita,  lo  fecero  misera  mente  precipitare 
da  alta  torre  da'sicarii,  i  di  cui  uiuri  fu- 
rono aspersi  del  suo  sangue.  L'ab.  Cap- 
pelletti chiama  feroci  tiranni  i  due  dogi, 
dice  avvenuto  il  barbaro  fatto  nell'Hoa, 
e  che  il  solo  terrore  potè  contenere  il  po- 
polo irritato  a  vendetta.  A  solFjcaine  l'ira 
i  dogi  elessero  patriarca  Fortunato  ni- 
pote dell'  ucciso,  li  quale  accettò  la  di- 
gnità con  brama  interna  di  vendicarse- 
ne. Frattanto  nell'  800  da  Papa  s.  Leo- 
ne Ili  era  stato  ristabilito  l'impero  ro- 
mano d'Occidente,  proclamando  e  coro- 
nando in  Roma  injperatore  Carlo  Ma- 
gno, re  de' franchi  potentissimo  per  va- 
ste conquiste  e  benemerentissimo  della 
Chiesa.  Narra  il  eh.  Romanin,  che  nel- 
l'isole venete  andavasi  estendendo  il  par- 
ti lo  a  favore  de'frauchi,  animato  dal  pre- 
sligio  del  nome  del  grande  imperatore  e 
dalla  considerazione  de'ma^f'ioii  vantaa- 
gi  commerciali  che  avrebbero  potuto  de- 
rivaredallaverlo  amico  e  protettore,  an- 
ziché >fdvorevole,  a  causa  degli  antichi 
legami  della  repubblica  coll'impero  gre- 
co. Dall'altro  canto  il  partilo  contrario 
consiileiava  i  franchi  nemici,  e  continua- 
mente meditare  la  rovina  de'  veneziani, 
come  chiaro  mostrava  la  flotta,  che  corre- 
va voce  aver  fallo  costruire  a  R.avennaPi- 
pino  re  d'Italia,  l'esclusione  dal  commer- 
cio della  Pc-///i//jo//,  e  ritenere  in  pericolo 
le  nazionali  libertà  pel  partito  favorevole 
allu  straniero.  Gli  animi  s'  inasprirono 
per  modo  che  il  doge  Giovanni,  colla  op- 
portuna occasiooe,fece  allestire  una  squa- 
dra di  navigli  armati,  e  la  mandò  con 
Maurizio  a  Grado  ad  abbattere  il  detto 
patriarca  Giovanni,  secondo  il  racconto 
deIRomanin,  e  fu  allora  gettato  dalla  tor- 
re del  palazzo;  e  poi  per  dare  qualche  sod- 
disfazione al  fremente  parlilo  dell'ucci- 
so fu  sostituito  il  nipote  di  granile  inge- 
gno, ma  scaltro  e  dissimulatore,  hi  ({ue- 
slo  Icinpo  si  pacificarono   Carlo  Magno 


4^  V  E  N 

e  Niceforo  imperatore  d'Oriente,  a  cui 
rioiusero,  per  accordo,  la  Sicilia,  le  citlà 
di  Puglia,  e  quelle  marittime  della  Dal- 
mazia. S[)elta  vano  all'impero  occidenta- 
le r  Italia  seltenl rionale  posseduta  giù 
(la'loiigob ardi,  (nominalmeule)  \\  ducato 
Iiomauo,  l'Esarcato,  la  Pentapoli  (sovra- 
nità della  s.  Sede);  e  inoltre  il  Carso  (por- 
zione del  regno  Illirico,  fra  la  contea  di 
Gorizia  e  Trieste,  sulla  costa  Adriatica), 
il  Lika  (distretto  e  riviera  della  Croazia, 
ora  reggiiueutario  militare),  parte  del- 
l' Istria,  della  Dalmazia  mediterranea,  e 
quella  parte  della  Liburnia  concpiislala 
da  Carlo  Magno  sui  croati;  ed  il  duca- 
lo Beneventano  ,  benché  donato  alla  s. 
Sede,  era  ancora  sostenuto  dall'armi  del 
duca  longobardo.  Quanto  a'  veneziani, 
in  tale  alleanza  e  accordo,  fu  statuito  no- 
ininatameute  che  le  città  della  Venezia 
e  quelle  marittime- della  Dalmazia,  co- 
stanti nella  sincera  divozione  all'impero 
orientale,  non  dovessero  essere  dall'im- 
pero occidentale  né  invase,  né  minuile; 
e  che  i  veneti  continuassero  a  gotlere  pa- 
cificamente delle  possessioni  ,  libertà  e 
immunità  ch'erano  soliti  avere  nel  regno 
Italico.  Le  nominate  città  della  Venezia, 
che  da' greci  si  vollero  protette  da  ogni 
molestia,  sono  certamente  le  isole  delle 
Lagime,  Urbs  Fenetorunìy  solo  conser- 
vando lutto  al  piìi  verso  l'impero  d'O- 
riente una  dipendenza  piu'auieiite  nomi- 
nale, e  quale  poteva  coiubinarsi  con  un 
ra[)porlo  di  prolezione,  al  modo  già  ri- 
ferito nel  n.  3  di  questo  (j.  Maturavansi 
intanto  gli  occulti  disegni  del  patriarca 
Fortunato, il  quale  credendo  alfine  giun- 
to il  ujomento  di  tiar  vendetta  dell' ese- 
crabile uccisione  del  suo  zio  e  predecesso- 
re, die  mano,  insieme  con  parecchie  fa- 
niiglie  tribunizie,  ad  una  congiura  con- 
tro i  dogi  Giovanni  e  Maurizio.  Ma  sco- 
perta, egli  si  vide  costretto  a  prender  la 
fuga  insieme  co'suoi  coinjilici  Obelerio 
tribuno  di  IMalamoccoe  altri  nobili  ve- 
neziani ,  ricoverandosi  nel  regno  Italico 
a  Treviso.  Da  qui  Fortunato  pas-ò  alla 


V  E  N 

corte  di  Francia,  ponendosi  sotto  la  pro- 
tezione di  Carlo  Magno  ,  onde  eccitarlo 
contro  i  veneziani,  rappresentandoli  tut- 
ti divoti  all'  impero  greco,  e  dicendogli 
essere  stato  ucciso  1'  antecessore  perchè 
aderente  al  partilo  franco.  Intanto  i  pro- 
fughi di  Treviso  continuavano  destra- 
mente le  loro  macchinazioni,  e  fatti  le- 
vare a  tumulto  i  partigiani  nell'  isole,  i 
due  dogi  Giovanni  e  Maurizio  si  trova- 
rono a  un  tratto  abbandonati  e  costretti 
con  grande  slento  neir8o4a  rifugiarsi  su 
quel  di  .Mantova.  Giovanni  si  fermò  ia 
tal  città,  e  Maurizio  gittato>i  nelle  mani 
di  Carlo  Magno,  indarno  ne  implorò  il 
soccorso  ,  come  avversalo  dal  patriarca 
Fortunato;  per  ciii  restituitosi  ov'  era  il 
padre,  non  fu  piìi  loro  concesso  di  rive- 
dere i  patrii  lidi,  e  credesi  che  ambedue 
finissero  i  loro  giorni  in  Mantova  nell'e- 
silio, riuscendo  inutili  i  tentativi  fatti  per 
ricu[>erare  il  potere. —  Obelerio  Ante' 
noreo  IX  doge  ([nesso  alcuni  storici  è 
computato  Vili  doge,  perchè  tengono 
coiBe  continuazione  di  ducato  quella  di 
Maurizio  padre  e  di  Giovanni  figlio  Gal- 
bajo  regnanti  insieuìe  dal  764,  o  meglio 
più  tardi,  al  787;  laddove  altri  storici  a 
Giovanni  Galbajo  danno  il  n.  VII  fin- 
ché regnò  col  |)adre  ^uo  Maurizio,  e  al- 
lorché dopo  la  morte  di  lui  cominciò  a 
regnar  solo,  dal  787  air8o4,  assegnano 
il  n.  Vili,  quindi  il  susseguente  doge  O- 
belerio  ha  il  n.  IX.  Questo  è  il  motivo 
per  cui  alcune  serie  couipiitano  per  do- 
ge CXIX  anziché  per  CXX  l'ultimo  do- 
ge Manin.  Il  Palazzi  die  il  n,  VII  tanto 
a  Maurizio  quanto  a  Giovanni  Galbajo, 
quindi  il  n.  Vili  ad  Obelerio;  ed  hii  pò  i 
assegnato  il  n.  XVI  a  Domenico  Tribu- 
no mettendolo  nell'elenco  de'ilogi,  seb- 
bene sia  escluso  dalla  maggior  parte  degli 
storici;  ecco  pure  perché  avendo  il  Nani 
ommesso  uno  e  incluso  un  altro  doge,  i 
numeri  della  serie  del  Palazzi  dal  XVIf 
in  poi  corrispondono  alla  sua.  Il  motivo 
poi  perché  nella  sala  de!  gran  consiglio 
i  ritratti  de'do^i  non  counnciano  che  da 


YEN 

Oljeleiio,  è  (juello  che,  giusla  la  comu- 
ne degli  storici,  Obelciio  fu  l'ullimo  de' 
dogi  crealo  iu  Malaniocco,  e  il  i.°  che  si 
recò  ad  abitare  in  Rivoallo,  secondo  il 
cav.  Cicogna,  sebbene  poi  dovrò  dire  co» 
lui  che  lo  stabiiinienlo  della  sede  del  go- 
verno in  Rialto  fu  neirS  1  3. Quando  il  do- 
ge Marco  Coinaro  ordinò  che  in  detta 
sala  si  dipingessero  i  dogi  ,  volle  che  si 
cominciasse  dal  i  °  doge  che  fece  residen- 
za in  Uiallo).  D'origine  patavina  o  ate- 
stina,  già  tribuno  di  Malaniocco,  venne 
«lall'esilio  richiamato  a  reggere  la  patria 
iieir8o4i  proclamato  dall'asseniblea  na- 
zionale, che  avea  deposti  e  esiliali  Gio- 
vanni e  ìMaurizio.  Assunto  appena  alla 
ducal  dignità  associò  d  fratello  Bealo,  e 
in  ^eguilo  anche  Valentino  3."  fratello. 
AlTczionalo  a  Carlo  Magno  per  genio,  e 
per  la  moglie  che  tolse  in  Francia  quan- 
do colà  recossi,  era  giunto  perfino  a  pro- 
Oieltere,  senza  sapula  de'veneli,  il  pos- 
sesso dell'isole  delle  Lagiuie  a  Carlo  Ma- 
gno ed  a  suo  figlio  Pipino  re  d'  Italia. 
Scoppiò  nuova  gueira  Ira  Eraclea  ed  E- 
quilio,  con  sanguinosi  successi:  il  doge  O- 
belerio  vi  mandò  il  fratello  Valentino, 
il  quale  postavi  la  quiete,  slabiPi  che  le 
piìi  nobili  famiglie  d'Eraclea  e  d'  Equi- 
lio  trasportassero  loro  dimora  in  Rialto, 
a  Torcello  e  a  Malaniocco.  D'allora  in 
poi  Eraclea  ed  Equilio  decaddero  dalla 
loro  grandezza.  Obelerio  allestì  in  patria 
un'armata  navale,  e  con  Beato  porlossi 
nella  Dalmazia  per  punire  i  croati  slavi, 
pirati  infeslissiiui  nell'Adriatico.  Non  po- 
tè per  altro  richiamare  il  suo  amico 
Fortunato  patriaica  di  Grailo,  per  e-)Ser- 
si  dato  manifestamente  alla  parte  de'fi  un- 
cliij  il  qualp  però  ne'successivi  subbugli 
si  avvicinò  all'isole  con  Cristoforo  vesco- 
vo d'Olivolo,  divenuto  suo  amico,  fis- 
sando la  sua  ditnoia  nel  borgo  luesti ino 
a  Can)pallo,da  dove  si  adoperava  a  man- 
tener viva  la  fazione  franca.  Non  veden- 
dosi richiamato  alla  sua  sede,  si  allonta- 
iiòdi  nuovo  recandosi  in  Istria,  ove,  pel 
favore  dciriiupciatore  Carlo,  guJev.i   di 


V  E  N  43 

grandissima  autorità,  edaccumulav^i  im  - 
mense  ricchezze  co'tradìci  di  4  *^"''  "■'* 
vigli.  Finalmente  fu  richiamato  dal  baii~ 
do  e  assolto.  Tornato  in  Grado,  fece  al- 
tresì listabilire  nel  vescov;ito  1'  amici» 
Cristoforo,  ambedue  ora  pienamente  di 
accordo  nel  favoi  iie  a  lutto  poteie  il  pal- 
lilo fianco  nell'isole.  Intanto  i  francesi 
allenati  dalle  promesse  d'Obelerio,  aspi- 
ravano alla  C(inquista  delle  V'eiiezie,  ma 
due  volle  la  fluita  gì  eco  entrò  nell'Adria* 
lieo  per  sostenere  la  sua  influenza  e  il  suo 
partito  in  lotta  col  franco;  poiché  secon- 
do alcuni  cronisti  pare  che  Obelerio  nel- 
ì'SoS  si  recasse  iuFrancia  dall'imperatorB 
con  Beato,  e  facessero  allodi  sommissione 
e  acconsentissero  a  ricevere  il  ducato, 
come  allora  costumavasi,  cpiale  investi- 
tura impei  iale.  l^ipino  re  d'Italia,  che  a- 
spirava  ai  dominio  dell'  isole,  si  decise 
abbattere  colla  forza  quel  partito  greco 
che  si  opponeva  alla  loro  sommissione, 
menlre  co'propri  circondava  tulli  i  pos- 
sedimenti veneziani,  e  poteva  col  chiude- 
re le  buche  de'fiumi,  che  mettono  nellii 
Lagune,  graveoienle  pregiudicare  il  traf- 
fico. Pare  che  olfeso  Pipino  della  ricusa- 
la alleanza,  per  impadronirsi  della  Dal- 
mazia, a  motivo  degl'  interessi  commer- 
ciali the  da  secoli  avevano  i  veneziani  con 
Costaulinopoli,  vera  soigenledi  ricchez- 
ze, rotta  la  guerra  n)andasse  numerosis- 
simo esercito  di  longobardi  ad  impadro- 
nirsi della  provincia  de'veneli.  Questi  ili 
lauto  cimento  non  mancarono  a  se  stes- 
si. Prenilendo  principio  da  chi  lutti  reg- 
ge gli  umani  destini,  ricorsero  al  sicuro 
porlo  delle  orazioni,  affluirono  alle  chie- 
se ad  implorare  la  divina  misericordia, 
cui  aggiunsero  digiuni,  limosinc  e  ogni 
altra  diuiostrazione  di  religiosa  pietà. 
Dando  quindi  mano  a  quanto  poteva  in 
sì  grave  frangente  tornare  a  salute  della 
patria,  cominciarono  dal  mandare  avvi- 
si a'ioro  concilladini,  che  commeiciava- 
no  nelle  terre  dell'impero  d'Occidente, 
aninchè  si  ponessero  in  salvo j  accelera- 
rono l'ari i\o  d'ogni  sorla  di  provvisioni, 


44  V  E  jS 

t  siiodiiono  aCostai)liiiO[)oli  per  soccor- 
si. In  pilli  tempo  con  palafitte,  con  enor- 
mi pietre  e  macigni  ,  con  alFondali  va- 
hcelli  adoprarono  ogni  mgegno  a  cliinile- 
le  il  passo  de'caiiali;  levarono  a  (piesti  le 
guide,  fortificarono  e  al» barrarono  l' en- 
trale principali  e  le  terre  vicine  al  con- 
tinente. Tulio  era  movimento:  si  costrui- 
vano barche,  si  piantavano  pali  ,  si  ad- 
destravano i  cittadini  all'arini  e  al  lemo. 
J  veneziani  valorosi, incoraggiatidalle au- 
torevoli esortazioni  de'vescovi  e  de'capi- 
lani,  attendevano  animosamente  il  ne- 
mico. Il  te  Fipino  dal  cauto  suo,  prepa- 
rala coll'aiuto  de'ravennati,riminesi,  co- 
niaccbiesi  e  ferraresi  una  fluita,  s'avanzò 
arditamente  uelleLagune.  In  pari  tempo 
le  sue  genti  dell'  Istria  e  del  Friuli,  im- 
padronitesi delle  due  regioni,  quasi  di- 
birulta  Eraclea,  invasi  alcuni  paesi  della 
parie  nieridionale  del  veneto  dominio, 
assalirono  Grado,  isola  resa  illustre  dal- 
ia residenza  del  proprio  patriarca  dt>po 
la  lovina  della  famosa  Acpiileia;  e  tiopo 
vigorosissima  difesa  fallavi  da  un  mae- 
*lro  de' militi  della  veneta  famiglia  de' 
Vanii ,  se  ne  impadronirono.  Forse  fu 
jiiesa  anche  Gaorlc,  e  l'aniiala  regia  con 
impelo  piombala  su  Jcsolo  o  Equilio  ed 
i  luoghi  circostanti,  li  ridusse  egualmen- 
te a  suggezit)ne,  dopo  averli  messi  a  fer- 
jo  e  fuoco.  La  poderosa  flotta  de'  fran- 
chi inullratasi  pe'lidi  del  l'ineto,  di  Lio 
maggiore,  di  Saccagnana,  li  bruciò  tulli. 
(ili  abitanti  fuggirono  a  Umano,  Tor- 
tello, Mazorbo,  contro  letpjali  isole  nul- 
la poterono  inlraprendere  gli  aggresso- 
ri, per  la  dilTlcoltà  naturale  de'|)assaggi; 
come  nulla  poterono  tentare  dal  mar- 
gine di  Campalto,  Tessera,  IMestre,  Bo- 
linico,  essendo  i  canali  artificiosamente 
ì>en  muniti  e  tolte  da  per  tutto  le  gui- 
<ie.  Diresse  quindi  Pipino  gli  assalti  da* 
lidi  meridionali  ;  e  invaso  l'acquoso  paese 
vicino  alle  foci  del  Po  e  dell'xidige,  bru- 
tiando  Fossoiie,  Capo  d'  Argine,  Laure- 
Io,  Crondolo  e  le  due  Chioggie;  superali 
poi  oun  gravi  difllcollù  i  porli  di    IJiou- 


V  E  N 
dolo,  Chioggia  e  Pelestrina  ,  tentò  var- 
care anco  (piellod'Albiola  o  Paslene,  ora 
Porlosecco  e  dove  si  prolunga  il  lido  di 
Peleslrina,  allora  diviso  in  due  parli  e  li- 
di. Nel  porto  d'Albiola  l'acqua  era  pro- 
fonda e  opportuna  a  reggere  le  navi  con 
cui  Pipino  s'avanzava  a  coiubaftere  i  ve- 
neziani, onde  sperava  poter  colà  oppor- 
tunamente manovrare,  e  già  credeva  si- 
cura la  vittoria  e  di  potersi  inoltrare  ver- 
so Rialto  onde  eslerminare  anche  quel- 
r  isola,  per  cui  i  suoi  boriosamente  ne 
scrivevano  nel  resto  d'Italia  e  in  Fran- 
cia, e  la  voce  del  trionfo  e  della  conqui- 
sta era  pur  giunta  a  Costantinopoli.  Sla- 
vano sul  lido  verso  Malamocco  disposte 
le  truppe  franche  a  piedi  e  a  cavallo,  per 
dare  appoggio  alla  flotta:  di  riconlro  sul- 
l' opposto  lido  slavano  i  veneziani  e  lì 
presso  le  loro  barche  che  impedivano  il 
passo  a  quelle  di  Pipino.  Colle  sarte,  co' 
cordaggi  ,  colle  antenne  avevano  fatto 
altrettanti  ripari  ,  dietro  a'  quali  sta- 
vano arcieri  e  frombulieri ,  i  cui  pro- 
ietti davano  non  poca  moleslia  a'  fran- 
chi. Tornarono  (juindi  vani  tutti  gli 
sforzi  di  questi  a  superare  quei  passo, 
e  ben  sei  mesi  durarono  l'uiiu  parte  e 
l'altra,  questa  nel  tentare  animosa  lo 
sbarco,  quella  vigorosa  nel  respingerlo. 
Ebbero  luogo  più  falli  d'armi  tra  le  due 
flotte 5  e  tra'  tentativi  di  Pipino,  quello 
pure  può  forse  annoverarsi  di  passare  al 
lido  di  Malamocco  sopra  zalte  e  pontoni, 
non  però  di  costruire  un  ponte  da  Ma- 
lamocco a  Rialto,  come  pretendono  al- 
cuni cronisti.  Pipino  minacciava  i  vene- 
ziani, dicendo  loro  con  alterezza  :  Sud- 
diti miei  siete,  jjoi('liti  dalle  mie  terre  l'e- 
«/.y/t'.Ed  i  veneziani  rispondevano  con  fer- 
mezza :  All' imperatore  de' romani  (così 
anch'essi  chiamavano  quello  de'greci, non 
curando  il  titolo  dato  dal  Papa  a  Carlo 
Magno)  s-'oglia/jio  essere  sogi^etti^  tioii  a 
le,  cioè  nel  senso  spiegato  di  sopra.  Con- 
tinuando i  veueli  nella  resistenza,  artifi- 
ciosamente iiulietreggiarouo  nella  Lagu- 
na, onde  nel  riflusso  i  molli  grossi  navi- 


V  E  N 
cH  nomici  ^i  «lovessoio  aiieslaie  iniiìio- 
l)ili  soprn  gli  «t;anni  (lelhi  nifdesima,  ar- 
lennisi  e  reslaie  in  secco,  stialagemma 
cli'ehbe  il  suo  pieno  eiretln  ;  e  piolun- 
gandosi  la  guerra  snpraggiunscio  i  caldii 
dell'eslale,  riusciti  micidiali  a'franriii.  S. 
f|ueslo  disoiilro  si  aggiunse  la  notizia  del- 
l 'avvicinamento  della  llotta  greca,  ed  il 
riflesso  delle  funeste  conseguenze  d  un 
lungo  assedio;  onde  Pipino,  persuaso  che 
nulla  olleriel)l)e  colla  forza,  nulla  colle 
minaccievoli  intimazioni,  si  decise  alfine 
di  venire  a  un  componimento  co*  vene- 
ziani (non  manca  clii  asserisce  mediato- 
le della  pace  un  legato  invialo  da  s.  Leo- 
ne III),  promellendo  di  ritirarsi  e  di  ri- 
conoscere gli  antichi  loro  privilegi  di 
commercio  co'  porli  tl'Jlalia  e  fdtrove,  e 
di  restituire  le  terre  occupate;  menlre 
dall'altro  canto  s'  impegnavano  i  vene- 
ziani di  pagare  a  lui  ed  a'  suoi  successo- 
ri certa  somma  annua,  a  rxtmpenso  del- 
la conferma  di  loro  franchigie  ne'lraHìci 
nelle  terre  italiche.  Dichiara  l'accurato 
riomanin.che  talee  il  racconto  più  proha- 
hile  d'un  fatto  cos'i  clamoroso  e  tanto  al- 
terato dalle  cronache  veneziane,  non  me- 
no che  dalle  francesi,  i  cui  scrittori  co- 
piandosi l'un  r  altro,  francamente  asse- 
rirono che  i  veneziani  si  fecero  sudditi 
di  Pipino  ;  mentre  3o  anni  dopo  l'impe- 
ratore Lotario  I  nipote  di  Carlo  Magno  e 
cugino  di  Pipino, concluse  un  trattato  co- 
me da  potenza  a  potenza,  nel  quale  non 
SI  fi  cenno  d'alcuna  prelesa  sommissio- 
ne. iNJenlre  poi  le  cronaclie  patrie  narra- 
no l'assalto  dato  da'veneziani  alle  navi 
franche'in  tempo  della  bassa  marea, quan- 
do (pielie  per  la  poca  pronìudilà  dell'ac- 
<ju:i  si  trovavano  imharazzale,  e  le  prò- 
\n\e  di  più  leggera  costruzione  facilmen- 
te le  offendevano  da  tulle  le  parti  ;  poi 
del  feroce  combattimento  avvenuto  nel 
canale  cui  rimase  il  nome  di  Canal  Or- 
fano pel  gran  numero  degli  uccisi  fran- 
chi :  le  cronache  (rancesi  al  contrario  non 
parlano  se  non  di  vittorie  e  della  conqui- 
sta dello  slato  veneziano,  il  che  ò  vero 


V  E  N  i  ■; 

quanto  solo  a  varie  isole,  non  mai  l'a-*- 
sog^eltamento  della  repubblica,  hi  quale 
non  fu  abhalluta  e  si  restrinse  n  Rialto  e 
ad  altre  poche  isoletle  col  doge,  che  vi 
I rasici  1  la  sede  da  IMiilamocro,  la  cui  iso- 
la rimasta  in  molto  decndimeiito,  un  ter- 
remoto la  distrusse  verso  il  i  107,  la  se- 
de vescovile  es«endo  già  stata  trasporta- 
ta a  Chioggia,  il  che  narrai  nel  §  XVIII, 
11.  28  e  32.  Ninna  traccia  infalli  di  pie^i- 
dio  banco,  niun'allerazione  del  suo  go- 
verno; passalo  il  pericolo,  la  repubblica 
veneta  di  proprio  a  ibi  li  io,  .senza  consul- 
tar nessunOjdichiarò  d'allora  in  poi  Rial- 
to capitale  dello  stalo,  e  torni)  nel  libero 
possesso  delle  isole  occupate.  11  tributo 
slesso  non  fu  sempre  pagalo,  a  seconda 
delle  condizioni  in  cui  si  ti  ovaroiu)  gl'im- 
peratori, e  il  bisogno  che  i  veneziani  a- 
vevano  di  loro,  e  il  pagavano  per  le  ter- 
re possedute  nel  continente  e  pe'privile- 
gi  di  commercio,  non  già  ()er  l'esistenza 
del  proprio  stato.  I  veneziani,  finché  fu- 
rono deboli,  si  fecero  schermo  dell'uno 
e  l'altro  impero,  e  poi  deposero  ogni  ap- 
parenza di  soggezione.  Così  nella  narra* 
ta  guerra  di  Pipino  si  costituirono  sud- 
diti all'impero  orientale,  di  cui  sapeva- 
no esser  prossimi  i  soccorsi  e  del  cui  no- 
me volevano  allora  coprirsi,  ma  senz^ 
che  quelle  parole  esprimano  veramente 
un  fìllio,  solo  avendosi  a  prendere  nel 
medesimo  significalo  dato  loro  nel  i. "pat- 
to coll'esarca  Longino,  e  inleso  dall'istes- 
so  imperatore  greco  Costantino  VI  nel 
secolo  seguente  a  quello  di  cui  parlo, che 
non  fondò  su  quelle  pretensione  alcuna 
di  signoria.  Pipino  alla  sua  ritirata  dal- 
l'isole, si  volse  contro  la  vagheggiala  Dal- 
mazia, ma  udito  1'  avvicinamento  dell.i 
flotta  greca,  comandala  da  Paolo  prefet- 
to di  Cefalonia.  tornò  in  Italia  e  mor"i 
l'.S  luglio  delloslessoHio  alVIilano;  laon- 
de quando  venne  da  Costantinopoli  l'in- 
viato Arsacio  0  Ebersapio  per  trattare  la 
pace  in  nome  dell'imperatore  INicefoio, 
ba  il  re  e  rimi»ero  greco,  dovette  pro- 
seguire il  suo  viaggio  fino  a  Carlo  Ma- 


46                      V  E  N  V  E  N 
t^no  nllora  in  Aquisgiana.  Culà  infatti  fu  gllere  vieppiù  riulenie  gnre  ed  assicura- 
iislaliililo  il  l)uon  arcortlo  tra 'due  impe.  re  re>isleiizn  delia  repubblica,  distillile 
laloii  neir  ollobie  8in  sulle  basi  aule-  Eraclea  e  Mal  uiior.co  già   capitali    della 
t.edenli,  seguendo   il   definitivo   accordo  Venezia,  sarebbe  stato  opportuno  corisi- 
iieir8i2,  restituendo  i  franchi    le   terre  glio  il  trasportare  la  sede  del  governo  ia 
invase  e  riconoscendo  gli  antichi  privile-  un'isola  fino  allora  dellemeoo  imporlan- 
pi  de' veneziani  nell'impero.  I  due  dogi  ti  (ma  era  però  sede  del  vescovo  d'  Oli- 
Obelerio  e  Beate  furono  sagrificati  alla  volo)  e  che  non  vantasse  pretensioni,  ma 
comiMie  tranquillità,  avendo  Ebersapio  in  cambio  olfrisse  per  la  sua  giacitura  una 
ottenuto  che  fossero  andiedue  confinati  maggior  sicurezza  contro  gli  esterni    ne* 
l'uno  a  Costantinopoli,  l'altro  a  Zara.  Se-  mici.  Tali  condizioni  piesenlava  in  fatti 
condo  altri  cronisli,  Obelerio  ricovratosi  Pualtojcd  approvala  pei'  decreto  del  po- 
nila corte  di  Carlo  Magno,  sarebbe  stato  polo  la  pi  opusizlone,  colà  si  trasferirono 
consegnalo  da  questo  all'imperatore  gre-  Dell'Boq  secondo  Corner,  o  meglio  nel- 
co  che  il   condusse  a  Costantinopoli,  e  l'S  i  3  al  dire  di  Cicogna,  le  principali  fa- 
Beato  avrebbe  continuato   nella  dignità  miglie,  per  le  quali  e  per  la  popolazione 
di  doge  fino  alla  sua  morte,  avvenuta  un  che  rapidamente  si  accrebbe,  l'isola  ven- 
anno  dopo.  La  cronologia  de'  dogi  dice  ne  sempre  più  anjpliata,  unita  colle  più 
soltanto,  Obelerio  deposto  nell'  810  (o  vicine  e  ragguardevoli,  quindi  abbellita. 
meglio  nell'Soc)).  II  cav.  Cicogna  riffii-  li  cav.  IMutinelli  dice  che  ciò  fu  opera  di 
sce,che  i  vcneriani  non  volendo  alla  testa  Agnello  Paitecipazio  primario  cittadino 
tlell'armala  porre  Olxlerio,  che  conosce  e  poi  doge,  col  farvi  riparare  dalle   più 
■vano  partigiano  di  Pipino,  vi  misero  Vit-  rimole  isole  i  magistrali,   i   sacerdoti,    i 
lore  d'Eraclea  ;  e  che  quanto  al  promes-  veccld,  le  femmine,  i  fmciulli  ;  e  che  fu 
so  annuo  grosso  tributo  a  Pipino,  appe-  lui  che  ordinò  gli  atti  alle  armi  ad  affron- 
iia  questo  uscito  dalle  niaremme,  i  veneti  tar  Pipino  sotto  il  comando   di    Vittore 
costrinsero  i  francesi  a  coiitenlar<;  d'as-  assai  valoroso  e  prudente  soldato,  dopo 
sai  minor  somma.  Agevolmente  intanto  essersi  opposta  all'alleanza  da  lui  brama- 
.s'era  potuto  ravvisare  in   Obelerio   un  ta,  alto  alzandola  voce,  che  se  cadeva  la 
|irinci[)e  traditore  della  patria  :  sì  che  i  capitale  Malamocco,  altre  ve  ne  avea  in 
veneziani  spogliarono  lui  e  i  fratelli  del      cui  licovrarsi,  laonde  Piialto  colle  circo- 
trono; cc-nfinando   Obelerio  a  Zara   in  stanti  sue  isolette  divenne  il  sicuro  asilo 
Dalmazia,  allora  de'  greci,  e  Beato  a  Co-     e  la  nuova  capitale.  Così  in  Piialto  si  an- 
stantinopoli  di  cui  era'  slato  sempre   fa-      dava  preparando  la  futura  città  di  Ve- 
■vorevole. Valentino  però,  non  temuto  per     nezin,  per  aver  poscia  assunto  Pdallo  tal 
la  sua  giovine  età,  lasciarono  nella  Ve-     memorando  e  celeberrimo  nome.  Si  leg- 
nezia,  spoglio  di  qualunque  potere  nella     gè  nel  Castellano  :  Non  hmgi  da  quest'e- 
condizione  privala.  Narra  il  Castellano,      poca  l'isole  unite  per  la  varia  loro  deri- 
che  dipoi  Obelerio  avendo  tentalo  novi-      vazione  dalla  Venezia  terrestre,  pe'  ve- 
tà  con  impadronirsi  di  Vigilia,  una  del-     neti  secondi,  si  dissero    T^eneliae,  ed   il 
l'isole  distrulle  della  Laguna,  pagò  col  ca-      nome  poi  di  /^^e/icz/rt  anche  alla  città  fai- 
pò  l'incauto  ardimento:  meglio  ne  ripar-      ta  metropoli  perennemente  rimase.  Sta- 
ierò  a  suo  luogo.  Dopo  la  ritirata  de'fran-     bilita  la  sede  della  repubblica  di  Vene- 
chi,  il  loro  parlilo  ammutolì, e  l'altro  ri-     zia  nell'isol,!  che  indi  divenne  città  glo- 
preso  vigore  depose  i  dogi.  Le  scosse  vio-     riosa  e  possente,  io  non  posso  progredire 
lenii  però  che  la  nazione  avea  soderte  da      al  modo  tenuto  ne'  3  numeri  preli mina- 
lungo  tempo,  e  rullima  guerra  de'fran-      ri  e  d'introduzione  a  questo  lungo  §,  né 
chi  avevano  fallo  conoscere,  che  a  lo-     a  «pigolare  semp'e  e  libeiameuli;  cou 


\  E  N 

gran  giuvameiito  la  bella  e  difFusa  Sto- 
ria (ioc(if]ì(/ilata,  in  corso  avanzalo  di 
slampa,  deirenconiialo  Romanin,   peiò 
lenendolo  ognoia  presente  iililnienle  lo 
falò  e  massime  ne'  principali   punti  per 
chiarire  nozioni  in)porlanti,e  quando  al» 
tres'i  sarà  indispensabile;  altrimenti  con- 
%errebbe  fare  nn  completo  sunto  storico, 
il  die  mi  è  vietato  per  la  sua  ampiezza 
e  per  l'indole  di  mia  opera,  lo  debbo  da- 
le  nn  articolo  di  Z);-/o7;o//o,  perciò  im- 
periosamente mi  sono  prescritti  sfugge- 
voli cenni  d«-l  più  interessante  a  sapersi, 
e  con  essi  continuerò  l'intrapreso  lungo 
cammino,  reso  ormai  più  agevole  da  tut- 
to quanto  il  superiormente  già  descritto, 
antlie  colle  principali  notizie  urbane,   e 
con  molle  di  quelle  riguardanti  i  dogi  e 
la  repubblica  stessa  ;  altre  dell'urbane  ri- 
ferirò ne' seguenti  §5  XX  e  XXI,  co'qtia- 
li  si  compie  quest'  articolo.  Ma  sicc(;me 
nella  storia  d'Italia,  sempre    trovo   im- 
portanti   notizie,   e  collegandosi   queste 
strettamente  non  meno  colla   storia   di 
Venezia  che  con  quella  delle  provincie 
Lombai do- Venete,  a  tale  regno  ora  ap- 
partenendo Venezia,  bensì  dal  prof.  Ro- 
manin, che  tanto  in  essa  si  dilluse,  rica- 
verò finché  giunge  la  stampa  di  sua  sto- 
ria, cioè  al  l.  6,  un  estrallo  delle  mede- 
sime, intrecciandole  alla  sua  volta,  per- 
seguire il  mio  proponimento  di  sempre 
rischiarare  all'opportunità  le  vicende  ita- 
liane, e  così  compensare  il  mio  sistema 
compendioso.  Del  resto  quanto  a  Vene- 
zia e  sua  repubblica,  cessato  il  vantaggio 
della  storia  del  Rotnanin,  procederò  an- 
cora colla  scoria  degli  /ìniiali  iV Italia 
del  Muratori  e  del  Cop[)i,e  alquanto  an- 
che (\t\\'Arlc  di  K'cri filare  le  date,  oltre 
quegli  scrittori  che  citerò  all'  opportu- 
nità. 

5.  Agnello  Parteciix/zio  X  doge.  Al 
valore  e  alla  fede  di  Agnello  o  Angelo 
Parlecipazio  di  nazione  eracleano  e  di 
famiglio  illustre  della  anche  Badoara, 
dovette  in  gran  parte  la  sua  salvezza  la 
patria  nella  passata  guerra,  e  la  patria 


V  E  N  47 

il  prcmifi  srrglicndolo  a  doge   nelI'Sio 
(più   probabilmente  iiell'Hcq).  Istruiti  i 
veneti   dall'esperienza    vollero   imporre 
un  salutare  freno  all' autorità  tle'princi- 
pi,  efpiantunqiie  slimato  per  saggezza  e 
talenti,  al  suo  fianco  posero  due  annua- 
li tribuni  per  luogolenenli,  come  aveva- 
no praticalo  con  allii.  Di  loro  consenso 
e  di  quello   unanime  della   nazione,  per 
rendere  più  sicura  la  patria  dagli  assalti 
nemici,  definitivamente  trasportarono  da 
Malamocco  la  sede  ducale,  e   nell' 8  i  3 
la   stabilirono    in    Rialto;  avvenimento 
clamoroso,  lo  ripelo,  che  die   principio 
idla  singoiar  città. che  assai  posleriorraen- 
te  lascialo  il  nome  di  Riallo  assunse  quel- 
lo di    7  ei/czia.   IMentre   Fortunato   pa- 
triarca di  Grado  faceva  restaurare  le  sue 
chiese,  e  di   preziosissime  suppellettili  e 
arredi  le  forniva;   Agnello  egual  cura  si 
dava  perchè  si  ripopolassero  i  lunghi  da' 
franchi  devastali,  e  specialmente  Eraclea 
sua  patria  fu  pei  lui  tutta  fatta  risorgeie, 
e  perciò  le  impose  il  nome  di  Ciltà  No- 
i'O,  da  dove  trasportò   in   Olivolo   nella 
chiesa  de'ss.  Sergio  e  Bacco,  allora  catte- 
drale, le  loro  sagre  ossa.  Unì  poi  con  ponti 
l'isole  Realline,  inteiiòle  tombe  (ossia  i 
dossi  maggiori  sull'acque  della  Laguna) 
e  barene,  fecevi  costruir  chiese  e  palaz- 
zi ;  e  abbandonato  1'  antico  palazzo  Tri- 
bunizio, eh'  era  a'  ss.  Apostoli,  uno   più 
va'»lo  e  più  ornato  ne  eresse  presso  s.  Teo- 
doro, nel  sito  in  cui  ora  trovasi  la  basi- 
lica di  s.  Marco  e  il  palazzo  ducale.   La 
tranquillità  della    veneta  gente  doveasi 
alla  bontà  e  rettitudine  del  principe;  pe- 
rò accecato  anch'  egli  dall'  ambizione  di 
conservare  nella  propria  fan)iglia  la  du- 
cea,  associò  al  trono  il  suo  figlio  secon- 
dogenito Giovanni;  ma  Giustiniano    fi- 
glio primogenito  del   doge,   che  da  Co- 
stantinopoli, ove  r  avea  inviato  nell'8iQ 
ed  era  stato  fallo  Ipato,  in  Rialto  torna- 
va, assai  dolente  che  a  lui  si  fosse  prefe- 
rito il  minor  fiatello  Giovanni,  per  isde- 
gno  si    rifiuti)  d'  entrare  in  [);iIazzo,  al- 
bergando invece  colla  moglie  Felicita  in 


48 


VEN 


una  casa  particolare.  Indi  indusse  Agnel- 
lo, die  l'amava  teneranienle,  ma  padre 
troppo  indulgente  e  volubile,  a  deporre 
il  fratello  Giovanni,  e   dicliiarò   Giusti- 
niano  collega  e  doge;  di  più  sbandì  Gio- 
"vanni  dalle  Lagune  a  Zara,  e  per  fttr  co- 
sa più  graia  a   Giustiniano  associò   nel 
|)rincipato  anche  il  di  lui  figlio  Agnello 
juniore  e  proprio  nipote.  Fu  cpundi  stur- 
bata la  pace  de'  veneti  da  una   congiura 
contro  i  Parlecipazii  suscitata   da   Gio- 
vanni Talonico,  Dono  Bragadino,  Gio- 
vanni Monetario  e  altri;  ma   a   tempo 
scoperta,  i  rei  o  fiu'ono  puniti,  o  fuggi- 
rono. Intanto  Giovanni  presoda  rancore, 
si  portò  a'  piedi  dell'  imperatore  Lodovi* 
co  I  il  Pio,  figlio  di  Carlo  Magno,  il  qua- 
le ricevutolo  con  bontà,  s'interpose   (ìcr 
riconciliarlo  col  padre  elo  rimandna  Ve- 
nezia. Il  doge  però,  onde  togliere  ogni  ca- 
gione di  discordia  tra'  fratelli,  credette 
meglio  inviar  Giovanni  colla  sua  sposa  a 
dimorare  in  Costantinopoli.  In  questn  cit- 
tà recatosi  pure  Agnello  juniore  nell'S?.  i, 
per  complimentare  Michele   II  il  Balbo 
assunto  all'impero,  ivi  morì,  li  doge  A- 
gnello  suoavo,  protettore  del  commercio, 
dopo  aver  resa  più  ricca  la  città,  n>oreudo 
nel r  827  la  lasciò  prospera  e  tranquilla, 
e  in  istima  presso  gli  stranieri.  Fu  sepol- 
to nella  badia  di  s.  Unric  presso  Fusina, 
ch'egli  stesso  avea  fatto  costruire.  —  Giu- 
sliniano  Partecipazio  Xfdoge.  Defunto 
Agnello, cominciò  a  regnarselo  neir827 
il  figlio  Giustiniano,  il  quale  sebbene  fos- 
se vecchio  e  di  mal  ferma  salute,  nondi- 
meno con  assai  premiwa   al   reggimento 
attese,  e  massime  ne!  tempo  in  che  Mas- 
senzio patriarca  della  vecchia  Aquiieia, 
sollevò  contro  Venerio  patriarca  di  Gra- 
do i  vescovi  dell'  Istria,  cercando  di  to- 
gliere lo  stesso  Grado  a'  veneziani   e  di 
estinguere  quel   patriarcato.    I   saraceni 
intanto  con  molle  flotte  andavano  infe- 
stando il  Mediterraneo;  per  cui  Michele 
Il  il  BnllìO  volendo  piìi  poderosamente 
disperderli,  fece  domandar  al  doge  d'u- 
nir le  venete  forze  allegreche,a  danno  de' 


V  E  l\ 
saraceni.  Aderì  il  doge,  e  la  (lolla  vene< 
la  colla  gieca  andò  in  traccia  del  nemi- 
co, ma  senza  fortuna,  anzi  con  iscorno; 
imperocché  i  veneti, sebbene  dallo  stesso 
doge  diretti,  furono    mallratlati  ,  e   alle 
loro  case  tornarono  senza   trionfo.    Per 
altro  il  dolore  di  ciò  venne  compensato 
dalla  gioia  granilissima  provala    da*  ve- 
neziani, nel  ricevere  il  tesoro  delle    reli- 
quie del  corpo  di  s.  Marco.  A  Rustico  di 
Torcello  e  a  Buono  di   Malamocco   tri- 
buni, se  ne  attribuisce  il  merito,  come 
dissi  ne'  tanti   luogi  ove  parlai  del  cele- 
bratissimo  e  memorando   avvenimento. 
Le  preziose  reliquie,  fra  la    religiosa  le- 
tizia comune,  si  depositarono  nella  cap- 
pella ducale  eretta  a  lato  del  nuovo  pa- 
lazzo, ed    immediatamente    Giustinia- 
no ordinò  che  si  gettassero  le  fondamen- 
ta di  quel    magnifico    tempio  che  dedi- 
calo al  s.  Evangelista  patrono  principa- 
le de'  veneti  e  di  Venezia,  è  tuttogiorno 
r  ammirazione  del  nazionale  e  del  fora- 
sliere.   Di ,?. /IÌ^/yo,  fu  fatto  questo  ana- 
gramma: Divus  Marcus  E'^angellata  =: 
Sani  vigli  ad  Venelas  cnras.    Giusti- 
niano vicino  a  morte,  pentitosi  di  quan- 
to avea    fatto   verso   il   fratello  Giovan- 
ni, lo  richiamò  da  Costantinopoli,  e  col 
consenso  del    popolo  sul   trono    ducale 
con  seco  il  rimise.  Poco  appresso  Giusti- 
niano morì, cioè  neir82(),  ed  ebbe  tom- 
ba in  s.  Ilario  fra  il  pianto   della  nazio- 
ne, siccome  pio  e  tranquillo,  e  tutto  al  be- 
ne pubblico  dedicato.  Lasciò  varipii  lega- 
ti, e  un  fondo  considerabile  per  la  fab- 
brica della  basilica  di  s.  Marco.  Disse  di 
lui  il  Moschini  :  imitò  il  padre  nelle  vir- 
tù dell'animo,  non  in(|uelle  della  mente. 
—  Giovanni  I  Partecipazio  AH  doge. 
Rimasto  solo  sul  trono  neir82C),si  rivolse 
contro  gli  slavi  croati  della  Dalmazia  che 
di  quando  in  quando  turbavano  la  vene- 
la  navigazione;  e  uno  de'Ioro  duchi  per 
nome  Mislo  o  Miroslavo,  venuto  a  Rial- 
to, chiese  al  doge  la    pace  non  solo,  ma 
anco  il  battesimo,  essendo  idolatra.  Gio- 
vanni la  stabilì  con  esso  e  co' suoi,  lo  leu- 


VEN 

ne  al  «.  fuute  e  il  colmò  di  doni.  Alleii- 
deva  iolanlo  il  doge  ad  alzar  la  chiesa  di 
s.  iMarco,  e  u  lipoftio  le  venerabili  ossa; 
qtiandoObeleriuchedaao  anni  circa  ban- 
dito viveva  oltremare,  segretanieute  ar- 
mala iuano  entrato  nelle  Lagune  si  fui- 
lificò  in  Vigilia,  città  già  da  tuolto  ab- 
bandonata. Giovanni  coise  a  lepiimer- 
ne  r  audacia,  strinse  d'  assedio  il  luogo, 
ed  Obelei  io  caduto  in  potere  de'venezia- 
ni,  pagò  colla  morte  il  suo  attentato.  Il 
di  lui  tescliio  sopra  un'antenna  fu  espo- 
sto prima  sul  lido  di  Malamocco  sua  pa- 
tria, incendiata  e  punita  severamente  per 
seguirne  le  parti,  indi  sul  margine  di 
Cani[)allo  a  terrore  de'ribelli.  Nonostan- 
te, dopo  alcun  tempo  sursero  Garoso  tri- 
buno e  Vittore  nobile,  e  contro  il  doge 
congiurarono  mossi  ambedue  da'maneg- 
gi  di  Lotario  l,di  Massenzio,  de'malamoc- 
chini,  de'  vigiliesi  e  ne'  nobili  malcon- 
tenti. Tanto  estese  erano  le  fila  di  {|ue- 
sta  congiura,  che  il  doge  non  vedendosi 
sicuro,  fuggì  dalle  Lagune  e  riparò  alla 
corte  di  Lodovico  I  il  Fio,  o  a  cjuella  del 
figlio  Cario  I  re  di  Francia.  1  ribelli  in- 
tanto elessero  principe  Garoso,  ma  per 
soli  G  mesi  egli  fece  pompa  del  soglio, 
poiché  gli  amici  de' Partecipazii  e  altri 
sdegnali  deirusurpazione,  radunala  gen- 
te, giunsero  d'improvviso  in  P«.ialto,  sor- 
presero Garoso,  il  deposero  e  accecato  lo 
cacciarono  in  esilio.  Alle  redini  del  go- 
verno posero  frattanto  Orso  Partecipa- 
zio  vescovo  d'  Olivoio  (secondo  alcuni 
figlio  del  doge  Agnello:  pare  che  gli  fosse 
associalo  nel  governo  Giovanni  i\larlu- 
rio,  come  tlissi  col  Gorner  nel  §  Vili,  n. 
26),  e  due  tribuni;  indi  richiatnalo  di 
Francia  Giovanni  fu  rimesso  in  trono. 
Poco  appresso  gli  slavi  narentani,  rolli  i 
patti  altra  volta  co'  veneti  stabiliti,  de- 
predate grosse  navi  venete  cariche  ili  mer- 
canzie, spargevano  terrore  nell'Adriati- 
co, il  perchè  era  forza  di  star  contro  di 
essi  snir  armi  quasi  continuamente.  INIu 
il  doge  por  nuova  congiura  ntìllinlerno 
uon  era  aticor  lraiH|'.ullu.  i'cr  1'  occulte 
voi.  xcu. 


YEN 


49 


trame  de'  Garosii  e  degli  ObeJerii,eà  al- 
tri, il  popolo  sommosso  a'29  giugno  ar- 
restò Giovanni  mentre  usciva  dalla  cat- 
tedrale dOlivolo,  lo  depose,e  spogliatolo 
delle  ducali  insegue, gli  tagliarono  barba  e 
capelli,  e  fatto  chierico  per  violenza  nella 
chiesa  di  Grado,  il  costrinsero  a  vivere  itt 
uno  de'  monasteri  di  Grado  stesso;  ove 
prestamente  morì  di  cordoglio  ueir837 
dopo  8  anni  circa  di  rej^io.  Die  prove  di 
petto  pili  forte  del  fratello,  ma  fu  troppo 
aspro.  —  Pietro  Tradonico  XJII  doge. 
I  voti  della  nazione  unironsi  tutti  ad  e- 
leggere  capo  neil'BSy  Pietro  Tradonico 
o  Tradomeuico  d'illustre  famiglia  di  Po- 
la  nell'Istria,  passata  in  Equilio,  indi  in 
Puallo.  Imitando  l'esempio  de'predeces- 
sori  assunse  a  collega    nel  dogado  il    fi- 
glio Giovanni  Tradonico.  D'animo  guer- 
riero, andò  Pietro  prima  contro  i  corsari 
slavi  o  croati,  e  concluse  con  Drosorico, 
un  de'Ioro  duci,  la  pace,  col  palio  di  non 
più  esercitar  la  pirateria  sull'Adriatico. 
Approdò  poi  a'  lidi  di  Narenta,  e  quegli 
slavi  parimenti  costrinse  a  palleggiare al- 
Ireltauto;  ma  poco  dopo  usciti  di  nuo- 
vo, i  veneti   si  opposero,   ma  ebbero   la 
peggio.  Molestato  frallanto  da'  saraceni 
l'imperatore  greco  Teofilo,  a   mezzo  del 
patrizio  Teodosio  invitò  il  doge  a  unii  e 
le  venete  alle  greche  navi   per  combat- 
terli, e  gli  die'  il  titolo  di  Spalarlo  impe- 
riale, cioè  armìgero  della  corte  che  por- 
lava  la  spada  dell'imperalore.  Tradoni- 
co accettò  l'invito,  e  60  navi  belliche  di 
lutto  punto  guernite  mandò  a'greci  :  tan- 
to già  era  forte  la  marina  militare  vene- 
ta. Si  combaltè  d'ambo  le  parli  assai  va- 
lorosamente ;  ma  superiore  di  numero  il 
nemico,  le  flotte   veneziane  e  le  greche 
rimasero  pressoché  lolahnente  dislatte,  e 
tale  rotta  nel  golfo  di  Taranto   successa 
(nel  seno  tli  Grotone  e  neir848  dice  III- 
naldi,  e  che  ridotta  al   niente  l'  armata 
veneta,  non  campò  neppure  una  piccola 
barca  ;  e  \' Arie  di  verificare  le  date  ag- 
giunge che  tutti  i  veneziani  furono  o  ta- 
gliali a  pezzi  0  fatti  prigionieri)  ;  funeste 

4 


5o  V  E  N 

couseguenze  porlo  all'Italia  meridionale 
e  alla  uazioue  veneziana.  Dappoicliè,  òal 
felice  successo  preso  animo  e  resi  orgo- 
gliosi, ricon)pai  vero  poco  dopo  nel  golfo 
e  vicino  all'Istria,  e  fin  quasi  alle  Lagune 
venete,  predando  dovunque  i  legni  ve- 
neziani. Quindi  si  diressero  al  porlo  ro- 
mano d'Ostia,  ove  portatosi  Pa()a  s.  Leo- 
ne IV  coll'esercilo,  riportò  sui  saraceni 
strepitosa  vittoria.  Intanto  Pietro  e  d  fi 
glio  Giovanni,  nuovo  trattato  concluse- 
ro neir842  coll'iniperatore  Lotario  1,  io 
conferma  degli  antichi  patti  già  co' lon- 
gobardi stabiliti;  trattato  che  mollo  con- 
Irdjuì  a  render  sicura  la  tranquillità  del- 
lo stato,ead  ampliare  il  ventto  commer- 
«:io.  Leggo  negli  Anuali  d'Italia  del  Mu- 
ratori all'  anno  856,  sebbene  dica  non 
poterlo  precisare,  che  trovandosi  inMan- 
tova 1  iuiperatore  Lodovico  II,  successo 
al  padre  Lotario  I,  Pietro  doge  gli  spedì 
suo  legato  Deusdedit,  ed  ottenne  la  con- 
ferma de' privilegi  e  dell'esenzioni  de' 
beni,  clie  il  clero  e  popolo  di  Venezia 
possedevano  negli  stati  dell'impero,  o  sia 
del  regno  d'Italia.  E  perchè  anco  allora 
si  considerava  qua!  cosa  rara  la  città  di 
Venezia,  fabbricata  in  mezzo  all'  acque 
del  mare,  Lodovico  11  coli'  imperatrice 
Angilberga  sua  moglie  volle  visitarla. 
L'incontrarono  i  due  dogi  sino  a  s.  Mi- 
chele di  Brondolo  con  sontuoso  accom- 
pagnamento, e  fecero  loro  quanto  onore 
poterono.  In  segno  poi  d'amore  e  di  pa- 
ce, l'imperatore  tenne  al  s.  fonie  un  fi- 
glio del  doge  Giovanni.  Una  2.'  volta  an 
Cora  il  doge  Pietro  si  armò  contro  i  sa- 
raceni, ch'erausi  fjtti  vedere  ne!  Qiiar- 
nero  e  sulle  coste  dell'Istria;  ma  in  tale 
incontro  pure  la  vittoria  fu  di  loro,  che 
anzi  sbarcarono  perfino  su'lidi  di  Caorle, 
t  quella  città  misero  a  sacco  e  a  luuco. 
Tradonico  temendo  di  aggressione  entro 
le  propiie Lagune,  fece  costruire  prontis- 
simamente due  navi  di  tale  grandezza 
the  nuli  non  videsi  somigliante,  e  que- 
ste dette  gagiandre  pose  a  difesa  de'por- 
li.  Eiualmeule  aflliUo  PieUO;  già  da  uu 


V  E  N 
anno,peila  mortedel  figlioecollega  Gio- 
vanni, d  quale  vogliono  alcuni  che  fos-.e 
stato  al  coniando  dell'  armata  sul  golfo 
di  Taranto,  fu  preso  e  trucidalo  mentre  a' 
1  Ssellembre  864  usciva  dalla  chiesa  di  s. 
Zaccaria,  come  deploi  ai  nel  §X,n.  3  (ove 
non  poco  ragionai  della  prelesa  venuta  in 
Venezia  di  Papa  Benedetto  111  nell'SSS). 
I  congiurali  furono  fra  gli  altri  i  Giusti- 
niani, i  IJorbolani,  i  Silvi,  i  Polani,  ca- 
pitali nemici  de'Tradonici,  e  volonterosi 
di  regnare  in  vece  di  questi.  Il  cadavere 
lacerato  ebbe  sepoltura  dalle  pie  mona- 
che sotto  l'atrio  di  quella  chiesa.  Il  Mo- 
schini  dice  che  i  scellerati  che  trucidaro- 
no Tradonico  furono  falli  in  brani  dal 
popolo.  —  Orso  I  Partecipazio  XI f^ 
ilogc.  Non  andò  invendicata  la  morte  di 
Tradonico.  I  servi  egli  schiavi  suoi  fi-de- 
lissimi  si  erano  fortificati  entro  il  ducale 
palazzo,  e  avevano  giuralo  di  non  cedere 
se  prima  non  fossero  castigati  i  rei  del- 
l'assassinio. Per  4o  giorni  i  congiurali 
l'assediarono,  ma  inutilmente,  b'rattiiu- 
lo  nello  stesso  864  eletto  dogeOiso  Par- 
lecipazio,  questi  scelse  3  giudici  della  na- 
zione i  più  riputati,  si  formò  il  processo, 
e  la  sentenza  uscita  dannò  al  bando  gli 
uccisori,  fra'quali  contasi  un  [Metro  e  uno 
Slelano  Candiani,  un  Pietro  Flabanico 
e  uu  Domenico  Falelro.  Gli  schiavi  e  i 
servi  allora  resero  libero  il  psdazzo,  an- 
darono in  parte  ad  abitare  in  Poveglia, 
e  furono  loro  concesse  valli  e  terre,  me- 
diante un  annuo  censo.  Orso,  come  i  pre- 
decessori, armala  una  grossa  squadra 
balle  gli  slavi  scorrenti  il  t^iuli,  la  Curin- 
lia,  la  Sliria  ;  ridusse  a  umilianti  condi- 
zioni Domogoi  uno  dei  loro  duci,  e  fece 
ritorno  in  lìiallo  trionfante,  assicurata 
così  la  veneziana  navigazione.  Da  Basilio  I 
il  Macedone  ebbe  il  titolo  di  protospa- 
taiio;  e  il  doge  a  lui  regalò  12  belle  e 
grandi  campane  per  una  chiesa  che  fab- 
bricavasi  in  Costantinopoli  ;  come  ricor- 
dai nel  voi.  VII,  p.  102,  per  esseie  slate 
le  prime  ad  usarsi  da'gieci,  ed  è  una  del- 
le laute  piove  dell'anlico  valore   de'  ve- 


1 


V  E  N 
nezintii  nelle  arti  e  in  quella  di  fondere. 
Balle  poi  a  Taranto  anche  i  saraceni,  e 
ricco  di  schiavi  e  di  legni  tornò  in  patria. 
Lunga  e  seria  conte:«a  ebbe  a  solli  ire  con 
Marturio  patriarca  gradese,  die  non  vol- 
le consagrare  in  vescovo  di  Torcello  l'e- 
viralo, per  eccesso  di  maliulesa  pielà,nio- 
uaco  Domenico  Caloprino  protetto  dal 
doge,  vietando  la  disciplina  ecclesiastica 
l'ordinazione  degli  Eunuchi;  contesa  ciie 
fini  coll'avere  Vittore  Fartecipazio  figlio 
del  doge  e  patriarca  successo  a  IMarlu- 
rio  consagrato,  sebbene  con  aperto  dis- 
senso (ad  onta  che  a  tal  patto  giuralo 
avesse  ottenuto  la  dignità,  preso  da  ri- 
morso per  violare  i  sagri  canoni,  nell'at- 
to della  cerernonia  con  amare  parole 
lo  limproverò  e  l'invilo  a  fin-  penitenza 
se  non  voleva  esser  condannato  nel  dì 
del  giudizio.  Si  era  interposto  Papa  Gio- 
vanni Vili  a  favore  del  virtuoso  Mar- 
turio), il  Caloprino,  che  già  godcvasi  in- 
tanto tutte  le  rendite  del  vescovato.  Ma 
i  saraceni  di  nuovo  turbando  la  pace  del- 
le veneteLagune  avevano  strella  d'asse- 
dio la  ciltà  di  Grado  neir878  circa,  re- 
spinti da'  prodi  abitanti.  Molte  navi  fe- 
ce approntare  il  doge  e  ne  aOidò  il  co- 
mando al  suo  figlio  Giovanni,  il  quale 
sì  Viileiilemente  poitossi  iu  quest'  incon- 
tro, ficendo  ritirare  i  nemici  (passando 
a  saccheggiar  Comacchio),  che  per  pre- 
mio fu  dalla  nazione  associato  al  [)adre 
suo. Proibì  rigorosamente  in  seguitoOrso 
a'  veneziani  il  trallico  infame  degli  schia- 
vi cristiani,  che  vendevano  a' corsari  sa- 
raceni o  schiavoni,  e  questo  editto  fu  da 
tutta  la  conclone  coniermolo.  Indi  ar- 
mate 3o  navi  tornò  in  persona  sul  mare 
contro  gli  slavi  e  croati  invasori  dell'Istria, 
e  rimasto  vittorioso,  restituì  generosa- 
mente quanto  aveano  essi  riddato  a  quel- 
le chiese,  e  i  prigionieri  rimise  in  hber- 
là  ;  e  similmente  contro  i  nareutani  al- 
tra gente  fu  dal  doge  spedita  a  incroc- 
ciare sulle  loro  coste,  e  tenerli  in  freno. 
(Jospiravano  in  fine  ambedue  i  dogi  al- 
l'abbellimento dell'isole,  alla  felicità  de' 


V  EN  5t 

popoli,  all'  ingrandimento  del  veneto 
couimeicio,  quando  Orso  assai  vecchio 
venne  a  morte  nel  i  7.°  anno  del  suo  go- 
ver<io,  e  di  nostra  salute  ,881,  ed  ebbe 
onorevole  sepoltura  nella  chiesa  di  s.  Z  lo- 
carla; fu  pianto  e  lodato  per  saggezza,  [»ie- 
tà  e  amor  della  pace.  —  Giovanni  If 
Parlecipazio  Xr ciocie.  Piimasto  solo  sul 
trono  neir88  r,  pensò  all'incremento  del- 
la propria  famiglia,  e  per  aggrandirla  si 
rivolse  a  Papa  Giovanni  Vili  chieden- 
do la  contea  di  Comacchio  {f^.),  la  qua- 
le fiorente  per  commercio,  ed  essendo 
circondala  dalla  Laguna  come  Venezia, 
temeva  pure  che  per  Marino  d'Este  che 
la  possedeva  potesse  fiìrsi  potente  sull'A- 
driatico, ed  emular  Venezia,  con  diveni- 
re pericolosa  rivale.  A  quest'oggetto  spe- 
dì a  Roma  Badoaro  Paitecipazio  fratel 
suo,  ed  ottenne  l'investilura  e  il  possesso 
della  contea.  Avendo  ciò  saputo  Marino, 
mentre  Badoaro  tornava  da  Roma,  lo 
fece  sorprendere  da'suoi.  Badoaro,  quan- 
to potè  si  difese,  ma  rimasto  graveuìenle 
ferito  in  una  coscia,  e  condotto  a  R.ialtf> 
morì  poco  dopo.  Giovanni  montato  ìu 
ira  radunò  poderosa  flotta,  volò  ad  as- 
salire Comacchio,  e  la  fortuna  gli  arrise; 
[)erchè  sottomise  quelle  genti  al  veneto 
im[)ero;  anzi  non  contento  di  ciò  passò 
nel  Ravennate,  ne  fece  saccheggio,  senza 
che  né  il  Papa  né  l'imperatore  Carlo  IH  il 
Grosso  facessero  rimoslianze, per  le  tur- 
bolenze de'lempi.  Trovandosi  poco  dopo 
l'imperatore  in  Mantova  nell'883  rinno- 
vò col  doge  Giovanni  gli  antichi  trattati 
pe'quali  fu  resa  più  sicura  la  quiete  e  la 
libertà  de'  pascoli  in  Eraclea  e  in  Capo- 
dargine,  protetta  la  navigazione  de'  ve- 
neti per  tutti  i  fiumi  del  regno  Italico, 
esentate  le  merci  proprie  del  doge  da 
(pjalunque  gravezza.  Giovanni  inlauto 
in  mezzo  alle  guerre  e  molestie  che  tur- 
bavano Italia,  assai  bene  regolava  l'in- 
terne cose  del  suo  dominio;  ma  grave- 
mente caduto  inalato,  permise  che  Pie- 
tro Partecipazio  fratel  suo  lo  aiutasse 
nella  ducea,  e  doge  fosse  acclamalo.   Su 


52  V  E  N 

non  clie  risanò  Giovanni,  e  poco  ilopo 
morì  Pietro,  che  fu  col  fiutello  Badoai  o 
tumulato  in  s.  Zaccaria.  Giovanni  allora 
scelse  a  collega  l'altro  frate!  suo  Orso  II 
Partecipazio,  ma  conosciutolo  poi  iutt- 
lo  alla  regi^eiiza  del  dogado  lo  fece  ri- 
nunziare, e  quindi  rinunziò  pure  lo  sles- 
so Giovanni  neir887,  lasciando  alla  na- 
zione la  libertà  d'eleggersi  un  nuovo  do- 
ge, vedendosi  ormai  mal  alto  per  le  bue 
inferoiilà  a  tenere  ancora  il  comando. 
Questo  doge,  nota  il  Moschini,  operò  la 
rovina  di  Malamocco,  perchè  non  ave- 
v,a  voluto  divenir  fondo  del  suo  fratel- 
lo Eadoaro.  —  Pietro  I  Caudinno  Xf^I 
do^c.  A'  17  aprile  887  dall'assemblea 
nazionale  fu  eletto  doge  il  saggio  Pietro 
Candiano  d'  illustre  e  antica  prosapia,  e 
da  Giovanni  U  Parlecipazioeltbc  io  scet- 
tro, la  sedia  e  la  spada.  Coraggioso,  eser- 
citò 1' armi  contro  gli  slavi  uareutani, 
ma  senza  frutto.  Candiano  però  non  istet- 
te  tranquillo,  e  poste  insieme  12  grosse 
navi,  ne  prese  il  comando.  Malgrado 
l'ostinala  opposizione  de'  barbari,  il  do- 
ge ed  i  suoi  poterono  eseguire  uno  sbar- 
co in  Monte  degli  Slavi  nella  Dalmazia, 
i  narenlani  dopo  avere  in  quella  misoliia 
perduta  assai  gente,  si  diedero  alla  fuga, 
molli  però  appiattandosi  Ira  quelle  grot- 
te per  ispiare  sicuri  e  non  veduti  gli  ul- 
teriori moti  de' veneziani  cui  sempre  il 
doge  presiedeva.  Egli  in  fatti  senza  so- 
spettare tradimenti,  era  rimaslo  con  po- 
ca gente  sul  lido,  quando  all'improvviso 
sbucati  i  nascosti  l'assalirono.  11  doge 
disperatamente  si  difese,  ma  alla  (ine  co- 
perto da  molte  ferite,  dovette  socconibe- 
re  con  quasi  tutti  i  suoi  Dell'ottobre  887, 
dopo  soli  6  mesi  di  regno  e  nella  fresca 
età  di  45  anni,  encomiato  caritatevole  e 
piissimo.  Il  suo  corpo,  tolto  agli  slavi,  fu 
trasportato  a  Grado  ov'  ebbe  tomba.  Il 
popolo  non  trovando  chi  piìi  degno  so- 
stituire, andò  a  Giovanni  II  Pai  lecipazio, 
cheavea  rinunziato,  e  lo  pregò  a  riassu- 
mere il  governo.  Egli  fu  costretto  ad  ac- 
eoudi»ceudere,  ma  pa^suli  yppeua  7  me- 


V  E  N 
si,  procurò  che  in  sua  vece  fosse  eletlo 
il  novello  doge.  Dicesi  da  alcuni  che  fu 
Domenico  Trdiuno,  appoggiandosi  al  suo 
privilegio  vantato  da' chioggiotti,  e  rico- 
nosciuto da'dogi  Orso  11  Pai  lecipazio  nel 
f)20,  Rinieri  Zeno  nel  i255,  e  Pietro 
Gradenigonel  I2C)5.  Non  è  improbabile 
il  dogado  di  Domenico,  sebbene  non  tro- 
visi registrato  nella  serie  comune  de'do- 
gi,  poiché  può  essere  slato  om messo  il  suo 
nome  o  pel  breve  suo  reggimenlo,  0  per 
le  frequentissime  inesattezze  degli  anli- 
chi  cronisti.  Certo  è,  che  il  seguente  Pie- 
tro Tribuno  fu  il  doge  eletto,  vivente 
ancora  Giovanni  li  Partecipazio,  il  qua- 
le ritornalo  alla  vita  privata  lasciò  mo- 
rendo il  suo  nome  fra  le  benedizioni  del 
popolo  veneziano.  —  Pietro  Tribuno 
XI'' II  doge.  Si  ascrive  la  sua  elezione 
air88S  ;  figlio  di  Domenico  dell' anti- 
chissima famiglia  Memia  o  ]VIemina.  Una 
delle  sue  prime  cure  fu  d'ottenere  dal- 
l'imperatore Guido(meglio  duca  di  Spo- 
leto e  re  d'itaiia,  poi  nell'  891  impera- 
tore), diesi  trovava  allora  in  Pavia,  la 
conferma  de'precedenti  trattali  onde  as- 
sicurare il  commercio  e  l'immunità  che 
i  veneti  godevano  per  tutto  il  regno  I- 
lalico.  ]Ma  un  nuovo  genere  di  barbari 
delti  tartari  ugri,  popoli  dell'  Ungheria 
(V .),  crudelissimi  a  segno  che  ovunque 
portavano  flagello  e  morte,  apparirono 
nel  Friuli  Italiano  e  quasi  nelle  Lagune 
veneziane.  Tanto  fu  il  timore  del  doge, 
che  non  solo  si  pose  a  fortificar  i'  isole 
Realline  nell'interno,  ma  fece  costruire 
nell'esterno  (juclla  grossa,  alla  e  ben  lun- 
ga muraglia,  già  ricordata  due  altre  vol- 
le, la  quale  dall'antico  castello  d'Olivolo 
scorrendola  Riva  degliSchiavoni,la  Piaz- 
zetta, la  Pescarla,  rasente  il  Canal  gran- 
de, metteva  fine  a  s.  Maria  Zobenigo  j 
e  da  questo  punto  a  quello  della  C  irilà 
avea  il  doge  ordinalo  che  ogni  notte  si 
tirasse  una  ferrea  catena,  ad  impedire  il 
passaggio.Quesl'opera,  che  grandiosa  cer- 
tamente dev'essere  stata,  si  esegui  al  co- 
minciai dell'anno  900.  [\  Dizionario  ve- 


V  E  N  YEN                      53 
nclo  crede  che  da  queste  fortificazioni  nel  toro  della  pnfria,  d  il  .Modellini.  —  O;-- 
lalo   d' Olivolo,  i!    Imign   abbia  assunto  sn  fi  Partfcipnzio  Xl^  f[f  dos^e.  D.ìIh- 
il  nome  di  Caslello;  [kmò  l'ab.  Cappellet-  limi  è  detto  Oiso  HI  perchè  Orso  il  fu 
li  ritiene  che  i  vescovi  i%i  residenti   co-  gì  i  compagno  nella   ducea   a   Giovanni 
ininciaroiio  nel   1091  a  lasciare  il  titolo  H  snofiatello,  benché  dall'alberogenea- 
<li  Olivolesi  e  prender  quello  di  Castel-  logico  della  famiglia  non  si  rilevi  se  sie- 
I mi.  Ma  a  suo  luogo  già  dissi  che  l'isola  no  due  personnggi  diversi  0  nn  solo  Or- 
erà nominata  Quinta  Valle,  fu  delta  Oli-  so.  Ascese  al  soglio  nel  C)i2.  esped'i  Pie- 
MyJo  per  la  sua  forma  d' un' oliva,  e  Ce-  Irò  suo  figlio  alla  corte  di  Costantinopoli 
stello  dall'  antiche    vesligie    di   remoto  od  annunziarvi  la  sua  esaltazione  al  do- 
c.isicllo.  O^-cupavasi  intanto  il  doge  nello  gado,oveda  Alessandro  e  Costantino  VI 
si;d)ilire  e  confermare  i  confini  a' chiog-  il  /^or/^rogew/Vrt  accollo  con  ogni  onori- 
:;iulti,  nel  regolare  gli  annui  censi  e  tri-  ficenza,  fu  colmalo  di  doni  ed  ebbe  il  ti- 
inili,  nel  mantenere  il  buon  ordine  fia'  tolo  di  prolospalario.  Pvipalriando  per  hi 
cittailini,  (jiiiuido  que'lartai  i,  scorrendo  via  di  terra,  non  appena  g'iiiise  nel  pae- 
ciil  ferro  e  col   fuoco   l'antica   terrestre  se  de' dalmatini  e  sulle  frontiere  della 
Venezia,  laLonibardia,  ilPiemonte,  ginn  Croazia,  che  Mi-^hele  duca   degli   slavi, 
ser(j  fino  a  s.  Ilario,  a  Lizza  Fusina  e  a  vistolo  ricco,  il  fece  arrestare  e  il  consegnò 
Mestre,  dopo  aver  già  aggredito  Capodar-  prigioniere  a  Simeone  re  de'bulgari.  Do- 
gine,  Loredo,  Diondolo,  e  le  due  Cliiog-  lentissimo  il  doge  padre  per  la  schiaviti! 
gie,  seguendo  l'esempio  di  Pipino.  L'.^r-  di  Pietro,  spedi  tosto  al  re  l'arcidiacono 
(f  ili  verificare  le  (ìa/e  (.Wce  che   gli    im-  di  Mdlamocco  Domenico,   e   perle  sue 
glieri  a'  28  giigno  906  giunsero  a  Ma-  preghiere  e  l'oro  olFerto  potè  Pietro  tor- 
lainocco, ed  anchefinoa  Rialto, cioèaVe-  nar  libero  in  Rialto.  Questo  stesso  Do- 
nezia;  ma  non  pare  da  quanto  vado  a  nar-  nienico,  dal  doge  in  premio  fatto  vesco- 
rare.  Il  doge  non  si  [)erdettedi  coraggio,  \odi  M  ilamocco,eSlefuioCaloprino  fu- 
e  profìltanilo  anche  delle  genti  di  Tor-  ro  10  inviati  a  Ro;lolfo  di   Rorgogna   re 
cello,  di  IMazorbo,  di  Murano,  che  nell'i-  d"  Italia  in  Pavia,  per  ottenere  la  rinno- 
.sole  Realline  eransi  ricovrate,  armò  più  vazione  degli  antichi  trattali,  e  1'  ebbero, 
flotte  e  con  esse  si  portò  su!  lido  di  Pel-  Legali  pure  Orso  nel  927  mandò  all'al- 
lesirina  e  in  faccia  il  porto  di    Albiola.  Irò  re  d'  Italia  Ugo  nella   stessa    Pavia, 
Quindi  attaccali  con  ogni  vigore  e  d'o-  il  detto  vescovo  e   Domenico   Flabanico 
gni  parte  gli  ugri  0  ungari,  i  quali   per  per  egual  conferma  di  patti;  ed  il  re  in 
meglio  coiidjaliere  aveano  costrnttodel-  (joeli'incontro  dichiarò  che  i  iluchi  vene- 
le  barche,  o  prese  l'aveano  da'fiumi  vi-  zi  mi  avevanodirilto  fin  da'leuìpi  antichi 
cini,  dopo   fiera   battagli  i  furono  da've-  di  coniar  la  propria  moneta,  su  di  che  può 
neziani  sconlitli,  onde  non  mai  piì^i  osaro-  vedersi  il  §  III,  n.  2,  oltre  l'avere  di  essa 
no  d'assalirequestodiicato,sebbeneqiia-  riparlato  nel  n.  3  di  questo  §.  Osserva  il 
si  ogni  anno  nell'Italia  comparendo,  per  R  jraanin,  che  un  primo  cenno  del   di- 
moilo lempo,  or  Tona  or  l'altra  città  de-  rilto  di  batter  moneta  pe'  veneziani  tro- 
solassero.  Questa  vittoria,  che  fu   della  vasi  fin    da'  tempi  di   Carlo   Magno,  al 
d'  Albiola,  è  delle  piìi  glorii)>eal  veneto  (piale  i  veneziani  si  obbligavano  di  corri- 
iiuine;  e  il  doge,  avute  poi  da  Leone  VI  spmdere  lire5o  ili  loro  moneta  pe'posse- 
il  J'ilosofo  V  insegne  e  il   titolo  di  prò-  dimenìi  che  avevano   nel  regno  Italico, 
lospalario,  tnoiì  net  912  sul  finirdi  Qiag-  y\llio  indizio  d'una  zecca  neh' isole  pare 
gio,  compianto  da  tutta  la  nazione,  sic-  lo  somministri  Giovanni  Monetario,  uno 
come  fofnilo  d'ogni  virlìi  e  per  aver  go-  d<' cospiratori  contro  il  doge  Agnello  al 
vernato  saggiamente;  è  chiamato  ^"^7/177-  [uincipio  del  IX  secolo;  ed  nn  Domeiii- 


54  YEN 

r,r>  IMonelaiio  viveva  a'  tempi  «lei   doge 
(iiovonni  I  Partecipazio  cleU'Sag.  Finai- 
lìiente  il  doge  Orso,  dopo  aver  ne'comi- 
71  generali  conleimati  i  |)iivilegi  e  le  cose 
da'fedelissiini  abitanti  di  Cbioggia  ricliie- 
sle,  già  vedendo'-i  vecchio,  lilMln^iò  nel 
r)32  al  principato,  e  nel  monastero   di  s. 
l'elice  nell'isola  Anirniana  prese  Tallito 
di  monaco,  visse  tranqnillaniente  il  le- 
sto de'  suoi  d),  e  morì  in  odore  di  san- 
tità, modello  de'  principi   religiosi,  giu- 
nti, prudenti.    —  Pietro   fi  Caiuiiaiw 
,\IX doge.YìàW^  dieta  generale  accolla 
per  eleggere  il  nuovo  di'ge,  venne  scel- 
to nei  c)?>i  Pietro  Candiano  figlio  di  Pie- 
tro I,  the  coodjaltendo  contro  i    naien- 
t.Tiii  vi  avea  lasciata  la  vita.  Spedì    Pie- 
tro Il  immediatamente  a  Costantinopo- 
li il  figlio   Pietro  Candiano.  il  quale  da 
Cfst.intino  V 1 1  ebbe  con  molti  doni  il  ti- 
tolo di  piotospalaiio  Que'di  Capodistria, 
grati  a'benefizi  loro  latti  in  vai  i  tempi  da' 
veneziani,  ricorsero  al  doge  per  la  conli- 
nuazionedi  loro  protezione. ollìendogli  a 
lilolod'onore  i  oo  annueanforedi  vino  in 
perpeliiri. Montato  perciò  in  ira  Wiiitero 
marchese  d'Istria  pel  le   Ugo.   confiscò 
tutti  i  beni  che  i  dogi  colà  pos'-cdevano, 
e  quelli  del  patriarca  di  Grado  e  de' ve- 
.scovi  d'  Olivolo  e  di  Torcello,  e  di  altri; 
proibì  agl'istriani  di  tradicare  co'  vene- 
li,  e  molte  navi  venete  predò,   ucciden- 
done i  padroni.  Il  doge  lungi  dal  vendi- 
care col  sangue  sì  grave  ingiuria,  fece  leg- 
ge che  nessun   veneto   dovesse   d'allora 
in  poi  approdar  nelT  Istria,   vietando  a 
qualsiasi  istriano  l'approdo  a' mari  eLa- 
gtine  venete.  Ciò  assai  bastò  peichè  Win- 
lero  e  i  suoi  vedendosi  privi  de'  mezzi  di 
commercio,  per  opera   di  Marino  Con- 
tarini    patriarca   gradese   si   nnjiliassero, 
chiedessero   scusa  al  doge  e  implorasse- 
lo  perdono,  che  fu  dal  nobile  e  genero- 
soanimo  di  Candiano  accordato  allo  sles- 
so Wuitero   in   pei  sona    venuto  a  que- 
sto fine  in  Rialto.  Avvenne  poi  che  nel 
935  i  comacchiesi  avendo  rubato  alen- 
ili veneziani  e  imprigionatili,  il  doge  con 


V  E  N 
tinn  squadra  leggera  prese   e  die   fuoco 
alla  loro  città,  e  menali  a  Venezia  alcuni 
abilaiili,  non  li  lasciò  liberi,  se  pi  ima  non 
giurarono  fedeltà  al  veneto  impero.   Al 
tempo  di  questo  doge,  il  più  degli  storici 
ascrive  il  famoso  ratio  delle  spose  Venezia» 
ne,eseguilo  audacemente  nella  cattedrale 
da'ti  iestini  o  narentani  e  altri  istriani  ;  e 
per  la  punizione  de'  rapitori  e  ricupera 
delie  spose   fu  poi  istituita  la  famigerata 
festa  fl(  Ile  Affi  rie, \n  memoria  dello  stre- 
pitoso fatto,  come  narrai  nel§  Vili,  n.  ^. 
Altri  lo  pongono  sotto  i  tribuni,  altri   al 
tempo  del  doge  Pietro  Tradonico,  o  sot- 
to Orso  11  Parlecipnzioo  ne'due  seguen- 
ti dogadi.  RIoiì  Pietro  II  nel  g3g  ama- 
to da'  suoi,  onorato  e   temuto   da'  fora- 
stieri.  —  Pietro  Partccipazio  XX do^e. 
Quel  Pietro  Partccipazio  o   Badoaro,  fi- 
glio de!  doge  Orso  II.  |)rotospatarioe  pri- 
gioniero del  re  de'bulgai  i.dopocirca  28 
anni  nel  q3q  venne  eletto  doge.  Alcuni 
storici  il  computano  II  di  questo  nome, 
perchè  annoverano  come  I  Pietro  Parle- 
cipazio  che  brevissimamente  regnò  con 
Giovanni  II  suo  fratello.  Essi  giustamen- 
te riflettono,  che  dal  vedersi   trascelti   al 
principato  soggetti  per  lo  pii^i  delle  fimi- 
glie  Candiana  e  Parlecipazia,devesi  mol- 
to facilmente  dedurre  quanto  polenti  essi 
fossero,  e  quanto  pochi  maneggi  impie- 
gar quindi  dovessero  per  conseguirlo.    Il 
doge  Pietro  fu  pacifico,  e  i  veneziani  sotto 
il  suo  reggimento  goderono  pace  invidia- 
bile, mentre  Italia  tutta  era  dilaniata  da 
guerre  ediscordie,e,per  la  rozzezza  e  bar- 
barie de'tempi,  il  secolo  X  fu  appellalo 
ferreo,  per  la  malvagità  plumbeo,  e  per 
r  ignoranza  oscuro.  Vogliono  alcuni  che 
Sullo  questo  doge  fosse  segnato  col  re  d'I- 
talia Rodolfo. o  con  Berengario  li, il  trat- 
tato di  conferma  agli  antichi    patti;  ma 
tortamente  1'  una  cosa  coli'  altra  confon- 
dono; poiché  il  trattato  con  llodolfoebbe 
luogo  con  Orso  II,  e  quello  con  Beren- 
gario Il   avvenne   sotto    Pietro  III  Can- 
diiuio.  Le  date  poi  in  che  fiorirono  i  duq 
le,  mauifèstanu  gli  anacronismi.  Il  do- 


V  E  N  V  E  N                     51: 

gè  dopo  3  anni  ili  reggimento  mon  nel  nell' elezione,  e  avrebbe  messo  a  soqqua* 
q.\i.  —  Pietro  [H Candinno  \\I do-  dro  il  ihicnle  palazzo,  se  pronti  non  fos« 
j^r. Nipote  di  Pietro  I  e  figlio  di  Pietro  il,  sero  accorsi  i  partigiani  del  doge  a  di- 
per  la  buona  meoioria  lasciata  da  que'  fenderlo,  venute  le  due  fazioni  alle  ma- 
dogi  olteime  dal  popolo  il  soglio  ducale  ni  sulla  piazza  di  Rialto;  ed  anzi  il  fi- 
nel  942.  Piivolse  Pietro  111  le  prime  sue  glio  preso  e  dannato,  avrebbe  perduta 
cure  a  reprimere  le  violenze  usate  da  la  lesta  sul  palco,  se  le  pieghiere  del 
Lupo  patriarca  d'Aquileia  a  Marino  pa-  padre  non  gliel'  avessero  salvata.  Colui 
Iriarca  gradese,  e  vi  riii>cì  col  proibire  nondimeno  bandito  dal  doge  dalle  Lagu- 
a'  veneziani  ogni  commercio  co'friulani;  ne,  per  soddisfare  la  giustizia  e  il  volere 
il  perchè  a  Lupo  con vetine  trattar  la  pa  del  popolo,  ritirossi  in  Ravenna.  Qui- 
ce  con  Marino  meiliaiile  ildoge.  L'anno  vi  favorevolmente  accolto  da  Guido  fi- 
8."  di  sua  ducea,  Liufpi-ando  legato  di  glio  di  Berengario  II,  avvampando  tut- 
Lotario  re  d'  Italia  al  greco  imperatore,  tavia  di  mal  talento  contro  la  patria  e  il 
venne  a  Venezia  e  imbarcatosi  su  nave  padre,  tanto  persuase  i  ravennati,  che  ar- 
veneta  recossi  a  CostantinO[)oIi.  Qiiivi  male  6  navi  Pietro  stesso  con  essi  si  po- 
Rebbene  re<>tasse  sorpreso  della  grandez-  >e  a  corseggiare  control  veneziani.  Tut- 
za  edel  fastoorientale  diquelia  corte,  pii  ti  gli  oidini  <lello  stato  fecero  allora  un 
re  non  si  ritenne  dal  sostenere  in  faccia  decreto,  pel  quale  s'iinpegnarono  con  giu- 
air  orgoglioso  greco,  che  mercè  l'esteso  ramento  di  non  ammettere  l'espulso  al- 
conimercio  de' veneziani  anche  in  Italia  la  ducale  dignità,  né  vivente  il  padre,  né 
^ivevasi  con  agiatezza  e  splendore.  Sue-  Ini  morto,  né  mai  più.  Tal  dolore  n'eb- 
ceduto  nel  9  To  Berengario  II  a  Lola-  be  il  vecchio  doge,  ch.^  poco  dopo  cadde 
1  i(),il  dogeinviòambasciatori  per  la  con-  infermo  e  morì  nel  gx^-  —  Pietro  If^ 
ferma  de'  trattati  precedenti,  e  ricordati  Cnn(lia/20  XXff  doge.  Benché  dal'a  na- 
allora  vi  furono  i  confini  dEraolea,  d'E-  zione  perpetuamente  escluso  dal  leggi- 
quilio,  di  Caprula,  di  Chioggia  e  d'altre  mento  ed  esiliato,  dalla  stessa  fu  doge  ac- 
cillà,  imposto  soltanto  a'veneziaiii  di  pa-  clamato  nel  gT^Q.  Il  clero,  la  nobiltà  e  il 
gare  un  piccolo  tiibutoper  le  mercie  fon-  po[)olo  con  3oo  navi  andarono  a  levar- 
di  che  nel  regno  Italico  possedevano.  Ma  lo  in  Ravenna,  e  a  Venezia  trionfalmen- 
poco  prima  insorta  di  nuovo  l'audacia  te  il  condussero.  Ciò  è  ad  ascriversi  alla 
de'  corsari  slavi  e  croati,  il  doge  die'  ad  popolare  vol<d)ilità,  quanto  ad  un  tratto 
Orso  Badoaro  e  PielroOrseolo  ilcoman-  lini-simo  di  politica,  per  cui  eleggendosi 
do  d'una  flotta  di  23  navi,  e  recatisi  sid-  iloge  Pietro  rendevasi  benevolo  al  po- 
le  spiaggie  <li  iVarenta  e  di  Ragusa,  in-  polo  il  temuto  re  Berengario  II,  cui  Pie- 
vano tentarono  di  soggiogarli.  Allora  il  tro  era  stretto  in  amicizia.  Quantunque 
doge,  cambiali  forse  i  condottieri, fece  al-  di  carattere  fiero  e  deciso,  nondimeno  si 
ira  spedizione, e  i  barbari  spaventati  pat-  rese  utile  alla  nazione,  in  principio  sera- 
leggiarono,  e  le  pretle  già  tolte  a'venezia-  brò  mutato  governando  con  giustizia  e 
ni  restituirono.  Erano  già  (  4anni  dacché  saggezza.  Punì  Mirico,  col  fargli  cavar 
Pietro  III  quietamente  regnando, deside-  gli  occhi,  perchè  con  mezzi  illeciti  s'era 
vii  nel  9  75  d'associarsi  il  figlio  suo  Pietro  fitto  eleggere  vescovo  di  Torcello.  IJni- 
IV^  Candiano,  ed  il  popolo  acconsentì,  la  la  concinne  promulgò  legge  che  seve- 
AJa  Pietro  IV,  che  nnirallro  bramava  rameute  proibendo  il  commercio  degli 
per  vendicarsi  di  suo  padre,  il  (piale  al-  schiavi  cristiani,  minacciò  |)ene  spirituali 
tre  volte  erasi  opposto  al  carattere  violeii-  e  temporali  a'rei  di  tal  delitto.  Vietò  pa- 
lo del  figlio,  suscitò  contro  il  iloge  (pici  rinuMili  che  i  veneziani  prendesseroe  por- 
popolo  stesso  eh'  eiagli  slato  favorevole  t^isscro  lettere  di  principi  esteri  in  Gre- 


5G                      YEN  YEN 
eia  e  a  quell'imperatore,  e  ciò  per  non  ne,  e  tnnlo  si  estese  che  3oo  ne   bruciò, 
siliiitenlare   la  soverchia   influenza  che  cifiupresavi  gran  parte  della  chiesa  di  s. 
questi  aveva  sopra  gli  attari  d'  Italia,  e  Marco  e  del  palazzo  medesimo,  ti  doge 
peiihè  non  conveniva  a'principi  italiani  circondato  dalle  llamme  tentò  fuggire, 
recardisgusloagli  alemanni,  né  sdegnare  mostrando   loro    il  bambino    avuto   da 
i  greci,  nèfar  sapere  ad  ambedue  se  non  Waldrada,  implorando  la  pietà  de'  ne- 
quanto  era  necessario  che  sapessero  pel  iiìici,  e  rammentando  i  meriti  degli  avi  ; 
nazionale  mteresse.  Inviò  legati  a  Otto-  ma  inulilmeule.  Il   popolo  infuriato  si 
ne  I  imperatore,   ed   a   Papa   Giovanni  gettò  aildossodi  lui  e  del  lanciullo,e  spie - 
XIII  ;  a  quello  per  ottenere,  come  ollen-  latamente  li  tagliò  a  pezzi,  con  molli  al- 
tre, nel  964  o  965,  la  confermazione  «le'  tri  de'  suoi  segmci.  I  cadaveri  del  padre 
soliti  privilegi;  a  questo  perla  sanzione  e  del  figlio  gittali  nel  pubblico  macello, 
de' diritti  di  Giado  a  chiesa  patriarcale  vi  rimasero  lungamente   insepolti;   fìn- 
e  metropoli  di  tulla  la  Venezia.  Destro  cliè  raccolti  dal  preteGiovanni  Grndeni- 
e  priKlente,  seppe  eziandio  mantenersi  go,  fece  loro  dare  sepolt«n'a   in  s.  Ilario 
in  concetto  tra'  due   imperi,     vietando  nelle  tombe  delia  famiglia.  Il  di  lui  figlio 
a'  veneti  ogni  commercio  co'maomelta  Vitale  Candiano,  cheavea  obbligato  ad 
ni,  allorché  vide  che  Giovanni   Ziuusce  abbracciare  il  cbieiicalo  e  poi  elevato  n 
imperatoregrecoa  grandi  imprese  si  pie-  patriarca  tli  Grado,  eia  uioglie  Waldra- 
para  va  contro  i  saraceni   dell'Asia.    Ma  vn  soli  poterono  salvarsi  ;  questa  forse  la- 
«lominatodaH'ambizioneebramosod'ac-  sciata  vivere  dal  popolo  per  non  incor- 
ci escere  il  lustro  della  famiglia,  ripudiò  rere  nell'indignazione  degli  esteri. 
Giovanna  sua  moglie  che  costrinse  0  far-  6.  S.  Pietro  I  OrsenloXXffliloge.Va  • 
si  monaca  in  s.  Zaccaria,  e  sposò   Wal-  ciPico  e  moderato,  ricchissimo,  di  puris- 
drada  sorella  di  Ugo  il  Grande  potenlis-  simi  costumi,  dedito  fin  da'primi  anni  a 
Simo  marchese  (Il  Toscana,  e  nipote  del  santa  vita,  a' 1  2  agosto  976  venne   pre- 
re  Ugo.  Costei  recò  in  dote  non  solo  im-  scelto  dal  popolo  a  reggere  la  repubbli- 
tiienso  numero  di  servi  e  di  schiavi,  ma  ci.  Avrebbe  esW  sull'istante  rinunziato 
vastissime  possessioni,  terre  e  castelli  nel  airouore,  ma  il  pensiero  di  poterle  riu- 
Trevigiano,  Friuli,  Adriese  e  Ferrarese  ;  scire  utile  il  consigliò  ad  accettare.   Pri- 
per  CUI  a  ddendere  queste  teneconven-  uìierainenle  tosto  e  daToiidarnenti  a  sue 
ne  a  Fit-lro  riuiuie  (piantila   di    soldati  s[iese  fi'ce  riedificare  il  tempio  di  s.  Mar- 
stranieri  e  italiani,  e  per  munirsi  contro  co  (onde   osserva    il   cav.    Mulinelli    che 
la  sollevazione,  volle  introdurre  perfino  dall'eccidio  di  Candiano  e  dal  fuoco  die 
in  Rialtoalciuie  estranee  truppe  a  guar-  rovinò  la  chiesa  di  s.  Marco,  nacque  la 
dare  il  palazzo  ducale,  coti   altre  odiose  meravigliosa  basilica  attuale),  e  il  palaz- 
precauzioni  ispiranti  dillidenza  e   prave  70  ducale  pressoché  inceneriti  nella  rife- 
mlenzioni.  E  fu  appunto  per  la    troppa  rita  terribile  insurrezione;  indi  si  die  ad 
potenza  delia  ca-a  Candiana,  per  l'estese  amministrare  giustizia,  ed  a  piomuove- 
relazioni  di  parentcda  cogli  esteri,  oltre-  re  tlovimque  la  pace  e  la  tranquillila  ilei 
che  pel  carattere  ambizioso,  tirannico  e  veneto  dominio.  Ad  ottenerla  fece  segni- 
violento  del  doge,  aumentato  dall' opu-  leuna  transazione  tra  Waldrada  moglie 
lenza,  che  eccitala  l'invidia  e  il  sospetto  del  trucidato  Pietro  IV,  e  il  popolo  ve- 
nelle  veneziane  famiglie,  si  ordì  una  tra-  iieziano,  la  quale  ritiratasi    allora  a   l'a- 
ma «jcculla  contro  di  lui  ne!  976.  Mol-  via  nel  regno  Italico  col  fuggitivo  figlia- 
tiludine  di  gente  all'unprovviso  coise  al  sUo  patriarca  Vitale,  presso  l'imperatri- 
palazzo  ducale;  gli  assalitori  dalle  guar-  ce  Adelaide  madre  dell'nnperatore    Ot- 
tlie  respinti  dierono  fuoco  alle  case  vici-  Ione  11,  interessò  gl'italiani   a  vendicare 


V  E  >'  V  E  V                       ^7 

sulla  vcnclT  nizioiìe  il  sangue  del    ma-  neficalo   già  ;iv«va    largintienle   i  poveri 
Vito  e  del  (ì^!m).    Per  lale  tiansa/.ione  si  nel  suo  testanienlo,  eiooo  libbre  di  pe- 
C'Hilenlò  Walilrada  di  riavere  la  sua  rie-  so  d'argstilo  lasciato  al  fisco  pei^li  .spet- 
c'iiissiiita  dote,  e  rinunziò  al  dono  fittole  tacoli  che  davansi  alla  nazione.  Ma  iiuii- 
d  1  Candiano  prisna  degli  Nponsnli,  secon-  dimeno  dolorosa  ni  sommo  fu  a'venezia- 
do  l'uso  de'tempi,  della  4-'  p^n'le  di  tulli  ni  la  notizia  della  Fuga  del  doge  die  al- 
i  suoi  beni;  di  armi,  di  navigli,  di   servi,  jora  coniava  5o  anni  d'età,  e  di  regno  i  e 
d.  «chiavi  e  aliro.  Rinnovò  poi  il  doge  i  giorni  20.  Morì  Pietro  in  Cusano  a' 1  o 
pilli  con  qiie'di  Capodisliia;  regolò  i  tri-  gennaio  997  i^ Arte  di  verificare  le  da- 
boli  che  al  fisco  si  pagavano,  e  nella  gè-  le  ,  impugna    lale  data  e   registra   987, 
neial  concione  fece  che  gl'isoliiiii  gitnas-  ma  quella  magnifica  opera   non  sempre 
seio  di  pagarli /jr/-  la  salvezza  della  lo-  currisponde  al  suo  titolo),  e  venerasi  qual 
;■  I  jialria.  ìNè  solo  la  chiesa   M;iiciaiia  e  santo  sogli  altari.  Il  p.  Helyot  nella  Sto- 
il  palazzo,  ma  ingrandì  gli  alberghi,  ed  o-  ria  degli  ordini  monastici,  t.  5,  cap.  1 1 , 
spedali   fece  erigere  in  Rialto  pe' poveri'  ed  altri  storici  alfermano,  che  per  con- 
e  pe'pellegrini,  a'qtiali  del   suo   sommi-  s  ^lio  di  Pietro  furono  inceniliali  la  chie- 
iiislrava  il  villo.  Anzi  vietò  ad  altri  il  dar  s^i  e  il  palazzo,  onde  potersi  uccidere   il 
|(  10  alloggio,  solo  vole<ido  egli  trattarli  al  doge  ,  ma  appena  elevato   al    Irono,    (u 
giiingere  nelle  Lagune  per  visitare  i  cor-  preso  da  orrore   del  suo  delitto  e  da   a- 
pi   de'Sanli,  e  massime  quello  di  s,  IMfir-  m  uo    pentimento  ,  onde  per  levarsi    lai 
co  eh'  era   stalo  da  lui  riposto   nella  ri-  macchia  e  far  [lenilenza  risolse  poi  d'ob- 
fibbricata  chiesa  ,  che  voleva   adornare  !>  uuloiiaiio  e  rendersi  monaco,  nel  (pia- 
d-illa  Pala  d'  oro.  Ad  onta  dell'  esercizio  \v  stillo  visse  sanlissimaniente.  Dipoi  Pa- 
di  tante  rare  virili,  l'ottimo  doge  non  era  pa    Clemente  Xll  con  decreto  de'28   a- 
tranquillo  nel  suo  interno.  I  maneggi  oc-  pnlei73i   concesse  alla  città  di  Venezia 
co!li,>ipecialmentede'[)arliti  Cnndiani,  ne  e  al    monastero   Cussaiiense   1' nllizio   e 
n'inacciavano  la  vita.  vSe  non  che  giunto  messa  di  s.  Pietro  1  Orseolo  doge  di  Ve- 
pcr  caso  in  Venezia  dal  monastero  di  s.  nezia  e  poi  monaco  benedettino,  del  <pia- 
I\!iLhele  di  Cuxa  o  Cnxac,  volgarmente  le  fmono  approvate  le  lezioni  proprie  da 
Cusanonella  Guascogna,  l'abbate  Guari-  recitarsi  da  tulli  i  monaci  deh'ordine  di 
no,  il  doge  piìi  set  iauienic  pensando  allo  s.  Benedello,  a' 1  5  dicembre  i  733.   Nel- 
spii  ito  di  partilo  che  tuttavia  agitava  la  1' nino  precedente,  il  senato  di    Venezia 
n  izione ,   e   alla   nausea    recatagli   dalle  erasi    ricordato   hnalinente   d'un   santo 
irondane  grandezze,  deliberòcon  Guari-  che  fu  cittadino  e  doge  ilhistve,  pio,  be- 
lo <ii  segielamenle  fuggir  dalle  Lagune,  nelico  e  generoso,  pi  enunosamenle  per 
fill'insapiila  della  moglie  Felicia  edell'ii-  CiiovanniMoceiiigo  ambasciatore  iuFran- 
nico  figlio  Pietro.  Quindi  la  iiolle  del  I .°  eia  chiedendo   le  leliquiedi  s.  Pietro  Or- 
siltembre  978,  travestilo,  rasasi  la  bar-  scolo  a'monaci  di  Cuxac,  e  annoverando- 
ba,  che  all'  uso  greco  i  veneziani   erano  \o  Ira'celesli  [iroteltori  della  repubblica. 
solili  portare,  lolle  con  seco  molte  gioie  Giunti  a  Venezia  a  pubbliche  spese  due 
e  molto  oro,  in  conipagnia  di  Guarino,  nionaci,  con  tre  ossa,  una  coscia,  ima  11- 
f-.  Romualdo,  Maiino  anacoreti,  di  Gio-  bi.ia  e  una  tibia  del  santo,  furono  o<^[ù- 
A  inni  Morosini  suo  genero  e  di  Giovan-  tiili  da'coiifralelli  in  s.  Giorgio  Miggio- 
ni  Gradenigosuo  amico,  fuggì  da  Vene-  re,  donde  do[)o  formale   riconoscimento 
Zia  alla  badia  di  s.  Ilario,  da  dove  mon-  delle  sagre  reliquie,  (piesle  furono    lr;i- 
I  ito  a  cavallo  e  passate  le  Al[)i,   giunse  spiritale  con  religir)!,a  pompa  a'7  gennaio 
(l'colleghi    a    Cusano ,  di  che  parlai    111  1733  alla    basilica  Marciana   e    nel    .suo 
p.iù  luoghi,  come  nel  §  X Vili,  11.  18.  Re-  tesoro  deposte.  Meglio  è  leggere  il  Ma- 


58  V  E  N 

tinelli  negli  Aiindii  Urltiiii  a  p.  6i4  e 
seg.  ,  ili  cui  pur  descrive  le  susseguenti 
feste  celebrate  ad  onore  del  servo  di  Dio, 
Il  doge  Piuzzini  peiò,  al  cui  zelo  debbe 
Venezia  quelle  reliquie,  ne  trasse  una 
parte  e  liposlahi  entro  un  colKinetto  or- 
natissinio  di  velluti  e  iloiature,  con  anri- 
Ioga  iscrizione, donolla  alla  chiesa  di  s.  I\l.' 
in  Nazaret  degli  Scalzi,  ove  all'altare  di  s. 
Teresa  volle  essere  tumulalu  dopo  morto. 
Aggiungeiò, conservarsi  dal  cav.  Cicogna 
gli  atti  originali  corredati  delle  autenti- 
che nnue  e  de' sigilli,  contenenti  la  ve- 
rificazione e  visita  delle  reliquie  del  s. 
doge  Orseolo  Fitta  in  Cuxan,  e  ripetuta 
in  Venezia  all'atto  del  riceverle  per  la 
loro  collocazione  nel  Tesoro.  Si  ha  di 
mg.'  Giusto  Fontanini,  De  s.  Petro  Ur- 
scolo  duce  Fe/u'loiniìì , postea  ino/iacho 
benediclino  DlsstrltUio^  Romae  t  ySo.  La 
vita  del  ntedesiiuo  santo,  scritta  dal  dot- 
tissimo cauialdulese  p.  Guido  Grandi  fu 
stan)pata  in  Venezia  neh  78  (  e  ristam- 
pata dal  Bettinelli  nel  lySS.  — -  Filale 
Candiano  XXTT'  doge.  Nella  città  di 
Venezia  sparsasi  la  notizia  della  fuga  del 
dJge  Pietro  1  Orseolo,  cpjal  sciagura  na- 
zionale, grande  e  universale  fu  il  pianto; 
radunatisi  quindi  i  comizi  fu  nello  stes- 
so 0)78  proclamato  doge  Vitale  Candia- 
no fìllio  di  Pietro  Ili  e  fratello  del  tru- 
ciilalo  Pietro  IV,  regnando  nuovamente 
laCandiana  stirpe;  e  questa  era  una  pro- 
va delle  diverse  fazioni  che  tuttavia  nel- 
la repubblica  dominavano.  Vitale  grave 
d'anni,  distinto  per  umiltà  e  dolcezza  di 
co^lucni,  tutto  al  bene  coniune  si  rivolse. 
Sapendo  come  Ottone  11  im[)eratoie  te- 
neva in  odio  il  nome  veneziano  dopo  il 
massacro  del  fratello,  gl'invio  a  Quedlim- 
burgo,  ove  trova  vasi,  il  proprio  nipote  Vi- 
tale Candiano  patriarca  di  Grado  ,  che 
ilopo  essersi  rifugiato  nella  sua  corte  era 
tornato  a  Venezia,  in  compagnia  d'altri 
legali  e  con  ricchi  donativi  de'veneziani. 
L'imperatore  ben  li  accolse,  e  per  la  be- 
uevuleuza  the  avea  pel  patriarca  si  pla- 
cò e  confetaiò  gli  antichi   tialtati.   Agli 


V  E  N 
Oltotii  d;»  molto  linripo  erano  accetti  \ 
Candiani,  come  si  trae  da  una  donazione 
fatta  da  Ottone  l  nel  t)63  della  grossa 
terra  di  Musestre  nell'  Emilia  Allinale, 
presso  a  cui  i  veneziani  e  gl'italiani  ave- 
vano poi  t<j  e  commercio.  Imperocché  fu 
sempre  ioleinliaiento  degl'imperatori  di 
Occidente  procurare  di  slaccare  i  vene- 
zi mi  dall'amicizia  cogl'iinperatori  d  O- 
riente,  acciò  lo  stato  veneto  riuscisse  di 
minor  impedimento  agli  occidentali.  In- 
tanto il  doge  da  lento  morbo  consuma- 
lo, veilendosi  incapace  di  piii  reggere  la 
repubblica  e  vicino  il  suo  fine,  dopo  1/^ 
mesi  di  regno,  virtuosamente  a  un  tem- 
po rinunciò  al  ducato  e  ai  mondo  nel 
979,  vestendo  la  cocolla  monastica  in  s. 
Ilario,  e  poco  dopo  fini  di  vivere.  Era  al- 
lora comune  e  pia  usanza,  come  notai  in 
più  luoghi,  quella  d'indossare  quell'abi- 
to prima  di  morire,  ci  etlendo  piamente  i 
fedeli  venire  con  ciò  prosciolti  dalle  col- 
pe commeise. —  Trihtmo  iVL'iiiino  XXF 
doge.  Nello  stesso  979  cominciò  a  regge- 
re il  dogado,  benché  quanto  ricco,  altret- 
tanto inetto  a  cotal  carico,  e  ciò  avvenne 
per  sopire  l'inlerne  discordie.Iufatti  guer- 
ra si  mossero  tra  loro  alcune  famiglie,  e 
specialmente  gli  opulenti  e  potenti  Mo- 
rosini  e  Galoprini.  Il  doge  era  pe'secon- 
di  ,  per  cui  fidato  nella  sua  protezione 
Stefano  Cihjprmo,  uniti, i  propri  ligli, 
volle  attaccare  i  Morosini,  i  quali  a  tem- 
po avvisati  poterono  salvarsi;  ma  Do- 
menico Morosini  colto  sulla  piazza  di  s. 
Pietro  d'Olivolo,  venne  da'Galoprini  as- 
salito e  steso  morto  al  suolo.  Si  giurò 
vendetta  da'iMorosini,  e  tacitamente  se 
ne  aspettò  l' oppoi  tunità.  Frattanto  di- 
sceso Ottone  li  con  grossa  armata  in  Ita- 
lia si  fermò  a  Verona,  dove  il  doge  gl'in- 
vio ambasciatori  per  distorlo  dal  voler 
vendicare  sui  veneti  la  violenta  morte 
di  Pietro  IV,  come  si  sospettava  ad  on- 
ta d'essersi  già  mostrato  calmato,  per  a- 
verne  alcuni  riacceso  lo  sdegno.  Ninna 
ri«po<.la  su  ciò  egli  diede,  e  solo  accettò 
i  doni  olfcrligli  ,  ed  i  patii  antiobi   riij- 


V  E  N  V  E  >^  59 
novr).  !\I;)  coiìliiuiantlo  l'inlcslliie  (liscor-  scortile  delle  due  f,izioni.  "Sion  6  giorni 
tiie,  i!  tioge  diveiiDeneiiìico  (le'Calopiini,  dopo  e  fu  sepolto  in  s.  Zaccaria.  Avea 
e  si  die  invece  al  pai  tilo  de'.Morosiiii.  A-  pei' sua  divozione  fondata  li  badia  de' 
dirato  perciò  Stefano Cidoprino  corse  ad  l)enedetlini  di  s.  Giorgio  Maggiore,  isola 
Ottone  II,  e  con  alili  suoi  parenti  e  and-  dalla  famiglia  ducale  detta  IMenimia.  — 
ci  l'eccitò  a  innover  gneira  a'veneziani,  Pielro  II  Orseolo  XXf'^I  doge.  Figlio 
promettendo  di  daigli  nelle  mani  la  cit-  di  s,  Pielro  I  Orseolo,  aveva  forse  3o  an- 
ta, e  raccomandandosi  al  caso  della  vit-  ni  quando  nel  qqi  fu  eletto  doge,  e  per 
toiia  d'essere  fallo  doge.  Acceltò  1'  im-  |e  sue  gioì  iose  a/ioni  rese  celeberrimo  il 
j)eratore  la  proposizione,  e  coli' aiuto  e-  proprio  nome.  Estinte  primamente  le 
ziandio  del  Cnloprino  pratico  di  tutte  le  discordie  Ira'nobili,  riportò  dalla  corte 
■vie  che  per  mare  alla  città  conducono,  bizantina  privilegi  ed  esenzioni  utilissi- 
strinse  di  duro  assedio  Venezia  col  bloc-  mi  alla  navigazione.  Fu  il  1 .°  clie  inviò 
carne  l'isole  versoi!  c)8i,  e  impedì  che  ri-  ambasciatori  a'sovrani  saraceni  dell'Asia, 
cevesse  vettovaglie.  Saputasi  !a  liistenuo-  dell'Africa  e  d'altre  parli,  per  trattar  di 
\n  in  Rialto,  il  tumulto  e  1  irritazione  fu  pace  e  di  commercio.  Anche  con  l'impe- 
generale.  Indarno  il  doge  tentò  di  pia-  latore  Ottone  111  rinnovò  i  trattati  ,  e 
care  Ottone  II,  il  quale  anzi,  avendo  se-  altri  ne  stabilì  co'principi  d'Italia.  Libe- 
dnlii  alcuni  sudditi  di  terraferma,  pre-  lò  dalle  violenze  degli  slavi  e  croati  la 
paravasi  con  poderosa  flotta  anche  per  nazione  veneta,  e  in  Eraclea  e  in  Grado 
la  via  di  mare.  Disperali  i  cittadini  <(ò-  eresse  palazzi  ducali,  loiriemura.  Ven- 
garono  la  loro  ira  sulle  famiglie  de'ribcl'  duo  le  molestie  che  dagli  slavi  si  reca- 
li, le  cui  case  saccheggiarono,  e  le  mogli,  vano  a'  veneziani  navigli;  e  pregalo  di 
figli  e  parenti  cacciarono  in  prigione,  e  soccorso  da'dalniali  contro  que' corsari 
giurarono  di  perii  e  [)rima  di  cedere.  Du-  jni-e  in  mare  poderosa  flotta  verso  il 
larono  essi  in  carcere  quasi  due  anni  e  9)8.  Salì  egli  stesso  allora  sopra  una  na- 
periti  vi  sarebbero,  se  l'imperatore  reca-  ve  nel  dì  dell'Ascensione,  dopo  avere  ri- 
tosi a  Roma  non  vi  moriva  nel  dicembre  cevuto  la  bandiera  benedetta  della  re- 
983.  con  che  restò  disperso  il  fatale  ap-  pubblica  dal  vescovo  d'  Olivolo  Doiiie- 
P'iralo.  )  libelli  confusi,  levalo  l'assedio,  nico  V  (donde  poi  ebbe  origine  la  solen- 
ebbero  gian  ventura  di  ril'ugiaisi  presso  ne  lesta  di  tal  giorno,  e  indi  la  bencdi- 
1  imperatrice  Adelaide, erinteiposerocon  zione  e  sposalizio  del  mare,  narrala  nel 
pieghieie  ad  ottener  perdono  dal  doge.  §  XVIII,  11.  (3),  e  uscito  dal  porto  tl'E- 
L  imperatrice  colla  sua  dolcezza  lo  con-  quilio,  giunse  a  Grado,  indi  a  Farenzo, 
segni  ,  ed  i  ribelli  ripalriarono  tranne  di  là  a  Pola  e  a  Zara  ,  di  dove  spedita 
Stefano  Calopiino  morlo  in  Pavia.  Ma  una  squadra  contro  un'altra  de' iiarea- 
il  ritorno  de'Caloprini  desiò  ne'Morosini  tani,  fece  prigionieri  molli  vascelli  ilei  ne- 
l'anlicu  risentimento  di  vendicarci,  e  uo  inico,  che  promise  solenne  ubbidienza; 
giorno  mentre  4  figli  del  defunto  Calo-  ma  rotti  i  patti  ,  fu  cosliello  il  doge  a 
pnno  erano  in  liarca,  i  Morosini  l'aggie-  batterlo  di  nuovo,  e  ne  riportò  tale  so- 
dirono  e  trucidarono.  A  tanto  mislatlo  lenne  vittoria  ,  che  al  veneziano  domi- 
il  doge  re>lò  indolente,  il  perchè  acceso  dìo  (u  cagione  di  sotlomeltcre  i  popoli 
d'ira  il  popolo  sì  sollevò  nel  99  1 ,  lode-  dalmalini  e  gl'istriani  per  festensione  di 
pose  e  costrinse  farsi  monaco,  rispar-  quasi  3  Ho  miglia  t\a\\'  Istria  fino  a  Ra- 
iniaiidoa  Ini  gli  occhi  e  la  vila.  Altri  <lis-  (^iixa.  Ecco  come  1'  Arte,  dì  verificare  le 
seio  che  abdicò  e  spontaneamente  si  ri-  date  desc:'!Ve  tali  conquiste.  i\el  99''', 
tirò  nel  chiostro,  Nlanco  delle  lui  boleir/.e  tlopo  la  morte  di  Tirpimiro  re  di  Oroa- 
chc  abitavano  la   città  per  le   licre  di-  zia,  informalo  il  doge  come  le  città  ma- 


(]o  V  E  N 

iiiliujc  (Iella  Diilniazin  erano  disposte  a 
ilonaisi  a'  veneziani  ,  i  qnali  non  posse- 
devano su  queste  cosle  die  Zara,  capi- 
tale della  inedesitua,  equipaggiò  una  flot- 
ta e  porlossi  sul  luogo.  Fola,  Spalalro, 
r.iignsi  ed  altre  cillà  e  isole,  voionlaiie 
s!  soUomiseso  al  veneziano  reggimento; 
ma  Ctirzola  e  Lesina  rifìutavnnsi:  il  do- 
t;c  le  assali  e  prese  d'assalto,  e  le  costiin- 
!>e  a  subire  la  legge.  Entrò  poi  nel  pae- 
se di  Narenta ,  i  cui  abitanti  esercitava' 
J)o  iinpiinetnente  In  pirateria  nell'Adria- 
tico, e  forzale  le  piazze  meglio  importan- 
ti, mise  il  paese  a  ferro  ed  a  fuoco.  Dipoi  i 
valorosi  dalmati,  per  tanti  secoli  divise- 

10  negli  eserciti  veneziani  le  vittorie  e  le 
sronlitle;  e  nell'estremo  caso  di  Venezia, 
fi'd  dmati  la  repubblica  consegnò  il  ves- 
si li  <j  di  s.Marco,  cbe  prorompendo  in  pian- 
to lo  baciarono  e  abbracciarono.  Perciò 
a  sì  generosa  nazioue,  d'inconcussa  fede, 
il  veneto  cav.  Fabio  Mulinelli  dedicò  gli 
ylnnali  Urbani  di  Fi-nczla  nel  1 84  '  •  Di- 
ce l'ab.  Cappelletti,  l'acquisto  della  Dal- 
mazia e  della    Croazia  fatto  da  Pietro 

11  Orseolo,  piocacciò  a' dogi  di  Venezia 
l'onorevole  titolo  di  Do{^i  di  T^cnczia, 
della  Dalmazia  e  della  Croazia.  Si 
ponno  vedere  Lucio,  Islorìa  di  Dalma- 
zia, Venezia  1674-  Farlato,  Illyrici  sa- 
cri, Wewei'ù'i  ly.ji.  Non  debbo  lacere, 
e  per  (pianto  alla  sua  velia  dovrò  nar- 
rare della  Dalmazia,  clie  per  allora  non 
io  propriamente  a^soluto  il  dominio  del- 
la repubblica  di  Venezia  sulle  discor- 
se regioni,  istruendomi  pure  il  eh.  Ro- 
manin,  che  il  doge  visitò  lutti  i  luo- 
ghi acceltati  sotto  la  veneta  prolezione 
e  che  il  riconobbero  duca  o  governato- 
re, com'erano  i  duchi  nominati  da  Co- 
stantinopoli, non  già  come  signore;  dif- 
fr-ienza  non  notala  dagli  storici,  ma  ini- 
porlanlissima.  Furono  rispettate  le  leggi, 
i  costumi  e  gli  usi  della  nuova  provincia, 
S(j1o  lieve  trdioto  fu  imposto  alle  città, 
ma  I  egolalo  a  norma  della  natura  e  pro- 
dotti di  ciascuna.  Così  Arbe  avea  a  som- 
nimislrare  10  hbbre  di  seta,  Ossaro   ^o 


V  E  N 
pelli  di  martore.  Vegliar 5  di  martore  r 
3o  di  volpe;  Spalatro  ebbe  l'obbligo  d'ar- 
mare due  galere  ed  una  barca  ,  quando 
i  veneti  ponevano  in  mare  una  squadra; 
Pola  contribuiva  2000  hbbre  d'olio  al- 
la chiesa  di  s.  Marco  e  qualche  barca.  Si- 
mili censi  di  certa  quantità  di  vino  o  d'o- 
lio, o  di  bai  che  pai  imenliaveano  promes- 
so le  altre  città  dell'Istria,  come  Muggia, 
Umago,  Ciltanova  e  Trieste.  Così  diven- 
nero le  cillà   della   Dalmazia  tributarie 
della  repubblica  di  Venezia,  la  quale  vi 
mandò  tosto  suoi  rappresentanti  a  tute- 
la de'propri  interessi  e  de'propri  sudditi. 
Certamente  che  poi  a  poco  a  poco  il  po- 
tere veneziano  si  ac^.rebbe  e  la  Dalmazia 
divenne  interaoienle  suddita.   Pietro  II 
Orseolo  gloriosissimo  rivide  le  patrie  La- 
gune, ove  per  unanime  acclamazione  gli 
fu  approvalo  il  lilolo  di  Duca  di   Dal- 
mazia ,  e  nelle  quali  circa  il   looi    (nel 
9f)8  dice  Corner)  essendo  incognito   ve- 
nuto l'imperatore  Ollone  III  (e  non  suo 
padre  Ottone  11  e  in  anteriore  epoca  che 
fi  anacronismo,  come  scrissero  alili),  e- 
gli  il  condusse  a   visitare  il   corpo  di    s. 
Marco,  indi  il  ducale  palazzo,  nella   cui 
torre  occidentale  avea  per  lui  preparato 
magnifico  appartamento  (ricevuto  occul- 
tamente non  potè  aver  luogo  la  sontuosa 
accoglienza  riferita  anche  da  altri  ,  ma 
semplice  e  comodo  ospizio  per  cont'or- 
mar^i  all'impei  iale  desiderio;  anzi  il  Cor- 
ner dice  che  Ottone  III  si  fermò  ad   al- 
loggiare nel  monastero  di  s.  Servolo,  ed 
altretlanto  confermò  da  ultimo  il  Zamiini 
descrivendo  l'isola,  il  che  io  feci  pure  nel 
5  XVlIl.n.io).  Il  doge  profittò  disi  feli- 
ce occasione  per  ottenere  da  Ottone  III 
la  confermazione  de'beni  veneti  possedu- 
ti nel  regno  Italico  ,  e  ricchi  doni  si   fe- 
cero a  vicenda.  L'  imperatore  fu  padri- 
no ad  una    figlia    del   doge  eh'  era  an- 
cor catecumena.  Dopo  la    partenza   del- 
l' imperatore,  il  doge  comunicò    nell'  as- 
semblea nazionale  la  sua  venuta  segreta, 
ed  ognuno  ne  ammirò  la  prudenza   sin- 
golare, e  la  confidenza  sua  censì  potea- 


\  E  -\  YEN                       Gt 

[fi  sovrano.  E  fu  allora  die  in  provn  del  ni. QunUi-'anni  dopociica, essendo  Pietuj 
grande  alleilo,  vollero  i  veneziani  che  si  II  aggravalo  da  ciouica  malattia,  luoi  i 
associasse  nella  ducea  il  figlio  Giovanni  nella  tresca  età  di  4^  anni  nel  i  008,  pian - 
Orseolo,  giovane  religioso  e  saggio.  Piese  lo  da  tulli  i  veneziani,  non  senza  aver  la- 
più  illustre  ancora  il  nome  di  l^ietro  li  sciato  ricchi  testimoni  della  n)o!ta  ina  pie- 
il  soccorso  che  di  molle  grosse  navi  man-  là  alle  chiese  ed  a'puveri,  ed  ebbe  totnbu 
dò  a'greci  nel  porto  di  iJari  assediala  da'  nella  della  chiesa  di  s. Zaccaria;  colla  glo- 
saraceni  circa  il  1004,  ioiperoccliè  venu-  ria  d'avere  col  grande  e  generoso  suo  iti- 
ti a  giornata  i  veneti  e  i  greci  insieme, co'  gegno  innalzato  la  repubblica  di  Venezia 
mnomellani,  su  cpiesti  riportarono  com-  ad  alto  grado  di  prosperità,  dopo  aver  go- 
piiita  vittoiia.  Spedì  poi  il  figlio  e  doge  vernato  con  dolcezza  e  sapienza  non  co- 
Giovanni  a  CoMlantinopoli  per  isposare  ninni. —  O Lione  Orseolo  Wf  II  tìogc. 
IMjria  nipote  di  Uasilio  II  imperatore,  ed  In  eia  di  i  8  unni  nello  slesso  1  008  rimase 
ivi  e  poi  in  Venezia  si  fecero  m.ngnifiche  solo  al  governo  della  repubblica.  Era  egli 
le  pompe  nuziali,  narrale  dal  ÌMutinelli  quanto  prudente  e  savio,  allreltanlu  beb 
negli  Annali  Urbani  di  T  e/nzia.  Ivi  por-  lo  della  persona,  ed  ebbe  poco  dopo  a  m'>- 
tarono  <la  Coslanlinopoli  il  corpo  di  s.  glie  Elena  o  Gisella  figlia  di  Geysa  le 
Daibara  di  Nicomeilia  e  lo  diedero  alla  d' L'ngberia  e  sorella  del  re  s.  Stefano  I, 
basilica  di  s.  Marco,  da  dove  fu  lra<.por-  principessa  lodala  per  castità  e  virtù  siii- 
tato  nel  looq  nella  chiesa  di  s.  Gi».  E-  golari.  Pose  OUone  regola  alle  decime 
vangelista  di  Torcclio  per  dono  del  doge  die  i  cittadini  pagavano,  le  (piali  erano 
Pietro  1 1  Orseolo  ad  istanza  de'suoi  figli  slate  alterate  da' precedenti  dogi  elmo 
Felicia  badessa  del  monastero  e  Oiso  ve-  gaslaldi.  Bramoso  il  vescovo  d'Adi  ia  Pie- 
scovo  di  Tori.elIo  e  poi  patriarca  già-  Irò  di  estenderei  propri  dominii,  nel  i  o  1  7 
dese,  come  dilfusamenle  racconta  l'ab.  uvea  gi.à  invaso  i  territorii  del  castello  di 
Cappelletti  e  notai  altrove  (delle  reli-  Loreoo  LoredoediPossone,da  lui  latti  li- 
cjuie  di  altra  s.  Barbara,  diesi  venera-  beilaie  alla  repubblica;  ma  accorso  il  do- 
no in  Venezia,  ne  pallai  nel  §  Vili,  n.  gè  superiore  di  forze  a' nemici  li  debello, 
I  I,  e  neln.  i3  del  §  XV III).  Ma  nel  col-  pose  a  sacco  le  loro  terre,  e  costrinse  il 
mo  della  felicità  vennero  il  doge  Pietro  vescovo  a  recarsi  in  Rialto,  e  chieder  pi- 
li eia  nazione  sturbali  neh  007  ilalla  pe-  ce  e  perdono.  iMurcimiro  o  Crusimiro  ca- 
stilenza,  cagionata  dalla  carestia  die  al-  pò  de'croiili  devastava  il  territorio  di  /-i- 
loia  regnava  in  tiilla  l'Europa,  patita  ra  e  dell'altre  dalmatine  cillà,clie  vole- 
antoia  da  Venezia,  die  penetrala  in  lìial-  va  ricuperare.   Questa  gente,  siccome  a- 

10,  fra' molli,  colpì  di  morte  eziandio  il  mica  de'veneli,  come  la  chiama  il  cav. 
figlio  doge  Giovanni  d' anni  24,  la  sposa  Cicogna,  implorò  il  loro  soccorso;  e  il 
Maria,  e  Basilio  figliuoliiio  loro,  tumula-  doge  ,  allestita  un' armala,  andò  in  per- 
ii in  s.  Zaccaiia.  In  questo  tenibile  inlor-  sona,  vinse  i  barbari,  rinnovò  i  patti  giù 
luiiio   eziandio,  grande  si  mosliò  Pietro  con  quelle  città  stabiliti,  e  tornò  glorio- 

11,  studiando  c<iii  [irovvidenze  e  con  soc-  so  in  Uialto.  Erano  trascorsi  1  5aniii  dac- 
corsi  di  possibiltuente  rimediarealla  gra-  che  Ottone  reggeva  trancpiillamenle  , 
ve  sciagura,  la  peste  facendo  orrenda  quando  a  un  tratto  eccitalo  il  popolo  dal- 
slrage.  Lasciò  sciilto  il  Dandolo:  I\in-  le  famiglie  invidiose  della  grande  poleii- 
tafuil  ìnorialilas  in  Fcnetia  ...ni  va-  za  degli  Orseoli,  si  rivoltò  contro  di  lui. 
canlts  sipnlchris  ciun  inorlis  ohrucren'  Eu  fitto  creileie  che  il  doge  volesse  eii- 
tur.  Volle  il  [Hjpolo.per  con>olare  l'alllil-  gersi  in  assoluto  sovrano  di  Venezia,  e  il 
tissimodogCjCliggerea  suo  socio  nel  duca-  tumulto  fu  tale  che  il  doge  e  il  suri  fu- 
lo  l'allroiiglioOltoDehenchèdì  soli  i4au-  Itilo  Orso  Orseolo  patriarca   di   Giadu, 


0  5  V  K  ^V  V  K  N 
T)eli023  furono  coslrelli  a  iilirai<i  nel-  pniip,  negòla  coiifern-.a  degli  anlirlii  frnt- 
l'IsU'in.  Da  ciò  prese  animo  Popone  pa-  lati  co' Venezia  ni,  dal  doge  licliiesla;  per 
ti'iarca  d'Aqnileia,  nemico  di  quello  di  cui  i  veneti  pievedevaoodi  peiderequan- 
Grado,  radunò  gen\e  e  varcata  la  Lagu-  lo  po'*sedevaiio  nel  regno  Italico,  e  già 
na  giunse  sotto  Guido.  I  cittadini  chiuse  non  piccolo  daiuio  ne  ridondava  a!  com- 
ic [ìorle  volevano  difendei  si  ;  egli  pelò  nieicio.  Oltre  a  ciò,  Popone  facendo  ci  e- 
giurava  loro  che  veniva  auiico  per  regge-  dere  Orso  Orseolo  quale  usurpatore  e 
re  quella  vedova  chiesa. Creduli  igradesi  patriarca  illegittimo  di  Grado,  tanto  o- 
apriiono  la  porta, ma  appena  entrato  Po-  però  presso  Corrado  II,  che  questi  por- 
pone  e  i  suoi  tutto  misero  a  sacco  e  non  latosi  a  Rotna  per  es>ere  coronalo  iu>pe- 
furono  rispettale  ne|>|)ure  le  chiese  e  i  ratore  a'26  marzo  1027  da  Papa  Gio- 
lìionavleii.  E  secondo  il  costume,  indi  si  vanni  XIX  detto  XX,  ottenne  da  es- 
diedero a  rubare  i  corpi  e  le  reliquie  de'  so  una  decretale  con  cui  si  dichiarò  es- 
Santi,  credendo  con  questo  atto  di  sana-  sere  stala  indebitamente  Grado  tenuta 
re  i  commessi  loro  enorp»i  delitti.  Ginn-  mclro[)oli  ecclesiastica,  e  quind' innanzi 
la  la  nuova  a  Venezia,  nel  1024  richia-  doversi  avere  per  indipendente  da  Aqui- 
marotisi  liall'lstria  il  doge  e  il  paliiarca  leia;  e  non  contento  di  ciò  armali  iTriula- 
Orso,  e  radunata  gente  il  doge  in  perso-  ni  e  i  caiintiaiii  fece  molle  irruzioni  uel* 
na  portatosi  a  Grado,  obbligò  il  presidio  le  Lagune  gradesi  e  caorlesi.  Ma  dell'  in- 
di Popone  a  cedere  la  cillà  alle  venete  for-  giusta  azione  di  l^opone,  dagli  Orseoli  fu 
ze.  Fu  prima  cura,  per  Irantjuillare  i  già-  reclamato  al  Papa  slesso,  il  quale  meglio 
desi,  quella  di  rintracciare  i  corpi  de'pro-  illuminato  della  condotta  del  patriarca  a- 
leltoii  ss.  Eiuiagora  e  Fortunato,  che  si  qiiileiese,  dopo  aver  udite  le  sue  ragioni 
temevano  lapiti,  e  Irovalili,  con  sommo  e  quelle  d'Orso,  radunalo  apposiUnoen- 
giidjilo  si  riposero  in  più  sicuro  luogo,  le  un  sinoilo  in  Roma,  a  favore  del  gra- 
Ir.di  Ottone  fece  restaurare  le  mura  di  dese  decise,  dopo  aver  ritrattato  la  pre- 
Grado,  e  cingerne  le  porte  di  ferro,  e  ri-  cedente  decretale.  Intanto  tranquillità 
piii-linò  il  fratello  Orso  nella  sua  sede,  non  v'era  nel  veneto  dominio,  e  per 
Ma  in  Rialto  non  erano  tranquilli  i  mali  parte  degli  slavi  ede'ilalmati  non  poche 
nmoii  contro  la  prosapia  degli  Orseoli;  luiboleuze  si  soifrivano  anco  per  lesem- 
e  si  accrebbero  quando  Oltoue  non  voi-  pre  crescenti  discordie  per  l'esilio  dato 
le  investire  del  vescovato  d'Olivolo  Do-  ad  Ottone,  e  il  popolo  veneto  era  decadii- 
nienico  Giadenigo,  attesa  la  sua  età  ili  lo  dall' estimazione  presso  le  nazioni  ol- 
18  anni.  Laonde  i  Gradenigbi  aiutali  da'  tremarine.  Infatti  molte  città  dalmate 
Flabanici  e  da  Domenico  loro  capo,  mos-  dalla  lega  co' veneziani  si  sottrassero,  a 
sero  il  po[iolo  conine  il  doge  nel  1026:  ciò  specialuienle  eccitate  da  alcun  bano 
l'arrestai  Olio  e  rasagli  la  barba  e  i  capei-  della  vicina  Croazia.  Fraltanlo  i  veneti 
li,  per  disprezzo,  lo  cacciarono  iu  bando  sempre  irrequieti  internamente,  annoiali 
a  Coslanlinopoli.  E  ignoto  quando  sia  del  governo  di  Centranigo,e  persuasi  piut- 
inorlo  questo  doge,  che  fu  sostenitore  di  tosto  di  fare  risorgere  la  famiglia  degli 
giustizia,  pieno  di  religione  e  di  vii  là. —  Orseoli  ingiustamenle  calunniala  ed  op- 
i'ielroCcniraiiii^ooDarbolanoXXflII  pressa,  si  sollevarono,  arrestarono  il  doge 
doge.  Dopo  vari  contrasti,  per  la  deposi-  nel  io32.  lo  deposero,  gli  tagliarono  la 
zione  d'Ollone,  forte  lullavia  essendo  il  barba  ed  i  cipelli,  e  lo  costrinsero  a  vc- 
jiai  tiio  degli  Orseoli,  la  nazionale  assem-  slirsi  da  monaco,  cacciandolo  in  bando  fi- 
blea  nel  1026  elesse  a  doge  1' eracleano  ■  no  a  Costantinopoli.  Ad  una  voce  si  vol- 
l'ictro.  L'imperatole  Coriado  11  il  Sali-  le  allora  Orso  Orseolo  palriaica  di  Gra- 
to,sosltnilore  del  patriarca  aquilciese  Po-  doa  reggere  iuleriueiluicnle  il  ducalo  lino 


V  E  ^  VE  N  Gì 
al  ritorno  dn  Coslantinopoli  fli  Ollone.  gli  iliodero  luogo  pnrticolnre  udiri  sciie 
E  as>ai  proi)abile  die  Romano  III  Ar-  tie'  dogi  (ad  onta  di  ciò  venne  la  sua  iin- 
giio  imperatore  greco,  col  quale  gii  Or-  magine  dipinta  fra  la  serie  de'dogi  nella 
seoli  aveano  parentela,  come  fiatelio  di  sala  del  maggior  consigliocon  questa  iscri- 
Maria  moglie  di  Giovanni  periti  di  pe-  zinne:  J  iviis  ab  hacretle  rexi  una  liiccni 
Sta,  facesse  persuadere  i  piim;iii  della  ve-  ducatiiiu).  Ma  chi  il  crederebbe?  La  iiii- 
nela  nazione  di  richiamare  Ollone;  e  che  micizia  die  nutriva  l'implacabile  Dome- 
quesla  relazione  tra  il  greco  augusto  e  dico  Flabanico,  già  esiliato,  verso  la  fa- 
gli OrNeoli  dovesse  imporre  a'veneli  che  oiiglia  Orseola,  e  autore  principale  della 
de'gieci  aveano  sempre  bisogno,  massi-  df posizione  dell'ottimo  Otìone,  ridondò 
ii)e  pe'tralìlci.  Pertanto  fu  destinalo  con  «i  vantaggio  di  sua  ambizione;  imperoc- 
bella  SCOI  la  di  navi  a  portarsi  in  lìisanzio  che  i  veneziani  appena  deposto  Dome- 
Vitale  Orseolo  vescovo  di  Turcf-ilo,  fra-  iiico  Orseolo,  nel  loSa  lo  richiamarono 
leilo  del  patriarca  di  Grado  e  del  già  do-  dal  bando  e  1*  elessero  doge.  ]")i  più  la 
gè  Ottone,  per  riconilurre  questo  in  Rial-  reazione  contro  gli  Oi  scoli  andò  taul'ol- 
to,  ma  tro\òcheil  buon  principe  era  già  tie,  fino  a  decretarsi  quella  famiglia  in 
tuorlo  nelioSa.  A  questa  notizia  il  pò-  perpetuo  incapace  a  qua!iin(|ue  tlignità 
|)olo  veneziano  fu  a»sai  dolente,  e  mas-  politica  dello  stalo.  Osserva  il  Rouiauin, 
sime  Orso  patriarca  vicedoge,  il  (juale  questa  forse  fu  opera  del  [lartito  demo- 
iiou  volle  continuare  nella  suprema  ain-  ciatico,  cui  la  gian(le7za  degli  Orseolida- 
niinistrazione  del  dogado,  e  rinunziò  sul-  va  ombra.  Fu  per  tale  parlilo,  che  ad 
l'istante  il  governo  dopoi4f"esi  di  sag-  impedire  che  i  figli  de'dogi  fossero  uniti 
già  reggenza,  e  ilopo  avere  ristorata  Gra-  al  padre  nel  governo,  onde  poteva  dive- 
do ,  e  coniato  eziandio  monete  col  suo  nirtie  ereditaria  la  dignità  ,  promosse  la 
nome.  Egli  da  alcuni  cronisti  è  posto  nel  savissima  legge  che  soltoFlabanico  si  pro- 
catalogo de'  d(  gi  elltfitivi.  11  figlio  il'  Ot-  iiiulgò  a  patrio  vantaggio,  col  vietarsi  as- 
tone, per  nome  Pietro  V  A lenianno,  nel  solulamente  a'tiogi  di  eleggere  un  collega 
J  o38  successe  allo  zio  s.  Stefano  1  nel  o  un  successore  nella  ducea;  legge  sem- 
legno  il' Ungheria,  a  preferenza  del  cu-  pre  poi  osservata  finché  duiò  la  repub- 
gino  e  del  cognato  di  questi.  —  Dome-  blica  (tranne  nel  i4<i^6,  in  cui  Agostino 
iiìco  Flahanii o  XXIA  ttoge.  ÌVon  appe-  lìarbarigosuccesse  nel  dogado  al  fratello 
na  si  seppe  la  ujoile  del  doge  Ottone,  si  IMarco).  Anche  due  altre  hggi  si  fecero 
I  idestarono  rumori  fra'veneziani,  e  lim-  niodeiativea  temperare  l'autoiilà  del  do- 
provvisa  rinunzia  del  di  lui  lialello  Or-  gè,  cioè  ch'egli  dovesse  aver  sempre  al 
so  patriarca  li  mise  in  iscompiglio.  Fu  al-  suo  fianco  Aue  consiglieri,  senza  i  quali 
loia  che  Domenico  Orseolo, altro  fialdlo  nulla  decidere  potesse  ,  e  furono  detti  / 
d'OUone  e  perciò  figlio  di  Pietro  1 1  Or-  consi-'Ucri  (hi  finge;  e  che  negli  afiari  dì 
scolo,  uomo  pili  destro  che  violento,  non  «omnia  iujpoilanza  nulla  parimente  de- 
si sa  cooie,  ma  ceilamente  senza  il  con-  ciiiesse  senza  il  consenso  d'alcuni  de' più 
senso  della  nazione,  si  fece  eleggere  do-  illuminati  e  ragguardevoli  cittadini,  scel- 
ge, credendo  quasi  eieditaria  nella  sua  ti  però  dal  doge  slesso.  Questaconsulfa  fu 
famiglia  la  ducea.  il  pojiolo  giustamente  il  gei  ine  del  consiglio  che  fu  poi  det- 
montato  incollerà  per  tanto  aidimenloso  lo  i\t  Pregadi  (del  quale  vocabolo  reti- 
.'itlcnlato  a'suoi  diiitli  ,  assalì  Domenico  do  ragione  veiso  il  fine  del  n.  4^  di 
nel  palazzo  ducale,  e  ne  saiebbe  rimasto  questo  G),  e  che  cominciò  a  divenire  sta- 
villima,  se  per  avventura  non  t'u>se  liig-  bile  nel  d.jgado  di  Jacopo  Tiepolo  dd 
gito,  salvandosi  in  Ravonna,  dopo  un  sol  1229.  Dicesi  che  Flabanico  a  tali  iute- 
giurnu  di  governo ,  onde  ì  cronisti   nou  lessanti  iunovazioui  cooperasse,  il  cln: 


6+                     V  E  N  V  E  N 
njosirn  coni'  ei^li   fosse  animato  da   zelo  chiese  che  gli  avevano  chiuse  le  porle- 
pel  pubiilico  Lene;  e  in  elìcilo  sia  cliefos-  Il  doge  imnianlinente  spedai  legali  a  Ilo- 
se  in  lui  (lei  tulio  spenta  la  brama  di  ven-  tua,  ed  oUeiine  la  rivocazione  del   pon- 
detla.o  l'invidia,  o  l'ambizione  anteriore,  lificio  decreto,  nel  concilio  perciò  in  essa 
sia  che  »l)l)ia  saputo  dissimulale  tali  pas-  adunato,  e  l'ordine  a  Popone  di  reslitui- 
sioni,  lodevolmente  resse   il    [lopolo  ve-  re  a  Grado  il  predalo,  aia  Popone   era 
neziano.  Non  più  persegmlò  gli  Orseoli  ;  già  morto.  Egli  erusi  proposto  di   recar 
si  ra[)paltuinò  co'greci,  da'fjuali  anzi  ot-  molti  danni  al  veneto  conimercio,  e  di 
lenneil  titolodi  prolospalario;  e  nelio4o  fare  risorgere  Aquileia,  colla   rovina   di 
lece  celebrare  dal  patriarca   Orso,  da*  Grado,  di  cui  il  doge  risarcì  le  chiese  e 
vescovi   e  abbati   delle  Lagune  un  con-  le  case,  ritardando  alquanto  il  suo  de- 
cilio  provinciale  nella  chiesa  di  s.  iMar-  cadimento.  Poco  dopo  Cresimiro  re  de' 
co,  per   trattare   su    vari  pimti  d' eccle-  croati,  uomo   intraprendente,   sollevò   i 
siastica  disciplina, onde  eliminarne  gli  a-  dalmati  contro  i  veneziani  a  fine  di  roiu- 
busi   introdotti;  e  Ira  gli  altri  canoni  vi  pere  la  reciproca  lega.  Però  il  doge  ai'- 
fu  stabilito,  che  niuno  senza  grave   ne-  mata  una  flotta  recossi  in  persona  sul  Ino- 
cessila  e  senza  il  permesso   del   metro-  go,  liuiise  la  ribelle  Zira  all' osservanzéi 
polilano,  fosse  ordinato  sacerdote  prima  de'palli,  ed  altre  vacillanti  città  persua  • 
«lei  3o.    anno  e  diacono  prima  del  25.°;  se  a  non  dislorsi  dall'alleanza,  e  cosi  re- 
clie  le  consagi  azioni  delle  monache  solo  se  buon  servigio  alla  nazione.  Insorte  iu 
si  ccltbiassero  nelle  feste  dell*  Epifania,  seguilo  forti  coiilese  fra  gli  abilanli  dei- 
di  Pasqua   e  degli  Apostoli  ;  che  il   cri-  le  due  Cliioggie,e  Pietro  Orseolo  tìglio  del 
sma,  l'Eucaristia,  i  vasi  sagri  e  i  para-  doge  Domemco,chefu  b.mùilo,perdiver- 
menti  si   custodissero  nelle  chiese  sodo  si  fondi  che  in  que'dinlorm  possedeva,  il 
chiave;  che  i  pannilini  sagri  e  altre  bian-  Coniarmi   compose   le  liti    con  sentenza 
cherie  per  servigio  dell'altare  si  lavasse-  nella  quale  si  dà  il  titolo  di  y^ci/r/Vo  im- 
ro  in  luogo   particolare,  e  le   vecchie  si  periate  e  di /jro^o.9e/;rt5to,  ricevuti  da  Co- 
bruciassero  ,  i   corporali  ed  i  purifìcatoi  stantino  IX  il  Monornaco  :  del  i ."  titolo 
doversi  lavare  da'sagri  ministri  nella  sa-  ne  tratto  al  suo  articolo;    dirò  col  Magri 
greslia;  che  le  monache  non  toccassero  i  del  2.°  che  il  prolosthaslus    era  una  di- 
vasi sagri,  non  niini'strassero  l'incenso,  gnità  della  corte  imperiale  di   Costanti- 
ne  coprissero  gli  altari.  Finalmente  dopo  nopoli,  il  cui  vocabolo  greco  siguificay;/-/- 
10  anni  circa  di  pacifico  governo,  morì  ruo  Angusto;  onorificenza  che  conferi  vasi 
Flabanico  nel  1042.  —  Donieiuco  ICon-  a'medesimi  figli  dell'imperatore    o  a'pa- 
taiìiii  XXX  doge.  JNel  io43  raccoltisi  i  renti, ed  eravi  annesso  un  ricco appannag- 
comizi,  diedero  per  successore  al  defun-  gio.   il  che  fa  vedere  l'estimazione  che  li 
lo,  Domenico  Contai  ini  d'illustre  prosa-  iloge  godeva   presso    della   corte,  dalla 
pia   e  di   saggio  caiallere.  Anche  al  suo  (piale  era  stato    pure  onoralo  del    titolo 
leojpo  contifiiiava  1'  irref|UÌelo  e  ambi-  di  maestro  della  milizia,  al  riferire  del- 
zioso  Popone  patriarca  d'Aquileia  a  u)o-  1'  Ai  te  di  verificare   le  date.  Verso  il 
lestaie  quello  di   Grado  Orso,  e  aveva  1049,  o  dopo  aver  celebralo  il  Natale  a 
anzi  oltenulo   nel  io44tla  Papa    Cene-  Verona,  in  taleanno   vuole  Ferlone,  o  nel 
•  letto  IX  decrelo,con  cui  nuovautente  al-  io5o  secomlo    Novaes,  o  nelio53  al  di- 
la  chiesa  a(|uileiese  soggettò  la   gradese.  re  di  Corner,  Papa  s.  Leone  IX  si  recò  ia 
Fallo  quindi    Popone  più  ardilo   e    vio-  Piallo.  Grande  fu  l'allegrezza    del  ^)opo- 
lenlo,  sorprese   Grado,  e  dato  orribile  lo,  decorosi  gli  onori  resigli    dal  doge  e 
sa<eo  ,   per  cohno  di  scelleratezza    tutta  da'padri  veneti ,  profonda   la  divozione 
1  abbandonò  alle  fiamme,  massime  le  colla  (]uale  venerò  l'ossa  di  s.  Marco,  coii- 


YEN 
cedendo  indulgenze  ed  ecclesiastici  pri- 
vilegi, superiormente  ricoiduli.  Indi  nel 
concilio  tenuto  iu  Uoma  nelio^Sd  Pa- 
pa decrelò:  L  t  nova  Aqnileja  (ossia  Gra- 
do) tolius  f  eneliae  et  hlriae  caput   ti 
mclrojìolis  pcrpcluo  haberelur:  Foroju- 
liensìs  vero  anlistes  tanluiniiioclo  Jìni- 
lus  loiìgohardoruin  tsstt  coulcnUis.  iSoii 
trascurò  il  doge  d'inviar  legali  neIio5~) 
airiniperaloie  Enrico  III,  nelle   persone 
di  Domenico  Selvo  o  Silvio,  che  gli  suc- 
cesse, e  di  Buono  Dandolo,  per  ottenere 
la   solita   rinnovazione  de'  palli   antichi, 
per  conservale  quanto  nel  regno  Italico 
possedevano  i  veneti.  Malgrado  poi  che 
la  ciescenle  fortuna  de'bellico^i  noriìian- 
ni  nella  Piglia  e  nella  Sicilia  dislui bas- 
se troppo  il  commeicio  de'  veneziani  iu 
Inlta  riialia  meridionale,  e  minacciasse 
di    slurbailo  anche   sul   niare  ,   il   doge 
tDai.ttiinela  pace  nell' interno;  e  dopo  es- 
sersi leso  LeneDveritocoirtdifiziodtlia  ba- 
silica Marciana,  e  di  aver  con  altri  innal- 
zato un  tempio  e  un  monastero  sul  l'or- 
lo del  Lido,  detto  anticamenle  Porlo  di 
J  Clizia  ijdi  Pxialto,  e  poi  celelrecol  ti- 
tolo di  s.  INicolò  di   Lido,  fini  di  vi\eie 
nel  1070,  ed  ivi  volle  esser  sepolto,  nel- 
la f.icciata  esteriore  erigendosi  il  monu- 
mento,  non   mancando  altre  pubbliche 
dimostrazioni  di  attestare  la  sua  pietà.  — 
De  fucini  0  Stivo  A.VAY  doge.  Nel  tlttlo 
1070   fu   eletto  con   unanime  consen>o 
dai   jiopolo  nella  chiesa  di   s.   ÌNicolò  di 
Lido,  e  acclamandolo  con  queste  parole: 
fole  ma  dose  Domenico  Si  ho  et  lo  lau- 
dcTito.  Kifiutando  Stivo  il  supremo  ono- 
re, fu  con  entusiasmo  preso  danobi  i   e 
e  in  alto  sollevalo,  aflif:chè  tulio   il  po- 
polo lo  salutasse  suo  piincipe.  Indi  In  ceri- 
dolio  alla  spiaggia  e  in  app05ito  naviglo 
accompagnalo  fino  alla  cluesa  di  s.  Mar- 
co, dove  (ia'sagri  cantici  ricevette  il  ves- 
sillo nazionale  e  l'insegne  ducali.  Il  nuo- 
vo doge  per  islringere  maggiormente  l'u- 
ni icizia  ti  a'  veneziani  e  i  greci  ,  picsc   a 
moglie  Teodora  o  Calegona,  figlia  di  Co- 
Manlino  X  Duca   irnpci  alore,  nioilu  ne! 
YOL.  xcii. 


YEN  G5 

1067,  o  come  altri  vogliono  sorella  di 
?Siceforo  Cotoniate  salito  poi  all'  impero 
nel  1078.  La  principessa  giunta  in  Rial- 
to, tulli  sorprese  col  lusso  e  colla  pompa 
regia  del  suo  equipaggio,  e  colla  mollez- 
za del  vivere.  Le  sue  stanze  olezzavano 
d'odori  i  più  squisiti,  e  perfino  facevasi 
porgere  in  bocca  dagli  eunuchi  le  vivan- 
de, uou  volendo  essa  in  ciò  all'alicarsi:  in- 
somma a  tanto  giunse  la  sua  delicatez- 
za, che  venuloleschifosissimo  morbo, che 
a  brani  a  brani  lacerava  le  sue  carni,  mo- 
ri in  breve.  Erano  7  anni  circa  dacché  il 
doge  placidamente  reggeva  ,  quando  i 
norn>antii  audaci  e  cujiidi  di  conquiste, 
mettendo  sossopra  le  cillà  della  Dalma- 
zia per  trarle  al  loro  partilo,  costrinseio 
i  veneziani  a  far  loro  opposizione.  Laonde 
il  doge  allestita  una  flotta,  ne  prese  il 
comando  e  andò  ad  adroiitarli.  Al  solo 
appressarsi  delle  foize  veneziane,  o  che 
seguisse  navale  combattimento,  ritiratisi 
i  nemici  dalle  coste  della  Dalmazia,  potè 
il  doge  rinnovare  co'dalmalini  gli  antichi 
patti,  facendosi  promettere  che  non  a- 
\rtbbcro  più  relazione  co'norinanni.  ]Ma 
questi  arditi  continuando  ad  essere  mo- 
lesti, e  rivolle  le  loro  ai  mi  anche  contro 
r  impero  d' Oliente,  e  stietla  Durazzo 
d'assedio,  l'imperatore  Alessio  1  Cornile- 
no  nelio83  riioise  per  aiuto  a' veneziani. 
Il  doge  si  pose  alla  lesla  di  più  numerosa 
e  ordinala  ai  mata,  e  co'greci  marciando 
control  noi  manni,  successe  una  delie  piìi 
sanguinose  e  illustri  battaglie,  sostenuta 
con  felice  esilo  da'  veneti;  i  quali  uniro- 
no al  valore  molla  arie,  specialmente  u- 
sando  certi  oidigni  adoperali  con  indi- 
cibile veemenza  a  perforale  la  nave  ca- 
pitana del  nemico,  che  rimase  con  quasi 
tutto  il  cai  ico  dall' acque  ingoiala.  Non 
per  queslo  avvilitosi  il  prode  Piobeilo 
Guiscardo  loro  comandante  e  duca  di 
Sicilia,  di  Puglia  e  di  Calabria,  ma  rac- 
colla  tutta  la  dispersa  flotta,  e  falle  veni- 
1  e  ahi  e  navi  da  ilalia  nel  segntnk*  1  o84, 
o  come  altri  vogliono  nel  io85,  altaceò 
con  tal  impelo  <|uelle  de'  veneziani  e  ds' 
5 


CG  V  i:  N  V  E  N 
j^iecij  clie  dopo  vari  conibiillimeuri  favo-  concilio  di  vescovi  iufTiagaiiei ,  di  abba- 
1  evoli  e  avversi,  in  line  i  veneziani  furo  li,  di  giudici  e  di  fedeli,  invitò  1' adu- 
no in  novembre  quasi  inleran)ente  scon-  nanza  a  compire  un  alto  già  comincialo 
(ini.  11  doloie  di  lale  aweninienlo  fu  dal  doge  Conlarini ,  allo  scopo  di  slabi- 
grande  in  Venezia,  e  se  ne  die  la  colpa  al  lire  i  redditi  del  patriarcato  di  Grado; 
doge,  sebbene  sia  incerto  se  egli  o  il  suo  laonde  f;i  determiuala  la  dotazione  per 
figlio  fosse  propriamente  il  cundottiero  quella  cbiesa  ,  con  contribuire  ogni  ve- 
dcllesi|uadie  venete.  Il  popolo  troppo  av-  scovo  e  monastero  un  annuo  censo  in  de- 
\e7zo  a'irionll  restò  corrucciato  e  incon-  naro  o  prodotti  naturali,  altri  de'  lerre- 
.«•olabile,  anco  [ìcrtbè  coll'cssarsi  inimica-  ni,  e  il  vescovo  di  Caorle  assegnò  una  sa- 
lo il  Guiscaido  veniva  a  cessare  un  gran-  Ima.  Inoltre  in  questo  dogado  fu  riuno- 
de  ranio  di  comuiercio  co'siciliani;  e  iili-  vaia  l'anticbissima  cbiesa  di  s.  Jacopo  di 
jjalo  poi  da  taluno  della  potente  famiglia  Rialto;  e  fu  per  lai.^  volta  intonacata  di 
de'Falieri  die  ambiva  al  reggimenfodel-  musaico  la  ducale  di  s.  Marco  ,  anzi  lo 
la  [)alria,  dejiose  il  Sebo  e  lo  cosliinse  a  Sialo  personale  dice  compito  l'edifizio 
lilirarsi  in  un  monastero  nel  10841^'^"  "^1  1071  nella  magnifica  forma  che  si 
lanieil  suo  principale  fu  provveduto  ad  vede.  Ebbe  Selvo  sepoltura  nel  portico 
istanza  di  Papa  s.  Gregorio  VII, affeziona-  di  questa  basilica,  ma  senz'  alcun  elogio, 
lissimoalla  1  epubblica  (non  mancarono  y.  l  itale  Fallerò  XXXII  doge.  E 
pelò  gravi  di>gusli  fra  il  Papa  e  larepub-  cognomiualo  </c'/)o«/y,  forse  perchè  a  for- 
blica  perchè  questa  manteneva  lesue  buo-  za  di  doni  e  promesse  potè  corro.*iipere 
ne  relazioni  collo  scomunicato  Eni  ico  IV.  il  popolo  a  depur  Selvo,  e  a  far  eleggere 
Apprendo  diil  Rinaldi  all'anno  1077,  n.  se  slesso  in  luogo  di  lui  nel  io84-  Piocu- 
63,  che  Papa  s.  Gregorio  Vii  mandò  a  rò  peraltro  con  luminose  azioni  di  cancel- 
Venezia  j)er  legalo  Gì  egoi'io  diacono  cai  -  lai  e  lai  macchia,  e  rendersi  grato  a'suoi 
dinale,  perchè  assolvesse  gì*  incorsi  nella  concittadini. Couliiiuava  la  guerra  contro 
scomunica,  per  a  ver  coni  unica  lo  cogli  sco-  i  valorosi  normanni,  e  Alessio  I  Comneno 
muuicati.  Inviò  puie  lettere  al  doge,  al  sollecitava  il  doge  e  i  veneziani  a  non  i- 
patriarca  di  Grado  Domenico,  ed  a' ve-  stancarsi  nel  somminislrare  aiuti,  pro- 
scovi suoi  suffiaganei.  Dipoi  Del  1081  i  mettendo  loro  la  cessione  delle  ciltà  dal- 
veneziani  inchinarono  ad  un  accoidocou  mate,  e  la  conferma  al  doge  del  titolo 
s.  Gregorio  VII,  domandando  l'adempì-  di  duca  della  Dalmazia  e  Croazia,  con 
mento  d' una  loro  richiesta;  il  Papa  si  quello  di  pioiosebaslo.  Però  trovo  nel 
scusò  di  non  poterla  allora  accoidaie,  R.onianin,  che  realmeute  il  titolo  di  <:/«(YZ 
ma  piomeltendolo  peraltro  leaipo,  sai-  di  Dalmazia  erdilalo  assunto  da  dogi 
vando  insieme  l'onor  veneziano  e  la  giù-  di  Venezia,  non  cosi  a  lui  sembra  quel- 
slizia),  alla  povertà  cui  erano  ridotti  i  lo  di  duca  di  Croazia,  che  presero  più 
patriarchi  di  Grado  ,  col|)a  la  potenza  tardi  ;  e  da  un  documento  prodotto  dal 
persL'Culrice  di  (jut'd'Aquileia,  massime  Sausovinosi  legge:  Nos  fiLalis  Pliale- 
dopo  le  feroci  incursioni  di  Popone;  aveu-  ti  o,  Divinae grati ae  largitale,  ì' cnctiae 
do  perduto,  probabilmente  per  la  poco  et  Dalmatiae  dux.  lu  breve  spazio  di 
buona  disposizione  degli  ultimi  impeia-  tempo  i  veneziani  misero  in  lutto  punlo 
tori  verso  i  veneziani,  le  terre  di  Uno  una  flotta  più  dell'altre  numerosa,  e  aa- 
pertinenza  nell'Istria  e  uell'Jtalia.  Il  Papa  dati  incontro  a  quella  di  Roberto  Gui- 
avendo  sci  ilio  al  doge,  vivamente  racco-  scardo  la  raggiunsero  nell'acque  tra  Cor- 
luandandogli  l'onore  e  la  dignità  di  sede  fu  e  Butintrò,  nella  primavera  1  o85.  La 
lanlo  rispettabile  per  antichità  e  sublime  battaglia  fu  lunga,  ostinala,  crudele,  ma 
grado,  Selvo  raccolio  nel  1074  un  S»au  i  vendi  riporlaiouo  la  palma  ;  e  loruati 


YEN 

a  casa  licchl  di  spoglie  nemiche,  pole- 
lono  a  buoiìa  ragione  vatilaisi  cl»e  d» 
quella  viltoria  ebbe  principio  la  grande 
j)oteuza  che  poco  dopo  sui  mari  doveva- 
uo  acquistare.  Dopo  ciò,  malgrado  che 
intaiilo  ardesse  lo  scisma  tra  il  sacerdo- 
zio e  l' impero,  ossia  tra'  Papi  e  il  perfi- 
do persecutore  della  Chiesa  Enrico  IV, 
i  veneziani  rimasero  pacifici  (  Papa  s. 
Gregorio  VII  nelle  sue  incessanti  prati- 
che con  Enrico  IV  per  muoverlo  a  ri- 
nunziare alle  sue  preten^iol»i  sulle  con- 
dannale investiture  ecclesiastiche,  e  col- 
r  mjperatore  greuo  Michele  VII  Para- 
pinace  per  ricundurlo  alla  Chiesa  catto- 
lica, si  valse  mollo  dell'opera  del  patriar- 
ca di  Grado  Domenico  Cervoni,  essendo 
i  veueziimi  in  buona  corrispondenza  co' 
due  imperatori,  li  conte  Cesare  Balbo, 
ntlla  summeiitovata  opera,  celebra  fra' 
Papi  s.  Gregorio  VII  come  il  più  gran- 
de fra  lutti,  (jual  rinnovatore  anzi  inven- 
tore deil'  indipendenza  italiana,  da  lui 
per  avventura  non  pensala,  ma  conqui- 
stata di  Paltò  insieme  coli'  indipendenza 
della  Chiesa  nella  fiera  guei  ra  da  lui 
bandita  alla  Si/iio/da,  all'incontinenza  in 
difesa  del  Celibato,  ed  al  loro  polenlissi- 
ino  propugnatore  Enrico  IV), attenden- 
do a  risarcire  i  danni  ad  essi  cagionali 
dalla  peidita,  per  le  guerre  de'ntjrman- 
ui,  al  (|ual  fine  dall'imperatore  Alessio 
1  molli  privilej^i  oUetinero,  onJ'  era  lo- 
ro libero  l'approdare  in  tulli  i  lidi  o  por- 
ti del  greco  impero,  neli'  Asia,  uell'Eu- 
l'upa,  neli'  isole  di  Cipro  e  di  Catidia,  e 
per  tulle  1'  altre  dell'  Arcipelago.  Olire 
a  ciò,  dava  Alessio  1  ogni  anno  una  som- 
ma  iti  denaro  da  distribuirsi  alle  venete 
chiese,  e  vule  che  gli  ainaintani  (non  si 
devono  confondere  cu'melfilani  :  Aimil 
il  è  un  arcivescovato  a  cut  è  unito  il  già 
vescovato  di  Minori  j  Melfi  ìmu  vesco- 
vato a  cui  è  unito  quullo  di  RapolLi)  abi- 
tanti a  Coslaulinopoli  e  nel  greco  impe- 
ro, pagassero  alla  chiesa  di  s.  INIaico  an- 
nualmente 3  //;(7'/;e/i  a  lesta.  Conti  nuan- 
do  in  Venezia  la  calma,  il  do^e  rivolse  le 


V  E  N  67 

snecure  neirinterno, ed  essendosi  da  mol- 
to tempo,  massime  dalla  rivolta  popola- 
re contro  Pietro  IV  Candiano,  perduta 
la  traccia  ove  giacessero  le  spoglie  del 
glorioso  evangelista  s.  Marco;  anzi  te- 
nendosi da  qualcuno,  che  secondo  il 
genio  di  que'  tempi,  fossero  state  deru- 
bate, inlimò  solenne  digiuno  e  generale 
processione,  intanto  che  falla  diligenlis- 
sioia  ricerca  per  lulta  quanta  la  chiesa 
riuscì  di  trovarle  in  uno  de'  pilastri  di 
essa,  come  già  narrai  a  suo  luogo.  Ciò 
avvenne  a'  7.5  giugno  ioc)4('"  ^'"^^^  ^"' 
no  già  si  trova  memoria  delle  barche 
chiamale  gondole)  con  grande  letizia 
della  città,  che  la  principal  sua  felicità 
riponeva  nella  protezione  di  questo  san- 
to, considerando  le  sue  sagre  spoglie 
come  palladio  della  repubblica.  E  fu 
allora  che  il  suddetto  Euiico  IV  im- 
peratore, venuto  a  Venezia  nello  stesso 
anno,  secondo  Corner,  dopo  aver  levata 
al  s,  fonie  una  figliuola  del  doge,volle  ve- 
nerare il  sito  ov'  erano  stale  uiiovameo- 
te  riposte  le  ossa  di  s.  Marco.  Giovan- 
dogli tenersi  amici  i  veneziani,  già  in 
Treviso  aveaconferoìaloagli  ambasciato- 
ri veneti  le  precedenti  concessioni.  L  im- 
peratore fu  accollo  colle  distinzioni  do- 
vute al  suo  grado,  e  durante  la  sua  di- 
mora in  Venezia  ebbe  campo  ad  ammi- 
rare i  tanti  sontuosi  edifizi,  le  navali  co- 
struzioni, la  ricchezza  generale;  vide  con 
islupore  il  movicuento,  l'operosità,  e  tri- 
butò sincero  omaggio  alle  politiche  isti- 
tuzioni della  repubblica,  le  quali  singoiar 
cosa  e  quali  incomprensibile  apparir  do- 
veano  all'Enropa  feudale,  dice  il  Roma- 
iiin.  In  segiiilo  il  iloge  a  proprie  spese 
rifece  il  castello  di  Loreo  o  Loredo,  che 
per  le  passate  guerre  era  quasi  dislrnl- 
lo.  iMa  già  s'  accostava  il  momento  in 
cui  tutta  Europa  doveva  colia  Crocia- 
ta (ri[)arlala  a  Turchia),  promulgala  da 
P.i|)'j  Urbano  II,  unirsi  per  pioudjare 
sulle  contrade  dell'  Asia  e  dell'  Africa. 
I  veneziani  in  questa  occasione  guaila- 
guaiuno  somme  immense  per  soiuuiuii- 


6S  \  UN  V  E  N 

sd'are  rinvigli  a'  Crocc^ii^nnti.  Essi  me-  a  poi  gere  aiulo  aVinciati  clie  già  ave^a^ 
(lesmu  con  molte  sqiifKlic  e  fervore  leli-  no  (iitlo  diverse  roiui'iisle;  nia  ([Liei  Fa« 
gioso  si  apparecchia  vano  all'ingresso  di  pa  fu  elello  a' i  3  agosto,  cioè  in  isl.igio- 
Tcrra  iS/7///<7  a  liberare  i  sanli  Luogi  da'  ne  avanzala  per  sì  Innga  navigazione;  è 
fanatici  e  crudeli  maotueltani,  e  de!  pa-  vero  però  clie  la  fluita  passò  prima  ia 
ri  co' pisani  e  genovesi  misero  in  niaie  Ì3alinaziae  svernòa  Rodi,coQie  m'istiui- 
rnolte  navi  e  le  spedirono  in  soccoiso  sce  lo  stesso  Cornei), qoal  capo  S[>iriUu>- 
della  i/ crociala,  f|uand()  nel  1096  ven-  le  della  S|)edizione,  per  cui  il  patriarLci 
ne  a  morte  Vitale  Fallerò  doge,  die  fu  di  Grado  gli  avea  consegnalo  il  vessilio 
sepolto  nel  poi  lieo  di  s.  Marco  con  epi-  colla  Croce.  Non  mancò  limperalore  A.- 
lidlio  lulloia  leggibile,  la  cui  basilica  al  lessio  I  di  porre  in  opera  ogni  mezzo  per 
suo  tempo  fu  consagraf  a.  Qui  noterò  ine-  distogliere  i  veneziani  dall'impresa,  ma 
glio  r  accennato  più  sopra.  Per  le  ero-  li  tenne  fermi  il  vescovo  Coutarini  con 
ciale  Venezia  tliveiine  il  ritrovo  annuo  energici  discorsi.  Anche  i  successori  d'A- 
tle'  pellegrini  d'  ogni  p^ese  che  impren-  lessio  I  avversarono  le  crociale  e  fecero 
devano  il  viaggio  di  Tei  ra  Santa,  e  una  ogni  male  a'crocesignati,  ma  pagarono  il 
galera  grossa  da  traflico  veleggiava  ogni  fio  di  loro  pravità.  Una  delle  prime  ini- 
anno  per  Jalfa.  Eia  arniala  dalla  signo-  prese  fu  quella  dì  saccheggiare  Smirne 
ria, ne  sceglieva  il  capitano  e  melteva  [)0Ì  (ne  dubito).  Ebbero  però  in  mira  i  ve- 
al  pubblico  incanto  il  collocarvi  le  uier-  neziani  di  salvale  non  solo  dalla  profa- 
canziechesi  volevano  spedite  sicuramen-  nazione  le  reliquie  de'  santi,  ma  di  Iras- 
te  in  diverse  e  lontane  regioni. La  repiib-  portarle  a  Venezia;  e  sapulo  che  nella 
blica  proteggeva  il  passaggio  in  Terra  chiesa  di  s.  Giovanni  (di  Mira  capitale 
Santa  e  ne  traeva  mollo  profillo,  e  con  della  Licia)  liposavano  i  corpi  di  s.  Teo- 
giaiide  st)leiinità  accoglieva  i  pellegrini,  duro  martire,  di  s.  Nicolò  il  Grande,  e 
che  nella  processione  del  Corpus  Doì/ii/ii  del  suo  zio  s.  Nicolò,  tulli  e  3  vescovi  di 
avevano  la  mano  sui  senatori  a' (piali  si  Mira,  li  portarono  via.  Non  fu  per  altro 
accompagnavano.  Sci  isse  Andrea  Moro-  senza  grande  dilHcollà  ([ueslo  sagro  fur- 
siui.  Le  imprese  e  spedizioni  di  Terra  lo,  poiché  i  pisani,  i  quali  colla  loro  flul- 
Sanla.  e  taequislo  fallo  dell' liiipero  di  ta  erano  alla  slessa  icnpresa  di  Terra 
Coslaitliiiopoli  dalla  repid>bliea  di  fé-  Santa,  bramosi  non  meno  de'  veneti  di 
nezia,  ivi  1627.- —  ì  itale  I  Michiel  ss.  P«.eliquie,  tenlando  di  fare  allreltaulo, 
AAA7//<'/ogf?.  Dueanni  dopola  sua  esal-  nacque  tale  zntTa  ha  le  due  nazioni,  che 
tazione  al  dogado  e  nel  1098,  i  Venezia-  convenne  da  Venezia  mandar  navigli  di 
ni  vedendosi  prevenuti  da'  pisani  e  geno-  rinforzo,  per  cui  i  veneti  restarono  vii- 
vesi,  posta  insieme  una  grande  armala  toriosi  (questo  i  ."scontro  e  niinicizia  fra' 
navale  (dicesi  200  galeie)  s'avviarono  pisani  e  veneti  avvenne  prima  a  Ptodi, 
colla  crociala  in  SorJa  :  11'  erano  eomau-  derivato  da  gelosie  precedenti,  e  non  pe' 
danti  Giovanni  Michiel  figlio  del  doge,  sagri  tesori,  [ler  volere  cioè  entrare  nel 
il  (piale  gli  consegnò  il  vessillo  collo  stein-  porlo  di  Rodi),  11  doge  poi  alle  preghie- 
ma  della  repubblica  in  s.  Marco,  ed  En-  re  dell'arcivescovo  di  Milano  fece  la  pa- 
rico  Conlarini  vescovo  d'Olivolo,  che  ce  co' pisani.  Que'sagri  corpi  si  colloca- 
pel  I  ."s'intitolò  di  Castello  e  figlio  del  de-  rono  nella  chiesa  di  s.  Nicolò  del  Lido, 
lunlodogeDomenico  (secondo  il  Corner  ove  lullora  sono  in  venerazione.  Tul- 
pare  nelioggche  avesse  luogo  la  spedi-  lo  e  con  particolari,  e  con  avvei  lenze 
zione,  il  che  si  accorderebbe  con  quelli  sopra  s,  Nicola  il  Grande,  detto  di  Ba- 
che  vogliono  aver  in  tale  anno  Pasqua'  ri  (/'.),  narrai  nel  §  XVIll,  n,  i  3.  La 
le  11  invitato  poternimieule  i  veneziaui  flolla   couliuuundo   il    viaggio,  passò  a 


V  E  N 

Kl«)cc^re  per  itìare  il  |^)orto  di  loppe  o 
J.ilt'a,  mentre  GollVetlo  tli  Buglione  pri- 
mo re  ci'ociato  della  conquistata  Gerusa- 
lemme e  d'Antiochia,  assediava  la  città 
dalla  parte  di  terra.  I  veneziani  furono 
accolli  con  somma  benevolenza  da  Gof- 
fredo, e  lo  presentarono  ili  nieravigliosi 
vasi  d'argento  e  d'oro,  e  di  preziose  vesti. 
La  flotta  comparve  nell'anno  seguente  co' 
francesi  agli  assedi!  d'Ascalona  edi  Caifa: 
lai.'  resistelle,  la  2.' si  prese.  Indi  venu- 
to a  morte  Golfrtdo,  i  veneti  e  i  franchi 
si  recarono  a  Gerusalemme,  e  lo  videro 
spirare  a' 18  luglio  i  100;  e  poscia  ripa- 
li  iaroiio  co'  ss.  Corpi,  ricevuti  solenne- 
nienle  dal  doge,  da'  magistrali  e  dal  po- 
polo, con  gioia  universale  e  religiosa. 
Fraltantu  Durazzo,  per  denaro  da'  greci 
aiiterionnente  cednlo  a'veneziani,  cadu- 
toin  potere  de'iiorn!anni,d  iva  loro  mol- 
to pensiere  ;  e  sebbene  rivolli  alle  con- 
(piiste  di  Terra  Santa,  furono  costretti 
a  decretare  una  spedizione  anche  contro 
di  essi;  e  la  Calabria,  una  delle  proviii- 
cìe  de'normaimi,  fu  da'  veneziaui  posta 
a  fei  ro  e  fuoco,  uniti  agli  ui^lieri  ()er 
essersi  alleati  contro  i  norujauni  col  re 
Colomano.  Nel  1  101  il  doge  aven  fi  Ho 
edificare  sul  lido  di  iMalamocco  la  chie- 
sa e  il  monastero  di  s.  Cipriano,  dove 
collocò  monaci  benedeltini;  ma  eisendo 
stali  l'uno  e  l'altro  rovinati  pochi  anni 
ilopo  dall'impeto  del  mare,  furono  rie- 
dilicali  in  altro  più  sicuro  sito,  che  nel- 
1  i>oletla  di  s.  Cipriano  in  Murano.  An- 
che la  gran  conlessa  MaliLde,  marche 
sana  di  ZbffY?/2<^/,  eroina  munificenlissi- 
ma  de  Ila  Chiesa  romana,  nel  iioi  do- 
mandò e  ottenne  soccorso  da'  veneziani 
di  parecchi  legni  per  recarsi  a  Ferrara 
ribellatasi  al  suo  dominio,  e  dopo  aver- 
la ricuperala,  die' in  benemerenza  al  do- 
ge e  a'  veneziani  molli  privilegi  ed  esen- 
zioni in  ipiella  città.  Parlai  in  (pielT  ar- 
ticolo del  visdomino  o  console  che  vi  eb- 
hero  i  veneziani  a  tutela  de'  loro  traili- 
ci,  e  vi  edilìcarono  una  chiesa  in  onore 
di  s.  Marco,  comepii^i  tarili  lecero  a  Ti- 


V  E  X  G<) 

ro,  a  s.  Giovanni  d'Acri,  e  in  generale 
ov'ebbero  grandi  fattorie  di  commercio. 
Quanto  alla  chiesa  di  s.  Marco,  narra  il 
Frizzi,  Memorie  per  la  slorìa  di  Ferra- 
ra, che  Matilde  in  memoria  del  prospe- 
ro successo  e  in  segno  di  gratitudine  a' 
veneziani  la  foce  fabbricare  e  ad  essi  do- 
nò Qui  mi  limiterò  a  dire  C(d  Manini, 
Compendio  della  storia  di  Ferrara. 
Era  il  visdomino  un  rappresentante  te- 
nuto in  Ferrara  dalla  repubblica  veneta, 
e  vi  esercitava  con  proprio  tribauale 
f|aalche  giurisdizione  a  sostegno  di  quel- 
l'imnìunilà  e  ilirilti  concessi  alla  mede- 
sima dall  1  celebre  Matilde  nel  t  1  o  i ,  al- 
lorché fu  da  essa  aiutata  nel  riacquisto 
di  Ferrara.  I  visdomini  soggiacquero  a 
diverse  vicende  politiche,  in  ragione  de' 
tempi  e  delle  relazioni  de'  duchi  di  Fer- 
rara e  de'  Papi  coveneziaiii,  talvolta  es- 
sendo stati  espulsi  dalla  città,  come  nei 
1  3o8,  in  cui  i  ferraresi  li  riammisero  con- 
tro il  parere  del  legato, per  aver  Clemen- 
te V  fulminato  i  veneti  di  scomunica. 
Donato  M  irine'ilo  d'Arezzo  vicario  gene- 
rale del  vescovo  di  Ferrara, circa  il  1480 
fulminò  la  scomunica  al  visdomino  vene- 
ziano Viltor  Contarini  residente  in  Fer- 
rara, per  aver  chiamato  un  chierico  de- 
bitore di  piccola  somma  all' incom[)e- 
lenle  suo  foro,  ed  averlo  fatto  carcera  - 
l'e  ad  onta  d'esser  avvertito  in  buone  ma- 
niere dei  grado  di  lui  ;  scomunica  che 
accese  grandissimo  fuoco  nel  governo  ve- 
neto, e  che  obbligò  il  vicario  a  portarsi 
in  Vene'.ia  per  giustificarsi  col  senato. 
I  vescovi  d'Adria  in  Ferrara  vi  ebbero 
un  vicario  generale  con  tribunale  a  co- 
modo della  pf)rzione  di  diocesi  situata 
ucHa  provincia  a  guardarla  sotto  il  nome 
aulico  :  probabilmente  quella  porzioni* 
di  territorio  situata  sulla  riva  sinistra  del 
Po  con  buona  parie  dell'isola  d'Ariano 
in  diocesi  di  Chioggia,  che  il  congresso 
di  Vienna  ncInSr)  cede  all'  Austria,  atl 
onta  delle  solenni  protesi»;  ili  Pio  VII,  i 
cui  paesi  nominai  ragionando  di  lloswj^o. 
Fu  Tito  Nuvelly  t<.;rraie5e  vescovo  d'/V- 


70  V  E  N 

tlria  che  nel  1474  oUennetla  SislolVla 
facoltà  di  tener  vicario  e  tribunale  in  Fer- 
rnra,  ed  i  vescovi  d'Adria  si  man  tennero 
sempre  nel  diritto,  a  fronte  del  dispiace- 
re che  soffrirono  i  vescovi  e  gli  arcive- 
scovi di  Ferrala  di  vedere  esercitata  una 
l^iurisdizione  straniera  nel  centro  della 
loro  diocesi,  e  persino  colla  forza  coatti- 
va. 11  L'arcivescovo  cardinal  Ruflo  riu- 
scì di  (ar  chiudere  un  simile  tribunale, 
che  teneva  in  Ferrai  a  il  vescovo  di  Cer- 
via dal  I  5og  e  fors' anco  più  addietro, 
tna  non  potè  olleiieie  alti  et  tanto  contro  il 
veneto  vescovo  d'Adria,  uè  contro  l'altro 
vicario  arcivescovile  di  Ravenna  anch'es- 
so residente  in  Ferrara.  Dali8o3  in  poi 
cessò  in  tale  città  il  vicario  e  il  tribunale 
del  vescovo  d'  Adria,  i  cui  alti  riporta 
IManini.  I  veneziani  non  solo  in  Italia  e 
nel  resto  d'Europa,  ma  anche  in  Asia  si 
studiarono  per  via  di  trattati  o  conven- 
zioni d'assicurare  ovunque  liber.tàdi  traf- 
fico, sicurezza  delle  persone  e  delle  robe, 
a  tutela  decloro  inteiessi,  propri  fonda» 
chi  e  propri  giudici,  o  almeno  norme  si- 
cure ed  eque  per  l'amministrnzione  del- 
la giustizia.  Erano  inoltre  solleciti  di  e- 
spressamente  far  dichiarare  ne'loro  privi- 
legi, che  sicure  sarebbero  pure  le  robe  de' 
naufraghi,  e  di  quelli  che  venissero  a  mo- 
rire in  terra  straniera,  giacché  per  l'Al- 
binaggio,  dichiarato  a  Testamento,  quel- 
le robe  spettavano  al  signore  del  luogo. 
E  siccome  per  l'osservanza  di  tali  patti, ed 
in  generale  per  la  protezione  de'venezia- 
ni.  faceva  d'uopo  d'alcuno  che  nel  luogo 
stesso  vigilasse,  e  facesse  in  ogni  caso  gli 
opportuni  provvedimenti  a  loro  tutela, 
furono cjuasi  da|)pertutto stabiliti  J'i.sdo- 
ìfu'ni,  Baili,  come  a  Costantinopoli,  De- 
legati,  corrispondenti  a'  posteriori  Con- 
soli, sebbene  ancheallora  esistessero.  In- 
fatti neh  I  17  Teofllo  Zeno  sosti  ime  l'uf- 
fìzio di  console  in  Stuia.  Ma  si  ritcrni  al 
doge  Michiel,  che  moi'i  nel  i  102,  e  dicesi 
ucciso  da  Marco  Cassolbo,che  subilo  espiò 
sulla  forca  il  suo  delitto  ;  ed  il  corpo  del 
tloge  fu  interrato  nel  portico  della  chiesa 


V  E  N 
di  s.  INIarco.  Osserva  Meschini,  che  sotto 
questo  dogado  si  apri  l'epoca  più  splen- 
ilenle  alla  repubblica  per  l'europeo  pen- 
siero di  domare  la  prepotenza  via  via  cre- 
scente de'  maomettani,  nemici  acerrimi 
tuttora  e  ingratamente  intolleranti  del 
nome  cristiano.  —  Ordelafo  Fallerò 
XWIl  doge.  Uomo  eloquenlissimo , 
chiaro  per  ingegno,  prudente  ne'  consi- 
gli, strenuo  nell'armi,  giovane  d'  età  e 
vecchio  di  senno,  fu  eletto  ne!  i  1 02  a  ca  - 
pò  della  nazione.  Fu  però  infausto  il  prin- 
cipio del  suo  reggimento, perchè  nel  1  i  o^" 
preso  fuoco  nella  casa  dEnrico  Zeno  a 
ss.  Apostoli,  fu  tale  la  veemenza  di  quel- 
lo, che  più  chiese,  monasteri  e  parecchie 
contrade,  essendo  ancora  le  case  per  lo 
più  di  legno,  arse  quasi  in  un  punto.  E 
pochi  giorni  dopo  un  altro  incendio,  u- 
scito  fuori  dall'isole  Gemine  presso  Ca- 
stello, si  distese  e  divampò  una  gran  par- 
te della  città  :  distrusse  24  chiese  e  di- 
versi monasteri,  e  pressoché  tutto  il  se- 
stiere di  Dorsoduro,  e  secondo  Cornei* 
gravemente  danneggiò  la  basilica  di  s. 
Marco  e  il  palazzo  ducale.  Compiansi  i 
due  furiosi  e  disastrosi  incen.lii,  nella  de- 
scri?ione delle  chiese  che  annientò  0  rovi- 
nò. Oltre  di  che  verso  quel  tempo  anche 
Malamocco  per  l'altezza  dell'acque  ma- 
line  soffri  la  sommersione  che  fece  fug- 
gire il  resto  degli  abitanti  a  Chioggia, 
ove  già  era  stata  trasferita  la  sede  vesco- 
vile, e  così  vi  rimase  stabilita.  Intanto  the 
a  Venezia  si  slavano  con  edificante  gara 
ricostruendo  le  chiese,  i  monasteri  e  le 
case  di  pietra  in  più  solida  e  piìi  nobile 
forma,  il  doge  nel  i  i  i  i  armò  per  la  cro- 
ciata una  flotta  di  i  00  vele,  la  (juale  coo- 
però all'assedio  di  Toleinaidc  o  s.  Gio- 
vanni d'Acri,  di  Sidone  o  di  Berito.  Bal- 
dovino I  re  crociato  di  Gerusalemme,  ri- 
compensò i  servigi  de' veneziani,  conce- 
dendo loro  la  proprietà  d'una  ^.^  parte 
di  Tolemaide,  la  libertà  di  commercia- 
re in  tutto  il  regno  di  Gerusalemme,  ed 
il  privilegio  di  non  esser  sotto  ad  altra 
giurisdizione  che  a  quella  de'Ioro  magi- 


V  E  N 

strali.  Nello  stesso  i  1 1 1  e  nel  seguente 
anno,  i  padovani  colto  il  momento  che 
la  veneta  flotta  era  occupata  io  Soiia, 
uniti  a'  trevigiani  e  a'  ravennati  tenta- 
rono d'estemlere  i  loro  confini  nelle  ve- 
nete Lagune,  ponendo  piede  ne'loro  lito- 
rali. Furono  però  sul  momento  compiu- 
tamenle  battuti  da' veneziani,  e  vi  volle 
la  mediazione  d'Enrico  V  imperitore, 
elle  Irovavasi  a  Verona,  perchè  si  com- 
ponessero le  co<;e  e  si  stabilissero  gli  anti- 
chi confinijconfertnando  pnrea'veneziani 
l'antica  convenzione  relati  va  mente  a' vi  Ci- 
ni. I  veneziani  grati  alla  sovrana  media- 
zioiie,regalaronoEnrico  Vd'un  manto  di 
drappo  d'oro  simile  a  quello  che  già  da- 
vano altra  volta  a'suoi  predecessori,  e  che 
poscia  non  fu  più  tributato.  Frattnnto 
Colomano  re  d'Ungheria  inimicatosi  co' 
veneziani,  perchè  troppo  vicini  alle  sue 
terre,  si  fece  vedere  armato  sotto  Z.ira 
nel  I  I  12,  e  cacciatone  Giovanni  .Moro 
sini  governatore  se  ne  impailroiù.  Mi  il 
doge  nel  i  i  i3  vi  accorse,  e  dopo  segna 
lata  vittoria  e  il  ricupero  di  Zara,  Sebe- 
nico,  Traù  e  parte  della  Croazia  marit- 
tima, trionfante  ritornò  in  patria  carico 
delle  spoglie  nemiche;  e  a'titoli  suoi  e  di 
(hica  di  Otjlmnzia,  quello  aggiunse  di 
(luca  (Iella  Croazia;  titoli  che  si  leggo- 
no in  lutti  i  documenti  posteriori;  per 
cui  propriamente  da  detto  anno  devesi 
riconoscere  lo  stabile  titolo  di  duca  di 
Croazia.  iVel  i  i  i6  tornato  in  Italia  En- 
rico V,  volle  visitare  Venezia,  alloggiato 
nel  palazzo  ducale.  Visitò  divolainenle 
il  corpo  di  s.  Marco  nella  sua  basilica,  ed 
altre  chiese  e  santuari  della  città,  e  te- 
nnlo  un  consigfiode'  suoi  principi,  con- 
cesse privilegi  a  parecchi  monasteri  pe' 
loro  posse  limenti  nel  regno  Italico;  i  di- 
plomi p(ji  tiindo  la  data  del  iv  idi  di  marzo 
I  I  i6  dal  palazzo  ducale  del  ficg no  (Iel- 
le f^enezic.  La  guerr  i  intanto  cogli  un- 
gheri  e  il  nuovo  re  Stefano  If,  pel  riac- 
quisto della  Dilm  ozia,  fuiipiesa.  Usci 
un'altra  volta  la  (lolla  veneziana,  e  ncl- 
l'avviarsi  alla  difesa  di  Zara,  il  doge  Fa - 


YEN  71 

lier  ottenne  la  sommissione  dell'isola  di 
Arbe  (  vescovato  unito  a  P^e^lìa,  nel 
quale  articolo  ne  parlai).  Venuto  a  vivis- 
sima battaglia  cogli  ungheri  sotto  Zira, 
la  resistenza  del  nemico  fu  tale,  che  il  do- 
ge pieno  d'animo  e  di  coraggio,  pugnan- 
do da  forte  e  non  risparmiando  se  stes- 
so, dovette  nella  mischia  cader  senza  vi- 
ta da  eroe  nello  stesso  11  16.  La  sua 
morte  fu  il  segnale  della  scondita  ile've- 
neziani,  che  avviliti  e  disordinali,  più 
non  pensarono  che  a  ritirarsi.  Grande  ne 
fii  la  strage,  pochi  soltanto  si  salvarono 
entrando  precipitosamente  a  Zira:  co- 
stretti a  domandar  la  pace,  non  poterono 
ottenere  che  una  tregua  di  5  anni.  Il 
cadavere  del  valoroso  Faliero  portato  a 
Venezia  fra  il  generale  compianto,  fu  se- 
polto nel  portico  della  ducale  basilica. 
Ebbe  egli  il  merito  fin  dal  i  101  di  re- 
care da  Costantinopoli,  della  cui  corte 
era  protospatario,  la  preziosa  Pala  d'o- 
ro, ricoperta  posteriormente  di  gemme 
al  modo  narrato  nel  descriverla  nel  §  V, 
n.  3.  Altro  suo  splendido  monumento  è 
r  Arsenale  sotto  di  lui  cominciato,  e  de- 
scritto nel  §  XIV,  n.  4- ■ — Domenico 
Michicl  XXXFdoge.  Nel  11  17  fu  so- 
stituito al  defunto.  Baldovino  II  re  di 
Gerusalemme  inviò  legati  a  Venezia  on- 
de aver  soccorso  contro  gl'infedeli,  pro- 
mettendo maggiori  vantaggi  al  veneto 
commercio;  ma  durante  le  trattative  il 
re  fu  fatto  prigioniero.  Papa  Calisto  II 
nel  r  laS,  celebrando  il  concilio  generale 
di  Laterano  I,  eccitò  i  principi  cristiani 
alla  sagra  guerra  di  Palestina,  e  la  let- 
tera inviala  al  doge  da  questi  fu  letta  al 
popolo,  e  tali  parole  vi  aggiunse  per  ec- 
citarlo all'  impresa,  che  in  pochi  dì  fu 
allestita  e  fece  vela  per  JalFa  una  (lotta 
di  100  navi,  alla  quale  lo  slesso  doge  Mi- 
chiel  volle  presiedere.  Il  i."  combatti- 
mento fu  co'saraceni  d'Egitto,  e  vennero 
compiutamente  distrulli,  con  lode  im- 
mortale e  gloria  de' veneti.  Entrati  i  ve- 
neti nel  porlo  di  Jalfa  o  Joppe,  il  doge 
rccojsi  a  Gerusalem;nc,  e  fu  accolto  co- 


7- 


V  E  N  V  E  N 


me  nn  allea'iO  trionfante  e  11  liberatole  Le  felicissimo  efTeltOj  perchè  Tiro  capi- 
di  Terra  Santa,  e  co'  suoi   degnamente  tolò  e  si  rese.    Alui  singolari  particola- 
irntlaloe  onorato  con  moltissimi  privi-  ri  li  dissi  ni  suo  articolo.  Poscia  fu  asse- 
legi. 'Intanto  essendo   mancali   i   denari  dista  Ascalona,  che  cadJe  egualmente 
alla  flotta,  il  doge  fece  tagliare  molti  pez-  in  potere  de'  crrjcesignati.  Ma   frattanto 
zi  di  cuoio  coir  impronlo  di  s.  Marco,  e  1'  imperatore  di  Costantinopoli  Giovan- 
li  fece coirci'e  per  moneta,  promellendo  ni  Comneno  sflegnato  che  gli  europei  si 
che  tornato  a  Venezia    li   avrebbe   fitti  stabilissero  nella  f^alestina,  e  geloso  de' 
cambiare  con  altrettanto  argento,  come  .successi  de' veneti,  ordinò  che  si  altaccas- 
esegiù.  Per  memoria,  fin  d'allora  l'illu-  seroi  bas(in)enli  mercantili  de'veneziaoi 
stre  famiglia  Michiel  caricò  le  fascie  del  nel  mare  di  Grecia,  Di  che  irritato  il  do- 
suo  stemma  di  alcuni  circoletli  cherap-  gè,  rivolse  la  sua  flotta  all'isola  di  R.odi 
presentano  le  dette  monete.  Dopociò  da'  e  la  mise  a  soqrpiadro.  Scorse  l'Arcipe- 
crocesignali  fu   deciso  d'andare   all'im-  b'<go,  pose  a  ferro  e  fuoco  Scio,  Samo, 
presa  di  Tiro,  tenuta  inespugnabile.  Fri-  Mitilene,  Paros,  Andro,  Lesbo,  e   tutte 
ma  peròdi  partire  vennero  stabiliti  trat-  le  Cicladi,  facendo  «nolti  schiavi  per  ri- 
tati,pe'quali  i  veneziani  di  molli  compen  cavarne  buon  riscatto.    Indi   sceso  nella 
siedi  molti  vantaggi  avrebbero  goduto  Morea,  s' impadronì  di  Modone  e  vi  pose 
nell'acquisto  di  Tiro  e  dell'altre  città,  presidio  ;  distrusse  Belgrado,  ed  altri  luo- 
Quindi  s'imbarcarono  [)er  bloccare  il  por-  ghi  della   Dalmazia   eh' eransi    mostrati 
to  fli  Tiro,  e  battevano  la  città  dalia  par-  infedeli  al  veneto  sovrano,  parteggiando 
tedi  njare,  mentre  gli  alleati  la  investi-  pegli  unglieri  o  pe'greci.  Colmo  di  tante 
■vano  per  via  di  terra.  Dopo  parecchi  iuu-  vittorie  ildoge  gloriosamente  tornòa  Ve- 
lili assalti,  si  mormorò  de' veneti  taccian-  nezia,  dove  nel   1129  abdicò  per  amor 
doli  di  neghittosi.  Il  doge  sfornite  le  prò-  della  quiete.  Piitiratosi  nel  monastero  di 
prie  navi  ne  portò  i  principali  attrezzi  al  s.  Giorgio  Maggiore,  dopo  pochi  mesi  nel 
campo  degli   alleati,  dicendo  che  senza  ii3o  vi  morì,  venendo  seppellito    nella 
c|uesti  non  avrebbero  potuto  certamente  stessa  chiesa  di  s.  Giorgio  Maggiore,  assai 
fuggire  il  pericolo  comune,  e   servireb-  compianto  da  tutti.  A  lui,  più  che  ad  al- 
liero  quindi  ad  essi  di  guarentigia  della  tri,  sta  bene  quell'epitalìio  che  vi  si  legge 
costanza  e  della   fedeltà    veneziana.   Fu  ancora,  ecomi  ncia:   Terror  Graecorn/n 
continuato  1'  assedio  per  altri  due  mesi,  j'acel  Iiic  et  latts  r^enetoriim.  Al  valore 
e  Tiro  fu  presa  nel  i  i  25  (nitri  anticipa-  unì  la  religione  e  la  prudenza,  per  cui  fu 
1  ono  di  troppo  l' espugnazione)  e  in  que-  amaramente  compianto  da  tutti  gli  ordi- 
sto  modo.  Avevano  gli  assedianti  osser-  ni  dello  stato.  Ricondotte  salve  nell'  E- 
vato  che  entravano  e  uscivano  dalla  cit-  stuario  tutte  le  navi  ch'erano  partite,  sì 
tà  varie  colotobe.  Fermata  una  di  queste  strepitose  gesta   acquistarono  alla    bau- 
tiovaronoche  sotto  l'ala  avea  un  viglici-  diera  veneta  il  marittimo  dominio,  e   le 
to  con  ciii  il  soldano  di  Damasco  esorlan-  ricche  merci  dell'Asia  rigurgitando  a  Ve- 
do gli  assediati  a  resistere,  prometteva  di  nezia,  questa  le  distribuiva  al  restod'Eu- 
giungere  tosto  in  loro  soccorso.  Gli  allea-  ropa.  —  Pietro   Polani  XXXFI  doge. 
ti  a  questo  viglietto  sostituirono  un   al-  Genero  del  defunto  doge,  nel  i  i3o  per 
tro  in  cui   facevasi  dire  al  soldano,  che  acclamazione  del  popolo  gli  fu  dato  a  suc- 
tscendo  attaccato  da  iin'  altra  parte,  era  cessole, giovane  di  3o  anni  e  vecchio  per 
cristretlo  ad  abbandonare   la    piazza   di  virtìi.  Sedò  le  gravissime  discordie   che 
Tiro  a  se  stessa  ;  e  poi  lasciarono  andare  passavano  tra    la  sua  famiglia   Polani  o 
Ih  colomba.  Questa  giunse  come  il  solito  il  patriarca  di  Grado  Enrico  Dandolo  ti- 
ni campo  nemico;  e  lo  stratagemma  eh-  nito  a'  Badoari,  il  cui  partito  erasi  oppo; 


V  E  xN  V  E  ^                      73 

sin  alla  sua  elezione  al  (logailo.  Xel  I  I  37,  gli  convenne  lipnlrinre.  Tutlavolta  la 
;ì  niez?o  dei^li  ainb.isciiilori  Giovanni  Fo-  spedizionejSe^'n  sotto  il  coniando  di  Gio- 
lini,  l^ielio  Dondidio  ed  Orio  Orio,  ot-  vanni  fratello  dtd  doge,  e  sotto  Rainieri 
Icone  dall'iaiperatore  Lotario  il  la  con-  figlio  di  Un.  Questa  spedizione  tu  di  gran- 
i'ertna  de'  privilegi  anliciii.  Molestali  i  de  aiuto  all'  imperatore  nella  guerra  e 
Acneti  da'  fanesi,  il  doge  con  un'  arma-  nella  ricupera  di  Corfù,  e  non  meno  uli- 
la  li  costrinse  a  rilirusi,  ed  a  pagare  le  al  veneto  commercio.  Il  l'ulani  dalla 
annuo  tributo;  altri  vogliono  che  Fa-  contratta  malattia  inor'i  nel  i  1 48  e  fu 
no  molestalo  invece  da'  ravennati  e  da'  sepolto  in  s.  Cipriano  di  Mdrano.  Si  pre- 
pesaresi,  invocato  l'aiuto  de'  veneti,  si  tende  die  esista  una  moneta  originale  di 
IL-ce  lni)Utario  della  chiesa  di  s.  .Marco,  questo  doge,  che  il  Zanetti  si  sforzò  spie- 
Rleglio  è  vedere  il  §  V,  verso  il  fine  del  gare  con  dissertazione,  mail  eh.  cav.Ci- 
1).  7.  Avendo  i  |)adovani  fatto  nel  i  i43  cogna  dichiara  la  notizia  fallace,  perchè 
nlcimi  tagli  nel  fiume  Ci  aula  in  danno  invece  di  leggersi  sulla  moneta  da  lui  il- 
tle'  veneziani,  il  doge  vedendone  irnpe-  lustrata  Palano  Inip.,  leggesi  Romano 
dito  il  corso  a'  navigli,  resi  inutili  gli  Imp.^  oltre  di  che  al  doge  dì  Vene- 
amichevoli  modi,  portatosi  sul  loro  ferri-  zia  non  fu  mai  dato  il  titolo  d'  impera- 
torio lo  devastò.  Allora  i  padovani  si  ar-  tore. —  Domenico  Morosini  XXXP'ff 
niaronoesi  venne  a  battaglia;  i  pnduva-  doge.  Le  sue  prime  militari  imprese  l'è- 
ni  Condotti  da  Guido  di  Montagnana  e  segui  nel  ii23  e  1124  nel  dogado  di 
Pietio  Gaud)acorta,  i  veneziani  dal  do-  Dicnenico  Michiel  colla  crociata  nella 
gè.  Dopo  varie  prove  di  vicendevole  hra-  presa  di  Tiro,  e  nel  i  148  divenne  doge 
VOI  a,  il  doge  respinse  1  nemici,  e  confer-  in  età  molto  avanzala.  iVello  stesso  anno 
niò  poi,  colla  implorata  pace,  gli  antichi  ebbe  il  merito  di  far  progredire  fino  al 
patti  con  essi.  Anche  co'pisa ni,  antichi  ri-  piuacolo  il  campanile  di  s.  Marco.  Nel  se- 
vali, per  ostili  insulti  mariltimi,  insorse-  gueiite  i  (49  "'i  im[)etuoso  fuoco  uscito 
so  discordie  per  motivi  di  commercio,  e  dalla  contrada  di  s.  I\Liria  3Iater  Donii- 
l'apa  Lucio  H  le  accomodò.  Capodisli  la  /«'bruciò  i3  contrade  vicine,  e  giunse 
ch'era  tributaria,  venne  circa  il  1  i4>  fi»o  alla  chiesa  di  s.  Raffaele  arcangelo  : 
cogli  abitanti  d'  Isola  e  di  Pola  a  divo-  il  doge  e  i  veneziani  accorsero  più  solle- 
zione  della  repubblica;  dipoi  il  suo  vesco-  citamente  ohe  fu  possibile  alla  ripara- 
\alo  fu  uniloa  (picelo  di  Z'r/V5/(',e  meglio  zione,  riedificando  in  pietra  quelle  case 
ne  riparlai  in  tale  articolo.  Indi  furono  ch'erano  per  lo  più  di  legno.  Nel  i  i53 
tolti  viiri  disordini  introdottisi  nell'  an-  armale  5o  galee  il  doge  ne  afliilò  il  co- 
lica yès/rt  delle  Diarie,  e  lu  decretalo  mando  al  figlio  Domenico,  ed  a  Marino 
1  (Miliiie  per  la  solenne  annua  processio-  Gradenigo  per  ricuperare  Pola  e  alcune 
ne.  Il  doge  già  era  stato  mediatore  fra  altre  terre  dell'Istria  ch'eransi  ribellu- 
Giovanni  Comneno,  padre  d'Emanuele,  le,  o  erano  slate  occupate  da'cors»tri,  e 
imperatore  greco,  e  Corrado  111  iinpe-  che  poi  dovettero  assegnare  ([ueirannuo 
raloie  d'  Occidente,  per  unirli  in  allean-  tributo  alia  chiesa  di  s.  Marco  che  regi- 
za  contro  Ruggero  1  re  di  Sicilia.  Ed  es  slrai  in  quel  §  e  numero  poc'anzi  citati, 
sendosi  lisolulo  nel  consiglio,  del  f  148,  Noiuliineno  nella  biografia  del  doge  è 
d'aiutare  Emmaiiuele  controil  siciliano  detto;  due  migliaia  d'olio  per  Pola,  due 
monarca,  il  iloge  stesso  s'ollii  d'andare  orue  d'olio  per  Roviguo,  oltre  5  roma- 
in  persona  all' armata.  Laonde  allestite  nati  per  la  fabbrica  della  chiesa  stessa; 
4o  galee  e  i4  "avi  vi  montò  sopra,  ma  que' di  Parenzo  palleggiarono  d'aiularo 
insorta  fortuna  di  mare,  il  doge  si  fcr-  »  Zara,  e  in  Ancona  dove  volesse  ildo- 
tsiò  nel  porlo  di  Canale,  ove  atnniulalosi  gè,  seiwa  soldo,  e  di  conti  ibuire  aniiual- 


74                     V  E  N  V  E  N 
mente  2?  Ilbhre  tl'olio  a  s.  Marco  e  20  quelle  tlue  citta  rimasero  distruUe,  nios- 
niontoiii  al  doge;  Emonia  o  Città  Nova,  m    a'  loro  daimi  dall'imperatore  Fede- 
ed  altre  città  a  somigliatili  tributi.    Nel  rico  I,  inimicatosi  co' veneziani  per  esser- 
resto  il  governo  delMorosini  fu  pacifico,  si  dichiarati    sfavore  d'Alessandro   III 
IMali^rado  che  il  doge  Folani  avesse  se-  Papa  (successore  d'Adriano  IV,  il  quale 
«I;ite  le  discordie  co*  suoi  e  col  patriarca  per  avere  riconosciuto  in    re  di  Sicilia 
yiadese,  pure  convenne  al  Morosini   in-  Ruggero  I,  rimj)eratore  ne  fu  tanto  io- 
li rpoisi  per  lo  stesso  oggetto,  e  col  ma-  dispettito  che  divenne  persecutore  della 
Irintonio  il''  una  Dandolo  con  un  Polani,  santa  Sede);  il  patriarca  d'Aquileia  Ul' 
e  si  pacificarono  le  due  case.  Per  l'aiuto  rico  o   Voldaiico    II   nel    11  56-57  (nel 
prc;stato  da' veneziani  nel  dogado  di  Po-  i  162  scrive  l'abbate  Cappelletti)  unita- 
luni  a  Emanuele  Conineno, contro  Rug-  mente  a' suoi  cinonici  e  ad   altri  nobili 
gf*ro  1  re  di  Sicilia,  era  insorta  inimici-  friulani  colta  «joesta   occasione  ,  com'  è 
7Ìa  tra  la  repubblica  e  il  figlio  e  succes-  pio[)iio  de'd<^bjli,  fece  nuova  spedizione 
sure  del  re  Guglielmo  I    ti   M.iloj  con  contro  l'isola  di  Grado,  saccheggiando  la 
<pjesli  dunque  il  doge  nel  i  1  54  procu-  metiopolitana;  per  rivendicare,  com' egli 
IO  la  pare,  in  virtù  della  quale  fu  accor-  diceva, antichi  suoi  diritti,ed  irritato con- 
<lato  a'  veneziani  di  andar   liberamente  tro  la  repubblica  per  avere  il  defunto  Pa- 
ti mercatare  ne' porli  di  Sicilia  e  godere  [)a  Adriano  iV  sottomessa  tutta  la   Dal- 
alcune   immunità.  Nel  medesimo   anno  inizia  all'odialo  paliiircalo   di    Grado. 
si  ottenne  la  conferma  diagli  antichi  pii-  Appena  giunta  in  Venezia  la  nuova  ,    il 
vilegi  dall'im[)eratore  Federico  !  il  Bar-  doge  fece  circondare  con  navi  il  patriar- 
harossa,  mediante  una   legazione  com-  ca  e  le  sue  genti  per  modo  che  fatto  pri- 
nosta  di  Domenico  Morosini    figlio  del  gioniero  co' canonici   e  co' nobili   (a' 3  l 
doge.  Vitale  Faliero  e  Giovanni  Bonal  gennaio  nel  giovedì  grasso  di   carnevale 
do.  Per  l'ambasceria  poi  spedita  nel  1  1  )4  dice  Y  Arie  dì  verificare  le  d.itc),  e  man- 
a    Papa  Anasta>io  IV  Zara  l'u  elevala  a  dati  nelle  carceri  di  Venezia,  il  patriarca 
metropoli  ecclesiastica  della  Dalmazia,  il  fu  costretto  ad  un  assai  singolare  e  ver- 
che  Commanville  attribuisce  a  Eugenio  gognoso  tributo  per  ricuperare  la  liber- 
ili   di   lui    predecessore  erroneamente,  là.  Ogni  anno  nel  giovedì  grasso  doveva 
Inoltre  si  promulgarono  molle  leggi  per  mandare  a  Venezia    un  toro,   12    porci 
la  piìi  retla  e  regolare  amministrazione  grassi  ei2  grossi  pani,  rappresenlanli  il 
della  giustizia,  e  di  prammatica  nel  f^r-  patriarca,  i  canonici,  i  nobili;  e  solenne 
nimenlo    delle   donzelle    pegli   sponsali,  mente,  in  raemoriadell'avvenimento,  al- 
Morì  il  doge  nel  febbraio i  1  5G  e  fu  se-  la  presenza  del  doge  si  tagliava  a  quegli 
pollo  nell'ora  demolita  chiesa  di  s.  Cro-  animali  la  lesta,  dislribuendone  le  carni 
ce  di    Venezia   con   lungo  epiiaffio.  —  a'nobili  del  consiglio,  e  i  pani  a'carcera- 
Filal'  Il  l\Iìchicl  XXXr [H do'^e.  Lo  ti.  Posleriormenle  però  le  carni  si  man- 
divenne  ne'delti  anno  e  mese,  e  fece  pò  davano  a  donare  a'  monasteri   di   donne 
co  appresso  la    pace  cu'  pisani,   i  (juili  osservanti.  Narrai    in   tanti   articoli,  che 
.sotto  il  precedente   dogado,  senza   Irò-  nell'elezione  del  magnanimo  Papa  Ales- 
varsi  in  aperta  guerra  co'veneziani,  in-  sandro  ///insorse  l'antipapa  f^iUore  /^ 
sullavano  in  ogni  incontro  la  loro  bau-  che  Federico  I  sostenne  coli' armi;  deplo- 
diera.  Uicoidai  nel  §  Vili,   n.   %^,  che  rabile  scisma  continuato   dagli    antipapi 
menile  i  veneziani  erano  accorsi  a  pu-  Pt7<iquale  IH,  Calisto  IH g  Innocenzo 
iiire   un'aggressione   falla    dalle     mili-  ///,  e  tranne  l'ultimo  egualmente  contro 
zie   padovane,  ferraresi   e    veronesi    ne'  il  virluoso  Alessandro   111  profeKi  dallo 
territorii  di  Caorle  e  di  Loredo,  per  cui  scismatico  Federico  I  gran   fautore  de' 


YEN  YEN  75 
Ghilellìnì  e  nemico  acerrimo  de' G »<:'//*  do  la  lega  più  animo,  vieppiù  si  estive 
(F.),  Alessandro  HI  clovelle  tosto  fuggire  c-ill'aJe^ione  delle  città  di  Lodi,  Parm;i, 
da  Roma  a  iXinfa.  ove  fu  consagrato  da  Modena,  Bologna, Novara,  Yercelli,  Pv.eg- 
, Ubaldo  vescovo  d'  Ostia  e  coronato,  il  gio,  Asti,  Tortona,  Alessandria  fabbrica- 
che  con  più  particolari  raccontai  nel  voi.  la  dalla  medesima  in  onore<lel  l*apa,echa 
LXXXIX,  p.  8r.  Questo  Papa  non  solo  col  suo  nome,  a  lui  olTrirono  in  So\'ra- 
fu  riconosciuto  da'veneziaui,  come  dissi,  nità.  Totli  nuovamente  giurarono  con- 
nia  anche  protetto  dall'iiiginste  persecu-  cordia  contro  chiuiKjue  volesse  far  guer- 
zioni  impei  iali,  perciò  esposi!  aucls'  essi  ra  o  male  o  violenza  alcuna,  o  d'unpor- 
all'ira  del  prepotente  Federico  1.  Il  Pa-  re  maggiori  obblighi  die  non  aveano  a- 
j>a  foggi  in  Francia,  e  tornato  a  Pvoina  vnto  dal  tempo  d'Enrico  IV  a  quello  di 
ringraziò  i  veneziani  che  aveano  dato  no-  Federico  I.  Si  obbligarono  inoltre  a  non 
bile  asilo  a' cardinali  ed  a'vescovi  caccia-  far  p.ice  o  tregua  se  non  di  comune  ac- 
ti  dagli  scismatici.  Di  più  i  veneziani  iiù-  cordo,  e  di  compensar'>i  leciprocamenle 
ziaronu  quella  gran  lega  contro  l'impe-  i  danni  che  dall'imperatore  oda'suoi  mi- 
ralore,  che  poi  prese  d  nome  di  Lega  nistri  ricevessero,  l  veneziatù  poi  in  par- 
Lornbarda,  di  cui  in  tanti  luoghi  tenni  licolare  s'impegnarono  d'aiutare  la  cau- 
proposito.  Narra  Piinaldi,  all'annoi  164,  sa  comune  co'  loro  navigli  tanto  sui  fiu- 
n.  45jche  si  collegarono  i  veneziani,  vero-  mi,  quanto  sul  (nare;  e  con  essi  si  alleò 
nesi,  padovani,  vicentini  e  trevigiani  con-  Roma.  FrattantoEmanm  léComneno  ve- 
tro l'imperatore  scismatico,  non  pulendo  dendo  tanta  confusiujie  nelle  cose  d'Ita- 
più  sopportare  la  sua  tuannia;  il  quale  iia,  di  cui  ambiva  il  possesso,  tentò  ili 
dopo  la  distruzione  di  Tortona,  di  Gre-  nuovo  i  veneziani  ad  unirsi  con  Ini  con* 
ma  e  di  Milano,  avea  ridotta  lolla  la  tro  Guglielmo  II  redi  Sicdia,  il  Buono, 
Lombardia  in  servitù  assai  miser-diile,  il  qu.de  avea  ricusato  la  mano  di  sua  fl- 
poichè  non  solo  spogliava  qiie'popoli  de'  glia,  ma  essi  per  non  recare  danno  al  Io- 
beni  loro,  ma  faceva  vereiouua  alle   loro  ro  commercio  non  aderirono  all'  istanze 

'  OD 

mogli  e  figlie,  anche  de'tnonasleri,  e  le-  imperiali.  Il  lifiuto  eccitò  1'  animo  del- 
spooeva  eziandio  alle  villanie  altrui.  La  l'augusto  contro  de'veneziani,  i  quali  in 
lega  ollremodo  si  rinforzò,  entrando  in  Costantinopoli  erano  più  favoriti  de'ge- 
essa  per  opera  de'  veneziani  i  popoli  di  novesi ,  pisani  e  fioienliui  ,  e  per  lutto 
Cremona,  di  Milano,  di  Piacenza,  di  Dre-  l'impero  godevano  gnindi  privilegi,  l  ve- 
scia e  di  Bergamo,  a'quali  aderivano  col-  neziniii  prevedendone  le  conseguenze,  or- 
l'animo  gli  altri  lombardi,  comechè  a-  diuarono  alle  navi  da  loro  stanziale  ne' 
pertamente  non  si  dichiarassero  per  li-  porti  della  Grecia  di  partirne  immedia- 
more  del  fiero  principe.  Di  che  egli  av-  tarnente.  Questa  cosa  servai  di  pretesto  a 
vedutosene,  mentre  stava  per  enti  are  in  Emanuele  per  inviare  mia  flotta  in  Dal- 
battaglia  co' veronesi,  fuggì  vergognosa-  mazia  e  impadronirsi  tli  Spalatro,  Traù, 
mente  dal  campo  a  sua  gran  confuiione,  Piagusa  e  Curzola;  (na  però  abituato  al- 
passando  in  Germania.  Il  doge  Michiel  la  peifidia  fece  sapere  a'  veneziani  che, 
si  mostrò  divoto  e  sostenitore  del  gran  A-  ove  volessero  riattivare  il  loro  commer- 
lessandro  111  e  della  lega  lombarda, e i  pò-  ciò  negli  stati  greci,  egli  restituirebbe  le 
poli  che  questa  componevano,  deposti  i  dette  città.  La  repubblica  nobilmente,  in- 
passati odii  municipali,  s'accordarono  di  vece  di  chiedere  pi  ima  la  restituzione  di 
tliiendersi  e  proteggersi  1'  un  l'altro,  nel  esse,  aderì  alla  proposizione  e  lasciò  cho 

I  167  nel  castello  di  Ponlida  in  quel   di  partissero   per    la   Grecia    molli    vascelli 

licrgamo.   Y'  intervennero  anche  i   ile-  ricchi  di  mercanzie  veneziane.  Emanue- 

putuli  di  Mantova  e  Ferrara.    Prendcu-  le  altro  non   volle;  e  appena  giuuli  (pie' 


rS  V  E  i\  V  E  N 

legni,  n  trndimenlo  se  ne  impossessò,  e  cl';il>it.»nll.  L;i  cagione  di  lutti  questi  mi- 
tntti  gli  domini  Ciu-nno  messi  in  ferii.  U-  li  (fi  otlnhnila  a  Vitale  H,  eJ  il  popolo 
dita  l'ingiusta  notizia  nel  i  ryi,  i  vene-  aHuilaloal  suo  palazzo  voleva  trucii-lii'lo. 
7.iani  ollesliiono  ini  oc  giorni  una  flotta  li  doge  irmlilmenle  cerei!)  di  placarlo; 
di  loo  navi  di  vario  genere,  che  coman-  tentò  la  fuga,  a)a  in  questa  ricevè  uu 
tlata  dal  doge  si  diresse  subito  verso  la  colpo  di  coltello,  mentre  in  barca  avvi- 
Dalmazia.  Traù  e  Ragusa  furono  quasi  cinavasi  al  monastero  di  s.  Zaccaria;  sul- 
interanvenle  distrutte  (Il  eh.  Luigi  Sfor-  le  soglie  di  esso  moiì  a'27  maggio  dello 
zosi  pubblicò  nel  l.  \  5  (ìe-ìWllhuììi  di  Ro-  stessei  i  72,0  fu  sepolto  nella  chiesa  stessa 
j/ia  una  bellissima  biogiafia  di  questo  di  s.  Zaccaria.  Meritava  altra  sorte,  e  fu 
doge,  e  fra  le  altre  cose  narra,  che  nel-  vittima  de'  r.iggiri  del  greco  imperatore 
l'invasione  della  Dalmazia  vi  ebbe  parte  e  di  sua  pacifica  credulità  :  per  lungo 
Stefano  111  re  d'Ungheria  suocero  del  tempo  era  stalo  riguardalo  il  salvatore 
di  lui  figlio;  e  che  Ancona  essendo  allo-  della  repubblica  e  il  padre  della  patria. 
ìli  sotto  la  [ìiofezione  d'Emanuele,  si  di-  Fu  1' ultimo  doge  ucciso.  E  fama,  che 
chiaro  rivale  di  Venezia  nel  commercio  quando  i  veneziani  decretarono  di  anda- 
deir Adriatico,  ed  aizzata  da  tale  impera-  re  colle  1 00  navi  in  Grecia,  vi  montasse- 
tore  alfeltò,  riguardo  a  Venezia,  un  or-  ro  sopra  tutti  quelli  della  famiglia  Giusti- 
doglio  intollerabile.  Mail  doge  attaccate  niani  atti  all'armi,  la  quale  avea  colà  del- 
le galere  anconitane,  dopo  lungo  e  osti-  le  pretensioni,  come  discendente  dall'im- 
jiLitoconrJillo  alcune  ne  prese,  altre  som-  paratore  Giustiniano.  Ora  per  la  guerra 
inerse,  altre  costrinse  alla  fuga;  onde  per  e  per  la  pestilenza,  essendo  morto  ognuno 
lungo  tempo  non  più  osarono  gli  anco-  de'  Giustiniani  ,  né  restando  di  essa  die 
intani  alzar  la  fronte  contro  la  repub'  de'fanciulletti  o  de'vecchi  (certamente  nel 
Llica,  Dice  di  più,  che  il  doge  essendo  al-  l  187  fioriva  Pietro  Giustiniani  procura- 
Issalo  di  Guglielmo  II,  a  difesa  d'Alessan-  ture  di  s.  Marco),  ed  essendo  vicina  ad  e- 
dio  III  e  di  tutta  Italia,  contro  Feileri-  stinguersi  la  prosapia  loro  in  Venezia, 
co  I,  non  poteva  aderire  alle  brame  d'E-  vivente  il  doge  impetrò  dal  Papa  che  Ni- 
inanuele).  Passò  la  flotta  iieli' Arcipela-  colò  Giustiniani  monaco  di  s.  Nicolò  di 
go,  e  Negroponte  cedette  seii/.a  fave  re-  Lido,  potesse  sposare  la  propria  figlia 
sisleuza.  Il  governatore  greco  di  questa  Anna,  e  per  questo  maritaggio  fiorisce 
città  temendo  maggiori  disastri,  persua-  tuttora  la  chiarissima  schiatta  de'  Giu- 
se  i  veneti  a  mandar  andjasciatori  a  Co-  stiniani.  Di  questo  ho  dovuto  parlarne 
stantinopoli  onde  udire  qtiali  l'ussero  l'in-  p'ii  volte,  e  per  ultimo  nel  §  XV  III,  n. 
tenzioni  dell'imjieratoie.  Essi  furono  xSe-  34-  Leggo  nel  eh.  Uomanin,  che  dopo  tan - 
b.istiano  Ziani  e  Aurio  Mastropiero,  ain-  ti  tumulti  e  discordie,e  il  pubblico  ollrag- 
bo  [>oi  dogi.  Emanuele  licevelie  con  tut-  gio  alla  maestà  del  capo  supremo  dello 
\ì  affabilità  i  legati;  varie  furono  le  Irat-  stato  nell'ucciso  doge, onde  salvare  la  re- 
lative, ma  vedevasi  chiaramente  che  col  pubblica  facevano  ormai  uopo  nuovi  e 
[)roluiigar!e  il  greco  cercava  di  deludere  vigorosi  provvedimenti,  a'quali  i  magi- 
j  veneziani,  e  guadagnar  leoipo.  Il  doge  strali  d'allora  volsero  tosto  l'altenzione  e 
inlanto  svernavacolla  flotta  a  Scio,  quan-  impiegarono  l'opera.  Prima  di  tutto  scin- 
do la  pestilenza  penetrò  nell'armata,  e  brò  necessario  di  provvedere  ad  una  più 
in  brevissimo  tempo  la  ridusse  quasi  a  rcgolaiee  più  ferma  costituzionedelle su 
nulla.  11  doge  nelii72  volle  ripatriare  jneme  magistrature  dello  stato.  1  due 
co'  pochi  avanzi  rimasti,  i  (judi  essendo  consiglieri  e  lo  slesso  consiglio  de'Prega- 
infetti  recarono  a  Venezia  il  morbo  fa-  di  istiluili  al  tempo  del  doi^e  Fla!),»nico 
tale  che  in  pochi  th  fuc?  morire  migliaia  DuU  erano  moderatori  sullicieiiti  alla  du 


I  V  E  N 

cnle  auloiiiìj,  iiii|ieroci;liè  stava  iiell'ar* 
bilrio  del  doge  il  convocare  o  no  quel 
coi)«iglio,  e  hopiìo  facile  gli  liuscivacodi- 
porlo  di  persone  a  se  divote  :  rispetlo  poi 
o'due  consiglieri,  tanto  poca  era  la  loro 
influenza  che  non  si  trovano  neppnr  no- 
minali  nelle  carte  del  tempo.  Tnltavolta 
il  doge  nella  pubhiicaziune  de'decreli  li- 
sa va  questa  formola:  /  lidi  JJicliiel  Dei 
gratin  ditx  f'enet.,  Croniiae,  Dalma' 
line  eie.  curn  judicibus  et  sapienlibus 
eie.  Dall'altro  canto  era  eccessiva  altresì 
la  licenza  del  [lopolo,  che  si  n5aiiife-.tava 
assai  di  fiequeute  con  ttunnlti  ed  alti  vio- 
lenti.Con  veniva  dunque  lestringcre  e  ben 
delei  minare  i  poteri  del  doge,  provvede- 
le  al  modo  che  le  deliberazioni  impor- 
tanti di  pace  e  guerra,  le  leggi  regolatrici, 

'  gl'interessi  infìiie  che  toccavano  dirella- 
mcnte  tutta  la  repubblica  non  fossero 
più  nel  suo  aibitiio,  aia  avessero  a  di- 
pendere da  un  consesso  di  uomini  probi, 
illuminati,  amanti  della  patria;  conveni- 
va ordinare  la  forma  stessa  d'elezione  del 
doge,  fatta  fino  allora  tumuli  uariamenle, 
e  disegnare  la  parte  spettante  al  popolo 
nel  governo,  luqiresa  era  questa  dillici- 
lissima,  che  incontrar  dovea  mille  op[)0- 
sizioni  ,  alTioutare  non  lievi  pericoli  ,  e 
che  richiedelle ,  secondo  attestano  alcu- 
ni cronisti,  ben  6  mesi  prima  di  poter  es- 
sere condotta  a  termine.  Fuialmenle  i 
principali  (ossia  l'antico  tribunale  o  ma- 
gistrato della  Quaianlia,  così  detto  per- 
chè composto  di  4o  membri  ,  investiti 
neir  interregno  della  su[)rema  autorità) 
convennero  nell'opinione,  che  si  dovesse- 
ro scegliere  12  elettori,  «lue  per  sestiere 
(in  cui  era  già  divisa  Venezia),  i  quali 
nominando  ciascuno  4o  de'  migliori  cit- 
tadini, \enisse  a  comporsi  un  gran  con- 
siglio di  4^0  individui  da  rinnovarsi  o- 
gni  anno  al  s.  Michele  a' 2C)  settembre, 
jKM'  opera  di  nuovi  elettori  dallo  stesso 
loii^iglio  designati  per  nominazione  e 
ballottazione  (sulla  varietà  del  numero 
de'compoiienti  il  consiglio,  e  di  altro  le- 
alivo  a  'piealo  grave  argumeulo,  si  lau- 


VEN  77 

nuda  il  riferito  nel  u.7  del  §  XVI).  Do- 
vea speline  a  questo  consiglio  la  distri- 
buzione degli  uilizi  a  maggioranza  di  suf- 
fragi, badando  sempre  a  scegliere  i  mi- 
gliori e  più  siillicienli  cittadini,  non  che 
il  preparare  le  leggi  e  gli  oggetti  da  sol- 
toporsi  alla  pubblica  conclone  o  assem- 
blea (in  questa  durava  neli3o5  soltO[)a- 
sta  allappi-ovazione  del  [lopolo  una  Ira- 
mutazione  di  pena  concernente  i  ladri;  e 
del  i3i  I  si  legge,  <y«OfZ  landdta  vt  prò- 
hatafnit  idlroscripta  corrcclio  in  puldi- 
ca  coiicione).  Nelle  materie  di  massima 
importanza,  specialmente  riferibili  aliii 
politica  esterna,  si  continuò  a  coiivucare 
anche  il  consiglio  de'Piegadi,  che  prepa- 
rava le  materie  da  proporsi  al  gran  con- 
siglio, e  che  divenuto  poi  stabile  s<jtlo  il 
doge  Jacopo  Tiepolo  del  i  22C)-49,  *^'^''S 
il  nome  di  Sciìato.  infine  a'dueconsiglie- 
ri  del  doge  furono  aggiunti  altri  :\,  i  qua- 
li aveano  sempre  |)iìi  a  limitare  il  suo  po- 
tere, e  gli  fu  tolta  la  facoltà  di  stabdirene' 
trattati,  co'vari  princi[)i  estati,  condizio- 
ni speciali  a  favore  di '■è  e  dfl  propiioconi- 
mercio,  come  avevano  fatto  tra  gli  altri 
Orso  Partecipazro  I  col  patriarca  Val[ìei  - 
to  d'Aquileia,  Giovanni  Partecipazio  1[ 
con  (>arlo  111  il  Crosso  imperatore,  Pie- 
tro Tribuno  con  Guido  imperatore;  nou 
convenendo  che  il  capo  dello  stato  poss.i 
trovarsi  in  condizioni  tali  d'aver  inleressi 
differenti  da  (pielli  de'suoi  sudditi. A  com- 
penso quasi  dell'introdotte  restrizioni  al 
potere  del  doge,  ne  fu  accresciuta  la  pom- 
pa esteriore,  e  resa  vieppiù  sagra  e  tute- 
lata la  sua  persona.  Al  suo  uscire  di  ca- 
sa non  avea  più  ad  essere  accompagnata 
da'suli  .suoi  servitori,  ma  da  un  corteggio 
di  nobili  e  popolani;  gli  giurasse  il  po- 
polo ogni  4  ^"ui  fedeltà  per  nsezzo  de' 
capi  di  contrada  (a  questo  magistrato, 
che  tiovasì  già  nominato  nel  XI i  >ecolo, 
dice  il  Romaniu  col  Muazzo,  Sloria.  del 
governo  della  rcpubhlicn  di  f^encziii, 
come  si  vede  da  leggi  posteriori,  spetta- 
va oltre  il  far  giurare  al  popolo  l'ubbi- 
dienza, le  disliibuzioui  dulfiuLuenluj  l'os- 


:8 


\  E  N 


servonza  c!c"  decreti   circa   alle  armi,   la 
iinbl)licazioiie   eli  grida   nelle  chiese,   il 
rapporto  de'  fatti   criininali.  Quanto   al 
j^iiiraiiiento   di  fedeltà  è   ricordalo   fino 
dal  I  07  I  [)el  dogi;  Selvo,  che  nella  sua  e- 
lezioue  fi^ce  doni  al  po[»olo:  qnesle   due 
rose  furono  ora  ordinate  per  legge,  e  sta- 
Jjilite  regolarmente  per  l'avvenire)  o  se- 
stieri: alla  stia  elezione  fosse  portato,  giu- 
sta il  costume  dt'gl'itnperalori  d'Orienìe 
(e  di  alti  i  sovrani,  come  il  Papa  in  Scilìa 
gestatoria),  p.er  la  piazza  in  un  orbico- 
lare  sedile, chiamato  poi  il  pozzetto^  spar- 
gendo  denaro  al  popolo,  nella  quantità 
che  dissi  al  n.  3  di  questo  §.  Tali  mnta- 
luenti  nel  potere  del   doge  non  dispiac- 
quero alla  generalità  de'ciltadini,   come 
«juel'i  che   promettevano  più  lianqnilli- 
tà  alla  repubblica  ,  e  più  allontanavano 
il  pericolo  d'  un  governo  dispotico.   Ma 
non  fu  lo  slesso  quando  il  consiglio  ven- 
ne a  toccare  anclie  de!  modo  di  elezione. 
Yolevasi  solirar  qnesla  dall'inconsidera- 
tezza popolare,  e  snriog-ire  regolari   di- 
scipline alle  tumultuose  acclamazioni.  E 
iierciò  fu  stabilito,  die  d'ora  innanzi  un- 
dici elettoli,  scelti  dui  maggior  consiglio 
e  perciò  dal  celo  de'nobili,  si  ridurrel)be- 
)  o,  onde  conservai  e  lultavia  la  forma  del- 
la pubblicità,  nella  basilica  di  s.    Marco, 
i>er  ivi   procedere  alla  scella  del  nuovo 
doge,  che  dovea  riportare  nove  sulfragi 
Ira  gli  undici,  ed  esser  poi  sottoposto  al- 
rap[)rovazionede!  popolo, Ma  queslo,lun- 
t;i  dal  tenersene  contento,  insorse  contro 
la  nuova   legge,   e  con  altissime  grida  e 
stie[)itando  cominciò  a  proferire   parole 
sconcie  eiugiuriose  contro  quelli  del  con- 
-••iglio,  chiamandoli  tiranni  e  usurpatori 
della  pubblica  volontà  e  libertà,  dappoi- 
ché volevano  escludere  il  popolo  dall'  e- 
lezione  del  doge.  E  tanto   crebbe  il    tu- 
multo, che  poco  mancò  non  si    venisse 
al  sangue,  onde  a  mala  pena  riuscirono 
alcuni  maggiorenti  a  calmarlo,  persua- 
dendolo che  il  nuovo  regolamento   non 
mirava  se  non  ad  introdurre  miglior  or- 
dine uell'elczioue,  la  quale  fuceudosi[iub- 


V  E  N 

blicamenle  nella  chiesa  e  abbisogoanilo 
dell'approvazione  del  popolo, lasciava  sal- 
vo a  questo  il  suo  diritto.  Fu  in  conse- 
guenza stabilito,  che  il  nuovo  doge  ver- 
rebbe presentato  alla  molliludiue  colle 
paiole:  Questo  e  il  vostro  doge  se  vi  pia- 
ce, e  con  tal  mezzo  riuscì  di  quietare  quel 
inoviiDenlo.  Siffatta  conferma  però  si  ri- 
dusse in  progresso  di  tempo  a  semplice 
fjrmalilà,  e  venne  alfine  tolta  del  tulio, 
secondo  che   il   governo  sem[)re  più  si 

lestrinaova  nelle  mani  dell'aristocrazia. 
o 

Dopo  lolla   questa  narrazione  fatta  col 
Uomaoin,  dolio  patrio  storico  ,  non  so 
forse  quanta  intera  veridicità  possano  ave- 
re tulle  quante  l'anteriori  formalità  riferi- 
te dal  sullodato  Sforzosi.  Imperocché  de- 
scrivendo l'elezione  di  Vitale  Michiel  II, 
dice  che  gli  araldi  colle  trombe,  d'ordi- 
nede'tribuni,  convocarono  il  popolo,  che 
occupò  la  chiesa  e  la  piazza  di  s.  Murco, 
e  le  donne,  escluse  dall'atto  dell'elezione 
medesima,  si  schierarono  sulle  gradinale 
erette  a  bella  poUa  nella  piazza  e  sui  pal- 
chi del  campanile.  Che  si  fecero  preghie- 
re nella   basilica  a'ss.  Marco  e  Teodoro 
protettori, celebrandovi  messa  il  patriar- 
ca ili  Grado,  alla  presenza  de'vescovi,  de' 
sacerdoti,  de'nobili  e  de'ciltadini,  perchè 
Dio  illuminasse  l'assemblea  e  gli  elettori 
sulla  scelta  del  doge.  Riporta  il  discorso 
del  decano  de' senatori,  invitandogli  e- 
lettori  allo  scrutinio,  e  di  manifestare  la 
loro  opinione  con  pietre  bianche  o  nere 
nell'urna,  ad  ognuno  de'' seguenti  candi- 
dati scrini  per  ordine  di  età:  Ziani,  Mes- 
ser  Pietro,  Vitale  Miehiel,   Gradenigo  e 
Morosiiii.  Quindi  proposto  dal  decano  de' 
senatori  Ziani  per  doge,  poco  favorevole 
bisbiglio  r  accolse  nella  piazza;  le  pietre 
nere   in   maggioranza   confcrmarouo   la 
sentenza  promuuiala  dal  popolo  ,  onde 
restò  escluso.  Nel  farsi    lo   scrutinio   pei" 
I\l esser  Pietro,  un  grido  di  gioia  fece  sen- 
tire il  parlilo  assai  considerabile  che   ne 
sosteneva  la  candidatura  dentro  e  fuori 
del  tempio,  sperando  così  d'influire  sulla 
lUoluzicut.  della  lUi'SS'uiaUia  de^li  elei- 


V  EX 

Ioli;  ma  le  pietre  bianche  si  trovarono 
ìd  Qjinorilà  nel  fondo  dell'  urna  ,  e  con 
ujeiaviglia  generale  si  seppe  1'  esilo  e 
uiuno  nella  piazza  osò  fiatare.  All'agita- 
zione prodotta  da'due  scrulinii,  successe 
la  calma  per  la  votazione  di  Vitale  Mi- 
tliiel,  non  avcmlo  egli,  come  i  preceden- 
ti, fallo  nulla  per  rendersi  favorevoli  gli 
elettori.  Le  pietre  bianche  si  trovarono 
3  volle  nnaggiori  del  numero  delle  nere, 
i-d  il  decano  manifestando  il  risullato  del- 
lo scrutinio  ,  pronunciò  la  formola  che 
f<iceva  di  Vitale  Mlchiel  un  doge  della 
veneta  repubblica.  Allora  scoppiarono  gli 
applausi,  allora  eccheggiarono  gli  evviva 
sulla  piazza^  sulle  rive  e  sin  nella  chiesa 
slessa,  con  immenso  fragore.  Gl'interessi 
olFesi,  le  fazioni  vinte,  tacquero  in  pre- 
senza di  sì  grande  manifestazione  della 
popolare  allegrezza,  e  nulla  lui  bòil  tiion- 
lo  di  Vitale  Michiel  II.  Il  decano  chiamò 
l'elelto,  il  quale  profondamente  commos- 
so salì  sul  trono  erello  nel  santuario,  ove 
fuuja vano  gl'incensi.  Colà  il  decano,  assi- 
stilo da  due  elettori,  pose  sulle  spalle  del 
nuovo  doge  il  lungo  manto  d'oro  e  di  por- 
pora, segno  della  sua  dignità:  il  patriar- 
ca di  Grado  benedisse  il  corno  ducale,  os- 
sia la  corona  di  forma  frigia,  e  la  posò 
sul  capo  di  Vitale  i\bchitl  11,  il  quale  rin- 
graziò l'adunanza  e  quindi  con  lei  ma  vo- 
ce prestò  il  consueto  giuramento,  che 
identificava  il  doge  cogl'  interessi  della 
re|)ubblica.  Quando  il  doge,  accompagna- 
lo ihil  decano,  dal  palriaica  e  da'  più  di- 
stinti elettori,  uscì  della  chiesa,  gli  ap- 
plausi, r  acclamazioni  ,  lo  slrepitu  degli 
strumenti  musicali ,  il  frastuono  delle 
cautpane  scorsero  l'intera  città,  il  doge 
novello  pas>ò  fra  la  folla,  che  si  apriva 
rispettosa  innanzi  a'suoi  passi,  e  raccolse 
tlappertullo  le  prove  evidenti  della  pub- 
blica soddishizioue,  e  mille  e  mille  voti 
per  la  glori. i  del  suo  principato.  Sotto 
il  governo  di  lui  !a  upubblica  fu  florida 
e  felice  per  i  7  anni.  L'  errore  commesso 
a  Negropoule,  ed  un  avvenimento  che 
non  poteva  prevedere,  suscilaiono  coa- 


V  E  iN  79 

tro  di  lui  riiigratiludiiie  d'un  popolo  in- 
costante. 

8.  Sebastiano  Zianì  A'A'A/A'  doge. 
Pel  i."  ad  essere  elelto  giusta  la  nuova 
forma  pel  sutfragio  degli  i  1  elettori,  che 
il  cav.  Cicogna  chiama  senatori,  radu- 
nali nella  chiesa  di  s.  Marco,  a'  aq  set- 
tembre 1172,  fu  Aiirio  Masti  ojàero,  uno 
degli  elettori,  ma  non  volendo  assumere 
il  carico,  hi  scelto  in  vece  Sebastiano 
Ziaui,  sebbene  non  entrasse  nel  detto  nu- 
mero. Uomo  di  70  anni,  provvido  e  sa 
vio,  intelligente  e  benigno,  e  di  amplis- 
sime ricchezze  fornito,  essendo  fama  che 
avesse  trovata  negli  scavi  d'Aitino  una 
vacca  di  grandezza  naturale  e  tulta  di 
getto  d'oro.  Freseutato  al  [)opolo,  fu  ac- 
clamato di  comune  consenso  e  applauso 
con  gridarsi:  l-^ii'a  il  Doge  e  Dio  vo- 
glia eh'  ei  ci  procuri  la  pace.  E  preso 
II)  quell'entusiasmo  da  alcuni  sulle  spal- 
le, fu  portato  tutto  inlorno  per  la  piazza, 
ed  egli  a  vieppiù  inginziarsi  alla  molti- 
tudine gettava  monete, a  norma  del  pre- 
cedente stabilito.  Prima  cura  del  nuovo 
doge  fu  di  dar  corso  alla  giustizia,  fa- 
cendo ceicare  e  punire  l'assassino  del 
suo  predecessore.  Fu  scoperto  essere  s'a- 
lo uu  Marco  Casolo,  che  tratto  d  d  suo 
nascondiglio,  venne  iiupeso  alle  forche, 
e  la  sua  casa,  posta  fra  la  riva  de'Schia- 
voni  e  ss.  Filippo  e  Giacomo,  fu  demo- 
lita con  decreto  di  non  più  rif.djbricula 
di  pietra.  E  fu  inoltre  stabilito,  che  i 
dogi  per  l'avvenire  nel  recarsi  a  s.  Zac- 
caria non  avessero  più  a  passare  per  l'at- 
tuale riva  degli  Schiavoni,  ma  per  la  via 
de'  ss.  Filippo  e  Giacomo.  Poi  volgendo 
lo  Ziani  l'attenzione  alle  cose  delle  fi- 
nanze, trovò  queste  nel  massimo  disor- 
dine; e  dall'altro  canto  le  spese  crescere 
giornalmente,  e  pe' bisogni  delia  guerra 
co'greci,  che  probabilmente  doveasi  con- 
tinuare, e  pe' sussidii  che  non  conveniva 
sospendere  alla  legi  lombarda.  In  tante 
strettezze,  decise  il  consiglio  la  sospen- 
sione del  prestilo  fallo  al  4  P^"'"  100, 
per  l'armaraculo  contro  Eioanuele, onde 


8o  V  E  i\ 

fin  triilioia  eiasi  custituilo  un  vero  lian- 
co  nazionale,  il  i ."  d'Europa,  come  di- 
chiarai nel  §  XVII,  n.  2.  Questo  stato 
di  cose  rese  vivissimo  il  bisogno  della 
pace  cou  Emanuele,  per  cui  il  doge  si 
decise  mandaigli  nuovi  ambasciatori  , 
sebbene  il  liatlamento  fatto  a  quelli  in- 
viati dal  picdecessore  poteva  pmltoslo 
aumentare  die  scemare  il  risentiiiiento. 
Dappoiché  Emanuele  imbaldanzito  per 
le  «lisgrazie  dell'armata  veneta,  lungi 
dall' ascoltare  trattative  di  pace,  prose- 
guendo a  molestare  i  veneti,  avea  futlo 
abbacinare  l'oratore  Enrico  Dandolo, 
poi  celebre  doge,  per  aver  con  calore 
propugnato  l'onere  della  propria  nazio- 
ne. 11  prof.R.omanin  mette  assai  in  dubbio 
r  impiobabile  accecamento,  con  ragio- 
nevoli teslimoiiiiuize.  Certo  è,  che  Ziani 
e  il  suo  governo  vedendo  che  tutte  le 
pratiche  di  pace  coll'orgoglioso  e  sleale 
Emanuele  tornavano  vane,  dovette  di 
necessità  pensare  seriamente  a  continua- 
re la  guerra,  ed  a  farsi  forte  d'armi  e 
d'alleanze.  A  quest'effetto  mandò  En- 
rico Dandolo  e  Giovanni  Badocr  a  Gu- 
glielmo Il  le  di  Sicilia,  per  istrignersi 
con  lui  in  lega  contro  l'indegno  Ema- 
nuele; rna  avendo  essi  incontrato  due 
oratori  greci  che  si  recavano  a  Venezia 
con  nuove  proposizioni,  loro  si  atcooi- 
pagnaroiio.  Ascoltati  dal  doge,  fu  spe- 
dita altra  ambasciata  a  Costantinopoli, 
ma  senza  lisultalo,  per  le  male  arti  u- 
sale  da  Emanuele  onde  deludere  i  ve- 
neziani e  allontanare  la  guerra.  Tron- 
cata perciò  ogni  pratica,  partirono  [ler  la 
Puglia  Aurio  IVlastropiero  e  Aurio  Dau- 
rio  o  Doro,  ove  nel  settembre  1170  con 
Guglielmo  II  segnarono  un  trattato,  pel 
quale  furono  ampliate  1'  immunità,  già 
concesse  al  commercio  veneziano  dal 
padre  Guglielmo  1, stabilendosi  fra  le  al- 
tre cose  che  i  veneti  potrebbero  traffi- 
care  ne' suoi  slati  s'i  per  mare  e  si  per 
terra;  che  pagherebbero  solo  la  metà 
di  quanto  aveano  convenuto  i  due  re 
predecessori  ;  ad  ogni  violenza  e  n)ole- 


V  E  N 
stia  contro  di  essi  sin  ebbe  data  soddisfa- 
zione; eselusi  da  questo  trattato  i  cor- 
sari, e  quelli  che  prestassero  aiuto  al- 
l'imperatore  greco;  promettendo  inol- 
tre il  re  di  non  invadere  i  domini!  ve- 
neti da  Ragusa  a  Venezia,  e  durare  il 
patto  20  anni  e  pili  quando  piacesse  ad 
ambo  le  parti.  Questo  trattato  fu  da 
alcuni  qualificato  alle^anza  ventenne.  Era 
intanto  a  cuore  della  repubblica  di  to- 
gliere a  Emanuele  l'importante  appog- 
gio che  avea  in  Italia,  nella  città  d'An- 
cona (a  cui  essendo  unito  il  vescovato 
d'  Uiìiaiia,  in  tale  articolo  meglio  ne 
lagionai  ).  In  quel  punto  si  assediava 
(o  meglio  nel  i  lyS)  da  Cristiano  arci- 
vescovo di  Colonia  0  meglio  di  Magon- 
za  (è  riferito  co' nomi  de'due  arcivesco- 
vati, perchè  Federico  1  tolse  quello  di 
Magonza  al  cardinal  Corrado  Witelle- 
spach  e  lo  die  a  Cristiano  di  Colonia, 
dopo  la  cui  morte  lo  ricuperò  il  cardi- 
nale) per  P'ederico  1,  ed  i  veneziani  non 
isdegnarono  di  cedere  al  suo  invito  e 
d'  unirsi  a  ini  per  abbattere  il  comune 
nemico,  mandando  le  proprie  forze  na- 
vali B  quell'assedio,  anche  per  repri- 
mere le  continue  molestie  degli  anconi- 
tani a  suggestione  d'Emanuele.  Stretta 
Ancona  per  mare  e  per  terra,  non  fu 
presa  pegli  aiuti  della  contessa  di  Ber- 
linoio  e  del  dominatore  di  F'errara,  di- 
voti a  Papa  Alessandro  III.  Sopraggiun- 
te r  inverno  i  veneziani  si  ritirarono,  e 
concluso  un  trattato  con  Rimini,  per 
lungo  tempo  chiusero  agh  anconitani 
perfino  l'uscita  del  porto;  e  nel  1174 
si  fecero  concedere  dagli  slessi  anconitani 
la  guardia  del  golfo,  ad  onta  che  la  bra- 
mavano essi.  Frattanto  Federico  I  era 
calato  con  nuovo  esercito  in  Italia,  in- 
cendiata Asti  e  presa  Susa  ;  però  riusci- 
rono vani  i  suoi  sfoizi  sopra  Alessandria 
difesa  dalla  lega  lombarda.  S'  intavola- 
rono proposizioni  pacifiLhe  dalle  due 
parti, efu  invitato  Alessandro  HI  a  man- 
dare i  suoi  legati  a  Pavia,  e  nel  i  lyS 
fu  pure  soUoscrillo  un  coiv.promcsso  iu 


r  V  E  N 

IMondìello,  che  comprendeva  le  ciltà  dì 
LoMib. lidia,  Marca  di  Verona,  Venezia 
(alla   quale  Federico  I   con  giiirainenlo 
avea  piomesso  pace)  e  Romagna;  onde 
l'esercito  lombardo  in  ciò  fidalo,  si  sciol- 
se pei'  tornare  alle  proprie  case.  Ma  Fe- 
derico 1  nel  1  I  76  appena  ,sep|)e  che  sla- 
vano per  ai  rivaie  riidurzt  di  Gei  mania, 
scendendo   per   le  nionlagne  al  lago  di 
Conio,   mentre   era  chiuso  e  ben  guar- 
dalo l'Adige  da'confederali,  all'improv- 
viso parli  da  Pavia  e   si  lecò  loro  incon- 
lio.  Posto<<i  quindi  nel  declinar  di  mag- 
gio alla  loro  lesla,   si  avviò  verso  il  ca- 
stello di  Lt'gnano  nel  contado  di  Seprio 
(non   quello   del  Veronese   sull'Adige) 
.Nuli' Olona  nel  Milanese.  Le  città  italia- 
ne dal  canto  loro  appena  ebbero  avviso 
dell'arrivo  di  quelle  nuove  truppe,  rin- 
novarono  il   giuramento  d'unione  e  di 
aiutarsi  scambievolmente,  preparandosi 
alla  dilesa.    A' 19  maggio  1  176  i  mila- 
nesi uscirono  incontro  a  Federico  i,  che 
si  trovava  i5  miglia  lungi  dalla  loro  cit- 
tà, e  con  essi  erano  i  bresciani,   piacen- 
tini,  lodigiani,   novaresi,   vercellesi   fin 
allora  arrivali.  Trassero  fuora  il  carroc- 
cio,  e   prima   di   cominciar  la  battaglia 
inginocchiatisi   invocarono  il  diviuo  soc- 
corso, iiidispiegali  gli  stendardi  mossero 
arditamente   contro    il    nemico.    Al  i.° 
Ulto   la  compagnia  del  Carroccio  piegò 
un  istante;   quella  della  Morte,   rinno- 
vando  ad   alla  voce  il  giuramento,  ac- 
corse e  res;)inse  con  tanta  furia  le  trup- 
pe alemanne,  che  giunse  perfino  ad  at- 
terrare lo  stendardo  imperiale.  Federico 
1,  che  combatleva  nella  1."  linea,  fu  ro- 
vescialo  da   cavallo,   e   la   sua   squadra 
sbaragliata.    (Generale  divenne  allora  lo 
scompiglio  e  la  fuga;  que'che  niiii  pe- 
I      rìrono  di  spada,  annegarono  nel  Ticino. 
Più  non  trovandosi  l' imperatore,  per  es- 
ser fuggito  liaveslilo  e  nascostosi,  corse 
voce  di  sua  morte,  e  l' impeialrice  liea- 
Ilice  di  lìorgogna  a  Como  avea  già  ve- 
stito   il  bruno.    Tale   fu  la  famosa  bal- 
la^jlia   di  Legnano,  che  altri  dissero  di 
VOL.  xcii. 


V  E  i\  81 

Como,  frullo  della  quale  fu  la  paco  lot 
l'imperatore,  e  il  riconoscimento,  daìi» 
parte  di  questo,  delle  bbertà  de'coniuin 
municipali.  La  giornata   di  Legnano  ca 
gionò   la  rovina  della  potenza  degl'  im- 
peratori in  Italia.  Federico  I  [)erseculore 
di  Papa  Alessandro  111  era  stalo  da  que- 
sti scomunicalo,  anche  qual  sostenitore 
dello   scisma   di  3   antipapi,   ed    inoltre 
sciogliendo   i   di    lui  sudditi  dal  giura- 
mento di  fedeltà.   Fino  dal  1170  avea 
mandalo   dalla  Germania   il  vescovo  (!< 
Bambeiga    Eberardo   (o   Ermanno,   il 
quale  poi  intervenne  al  sinodo  celebralo 
da  A  lessa  lidio  111    in   s.  Marco,   e   poco 
dopo  morendo  in  Venezia,  fu  sepolto  in 
quella  basilica)   per  trattare  col  Papa, 
non  tanto  per  desiderio  ch'egli  avesse  del- 
la pace,   poiché  ambizioso  e  superbo  lo 
disprezzava,  ma  colla  intenzione  di  slac- 
carlo dalla  lega  lombarda.   Se  non  che 
Alessanilro  111,   propugnatore   della   li- 
bertà d'Italia,  se  ne  accorse,  He  informò 
tosto  i  collegati    invitandoli  a  mandare 
un  tlepulalo  per  assistere  alle  conferen- 
ze. Da  Benevento  pai  lì  per  Veroli,  ove 
ricevè   1'  inviato   inqìeriale,   il  quale  di 
chiatò  voler  l'imperatore  approvare  U: 
sue  ordinazioni,  parlando  ambiguamen- 
te quanto  a  riconoscerlo  per  Papa.  Que- 
sti cui  le  sventure  non  aveano  punto  al 
lerato  la    fermezza  d'  animo  e  1'  imper- 
turbabilità, rispose  al  vescovo,  allamen 
le   meravigliarsi    come  venisse  con  lalc 
ambasciata,   che  nulla  conteneva  ili  ciò 
che  più  importava  ;  esser  egli  pronto  ad 
onorare   l^'ederico  l    sopra   tulli  i  prin- 
cipi d'Europa,  (piando  egli  dimostrasse 
la  dovuta  divozione  alla  Chiesa,  e  senza 
allio  lo  licen/io.  Kel  i  172  passò  il  l'apa 
in  Anagiii  e  vi  dimorò  mollo  tempo.  Dis- 
si  già   che   nel    1175   l' imperatore  per 
guadagnar  tempo  riannodo  le  Irallalive 
co'  lonìbardi,  e  fece  sapere  al  Papa  che 
avrebbe  volentieri  trattato  co' cardinali 
d'Ostia,  di  Porto  e  di  Pavia;  ma  tutte 
le   conferenze   riuscirono    inutili.    Però 
do[io  lu  diblàllu  di  Legnano,  b'cderico  1 
G 


82                      V  E  N  \  E  ^' 
si  decise  fermamente  per  la  pace,  aljbil-  rilà  della  battaglia  a  Salvore  taciuta  dai 
luto  da  lina  lunga  seiie  di  calaniilà.  Qui  più   antichi   sciillori,   ma   a  rj uè' pochi 
la   storia   è  ini  label iiito,    >u!nei;ita  da  che  nulla  ne  dicono  è  sostituita  la  n)ol- 
nn  conflillo  di  date,  d'  incongnienze,  di  teplicitàdi  (juelli  che  ralTermano.  Il  cav. 
favolosi   racconti,  senza  critica  :   però  a  Cicogna  parlando  del  doge  Ziaui   nel- 
lullo  ripararono  co' loro  SI  itti  gli  stessi  V  Inscrizioni  Ventz'ane,  t.   4>  P-    568 
storici    veneziani,   cioè   il  cav.  Cicogna,  e  seg.,  riferisce   le   discrepanti  opinioni, 
il  nobile  Angelo  Zoo,  poscia  il  Roniiinin,  illustrando  dottamente  la  di  lui  epigraft: 
e  ullìnianiente  Io  Zanotto,  Narra  vasi  in  sepolcrale,  non  che  pubblicando  le  Me- 
filti  da  molti,  che  continuando  lo  scisma  morie  inforno  la  i'cnnta  di  Papa  Ales- 
soslenuto  da  Federilo  I  nemico  d'Alessoii-  saiidro  HI  in  Fenezia  nell'anno  i  177 
dro  III,  cjoesli  fuggì  sotto  mentite  spogli»;  e  a'  diversi  suoi  documenti,  raccolte 
di  pellegrino.  A  fronte  de' vari  accon»o-  dal  nobile  Ji!g<  lo  Zon  $\itnunc\a[o.  Nel- 
dametiti  intavolali  Ira  lui  e  l'imperalo-  le  biografìe  de' Papi  io  seguo  priucipal- 
re,  cercando  un  a^ilo  sicuro,  non  lo  rin  iDeiile,  come  la  migliore,  la  Storia  dei 
venne  che  in  Venezia,  ove  si  recò  di  na-  Pontefici  di  Novaes.   Coo  esso  dunque 
scos'o  colle  galee  di  Guglieluio  11  re  di  nella  biografia  di  Alessandro  ///rac- 
Sicilia  nel  1177.  Pochi  gioì  ni  sielle  in  coniai    la  vitloii;j    navale,   e  confutai  la 
cognito  in  Venezia  (di  più  secondo  Cor-  calunnia  favolosa  dell'  orgogliose  parole 
ner,  e   nel  monastero  di  s.  !\Iai  ia  dell.»  poste  in  bocca  al  virtuoso  Papa,  quando 
Carità  de*  canonici   regolari    Portuensi,  Federico  I  gli  fece  ossequio,  secondo  Gio- 
e  nel  Diodo  con  lui  e  con  altri  scrittori  vanni  Villani  e  altri,   forse  accreditale 
riferito   nei§X,  n,  li),  e  riconosciuto  dalla   sedia   papale    un    tempo  esistente 
gli  furono  tributali  gli  onori  che  meri-  nella  basilica  Lateraneuse,  che  descrissi 
tava.  La  repubblica  sul  momento  inviò  nel  voi.  X,  p.  265.  Altri  in  vece  con  più 
Fdippo  Orio  e  Jacopo  Cenlranigo  am-  piobabililà  dissero  che  Alessandro  III  nel 
bascialoii  in  Pavia  dov'era  r  impeialore,  licevere   le  dimostrazioni  della  veoera- 
chiedendo  che    gli    piacesse   ridonar  la  zione  dell' imperatore,  esclamasse:  iV^o/j 
pace  alla  Chiesa  e  all'  Italia.  Non  ascollò  a  Noi,  ina  a  Pietro.  Pare  che  il  Deniua 
queste  voci  Federico  \,   anzi  chiese  che  nella  Storia  delle  livoluzioni  d  Ilaliu 
gli   si   consegnasse   nelle    mani    il  Pupa,  accusi  il  Papa,  come  [)ensoso  più  di  se, 
altrimenti  i  veneziani  diverrebbero  suoi  che  della    lega    lombarda;   ma  tosto  lo 
nemici,  e  pianterebbe  le  sue  aquile  sulla  scusa  per  1'  impero  delle  circostanze,   e 
porta  della  chiesa  di  s.  INIarco.    In  fatti  pel  dovere  cui  mancar  non   doveva,  di 
egli  allestì  una  flotta  di  ^5  galee,   e    vi  salvare  la  Chiesa.  Nel  uairarepoi  la  som- 
prepose  Gitone  suo  figlio;  ed  i  veneziani  missione,  con  cui  Federico  I  chinossi  in 
una   di    3o    solamente,   comandata   dal  Venezia    ad    Alessandro  111,  per  essere 
doge.  Tra  Pirano  e  Parenzo,  nel  luogo  ribenedelto,  il  Denina  dichiarò.   -•'  Non 
detto  Salvore,  il  dì  dell'Ascensione  1177  rilussero  mai  per  l'onore  del  Sacerdozio 
scontraronsi  le  due  armate.  Le  forze  re  [)iù  lieti  giorni,  né  più  gloriosi;  ne  mai 
ciproche  essendo  ineguali,  la  villoiiado-  la  città  di  Venezia  fu  lealro  di  più  uo- 
veva  essere  certam^'ule  dell'imperatole,  bili  azioni  ".  Egli  è  per  questo,  non  che 
se  non  avesse  avuto  il   vento  contraiio.  per  leltificuie  coli'encoiniato  Roinaniu 
Col   (avoie    di  questa  circostanza,   i  ve-  molti  fitti  e  pailicularità  storiche,  che 
neziani  vinsero.  Ottone  falto  prigioniero  dovrò  alquanto  dilfondeimi  sul  memo- 
Io  si  rimandò  al  padre  onde  interessarlo  rabile  e    fauioso    avvenimento,    ezian- 
alla  pace.  Federico  I  accousenlì  e  fu  fir-  dio  a  gloria  di  Venezia,  ove  si  terminò 
mala  ec.  Si  sparsero  de' dubbi  sulla  ve-  una  lolla  tra  il  Sacerdozio  e  l'Impero 


V  E  N 
dm  ala  i-anni  con  funeste  consegiien??, 
rol  Irionfo  della  s.  Sede.  Sci'isse  il  tri- 
\igiaoo  Rinaldi,  compendiatole  ollimo 
degli  Annali  ecrlfsuislici  del  cardinal 
Baronio,  coll'autoritò  degli  .liti di  Papa 
.llessandro  ///,  sciilti  da  un  contem- 
poraneo testimonio  di  tutto,  esistenti 
nella  Bdjlioteca  Vaticana.  «  E  scrivendo 
noi,  non  pure  non  vogliamo  oscurare  la 
gloria  della  serenissima  repubblica  di  Vi- 
iicgia,  ch'ella  lia  degnamente  merilnlo, 
per  l'albergo  non  nece»sario,  ma  volon- 
tario, ch'è  di  maggior  lode,  del  Romano 
Pontefice,  facendogli  tanti  e  sì  grandi 
benefìcii  e  onori,  e  usando  somma  libe- 
ralità col  Vicario  di  Cristo;  non  solo, 
dico,  noi  non  vogliamo  offuscare  la  sua 
gloria  ,  anzi  aggiugniamo  facelle  ,  per 
farla  maggioroienle  ii splendere,  e  vie 
più  1'  illustreremo  con  gli  splendori  del- 
la verità,  aggiugnendone  tanti,  quante 
sono  le  scritture  d'autori  antichi  sinora 
non  venute  alla  luce,  le  quali  noi  prò- 
durreu)o  ".  Certamente  che  i  racconti 
del  Rinaldi  sono  interessanti  e  della  più 
grande  importanza  pei"  la  storia.  Col 
Fellone  poi,  De  viaggi  da  Sommi  Pon- 
tefici intrapresi,  dissi  a' loro  luoghi: 
Che  Alessandro  111  dono  l'Epifania  del 
1177  per  Troia,  Siponio  e  iMon'f  Gar- 
gano si  condusse  a  Inasto,  ed  ivi  ioi- 
barcossi  sulle  galere  di  Guglielmo  II  re 
di  Sicilia  e  co' suoi  inviati;  che  fu  a 
Zara  e  poi  giunse  a  Venezia  solenne- 
mente ricevuto.  Il  eh.  Romanin  con  eru- 
ditissima e  critica  digressione,  dopo  aver 
es|)osto  con  docoincnti  la  minuta  nar- 
razione del  grande  avvenimento,  riferì 
eziandio  tutto  quanto  di  non  vero  e  di  fa- 
voloso fu  pubblicato,  e  per  tale  pure  egli 
tiene  la  pretesa  fug;i  incognita  d'Ales- 
sindio  111  e  la  vittoria  navale  su  Fe- 
derico I.  L' C'ipoiizione  verace  che  con 
lui  vado  a  giovHimi  di  riprinlmre,  ba- 
sterà a  far  cono'.cere  quanto  nel  resto 
non  è  provalo.  E  la  storia  e  chi  la  scri- 
>e  gli  debbono  esser  grati,  oltre  a*  sid- 
lotliili   illustri   e  bencniprili  conciltadi- 


V  E  X  ^^ 

ni,  per  aver  s.Tputo  vender  chiaro  quan- 
to (ino  a  lui  ed  a'  nominati  era  confu- 
so, per  quanto  sia  a  mia  cognizione,  sce- 
verando l'identico  dal  falso  o  da  dub- 
bie tradizioni,  foimanti  manifestamente 
contraddizioni  e  anacronismi.  A  me  pare 
dunque  che  il  seguente  di  lui  racconto 
sia  da  preferirsi  a  quello  degli  altri,  e 
fra  parentesi  precipuamente  innesterò 
e  ricorderò  quanto  di  nnalf)go  <lissi  al- 
trove o  vi  as;niun"erò  alcuna  erudizio- 
ne,  col  Rinaldi  e  altri  che  andrò  dicendo, 
in  prova  di  adesione,  e  per  confutare 
anch'  io  quanto  altrimenti  venne  scritto. 
Egli  è  per  questo  che  ora  non  volli  u- 
sare  de!  libro  che  posseggo,  già  ricor- 
dato nel  rammentato  n.  i  1  del  §  X  e 
intitolato:  Hi^loria  della  venuta  a  /^e- 
nefia  occultamente  nel  1  177  di  Papa 
Alessandro  IH,  e  della  vittoria  otte- 
nuta da  Sebastiano  Ziani  comprohata 
da  d.  Fortunato  Olmo  CasineseAn  Ve- 
netia  1629  per  Evangelista  Deuchinn. 
Così  pure  dell'altro  libro  di  mia  pro- 
prietà :  f^ifa  di  Alessandro  III  Ponte- 
fice Massimo  di  Gio.  Francesco  Lore- 
dana. In  Veneliai637  perii  Saizina.  Il 
eh.  Peruzzi /incora  nella  Storia  d'Anco- 
na, t.  I,  p.  "ÌTLi  e  seg.  dichiara  romanzo 
lìial  lessutneimposture  putide,  le  pretese 
figa  d'd  Papa  e  vittoria  navale  de'  ve- 
neti su  Federico  I,  addurendo  testimo- 
nianze di  gravi  storifi.  Bramando  Fe- 
derico I  pace  dopo  la  pugna  di  Legna- 
no, già  l'avvicinamento  de' veneziani  che 
avevano  dato  appoggio  a  Cristiano  di 
IMagonza  nell'assedio  d'Ancona,  eragli 
stato  di  molto  piacere,  ed  ora  pensando 
che  sarebbero  ottimi  mediatori  fra  le 
due  parti,  più  volle  ne  scrisse  al  doge 
Ziani,  rneltendo  in  suo  arbitrio  di  trat- 
tarla colla  Chiesa.  E  a  cpiesto  si  unirono 
i  redi  Francia  e  Inghilterra;  tanto  ch'i 
alfine  ben  preparata  e  avvinta  la  pro- 
tica,  l'imperatore  manrlò  gli  arcivescovi 
Guglielmo  di  M.igdeburgo  e  Cristiano  di 
IMagonza,  con  Pietro  vescovo  di  Worms 
ad  Anagni,  ove  dono   \^  giorni  di  con- 


84  V  E  N  YEN 
foienze  si  concluse:  Che  i' irtiperatoie  nia  del  1177  (il  Borgia  neWe  Memorie 
liconosceixbbe  Alessamlro  IH  come  le-  storielle  di  Bchcvcìì lo,  dice  vUe  \\ì  s'  un- 
gillimo  Pontefice,  non  moieslerehbe  Ijarcò  nelle  galere  prepaiategli  da  Gii- 
(juelli  che  ne  avevano  sostenute  le  pnili,  glielino  il  re  di  Sicilia).  Di  là  continuò  il 
e  linunzierebbe  allo  scisma  dell' an(i-  viaggio  per  Troia,  Foggia  e  Siponlo,  ove 
papa  Calisto  111  (di  cui  anche  nel  voi.  trova  vasi  il  25.  Toccò  i!  Monte  Gargano  e 
LXXXIU,  p.  i36);  e  quanto  alle  con-  fu  a /'^rr^/oy  tua  continuando  bui  rascoso 
troversie  colla  lega  louil)arda,  foimei eh-  il  tempo,  non  potè  imbarcarsi  nel  mare 
beio  queste  soggetto  di  particolari  liat-  Adriatico  sulle  galere  siciliane  destinale 
lative, a  ben  incamminar  le  quali  il  Papa  a  riceverlo  e  fargli  onore,  se  non  a'f) 
slesso  sarebbesi  recato  nelle  parti  di  Lom-  marzo  i.°  giorno  di  quaresima  (Gugliel- 
bardia,  per  dare  colla  sua  mediazione  moli  provvide  le  7  o  i  i  galere  cariche 
maggior  vigore  e  più  sollecito  elfetto.  di  vitlovaglie  e  armi,  oltre  altri  navigli  ac- 
Disponevasi  quindi  il  Papa  a  partire  alla  cresciuti  a  maggior  decoro  de!  Pontefice, 
volta  di  Ravenna  o  di  Bologna,  ma  tut-  econ  cavalli  bianchi  ;  ed  egualmente  per 
tavia  prima  di  lasciare  Anagni  mandò  onorcvolezza  del  Papa  gli  die  per  accora- 
Umlioldo  vescovo  d'Ostia  [e  P'el/ctri,  pagnamento  nel  viaggio  due  persone  prin- 
cioè  Ubaldo  Allucingoli  cardinal  decano  cipali  del  regno,  cioè  R.omualdo  arcive- 
del  sagro  collegio,  che  gli  successe  col  scovo  di  Salerno,  e  Piuggero  conte  d'An- 
nome  di  Z»r/o ///)  e  Piainero  (/iV//??V/-o  dria  e  gran  contestabile.  Alessandro  III 
da  Pavia)  cardinale  diacono  di  s.  Gior-  dopo  essere  rimasto  in  Vasto  diversi  gior- 
gio  in  Velabro,  per  ottenerne  carta  di  ni,  ove  con  pena  seppe  la  defezione  della 
guarentigia  e  salvacondotto.  Trovarono  lega  lombarda  e  l'unione  all'imperatore 
Federico  1  a  Modena,  e  da  lui  onorevoi-  di  Cremona  e  Tortona,  con  gran  risenti* 
niente  accolti,  ebbero  la  domandata  car-  mento  de' lombardi,  e  dopo  avere  per 
la,  giurata  sopra  i  ss.  Evangeli  in  nonie  tempo  celebrato  messa  e  falla  la  funzio- 
suo  da  Corrado  figlio  del  marchese  di  ne  delle  Ceneri,  s'imbarcò  con  lutto  l'ac- 
Monferrato  e  da'principi  che  seco  era-  compagnamenlo.  Nel  i.°giornodella  na- 
no, secondo  il  promesso  dagli  ambascia-  vigazione  solVri  furiosa  tempesta,  e  col- 
tori  in  Anagni.  Allora  Alessandro  li!  l'aiuto  de' ss.  Pietro  e  Paolo  polè  appro- 
parfi  da  Anagni  (a'  6  dicembre  i  176  dare  co' cardinali  iu  io  galere  all'isola 
vuole  Ferlone)  e  scelta  per  maggior  si-  l^olacrosa,  tutti  stanchi  pel  patito  disa- 
curezza,  per  non  attraversare  le  terre  gioì  tranquillalo  il  mare,  nella  notte  si 
occupale  dalle  parli  belligeranti,  la  via  continuò  il  viaggio,  precedendo  la  galea 
di  mare,  decise  per  questa  trasferirsi  a  del  Papa  con  grande  luminaria.  Erano 
Venezia,  e  di  là  al  luogo  del  congresso,  inoltre  col  Papa  i  cardinali  Manfredo 
Si  fece  precedere  da  6  cardinali  (per  ter-  vescovo  di  Palestrina  de'conti  di  Tenlo- 
la  da  Siponto  a  Bologna,  per  raggu«-  naria,  Giovanni  del  titolo  di  s.  Anastasia, 
gliaree  accertare  di  sua  venula  l'inqie-  Bosone  del  titolo  di  s.  Pudenziana,  Cin- 
ratore  e  i  lombardi:  il  che  inleso  dal-  lio  diacono  di  s.  Adriano  e  Ugone  dia- 
l'anlipapa  Calisto  III,  residente  in  Vi-  cono  di  s.  Eustachio),  la  susseguente  do'- 
terbo,  senza  a  lui  farsi  partecipazione  menica  giungendo  a  Ziira.  Il  giorno  23 
«Iella  concordia  che  andavasi  a  stabilire,  dello  stesso  marzo,  dopo  visitale  le  varie 
co'suoi  ne  sentì  amarissimo  cordoglio),  isole  della  Dalmazia,  il  Papa,  co'cardi- 
che  si  presentarono  all'  imperatore  a  Ra-  naii  e  gli  altri,  arrivò  a  s.  Nicolò  del  Lido, 
venna  ;  ed  egli  intanto  pervenuto  a  Be-  ove  fu  ricevuto  con  tulle  le  distinzioni 
«evento  nel  dicembre  i  176,  vi  dimorò  dovute  al  suo  grado,  dal  figlio  del  doge 
dalla  festa  di  Natale,  a  quella  dell' Epifa-  e  da' principali  della  città  usciti  ad  in- 


V  E  N 

contrarlo.   Nel   dì  seguente,  vigilia  ilel- 
l'  Aiitumziata,    il  doge  Ziaiii  ed  i  suoi 
primari  cittadini,   il  piiliiaica  di  Grado 
Enrico  Dandolo,  i  vescovi,   il  clero,   ve- 
^tlti  de'  loro  abili  sacerdotali,  colle  croci 
inalberale  e  con  isplendulissiiuo  seguito 
si  recarono  sopra  adorni  navigli  a  leva- 
re Alessandro  111,  die  ricevuto  dal  doge 
nella  propria  barca   sopra  tulle  le  altre 
Cimata  e  ricchissima,  sedette,  avendo  a 
ileslra  il  doge  ed  a  sinistra  il  patriarca. 
Li   solenne  e  sontuosa  coni  ili  va  discese 
alla   piazza  di  s.  Marco,  e  tutti  si  reca- 
rono tosto  ad  orare  nella   basilica,  ove 
otlendevali   una    moltitudine  immensa, 
che  occupava   non  solo   la   chiesa,  ma 
anco  le  parti  superiori  di   essa  ;   poiché 
forse  già  avea  le  gallerie  superiori,  e  tut- 
to il  brolio,come  allora  chiama  vasi  tjuel- 
lo  spazio  di  terreno  dal  ducale  ptdazzo 
fino  all'Ascensione.  Ebbe  poi  alloggio  il 
l'apa  nel  palazzo  del  patriarca  a  s.  Sd- 
ve-itro,  e  fuiono  tosto  cominciate  le  Irat- 
Icdive  coir  imperatore  per  mezzo  di  let- 
tere e   messi,  che  conliuuarono  per  17 
giorni.  Giunsero  ini. mio  quali  ambascia- 
lori  di  Federico  1   il  vescovo  di  Magde- 
bnrgo    Weremondo,  il   vescovti   eletto 
di  Worms  Corrado,  e  un  protonolario 
(il    Piinaldi  lo   nomina   coli' iniziale   A.; 
uia  trovo  nel  conte  Galli,  RL  tre  Ito  del- 
la  storia  de' principali  Trattali  di  Pa- 
ce :    Trattato  di  fciuzia  anno  1177, 
eh'  era    il   signor  di  Pafy    protonolario 
liti  regno.    E  qui  dirò  che  in  questa  o- 
[)L-rj  si  ragiona  ancora  dell'origine  della 
roltura  di   Federico   I  colla   s.    Stn\Q   e 
culle  cillà  di  Lombaiilla,  e  con  Gugliel- 
mo 11.  JN'on  si  p.ula  all'ilio,  né  di  segre- 
ta venula  del  l'apa  a  Venezia,  né  di  vit- 
toria navale  de' veneti  sull' imperatore), 
cJ  aojuicssi  ulla  presenza  del  l'apa,  dis- 
-^eio:   L'  impcr.itore  es>er  pronto  ad  a- 
.ÌL'iiipire  ipMiito  era  stato  stabilito;  non 
|>utcre  [)erò  in  alcun  modo  acconsentire 
i;oi>gresso  in  Bologna,  cillà  oslile  agli 
:i[)eriali   e   avuta    da  tulli  i  suoi  prill- 
ali in  5(jsptlloi  pregavano  quindi  Sua 


V  E  iV  85 

Santità  volesse  scegliere  altro  luogo  ido- 
neo, come  Ravenna  o  Venezia.  Al  che 
Alessandro  III  rispose  :  Essere  ormai 
stato  convenuto  per  la  mediazione  del 
cardinal  Allucinguli  e  del  cardinal  lla- 
uiero,  che  l'imperatore  giungesse  in  I- 
Qsola,  nel  tempo  slesso  che  il  Papa  a  Bo- 
logna ;  non  poter  quindi  questo  accorilo 
alterare,  senza  il  consenso  de'suoi  allea- 
ti ;  se  ora  spi.ace  all'  inìperatore  quanto 
aveva  prima  approvato,  sé  stesso  aver- 
sene a  rimproverare;  tuttavia  aduichè 
non  ne  venisse  sconcio  alla  desiderata 
pace,  voler  egli,  il  Papa,  recarsi  tosto  a 
Ferrara  e  colà  tener  parlamento  co' de- 
putati lombardi.  Avendo  i  legati  ade- 
rito alla  proposizione,  furono  subito  s[)e- 
dite  lettere  apostoliche  a  tulli  i  vescovi 
e  rettori  delle  cillà  di  Lombardia,  invi- 
tandoli a  convenire  la  domenica  di  Pas- 
sione alla  presenza  sua  in  Ferrara.  Parù 
Alessandro  III  co' cardinali  da  Venezia 
a  quella  volta  a'  C)  aprile  (ma  siccome 
intanto  erano  concorsi  in  Venezia  dalle 
cillà  circonvicine  gran  numero  di  nobili 
e  altri  per  vedere  e  udire  il  Papa,  come 
se  fosse  uu  Angelo  mandato  da  Dio,  il 
Uealissimo  Padre  giudicò  bene  di  ce- 
lebrar messa  nella  prossima  domenic.i 
Laeiare  nella  chiesa  di  s.  Marco.  E  così, 
vestendo  de' sagri  abili,  e  portando  se- 
condo il  rito  la  Rosa  d' oro  benedetta, 
processionalmente  co' vescovi  e  co'  car- 
dinali all'altare  maggiore,  dopo  il  Vau- 
gelo  predicò  al  popolo,  e  finita  la  mes- 
sa, donò  la  rosa  d'oro  al  doge  di  Ve- 
nezia; indi  partì  per  Ferrara  accom- 
pagnalo da  i  I  galere,  ove  celebrò  poi 
la  Pasqua),  fu  lo  slesso  giorno  a  I^oreo, 
il  i  o  a  Ferrara  ;  ma  nelle  conferenze 
colà  tenute,  vivissimi  furono  i  dispareri, 
insislendo  i  lombardi  per  Bologna,  Pia- 
cenza, Ferrara  o  Padova,  mentre  gl'iin- 
peri.di  volevano  Ptivenna  o  Venezia.  Al- 
fine fu  deciso  per  <|ue->l' ultima,  siccome 
cillà  sicura  per  tulli,  abbondanle  d'ogni 
cosa  e  d'una  popolazione  quieta  ed  a- 
maule  dulia  pace.    11  Papa  nubarcalosi^ 


8r>  V  E  N 

co'cciidiiiali  e  i  vescovi,  a' 9  maggio,  fece 
tjuiiidi  ritorno  a  Venezia  ricevuto  ono- 
jevolineule  come  la  1/  volta,  e  tanto 
egli  quanto  1'  imperatole  mandarono 
lettere  nelle  diverse  parti  della  cristia- 
nità, invitando  gli  arcivescovi,  i  vescovi, 
gli  abbati  e  alili  ecclesiastici,  non  che  i 
principali  personaggi  secolari  a  conve- 
nire al  generale  congresso  in  Venezia 
j>el  ristabilimento  della  sospiiala  pace. 
Ma  le  pretensioni  d'ambe  le  parli  erano 
fuor  di  modo  esagerate;  volevano  gli 
imperiali  si  eseguisse  (jiiaulo  eia  slato 
decretato  nella  dieta  di  Roncaglia  nel 
J  1 58  ;  sostenevano  i  louibaidi  le  loro 
libertà  e  consnetiuiini  che  dicevano  a- 
Veleda  tempo  io)nlelnolabill^  Ogni  ac- 
comodamento pareva  svanire,  benché 
mollo  in  quello  si  adoperassero  Crislia- 
no  arcivescovo  di  Magonza  e  i  legati  di 
Luigi  \  Jl  le  di  Francia,  che  divoto  del 
l'apa  magnilicameiite  l'avea  ospitato 
nel  suo  regno;  onde  almeno  fjiialruen- 
le  si  convenne  dalle  due  parti  ad  uìr-\ 
tregua  di  6  anni  co' lombardi  e  di  i5 
col  re  di  Sicilia,  pel  quale  aveano  trat- 
talo i  due  aridjasciatori  al  seguito  del 
Papa;  rimai)eudo  altresì,  [)er  quolo 
lempoj  Federico  I  in  possesso  de' beni, 
già  da  luì  occupali,  della  gran  conlessa 
Matilde,  e  di  ragione  della  Chiesa  Uo- 
maiia.  Cosi  stabilito,  s'invitò  l'impera- 
loie  a  venire  a  Venezia,  mandandogli 
in>ieme  copia  delle  convenute  cose,  che 
lu  da  lui  pienamenle  approvala,  ed  in- 
viò il  conte  Diedon  fiylio  del  marche^e 
di  Monferrato  e  Sigibolt  suo  camerario 
a  giurare  in  suo  nome  que'  palli.  Giunto 
poi  egli  stesso  a  Chioggia,  con  licenza 
del  Pujia  invocala  da' principi,  questi 
co  caidiiiali  l'andarono  a  liovare  (da 
una  bolla  di  privilegi  pel  monastero  di 
s.  Miiria  in  Organo,  concessa  in  Vene- 
zia da  Alessauclio  111,  colla  sua  sotto- 
sciizione  vi  è  quella  de' seguenti  cardi - 
ii;di  presenti.  \' escovi  suburbicari  :  U- 
baldo  vcscuvu  d'Ostia,  Gualtieri  vesco- 
vo d  Albuuu,  Corrado  arciveacovo   di 


\  E7i 

Magijnza,  per  qu;mto  dissi,  e  vescovo  di 
S.djiiui,  Guglielmo  vescovo  di  Pollo  e 
s.  Kunina,  Manfredo  vescovo  di  Pale- 
striiia.  J3ell' ordine  de' preti  :  Ildebrando 
de' ss.  Apostoli,  Giovanni  di  s.  Anasta- 
sia, Bosone  di  s.  Pudeuziana,  Teodino 
di  s.  Vitale,  Pietro  di  s.  Susanna.  Del- 
l'ordine de'diaconi:  Giacinto  di  s.  Ma- 
ria in  Cosmedin,  Anlilio  di  s.  Teodoro, 
Giulio  di  s.  Adriano,  [Jgone  di  s.  Eusta- 
chio, Uaniero  di  s.  Giorgio  in  Velabro. 
Ma  ci  mancano  alcuni  cardinali,  come 
i  preli  Alberto  e  Viviano,  e  Laboraote 
di  s.  Maria  in  Portico).  Pare  che  Pietro 
hgliodel  doge  fosse  stato  a  levarlo  da  Pia- 
venna.  Ricevetle  puie  Federico  I  i  car- 
dinali vescovi  d  Ostia,  di  Porto  e  di  Pa- 
lestrina,  che  dopo  l'abiura  da  lui  falla 
dello  scisma,  l'assolsero  dalle  scomuni- 
che (per  aver  soslenulo  e  seguito  gli 
antipapi  Vittore  V,  Pasquale  111,  Cali- 
sto IH;  promettendo  egli  ubbidienza  al 
venerabile  Padre  e  Signore  Alessandro 
III,  come  a  Puniefioe  cattolico  ed  a'Ie- 
gillimi  successori  di  lui.  Eguale  assolu- 
zione gli  diedero  i  canlinali,  ch'erano 
co' nominati,  Giovanni  di  s.  Anastasia, 
Teodino  di  s.  Vitale,  Pietro  di  s.  Su- 
sanna, Giacinto  di  s.  Maria  in  Cosme- 
din. Quindi  i  cardinali  1'  aggregarono 
all'unità  cattolica,  e  Io  slesso  fu  fallo, 
secondo  1'  antico  rito  della  Chiesa,  dei 
suoi  piincipi  ch'erano  scomunicali;  e 
ciò  mentre  il  Papa  iti  Venezia  assolveva 
il  ddg-  e  il  popolo  veneziano  del  giura- 
mento al  quale  ert.nu  tenuti  contro  l'aui- 
missione  dell'  imperatore  nella  città,  e 
Il  sollecitò  che  ve  Io  introducessero  ono- 
revolmente), e  l'accompagnarono  cou 
altre  barche  fino  al  monastero  di  s.  Ni- 
colò, situato  a  capo  del  Canal  grande, 
ove  trovò  altia  splendida  comitiva  che 
l'aspettava.  11  giorno  dopo  24  '"g"*^ 
1  <77,  uscirongli  incontro  il  doge,  il  pa- 
triarca di  Grado,  i  vescovi,  il  clero  e 
mollil.uduie  di  jiopolo  infinito  con  gran- 
de pompa  e  navigli  ricchissimamente 
uddobbuli.   Entrò  Federico  I    ne!  navi- 


V  E  N  V  E  N                      87 

p!io  Jel  dog",  e  setlelfe  Ira  lui  e  il  pa-  gra7le  a  Dio  oUimo  alassimo,  Federi- 
(narca,  td  arrisolo  alla  piazza  liiUa  pie-  co  prestò  a  noi  ubbidienza  ed  osseriuio 
Ita  yieniila  di  genie,  si  diresse  alla  chic-  come  a  Soimno  Ponleijce,  e  ricevette  da 
sa  di  s.  Marco,  sotto  il  pertico  della  quale  noi  il  bocio  di  pace,  ci  porse  devolamen- 
(alui,  e  con  più  ragione,  dicono  fuori  te  la  destra  e  colla  debita  riverenza  ci 
della  port.i  ove  erasi  eretto  il  trono  pon-  condusse  alla  chiesa  fino  all'altare  (o  ci 
tificale.  Così  ani  Ile  fu  secn[)re  espresso  accompagnò,  perchè  secondo  il  rito  il 
d:«'  pittori  questo  fatto,  coinè  si  può  ve-  sagro  ministro  conduce  all'altare  l'as- 
dcr  tuttavia  nella  sala  del  maggior  con-  soltu,  onde  riconciliarlo  colla  Chiesa), 
siglio  in  palazzo  ducale,  e  nella  sala  re-  Il  domani  poi,  festa  di  s.  Giacomo,  a- 
già  del  Vaticano,  come  poi  ilirò)  atteu-  dempiendo  al  desiderio  dell*  imperatore, 
elevalo  il  Papa  in  [lontificuli  ornarntnti  celebrammo  la  messa  nella  detta  chiesa 
e  sedente,  circondato  (hi'suoi  cardinali  ed  tli  s.  Marco,  innanzi  alla  quale  egli  si 
altri  principali  del  clero.  L'ini[)eralore  si  fece  incontro,  e  mettendosi  alla  nostra 
lasciò  caclere  in  terra  e  biciogli  i  piedi,  destra,  e'  introdusse  nella  basilica  (forse 
come  se  fossero  quelli  del  Principe  degli  alla  sinistra  incedevano  il  doge  o  il  pa- 
A[iostoli,ma  tostt»  Alessandro  III  alzin-  hiarca).  Poi  finita  la  messa  solenne,  ci 
dolo  gli  die  paternamente  in  fronle  il  ba-  accompagnò  fino  alla  porti,  e  mentre 
CIO  di  pace  (ciò  avvenne,  dice  d  D'z'ona-  sdii vamo  >ul  palafreno  colà  preparatoci, 
rio  veneto,  per  erruie  peiò,ove  nel  pavi-  ei  ci  tenne  la  stalFa,  e  ci. rese  tutti  (lue- 
ciento  del  veslibuloè  un  bievecompar-  gli  onoii  che  i  predecessori  suoi  già  ai 
lo  di  marmi  preziosi  incastrato  in  un  nostri  solevano  tributare  (anzi  Federico 
gran  quadro  di  pietra  rossa,  in  memo-  I  avea  reso  1' uHìzio  medesimo  di  Pala- 
ria  della  riconciliazione  d'Alessan  Irò  III  frcniere  ad  Adriano  IV,  e  poi  tornò  a 
e  Fedeiico  l,  colla  mediazione  della  ve-  renilerlo  più  volte  ad  Alessandro  III, 
neziaua  repubbiicn,  a' 23  luglio  i  177:  oltre  altri  contrassegni  di  distinto  osse- 
quanto  a  questa  data,  non  è  esatta,  lutti  quio,  che  narrai  nel  voi.  LVI,  p.  8G,  di- 
dicendo  a' 24  vigilia  (li  s.  GiaiO'uo.  Il  cendo  del  pontificale  celebrato  dal  Papa 
suddetto  Uomualtlo  arcivescovo  di  Sa-  in  s.  Marco,  a  istanza  dell'imperatore 
lerno,  presente  all'alto,  nel  suo  C/j/-o/i/-  nella  festa  di  s.  Oaitolomeo,  e  che  il 
con  lutto  racconta,  e  che  il  Pa[)a  men  Papa  salito  sul  pulpito  serinone-'"iò  , 
tre  l'imperatore  gli  baciava  i  piedi,  pian-  traducendo  le  parole  Ialine  in  tedesco  a 
genilo  di  tenerezza,  benignamente  lo  ri  Federico  l  il  patriai  ca  d'Aquileia  Voi- 
alzò,  baciò  e  beiiedì,  e  nel  flì  seguente  co-  ilarico  II  sununentovato,  già  prigione 
nimiicò  solennemente,  e  gli  usò  distiiitis-  de' veneziani  e  panilo  clamorosameute, 
siine  finezze  in  segno  di  sincera  coucor-  tultavìa  avendo  coutribuilo  a  (piesl.i 
dia),  ludi  con  somma  all.-gre/za  di  lut-  concordia,  come  notai  nel  voi.  LXX.XII 
ti,  a  gran  voce  fu  cintalo  il  Te  Denin.  p.  i23.  Nella  festa  ili  s.  Giacomo  il  Papa 
L' impeiatore  avvicinatosi  all'altare,  vi  si  condusse  alla  basilica  processional- 
dcpose  ricchi  donativi,  e  poi  festeggi-ito  mente  co'patriarohi  d'Aquileia  e  di  Gra- 
di applaudito  si  restituì  al  palazzo  du-  ilo,  gli  arcivescovi,  i  cardinali  e  "li  altri 
cde  suo  alloggio,  come  de' più  di>linti  ministri  secondo  l'ordine,  l'imperatore 
personaggi  del  suo  corteggio.  Scrisse  poi  prendendo  posto  in  coro:  qiie-)ti  baciò  i 
il  l'apa  un'enciclica  a  tulio  1' E[>isco«  piedi  al  Piipi,  e  otfrì  dell'oro  all' aliare, 
palo  ed  a  tutto  il  Clero  del  mondo  cai-  Fiuila  la  mesia  accompu'Miò  Ales^audio 
;li(:o,  nella  quale  tra  le  aitre  cose  dis>e.  Ili  sino  al  luogo  ov'  era  il  cavallo  biau- 
Colà,  alL  presenza  d'infinita  molti-  co,  perchè  il  o-uumiuo  fino  al  mure  pa- 
iLidine  d'uomini   e  di  donne,   rendendo  rc^a  liuppo  lungo,   lenendo  forlcJi'JiiliJ 


88  V  E  N 

ìa  stcìlTo,  indi  volle  adeoipiere  l'ufTiziò  rii 
lìiilalieniere  aliettuosaiiientt)".  Immen- 
so fu  il  concorso  a  Venezia  de' principi, 
ili' legali  delle  varie  |)Olen7e,  dei  più  <ìi- 
t.i!nti  ecclesiastici  e  «li  altri  fbiastieii  (in 
(Iflle  città  più  lontane  (Nel  di  seguente 
■26  luglio,  r  impelatole  accompagnato 
da  pochi,  visitò  con  filiale  alliettò  il  Papa, 
ammesso  nella  sua  camera,  ove  lieto 
t'aiuiliaimente  sedendo,  co' vescovi  e  co' 
»  ordinali, lecipiocamenle si  congratularo- 
no oon  amorevoli  collof|tii,  mescolati  da 
motti  piacevoli  e  dignitcjsi  ;  finché  l'impe- 
latole chiedendo  graia  licenza,contenlosi 
resliinì  al  suo  alloggiaoieiilo.  Trovo  nel 
/itili. Hom.  t,  2,  p.  44ì^-clieil  Papa  emanò 
in  dello  giorno  la  lettera:  Exigunt  gru- 
lis.sirnac  {levolionis obsequia,  DatumVe- 
netiis  in  Rivoalto:  De  Pace  cimi  Fri- 
fU't'ico  Imperatore  Veneliis  inUa^ejus- 
(jue  absolnlione.  Abbiamo  poi:  Concor- 
dia narratio  inlcr  Alcxaìuìrum  IH 
Siun.  Pont.,  et  F rider icinn  /  Jmper., 
i  ìtrn  nolis  et  aniviadversionibus  Felicis 
Conlelori,  ParisiisiGSs).  La  ratifica  del 
irattaloavvenne  il  i."  agosto,  alla  presen- 
za d'Alessandro  III  e  Federico!, e  perque- 
sii  giurò  un  conte  sulla  di  lui  anima  e  >ui 
Vangeli,  e  pei-  tale  giuramento  solcnne- 
Miente  Federico  I  prometteva  I  esecuzio- 
ne del  convenuto  alle  città  di  Venezia, 
Treviso,  Padova,  Vicenza,  Verona,  Bie- 
iscia,  Ferrara,  Wanlova,  Bergamo,  Lodi, 
Milano,  Como,  Novara,  Vercelli,  Ales- 
sandria, Carsiiio,  Ij(^lmoiite,  Piacenza  e 
Bohhio;  al  marchese  ObÌ7ZO  Rlalaspina, 
a  Paruia,  Reggio,  JModena,  Bologna  e  al- 
tri luoghi  di  Uomagna  e  di  Lombardia. 
Questa  ratifica  lu  la  conferma  della  pace 
Ira  la  Cliiesa  e  l'Impero  ,  della  i)ace  col 
re  di  Sicilia  peri  5  anni,  e  della  tregua  co' 
louib.-irdi  per  6  (un  codice  Vaticano  dice 
7);  e  ne  giurarono  eziandio  l'osservanza 
gl'imperiali  principi  secolari  ed  ecclesia- 
stici, idue  ambasciatori  <li  Guglielmo  II, 
i  deputati  de'Iombaidi.  Durante  la  delta 
tregua,  (pie'della  lega  non  dovevano  es- 
fìcr  moU'-'tati  dagl'imperinli  né  nelle  per- 


V  E  N 
sone,  né  nelle  robe;  polendo  girare  e 
commerciare  liberamente  nelle  terre  del- 
l'imperatore, così  i  loro  aderenti;  doven- 
dosi all'insorgere  di  controversie  elegge- 
re arbitri  per  ristabilire  l'ordine  tra  le 
cilià:  nel  corso  de  6  anni  que' della  lega 
non  furono  tenuti  di  giurare  fedeltà  al- 
l'imperatore, uè  questi  proniiuziare  sen- 
tenze in  cose  concernenti  la  lega  (Assolto 
Federico  J,  i  seguaci  suoi  scismatici,  e 
molli  intrusi  nelle  dignità  ecclesiastiche, 
corsero  in  conserva  al  seno  della  s.  Madre 
Cliiesa,  umilmente  chiedendo  l'assoluzio- 
ne, abiurando  e  anatematizzando  ogni  e- 
re>ia  sui  Vangeli,  e  lo  scisma  de'  falsi  e 
scomunicati  sedicenti  Vittore  V,  Pasqua- 
le HI,  Calisto  ili  vivente,  dichiarando  in- 
olile nulle  le  loro  ordinazioni,  prometten- 
do fedeltà  e  ubbidienza  a  Papa  Alessan- 
dro III  e  suoi  successori  cattolici.  Quindi 
Rinaldi  nomina  i  vescovi  intrusi  che  fe- 
cero tale  atto,  cominciando  da'sunnomi- 
iroli  prelati  Cristiano  di  Magonza,  eque' 
di  Magdebnrgo,  Wcrmsec.  A  perpetua- 
re la  stabilità  della  riconciliazione  del 
Papa  coli'imperatoie,  fu  radunato  da  A- 
lessandro  111,  a' 18  agosto  1  177,  un  con- 
cilio nella  basilica  di  s.  Marco  ,  coli'  in- 
tervento de'cardiuali,  e  d'un  grandissimo 
mimerò  di  prelati  e  di  principi, arcivesco- 
vi, vescovi  e  abbati  italiani  e  tedeschi,  ol- 
tre il  doge  e  gl'inviati  del  re  di  Sicilia.  Fe- 
derico I  sedette  a  lato  di  Alessandro  III, 
ilquale  confermando  solennemente  la  pa- 
ce, previa  1'  accensione  del  le  candele,  e- 
niaiiò  formale senten7a  di  scomunica  con- 
tro chiunque  avesse  tentalo  di  romperla, 
grillando  riinperatoreegli  nhnFh/tJ/at. 
Indi  il  Papa  fulminò  l'anatema  contro  gli 
scismatici  che  non  si  erano  per  anco  rav- 
veduti, nuovamente  deponendo  l'antipa- 
pa Calisto  111  che  avea  scomunicalo  co' 
buoi  dìiepseudo  predecessori.  Dimorando 
A  lessandro  1 1 1  in  Venezia  scrisse  una  lette- 
ra ,e  l'inviò  per  Filippo  lega  lo,  al  re  dell' A- 
bissinia<lelloil  PrcleJaiini legiìanle  nel- 
rElio|iia,desiderosod'islruirhi  nelle  veri- 
tà calioliche  :  in  essa  gli  die  il  titolo  di  Cd- 


V  t  N 

rissimo  frisilo  in  Cristo  illustre,  e  magni- 
fico Rt  dc}^L' indi,  santissimo  fra  sacer- 
doliysalutc  e  apostolica  beriedizione,  beo- 
cliè  fosse  ne'<loiiano.  La  lellera  ,  come 
tante  altre,  porla  ia  dala  J  enezia  in  Ri- 
voalto.  Iiititnlo  rnoiì  in  Venezia  il  conte 
di  Bcrùnoro  senza  lìgi',  lasciando  per  la 
I emissione  de  peccali  suoi  e  de'  genitori 
cpielia  città  aila  Chiesa  loinana  sua  an> 
lica  signora,  e  il  Piipa  vi  spedì  il  cardinal 
Ilaniei'O  a  prenderne  possesso.  In  seguito 
Federico  I  dovendo  pai  tire  da  \  eneziasi 
recò  nel  palazzo  patriarcale  a  piendei"  li- 
cenza dal  l^apa,  e  liatlò  con  esso  sopra 
alcune  cose,  a  coinpiinenlo  della  pace;  ed 
iiiquesto  pai  lamento  solamente  interven- 
nero i  vescovi,  i  cardinali,  i  prìncipi.  Allo- 
ri Alessandro  III  ricercò  aii'imperatore, 
cliesecoiido  l'accordostabiiilo  in  Anagni, 
gli  Tacesse  restituire  lo  stalo  della  s.  Se- 
de e  iMltie  sue  possessioni.  Dopo  molli 
parlari.  Federico  I  deputò  l'arcivescovo 
di  Magonza  a  restituire  nel  termine  di  3 
iDesi  lo  stato  ecclesiastico  al  Papa;  n)a 
pe'ljeni  della  gran  contessa  Matilde  e  di 
Ilei  liiioro,  credendosi  s|)ellare  all'iinpe- 
i",  furono  eletti  3  caidiriali  e  3  principi 
tleiriinpero,  per  deciciere  a  chi  d<ivesse- 
ro  appartenere:  restiluì  soltanto  Berliuo- 
ro  benché  gli  piaces>e).  Altro  tiaitato 
speciale  tu  concluso  da  Federico  I  co've- 
iiL'zuini  a' I  6  seitembre,  col  fjuaie  linno- 
io  e  confermò  tutti  i  patti  ile'  precedenti 
iiiiperiilori  .sui  possedimenti  nelle  lene 
jiiipeiiaii,  non  che  l'immunità  e  i  privi- 
legi, eia  libertà  di  commerciare  senza  da- 
;^io,  tranne  il  ripatico  e  il  qiiadragesiaio. 
Ji  mentre  l'imperatore  concesse  loro  gi- 
rare per  tulle  le  terre  e  navigare  per  tul- 
li i  fiumi  dell'impero,  iiiuilò  i  viaggi  ma- 
ultimi  de' propri  sudditi  fìnoa  Venezia 
tollanto  e  non  più  oltre;  il  che  accenne- 
rebbe fin  d'allora  ad  una  qualche  specie 
di  dominio  sull'  Adriatico,  federico  I  si 
iicconìiatò  dal  Papa,  circondulo  da' car- 
dinali, huciandogh  iii  ginocchio  i  [iieili, 
iodi  abbraccialo  palei  ujiineiile  e  grazio- 
^auienlc  licenziuto;  alia  line  o  a'  i  3  o  a' 


V  E  V  «9 

i8  di  sel'embre  partì  da  Venezia,  [)i;r 
liaveniia  e  Cesena,  e  poi  per  la  Toscana, 
Genova  e  IMoncenisio  si  restituì  ne' suoi 
slati,  co'suoi  celebrando  i  veneziani,  come 
poi  fece  il  Papa  colla  sua  curia  e  corte. 
«  Oh  quanto  beali  voi  siete,  o  veneziani, 
presso  i  quali  si  è  potuta  concludere  tal 
pace,  che  sarà  in  vero  gran  monumeuto 
del  nome  vostro  in  eterno".  A  tanta  ac- 
quistala celebrità  per  Venezia,  a  tanti 
vantaggi  politici  e  commerciali  altri  si 
aggiunsero  di  spirituali,  ottenuti  da  Pa- 
pa Alessandro  III,  di  molti  de'quali  e  del 
suo  operato  già  discorsi  di  sopra  in  vari 
numeri  e  GS.  Concesse  ampie  indulgenze 
p  enarieiu  perpetuo  alla  basilica  di  s.Mir- 
co,  per  la  vigilia,  festa  e  ottava  dell'  A- 
scensione,  che  ricordai  a  suo  luogo  (l'ab. 
Cappelletti  siccome  è  uno  de' s0^lenitori 
della  vittoria  navale  di  Salvore,  aggiun- 
ge che  in  memoria  di  essa  in  accordata 
fili  tla'io  maggio)5  consagrò  la  chiesa  di 
s.  Salvatore,  la  cappella  d'Ognissanti  nel 
prdazzo  del  patriarca  e  contigua  alla  chie- 
sa di  s.  Silvestro  a  cui  fu  poi  unita,  e  la 
chiesa  di  s.  Maria  della  Carità,  a  tutte 
concedendo  ampie  indulgenze;  coiifeii 
privilegi  a  vari  monasteri  e  chiese  nelle 
vicinanze  di  Venezia  e  da  questa  dipen- 
denti, non  che  a  certe  possessioni  de' ca- 
nonici regolari  di  delta  chiesa  di  s.  Sal- 
vatore, e  restrinse  a  un  triennio  il  gover- 
no dell'abbadesse;  oltre  la"  detta  rosa  d'o- 
ro donat:i  al  doge,  dal  Papa  portata  in 
mano  in  s.  Marco,  ed  a  cui  concesse  di 
farsela  portare  innanzi  ne'dì  solenni,  al 
dire  del  Novaes.  Uecisamente  dichiara  il 
Bomanin:  »  FaUo  è  però  che  da  un  privi- 
legio del  Pa[)a  a  questa  occ.isioue  del  iuo 
soggiorno  in  Venezia  dei  ivos>e  al  doge  il 
sigillo  colla  bolla  di  piombo,  già  usala  ilii 
diil  tempo  deldoge  Vitale  Michiel  11,  l'u- 
so «lei  farsi  precedere  dalle  Irombe  d'ar- 
gento, dell'oiiibrello  e  de'ceri,  cose  tutte 
che  si  praticav.iuo  anche  prima  e  pigliate 
ail  imiliizioue  degl'imperalori  orieuiali  e 
de'magistrati  rouiani.  Solo  fu  d  ita  mag- 
gior solennità  alla  ceremonia  della  visita 


9^^ 


V  F.  V 


al  Lillo  intrndotla  fin  da'  tempi  del  doge 
Orseolo  II,  per  l'anello  benedello  che, 
raccontasi ,  il  Papa  consegnasse  al  doge 
all'occasione  di  rpiella  festa  accaduta  dii- 
rante  la  sua  presenza  in  Venezia,  accooi- 
pagnatìdnlo  colle  parole:  Ricevetelo  co- 
rize pegno  della  .tovranità  che  voi  ed  i 
successori  vostri  avrete  perpetuamente 
sul  mare".  Le  concessioni  attribuite  ad 
Alessandro  IH  e  dal  Piomanin  impugna- 
te, siccome  ripetutamente  le  lessi  in  di- 
verse opere,  anche  moderne,  in  diversi 
luoshi  di  airone  ne  feci  menzione;  con 
questo  non  intendo  atfatto  sostenerle  con- 
tro lino  storico  patrio,  critico  e  cos'i  bene 
dottodella  veneta  storia,  solo  giustificare 
perchè  le  riportai.  Quanto  al  cos'i  dello 
sposali/io  del  mare  coll'aiiello,  già  lo  ret- 
tificai e  modificai  nel  §  XVI  II,  n.  i  3,  a- 
vendone  altrove  dello  «pialche  parola  col 
Novaes  e  altri.  Circa  la  bulla  di  piombo, 
che  il  medesimo  Novaes  dice  avere  usato 
finché  durò  la  repubblica,  il  Vettori  nel 
Fiorino  fi'  oro  illudi  min,  ne  tratta  a  p. 

I  3q,  senza  dire  della  pretesa  concessione. 

II  Corner  poi  pai  la  <lell' antichità  de' si- 
gilli di  piombo  del  patriarca  di  Grado  e 
de' vescovi  di  Castello;  del  i  .°olFre  un'in- 
cisionedel  patriaica  Giovanni  Gradenigo 
del  I  io<S,  e  del  2."  dice  che  il  vescovo 
Marco  Nicolai  del  i  i8i  l'usava  ne'diplo- 
idì,  il  che  co-^tumarono  ancora  altri  pre- 
lati pi  ima  di  lui.  Laonde  non  poteva  es- 
sere un  privilegio  quello  che  nella  slessa 
città  già  usavano  i  ilue  prelati.  Nondime- 
no rilensce  il  Cohellio,  Nntitìa  Cai-dina- 
latii'i^p.'ì'ì'j-.Sed  /  enclum  quocjueRem- 
j)uhlicam  literaf.  Dncales  sub  plnmbo  (ir- 
mare  scrihit  Sabellicus  Hixl.  l^'enet.  de- 
rad.  r,  lib.  7,  p.  4^',  f"-^  permissione  A- 
lexandri  IH  Siimmi  Pontiflcis,cunt  aii- 
tea  sub  cera  jet  hoc  idem  ad  haec  nostra, 
seu  polins  ad  sua  tempora  durasse,  ubi 
etinm  huius,  ac  alinrum  concessionii/n 
hiiic  Reipnhlicae  infavorem  egregi]  mi- 
litis  BartholomaeiLivianiemanatas  au- 
rea Bulla  munitas,  ci prnes  d.  Pauluni 
Monaldensem  consangnincum   et   sue- 


V  E  N 

ceswreni  d.  Barlhnloniaei  inC^i'^tro  Al- 
via  ni  existcnfes.  Circa  le  trofnbe,  il  Can^ 
cellieri,  Storia  de'posse<;si,p.i  >,  narran- 
do il  ritorno  d'  Alessandro  III  in  Pioma, 
col  Loredano  citalo,  e  la  pompa  con  coi 
fu  accolto,  dice  ancora,  che  i  magistrali 
della  città  fecero  dono  al  Papa  di  alcune 
trombe  d'argento  e  di  8  stendardi  ili  vari 
colori.  Questi  Alessandro  IH  dono  al 
doge  Ziani, acciocché  in  memoria  di  (Que- 
sto dotto  li  portasse  innanzi  nelle  feste 
solenni,  obbligando  a  questo  tutti  i  du- 
ci susseguenti .  Piiscontrato  il  Loredano 
dicealtrettanto,  e  più  esplicitamente  il  do- 
no delle  trombe  al  iloge.  Parlando  deU 
Y Ombrellino,  dissi  coli' ab.  Leoni  anco- 
nitano, Ancona  illustrata,3^.\^t,  ed  al- 
tri che  non  rammento,  che  nel  1  lyS  A- 
lessandro  III    trovandosi  in  Ancona  con 
Federico  I  e  il  doge  Ziani,  vedendo  prepa- 
ratedue ombrelle  perse  e  per  rim[)erato- 
re,  richiese  la  S.""  pel  doge,  e  per  privilegio 
gliene  concesse  1'  uso.  IMa  ora  leggo    nel 
posteriore  citato  Peruzzi,  che  né  il  l'ap.i 
né   r  iinperat<jrtì   si    recarono   alFatto    in 
Ancona,  e  ciò  per  quanto  dovrò  dire  sul- 
la partenza  da  Venezia  di  Federico    l    e 
d'Alessandro  III.  Già  nel  voi.  LXXXIII , 
p.  34,  l'aveva  messo  in  forse.  Il  vescovo 
Sunelli,  Lettere  ecclesiastiche,  \.  8,lett. 
3  :  Dell' AcolitatQ,  narra.  Il  doge  di  Ve- 
nezia, (pianilo  procede  solennemente,  tra 
le  altre  insegne  d'onore  e  di  dignità,  che 
l'accompagnano  e  precedono ,  va  avanti 
un  acolito  in  veste  paonazza   con   cereo 
bianco  non  acoeso  in  mano.  Quindi   ri- 
porta il  riferito  da  Leandro  Alberti  nel- 
la descrizione  di  Venezia:  «Quando  i  do- 
gi escono  di  palagio  primieramente  vi  so- 
no poi  lati  8  stenduili,  due  paonazzi, due 
bianchi,  gli  altri  rossi  (dovea  dire  due  ros- 
si e  due  paonazzi)  di  seta;  sei  trombe  d'ar- 
gento 6  braccia  lunghe;   un  seggio,    un 
guanciale,  un  ombrello  d'oro,  un  dnpie- 
ro  ed  una  spada  :  donde  abbia  origine  il 
doppiere,  non  lo  so;  credereiche  Alessan- 
dro III  quando  in  Venezia   fece  la  pace 
con  Federico  I  imperatore  ciò  concedesse, 


V  E  N 
lìiccnfìo  il  Platina  neilii  vitn  di  delfo  A- 
Ic'Sanilio  III,  che  il  Principe  di  T'ene- 
zia,  per  l'onore  e  servigio  che  avea  dalla 
Signoria  ricevuto,  di  molti  doni  e  di  al- 
fune  dignità  t  indegne  orno"  .\nò\  raccon- 
ta ilei  donnto  anello  per  lo  sposalizio  del 
mare  AtliialicOj  col  Sabellico,  seguendo 
la  ccedenza  e  tradizione,  d'essere  slato 
piescrillo  dopo  la  vittoria  navale  di  Zia- 
ni  sugl'imperiali.  Inoltre  dice  il  Sarnelli, 
che  il  doge  di  Venezia  piìi  volte  l'anno 
con  grandissima  edincazione  rispondeva 
all'introito  della  Mc'.^a  del  celebrante 
(patriarca).  Non  mi  pare,  ad  (•nta  che  di 
molto  mi  sono  giovato  del  dottissimo 
Sarnelli.  d'aver  parlalo  del  ricordato  ac- 
colito, procedendo  con  cereo  non  arceso 
innanzi  al  doge,  o  nimtno  non  ne  ri- 
cordo il  luogo  (cui  Dani,  riporto  nel  do- 
gndo  Ilo.",  che  Fio  VI  celebrando  in 
s.  Marco,  fece  la  Confessione  aventi  a 
destra  il  patriarca,  ed  a  sinistra  e  genu- 
flesso il  doge).  Bensì  circa  alla  Spada  o 
Stocco,\n  questi  due  articoli  con  Mo^aes  e 
altri  notai,  che  Ira'  privilegi  da  Alessan- 
dro III  concessi  al  doge,  per  averlo  dife- 
so contro  l'im[ieralore,  vi  fu  quello  della 
spada  con  follerò  d'  oio,  da  portarsi  nu- 
da avanti  a  lui  ne'd'i  solenni,  e  che  forse 
fu  lai.'  traccia  del  donativo  papale  delio 
Stocco  e  Berrettone  duca  le  benedetti.  Il 
«:l).  prof  Domenico  Vaccolini,  nelle  no- 
tizie «he  [lubblicò  col  riliallfi  d'  Alessan- 
dro 111,  nel  t.i5  òtW  All>'iin  di  lioriia, 
III  proi)osilo  dichiara.  »  Se  quel  teroce 
animo  del  l»arljHH)Ssa  era  avverso  al 
J'onleline;  questo  mitissiaio  tiovava  soc- 
corso nella  repubblica  di  Venezia  :  di 
che  a  signidcare  la  sua  gratitnduie  e- 
f^li  fu  autoie  tiella  gran  cereu.ouia  di 
«are  il  mare  per  l'Ascen-.ioue  ;  diede 
doge  Sebastiano  Ziam  le  trombe  d'ar- 
iito,  il  parasole,  il  Faldistorio  (giacché 
I  l'api  l'usano  qual  Genuflessorio),  \  cu- 
s(  ini,  le  bandiere  e  il  cero  bianco  ,  che 
p')ilava'>i  nellt;  funzioni  dinanzi  al  capo 
(li  Ila  repubblica  ".  l'inaluienle  non  è  a 
I  ..LISI,  che  nel  cougroso  di  Venezia  fu 


V  E  N  91 

posto  definillvarnente  termine  per  wn 
concordato  alle  discordie  che  per  tanti 
secoli  avevano  inimicato  i  patriarchi  d'A- 
quileia  e  di  Grado.  Pel  quale  concordalo, 
solennemente  riconosciuto  nel  t  i  80,  il 
patriarca  gradese  Enrico  Dandolo  ri- 
nunziò per  se  e  successori  nd  ogni  ragio- 
ne sopra  quanto  era  stalo  tolto  di  tesori, 
reliquie  ec  alla  chiesa  di  Grado  fin  da' 
tempi  del  patriarca  aquiteiese  Poppone; 
e  per  diploma  di  Alessandro  III  stabiliti 
i  vescovi  sulhaganei  al  patriarcato  d'  A- 
quileia  (Licet  omnium  /ipo^folorutn , 
presso  il  Bull.  Boni  ,  t.  -2,  p.  449)-  ''^' 
patriarca  di  Grado  rimasero  i  diritti  me- 
tropolitani nell'Istria  sugli  altri  vescovi, 
su  alcune  altre  parrocchie,  sui  vescovati 
de'Lidi,  cioè  del  dogado  di  Venezia,  non 
che  la  primazia  sulla  Dalmazia  fin  dal 
I  1.57  concessa  d'Adriano  IV;  di  che  do- 
vrò riparlare  nel  §  XXI.  Anche  qui  no- 
terò, che  fu  allora  slaluila  la  stabile  re- 
sidenza in  Venezia  del  patriarca  di  Gra- 
do, oltre  f[uella  del  vescovo  di  Castello 
proprio  ordinario.  Ale<saudio  111  otten- 
ne dal  doge  4  galee  triremi,  [loicliè  la 
squadra  siciliana  era  partila  cogli  am- 
basciatori regi,  anco  secondo  il  Peruz/i, 
poiché  il  Platina  vi  agsiunse  i3  "alere 
siciliane;  finché  il  Papa  avea  dimoralo  a 
Venezia  a  sua  disposizione  n'  erano  ri- 
maste 4  )  che  fecero  vela  per  lipalriare 
innanzi  la  sua  partenza  ,  la  quale  si  ef- 
fettuò prima  j)erò  mandando  avanti  la 
maggior  parie  de'  cardinali  per  la  Pen- 
lapoli  marittima,  e  questi  soli  sbarcaro- 
no in  Ancona.  Verso  il  mezzo  ottobre  o 
a' 16,  il  Papa  si  mise  in  mare  tornando 
per  la  via  onde  era  venuto,  come  affer- 
ma ancora  il  Pdnaldi,  arrivando  prospe- 
rosamente a  Vasto;  giunse  a'7.iS  o  9,0)  ot- 
tobre! 177  a  SiponU»,  di  là  a  Troia,  per 
Benevento  e  s.  Germano  pervenne  ad  A- 
nagni  a' 1  4  novembre  o  dicembre,  da  do- 
ve, essendo  slato  al  Tuscolo  ,  a'  1  2  di 
uiaizo  I  178,  ante  doniinirani  Laetare 
(in  fpie-to  viaggio  luorirouo  3  di  que' 
CHidiiidi  che  accompagnavano  il    Papa, 


9'i  VE  N 

CK'è  Ugone  da  Bologna  in  Benevento,  Gu- 
piielmo  vescovo  di  Porto  in  Aversa  ,  e 
Ulanfredo  vescovo  di  Galestrina  in  Ana- 
giii),  trionfa  linenle  rientrò  in  Roma,  con 
gì  andissima  allegrezza  e  festa,  eziandio 
ili  lulla  la  cristiaiiilìi,  ritornando  a'sc)  a- 
gusto  alla  sua  ubbidienza  col  falso  Ca- 
listo Ili  gli  altri  scismatici.  Tutta  volta  a' 
28  settembre  insorse  l'antipapa  Innocen- 
zo 111,  sostenuto  nel  castello  del  fratello 
del  pseudo  Vittore  V;  ma  poi  fu  impri- 
gionato nel  I  I  yc)  01  I  80,  e  detestato  l'er- 
rore a'[)iedi  d'Alessandro  111,  fu  con  ti  na- 
to nel  monastero  della  Cava:  non  pare 
che  fosse  di  Sezze.  Con  terminò  lutera- 
nuMite  il  lagrimevole  scisma.  11  Piinaldi 
Don  solamente  riporta,  di  tutto  il  nar- 
rato, gli  accurati  e  già  nominati  Atti,  ma 
anc»ra  la  diligente  Reluzioitc  o  Cìironi- 
con  dell'ambasciatore  Romualdo  arcive- 
scovo di  Salerno  testimonio  ili  tutto, cor- 
rispondente agli  Alti  e  con  altri  partico- 
lari. In  questi  e  in  quella  vi  è  la  storia 
e  diario  preciso  del  viaggio,  non  la  fa- 
vola della  fuga,  non  l'invenzione  del  com- 
battimento navale,  non  la  calunnia  delle 
parole  disprezzanti  l'imperatore  poste  in 
bucca  ad  Alessandro  111,  lutto  mansuetu- 
dine, soavità,  piacevolezza  e  paterna  ca- 
rità. Non  solamente  di  tuttociò  non  vi 
è  parola,  ma  osserva  Rinaldi  appunto, 
quanto  i  due  verissimi  e  pressoché  uni- 
formi racconti  sono  diversi  dall'altre  di- 
scordanti scritture,errando  evidentemen- 
te. Uno  de'failaci  racconti  è  il  oiss.  copia 
d'altro  piij  antico,  esistente  in  pergame- 
na nell'archivio  vescovile  di  Parenzo, 
creduto  dal  l^eruzzi  di  Lip|)omano  ve- 
scovo di  tal  città,  e  siocoii>e  fu  mandato 
al  cardinal  liai  onio,  questi  lo  confutò  co- 
me un  romanzo  nel  pubblica  rio  y^erraort 
partrft  scorltse^  come  protestò,  e  dal  Pe- 
ruzzi che  lo  riprodusie  qualihcalo  impo- 
»t(U'a  piena  ancora  il'errori  cronologici,  in 
uno  al  ilieliiaiato  dal  Urironio  nel  pubbli- 
care le  lettere  del  Papa  stesso  su  quegli 
avvenimenti:  -.^  omle  sieno  costretti  a  con- 
sentire alla  verità  non  pure  quelli  chsne 


YEN 
dubitano,  ma  gli  stessi,  se  mai  vi  fossero, 
ostinatie  refraltarii,  i  quali  nell'opinione, 
di  cui  sonosi  una  volta  imbevuti,  si  ri- 
mangono irremovibili,  e  fermi  e  stabili 
vi  persistono,  né  solFrir  possono,  che  per 
qualsiasi  ragione  ne  sieno  divelti".  Ad  on- 
ta di  tante  testimonianze,  io  non  posso  oc- 
cultare (|ui  un  monumento  in  favore  del- 
la battaglia  marittima;  né  intendo  pregiu- 
dicare rargomento, perchè  none  poi  una 
dimostrazione  matematica,  né  una  deci- 
sione dogoiatica,  il  seguire  le  tradizioni 
storiche  vere  o  erronee  che  sieno,  quando 
preci puan^.'m te  l'epigrafista  si  propone, 
senza  scrupolo  di  critica,  e  perciò  eoa 
danno  della  verità  (onde  venne  il  prover- 
bio: Bugiardo  come  un  Epitafjlo,  senza 
dire  quanto  la  Ci\>iltà  Cattolica  osservò 
nella  sene  3.  ',  f.  9,  p.  724),  d'appigliar- 
si e  di  seguire  gli  scrittori  da  lui  letti  O 
la  volgare  diceria,  e  furs'anche  per  piace- 
re a  olii  n'è  subhielto  ed  a  chi  in  buona 
fede  vuole  rendere  onoranza  per  nobili 
moli"!  d' ammirazione  o  di  gratit-udine. 
JNarrai  ne'  luoghi  che  vado  rammentaa- 
dojche  per  ordine  di  P/o//^ fu  dipinto  nel- 
la sala  regia  ,  che  precede  la  Cappella 
piuitificia  Sistina  ,  del  Palazzo  aposto- 
lico Vaticano,  Alessandro  III  che  assiso 
in  trono  col  doge  al  fianco,  sulla  piaz?;a 
di  s.  Marco  in  Venezia  e  innanzi  la  basi- 
lica,  si  liconcilia  con  Federico  l,  e  la  fi- 
liale ubbidienza  da  questi  resa  a  quello 
ed  alias.  Chiesa;  l'assoluzione  dalle  cen- 
sure e  la  reintegrazione  dell'impero  e- 
spressa  dal  Papa  nell'atto  di  benedire  ii 
pentito  imperatore,  che  genuflesso  neba- 
cii  i  piedi.  E  magnifica  opera  grandiosa 
a  fresco,  piena  del  brio  della  scuola  vene- 
ta, eseguita  da  Giuseppe  della  Porta  det- 
to del  Salviati  dal  cognome  del  suo  a- 
aì-ito  tnaestro  Cecchino;  il  quale  dopo 
gli  spigoli  principiò  un'appenilice  a  tale 
.stona,  indi  terminata  dal  laudato  disce- 
|)olo.  Pio  IV  di  piìi  vi  fece  collocare  sot- 
to r  iscrizione  che  vado  a  riferire  (il  cui 
compositore  segui  1'  errore  degli  storici 
che  bonariamente  descrissero  la  vittoria 


V  E  N 

novale,  convalidalo  dalle  sliipende  pltlii- 
re  esistenti  nella  sala  del  maggior  consi- 
glio del  palazzo  ducale  di  Venezia,  illu- 
strando d  quale  l'instancabile  Zanolto  si 
rese  benemerentissimo  anche  della  storia, 
per  averne  diniostialo  favolosa   buona 
parte  dell'espresso  ne'ilipinti.comé  già  di- 
chiarai di  sopra  e  nel  licordaton.  i  i  del  § 
X),qnal  monumento  di  lode  alla  repubbli- 
ca di  Venezia,  per  lo  zelo  col  quale  d:fese 
l'encomialoPapa  dairoppiessionideirim- 
peraloie  Federico  Ij  siccome  facente  par- 
te della  lega  lomboida,  la  (piale  senù  al- 
l'anima le  offese  falle  ingiust.'imenle  alla 
Chiesa,  al  venerando  suo  Capo,  ali'Iialia 
già  signora  di  tulio  il  mondo.  Ecco  l'i- 
scrizione: Alexander  Papa  III.  Fride- 
rici  Irnperaloris   iram  et  impetum  Ju- 
I  giens  abdìdit  se  1  cneliis.  —  Cognitum 
et  a   Scnatti  perìtonorifice  sitsceplum. 
Olitone  inipeialoris  fìlio   nai'ali  proe- 
lio a  —  /  cnctiis  vieto,  captoqve,  Fri- 
dericus  pace  fncta  snpplex  adora t,  fi- 
dem   et  oLedientiani  —  Pollicitus  :  ila 
Pontifici  sua  dignitas   Venetae  Beipu- 
hlicae  beneficio  restilula  MCLy.xvii.  De- 
scrivono tali  pitture  e  riportano  1'  iscri- 
zione: Taja,  De.urizior^e  del  palazzo  Fa- 
ticano, p.  ig;  Chatlard,  Nuova  descri- 
zione del  l' alleano )  I.  2,  p.  24;  Cancel- 
lieri, Descrizione  delle  Cappelle  ponti- 
ficie, p.  1  3;   Pistoiesi,  //  f  alicaiio,  l.  8, 
p.  95,  con  tavola  esprimente  la  stupen- 
da pittura,  che  si  aninxra  rin-.pelto  alla 
cappella  Sislina,  presso  la  poi  ta  della  sa- 
la ducale.  Ael  ponlilìcato  d'Urbano  FUI 
insorte  discoi  die  fra  la   corte  di  Roma  e 
la  repubblica  di  Venezia,  pe' confini  del 
Ferrarese  e  peraltro,  il  Papa  disgustato 
de'veneziani,  nel  163  J    fece  mutaie  il  te- 
nore e  l'elngio  della  suddella  isciizione, e 
poi  nel   i63r)    la  sostituita  onninamente 
abolì.  Olleso  il  senato   veneto,  rup[)eo- 
gni  trattalo  d'accomodamento, intavola- 
lo da'minislri  del  re  di  Francia, e  poi  si 
dèa   sostenere  conilo    il  Papa,  il  suo 
i.iidalaiio    duca   di    Parma.    Ver  altre 
analoghe    nolizie  può  vedersi   il  doga- 


V  E  N  93 

do   98.",  ove  ne  riparlo.    Nel   selltinbn; 
del  1644  successe  a  Urbano  Vili,  Papa 
Innocenzo  X,  il  (|ua!e.  amante  della  pace, 
senza  indugio  volle  ristabilire  la  buona 
armonia  co' veneziani,   ordinando  l'im- 
mediato ristabilimento  dell'antica  iscii- 
zione  iielbi  sala  rei^iaaS  novembre.  Il  se- 
nato veneto  ne  fu  tanto  contento, che  per 
i^iatitudine  decretò  la  nubillà  veneziaiiii 
al  principe  d.  Camillo   Paniphilj  nipota 
del  Papa,  ed  a  lutta  la  sua  discendeii"ii; 
dispensando  dalla  recente  legge  che  ob- 
bligava a  farne  la    richiesta.  Ed   olire   i 
4  consueti  amba>ciatoii  destinati  a  ren- 
dete  Lhhidiei.za   (F.)a\    nuovo   Piq^ì, 
deputò  il  procuratore  Angelo  Contaruti 
quale  oratore  straordinario  a  ringraziar- 
lo.'—  In  mezzo  alle  tante  faccende  e  di  m 
grave  importanza  per  la  repubblica,  che 
tennero  occupato  il  governo  del  doge  Se- 
bastiano Ziani,  non  lasciò  questi  di  aver 
sempre  l'atlenzicne  anche  alle  cose   ilei 
commercio,  e  al  miglioramento  degli  or- 
dini interni   dello  stalo.   Laonde  furono 
conclusi  trattati  d'alleanza  e  di  commer- 
cio con  Cremona,   Verona   e  Pisa;  e  iu 
provveduto  alla  tutela  degl'interessi  del 
popolo  e  alla  pubblica  igiene  eleggendn 
udìziali  soprintendenti  alle  beccherie,  a' 
fornai,   oU'oslerie,  a'poUaiuoli,  a' pesci- 
vendoli, da'qnah  udìziali  poi  deiivarcno 
\giiislizi(ri  vecchi  e  nuovi,  \  daziatori  del 
vino,  i  visdorriini  della  fonarla,  c\{)ii  o- 
lii,  grassumi  ce.  11  doge  intraprese  la  ri- 
fabbrica della  chie>a  di  s.  Geminiano,  fe- 
ce selciare  la  piazza  di  s.  Marco  e  fabbri- 
care inloino  case  con  colonnealle  finestre. 
Sulla  Piazzetta  fece  alzare  le  due  giacen- 
ti colonne,  e  piìi  lardi  vi  furono  eretti  so- 
pra, in  una  il  Leone  alato,  emblema  di 
s.  Marco,  nell'altra  la  statua  rappresen- 
tante s.  Teodoro,  l'antico  [)rotellore  del- 
la città,  come  allermano  tutti  gli  scrittori 
pati  ii.  Ma  di  recente  avendo  il  eh.  Zanol- 
lo  dimosti  alo  esprimere  s.  Giorgio  patro- 
no della   Dalmazia  e   uno  de'proleiloi  i 
della  repubblica,  cedendo  alle  sue  doUe 
dimostrazioni,  alueltanlo  dissi  aneli  10 


94  VE  N  V  E  iV 
nel  5  II,  n.  3.  Osserva  peiò  il  eli.  Roma-  z'miii  e  Federico  I,  e  mollo  meno  gtier- 
niti,  elle  in  prova  che  la  statua  esprime  s.  la  e  battaglia  pel  Papa;  e  che  il  iloge  non 
Teodoro,  antica  è  la  tratlizioue  popolare,  impiegò  se  non  buoni  uffici  per  ristabili- 
i/Ti Marco  e  'Fodero  /^come  a  dire  ira  le  re  la  pace  fra  il  Sacerdozio  e  l'ImperOj 
due  colonne,  e  l'intesi  innnmeicibili  volte  ed  ebbe  finalmente  la  ventura  di  riu- 
ripetere  da' veneziani;  iinzi  c(jnosco  pure  scirvi.  Prima  di  creare  il  nuovo  doge  si 
l'aulico  proverbio:  GuardiHÌ  (LiW  intcr-  pensò  ad  una  diversa  forma  d'elezione, 
/^■o/»/i^//t»,  [lercliè  vi  si  ginsiiziavanii  i  rei,  i  forse  consigliala  dal  Ziani  ,cioè  che  il 
r|iiali  io  erano  pi  ima  a  s.  Giovanni  in  Bla-  ginn  consiglio  eleggesse  ^,  ciascuno  de' 
gora;  il  che  fu  abolito  dal  governo  Ita-  (juali  nofninassero  i  o  individui  scelti  dal 
lieo,  sostituendo  il  campo  presso  s.  Frati-  celo  de'nobdi  e  degli  altri  cittadini,  ossia 
Cesco  della  Vigna,  ora  occupato  dal  gazo  4^  '"  tulli,  e  (joesli  eleggessero  il  doge 
metro;  dipoi  (»er  l'esecuzione  della  pena  |)f  r  via  di  p  illuHole,  e  chi  ne  avesse  2  r ,  o 
capitale  fu  assegnalo  lo  spazio  eh'  è  die  la  maggKiratiza,  (juegli  s'intendesse  eletto 
Irò  al  fu  luonaslero  di  s.  Maria).  Aggiun-  doge.  In  lai  l'orma  si  elesse  il  seguente, 
gè:  »5  Kè  ilee  faie  obbietlo  il  dr.igo  cht:  si  g.  Orio  Maslropiero  X L  doge.  As- 
vede  a'snoi  piedi  e  pel  ipiale  fu  da  lalu-  sunto  al  dogado  nell'  aprile  1178,  una 
no  credula  ipiesla  statua  avesse  [liiillo-  delle  prime  cosi*  avvenute  sotto  di  lui  fu 
kloa  rappresentare s,  Giorgio,  luenlre  nel-  la  spedizione  inDalmazia  per  riduri  eque' 
r«)()era  irililolala  Illcssoea  Graecoruni,  j)u(Mrli  all'ubbulienza.  A  cpie'>to  fine  1  cit- 
6  febbiaio,  leggesi  che  nel  vespero  di  s.  ladini  pieslarono  cpjanlilà  di  denari  alla 
Teodoro  cantasi  dalla  chiesa  greca  in  uno  repubblica;  ma  giunta  l'armata  navale 
àc'Troparìi  un  versetto  significante:  a-  presso  a  Zara,  questa  era  .sì  fortemente 
vt/ìdo  tu  colla  lancia  dcllalua  costanza.  gu;u-dala  dagli  ungheri,  che  nulla  si  potè 
iircìso  il  draconc,  e  rappresentasi  altre-  ottenere.ln  una  battaglia  vi  perirono  mol- 
si  al  paro  di  s.  Giorgio  col  drago  sotto  i  ti  veneti,  esollaulo  poleronooccupare  l'i- 
j)iedi".  Notizia  che  dice  avere  ricevuto  sol.t  di  Pago  e  vi  persero  presidio.  Hi[)or- 
dal  eh.  Giovanni  V'eludo  vice  biblioteca-  la  il  co.  Galli  siiniio;ninato,  De'traltnli 
lio  iilla  Alai  ciana.  11  i."  ponte  di  legno  di  pace,  cUe  nel  i  i83  il  trattato  di  Ve- 
in  Iliallo  pur  si  deve  a  questo  dogado.  iiezia  fu  convertilo  in  Costanza  in  una 
Dueiiulo  assai  vecchio  il  Ziani,  dopo  a  paeeilellniliva,  in  virtù  della  quale  le  cit- 
\er  esereilato  tante  pie  beneficenze,  che  là  d'  Italia  si  mantennero  nel  sistema  di 
celebrala  loro  luoghi,  rinunziò  la  ttignilù  governo  da  esse  ad(jttato  e  nel!' eseicizio 
a'iS  aprile  1  178,  si  ritirò  nel  monastero  de'  diritti  legali  ch'esse  avevano  accpù- 
di  s.  Giorgio  iVbiggiore,  e  uiorlo  in  quel  stalo  dall'uso  o  dalla  prescrizione.  L'iin- 
mese,  ivi  fu  seppellito  con  onorevole  epi-  peraloie  Federico  l  riservossi  l'investilu- 
laflio.  Dice  il  Moschini.  A  questo  doge  si  rade'  consoli, il  giuramento  di  fedeltà  da 
deve  la  celebre  conciliazione  fra  Alessan-  rinnovarsi  ogni  1  o  anni,  e  gli  appelli  nel* 
ilio  111  e  Fedei  ieo  I,  ebe  [)rocurò  tante  le  cause  civili,  le  ijuali  sorpassassero  il  va- 
onoranze  alla  repubblica  d.d  Papa;  che  loie  di  iS  lire  imperiali,  in  tal  guisa 
iuricchì  suoi  fasti  di  gloriose  memoiie,  lerminarono  le  dispute  tra  la  Chiesa  e 
che  aperse  vasto  campo  alla  fantasia  de'  rinì|)ero,  ed  ognuno  resiò  conlenlo  del- 
pittori  e  de'poeti,  e  fece  estimare  religio-  1' operato  da' veneziani.  Dimenticalo  il 
sissimo  il  popolo  veneziano.  L'  ylrlc  di  pas-alo,  conservarono  le  città  lombarde 
i'cri/ttare  le  date  ebiama  favola  il  com-  le  loro  antiche  consuetudini,  il  diritto  di 
ballimento  navale,  con  Sigonio,  Daronio,  erigere  fortificazioni,  di  far  la  guerra  e  di 
Muratori  e  Saint-Marc,  i  ipiali  provano  conservare  la  propria  giurisdizione.  Le 
uoii  esser\i  siala  mai  roUura   Ira'veue-  dispule  che  intorno  ciò  potessero  in^or- 


V  E  N  VE  i\  c)1 
fiere  doveaiisi  sollontelleie  al  giudizio  ili  d' avvanlagginie  il  proprio  cnniinercio. 
ijrol)i  uon-iiii  d' aiJi))e  le  parli;  le  inferi-  Po!-lo  1' assedio  da' crocesigiiali   a    Tole- 
dazioiii  dipeudeiiii   dall'  imperatore,  sa-  iiitdde  o  s.  Giovanni  d'Acri,  esso  fu  as- 
lebbero  da  tjiuslo    talle   giaUiitainenle,  sai  sangnino^o,  e  g  voile  convenne   dar 
Consci  verebbe  liillavia  ]'in)peialoreral-  batlaglia  a  Saladino;   finalmente   espu- 
lo dominio,  e  lutti  i  cilladini  fra'i  7670  guata  nel  1  191 ,  anche  i  veneziani    gode- 
anni  avrebberoa  giurargli  fedeltà;  venen-  rono  della  vittoria,  essendo  rientrati  in 
do  in  Italia  sui  ebbe  obbligo  delle  città  di  possesso  di  quella  poizione  eh'  era  siala 
preparargli  le  >ti.u!e,  i  ponti,  il  nianleni-  loro  assignala  dopo  la  1  .'\oiK|nisla,e  va- 
iiiento,[)iucuetlenilo  pt  riidinontliniorare  rie  ss.  Reliquie  s'ebbero  in   (piella   cir- 
Irtppo  a  lungo  in  alcuna  per  non  aggra-  costanza,  le  cpiali    furono  riposte  nel  te- 
vaila  di  spese  eccessive.  Frattanto  Euia-  soro  di  s.  Alarco.  I  veneziani  non  lascia- 
iiueleConincno  imperatoregi  eco,ì)encliè  rono  di  farsi  rinnovare  e  confermare  i  lo- 
non  polesseslatcailidairnnioneco'.sicilia-  ro  privilegi    ed  i  precedenti  trattali.   A' 
ni,  a\ea  riuie>si  i  \eiuziani  ne'loio  diritti  consoli  di  Ferrara  si  .-pedii  01.0  ambascia- 
e  shibiliuit-nli  nell'  Ajci|)elngoe  nt-l  mar  lori  per  cagi<  ne  de'  coidìni  EmicoDan- 
iN'tio,  e  un  nuovo  tiattalo  d'alleanza  of-  dolo  e  Pietro  Forcarmi,  e  con  isliumeu- 
fi-nsiva  t  diftnsiva  era  statofiillo  tia  ilsuo  lo  dei   1  191   furono  stipulati  i  palli   da 
iiifpeio  e  la  repubblica,  avendo  onoralo  essi  delegali  ah  yìurio  MaslropetroDei 
il  cloge  coi  titolo  di  proto»[)alai  io.    Più  i  gialla  Vtneliarum,Dalnìaliae,vlCroa- 
veiieziani  ottt  nnci n  a  conipenso  de'danni  line  Duce  :  nuovo  accordo  segui   poi  nel 
sofferti  i5  centinaia  di  libine  d'oro  cor-       1  ?.o4,  nel  cui  atto  trovasi  nominato /.^o- 
lispondenti  ad  «lire  un  milione  e  mez-  niiidis  Pciro  Bembo  venetus    f  i.uiomi- 
zo  di  zeccbini.  Ria    moi  lo  1' imperatore  Ajt*  y  successivamente  si  fecero  allri   ac- 
uti 1  I  80,  al  di  lui  figlio  Alessio  I  IComne-  cordi  per  vari  diritti  e  prerogativea  que- 
llo UAUipò  il  Irono  il  luloie  Andronico  I  sto  niagislralo  in  Ferrara, onde  coi  tem- 
Comneno,  e  lo  (eccn:oiire,dopo  aver  f.il-  pò  venne  guerra  troppo   perniciosa    alla 
l(j  sliage  in  Costaniiiiopoli  de' Ialini,  ou-  casa  d'  Este,  come  osserva  Muratori  uel- 
de  I  veneziani  per  vendetta  posero  a  ferro  la  Di.ierl.  ^C).'  Il   nominalo  Dandolo  è 
ni  a  luoco  le  coste  della  l'ioponliclee  del-  quello  ch'era  divenuto  cieco   con  un  b.i- 
i'Ellespouto.  Kel   1  1  85  rovesciato  il    ti-  cino  rovenle,  o  per  crudeltà  d'Emanue- 
raniio,  fu  innalzalo  all'impero  Isacco  II  le  in  Costantinopoli,  come  notai    di   so- 
l'Angelo  discendente  per  buca  feniiuinile      pia,  o  per  allia  causa.  Si  narra,  che  non 
da  Coinneiii,  il  quale  benignamente  con-      volendo  dar  a  conoscere  a'feiiaresi  il'ts- 
fein.òa'  veneziani  1  loro  pi  ivilegi,  e  con-  ser  cieco  si  fece  porre  nella  minestra  un 
eluse  con  essi  un  li  allato  per  la   sommi-  capello;   e  quando  si  assise  a  mensa  con 
ni^lra^lcne  d'una  flotta  dalle  4oalle  1  00      (jne'>ignoii,  disse  al  siu>  vicino  :  leva  (pie- 
galere  in  6  mesi,  il  che  dimostra  la  [xiten-  slo  capello  dalla  scodella;  e  co>ì  credettero 
Vii    maiillimu  di  \  enezia  a  que'  tempi, e  ch'egli  ci  vedesse.  Plica  vo  dal  prol.lioma- 
il  numero  SOI  picndente  de'veneli  dimo-      nin,  che  in  questo  dogado,  aumenlaligli 
I     liti   nell'  ìmpeto  di  (  o.stanlinopoli.  A-  affari,  sembrando  insiilliciente  il  iiumcKi 
\  cikU.  Saladino,  solduno  tie'sai  aceni,  a'2  de"  ccnsijjlieri,  ne  stabile  essendo  il    Pie- 
"I  lubie    1187,   conquistato  6"e//<.yt//<///-  gadi,  fu  introdotto  un   nuovo  consiglio, 
'■e  e  dato  leimine   al  regno   latino,  per  al  cui  esame  e  parere  si  dovessero  portai  e 
1  iconquiblaila  nel  1  1  89  pubblicata  la  3.^      tutte  le  proposizioni  da  soUopoisi  poi  al- 
(  I  oc/afa    (f^'.JtW   Palestina,  i    veneziani       la  delibeiazionedel  giandeo  imiggiorcoii- 
i  olle  lui  o  navi  vi  concoi seio  di  Ijuou  già-  sigilo.  Così  il  doge  e  1  suoi  consiglieri  era- 
d(;,  mollo  .speranilo  con    tale   ucciisionc  no  i  pumi  pio^onculi,  il  l'rcgadi  e  la  cu- 


c)o  V  E  iV  V  E  N 
SI  della  (^f/rt/YZ/ìZ/Vz  i  consiglieri  consulti-  zia,  !a  quale  tenne  senìpre  ne'  suoi  or- 
vi,  il  illaggior  consiglio  il  delibeinlivo.  tlini  civili  e  polilici  un  certo  carattere 
Poco  stette  però  la  Quarantia  a  divenire,  ili  matura  prudenza,  che  mancava  per 
pel  numero  e  per  la  saviezza  de'suoi  coni-  lo  più  nelle  costituzioni  dell'altre  repub- 
ponenli,  la  principale  tr)agi^tratu^a  dello  bliclie  italiane,  procedeva  in  materia  di 
sialo,  die  dava  udienza  agli  ambasciato-  giudizi,  fin  da'  tempi  più  antichi,  colie- 
ri,  come  fece  nel  1201  con  qiie'diFrau-  giabneule.  Venezia  adunque,  erede  del- 
cia  i)er  la  ci  ociala  ;  riceveva  l'appella-  le  memorie  romane,  non  mai  invasa  da* 
zioni  in  materie  civili,  e  pronunziava  sen-  barbari,  svolgendo  una  civillà  tutta  sua 
lenza  nelle  criminali.  Circa  poi  alTesecu-  propria  e  regolata  soltanto  da'  propri  bi- 
liva  delle  prese  deliberazioni  era  in  facoltà  sogni. ebbe  ordinate  leggi  e  magistrati  con 
del  maggior  consiglio  di  delegarla  aisolo  giudicatui  e  collegiali,  mentre  negli  altri 
doge,  a'  suoi  consiglieri,  al  consiglio  de'  Co/iiuni d'IlaWa  i  Consoli  o/jor/es^?/,  slrin- 
quciraula  o  a'soli. suoi  tre  capi. La  frequen-  gevano  nelle  proprie  mani  quasi  tulto  il 
za  e  r  incremento  del  commercio  porla-  potere  ed  aveanoii  diritto  della  giustizia, 
va  pure  di  conseguenza  un  aumento  di  onde  promovevano  le  deliberazioni  del 
rapporti,  di  contralti,  di  conleslazioui  consiglio,concludevanocon  que.sto  Iralla- 
con  forestieri  ;  alle  (juali  cose  tutte  mal  ti  e  convenzioni,  gui  davano  per  lo  più  le 
polendo  ormai  bastare  il /ì/i^/^/.vf/VT^o  <^^c/  spedizioni  e  le  guerre,  facevano  If^ggi  e 
Piojìi'io,  fu  opporttmamente  divisalo  decreli  con  aiDplissima  uuloiilà,  ed  in  pa- 
ti istiiuiie  altro  uflizio  detto  del  Fore-  ri  tempo  amministravano  le  rendite  del 
5//e/', distinguendo  gli  abitanti  tulli  in  comune  ed  esercitavano  la  podeslàgiudi- 
/fr/'/(77oyo/f'5//e/-/,  rimanendo  per  quel-  ziaiia  civile  e  criminale.  Altro  carattere 
lì  il  solito  magistrato  de'  Giudici  di  Fa-  peculiare  delle  leggi  veneziane  (in  daquel- 
/^zzo  dello  anche  del /'/oyjr/o  o  rVrt:;/o-  l'epoca  è  l'eguaglianza  di  tutti  davanti 
naie o  proprio  della  Città,  ?t  differenza  alla  legge,  la  ipiale  non  faceva  alcuna  di- 
del  Foie.stier,  innanzi  a  cui  si  porlavano  stiuzione  di  classi  o  di  slii  pi,  al  contrario 
le  cause  degli  stranieri  in  Venezia. 1  giudici  di  ciò  che  pialicavasi  dapperluUo  altro- 
del  Proprio  erano  slati  eletti  fino  allora  ve,  giudicandosi  i  cittadini  quali  secondo 
dal  doge:  ora,  al  paro  di  quelli  <\v:\Foic-  la  legge  franca,  o  longobarda,  o  roma- 
sticr  e  d'ogni  altra  magistratura,  ne  fu  na,  per  non  dire  altri  vocaboli  notali  al- 
fatla  dipendere  r  elezione  dal  maggior  l'occasione.  Il  doge  iMastropiero,  già  fillo 
t:(jnsiglio.  Altro  genere  di  contestazioni  vecchio,  abbandonò  il  governo  previa  ri- 
dovea  insorgere  abbastanza  frequente-  nunzia  nel  1  iq-ì,  e  ritiratosi  nel  mona- 
niente  in  uno  sialo  commerciale,  ed  era-  stero  di  s.  Croce  visse  con  que'religiosi,  e 
DO  quelle  col /^/.yco.  A  provvedere  anche  a  cjuivi  uìor'i  e  fu  sepolto  nel  mc)5. —  En- 
quesle  furono  istituiti  i  Giudici  t  Avoga-  ì  ice  Dandolo  XLI doge.  Questi  è  ildi- 
don  dtl  Comune,  a'  quali  spellavano  le  scorso  disopra  e  cieco  (non  [lare  che  tale 
cause  delle  particolari  persone  contro  il  fosse  interamente,  bensì  quasi  cieco),  jier- 
Co/^f/Mc,  o  le  ragioni  di  questo  verso  di  che  vuoisi  fatto  abbacinare  dall' impera- 
qoelle  (quanto  all'allra  specie  degli  a-  lore  di  Costantinopoli  Emanuele.  Eletto 
vogailori,  come  leggo  nella  veneta  Bio-  dogea'20  giugno  i  iq2,  la  prima  impresa 
grafia  uinversale,  I.  i,  p.  436,  essi  era-  di  lui  fu  contro  i  pisani,  i  quali  molestava- 
no una  5>  specie  di  censoii  o  di  accusa-  no  nuovamente  i  veneziaiìi  per  gelosia  di 
tori  pubblici,  incombenzati  d'invigilare  commercio.e  furono  rolli  nella  rada  dil^fi- 
al  mantenimento  delle  leggi,  siccome  i  la  e  perseguitati  sinoa  Modoiie.  Nel  i  199 
ti  djtini  in  Roma  vegliare  dovevano  al  in  cui  disponevansi  i  crocesiguati  alla  5.' 
luanlenimcnlo  della    libertà').    Vene-  C/orvató  ('/'^j  di  Siria,!  veneziani  venue- 


YEN 

10  licliiesli  cla'fraiicesi  di  Iraspoili  coloro 
navigli, e  si  trattava  di  4o, odo  uomini  e  di 
pili  migliaia  di  cavalli;  onde  si  vuole  che 
la  flotta  si  compose  di  forse  3oo  navi  bel- 
lissime e  del  tutto  fornite.  Stabiliti  i  pat- 
ti,pe'quaii  i  deputali  obbliga vansi  di  sbor- 
sare a'veneziani  una  somma  equivalente 
a  circa  4  milioni  e  luezzo  di  franchi,  e  ol- 
tre a  ciò  di  ripartire  equamente  il  botti- 
no, furono  confermati  solennemente  dal 
popolo  nella  basilica  di  s.  Marco;  e  il  do- 
ge, sebbene  cieco  e  vecchio  d'  85  anni 
(non  di  94  come  altri  scrissero),  ma  vigo- 
loso  d'animo,  assunse  di  porsi  all.i  testa 
dell'  armala  nel  1  202.  Prima  di  dire  del- 
l' espugnazione  di  CostanUnopoU  e  della 
fondazione  dell'  impero  Latino^  ne'ipiali 
articoli  e  in  quello  di  Turchia  ne  riportai 
i  pi  incipali  fatti,  devo  premettere  un  cen- 
no del  trono  greco.  JXel  i  ig5  1'  impera- 
tore Psaccoll  l'Angelo  fu  deposfo,acceca- 
to  e  in)prigionalo  dal  fratello  Alessio  III 
r  Angelo,  il  nipote  di  questo  e  figlio  d'I- 
sacco, Alessio  IV  l'Angelo  il  G/otV7/;e,  si 
porlo  da'  crocesignati  per  essere  col  pa- 
dre ristabilito,  pronielleudo  molli  van- 
laggi,e  come  i  fedifiaghi  suoi  predecesso- 
ri la  riunione  della  Chiesa  greca  alla  la- 
tina, divisa  dall'antico  Scisma.  I  crocesi- 
gnati furono  di  ciò  pregali  anche  in  no- 
me d  Isacco  li,  già  persecutore  deile  cro- 
ciale, come  gl'invidiosi  e  ignobili  suoi  pre- 
decessori, per  tutto  quello  che  raccontai 
negli  articoli  riguardanti  le  Crociale  \ìev 
la  liberazionedi  2\'rra  Santa. \nnam\i.\ì 
partire,  i  veneziani  e  francesi  inviarono 
ambasciatori  a  Papa//i/;oa'/^ro ///(nella 
cui  biografia, come  negli  altri  articoli  che 
ricorderò  in  corsivo  olire  i  già  citati,  aven- 
do di  proposilo  lagionatode'clamorosi av- 
venimenti the  vado  appena  ad  accennare, 
mi  tengo  dispensalo  da  parlicolari),  pre- 
gandolo a  confermare  i  patti  (1,1  loro  con- 
clusi.I\Ia  ilPapa. quasi  presago  delle  future 
cose,  saviamente  rispo^e  iloversi  confer- 
mare soltanto  le  convenzioni  non  (jlfensi- 
ve  i  cristiani,  0  qualora  questi,  per  malva- 
glia,  ne  avessero  impedito  il  caDimino,e 

VOL.   XCII. 


V  E  i\  97 

secondo  il  consiglio  del  legato  della  s.  Se" 
de.Ma  i  veneziani  si  ricusarono  di  ricevere 
la  conferma  con  tali  condizioni,  onde  ma- 
nifesto appare  quali  fossero  le  loro  inten- 
zioni. Per  legato  il  Papa  avea  mandato  a 
Venezia  il  cardinal  Pietro  da  Capiia  Ae\ 
titolo  di  s.  Marcello,  acciò  andasse  coll'e- 
sercilo  cristiano;  ma  prevedendo  i  vene- 
ziani ch'egli  avrebbe  sturbato  1'  impresa 
alla  quale  avevano  fatto  convenire  i  fran- 
cesi e  gli  altri  crocesignati,  per  ("«pugna- 
re e  distruggeie  Zara,  non  lo  vollero  ri- 
cevere nelle  loro  navi  come  legato  apo- 
stolico, ma  solamente  come  predicatore. 
Questo  dispiacque  assai  a' francesi,  ed  il 
legato  fu  costretto  a  ritornare  dal  Papa, 
il  quale  venuto  in  cognizione  di  tutto 
proibì  a'crocesigiiati  di  entrare  nellt*  ter- 
re cristiane  e  di  occuparle,  sotto  pena  di 
scomunica.  i\ondi(ueno  i  veneziani  jmr- 
titi  rS  ottobre  da  Venezia,passati  in  Dal- 
mazia, ribellata  in  parte,  a' io  novembre 
assediarono  Zara,  che  per  la  4-  volta  era- 
si dataagli  ungheri.  In  pre>eio  d'assalto 
a'  24  dello  stesso  mese,  e  per  prevenire 
nuove  rivolte  la  smantellarono  e  ne  fe- 
cero aspra  vendetta.  Saputo  Innocenzo 
III  lo  sterminio  di  Ziira,  ne  pali  gran  do- 
lore, e  duramente  con  lettera  rimproveiò 
i  crocesignati,  ordinando  loro  di  non  più 
offenderla.  I  francesi,  eh' eransi  obbli- 
gati alla  santa  Sede  con  giuramento  di 
non  fare  che  il  suo  piacere,  ne  restarono 
tanto  commossi,  che  tosto  mandarono 
al  Papa  il  vescovo  di  Soissons  Ni  velo 
de  Cliei  isy.  Martino  abbate  e  Giovan- 
ni parigino,  pregandolo  ad  assolverli  dal- 
l'incorse  censure.  Aggiunse  le  sue  pre- 
ghiere Bonifacio  III  marchese  di  Mon- 
ferrato, il  quale  sebbene  uno  de'capi  del- 
la sagra  spedizione,  in  ubbidienza  a'  co- 
mandi della  s.  Stdc,  non  avea  acconsen- 
tito a'commessi  eccessi.  Laonde  [)er  amo- 
re del  maiclu'se,  Innocenzo  III  li  assolse, 
permettendo  loro  di  tr;ittarcco'  venezia- 
ni e  di  aiutarli  fincliè  fossero  pervenuti 
in  Soiia;  e  quindi  scrisse  ad  Alessio  IV 
acciò  non  facesse  mancare  di  vellovaglic 


<)8                      \  E  N  V  E  N 
i  ciocesigiitTli,  es^icmlo   nmli' eg^i  inipp-  l'Angelo  n  il  Gioivinr  r.  ne  s'\  ommise  da' 
guaio  «li  lislabilire  sul  trono  eli  Co&lan-  noopsignali  la  rafifìoa  de'traltali.  Qiiin- 
tinopoli  Isacco  II   suo  padre,  lecniana-  «li  Alessio  altro  genero  d'Alessio  HI,  dello 
Jtiglie  istanze  e  qnelle  di  Alessio  IV  era-  lì/urzuìfo  a  cagione  delle  folle  sue  so- 
no stale  accellale  da' crocesignati,  am-  pi  acciglia,  dell'dlustre  famiglia  de'Ducas, 
ijionili  però  essi  seriamente  da  Innocen-  per  1' anil>Ì7Ìoso  e  perfido  suo  carattere, 
zo  111  di  non  occupare  le   terre  de'greri  concepì  1'  ardilo  disegno  di  salire  sul  va- 
con  tale  motivo,  per  aver  essi    preso   la  (illante  trono  greco,  con  ceicare  d'insi- 
croce  non  [ter  vendicare  le  loro  in^inrie,  imarsi  nell'animo  del  debole  Alessio  IV, 
sibhene  per  pigliar  vendetta  dell'obbro-  e  per   meglio  perderlo  profittò  de' suoi 
l>t  io  «lei  ("locefisso  contro  i  saraceni  sol-  errori,  dichiarandosi  apei  lamente  contro 
tanto.  I  crociali  dopo  avere   svernato  in  i  crocesignati,  e  inducendo  l'infelice  prin- 
Dalniazia,  ricevuto  Alessio  IV,  che  li  sol-  cipe  ad  irritai  li  con  tradimenti,  a  non  pa- 
lecilò  a  recarsi  a  Costantinopoli,  scioKe  gaie   le   taglie   loro  dovute,  anclie  con 
louel  I  2o3  le  vele  diligendosi  a   quella  assalti  impreveduli,  cui  riufameiu  segre- 
ciltà,  deviando  nuovamente  le  loro  ar:  to  faceva  andare  a  vuoto  per  denigrarlo 
mi  dalla  sagra  guerra,    pervenendovi  a'  presso  i  greci    malcontenti  e  turbolenti. 
l'ò  giugno,  e  sbarcandf)  sulla  costa  me-  Non  è  a  dire  quanto  i   crocesignati   ne 
ridi(jnale  del  Bosforo,  indi  sulla  costa  Eo-  restarono  indignati,  irritali  e  provocati  a 
ropea.   I  greci  comandali  dal  coraggioso  vendetta.  Saccbeggiaroiio  Costantiuopo- 
Teodoro  Lascari,  genero  dell'usurpatore  ii,ne  ar^ero  un  ter70,e  diibiararono  guer- 
Alessio  111,  oslinalainente  e  con  valore  si  ra  ad  Isacco  lì.  .11  fuoco  desolò  8  giorni 
opposero  allo  sbarco  più  vicino  a  Costan-  la  celebeninsa  cill;i,e  mise  al  colmo  l'o- 
tinopoli;  ma  presa  la  torre  di  Galata,  i  dio  de' gieci.  A'aS  gennaio  i2o4il  po- 
veneziani  sftuzarono  l'ingresso  nel  porto  polo  si  ammutinò  esfoizò  il  senato  a  de- 
valorosamente. Si  assediò  allora  la  grande  porre  l'imperatore,  e  ad  eleggere  il  gio- 
Coslantinopoli  da'veneziani,  e  da'crocesi-  vane  Nicolò  Canahe.  Alessio  IV  spaven- 
gnati  di  Francia,  cV\  Fiandra  e  d\  altre  tato  [)er  consiglio  di  Murzulfo  ilomandò 
nazioni,  indi  venne  coiaggiosaniente  as-  segretamente  soccorso  a' crocesignati,  e 
salita,  spiegando  es>i  tale   una  vigoria  e  nella  notte  seguente  lo  determinò  a  fug- 
biavnra,cliesiippl"i  alloro  piccolonumero  gire  per  una  via  segreta,  ove  1^  atlende- 
iu  confi  Olito  di  quello  degli  assediati  :  era  vano  i  suoi  satelliti  che  lo  cacciarono  in 
con  loio  il  gio\a!ie  Alessio  lV,cbe  vo-  prigione.  Il  giorno  dopo  JMmzulfo  s'im- 
Icndo  tentare  un  accomodamento,  fu  re-  padroni   di    Cauabe,  che  d'  ordine  suo 
spinto  a  colpi  di  freccia.  Dopo  replicali  venne  stiangolato,e col  nome  d'Alessio  V 
combaltimenti,  i  fiancesj  ed  i  veneziani  si  fece  proclamare  e  coronare  imperatore 
si  risolverono  alla  definitiva  espuguazio-  a'-ìG  geimnio.  Volendosi  disfare  d'Alessio 
ne  della  città.  Il  doge  tulio  armalo  sulla  IV,  non  riuscendo  il  veleno  propinatogli 
prora  della  sua  galera,  tenendo  il  vessillo  due  volle,  feroce,  l'B  febbraio  discese  egli 
«li  s.  Marco,  e>claD»ava  die  lo  si  ponesse  slesso  nel  carcere  e  lo  strangolò  colle  prò- 
a  terra,  e  fu  ubbidito.  Alla  vista  .del  doge  prie  mani;  ed  a  tale  notizia  Isacco  11  morì 
e  della  l;andiera  veneta  si  rianimarono  i  di  dolore.  Allora  il  perfido  Murzulfo  ope- 
piodi  con-.battenli.  I  greci  spaventati  (iig-  rò  destramente  per  rendersi   favorevoli 
giion«);si  presero  25lorri,e  vincitori  e  vili-  i  crociali,  i  quali  udite  con  indignazione 
ti  alla  rinfusa  entrarono  nella  città  a'  17  le  sue   proposte,   luttavolla   rimisero  al 
o  iJS  luglio.  Alessio  III  fuggì,  e  tratlodi  doge  di  Venezia  lo  stabilire  le  condizio- 
puigione  vi  fu  ristabilito  Isacco  li  1'  An-  ni.  Ma  non  aggiustandosi   le  parli,  esi- 
gelo,  e  per  collega  il  figlio  suo  Alessio  IV  gendo  il  doge  fra  l'alUe  cose  la  souunis- 


V  E  N 
sioue  de' greci   alla  comunione  latina,  ì 
crocesigtiati  si  prepararono  a  continua- 
re la  guerra,  convenendo  fra  loro  di  di- 
vidersi l'impero  d'Oriente.  A'  q  aprile  i 

croce>i"nati  diedero  il  i  ."assalto  a  Coslan- 

o 

tinopoli,  ma  i  greci  animati  da  IMurznl- 
lo  e  rassicurati  dalla  fortezza  di  loro  mu- 
ra, li  respinsero  vigorosamente;  a' 12  ten- 
tarono un  nuovo  assalto  più  finioso,e  loro 
liuscidi  superare  le  mura  e  d'imposses- 
sarsi de'  principali  quartieri.  Fu  il  doge 
Dandolo  che  pel   i.°salì  le   mura   della 
superba  Costantinopoli,  più  che  nonage- 
nario, e  vi  piantò  i  gloriosi  vessilli  di  Cri- 
sto e  di  s.  Marco.  Presa  Costantinopoli, 
quali  eccessi  vi  commisero  i  solditi  vinci- 
tori è  più  f'icile  immaginare  che  dire. 
Dlurziilfo  nel  mezzo  della  notte  fuggi  col 
più  prezioso,  e  si  ritirò  poi  in  IMislno- 
poli  presso  il  suocero   Alessio  Ili,  il  qua- 
le gli  fece  strappare  gli   occhi,  non    ve- 
dendo in  lui  che  un  odioso  coropelitore. 
Intanto  fra'crocesignali  fu  diviso   l' im- 
menso bollino.e  fra  le  reliijuiesagree  pro- 
fane, ebbero  i  veneti  i  fimosi  4  cavalli  di 
bronzo,  di  cui  ne!  S  V,  n.  2  e  altrove.  In- 
tanto Innocenzo  1 1 1  a'  i4f«bbr.iio  lao/f. 
avea  scritto  al  doge,  invitandolo  co'suoi  a 
penitenza  per  l'incor-sc  censure  di  scomu- 
liica,  ed  a  vo'gere  l'animo  e  le  forze  al 
soccorso  di  Terra   Santa.  In  luogo  della 
consueta  benedizione^pose  nel  titolo  della 
lettera  queste  [ìrivole:  Spiri  tiimco.tsilii  se- 
jtions.  Dipoi  il  doge  ei  veneziani  dal  sud- 
detto cardinal  L'ielro  di  Capua  legalo  in 
Soria,  ottennero  l'assoluzione  della  sco- 
Djunica.  Dovendosi  eleggere  tri'crocesi- 
gnali  un  principe  di  Costantinopoli,  ne 
fu  pro()oslo  il  doge  Dandolo,  ma  questi 
ricusandosi,  il  veneto  Pantaleone  Barbo 
persuase  a  proci  imare  im[)eratore  Iali- 
no Baldovino  I  contedi  Fiandra  nel  mag- 
gio del   I  204,  coronandosi  a'aS  in  s.  So- 
fìa. I  6  elettori  veneziani  si  opposero  al- 
l'elezione di  Dandolo,  considerando  che 
sebbene  alla  potenza  marittima  della  re- 
pubblica sarebbe  tornata  ojjportunissima 
la  couscrvaz'.ooc  del  dominio,  la  digni- 


V  E  \  99 

là  imperatoria  dovendo  risiedere  a  Co- 
stantinopoli, la  patria  loro  Venezia,  sem- 
pre libera  e  già  per  se  grande  potenza, 
diverrebbe  città  secondaria  e   vassalla; 
ed  essere  assai  didìoile  sostenersi  in  quel- 
la grande  capitale,  circondala  com'era  da 
tutte  le  parti  da  nemici,  ed  al  fasto  del 
titolo  vano  doversi  preferire   1'  acquisto 
delle  parti  deH'itnpero,  che  a  tenore  del 
trattato  ad  essi   spettavano.  Baldovino  I 
supplicò   il  Papa   Innocenzo  III   a  vole- 
re  confermare  con    autorità   apostolica 
i    patti  conclusi    fa'  crociati  ;  ed    altret- 
tanto co'  suoi  ambasciatori  fece   il   do- 
ge Dandolo,  scusandosi  dell'operato   in 
Zara  e  in  Costantinopoli.  Il  Papa    rim- 
proverò i  crocesiguali  d'aver  impiegate 
le  loro  anni  non  contro  i   saraceni,    ma 
contro  i  greci  cristiani,  non  per  libera- 
re  Genisilemme  da'  maomettani,   ma 
per  occupare  Costantinopoli,    e  di   aver 
commesso  tali  iniquità  che  la  Chiesa  gre- 
ca aiflitta  dalle  persecuzioni  ricusava  di 
ritornare  all'ubbidienza  della  s.  Sede;  né 
volle  dispensare  il  doge,  ad  onta  dell'e- 
tà, dal    passare  in  Palestina.  A  seconda 
de'  patti,  che  i  sacerdoti    della    nazione 
da  cui  non  fosse  tratto  l'imperatore,  a- 
veano  a  scegliere  il  patriarca    latino  di 
Costantinopoli,   i  veneziani    padroni    di 
s.  Sofia  elessero  il  concittadino  Tomma- 
so Morosini  ;  il  Papa  dopo  essersi  lagna- 
to di  tutto  l'operalo,  nondimeno  lo  con- 
fermò e  quindi  lo  consagrò  in  s.  Pietro, 
previo  il  giuramento  d'  ubbidienza  alla 
Chiesa  romana.  Così  Innocenzo  III  ter- 
minò le  pretensioni  della  Chiesa  Costan- 
tinopolitana, dichiarandola  seconda  do- 
po la  Uumana.  Ala  avendo   i    veneziani 
costretto  il  nuovo  patriarca  a  iniqui  pat- 
ti, lesivi  alla  libertà  e  disciplina   eccle- 
siastica, Innocenzo  III  difese   la  maestà 
della  nobilissima  sede  p  itriarcale.  Si  può 
vedere  Ramnusio,  Guerra  di  Co'itanti- 
ìinpoli  fi  Un  da    signori    t^caezianì    e 
J^'ranrfsi  V  anno     \io\;   Maimburgo, 
Storia  delle  Crocia  le  j  Michaud,    Sto- 
ria delle  Crociale;  Gonlier,  presso  Ca- 


100  \  E  N 

•  iisio  ;  Rinnlrli  npgli  y^ nnnlì ccclosin'itì- 
ci;  e  il  dolio  Hmter,    Storia  di   Papa 
Innocenzo  II f^  lii).  5  e  8,  in  cui  tliffii- 
samenle  descrive    le  cose  che  vado  ap- 
pena accennando.  Restava  a  farsi  la  di- 
visione delle  numerose  provincie  e  tei  re 
del  già  iiTspero  greco,  essendo  preveiili- 
vaniente  stabilito  «  he  1  imperatore  do- 
vesse averne  la  4-^  paite,  e  le  altre  3  fos- 
sero riparlile  mela   a'  veneziani  e  mela 
agli  alili  crociati.  Però  a  sollevare  la  re- 
pubblica   deli'  impegno  di    conquistare 
tante  provincie  e  terre,  e  provvedere  alla 
loro  conservazione,da'sagaci  veneziani  fu 
pieso  il  partilo  di  concederne  pareccliie 
in  feudo  a  cpie*  loro  nobili  che  a  proprie 
spese  ne  aves'ero  fallo    la   conquista,   o 
per  altro  modo  ne  fossero  ventili  in  pos- 
sesso, coH'obhligo  di  sempre  riconosce- 
re l'alto  dominio  della  madre  patria,  di 
pagare  un  tributo,  di  difeiwlere  la  terra 
acquistala,  somministrare  un  contingen- 
te ili  truppe  nelle  guerre  della  veneyia- 
ra  repubblica,  concedere  a  questa  libe- 
ro il  commercio,  ottenendo  in  ricambio 
aiuto  al  bisogno.  Le  molte  terre  infeudate 
si  ponno  leggere  nella  Storia  di  Venezia 
del  diligente  prof  Piomanin,  l.  2,  p.  i83. 
Altre  terre  furono  lasciale  o  date  in  feu- 
do a' signori  greci    che    le   possedevano. 
Inoltre  la  repubblica  comperò  per  i  o,ooo 
marche  d'argento  dal  marche>e  Bonifa- 
cio 111  di  Monferrato  re  di  Tessalowca 
{V\  a  cui  era  toccala  in  sorte  per  avere 
contribuito  al  conquisto  di  Costantino- 
poli e  fu  uno  de'  3  candidati  all'impero, 
l'importantissima  isola  di  CnndinAJ  .)  : 
quella  di  Corjii  (/  .),  che  per  cessione  di 
INIarino  Zeno  podestà  di  Costanlinnpoii, 
nel  i2o5  con  tributo  e  obbligo  di  man- 
tenere 20  cavalieri  e  ^o  scudieri,  fu  con- 
cessa in  feudo  ad  alcuni  nobili  venezi;ini, 
che  la   perderono  io  anni  dopo,  perchè 
venne  in  potere  di  Michele  Comneno  de- 
spota dell'Epiro  ;  né  stabilmente  tornò  a' 
veneziani  che  nel  i  386,  per  procacciata 
dedizione,  sottraendola  a're  di  Sicilia  ne' 
quali  era  passalo  il  dorainio.ll  doge  assun- 


V  E  N 

se  qui ndi  il  li lolo  ^'xDoc^e di Tenezìa  e  d*l- 
In  Croazia,Signore  d'un  quarto  e  mezzo 
dell'impero  di  Eomnnia  :  titolo  che  con- 
servò finn  al  I  356  sotto  il  dogado  di  Gio- 
vanni Delfino.  Ebbe  altres'i  djiH'inipera- 
tore  Ialino  il  titolo   di    Despota  o   De- 
spota (A.)  di  Rouìania,  ch'era  il  1."  gia- 
llo dopo  l'imperiale  ;  non  era  però  tenu- 
to al  giuramento  per  le  sue  terre,  avea 
il  privilegio  di  portare  i  borzacchini  ros- 
si, ed  i  nobili    veneziani   ottennero   pa- 
recchie dislinzioiii  d'onore  e  diversi  titoli 
secondo  i  costumi  feudali  d'al'ora. Intanto 
INIuizulfo  caduto  in  potere  di  Baldovino 
I,  quale  barbaro  omicida  del  suo  sovra- 
no fu  precipitato  dall'alto  della  colonna 
della  piazza  Taurusa  di  Costantinopoli, 
nello  stesso  i2o4-  Nel  seguente  Alessio 
111  dovette  darsi  a  discrezione   a   Boni- 
facio III  marchese  di  Monferrato,  che  Io 
confinò  in  Lombardia  :   alla  sua  morte 
nel   12  IO  ricuperò  la    libertà,   andò   in 
Asia  ove  Teodoro  Lnscai  i,  che  nel   »  2o6 
avea  fondalo  l'impero  di  Nicea  \^V.),\o 
rilegò  in  un  monastero  di  quella    città. 
In  breve  dice  il  Dizionario  veneto  :  Con- 
cepì il  Dandolo  ed  esegm  l'ardito  dise- 
gno d'impossessarsi,  insieme  co'  francesi, 
dell'impero  greco  ;  ottenne  a  favore  del- 
la repubblica  l'isoledell'Aici pelago,  mol- 
ti porti  dell'Ellesponto,  (Iella  Frigia,  del- 
la Morea,  la  metà  di  Coslanlinopoli    in 
sovianità  assoluta,  oltre  l'isola  di  Can- 
dia  per  comprila.  Con  tanti  possedimen- 
ti e  colle  colonie  che  Venezia  dedusse  uì 
molti  di  essi,  immensamente  accrebbe  il 
suo  trofìlco  e  la  sua  potenza  per   uKue. 
in  essi  istituì  la  repubblica  un  poileslii, 
assistilo  da  5  giudici  del  comune,  3  con- 
siglieri, un  camerlengo  pel  tesoro  ;  olire 
gli  avogadoi'i  del  comune,  il  contestabi- 
le per  la  milizia,  ed  un  rapitano  genera- 
le dell'armala  spedilo  da  Venezia,  l'oeo 
però  godettero  i  vincitori  della  conqui- 
sta, perchè  alcune  provincie  neli2o5  si 
ribellarono.  Baldovino  1  e  il  doge  Dan- 
dolo armati  marciarono   per  reprimere 
l'iusurrezioni,  Quegli   restò  prigioniero 


V  E  >' 
nella  jjueira  d'Adi ianopoli  del  re  de'bul- 
giri  e  vallachi  nel  i2o5,  e  poi  vemie 
ucciso,  il  che  deplorai  pure  nel  voi. 
LXXXVni,  p.  200  ;  ed  il  doge  litornaii- 
do  co'  pochi  avanzi  dell'  esercito  a  Co- 
stantinopoli, infermò  pe'  travagli  dell'a- 
uinio  e  i  disagi  patiti,  ed  ivi  morì  sotto 
il  peso  della  gloria  e  delle  fatiche,  a'i4 
giugno  120  5,  e  nella  chiesa  di  s.  Sofia 
fu  onorevolmente  sepolto  fra  il  genera- 
le compianto.  Fu  Eurico  Dandolo  uu  e- 
roe  :  uomo  per  grandezza  d'animo,  per 
civile  prudenza,  per  militari  virtù  ia- 
con)parabiie;  amalo  da'  suoi,  ammirato 
dagli  slessi  nemici,  religiosissimo,  som- 
mamente iiberale,e  per  l'età  e  per  l'espe- 
rienza sì  venerando  che  niuna  cosa  intra- 
prendevasi  senza  il  suo  consiglio;  nonché 
eloquente,  pregio  utilusimo  in  uno  stato 
deiuocralico.  La  sua  gloria  e  la  sua  fa- 
ma è  imperitura,  come  uno  degli  uomi- 
dì  più  grandi  che  onorino  le  storie  del 
mondo,  non  sapendo  dirsi,  dichiara  il 
Moschini,  se  fosse  più  accorto  di  mente, 
o  valoroso  di  mano,  o  generoso  d'animo. 
Dopo  la  sua  morte  i  veneziani  di  Costan- 
tinopoli elessero  a  loro  capo  il  ricordalo 
Marino  Zeno,col  titolo  di  Podestà  e  dumi- 
iKilore  della  quar  la  par  le  e  mezza  dtl- 
l'impero  di  Romania.  i\ella  forinola  da 
lui  usala  si  legge  :  Xos  Mariims  Zeno  Dei 
^ralia  h'eneloruiìi  Polcslas  in  Roma- 
nia, ejiisdciiKjiic  Iinpcrii,  (juarlae  par- 
tis  et  diinidiac  Doininator.  Egli  porlo, 
come  il  doge  suo  predecessore,  una  cal- 
za di  seta  rossa  al  piede  destro  e  una 
bianca  al  sinistro,  ei  borzacchini  o  stiva- 
letti imperi  ili.  La  sua  iioiuina  a  podestà 
fu  per  (juesla  sola  volta  approvata  ;  per 
l'avvenire  però  il  podeità  o  rettore  do- 
veva essere  mandalo  da  Venezia,  col  qua- 
le provvedimento  iuteiulevaisì  d'impedi- 
re che  quelle  proviuciesi  staccassero  af- 
fatto dalla  madre  patria. 

I  o.  Pietro  Ziani  XLII do^e.  Giunta 
appena  a  Venezia  la  dolorosa  notizia  del- 
la morte  dciriUuslre  doge  Dandolo,  fu 
convuuata  la  solita  generale  coucioue  da 


V  E  N  101 

Grado  a  Capodargine  oCavarzere,e  con- 
corso il  popolo  sulla  piazza  di  s.  Marco 
e  fatta  la  nomina  de'4o  elettori  a'  5  a- 
gosto  120?,  appena  ebbero  questi  pro- 
nunziato alla  moltitudine  il  nome  di  Pie- 
tro, figlio  del  celebre  doge  Sebastiano, 
che  si  levò  un  grido  generale  di  accla- 
mazione. Tosto  stringendosi  la  folla  in- 
torno a  lui,  fu  sollevato  sulle  braccia  e 
portato  prima  all'altare  di  s.  Marco  a  ri- 
cevere l'investitura  della  sua  dignità,  e 
poi  con  grande  onore  e  riverenza  fu  po- 
sto sul  trono  nel  palazzo  ducale  ;  come 
quello  ch'era  ricco  di  fortune  e  di  ami- 
ci, esercitalo  nelle  dignità  civili  e  mili- 
tari, benigno  co'  poveri,  sumiuamente 
pio,  severo  verso  gì'  ingiusti  e  superbi. 
Subito  mandò  a  Costantinopoli  a  rego- 
larvi l'armala,  d'accordo  col  podestà  Ze- 
no, ad  operare  che  i  veneziani  ivi  resi- 
denti continuassero  nell'ubbidienza  del- 
ia madre  patria,  ed  a  conservare  i  baro- 
ni Ialini  e  "reci  nel  buon  acoordo  colla 
repubblica.  Quindi  3o  galee  furono  po- 
ste in  ordine  per  occupare  Corfù,  ed  al- 
tre isole  già  ribellatesi  alla  dominazione 
veneta,  capitanate  da  [linieri  Dandolo  e 
da  lluggero  Premarino.  Kipresa  Corfù, 
si  passò  in  Cmdia,  che  i  greci  ricusava- 
no di  consegnare,  laonde  il  Premarino 
smontato  in  terra,  entrò  nell'  isola  per 
forza  e  ne  tolse  il  governo.  Fu  allora  che 
per  la  i."  volt.i  spedironsi  alcuni  gentil- 
uomini e  cittadini  di  Venezia  ad  abitar- 
la, e  si  chiamarono  coloni  di  Candid. 
il  privilegio  relativo  concesso  loro  dalla 
signoria  nel  12  12,  chiama  il  Ziani  Doge 
di  Jcnezia,  di  Dalmazia,  della  Croa- 
zia,  della  Grecia,  e  della  metà  della 
quarta  parie  deWiinpero  di  Romania 
Signore,  in  tale  anno  insorsero  dispute 
sull'elezione  del  nuovo  patriarca  latino 
di  Costantincjpoli  [)er  morte  del  Moro- 
sini.  Imperocché  i  veneziani  concorsi  nel- 
la chiesa  di  s.  Sofìa  vollero  che  il  suc- 
cessore fosse  eletto  dalla  loro  nazione  ; 
ma  opponendosi  il  clero  delle  altre  chie- 
se mandò  3  numi  al  Papa  pregandolo 


102  V  E  N 

icej^Iiere  liii  quelli  il  nuovo  prelato,  In- 
iiuLfDzu  ili  auiiuiluiido  reiezione,  invi- 
lo il  cìero  di  Costaiiliuopoli  a  coiivocar- 
M  ivgolarmeiile  per  la  nomina   del   suo 
pasture;  oja  cpjantuiK|ue  riuscisse  a'  ve- 
neziani d'indiure  le  allie  ciiiese  a  conce- 
dere tlie  l'elello  fosse  della  loro  nazione, 
non  potevano  però  accordarsi  nella  scel- 
la fra  l'arcivescovo  d'  Eiaclea,  amico  del 
patriarca  defunto  e  proietto  dall'  impe- 
ratole Enrico,  e  il  pairoco  di  s.  Paolo  di 
\enezia  raccomandalo  dai  doge.  La  cosa 
lesto  indecisa  fino  al  1 1 1  6,  quando  il  pon- 
tificio legalo  cardinal   Pelagio   Galvani 
nominò  il  vendo"  Gervasio,  escludendo 
gli  altri.  In  tal  modo  gii  allliri  di  Costan- 
tinopoli divenivano  seinpie  più  oggello 
di  seria   occupazione  per  la  r(q)ul)filica. 
E  già  il   suo   ingrandimento  destava  la 
gelosia  dell' altre   potenze   marittime,  e 
jpecialmenle  della  repubblica  di  Gt^/zo- 
v<7,laqualeadonibratii>i  degli  sl.ibilin. en- 
ti veneti  di  Levante,  ujandò  un'arufata 
di  3o  galee  a  inci  ociare  all'ingresso  dcl- 
1  Adriatico.  Allora  il  capitano  Giovanni 
Tievisan  con  c)  grossi  vascelli  sconti ò  il 
nemico  sull'allure  di  Ti  apani,  e  d.mdo 
battaglia  vinse,  e  ridusse  il  senato  di  Ge- 
nova ad  impetrar  la    pace.   Ma    Candia 
tomo  a    ribellare,  e  il    duca  postovi    da' 
veneziani  avendo  cbiamaloin  soccorso  il 
principe  di  Nasso  Marco  Sanndo,  signo- 
re di  quasi  tulle  le  Cicladi  e  suddito  del- 
la repubblica  ,  questi  cominciò   a   sollo- 
niellere  i   candiotij   ma   poi  fomentò   la 
sedizione  e  costrinse  il  duca  a  fuggire  in 
abito  donnesco,  e  s'impadiunì  dtll'  isola. 
Giunta  di  ciò  la  nuova  a   Venezia  ,  im- 
mediatauiente  spedironsi  soccorsi  in  Can- 
dia ,  e  il  principe  di   Nasse   fu   costretto 
ad  imbarcarsi,  e  dopo  alcuna  resistenza, 
i  candioli   vennero  sottomessi   all'  ubbi- 
dienza della  repubblica.  In  tempo  del  do- 
gaci© di  Ziani,  per  piccola  cagione,  gran 
guerra  scoppiò  tra' veneziani  e  i  padova- 
ni. E' da  sapersi,  che  neli2i6  i  trevigia- 
ni percelebrare  una  festa,  al  leuipodi  Pa- 
squa, avevano  eretto  nei  mezzo  di  loro 


V  E  N 
piazza  un  castello  di  legno,  dello  Ca- 
ilcllo  (V Amore,  perchè  eranvi  donne  e 
donzelle  poste  a  difenderlo'da'  piacevoli 
assalti  de'giovani  cli'erano  ti  evigiani,  pa- 
tìovaiii  e  veneiiam.  l  trevigiani  incitava* 
no  le  donne  a  rendersi  con  belle  parole 
e  con  feivide  preghiere.  1  padovani  git- 
tavano  nel  castello  cose  mangerecce  e  al- 
quanto goffe,  come  pollastri ^  rafìolli^ 
luf  Itili,  Iurte-,  galline  colte,  sperando  di 
liane  a  se  le  doline  per  via  della  gola,  l 
^eneziani  all'incontro  buttavano  nel  re- 
cinto, nuii  solo  galanterie  di  noci,  specie 
odoi  ose  ec,  ma  ducati  e  allre  monete,  e 
procuravano  eh' elle  cedessero  il  castello 
a  loto  anziché  agli  altri.  I  giovani  vene- 
ziani vinsero  l'animo  delle  donne  prese 
dalla  loro  genìilezzti,  e  lasciatili  entrare, 
([uesli  posero  le  bandiere  di  s.  Marco  sul 
castello.  Di  ciò  invidiosi  1  padovani,  da- 
to un  salto,  s  impossessarono  dello  sten- 
dardo e  lo  spezzarono.  Da  qui  derivò  la 
iliscóidia  tia'padovani  e  veneziani;  ne  si 
fi  rjiiò  in  Tieviso,  né  durò  per  quel  gior- 
ikjJ  poiché  I  padovani  venuti  in  quanti- 
tà ai  Ungo  dello  Torre  delie  Bebé,  as- 
salirono I  vene/iani  ,  i  quali  si  difesero, 
e  vinsero  speciainienle  per  la  bravura 
de'cliioggiolli,  che  36o  padovani  man- 
dai uno  prigioni  a  Venezia.  Per  coi  (jue 
di  Chioggia  furono  assolti  del  tiilnitodi 
20  paia  di  galline  che  ogni  anno  soleva- 
no portare  al  doge,  e  fu  loro  concesso  un 
podestà  da  Venezia,  mentre  prima  aveva- 
no a  governante  un  gastaldo  co'suoi  giu- 
dici. Si  prolungarono  le  discordie  per  tiil 
cagione,  e  ci  volle  il  Papa  Innocenzo  HI 
per  troncai  le,  che  mandalo  a  Venezia 
Guglielmo  (da  Monlelongo  fu  patriarca 
d'Aquileia  deli25i,  meglio  il  patriarca 
\V  olchero  che  la  pace  concluse  nel  1216 
a'2i  aprile),  questi  pacificò  veneziani  e 
padovani.  Inolile  sollo  il  dogado  di  Zia- 
ni, calato  in  Italia  nel  1220  l' iaiperalo- 
re  Federico  11,  nipote  di  Federico  I  e  se- 
guace di  sue  pretensioni,  di  volersi  sog- 
gettale tutla  la  penisola,  ripullulcirono 
le  infeste  e  deplorabili  fazioni  de'  Gneljl 


V  EN 

e  Ghibellini,  che  tosto  ricorsero  alle  ar- 
mi, e  clesolaroiio  l'Italia  tranne  Venezia. 
Le  ciltii  di  Lombardia  vedendo  l'imini- 
nenle  pericolo,  poscia  a' i  marzo  1126 
formarono  la  2.°  Lega  Lombarda,  s^mì- 
rata  nella  chiesa  di  s.  Zenone  nel  Pianto- 
vano,  per  !a  comune  dife>a  e  indipenden- 
za. Già  nel  i  2  16  Andrea  II  re  d*  Unghe- 
ria bramoso  d'elFetluare  il  suo  voto  di 
crocesiguato,  e  OLCorrendog!i  i  navigli  ve- 
neziani, fece  loro  formale  rinunzia  di  sne 
pretensioni  sopra  Zara  e  sue  pertinenze, 
aenteudogli  il  commercio  in  Unghe- 
...1.  La  condizione  dell'impero  Ialino  di 
Co«tanlinopoli  si  faceva  sempre  più  va- 
cillante, assalito  da  tutte  le  parti  e  di- 
scorde neir  interno.  I  veneziani  sempre 
attenti  de'propri  interessi,  mediante  i  lo- 
ro b.nli,  successori  del  podeòtà  Zeno,  fe- 
cero confermare  i  loro  privilegi,  al  suc- 
cedersi degl'imperalori  Ialini,  ed  altresì 
conclusero  trattali  con  Michele  Cotnne- 
no  despola  d'Epiro,  e  con  Teodoro  La- 
scari  imperatore  di  iVicea,  di  piena  liber- 
tà di  commercio  e  sicurezza  delle  perso- 
ne. Questo  procedere  derivava  dal  co- 
noscere i  sagaci  veneziani,  che  a  sostene- 
re l'impero  di  Costantinopoli  si  richiede- 
vano forze  (uariltirae  e  terrestri,  e  la  re- 
pubblica non  appoggiala  dal  resto  d'Eu- 
ropa, non  era  da  tanto.  Quindi  ella  sem- 
pre accorta  pen>ò  di  provvedere  all;i  me- 
glio a'casi  suoi,  non  lasciando  però  di  da- 
te all'uopo  que*>occorsi  che  poteva  al- 
l'impero Ialino.  Tutta  volta  era  tanto  lou- 
tan,«  dal  ()ensiero  di  lanciarlo  cadere,  che 
anzi  fpiiilche  cronista  racconta  avere  il 
doge  Zìiim  proposto  di  Iraìporlare  colà 
la  sede  della  repubblica;  i  piìi  critici  pe- 
rò non  ne  fanno  ceimo,  ed  invero,  dice 
il  eh.  Uomanin,  il  discorso  che  viene  at- 
tribuito al  doge  sarebbe  troppo  disdice- 
vole ad  uu  patrioUa  veneziano.  Forse 
•  venne  in  mente  d'alcuno,  e  discusso  iu 
con-.iglio  giustamente  fu  rigettalo  sì  stra- 
no progello.  Meritano  leggersi  presso  ta- 
le storico  le  ragioni  />>/o  ci  contra,  le  qua- 
li fanno  conos;ere  alcune  condizioni  del- 


YEN  io3 

la  veneta  rej)ubblica  a  ([ue'tempi.  Quel- 
la dell'impero  greco  era  divenuta  più  de- 
plorabile, essendo  diviso  fra  4  imperato- 
ri. Iiuperocchè,  oltre  il  Ialino  di  Costan- 
tinopoli e  il  greco  di  Nicea,  Daviddee  A- 
lessio  fratelli  Couineno  essendosi  impa- 
droniti d  i."  della  Palligunia  ,  ed  il  2.'' 
di  Trebisonda  e  tiella  Colchide,  David- 
de  si  fece  proclamare  imperatore  di  Trc' 
bisondc7,eTeodovo  l' AngeloComneno  iin- 
peralore  di  Tasaloiiica  {f^'-),  onde  a  uti 
lempo  regnavano  3  imperatori  greci.  Il 
doge  Ziani  dopo  il  glorujso  governo  di 
circa  24  anni,  rinunziò  il  principato  nel 
cominciar  del  marzo  1  229,  si  ritirò  nelle 
sue  case  a  s.  Giustina,  o  nel  monastero 
di  s.  Giorgio  Mjìggiore ,  e  quivi  mori  e 
fu  sepolto  nello  stesso  mese.  In  seconde 
nozze  avea  sposalo  Costanza  figlia  di 
Tancredi,  [)oi  redi  Sicilia,  che  lo  fece 
padre  di  due  figlie.  —  Jacopo  Ticpoìo 
XLTII doge.  L'  elezione  si  dovette  alla 
sorte.  Raccoltisi  come  al  solito  i  quaran- 
ta per  procedere  alla  scelta  del  doge,  ma 
ondeggiando  a  lungo  iu  gran  parie  di- 
visi egualmenle  i  sulhagi  fra  lui  già  po- 
destà iu  Coslanlinopuli  e  duca  di  Can- 
dia,  e  R.inieri  o  Marino  Dandolo,  fu  alfi- 
ne preso  il  partilo  di  porre  i  loro  nomi 
nell'urna,  e  ne  uscì  queilo  di  Tiepolu  a 
6  marzo  I  229,  tosto  approvalo  dalia  uiol- 
tiludine.  Si  recò  quindi  a  visitare  per  ri- 
spello il  predecessore  Ziuni,  che  malato 
iu  letto  rifiutò  di  riceverlo,  il  che  da  al- 
cuni fu  attribuito  a  disprezzo  ,  non  vau- 
tando  il  Ticpolo  famiglia  tanto  illustre, 
o  piuttosto  pel  modo  com'  eia  sialo  e- 
lello,  quasi  ilovesse  il  suo  innalzamento 
più  al  caso  che  alla  libera  elezione.  Egli 
giurò  la  solila  Proiiiissioni'.  ducale,  che 
più  per  l'aildielro  ampliata  servì  poi  di 
base  a  tulle  le  posteriori.  In  essa  il  doga 
diceva,  esser  pervenuto  a  la  ducale  di- 
gnità per  sola  divina  cieme.iza,  ringra- 
ziando Dio  ,  s.  Marco  e  tulli  i  raccolti 
nella  sua  basilica  nell'elezione.  Voler  es- 
sere diligentisaimo  nell' amministrazione 
della  giustizia  u  tulli,  ed  in  promuovere 


I  o4  V  E  N  VE  N 
il  bene  della  patria;  di  osservare  le  leggi  gimenlo  fuori  di  Venezia.  Tratterebbe 
stabilite  eie  nuove  clie  venissero  fatte;  tutti  eguabnenle  nobili  e  non  nobili,  rie- 
di  mettersi  nel  consiglio  da  quella  parte  chi  e  poveri,  tutti  in  egnal  modo  pro- 
che  gii  paresse  più  ragionevole,  e  ser-  leggendo,  cos^i  i  naufraghi  da  Grado  a 
bando  il  s<>greto  su  d'ogni  deliberazione;  Loreo.  Eseguirebbe  in  fine  puntualmente 
di  non  ricevere  compensi  e  rimunera-  quanto  venisse  statuito  nel  consiglio  suo 
zicni  di  sorte  alcuna.  Kimanendo  vacan-  o  nel  maggior  consiglio,  né  cercherebbe 
le  la  sede  patriarcale  di  Grado,  l'elezio-  maggior  potere  del  concessogli  dalle  leg- 
iie  del  patriarca  doversi  fare  da  lutto  il  gi.  Che  avrebbe  di  emolumento  2800 
clero  e  dal  popolo;  l'elezione  di  tutti  i  lire  di  denari  veneti  l'anno,  divisi  per 
vescovati  vacanti  dipendere  da'  loro  dio-  trimestri,  oltre  a  i5o  rooianati  dal  co- 
cesani,  dal  clero  e  dal  popolo;  e  quelle  inune  di  Veglia,  con  più  un  regalo  d'al- 
de'  monasteri  dalle  loro  congregazioni  tri  60;  e  le  solite  regalie  di  Cherso,  Os- 
co'rispettivi  vescovi,  senza  che  il  doge  sarò,  Arbe,  Ragusa,  Sansegioec,  non  che 
punto  vi  s'intromettesse,  se  non  col  l'onoranza  dell'Istria;  de'panni  d'oro  so- 
ctmsenso  della  maggior  parte  del  consi-  liti  mandarsi  da'signori  di  Negroponle  a- 
glio.  Dichiarava  di  c]uali  dazi  e  tributi  vrebbe  la  metà  ,  1'  altra  spettando  alla 
avrebbe  percepito.  Di  rispettare  i  privi-  chiesa  di  s.  Marco.  Quando  il  doge  fosse 
legi  di  alc:mi  comuni,  la  conservazione  impedito  d'attendere  debitamente  alla 
tiella  basilica  di  s.  Marco  di  cui  aveva  cosa  pubblica,  supplirebbero  i  consiglieri 
il  protettorato.  Di  non  mandar  lettere  o  chi  per  loro  si  nominasse,  e  quando  i 
né  legazioni  a!  i*apa,  all'imperatore,  o  6 consiglieri  del  consiglio  minore  fossero 
ad  altri  [Il  incipi,  senza  l'approvazionedel  d'accordo  colla  maggior  parte  del  graa 
suo  consiglio,  e  ricevemlone  ne  comuni-  consiglio,  perch'egli  avesse  a  rinunziare, 
che:  ebbe  a  questo  il  contenuto.  Di  nonno-  si  avrebbe  a  farlo  senza  opposizione.  Si 
minare  giudici  di  proprioarbitrio, né  no-  adoprerebbe  a  mantenere  il  buon  ac- 
tai;nè  egualmente  di  proprio  arbitriocoii-  cordo  Ira'consigli  minore  e  maggiore,  e 
fiscale  l'altrui  possessioni  ;  e  che  nulla  esi-  provvederebbe  alla  conservazione  del  pa- 
gertbbe  da'  corpi  d'arti,  scliolis  lahora-  lazzo;  farebbe  fare  3  trombe  d'argento  e 
/or//,s-5  confermando  i  gastaldi  da  ciascuna  un  panno  d'oro  alla  chiesa  di  s.  Marco; 
arte  eletti.  Gli  escnsati  (forse  la  guar-  si  accorderebbe  co'consiglieri  a  far  ve- 
dia  nobile  del  doge,  tolti  dalle  principali  nire  per  mare  due  e  fino  a  tremila  Qiog- 
famiglie,  e  godenti  privilegi  ed  esenzioni)  già  di  frumento  a  spese  di  Venezia;  a- 
non  sarebbero  tenuti  a  maggiori  servizi  vrebbe  20  servi  compresi  i  cuochi;  con- 
dì palazzo  oltre  i  soliti,  e  potrebbero  li-  serverebbe  e  farebbe  da  persona  sicura 
beramente  esercitare  il  commercio.  D'a-  applicare  al  luogo  il  sigillo  ducale;  a- 
ver  cura  di  conservare  in  buono  stalo  la  vrebbe  stretta  custodia  delle  carceri;  da- 
jnoiiela,  e  punire  i  falsificatori.  Di  non  rebbe  udienza  tulli  i  venerdì,  senza  fa- 
nominare  alcun  altro  doge  durante  la  vore  d'alcuno;  i  casi  dubbii  della  Pro/n/^- 
sua  vita.  Non  ricevere  doni  da  chiun-  sione  diicalt  sarebbero  risolti  dal  mi^ 
que,  tranne  acqua  rosata,  foglie, fiori  ed  nore  e  maggior  consiglio  ec.  ec.  Tali  fu- 
erbe  odorifere  e  balsamo,  la  qual  cosa  lono  i  duilti  e  gli  obblighi  con  cui  Ja- 
farebbe  pur  giurare  alla  moglie  doga-  copo  Tiepolo  assunse  il  dogado,  da  cui 
ressa  ed  a'  figli  :  all'  occasione  però  di  si  scorge  quanto  il  potere  del  doge  fosse 
Jiozze  potrebbe  accettare  presenti  di  so-  stato  ormai  lislretto  da  quel  grado  laii^ 
li  tonimeslibili.  Non  solleciterebbe  im-  lo  anq^io  d'autorità  di  cui  godeva  a'pri- 
pieghie  dignitàin  favored'alcuno, neper-  mi  tempi.  Dipoi,  quasi  ad  ogni  elezione 
nietlerebbe  a'Iìgli  d'accetUu'c  alcun  reg-  di   doge   venne   maggiormente   limitalu, 


V  E  >'  VEN  jo5 

conie  alla  «uà  velia  andiò  dicendo,  «i-  catn  dal  Pn[ia  Grec^oiioIX  la  Crociata, 
DO  a  ridili  Io  poco  più  che  un  semplice  fu  (kiirimperatorq  Ualdovino  il  (il  di  cui 
tilolo.  e  così  il  doge  divenne  nuli'  altro  tutore  Brienne  era  raorlo  a' 23  marzo) 
che  il  pre*idcnte  e  rappresentante  ilella  preso  un  prestilo  di  circa  200,000  fran- 
rcpuhbiica  entro  gii  sii  etti  limiti  d'una  chi  (secondo  il  cav.  Cicogna,  e  di  1 4,000 
caria  costituzionale.  Aiuhe  i  consiglieri  ipeiperi,  al  dire  del  Uomanin  :  sefjueste 
giuravano  molte  cose,  l' imparzialità,  il  somme  sono  diverse  dalle  da  me  rifeiite 
non  licever  doni,  l'intervenlo  al  consiglio  altrove,ciòèpel  riportato  da'diversi  stori- 
ai suono  della  campana  di  s.  Marco  e  ci,  e  allrettnnto  dicasi  sulle  relative  cir- 
nella  sua  chiesa  alla  messa  del  venerdì;  costanze)  a  Costantinopoli  dal  bailo  Al- 
di vegliare  all'elezione  de'capi  di  conila-  herto  ftlorosini  e  da'  mercanti  veneziani, 
da  per  l'olRse  e  le  risse,  (he  il  dogeam-  i  quali  oltcnnero  in  cauzione  la  Corona 
miniNlrasse  giuslizia  a  tutti,  e  l'esecuzio-  di  1^7//;^  imposta  al  Redentore  nella  suu 
ne  ticH'oi  diualo  dal  consiglio  ec.  ec.  In-  Passione.  Al  momenlo  della  scadenza  del 
tanto  Giovanni  Duca  Vatace  imperatore  prestilo,  non  potendo  1'  imperatore  sod- 
di  iNicea  eccitava  con  3o  galee  e  molla  di>rarlo,  Nicola  Quirini  mercante  veneto 
gente  d'arme  i  candiuti  alla  rivoluzione;  enlrò  in  luogo  de'prestatori,  e  volle  che 
U>a  i  veneziani  oUenuli  (le'rinfoizi  fecero  quel  sagro  pegno  fosse  trasportato  a  Ve- 
nlirareil  nemico.  Giovanni  di  Brientiere  nezia  a'4  settembre  i  238.  Ma  la  pietà  di 
di  Gerusalemme, che  doveva  ricomprala-  s.  Luigi  IX  re  di  Francia  sborsò  la  somma 
re,  divenuto  imperatore  Ialino  di  Costan-  nel  1  23q,  ebbe  in  dono  la  ss.  Corona,  con 
linopoli  (essendo  tutore  di  Baldovino  11  altre  preziose  reliquie,  per  le  quali  in  Pa- 
idiinio  imperatore  latino,  per  la  minori-  /'/:,'/  fece  fabbricare  la  Santa  Cappella. 
t'i  di  (piesli,  il  P.ipa  Gregorio  IX  lo  fece  Nel  I238,  narra  Kinaldi,il  doge  Tiepolo 
insignire  a  vita  del  titolo  e  delle  prerogn-  pregò  Gregorio  IX,  che  volesse  premiere  . 
live  d"in)[)eratoie,  a  condizioneche  des«e  sotto  la  protezione  di  s.  Pietro,  e  sua,  la 
la  «na  2.''figlia  a  Baldovino  li,  il  quale  poi  di  lui  persona  e  la  repubblica  di  Vene- 
Io  succederebbe  nell'impero),  ed  essendo  zia,  ed  il  Papa  prontamente  l'esaudì.  In- 
niinacciato  da  Vatace  imperatore  di  Ni-  tanto  i  veneziani  fiivorivano  la  lega  loin- 
cea  e  didl'unperalore  di  Trebisonda,  ri-  bai  il. 1,  per  la  quale  vi  perì  il  figlio  deldo- 
cni>e  a  Ttolilo  Zeno  podolà  della  colo-  gè  Pietro  allora  podestà  di  Milano;  im- 
uia  veneta  a  Costantinopoli.  Questi  scris-  perocché  è  una  onorevole  testimonianza 
se  alla  repul)blica  per  avere  una  flotta,  alia  repubblica,  che  le  città  facessero  a 
ma  non  lu  pronta  a  impedire  che  l'ar-  gara  nel  richiederle  per  podestà  gli  uo- 
noata  di  Valuce  non  incrociasse  all'  in-  mini  slimali  più  capaci  a  saviamente  e 
gresso  dello  slrelto  de'Daidanelli  ;  non-  fortemente  governarle.  Federico  II  era 
dimeno  ebbe  luogo  una  lunga  /idra  ,  e  inviperito  contro  i  veneziani  per  la  dife- 
alla  fine  la  squadra  veneta  diretta  da'  sa  di  Treviso  e  di  Padova  ,  non  meno 
provveditori  Leonardi)  Quirini  e  Marco  per  avere  assunta  quella  di  Gregorio  IX 
Gussoni  liporlò  vitluria.  Indi  nel  i23o  perseguitalo  dal  medesimo  iinneratore; 
Valace  bloccò  il  porto  di  Coslantinopo-  ed  Ezzelino  III  da  llomano,  famoso  e 
li.  Allora  Giovanni  Michiel  con  1 6  galee  feroce  suo  capitano  (di  cui  riparlai  ia 
veneziane,  assistile  da  altre  navi  pisane  e  qiie'due  articoli),  nemico  acerrimo  della 
genovesi,  da  una  parte,  e  Gotlifiedo  \Vi-  Chiesa  e  del  nome  veneziano,  spinse  le 
laiduin  con  6  vascelli  carichi  ili  100  ca-  sue  soMalesclie  fino  all'orlo  della  Lagu- 
>alieri,  3oo  balestrieri  e  5oo  arcieri,  dal-  na,  devastando  le  loro  lene,  onde  i  ino- 
l'allia  ,  attaccarono  il  greco  nemico,  il  nari  benedettini  di  s.  Cipriano  vicino 
quale  fu  posto  io  fuga.  Nel  1237  pubbli-  a  Mestre  doverono  ritirarsi  a  Torcello, 


io6  VEN  VEN 

ove  fondarono  il  lìionaslero  di  s.   Anto-  (ordinai  Uhaldini;  ed  eccitati  dal  Papa, 
Ilio;    mentre  i  tnoiiaci   benedettini   del-  insieme  co'cullegati  e  altri,  con  alla  lesta 
l'isola   di  s.    Ilario,   dalla   diabolica   fu-  il  doge,  a>sediaiono  e  presero  Ferrara  nel 
)  ia   d'Ezz^clino  III   dipoi  furono  coslret-  i  240,  conducendo  a  Venezia  il  ghibelli- 
li  a  salvarsi  a  Venezia  in  (|uello  di  s.  Gre-  no  Salingiierra  a  cui  V  avea  data  Fede- 
gorio.  Tullavulta  s.  Ilario  fu  poco  dopo  rico  ILE   fu  allora  die  i  veue/,iani  me- 
iipresoda  (>io%'anni  Tie[>o!o,  ma  il  oru-  gliu  stal)ilu-ono  io  Ferrara  il  loro  visdo- 
dele  Ezzelino  III    lo  fece  barbaramente  mino,  con  giurisdizione  ampliala  da  Az- 
nerire.  La  repubblica  che  già  ayea  dato  zo  iNovello  d'Esle;  mentre  1  ferraresi  io 
segni  d'avvicinamento  alla  lega  toolbar-  Veneziadovevano  esser  giudicali  da'ma- 
(la,  per  lalemortesi  dichiarò  aperlamen-  gislrali  veneti  soliti  a  deputarsi    pe'fore- 
te  contro  Federico  il;  e  Pa[)a    Gregorio  stieii.  IVeli242  le  città  di  Pola  e  di  Za- 
IX  che  r  avea  scomunicato,    spaventato  ra  si  ribellarono,  cacciarono   il    podestà 
da'suoi  trionfi,  favori  con  lotto  l'  impe-  veneziano  ,  e   come  altre  volte   avevano 
ano  i  lombardi,  procurando  eldcaci  aiuti  fatto, si  diedero  in  protezione  al  re  d'Uii- 
tla'  veneziani  ,   genovesi   e    pisani.    A'  5  ghmia.  Furono  poscia  ricuperate,  ed  a 
stltembre  ìi3q  gli  ambasciatori    veneti  Zara  si  mandò  una  colonia  a  cui  furono 
Stefano  C  idoer  e  Ivomeo  Quirini  segna-  assegnate  le  terre  confiscale  a'  vinti,  on- 
rono  col  Papa  un  traltalo,  pel   quale   la  de  togliere  la  possiÌ)iltà  di  nuove  rivolte, 
repubblica  si  obbligò  a  fornire  7,5  g-de-  Indi   con  trattalo  del  i244  ^^^'^   'V   re 
re   |ier  andare  ad  occupare  la  Sicilia,  di  d'Ungheria  fece  nuova  rinunzia  ad   ogni 
cui  la  s.  Seò^'  suprema  signora    ne  ave;»  pretensione  su   Zara  e  sue  pertinenze, 
investito  Federico  II,  metà  a  spese  prò-  promeltendo  di  non  dar  più  sussidii   a' 
prie  e  mela  a  s[)ese  del    Papa,  oltre   il  nemici  de'veneziani,  e  con  Zara  tornaro- 
nioiiiellere  altri    navigli  e  altri  soccorsi  no  all'ubbidienza  altre   parti  della   Dal- 
tl'armi.  11    Papa    promise  dai  canto  suo  mazia.  E   Candia  in  que' giorni    insorse 
di  cedere  in  compenso  a'veneziani  le  cit-  di  nuovo  contro  i  veneziaui,  aizzata   da 
tà  di  Bari  e  di  Salpi  con  libera  curia  e  ini-  Giorgio  e  Teodoro  Cortazzi  :  in   questa 
mimila  allinenli;  cli'e-isi   potessero  tener  ribellione  fu  ucciso  il   governatore   Ma- 
consoli  in  tutta   la  Sicilia,  ne' ducati   di  imo  Zeno.  Pochi  anni  dopo,  sedotto   il 
Puglia  e  Calabria,  nel  principato  di  Ca-  nobile  Alessio  Calergi,  fece  sorgere  nell'i- 
nua  ec,  conferendo  loro  in  feudo  tulli  i  sola  altro  incendi(j,  che  estinto,  consigliò 
paesi  che  potessero  conquistare  in  quel  i  veneziani  a  spedirvi  altra  nuova   colo- 
rano della  Chiesa  romana,  giurando  fé-  nia.  Il  doge  divenuto  vecchio,  stanco  del 
deità  gl'investiti  tanto  al  Pa[)a  ,   quanto  lungo  sebben  gioì  ioso  governo,  per  amo- 
,il  comune  di  Venezia  e  al  doge.  Perciò  re  di  (juieté  rinunziò  alla  dignità  a'  2  (o 
viepi)iìi  inaspritosi  Federico  1 1,  eccitò  gli  a'20)  maggioi249,  ritirandosi   alle  sue 
anconitani   ad    inquietare   con    piraterie  case  a  s.  Agostino,  e  mori  poi  nel  r  2  j  i. 
l'Adriatico,  e  Pola  a  sollevarsi.  Ma  data-      Egli  era  uomo  assai  dotto,  ed  aveva  ri- 
si da' veneziani  la  caccia  alle  navi  anco-  formati  gli  statuti  della  repubblica,  civi» 
nilane,  furono  prese  e  bruciate,  e  Pola     li,  criminali  e  nautici.  Egualmente  sotto 
fu  tosto  ricii[)erata  e  punita.  La  repubhli-      il  suo  dogado  si  crearono  o  meglio  rego- 
cu  con  trillato  si  collegò   con  quella    di      larono  altre  magistrature,  specialmente 
Genova,  per  aiutarsi  scambievoUnente ;     i  5  Correttovi  della  Promissione  duca- 
bel   segno  di   coucordia   che   sciagurata-      /r',  incaricati  alla  morte  o  alla   rinunzia 
mente  poco   durò.    Ravenna   riijellalasi      d'ogni  doge  d'esaminare  e  riformare   la 
airimperalore,  fu  da'  veneziani  tolta    in      sua  Promissione  ossia  carta  de' suoi  di- 
proiezione  ueliaSg,  poi  ricuperala   dal      ritti  e  Cìq\iì\\;\ù  Inquisitori  soj)ia  il  do- 


V  E  N  YEN  107 
gè  defunto,  per  sindacarne  la  condotla  e  glnnlo  un  altro  elettore  a'qtiaranta;  e  fu 
ihune  lode  o  biasimo,  come  cittadino  e  slabilitoeziiHìdiociieoiasounode'quarau- 
con»e  capo  dello  slato,  licevendo  le  qiie-  tono  elettori  £;iiirasse  eleggere  legabnea- 
lele  da  quelli  die  >i  reputavano  u  essere  le,  con  probità,  cot»  buona  fede,  senza 
stali  gravali;  d  Mt/i^islraio  citi  Pcliziou,  frode,  lontano  così  dall'amore  coniedal- 
loniposlo  di  3  giudici,  formante  parte  l'odio,  non  iiubjtlo  da  preghiere,  doni, 
liei  coi^o  i\<:'lj  ludici  (Iella  COI  le  lIcI  (lo-  fivori  o  timori  privati,  il  cittadino  che 
^e,  essendo  divenule  insulìicienti  le  ma-  slimasse  niigliore  e  piìi  utile  alla  repub- 
gistralure  del  Proprio  e  del  Fore.>tur;  hlica;  proposto  il  nome  di  lui  farebbe  11- 
e  de'  Cinque  savi  o  anziuni  alUì  pace,  scire  dalla  stanza  tutti  i  parenti  cbe  a  ca- 
per trattare  le  picco  e  conle>e  ,  ruppat-  so  vi  si  trovassero,  inviterebbe  poi  <jguu- 
liiuiar  le  risse,  e  vegliare  alla  (|uiele  del  no  a  dire  il  bene  o  il  male  che  sapesse 
pijpolo.  Que.>lo,  quanti)  ah  ordinamento  del  candidato,  qidndi  riammessi  i  pareu- 
i.-  alla  sicurezza  interna;  aii'eslerno  tace-  li  lascerebbe  a  questi  prenderne  le  dife- 
\asi  la  repubblica  rispettai  e  per  le  aiini  se,  e  scolparlo  dalle  taccie  che  gli  tosse- 
e  si  avvantaggiava  petrattali,  favorevoli  ro  stale  apposte;  terrebbe  di  tutto  que- 
al  coDiUiercio  e  d'iinuuuulà  alia  perso-  sto  piena  credenza:  manifesterebbe  i  ten- 
ne, stipulali  inclusi vamenle  a'  pruicipi  lativi  di  corruzione  che  fossero  stali  fatti 
u'Asia  e  d'Africa.  «  Qual  doveva  e^^ere  sopra  di  se  odi  altri:  non  cercherebbe  per- 
iidmique  il  niovinienlo  ,  osserva  il  Pio-  suadere  alcuno  de'compagni  ad  eleggere 
inanin,  quale  la  prosperila  del  commer-  il  talco  tale  altro  ec;  con  lunga  serie  di 
LIO  e  delie  arti  ,  specialmente  di  quelle  noiiue  per  evitare  l'ingannoolafrode  nel- 
atlineiiti  alia  mut  lueria  in  V  enezia  !  Qua-  le  ballottazioni.  Per  tal  modo  fu  eletto  a' 
le  l'affluenza  ilei  |)opolo,  la  ricchezza,  l'o-  i3  oiq  giugno I24<)  'I  iMorosini,  perso- 
pelosità  generale!  JN'obili  e  plebei,  ricchi  naggio  illustre  per  onorevoli  fatti  e  ina- 
n  poveri,  SI  inetlevunu  sul  meilesiux)  ba-  gisttature  sosleniite.  Sebbene  vecchio  di 
bliinenlo,  correvano  i  medesimi  pencoli,  d'ò  anni  e  senza  figli,  siccome  il  prede- 
ie  medesime  probabilità  di  guadagno.  E  cessole  avea  posto  gran  cura  ad  innalza- 
al  loro  ritorno  da  lungo  viaggio,  erano  re  i  propri  figli,  un  capitolo  della  nuova 
i  piaceli  del  rivedimenlo,  del  poter  far  Proniis.ìione  ducale  statuì  che  i  dogi 
UH;stirt  delle  merci  recale  dalle  pài  lon-  non  domanderebbero,  né  farebbero  do- 
tjiie  regioni,  del  raccontare  mille  acci-  mandare  uHizi  per  alcuno  ,  ne  aecette- 
deiUi,  inule  awenttire.  Dai  che  rinvigo-  lebbeio  alcun  governo  fuori  della  veneta 
nvasi  l'orgoglio  nazionale,  era  allora  un  giurisdizione,  uè  in  Istria,  e  che  i  dogi 
vanto  esser  veneziano,  ed  i  veneziani  pij-  stessi  non  aspirerebbero  a  conseguire 
levano  mostrare  tali  uomini  di  cui  ipia-  maggior  potere  ed  autorità  di  quanta  era 
liiiKiue  granile  pallia  avrebbe  avuto  u  loro  per  le  leggi  conceduta.  Intorno  allo 
gloriarsi".  Molti  sagri  edilizi  furono  e-  slesso  i  24q  i  genovesi  vennero  a  zulfa  co' 
letli  nel  piiiicipatodi  Tiepolo,  b  ,1'quali  veneziani  in  Tolemai-le  o  Acri,  l^ipa  !n- 
il  doge  col  suo  ilcnaro  innalzo  (piello  ma-  nocenzo  IV  spedì  a  Venezia  Filippo  Fon- 
gnilìco  de'ss.  Gio,  e  l'aolo,  ov'ebbe  toni-  tana  vescovo  di  Ravenua  suo  nunziocon 
Ija,  colla  lode  di  prode  nelle  araii,  vaien-  facoltà  di  legato,  pregamlo  il  doge  a  vo- 
te nel  consiglio,  pio  e  religioso.  — iMa-  ler  cacciar  di  l'athjva  l'iniquo  Ezzelino  IH 
lino  iMoiosini  XLlt"  do^e.  Ad  evilaie  da  llomano,  contro  di  cui  avea  fatto  pre- 
()uiiid' innanzi  i  disordini  che  polevaiio  dicare  la  crociata,  e  fu  deliberato  d' esaii- 
.Miccedcie  dalla  parità  de'voti  nell'elezio-  dirlo;  il  perchè  messo  in  online  buon  na- 
ni ue'dogi,  caso  avvenuto  nell'ultima,  e  mero  di  barche  sotlo  la  ca[)ilania  di  Tum- 
ad  impedire  the  si   rinnovjsse  ,    fu   ag-  maso  Giustiniani,  e  provveditoria  di  terr 


I  o8  \  ÌL  !>■  V  E  i\' 
la  di  Marco  Compro,  andarono  alle  Beh-  rico  II,  trovandosi  nel  1231  a  Milano, 
he,  e  ivi  trovalo  l'aiuto  tle' ravennati  a  concesse  l'insegne  vescovili  a' primiceri 
nome  del  Papa,  entrarono  nel  Padovano  di  s.  Marco.  Durante  la  7.'  Crociala,  il- 
al  luogo  della  Corieginola.  Inteso  ciò  da  lustrata  da  s.  Luigi  IX,  vi  concorsero 
Ansediiionipute  d'Ezzelinolll, ch'era  pò-  pure  i  veneziani.  Frattanto  quietale  le 
desia  di  Padova  ,  venne  incontro  con  cose  di  Candia,  furono  concessi  a'nobili 
molta  genie  armala.  1  veneti  furono  al-  e  a'popolari  i  terreni  in  feudo,  e  furono 
le  mani  co'nemici  e  li  batterono  ;  [)re-  mandati  de'nobili  colle  loro  famiglie  ad 
sero  il  castello  di  Piove  di  Sacco,  e  A.nse-  abitarvi;  ed  allora  fu  riedificata  la  città 
dino  si  pose  a  difender  Padova.  Seguen-  vescovile  di  Canea,  lolla  di  mano  a'greci. 
do  i  veneti  la  vittoria,  avanzarousi  fino  A  Venezia,  città  di  tanto  commercio  e  nel- 
idla  porta  Pontecorbo,  non  ominettendo  la  quale  era  s\  frequente  il  concorso  d'o- 
«li  mandar  gente  su  per  la  Brenta  fino  al-  gni  nazione,  non  ancora  eravi  stato  In- 
la  porla  Allinate.Furonodale  molle  bai-  trodolto  il  tribunale  C^tAV  Inquisizione 
taglie, difendendosi  virilmente  i  padova-  conlro  gli  eretici  ,  e  solo  nella  Proinis- 
jii.  Alla  linei  veneziani  a'20  giugooi  256  siane  ducale  di  (jue'^So  doge  Morosini, 
entrarono  in  Padova  per  quella  pai  te,  ed  erasi  inserito  l'articolo  per  cui  si  obbli- 
Ansedino  si  ritirò  nell'allra  parte  ;  ma  gava  il  doge  a  nominare,  d'accordo  co' 
poi  essendosi  reso  a  putii,  s' ebbe  dopo  4  suoi  consiglieri,  alcuni  uomini  religiosi, 
giorni  aliene  il  castello.  Frattanto  Ezze-  probi  e  saggi  alla  ricerca  degli  eretici,  per 
lino  111,  ch'era  già  coli' esercito  a  Vero-  quindi  condannare  al  fuoco  quelli  cheper 
iia,  avendo  inleso  la  dedizione  di  Padova,  l.di  fossero  riconosciuti  dal  patriarca  di 
usò  grandissima  crudellàco'[)adovani  che  Grado,  dal  vescovo  di  Castello  o  da  al- 
avea  in  gran  ninnerò  nella  sua  armala,  tri  vescovi  dellostato,  quando  peraltro  in 
avendone  falli  perlino  chiudere  e  serrare  ciò  fosse  concorso  1'  avviso  del  doge  e  del 
in  una  casa,  e  posto  il  fuoco  ad  essa,  lui-  suo  consiglio.  Per  tale  disposizione,  i  Pa- 
li restarono  bruciali  (icuibraini  esagera-  pi  non  mostrandosi  soddisfalli,  rinnova- 
to il  numero  di  1  2,000  riferito  i\<i\\'  Arte  rono  in  seguito  1'  esortazioni  per  l'anj- 
tì'f  v't'/7//r(7rc' /e  r/t//('y.La  rejudjblicaspe-  missione  del  vero  tribunale  del  s.  OHl- 
tli  a  Piidova  per  capitano  Marco  Quiiini  zio,  finché  rottenne  Papa  Nicolò  IV  a'4 
in  nome  della  Chit^sa.e  Marco  Baduaro  agosto;  dappoiché,  fermo  sempre  il  priu- 
a  Treviso.  Ezzelino  111  però  tentando  di  ci[)io  che  lo  stato  avesse  a  continuare  la 
ri<:uperare  Padova  si  recò  presso  Vicenza  vigilanza  sul  Iribunale,  statuì  d'accettare 
e  fece  togliere  l'acque  del  Bacchiglioue  l'inquisizione,  ma  che  il  solo  doge  avieb- 
che  scorre  a  Padova  ,  onde  gli  abitanti  be  facoltà  di  dare  aiuto  all'  inquisitore 
per  difetto  di  bevanda  cedessero;  ma  i  nell'esercizio  del  suo  incarico;doversi  1  in- 
padovani, fortificale  le  mura  della  città,  quisitore  nominare  dal  Papa  ,  di  gradi- 
si difesero  gagliardamente  per  conservar  mento  del  governo,  allrimenli  sceglierne 
la  liberta;  e  poiché  Ezzelino  111  aveva  altio,  ed  il  riconosciuto  doversi  autoriz- 
jiuindalo  gente  sotto  Padova,  per  far  zare  dal  doge.  Che  depositala  certa  som- 
duini,  i  cittadini  si  batterono  con  quelli,  ma  a  un  deputato  del  comune,  questi  a- 
uè  lasciarono  più  togliere  le  delle  ac-  vesse  a  fare  le  spese  per  quell'uirizio  ae- 
que. A  quest'impresa  fu  il  3.°  degli  no-  cessarle  ,  e  riceverne  parimenti  tutti  i 
uiini  di  Venezia.  Innocenzo  IV  sentì  con  benefizi  e  tulli  gli  emolumenti;  contiiuie- 
moltissimo  piacere  tale  vittoria,  e  ne  rln-  rebbe  inoltre  l'assistenza  di  3  incaricati 
graziò  assai  la  repubblica.  Anzi,  reduce  del  tioge,  che  presero  poi  il  nome  di  Sa- 
«lai  concilio  generale  di  Lione  I,  ove  avea  K'ii  all'  Eresia,  allo  scopo  d' iinpcilire  gli 
ilt'pusto  dairimpeio  escomunicatoFede-  abusi  di  false  denunzie  o  ili  arbitrario  pò- 


I  V  E  N 

fere,  ili  awisnre  il  governo  delle  rlelibe* 
I azioni  (Ielle qnali  potessero  nnscere  scau- 
dali o  tumulti,  (li  tutel.ire  in  fine  i  suddi- 
ti, conciliando  il  innnlenimento  delin  pu- 
rità della  fede  colla  sicurezza  perdonale 
e  co'dirilti  del  principato.  Tali  norme  fu- 
loro  osservale  fino  ali  55 1,  quando  per 
concordalo  con  Papa  Giulio  Ili,  furono 
meglio  definiti  gli  obblighi  degli  assisten- 
li.  Anche  in  tempo  di  questo  dogado  fu 
istituito  o  almeno  am[)liato  il  magistra- 
to de'due  Signori  di  notte  per  invigila- 
re uno  di  qua  del  Canale  e  uno  di  là, 
cogli  uomini  loro  la  sicurezza  delle  stra- 
de e  la  pubblica  quiete  della  città,  su  di 
che  in  piogresso  di  tempo  furono  falle 
diverge  leggi.  Il  doge  mori  ili."  gennaio 

I  12  53  ,  e  fu  sepolto  in  arca  marmorea 
sotto  il  portico  di  s.  Marco,  che  vedesi 
tuttora,  con  epigiafe.  Notai  col  Murato- 
ri (peiò  con  data  del  i  25i,  oieutre  dovea 
dirsi,  almeno  More  fcnelo,  1252)  nel 
voi.  LXVI,  p.  yo,  che  nella  basilica  fu- 
rono ne'  funerali  appese  le  sue  insegne 
gentilizie,  il  die  venne  imitato  in  quelli 
de'successori.  IMa  gli  scudi  o  targhe,  pri- 
ma piccoli,  furono  poi  di  roano  in  mano 
filiti  cos'i  eccessivamente  grandi,  che  riu- 
scendo piuttosto  segni  d' ostentazione 
pomposa,  che  non  di  onorata  memoria, 
con  decreto  del  1 688  ne  fu  moderato  il  co- 
stume e  poi  tolto  interamente,  come  m'i- 
struisce il  sd'rnpre  diligente  Romaiiin.  Il 
doge  Morosini  abitava  nella  contrada  di 
s. Salvatore,  nella  cui  chiesa  a  vea  edificato 
una  cappella  colla  sua  tomba  ornala  di 
musaico,  rappresentandosi  genuflesso  col 
nome  suo  innanzi  a  Cristo.  E  memora- 
bile questo  dogado  per  essere  comincia- 
ti a  fiorire  i  più  celebri  viaggiatori  ve- 
neziani, de'quali  già  parlai  nel  §  XVI,  n. 
3.  L'amore  de'  veneziani  per  la  naviga- 
zione e  pel  comiuercio  li  onorò  3  secoli 

avanti  la  scoperta  di  Colombo,  del  van- 
to singolare  d'aver  intra[)reso  le  prime  e 

jìiìi  interessanti  geografiche  scoperte.  Nel 
I  ?.  Tu  iNicoI(j  e  Matteo  Polo,  da  Costati- 
linnpoli  pel  mar  Nero  discesero  ad  altra- 


V  EN 


lon 


versare  la  Persia  e  giunsero  alla  corte  di 
Cubilai  grankan  de'tarlari,il  quale 'Icltf^ 
ad  essi  una  cospicua  missione  al  Papa 
Clemente  1 V  eletto  nel  i  265.  Tornati  [V)i 
nel  1269  a  Venezia,  essendo  già  morto  d 
Papa,  dopo  due  anni  ne  ripartirono  col 
celebre  Marco  Polo  loro  fratello  mino- 
re, e  visitalo  nel  127  i  in  Tolemaide  il 
nuovo  Papa  Gregorio  X,  si  ricondusse- 
ro a  Cubilai,  e  si  trattennero  24  anni  atl 
esaminare  le  piìi  rimote  regioni  deli' A- 
sia,  ed  a  veleggiale  in  molte  isole  d-l 
grand'Oceano;  sì  che  il  loio  felice  ritor- 
no in  patria  destò  la  più  meraviglicjsa 
sorpresa,  e  le  ricchezze  acquistate  diede- 
ro il  nome  di  Milione  a  Marco.  Non  me- 
no coraggioso  di  Polo  si  dimostrò  poi  nel 
I  3qo  NicolòZcno,che  traversato  lostret- 
to  di  Gibilterra,  si  poi  tò  nelTOceano  A- 
llantico,  approdando  all'isola  Frislanda, 
ove  Antonio  suo  fratello  il  raggiunse,  ed 
ivi  dimorarono  4 f"3ni  al  .servizio  del  prin- 
cipe Zichmni  coiupiistaloie  delle  molte 
isole  st'ltcnt rionali  ubbidienti  alla  Nor- 
vegia, fincliè  Nicolò  morì,  e  il  superstite 
Antonio  Zeno  continuò  per  altri  i  4  ani  i 
le  sue  rare  scoperte,  che  nell'Eslolilandii, 
Drogeo  e  Tcaria  ci  danno  la  primitiva 
nozione  del  Labrador,  del  Canada  e  del- 
l'isola di  Terra  Nuova  nell'America  set- 
tentrionale, solamente  un  secolo  dopo  ri- 
conosciute con  più  fausti  auspicii.  Gran- 
de fu  pure  il  pregio  di  Alvise  Cà  da 
Mosto,  che  a  mezzo  del  secolo  XV  accu- 
ratamente percorse  l'isole  d'  Africa  e  le 
coste  del  Senegal  e  di  Cambia.  Per  non 
dire  dallri,  a  (Giovanni  Cabolto  ed  a  Se- 
bastiano suo  figlio,  emuli  de' [)iù  fortu- 
nali Colombo  e  Vespucci ,  è  dovuta  bi 
scoperta  di  Terra  Nuova  ,  denominaci 
Terra  de  Baccalaos,  e  dalle  coste  del  La- 
Iirador  alla  Florida. 

I  I.  Rinieri  Zeno  XLV  doge.  Raccol- 
tasi la  generale  concione  nella  chiesa  di 
s.  Marco,  si  presentarono  i  quaiaiilimo 
18  (o  25)  gennaio  i  252,  per  pubblicare 
r  elezione  che  avevano  fatta  del  nuovo 
doge.  Prima  però  di  venire  ad  allo  sì  so- 


Ilo  V  E  N  V  E  N 

IpniiPj  fu  orclinaio  e  approvalo  clie  il  ga-  (ivo  della  gnerra.  il  prof.  Romrinin  con 
slalclo  (lucale  dovesse  giurare  pel  popolo  qualche  variante  racconta  l'avvenimento 
tli  avere  in  conto  di  doge  e  reltor  di  Ve-  (1.1  principio  della  guerra  veneto-ligure, 
ìiezia,  quello  che  gli  elettori  annunziasse-  Oenovesie  veneziani  aveano  adArri  quar- 
lo  siccome  eletto  giu>la  i  capitolari,  fitti,  tieri  separati,  ma  per  la  chiesa  di  s.  Sa- 
letti  e  ordinati  nel  consiglio  minore  e  ha  insorsero  deplorabili  questioni.  Men- 
uiaggioi-e,  e  approvati  nella  pubblica  con-  tre  giunse  il  bailo  MarcoGiustiniani,  luu- 
cione.  Fu  dfjto  giuramento  di  ubbidienza  nito  di  lettera  del  Papa  al  patriarca,  che 
da  tutti  gli  abitanti  di  Venezia,  e  furono  mettesse  i  veneziani  in  possesso  di  quella 
tutti  scritti  in  unhbro,  col  nome  pure  del  chiesa,  i  genovesi  mostrarono  altra  lette- 
seslieie  e  della  contrada  a  cui  apparte-  ra  del  priore  degli  spedalieri  che  a  loro 
iievaiio  per  abitazione,  e  senza  distinzio-  ne  aves  conferita  la  proprietà.  Per  uà 
ni  di  nobili  e  di  artieri.  Quindi  ser  Mar-  .iltro  incidente,  nato  grave  tumulto,  i  ge- 
co Zeno  consigliere,  di  consenso  de'  pre-  novesi  si  gettarono  a  furia  sulle  navi  ver 
senti  colleghi,  recitò  la  forinola  del  giù-  neziane  che  si  trovarono  nel  porto  e  le 
ramento,  e  il  gaslaldo  Domenico  con  li-  spogliarono,  né  quietati  dal  loro  console 
ccnza  del  popolo,  giurò  suH'aniuia  di  tut-  Simone  Vento  si  spinsero  (Ino  nel  quar- 
ti.  e  sui  s-i.  Evangeli,  a  tenore  dello  sta-  tiere  veneziano  e  vi  diedero  il  sacco,  com- 
bilito.  Allora  il  nobile  ser  Pietio  Fosca-  mettendovi  stragi  ed  incendi. Il  bailoGiu- 
lini.  uno  degli  elettori,  fuinunziò  la  no-  sfiniani  si  affrettò  mandare  a  Veneziano- 
mina  di  ser  lieni'r  Zeno,  che  a  quel  teni-  tizia  dell'accaduto,  e  il  doge  inviò  quindi 
pò  trovavasi  o.°  podestà  di  Fermo  (que-  a  Genova  suoi  legati  lagnandosi  del  so- 
-sta  illus're  città  del  Piceno  alleatasi  col-  pruso  e  chiedemlo  soddisfazione;  ma  non 
la  lepubblica  di  Venezia  ne  riceveva  i  avendo  potuto  ottenerla,  furono  tatti 
più  cospicui  cittadini  per  podestà).  Ap-  grandi  apparecchi  di  i  3  navi,  con  cui  par- 
provata  clamorosamente  dal  popolo  la  t'i  prestamente  Lorenzo  Tiepob  alla  vol- 
scelta,  4  galee  comandate  da  Marino  Za-  ta  di  Acri.  Co'  veneziani  erano  i  pisani,  i 
ne  si  spiedironocolà  a  levarlo  e  condurlo  pioven/ali,  i  marsigliesi;  i  genovesi  era- 
a  Venezia,  ove  con  onorevole  incontro  di  no  sostenuti  dal  duca  Filippo  di  INIonfort 
liarche,  sommo  applauso  e  grande  festa  signore  di  Tiro,  da're  di  Gerusalemme 
fu  ricevuto,  assumendo  la  dignità  a'  i  8  e  d'Armenia.  Venne  a  proposilo  il  Tie- 
fisbbraio.  Una  solenne  giostra  o  torneo  fu  polo,  poiché  poco  più  che  avesse  tardato, 
data  in  quell'occasione  sulla  piazza  di  s.  il  Giustiniani  sarebbe  stato  costretto  a  la- 
Marco.  In  appresso,  cioè  nel  i  255  circa,  sciare  la  città.  S|)ezzafa  la  citena  del  por- 
ilice  il  cav.  Cicogna',  scoppiò  fra'  vene-  to  di  Tiro,  predò  ed  arse  le  33  navi  ge- 
7Ìani  e  i  genovesi  la  guerra,  con  funeste  novesi,  poi  a  vendetta  di  quanto  questi  a- 
conseguenze  per  la  sua  lunga  durata.  Gli  vevano  fallo  a'veneziani,  penetrò  nel  Io- 
uni  e  gli  altri  avevano  quartieri  ne'prin-  jo  quartiere  e  il  fece  incendiare.  Resta- 
cipoli  porti  della  Palestina,  ma  io  s.  Gio-  va  ad  espugnarsi  il  castello  Mongioia,  ed 
vanni  d'Acri  o  Tolemaide  eravi  una  sola  anche  questo  dopo  lunga  resistenza  fu 
chiesa  per  le  due  nazioni  dedicata  a  s.  preso  nel  i  256.  Allora  i  genovesi  doman- 
Saba.  Ora  i  genovesi  pretendevano  aver-  darono  una  tregua,  che  fu  concessa  per 
la  tutta  in  loro  potere,  ed  i  veneziani  so-  due  mesi.  I  veui-ziani  ricuperarono  la 
stenevano  di  tenerla  in  comune;  e  men-  chiesa  coll'annesso  monastero  di  s.  Sa- 
ire pendeva  il  giudizio  di  Papa  Alessan-  ha,  e  li  distrussero.  Fiu'ono  trofei,  dice- 
dro I  \,clie  i  veneziani  avevanoscelto  per  si,  della  viatoria  del  Tiepolo  il  tronco  di 
componitore  della  discordia,  i  genovesi  se  colonna  di  porfido  che  posta  all'angolo 
ne  impossessarono  di  fjllo^e  tale  fu  il  tuo-  della  chiesa  di  s.  Marco,  verso  la  Piazzetta, 


^'  ^^  ^  V  E  N                    ,  M 
pori»  Il  nome  di  pù-tm  rhì  BavfJn.  poi-  e  persone.  A  Venezia  si  spedirono  olf.e 
che  (In  cola  appunto  si  pnl.hlicavario   le  2000  genovesi  prigionieri,  ed  intesasi  la 
Jrg^M  della  repubblica,  e  le  d  ne  colonne  «uova  a  Genova,  per  interposizione   del 
o  SI, p,t,  quadrangolari   di   marmo  greco  Papa    vennero    stabilite   alcune   tregue, 
con  singolari  monogramn.i  e  ornali,  ap-  L'annalista  Rinaldi  narra  le  cure  di   Pa- 
partenenti  all'ingresso  della  chiesa  di   s.  pa  Alessandro  IV   per  pacificare  i  belli- 
>Hba,cbe  ora  si  vedono  collocale  dina..-  geranti  ,  tornando    la    loro   discordia    ili 
z.  alla  chiesa  d.  s.  (Marco  dalla  parte  del-  grandissimo  danno  della  ciislianilà ,  so- 
Ja  Piazzetta,  a!  loro  arrivo  a  Venezia  es-  praslando  perciò  al  regno  di  Ger.isalem- 
sendo  state  poste  dinanzi  la  porta  al   di  me  l'ultimo  esterminio,  poiché  non  pure 
fuori  della  cappella  e  baltistero  di  s.  Gio.  lo  combattevano  i  nemici  del  nome  cri- 
r-amsla  di  delta  basilica  Marciana,  e  vi  stiano,  ma  il  laceravano  cp.ielli  che  dove- 
c^istono  ancora,  come  si    ha  dalla   Epi-  vano  difenderlo.  Fiatiamo  altro  grande 
stola  dt  Giovanni    Davide    Ti  vbcr  ad  avvenimento  accadeva    in  Oriente,   che 
hmanucle  Jntonio  Cicogna,  inlorno  al-  doveva  di    molto  alterare  le  cose    vcne- 
Ir  colonne  Jknlane   e  loro  monogrnm-  ziane  in  quelle  parli,  e  dare  nuovo  mo- 
vn  esistenti  dinanzi  la    cappella   di   ...  tivo  di  goei  ra  tra  Venezia  e  Genova,  la 
(^ws^anni  della   chiesa  di  s.    lì/arco   di  caduta   cioè  deirimpero  Ialino.  Baldovi- 
l'inezia.  Si  legge  nel  t.    ,,  p.  369   del-  no  11  impelatole  latino  di  Coslantin.,po- 
J  Jnscnzioni  Veneziane  dello  stesso   Ci-  li    avea  impiegalo  lutto  il  tempo  del  suo 
cogna,  leinciMon.  essendo  a  p.  25i.  Suo-  regno  a  girare  di  corte  in  corte  implo- 
rano 1  monogrammi  degli  stipili,  secondo  rando  soccorsi,  con  del)oli  successi, ed  era 
Il  \\  eber:  A  nioS„prenio,Son,nio,I\Jas-  travagliato  da  Micbele  Paleologu  impe- 
sinio,  ed  al  Figliuol  suo,  Esaudilore,  ratoie  di  Nicea,  cb'erasi  acquistala  giau- 
Jvvocato,  Salvatore,   Cui  sia  onore  e  de  fama  nelle  armi  e   nella  politica.   E- 
f;loria.  Altro  pilastro  con  simili    mono-  gli  dopo  aver  venduto  il  patrimonio   di 
grammi  era    nel   monastero  di  s.  Croce,  sua  famiglia  Courtenay,  sempre  in  biso- 
ed  ora  e  aflisso   all'angolo  del   giardino  gno  di  dcna^i.ricorsea'veneziani,con!l■ao- 
J  apndopoli,  di  cui  nei  §  Vili,  n.  ^1.  Es-  cambiando  con  molle  gioie,  e  lavori  d'o- 
sendosi  Ira  veneziani  e  genovesi   comin-  ro  e  d'argento,  ancone,  croci,  ed  altro  al- 
ciato  a  versar   ,1  sangue ,  ori  endi  fatti  si  la  foggia  greca,  le  quali  co.e  furono  lun- 
comm.sero  da  per  tulio,  e  l'una  e  l'altra  go  tempo  conservale  nel  tesorodis.  Mar- 
pai  le  arsero  di  vendetta.  Dipoi  i  genove-  co;  ed  ebbe  i  denari,  lasciando  il  proprio 
SI  aim^arono  Sa  galee  e  altri  navigli,   in  figlio  in  Venezia  a  guarentigia  delle  som- 
ulto  40  vele;  ed  1  veneziani  acciescinla  me  ricevute  dalla  famigliaCappello.  L'ira- 
armata  bno  al  numero  di  Sg  legni,  de-  peralore   Michele  essendosi    proposto   il 
terminarono  veni,  e  alle  mani.  In  elfelto  conquisto  di  Costantinopoli,  visitò  in  per- 
3  25  giugno  1 156  ,  trovatesi  insieme   le  sona  le  fortezze  della  Tracia  e  ne  accreb- 
due  armale  iiell  acque  di  Trapani  (a'  24  be  i  presidii;  mentre  i  veneziani  co' loro 
giugno  ,2|j«  e  poeo  lungi  dal    porlo  di  soccorsi   andavano  rispingeudone    l'ag- 
Acri,  ilice  11  Homanio),  combatterono  con  gressioni  di  Galata,  ma  estremo  era  l'o- 
gran  valore  aspramente;  ed  i  veneziani,  dio  de'greci  pe'fia.iehi  deboli  dominato- 
aiulali  anche  da  pisani,  al  grido  di  Fiva  ri,  rendendosi  ormai  più  manife.lu  l'im- 
s.  lUarco  protettore  del  veneto  dominio,  possibilità  di  salvare  il   vacillante  impc- 
«  ii'sc.rono  trionfanti,  essendosi  pre^e  25  ro,  ed  i  veneziani  erano  quasi  i  soli  a  so- 
iee  del  nemico,  ed  altre  sommerse.  A-  slenere  il  peso  della   difesa  di  Costauli- 
o^arono  y  eneziani  bno  a  s.  Giovanni  nopoli  ,  circondata  ovunque  da'  nemici, 
d  Arri,  saccheggiando  e  rovinando  cose  Al  cominciar  della  piimavcrai  261, esseu- 


3  12  V  E  N 

(]o  i  veneziani  parlili  colla  flotta  contro 
Dafnusa  iu  riva  al  mar  Nero,  segiela- 
uiente  si  uvanzù  Alessio  Slialegopulo  ge- 
Derale  favorito  di  Michele  con  800  uo- 
tuiiii  a  cavallo  e  alcune  truppe  ,  oltre  i 
I accogliticci ,  e  nottetempo  per  segiete 
iutclligenze  ebbe  una  porla  di  Costanti- 
nopoli: i  greci  si  levarono  tosto  a  favore 
del  sovrano  nazionale,  sostenuto  da'ge- 
novesi  mediante  grandi  promesse  e  pri- 
vilegi. Entrati  quindi  i  soldati  del  Pa- 
Jeologo  nella  città,  è  indescrivibile  l'or- 
rore di  quel  niomeutu;  corrono  i  lati- 
ni alle  armi,  i  greci  al  saccheggio.  Ogni 
resi^tenza  si  fa  impossibile:  le  fiamme  si 
alzano  da  tutte  le  parti,  i  Ialini  sono  co- 
stretti a  fuggire  e  nascondersi:  DalJovi- 
no  li  lascia  precipitosamente  il  palazzo 
e  travestito  si  salva  col  podestà  veneto 
Marco  Gradenigo  e  col  paliiarca  Ialino 
Paulaleone  Giustiniani,  sopra  una  nave 
che  li  conduce  a  Negroponle:  altre  bar- 
che seguono  partendo  le  principali  fami- 
glie, che  nell'abbandonar  la  città  vede- 
vano fin  da  lontano  l'incendio,  udivano 
le  grida  della  di>perazione  de' vinti,  mi- 
ste a  quelle  del  tripudio  de'vincitori.  Ri- 
tornava intanto  la  flotta  veneta  dalla  va- 
na impresa  di  Dafiuisa,  e  scorgendo  da 
lungi  quelle  fiamme,  nun  sapeva  spiegar- 
ne la  causa,  quando  avvicinatasi,  vide  il 
crudo  e  miserando  spettacolo  e  gente 
innumerabile  sulla  riva  ,  che  stendeva 
verso  di  essa  le  braccia,  perchè  1'  acco- 
gliesse nelle  sue  navi.  Non  ricusarono  i 
veneziani  i  loro  soccorsi  a'confratelli,  e 
recatili  in  buon  numero  a  Venezia  eb- 
bero pietosa  accoglienza  e  generosi  sussi- 
dii,  anzi  alcune  delle  più  distinte  fami- 
glie furono  ammesse  al  gran  consiglio. 
ÌMicliele  Paleologo,  il  quale  a  principio  e- 
sitava  a  ilar  fede  a  tanto  felice  evento, 
eseguì  poi  il  suo  ingresso  solenne  nella 
capitale  del  greco  impero  a'  26  luglio 
1261,  e  fece  terminare  la  strage;  lasciò 
i  veneziani  e  i  pisani  ne"  loro  stabilimen- 
ti, ma  a' genovesi  suoi  amici  concesse  il 
^jalazzo,  detto  Paudocralor,  ove  lisiede- 


V  E  iN 

Ta  per  solito  il  bailo  veneziano.  Indi  Inge* 
lositosi  di  loro,  gli  allontanò  cedendo  ad 
essi  il  sobborgo  di  Calata,  ove  si  fortifica- 
rono, dopo  aver  demolito  il  palazzo  Pan- 
docrator.  L'imperatore  continuò  le  sue 
conquiste,  riducendo  parecchie  isole  in 
suo  potere.  Vedendo  i  veneziani,  dopo 
oltre  54  anni  di  possesso,  perdere  i  loro 
diiitti,  ed  essere  incerto  e  pericoloso  il 
loro  domicilio  in  Costantinopoli,  pel  gra- 
vissimo danno  che  colla  caduta  dell'im- 
pero latino  risentiva  Venezia, generale  fu 
la  sconlenlezza  della  città,  lagnandosi  del 
governo  di  non  aver  impedito  tanta  scia- 
gura. Pertanto  fu  risoluto  domandar  soc- 
corsi all'  Euroj)a  pel  riacquisto  di  Co- 
stantinopoli,  e  di  alleslire  la  maggior 
flotta  possibile.  Si  fabbricò  nell'arsenale 
la  nave  Roccaforte,  sulla  quale  5oo  era- 
no i  coinballenti.  Furono  inviati  ÌNlichele 
Doro  a  Papa  Urbano  IV,  e  iMarco  Giu- 
stiniani in  Francia  e  Spagna,  ma  col  solo 
successo  di  buone  parole  e  promesse; 
mentre  il  Paleologo  per  iscansar  la  guer- 
ra che  il  Papa  meditava,  gli  propose  l'u- 
nione della  Chiesa  greca  alla  latina.  Mo- 
strando Michele  di  muoversi  contro  de 
possedimenti  veneziani  in  Levante,  la  re- 
pubblica tosto  mandò  a  proteggerli  con 
una  flotta;  altra  di  3o  galee  inviò  nel 
mar  Nero  sotto  il  comando  di  Giacomo 
Delfino.  Questi  unitosi  all'altra  si  recò 
nel  porlo  di  Salonicchi,  ossia  Tessaloni- 
ca,  ove  trovavasi  la  flotta  greco-genovese 
di  60  galee,  con  disegno  d'  assalirla;  ma 
ricusò  Uscire  e  di  combattere.  Tuttavia 
il  Delfino  per  la  Piomania  andò  bru- 
ciando e  depredando  i  navigli  genovesi, 
con  reciproche  crudeltà,  che  aumentan- 
do gli  odii,  rendevano  più  feroce  la  guer- 
ra, interrotto  il  con)mercio.  Marco  Mi- 
chieli  inviato  contro  i  greci,  essendo  que- 
sti soccorsi  da' genovesi,  disfatto  n)orì 
combattendo.  In  altra  campagna  Gil- 
beito  Dandolo  con  82  gilee  scontiata 
la  flotta  genovese  di  89,  olirei o  saettìe, 
nelle  vicinanze  di  Morea  riportò  piena 
villoiia.  Successero  altri  scontri  preludi» 


V  EN 
della  gran  balfn^lia  avvenuta  nel  12G4. 
sulle  cosleiiella  Sicilia  tra  Valle  di  Maz- 
zera e  quella  di  Trapani.  Comandava  la 
flotta  genovese  di  28  galee  Lanfranco 
Eoiijoiino;  dirigevano  la  veneziana  Mar- 
co Gì  atlenigo  e  Giacomo  Dandolo.  Ter- 
ribile fa  la  pugna,  essendo  da  ambe  le 
pai  li  eguale  l'odio,  la  brama  di  vendetta, 
il  coraggio,  il  valore.  Dopo  lungo  e  fe- 
rocissimo conflilto,  la  vittoria  si  decise  in- 
fine pe'veneziani,  i  quali  s' impadroniro- 
no di  tutta  la  flotta  nemica,  ed  a  potili 
genovesi  riuscì  di  salvarsi.  iMichele  Pu- 
leologo,  che  fino  allora  avea  goduto  ve- 
der le  due  potenze  latine  distruggersi  tra 
loro,  dopo  il  trionfo  de'veneziani,  comin' 
ciò  a  pensare  seriamente  a'casi  suoi,  te- 
mendo di  vedere  comparire  la  loro  flotta 
sotto  le  mura  di  Costantinopoli.  JNè  l'in- 
quietava meno  il  pensiero  de'  veneti  e  [)i- 
sani  che  l'abitavano  e  non  poteva  caccia- 
re senza  esporre  la  città  a  gravi  pericoli. 
Determinò  quindi  abbandonare  i  geno- 
vesi, e  weliiG'j  mandò  a  Venezia  a  trat- 
lardi  pace.  La  repubblica  per  non  rinun- 
ziare a' suoi  diritti  non  convenne  a  pace 
perpetua,  ina  ad  una  tregua  di  5  anni 
per  mare  e  per  terra,  che  si  pubblicò  a' 
3o  giugno  1268,  conservando  onore  e 
privilegi.  Alla  livcluzione  succeduta  a 
Costantinopoli,  altra  n'era  accaduta  in 
Italia  di  gravi  conseguenze,  per  l' investi- 
tura data  da  Papa  Clemente  IV  nel  i  2(35 
del  regno  delle  due  Sicilie  al  fratello  di  s. 
Luigi  IX,  il  re  Carlo  I  d'Angiò.  A  questi 
si  rivolse  l'errante  Baldovino  II,  ultimo 
ini[)eratore  lutino  di  semplice  titolo,  per 
essere  soccorso  alla  ricupera  del  trono,  e 
con  trattalo  ilei  1  267  gli  cedette  1'  Acaia, 
la  IMorea  e  altre  isole,  colla  promessa  in- 
oltre che  estinguendosi  la  propria  linea, 
la  corona  imperiale  passerebbe  in  Carlo 
1  e  nella  sua  discendenza  Angioina,  salvi 
pelò  sempre  i  diritti  e  [irivilegi  de'  vene- 
ziani, cui  cercava  invano  di  spingere  a 
dichiararsi  contro  il  Paleologo.  Nello  sles- 
so 1  2Gj  i  genovesi,  fatto  nuovoarmamen- 
lo,  s'impadruniruuo  della  cillìi  di  Canea, 
VOL.  xcit. 


YEN  ii3 

la  saccheggiarono  e  quasi  distrussero:  in- 
seguiti da'  veneziani,  si  rifugiarono  nel 
porto  di  Rodi.  I  vantaggi  della  repubbli- 
ca si  aumentavano  pe'lrattali:  aveva  ac- 
cettato nel  1261  la  dedizione  formale  di 
Parenzo,  concluso  Iraltali  di  commercio 
con  Vicenza,  Treviso,  Fermo  e  ùMilano, 
anche  col  sultano  d'Aleppo,  rinnovando 
la  pace  con  Yillardouin  principe  d'Acaia, 
oltre  la  convenzione  e  lega  con  Pisa  con- 
tro Genova  in  tempo  anteriore.  Nel  do- 
gado  di  Zeno, Venezia  vieppiù  si  abbellì  e 
divenne  fiorente,  si  rifece  il  ponte  di  legno 
di  P>.iallo,  la  piazza  e  le  strade  si  cuopriro- 
no  di  pietre  e  di  colto,  come  la  piazza  di  s. 
r>Iarco  nel  1  264  pc"  la  i  .^volta.  Sollevato- 
si il  popolo  contro  il  doge  pei'  l'eccessiva 
tassa  della  macina, la  cosa  fu  presto  calma- 
ta con  impiccarsi  i caporioni  del  tumulto. 
Firialinenle  il  doge  venne  a  morte  a' 17 
(o  7)  luglio  1268,  e  fu  sepolto  in  ss.  Gio. 
e  Paolo;  essendo  stato  il  i  °  che  ponesse 
fregio  o  cerchio  d'oro  sulla  berretta  du- 
cale, al  dire  di  Cicogna  e  Uomanin  (qtie- 
sla  corona  d'oro  l'ornò  di  pietre  preziose). 
11  governo  della  repubblica,  per  opera 
lenta  ma  continua,  si  era  venuto  sempre 
pili  restringendo  nelle  mani  di  una  classe 
aristocratica,  la  quale  tendeva  da  un  la- 
to a  limitare  il  potere  del  popolo,  dall'al- 
tro quello  del  doge;  e  tutto  questo  quie- 
tamente per  la  condizione  tutta  speciale 
di  Venezia,  che  desciive  lo  storico  Ro- 
manin,  e  toccai  di  sopra  qua  e  là  con  esso 
ed  altri.  Cogli  ordini  più  stretti,  si  mani- 
festò da  mollo  tempo  la  tendenza  a  ri- 
durre il  governo  aristocratico  e  compat- 
to, regolato  dalle  leggi.  Con  questo  co- 
stante inlendiinento,  alla  morte  del  doge 
Zeno,  i  consiglieri  e  rettori  nella  sede  va- 
cante ,  radunatisi  insieme  co' capi  della 
Quaranlia  ,  divisarono  nuovo  modo  e 
complicatissimo  j)er  la  futura  elezione 
del  principe,  e  quello  fu  [)oi  mantenuto 
con  lievi  mulazioni  (pianto  durò  la  re- 
pubblica. Prendendo  duii(|ue  inizio  col- 
ì'invocare  l'aiuto  e  il  lume  da  Dio,sta- 
luiiouo  che  il  consigliere  più  giovane,  pri- 
-.  8 


^M^^ 


1.4  VEN 

ma  ili  procedere  agli  atti  dell'elezione,  si 
recasse  nella  iiasilica  di  s.  Maico,  e  dopo 
lalla  fervorosa  prcgliiera ,  preso  il  pii- 
iTio  fanciullo  in  cui  s'inconliasse,  lo  con- 
ducesse in  palazzo,  e  deslinasselo  ad  e- 
slrarre  dairunia  le  palle  de'sulFragi.  Do- 
•veasi  intanto  raccoglieie  il  maggior  con- 
siglio, e  allontanali  tulli  quelli  che  non 
avevano  ancora  3o  anni,  numerati  i  re- 
stanti e  verificali  in  essi  le  volute  condi- 
zioni, aveansi  a  inetleie  in  un  cappello 
(quindi  la  fcase  aiuhirt  a  cappello,  per 
esser  uìcsso  a'voli),  o  bossolo  tante  hal- 
ìolte  quanti  erano  i  consiglieri, e  inclua- 
dere  in  3o  di  esse  un  polizzino  colla  pa- 
rola elcclor  (le  palle  furono  prima  d'ar- 
gilla, poi  di  cera,  di  lela,  infine  3o  d'oro, 
le  altre  d'argento:  quindi  il  proverbio 
toccai-  balla  (Foro,  per  indicar  favore  di 
fortuna).  Il  fanciullo,  detto  balloUino, 
dovea  quindi  esliaire  una  ballotta  per 
ciascuno  de'  consiglieri,  ed  i  3q  cui  toc- 
cavano quelle  contenenti  il  polizzino  do- 
vevano Tunanere  nelle  ^.tanze,  gli  altri  u- 
scire.  iiiposte  poi  le  3o  ballotte  nel  cap- 
pello, 9  delle  quali  coiileiievano  altro  pò- 
lizzino,  faoevasi  nuova  estrazione  ,  per 
la  quale  i  3o  si  riducevano  a  q.  Questi 
si  ritiravano  quindi  in  istrettissimo  con- 
clave,da  cui  non  potevano  uscire  se  pri- 
ma non  avessero  eletto  4o,  ciascuno  con 
7  sufiragi  almeno.  I  quali  4o  venivano 
per  sorte  ridotti  ancora  ai2,  e  i  12  dal 
canto  loro  eleggevano  aS  con  almeno  g 
feulTragi.  Assoggettali  poi  anche  i  23  alla 
solita  riduzione  ,  restavano  nuovamente 
9,  da'quali  eiano  poi  eletti  altri  45  con 
almeno  7  suffragi.  Questi  4?  ridotti  ad 
1  1,  finalmente  nominavano  con  almeno 
9  sulIVagi  i  4i  tdtiiiii  e  veri  elettori  del 
doge,  i  quali  dovevano  eleggerlo  con  25 
suffragi  almeno.  Pei  legge  posteriore  del 
1 553,  i  4  I  dovevano  essere  a[)provali  ad 
mio  ad  uno  dal  maggior  consiglio;  lauta 
lu  la  cura  che  si  ebbe  per  evitare  l'am- 
bilo, e  le  tante  e  ripetute  leggi  tendenti 
ad  impedirlo  nella  distiibuzioue  de' vari 
uUizi,  ben  dimostrano,  come  questo  fosse 


VE  N 

un  male  clifficile  a  sradicarsi  nella  repub- 
blica. I  quaranlnno  elettori,  dopo  ascol- 
lala la  messa  dello  Spirilo  Santo,  si  rac- 
coglievano in  apposita  sala,  e  prestalo  il 
giuramento  di  fare  una  buona  elezione  se- 
condo la  loro  coscienza,  eleggevano  dap- 
prima 3  presidenli  e  due  segretari  ,  poi 
ciascuno  chiamato  a  nume  andava  a  get- 
tare neir  urna  la  sua  polizza  col  nome 
del  proposto.  1  segretari  ,  aperte  le  po- 
lizze, facevano  Io  spoglio  de'nofni,  poi  lì 
meltevaiio  in  altra  urna  etl  uno  erane 
estratto.  Se  l'individuo  estratto  si  trova- 
va nell'adunanza  dovea  tosto  alluiitanar- 
si,  ed  ognuno  degli  elettori  avea  il  dirit- 
to di  levarsi  ad  es|)oire  le  sue  obbiezioni 
ed  accuse  contro  il  candidalo  ,  il  quale 
era  (juindi  chiamalo  a  rispondere  e  giù- 
slilicarsi.  Procedevasi  poi  allo  squillino, 
e  noveiate  le  [)alle  affermative  e  le  nega- 
tive, se  il  candidato  ne  avea  ollenulo  veii- 
licinque  favorevoli  era  dichiarato  Doge, 
altrimenti  passavasi  a  nuova  estrazione. 
Compilo  il  ceremoniale  dell'  eleziciie,  il 
nuovo  doge  era  pubblicato,  e  se  trova- 
vasi  in  città,  andava  solenne  con>iliva  a 
levarlo  alla  sua  casa  ,  per  condurlo  al 
palazzo  ducale.  Entrava  con  numeroso 
corteggio  nella  basilica  di  s.  Marco,  ove 
salito  sulla  tribuna  di  marmo  a  sinistra 
del  coro,  mostravasi  al  popolo,  e  dopo  a- 
vere  assistito  alla  messa  solenne,e  giurato 
fedeltà  allo  stato  e  alle  sue  leggi,  riceve- 
va dalle  mani  del  priinicerio  della  basi- 
lica lo  stendardo  della  repubblica  e  il 
manto  ducale.  Faceva  poi  il  solito  giro 
della  [)iazza  di  s.  Marco  nel  pozzetto,  sa- 
liva la  scala  del  palazzo,  ed  in  capo  olla 
medesiina  il  consigliere  più  vecchio  iin- 
ponevagli  la  ducale  corona.  Passava  quin- 
di nella  sala  tletla  del  Piovtgo  ,  poi  ili 
quella  del  maggior  consiglio,  riducendo- 
si alfine  al  suo  ap[)ailameiilo,  ove  dava 
solenne  banchetto  agli  elettori.  Queste 
ceremonie  introdotte  a  p(;co  a  poco  an- 
darono soggette  a  parecchie  mutazioni, 
ma  nella  loro  essenza  tali  rimasero  per 
lutto  il  t€mpo  della  repul)blica.  Quanto 


VEN 
ella  moglie  del  doge,  detta  la  Dn^arcf!' 
.T(7,  si  venne  di  innno  in  mano  introdu- 
cendo ii  costiiQie  anche  della  sua  inco- 
lonazione  e  in  modo  senìpre  più  pompo- 
so, fincliè,  dice  ii  pio(.  Uonionin,  cessò 
alFiiltoper  leggealla  morte  dei  dogeMcni- 
noGiimani  nel  1606.  Si  tenga  però  pre- 
sente quanto  ho  detto  in  argomento  nel 
n.  3  di  cpjesto^,  parlando  delle  dogaresse. 
Pro[)0»to  che  tu  ed  appiovalo  nel  consi- 
glio il  nuovo  modo  di  elezione,  i  Cor- 
rettori  alla  Proruissioiic  stabilirono  al- 
tresì parecchie  riformeeaggiuniealla  me- 
desima, fra  le  quali  che  il  doge  non  po- 
tesse esercitare  né  fare  esercitare  per 
conto  proprio  da  altri  la  mercatura;  non 
aspirerebbe  a  maggior  potere  del  con- 
cesso dalle  leggi;  riferirebbe  al  consiglio 
qualunque  notizia  avesse  di  conventico- 
le, sette  o  trame  contro  lo  stato.  Fu  in- 
oltre creata  una  nuova  dignità  ,  quella 
del  Cfinci'llier  grnrulc,  come  soprin- 
tendente alla  cancelleria  ducale ,  carica 
importantissima,  seni[)re  conservata  nel- 
l'ordine (ie'cilladini,  e  che  con  generoso 
stipendio  e  distintissimi  segni  d'onore  era 
la  sola  che  al  paro  di  ((ueila  del  doge  e 
«le' procmatori  di  s.  Marco  durasse  per 
tutta  la  vita.  Al  doge  davasi  i  titoli  di 
JfniììiiiO  Doniino ,  iì\  cancellier  grande 
siilo  Domino,  mentre  a'[)alrizi  davasi  u- 
nicamente  (|uellodi  Ulcssere.  Era  il  i ." 
segretario  dì  qualunque  consesso;  prece- 
«leva  di  luogo  a  tulli  (pielli  del  maggior 
consiglio,  non  insigniti  di  cariche,  era  de- 
corato di  veste  colorala  con  altre  inse- 
gne, e  provveduto  con  lendite  dal  pub- 
blico erario:  la  sua  sepoltura  avea  i  fregi 
della  stessa  pompa  funebre  de'dogi;  avea 
intervento  con  distinto  posto  in  tutte  le 
pubbliche  ceretnonie  e  funzioni,  ed  era 
necessaria  la  sua  presenza,  le  cui  veci  do- 
vca  farsi  da  altro  segretario;  era  eletto 
da' voli  del  maggior  consiglio,  cioè  dal  so- 
lo ordine  del  patriziato,  festeggiandosi  la 
sua  elezione  come  quella  del  doge;  final- 
mente avea  ingresso,  però  senza  suliia- 
gio,  nc'cousessi  anco  segreti  della  repub- 


\'  E  i\  III; 

Mica.  Insomma  fuentre  d  doga  era  il  ca- 
po del  patriziato,  il  cancellier  granile  era 
ili."  tlc'cittadini.  A'i5  luglio  i^GH  fu  e- 
lettopel  1."  Corrado  Ducato  o  de'Ducali, 
Diicalis  Jiilne  f^enetiaruin  Cancella- 
riiis.  Il  cav.  Mulinelli  negli  Annali  Ur- 
bani, a  p.  14^)  "6  riporta  la  serie  critico- 
cronologica:  fu  l'ultimo  Gio.  Antonio  Ga- 
brieli eletto  nel  17S4.  Dopo  tutte  le  nar- 
rate disposizioni,  raccolto  il  [)opolo  nella 
chiesa  di  s.  Marco,  il  gran  cancelliere  te- 
sté eleltOjCorrado  Ducato,  lesse  le  nuo- 
ve deliberazioni  del  consiglio,  e  furono 
dal  popolo  approvate;  indi  compiuta  l'e- 
lezione tlel  doge  (in  conseguenza  dello 
statuito,  e  già  riferito,  innanzi  l'elezione 
del_'4'>.°  doge  Zeno),  il  gastaUlo  Ceuedet- 
to  fu  chiamato  a  giurare  d'accettarlo,  in 
nome  di  tutti,  sulla  formula  presentata 
da  detto  cancellier  grande,  ed  allora  Ja- 
copo Basegio  promulgò  a'23  luglio  1  i^'ò 
l'elezione  di  : —  Lorenzo  Tiepolo  XLP'I 
doge.  Figlio  del  doge  Jaco[)0  ,  10  anni 
prima  trasi  distinto  nelle  accennate  guer- 
re genovesi,  riportando  su  loro  vittoria 
nella  Siria,  non  che  per  altre  primarie 
cariche,  e  già  podestà  di  Fano  città  il- 
lustre del  Piceno.  Anncmziata  la  sua  e- 
lezione,  il  popolo  con  trasporto  di  gioia 
corse  le  strade  gridando:  f^orcnzo  Tic- 
polo  l' fatto  doge.  Le  caa^pane  suona- 
rono a  festa,  e  la  molti tuiline  accalcatasi 
intorno  il  nuovo  principe  gli  strappò  i 
panni  di  dosso  ;  ed  egli  presentatosi  a 
piedi  scalzi  innanzi  l'altare  prestò  il  giu- 
ramento e  ricevette  il  gonfdoiie  tlella  re- 
pubblica. 1  marinari  porlaronloiu  trion- 
fo lino  al  palazzo;  dal  che  poi,  alferma  il 
cav.  Cicogna,  venne  l'uso  che  gli  operai 
dell' arsenale  sostenevano  sulle  spalle  il 
detto  seggio  del  doge,  appellato  pozzet- 
to ,  quando  dopo  1'  elezione  sua  gli  fa- 
cevano fare  il  giro  della  piazza  di  s, 
iMarco.  Egli  promise  allora  al  po[)o!o  di 
lasciargli  aprire  le  scuole  ossia  le  radu- 
nanze de'loro  mestieri.  Ascese  la  scala 
del  palazzo,  arrestandosi  al  canto  de'ver- 
selll  de'cappellani  ducali  :  Cristo  vince, 


1,6  VEN  VEN 

Cristo  regna.  Cristo  impera.  j4l  nostro  sì  quindi  fecero  fare  un  castello  alla  hoc- 
signor  LorcnizoTicpolo  iaDio grazia  in-  ca  del  Po  per  danneggiare  i  veneziani. 
dito  doge  di Fcnezia, Dalmazia  e  Croa-  Allora  si  ulleslì  un' annata  di  9  gì'lee, 
zia,  salvezza,  onore,  K'ila  e  vittoria  :  s.  capiianala  da  INIarco  Badoaro,  ed  alcii- 
fllarco ,  In  lo  aiuta.  Poi  giurò  nuova-  ne  baiclie,  e  sebbene  vi  andasse  anche 
mente  dal  palazzo,  e  parlò  al  popolo.  In-  il  dt)ge  in  persona  ,  pure  nulla  si  fece, 
tanto  i  cap[)cllani  recaionsi  alla  sua  casa  pei  che  i  bolognesi  difendevano  il  castel- 
a  s.  Agostino,  a  levare  la  dogaressa  mo-  lo  con  più  di  4ooo  uomini.  Ma  nel  1272 
glie,  Maichesina  figlia  di  IJoeuiondo  di  circa  fatta  un'armata  più  poderosa,  con 
13ricnne  re  di  J^erxia  o  Kascia,  e  la  con-  alla  testa  Marco  Gradenigo,  furono  rolli 
dussero  [)Oniposamcnle  al  palazzo  ac-  i  bolognesi  e  rovinato  il  castello.  Anche 
fompagnata  da'medesiaii  augurii.  Allora  gli  anconitani  si  dolsero  con  Papa  Gre- 
i  nsarinari  diedero  al  doge  onorevole  gorio  X,  che  i  veneziani  non  permetleva- 
banchetto.  JXel  di  seguente,  per  interpo-  no  che  fossero  portate  vettovaglie  in  An- 
sizione  di  molti  nobili  ,  si  rappacificò  cona  per  mare:  il  Papa  scrisse  a'venezia- 
con  Leonardo  e  Giovanni  Dandolo  ,  co'  ni,  ma  nulla  ottenne.  Non  rimasero  però 
(juali  era  in  antica  nimicizia;  quindi  co-  trancjuilli  gli  anconitani,  e  mandarono  o- 
jninciarono  le  feste  della  Isella  mostra  del-  ralori  al  concilio  generale  di  Lione  II, 
le  galee;  la  piocessione  riccinssima  delle  presieduto  dallo  slesso  Gregorio  X,  ed  a 
corporazioni  o  università  arlisliche,  an-  cui  intervennero  gli  ambasciatori  veneti, 
co  con  rappresentazioni  gioviali  e  buffo-  facendo  lagni  contro  i  veneziani,  i  quali 
nesche;  le  quali  complimentando  pure  la  s'arrogavano  cotanto  diritto  sul  mare, 
dogaressa,  i  maestri  delle  arti  la  presen-  Il  l'apa  rin.ise  la  questione  all'abbate  di 
lavano  d'ogni  sorla  di  conftlture.  Per  tal  iS'arvesa,  il  quale  udì  le  le  ragioni  d'  am- 
modo i  veneziani  (ino dal  secolo  XIII, di-  be  le  parti,  decise  a  favore  de' veneziani, 
ce  il  Piomanin,  all'operosità  commercia-  La  repubblica  conclusi  diversi  trattati 
le  e  industriale,  alle  gesta  siiilitari,  e  al-  commerciali  con  diverse  città,  falla  Ire- 
l'impresedi  lunghe  e  pericolose  naviga-  gua  di  5  anni  con  Genova,  tanta  polen- 
zioni,  coJigiviiigevauo  uno  squisito  sen-  za  eccitava  le  vicine  cillà  dell'  Istria  e 
so  del  bello  e  rara  gentdezza;  sapevano  i  della  Dalmazia  a  sollomellersi  sotto  la 
veneziani  allora  qual  patria  grande  aves-  sua  prolezione,  ed  essa  ne  accettava  au- 
serò e  come  dovessero  onorarla.  Gran-  che  il  dominio;  le  anteriori  relazioni  sem- 
dissima  carestia  insorse  nel  1269  in  Ve-  brando  essere  state  piuttosto  d'alleanza 
uezia  ;  indarno  si  cercarono  soccorsi  di  Inbularia  ,  accettando  anche  spesso  un 
granaglie  alle  vicine  città  Padova,  Tre-  magistrato  veneziano  ,  ma  non  intera 
\iso  e  Ferrara  ;  esse  rifiutarono  di  som-  sommissione.  L'eseuìpiodi  Parenzo  veu- 
tuinìstrarle,  sebbene  di  molli  benefizi  da'  ne  seguilo  da  Uoiago,  da  Città  Nova  0 
veneziani  avessero  ricevuto.  Onde  i  ve-  Emonia,  da'caslelli  di  Monlona  e  s.  Lo- 
neziani  sdegnati  ordinarono  che  tulli  renzo  nell'Istria,  ond'esser  difesi  da'pira- 
quelli  che  \olesseio  navigare  pel  Quar-  ti  che  gl'infestavano.  Cervia,  cinà  di  Ro- 
uero,  e  nelle  bocche  del  Po,  dovessero  magna,  si  die  parinienli  alla  signoiia  di 
pagar  dazio  delle  cose  che  portavano  a  Venezia,  e  |)er  i .°  rettore  vi  fu  mandato 
A'enezia.  Ma  i  bolognesi  che  dominava-  Giovanni  Moro.  Alcuni  veneziani  aven- 
no  gran  parte  della  Romagna,  non  pò-  do  fallo  sella  contro  la  repubblica,  ven- 
lendo  soffrire  tal  legge,  mandarono  am-  nero  banditi.  Altri  veneziani  che  ave\a- 
bascialori  al  doge,  acciocché  a' mercan-  no  donuniodella  3.' parledi  Neyropcnle, 
li  loro  sudditi  fòsse  conceduto  il  libero  unitisi  con  alcuni  regoli  di  colà  andaro- 
iiavigare;  rna'uulla  olleuuero.  1  bologne'  uo  con  iG  navi  celi' Asia  minore,  conlio 


V  E  N 

il  parere  ilei  veneto  bailo  di  Negroponfe 
Amlrea  Dandolo.  Ciò  veduto  dall'  loipe- 
latore  Michele  Paleologo,  niosse  gueira 
contro  c|Lse'  di  Negroponte  die  aveaido 
provocalo,  e  furono  dislatti  non  solo  i 
regoli,  ma  5oo  veneti.  E  nel  1272  rin- 
no\ò  la  tregua  colla  re[)ubblica.  In  que- 
sl'  anno  si  proibì  per  legge  a'  veneziani 
d'acquistar  beni  in  terraferma.  Felici 
se  r  avessero  mantenuta  !  Neil"  infelice 
i^rociala  a  2\iiiisi  di  s.  Luigi  IX  re  di 
l'iancia,  vi  concorsero  alfpianlo  anche 
i  veneziani.  Il  doge  avea  intanto  sposato 
MIO  (iglio  Jacopo  a  una  nobile  dalmata, 
e  l'altro  (Iglio  Pietro  a  una  ricca  vicen- 
lin.i.  Ora,  ciò  non  piacendo  a' padri,  fe- 
cero legge  ,  che  nessun  doge  né  i  figli 
suoi  potessero  in  seguito  sposar  doima 
lorastiera.  In  questo  niezzo  il  doge  morì 
a'i5  016  agosto  1275,  e  fu  sepolto  col 
padre  a'ss.  Gio.  e  Paolo.  Allora  i  corret- 
tori introdussero  nella  Protnissioiie  du- 
cale altre  condizioni  al  doge.  Eragli  vie- 
lato  ricever  feudi  ne  per  se  né  pe' figli, 
dovendo  rinunziare  quelli  che  possedeva 
al  momento  di  sua  esaltazione,  né  con- 
trarre protiti ,  né  acquistar  possessioni 
fuori  del  dogado.  Doversi  far  leggere  o- 
gni  due  mesi  le  leggi  sulla  carica  ,  non 
prender  parte  nelle  contese.  Si  proibì  a' 
figli  del  doge  aver  governi,  capitanato  o 
signoria,  solo  potendo  essei  e  ambasciatori 
o  capitani  di  naviglio. La  dogaressa,  figlie 
e  nipoti  non  potevano  regalare  i  cittadi- 
ni. Dovere  il  doge  far  giudicare  i  detenu- 
ti nelle  carceri  ili  sopra  e  di  sotto  del  pa- 
lazzo, entro  un  me>e  dal  loro  im[)rigio- 
namento.  sbrigarne  le  cause,  ed  ogni  me- 
se farli  visitare  da  un  notaio.  —  Jacopo 
('onlarini  XfjVII  ilo^c.  D'oltre  80  an- 
ni a' 16  settembre  r  275  fu  eletto.  Anche 
sulto  di  lui  essendo  gran  [)enoria  di  bia- 
de in  Venezia,  si  mandarono  due  amba- 
sciatori a'signori  di  Lombardia  (»er  com- 
prarne; ma  ne  venne  poi  abbastanza  da 
pule  di  Giovanni  Dandolo  console  nella 
i'uglia.  Il  re  di  Servia  o  Rascia  si  accam- 
pò a  Uagubi  nello  stesso  auuo,  il  coule  di 


V  E  .\  117 

essa  PietroTiepolo  ne  die  avviso  alla  re- 
pubblica, la  quale  amiate  due  galere  in- 
dusse il  re  a  ritirarsi  e  alla  pace.  Conti- 
nuava intanto  la  guerra  d'Ancona,  il  per- 
ché si  armarono  prima  5  galee,  capitano 
Giovanni  Tiepolo;  indi  aitici  5,  capitano 
ALarco  ÌMichiel.  1  primi  comballimenti 
non  furono  favorevoli  a'veneti,  anco  per 
la  burrasca  che  nel  porlo  ruppe  6  galee. 
Accrebbesi  perciò  il  numero  delle  navi, 
e  rinnovatasi  la  pugna,  i  veneziani  vinse- 
ro, talché  convenne  agli  anconitani  invia- 
re oratori  al  doge  e  alla  signoria  richie- 
dendo la  pace.  I  veneti  però  esigendo 
grandi  condizioni,  gl'inviati  ripalriarono 
senza  aver  nulla  concluso.  Essendo  mor- 
toa'  I  6  maggioi277  l'apaGiovanniXKI, 
dopo  aver  inutilmente  tentato  conciliare 
tali  vertenze,  adunatisi  i  cardinali  in  con- 
clave a  Viterbo,  mentre  i  veneziani  con- 
tinuavano l'assedio  d'Ancona,  come  do- 
minio della  s.  Sede, si  studiarono  d'indur- 
re la  veneta  signoria  a  richiamare  l'ar- 
mata; che  se  avessero  ricevuta  alcuna  of- 
fesa dagli  anconitani, per  a  ver  voluto  con- 
tro il  divieto  condurre  vettovaglie  per  le 
foci  de'fiumi  alla  riviera  australe,  dover- 
si la  cosa  decidere  coll'equità  e  non  col 
ferro;  essersi  dovuto  chieiler  giustizia  al- 
la Sede  apostolica,  per  non  contaminare 
con  eccesso  sì  grande  la  gloria  de'  loro 
maggiori.  Lev.issero  dumpje  l' annata 
d'Ancona,  e  non  potendo  il  sagro  colle- 
gio abbandonar  gli  anconitani ,  avrebbe 
per  se  stesso  e  per  opera  ibi'divoti  della 
Chiesa  ovvialo  a  ingiuria  sì  grave.  Con 
altre  lettere  i  cardinali  ordinarono  al  go- 
vernatore della  ÌMarca,  che  dovesse  por* 
ger  soccorso  alla  città  d"  Ancona,  e  co- 
mandarono sotto  gravissime  pene  a'mar- 
chiani  che  non  ardissero  in  ciò  aiutare  in 
qualunque  modo  i  veneziani.  Il  Rinal- 
di, che  tanto  racconta,  aggiunge  che  i  car- 
dinali minacciarono  i  veneziani  delleccu- 
suie  ecclesiastiche,  ma  avendo  Dio  prese 
le  difese  della  Chiesa,  mentre  aspramente 
i  veneti  battevano  la  città,  insorta  fie- 
ra teivipesla  scompigliò  l'armala  e  parte 


it8 


YEN 


di  sue  navi  si  i  ii|)peiu  alla  spiaggia  e  co- 
ste li'Aiiconn,  eli  Fcimio  e  di  .Sinigiigiin; 
e  gii  anconitani  po^lealle  proprie  galee 
l'insegne  veneie,  acoostalisi  alle  navi  lo- 
ro sopiavveuiile  e  clie  ignoravano  l'in- 
iòrluiiio  dell'alile,  ne  presero  due,  l'al- 
ile figgendo  in  Dalmazia.  La  lempesla 
dev'essere  la  di  sopra  narrata,  avvenuta 
alla  fine  di  giugno,  mentre  il  llinaldi  di- 
ce air  uscir  di  gennaio,  ma  foise  sarà 
fallo  d'amanuense  o  di  stampa  ,  non  es- 
sendo allora  sede  vacante.  Qui  il  Uoina- 
iiin,  narrando  la  sciagura  e  l' ignominia 
a  cui  ftn  (Hio  comlaniiali  i  ca[)itani,  cre- 
de che  allora  peggiorassero  le  cose  de've- 
iieziani,  per  avere  1'  imperatore  R.odolfo 
}  d'Absburg  (d  quale  nel  confermare  le 
fraucliigiea'uiercanli  veneziani,siespres 
se  con  gran  henevolenza  e  slima  verso 
la  repidjblica,  il  doge  e  i  veneziani),  pro- 
genitore dell'angusta  casa  d'Austria,  po- 
co curante  delle  cose  d'Italia,  fatta  dona- 
zione delle  terre  di  Piomagna  nel  i  syb  a 
Nicolò  111,  veuMC  Ancona  nelladipendeu- 
za  di  questo;  per  cui  quando  gli  amba- 
sciatori veneziani  Marco  Cadoer,  Andrea 
Zen  e  Gilberto  Dandolo,  a  lui  si  presen- 
tarono a  Vitei  bo  (ov' era  stalo  eletto  a' 
25  novembre  1^77)  per  complimentarlo 
dell'assunzione  al  pontificalo,  furono  ac- 
colli assai  fieddamenle,  e  non  volendo 
consentire  a  ritirarsi  dalle  loro  preten- 
sioni circa  ad  Ancona,  ebbero  sdegnoso 
commiato.  Dirò  io:  lìodolfo  I  non  fece 
alcuna  donazione  di  duminii  alla  romana 
Chiesa.  Soltanto,  ad  istanza  di  Nicolò  III 
e  secondo  l'uso  de'tempi,con  diploma  ap- 
provò le  concessioni,  privilegi  e  conferme 
falli  alla  medesima  da'suoi  preilecessori, 
e  lo  fece  ratificare  dagli  EleLtori  dell'  Im- 
pero. JNel  diplomasi  legge:  rccog/tìlu/n, 
con  firma  tuni,  ralificaluin  eie...  nomi' 
nalim  ...  Marchia  Anconitana.  Dall'  al- 
tro canto  i  Fapi  con  apostolica  autorità 
approvavano  l'elezione  degl'  I/iij>eratori 
e  poi  grit!)[)onevano  la  Corona  Imperia' 
/e;  ed  allora  gl'imperatori  spedi  vano  il 
solilo  diploiua.  E  siccouu»  llodolfò  1  non 


V  E  N 
calò  in  Italia  per  tale  solennità,  così  Ni- 
colò 111  domandò  la  rinnovazione  del  di- 
ploma. La  sovranità  della  s.  Sede  sopra 
Ancona  e  sua  provincia  originò  ne'primi 
anni  del  secolo  Vili,  e  non  nel  declinai' 
del  XIII  per  Rodolfo  1.  lm[)erocclièquan- 
do  s.  Gregorio  II  scomunicò  l'empio  Leo- 
ne 111  VJsaiirico,  i  po|)oli  dell'  l'2saicato, 
di'H'Emilia,  della  Penlr/poli et\ii\  Piceno 
(f'.ì,  alle  quali  appartenevano  Ancona, 
nel  72()  si  sottrassero  dal  giogo  imperia- 
le, e  S[)onlaneamente  si  diedero  alla  So- 
vranità della  s.Sedeede'Papi  (  /^), spe- 
cialmente la  Jllarra  [f-^.).  Indi  avendo 
Liutprando  usurpato  i  patrimoni  della 
Chiesa  romana  d'  Ancona  {P-}  e  d'  U- 
inana  (^''•),p'>i  li  restituì  nel  742  a  Papa 
s.  Zaccaria,  donando  espressamente  le 
città  d'Ancona  e  Umana,  oltre  altre.  Le 
usurpò  Astolfo,  e  Pipino  nel  ySS  Io  co- 
strinse a  reslituirle,  e  non  avendolo  ef- 
fettuato, a'pontificii  reclami  il  successore 
Desiderio  pure  promise  di  resliluirle  nel 
736;  e  quando  nel  778  fu  vinto  da  Car- 
lo JMaguo,  questi  elfellivamente  le  resti- 
tuì alla  s.  Sette,  nel  suo  diploma  leggen- 
dosi ciK'itaies  A/ìchona,  Aiiximnm,  Fir- 
i/ntm,  eie.  11  lestu  della  storia  lo  ripor- 
tai ne'citali  articoli.  Se  Ancona,  prima 
dell'elezione  di  Nicolò  III,  non  fosse  sta- 
la dominio  temporale  della  s.  Sede,  co- 
me i  cardinali  potevano  tenere  il  riferito 
linguaggio  co'veneziani?  Vedasi  l'ab. Leo- 
ni, Ancona  illustrata,  lib.  3,  e  partico- 
larinenle  il  lib.  4"-  Ancona  si  dà  alla,  di- 
vozione della  Chiesa  nel  744-  Peruzzi, 
Storia  d' Ancona,  1. 1,  p.  160  e  seg.;  An- 
cona si  dà  del  lutto  alla  Chiesa,  e  gli  an- 
conilani  giurarono  [)eipetua  fedeltà  e 
ubbidienza  nel  744  '"'  Adriano  I  e  Pon- 
tefici successori.  —  Il  senato  veneto  nel 
I  277  continuò  conlro  Ancona  con  vario 
successo  la  guerra  sotto  questo  dogado, 
spiegando  gli  anconitani  non  poco  valore 
nei  sostenere  gli  scontri  ilella  veneta  ar- 
mata. De'quali  iiidjarazzi  di  Venezia  [)ro- 
fjtlando  le  città  dell'Istria,  parecchie  si 
diedero  al  patriarca  d'Aquileia  Raimon- 


YEN  YEN  ,,9 
do  Toriiani,  e  convenne  far  guerra  per  verno  fino  nll' elezione  tiel  nuovo  do^e 
falle  lornare  «tU* ubbidienza.  Non  molto  nell'interregno  il  consii^liere  anziniio  iVi- 
dopo,  la  pace  con  Ancona  fu  conclusa  nel  colò  Navagio^o.  Poco  ilopo  e  nell'apnltì 
successivo  dogado.  II  Rotnanin,  savio  e  nioi\  il  Contarini,  e  venne  tiunul.ito  nel- 
imparziale  storico,  falsa  dichiara  l'asser-  la  chiesa  di  s.  IMaria  Gloriosa  de'Frari.  — 
zione,  che  gli  Anconitani  quindi  ìniian-  Gio\>nnni  Dandolo  XLF [[[ (Io:^c.  A'3  e 
:/  do\'ranno  riconoscere  e  ri-spellare  la  marzo  1280  fu  eletto  colla  solite  forraole, 
iOi'ranità  della  Repubblica  di  f^enezia  assente  dalla  città  ambasciatore  ilella  re- 
siil  Golfo.  !l  trattalo  di  pacediciò  non  pubblica  all'estero, ovvero  trovavasi  con- 
conliene  sillaba.  Egli  aggiunge  a  glo-  le  ad  Ossero,  l^acificatosi  con  Ancona,  nel 
ria  del  vero.  Il  dominio  della  repubbli-  1281  un  granile  terremoto  rovinò  mol- 
ca  sul  Golfo  Adriatico  era  fondato  sui  te  case.  Indi  a'27  agosto  1282  fu  decre- 
fiilti,  cioè  sidla  protezione  e  sulla  supe-  tato, che  cpie'del  consiglio  di  Pregadifos- 
liorità  esercitatavi  ila  secoli;  ma  non  ere-  sero  eletti  per  due  inani l\'\  elezione,  im- 
de  sia  stata  per  trattali  formalmente  ri-  perocché  prima  non  erano  eletti  ,  ma  il 
conosciuta.  Conclude  di  sciogliere  la  tan-  doge  e  la  signoria  mandavano  a  pregare  i 
lo  agitala  questione  di  c(iiesto  dominio  cittadini  pratici  e  primari  onde  volesse- 
con  ripetere,  che  cioè y^/  esercitato,  non  ro  intervenire  ne'consigli,  e  ipiesli  chia- 
;'/Vo/?05cm/o.  liinnoviiron»!  le  treguecol-  mavansi  Pregadi,  nome  ciie  poi  sempre 
l'imperaloredi  Costantinopoli  Paleologo,  si  conservò.  Fin  dal  1277  era  slata  in- 
coi mezzodegli  ambasciatori  IMatteo  Gra-  Irodolla  la  forma  d'elezione  delta  a  due 
denigo  e  Marco  Horubo.  L'anno  appres-  mani,  cioè  proponendosi  ad  ogni  elexio- 
S01278  la  citlà  di  Capodistria  negando  ne  per  ciascun  uKlziodue  candiilati,  che 
il  tributo  annuale  si  ribellò  al  doge,  e  si  si  facessero  scontro  ,  e  rimaneva  eletto 
die  a  detto  patriarca  ,  e  cos'i  ribellò  la  (piello  che  riportava  i\  maggior  numero 
cill.'i  di  Rlonlona.  Ma  spedite  contro  am-  ile' sulfragi.  Così  nell' elt-zione  del  consi- 
bedue  il  capitano  Andrea  Baseggio  con  glio  de'Dieci  neh 3  io,  furono  uoniinali 
molla  gente,  si  battè  con  quella  del  pa-  dagli  elettori  scelli  dal  maggior  consiglio, 
triarca  andata  in  soccorso  degl'istriani,  e  eio  dal  doge,  consiglieri  e  capi  dc'4o,  e 
caddero  in  potete  de' veneti  Capodistria  poi  ballottati.  Furono  in  seguito  anche 
e  Montona,  indi  per  primi  podestà  s'in-  Ire  Ofjuallro  inani  di  elezioni,  e  (piiiuli 
viarono  aliai."  Kinieri  Morosini,  alla  2.'  lienlasei  gli  elettori,  che  firmando  tanti 
3Iaici>  Michiel.  In  Venezia  cospirò  con-  gruppi  o  collegi  elettorali,  ciascuno  di 
tro  la  repubblica  Giovanni  Saracino,  nta  nove  elettori ,  si  ritiravano  in  dilFerenti 
scoperta  la  trama  e  fallo  il  processo,  fu  stanze,  e  così  ogni  candidalo  veniva  ad 
sbandito  in  pei  |)etuo(l,illa  città.  Infierìe-  averequattro scontri.  L'elezione  per  scru- 
ziandio  la  pestilenza,  e  molle  persone  mo-  linio  si  faceva  quando  iieHelezioni  in  du- 
rirono.  Anche  in  Candia  nel  1280  seguì  pio,  il  doge  e  il  suo  consiglio  pioponeva- 
qualche  rumore  per  opera  di  Giorgio  no  anch'  essi  il  loro  candidato  col  mez- 
Coi  lazo  greco,  ma  la  prudenza  di  M  iri-  zo  delle  tessere  o  polizzini.  Neil'  anno 
no  (jiadenigo  duca  (juicio  le  cose.  Il  do-  1282  fu  bandita  la  moneta  delta  gros' 
geConlarini  reso  inubde  per  decrepitezza  .^o,  che  Uro>io  i .°  le  di  llascia  in  Levan- 
a  più  governare  la  repubblica,  e  dovendo  le  aveva  adulterato.  A'  20  dicembre 
rimanere  in  letto, vediiidosi  inulile  rinun-  1284  f'>  gi'andissiujj  iuomlazione  d' ac- 
ziò,  o  fu  fatto  rinunziare  alla  dignità  a    j  que  che  alfondò  assai   luoghi  di  Venezia, 

0  a' 6  marzo  1280  coli' assegno  di  lire  e  fece  molto  danno  alle  mercanzie  ch'era- 

1  joo  di  piccoli,  circa  'Too  zecchini  l'an-  no  ne'magazzini.  In  (pie>l'aiino  niedeii- 
uo,  finché  vivesse,  lutanlo  assunse  il  gu-  mo  quo'  di  Puuuu  ed  aitri  luoghi  dell'  l- 


I20  V  E  N  V  E  N 
Siria  si  tliedeio  liberamente  a'vene/iani,  islrnge  di  luUi  i  fiancesi  che  perdLTono 
tuandandoa  giurare  al  iloge  fedeltà.  Per  l'isola  acquistala  dalla  Spagna,  il  fraii- 
queslo  motivo  e  perchè  s'era  ac(iuislala  cese  Papa  Martino  IV  fulminò  !a  sco- 
io addietro  Capodistria,si  venne  a  giier-  uuinica  conlrogli  autori  dell'oirdjile  ma- 
la  col  nonuiialo  Torriani  patriarca  acjui-  cello,  e  fece  predicar  la  crociata  a  fivore 
leiese,  e  col  conte  ui  Gorizia  Alperlo.  Es-  degli  Angioini.  Però  i  veneziani  si  me- 
si collegali  insieme  tentarono  invadere  slraiono  freddi  con  Carlo  I,  acconsenli- 
rislria  j  andando  con  uà  esercito  dicesi  rono  ad  una  nuova  tregua  col  greco  ioi- 
di 36,ooo  persone.  Alcuni  cnslelli  si  lese-  pero  di  Andronico  li  l'aleologo,  e  proi- 
)0;  ma  i  veneziani  alleslironogrossissimo  birono  perfino  al  palriarca  di  Grado  e 
esercito  terrestre,  nel  rjnale  ciedesi  che  al  vescovo  di  Castello  di  predicare  la 
andasse  il  3."  degli  uomini  di  Veneziaat-  crociala  in  favore  degli  Angioini  e  con- 
ti alle  armi,  ed  assediarono  Trieste.  Qui-  Irò  l^ietio  111  re  d'Aragona,  onde  nel 
\i  falla  una  bastia  vennero  alle  mani  co'  i  284  furono  colpili  d'interdetto  dal  car- 
iiemici,  ma  i  veneti  n'ebbero  danno,  mas-  dinal  Dernardo  di  Latignissel  legato  ili 
sime  pel  tradimento  del  loi'o  conleslabile  Bologna  con  giurisdizione  sui  patriarcati 
Gerardo  delle  Lance  Lunghe,!!  quale  vo-  di  Grado  e  d'Aquileia,  e  legalo  a  Vene- 
leva  daie  a'  nemici  una  delle  porle  della  zia  per  ottenere  aiuti  a  Carlo  I  a  ricnpe- 
Laslia.  Se  non  che  scoperto  il  [elione,  fu  rare  la  Sicilia.  A'a  aprile  i  aSo  divenuto 
preso  e  slancialo  con  un  mangano  nel  l*apa  il  romano  Onorio  IV,  i  vetieziani 
campo  nemico.  Questo  veduto  scoper-  nel  dicembre  gli  mandarono  ambasciato- 
lo il  trallalo  si  ritirò.  Koudinieno  tale  ri  d'ubbidienza,  per  complimenlarlo  e 
guerra  durò  8  anni  e  n  mesi,  con  grande  pregarlo  di  levar  l' inlerdelto  che  pesava 
dispendio  della  città  di  Venezia,  intanto  su  Venezia,  Il  Papa  gli  esauih,  coli'  assi- 
pero  che  il  patriarca  somministrava  gen-  curazione  che  i  veneziani  negli  affari  di 
li  e  soccorsi  a'iriestini,  i  veneziani  Io  mo-  Sicilia  non  prenderebbero  alcun  partito 
leslavano  dalla  parte  del  Friuli.  Anzi  no-  contrario  agl'interessi  della  santa  Se- 
tano alcune  cronaclie  che  il  palriarca  de,  suprema  signora  dell'isola,  e  degli 
fosse  preso  da  certi  castellani  di  colà,  al-  Angiomi.  iNello  slesso  i285,  o  nel  pre- 
leati  de'veneli,  e  posto  per  disprezzo  so-  cedente,  furono  coniali  i  prioii  ducati 
pia  una  mula  colla  faccia  verso  la  co-  d'  oro  nella  zecca  di  Venezia,  poi  del- 
da,  tenesse  la  coda  della  mula  in  mano  li  verso  il  iS^y  cecchini  o  zecchini  ve- 
con  lettere  che  dicevano:  Ecce  Sarerdos  lieti,  che  restarono  sempre  moneta  piin- 
praviis  qui  in  dicbiis  sHis  lUspUcuit  Deo  cipalissima  e  peifetta  ,  da  per  tulio  v\- 
et  irn'cnltis  est  nialns.  Poscia  hi  fatta  lii  cercata.  Neli28f)  essendo  stata  presa  fi 
pace  \'S  marzo  1  285,  dopo  l'espugnazio-  città  di  Tiipoli  di  Soria  dal  soldano  del 
ne  di  Trieste  ,  e  dopo  il  lilorno  delle  Cairo,  vi  furono  uccisi  lutti  i  veneziani 
piazze  deiri-lria  all'  ubbidienza  della  le-  che  n'erano  alla  difesa.  Allora  si  concer- 
pubblica.  Già  questa  nel  1281  cedendo  tòlra  il  Papa  Nicolò  IV  la  crociala  co' ve- 
Unalmenle  all'istigazione  di  Carlo  d'An-  neziani,  il  che  saputosi  dal  solilano  man- 
giò re  di  Sicilia  e  del  suo  nipote  Filippo  dò  la  sua  arinnla  a  Tolcinaide  e  la  pre- 
III  re  di  Francia,  con  trattalo  aveva  ac-  se  rovinandola  da'fondamenli,  laonde  il 
consentito  al  riacquisto  di  Costanlinopo-  nome  cristiano  restò  espulso  dalla  Soria. 
]i,  dovendo  la  repubblica  somministrare  11  doge  Dandolo,  lodate  per  prudenza  e 
4o  galee  almeno.  Ma  l'ardito  disegno  fu  altre  virlù,  fece  molteplici  savissime  leg- 
interrotto  nel  1282  per  lo  scoppio  della  gi,  e  morì  a'2  nove«ubre  i28c),  se[)olto 
feroce  rivoluzione  di  Sicilia,  nota  col  nella  chiesa  de' ss.  Gio.  e  Paolo,  in  un 
porne  de' famosi  Fesperi  Siciliani,  con  monumento  al  muro  dalla  parte  sinistra 


V  E  N 
ili  (.Ili  entra  per  la  porla  maggiore.  Nel 
Sfgiienle  anno  ili  venne  re  d'  Lnglterid 
Aiuliea  11!  il  Tcnazicino,  coìn\e\Uì  [ìQv- 
cliè  nalo  a  Venezia  dal  nialrinionio  di 
Stefano  figlio  d'Andrea  11,  con  Tonìrna- 
sina  iMorosiiii,  la  cui  nipote  Tonxnasi- 
na  IMorosini  sposò  il  seguente  doge. 

12.  Pi f irò  Grnch'iìigo  XLTX  (Inge. 
Celebiavasi  i  funei'ali  del  predecessore, 
quando  il  popolo  luuiuUuai  iauienle  ac- 
clamò dugii  Jacopo  Tiepolo,  figlio  del  do- 
ge Lorenzo,  distinto  per  militari  iuìprese 
i  onorevoli  inagislralure.  Era  questo  un 
riprendersi  gli  anliclii  diritti  da  lungo 
tempo  non  più  in  uso,  era  un  moto  die 
atterrir  dovea  quelli  che  volevano  soste- 
nere la  costituzione  della  repubblica  qua- 
le era  slata  riformata,  a  norme  cioè  seui- 
pre  più  strette  ed  arislocraiiclie,  era  un 
seme  di  guerra  civile  se  il  Tiepolo  fosse 
slato  men  buono  cittadino.  i\I  i  egli  piU' 
dente  e  di  singoiar  bontà,  fuggì  à<\  Ve- 
nezia. Quietalo  il  popolo,  fors'anco  per 
1  esortazioni  dello  stesso  Tiepolo,  raccol- 
tisi gli  elettori  procederouo  col  solito  ce- 
remoniale  all'  elezione  del  nuovo  doge, 
icl  novembre  1289  proclamando  Pietro 
Ciradenigo  di  38  anni  ,  uomo  di  fermo 
animo  e  lisoluto  ,  trovandosi  podestà  a 
Capodistria;  ma  caldo  sostenitore  d(;ira- 
ristocrazia,  poco  ben  di  lui  augurav;\>i  il 
popolo.  IMandalo  a  levare  con  10  galee 
fe>je  il  suo  ingresso  e  ricevè  il  ducale  ili  i- 
deina  a'sj  novembre,  festa  di  s.  Caterina 
di  cui  era  divolo,  ed  ordinò  che  per  l'av- 
venire ne  fosic  festeggiato  il  giorno.  N;'l 
1292  slava  già  per  spirare  la  tregua  fra 
le  due  rivali  repubbliche  di  Venezia  e 
di  Genova.  I  genovesi  guerreggiavano  al- 
lora co'  pisani  inferiori  ad  essi  di  forze, 
l'orli  i  genovesi  ilei  possesso  di  l'era, 
sobborgo  di  Costantinopoli,  e  per  la  lo- 
ro nuova  colonia  ili  Calf-i  o  Titoilosia^ 
capitale  della  Crimea,  volevano  esclude- 
re i  veneziani  dal  tr/idlco  di  Costantino- 
poli, di  Tiebisonda,  del  Tanai  o  Don;  i 
veneziani  dai  canto  loro,  già  dominatori 
4i  quelle  ac(jue,  nulla  più  desiderando 


YEN  121 

che  di  distruggere  i  possedimenti  di  l'e- 
ra e  di  Cada  ,  si   collegarono  con  Pha^ 
ed  i  genovesi  co'greci  e  Andronico  li  lo- 
ro imperatore,  a  cui  fu  dichiarata  guerra. 
Dopo  molle  ostilità  nell'Arcipelago  e  nel 
mar  Nero,  i  veneziani  tolsero  Pera  e  Caf- 
fa  al  nemico;  ma  nuovamente  da  esso  at- 
taccati   presso   Curzola  nella   Dalmazia, 
rS  settembrei2q8,  furono  sconfitti  dal- 
le %^  galee  genovesi  comandate  da  Lam- 
ba  Dorin.  Andrea  Dandolo,  ammiraglio 
veneto  dig'5  galee, tra  molti  fu  (allo  pri- 
gione, ma  per  poco;  poiché  non  potendo 
sostenere  l'idea  d'entrare  in  Genova  cin- 
to da  catene,  e  servire  al  trionfo  dell'ar- 
mi iiemiclie,  abborrile  del  pari  che  com- 
baltule  da  lui  con  sommo  coraggio,  per- 
cosse fieramente  contro  l'albero  della  ga- 
lera il  proprio  capo  e  lo  sfracellò.  Si  fece 
ascendere  fino  a  5ooo  il  numero  de'pri- 
gioni,  e  fra  questi  il  celebre  viaggiatore 
iMarco  Polo,  che  nelle  carceri  di  Genova 
trovò  i  pisani  sconfitti  e  presi  1  3  anni  in- 
nanzi  alla  Melora.    Snerv;ite  ili   seguito 
le  due  repubbliche  da  altre  piccole  guer- 
re, fecero  di  nuovo  tregua,  a  mediazione 
di  Pa|)a  Doiiif.icio  Vili,  alle  cui  insinua- 
zioni   cederoiio  i  veneziani;    ma  i  geno- 
vesi confidando  vanamenle  nella  loro  po- 
tenza tornarono  alle  iirmi,  finché  coll'in- 
tervenlo  di    i\Iatleo   Visconti  signore  di 
Milano  e  vicario   im[)eiiale  ,   indusse   le 
parti   belligeranti  ad  un  Iraltato  di   pace 
a'2J  maggio  I29().  Così  Venezia  scam- 
pò da  un  grave  pericolo,  ma  poi  altri  e 
più  funesti  ne  corse.  Tentava  il  maggior 
consiglio  di  spogliare  il  popolo  d'ogni  au- 
torità pubblica.  L'idea  di  eguaglianza  tra 
cittadino  e  cittadino,  raddoppiò  cagione 
nel  popolo  di  altamente  sdegnarsene.  Spe- 
rava non  penici  e  allatto  il  diritto,   mer- 
cè la  nomina  degli  eletti  a  lui  solo  dovu- 
ta; ma  scosso  ancora  volevasi  questo  gio- 
go. Il  doge,  uomo  ardilo  e  acuto,  decretò 
neli2<)G,  al  modo  riferito  nel  §  XVI,  n. 
y,  che  lutti  i  membri  del  lìhì^^giur  con- 
.sii^lio   e   i    loro    discendenti    sarebbouo 
quiud'iunauzi  perpetui,  seui'ullra  clczio- 


122                   YEN  YEN 

ne.  Allri  ilecreti  si  fecero  nel  i  2^)7,  i  298,  cle*icisllci,  e  cos'i  la  formazione  dell'  ari- 
1209,  pe'qnali  il  governo  a  un  trullo  da  slocrazi»  veneta  e  la  riunione  di  tutti  i 
deiuocralico  divenne  aristocratico, per  la  poteri  in  questa  ,  fu  qua!  dovea  essere, 
fermezza  del  doge.  I  ciuadinisi  trovarono  l'opera  lenta  del  tempo,  non  un  improv. 
Co'iiuovi  regolanienti  divisi  in  Ire  dilFe-  viso  mutinienlo  nei^Ii  ordini  dello  stalo, 
lenti  classi:  i ."  quelli  clie  nun  erano  mai  non  relfelto  immediato  di  quella  legge, 
stali  né  essi  uè  i  loro  antenati  del  mag-  che  troppo  mal  conosciuta  divenne  poi  fa - 
gior  consiglio  ;-2.''  quelli  che  vi  avevano  migerala  col  nome  di  Serrala  del  gran, 
avuto  i  loro  progenitori  ;  3."  quelli  ch'e-  co^^/^/Zo,  per  a  ver  essa  leso  i  diritti  altrui, 
lano  slati  del  consiglio  essi  ei  loro  ante-  d'onde  que'  reclami,  che  a  lungo  restati 
nati.  I  primi  si  dicevano  iioiniiii  niioi'ì,  inesauditi,  diedero  indi  origine  al  richia- 
e  non  venivano  ammessi  al  consiglio  se  modiillaD.\linazia  de'nobili  detti  poiy?rzr- 
non  per  grazia;  i  secondi  si  andavano  in-  naholi.W  raaggiorconsiglio  spettavano  le 
eludendo  di  volta  ir.  volta;  i  terzi  (Inai-  nom  neaile  magistrature,  le  dellbiirazioni 
mente  avevano  pieno  diritto  d'essere  elet-  negli  oggetti  politici  ed  economici,  cioè 
ti.  Non  è  dunque  vero,  dice  il  prof.  Roma-  leggi,  grazie,  guerre,  paci,  alleanze,  iinpo- 
uin,  che,  come  molli  erroneamente  spac-  ste,  prestiti  ec,  assistito  altresì,  dall'inter- 
ciaronOj  la  legge  del  1  297  fosse  una  decisa  vento  del  consiglio  de' Prcg-i/^^/o  Sanalo^ 
Serrala  (leli^ran  consiglio  {([nùSì  [mi-  GS-  della  Qiiaranlia  e  degli  altri  magistrali 
sersi  effetti  vamenteserrale  le  porle  infac-  urbani,  di'retlori  tornanti  dal  loro  uffizio 
eia  al  popolo);  né  che  tal  nome  venisse  dal-  ec.  11  Consiglio  iniaor e  o  del  doge  co-.n^o- 
l'essersi  d'allora  in  poi  chiuse  assoluta-  nevasidi  Sciltadini, nobili  pur  essi  dilibro 
niente  le  porte  del  maggiorconsiglio,il  cui  d'oro,  scelti  a  due  per  sestiere,  che  non  pò- 
seggio  fosse  divenuto  [)erenne  ed  inamo-  levano  esser  parenti  del  doge:  reslava- 
vibile  negli  slessi  individui  e  nelle  lorofa-  no  ordinariamente  in  carica  un  anno; 
miglie,  mentre  a  ciò  si  o[tpong()uo  i  regi-  avevano  insieme  col  doge  la  presidenza 
stri,  che  mostrano  imove  elezioni  e  bai-  nel  senato,  e  insieme  co'  3  capi  de'  Qua- 
Jottazioni  falle  ogni  anno.  Dopo  in  fatti  ranta  costituivano  la  cosi  detta  Seretiis- 
questa  così  delta  Serrata  del  maggior  sima  Signoria.  Spellava  a  questa  riceve- 
co/isiglio,  si  trova  crescere  anziché  sce-  re  tutte  le  suppliche  dirette  al  doge,  pò- 
mare  il  nome  de' suoi  componenti.  La  ner  parli,  cmé  proporre  leggi  nel  mag- 
legge  è  dmiqiie  a  considerarsi  sotto  l'a-  gior  consiglio;  leggere  ogni  anno  al  do- 
spelto  d'una  depurazione,  non  di  un  re-  gè  la  Promissione  ducale,  e  al  bisogno 
slringimenlo  del  consiglio;  ma  quella  de-  ammonirlo.  Il  Consiglio  de'  Pregadi,  o 
purazione  condusse  poi  naturalmente  al-  Senato,  divenuto  slabile  nel  i23o,  era 
lo  stabilimento  dell'aristocrazia,  e  mise  a  stalo  cosliluito  ordiniriamente  tli  60  in- 
pocoa  poco  tutto  nelleniiini  dj  questa. Co-  di  vidui  uoinmali  da  4  elettori  del  mag- 
sl  concentratasi  ne'nobili  la  sovranità  che  gior  consiglio,  poi  nel  [343  da  questo 
slava  prima  ne' cittadini  originari  e  nel  stesso  direttamente,  non  più  di  uno  pei' 
popolo,  il  maggior  consiglio  veiine  a  far-  faaaiglia.  Ueslavano  in  ullizio  uw  anno, 
si  ereditario  nelle  famiglie,  e  quindi  1'  o-  uia  potevano  esser  confermali;  al  Prega- 
1  igine  del  Libro  d'oro,  in  cui  si  registra-  di  presiedeva,  come  al  solilo,  il  doge  co' 
Vano  i  i:ialiimoni  e  le  nascite  de'  nobili,  suoi  consiglieri,  e  ad  esso  erano  delega- 
provvedimenti  santissimi  per  la  conserva-  tea  principio  specialmente  le  cose  coii- 
zione  del  buon  costume,  e  base  perpetua  cernenti  la  mercatura  sì  ne'suoi  rappor- 
deilci  successiva  aristocrazia, (piale  si  man-  li  interni  che  eslerui,  (piindi  gliapparle- 
tenne  a  lutto  12  maggio  1  797.  Dipoi  per  nevano  i  duzii,  le  spedizioni  delle  flotte 
tagioui  politiche  furono  esclusi  i  nobili  ec-  mcrcautili^  gli  armameuti  delle  auvi,  il 


V  E  N 
provvedi  melilo  so[»im  le  foite/zee  piazze 
di  frontiera,  infine  l'arsenale,  molle  ma- 
terie economiche,  gli  allori  di  pace  e  di 
guerra,  nonché  l'invio  dogli  ambascialo- 
li,  de'quali  mi  sono  proposto  parlare  al  fi- 
ne della  repid)hlioa,  ossia  verso  il  termine 
di  questo  o,  n.  15.  Ricevette  presto  il  se- 
nato un'aggiunta  per  le  cose  di  massima 
importanza,  composta  di  20  nohili  tra' 
più  ragguardevoli  e  special  mente  da  quel- 
li tornanti  dalle  ambasciate  come  i  più 
alti  a  fornir  cognizioni   sui  vari  paesi  e 
a  maneggiare  con  iscienza  pratica  le  fac- 
cende ad  essi  relative.  Questa  aggiunta, 
che  confermavasi  in  Qu.irantia,  non  lar- 
dò a  divenire  di  metodo  per  annua  ele- 
7Ì(ine,  poi  si  accrebbe  a  ^o  e  fino  a  60, 
onde  il  senato  veneto  venne  infine  ad  es- 
ser composto  di  120  individui.  Al  Consi- 
glio dt  (Quaranta  o  Quaranlia  apparte- 
nevano oltre  i  giudizi   civili  e  criminali 
in  ultima  istanza,  anche  i  principali  atfa- 
ri  pubblici  e  di  staio,  che  venivano   poi 
portali  al  maggior  consiglio;  vegliava  al- 
le cose  della  zecca,  dell'oro,  dell'  argen- 
to, del  rame;  inlerveniva    regolarmente 
nel  sen.ilo,  ouile  per  la  sua  importanza 
non  potevano  esservi  eletti  se  n(jn  consi- 
glieri, giudici,  avogadori,  uomini  iusoui- 
ma  di  sperimentata  capacità,  anzi, ristret- 
tasi  l'arislucrazia,  fu  stanzialo  nel   I2q8 
(come  si  ha  dal  Libro  d'oro  del  maggior 
consiglio,  diverso  dal  Libro  d'oro  ricor- 
dato   della  riobillà  veneta,   istituito   nel 
XVI  secolo),  che  alcuno  non  potesse  es- 
sere de'quaranta,  se  prima  egli  slesso,  il 
padre  o  l'avo  non  avesse  sedalo  nel  mag- 
gior consiglio.  La  Quaranlia  aveva  par- 
ticolare stanza  nel  palazzo,  ove  adunava- 
8Ì  altresì  a  dure  udienza  agli  audjasciato- 
ri  esteri,  udire  le  lagnanze  ilelle  cillà  e 
Provincie  suddite  ,  leggeie   le   lettere  e 
maliuare   le  deliber.izioni   da    proporsi 
poi  al  maggior  consigho.  Nel  secolo  XV, 
se[iariilc  le  uiulerie  civili  d.dle  criminali, 
t  bhero  origine  due  Qu  jianlie,  cioè  la  ci- 
vile e  la  criminale.  Cosi  il  JLigi^ior  Cun- 
glio,  il  Minore,  il  Senato  o  Pregadi  e 


VEN  123 

la  Quaranlia,  tulli  presieduti  dal  doge, 
formavano  la  base  su  cui  foni  ivasi  tut- 
to l'ordinamento  della   repubblica   ve- 
neziana  nel  secolo  XIII,  e  da  essa  poi  si 
diramavano  !e  altre  numerose  magistra- 
ture. Quindi  il  prof.  Roinaniii  ragiona  di 
esse,(le'|)rovvedin)enti  interni  relativi  al- 
la giustizia,   al  commercio,  alla  naviga- 
zione, alle  finanze,  alle  arti  e  alla  mili- 
zia, alla  polizia,  alla  beneficenza,  a'iavo- 
ri  pubblici,  alla  cultura.  La  legge  della 
Scrrcila  del  /nnggior  ronsiglio,[)ei-  (pian- 
to pur  la  politica  si  adoperasse  a  coprirne 
la  finale  conseguenza,  l' esclusi(jiie   cioè 
del  popolo  da  ogni  parte  della  pubblica 
au5minislrazione,noii  [)Oteva  noiidestare 
negli  animi  de'popolani  un  profondo seii- 
liineiito  di  sconlentezza  ,  benché  questa 
sì  tosto  non  prorom[)esse,  tenuta  a  fieno 
specialmente  d;d!a  guerra  genovese.  Ma 
appena  la  pace  del  1  2qr)  ebbe  rassicura- 
ti i  commerci  e  dato  agio  alle  menti  di 
ripensare  a  quanto  era   stato  fitto  e  a 
quanto  minacciava   l'avvenire,  che  una 
cospirazione  fu  ordita  per  rovesciare   il 
nuovo  ordine  di  cose.  Pel  decreto, che  tul- 
li i  membri  del  maggior  consiglio  e  i  lo- 
ro disceiulenli  sarebbero  quiiid'  innanzi 
perpetui,  senz'  altra  el  zione,   non  sola- 
mente il  deluso  popolo   arse   di    rabbia, 
ma  parecchi  patrizi,  già  divenuti  inferio- 
ri a  molli  semplici  ciUadini,  fiemerooo; 
quindi  rodi(j  della  nobiltà  e  del  popolo 
sobbolliva   per  legge  sì  decisiva.  Erane 
alla  tesla  Mario  lìocconio,  uomo  di  mol- 
lo seguilo  per  le  sue  ricchezze,  ma  noa 
di  mente  pari  all'ardito  concepimento. 
NeliSoo  egli,  declamante  contro  il  doge 
e  i  magnati,  creduli  tiranni  e  distrutto- 
ri della  libertà,  si  collegò  con  altri  mal- 
contenti. Dopo  pochi  giorni,  la  congiu- 
ra scoppiò,  ma  riuscì  al  doge  di  traspi- 
rare la  trama;  sull'istante  Bocconio  co' 
suoi  complici  fu  imprigionalo,  e  con  io 
de'  princi[)ali  compagni  fu  impiccalo  fra 
le  due  colonne  presso  la  portatici  pidaz- 
zo   ((.Ielle  colonne  rosse  esterne  del  pa- 
lazzo ducale,   luogo   dcsliiialo    all'  ese- 


124                    V  I'  N  V  E  N 
cuzione  delle  S(Miteiize  cnpitali,   ne  ri.     mn  Inulilmente  per  .iver  occupalo  Castel 
porlo  al  n.  20  nel  tiogado  67.");  "li  al-      Ti^J.ilduecl  i  soMioighi  di  Ferrara,  e  poi 
Iri  si  <lie(lero   alla    fiiya   e   fuiono   Ijaii-      anclie  la  città,  di  cui  il  Soranzo  fu  falla 
diti,   rs'ella    pace   co'  genovesi    non    era      pode>tà  a  nome  della  repubblica.  1  dtie 
stalo  nominalo  il  loro  alleato  Andronico     legati  invitali  piacevolmente  i  veneziani 
li,  restalo  in  tal  modo  esposto  alla  ven-  a  ritirarsi  e  non  vedendosi  ubbiditi,  nel- 
della  de'veneziani.  Questi  con  2(S  galere      la  stessa  Ferrara  a'25  ottobre  i3o8  sco- 
si recarono  fin  s(jltole  mura  di  Costanti-      municaiono  il  doge  Gradeuigo,  il  senato, 
nopoli  devastandone  i  dintorni.  L'impe-      i  ministri  della  repubblica  egli  occupi- 
ralore  dovette  allora  piegarsi,  e  conclude-      lori,     ponendo   l'interdetto   nello  stato 
re  a  4  ottobre  i3o2  una  tregua  di    io      veneto.   Tali  censure  furono  rinnovale 
anni,    insorta   guerra   co'  padovani    per  da  Clemente  V,  nel  giovedì  santo  a' 27 
a\er  eretto  un  lorle  presso  alle  paludi  a  marzo   i3oq,  con  loro  grave  danno,  do- 
difesa  di  loro  saline,  dopo  vari  combat-  pò  processo  fitto  nelle  forme  giuridiche, 
timenli  seguì  la  pace  nel   1  3o4.  ^lenire  incinsi  vamente  a  Vitale  iMichieli  diveuu- 
le  (azioni  ila'  guelli  e  ghibellini  si  erano  lo  podestà  di  Ferrara.    Non   cessando    i 
iiai;cese  a  desolare  varie  parti  d'Italia  e  veneziani  da  voler  dominare  in  Ferrara, 
la  iMarca  Trevigiana,  anche  co'  nomi  di  il  cardinal  Pelegrue  legalo  di  lìoiogua  e 
IJu/nchi  e  Neri  (/'.)  accadde  un  grande  nipote  del  Papa,  visi  i-ecò  con  8000  cou>- 
avvenimento  che  aumentò  nella  regione  baltenli,  e  ivi  pubblicò  una  crociata  cau- 
le guerre  e  le  fazioni.  A' 5  giugno  i3o7  Irò  i  veneziani,  con  indulgenze  eguali  a 
fu  eletto  l^apa  il   francese   Clemente   V,  quelle  promulgale  contro  i  saraceni,   e 
che  stabili  la  residenza  papale  nel   con-  quindi  i  veneziani  furono  da  lui  disfatti 
ìm\o  Fenaissiiio  (P  .)Q\n  Avignone  (l''.)  con  grave  perdita,  a' 29  agosto   presso 
nella  Provenza,  con  funestissime  conse-  Francolino.  I  ferraresi  giurarono  fedel- 
guenze  per   la  Chiesa   e  per  l'Europa,  là  a  mezzo  d'ambasciatori   nel  i3io  al 
massime  per   l' Italia.  Frattanto   morto  Sommo  Pontefice  Clemente    V  in   Avi- 
Azzo  Vili  marchese  d'  Este  e  di  Ferra-  gnone,  edin  pieno  concistoro  confessaro- 
ra,  Fresco  e  Francesco,  questi   fratello,  no  essere  la  città  di  Ferrara  di  assoluto 
quegli  bastardo  di  lui,  si  contrastarono  dominio  della  Chiesa  romana;  e  che  se  i 
i  doaiinii.  Fresco  ebbe  ricorso  a'venezia-  marchesi  d'  Este  1'  avevano  assoggettala 
Ili,  qual  tiilore  ilei  suo  figlio  Fulco   tla'  al  loro  dominio,  ciò  era  stato    per  f(U-za 
lerrarcsi  riconosciuto  per  loro  signore,  e  non  per  giustizia  ;  onde  avendo    alcuni 
Trancesco  a  Papa  Clenieiite  V  supremo  chiairjati  in  soccorso  i  veneziani  per    li- 
sovijiiio  di  Friiaia,  la  (piale  app,irlene-  berarsi  da  tal  giogo,  quelli  aspirando  poi 
va  al   piiiicipato  della    s.   Setlc,    innanzi  al  dominio  deila  città,  li  avevano  ridotti 
Papa  Stefano  ili  del  7112,   indi  data  in  a  condizione  miserabile,  per  cui  ricorre- 
feudo  da  Giovaimi  XV  detto  XVI  con  vano  al  i^apa  loro  legittimo   e  antico    si- 
annuo  censo  verso  il  f)8|  a  Tedaldo  avo  gnore,  al  quale  soggettavano  beni  e  per- 
iglia gran  conlessa  iMiililde,  ed  Innocenzo  sone.  Cletnenle  V  li  accolse  come  fedeli 
III  aulcnizzò  Azzolino  d'Este  a  domina-  vassalli,  dimostrò  con  bolla  che  Ferrara 
le  p!.l  i.°in  Ferrara  con  una  specie  d'iu-  apparteneva  al  dominio  della  s.  Sede  in- 
veslitnia.  Il   Papa  inviò    legati  Arnaldo  naiizi   a  Carlo  Masino.  Anche  i  veneziani 
abbate  e  Onofiio  decano  Mcldese,   e  uii  nello  slesso  i3io  mandarono  ambiscia- 
e.-'Crcilo  ad  occii[)are  Ferrala,  i  (pjali  pri-  lori  in  Avignone  Carlo  Quiriui  e  Fran- 
cia d  entrarvi  c(jlla  forza  ammonirono  i  »  esco  Damlolo  a  invocare  perdono  al  Pa- 
vene/Lini,    comandati    da  (iiovaiiui  So-  pa  per  la  guerra  intrapresa  e  per  l'occu- 
raiizu,  a  non  [ircndcr  parie  pcrl'itsco;  pazionc  di  Ferrara,  douiuudaudo  in  gra- 


V  E  N  V  E  N  12  5 
t\!i  d'essere  as*olli  Jalln  scoiDunica  e  dal-  mento,  dal  succedere  a  qualunque  bene- 
l'inleidello.  Gli  ambasciatori  vt-iieli  gin-  fìcio  ecclesiaslico;  ordinava  a  UiUi  i  pre- 
raiono  in  coucisloro  d'uljhidirea'contan-  lali  e  chierici  di  parlirsidal  territorio  ve- 
di del  Papa,  e  di  compensare  l'ingiurie  neziano  entro  i  o  giorni,  dopo  spirali  i 
falle.  Per  allora  non  segui  l'assoluzione  3o  che  si  conceilevano  ancora  al  ravve- 
e  il  Iratlalo  di  concordia,  per  la  morte  <li mento.  La  repubblica  versava  nell'e- 
del  doge  che  avea  inviata  l'ambasceria,  stiemo  pericolo.  1  popoli,  invidiosi  della 
E  per  non  ritornare  su  questo  argomen-  sua  grandezza,  da  tulle  le  parli  insorge- 
lo,  qui  dirò  che  nel  i3i3  i  veneziani  li-  vano  a  fare  lor  prò  della  concessione  pa- 
nalmente  ottennero  da  Ckmenle  V  l'as-  pale.  In  Italia,  in  Francia, in  Inghilterra, 
soluzione  dalle  censure,  con  bolla  de'26  lino  nella  lontana  Asia, si  confiscarono  t 
gennaio,  ratificando  con  alcune  modifi-  loro  averi,  saccheggiarono  i  banchi  ed  i 
cazioni  i  loro  antichi  privilegi  sulla  navi-  depositi,  predarono  i  navigli  (grandissimi 
i;)7Ìone  del  Po,  e  sul  possedere  beni  sta-  danni  risenliiono  [ìure  i  veneziani  nella 
bili  nel  Fé.'  rarese.  Da  tutto  il  riferito  bre-  Pui^lia,  nella  IMarca  d'Ancona  e  in  molli 
■veniente  cogli  storici  di  Ferrara,  oltre  altri  luoghi).  Ogni  tralìico  quindi  cessa- 
il  narrato  in  quell'articolo  coH'annalista  va;  ogni  indusli  ia  era  sospesa,  l'ultitna 
Rinaldi,  non  posso  convenire  col  eh.  Ro-  fine  della  repubblica  forse  era  venuta, 
inanin  M  che  Ferrara  fino  da'tempi  del-  se  unica  via  aperta  al  commercio  non  le 
la  contessa  INIalilde  di  Toscana,  nel  XI  fosse  rimasta  ancora  per  que'  trattali  ap- 
secolo,  eia  venuta  sotto  una  certa  supre-  punto  co' saraceni,  tanto  dall'idee  reli- 
mazia  del  Pontefice  ".  Del  roto  impor-  giose  del  tempo  condannali,  ma  che  i  ve- 
lante e  dettagliala  è  la  storia  ch'egli  de-  neziani  con  mente  superiore  non  cessa- 
.scrivedi  questa  famosaguerra, dalla  qua-  vano  di  coltivare".  In  mezzo  a  tanta 
le  appare  che  allora  anco  in  Venezia  vi  burrasca  non  si  perde  d'animo  il  gover- 
i' Nsero  i  parliti,  de' guelfi  riveienli  al  no  della  repubblica,  lagnandosi  che  non 
Papa,  e  perciò  temenli  le  censure,  che  eransi  attesi  i  suoi  ambasciatori,  e  volle 
avrebbero  provocate  coli'  impresa  peri-  virilmente  conservarsi  in  Ferrara.  Prese- 
colosa  e  dispendiosissima  di  Ferrara,  ol-  ro  parte  alla  crociata  contro  i  veneziani 
Irei'  invidia  di  lutla  1'  Italia  contro  Ve-  i  vicini  gelosi  di  Firenze,  Lucca,  Ancona, 
nezia  ;  e  de'ghihellini  più  numerosi,  che  e  altri  luoghi  di  Lombardia  e  di  Roma- 
fecero  prevalere  la  loro  opinione  sull'oc-  gna.  I  padovani  s' inipadronirono  de'be- 
ciipazione  di  Ferrara. iXarra  pure  l'amba-  ni  de'  veneziani,  e  pieslarono  aiuto  alle 
sceiia  di  Giovanni  Zen,  Delfin  Delfino  e  milizie  pontifìcie  nel  riacquisto  di  Fer- 
l^ielio  ()uirini,  parliti  a'27  marzo  i3oc)  rara.  L'epidemia  infierii  nell'armata  ve- 
per  Avigiioneonde  placareClemente  V,il  nela,  e  la  guarnigione  di  Castel  Tedaldo 
<]uale  peiòa'27  «pronunziò  la  scomunica  i\\  passata  a  fil  di  spada,  ed  a'prigionieri 
Lonlro  il  doge,  i  suoi  consiglieri,  tulli  i  e  loro  alleati  i  ferraresi  trassero  barba- 
ciUadini  di  Venezia,  e  tulli  quelli  che  ramentegli  occhi.  Il  nominalo  ambascia- 
loro  dessero  aiuto,  assistenza,  [irolezione  loro  Dandolo  avendo  il  soprannome  di 
consiglio;  confiscavane  i  beni  niobili  ed  Cane,  eil  i  soprannomi  eiano  assai  fre- 
iiiMDobili  da  lor  posseduti  nel  Ferrarese  quenti  in  Venezia, presero  vari  storici  mo- 
cd  allrove;dichiarava  nulli  lutti  i  lor  Irat-  livo  a  favoleggiare  che  ()er  la  riconcilia- 
tati e  le  convenzioni;  vietava  di  recar  lo-  zione  si  fosse  umiliato  (ino  a  presentarsi 
10  viveri  o  merci  ;  assolveva  ì  sudditi  del  al  Papa  con  una  catena  al  collo  come  un 
(li;ge  dal  giuramento  di  fedellà;  permei-  cane,  onde  poi  gli  provenisse  quel  sopì  an- 
te va  ad  ognuno  di  farli  schiavi  ;  gli  esclu-  nome.  .Ma  a  ciò  smentii  e  basta  il  documen- 
deva  dall' esser  lesliinoni,  dal  far  lesta-  lo  the  piova  averlo  pure  portalo  il  pa- 


126                    VEN  VEN 
(Ite  suo  Giovanni.  Il  Coliellio  i ipoi  1n  col  fra'  suoi  naj;imerìte  a  fuggire,  e  fuggen- 
Salieliico:  catana  ferrea  -collo  inj'ecta,  do,  I'  ftlfìere  die  il  precetièva   lungo  la 
ad  ej'us  iiiensam  [del  \'apn)  /ar/idinjjro-  via  eli  Merceria,   restò  accoppato  da  uà 
.stralns  Jacìttt.  Non  potè  il  doge  Grade-  gian  vaso  di  terra  o  nioitaio   di    pietra 
nigo  veder  prima  di    iDorire    il   termine  piombatogli  a  caso  da  una  finestra, o  forse 
delle  negoziazioni  e  levala  la  funesta  sco-  gettalo  appositamente  da  una  donna  poi 
njunica,  anzi  alle  tante  amarezze  del  suo  premiata.  Coll'alfiere  cadde  la  bandiera 
governo  quella  .s'aggiunse  d'una   Ire-  die  portava  l'illusoria  iscrizione  di    Li- 
inenda  congiura,  die  poco  mancò  no!  ro-  //f/Vrt.  Bajamonle  con  (|uelli  die  losegui- 
\'esciasse.  Far  l'impresa  di  Feirara  d'op-  vano  coise  ad  asserragliar>i  di  là  dal  poii- 
poslo  sentire,  fra'molli,  furono  i  Tiepoli,  te  di  Hiallo,  che  essendo  ancora  di  legno 
i  Badoari,  i  Quirini.  Di  (pui  UciC(|uero  le  fu  tosto  tagliato;  uienlie  una  mano  di 
accennate  dillerenti    fazioni,  e  il  disegno  ribelli,  avanzi  del  corpo  di    Marco  Qui- 
di  deporre  il  doge,  e  di  riordinare  come  riiii,  sosteneva  uno  scontro  nel  campo  o 
prima  il  maggior  consiglio  nel  iSio.Or-  piazza  tli  s.    Luca,  di  altre  genti  armate 
ditole  del  disegno  fu  Bajamunle  o  lioe-  da'  coiilialell'.  della  scuola  dell.i  Carila  e 
mondo  Tiepolo,  dello  il  i,'r.7«  r(7r(7//V/e,  alcuni  dell'arte  de' pittori,  e  restò  scon- 
.spinto ardimentoso,  infaticabile,  figlio  di  fitto.  Alfine  la  sedizione  nella  parledi  qua 
Jacopo  e  nipote  di  Lorenzo,  ambo  dogi,  da    Rialto  fu  domala,  ma  di  là  reslava 
e  genero  di  Marco  Quirini,  il  quale  era  ancora  un  corpo  formidabile  comandato 
irritalo  per  la  taccia  di  viltà  e  di  liadi-  da  Daj  unonte,  ben  fortificalo  nelle  case 
mento  datagli  nell'abbandono  di  Caitel  e  con  serragli;  onde  seRadoero  Badoer, 
Tedaldo.  Impegnala  a  ciò  buona  mano  altro  de'  capi  congiurali,  fosse  giunto  in 
di   padovani,  odiatori  della  repubblica,  tempo,  l' esistenza   del   governo   poteva 
disposta  in  poco  tempo  ogni  cosa,  l'arca-  esser  di  nuovo  compromessa;  ma  egli  fu 
no  sino  all'ultimoreslò  inviolato.  Ma  fre-  combattuto  nel  recarsi  da  Padova  a  Ve- 
queiiti  adunanze   misero  sospetto,  anzi  nezia,  e  co'suoi  raccolti  menato  in  prigio- 
gli  esploratori  aprirono  al  doge   la   tre-  ne.  Altro  dunque  rioii  restava    die  cac- 
menda  congiuia.  Sidl'istante  comparve-  ciare  il  gruppo  di  ribelli  dal  nido  di  Rial- 
roarmi  ed  armali  d'ogni  parte.  Unospa-  to.  Volle  il  doge  prima  tentare  se  colla 
■ventoso  temporale  nella  nollede'i4  giù-  promessa  di  perdono  ed  amnistia  avesse 
gno  sorse  a  render  più  funesto  il  vicino  potuto  indurli  tornare  all'ubbidienza,  es- 
oiomenlo.  Bajauionte  non  piuilo  alter-  sendo  la  città  ancora  nella  massima  co- 
ritOj  in  sull'alba  del   i  T  fm  iboiulo  sbu-  slernazione.  l  mediatori  furono  superba- 
ca  con   nuuicrose  coorti  da  lolle  bau-  menle  rigettati  da  Bajamoule;  e  solo  riu- 
de  della  città,  fra    le  grida   di  libertà  e  sci  all'  eloquenza   del  consigliere  ducale 
morte  al  doge  Gradenigoj  e  giunti  in  Filippo  Belegno  di  piegarlo  ad  un  accor- 
Tdalto  posero  a  sacco  i    pubblici   fonda-  do,  confermato  dal  maggior  consiglio  a' 
chi,  con  errore  vantaggioso  allo  slato,  e  17  giugno.  Si  convenne,  che  Bajamoiile 
dannoso  a'rivollosi,  poiché  le  truppe  del  co'  seguaci  uscissero  da  Venezia  e  suo  di- 
doge, guidale  da  Marco  Giustiniani,  pò-  stretto, Bajamoule  per  4  anni  andasse  nel- 
tei'ono  schierarsi  in  ordine  di  battaglia.  I  la  parti  di  Schiavonia  oSlavonia,  al  di  là 
congiurati  giunti  nella  gran  piazza  di  s.  di  Zara,  e  gli  altri  in  luoghi  da  assegnar- 
Marco,  quivi  si  cominciò  l'orribile  zolfi  ;  si  dal  doge,  lutati  però  obbligati  aliare- 
Tuli  e  tumulto  nel  popolo,  pianto  e  pan-  stituzione  del   derubalo.  IN'el  dì  seguetite 
le  nelle  femminee  ne'fanciulli.  La  pugna  furono  sentenziati  gli  ammutinntori  ;  ul- 
fu  ostinata  e  sanguinosissima,  ma  i  con-  tri  in  bando,  a  morte  nioltissiuii.  Foro- 
giurati  furono  coslrelli  a  piegare.  Primo  no  decapitati  Dadoei'o  DadoiM,  Saggino 


VEN  VEN                    ICÌ7 

d'E»te.J.icopo  da  Conegliano, Cecco,  Gio-  presa  della  republ)lica,  quella  della  scjjo- 
vniiiii  e  Gerardo  da  Esle,  Giovanni  Con-  la  della  Calila  e  1' ailra  della  parroccliia 
didi  di  Firenze:  gli  altri  complici  fiuono  di  s.  Luca,  fu  ristorato  nel  i  79  r,  e  Io  sli- 
inipesi  alle  forche.  Bcijninonle  e  gli  altri  le  fu  rialzalo  nel  iSSy.  Usciti  i  ribelli 
piinci|iali  colpevoli  pMitiiono,  e  furono  da  Venezia,  erano  sempre  inquieti,  né 
imposte  taglie  sulle  loro  teste  cpiaiido  si  lutti  andarono a'confini  prescrilli.  Quin- 
lasciassero  trovare  fuori  del  loro  confina-  di  nuovi  ligori  e  nuove  precauzioni  con- 
u)enlo.  Loslorico  lvon»anin  riporta  i  no-  tro  diesai  tlivenivano  necessarie.  Oltre  a 
mi  de'  princi|>ali,  che  poi  avendo  in  ciò  ciò,  si  oiduiò  la  demolizione  della  casa 
inaiicatu,  incorsero  nella  condanna  ili  di  Dajamonle  a  s.  Agostino  a' aj  luglio 
morte  e  nella  confisca  de' beni.  Fra  gli  i3io,  e  sorgeva  ov'è  ora  il  campiello 
i-'iliali  si  contano  8  tra  pievani  e  retto-  del  Remer,  circondato  il  sito  da  uiagaz- 
II  di  chiese,  olire  altri  sacerdoti.  Salvata  zini  e  da  un  orticello;  e  più  tardi  nel 
coM  la  repubblica  da  lauto  pericolo,  fu-  l  364-  vi  fu  eretta  una  coWtnna  d'infamia, 
rono  lese  grazie  «  Dio,  e  decretato  festi-  i  pilastri  del  portone  donandosi  allacliie- 
vo  il  i5  giugno  sagro  a  s.  Vito,  con  so-  sa  di  s.  Vito,  che  li  adoperò  nella  prò- 
lenue  proce>sione  da  farsi  dal  doge  eda'  pria  porta.  Fu  egualmente  decretala  la 
I  magisliati  a  quella  chiesa,  oltre  quanto  demoluione  di  due  terze  parti  della  casa 
altro  dissi  nel  descriveila  nel  n.  G8  del  d  i  Marco  e  Pietro  Quirini  a  P>.iallo,  ri- 
§  Vili.  11  governo  non  lasciò  di  ricoiu-  roanendo  in  piedi  solo  la  parte  di  Gio- 
pensare  qiie'che  contribuirono  neliab-  vanni,  tenutosi  lontano  dalla  congiura, 
batlere  la  congiura.  E  prima  .Marco  Do-  ma  |)oi  la  sua  proprietà  veruie  acquista- 
nà  fu  dichiarato  con  tutta  la  sua  disceu-  la  tlal  comune  e  lutto  1'  edilìzio  conver- 
denza  [lerpeluinienle  del  maggior  con-  tito  ad  uso  delle  IJtcciuie.  Inoltre  nel  di- 
siglio.  Alla  d(jnua  che  acco|)[)ò  l'alfiere  cembre  dello  stesso  1 3  1  o  fu  ordinato  che 
tli  Ijiijamonle,  chiamala  Giustina  oLu-  fo^sero  tolti  e  cancellali  tulli  gli  stemmi 
eia  Rossi,  fu  concessa  la  modesta  sua  do-  Tiepolo  e  Quirini,  e  che  le  loro  famiglie 
manda  di  poter  lare  sventolare  dalla  sua  avessero  a  mutarli,  e  fiuono  cambiali 
lineslra  la  bandiera  di  s.  INbirco  nel  gior-  anco  ne' luoghi  sagri  e  nelle  sepolture, 
no  di  s.  Vito  e  negli  altri  >oleuiii,  e  di  non  1  Quirini  soltanto  nel  dogado  di  Steno 
potersi  aumentar  la  pigione  «Iella  casa  riebbero  il  dirillo  d'essere  eletti  nel  con- 
che abitava,  né  a  lei  né  a'suoi  successo-  sigilo  de'  Dieci.  Per  la  pubblica  sicurez- 
li.  (ili  ullizi  occupati  già  da'  libelli  si  za  e  con  poteri  eccezionali,  a' io  luglio, 
(oiiferirono  a' benemeriti  della  patria,  col  maggior  consiglio  il  doge  istituì  il 
l'.M  licolai  iouorifiironodecretali  al  giiar-  TiibunaL'.  de  Dicci  [rKiuisilori,  \\\  ap- 
diano  della  scuola  di  s.  Riaria  della  Ca-  presso  perpetualo  e  resosi  terribile  e  fa- 
rilà,  e  che  in  nicz'<:o  al  campo  di  s.  Lu-  mo'^o,  per  la  salvezza  ilella  repubblica, 
co,  ov' era  succeduto  lo  ^conilo  co' con-  col  nome  di  Consiglio  de'  Dicci,  a  cui 
giurali,  fosse  alzala  un'  antena,  dalla  ci-  essendo  sultoposto  lo  stesso  doge,  V /Irte 
ma  della  quale  sventolasse  la  bandiera  di  verificare  le  date  lo  chiama  Sigillo 
'Il  (piella  scuola  e  dell'arie  de'pittori.Tut-  all'  Aristocrazia  e  reggiinenlo  de'  nofn- 
loia  quasi  nel  mezzodì  tal  campo  elevasi  //.  Ancorché  ne  volessi  diue  un'idea,  riu- 
iiiio  siilo  o  slendaido  in  memoria  del-  scirebbe  lunga  la  narrazione,  iiupiegan- 
I  <n  veiiimenlo,e  non  come  scrisse  il  San-  dovi  il  benemerito  Romaiiin  l'iulerocap. 
■Aino  eretto  da' Dandolo  per  indicare  3  del  lib.  8.  Mi  limiterò  ad  un  rapido 
'■lihilico  della  città.  Apprendodal  cav.  cenno  che  da  esso  ricavo,  come  ho  fallo 
Mulinelli:  Il  marmoreo  ceppo  dello  stile,  in  buona  parte  della  congiura.  I  conli- 
su  cui  vedesi  scolpita  l'epoca  mccxx,  l'im-  nui  niuvimenli  de'baaditi  e  (.lell'irrequic- 


128                   VEN  VEN 

toCitj.-jmouteTiepoIo,  le  apprensioni  che  da!  più  severo  sindacato  della  sna  amini- 

per  molto  tempo  ancora  si  manteiineio,  nisliazione:   nulla,  se  non   la   coscienza 

diedero  motivo  a  prolungare  la  durata  della  propria  rettitudine  e  dell'esercizio 

del  Irdnniale  eccezionale, a  [)rincipio  isti-  irreprensibile  del  suo  potere.  Aveail  con- 

tuito  solo  per  l'ingente  bisogno  del  nio-  sigilo  de'  Dieci  3  capi  eletti  dal  suo  seno, 

mento,  e  a  |)rocacciarne  alfine  la  stabili-  mutabili  ogni  mese,  a  cui  spettava    l'ini- 

là  nel  [335  e  la  conferma  nella  concio-  ziativa  degli  affari,  preparare  i  processi  e 

ne  pubblica  nel  i33c).  Era  in  circa   ciò  fare  eseguire  le  risoluzioni  del  consiglio 

che  orsi  direbbe  un  giudizio  stalario,  stesso.  Era  obbligo  loro  di  non  andare  per 

p!  ocedeva    speditamente,  sidjitamente,  quel  mese  in  giro  per  la  città, né  alle  botle- 

senza  indugio,  ma  non  arbitrariamente,  glie,  uè  alti  i  luoghi  pubblici,  ov'era  solita 

non  inginstamenle,  non  senza  norme  e  ridursi  la  nobiltà,  e  ciò  per  isfuggire  ogni 

regole  ne'  suoi  giudizi,  come  prova  l'en-  occasione  di  broglio  ed  ogni  altro  nianeg- 

couìiato  patrio  storico.  Le  (piali  norme  e  gio;  di  osservare  scrupolosamente  lo  sco- 

regole  anzi  erano  strettissime,  né  poteva  pò  per  cui  era  stalo  istituito  il  consiglio, 

dipartirsene, formando  quello  clie  allora  cioè  al  fine  di  conservare  la  qidctc  cli- 

cliiiimavasi  il  rilo.  Nondimeno  il  mistero  berta  de'siidditi  proteggendoli  dalTau- 

in  che  furono  sempre  avvolte  le  sue  azio-  forila  de' prepolenti  ;  \\\  giudicare  que'ca- 

ni  rendevalo  tremendo,  e  ne  derivarono  si  solamente  che  per  la  loro  grave  qua- 

false  idee  che  si  propagarono  fino  a  noi,  lità  ricercavano  le  forze  e  il  rispetto  di 

e  si  dura  molta  fatica  a  sradicare  dalle  che  godeva  un  tanto  tribunale  ;  di  dare 

menti.  Erano  scelli  questi  decemviri  tra'  udienza  ogni  martedì,  giovedì  e  sabato 

]nincipali  e  più  rispettabili  cittadini, uno  per  cose  spettanti  al  consiglio,  ed  in  al- 

per  famiglia,  sedevano  un  anno  e  non  pò-  tri  per  cose  urgenti  e  gravi,  ma  solo  per 

tevano  venirconfermati  nell'annoseguen-  ricevere  gravami,  non  già   per   cause  o 

te.  Affinchè  la  scelta  procedesse  con  tutta  giudizi  in  corso;  di  presentare  il  i.°gior- 

ponderazione  e  assennatezza,  si  nomina-  no  del  mese  una  nota  di  tulli  i  carcerali 

vano  a  pochi  per  volta  nelle  varie  adu-  per  ordine  del  consiglio,  e  dar  opera  che 

nanze  del  niaggior  consiglio.  La  loro  eie-  t'ossero  spediti  al  più  presto;  di  formar 

zioiie  si  faceva  a  principio  per  due  ìiia-  processo  circa  alle  denunzie  e  querele  per 

/2?,  cioè  proponendo  ad  ogni  elezione  due  poi  portarle  al  consiglio;  di  visitare  ogni 

candidati  tra'  quali   aveva   a  decidere  a  mese  le  carceri  ;  di  presenlareal  consiglio 

niaggioranza  di  sulfragi  il  gran  consiglio;  perla  conferma  tulle  le  detenzioni  ope- 

poi  [)er  legge  del    i356  ogni   pro[)osto  rate  da'capi  predecessori  nell'ultima  me- 

doveva  avere  non  uno,  ma  duecompe-  tà  del  loro  mese  ;  di  ricordare  al   consi- 

tilori,  ed  infine  occorreva  il  suffragio  in  glio  tutti  i  processi  in  pendenza  del  mese 

4  collegi  elettorali,  il  che  dicevasi  elet-  precedente.  Questi  3  capi   erano  tenuti 

io   per  4  niani  di   elezione.  1  decemvi-  con  leggi  e  provvedimenti  in   freno,  clie 

ri    non   ricevevano  stipendio,  non  assu-  non  commettessero  abusi.  Teneva  il  con- 

nievanoallia  magistratura,  non  poteva-  sigilo  de' Dieci  le  sue   adunanze  in    una 

no   esser   tra   loro   parenti;  quando  un  sala  particolare  nel  ducale  palazzo,  non 

accusalo  fosse  stato  congiunto  di  sangue  parala  a  nero,  non  debolmente  e  di  tetra 

d  uno  di  essi,  quel  decemviro  veniva  e-  luce  rischiarata,  come  immaginarono  i 

«eluso;  accettar  doni  o  provvisioni  era  romanzieri,  oltre  le  favule  de'trabocchet- 

delitlo  capitale.  .Spiralo  l'anno  tornava-  ti,  ma  ornata  di  superbe  pilluie  cliede- 

no  al  grado  d'ogni  altrocittadiuo,  il  tre-  scrissi  nel  §ll,n.   i.  Ad  ogni    adunanza 

mendu  decemviro  non  aveva    più   nidla  del  consiglio  assistevano  il  doge  co'suoi  6 

che  il  mettesse  al  coperto  dalle  accuse  e  cousigUeri,eduuoalmeuo  degliavogado- 


V  E  N 

li  senza  volo  deliberativo,  ma  incaricalo 
d'impedire  ogni  abuso,  per  cui  il  consi- 
glio avea  in  esso  un  sindacatore  continuo 
alle  proprie  deliberazioni. Così  il  consiglio 
Lencbè  nomiuahnen  te  di  dieci, Irovavasi 
pel  fatto  composto  di  17  individui,  tra' 
quali  il  capo  della  repubblica,  venerando 
■vegliardo,  supremo  custode  delle  leggi,  e 
elle  col  piede  alla  tomba  dovea  più  die 
mai  vigilare  a  serbarsi  pura  la  coscienza  ; 
anzi  ne' casi  gravissimi  il  consiglio  colla 
giunta,  tonta,  d'altri  20  scelti  cittadini 
veniva  a  formarsi  di  Sy  epiìi  individui, 
a  guarentigia  della  regolarità  de'suoi  prò 
cedimenti.  Il  consiglio,  ogni  anno  rinno- 
valo, nella  i.'  adunanza  ascoltava  la  let- 
tura del  suo  capitolare,  e  prestava  il  giu- 
•  ramento.  Per  questo  ciascun  decemviro 
prometteva  di  provvedere  con  ogni  suo 
jiolere  all'utile  e  all'onore  di  Venezia;  di 
fedelmente  osservare  i  comandamenti  del 
doge  e  de'capi  ;  scrupolosa  segretezza  nel- 
le cose  trattale  nel  consiglioi  di  non  man- 
care alle  sedute;  di  non  permettersi  al- 
cun abuso  d'autorità;  d'  astenersi  di  vo- 
tare una  deliberazione  in  cui  avesse  pre- 
so palle;  di  dar  sempre  il  sudragio  se- 
greto; di  non  brogliare,  né  favorire  l'ara- 
riiissione  d'alcuno  nel  consiglio;  di  non 
disporre  aibitrariamente  de'denari  della 
cassa  del  consiglio,  0  di  far  doni  e  prov- 
visioni ec.  Occupato  die  avevano  il  doge, 
i  suoi  cousiglieri,  gli  avogadoii,  i  decem- 
viri e  loro  capi  i  posti  assegnali,  facevasi 
avanti  il  segretario,  e  cominciava  dal  leg- 
gere le  lettere  cbeal  consiglio  fossero  stale 
indirizzale;  poscia  rendeva  conto  delle 
querele  sottoscritte  0  anonime  che  fossero 
slate  presentale  peisonaliuenle,  0  trova- 
le nelle  così  dette  bocche  del  Leone  (nel 
[)aluzzo  ducale  fuoii  della  porla  d'ingres- 
so alla  sala  della  Bussola,  così  della  per 
jtiella  di  noce  intagliala  esistente  ancora, 
:lie  introduce  alle  stanze  già  de  capi  del 
;iinsiglio  de'Dieci,  tuttora  si  vede  un  fo- 
o  praticalo  nel  muro,  ove  stava  una  te- 
la marmorea  di  leone,  nella  cui  bocca 
palancala  si  deponevano  le  denunzie  se- 
voL.  xci:. 


V  E  x\  i>9 

grele.  La  cassella  delle  denunzie  era  sla- 
ta istituita  soltanto  per  permuta  e  barat- 
to delle  ballotte  nell'elezioni,  e  per  bra- 
vi e  vagabondi).  Se  la  denunzia  era  sot- 
tuscrilta,  dopo  lettone  il  contenuto,  sene 
ballottava  l'accettazione;  non  ri[)orlando 
quattro  quinti  de'  voli,  veniva  respinta. 
Polevasi  ballottarla  fino  a  5  volte,  non 
raggiungendo  il  numero  de'  voli  ricbie- 
sli,  la  querela  cousideravasi  caduta,  o  ri- 
nietlevasi  ad  altro  magistrato.  Quanto 
poi  alle  denunzie  non  sotloscrille,  richie 
devasi  che  i  consiglieri  del  doge  e  i  capi 
dicliiarassero  priraa  lutti  d'accordo,  con- 
tener esse  materie  di  stato,  ed  oggelli 
d'  alta  importanza  pubblica.  Poscia  pas- 
sando a' voli,  tale  dichiarazione  doveva 
riportare  cinque  sesti  de'suffiagi  del  con- 
siglio. Ma  la  querela, sebbene  per  tahno- 
du  qualificala  grave,  non  inlendevasi  per- 
ciò accettala,  mentre  ciò  dipendeva  da 
una  nuova  ballottazione  in  cui  avea  a  ri- 
portare quattro  quinti  de' voti.  Allora  il 
segretario  la  registrava  nel  libro  delle 
querele  per  avviarne  il  processo.  Se  le  de- 
nunzie non  toccavano  la  sicurezza  dello 
sialo  o  de' cittadini,  ed  erano  stimate  di 
lieve  importanza,  si  bruciavano.  Accetta- 
ta la  querela,  l'avogadore  faceva  l'espo- 
sizione del  caso  e  leggeva  il  mandalo  d'ar- 
lesto  del  reo,  o  il  proclama  che  lo  chia- 
mava a  presentarsi,  se  era  assente,  col- 
la relativa  pena  se  mancasse.  Accettato  il 
procedere,  mediante  i  voti  di  numero  le- 
gale, altrimenti  non  procedevasi  più  ol- 
tre, e  venuto  il  reo  nelle  mani  della  giu- 
stizia, delegavasi  un  collegio  criminale 
composto  dell'avogadore,  d'un  consiglie- 
re e  di  due  decemviri  ad  esaminarlo, 
coir  obbligo  di  presentare  il  processo  fra 
i5  giorni  al  più  tardi.  L'interrogatorio 
seguiva  ordinariameule  all'oscuro,  alTin- 
chè  le  tenebre  ispirassero  [liù  terrore  e 
raccoglimento  all'  accusato,  l'er  conce- 
dere l'esame  alla  luce,  richiedevansi  cin- 
que sesti  de'voti.  Adopeiavasi  secondo  ii 
costume  del  tempo  la  tortura  (si  praticò 
più  o  meno  secondo  i  tempi  fino  all'u!- 


,3o                   VEN  '  VEN 
limo  sernlo,  per  consuettulino  e  prnllca-  so  il  pioce*.?o,  tlnvea  iiilimnigli   I;i   con- 
Cessò  in  Venezia  prima  ancora  dell'opoia  (I;iiiti;i,  ottimo  appello  alla  sua  coscienza 
del  Beccaria,  della  quPiIe  feci  paiola  nel  a  [nocedereconregolaiilà  e  giustizia, dap- 
voi.  LXXXV,  p.  88  e  89.  La  confessione  poiché  sopra  lui  pesava   tanta  raalleve- 
ollennta  per  In  tortura  non  era  valida  se  ria.  Tre  processi  venivano  ordinariameu- 
non  era  confermata  24  oredopocongiu-  te  Iratlali   in  ogni  seduta   del  consiglio, 
ramento);  l'imputato  poteva  citar  testi-  essemlo  proibito  passar  ad  altro  se  prima 
moni,  e  questi  erano  interrogati  e  fatto  non  s'era  dolo  corso  al  precedente,  Que- 
lor  giurare  prima  la  verità,  poi  la  segre-  sti  processi  si  riferivano  sempre  soltanto 
tez/a  ;  alTaccusato  comuiiicavasi  esatta-  a  quelle  speciali  materie  dal  maggior  con- 
mente l'opposizioni  risultanti  dal   prò-  sigilo  delegate  a' Dieci,  ed  erano:  i  casi 
cesso,  ma  non  veniva  posto  a  confronto  criminali  di  nobili;  lultoquanto  spetta- 
to' testimoni.  Il  reo  non  poteva  rispon-  va  a  tradimenti,  sette,  congiure,  turba- 
dere  all' interrogazioni  collo  scritto,  ma  zione  dello  stato-,  i  trattati   (tradinienti) 
di  viva  voce:  se  era  incapace  gli  si  per-  di  terre  e  di  luoghi,  che  solovansi   ma- 
metteva  parlare  cogli  avvocati  de'prigio-  neggiare  segretissimamente;  gli  oggetti 
nieri,  ciò  dal  i44-  '"  poi.  Le  leggi  rac-  di  spionaggio,  le  colpe  nefande  ;  l'olferte 
comandavano  sollecitudine   nell'  esami-  segrete  a  vantaggio  della  repubblica  ;  le 
Ilare  i  detenuti,  né  fossero  fatti   soifrire  confraternite  delle  scuole  grandi;  il  go- 
oltre  al  prescritto  da  esse,  le  quali  con-  verno  della  cassa  speciale  del   consiglic 
cedevano  i5  giorni  di  tempo  a'carcerati  per  le  spese  segrete;  la  cancelleria  dura 
a  piesentare  le  suppliche.  Chiuso  final-  le;  la  punizione  de' rettori  e  degli    uffi- 
mente  il  processo  e  recati  lutti  gli   atti  ziali  disubbidienti  agli  ordini  delgover- 
nel  consiglio,  con  diligenza   si   leggeva-  no;  i  falsatori  di  gioie  e  le  alterazioni  del 
no  due  volte,  ed   interamente  le  difese  le  monete;  per  qualche  tempo   i   piivi 
senza  interruzione.  Passando  il  consiglio  legi  delle  città;  inoltre  le  faccendede'bo- 
n\  giudizio  e  alla  sentenza,  se  con  5  bai-  sebi,  delle  miniere,  dell' arte  vetiariad 
loltazioni  non  si  ottenevano   i  voli  d'ol-  Murano;  le  violenze  commesse  nelle  bar 
tre  la  metà  del  consiglio,  il  reo  era  mes-  rlie,  l'uso  delle  armi,  il  teatro,  le  masche 
so  in  libertà.  Nel  caso  di  condanna  ogni  re,  il  buon  costume  in  genere;  in  fine  ne 
proposizione    veniva  ballottata,  con   fa-  1(^92  le  cose  di    stampa  concernenti   i 
colla  ad  ogmuio  di  propoire  una  mino-  governo    della  repubblica.    Dalle   qual 
razione  di  pena  e  domandar  anche  la  re-  materie    era  ingiunto  severissimamente 
visione  del  processo,  la   quale   potevasi  al  consiglio  di  non  deviare,  né  per  alcut 
domandare  scorsi  parecchi  anni,  ma  pre-  modo  oltrepassarle,  e  quando  tentò  al- 
vio  un  certo  nuu>ero  di  voli  del  consiglio,  lai  gare  i  suoi  poteri,  dal  maggior  consi 
Da'giudizi  pionunziatida  un  rettore  nel-  glio  fu  richiamato  all'ordine  e  infrenalo 
le  piovincie,  per  delegazione  del  consiglio  L'aggiunta  di   20  individui  domandatf 
de' Dieci,  poteva  a'capi  di   questo   l'ag-  dnl  consiglio  de'Dieci  per  la  congiura  Fa 
gravato  presentare  ricorso,  e  se  rifiutato,  lier,  e  divenuta  poi  di  regola,  avea  au- 
al  consiglio  slesso,  che  dopo  deliberazio-  mentalo  all'eccesso  il  suo  potere  pel  ere- 
ne  richianjava  a  sé  il  processo  e  l' afiì-  dito  che   veniva  alle  sue  deliberazioni 
dava  ad  un  avogador  di  comun  per  infor-  dal  concorso  di  tanti  ragguardevoli  per- 
mazione.  In  ogni  condanna   quella   che  sonaggi.  Potevasi  ragionevolmente  teme 
lipoi  lava  la  maggioranza  veniva  riballot-  re  di  vedere  un  giorno  la  repubblica  di- 
tata 4  volte,  e  solo  allora  intendevasi  pre-  pendere  totalmente  da  quel  consesso,  e 
sa  senz'appello  e  irrevocabilmente.  L'a-  passare  ad  una  prepotente  oligarclva  e 
vogadorche  avea  interrogato  il  reo esle-  dominio  violento  di  pochi.  A  porvi  efll' 


VEN 

cacs  riineilio,  nel  i  329  si  ridusse  l'ag- 
giunta ai5  individui  eletti  dal  Pregadi  o 
settato,  e  approvati  dal  maggior  consi- 
glio ;  nel  I  582  si  fece  ces'iaie  col  rifiuto 
de'voti  nell'elezione,  e  cadde  alfallo  nel 
i583.  Il  consiglio  de'Dieci,  non  gui  per 
le  sue  crudeltà,  ma  per  la  sua  potenza  fa- 
cendo ombra  a  buon  numero  di  nobili, 
mal  volentieri  tollerandone  il  freno,  nel 
iGaqenel  1761  gli  sollevarono  contro 
tanta  tempesta,  die  per  poco  non  ne  ri- 
U'ase  del  tutto  abbattuto.  Accusalo  con 
tutta  la  veemenza  dell'odio,  si  sindaca- 
rono tutte  le  sue  scritture,  e  nefuris(d- 
tato  il  trionfo  del  consiglio,  uscendo  in- 
colume di  tanto  pericolo,  riconferman- 
done l'autoiità  il  maggior  consiglio  nel 
17G2.  Uiassumendo  adun(|iie  le  patti  di 
cui  era  specialmente  incaricato  il  consi- 
glio de'Dieci,  si  trova  che  dovea  regolare 
la  sicurezza  e  prosperità  dello  stato,  la 
tutela  del  cittadino  e  il  buon  costume,  in 
base  delle  leggi  per  la  sicurezza  e  pro- 
sperità dello  sialo,  delle  leggi  per  la  tu- 
tela de'  cil ladini,  delle  leggi  del  buon 
co*/!(/»c,  le  quali  ultime  comprendeva- 
no le  chiese  e  i  monasteri.  Il  vendico  sto- 
rico dopo  esposta  la  giustizia  del  consi- 
glio de  Dieci, la  coscienza  che  metteva  ne' 
suoi  procedimenti,  la  pietà  e  religione 
con  cui  esprimeva  i  suoi  decreti,  e  per- 
ciò non  poteva  essere  il  tribunale  di  fatti 
esecrandi  come  alcuno  lo  calunniò,  passa 
ad  esaminare  quali  fossero  i  castighi  e  le 
pene  che  inlliggeva;  rammentando,  che 
a  que'tempi  la  condanna  era  nello  stret- 
to senso  della  parola  una  punizione,  una 
vendetta  quasi  della  legge  sul  colpevo- 
le. Tali  pene  de'  decemviri  erano:  l'am- 
mende pecuniarie  unite  alla  punizione 
corporale;  il  bando,  il  quale  veniva  pro- 
clamato con  facoltà  di  uccidere  il  colpe- 
vole che  si  fosse  lasciato  trovar  fuori  del 
<uo  confinamento;  il  carcere  a  tempo  o 
in  vita;  la  galera;  la  mulilazione  di  (jual- 
■cìie  membro,  lo  strappamento  degli  oc- 
:lii  o  della  lingua  ec.  ;  la  morte  o  in 
ipubblicoo  segreta,  più  o  menu  truce.  La 


V  E  N  i3i 

pubblica  consisteva  nella  decapitazione  o 
con  appendere  il  reo  alle  finestre  del 
palazzo  o  fra  le  due  colonne  della  Piaz- 
zetta; tal  volta,  ne'piìi  orrendi  delitti,  il  reo 
veniva  condotto  con  infamia  lungo  il  Ca- 
nal grande,  frustato  e  arrotato.  La  segre- 
ta sempre  si  eseguiva  eziandio  in  conse- 
guenza di  regolare  processo  e  solo  ad 
oggetto  o  di  sottrarre  dall'  ignontinia 
qualche  illustre  casato  ,  o  per  non  dar 
troppo  nell'occhio  al  popolo.  Che  anco 
talvolta  per  la  stessa  ragione  si  annegas- 
sero, è  vero:  l'ultimo  annegato  fu  un  ve- 
triere  di  Murano  nel  secolo  scorso;  però 
accrebbe  il  numero  l'atterrita  immagina- 
zione. Dal  Necrologio  conservato  nella 
clwesa  di  s.  Marco,  daliSji  al  i6o4  se 
ne  coniano  2o3.  Il  maggior  numero  de' 
quali  appartengono  agli  nltimi  tempi  pe- 
ricolosissimi per  la  repubblica.  Di  quel- 
li che  morivano  naturalmente  o  veniva- 
no strozzati  nel  carcere,  si  rilasciava  lai» 
volta  anche  un  attestato,  premessa  sem- 
pre una  particolare  licenza  degl'  inquisi- 
tori di  stalo.  Parlando  delle  carceri,  che 
in  principio  erano  nel  palazzo  ducale  su- 
periori e  inferiori,  e  delle  Piornhi  e  Poz- 
zi, rileva  il  prof.  R.omanin,  che  s'erano 
orride,  non  certo  quanto  cjuelle  d'  altri 
paesi  (come  nel  descriverle  notai  anch'io 
nel  §  II,  n.  2),  che  tion  pensando  al  pro- 
prio passato,  cercano  solo  in  Venezia  le 
atrocità!  Gli  stessi  capi  de'  Dieci  le  visi- 
tavano ogni  mese;  i  prigioni  uscivano  ne' 
corridoi  a  pochi  per  volta,  mentre i  custo- 
di facevano  la  quotidiana  visita;  se  ma- 
iali, venivano  traslocati  nell'infermeria; 
ordinariamente  non  portavano  catene; 
fu  pensato  assai  per  tempo  a  separare  i 
carcerati  per  debiti,  da'ladri  e  dagli  oujì- 
cidi  :  furono  perfino  istituiti  gli  avvocati 
de'carcerati  coU'obbligo  di  visitarli  nelle 
loro  prigioni,  ascoltarne  le  lagnanze,  pe- 
rorarne la  causa.  I  cos'ai  detti  Pozzi,  do- 
po la  costruzione  delle  nuove  carceri  dal- 
l'altra parte  del  canale  (che  descrissi  nel 
§  XII,  11.  2),  e  il  trasporto  colà  fatto  di 
tutti  i  carcerali  del  palazzo  ducale,  furo- 


i32  VEN 

no  poco  usali.  Al  carler  della  repnl)bli- 
ca  non  vi  fu  trovato  nessuno.  Il  dalma- 
ta, di  cui  tanto  a  quel  tein|)o  si  parlò,  e 
ch'era  sano  e  rubizzo,  era  stalo,  non  ne' 
Pozzi,  ma  ne  Piombi.  Così  attesta  il   fu 
consigliere  Giovanni  Rossi,  gran   racco- 
glitore di  cose   patrie,  nelle  minute  de* 
suoi  cento  e  più  volumi  òe.' Costumi  l'e- 
nczìani  presso  ilcav.  E.  Cicogna.  Egli  a- 
vea  conosciuto  gli  ultimi   inquisitori   di 
slato,  gli  ultimi  membri  del  consiglio  de' 
Dieci,  e  con  loro  s'era  intrattenuto  lun- 
gamente su   questo  argomento  dopo  ca- 
duta la  repubblica,  e  quando  que'genti- 
luomìni  potevano  |)ailare   liberamente. 
Conobbe  anche  il  famoso  Cristoforo  de' 
Crislofoli  ultimo  missier   grande  ossia 
fante  degl'  inquisitori  di  stato.  Conclude 
il  Piomanin,  pe' suoi  studi   fatti  intorno 
al  consiglio  de'Dieci   dal  1 848  al  iBSa. 
«  Dalle  quali  cose  tutte  fin  qui  dette  cir- 
ca al  decemvisale  consiglio,  al  suo  pro- 
cedere ,  alle  carceri ,  alle  pene  ,  risulta 
che  la  giustizia  era  amministrata  legal- 
tcente,  regolarmente,  ma  era    giustizia 
tremenda  ;  che  il  segreto    avvolgeva   il 
maggior  numero  delle  sue  azioni,  e  per- 
ciò apparivano  aibitiarie,  imperscruta- 
bili: ma  caduto  una  volta  il  velo,  meglio 
conosciute  le  norme  che  a  quel  tribuna- 
le presedevano,  convien  confessare,  che  il 
consiglio  de'  Dieci  e  gì'  inquisitori  di  sta- 
to erano  di  gran  lunga  migliori  della  lor 
fama  ".  —  Dopo  che  la  congiura  di  Tie- 
polo  ebbe  rassodata  la  veneziana  aristo- 
crazia, poco  dopo  il  doge  Gradcnigo  mo- 
rì a'i3  agosto  i3ii,non  senza  sospetto 
di  veleno.  Sedette  ^4  f>n"'  e  fu   sepolto 
nella  chiesa   di  s.   Cipriano  di    Murano 
(ma  non  gli  furono  fatti  i   soliti  fune- 
rali de'  principi,  sì  perchè  era  scomuni- 
cato da  Clemente  V,  e  sì  ancora  per  es- 
sere odiato  dal  popolo  di  cui  si   temeva 
qualche  sollevazione,  con  oltraggi  al  suo 
cadavere).  Sotto  questo  primo  legislatore 
dello  sialo  fu  regolata  la  forma  dell'in- 
quisizione del  s.  Olhzio;  innocuo  all' au- 
torità del  principato,  e  nuovo  testimonio 


V  E  N 
della  prudenza  e  de'generosi  servigi  resi 
dal    Gradenigo  alla   patria.    Con  queste 
paroleil  cav.Cicognacompie  le  sue  biogra- 
fìe de'  primi  XLYIII  dogi  di  Venezia, di 
cui  ampiamente  profittai.  Magnifico  elo- 
gio rese  al  Gradenigo  anco  il   Moschini, 
nel  suo  Compendio    della  Storia  T^eiie- 
ziana,  che  tengo  presente   nella  compi- 
lazione di  questo  §.  Egli    dice  :  L'  epoca 
più  feconda  di  fatti  per  la  repubblica,  fu 
il  ducato  dell'accorto  Pietro  Gradenigo. 
Egli  seppe  condurre  le  cose  in  modo,  che 
fossero  tolti  alla  patria  i  pericoli  de'ilan- 
ni,  che  le  potevano  accadere  pe' diritti,  i 
quali   tuttavia   rimanevano  al  popolo   e 
nella  scelta  del  capo  e  nella  sentenza  de' 
consigli,  e  appianò  la  via  a  rendere  inte- 
ramente  aristocratica   la  forma  del  go- 
verno, cioè  quella  foggia  di  reggimento 
politico  per  la  cpiale  esclusivamente  go- 
vernano i  nobili.  Egli  più  volte  condus- 
se le  venete  armi  alla   vittoria;  potè  con 
suo  onore  cessare   la    guerra  che  la   ve- 
neta repubblica  avea  da  sì  lungo  tempo 
contro  i  genovesi,  ad  onta  che  questi   a- 
vessero  portato  gran  danno  a  quella  ne' 
combattimenti.  Egli  atterrì  l'imperatore 
greco,  il  quale  nel  vedersi  rovinare  le  sue 
terre  dalle  truppe  veneziane,  pagò  le  som- 
me di  denaro,  che  avute  non  voleva  re- 
stituire;  ed  ottenne,  che  i   padovani,  i 
quali  imbelli    osservavano  la  distruzione 
che  i    veneti  facevano  de' loro  ripari    a* 
confini,  mostrassero  ch'erano   divenuti 
impotenti   contro   la    veneta    grandezza. 
Egli  finalmente  ruppe  le  congiurale  tra- 
me di  Bajamonte  Tiepolo,  che  invido  di 
lui  voleva  ricondurre  all'antico  ordine  le 
civili  cose  della  patria,  e  diede  la  prima 
vita  al  consiglio  de'Dieci,  il  (piale  ella  tan- 
te volle  sperimentò  sì    vantaggioso,   che 
sempre  lo  mantenne  contro  gli  stessi  più 
vivi  teutamenti  di  coloro,  che  ne  getnea- 
no  del  freno.  Cosili  nome  di  Pietro  Gra- 
denigodurerà  in  ogni  tempo  tra'più  chia- 
ri de'dogi  veneziani.  Ma  il  prof.  Pioma- 
nin  nel  narrare,  ch'egli  lasciò  la  repub- 
blica ancora   abitata  dalle  maccliinazio- 


V  E  N 

ni  tlel  Tiepolo,  cessata  ap|jeiia  la  costo- 
bissima  guerra  di  Ferrara,  oon  levala  pei' 
anco  la  scomunica,  le  vertenze  con  Pa- 
ddva  non  composte,  interrotti  i  commer- 
ci, Zara  ribellata  ,  la  tomba  senza  epi- 
tallio,  sentenzia:  Piimprovero  abbastan- 
za pariante  del  suo  governo.  L'indole  di 
Gradeuigo  la  lumeggiò  r.olla  cronaca  at- 
tribuita a  Daniele  Barbaro,  che  lo  dice 
uomo  accortissimo,  bramoso  sempre  di 
vincere  e  di  sostenere  le  sue  opinioni  più 
colla  dissimulazione  ,  che  con  la  forza; 
fermo  nelle  sue  volontà,  pronto  ne' di- 
scorsi, crudele  [lersecutore  de'nemici,  be- 
nefico co'suoi  aderenti.  Imparziale,  non 
ne  tace  le  benemerenze,  come  le  riforme 
e  addizioni  a  diverse  leggi,  l'ordinamen- 
to de' Sopraconsoli  alle  faccende  de'fal- 
limenti,  rampliazione  dell'arsenale  nel- 
la parte  detta  Arsenale  nuovo,  oltre  la 
fubbiica  delle  gomene.  Operoso  e  attento, 
procacciò  alla  repubblica  vantaggi  com- 
merciali precipuamente  co'  trattali  con- 
clusi con  Adria  e  co'  veronesi,  col  re  di 
Armenia  e  con  Cipro  che  peli.°  negoziò; 
né  lasciò  il  commercio  co'saraceni  e  col- 
1  Egitto,  per  cui  il  trevigiano  Papa  Be- 
nedetto XI  (in  Venezia  era  stato  maestro 
de'figli  del  cav.  Quirini,  indi  vestito  l'a- 
bito domenicano  in  ss.  Gio.  e  Paolo,  ove 
tlivenuto  maestro  generale  dell'ordine 
tenne  il  capitolo  generale)  con  nuova  bol- 
la [iroibì  la  vendita  d'arnu  e  legnami  a- 
gì'  infedeli.  A  suo  tenipo  Venezia  fu  ral- 
legrala pel  ricevimento  dell'  infante  Pie- 
tio  Hglio  di  Dionigi  re  di  Portogallo,  per 
ri»litu/ione  della  iegata(uel  i  3oo  odopo: 
allri  riliti  dano  la  i .'  regata  al  i  3  i  5  e  la  di- 
Cono  eseguita  a'  i  o  geiinaio),ed  a  lui  si  at- 
lril)iiisce  l'uruamento  magniljco  del  Bu- 
cintoro. Quanto  a  B.ijninonle,  che  cogli 
ambiziosi  suoi  disegni  di  rovesciare  il  go- 
verno repubblicano  onde  costituirsi  capo 
dello  stato  ,  condannato  e  infamalo  col 
nome  di  Cruilitorr  dalia  re[)iil)bln;a  ari- 
I  slocialica,  e  riguardato  sovvertitore  de- 
sili ordini  esislenli,  un  tiranno;  tultavol- 
Ij  fu  alzato  u  cielo  e   rappreseutato  co- 


V  E  N  rJ3 

me  martire  della  libertà  ne'  tempi  della 
democrazia,  la  quale  lo  considerò  pro- 
tellore  de'diritti  del  popolo,  e  quello  che 
alle  usurpazioni  de'nobili  voleva  impor- 
re salutevole  freno  e  ricondurre  le  cose 
all'antiche  forme  popolari:  osserva  il  prof. 
Romanin  ,  che  però  le  pratiche  da  lui 
continuale  anco  dopo  morto  il  suo  ne- 
mico Gradenigo  ,  escludono  del  lutto  i 
molivi  di  sola  vendella  personale;  re- 
stando a  veilersi,  s'egli  volesse  veramen- 
te favorire  il  popolo  o  farsi  signore  del- 
la sua  patria  !  Soggiunge,  la  libertà  del 
popolo  fu  certo  il  colore  eh'  ei  cercava 
dare  alla  sua  impresa,  ma  questa  non  era, 
come  suole  avvenire,  se  non  il  pretesto  al- 
lo scopo  di  lusingare  le  passioni  delle  clas- 
si escluse  dal  maggior  consiglio  e  ingros- 
sare il  proprio  partito;  a  conseguire  il 
quale  scopo  egli  non  rifuggì  perfino  dal- 
l'iniquo pensiero  d' allettare  i  poveri  e 
gli  sfaccendati  colla  promessa  di  partire 
Ira  essi  il  bene  del  comune,  di  eccitar  le 
fazioni  alla  guerra  civile,  chiamando  g/ii- 
hcllini  quelli  che  col  doge  erano,  guelfi 
\  suoi  (oh!  lo  strazio  che  fu  fatto  di  tali 
vocaboli):  poi  ritiratosi  a  Treviso  si  unì  a 
tutti  i  fuorusciti  ed  a  nizzardo  da  Camino 
per  conseguire  col  mezzo  loro  l'agognata 
signoria  della  sua  patria,  comefaltoavea- 
uo  appunto  i  Da  Camino  a  Treviso,  i 
Carrara  a  Padova,  gli  vScaligeri  a  Vero- 
na. Tutte  le  sue  azioni  appariscono  di- 
rette a  questo  scopo:  le  cronache  più  ac- 
cieilitale e  che  mss.  e  per  uso  privato  non 
andavano  soggetle  alla  censura  del  go- 
verno, convengono  nel  riconoscere  in  lui 
l'uomo  d'una  eccessiva  ambizione,  il  sov- 
vertitore degli  ordini  di  sua  patria,  Wira- 
dilnre.  Di  questo  uomo  turbolento  dal 
1828  non  se  ne  trova  più  memoria,  e 
pare  probabile  che  sia  morto  per  mano 
di  qualche  segreto  incaricato.  La  demo- 
crazia del  1 7<)7  gli  aveva  decretato  un 
monumento,  e  un  elogio,  del  quale  l' in- 
carico era  stato  dato  all'ab,  Tentori  lo 
storico  di  Venezia.  Egli  fu  anche  auto- 
rizzalo a  cercar  memorie  nelle  Se^rele: 


j34  V  e  n 

rna,  savio  com'era,  egli  si  valse  di  quel 
permesso  per  riunire  e  copiare  tulli  i  do- 
cumcnli  che  neh  798  diede  a  stampa  nei 
due  ben  noli  volunu  sulla  caduta  della 
repubblica  di  Venezia,  di  cui  dirò  alquan- 
te parole  a  suo  luogo,  verso  il  fine  del 
n.  44. 

I  3.  Marino  Zorzi  L  doge.  Mancato 
il  doge  Gradenigo,  si  raccolsero  gli  elet- 
tori alla  nomina  del  successore,  ed  ot- 
tenne la  maggioranza  de'suflVagi  Stefa- 
no Giustiniani  distinto  senatore,  che  avea 
sostenuto  paiecchie  andjasciate;  ma  egli 
rinunziando  andò  a  vestir  l'abito  mona- 
stico a  s.  Giorgio  Maggiore.  Allora  pen- 
dendo gli  animi  indecisi,  raccontasi,  che 
veduto  passare  a'20  o  23  agosto  i3i  i 
Marino  Zorzi  vecchio  d' integerrima  e 
santa  vita,  con  un  servo  portante  un  sac- 
co di  pane  da  dispensarsi  a'  carcerati, 
quello  sull'istante  elessero,  onde  venne 
poi  agli  elettori  una  più  stretta  clausu- 
ra, dopo  la  sua  morte,  con  istabilirsi  che 
tulle  le  finestre  e  i  poggiuoli  guardanti 
sulla  strada  fossero  ollui  ali  (come  il  Coti- 
cla\'e  de'  cardinali  ).  Forse  ebbe  anche 
parte  alla  sua  elezione  il  pensiero,  che 
per  la  sua  singoiar  pietà  e  divozione,  più 
facilmente  riuscirebbe  a  far  dal  PapaCle- 
nienle  V  liberare  la  lepubblica  dalia  sco- 
munica da  cui  era  .incora  allacciala.  E- 
gli  era  già  stato  auibascialore  a  Roma  nel 
novembre  i3o3  a  Cenedello  Xi,  poi  al- 
l'imperatore Enrico  VII  alla  sua  venula 
in  Italia  :  inulihnenle  si  scusò  adducendo 
lesue  abituali  infermila. Dice  il  eh.  Fran- 
cesco Cadi  suo  biogiafo,  la  [lietà  e  l'a- 
more della  religione  nobilitarono  (jueslo 
doge,  le  cui  virtù  ancor  vivente  gli  ave- 
vano meritalo  il  soprannome  di  Santo. 
IN'ulla  d'importante  avvenne  ne!  brevis- 
simo giro  del  suo  principato,  il  (|uale ap- 
pena durò  IO  n)esi  e  2  giorni.  Si  trova- 
va la  repubblica  in  piena  pace,  e  si  teu- 
ne  a  dovere  Zara  che  sembava  nuova- 
mente volersi  ribellare.  In  Venezia  ogni 
cosa  ormai  tornava  io  quiete,  mercè  il 
rigore  salutarmente  usalo  nel  punir  la 


YEN 
fellonia  di  Bajamonte.  Succedevano  però 
allora  grandi  rivolgimenti  in  Italia,  es- 
sendo sfrenate  le  fazioni,  per  la  lonta- 
nanza del  Papa  stabilitosi  in  Avignone, 
e  molti  signorotti  erano  inlenti  a  tiran- 
neggiare la  patria  togliendo  la  libertà  a' 
comuni.  Di  lauta  confusione  Enrico  VII 
volendo  profittare,  qual  fautore  caldis- 
simo de'  ghibellini  e  de'  bianchi,  venuto 
in  Italia  per  ricevere  la  corona  imperiale 
iu  Roma, vi  venie  il  doge  Gradenigo,  alte- 
ramente scrisse  alla  repubblica  di  Venezia 
ed  inviò  la  lettera  per  mezzo  dell'amba- 
sciatore Gerardo  Siefrido,  domandando 
d'essere  ricevuto  e  riconosciuto  come  im- 
peratore romano  e  re  di  Germania  ;  e 
perciò  la  repubblica  mandasse  a  lui  una 
ambasceria  ad  onorarlo,  e  trattare  con 
lui  della  pace  d'ilalia  e  udire  la  sua  vo- 
lontà, ed  intanto  sospendesse  ogni  guer- 
ra e  si  apparecchiasse  a  rendergli  que' 
servigi  e  adempiere  gli  obblighi  dovuti 
dal  comune  all'imperatore.  lìispose  Gra- 
denigo, che  i  veneziani  l'avrebbero  lico- 
nosciulo,  e  mandalo  ambasciatori  e  na- 
vigli occorrenti  se  volesse  fare  il  tragit- 
to per  mare  ;  non  aver  guerra  con  alcu- 
no, solo  esservi  tuttavia  qualche  ditTe- 
renza  col  Papa,  ma  sperarsi  tra  poco  ri- 
conciliazione ;  quanto  poi  a'servigi  igno- 
rare quali  fossero,  ma  se  esistessero  ob- 
blighi a  cui  i  veneziani  fossero  tenuti, 
non  vi  mancherebbero.  Tutti  i  deputali 
delle  città  italiane  giurarono  fedeltà  al- 
l'imperatore, fuorché  i  genovesi  e  i  ve- 
neziani, allegando  molte  ragioni,  ben- 
ché nel  resto  lo  riconoscessero  a  sovrano. 
A'  5  ottobre  i3i  i  Enrico  Vii  da  Cre- 
mona scrisse  al  doge  Zorzi,  invitandolo 
a  mandare  onorevole  deputazione  alla 
sua  coronazione  a  Roma,  al  che  furono 
eletti  4  individui,  e  concedendo  facoltà 
all'imperatore  d'assoldare  fino  a  i4oo 
balestrieri  in  Venezia,  ov'erano  numero- 
si ed  esperti  pe'  bersagli  istituiti  dal  Gra- 
denigo coll'obbligo  a  lutti  i  cittadini  di 
esercilarvisi.  Enrico  VII  fu  coronato  in 
Roma  a'  29  giugno  1012  da'  cardinali 


VE  N 

legali  destinali  da  Clemente  V  a  roppre- 
seiitailo,  nella  basilica  Lateiunense  [)er- 
chè  la  Vaticana  era  occupata  dalle  genti 
ili  Roberto  di  Sicilia  capoparte  guelio. 
Mentre  pei- Zara  e  pei- l'iDsorta  Dalma- 
zia si  guerreggiava,  1'  ottimo  duge   toc- 
cando l'unncj  8i.°,  sentendosi  avvicinar 
la  fine  de'  suoi  giorni,  testò  disponendo 
l'istituzione  d'un  convento  pe'  doniem- 
cani,  e  presso  al  (uedesimo  un  ospeda- 
le per  oifani  abbandonati  d'ambo  i  sessi, 
con  laute  dotazioni  ;   onde   poi  sursero 
con)piti  nel  i  3  i  7  i  nobili  ediflzi  della  cliie- 
sa  e  convento  di  s.  Domenico,  e  dell'  o- 
.spedale  nella  pariocchia  di  s.  Pietro  di 
Castello.  Due  giorni  dopo  alla  fatta  dispo- 
,  sizione,  il  doge  uscì  di   vita  a'  3  luglio 
i3  I  2,  e  per  suo  volere  io  ss.  Gio.  e  Pao- 
lo ebbe  modestissima  tomba,  e  (juasi  può 
dirsi  ignorata.  —  Giovanni  Sorauzo  Lf 
doge.  All'uonio  d'angelico  aspetto,  a' I  3 
luglio  I  3  1 2  l'uonio  successe  d'esteriore 
aspro  e  spiacente  qua!  fu  il  Sorau/.o,  pe- 
ro grande  e  degno  personaggio,  somma- 
niente  accetto  a  tulli)    percliè  quel   che 
nell'apparenza  gli  mancava  abbondava- 
gli  nella  sostanza.  Grave  d'anni  72,  ma- 
gro in  volto  e  squallido,  allo  della  per- 
sona, sperimentalo  poc'anzi  ne'  più  ar- 
dui maneggi  dello  stalo,  specialmente  in 
que'per  Ferrara  col  Papa,  e  ne'civili  per 
la  congiura  di  Biijamonte,  e  nelle  più  ar- 
dile imprese  militari,   reso  celebre  dal- 
l' espiignuzioiie  di  Teodosia  o  Gaffa    sul 
mar  Nero,  ove  di  grandi  ricchezze  spo- 
gliò i  genovesi  ;  combattè  poi  contro   i 
padovani,  e  fmalmente  come  il   padre 
suo  procuratore  di  s.  Marco  de  Sttpra 
(i  procuratori  dt  Saprà  erano  incaricati 
dell'  amministrazione  della  chiesa  di  s. 
Marco,  procuratori  de  Citra  erano  quel- 
li di  (|ua  del  Canale,  e  procuratori  dt 
(  lira,  cioè  di  là,  dicevansi  «juelli  depu- 
tali per  le  tutele  e  le  coiumissarie  lascia- 
le da'  tolalori).  Djl  tulli  fu   salulato   il 
v;doiObO,  il  prudente,  il  felice;  e  il  di  lui 
[uiucipalo  veramente  riuscì  uno  de'più 
aieaiuritbili.  Diede  uuuuuzio  del  suo  csal- 


YEN  i3T; 

lamento  con  lettere  a  vari  principi.  Mai 
più  lauto  (juanto  sotto   il   di  lui    reggi - 
uieuto  fu  lu  città  così  abbondevolmente 
fornita  di  provvigioni,  ed   abbassalo  il 
prezzo  delle  derrate  ;  di  che  quanto  il  po- 
polo si  rallegrasse  non  è  a  dire.  Si  calco- 
la che  la  popolazione  allora  ascese  olire 
i  200,000.  Numerose  fimiglie   venneio 
di  Lucca,  come  nulai  nel  g  X,  n.  32,  u 
porre  stanza  in  Venezia,  seco  traendo 
grandi  ricchezze  e  copia  d'artefici,  pe' la- 
vori delle  sete  a'  (jtiuli  gran  perfeziona- 
mento portarono  con  utilità  somma  del- 
la città.  E  ci  venne  come  oratore  ile'Po- 
lenta  signori  di  Uavenna  il  diviii  poeta 
Dante  Alighieri  (e  ne  feci  ricordo  nel  § 
XVI.  n.  7),  il  quale  compose,  al  dire  del 
biografo  Calli,  que'famosi  4  versi  che  fu- 
rono scritti  sopra  il  Irono  ducale  nella  sa- 
la del  maggior  consiglio  (è  però  a  vedersi 
quanto  in  (juesto  proposilo  ne  scrisse  loZa- 
uoUonel  suo  Palazzo  ducale, o^e  prova 
a  ver  Dante  dettato  que'versi  per  altra  pit- 
tura, forse  di  Giotto,  e  non  per  quella  del 
palazzo  ducale). Intanto  Clemente  V,  sod- 
disfatto della  sua  domanda  di   100,000 
fiorini  a'26  gennaio  1  3  i  3,  avea  levato  la 
scomunica  lanciala  contro  Venezia  per  la 
narrata  occupazione  di  Ferrara;  e  tosto 
andarono  a  lui  ambasciatoriOiovanni  Ze- 
no, Delfio  Delfino  e  Pietro  Quirini  ili." 
aprile.  La  bulla  d'assoluzione  restituì   i 
veneziani  nel  possesso  de'loro  tlirilli,  pri- 
vilegi e  libertà,  imtuunilà,  feudi  e  quan- 
to tenevano  in  Ferrara  e  nel  suo   terri- 
torio ;  confermò  gli  antichi  trattali  tra' 
ferraresi  e  la  repubblica,  ritornò  il  vis- 
domino  veneziano  in   Ferrara,    riaprì  i 
commerci  co' solili  privilegi  ed  esenzio- 
ni da'  dazi,  colla  sola  limitazione   che  i 
mercanti  veneti  non  potessero  condurre 
loro  merci  in  Lombardia  se  non  pel  Po, 
al  fine  d'avvantaggiarne  Io  stato  pontifi- 
cio. Si  rinnovò  altieri  il  compromesso  col 
Papa  circa  alla  (p.ieslione  dell'  Istria  an- 
cor vertenle  col  patriarca     d'  Aquileia  ; 
ed  inoltre  Cle:nenle  V  confermo  la  b(il- 
ia  di  Clemcutc  1\  ,  che  iicsiuu  legalo  pò- 


,36  VE\  VEN 
tesse  soKopoiié  ad  inlercleUo  i  vene-  per  l'accidente  singolare  clie  nel  cortile 
ziaiii  senza  speciale  mandato  del  Papa,  del  palazzo  ducale  nascessero  3  leoncini, 
initando  coiì  a  prevenire  la  rinnovazio-  uno  niascliio  e  due  fenìtnine,  a'  12  set- 
lie  delle  censure  pronunziate  per  l'afl^ire  tetnbre  1  3  i  6,  da  una  coppia  di  leoni  in- 
di Ferrala,  per  opera  de'  due  ledali  Ar-  i^abbiali,  i^iìi  rnandata  in  dono  al  doge  da 
iialdo  eOnofrio.  Laonde  il  dotto  Tentori  Federico  11  d'Aragona  re  di  Trinacria  o 
non  disse  il  vero, seguito  da  altri,  che  eie-  Sicilia  <li  là  dal  Faro.  Dipoi  il  doge  re- 
me) ile  V  promise  che  i  veneziani  non  gaio  un  leoncino  a  Can  Graudedella  Sca- 
sarebbero  in  avvenire  più  scomtniicati  la  signore  di  Verona.  Il  commercio  fu 
né  censurati  da'romani  I*ontefici.  E  qui  dilatato  in  varie  parli  ;  si  fecero  diverse 
dirr),  the  dipoi  avendo  Giovanni  XXII  leggi  per  la  sicurezza,  la  salute  e  la  mo- 
scomunicalo  Ferrara,  per  essersi  tlala  a  rale  pubblica,  e  si  aggiunsero  a  Signori 
Rinaldo  e  Obizzo  d'Este,  la  repubblica  di  notte,  anche  i  Capo  sentieri.  Il  doge 
sospese  con  essa  ogni  relazione,  né  ri-  sostenne  i  Cai  raresi  contro  gli  Scaligeri,  e 
stabilì  la  pace  se  non  nel  i33i,  quanrio  gli  uni  e  gli  altri  contro  la  preponderan- 
i  due  Estensi  e  Nicolò  riconciliatisi  col  za  de' Visconti  signori  di  Milano,  reggeu- 
Papa  ottennero  la  bolla  del  vicariato  di  do  la  bilancia  d'im  certo  equilibrio  fra 
questa  città.  Ma  prospere  nientemeno  que'  potenti.  Al  riferire  del  tlinaldi,  pa- 
andarono  le  cose  al  di  fuori.  Iiuperocchè  re  che  i  veneziani  si  studiassero  occupa- 
Zara,  ch'erasi  data  al  re  d'Ungheria  Car-  re  alcun  luogo  dello  stato  ecclesiastico, 
lo  I  Roberto,  si  riebbe  per  illustre  vitto-  onde  furono  minacciati  da  Giovanni 
ria,  ed  anche  si  ricuperarono  colle  armi  XXII.  JXon  senza  qualche  grave  disgra- 
Traù,  S[)alalio  e  Sebenico,  e  del  pari  si  zia  stette  però  la  città  •.  per  fortuito  in- 
ricovròo  meglio  custodì  ^egroponte.Ma  cendio  arse  nel  1 3  18  il  fondaco  de'  Te- 
di più  una  poderosa  squadra  si  mandò  deschi,  onde  que'  loro  alberghi  e  le  ric- 
contro  i  liguri,  la  quale  presso  a  Costan-  che  merci  ivi  deposte  il  fuoco  si  divorò, 
linopoli  sconQsse  il  nemico  da  cui  il  gre-  Anche  ripullulò  il  sempre  funesto  albero 
co  imperatore  Andronico  II  era  messo  della  livoluzione,  troncalo  già  in  Baja- 
alle  strette.  Anche  si  mandò  aiuto  a'  monte  :  bisognò  strapparne  le  radici  nel - 
padovani  per  difenderli  da'veronesi.  01-  l'ultimo  anno  di  questo  dogado,  che  ven- 
tre a  16  anni  Soranzo  governò  la  repub-  ne  funestato  dal  pubblico  supplizio  che 
blica  saggiamente  sebben  quasi  giuuges-  subirono  Jacopo  Quirini  e  Jacopo  e  Ma- 
se  a  toccar  il  luslroi8.°;  e  la  città  no-  rino  Barozzi  capi  di  congiura.  Il  giorno 
bilitò  col  fondarvi  le  pubbliche  abitazio-  ultimo  di  dicembre  iSsB  fu  quello  in 
ni  pe' procuratori  di  s.  IMarco;  erigere  cui  il  venerando  padre  della  patria,  già 
di  nuovo  le  due  logge  del  palazzo  duca-  ridotto  a  decrepitezza,  tra  il  compianto 
le  verso  il  Molo,  sopra  le  quali  poi,  ael  generale,  pagò  il  tributo  alla  natura;  e 
1  340,  si  decretò  di  fabbricare  la  sala  del  fu  deposto  in  s.  Marco  oell'urna  marmo- 
maggiorconsiglio;  e  col  disporre  l'ingrao-  rea  eli 'è  nella  cappella  del  Baltisterio,  in- 
dimento  dell'Arsenale:  che  anzi  lui  du-  dicalo  soltaulo  dal  suo  stemma  che  vi  è 
cando,  secondo  il  Cadì  e  il  Mulinelli,  la  [.""  scolpito.  Durante  la  vacanza  del  ducato, 
(forsedellepiùsolenni,  poiché  di  sopra  ri-  narra  il  Uomanin  nella  sua  coscienziosa 
marcai  più  antica  rorigine)fecesi  delle  poi  Storia  documentata  di  P'cnezia,  regge- 
sì  famose  regale  per  festeggiar  l'arrivo  ia  vano  le  cose  della  repubblica  i  consiglie- 
Venezia  della  regina  di  Sicilia  figlia  del  ri,  che  cominciavano  le  loro  lettere  colle 
duca  di  Chiarenza  e  nuora  del  re  Ro-  parole  Consiliarii  Rcctores  Fcnct.,es\: 
berlo.  Si  lieti  avvenimenti  verificarono  gillavano  col  sigillo  del  consigliere  anzia- 
i   fausti  presagi  formali  già  dal  popolo  110,  giacché  appenq   morto  il  doge  spez- 


V  E  N 

zavano  l'anello  piccolo  con  cui  sigilla- 
vaiisi  le  bollette  e  il  grande  che  serviva 
per  le  lettere.  Anche  i  salinari!  di  Chiog- 
gii),  de'quali  e  del  sale  parlai  nel  §XVI1I, 
ij.  23,  trasmettevano  i  loro  ilue  sigilli 
d'argento  a'consiglieri  ;  il  maggiore,  che 
rappresentava  il  doge  in  cattedra,  con 
corona  in  capo  e  col  vessillo  in  Diano, 
avendo  interno  l' iscrizione  Sigilliun  Sa- 
lìs  Coinmuni.'!  Fenet.^  fra  la  quale  e  la  {[- 
gura  del  doge  leggevasi  il  nome  di  que- 
sto, veniva  tosto  distrutto  ;  il  piccolo,  che 
non  portava  se  non  l' immagine  del  doge 
e  le  parole  Bulletta  Salis,  custodi  vasi 
dal  consigliere  anziano  e  poi  dal  doge 
eletto  lino  a  che  fosse  fatto  il  nuovo,  si- 
gillando intanto  i  salinarii  col  sigillo  di 
s,  ìMarco.  Furono  eletti  i  5  correttori  del- 
la Promissione  ducale,  i  quali  tra  le  altre 
cose  stabilirono  che  lo  slipeiidii)  del  doge 
l'osse  d'allora  in  poi  non  di  lire  4ooo,  ma 
di  lire  0200,  da  pagarsi  triinestralmen- 
ti;;  non  potesse  da  se  solo  convocare  a- 
rciigo  o  concione,  neppure  per  le  cose 
spellanti  alla  chiesa  di  s.  ÌMarco,  benché 
di  questa  avesse  il  padronato;  dovesse 
avere  per  decoro  vasi  d'argento  del  va- 
lore di  6o  lire  de' grossi  (6oo  zecchun); 
avesse  25  servitori  cui  darebbe  due  ve- 
stili l'anno;  prendesse  per  le  spese  ne- 
cessarie un  mutuo  di  lire  3ooo  dal  Co- 
njune  tra  5  giorni  dalla  sua  assunzione 
al  dogado,  e  deterrainossi  il  modo  della 
restituzione  per  rate  (  cnorendo  fra  due 
anni,  il  denaro  ricevuto  non  veniva  re- 
stituito; se  moriva  nel  3.°  anno  si  dovea- 
no  restituire  solo  looo  lire,  se  nel  4- 
esigevasi  restituita  tutta  la  somma,  in  3 
rate  annue,  come  avrebbe  dovulo  fare 
il  doge  se  fosse  vissuto).  Queste  furono 
le  disposizioni  principali;  le  altre  erano 
volte  a  sempre  pili  restringere  l'autorità 
e  i  poteri  del  principe.  Si  decretò  pure 
dovesse  il  comune  fogli  unii  zoju  o  dia- 
de;na  da  conservarsi  da'[)rocuiiitori,  di 
cui  il  doge  avrebbe  a  servirsi  uè'  di  so- 
lermi, non  che  uu  BuctiUoro  a  decoro 
d)  sua  persona  e  dello  stalo.  Adunatisi 


V  E  N 


i37 


poi  gli  elettori  colle  solile  formalità  per 
r  elezione  del  nuovo  doge,  il  gastaldo 
Adamo  giuròpubblicamente  in  nomedei 
popolo  di  riconoscere  e  avere  per  doge 
quello  che  verrebbe  pubblicato;  fecesi 
gridare  ninno  osasse  in  tale  circostanza, 
come  con  barbaro  costume  erasi  prati- 
cato in  addietro,  correre  a  dare  il  sacco 
alle  case.  —  Francesco  Dandolo  LII 
doge.  Fu  pubblicato  a' 4  gennaio  i32C), 
quello  stesso  che  soprannominato  Cano 
era  slato  ambasciatore  a  Clemente  V  per 
l'assoluzione  dalla  scomunica;  anzi  dicȓ 
il  Moschini,  in  premio  d'aver  ottenuto 
la  cessazione  del  funesto  interdetto  sca- 
gliato a'  veneti  per  aver  protetto  gli  E- 
steiisi.  Ecco  il  ceremoniale  di  sua  assun- 
zione al  dogado,  riferito  dall'  accuratis- 
simo Romanin.  La  moltitudine  plauden- 
te corse  a  levarlo  e  portarlo  in  palazzo, 
ina  egli  entrando  prima  in  chiesa,  e  pro- 
stralo dinanzi  1'  altare  vi  ricevette  dal 
primicerio  l'investitura  e  dal  popolo  il 
giuramento.  Usci  poi  di  chiesa,  seguilo 
dalla  turba,  portando  in  mano  il  vessil- 
lo di  s.  Marco,  e  salito  sul  pianerottolo 
del  palazzo  giurò  innanzi  al  consiglie- 
re anziano  1'  osservanza  della  sua  Fro- 
inissione.  Indi  presentatosi  al  pogginolo, 
parlò  al  popolo,  promettendo  giustizia, 
abbondanza,  di  curar  l'onore  della  re- 
pubblica e  d'esser  benigno  a  chi  operas- 
se bene.  Passò  quindi,  secondo  il  cere- 
moniale, con  grande  accompagnamento 
nella  sala  da  cui  si  ascende  al  palazzo  del 
gran  consiglio;  seilè  alcuni  istanti  nella 
cattedra,  indi  entrò  nella  sala  de'Siguori 
di  notte,  e  da  questa  tornando  nella  i.', 
salì  infine  alle  sue  camere.  Die  poi,  giu- 
sta il  costume,  un  pranzo  a'  consiglieri, 
e  questi  gli  presentarono  il  Ballottino, 
cioè  quel  fanciullo  che  nell'elezione  avea 
estratto  le  palle,  e  discorso  di  sopra.  An- 
darono poscia  anche  i  consiglieri  col  can- 
celliere a  complimentar  la  dogaressa,  e 
ne  riceverono  il  giuramento  d'usservan- 
za  della  Promissione  in  quelle  parli  che 
la  couceroevano,  dopo  di  che  nell'acco- 


,38                   VE  IN  VEN 
nùatarli  ella  pieseiUò  a  ciascuno  una  bel-  al  cominciar  del  secolo  XIV,  anche   in 
la  borsa  lavorata  in  oro.  Nel  giorno  de-  essa  infuriarono  le  fazioni,   prevalendo 
stinatoal  suo  ingresso  in  palazzo  anda-  la  parte  del  popolo  cacciò  quella  de'no- 
rono  i  medesimi  consiglieri  a  levarla  nel  bili  dal  governo,  aflìdando  una  perico- 
Bucintoro  e  con  gran  seguilo  di  barche.  Iosa  autorità  a'Carrara,  che  destramente 
arrivala  alla  piazza^  ivi  discese  ed  entrò  aveano  saputo  acquistarsene  il  favore,  l 
per  la  porta  ojaggiore  della  basilica  di  veneziani  erano  stati  fin  allora  or  media- 
s.  Marco  ove  ollri  sull'altare  lire  io  de  tori  di  pace,  or  mallevadori,  or  semplici 
prossos.  Indi  uscita  per  la  porta  del  sol-  osservatori  di  quanto  intorno  ad  essi  ac- 
loporticodel  palazzo  e  recalasi  alla  sala  cadeva  tra' Carrara  e  gli  Scaligeri,    at- 
de'  Signori  di  notte,  sedè  sul  trono.   I  lenti  alla   propria  difesa  e  a  raccoglie- 
consiglieri  allora  partirono,   e  la  doga-  re  i  vantaggi  olferli  dall'occasione.  Ai- 
ressa  rimasta  colle  sue  dame  ascese  alle  la  formidabile  potenza  di  iMastino  della 
sue  stanze  nel  piano  superiore.  Secondo  Sc.da,  precipuamente  per  le  saline  da  lui 
il  costume,  già  accennato  superiormen-  slabdite  a  Buvolenta,  vicino  alle  Lagune, 
te,  die  pranzo  solenne,  con  invito  di  lui-  convenne  dichiarar  guerra,  ad  onta  che 
le  le  arti,  le  quali  erano  già  comparse  era   avversala  dal  doge  e  da  quelli  che 
a   festeggiar  il  lieto  avvenimento  quali  consideravano   la  repubblica  non  avere 
a  cavallo  e  quali  a  piedi  variamente  ve-  forze  bastanti  per  la  sua  condizione  ler- 
stite.  Finite  le  feste,  tutti  i  cittadini,  se-  restre,  supplendovi  col  proprio  coraggio 
condo  il  solilo,  vennero  cliiamali  al  giù-  e  colle  alleanze,  oltre  gli  aiuti  di  graa 
rainento  di  fedeltà,  e  si  mandò  per  que-  numero  d'uomini  pratici  delle  cose  mi- 
st'oggelto  nel  dogado  da  Grado  a  Capo-  litari,  accorsi  a  Venezia  d'oltre  Alpe,  e 
dargine  ed  anco  fino  a  Veglia,  dando  a  degli  esuli  cacciati  dagli  Scaligeri.  Il  doge 
ciascuna    terra   un   vessillo  di  s.  Mirco,  die  il   vessillo  di  s,  ìMarco  e  il  comando 
Tal  fu  la  fama  della  giustizia  e  sapienza  dell'esercito  a  Pietro  Rossi  de'signori  di 
della  repubblica  nel  reggimento  di  que-      Parma,  stimato  il  più  compito  cavalie- 
sto  doge  presso  agli  esteri,  che  si  nove-     re  d'Italia.  Adunque  la  repubblica,  fatta 
rarono  fino  a  60  ambasciatori  da  prin-     lega  co'fiorentini,  guerreggiò  cogli  Scali- 
cipi  e  da  comunità  conlemporaneamen-     gerì  divenuti  ormai  signori   di  Verona, 
te  spediti  a  Venezia  per  eiiiedere  il  giù-     Vicenza,   Padova,  Belluno,  Fellre,  Ce- 
dizio  del  senato.  Anche  di  gloria  nuli-      ueda,  Brescia,  Parioa,  Lucca  ed  altri  luo- 
tare  largo  acquisto  si  fece.  Si  combattè      gbi;  i  quali  aspirando  all' universale  do- 
sotto  Pera  co' genovesi,  e  presi  loro  34     minio  in  Italia,  mentre  ogni  mezzo  stu* 
legni  e  più  che  1000   uomini,  si  forzò     diavano  anzi  tutto  di  menomar  la  vene- 
la  città  a  patteggiar  in  denaro  alla  peg-      ziana  potenza,  finirono  in  vece  col  farla 
gio.  Si  combattè  contro  il  patriarca  d'A-      crescere,  ad  essa  aprendo  la  via  alle  eoa- 
quileia,  Torriani,  per  l'Istria,  ed  ebbesi      quiste  nella  terraferma.  Imperocché,  ca- 
nel  i33i  la  città  di  Pola.   Intanto  Pa-      doto  prigione  de'generali  veneziani  Al- 
dova  avea  saputo  profittare  de'  5o  anni     berlo  della  Scala  governatore  di  Padova, 
corsi  dalla  caduta  della  crudele  casa  da      e  proseguendo  quelli  con  fortunato  sue- 
Romano,  per  far  prosperare  il  suo  com-     cesso  l' impresa  in  tutta  la  Marca  Trevi- 
mercio  e  r  industria,  consolid  ire  il  prò-      giana,  dovette  Maslino,che  signoreggiava 
prio  governo  municipale  e  farsi  potente      inVerona,  comprar  pace  dalla  repubblica 
a  seguo  da  sottomettere  Vicenza:  i  guelfi     a  duri  palli,  con  cederle  nel  i  338  Tre- 
della  Marca  Trevigiana  si  reggevano  pe'      \iso,  Bassano,  C  islelbaldo   e  Capo  d'  A- 
suoi  consigli;  la  fama  scientilica  di  sua      dige,  restando  disliutle  le  salme  di  Bo- 
universilà  suonava  per  tutta  Europa.  Ma     voleula,  ove  si  costruirono  forti  per  di- 


V  E  N 
feudei  e  quel  punlo  eSl  remoclelleLnguiie. 
Ma  il  più  ragLjuaiilevole  avvenimeiilo 
del  dogado  di  Dandolo  si  fu  il  i .°  appa- 
rire de'  Turchi  in  l:^uropa,  co'  quali  do- 
vea  in  appresso  la  repubblica  sì  soven- 
te valorosamente  misurarsi,  e  sostenere 
quasi  seuipre  da  se  sola  il  gravissimo 
pondo  della  difesa  d'Euro[)a  e  della  ci- 
viltà. Questa  è  gloria  che  [luò  vantar 
Venezia;  poiché  uell' iniininenle  peri- 
colo per  nulla  si  scosse  1'  Europa  lulla 
compresa  nelle  proprie  guerre,  ed  allie- 
volila  dall'  interne  piaghe  di  fazioni  e  di 
leggimenlo.  Erano  quelli  i  len)[)i  fune- 
sti in  cui  stranamente  la  pontificia  resi- 
denza era  trasportala  oUremonte,  fuori 
del  luogo  suo  naturale  j  i  tempi  delle  san- 
guinose invasioni  degl'inglesi  nella  Fran- 
cia per  le  pretensioni  de'loro  re  a  quella 
corona;  i  tempi  in  cui  buona  parte  della 
Germania  tv  a  per  Lodovico  Vii  Bavaro, 
egualmente  combattuta  fra*  pretendenti 
all'inìpero;  della  Spagna  lottanle  con- 
tro i  3Iori,  arabi  e  Saraceni  sul  pro- 
prio suolo;  ieW  Ilalia  piti  che  mai  di- 
visa, sminuzzata,  con  principi  unicamen- 
te cupidi  a  ingrandire  la  pro[)ria  signo- 
ria, anziché  pensare  a  grandi  e  generose 
imprese.  Il  Papa  Giovanni  XXII  volle 
di  nuovo  eccitare  la  cristianità  ad  altra 
crociala  pel  liconquisto  di  'lena  Santa, 
e  ne  invitò  pure  i  veneziani  a  prendervi 
parie,  che  poi  svanì  per  sua  morte,  e  pel- 
le guerre  d' Inghilterra  e  Francia.  Ma 
i  veneziani,  che,  sagaci  e  attenti,  mai  ave- 
vano lascialo  di  tenere  il  loro  occhio  lin- 
ceo sui  movimenli  de'  turchi,  infeivorati 
dal  nuovo  Papa  Benedetto  XII,  comin- 
ciarono la  gran  lolla,  che  renderà  per 
sempre  nella  storia  memorabile  la  re^ 
pubblica  di  Venezia.  Nell'articolo  Tur- 
chia, la  celebrai  narrando  i  princi[)ali 
combattinienli  da  essa  sostenuti,  comin- 
ciando dall'origine  e  ingresso  de' turchi 
in  Europa, chiamativi  dal  greco  Andro- 
nico 11,  per  escludere  dall'  impero  il  ni- 
pote Andronico  ili  Paleologo,  e  dalla 
spedizione  navale  affidata  a  Pielro  Zeno, 


V  E  N  1  j.) 

che  cacciò  i  turchi  dall' Arcipelagn,  ne 
ai  se  i  legni  e  depredò  le  coste  marine 
dell'  Anatolia,  restituendo  la  libertà  a 
molli  schiavi  e  togliendo  impacci  al  com- 
mercio. iSell'ail'ionlare  gli  oltoniiuii,  la 
repubblica  si  collegò  col  l'apa  Giovan- 
ni XXll,  coir  inipeialore  greco,  cui  re 
di  Francia,  e  co' cavalieri  di  Rodi  del- 
l'ordine Gerosolimitano  già  introdotti 
in  Venezia.  Inoltre  il  Papa  nvea  falla 
lega  contro  sì  fanatici  e  (ieri  nemici  del 
nome  cristiano,  co'  re  di  Sicilia,  di  Ci()ro 
e  di  Armenia  ;  ed  il  llinaKli  dice  che  am- 
monì i  veneziani  perchè  ricevevano  e 
tenevano  nelle  loro  terre  eretici  e  scisma- 
tici, giacché  pe'  loro  commerci  ospita- 
vano qualunque  popolo.  Avvenimenti 
domestici  sotto  il  dugado  del  Daiulolo 
si  notano,  l'assegnazione  fatta  nel  i3?.r) 
a  6  procuratori  di  s.  Marco  dell'abita- 
zione in  3  Frocuralie,  i  per  ciascuna; 
e  r  isliluzione  falla  da  Gualtieri  Ceroico 
o  Cerusico  nel  i  335  dell'ospedale  de'ss. 
Pielro  e  Paolo  [le'  marinari.  Nel  i337 
fu  costrutto  a  s.  Harnaba  il  (irimo  ponte 
di  pietra.  IMoiì  l'onoralissimo  tlo^e  Dan- 
dolo a'  3i  ottobre  i339,  ed  ebbe  Ncpol- 
tura  nel  capitolo  ili  s.  Maria  Gloriosa  ile' 
Erari,  il  cui  monumento  di  stile  archia- 
cuto fu  poi  trasferito  nel  chio>lro  del  se- 
minario patriarcale  ove  ora  si  vede. — • 
Bartolomeo  Gradenigo  Lllfdoge.  llac- 
coltisi,  come  al  solito,  i  5  correttori  del- 
la Promissione  ducale,  (pasta  amncfi- 
larono,  massime  con  aggiungere  che  il 
doge  non  potesse  rinunziare  al  ducato  se 
non  per  consenso  de' suoi  G  consiglieri 
e  della  maggior  parte  del  maggior  con- 
siglio; che  non  potesse  rispoiid,;ii;  ad  al- 
cuno in  cose  concernenti  lo  sialo,  senza 
prima  consultare  i  consiglieri;  che  nel- 
I'  occasioni  solenni  non  potesse  usare  ve- 
sti di  lutto;  fossegli  tolto  l'impacciarsi 
nelle  cose  di  Pelestrina,  Malamocco  e 
Povegha,  le  quali  |)rima  dipendevano 
assolulainenle  dal  doge,  governainlole  a 
mezzo  di  gastaldi  da  lui  noniiiiali,  <.<u 
successero  i  podestà  inviali  dalla  repub- 


i  \u  V  L  i\  V  E  N 
J>lico  liei  seguenle  cloguclo.  A'5  o  a'^  no-  cils!ÌMiiilà;  non  potersi  manilar  le  gilee, 
vembiei33q  reslò  eletto  doge  Baitolo-  pcicliè  i  turchi  si  facevano  sempie  |)iù 
meo  Gradenigo  d'anni  76,  uomo  libera-  foiuiidabili  e  la  repubblica  avea  a  fre- 
lo,  mansueto,  pio  e  generalmente  amato,  narne l'impeto  a  coniane  vantaggio;  non 
clie  da  6  anni  era  insignito  della  dignità  parergli  conveniente  scrivere  a'genove- 
(li  procuratore  di  s.  Marco  r/t'  Siipra.  Il  si  ;  e  del  resto  gradire  i  privilegi  die  vo- 
hreve  suo  reggimento  poco  lasciò  di  me-  lesse  concedere  a' veneziani.  Nel  i34* 
inorabile  a' posteri.  Il  principio  del  suo  si  rinnovò  il  trattato  di  tregua  con  Gio- 
governo  fu  conlrassegrutlo  da  una  delle  vanni  I  Paleologo  imperatore  di  Costan- 
più  terribili  inondfizioni  che  mai  afflig-  linopoli,  la  condizione  del  suo  impero 
gesserò  Venezia,  minacciata  a'  i5  feb-  era  divenuta  miserabile,  soprattutto  an- 
braio  1 34o  d'essere  all'iotutto  sommer-  gustiato  da' turchi  che  andavano  avan- 
sa  ;  onde  la  sua  salvazione  si  attribuì  al-  zando  in  Europa,  avendo  1'  imperatore 
l'intercessione  di  s.  Marco,  s.  Nicolò  e  impegnato  per  3o,ooo  ducati  d'  oro  le 
s.  Giorgio.  Si  racconta  (da  molte  crona-  sue  gioie  a'  veneziani.  Questi  e  i  geno- 
che  e  dal  Rinaldi)  che  questi  santi,  en-  vesi,  allora  amici,  esercitavano  nell'im- 
tr;iti  nella  barchetta  d'un  povero  pesca-  pero  greco  gran  influenza  e  tutto  il  coni' 
tore,  si  facessero  condm-re,  non  ostante  mercio  era  in  loro  mani,  per  cui  a  re» 
l'imperversare  dell'onde,  all' isola  di  san  gi)iarlo  segnarono  tra  loro  un  trattato 
Giorgio;  ove  il  santo  di  questo  nome  nel  iZ^i.  Un'altra  ribellione  suscitata 
discese;  poi  a  san  Nicolò  del  Lido,  ove  in  Candia,  tosto  domata,  ed  una  grande 
sbarcò  il  secondo;  in  finealla  piazza  gran-  carestia  che  afflisse  Venezia,  questo  doge 
de,  ove  prendendo  terra  s.  Marco,  lasciò  già  nel  principio  sì  caro  resero  dispre- 
al  pescatore  un  anello  con  ordine  di  to-  gialo  e  inviso  sulla  fine  del  suo  princi- 
sto  recarlo  al  doge,  cui  dovea  raccontar  palo,  scrive  CaHl,  la  (piale  avvenne  a'  24 
(juanlo  avea  veduto  e  operato,  e  come  o  28  dicembre  i342.  Ebbe  sepoltura 
que'3  santi  aveano  fatto  sommergere  nell' atrio  della  basilica  Marciana.  Sol- 
una  barca  di  maligni  spiriti  che  prepa-  to  il  di  lui  reggimento,  cioè  nel  i  34o,  si 
lavano  la  rovina  di  Venezia.  Tale  pia  decretò  la  erezione  della  sala  del  oiag- 
legi^enda  vedesi  rappresentata  in  due  ma-  gior  consiglio,  il  che  fu  male  attribuito 
godici  dipinti, unodelGiorgionecolla  blu-  da  parecchi  scrittori  al  ducalo  di  Marino 
j  asca,  l'altro,  col  pescatore  che  presenta  Faliero.  — Andrea  Dandolo  LlVdoge. 
al  doge  l'anello  ricevuto  da  s.  Marco,  di  11  suo  biografo  Veludo  e  il  prof.  Roma- 
Paris  Bordone,  già  rapito  nel  1  797  e  [)or-  om  lo  celebrano  primo  storiografo  delle 
tato  a  Parigi;  quindi  ritornato  a  Venezia,  cose  veneziane,  ed  il  i  ."che  fra' nobili  ve- 
■venne  coll'allrodelGiorgione  posto  nella  ne(i  ricevesse  la  laurea  dottorale  oell'u- 
sala  deir  accademia  delle  belle  arti  ;  e  niversilà  di  Padova^  ove  per  qualche 
(Ile  per  lungo  tempo  motivo  ad  una  festa  tempo  fu  professor  di  legge  (non  lo  tre- 
ciimmemoraliva  in  quel  giorno.  Tanto  vo  per  tale  nella  Storia  dello  Studio 
era  divenuta  grande  la  f.ma  della  re-  di  Padova  del  cav.  Colle),  nipote  de- 
pnbblica,  che  Odoardo  MI  re  d'Ioghi!  gnissimo  del  celebre  doge  Enrico,  per 
terra,  in  guerra  con  Filippo  VI  redi  le  |)ersonali  virili  detto  Cortes/^  o  con/e 
Francia,  a  lei  si  rivolse  per  aiuti  di  4o  di  Finii;  già  procuratore  di  s.  Marco, 
g'iee,  o  almeno  .si  tenesse  neutrale  e  vi  podestà  di  Trieste  ov'ebbe  in  feudo  dal 
inducesse  pure  quella  di  Genova,  promet-  vescovo  la  città  di  Siparo,  stato  propo- 
lendo grandi  privilegi  e  vantaggi  com-  sto  a  doge  nell'elezione  del  predecesso, 
«neiciali.  Rispose  il  doge:  dolersi  della  ni-  re,  lui  rifiutante,  ad  onta  della  giova- 
mici?iade'duere,come  dannosa  a  tutta  la  uile  età,  e  sebbene  questa  di  33  o  36 


V  E  N 

mini  allora  foiiiiasse  ostacolo,  laiitn  era 
l'opinione  di  lui,  che  in  ogni  scrutinio 
riportiintlo  la  maggioranza  tle' sufFiagi, 
fu  uopo  al  fine  approvarne  l'elezione  ai 
4  gennaio  i343  [more  vciielp  i  S-p  ). 
Appena  giunto  al  dogailo  ebbe  la  soci- 
di^f.izione  di  vedere  ellettuala  la  lega, 
già  in  addietro  divisata,  tra  Venezia, 
Papa  Clemeote  VI,  il  re  di  Cipro,  i  ge- 
novesi e  il  gran  maestro  di  Piodi,  per  fi  e* 
uare  l'oguor  crescente  orgogliosa  poten- 
za oltonjana.  con  nuova  e  t/  crociata 
contro  i  turchi.  I  veneziani  allestirono 
un  gì  osso  armamento  governato  da  Pie- 
tro Zeno,  il  quale  valorosamente  scon- 
fisse totalmente  i  turchi  assediauli  Ne- 
groponle.  Passò  poi  la  flotta  veneta  ad 
assediare  Smirne,  con  quella  de' colle- 
gali :  espugnata  nel  giorno  tic' ss.  Simo- 
ne e  Giuda  del  i  343,  bruciarono  la  tur- 
ca e  l'arsenale.  Dice  lo  Stella  negli  /J/i' 
nali  di  Genova,  che  Smirne  fu  pre«a 
da  4  g*dee  pontificie,  6  veneziane  e  5 
genovesi.  Allora  Clemente  VI  scrisse  per 
tal  vittoria  lettera  gratulatoria  al  doge, 
e  prolungando  la  lega  ordinò  che  un  nu- 
mero di  galee  degli  alleati  dovessero  nel 
porlo  e  in  que'mari  incrociare,  per  im- 
pedire al  debellato  Umurberg  musid- 
mano  principe  d'Aldino  la  costruzione 
di  nuovi  legni,  ed  ogni  uscita  dalla  sua 
capitale  Smirne.  Ma  narrai  al  citato  ar- 
ticolo, che  in  questo  devesi  tener  pre- 
.sente  nelle  guerre  veneto- turche,  che 
mentre  Zeno  andava  a  incendiare  le  navi 
nemiche,  che  rendevano  impraticabile 
l'Arcipelago,  trovandosi  col  legalo  delle 
truppe  e  navi  pontificie  in  una  chiesa  ad 
ascollar  la  messa,  all'improvviso  soprav- 
venuti i  turchi,  restarono  uccisi.  Vuole 
Sanudo,  che  ciò  sia  avvenuto  perchè  Zeno 
non  volle  uscire  dal  tempio,  se  prima 
non  fosse  terminalo  il  s.  Sagrifizio,  e  eoo 
lui  peri  anche  il  duce  di  Cipro.  Dipoi 
scemato  l'ardore  de'collegali.si  sciolse  la 
lega  senza  conseguirne  gli  eiretli  che  cra- 
si proposta.  Umberto  Delfino  di  Vien- 
na, capitano  generale  della  mariua  pou- 


VEN  141 

lificia,  fu  ascritto  alla  nobillà  veneta,  al- 
la cui  repubblica  Clemeote  VI  avea  con- 
cesso con  bolla  per  tre  anni  le  decinte 
ecclesiastiche  allo  scopo  di  conliiuiare  ;i 
tutelare  i  mari  e  la  cristianità  dal  co- 
mune nemico.  Egli  è  |)er  questo  che  il 
successore  Innocenzo  VI,  piti  tardi  or- 
dinò a'  collegali  di  tenere  nel  porlo  di 
Smirne  le  galee  prescritte  dal  predeces- 
sore. Ottennero  altresì  i  veneziani,  col 
mezzo  di  Maiin  Falier  e  Andrea  Corner, 
ambasciatoli  presso  il  l'apa  in  Avigno- 
ne, di  poter  introdurre  rapporti  com- 
merciali col  soldano  d'  Egitto,  al  cpialu 
inviarono  Nicolò  Zane,  e  vi  si  stabilii." 
console  Pietro  Giustiniani.  Ebbero  uoii 
poca  parte  allo  scioglimento  dell.»  lega 
contro  i  turchi  due  avvenimenti  con- 
temporanei a  quella  spedizione,  cioe  la 
ribellione  della  Dalmazia  e  le  cose  di 
Crimea.  La  Dalmazia  ancora  nou  po- 
teva acquetarsi  al  dominio  veneto,  mos- 
sa specialmente  dalle  suggestioni  della 
vicina  Ungheria.  Avea  avuto  in  princi- 
pio rettori  annui,  che  poi  divennero  sta- 
bili; i  dalmati  li  cacciarono  più  volle  o 
si  misero  sotto  la  protezione  del  re  di 
Ungheria;  sottomessi  di  miovo  a' vene- 
ziani, perdcrono  il  diritto  d'eleggersi  il 
proprio  conle,  e  doverono  ricever  pre- 
.vidio  veneto.  Quindi  crescendo  la  scon- 
tentezza, ne  derivarono  nuovi  tentativi 
di  scuotere  il  giogo,  con  segreti  maneggi 
col  cavalleresco  Lodovico  I  re  d'Unghe- 
ria, il  quale  curò  di  tenerli  vivi  nell'ir- 
requieta Zara;  onde  la  repubblica  inviò 
IO  galee  a  chiuderne  il  porlo,  ed  i  zo- 
ratini  volendo  difendersi,  invocarono  il 
soccorso  del  re.  Per  cui  si  mandaron.» 
4o  galee  comandale  da  l'ielro  Canal, 
soprintendendo  alle  truppe  di  terra  Ma- 
rin  Falier.  Intanto  il  re  penetralo  in 
Dalmazia  con  poderoso  cseicilo,  pianlò 
gli  alloggiamenti  dietro  il  campo  de' ve- 
neziani per  obbligarli  n  levar  l'assedio 
di  Zara.  Allora  le  genti  delle  navi  scestt 
n  terra,  fecero  strage  degli  un^heri,  con 
vittoria  del  1.°  luglio,  giorno  di  s.  Mar- 


142 


V  E  N 


ziale,  il  quiilo  fu  poi  ogni  mino  solen- 
nizzato nella  festa  del  santo.  1  veneziani 
racldoppiantlo  gli  sforzi  per  irapadronirsi 
di  Zara,  vinti  gli  unglieri  in  fortisiinia 
battaglia,  tornali  essi  col  re  alle  loro  ler- 
le,  la  città  costretta  dalla  fame  si  arrese 
a' veneti,  dicesi  per  la  y.^  volta,  e  il  sa- 
grifìzio  di  sua  indipendenza  fu  compili- 
lo. Nella  capitolazione  dichiararono  i 
zaralini,  che  la  loro  città  e  il  distretto 
da  tempo  antichissimo  appartenevano 
al  dominio  di  Venezia,  annullando  ogni 
patto  fatto  nel  soltoinellersi  ad  altri, 
sollomellendosi  nuovamente  alla  giuris- 
dizione veneta  cimi  mero  et  inixlo  ini- 
pcrio.  Le  fortezze  si  demolirono,  nella 
città  fu  posto  presidio,  con  IMarco  Giu- 
stiniani per  conte  e  capitano.  Questa 
guerra  costò  considerahili  somme.  Quan- 
to alla  Crimea,  il  suo  f>orto  principale 
di  Soldania,  luogo  di  vivis-.imo  commer- 
cio era  stalo  a' veneziani  fin  dal  secolo 
!X  li  I,  (Ini  (juale  attirati  i  genovesi  comin- 
ciarono a  frequentai  la  e  vi  piantarono 
stabilimenti,  che  disliulli  nella  guerra 
del  1296,  dopo  la  pace  poterono  rista- 
bilire, massime  in  Caifa  l'antica  Teodo» 
sia.  Nacque  poscia  gara  tra'  veneziani  e 
i  genovesi  per  ottenere  maggiori  vantag- 
gi e  nuovi  privdegi,  i  primi  conseguen- 
doli da  Usbek  imperatore  de' taitari  nel 
i333.  Ciò  destando  invidia  a' genovesi, 
insorsero  disgusti  e  danni,  e  ad  evitar 
peggio  nel  1  842  si  accordarono  con  tial- 
tato.  Altro  i  veneziani  nel  i343  segna- 
rono col  principe  tartaro  Zanibek,  ma 
per  una  rissa  co' tartari  restarono  tru- 
cidati, spogliati  e  cacciali,  veneziani  e 
genovesi.  Ambo  le  repubbliche  si  colle- 
garono per  vendicarsi  e  sostenersi,  però 
non  andò  guari  die  si  venne  a  liti,  a  mal- 
umore, ad  aperta  guerra,  do[)0  il  fallo 
di  Scio.  Le  due  nazioni  aspirando  a  con- 
quistarla nel  1346,  riuscì  a'genovesi  di 
insignorirsene;  e  così  padroni  di  Scio, 
di  Caliti,  di  Pera  si  resero  piti  prepon- 
tleranti  nel  dominio  di  que'mari.  La- 
onde i  veueziaiii  indispelliti,  lauaoda- 


V  E  i\ 
rono  le  relazioni  con  Zanibek,  e  rinno- 
vati gli  antichi  privilegi,  ricominciaro- 
no il  loro  Iraflico  alla  Tana.  Essendo  or- 
mai imminente  fra  le  due  repubbliche 
la  guerra,  tuttavia  restò  sospesa  da  gra- 
vi sciagure  che  colpirono  Venezia  nel 
i347-  A' 7,5  gennaio,  festa  della  Con- 
versione di  s.  Paolo,  nel  dopo  pranzo 
cominciò  terribilmente  a  tremar  la  ter- 
ra, scosse  ripetutesi  per  ben  i5  giorni. 
Caddero  case  e  campanili,  le  campane 
di  s.  Marco  stranamente  suonantlo;  l'ac- 
que del  maggior  canale  ali'  improvviso 
ritiratesi,  lasciarono  per  alcun  istante 
asciutto  il  lelto.  Lo  spavento  fu  gene- 
rale e  grande,  s'  invocò  la  divina  inise- 
ricorilia.  Il  piti  de'citladini  fuggirono 
nel  vicino  continente,  poiché  credevano 
la  loro  città  inabissarsi  (]uasi  a  un  trat- 
to, per  gli  abbattuti  edilizi,  e  per  molti 
altri  miseramente  scossi.  Il  terrore  ne 
lasciò  la  memoria  col  proverbio  con  cui 
si  ricorda  detto  giorno,  chiamalo  y.Prto/o 
de  lerreiuoli.  Appena  ripopolata  Vene- 
zia dopo  lo  spaventoso  llagello,  altro  più 
desolante  sopravvenne  nel  rieclinar  del 
]347  e  imperversò  nel  1  348  con  fiera 
pestilenza,  la  quale  in  6  mesi  mietè  poco 
meno  d'un  3.^  degli  abitanti,  ovvero  3 
quinti,  lia'piìi  deplorabili  orrori;  ed  il 
Mulinelli  riferisce  la  nota  delle  5o  fa- 
miglie nobili  restate  estinte,  e  le  circo- 
stanze strazianti  che  accompagnarono  il 
terribile  disastro,  morendosi  senza  aiuto 
di  medici  e  di  sacerdoti,  il  timore  avendo 
invaso  tutti,  allontanando  gli  stessi  con- 
giunti. Divenuta  la  città  deserta,  si  ec- 
citarono con  privilegi  e  favori  i  cittadini 
a  ritornarvi,  ed  i  forestieri  ad  abitarla; 
il  che  non  si  ottenne  così  presto.  In  que- 
sto mentre Capodistria  profittando  delle 
sciagure  si  ribellò,  ma  tosto  fu  ripresa  e 
punita.  Nel  documento  di  sua  sommis- 
sione, il  doge  s'intitola  ancora  :  Doge  di 
Venezia,  Dalmazia  e  Croazia,  e  di  tre 
quai-li  e  mezzo  del  romano  impero.  Te- 
mendosi nuove  ostilità  nella  Dalmazia 
dal  canto  del  bellicoso  Lodovico  l  i'« 


V  E  N  V  E  N                    I  [Z 
<r  Ungliei'ia,  nondimeno  essendo   qua-  l'armata,  la  quale  si  diresse  verso  Pera 
sii  lutto  intento  a  recarsi  a  Napoli  per  per  abbatterla  al  suolo,  secondo  la  con- 
■vendicar  l'assassinio  dei  fratello  Andrea,  venzione  fatta  con  Cantacuzeno,  ma  per 
marito  della  famosa   regina  di   Sicilia  la  sua   fortezza  solo  potè  devastarne  i 
Giovanna  I,  credutane  autrice,  sotto-  contorni.  Appostatosi  quindi  alle  bocche 
scrisse  una  tregua  di  io  anni,   la  quale  dell' Eusino,  prese  le  navi  genovesi  che 
tornò  vantaggiosissima  a'veneziani,  che  tornavano  dalla  Meotide.  iMa  sapulo  che 
altrimenti  uon  avrebbero  potuto  guer-  una  flotta  nemica  volgevasi  a  Negiopou- 
reggiare  contra  due  formidabili  poten-  te,   il  Pisani  tosto  accorse  alla  tutela  di 
ze,  l'altra   essendo  Genova.  E  di  vero,  quell'isola.   Piigano  o  Paganino  Doria 
non  cessando  i  genovesi  da'replicati  iu-  ammiraglio  genovese,  ordinòil' in^eguir- 
sulli   alla   repubblica,  e  dalle  loro  pre-  lo,   però  i  veneziani  poterono  ragguiu- 
tensioni  di  dominio  nell'oriente,  fu  de-  gere  Negroponle,  e  colà  ben  si  difesero 
termiviato  di  rintuzzarne  la  tracotanza,  contro  tutti  gli  assalti  e  sforzi  de'uemici; 
dacché  non  valsero  le  querele,  sulla  li-  e  congiuntisi  alla  flotta  aragonese   ([uei 
berta  della  navigazione  e  de'commerci.  comandali  da  Pancrazio  Giustiniani,  Pa- 
Con  grossa  flotta  comandata  da  Marco  ganino  si  ritirò  a  Pera,  terrjiinanilo  così 
Ruzzini,  dice  il  Veludo,  si  venne  quindi  la  campagna  del  i35i.  Nel  seguente  an- 
alle  prese,  e  fiuono  i  genovesi  nel  porto  no  le  navi  venete,  le  greche  e  le  arago- 
di  Carisio  fortemente  battuti  a'  2q  ago-  nesi  insieme  si  volsero  a  Costantinopoli, 
sto  i350j  giorno  ilella  Decollazione  di  coli' intenzione  d'assalire  in  quell'acque 
s,  Gio.  Battista,  (iiorno  !>"i  memorando,  l'armata   genovese  sotto  il  comando  di 
volle   il    senato  si  perpeluasse  con  una  Pagano  Doria.   Ma   questi  deslramenie 
soleiuiità.  Essendosi  salvale  4  g'dee  gè-  evitando  d'allontanarsi  da  Pera,  seppe 
nove>i,  si  uniiono  poi  a  quelle  di  Fdip-  colà  attirare  il  nemico  in  posiziune  ta- 
po  Doria,  il  (piale  a'  ic)  ottobre  fece  tm  vorevolissima,  poiché   per  la  sliellezza 
improvviso  sbarco  a  Negroponle,  die  fuo-  del   passo  gli  alleati  non  aveano  campo 
co  alla  città,  predò  molli  navigli,  ricu-  a  spiegar  le  loro  linee,  né  potevano  as- 
però i  prigioni  e  con  ricco  bollino  partì,  salirlo  alle  spalle.   Contro  il  sentimento 
Questi  però   uon  furono  che  i  preludi»  del  Pisani,  Santa  Paola  comandante  a- 
della  furio>issinia  lotta  che  seguì.  I  ve-  ragonese   verso  la  notte  de'i3  febbraio 
neziani  delertninati  a  fiaccare  del  tutto  i  352-53  temerariamenle  ingaggiò  bat- 
i  genovesi  odiosi  rivali,  si  volsero  a  prò-  taglia.  Così   le  due  più  potenti  armate 
cacciarsi  straniere  alleanze,  con  Pietro  che  a'(pie'lempi  solcassero  il  mare,  scliie- 
IV  re  d'Aragona  e  con  Giovanni  Can-  ratesi  di  fronte,  misurarono  ferocemen- 
tacuzeno  imperatore  di  Costantinopoli  tele  loro  forze.  Fu  Itnigo  e  ostinalo  lo 
sdegnato  de' soprusi   genovesi.    Intanto  scontro,  nuvole  di  dardi  volavano  dal- 
Papa  Clemente  VI  non  cessava  di  ten-  l'una  [)arle  e  dall'altra,  macchine  d'ogni 
tare  la  pacificazione  delle  due  nazioni  e  sorta  lanciavano  enormi  pruieltili,  qua 
di  stare  nell'alleanza  contratta  da  lui  col  correvasi  all'abbordaggio,  là  combatte- 
re di  Cipro  e  col  gran  maestro  di  Rodi  vasi  a  corpo  a  corpo  come  sopra  sdido 
contro  i   turclii,  e  domandava  solleciti  terreno;  il  fuoco  all'una  o  altra  parte 
provvedimenti.  Mandò  il  senato  in  Avi-  apprendendoci,  levava   furiosissimo  m- 
goone  ambasciatori  Nicolò  Pisani,  Pan-  cendio,  le  grida  de' comandanti,  gli  urli 
Orazio  Giorgi  e  Giovanni  Steno,  scusan-  de' soldati,  i  lamenti  de' feriti  e  de'mo- 
dosi  d'esser  alloi  a    nell' impossibilità  di  riboodi   empievano  l'aria,  era  da  per 
dare  i  richiesti  soccorsi.  Poi  la  repub-  lutto  un  terrore,  un  orrore.  E  questo 
biica  affidò  al  Pisaai  il   comando  del-  accrescevasi  al  calar  della  notte,  e  dulia 


i44  VEN  VEJN 
vista  del  mare  tulio  coperto  di  cadaveri  finita  la  gloriosa  repuijblica,  perduta  h? 
e  ài  rottami  di  navi.  ]  greci  fin  da  prin-  gloria  di  lauti  secoli,  la  città  sudare  a 
cipio  vilmente  fuggirono;  miglior  prova  soqquadro,  quando  fu  presa  disperala 
fecero  di  se,  ina  non  perdurarono  gli  a-  risoluzione  di  sagrificare  la  libertà  per 
ragonesi;  tulio  il  pondo  della  giornata  continuare  la  guerra.  Perciò  i  genovesi 
restava  a'veneziani,  i  quali  al  fine  dove-  mandarono  a  offrire  la  propria  dedizio- 
rono  cedere,  cadendo  nelle  mani  del  ne-  ne  all'arcivescovo  Visconti,  a  patto  di 
ruico  il  Pisani  e  il  comandaule  arago-  riceverne  forze  e  protezione  a  combat- 
nesePriente:  parecchi  nobili  veneziani,  tere  furiosamente  i  veneziani.  Dolse  a 
molle  galere  e  i  5oo  uomini  mancarono,  questi  moltissimo  il  fatto,  perchè  pe'sus- 
Tale  fu  la  battaglia  del  Bosforo,  e  tale  sidii  di  Milano  veniva  loro  tolto  di  fiac- 
ja  perdita  de' genovesi,  che  non  osarono  care  interamente  la  rivale,  e  perchè  ve- 
inseguire  l'armata  veneta  che  si  ritirò,  devano  éiccrescersi  di  troppo  la  potenza 
Conviendireche  il  Pisani  fosse  rilascialo,  del  Visconti,  il  quale  signore  di  Milano, 
perchè  continuò  a  correre  i  mari  e  pre-  Lodi,  Piacenza,  Parcna,  Bologna,  Bub^ 
dare  legni  nemici;  ma  il  senato  ne  di-  bio,  Beigamo,  Brescia.  Cremona,  Como, 
sapprovò  la  condotta  per  averearrischia-  Novara,  Vercelli,  Asli,  Alba,  Alessau- 
to  il  combattimento  in  luogo  svantag-  dria,  Tortona  e  altre  terre  nel  Pieniontej 
gioso.  Ripiesa  la  guerra.  Cabrerà  co-  vagheggiava  l'intero  douiinio  d' Italia, 
niandante  la  flotta  aragonese,  assediò  Laonde  volsero  tosto  il  pensiero  a  forti- 
Alghero  in  Sardegna,  allora  coni' altre  flcarsi  anch'essi  di  buone  leghe  e  ne  con- 
cilia in  potere  de' genovesi,  e  sulle  quali  elusero  nel  i353  con  Cane  della  Scala 
gli  aragonesi  vantavano  diritti.  Assalilo  e  col  marchese  di  Ferrara,  nel  1 354  col 
dall'ammiraglio  genovese  Antonio  Gri-  marchese  di  Mantova,  co' signori  di  Pa- 
maldi,  accorse  il  Pisani  colla  flotta  ad  dova  e  di  Faenza,  col  re  di  Boemia  e 
unirsi  all'aragonese,  e  il  Cabrerà  per  de'romauipoi  imperatore  Carlo  IV,  al 
gratitudine  gli  afljdò  il  comando  gene-  quale  la  lega  affidò  il  comando  dell'  e- 
rale,  alzando  perciò  il  vessillo  di  s.  Mar-  sercito  di  terra,  e  mandò  da  per  tutta 
co.  Questa  è  la  sanguinosa  battaglia  det-  in  Italia  e  in  Germania  a  radunar  gente, 
ta  della  Lojera  e  coiubaltula  il  20  agosto  11  Visconti  peiò  sembrava  volere  evita- 
i353,  in  cui  d' andje  le  parli  si  fecero  re  la  guerra,  o  alnieno  guadagnar  tem- 
mirabili  prove  di  valore  e  di  coraggio,  pò  per  couìpiere  gli  armamenti,  perchè 
ed  i  veneziani  con  meraviglioso  ardimen-  mandò  in  ambasciala  a  Venezia  il  ce- 
lo si  slanciarono  colle  spade  in  pugno  lebre  Francesco  Petrarca,  allora  alla  sua 
sulle  navi  nemiche.  Sconfitto  e  avvilito  corte,  ma  invano;  sebbene  il  gran  poeta 
il  Grimaldi,  pel  trionfo  riportalo  da've-  con  eloquentissima  lettera  al  doge  Dau- 
neziani,  si  ritirò  a  Genova, che  trovò  av-  dolo,  tutta  spirante  l'amore  d'Italia, 
vilita,  in  lutto,  in  profondo  dolore  im-  lamentasse  le  sciagure  della  comune  pa- 
mersa,  quasi  fesse  giunta  all'estrema  tria  lacerala  da' propri  figli,  e  che  viver 
Ignominia  e  prossima  la  servitù  a' ve-  non  sapeva  in  pace,  per  l'ambizione  dei 
lieti.  AI  che  arroge,  la  mancanza  de' vi-  principi,  le  gelosie  e  l' invidie  de' popoli, 
veri,  impedita  l' introduzione  dalla  flot-  che  provocavano  gli  stranieri  a  mischiar 
ta  veneto-catalana,  la  quale  chiudeva  il  si  nelle  sue  cose,  profittandone  per  ispo- 
niare;  e  dalla  parte  di  terra  ne  impe-  gliare  il  bel  paese  e  farlo  servo.  Rispose 
diva  il  passo  Giovanni  Visconti,  arcive-  il  doge,  aver  sempre  amato  la  pace,  non 
.scovo  e  signore  di /ly/Zf^^o,  che  da  lungo  esseine  egli  il  perturbatore,  non  altra 
tempo  ambiva  il  dominio  di  Genova,  bramare  che  la  quiete  d'  Italia,  anche 
Hisorgevauo  le  fazioni,  diccvasi  ormai  dopo  la  riportala  villoriai   lauta  avere 


YEN 

risposlo  a'  Irgati  di  Papa  Innocenzo  VI, 
zelante  il'accouiOLlaie  ogni  vertenza.  Re 
stale  le  li allalive  inlenoUe,  i  genovesi  in- 
cendiarono Lesina  e  Cnrzola  nella  Dal- 
mazia, presero  e  devastarono  l'arenzo; 
ed  i  veneziani  inviato  il  Pisani  colla  flot- 
ta nell'acque  di  Sardegna, spaventali  dal 
pericolo  munirono  la  capitale,    e    lesero 
una  forte  catena  di  ferro  al  porlo  di  Li- 
do, preparandosi  alla  grande  guerra  im- 
inineiile.   In  mezzo  a  tanti  travagli,  a'  7 
settembre  1  354  successe  la  morte  del  do- 
ge Andrea  Dandolo,   giustamente  com- 
pianto. Ebbe   tomba  nella  cappella  dtl 
Battisterio   di  s.   Marco,  con    onorevole 
iscrizione,  diversa  però  da  tpiella  clie  gli 
avea  preparato  il   Petrarca,  e  come  già 
dissi  fu  l'ultimo  doge  ad  esser  tumulato  in 
quella  basilica,  per  divieto  del  senato  non 
concesso  agli  altri.  Dolalo  di   rara  acu- 
tezza e  di  non  meno  raro  sapere,  egli  si 
rese  illustre  pe'  servigi  resi    alla  patria  ; 
solo  alcuni  gli  rimproverano  la  tenacità 
nella  guerra  contro  Genova,  per  la  qua- 
le non  molto  dopo  Venezia  fu  minaccia- 
ta dell'  estrema  rovina.  Del  suo   valore 
letterario  restano  le  cronacbe,  che  sono 
tra  le  migliori  e  veridiche  fonti  della  sto- 
ria  veneziana,  dettate  in  Ialino.  In  que- 
st'  idioma  si  continuava  a  compilar  le  leg- 
gi, delle  quali    il  Dandolo  fece  eseguire 
una  nuova  Raccolta  in  seguito  a' 5  libri 
dello  Statuto  di  Jacopo  Tiepolo,  col  no- 
me di  Sesto  libro  dello   Slatiito,  poco 
dopo  tradotto  in  dialetto  veneziano,  poi- 
ché r  uso  della   lingua   latina   andavasi 
sempre  piìi  perdendo  tra  il   popolo.  Le 
nuove  correzioni   alla   Promissione  du- 
cale, sempre  più  restringendo  il   potere 
del  doge,  ordinarono  non  potesse  ascol- 
lare ambasciatori,  né  oratori,  né  delega- 
ti dal  comune  reduci  dalla  loro   missio- 
ne, se  non  in  presenza  di  4  consiglieri  e 
di  2  capi  della  Quaranlia  ;  non   potesse 
vendere  i  suoi  imprestili,  cedere   le  sue 
gravezze  ;  vacante  il  ducato  o  impedito  il 
doge  per  malattia  dall'attendere  alle  fac- 
cende dello  stalo,  amministrassero  i  con- 

VOL.   XCII. 


VEx\  ,45 

siglicri  insieme  co' capi  della  Quaranlia, 
rimanendo  sempre  due  de'  primi  e  uno 
de'secondi  in  palazzo  e  scambiandosi  o^ni 
sellimana;  l'anziano  filmasse  in  nomee 
come  luogotenente  del  doge.  Riiccoltisi 
quindi  per  morte  del  Dandolo  i  (|uaran- 
tuno,  avanti  di  procedere  all'elezione  fu- 
rono invitali  a  proii)ettere,che  eleggendo 
alcun  nobile  assente,  noi  puliblicliereb- 
bero  lino  al  suo  ritorno  sotto  pena  di  li- 
bre 1000,  e  subito  avvenne  il  caso  nel- 
la elezione  del  seguente. 

i4-  I^Jnrino  Fallerò  LV doge.  D'u- 
na delle  pili  aii'iche  e  illustri  famiiilie, 
di  somma  attivila,  pronto  e  fdcondo  par- 
latore, era  stato  fra  gli  elettori  del  doge 
Soranzo,  più  volte  podestà,  rettore,  am- 
basciatore, provveditore,  fallo  cavaliere 
da  Carlo  IV,  e  trovavasi  ambasciatore 
in  Avignone  a  Innocenzo  VI,  a  trattar 
la  pace  cogli  ambasciatori  di  Genova  (il 
IMulinelli  lo  dice  ambasci, itore  in  Roma 
presso  il  celebre  legalo  d'Italia  cardinal 
Albornoz  d'  Innocenzo  VI),  quando  fu 
eletlo  doge  l'ii  settembre  1  354- Tenu- 
ta segreta  la  sua  elezione,  e  governando 
intanto  i  consiglieri  e  i  capi  della  ()ua- 
ranlia,  fu  tosto  mandalo  il  segretario  Sic- 
fanello  ad  annunziargli  la  scelta  che  la 
patria  avea  di  lui  falla  a  suo  principe,  e 
a  sollecitare  il  suo  ritorno.  Giunto  il  nuo- 
vo doge  a  Verona  trovò  ad  onorarloi?, 
nobili  veneti,  e  fece  il  suo  ingresso  a  \'e- 
nezia  a'  5  ottobre  con  funesti  auspici), 
perchè  tanta  e  sì  densa  era  la  nebbia, 
che  incontrato  a  Chioggia  coni5girza- 
ruoli  e  condotto  con  innumerevole  se- 
gnilo di  barchette  a  Venezia  nel  Ihirin- 
toro,  questo  non  potè  avanzai  e,  e  lo  d'uo- 
po che  il  doge  e  tulio  raccooipngnanicn- 
to  entrassero  in  città  nelle  pialle.  Dicesi 
|)iire,  (he  in  vece  d'approdare  alla  \\\,\ 
della  Paglia,  la  barca  [ii elidesse  lena  al- 
la Piazzetta  fra  le  due  colonne,  luogo  in- 
fame pe'  giuochi,  poi  per  le  sentenze  ca- 
pitali. Forse  si  sparse  tra  il  popolo  que- 
sta narrazione  dnpo  la  morie  del  doge, 
alludendo  a  quel  funesto  presagio  il  lia- 
10 


,46  VEN 

gico  suo  fine.  Nel  dì  seguente  assunse  la 
ducalclignitìi,non  senza  il  gin  Ilvo  da  oiore 
«le' cilladini.  Ave;i  Falier  allora  76  anni, 
secondo  llonianin,  dicendolo  vecchio  ot- 
tuagenaiioVeludo.Lai.''sua  moglie  fu  An- 
<lriaiia  de'Donijba.^e  dogai  essa  non  pare 
Tommasina  Coniarmi, com'è  notalo  nel- 
la genealogia  Bai  baro,  cerlaineiite  Lo- 
dovica Gradenigo,  e  padre  di  due  figlie 
Lucia  e  Pinola.  In  quell'eia  così  avanza- 
ta, conservava  ancora  jobusta  e  vegeta 
salute,  e  tolto  l'impeto  della  gioveulù. 
JNtl  i33q  essendo  podestà  a  Treviso,  si 
racconta,  die  saci  ilfganicnlt-  die'in  |>ub- 
blico  nnoscliiaHo  al  vescovo  cli'erasi  fat- 
to troppo  a«.[)etlare  alla  processione  del 
ss.  Sagrauientol  Questo  trullo  è  liinar- 
clievole,  come  quello  che  oiostra  l'indole 
del  Falier,  fiera,  superba  e  insofferenle, 
che  lo  condusse  all' eslretua  rovina.  In- 
tanto il  doge  al  principio  del  suo  gover- 
no assunse  grave  impegno  di  continuar 
la  guerra  genovese.  La  speranza  posta 
da'  veneziani  in  Carlo  IV,  restò  delusa  : 
appena  in  l'isa  concluse  tra'  genovesi  e 
veneti  una  tregua  di  4  mesi.  Questa  spi- 
rala, restò  a'  veneziani  tutto  il  peso  lid- 
ia guerra,  aflidala  di  nuovo  a  Nicolò  Pi- 
sani. Uscito  in  mare,  mise  a  ferro  e  fuo- 
co l'isola  di  s.  Panagia, e  avvicinatosi  l'in- 
verno si  ritirò  a  Poi  lolungo  in  faccia  al- 
l'isola di  Sapienza,  anche  aUendendo  la 
conclusione  della  pace,  alla  (juale  sem- 
brava inclinassero  i  iienovesi. Pacano  Do- 
ria  colla  fluita  di  questi,  assalì  Pisani  al- 
l'improvviso, onde  facilmente  gli  pose  in 
confusione  le  navi  a'  4  novembre  1  354- 
La  flolla  veneta  restò  del  tulio  disfalla 
e  annientata  con  islrage  e  molli  prigioni. 
Il  Veludo  dice  seguilo  il  fallo  presso  Mo- 
done  in  Moiea,  pel  (|uale  Venezia  fu  rat- 
tristata dolorosamente  ;  ma  ogni  sforzo 
s>i  pose  in  opera  per  sostenersi  in  lanlo 
pericolo,  menile  il  re  d'Ungheria  tornò 
a  minacdar  la  Dalmazia,  quel  d'Arago- 
na era  im polente  a  dar  soccorsi,  e,  per 
avere  il  genovese  Fiancesco  Caluzzo  fa- 
vorito l'inualzameulo  al  trono  di  Costali- 


VEN 
tinopoii  di  Giovanni  I  Paleologo,  avuta  in 
premio  l'isola  di  Lesbo  o  Metelino, assi- 
curò a'  suoi  compalriolli  la  preminenza 
neiritU[)ero.  A  lanle  sciagure  una  peg- 
giore preparavasi  nel  suo  seno  alla  re- 
pubblica, tanto  più  terribile  quanto  me- 
no imprevedula  ;  ifnperocchè  Venezia 
non  avrebbe  mai  sospettato  che  il  suo 
principe,  a  cui  la  fortuna  concedeva  di 
terminare  in  pace  e  gloriosamente  la  vec- 
chiezza, dovesse  aiditamenle  tramare 
una  congiura  contro  la  patria.  Della  qual 
congiura  i  molivi  precipui,  o  sono  va- 
riamente allerali  secondo  le  varie  passio- 
ni degli  scrittori,  o  sono  taciuti  ;  e  quelli 
che  in  tnezzo  alle  tenebre  pur  tentaiono 
d'indagare  la  velila, abbracciarono  la  po- 
polare tradizione,  come  quella  che  »i  ven- 
ie tuttora  da  5  secoli,  non  puossi  esclu- 
dere dal  diritto  di  venire  in  soccorso  del- 
la storia,  il  che  osserva  il  suo  bi(jgrafo 
Veludo.  Pertanto  egli  narra,  ndl'  animo 
del  Falier  non  sapresti  se  più  prevalesse 
la  collera  o  l'ambizione  del  dominio,  di 
sgozzare  la  iU)biltìi  per  emanciparsene,  pi- 
gliandone cagione  da  un'olfesa  ricevuta, 
e  secondo  lui  non  abbastanza  punita.  Co- 
stuma vasi  nel  giovedì  grasso  di  carnevale, 
dopo  la  decapitazione  del  loro  e  altri  spet- 
tacoli, ;;pprestaie  dal  doge  nel  ducale  pa- 
lazzo un  festino  a  tutta  la  nobiltà.  Fra  gli 
intervenuti  vi  fu  IMichele  Steno  (poi  nel 
1 400  doge),  che  perduto  della  bellezza  di 
una  giovane  ivi  presenIe,odamigella  della 
dogaressa  o  la  dogaressa  stessa,  die  luogo 
a  qualche  sconvetievolezza  (secondo  i  rot- 
ti costumi  del  tempo,  deplorati  ilal  Mu- 
tinelli  nej^li  /Iniuili  irA/7«/,  alcuni  per- 
meltendosi  alli  indecenti  verso  le  donne 
perfino  nella  casa  di  Dio),  per  cui  il  doge 
irritato  ne  lo  fece  cacciare;  e  quegli,  co- 
me per  vendicarsene,  nel  bollore  del 
risentimento  sciisse  nella  sala  del  colle- 
gio, sulla  sedia  del  Falier  (nota  il  Muli- 
nelli, che  allora  la  sedia  del  doge  era  di 
legno,  senza  1'  ornamento  di  niun  panno 
d'  oro  o  di  seta),  queste  parole  oltraggio- 
sissime :  3Iaii/i  Falitr  da  la  Ida  mu- 


V  EN 
gicr  -  I  altri  la  gode,  e  Iti  la  manlìcii. 
Eia  poi  co-.tei  helln  e  amahile  giovane. 
Scoperto  il  reo  el)l)e[)er  senlenza  cJe'giii- 
dici  tlne  mesi  di  carcere  e  un  anno  d'e- 
silio. Parve  al  doge  leggiero  il  castigo;  e 
ciò  bastò  a  li  ingenerargli  odio  i  nt  placa  l)i  le 
contro  i  patrizi,  per  abbattei  li  e  far  sé  si- 
gnore della  repubblica,  sdegnato  per  te- 
ner essi  in  sì  poco  conto    la  dignità  del 
capo  dello    stato,  ed  ecco  come  lento  di 
saziarlo.  Un   gentiluomo  della   famiglia 
Barbaro,  nomato  Marco,  oltremodo  ira- 
condo, per  negativa  ricevuta   ferì  d'un 
pugno  con    grosso  anello   1'  ammiraglio 
dell'arsenale,   Bertuccio  Isarello(da   al- 
tri chiamato  Stefano  Chiazza  detto  Gi- 
sello;  Bertuccio  Isnrelloera  un  pachon  di 
barca  maltrattato  poc'anzi  da  Giovanni 
Dandolo,  e  suo  suocero    era  Filippo  Ca- 
lendario), che  ricorrendo  al  Falier,  n'eb- 
be in  risposta  :  Qual  giustizia  tu  vuoi  da' 
giudici,  se  a  me,  lor  principe,  non  l'han- 
no fatta?  Soggiunse  Isarello:   Seconda- 
mi nel  disegno,  e  io  col  sangue  de'nobi- 
li  ti  vendicherò,  ed  avrai  assoluta  la  si- 
gnoria. Acconsentì  l'insensato  doge!  Di 
the  imbaldanzito  1'  ammiraglio,   voleva 
trucidare  il  Barbaro,  ma  indarno;  chia- 
mato in  giudizio,  fu  in  vece  Isarello  con 
simulate  parole  minacciato  del  capo  dal 
maligno  Fallerò  (si  crede  il  racconto  una 
storiella,  ma  rappresenta  l'oltracotanza, 
il  far  superbo  e  violento  de'  nobili  d'al- 
lora, non  ancora  contenuto  d;d  consiglio 
de'Dieci).  Tutta  la  notte  seguente  il  doge 
e  Isarello   trattarono  tiel  come   meglio 
condurre    la  congiura.  Si   deliberò  sce- 
gliere 17  capi,  ognuno  de' quali  avente 
4.0  uomini  sotto  di  sé;  disporli  ne''e^tieri 
in  (|uesta  e  quella  parte  della  città  ;  celar 
loroinfìno  al  momento  delTesecuzione  o- 
gnicosa.  Fra'capi,unode'primiera  Filip- 
poCaleDdario,rarleljce degli  abbellimen- 
ti del  nuovo  ducale  palazzo.  Ordinato  già 
tutto  (i  congiurati  a  preparare  l' insur- 
rezione, cercavano  di   aizzare  il   popolo 
contro  i  nobili,  essendo  nella  cos[iirar.io- 
ne  entrali  principalmente  i  marinai,  on- 


\'  E  \ 


'17 


de  il  centio  de' tiimnlli  e  tlell' invettive 
contro  il  governo  era  a  Castello),  si  de- 
stinò per  la  rivoluzione  l'albeggiar   de' 
1  5  aprile  i355,  in  cui  Io  stmordinario 
rintocco  a  stormo  delle  campane  di   s. 
I\Iarco  avrebbe  già  raiinnati  i  principali 
cittadini  alla  piazza  onionim.i  (spargen- 
dosi voce  d'una  ilolta  genovese  entrata 
nel  golfo  e  minacciante  di  penetrare  nel 
porto,  onde  dar  motivo  a'noliili  di  radu- 
narsi in  detta  piazza. Dice  il  l'inalili,  che 
fra'  prelesti  della  fellonia  di  Falier,  vi  fu 
quello  di  voler  col  popolo  la  pace  co'ge- 
novesi,  negata  da'  nobili).  Allora  i  con- 
giurati dovevano  avventarsi  su   (juelli  e 
farne  macello  (  fra  le  grida  di    /'Avz    \L 
principe  FiiUtro).  Nulla  si  trapelò  del 
segreto  per  molti  giorni,  finché  Dertrau- 
do  o    Beltrame   pellicciaio   bergamasco, 
uno  de'  capi  delle  bande  ile'  4o,  ed  amo- 
revole del  patrizio  iVicolò  Lioin  suo  coin. 
par  e  e  protei tore,periscaQ) pare  d.dla  stra- 
ge universale  il  proprio  patrono,  la  sera 
del  1 4  si  fece  ad  aprirgli  in  gran  parte  l'or- 
dita trama,  pregandolo  a  non  u-cir  di  ca- 
sa nella  seguente  mattina.  Attonito  egra- 
to il  Lioni,  corse  iu>uiaiilineute  a  due  nia- 
gi'itrali  de'  primi,  e  loro  svelò  il  barba- 
ro disegno.  Come  seppesi  il  piìi  iiiijior- 
tante,  d'  ordine  del  consiglio  de'Dieci  ar- 
restaronsi  i  rei  nelle  proprie  case  ;  armi 
ed  armati  si  posero  in  ogni  canto,  rego- 
landosi ogni  cosa  a  salvamento  dflla  re- 
pubblica (si  raccolsero  da  Hooo  nomini, 
oltre  un  centinaio  a  cav.-illo,  ed  i  nobili 
si  armarono  con  quelli  della  piopria  con- 
trada; così  fu  sventata  la  congiura,  pri- 
\\\\\  che  scop[)iasse).  Chiuse  le  [torte  del 
ducale  palazzo;  Isarello  e  Calend  uio,  pi- 
gliali e  impiccali  con  altri  a-sai   sull'i* 
stante  alle  lìnestre  del  palarzo;  altri  dan- 
nati a  carcere  perpelno,  altri  ni  bando. 
Il  doge  da  ultimo  piocessalo,dal  consiglio 
de'Dieci,  da'6  consiglieri  e  da  70  de'prin- 
cipali  nobili, e  lui  stesso  confurmanle,  per 
le  inevitabili  accn-;e,il  delilto.  venne  dan- 
nalo amortea'it)  a[)rile  pel  (h  seguente 
venerdì  1  7.  Indi  gli  furono  Delle  siieslaii- 


i48  V  E  N 

7,e  seerelamenle  strappate  ili  dosso  l'iiise- 
gnetlucali;  ed  alleoiegdel  venerdì^sulla 
loggia  del  suo  palazzo  gli  fu  mozzata  la 
lesta,  e  questa  si  lasciò  rotolar  giù  insan- 
guinando le  scale,  che  non  erano  quelle 
che  ora  si  accennano,ma  semplicije  situate 
nppresso  lasaladel  maggior  consiglio. Indi 
(ìdtenorei/i  s,\  spalancarono  le  porte, e  il 
popolo  accalcato  fu  spettatore  dello  scia- 
gurato cadavere;  il  quale  la  sera,  posto  in 
una  barca,  fu  sepolto  colla  sola  pompa 
d'  8  torcie  accese  nell'  atrio  dell'  ora  di- 
strutta cappella  della  Madonna  della 
Pace  presso  la  scuola  di  s.  Marco  e  la 
chiesa  de' ss.  Gio.  e  Paolo.  Nel  §  XII,  u. 
1 3, descrivendo  quella  scuola,  liportai  l'i- 
scrizione scolpita  nell'urna,  la  quale  do- 
po scalpellata  1'  iscrizione  fu  mutata  in 
acquaio  e  collocata  nel  cortile  della  ca- 
nonica nel  iSio  o  nel  i8i5  quando  fu 
stabilito  l'ospedale  civico,  e  gettale  le  ce- 
neri in  una  fossa,  ove  altre  erano  slate 
deposte.  A  lira  volta  apertosi  la  cassa  mar- 
morea, erasi  trovato  uno  scheletro  colla 
testa  fra  le  ginocchia,  in  segno  che  quel- 
la testa  era  stata  tronca  dalla  spada  della 
giustizia.  Nel  §  III,  a.  i,  descrivendo  la 
Biblioteca  Marciana,  la  sala  del  maggior 
consiglio  e  la  serie  de'  ritraili  de'  dogi, 
liportai  l'epigrafe  postavi  invece  di  quel- 
lo del  Falier,  cancellato  nel  i366,  testi- 
ficante gli  effetti  d'  una  vana  auìbizione 
e  d'  un  animo  pertinace.  Leggo  nel  Cor- 
ner, che  fu  statuito,  in  memoria  della  sco- 
perta congiura,  I'  annua  solenne  proces- 
sione, messa  e  visita  a'  i6  aprile  della 
cappella  di  s.  Isidoro  nella  basilica  di  s. 
Marco,  del  doge,  del  senato  e  de'capi  de' 
Dieci,  e  poi  d'at»ibo  i  cleri  e  delle  scuole 
maggiori  della  cillà.  Particolarmentefra 
parentesi,  col  diligentissimo  prof  Roma- 
nin,  procvuai  chiarire  e  ampliare  il  rac- 
conto del  biografo  :  l'ultima  scena  di  que- 
sto strepitoso  avvenimento,  ecco  come 
egli  la  racconta.  Esaminato  il  doge  su 
quanto  spettava  alla  congiura,  egli  tutto 
confessò,  si  chiamò  reo  e  degno  dell'e-  del 
slrema  punizione.  Posta  a'  voti  la  con- 


VEN 
danna,  5  de'  consiglieri  e  q  del  consiglio 
de'  Dieci  decielarono  fosse  spogliato  tie' 
ducali  ornamenti  e  decapitalo  sul  piane- 
roltulo  della  scala  di  pietra,  ove  i  dogi 
giuravano  d'osservare  la  Promissione  du- 
cale. Al  decreto  successe  tosto  l'esecuzio- 
ne. Condotto  r  infelice  Fallerò  da' suoi 
appartaoienti  alia  sala  del  maggior  con- 
siglio, un  cupo  silenzio  regnava  nell'adu- 
nanza; leggevasi  sopra  ogni  volto  il  do- 
lore dell'animo;  era  un  momento  soien-  * 
ne,  il  primo  ed  unico  esempio  di  un  do- 
ge per  regolare  processo  di  tribunale  con- 
dannalo a  morte.  Giovanni  Mocenigo, 
consigliere  anziano,  s'avanzò  verso  il  do- 
ge, segui  vanlo  gli  allri  consiglieri,  gliavo- 
gadori  di  comun,  i  decemviri,  l'aggiun- 
ta, e  tulli  avviaronsi  alla  scala.  Giunto  il 
doge  alla  sommità  di  questa,  gli  fu  tolto 
il  berretto  ducale, e  spoglialo  de' ducali 
ornamenti,  coprì  il  capo  d'usia  berretta 
tonda,  indossò  una  vesticciola  neia.  Con- 
dotto quindi  al  pianerottolo  dell'altra 
scala  che  metteva  alla  corte  (come  già  no- 
tai, non  quella  de'  Giganti,  non  esisten- 
do ancora  tale  scala,  cou)e  nella  tragedia 
slorica  scrisse  lord  Cyroii),  il  Falier  in 
quella  sua  decrepita  età  cominciò  a  do- 
mandar perdono  al  popolo  ivi  accor- 
so, e  a  lodare  la  giustizia  che  veniva  fat- 
ta: dopo  le  quali  parole  gli  fu  d'un  col- 
po troncata  la  lesta  (mentre  uno  de'Dieci 
salilo  all'eslerior  loggia  del  palazzo,  mo- 
strò al  popolo  la  spada  lorda  del  sangue 
del  rubello, dicendo  ad  alta  voce:  E'  stata 
fatta  la  gran  giustizia  d<  l  (raditore.Suì 
luogo  ove  ciò  seguì,  se  sulla  balaustrata 
che  unisce  le  colonne  rosse,  ne  riparlo  col 
Casoni  nel  dogado  67.°).  Confiscati  i  suoi 
beni  e  venduti  al  pubblico  incanto,  a  fa- 
vore del  comune  di  Venezia,  eiagli stata 
data  facoltà  di  disporre  soltanto  di  2000 
ducati.  La  sentenza  del  doge  Falier  non 
trovasi  registrata  nel  libro  Misti  (it\  con- 
siglio de'Dieci:  un  onorevole  pudore  forse 
ritenne  que'giudici  dallo  scrivere  il  nome 
del  capo  della  repubblica  fia'coudannati; 
il  luogo  ove  avrebbe  ad  essere  uolato  fu 


VEN  YEN  ,4.^ 
lascialo  vacuo,  e  le  parole  non  scriUlur  a  slampaie  in  Venezia  ilalla  lipogralla 
accennano  alla  gravilìi  del  delillo,  all'or-  dd  Couimercio.  Indi  scrisse  e  pubblicò: 
rore  e  alla  compassi  oiie  insieme  die  ve-  Marino  Falk-ro,  (nvcdia  in  tre  alti 
iiivano  negli  animi.  Dipoi  nel  1  364  de-  dedicata  all'  illustre  eav.  Fillnno  de 
crelò  il  consiglio  de'  Dieci,  ad  esempio  Jorio  di  Napoli  di  J.  G.  Sninelli,  Ve- 
e  terrore  de'  ti  aditoli,  non  potesse  mai  nezia  iSS-,  tipogralla  editrice  di  Mel- 
venir  annullata  in  alcuna  parte  la  con-  chiore  Fontana.»  Vacato  il  ducato  per 
danna  contro  Marino  Falier.Si  coinpen-  la  morte  di  Marino  Falier,  già  do"e  di 
sarono  quelli  che  colle  loro  rivelazioni  Venezia  decapitato  per  tradimento  da 
aveano  messo  il  governo  sulle  tracce  del-  lui  ordito  a  ruina  e  distruzione  della  cit- 
la  congiura  e  de' congiurati,  e  special-  là  di  Venezia  e  del  suo  popolo,  fu  con- 
mente il  bergamasco  Beltrame  i."  rive-  vocato  il  consiglio  per  le  faccende  e  le 
latore  della  cospirazione,  con  annua  pen-  provvisioni  concernenti  il  futuro  do^e". 
sione  di  1000  ducati,  però  non  contento  Con  queste  solenni  parole  registrò  d  ina"- 
e  domandando  le  case  del  Falier  a'  ss.  gior  consiglio  nelle  sue  leggi  V  abbomi- 
Aposloli,  e  d'esser  ammesso  co' suoi  di-  nevole  fallo;  procede  quindi  all'elezione 
scendenti  al  maggior  consiglio,  cominciò  de' solili  correttori,  poi  degli  elettori  del 
a  sparlare  del  governo  e  fino  a  far  sospet-  nuovo  doge,  che  fu  il  seguente. 
tare  di  congiura,  onde  fu  confinato  a  Ra-  i5.  Giovanni  Gradenii^o  LVI doge. 
gusi,  da  dove  fuggito  per  recarsi  inUnglie-  Fu  proclamato  a*2i  aprile  1  355  d'anni 
ria,  fu  ucciso,  dicesi  da  uno  de'congiunti  70,03!  dire  del  cav.  Cicogna  ^fj,  uomo  sa- 
del  Falier  per  vendelladel  suo  Iradicnen-  vio,  dotto  nelle  umane  e  nelle  divine  sden- 
to. Durante  la  vacanza  della  ducea,  la  ze,  conservatore  delle  cose  e  de'  denari 
gravila  e  il  numero  delle  condanne  mei-  pubblici,  zelantissimo  della  repubblica  e 
tendo  alquanto  in  pericolo  la  vita  diquel-  della  patria.  ^Jalilo  al  trono,  si  conti- 
li che  l'aveano  pronunziale,  il  consiglio  nuarono  l'indagini  sui  congiurati,  le  coii- 
de' Dieci  die'licenza  della  delazione  ilei-  danne  di  prigioniee  bandi.  Benché  eransi 
r  armi  a'  6  consiglieri  del  doge,  agi'  io-  armate  7  galee  per  inviarle  contro  i  ge- 
dividui  componenti  il  proprio  consiglio  novesi,  sotto  il  comando  di  Giovanni  Ba- 
decemvinde,  agli  avogadori  di  comun,  doaro,  che  vari  danni  recò  loro  ,  tutta- 
a'  20  della  giunta,  a'4  notari  assistenti  volta  il  savio  doge  vedendo  ch'era  tempo 
alla  inquisizione  e  perfino  a  due  servi  di  ormai  di  por  termine  a  tante  stragi  fra- 
ciascuno  de'  nominati  magistrati.  In  tal  terne  con  Genova;  genovesi  e  venczi.ini 
Diodoi  consiglieri  recaronsi  armati  al  con-  per  tali  gueri  e  indebolirsi  egualmenle, 
sigilo.  Inoltre  si  ordinò,  che  a  tutte  Icore  solfrirne  il  commercio,  liuiguirne  1  sud- 
essi  potessero  fare  adunare  il  gran  consi-  diti,  quindi  aderendo  agi'  inviti  di  IVIal- 
glio,eche  ninno  potesse  uscire  di  Venezia  teo  li  Visconti  signor  di  iMil.ino,  mandò 
fino  all'elezione  del  novello  doge,  sotto  tosto  colà  ambasciatori  della  repubblica, 
pena  di  100  lire  di  multa.  La  fellonia  di  i  quali  dopo  lunghe  conierenze  condii- 
Falier,  per  massacrare  la  nobiltà  e  farsi  sero  il  Irutlato  di  pace  lia  le  due  repiib- 
prodamare  sovrano  di  Venezia,  die'ar-  bliche  il  i.°  giugno  i  355.  Fu  pertanto 
gomenlo  a  tragedie  e  drammi.  Abbiamo  stabilito:  la  reciproca  liberazione  de'pri- 
le  tragedie  dell'  inglese  lord  Byron  e  del  gionieri,  e  la  comune  sicmozza;  compeii- 
francese  Casimiro  de  la  Vigne.  Antonio  sar.>i  scaudjievolinente  i  danni  recatisi  (in 
Giuseppe  Spinelli  compose  un  dramma,  dal  i  ?,<)(),  giusta  la  sentenza  iU  piomiu- 
pubbhcatoa  brani  nel  periodico  rO.?.vcr-  ziaisi  dal  Visconti  ;  si  aslerrcbbero  |)(.r 
senuilore  Veneziano  giornale  umoristi-  3  anni  di  navigare  alla  Tana;  i  genovf.si 
co-lcltcrario,dìQ  nel  i85G  si  comiuciò  non  cnlrerebbero  cou  navi  armale  uì:\ 


i5o  VEN 

golfo  Adriatico,  ma  solo  co»  l)asllmenli 
ineicanlili ,  uè  aiuleicbbeio  i   ribelli   di 
Venezia:  i  veneziani  dal  cauto  loro   non 
andrebbero  con  navi  atinate  da  Porlo 
Pisano  a  Marsiglia,  in  favore  de' nemici 
di  Genova;  avvenendo  guerra  Ira  que- 
sta e  Pisa,  i  bastimenti  veneti    non   po- 
trebbero a[)prodcue  se  non  a  Genova,  e 
così  i  genovesi  solo  a  Venezia  quando  que- 
sta avesse  guerra  nel  golfo  Adriatico.  Le 
due  parti  non  somministrerebbero  anni 
e  viveri  a'ioio  nemici,  ciascuna  per  gua- 
lenligia  dovendo  depo^i^areI  00,000  fìo- 
liui  d'oro  a  Firenzeo  a  Siena,  a  Pesaio  o 
a   Perugia.  6arcl)bero  compresi  il  duca 
dell'Arcipelago  ed   il  re  d'Aragona  in 
questa  pace.  Altra  nello  slesso  giorno  si 
concluse  col  signore  di  Ridano,  e  si  com- 
j)resero  nella  pace  i  signori  di  Padova,  Ve- 
rona, Mantova,  Ferrara  ,   Faenza.   Cosi 
ebbe  termine  la  lunga  e  disastrosa  guer- 
ra di   Genova,  e  con  poca  soddisfazione 
di  questa,  non  corrispondendo  il  tratta- 
to dettalo  dal  Visconti  alla  grandezza  del- 
la vittoria  ottenuta  ea'suoi  tanti  sforzi  per 
conseguii  la.  La  sua  potenza  non  potè  1  lal- 
zaisi,  bencbè  scusso  poco  dopo   il   giogo 
del  Visconti ,  tornata  in  libertà   nel  se- 
guente anno  eleggesse  il   proprio  doge. 
Venezia  invece,  celebrale  soleimissime  fe- 
ste per  la  pace,  estese  nella  teirafeima, 
non  laido  a  risorgere,  e  per  un  governo 
ben  ordinato  e  prudente,  e  pel  concorso 
patrioltico  de' cittadini   rimise  presto  in 
mare  nuova  flolla  ,  riprese  colla  solita 
■vivacità  i  suoi  traffici,  stiinse  trattati  col- 
1  Egitto,  colla  Barberia,  il  gran  kan  de' 
tartari  e  la  Fiandra.  Avea  appena  il  do- 
ge Gradenigo  composta  la  pace  co'geuo- 
\esi,  aderito  a  una  lega  proposta  dal  Pa- 
pa Innocenzo  VI  contro  i  turchi,  essendo 
nunzio  pontificio  in  Venezia  Vaselli   pa- 
triarca di  Grado   poi  cardinale  ,  che  si 
trovò  avvolto  ripugnante  in  nuova  guer- 
ra con  Lodovico  1  re  d'Ungheria,  il  qua- 
le suscitava  i  zaralini  ad  altra  rivolta. 
IS'on  volle  uscollare  i  veneti  ambasciato- 
ri, inviali  per  accordi,  prcleadcudo  an- 


VE  N 

nuo  tributo  e  navigli  per  passare  in  Ita- 
lia contro  la  cognata  Giovanna  I,  sempre 
implacabile    per  la    violenta    morte   del 
fratello.  Il  doge  ricusò  le  navi  a  tal  fine, 
e  in  cambio  del  tributo  esibì  una  somma 
di   denaro.  Frattanto  il  re   pretendendo 
la  cessione  della  Dalmazia,  con  grande  e- 
sercilo  si  accampòa  Zara,  Spalalro,Traù, 
Nona,  e  coli'  inlelligenza  di   Francesco  I 
da  Carrara  signore  di  Padova,  e  coll'aiu- 
to  del  duca  d'Austria  o  de'conli  di  Gori- 
zia, e  del  patriarca  d'  Aquileia  scese   nel 
Friuli, indi  nel  Trevigiano.  Malgrado  che 
i  veneziani  fossero  intenti  a  difendere  da- 
gli stessi  ungheri  la  Dalmazia,  non  trascu- 
rarono di  ladunar  gente  ()er  difendere  la 
Marca  Trevigiana.  Molti  fatti  d'arn)i  se- 
guirono in  Dalmazia,  ma  colla  peggio  de' 
veneziani  che  quasi  tutta  la  perderono.Nel 
Trevigiano  guerreggiavasi  valorosamen- 
te d'ambo  le  parti;  alcuni  luoghi  cederò- 
uo,allri  resislerouoagli assalti  di  tanti  ne- 
mici; se  non  che  in  questo  mezzo  il  doge 
Gradenigo  1*8  agosto  i  356  morì,  e  fu  se- 
polto nel  capitolo  di  s.  Maria  Gloriosa  de' 
Frali,  lodalo  da  Dai  baro  per  grande  me- 
moria,e  perfetta  cognizione  delle  leggi  che 
voleva  osservale.  —    Giovanni  Delfino 
LF II  doge.   Venne  eletto  a'  i3  agosto 
i356  mentre  trovavasi  jìrovveditore  di 
campo, assediato  dagli  ungheri  in  Treviso; 
furono  perciò  subito  mandali  a  Treviso 
al  re,  Andrea  Conlarini  e  Michele  Falier 
per  ambasciatori,  col  cancellier  grande 
lieniiilendi ,  aflìnchè  dasse   un  salvacon- 
dotto |>el  nuovo  capo  dcdla  repubblica,  e 
tentare  qualche  via  d'accordo,  ma    inu- 
tilmente. Treviso  animala  dalla  presenza 
del  doge,  continuò  nella  sua  vigorosa  re- 
sistenza; e  Lodovico  I ,  vedendo  tornalo 
vano  il  suo  assalto  dalla  parte  del  Borgo 
de'Sanli-Quaranta,  perdute  le  sue  mac- 
chine, cnlrala  la  scontentezza  nelle  trup- 
pe, deliberò  di  partire  pel  suo  regno,  la- 
sciando un  esercito  abbastanza  numero- 
so a  continuare  l'assedio,  e  presidi!  in  Co- 
negliano  ed  in  Asolo.  11  Delfino  poi,  po- 
sti in   ordine  600  cavalieri,  0 1  00  cavalli 


V  E  N 

e  200  pedoni,  con   seijiete  inlellieienzi'. 
nolteleatpo   seppe   a[)iirsi  la   stiailn  fin' 
nemici  e  giungere  felicernenle  a  jMeslie. 
Ivi  fu  ricevuto  da  11  nobili,  e  montato  a  s. 
Secondo  sul  Ijiicintoro,  con  solenne  ono- 
re fece  il  suo  ingresso  in  Venezia   il    i5 
agosto  in  mezzo  agli  applausi  del  popolo. 
Nota  il  suo  biografucav.Cicognj,  che  que- 
sto doge  avendo  perduto  un  occhio  alia 
difesa  di  Treviso,  usò  di  portare  un  pan- 
no sotto  la  berretta  che  glielo  copriva.  ( 
veneziani  indignati  con  Francesco    I    da 
Carrara  pel  grande   appoggio   che  dtva 
agU  ungheri,  per  ta!  modo  macchiando- 
si d'ingratitudine  colla  repul)b!ica,e  sineii- 
lendo  il  suo  carallei  edi  principe  italiano. Il 
doge  senza  effello  procurò  rannodare  ac- 
cordi con  lui,  che  versipelle  invece  impe- 
dì il  passo  a'soccorsi  che  a'veneziani  do- 
vevano venire  da  Piomngna.  Quindi  i  se- 
mi di  cpieli'odio,  che  poi  fu  tra  la  repub- 
blica e  i  Carraresi,  e  la  fine  miseranda  di 
questi.  A  vendicarsi  di  Francesco  I,  i  ve- 
neziani richiamato  da  i^adova  il  podestà 
Marino  Morosini,  vietarono  per  colà  ogni 
invio  di  sale,  sosoesero  osrni  commercio 
co'padovani,  li  bandirono  da  Venezia  e 
dal  resto  del    dominio;  e  mandalo  a  de- 
vastarne il  territorio,  si  pose  ogni  ii)i[)e- 
gno  per  muovergli  contro  gli  Scaligeri  di 
Verona.  Frattanto  Papa  Innocenzo   VI, 
sempre  più  s[)aveutato    da'  rapidi    pio- 
giessi  de'turchi,  non  cessava  di  sollecitar 
la  lega  fra  la  repubblica,  il  re  di  Cipro  e 
i  cavalieri  gerosolimitani  di  Rodi, per  uni- 
re i  loro  sforzi  contro  il  nemico  comune. 
Ma  necessitandola  pace  Ira'principi  cri- 
stiani,  molto  si  adoperò  presso  il  re  di 
Ungheria  per  recare  ed  elletlo  un  accor- 
do co'  veneziani,  per  tal  fine  inviandogli 
legati  i  vescovi  Bongiovanni  di  Fermo  e 
b.  Pietro  di  Patti,  inculcandogli    a   non 
combattere  i  cattolici,  ma  gli  scismatici 
di  Piasela,  contro  i  quali  avea  promulga- 
to la  crociata,  e  fatto  il  re  capitano  gene- 
rale e  gonfiloniere   di  s.  Chiesa.  Non  per- 
tanto a  gran  fatica,  a' 16  novend)re  i3i6 
riuscì  ad  olleuere  un  a  lemporauea  tregua 


VEN  ,5, 

di  5  mesi,  con  cessazione  il'oslililà  e  riteu- 
sione  dell'occupalo  nel  Ti  eviginnnc  nella 
Dalmazia.  Spirata   appeni    la    tie^ua   •? 
I   armistizio,  ricominciò   In   guerra    più 
feroce  che   mai    nel  Trevigiano  con  al- 
terno successo,  e  rovinosamenle  in  Dd- 
mazia,  ove  Traù  e  Spilalro  si   arresero 
agli  ungheri,  i  quali  per  trailimenfo  s'iin- 
padronirono  pure  di  Zara.  Michele  F.i- 
lier  e  Simon  da  Ferrara  ,  deputati   alla 
sua  difesa,  giusta  il  costume  inesorabile 
praticato  dalla  repubblica,  furono  per  la 
loro    poca  vigilanza    condannati   ad    un 
anno  di  prigione  nelle  carceri   inferiori, 
e  di  piìi  il  l''alier  fu  punito  con  privaziu- 
ne  perpetua  da  tutti  gli  nllizi.  benefizi  e 
reggimenti  dentro  e  fuori  della  città.  Mi- 
nacciando il  re  di  tornare  a  debellare  l'o- 
stinata Treviso,  che  bravamente  si  soste- 
neva, fece  risolvere  la  repubblica  a  in- 
viargli and)asciatori   per  un  accomoda- 
mento,anco  pel  mnliunore  insorto  in  Ve- 
nezia.Dure  furono  le  condizioni  volute  d-^l 
re,  sommamente  olTensive  alla   graiulez- 
za  della  repubblica  veneziana,  per  dove- 
re  rinunziare    alla   Dalmazia,  sostegno 
principale  dell'armale,  ed  a  que'porti  tan 
to  vanta£;"iosi  e  necessari  al  commercio. 
Dopo  lunga  e  penosa  deliberazione,  si  a- 
dollò  la  politica,  altre  volle  poi  usala,  di 
rinunziare  a  tempo  opportuno  a'possedi- 
menti  la  cui  conservazione  riusciva  costo- 
sa o  di  grave  pericolo,  nella  speranza  di 
riacquistarli  a  migliore  opporlunilà.  Co- 
sì avvenne  appunto  dell.i  D.ilma7Ì,i,  inni 
prodi  abitanti  divennero  poi  i  [>iìi  validi 
difensori  della  re[)ubl)lica,  1  più  fedeli  tra' 
suoi  sudditi,  coujpensando  largamente  di 
sagrifizi  e  d'  amore  le  passate  incostanze 
politiche.  La  pace  fu  conclusa  a'  18  feb- 
biaioi3J>8,  e  vi  si  compresero  il  signore 
di  Padova  e  il  patriarca   d'.Upiileia,  ed 
altri  aderenti  al  re.  I  veneziani  rinunzi,»- 
rono  alla  Dalmazia,  e  a  tutti   i  diritti  e 
titoli  inerenti  ,  cessando   al   doge  (luclli 
di  duca  di  Dalmazia  e  Croazia;  promet- 
tendo di  non   snccoricie   (pielle  città  e 
popoli  coulio  gl'interessi  del  re.  Quoti 


,52  V  E  N  V  E  ìN 
sì  obbligò  a  resliluiie  lnUi  i  fuoghi  occu-  ca  il  prof.  RomaDÌn,  l'elezione  stia  non  di- 
pati  nel  Trevigiano,  ne)  Ceuedese  e  nel-  S[iiacr|ue,seguila  a'i6  luglio  i  36  r.  Nana 
J'Ihtiicij  [jioii'ise  di  non  ricevere  ne' suoi  il  suo  biogi'ufo  Francesco  CalFi.  Loienzo 
porli,  uè  lasciai\i  uscire  girali.  Sì  con-  Gelsi  fu  astuto,  intraprendente,  tnagni- 
veiuie  pure  allo  scambio  reciproco  de'  fico,  di  gran  senno  e  di  grande  animo.  In 
piigioni,  sicurezza  e  bberlà  di  commer-  età  ancor  troppo  fresca,  avendo  passali 
ciò  a'veneziani,  nelle  terre  e  ne'porti  del  appena  5o  anni,  e  non  fornito  di  meriti 
regno:  insorgendo  querele  e  violazione  distinti,  né  suoi  propri  ,  né  della  fauii- 
a  questo  tialtato,  sarebbe  la  decisione  glia,  non  essendo  slato  né  egli,  né  il  pa- 
rimessa  nel  giudizio  aibilrale  del  Papa,  dre  procuratori  di  s.  Marco,  non  avreb- 
Questa  umiliante  pace  fu  assai  mestameli-  be  sicuramente  potuto  aspirare  al  prin- 
te  intesa  dal  popolo  di  Venezia.  Bencbé  cipato  alla  morte  del  DeKìiio,  menoan- 
durasse  l'esaceibazione  de'veneli  contro  cora  nella  gara  di  4  personaggi  principa- 
il  Cairarese,  si  dovè  segnare  anco  la  pa-  lissimi  fra'{juali  dividevansi  i  pubblici  vo- 
ce con  lui  a' 7  giugno,  specialmente  re-  ti.  IMa  la  sagacilà  di  Lorenzo  tulli  delu- 
golandosi  l'affare  de'sali.  Ma  poco  lar-  se.  Imperocché,  essendo  egli  allora  capi- 
darono  a  sorgere  nuovi  semi  di  discordia  lano  in  golfo  occupato  in  dar  la  caccia  a' 
col  Carrarese,  e  forlificandosi  egli  e  la  re-  corsari  genovesi  ,  che  singolarmente  la 
pubblica,  lutto  volgeva  alla  guerra  nel  navigazione  a  Candia  impedivano  con 
i36o.ln  quest'anno  fu  fatto  di  pie-  gravissimo  danno  de'mercanti  e  dellosta- 
tra  il  ponte  della  Paglia,  eh' era  di  le-  lo,  prese  giustamente  le  sue  misure,  e 
gno.  Vi  fu  ancora  grande  mortalità  co-  d'improvviso  maiulò  a  Venezia  una  ga- 
ininciata  nel  febbraio  in  Venezia,  mo-  lera  a  spargervi  pompose  notizie  di  sue 
rendo  in  tre  giorni  i  maiali,  e  questi  per  gesta  felici  e  della  presa  di  molli  corsa- 
lo piìi  giovani  da  I2  anni  in  giìi;  molti  ri.  Sull'istante  scoppiò  la  pubblica  esnl- 
(uggiiono  dalla  città.  Anche  nel  Friuli  e  tanza.e  feii  roreccliiode'congregali  elet- 
iieli'lsti  ia  il  male  pestilenziale  si  propa-  lori  ,  fattosene  assai  clamore  principal- 
^ò;  come  nel  seguenleiSGi  ne  fu  gran-  mente  nella  corte  del  [)alazzo  ducale;  né 
ilissimo  quasi  per  lutto  il  mondo.  Per  più  ci  volle  in  quel  bollor  d'entusiasmo, 
queste  e  l'anteriori  calamità,  e  per  aver  perché  posta  giù  ogn'altra  idea  foss'egli 
il  castellano  di  Sench  ioìprigionato  óne  eleltodoge.  Trovandosi  egli  in  Candia,  fu 
degli  ambasciatori  inviati  a  Carlo  IV  nominata  la  solita  reggenza  composta  de' 
imperatore,  passando  per  le  terre  d'  Al-  consiglieri  ducaii  e  de'(;api  delia  Quaran- 
berlo  duca  d'Austria,  secondo  il  Moschi-  lia,  coll'obbligo  di  dimorare  in  palazzo; 
ni,  n;oi ì  il  doge  Delfino  di  afìflizione  i'  i  i  la  carica  di  vice-doge  fu  conferita  a  Mar- 
o  12  luglio  delio-stesso 1 36 1,  e  venne  in-  co  Soranzo.  Quindi  fu  statuito,  che  i  fi- 
(errato  nella  cappella  maggiore  de'  ss.  gli  o  nipoti  del  doge  non  possano  accet- 
Giovanni  e  Paolo,  iu  un'arca  situala  in  tar  nessuna  commissaria  o  amministra- 
«Ilo  e  con  epiladlo  a  lettere  dorate.  — ■  zione  d'alcuno.  Si  spedirono  tosto  12  ara- 
LoìdizoCel.siLfJfldogc'.Coucoiieva-  bascialori  a  prenderlo,  secondo  il  costa- 
no o  proponevansi  al  dogado  4  candida-  me,  ed  egli  fece  il  suo  ingresso  in  città 
li,  fra' quali  Pietro  Gradenigo  figlio  del  a'2  i  agosto  a  modo  di  trionfo.  Gli  re- 
doge Bartolomeo,  quando  nella  corte  di  sto  a  vincere  l'ostinazione  del  padre,  il 
palazzo  si  sparse  voce  che  Lorenzo  Gelsi  (juale  per  non  avere  a  sberrettarsi  al  do- 
capitano  del  golfo  avesse  preso  alcuni  gè  figlio,  che  diceva  a  lui  per  natura  in- 
corsan  genovesi,  e  ciò  valse  a  far  decide-  feriore,  si  die  a  girare  senza  quel  cappuc- 
ve  gli  elettori  iu  suo  favore.  Uenclié  la  ciò  iu  testa  che  allora  da'palrizi  si  usava, 
uolizia  si  scopi  isic  poi  làlsu,  come  rimar-  E  questa  pur  vinse  il  doge,suvrapponeu- 


VEN  VEN                    1^3 

do  pel  r."  una  crocetta  al  corno  o  benelta  poneva  ed  esortava,  grandi   filli  accade- 
ducale:  allora  il  vecchio  riprese  il  ca[)puc-  vano  in    Oriente  per  opei  a   del   sultano 
ciò,  e  sei  traeva  quamlo  s'incontrava  nel  de'tniclii  Ainiiral  I,  cupiilo  trestc-ndero 
figlio,  non  senza  diri;li  però,   salalo    la  i  suoi  possednnenli  in  Europa  ilo[)i>  il  con- 
Croce.  Belli  e  rari  avvenimenti  illnstraro-  quislo  di  Filippopoii.  Pres>o  Adri.inopo- 
no  e  rallegrarono  i  piiinordii  del  suo  prin-  li,  non  ostante  la  pace  fatta  con  Giuvan- 
cipato.  In  Venezia  si  viderosoniniespien-  ni  I  l'aleologo,  il  sidlano  con  aspiis^iino 
didezze  nelle  feste,  per  la  venula  del  duca  combaltimento  sconfisse  i  re  d'Unglieria, 
d'Aii>tria  (l'orseAlberto  o  Ilodolfj  l\M' /^i-  di  Servia  e  di  Rosnia,  ed    il   principe  di 
gf^5«o.?oj,accoinpagiiatoda  1200  persone,  Valacchia,  collegali  onde  opporre  argine 
ovvero  3o  cavalieri  e  200  altri  nobili,  in-  alle  sue  conq'iiste.  Questa  vittoria,  int'au- 
contralo  dalla  signoria  e  dd  doge  soien-  sta  perla  cristianità, agevolò  sempre  piìi 
nemente  col  Bucintoro  a  s.  Jacopo  di  Va-  a'iinchi  l'occupazione  dell'adiacente  pae- 
ludo,  fece  il  suo  ingresso  a'aq  selleuihre  se.  INlancava   l'unione   tra' piincipi  cri- 
1  36  f, e  venne  alloggiato  nelle  casediLeo-  sliani,  ed  i  parziali   armauienli  a  nulli 
nardo  Dandolo  e  di  Andrea  Zane,  nella  giovavano,  o  volgevansi  altrove.  Com  il 
contrada  di  s.   Luca:  si  spesero  10,000  re  di  Cipro   fece  uno  sbarco  in  Alessan- 
ducali  per  onorarlo,  essendo  costume  de'  dria,  che  saccheggiò,  obbligalo  poi  a  ri- 
veneziani di  mostrarsi  sempre  splendidis-  tirarsene;  e  i  veneziani,  rispondendo  al- 
siini  nell'accoglienze  de'prnicipi  forestie-  l'invilo  d'Uibano  V,  olIVirono  alcur.e gi- 
ri. II  principe  austriaco  in   brevi  giorni  lee  a  Lodovico  I  re  d'Ungheria,  ma  era 
vide  le  cose  piti   nolabdi  della  città,  ac-  debole  e  isolalo  susiidio.  A  ciò  si  reslrin- 
compagnato  sempre  dal  doge  a  cavallo,  se  il  frullo  dell'unione  predicata  con  lan- 
e  die' alla  repubblica  prove  di  stima  e  ili  to  ardore  da  Urbano  V.  Qiie>ti  sebbene 
amore,  promettendole  inviolabile  amici-  francese,  come  tutti  i  7  Papi  avignonesi, 
zia.  Dopo  due  mesi  a'5  tliceuibre  giunse  considerando  la  dignità  pontificia  come 
a  Venezia  Pietro  I   Liisignano  re  di  Ci-  esiliata  al  di  là  de'monli,  mentre  era  in 
[tro,  non  meno  festeggialo.  Entrato  dal-  Avignone,  meditava  di   trasportarne  di 
la  parie   di  mare   con    magnifico  ricevi-  nuovo  la  residenza  in  Italia,   e  d  impor 
inento,fu  nobilmenlealloggialo  nelledet-  termine  agli  orrori  che  vi   coinuictleva- 
te  due  case  ,  creando  cavaliere   il   Zane  no  le  famose  compagnie  di  ventura;  ma 
proprietario  d'uno  de'palazzi.  Si  tratteli-  le  guerre  tra'fratelli  Galeazzo  e  Baniiibò 
ne  22   giorni,  e  nel  partire  fu  accompa-  Visconti  nella  R.omagna,  e  in  cui  si  tro- 
guato  dal  doge  fino  a  :\Ialghera;  dirigen-  va  vano  trascinali  anche  gli  altri  principi 
dosi  il  re  alla  volta  di  Francia  pieno  del-  italiani,  rendevano  vana    ogni    speraii/.,i 
l'idea  di  eccitarvi  una  crociata  contro   i  di  liberare  il  bel  ()ae^e  di'masuadieri  eri- 
turchi.  Il  re  francese  Giovanni  li  accol-  marginarne  le  sanguinolenti  piaghe.  So- 
se  favorevolmente  la  proposizione,  e  nel  la  Venezia  si  astenne  dal  prendervi  par- 
venerdì  santo  i362dotnaiidòalPapaInno-  le,  ed  un  legato  papale,  venatoa  persiia- 
cenzo  VI  la  croce,  pi  omettendogli  di  porsi  derla  di  troncare  ogni  relazione  cogli  sco- 
inmarcia  prima  del  marzoi3G7,  e  farvi  municali  Vuconti,  usurpatori  di    molte 
entrare  il  re  inglese:  il  re  di  Cipro  dal  canto  terre  della  s.  Sede,  e  .li  non  ammettere 
suo  assunse  Tincarico  d'armai  e  per  la  ero-  ne'suoi  stali  alcuno  de'Ioro  sudditi,  ebbe 
ciatai  principi  di  Germania.  Il  nuovo  l'a-  dal  senato  la   risposta:  Potere   il    legalo 
pa  Uibano  V  nel  giugno  1  365  ne  sciisse  ben  informarsi  della  condizione  luUa  spe- 
a'veneziani,  ed  ullretlanto  fece  l'  impera-  ciate  di    Venezia  ,  la  quale  nulla  (la  per 
tote  Cai  lo  IV,  decretando  un  congresso  se  si  forniva  di  quanto  al  vivere  è  neces- 
iu  Colugaa.  Ma  mentre  il  Papa  così  prò-  sario,  onde  erale  uopo  ritirarlo  dal  di 


i54  VEi\  y  li;  N 
fuori;  sua  prosperità  essere  fondala  sui  rale.  Furono  ordinali  per  3  giorni  so- 
commerci,  mteiroUi  i  quali  non  potreI>-  leoni  alli  di  grazie  a  Dio,  ben  sapendo  il 
beevilaine  la  totale  rovina;  però  pia-  religioso  doge  Gelsi ,  come  nulla  relta- 
cesse  a  Sua  Sanlilàd'aver  i  veneziani  per  metile  e  felicemeiile  si  faccia  se  da  Dio 
iscusali,  come  già  altre  volte  erale  com-  non  s'incomincia;  quindi  processione  del 
piaciuto  di  fare,  mentre  per  l'onore  e  la  popolo  alla  basilica  di  s.  Marco,  ove  A» 
grandezza  della  ie[)ubblica,  comesernpre,  celebrata  solenne  messa,  e  dislrUiUzione 
sarebbesi  mostrata  devotissima  e  pronta  di  liinosine.  Al  capitano  del  Verme  furono 
a  soddi>faread  ogni  suo  desiderio  in  lui-  as>egnali  in  premio  looo  ducali  l'anno, 
te  cose  potesse.  Per  lo  slesso  motivo,  d'e-  e  si  scrissero  lettere  annunziatrici  «lei  lie- 
■vitare  ogni  occasione  di  guerra  in  Italia,  lo  evento  al  P.ipa,  agi' imperatori  Carlo 
la  repubblica  a  vea  accomodato  anche  col  lVe(jiovanni  I,  al  re  «l'Uoglieria  e  ad 
Carrara  alcune  vertenze  insorte  sulla  giù-  altri  principi.  Le  feste  furono  splendidis- 
risdizione  dell'isola  di  s.  Ilario;  e  pari-  sime,  e  tali  die  meritarono  di  venir  de- 
mente avea  accordate  quelle  cogli  Sca-  scritte  dall'  aurea  penna  del  lacondo  Pe- 
ligeri  pel  transito  del  Po;  non  die  nel  Irarca,  il  quale  allora  appunto  trovavasi 
i3b2  rinnovata  la  tregua  di  5  anni  col-  a  Veuezi»,  con  lettera  a  Pietro  Bologne- 
r imperatore  greco,  limitando  gli  acqui-  se,  ed  avea  donato  i  suoi  preziosissimi  co- 
sti de'propri  sudditi  nell'  impero,  pel  ti-  dici  alla  bdilioteca  Marciana  che  allora  si 
more  che  per  polenti  interessi  avrebbero  fondòdal  doge(veraraentept'r  allora  nul- 
potuto  in  seguito  dalla  patria  alienarli,  la  si  fece,  celebrandosi  il  cardinal  Bessa- 
Temendosi  nuova  rottura  co' genovesi,  rione  vero  Ibndatoredella  biblioteca,  idi 
governali  dal  doge  Gal)riele  Adorno  dal-  cui  inizi  risalgono  al  dogado  di  Celsi  pel 
to  ingegno  e  di  forte  indole,  adoperavasi  dono  a  lui  f.itto  dal  Petrarca  per  con>er« 
a  mantenersi  in  buoni  lapporli  con  Co-  varsi  in  luogo  sicuro  oiid'essere  frequen- 
stantinopoli.  Però  tutte  quest'opere  p.i-  tato  dagli  studiosi  con  diletto  e  utdità. 
cifiche  restarono  sconvolte  dalla  formi-  Pareche  i  codici  donati  fossero  intaolode- 
dabile  rivolta  in  Candia,  in  Canea,  Reti-  posti  in  uno  stanzino  sopra  la  chiesa  di  s. 
mo,  in  tutta  l'isola,  agl'indigeni  essendo-  Marco.  Andati  dispersi  o  forse  non  tut- 
si  uniti  i  veneziani  ivi  dimoranti.  11  sena-  ti  conseguati,  sembra  probabile  che  i  su- 
to  volle  tentare  co' ribelli  cretensi  le  vie  perititi  sicno  3  esistenti;  cioè  im  Poema 
più  miti,  ma  fu  costretto  ad  espugnare  latino  del  Pacesulle  Marie;  un  Messale 
l'isola,  a  mezzo  del  valoi'oso  capitano  ve-  del  secolo  XII  ad  uso  di  qualche  mona- 
roiiese  Luchino  del  Verme,  partendo  da  stero  francese  ;  la  Terapeutica  di  Galeno 
Venezia  le  imponenti  forze  marittime  e  tradotta  in  latino  nel  1297  da  Borgondio 
terrestri  a' io  aprile i  364,  seco  portando  Pisano).  Questi  stretto  amico  del  Pelrar- 
Pietro  MoroNÌni  nominato  governatore  ca,  che  per  amore  di  lui  avea  fitto  il  dono 
generale  della  spedizione.  Tosto  fu  sotto-  raro,  fece  si  che  la  repubblica  in  ricam- 
inessa  l'isola,  puniti  i  ribelli  colla  morte,  bio  rimunerasse  il  gran  poeta,  secondo  i  di 
col  carcere  eco!  bando.  La  ribellione  de'  lui  desiderii,  colf  offerta  d'una  nobilissi- 
candioti, suscitala  dall'audizione  de'  pò-  ma  casa,  presila  (ilio,  al  ponte  del  ».  Sepol- 
tenli  v(Mieziani  coloni,  terminò  gloriosa-  ero,  sulle,  riva  degli  Schiavoni,  che  fu  dal 
mente  con  una  sola  ma  sanguinosissima  Petrarca  per  uou  breve  lempo  abitata, 
battaglia;  e  si  ascrisse  alla  sollecitudine  ed  Essa  era  il  palazzo  g  ià  de'Molin  detto  del- 
rd  vigile  accorgimento  del  doge  sì  pronta  le  due  Torri,  che  in  seguito  demolito,  al- 
e  cospicua  vittoria. Giunto  il  lietoannua-  irò  non  vi  rimane  che  il  portone  e  foise 
7,io  m  Venezia  a'4  giugno  della  ricupera  qualchemuraglia.il  Petrarca  nella  Id- 
di Candia,  immensa  fu  la  gioia  e  geoe-  lera,  dopo  aver  altameote  lodata  Vene- 


VKN  VEN  ,V- 

zia,  vantala  la  g'mslizia  ilei  governo,  ilef-  a  bella  |)oslii  cliinmalo.iirera  alloro  quel 
to  del  iloge  (iii.r  Laurentiiis  vere  Cel-  che  un  tempo  fu  Uoscio  in  R<):n;i.  hi  es- 
siis  KÌr,  ni>i  me  forsitaii  ninor  fallii  j  sa  24  nobili  adolescenti,  cospicui  pf^rbel- 
ammiiato  come  in  essa  non  sono  discor-  Jezza  e  per  abili  ,  adorni  ili  porpora  e 
die  e  guerre  di  parlili, a  diireienza  dell'ai-  d'  oro,  figuravano  ,  co'  l'reni  reggendo  e 
Ire  d'ilalia,  laonde  la  cliiama  unico  nido  cogli  sproni  iucalzanilo  alliellanti  deslrie- 
presentefii  libertà, unico  rifugio de'biio-  ri  splendidamenle  bardati.  A  que'-'iova- 
ni,  ricca,  polenti-;  dipinge  a  vivi  colori  ni,  nell'erpiitazione  e  nel  lratl;ir  le  armi 
l'ingresso  magnifico  della  galea  di  l'ielro  espertissimi,  il  solo  onore  per  giiiderilo- 
Soranzo  colla  notizia  della  sommissione  ne  veniva  largito.  ìNon  cosi  fu  nella  2/ 
di  Candia,  armala  a  festa,  cogli  alberi  giostra,  che  per  bando  gnerrescainenle 
cinti  di  rami  verdi,  i  galeotti  con  corone  scritto,  pubblicala  già  nelle  lontane  e  nel- 
d'alloro  in  capo  fra  il  suono  delle  lroml)e  le  vicine  proviiicie,una  corona  di  purooro 
ede'mtisicali  strumenti,  veduta  dalla  fi-  dovea  cinger  le  tempia  del  i."  vincitore, 
lieslra  di  delta  sua  abitazione;  l'allolla-  e  un  bilteo  con  preclaro  lavoro  tessiilo 
Iiieuto  de!  popolo  sulla  spiaggia,  le  accia-  d'argento  si  doveva  dare  a  colui  che  iiel- 
mazioni  alio  scorgere  i  segni  della  vii-  l'aringo  il  2.°  luogo  n^erita^se.  Molti  non 
loria,  la  solenne  messa  celebrata  in  s. Mar-  solo  di  diverse  città  d'Italia,  ma  ili  varie 
co,  la  processione.  Passando  quindi  agli  nazioni  e  lingue  accorseroalla  giostra, fra' 
spettacoli,  naira  delle  giostre  e  de' tornei  quali  alcuni  inglesi  consan^jumei  delie, 
che  furono  dati  nella  piazza  di  s.  ÌNIarco,  Durò4g'orni  econ  Ifintacelebrilà.chedo- 
di  cui  non  ha  forse  il  mondo  1'  eguale,  e  pò  la  fondazione  di  \'enezia  nulla  potevasi 
celebra  il  valore  de' veneziani  anche  in  ricordare  (lisomigliaiite,econ  lauta  mar- 
tal  genere  di  spettacoli,  tanto  dalle  loro  zinle  industria,  che  maggior  [loluto  non 
abitudini  disformi.  Kiun  sesso,  niuna  età,  avrebbesi  trovare  ne'  più  valorosi  guer- 
niuna  condizione  mancava,  il  doge  con  rieri  della  terra,  da  far  chiaro  cosi  quan- 
numerosissimo  segnilo  occupava  la  fion-  lo  i  veneziani  di  ecceUo  animo  fregiati 
te  del  tem[)io  sopia  il  vestibolo,  ed  ivi  a-  andassero,  desiderosi  di  gloria  fossero,  e 
venie  a  destra  il  Petrarca,  vedeva  lutto  la  magnificenza  e  la  milizia,  benché  uo- 
Bgilarsi  sollo  a'suoi  piedi.  Acciocché  poi  mini  di  mare,  come  qinliuKiue  altra  geu- 
l'estivo  sole  nel  piegar  a  sera  non  ollen-  le  conoscessero.  Frinita  la  giostra,  percon- 
desse  col  suo  splendore  la  vista,  erasi  corde  giudizio  del  doge,  de'senalori  e  de' 
provveduto  con  tende  di  lajipezzerie  a  capitani  stranieri,  venne  aggiudicalo  il  1. 
vari  colori.  La  gran  piazza,  la  chiesa  sles-  onore  al  vene^.iano  Pasqualino  Minollo, 
sa,  la  lorre,  i  letti,  i  portici  ,  le  finestre  il  2.°  ad  un  ferrarese,  il  prof.  Uomanin, 
tutto  era  zeppo,  un  muralo  di  genie.  In  che  pure  lutto  storicamente  narra,  sog- 
fianco  alla  chiesa  erasi  alzalo  magnifico  giunge,  ma  fu  gi.na  inlempotiva,  poiché 
palco  per  le  matrone  veneziane,  scelte  poco  stette  Caiidia  a  rial/are  il  capo,  per 
dal  fiore  della  nobiltà,  che  in  numero  di  nuova  sollevazione  promossa  da  (.lovan- 
ben  400  rendevano  più  gaia  la  festa,  non  ni,  Alessio,  e  Giorgio  fratelli  Cnlergi,  ciis 
turbata  da  nessun  tumulto,  confusione  o  con  altri  felloni,  dopo  avere  simulato  ub- 
lancore.  Descrivendo  il  Mulinelli  le  due  bidieuza,  si  resero  signori  dell'  isola.  [ 
solennissime  giostre  nella  piaz/.a  di  s.  Mar-  ribelli  furono  più  volte  sconfini,  massi- 
co, dice  la  I.'  presentare  riiumagiue  di  me  da  Paolo  Loredano,  con  guerra  lun- 
bellica  fazione,  con  molta  eleganza  e  niun  ga  e  devastatrice  per  1  infelicissima  isola; 
pericolo.  Onesto  nella  2.'  dovea  diveni-  finché  a' 12  aprile  1  3bb,  espugnala  la  for- 
re eguale  "alla  destrezza.  Regolò  la  1."  Iczza  d'Auopoli,  ultimo  asilo  degl  insorti, 
giostra  Tommaso  Uambasi  da  Ferrara,  i  (ialelli  Calcrgi  con  Tito  Veiucr  furono 


1 56  V  E  N 

decapitali.  Da  allora  il  governo  di  Can- 
dia  si  fece  più  rigoroso,  e  così  toitiò  la 
quiete  all'isola.  Fu  la  guerra  di  Caiulia 
il  principale  avvenimento  del  doge  Gelsi. 
Egli  era  di  carattere  giocondo  e  spleu- 
dulissiroo.  Viveva  regiamente,  amante 
di  tenere  bella  scuderia  di  cavalli,  sui 
quali  spesso  in  compagnia  di  molti  gcu- 
tduomini  si  mostrava  per  la  città;  dilet- 
tavasi  inoltre  di  raccogliere  copiosa  col- 
lezione d'uccelli  e  altri  animali  rari  im- 
Ijalsamati,  oltre  altre  curiosità.  Continuo 
era  in  sua  casa  d  banchetto  e  la  lesta, 
compiacendosi  del  consorzio  de' letterati 
e  degli  artisti.  Si  mostrò  assai  divoto,  e 
le  solennità  ilella  B.  Vergine  distingueva, 
assistendo  alle  sagre  funzioni  con  tog.» 
candida  anzicliè  colla  cremisina,  d'ordi- 
nario usata  da'predecessori.  Passati  ap- 
pena 4  anni  dalla  sua  esultazione,  a' i  8 
luglio I  365  abbandonò  il  trono  e  il  mon- 
do. Ne  fu  deporto  il  cadavere  nella  chie- 
sa di  s.  ftlaria  Celeste  o  Celestia,  rimpet- 
lo  all'altare  della  ss.  Vergine  da  lui  tan- 
to venerata,  ma  rincendio  e  la  riedifica- 
zione di  quella  fecero  poi  sparirne  la  tom- 
ba. Scrissero  alcuni  cronisti,  esser  morto 
il  doge  Gelsi  molto  opporlunamenle  ,  e 
prima  che  recando  ad  effetto  i  suoi  am- 
biziosi pensieri  di  tirannia,  incorresse  nel- 
la stessa  pena  e  infamia  del  Bojamonte 
e  del  Falier.  Infatti  qualche  grave  accu- 
sa fiM  stata  portala  contro  di  lui  ,  tro- 
vandosi che  il  consiglio  de'  Dieci  ,  do[)() 
1  elezione  del  successore,  decretò  tosto  a' 
3o  luglio  fossero  distrutte  tulle  le  carte 
d'accuse  falle  contro  il  doge  Gelsi  do[io 
la  sua  morie,  e  che  il  nuovo  doge  fosse 
tenuto  a  dire  pubblicamente  nella  i."  a- 
dunanza  del  consiglio,  esseie  stato  il  suo 
predecessore  indegnamente  calunniato 
dopo  il  suo  decesso,  e  di  cose  commesse 
contro  l'onore  del  comune  ili  Venezia  e 
della  repubblica,  le  quali,  fattane  inchie- 
sta ,  risultarono  false.  Le  riforme  fatte 
alla  Promissione  ducale  riguardarono 
nientemeno  l'obbligo  del  doge  di  rimili- 
ziarc,  quando  lai  fosse  la  volontà  de'  (> 


V  E  N 

consiglieri  edella  maggior  parie  del  gran 
consiglio,  e  uscire  fra  3  giorni  dal  palaz- 
zo, sotto  pena  di  confisca  de'  beni  (Tan- 
to riporta  il  Roraaniu,  e  come  sempre  cita 
e  documenta  le  sue  asserzioni,  con  ripor- 
tarci! testo  del  Libro  Noi>ella  i5S,  i5i). 
Il  cav.  Cicogna  poi  nella  biografia  del  se- 
guente doge  ci  dice:  Unode'molli  regola- 
menti falli  nella  vacanza  del  dogado  di 
Gelsi  fu  questo.  Che  se  sarà  deliberato  da' 
consiglieri  col  consiglio,  di  dare  altra  for- 
ma al  governo  di  Venezia,  il  doge  debba 
rifiutare  d'uscire  da  palazzo  in  pena  del- 
la confiscazioue  di  lutti  i  suoi  beni];  men- 
tre dal  canto  suo  non  potrebbe  rinun- 
ziare spontatieamente  senza  l'anzidetto 
consenso  1  Dovere  gli  avogadori  del  co- 
mune invigilare,  che  il  doge  avesse  il  nu- 
mero prescrittodt  famigliari,  e  questi  do- 
vessero abitare  io  palazzo.  Non  potesse 
trattar  nulla  da  se,  né  es^er  giudice  in 
alcun  affare.  Non  ispender  oltre  a  i  oo 
lire  di  piccoli  l'anno,  del  denaro  del 
comune,  per  l'abbellimento  del  palazzo. 
Soprattutto  s'ingiunse  agli  avogadori,  dì 
badare  attentamente  che  il  do"e  non  ol- 
trepassasse  i  limiti  delle  leggi  a  lui  pre- 
scritti, com'erasi  da  alcuno  tentalo.  Agli 
elettori  poi  del  doge  durante  lo  scruti- 
nio, o  congresso  loro  per  l'elezione,  fu 
prescritto  di  non  poter  ricevere  alcuna  e- 
sterna  comunicazione.  E  qui  osserva  il 
biografo  Cadi,  che  tal  sanzione  chiarisce 
quella  frode  dal  Gelsi  posta  in  opera  per 
farsi  crear  doge. —  Diarco  Cornaro  LIX 
doge.  La  sua  elezione  porge  un  esempio 
di  quelle  obbiezioni  ch'erano  permesse 
muovere  da  ciascun  elettore  contro  il 
candidato  che  veniva  proposto  alla  sedia 
ducale,  e  delle  difese  che  gli  erano  con- 
cesse. Marco  Cornaro,  o  Corner  come  lo 
chiauìa  il  prof.  Uomanin  (i  medesitni  co- 
gnomi veneti  altri  li  scrissero  tronchi  e 
terminanti  in  consonanti,  altri  prolunga- 
ti con  aggiunta  di  vocali  come  o  ed  /, 
laonde  sono  bene  detti  in  ambo  i  modi), 
uomo  di  grande  prudenza,  di  bella  ficcia 
e  persoua,  cavaliere  e  procuratore,  eser» 


V  EN 
citato  in   più  ambascerie ,  e  reduce  da 
quella  di  Carlo  IV  arrestalo  col   collega 
Giovanni    Giadenigo  dal  caslellano  ili 
Sencli,  indi  liberali  dal  duca  d'Austria  e 
con  lui  lornali  a  Venezia;  ne'cotnizi  per 
r  elezione  del   successore   del   Gelsi ,  fu 
avversato  da  Giovanni   Delfino  sosleni- 
lore  dell'  altro  candidato  Giovanni  Fo- 
scarini.  Delfino  prese  a   dimostrare  che 
per  4  ragioni,  essenzialissime  alla  dignità 
e  al  benefizio  del  pubblico  ,  il  Cornaro 
doveva  essere  escluso  dal  principato.  La 
"veccliia  sua  età  ottuagenaria,  la  [ìoverlà 
impotente  a  sostenere  la  dignità,  la  stret- 
ta amicizia  co'principi  esteri,  1'  esser  ma- 
rito di  plebea  e  vivere  con  molti  parenti. 
Rientralo   nella   sala   il  Corner,  donde 
secondo  il  costume  era  stalo  escluso,   e 
uditi  i  punti  d'accusa,  ris[)Ose  francamen- 
te. Esser  incanutito  ne'siervigi  della   re- 
pubblica, pronto  e  disposto  a  continuar- 
li; la  povertà  essergli  vanto  provando  la 
sua  integrità  in  mezzo  a  tanti  ulllzi  so- 
sleuuli  ,  tullavia   aver  sempre  osservato 
«lecenza  senza   profusione  ;  dell'amicizie 
co'principi  doversene  cercar  l'origini,  a- 
verne  profitlalo  a  vantaggio  della  patria, 
e  se  vituperio  fosse  tenuto  il  bene,  che 
sarà  mai  il  male?  Finalmente  non  aver 
lui  solo   moglie  popolana,  ed  essere  vir- 
tuosissima; quanto  a'parenti,  tutti  saper- 
li a  ninno  inferiori  per  sincera  fede  e  per 
riverente  amor  patrio.  Strinse  il  suo  ra- 
gionamento con  invitare  gli  elettori  col- 
lo spirilo  della  verità  e  il  lume  del  loro 
giudizio  a  disperdere  tali  spauracchi;  del 
resto,  sia  comunque,  restare  sempre  ser- 
vo di  tulli,  e  la  sua  volontà  sarebbe  (|uel- 
la  che  piacesse  loro,  il  suo  discorso  na- 
turale, ingenuo,  senza  finzione,  gli  valse  il 
favore  di  2G  elettori,  che  co'Ioio  voti  lo 
nominarono  doge  a' 2  I  luglio  iSG'T.   Il 
breve  suo  dogado  godette  perletla    tran- 
quillità, dopo  repressa  energicamente  la 
uarrala  uuova   insurrezione  di  Candia. 
Alla  domanda  d'Amedeo  VI  conte  di  Sa- 
voia, di  soccorsi  contro  i  turchi,  la  repub- 
blica da  priocipio  si  scusò;  poi  cedendo  a- 


V  E  N  1 57 

gli  nfljzi  del  contedi  Viilìi  figlio  di  Ga- 
leazzo  Visconti,  die  insieme  ad  Amedeo 
VI  venne  a  Venezia,  gii  concesse  due  ga- 
lee e  qualche  somma  in  imprestilo,   ri- 
cusando l'oUcrto  pegno  di  Gallipoli  che 
l'esponeva  a  difenderla   contro  i  turchi. 
L'annalista  Rinaldi  dice  che  il  conte  di 
Savoia   volendo  recarsi  a  soccorrere  il 
suo  parente  iniperalore  greco,  assalito  da' 
turchi  ,  Urbano   V  gli  ollenne  da'  dogi 
Cornaro  di  Venezia  e  Ailonio  di  Genova, 
le  loro  galee  per  passarvi,  e  che  gli  riu- 
scì espugnare  Gallipoli,  e  toltala  aìuichi 
la  restituì  a'greci.  Osserva  il  prof.  Roma- 
nin:  pare  che  in  quel  momento  la  repub- 
blica cercasse  di  non  inimicarsi  all.ilto  i 
uìusulmani,  standole  molto  a  cuore  rin- 
novare il  commercio  in  Alessandria,  in- 
terrotto da  quando  il  soldano  d'Egitto, 
per  vendetta  dello  sbarco  del  re  di  Ci- 
pro, e  già  riferito,  avea  imprigionalo  i 
veneziani  colà  residenti  e  sequestrale  le 
loro  merci;  e  nulla  ollemiero  gli  amba- 
sciatori Suranzo  e  Bembo,  pe'movi men- 
ti minacciosi  che  continuava  il  re  ili  Ci- 
jMo.  Indi  la  repubblica  mandò  Marin  Ve- 
niero,  INicolò  Falier  e  Giovanni  Foscari 
ad  Urbano  V  in  Avignone,  rappresentan- 
dogli che  per  la  debolezza  delle  genti  cri- 
sliane  concorienli   alla  crociata  ,    ninna 
impresa  di  rilievo  poteva  farsi,  e  tulli  i 
tentativi  ad  altro  non  riuscivano  the  a 
depredazioni,  le  quali  sempre  più  irrita- 
vano il  nemico  e  iiiterron)|)evano  i  com- 
merci; volesse  quindi  tenere  i  veneziani 
per  iscusati,  se  essi,  cui  il  commercio  ap- 
punto era   vila,  si  astenessero  da  colali 
inipresc,  onVendo  piuttosto  aiuto  contro 
i  turchi  d'Europa,  perdi)  esibendo  galee 
a  Lodovico  1  re  d'Ungheria,  il  quale  ne 
ringraziò  la  repubblica. Questa  finalmen- 
te riuscì  a  riconciliarsi  col  soldano  d'  A- 
lessandiia  ,  ii  quale  con  lettera   al   doge 
promise  pace  e  libertà  di  commercio  a' 
veneziani;  ed  il    Papa  permise   alla    re- 
pubblica d'inviarvi  come  per  l' addietro 
suoi  navigli.  Dopo  questo  racconto  paci- 
fico del  prof.  Roniauin,  fa  cuulrasloqnel- 


)8 


VEN 


Io  del  biografo  del  doge,  il  cav.  Cicogna. 
Egli  nana:  dinante  questo  dogado  si  vol- 
le da'veneziani  sorprendere  la  città  d'  A- 
lessandria  in  Egitto.  L'armala  veneta  vi 
approdò  a'2  ottobre  1  365  :  essa  respinse 
le  poche  genti  che  avevano  preso  1'  armi 
per  opporvisii  die  anco  un  assalto  alla 
città,  ma  gli  abitanti  fuggili  al  ó\  là  d'na 
vasto  canale,  posero  i  veneziani'nell'iin- 
possibililà  d' oltraggiarli;  ed  i  veneti  do- 
po aver  messo  a  sacco  la  città,  tornaro- 
no sulle  loio  navi,  senz'  altro  acquisto. 
Adirato  il  soldano  per  sì  sconsigliata  ira- 
presa,  fece  sequestrare  le  mercanzie  de' 
veneziani  e  carcerare  i  mercanti;  il  perchè 
si  dovette  sborsare  non  piccola  somma  [)er 
libérale  le  une  e  gli  altri.  L'impresa  d'A- 
lessandria, come  già  ft^ci  cemio,  sembra 
doversi  piuttosto  attribuire  a  Pietro  I  re 
di  Cipro  co'crocesignali,  compresi  i  ca- 
valieri di  Rodi,  essendo  legato  del  Pa- 
pa il  b.  Pietro  di  Tommaso  vescovo  di 
Patti,  il  (]iiale  dopo  averli  con  solenne 
rito  benedetti  colle  loro  armi,  e  tutti 
confessati  e  comunicati,  il  re  all'improv- 
viso assali  la  fiorentissima  Alessandria,  e 
dopo  fatto  immenso  bollino  ne  partì. 
Tanto  trovo  nel  Ilinaldi,  senza  parola  ri- 
guardante i  veneziani,  all'iinno  i  365,  n. 
18.  Narrai  a'suoi  luoghi,  che  Urbano  V 
avendo  determinato  di  resliluirsi  in  Ita- 
lia e  reintegrare  Roma  della  residenza 
pontificia  ,  la  repubblica  a  sua  istanza 
mandò  per  levtnlo  e  fargli  onore  5  bel- 
le galee,  ciascuna  munita  di  So  baie- 
.^■Irieii,  sotto  il  comando  di  Pietro  Tre- 
visano con  12  ambasciatori;  e  perchè  la 
missione  sostenessero  decorosamente  si 
assegnò  loro  lo  stipendio  di  100  ducati 
per  ciascuno,  oltre  altri  3  per  la  villua- 
lia,  ad  ognuno  accordiiiulosi  3  paggi  spe- 
sati diiH'erario.  Ricevette  il  Trevisano  il 
pubblico  vessillo  nel  marzo  1367,  e  le 
galee  partite  a'18  di  detto  mese  giunse- 
ro in  RJarsiglia  nel  principio  di  maggio. 
il  Mulinelli  riporta  le  singolari  istruzio- 
ni date  al  comandante  della  repubblica: 
Clic  il  Papa  nou  dovesse  esercitare  au- 


VEN 

forila  sulle  navi  e  sugli  equipaggi.  Proi- 
bizione a  tutti,  sotto  pena  di  1000  du- 
cati, di  chiedere  o  accettare  grazia  ve- 
runa dal  Papa,  tranne  l'indulgenza  in 
articolo  di  morte!  Il  Papa  a'iq  o  a' 20 
di  (letto  mese  salpò  da  Marsiglia,  accom- 
pagnato dtille  galee  di  Venezia,  di  Gè* 
nova,  di  Pisa  e  di  Giovanna  I  regina  di 
Sicilia,  ed  approdò  dopo  4  giorni  a  Ge- 
nova ,  altri  ilicono  più  tardi  a'  28  ,  ma 
non  pare.  Il  Ferlone,  De'viaggi de  Poti' 
teftcì,  riferisce  che  Urbano  V  partì  da 
Marsiglia  imbarcandosi  in  una  galea  ve- 
neziana ,  e  lo  conferma  il  Mulinelli;  ma 
il  Peruzzi  nella  Storia  d'  Ancona  scrive 
che  montò  sopra  una  galea  anconitana. 
Era  seguilo  da  tulli  i  cardinali  (ripu- 
giiiuiti  e  rarnpognanli  il  savio  e  giusto 
Papa  ,  dicendogli:  uve  trascini  i  miseri 
tuoi  figli  ?  Quasi  che,  osserva  Petrarca, 
Urbano  V  li  conducesse  a  Menfi,  a  Ctesi- 
fonle  o  nelle  prigioni  de' saraceni,  e  non 
a  Roma  ,  unica  e  suprema  rocca  della 
cristianità  !  )  tranne  5  ricusanti  d'abban- 
donar la  Provenza  ,  colla  curia  e  corte, 
accompagnato  da  una  flotta  di  23  galee 
ed  altri  bastimenti.  Giunse  a  Genova  a* 
20  maggio,  ricevuto  da  quel  doge  Ador- 
no e  da'cittadini  col  dovuto  onore.  A'  28 
partì  per  Porto  Venere,  e  per  Pisa  e 
Piombino  giunse  a  Corneto  a'4  giugno, 
ed  ivi  sbarcato,  i  veneziani  licenziandosi 
dal  Papa,  subito  fecero  ritorno  a  Vene- 
zia. Quindi  Urbano  V  passò  a  Viterbo, 
donde  portatosi  a  Roma,  vi  fece  il  suo 
solenne  ingresso.  Tutta  l'Italia  ne  giubi- 
lò, ad  eccezione  de' Visconti,  contro  i  qua- 
li il  Papa  dichiarò  legato  d'Italia  il  ni- 
pote cardinal  Angelico  Grimaldi  o  Gri- 
moaldi  vescovo  d'Albano,  che  si  recò  a 
Venezia.  In  Roma  Urbano  V  a'i8  otto- 
bre 1369  ricevè  l'abiura  dello  scisma  gre- 
co dall'imperatore  Giovanni  1  Paleolugo 
in  persona,  il  quale  sbarcato  in  Ancona 
ornò  gli  anconitani  del  privilegio,  che 
uell'imperial  cappella  di  s.  Sofia  avessero 
luogo  distinto,  come  lo  avenno  i  venezia- 
ni, i  genovesi,  i  catalani.  E  siccome  il  cav. 


V  E  N  V  E  IV  ,  -7,^ 
Cicognn  dice  tlie  nel  dogado  di  Cornalo  scrizione  die  andò  pei  dola  recava  l'amio 
furono  a  Venezia  l'inìperalore  e  l'inipe-  iSG?,  w/P/r  te/»r/o,  die  coniava  yli  mini 
laliice,  incontrati  da  4  ambasciatori,  in-  i  (juidi  si  ciunpivano  nd  mai 70. 
tendeiàCarlo  IV  e  Anna.  peidièneliSGg  \(j.  Àiuliea  Coitliin'ni  I.X  iloi^e.  Il 
non  più  vivea  il  Cornaro.  Infatti  trovo  suo  biografo  tli.  Casoni  prepara  il  Ietto- 
nel  Morosini,  Ilisloria  di  f  eiietia,  die  le  a' gravi  casi  die  succe>.>tio  ndi'iulau- 
Carlo  IV  coir  imperatrice  furono  a  Ve-  sto  suo  ilogado  con  didiiaran'.  La  eie- 
uezia,  ma  sotto  Contarini,  così  il  Paleo-  scente  potenza  de'veiieziiini,  l'oiesu  lord 
logo  redoie  da  Pionia,  o\e  pure  era  sta-  commercio,  le licdiezze  die  1  idc.ndavano 
lo  Carlo  IV  ad  o>se(iuiaie  il  l'apa,  nd  da  fjudio,  tianosliiiiiili  ;di'iii\  iiliijde'|)<'- 
l368  riporta  il  Rinaldi.  Bensì  in  tempo  tenti  vicini,  e  cause  per  lorodi  lagionevo- 
del  Coinaro,  di  suo  ordine  fu  alibtiiilo  le  timore;  nulla  lasciavano  dunque  iii- 
il  palazzo  ducale,  continuandosi  la  fab-  tentiilo  per  tuibur  lu  jiace  della  lepubbli- 
brica  verso  il  Canal  giaiide;  e  fatti  avan-  ca  ,  per  suscitar  malcontenti  e  pretese; 
zare  i  lavori  nella  sala  c!d  iDaggior  con-  ma  appunto  queste  coniiuiie  agilariom, 
sigilo,  ove  volle  dipinta  sul  niuro  la  sto-  tenendo  esercitale  le  incuti  de' padri,  ed 
ria  di  Papa  Alessandro  111  e  di  Federi-  attivo  il  braccio  de'cilladiui,  accroceva- 
co  I,  con  isciizioni  die  diconsi  del  Pe-  no  l'amor  di  patria,  il  vigore,  l'eutusia- 
trarca  (la  cui  dimora  peraltro  in  Vene-  smo  nel  nwlile,  e  contribuivano  quindi  a 
zia  corse  dall' estate  i36i  alla  fine  del  vantaggio,  anzidiè  a  discapito  degl'inle- 
1367,  come  prova  il  di.  Fiacassetti  nel  ressi  e  delle  mire  di  stalo,  di  die  por- 
libro  cbe  cito  più  sotto);  co' ritratti  de*  gono  esempio  le  terribili  vicende  acca- 
dogi  intorno  al  coi  nicione,  cominciando  dutea'tempi  di  que-lo  doge.  Era  il  Coii- 
da  quello  die  peli."  si  trasferì  in  liial-  larini  procuratore  ili  s.  Marco,  uomo  di 
to,  e  disponendoli  per  nioilo  che  il  suo  sodi  principii,  di  nialuio  con-iglio  e  d'a- 
venisse  a  con  ispondere  al  di  sopra  óc\  uimo  risoluto.  Tuttavolta  modesto  quaii- 
Irono  ducale.  La  repubblica  a  promuo-  to  per  singolari  meriti  distinto,  e  presa- 
vere  la  floi  idezza  de'suoi  comir.tni,  ollen-  go  (piasi  delle  sciagure  ilie  avi  ebbero  a- 
uè  da'dudii  d'Austria  Alberto  III  e  Leu-  voto  a  piombare  soli' infciii  e  sua  pallia 
poldo  un  diplouia  di  sicurezza  a'merciin-  al  tempo  del  di  lui  il(  gailo,  avca  ben  due 
ti  veneziani;  e  si  pacificò  con  Mainaido  volle  respinta  1' elezione  die  volea  f'r>i 
conledi  Gorizia,  e  Ilandek  patriaica  di  di  lui  alla  suprema  dignilù  dello  slato. 
Aquileia.  Di  più  incaricò  di  sosteneie  i  liitiratosi  nel  territorio  di  Padova,  Ira 
propri  interessi  alla  coite  del  Papa  due  le  campestri  occupazioni  cercava  fusi  di- 
caidiuali  collo  stipendio  di  ducati  200  Dienlicaie,  quaiuio  mancalo  di  vita  il 
l'anno,  e  furono  i  primi  i  caidiuali  Moii-  Cornaro,  ne  fu  diiliiiualo  successore,  lio- 
neiisee  Lemovict  n-e.  Siccome  allora  e-  pò  aver  i  correttoli  aggiunto  nella  Più. 
ratio  vescovi  di  Terovanne  Roberto  di  missione  ducale  principalineiile:  Che  1 
Giiievia,  |)0i  antipapa  Clemente  VII,  e  Qt.aiauluiio.solio  maggior  pena  clic  per 
di  Limoges  Giovanni  de  CVoisa"'hocar-  l'adilietro,  non  isvelassero  mimmainente 
dinali,  può  darsidie  sieno  essi,  allora  de-  (juanto  M-uisse  detto  contro  l'uno  o  l'ul- 
nominando>i  i  caidiiiaii  col  iiotnedd  prò-  lio  candidiilo  nell'elezione.  A^e.s^e  il  do- 
prio  vescovato,  titolo  o  diafonia.  Ma  a  %■'  ni. a  ve,le  lavorata  in  010.  Che  quan- 
tauta  prosperità,  a  sì  savio  e  pacifico  go-  do  gli  avcgadori  di  coiuuu  placitasstio 
verno,  in  breve  doveaiio  succedere  lem-  alcun  in  consiglio,  per  avviare  il  [.roce- 
pi  lag.  imevolissiuii  per  Venezia.  Morì  il  dimento,  il  doge  non  potesse  parl..re  cou- 
doge  a'  I  3  gennaio  i  ?.6hi,  ed  ebbe  sepol-  tro,  se  non  con  licenza  di  \  de'suoi  colla- 
tura lidia  chiesa  de'ss.  Gio.  e  Paolo.  L'i-  glieri. Solo. piando  1!  procedere  fosse  slato 


i6o  V  E  N  V  E  N 
approvalo,  avea  il  doge  f.icollà  eli  espor-  ce  rilorno  alle  sue  tei  re.  Tiicsfe  allora 
le  quanto  credesse  nella  materia.  Adun-  peniiriundo  tli  viveri,  perduta  ogni  spe- 
cjue  a'cio  o  a'2  r  gennaio  1 368,  giorno  di  ranza  di  soccorso,  si  deterutinò  a  nuova 
giovedì,  tolti  i  voli  .si  unirono  in  favore  dedizione,  per  la  tpiale  a*  28  novembre 
di  Contarini  allora  di  Go  anni,  portati-  ijGq  (u  convenuto  che  la  città  sarebbe 
dogli  I' annunzio  che  la  [)atria  lo  chia-  consegnata  a  FaoloLoredan  governato- 
niava  a  leggerne  i  destini, 12  tra'pii^i  co-  re  generale  dell'Istria,  passando  sotto  il 
spicui  gentiluomini.  Egli  si  mostrò  alieno  mero  e  misto  impero  della  repubblica, 
dall'accetlaie,  temendo  non  si  avverasse  conservati  gli  statuti,  meno  (|iieUi  conlra- 
un  ricordo  datogli  in  Soria,  quando  co-  ri  al  ducale  dominio.  Dcjmeuico  Michiel 
là  ruercanteggiavii,  cioè  che  lui  capo,  sof-  fu  nominalo  capitano  della  città,  e  a  le- 
friiebbe  la  repubblica  avversità  fatali  ;  e  nenie  in  freno  gli  abitanti  fu  dato  mano 
la  predizione  si  verificò  appuntino.  Non  alla  costruzione  del  castello  di  s.  Giusto, 
fu  scusa  ch'egli  non  adoperasse  per  esi-  Più  dilllcile  riuscì  l'accomodar  le  cose 
tnersi,  tanto  che  si  giunse  a  minacciarlo  co'duchi  d'Austria,  (inchè  a'20  cltobre 
di  confisca  de'suoi  beni  e  di  bando.  Pie-  1870  si  ottenne,  che  i  duchi  d'  Austria 
gandosi  alfine  egli  agli  ordini  della  pa-  cedessero  e  trasferissero  per  loro  e  sue 
tria,  accettò  il  grave  incarico,  e  fc^ce  il  cessori  nella  repubblica  di  Venezia  tutte 
suo  ingresso  in  Venezia  a'27  gennaio  tra  le  ragioni  e  azioni  che  potessero  avere  su 
immenso  giubilo  del  popolo.  Non  andò  Trieste  e  sue  pertinenze.  In  compenso  la 
guari  ad  essere  turbala  la  pace  della  re-  repubblica  promise  in  due  rate  yS.ooo 
pubblica,  e  le  sciagure  cominciarono  da  ducati,  ed  il  trattato  fu  ratificato  a  Vien- 
nn'improvvisa  ribellione  di  Trieste.  Gè-  na.  Frattanto  Urbano  ■¥,  sedotto  da  al- 
losa  fin  dal  principio  della  grandezza  ve-  cuni  cardinali  francesi,  sempre  vagheg- 
iieziana,  da  quando  era  stata  lai.'"  volta  gianti  il  ritorno  alle  delizie  provenzali,  e 
debellata  da  Enrico  Dandolo,  or  tributa-  poco  curanti  del  bene  e  dell'  onore  della 
lia,  or  suddita  dibattevasi  sotto  il  giogo,  Chiesa  ,  a  ciò  inducendolo  sotto  colore 
ed  ogni  occasione  coglieva  per  iscuoterlo.  di  pacificare  gl'inglesi  co'fiancesi,  gli  ara- 
I  tiiesliui  cominciarono  con  assalire  una  gonesi  co'navarresi,  a'5  settendjre  erasi 
galea  veneta,  uccidendone  il  capitano  e  imbarcato  a  Cornelo,  per  tornare  in  A- 
l'eqnipaggio;poi  pentitie  temendo  la  veu-  vignone  ,  accom[)agnato  da  una  nobile 
detta  della  re[)ubblica  domandarono  e  armata  navale  de're  di  Francia  e  d'A- 
ottennero  pace  con  trattato  de'Sseltem-  ragona,  della  regina  Giovanna  I,  di  avi- 
bre  I  368,  ma  nel  ricevere  il  vessillo  di  gnonesi  e  provenzali.  Pare  che  non  vi 
s.  Marco  per  farlo  sventolare  dal  paiaz-  contribuissero  i  veneziani,  non  trovando- 
zo  ne'giorni  solenni,  secondo  i  patti  ,  si  li  nominatine  nel  Piinaldi,  ne  in  altri  sto- 
opposero  vivamente  e  dissero  voler  piut-  rici.  11  Leoni  v.eW  Jncona  illustrala  di- 
tosto correr  la  sorte  tlell'armi.  I  vene-  ce  che  il  Papa  montò  sopra  una  galea 
ziani  assediarono  Trieste,  e  questa  invo-  anconitana,  come  avea  fatto  nella  venu- 
to 1  assistenza  di  Leopoldo  duca  d' Au-  ta  accompagnalo  da  3  ambasciatori.  IMa 
•Siria,  promettendogli  riconoscerlo  perso-  appena  giunto  in  Avignone,  il  Papa  cad- 
vrano.  Pertanto  nella  primavera  i36f)  de  inliermo  ,  moiì  a'  19  dicembre  e  gli 
Je  genti  austriache  mossero  alla  volla  di  successe  Gregorio  XI,  il  7.°  Papa  avigno- 
Iriesle,  ove  giunte,  Taddeo  Giustiniani  nese  francese.  Terminata  la  guerra  di 
lece  sbarcare  parte  dell'equipaggio  di  sue  Trieste,  tosto  nuove  vertenze  insorsero 
galee  ,  e  sforzando  1' esercito  austriaco,  con  Francesco  I  signore  di  Padova,  per 
die  una  gran  rotta  al  duca,  il  quale  la-  ;iveie  eretto  le  fortezze  di  Caslellaro  e 
sciando  1  suoi  protetti  al  loro  destino,  le-  Oriugo  ,  taglialo  argini  e  fossi   vicini  al 


VEN  YEN                   Hit 

Iiienla,  e  disegnava  costniiie  min  salina,  loqgio  ,  e  nmnirono  le  terre  tlcl  Trovi- 
riiiiscile  inutili  l'ani bascerii,'  e  le  media-  giaiiocdcH'islria.  I  %cno7,iani  so^^iacijnc- 
zioni,  la  guerra  fu  dicliiaiata ,  con  oidi-  io  ad  altra  grave  sconiìlla  a  Fossaiino- 
iie  di  marciar  su  Padova,  la  quale  ben  va;  ma  Pietro  Fontana  governatole  dei- 
presto  cominciò  a  trovarsi  alle  strette.  ^e^erclto  mosse  incoiitroagli  uni^liei  i,  co- 
Allora  Francesco  I  ricorse  a  tranie  aslu-  mandali  da  Steliino  voivoda  ili  Tr.iiisil- 
te  ,  colle  (juali  si  giiadiignò  in  Venezia  vaiiia  nipote  ilei  re,  e  ne  ripuilò  puiiio 
slessa  alcioni  nobili,  divisando  la  morte  trionfo  il  i.°  luglioi  37J,gioriio  di  s.  Mar- 
de  più  conlrari  e  del  doge.  Scoperto  il  ziale.  i  veneziani  avendo  coinbullnlo  per 
tradimento  si  punirono  i  complici  nel  la  salute  della  patria  con  entusiasmo.  Ri- 
1372,  per  cui  corsero  voci  per  la  città  che  masero  fruito  della  vittoria  le  buiulieie 
il  Carrara  voleva  avvelenare  l'acqua  de'  regie  e  del  Carrara,  prigioni  il  vaivoda 
pozzi  e  incendiareVeneziadaonde  si  accese  co'principali  dell'esercito,  clic  mandati 
vieppiù  l'odio  contro  di  lui  d'ogni  citta-  a  Venezia  trovarono  amorevole  tratta- 
dino,  e  quell'eslreina  irritazione  che  poi  mento,  e  il  vaivoda  nel  palazzo  ducalo, 
produsse  1'  eslerminio  di  sua  famiglia.  Grande  fu  l'allegrezza  di  Venezia,  si  le- 
Cominciata  la  guerra  con  reciproci  dan-  cerolimosine  e  processioni,  e  dicliiaralo 
Ili,  sopraggiunseru  i  soccorsi  invocali  dal  festivo  il  giorno  di  s.  Marziale,  anco  per 
Carraia  delle  truppe  del  re  d'  Ungheria,  dueallre  vittorie  riportatene!  mctlesimo, 
cui  invano  la  repubblica  crasi  adoperata  comedissi  nel^  Vlli,ii.  33(ovecolC('iner 
di  calmare  coH'olferla  di  assistenza  con-  dissi  avvenuta  la  villuria  a'3  luglio).  Gre- 
tio  i  turchi;  e  ciò  in  onta  all'  energiche  gorio  XI  vedendo  con  pena  guerreggiar 
rappresentanze  di  Gregorio  XI  falle  al  tra  loro  l'armi  cristiane,  d'accordo  col 
se  perchè  imprendesse  la  guerra  per  re-  re  d' Ungheria  ,  bramoso  di  riacquistare 
priinere  la  baldanza  turcbesca,  che  al-  il  nipole,  inlerpose  con  tuttoardoreisuoi 
triuieiiti  avrebbe  occupalo  pure  le  prò-  ullici  per  la  pace,  la  quale  si  conclu>io  a' 
vincie  dUiiglieiia  e  di  altri  regni;  perciò  21  settembre  di  dello  anno.compiesovi 
il  Papa  avendo  richiesti  i  veneziani  di  il  Carrara  con  diverse  condiziuni  a  lui  0- 
unire  le  loro  forze  marine  alle  regie,  an-  nerose,  giurale  in  ginocchio  dal  (ìglio 
co  perchè  non  restassero  oppressi  i  loro  Francesco  Novello  al  doge.  L  accoinpa- 
dominii,  e  mostratisi  pronti,  riceverono  i  gnava  il  Petrarca  amicissimo  del  padre, 
pontidcii  ringraziiimenli.  Segrù  un  fatto  che  proferì  ornatissimn  orazione  in  lode 
d'armi  a  IVarvesa  sul  Piave,  in  cui  i  ve-  della  pace,  benché  alquanto  smarritosi 
neziaiiireslaronosconfitlie  prigione  Tad-  davanti  alla  maestà  senatoria,  oiiile  I  a- 
deo  Giusliniaiii;  le  bandiere  venete  por-  linga  fu  piolialta  al  (Pi  seguente  (altri  lo 
tate  trionralmeute  a  Padova,  furono  ap-  tengono  inverosimile),  e  fu  rpiesla  I  ulti- 
pese  nel  tempio  di  s.  Antonio.  Si  rifece-  ma  sua  missione.  Imperocché  torno  u 
10  i  veneziani  col  prendere  la  torre  tlel  suoi  pacifici  sludi  in  Ar(pia  o  Aiquuta, 
Curan,  e  rivoltisi  ad  Alberto  111  d' Au-  uno  degli  ameni  colli  Euganei,  circa  io 
stria  gli  offrirono  grossa  somma  alllnchè  miglia  lungi  da  Padovn,  ov'erasi  ritiralo 
impedisse  il  passo  agli  ungheri  e  venisse  a  e  dove  scrisse  il  libro:  Otll'i)i'ioraiizn  di 
soccorrerli;  ma  in  pari  tempo  il  Carrara  se  sIcmo  c  di  molli  (Questo  libro  liadot- 
gli  esibì  le  cillà  di  Feltie  e  Uelluno,  ed  to  acconciamente,  e  con  erodila  prela- 
altri  luoghi  da  (piel  duca  ambili  ,  così  zione  dal  sullodalo  óJ  Giuseppe^  Fra- 
guadagnandolo  alla  sua  parte.  Incalzan-  cassetti  di  Feimo,  venne  in  quest'anno 
do  la  guerra,  i  veneziani  neh  373  p.ese-  i«J8  .stampato  in  Venezia  dal  Grimal- 
10  a'ioro  stipendi  Francesco  degli  Orde-  do  in  dodicesimo,  colla  giunta  .h  tre  lel- 
lalli  signore  di  Forlì,  e  Giberto  da  Cor-  teiedelloslesso  l'clrarcu  a  Giovanni  bo..- 

VOL.    XCU.  *  ' 


,62  >  li  ^  V  E  N 

caccio).  Ed  ivi  ili  improvvisa  morJe  fu  pi-ovigionamcnlo  e  il  suo  commprcio,  s.i- 
colpito  a'  i8  loglio  o  28  agosto  i374,  rclihe  come  toglierle  la  vita;  licordava  i 
con  ilolore  vivissimo  di  Francesco  I  e  di  jìtnc^nzi  deiivati  dalla  sua  protezione  del 
tutta  Padova.  Ne  furono  chiuse  lescuo-  golfo  contro  nemici  e  pirati  fino  dagli 
le,  ed  il  suo  signore,  il  vescovo  col  clero,  antichissimi  tempi,  onde  giustamente  al- 
j  maggiorenti,  i  dottori  egli  studenti  con  la  repubblica  spettare  il  diritto  di  con- 
immenso  popolo  recaronsi  in  Arquà  a  tinuaine  la  custodia.  Gli  anconitani  si 
celebrar  l'esequie  di  quel  grande.  In  Ar-  rassegnarono,  e  i  veneziani  rigiiaidando- 
qnà  si  mostra  ancora  la  sua  casa  e  il  suo  si  come  padroni  assoluti  del  golfo,  non 
sepolcro  sostenuto  da  4  colonne,  e  visi-  per  solenni  trottati,  ma  sulla  propria  fur- 
ialo continuamente  da'  furastieri.  Riu-  za  e  sulla  preponderanza  marittima,  non 
scila  così  la  repubblica  con  tanto  van-  ne  permettevano  il  transito  se  non  con 
taggio  dalla  guerra  Carrarese,  accettò  Ce-  impeciale  licenza.  Frattanto  Gregorio  Xf, 
iieda  nella  sua  protezione,  e  volse  la  volendo  por  fine  ad  una  specie  di  vedo- 
menle  a  quelle  trattazioni  diplomatiche,  vanza  in  cui  languiva  la  Chiesa  romana, 
che  fuiinarono  sempre  lo  scopo  princi-  per  la  residenza  papale  fuori  del  suo  luo- 
pale  di  sua  politica,  diretta  ad  ampliare  go  naturale  trasportata  ,  a  fronte  delle 
ognor  più  la  prosperità  de'suoi  commer-  più  grandi  opposizioni,  circa  il  1  SyS  an- 
ci.  Mandò  ambasiiatori  in  Portogallo,  nun/iò  la  sua  partenza  d'y^i^/jj/io/«e  e  dal 
in  Inghilterra,  al  Cairo,  a  Verona.  So-  f'^cnaìssino.  Attenta  sempre  la  repub- 
stenne  sempre  inconcussi  i  diritti  di  si-  blica  nelle  dimostranze  di  rispetto  e  di 
gnorin  sid  golfo  Adriatico,  poiché  aven-  onore  verso  la  s.  Sede  ,  apparecchiò  5 
do  in  quello  gli  anconitani  predalo  alcuni  galee  e  le  pose  a  sua  disposizione,  come 
legni,  la  repiibblicn  intimòad  essi  di  resti-  scrisse  al  proprio  segretario  Ton)maso 
luirli,  osarebbero  trattatida  nemici, rinj-  Donincontri,  che  Irovavasi  presso  il  Pa- 
proverando  aspramente  il  fatto  come  in-  pa  in  Avignone.  Dice  il  Morosini,  che  fu 
sultante  al  diritto  di  proiezione  del  gul-  scelto  a  capitano  Giacomo  Moro  procu- 
fo  da  essa  acquistalo  con  tante  spese,  tan-  ratore,  e  destinati  12  ambasciatori  [)er- 
li  sforzi,  tanlo  sangue.  INello  slesso  lem-  che  nel  viaggio  onorassero  e  servissero  il 
pò  intimava  a  quelli  di  Fei  mo  ed  Ascoli  Puntefice  ,  ma  per  allora  fu  differita  la 
non  tenessero  barche  nel  golfo;  ed  a  Gre-  parlenza.  Per  non  ritornare  su  questo 
gorio  XI,  che  voleva  inti  onietlersi  e  che  argomento  e  perchè  si  collega  colle  rae- 
insisleva  sulla  libertà  del  mare  (in  que-  morabili  conseguenze,  qui  dirò  che  Gre- 
slo  tempo  il  Papa  concesse  a  chi  visita-  gorio  XI  s'imbaicò  a  Marsiglia  a'i  2  ol- 
va  l'altare  di  s.  Ciriaco  della  caltediale  lobreiSyG  sulla  galea  appositamente  co- 
d'Ancona,  a'4  rnsiggio  e  per  tutta  l'S.*,  slruita  dagli  anconitani,  grande  e  ben  a* 
l'indulgenze  slesse  già  accordate  da  A-  doma,  sontuosamente  corredata,  allidan- 
lessandio  111  alla  chiesa  di  s.  Marco  di  done  il  comando  al  nobile  e  valoroso  sei' 
Venezia;  confeimando  agli  anconitani  il  Ps'icola  Toriglioni  ammiraglio,  accompa- 
privilegio  loio  conceduto  da  Innocenzo  gnalo  da  due  ambasciatori,  altri  due  in- 
IV,  che  sulla  costa  dell'Adriatico  nessun  viandosi  a  Ostia  per  riceverlo.  Il  Papa 
porlo  si  formasse  a  danno  del  loro  coro-  creò  conte  del  castello  di  Cassero  il  Tori- 
Uiercio),rispondevasi  da'veneziatn,quan-  glioni  ,  e  in  più  modi  si  mostrò  grato  e 
lo  i^ltre  volle  aveano  dichiaralo:  Nona-  benefico  cogli  anconitani.  Tanto  alfer- 
veie  Venezia  né  campi  ne  vigne,  dover  mano  i  palrii  storici  Peruzzi  e  Leoni,  pe- 
essa  lullo  ritirare  dal  di  fuori;  chiunque  rò  discrepanti  sul  giorno  che  il  Papa 
volessa  molestare  o  impedire  ad  essa  la  montò  sulla  galea,  cioè  a'  i5  settembre 
via  del  mare,  da  cui  dipende  il  suo  ap-  o  a'2  ollobre.  il  Novaes  dice  a' 12  otto- 


V  EN 
brCj  accompagnato  da  3o  galee,  essendo 
Gregorio  XI  uiontato  sulla  capitana  de' 
cavalieri  gcrosuliuiitanijCo'cardiuali  a  ri- 
serva di  6,  la  corte  e  la  curia;  fra  le  qua- 
li galee  trovo  in  altri  scrittori  cli'eraiivi 
le  genovesi,  le  pisane,  (|uelle  della  regi- 
na Giovanna  I.  A'i3  gennaio  1877  ap» 
prodò  il  Papa  a  Ostia  ,  ed  a' 17   fece  il 
suo  solenne  Ingresso  in  Roma  con  ap- 
plauso de' romani,  cui  fece  eco  tutta  Ita- 
lia e  la  cristianità.  1   maneggi   de'  vene- 
ziani per  venire  a  giusta  [)ace  co'  ducili 
d'Austria  non  concludendosi,  il  duca  Leo- 
poldo penetrò  a'i5  marzo  1376  con  3ooo 
cavalli  per  la  chiusa  di  Quer  nel  Trevi- 
giano recandovi  gravi  guasti.  I  venezia- 
ni per  rappresaglia   sequestrarono  tutte 
le  merci  degli  austriaci  in  Venezia,   te- 
nendone le  persone  in  ostaggio,  e  prese- 
ro molteplici  provvidenze.  Treviso  pro- 
da mente  difesa  da  Pietro  Emo,  s'avan- 
zò ìMarino  Soranzo  fino  a  Feltre,  pren- 
dendo la  chiusa   di    Quer  ,  faceiulo   uso 
delle  bombardelle,  specie  di  cannone  che 
allora  couiinciavasi  a  costumare  ,  come 
dissi  nel  §  XIV,  n.  4(Noteiò  che  il  eh. 
Rambelli  ,  Lettere  intorno  i/n'cnzioni  e 
scoperte  italiane,  leti.  80:  Artiglierie,  e- 
rnditamente    prova  colla  storia,   doversi 
all'Italia  l'invenzione  delle  moderne  ar- 
tiglierie, bombarde  0  cannoni  come  poi 
si  disse,  fiitta  non  prima  deli3oo,  e  nuu 
dopo  il  i33o.  Quindi   non  essere  giusta 
l'opinione  abbracciata  dagli  scrittori,  cioè 
che  i  pi  imi  ad  usar  le  bombarde  in  guer- 
ra fossero    i   veneziani    nella   guerra   di 
Chioggia  combiitlula  nel  1378  e  ne'due 
susseguenti.  Piuttosto  convenendo,   che 
le  bombarde  sen»bra  aver  avuta  maggior 
perfezione  in  quella   clamoro'^a   guerra, 
avvisando  il  Muratori  nella  Disserl.  26.", 
che  fossero  le  bombardelle  che  allora  sol- 
tanto prendessero  ad  adoperarsi  e  non  le 
bombarde.  Che  neirarmeria  di  Genova 
fu  collocalo  uno  de'cannoni  di  cuoio  usa- 
ti da' veneti   in  quell'occasione,  lo  rilevai 
in  quell'artifolo,  il  quale  si  rannoda  con 
questo  pel  riferito  e  pel  da  riferirsi).  Di- 


VEN  ir,3 

poi  il  Soranzo  nella  difesa  di  quel  passo 
importante  avendo  ceduto  troppo  facil- 
mente al  duca  Leopoldo,  fu  condannato 
ad  un'auunenda,  e  a  non  poter  esser  e- 
letto  per  5  anni  uè  capitano  ,  né   prov- 
veditore, uè  governatore  in  alcun  luogo 
del  dominio  veneto.  Questo  salutare  ri- 
gore della  repubblica  era  bilancialo  dal- 
la   sua   magnanimità.   Kssendo  in  quel 
torno  morto  sotto  Feltre,  valoro-amen- 
te  combalteiulo,  Giacomo  iJuilo  triesti- 
no, la  repubblica  a  dimostrare  come  sa 
pesse  rimeritare  i  servigi  a  lei  resi ,   de- 
pose alla  camera  degl' imprestili   3, 000 
zeccliinida  aumentarci  pegl'interessi,  fin- 
ché la  figlia  del  Curio  fosse  da    marito; 
la  quale  premorendo,  lai  somma  doves- 
se passare  a  chi  avesse  partorito  la  vedo- 
va restata  incinta.  Altra  somma  fu  pa- 
gata al  padre  del  Burlo,  per  soddisfare  i 
debiti  da  quel  benemerito  capitano   in- 
contrati essendo  coll'e*ercito.  Cosila  re- 
pubblica era  amala  e  temuta  da'suoi  uf- 
fiziali.  Dopo  varie  vicende  guerresche  co- 
gli austriaci,  a  mediar/ione  del  red'Uu- 
sheria,  a'3  novembre  fu  conclusa  tregua, 
seguita  dalla  pace.  I  prosperi  successi  di 
Venezia  da  qualche  tempo  ridestavano 
l'antiche  gelosie  di  Genova,  derivate  da 
falli  parziali  avvenuti  in  Cipro  nella  co- 
ronazione del  re  Pietro  II    in  iN'icosia   e 
come  re  di  Gerusalemme  in  Famagnst  1, 
per  preminenze  ed  altro,  indicali  in  (|uel 
l'articolo,  in  uno  a   vari  combattimenti 
preliminari  della  nuova   furiosa  guerra 
(invece  di  Necoita  dovendosi  leggere  Ni- 
cosia),  occupando  i  genovesi  Fam-igosla 
e  il  resto  dell'  isola  di  Cipro,  che  >otto- 
posero  all'annuo  lrd)uto  di  .jooo  fiorini. 
A  sottrarsi  dalla  soggezionegeuovese  Pie- 
tro  II    invocò   il   soccorso  do' veneziani. 
Mentre  questi  reclamavano  il  solfertocol 
doge   Domenico  Fregoso,  il  cui  fratello 
Pietro  in  detti  falli   avea    malmenati   il 
biiilo  veneto  e  altri  concittadini,  insorse 
un  avvenimento  che  rese  inevitabile  la 
guerra.  Gl'imperatori  greci  perduta  l'A- 
sia minore,  occupala  du'lurchi,  questi  di 


iGA 


VE  N 


liequenle  si  recarono  mulaccnienle  sol- 
fo le  mura  di  Coslanliiiopoli;  ed  a  Gio- 
vanni I  Paleologo,  che  nel  suo  passaggio 
per  Venezia  eia  stalo  leiiulo  in  ostaggio 
per  debili,  siipeibamenle  inlimò  la   re- 
j)ubljlica  di  rinnovai'  le  tregue,  di  pagar 
le  con  venule  somme  e  di  perraellere  ne' 
suoi  siali  l'inUoduzione  de' vini  foreslie- 
li;  a  tulio  piegò  il  debole  augusto,  anzi 
convenne  di  cedere  a'veneziani  l'isola  di 
Tenedo  per  3ooo  ducali,  e  la  restitu- 
zione delle  gioie  che  lenevano  in  pegno. 
Intanto  Andronico  figlio  di  Giovanni,  e 
Saugi  figlio  d'Arnurat  I  sultano  de'tur- 
chi  cospirarono  contro  i  loro  padri  ,  on- 
de Andronico  fu  accecalo  e  Saugi  fitto 
morire.  Essendo  Andronico  chiuso  nella 
torre  o  fortezza  d'Ancona,  i  genovesi,  a 
palio  di  ceder  loro  l'isola  di  Tenedo,  rapi- 
damente lo  liberarono,  e  detronizzalo  il 
padre  con  due  figli  li  trassero  nella  slessa 
torre,  facendo  riconoscere  imperatoreAn- 
dronico.  Ma  non  poterono  i  genovesi  ot- 
tenere l'isola  di  Tenedo  ,  perchè  il   go- 
veroalore  rifiutandosi   di   riconoscere  il 
nuovo  imperatore,  volle  daila  piuttosto 
a'veneziani  ,  ricevendola  Marco  Giusti- 
Biani,che  si  trovava  in  que"mari,con  pia- 
cere degli  abitanti.  Allora  Andronico  a 
istanza  de'genovesi  fece  arrestare  in  Co- 
stantinopoli il  bailo  Pietro  Grimani  e  i 
mercanti  veneziani.  L'operato  dal  Giu- 
stiniani in  Venezia  fu  da  molti  disappro- 
valo, vedendo  in  esso  un'inevitabile  ca- 
gione di  guerra  con  Genova ,  ad   evitar 
la  quale  si  mandò  al  doge  Fregoso  am- 
J)asciatori  a  porre  rimedio  a  tanti  disor- 
dini. Dolentissimo  il  doge  sì  mostrò,  as- 
sicurando che  avrebbe  dato  oidiui   per- 
chè non  più  si  molestassero  i  veneziani  ; 
non  credere  che  i  suoi  genovesi  avessero 
parte  nell'alTare  di  Costantinopoli.  Ma  i 
■veneziani  sentendo  che  i  genovesi  arma- 
vano 12  galee  per  unirle  a  quelle  d'An- 
dronico, ri  vocarono  l'ordine  a  Pietro  Mo- 
cenigo  di  recarsi  colla  fiotta  a  Costanti- 
nopoli, per  lagnarsi  delle  violenze  pati- 
te dal  bailo  e  altri  sudditi  della  repub- 


V  EN 

blicn  ,  e  di  procurare   la  ripristinazione 
di  Giovanni  I,  iicorrendo  all'uopo  a'.soc- 
corsi  d'Arnurat  Idi  lui  amico,  invecein- 
giungendogli  la  prolezione  de'  mari;  ed 
a  Tenedo  fu   mandato  conveniente   na- 
viglio capitanato  da  Antonio  Venier,  sot- 
to il  comando  de'sopracomiti  Carlo  Ze- 
no e  Michele  Steno.  Il  Zeno,  secondo  un 
racconto  romantico,  come  lo  qualifica  il 
critico  Romanin,  celebre  d'altronde  per 
valorose  imprese,  arditamente  liberò  di 
prigione  Giovanni  I;  certo  è  che  torna- 
to questi  sul  trono  ,  le  cose  de'veneziaui 
nell'Oriente  si  ristabilirono.   La  guerra 
però  co'genovesi  pel  rifiuto  di  dare  sod- 
disfazione degl'insulli  falli,  e  per  la  pre- 
da di  qualche  legno  veneto,  si  rese  ogni 
dì  più  inevitabile. Suscitarono  inoltre  con- 
tro la  re[)id)blica  Francesco  1  da  Carra- 
ra, che  si  assicurò  de'sussidii  d'  Unghe- 
ria; laonde   i  veneziani   oltre  1'  alleanza 
con  Pietro  li  re  di  Cipro,  la  strinsero  of- 
fensiva e  difensiva  con  Barnabò  Viscon- 
ti signore  di  Milano  per  4  aimi,  {)attueM- 
do  che  gli  acquisii  dalla  parie   di    mare 
fossero  della  repubblica,  quelli  di   terra 
unitamente  al  Genovesato  appartenesse- 
ro al  Visconti.  Tulio  quindi  in  Venezia 
spirò  guerra,  corrispondenti  i  provvedi- 
menti e  gli  armamenti;  provveduto  alla 
sicurezza  del  Levante,  e  mandalo  Carlo 
Zeno  bailo  e  capitano  in  Negroponle.  A' 
22  aprile  jSyS  Vellor  Pisani  investito 
del  supremo  comando,  ricevè  in  s.  Mar- 
co, dal  doge  Contarini.il  vessillo  della  re- 
pubblica,con  acconcie  parole.  Salpò  quin- 
di il  Pisani, coni 4  gii'ee  come  avanguar- 
dia, dirigendosi  verso  Genova  per  attra- 
versare il  passo  al  capitanogenovese  Lui- 
gi Fieschi;  s'avanzò  fino  a  i^orlo  Pisano, 
e  dandosi  quindi  a   inseguire  il  Fieschi, 
lo  raggiunse  al  capo  d'  Anzio   presso   il 
porlo  omonimo  e  le   foci  del  Tevere  a' 
'óo  maggio.  Ad  onta  del  mare  tempesto- 
so e  la  dirottissima  pioggia,  dopo  lungo 
e  aspro  combattimento,  i  veneziani  re- 
starono superiori.  Una  galea  genovese  si 
fracassò  nella  costiera,  5  altre  col  Fieschi 


V  EN 

e  l'equipaggio,  con  molli  delle  principali 
fatiiiglie,  prese  da'vittoiiosi  forono  oian- 
date  a  Venezia,  ove  i  prigioiiiei'i  riceve- 
rono traltanieiito  umano  ,  u»iligala  la 
prigionia  dalla  pietosa  carila  delie  dame 
venete.  In  pati  tempo  il  marchese  dal 
Carretto,  signoie  di  Finale,  eccitato  da' 
veneti  corieva  devastando  il  Genovese. 
Grande  fu  la  commozione  del  popolo  in 
Genova,  e  corso  al  palazzo  del  doge  Fre- 
goso  tumultuariainenfe  il  depose,  e  sen- 
za allendere  che  i  nobili  si  congregassero 
per  eleggere  il  successore,  gridò  doge  JN'i- 
colò  Guarco,  il  porlo  in  trionfo  per  la 
città,  scongiurandolo  a  volgere  ogni  pen- 
siero alla  guerra  e  a  vendicare  l'onor  ge- 
novese. Il  i'isaui  se  avesse  avuto  maggio- 
ri forze,  sarebbesi  forse  volto  a  Genova, 
ove  grandissimo  era  lo  spavento  ;  tentò 
altre  iuìprese,  prese Cattaro,  Sebenico  fu 
saccheggiata,  Arbe  si  arrese,  non  Traìi, 
Zara  daimeggiata;  ed  ebbe  ordine  di  trat- 
tenersi nelle  acipie  d'Istria  a  proteggere 
il  golfo.  iNello  slesso  tempo  Carlo  Zeno 
inseguì  i  genove>i  in  tolti  i  mari,  e  recò 
loro  non  poclii  danni.  La  guerra  ardeva 
anche  nella  Terraferma,  ove  il  Carrara 
preso  al  soldo  il  cnv.  Giovanni  degli  O- 
bizzi,  co'5ooo  ungheri  condotti  dai  vaivo- 
da  di  Transilvania,  assediò  iMestre  fulmi- 
nandola dal  cam[)auile  del  sobborgo  con 
batteria  armata  di  cannoni; quando  i  ve- 
neziani fatto  penetrare  un  ritiforzo  nella 
città  ,  il  nemico  fu  respinto  e  del  tutto 
sbaragliato,  con  gloria  del  suo  coman- 
dante Francesco  Delfino.  Il  Visconli  dal 
canto  suo  si  gettò  nel  Vicentino  e  nel  Ve- 
ronese, per  privarne  i  fratelli  Carlolonieo 
e  Antonio  Scaligeri,  e  vi  sarebbe  riuscito 
se  il  denaro  non  avesse  corrotto  le  sue 
truppe,  per  cui  fu  costretto  a  tregua  fino 
al  gennaio  iSyQ.  Nel  febbraio  di  (|uesto 
anno,m  l^ola,  Veltor  Pisani  ricevè  un  rin- 
forzo d'i  I  galee,  co'prov veditori  iVIichele 
Steno  e  Carlo  Zeno.  A'7  niaggio  iojprov- 
visamenle  si  fece  innanzi  al  porto  di 
Pola  la  flotta  genovese,  composta  di  23 
galee  e  2  galeolle,  comandala  da  Lucia- 


VEN  ,r.> 

no  Doria.  Voleva  il  Pisani  schivare  la 
battaglia  per  le  sue  forze  lrop[)o  inferio- 
ri, e  per  essere  la  ciurma  scemata  dalle 
malattie  e  in  gran  parte  ancora  inferma, 
e  doversi  attendere  il  ritorno  dal  IMediter- 
raoeo  dello  Zeno,  anche  per  considerare 
che  se  l'esito  fosse  infelice  non  rimaneva 
riparo  a  Venezia.  Non  cosi  la  sentivano  i 
suoi  udiziali ,  riguardando  inilegno  del 
nome  veneto  il  restarsi  inoperosi,  dover- 
si assalire,  tacciando  il  capitano  di  co- 
dardia. Pisani  allora  risolutamente  die 
gli  ordini  della  battaglia  e  uscì  dal  porlo 
con  poco  più  di  20  galee.  Disposto  l'as- 
salto si  lanciò  contro  il  nemico,  e  com- 
battendo con  mirabile  valore,  uccise  lo 
stesso  Doria.  Mostrando  i  genovesi  di  ri- 
tirarsi ,  già  credevano  i  veneziani  aver 
trionfato  e  gl'inseguivano,  quando  entra- 
la fra  essi  la  confusione ,  avendo  anche 
mancato  alcuni  capitani  d' investire  ,  il 
condjaltimenlo  terminò  colla  totale  scon- 
fitta della  fluita  veneziana,  della  quale  (i 
sole  gale:^  col  Pisani  e  lo  Steno  potero- 
no salvarsi  a  Parenzo.  A  tal  nuova  fu  in- 
descrivibile lo  spavento  in  Venezia,  im- 
mensa la  confusione,  generale  il  lutto  per 
tanti  morti  e  prigioni.  Carlo  Zeno  colle 
sue  navi  lontano,  il  nemico  alle  porte,  si 
disperava  della  salvezza.  Chiamalo  il  Pi- 
sani a  Venezia,  per  aver  mancalo  ili  pre- 
videnza, a'7  luglio  fu  privo  per  5  anni 
d'ogni  uffizio  e  beneficio,  e  condannalo  a 
G  mesi  di  prigione,  anzi  il  suo  biografo 
aggiunge  che  si  trattò  condannailo  all'ul- 
timo supplizio  fra  le  colonne  della  Piaz- 
zetta; lo  Steno  perde  tulli  gli  uffizi  per 
ini  anno,  e  castigati  i  capitani  che  non 
aveauo  investito  il  nemico.  La  flotta  ge- 
novese ricevuti  i  rinforzi  che  le  condusse 
il  nuovo  ammiraglio  Pietro  Duna,  fatta 
ardita, riprese  le  terre  occupate  dal  Pi- 
sani nell'Istria  e  nella  Dalmazia;  poi  con 
40  galere  e  molte  barche  annate  spia- 
tasi avanti  fino  in  Ciccia  al  porlo  di  s. 
Nicolò  di  Lido,  colà  con  gran  dolore  e  spa- 
vento de'  veneziani ,  che  da  tanti  secoli 
uoQ  avevano  vedute  armi  uemichc  nelle 


1 66  VE  .\ 

proprie  Lagune,  s'impachonì  d'una  nave 
carica  di  merci.  A  difesa  delia  ca|)ilale  si 
tiouiiiiò  Leonardo  Dandolo  generale  so- 
pra il  Lido,  comandante  delle  Irnppe  di 
lerra  Giacomo  Cavalli  con  4,ooo  caval- 
li, 2. ODO  fallii  e  buon  numero  di  baie- 
slrieri ,  ed  il  comando  delle  poche  galee 
rimaste  si  aflidò  a  Taddeo  Giustiniani. 
Si  fecero  fortificazioni,  con  iiinumeiahili 
provvedimenti;  ma  riuscirono  inutili  i 
tentativi  per  pacificare  il  re  d  Ungheria, 
le  condizioni  essendo  durissime  e  tanto 
inaoimissibili,  che  fu  deciso  correre  lutti 
i  pericoli  e  i  danni  della  guerra,  e  piut- 
tosto cadere  da  veneziani    liberi   e  decui 

o 

de'Ioro  magijiori.  I  padovani  e  genovesi, 
già  >icuri  della  completa  vittoria,  millan- 
tavano di  voler  piantare  una  buona  for- 
tezza nella  città  di  s.  Marco,  un  castello 
io  Cannaregio,  e  costruire  una  via  per 
la  quale  si  potesse  andare  da  Cannaregio 
in  Terraferma,  A'6  agosto  iSyg  Pietro 
Doria  con  47  galee  ,  dopo  aver  preso  e 
bruciato  Umago,  Grado,  Caorle  ,  J^ove- 
glia,  piegò  verso  Malamocco  che  fece  re- 
sistenza, e  passando  oltre  incendiò  Pele- 
strina,  ed  occupò  Chioggia  minore.  Da 
questi  felici  successi  inorgogliti  i  genove- 
si, S'  accinsero  aires[)ugnazione  di  Clii(jg- 
gia  maggiore,  nella  (juale  era  podestà  Pie- 
tro Eujo  con  presidio  di  3ooo  fanti.  Nel 
Trevigiano  il  Carrara  e  gli  ungheri  occu- 
parono più  castelli:  Venezia  stretta  da 
mare  e  da  terra  Irovossi  in  tali  angustie 
elle  mai  ne  provo  njaggiori.  Venne  ad 
accrescerle  la  (lerdila  di  Chioggia  mag- 
giore :  un  gran  canale  attraverso  la  La- 
guna stabiliva  la  sua  comunicazione  con 
Venezia;  questo  era  il  campo  su  cui  agi- 
la  vansi  le  sorli  della  repubblica.  A'i6a. 
gosloi379,dopo  fiero  combattimento,  so- 
stenuto bravamente  da'  veneziani  ,  con 
assalto  generale  Chioggia  maggiore  fu  e- 
spugnala  ,  al  cui  terribile  annunzio,  Cu 
indicibile  lo  spavento  e  la  costernazione 
in  Veoezia,  aumentata  dal  suono  a  stor- 
mo della  campana  di  s.  Marco.  I  più  co- 
raggiosi però  gridavano,  non  esser  la  pa- 


V  E  N 
tiia  perduta  finché  restasse  chi  pole'^se 
ancora  impugnare  un'arma.  Non   man- 
carono intanto  a  se  stess.i  il  doge  Conta- 
rini  e  il  senato.  Prima  di  ricorrere  agii 
estremi,  si  vollero  tentare  le  vie  di  pace, 
avviando  pratiche  col  Carrara  e  col   re 
d  Ungheria,  ma  rifiut. irono  trattare;  e  il 
comandante  genovese  dichiarò  esser  suo 
fc-i  ino  proponimento  d'  imporre  la   bri- 
glia a'  cavalli  di  bronzo  sul  pronao  del- 
la  chiesa   di   s.   Marco,  con   quelle  or- 
gogliose parole  che  riportai  nel  volume 
XKVIII,  p.  3o5.  Venezia  non  avea  più 
d inique  a  sperare  se  non   nelle   proprie 
forze.  Pertanto  si  fecero  altre  fortifica- 
zioni, si  armarono  altri  navigli  a  custo- 
dia de'canali,  si  costruirono  nuove  gale- 
re, si  sospesero  tulli  gli  stipendi  a'inagi- 
strati.  Era  il  i  3  settembre,  Treviso  e  Ma- 
lamocco assediate,  s.  Erasmo  incendiato, 
occupali  la  torre  della  ljebbe,Cap<jdargi  • 
ne  e  Loreo,  le  vettovaglie  cominciavano 
a  mancare.  Allora  suonata   la   campana 
dell'  arcììgo   si   convocò   il    popolo  io  s. 
Marco.  Pietro  Mocenigo  in  nome  del  do- 
ge, disse  grave  esser  il  pericolo,  ciascuno 
di;vesse  pensare  a  difender  la  propria  ca- 
sa, i  nobili  avrebbero  diviso  col    popolo 
sino  all'ultimo  tozzo  di  pane,  ognuno  po- 
ter parlare  di  guerra  e  consigliare  il  be- 
ne del  comune.  Rispose  il  popolo  ad  una 
voce:  vogliamo  difenderci;  doversi  cava- 
re quante  galee  erano  nell'arsenale;  ar- 
mai le,  uscire;  andar  incontro  al  nemico 
e  batterlo;  meglio  che  non  aver  a  cedere 
per  mancanza  di  vettovaglie.  Si  procla- 
mò capitano  generale  Taddeo  Giustinia- 
ni; ma  il  popolo  gridò  voler  a  capitano 
supremo  Vettor  Pisani,  soltanto  sotto  di 
lui  voler  combattere.  11  senato  saviamen- 
te acconsentii  a  liberar  Pisani    (il  Caresi- 
ni  continuatore  del  croiiicista  Dandolo  e 
contemporaneo,  nulla  dice  di  questa  li- 
berazioneforzala  del  Pisani),  il  quale  por- 
talo in  trionfo  al  palazzo,  agli  evviva  del 
popolo  modestamente  rispondeva:  T^ìvti 
s.  Marco.  Volle  prima  di  tutto  far  le  sue 
divozioni  in  chiesa,  indi  presentato  al  priu- 


VEN  Vl'\                 ,r,7 

cipe  e  alla  signoria,  fu  con  mollo  onore  al  salvamento  della  pitiij.  Eseguito  l'.u-- 
accollo,  ed  il  tloge  con  gravi  e  aireltiiose  mamento  generale,  un  3."  restò  alla  ililc- 
piirole  gli  manifestò  la  confidenza  die  o-  sa  della  città,  gli  altri  due  si  posero  sotto 
giiuno  poneva  nel  suo  valore,  e  mcllere  gli  ordini  del  Pisani,  che  tosto  ri|)re-.o 
in  ol)i)!i(j  ogni  passalo  accidente.  E  il  Pi-  le  ostilità.  Il  i .°  scontro  avvenne  per  o- 
sani  rispose,  il  ver  sempre  riverito  le  pub-  pera  di  Giovanni  Darbarigo,  che  profìt- 
bliclie  deliberazioni,  e  non  restargli  che  tando  del  vantaggio  che  le  barche  leg- 
coi  rispondere  a  quella  fiducia  di  che  ve-  giere  e  i  marinari  esperii  delle  Lagune  u- 
niva  onoralo.  Il  popolo  però  non  volle  vevano  sopra  i  grossi  navigli  genovesi  e 
che  dividesse  il  comando  col  Giusliiruini,  di  quella  navigizione  mal  pratici,  con  [lic- 
onde  gli  fu  conferito  il  comando  genera-  cola  squadra  improvvisamenleassari  una 
le,  ed  allora  il  pubblico  entusiastiio  non  galea  e  due  altri  vascelli  posti  alla  custo- 
Irovò  [)ÌLi  licnile,  tulli  correndo  ail  iscri-  dia  del  fortedi  IMonlalbano  occupato  da' 
versi  ne'i  noli  della  milizia,  lutti  offrendo  padovani,  li  prese  e  incendiò,  conduceii- 
alla  patria  ori,  argenti,  gioie,  quanto  ()os-  do  a  Venezia  i  5o  prigionieri.  Questa  pie- 
sedevano  di  valore,  inclusivamenle  ale  cola  vittoria  rinfrancò  non  poco  l'animo 
donne.  Tulli  presero  le  armi  ,  i  preti  e  de'  veneziani ,  traendone  buon  augurio, 
persino  i  monaci,  meno  i  frati  minori,  i  Ormai  era  un  lamento  universale  contro 
(|uali  furono  espulsi  da  Venezia  d.illa  si-  la  passiva  difesa;  voleva  ciascuno  uscire 
gnoria,come  narra  il  biografo  Casoni. Fu-  e  mism-ar^i  col  nemico.  Prudente  ed  as- 
rono  cavate  .{o  galee  dall'arsenale  e  pò-  sai  ben  concepito  era  il  piano  di  guerra 
sle  alla  riva  di  s.  INIarco,  in  3  giorni  ar-  proposto  dal  Pisani;  esso  tendeva  ac|  ini- 
mali  due  terzi  dell'equipaggio,  ma  non  prigiooar  la  tlolla  genovese  nella  La;;u- 
|iole\a>«i  aveie  quanto  bisognava  pel  re-  na,  impedendole  e  l'  uscita  e  il  iioevere 
sto;  il  novembre  già  volgeva  alla  fine  e  rinforzi,  e  ciò  sollanlo  colla  chiusura  dei- 
Venezia  era  agli  estremi;  stretta  dal  ne-  le  3  uscite  di  Chioggia  ,  di  Drondolo  e 
luico,  angustiala  dalla  fame,  il  potere  m  del  canale  ili  Londiaidia.  Nel  giovarmi 
mano  ilei  popolo  che  avea  l'armi  e  la  cu-  della  magnifica  Sloiiii  (locmncnldla  del 
studia  dei  Lido  e  della  ciltà.  Fu  decretato  benemerentissimo,  dotto  e  eh.  Rom.inin, 
un  [)reslito  forzato  del  5  peri  coche  in  70  bello  e  importante  sarebbe  il  seguii  lo  au- 
coiilrade  fiutlò  la  ragguardevole  somma  co  negl'interessanti  parlioolari.Si  vedreb- 
di  lire  6,29  i,o4o;  che  conseguita  la  pace,  be  una  nobile  popolazione  piena  di  ma- 
3olia  le  famiglie  che  più  avessero  con-  gnanimi  spiriti,  ridotta  agli  eslreini,  tro- 
ll ibuito  colle  persone  e  cogli  averi  in  pio  v<ue  in  se  stessa  e  nel  proprio  mirabile 
della  patria  sarebbero  ammesse  al  mag-  patriottismo  i  mezzi  abbonJanli  onde  far 
gior  consiglio  e  perciò  dichiarate  nobili;  froniead  un  nemico  strapotente  e  su[)er- 
a'più  zelanti  stranieri  fu  promessa  lacil-  ho;  bello  sarebbe  il  seguire  passo  passo 
tadinanza,  adottando  la  patria  per  figli  que'uujltissimi  provvedimenti  de' 3  savi 
que'che  con  ardore  avessero  contribuito  deputali  alle  cose  della  guerra,  quelli  di 
alla  sua  libertà  e  indipendenza;  e  dall'ai-  altri  magistrali  e  dell'eroico  Pisani,  che 
Irò  canto  fu  dichiarato,  che  quel  vene-  la  condussero  in  fine  a  salve/za;  bello  an- 
ziano che  si  fosse  allontanato  dalla  pa-  Cora  il  grave  insegnamento,  non  aversi 
Ina,  dovesse  perdere  ogni  privilegio  e  di-  inai  a  disperar  della  patria,  quanilo  essa 
ritto  di  cittadinanza;  menlre  jooo  duca-  è  ricca  di  virtuo^i  e  magnanimi  cittadi- 
ti  annui  sarebbero  distribuiti  a  que'  di  ui.  Il  doge  Contarini  ottuagenario,  a  dar 
scarse  fortune.  Fu  una  lodevole  gara  gè-  esempio  d'  amor  patrio  in  faccia  al  pe- 
uerale  in  offrire  generosaineulc  gidee,  e-  ricolo,  volle  imbarcarsi  sull'aniiala  de- 
quipaggi,  armati,  somme  per  concorrere  simula  ad  UìCiru  contro  il  nemico.  Era 


.68  VEN 

jaiiolleile'21  al  22  dicembre  1379 rjnan- 
clo,  tulio  essendo  proDlo,  le  |j;irclie  ve- 
neziane tacitamente  uscivano  alla  volta 
diCliioggia,  liinorcliiaitdodiie  gio>Jsecoc- 
che  (specie  di  grosse  navi  antiche)  piene 
di  pietre  da  nfìondaisi  per  ingombrare  e 
serrare  i  passi.  Avanti  1'  aurora  esse  era- 
no pervenute  al  passo  di  Cliioggia  tra 
Pelestrina  e  Brondolo  ,  e  sbarcati  circa 
5,000  uomini,  questi  piombarono  a  im- 
padronirsi della  punta  di  Ciondolo,  dan- 
ilo  tempo  all'armata  di  più  agevolmente 
chiudere  i  passi;  ma  assalili  tla'genovesi 
furono  costretti  a  rimbarcarsi  non  senza 
disordine.  Non  pertanto  fece  Pisani  con- 
tinuare i  lavori;  7  galee  genovesi  accor- 
se a  impedirli,  bruciarono  uno  de'navi- 
gli;  inlanlo  gli  altri,  colto  i!  momento, 
all'ondarono  le  barche  cariche  di  sassi,  e 
fu  allora  veduta  sorgere  improvvisamen- 
le  e  quasi  per  uìiracolo,  in  mezzo  all'ac- 
que, una  diga  insormontabile.  Uiuscila 
l'opera  da  quesla  palle,  conveniva  fare 
altrettanto  da  quella  di  Drondolo;  ma  il 
nemico  slava  all'erta  e  l'impresa  era  dif- 
licilissima,  dovendosi  passare  sotto  il  fuo- 
co de'cannoni  genovesi.  iXon  per  questo 
atterrilo  il  Pisani  ne  die  il  carico  a  Fe- 
derico Cornalo,'  il  quale  uscito  con  4  ga* 
lee,  fu  seguito  da  lui  con  altre  io  col  do- 
ge. Nell'ardore  del  comballimeulo,  lavo- 
rando indeJcssamente  i  zappatori  alla  di- 
sfogliala chiusura,  riuscirono  a  compiila. 
Allora  Pisani  celereinente  risalendo  pel 
canale  di  Lombardia  ,  aifondò  anche  in 
esso  grosse  barche;  poi  uscito  dalle  La- 
gune pel  passo  del  Lido,  fece  il  giro  del- 
l'isole e  andò  a  collocarsi  al  di  fuori  dal- 
la banda  dell'alio  mare.  Così  l'armala 
genovese  si  trovò  chiusa  d'ogni  parte,  e 
se  non  voleva  arrendersi  ,  le  bisognava 
lotitpere  (pielle  sbarre,  superare  i  sassi  e 
le  palificate.  iMa  la  posizione  de'venezia- 
iii  al  di  fuori  non  era  men  pericolosa:  oìì 
colpo  di  vento  poteva  disperdere  i  loro 
navigli,  render  vane  le  loro  fatiche  e  li- 
l)erare  il  Doria.  ln(j|ire  dalla  pnrie  di 
l*rondoio  erano  fula)inali  dairurliglierie 


V  EN 
nemiche;  1'  inverno  facevasi  vieppiù  ri- 
goroso, i  viveri  difettavano,  malattie  e 
morti  non  mancavano  de'non  avvezzi  a 
tanti  f)alimenti,  onde  manifestavasi  un 
cerio  desiderio  di  tornare  a  Venezia.  Ma 
il  vecchio  Corilarini  da  degno  doge  di- 
ceva: lo  che  m'avvicino  agli  80  anni,  vo- 
glio prima  morire  che  di  qua  senza  vit- 
toria partirmi.  Frattanto  nella  mattina 
del  i,°  gennaio  1  38o  si  videro  apparir  da 
lungi  18  vele,  ha  la  speranza  che  fossero 
di  Carlo  Zeno,  e  il  liinore  de' soccorsi  at- 
tesi da'genovcsi.  Non  è  a  dire  l'ansia,  il 
trepidare;  com' è  indescrivibile  la  gioia 
successa,  allorché  dalla  torre  di  s.  Marco 
si  scorse  svenlolar  sulle  navi  avvicinan- 
tesi  l'augusto  Leone  alato;  si  vide  ch'era 
la  flotta  j)atria  con  Zeno  che  accorreva 
alla  sua  salvezza,  richiamato  da'  messi 
della  repubblica  da'nìaii  di  Beirut  e  di 
Romania.  Ed  ei  tornava  non  solo  soccor- 
ritore, ma  già  trionfatore  di  vari  legni 
genovesi  predati,  anco  con  preziose  mer- 
ci. Presentatosi  al  doge,  rileiì  aver  som- 
merso ben  70  barche  genovesi,  ricco  di 
bollino,  e  pronto  a  collocarsi  ove  si  vo- 
lesse a  salute  della  patria.  Ebbe  il  sito 
più  pericoloso,  quello  di  Brondolo;  dovè 
patire  fiera  burrasca,  esposto  al  fuoco  ne- 
mico e  m  uà  1)1  li  11  ente  si  salvò  colla  sua  de- 
strezza. Fatalaienle  insorse  grave  alterco 
fra  gl'inglesi,  i  tedeschi,  gl'italiani  al  sol- 
do della  repubblica,  cui  il  doge  riuscì  ri- 
conciliare. Fu  poi  riacquistata  la  torre  di 
Loredo,  importantissima  posizione  per 
vettovfigliaieVenezia, poiché  aperta  quel- 
la via  di  comunicazione  si  poterono  riti- 
rare i  viveri  die  mandava  per  l'Adige  il 
marchese  di  Ferrara,  e  far  altresì  entrare 
trupperaccoltesulcontinenteiindisi  rivol- 
sero l'armi  all'espugnazione  diBrondolo,e 
al  blocco  di  Fossone,  ove  in  divisioni  .stan- 
ziava la  flotta  nemica.  In  ([nell'occasione 
facevano  uso  i  veneziani  d'enormi  bom- 
barde ,  colle  quali  lanciavano  palle  di 
marmo  dalle  i4o  alle  200  libbre,  e  per 
una  di  esse,  per  la  caduta  d'una  mura- 
glia del  campanile  ilei  palazzo,  a'22  geix» 


VEN  VEN                     ,6^ 

noio  ne  rimnse  schiaccialo  l'ammiraglio  provocò  i  veneziani  a  hnllaqlia  iniitil- 
genovese  PieUo  Ooi ia,  che  v<,levn  iinhii-  menJe,  che  anzi  riuscì  a'veneli  impatlro- 
gliare  i  cavalli  di  bronzo.  Napoleone  Ori-  nirsi  cl'So  barche  di  viveri  dal  Carrara 
maldi  assunse  il  comando  in  hiogo  suo,  mamlale  a  Chioggia.  In  rpiesfa  slrerii  i 
il  quale  vedendosi  sempre  più  chiuso  da'  genovesi,  detnolirono  vane  ca<e  per  im- 
■veneziani,  concep'i  l'aidito  liisegiio  di  la-  |)iegnine  il  legname  a  coslriiire  Ics'^ere 
gliar  r  isola  con  nn  canale  e  per  qiie'«lu  biirchette  per  sguizzare  tra  la  ilotla  ne- 
aprirsi  una  via  nell'alto  mare.  A'i3  feb-  mica  e  raggiungere  quella  del  MartilFo; 
braio  i  veneziani  volsero  gli  ultimi  sfor-  ma  Zeno  e  Pisani  gli  obbligaronoa  ritor- 
zi  contro  Brnudolo,  mentre  l'ardore  ile'  naie  a  Chiog2;ia.  La  fame  in  questa  era 
cittadini  non  rallentando, altri  volontero-  divenuta  e»lreaia  a  segno  di  nutrirsi  di 
si  non  mancarono  all'impresa.  Il  Zeno  cdii  i  piìi  schifosi,  mancando  pure  1' ac- 
dièuiia  furiosabaltagiia  al  portodi  Bron-  qua  potabile.  Non  rimanendo  che  Tal- 
dolo,  onde  i  genovesi  furono  postilo  fu-  tei  nativa  di  morir  d'inedia  o  di  capito- 
ga,  il  ponte  si  ruppe,  parte  di  essi  affogò  lare,  i  genovesi  mandarono  ambasciato- 
col  valoroso  capo  Tommaso  de  Guano,  ri  sul'a  capitana  del  doge  a'  21  giugno, 
gli  altri  caddero  in  potere  de'viticitori  :  ma  gli  fu  risposto  di  rendersi  a  discre- 
IJiondolo  fu  perduto  pe'genovesi.  Gran-  zione.  Tenlarouo  allora  i  genovesi  di  so- 
de fu  quindi  la  cfxlernazione  in  Chiog-  scilar  tinnulti  nel  campo  di  Zeno,  coni- 
già,  e  i  genovesi  cominciarono  ad  avve-  posto  quasi  lutto  di  truppe  mercenarie 
tieisi  che  solo  i  pronti  aiuti  jìatrii  gli  a-  indisciplinate,  che  allora  può  dirsi  pa- 
vrebbero  potuti  salvare.  Infatti  Genova  droneggiavano  Italia;  ma  egli  afferrato  il 
informata  del  blocco  di  Chioggia  avea  vessillo  di  s.  Marco  promettendo  premi 
fatto  uscire  a'i8  gennaio  i.38o  un'altra  ali'cspuguay.ione  di  Chioggia,  fece  torna- 
flotta  di  20  galere  CiKoandata  da  Mal-  re  all'ubbidienza  i  sediziosi.  Riuscito  a' 
teo  JMaitjiro,  intanto  che  Gaspare  .Spino-  genovesi  inutile  altro  tentativo,  vedendo 
la,  giunto  a  Paflova  [)er  terra,  dovea  far  nulla  restare  più  loro  a  sptjrare, 3*245111- 
entrare  in  Chioggia  un  convoglio  e  pren-  gnoi  38o  conclusero  i  patti  della  resa,  e 
derne  il  governo.  Stringevasi  il  blocco  pallidi,  macilenti,  somiglianti  a  cadaveri, 
di  Chioggia  [)er  volere  del  Pisani  e  del  «i  diedero  in  mano  al  vincitore,  in  nume- 
Zeno,  i  quali  magnanimi  cittadini  assuii-  ro  di  4'  70  genovesi  e  200  padovani, con 
sero  la  responsaljilità,  contro  1"  opinione  1  7  g=dee  miserande  reliquie  di  formida- 
degli  altri  capitani  che  preferivano  uno  bile  armata.  Il  Casoni  enumera  4  t  ì'^ 
scontro  decisivo,  anco  per  la  crescente  p|•i^ioni  ,  cioè  4'?^  liguii  e  2t)(S  pado- 
careslia  di  Venezia  e  pel  pericolo  che  so-  vani,  i  quali  lutti  stretti  in  ferri,  furono 
praggiiingendo  soccorsi  al  neinico  fossero  poi  gettati  ne'magazzini  di  Terra  Nuova, 
con  vergogna  costretti  a  levar  l'assedio,  silu-ili  colà  dove  o;  a  verdeggiano  i  giardi- 
J'isani  e  Zeno  restarono  fermi,  che  infe-  ni  del  real  palazzo. CoMdiioggia  era  licoii- 
riori  di  forze  non  vollero  mettere  al  ri-  quistata,  tornò  la  gioia  nella  icpubbli- 
schio  «l'una  baltaglia  la  salute  della  pa-  ca  ,  il  doge  nel  Ijucintoro  rientrò  con 
tri  I.  Per  u)ala  ventura,  a'20  aprile  Tad  magnidco  trionfo  a  Veueiia,  accompa- 
deo  (jiuslininni  che  con  12  galee  erasi  guato  da  numero  infinilo  di  barche  pie- 
recato  in  .Sicilia  all'accpiislo  di  grani,  a-  ne  di  popolo  esullaute;  mentre  le  ga- 
vendo  concesso  6  galee  |)er  loro  scorta,  Ice  genovesi  erano  condotte  colle  bau- 
fu  attaccato  da  ìMaiulìò  e  combattendo  diere  abbassate.  Pei  ò  il  pericolo  non  era 
da  prode  r<;slò  "into  e  co'suoi  prigionie-  «lei  tulio  cessilo,  la  querra  conlinuav.i. 
ro.  Quindi  IMariillo  direttosi  a  Venezia  e  Nel  1  38  1  la  (lolla  di  .Marulfo  accrescui- 
yiunlo  a'  i4  niag-io  in  fjccia   al   porto  la  pe'rinforzi  di  Spinola, aiutala  perle»- 


,.o  VEiN  VEN 

ra  (hille  "eoli  del   patriarca  d'  Aqnileia,     la  pace  in  congresso  o  Torino.  Ivi  si  re- 
nrese  Trieste,  Arbe,  Pela,  Capo  d'Istria,     careno  a  concluderla  i  rappresentanti  di 
e  s'avanzò  di  nnovo  verso  Venezia.  A'27      Lodovico  l  re  d'  Ungheria,  della  repub- 
nprJJe  Vetlor  Pisani  el)be  ordine  d'usci       blica  di  Venezia,  di  ipiella  di  Genova,  ili 
le  a  combatterlo  colla  sua  flotta  di  4?      Francesco  I  Carrara,  di  Uandek  patriar- 
"alce,  e  ricuperata  Capodistria,  devastò     ca   d'  Aqnileia,  ed  anche  de' comuni    di 
le  coste  dalmaleov'eiansi  ricoverali  i  gè-      Firenze  e  d'  Ancona.  In  principio   della 
novesi.  Si  volse  rpiindi  il  Pisani  alla  Pu-     seduta  disputandosi  tra' veneziani    e  ge- 
clia  per  sorprendervi  12  navi  genovesi,     novesi  chi  avesse  prirnt    ad    intavolare 
le  quali  tosto  si  allontanarono,  e  nell'in       le  proposizioni,  alla  fine  alzatosi  in  pie- 
se"uirle  leslò  ferito  e  mori  a'  1  3  agosto      di    il  veneto  Ziccaria  Contarini,  troncò 
in  Manfredonia  (non  senza   sos[)elto  di      ogni  inutile  diverbio  con  queste  aiemo- 
veleno).  11  corpo  di  quell'illustre  eroe  fu      rande  parole:  Noi  non  come  vinti  e  ne- 
trasportato  a  Venezia,  al  cui  solennefu-     cessitali,  ma  come  vincitori  e  trionfanti, 
nerale  assisterono  il  doge,  il  senato  e  tot-     tlomandiamo  li  pace.  Nos  non  virli,  ant 
ta  la  città:  fu  sepolto  nella    chiesa  di  s.     coadi,  fcd  lamqiiani  vic/orns,  et  irìuin- 
Aotonio,  ove  gli  fu  eretta  una  statua  con     pliatore<!,pacemqueri'nu.';.Sovpies\  e  am- 
iscrizione,  la  quale,  salvala  dalle   rovine      mutoliti  gli  uni,  applaudirono  gli    altri, 
del  tempio,  si  conserva  nella  sala  d'armi      e  dopo  molli  parlamenti  1*8  agosto  i38r 
dell'  Arsenale,  ove  pur  si  vede  tale   sta-      fu  convenuto a'seguenti  onesti  e  decorosi 
tua.  Il  comando  generale  fu  dato  a  Ciu  lo      patti,  sottoscritti  a' 24  di  detto  mese.  E 
Zeno,  a  cui  non  riuscì  espugnare  Mara-      prima  col  re  d'Ungheiia,  rinnovata  l'an- 
no, per  averne  fortificato  il  porlo  i  geno-     tica  buona  amicizia,  si  promise  la    reci- 
Tesi,  servendo  loro  d'  opportuno  ricove-     proca  restituzione  de'prigionieri  ;  si  offri 
ro.  Piìi  fortunato  Alvise  Loi  edaii,  iucen-     il  compenso  d'annui  ducali  7000,  in  vece 
tliò  Zara,  ove  trovav;isi  ritirata  la  flotta      della  libera  navigazione  alle  foci  de'  fin- 
dello  S[)inola,  e  sommise  Veglia.  Conti-      nù  e  nei  golfo  da  Palmento  a  Proaionto- 
uuaiido  con  varia  alterniiliva  la  guerra      re,  e  da  Pvimini  verso  Venezia;  inoltre  la 
per  mare,  non  era  restala  sospesa  quella     repubblica  confu-rmò   la   rinunzia  della 
di  terra,  ove  Francesco  I  Carrara  strin-     Dalmazia, e  il  reciproco  trallico  nelle  ter- 
geva sempre  più  Treviso,  ridotto  ormai     re  venete  e  nelle  regie  de'suddili  d'ambe- 
agli  estremi;  già  Castel  Franco  e  Noale     due,  restituendo  Cattaroal  re.  Questi  ri- 
eransi  dati  al  nemico,  lo  slesso  minaccia-     conobbe  i  diritti  dell  »  re[)ubblic«  su  Tre- 
■va  Serravalle,  onde  la  re()tibblica  veden-     viso,  il  Trevigiano  e  ilCenedese.  Quan- 
do non  poter  salvare  quella  parte  de'suoi     to  a'geuovesi,  oltre  il  condono  dell'olie- 
dominii,a'2  maggioiSSi  consegnò  Tre-      se  e  la  liberazione  de' prigioneri,  si  coii- 
■viso  a  Leopoldo  duca  d'Austria,  a  pitto      venne  che  i  veneziani  intanto  consegne- 
che  l'esercito  austriaco  proteggesse  gli  al-     rebbero  il  castello  ili  Teiiedo,  soggetto 
Ili  dominii  di  Terraferma.  Lo  Zeno  imi-      di  tanta  lite,  al  mediatore    Amedeo    VI 
tilmente   provò   misurarsi   in    Dalmazia      per  disporne  a  piacere  edemolirne  le  for» 
colla  flotta  genovese  di  Spinola,  eia  tetti-     tiflcazioni;  che  i  veneziani  non  s'ingerì* 
pesta  gl'impedi di  bruciare  il  naviglio  nel     rebbero  nella  guerra  del  redi  Cipro  eoa 
porto  di  Genova, la  quale  richiamò  Spino-     Genova,  ma  continuerebbero  i  loro  coni- 
la dall'Adriatico. Finalmente,  succeden-     merci  in  quell'isola  co'genovesi;  avreb- 
do  degli  scontri  senza  un  fatto  decisivo,     bero  i  veneti  libero  il  solito  commercio 
stanche  ambe  le  parti,  a  mediazione  d'A-     a  Costantinopoli,  e  co'genovesi   si  ado- 
niedeo  VI  conte  di  Savoia,  principe  di      prerebbero  a  riconciliare  Giovanni  I  col 
sommo  credilo,  si  convenne  di  trattare     figlio  Andronico,  e  se  persistesse  a  noa 


VliN  YEN  .7. 
voler  a^leiiie  alla  Chiesa  caHolica,  come  au/i  annichilita  Venezia,  fu  p.iiinjenle 
avea  giuralo  a  Urbano  V,  i  genovesi  e  per  istraoithnana  vicenda  di  fortuna  fiac- 
i  veneziani  dai  ebbero  appoggio  ad  Anie-  cala  e  canibiala  in  tristo  avvilimento;  se- 
deo  VI,  se  ne  li  richiedi.'sse,  [)er  ridar-  vera  lezione  clieDio  dà  a'popoli  ed  all'in- 
velo colla  forza;  polrebbeio  i  genovesi  dividni,  di  non  inorgoglire  ne' prosperi 
Davigarenclgolfoginsta  i  patti  del  i3)5;  giorni.  Venezia,  soslenuta  da  un  forte  e 
veneti  e  genovesi  si  asterrebbero  per  due  provvido  governo,  risorse  potente,  domi- 
anni  dal  commercio  della  T.ina.  Il  Car-  natrice  de'  in;iri  ;  Genova,  in  preda  alle 
rarese  promise  non  molestare  le  po>ses-  confusioni,  a'parliti,  a'continui  cambia- 
sioni  veneziane  nel  Trevigiino;  di  resti-  menti  di  reggi(nento,  decadde,  ne  fi  più 
tuire  Capodargiiie  e  la  bastila  di  IMoran-  in  grado  di  competere  colla  sua  rivale". 
Zani,  d"  abbattere  le  nuove  fìrtificazioni  Solennizzalo  con  fe-te  e  rendimenli  di 
da  lui  fatte;  confermali  i  pi  ecedeiili  palli  grazie  a  Dio  il  trionfo  dell'armi  venezia- 
sul  sale, e  i  confini  deh  378;  non  sarebbe  ne,  a'  4  settembre  i38j  si  adunò  il  gran 
tenuto  alla  restituzione  della  Casamatta,  consiglio  per  degnamente  retribuire  lau- 
di s.  Boldo  e  della  chiusa  di  Quer.  Cir-  li  generosi  sforzi  fatti  nel  soccorrere  la 
ca  al  patriarca  d' Aquileia  si  stabili,  la  patria,  ascrivendo  al  veneto  pilrizialo3o 
condonazione  de' danni,  la  restituzione  fiuiiglie  fra  quelle  che  più  si  distinsero 
delle  terree  de'prigionieri  ;  che  la  repub-  nel  comune  periglio  ;  conferendo  ad  esse 
blica  rinunziava  al  dominio  di  Trieste,  quella  nobiltà  aristocratica,  l'appaitene- 
IMucoo  Mucolano, continuando  peròque*  leallaqualeera  l'ambizione  di  tanti  prin- 
luoghi  le  regalie  di  vino  e  olio  al  doge;sal  vi  cipi,  la  ricompensa  de' più  lumiuosi  ser- 
i  beni  de' veneti,  libero  il  commercio  con  vigi.  Grandi  feste,  giostre  e  corse  di  bar- 
esenzione  da  gabelle;  infine  rimettereb-  che  celebrarono  il  lieto  avveiiimenli),  <» 
bonsi  al  Papa  tulle  le  controversie  tra'  cui  prese  viva  parte  il  popolo,  poiciiò  ve- 
veneziani  e  Aquileia,  esistenti  o  che  pò-  deva  artigiani  e  altri  tolti  dal  suo  ceto 
tessero  insorgere  in  materia  di  giurisdi-  essere  innalzati  a  sedere  tra'  primi  ma- 
zione  sull'Istria,  Si  chiuse  il  trattato  di  gistrati  della  repubblica.  Poco  mancò, 
queste  4  paci, colla  coiuuiiuatoria  di  ceu-  per  nuova  insorgenza, che  la  pace  appena 
lomila  fiorini  d'oro  a  chi  vi  mancasse,  e  conclusa  non  si  rompesse.  Teneva  ilci- 
col  giuiamentodi  tutte  le  parti  contraen  stello  di  Tenedo  il  buio  Giovanni  Mu- 
ti. Questo  trattato  ril'erilo  il-il  [)ryf.  Ro  dazzo,  e  giunto  l'  ambasciatore  veneto 
i))auin,  è  seguito  dalle  sue  gravi  riflessio-  coli' incaricato  del  conte  di  Savoia,  coi 
ni.  »  Tal  fine  ebbe  una  guerra  cliedu-  presidio  e  i  cittadini  si  rifiutò  di  coiise- 
rato  avea  6  anni  e  4  tuesi,  guerra  che  gnarlo:  convenne  al  governo  usare  l'ar- 
Diise  di  fronte  le  forze  delle  tlue  più  for-  tni  di  Zeno  e  di  Giovanni  Civrano,  e  al- 
ojidabili  potenze  marittime  di  que'lein-  lora  le  fortificazioni  si  demolirono,  ri- 
pi,  in  cui  ebbero  c.iuqio  a  mostrarsi  a  nianendo  alla  custodia  dell  isola  Fanti, 
gara  valore, destrezza,  sforzi  straordinari,  no  Zorzi. Notabili  avvenimenti  erano  irat- 
uia^nanimi  sagrifizi  ;  in  cui  l'orgoglio  tanto  succeduti  in  Italia.  IMorlo  nel  1  378 
spiegato  da' veneziani  nella  precedente  Gregorio  XI  nel  Valicano,  nel  conclave 
"uerra  rifiutando  tante  volte  le  vanlag-  ivi  tenuto  fu  canonicamente  eletto  Ur- 
giosissime  condizioni  olferte  dalla  riva-  bano  VI  napoletano.  La  severità  de'  co- 
le, (u  rintuzzato  per  l'avvilimento  a  cui  stumiela  motlestia  del  Iratlamentooh  e- 
la  repubblica  venne  ridotta,  pel  perico-  gli  voleva  introdurre  Ira'c  irdinali  fran« 
lo  che  minacciò  perfino  la  sua  intera  esi-  cesi,  sempre  vagheggianli  l'  ameno  sog- 
slenza;  in  cui  dall'altro  canto  la  burban-  giorno  di  Provenza,  in  breve  gli  alienò 
za  genovese  di  volere  oppressa  e  doma,  l'animo  di  questi,  i  quali  falsameule  di- 


172  VEN 

cliiaramlo  illegale  la  stin  elezione,  si  li- 
bellaionoe scistnalicaiisenle  a'20 seltefii- 
bre  elessero  in  Fondi  l'antipapa  Clemenle 
VII,  il  quale  si  recò  a  risietleiein  Avigno- 
ne. Questa  fu  l'oiigine  del  ginnde,  lun- 
go e  [)ei'n\c\o'^o  Scisma  ( /^.)  d'Occidente, 
pel  qtude  i  popoli  egli  siali  divisi  neW  Ub- 
hidieiiza(V.)^Q^\\  uni  veneravano  i  Popi  di 
P«.0Q)a,  gli  altri  seguivano  il  partilo  degli 
antipapi  d'Avignone.  L'  Italia  e  la  re- 
pubblica di  Venezia,  tranne  la  Sicilia, 
restarotio  nella  legilliina  romana  id)bi- 
dienza.  Avendo  favorito  l'antipapa  Gio- 
Tanna  I  regina  di  Sicilia  di  qua  tlal  Fa- 
ro, Libano  VI  la  scomunicò  e  depone, 
nel  i3S2  investendo  del  regno  Cai  lo  II  l 
Durazzo,  il  quale  per  amicarsi  i  venezia- 
ni concesse  loro  ilistinli  privilegi  ne'  suoi 
siali.  Non  mancarono  iiell'  Italia  stessa 
parziali  scismi  di  diocesi,  prodotti  da  ve- 
scovi intrusi  dagli  antipapi.  Intanto  il  do- 
j»e  Contarini  dopo  il  ritorno  a  Venezia, 
forse  per  le  patite  fatiche,  soggiacque  a 
jiniga  malattia,  die  lo  trasse  al  sepolcro 
a'5  giugno  I  3(S2,  avendo  seduto  sul  li  o- 
no  circa  i5anni,  in  tempi  burrascosissi- 
mi,mostrando  però  sempre,  sebbene  in  a- 
vanzalissima  et;i,animo  vigoroso  e  costan- 
te. Fu  sepolto  nel  cliiostro  di  s.  Stefano, 
in  un  avello  posto  in  allo,  die  ancora  si 
conserva.  Fioiumziò  1'  orazione  funebre 
l'arcivescovo  di  Candia  Antonio  Conta- 
rini, per  cui  V  Arte  di  verificare  le  date 
ci  disse:  Fu  scello  un  nobile  veneto  a  re- 
citare la  sua  orazione  funebre;  distinzio- 
ne non  accordata  ad  alcuno  de'  suoi  pre- 
decessori, e  die  r  uso  poscia  rese  comu- 
ne a  tutti  quelli  elicgli  successero.  Nel- 
r  interregno  delti  i  soliti  correttori  alla 
Promissione  ducale  vi  fu  aggiunto  pre- 
cipuamente; Cile  il  doge  tenga  20  scu- 
dieri, anziché  25,  e  abbiano  20  armatu- 
re per  loro;  che  se  il  doge  avrà  mercan- 
zie avanti  la  sua  creazione,  (pielle  debba 
spacciare  entro  un  anno  dacché  sarà  elet- 
to doge,  dovendo  rinunziare  a  qualunque 
privato  commercio,  alllnchè  non  potesse 
derivarne  una  concorrenza  pregiudiziale 


VEN 

agli  altri  cittadini;  ch'egli  non  prenda  a 
prestito  da  alcuno  e  neppur  denari  se  non 
per  onorare  principi  e  persone  notabili 
forastiere,  istituendosi  un  sindacato  sulle 
spese  da  farsi  in  tali  occasioni,  a  ciò  non 
largheggiasse  troppo  de'  denari  del  co- 
mune; e  quanto  agrinteri'ellori  (ucciso- 
ri),quind'innanzi  non  si  appendessero  per 
le  canne  della  gola,  ma  si  mozzasse  loro 
il  capo.  Questa  sostituzione  del  capestro 
alla  decapitazione,  più  veramente  si  at- 
tribuisce al  seguente  doge. 

17.  fllirhelelìJorosiiii  LXI doge.  Nel- 
la sua  esaltazione  pare  che  fosse  proposto 
Carlo  Zeno  illustre  e  valoroso  capitano, 
eche  il  laudatoZaccariaContarini  ne  stor- 
nasse i  sulìVagi,  dimostrando  di  lui  aver 
bisogno  la  patria  piuttosto  all'armata. 
Cerla mente  buon  numero  di  voli  ebbe 
Leonardo  Daiulolo,  il  quale  vedendo  co- 
me gran  parte  degli  elettori  inclinava  a 
Michele  Morosini,  uno  di  quelli  che  fir- 
marono la  pace  di  Torino,  generosamen- 
te rinunziò, ed  allora  tutti  isniFiagi  si  riu- 
nirono in  favore  del  suo  competitore.  Il 
di  lui  biografo cav. Cicogna  dice  essere  sta- 
lo sin  dal  i  874  pi'ocuratore  di  s.  Marco, 
aver  sostenuto  ambascerie  a  Carlo  I  Ro- 
berto re  d'Ungheria,  al  Carrarese, al  con- 
te di  Savoia  e  a'  genovesi.  Per  riparare 
all'angustie  nelle  quali  trovavasi  b;  pa- 
tria per  la  guerra,  siccome  di  molte  ric- 
chez2e  fornito,  olfri  al  senato  il  ricavato 
di  copiosissime  merci  vendute  a  Piodi.  Il 
prof.  Piomanin  egregiamente  lo  difende 
dalla  taccia  o  diceria  di  avaro  e  di  aver 
profittalo  della  guerra  di  Chioggia  per 
arricchire, abusando  dell'altrui  indigenza 
o  del  bisogno  del  comune  con  acquisti 
in  cui  spese  25, 000  ducati,  che  poi  val- 
sero 100,000  ;  e  che  a  que'  i  quali  eoa 
sorpresa  gli  dicevano:  Siamo  in  pericolo 
di  perdf-r  Venezia  e  voi  comperale  sta- 
bili.^ Puspondesse:  Se  questa  terra  sta- 
rà male,  io  ne  voglio  aver  bene.  La  ca- 
lunnia derivòda  un  errore  di  stampa  nel 
Sanudo  pubblicato  dal  Muratori,  ove  in 
vece  di  ne  voglio  aver  bene,  devesi  legge- 


VEN 
re,  come  sia  veramente  nella  copia  au- 
leiilica  del  codice  Estense:  non  voglio 
ai'cr  bene.  Il  Morosini  nel  generale  bi- 
sogno, anziché  nascondere  il  suo  denaro 
e  pensare  ad  as>icinarlo  nel  tluhljioeven- 
lo,  venne  a  soccorso  del  [)nbblico  com- 
prando stabili.  Aldiiuenti  non  sarebbe 
stato  applaudilo  dui  popolo  nella  sua  ele- 
zione, né  i  cronisti  l'avrebbero  celebrato 
preclarissimo  ()er  giustizia,  nobilissiiuo  e 
iiolabilissiuio  doi^e,  mollo  bene  di  lui 
ripromettendosi,  se  morie  non  lo  avesse 
troppo  presto  rapilo  al  desiderio  de'suoi 
e  della  patria  da  lui  amata.  INè  il  Sanudo 
stesso  r  avrebbe  encomialo  eloqueutissi- 
niOj  sapientissimo,  amatore  della  giusti- 
zia e  della  pace.  Quantinupie  Venezia 
perduto  avesse  mollo  nella  guerra  con- 
tro Genova,  pure  coli'  aiuto  d'  un  pre- 
stito volontario  da'ciltailuii  potè  in  bre- 
ve a'  danni  riparare.  Ordinato  un  pub- 
blico censimento  delle  pi oprielà esistenti 
in  Venezia,  risultò  il  valore  a  circa  ses- 
santre  milioni  di  ducati.  Molti  navigli 
furono  inviati  nell'Oceano  per  prolegge- 
re le  venete  bandiere  sulle  coste  della 
Fiandra;  njandate  a  Tenedo  altre  galee 
onde,  come  dissi,  ricuperarlo  dal  disub- 
bidiente JMudazzo  e  consegnarlo  a!  con- 
te di  Savoia.  Frattanto  però  ninna  oc- 
casione nelle  altre  parti  di  Terraferma 
trascurarono  i  veneziani  per  indebolir  la 
potenza  de'vicini,o  per  aumentar  le  pro- 
prie rendite  e  il  proprio  commercio,  o 
per  accrescere  in  forze.  Ma  sciagurata- 
menle  da  3  mesi  mandeslavasi  in  Vene- 
zia la  pestilenza,  clie  divenuta  (jerissima 
rapì  circa  ig,ooo  persone,  tra  le  quali 
il  do"e  a'  i5o  i6  ottobre  dello  slesso 
i382,  avendo  regnato  appena  4  oiesi  e 
5  giorni,  mentre  avea  in  mente  riforma- 
re le  leggi  e  la  procedura  criminale,  abo- 
lendo 1  iriipiccalura.  Lbbe  onorevole  se- 
j)oltura  in  un'arca  ornalisMina  e  lisplen- 
denle  già  per  oro, collocata  nella  ca|)pel- 
Ja  dell'aitar  mag"iore  della  chiesa  de'  ss. 

DO 

Gio.  e  Paolo,  poco  lungi  dalla  quale  a- 
bilava,  e  propriamente    nel   palazzo  di 


VEN  173 

ragione  del  nobile  Girolamo  figlio  del 
fu  Andrea  Morosini,  come  provasi  dallo 
scudo  d'  oro  caricato  d'  una  banda  ver- 
de, stemma  della  famiglia,  esistente  nel 
suo  interno. —  Antonio  /'cnicro  LX[[ 
doge.  Fu  proclau)ato  a'2  i  ottobre  !  382, 
trovandosi  capitano  in  Candia.  Si  desti- 
nò a  rappreseittarlo  lino  alla  sua  venula, 
col  titolo  di  vice-doge,  Nicolò  Valaresso 
anziano  de'consiglieri,  i  quali  iusieu)e  co' 
capi  de'  Quaranta  assunse  iiilantu  il  go- 
verno. I  12  ambasciatori  spedili  in  Istria 
a  incontrare  il  doge,  i'  accompagnarono 
alla  capitale,  il  cui  ingresso  seguì  a'  1  3 
gennaio  i383  a  modo  trionfale,  corteg- 
giato da  tulla  la  nobiltà  e  da  tuiba  im- 
mensa di  popolo.  Appena  entrato  nella 
ducea  uìise  tosto  ogni  impegno  a  rende- 
re la  sua  patria,  sbattuta  da  tante  sven- 
ture, prosperosa  e  potente.  E  comincian- 
do dalla  religione,  donò  a' certosini  l'i- 
sola di  s.  Andrea  vicino  al  Lido  di  s.  Ni- 
colò; fece  rifabbricare  sollecitamente  la 
rovinata  Chioggia,  all'esliemilà  del  cui 
porto  volle  costruito  im  castello.  Procurò 
che  la  repubblica  premiasse  le  lamiglie 
di  coloro  ch'eransi  resi  benemeriti  nella 
passata  guerra  ;  per  cui  si  Diarilarouo  le 
figlie  de'defunti  co'beni  del  comune,  e  si 
dispensarono  denari  a'bisognosi,  come  ri- 
leva il  biografo cav.Cicogna.  Quindi  il  do- 
ge volse  tutto  il  pensiero  alle  bisogna  del- 
la mercatura,  traltanilo  con  vari  pritui- 
pi,  e  procurando  a'veneziani  ovuiupie  la- 
vori e  privilegi.  In  questo  dogado  molli 
avvenimenti  di  guerre  esterne  seguirono, 
cui  aiolo  prestarono  i  veneziani.  Mniio 
nel  i382  Lodovico  1  re d'Uugheri.-i,  con 
titolo  di  re  fu  coronala  la  figlia  Maria. 
Questa  promessa  sposa  a  Sigi>mundt»  fi- 
glio dell'  imperatore  Carlo  IV  e  fratello 
del  regnante  imperatore  Venceslao,  fu 
rapila  dal  baiio  diCroazia.  Essendosi  in- 
tavolata una  lega  per  nune  colla  regina 
dall'ambasciatore  veneto  l'aiilalenue  15ar- 
bo  (questi  avea  seco  Lorenzo  ile  M<ina- 
cis,  autore  di  reputata  cronaca  e  dell'e- 
sposizione di  quesl'audjasceiia,csiccon)C 


174 


V  E  iN 


dal  prof.  Pioiiiaiiiii  è  ritenuta  la  più  an- 
tica a  noi  pervenuta,  ne  riportò  i  parti- 
colari più  interessanti  a  saggio  diille  for- 
me diplomatiche  di  que'  len)pi),  si  con- 
tiiiitò  a  trallallà  con  Sigismondo,  il  qua- 
le impetrò  dalla  repubblica  una  spedizio- 
ne nell'acque  di  Dalmazia,  per  coutribui- 
le  a  liberare  la  regina,  come  awetuie  nel 
1387  per  opera  di  Giovanni  Barbango. 
La  regina  scrisse  ringraziamenti  alla  re- 
pubblica e  lodi  del  Cai  barigo,  e  di  quel- 
la si  mostrò  quindi  amico  Sigismondo. 
L  Uiigiieria  indebolita  ihille  guerre,  che 
poi  continuarono,  e  per  la  potenza  di 
Twariko  bano  di  Bosnia,  che  conquistata 
Htico  la  llascia  o  Servia  orientale  presa 
il  titolo  di  re  e  aggiunse  al  suo  dounnio 
Zara,  Traù,  Spalali  o,  Sebeuico  e  altre 
città  di  Dalmazia,  ces^ò  d'  es>er  formi- 
dabile a*  veneziani,  Pronilando  i  vene- 
ziani delle  guerre  di  Ladislao  e  di  Luigi 
]l  d'Angiò,  che  si  disputavano  il  regno  di 
Sicilia  di  qua  dal  Faro,  definitivamente 
nel  i386  ottennero  per  maneggi  e  lun- 
ghe praliche  dagli  abitanti  di  Corfu  la 
dedizione  dell'isola,  da  essi  posseduta  do- 
po la  conquista  di  Costantinopoli  dal 
1207,  poi  perduta  nel  1221  e  indi  pas 
sala  nel  1208  a  dello  reame,  per  cui  iti 
compenso  della  cessione  di  Ladislao  gli 
diedero  nel  i  4o2  ducati  3o,ooo.  Per  de- 
naro acquistarono  i  veneziani  nel  i388 
Argo  e  Napoli  di  Romania,  nel  iSgG 
Sditali  (nel  quale  articolo  avendo  iu 
breve  descritto  il  .Montenegro,  e  ne  ri- 
parlai nel  voi.  LXXXI,  p.  466  e  altro- 
ve, feci  parola  di  qualche  correlazione 
de'nionlenegrini  co'veneziani,  popoli  in- 
domabili, che  il  Giornale  di  Roma  del 
i858  a  p.  578,  dis«e  dal  14^9  shio  a'no- 
slri  giorni  essere  stali  assalili  45  volle  da- 
gli eserciti  turchi,  i  quali  furono  sempre 
respinti  con  perdile;  che  se  nel  1786  il 
pascià  di  Scolari  Kara  Mahmoud,  pre- 
valendosi dell'assenza  del  Vhilika,  an- 
dato a  Pietroburgo,  penetrò  fino  alla  ca- 
pitale Cettigne  ;  quando  i  t  anni  dopo 
cou  3o,ooo  uooiiui  volle  iuvadere  uuo- 


V  E  iN 
va  mente  la  Cernagora,  fu  sconfitto  pres- 
so il  villaggio  di  Rrusse  e  vi  perde  la  vi- 
ta :  fu  l'ullirua  dimostrazione  d'un'indi- 
pendenza  dalla  Porta,  mai  da  essa  rico- 
nosciuta in  diritto,  oia  esistita  sempre  di 
fatto, e  difesa  con  ostilità  perpetue  da'bel- 
licosi  montenegrini.  Dappoiché,  avendo 
Ainural  I  a'  i  5  giugno  i  089  distrutto  sui 
campi  di  Kassovo  1'  impero  di  Seri'ia, 
trionfando  del  suo  czar  Lazar,  gli  avanzi 
di  quella  gran  famiglia  trovarono  un  asi- 
lo inespugnabile  nella  catena  di  monta- 
gne, che  domina  presso  il  golfo  di  Cat* 
taro  l'Adriatico  :  d'allora  in  poi  le  rupi 
della  Ceruagura  divennero  il  rifugio  di 
tulli  i  prO'Crilti  delle  proviucie  vicine,  le 
quali  sempre  per  ciò  ebbero  grande  sim- 
[)alia  per  essi,  e  di  recente  ispirarono  a' 
raià  delia  Bosnia  e  dell'Erzegovina  i  trion- 
fi de'  montenegrini.  Da  quest'argine  iu- 
siiperaljile,  più  volte  calarono  gli  abi- 
tanti in  aiuto  de'veneti  nelle  guerre  con- 
tro i  turchi,  fecero  alleanze  colla  repub- 
blica di  Venezia,  nella  (jual  città  si  riliiò 
nel  I  5  16  Giovanni  signore  e  governatore 
delMonlenegro,e  fu  allora  che  nel  metro- 
politauodei  paesesi  unì  ecompenetrò  l'au- 
torilà  ci  vile,  ambedue  poteri  quindi  eser- 
citati dal  VlaJika)  e  poi  anche  Durazzo: 
con  doppio  matrimonio  d'un  figlio  e  d'una 
figlia  del  dijgCjSi  aprì  loro  la  via  al  pos- 
sesso d'altre  isole.  Rinnovata  la  tregua 
con  Giovanni  I  Paleologo,  la  repubbli- 
ca tornò  a  voli^ere  la  sua  attenzione  a^^l'in- 
grandimenti  del  Levante,  ma  per  essi  fa- 
cevasi  sempre  più  vicina  a'turchi,  ognor 
più  foinndabili,  e  co'quali  ben  presto  co- 
minciar dovea  una  serie  di  furiosissime 
lolle.  Non  procedevano  però,  come  nel- 
r  Oliente,  prospere  le  cose  a'  veneziani 
nelle  terre  a  loro  più  vicine.  Trieste  erasi 
data  a  Leopoldo  duca  d'Austria  ;  Fran- 
cesco 1  Carrara,  sempre  irrequieto  e  am- 
bizioso, mosse  l'armi  contro  il  duca  per 
togliergli  Treviso,  e  lo  costrinse  a  ceder- 
glielo con  Ceneda,  Feltre  e  Belluno  per 
100,000  ducati.  Laonde  nella  repubbli- 
ca veuela  sorsero  nuovi  molivi  di  so- 


V  E  N 
spello  e   ili  iiiinicizia  col  Carrara,  a  cui 
ixjii  poteva  perdouarela  disastrosa  guer- 
ra tliChioggia,  e  nuove  complicazioni  de- 
rivarono dal  Friuli.  Imperocché,  inorlo 
nel   i38i   Piiindek  |)alriarca  d'  Aquileia, 
Urbano  \  I,  che  a  cagione  dello  scisuia 
erasì  riservala  la  nooiiua  del  successore, 
\i  de[iutò  ad  aoiministratore  il  cardinale 
iV  Aleucon,  e  non  volendo    Udine  e  gli 
altri  friulani  riconoscerlo,  il  cardinale  ri- 
corse per  aiuto  al  Carrara,  nienlrei  friu- 
lani erano  sostenuti  dalla  gelosa  repub- 
blica colla  quale  si  colleg  irono,  entran- 
do nella  lega  Antonio  della  Scala  signoi  e 
di  Verona.  Piolla  guerra, si  cocnbaliè  in 
vari  luoghi,  ma  poi  prese  piùgrandi  pro- 
porzioni,  essendosi    nel    i  387    uiiilo   al 
.Carrara,  Gio.  Galeazzo  Visconti  signore 
di  Mdano  per  spogliare  lo  Scaligero,   e 
in  falli  egli  s'  impadronì  di  Veiona  e  il 
Carrara  di  Vicenza,  rifugiando".!  loSca- 
ligeio  co' suoi  tesori  a    Venezo»;    questi 
riparò  poi  piesso  il    Papa   a    Fuenze,  e 
mentre  1  itornava  a  Venezia  nioii  di  ve- 
leno in  Uoinagna,  con  lui  terminando  il 
dominio  Scaligero  in  Verona.  Avendo  il 
Visconti  presa  pure  Vicenza,  vedendosi 
Francesco  I  tradito,  e  temenilodi  divenir 
preda  dell'alleato,  ricorse  alla  rc[)ul>bli- 
ca  domatidando  pace  e  lega,  onde  im- 
pedire che  il  Vi^conli  tlivenisse  a  lei  pu- 
re forniidabile.  Ma  alla  repubblica  parve 
anzi  qtiella  una  propizia  occasione  di  ven- 
dicarsi del  Carrarese,  e   invece  accettò 
le  proposte  del  Visconti  nel  i  388.  .Si  coa- 
\eune  che  il  Trevigiano  e  il   Cenedese, 
con  altri  luoghi,  sarebbero  della  repub- 
blica, l'adova  col  lerrilorio  del  Viscon- 
ti. Questa  lega  fu  accresciuta  colle  forze 
de'  signori  del  Friuli,  e  d'  Alberto  mar- 
chese d'  E>le,  con  piomessa   del  castello 
omonimo, e  intanto  fu  ascrilloalla  veneta 
nobiltà.  Trovandosi  Francesco  1  Carrara 
il  Feccìiio  a  mal  parlilo,  credendo  dimi- 
nuir I'  odio  de'veneziani,  rinunziò  il  do- 
luioio  al  Ijgiio  Francesco  II  No^'cllo,  il 
quale  inutilmente  implorò  pace.  A' 2  i 
novembie  i388  fu  costretto  cedere  Pa- 


V  E  N  I  -  - 

dova,  Treviso,  Felire,  Celluno  e  loro  di- 
pendenze. CoM  Padova  fu  ceduta  al  Vi- 
>conli,  e  Ti  eviso  consegnato  a'  venezia- 
ni, con  Cened  i  e  l'altre  castella.  La  re- 
pubblica a  compensare  Jacopo  d<il  Ver- 
me capitano  generale  l'ascrisse  alla  pio- 
pria  nobiltà  e  gli  donò  il  palazzo  a  s.  Polo 
già  del  Carrara  il  T'tccliio,  Iraltenulo  in 
Cremona  dal  Visconti,  njentre  in  .Mila- 
no cu^todlva  il  figlio.  Piiusc'i  a  ([uesto  ili 
fuggire,   e  d(»j)o  mille   peripezie  e  tlis.igi 
ricorse  a' veneziani.   Gio.   Galeazzo   era 
allora  il  principe  più   [)otenle   non   solo 
d'  Italia  lacerala  da  divisioni,  che  aspi- 
rava a  signoreggiare,  ma  forse  d'Euro- 
pa. Laonde  i  veneziani  considerando  la 
sua  aslula  e  crudele  politica,  la  m.da  fe- 
de che  giuncava  colle  piomes-e  e  i  giu- 
ramenti, riac(p\istato  Treviso,  depresso 
il  superbo  Carrara,  cominciarono  seria- 
mente ad  avvedersi  quanto  pocoassegna- 
mento  potevano   fare  sull'  alleanza   del 
Visconti,  e  che  ad  un  vicino  fcirinidabile 
era  successo  altro  più  formidabile  anco- 
ra. Accc-ltaroiio  quindi  le  proposte  de'lìo- 
lentiiii  e  bolognesi  gueneggianti  col  Vi- 
sconti, a  fjvore  di  Francesco  11,  entran- 
do nella  lega  anche  il  duca    Uob^rlo   il 
Piccolo  di    Haviera,   poi   imperatore,  e 
Francesco  I  Gonzaga  signore  duManlova, 
the  recatosi  a  Venezia  fu  accollo  con  gran- 
di feste  e  aggregalo  alla  nobiltà.    Fran- 
cesco   il    lasciatogli  libero  il  passo  dalla 
repubblica,  colle  sue  genti  si  avvicinò  a 
Padova,  i  cui  abitanti  slancili  dell'oppres- 
sioni del  Vis.onli,  levatisi  a  rumore  l'i  l 
o  18  giugno  1390,  accolsero  il  loro  an- 
tico signore  fesli-ggiandolo,  e   tosto   per 
lui  si  dichiaiarono  le  vicine  tene.  Rac- 
comandatosi alla  repubblica,  n'ebbe  ar- 
mi e  munizioni,  ed  alle  rimostranze  del 
Visconti   rispose,   l'alleanza   essere  stala 
falla  conilo  Cu  rara  il  /'Vct/ì/o,  non  con- 
tro suo  (iglio  e  i  padovjiii,  i  quali  gli  a- 
veano  domandato  soccorso  per   tornare 
.sotto  il  loro  naturale  signore.  Successero 
vari  combattimenti,  terminando  colla  pa- 
ce generale  a'  28  gennaio  1392  in  Gè- 


176  YEN  YEN 
nova,  a  iDcdiazione  del  doge  Antonio  A-  puro  se£^no  al  feroce  orgoglio  musiiloifi- 
donio,  avendo  presieduto  il  parlacnenlo  no. Ormai  i  turchi  penetrali  nell'Uiiglie- 
il  gran  maestro  de' cavalieri  gerosolimi-  ria,  soggettata  la  Bulgaria,  imposto  tri- 
taui  di  Rodi.  Francesco  11  fu  riconosciu-  butu  alla  Yalaccliia,  aveauo  costretto  la 
to  dal  Visconti,  coli' obbligo  di  pagare  Servia  a  pace  vergognosa,  la  quale  non 
al  signore  di  Milano  10,000  fiorini  l'au-  ba?tando  ad  assicurare  il  principe  Stefa- 
no pel  corso  di  5o  anni;  e  si  recò  (juiii-  no,  volle  porsi  sotto  la  protezione  vene- 
di  col  figlio  in  Venezia  a  lingiMZuire  in  zuma  e  con  solenne  ambasciata  douìan- 
ginoccliio  il  doge,  oirieiido  ogni  suo  pò-  dando  la  cittadinanza,  che  gli  fu  concessa, 
lere  alla  repubblica,  che  l'annoverò  alla  Ouindi  provvedimenti  e  cure  da  per  tut- 
nobillà  veneziana.  Tanta  gioia  in  Fran-  to  della  repubblica,  incoraggiando  l'iin- 
Cesco  II  fu  turbata  per  la  morte  del  pa-  peratore greco  e  soccorrendo  l'Ungheria, 
dre  nella  prigione  di  Monza,  uientre  a-  Questa  e  cpiello  fecero  degli  sforzi, oppo- 
doperà  vasi  per  la  liberazione,  e  dii'nuovi  nendo  a' turchi  cogli  ausiliari  francesi, 
scompigli  destati  dall'  anibiziune  di  Gio.  valacchi  e  alemanni  Go,ooo  uomini,  ina 
Galeazzo,  creato  nel  iSìS^  dall'impera-  nell'infelice  giornata  di  iNicopoli  a""  28 
tore  Venceslao  duca  di  Milano.  Inorgo-  settembre  i3g6  furono  interamente  sba- 
glilo dal  grado,  assab  di  nuovo  i  lloreu-  ragliati,  i  cristiani  non  trovando  scampo 
lini  e  il  signore  di  Mantova,  al  cui  soc-  che  nella  fuga,  salvandosi  sulla  flotta  di 
corso  si  mossero  anuhe  i  padovanie  i  ve-  Venezia  e  di  Rodi  che  li  trasportò  ii» 
iieziani,  col  generale  tlell'esercito  Carlo  Dalmazia.  L'imperatore  greco  per  la  per- 
INIalatesla  signore  di  Riinini.  fiotti  total-  dita  di  tale  battaglia,  e  gl'inutili  soccorsi 
mente  i  milanesi  a  Governolo,  a'2  i  mar-  domandali  alle  corti  d'Europa,  vedendo 
zo  I  3f)8  alla  comune  difesa  si  fece  lega  svanita  ogni  speranza  di  resistenza  coii- 
tra  Venezia,  Firenze,  il  Carrara,  ilGon-  tro  i  turchi,  si  piegò  a'  voleri  del  sulta- 
zaga  Cu'  d'Elle;  spaventato  il  duca  Vi-  no,  consenù  all'edilicazione  d'  una  mo- 
sconti  si  mostrò  iuchinevule  a  trattare,  schea  in  Costantinopoli,  accettò  in  essa 
ed  i  veneziani  gelosi  sen)pre  di  mantelle-  un  cadì  o  giudice  turco  per  giudicare  nel- 
le 1'  eijuilibrio  nella  possanza  degli  stati  le  cause  de'maometlani,  e  promise  l'an- 
che li  circondavano,  seppero  mandar  ad  nuo  tributo  di  10,000  ducati.  Era  allo- 
elietto  una  tregua  l'i  i  maggio,  che  prò-  ra  Venezia  la  sola  potenza  italiana  che 
dusse  la  pace  generale  de'21  marzo  i4oo.  potesse  elìlcacemente  volgere  il  pensiero 
L  eslesa  influenza  veneta  ricevè  nuovo  alle  cose  del  Levante,  rattenuta  Genova 
incremento  per  la  tutela  assunta  di  Ni-  per  le  continue  rivoluzioni  e  frequenti 
colò  e  Alberto  d'Este  signori  di  Ferrara,  cambiamenti  di  doge,  che  inline  la  ri- 
Modena, Rovigo  e  Conaacchio;  e  per  l'in»  •  dussero  nella  dipendenza  di  Francia.  La 
prestito  fatto  di  5o,ooo  ducati  d'uro,  la  bandiera  veneziana  invece,  sempre  indi- 
repubblica  ebbe  in  pegno  il  Polesine  di  pendente,  veleggiava  ne'piii  lontani  ma- 
liovigo.  1  grandi  avvenimenti  Dell'Orien-  ri  ;  essendo  in  relazione  e  ottenendo  pri- 
te  chiamarono  altresì  l'atteuzionede've-  vilegi  con  l'Inghilterra,  la  Francia,  la 
iieziani.  xNel  iSSg  divenuto  sultano  de'  Spagna,  il  Portogallo,  Alessandria,  Tre- 
turchi  Uajazet  I,  gì'  inviarono  ricchi  do-  bisonda,  Cipro,  Costantinopoli  e  perfino 
nativi  e  ratificarono  i  precedenti  tratta-  coli'  Indie  tenendo  un  console  a  Siam, 
ti.  Estendendo  le  sue  conquiste,  volgeva  non  meno  col  re  moro  di  Granata  con 
cupido  lo  sguardo  verso  Costantinopoli,  grandi  esenzioni.  Disse  il  Laugier,  che 
e  per  le  sue  esigenze  ne  morì  atterrito  nel  Yenezia,  esteso  il  suo  impero,  in  qual- 
1091  1  imperatore  Giovanni  I,  cui  sue-  che  modo  divenne  l'ai  bitra  sovrana  dei- 
cesse  d  figlio  Emanuele  Paleologo,  egli  le  vicine  potenze.  Ma  l'estensione  ch'es- 


V  EN 

sa  avea  fallo  in  Tenafeima,  e  che  più 
accrebbe  nel  seguente  secolo,  venne  ad 
alleiaredi  mollo  la  sua  natnra,  eriliaeo- 
dola  in  gran  parte  dal  mare,  fonte  pri- 
maria di  sua  possanza,  per  volgerla  agli 
acquisti  continentali,  l'avviluppò  nelle 
dolorose  vicende  d'  Italia,  nelle  sue  di- 
scordie e  nelle  sue  guerre.  Ciò  impedì 
a'  veneziani  di  potere  0[)porre  fin  da 
principio  a'  turchi,  ogni  di  più  avanzan- 
tisi  in  Europa,  tutte  le  forze  die  la  gra- 
vità del  caso  richiedeva.  Tale  era  il  fio- 
rente stalo  della  repubblica  di  Venezia 
Del  glorioso  dogado  del  Venier,  lodato 
principalmente  per  la  giustizia.  A  suo 
tempo  fu  mozzato  il  capo  in  piazza  di  s. 
Marco  a  Pietro  Giustiniani,  e  ad  Anto- 
nio Meneghio  da  Chioggia,  perchè  pale- 
savano i  segreti  del  consiglio  a  Francesco 
I  Carrara.  Nel  i388  il  doge  die  saggio 
di  singoiar  fermezza  nell'esecuzione  delle 
leggi.  Avea  egli  1'  unico  figlio  Luigi  sca- 
pestralo, il  quale  una  notte  appiccò  alla 
porta  del  nobile  Giovanni  de  Boccholis 
un  paio  di  corna,  con  iscrizione  insul- 
tante r  onore  della  sua  moglie  (pare  da 
lui  amata),  sorella  e  suocera.  11  doge  com- 
mise la  punizione  agli  avogadori  del  co- 
mun,  i  quali  sentenziarono  la  prigionia 
di  due  mesi  e  un'ammenda,  con  piecet- 
to  di  nnn  passar  più  avanti  l'abitazione 
del  gentiluomo.  Il  giovane  ammalò  nel 
carcere,  e  benché  supplicasse  permuta  di 
luogo  e  di  pena,  il  padre  doge  restò  in- 
flessibile, e  il  misero  figlio  con  generale 
dispiacere  morì  in  prigione.  Il  doge  scru- 
poloso della  giustizia,  soffocò  i  moli  del- 
l'animo e  si  era  mostrato  insensibile,  an- 
co per  dare  un  esempio  a  repressione 
del  mal  costume,  de'  giovani  nobili,  la- 
mentalo anche  dal  Mulinelli  ne'suoi  An- 
nali Vrhanidi  Fenczia.TaW  erano  i  ve- 
neziani d'allora, che  la  patria  e  il  rispetto 
alle  leggi  ad  ogni  altra  cosa  anteponeva- 
no. A  suo  tempo  fu  fabbricato  il  Castel 
nuovo  di  Mestre  dalla  parte  che  va  verso 
Marghera,  e  ridotto  poi  a  fortezza,  e  così 
il  borgo  di  s.  Lorenzo.  iJelli  edilizi  s'in- 
VOL.  xcii. 


VEN  177 

nalzarono  in  Venezia,  e  fu  selciata  di 
pietre  la  piazza  di  Rialto.  Il  doge  venne 
a  morte  a'  23  novembre  1400,  ed  ebbe 
nobilissima  tomba  in  ss.Gio.  e  Paolo,  nel- 
la cui  contrada  abitava,  e  si  ved'e  sopra 
la  porta  della  cappella  del  ss.  Rosario. — 
Micìiele  Steno  LXIII  doge.  Sì  grande 
era  la  stima,  che  aveasi  di  sì  beneme- 
rito cittadino  pe'servigi  da  lui  resi  alla 
patria  nelle  molte  e  cospicue  dignità  che 
avea  sostenuto  nella  repubblica,  dopo 
quanto  occasionò  l'irritamento  di  Mario 
Falier  e  la  tragica  conseguenza,  che  non 
s'ebbe  didicoltà  d'eleggerlo  doge  il  i.°  <li- 
cembre  i4oo,  io  tempo  ch'era  egli  pe- 
ricolosamente malato,  come  rileva  il  suo 
biografo  Gio.  Veludo.  I\icuperala  la  sa- 
nità, a' 19  prese  possesso  di  sua  dignità, 
fra  solenni  e  pubbliche  dimostrazìuni  di 
giubilo,  di  straordinaria  pompa  con  gio- 
stre e  tornei,  processioni  delle  arti  e  al- 
tri spettacoli,  pe' quali  originò  la  compa- 
gnia famosa  della  Calza,  composta-  di 
nobili  coll'iotendimenlodi  fare  più  splen- 
dide le  feste  pubbliche  in  Venezia,  discor- 
sa nel  §  XVl,n.5,a  cui  aveano  parleanche 
le  loro  donne.  Questa  e  altre  compagnie 
furono  poste  sotto  la  vigilanza  de'prowe- 
ditori  di  comun  e  del  consiglio  de'  Dieci. 
Osserva  il  prof.  Romanin,  essere  questi 
splendidi  festeggiamenti  testimonio  ilella 
ricchezza  a  cui  pochi  anni  dopo  la  guerra 
di  Chioi'''ia  era  risorta  Venezia;  ed  in- 
dina  a  credere  ch'ebbevi  qualche  parte 
il  governo,  il  quale  co'  divertimenti  e 
colle  guerre  avea  forse  bisogno  di  distrar- 
re il  popolo  per  poter  rinvigorire  il  po- 
tere aristocratico,  adievolito  nel  tempo  in 
cui  Venezia  fu  ridotta  agli  estremi  du'ge- 
novesi,  per  cui  i  suoi  ordini  eraosi  scon- 
volti, e  la  plebe  s'era  fatta  nuovamente 
tumultuaria  e  imperiosa.  Inlenla  l'ari- 
stocrazia a  ricuperare  il  perduto  domi- 
nio, tra  non  molto,  comediiò  poi,  abolì 
tolalmenle  Yarengo  o  concione  o  assem- 
blea popolare,  già  ridolla  a  pura  forma 
e  di  raro  convocata,  e  così  cessò  ogni  trac- 
cia di  governo  dcmocialico.  Fu  la  diicea 
1  2 


,78  VEN 

dellu  Sleno  feconda  di  memorabili  avve- 
i)in)en(i  pe' quali  la  repubblica  sempie 
più  si  eslese  in  Teiraferma,  e  raggiunse 
fjueilo  stesso  splendore  per  le  sue  villo- 
rie  terrestri  che  già  per  le  marillime  avea 
acquistato.  Ma  anche  il  prof.  Romanin,da 
questo  stesso  colmo  di  splendore  esterno, 
ci  vide  il  primitivo  germe,  cominciata 
tacitamente  a  svilupparsi,  del  decadi- 
mento della  repubblica,  assoibita  da'  di- 
spendii e  con  pregiudizio  del  commercio, 
Iònie  d'opulenza.  Nel  principio  di  que- 
sto dogado  l'angustie  della  repubblica 
furono  sensibili,  atteso  il  pericolo  che  cor- 
revano le  sue  possessioni  d'Oriente  per 
la  guerra  del  famoso  kan  de'  Tartari 
(/".)  Tamerlano,  eBajazell  imperatore 
de'  turchi  ;  e  mollo  più  ancora  per  parte 
de' genovesi  comandati  dal  maresciallo 
Boucicault,  governatore  di  Genova  pel 
re  di  Francia,  i  quali  eransi  rivolti  verso 
la  Siria  sotto  pretesto  di  difendere  dai 
tmchi  1*  imperatore  Emanuele  Paleo- 
logo.  Scorreva  allora  que'  mari  il  prode 
Carlo  Zeno,  che  mal  comportando  l'  in- 
giurie e  i  danni  che  da  coloro  si  facevano 
alla  sua  nazione,  venne  seco  a  battaglia 
nell'ottobre  i4o3,  e  valorosamente  gli 
respinse  verso  Modone,  e  grandi  feste 
furono  falle  a  Venezia.  Boucicault  volle 
Impugnare  la  riportata  vittoria,  e  sfidò  a 
singoiar  tenzone  quel  campione  che  vo- 
lesse destinare  la  repubblica  ;  ovvero  con 
piccolo  drappello  di  francesi  e  genovesi 
contro  altro  di  veneziani,  oppure  galea 
contro  galea.  Alle  bravate  del  Bouci- 
cault, il  doge  e  lo  Zeno  risposero  con  di- 
gnitoso silenzio.  Nondimeno  la  repub- 
blica scrisse  lettere  infornjatorie  dell'av- 
venuto, al  Papa  Bonifacio  IX  ed  agli  al- 
tri principi  d'Italia.  Però  i  genovesi  do- 
mandarono la  pace,  e  fu  ben  presto  con- 
clusa, mediante  il  compenso  pagato  dai 
genovesi  di  180,000  ducali.  Essendo 
slato  deposto  l' indegno  e  ci  udele  impe- 
ratore Venceslao,  gli  fu  sostituito  nel 
1 4o  I  Roberto  il  Piccolo  di  Baviera  conte 
Palatino,  il  quale  iuvilalo  da' fioreuliui 


VEN 
e  dal  Carrara  n  calare  in  Italia  per  guer- 
reggiare il  duca  di  Milano,  ottenuto  dai 
veneziani  il  passo  pel  Trevigiano,fu  scon- 
fìtto a'  2  I  ottobre.  Leopoldo  duca  d'Au- 
stria, fatto  prigione  e  liberato  dopo  3 
giorni,  tornò  in  Germania;  altri  ne  se- 
guirono l'esempio,  e  cosi  il  formidabile 
esercito  imperiale  si  sciolse.  Roberto  si 
recò  a  Peulova,  passò  a  Venezia  incon- 
tralo dal  doge  e  dalla  signoria  col  bucin- 
toro, colla  propria  consorte  ed  i  figli. 
Non  gli  riuscì  impegnare  la  repubblica 
ad  una  lega  contro  il  duca  di  Milano,  ed 
a' 3  aprile  \^oi  fece  ritorno  in  Germa- 
nia, lasciando  in  Italia  misero  concetto 
del  suo  nome  e  valore.  Nel  settembre 
morto  intanto  Gio.  Galeazzo  Visconti 
duca  di  Milano,  e  lasciati  Gio.  Maria  e 
Filippo  Maria  figli  minori  sotto  la  ma- 
terna reggenza  di  Caterina,  oltre  il  ba- 
stardo Gabriele  Maria,  tra'quali  divise 
il  suo  vasto  stato,  con  che  fini  la  gran- 
dezza di  quella  potente  casa,  Siena  e  mol- 
te altre  cillà  sottraendosi  dal  dominio 
de'  Visconti  ;  e  Bonif.icio  IX  per  ricupe- 
rare Perugia,  Asisi  e  Bologna,  si  collegò 
col  Carrara  e  co' fiorentini.  Francesco  l[ 
conquistò  Verona,  e  vi  dominò  sotto  il 
nome  di  Guglielmo  della  Scala,  che  fu 
poi  da  lui  avvelenato.  Tentava  d'  impa- 
dronirsi ancora  di  Vicenza,  ma  questa 
bisognosa  d'aiuto,  fu  esortata  dalla  reg- 
gente di  Milano,  che  non  poteva  darle- 
ne,  di  dedicarsi  a  Venezia,  il  che  segui 
colle  sue  pertinenze  nel  i4o4-  Lo  stes- 
so partito  pigliarono  alcune  altre  città, 
e  per  cessione  della  ducliessa  Caterina  i 
veneziani  vennero  in  possesso  di  Feltre, 
Belluno  e  Cividale;  e  questo  fu  seroe  di 
indignazione  nel  Carrarese,  e  di  guerra 
fierissiiaa  de'veneziani  contro  di  lui.  Ve- 
rona e  Padova  furono  in  breve  da  essi 
attaccate,  e  lo  stato  ormai  crollava.  Al- 
lora il  marchese  di  Ferrara  Nicolò  d  E- 
ste,per  sorreggere  la  cadente  fortuna  del 
suocero  Francesco  11,  azzuffossi  co' vene- 
ziani, ma  fu  vinto  e  coslrello  a' 14  marzo 
i^o5  con  pace  umiliante  a  promettere 


VEN 
200jOoo  ducali,  compenso  delle  spese 
di  guerra,  consegnare  tutto  il  Polesine 
di  Rovigo  con  alcuni  castelli  di  que'cou- 
torni.  Tutto  congiurando  contro  il  Car- 
rara, cadde  Verona  nelle  mani  de'  ve- 
neziani a'  23  giugno,  salve  le  peisone  e 
Je  robe,  conservati  gli  onori  e  i  privile- 
gi. Pri(ni  rettori  in  Veron;i  per  la  re- 
pubblica furono  Pietro  Rinaldo  e  Fran- 
cesco Cornaro.  Orrenda  intanto  era  la 
condizione  di  Padova:  di  fuori  il  nemi- 
co, di  dentro  la  peste  ingenerata  dal- 
l'accumidainenlo  di  tante  {>er50ne  e  di 
tanti  animali,  dal  cattivo  nutrimento  e 
dalla  grande  quantità  deli'  iniuìondezze, 
copiosa  la  mortalità  quotidiana  sino  a 
5oo  persone.  La  repubblica  fece  oiTrire 
a  Francesco  II  60,000  ducali  per  la  ces 
sione  di  Padova,  ma  egli  si  ostinò  alla 
resistenza,  ad  onta  cbe  quasi  tulle  le  ca- 
stella all'intorno  eransi  soliralle  al  suo 
dominio.  Non  lo  scossero  altre  più  am- 
pie proposizioni  pacifiche,  per  nuove  lu- 
singhe pervenutegli  da  Firenze,  edanzi 
fatta  una  sorlila  contro  i  veneziani, che 
stavano  male  sulle  guardie,  al  Bassanello 
diede  loro  una  rotta,  e  tolse  alcune  b  tu- 
diere.  Questo  fallo  [)eggiorò  la  sua  con- 
dizione, ed  il  suo  figlio  Jacopo  prigiotie 
in  Venezia  venne  posto  nel  carcere  fljrte 
in  ferri  a  pane  ed  acqua.  La  conquista 
di  Padova  stava  sommamente  a  cuore 
a'  veneziani,  e  per  l'importanza  di  essa 
e  perchè  infierendo  anche  nel  hjro  cam- 
po la  pestilenza,  volevano  por  fine  a' di- 
sagi e  sofferenze  della  guerra,  il  perche 
le  deviarono  1'  acqua.  Di  peste  morì  il 
loro  capitano  Paolo  Savelii,  al  cui  corpo 
portato  a  Venezia  furono  falli  splendidi 
funerali,  assistendovi  il  doge,  il  senato, 
lutti  i  magistrati  della  città  ;  molti  caval- 
li coperti  a  nero  erano  condotti  a  mano, 
concorrendo  immenso  popolo  a  onorare 
il  valente  condottiero,  ch'ebbe  tomba 
in  monumento  equestre  in  s.  INIaria  dei 
Erari.  In  suo  luogo  fu  confenlo  il  co- 
mando generale  a  Galeazzo  Cataneo  de 
Grumello  di  Mantova.  Si  diedero  piìi 


VEN 


!•» 


79 


assalti  in  cui  gareggiò  il  valore  de'coiu- 
ballenti,  e   fra   gli  assediali  si  distinse 
Francesco  III  i\ovello,figlio  primogenito 
del  Carrara.  Si  fecero  lavori  meraviglio- 
si dall'una  parte  e  dalTidUM,   gli  uni  a 
penetrar  per  mine  e  strade  coperte  nel- 
la città,  gli  altri  ad  o[)poi  re  Livori  a  la- 
vori, macchine  a  macchine,  forze  a  forze. 
Francesco  II  ài  pasceva  sempre  colla  spe- 
ranza d'aiuti  che  attendeva  da'fior^u- 
tini,  ungheresi,  genovesi  e  dal  fratello. 
Non  volle  udire  le  rimcslranze  di  Nicolò 
Mussato  a   nome  de' padovani,   ricorse 
a'  tradimenti,  per  cui  più  felloni  sagri- 
ficò.   Finalmente  nella  notte  de'17  no- 
vembre i4o5  i    veneziani,  favoriti   pec 
segreto  maneggio  di  que'  di  deiilro,  die- 
dero la  scalala  alle  mura  ed  entrarono 
nel  borgo  di  s.  Croce:  allora  il  comune 
mandò  suoi   deputati  a  Venezia  a  trat- 
tare della  resa  (dopo  aver  perduto  per  la 
fame,  la  peste  e  i  combatliinenli  28,000 
persone,  secondo  V  Arie  di  vciificare  le 
date).  I  veneziani  entrarono  in  Padova  ai 
22  novembre  feslosamente  accolli  dal  po- 
polo, i  cui  legali  avevano  ottennio  la  con- 
servazione degli  statuti  di  Pailova,  ogni 
altra  buona  usanza,  l'arte  della  lana,  lo 
studio  pubblico  e  altro.   Consegnato  al 
doge  il  sigillo  d'argento  «lei  comune,  a- 
vevano  raccomandalo   il  Carrara  come 
cittadino,  e  falla  solenne  dedizione  della 
città  e  del  territorio  con  pubblico  istru- 
mento  (la  formale  e  pom[)osa  ebbe  poi 
luogo  a' 4  gennaio  \ ^oCì  sulla  piazza  di 
s.  INIarcoa  mezzodì  16  ambasciaiori.  Al 
doge  e  alla  signoria  orò  per  tutti  Fran- 
cesco Zabarella  poi  cardinale  e  gli  pre- 
sentò il  gonfalone   di  Pailova  ;  France- 
sco Dolli    gli   rassegnò  la  bacchetl.i  «lei 
dominio,    Frico  Milizia  le  chiavi,  e  Ol- 
merio  Legnazzo  il  sigillo  della  città.  Nel 
ritorno,  gli   ambasciaiori   portarono  a 
Padova   una   liaiidiera  di  zendado  cre- 
misino coir  imniiigine  di  s.  Marco  tra- 
punta d'oro,  da  spiegarsi  in  piazza  nelle 
feste  solenni).  Grandi  allegrezze  furono 
falle  a  Venezia  per  l'acquisto  di  Padova, 


i8o  VEN 

e  larghe  ricompense  a' capitani,  elelli  a 
primi  relloii  di  Padova  Zaccaria  Tre- 
\isaD  e  Marco  Caraveilo.  A' 23  novem- 
bre il  senato  mandò  a  prendere  i  due 
Carraresi  dal  campo  e  condurli  a  Ve- 
nezia, facendoli  dimorai  e  a  s.  Giorgio  per 
sottrarli   alla   furia  del  popolo  che  gri- 
dava crucijlge,  probabilmente  concitato 
dal  credere  il  tentativo  di  Francesco  1 
di  far  avvelenare  i  pozzi.   Ammessi  al- 
la presenza  del  doge  s'inginocchiarono, 
chiamandosi  rei,  ed  egli  rialzatili  li  fece 
sedere  al  suo  fianco  ,  e   toccando    leg- 
germente di  loro  ingratitudine,   parlò 
del  re>to  benevolmente.  Dopo  l'udienza 
tornarono  a  s.  Giorgio,  ove  a  France- 
sco Il  fu  intimalo   di   far  venire  entro 
dicembre  gli  altri  suoi  due  figli  Uber- 
tino e  Marsilio  Carrara  colle  cose  pre- 
ziose, onde  togliere  loro  i  mezzi  di  mac- 
chinare e  sollevar  nemici,  e  rimettersi 
alla  magnaniaiilà  della  repubblica.   Ai 
3o   novembre  i  due  |)rigionieri  furono 
trasportati  alla  Torresella  nel  ducale  pa- 
lazzo, ove  si  custodivano  i  prigionieri  il- 
lustri, e  finché  fosse  quel  luogo  oppor- 
tunamente fortificato  si  misero  nella  car- 
cere orba,  una  di  quelle  che  a  livello  del- 
la corte  giravano  tutto  attorno  di  que- 
sta. La  tragica  fine  de'  Carraresi  non 
mancò  di   porgere  argomento  a  storici 
appassionati,  poco  studiosi  de'  documeu- 
li,  per  vituperare  la  repubblica  co' più 
amari  e  calunniosi  rimproveri.  Altri  in- 
vece  s'aOalicarono  a  giustificarne  il  pro- 
cedimento con  sofismi  per  eccessivo  zelo. 
Con  documenti  e  verità  storica  tutto  de- 
scrive e  piova  il  prof  Romanin  :  egli  of- 
fre e  produce  i  documenti,  e  con  questi 
chi  ne    avesse  volontà  potrà  confronta- 
re le  alliui   narrazioni,  com'egli  stesso 
dichiara,  pubblicando  per  la  i."  volta 
quanto  in   proposilo  ne  somministrano 
i  registri  del  consiglio  de'  Dieci,  speran- 
do giustamente  di  recare  non  poco  lume 
sopra  sì  involuto  argonienlo.  Da'  pro- 
cessi si  scopiirono  macchiuazioni  recen- 
ti e  pericolose,  crebbero  quindi  i  rigori 


VEN 
verso  i  Carraresi,  ed  a' aS  dicembre 
Francesco  II  venne  tradotto  nel  carcere 
forte,  ove  ancor  trovavasi  l'altro  suo  fi- 
glio Giacomo,  restando   Francesco  III 
altro  suo  figlio  nella  carcere  orba.  Le 
rivelazioni  si  succedevano  e  sempre  più 
gravi,  come  si  rinvennero  scritture  e  let- 
tere nascoste  in  un  barcone.  Il  consiglio 
de'  Dieci,  coadiuvalo  da  due  aggiunte, 
come  in   momento  di  sommo  pericolo, 
sedeva  giorno  e  notte  ;  continui  erano  gli 
arresti,  gli  esami,  i  testimoni,  trovandosi 
compromessi  anche  alcuni  nobili  vene- 
ziani e  quindi  condannati  a  pene.  Si  vol- 
le esaminare  anche   Francesco  III.   Pii- 
sullò  dal  processo,  con  sufticieuti  prove 
di  reità  de' he  Carrara,  non  già  d'aver 
sostenuto  la  guerra  contro  la  repubblica, 
non  già  d'aver  mostralo  l'ambizione  di 
estendere  i  propri  possedimenti,  ma   di 
aver  ordito  un  gran  macchinamento  a 
danno  dello  stato  veneziano,  perciò  fu- 
rono condannati  a  morte  e  strangolati 
io  prigione  a'  17  gennaio  i4o6.  Sapu- 
tosi dal  popolo  disse:    Vom  morlo  non 
fa  guerra.  Furono  tumulati  :  in  un'arca 
nella  chiesa  di  s.  Stefano  Francesco  I; 
ed  in  s.  Marco  in  Boccalame,  isola  ora 
abbandonata  dalla  parte  di  Lizza  Fu- 
sina,  0  a'ss.  Biagio  e  Cataldo  alla  Giu- 
decca,  o  a  s.  Giorgio  IMaggiore,  France- 
sco HI  e  Jacopo  fratelli.  Ma  se  è  incer- 
to il  luogo  preciso  ove  fu  sepolto  il  pa- 
dre, più  incerto  è  ove  riposino  i  suoi  fi- 
gli. Le  circostanze  che  accompagnarono 
la  loro  morte  furono  pateticamente  nar- 
rate dagli  storici,  ma  ripelo  a  modo  di  ro- 
manzo. Ripugna  al  Romanin  la  proposta 
di  mettere  il  Carrara  in  una  gabbia  di  fer- 
ro larga  4  passi  e  lunga  6  da  collocarsi 
sulla  sommità  del   palazzo  ducale:    la 
chiama  favola.   Di    tale  supplizio  o  tor- 
mento chiamato  Chcbba,  che  risale  al 
secolo  XII  (usato  specialmente  da'  Tor- 
riani  in  Milano), appeso  con  una  corda  ni 
campanile  di  s.Marco,  adoperato  ancora  a 
punizione de'preti  scandalosi,colMutinel- 
li  parlai  nel  descrivere  quell'edifizio  nel 


VEN  VEi\                   ,8i 
§lV,n.i,o  t.XC,p.  243.  Ma  l'encomialo  non  potersi,  lui  vivente,  "oilere  nell'  I- 
prof.  Romaniii  allertnei,  che  tal  pena  non  lalia,  dov'egli  aveva  parenti  e  prole»  • 
la   trovò  applicata  che  ad  un  prete  reo  gilori  Ira'sovrani.  Così  Venezia,  a^^uui- 
di  enormi  delitti,  il  quale  nel  secolo  se-  gè  il  Aloschini,  incominciò  ad  esser  gran- 
gnente  fu  così  appeso  al  detto  campa-  de  (tneglio  lo  divenne  iua""iormente)  e 
nile,   e   tuttavia  potè  fuggirsene.   Vera-  a   mettere  colla  sua  grandezza  timore 
mente,  io  lessi  tale  punizione  usata  con  nel  continente;  onde  venne  che  p«r  a- 
diversij  ed  il  IMulinelli  dice  soventi  voi-  more  e  temenza  che  aveasi  di  lei    e  ri- 
te,  ma  ora  non  rammento  dove  ;  certo  è  cevesse  onoranze  e  più  di  Ic^^ieri  arric- 
che  fu  abolita  nel  i5i8,  come  rilevai  iu  chissedi  nuove  conquiste.  Anche  il  hio- 
detto  luogo,  ed  alferma  Gallicciolli.  Colla  grafo  Veludo  rileva  :  Ecco  l'epoca,  in  cui 
morte  de' 3  principi  Carraresi  non  ter-  la  veneziana  repubblica  ottenne  un  "rado 
minarono  però  le  inquisizioni,   né   i  ti-  altissimo  di  riverenza  presso  l'altre  pò- 
mori  della  repubblica.  Si  giunse  ad  ar-  lenze  italiane,  avendo  dilFuso  il  suo  ira- 
restare   il   benemerito  e  illustre  Carlo  pero  in  Treviso,  Padova,  Vicenza,  Ve- 
Zeno,  cui  di  tanto  era  tenuta  la  patria,  rona,  Piovigo,  Bassano,  Feltre,  lìelluno, 
e  fu  fecondo  argomento  pe' scrittori  sto-  Guastalla  e  altri  paesi.   Intendendo  la 
lieo-romanzeschi  a  fare  sfoggio  di  filan-  repubblica  a  consolidarsi   ne'  nuovi  do- 
tropiche  riflessioni  a  danno  del  governo  rainii  ne  ordinò  il   governo.   Lasciava, 
veneto.  Fu  condannato  alla  perdita  di  come  soleva  ovunque,   tranne  qualche 
ogtii   uffìzio  e  ad  un  anno  nelle  carceri  modificazione,  ad  ogni  città  il  proprio 
inferiori,  con  i  4  suffragi;  e  ciò  sulla  oa-  statuto,  le  proprie  forme  di  reggimento, 
tura  di  sue  relazioni  col  principe  pado-  solo  contentandosi  di  mettervi  alla  lesta 
vano,  non  già  ch'egli  avesse  in  animo  di  un  rettore  o  podestà  pel  civile,  un  ca- 
Iradir  gì' interessi  di  sua  patria.  Il  prof,  pitano  per  le  cose  militari,  oltre  altri 
Romanin   riporta   fedelmente  la  narra-  magistrati.  Con  Vicenza  aveano  fatto  la 
zione  romantica  del  fatto,  e  poi  vi  con-  loro  dedizione  a  Venezia  nel   i4o4  '  ♦^''" 
trappone  la  storica,  e  questa  fa  noto:  stretti  chiamati  de'  Sette  Comuni  (dei- 
che  terminata  la  sua   condanna,   datosi  la  cui  Storia  ora  pubblicata  dalla  tipo- 
allo  studio  calla  conversazione  co'dotli,  grafia  del  Seminario  di  Padova,  feci  cen- 
morì  a  Venezia  nel  i4i8  con  generale  no  nel  voi.  XC,  p.  4^4 )>  cioè  Asiago, 
compianto,  e  il  suo  corpo  con  magnifico  llozzo,  Lusiana,   Enego,   Roana,  Forza 
accompagnamento   portato  sulle  spalle  e  Gallio,  paese  sterile  e  montuoso,  nta- 
da'  marinai,  che   vollero   rendere  que-  gliato  da  valli  anguste,  posto  nella  pro- 
si'ultimo  uffizio  a  quel  prode  sotto  al  vincia  di  Vicenza  fra  la  Brenta  e  l'Asti- 
quale  tante  volte  aveano  vinto,  fu  de-  co.  formandone  la  sola  ricchezza  il   le- 
posto  in  s.  Maria  della  Celestia,  ove  Leo-  gname,  ed  i  pascoli  col  bestiame  grosso 
uardoGiustini.ini  gli   recitò  il  discorso  e  niinulo.  Ha  attivi  e  forti  abitanti,  dati 
funebre.   iNarra  il  eh.  Veludo,  che  la  si-  per   la    maggior  parte  alla   pastorizia  e 
gnoriadi  Venezia,  per  impedire  che  dal-  all'armi,  per  le  quali  furono  mollo  utili 
la  loro  radice  non  germogliassero  nuove  iu  varie  emergenze  della  repubblica,  sic- 
pretensioni,  fece  mozzare  il  capo  a'  3  come  coraggiosi  e  prodi,  ed  ebbero  da 
Carraresi  ;  il  quale  repubblicano  rigore  questa  statuto  e  speciali   privilegi.    Im- 
non  piacque  a'principi  d'Eiuopa.  Ed  il  migrali,  a  quanto  pare,  dalla  vicina  Ger- 
RIoschini,  dice  chs  Fiancesco  li  co' due  mania,  0  discendenti  di  quc' cimbri  s«l- 
suoi   lì"li,  col    dominio   perdettero   tri-  valisi  dalla  strage  che  ne  lece  Caio  Ma- 
stameute  la   vita.   Fu  sagrificato  al  de-  lio  sotto  Verona,   parlavano  ed  ancora 
siderio  della  quiete,  la  quale  sembrava  iu  parte  parlano  un  dialetto  IcJfieo  cor- 


,8ci  VEN 

rollo.  N'  è  cnpoluogo  Asiago,  die  ha  fab- 
briclie  di  nastri,  con  rinomate  manifattu- 
re di  cappelli  di  paglia.  La  repubblica  ri- 
spello a  Padova  non  si  teneva  ancora  bea 
Sicura  specialmente  dal  di  fuori,  e  la  pre- 
senza a  Camerino   di  IMarsilio  e  Uber- 
tino Carrara,  figli  di  Francesco  II,  non 
la  lasciava  senza   sospetti.   Non   avendo 
potuto  oltenere  da  Varano  signore  della 
tillà  di  mandarli  in  luogo  non  sospetto, 
promellcndo   loro  2,000  ducati  annui, 
impose  una  taglia  sulle  loro  teste,  come 
fece  altresì   relativamente  a' due  Scali- 
geri, Binnoro  e  Antonio;  poi  diede  o- 
pera   a  distiuggere  in  Padova  quanto 
per  esteriori  segni  ricordava  il  dominio 
Carrarese.  Vi  furono  allontanati  gli  at- 
tinenti dell'espulsa  famiglia,  ed  arresta- 
ti i  sospetti  di  nuove  macchinazioni.  Al- 
le feste  per  la  dedizione  di  Padova,  in 
Venezia  altre  ne  seguirono  a' 6  agosto 
1  406  per  la  ventila  dell'infante  Alfonso 
figlio  del  re  di  Portogallo,  recandosi   a 
visitare  i  Luoghi  santi;  ed  allora  la  città 
istituì  la  solenne  processione  del  Corpus 
Domini  della  basilica  di  s.  Marco,  per 
la  sua    piazza,  coli'  intervento  del  doge 
e  della  signoiia.  Durava  ancora  il  lagri- 
inevole  scisma,  poicliè  in  Avignone  al  fal- 
so Clemente  VII  era  succeduto  il  pseudo 
lìeiiedelto  XI 11,  la  cui  ubbidienza  però 
erasi  assai  ristretta.  In  Roma  per  morte 
d' Innocenzo  VII,  il  i.°  dicembre  i/JoG 
gli  successe  col  nome  di  Gregorio  XII 
(/'.),  il  cardinal  Angelo  Correr  o  Corra- 
ro  nobile  veneziano,  già  vescovo  di  Ca- 
stello sua  patria  :  Beriola  sua  sorella  fu 
madre  a  Eugenio  IV  e  ava  a  Paolo  II, 
non  che  ava,  bisavola  e  zia  di  9  cardi- 
nali, 6  patriarchi  e  i  i  vescovi,  caso  sin- 
golare e  forse   unico,  the  già  rimarcai 
nel  voi.  XVI,  p.  67.  1   romani   gli  fe- 
cero molto  onore  nella   sua  solennissi- 
ma  coronazione  a'  ig  di  dello  mese.  Ve- 
nezia nierilamente  esultò   di    venerare 
in  esso  il  i."  Papa  concittadino,  celebrò 
grandi  feste,  ed  in  vece  de' soliti  4  a'»- 
basciatori  d'ubbidienza,  che  soleva  iu- 


V  EN 

viare  ad  ogni  nuovo  Sommo  Pontefice, 
ne  mandò  a  Roma  8.   Non  però  allora 
creò  cardinali  Angelo  Darbarigo  suo  ni- 
pote e  Pietro  Morosini  nobili  veneziani, 
ma  nel  i4o8,  come  dirò.   Ma  fu  breve 
gioia  per  la  repubbhca,  pe'  grandi  im- 
barazzi e  gravi  avviluppamenti  che  se- 
guirono. Imperocché  a  seconda  del  giu- 
rato in  conclave  da  cardinale,  per  l'  e- 
slinzione  dello  scisma,  subito  Gregorio 
XII  procurò  d'abboccarsi  coll'anlipapa, 
a  cui  scrisse  ragionala  lettera  esortato- 
ria, per  dare  pace  alla  Chiesa  di  Dio  col- 
la reciproca  rinunzia,  a  facilitar  la  quale 
avea  pur  giiuato  in  detti  comizi,  b  rati- 
ficato dopo  l'elezione,  di  non  creare  car- 
dinale alcuno,  se  non  nel  caso  di  dover 
eguagliare  il  numero  de' suoi  cardinali 
a  quello  degli   anti-cardinali   dello  sci- 
smatico Benedetto  XIII.  Era  Gregorio 
XII  venerabile  vecchio,  di  vita  integra  e 
e  pura,  ed  in  tutto  dalla  fanciullezza  e- 
setnpiare  sommamente,  non  che  ornalo 
di  dottrina  e  singoiar  jirudenza,  come 
lo  dipinge  Lodovico  Agnello  Anastasio. 
Fu  eletta  Sai'ona  per  la  conferenza  di 
lui  coll'anlipapa,  ma  il  versipelle  Ladi- 
slao re  di  Sicilia  di  qua  dal  Faro,  ago- 
gnando al   dominio  d'Italia,   non  vide 
volontierl  quel  congresso,  per  timore  di 
perdeie  il  regno  in  cui  l'avea  confer- 
mato Gregorio  XII,  aspirandovi  Luigi  II 
d'Angiò  piotelto  dal  re  di  F'rancia  do- 
minatore del  Genovesalo.  Tuttavolla  il 
Papa  con  12  cardinali  uscì  di  Pioma  ai 
c)  agosto  j4o7  e  si  recò  a  Siena,  e  poi 
a  Lucca,  in  vece  di  recarsi  per  mare  a 
Savona,  allegando  per  iscusa  la  negati- 
va datagli  da'veueziani  delle  loro  galee, 
benché  i  genovesi  avendo  otierlo  le  pro- 
prie l'avea  ricusate,  dicendo  non  esser 
sicuro  il  suo  cammino  per  essergli  tese 
insidie.  Per  questo  raffreddamento,  per 
ambire  di  promuovere  i  3  nipoti,  i  car- 
dinali si  alienarono  da  lui.  Laonde  Gre- 
gorio Xll  osservando  l'odio  che  per  lui 
aveauo  concepito  i  cardinali,  benché  l'a- 
vessero eletto  concordemente,  slimò  con- 


VE  N 

Teniente  crearne  degli  altri  da'qtiali  si 
potesse  pronielleie  sicura  fedeltà,  e  di- 
chiaraudo  con  autorità  apostolica  noa 
essere  ciò  contro  il  giuramento  fatto,  at- 
tese le  nuove  ragioni,  in  Lucca  a'q  mag- 
gio i4o8   fece  cardinali  il  b.  Giovanni 
de  Domenici  arcivescovo  di  Ragusi,  Ja- 
copo del  Torso  d' Ldine,  ed  i  suoi  ni- 
poti  patrizi   veneti   Antonio  Corraro  e 
Gabriele  Condulmieri  poi  Eugenio  IV. 
Tanto  rancore  ne  provarono  i  cardinali 
vecchi,  che  giurarono  non  riconoscerli, 
abbandonarono  il  Papa  e  si  ritirarono  a 
Pisa,   ragguagliando  con  lettere  tutti  i 
principi  cattolici  dell'irregolare  condot- 
ta del  Papa.  Corsero  diversi  uiauifesti  e 
citazioni  del  Papa  e  de'cardinali,  questi 
facendo  affiggere  le  loro  ingiuriose  pro- 
teste alla  cattedrale  di  Lucca.  Gregorio 
XII, dopo  processo,  li  scoraunicòe  privò 
del  cardinalato  in  Siena  ov' erasi  resti- 
tuito, per  aver  essi  anche  denunzialo  un 
concilio  da  tenersi  a  Pisa,  ed  a' 19  set- 
tembre i4o8  creò  in  loro  vece  altri  9 
cardinali,  fra' quali  i  due  nominali  pa- 
trizi   veneti    Barbarigo  e  Morosini.   Le 
pratiche  per  ottenere  la  rinunzia  da  Gre- 
gorio XII  e  da  Benedetto  XIII,  in  che 
si  adoperarono  n)olto  pure  i  veneziani, 
non  riuscirono  allatto;  anzi  Gregorio  XII 
dichiarando  che  il  concilio  di  Pisa  non 
avrebbe  alcuna  autorità,  convocò  quello 
di  Ci\'idalc  (/^.)  nel  Friuli;  mentre  Be- 
nedetto XIII  egualmente  per  oppoilo  al 
concilio  Pisano,   promulgò  il  concilia- 
bolo di  Perpignaiio  (/".),  ove  si  ritirò, 
per  essersi  la  Francia  sottratta  dalla  sua 
ubbidienza,  e  restato  colla  sola  Spagna. 
Gregorio  XII   nel  1409   volendosi  por- 
tare a  Civiilale,  domandò  invano  il  pas- 
saggio per  V^enezia  ;  bensì  dimorò  mol- 
to onorato  e    festeggiato  alcuni    dì   a 
Chioggia  e  a  Torcello  ove  il  popolo  ac- 
correva a  vederlo.    Becalosi  a  Cividale, 
e  ne  riparlai  a  Udine,  che  non  volle  ri- 
conoscerlo, ne'prin)i  di  giugno  vi  cele- 
brò la  I.'  sessione, poco  numerosa  ;  men- 
tre nel  Sinodo  [f''.)  di  Pisa  (non  da  tut- 


VEN  183 

li  riconosciuto,  perchè  non  convocalo 
dal  Pontefice  Gregorio  XII,  il  cardinal 
Torrecremata  non  rilenendolo  né  cano- 
nico, uè  legittimo,   il  ven.  cardinal  Bel- 
larmino lo  ripone  tra'concilii  uè  appro- 
vati, né  riprovali,  e  da  s.  Antonino  fu 
qualificato  vero  Conciliabolo),   i  cardi- 
nali e  gli  anticardinali  delle  due  Ubbi- 
dienze, coir  intervento  di  molti  vescovi, 
ambasciatori  e  dottori,  vi  deposero  Gre- 
gorio XII  e  Benedetto  XIII,  e  fìi  eletto 
a'  26  dello  stesso  giugno  1409  Alessan- 
dro V,  elezione  che  tosto  annullò  Gre- 
gorio XII.  La  creazione  d'Alessandro  V 
e  la  presenza  di  Gregorio  XII  nelle  vi- 
cinanze, diedero  motivo  a  due  partiti  ia 
Venezia,  l'uno  riconoscendo  per  Papa 
Gregorio  XII,  l'altro  rifiutandolo  e  se- 
guendo Alessandro  V,  e  di  quest'ultimo 
era  il  doge  Steno.  In  falli  quando  l'  i  i 
del  seguente  agosto  si  recarono  in  Ve- 
nezia gli   ambasciatori  di  Francia,  In- 
ghilterra e  Borgogna  per  eccitare  la  re- 
pubblica a   riconoscere  il  nuovo  Papa 
Alessandro  V,  levando  l'ubbidienza  a 
Gregorio  XII,  il  quale  altresì  mandava 
dal  canto  suo  da  Cividale,  per  esorlarla 
a  resistere  a  quelle  insinuazioni,  fu  per 
più  giorni  dispulato  in  senato  fra'sosle- 
nitori  delle  due  opinioni.  In  fine  prese 
a   parlare  lo  stesso  doge  Steno,  dimo- 
strando come  al  bene  e  alla  quiete  della 
cristianità  convenisse  mettersi  dalla  par- 
te d'Alessandro  V,  dopo  di  che  uscendo 
egli  dal  consiglio  e  posto  il  partito  fu 
vinto  con  69  sulTagi  contro  48,  sebbene 
grande  scontenlamenlo  ne  restasse  nella 
parte  contraria,  la  quale  non  si  astenne 
dallo  spargere  brulle  voci  contro  il  doge, 
riguardando  soltanto  legittimo  Grego- 
rio XII,  e  diceva  il  vero.  Nella  Cronaca 
pubblicata  dal  Cornaro,  Kccl.  f^t-nct., 
l.  i3,  leggesi  che  lo  Meno  era  tanto  av- 
verso a  Gregorio  XII,  perchè  non  avea 
voluto  far  vescovo  un   suo  nipote,  che 
non  era  idoneo  a  quell'uHicio!  Col  fa- 
moso sinodo  Pisano  luiiugivan^i  i  feileli 
di  veder  terminalo  il  fauesto  scisma  . 


)84  VEN 

siiljito  però  viep[)iù  si  l'aramaiicarono, 
jjercliè  in  luogo  d'un  solo  die  si  voleva, 
Ire  itjsietne  rimasero,  liallantloìi  ciascu- 
no da  vero  Pa[)a.  A' 5  sellembie  Gre- 
gorio XII  nel  concilio  di  Cividale  pro- 
mise foriualniente  di  rinunziare  la  di- 
gnilà  pontificia,  se  i  sedicenti  Alessandro 
V  e  Benedetto  XllI  facessero  altiettao- 
to,  afilnchè  creandosi  un  nuovo  Papa  si 
terminasse  lo  scisma,  e  deputò  l' impera- 
tore Pioberto,  Sigismondo  re  d'Ungheria 
e  Ladislao  re  di  Sicilia  perchè  eleggessero 
co'principi  della  parte  contraria  il  luogo 
per  celebrare  ad  hoc  un  concilio  ,  pel 
quale  inviò  diversi  legati  per  tutta  la  cri- 
stianità. Aveva  Gregorio  XII  ad  istan- 
za de' cividalesi  e  di  altre  comunità  del 
Friuli  e  signori  del  paese,  che  inulilmen- 
le  aveano  ricorso  al  predecessore  Inno- 
cenzo VII,  privato  del  patriarcato  d'A- 
quileia  a'i3  giugno  i4o8  (e  non  \^o^ 
come  dissi  nel  voi.  LXXXIl,  p.i  3o,  col- 
l'ab.  Cappelletti,  forse  per  menda  tipo- 
grafica che  fa  anacronismo,  non  essendo 
ancora  Papa, come  ora  mi  avvedo)  Anto- 
nio Panciera,  al  quale  i  cardinali  ribelli  a 
GregorioXII,ad  istanza  degli  udinesigli 
aveano  scritto  non  dovei  lo  ubbidire,  né 
riconoscere  per  Papa  (per  cui  il  Pancie- 
ra mandò  in  suo  luogo  al  sinodo  Pisa- 
no Giovanni  vescovo  ti' Ostuni,  suo  fia- 
tello  F'iancesco  Panciera  e  Andrea  Mon- 
licoli  suo  vicario,  oltctienclo  d'esser  con- 
fermalo nella  chiesa  Aqnileiese,  ad  onta 
the  Gregorio  XII  nel  14^9  l'alea  confe- 
rita ad  Antonio  da  Ponte),  e  quindi  sa[)U 
to  che  il  deposto  gli  tendeva  insidie  con 
gente  armata  in  lutti  i  passi  del  Friuli.  Il 
peichè  cautamente  Gregorio  XII,  nel 
partire  da  Cividale,  depose  gli  abiti  pon- 
tificali, anco  per  vedersi  abbandonato 
dalla  principal  parie  de'  suoi  venezia- 
ni, e  II  cambiò  con  un  altro.  Questi  poi 
fu  arrestalo,  come  creduto  il  Papa  (cioè 
Paolo  suo  cameriere  vestito  poinposa- 
inenlc  in  abito  rosso  con  e/juipaggio,  e 
siccome  fu  pcslo  e  bastonalo,  per  evitare 
peggio  conllissò  chi  era  e  che  teneva  5oo 


VEN 

fiorini  cucili  nella  sua  camicia.  Nel  d'i 
seguente  lui  insolente  e  bestiale  mascalzo- 
ne vestitosi  degli  abiti  pontificali  caval- 
cò per  tutta  la  città  dando  la  papale  be- 
nedizione. Lodovico  Agnello  Anastasio 
non  dice  il  nome  della  città),  e  Gregorio 
XII  raggiunte  le  galee  di  Ladislao,  appro- 
dò a  Gaeta.  Frattanto  Alessandro  V,  a  ca- 
gione della  peste  abbandonata  Pisa,  pas- 
sò successivamente  a  Prato,  Pistoia  e  Bo- 
logna, dove  non  vedendosi  sicuro  inviò 
un  nunzio  alla  repubblica  di  Venezia  nel 
febbraio  i4't),  colla  domanda  di  poter 
dimorare  a  Padova  o  Treviso,  non  es- 
sendo ancora  ben  quieta  Lloma  ilupo 
l'espulsione  delle  genti  di  Ladislao,  ma 
gli  fu  negato  [)er  buoni  rispetli,  come 
dice  la  Cronaca  di  Sanudo.  Alessandro 
V  a' 4  maggio  mori  in  Bologna  per  un 
crisliere  attossicalo,  forse  per  commis- 
sione del  cardinal  Coscia  e  del  suo  me- 
dico padovano  Daniele  di  s.  Sofia  (il 
Marini  ne^Vi  Archiatri poiid/ìcii  difende 
Daniele,  dicendocalunnia  l'imputazione, 
per  essere  stato  poi  preso  per  medico  da 
Giovanni  XXIII,  il  che  a  me  non  pare 
sarebbe  buona  prova),  pel  riferito  da 
s.  Antonino,  e  secondo  i  sospetti  del  con- 
cilio diCostanza(iiel6.°arlicolodelle  accu- 
se date  a  Giovanni  XXI II,  presso  l'Hardt, 
/list.  Concil.  Constant.,  t.  4»  P-  197  e 
247)  olire  altri),  ^  '°  slesso  cardinale  a' 
17  di  dello  mese  gli  successe  col  nome 
di  Giovanni  XXI il,  restando  cosi  rinvigo- 
rito lo  scisma,  ed  i  fedeli  sempre  divisi  in 
3  ubbidienze.  Considerando  Giovanni 
XXIII  che  né  con  minacce,  né  con  pre- 
gliiere  era  riuscito  al  proprio  predecesso- 
redi  ammollire  l'ostinazione  durissima 
degli  avversari  del  Panciera  nel  patriar- 
cato Aqnileiese,  e  bramoso  di  ridurre  il 
Friuli  in  perfetta  pace,  pensò  d'indurre 
il  Panciera  alia  rinunzia  di  tale  chiesa, 
scrivendogli  a  tale  effetto  alcune  lettere, 
dandogli  insieme  speranza  d'altro  prov- 
vedimento. Non  si  arrese  il  prelato,  on- 
de Giovanni  XXIII  stabili  di  crearlo  car- 
dinale e  Io  pubblicò  a'  G  giugno    i4  '  '» 


V  EiN 

oucl«  rinunziò  il  patriarcato  e  si  recò  a 
Roma  nei  i4i3.  Non  per  questo  sì  pa- 
cificarono i  friuiianijcli'erano  assistili  ila 
SigisiHoutlo  re  d'Ciiglieria  cJivenulo  im- 
peralore,  a  motivo  del  stJo  vicario  conte 
Federico  d'Ortenibiuiio  cosiiato  di  Lo- 
dovico  duca  di  Tech,  iifjuale  vagheggia- 
va il  patriarcato,  a  cui  l'avea  eletto  il 
capitolo,  mentre  il  legiltimo  Antonio  da 
Ponte  erasi  litirato  in  Venezia.  Tanto 
si  ap[neiide  dal  Cardclla,  Memorie  sto- 
riche de  Cardi/iali,  nella  biografìa  del 
cardinal  Panciera.'ì^iovo  però  nella  Cro- 
naca (ti  Dlilano,  la  pubblicazione  del  li- 
bro :  De  buoni  iiffìcii  della  repuhhllca 
di  Venezia  in  favore  del  cardinal  An- 
tonio Panciera,  patriarca  d'  Aqnilcia. 
Studio  storico  sopra  documenti  i/wdili, 
Venezia  tipografia  editrice  Naralovich 
1857.  Dipoi  Martino  V  riconobbe  il 
Tech, e  trasferì  Da  Ponte  a  Zara.  In  Gae- 
ta Gregorio  XII  scomunicò  l'antipapa 
Benedetto  XIII  e  il  sedicente  Giovanni 
XXllI  co'  cardinali  che  ne  segnivatio  il 
partito.  E  siccome  l'ambizioso  Ladislao 
l'avea  abbandonato,  per  essere  stato  con- 
fermato nel  regno  da  Giovanni  XXlll, 
si  trovò  costretto  nel  i4'2  a  fuggire  da 
Gaeta  in  due  navi  veneziane  che  felice- 
mente eransi  accostate,  ed  accompugnato 
da'cardinali  Corraro  eConduUnien  suoi 
nipoti,  e  Barbarigo,  scansando  molle  in- 
sidie giunse  in  Riinirà  (  V.),  nell'  alfol- 
tuoso  asilo  di  Carlo  Malatesta.  Come  si 
diportarono!  veneziani  nel  grande  sci- 
sma il'Occidenle  e  col  concittadino  Som- 
mo Pontefice  Gregorio  XII,  può  veilersi 
nella  Raccolta  del  p.  Calogeri,  t.  49> 
p.  317.  De  Joa/ine  Bciiedicto  episcopo 
Tav\>isino  Flaniinii  Come  Hi  Js^pi  stola 
ad  Angelu/n  Mariani  Quiriiiu/n  Cardi- 
naleni  j  e  questo  porporato  nella  sua 
Tiara  et  Pur  pura  feneta.  In  diversi 
len)pi,  prima  de'discorsi,  avea  la  repub- 
blica di  Venezia  stretto  una  lega  con  Fe- 
derico duca  d'Austria  ;  con  Pandolfo  Ma- 
lalesla  signore  di  Pesaro,  già  capitano 
suo  iu  principio  della  giwrra  cu'Garrara, 


VEN  i85 

divenuto  signore  di  Brescia; col  marche- 
se Nicolò  d'  Este;e  rinnovata  la  tregua 
per  Janni  coll'imperatore Emanuele  Pa- 
leologo.  Obizo  da  Polenta  per  vedere  la 
generale  perturbazione  delle  cose,  a  ca- 
gione del  furioso  scisma,  erasi  posto  sot- 
to la  protezione  della  repubblica,  rice- 
vendo in  Ravenna  un  podestà  veneziano 
e  molti  altri  veneti  per  sicurezza,  chia- 
mandola a  succederlo  neirevenluale  man- 
canza d' creili  maschi,  ma  non  poteva 
farlo  essendo  alto  dominio  della  s.  Sede. 
Fino  dall'Etiopia  il  l'rete  Janni  mandò 
al  doge  preziosi  aromi,  e  4  leopardi,  do- 
nati, 2  al  duca  di  Milano,  e  2  a'  duchi 
Guglielmo  e  Alberto  d'Austria.  Lepan- 
to e  Patrasso  si  dieJeroalla  repubblica, 
per  ischermirsi  dall'imnnnente  signoria 
de' turchi.  Dal  re  Ladislao,  e  per  cento- 
mila fioiini,  i  veneziani  riacquistarono 
Zara,  importantissima  al  loro  commer- 
cio, e  tutte  le  città  che  possedeva  in  Dal- 
mazia. Il  nuovo  acquisto  però  e  i  maneg- 
gi ile'  due  profughi  Marsilio  da  Carra- 
ra e  Brunoro  della  Scala,  avvilup[»aro- 
no  i  veneziani  iu  una  guerra  coli  impe- 
rai tore  Sigismondo  re  d'  Ungheria,  che 
dichiarò  Brunoro  suo  vicario  generale 
in  Vicenza  e  Verona, avendolo  iduc  prin- 
cipi assicuralo  col  suo  aiuto  di  caccia- 
re i  veneziani  da  Padova  e  da  Verona. 
Tramarono  inoltre  congiure  nelle  due 
città,  represse  e  punite  severamente  da' 
veneziani,  i  quali  publilicaroiio  il  preuuo 
di  5,000  ducali  a  chi  desse  nelle  ma- 
ni loro  vivi  o  morti  IJrunoro  e  iMarsilio. 
Inconsolabile  Sigismondo  per  la  perdi- 
ta di  Zira,  non  ascollò  i  ricordi  de'  be- 
neficii  ricevuti  «lalla  repubblica  e  le  pro- 
posizioni pacifiche,  e  mamlò  nel  Trevi- 
giano con  12,000  cavidli  e  8000  lauti 
Filippo  Scolari  capitano  fiorentino.  Al 
grave  pericolo  che  minacciava  la  repub- 
blica, essa  oppose  opportuni  prowedi- 
inenli,  anidando  ragguurdevole  esercito 
sotto  il  comando  di  Taddeo  dd  V'erme.e 
poi  gli  surrogò  Carlo  JMalatcsla.  ben- 
ché batluli  a  Praia,  gli  uughcri  s'impa- 


i86  V  E  N 

dronirono  di  Feltie  e  Belluno,  per  ac- 
cordi, onde  r  imperatore  concesse  privi- 
legi alle  due  città,  nominandone  vicario 
trunoro  della  Scala,  e  del  Friuli  fece  vi- 
cario il  suddetto  conte  d'Ortemburgo,  e 
fu  allora  che  il  capitolo  e  i  vescovi  pro- 
vinciali elessero  contro  il  da  Ponte  io 
patriarca  d'Acjuileia  Lodovico  Tech.  Al- 
la Molta  die  altra  grossa  sconfitta  agli 
ungheri  Carlo  Maialesta,  ma  rimasto 
Dialconcio  cede  il  comando  al  fratello 
Pandolfo  sunnominato;  mentre  lo  Sco- 
lari, detto  Pippo  Spano,  per  essersi  am- 
malato, e  non  per  tradimento,  ritornò  in 
Ungheria,  e  ìu  fìtti  guarito  si  restituì 
con  altre  forze  a  ravvivare  la  guerra, 
combattendogli  ungheri  anche  nell'Istria 
e  uella  Uiilmazia.  Saccheggiando  e  di- 
struggendo, nella  notte  avanti  l'i  i  giu- 
gno i4i2  giunse  il  nemico  sopra  zatte- 
re fino  a  s.  Nicolò  del  Lido,  ma  accorso 
il  popolo  da  tutte  le  parte  si  ritirò.  A'24 
agosto  si  die  furiosa  battaglia  alla  Motta, 
vigorosamente  combattuta;  già  la  vitto- 
ria era  degli  ungheri,  (piando  i  fuggenti 
veneziani  riordinati  ila  Pietro  Loredano 
e  dal  Malatesta,  tornali  all'assalto,  die- 
dero piena  scoufuia  agli  ungheri  coti 
perdita  di  prigionieri  ed  insegne,  le  quali 
furono  collocate  nella  piocuralia  di  s. 
Marco  con  iscrizione.  In  questo  mezzo 
minacciata  la  repubblica  da  una  trama 
interna,  per  opera  di  Francesco  Baldui- 
110,  propostosi  d'  uccidere  la  signoria  ed 
i  nobili,  il  traditore  fu  impiccato;  e  Bar- 
tolomeo d'Anselmo  che  la  svelò  fu  am- 
messo al  maggior  consiglio  co'  figli  e  di- 
scendenti. 1  particolari  si  potino  leggere 
nel  cavalier  Mulinelli,  Annali  Urbani, 
a  p.  252.  Divenuta  la  guerra  pesante 
adaudje  le  parti,  a  mediazione  di  Gio- 
vanni de  Medici,  a'  17  aprile  i4i3  si 
concluse  la  tregua  per  5  anni,  e  vi  si 
comprese  il  patriarca  Tech,  e  altri  allea- 
ti de  belligeranti.  Altra  tregua  di  5  anni 
fu  conclusa  con  Federico  duca  d'Austria 
per  interposizione  di  Sigismondo.  Que- 
gli piofittaudo  della  tregua  calò  ia  Lotu- 


VE  N 
bardia,  e  recatosi  a  Piacenza  e  poi  in  Lo- 
di s'  incontrò  in  ambedue  le  città  eoa 
Giovanni  XXI li,  col  quale  nelle  frequen- 
ti e  lunghe  conferenze  s'  accordò  per  la 
convocazione  del  concilio  di  Costanza 
(f^.),  in  continuazione  di  quello  di  Pisa, 
per  estinguere  lo  scisma  che  tanto  afflig- 
geva la  Chiesa  universale.  Altri  colloqui 
Giovanni  XXI II  e  Sigismondo  tennero 
in  Cremona,  dalla  cui  T'orrc  corsero  pe- 
ricolo d' essere  precipitati.  Cominciava 
allora  Venezia  a  godere  d'una  splendida 
pace,  quando  dalla  peste  assalita,  in  po- 
chi mesi  vi  menò  la  strage  di  piìi  che 
3 0,000  persone.India'26dice(nbrei4i  3 
mori  il  iloge  Steno,  ed  ebbe  onorevole 
sepoltura  in  s.  Marina.  Uomo  d'  animo 
valoroso,  negli  alf.tri  solerte,  costante  nel 
mantenere  i  privilegi  della  sua  dignità, 
vivace  di  tempra  e  di  forte  eloquenza 
dotato.  Impetuoso,  venne  a  grave  con- 
lesa cogli  avogadori,  i  quali  gi'imposero 
silenzio  non  potendo  parlare  senza  licen- 
za de'4consiglieri  :  persistendo  egli  a  ra- 
gionare, gì'  intimarono  di  tacere  sotto 
pena  di  lire  1000,  e  minacciandolo  di 
chiamarlo  innanzi  a  formale  consiglio. 
La  cosa  non  ebbe  seguito.  Ma  nella  va* 
canza  della  sede  nuove  disposizioni  fu- 
rono prese  a  limitare  vieppiù  il  potere 
de'  dogi  futuri.  Agli  avogadori  fu  data 
facoltà  di  citarli  iu  giudizio,  e  non  pote- 
re i  dogi  opporsi  alle  loro  decisioni,  an- 
che di  due  di  loro.  Non  dovere  i  dogi 
convocare  il  consiglio,  senza  il  concorso 
de'  suoi  consiglieri.  Non  doversi  vedere 
il  loro  stemma  dipinto  o  scolpito  fuori 
del  ducale  palazzo.  Si  obbligarono  a  dar 
pubblica  udienza  co'Ioro  consiglieri  tutti 
i  giorni,  eccetto  le  feste;  di  chiamare  o- 
gni  mese  i  giudici  di  palazzo  alla  loro 
presenza  e  ammonirli  ad  amministrare 
buona  e  imparziale  giustizia;  di  conti- 
nuare il  pranzo  solito  alle  arti  nella  loro 
elezione.  Durando  ancora,  sebbene  ridot- 
ta a  sola  e  vana  forinola,  la  convocazio- 
ne dell'  arengo  e  conclone  popolare  , 
ma  assai  di  rado,  e  voleodo  sempre  più 


V  E  iV 
restringere  il  potere  del  popolo,  come 
già  quello  del  doge,  si  decretò  non   po- 
ter più  il  doge  convocale  tale  assemblea 
se  non  coli'  approvazione  della  maggior 
parte  del  consiglio  minore  e  maggiore,  e 
per  esporvi  solo  (jiielle    cose  già  prece- 
dentemente da  que'  consigli  approvate. 
»  8.  Tommaso  AJocenJgo  LXIT^ do- 
ge. La  sua  famiglia,  riferisce  il  eh.  Caso- 
ni,   derivò  dalla  Dalmazia,  e  forse  dalla 
Grecia,  con  antichissima  e  nobilissima  o« 
rigine.  Alcuno  poi  narra,  che  Benedetto 
Mocenigo,  pai  litosi  da  Milano,  edificò  il 
castello  di  Muscstre  sul  fiume  Sile,  in  vi- 
cinanza agli  Estuari  Torcellani,  ne'  pri- 
mi secoli  veneti  chiamati    le   Contrade, 
da  dove  poscia  trasferitosi  a  Venezia  fu 
ricevuto  tra'  patrizi;  ed  è  forse  per  que- 
sto che  alcuni  cronisti  ripetono  i  Moce- 
nigo venuti  da  Musestre.  Comunque  sia, 
la  repubblica  scelse  da   questa   gente   7 
dogi  e  Tommaso  pel  i.";  vanto  che  di  vide 
colla  famiglia  Partecipazio,  che  pure  fu 
illustrala  da  7  dogi.  Superò  auibedue  la 
gente  Conlarini,  che  si  gloria  di  8  dogi. 
Essendo  Tommaso  Mocenigo  procurato- 
re di  s.  Marco,  ed  uno  de'3  ambasciatori 
a  Sigismondo  imperatore  per  trattare  la 
pace,  per  la  quale  erasi  interposto  Gio- 
vanni XXlll,  mentre  trovavaìi  presso  di 
loro  ili  Cremona  o  in  Lodi,  fu  richiama- 
lo a  Venezia  per  essere  stato  eletto  do- 
ge a'  7   gennaio    i4'4-   Dice    il   lodato 
8U0  biografo,  questo  fu   1'  ultimo  doge 
che  pubblicossi  nella  chiesa  di   s.  Mar- 
co, richiestone  il   consenso  tiel    popolo, 
poiché,  come  diiò, in  seguilo  fu  tolto  l'u- 
so di  domaiid.irne  il  parere.  L'  arrcn- 
go  per  l'ultima  volta  convocato  l'appro- 
vò, e  il  gastaldo  Francesco   della  Torre 
giurò  fedeltà  in  nome  del  popolo.  Fu- 
rono scelti  12  oratori  per  incontrarlo  a 
Verona,  e  fece  il  suo  solenne  ingresso  in 
Venezia  fra  il  commi  |)laiiso.  Poco  ilopo 
ritoi  .  ili  gli  altri  due  ambasciatori,  sen- 
za aver  potuto  nulla  concludere  con  Si- 
gismondo, i  veneziani  strinsero  alleanza 
con  Filippo  M."  Visconti  duca  di  Mila- 


YEN  ,87 

no  e  con  Pandolfo  Malatesla,  per  impe- 
dire le  ulteriori  mire  dell'imperatore  e 
per  la  quiete  di  Lombardia.  Inoltre  i  ve- 
neziani pacificarono  Ladislao  cu'  fioren- 
tini. A  porfìneal  turboleiilissimoscisina, 
Giovanni  XXlll  a' 5  novembre  i4i4 
aprì  il  concilio  di  Costanza,  il  quale  in- 
viò 4  ambasciatori  alla  repubblica  di  Ve- 
nezia per  intendere  com'era  disposta;  ed 
essa  con  quella  pietà  e  cattolica  religio- 
ne che  si  conveniva,  rispo'ie  che  avrebbe 
riconosciuto  quanto  decretasse,  e  venera- 
to per  Papa  quello  che  vi  fosse  canonica- 
mente eletto;  ed  è  perciò  che  v'inlerveu- 
nero  i  cardinali  veneziani  creati  da  Gre- 
gorio XII,  Barbarico,  Morosini  e  Anto- 
nio Corralo  (non  Conduliniero  come  scri- 
ve Paolo  iMoiosiui,  che  inoltre  dice  An- 
Ionio  elevalo  poi  al  pontificalo,  mentre 
fu  Gabriele  Condulmiero,  il  (juale  pro- 
babilmente rimase  presso  lo  zio  in  l\i- 
mini),  e  nel  viaggio  che  fecero  per  Ve- 
nezia riceverono  lutti  gli  onori  conve- 
nienti alla  loro  dignità.  L'  imperatore" 
avendo  invitato  al  concilio  Gregorio  Xli, 
questi  gli  rispose  eh'  essendo  i-gli  solo  il 
vero  supremo  Pastore  della  Clnesa.il  con- 
cilio era  slato  adunato  senza  legittima 
autorità.  Sigismondo  con  altra  lettera  lo 
rimproverò  per  ricusarsi  di  andare  a  Co- 
stanza, a  cui  il  Papa  rispose,  ch'egli  non 
ricusava  il  concilio,  ma  si  il  congresso 
convocalo  d.i  Giovanni,  poiché  non  con- 
veniva al  Vicario  di  Cristo  esser  soggetto 
all'usurpatore  del  pontificato;  ed  a  vea  ra- 
gione. Nondimeno  il  virtuoso  Gregorio 
XII,  che  sinceramente  bramava  la  pace 
della  Chiesa,  con  lettera  data  in  Ilimini 
a'i3  marzo  1  |  '  ">  die'[)iena  autorità  al 
cardinal  Domenici,  e  agli  alli  i  ili  sua  ub- 
bidienza, di  ridurre  a  forma  di  concilio 
generale  il  congresso  di  Costanza,  e  vi 
S|)edì  suo  procuratore  plenipotenziario 
Carlo  INlalatesla.  Giovanni  XXlll  <lopo 
aver  giurato  di  1  inunziaie  al  pontificato 
se  facevano  il  simile  i  suoi  due  ciHiipeti- 
lori,  fuggì  da  Costanza  nella  Svizzera 
(f^-)i  favorito  da  Feilcrico  duca  d'  Au- 


i8«  VEi\ 

Siria,  a'ai  marzo  i^i5  (col  quale  avea 
fatto  lega  segreta,  ilicliiaiatolo  capitano 
geiieiale di  s.  Chiesa  coli'  anuuo  assegno 
di  1 6,000  fiorini  d'oro),  e  perciò  fu  depo- 
sto 11'  2q  maggio  (dopo  tal  fuga  nel  con- 
cilio fu  discussa  la  questione  se  il  Co?K77/o 
geuerale  sia  sopra  a\ Papa, op\ìuve  questo 
sopra  di  quello,  almeno  quando  il  Pupa 
è  dubbio  io  tempo  di  scisma.  Dipoi  l^io 
Il  scomunicò  chi  si  appellasse  da' Papi 
B'coni;!lii,ed  i  coticilii  generali  di  Firenze 
e  Laleiano  V  delerminarono  che  il  P.i- 
]ia  è  sopra  al  concilio.   Riporta  tutte    le 
oijiniom  Lodovico  Agnello  iVnastasiu,  1- 
storia  ch'ali  Ami paj)i,\..  2,p.  240  e  seg.). 
Indi  GregorioXll  dal  suoincaricato  ]Ma- 
latesta  a'  4  del  seguente  luglio  sponta- 
neamente fece  leggere  l'  allo  formale  di 
sua  eroica  rinunzia,  da  lui  ratificata  nel 
ujodo  riferito  nel;  voi.  LXXXI,  p.  119; 
onde  il  concilio  Io  dichiarò  cardinal  de- 
cano del  sagro  collegio,  con   quali*  altre 
dignità  che  narrai  nella  sua  biografia  ;  e 
•iilirutosi  nella  sua  chiesa  vescovile  di  Re- 
canali (F.),ìXìovì  santamente  in  tal  città 
e  fu  deposto  nella  cattedrale  (in  (|uel 
monuniento  riportalo  in  disegnodal  Ciac- 
conio, /'i7rte  PoiUificiim,  t.2,  p.  7G0,  ove 
si  vede  la  figura  coronata  del   triregno, 
il  quale  sovrasta  pure  lo  stemma),  para- 
gonalo da  s.  Anionino  a  s.  Stefano  mar- 
liie  per  la  costanza  mirabile  da  lui  mo- 
slrala  iiell' avversità.  L'ostinalo  Bene- 
detto Xlil  ritiratosi  in  Paniscola  (f-\), 
pertinace  nello  scisma,  a'26  luglio  1 4  '  7> 
fu  deposto  e  scomunicalo  qual   devialo 
dalla  fede.  Si  procedelle   poscia  all'ele- 
zione del  nuovo  Papa,  e  1' 1  i  novembre 
lo  divenne  Martino  V  Colonna  romano, 
il  (piale  con  lutto  lo  zelo  si  die  ad  estin- 
guere le  reliquie  dello  scisma  ed  a  resti- 
tuir la  pace  alla  Chiesa,  e  1'  ottenne  nel 
concilio  di  Torlosa{F.)  con  eterna  glo- 
ria del  suo  nome.  La  repubblica  non  tar- 
do a  in.iudargli  ambasciatori  d'ubbidien- 
za Marino  Caravello,  Antonio  Contari- 
in,  Franiesco  Foscari  e  Fantino  Michiel, 
accolli  il'  1 7  dicembre  cou  pompa  soleu- 


YEN 

ne.  Mentre  le  questioni  religiose   occu- 
pavano il  concilio,  l'Italia  era  io  [Meila  a 
varie  rivoluzioni,  fra  le  quali  neli4'  ^  e 
prima  dell'elezione  di  Martino  V,  raccon- 
ta il   prof.  Piomauin,  coU'appoggio  d'un 
documento,  Ancona  esposta  all'incursio- 
ni di  Malatesla  signore  di  Pesaro,   oCfii 
la  propria  dedizione  alla  repubblica  al- 
zando il  vessillo  di  s.  Marco;  ma  i  venezia- 
ni disapprovando  la  dedizione,  per  non 
sembrare  di  profittare  delle  confusioni 
della  Chiesa  romana  per  ispogliarla  del- 
le sue  terre,  a  restituire  la  quiete  ad  An- 
cona, contribuirono  ad   una   tregua  col 
Malatesla.  Tutl'altro  riferiscono  gli  sto- 
rici anconitani  Leoni  e  Peruzzi,  poiché 
gli  anconitani  combatlerono  con  valore 
il   nemico  ;  soltanto,   quanto  a   Vene- 
zia, bensì  narrano;  Che  per  rotture,  le 
galee  d'Ancona  impedivano  a'iecanalesi 
i  viaggi  marittimi;  e  il  doge  veneto  Mo- 
cenigo  per  ambasceria  e  lettera  pregò  gli 
anconitani  a  non  impedire  i  recanatesi 
di  navigare  per  Venezia,  e  ciò  venne  ac- 
cordato. Ma  ben  più  gravi  cose  accade- 
vano intanto  nell'Oriente,  ove  la  potenza 
de'  turchi  avea  ripreso  vigore;  imperoc- 
ché saputasi  la  conquista  di  Damasco  fat- 
ta dal  soldano  di  Babilonia,  e  che  il  tur- 
co era  penetrato  in  Negropoole,  si  trailo 
la  pace  e  fu  anche  conclusa.  Ma  rottesi 
le  condizioni,  i  turchi  armarono  una  flot- 
ta per  depredare  i  veneli  navigli  e  stur- 
barne il  commercio,  assalendoli    presso 
Gallipoli  all'improvviso.  Convenne  dun- 
que spedire  Pietro  Loredaoo  generale  va- 
lurosissimOjilqualedata  una  delle  piìisan- 
giiiiiose  battaglie  che  vantar  possa  la  re- 
pubblica, ottenne  illustre   vittoria  a'29 
maggioi4i6.  Il  sultano  IMaomello  I  udi- 
ta la  rotta  di  sua  armata  navale,  e  come 
i  veneziani  avanzandosi  verso  Costanti- 
nopoli aveano  bombardalo   la   torre  di 
Lampsaco,  si  alìVettò  di  mandare  a  Ve- 
nezia per  trattare  di  pace  nel    i4'7>  '^ 
quale  fu  ristabilita  con  diverse  condizio- 
ni favorevoli  a' veneziani;  e  nel  seguen- 
te auuo  si  recò  a  Yeuezìa  uu  ambascia- 


VEN 

Tore  otfomanOj  accollo  ron  (ìlstìnrione, 
mantenuto  col  suo  seguito  a  spese  pub' 
bliche  (costume  antico  romano,  passato 
da' bizantini  a'turrhi  e  a'veneziani.  cioè 
abitazione,  vitto  e  vestilo)  e  sipailìric- 
camente  donato.  La  repubblica  non  man- 
cò conthciuar  le  pratiche  per  pacificarsi 
con  Sigismondo,  contenta  di  riconoscere 
i  possedimenlidi  Dalmazia  a  titolodi  feu- 
do, ma  senza  successo,  ad  outa  che  Mar- 
tino  V,niostrando>i  assai  feivorevole  a've- 
neziani erasi  fatto  meiliatore.  Laonde  la 
repubblica  si  die'  con  impegno  a  procac- 
ciarsi armi  ed  alleati,  per  l'eventualità 
d'  una  nuova  guerra,  facendo  nuova  le- 
ga col  duca  di  Milano  e  con  Giovanna  il 
succeduta  al  fratello  Ladislao.  Secondo 
1'  infame  politica  comune  in  que'lempi, 
la  repubblica  accettò  la  proposta  di  libe- 
rarsi col  veleno  dall'ambizioso  Sigismon- 
do e  dal  suo  protetto  Brunoro  della  Sca- 
la, ma  non  ebbe  efiélto.  Però  non  le 
mancò  il  desti  o  di  venire  in  possesso  di 
Itoveredo,  per  aver  tramato  contro  di  es- 
sa il  suo  signore  Aldriglietlo  di  Lizana, 
già  sotto  la  protezione  de'veneziani,nia  ne 
tierivarono  gravi  complicazioni  co'duthi 
d'Austria.  Le  particolari  ambizioni  aven- 
do impedito  a' veneziani  la  lega  di  tutta 
r  Italia,  a  sostegno  della  comune  indi- 
pendenza, contro  le  mire  spiegate  a  Co- 
stanza da  Sigismondo, questi  ad  onta  che 
fosse  impacciato  cogli  Lssid  (^'-J,  nel 
i4iH  coir  esercito  calò  nel  Fi  iuli,  ov'e- 
lano  due  partili,  l'uno  per  gli  ungheri 
con  alla  testa  il  patriarca  Tech,  l'altro 
pe'  veneziani  capitanato  dal  loro  antico 
amico  Tristano  Savorgnano, oltre  il  qua- 
le e  altri,  comandava  le  truppe  l'andolfo 
Malalesta  supremo  dure.  Venutisi  alle 
mani,  la  vittoria  si  dichiarò  pe'vcnezia- 
Ili,  anche  pel  valore  di  Filippo  Arcelli 
signore  di  Piacenza,  venendo  in  possesso 
parte  coll'armi  e  parte  per  dedizione  di 
Cividale,  Prata,  Porlogruaro,  Feltre  e 
Belluno.  Vedendosi  Udine  assediata,  non 
oslanle  le  rimostranze  del  patiifirca,  ri- 
fugiatosi presso  i  conti  di   Gorizia,  fece 


YEN  iR<i 

la  «uà  dedizione  previa  pronie^'^a  di  con- 
ferma degli  statuti  e  d'appòsito  mugislra- 
to  con  titolo  di  luogotenente,  e  fu  il  r  ."Ro- 
berto Morosini,  facendovi  il  loro  ingres- 
so le  truppe  veneziane  a' iq  giugno  i.^''''^- 
La  resa  d'Udine  trasse  dietro  quella  del- 
l'altie  castella,  e  della  stessa  Aquileia, 
a'5  agosto,  con  promessa  di  conservarle  i 
suoi  privilegi  e  mercati,  e  di  non  impor 
nuovi  dazi.  Infine  il  patriRrca  d'  Aqui- 
leia Tech  vedendo  ormai  disoerate  le  co- 
se sue,  e  fatte  varie  nrnliche  col  mezzo 
del  Papa,  dovette  acquetarsi  cedeiulo  il 
Friuli  alla  repubblica,  con  f.icollà  d'eser- 
citarvi la  piena  giurisdizione  civile  ecri- 
minale;  menti' egli  riceverebbe  in  com- 
penso 3,000  ducati  annui  e  conservereb- 
be il  possesso  subordinalo  di  s.  Vito,  s. 
Daniele  e  Aquileia.  Anche  quelle  città 
dell'  Istria  che  ancora  da  lui  dipendeva- 
no, in  parie  si  arresero,  in  parie  furono 
ridotte  per  forza.  Cos'i  la  possente  re- 
pubblica di  Venezia  ampliandoli  suo  do- 
minio di  Terraferma,  trovavasi  in  pos- 
sesso dalla  parte  di  ponente  di  Padova, 
Vicenza,  Verona;  da  quella  d'oriente  di 
Treviso,  Feltre,  Belluno  e  tiel  Friuli  ;  eb- 
be r  Istria  e  il  Cadore,  come  altresì  l'al- 
ta giiuisdizione  feudale  sulla  contea  di 
Gorizia,  il  cui  conte  Enrico  si  fece  suo 
feudatario  nel  1424  e  seguì  l'alto  d'in- 
vestitura; per  il  che  si  trovò  essere  non 
solo  potenza  formidabile  mnrillima,  ma 
eziandio  teneslre  e  di  grande  influenza 
nelle  sorti  italiane;  dominatrice  del  golfo 
Adralicoda  una  parle,dali'allra  del  Friu- 
li,porla  d'I  lalia,  del  cui  ducato  ragionai  a 
Udine.  I  3  principali  empi  della  provin- 
cia furono  la  città  d'  Udine  co'  consigli 
maggiore  e  minore  o  Convocazione,  il 
Parlamento  o  adunanza  de' feiulalarii 
con  mero  e  misto  impero,  la  Contadi- 
nanza o  corpo  di  tutte  le  ville  della  pro- 
vincia. Agli  acquistati  luoghi  si  conser- 
varono gli  statuti  ei  privilegi,  sol  ponen- 
dosi alla  lesla  un  rettore  o  allro  mngi- 
sliato  e  coll'appello  a  Venezia.  Nel  tem- 
po stesso  che  i  veneziani  comballevano 


igo  VEN 

nel  Fiiiili,  porJnrono  le  loro  armi  anche 
nella  Dahnazìa,  che  ricupera  tono  e  tol- 
sero fìnaltnenle  al  re  d'Ungheria, allora 
inj^olfato  in  Doemia  per  l'eresia  armata 
de'  fanatici  e  sanguinari  ussiti,  e  nella 
difesa  dell'  Ungheria  stessa  contro  i  tur- 
chi, perciò  impotente  d'  accorrere  alla  tu- 
tela delle  terre  friulane  e  dalmate.  A' i  2 
maggio  14^0  era  partito  Pietro  Lore- 
dana alta  volta  di  Dalmazia  con  i5  ga- 
lere e  altre  navi,  e  prestan)enle  s'  impa- 
dron'i  d'  Almizza,  Brazza,  Lesina  e  Cur- 
zola  ;  e  dopo  qualche  resistenza  anco  di 
Catfaro,  e  di  Traù  che  la  fece  più  vali- 
da perchè  difesa  dagli  ungheii.  Iiulis'iin- 
padroni  di  Spalalro  e  alili  luoghi.  Nel- 
r  Albania  ehbe  Scutari,  Dri vasto,  Anti- 
vari,  rjulcigno  e  Alessio  o  meglio  Lisso, 
e  per  cessione  di  Ceolurion  Zaccaria  l'im- 
portantissima  città  diCorinto,chiave  della 
Morea,  perchè  temeva  AmuratlI  sulta- 
no de' turchi,  e  per  averne  soccorsi  con- 
tro di  lui;  anzi  pare  che  offrisse  tutta  la 
Morea,  da'veneziani  non  accettata.  Era- 
no le  città  della  Dalmazia  presiedute  da 
un  prò  v  veditore  genera  le;  a  vea  no  un  con- 
siglio di  nobili  che  eleggeva  agi'  impie- 
ghi ;  il  conte  e  rettore  manilafo  da  Ve- 
nezia avea  la  giustizia  criminale,  e  d'ac- 
cordo co'  giudici  del  paese,  la  civile.  Da 
queste  guerre  veneziane  nel  Friuli  e  nel- 
la Dalmazia,  avea  intanto  profittato  l'a- 
stutissin»o  Filippo  M.'  Visconti  duca  di 
Milano  per  estendere  vieppiìi  le  sue  con- 
quiste in  Lombardia,  ed  avendo  i  geno- 
vesi dato  soccorso  ad  Arcelli  signore  di 
Piacenza,  poco  stettero  ad  essere  anche 
loro  assalili;  dappoiché  assediata  Genova, 
questa  a' 2  novembre  1421  soggiacque 
nuovamente  al  dominio  de'  Visconti, 
l^rincipale  autore  della  fortuna  e  smisu- 
rata ambizione  del  duca  era  il  valoroso 
Francesco  Bussone  da  Carmannola,  città 
del  Piemonte,  col  quale  nome  è  piti  co- 
nosciuto, e  dal  suo  signore  fu  mandalo 
ambasciatore  a  Venezia  per  le  pratiche 
di  pace  che  allora  si  maneggiavano  in 
Londjardia.  Tanta  fortuna  del  Visconti 


VEN 
non  poteva  non  ingelosire  i  sagaci  vene- 
ziani, nondimeno  adescati  dalle  promesse 
di  lui,  desiderosi  di  procacciarsi  un  po- 
lente alleato  al  caso  d'una  nuova  calata 
d'  uiigheri   in   Italia   pel    riacquisto  del 
perduto,    acconsentirono  a' 2  1  febbraio 
i42'2  ad  un  trattato.  1  genovesi  perduta 
la  propria  indipendenza,  incapaci  ormai 
di  granfli  imprese,  eransi  dati  alla  pira- 
teria co'  catalani,  ma  Jacopo  Trevisano 
spedito  con   18  galee  a  combatterli,  riu- 
scì a  sconfiggere  Gio.  Ambrogio  Spino- 
la, il  quale  restalo  a  Gaeta  gravemente 
ferito  incendiò  il  proprio  naviglio.  Della 
condotta  de'  veneziani  in  quest'incontro 
assai  dolutosi  Alfonso  V   re  d'Aragona 
e  I  qual  re  di  Sicilia  di  là  dal  Faro,  co- 
me pielendente  al  regno  di  qua  o  reame 
di  Ncipoli,  voleva  soddisfazione, quasiché 
i  veneziani  assalendo  loSpinola  in  Gaeta, 
ov'  erasi  ritirato,  avessero  violato  il  di- 
ritto delie  genti,  ma  nulla  ottenne.  Mi- 
nacciati i  fiorentini  da' progressi  sempre 
crescenti  del  duca  di  Milano,  domanda- 
rono di  far  lega  co'  veneziani,  olfrendo 
la  loro  mediazione  con  Sigismondo;  ma 
dopo  lunga  discussione,ad  eccitamento  del 
doge  Moceoigo,  uomo  di  grande  politica, 
restarono  neutrali,  a  fronte  che   France- 
scoFoscari,che  poi  gli  successe, consigliava 
la  lega  contro  il  duca.  Il  prof  Romania  ri- 
porta il  grave  e  interessante  discorso  pro- 
nunziato dal  doge  in  letto,  che  forma 
r  ultimo  suo  atto  politico,  nel   quale  e- 
spose  un  quadro  statistico  delle  condizio- 
ni politiche,  economiche  e  commerciali 
della  repabblica,per  la  conservazione  del- 
la cui  prosperità  il  moribondo  doge  esortò 
alla  pace,  di  guardarsi  dall'ingiusta  guer- 
ra, e  che  non  gli  si  sostituisse  il  Foscaiì, 
di  cui  egli  ben  conoscendo  l'indole,  pre- 
disse che,  sotto  di  lui,  la   repubblica  a* 
vrebbe  dovuto  sostenere  continue  guer- 
re; lodando  invece  per  savi  e  meritevoli 
Murino  Catavello,    Francesco    Bembo, 
Giacomo  Trevisan,  Antonio   Contarini, 
Fauslin  Michiel  e  Alban  Batloer.    Ecco 
in  breve  il  quadro  slalislico  del  suo  fio- 


VEN 
lido  dogatlo.  Allora  i  veneziani  solcavano 
i  Diari  con  3oo  navi,  ^5  galere,  e  3, eoo 
baslimenli  di  varia  portata,  montati  da 
36,000  marinari;  i6,ooo  artisti  erano 
in  continuo  esercizio  per  le  costruzioni 
navali  ;  la  popolazione  di  Venezia  ascen- 
deva a  iqo,ooo  individui.  I  capitali  in 
giro  pressoi  negozianti  montavano  adie- 
ci  milioni  di  ducati  d'oro,  sui  (piali  gua- 
dagnavano ogni  anno  quattro  milioni  ; 
il  censo  delle  case  nella  capitale  era  fis- 
sato a  sette  milioni  di  ducati;  il  Monte 
dello  Stalo  era  ricco  di  sei  milioni  ;  i  pub- 
blici granai  serbavano  costantemente  in 
deposito  346,000  slaia  di  frumento;  e 
ciò  ch'è  veramente  ammirabile  il  debito 
pubblico  non  eccedeva  quattro  milioni. 
Per  dare  un'  idea  del  patrio  carattere 
di  questo  doge,  e  della  forza  morale  del 
governo  in  que'  tempi,  basta  il  fatto  se- 
guente. >»  Nell'anno  i4'9  ""  incendio 
avea  rovinata  parte  della  chiesa  di  s. 
Marco  e  del  ducale  palazzo.  Dovevasi 
discutere  in  senato  delle  misiu'e  da  pren- 
dersi pella  restaurazione  ;  e  una  legge 
vietava,  sotto  pena  di  mille  ducati  d'o- 
ro,  il  proporre  di  demolire  il  palazzo 
antico,  per  farlo  nuovo  più  sontuoso  e 
magnifico.  Concepito  dal  Mocenigo  il 
pensiero  d'  un  progetto  di  riedificazio- 
ne dell'  edifjzio,  andò  in  senato  il  dì  22 
settembre  i4^2  colla  somma  occorre- 
vole  ;  e  quando,  all'  esordio  tiel  suo  di- 
scorso, il  magistrato  cui  spettava  ve- 
gliare per  r  osservanza  delle  leggi,  inli- 
mò il  veto,  il  doge  pagò  la  multa,  e  pio- 
seguì  a  perorare  con  sì  forti  argomenti, 
che  persuase  il  consesso  a  risolvere  con- 
for  memenle  alla  sua  proposta  ;  in  conse- 
guenza di  che  nel  14^4  *'  costrinrono  le 
12  arcate  del  suddetto  palazzo  che  sor- 
gono sulla  Piazzetta,  e  che  vanno  a  con- 
giungersi colla  maggior  porla  detta  della 
Carta;  quando  per  l'mnanzi  l'tdifizio  non 
pi  esentava  da  questo  lato  che  le  6  prime 
arcate,  contando  dall'angolo  che  guar- 
da il  molo.  11  doge  Mocenigo  lodato  dal 
cav.  Mulinelli  per  viilù  e  bontà,  propen- 


VEN  191 

so  alla  pace  e  assai  esperto  nelle  com- 
merciali imprese,  amato  dal  popolo  e  in 
pregio  sommo  tenuto,  dimostrandola  pu- 
re colla  frequenza  e  sontuosilà  degli  spet- 
tacoli e  tornei  che  descrive,  giunto  all'età 
d'8o  anni,  assai  benemerito  della  repub- 
blica, venne  a  morie  a'  \  aprile  14^3  e 
fu  sepolto  in  ss.  Gio.  e  l'aolo,  in  monu- 
mento nobilissimo  e  ricco  per  istalne  e 
intagli,  sovrastato  da  marmoreo  padi- 
glione. Nell'interregno  le  principali  ri- 
forme falle  nella  Promissione  ducale  fu- 
rono :  Che  il  doge  dovesse  chiamare  ogni 
mese  i  giudici  tli  palazzo,  pel  disbrigo 
delle  cause  e  di  fare  imparziale  giustizia 
senz'alcun  rispetto  di  persona;  che  fosse 
tenuto  faiegl'imprestiti  per  tutloquanto 
possedesse  nel  ducalo  e  inori,  esenti  solo 
20,000  ducati  d'argenterie;  che  lo  scudo 
di  s.  Marco  nò  alcun  altro  oggetto  col- 
l'immagine  del  Santo  non  fosse  piìi  por» 
tato  rovescio  alla  morte  del  doge;  e  per 
la  dignità  dello  stato,  che  il  doge  avesse 
un  bavero  di  fine  pelli  da  portarsi  nel- 
l'occasioni  solenni,  e  i  suoi  servi  doves- 
sero avere  due  vestili  nuovi  l'anno.  Ad 
istanza  di  Francesco  Foscari,  fu  abolito 
ailiìlloVarenf^o  o  assemblea  popolare  per 
la  conferma  del  doge,  e  che  i  partiti  vin- 
ti nel  maggior  consiglio  avessero  quin- 
d 'innanzi  a  tenersi  validi  come  se  appro- 
vati fossero  dal  popolo. 

19.  Francesco  Foscari  LXP' doge. 
Radunali  i  quaranluno  cominciarono  le 
solile  forme  di  ballottazione,  essendo  con- 
coirenti  alcuni  de'  lodali  dal  defluito  e 
il  Foscari  da  lui  escluso,  etl  era  il  più 
giovine  de'4i  elettori.  Il  badoor  parti- 
giano del  Foscari,  escluse  Fietro  Lore- 
dano  per  la  giovanile  età  e  per  averne 
bisogno  rannata,  il  quale  volendosi  giu- 
stificare lece  peggio.  Molto  parlò  contro 
il  Foscari  ser  Pietro  Orio,  massime  per 
esser  nemico  della  pace,  e  doversi  ricor- 
dare le  parole  del  doge  Mocenigo.  Si  ai- 
tò a  difenderlo  Bulgaro  Velturi.  La  bal- 
lottazione si  piotrassedal  io  al  1 5  apri- 
le 1423,  quando  fiualmeule  in  quesl'ul- 


,92                  VEN  YEN 

timo  giorno  dopo  8  prove,  il  Fosca  ri  rag-  zlani  un  Irallato,  pel  quale  loro  cederono 
giunge  alla  g.' suffragi  I  7j  e  alla  IO."  con  i  o.ooo  aspri  annui  delle  rendite  della 
sorpresa  generale  ?.6  eresiò  eletto  doge;  città,  utili  sul  sale,  e  che  un  turco  vi 
nia  essendo  1'  ora  tar«la,  le  solite  cere-  amministrerebbe  la  giustizia  a'  tnnsul- 
luonie  furono  (lifFerile  al  dì  seguente.  In  mani.  A  sì  lieti  principii  seguirono  tri- 
conseguenza  dell' abolita  popolare  ap-  slissimi  eventi.  La  comunicazione  coll'O- 
provazione  del  nuovo  doge,  nella  seguen-  riente  portò  a  Venezia  la  peste,  la  quale 
te  mattina  Tiinziano  Dadoer  presentatosi  fece  orrenda  strage,  e  fu  allora  che  a  mi- 
ai pogginolo  del  palazzo  annunciò  seoi-  tigarne  in  qualche  parte  almeno  il  fu- 
plicemcnte  al  popolo  la  seguita  elezione;  rore,  fu  deliberato  stabilire  un  luogo  fuo- 
ed  il  popolo  al  quale  si  preparavano  spet-  ri  della  città  ove  trasportare  gl'mfermi 
tacoli  e  festeggiamenti,  che  dicesi  diwas-  e  i  poveri.  Così  fu  questa  la  i  .''istiluzio- 
sero  i\n  anno,  e  che  tosto  fu  distratto  ne  de'  Lazzaretti,  di  cui  Venezia  vanta 
dall' ingresso  della  dogaressa  con  gran  d' essere  stala  la  i.^a  dare  l'esempio, 
trionfo,  tultavolta  applaudì.  Com  venne  come  lo  fu  purea  fire buoni  regolamen- 
a  cessaredefìuitivameiite,dopo  tanti  len-  ti  sanitarii,  e  ad  istituire  il  i  ."magistrato 
talivi  e  provvedimenti,  ogni  parte  del  di  sanità.  Tutto  e  con  particolari  già  nar- 
popolo  nel  governo,  che  si  fece  del  tutto  rai  nel  §  XVIII,  n.  7.  In  questo  fraltem- 
aristocratico,  e  venne  a  cessare  altresì  la  poi  fiorentini,  rotta  guerra  e  incalzati  dal 
denooiinazionedi  Comune  Veneliaì'itnì,  duca  di  Milano,  chiesero  l'  aiuto  de've- 
sostitnitavi  quella  di  Signoria.  Pvacconta  neziani,  perchè  come  membri  principali 
IVovaes  nella  Storia  cV  Eugenio  IFy  che  dell'Italia  aprissero  gli  occhi  sulle  ten« 
navigando  questi  da  privato  col  concit-  denze  del  Visconti  e  provvedessero  alla 
tadino  Foscari  verso  l'Egitto  con  un  ro-  salute  couìune, con  unirsi  loro  per  frenar- 
mito,  questi  disse  al  i  ."clie  sarebbe  sta-  ne  le  smoderate  voglie.  La  repubblica  per 
to  padre  di  tutto  il  mondo  cattolico, ed  al  essere  in  lega  con  lui,  e  per  doversi  oppor- 
ci." padre  della  patria.  11  eh.  Veludo,  bio-  rea  Sigismondo,  si  ricusò;  il  che  fa  ve- 
grafo  di  questo  doge,  narra  che  nel  prin-  dere,  sebbene  regnasse  il  Foscari,  quanto 
cipio  del  suo  governo  Giovanni  II  Fa-  esitò  ad  abbracciare  il  partito  dellaguer- 
leologo  (da  altri  detto  111  e  IV,  anzi  VI  ra.  Disfiilti  totalmente  i  fiorentini  a  Za- 
e  anche  VII)  imperatore  di  Costantino-  gonara  nel  14^4)  *J'  «l'ovo  ricorsero  a 
poli,  avvisando  di  non  potere  resistere  Venezia  per  iscuoterla,  ma  non  cede  alla 
a  frequenti  assalti  de'turchi,  volle  smem-  desiderata  lega;  e  solo  inviò  un  oratore 
brare  i  propri  slati  e  aflìdarli  piuttosto  al  duca  [)er  distoglierlo  da  qualunque 
al  dominio  di  potenze  cristiane;  in  tal  ostilità  contro  il  marchese  iXicolò  111  d'E- 
modo  Salooicchi  ossia  Tessalonica  toc-  ste,  di  lei  protetto.  Tuttavia  Venezia  alla 
co  a'  veneziani,  malgrado  la  resistenza  nuova  sconfitta  de'  fiorentini  ìu  Val  di 
d'Araurat  II,  il  quale  sdegnato  escluse  Lamona  cominciò  a  porsi  in  apprensio- 
poi  la  repubblica  tlalla  pace  conclusa  colle  ne,  e  mandò  al  duca  un  ambasciatore 
potenze  cristiane.  IMa  il  prof  Romaniu  per  introduire  pratiche  di  pace:  però  ri- 
col  valido  appoggio  de'  documenti,  co'  spose  il  duca  volerla  trattare direttamen- 
qnali  sicuro  procede  nella  sua  magnifica  te  co'  fiorentini,  che  andava  sempre  piìi 
sloria,eco'quali  va  correggendo  gii  altri  opprimendo  con  nuove  vittorie.  Intanto 
storici  della  repubblica  che  de' medesi-  il  conte  Francesco  Carmagnola  divenuto 
minonsi  valsero  punlo,dichiara  l'acqui-  governatore  di  Genova,  parente  del  du- 
sto  di  Salonicchi  per  ollerta  spontanea  ca  e  liichissimo,  onde  avea  posto  in  sai- 
degli  abitanti,  vedendosi  minacciati  da'  vo  pai  te  del  suo  denaro  in  Venezia;  la 
turchi.  Con  questi  dipoi  fecero  i  vene-  gloria  cui  era  giunto,  raflelto  delle  irup- 


V  E  >' 

pe  pei-  Ini  in  resero  iiivi<;n  ni  so5ppUo<;o 
Filippo  M.^  V^isconti,  e  gl'invidiosi  cor- 
ligiaiii  fecero  il  resto.  Fu  privato  ilei  go- 
verno di  Genova,  gli  fu  neg:ito  il  giiisli- 
ficarsi,  per  cui  indispettito  si  ritiiò  in 
Piemonte,  per  suscitargli  contro  Amedeo 
Vili  duca  di  Savoia.  Alloia  il  Visconti 
■vieppiù  irritato,  gli  conllscò  i  beni,  e  non 
permise  alla  moglie  e  alle  figlie  di  se- 
guirlo. Non  credendosi  Amedeo  Vili  po- 
tente da  romper  guerra  al  Visconti,  il 
Carmagnola  deteruìinò  di  recarsi  a  Ve- 
nezia e  di  oilVirei  suoi  servigi  alla  repub- 
blica nel  i^'ì5,  e  si  dice,  che  rivelasse  i 
progetti  di  Visconti  di  schiacciarla  alla 
sua  volta.  Agitandosi  allora  le  vertenze 
col  duca,  prese  la  repubblica  al  suo  ser- 
vigio s"i  valente  generale  per  le  truppe 
terrestri.  Fose  cpiindi  il  Carmagnola  tut- 
to i'  impegno  a  .spingere  i  veneziani  alla 
guerra  contro  il  duca,  il  quale  tentò  far- 
lo avvelenare,  per  cui  furono  punii i  i 
due  sicarii.  Il  doge  che  inclinava  alla  le- 
ga co'  fiorentini,  con  un  discorso  vi  de- 
terniinò  la  signoria,  e  fu  firmata  a'3  di- 
cembre con  diverse  condizioni  sulla  di- 
visione delle  concjuiste  da  farsi.  La  re- 
pubblica scrisse  a' suoi  ambasciatori  a 
Pioma  per  invitare  Martino  V  a  entrare 
nella  lega,  alla  quale  nel  1426  aderì  il 
duca  di  Savoia.  A  tale  notizia  il  Visconti 
mandò  tosto  a  Venezia  un  suo  amba- 
sciatore a  fare  rimostranze,  alle  quali  sa- 
viamente rispose  la  repubblica,  giustifi- 
cando il  suo  operato.  Da'[)arlic{)lari  (Iel- 
le li.Ttlative  prende  motivo  il  prof.  Ilo- 
inanin,  coscienzioso  storico,  di  d. fendere 
il  doge  Foscari,  dimostrando  quanto  a 
torto  siasi  coniunemenle  accagionato  d'a- 
vere pel  suo  umore  belligero  dato  ca- 
gione alle  tante  guerre  che  tennero  con- 
linuamente  abitata  la  repubblica  a'  lem- 
pi  suoi.  Pubblicata  la  lega  a'?,  i  gennaio 
14^6,  il  Carmagudla  fu  dichiaralo  capi- 
ìnno  generale  dell'esercito,  con  dueprov- 
\editori  al  fianco  com'era  di  costume 
(e  qui  devo  notare,  che  la  carica  di  prov- 
veditore, o  di  con>miss3rio  in  .-iltri  Ntnli, 

VOL.   XCM. 


V  E  S  I.)'» 

]">res;o  l'esercito,  era  di  somma  impor- 
tanza, p(»r  le  condizioni  della  tnilizia  di 
allora,  e  In  poca  fiducia  ne'capitaui  mer- 
cenari; anzi  talvolta  il  merito  delle  vit- 
torie si  dovette  più  a'proweditoii  o  com- 
missari, che  agli  stessi  suoi  condottieri). 
Non  si  ommiserolenlativi  jiacifici, resi  imi- 
ti li  ila  1  Visconti  colle  sue  solite  iinzioni  per 
guadagnar  tempo,  laonde  ogni  trattativa 
fu  troncata.  Si  entrò  nelle  terre  del  duca, 
ed  a'3  marzo  i  veneziani  si  trovavano  a- 
vanli  Brescia,  in  cui  fecero  liugresso  a'" 
per  le  pratiche  de'guelfi,  mentre  la  t^enle 
del  duca  si  ritirò  nelle  due  cittadelle,  ma 
lunga  e  dilìicile  impresa  era  l'espugnar- 
la. Accorse  le  truppe  del  duca  dalla  Ro- 
magna, furono  da'  veneziani  con  batta- 
glia obbligate  a  ritirarsi.  All'espugnazio- 
ne delle  cittadelle,  i  fiorentini  mandaro- 
no il  celelire capitano  Nicolò  Mauruzi  di 
Tolentino.  Nel  settembre  i  veneziani  [le- 
netrarono  nella  cittadella  vecchia,  e  la 
nuova  capitolò  a' 10  novembre,  entran- 
dovi l'armi  venete  a'?.o  dopo  un'espu- 
gnazione delle  più  memoran<le  che  suc- 
cessero in  Italia.  Francesco  Bembo  ca- 
pitano del  Po,  dall'altro  canto  colla  stia 
llottiglia  avca  fatto  diverse  operazioni  e 
presi  due  castelli.  11  Visconti  adoperan- 
do a  un  tempo  l'armi  e  l'insidie,  tenlù 
far  incendiare  l'arsenale  di  Venezia,  n 
mezzo  di  Rigo  di  Diabante,  che  sorpre- 
so fu  messo  a  morte  ;  ed  eccitò  gli  nu- 
gheri  a  fir  correrie  nel  Friuli.  Acqui- 
stale da'  veneti  Salò  e  la  Riviera,  sorge- 
vano ovunque  nemici  al  Visconti,  quan- 
do Martino  V  eccitato  dal  duca  che  nel 
suo  passaggio  per  Milano  1' avea  splen- 
didumenle  trattato,  e  d<'sidero<o  di  spe- 
gnere la  guerra,  neli4'?*»  «nandù  a  trat- 
tare in  suo  nome  il  cardinale  b.  Nicolò 
Albergali  a  Venezia,  ove  pervennero  3 
delegati  al  duca  di  Milano.  Indi  il  cardi- 
nale si  recò  in  tal  città  per  la  stessa  mis- 
sione, e  si  restituì  a  Venezia  a'  12  no- 
vembre, ove  ilopo  molle  conferenze  fu 
stabilita  la  pace  a'3o  dicemlire.  Xo  fu- 
rono tn'inci[>ali   rrjudizioni:    la    restilo- 


'94 


\  E  N 


?ioiie  flc'Ile  loro  tene  a'  fioienlini  e  al 
(luco  (lì  Savoia,  la  cessione  alla  lepuh- 
Llica  eli  Venezia  di  Brescia  con  Itillo  il 
suo  tenitoi io  e  dipendenze,  la  lestilu- 
zioiie  al  Carmagnola  della  moglie  e  del- 
le figlie,  e  di  lutti  i  suoi  beni.  L'anitDo 
variabile  del  duca  si  pentì  pieslo  delle 
falle  concessioni,  mosso  anche  da'  nobi- 
li milanesi,  slimandosi  troppo  umiliali, 
rifiutando  la  consegna  delle  fortezze. 
Prossima  a  scoppiare  la  guerra, nel  t^'^j, 
sì  ricliiamò  a  Venezia  il  Carmagnola  per 
discuterne  il  piano,  e  fu  accollo  splendi- 
damente colla  conlessa  Antonia  Viscon- 
ti sua  moglie.  Le  ostilità  cominciarono 
nell'aprile  dalla  parte  del  duca  nel  Par- 
mìgnano  e  nel  Bresciano,  da'  rinomati 
capitani  Angelo  della  Pergola  e  Nicolò 
Piccinino,  espugnando  Casal  Maggiore  e 
Torricelle.il  Carmagnola  non  aventlolo 
impedito,  invano  sollecitato  dal  senato  a 
vigorose  e  decisive  operazioni, ed  avendo 
a  sua  disposizione  1 6,000  cavalli,  pe'suoi 
pretesti  insorsero  mali  umori  Ira  esso  e 
il  senato.  Sul  Po  fu  combattuto  furiosa- 
mente, e  Francesco  Bembo  colla  flotta 
veneta  vinse  e  fugò  quella  ducale  cuinan- 
data  da  Eustachio  Paccino,  non  ostante 
il  soccorso  delle  genti  del  Piccinino  che 
dagli  argini  scagliavano  proietti  contro 
i  veneziani.  Brcscello  fu  liberalo  da  Car- 
magnolii,  che  rivoltosi  a  Gotlolengo,  vi 
fu  liatto  iu  aguato  dal  Piccinino,  e  ben- 
ché i  suoi  soldati  valorosamente  com- 
batlessero,  toccarono  grave  perdita.  L'e- 
sercito che  aveano  allora  in  campo  i  ve- 
neziani era  uno  de'  maggiori  che  da  lun- 
go tempo  si  fossero  veduti  in  Italia,  a- 
scendendoa  22,000  cavalli, oltre  a  6000 
fanti  del  paese,  e  8000  merccnarii;  né 
minore  era  quello  del  Visconti,  avendo 
il  duca  eccitalo  i  suoi  popoli  agli  estre- 
mi sforzi.  Sollecitò  quindi  il  senato  il  Car- 
tiìagnola  a  passar  l'Adda  e  portare  il  ter- 
loie  fra'milanesi,  e  non  badai  e  alle  fin- 
te parole  scrittegli  dal  duca.  Avendo  egli 
il  campo  a  Casalsecco,  a' 12  luglio  vi  pe- 
netrarono i  milanesi,  anche  col  celebre 


V  EN 
Francesco  Sforza  :  fu  la  battaglia  fieris- 
sima,  gettalo  da  cavallo  il  Carmagnola, 
per  la  densa  polvere  sollevatasi  non  piìi 
riconoscendosi  1'  un  1'  altro,  e  infine  le 
due  parli  si  separarono  senza  decisivo  ri- 
sultamenlo.  Iu  questo  tempo  il  ducato 
di  Milano  era  minaccialo  dal  duca  di 
Savoia  e  dal  marchese  di  Monferrato,  il 
che  aggiunto  alla  discordia  de'  capitani 
milanesi,  dava  facilità  al  Carmagnola  di 
ricuperare  Casal  Maggiore  e  impadronir- 
si d'altri  luoghi,  non  cessando  il  senato 
di  sollecitarlo  a  nuove  imprese,  e  di  la- 
gnarsi di  sua  poca  operosità.  Ceden- 
do il  conte  Carmagnola  alle  ripetute  ri- 
mostranze, mise  l'assedio  a  Moutechiaro 
0*28  settembre;  ma  i  pochi  risultati  fi- 
no allora  con  sì  fiorito  esercito  consegui- 
ti, diedero  motivo  a  sospetti  e  maldicen- 
ze tra  il  popolo,  onde  il  conte  ne  scrisse 
molto  risentitamente  al  doge,  il  quale  con 
lettera  ad  Andrea  Morosini,  l'assicurò  di 
tutta  la  benevolenza  della  signoria,  e 
non  dover  vaiolare  le  dicerie  d'  un  po- 
polo solito  vivere  m  libertà  ed  essere  go- 
vernato con  mansuetudine,  sparlarsi  an- 
che talvolta  del  doge  e  del  governo,  e 
pensasse  piuttosto  a  qualche  utile  impre- 
sa. Direttosi  a  Macalò  o  Maclodio  ,  vil- 
laggio del  Bresciano  poco  discosto  dal- 
rOglio,  lo  prese  sotto  gli  occhi  di  Sforza, 
Piccinino  e  Carlo  IMalatesta.  Questi  in- 
dignati l'assalirono  1'  i  1  ottobre  1427, 
ma  trovaronsi  da  tutte  le  parti  circonda- 
li da'veneziani  in  luogo  paludoso; si  scom- 
pigliarono, restarono  disfalli  ,  si  abban- 
donarono alla  fuga,  e  il  capitano  genera- 
le IMalatesta  restò  prigioniero  con  8,000 
corazzieri  :  tulle  le  sairaerìe  e  immense 
ricchezze  caddero  in  mano  del  vincitore. 
Iu  questa  famosa  giornata  Carmagnola 
si  coprì  di  gloria,  il  doge  gli  scrisse  colle 
piìi  lusinghiere  espressioni,  e  con  decreto 
del  senato  gli  donò  la  casa  a  s.  Eustachio 
già  dell'ingrato  Malatesla  ,  e  la  villa  di 
Castagnedolo.  Gli  furono  spediti  da  Ve- 
nezia due  ambasciatori  con  lodi  edìmo* 
strazioD4  di  gratitudine  e  fiducia,  ani* 


VEN  YEN                    197 

mandolo  a  continuare  il  corso  ili  sue  vit-  stoi  ntlo,  incaricò  Pielio  Loreclano,se  in- 
toiie,  senza  cenno  di  rimprovero  per  la  sislesse,  d'invigilar  sul  campo  nella  sua 
idjertà   che  dicesi  da  lui  donata  a'prigio-  assenza.  Domandò  allora  il  Carmagnola 
«ieri:  non  regge  dunque  quanto  scrisse-  di  venire  a  Venezia  ,  ed  a'  i3  marzo   vi 
ro  storici   e  loinanzieri  su  (juesto  argo-  fu  arcolto  pouiposauiente  dal  doge  edal- 
mento,  dice  il  prof.  Piouianin  (il  Vekulo  la  signoria;  cuuft-iì  con  questi  sulla  con- 
dice che  Carmagnola  sconfisse  IMalalcsIa  dizione  delle  cose  e  si  recò  a'h.igni  d'  A 
capitano  generale  ducale,  ed  occupò  fino  baiio.  Una  delle  massime  dillicoltà  ali  1 
a  80  terre  nel  Bresciano  e  nel  Dergama-  conclusione  della  pace  era  la  cessione  vo- 
sco :  altrettanto  ['miriti  di  wrificiire   le  luta  da'veneziarii  di  Bergamo  colle  sue 
date).   Ala  il  Carmagnola  tornò  alle  soli-  foltezze  e  lei  re  di  Palazzolo,  Maitinengo 
le   sue  lentezze,  forse  [)er  l'inoltrata  sta-  e  Iseo,  parecchie  cailella  già  avendo  lai- 
gione,  e  fors' anco  per  non  piacergli  la  tuia  loro  spontanea  tledizione.  Dopo  mol- 
rovina  totale  del  duca,  secondo  il  cosfu-  la  ripugnanza  il  duca  si  arrese,  e  la  pace 
me  di  quella  milizia  e  de*  condottieri  di  fu  conclusa  a' 1  9  aprile  14^8  in  Ferrara, 
allora.  Invece  di   gettare  un  ponte  sul-  colla  cessione  definitiva  alla  repubblica 
l'Adda,  che  auebbe  posto  in  costerna-  di  Brescia  colle  sue  caslellac  terre,  riinet- 
zione  Milano  slessa,  e   Cremona  non  a-  teiulo  nel  b,  cardinal  Albergati  la  deci- 
vrebbe  potuto  resistere,  si  limitò  a  pren-  sioue  circa  i  confini,  olire  l'arbitrato  nel- 
dere  INJontechiaro  e  altre  piccole  terre  le  dilFerenze  che  potessero  poi  insorgere 
del  Bresciano  ,  e  data   una  sconfitta  al  anco  tra  le  parti  contraenti  e  aderenti 
Piccinino,instantemenledomandòdi  re-  delle  parti  inclusi  nel   trattato.  Furono 
carsi  a  Venezia.  La  repubblica  ne  lo  dis-  perciò  guarentiti  il  marcheseRolandoPal- 
suase,  raccomandando  a  badar  le  mosse  lavicino,  Alvise  del  Verme  e  Filippo  Ar- 
del  nemico,   tenere  unito  l'esercito,  ed  celli  restali  sotto  la  protezione  de' vene- 
operaie  qualche  cosa  a   vantaggio  della  ziani;sciclti  i  iMalalesta  dagl'impegni  con- 
lega,   il   b.   cardinal  Albergati   erasi   di  traili  col  duca,  e  il  Carmagnola  riavreb- 
nuovo  interposto  per  la  pace  a  nome  di  be  i  suoi  beni,  salvi  gl'interessi  de'fioren- 
iMarlino  V,  che  si  protrasse  per  inlerpel-  tini.  1  veneziani  però  lungi  dal  venire  in 
lare  la  repubblica  i  fiorentini  e   il   duca  possesso  dell'agognata  Bergamo,  trova- 
di  Savoia,  e  per  la  peste  che  allora  fla-  rono  nel  versipelle  Visconti  nuove  dub- 
geliava  Venezia,  come  pure  pel   mairi-  biezze  e  renitenze  :  tuttavolta  fu  couse- 
monio  conliatlo  a'io  gennaio  1428  dal  gnata  l'S  maggio  in  virtù  del  trattato,  e 
Visconti  con    Maria   di  Savoia   figlia  di  non  già  per  ispontanea  sommissione  de' 
dello  duca  ,   il  che  produsse    tra  1  duchi  bergamaschi.  A'?.3  dello  stesso  mese  il 
un   ravvicinamento.   Un   mes^o  del    Vi-  conte  Carmagnola  fece  l' ingresso  Irion- 
sconli  chiedendo  conferire    col   Cernia-  fule  in   Venezia,  accompagnato  da'suoi 
gnola,  la  repubblica  si  oppose  ,    amino-  principali  capitani,  pollando  il  gonfjlo- 
nendo  il  generale  a  non   badare    a  tali  ne  di  s.  Marco;  furono  falle  grandi  feste, 
maneggi,  lutti  arte  ed  astuzie.  Venula  la  solenne  processione  ,  limosine  a'  poveri, 
primavera  e  perciò  il  tempo  opportuno  La  repubblica  a  mostrare  la  sua   grati - 
di  riprendere  l'operazioni,  il  governo  ne  Indine  verso  i  suoi  generali,  donò  a  Gio. 
lo  sollecitò,  ma  invece  il  Carmagnola  do-  Francesco  Gonzaga  i  °  marchese  di  Man- 
roandò  di  potersi  recare,  come  altra  voi-  lova  una  casa  a  s.  Panlaleone  sul  Canal 
ta,  per  la  sua  mal  ferma  salute  a'bagni.  grande,  e  confeiìal  Carmagnola  l'  inve- 
liispose  il  senato,  sorprendergli  tale  do-  stiluia  delle  terre  di  Chiari  con  grande 
manda  in  (jnel  momento,  sapere  ch'egli  apparato  nella  piazza  di  s.   Marco.  Cosi 
slava  beaissimo  ,  e  raenUe  procurò  di-  lei  minò  una  guerra,  che  se  procacciò  al- 


1*96  VE  ;\ 

la  lepuliljlicn  laute  e  belle  tene  in  Lom- 
Jjartlin.  esnmì  però  l'eiario   e   calicò   di 
gravi  pesi  la  popolazione.  11  suo  douìinio 
ormai  steiulevasi  olliecliè  nellaiilico  do- 
gado  da    Capodargine  a  Grado  ,  anche 
sul   Friuli;  sulla  Marca  Trevigiana  che 
comprendeva  Bassano,  Fellre,  Belluno  e 
Cadoie;  sul  territorio  Padovano,  sul  l'o- 
jesine  di  Rovigo,  sulle  terre  Vicentine,  sul 
Veronese,  sul  Breseiano,sul  Bergamasco. 
Ampia  estensione  di  territorio  che  la  po- 
neva tra'principalissimi  slati  d'Italia.  A- 
gitata  questa  dalle  passioni,  Bologna   si 
ribellò  a  JMai  tino  V  il  i .°  agosto,  riducen- 
dosia  stato  popolare, e  ripetutamente  ri- 
corse alla  protezione  veneta  a  sostenerla, 
o  a  farsi  mediatrice  col  Papa,  onde  il  co- 
nìune  avesse  la  città  in  vicariato  con  an- 
nuo censo,  o  almeno  riceverla  sotto  la  sua 
protezione.  La  repubblica  divola  al   Pa- 
{ja  e  legata  a  lui  [)er  lecenli  trattati  ,  a 
nulla  annuì.  Intanto  morto  Martino  V, 
a'3  marzo  143  I  gli  successe  il   patrizio 
veneto,  l'imperturbabile  e  virtuoso  gran 
Pontefice  Eugenio  IV  Condulmiero,  de- 
gno nipote  di  Gregorio  XII  ,  che  come 
lui  dovette  sostenere  grandi  avversità.  I 
primi  a  darne  motivo  furono  i   potenti 
Colonnesi  nipoti  del  predecessore,  insor- 
ti mano  armata,  onde  il  Papa  chiese  soc- 
corsi alla  regina  Giovanna  II,  a'venezia- 
ni,  ed  a'fioientini  i  quali  gli  mandarono 
iNicolò  Mauruzi  da  Tolentino  con  un  im- 
ponente corpo  di   truppe.  Secondo  No- 
\aes,  anco  i  veneziani  l'aiutarono.  Nello 
stesso  143  I  Bologna  venne  agli  accordi  a' 
22  agosto  tornando  all'ubbidienza  della 
s.  Seóe;  ed  a'22  settembre  si  pubblicò  la 
pace  fatta  co'CoIonnesi,  mediante  l'asso- 
luzione della  scomunica  e  la   reciproca 
restituzione  dell'  occupate   terre.   Prima 
dell'insum'ezione  di  Bologna  eransi  rinno- 
vate le  querele  tra  Filippo  M.'  Visconti 
e  la  repubblica,  onde  questa  nell'ottobre 
1428  fece  faie  a  Mdano  le  sue  lagnan- 
ze, senza  elFetto;  anzi  le  coSe  s'intorbida- 
rono in  modo,  che  rinnovossi  il  pericolo 
di  guerra,  quaudooppuulo  il  conte  Car- 


V  EN 

ningnola  domandava  la  sua  dimissione  al 
senato.    Per  la  sua   fama  e   riputazione, 
pel  grandemente  operato  a  favore  della 
lepubblica,  non  si  acconseuli  al  suo   li- 
cenziamento. Allora  il  Carmagnola  fece 
dnuiande  cos'i  eccessive,  che  sembrava 
doversi  rifiutare.  Nondimeno  amando  la 
lepubblica  di  conservarlo  a'propri  servi- 
gi, non  ostante  che  dovea  avere  qualche 
sospetto  di  lui  pe' falli  antecedenti,  con- 
venne alle  seguenti  amplissime  condizio- 
ni, che  danno  un'idea  dell  alle  prelensio-  . 
ni   allora   quasi   comuni   ne'  condottieri 
d'armi.  Avrebbe  il  comando  di   tutte  le 
tiuppe,  fanti  e  cavalli  presenti  e  futuri, 
con  piena  giurisdizione  civile  e  militare, 
tranne  nelle  terre  ove  si   trovasse  un  ret- 
tore ;  terrebbe  5oo  lancie  ciasciuia  di  3 
fanti  e  3  cavalli,  oltre  alla  famiglia  sua, 
cioè  a'  pro[)ri  stipendiati  ;  riceverebbe  di 
stipendio  ducati  1  000  il  mese  lauto  in  pa- 
ce che  in  guerra;  la  sua  condotta  dure- 
rebbe 2  anni  e   [)0\  1  anni  di    rispetto  a 
beneplacito  della  repubblica,  col  preavvi- 
so di  2  mesi  avanti,  non  polendo  far  nul- 
la contro  di  essa  per  6  mesi  dopo  uscito 
da'suoi  servigi;  se  alcun  soldato  fuggisse, 
morisse  o  fosse  preso,  sarebbe  obbligo  del 
capitano  di  surrogarlo  entro  i  5  giorni.  Si 
conferì  al  Carmagnola  e  suoi  discenden- 
ti in  feudo  Chiari  eUoccalranca  nel  Bre- 
sciano, con  lulti  i  diritti  ed  emolumenti 
annessi;  i  prigioni  e  gli  averi  che  venisse- 
ro in  di  lui  mani  sarebbero  suoi,  ma  le 
terre,  città  e  fortezze  della  signoria  ;  do- 
vendo cedere  ad  essa,  per  somma  da  con- 
venirsi, i  prigioni  illustri  come  il  fratello 
o  il  figlio  del  signore  di  terre  e  i  capita- 
ni. Ad  accrescere  le  complicazioni,  s'ag- 
giunse all'  infrazioni  continue  che  il  Vi- 
sconti faceva  del  trattato  di  pace  di  Fer- 
rara, anche  la  guerra  che  contro   Lucca 
nìossero  i  fioreulini  nel  dicembre  i4-9> 
per  aver  già  favorito  il  duca,  onde  i  luc- 
chesi si  esi  birono  di  rimette!  si  nelle  ntani 
della  repubblioft,  ma  non  accellò  l'olfer- 
ta  pe' palli  che   la   legavano   a    Firenze. 
Non  fu  così  delicato  il    Visconti,  aiuta»- 


V  E  N  V  E  N                    197 

(Ioli  nnscosfnmente,  e  licenziando  Finn-  ra  a  Genova,  ma  solo  liberarla  dalie  mn- 
Cesco  Sforza  perchè  li  soccorresse,  onde  ni  del  dnca.  Già  la  stagione  erasi  ino!- 
Lucca  fu  litornata  in  libertà  e  mandali  Irala  (Ino  al  mese  di  giugno,  ed  il  Car- 
prigioni  a  Milano  il  suo  signore  Paolo  magnola,  non  ostante  le  sollecitazioni  del 
Guinigi  co'  figli  nel  i43o.  Oltre  a  ciò  il  senato, nulla avea  peranco  operato  d'im- 
duca  non  cessava  assalire  le  terre  de'si-  poitanza,  e  continuava  a  ricever  lettere  e 
gnori  protetti  dalla  lega,  e  in  più  n>odi  njessi  dal  Visconti,  pel  quale  si  dichiarò 
molestava  i  veneziani,  mentre  si  mostra-  l'imperatore  Sigismondo.  Frattanto  Car- 
va  desideroso  della  pace  con  loro,  rivoi-  niagnola  dallo  Sforza  fu  già  vemenlescon- 
gendosi  al  Carmagnola  perchè  volesse  fìtto  a  Soncino;  e  sul  Po  la  flottiglia  del 
tranquillarlo  da'sospelti  formati  sulla  re-  Trevisan  venne  interamente  disfalla  da 
pubblica.  Il  senato  se  ne  mostrò  meravi-  Giovanni  Grimaldi  di  Genova  e  Pacino 
glialo  col  Carmagnola  che  glieli  avea  ma-  Eustachio  di  Pavia,  sostenuti  dallo  Sfor- 
nifestati,  non  avendone  mai  dato  motivo;  zaedal  Piccinino,  allontanntoCarmagno- 
insinuandogli  tenersi  in  guardia  dalle  so-  la  con  finta  dimostrazione.  Essendosi  per- 
lite  arti  del  duca,  e  si  astenesse  da  ogni  dota  la  speranza  di  passar  l'Adda,  non 
comunicazione  con  lui.  Rompendosi  in-  slimava  il  Carmagnola  doversi  limitare 
tanto  la  guerra  di  Firenze  e  Lucca  .  il  a  scorazzare  nelle  terre  del  duca,  come 
Visconti  scrisse  nuove  lettere  al  Carma-  proponeva  il  provveditore  Paolo  Correr, 
gnoln  ,  a  cui  ingiunse  la  repubblica  do-  e  ad  onta  delle  loro  discrepanti  opinioni 
vere  rompere  ogni  pratica  ;  ma  il  duca  il  sennio  si  rimise  all'intelligenza  del  ca- 
insistente  si  volle  in  tutto  rimettere  al-  pilano  ,  ma  però  operasse.  Mentre  i  gè- 
r  arl)itrale  giudizio  del  Carmagnola,  per  neralidel  duca  si  mostravano  da  per  tut- 
cui  e  per  altre  particolarità  di  tante  con-  lo  attivissimi,  devastando  la  Toscana  e 
tinue  relazioni  si  accrebbero i  sospetti  de'  penetrandone!  Monferrato, d  Carmagno- 
veneziani.  Pre[)aiau(losi  ormai  le  [)arti  la  a'y  agosto  già  domandava  ritirarsi  a- 
alla  guerra,  per  conferire  su  di  essa  la  gli  alloggiamenti.  Il  senato  se  ne  f[uerelò, 
repubblica  nell'agosto  i43o  chiamò  a  Ve-  come  del  tempo  [lerdulo,  e  gli  dimostrò 
nezia  il  Carmagnola,  promettendogli  in  la  necessità  di  torsi  da  quella  strana  ina- 
premio  della  vittoria  una  città,  anzi  la  zione,  e  di  passar  l'Adda  0  almeno  len- 
stessa  Milano  come  avea  domandalo,  se  tar  l'impresa  di  Soncino.  Tutto  invano: 
riuscisse  a  distruggere  il  dominio  del  Vi-  il  Carruagnola  non  si  lasciava  smuovere, 
sconti.  Seguirono  grandi  armamenti  ma-  e  il  suo  contegno  divenne  sempre  |)iìi  ine- 
rillimie  terrestri  de' veneziani,  e  de'Ioro  splicabile.  A  consolare  alcun  poco  la  re- 
collegati fiorentini,  i  signori  di  Monfer-  pubblica,  a'27  agosto  Pietro  Loredano 
rato,  Mantova  ,  Ferrara,  il  Fieschi  e  il  riportò  una  gran  vittoria  navale  sulla 
Pallavicino.  Dalla  parte  del  duca  erano  flotta  genovese  a  Portofino  o  Rapallo, 
Genova,  Siena,  Lucca,  Piombino,  e  per  colla  prigionia  tiello  slessocapilanoFran- 
generali  i  famosi  Nicolò  Piccinino  e  Fran-  cesco  Spinola,  rivendicando  l'onor  vene- 
Cesco  Sforza.  Il  senato  scrisse  nell'aprile  ziano.  Ma  le  cose  di  terra  non  migliora- 
143  I  al  Carmagnola  d'uscir  in  campo  e  vano  punto,  e  il  Friuli  era  minacciato 
passar  l'Adda,  e  die  sue  istruzioni  a  Ni-  dalla  calata  ilegli  ungheri.  Si  presentò 
colòTrevisan  capitanodella  flotta  sul  Po,  1' opportunità  di  prender  Cremona  per 
eleggendo  a  capitano  generale  di  mare  sorpresa,  e  già  il  Cavalcabò  con  un  drap- 
Pietro  Loredano,  a  cui  ingiunse  .spiega-  [lello  di  coraggiosi  erasi  impadronito ncl- 
re  in  Oj^Miig.ìlera  la  bandiera  coll'in^egne  la  notte  de'  iT  ultobre  del  ponte  di  s. 
genovesi  e  la  parola  Libcrlas  ,  per  mo-  Luca;  ma  il  Carmagnola  ,  benché  solle- 
strare  corno  la  le;'a  non  faceva  la  guer-  citalo  ad    accorrere,  nou  si   mosse,   ino- 


,g8                   V  IL  N  V  EN 
sUaudo  temere  qualche  astuzia  del  ne-  maichese  di  Monfeiralo  crasi  riconcilin- 
mico.  Cosi  le  col()e  vere  o  a{)[)areiili  del      lo  col  duca.  La  lunga  dispendiosa  guer- 
Carmagnola  ogni  di  più  si  aggravavano,      ra  assolvendo  tulle  le  rendile,  fu  d'uopo 
e  già  a'i3  ottobre  proponevasi  in  senato      domandare  alle  principali  città  un'anli- 
di  prendere  a  trattare  segretamente  de'  cipazione  di  esse.  E  proseguendosi  a  te- 
fatli  di  lui,  tuttavia  per  allora  ne  fu  dif-      ner  d'occhio alCarinagnola,a'2  i  febbraio 
(erila  la  deliberazione.  Dice  il  Veludo  :  o      i432  il  senato  nuovamente  gli  vietò  ri- 
il    Carmagnola  è  innocente,  o  traditore  cevere  i  messi   del    simulatore  "Visconti, 
della  repubblica;  meglio  in  tal   caso  se-  Finalmente  vedendo  inutili  tutte  le  in- 
guire  una  salutare  prudenza,  che   forse  siiiiiazioni  e  che  il  Carmagnola  nulla  o- 
lina  funesta  pietà.  Si  pensò  per  altro  a*  peiava  a  vantaggio  della  lega,  a'28  mai*. 
2  novembre  richiamarlo  di  Lombardia  zo  il  consiglio  de'Dieci  volle  provvedervi 
per  inviarlo  nel   Friuli,  contro  gli   un-  domandando  l'aggiunta  di  20  con«»iglie- 
glieri  eccitali  a   invaderlo  dal  duca,   il  ri  al  senato,   e  con   renitenza   e  matura 
quale  invece  mandò  un  Diesso  al  Car-  deliberazione  ricorse  con  «studiato  accor- 
inagnola  fintamente  protestando  di  sue  gimenlo  all'astuzia  per  aver  nelle  mani 
buone  intenzioni,  essere  italiano,  e  per-  il  traditore.   Con   minuta   e  sagacissima 
ciò  si  sarebbe  unito  co' veneziani  e  i  fio-  istruzione,  previdente  i  diversi  casi,  gì  in- 
ìentini  alla  difesa  comune,  limellendo  a  viò  il  segretario  Giovanni  de  Imperiis  a 
lui  la  composizione  della   lega.  Manife-  Brescia,  ove  allora  dimorava,  proponen- 
state  le  proferte  dal  Carmagnola  al  se-  dogli  l'impresa  di  là  dal  Po  contro  Par- 
nato,  questi  rispose  non  essere  della  sua  ma,  Piacenza  e  altri  luoghi,  a  tale  elTet- 
dignità  il  dare   ormai   più  ascolto  alle  lo  avendo  invitato  a  Venezia  il  marche- 
mendaci  parole  del  Visconti,  ma  se  vo-  se  di  Mantova  per  discutere  con  maturo 
lesse  veramente  trattare  le  ponesse  in  i-  consiglio  il  da  farsi,  e  perciò  pregarlo  ve- 
scritto;  però  non  lardasse  la  sua  venuta  nire  ancor  lui  per  esaminare  insieme  il 
jiel  Friuli.  Ubbidì  il  Carmagnola,  e  re-  migliore  e  più  salutare  partito  sollecita- 
catosi  nelFriuli  sconfìssegli  ungheri  pres-  niente.  Che  scegli  si  ricusasse  lo  facesse 
so  la  badia  diRosazzo,  e  cacciali  dal  pae-  segretamentearrestare  e  sotto  buona  scor- 
•se  domandò  e  ollenne  di  poter  venire  a  la  mandarlo  al  castello  superiore  di  Bre- 
Venezia.  A  levarsi  dinanzi  1'  odiato  duca  scia,  assicurandosi  pure  di   tulle  le  car- 
si pensò  al  veleno,  ma  divulgatosi  il  tra-  le,  ricchezze  e  della  persona  pure  della 
dimenio  non  se  ne  fece  altro.   Invece  il  conlessa  di  lui  moglie  ;  provvedendo  ao- 
seDaloa'28  dicembre  deliberò  di  propor-  cora  al  caso,  se  cercasse  fuggire  duran- 
re  al  Carmagnola  di  farlo  signore  di  Mi-  le  il  viaggio,  con  lettere  pel  marchese  di 
Jano,  quando  riuscisse  0  cacciarne  il  du-  RIantova,  pel  conte  Carmagnola  e  pe'ca» 
ca;  però  volendo  ciò  serbare  per  ultimo  pilani  dell'eserciloscrittedaldogeFosca- 
eccitamento,  risolse  di  attendere  se  il  ca-  ri.  Il  segretario  de  Imperiiscorrispose co- 
piano si  decidesse  a  qualche  fatto.   Ma  sì  bene  alla  fiducia  riposta  in  lui  dal  con- 
atlcndevasi  invano,  e  Cu  stimato   ueces-  siglio,  che  il  Carmagnola  senza  insospet- 
sario  mandar  al  campo  per  provveditor  tirsi   die  nella  rete  e  si   lasciò  condurre 
generale  Giorgio  Cornaro  con  promette-  prontamente  a  Venezia  il  7  aprile  i432, 
re  a'condoltieii  generose  ricompense,  di  onorevolmente  ricevuto  e  introdotto  in 
sollecitare  il  passaggio  dell'Adda  e  al-  palazzo  per  desinare  col  doge.  Dopo  ave- 
Iro.  Nello  slesso  tempo   Francesco  Spi-  re  inulilmenle  atteso  per  ossequiarlo,  gli 
noia  fece  nuove  offerì  e  di  sottrarre  Gè-  fu  dello  essere  indisposto  e  tornasse  do- 
nova  dal  doroinio  di  Milano,  ma  il  Car-  mani.  Allora  il  conte  Carmagnola  si  mos- 
inagnola  non  si  muoveva,  e  iolauto  il  se  per  andare  alla  propria  casa,  quando 


V  EiN 

nell'iiscire  giunto   avanti  al  luogo  ilelle 
prigioni  inferiori,  gli  fu  dello  vada  perdi 
qua.  Ma  questa  non  è  la  via,  rispose  e- 
gli.  —  Oh  sì,  ella  è  anzi  la  vera,  si  sog- 
giunse da  qtie'che  1'  accompagnavano.  E 
usciti  gli  sgheiri,  lo  misero  entro  la  por- 
ta, esclamando  il  conte:  Sono  perdalo! 
Si  cominciò  il  processo,  nominandosi  par- 
ticolare giunta  atl  esaminarlo;  fu  falla  ve- 
nire la  moglie,  e  si  domandarono  tutte  le 
sue  scritture.  La  repubblica  informò  del- 
l'operato e  de'  molivi  che  l'aveano  indot- 
ta alla  grave  misura  per  salvare  lo  slato 
da  massimo  ed  evidentissimo  pericolo,  i 
suoi  ministrie  gli  stati  esteri, specialmen- 
te i  fiorentini  sull'intelligenza  dell'iubme 
Carmagnola  co'nemici  comuni, dalla  qua- 
le era  derivata  la  sua  inazione  e  I'  inuti- 
lità del  tanto  dispendio  per  tenere  l'eser- 
cito in  piedi,  invitandoli  per  continuar  la 
guerra  ad  assoldare  per  la  lega   il  capita- 
no Michele  da  Cotignola.  Si  mandarono 
con  pieni  poteri  due  provveditori  all'e- 
sercito, d'intelligenza    col  marchese  di 
Mantova.  Proseguendo  il  processo,  il  Car- 
magnola fu  lormenlalo  l'i  i   oprile,  e  si 
sospese  duratitela  settimana  santa  e  le  fe- 
ste di  Pas(jua,  indi  con  lutto  ardore  si  ri- 
prese a'  23  aprile.   Attestando  la  piena 
reità  del  conte  testimoni  e  scritture,  e 
proposto  quindi  di  procedere,  questo  fu 
accettato  da  26  voti  afferraativi,  uno  ne- 
gativo, 9  non  sinceri:  tanta  era  generale 
la  convinzione  di  sua  iniquità  quale  tra- 
ditore del  dominio  veneto.  Fu  condan- 
nalo a' 5  maggio  ad  essere  condotto  con 
i»praiigri   in    bocca   e  colie   mani    legale 
dietro  le  reni,  secondo  il  solilo,  nel  gior- 
no slesso  dopo  la  consueta  ora  nona,  fra 
le  due  colonne  della  piazzetta  di  s.  Marco, 
e  colà  troncato  il  capo  dalle  spalle.  Alla 
moglie  si  assegnò  il  frutto  ili  10,000  du- 
cati, abitando  in  Treviso,  allrimeuli  per- 
desse il  beneficio.  Alle  due  figlie    '),ooo 
ducati  d'oro  di  dote  per  ciascuna,  da  ma- 
ritarsi con  approvazione  del  consiglio  de* 
Dieci:  ultra  figlia  fidaueata  a  Sigismondo  1 
Malalesla  siguoie  di  lUniini,  dovea  t;n- 


VEN  ,.),■) 

tra  re  in  tale  condizione  se  non  si  maritas- 
se (fu  sposata  e  poi  dal  marito  falla  mori- 
re, secondo  il  prof  Romanin,  ma  tal  n)o- 
glie  e  vittima  pare  che  fosse  Ginevra  d'E- 
sle).  Tutto  il  resto  della  facoltà  del  conte 
fosse  confiscala.  Approvarono  la  sentenza 
19  voli,  gli  altri  8  mostrarono  inclinare 
alla  proposta  del  doge  e  di  3  consiglieri, 
che  il  Carmagnola  finisse  sua  vita  nel 
carcere  forte.  Troncata  la  festa,  il  corpo 
fu  portato  a  s.  Francesco  della  Vigna,  di 
cui  nel  5  X,n.  27(ovedissi  cosa  essa  invece 
ebbe),  ma  mentre  erasi  per  seppellire,  so- 
pravvenuto il  frate  che  l'avea  confessiito, 
espose  l'intenzione  del  defuulo  d'  essere 
tumulato  in  s.  Maria  Gloriosa',  ove  fu 
trasportato  e  deposto  nel  chiostro,  il  che 
di  già  notai  nel  ricordato  §,  n.  21.  l*iìi 
tardi  fu  trasferito  a  Milano  nella  chiesa 
di  s.  Francesco  grande,  vicino  alla  tom- 
ba d'Antonietta  Visconti  sua  moglie. Que- 
sta dopo  essere  slata  colle  figlie  nel  mo- 
nastero delle  Vergini  e  ne'  luoghi  per- 
messi dalla  repubblica,  fuggì  con  esse  nel 
Milanese,  e  le  furono  quindi  confiscati  i 
beni  e  sospesa  la  pensione.  Pare  che  an- 
co essa  entrasse  nelle  pratiche  del  mari- 
to col  duca  suo  parente.  La  vita  di  Fran- 
cesco Dussone  da  Carnjagnola,  scritta  d,i 
Tenivelli ,  si  legge  ne'  Piemontesi  dia- 
stri.  L'illustre  Manzoni  ne  fece  argomen- 
to di  tragedia.  La  guerra  intanto  conti- 
nuava in  Lombardia,  i  veneziani  si  allea- 
rono col  concittadino  Eugenio  IV,  pre- 
sero Solicino  e  altre  terre;  ma  nella  Val- 
tellina ebbero  a  solfi  ire  grave  perdila 
colla  prigionia  del  provveditore  Giorgio 
Coruaio.  Allora  la  repubblica  s' allVettò 
a  concludere  il  trattato  da  lungo  tempo 
maneggialo  dal  marchese  Gio.  France- 
sco (ionz.iga  di  Mantova  per  conferirgli 
il  comando  generale,  con  promessa  di  ce- 
dergli parte  delle  coiujuisle.  Enumerale 
le  truppe  dal  marchese,  si  trovarono  a- 
scendere  a  12,000  cavalli,  B.ooo  fanti  e 
I  1,000  cernide  o  milizie  gregarie  e  col- 
lettizie, cui  quale  esercito  ricuperò  la  Val- 
tellina  e  assicurò  la  Val  Cauiuuicu;  ujcu- 


200  V  E   i\ 

tie  i  fiorentini  aveaiio  ricuperalo  le  loro 
terre.  Il  perchè  Viscouli  volse  1'  auiiuo 
seriaiuente  alla  pace,  che  per  mediazio- 
ne allivissiina  di  Nicolò  Ili  niarchesedi 
Feirara  ivi  si  concluse  a  23  aprile 1 433, 
ciascuno  restikiendo  le  terre  occupate, 
tranne  Poutretuoli  ritenuta  dal  duca.  Li- 
berandosi i  prigionieri,  egli  senjpre  slea- 
le ritenne  ne'Forni  di  Monza  il  suddet- 
toCoriiaiOjdicciidolo  morto.  Invece  con 
orribili  torture  voleva  strappargli  di  hoc- 
cri  di  ve»  se  rivelazioni,  e  specialiiieute  qua- 
li fossero  stali  gli  accusatori  di  Carma- 
gnola ,  il  che  confermò  il  sospetto  del 
jjiioft  accordo  tra  essi  a- danno  della  re- 
pubblica veneta.  Saputosi  vivo  il  Cornaro, 
la  t  epubblica  tornò  a  insistere,  e  l'otteu- 
ne  cos'i  malconcio  che  sopravvisse  in  pa- 
tria 65  giorni,  A  (juesta  lunga  serie  di 
guerie  eransi  uniti  ad  amareggiar  la  vi- 
ta del  doge  Foscari  altri  dueavvenimeu- 
li,  r  uno  d' nu  attentato  contro  la  sua 
persona,  l'altro  d'ima  congiura  di  giovani 
nobili  alio  scopo  di  portare  grande  alte- 
razione nelle  cose  dello  stato.  Nel  i43o 
assalilo  il  doge  da  Andrea  Coutarini,  in- 
colpandolo d'aver  impedito  d'essere  capi- 
tano del  golfo,  ebbe  varie  ferite  nella  fac- 
cia; il  delinquente  in  [)unilocul  taglio  del- 
la mano  e  col  pubblico  supplizio.  Circa 
3  anni  ilopo  si  scuopr'i  una  lega  di  'òj 
nobili  onde  tra  loro  nelle  varie  ballotta- 
zioni pei'venissero  gli  uffizi  e  le  dignità  ; 
l'uronu  puniti  con  bandi  e  prigionie.  Di 
lutto  liisgustalo  il  doge,  e  non  poco  au- 
gubliato  dal  pensiero  delle  laute  guerre, 
della  pebtecheallora  infieriva,  dellestrel- 
tezze  dell'  erario  ad  onta  degli  acquisti 
falli  di  3  belle  provincie  in  Lombardia, 
venne  nel  divisauienlo  di  proporre  a'27 
giugno  1433  la  jiropria  rinunzia  dopo 
f.oiicldba  la  pace.  Ma  non  concorrendovi 
il  parere  de'suoi  G  consiglieri,  come  vo- 
leva la  legge  per  l'abdicazione  d'uu  do- 
ge, la  cosa  non  fu  neppure  discussa  nel 
luaggiov  consiglio,  e  il  dogeconlinuò  nel- 
la sua  dignUà.  Pare  clic  poi  inutduieùte 
Iciilasse  di  rinunziare  nel  1 44^  ^  i»*-''  '  44^- 


V  E  N 
L'imperatore  Sigismondo  venuto  iu  Ita* 
lia  a  ricevervi  le  corone  realee  imperia- 
le, entrò  in  Milano  nel  novembre  1 43 1, 
e  il  duca  Visconti  insospettitosi  di  lui  »i 
chiuse  nel  suo  castello  di  Abbiategrasso, 
e  .SI  rifiutò  di  vederlo  e  d'assistere  alla 
sua  coronazione  iu  Monza  colla  corona 
ferrea;  onde  le  precedenti  buone  relazio- 
ni furono  gravemente  alterate,  e  comin- 
ciò Sigismondo  ad  inclinar  T  animo  a' 
veneziani.  Passalo  l'imperatore  in  R.oiua 
nel  1433  ricevè  a'  3i  maggio  la  corona 
imperiale  da  Eugenio  iV,  a  mediazione 
di  cui  Sigismondo  concluse  coli'  orato- 
re Andrea  Donato  una  tregua  quin- 
quennale :  altra  breve  stipulata  nel  1 4^  B 
era  spirata  nel  segueute  anno.  Intan- 
to i  Colomiesi  ribellala  Pioma  a'2C)  mag- 
gio i434)  Eugenio  IV  sapendo  che  si 
voleva  dare  la  sua  persona  al  duca  di 
Milano,  col  dominio  della  città,  a'  i4 
giugno  ne  fuggi  pel  Tevere  e  andò  ia 
Toscana,  ed  anco  in  Firenze  il  duca  gli 
tese  insidie  per  averlo  nelle  mani.  1  ve- 
neziani avevano  consiglialo  il  l^apaa  non 
muoversi  da  Roma,  per  le  conseguen- 
ze che  potevano  derivarne.  Però  iu  Ro- 
ma a'26  ottobre  fu  ristabilito  il  governo 
pontificio.  Le  riforme  del  clero  comincia- 
le nel  concilio  di  Costanza,  ove  fu  condan- 
nato Giovanni  iiuss,  che  fra  gli  altri  er- 
roii  avea  inveito  contro  1'  autorità  papa- 
le, mossero  Rlartino  V  a  convocare  l'al- 
tro concilio  di  Basilea  nella  Si>izzera 
(A.),  indi  confermato  da  Eugenio  IV  e 
fatto  cominciare.  I  veneziani  vi  manda- 
rono ambasciatore  il  nominato  Andrea 
Donato,  e  poi  un  pievano  per  ciascuna 
delle  IX  congregazioni  del  clero,  come  giù 
dissi  nel  §  Vii,  oltre  alcuni  canonici  del 
dominio.  Accoltosi  il  Papa  delle  ardile 
e  pericolose  tendenze  indipendenti  dei 
concilio,  ed  inclinare  allo  scisma,  comin- 
ciò ad  avversarlo  e  voleva  disciorlo;  tut- 
ta volta  ad  istanza  dell'imperatore  ne  per- 
mise la  prosecuzione,  e  Sigismondo  par- 
tilo da  Roma  vi  si  recò  invano  a  nm- 
dcrarlo.  Tale  prudcnle  contegno  di  Eu- 


V  EN  V  EN  20[ 
genio  IV  gli  sollevò  molli  ntuiici,  tua  i  poi  solto  il  nome  di  GaUniuelala  (per- 
verieziaui  più  apeilameiite  si  dichiara-  clic  il  vero  suo  cognome  tu  Melata,  da 
loiio  suoi  sostenitori,  venerandolo  unico  cui  derivò  il  sopraunome  di  Galtamela- 
e  vero  Papa.  Fra'nernici  priinei;giando  il  ta,  per  essere  stalo,  come  Annib;ile,  astu- 
dnoa  di  Milano,  anclie  per  essere  il  Papa  lo,  celalore  de'suoi  disegni,  ed  acconcis- 
veneziaiio,  segretamenle  consigliò  i  suoi  siuio  delle  frodi  guerre>{;Iie,  come  ricavo 
capitani  Francesco  Sforza  e  Nicolò  For-  dal  marchese  Eroli),  e  Tiberio  Urandoli- 
lebraccio  da  Perugia  ad  entrare  nelloslu-  no;  e  i  continui  molivi  di  querela  che 
lo  della  Chiesa  col  pretesto  d'esserne  aii-  sorgevano  tra  essa  e  il  Visconti,  non  che 
torizzali  dal  concilio  di  Basilea.  Neil 433  la  parte  opposta  da  loro  abbracciala  iit 
lo  Sforza  penetrò  nella  Marca  e  quasi  quelle  contenzioni  religiose,  facevano  pre- 
tutta  l'occupò,  per  cui  Eugenio  IV  per  vedere  non  lontana  una  nuova  guerra 
giiatl.ignarlu  nel  i434  gliela  concesse  in  fia'due  stali.  Perciò  consenfi  nel  gennaio 
investitura  cui  titolo  di  marchese  e  gon-  '434  ^^^  ""t*  '*^n'''  '-'^"'  i'iiperalore,  invi- 
faloniere  ili  s.  Chiesa,  non  riuscendogli  laudo  la  regiiìa  Giovanna  II  a  proleggere 
prendere  a'suoi  stipendi  il  Forlebraccio,  gli  stali  del  Papa  minacciati  dall'insazia- 
a  sostegno  del  quale  accorse  il  Piccinino  bile  ambizione  del  duca,  che  poi  volge- 
buo  parente.  11  Pa[)a  si  collegò  cj'Uoreu-  rebbe  le  sue  armi  contro  il  regno  di  Na- 
tiui,  a' quali  i  veneziani  ollriroiio  2000  poli,  olii  endosi  a  cullegarsi  con  essa.  Per 
lauti  per  proleggere  le  tei  re  pontificie,  lii  le  mene  [irobabilineuledi  esso,  ilpatriar- 
Fireuze  non  si  era  quieti,  una  fazione  a-  ca  d' Aquileia  Teck  ricorse  al  concilio 
\endo  costretto  Cosimo  de  Medici  il  contro  la  repubblica  ,  quale  usurpatrice 
Vecchio  ad  emigrare  co' suoi  parenti  in  delle  sue  terre  e  provincia  del  Friuli,  di 
Venezia,  poiché  la  repubblica  sempre  era  cui  domandava  la  restiliizione  ,  senza 
siala  aliezionata  a  lai  [)olenle  famiglia,  accondiscendere  alle  vantaggiose  propo- 
anco  per  la  comunanza  del  commercio,  sle  falle  da'veneziani  per  amor  di  ipiiele. 
essendo  i  ftledici  la  principal  casa  banca-  INla  il  palriarca  lungi  dal  piegarsi  ricor- 
lia  d'Europa.  Mecenati  de'  buoni  sludi  se  all'armi  spirituali  e  ad  un  monitorio 
fondarono  o  certamente  ampliarono  e  violento.  I  veneziani  pe'  loro  oratori  si 
abbellirono  la  biblioteca  di  s.  Giorgio  ginslificiirono  col  concilio  e  co' principi. 
Maggiore,  come  tlissi  nel  §  XVllI,  u.  1,  Priiici[)iata  la  guerra,  i  milanesi  tolsero 
onde  ne  furono  cousideritti  fondatori,  ni  P.jpa  Imola,  e  a  dilender  la  lìomagu.i 
La  libertà  fiorentina  volgeva  alla  deca-  si  destinarono  Galtamelata  generale  ve- 
deuza,  a  cui  la  conducevano  i  Medici  nelo,  e  Nicolò  iMauruzi  da  Tolentino  pe' 
con  un  sistema  di  governo,  che  sotto  fiorentini,  il  quale  però  con  altri  cnpiia- 
deniocraliche  forme  parleci()ava  egiial-  ni  reslò  prigione  del  Piccinino  nella  lo- 
uienle  dell'oligarchico  e  dell'assolutismo.  tale  sconlìUa  delle  truppe  della  lega,  a' 
Forse  la  libertà  lìorenlina  avrebbe  pò-  28  agosto  presso  Castel  Bolognese.  Nel 
luto  acquistare  slabilità,  se  avesse  pie-  i435  Filippo  M.'  Visconti  andò  a  sve- 
valso  il  principio  aristocratico.  Tanto  os-  gliare  l'ultimo  de'Cariaresi  Marsilio,  ec- 
lerva  il  eh.  Keumont,  Z>L'//a  cliploma-  citandolo  a  un  tentativo  per  torn.ue  in-l 
i;/(i //a//V//.rt.  Coulinuaudola  repubblica  possesso  di  Padova.  Scoperto  il  maneg- 
veneta  nella  proiezione  da  lei  accordata  gio,  fu  preso  xMarsilio,  e  condotto  a  Ve- 
ai  principato  temporale  del  Papa,  assol-  nezia  u'28  marzo  gli  fu  tagliata  la  tesla 
dò  iduegeneialiErasmo  MarzidaNarni  ha  le  du^  colonne,  coli'  cstrenuj  supplì- 
(il  suo  padre  lòiiiaio  a  Todi  era  origi-  zio  punendosi  pure  i  suoi  complici,  e  Pa- 
nario di  Due  Santi  e  la  madre  todina),  dova  si  guardò  con  rigore.  Con  Marsilio 
thti   già   avca    servilo   il    Papa,   fumoso  lini  la  discendenza  legittima  della  casa 


202  V  E   N 

tle' Carrara,  una  delle  sovrane  d'Italia 
che  più  produssero  uomini  insigni.  Mor- 
ta intanto  Giovanna  II,  si  disputarono  il 
regno  Alfonso  I  d'  Aragona  e  Renato  di 
Angiò,  ciascuno  avendo  il  proprio  parti- 
to nella  guerra  civile,  alla  quale,  per  sug- 
gestione ilei  duca,  presero  parte  i  genovesi 
in  favore  dell'Angioino.  Nella  lialtaglia 
navale  di  Ponza  essi  presero  lo  stesso  Al- 
fonso I  con  Giovanni  II  rediNavarra  suo 
fratello  con  quasi  tutta  la  flotta.  Immensa 
fu  la  gioia  di  Genova,  non  così  del  Vi- 
sconti, cui  la  risorta  gloria  marittima  di 
quella  città  destava  gelosi.i;  laonde  volle 
chea  lui  fossero  condotti  i  prigionieri  che 
onorò  sommamente,  anzi  persuaso  d"AI- 
lonso  1  quanto  fosse  pericoloso  l'aumen- 
to della  potenza  francese  in  Italia,  vole- 
va mandarlo  a  Napoli  colle  slesse  galee 
genovesi.  A  tale  notizia  i  genovesi  prese 
fiuiosamente  l'armi,  cacciarono  il  presi- 
ilio  milanese,  ed  elessero  doge  Isnardo 
Guarco.  1  veneziani,chedopola  battaglia 
di  Ponza  eransi  dichiarali  per  Renato, li- 
chiesti  di  protezione  da'genovesijl'acctfr- 
darono  a'2  gennaio  i436,  e  intimarono 
Ja  guerra  furniale  al  duca  se  non  resti- 
tuiva a  Genova  tutte  le  terre  che  di  quel- 
la repubblica  ancor  teneva.  Il  Visconti 
rispose  con  mandare  Piccinino  ad  assa- 
lir Genova,  ma  invatio;  anzi  fu  minaccia- 
to dall'imperatore  d'esser  dichiarato  de- 
caduto dalia  sua  dignità  e  della  scomu- 
Mica  papale,  se  non  evacuava  le  terre 
della  Chiesa  e  di  Genova,  e  quelle  spet- 
tanti all'impero.  Spaventato  il  duca  dal- 
la lega,  e  per  aver  preso  i  veneziani  a'Ioro 
slipendii  Francesco  Sforza,  si  pacilicòcon 
Eugenio  iV,  negoziando  colla  lega.  Fu 
Neri  Capponi  fiorentino,  difensore  della 
libertà  del  patrio  comune,  che  seppe 
guadagnare  a  Firenze  e  a  Venezia  allea- 
te Francesco  Sforza,  il  più  ingegnoso 
guerriero  d'Italia,  e  i  signori  della  llo- 
inagua.  Narra  il  eh.  Reumonl,  che  il 
Capponi  nella  sua  celebre  ambasciala  a 
Yeuezia,  travagliata  dal  duca  di  Milano, 
fu  licevulo  più  che  fosse  un  principe. 


V  EN 

«  Il  senato  veneziano,  consesso  il  più  sa- 
vio del  mondo,  pendeva  dal  suo  labbro 
allorché  riferiva  il  successo  sin  allora  ot- 
tenuto nella  sua  missione,  e  la  necessità 
dell'azione  concorde;  e  finito  il  discor- 
so, si   levarono  tutti   i   senatori  con  le 
mani  alzate,  e  la  maggior  parte  di   loro 
lagrimando  ringraziarono  i  fiorentini  di 
sì  amorevole  ullìcio,  e  lui  di  averlo  con 
tanta  diligenza  e  celerità  eseguito,  pro- 
raeltendo  che  d'allora  in  poi  quella  pa- 
tria dovesse  essere  sempre  comune  a* 
fiorentini  ed  a   loro".    Pe'  movimenti 
del   Piccinino  in   Toscana  ,  che   faceva 
credere  agire  da  se,   nel  14^7  uscì   in 
catnpo  lo  Sforza  pe'  fiorentini,  mentre  t 
veneziani  slavano  per  passar  l'Adda  on- 
de assalir  le  terre  del  duca  ;  questi  allora 
richiamò  il  Piccinino,  che  tosto  travagliò 
il  Bergamasco.  Accusalo  il   Gonzaga  di 
lentezza  lasciò  il  comando  e  disgustatosi 
lo  Sforza  colla  repubblica,  questa  ne  in- 
vestì  il  Galtamelata.  Lo  Sforza   mosso 
dalla  speranza  con  cui  sempre  l'allettava 
il  Visconti,  del  maritaggio  della  figlia  na- 
turale Bianca,  e  quindi  all'eventuale  suc- 
cessione nel  ducato  di  Milano,  persuase  i 
fiorentini  ad  accordarsi   con  Lucca    che 
aspiravano  dominare,  e  si  riconciliò  col 
duca.  Avendo  convenuto  la  repubblica, 
per  la  forza  maggiore  delle  circostanze 
de'tempi,  di  ricevere  da  vSigismondo  l'in- 
vestitura delle  terre  dell'  impero  ch'essa 
teneva  in  Terraferma,  deputò  a  rappre- 
sentare il   doge  e  il  veneziano  governo 
l'ambasciatore  Marco  Dandolo.  Lacere- 
monìa  si  fece  in  Praga  con  grande  so- 
lennità a' 16  agosto  1437  sulla  piazza  pub- 
blica, da  dove  passali  in  chiesa  l'impera- 
tore fece  leggere  il  diploma  d'  investitu- 
ra, e  il  Dandolo  giurò  in  nome  del   do- 
ge Foscari  e  della  signoria  di  Venezia  fe- 
deltà colla  solita  forma   feudale.    Sigi- 
smondo poi  coiiferìall'ambasciatore l'or- 
dine cavalleresco,  e  tenne  un  sermone  in 
lode  della  signoria  di    Venezia,  che  ia 
tante  emergenze  l'avea  soccorso.  Invece 
contro  il  Viscunli  fu  ietta  una  citatoria 


V  E  N  \  L  ìN  2u3 
imperinle,  cLegl'inlioiavapresenlnKi  lia  £;li(ie  In  Romagna  od  Eugt.'nio  IV^,  pe* 
2  mesi  avanti  il  trono  a  ginstidcarsi  dal-  molli  imbarazzi  in  cni  si  trovava,  impe- 
le  incolpazioni,  Sulto  pena  di  piocedeie  in  rocche  le  cose  sue  a  Basilea  erano  a  pes- 
via  giuridica.  Il  diploma  in  data  de'20  sima  condizione  ridotte,  li  Papa  rifìuta- 
tjel  precedente  li'glio,  nominava  il  doge  vasi  di  riconoscere  le  orgogliose  delilje- 
Foscari  a  dnca  di  Treviso,  Felire,  13ellu-  ra7Ìoni  del  concilio  per  aver  oltre[)assa- 
no,  Ceneda,  Padova,  Brescia,  Deigamo,  to  il  suo  mandato,  annullando  la  scoinu- 
Casalmaggioie,  Solicino,  Platina  o  Pe-  nica  da  esso  pronunziata  a' 1  j  marzo  1 436 
scliiera,  s.  Giovanni  in  Croce  con  tutti  i  contro  la  repubblica  veneta,  ad  eccita- 
castelli  e  luoghi  posti  nel  Crenìonese  e  nel  mento  del  patriarca  Teck,  il  concilio 
resto  di  LondDardia  di  qua  dall'Alida, che  dal  canto  suo,  divenuto  ribelle,  voleva 
dalla  repubblica  allora  si  possedevano,  far  da  Papa,  anzi  più  de'Papi,  disputava 
con  tutti  i  diritti,  i  privilegi,  le  legalie  e  sulla  supremazia  del  Papae  del  Conci- 
giurisdizioni.  Il  doge  pioinise  per  se  e  Ho,  ossia  del  Primato  (^'.),  })relendeva 
successoli,  che  ognuno  di  questi  dopo  la  riformare  la  Chiesa  a  modo  suo,  ardita- 
propria  elezione  rinnoverebbero  all'ini-  mente  citava  il  Papa  a  rispondere  a  va- 
peratore  romano  e  a' suoi  successori  il  rie  accuse  pioposte  contro  di  lui  a  cagio- 
giuramento  di  fedeltà,  obbligandosi  a  ne  delle  Riserve  apostoliche  (\&  Benefizi 
mandare  ogni  anno  a  Natale  una  pezza  ecclesiastici,  t\e\\'/4iinnle,  del  non  ani- 
di  panno  d'oro  del  valore  di  1000  zec-  mettere  \' Elezioni,  tacciandolo  di  Simo- 
chini  o  altro  equivalente  n  piacere  del-  iiia,  e  ciò  audacemente  in  onta  alla  bol- 
l'imperatore,  in  segno  d'  onoranza  e  li-  la  Cimi  detestabile,  de'iB  moggioi434, 
cognizione.  Tuttavia  né  l'investitura,  né  Bull.  Roni.  t.  3,  par.  3,  p.  io  :  Cantra 
il  giuranjento  furono  piìi  rinnovati,  né  Simoniaca  pravitatis  reos  ,  eoritm(jue 
il  drappo  d'oro  lu  più  mauiiato.  Non  eh-  ;;/cr//V7/o/'fiv, emanata  dal  santissimo  Pon- 
Le  luogo  r  investitura  di  Vicenza  e  Ve-  tefice  bersaglio  di  tante  avversila.  Il  vir- 
rona  per  le  pielensioni  di  Brunoio  della  luoso  Eugenio  IV  vieppiìi  irritatodichia- 
Scala,  allora  alla  corte  imperiale,  il  qua-  rò  coll'altra  sua  bolla  Ma^nas  omnipo- 
le  rifililo  l'auiuia  pensione  vitalizia  oll'er-  tenlis  Dei,  de'  19  aprile  1437,  Bull.  c\l., 
tagli  dalla  repubblica.  Sigismondo  mori  p-iQ)  sciolto  il  concilio  di  Basilea  e  Ira- 
a'9  dicembre  del  medoiiuo  i437,  dal  .sferito  a  Ferrara  (F.),  invitandovi  an- 
quale  i  veneziani  in  sostanza  non  aveva-  che  i  greci  per  l'unione  della  loro  chie- 
no  ricevalo  alcuna  assistenza,  benché  e  sa  colla  Ialina:  i  veneziani  eransi  olk-rti 
tregue  e  paci  e  leghe  con  lui  concludes-  ad  un  prestito  per  la  celebrazione  del 
sero.  L'acquisto  delle  provincie  di  Lora-  concilio  ecumenico  ,  con  ogni  sicurtà  se 
bardia  impedì  ad  essi  ili  sostenere  quell'in-  si  fosse  celebrato  nel  Friuli.  Eugenio  IV 
dipendeii/a,di  cui  avevano  goduto  nell'i-  non  approvò  che  le  prime  16  sessioni  del 
sole  (Ielle  Lagune;  e  convenne  loro  adat-  concilio  generale  di  Basilea,  rullima  dei- 
tarsi  all'idee  del  tempo  ed  a'iiuovi  rap-  le  quali  si  tenne  a'.j  febbraio  i  \'\\  alla 
porli.  Nel  seguente  143B  cominciò  con  presenza deirimpeiatore,  dipoi  luili«;!iia- 
Alberlo  II  la  serie  successiva  degl'impe-  rò  C'o/iC/7/rtZ'o/oe  aiiateinaliz/ò.ln  Eran- 
ralori  di  casa  d'  Austria  ,  tranne  Carlo  eia  furono  riconosciute  solanienlc  le  26 
VII  di  Baviera  (o  di  Annover  come  altri  prime  sessioni  dell'infauste  e  scandalose 
vogliono).  L'Italia  intanto  non  eia  affatto  4^  ^'^^  si  celebrarono.  La  maggior  par- 
quieta  a  cagione  de'veneziani,  e  del  duca  te  de'  coir.pouenti  il  conciliabolo  si  osti- 
che pretendeva  non  potesseio  aver  aiuti  narono  a  [uoseguire  lescismatichesessio- 
né  dal  Papa,  né  da' fiorentini,  né  dallo  ni.  L'imperatore  Giovanni  VII  Paleolo- 
Sforza.  Perlaulo  il   Visconti  stabilì   tu-  go,  stretto  dall'armi  turche,  si  persuase 


2o4  V  E  N 

di  recaisi  al  ooncilio  generale  (H  Ferrara 
per  implorare  il  soccorso  de'principi  cri- 
stiani mediante  il  gran  zelo  d'  Eugenio 
IV,  sagrilicando  le  sue  convinzioni  col- 
l' acconsentire  alla  riunione  delle  due 
Chiese.  Venne  egli  accollo  dalle  3  galee 
del  Papa,  da  una  dell'  imperatore  e  (lid- 
ie 2  ovvero  4  inviate  da  Venezia,  la  qua- 
le inoltre  stipendiò  3oo  balestrieri  a  di- 
fesa di  Costantinopoli.  Il  Paleologo  arri- 
vò in  Venezia  l'8  febbraio  i45<^>  accollo 
splendidamente  al  Lido,  seguilo  dal  fra- 
tello Demetiio  despota  di  Morea,  <lal  pa- 
triarca greco  Giusep[>e,  e  da  molli  prela- 
ti e  signori,  Nello  stesso  giorno  o  nel  di 
seguente  si  recò  a  visitarlo  il  doge  nella 
propria  galea,  indi  passò  in  altra  ad  os- 
sequiare il  patriarca.  L'  ingresso  solenne 
in  Venezia  si  fece  dall'imperatore  nel  Iju- 
cinloro,  accompagnato  dal  doge,  con  Itti- 
ta la  magnidcenza  propria  de'  veneziani, 
tra  il  plauso  del  popolo,  che  al  ponte  di 
Rialto  presentò  un  imponente  spettacolo. 
L'imperatore  discese  al  palazzo  del  mar- 
chese di  Ferrara.  Con  altrellanli  onori, 
l'imperatore  dopo  aver  dimorato  lutto  il 
mese  a  Venezia,  e  avere  scritto  lettere  a 
tulli  i  prìncipi  d'Europa  invitandoli  a 
venire  o  a  mandare  loro  rappresenlanli 
al  concilio  (perchè  la  pili  parte  continua- 
vano a  tenere  i  loro  rappresentanti  a  Ra- 
silea,  non  credeiìdolo  divenuto  concilia- 
bolo, e  ritenendolo  ecumenico  lo  ris[)et- 
Invano,  o  almeno  per  le  loro  mire  d'insu- 
bordinazione lasciavano  fare) ,  si  partì 
per  Ferrara  accolto  da  Eugenio  IV.  Del 
soggiorno  in  Venezia  dell' iiriperatore  si 
ponno  leggerei  dettagli  nel  mai  abb.islan- 
za  lodato  prof.  Uouìanin,  di  cui  tanto  mi 
giovo  a  onore  di  Venezia  sua  patria,  e  t^e- 
^\  Annali  Urbani  del  cav.  Alutinelli  a 
p.  268.  Penetrala  la  peste  in  Ferrara, 
Eugenio  IV  si  trovò  obbligalo  di  pubbli- 
care a'io  gennaio  i43q  il  trasferuiienlo 
del  concilio  ecumenico  a  Firenze.  Altri 
dissero,  che  il  vero  motivo  della  trasla- 
zione fu  i'  occupazione  delle  principali 
couviciue  ciltà  ,  operala   dui  Piccinino 


YEN 

d'ordine  dell'irrequieto  Filippo  M.'  Vi- 
sconti, iuclusivauiente  a  Ravenna  ch'era 
sotto  la  protezione  veneziana.  L' impera- 
tore, il  patriarca  e  gli  altri  greci  seguiro- 
no il  Papa  a  Firenze,  ove  fu  proclamata 
l'unione  delle  Chiese  latina  e  greca,  nella 
maggior  parte  poco  durala  per  la  solita" 
malizia  e  incostanza  greca,  e  solo  restò 
quella  porzione  di  greci  che  dicesi  la 
Chiesa  greca  unita.  Continuando  l'ecu- 
menico concilio  e  il  conciliabolo  basileese 
a  condannarsi  a  vicemla,  l'iniquo  duca  di 
Milano  non  cessandod'isligare  gli  scisma- 
tici della  conventicola  di  Basilea,  a  di  lui 
insinuazione  giunse  la  sua  impudenza, 
per  dar  prova  del  suo  potere  su[>eriore, 
a  empiamente  deporre  a'aS  giugno  t  439 
il  Sommo  Poiitelice  Eugenio  IV,  ridico- 
losamente  dichiarandolo  decaduto  dal 
pontificalo;  indi  per  li  medesima  oslen- 
tazione  di  quel  potere  che  non  aveva,  ad 
avere  un  valido  appoggio  alla  riprovevo- 
le lolla,  a'5  novembre  elesse  antipapa  A.- 
medeo  Vili  duca  di  Sa^'oia  (^  .),  che 
ceduto  il  trono  al  figlio  Lodovico  erasi 
lilirato  in  Ripaglia,  ad  onta  che  il  re- 
gnante duca  avesse  protesiti to  contro  l'o- 
perato del  conciliabolo  riguardo  a  Euge- 
nio IV.  L'illuso  e  d'altronde  savio  Ame- 
deo Vili,  benché  ripugnante,  accettò 
ranti|)onlificato  e  prese  il  nome  di  Feli- 
ce V,  consolidando  co^i  l'infelice  scisma. 
Conlento  il  Visconti  del  successo  di  sue 
mene  e  strana  politica,  profittando  delle 
conseguenti  confusioni,  indusse  lo  Sforza 
a  passare  occultamente  nel  regno  di  iNa- 
poli  a  sostenervi  il  partito  Angioino,  men- 
tre in  apparenza  erasi  riconciliato  eoa 
Alfonso  I.  Ma  essendo  lo  Sforza  ancora 
agli  stipendii  de'lìorenlini,  tosto  il  richia- 
marono, ed  i  veneziani  consigliarono  il 
Papa  a  lasi;iarlo  pacifico  possessore  del- 
la iMarca,  come  suo  unico  mezzo  di  sal- 
vezza. Alfjuanto  prima  di  tale  epoca,  ac- 
cordatosi d  marchese  di  ftlanlova  col 
duca  ,  i  veneziani  per  vieppiìi  amicarsi 
quello  di  Ferrara  gli  restituirono  il  Po- 
lesine eoo  alcune  riserve^  etl  armatisi  per- 


VEN 
seguitarono  i  mantovani,  sequestrando  in 
Venezia  i  loro  averi  e  persone.  Il  Picci- 
nino già  avea  portato  il  terrore  anche 
nel  Bresciano  e  in  altri  luoghi,  e  benché 
sconfitto  a  Rovato  da  Gallanielata  avea 
assediato  Dre<oi;i;  né  meglio  andavano  le 
cose  sul  Po.  Il  perchè  Gallamelala  si  eia 
ritiralo  nel  \  eionese,  e  fu  opera  degna 
di  sì  celebre  capitano,  pel  modo  strate- 
gico conae  l'eseguì,  salvando  1'  esercito. 
L'assedio  di  Brescia  fu  memorabile  pel 
valore  e  costanza  de' suoi  difensori,  co- 
mandati dal  Celebre  Francesco  Barbaro 
illustre  per  valore  e  sapere,  e  del  prode 
Cristoforo  Donato,  non  che  per  la  fedel- 
tà e  I'  amore  de'  cittadini  al  veneziano 
governo.  Venezia  a  salvare  sìimporlan- 
te  città,  rinnovò  la  lega  co'fìorentini,  ri- 
prese al  soldo  lo  Sfìjrza  e  ordinò  al  Gat- 
tamelata  di  soccorrerla,  ma  dopo  soste- 
nula  fiera  pugna  col  Piccinino  gli  con- 
venne retrocedei  e  a  Padova ,  con  non 
poca  sua  lode.  Nondimeno  con  indicibi- 
li sforzi  pervennero  i  veneziani,  con  im- 
presa meravigliosa  di  condurre  una  flot- 
tiglia al  lago  di  Garda  pe'monti  a  mez- 
zo di  2000  bovi,  a  mandare  provigioni 
a  Brescia  ,  ma  con  poco  sollievo  per  a- 
verlo  impedito  il  valoróso  Piccinino.  Que- 
sti passò  quindi  a  occupare  Lonigo  e  al- 
tri luoghi  del  Vicentino,  ed  a  correre  il 
Veronese,  finché  alla  fine  di  giugno  1439 
arrivato  lo  Sforza,  in  segno  di  comune 
accordo  gli  si  alìidarono  i  vessilli  di  Ve- 
nezia, Fiienze  e  Genova;  indeciso  però 
il  Papa  a  qual  paile  inclinare.  Lo  Sfor- 
za unitosi  all'esercito  di  Gattamelata,  in 
pochi  giorni  ricnpeiòil  Vicentino,  onde 
il  Piccinino  si  ritirò  in  buon  oidine.  La 
repubblica  a  incoraggiar  lo  Sforzagli  fe- 
ce larghe  promesse,  oll'rendogli  Mantova, 
e  se  passasse  l'Adda  il  ducalo  di  JMilano. 
La  flotta  del  lago  però  fu  sorpresa  escon- 
lilta  dal  Piocinmo  ;  indi  a'  q  novembre 
ilopo  fierissimo  combattimento  riuscì  al- 
lo Sforza  liberale  i  bresciani  dalle  loro 
infelici  condizioni.  I\la  l'ardilo  Piccinino 
corse  a  scalare  Verona,  e  quasi  se  n'era 


V  E  N  2o5 

impadronito  quando  lo  Sforza  giunse  a 
ricuperarla,  onde  fu  ascritto  alla  nobiltà 
veneta.  NeIi44oil  Visconti  per  allonta- 
nar lo  Sforza  dalla  Lombardia  ,  mandò 
il  Piccinino  in  Bomagna  e  Toscana,  per 
le  cui  cotKjuisle  i  fiorentini  senza  elicilo 
pregarono  i  veneziani  a  mandargli  loSfor- 
za  che  faceva  progressi  in  Lombanlia, 
liberando  finalmente  Brescia  da  3  anni 
d'assedio  e  di  patimenti  indicibili,  me- 
diante la  segnalata  vittoria  de'  3  luglio. 
Il  Gallamelala  avea  compilo  la  sua  glo- 
riosa militare  carriera,  poiché  inferma- 
tosi per  colpo  d'apoplessia,  e  ritiratosi  a 
Padova  vi  morì  poi  neh  443»  nella  cui 
pubblica  piazza  il  senato  gli  eresse  la 
statua  equestre  di  Inonzo  ancora  esisten- 
te: ne  parlai  in  quell'articolo,  ed  in  que- 
sto nel  §  X,  n.  19  (Il  eh.  suo  concittadi- 
no marchese  Giovanni  Eroli,  nel  t,  7, 
p.  i4i  f\^\V Album  di  Boniu,  ne  pubbli- 
cò il  ritratto  con  sua  bella  biografia,  ce- 
lebrandone le  militari  imprese.  Lo  dice 
morto  a' 16  gennaio  i44'>  che  riconob- 
be il  valore  da  Dio,  onde  non  supeibì, 
e  che  il  suo  prode  alunno  Gentile  Leo- 
nessa e  il  figlio  Antonio  in  Padova  gl'in- 
nalzarono  la  statua  equestre  di  bronzo, 
opera  stupenda  di  Donatello,  dove  nella 
ba>e  sono  ritraile  a  bassorilievo  le  sue  ge- 
sta più  degne  da  ricordare).  Magnifico  è 
l'epitaflio  fatto  in  sua  lode  da  Francesco 
Barbaro  sullodato.  Dopo  il  ritiro  di  quel 
prode,  ebbe  Sforza  solo  il  comando  su- 
premo  delle  genti  veneziane,  colle  quali 
ricuperò  le  terre  lombaidc.  iN'el  i44'  '^'■" 
nò  la  vitloiiaa  favorire  il  Piccinino,  ma 
per  le  sue  alte  esigenze,  irritatosi  il  du- 
ca si  rivolse  allo  Sforza  per  la  pace,  che 
conclusa  a  Cavriana  nel  Mantovano,  fu 
pubblicata  a'20 novembre,dopoavcregli 
sposata  Bianca  figlia  naturale  del  iluca, 
con  Cremona  e  Ponlremoli  per  dote,  che 
tante  volte  gli  avea  [)romesso  e  poi  ne- 
gato. Dal  Visconti  si  restituì  al  Papa  Bo- 
logna e  Imola,  esi  riconobbe  1'  indipen- 
denza di  Genova.  Venezia  celtbiò  hi  pa- 
ce con  rendimenli  di  grazie  a  Dio,  e  il 


2oG                   V  E  N  V  E  iN 
doge  invitato  lo  Sforza  colla   moglie  a  pelilore  tleil*  Aogioino,  ad  unirsi  al  Pie- 
Venezia,  vi  furono  onorati  con  festeggia-  ciniiio  die  fece  capitano  generale  e  gon- 
nienli,  alloggiando  nel  palazzo  del  Gatta-  fuloniere  di  s.  Chiesa  ,  privando  di   tal 
melata  a  s.  i^olo  e  in  ([nello  già  a  lui  do-  grado  il  ribelle  bforza.  Se  ne  alterarono 
nato  sul  Canai  grande.  Anche  col  palriar-  i  (joienlini,  da'cjuali  era  partilo  il  Papa 
cad'Arpiileia,  ch'era  allora  il  celebre  car-  passando  in  Siena,  e  sollecitarono  i    ve- 
dinal  Scaranipo  Mezzarota    padovano,  neziani  a  romper  la  guerra  al  duca;  ma 
furono  finalmente  composte  le  dilTeren-  la  repidibiica  se  ne  schermi,  promellen- 
ze  a'?8  giugno  i445',  concedendogli  la  do  di  aiutare  i  bolognesi   tornali   in   li- 
repubblica  Aquileia,  s.  Vito  e  s.  Danie-  l)ertà,  e  di  far  forte  lo  Sforza.  La  INIarca 
le,  tranne  i feudi,  con  5ooo  ducati  l'au-  fu  lolla  a  cpiesli,  e  il  Papa  vi  mandò  a 
no;  prouiellendo  il  cardinale   per  se  e  legalo  il  cardinal  Domenico   Capianica, 
successori  di  non  impacciarsi  nelle  cose  e  poi  nominò  conte  della  Marca  il    Pic- 
lemporali,  di  ritirare  il  sale  da  Venezia,  cinino,  come  leggo  nel  Leopardi,  Scrief 
e  di  non  ricovrare  banditi  e  ribelli.   La  Recloruin  Marchiac.  Pe'lrionfi  del  re  e 
pace  col  Visconti  tolse  ad  Ostasio  da  Po-  del  Piccinino  ,  se  ne  ingelosì   il   duca   e 
lenta  la  città  di  Ravenna,  che  avea  ade-  maneggiò  con  Venezia  e  altri   una  lega 
ritoal  duca  e  poi  lornòa  porsi  sotto  la  prò-  per  sostenere  lo  Sforza.  Tanlo  rapida  vo- 
tezione  de' veneziani  ;  ma  egli  tiranneg-  ìubililà  destò  V\  sorpresa  del  re,  e  quin- 
giandoi  ravennati, questi  nel  1 44' "e  scos-  di  il  duca  richiamò  il  Piccinino,  il  quale 
sero  il  giogo,  e  per  mezzo  de'suoi  amba-  alTidando  al   figlio  Francesco  l'esercito, 
sciatori  si  die  in  potere  della  repubblica  dipoi  ebbe  grossa  sconfitta  dallo  Sforza 
-lenela,  che  la  governò  per  68  anni   co'  a  IVIontolmo  a'23  agosto  i  444> '"''«aneri- 
provvcdilori  e  co'podeslà:  il  \°  provve-  dovi  prigione  col  cardinal  Capranica.  Al- 
dilore  fu  JNicola  iMemmo  del  i44'-   La  lora  \\  Papa  mostrò  inchinare  alle  Irat- 
serie  di  tali  magistrali  la  riporta  loSpre-  tati  ve,  a  cui  non  avevano  mai  lascialo  di 
li  WiiWfi  Memorie  intorno  i dotnina  e  ^0-  persuaderlo  Venezia  e  Firenze,  eiltrat- 
ver ni  ch'Ila  città  di  Ravenna.  Ostasio  e  tato  fu  concluso  a' i  o   ottobre,    in  virtù 
la  sua  famiglia  furono  rilegati  in  Creta,  del  quale  lo  Sforza  riebbe  il  marchesato 
ot'ebbe  l'ine  la  celebre  casa  de'Polentani  di  tutta  la  iMarca,  ad  eccezione  d'Osimo, 
dopocircai4oannidi  principato.  Il  Papa  Recanati  e  Fabriano  ch'erano  in  potere 
Eugenio  IV  giustamente  mosse  gravi  la-  delle  truppe  ponlificie,  non  che  di  Anco- 
gnanze,  per  essere /?<7i'e/iuadommio  lem-  na,  che  però  sempre  rimase  libera   pa- 
porale  della  s.  Sede,  a  cui  pervenne  col-  gando  al  marchese  il  solilo  censo.  Pochi 
V Esarcato.  Le  pratiche  in  argomento  si  giorni  dopo  Nicolò  Piccinino,  inconsola- 
prolungarono  molto  tempo,  proponendo  bile  per  la  perdita  di  Bologna,  la  sconfit- 
la  repubblica  a'17  agosto  1442  di  rice-  la  del  figlio  e  il  trionfo  dell'avversario, 
verla  da  essa  in  vicariato,  né  si  accomo-  soccombette  a  tanti  alfanni,e  con  lui  ven- 
darono  le  cose  se  non  nel  novembre  145 1  ne  a  mancare  uno  de' pi  ìi   valenti  con- 
con  jNìcoIò  V,  ricevendo   la   repubblica  dollieri  che  allora  avesse  l'Italia,  La  mi- 
Piavenna  in  feudo  col  pagamento  di  con-  sera  coudizione  di  questa  non  la  lasciava 
venuto  censo.  Ma  l'Italia  non  doveva  go-  respirare,  alternandosi  le  guerre,  le  tre- 
dere  quiete,  e  nel  1442  il  Visconti  ecci-  gue  e  le  paci,  precipuamente  per  l'inco- 
iò Eugenio  IV  a  ricuperare  la  Marca  da  stanza  del  sospettoso  Visconti,  che  nuova- 
lui  conferita  al  suo  genero  Sforza  ,  per-  niente  imprese  ad  unirsi   al   Papa  e  av- 
olo offrendogli  il  soccorso  del  Piccinino,  versare  il  genero,  contro  il  quale  nel  i445 
onde  iuqiedirgli  d'aiutare  Renato  d'  Au-  si  rinnovò  la  guerra,  essendosi  proposto 
giù.  11  Papaiuvilò  il  re  AUudso  I,com-  il  Papa  di  spogliarlo  della  Maica,  ed  a 


V  E  N 

tale  edello  nouiioò  pio  rettore  di  essa  il 
lescovo  di  Forlì  dall'  Aste  e  leqato  il 
cardinal  Scaiampo  Mezzaiota  nel  i44^' 
Il  marchese  nel  declinar  dell'aimo  a  poco 
a  poco  la  perde  lotta,  pel  valore  del  bel- 
licoso cardinale  ,  ad  eccezione  di  Jesi  e 
Ancona.  Quesl'  ultima  per  garantire  la 
propria  libertà  strinse  lega  con  Venezia, 
la  fjuale  inviando  6  galee,  restò  la  città 
lìbera  dal  cardinale  che  voleva  espugnar- 
la ,  ed  il  Papa  ne  riconobbe  la  libertà 
del  suo  particolare  reggimento.  Jesi  fu 
poi  ceduta  dallo  Sfoiza  a  ^'icolò  V,  che 
l'assotse  dalla  scomunica.  In  più  luoghi 
seguirono  fatti  d'armi  e  maneggi  de' ve- 
neziani e  fiorentini  contro  il  duca,  il  qua- 
le perciò  fece  decapitare  il  suo  generale 
Talianu  Furluno,  e  per  sospetto  d'intel- 
ligenze co'veoeli  mandò  nelle  carceri  di 
Monza  l'altro  generale  poi  famoso  l'arto- 
lomeo  Colleoni  ili  Bergamo.  Ciò  produs- 
se sconcerti  nell'imprese  delle  genti  pa- 
pali e  diichesche,  e  contro  quest'uliitne, 
capitanale  da  Francesco  Piccinino,  i  ve- 
neziani comandati  da  Michele  Atlendolo 
di  Cotignola  ripoitarono  segnalata  vit- 
toria presso  Cremona  a*  28  settendjre 
1446)  *^  glandi  feste  ne  fece  la  repubbli- 
ca. Continuandfj  Michele  Altendolo  il 
corso  de'suoi  trionfi,  a"6  novembre  pas- 
sato r  Adila  giunse  sul  territorio  mila- 
nese; intimoritosi  il  duca,  tornò  alle  so- 
lile arti,  rivolgendosi  per  soccorsi  al  Papa, 
ad  Alfonso  I,  ed  allo  stesso  genero  Sfor- 
za che  abbandonò  l'alleanza  di  Venezia. 
Frattanto  Eugenio  IV,  tornalo  in  Roma 
lìuo  dal  1443,  consumato  dagli  alfanni  del 
suo  torbido  pontificato, a'y  febbraio  1 4  4? 
emanò  la  bolla////r;Te/fr^,  presso  il //<///. 
Rom.,  t.  3,  par.  3,  p.  58:  ylbsolulio  cO' 
rum  (jUÌCoiit;icgalioiiiBnsil(ensi  adhae- 
seruiit  post  dissolutionern  Conrilii^ct  ad 
Summi  Ponii/lcis  ohcdientiain  redic- 
runty  pioi'isioque  declaralìo  circa  col- 
lalioiies  Ecclesìarum  et  lenvjlcioriim. 
Ed  inferniatosi  nello  slesso  mese,  rese  lo 
spirilo  al  Creatore  a'zS,  colla  gloria  d'es- 
sere stalo  I'uqìm  Papa,  al  dire  di  Novaes, 


V  E  N  207 

a  cui  ricorsero  in  tempo  di  scisma,  per  ri- 
conoscerlo padree  pastore  universale,  due 
iiriperatori  greco  e  Ialino,  cioè  il  Paleo- 
logo  e  Federico  111^  il  quale  era  stato  as- 
sunto all'impero  neli440)  avendo  oppo- 
sto ad  un  insolente  concdiabolo  mi  ss. 
concilio  Ecumenico.  Annoverò  nel  sagro 
collegio  i  nipoti  e  patrizi  veneti  France- 
sco Cnndulniiero  e  Pietro  Darbo  poi  Pao- 
lo II,  ed  il  padovanoLoilovico  Scarampo 
Mezzarola.  Del  suo  monumento  sepol- 
crale nel  chiostro  di  s.  Salvatole  in  Lauro 
di  Roma,  ne  riporta  il  disegno  coll'iscri- 
zione  il  Ciacconio,  Filae  Ponlificum,  t.  2, 
p.  8g3, nella  quale  si  leggerf '//'«/  C'/r7M/7i 
dedil  orliiiìi.  Dopo  aver  lo  Sfoi-zacou  tra- 
dimento riabbracciato  il  parlilo  del  suo- 
cero Visconti,  altro  ne  macchinò  in  Vene- 
zia stessa,  ovea'-zq  marzo  i447  recatosi 
Angelo  Simonella  suo  segretario,  e  atten- 
dendo a  vendere  i  suoi  capitali  investili 
in  prestito  pubblico  e  le  sue  possessioni 
del  Padovano,  dava  a  credere  al  con%i- 
glio  de'Dieci  di  aver  grandi  cose  a  rive- 
lare, che  in  fallo  si  trovaronobaie,  nieiilre 
si  conobbero  i  maneggi  dello  Sforza  nel 
Bresciano.  Fu  allora  arrestato,  e  chiusa 
la  casa  ilello  Sforza  divenuta  convegno 
a'ribelli.  Dopo  processo,  il  Simonella  fu 
rilegalo  in  Candia,  e  confiscali  i  beni  non 
gli  si  lasciò  che  Sono  ducali  l'anno.  Dipoi 
cambiale  le  cose,  il  SinHinella  nel  i4Ì9 
fu  medialoredi  pace  tra  lo  Sforza  e  la  re- 
pubblica. Mentre  Filippo  M."  Visconti 
sollecitava  il  ritorno  del  genero,  e  que- 
sto si  avvicinava  a  Milano,  a'  7  agosto 
infermò  e  nioiì  a'i3  senza  lasciare  pro- 
le maschile,  |)ciciò  teruiinaudo  con  lui 
la  sovranità  della  casa  Visconti.  Subilo 
la  repubblica  assicurò  il  comune  di  Mi- 
lano, che  mai  avrebbe  [lorlato  in  guerra 
contro  di  esso,  e  solo  l'avea  falla  al  duci 
qual  perturbatore  d'Italia,  insinuandogli 
a  rivendicarsi  in  libertà,  pronta  a  soste- 
nerlo e  fare  lega,  alla  quale  si  mostraro- 
no i  milanesi  ben  disposti,  proclamando 
intanto  la  repubblica  Ambrosiana  di  1//- 
lano.  Id  quesl'arli(;oIo  narrai  i  prelea- 


2o8  V  E  N 

denti  al  ducato,  fra'qttali  il  conte  Fran- 
cesco Sforza  genero  e  figlio  adottivo  del 
defunto  duca,  che  impugnate  le  armi  in 
hreve  occupò  Pavia  e  Piacenza,  oltre  tut- 
ti i  luoghi  de' veneziani  in  Lombardia, 
tranne  Caravaggio,  e  costrinse  Andrea 
Quirini  a  bruciar  la  flotta  veneta,  il  qua- 
le perciò  fu  piuiilo  col  carcere.  i\lenlre 
la  repubblica  olFriva  allo  Sforza  di  farlo 
signore  di  Milano,  solo  cedendo  Cremo- 
na, egli  fatto  orgoglioso  si  avanzò  verso 
Caravaggio.  Michele  A ttendolo,  Luigi  III 
Gonzaga  marchese  di  Mantova,  Cesare 
Blarlinengo  e  gli  altri  distinti  capitani 
•veneti,  a' i  5  settembre 1 44^  attaccarono 
lo  Sforza,  il  quale  li  sbadigliò;  e  assalilo 
il  campo  difeso  da  Bartolomeo  Colleoni, 
eh'  era  entrato  al  servigio  della  repub- 
blica, comp'i  la  piena  rotta  dell'  esercito 
■veneziano.  Per  tale  sconfitta,  Caravaggio 
e  gli  altri  castelli  si  arresero  al  vincito- 
le.  La  repubblica  non  mancando  nep- 
pure in  questa  occasione  a  quella  fer- 
mezza che  sempre  la  distinse  nell'avver- 
sità, levato  il  comando  all' Atiendolo  e 
confinatolo  con  pensione  di  i  eoo  ducali 
a  Conegliano,  che  [)rima  gli  avea  dato  in 
feudo,  volse  l'animo  a  raccogliere  i  fug- 
giaschi e  alla  formazione  d'un  nuovo  e- 
sercito,  ed  a  rinforzare  la  squadra  nava- 
le sul  lago  di  Garda,  ed  un  propizio  e- 
vento  ne  rialzò  la  fortuna.  Le  vittorie  di 
Sforza  aveano  ingelosito  i  milanesi,  ecci- 
tali da'Piccinini  suoi  eterni  nemici,  ed  e- 
gli  vieppiù  si  alienò  da  loro.  Laonde  a- 
scoltò  volonlieri  i  maneggi  rinnovati  da 
Angelo  Simonetta  co' veneziani,  i  quali 
tornarono  a  olfrirgli  la  signoria  di  Milano, 
se  dagli  stipendi  di  questa  volesse  passa- 
re a  quelli  della  repubidica,  con  cedeie 
Crema,  Cremona, laGliiaiadadda  e  quan- 
to possedevano  per  1'  ultimo  trattato  col 
defunto  duca.  Appena  firmato  l'accordo 
a'i8  ottobre,  lo  Sforza  volse  l'armi  con- 
tro quelli  cui  fino  allora  avea  servilo, 
strinse  Milano  e  gl'intimo  di  riconoscer- 
lo per  signore.  11  popolo  però  suscitalo 
da  Giorgio  Lampnguani,  lispose  coll'in- 


V  EN 

giurie  e  col  dichiararsi  pronto  n  dispera- 
la difesa;  domandò  soccorsi  a  viui  piin- 
ci[)i  ,  dichiarò  generalissimo  Francesco 
Piccinino,  ed  affidò  la  guarnigione  a 
Carlo  Gonzaga,  che  ambiva  il  dominio 
della  città.  Questi  prese  ad  accarezz>re 
le  famiglie  guelfe,  ed  i  nobili  ghibellini 
per  opposizione  si  dichiararono  per  lo 
Sforza.  Scoperti  dessi  dal  Gonzaga,  ne 
fece  morire  buon  numero,  altri  fuggiro- 
no al  campo  nemico.  Per  tanta  discor- 
dia, i  guelfi  e  la  fazione  democratica  oc- 
cupalo tulio  il  potere,  dichiararono  vo- 
ler  dar  Milano  piuttosto  al  turco  o  al  de- 
monio, che  allo  Sforza.  Pesando  al  sena- 
to le  somministrazioni  allo  Sforza,  il  (pia- 
le gli  dava  ombra  colle  sue  vittorie,  e  per 
la  guerra  dichiaratagli  da  Alfjuso  I  ,  si 
accordò  con  Milano  a'24  settembre  i  440) 
invitando  lo  Sforza  ad  aderirvi,  ed  esso 
si  mostrò  disposto,  affamando  intanto 
sempre  più  Milano,  ma  poi  non  volle  ra- 
tificar la  pace.La  sera  de'2 5  febbraio  1 4 "f^ 
scoppiò  gran  tumulto  in  Milano  dalla 
plebe  alfunata,  gridandosi  a  signori  i  ve- 
neziani, il  f*apa.  Alfonso  I,  il  redi  Fran- 
cia, il  duca  di  Savoia.  In  questa  confu- 
sione prese  a  parlare  Gaspare  da  Vimer- 
cate  affezionato  allo  Sforza,  dimostrando 
essere  i  proclamali  o  troppo  hjntani  o 
trop[)o  deboli  per  recare  soccorsi  oppor- 
tuni; esservi  un  solo  mezzo  a  far  cessa- 
re la  fame  eia  guerra,  quello  di  sotto- 
mettersi allo  Sforza,  di  cui  vantò  la  cle- 
menza e  la  botila,  essere  il  genero  e  il 
figlio  adottivo  dell'ullimo  duca,  perciò  il 
legittimo  successore.  Venne  applaudito; 
lo  Sforza  fu  invitato  a  entrare  in  città 
ed  accettare  alcuni  capitoli  1'  i  i  marzo; 
indi  fece  il  suo  solenne  ingresso  a'  2T 
portato  in  trionfo  nella  chiesa  di  s.  Ma- 
ria a  ringraziar  Dio,  e  nel  d\  seguente 
presentatosi  sulla  piazza  maggiore  fu  gri- 
dato Francesco!  princi[)e  e  duca  di  Mi- 
lano, succedendo  feste  e  tornei.  Allora  i 
veneziani  fecero  lega  contro  di  Ini  con 
Alfonso  Ij  il  duca  di  Savoia,  il  maichc- 
se  di  Monferrato  e  la  repubblica  di  Sic- 


YEN  YEN                   209 

na,  e  la  i^iiena  (u  ilicliiaiala  a' i()  m^(^-  ficnmenle  adtlohbati,  aiulò  a  disceiuìcii; 
gior4^2.  L'odio  contro  lo  Sforza  giunse  ni  palazzo  del  marclie-ie.  Altro  spKnuli- 
a  tanto,  clie  si  accetto  l'oirert.i  di  farlo  do  licevituenlo  ebbe  3  giorni  dopo  nel 
avvelenare,  temendo  volesse  estendere  i  recarsi  ad  abitar  la  casa  de'  Yilturi  a  s. 
suoi  doniinii  a  tlanno  della  repubblica.  Eustachio.  Si  celebrarono  corse  di  bar- 
Ma  per  la  poca  vigoria  con  cui  veniva  che,  luminarie  e  altre  feste;  e  ricchi  do- 
condotta  la  guerra  ,  e  per  il  disastruso  ni  furono  fatti  all'intperatoro  e  all' impu> 
avvenimento  che  empi  di  terrore  lulta  ratrice  alla  loro  partenza.  INarra  il  Corner 
(|uanta  la  ci  istiiinità,  la  presa  di  Costan-  che  iNicolò  V  neli440  donò  alla  repub- 
tiiwpoli[J  .)per  opera  degli  ottomani,  che  blica  una  spada  ornata  d'oro  e  d'argen- 
ue  fecero  la  capitale  dell'impero  di  Tur-  tu,  ed  un  elmo  benedetti  ,  cioè  il  solito 
clda  (f.),  tutte  le  parti  belligeranti  si  Stocco  e  Berrettone  dttrali^  poi  vendu- 
trovarono  inclinate  alla  pace.  Qui  devo  ti  al  doge  Malipiero,  indi  per  decoro  ri- 
prima premettere  un  indispensabile  re-  cuperati  dal  senato  e  riposti  nel  tesoro 
Irospeltivocenuo  storico.  Ad  Eugenio  IV  di  s.  Marco,  ordinando  chela  spada  si 
era  succeduto  nel  pontificalo  Nicolò  V,  portasse  nelle  visite  ecclesiastiche  in  cui 
che  tosto  con  gran  zelo  si  applicò  ad  e-  interveniva  il  doge  col  senato.  Ed  il 
stinguere  lo  scisma,  ed  a  pacificare  1'  I-  prof  Romanin  dichiara,  che  nel  1 47 1  "N'^ 
talia,  con  l'invio  di  molti  nunzi  e  legati,  colò  V  a  mezzo  delfambasciatore  iN'ico- 
ed  ottenne  che  a'c)  aprile  1 449  F^'ice  V  lo  Canal,  infelice  poi  nella  difesa  di  Ne- 
rinunziasse  il  suo  antiponlificato.  Morto  groponte,  donò  al  doge  la  spada  d'oro, 
poi  neli4ji  lultimo  patriarca  di  Gra-  il  cintoe  l'ombrella.  Minacciato  indi  l'im- 
do,  considerando  Nicolò  V  lo  splendore  peratore  Costantino  XII  Paleologo,  fra- 
a  cui  era  giunta  la  città  di  Venezia,  se-  tello  e  successore  tleli'intervonulo  al  con- 
de  della  possente  repidjblica,  la  moltitu-  cilio  generale,  da  M.iomctto  II  impera- 
dine  e  coltura  del  suo  popolo,  la  parlico-  ture  de'turchi,  come  i  predecessori  ago- 
lare  costante  divozione  de'  veneziani  alla  gnando  all'assoluto  donìinio  universale, 
s.  Sei\e,  r  essere  Grado  a  pessima  condi-  Nicolò  V  l'ammonì  a  far  eseguire  l'unio- 
zione  ridotta,  scarsa  d'abitanti  e  resa  in-  ne  della  Chiesi  greca  alla  latina,  ginra- 
salubre  dalla  mal'  aria;  annuì  all'istanze  ta  nel  concilio,  altriajenli  avrebbe  per- 
dei doge  e  senato  veneto,  ed  elevò  il  ve-  duto  l'impero,  come  si  verificò  (al  rileii- 
scovato  di  Castello  a  patriarcato,  invece  re  del  Novaes  nella  Storia  di  Nicolo  l  : 
di  quello  di  Gratlo  che  soppresse,  dichia-  ma  dissi  nell'articolo  Grecia  e  altrove, 
rando  protopatriarca  di  Venezia  s.Loren-  che  veramente  l'unione  fu  promulgtjta 
zo  Giustiniani  allora  vescovo  Castellano,  solennemente  a' i  3  dicembre  14^2-.  in  s. 
cou)e  meglio  dirò  nel  §  XXI,  n.  4-  i^''  Sofia,  ma  fulh  il  suo  scopo  perchè  lro[»- 
colò  Vneli47'2  coronò  in  Valicano  colla  pò  lardi);  ad  onta  che  ave>se  eccitalo  i 
corona  longobardica  Federico  III  d'Au-  principi,  particolarmente  d'Italia,  a  (re- 
stria e  poi  colla  corona  imperiale, insieme  nare  il  comune  nemico,  e  mandato  a  Co- 
all'imperatrice  Eleonora  di  l'ortogallo.  slantinopoli  3o  galee,  cioè  io  a  proprie 
Colla  medesima  Federico  III  prima  di  s[)e>e,i  o  a  (pielle  d'Alfonso  I,  ei  o  de' ve- 
recarsi  a  lioma  volle  visitare  \'enezin,  neziani  (secondo  Novues  e  altri),  coman- 
levato  prima  con  gran  pompa  tli  bar-  date  da  Giacomo  Loredano,  e  per  legato 
che  dal  marchese  Corso  d'EsIe,  indi  in-  l'animoso  cardinal  Isidoro  mtenoarcive- 
coutralo  dal  doge  Foscari  nella  regale  e  scovo  di  Kiovia,  oltre  l'arcivescovo  di  Ua- 
superba  nave  del  Ikicintoro,  corteggiata  gusa.  Ma  il  Papa  non  secondato  dagli  al- 
da  immenso  altro  immero  di  barche.  l'el  tri  principi,  con  dolore  immenso  wilesee- 
Caiiid  grande,  i  cui  palazzi  erano  aiagin-  spugnata  Coslanlinupoli  da'feroci  turchi 
V'jL.  xr.ii.  '4 


2.0                    VEN  YEN 
a'aq  maggio  1  4t'3  (secou'ìr)  il  connine  tic'  t.itifo  i  veneziani  tliedero  aiuti  all'iiifcli- 
cronisii,eal(lire(lelconteGirolaino  Dan-  ce  Costantinopoli,  né  lii  adatto  menzione 
dolo  a' 28  Qiaggio),  nel  giorno  sagro  allo  delle  galee   [)onlificie,  né  di  quelle  tl'Al - 
»V/;//77o  iS'rt«/o(^A^.J,  la  cui  piocessione  dal  fonso  I.  B'Misì  conviene  che  il  Loieclano 
divin /'Vg/i»o/o  negavano  i  greci  scisinali-  si  rei^ò  alla  difesa  di  Gallipoli  colle  galee 
ci,  e  nel  sanguinoso  eccidio  vi  perì  Co-  papali  nel  1  44''*>  ^  perciò  sollu  Eugenio 
stanti  no  XII  ultimo  inijieiatoie  greco.  Il  IV.  Giunta  a  Venezia  la  notizia  della  ca- 
dolente  Pontefice,  a   iicu[)erare  Coslan-  dula  di  Coslantinopoli,  grande  vi  fu   lo 
tinopoli,  con  bolla  de' 3o  settembre  con  smanimene),  il   dolore.  La   repubblica 
fervore  invitò  lutti  i  fedeli  ad  unirsi  per  piocui atosi  un   salvacondotto,   inviò  al 
fiir  la  guerra  a'iurchi,  inculcando  instan-  sultano  l'andjasciatore  liarlolomeo  Mar- 
lemenle  a'pi  incipi  di  pacdicarsi,  massime  cello,  incaricandolo  a  persuaderlo  the  es- 
Ira  Alfonso  I,  i  veneziani,  i   fiorentini,    il  sa  coulinuavii  a  rimanere  con  lui  in    pa- 
duca  di  Milano,  e   per  le  sue   incessanti  ce,  come  lo  era  slata  col   patire  suo    A- 
cure  si  fece  la  pace  che  vado  a  dire,   i^er  nìurat  11  dopo  la  presa   di   Tessalonica, 
essai  veneziani  accettarono  la  mediazio-  inutilmente  difesa  da'veueziani,  avendo 
ne  del  loro  patriarca  Giu^tinlani,    ma   le  già  dal  medesimo  IMaomettoll  ottenuto 
trattative  andarono  a   lungo,   finché   la  neli4j>i   la  couferuia  del  trattato  conve- 
pace  si  olleniie  per  mezzodì  fr.  Simone  nnto  col   genitore;  ed   eziandio  di   sco- 
da Camerino,  dolio,  eloquente,  di  belloe  sarla  delle  galee  che  diceva   ritenute  a 
dignitoso  aspetto  (onde  poi  all'isola  di  s.  forza  dall' imperatore  Costantino  XII  a 
Cristoforo  nella  L.iguna,  donala  alla  sua  ddiesa  dì  sua  città,  di  procurare,  in  fine, 
congiegazionedi  lAIoiit'Ortoue,  perquau-  che  potessero  lilornare.   Dal   complesso 
to  dissi  nel  §  XVIII,  n.  1  7,  fu  anche  dato  delle  quali  co'.e  si  vede  che  la  repuhbli- 
il  nome  di-Ila  A?^^^,    invialo   ripetuta-  ca  ,  non  sostenuta  da' principi    crìsliani, 
mente  da   Venezia  a   Milano,  dal  l'apa,  preoccupati  a  combattersi   tra    loro,  lo- 
dai doge  e  da  altri  principi  al  duca  Slòr-  suHicieute  da  se  sola  u   far  fronte  a  tut- 
za,  col  veneziano  l'aolo  Barbo,  si  conclu-  fa  la  potenza  ottomana,  tenne  in   questa 
se  in  Lodi  a'c)  aprile  i454-  A' veneziani      guerra  una  p<;lilica  doppia  e  di  as|)elta- 
lurono  restituiti  i  luoghi  occupati,  e  si  ce-      zione,  avrebbe   voluto  salvare  Costanti- 
de  loro  Ciema,  e  di  tulle  le  sueconquisle      no|ioli  ,  ma  dacché  ciò  era   impossibile, 
soltimlo  conservando  il  duca  (ihiiuadad-      voleva  evitare  di  compromettere   inutil- 
da,  Caravaggio  e  altri  luoghi,  l'er  le  cure      niente  i  suoi    interessi   commefciali   nel 
di  Nicolò  V,  de'veneziani  e  de' fiorentini.      Levante,  e  tenersi  amico  il  sultano.  Un 
Alfonso  Ma  ratificò  a'  26  gennaio 1 4 ^'J,      fugace  sguardo  retiospeltivo  la  giuslifi- 
ed  il  Papa  la  coulermò  con  bolla  de' 25      cheià,  ampiamente  Irallandone  il   prof, 
febliiaio.  A'  3o  agosto  poi  fu  stretta  al-      Romanin.  Le  guerre  d'Europa  nella  1.^ 
leanza  fi  a  il  duca,i  fiorentini  e  i  Venezia-      metà  del  secolo  XV  avevano   favorito   i 
ni  a   comune  difesa  de'propri  stali,  con-  progressi  degli  ottomani,  per  cui  l'/^/^rt- 
Irochiuntjue   volesse   turbare  la    quiete      nia,  \n  Servi'a,  in   f^',ilatcliia,  V  Unj;ìic- 
d  Italia.  JNella  presa  di  Coslantiuo()oli    vi      i-ia,  la  TransiU'nniii ,  [a  Polonia  (F.)  ^\ 
peri  il  bailo  Girolamo  IMiuollo  e  suo  fi-      trovarono  di  continuo   esposte  alle    loro 
glio  Giorgio,  oltre  altri   veneziani;  29,  o      incessanti  coirerie.  Il  tiebole  e   con  olio 
più  come  poi  dirò,   rimasero  prigioni  e      im[>ero   di    CosI.mliuopoli   s'appiessavd 
furono  nella  pace  riscattali;   le  galee  ve-      alla  sua  finale  e. dula;  l'isole  della  Gre- 
nele  .si  salvarono,  poiché  dal  lungo,  par-      eia  e  ilell'ArLipel.igo  di  contmuo  nun-.c- 
licolareggiato  e  bellissimo  racconto  sto-      ciale,    la    serie   de'  suoi   signoii    feudali 
lieo  del  piof  Homanin  risulta,  che  sol-  marittimi,  a  gran  |'euu   lesistcvuno  agli 


VEN  Vl-.\  2.( 
assalti  musulmani  ,  e  quelle  (occale  a'  dò  II  pensiero,  m.i  p«rl;i  i^ufiTa  ili  Lom- 
iiobili  veneziani  aveano  Jillc'iitalo  il  le-  baidia  tliflicilincnle  avieLhe  pollilo  som- 
game  colla  madie  pahia  ,  né  la  repub-  ministrarli,  ed  udito  ciò  clie  foN-seio  per 
blica  poteva  pieudeine cura, profittando  fare  le  altre  potenze  italiane,  Venezia 
solamente  delle  occasioni  pei- accrescere  non  mancherebbe  della  parte  su;i,  coli- 
la propria  influenza  ,  la  quale  si  fece  cedendo  intanto  idi' impero  nitro  e  co- 
maggiure  coll'aumenlar  del  pericolo  per  razze  ,  die  brumava  ;ìCi|'.iì>1:ii  e  ;  e  poi 
parte  degli  attncclii  e  de'conquisli  de'lur-  stretta  Coslanliiiopoli  da'luichi,  gl'invio 
chi.  La  repubblica  non  sostenuta  dal-  alcune  galee,  non  potendo  far  altro  pel- 
le altre  potenze  avea  dovuto  concludere  la  guerra  lombarda,  vedendo  impossibi- 
a'4  settembie  i43o  la  pace  dAdriano-  le  di  salvar  1'  impero  senza  l'unione  di 
poli,  dopo  la  perdila  di  Tessal(jnica,  e  di  tutta  Europa,  la  quale  attendeva  a  coni- 
avei'essa  tolto  a'turcbi  il  castello  asiati-  batter  le  proprie  deplorabili  guerre,  e 
co  de'Dardanelli,  e  cos'i  as^icurò  il  com-  perciò  i  lamenti  greci  trovnrono  appunii 
niercio  e  la  navigazione,  le  lei  re  e  isole  ascolto,  e  con  una  l'alale  e  inesplicabile 
veneziane.  Quando  Zanacbio  Turcello  0-  politica  si  lasciò  ingigantire  la  baibar.'i 
ralore  di  Giovanni  VII  Paleoiogo  ven-  potenza  maomettana.  Solo  l.i  repubbU- 
ne  a  descrivere  a'veueziani  la  trista  con-  ca  non  ristava  di  scrivere  replicnlamen- 
dizione  dellUngheria  e  di  tutta  la  cri-  te  a  JNicoIò  V,  perchè  colle  -«uè  autore- 
slianitìi,  e  che  soio  dalla  repubblica  pò-  voli  parole  di  [ladre  universale  movesse 
teva  l'infelice  impero  greco  sperare  soc-  i  principi  all'unione  contro  il  nemico  del 
corso,  ridotto  uriiiai  alla  sola  c.ipilale;g!i  nome  crisliauo:  il  Papa  con  piii  di  ztlo 
f.i  lìspostu  andasse  prima  dal  re  d'Un-  rinnovò  l'esorlazioni,  ma  trovò  tulli  fred- 
gheria,  già  sempre  loro  ricusante  pace  e  di  e  facenti  vaghe  e  future  promesse.  In- 
amicizia,  e  dal  Papa,  e  che  dopo  aver  oltie  la  repubblica  scrisse  all'imperato- 
indagato  l'animo  loro  e  quanto  fossero  re,  al  re  d'Ungheria,  a  quello  d'Arago- 
per  fare,  tornasse  e  si  delibererebbe  ciò  na  e  delle  due  Sicilie,  licordando  le  pi  ov- 
tbe  fosse  opportuno  pel  bene  della  reli-  visioni  per  essa  fatte  e  che  sarebbe  di- 
gione.  Le  successive  istanze  e  sollecilazio-  sposta  a  fare;  ma  siccome  per  se  sola  non 
ni  della  repubblica  non  [)rodussero  alcun  bastava,  gli  eccitava  colle  più  vive  e^orta- 
fiolto.  Sostennero  con  vigore  le  armi  cii-  zioui  a  nou  lasciar  perire  una  tanta  cit- 
sli.ine  in  molti  incontri,  Giovanni  Unnia-  là  e  a  provvedere,  colla  salvezza  di  (pic- 
ele, naturale  di  Sigismondo,  td  eioe  del-  sta,  alla  salvezza  comuue.  M.i  Custanti- 
V  i  ngìieiia  e  vaivoda  di  Traiiùlvanid;  nopoli  non  fu  difesa  che  da  una  [liccula 
non  che  GiorgioCaslnota  dello  Scander-  flotta  composta  di  5  g.ilee  venete,  3  ge- 
berg,  allro  terrore  de'  turchi,  eroe  del-  novesi,  una  fraucese,  altra  spagnuolj  e 
r.//Aa/i/(7,  princi[)edeir£'/;;/oeregolo  di  da  alcuni  legni  minorii  cailde  a'culpi  del 
(70y<3;  eziandio  aiidjL-due  animati  e  gran-  formidabile  esercito  ottomano.  Le  terre 
demente  s<jccorsi  da' Papi,  liisfdula  da  e  gli  slati  finitimi  fecero  pace  col  sull.nio 
Maometto  11  la  compiista  di  Costantino-  pagando  li  ibulo;  restando  soU  laiepub- 
poli,  costruito  un  castello  sulUosloro,  per  blica,  e  non  potendo  sostenere  lauto  pe- 
le  susseguenti  correrie  turche  sul  di  lei  so,  dovelte  sollecitare  anch'essa  un  uc- 
terrilorio  con  guasti  e  piccoli  scontri  co'  cordo,  il  (piale  infatti  fu  dai  memoratfi 
greci,  Costantino  XII  avea  mandalosuoi  Marcello  recaio  a  termine  a*  i  8  aprile 
oiatoii  a  invocarci  soccorsideirUccitleii-  i454,  confermandosi  il  trattalo  prece- 
te, dal  l'apa  e  da  allri  princijii,  e  special-  dente  ,  con  piena  libertà  di  commercio 
mente  della  repubblica,  annuendo  a  lui-  a' veneziani  in  tulli  i  luoghi  del  sultano 
le  le  sue  anteriori  domande;  essa  ne  lo-  per  mare  e  per  lerra  .  e  cosi   i   sudditi 


2  12  VEN 

tlel  suIU'Uio  nelle  tene  veneziane.  Nel 
Irall.'tlo  imono  compìesi  il  duca  di  N.is- 
so  e  gli  alhi  nobili  veneti  possessori  del- 
l'isole, l'aglieiehbe  la  repubblica  i  soliti 
)36  ducati  per  Dalsa,  Scutari  e  Alesàio, 
Clio  per  Mepanlo.  Continuerebbe  il  pa- 
triarca di  Costantinopoli  a  goder  l'en- 
trale che  avea  in  lutti  i  luoghi  della  si- 
gnoria di  Venezia  a'ieinpi  degl'iaipera- 
tori  (dissi  più  sopra,  che  si  recò  poi  a  Ve- 
nezia e  vi  ferff)ò  la  sua  residenza,  eser- 
citando la  sua  gituisdizione  sui  Ialini  di 
Costantinopoli  a  mezzo  d'  un  vicario  in 
sognilo  insignito  della  dignità  vescovile; 
passò  più  tardi  in  Roma  ,  ed  occupata 
Candia  da'turchi  ne  perde  le  rendite,  e 
rimase  patriarca  in  parLihits).  La  repub- 
blica e  il  sultano  non  darebbero  aiuto  a' 
loro  nemici,  ed  i  veneziani  continuereb- 
bero a  mandare  a  Costantinopoli  il  pro- 
prio console  col  nome  di  bailo  ,  con  fa- 
coltà di  governare  i  suoi  nazionali.  Que- 
sta fu  pace  dettata  dalla  sola  necessità, 
come  dimostrò  il  senato  al  cardinal  le- 
gato {forse  Domenico  Capranica,  cheb- 
))e  parte  nella  pace  di  Lodi,  fu  a  Vene- 
zia e  trattò  pure  la  repressione  della  bal- 
danza de'lurthi,  come  si  legge  nel  Cata- 
lani ,  De  \'ìta  et  scriplis  Domiìiici  Ca- 
pranicae  Cardiiuilis,a  p.  loi  e  seg.), 
mandalo  da  Nicolò  V  a  Venezia  a  de- 
plorarla, sia  per  liberare4o  nobili  e  buon 
nunicrodi  cittadini  restati  prigionieri, sia 
per  liberare  dall'ira  nemica  tanti  luoghi 
di  Grecia  e  Levante,  perduti  i  quali  la 
ferocia  ottomana  senza  dubbio  sarebbe 
passata  ad  assalir  1'  Italia,  con  massimo 
pericolo  del  nome  cristiano,  e  per  coni- 
porre  le  cose  in  modo  che  il  superbo 
conquistatore  non  passasse  più  oltre.  Es- 
sere necessario  che  il  l*apa  pacificasse  i 
principi  cristiani  e  gli  unisse  tutti  in  for- 
te lega  contro  il  comune  nemico,  ed  al- 
lora i  veneziani  non  mancherebbero  del- 
l' opera  loro  e  pronti  a  vantaggio  della 
icligione  cristiana.  Accettò  la  repubbli- 
ca sotto  la  sua  protezione  l'isole  di  Sciro, 
Schialo  e  Scopulo;  giuslificandosene  col 


VEN 
sultano.  I  genovesi  ebbero  altresì  ampli 
privilegi,econservarono  per  qualche  tem- 
po ancora  un  vivo  commercio  nel  mar 
Nero  pel  possesso  di  Caifa.  La  su[)rema- 
zia  veneziana  invece  in  que'mari  cessò  e 
ne  derivò  grande  scemamento  alla  pro- 
sperità nazionale.  La  perdita  quindi  di 
Costantinopoli  si  fece  sentire  a  principio 
più  dolorosamente  che  altrove  a  Vene- 
zia, ma  anche  il  resto  d'Europa  non  tar- 
dò ad  accorgersi  di  sua  inavvedutezza  nel 
non  soccorrere  a  tempo  il  greco  impero; 
grave  errore  e  colpa,  che  non  tardò  d'es- 
serne punita,  come  osserva  il  eh.  Roma- 
nin  nella  sua  Sloriadocuinenlatadi  P  e- 
ni'zia.  Il  conte  Girolamo  Dandolo  fa  pre- 
cedere i  suoi  studi  storici  sulla  Caduta 
della  repubblica  diFenezia,  da  un  sun- 
to storico  della  caduta  di  Costantino- 
poli in  potere  de'  turchi,  quindi  dice.  II 
giorno  della  caduta  di  Costantinopoli, 
ultimo  avanzo  dell'impero,  e  della  mor- 
ie di  Costantino  XII  segna  l'epoca  veia 
da  cui  prese  a  scadere  la  potenza  de've- 
neziani.  Fincliè,  decrepito  e  vacillante 
sussisteva  il  fantasma  del  greco  iujpero, 
la  repubblica,  ormai  libera  da  ogni  an- 
gustia per  parle^di  Genova  antica  sua 
emula,  poteva  tenersi,  quasi,  in  maggior 
sicurtà  per  le  molle  sue  possessioni  d'O- 
riente, e  pel  suo  ricco  commercio  in  que' 
mali,  allora  il  maggiore  del  mondo,  che 
per  le  nuove  provincie  da  ultimo  aggiun- 
te a'  suoi  dominii  d'  Italia,  specialmente 
sotto  il  principato  glorioso  dell'illustre, 
eppure  infelicissimo  Francesco  Foscari. 
Arroge  quanto  eloquentemente  soggiun- 
ge il  prof  Romanin.  Dallo  strepilo  del- 
l'armi, dal  tuonar  de'cannoni,  d;dla  stra- 
ge de'  po[)oli,  ci  richiama  un  fatto  do- 
mestico ,  di  grave  importanza  ;  uno  di 
que'falti  che  per  la  natura  loro  patetica 
e  per  la  tragica  catastrofe,  da  cui  non  so- 
no disgiunti,  mirabilmente  si  confainio 
coil'iiumaginazione  poetica  e  romanze- 
sca, la  (piale  non  lasciò  di  pi olìttarne, al- 
terando la  verità,  creando  narrazioni  che, 
tranne  i  nomi  de'  personaggi,  poco  più 


VEN  VEN  2i3 
liinnoili  storico.  Il  veneto  Francesco ÌM."  picrrCisxìma^  la  quale  perchè  reggevasi  a 
Piave,  autore  ilei  libro;  I  due  Fosca  ri  patrizi,  osteggiava  le  democrazie  sempre 
(ragcdia  lirica, posla  in  nuinca  dal  inae-  tumultuanti,  e  preda  e  mancipio  de'de- 
stro  Giuseppe  f^e.rdì pel  (eatro  di  Tor-  magoghi,  die  diconsi  popolo,  e  intanto 
ìe  Argenùna,  l'autunno  del  iSi{^,Roma  opprimono  e  popolo  e  grandi,  e  virtù  e 
tipografia  Ajani,  confessa  d'aver  dovuto  maestà,  e  religione  e  giustizia!  "  Nel  1441 
dar  passo  ad  alcune  licenre  che  si  ponno  si  celebrarono  le  nozze  di  Jacopo,  (jnico 
scorgervi  facilmente,  perciò  sperare  in-  superstite  de'  4  figli  maschi  del  doge  Fo- 
dulgenzn  dal  culto  lettore  (nell'istesso  an-  scari,  con  Lucrezia  di  Leonardo  Conta- 
no abbiamo  di  un  milanese  :  La  fami-  rini,  e  grandi  furono  le  feste  di  straordi- 
glia  de'  Foicariy  dramma  storico  di  naria  e  regale  magnificenza,  e  ad  uno 
Giacinto  Battaggia,  Milano  i844-i^^<^  de'lornei  prese  parte  un  Francesco  Sfor- 
diè  contezza  Stanislao  Gatti  nel  Sag-  za.  Era  Jacopo  giovane  colto,  distinto 
giatore  Romano,  t.  3,  p.  206  e  me-  grecista,  chiarissimo  pure  nelle  lettere 
glie  ancora  a  p.  3  io).  Tuttavia  =e  me-  latine,  raccoglitore  di  mss.,  amore  e  con- 
no male  se  silFatte  alterazioni  solo  nelle  forto  del  padre  suo,  amalissimo  sposo, 
poesie  e  ne' romanzi  si  leggessero;  ma  gloria  della  patria,  speranza  della  repub- 
vari  storici  altresì,  per  inscienza  delle  si-  blica,  magnanimo  e  valoroso;  ma  ilimen- 
cure  fonti,  o  seguendo  popolari  tradizio-  te  piuttosto  leggera,  amatore  de*  piaceri 
ni,  qua'  racconti  accettarono  a  sempie  della  gioventù  edel  largo  spendere.  Tre 
maggiore  scapito  del  vero.  Laonde  il  pa-  anni  erano  passati  del  suo  matrimonio, 
trio  e  sincero  storico  pose  ogni  cura  nel-  quando  cominciò  quella  lunga  serie  di 
lo  studiare  di  proposito  le  miserande  vi-  sciagure  che  amareggiar  doveano  quin- 
cende  di  Jacopo  Foscari  e  la  deposizio-  d'innanzi  senza  posa  la  vita  sua  e  del 
ne  del  doge  Francesco  suo  padre,  al  giù-  vecchio  padre.  Ripetutamente  nel  riferi- 
sto  scopo  di  potere  colla  scorta  de'docu-  recoU'iUustre  prof  Romanin  le  Promis- 
meiiti,  come  in  tutta  la  sua  storia  prò-  sioni  ducali  ,  dichiaiai  le  severissime  e 
cede,  mettere  possibilmente  in  luce  una  spesso  rinnovate  leggi  proibitive  con  ri- 
parte .sì  iiileressaiite  e  commovente  del-  gore  al  doge  e  a  tutti  di  sua  famiglia 
la  veneziana  storia,  e  sceverarla  dal  ro-  d'accettar  doni  da  chiunque  e  sotto  qua! 
manzo.  Ben  a  ragione  egli  piima  prote-  si  fosìe  pretesto.  Jacopo  quindi  fu  accu- 
sta,  che  già  avea  compiuto  i  suoi  studi  sato  d'averne  ricevuto  da  parecchi  citta- 
sui  Foscari,  quando  fu  pubblicato  il  se-  dini  e  da  alti  personaggi  per  far  loro  ot- 
guente  opuscolo,  in  cui  vi  riconosce  au-  tenere  per  broglio  benetìzi  e  grazie,  il 
toi  evolmente  confutate  l' inesattezze  de-  consiglio  de'Dieci  trovò  la  cosa  di  molla 
gli  storici  antichi  e  moderni  su  questo  importanza, e  a'17  febbraioi445  comin- 
grave  argomento.  /  due  Foscari.  Ale-  ciato  a  procedetesi  fece  aggiungere  io 
r/ioriestorico  critiche  di  Francesco  Ber-  nobili,  imponendo  alto  segreto.  iVondi- 
Lun'cneziano,  Torino  18^2.  .Alerilò  che  meno  pare  che  Jacopo  penetrasse  (pianto 
ne  ragionasse  con  lodi  la  Ci\'illà  Caltoli-  contro  di  lui  si  agitava,  perche  quando 
<v.',  T./  serie,  t.  5,  4>  ^^Q-  "  Così  il  Rer-  nel  dì  seguente  fu  ordinato  il  suo  arre- 
lan,  ila  pio  figlinolo  e  da  leal  cittadino,  sto,  non  fu  più  trovato,  velocemente  e 
senz'animo  di  pute  difende  la  patria  as-  con  molto  oro  essendo  evaso  a  Trieste. 
Salila  di  continuo  dalle  calimuie  di  mol-  Importando  assai  ch'ei  non  fuggisse  iu 
ti  storici  che  la  disfavoriscono,  e  dalle  terra  stramera,  a' K)  si  decretò  fosse  pie- 
l'osche  immaginazioni  de' poeti  ,  che  di  so  ovunque  si  trovasse.  Nello  stesso  gior- 
cotesle  calunnie  fanno  arnie  per  mette-  no  fu  latta  provvisione,  che  onde  ciascu- 
le  in  abburrimeulo  una  repubblica  su-  uu  potesse  parlare  liberamente  secondo 


2i4  VEN  VEN 
coscienza,  né  il  doge  né  i  parenli  suoi  Dieci.  Tulio  fu  inutile;  ed  il  consiglio  a' 
iiotessero  intentale  per  l'avvenire  alcu-  7  aprile,  confermata  la  stia  sentenza, 
ria  azione,  né  es'ìer  giudice  a  danno  di  confiscò  i  beni  di  Jacopo  e  proil/i  l' in- 
nlcuiiodegli  alliinli  membri  del  consiglio,  leicedere  grazia  a  suo  favore.  Per  aver 
e  che  ogni  qua!  volta  si  trattasse  delle  il  consiglio  proceduto  senza  la  consueta 
cose  conceinenli  Jacopo  Foscari,  il  doge  energia,  per  suo  decoro  nel  i  44^  ^^  "^" 
r  i  suoi  parenti  (ossero  espulsi;  e  tutto-  minala  una  giunta  a  provvedere,  senz'ai- 
ciò  secondo  la  legge  antichissima  già  di-  lerare  la  pronunziala  sentenza.  Passare- 
scoisa.  Dopo  rpiesto,  ognuno  giudichi  no  5  mesi  senza  che  Jacopo  si  partisse 
qiial  ie(]e  meritino  le  romantiche  descri-  dj  Trieste,  tiattenulo  da  grave  itifertui- 
zinni  di  Darti,  (ialibei  t  e  Laugier.  Qnin-  tà,  ed  il  consiglio  nella  sua  erpiità  e  mo- 
di fiilse  le  loro  as'^er/ioni  che  il  doge  derazioue  riconobbe  validoTimpedimen- 
presiedè  al  giudizio  del  figlio,  e  che  que-  lo.  Anzi  fu  così  indulgente,  che  a'28  no- 
sli  dalla  sua  bocca  udì  la  propria  con-  vembre  commutò  il  confinamento  in  Tre- 
daiina.  Laonde,  con  lagione  ammonisce  viso  e  nel  Trevigiano  con  facoltà  d'abita- 
il  prof.  Romnnin:  Della  storia  di  Vene-  re  in  campagna.  Colà  infallisi  recò  Jaco- 
zia  si  è  fallo  abbtsianza  romanzo  e  sa-  pò,  né  alcun  mutamento  portò  a  tale 
lebbc  ora  di  (inii  li  !  Cominciò  quindi  il  deliber.izione  la  scoperta  poi  fatta  nel 
processo  in  contumacia,  per  non  essersi  i447  d'ima  cassa  conlenente  10^0  du- 
preseiitalo  Jacopo,  e  per  la  realtà  della  cali  e  argenterie,  mandali  dal  conte  Fran- 
colpa  ne  uscì  sentenza  che  fosse  da  una  cesco  Sforza,  per  confessione  del  Simonet- 
galea  preso  in  ^J'riesle  e  rilegato  a  Na-  ta  ;  anzi  a*i3  settembre  il  doge  presentò 
poli  di  UouKii)iit,coii  obbligo  di  preseli-  al  consiglio  comrnoveiitissima  supplica, 
tarsi  ogni  giorno  a  quel  rettore,  oltre  al-  licordando  la  sua  vecchiaia  infelicissima, 
Ire  prescrizioni  ;  e  se  ricusasse  partire  tormenlata  dal  pensiero  di  non  poter  fa- 
colla  galea,  dovesse  considerarsi  qual  fug-  re  quanto  dovea  e  bramava  per  la  re- 
gitivo  e  come  tale  arrestato  ovunque  e  pitibblica,  aggravato  da  incomportabili 
condotto  a  Venezia  si  decapitasse  tra  le  alfanni,  preci()uau!ente  dal  trovarsi  pii- 
due  colonne.  Si  procede  poi  contro  il  iW  vo  dell'unico  (ìglio  riiuaslogli  ,  il  quale 
lui  servo  tedesco  Gaspaie  partecipe  del-  colla  moglie  ,  i  figli  e  domestici  ,  erano 
le  niangierie,  e  fu  condannato  a  due  an-  tutti  aHIitli  da  pericolose  febbri  a  Rie- 
ni  d'esilio.  Si  destituì  il  capitano  dei  por-  sire;  implorando  infine  il  ritoiuo  iu  pa- 
lo Oliviero  albanese,  per  aver  fiivorito  Iria  all'infelice  figlio.  Il  consiglio,  lutto 
la  fuga  di  Jacopo,  statuendosi  che  tale  ponderato,  l'esauilì.  Passarono  circa  3 
nfdzio  dovesse  csercilarsi  d'allora  in  poi  anni,  e  senza  conoscersi  qiml  contegno 
da  un  originario  veneziano.  Allro  servo  Jacopo  iu  ipiel  tempo  tenesse,  nuova  e 
tedesco  conqìlice  fu  espulso  dal  servigio  l'alale  sciagura  venne  a  colpirlo.  Sembrò 
del  «loge,  così  un  terzo  famigliare.  La  pesare  un  tremendo  destino  sulla  casa 
dogaressa  domandò  di  poter  abbracciare  Foscari,  e  quel  principe  il  cui  nosne  suo- 
l'amalo  figlio  da  Trieste  prima  di  sua  nava  famoso  in  tutta  Europa  ed  altrove, 
]>uilen7.a  ;  e  da'  nuovi  capi  del  consiglio  era  condannalo  a  menar  vita  d'amarezza 
le  fu  negalo.  IMa  Jacopo  non  ubbidiva  nel  proprio'palazzo  !  A'5  novendjre  1  4^'© 
di  pjirliie  coll'inviala  nave  ;  per  cui  il  lirmolao  o  Almorò  Donato,  illustre  per 
consiglio  eccitò  il  doge  d'usare  l'autorità  nascila  e  per  magistiature,  stalo  uno  de' 
paterna  e  di  principe  per  indurre  il  fi-  3  capi  de'Dieci  nella  i.''  condanna  di  Ja- 
glio  a  sottomettersi,  e  a  non  perseverare  copo,  venne  ucciso  nell'uscire  dal  palazzo 
nello  scandaloso  esempio  di  resistenza  al  ducale.  Nel  dì  seguente  si  raccolse  il  con- 
legolarc  procedimeulo  del  consiglio   de'  sigilo,  per  la  gravità  del  fatto  domandò 


V  E  N  V  EN                     2i> 

ìa  sdlita  ag^'mnla,  poi  ordinò  dilii^enlis-  sconti,  di  cui  ben  si  conoscevano  le  arti, 
sinie  ricciclie  e  promise  pieiuii  a  chi  piiiUoslo  c.lie  sul  donjp,  il  rpjale  mai  aveii 
scoprisse  il  colpevole.  Profondo  mistero  dato  segno  di  cnideltn.  Niun  indizio  e- 
copriva  il  delillo.  ad  onta  delle  minnle  sislendo  ne'docmuenti  di  tal  accusa  con- 
indagini,  finché  a'2  geniiaioi  4?'  fu  por-  tro  i  Foscari,  non  può  darsi  credilo  al 
fata  una  denunzia  sotloscriltfi  da  Anlonio  narrato  di  qualche  cronista,  che  Jacopo 
Venier  per  cupidigia  della  taglia,  come  figlio  di  Pietro  Loredan  dopo  la  morte 
inutilmente  avvertì  il  cfinsigliere  Luca  di  questi  scrisse  in  un  suo  libro  di  ne- 
da  Lezze,  onde  sospendere  la  procedura;  gozio  quelle  due  morti  a  debito  del  do- 
quindi  improvvisauiente  seguì  to-ito  la  gè,  e  ottenuta  che  n'ebbe  vendetta  ,  ag- 
caltura  di  Jacopo  Foscari,  confermando  giungesse  di  contro  le  parole:  L'ha  pn- 
i  sospetti  su  di  lui  1'  accennata  magi>;tra«  fritti.  O  come  altri  vogliono,  alla  morte 
tura  dì  Er(nolao  e  certi  segui  di  mal  a-  del  doge  segnò  di  contro  alla  partita  :  / 
nimo  tra  loro,  ed  anclie  per  averne  Oli-  Foscari  a  lui  flebilon  di  tlue  {•ite,  le  pa- 
viero  Sguri  seivo  del  Foscari,  nel  tlì  se-  role:  F  Foscari  mi  }iar,nn  pagalo. ÌL  Ud' 
guente  dell'assassinio  per  tempissimo  tociò,  aggiungono, peichè  Jacopo  erede- 
parlato  a  Mestre,  anzi  nella  sera  in  cui  va  la  voce  sparsa  d' esser  morti  il  fratel- 
fu  commesso  aver  giralo  per  la  piazza  lo  e  il  padre  di  veleno,  onde  lo  scolpì 
di  s.  Marco.  Tulli  indizi  e  fondamenti  sulle  loro  tombe,  e  ritenerne  autori  i  Fo- 
deboli  e  fuor  di  ragione,  che  a  quanto  scari.  Ma  se  Jacopo  avesse  veramente 
si  narra,  erano  però  f.illi  valere  ilalla  fa-  creduto  il  tioge  reo  di  quelle  morti,  os- 
luiglia  Loredan  nemica  de*  Foscari,  [)ei'  serva  il  prof.  Uomanin,  perchè  non  pro- 
le cause  che  vado  a  imlicare.  l'ietro  Lo-  muoverne  il  processo,  perchè  non  farne 
redau  ammiraglio  e  capitano  generale,  cenno  allorché  tanto  si  adoperò,  come  si 
competitore  del  doge  F'»«cari  nell'elezio-  pretende,  per  la  sua  destituzione?  Laon- 
iie,comegi;i  narrai, era  illustre  per  lecose  de  non  può  ammettere,  se  non  con  mol- 
opeiale  in  Levante,  pei  aver  frenato  la  lo  riserbo,  che  le  sciagme  di  casa  Foscari 
plebiglia  terribilmente  insorta  in  Vene-  fossero  opera  dell'odio  de'Loredani.  Un 
zia  per  eccesso  di  gioia  olla  voce  sparsa  tribunale  allo  scopo  di  scoprire  un  de- 
del  riacquisto  di  Brescia,  per  aver  riordi-  litto  deve  ad  ogni  modo  farsi  coscienza 
nato  l'araiata  del  Po  contro  il  Visconti  di  tutti  gì' indizi  e  cercare  di  seguirne  le 
e  poi  con  valore  combattuto.  Anche  nel-  tracce  fino  all'ultimo.  Quindi  arrestato 
la  bella  e  maschia  elorptenza  egli  ilispii-  nello  stesso  giorno  della  denunzia  Jaco- 
lava  la  palma  al  doge  Foscari,  il  (juale  pò  Foscari,  come  dissi,  fu  mandalo  tosto 
ne  sentiva  non  poco  dispeilo,  ma  dissi-  a  interrogare  Andrea  Donato  fiatello  del- 
mulando.  A  tultociò  aggiungasi,  che  pe'  l'ucciso,  per  sapeie  da  lui  se  mai  avesse 
soprusi  in  Legnago  di  Andrea  Trevisan  udito  parole  o  conoscesse  fatti  che  avva- 
genero  del  doge.  Marco  Loredan,  fiatel-  lorar  potessero  il  sospetto  contro  Fo- 
lodi  Pietro,  verificatili  lo  condusse  a  Ve-  scari,  tanto  più  che  Ermolao  era  spirato 
nezia  ove  fu  severamenie  punito.  Ma  es-  il  7  novembre  ,  dichiaraiub;  perdonare 
eendo  poco  dopo  morto  IMarco,  fu  sup.  l'incognito  uccisore.  A'c).(3  marzo  termi- 
posto  di  veleno.  Ed  era  avveiuito  ali  re-  nato  il  processo  e  lisultando,  come  si  e- 
sì,  che  Pietro  malcontento  della  condi-  sprime  la  sentenza:»  per  le  leslimoniau- 
zione  della  sua  attuata,  nel  1  438  avendo  ze  e  le  scritture,  essere  Jacopo  Foscari 
doiuandato  tornare  a  Venezia  perchè  in-  veramente  colpevole  dell'uccisione  d'Er- 
fermo  ,  poco  dopo  vi  morì  egualmente  molao  Donalo,  sebbene,  a  cagione  della 
con  sospetto  di  veleno;  sospetto  che  do-  debolezza  del  corpo  suo  e  di  alcune  pi- 
vea  pili  r;igiouevuluiciite  cadere  sul  Vi-  role  d'incanto  (cioè  sì  volle  attril)uii-e  a 


3i6  VEN 

falUiccliieiia  la  sua  lesisleiiza)  da  lui    n- 
sate,  non  siasi  potuto  ollencre  dalla  sua 
l>occa  quella  verità  che  usuila  dalle  sud- 
dette sciiiture  e  teslinioniaiize,  solo  inor- 
moraiido  tia'deiili  sotto  i  torineuti  della 
KOI  da,  parole  nou  iiilelligdjili".  Mancan- 
dosi della  confessione  e  della  piena  evi- 
denza,  venivasi  a  condannarlo  al  confi- 
namento alla  Canea  nell'isola  di  Candia, 
di  clima  eccellente  con  frequenza  d'abi- 
tatori industriosi,  ove  poteva  menar  vi- 
ta comoda;  nja  lungi  dalla  patria,  dalla 
moglie,  da'figli,  da' genitori  vecchi,  da' 
parenti  e  amici.   JN'eU'  imbarazzo  in   cui 
Irovavasi  il  consiglio,  prese  quel  parlilo, 
lìnchè  il  tempo  avesse  recalo   maggiori 
schiarimenti.  Fu  esortalo  il  doge  alla  pa- 
zienza, Inaudito  il  servo   Oliviero  (dopo 
aver  sostenuto  ben  80  squassi   di  corda 
e  negato  la  colpa  di  cui  era   accusato   il 
signor  suo,  come  trovo  negli  Annali  Ur- 
l/i/ni  del  JMutinelli,  che  non  poco  ragio- 
na di  Jacopo  slbrlniialo,  che  a  fronte  ile' 
dolori  del  tornienlo  soslemie    la  propria 
innocenza),  assegnati  200  ducati  l'anno 
all'accusatore  Venier  e  suoi  figli,  olire  il 
porto   delle  armi  con    altri   s-noi   fidati. 
L'animo  però  leggero   e   intollerante  ili 
Jacop(;  non  poteva  so[)portaie  qiiell'  esi- 
lio e   venne  a  disperala  risolnzione.   E 
(pii  i  cronisti  e  storici  accunudarono  lan- 
le  inesattezze,  che  de'  loro  racconti  for- 
marono un  vero  romanzo,  accresciuto  da- 
gli >tranieri  eda  alcuni  model  ni,  [)erecci- 
lar  a  favor  suo  la  più  viva  compassione, 
e  tulio  rabborrimento  contro  i    giudici. 
INon  Uieritano  riferirsi,     risultando  tot- 
l'altro  da'dcjcumenli,  nondimeno  solo  ac- 
cennerò. Non  potendo  Jacopo  più  viver*; 
senza   rivedere  l'amata  [)alria,  scrisse  al 
«luca  di  Milano  a  farsegli  intercessore  pres- 
so la  signoria:  il  foglio  cadde    in    mano 
«le'lJieci,  onde  Jacopo   ricondotto  a   Ve- 
nezia confessò  d'avere  scritto  la  lettera, 
ina  pel  solo  desiderio  di  rivedere  la  pa- 
tria, n  costo  anche  (ìi  ritornajvi    prigio- 
ne ;  e  non  polendo  litornaie  a   Venezia 
per  vivere  iu  essa  libero,  volle   almeno 


VEN 
cercar  in  essa  il  supplizio.  Ma  ecco  quan- 
to narra  il  prof.   Komanin.   iVel   giugno 
i^'jG  il  lettore  della  Canea  istruì  il  con- 
siglio de'Dieci,  che  Jacopo  inviò  letlere 
ali  imperatore  de'turchi  perchè  mandas- 
se una  galea  a  levarlo  da  quelle  strettez- 
ze e  [)ene  dell'esilio;  ed  anche  a  France- 
sco I   duca  di  Milano,  il  quale  era  allo- 
ra in  pace  colla  repubblica  ,  da   poterne 
derivare  nuovi  scandali  e  disordini.  Par- 
te del  consiglio  o[iinava    incaricare  il  go- 
vernatore di  fargli  una  severa  riprensio- 
ne, e  che  pensasse  a  vivere  modestaineu- 
te;  ma  invece  fu  vinto  il   partilo   di  far 
venire  immediatamente  lo  slesso  Fosca» 
ri  a  Venezia   co'suoi  servi   e  qualuncpae 
scrittura  trovata  in  sua  casa. Giunse  l'in- 
felice a'21  luglio,  e  nou  trovandosi  cen- 
no di  tortura  inflittagli,  pare  clt'egli  con- 
fessisse  il  lutto  spontaneanienle  ,  e  già 
0*24  liallavasi  della  condanna.   Cinque 
consiglieri,  fVa'(juali  Lorenzo  Loredano, 
e  5  altri  proposero  rimandarlo  alla  Ca- 
nea, previa  buona  ammonizione,  cui  ag- 
giungeva un   anno   di   carcere   Zaccaria 
Valaresso.  Ma  Jacopo  Loredano  ,  figlio 
di  Pietro  e  nipote  di  Marco, defunti  sun- 
nominati, uno  de' capi  del  consiglio  de' 
Dieci  ,  appoggiandosi  a  quanto  erasi   a- 
vutu  dalle  lettere,  scritliire  e  deposizio- 
ni di   lauta  importanza  all'onore  e  allo 
stato  della  repubblica,  metteva  innan/.i  : 
la  morie  per  decnpilazioiie  Ira   le  due 
colonne!  Ogni  pioposta  fu  messa  a'suf- 
f'ragi,  secondo  il  solito;  la  piìi  mite  n'eb- 
be 2,  la  più  cruda  7,  vinse  con  22  qiicd- 
la  del  rinvio  alla  Canea  con  un  anno  di 
carcere,  coir  ammonizione  ,  che  se   più 
scrivesse  a'principi,  in  quella  prigione  fi- 
nirebbe la  vita.  Gli  fu  concesso  nello  stes- 
so 24  luglio  e  fino  che  stasse  nella  Tor- 
ricella,  allendendo  il  momento  per  parti- 
re per  la  Canea,  di  poler  rivedere  la  sua 
famiglia,  che  ivi  andò  a  visitarlo.  L'ulti- 
mo commiato  fu  una  di  quelle  scene  del 
piti  sublime  genere  tragico,  di  alfcilo  e 
di  grandezza  ;  ma    sliaziunte   j)er   le  la- 
grime, i   singulti,  gli  ultimi   abbraccia- 


V  E  N  V  E  N                    2  r  7 
melili    clic  f  accompngnarono.    Il  fìgliij  di  Catone,  piulloslo  clie  un  neruico  per- 
pregò  11  padre  pel  suo  liloiiio,  e  (piuslo  sonale  del  Foscari).  Rispose  il  Foscari, 
til' iiigiiiii5e  ubiiidienzn  e  ra^'^egnazioiie.  fia  le  alti  e  cose,  non  volersi  decidere  ne 
Pallilo  Jacopo  [ler  la  Canea,  non  lasciò  al  s'i   né  al  no,  ma  conservare  la  propria 
il  dcige  d'iuloperaisi  in  suo  favore,  ed  al-  libertà.  Vei  le  quali  ullre  cose,  si  liaimo 
Ili  si  maneggiavano  a  ottenergli  grazia,  cerio  ad  iiileiidere  le  proprie  giuslilica- 
(jnondo  giunse  notizia  che  a' i  2  gennaio  zioui  e  il  richiamo  a  quelle  leggi  che   la 
1457  lo  sventurato  era  morto  in  carce-  de[)osizioiie  d'un  doge  facevano  dipen- 
re  di  cordoglio,  lasciando  il  figlio  Nicolò  dcre  da'suffiagi  de'cousiglieri  colla  mag- 
edue  figlie.  X  tanto  colpo  non  [loteiido  gior    parte   del  gran  consiglio.    Riferita 
resistere  il  vecchio  doge;  aggravalo   dal  nel  di  seguente  la  risposta,  sorsero  varie 
dolore   e   dal  male  ,  si    lro\ò   inqiotente  opinioni,  e  prevalse  la  già  decretata,  cioè 
d'attendere  alle  cose  delio  slato.  Il  con-  che  dipendeva  dal  loro  consiglio  la  desti- 
sigliOj  essendo  uno  de'capi  Jacopo  Loie-  lozioiio  del  doge,  dover  egli  rinunziare, 
daii,  considerando  i  gravi  inconvenienti  e  nel  termine  d'8  giorni  uscire  di  palaz- 
che  ne  derivavano  dall'incapacità  a  cui  zo,  col  detto  assegno  a    vita,  e  pena  di 
era  lidollo  il  doge,  a  provvedervi  cliia-  confisca  di  lutti   i  suoi  beni  se  liriulasse 
niò  l'aggiunla  di  25  nobili,  e  fu  una  u-  ubbidiie.  L' iiitiniazione   fu   fitta   nella 
surpazione   di    potere   del  consiglio   de'  iiialliiia   appresso  20  ollobrei  4  jy,  e  il 
Dieci,  che  altre  volle  ancora  si    permise,  vecchio  Foscari  dovette  ubbitlue,  e  fu 
poiché  dovevasi  procedere  co'6  consiglia-  deposto;  trattogli  quindi  l'anello  ducale 
li  del  doge  e  il  maggior  consiglio.  A"  2  i  di  dito  fu  spezzato  alla  [irescnza  de' cou- 
otlobre  i  capi  preseiilarono  una  proposi-  siglieri  e  de'capi,  gli  furono  levali  il  ber- 
zioiie  mista  d'acerbezza    e  di  blandizie,  retto  duoyleeil  fregio  d'oro  di  testa,  ed 
colla  quale  dimoslrandosi  griucoiivenien-  egli  protnise  duscire  di  pala7zo  e  di  re- 
li  gravi  che  derivavano  per  tenersi  il  do-  siiluirsi  alle  case  sue  a  s.  Panlaleone.  Nel 
gè  lontano  dal  governo,  l'inabilità  a  cui  dì  seguente  24  ottobre  parli  dal  palazzo, 
era  giunto  per  l'età  decrepila,  s'invitas-  volendo  scender  la  scala  per  la  quale  a- 
se  per  la  sua  grande  carità   verso  la  pa-  scese  al  tlogado.  «  Cosi   il  vecchio  doge 
liia  a  rinunziare  sponlaneaiiiente  ,   col-  in  età  d'84  anni,  dopo  laute    licende  di 
l'avvilitivo  assegnamento  annuo  di  1  5oo  letizia    e  tli  dolori,  con   disinvoltura  de- 
(o  2000)  ducali  d'oro.  Dover  dare  la  ri-  poneva   quell'autorità  che  avea  per  04 
sposta  nel   d"i  seguente  all'ora   di    3."  Si  anni  sostenuto  con  tanto  splendore,  seen- 
ucarono  dunque  i  consiglieri  ducali  e  i  deva  in  silenzio,  solo  da' parenti   e  fami- 
capi  del  consiglio  al  doge  e  riferirono  la  gliari  ficcompagnato  ,   per  quella   scala 
deliberazione  de'Dieci.  Fu  incaricato  Ja-  per  la  quale  era  tante  volle  entrato  in  pa- 
copo  Loredan,  siccome  il   pili  eloquente  lazzo, corteggiato,  celebralo, ciulo  di  taii- 
e  che  molto  accomodamente  parlava,  il  la  gloria^  lieto   di   sì  belle  speranze,  alle 
quale  esposta  ch'ebbe  la  sua  missione,  in-  quali  invece  erano  succedute  le  più  acer- 
col|tandone  la  sola  vecchiezza  e  infermi-  be  amarezze  nella  vita  privata,  l'umilia- 
lu  del  tioge,  la  sua  passata  vita  aver  ono-  zione  immeritata  nella  pubblica  1  "  Però 
rato  la  patria,   e  [ìoi   gli  chiese  perdono  l,i  città,  e  alcuni  nobili  speciahiieiitespar- 
(Dice  il  [)rof  Romaniii,  cpieslo  conforto  e  laiono  con  isdegno  dui  fatto  ,  dicendosi 
ipjesto  |)arlare  non  combina    punto  coila  che  poco  più   restandogli   di  vita,  si   do- 
vendetta    della  morte  del    pache  e    del  vea  lasciarlo  finire  in  dogado;  ma  il  con- 
zio  e  con  quel  famoso  registro:  l'ha  pa-  sigilo  de'Dieci  ordinò  il  più  assoluto  si- 
iiatu.  Egli  inclina  a  credere  il  Loredano  lenzio,  sotto  pena  di  morte.  Nel   medeii- 
liu  riguioòu  ObSti  valor  delle  leggi,  sul  far      luu  gioì  no  si  adunò  il   maggior  consigao 


2i8  V  E  N  V  E  IV 
per  provfpdere  all'elezione  del  doge  fu-  decessore;  1^  signoria,  i  piagnitori  fune- 
turo,  ed  il  governo  venne  inlerinalinen-  lui,  tulio  il  cleio,  tulle  le  scuole.  Sia- 
te trasferito  ne'consiglieri  e  capi  de'Qua-  vano  intorno  .d  corposo  gentiluomini 
ranta.  Il  consiglio  de'Dieci  non  osò  spin-  colle  vesti  di  scrulntlo,  e  la  barn  era  por- 
gere piìi  olire  il  suo  potere.  Atizi  fu  pò-  tain  da'principnli  marinari  sotto  un  om- 
.sto  freno  fiIl'aI)uso  di  potere  de'  capi  de'  hrello  di  panno  d'oro  con  solenne  pompji 
Dieci,  e  decretato  non  doversi  il  consiglio  e  grandissimo  numero  di  ceri  per  tullu 
piìi  ingerire  in  futuro  di  rpianlo  si  rife-  la  Meiceria  lino  alla  chiesi  «le'Frari,  ove 
riva  alla  Promissione  ducale,  eccetto  il  recitò  l'oraziuue  funebre  Bernardo  <jiu- 
caso  di  fellonia.  I!  imovo  doge  fu  eletto  sliniani  (<lalla  quale  si  trae  clie  il  doge 
a'3o  ottobre  verso  le  ore  1 5  e  mezzo,  e  solo  dopo  molti  lentalivi  di  pace  e  a 
Francesco  Foscaii  mot  1  il  i ."  u»veu>bre  malincuore  s'indusse  finalmente  alla 
nella  1."  ora  del  giorno,  il  che  smenlisoe  guerra  contro  il  Visoonii),  e  depDsto  in 
l'altra  favola,  rimarca  il  prof,  Pujmaniu,  magnifico  monumento.  11  cav.  Mulinelli 
die  il  doge  morisse  di  crepacuore  all'  u-  altacnente  l'encomia,  massinse  la  sua  for- 
dir  suonar  le  campane  a  festa  per  la  no-  za  d'animo  nel  mandare  a  perpetuo  esi- 
mina  del  nuovo  principe.  Per  altro  pò-  lio  il  (iglio,  la  sua  straordinaiia  iinper- 
trebbesi  conciliare  tale  discrepanza,  col  lui  babilità  di  spirito  nel  rintmziare  ai 
dire:  morì  mentre  si  festeggiava  l' elezio-  ducalo,  con  interessanti  parlicularilà,  e 
ne  del  successore,  oppresso  da  uìaggior  riporta  re[)ilalIlo  sepolcrale  col  mauso- 
cordoglio,  come  seud)ra  dire  Paolo  Mo-  ieo  innalzatogli  dalla  famiglia,  il  suo 
rosini,  Ilislorìa  di  ì' cnelia,^.  5^ì>.  Se  principato  è  per  gli  avvenimenti  tanto  e- 
anzi  si  consitlei  a  elle  tra  l'ora  della  elezio-  sterni  elie  interni,  uno  de' più  tnefnora» 
ne  del  successole,  e  rpiella  della  morte  bili  nella  storia  veneziana,  il  perchè  e 
del  Foscari,  non  corsero  che  circa  4oote;  per  la  ilolorosa  avventura  domestica  ,  e 
e  che  il  snmio  delle  campane  per  l'elei-  pel  traditore  Carmagnola,  fui  più  pro- 
to non  potè  non  piombare  sul  cuore  di  lissoin  proporzionede'cenui  su  quelli  de- 
quel principe  sventurato;  tulio  avvalora  gli  altri  dogi,  il  prof.  Piomanin  conclude 
e  l'autoiitcà  del  Morosini  e  quella  della  le  sue  importanti  considerazioni  sul  lem- 
■\'oce  pid)blica.  Questa  notizia  saputa  da'  pò  del  dogado  Foscari,  con  queste  paro- 
consiglieri  ins.  Miuco, si  guar<larono  l'un  le.  »  Così  la  gloi'ia  militare,  gli  acquisti 
J'allro  muti:  il  limoiso  d'avergli  accur-  di  teriitorio,  le  feste,  le  magiiilicenze  che 
ciata  la  vita  forse  pesava  sulla  loro  ani-  formano  la  parte  luminosa  del  principa- 
ina.  Gli  furono  decretate  solenni  esequie  lo  di  Francesco  Foscari,  bastavano  ap- 
a  spe*e  pubbliche  ,  renitente  la  moglie  pena  a  coprire  i  mali  interni  onde  la  re- 
Marina  Nani,  che  disse  quello  essere  va-  pubblica  cominciava  ad  essere  afllitta  e 
no  e  tardo  compenso  a'dolori  recatigli  :  che  inevilabibneiite  dovevano  segiiire  al- 
saprebbeelladegnamenteonorarlo,qoan-  le  nuove  coudizioni  in  cui  essa  era  en- 
do  avesse  pure  a  vendere  parte  tli  sua  Irata".  Quest'ultime  espressioni  alludono 
dote.  11  giovedì  3  novembre  fu  portalo  alle  conseguenze  de'danni  derivali  dalla 
il  corpo  del  defunto  doge  nella  sala  de*  perdita  di  Costantinopoli  ,  alla  diminu- 
fiignori  di  notte,  col  berretto  ducale  in  zione  delia  stima  delle  case,  allo  scadi- 
capo,  Cogli  sproni  d'oro  a'piedi  eia  spa-  mentode'viglielli  de'prestili, all'industria 
da  a  lato, e  colla  toga,  giusta  quanto  pra-  degradata,  alla  rovina  de'  mestieri  ,  allo 
ticavasi  nella  morte  de' dogi.  Accompa-  scemamento  della  popolazione,  alla  (ni- 
gnavano  il  feretro  Io  stesso  nuovo  iloge  norazione  d'  introiti,  all'  esausto  erario, 
iu  semplice  veste  senatoria,  poiché  1'  in-  Ma  ninna  parola  trovo  sull'innocenza  di 
segue  ducali  ornavano  ancoia  il  suo  [ire-  Jacopo  Foscari  uell'uccisione  di   Ermo- 


V  F  N  V  E  N                    2 1 9 

lao  Donalo,  che  diversi  sloiici  alTermano  i  pnrenli  ili  casa  Foscaii  :  la  tortura  poi 
essersene  palesalo  autore  il  nobile  vene-  era  in  tulli  i  tribunali  d'Europa;  e  seb- 
to  Nicolò  ErÌ7.zo  prima  di  n>orire,  con-  bene  ne'docuraeuli  del  processo  Foscnri 
fessione  che  volle  si  piibblicas>e  a  djscol-  vi  siano  registrati  i  più  minuti  particola- 
pa  dello  sventurato  Jacopo,  liè  nianc.t-  ri,  non  è  detto  verbo  uè  dell'essersi  di- 
ne quelli  che  asseriscono,  aver   1'  Enzzo  laniato  il  Foscari  (fra'lormenti  della  tor- 
ronfessato  il  suo  delitto  mentre  Jacopo  tiu'a),  né  che  il  padre  il  visitasse  in  letto 
subiva   perciò  la   condanna  alla  Canea,  quasi  moriente,  ma  sì  in  un  andito  dei- 
onde  reclamò  contro  l'ingiustizia.  ÌMa  il  le  carceri  ,  segno  aperto  che  il   giovane 
Veludo  biografo  del  doge,  dice  questo  camminava,  e  potè  accogliere  i  parenti, 
morto '•  senza  aver  almeno  il  conforto  di  Queste  sono  le  difese  che  il  Cerlan  alle* 
Tedere  sco[)erla  l'innocenza  del  tìglio,  se  ga  pel  consiglio  de'  Dieci,  e  v'  aggiunge 
a  consolar  tm  padre  de'suoi   dolori   può  ch'egli  non  è  lecito  W  detrarre  ingiusla- 
mai   giovine   un'innocenza   irreparabil-  weiitc  a  morii,  e  massime  a  nostri  nior- 
mente  punita". Leggo  nel  cav.  iMutinelii.  //.  Della  deposizione  poi  del  vecchio  do- 
li doge  Foscari  morì  nel  di  seguente  do-  gè   Francesco  Foscari,  padre  di  Jacopo, 
pò  l'elezione  del  successore.  »  Foco  dopo  dice  che  la  decrepitezza  non  dava  diril- 
il  vero  autore  dell'assassinio  di  Ermolao  lo  alcuno  al  consiglio  de'Dieci  di  deporre 
Donalo  scoprivasi  in  Nicolò  Erizzo;  ma  il  principe  della  repubblica   (noteiò  col 
Jacopo  F'oscari  morto  giù  era  in  prigio-  Romanin,  che  nel  i544'olevasi  proporre 
ne,  ma  il  doge   Foscari,  parimenti   più  la  destituzione  del  doge  Laudo  per  infer- 
non  vivendo,  aver  non  potea  la   conso-  mità  ,  con   assegno    vitalizio  di    ducati 
lazione  di  vedere  almen  cancellata  la  in-  2,000,  e  in  morte  funerale  da  principe, 
famia   del   figlio.    Appagato  così    l'odio  ma  non  se  ne  fece  nulla),  e   narra   che 
de'Dieci  verso  i  Fo^cal•i,  maggiormente  codesto  abuso  di  loro  autorità  fu  cagio- 
compiulo  essere  non  poteva  il  trionfo  lo-  ne,  che  il  gran  consiglio  di  stato  toglies- 
ro".  Dice  la  Ci^'iltà  Catto  lice,  che  il  Ber-  se  d'allora  innanzi  a  quello  de'Dieci  ogni 
lan  da  storico   severo  e  senza   spirito  di  balia  sopra  il  doge".  Nel  dogado  del  Fo- 
parle,  rovi>lane!o  negli  archivi  gli  antichi  scari  si  edificò  la  paite  del  tlucale  palaz- 
documenti,  trovò  sulla  pietosa  storia.»  i .°  zo  dal  cantonale  ov'è  scolpita    la    lìgura 
Che  il  giovane  Jacopo  Foscari  verauieu-  di  Venezia,  fino  alla   porta  della  Carla, 
te  avea  trattali  segreti  col  duca  di  IMila-  di  cui  parlai  nel  §  il,  n.i,  o  voi.  XC,  p. 
no,  il  quale  era  sempre  in   guerra  colla  224;  si  compì  la  sala  del  maggior  consi- 
repubblica    di    Venezia  ,  e  fu    vinto   dal  glio;  s'intonacò  tutta  la  facciata  del   pa- 
doge  suopadrc.2.°Cheil  giovane  Foscari,  lazzo  a  quadri  di  marmi  rossi  e  bianchi; 
se  non  fu  confesso,  fu  convinto  d'aver  a-  si  eresse  una  loggia  a   Rialto,  presso   il 
Tuto  mano  nell'omicidio  d'Almoiò   Do-  ponte  sul  Canale;  nuove  strade  si   apri- 
nato.  3.°  Che  il  Foscari  dalla  Canea  non  rono  ivi  e  altrove,  ed  altri  pnbhlici  lavo- 
iscriveva  fintamente  al  duca  di  Milano,  ri.  La  presa  di  Costantinopoli  e  delle  al- 
ma che  scrisse  persino  al  gran   sultano  tre  parli  del  greco  impero,  fatta  da'  tur- 
de'turchi ,  acciocché  mandasse  galee  ar-  chi ,  cacciava  miseramente  a    vagare   iit 
mate  a  levarlo  di  furto  dalia  Canea;  de-  terre  straniere  gran  numero  di  profughi, 
lini  capitali  tulli    tre  giunta   U;   leggi   di  e  tra  questi  principalmente   coloro  che 
Venezia,  Non  è  vero   nulla   che   il    vcc-  sei  bar  volevano  il  sagro  tesoro  delle  let- 
eh  io  padre  fosse  presente  a' processi  ,  e  tere,  e  che  trovarono  asilo,  prolezione, 
mollo  meno  alle  torture:  poiché  anzi  giù-  benevolenza  io  Venezia  ,   come   pure  in 
ravaiio  i  consiglieri  di  guardare  il  piìi  al-  Firenze,  Roma  e  in  altre  parti  d'  Italia, 
to  segreto,  uè  erano  ammessi  al  giudizio  e  vi  riaccesero  l'amore  per  le  Lettere  bel- 


220                    V  li  N  VE  X 

le,  eli  che  riparlai  nel  voi.  LXIX,  p.  Oiii.  la  2;ucii'o  di  !\Iorea,  non  consentiva  alle- 
La  più  ricca  fonte  del  sapere  fiori  allora  f>iez2e  e  baldorie  che  fossero  di  peso  al- 
tra'^eneziani  patrizi, così  nel  secoioXVI,  l'angustiato  erario.  Imperocché,  tenendo 
i  quali  con  grande  amore  attendevano  il  duuiinio  del  Peloponneso  i  Paleolo£;hi 
agli  studi  e  raccuUero  distinte  libreiie,  fratelli  dell'idtinio  imperatore,  cioè  De- 
thecelebrai  nel  §  XV,  n.  i.  Ptileva  il  prof,  raelrio  a  Spaila  e  Tommaso  a  Patrasso, 
l'iouianui,  che  nel  secolo  XV  non  eravi  anziché  unirsi  in  perfetto  accordo  con- 
ramo dell'umano  sapere  che  non  fosse  tro  il  comune  nemico  ,  si  odiavano  tra 
splendidamente  coltivato  in  Veneziajnia  loro  mortalmente,  e  in  guerra  co'ribel- 
aggiuiige,  che  le  lettere  erano  in  essa  co-  lati  albanesi,  olTrivano  facile  occasione  a 
me  il  governo,  aristocratiche,  cioèoccu-  Maometto  II  di  conquistare  i  propri  do* 
pazione  speciale  de'nobdi;  né  quesl'anio-  tninii,  coiue  avea  fatto  d'A'cne  avanza»- 
re  de'patrizi  agli  studi  venne  ne[>pur  me-  dosi  nella  G/rcm,  ed  esegui  poi  l'occu- 
no  ne'lem[)i  calan)itosicheseguuono,aii-  pazione  di  tutto  il  Peloponneso.  Ancor 
zi  più  di  splendore  acquistò  nel  X\  I  vivente  il  doge  Foscari  nel  i455  al  de- 
secolo, finito  Nicolò  V  era  successo  l'8  aprile  nel 
20.  Pasquale  Malipìero  LXT'I  do-  pontificato  Calisto  111  ,  il  quale  avendo 
gè.  A'3o  ottobre  14^7  fu  eletto  doge  do-  latto  volo  giurato  da  cardinale  di  fir 
pò  le  orci  5,  ancor  vivente  il  predecesso-  guerra  alla  T^/'f/^a, tosto  fnru)ata  meglio 
le,  da'qtiarantuiio,  ed  assunse  il  ducatela  V\Marìna  iniUlare.ponlifìcia,  eccitò  tutti 
ore  22.  Uice  il  eh.  Casoni  suo  biografo:  i  principi  cristiani  ad  unirsi  con  crocia- 
Era  procuratore  di  s.  Marco  ,  ed  avea  ti  per  la  comune  salvezza.  La  repubbli- 
quasi  72  anni, di  bellissimo  aspetto,  d'in-  ci  e  il  doge  Foscari,  secondo  l'uso,  avea- 
sinuanii  maniere,  le  (juali  prerogative  sa-  no  mandato  a  Calisto  ili  per  amljascia- 
peva  adopiare  in  destro  modo,  piinci-  tori  d'ubbidienza  Pasquale  Mdipiero, 
palmeute  col  bel  sesso,  cui  era  stato  mol-  Triadano  Grilli,  Jacopo  Loredano  e  Lui- 
Io  proclive;  a  tali  vantaggi  della  perso-  gi  Foscarini.  Ed  il  Papa  inviò  a  Vene- 
na  non  corrispondevai7o  però  in  lui  le  zia  il  celebre  legato  cardinal  Giovanni 
fucollà  dello  spuilo,  poiché,  tranne  som-  Carvajal  diacono  di  s.  Angelo,  per  invi- 
ino  amore  per  la  giustizia,  qualità  es'^en-  tare  i  veneziani  alla  crociata,  e' poi  pas- 
ziale  per  chi  échiauiato  a  presiedere  gli  saie  per  lo  slesso  fine  anche  in  Coemia 
altri,  lo  si  conosceva  in  tuli' altro  d'mge-  e  Polonia.  Nel  fine  del  (4  76  giunse  a  Ve- 
glio mediocre.  Fu  sua  prima  funzione,  nezia  l'oratore  de'regni  Scandinavi  di  Da- 
e  forse  fu  l'unico  caso,  accompagnare  al-  nimarca  e  Norvegia,  dichiarando  di  vo- 
la tomba  r  ottimo  antecessore  ,  vittima  ler  concorrere  alla  crociata  promulgata 
miseranda  di  privato  raggiro  e  d'iiisi-  dal  Papa  con  denaro  da  depositarsi  alla 
slente  persecuzione,  dichiara  l'encomiato  repubblica  per  armare  galere  con  sopra- 
scrittore.  Le  solenmlìi  e  le  splendide  fé-  cornili  veneziani,  e  insieme  si  conlrasse- 
sle  date  in  piazza  a  s.  Marco,  in  occa-  ro  rapporti  nazionali.  Di  sua  flotta  pon- 
sioiie  all'innalzamento  del  ÌNIalipiero, an-  lificia,  il  Papa  afiìdò  il  comando  al  car- 
ziché  dimostrazioni  della  pubblica  esul-  dinal  Scaraoipo  Mezzarota  patriarca  di 
lanza,  furono  piiilloslo  un  prudente  ri-  Aquileia,  il  quale  fece  molti  daiuii  a'tur- 
piego  a  dislrarre  il  pojxdo  dal  ricordalo  clii  e  alcune  precarie  conquiste.  Uinno- 
con.:itaineiilo  lisenlilo  [ler  la  falla  iu-  vaudo  Calisto  III  anche  col  nuovo  doge 
giustizia,  e  per  rinalltósa  deposizione  del  Malipiero  e  col  senato  Tinvito  ad  unirsi 
venerando  l'oscari,  giacché  la  condizione  iu  lega  contro  i  turchi,  a  mezzo  d'un 
degli  accennali  tempi,  aggiuntovi  il  tur-  nunzio  apostolico  mandato  a  Venezia,  fu- 
baminlo  per  gli  apparali  e  sviluppo  del-  rouo  spediti  a  lìotna  per  trattarla  Orsalo 


VEN  YEN                    211 
Ciusliniani  e  Lvjigi    Fcscarini;  ma   per  ve  ciré  nel  i  4^0  o^<ì'\ì  neirnnno  «egueiile 
la  inorila  eli  Calisto  ili, nvveiiula  nel  i4)8  £;li  fu  so^lilu:to   il  siicMeiro  Jacopo  Zeno 
a"6  agosto,  il  negozio  non  si  polè  ridiiire  vescovo  di  Belluno  e  Feltre,  alle  cui  se- 
a  conclusione,  li  zelante  Ponlefjce  bensì  ili  a' 26  marzo  di  tale  anno  fu  iinminnto 
el>be    la  consolazione  ili   aver   veduto  i  il  padovano  Francesco  Legname),  e  re>tt> 
vantaggi  oltenuii    sui   lurdii   da'  celebri  quindi  profugo  e  tapino  il  fratello.    Fi- 
Scandeiberg  e  Uiiniade,  il  quale   assisti-  naUnente  aderì  alla  rinunzia,  e  dopo  un 
lo  da' consigli  del  cardinal  Carvajrtl  e  dal  altro  anno  di   trattative,   ottennero  en- 
zelo  di  s.  Giovanni  da  Ciipistrano,  ripor-  traudii  rioi[dorato  perdono,  l'io  li,  se- 
tò  strepitosa  vittoria,  e  tale,  secondo  il  guendo  1'  esempio  del   predecessore  ,   si 
]Vovaes(ciò  narrando  nella  Storia  di Ca-  propose  una  crociata  contro  gli  olloma- 
lislo  ///j,  che  Maometto  II  avrebbe  per-  ni,  a  tale  effetto  invitando  i  principi  cri- 
duto  r  imj)ero  di  Costantinopoli   e  non  stiani,  specialmente  d' Italia,  come  fece 
avrebbe  conquistato  quello  di  Trebison-  co'veneziani  medianle_breve,  al  congres- 
da,  se  i  principi  cristiani   avessero  secon-  so  o  concilio  die  andava  nel  1  4 'Q  '"  P^i"- 
dato  le  sante  pontificie  intenzioni.  Do|)o  sona  ad  aprire  a  ilJdntova  {^■).  La   'e- 
1  2  giorni  di  sede  vacante  gli  successe  Pio  pubblica  si  scusò  dal  far  atto  alcuno  d'o- 
li, già  vescovo  di  Trieste  e  nunzio  per  la  stilila  contro  i  turchi,  avanti  che  tulli  i 
pace  d'Italia.  Il  Casoni  parla  d'una  pre-  principi  della  cristianità  si  .fossero  accor- 
tensione  di  preminenza  insorta  tra  la  giù-  dati;  dappoiché  ad  onta  del  trattato  con- 
risdizione  ecclesiastica  e  i  diritti  del  priu-  eluso  con  ÌNlaometto  II,  per  diversi  moti- 
cipe,  de' quali   la   republilica  fu   in   ogni  vi  e  prepotenze  de'turchi,  erano  succe- 
tempo  fermissima  soslenilrice,  la   quale  duli  continui  semi  di  disaccordo  tra  es- 
poco   mancò   non    turbasse  la  concordia  si,  e  la  repubblica  dovea  desiderare  che 
tra  essa  e  il  nuovo  l'apa.  Piacconta  per-  una  grande  unione  si  flicesse  a  loro  dnn- 
tantOjchePio    II  nel  1 4 j8  fece  vescovo  no  per  accedervi,  ma   colla  guarentigia 
di  Padova  (il  Ca[)pelltHi   «lice   nel  i4"9  ^'^lle    forze    comuni.   Tuttavia   spedì  al 
perchè  il  vescovo   Fantino  Dandolo   era  concilio  Orsato  Giustiniani  e  Alvise  Fo- 
moitoa'17  fcblìiaio  ditale  anno,  onde  scarini,  come  vuole  il  prof  Romanin.  In- 
restò  vacante  la  sede)  il  pattizio  veneto  vece  racconta  il  Casoni,  che  a  Mantova 
cardinal  Pietro  Barbo,  poi  Paolo  11.  Se  si  mandarono   arabascialori  ser  Matteo 
ne  adontò  il  senato,  che  a  quel  vescova-  Vitluii  e  ser  Lione  Viaro,  con  ordine  e- 
to  avea  già    tieito  Jacopo   Zeno,   attuai  spresso  di  non  salutare  il  cardiiiallJarbo, 
vescovo  di  Feltre  (e  di  Belluno).  S'intimò  né  con  lui  in  modo  alcuno  parlare  (dura- 
ai  Barbo   di  linunziare,  ma  questi  (d'alti  vano  ancora  le  vei  lenze);  al  qual  precel- 
spirili  ed  eslimatore  di  sua  dignitìi),  mo-  lo  avendo  essi  disubbidito,  incorsero  nel 
slrandosialieno  dall'ubbidire,  vennepie-  pubblico  anatema  (sic):  vennero  miro- 
sa  in  senato  una  robusta  e  risoluta  misu-  messi  e  dichiarati  incolpaci  di   mai   più 
ra,  e  fu  di  spedire  a  Boma  il  suo  fratello  sostenere  il  carico  di  oratori   presso  al- 
ser  Paolo    Baibo  cavaliere  gravissimo  di  cnn  altro  principe.  Tale  eia   il   sislema 
slato,  inculcandogli  che  ?e    non  riusciva  d'allora,  cui  si  esigeva  egualmente  soggel- 
a  condurre  al  dovere  di  suddito  (su  que-  la  la  volontà  del  più  umile  come  del  piti 
sta  proposizione   io  (pii    non   mi   fermo,  elevato  de'cittadim;  eppure  i  contempo- 
riportandomi  a  quanto  in  argomento  ho  ranci  dissero  clic  ftc  piccola  coiich'iinn- 
detto  alti  ove)  il  Cardinale  (/  .),  sareb-  gionc!  Malgrado  le  .sollecitudini   pcrso- 
lie  dalla  patria  sbandilo,  e  così  fu  ,   che  nali  nel  congresso  di   Pio  II,  il  risultato 
jiiemoviBile    Pietro,  persislè  vari   anni  non  fu  che  di  promesse ,  che  per  allora 
nella  negativa  (però  l'ab.  Cappelletti  seri-  non  ebbero  effetto  per  la  gr.erra  ch'era- 


122  V  E  N  V  E  N 
si  riaccesa  n<;I  regno  di  Napoli  a  favore  le  Iodi  in  ss.  Gio.  e  Paolo  ser  Antonio 
dugii  Angioini,  olhe  altre.  Conquistata  D.mdolo,  ed  ivi  ebbe  tomba  in  niagnifi- 
ia  Morea,  il  despota  Tommaso  l'aleolo-  co  monumento  fatto  elevare  per  cura  de' 
go  speritneniò  in  Ronia  la  generosità  di  suoi  amorosi  congiunti, all'allodella  mu- 
Pioll,  il  (jualc  intesa  roccu[)a7.ione  del-  riiglia  presso  la  sagrestia,  ove  tuttora  si 
J'inìpero  di  Tribisouda,  nel  14G1  si  acce-  vede,  ma  nell'isi:ri/jone  l'anno  della  mor- 
se di  nuovo  ardore  per  frenare  l'oltra-  te  è  sbagliato  leggendosi  1461,  e  perciò 
cotanza  maomettana  ,  eccitalo  anco  da'  alcuni  scrittori  errarono  nel  riportarla, 
veneziani,  che  a  tale  effetto  si  rivolsero  II  prof.  RomawMì,  Storia  docuiiicnUila, 
pure  al  re  d'  Ungheria  pel  crescente  pe-  t.  6,  p.  ^2  1,  dichiara  che  la  moglie  del 
ricolo  d'Europa,  11  Papa  inviò  a  Venezia  doge  Malipiero  fu  coronata  dogaressa, 
per  suo  legato  il  celebre  cardinal  Bessa-  Il  cronisla  Sanudo,  accurato  contempo- 
rione  per  liattare  della  crociata  ,  della  ranco,  nulla  ne  scrive.  Veramente  sor- 
cjuale  legazione  parla  Luigi  Bandini  nel  prende,  come  il  Malipiero,  surrogato 
Commentai  ìus  et  ì-ebus  gtstis  Dessario-  nel  dogado  al  Foscari  deposto,  abbia 
ìiìs  Cardìiinlìs  Nicacni,  Piomae  l'J'JJ-  potuto  procurare  la  coronazione  della 
13enchè  la  pace  non  del  tutto  indorasse  moglie,  dopo  un  (alto  non  a  tulli  pia- 
li breve  [>eiiodo  del  dogado  di  !\lalipieio  cinto;  azione  allora  non  corrispunden- 
(tuttavolta  osserva  l'.7//er//  verificarle  te  alla  politica  veneziana.  Nella  Prouìis- 
^^«/('j  che  il  suo  ritratto  di[)into  nella  sa-  sione  ducale,  tolto  già  ogni  avanzo  di 
la  del  maggior  consiglio,  lo  si  vede  lene-  governo  deirjocralico,  più  non  esisteu- 
re  una  caria  in  mano  su  cui  è  scritto:  ;l/e  do  la  cosa,  se  ne  volle  togliere  perfi- 
Diicc  Pax  Patriae  data  sitnt  et  lem-  no  il  nome.  Si  statuì,  che  alla  tleno- 
paia  fausta),  [)U{  e  in  esso  vennero  co-  minazione  di  Co/nit/ie  fenetiitriun  ^  s\ 
niinciale  o  condotte  a  compimento  alcu-  surrogasse  «piella  di  Domininni  o  Siano- 
ne opere  eililizie,  che  ancor  sussistono  /'/<?, comincialo  (Ino  da  alcuni  anui  prima 
a  decoro  di  Venezia.  Fu  compiuta  la  a  introdursi  in  (paalche  atto,  e  che  allora 
polla  grande  del  palazzo,  cominciato  divenne  di  regola  slabile.  Così  era  rag- 
l'ingiandimento  del  portico  di  s.  Marco,  giunta  alfine  quella  mela  a  cui  la  classe 
escavalo  il  canal  Orfano,  tietla  la  gran  patrizia  avea  sempre  miralo,  con  opera 
porta  dell'Arsenale,  magnifico  e  sorpren-  lenta,  perseverante,  assennata,  lu  tal 
dente  lavoro,  avuto  iiguardo  all'epoca,  modo,  con  abolire  la  voce  di  Comune,  %\ 
Anco  le  lettere  vi  Uovarono  la  solita  o-  dimostrò  pienamente  eapertamenle, che 
spitalilà,  e  Giorgio  Trapesunzio  presentò  il  popolo  non  avea  più  parte  alcuna  nei 
al  doge  il  libro  di  Platune,  De  Icgibits,  governo. — Cristoforo  Moro  LXf'^IIdo- 
per  lui  tradollo  dal  greco  in  latino,  e  gc.  Il  suo  ducalo,  cominciato  a'  12  mag- 
u'ebbe  pubblica  cattedra  d'umanità,  col-  gio  1462  e  duralo  9  anni  e  mezzo  circa, 
Io  stipendio  allora  ragguardevole  di  t5a  illustrato  da  molli  palrii  avvenimenti, 
ducali.  A  minorare  i  progressi  della  pe-  merita  un  preciso  ragguaglio,  dice  il  suo 
sle,  che  imperversava  nel  1459  o  1460,  biografo  Casoni  ,  benché  questo  doge, 
fu  istituito  il  magistrato  di  3  scelti  palri-  lolalmente  alieno  dalle  cose  di  guerra, e 
zi,  savi  o  conservatori  sopra  la  sanità,  a'  per  pacifica  indole,  e  per  negali  ve  di  cor- 
quali  si  accoidaronograndi  ed  estesissime  pò,  non  abbia  [ler  sua  parte  contribuito 
attribuzioni.  Dopo  4  anni  e  G  mesi  circa  ad  accrescere  la  fama  della  repubblica,  e 
di  ducato,  suonò  l'ultima  ora  per  questo  la  rinomanza  de'  tempi  ne'  quali  viveva. 
doge,  a  5  maggio  146?,;  ed  assisterono  Già  originario  di  Candia,  Cristoforo  al- 
all'ese^piie  i  sunnominati  Tommaso  Pa-  l'epoca  in  cui  venne  innalzato  al  trono 
leologo  e  cardinal  Bcssarione,  iliccudone  era  [uocuralore  di  s.  Mai  co  (e  stato  am- 


V  E  N  V  E  N                   223 

I)a<:rintore  ili  li  orna  a  Mcolò  V):  piccolo  di  ad  iiiiiic  i  loio  bfoizi  conilo  i  tunJii, 
di  statura  e  segiialatueiile  guercio,  mau-  anziché  concludere  la  pace  con  essi;  non 
cava  di  dignitosa  pieseiiza,  il  perchè  era  the  si  presidiò  la  vicina  Terraferma  con- 
mal  veduto  dal  popolo,  che  tenevalo  in  Irò  gli  attentali  dell'  orile  otlointine.  E 
conto  d'ipocrita,  vendicativo,  do[tpio  ed  per  tiare  buon  esempio  alla  cristianità, 
iivaro  ,  sebbene  molte  particolarità  di  la  ie[)uljblica  prestando  orecchio  ali  e- 
Mia  vita  lo  [lalcsino  invece  insigne  bene-  sorlazioni  di  Pio  II  venne  ad  accordo  co 
r.itlore,  uiunidcentissinio  verso  iclaustia-  Irieslini,  co'quali  erano  in  grave  rottura, 
li,  amico  ed  estimatore  profondo  di  fr.  anche  per  inter[)OSÌzioiie  del  re  di  Uoe- 
Bernardino  da  Sieuii  poi  canonizzato  per  mia,  dell'arciduca  d'Austria  Aiberlo,  the 
santo,  di  cui  è  lama  abbiagli  predelta  la  ne  avea  preso  la  protezione,  e  dell'impe- 
ilncea,  fin  da  quando  predicava  in  Vene-  ralore  Federico  111. Questi  ripassando pi-r 
zia. onde  gli  eressemagnifica  cappella  in  s.  Venezia  fu  nuovamente  festeggialo,  («i- 
Giobbe  e  lo  fece  annoverare  tra'pioletto-  rolamo  Valaresso  capitano  de  fanti,  con 
ri  della  titlà,  come  notai  nel  n.  47  dtl  §  sordido  maneggio  tentò  ili  dare  in  mano 
X.  Sotto  questo  dogado  e  nel  i463  si  de'lurchi  la  città  di  Corinto:  scoperta  a 
attribuisce  1'  introduzione  tlegli  ebrei  in  tempo  la  sua  fellonia,  venne  condotto  in 
Vene7ia,  de'quali  parlai  nel  §  XI V,  n.  5,  ferri  a  Venezia  insieme  a  Bartolomeo 
e  doviò  riparlarne,  perchè  tenessero  pe-  RJemmo  ed  a  Lorenzo  Baffo,  e  jier  or- 
gni.  La  gueira  della  repubblica  eoi  lui  co  dine  de'Dieci  a'aS  novembre  i  463  fililo 
arde\a  allora  in  Moiea  e  dniò  i6  anni  :  con  quelli  appiccare  alle  colonne  rosse 
un'enorme  muraglia,  lunga  6  miglia,  the  del  nuovo  palazzo  diunlc,  le  quali  tut- 
distendevasisii  due  mari  Con  doppio  fosso  forasi  vedono  sopra  l'esterna  galleria. 
e  munita  dii36  alle  torri,  venne  innal-  Sulle  colonne  rosse,  per  Io  studio  e  pe 
zata  da'  veneziani  nel  i463  a  barricare  confronti  fatti  dal  Casoni  sull'opera  ili 
l'Istmo  di  Corinto  tra' mari  Jonio  ed  E-  accreditalo  cronista  ,  egli  ritiene  fra  le 
geo;  ma  i  più  generosi  sf'oizi  di  fermez-  allre  particolarità,  che  da' limoli  tempi 
za  e  valore  non  ebbero  favor  di  forlu-  si  volle  contrassegnare  con  particolar  di- 
na, il  provveditore  Jacopo  Barbarigo  stintivo  di  due  colonne  rosse  un  sito 
preso  da'luichi,fu  crudelmente  impala-  della  galleria  esterna  del  palazzo  duca- 
to. JNegrcpoiite  cadde  in  p(jlere  del  ne-  le,  destinato  all'esecuziijne  delle  senteu- 
niico,  il  quale  vi  comudse  (pielle  atroci  ze  capitali  de'rei  di  non  volgar  grado  o 
ciudellà  e  bai  balie  the  df[)lorai  nelTar-  patrizi  ;  che  le  colonne  rosse  delle  Ixil- 
litolo  Ttr.f  IMA,  the  ii[;»-tosi  rannoda  con  conale  del  palazzo,  alle  quali  nel  i3;).> 
questo  utile  g:iei  re  to'turthi,  narrando  fiiionr>  impiccati  [>eicongiura,cou  ispran- 
nella  perdila  di  ÌN'egroponte,  tlie  poi  de-  ghealla  bocca,  FilippoCalendario  e  l'am- 
scriveiò,  la  tragica  uiorte  tiel  comandan-  miraglio  dell'arsenale  Bertucci  Israele, 
le  Paolo  Elizzo  e  dell'infelice  sua  figlia,  probabilmente  esistevano  nell'antiLhissi- 
ina  il  piof.  R<>manin  dicethenoneiaam-  ma  ala  del  vecchio  palazzo,  biiigo  la 
moglialo.  Allora  si  conclusero  trattati  Piazzetta,  rifabbricata  sotto  il  doge  Fo- 
ci' alleanza  ,  massime  col  re  d'  Ungheria  scari,  cioè  in  non  m(dla  diversa  situazio- 
]\Iallia  Corvino,  pei'  muovere  contempo-  ne  dell'atluali,  piutlostothè  nella  loggia 
raiua;renle  lagnerra  a  iMaometloll,  per  sotto  la  sala  del  maggior  consiglio,  edi- 
dislrame  le  forze  per  mare  e  per  terra,  ficaia  dallo  stesso  Calendario  (meglio  dal 
indi  si  eccitò  il  Papa  a  nuovi  proponi-  Baseggio,  in  unione  del  Calendario,  co- 
nienti di  lega  [)er  uiu<j\ere  i  principi  me  ilimoslrò  il  eh.  Zanolto  con  documeii- 
cristiani  ad  un  armamenlo  generale,  e  ti,  nell'opera  del  A////r-o  r/«(Y//('^,clie  in 
indulti:  i  cavalieri  i;ciosoliiiiitani  di  Uo-  causu  alle  laute  succedute  demolizioni  e 


97,4                   V  E  N  YEN 
liriliIjiicliOj  non  snrehlié  strana  cosa   il  ^e  pochi  giorni  dopo  filila  la  proposizio- 
suppone  1'  odierne  colonne  ro.iie  essere  ne  di  p;u lire  ej^li  slesso  per  la  crociala, 
forse  idenlicameiile  le  prime  e  le  più  an-  se  n'era  pentito,  e  presentatosi  al  collegio 
lidie,  trnsportale  d;i  un  luogo  all'jdlro,  (componevasi  di^l  doge,  de'suoi  6  consi- 
nin  sempre  sulla  linea  ilclla  Piazzetta,  e  filieii,  de'cfipi  della  cptaranlia  crioainale, 
riilotle  iinifurini  per  fin  pai  le  della  uno-  di  6  savi  grandi,  di  5  della  Terrafern^a, 
va  serie,  continuata  lungo  la  slessa  Fiaz-  di  5  agli  ordini;   avea  il  maneggio  delle 
zelta,  sul  tipo  del  Calendario  medesimo,  cose  segrete  e  preparava  le  proposizioni 
dopo  il  I  423;  ammesso  il  qiial  principio,  al  senato),  cercava  scusarsene  addiicendo 
conclude  il  Casoni  ,  è  lecito  congettura-  la  sua  veccliiaia   e  la  mal   ferma   salute, 
re  die  franiezzo  ad   esse  e  sulla   halau-  non   conoscer   l'arte  della   guerra.    Ciò 
sfrata  che  l'unisce  siasi  mostrato  al    pò-  spiacrpie  molto  a' consiglieri  ,  e  Veltor 
polo  il  ferro   grondante  del   sangue  del  Cappello  capitano  navale,  levatosi  disse 
doge  traditore  Falier  a' 17  aprile  i355.  con  repuhhlicana  franchezza:  Screnissi' 
1  turchi  occuparono  ancora  la  Bosnia,  la  nio  Prìncipe ,  se  la  Serenila  vostra  no 
Moldavia,  la  Valacchia,  Leslìoe  altre  ter-  vorà  andar  co  le  bone,  la  faremo  au- 
re. Cristoforo  benché  in  avanzatissima  olà  dar  per  forza,  perche'  gavenio  pili  caro 
porlo  sul  trono  un  fervore  vivissimo  per  ci  ben  e  l'  oiior  de  sta   tera,  che  no  xc 
la  crociata  contro  i  luichi.   Le   pratiche  la  persona  \V!  tra.  Lo  coni'oiCo  [)0'ic\a  col 
ilei  Papa  e  della  repubblica  col  duca  di  dirgli  :  Glie  daremo   qnatro  consegeri. 
Borgogna  Filippo  il  Buono  aveauocon-  Al  che  il  doge  soggiunse:  Foria  insieme 
dotto  intanto  ad   una  lega  a'ig  ottobre  co  mi  sier  Lorenzo   3Ioro,c!ic  xe  duca 
1463  contro  il  comune  nemico;  il  duca  de  Candia,  asmiragio,  su  una  galei-a, 
prometteva  recarsi  in  persona  alla  spedi-  perclie  mino  me  ne  intendo  de  arma' 
zione  e  lo  slesso  con  singoiar  esempio  de.  Ed   il  collegio  aderì   alla  douìanda 
■voleva  fare  Pio  li,  il  cpiale  pubblicò  so-  promettendo  che,  se  farà  come  la  disc 
lennemente  la  lega  e  la  sagra  guerra,  mi-  eia.   Laonde  giunte  le  notizie  che  il  Ca- 
nacciando  i  fulmini  della  Chiesa  a  chlun-  laman  s' era  già  mosso  contro   il  turco, 
cpie  con  atti  di  ostilità  turbasse  la  pace  che  questo  Irovavasi  in  guerra  anche  col 
Ira  ciisliani  e  cristiani.  Quindi  a'  9  no-  re  ungherese,  in  line  che  il  l'apa  era  par- 
vembre  scrisse  un  breve  al  doge  per  ecci-  tito  da    floma   co' cardinali  e   trovavasi 
tarlo  alla  slessa  risoluzione,  consegnato  in  Ancona  attendendo   l'imbarco,  non 
dal  cardinal  Bessarione,  oltre  l'allro  in-  parve  piìi  tempo  d'  indugiare,  e  il  doge 
viatoda  Bernaido Giustiniani  ambasci.)-  partì  anch'egli  da  Venezia  ne'primi  d"a- 
tore  in  Roma.  Fattasi  dal  doge  la   pio-  gostoi4')4)  <Jopo  aver  promesso  di  nul- 
posta  di  concorrere   nella  lega  ,  riportò  la  chiedere  al  Pa[)a  per  se  o  per  la  pro- 
1G07  (sic)  sn/lìagi  favorevoli;  laonde  ne  pria  famiglia.  La  nobiltà  e  il  popolo  l'ac- 
fu  tosto  data  comunicazione  al  Papa,  e  compaguarono  fino  alla  nave;  couduceva 
fu  ricevuta   in  Iloiììa  con  generale  sod-  seco  24  g<dee,  ed  arrivò  a' 12  agosto  in  An- 
disfazione.   Si    n)andarono  ambasciatori  cona,  con  grande  sorpresa  e  turbamento 
al  re  di  Francia  ,  al  duca   di  Borgogna,  del  Papa  che  avrebbe  voluto  esimersi  dal 
ad  Ussum  Cassan  le  de'tuicomani  allo-  far  parte  pcrsonahnente  della  spedizione, 
ra  dominanti    su  gran    parte  della   Per-  secondo  l'assertodel  pi  of.  Bomanin. Qae- 
sia  ,  all' allealo  l'ir  Ahmed    principe  di  sii  di  più  soggiunge,  tuttavia  gli  fece  buon 
Caraman,  col   quale  la  repubblica  avea  viso,  mandò  a  complimentarlo,   l'invilo 
concluso  un  trallalo  di  commercio  fino  pel  dì  seguente  al  suo  palazzo,  ma  1'  in- 
tiaii4Jo;  oltre  circolari  a  re  d  Ungheria  domani    venne   il  cardinal    Ammannati 
e  di  Portogallo,  e  ad  altri  sovrani.  Udo-  dello  di  Pavia  con  due  vescovi,  unuuu- 


YEN 

piando  al  doge  che  Sua  Sanlilù  trovava- 
si  da  più  giorni  indisposta  ,  cIk;  il  male 
erasi  ai^giavato  e  conveniva  dillerire  la 
visita  lino  al  suo  niigliorauoeuto.  Tenne 
il  doge  la  cosa  per  una  finzione  e  man- 
dò il  suo  medico,  il  quale  tornò  colla  ri- 
sposta che  per  suo  giudizio  il  Papa  mor- 
rebbe presto,  e  così  fu  infitti,  che  nella 
seguente  notte  spirò.  Ma  non  è  la  i  /  volta 
che  ora  rileggo  //  tiirbainento  dì  Pio  II, 
che  avrebbe  voluto  esimersi  daljar  par- 
ie personalmente  della  spedizione!  INar- 
rai  negli  analoghi  articoli  ,  in  quello  di 
Turchia,  nella  sua  biogiada,  con  diversi 
storici  e  precipuamente  col  Novaes,  cli'è 
il  migliore  storico  de'  Papi,  che  Pio  li 
coraniendabile  pel  suo  zelo  per  la  reli- 
gione e  per  la  fermezza  del  suo  spirilo, 
abituato  a  molti  e  lunghi  viaggi  ed  a 
trattare  grandi  imprese,  pieno  d'ardore 
di  soccorrere  1"  Oriente  e  infiammato  di 
sollecitudine  per  preservare  l'Occidente, 
fatta  costruire  una  flotta  di  galee  nel 
porto  di  Pisa, ne  dichiarò  generale  il  car- 
dinal Fortiguerra  coU'ordine  di  condur- 
la in  Ancona,  e  dichiarossi  in  concistoro 
pronto  di  partire  con  essa,  colla  cele- 
bre ed  eloquenlissima  O/alio  de  bello 
Tiircìs^  Romae  1774»  per  animare  il 
crisliaiiesimo  ad  imitarlo;  essendo  sla- 
ti smentiti  dal  cardinal  di  Pavia,  testi- 
monio oculare  di  lutto,  quelli  che  scris- 
sero, Pio  li  non  sarebbe  partito  per  l'O- 
nenie  e  giunto  a  lìrindisi  saiebbe  torna- 
lo a  Roma.  Infermo  di  podagra,  da  questa 
cillà  partì  e  nel  viaggio  fu  sorpreso  dalla 
lebbie  ,  che  occuhò  acciò  i  medici  non 
l'obbligassero  a  retrocedere,  o  meglio,  co- 
me altri  vogliono  ,  per  non  arrestarsi  a 
curarla,  obbligò  i  suoi  medici  con  giu- 
lamento  a  non  manifestare  a  nessuno  il 
suo  male.  Giunto  ad  Ancona  a'i3  ovve- 
ro a'if)  luglio,  fu  ricevuto  con  sommo  ap- 
plauso da'cilladini  e  da  un  popolo  infi- 
nito, accorso  da  tutta  Europa  per  vede- 
re il  singolare  spettacolo  d'un  Pupa  alla 
testa  d'  una  crociata  navale.  Grande  fu 
l'ansietà  colla  quale  Pio  il  attese  le  12 
VOL.  xcii. 


V  E  i\  2  7,; 

galee  (io  scrisse  Pietro  Giustiniani,  Uer 
f'enel.  lib.  8,  p.  ?.8'3),  comandate  dal 
doge  Moro; malgrado  il  suo  luale.  inviati 
colle  sue  galere  5  de' 1 3  cardinali  che  l'ac- 
cou)pagnavano  a  incontrarle,  si  fece  con- 
durre in  portantina  alla  sponda  del  ma- 
re per  veder  il  loro  ingresso  nel  porlo, 
di  cui  è  pure  memoria  in  una  mediiglia, 
elle  il  cardinale  Borgia  vide  nella  bi- 
blioteca della  cattedrale  di  Siena.  M.t 
inaspritosi  il  male,  morì  il  Papa  a'  1 4  ago- 
sto di  58  anni  (benché  data  contrastata). 
Della  renitenza  di  Pio  li  nulla  ne  disse 
nella  sua  vita  il  contenipoi  aneo  Platina, 
né  il  veneto  cav.  Giovanni  Sagredo,  l\Jc- 
morie  isioricìte  de' Monarchi  (htonwni, 
che  narra  l'avvenimento  a  p.  63;  nulli  il 
Leoni  neWÀncona  illustrala,  lid  il  Pfi- 
ruzzi  neWa  Storia d' ancona,  l.  2,  p.  333, 
riportando  l'allocuzione  di  Pioli  a'cardi- 
nali  e  inserita  aeiuo\Cotìiincnt(7rii,s\  leg- 
ge la  sua  esplicita  e  solenne  dichiarazio- 
ne. »  Poco  si  profitta,  quando  agli  altri 
si  dice,  andate.  Forse  profillerassi  più, 
quando  loro  si  dica,  re^n'/e.  Ed  io  il  vo' 
tentare.  Ho  risoluto  di  andare  io  stes- 
so alla  guerra  contro  i  turchi,  e  così  in- 
vitare i  principi  cristiani,  non  meno  co' 
fatti,  che  colle  parole,  a  seguirmi.  Forse 
allorché  vedranno  il  loro  signore  e  padre, 
il  Pontefice  romano,  il  vicario  di  Gesù 
Cristo,  vecchio  ed  infermo,  partirsi  per 
alla  sagra  guerra,  vergognerannosi  di  ri- 
manersi, prenderanno  le  armi,  prende- 
ranno finaiuiente  sopra  di  se,  con  tutto 
il  loro  coraggio,  la  difesa  della  nostra  s. 
lieligione.  Se  per  questo  mezzo  non  pos- 
siamo eccitare  i  cristiani  alla  guerra, qua- 
le altro  ne  rimanga,  noi  noi  sa[)piamo. 
Certo  sì,  la  nostra  vecchiezza  rende  azzar- 
dosa e  pericolosa  l'impresa;  e  noi  andia- 
mo ad  una  quasi  certa  morte.  Ma  noi  non 
la  ricusiamo.  Una  volta  abbiamo  a  mori- 
rò: e  dove  che  ciò  ne  avvenga,  poco  im- 
porta alla  cristianità.  E  voi  ancora,  ve- 
nerabili fratelli,  voi  membri  della  Chie- 
sa; voi  che  tanle  volle  ci  avete  esorlato 
alla  guerra  contro  i  turchi  .  voi  dovete 
1  5 


i-y.6  \  K  N  -  VE  N 
sfi-uirvi  il  vostro  capo...  Noi  lo  abbia-  flotta  eia  mancala  alia  mia  navignzio* 
11)0  promesso  al  duca  di  Ijòrgogna,  pio-  ne:  ora  io  manco  oggimai  alla  flotta", 
messo  a'vcneziaiii.  Una  (oi  nnidabile  flot-  Puicliè  a'cnali  che  T  affliggevano  ,  erasi 
la  di  Venezia  ci  ac(:om[iagnerà,  e  signo-  aggiunta  nnn  tormentosa  dissenteria;  e- 
reggerà  il  mare.  Il  duca  di  Ijoigogna  gli  sentiva  che  poche  ore  gli  rimanevano 
seco  Iranà  1'  Occidente.  Dal  Settentiio-  di  vita,  e  vedeasi  còlto  dalla  morte  nel 
ne  il  turco  sarà  incalzato  dagli  unghere-  punto  che  voleva  consagrar  la  vita  al  ser- 
si e  da'polacchi.  I  cristiani  della  Grecia  vigio  della  cristianità.  Di  recente  scris- 
sollevcrannosi  ,  accorreranno  al  nostro  se  il  bnrone  P»eumont,  Della  diplo- 
campo.  Gli  albanesi,  i  serviani,  gli  epiro-  niazin  italiana,  p.i23.  "  Pio  li  fu  gio- 
ii,allegreinnnosi  di  vedere  giunto  il  gior-  rioso  e  straordinario  anche  nella  morte 
uo  della  loro  liberazione,  e  presenteiau-  che  lo  colse  in  Ancona,  allorché  con  a- 
iioci  la  loro  assistenza.  E  nell'Asia  sles-  nimo  maggiore  alle  forze  disegnava  por- 
sa  saremo  assecondali  da*  nemici  de'lur-  si  alla  lesta  della  crociala  conlro  i  tur- 
chi, il  Caramanoe  il  redi  Persia.  Infine  chi,  vieppiù  minacciosi  dopo  la  caduta 
il  favore  divino  ci  darà  la  vittoria.  Per  del  greco  impero".  Avendo  l'intrepido 
quanto  è  a  me,  non  io  vado  a  combat-  Pontefice,  resa  l'anima  a  Dio  a  due  ore 
tere.  La  debolezza  del  mio  corpo  e 'Isa-  di  notte  de'i4  agosto  i4G4>  nella  mal- 
cerdozio,  a  cui  non  si  addice  di  mancg-  lina  seguente  il  sagro  collegio  de' car- 
giare  la  spada ,  me  ne  devono  distoglie-  dinali  mandò  al  doge  annunziandogli 
re.  Adunque  imiterò  il  santo  patriaica  il  triste  avvenimento,  e  attestandogli  il 
Mosè ,  che  sul  monte  pregava  ,  mentre  suo  dispiacere  ch'egli  si  fosse  moJso  con 
Israele  contro  gli  amaleciti  pugnava.  Gè-  grande  incomodo  da  Venezia,  e  ora  fosse 
nnflesso  sur  una  poppa  di  nave,  o  sulla  sopravvenuto  tanto  funesto  impedimeu- 
cima  d' un  colle,  avrommi  davanti  agli  lo.  Il  doge  degnamente  accollo  dagli  an- 
occhi  la  ss.  Eucaristia ,  voi  mi  sarete  a'  conilani,  era  splendidamente  alloggialo 
lati,  e  eoo  umiliato  e  contrito  cuore  rac-  nellabitazione  de'ricchi  e  nobili  France- 
comandcrcmo  a  Dio  la  vittoria  de' no-  sco  e  Girolamo  Antiqui,  i  quali  come  fl- 
slri  soldati  ".  Dopo  questi  magnanimi  gli  d'  Elisabetta  Conlarini  aveano  aHi- 
sentimenti  dell'eloquenlissimo  e  dottissi-  «enza  di  sangue  co'piìi  qualificati  sena- 
moPio  II,  si  tolga  la  taccia  ingiuslamen-  toii  veneti.  Avendo  mostrato  desiderio 
le  appostagli.  All'arrivo  del  Papa  in  An-  di  conferire  co' cardinali ,  fu  da  essa  le- 
cena,  con  sommo  piacere  trovò  che  la  vaio  con  grande  onore.  Montalo  su  ca- 
cillà  avea  ivi  costruito  e  allestite  nel  por-  vallo  leardo,  coperto  di  panno  d'oro  fi- 
lo, pronte  ad  ogni  cenno,  4  glandi  tri-  no  a  terra,  si  recò  all'  episcopio  ov'  era 
remi  apprivigionale  conq^itamonte;  ma  morto  il  Papa  ,  acconqiagnandolo  tutto 
ciò  che  più  lo  sorprese  fu  l'incontro  d'u-  il  popolo  accorso  a  vederlo.  Entrato  nel 
na  galea  elegantemente  adorna,  che  con  concistoro,  fu  messo  a  sedere  presso  il 
ruote  e  ordigni  d'artifìcio  meraviglioso,  presidente,  ch'era  il  cardiinal  Bessarione 
facevasi  sdrucciolare,  ascendendo  per  le  vescovo  Tusculano  (meglio  decano,  co- 
vic  della  città,  fornita  di  truppa  e  d'ar-  me  leggo  ne:' Conclavi  ile  Pontefici  Ho- 
liglieria  che  sparava  i  suoi  cannoni.  Ri-  mani,  storia  attribuita  al  famoso  contem- 
ferisce  inoltre  il  Peruzzi,  giunta  la  flotta  poraneo  ceremoniere  burcardoje  l'anna- 
veneziana  di  12  galee,  Pio  II  si  fece  su-  lista  Uinaldi  diceche  il  doge  si  assise  fra' 
bilo  condurre  a  riva  per  vederla;  e  do-  due  ultimi  cardinali  preti, il  che  trovo  più 
pò  averla  percorsa  col  guardo,  gemendo  probabile,  per  la  cognizione  che  ho  di 
e  piangendo  proruppe  in  queste  profe-  simili  ceremoniali,  riferiti  in  tanti  luo- 
tiche  parole: '»  Siuo  a  questo  giorno  una  ghi),  e  parlò  a' cardinali  parole  gravi  e 


V  EiV  V  EN  Ì27 
I)ievi,  esorlaiuloli  e  preganiloli  die  fos-  forse  iiel  lilorno  della  flotta  comunicò  il 
SCIO  favorevoli  iill'impiesa,  lolla  ad  ono-  tnoiI)oalla  ciltìi,  poiché  leggo  nel  Corner 
re  di  Dio  e  in  difesa  della  s.  Fede;  che  che  la  peste  deli-tC)|.  in  Venezia  infierì 
nella  creazione  del  nuovo  Papa  volesse-  tanto  che  penetrò  ne'  sagri  chiostri),  l 
10  lasciar  da  parte  ogni  umano  rispetto  precordi  di  Pio  li  si  deposero  nel  coro 
e  aver  l'occhio  soltanto  al  pericolo  che  della  cattedrale  d'Ancona  con  iscrizione, 
minacciava  tolta  la  cristianità, afterman-  ed  il  corpo  fu  portato  da' cardinali  in 
do  che  qnanlo  alla  repuhblica  ogni  co-  Roma.  Quindi  a'3o  agosto  elessero  Pa- 
sa  era  apparecchiata,  ma  dichiarando  che  pa  il  venelo  cardinal  lìarbo  titolare  di  s. 
il  turco  era  armato  gagliardemente,  che  Marcodi  Rom.i  (chiesa da  lui  cjuasi  rifab 
il  re  d'  Ungheria  ovea  bisogno  di  dena-  bricata  ed  abbellita, con  magnifico  sofTil- 
ro,  e  che  la  signoria  avrebbegli  dato  per  to  che  restaurato  da  Gregorio  XVI  vi  fu 
parie  sua  ducati  60,000  all'anno,  accioc-  collocalo  anche  il  suo  stemma;  ina  la 
che  potesse  far  buona  resistenza  al  ne-  bella  copertura  del  tetto,  pure  di  Pao- 
inico  comune.  Rispose  il  cardinal  Cessa-  lo  li,  ed  eziandio  da  Gregorio  XVI  re- 
lione,  con  altamente  lodare  la  repubbli-  slaurata,  da  ultimo  è  stata  rimossa,  oc- 
ca  di  quanto  avea  fatto  per  la  difesa  correndo  troppo  a  ripararne  i  danni,  on- 
della  cristianità,  e  perchè  anco  allora  era  de  vi  furono  sostituiti  i  comuni  coppi)  e 
slata  la  sola  a  seguire  l'esempio  del  Pa-  nipote  d'Eugenio  IV,  che  cambiando  il 
pa.  Che  i  cardinali  manderebbero  in  nome  di  Pietro  in  quello  di  Paolo  si  dis- 
mare  a  proprie  spese  5  galee  per  4  me-  se  Paolo  II.  Voleva  assumere  quello  di 
si  armale  del  tutto  (delle  quali  4  erano  Marco,  ma  ne  fu  distolto  da' cardinali, 
l'anconitane,  ricavo  da  Peruzzi  ,  che  di  per  non  darsi  a  conoscere  troppo  pro- 
piìi  ovverte  ridotte  a  3;  aggiunge  il  R.i-  penso  alla  sua  patria,  come  notò  il  car- 
tialdi  anche  le  galee  di  Sicilia  per  dispo-  dinal  di  Pavia  presente  al  conclave  di 
si/ione  di  Pio  II);  intanto  torniisse  il  do-  20  cardinali,  fra'quali  il  camerlengoSca- 
ge  a  Venezia,  recandosi  i  caidinali  a  Ro-  rampo  ^lezzarola  l'adorò  alquanto  ripu- 
ina  all'elezione  del  Papa  ,  ov' ei  ano  re-  giuinte  per  antica  nimicizia  ,  onde  poi 
slati  i  caidinali  più  vecchi.  Dice  il  No-  ne  «norì  di  cordoglio.  Dunque  non  è  ve- 
vaes,  fattesi  le  consuete  esequie,  il  doge  ro  quanto  riporta  il  Reposati,  Della  zec- 
Moro  assiso  fra 'due  ultimi  cardmali  dia-  cadi  Gubbio,  t.  i,  p.  220,  che  Paolo  II 
coni  recitò  l'orazione  funebre;  ed  al  me-  quantunque  fosse  veneziano,  non  avea 
desimo  i  cardinali  depositarono  i  5o,ooo  alcinia  propensione  per  la  sua  repubbli- 
scudi  d'oro  che  il  Papa  avea  lasciali  per  ca,  forse  alludendo  all'anteriori  narra- 
la guerra.  Il  Leoni  scrive  che  il  doge  eb-  te  dill'erenze  pel  vescovato  di  Padova, 
be  40,000  ducati  d'oro  e  le  4gal*;e  fab-  Infatti  la  repubblica  ne  provò  grandissi- 
bricate  in  Ancona  per  proseguir  rim[)re-  mo  giubilo  e  mandò  tosto  a  Roma  1  o  aiu- 
sa,  la  quale  col  Muratori  e  altri,  qualifi-  basciatori  d'ubbidienza  a'5setlembre  per 
co  di  [ìarole  e  pochi  fatti.  Il  doge  parti  complicnentarlo,  sebbene  soli  8  ne  aves- 
d'  Ancona  a'  16  agosto  ,  arrivò  il  28  al  se  mandati  per  lo  zio,  il  Solito  essendo  di 
Lido,  accollo  festevolmente  d.dla  signo-  4)  come  superiormente  notai.  Il  nuovo 
ria  e  condotto  al  palazzo  nel  Rucinloro.  Papa,  acerrimo  contro  i  turchi,  perquan- 
iS'ovaes  scrisse  che  Pio  II  donò  al  doge,  to  rilevai  nel  voi.  LXXXI,  p.  3  (  2,  neli. 
altri  dicono  alla  repubblica,  lo  Scocco  e  concistoro  trattò  de'mezzi  per  proseguir 
Bcrrellonc  ducali  bencdclli  (siccome  in  la  guerra  sagra  contro  la  Turchia^  rife- 
Ancona  per  l'eccessivo  caldo  e  per  l'im-  riti  dall'annalista  Rinaldi,  e  perciò  vi 
nienso  [)opolo  vi  scoppiò  la  peste,  onde  ammise  tutti  gli  ambasciatori  delle  po- 
ne fu  tocco  ti  caidinal  Barbo  poi  Papa,  leuze  ch'eraasi  portali  a  Pvoma  a  lencler- 


228  V  E  i\ 

gli  ul.jjjclienza  e  gratularsi  di  sua  eleva- 
zione. Anzi  ilonò  la  Uosa  d'oro  he nedcl- 
ia  a  Sigisinonilo  I  IMalalesla  come  capi- 
tano generale  de'veueziaui  nella  guerra 
(li  JMorea,  pei  1'  intervento  pacifico  tle' 
qnali  il  predecessore  nel  privarlo  de'&noi 
stali,  gli  avea  lascialo  il  solo  vicarialodel- 
]a  cillà  di  Himiiiij  nella  quale  lenendo- 
ci i  veneziani  guarnigione-se  ne  ingelosì 
il  Papa.  Dipoi  Paolo  il  creò  cardinali  i 
3  seguenti  nipoti  e  concilladini,  i  patrizi 
\eneli  Marco  Baibo,  DattislaZenoe  Gio- 
\anni  IMicliieli.  Segrelainenle  creò  pure 
un  bllro  veneto  cardinale  Pietro  Foscari, 
ma  non  lo  pubblicò,  il  che  fece  il  suc- 
cessore, L'annoi46q  fu  anche  uieniora- 
bile  per  Venezia  ,  per  la  già  narrata  in- 
troduzione della  stampa,  ove  per  i .°  libro 
s'impressero  VEpislolt  di  Tullio.  I\Ien- 
tre  la  designala  «[(edizione  fini  in  vane 
parole,  ed  i  veneziani  restarono  soli  nel- 
la tremenda  lotta,  Jacopo  Loredano  co- 
mandante la  flolla  ne'  mari  di  Turchia 
poco  mancò  non  veni^sse  a  guerra  co'ca- 
■valieri  gerosolimitani  di  Rodi,  che  guer- 
reggiavano contro  il  soldano  d'Egitto,  ir- 
ritato questi  per  aver  essi  aiutalo  Carlotta 
regina  di  Cipro.  Tornavano  3  galee  ve- 
nete d'Alessandria  con  merci  ed  egiziani 
per  condurli  in  Carberia  ,  quando  una 
tempesta  le  obbligò  riparare  nel  porto  di 
llodi,  ed  i  cavalieri  s'impadronirono  de- 
gl'infedeli e  della  loro  robe.  Saputosi  dal 
soldano  la  prese  Heraraente  co'  Venezia - 
ui,  ordinando  l'arresto  di  que'mercanli 
tsisleuliin  Soria.  1  veneziani  richiesero  il 
j^ran  maestro  di  liberarci  prigioni  e  re- 
stituire il  predato,  ma  ebbero  in  risposta 
esser  buona  presa  per  ragione  di  guerra. 
Allora  si  presentò  a  llodi  il  Loredauo  col- 
la flotta  e  fece  inlimare  al  gran  maestro, 
rilasciar  tulio  in  termine  di  3  ore,  le  qua- 
li passate  cominciò  ad  eiretluar  le  mi- 
nacce, ed  alici  a  olteune  il  domandalo.  Il 
Rinaldi  dice  a  mediazione  degli  ambascia- 
tori della  regina  di  Cipro,  sulla  fede  del- 
lo storico  Bosio.  \  ellor  Cappello  succes- 
so al  comando  della  flolla  prese  a'turchi 


V  EN 

IVIodone  e  altre  isole  mentre  Scandei  borg 
l'eroe  d'Epiro,lusingato  de'grandi  prepa- 
rativi del  Papà  e  de'veneziani  della  sva- 
nita ciociata,avea  nuovamente  fatto  guer- 
ra a'turchi  con  successo,  e  lo  stesso  Mao- 
metto li  marciò  inutilmente  contro  Cro- 
ji  ;  la  rjuale  ,  vedendo  poi  Scanderberg 
l'impossibilità  di  sostenersi  da  nuovi  ai- 
tacchi,  la  cede  a'veneziani,  si  recò  in  Uo- 
Hia  a  chieder  soccorsi  al  Papa  (esiste  an- 
cora la  casa  che  abitò  e  la  via  ne  porta 
il  nome,  sulla  porta  esterna  essendovi  il 
suo  ritratto  con  iscrizione),  benignamen- 
te accolto  e  onoralo  ,  e  fornito  di  buona 
somma  di  denaro,  onde  lornato  io  Al- 
bania vi  continuò  vigorosamente  la  guer- 
ra e  nell'anno  seguente  morì,  Sigismon- 
do! Miilalesla  generale  de'veneziani,  an- 
ch'egli  avea  fatto  de' conquisti  sui  tur- 
chi, ac(|uistai)do  IMisislra  o  Sparla,  ma  poi 
tentando  invano  più  volte  l'espugnazione 
della  rocca,  fu  obbligato  tornare  io  Ita- 
lia, ove  cessò  di  vivere  nel  i  468.  Sdegna- 
to Maoinetlo  li  dell'operalo  da'  venezia- 
ni, e  pensando  questi  il  dispendio  della 
lunga  guerra  che  sostenevano  con  poco 
fruito,  Senza  aiuti  e  vedendo  l'Italia  sem- 
pre agitala,  risolsero  di  accomodarsi  col 
turco,  imperocché  morto  nel  «466  Fran- 
cesco I  duca  di  Milano,  il  figlio  e  succes- 
sore Galeazzo  INlai  ia  Sforza  si  collegò  co' 
Medici  pulenli  in  Firenze,  e  imparentato- 
si con  Ferdinando  1  le  di  Napoli,  ben  si 
vide  l'Italia  dipendere  da'Ioro  voleri;  al- 
la qu;de  lega  avea  dato  motivo  Darlolo- 
meo  Colleoni  che  aspirava  ad  acquistarsi 
una  signoria,  benché  era  entralo  agli  sli- 
pendii  ile'veneziani,  aderendo  a'Iuoriiscili 
di  Firenze, Pei  ciò  Pietro  de  Medici  s'inso- 
spettì della  repubblica,  e  fece  unire  nel- 
la lega  Borso  d'Esle,  che  il  Papa  fece  poi 
duca  di  Ferrara,  Piealmente  la  repubbli- 
ca per  tenere  a  freno  il  duca  di  Milano, 
ambizioso  senz'aver  ledati  del  padre,  si 
strinse  in  lega  con  Amedeo  IX  duca  di 
Savoia,  e  die  infine  aperta  assistenza  al 
Colleoni,  che  avea  terminata  la  sua  con- 
dotta ;  laonde  in  guerra  era  per  divum- 


V  EN 

p.nre  ovunque.  Allora  il  duca  di  Milano 
("eoe  cleU'tiperlure  alla  repubblica,  ponen- 
dole in  vista  quanto  eia  mal  vcdiilaj  an- 
che ollieinonte,  pel  suo  jngraniliniento, 
per  possedere  il  più  bello  stalo  d'  Italia, 
e  die  il  Papa,  quantunque  veneto,  se  l;t 
guerra  cominciasse  sarebbe  ili."  a  muo- 
verla conilo  di  essa  per  ricuperare  Faen- 
za, Foi  Pi,  Ravenna,  Cervia;  perciò  consi- 
gliare moderazione  e  pace.  Piispose  il  se- 
nato, ilColleoni  essersi  ritirato.e  voler  len 
tarla  propria  fortuna;  vedendo  tonte  po- 
tenze collegate  contro  di  esso,  aver  arma- 
to per  precauzione,  del  resto  voler  pace 
con  lutti.  Cos'i  cominciarono  nuove  pia- 
liche,  onde  indennizzare  il  Colleoiii  dal- 
le spese  falle,  e  si  mandò  a  Pioma  am- 
basciatore Pietro  Morosini  di  s.  Giusti- 
na, per  farsi  il  Papa  mediatore  della  Pa- 
ce^ il  ([Uale  instancabile  per  comporla  vi 
riuscì  e  la  pubblicò  solennementi^  in  Ro- 
ma nel  1  46<^,  e  il  simile  fu  poi  fallo  in 
Venezia.  Ma  non  laido  od  esser  turba- 
ta, per  destino  infc-lice  d'Italia.  Dopo  la 
morte  di  Sigismondo  I  Malalesla,  secon- 
do lo  statuito  da  l'io  II  tiovcva  Riniini 
tornare  alla  s.  Sede;  ma  la  vedova  Isot- 
ta ficendosi  forte  del  presidio  veneto  vo- 
leva conservarla  pel fìglioMalatesla, men- 
tre i  cittaduii  erano  propensi  per  Rober- 
to altro  figlio  del  defunlo  e  della  fanese, 
e  Paolo  il  l'avea  preso  a'  suoi  stipendii. 
Ad  onta  delle  promesse  del  Papa  di  voler- 
gli dare  una  nipote  per  moglie,  e  invece 
di  Rimini,  Siiiig;iglia  e  Mondavio,  Ro- 
berto c<illt-g;itosi  col  re  di  Napoli,  col  du- 
ca di  Milano  e  co'  fiorentini,  recatosi  a 
Riinini,  se  n'impadronì,  sbaragliò  l'esei'- 
cito  ponlificio  e  fece  assassinale  barbara- 
mente il  fratello.  Non  si  deve  dunque  ac- 
cusare Paolo  11  di  avere  rollo  quella  pa- 
ce da  lui  Conclusa.  Avea  tutta  la  ragione 
ili  procedere,  sebbene  non  fece  altro.  E - 
gli  perciò  erasi  alleato  co'  veneziani  per 
?,5  anni  nel  1 4^9  i  co"  diversi  capitoli 
die  si  leggono  nel  Rinaldi  a  tal  anno.  Ve- 
nula la  repubblica  in  cogiii/.ioiie  che  i 
turchi  con  grande  armamculo  stavano 


V  E  N  229 

per  piombare  sopra  Negroponte,  fece  al- 
treltanfo  e  aOìdò  il  comando  della  {lotta 
a  Nicolò  Canal,  il  quale  vedendosi  in  for- 
ze infinitamente  inferiori,  da  Negroponle, 
ov'eiasi  recato, pas^ò  in  Candia  sotto  co- 
lore di  sollecitare  soccorsi.  Fu  allora  spie- 
gata mirabile  operosità  per  armare  un' 
altra  flotta,  conti  ibuenilovi  Padova,  Ve- 
rona e  Brescia;  e  si  ilecretarono  fortifica- 
zioni a  Candia,  Modone  e  Corone,  non 
che  pubbliche  orazioni.  La  repubblica  fe- 
ce reiterate  urgenti  istanze  al  Papa  per 
muovere  senza  rilardo  la  cristianità,  ed 
egli  pubblicò  una  bolla  d'inilulgenza  ple- 
naria a  tutti  quelli  che  andassero  in  per- 
sona contro  i  turchi  o  pagassero  per  4 
mesi  un  uomo  in  loro  vece,  ed  ordinò 
processioni  per  muovere  la  divina  mi- 
sericordia. Intanto  Maometto  II  in  per- 
sona colla  sua  formidabile  flotta  assalì 
Negroponle,  che  fece  eroica  e  ostinala  re- 
sistenza e  stinge  de'turchi,  mentre  il  Ca- 
nal avendo  a'stioi  ordini  52  galee,  iS  na- 
vi e  una  galea  grossa,  non  erasi  mosso,  e 
quando  poi  si  decise  aiutare  i  suoi  con- 
citlailini  e  l' isola,  essendo  già  1'  armata 
entrata  nel  canale  di  Negroponle,  ad  on- 
ta degriiivili  de'difensori  dell'isola,  timi- 
do non  credendosi  abbastanza  forte  nulla 
fece,  neppure  investì  il  ponte  de'nemici, 
e  fu  causa  della  perdita  di  Negroponle, 
che  il  sullano  volendola  ad  ogni  costo, 
con  ripetuti  assalii  vi  penetrò  a'9  giugno 
1 4"o,  facendone  vendetta  colia  strage  ge- 
nerale, senza  dislin/ione  di  sesso  e  di  età, 
con  tulli  gli  altri  orrori  che  accompa- 
gnano siila  Ile  conquiste.  Paolo  Erizzo, 
che  da  prode  avea  difesa  il  castello,  si  re- 
se a  patto  che  n'  avrebbe  salva  la  testa  ; 
ma  il  feroce  sultano  lo  fece  segare  pei* 
mezzo  la  persona,  dicendo  aver  promes- 
so la  testa,  non  il  corpo.  In  <piello  stes- 
so fattil  giorno  arrivarono  due  altre  S(|ua- 
dre  venete  di  iG galee,  17  navi  e  6  galeaz- 
ze; ma  il  buon  momento  era  perduto.  Il 
Canal  dopo  aver  inoperoso  assistito  al 
terribile  eccidio  della  città  ,  non  investì 
r  armala    nemica  <|uaudo  parli  per  lo 


23o  V  E  i\ 

stiello  di  Gallipoli,  e  quindi  imprnden- 
teoienle  volle  teutare  colici  peggio  il  riac- 
quisto della  perdutu  città.  Al  giungere 
della  notizia  a  Venezia  fu  un  lutto  ge- 
nerale e  un  gran  terrore;  tutta  la  città 
restò  sbigottita.  Si  disse  la  flotta  turca 
composta  di  35o  vele,  con  oltre  100,000 
soldati  ,  ed  una  quantità  di  macchine  e 
d'artiglierie  mai  più  vedute.  Si  sottopo- 
se a  processo  il  Canal,  fu  nominato  capi- 
tan generale  Pietro  IMocenigo,  il  quale 
raggiunta  la  flotta  nel  massimo  disordi- 
ne, mandò  a  Venezia  il  Canal  e  fu  tosto 
messo  in  carcere,  e  quindi  con  milissima 
condanna  fu  confinato  a  Porlogruaro  e 
alla  restituzione  di  varie  somme,  per  a- 
ver  mancato  per  eccesso  di  cautela;  pe- 
rò quasi  certo  di  perdere  la  flotta  con 
fiMiestissime  conseguenze  per  l'isole  della 
Grecia  esposte,  e  sguarnito  il  golfo  per 
tutta  Italia,  per  Venezia  slessa.  Il  Papa 
implorò  grazia  pel  Canal,  ma  il  consiglio 
de'Dieci  sdegnato  per  la  dolcezza  usata 
dal  senato,  rispose  con  rispetto  e  vigoie, 
dichiarando  non  esser  stato  giudicalo  se- 
condo giustizia  ,  ma  con  misericordia  e 
clemenza,  e  potersetie  tener  contento.  Fu 
quindi  rimproveralo  il  Canal  per  aver 
provocato  sì  eccelsa  mediazione,  e  finì  i 
suoi  giorni  nel  suo  confinamento,  d'al- 
tronde personaggio  e  senatore  distinto 
per  cariche  sostenute,  per  amliascerie,  e 
per  giaudissima  cultura  di  lettere,  insi- 
gnito del  grado  dottorale.  Provvide  quin- 
di il  senato  a  ricuperare  quanto  più  potè 
gli  schiavi  fatti, a  fare  assegnamenti  a  or- 
fani e  vedove  ;  intanto  the  il  IMocenigo 
per  mettersi  in  grado  di  far  fronte  a'  tor- 
elli, riordinava  l'armala  del  tutto  corrot- 
ta. La  repubblica  avea  speso  in  questa 
guerra  fino  ad  un  milione  e  200,000 
ducati  l'anno,  per  supplire  a'qnaii  per 
due  anni  agli  slijìcndiati  uHizi  da  ?, 5  du- 
cati in  su  fu  imposto  rilasciare  due  terzi, 
compieso  il  doge,  ed  a  cjue'  di  mare  la 
uieta.  Facendosi  sempre  più  maggiore 
il  bisogno  o  della  pacco  di  qualche  gran- 
de sforzo  terminativo,  la  repubblica  sol- 


V  E  N 

lecito  Paolo  il  a  promuovere  una  Ic^a 
gcMcrale  d'Italia.  Laonde  il  Papa  dipoi  in 
pubblico  concisloro  cogli  ambasciatori  de' 
piiiicipi  italiani  formò  una  lega:  dessa  fu 
recala  ad  eifetto  a'22  dicembre  i470  ^ 
jìidjblicata  a'6  del  seguente  gennaio.  I  ve- 
neziani intavolarono  pratiche  col  sultano 
pel  licupero  di  Negro[)onle,  ma  esso  do- 
mandò pure  Stalimene  eioo,ooo  annui 
lineali  di  tributo,  per  cui  ogni  trattativa 
fu  ^degllosaulente  respinta,  e  più  che  inai 
animarono  UssunCassan  a  continuare  le 
SMC  imprese.  AdiUKpie  della  ilifesa  di  i^e- 
gioponte  non  reslò  a'  veneziani  che  una 
eterna  rinocnanza  di  valore  e  di  varie 
virtù.  Intanto  insorte  guerre  in  Eiuopa, 
la  lega  italiana  cominciò  a  intorbidarsi, 
anclie  per  ambizione  di  dominio  de'[)riii- 
cipi  italiani, di  nuovo  ciecamente  estolta- 
mente  intesi  -.oltanto  a  lacerarsi  fra  ili  lo- 
ro; la  repubblica  propose  una  generale 
convocazione  di  potentati  cristiani  o  con- 
gresso simile  all\Iant()V,ino,e  poi  riprese  le 
negoziazioni  per  la  pace  co'turchi,  ceden- 
do Scilo  e  Stalimene,  tenendo  Cioja  in 
custodia  e  pagando  certa  somma  per  1  al- 
ile terre.  Nondimeno  il  Mocenigo  conti- 
nuò la  guerra,  percorrendo  1'  isole  del- 
l'Arcipelago e  guastando  le  terre  turche. 
In  questo  tempo  morì  Paolo  li  a'26  lu- 
glio I  47  I , dopo  magnanime  azioni, calun- 
ni;.te  (lai  Sacchi  dello  Platina  e  da  allri 
detrattoti,  poscia  virilmente  impugnale 
dal  cardinal  Quirini.Fu  sepolto  nella  cap- 
pella di  s.  IMarco  da  lui  eretta  nella  ba- 
silica Vaticana,  in  un  bellissimo  mauso- 
leo di  marmo  ornalo  di  statue  e  bassori- 
lievi, edificatogli  dal  nipote  cardinal  Bar- 
bo, poi  in  parte  colle  sue  ceneri  trasferi- 
to nelle  sagre  Grolle  V^alicane.  Il  disegno 
magnifico  può  vedersi  nel  Ciacconio,  F^i- 
tne  Ponti ficuni,  t.  2,  p.  1092,  nella  cui 
urna  leggo:  Pniilus  II  f'enetus  P.  O.  M. 
A'c)  agosto  gli  successe  Sisto  1 V  della  Ro- 
vere, d'Albizola  nel  Genovesalo,  che  da 
religioso  francescano  dimorò  pure  in  Ve- 
nezia, e  vi  fu  lettore  di  filosofia ,  onde 
toucessc  ampli  privilegi  al  clero  veneto, 


\  E  N 

come  rilevai  siiperionnenle.  I  piiiui  suoi 
pensici i  fuioiio  eli  reprimere  l'insaziabi- 
le !\[aoQielto  II,  Nello  stesso  anno  a'c)  no- 
vembre scese  nella  tomba  il  iloge  .Aloro 
senza  prole,  peiciò  beneficando  nel  suo 
testamento  i  poveri,  i  (rati,  le  cliiese.  Al- 
le Solenni  esequie  nella  chiesa  ile'  frjti 
minoii,  parlò  di  lui  sei"  Antonio  Bernar- 
do. Ebbe  sepoltiua  in  mezzo  alla  cap- 
pella maggiore  di  s.  Giobbe  da  lui  edi- 
ficata, sotto  magnifico  sigillo  ornalìssimo 
d'  intagli  ,  lasciando  la  sua  sostanza  al- 
l'annesso convento  da  lui  ampliato,  col 
desiilerio  che  la  chiesa  si  chiamasse  d'al- 
lora in  poi  s.  Giobbe  e  s.  Bernal  dino,  in 
segno  di  divozione  a  questo  venerabile 
sanese. 

1 1 .  Nicolò  Tron  LXP' III  doge.  Pro- 
curatore di  s.  Marco,  già  ricco  per  censo 
lamigliare,  e  fattosi  più  ancora  dovizioso 
colla  mercatura  da  lui  esercitata  iS  anni 
in  Pioili,  fu  eletto  a' 23  novembre  i^'ji. 
Era  il  Tron  vecchio  di  74  anni,  bruito 
di  f4ccia,  alto  e  grosso  di  corpo,  difettoso 
(.li  pronunzia,  ma  di  grande  e  generoso 
animo.  La  morte  del  figlio  Giovanni  in 
Ncgloponte  lauto  l'afTlisse  che  lasciatasi 
crescere  la  barba,  in  segno  di  lutto,  volle 
conservarla  intonsa  fino  alla  tomb  .  ;  non 
ostante  che  avesse  in  Filippo  altro  figlio 
e  ?)  figlie.  Volle  che  il  suo  innalzamento 
frìsse  festeggiato,  e  la  dogaressa  sua  mo- 
glie vestila  di  manto  d'oro  fece  solenne 
mgtfsso  ili  palazzo,  \arra  il  Sanudoche 
fu  levala  col  Bucintoro  a  casa  Morosini 
a  >.  Silvestro,  dov'ella  nacque,  e  nel  pa- 
lazzo ducale  tutte  le  arti  fecero  pubblico 
convitopcrlesteggi.irla.il  che  induce  a 
credere,  che  iu  quell'  occasione  venisse 
eziandio  coronata,  come  riportano  altri 
[losleriori  cronisti.  Nel  147^  Sisto  IV, 
dopo  aver  eccitati  i  principi  d'  Europa 
cuti  5  suoi  legati  alla  guerra  contro  il 
turco,  e  coiiv-csso  indulgenza  a  crociali, 
icoe  partire  il  c.irdiual  Oliviero  Caialfi 
con  18  galere  pontificie,  a  cui  si  unirono 
i  7  del  re  di  Napoli  o  3o,  oltre  3  de*  Ca- 
valieri gerosolimitani  di  Rodi,  e  \j  0  56 


VEN  23 1 

de'  veneziani  comandale  dal  Moceuigo. 
Furono  prese  le  importanti  città  di  Sd- 
talia  e  Smirne,  saccheggiate  parecchie  i- 
sole,  mentre  il  senato  pel  suo  ambascia- 
tore eccitò  Ussun  Cassaa  a  rinnovar  guer- 
ra al  comune  nemico  e  subito  l'intrapre- 
se. Questo  re  di  Persia  la  fece  intimare 
a  iMaometto  li  da  un  araldo,  che  seco  re- 
cando una  mazza  ferrata  e  uno  staio  di 
miglio  disse  :  3Iira  segno  di  guerra  j  ma 
pensa  che  per  resistere  alla  possa  dei 
mio  Re,  ti  è  bisogno  aver  tanti  militi 
quanti  sonoi  granelli  qui  dentro  raccol- 
ti. Al  che  Maometto  li  fatte  recare  mol- 
te galline  allumate,  e  sparso  quel  miglio 
sul  terreno  rispose  ;  Ambasciatore,  di'al 
tuo  padrone  che  come  poche  galline  han- 
no presto  mangiato  il  sacco  di  miglio, 
così  faranno  i  miei  gianizzeri  contro 
qnc  suoi  uomini j  usati  pile  a  guardar  le 
capre,  die  non  a  guerreggiare  da  forti. 
I\Ia  Ussun  Cassati,  uditi  con  soddisfazione 
altri  fatti  delia  flotta  combinata  da  Si- 
sto iVj  nelle  Cicladi  e  sulle  coste  della 
Natòlia,  uscito  in  campo  e  passato  l'Eu- 
frale,  battè  gli  ottomani  e  tolse  loro  mol- 
li luoghi.  Confortata  la  repubblica,  man- 
dò altro  ambasciatore  al  principe  persia- 
no, in  compagnia  di  ((uello  da  lui  spedi- 
to in  Europa.  L'ambasciatore  ebbe  pure 
r  incarico  d'  incoraggiare  \\  Mocenigo  a 
nuove  importanti  imprese,  e  di  visitare 
il  re  e  la  regina  di  C/y^ro,  assicurandoli 
della  benevolenza  della  repubblica,  pro- 
curando d'  indurli  ad  unirsi  anch'  es»i 
alla  flotta  cristiana,  del  pari  maneggian- 
dosi co' cavalieri  di  Rodi.  Conviene  sa- 
pere che  le  cose  d'Oriente  e  specialmen- 
te di  Cipro  interessavano  sempre  più  i  ve- 
neziani. Morendo  nel  1  4^8  Giovanni  III 
di  Lusignano  re  di  Cipro,  Gerusalemme 
e  Armenia,  lasciò  la  figlia  Carlotta  mari- 
tata a  Luigi  di  Savoia  (f^.)  fratello  del 
duca  Afuedeo  IX,  e  Giacomo  II  suo  fi- 
glio naturale,  il  quale  espulso  dalla  regi- 
na sorella  e  dal  re  cognato,  avea  potuto 
ucli4t>4  col  soccorso  de'  veneziani  e  del 
soldauo  dEgiltu,  al  «jualu  Cipro  erj  tri- 


232  V  E  N  V  E  N 
biilaria  (ìli  dal  142G,  meltersi  in  possesso  moi'i  Giacoiuo  li  lasc'uiiiilolii  inciiila,  e 
del  rciiiio,  e  cacciali  i  genovesi,  dir  a v(>a-  dicliiaraiKlola  per  leslaiiiento  eicde  del 
uo  favorito  i  suoi  niiuici,  si  moshò  gralo  1115110  e  d'ogni  suo  avete  insieme  alla  pro- 
e  aniicissiino  de'  veneziani;  e  [»oi  perso-  le  nascitura,  ed  in  mancanza  di  tpiesta 
steiieisicontio  di  (jiielli, mandò  unaniba-  doveano  succedere  i  suoi  figli  naluiali. 
sciata  n  Venezia  chiedendo  in  isposa  Ca-  Appena  il  senato  n'  ebbe  notizia,  scrisse 
leriiia,bellissiina  e  coltissima  figlia  diMar-  a'  24  agosto  al  capitano  generale  Pietro 
co  Cornalo,  la  cui  madie  era  Fiorenza  IMocenigo,  percbè  accorresse  in  difesa  e 
figlia  di  ]Nh:o1ò  Cri>po  duca  di  iN'asso,  che  j)rolczioiie  della  regina,  alla  sua  prote- 
d.illa  moglie  Valenza  figlia  di  Giovanni  zione  raccomandala  dal  re  defunto,  eoa 
CcimnenoiniperatorediTiebisonda  ebbe  lei  si  coiicertas«e,e  mellesse  fedele  presi- 
Francesco  che  gli  successe  e  8  figlie  ma-  dio  in  Famagosla  e  ne'  castelli  a  con- 
ritate  (piasi  tutte  a  nobili  veneziani.  A  servazione  del  suo  stalo,  che  la  repub- 
lale  determinazione  del  re  Giacomo  II,  blica  intendeva  proteggere  e  luanlenere 
avea  contribuito  Andrea  Iralello  di  Mar-  sul  trono  in  ogni  modo.  In  falli  la  regi- 
co  e  confinato  a  Cipro.  Accettò  la  repub-  na  Cai  licita,  venuta  in  Italia  dopo  che 
blica  con  gran  soddisfazione  la  doman-  il  fra lello  naturale" le  tolse  il  trono,  non 
da,  per  la  molta  reputazione  che  acqui-  cessava  ili  domandnr  soccorso  a  tutte  le 
stava  la  nobiltà  veneziana,  e  pe' vantaggi  [)oleir/.e  e  persino  al  sultano,  maneggiau- 
ch(' nedovcano  derivare  a'ti  affici  in  quel-  dosi  in  pari  tempo  col  partito  clic  avea 
Je  parti.  Ma  in  senso  contrario  maiieg-  neh'  isola  per  ricuperare  il  regno.  Il  se- 
giavasi  Ferdinando  !  re  di  Napoli,  per  nato  nell'ottobre  1  4^3  avvisò  il  Moceni- 
indurie  Giacomo  II  alle  nozze  con  una  go,  che  lo  spagnuolo  Giovanni  Perez  Fa- 
sua  parente,  e  grande  alterazione  avea  brizio  nuovo  arcivescovo  di  Nicosia  ca- 
prodotto  neir  animo  del  re,  disgustatosi  pitale  del  regno,  e  un  segretario  del  re 
anche  con  Andrea  Cornaro.  Ma  la  re-  di  iVapoli  si  erano  diretti  all'  isola  di  Ci- 
piibblica  nel  14^9  scrisse  a  Giacomo  II,  pio,  per  ciò  slasse  bene  in  guardia  e  gli 
cu  eiansi  già  celebrali  gli  sponsali  con  Ca-  ujaiulò  rinforzi  (leggo  nnW  Oriciis  Clirì- 
terina  Cornaro  in  suo  nome  dall'amba-  sliaans,  t.  3,  p.  i  2  i  4>  che  il  re  Fcrdi- 
scialore  col  porgere  alla  sposa  1'  anello  naiulo  i  voleva  far  sposare  un  suo  ba- 
niiziale  ricevuto  dalle  mani  de!  doge,  per-  sl;irdo  a  Carolina  figlia  naturale  del  de- 
ciò  esorlarlo  a  mantenersi  fedele  a'cou-  funto  (^iacomo  II).  Quanto  il  senato  te- 
Iralli  impegni,  non  dando  credilo  alle  fneva  avvenne.  I  congiurali, con  alla  test^ 
sparse  dicerie, con  alili  gravi  riflessi  es[)0-  l'arcivescovo  e  liizzo  da  Mario  napolela- 
^li  dall  ambasciatore  Domenico  Gradeiii-  no,  levaronsi  improvvisamente  in  armi 
go;  invitandolo  in  fine  a  levar  la  sua  spo-  nella  notte  de'  1  4  novembre,  e  penetrati 
-sa,  mentre  a  guarentirgli  il  regno  da  qua-  nel  palazzo  reale  uccisero  il  medico  della 
loiKpif  alt.'icco,  la  repubblica  prendeva  legiiia  sotto  a'suoi  occhi,  e  poi  aiidarona 
I  Isola  sotto  la  sua  protezione.  Accomo-  a  massacrare  Andrea  Cornaro  di  lei  zio, 
data  quindi  ogni  dill'eienza,  a'i4  luglio  ch'esercitava  grande  potere  nel  governo, 
'472  gli  ambasciatori  di  Cipro  giunsero  insieme  coll'imiocente  Marco  Bembo  suo 
in  Venezia  a  prendere  Caterina,  dicliia-  nip(jle.  Temendo  poi  il  bailo  Nicolò  Pa- 
rala a  dimostrazione  d'alleilo  figlia  del-  S(|ualigo,  s'  ingegnarono  fargli  credere 
la  repubblica,  che  per  accom[)agno  oiio-  che  lultociò  era  avvenuto  pe'soldali  in- 
revole  assegnò  4  galee  comandale  da  Gli-  soiti  per  mancare  del  solilo,  accusando 
roiaiuo  Diedo.  Arrivata  Caterina  in  Ci-  d'avarizia  l'ucciso  Andrea,  del  resto  iii- 
pro  festeggiata,  già  il  suo  cuore  si  apri-  tendere  d'  esser  fedeli  alla  regina  e  alla 
va  alla  gioia,  quando  a'  7    luglio    147 3  signoria.  Ma  poi  recalisi   dalla  regiua  la 


V  EN 

obbligarono  ad  accoosentirc  al  matrimo- 
nio d'  una  figlia  naturale  ili  Giacomo  II 
ojii  un  figlio  naturale  di  Ferdinando  ( 
re  tli  Napoli,  col  titolo  di  principe  di  Ga- 
lilea, cioè  di  successore  al  trono;  metten- 
do guardie  ne'castelli,  e  per  pagarle  s'im- 
possessarono degli  argenti  e  delle  gioie  del- 
la reginn. Ap|)ena  tutto  conobbe  la  repul)- 
blica,  rapidamente  ingiunse  al  Moceni- 
go  di  recarsi  colla  tlolla  a  Cipro,  a  sal- 
vezza della  regina  e  del  suo  erede,  secon- 
do la  successione  voluta  dal  padre  di 
«juesio,  e  impedisse  il  divisato  matrimo- 
nio; ad  un  tempo  facendo  lagnanze  col 
redi  JNapoii.  Arrivato  il  lAIocenigo  nell'i- 
sola, liberò  la  legiua  e  il  governo  da'co- 
spiralori,  de' fpiali  alcuni  furono  impic- 
cati, altri  confinali,  e  ricompensando  i 
fedeli.  Dopo  aver  il  Mnceiiigo  restituita 
la  quiete  all'  isola,  assicurata  con  forze 
militari, ecircontlata  la  vedova  regina  eoa 
persone  fedeli  e  vigili,  assodata  la  sua  au- 
torità, si  licenziò  da  essa  e  n'ebbe  in  dono 
per  gratitudine  uno  scudo  dorato  cogli 
stemmi  di  quella  Coruna.  Altri  molteplici 
provvedinienli  prese  il  senato,  e  tali  clie 
fin  d'  allora  il  regno  di  Cipro,  se  non  di 
nome,  però  di  f.itto  si  trovò  sotto  il  do- 
minio della  repubblica,  né  andò  guari 
cbeil  fi-^lio  Giacomo  III  partorito  da  Ca- 
terina ^el  1473  stesso,  morto  nel  i47^> 
regnò  sola  la  regina  sotto  la  tutela  del- 
la repubblica,  fiucliè  poi  al  dominio  as- 
siduto di  quella  successe.  Priu>a  di  <jnc- 
sl'  ultime  vicende,  bencbè  la  re[)ubl)!i- 
ca  a' IO  giugno  1472  a  Perrone  era<i  u- 
nila  in  lega  con  Carlo  il  Temerario  du- 
ca di  IJurgogna  e  suoi  aderenti,  tuttavia 
poco  o  nulla  si  fece,  ed  i  turchi  nell'au- 
linuio  di  quello  stesso  anno  audacemen- 
te erano  penetrali  sino  all'Isonzo,  fiume 
dell'Iliirio,  egià  cominciavano  a  passarlo, 
quaudo  trovai  onsi  di  lionte  le  truppe  ve- 
licziaiie  che  iiauliardemeule  li  respiiise- 
ro.  Uiiiralisi,  si  din'usero  per  la  Carnia, 
i  cui  abitanti  fuggirono  nelle  città  mura- 
le, ed  i  turchi  arditamente  penetrali  per 
di  !à  nel  Friuli,  vi  poitarouo  la  desola- 


V  E  N  233 

zione  fino  a  Udine,  ove  le  donne  e  i  fan- 
ciulli si  riducevano  tra'gemiti  e  singulti 
nelle  chiese,  e  il  popolo  raccoglievasi  in 
piazza  a  trattare  de'  modi  della  difesa, 
quando  il  feroce  nemico,  falla  buona  pre- 
da d'animali  e  temendo  d'essere  raggiun- 
to dalla  gente  d'  arme,  che  la  repubbli- 
ca mandava  sotto  il  comando  del  prov- 
veditore IMarin  Leoni  a'  1 6  ottobre,  pre- 
cipitosamente si  ritirò.  Quanto  al  breve 
periodo  del  principato  di  Tron,  di  non 
compiti  due  anni,  oltre  il  narrato  lo  se- 
gnalarono i  seguenti  avvenimenti,  i  qua- 
■|i  a  decoro  della  patria  ed  al  liijtro  del- 
l' età  notabilmente  contribuirono.  11  ce- 
lebre cardinal  Bessarione,  che  nutriva 
alta  riverenza  per  la  saggezza  della  re- 
pubblica, che  amava  e  proteggeva  le 
lettere,  e  avea  granile  estimazione  per 
la  coltura  de' cittadini,  scelse  Venezia  a 
depositaria  de'  preziosi  suoi  codici  e  li- 
bri, i  quali  vivente  ancora  il  cardinale  e 
poco  prima  della  morte  del  doge,rinchiu- 
si  ili  n>oltiforzierigiunseroin  Venezia, ed 
elibe  con  es-i  propriamente  comincia- 
menlo  la  biblioteca  I\Iarciaiia,diche  par- 
lai già  nel  §  II,  n.  3.  Nello  stesso  i473 
il  distinto  dalmate  Corichino  Ciprio  tro- 
vò il  sepolcro  d'Omero,  forse  nelle  vici- 
nanze di  Smirne  o  Clazomene,  in  quel 
tempo  prese  e  dislrutteda' veneti  :  è  que- 
sti quel  Cippico  o  Cepione,  che  qualche 
anno  dopo  scrisse:  Delle  i^iierre  de  vc- 
ne.zinid  iteli'  Asia  dal  1470  ^^  '474> 
alle  quali  era  intervenuto  in  qualità  di 
sopracomito  di  galera  ;  sennonché  altri 
ancora  ilo[)0  di  lui  pretesero  aver  fatto 
la  stessa  scoperta,  come  nel  1771  il  con- 
te di  Pasch  di  Kricnen,  escavando  [)res- 
so  Sto  Placcotò  in  isola  di  Nio,  e  cos'i  ri- 
mase a'pazienliarcheologhi  il  pronuncia- 
re se  veramente  il  sepolcro  del  principe 
de'  poeti  siasi  o  no  ancor  rinvenuto.  Le 
tante  peiilite,  ordinaria  conseguenz.i  di 
acerrima  guerra  contro  il  turco,  non 
impediioiio  alla  maturità  del  doge  di 
provvedere  ad  alcuni  abuii,  e  di  regola- 
re ili  meglio  r  interno  regime  della  re- 


2  m- 


V  E  i\ 


pubblica.  Fiì  staluilo  d'  accordare  il  se- 
yieto  suffragio  a  chi  avesse  fondatamen- 
le  opposto  alle  persone  de'  iiooiiaali  al 
princi[)alo;  e  si  stubiliroiio  alcune  prati- 
che riguardo  quella  gelosa  elezione.  Anco 
il  sisleiiia  mouetario  venne  riformato  : 
si  coniò  allora  o  circa  il  ì^jo  una  mo- 
neta detta  lira  trona  per  l'iuimagirie  di 
(jueslo  doge  su  di  essa  scolpita:  tal  no- 
\ità,che  sentiva  di  reg  ile  costume,  fu  su 
Lito  abolita,  non  troviindosi  esempio  che 
le  monete  avessero  portalo  1'  effigie  del 
doge,  tranne  in  una  rarissima  di  rauta 
del  suo  predecessore  Moro.  Il  perchè  nel- 
la Promissione  ducale  dell*  i  i  agosto 
j  473  si  aggiunse.  Che  non  fosse  più  rap- 
|>rcseiilalo  il  doge  sulle  monete  in  elll- 
gie,  ma  sibbene  in  ginocchio  innauii  a  s. 
Marco;  e  fra  le  altre  streltezze  in  essa 
introdotte  vi  è  pure  quella  che  il  principe 
non  putcìse  scegliere  i  suoi  servi  se  non 
tra  veneziani  o  del  d)ii)iiiio,e  nuovameii- 
le,  che  uè  egli  uè  uno  di  sua  famiglia  po- 
tesse intercedere  grazia  alcuna  per  chic- 
chessia. Circa  alla  liia  trona,  in  alcuni 
paesi  della  veneta  Terr.d'ei  ma,  per  in- 
dicare la  lira  veneziana  si  dice  uii  lioii 
e  tanti  Iroiii.  Do[)o  circa  20  mesi  morì 
il  doge  a'  28  luglio  x^'j'ò,  e  venne  loda- 
to da  Gio.  Francesco  l'asqualigo,  ma  che 
nulla  con  suo  dispiacere  [)otè  compiere. 
11  suo  figlio  Filippo  gli  fece  alzare  un  de- 
gno monumento  nella  cappella  maggio- 
re de'  Frari,  uno  de'  più  distinti  della 
città,  ove  tuttora  riposa.  — Nicolo  Mar- 
cello  LXlXdogc.  Lo  divenne  a'i  3  ago- 
sto 1473  d'anni  76,  essendo  procurato- 
re di  s.  JMarco,  figlio  di  Giovanni,  i  cui 
costumi  pietosi  e  1'  indole  pacifica  lo  te- 
nevano lontano  da'  tumulti  della  guerra 
e  dalle  scene  tremende  che  seguono  il 
corso  di  quel  flagello  di  sangue.  Cou>e 
tlivolamente  ricevè  il  corno  ducale,  io 
dissi  nel  §  X,  n.  45.  Aveva  una  sula  fi- 
glia monaca  nel  monastero  dei  Corpus 
J)oiniiù,  e  sua  moglie  eh'  era  di  casa 
Coiilariai  detta  Gasolera  venne  con- 
dotta in  palazzo  ducale  con  solenne  poni  • 


VEN 

pa  e  con  trionfi,  quali  addicevansl  0  ma- 
trona d'  alto  affare,  alla  dogaressa  mo- 
glie di  ragguardevole  principe.  La  ricca 
Damasco  nella  gioventù  avea  accolto  il 
Marcello,  ed  ivi  lungamente  erasi  occu- 
pato della  mercatura  con  fortunali  suc- 
cessi ;  ma  tornato  in  patria  e  seduto  sui 
panelli  della  ragione,  sorti  a  suo  tempo 
esattissimo  giudice,  vigilante  custode  del 
pubblico  erario,  inesorabile  verso  coloro 
che  mancavano  di  zelo  in  condurre  l'am- 
ministrazione della  repubblica.  Ardeva 
la  guerra  col  turco  con  varia  fortuna, 
l'isole  dell'Arcipelago,  i  lidi  della  Grecia 
e  ileir  Asia  soffrivano  devastazioni  e  ro- 
vine per  la  co?iiparsa  dell'una  e  dell'al- 
tra oste;  r  assedio  di  Scutari  offrì  largo 
campo  a'  prodi  veneti  per  segnalarsi  in 
valore,  e  Pietro  Mocenigo  e  Antonio  Lo- 
reJano  strappirono  più  volte  alla  vitto- 
ria gli  allori,  che  vaUcro  a  rendere  i  lo- 
ro nomi  cel-ibrali  negli  annali  del  mon- 
do. Per  la  narrala  incursione  i  turchi  e- 
rano  vicini,  e  niun  grande  armamento 
si  faceva  in  Eiiropa,  anzi  il  re  d'Unghe  • 
ria  avviava  a  Costantinopoli  pratiche  di 
pace,  e  Federico  HI  imperal(n'e,per  mi- 
neggi  del  duca  di  Milano  e  de'fioientiui, 
gelosi  dell' alleanza  della  repubbica  con 
Ussun  Gassali,  si  adoperava  a  impedirgli 
ogni  soccorso.  Laonde  altro  non  gli  ri- 
maneva che  stringersi  vieppiù  al  re  di 
Persia,  assicurandolo  di  m.ii  pacificarsi 
col  turco  se  non  gli  cedeva  tutta  la  Na- 
tòlia e  le  terre  al  di  là  dello  .stretto  coQ 
tutta  la  ripa  di  esso  opposta  alla  Grecia, 
e  il  castello  de'Dardanelli,  ma  con  divie- 
to di  fabbricarne  altri,  oiule  i  venezia- 
ni aver  libero  il  mare  e  i  traOici  ;  se  poi 
la  pace  venisse  fatta  da  Ussun  Cassa  n,  col 
ricupero  di  sue  terre,  dovrebb' egli  in- 
cludervi la  repubblica  e  farle  restituire 
la  Morea,  Meteliuo,  Negioponte, o  alme- 
no questo  e  Argo.  Pe'  progressi  fatti  dal 
re  persiano,  per  la  piena  vittoria  riporta- 
la nella  primavera,  avea  ricuperato  buo- 
na piirte  degli  stali  de'siioi  alleali  signori 
di  Caraman,  onde  il  senato  invitò  il  Mo- 


V  E  N  V  E  N  2  J  > 
caiiigo  a  recarsi  a  cornhallcre  la  stessa  che  non  da  Ini  solo,  ma  da  liitln  la  cri- 
Costaiiliiiopuli,  Sii;  lo  consentivano  il  Cfu"-  stianilà  allendevasi  soccoiso,  acciò  non 
dinal  Carafa  legalo  della  flotta  del  l^ipa,  si  rinnovasse  l'escrapio  di  Costanlinopoli 
e  il  capitano  di  qnella  di  Na[>oii  ;  ma  noi  che  all'  assedio  de*  turchi  furono  avari 
dì  avanti  a  quello  della  morie  del  doge  delle  loro  ricchezze,  le  quali  poi  dovei- 
Tron,  i  persiani  a  Tergian,  dopo  lungo  teru  lotte  dare  al  nemico.  11  senato  fece 
e  feroce  coird)<ittiinenlo,  rimasero  piena-  ima  leva  di  3ooo  uomini  e  arn)ò  altre 
mente  sconnitì,  fuggendo  il  re,  e  lasciai»-  no  barche.  Il  Loredan  coraggiosamente 
dovi  mortoli  figlio,  non  però  avvilito.  Do-  si  sosteneva,  ma  la  flotta  non  poteva  sa- 
pò  il  quale  tristo  avveninicnlosucccsse  la  lir  la  liojana  per  la  bassezza  dell'acque, 
riferita  vilecongiura  degl'inquieti  cipriot-  Divenuta  la  penuria  di  provvigioni  eslre- 
ti,  la  pronta  repressione  e  il  castigo,  con  ma  e  grande  la  fame,  secondo  alcuni,  si 
benemerenza  dellecure  del  doge.  N<?1  fi'l)-  narra  che  il  popolo  tutiìultnante  si  pre- 
braio  i474  P'T  t'  da  Vt-nezia  per  la  Per-  scntasse  al  Loredano;  e  questi  scopertosi 
sia  I' ambasciatore  Ambiogio  Contai  ini,  il  petto  esclamasse  :  Cibatevi  di  mie  carni 
per  assicurare  il  re  de'preparalivi  grandi  e  bei'fle  del  mio  sangue.  Parole  di  elFetto 
di  navi  che  faceva,  oltre  quelle  del  Papa  e  magico,  gridando  la  moltitudine  :  Fi^'a 
del  re  di  Napoli,  e  che  non  lasoierebhe  di  Venezia.  Tutlavolta  non  è  certa  la  man- 
muovergli  altri  principi,  comunicandogli  canza  di  vettovaglie  e  di  munizioni,  bensì 
tliversi  piani  di  guerra.  Ma  i  principi  mancanza  trac(jua  per  cui  molli  morirò- 
d'Europa  erano  sempre  insen>ibili  al  pe-  no,  conie  perirono  molti  difensori  in  una 
iicolocoinune.  Intanto  I  0,000  turchi  con  villoiiosa  sortita  che  affaticati  l)everauo 
formidabile  artiglieria  assediarono  Scic-  l'acqua  fredda  della  Dojana.  Tale  fu  la 
ttiri,  difesa  mi>eial)ilmente  da  Anlunio  difesa  di  Scalari,  e  sì  gravi  i  danni  recati 
Loredan.  La  1  epubblica  gì"  inviò  in  soc-  a"  turchi,  che  si  ritirarono  con  iuiaieusa 
corso  Leonardo  noldùcou  una  flotta,  af-  gioia  della  città  e  della  repubblica,  laqua- 
fldandu  quella  del  Mocenigo  a  Tiiadaiio  le  tosto  premiò  i  difensori  e  l'eroico  Lo- 
Grilli  ;  a  Roma  pni  ingiunse  all' amba-  redan,  [)oi  al  suo  ritorno  creata  cavaliere 
sciatore  Antonio  DonalOj  d'esortare  Si-  di  s.  Marco  a' 20  novembre.  Nello  stesso 
sto  IV  esser  ma  che  anch' egli  si  muo-  giorno  fu  pubblicala  la  lega  fra  Venezia, 
vesse  non  essendo  piìi  leni  pò  da  comi-  il  Papa,  il  duca  di  Milano  e  Firenze,  in- 
gliarc  ma  da  soccorrere^  altrimenti  Irò  vilandovi  il  redi  Napoli  e  il  duca  di  Bor- 
varsi  costretta  a  procurare  di  levarsi  tau-  gogna.  All'abbandono  del  l'assedi  odi  Scii- 
ta rabbia  nemica  di  dosso.  Già  l'altro  tari  contribuì  il  re  ungherese  per  avere 
ambasciatore  Bernardo  Giustiniani  avea  rivolto  le  armi  control  turchi,  mosso  dal- 
deltocon  elocpieute  orazione  al  L^ipa,  che  1' oratole  veneto  Sebastiano  Badoer.  \. 
colla  sua  flotta  non  pcjlevasi  rovesciare  fronte  di  tante  angustie,  in  Venezia  il 
un  impero  co>ì  gigaute^cameute  stabili-  governo  coltivava  il  genio  delle  belle  ar- 
to, e  che  avea  conquistato  due  imperi,  4  ti,  in  quest'epoca  facendo  incominciare 
regni,  20  proviucie  e  200  città.  Si  pregò  ad  ornare  la  sala  dal  gran  consiglio,  co' 
il  Papa  di  sollevar  tutta  l'Italia,  e  di  non  meravigliosi  dipinti  in  tela  di  Gentile  e 
lasciarsi  trattenere  dalle  brige  partico-  GiovanniBellini,  rappresentanti  la  storia 
lari  con  essa,  cosa  ben  lieve  al  coiifroiilo  di  Alessandro  III  e  Federico  I,  le  quali 
di  Sentali,  perduta  la  rpiale  seguirebbe  opere  con  altre  di  eccellentissimi  maestri 
tanto  sterminio  de'feileli  ;  [ir  ocuiasse  al-  andarono  miseramente  perdute  [)er  l'in- 
meiio  per  tre  mesi  1000  cavallic  1000  cendio  del  palazzo  ducale  de'20  <licenìbie 
iìmli.  Alle  scuse  di  Sisto  IV,  circa  alla  sua  i^yy.  Intanto  la  vita  di  Nicolò  Marcello 
povertà  e  iusuincicn/.o,  rispose  il  senato,  toccava  la  pi esciilt.!  meta,  troppo  breve. 


236  V  E  N 

li  giorno  stesso  in  cui  si  puhhlicò  la  le- 
«n  troviiiiiiosi  in  mezzo  a'senaloii,  nella 
solenne  [jiocpssionc  f.itta  per  tale  lieto 
evento,  d'improvviso  gli  si  commosse  il 
ventre;  ebbe  pronto  soccorso,  naa  rien- 
trato in  palazzo  non  ne  sortì  che  sul  fe- 
retro tli  morte,  cui  soggiacrpie  il  <lì  i.'tii' 
ceoibrei474-  Ebbe  a  dicitor  di  sue  lo- 
di il  d/  Ermolao  Barbiro,  (iglio  ilelcav. 
Zaccaria.  Venne  Inmtdato,  cotne  ave.ì 
disposto, nell'isola  di  s. Andrea  della  Cer- 
tosa, nel  luogo  detto  Galilea,  dove  si 
seppellivano  i  religiosi;  ma  in  sua  memo- 
rie» i  di  Ini  pietosi  fratelli  vollero  innalza- 
to un  monumento  all'aitale  nìnggiore  di 
s.  Marina,  chiesa  antichissima  che  fatal- 
mente a'  giorni  nostri  venne  compresa 
nella  manomessione  coi  soggiaci[itero 
tanti  cospicui ediflzi  dell'illustre  Venezia, 
come  deplorai  nel  descriverla  nel  y  Vili, 
n.  8.  11  nionninento  siccon'e  sltipemla 
opera,  ricchissima  oltremodo  per  iscullu- 
re  (ignrate  e  ornamentali,  di  sliij  lom- 
bardesco e  d' ignoto  autore,  fu  trasferito 
nel  njeraviglioso  tempio  de'ss.  Gio.  e  Pao- 
lo. Nell'iscrizione  si  legge,  che  fu  ristau- 
rato  nel  i  7  )3.  Dice  il  Quadri  nel  descri- 
vere il  mausoleò:f|uantui)fpie  breve,  non- 
tlimeno  "lorioso  fu  il  dosiado  del  IMarcel- 
lo;  e  l'essere  stato  egli  il  pi  imo  che  facesse 
pubblica  comparsa  con  vesti  tessute  d'o- 
ro, fa  prova  che  la  ricchezza  della  nazio- 
ne era  giunta  a  superare  la  forza  delle 
leggi  che  reprimevano  il  lusso  (  a  repres- 
sione ili  questo,  mi  piace  ricordar  la  mo- 
rale legge,  che  le  meretrici  non  potevano 
vestire  come  le  vedove,  le  maritate  e  le 
zitelle.  E  siccome  nel  §  XV'^I,  n.  2,  ove 
ancora  parlai  delle  leggi  siinluarie  vene- 
tea  railrenamento  di  quella  distruggilri- 
ce  peste,  che  tuttora  eccessivamente  am- 
morba la  società,  dissi  tlell'  uso  de'  zoo- 
coli alti  di  legno  delle  donne,  più-  di- 
fendersi dal  fango  e  dalla  polvere;  essi 
furono  proibiti  nel  principio  del  secolo 
che  discorro,  cioè  nel  \  \o()).  A[>i)artie- 
ne  e  fa  onore  airanlicliissima  e  nobile  fa- 
miglia patrr^ia  Marcello  del  laudato  do- 


VEN 

gè,  r  attuale  degnissimo  podestà  di  sua 
magna  patria  Venezia  nobile  Alessandro 
Marcello,  che  per  le  sue  virtù  religiose  e 
civili  meritò  di  essere  decorato  dell'inse- 
gfie  equestri  dal  Papa  Gregorio  XVI  del- 
l'ordine da  lui  istituito;  e  per  la  sua  sag- 
gezza, probità,  sapere,  zelo  e  amor  pa- 
trio, fu  trovato  degno  di  essere  elevato  al- 
la suprema  e  cospicua  municipale  dignità, 
che  lodevolmente  esercita  con  pubblico 
plauso.  Mt  vanto  e  pregio  di  professargli 
da  antico  tempo  profonda  osservanza  e 
rispettosa  aminirazione.lndulgente  e  cor- 
tesii-  mo  magistrato,  sia  graziosamente 
generoso  in  riguardare  benignamente 
questa  mia  studiosa  fatica,  affettuosamen- 
te eri  verentecnente  consagrata  a'fasti  del- 
la celeberrima  e  incomparabile  città,  che 
presiede  e  rappresenta  con  tanto  senno; 
di  quella  Venezia  cioè,  il  di  cui  passato  è 
un  archivio  inesauribile,ed  il  presente  un 
emporio  di  meraviglie,  perciò  colossale 
e  svariatissimo  argomento  incomportabi- 
le alla  mia  insulKcienza,  Io  ri  peto  ancora 
una  volta.  —  Pietro  ììlocenfgo  L XX do- 
ge. Erasi  distinto  in  qualità  di  capitano 
generale  navale  4  anni  e  20  giorni,  nèco- 
manilante alcuno  prima  di  lui  avea  tenu- 
to SI  lungo  tempo  il  supremo  governo  del- 
la flotta,  con  clajnorose  imprese,  che  ia 
parte  di  sopra  accennai, condotte  inÀsin, 
avendo  in  modo  tremendo  percorso  l'El- 
lesponto lino  a'iidi  della  Caramania,  non 
luiige  da  Cipro,  nella  quale  i>ola  represse 
la  congiura  degl'  irrequieti  indigeni,  e  fo- 
mentata da  alcuni  intriganti  stranieri  a 
danno  ilella  vedova  regina  Cornare;  ed 
ebbe  inoltre  notabile  |)arte  nella  memo- 
rabile difesa  di  vScutari.  Perle  quali  azio- 
ni e  per  altri  suoi  meriti,  la  grata  patria 
il  volte  guiderdo  nare,  prima  colla  digni- 
tà di  procuratore  di  s.  Alarco,  lilialmen- 
te coir  innalza  rio  al  seggio  ducale  a' 14 
dicembre  i474>  con  ricevere  il  maggior 
numero  di  sulh-agi.  Ginns'egli  al  supre- 
mo magistrato  della  re[nibblica  nell'età 
di  quasi  70  anni,  e  la  salute  mal  ferma 
per  le  sosleaule  fatiche  e  corsi  cimenlij 


VEN 

poco  il  lasciò  godere  d'onorato  riposo  fra' 
suoi  cali,  e  poco  accogliere  le  modeste  di- 
sliiizioni  ed  onori  in  quel  senato,  icui  vo- 
leri con  invitto  animo  e  con  forte  braccio 
avea  saputosi  Itingamenle  far  rispellare 
e  ubbidire.  A llendendo  tosto  a' bisogni 
della  guerra,  furono  levali  5o,ooo  ducati 
di  sussidii  dalle  città  soggette,  e  altro  op- 
portuno rinforzo  si  ricevè  nel  1473  dal  la- 
scito riccliissiiuo  di  Bartolomeo  Colleoni, 
in  fjiie!  tempo  morto,  fallo  alla  repubbli- 
ca di  cui  era  slato  capitano  generale  di 
terra,  del  cui  n»oiiumeulo  equestre  ragio- 
nai nel  §  X,  n.  1  3.  Chiaro  per  valore,  stra- 
tegia e  astuzia  militare,  cbe  gli  meritaro- 
no il  primato  nella  lattica,  fu  però  insta- 
bile ne'  consigli,  pronto  a  can)biar  di  par- 
lilo e  d' insegne,  secondo  che  se  gliene 
oflriva  il  destro. Consisteva  il  legalo  in  più 
di  100,000  ducali  d'oro,  per  continuar 
]a  guerra  contro  i  turchi,  lutto  ìì  credito 
che  avea  colla  repubblica  pe'  suoi  stipen- 
di!, ed  il  3.°  di  ducali  10.000  dovutigli 
dal  duca  di  Ferrara.  Tutto  il  paUimo- 
nio  del  defunto  si  trovò  sommare  a  bea 
5oo,ooo  ducati.  Ma  già  a'6  di  dello  anno 
trovandosi  il  iloge  uella  sala  grande  del 
palazzo  ad  una  festa  che  si  dava  a  Federi- 
co d'Aragona  figlio  del  redi  Napoli,  e  poi 
le  neli4t)6,  di  passaggio  per  Venezia  col 
celebre  SanOazaro  (come  notai  in  princi- 
pio di  (piesto  articolo,  o  voi.  XC,  p.  2oq), 
giunse  un  messo  della  matrigna  di  INJao- 
niello  II  con  proposizioni  di  pace,  e  un 
salvacondotto  per  un  agente  dn  mandarsi 
alla  l'orla  Oitomana  per  trallaie  ;  e  ciò 
menile  l';iolùI\Jorosiui  adopera  vasi  a  Pio- 
nia  con  Sisto  IV  per  una  lega  generale, 
e  ìMilano  e  Firenze  eransi  obbligati  con- 
tribuire 1  00,000  ducali.  Il  turco  si  scos- 
se (io[)0  la  difesa  di  Scolari  e  dell'  isola 
di  Len»nos,[)er  vedere  le  venete  navi  cor- 
lere  i  niari  colla  lapidila  del  lampo,  e 
toccare  1  lidi  preceduti  dui  terrore  del  no- 
me e  dalla  fama  del  temuto  loro  vessillo. 
La  cosa  (u  disputala,  trovuiidosi  intempe- 
stivo e  dannoso  un  accordo  da  alruni;  al- 
tri poi,  fia'quali  il  doge,  ch'era  sialo  ca- 


V  E  N  237 

pilano  generale  e  ben  conosceva  la  forza 
formidabile  de'turchi,  considerando  i  1  3 
anni  che  durava  la  guerra  (notai  più  so- 
pra,chedi  recente  e  con  documenti  cava- 
li dall'archivio  de'Frari,il  ch.EnricoCor- 
net,  co'  tipi  di  Teiuiler  iitl  1  S55  [lubblicò 
a  Vienna  :  Guerre  de' /eiieli nell'Asia 
1 470-1474)5  ^  P*^'"  l'ei'ario  esausto  non 
esservi  mezzi  a  ojanlener  4o  galere,  vin- 
sero il  parliloe  mandarono  andjasciato- 
re  Girolamo  Zorzi.  Intanto  che  Ira'prin- 
cipi  cristiani,  come  al  solilo,  mollo  si  di- 
scuteva e  nulla  facevasi,  la  flotta  turca 
uscita  da  Costantinopoli  a'  20  maggio 
prese  Caflfa  o  Teoùosia,  ponendo  fine  al 
dominio  genovese  in  Ci  itnea;  perdila  fu- 
nesta all'Europa  in  generale,  che  di  colà 
commerciava  colla  Persia  e  poteva  con- 
certare con  que'popoli,  egualmente  nemi- 
ci de'oiusulmani (siccome  di  sella  diversa 
benché  inaometlaoi)  la  comune  guerra 
contro  di  questi.  Il  senato  non  mancava 
vegliare  allentameiile  sull'isola  di  Cipro, 
coatro  i  movimenli  della  regina  Callot- 
ta ;  ma  le  pratiche  col  turco  non  riusciro- 
no per  le  pretensioni,  come  di  Lem  no, 
Maina  e  Ci  oja,  ed  altri  luoghi  ricevuti  ia 
fede,  e  perciò  non  potersi  cedere  dalia 
repubblica,  onde  furono  poi  respinte  defi- 
nitivamente nell'ottobre.  A' i  6  di  (pjeslo 
il  Papa  convocò  in  Roma  gli  ambasciato- 
ri di  tulle  le  potenze  cristiane,  per  com- 
binare la  guerra.  INè  la  gravila  dell'ester- 
ne cose  sola  occupava  la  provvida  mente 
del  senato,  che  gl'intere>si  interni  ebbeio 
tutta  la  sua  cura.  La  n<oiiela  o  lira  conia- 
la dal  dogeTrone  detta  troiia,  venne  dal 
doge  JMocenigo  riprodotta  nel  j47^  ^^^jI 
nome  di  lira  /iioceuì'i^a,  ma  senza  ia  sua 
immagine, poiché  la  repubblica  maIsoll^i- 
va  tal  costume  de'  le.  Poco  dopo  la  vila 
del  doge  terminò  il  suo  corso.  L'aria  insa- 
lubre de'  contorni  di  Sculari,  resa  tale 
allora  dall' espansioni  e  dagli  impaluda- 
menti del  fiume  Dojana,  avea  in  lui  intro- 
dotto il  germe  di  letale  malattia,  fin  da 
quando  colà  combatteva  :  morì  a'23  fisb- 
biaio  1476  dopo  un  anuoe  oltiedue  me 


23S  YEN  V  li  N 
si  di  principato.  Fu  lodalo  dal  d/  Dome-  nei'.ia  Beatriee  d'Aragona,  figlia  di  Ferdi- 
nico  Bollani,e  fu  sepolto  in  ss.  Gio.  e  Pao-  nando  I  ledi  Napoli,  e  sposa  del  re  d'Un-' 
lo,  ove  lasciò  che  fosse  falla  un'arca  clie  glieria,  e  fu  accolla  e  onorata  coll'ordina* 
ancora  ponìpeggia  fra'splendidi  cnonu-  ria  grandiosa  splendidezza.  A'  aGdicein- 
iiienli  che  ivi  s' aniiuirano,  innaLalagli  hre  i47(^  fu  assassinalo,  per  la  congiura 
nel  i484da'di  lui  fratelli, Giovanni  doge  di  Gio.  Andrea  Lainpugnano,  Galeazzo 
eNicolò. — Aiiilrea  l  eiidraiiiiiio  LXXI  M.' Sforza  duca  di  jMdano.  Gli  successe 
doge.  Era  procuratore  di  dira,  cioè  di  d'  8  anni  il  figlio  Gian  Galeazzo  Sforz.i 
qua  del  Canale,quandoa'5,  o  come  vuole  sotto  la  reggenza  di  sua  madre  Buona  di 
il  prof.  Piooianin  a'6  marzo  1476  fu  pio-  Savoia.  Nel  i^reve  suo  dogado  videconti- 
mos<o  olla  suprema  dignità,  non  senza  di-  nuare  la  guerra  col  turco.  Poco  mancò 
spello  d' alcuni  patrizi,  per  appartenere  non  si  perdesse  Lepanto  per  tradimento  ; 
a  famiglia  falla  noltile  dopo  la  fimosa  gli  abitanti  di  Croja  assediali,  in  una  fe- 
gnerra  di  Chioggia;  molli  ricordandola  lice  sortita  cacciarono  il  nemico,  ma  poi 
sua  origine  lo  dicevano  cnsantol,  cioè  riassahti,  oltre  grandi  perdite,  piansero  la 
venditore  di  grascia,  antica  professione  di  morte  del  Contarini.  E  mentre  l'Albania 
sua  fa(nig!ia.  Andrea  benché  di  76  anni  Irovavasi  così  minacciata,  nel  1477  com- 
conservava  bellissimo  aspetto,  e  a  grandi  parvero  i  turchi  anche  nel  Friuli,  e  io  de- 
ricchezze di  I  60,000  ducati,  univa  gè-  vastarono  dopo  aver  sconfino  il  veneto 
nerositàe  magnificenza.  Di  4  figli  ujaschi,  generale  Girolamo  Novello  che  vi  perì  col 
3  gliene  restavano  ancora  maritati  a  rag-  figlio.  Indi  spinsero  le  loro  orde,  come 
giiardevoli  donne;  ed  appunto  al  gran  torrente  distruggitore,  nel  paese  col  fer- 
parenlado  egli  dovette  la  sua  elezione,  ro  e  co!  fuoco,  e  bruciarono  tutte  le  ville 
poiché  nota  il  prof.  Romanin,  si  rimarcò  tra  l'Isonzo  e  il  Tagliamento,  spargendo 
qiial  cosa  slraoi dinaria  cheavessedatoiu  d'  ogni  intorno  il  terrore  e  la  desolazio- 
doteallesue  figlie  da  6  a  7  mila  ducali  ne;e  v' è  memoria  che  nell'oscurità  del- 
per  ciascuna,  quando  leleggi  non  permei-  la  notte,  dall'alto  del  cnmpaniledi  s.  Alar- 
tevano  che  2,000,  ma  egli  diceva  non  vo-  cosi  videro  le  fiamme.  Si  presero  energici 
ler  guardare  a  denari  per  aver  generi  a  provvedimeuli  nel  novembre,  ma  riusci- 
suomodo.PocodopoSislolVa  mezzodel-  rono  inefUcaci  alle  numerose  torme  de' 
r  ambasciatore  veneto  Antonio  Donato  turchi,  finché  carichi  di  bottino  si  riti- 
gli  donò  la  flosa  d'  oro  benedetta,  la  pii-  rarono,  lasciando  però  dietro  a  se  rovine 
madie  fu  deposta  nel  tesoro  di  s.  Marco,  e  la  peste.  Questa  rapì  un  gran  numera 
secondo  il  biografo  oh.  Casoni.  A'7  apri-  di  cittadini,  con  quasi  tutte  le  monache 
le  concorse  col  patriarca  Gerardia  porre  di  s.  Zaccaria.  Terminando  così  infelice- 
la  I.' pietra  dello  spedale  di  Gesù  Cristo  nienteil  i477,  lo>tosuccedeva  altra  sven- 
presso  s,  Antonio  a  Castello,  destinato  a'  tura  per  la  murte  d'Ussun  Cassan,  man- 
poveri  vecchi  marinari,  atterralo  nel  cando  coi»  lui  l'ultima  speranza  di  valido 
i8io  per  dar  luogo  al  passeggio  de'pub-  appoggio  a'vcneziani, anzi  della  cristiani- 
blici  giardini.  Di  poi  parte  dell' edifizio  là, per  la  quale, combattendo  contro  Mao- 
fu  destinalo  a  seminario  ducale,  come  metto  II,  l'avea  invocato  PapaCalisto  III. 
narrai  nel  §VI,n.  7.,o  voi.  XC,  p.  3o2.  A'  Frallanto  a' 26  aprilei478  scoppiò  iu 
26  settembre  1476  ad  Ercole  I  duca  di  Firenze  la  deplorabile  congiura  de'i^azzi 
Ferrara  nacque  Alfonso  I,  e  la  repnbbli  contro  i  Medici,  di  cui  fu  incolpato  corn- 
ea mandò  ser  Bernardo  Bembo  col  ricco  plice  ingiuslamenteó7.vto  JP"(F.),cou  fu- 
presente  d'una  pezza  di  panno  d'oro,  ov-  nesleconseguen^  che  narrai  pure  nel  voi. 
vero  reslagiio,  per  assistere  alla  solennità  LXXVHl,  p.  i43  e  seg.  il  Casoni  pri- 
dcl  battesimo.  Uà  mese  dopo  giunse  a  Ve-  ma  di  compiere  la  biografia  del  doge  Veu- 


V  E  N 
(li  amino,  narra  il  tegnente  curioso  aned- 
doto, a  saggio  della  rigorosa  semplicità 
di  que'  tempi,  e  dell'orrore  in  cui  giu- 
stamente si  aveano  gli  errori  contro  la 
fede.  Certo  Galeotto  >'arnio,  ossia  di  iNar- 
ni,  che  godeva  fama  di  savio  e  di  molto 
dotto,  fu  accusato  d'eresia  quale  autore 
d'  un  libro  contenente  prave  dottrine,  e 
diffuso  in  Ungheiia  e  Boemia  vi  avea  fat- 
to n»olli  proseliti.  Processala,  u«cì  la  con- 
danna (U  6  mesi  di  carcere  a  pane  ed  ac- 
qua, ma  a  salutare  esempio  prima  venne 
esposto  su  d'  un  alto  solaio  nella  piazza 
di  s.  ì\|^ico,  con  in  capo  una  corona  di 
figure  esprimenti  demonii,  perchè  alla 
presenza  dell'inquisitore  e  de'suoi  com- 
pagni seduti  in  li  ibunale  ascollasse  h  pro- 
pria sentenza,  equindi  si  bruciò  alla  sua 
presenza  il  libro  erroneo,  e  losi  costringe  a 
pubblicamente  confessare  i  propri  erro- 
ri, e  dichiararsi  colpevole  e  pentito  onde 
in  parte  riparare  allo  scanddodato  e  al 
male  fatto.  Ma  pe'dileggi  del  popolo,  che 
volle  motteggiarlo  per  essere  ridicolosa- 
mente  corpacciuto,  e  pel  iligiuno  che  do- 
vea  subire,  irritai  osi  die  vivacissime  ri- 
sposte con  pronta  ed  indilfeiente  fermez- 
za. Moti  il  doge  dopo  circa  due  anni  e 
due  mesi  di  se""io  a'6  ma^i-io  iAtSJo- 
dato  dal  d."^  Guolamo  Conlaiini  priore 
di  s.  Giovanni  de'  cavalieri  gerosolimi- 
tani, ed  ebbe  tomba  nella  chiesa  de'Ser- 
%i  di  Ilaria,  dove  i  suoi  figli  eressero  poi 
quel  cospicuo  monutuenlo  architettato 
e  decorato  forse  da  Alessandro  Leopar- 
di, avendo  avuto  mano  nelle  sculture  an- 
che Tullio  Londjarilo.  Demolita  tale 
chiesa,  fu  Ira^fei  ito  in  c(uella  de'ss.  Gio. 
e  Paolo,  o\e  si  ammira  come  il  più  no- 
bile e  di  bello  stile  di  quanti  ne  conta  la 
città.  INella  Promissione  tlucale  furono 
aggiunte  Ira  le  altre  cose,  che  il  doge  non 
potesse  permettere  la  sua  «uma  fuor  del 
pfdazzo,  e  ne  furono  determinate  le  re- 
galie. Cosi  andavasi  quasi  per  ogni  nuo- 
vo doge  a  restringerne  il  potere  e  le  pre- 
rogative, o  con  aiupliazioue  delle  cose  de- 
cretale 0  con  aggiunta  di  nuove.  —  Gio- 


V  E  >'  5  3.) 

vanni  Mocenii^o  LXXII  doge.  Fratello 
del  penultimo  doge,  nomo  di  somma 
bontà  e  di  singoiar  modestia,  era  sena- 
tore gravissimo  ed  avea  sostenuto  cospi- 
cue maoisti  alme.  Di  70  anni  fu  inunlza- 

10  al  tiono  ducfde  a'  18  maggio  i47<^» 
mentre  le  piatiche  della  pace  co'  turchi 
erano  svanite  e  si  proseguiva  la  guerra, 
e  quindi  altre  ardentissime  in  Italia  tra- 
vagliarono il  suo  dogado.  Questocomin- 
ciò  con  rinnovarsi  atrocissima  pestilenza, 
che  serpeggiando  per  Venezia  con  mie- 
tere da  3o  a  40  vittime  al  giorno,  giun- 
se a  rapii  ne  qiiotidianaujente  r  io.  Tan- 
to era  generale  l'aiilizionee  la  pena,  che 
luinoratosi  anco  pel  timore  il  concorso 
de' patrizi,  convenne  ordinare  che  1  au- 
ree barche  ducali  girassero  per  la  città, 
onde  condurre  i  senatori  alle  sedule  di 
consiglio,  e  dopo  esauriti  gli  alfui  di  sla- 
to, accompagnarli  alle  case  loro,  senza 
comunicare  col  rimanente  de' cittadini. 

11  IMiiliuellidice  che  morirono  anche  i  5o 
persone  al  gioino  e  durò  la  peste  un  an- 
no, e  fu  allora  che  si  ricorse  al  patroci- 
nio di  s.  Fiocco,  ed  ebbe  origine  la  scuo- 
la in  suo  onore,  che  saPi  poi  iu  tanta  ce- 
lebrila, pel  narralo  nel  §  XI 11,  n.  ì.  Du- 
rava da  un  anno  1'  assedio  di  Croja  di- 
fesa da  Jacopo  da  Mosto  e  da  Giovanni 
figlio  diScdiKleiberg, quando  alfine  stret- 
ta dalla  fame,  si  arrese  dopo  i  1  5  giugno 
1478;  e  nonostante  la  promessa  tiella  si- 
curezza delle  persone, queste  fuono  mes- 
se a  morte,  ad  eccezione  di  pochi  de'piìi 
licchl  a' quali  fu  imposto  grosso  risralto. 
Era  questo  un  eseuqiio  ili  ciò  che  avea- 
no da  atleudeisi  gli  abitanti  di  Scalari, 
la  cui  città  Irovavasi  di  nuovo  assediata 
dallo  slesso  Maometto  li  con  formida- 
bilissimo esercilo,  le  di  cui  artiglierie a- 
veano  portate  10,000  cammelli,  con  al- 
cuni cannonidi  straordmariocalibro sca- 
gliando palle  di  I  3oo  libbie.  Già  perdu- 
te anco  Lisso  e  Dri vasto,  la  repubblica 
inculcò  ogni  sforzo  al  generale  Antonio 
Loredano  e  al  provveditore  Tommaso 
Malipiero,  per  salvare  almeno  Scutaii. 


2,^0  V  E  N 

Dopo  (en  ibile  bombardamento,  datDsi  il 
generale  assalto  a'22  b«glio,  i  turclii  con 
prodigi  di  valore  furono  respinti,  onde 
jl  sultano  ne  partì  lasciando  parte  dell'e- 
sercito al  blocco  della  città.  Crescendo  ad 
ogni  dì  le  sue  angustie,  né  potendo  gli 
eroici  abitanti  durarla,  si  ,sc[)pe  a  Vene- 
zia d'  un  nuovo  eseicito  turco  cbe  do- 
veva calare  in  Italia,  i  cui  principi  era- 
no in  discordia  e  guerra  Ira  loro,  quin- 
di restare  sola  la  repubblica  a  sostenere 
tanta  spesa  e  tanti  sfur^i,  però  a'  4  g*""- 
iiaio  1479  ^^  lipresa  la  discussione  del- 
la pace,  ed  a'25  fu  conclusa.  Venne  sta- 
bilito, comprendersi  il  duca  di  Nasso,  li- 
bera la  navigazione,  avrebbe  la  repub- 
blica il  suo  bailo  a  Costantinopoli  con 
giurisdizione, pagare  annui  ducati  dieci- 
mila per  le  francbigie  del  commercio,  e 
centomila  in  due  anni,  cedendo  Sciita- 
ri,  Stalimene  e  gli  altri  luoghi  occupali 
iuMorea  nella  guerra:  in  cambio  di  che, 
il  sultano  restituirebbe  i  luogbi  della  si- 
gnoria sino  a' confini  vecchi,  bi  conse- 
guenza di  questo  trattalo  uscirono  da 
Scutari  4^0  uouiini  e  i  5o  donne,  mise- 
ro avanzo  della  popolazione  distrutta 
da  combattimenti,  e  giunti  a  Venezia 
furono  date  pensioni,  impieghi  e  la  ter- 
ra di  Gradisca  per  coltivarsi  a  loro  van- 
taggio, 1  prigioni  d'  ambo  le  parti  furo- 
no liberali,  ed  a'  2  5  aprile  fu  pubblica 
ta  la  pace.  Racconta  il  cav.  Mutinelli  che 
IMaometto  11  invilo  il  do^e  ad  assistere 
alle  nozze  d'un  suo  figlio,  a  fine  di  m.ig- 
giornvente  onorarle,  e  di  speilirgli  un  va- 
loroso pittore,  bi  <|uesto  fu  esaudito, man- 
dandosi Gentile  bellini,  accolto  cun  di- 
niostrazioni  di  grande  umanità.  Fece  il 
ritratto  del  sultano  e  della  sultana,  am- 
mirati da'  turchi  come  cose  miracolose. 
Vago  poi  IMaometto  il  d'aver  la  testa  nel 
disco  de!  battista,  il  quale  come  profeta  è 
pur  da'turchi  riverito,  l'eseguì  con  di  lui 
soddisfazione;  ma  il  sultano  s'accorse  che 
il  collo  di  troppo  sopravanzava  dal  capo, 
e  parendogli  che  Gentile  rimanesse  sospe- 
so,perdimosliargli  il  naturale  eilelto.chia- 


VEN 
malo  n  se  uno  schiavo,  gli  fece  troncar  l<i 
testa,  indicando  al   pittore   come  divisa 
quella  dal  busto,  tlculloalfatto  si  ritirasse. 
Per  la  qual  barbarie  intimorito  Gentile,  si 
licenziò  e  fuggì  alla  patria.  Notai  nel  voi. 
LX.XXI,p.  2  I  5  che  Gentile  incise  o  piut- 
tosto soltanto  disegnò  pure   mi  1    meda- 
glia coir  elligie  di  Maometto  11  ;  il  quale 
colle  sue  mani  gli  conferì  la  decorazione 
ili  cavaliere:  la  repubblica    lo   provvide 
con   assegno    vitalizio.    iVon    conviene    il 
eh.  Zanotto  che  Gentile,  ed  è  dubbio  che 
altro  pittore,  il  quale  lavorò  alla  corte  di 
Abiomelto  11,  ottenesseda  lui  la  forazzd, 
l'elmo,  gli  speroni  e  la  spada  che  usava 
il  conquistatore  doge  Enrico   Dandolo 
quando  stava  a  Coslanlinopoli,  e  ne  fi- 
cesse  presente  alla  famiglia  del  grand'uo- 
mo.  E'  certo  che  tale  spada  col  seguo  de' 
crociati,  in  Venezia  fu  veduta  da  Pietro 
Gradenigo,  ma  s'  ignora  come  vi  perve- 
nisse ed  ove  ora  si  trovi.  Della  pace  co' 
turchi  furono  non  poco  censurali   i  ve- 
neziani, ma  per  lutto  il  sin  qui  benché 
appena  accennato,  non  avendo  essi  ripor- 
tato in  23  anni,  de' (juali    l  6  interrolta- 
mente,  da'lanti  loro  eccitamenti  che  va- 
ne parole  o  al  più  alcun  sussidio  allatto 
insudiciente,  è  giusto  il  convenire  che  so- 
li non  potevano  tener   fronte  alla   ster- 
minata potenza  oltouiana.  A  tutto  que- 
sto si  aggiunga  la   guerra  che  si  combat- 
teva in  Tosca/m  ( /\j  dal  Papa,  ed  una 
lega  che  si  meditava  Ira  Milano  e  Fran- 
cia per  un  nuovo  riparto  d'Italia  a  dan- 
no de'  veneziani.  Questi  intanto  aveva- 
no  consigliato  i  fiorentini   a    liberare   il 
c;u'dinal    IialKiele  biario  nipote  di  Sisto 
IV,  imprigionato  per  crederlo   a    parte 
della  suddetta  congiura  de'Pazzi,  e  fatto 
di  tutto  per  calmar  1'  ira  dello  stesso  Pa- 
pa, che  inoltre  avea  scomunicalo  i    fio- 
I  entini,  e  si  era  collegalo  con  Ferdinando 
1  re  di  Aapoli,  e  fatto  generale  della  lega 
il  valoroso  e  invitto  Federico  duca  d'f  /•- 
l'ino.  Indi  si  dichiararono  a  fa  vore  de  lio- 
rentini,i  veneziani, il  duca  di  INblano,  l'un- 
peralore  Federico  III  e  Luigi   XI   re  di 


V  E  N 

Francia,  non  che  Ercole  Iduca  di  Ferra- 
ra fallo  capitano  generale.  Nuovamente 
piocuiò   la   repubblica  pacificare  il  Pa- 
pa e  comporli  co'  fiorentini, afTinchè  poi 
Italia  colie  forze  unite   potesse  volgersi 
alla  comun  difesa  contro  i  turchi  ;  e  nulla 
ottenendo  richiamò  da  Pionia  l'ainbascia- 
lore  Sebastiano  Badoer,  e  soccorse  i  fio- 
rentini, facendo  capitano  generale  della 
gente  da  terra  Roberto  Malalesla  da  Ui- 
Diini.  Intanto  il  le  di  Napoli  indusse  Ge- 
uova  a  sottrarsi  did  dominio  milanese, pro- 
clamando doge  Battista  Fregoso,  e  il  Pa- 
pa mosse  gli  svizzeri  centro  Milano,  il 
governo  delqnale  fu  di  prepotenza  assun- 
to da  Lodovico  Sforza  iL'I/oro,ziodel  du- 
ca, che  non  più  ebbe  parte  colla  madre 
nel  potere.   Ma  Lorenzo  de  Medici,  a' 6 
marzo  1480,  si  pacificò  col  re  di  INapoii, 
all'insaputa  del  Papa,  come  i  veneziani 
furono  a  un  tratto  abbandonati  dagli  al- 
leati, il  perchè  a'  1  7  aprile  Sisto  IV  fece 
lega  colla  repubblica  a  reciproca  tutela, 
dichiarando  generale  di  essa  Girolamo 
Piiario  signore  d'Imola  e  poi  di  Forlì,  ni- 
pote del  Papa.  Nello  stesso  tempo  la  re- 
pubblica prese  a'  suoi  stipendii,  in  qua- 
lità di  luogotenente  dell'esercito,  Fienaio 
duca  d'  Angiò,  pretendente  al  regno  di 
Napoli.  Maometto  li  sospirando  il  con- 
quisto d' Italia  e  di  B-oma,  nell'agosto 
fece  espugnare  Otranto  nel  regno  di  Na- 
poli, onde  tutta   Italia  fu  compresa   di 
terrore,  ed  universale  fu  la  confusione 
per  l'escursione  de'turchi  al  santuario  di 
Loreto.  Furono   tacciati  i   veneziani  da 
alcuni  storici,  d*  aver  eccitalo  i  turchi  a 
questa  spedizione  contro  il  re  Ferdinan- 
do I,  per  vendicarsi  di  lui,  ma  le  noli- 
zie  pubblicale  dal  vero  e  probo  slori - 
co   Kon)anin,  colle  notizie  da  lui  tratte 
da'  libri  segreti  del  senato,  smentiscono 
quell'accusa.  Anzi  la  repubblica  fu  col- 
pita da  serie  apprensioni,  inceita  del  fi- 
ne di  que'movimenli,  tanto  più  che  nel* 
l'agosto  precedente  un  ambasciatore  tur- 
cosi  recò  in  Venezia  a  olh  ire  soccorsi  con- 
tro i  suoi  nemici,  mentre  era  intenzione 
VCL.  xcii. 


V  E  N  -ìU 

del  sultano  di  muovere  a'  danni  del  re- 
gno di  Napoli.  La  repubblica  ringraziò, 
n)a  temendo  anche  per  se  scrisse  al  ca- 
pitano generale  della  flotta  di  ritirarsi  a 
Corfù  per  difendere  l'isola,  e  poi  incari- 
cò il  suo  oratore  a  Costantinopoli  di  dis- 
suadere il  sultano  dalla  disegnala  impie- 
sa  del  golfo.  Crescendo  i  timori,  la  repub- 
blica prese  altri  provvedimenti,  e  dover- 
si trattar  la  flotta  turca  amichevolmen- 
le,  per  risentirsi  ancora  della  gueria  so- 
slenuta,e  curare  la  conservazionedella  pa- 
ce, per  cui  si  scusò  d'aiutare  il  redi  iVapo- 
li,  che  senza  ombra  di  sospetto  erasi  ad  es- 
sa rivolto  dopo  la  presa  d'Otranto.  Frat- 
tanto Alfonso  duca  di  Calabria,  primo- 
genito del  re  di  Napoli,  che  tentava  l'im- 
presa di  Siena, accorse  ad  assalire  Otran- 
to riportando  un*  iuvigne  vittoria,  onde 
la  repubblica  fece  le  sue  gratulazioni  col 
Papa  e  col  duca,  e  maggiori  col  re  quan- 
do in  conseguenza  della  morte  di  Mao- 
metto II,  avvenuta  a' 3  maggioi48'j  i 
lurchi  totalmente  si  ritirarono  da  Otran- 
to. Allora  Ferdinando  V  re  d'Aragona  e 
Castiglia  eccitò  la  repubblica  ad  una  lega 
generale  contro  i  turchi,  essendo  propizio 
il  momento  per  venir  contrastatala  suc- 
cessione del  sultano;  mala  patita  disastro- 
sa guerra  e  la  recente  pace,  per  la  con- 
servazione dello  slato,  non  le  permise 
aderirvi;  ed  insieme  ricusòaRenatod'An- 
giò  d'impetiargli  dal  Papa  l'investitura 
del  regno.  Divenuto  sultano  Bajazet  II 
figlio  elei  defunto,  ricominciarono  le  mo- 
lestie turche  in  Dalmazia,  onde  la  repub- 
blica inviò  un  oratore  a  Costantinopoli, 
che  a'  12  gennaio  14B2  ollenne  la  con- 
ferma della  pace,  e  poi  ritenendosi  il  Rid- 
iano Cefalonia  le  restituì  Zante  per  5oo 
ducati  l'anno.  Anche  i  cavalieri  gerosoli- 
mitani di  Rodi  si  pacificarono  col  sulta- 
no, a  condizione  di  custodirgli  il  fralello 
Zizim  o  Gem  a  quiete  di  Turchia,  per  di- 
sputargli il  trono:  in  quell'articolo  nar- 
lai  come  poi  Zizim  passò  nella  custodia 
del  Papa,  e  circa  alla  sua  morte,  anche 
nel  voi.  LXXXIX,  p.  3o4.  Ma  questo 
16 


a-l?' 


V  E  N 


non  lungo  ilogado  dove;!  essere  spj^nnlato 
da  una  successione  di  guerre.  Scoppiò  col 
duca  di  Ferrara  (f.)  Ercole  I,  per  ge- 
losie e  dispule  di  confini  e  del  sale  di  Co- 
oiacchio;  il  cpiale  inorgoglito  per  essere 
divenuto  genero  di  Ferdinando  I,  avea 
dimenticato  la  gratitudine  che  dovea  a' 
veneziani,  [)er  averlo  aiutato  quando  in- 
sorse contro  di  lui  il  nipote  iNicpIò;  laon- 
de il  visdouiino  Vettor  Contarini  era  par- 
tito da  Ferrara,  scomunicato  da  Donato 
Marinello  d'  Arezzo  vicario  generale  del 
vescovo,  per  aver  nel  ìl\.So  fatto  ai  resta- 
re un  chierico  per  debili  di  piccola  son>- 
nia,  per  T  incompetenza  del  foio,  previe 
avvertenze.  La  repubblica  intimò  al  du- 
ca di  f.ire  rivorare  la  censiua  ecclesiasti- 
ca, e  reintegrare  il  visdomino  nell'  ono- 
re e  ne'danni  soderti,  essendo  ciò  dispia- 
ciuto al  Papa  e  allo  stesso  vescovo  di  Fer- 
rara, che  da  Roma  avea  ingiunto  al  vi- 
cario di  levare  la  scomunica,  che  final- 
mente fu  tolta,  ma  non  pubblicamente, 
come  ordinava  il  vescovo  ed  esigeva  la  re- 
pubblica, poiché  pare  che  vi  avesse  avu- 
to mano  il  duca.  In  Venezia  vinse  il  par- 
lilo della  guerra  contro  di  lui,  e  fu  gran- 
de il  contento  del  popolo.  Si  proclamò 
da  un  pidjblico  banditore  a'  2  maggio 
1482,  su  cpiella  pietra  medesima  che 
chiamasi  del  bando,  ed  ancora  esiste  sul- 
la piazza  di  s.  Marcoj  nelqual  giorno  il 
doge  consegnò  lo  stendardo  di  s.  IVIarco 
a  Roberto  di  Sanseverino,già  agii  stipen- 
di! del  duca  di  IMilano,  col  titolo  di  luo- 
gotenente generale  e  crealo  nobile  vene- 
ziano,avendoa  provveditore;  Antonio  Lo- 
redano,  il  benemerito  difensore  di  Scu- 
tari;  il  comando  della  flottiglia  fiiafìlda- 
lo  a  Damiano  Moro.  Così  ripulhdò  la 
guerra  in  tutta  Italia,  divisa  in  due  gran- 
di fazioni.  Erano  col  duca  di  Ferrara,  il 
suo  suocero  re  di  Napoli,  i  fiorentini,  Lo- 
dovico Sfoiza,  il  marchese  di  IVfanlova, 
Giovanni  Denlivoglio  capo  della  repub- 
blica di  Bologna,  e  la  romana  casa  Co- 
loruia.  Erano  co'  veneziani  Sisto  IV,  il 
suo  nipote  conte  Girolamo  Riario  signo- 


VE  N 

re  di  Forlì  e  Ttnola,  il  marchese  di  IMoii- 
ferrato,  la  repubblica  di  Genova,  Pietro 
RI.*  Rossi  conte  di  s.  Secondo  nello  stalo 
di  Parma.  Per  opera  di  quest'ultimi  prin- 
cipalmente maneggiavasi  di  riniellere 
nella  reggenza  del  ducato  di  Milano  la 
duchessa  Dona  cacciata  dal  cognato  Lo- 
dovico  Sforza.  Partilo  il  Sanseverino  al- 
la volta  del  Polesine,  cominciò  nel  mag- 
gio 1482  le  sue  operazioni  di  difesa  e 
d'  occupazione  del  Polesine,  di  Rovigo  e 
altri  luoghi,  espugnandosi  Ficarolo  an- 
temurale di  Ferrara,  fors'  anche  per  cer- 
te nuove  bon)barde  inventale  da  maestro 
Alvise,  al  cui  scoppio  esalavano  fumo  av- 
velenalo che  cagionava  la  morte.  Tanti 
vantaggi  riportali  e  la  vittoria  d'Argenta 
de'6  novembre, non  che  i  danni  recati  dal- 
la flotta  di  Vettor  Soranzo  alle  spiagge 
napoletane,  mossero  Ercole  I  a  tentare 
un  accordo,  ma  senza  elTetto.  Si  cond^at- 
leva  pure  dall'  altra  parte,  poiché  Sisto 
IV  assalito  da  Alfonso  duca  di  Calabria, 
anche  co'  turchi  al  suo  soldo,  sin  da'i  i 
agosto  avea  ollenuto  segnalata  vittoria 
vicino  a  f^ cllctri  (f''.),  nel  luogo  perciò 
detto  Campo  Morto,  pel  valore  di  Ro- 
berto Malatesta  cedutogli  con  truppe  da' 
veneti,  indi  morto  in  Roma  per  la  sover- 
chia fatica  sostenuta  nella  pugna;  men- 
tre in  Ferrara  morì  il  celebre  Federico 
duca  d'  Urbino  generale  de^a  lega.  Non 
ostante,  il  Papa  cedendo  all'insinuazioni 
del  re  e  dello  Sforza,  intimorito  dal  du- 
ca e  da'  Colonnesi  minaccianti  Roma,  si 
riconciliò  con  que'  principi  e  aderì  alla 
lega  contro  la  re[)ubblica  già  sua  allea- 
ta, per  avere  stretto  d'assedio  Ferrara. 
Tutto  partecipò  Sisto  IV  alla  repubbli- 
ca r  I  I  dicembre,  invitandola  a  ritirarsi 
dall'  impresa,  perché  ne  verrebbe  laude 
immortale  al  veneziano  governo.  In  vece 
per  tale  mutamento  il  senato  levò  gran- 
di lagnanze,  a*27  richiamò  il  suo  amba- 
sciatore Francesco  Diedo  da  Roma,  giu- 
stificandosi col  Papa  di  sua  condotta,  il 
quale  l'esortava  alla  pace  nel  punto  eh  e- 
la  prossima  la  fine  della  guerra  coll'im- 


minenle  presa  di  Ferrara.  Sisto  IV  stette 
ferrilo,  e  da  Aiìcona  fece  pai  lire  5  g idee 
per  unirle  alle  3o  diil  re  inviate  a'  danni 
ilella  repubblica  ;  ed  0*25  maggio  i4'^3 
sentenziò  la  sconi unica  contro  la  repub- 
blica, e  d'ordine  del  legalo  cai  dinal  Gon- 
zaga fu  pubblicata  in  Ferrara  il  i.°  giu- 
gno sopra  d'  un  palco  eretto  in  mezzo 
alla  piazza  da  fr.  Cesario  dell'  ordine  ile* 
servi  di  Maria  (per  singoiar  coincidenza, 
pi  il  tardi  uo  suo  correi  igioso  difese  la  re- 
pubblica da  altro  pontifìcio  interdetto), 
inetitie  il  feri  arese  Titolo  Novello  vesco- 
vo d'Adria  celebrava  la  messa  sulla  por- 
ta del  duomo.  Sisto  IV  indi  a  il  "iu^no 
parteci[)ò  a  Venezia  1'  interdetto  contro 
la  repubblica  con  monitorio  ili  scomuni- 
ca se  denti oi 5 giorni  non  si  fosse  ritira- 
ta dall'assedio,  appartenendo  lo  stato  di 
Ferrara  alla  sovranità  della  s.  Sede.  Il 
Papa  mandòla  bolla  di  scomunica  al  pa- 
triarca di  Venezia  Gerardi  per  comuni- 
carla al  doge  e  alla  signoria  sotto  [)ena 
di  sospensione  e  maledizione;  il  prelato 
si  finse  malato,  fece  sapere  ogni  cosa  al 
doge  e  alla  signoria,  ma  gli  fu  ingiunto 
ligoroso  segreto  e  di  continuar  la  cele- 
brazione degli  udlzi  divini  come  prima. 
Dicbiarò  quindi  la  signoria  appelliusi  od 
lui  futuro  concilio,  nominò  5  dottori  nel- 
le leggi  oanonichec  prelati  ad  esaraiuare 
la  questione,  che  furono  M.  Antonio  Sa- 
laco  arcivescovo  di  Corinto,  ed  i  vescovi 
Nicolò  Franco  di  Pareiizo  e  poi  di  Tre- 
viso, Pietro  da  Monte  di  Croja,  Leone 
Gar.iton  di  Sitia  e  Francesco  Contarini 
di  Negroponle,  con  altri  nobili  e consul- 
t(jri,  i  quali  tutti  approvarono  l'oppeila- 
zione.  e  una  copia  ne  fu  mandata  per 
corriere  a  Roma  adafìlggeila  alla  porta 
della  chiesa  de*  ss.  Celso  e  Giuliano,  si- 
tuala presso  ponte  s.  Angelo,  nella  via 
che  conduce  al  Valicano.  Ma  essi  non  do- 
vevano ignorare,  che  per  aver  fatto  al- 
trettanto Sigismondo  duca  d'Austria  fra- 
tello dell'imperatore,  Pio  II  colla  bolla 
Exccrabilis^  de'  1 8  gennaio  i  i\5(),  Bull. 
Ront.f  t.  3,  par.  3,  p.  97,  avea  vietato 


V  E  IV  ^.\", 

sotto  pena  di  scomunica  gli  appellanti  dal 
Papa  al  futuro  concilio,  come  rei  di  ere- 
sia ele-rf  maestà.  E  Sisto  IV,  ad  esempio 
di  Pio  il,  dimostrò  con  una  sua  bolla, 
essere  1'  autorità  della  s.  Sede,  e  di  Chi 
in  essa  risiede,  superiore  a  tutti  i  conci- 
lii.  Vedasi  Ziìcc&v\a,/Jnti-Feb!iroiiìO,  t.  2, 
p.  371,  cap.  5  :  Delle  appellazioni  ni 
ftiliiro  concilio.  Si  mostra  la  no^'ilà  e 
reità  loro.  Mauro  Cappellari,  poi  Grego- 
rio XVI,  //  trionfo  (Iella  s.  iSVv/e,cap, 
10  :  U  effetto  delle  scomuniche  imj)0s te 
da'  Romani  Pontefici  non  dipende  dal- 
l' espresso  consenso  della  Chiesa,  ma 
dall'intrinseca  loro  efficacia j  e  ipiiudi 
esso  pure  dimostra  infallibili  i  Pontefici. 
Quindi  la  repubblica  spedì  ambasciatori 
a  istruire  di  tutto  l'imperatore,  i  re  di 
Francia  e  d'  Inghilterra,  i  duchi  di  Bor- 
gogna e  Austria.  La  guerra  si  continua- 
va in  varie  parti,  per  mare,  in  Lombar- 
dia, e  nella  Puglia,  dove  i  veneziani  colla 
flotta  comandata  dal  capitano  generale 
Giacomo  Marcello,  che  vi  perì,  oltre  al- 
tri luoghi, preseroe  saccheggiarono  Gal- 
lipoli, dopo  aver  tutelalo  l'  onestà  delle 
donne.  Di  più  la  repubblica  die  il  primo 
eccitamento  a  Luigi  XI  re  di  Francia  -i 
venire  a  far  valere  i  suoi  diritti  sul  re- 
gno di  Napoli,  avendone  spoglialo  l'Au- 
gioino  Carlo  del  Maine;  e  chiamò  Luigi 
di  Valois  duca  d'Orleans,  poi  Luigi  XII, 
a  togliere  lo  stato  di  Milano  a  Lodovico 
il  Moro.  Infime  politica,  ma  pur  trop- 
po non  nuova  in  Italia,  esclama  l'impar- 
ziale storico  prof.  Romanin.Le  (juali  cose 
tutte,  fecero  risolvere  Sisto  IV  a  doman- 
dare nel  maggio  i  4^4  ^'^^  '"  '"'  *'  '"'* 
mettesse  l'arbitrato  delle  faccende  ferra- 
resi ;  ina  nfin  si  potè  nulla  concludere 
dal  cardinal  Giorgio  da  Costa  arcivesco- 
vo di  Lisbona,  a  tale  elTetto  mandato  in 
Cesena  legato,  e  ciò  per  voler  egli  trop- 
po, ed  i  veneziani  nel  supplicarlo  d'es- 
ser assolti  dalle  censure  cercavano  tem- 
po per  fare  ulteriori  apparecchi  guerre- 
schi, come  dice  il  Novaes  nella  Storia  di 
Sisto  IF.  »  Sludiaronsi  i  veneziani  di 


244  V  E  N 

conciinre  Gonlro  del  Popa  i  re  di  Spagna 
e  di  Francia,  supplicandoli  di  approvare 
In  loro  ap[)cllazione,  ma  resJan(>a  inutili 
i  loro  maneggi,  Luigi  XI  re  Cristìanissi- 
ino  volle  all'opposto,  che  la  sentenza  di 
Sisto  IV  (la  bolla  contro  l'appellazione), 
fosse  con  grande  solennità  pubblicala". 
Altrettanto  e   meglio  riporta  l'annali- 
sta Rinaldi.  Trovavansi  i  belligeranti  di 
fronte  sul  Bresciano,  quando  Gianiacopo 
Trivulzi  capitano  di  Lodovico  andò  dal 
Sanseveriuo  dicendo  die  bisognava  cer- 
car di  accomodare  le  dilferenze  de'  loro 
principi,  onde  autorizzato   dal  consiglio 
de*  Dieci  convenne  a'22  luglio  i484  ad 
una  sospensione  d'armi.  Tatti  inclina- 
\nno  alia  pace,  in  uno  al  Papa.  Si  con- 
cluse a  Bagnolo  a'  7  agosto,  colla  resti- 
tuzione reciproca  dells  lene  occupale, 
la  casa  di  Venezia  e  i  beni  Estensi  ad  Er- 
cole I,  però  rilenendosi  la  repubblica  il 
Polesine  e  Rovigo,  che  fu  per  essa  il  frutto 
d'  una  guerra  disastrosissima.  Il   Sanse- 
"verino  fu   premialo  con   Cittadella    nel 
Padovano  e  Monlorio  nel  Veronese,  con 
una  casa  sul  Canal  grande  a  s.   Agnese, 
pensione  vilalizia  alla  mogliedii  ootlucali 
e  il  donodi  i  0,000  alla  figlia.  Il  Papa  seii- 
rt  con  gran  dolore  il  ti  allato,  per  r.on  es- 
sere sialo  consultalo  da  Ferdinando  I  e 
dagli  altri  collegati,  i  quali  avendo  più 
riguardo  a'  loro  vantaggi,  trascurarono 
alfatloqtielli  della  s.  Sede,  conculcando- 
ne l'onore  e  le  ragioni,  ne  v'  inclusero 
il  nipote  conte  Girolamo  Riario.  A  Sisto 
IV  perciò  si  aggravò  il  male  che  lo  tor- 
mentava, e  rammaricalo  ne  mori  a'i  3  a- 
goslo  1 484-  Al  successore  Innocenzo  Vili 
genovese  tosto  scrisse  la  repubblica  riepi- 
logando le  cagioni  e  i  successi  della  guer- 
ra di  Ferrara,  e  pregandolo  levasse  l'in- 
terdetto. Il  nuovo  Papa,  amatore  della 
pace,  anche  per  bandir  la  crociala  con- 
tro i  turchi,  fece  cessare  ogni  ostilità  con- 
tro i  veneziani,  e  per  mediazione  de'car- 
dinali  nazionali  con  bolla  de'28  febbra- 
io 14^5  levò  rinterdello,  li  assolse  dalle 
censure  e  li  rimise  nella  scia  grazia.  La 


YEN 
sorte  avea  disposto  che  il  periodo  d i que- 
sto ducato  fosse  infausto;   l'incendio  di 
parie  del  palazzo  ducale  e  d'una  cupola 
della  vicina  chiesa,  avvenuto  a'  \\  set- 
tembre 1483,  con  perdita  di  celebri   pit- 
ture e  del  piano  geografico  d'Italia,  onde 
la  signoria  trasferì  la  sua  residenza  in  casa 
Duodo  di  là  dal  rivo;  la  peste,  le  guerre^ 
il  pontificio  interdello,  furono  amarezze 
poco  raddolcite  dalle  pidibliche  feste,  da' 
sontuosi  tornei  dati  in  piazza  di  s.  Mnr- 
co  per  solennizzare r  ultima  pace;  per  la 
quale  la  repubblica  riconobbe  la  tutela 
di  Lodovico  il  il/o/o sul  nipote  Gian  Ga- 
leazzo. Nel  senato  fu  lungamente  dispu- 
talo sulla  ricostruzione  del  palazzo,  che 
alcuni  volevano  più  grande  e  magnifico, 
finché  fu  deliberato  si  facesse  come  al 
presente  si  vede  dalla  parte  del  rio  e  nel- 
rinlerno  cortile.  La  peste  ricomparve  di 
nuovo  nel  maggio  i485,  e  il  doge  tocco 
dal  morbo,  cessò  di  vivere  a' 4   novem- 
bre, o  a'  i4  come  vuole  il   prof.  Roma- 
niu;  e  venne  subilo  tumulalo  in  alto,  in 
monumento  ricco  per  simulacri  e  per  di- 
ligenti intagli,  presso  1'  arca   dell'  altro 
doge  Tommaso  Mocenigo,   nella  chiesa 
de'  ss,  Gio.  e  Paolo,  ove  disse  le  lodi  di 
lui  Girolamo  Molin,  Durante  la  vacanza 
fu  fatto  l'ufi'icior/e  sopra  i  <t///,  cioè  Prov- 
veditori agli  alti  de'sopragaslaldiche  for- 
mavano la  2,'"  istanza  in  appello  dalle 
senteozede'gastaldi  ducali.  Inoltre  si  sta- 
bili che  il  doge  non  potesse  fnr primice- 
rio della  chiesa  di  s.  Marco,  2.''dignilà  ec- 
clesiastica dopo  il   patriarca,    alcun  suo 
parente;  che  non  potesse  dare  ad  alcuno 
il  titolo  di  Magnifico^  e  avesse  a  ricevere 
il  berretto  o  corno  ducale  dal  consigliere 
anziano  colle  parole:  Accipe   Coronarli 
Ducatus  Veìielianmi.  Che  i   proclami 
fatti  per  decreto  de'consigli  fossero  in  no- 
me del  doge. 

11.  Marco  Barò  arigo  LXXTIIdoge. 
Personaggio  senatorio,  dotato  di  grande 
memoria  ,  giusto  e  savio,  per  merito  e 
per  virtù  rispettato,  pio  e  d'indole  soa- 
ve; ma  caldo  di  patrio  amore,  soslenilo- 


V  E  N 

re  robustissimo  deirorJifiL',  piìi  volte  Ino- 
nò  iliilla  ti'ibiina  coiiliu  i  deploiancli  fu- 
rori de' parlili  guelfo  e  ghibellino,  non 
perchè  in  Venezia  esistessero  lafi  fazioni, 
ma  bensì  quelli  che  ne  seguivano  le  ten- 
denze, pei'  tener  lontano  da  essa  il  mia- 
saia  loro  infernale,  che  pur  tentava  pe- 
netrarvi. A'  I  g  novembre  i485  eletto  do- 
ge, fu  ih."  cui  per  ìtatutaiia  disposizio- 
ne de'padri,  sieno  stali  conferiti  gli  or- 
namenti della  dignità  principesca  pub- 
blicamente, con  solennità  e  in  luogo  co- 
spicuo, cioè  sulla  scala  principale  del  pa- 
lazzo, non  quella  attuale  de'Giganti,  co- 
me si  disse,  la  quale  fu  eretta  sotto  il 
doge  seguente  fratello  di  Marco;  la  qual 
ceremonia  prima  d'  allora  era  costume 
celelnare  in  privato,  come  racconta  il 
suo  biografo  Casoni.  La  peste  ricompar- 
ve a  desolare  Venezia,  ed  il  senato  sem- 
pre pronto  nelle  pubbliche  calamità,  a- 
doprando  la  solita  sua  provvidenza,  non 
lasciò  mezzo  alcuno  intentato  per  atte- 
nuare il  disastro,  e  per  moderare  nel  vol- 
go l'urto  sempre  fatale  d'una  prima  spa- 
ventosa impressione.  Tosto  i  lavori  a 
compimcnlo  del  palazzo  ducale  veime- 
ro  proseguiti  con  raddoppiata  operosi- 
tà. Anco  il  Canal  grande,  che  moUra- 
Va  estesi  imbonimenti,  venne  contem- 
poraneamente escavalo,  in  conseguenza 
dell'anteriore  decreto  de'24  luglio  i4y>, 
e  cosi  a[ierti  i  tesori  dello  stalo  a  soste- 
nimento del  povero,  il  senno  calcolatore 
del  princi[)e  contemplava  ad  un  tempo 
ed  olleneva  più  lodevoli  scopi  :  utile  e- 
sercizio  all'industria  e  decoro  dalla  città, 
e  necessaria  distrazione  delle  menti  per 
tante  assidue  e  svariate  occupazioni,  che 
appena  lascia  van  tempo  a  rillcltere  sul- 
r  intensità  della  patria  svcutura.  Piibel- 
lalisi  i  baroni  del  regno  a  Fedinando  I 
re  di  Napoli,  ricorsero  ad  Innocenzo  VIU 
come  supremo  signore  del  regno,  il  qua- 
le |»rese  la  loro  ddesa  e  delle  ragioni  del- 
la Chiesa.  Allora  il  re  si  alleò  co'Horen- 
lini  e  col  ducd  di  iMilanu,  e  recato  dalla 
sua  parie  Virginio  Orsini  bdioueromauo, 


YEN  247 

questi  colla  sua  gente  scorse  (Ino  alle  por- 
te di  P).o(na.  Il  l'apa  feee  lega  co'suoi  ge- 
novesi, ed  a  mezzo  del  suo  nunzio  di  Ve- 
nezia Nicolò  Franco  vescovo  di  Treviso 
invitò  anche  i  veneziani,  ma  essi  si  scu- 
sarono. Narra  1' annalista  Rinaldi,  che 
Innocenzo  Vili  rimproverò  i  veneziani 
per  negare  il  possesso  della  chiesa  di  Pa- 
dova al  cardinal  Giovanni  Michieli  ,  a 
motivo  che  bramavano  altro  vesco;VO  rac- 
comandato loro  da'padovani.  Il  cardina- 
le però  trovasi  nella  serie  de' vescovi,  al- 
meno come  amministratore  dal  i4B5 
al  1487.  Il  doge  Marco  Barbarigo  vis- 
se soli  9  mesi,  e  la  sua  morte  fu  cau- 
sata da  forte  alterco  ch'ebbe  nel  senato 
col  fratello  Agostino,  che  gli  successe. 
Questi  se  gli  mostrava  sempre  opposito- 
re, e  sembra  che  tanto  alTettata  disparità 
di  opinione,  non  fosse,  per  parte  d'Ago- 
stino, totalmente  scevra  d'animosità;  im- 
perocché narra  il  Sanuto,  un  giorno  che 
Agostino  erasi  mostralo  più  del  solito 
insistente  a  contraddire  il  fratello,  insor- 
se il  doge  iliceodo:  Messer  agostino,  voi 
fate  ogni  cosa  perche  noi  inuoianio,  per 
succedere  in  nostro  luogo  j  tna  se  la  ter- 
ra conoscesse  così  bene,  come  facciamo 
noiy  la  persona  vostra,  si  sceglierebbe  pile 
presto  ogni  altro.  Disceso  dal  trono, 
pieno  di  collera  si  ritirò  nelle  sue  stanze, 
dove  pochi  giorni  dopo  cessò  di  vivere. 
Sentendo  avvicinarsi  il  suo  fine  ,  fece 
chiamare  al  letto  i  suoi  4  figli,  e  raccol- 
te in  quel  [)utilo  le  poche  forze,  che  gli 
restavano,  ripetè  loro,  con  ferma  voce,  i 
doveri  del  cittadino  verso  la  patria ,  e 
l'armonia  de'Iegami  che  questa  a  quella 
congiuugono;  diede  loro  l'estremo  bacio, 
e  prostese  ambo  le  maui  sul  capo  di  que* 
goiiu (lessi,  restò  come  assorto  in  atto  d'im- 
partire la  paterna  benedizione;  scoisero 
ancora  poche  ore,  e  spirò  da  tutti  desi- 
deralo e  compianto  a'  i4  agosto  148G. 
Osserva  .Moschini,  parve  che  la  sua  mor- 
te non  recasse  gran  dolore  a'nobili,  per  a  - 
vergli  dat(j  a  successore  il  fratello,  per  le 
cui  cuuliuuc  ingiurie  il  doge  uè  avvib  a: 


24G  V  E  N 

poi  luon.  Ebbe  l'esequie  in  ss.  Gio.  e 
Paolo,  e  hi  lomba  nella  chiesa  di  8.  Ma- 
iia  della  Carila,  nella  cjuale  venne  poi 
innalzalo  niagnifico  sepolcro  alla  memo- 
lia  di  Itii  e  del  liatello  Agostino,  nionu- 
inenlo  die  sgrazialaaienle ,  come  tanti 
altri,  andò  perduto,  cjuando  il  sovverti- 
iiienlo  delle  pubbliche  cose  involse  nella 
manotuessione  delle  patrie  memorie  an- 
cheiltempiodella  Cai  it.j.artmiirando  per 
aiilichità  e  altri  piegi,da  Papa  Alessandro 
III  consagralo.  ■ —  Aii^usliiio  Barbarico 
LXXIl  doge.  Dopo  la  riforma  stabilita 
nel  loS-ì  dal  doge  Flabanico,  che  proi- 
biva succedere  al  doge  defunto  il  figlio 
^^  il  fralello,  si  vide  lai."volla,e  fu  an- 
che poi  unico  esempio,  il  succedersi  I  un 
l'altro  due  individui  ilclla  stessa  famiglia. 
Agostino  ebbe  28  balle  al  5.°  squillino, 
essendogli  conipetilore  Bernardo  Giusti- 
niani. E  vi  fu  (jiialclie  ritoviuieuto,  poiché 
ìi'era  sparso  che  le  Cdsc  vecclilt^  come  si 
dicevano  (juelle  famiglie  clic  facevano  de- 
rivare la  loro  nobiltà  (ino  da'lempi  tribu- 
nizi (e  avanti  rSoo),  avrebbero  pósto  o- 
gni  impegno  a  far  eleggere  un  de'Ioro,  e 
si  dimostrava  un  generale  malcontento, 
e  andavasi  divulgando  essere  tempo  di 
togliere  il  dogado  di  mano  de' Cz/r//,  co- 
s'i si  chiamavano  quelli  delle  C<'?óT'  nuove 
(cioè  le  aggregate  in  diversi  tempi  al  pa- 
liizialo  dopo  r  800),  per  rimetterlo  ne' 
Lo/ìi^hi,  cioè  delle  Case  vecchie.  E  ben- 
ché ciò  non  succedesse,  apparleneudo  il 
Karbarigo  alle  Case  nuove,  tuttavia  il 
movimento  continuò,  ed  anche  nelle  ma- 
gistrature si  fecero  cadere  parecchi  delle 
Case  vecchi t,  sebbene  uomini  d' impor- 
tanza ,con>eap[)rendo  dalla  stupenda iS'to- 
r/rt  del  prof.  Uomanin.  Egli  inoltre  rife- 
risce, che  appartenevano  alle  Case  vec- 
chie le  famiglie:  l'adoer,  Basegio,  Baroz- 
zi,  Biagadin,  Bembo,  Contarini,  Corner, 
Dandolo, Delfi n, Fa lier,  Gradenigo,!Mcm- 
nio,  Michiel,  Morosini,  Polani,  Quiriiii, 
Salonjon.  vSainulo,  Soranzo,  Tie[)olo,  Za- 
ne, Zen,  Zorsi,  Zusliniani;  le  quali  tulle 
avevano  avulo  un  doge  (Bembo  l'ebbe 


V  E^' 

nel  161  5),  eccello  5,  cioè  Barozzi,  Base- 
gio, Quirini  ,  Salomone  e  Zane  (anche 
Ijiagadin).  lN'eli4^o  avevano  congiuralo 
insieme  16  Casate  ««oi'c  delle  principali 
di  non  lasciar  ascendere  al  dogado  alcu- 
na delle  Case  vecchie,  e  furono:  Barba- 
rigo, Dona,  FoscarijGrimani, Grilli, Lau- 
do, Loredan,  Malipiero  ,  Marcello,  Mo- 
cenigo.  Moro,  Priuli ,  Tievisan  ,  Tron, 
Vemlramin  e  Venier.  La  congiura  di  que- 
ste Case  ebbe  fine  nel  i  620  (1612)  nel- 
l'elezione  inopinata  diMarc'AnlonioMem- 
rno,  il  I .°  che  di  Casa  vecchia  tornasse 
al  dogado  dopo  Michele  Rlorosini  che  fu 
doge  nel  i382.  Altre  notizie  si  ponno  leg- 
gere in  cpjella  aiiniera  d'erudizione,  cli'è 
l'opera  di;l  cav.  Cicogna,  Inscrizioni  1  e- 
neziane,  l.  4,  [>•  49^j  "^'"^  ripoita  il  do- 
cumento donde  trasse  il  riferito  il  diligen- 
tissimo  prof  E.omanin  e  citandolo,  ponen- 
domi C(js'i  in  gi'ado  di  riscontrarlo.  11  eh. 
biografo  Casoni,  dice(a'3o  agosto  i486) 
successe  Agostino  nel  dogado  al  halello: 
era  di  bella  presenza,  amene  e  insinuanti 
maniere, uja  nel  ponderato  diverbiare  ilei- 
le  aule  mostra  vasi  discorde  sempre  dal 
fraterno  consiglio;  forse  che  a  questa  spe- 
cie d'antagonismo  deve  Agostino  l'aver 
occupalo  il  trono,  subito  do[)o  il  fralello, 
giacché  al  sistema  aristocratico  de'vene- 
ziani,  ed  alle  prudenli  massime  loro  non 
dispiacevano  i  dispareri,  leconlrarietà,  le 
gare  Ira  parenti  patrizi.  11  reggimento  di 
questo  doge  fu  stadio  di  gravissimi  avve- 
nimenti, edanzi  è  da  riguardarsi  siccome 
e[)oca  in  cui  si  sono  disposte  le  cause  che 
influirono  poscia  sulle  future  sorli  della 
repubblica.  Per  l'accennato  movimenlo 
de'palrizi  delle  Case  vecchie  e  delle  Ccj- 
.?cn?iOi'r_, generandosi  evidentemente  due 
pregiudizievoli  fizioni,  con  tripudio  de' 
nemici  di  Venezia,  fu  prima  cura  del  do- 
ge di  parlare  nel  maggior  consiglio  con 
molla  vigoria  d'eloquenza  per  riconcilia- 
re gli  animi,  e  salvare  la  cosa  pubblica, 
nell'unione  essendo  la  forza.  Ma  l' ina- 
sprimento era  tro[)po  grande  perche  si 
potesse  facilaieulc  quietare.  Anche  al  di 


YEN 
fuori  avreljbe  volcilo  il  doge  conservar 
Ja  pace,  dì  cui  avea  tanto  bitiogiio  la  re- 
pubblica dopo  la  pericolosa  e  dispendio- 
sa guerra  di  Ferrara,  ma  non  erano  tem- 
pi quelli  die  pace  concedessero.  Durava- 
no ancora  le  gravi  vertenze  fra  Ferdi* 
uando  I  e  Innocenzo  Vili,  per  gl'insor- 
ti baroni  del  regno,  i  quali  avendo  fatto 
vantaggiose  ollerle  a'veneziani  per  soc- 
corsi, nulla  ottennero.  Intanto  il  Papa, 
contro  il  consiglio  de'veneziani,  volgendo 
l'animo  alla  guerra,  [)rese  al  suo  soldo  il 
Sanseverino  con  dispiacere  de'niedesimi, 
e  poi  per  l'intervento  di  Ferdinando  V 
le  di  Spagna,  alle  cui  insinuazioni  ezian- 
dio avea  resi>litoia  re|)(d)blica  di  pren- 
der parte  a  favore  di  Ferdinando  l,con 
questi  si  pacificò  l'i  i  agosto  14^6,  e  nel 
di  seguente  fu  pubblicata  la  concordia 
ristabilita.  Questa  ebbe  coi  ta  durala  per 
l'operato  del  re,e  ad  impedire  nuova  guer- 
ra tra  lui  e  il  l\i[)a  s'intromisero  i  vene- 
ziani, sebbene  senza  ellello,  anzi  ricusan- 
do al  conte  Roberto  Sanseverino  il  ri- 
torno a'ioro  stipendii,  anche  [)er  confu- 
tare le  dicerie  di  averlo  concesso  al  Pa- 
pa perftvorire  questi  occullamcule.  Dun- 
que i  veneziani  si  mostrarono  pacieri  e 
neutrali  tra  il  re  e  il  Papa,  quindi  non 
•vero  il  riferito  diversamente  da  altri  sto- 
rici, dal  Rinaldi,  seguito  dal  Novaes  ,  e 
perciò  altrove  da  me  riportato,  die  i  ve- 
neziani si  unirono  due  volle  in  lega  eoa 
Innocenzo  Vili;  anzi  il  Rinaldi  dice  che 
in  conseguenza  della i.*  di  esse,  levò  loro 
l'interdelto.  Di  una  lega  pare  non  do- 
versi dubitare.  Va  corretto  pure  un  al- 
tro errore,  in  cui  caddi  anch'io  nell'arli- 
colo  Sicilia  ,  nel  quale  sviluppai  anco  i 
cenni  storici  del  reame  di  Napoli^  in  con- 
seguenza del  dichiarato  nel  suo  articolo, 
ove  non  rammento  con  quale  storico  dis- 
si, che  Sisto  IV  assolse!  veneziani  dalle 
proprie  censure,  il  die  fa  contraddizione 
col  da  me  precedentemente  narrato  in 
altri  luoghi.  Nel  14^7  scoppiò  la  guerra 
Ira  la  repubblica  e  l'aiciduca  Sigismon- 
do d'Austria  principe  del  Tirolo,  e  frulel- 


V  E  N  247 

10  dcll'imperalore  Federico  111,  die  d'in- 
dole buona  fu  tratto  da'suoi  ministri  a 
lunga  e  co'^tosa  guerra,  dall'opinione  pub- 
blica qualificata  impolitica  e  inavvedu- 
ta. La  descrisse  diligeuteinenlc  Pietro 
lìembo  poi  cardinale,  nel  principio  del- 
l' I<:tona  ^.'elicla,  commessagli  dalia  re- 
pubblica, in  continuazione  di  quella  di 
Rlarc'Aulonio  Sabellico.  Possedeva  la  re- 
pubblica nel  Tirolo,  l\overedo,  Torbole, 
Nago,  Riva,  ed  awea  alleati  i  conti  di  Lo- 
drone,  desiando  perciò  non  poca  gelosia. 

11  perchè  i  conti  d'Arco  per  ragione  di 
confini  iiisorseio  contro  i  conti  di  R.iva  e 
Toibùle,  devastandone  le  lerreall'ombra 
di  Sigismondo.  Questi  medesimo  comio- 
ciò  l'ostilità  nel  marzo,  col  togliere  a've- 
ueti  le  miniere  di  ferro  e  d'argento  che 
aveano  al  confine  in  Primioo  e  Valsu- 
g-ina  ,  sebbene  essi  avevano  procurato 
comporre  le  dilferenze.  La  guerra  fu  in- 
timata dall'arciduca  e  dal  conte  d'  Arco, 
e  tosto  a' I  3  aprile  di  prepotenza  furono 
arrestati  i  mercanti  veneziani  che  sulla 
fede  de'lrallali  s'erano  recati  a  Bolzano, 
gran  deposilo  allora  di  Olerei  e  transito 
per  la  Germania,  e  confiscate  le  loro 
merci.  Ciò  saputosi  dal  figlio  dell'impe- 
ratore Federico  III,  il  re  de'romani  Mas- 
similiano 1,  dopo  il  padre  capo  della  ca- 
sa d'Austria,  altamente  ne  fece  biasimo. 
Scelse  la  repubblica  a  suo  capitano  ge- 
nerale Giulio  Cesare  Varano  signore  di 
Camerino,  ed  a'veneziani  poco  mancò  a 
non  prender  Trento.  I  tirolesi  capitanati 
d  il  conte  di  Kirchberg  Maticli,  tentaro- 
no il' impadronirsi  di  Roveredo,  ma  li 
respinse  valorosamente  il  veneto  provve- 
ditore Nicolò  Priulijcpoi  il  Varano  lo  la- 
sciò espugnare  quasi  sotto  i  suoi  occhi, 
mentre  il  Priuli  volendo  difender  la  roc- 
ca, dovè  cedere  e  darsi  prigioniero  a'3o 
maggio.  In  luogo  del  Varano,  si  riprese 
agli  stipendii  il  conte  Sanseveriuo;  e  nel 
tempo  stesso  Guido  de'  Rossi  attendeva 
a  difendere  il  Veronese  e  il  Feltrino,  cui 
i  tedeschi  altresì  minacciavano.  Non  re- 
slava intanto  il  Papa,  al  quale  la  repub- 


9.48  V  E  N 

blica  avea  esposU)  la  Ciiusa  ilelhi  guerra, 
(li  aJoj)eiai.si  a  mezzo  del  muizio  eli  Ve- 
uezia  rs'icolò  Fiiiuco  vescovo  di  Tteviso, 
per  recaie  a  termine  una  conciliazione, 
e  vi  si  maneggiava  lo  slesso  conte  Sause- 
veiino,  ma  non  riuscendo  il  trattato,  ri- 
pigliaionsi  le  armi.  Si  combattè  il  4  lu- 
glio a  Rapacci-OHe  colla  peggio  de'  vene- 
ziani. Antonio  Sanseveiino  per  salvare 
il  conte  padre  rimase  prigioniere  per  la 
:».'  volta  (l'altra  era  stato  pel  combatti- 
mento sostenuto  da  prode  in  singoiar 
tenz(jiiecol  conte  Giovanni  di  Somicberg, 
per  la  (juestione  del  valore  nazionale  de' 
tedeschi  e  degl'  italiani),  ma  fu  vittoria 
che  costò  tanto  sangue  agli  austriaci  che 
quasi  tutti  si  sbandarono  e  tornarono  al- 
le case  loro.  Allora  i  veneziani  riacqui- 
starono Pioveredo  a'aS  luglio,  ina  quan- 
do il  Sansevei  ino  si  proponeva  recarsi  a 
Trento,  a'  i  o  agosto  furono  disHilli  pres- 
so Petra  da  un  buon  corpo  di  truppe 
comandate  dal  prode  cav.  Kfippler  re- 
stalo al  campo.  1  fuggiaschi  non  più  tro- 
vando il  ponte  di  barche  da  loro  fatto 
sull'Ailige,  volendolo  passar  a  nuulo,  tra 
quelli  di  cui  si  ebbe  a  piangere  la  perdila 
fu  il  valente  capitano  Sanseveriiio,  e  tro- 
vato poi  da'nemici  il  corpo,  l'onorarono 
e  tumularono  in  s.  Vigilio  di  Tienlo, 
ove  tuttora  vedesi  la  sua  statua  in  mar- 
nio  rosso  con  iscrizione.  L'anniversario 
di  questa  vittoria,  detta  di  Galliano,  ven- 
ne (ino  a  non  mollo  festeggiata  con  so- 
lenne messa  e  commemorazione.  I\Ia  au- 
clie  l'esercito  tedesco  era  quasi  distrutto, 
mentre  gli  avanzi  del  veneziano  ritira - 
rotisi  a  Pioveredo.  Laonde  il  desiderio  di 
pace  si  rinnovò  vivissimo  tra  ambe  le 
parli,  e  già  prima  della  battaglia  di  Gal- 
liano s'erano  avviate  alcune  traltative. 
Innocenzo  Vili  nulla  avendo  conseguito 
pel  nunzio  apostolico,  nominò  suo  lega- 
to a  Sigismondo  il  vescovo  d'Osimo  Pa- 
ris da  GasleKìdardo,  confortandolo  a  por 
fine  all'aspra  guerra,  e  mettendogli  in 
vista,  che  sovrastando  il  turco  all'Italia 
e  alle  cose  di  Roma,  non  era  quello  il 


VEN 
tempo  che  due  popoli  cristiani  per  legge- 
riSNiuie  cagioni,  solile  accadere  fi  a  princi- 
pi confinanti,  la  facessero  tra  lorojollreu- 
dogli  d'usare  ogni  equità,  qualora  l'arci- 
duca volesse  il  Papa  per  arbitro  delle 
sue  discordie  col  senato  veneto.  Il  vesco- 
vo Paris  dopo  aver  dunorato  alcuni  gior- 
ni nel  trattamento  ilella  [)ace  con  Sigi- 
smondo, dopo  la  metà  di  luglio  andò  an- 
cora a  Venezia  con  alcuni  capitoli,  i  qua- 
li dal  senato  non  furono  accettati,  onde 
senza  conclusione  alcuna  se  ne  tornò  nel 
settembre  a  Roma,  per  allora  senza  [irò- 
lilto.  Già  a'i5  agosto  Federico  111  scri- 
vendo agli  stali,  incol[)ò  i  ministri  d'aver 
ingolfilo  il  fratello  in  guerra  senza  biso- 
gno e  ragione,  e  gli  stati  disapprovando 
la  condotta  dell'arciduca  e  l'arresto  spe- 
cialmente de'mercaiiti,resorlò  vivamen- 
te alla  pace.  Pertanto  a' 27  settembre 
i4'^7  si  recarono  a  Venezia  i  naessi  di 
Sigismondo,  pro|)onendo  dimenticanza 
delle  passate  ingiiu"ie,  liberazione  de'pri- 
gionieri  e  reciproca  restiluiione  dell' oc- 
cupalo. Il  senato  indignato  per  le  vio- 
lenze de'conli  d'Arco,  prolungò  le  tralta- 
tive, finché  fu  convenuto  rimettere  ogni 
questione  nell'arbitrio  di  giudici  impar- 
ziali, e  d'adidare  le  castella  ancora  contese 
nelle  mani  del  Papa;  e  benché  la  pace  si 
segnò  a'i3  novembre  dello  stesso  14^7) 
nondimeno  le  vertenze  continuarono  per 
alcun  tempo.  Giunse  in  queil'  epoca  in 
Venezia  un'ambasciata  d'Ivan  HI,  che 
avea  as>unto  il  titolo  di  sovrano  di  tutte 
le  Russie,  annunziando  la  vittoria  da  lui 
riportata  sui  tartari  ,  e  presentando  ric- 
chi donativi  di  zibellini  con  una  lettera 
dello  slesso  principe.  I  due  ambasciatori 
furono  mollo  festeggiali,  tutti  facendone 
le  meraviglie  ,  e  partirono  non  meno 
stupefatti  della  magnincenza  della  città 
a'7  settembre  1488. — Frattanto  il  domi- 
nio dell'isola  di  Cipro  nella  reggenza  del- 
la regina  Gornaro  si  mostrava  mal  sicu- 
ro, essendo  minacciata  l'isola  all'esterno 
da'turchi  e  dal  soldano  del  Cairo,  e  al  di 
dentro  dalle  segrete  nicue  della  preleu- 


V  EN 

dviilc  regina  Callotta;  la  quale  riusciti 
vani  i  SUOI  leiilalivi  ci^lclle  a'5  febbraio 
i4^J5  uelin  basilica  Vaticana,  le  sue  pie- 
tensioni  a  Carlo  I  suo  nipote  duca  di  Sa- 
voia (^.)  e  successori,  <|uincli  il  titolo 
assunto  da  questi  duchi  nel  i^S^  di  re 
di  Ci|)ro,  di  Gerusalemme  e  di  Atuie- 
iiia  (titoli  che  trascurati  d.i' siicccisori, 
li  rijuese  nel  i633  Vittorio  Auieileo  I, 
dopoché  Urbano  Vili  die  il  titolo  iV  E- 
minenza  a'  Cardinali  di  santa  Chiesa), 
e  nelle  loro  atini  ne  in(|uartaronu  gli 
ijleiiiini.  E  più  lardi  insorsero  pure  tra' 
duchi  e  la  repubblica  dilferenze  di  pre- 
cedenza, discusse  da  Tcjoiiuaso  GiasAviii- 
ckelio:  Dejurepraccedenliaci/iler  Reni- 
piibLuain  l  ciictarn  et  Sdhniulix  Da- 
ceni,  Lugduiii  Elzevir  1644-  In  questa 
successiva  condizione  di  cose  sembrò  al 
governo  veneziano  ottimo  spedienle  quel- 
lo  di  assumere  apertamente  la  protezio- 
ne, e  anche,  occorrendo,  il  possesso  del- 
l'isola, onde  imporre  più  rispetto  a' mu- 
sulmani e  insieme  troncare  d  un  colpo  le 
speranze  di  chi  agognasse  a  quel  trono. 
Fin  da  quando  giunse  a  Venezia  la  let- 
tera della  regina  Coi  naro,  de'  i  q  ottobre 
i474  O'Itri  dicono  i475),  colla  notizia 
ilella  morte  del  fanciullo  Gi.icomo  111 
unico  suo  figlio,  il  senato  spedì  tosto  in 
Cipro  il  padre  di  lei  !\Iarco,  con  rinforzi 
di  truppe  e  la  commissione  d'operare  iii 
modo  che  nobili  e  popolari  continuassero 
iieiriibbidienza  alla  regina,  co>ì  vrjlendo 
a'«si)lutainente  la  repubblica,  né  si  faces- 
se alcun  mutamento  negli  ordini  eM>leu- 
ti.  Tra  gli  altri  provvediiuenli  volle  il  se- 
nato nel  1 477  ''^  Venezia  la  madre  del 
detiinto  Giacomo  li,  sposo  della  Corna- 
ro,  Maria  Palras,  la  figlia  Zilla  e  i  figH 
bastardi  di  lui,  a'quali  assegnò  onorevo- 
le alloggio  in  uno  de'  3  monasteri  di  s. 
Zaccaria,  di  s.  Maria  della  Celeslia  e  del- 
le Vergini.  Di|)oi  la  Zarla  morì  di  peste 
a  Padova,  ed  i  principi  ad  onta  del  buon 
Irattaiuento  e  della  sorveglianz.i  della  re- 
[)ubbìica  fuggirono.  \  ridurre  finaimcn- 
IcTisulaiu  piuuudipeudeuza  della  rcpub- 


V  E  N  249 

blica,  si  voleva  mandare  una  colonia  ve- 
neziana, come  a  Candia,  ma  poi  non  eb- 
be efì'etto.  Continuando  i  maneggi  di  Car- 
lotta ,  il  re  Ferdiu.uuio  1  avea  manda- 
to a  Cipro  e  al  Cairo  il  figlio  Alfonso  i!u« 
ca  di  Calabria,  per  impossessarsi  del  r^» 
gno,  ma  non  gli  riuscì;  e  neppure  le  mene 
onde  sposare  Caterina,  fatte  dal  suo  fido 
R.izz<j  da  Marmo,  poi  strangolato  in  V^e- 
nezia.  Con'inuan-lo  la  sovranità  sotto  il 
nome  di  Caterina,  ma  di  fatto  nelle  mani 
della  repubblica,  vigile  che  i  veneziani  si 
conducessero  bene  verso  gl'indigeni,  al- 
cuni movimenti  turchi  desiarono  nuovi 
timori,  laonde  nel  (4^7  si  decietarono 
fortificazioni  nell  isola,  e  per  sicurezza  si 
portò  la  regina  a  Famagosla  ben  muni- 
ta. Essenilosi  dal  senato  risoluto  di  unire 
l'isola  di  Cipro  a'possedimenti  veneziani, 
non  sembrava  [liù  conveniente  di  lasciar 
Caterina  ifl  qualità  di  semplice  privata 
ove  era  stala  (in  allora  regina.  Fu  quin- 
ili  deliberato  ili  mandare  nel  i48S  il  di 
lei  II  >  .elio  Giorgio  a  persuaderla  colla 
sua  eloquenza  a  rinunziare  e  veuire  a 
Venezia,  molto  più  che  giungevano  no- 
tizie che  meditasse  una  fuga.  Ebbe  Gior- 
gio a  vincere  ingegnosamente  non  poca 
resistenza,  alfine  Caterina  cedendo  a'vo- 
leri  della  repubblica,  che  l'avea  adottata 
per  figlia,  consenfi  lagrimando  alla  do- 
loro^a  rinunzia,  bensì  conservando  i  ti- 
toli di  regina  di  Cipro,  Gerusalemme  ed 
Armenia.  Con  questi  titoli  poi  continuò 
a  sottoscriversi, e  vi  aggiunse  signora  d'A- 
Sulo  quando  (ù  investila  di  (piel  castello. 
Il  goiif.done  di  s.  Marco  venne  con  so- 
lenne ceremonia  innalzato,  a'26  febbraio 
i4<^9  dice  r  Arie,  di  Vt-rificarc  le  (lille j 
e  la  regina  dopo  commovente  commiato 
ila'>uoi  sudditi  e  da  quelli  che  durante 
tutto  il  tempo  del  suo  leguo  1'  avevano 
sostenuta  col  consiglio  e  confortata  di  af- 
fetto, partivasi  sulla  galea  di  Francesco 
Friuli  alla  volta  di  Venezia,  il  quale  a- 
vea  istruzione  di  soccorrerla  in  caso  di 
resistenza.  L'  entrata  che  fece  a'  6  giu- 
guu  la  già  rcijina  di  Cipro  nella  sua  ma- 


a5o  VEN  VEN 
die  patria  in  compagnia  del  fcalello,  fu  ducn  di  Ferrara,  secondo  il  Casoni,  lut- 
quaolo  può  iruinagiiiarsi  «[ìleiulidissirua.  torà  esistente  a  «.  Giovanni  Decollalo, 
luconlrata  fino  a  s.  Nicolò  di  Lido  dal  divenuto  nel  162  i  fondaco  de'liircUi  che 
doge,  da'senaloi  i  e  da'jnagi'.li  ali  col  bn-  tralllcavano  in  Venezia;  e  perdio  poi  per 
cinloro,  le  dame  e  un'iiduiita  popolazio-  sua  scella  ebbe  per  suo  delizioso  soggior- 
na le  fecero  corteggio  sopra  innumere-  uo  e  con  inveslilma  il  castello  d'Asolo 
Voli  barchette  addobbate  a  festa.  Di  là  nella  Marca  Trevigiana,  ove  la  regina  fin* 
fn  fatta  salire  suU'  aureo  vascello,  suo-  che  vis^e  continuò  a  tenere  corte  spleti- 
Dandosi  le  can»pane  a  festa,  le  trombe  e  dida  e  veramente  regia,  e  alcune  rendi- 
i  tandjuri,  sparando  tante  artiglierie  in  te  sull'enlrale  di  Ci[)io  d'8ooo  ducati, 
inodoche  il  suoingressofu  un  vero  trion-  oltre  quelle  biella  sua  signoria  d' Asolo; 
fo.  La  pomposacouiitiva  sbarcòalla  Fiaz-  avendole  pur  donatola  repubblica  io 
zella,  ed  entrata  in  s.  Marco  la  regina  libbre  d'oro  e  1000  gliene  avea  date  per 
Caterina  rinnovò  il  suo  allo  di  rinmizia  dote.  In  Asolo  vi  fece  sorgere  un  sooluo* 
e  donazione  d' un  regno  pe'  coinuierci  so  palazzo,  con  sorprendente  parco  e  giar- 
dell.»  repubblica  ragguardevolissimo.  Al  dino  di  meravigliosa  bellezza.  Vi  formò 
fratello  Giorgio  pel  1 .''  e  in  generale  a  magnifica  villeggiatura  e  asilo  alle  Gra- 
cjue'della  finiiglia  Cornaio,  oltre  l'inve-  zie  e  alle  Muse,  nella  quale  vedevasi  cir- 
stitura  di  i4  casali  dell'isola,  detti  della  condata  da  nobili  donne  e  cavalieri,  e  da 
Commenda  grande  dell'  ordine  Geroso-  uomini  di  lettere,  fra'quali  priacipahueu- 
limìlano  prima  comune  a  luVle  le  lingue,  te  il  Hetnbo  che  vi  scrisse,  Degli  AsO' 
e  il  titolo  tonlinualo  ne'  ca[)i  di  quella  laiii.  Ella  passò  la  sua  vita  in  Asolo,  an« 
di  Piiori  di  Cipro  in  padronato,  fu  con-  che  ne'rigori  dell'inverno,recaQdosi  a  Ve- 
cedulo  che  potessero  inquartale  Tinse-  iiezia  in  quello  del  1490  per  essere  eslre- 
gne  Luiignane;  e  il  palazzo  di  Caterina  inamente  freddo,  non  senza  dare  ancora 
sul  Canal  granile  in  Venezia,  conservò  poi  segni  del  desiderio  di  riacquistare  l'antica 
sempre  e  tuttora  il  nome  di  palazzo  Cor-  grandezza,  onde  pili  tardi  il  consiglio  de* 
ner  della  Picgiiia,  di  cui  parlai  nel  §  XIV,  Dieci  le  fece  severa  ammonizione.  Reca- 
li. 3,  sebbene  non  l'abitasse  e  benché  l'at-  tasi  a  Brescia,  ov'era  provveiiitore  il  fra- 
luale  è  di  recente  costruzione  del  1724,  tello  Giorgio,  vi  fu  ricevuta  da  regina, 
però  ove  prima  sorgeva  l'antico.  Fu  do-  Neli5oo  vide  il  pronipote  Marco  Corua- 
iialo  colla  galleria  da  Catterino  Cornaro  ro  crealo  cardinale  da  Alessandro  VI,  il 
(per  quanto  dirò  nel  §  XX^  n.  i)^  incili  i.°  di  sua  casa  innalzato  alla  porpora 
SI  eslinse  il  ramo  della  faujiglia  Corna-  cardinalizia.  Benefica  a'suoi  sudditi  d'A- 
lo della  Iiegina,  nel  1802  al  Papa  Pio  solo,  istituì  a  loro  sollievo  un  monte  di 
/ //,  il  quale  nel  181  7  lo  donò  a'virtuo-  pietà,  e  in  un  anno  di  penuria  fece  ve* 
si  fratelli  conti  Cavanis,  istitutori  delle  iiire  da  Cipro  da  tre  a  quattromila  slaìa 
Scuole  di  Carità,  i  quali  autorizzali  dal  di  frumento  pe'poveri.  A  mostrare quao- 
Papa  venderono  anche  questo,  come  a-  to  ella  fosse  dedita  all'  opere  di  religio- 
\ean  fatto  di  lutto  il  [)roprio,  a  vantaggio  ne  ,  venne  elììgiata  dal  pittore  Gentile 
delle  medesime, ed  ora  vi  risiede  il  civico  Bellino,  nella  famosa  sua  tela  rappresen- 
Munle  di  pietà  (al  (piale  ha  lasciato  la  sua  laute  il  Miracolo  della  Croce,  ora  all'ac- 
credita il  generoso  e  benefico  Alvise  Vaia-  cademia  delle  belle  arti,  descritto  dal  eh. 
resso  morto  nel  1 858),  come  narrai  a'due  Luigi  Carrer  nell'Anello  di  selle  gemine^ 
ricordati  articoli,  e  ripetei  ne'  §§  VIH,  ed  inciso  ed  illustrato  ampiamente  nel- 
n.  67,6  XI  Ij  n.  16.  Dissi  che  la  regi-  ro[)era  della  Pinncoteea  accademica. 
na  non  l'abitò,  perchè  a  pubbliche  spe-  I  tremendi  casi  della  lega  di  Cambray, 
se  fu  alloggiala  nell'  aulico  palazzo  del  per  la  quale  i  tedeschi  occuparono  Aso- 


V  E  N  V  E  N  231 

Io,  obhligaiono  Caleiiiiu  a  lilirarsi  nel  neo,  così  acquiitarono  a  questi  lerapi  i 
I  5og  a  Venezia,  dove  poco  dopo  infermò  veneziani  Veglia  nel  golfo  del  Quiiiiieio. 
e  morì  la  notte  del  9  al  10  luglioiDio  Sebbene  nella  guerra  fatta  dal  doge  Pie- 
in  età  di  54  0  56  anni,  nel  suo  palazzo  a  tic  Orseolo  li  in  Dalmazia,  il  suo  vesco- 
s.  Cassiano  ,  laonde  una  delle  vie  della  vo  erasegli  fatto  incontro  a  giurargli  uh- 
contrada  cliiamasi  aucoia  Calie  della  Re-  bidienza.  pure  conliimò  Veglia  ad  avere 
gina,  come  già  notai  a  suo  luogo.  Ma-  i  propii  couli,  uno  de'quali,  Doimo,  nel 
guifjci  e  quali  il  giudo  suo  e  la  ricono-  1  i33  s"im[)eguò  a  mandare  a  Venezia 
sccnza  della  repubblica  richiedevano,  fu-  un  dono  per  la  protezione  che  gli  conce- 
rono  i  suoi  funerali.  Il  corpo  colla  uiag-  deva  la  repubblica;  nel  1260  questa  coii- 
gior  pompa  fu  accompagnalo  alla  chie-  ferì  l'isola  in  feudo  a'fratelli  Schinella  o 
sa  de'ss.  Apostoli,  ov'è  la  tomba  de'suoi  Frangipani, poi  li  ditbiarò  decaduti  quan- 
niaggioii,dal  patriarca,dalla  signoria, dal  do  aderuono  al  ve  d'Ungheria.  Dopo 
vice-doge,  ilall' arcivescovo  di  Spaiatro,  qualche  tempo  uu  Giovanni  in  lotta  co' 
ilal  vescovo  di  Felire,  dal  fratello  Gior-  fratelli  cercò  di  nuovo  l'appoggio  de've- 
gio  co'figli  e  parenti, oltre  numero  gran-  neziani,  a' quali  nel  suo  testamento  la- 
de  di  piali  e  di  popolo.  Il  feretro  era  co-  sciava  l'isola;  indi  ambizioso,  sperando 
perto  di  restagno  d'oro  con  una  corona  miglior  fortuna,  si  volse  ancora  a  Mattia 
di  gioie  sopra.  Andrea  Navagero  prò-  1  re  d'  Ungheria.  Scoperte  le  sue  [)rati- 
nunziò  l'orazione  funebre.  Deposto  nel-  che,  egli  si  trovò  a  n)al  partito  ,  tornò  a 
l'arca  destinatale,  nel  1660  venne  liasfe-  nioslr.irsi  avverso  al  re,  e  così  divenuto 
rito  nella  chiesa  di  s.  Salvatole  in  ap-  odioso  alle  due  parti,  fu  preso  e  inan- 
posito  monumento  grandioso  sovrastali-  dato  a  Venezia.  Questa,  ascoltando  an- 
te la  porta  che  mette  nella  sagrestia, se-  chele  suppliche  de'di  lui  sudditi  malcon- 
condo  il  prof  Promanili  da  cui  ricavai  la  lenii,  assunse  l'amministrazione  dell'iso- 
inaggior  parte  delle  lifente  notizie.  Al-  la.  confermando  però,  almeno  ili  nome, 
tre  pii.1  copiose  si  |ionno  leggere  nel  cav.  il  feudo  nella  famiglia  del  conte,  al  (|ua- 
Mutinelli  ,  Annali  L  rh/ini  di  f'enezia,  le  fece  precetto  di  non  allontanarsi  da 
come  dei  suo  ritorno  da  Cipro  a  Vene-  Venezia,  e  di  maritare  la  sua  figlia  Ca- 
zia,  di  sua  vita  domestica,  delle  lodi  tri-  terina  a  Francesco  Dandolo  nipote  del 
botatele,  delle  delizie  che  godeva  nel  suo  doge,  morto  il  quale  si  limarilò  ad  An- 
castello  d'Asolo,  feste  e  spettacoli  ivi  da-  drea  Foscolo.  La  repubblica  difese  il  nuo- 
ti da  lei  ad  ospiti  illustri,  ec.  JNel  l4<^9  vo  possedimento  contro  gli  assalti  del  re 
dopo  l'elevazione  del  vessillo  di  s.  Mar-  d'Ungheria  nel  14^)3,  e  vi  mandò  al  go- 
coiii  Cipro,  l'ultimo  di  febbraio  larepub-  verno  Antonio  \  inciguerra;  il  conte  Gio- 
blica  ottenne  per  l'oratore  Marco  ftlali-  vanni  fuggì  in  Germania,  e  Veglia  restò 
pieio  la  conferma  del  possesso  dell' iso-  a'veneziani.  JMa  mentre  essi  attendevano 
la  da  parte  del  soldano  metliantei  0,000  a  (piesli  ampliamenti  di  territorio  dalla 
ducali,  e  mandò  a  reggerla  un  luogote-  parte  del  mare,  im[)ortanti  avvenimenti 
nenie,  con  due  consiglieri,  che  dovea  ri-  succedevano  progressivamente  in  Ooci- 
siedere  a  Nicosia,  ed  un  capitano  a  Fa-  dente,  le  cui  conseguenze  nou  tardarono 
inagosta.  Le  domande  de'cipiiotti  alcu-  molto  a  farsi  sentire  su  di  loro  e  con  gra- 
ne furono  concesse,  altre  modificate,  mi-  ve  danno.  E  prima  nella  Spagna  ^  pel 
glioiandone  la  condizione  con  diversi  matrimonio  di  Ferdinando  V  re  d'Ara- 
provvedimeiili;  e  perchè  i  rettori  proce-  gona,  con  Isabella  1  regina  di  Castiglia  e 
dessero  regolarmente,  di  liattoin  tinito  di  Leon,  uniti  quc'pulenli  regni  in  una 
s'inviavano  sindaci  ad  ascoltar  le  (pierele  monarchia,  prepararono  la  futura  grau- 
de'pojjoli. —  Come  Cipro  nel  Medilerra-  dezza  del  loro  nipote  Culo  V  d'Austria. 


a52  V  E  N  VE  N 
Nuteiò  che  quella  ginn  regina,  Gliiama-  lemme  n*  è  il  cenilo.  Né  le  regioni  nor» 
va  lii  iepiil)|jlica  %'eneziana  propugnnco-  diche  l'iinasero  inesplorate.  I  viaggi  ile' 
lo  (iellaciiiliaiiilà,  e  soleva  pur  ilire.che  fratelli  Zen,  le  scoperte  di  Pietro  Quiri- 
se  Venezia  non  fosse,  bisognerebbe  fu  la  ni  ,  e  quelle  di  Cristoforo  Fioravanle  e 
per  bene  della  crislianilù  stessa.  INella  di  Nicolò  Michiel,  che  penetrarono  fino 
Si)agna,già  in  diversi  floridi  regni  sigilo-  al  Capo  Nord,  eccitarono  probabilmente 
ieg"iala  dagli  arabi  cnori,  non  restando  Giovanni  Caboto,  altro  benemerito  cit- 
elie  il  regno  di  Granata,  questo  pure  fu  ladino  veneziano,  però  non  nato  a  Ve- 
conqnislalo.  preferendo  una  parte  degli  nezia,  a  indirizzare  a  quelle  parli  le  sue 
abilanli  d'emigrare  in  Africa;  e  la  repub-  navigazioni  e  cercare  di  colà  un  passag- 
blica  prese  palle  wlla  gioia  universale  con  gioall'/zirZ/'e  Or/'e/i^.^// per  la  via  di  nord- 
D)ai)(larei  suoi  ambasciatori  al  ree  alla  ovest,  e  potè  nel  i497  colle  barche  in- 
regina,  co  "quali  lino  allora  ei"a  pasNato  glesi  scuo[)nre  la  Terraferma  (\\4rneri' 
ottuiio  accordo.  Sebbene  fino  dal  secolo  ca  e  piantare  a  Terranuova  la  loro  ban- 
XIV  la  Si>agna  favorita  dalla  sua  giaci-  diera  e  la  veneziana  di  s.  Marco:  degno 
tura  avesse  cominciato  a  crearsi  miii  flot-  di  lui  il  figlio  Sebastiano,  nato  a  Vene- 
ta, non  era  però  ancora  tale  da  desture  zia  da  veneziana,  fece  pel  i.  piìi  tardi  il 
la  gelosia  de' veneziani,  che  anzi  l'aveva-  giro  del  mondo,  e  questo  pure  già  dissi, 
no  aiutala  contro  i  genovesi.  Né  davano  Mentre  così  per  opera  de'venezi  ini,  gli 
loro  sospetto  i  suoi  bastimenti  mercanti-  europei  apprendevano  a  conoscere  seni- 
li, poiché  essendo  allora  la  sola  Venezia  pre  meglio  il  mezzogiorno,  l'oriente  e  il 
in  possesso  di  quasi  tutto  il  commercio  sellenlrioiie,  Cristoforo  Colombo  geno- 
meridionale,  il  quale  traeva  il  suo  princi-  vese  procacciò  nell'occidente  alla  Spagna 
p.j|  aliniciilo  dal  Levonle,  non  avea  a  te-  un  nuovo  mondo,  V Indie  Occulcntali  o 
mere  di  competitori,  e  tulio  al  più  avea  America  neh  49'2- Annunziò  all'attonito 
da  reprimere  qualche  assillo  di  corsari,  mondo  vecchio  l'esistenza  d'un  tiioudo 
Sicura  di  se  slessa  la  republ)lica  rimase  nuovo,  sulla  cui  terra,  112  anni  prima 
quindi  indlirerenle  anche  all' approdo  di  di  lui,aveano  posto  piede  due  intrepidi 
navi  spaglinole  all'isole  C(inaric,i\\uuy)-  veneziani,  e  lo  afferma  anche  il  Casoni, 
vo  scoperte  nel  1492,  e  a'primi  viaggi  de'  Lo  seppero  subito  i  veneziani,  ed  a  mezzo 
navigatori  del  7''a/tói,'^<z//u  lungo  le  coste  del  Trevisan  segretario  dell' ambascia- 
ti'Africa,i  quali  poi  accpiistarono  maggior  tor  Pisani  nella  Spagna,  si  procurarono 
estensione  per  opera  d'un  veneziano  con  da  Colombo  una  carta  del  paese  da  lui 
aprire  finalmente  la  via  al  giro  del  Ca[)o  scoperto  ;  ma  per  le  cose  d'Italia  e  le  o- 
delle  Tempeste,  non  prevedendo  allora  stilila  de' turchi,  non  gli  dierono  quel- 
probabilmente  qnal  gravissimo  ilanno  la-  limporlanza  che  meritava;  come  eransi 
le  scoperta  dovesse  recare  alla  sua  patria,  moslrati  sordi  a'di  lui  inviti, che  gli  avreb- 
il  che  già  deplorai  nel  §  X.VI,  n.  3,  e  nel  §  be  desiderali  a  compagni  alla  sua  gran- 
XVII,  n.  2  e  3.  Intanto  altri  valenti  ve-  de  intrapresa,  il  che  rimarca  il  conte  Gi- 
iieziani  viaggiatori  si  addentrarono  nel-  lolamo  Dandolo.  Ma  non  fu  così  quando 
l'Asia  e  colle  loro  relazioni  contribuirò-  pochi  anni  dopo  conobbero  l'altra,  per 
no  a  farla  sempre  meglio  conoscere,  co-  relazione  di  Pietro  Pasqualigo  oratore  a 
me  (\'\  già  celebrai;  in  uno  al  famoso  pia-  Lisbona,  a  principio  ancora  a  stento  cre- 
nisferio  del  camaldolese  fr.  Mauro,  il  piti  dula,  del  compito  giro  dell'Africa,  dei- 
grande  monumento  della  cosmografia  de'  l'arrivo  per  Calicul  all' Indie  Orientali, 
suoi  tempi,  che  abbraccia  lutto,  il  nion-  e  del  gran  mercato  che  si  faceva  a  Li-^ 
do  allora  conosciuto,  delinealo  in  ampio  sbona  colle  spezierie  asportate,  median- 
circolo;  il  mare  cinge  la  terra,  Geiusa-  le  la  scoperta  del  loro  passaggio  pel  Ca- 


V  E  N  V  E  N                   2^3 
pò  delle  Tempeste ,  die  perciò   fin  dal  di  lener  d'occliio   r.-indaniPiilo  di  quel 
i483  Bartolomeo  Diaz  avea  cliianiatodi  coniniercio  |)oi  logliese,  e  vedendo  die  i 
Buona  Spcranzo,  efìetlnaudo  il  passag-  viiiggi    j»  Caliciit  ^i  replicavano  onriiial- 
gio  arduo,  contro  la  comune  espellazio-  iDeulce  con  sem|)re  maggiore  vantaggio, 
ne,  Vasco  de  Game  nel  1497,  ritornando  stava  sempre  più  incerta  se  accettare  le 
poi  in  Lisbona  carico  di  droghe,  aroniati  pro[)oste  di  Emanuele  re  «li  Portogallo, 
e  altre  cose  preziose;  dinanzi  quel  verli-  I\Ia  olhecliè  poteva  send)rare  troppa  u- 
ce  stesso,  mezzo  secolo  pi  ima    delineato  miliayione  il  rendersi  quasi  tributaria,  es- 
da  veneti  cosmografi  sugli  antichi  plani-  sa  die  fino  allora  eia  stata  regina  de'ma- 
sferi  tuttora  esistenti,  giacché  fr.  Mauro  ri,  perciò  ritenendo  che  senza  ilsuocon- 
ne  avea  mandata  copia  al  re  di   Porto-  corso  la  corte  di  Lisbona  non  potessecon- 
gallo  Alfonso  V,  da  questi  bramata  per  seguire  il  fine  de' suoi  desidiiii  sospirati 
compiere  il  tanto  desiderato  giro  dell'A-  per  ben  70  anni;  si  aggiungeva  che  per 
frica,  e  nel  cui  mappamondo  videsi  per  quell'alleanza,  avrebbesi  inimicalo  il  sol- 
lai.'  volta  delineato  il  famoso  e  così  te-  dano  e  con  grave  pregiudizio  del  seqne- 
niuto  Capo  delle  Tempeste.   Al  giunge-  slro  ch'egli  avrebbe  fatto  de'  ricchissimi 
re  di  questa  nuova  a  Venezia,  a'24   lu-  de[)osili  veneziani  al  Cairo  e  con  perico- 
glioi  5o  I,  tutta  la  città  se  re  risentì  gran-  lo  inoltre  delle  persone  slesse  de'mercao- 
demente  e  rimase  stupefatta,  e  i  piìi  sa-  li.  Laonde  preterì  stringersi  con  esso  in 
pienti  giuslameule  la  tennero  per  la  peg-  Ifga  e  gli  mandò  un  nuovo  ambasciatore 
gior  nuova  che  giunger  potesse  mai.  iin-  in  Francesco  Tddi  neli5o4  con   segre- 
perocché  riconoscendosi    essere  Venezia  tissima  comnìissione,  rappiesenlaiidogli 
pervenuta  a  sì  alto  grado  di  riputazione  tulli  i  danni  che  da  quella  nuova  strada 
e  di  ricchezza   solo   pel  commercio  del  del  commercio  deriverelibero  agli   stessi 
mare  e  per  la  navigazione,  onde  condu-  suoi  slati,  per  la  perdila  de'  grossi  dazi,  e 
cevasi  ogni  anno  grande  quantità  di  spe-  pel  venir  meno  elei  tiafllco  delle  spezie 
zie,  che  i  forestieri  concorrevano  [)oi  ad  dtlllndie  Oiienlali.  Avvertì  l'ambasci;, - 
acquistare,  e  per  la  presenza  loro  e  per  il  tore,  a  badar  bene  ehe  i  portoghesi  se  ne 
trafilco  recavano  utilità  immensa;  ora  per  inqiadronii  ebbero  nlfatlo,  né  p<'rmette- 
(;ueslo  nuovo  viaggio  le  spezie  sarebbero  rebbero  più  ad  alcun  naviglio,  che  loro 
dall'Indie  Orientali    condotte  a  Lisbona,  non  fesse,  di  veleggiare  in  (jiie'mari;  ne 
ove  ungheresi, ledes eh i,fiamminghi,fran-  contenti  al  commercio  s'impadronirebbe- 
cesi  si  recherebbero  ad  acquistarle,   pò-  ro  anche  delle  terre,  cosa  che    veirebbe 
tendo  colà  averle  a   più  buon   mercato,  loro  agevolata  dalle  presenti  discordie  di 
E  ciò  perchè   le  spezie  che  venivano   a  que'pi  incipi;  già  aver  mostralo  colla  pre- 
Venezia, passavano  per  la  Soria  e  pe'pae-  sa  di  Cochin,  colle  fortificazioni  in   vari 
si  del  soldano,  pagando  in  ogni  luogo  e-  punti  erette,  qual  fosse  il  lorodivisamen- 
soibitanti  dazi,    onde  al   giunger  loro  a  lo;  provvedesse  adunque  mentre  ancora 
Venezia  si  trovavano  esser  aggravale  di  era  tempo;  mandasse  oraioii  a' principi 
tanto,  che  quanto  in  origine  valeva   un  indiani  per  istringere  C(»n  loro  palli  e  le- 
ducalo  erasi  alzato  fino  a  ducati  60  e an-  ga  onde  proibire  ilcouimercio  a'porlo- 
che  100.  Dalle  quali  angarie  andando  e-  ghesi;  soccorresse  all'uopo  anche  coU'ar- 
senle  il  viaggio  per  mare  ,  ne  avveniva  mi.  Ma  dall'Egitto  ancora   poco  era  a 
che  il  Portogallo  poteva    dalle  a  mollo  sperarsi,  agitalo  dal  cambiamento  di  di- 
minor  prezzo.  Intanto  non  lardarono  a  natila.   Alla    repubblica   dunque   allora 
farsene  sentire  gli    efielli  nella  notabile  non  rimaneva  che  ricorrere  ad  alti  i  trai- 
diminuzione  delle   vendite   delle    spezie,  lati  e  vedere  se  fòsse  possibile  di  dare  per 
Per  lo  die  la  repubblica  non  lascraudo  questi  alle  cose  il  miglior  indirizzo  che 


254  V  E  N 

l'emergenze  permettessero.  A  questo  fine 
nel  1 5o4  spedì  a  Lisbona  Leonardo  da  Ca 
Massei,  che  soKo  l'iipparciiza  di  setnpli- 
ce  mercante  ,  dovesse  bene  indagare  la 
condizione  delle  cose  rispello  alla  naviga- 
zione dell'Indie  Orientali  in  ogni  partico- 
lare nautico  e  mercantile,  e  se  a'mori  fos- 
se vietato  di  navigare  alle  loci  del  mar 
Rosso  ove  mette  quello  dell'  Indie,  dan- 
do di  tutto  es;itte  informazioni.  Queste 
furono  in  seguito  continuale  ,  il  che  di- 
mostra quanto  i  veneziani  non  cessassero 
di  vegliare  l'andamento  delle  cose  d'In- 
dia, né  potendo  altro  dovettero  alfine 
con  trattati  cercare  di  avvantaggiare  il 
meglio  possibile  ;  ne  fecero  col  soldano 
d'  Egitto  nello  stesso  i5o4,  e  più  lardi 
nel  i522Con  Giovanni  IH  re  di  Porto- 
gallo. Notai  negl' indicati  numeri  del  § 
XVII,  che  prima  della  scoperta  del  Ca- 
po di  Ruona  Speranza,  il  commercio  di 
Venezia  avea  raggiunto  1' apogeo  di  sua 
estensione,  era  lai.'' città  d'Europa.  Col- 
la scoperta  del  cammino  che  gira  il  Ca- 
•»  pò,  la  grandezza  di  Venezia  e  il  suo  com- 
mercio mondiale  cominciarono  a  decli- 
'.lare.  Dissi  pure,  che  la  sua  condizione  sta 
per  cambiare,  all'cHettuarsi  il  taglio  del- 
l'Istmo di  Suez,  di  che  colla  sua  viva  vo- 
ce 1' animoso  cav.  Ferdinando  Lesseps 
francese,  promotore  della  mondiale  im- 
presa, nel  declinar  d'agosto  I  8)8  in  Ve- 
nezia confoitò  i  veneziani,  sulla  facilità  e 
sicurezza  dell'esecuzione  d'opera  così  gi- 
gantesca, e  sulle  simpatie  dovunque  spie- 
gatesi a  favore dell'iuìpresa,  per-ino  nella 
stessa  Inghilterra.  Dissi  per  ultimo,  che 
ormai  sembra  definitivamente  stabilito 
di  ellettuarsi.  Adunfjiie  l'importanza  e 
prosperità  commerciale  è  vicina  a  risor- 
gere, dopo  circa  4  secoli  e  mezzo.  Dopo 
impresso  il  qui  ricordato,  ecco  quanto  la 
pubblica  stampa  ci  notificò  sul  grave  ar- 
gomento, ed  io  con  fugace  cenno  1'  ag- 
giungo sulle  bozze  di  stampa.  La  soscri- 
zione  aperta  in  Francia  e  all'  estero  pel 
taglio  dell'  l,tmo  di  Suez,  per  200  mi- 
lioni di  franchi,  in  4oo    mila   azioni  di 


V  E  N 
5oo  franchi,  fu  chiusa  a'  3o  novembre 
18 58,  con  un  risultato,  in  Francia  pre- 
cipua mente,  che  sorpassò  le  speranze  con- 
ce[)ite.  Il  cav.  Lessu[)S  con  lettera  de' 9 
dicembre  1  858,  scritta  al  giornale  del- 
Y Isilinie  de  Suez,  riprodotta  dagli  altri, 
dichiarò  che  la  compagnia  universale  an- 
dava a  costituirsi,  con  autorità  del  go- 
verno egiziano,  a  termine  degli  statuti 
approvati  dal  viceré  d'Egitto,  con  inte- 
resse del  5  per  I  00  assicurati  a'soscritto- 
ri,  da  correre  dal  I. "gennaio  1  809.  Quin- 
di il  consiglio  d'  amministrazione  tenne 
in  Parigi  a'20  dicembre  (sede  legale  am- 
ministrativa, la  sociale  essendo  Alessan- 
dria) la  suai."  tornala,  sollo  la  presiden- 
za di  Lesse.ps.  Nella  riunione  erano  rap- 
presentali 12  grandi  stati,  inclusivamen- 
te  all'Austria  e  all'Italia,  all'Inghilterra 
e  alla  Turchia,  per  inaugurare  la  carrie- 
1  a  dell'impresa  così  simpatizzala  da  lutto 
il  mondo  e  da  tutti  gli  ordini  della  so- 
cietà. Già  a' 4  dello  slesso  dicembre  vi- 
desi  compita  la  ferrovia  tra  Cairo  e  la 
città  di  Suez,  che  percorre  84  miglia  di 
deserto,  opera  grande  che  avrà  risultati 
stupendi  pel  commercio  del  mondo.  Les- 
se[>s  confida  finire  il  canale  di  Suez  in  cin- 
que anni,  che  deve  abbreviare  il  viaggio 
di  I  o  a  12  mila  navi  che  ogni  anno  mu- 
tano, pel  Capo  di  Buona  Speranza,  cir- 
ca 4  milioni  di  tonnellate  tra  l'Europa 
e  r  Indo  Cina,  come  osserva  la  CiviUìt 
Cattolica.  Aggiunge  poi  :  Ma  se  ringhil- 
lerra  dichiarò  l'impresa  impossibile,  per-" 
che  avversarla  ?  A  tutelare  il  suo  com- 
mercio e  il  governo  dell'Indie  orientali, 
occupò  e  fortificò  l'isola  di  Perim,  che 
forse  farà  chiudere  il  canale  quando  vor- 
rà !  Altre  dubbiezze, le  riferì  la  Cronaca 
(li  Milano  nelle  dispense  2  i ,  22,  24  del 
i858,  ed  a  p.  7o5  si  legge  la  cortese  ri- 
sposta del  Bollettino  dcW Istmo  di  Suez, 
che  propugna  l'impresa,  a' tioiori  del- 
la Croanca,\ix  quale  non  pertanto  rima- 
se con  essi.  — Tornando  aire[)oca  del- 
la scoperta  del  Capo  di  Buona  Speran- 
za, non  solo  il  commercio  prese  altra 


VEN  --^EN  aD^; 
clli'czione,  ma  le  guerre  tl'ltalia  vuotaro-  dnecnnse  principali  assegna  h  dccnclen?» 
no  l'erario,  la  potenza  turca  spDgliò  di  della  prospei ila  della  repubblica  e  della 
mano  in  mano  la  repubblica  desuui  pos-  città  di  Venezia.  La  i. "essere  la  cadu'a  di 
sedimenti  d'oltiemaie,  e  dessa  comincia-  Coslanlinopoli  venuta  in  signoria  de'lur- 
va  a  scendere  quella  china  che  doveala  chi, onde  fu  costretta  a  impugnar  sempre 
condurrealla  condizione  di  subalterna  fra  le  armi,  e  fu  tarlo  roditore  di  sua  vita.  La 
le  potenze  d'  Europa,  come  gravemente  2."  l'aperta  cumunicazione  col  mare  del- 
osserva  il  patrio  storico  prof".  Romanin,  l'Indie  orientali,  altro  gran  colpo  da  cui 
prima  di  narrare  i  dolorosi  avvenimenti  Venezia  mai  più  si  riebbe.  Il  perchè  cpia- 
che  si  successero.  Leguerre  d'Italia  le  im-  lifica  indolenza,  qualunquene  sia  slata  la 
pedironodi  concorrere  co'portogbesi  nel-  causa, il  contegno  di  Venezia  ch'ebbe  pre- 
la  nuova  via  presa  da'lrallici;  perla  sua  sto  ad  amaramente  pentirsene,  cioè  dei- 
positura  geografica  non  era  possd^ile  pas-  l'indirterenza  tenuta,  olire  agli  inviti  del 
sare  lo  stretto  di  Gibillci  la,  non  consen-  Colonìbo,  nelle  navigazioni  investigatri- 
rienli  Spagna  e  l'ortogallo,  senza  rinno-  ci  de'portogbesi,  poiché  potendo  disporre 
vare  disastrose  gueire  contro  sì  fornii-  del  più  polente  navile  che  allora  esistesse, 
dabili  potenze.  Anche  il  eh.  Casoni  ri'e-  anziché  eccitare  il  soldano  d'Egitto  con- 
va,  che  le  grandi  ricchezze  cumulale  da'  tro  il  Portogallo,  doveva  Venezia  spgui- 
veneziani,  il  lusso,  la  reale  magnificenza,  re  gii  esempi  de'navigatori  portoghesi:  il 
avendo  mosso  l'invidia  dell'altre  nazioni,  campo  era  abbastanza  vasto  perche  due 
nacque  in  esse  la  brama  di  strappar  dal-  popoli  potessero  prosperarvi  ad  un  fem- 
le  loro  mani  le  redini  del  commercio;  pò,  e  quando  pure  la  bilancia  avesse  do- 
quindi  destatosi  il  genio  de'viaggi,  e  dif-  vuto  inclinare  più  in  favore  dell'uno  che 
fusa  la  smania  e  la  gara' delle  scoperte.  E  dell'altrOjle  probabilità  maggiori  slavano 
mentre  (piesti  clamorosi  avvenimenti  SUO'  nella  parte  di  Venezia.»  IVicca  essa  di 
cedevano,  per  l'energia  insorta  nelle  na-  produzioni  sue  proprie  cosi  naturali  che 
zioni  maiiltime,  si  aumenlarono  altresì  industriali,  e  sovra  o^n'altro  polente  sul 
nedouiinaloii  la  gelosia  e  il  rancore  ver-  mare,  doveva  alla  fin  fine  prevalere  sul 
so  la  repubblica;  laonde  l'in  to  dato  a  di-  Portogallo  ,  che  trovavasi  in  condizioni 
scapilo  del  veneziano  commercio,  si  pen-  lutt'atlallo  diverse.  La  scoperta  dunque 
sava  raddoppiare  con  un  potente  cioilo  del  Capo  avrebbe  recato  sempre  una 
politico,  e  così  fin  d'nlhira  vennero  ordì-  grave  scossa  al  commercio  de' veneziani  ; 
te  le  prime  recondite  fila  d'una  congiura  ma  il  danno  fu  ancora  più  grave,  e  fu 
che  I' altrui  malizia  seppe  ordinare  in  irrimediabile,  perchè  il  governo  non  sep- 
Cambray,  ina  che  la  solita  prudenza  e  la  pe  o  non  volle  apporvi  quel  pronto  ed 
sagacità  de'padri  valsero  a  trionfalmente  energico  rimedio  che  stava  m  sua  ma- 
deprimeie.  Il  Moschini  dalla  scoperta  del  no".  Così  gravemente  ragionava  neh  855 
Capo  di  IJuona  Speranza  riconobbe  il  pri-  il  laudalo  conte  Dandolo.  Il  dominio  del 
ino  germe  della  rovina  di  !la  repubblica,  mare  dun(|ue,  sempre  piìi  andò  sfuggen- 
onde  il  commercio  di  lei  incominciò  a  ve-  do  a'veneziani,  mentre  nobiltà  e  popolo  si 
nir  meno,  e  col  coomierciola  ricchezza  ammollivano.- — Prima  di  uiii  rare  breve- 
e  la  possanza.  La  qual  sua  rovina  si  cer-  mente  gli  accennati  funesti  casi  delle  guer- 
co  sollecitare,  per  l'invidia  e  timore  che  re  italiane,  conviene  ricordare  il  riferito 
melleva  Venezia,  sì  dilatata  nel  continen-  nel  voi.  LXXXII,  p.  i  32.  Coll'istituzione 
te  italiano,  ai  bilra  dell'Adriatico,  signora  del  patriarcato  ili  Venezia,  al  senato  ne 
de'regni  di  Cipro,  Candia  e  IMorea,  e  oc-  deriso  il  padionalo,  e  poco  dopo  anche 
cupatiice  eziandioili  lu<  ghi  ne'mari  del-  quellodi  Aquileia.La  repubblica  a  tenoie 
r  Oliente.  11  coule  Girolamo  Dandolo  a  del  decrelo  iSgi,  esigeva  che  i  concor- 


256                   V  E  N  V  E  N 

lenii  alle  prelature  dovessero  darsi  inno-  la  conqnisla  d'Italia,  e  metteva  in  campo 
la  al  senato, il  quale  nominerel)I)ea  pilli  a-  It;  sue  pretensioni  della  corona  francese 
liiìidi  snflragi  quello  clie  avrebbe  atl  esse-  su  Genova.  Questa  città  erasi  niiovamen- 
re  pie'-entato  con  lettere  ducali  al  Sommo  te  data  al  duca  di  Milano  Gian  Galeazzo, 
l'ontefìce  per  la  conferma, e  nel  1443  erasi  e  l'inìperalore  gliene  a  vea  data  l'iuvesti- 
csteso  lo  stesso  procedimento  a  tutte  le  ter-  tura,  il  che  pose  Lodovico  il  /I/oro  in  gra- 
redellostato.  Ora  pel  patriarcalod'Aqui-  vi  complicazioni  col  re,  poiché  sebbene 
lei  a,  essentlo  morto  nel  149  i  il  patriarca  egli  fosse  il  duca  di  fatto  continua  va  a  por- 
Earbo,fra  2  I  scelse  Nicolò  Dona  o  Donalo  tare  il  titolo  di  duca  di  lìari.  Dice  1'  /4rtc. 
■vescovo d' A Imissa.JMaInnocenzoVllI  non  di  K>i'rificare  le  ilale,c\\eCa\\(ì  Vili  pri- 
au)misela  nomina,  dicui  lo  pregava  ildot-  ma  di  scendere  in  Italia,  inviò  Filip[)0 
tissimoe  virtuoso  ambasciatore  Ermolao  Cornino  a  Venezia  per  dispoilaa  favori- 
l'aibaro,  che  anzi  con  precetto  d'  ubbi-  re  i  suoi  disegni  ;  tua  il  senato  si  tolse 
dienza  volle  ch'egli  stesso  ne  accettasse  d'impaccio  con  una  risposta  breve,  sa- 
la dignità,  da  lui  vivamente  ricusata,  per-  piente  e  senza  valore.  I  dissapori  rinno- 
chè  la  repnliblica  vietava  a'suoi  oratori  vatisi  tra  Ferdinando  I  e  Innocenzo  Vili 
r  accettazione  di  qualunque  onore  senza  continuarono  nel  successore  Alessandro 
suo  permesso.  Infatti  il  senato  a'22  mar-  VI.  Pertanto  questi  nel  i493  propose  a 
7o  chiamò  il  di  lui  padre  Zaccaria,  ititi-  Venezia  una  nuova  lega  col  duca  di  Mi- 
mandogli sotto  pena  di  bando  e  confìsca,  lano  e  la  s.  Saòe.  Ilisposc  il  senato  esiste- 
induire  il  figlio  a  rinunziare;  ed  a  questi  re  già  la  precedente  lega,  e  di  riunovar- 
scrisse,  che  rispellando  le  patrie  leggi,  le  la  non  vederne  il  bisogno;  badasse  bene 
quali  severamente  proibivano  l'impetra-  Sua  Santità  ,  che  potrebbe  essere  cagio- 
re  alcun  benefizio  dalla  corte  di  Roma,  ne  di  nuovi  scandali  e  movimenti  d'armi 
dovesse  rinunziare  spontaneamente  e pre-  in  Italia;  riflettesse  il  pericolo  per  parte 
sentale  anzi  egli  stesso  il  Donato  al  Papa  de'tuichi  tutti  intenti  a  grande  armameii- 
per  la  consagrazione.  Ermolao  ubbid'i,  to,  i  quali  avrebbero  facilmente  profilta- 
soleniiemente  rinunziando  nel  giovedì  lo  de'nuovi  loibidi.  ]Ma  insistendo  il  Pa- 
santo,  ma  Innocenzo  Vili  non  accettò,  panel  suo  proponimento,  a  difesa  de' lo- 
anzi  lo  creò  cardinale,  il  che  è  contrasta-  ro  principati  dalle  mire  di  Carlo  Vili,  la 
to,comeavverlii  nellasua  biografia.  Ban-  lega  fu  conclusa  per  i5  anni,  a  conser- 
dito  Ermolao  nel  settembre  dalle  terre  vazione  della  pace  d'Italia  e  de'propri  do- 
venete,  restò  in  Roma,  ove  raon  di  33  minii,  lasciandosi  liberoagli  altrislati  ita- 
anni.  L'avea  preceduto  nella  tomba  In-  liaiiidi  aderirvi,  anzi  a  insinuazione  de* 
nocenzo  Vili  nel  luglio  149*^9  ed  Ales-  veneziani  visi  ammetterebbe  a  sua  richie- 
Sandro  VI  spagnuolodi/'rt/f'«zrt{F.),che  sta  anco  lo  stesso  re  di  Francia,  per  be- 
gli successe,  essendo  già  mancato  di  vita  iievoleiiza  sempre  dimostrata  colla  icpub- 
Ermolao,  condiscese  che  il  Donato  fosse  blica  e  il  duca  di  Milano.  La  lega  fu  pub- 
patriarca,  confermandolo  a'4  novembre  blicata  in  Vei.ezia  fra  il  Papa,  la  repub- 
1493.  Il  senato  fu  sempre  geloso,  che  le  blica  e  il  duca  con  gran  solennità  a' 23 
piel;ituie  dello  stato  non  fossero  conferi-  aprile  festa  di  s.  Marco.  Dopo  la  messa 
le  a  persone  non  grate  al  governo,  e  a  fo-  canlaia  nella  sua  basilica,  il  doge  pubbli- 
lestieri.  Intanto  dalie  due  estremità  del-  cainente  conferì  a  Taddeo  Vimeroati  am- 
ia (lenisola,  da  Milano  e  Napoli  prende-  basciatore  milanese  l'insegne  equestri  di 
Va  principio  quella  dolorosa  serie  di  scia-  una  crocetta  d'oro  coll'elligie  di  s.  Mar- 
gnie,  la  quale  dovea  mettere  si  al  ftjndo  co  pendente.  Indi  fu  ammesso  nella  lega 
i  inldice  Italia,  da  non  poter  rialzare  il  il  duca  di  Ferrata  Ercole  I  suocero  di  Lo- 
capo.  Curio  Vili  re  di  Francia  meditava  doficoil/I/oro. Trovo inCauceliieri,C'rt/«- 


V  E  N 

jiane,  p.  43,  riferire  il  contemporaneo 
iliaiista  Intessiiia:  Die  7.5  apriLisi.\c^Z , 
Papa  Alexander   VI  post  nnssain  in 
ecclesia  s. alarci {à\  Vvonia) puhlicavit  Li' 
gam,et  Confoederalionein  cani  T^enelis, 
et  duce  Mediolanensis^  et  communi  Se- 
nensi,  IMantiianis,  et  Ftrrariensibusj  et 
statili t  fune  Papa  oh  gaiidiuni  sonaci  in 
sero  campanai  Capitola,  et  aliarum Ec- 
clesiarum.  La  moglie  di  Lodovico,  Bea- 
trice d'Esle,  di  grande  ingegno,  si  recò  a 
Venezia,  colla  duchessa  Leonora  sua  ma- 
dre, e  il  fralello  Ait'ouso  che  seco  condu- 
ceva la  moglie  Anna  sorella  del  duca  di 
JMilano.Fu  incontrata daldoge col  bucin- 
toro e  con  ricca  pompa,  indi  festeggiata. 
Ella  pretendeva  i  segni  esterni  del  pote- 
re, e  di^pulù  follemente  !a  precedenza  a 
Isabella  d'Aragona  figlia  d'Alfonso  duca 
di  Calabria  e  moglie  del  duca  di  Milano, 
donde  ne  nacque  un  odio  reciproco,  e 
tanta  gaia  che  Isabella  ricorse  alla  pro- 
lezione dell'avo  Ferdinando  I  re  di  Na- 
poli, il  quale  inviò  un  ambasciatore  a  Lo- 
dovico il  Moro,  per  inlimargli  di  resti- 
tuire raniminislrazione  del  ducato  al  ni- 
pote Gian  Galeazzo.  Questa  in  terposizio- 
ue  ferì  tanto  Lodovico,  che  per  vendicar- 
sene sollecitò  Carlo  Vili   a  far  valere  i 
suoi  diritti  alla  coiona  di  Napoli,  deriva- 
tigli dalla  casa  d'Angiò,  promettendogli 
d'assisterlo  con  tutte  le  sue  forze.  L'og- 
getto dell'invio  di  Beatrice  a  Venezia  l'e- 
spose essa  stessa  alla  signoria,  chiedendo 
consigiio,appoggioe  direzione  nella  pros- 
sima calala  di  Carlo  Vili,  che  avrebbe 
domanduto  l'investitura  del  regno  al  Pa- 
pa; volere  il  re  capo  e  condottiero  del- 
l'impresa il  proprio  marito  Lodovico,  il 
quale  doveva  avere  l'investitura  del  du- 
calo di  Milano  dall'imperalore  Massimi- 
liano 1.  Fu  riposto  alla  duchessa  di  Bari, 
che  la  cosa  era  assai  g'  ave,  e  bisognava 
prima  di  tulio  darne  comunicazione  ad 
Alessandro  VI,  come  capo  della  lega  e 
della  cristianità.  Nel  partire,  raccorlissi- 
nia  duchessa,  disse  al  doge,chesuo  mari- 
Io  aveva  il  governo  del  duca  nipote,  i  de- 
\oi..  xcii. 


V  E  N  257 

nari  e  le  fortezze  nelle  sue  mani ,  e  pò- 
tea  disporre  di  tutto  lo  stalo  di  Milano  a 
piacere.  Ben  avvedendosi  però  il  doge, 
come  la  principessa  voleva  [)er  lai  modo 
indagare  se  la  repubblica  fosse  disposta 
a  favorire  la  sua  usurpazione,  rispose  per 
le  generali. Procurando  la  repubblica  gua- 
dagnar tempo  a  decidersi,  tornò  a  insi- 
stere col  re  di  Napoli  sollecitandolo  a  pa- 
cificarsi col  Papa, esponendogli  i  perico- 
li io  cui  era  di  perdere  il  regno.  Ma  un 
accecamento  trar  doveva  Ferdinando  I 
a   precipitare  gli  eventi,  e  colla  propria 
rovina  far  quella  altresì  della  povera  Ita- 
lia; che  anzi  aumentò  le  squadre  inviate 
a  danno  dello  slato  pontificio.  Ma  venu- 
to io  Italia  l'ambasciatore  francese  Per- 
ron,  per  indagarglianimi  de'principi  ita- 
liani verso  Carlo  Vili,  nella  prossimasua 
calata,  da  Venezia  non  ricevendo  che  pa- 
role d'ossequio  e  di  non  poter  sommini- 
strare aiuto  dovendo  guardare  i  suoi  e- 
stesi  dominii  da'turchi,  sempre  silibondi 
del  sangue  de'crisliani;  il  re  di  Napoli  si 
scosse  e  sollecitò  l'accordo  col  Pupa  con 
iniparentarsi  con  lui,  al  modo  riferito  a' 
.suoi  luoghi.  Lodovico  il  Moro  vedendo 
allora  la  sua  debolezza,  non  favorito  da' 
milanesi  per  la  sua  usurpazione,  fredda 
e  indecisa  la  repubblica,  incerto  1'  asse- 
gno da  fare  sul  Papa,  insuilìcienle  l'ap- 
poggio del  duca  di   Ferrara;  trascinato 
dalla  sua  ambizione,  risolse  di  gellarii 
totalmente  alla  parte  di   Francia  ,  scri- 
vendo al  suo  incaricato   Mulleo  Pirova- 
no presso  il  re,  in  modo  deciso  ed  aperto. 
Questi  nell'agosto  i^Cf^  comunicò  lutto 
a  Carlo  Vili,  che  promise  poi  risolvere. 
Intanto  Lodovico  per  esser  nato  dopo  che 
suo  padre  Francesco  1  era  salilo  al  tro- 
no ,  laddove  il  fratello  Galeazzo  Maria 
non  era  figlio  che  d'un  privato,  ottenne 
da  Massimiliano  1  l'inveslitura  del  ducato 
di  Milano,  dando  all'imperatore  in  isposa 
Bianca  sua  nipote,  sorella  del  duca  Giaa 
Galeazzo,  colla  promessa  di  400,000  du- 
cati di  dote,  e40:Ooo  in  gioie  e  altri  arre- 
di, e  di  lutto  ne  die  pronta  notizia  a'venc 
17 


s-jS  yen 

ziani.  Avviluppnlo  co'^'i  da  una  polillca 
ambigua  e  lovinosaj  Lodovico  essendo 
d'accordo  col  senato,  questo  in  vii?)  il  Papa 
a  inviare  un  cardinale  al  reperfiastornnr- 
iie  la  venuta,  per  la  quale  faceva  grandi 
apparecchi,  e  il  Papa  spedì  senza  succes- 
so in  Francia  il  cardinal  Ficcolooiini,che 
gli  successe  col  nome  di  Pio  III.  Laonde 
Feidinando  I  vedendo  crescere  il  suo  pe- 
ricolo, si  rivolse  a  Lodovico  slesso  propo- 
tiendogli  una  lega  generale,  ma  prevalse 
]a  necessità  daiulare  Carlo  Vili  per  non 
1  estare  isolato,  non  potendo  contare  sui 
veneziani,  che  gli  davano  piìi  parole  che 
fatti.  In  tanta  pertuibazione  e  incertezza 
d'animi,  a'  28  gennaio  i494  Diorì  Fer- 
dinatido,  e  gli  successe  il  figlio  duca  di 
Calabria  col  nome  di  re  Alfonso  II,  che 
i  veneziani  assicurai ono  di  loro  amici- 
zia, ed  il  Papa  mandò  solennemente  a 
coronare;  e  benché  bellicoso,  fece  di  tut- 
to per  rimuovere  il  re  francese  dall'im- 
presa, ma  senza  successo.  La  repubblica 
in  mezzo  a  tanta  burrasca  che  si  adden- 
sava sopra  di  essa,  teneva  dubbiosa  la  ve- 
nula del  re;  e  quando  il  suo  ambasciato- 
le gliela  annunziò,  si  scusò  degli  aiu- 
ti che  domandava  di  viveri,  mentre  assi- 
curò Alfonso  11  di  sua  amicizia,  e  che 
gli  armamenti  francesi  non  erano  tali  da 
mettere  timore;  dall'altro  canto  impe- 
gnava il  Papa  di  riconciliare  Lodovico 
col  re  di  Napoli  per  la  quiete  e  la  salute 
d'Italia.  Nel  luglio  seguì  un  abboccamen- 
to tra  Alfonso  li  e  Alessandro  VI  in  Vi- 
covaro,  che  narrai  nel  voi.  LXXVI,  p.  5, 
patria  del  Sabellico  storico  veneto,  per 
collegarsi  contro  Carlo  Vili  per  l'indi- 
pendenza di  tutta  Italia.  Dichiarò  il  re, 
esser  d'uopo  di  scostare  Lodovico  dall'al- 
leanza francese  o  balzarlo  dal  potere^  re- 
stituendolo a  suo  genero,  a  tal  effetto  of- 
frendo la  propria  flotta  e  le  sue  truppe 
terrestri.  Alle  parole  lenendo  dietro  i  fal- 
li, la  flotta  partì  alla  volta  di  Genova,  con 
ispavenlodi  Lodovico,  che  promise  rimet- 
tersi all'arbitrato  de' veneziani,  onde  con 
queste  speranze  di  pace  potè  rinforzare 


VEN 
Genova.  Adulato  il  regno  al  ducn  di  Bor- 
bone, con  bello  esercito  calò  in  Italia  Car- 
lo Vili,  inviando  la  sua  flotta  a  Genova 
comandata  dal  duca  d'Orleans,  poi  Lui- 
gi XII.  In  Asti  fu  complimentalo  da  Lo- 
dovico e  dall'  oratore  veneto,  per  cui    il 
Papa  se  ne  lagnò;  ed  il  re  mandò  a  Ve- 
nezia suo  ambasciatore  di   Comines  sto- 
rico di  lui  e  del  predecessore,  ringrazian- 
do pel  contegno  della  signoria  e  facendo 
oderte.  Mentre  la  repubblica  ne  mostrò 
fiducia  e  gradimento,  tornò  a  schermirsi 
per  aiuti,  col  mettere  innanzi  al  solito  ì 
timori  del  turco,  e  in  pari  tempo  solleci- 
tava Lodovico  a  procurare  T  allontana- 
mento de'francesi,  pe'gravi  pericoli  a  cui 
il  re  esponeva  l'Italia  colla  sua   venula. 
Giunto  il  re  a  Pavia  visitò  nel  castello  il 
duca  Gian  Galeazzo  malato  di  veleno,  di- 
cendosi somministralo  dallo  zio,  ed  accol- 
se benignamente  le  preghiere  della  di  lui 
moglie  Isabella,  raccomandandogli  il  pa- 
dre Alfonso  II.  Indi  a' 22  ottobre  morì 
l'infelice  Gian  Galeazzo,  lasciando  due  fi- 
glie e  il  figlio  Francesco,  che  avrebbe  do- 
vuto succederlo;  ma  Lodovico  mostrò  il 
diploiua  imperiale  che   lo  chiamava  al 
trono  del  ducato  di  Milano.  Il  senato  to- 
sto gli  scrisse  coodolendosi  per  la  morte 
del  nipote,  e  insieme  congratulandosi  del 
suo  innalzamento.  Entrato  Carlo  Vili  in 
Toscana,  contro  le  promesse,  prese  Fi- 
vizzauode'fiorenlini,  l'abbandonò  al  sac- 
co e  vi  fece  strage,  il  che  colpì  di  terrore 
tutta  Italia.  Pietro  de  Medici,  nemico  del 
re,  corse  pu>«illanime  a' suoi   piedi  e  gli 
cede  quanto  volle;  raa  tornato  a  Firenze, 
per  tanta  ignominia  fu  coslrello  a  fuggi- 
re col  fialello  cardinal  Giovanni,  poi  Leo- 
ne X.  INIentre  succedevano  queste  cose, 
Venezia  spaventata  pel  soccorso  doman- 
dato da  Alfonso  II  a'  turchi,  ne  avvisò 
Carlo  Villa  provvedervi, trovandosi  per- 
ciò impotente  al  prestito  domandato  dal 
suo  ambasciatore.  Da  Firenze  il  re  s'av- 
viò per  la  Piomagna,  onde  il  Papa  inti- 
morito deliberòdi  fuggire  e  recarsi  a  Ve- 
nezia ove  chiedeva  un  asilo.  Rispose  a* 


V  EN 
20  noverabre  In  repubblica,  non  credere 
necessaria  tale  risoluzione,  ma  all'uopo 
sarebbe  degnamente  accolto,  sicuro  e  o- 
norato:  e  purché  ne  dasse  avviso  a  tem- 
po, si  tnanderebbero  3  triremi  a  levarlo 
in  Ancona;  raccomandavagli  però,  tenes- 
se presso  di  se  beu  custodito  il  fratello  di 
Bajazet  II,  il  principe  Gem  o  Zizim.  Que- 
sto smentisce  la  calunnia  lanciata  contro 
i  veneziani  d'averlo  fatto  poi  morire,  co- 
me notai  nel  voi.  LXXXI,  p.  3  i  7.  Poco 
dopo  giunse  un  inviato  turco  in  Venezia, 
chiedendo  che  la  repubblica  aiutasse  Al- 
fonso II  e  il  Papa;  ma  gli  si  rispose,  che 
tenendo  essa  buon'amicizia  anco  col  re 
di  Francia,  altro  non  poteva  fare  se  non 
continuare  ad  adoperarsi  a  metter  pace 
tra  le  parti.  Nuovamente  il  senato  man- 
dò oratori  a  Lodovico  per  tentar  ancora 
se  possibile  fosse  d'allontanar  tanti  mali 
dall'Italia.  Il  duca  si  giustificò  ampia- 
mente, almeno  così  apparisce  da'  docu- 
menti esibiti  dal  prof.  Romanin,  se  il  suo 
dire  era  sincero  e  non  velato  dalla  politi- 
ca. Certo  è  che  il  denigrante  ritratto  che 
fa  del  re,  quasi  uomo  da  nulla,  e  gli  or- 
rori commessi  da'francesi  in  Italia,  è  sto- 
ria. Si  mostrò  pure  divoto  del  Papa,  af- 
fezionato e  riverente  alla  repubblica,  pre- 
muroso per  Alfonso II.  I  suoi  consigli  da- 
ti a'francesi  esser  per  costringerli  a  riti- 
rarsi, mancando  di  unità,  di  ordine,  di 
denari.  La  fortuna  averli  aiutati,  giovati 
l'altrui  imprevidenza.  Ria  la  repubblica 
non  fidavasi  pienamente  delle  proteste 
di  sue  buone  disposizioni.  Quindi  si  ri- 
volse a  Carlo  Vili,  scongiurandolo  a  non 
proseguir  più  oltre  in  danno  de'domioii 
pontificii ,  come  avea  fatto  col  prendere 
Acquapendente,  Monte  Fiascone  ed  al- 
bi luoghi;  che  se  invece,  non  badando  a' 
buoni  consigli,  proseguisse  il  suo  cammi- 
no verso  Ptoma  ,  tanto  Lodovico  (|uan(o 
la  repubblica  sarebbero  sciolti  d'ogui  pat- 
to. Vane  parole.  I  francesi  sempre  più 
avanrando,  parecchi  feudatari,  tra'quali 
i  figli  di  Virginio  Orsini  al  soldo  di  Na- 
poli,e  il  conte  di  Piiigliano,  Strinsero  par- 


V  E  N  239 

ticolari  accordi  col  re,  mentre  il  Papa  fa- 
ceva imprigionare  in  Pioma  il  cardinal 
Ascanio  Sforza  fratello  di  Lodovico,ePro- 
spero  Colonna  come  aderenti  a  Francia, 
e  dava  il  passo  ad  Alf)nso  II  d'  entrare 
colle  sue  truppe  in  Roma.  La  repubbli- 
ca ne  restò  inconsolabile,  prevedendone 
le  conseguenze;  e  Lodovico  ne  andò  in  fu- 
rore, volendo  farne  pentire  il  Papa.  Que- 
sti però  avvedutosi  del  passo  inconside- 
rato, rimise  in  libertà  i  prigioni,  di  che 
profìitaudo  l'oratore  veneto,  rinnovò 
le  preghiere  a  Lodovico  di  pensare  se- 
riamente alla  quiete  d' Italia.  Il  Papa 
stretto  dalle  armi  francesi  e  da'Coloune- 
si,  tentò  un  accordo  col  re.  Si  convenne 
di  riceverlo  amichevolmente  in  Pioma, 
ove  rispetterebbe  l'autorità  papale  e  l'im- 
inunilà  della  Chiesa  ;  mentre  il  re  al  car- 
dinal Piccolomini  legalo  in  Francia  per 
distorlo  a  venire  in  Italia,  erasi  appellato 
al  futuro  concilio.  Di  più  il  resi  riservò 
a  concludere  il  resto  ali." abboccamento 
con  Alessandro  VI.  Duri  patti  a  cui  fu 
forza  convenire,  privandosi  il^  Papa  de' 
soccorsi  che  doveano  mandargli  i  confe- 
derati. Stretto  sempre  più  Alessandro  VI 
dallo  spavento,  e  sapendo  aver  nel  cam- 
[)o  regio  acerrimi  nemici,  tra'quali  il  car- 
dinal Giuliano  ilella  Rovere;  ritiratosi 
Alfonso  II  a' confini  del  regno,  e  il  Pa- 
pa in  Castel  s.  Angelo,  Carlo  Vili  pom- 
posamente entrò  in  Roma  V  ultimo  del 
i494j  e  la  fece  tutta  militarmente  oc- 
cupare. Prese  alloggio  nel  palazzo  apo- 
stolico di  s.  Marco,  e  lo  munì  a  fortezza, 
prestandosi  l'edifizio.  Alcune  case  furono 
saccheggiate,  a'  cardinali  furono  tolti  i 
denari,  e  non  avendone,  l'argenterie,  col- 
le quali  fu  coniata  moneta  colle  parole  : 
Carolila  Iinperalor,  il  che  fu  poi  motivo 
di  gelosia  a  Massimiliano  I,  dice  il  prof. 
Romanin,  o  forse  prese  tal  titolo  pe'  di- 
ritti acquistati  su  Costantinopoli,  per 
quanto  dissi  nel  voi.  LXX.XI,  p.  3i6. 
A' >  gennaio  149^  il  Papa  si  abboccò  col 
re,  diflldooti  l'uu  l'altro.  Domandò  il  re 
quelle  foltezze  che  uotai  uel  luogo  cita- 


26o  V  E  N 

to,  e  la  consegna  di  Zizìm.  Il  Papa  disse 
di  dare  poi  risposta.  Questa  tardando  si 
commisero  altri  sacclieggi.  Finalmente 
convenne  Alessandro  VI, che  col  le  fosse 
amicizia  e  confederazione  per  la  difesa 
comune  ;  la  garanzia  temporanea  del!e 
ricliiesle  fortezze  sino  alla  conquista  del 
regno  di  JNapoli,  di  cui  rinvestirebbe; 
condonazione  all'ollése  e  ingiurie  de'se- 
guaci  del  re  ;  la  consegua  di  Zizim  per 
agevolar  l'impresa  che  meditava  il  re 
contro  il  fratello  Bajazet  II,  per  iuipa- 
dronirsi  del  trono  che  pretendeva  spet- 
targli, ma  l'infelice  principe  moi'i  di  ve- 
leno o  altro  malej  a''24  febbraio 1 49^  in 
Napoli,  o  negli  altri  luoghi  notali  nel  sud- 
detto voi.,  ove  di  nuovo  confutai  la  calun- 
nia sostenuta  da  più  storici,  d'averlo  av- 
velenalo il  Papa  per  accordo  col  sultano. 
Fu  costretto  il  Papa  agli  umilianti  patti, 
e  ad  altri  di  minor  importanza,  per  la 
raalaugurata  politica  di  que'lempi,  dalla 
sfortuna  delle  arnn  napoletane,  dal  ten- 
tennare de'  veneziani,  dall'abbandono  e 
irritazione  di  Lodovico,  il  quale  però  sa- 
puta l'entrala  del  re  in  Pioma,  disse  agli 
oratori  veneti  che  conveniva  provvedere 
che  non  passasse  più  avanti,  avendo  scrit- 
to al  cardinal  fratello  che  si  provocasse- 
ro l'imperatore  e  il  re  di  Spagna  ad  in- 
vader la  Francia,  e  allora  il  re  sarebbe 
corso  a  difenderla, abbandonando  le  con- 
quiste, dovendosi  allontanare  i  mali  dal- 
l'Italia  a  costo  di  sagrifizi  pecuniari.  A' 
2  5  gennaio  partì  da  Pioma  il  re,  e  volle 
seco  per  legato,  e  quasi  statico,  il  cardi- 
nal Cesare  Borgia  arcivescovo  di  Falen- 
za[f\)  e  figlio  del  Pupa,  che  giunto  a 
T' elle  ti  i  fuggì.  Irritato  il  re  voleva  ven- 
dicarsi con  bruciare  la  città,  salvata  dal- 
le lagrime  del  suo  vescovo  cardinal  del- 
la Piovere.  Indi  fece  espugnate  IMonle 
Fortino,  lo  tolse  a'Conli  e  die  a'Colon- 
nesi.  Giunto  nel  territorio  di  Veroli,  pri- 
nia  di  transilare  per  Rlonte  s.  Giovanni 
VI  spedì  3  ambasciatori,  che  mutilali  nel 
naso  e  orecchie,  a  terribile  punizione 
quasi  spianò  la  terra  e  fece  uccidere  tjli 


V  EN 

abitanti.  Uscito  dallo  stato  papale,  la  fe- 
rocia con  cui  procedette  l'esercito  di  Car- 
lo Vili,  gli  rese  agevole  l'occupazione 
del  regno,  che  Alfonso  II  rinunziò  al  fi- 
glio Ferdinando  li.  Narralo  il  principio 
delle  disgrazie  d'Italia,  non  posso  tener 
dietro  al  complesso  de'  feraci  e  strepitosi 
avvenimenti  che  si  successero,  anco  per 
non  ripetere  il  già  riferito  a'iuoghi  loro. 
Ne  darò  soltanto  un  breve  cenno.  L'in- 
gresso di  Carlo  Vili  in  Napoli  sparse 
gran  terrore  a  Venezia  e  nell'animo  di 
Lodovico.  Il  Papa  per  quiete  e  difesa  d'I- 
talia mandò  a  Venezia  in  dono  al  doge 
Biirbarigo  la  Rosa  (V  oro  benedetta j  e 
fece  lega  a'3i  marzo  t495j  segnala  nel- 
la camera  da  letto  del  doge,  colla  repub- 
blica, IMussimiliano  1  imperatore,  Ferdi- 
nando V  re  di  Spagna  e  di  Sicilia,  e  Lo- 
dovico il  DIoio  duca  di  Milano,  aderen- 
dovi anche  il  duca  di  Ferrara  e  Bologna. 
La  Rosa  fu  consegnala  in  Pioma  all'  o- 
ratore  Girolamo  Zorzi,  ed  in  Venezia  la 
portò  lo  scudiere  pontifìcio  Jacopo  Car- 
dona,  con  indulgenza  plenaria  alla  chie- 
sa di  s.  Marco,  ove  il  nunzio  apostolico 
Nicolò  Franco  vescovo  di  Treviso  pon- 
tificò la  messa  nella  domenica  delie  Pal- 
me per  la  solenoissima  pubblicazione 
della  lega.  Udita  questa  da  Carlo  Vili 
minacciò  l'oratore  di  Venezia  di  colle- 
garsi a'danni  della  lepubblica  con  altri 
re.  Alessandro  VI  riconciliatosi  co'cardi- 
naii  della  Ptovere  e  Sforza,  indi  non  vo- 
lendosi trovare  in  Pioma  al  ritorno  del 
re,  ch'era  parlilo  da  Napoli  a*  io  mag- 
gio, recandosi  con  lutti  i  cardinali  e  pre- 
lati a  Orvieto,  accompagnato  da  i  stoo 
cavalleggeri  e  2000  fanli  pontificii,  da 
600  cavalleggeri  e  700  fanli  della  re- 
pubblica, e  da  600  cavalleggeri  e  1200 
fanti  del  duca  di  IMilano.  Il  i,°  giugno 
giunse  in  Roma  Carlo  Vili  con  metà  del- 
l' esercito  a  piedi  e  a  cavallo  slimato 
So, 000  uomini,  mostrando  gran  dispia- 
cere della  partenza  del  Papa,  al  quale 
avrebbe  voluto  rendere  omaggio  e  con 
lui  conferire.  1  francesi  questa   volta  si 


V  EiN 

comportarono  Iranquillamente.  Iodi  il  re 
s'avviò  per  Viterbo,  ove  procurò  indar- 
no parlare  al  Papa,  che  in  vece  parti  per 
Perugia  ;  mentre  dimorava  in  delta  cit- 
tà, parte  di  sue  truppe  desolarono  To- 
scaiiella,  nel  modo  che  deplorai  in  (|uel- 
l'arlicolo  ;  quindi  proseguì  il  viaggio  pel 
suo  ritorno  in  Francia.  Però  il  duca  di 
Orleans,  col  tiloiodi  duca  di  Milano  per 
quanto  dirò,  restato  in  Asti,  improvvisa- 
mente s'impadronì  di  Novara,  mentre  in 
gran  parte  il  regno  di  Napoli  era  stato 
riacquistato  dall'armata  veneta  coman- 
data da  Antonio  Griinani  unita  alla  spa- 
guuola,e  moltecittàspontanearaente  tor- 
navano a  Ferdinando  II,  rientrando  poi 
in  Napoli,  ed  il  viceré  Monlpensier  restò 
prigioniero.  Tentò  Carlo  Vili  l'impresa 
di  Genova  con  infelice  esito.  Avendo  Lo- 
dovico dichiaiata  guerra  al  duca  d'Or- 
leans, giunta  la  vanguardia  francese  del 
re  a  Fornuovo,  trovarono  il  grosso  dell'e- 
sercito milanese  e  veneziano.  Era  la  do- 
menica 5  luglio  quando  il  re  contempla- 
va da  un'  altura  i  campi  pronti  alla  bat- 
taglia accampali  lungo  d Taro, che i  fran- 
cesi dovevano  passare  per  proseguire  il 
viaggio.  Nel  dì  seguente  fu  attaccato  il 
campo  veneziano  comandato  da  Melchior 
Trevisan  ;  il  capitano  generale  marchese 
Gonzaga  essendo  accampato  presso  Ap- 
piano, si  gettò  addosso  a'  francesi  e  pene- 
trò sì  avanti  nelle  file  nemiche,  che  avreb- 
be fatto  prigione  il  re,  se  non  lo  salvava 
il  bastardo  Bourbon,  che  però  fu  preso 
con  800  francesi,essendovene  periti^Soo. 
La  perdita  de'  veneziani  fu  minore,  ma 
con   diverse  vittime  d' illustri   capitani. 
Questa  vittoria  di  Fornuovo  fu  intesa  a 
Venezia  con  una  pazza  gioia.  Le  ac(jue 
del  Taro  assai  gonfie  dalle  pioggie,  im- 
pedirono all'  eseicilo  confederalo  di   ta- 
gliate la  ritirata  al  ree  impadronirsene, 
come  il  senato  raccomandava.  Uiuscì  il 
re  ad  arrivare  ad  Asti,  ove  decise  soccor- 
rere Novara  assediata  da' veneziani  e  da' 
milanesi;  mentre  il  Papa  a'5  agosto  ful- 
minò un  mouilorio  coulro  diluì,  riufac- 


VEN  a6i 

ciandogli  tulle  le  colpe  e  iniquità  com- 
messe iu   Italia,  imponendogli  partirne 
sotto  pena  di  scomunica.   Lodovico  ot- 
tenendo la  restituzione  di  Novara  segnò 
la  sua  pace  separata,  lasciando  luogo  a' 
veneziani  d'aderirvi  per  mostrarsi  meno 
pieghevoli  e  più   esigenti,   inebriali  del 
vanto  di  liberatori  d'Italia,  dato  loro  an- 
co dal  Papa  in  una  bolla.  IMalcontenli  di 
simile  pace,  dissimularono  perchè  Carlo 
Vili  partisse  d'  Italia,  la  quale  per  que- 
sta venula  di  francesi  ereditò  da  loro  il 
morbo  gallico,  che  per  molli  anni  fece 
stragi  orribili  della  popolazione.  Invitata 
la  repubblica  a  segnar  la  pace  si  rifiutò, 
dovendo  farla  d'  accordo  co'confederali 
e  non  voler  abbandonare  il  re  di  Napo- 
li; anzi  ne  prese  la  protezione  col  regno 
a'  2  I  gennaio  i  49^>  ricevendo  in  pegiro 
alcune  città  per  sicurtà  delle  spese  fatte, 
cioè  Brindisi,  Otranto  e  Trani.  Era  al- 
lora Venezia  divenuta  centro  delle  nego- 
ziazioni diptouialiche,perchèse  non  si  fos- 
sero opposti  i  veneziani  tutta  l'Italia  sareb- 
be stata  occupala  da'francesi.  Volendo  i 
fiorentini  soggiogar  Pisa,  la   repubblica 
ne  prese  la  protezione,  il  che  divenne  fo- 
mite a  nuove  discordie  italiane,  e  a  nuove 
chiamate  di  stranieri,   vociferandosi  al- 
tra calata  in  Italia  de' francesi.  A  sua  di- 
fesa a'  18  luglio  1496  fi»  conclusa   lega 
fra  Venezia,  il  Papa,  Milano,  Ferdinan- 
do V,  Massimiliano  I,  aderendovi  pure 
Enrico  VII  re  d'  Inghilterra.  Essendosi 
portato  l'imperatore  in  Italia,  pel  sospet- 
to d'una  nuova  venula  di  Carlo  Vili, on- 
de non  provocarla  fu  dalla  repubblica 
invitato  a  ritirarsi,  con  dispiacere  suo  e 
di  Lodovico.  L'iuiperaloie  si  recò  a  Ge- 
nova, fece  un  vano  tentativo  colla  flotta 
della  lega  contro  Livorno,  prevenuto  dal- 
la francese, e  tornò  in  Germania, liscian- 
do rilidia  in  maggior  imbarazzo,  ed  alla 
vigilia   di   nuovi   e  grandi  rivolgimenti, 
IMalconlcnto  de'  venrzinui,  ad  onta  de* 
.soccorsi  dati,  occupò  loro  il  feudo  di  Go- 
rizia. Intanto  morto  ;i' 5  ottobre   i4<)^ì 
il  re  di  Napoli,  gli  successe  il  fratello  Fé- 


262  V  E  N 

derico  I;  non  essendosi  finilo  di  ricupe- 
rale il  reguo  da'  fraacesi,  con  una  parie 
di  esso  iu  mano  a'  veneti,  ad  essi  si  die 
Taranlo  appena  sgombrala  da' francesi. 
]1  doge  dichiaròagii  oratori  tarantini  non 
poter  accettare  la  dedizione  senza  violare 
i  trattati,  ma  n'ebbe  in  risposta  preferire 
altrimenti  al  dominio  del  le  quello  del 
turco:  convenne  accettare  la  dedizione, 
falle  prima  le  debite  pratiche  col  re.  Nel- 
la primavera  i497  tornarono  i  francesi 
iu  Italia,  condotti  da  Gian  Jacopo  Tri- 
vulzi,  e  la  repubblica  sebbene  aggravata 
enormemente  di  debiti  e  con  disordinalis- 
sime finanze,  alle  sollecitazioni  di  Lodo- 
vico gli  mandò  soccorsi  comandati  da 
Nicolò  Orsini  conte  di  Piligliano  e  princi- 
pe di  Nola  capitano  generale.  Non  riu- 
scendo i  tentativi  francesi  sa  Genova,  si 
ritirarono  iu  Asti.  La  repubblica  nel  1 498 
eccitò  Lodovico,  che  pe'movimenli  fran- 
cesi avea  raccomandalo  ad  essa  sé  e  il 
suo  ducalo,  a  cooperare  ad  una  lega  ge- 
nerale degli  stati  d'Italia, e  d'allontanare 
il  Tri  vulzi  e  il  cardinal  della  Piovere  da 
Carlo  Vili,  e  guadagnarli  a  favore  del- 
la lega.  A'  7  aprile  mori  Carlo  Vili  iu 
conseguenza  de'suoi  disordini  e  stranez- 
ze, e  benché  conteso  il  trono  dal  famoso 
Carlo  duca  di  Borbone,  gli  successe  Lui- 
gi XII  duca  d'  Orleans,  di  natura  belli- 
cosa e  pieno  d'ingegno;  e  siccome  s'inti- 
tolava duca  di  Milano,  l' Italia  si  trovò 
peggio  di  prima.  Allora  Lodovico  aper- 
tamente volle  favorire  i  fiorentini,  amici 
de'  fraacesi,  e  intimò  a'  veneziani  di  tra- 
lasciare qualunque  ingerenza  su  Pisa.  La 
repubblica  continuò  a  sostenerla,  e  in- 
viò 3  ambasciatori  a  Luigi  XII  per  gra- 
tularsi, e  restare  con  esso  in  amicizia  e 
federazione,  pronti  a  far  lega  con  lui  ;  in- 
caricandoli pure  d'invitare  a'snoi  stipen- 
dii  il  Trivulzi,e  gli  procurerebbe,  secon- 
do gli  eventi,  o  Comoo  Melfi  da  lui  am- 
bite. L'imparziale  prof.  Romanin  da  o- 
nesto  e  vero  storico  osserva:  così  questa 
volta  erano  i  veneziani  che  preparavano 
una  uuova  calata  di  fraucesi  io  Italia  ; 


YEN 

tempi  infelicissimi,  in  cui  pareva  essere 
ima  gara  a  chi  più  sapesse  superare  nel- 
l'arti subJole  e  ingannatrici,  e  cercava- 
si  la  propria  conservazione  nell'abbassa- 
menlo  degli  altri  e  nell'armi  straniere,  a 
detrimento  di  quell'Italia  di  cui  si  voleva 
difendere  r  integrila.  IMenlre  la  repub- 
blica  rinfacciò  a'  fiorentini  i  34  anni  di 
guerra  sostenuta  per  essi  contro  Filippo 
M.'  Visconti,  quando  tentarono  accomo- 
dar le  cose  di  Pisa,  si  propose  occupare 
Forii  per  fcirsi  strada  a  Firenze  e  rista- 
bilirvi Pietro  de  Medici  ;  insieme  conti- 
nuando le  pratiche  col  re  di  Francia  e 
pe'  soccorsi  da  somministrargli,  non  ri- 
pugnando che  i  fiorentini  con  condizioni 
entrassero  nella  lega,  ma  il  re  domanda- 
va 100,000  ducati.  Il  duca  di  Ferrara 
si  fece  mediatore  della  pace  tra  Pisa,  Fi- 
renze e  Venezia  nel  i499j  l'ecatosi  a 
Venezia,  a' 6  aprile  pronunziò  il  suo  ar- 
bitralo che  disgustò  tulle  le  parti,  chia- 
mandolo i  veneziani  traditore.  Non  oslaa- 
te,esseudo  molta  la  spesa  fatta  iuutilmeu- 
te,  più  grande  quella  da  farsi  nella  cala- 
la de'  francesi,  il  senato  ratificò  il  lodo. 
Pisa  lagnandosi  dell'abbandono  di  Ve- 
ntzia  continuò  a  difendersi  contro  i  fio- 
rentini. A'  i5  dello  stesso  mese  a  Blois 
la  repubblica  strinse  lega  col  re  di  Fran- 
cia, per  la  propria  difesa  contro  chiun- 
que, tranne  il  Papa,  al  quale  si  lasciò 
luogo  di  entrare:  si  obbligò  d'assistere  il 
re  nella  ricupera  del  ducato  di  I\Iilauo,pe* 
diritti  che  vantava,  come  discenileute  di 
Valentina  Visconti, moglie  di  Luigi  d'Or- 
leans suo  avo,  e  di  altri  luoghi  ingiusta- 
menteoccupalida  Lodovico  Sforza  iL1/o- 
ro,  eccetto  Genova,  qualora  il  turco  non 
l'assalisse.  Difesa  scambievole  controMas- 
similiano I.  A  compenso  di  laute  spese  e 
tanti  pericoli,  il  re  consentiva  a  cedere  al- 
la repubblica  Cremona  e  sue  pertinenze? 
e  le  cillà.  terre  e  castelli  poiti  di  qua  dal- 
l'Adda,  il  quale  fiume  con  Lecco  reste- 
rebbe al  re.  Alla  qual  notizia  non  è  a  dire 
quanto  fosse  il  rancore  di  Lodovico,  che 
abbaudouato  da  tutti  si  volse  al  turco 


V  E  N 
eacilaiulolo  conlroi  veaeziaui.  Questi  in- 
luiito  ricliiaaiarono  le  loro  genti  daPi- 
Sci,  che  più  tardi  cadile  in  potere  de'  fio- 
teiitini.  Essendo  sotuiiiauietite  a  cuore  di 
Luigi  XII  r  acquisto  dtl  ducato  di  Mi- 
lano, si  pacificò cu're  di  Spagna  e  IngUil- 
lavia  e  con  Massimiliano  I,  procacciando 
nello  stesso  tempo  d'aver  l'altre  potenze 
d'Italia  a  sé  favorevoli, o  almenonon av- 
verse, dando  particolarmenlespeciali  pro- 
ve di  benevolenza  al  famoso,  ambizioso 
e  bellicoso  Cesare  Horgia,  già  cardinale 
e  arcivescovo,  figlio  d'Alessandro  VI,  il 
quale  nulla  tanto  desiderava,  quanto  di 
vederlo  innalzato  a'primi  gradi:  per  for- 
margli uno  stalo  1'  avea  comincialo  ad 
aiutare  a  spogliarci  vicari  feudatari  della 
s.  Sede,  per  poi  dichiararlo  duca  di  Ro- 
lìicigna.PticìbW  Papa  erasi  nimicato  con 
Federico  I  re  di  Napoli,  che  aveagli  ri- 
fiutato una  sua  figlia  e  il  principato  di 
Taranto  in  dote,  e  legavasi  tanto  più  vo- 
lentieri a  Francia  dacché  il  re  favoriva  le 
nozze  di  Cesare  con  una  figlia  di  Gio- 
vaniiid'Albret  redi  IVavarra,a  condizio- 
ne però  che  il  Papa  lo  dotasse  di  200,000 
scudi  e  promovesse  al  cardinalato  A.maneu 
d'Alhret  fratello  della  sposa.  A.'  i  o  mag- 
gio 1499  seguì  il  matrimonio  di  Cesa- 
re, e  siccome  già  dal  re  avea  ottenuta  la 
ducea  di  raleiiza  (  V.)  di  Francia  0  Va- 
lenlìnois,  fu  comunemente  chiamato  il 
duca  Valentino.  Dell'amored'Alessandro 
\  I  per  suo  figlio,  ne  parlai  nel  citato  ar- 
ticolo colla  relazione  che  fece  di  sua  fami- 
glia alla  repubblica,  l'  ambasciatore  ve- 
neto in  Pioma  Paolo  Cappello.  Questi  li>. 
fu  ueli4o9  ^  •1'^'  i5oo,  ed  in  questo  gli 
successe  Marino  Giorgi  :  altri  ambascia- 
tori presso  Alessandro  VI  furono,  nel 
i5oi  Marco  Dandolo  e  ueli5o2  Anto- 
nio Giustiniani.  Tanto  ricavo  dal  baro- 
ue  Reumont,  che  nella  Diplomazia  ita- 
liitnii  a  p.  3o;ji  e  seg.  ci  dà  la  sene  degli 
ambasciatori  vtneli  a  Roma  nel  XVI  se- 
colo, e  me  ne  gioverò.  Il  re  di  Francia  col- 
legatosi  ancora  con  Filiberto  11  duca  di 
Savoia,  Gomiuciò  u  uiuudar  truppe  in 


V  E  N  2G3 

Italia  col  valente  capitano  Trivulzi,  ne- 
mico del  duca  per  averlo  spogliato  de' 
suoi  beni,  con  altri  capitani  e  gente  av- 
vicinandosi egli  stesso  fino  a  Lione.  Al- 
lora l'ambasciatore  milanese  fu  licenzia* 
to  da  Venezia.  Le  genti  della  signoria 
cominciarono  a  muoversi  verso  il  Gre* 
raonese,  e  vi  fecero  progressi.  Spaven- 
tato Lodovico,  fece  appello  a'mìlauesi  a 
sostenerlo  e  difendere  la  patria,  essendo 
i  francesi  più  impetuosi  aell' assaltare 
che  costanti  nel  perseverare,  attendendo 
soccorsi  da  Massimiliano  1  e  dal  re  di 
Napoli.  Tultavolta  vedendo  certa  la  sua 
rovina,  mandò  in  Germania  il  fratello 
cardinal  Sforza,  co'figli  e  il  tesoro.  Di- 
verse città  dichiararono  al  duca  dover 
accettare  i  francesi,  Milano  divenne  agi- 
tuta  e  si  sollevò;  Lodovico  si  smarrì  d'a- 
nimo, fu  nominato  un  governo  provvi- 
sorio, e  partì  per  Germania.  Allora  la 
città  si  divise  in  partiti,  molti  bramava- 
no il  duchinu  Francesco  figlio  di  Gian 
Galeazzo,  che  con  Isabella  sua  madre 
imprudentemente  non  eransi  mossi  ;  al- 
tri volevano  la  libertà  patteggiando  con 
Francia.  Prevalsero  a'5  settembre  que- 
st'ullimi,  e  cou  diverse  condizioni,  che 
mandarono  al  re.  Ma  nel  dì  seguente  i 
nobili  portarono  le  chiavi  di  Milano  al 
Trivulzi,  che  vi  fece  il  suo  ingresso,e  per 
tradimento  Bernardino  da  Curie  gli  con- 
segnò il  castello  a*  17.  Già  a'io  i  veue- 
zidiii  erano  entrati  al  possesso  di  Cremo- 
na ;  la  conquista  del  Milanese,  soggetto 
a  Francia  e  a'veueziaui,  si  compì  in  20 
giorni,  ed  a'  6  ottobre  Luigi  XII  entrò 
trionfante  in  Milano,  avente  u  fianco  Er* 
cole  I  duca  di  Ferrara.  Il  duellino  Fran- 
cesco fu  poi  menato  dal  re  in  Francia,  e 
fallo  abbate  di  Marmoutier  morì  nel 
i5i2  alla  caccia  per  caduta  di  cavallo; 
Isabella,  si  ritirò  nel  ducato  di  Bari  do- 
ve morì  nel  1524;  le  sue  figlie,  Buona 
sposò  Sigismondo  I  re  di  Polonia,  Ippo- 
lita rimase  nubile.  Appena  i  francesi  tro- 
varousi  in  posse-ssodi  Milano,  proposero 
u'vtìueziam,  a  mezzo  del  cardìual   Giù- 


2o4 


YEN 


■vjiniii  Borgia  il  seniore  legalo  ponlificio, 
la  spedizione  di  Napoli,  i  quali  risposero 
che  avrebbero  mandali  oratori  al  re;  cui 
intanto  segretamente  notificavano,  come 
il  Papa  domandava  die  al  duca  Valen- 
tino si  lasciasse  conquistare  Ferrara,  co- 
sa clie  la  repubblica  non  islimava  oppor- 
tuna,per  non  lasciarsi  luogo  così  impor- 
tante ad  uomo  di  tanta  ambizione  ;  e  che 
per  ac(juislarsi  il  loro  favore,  prometteva 
sussidii  contro  i   turchi,  e  buoni  uffici 
per  impedire  a  Massimiliano  I  d'esaudi- 
re ali  eccitaoienli  di  Lodovico  il  Moro  a 
far  novità.  Il  cardinale  ch'era  nipote  del 
Papa  e  cugino  del  Valentino,   vedendo 
dalla  risposta  evasiva  che  1'  acquisto  di 
Ferrara  presentava  insuperabili  ostacoli, 
domandò  almeno  l'adesione  per  due  altre 
città,  però  con  egual  esito, dovendosi  pur 
questo  trattare  col  re  ;  al  quale  realmeo- 
le  mandò  ambasciatori  per  eccitarlo  ad 
una  sfìedizione  generale  contro  il  turco, 
voler  procedere  d'accordo  con  lui  nelle 
cosedel  Valentino  e  del  marchese  diMan- 
tova,  e  domandare  la  convenuta  conse- 
gna di  Cremona,  di  Ghiaradadda  e  del 
territorio  di  qua  dall'Adda,  ed  una  parte 
delle  proprie  truppe  alla  difesa  del  Friu- 
li. Il  re  disposta  la  spedizione  di  Napoli, 
dopo  un  mese  tornò  in  Francia,  lasciando 
a  suo  luogotenente  il  maresciallo  Trivul- 
zi.  IMii  l'aspro  suo  governo  e  l'orgoglio 
de' francesi,  inacerbiti  gli  animi  de'raila- 
nesi,  desiderarono  il  loro  signore,  e  que- 
sti sollecitò  soccorsi  da  I\Iassìmiliano  I. 
La  repubblica  ne  avvertii  francesi,  e  scris- 
se al  Pa[)adi  proibire  a'principi  pel  pros- 
simo anno  santo  del  giubileo,  di  non  muo- 
ver le  arn)iseuon  controgl'infedeli.Però 
la  buona  relazione  con  Alessandro  VI  co- 
minciava a  intorbidarsi  per  l'ambizione 
del  Valentino,  che  non  conlento  d'aver 
preso  cogli  aiuti  francesi  Imola  e  Forlì, 
voleva  impadronirsi  anche  ù\FacnzaiRi- 
mini  e  Urbino  in  protezione  de' veneziani 
e  nelle  quali  mandarono  rinforzi;  laonde 
il  muover  1'  armi  contro  di  esse,  sarebbe 
Gome  guerreggiar  la   repubblica,  r'rat- 


V  EN 

tanto  l'attivo  Lodovico  col  cardinal  fra- 
tello, con  buou  corpo  di  svizzeri  e  borgo- 
gnoni i  nvestirono  il  Milanese,  corrisposti 
dall'adesione  de'popoli,  per  cui  insorti  i 
milanesi  al  grido  lìloro  Moro,  nel  prin- 
cipio di  febbraio  i5oo  fece  il  suo  ingres- 
so in  Milano;  ma  fu  un  lampo  di  fortu- 
na. Assediò  quindi  e  prese  Novara,  in  cui 
entrato  fu  alla  sua  volta  assediato;  e  da- 
tasi la  città  a'  i  o  aprile  eoo  intelligenza  a' 
francesi,  fu  riconosciuto  travestilo  fra  gli 
svizzeri,  e  fallo  prigioneco'fralelli,  venne 
inviato  a  Lione  ov'  era  il  re,  che  lo  fece 
chiudere  nel  castello  di  Loches,  ove  mori 
nel  i558,  non  in  una  gabbia  di  ferro  come 
divulgò  la  favola.  I  suoi  figli  Massimilia- 
no e  Francesco  II,  trovandosi  in  sicurezze» 
presso  r  imperatore,  regnarono  più  tar- 
di. Tanta  fortuna  de' francesi  giovò  al- 
l' insaziabile   ambizione   del    Valentino, 
poiché  ottenuto  un  soccorso  francese  s'im- 
possessò di  Pesaro  e  di  Rimini.  Pusveglia- 
tasi  in  Luin;i  XI 1  la  brama  del  reame  na- 
poletano,  per  avere  il  re  soccorso  Lodo- 
vico con  denaro,  ed  entralo  in   trattato 
col  turco,  lo  partecipò  al  senato,  insie- 
me air  avere  scoperti  nemici  i  signori  di 
Mantova  e  Ferrara,  perciò  lutti  come  ue- 
mici  di  Francia  e  di  Venezia  doversi  pu- 
nire, e  tra  loi'o  dividersi  gli  acquisti,  per 
quindi  d'accordo  col  Papa  insieme  agli 
altri  monarchi  combattere  il  turco. Quan- 
to a  Napoli,  essersi  accordato  col  re  di 
Spagna  e  Sicilia  Ferdinando  V,  di  cede- 
re a  questi  con  titolo  di  ducato  le  provio- 
cie  di  Pugliaedi  Calabria,  ritenendo  per 
sé  Napoli,  con  tutta  la  Terra  di  Lavoro 
e  gli  Abruzzi.  La  repubblica  avendo  in 
tulio  convenuto,  Luigi  XII  rivolse  ogni 
pensiero  all'acquisto  di  Napoli.  A  meglio 
attendervi,  fece  tregua  con  Massimiliano 
I,  combinando  anco  un   matrimonio  di 
sua  figlia  Claudia,  con  Carlo  figlio  del- 
l'arciduca Filippo  unico  figlio  dell'im- 
peratore, sebbene  allora  ambedue  bam- 
bini, assegnandole  in  dote  il  ducato  di 
lililano,  di  cui  intanto  chiese  per  se  rin- 
vestitura pel  i5oi.  Di  questi  accordi  ne 


V  EN 

pre>e  so«peUo  la  repnl)l)lica,  conoscendo 
avere  avverso  Massimiliano  I,  aiiclieper 
non  riconoscere  dall'impero  neppureCre- 
inona,  il  quale  diceva  chiamarsi  i  vene- 
ziani Signori  (Iella  (jiinrta  parte  d'Eu- 
ropa. Il  conquisto  del  disgrazialo  regno 
di  Napoli  si  compì  non  senza  inganno, 
poiché  Federico  l  ignaro  dell'accordo  che 
passava  tra  il  suo  parente  Ferdinando  V 
ed  i  francesi,  si  volse  per  soccorso  al  di 
lui  famoso  capitano  Gonsalvo  di  Cordo- 
va, che  allora  trovavasi  in  Sicilia,  né  si 
niliilòdi  consegnargli  alcune  città  della 
Calabria,  ch'egli  diceva  voler  difendere. 
Ma  giunti  intanto  i  francesi  a  Roma  si 
conobbe  il  trattato,  e  colla  solita  promes- 
sa di  portar  poi  la  guerra  contro  al  tur- 
co vi^tirarono  dentro  anco  ill^apa,che  con- 
cesse r  investitura  a  Luigi  Xli  ed  a  Fer- 
dinando V;  e  il  Valentino  accompagnan- 
do la  spedizione  nell'espugnazione  di  Ca- 
pita, volle  perse  4o  delle  più  belle  mona- 
che. Gli  orrori  commessi  da'francesiaCa- 
pua,  tolsero  ad  ogni  altra  città  il  coraggio 
di  o^i^porre  resistenza  all'invasione,  e  Fe- 
derico I  per  l'infame  tradimento  del  con- 
giunto, preferì  di  darsi  al  re  di  Francia, 
da  cui  ebbe  il  ducato  d'  Angiò,  i  cui  si- 
gnori aveano  lottalo  pel  possesso  del  re- 
gno e  per  le  ragioni  de'quali  Francia  fa- 
ceva altrettanto.  Singoiar  coincidenza! 
Il  Gonsalvo  compi  il  conquisto  di  Puglia 
e  Calabria  destinate  al  suo  re,  ma  non 
tardarono  a  insorgere  tra  esso  e  i  fran- 
cesi guerre  pe'  conlinì.  Frattanto  i  tur- 
chi sempre  vigili  a  pronitare  delle  discor- 
die della  cieca  cristianità,  unicamente  in- 
tenta a  lacerarsi  senza  posa,  non  cessava- 
no, ma  non  con  guerra  aperta,  dal  mole- 
stare con  incursioni  e  depredazioni  in 
Italia,  in  Ungheria,  nella  Dalmazia,  co- 
inè ne' mari  e  nelle  coste  in  cui  i  corsa- 
ri facevano  di  continuo  schiavi.  Non  ri- 
spellavano adatto  i  tiallati  giurali  in  no- 
me» di  Dio  creatore  de'cieii  e  della  ler- 
la  ;  e  del  gran  [iroiL-la  iMaoinelto,  e  ne' 
sette  Musali,  e  ne'  ventiquattro  [)rofeli 
d'Iddio, 0 più 0  meno;  e  nella  fede  in  cui 


V  li  N  265 

credono  e  professino,  e  nell'  anima  del 
loro  padre,  e  nell'anima  loro  propria,  e 
nella  spada  che  cingono;  "  come  rdeva 
il  conte  Girolamo  Dandolo.  Ormai  i  ve- 
neziani non  osando  vigorosamente  repri- 
n)erli,per  evitare  peggio,  mandavano  scu- 
se al  prepotente  sultano,  per  alcun  di- 
sordine successo  a'confini.  Pur  al  cresce- 
re la  gravila  de'inali  si  scossero,  ordinan- 
do non  permettersi  a'  turchi  lo  sbarco  a 
Corfìi,  mentre  a  loro  si  dierono  due  ca- 
sali di  Cattaro,  aumentando  le  compli- 
cazioni, la  stessa  alleanza  francese  dando 
sospetti  al  sultano,  provocato  da'fìoreu- 
tini.  Benché  l"  ambasciatore  veneto  An- 
tonio Zantani,  inviato  a  Costantinopoli 
nel  declinar  di  novembre  i49>^5  vi  fosse 
ben  accolto,  si  prevedeva  non  lontana  U 
manifesta  guerra,  che  ad  evitarla  si  vie- 
tò al  capitano  della  flotta  Antonio  Gri- 
mani  d'assalire  la  turca,  non  risparmian- 
dosi d'altronde  provvedimenliedifese.Ma 
intanto  formidabili  erano  gli  apparecchi 
ordinati  da  Bajazet  li,  fallo  piìi  baldan- 
zoso dopo  la  morte  del  temuto  Gem,  ed 
i  principi  cristiani  non  si  perdevano  che 
in  parole,  eccitando  gli  altri  contro  la  re- 
pubblica, temendone  l'ingrandimento,  o 
per  divertimele  forze  o  per  vendetta  co- 
me avea  fallo  Lodovico  Moro.  Grimani 
giunse  a  .Modone  colla  flotta  composta  di 
I  IO  vele,  di  4'ì  galee  sottili,  17  grosse 
e  i5  navi  grosse;  Alalipiero  accorse  alla 
difesa  di  Corone;  e  il  re  di  Francia,  ad 
istanza  delia  signoria,  pose  a  sua  disposi- 
zione l'armata  di  Provenza  diretta  a  Ro- 
di. La  (l<)lta  turca  di  7.6j  vele  uscita  a' 
lì  luglio  i499)  P'""'^  il  campo  a  Var- 
dari;  per  cui  il  ca[)ilano  generale  Gri- 
mani si  levò  da  Modone  e  venne  a  Sa- 
pienza, dietro  la  quale  a  Porlolungo  an- 
dò a  fusi  forte  la  flotta  turca.  Quella  ve- 
neta essendo  torna  la  a  Modone  per  at- 
tendere vento  favorevole  onde  investii  la 
nemica,  a'  12  agosto  spirando  prospero 
veleggiò  verso  Porlolungo,  (juaudoa  due 
miglia  dalla  (lolla  uttumana  cessò  iin- 
prowisameute,  per  cui  loruò  addietro. 


266  V  E  i\ 

TiiUaria  il  veulo  rinforzò  e  i  veneziani 
poleiofio  ausalire,  ma  l'ordine  della  bat- 
tiiglia  fu  censuralo  pieno  di  difelli.  Si 
combalteva  già  da  4  tn'e  teiribiliuenle, 
quando  si  appiccò  il  fuoco  a  una  gi'o>sa 
iiavede'turchi,e  da  essa  a  due  venete,oo- 
inandatedal  prode  Albano  d  Armei",  e  da 
Andrea  Loredauo  accorso  spontanea  men- 
te da  Coiftì:  fra  uno  spellaculo  orrendo 
perirono  con  Arnier,  solo  salvandosi  Lo- 
redano  in  una  barca  con  altri  presi  da'lui- 
clii.  Vincenzo  Isolani  colla  sua  galea  fe- 
ce prodigi  di  valore,  però  do  velie  ritirarsi 
a  Mudoue.  Se  l'avessero  imitato  gli  al- 
tri capitani,  l'aroiata  turca  disordinata  e 
(uggente  sarebbe  stala  rotta.  Ma  cominciò 
a  mancare  il  cuore  al  Grimaui,  il  quale 
non  volle  spiegare  lo  stendardo  d'oro  ed 
essere  il  i.^ad  investire,  avendo  coman- 
dato invece  ad  Ai  mer  ed  a  Loredano  di 
iaisi  avanti;  e  quando  le  3  navi  furono 
distrutte  dal  fuoco,  e  tutta  la  ciurma  an- 
dava addosso,  addosso,  per  gettarsi  sul- 
la flotta  turca,  ninno  de'  capitani  volI<j 
muoversi,  e  i  turchi  poterono  tranquilla - 
mente  ritirarsi  a  Zancliio  o  INavaritto 
veccUio.ll  IO  agosto  avvenne  nuovo  scoQ- 
Iro,  essendo  giunta  anche  rannata  fran- 
cese di  1 6  navi,  3  galee,  2  fuste  e  un  bri- 
ganlino,lu  Iti  desiderosi  d'in  vesti  re  e  di  ve- 
nire a  qualche  gran  fatto;  ma  ilGrimani 
non  volle  e  lasciò  passar  oltre  la  flotta 
nemica,  e  si  ritirò  quando  si  avanzò  per 
combaltere,lasciaudo  loro  in  preda  le  bar- 
che iuceiidiarie,con  due  grosse  galee,man- 
date  per  dar  loro  fuoco;  solo  Paolo  Calbo 
l'inseguì.  Mancanti  i  veneziani  di  plano 
ben  combinato  e  di  disciplina, i  turchi  pre- 
feero  coraggio  e  di  vennero  assali  tori.  A'aj 
Jigosto  si  rinnovò  il  combattimento,  e  già 
piagava  a  vantaggio  de'  veneziani,  quan- 
do per  mancanza  d'  ordine,  anco  questa 
■volta  fu  perduta  la  vittoria.  Parecchie  ga- 
lee erano  già  state  prese  da  Alvise  Mar- 
cello, e  se  gli  altri  legni  avessero  egual- 
mente investito,!  turchi  erano  dislrulti.  I 
francesi  vedendo  tantodisordÌQeeiuubbi- 
dienza,uoirvollcioiaveblire.Giualesìdo- 


VE  N 

lorose  notizie  a  Venezia,  a'i4  settembre 
i4<)9si  ditìsolennemente  il  gonfalone  ilei 
comundo  della  flotta  di  8.  Marco  a  Mel- 
chior Trevisan,  colTordiue  di  mandare 
in  ferri  il  suo  predecessore,  già  quasi  a- 
lieuato  per  la  sorte  che  1'  attendeva.  In* 
tanto  giunta  la  nuova  olie  Lepanto  pei' 
niancan<^a  di  soccorsi  erasi  data  a'turchi, 
iu  Venezia  sorse  tale  un  fermento  che 
grida  vasi  dal  popolo:  Antonio  Griniiini, 
ìuuuidccrisdani.  Essendo  partilo  da  sé 
senza  ferri  a'piedi, il  figlioVincenzo  incon- 
tratolo aPdreuzo,peros$equioalla  repub- 
blica, fl  perchè  non  crescesse  l' indigna- 
zione verso  di  lui,  con  isforzodi  virtù  glie- 
li mise.  Gareggiando  io  pietà  filiale  il  car- 
dinal Domenico  Grimaniallrosuo figlio, 
l'iuconlròalla  riva  di  palazzo  in  rocchet- 
to sostenendogli  le  catene  fino  aUa  soglia 
delle  prigioni  per  diminuirne  il  peso,  e 
caduta  al  padre  la  berretta  nello  scoprir- 
si a'  capi  de'  Dieci, la  l'accolse  il  cardina- 
le, e  gliela  ripose  rispettosamente  in  le- 
sta; indi  co'fratelli  uoa  cessò  mai  di  pre- 
stargli nel  carcere  tutti  que'  servigi  che 
da  figli  amorosi  si  potevano,  come  eoo 
edificazione  lo  celebrai  nella  biografia. 
Miserando  spettacolo.  Un  personaggio  il- 
lustre per  l'imprese  di  Napoli,  l'espugna- 
zione di  Monopoli  e  altre  città,  ricco  di 
stabiliedi  beai  oo, quo  ducati,  avendone 
spesi  3o,ooo  pel  cardinalato  del  figlio  ; 
stato  savio  di  Tarraferma,  avogadore  del 
consiglio  de'Dieci,  sa  vio  del  consiglio,  due 
volte  capitano  generale  di  mare,  due  volte 
ambasciatore  a  Massimiliano  I  ;  sapiente 
di  consiglio,  eloquente,  di  gran  cuora,  già 
principalissimo  tra'  cittadini,  ora  accusa- 
to, malato  in  prigione,  segno  agi'  itapro- 
periidel popolo,incertod'es3er  decapitato. 
Nella  sua  avvedutezza  politica,  avea  dis- 
suaso in  senato  l'alleanza  con  Luigi  XII 
contro  Lodovico  il  Moro,  dicendo  meglio 
avere  per  vicino  un  debole  signore  che  un 
potentissimo  re  straniero.  La  morale  fa- 
condia del  prof.  Piomania  sarà  imperi  tura. 
»  Solo  conforto  rimaneagli  l'amore  de'fi- 
gli^edè  bene  che  latteria  raccolga  e  couser- 


V  EN 
vi  que'tralti  che  in  mezzo  a  tnnlinvviliip- 
paiueiili  della  polilict),  allo  klie[)ito  clell« 
acmi,  alle  colpe,  a'delilti,  pure  cume  stelle 
solitarie  in  nuvolosa  notte,  rari  (ino  a  noi 
pervennero  a  conservare  in  onore  la  uma- 
nità e  gli  alFetli  dolcissimi  di  famiglia". Si 
fece  il  processo,  fu  abilmente  difeso,  e  lo 
stesso  nobiieaccusatosalitoin  bigoncia  pe- 
101  ò  con  giaudissima  eloquenza,  che  uni- 
ta all'  aspetto  suo  compassionevole  com- 
mosse tutti  gli  animi,  laonde  fu  \\  giudizio 
sospeso  per  quel  dì  i2giugno  i5oo.  Ac- 
cusalo d'aver  mancato  nell'assaliie  i  tur- 
chi, e  nel  mantener  la  disciplina  della  flui- 
ta, che  abbandonò  1'  armata  senza  aspet- 
tare il  successore,  usando  parole  sconve- 
nienti contro  i  principali  cittadini  ec.  ;  fu 
con  fina  toueir  isole  diCherso  e  diOssaroiu 
Dalmazia,  e  pare  che  gli  fosse  poi  permes- 
so stare  in  Roma  ov'era  fuggito  nel  i5o2, 
coir  affettuoso  suo  figlio  cardinale.  Ivi 
molto  si  adoprò  in  favore  della  patria  con 
Giulio  li,  e  in  premio  de'suoi  buoni  ser- 
vigi, e  per  l'utilità  che  di  lui  [)oteva  aver- 
si fu  richiamato  a  Venezia  nel  1^09  ed 
eletto  procuratore  di  s.  Marco:  in  tale 
qualità  fece  compire  il  ristauro  del  cam- 
panile, e  costruire  le  case  nuove  de'procu- 
ralori  intorno  alla  piazza  di  s.  Marco,  reu- 
dendosi grato  a  ciascuno.  iVè  qui  si  com- 
pivano le  vicende  di  sua  vita  ;  poiché  do- 
po 20  anni  lo  celebrerò  doge.  Frattanto 
subito  dopo  le  vicende  marittime,  i  tur- 
chi imbaldanziti,  corsero  di  nuovo  ilFriu- 
li  commettendovi  orribili  guasti,  e  facen- 
do schiavi,  anzi  incutendo  tanto  terrore, 
che  i  paesani  inscritti  neila  milizia  si  rifiu- 
tarono di  alFroiitarli,  ne  maggior  corag- 
gio mostrò  Andrea  Zanlani  provveditore 
de'  militi  stradioti,  onde  fu  poi  rilegato 
4  anni  a  Padova;  pena  lieve,  come  quel- 
la del  Grimani  e  altri,  conseguenza  del- 
l' aderenze  ne'  consigli,  laonde  più  volte 
le  deliberazioni  in  principio  prese  con 
grande  ardore  e  con  apparalo  severo,  si 
dileguavano  poi  e  finivano  in  nulla.  A  ri- 
parare a  tali  sciagure,  tentò  Venezia  pnci- 
flcarsi  o  far  tregua  co'  turchi,  e  u  lui  lìae 


V  E  N  2G7 

inviò  alsultano  Alvise  Manenti  a'  7.j  ot- 
tobre i499i  sulla  bas«  della  restituzione 
di  Lepanto,  usando   cautela  pe'maneggi 
che  ficevaiisi  dalle  corti  eiuopee  per  una 
lega  generale.  Avenilo  stabilito  il   sultano 
che  il  mare  fosse  il  confine  tra  lui  e  i  ve- 
neziani, nondimeno  avrebbe  consentilo 
alla   pace  colla  cessione  di  Napoli  di  Pio- 
mania,  Modone, Corone  e  Malvasia,  oltre 
10,000  annui  ducati  di  presente,  come 
(lavasi  al  padre.  Non  potendo  convenirvi 
la  repubblica,  nel  marzo  i5oo  sollecilòil 
re  d'Ungheria  e  quello  di  l^olonia,  al  qua- 
le olili    5o,ooò  ducati  l'anno,  per  guer- 
reggiare il  turco,  non  che  il  Papa,  il  redi 
Francia  e  quello  di  Portogallo.  Per  al- 
lora il  solo  re  di  Spagna  unì  la  sua  flotta, 
comandata  doGonsalvo,  alla  veneta  capi- 
tanata da  Benedetta  Pesaro.  Ne'veuezia- 
ni  era  diminuita   l'antica  energia  nelle 
provvisioni,  per  mancanza  di  mezzi  deri- 
vala da'minori  vantaggi  che  Iraevanodiil- 
la  navigazione,  per  cui  non  avendo  potu- 
to ben  munire  lModoue,Corone,Zani;hio, 
furono  prese  da'  turchi.  Neil'  ussedio  di 
Modone,  ali'iuvitodel  Ti evisan capitano 
della  flotta  per  soccorrerla  niuno  rispose  : 
il  Solo  Giovanni  Malipieio  vi  si  reco  con  4 
galee,  ma  dopo  aver  da  prode  passato  Iru 
la  flotta  e  raggiunto  il  porto,  llajijx.et  li,il 
quale  comandava  in  persona,  ordinò  l'as- 
salto generale  a'  q  agosto  1  5oo,  ecadde 
la  furlezzu  co'&uoi  valorosi  difensori.  Nel 
finir  dell'  anno  la  flotta  veneta  prese  Ce- 
falonia,  e  ricupeiò  Zanchio  Francesco 
de  Mezo,  ma  poi  di  nuovo  perdulo  per 
viltà  del  comandante  Carlo  Coiilariui, 
che  dal  Pesaro  fu  fallo  decapitale.   Fi- 
nalmente a' 1  3  maggio  i^oi  m  concluse 
la  lega  maneggiala  da  Giorgio  l'i»ani,cul 
Papa  e  il  re  di  Uiiglieria,  solennemente 
pubblicata  in  Roma,  nella  festa  di  Pente- 
coste, oltre  gli  armamenti  dell' altre  po- 
tenze che  vado  a  dire.  La  flotta  veneto- 
ispaiia  sotto  i  delti  comandanti  incrociò 
nel  mar   Jonio,  quella  de' cavalieri  gciu- 
soliinitani  di   Rodi   capitanala  dal  grati 
maeslru  cardinal  d  Aubuaaou  nell'acque 


268  V  E  N 

dell'Arcipelago  io  vista  de' Dardanelli, 
e  la  francese  diretta  da  Ravenslein  con 
10,000  uomini  da  sbarco  assediò  invano 
Mitilene.  Furono  introdotte  pratiche  col 
Caraniano  e  col  i."sofì  di  Persia.  In  que- 
sto mezzo  s'  infermò  il  doge  B ubarigo 
d'82  anni,  e  di  poi  a'  i  3  settecnbre  cliia- 
mati  a  sé  i  consiglieri  disse  loro:  non  po- 
ter piìi  esercilare  degnamente  1'  uOicio 
suo,  in  tanti  travagii  aver  bisogno  la  re- 
pubblica di  un  capo  valente  e  di  grande 
operosità;  perciò  pregarli  a  ricevere  la 
sua  rinunzia,  ed  eleggere  altro  più  ido- 
neo, e  levandosi  di  dito  l'anello  lo  conse- 
gnò all'anziano,  ed  aggiunse  che  sarebbe 
andato  a  morire  in  sua  casa  a  s.  Tro^'a- 
.so.  Considerando  i  consiglieri  che  poco  a- 
■vrebbe  vissuto, per  non  dargli  tanto  dolo- 
re, non  accettarono,  lodandolo  e  confor- 
tandolo.Tale  attoservì  a  smorzare  in  par- 
te l'odio  in  che  era  venuto  neiluniver- 
sale  pei  suo  orgoglio  e  avarizia.  Morì  a' 
20  o  24  settembre  i5ot,  ed  ebbe  se- 
poltura presso  il  fratello  nella  chiesa  del- 
la Carità.  Benché  nel  suo  dogado  l'ain- 
inìnistrazione  della  giustizia  erasi  vieppiù 
garantita,  coli'  istituzione  del  Consi^/io 
della  Qnar.iniia  civile  nuova,  appena 
spirato  si  levarouo  contro  del  doge  gene- 
rali mormorazioni,  accusandosi  di  corru- 
zione, vendita  della  giustizia, distribuzio- 
ne arbitraria  degli  uliici  ;  per  cui  a  dar 
soddisfazione  a  tanti  richiami,  vennero 
allora  e  pel  futuro  istituiti  i  Ire  Inquisi- 
tori del  doge  defunto,  da  eleggersi  alla 
morled'ogni  doge  con  incarico  d'investi- 
gare e  indagare  scrupolosamente  in  quali 
articoli  della  Promissione  ducale  avesse 
mancato;  di  ascoltare  le  querele  contro 
di  lui  portate,  d'esaminare  scritture  e  te- 
sliinoni,  e  di  procedere  a'risarcimenti  do- 
vuti a'pregiudicati.  Nella  nuova  Promis- 
sione del  doge  furono  richiamati  in  vigo- 
re gli  articoli  che  proibivano  1'  accetla- 
zioup  di  qualunque  dono,  il  favorire  i  pa- 
renti negli  uffici,  ed  essendo  costume  che 
ogni  sposa,  probabilmente  palrizia,andas- 
se  a  presealarsi  al  principe,  tal  cosa  uon 


VEN 

fu  più  pM-messa  se  uou  alle  sole  sue  pa- 
renti. 

a3.  Leonardo  Loredana  LXXF do- 
ge. Egli  era  in  età  di  66  anni,  non  distin- 
to per  opere  marittime  o  terrestri,  ma 
solo  perchè  nato  d'illustre  famiglia.  Avea 
patrimonio  mediocre  d'un  3o,ooo  duca- 
ti, era  d'aspetto  macilente,  d'alta  statura, 
di  salute  mal  ferma,  e  forse  perciò  vivea 
con  gran  regola;d'umanissima  indole,  ma 
collerico;  savio  e  di  molta  destrezza  nel 
maneggio  della  cosa  pubblica,  onde  il  suo 
consiglio  in  collegio  per  lo  più  prevaleva 
edera  sempre  apprezzato.  Il  popolo,  beu^ 
che  legalmente  escluso  dal  prender  par- 
te nell'elezione  de'dogi,  non  lasciava  pe- 
rò di  mostrare  di  quando  in  quando  la 
sua  volontà.  Cosi  alla  morte  del  Barba- 
rigo  tutta  la  città  gridò  si  facesse  doge  Fi- 
lippo Tron,  figlio  del  doge  Nicolò,  come 
assai  popolare,  di  66  anni  ,  senza  figli  e 
ricco  ,  però  morto  per- pinguedine  nella 
notte  de'26  settembre,  mentre  ancora  e- 
rano  adunati  i  quaranluno,  disponendo 
del  suo  patrimonio  d'oo,ooo  ducati,  nel- 
l'acquisto d'un  terreno  da  fabbricarvi  so- 
pì ai  00  casette,  e  da  darsi  per  l'amor  di 
Dio  a'poveri  marinari  col  fitto  di  soli  du- 
cali 4  l'  anno,  le  quali  case  si  fecero  a  s;. 
Maria  Maggiore.  A'2  ottobre i5oi  Lore- 
dano  restò  eletto.  Dice  il  suo  biografo  Ca- 
soni. Il  di  lui  avvenimento  al  trono  e  il 
periodo  del  regimo  suo,  ricordano  una 
delle  più  clamorose  epoche  della  storia 
veneta  ,  per  un  fatto  memorabile  e  per 
le  conseguenze  che  alla  repubblica  indi 
derivarono.  «Questa  repubblica  erasi  fat- 
ta potenza  italiana,  e  nuovi  paesi  venne- 
ro aggiunti  a'possedimenti  di  Terraferma: 
fiorivano  i  regni  di  Cipro,  di  Candia  e 
quello  di  Morea:  l'imperosul  golfo  di  Ve- 
nezia, le  flotte  che  ogni  mare  solcavano, 
quali  per  mantener  vivificato  il  commer- 
cio, quali  per  proteggere  le  giurisdizioni 
e  sostenere  i  diritti  della  nazione:  gli  edi- 
flzi  che  in  Venezia  sorgevano,  con  istu- 
pore  dell'universo  :  le  arti,  le  scienze,  che 
qui  aveaao  mecenati  e  fautori,  (a  wagqii 


VEN 
ficenza,  le  ricchezze,  il  lusso  tle'veneli,  tut- 
to conliibuiva  a  fomentare  il  tarlo  del- 
l'invidia nel  cuore  de'soviaoi  europei,  che 
proruppe  iu  modo  inusilato,  e  mise  a 
due  dita  la  rovina  di  questo  venerando 
governo.  Per  conseguire  il  divisato  fine, 
uomini  polenti  seppero  reprimere  le  più 
forti  passioni,  e  furono  veduti  rivali  e  ne- 
mici stringer  la  destra  del  patto  contro  i 
■veneziani".  Il  nuovo  doge,  conoscendo  il 
bisogno  della  pace  ,  si   die  premura  di 
concluderla  col  turco.  Conseguenze  del- 
la riferita  lega,  oltre  la  conquista  fatta  nel 
settembre  t5o2  dell'isola  di  s.  Maura,  e 
la  salvezza  di  Cipro  dovuti  a' savi  prov- 
vedimenti di  Nicolò  Cappello,  null'altro 
fu  fatto,  anzi  i  turchi  penetrati  nell'Un- 
gheria vi  commisero  le  solite  devastazio- 
ni,  finché  furono  respinti  da  Giovanni 
Corvino.  Le  proposte  di  pace  di  Bajazet 
11  trovarono  buon'accoglienza  tanto  dal 
ve  d'Ungheria,  quanto  dalla  repubblica, 
che  incaricò   Andrea  Gritti  suo  bailo  a 
Costantinopoli  delle  trattative,  ove  spedì 
il  segretario  Zaccaria  de  Freschi  perispia- 
nare  le  gravi  diflicoltà  per  le  pretensioni 
del  sultano,  volendo  la  restituzione  di  s. 
Maura  e  solo  pacificarsi  colla  repubbli- 
ca, e  in  tal  base  a' 1 4  dicembre  i5o2  giu- 
rò r  accordo  ,  che  mandò  a  Venezia  dal 
suo  ambasciatore  Ali  bey.  Altrettanto  fe- 
ce il  doge  a'4  maggio  i  5o3,  donando  al- 
l'invialo, oltre  le  solile  vesti,  3oo  zecchi- 
ni, e  si  cercò  destramente  migliori  con- 
dizioni, che  ottenne  il  Gritti.  All'assunzio- 
ne al  dogado  di  Loredano,  i  francesi  e  gli 
spagnuoli  ancora  si  disputavano  il  regno 
di  Napoli,  come  dissi,  a  cagione  de'confini, 
conservando  la  repubblica  perfetta  neu- 
tralità. Intanto  Luigi  XII  si  recò  in  Asti 
sdegnato  dell'  accuse  contro  il  duca  Va- 
lentino, ma  tanto  questi  che  il  Papa,  suo 
padre,  seppero  far  si  bene  in  placarlo,  che 
invece  di  punirlo  gli  die  3oo  lancie  per 
continuar  le  sue  conquiste.  Fatto  per  tal 
modo  più  ardito,  non  lardò  a  impadro. 
Dirsi  di  Sinigaglla,  ove  crudelmente  fé 
ce  assassioare  i  capilaui  ch'ei  ausi  neon 


VEN  269 

ciliali  con  lui,  dopo  la  cos|lirazione   del- 
la Magione,  discorsa  ne'vol.  Lll,  p-ii^i 
e  LXXXVI,  p.  3o9,e  venne  com  in  pos- 
sesso di  CUlà  di  Castello,  di  Perugia  e 
di  altre  cillà.  I  quali  avvenimenti  pose- 
ro in  apprensione  i  veneziani,  onde  ver- 
so il  fine  di  dicembrei5o2  fecero  oppor- 
tune provvisioni,  anco  perchè  te  cose  de' 
francesi  nel  regno  di  Napoli  minacciava- 
no rovina,  venuti  ad  aperta  guerra  cogli 
spagnuoli;  i  quali  poi  avendoli  pienamen- 
te sconfitti,  conquistalo  tulio  il   reame, 
Gonsalvo  fece  il  suo  trionfile  ingresso  in 
Napoli  a'  14.  maggio  i5o3,  riunendo  la 
raonarchia  delledue  tS'/c/7/V in  Ferdinan- 
do V  suo  signore.   Nel   precedente  feb- 
braio per  la  baldanza  deTrancesi,  aven- 
do alcuno  detto  non  istimare  i  soldati  ita- 
liani, a  sostener  i'onor  nazionale  seguì  a' 
I  3  la  disfida  di  Bar  letta  [F.)  trai  3  scel- 
ti italiani  de'  Colonnesi,  militanti  cogli 
spagnuoli,  e  allreltanli  francesi  eletti  dal 
duca  di  Nemours:  fu  convenuto  che  ogni 
vinto  pagasse  i  00  ducali  d'oro  e  perdes- 
se armi  e  cavallo.  Alla  vista  de'due  eser- 
citi ebbe  luogo  il  fiero  Duello  a  Trani, 
fra  Andria  e  Quarata  o  Corralo.  Vinsero 
gl'ilaliani.ed  i  giudici  deputali  ne  riconob- 
bero la  vittoria,  per  cui  riceverono  il  pre- 
mio pattuito.  E  siccome  tra'prodi  italia- 
ni vi  fu  Romanello  da  Forlì,  nella  Sto- 
ria di  questa  del  Bonoli  sono  riportali  i 
nomi  de'i3  francesi,  de'i3  italiani  vin- 
citori, degli  8  giudici  e  de'4  ostaggi.  L'a- 
"itarsi  dell'armi  straniere  in  Italia,  i  pro- 
gressi del  Valentino,  le  guerre  del  Papa 
contro  gli  Orsini,  le  cose  diToscana,  Mas- 
similiano l,che  sempre  bramoso  di  guer- 
ie""iare  il  turco,  lagnavasi  di  Venezia  nel 
fornirlo  di  denari;  in  generale  un  certo rai- 
slei  0,1  he  avvolgeva  la  politica  della  corte 
imperiale,  le  conferenze  di  Trento  cogli 
ambasciatori  dell'arciduca  Filippo,  in  cui 
si  propose  rivendicare  a  casa   d'Austria 
una  gran  parte  de'possedimeuti  venezia- 
.      ni  di  Terraferma,  erano  allretlaiiti  lon- 
tani preludii  di  quanto  poi  doveva  nia- 
Uui.rsi  a  Cambroy.  Pel  momenlo  però 


270  V  E  P(  V  E  N 

insorsero  flifféreiize  tra  Massimiliano  le  presto  la  coscienza  d'essere  discesa  a  pò- 
Luigi  XII,  intendendoquellodi  dare  l'in-  tenza  di  secondo  grado,  e  ogni  cura  voi- 
vestitiua  solo  alla  persona  del  re  e  non  9e  non  più  a  dominare  ma  a  conserwar- 
a'suoi  successoli  per  non  unire  per  Sem-  si.  Ciò  attestano  gli  stessi  suoi  scrittori 
pre  Milano  alla  Francia,  che  d'allionde  conteniporanei(I'riuli  ne'Z?wrz7,febbi:aio 
era  stato  assegnato  in  dote  da  Luigi  XII  i  5o2,  e  Sanudo)  e  ricordano  con  dolore 
alla  figlia  Claudia,  fidanzata  a  Carlo  fi-  come  le  galeie  tornate  nel  febbraio i5o2 
glio  dell'arciduca  Fdippo.  Chiamato  da  dal  viaggio  di  Baroli  non  portassero  che 
Massimiliano  1  l'oratore  veneto  France-  700  colli  di  specie,  e  tra  questi  soli  4  di 
sro  Cappello  ,  gli  manifestò  che  non  vi  pepe,  lo  che  mostrava  apertamente  quale 
sarebbe  guerra  col  turco,  le  mire  del  re  e  quanto  fosse  il  danno  recato  da'  porto- 
di  Francia  per  levargli  la  sovranità  d'[-  ghesi  a'vcneziani  pel  loro  nuovo  viaggio, 
talia,  cacciarne  gli  spaglinoli,  disfarsi  del  e  i  mercatanti,  che  prima  si  provvedeva- 
Papa,  de' veneziani  e  ferraresi,  e  proda-  no  a  Venezia,  ora  volgevansi  a  Lisbona 
marsi  imperatore.  E  siccome  erogli  sta-  trovandovi  maggior  vantaggio.  Ne  veni- 
to  detto  che  avea  guadagnato  la  repub-  vano  quindi  colla  total  rovina  di  quel 
blica ,  voler  sapere  se  essa  stasse  con  lui  commercio,  perdite  immense  a' partico- 
e  colla  Spagna,  coll'lnghilterra,  il  l'or-  lari  e  allo  stalo.  Il  IMonte  era  aggravato 
togallo,  ed  il  suo  figlio  l'arciduca  Filip-  d'un  debito  di  betì  due  milioni  800,000 
pò  qual  conte  di  Fiandra  (e  marito  del-  ducati,  pe'quali  ne  paga  va  i5o, 000  di  prò, 
l'intiantad.  Giovanna  unica  erede  di  Fer.  che  assorbì  vano  quasi  tutte  l'entrate  del- 
diiianilo  Ve  d'Isabella  I  suoi  genitori,  la  città.  Incaricalo  il  consiglio  de' Dieci 
per  cui  poi  passò  la  vasta  e  formidabile  di  trovar  modo  a  rialzar  le  cartelle  dal 
monarchia  diSpagna  nella  casa  d'Austria)  riiscredito  in  che  erano  cadute,  cominciò 
educa  di  Borgogna;  e  se  voleva  dare  il  esso  a  comperare  a  prezzi  più  elevati  pa- 
passo alle  sue  genti  in  Italia  per  prender-  gando  in  denaro  contante,  dal  che  venne 
vi  la  corona  ,  e  difander  le  sue  ragioni,  che  in  breve  più  non  si  trovava  chi  voles- 
dissimulando  con  Francia.  La  repubbli-  se  vendere,  ed  anzi  molti  brigavano  per 
ca  cercò  sottrarsi;  e  sollecitata  egualmen-  fare  nuove  investite;  onde  la  Banca  tor- 
te da  Luigi  XII  a  nuova  lega  col  Papa  nò  in  grande  reputazione  in  Venezia  e 
eil  re  d'Ungheria,  rispose  che  poteva  di-  all'esterno,  nel  maggio  i  5o3.  Perincorag- 
Tenir  pericolosa, irritarebbegli altri  prin-  giare  la  navigazione  si  accordarono  pre- 
cipij  ed  i  Itirchi  si  gioverebbero  della  di-  mi  e  vantaggi  a  chi  fìicesse  costruire  na- 
scorde  cristianità;  del  resto,  quanto  a  co-  vigli,  e  tutti  que'mezzi  che  suggerir  po- 
sa farebbe  se  fossero  venuti  gl'imperiali  leva  la  scienza  economica  di  que'  tempi 
e  gli  spagnuoli  per  passare  in  Puglia,  la  furono  messi  in  opera,  ma  la  piaga  era 
repubblica  rispose,  non  doversi  dubitare  ormai  insanabile  e  a  peggiorarla  soprav- 
di  sua  fede  a  Francia,  ma  non  potergli  vennero  lunghe  guerre,  prima  contro  i 
impedire  il  passo,  essendo  allora  ancora  turchi ,  poi  contro  quasi  tulta  1'  Europa 
involta  nella  guerra  col  turco.'>Cosìscor-  congiurata  a' danni  della  repubblica  a 
giamo,  scrive  il  eh.  Romanin,  fin  d'ora  Cambray".  La  repubblica  non  rispar- 
iniziaisi  quella  politica  incerta,  di  aspcl-  miava  intanto  corea  tenersi  benevolo  il 
taliva,  studiosa  di  tenersi  in  bilico,  che  fu  Papa,  rispetto  al  quale  erano  insorte  al- 
io progresso  quasi  sempre  seguita  da've-  cune  nubi,  perchè  il  senato  avea  scritto 
ueziani  nelle  complicazioni  d'Europa.  Ve-  al  suo  oratore  in  Roma  nel  gennaio  1 5o3, 
nezia,  veduti  pilli  popoli  mettere  in  ma-  molto  meravigliarsi  e  sentir  indicibile 
re  grosso  naviglio,  fare  lontani  viaggi,  adjnno,  che  fosse  intenzione  d'  Alessan- 
daie  altra  direzione  al  commercio,  ebbe  dro  VI  di  mandare  truppe  all'espugna- 


VF.  X 
rione  di  PI tijfli ano, sìgnonn  del  cnnte  Ni- 
cola Orsini  governatore  generale  delle 
truppe  della  repubblica  e  a  questa  rnc- 
coraandato;  non  facendo  com  alcun  con- 
to del  veneziano  governo.  Si  lamentò  col- 
r  oratore  di  Francia  della  mala  disposi- 
zione del  Papa  e  del  Valentino  verso  Ve- 
nezia, mentre  non  volle  entrare  nella  le- 
ga fatta  alla  Magione,  altrimenti  non  si 
sa  cosa  sarebbe  avvenuto.  Essa  non  aver 
avuta  parte  a' movimenti  degli  Orsini 
nella  guerra  contro  il  l^apa  e  il  Valenti- 
no, nellassedio  di  Bracciano  e  nella  di- 
sfatta data  dagli  Orsini  aSoriano;  per  cui 
il  re  che  proleggeva  gli  Orsini,  avea  fililo 
intervenire  i  suoi  ministri,  i  quali  disgu- 
statisi ripeterono  il  proverbio  che  corre- 
va e  riferito  dal  INIuralori.  Che  il  Papa 
non  facci'a  mai  quello  die  dice^'aj  e  il 
P'alenli/io  non  dice\.'a  mai  quello  che 
faceva.  Le  cose  ogni  dì  più  s'mtorbida- 
vano.  Il  Valentino  sempre  sospettoso  de' 
veneziani  che  fossero  d' ncconlo  co' suoi 
nemici,  fece  prender  la  donna  del  loro 
generale  Uarlolomeo  d'  Alviano  e  altre, 
rifiutando  restituirle  ad  onta  degli  ordini 
del  Papa;  f iceva  arrestare  e  saccheggiaie 
i  mercanti  veneziani  ,  diceva  parole  in- 
giuriose controia  repubblica  a  segno, che 
lo  stesso  re  di  Francia  l'avvisò  a  stare  in 
guardia  e  non  fidarsene.  Tuttavia  non  si 
venne  a  rottura  ,  il  Papa  e  il  figlio  ad- 
dolcirono con  buone  parole  la  signoria 
nell'aprile,  ed  essa  promise  continuare 
l'amicizia,  se  non  provocala.  Narra  ilMu- 
ralori,menlre  Ales-fandro  VI  cercava  gua- 
dagnarsi i  cardinali  a  consentire  che  si 
desse  al  Valentino  il  titolo  di  re  della 
Romagna,  Marca  e  Umbria, cai]t\e  iinì- 
lato  e  morì  a'  1 8  agosto  1 5o3,  non  però  di 
veleno,  come  scrissero  molli,  ed  anch'io, 
perciò  mi  rettificai  nel  voi.  LXXXVII, 
p.  26:?  e  altrove.  Col'po  tremendo  pel 
Valentino  onde  chiamò  a  Piouia  i  suoi 
soldati,  e  si  strinse  co' francesi  ch'eran- 
si  accostati  alla  città,  offrendosi  mili- 
tare con  essi  nel  regno  di  JVapoli,  e  ri- 
cevendo promessa  di  conservazioDC  de' 


VEN  -y.-i 

suoi  slati.  I  veneziani  già  aveano  manda- 
li rinforzi  a  Ravenna,  quindi  scrissero  al 
rettore  se  si  potessero  avere  alcune  terre 
di  Piomngna  occupate  dal  Valentino,  sa- 
rebbe bene,  specialmente  Faenza  che  ti- 
rerebbe dietro  a  se  la  dedizione  dell'altre, 
assumendo  la  repubblica  il  carico  di  pa- 
gare l'annuo  censo  ilovuto  alla  camera 
apostolica;  dover  conferire  col  capo  delle 
fanterie  Manfroni.  pei'  condurre  a  termi- 
ne le  pratiche  con  ogni  celerilà  e  segre- 
tezza, alzare  l'insegne  di  s.  Marco  nelle 
terre  promettendo  buon  trattamento  al 
popolo.  Il  Bonoli  nella  Storia  di  Fortì^ 
dice  che  i  veneziani  con  allearsi  cogli  spa- 
gnuoli,eco'potenti  baroni  romani  Colon- 
na, Orsini,  Savelli  ed  alili,  diedero  l'ul- 
timo crollo  al  vacillante  dominio  del  du- 
ca Cesare  Borgia.  Intanto  Guid'Ubaldo  [ 
duca  d'  Urbino  fece  il  contratto  di  con- 
dotta al  servigio  della  repubblica,  ad  es- 
sa offrendo  se  stesso  e  il  suo  stalo;  e  co- 
sì maneggiavasi  a  Faenza,  a  Cesena  e  al- 
trove. A' 22  settembre  cessò  la  sede  va- 
rante, colla  elezione  influenzala  tlal  Va- 
lentino di  Pio  I[I(y.),'\\  quale  istruito 
delle  mene  de'  veneziani,  con  breve  del 
t."  ottobre  fece  loro  molle  lagnanze.  Il 
senato  credendo  il  breve  provocalo  dal 
Valentino,  incaricò  il  suo  oratore  in  Ro- 
ma, di  ricordare  al  Papa  le  benetnereu- 
ze  della  repubblica,  anche  recenti  [)cr  la 
libera  elezione  dalle  pressioni  del  Valen- 
tino, a  ciò  invitato  dagli  stessi  cardinali 
oppressi  dalla  turba  d'armati  che  avea  oc- 
cupato il  Valicano  ;  avendo  perciò  man- 
date le  sue  genti  in  Romagna  :  ed  ora  per 
le  sue  pontiliciedisjipprovazioiii, averi  da- 
to animo  di  entrare  una  truppa  di  facino- 
rosi armata  mano  in  Riniini  a  commetter- 
vi orrori;  pregarlo  non  fare  novità  pel  be- 
ne universale,  econlinuare  l'antica  ami- 
cizia della  s.  Sede  col  divotissimo  popolo 
veneziano.  ì\Ia  nel   farsi  queste  pratiche 
Pio  III  morì  a'i8  oltolire,  mentre  i  ve- 
neziani continuando  nella  cominciata  via, 
attendevano  rapidamente  a  indebolire  il 
Valentino,  spogliandolo  di  mano  in  ma- 


272  VEN 

no  tielle  sue  citlìi.  Così  ebbero  Dertinoro 
a'20  oHobre,  Fano  (fu  tentata,  mn  ten- 
ne per  la  Chiesa,  e  lo  airermano  Mura- 
tori, Annali  d'Italia^  all'anno  i5o3,  e 
J'Amiani  nelle  Memoriti  di  Fano,  il  qua- 
le dice  soltanto  avere  ricorso  alla  prote- 
zione veneziana,  secondo  £^li  antichi  trat- 
tali, nelle  minacce  fatte  dalle  corti  di  Ur- 
bino e  di  Pesaro)  e  IMontefìore  a'^Q,  n»a- 
neggiandosi  per  avere  Rirnini  ed  Imola. 
Tanta  era  l'ambizione  e  cupidità  d'  ac- 
crescere il  dominio  veneto,  the  il  senato 
accecato,  anco  in  questa  sede  vacante  a 
danno  della  sovranità  della  santa  Seile 
erasi  proposto  di  farsi  signore  di  tutta 
llumagna,  senza  considerare  quello  che 
ne  succederebbe;  onile  n' è  giustamente 
biasimato  da'palrii  storici.  A  fronte  delle 
pratiche  del  Valentino,  a  mezzo  de'nu- 
nierosi  cardinali  s[)agnuoli  fatti  dal  pa- 
dre, e  diversi  anchesuoi  parenti, il  i  .°no- 
\enibrei5o3  si  pubblicò l'elezionediGm- 
lio  II  {y.),  e  fu  un  fatale  colpo  pel  Va- 
lentino, per  la  viva  nimicizia  avuta  tra 
esso  e  suo  padre  ,  nel  cardinalato  e  nel 
pontificato,  nel  quale  avea  vissuto  quasi 
sempre  nella  corte  di  Carlo  Vili  e  Lui- 
gi XII,  de'quali  erasi  guadagnato  l'affet- 
to. Egli  era  il  cardinal  Giuliano  della  Ro- 
vere genovese,  vescovo  d'Ostia  e  Velletri, 
nipote  di  Sisto  IV,  uomo  di  grande  inge- 
gno, d'indon^abile  coraggio  e  di  finissima 
accortezza.  Generale  fu  la  sorpresa  di  sua 
esaltazione,  sia  perchè  anco  in  questo  con- 
clave restò  delusa  l'ambizione  al  triregno 
del  cardinal  Giorgio  d'Amboise  seniore, 
arcivescovo  di  Rouen,  perciò  detto  di  Roa- 
no, i.°  ministro  di  stato  e  intimo  amico  di 
Luigi  XII;  sia  per  aver  Alessandro  VI 
raccomandato  a' cardinali  di  guartlarsi 
Lenedall'esaltarlo,esiapegliÌQipedimen- 
li  frapposti  dall'ancor  potente  Valentino. 
Essendo  questi  stato  assalito  dagli  Orsini 
«Ila  morte  del  padre,  Pio  111  lo  avea  fatto 
porre  in  Casu-l  s.  Angelo  sotto  cortese 
guardia,  ma  coU'intendimenlo  di  non  far- 
lo uscire,  se  prima  non  restituiva  i  do- 
niinii  usurpati o donatigli  dal  padre.  Altri 


VEN 
lo  dissero  irivece  propenso  al  Valentino 
per  aver  contribuito  alla  sua  esaltazione 
col  conclavista  Bonafede,  poi  celebre  pre- 
lato governatore  di  R.oma.  Eguale  scopo 
ebbe  Giulio  II,  come  quello  ch'era  salito 
al  pontillcato  coli'  immutabile   proponi- 
mento di  ricuperare  ad  ogni  costo  il  tol- 
to a'dominii  della  Chiesa  romana;  ma  con 
destra  politica  giudicò  bene  di  fiir  servi- 
re il  Valentino  stesso  a'suoi  disegni  e  va- 
lersene qual  valido  appoggio,  e  di   non 
procedere  subito  contro  di  lui.  Lo  fece  u- 
scire  dal  Castello,  e   con   varie  prou)esse 
gli  confermò  i  suoi  titoli  e  onori.  Anche 
a' veneziani  il  Papa  si  mostrò  in  principio 
assai  benevolo,  come  lo  era  stalo  semprcj 
non   ostante  le  gravi  differenze  passate 
fra  essi  e  lo  zio  Sisto    IV;  ed  a  segnoj 
che  veniva  chiamato  comunemente  d  i-e- 
neziano,  ed  egli  se  ne  compiaceva.  ]Ma 
non  tardarono  ad  insorgere  i  primi  dis- 
sapori, per  averlo  cima  a'suoi  pensieri 
la  ricupera  de'dominii  sottratti  alla  s.  Se- 
de, secondo  i  doveri  annessi  al  pontifica- 
to (|uale  sovrano  amministratore  e  custo- 
de di  essi.  Pertanto  egli  fece  chiaramen- 
te  intendere,  anche  all'oratore  di  Venezia 
Antonio  Giustiniani,  essere  sua  ferma  in- 
tenzione di  riacquistare  alla  Chiesa  tutte 
le  terre  di  Romagna,  non  volere  afTutlo 
the  in  esse  né  il  Valentino  né  altri  avesse 
slato  alcuno,  ed  in  Faenza  non  voler  il  ba- 
stardo Manfredi  ,  protetto  da' fiorentini 
che  l'ambivano.  Ria  più  solleciti  i  vene- 
ziani, ne  ottennero  la  rocca  a'5  novem- 
bre e  poi  la  città  il  26.  Acquistarono  e- 
gualmente  Rimini  per  particolar  conven- 
zione a'iG  dicembre  con  Pandolfo  Mala- 
lesta,  che  aveano  ripristinato  nella  signo- 
ria. In  pari  tempo  i  vene/.iani   cercarono 
di  mostrare  divozione  a  Giulio  11,  prote- 
stando che  volevano  tenere  quelle  terre, 
già  occupate  dal  Valentino,  solo  come  vi- 
cariato e  col  pagamento  del  solilo  censo. 
Ma  già  il  Papa  avea  rinnovalo  al  loro  o- 
ratore,  dopo  la  dedizione  forzata  di  Faen- 
za, con  più  vigore  la   dichiarazione  di  vo- 
ler libere  le  terre  della  Chiesa,  e  che  a- 


V  E  N 
venilo  inteso  Ic£;iaii(li  provvisioni  che  fi- 
ceva  la  lepubhlica,  e  della  spedizione  del 
conle  di  Pitigliano  verso  Roningna,  era- 
no cntlivi  priiicipii:  non  daiehhe  neppur 
un  palmo  di  ferra  al  Valentino,  allonta- 
nerebbe 1  fiorentini,  per  gelosia  de' quali 
la  repubblica  diceva  esser  costretta  ad  as- 
sicurarsi; ma  essa  ancora  si  astenesse,  re- 
stituisse le  terre  occupate,  mandasse  le 
sue  truppe  agli  alloggiamenti,ecome  buo- 
na figlia  di  s.  Chiesa  aiutasse  piuttosto 
questa  a  riacquistare  quello  ch'era  di  sua 
giurisdizione.  Ciò  i!  Papa  espressamente 
faceva  dire  alla  repubblica  dal  suo  ora- 
tore,ed  eziandio  dal  proprio  nunzio  a  Ve- 
nezia Angelo  Leonini  vescovo  di  Tivoli. 
Rispose  il  senato,  con  rinnovar  le  prote- 
ste d'ossequio  e  divozione  alla  s.  Sede,  non 
senza  ricordare  quanto  avesse  favorito 
1'  esallazione  del  Papa,  e  relativamente 
alle  3  cose  che  da  Giulio  li  domandava- 
si,  cioè:  1."  che  si  mettessero  nelle  mani 
del  l'apa  i  luoghi  ora  acquistali  in  Roma- 
gna-,2."chese  ne  levassero  le  genti  Venezia- 
ne;3.°che fosse  tialasciata  ogni  pratica  pei* 
avere  altri  luoghi,  ed  anzi  volessero  i  ve- 
neziani aiutare  il  Papa  a  sottomettere  i 
renitenti  e  quelli  che  il  Valentino  ancor 
possedeva;  fece  dapprima  osservare.Quel- 
l'acquisto  non  esser  d'offesa  neppur  mi- 
nima né  della  Chiesa  né  del  Papa,  non 
essendo  mai  slato  tale,  né  mai  aver  ad 
essere  il  costume  dello  stato  veneziano; 
essersi  mossa  la  repubblica  solo  spinta  da 
inelullal)ile  necessità  e  dignitosamente  e 
con  riserva  biella  superiorità  della  s.  Se- 
de,  per  abbattere  un  nemico  della  quie- 
te d'Italia, e  crudelissimo  tiranno;  su  quo' 
luoghi  aver  sempre  avuta  la  s.  Sede  so- 
lo una  giuiisdizione  mediata,  come  pos- 
seduti prima  del  Valentino  da  parecchi 
signori  feudatari  che  molte  volte  non  pa- 
gavano nemmeno  i  debiti  censi  e  turba- 
vano la  tranquillità  ecclesiastica,  mentre 
invece  i  veneziani  e  questa  ris[)elterebbe' 
ro  ed  i  censi  puntualmente  pagherebbe- 
ro, e  le  sarebbero  sempre  d'aiuto  e  d'ap- 
poggio, onde  dovevano  averne  lode  e  non 
VCL.  xcii. 


YEN  273 

biasimo  !  Non  badasse  il  Papa  alle  calun- 
nie de'malevoli  della  repubblica,  rappre- 
sentandola cupida  d'aggrandire  lo  sialo, 
la  Dio  mercè  ben  assai  ampio,  e  le  brighe 
defiorentini  per  Faenza  a  veano  indotto  la 
repubblica  per  interesse  dello  stato  a  con- 
troperare. Questi  ed  altri  meschini  e  in- 
sultanti pretesti,  per  velare  l'usate  prepo- 
tenze, che  ciascun  vede,  come  con  tutta 
flicililà  potrebbousi  ciascuno  trionfalmen- 
te confutare,  derivavano  dall'illusione  del 
saggio  governo  per  ismania  d'ingrandi- 
mento, anche  a  pregiudizio  della  s.  Se- 
de; la  quale  indiscreta  e  ingiusta  brama 
lo  rese  ostinato  e  provocò  la  sua  rovina. 
Eguali  spiegazioni  e  pretese  si  mandaro- 
no all'ambasciatore  in  Francia,  avvisan- 
dolo aver  detto  il  cardinal  d'  Amboise, 
nel  suo  ritorno  da  Roma,  di  voler  accor- 
dare il  suo  re  con  quello  di  Spagna  e 
l'imperatore  a'danni  della  repubblica,on- 
de  procurasse  di  smentire  al  re  le  male 
informazioni  e  di  abbuonire  il  cardinale. 
Volle  pure  giustificarsi  coli'  imperatore 
sull'occupazione  diFaenza  e  R.iminì, quali 
antichi  vicariati  feudali,  di  cui  avrebbe 
pagato  il  censo.La  repubblica  cominciava 
a  tenersi  inquieta,  altresì  pei'  maneggiar- 
si dall'arciduca  Fdippo  a  danno  d'Italia, 
e  specialmente  suo,  l'alleanza  fra  suo  pa- 
dre e  Luigi  XII,  Il  Papa  però  continuava 
giustamente  a  mostrarsi  malsoddisfatto, 
e  non  volendo  che  le  genti  veneziane  pas- 
sassero l'inverno  in  Romagna,  disse  a' ig 
dicembre  i5o3  all'  oratore  Giustiniani, 
che  non  vorrebbe  esser  Papa  piuttosto 
che  sostenere  simil  cosa;  e  rispondendo 
l'oratore  che  la  signoria  avea  dato  ordine 
che  si  astenessero  da  qualunque  ostilità 
e  avrebbele  richiamate,  e  che  solo  per  ri- 
guardo di  Sua  Santità  rinunziava  ad  ogni 
pratica  o  movimento  circa  Imola  e  Forlì, 
le  quali  avrebbe  potuto  facilmente  otte- 
nere! IlPapa  naturalmente  lungi  daUjuie- 
tarsi,  soggiimse  a'23  dicembre.  »  Sigooi' 
Oratore  I  Vi  parleremo  ingenuamente. 
Voi  ci  date  buone  parole  e  la  signoria  fa 
cattivi  fatti,  mentre  abbiamo  al  coulra- 
18 


274  V  li  N 

rio  dal  vescovo  di  Tivoli  che  In  genie  non 
s'è  levala  di  Romagna,  e  sappiamo  che  la 
signoria  liene  pratiche  in  Cesena,  ed  ha 
già  avulo  il  luogo  di  s.  Arcangelo  eh' è 
della  Chiesa  insieme  con  Montefiore  e  il 
porto  Cesenatico.  Non  abbiamo  gente  né 
denaro  da  farvi  guerra,  ma  ci  dorreuìoa' 
prìncipi  cristiani,  ed  invocheremo  l'ausi- 
lio divino,  chequello  ne  aiuti  essendo  co- 
se sue".  Poi  a' 10  gennaio  i  5o4  mandò 
al  doge  Loredano  una  bolla  esortatoria, 
il  tuono  della  quale  eia  ancora  abbastan- 
za benevolo,  ed  eccitando  i  veneziani  al- 
la pronta  restituzione  de'lnoghi  occupati, 
sosteneva  essere  suo  dovere  di  ricupera- 
re le  terre  della  Chiesa  e  volerlo  adem- 
pire. Ma  la  re{)ubblica  dal  canto  suo  non 
si  lasciava  smuoverejSempre  erroneamen- 
te sostenendo  non  aver  toccato  alle  terre 
d'immediata  giurisdizione  del  Papa.  Ma 
tanto  queste  che  l'altre,  erano  e  sono  so- 
vranità e  principato  temporale  della  s.  Se- 
de. Se  questa  con  investiture  l'avea  date 
iu  vicariato  concensoegiuramentodi  fe- 
deltà; se  questo  censo  l'offriva  pure  Ve- 
nezia, ciò  prova  chericojiosceva  la  supre- 
ma sovranità  della  romana  Chiesa, la  qua- 
le poi  come  signora  poteva  o  riprender- 
le, o  darle  in  investitura  liberamente  a 
chi  più  le  piaceva.  Né  la  repubblica,  né 
qualunque  altra  potenza  poteva  esigerle, 
se  non  colla  [)repoteiiza  dell'armi  e  collo 
spoglio.  Eppure,  pare  impossibile,  il  do- 
ge avea  già  risposto  alteramente  al  nun- 
zio apostolico,  però  come  esprimendo  il 
suo  pensiero  particolare:  Che  mai  sì  ren- 
derla dette  terre  se  dovessimo  spende- 
re fino  le  fondamenta  delle  nostre  ca- 
se! !  Così  le  due  parli  ogni  dì  più  inacer- 
bivausi,  Venezia  con  sostenere  ingiuste 
pi^etensioni  ,  il  Papa  col  doverosamente 
difendere  i  diritti  di  s.  Chiesa,  ed  erano 
d'attendersene,  per  colpa  della  prima,  de- 
plorabilissimi efTetti.  Il  Valentino  fu  spo- 
gliato dell'usurpate  lene  e  delle  ricevute 
dal  padre  suo,  fu  messo  nella  torre  Bor- 
gia del  Palazzo  apostolico  Faticano,  g\ìì 
ricellacolo  di  lauti  miseri  caduti  in  ma- 


VEN 

no  delle  sue  barbarie.  Ma  ricusandosi  i 
suoi  castellani  di  consegnare  le  fortezze, 
si  trovò  il  ripiego  di  consegnarlo  in  ma- 
no del  cardinal  Bernardino  CarvajaI,  ed 
inviarlo  nella  rocca  d'Ostia  per  poi  rila- 
sciarlo e  condurlo  in  Francia.  Appena  il 
cardinale  seppe  date  le  fortezze  a'  mini- 
stri pontifìcii,  nell'aprile  i  5o4  lo  lasciò 
fuggire  a  Napoli,  donde  a'2 7  maggio  ven- 
ne a  istanza  di  Giulio  II  mandato  pri- 
gione nella  Spagna,  ed  evaso  dalla  rocca 
di  Medina  andò  a  morire  in  Navarra  in 
un  combattimento  di  suo  cognato,  la- 
sciando esecrato  il  suo  nome.  Dice  il  Mu- 
ratori, e  Nicolò  Macchiavello,  che  prese 
a  lodare,  non  che  a  difendere  un  tiranno 
sì  delestabile,di  troppoanch'egli  oscurò  la 
sua  riputazione,ed  aggiunse  questo  a  tanti 
altri  reati  della  sua  penna.  Ne'tanti  luo- 
ghi ove  parlai  di  Cesare  Borgia,in  parte  ri- 
cordati, dissi  del  mollo  da  lui  posto  nelle 
sue  insegne,  che  diceva:  O  Cesare  o  Nien- 
te.  Ma  il  forlivese  Andrelini  fece  un  distico 
in  cui  disse  essersi  il  mollo  verificalo  ia 
ambe  le  parti,  poiché  il  duca  Valentino 
fu  Cesare  e  Niente.  A  perpetua  infamia 
del  Valentino,  restano  intanto  i  notissimi 
epigrammi  del  Sannazaro,  In  questo  tem- 
po, i  re  di  Francia  e  Spagna  stanchi  di 
guerra  fecero  tregua  a'  1  3  marzo  i  5o4; 
però  ben  prevede  vasi  che  non  sarebbe 
a  derivarne  la  quiete  d'Italia,  nella  qua- 
le i  detti  due  »e  e  l' imperatore  minac- 
ciavano ad  ogni  istante  di  scontrarsi;  e 
l'indole  bellicosa  di  Giulio  li,  e  l'ambi- 
zione veneziana  preparavano  nuove  e 
grandi  sciagure,  accelerando  Venezia  col- 
la sua  ostinazione  la  progressiva  sua  de- 
cadenza. Infatti  appena  conclusa  la  tre- 
gua fra  la  Spagna  e  la  Francia,  il  re  di 
questa  Luigi  Xll  rannodò  nuove  prati- 
che con  Massimiliano  I  pel  maritaggio  di 
sua  figlia  Claudia  con  Carlo  nipote  del- 
l' imperatore,  per  ridurlo  al  termine  del 
trattato  rimasto  sospeso  dall'insorte  dif- 
ferenze, ed  il  Papa  vi  prese  parte.  Subi- 
to la  repubblica  n'ebbe  avviso  da'suoi  o- 
lalorij  e  che  Giulio  11  fortemente  lagna- 


VEN 
rasi  che  le  terre  già  del  Valentino  non  vo- 
leva restituire  la  repubblica,  paganilo  e- 
gli  le  spese  sosleiiule  e  impegnamlosi  ili 
ritenerle  per  sempre  nell'ini  mediata  si- 
gnoria della  s.  Sede ,  e  non  investirne 
giammai  alcuno;  e  che  quando  la  repub- 
blica non  acconsentisse,  parlavasi  di  ri- 
dar vela  collearmijComedi  ragione.  Que- 
ste rimostranze  fece  il  Papa  co' re  d'Un- 
gheria, Francia  e  Spagna,  colla  Germa- 
nia e  coll'arciduca  Filippo  due;»  dell'alta 
Borgogna  e  sovrano  de'l'apsi  Bassi,  come 
conte  di  Fiandra;  onde  tali  corti  fecero 
grandi  pratiche  fra  loro,  perchè  la  s.  Se- 
de venisse  reintegrata  de* suoi  domini!. 
Massimiliano!  dissimulava,  facendo  mo- 
stra di  continuare  le  sue  amichevoli  re- 
lazioni co'veneziani.  e  nel  luglio  s' inter- 
pose per  una  conciliazione  col  Papa.  Al- 
le ragioni  che  volevano  sostenere  i  vene- 
ziani a'  suoi  inviati,  fpiesti  risposero.  Di- 
chiarare il  Papa:  non  potere  Alessandro 
VI  (le  jurc  concedere  i  beni  della  Chie- 
sa al  suo  figlio;  che  il  Valentino  non  avea 
fatta  alcuna  ingiuria  a'veneziarii  perchè 
questi  avessero  con  ragione  tolte  l'armi 
contro  di  lui  ;  che  quando  la  signoria  si 
mise  in  possesso  di  Faenza  e  Riaiini,  il 
Papa  poteva  far  conto  d'averle  già  in  ma- 
no, poiché  teneva  il  Valentino  prigionie- 
ro nella  rocca  d'Ostia,  il  quale  avea  pro- 
messo di  fargli  restituire  tutte  le  sue  ter- 
re; che  Pandolfo  Malntesta  di  Rimini  co- 
me semplice  feudatario  non  avea  facoltà 
di  cedere  ad  altri  quello  stato.  Perciò  gli 
oratori  imperiali  volevano  persuadere  la 
repubblica  a  farne  la  restituzione,  in  gra- 
ti flcazione  al  nrieno  dell 'imperatore;  che  di 
ciò  verrebbe  essa  sollecitrita  aitclieda  al- 
tri principi  ciislianijcui  il  Papa  avea  fat- 
to ricorso,  dopo  avere  a  ciò  inutilmente 
e  rcpiicalamente  ammonito  direttamen- 
te i  veneziani;  sarebbe  qtiindi  bene  ri- 
muovere tale  fomento  di  guerre,  e  con 
piccolo  sagrifìzio  evitare  mali  maggiori. 
Rispose  il  senato,  1'  alienazione  al  Va- 
lentino non  essere  stata  falla  soltanto  dal 
Papa  Alessandro  VI,  ma  dalla  santa  Se- 


VEN  in% 

de  e  da  tutto  il  sagro  collegio  de*  car- 
dinali colle  debite  solennità  (sotto  l' im- 
pressione però  del  terrore  clie  ispirava 
il  Valentino);  constare  che  il  Valentino 
avea  palesemente  provocato  la  repubbli- 
ca attentando  alle  terre  sue  di  Romagna, 
uè  risparmiato  ingiurie  e  affronti  col  rat- 
to della  moglie  del  suo  capitano  Carac- 
ciolo, arrestato  e  spogliato  mercanti  ve- 
neti, oltre  altre  iniquità;  che  il  Valenti- 
no sebber»  prigioniero,  quando  si  persua- 
se restituir  le  fortezze,  i  castellani  ridu- 
tarono  ubbidire;  che  il  ÌNlalalesta  iiifine 
avesse  piena  facoltà  ili  permutare  il  suo 
stato,  per  altri  casi  consimili.  Forti  dun- 
que del  loro  diritto  i  veneziani,  non  a- 
vrebbero  a  questo  rinunziato,  dolenti  di 
non  poter  in  ciò  compiacere  l'imperato- 
re. Il  Papa  sempre  più  irritalo  di  tanta 
'ostinazione  ne' veneziani,  non  cessando  di 
volgersi  a  tutti  i  principi  cristiani,  spe- 
cialmente a  Francia  e  all'imperatore,  3 
trattati  alfine  si  segnarono  a  Bloisa'aa 
settembrei5o4-  Pel  i."  de'quali  Massi- 
miliano I  concesse  l'investitura  del  du- 
cato di  Milano  a  Luigi  XII  e  suoi  di- 
scendenti maschi, succedendo  iu  mancan- 
za di  questi  madama  Claudia  di  lui  fi- 
glia; in  ricambio  di  che  il  re  s'impegnò 
pagargli  120,000  fiorini  d'oro,  e  pel  Na- 
tale d'ogni  anno  un  paio  di  speroni  d'o- 
ro in  omaggio.  Col  2.°  Claudia  di  Fran- 
cia venne  promessa  sposa  a  Carlo  d'Au- 
stria, o  al  fratello  Ferdinando,  se  Carlo 
premorisse,  assegnandole  in  dote  il  du- 
cato di  Milano,  e  cedendole  inoltre  la 
Borgogna  francese,  la  Bretagna  frauce- 
se,  Genova,  Asti,  la  contea  di  Blois,  il 
che  era  uno  smembrare  i  duminii  di 
Francia,  e  un  rendere  più  colossale  la  po- 
tenza di  casa  d'Austria,  per  cui,  quando 
si  seppe  in  quel  regno,  generale  fu  l'indi- 
gnazione. Col  3.°  infine,  la  Francia  e  Mas- 
similiano I  si  collegavauo  contro  i  vene- 
ziani, con  obbligo  d'assalire  di  conserva 
([uella  repubblica  e  dividere  i  suoi  stati 
di  Terraferma,  in  onta  che  fino  allora  er;i 
antica  alleata  di  Luigi  XII;  trallato  poi 


276  V  E  N 

confermalo  a'4  aprile  i5o5  e  pel  quale 
IVIassimiliano  1  pioniise  non  attentar  nul- 
la contro  il  ducato  di  Milano,  e  Luigi 
XII  di  non  ininiisrliiarsi  nelle  cose  del- 
l'impero. Tra  gli  aderenti,  nominati  da 
ciascur>a  delle  paili,Luigi  Xll  vi  fece  inse- 
rire Giulio  1 1,  il  quale  nel  piecedente  ot- 
tobre avea  ricevuto  8  ambasciatori  d'ub- 
bidienza della  repubblica,  e  lo  notai  nel 
■voi.  XV,  p.  196. Non  lardarono  i  venezia- 
ni ad  avere  qualche  seniore  del  maneg- 
gio, mentre  Spagna  e  Francia  continua- 
vano a  dissimulare  ,  e  quest'  ultima  nel 
partecipar  loro  la  pace  fatta  cot)  Massinìi- 
lianol,  li  consigliò  d'accomodarsi  col  Pa- 
pa, onde  il  senato  mostrò  la  sua  soi  pre- 
sa all'  ambasciatore  in  lacere  l'adesione 
di  Giulio  li  al  trattato  di  Blois,  deside- 
rando sapere  se  \'i  fosse  siala  inclusa  la 
repubblica  ,  come  voleva  l'alleanza  suef 
col  re.  Non  cessò  quindi  il  senato  di  spie- 
gare la  sua  operosità  diplomatica  con 
Francia,  Massimiliano  I  e  Spagna;  e  per 
agevolar  le  piaticbe,  a'i  o  febbraioiSoS 
si  rivolsea  Giulio  II,  {)lacandolo  colla  ces- 
sione delle  terre  di  Uomagiia  già  lolle  al 
Yabnlino,  ritenendo  soltanto  Piimini  e 
Faenza,  co'  medesimi  palli  co'  quali  già 
aveanli  posseduti  i  Malatesla  e  i  Manfre- 
di. Vennero  cjuindi  dati  a'  provveditori 
gli  ordini  opportuni  della  consegna,  da 
eseguirsi  quali  ossequenlissimi  figli  del 
Sommo  Pontefice, a  Giovanni  Puifiocom- 
missario  pontificio.  Mediatore  di  (piesla 
riconciliazione  fu  il  duca  d'Urbino  Gui- 
d'Ubaldo  I  Fellre,  che  avea  adottalo  per 
figlio  e  successore  Francesco  M .''  della  Ilo- 
vere  figlio  di  sua  sorella  e  nipote  di  Giu- 
lio II.  L'indicalo  articolo  se  in  quest'  e- 
poca,  anzi  prima,  si  rannoda  al  presente, 
in  seguilo  ancor  di  più,  per  le  relazioni 
avuteda'Feltreschi  ePiOvereschi  colla  re- 
pubblica, per  essere  a'suoi  stipendi,  per 
cui  va  tenuto  presente.  Ciò  avvenne  a'G 
marzo  i5o5,  ed  il  Papa  benedetti  i  ve- 
nezianijtornò  achiaraarli  suoi  buoni  e  ca- 
rissimi figli  e  della  Sede  apostolica.  Indi  il 
seualo  mandò  ambascialori  in  Roma  Do- 


VEN 
menico  Pisani,  che  nel  seguente  anno 
1  5oG  fu  successo  da  Giovanni  Dadoer. Pa- 
revano dunque  accomodate  lecosecolPa- 
pa,  ma  altrimenti  dovevano  essere  le  sur- 
li della  misera  Italia.  I  fiorentini  conti- 
nuavano la  guerra  con  Pisa;  Alfonso  I  du- 
ca di  Ferrara,  successo  al  padre  Ercole  I, 
ebbe  tramala  la  vita  da'fiatelli;  Genova 
agitata  dalle  fazioni,  si  vide  nuovamente 
quasi  doniinata  da  Francia;  e  finaltnen- 
le  Giulio  II,  sempre  piti  deciso  d'abbat- 
tere i  lirannelti  e  i  signorotti,  usuipato- 
ri  de'dominii  della  s.  Sede,  nel  i5o6  po- 
stosi alla  lesta  della  lìJili'zia  ponti  fida 
(  f-),  tolse  a'Baglioni  Pcruy,in,  ed  a'Ben- 
li voglio  i>o/oj^/u/.  Ferdinando  V  monar- 
ca di  Spagna,  qua!  re  delle  due  Sicilie, 
recatosi  a  Napoli,  divenuto  geloso  del  be- 
nemerito Gonsalvolo  licondusseseco.  Né 
Massimiliano  I  lenevasi  quieto,  che  rac- 
colta una  dieta  a  Costanza,  domandò  al- 
l'impero denaro  e  truppe  per  scendere  in 
Italia  a  far  valerci  suoi  diritti  contro  Lui- 
gi Xll  che  mancava  a'patti,  e  ricupera- 
re il  ducalo  di  ÌNIilano  all'impero,  per  a- 
vere  il  re  fidanzato  al  duca  d'AngouIcme 
la  figlia  Claudia  promessa  a  suo  nipote 
Carlo.  Tutti  questi  movinìeuti  erano  se- 
guiti con  occhio  vigile  dal  senato  veneto, 
conservandosi  l'amicizia  diFrancia,  e  rac- 
comandando al  Papa  di  non  chiamarear- 
mi  straniere  in  Italia,  nel  terminar  di  lu- 
glio. jMa  era  impossibile  impedire  che  tan- 
to inviluppamento  d'interessi,  tante  vee- 
menti ambizioni  non  prorompessero  pre- 
sto o  lardi  in  qualche  violento  scoppio. 
Massimiliano  1  specialmente  sempre  piti 
geloso  del  [)otere  de'francesi  in  Italia,  de- 
sideroso di  cacciarli  dal  ducato  di  Mila- 
no, annunziò  la  sua  prossima  venuta  a' 
veneziani,  i  quali  invitati  da  Luigi  XII  a 
collegarsi  rispondevano  essere  sempre  in 
lega,  procurando  tenere  a  bada  le  parli 
onde  evitarne  le  conseguenze.  Falahnen- 
le  le  cose  s'intorbidarono  di  nuovo  con 
Giulio  II,  per  le'  nomine  a'  vescovati  di 
Cremona  e  Padova,  circa  a'  quali  voleva 
derogare  all'antica  cousueludiue  che  il 


VEN  YEN  277 
seiKilo  presentava  i  caiiùidati  al  Papa  per  nezia,  e  si  rispose  dovesse  aneli'  egli  adu- 
la ooiifciina;  per  1'  accuse  che  dava  alla  peiar.si  a  persuaderlo  a  venire  pacifica- 
repubblica  di  lega  con  Francia. colla  (pia-  mente;  laonde  gli  mandò  il  cardinal  Ber- 
le egli  allora  viveva  in  non  poca  fred-  uardinu  CarvajaI,  e  ottenne  la  promessa 
dezza  e  quasi  ni«ni;:izia,  d'aver  ospitato  della  restituzione  di  liimini  e  Faenza,  e 
un  Lenti  voglio,  e  d'aver  favorito  nella  re-  pare  cUe  s'intavolasse  lega  con  Francia  e 
sistenza  Giovanni  Sforza  feudatario  di  Spagna.  Intanto  la  repubblica  tmmi  il 
Pesaro  e  marito  d'una  Tiepolo.  Invano  Friuli,  e  ringraziò  l'imperatore  dell'  ia- 
cercò  la  repubblica  di  giustificarsi  e  pia-  vito  da  lui  fatto  al  doge  Loredano  di  re- 
carlo nel  gennaio  i5o7  ,  e  ricordandogli  carsi  a  Trento,  scusandolo  se  la  grave  età 
coR)e  aveale  protnesso  di  non  oirender-  e  la  stagione  gl'impediva  il  viaggio.  Ih." 
ne  gli  stali.  Crebbe  quindi  ognor  più  l'o-  marzo  i5o8  il  doge  ebbe  un  coUoquiocol- 
perosilù  diplomatica,  ma  già  ogni  sforzo  l'ambasciatore  cesareo,  in  cui  dignitosa - 
per  tener  lontane  l'armi  straniere  e  ini-  mente  replicò  quanto  eragli  stato  detto, 
[)edire  un  conflitto  ormai  vedevasi  tor-  sperare  nella  protezione  divina  e  di  non 
nar  vano,  e  solo  restava  a  sapersi  se  Ve-  mancare  agli  esempi  dati  dagli  antenati, 
nezia  avesse  potuto  mantenere  la  sua  consigliare  di  recarsi  a  prender  la  coro- 
neutralità.  La  repubblica  vieppiù  era  sol-  uà  senzaslrepito  d'armi.  Da  Francia  ven- 
lecitata  da  Massimiliano  I  ad  unirsi  con  nero  buone  speranze,  di  difesa  contro  le 
lui,  altrimenti  sarebbe  stata  vittima  di  mirediìNIassimiliano  I,ebaoueparole  die 
Francia,  méntre  il  suo  stato,  fior  d' Ila-  il  re  di  Spagna.  IMa  le  truppe  adunate 
lia,  apparteneva  all'impero,  e  confinava  sul  confine  del  Friuli  e  del  Trentino,  co- 
co' suoi  slati  da  Bergamo  lino  in  Istria,  minciarouo  le  correrie  nel  territorio  ve- 
A'22  giugno  l'imperatore  di  nuovo  au-  ueziano,  e  la  repubblica  nominò  gover- 
nuuziò  a  Venezia  la  sua  definitiva  pros-  natore  generale  di  sue  genti  Bartolomeo 
sima  venuta,  con  potente  esercito,  per  d'Alviano,  destinandolo  alla  custodia  del 
coronarsi  a  Roma  (egli  benché  soltanto  Friuli,  chiamando  da  Brescia  il  conte  di 
le  de'iomaiiie  iuìperalore  eletto,  era  sta-  Pitigliano  capitano  generale,  alla  difes<i 
to  il  i."  a  intitolarsi  I/nperalore  ,  men-  del  Veronese.  L'arnù  d'Alviano  prospe- 
tre  i  predecessori  non  assutnevauo  tale  ti-  rarouo  con  belle  vittorie  e  acquisto  di  ca- 
tolo  se  non  dopo  ricevuta  la  corona  dal  stelli,  e  poi  anche  Gorizia  e  Trieste,  tut- 
Papa),  desiderare  il  passo,  buon  tratta-  to  nel  marzo,  con  piacere  di  Sj)agna  e 
mento  e  conoscerne  l'intenzioni.  Siccome  Francia,  se  pure  non  fu  dissimulazione, 
il  vero  scopo  era  di  muovere  contro  i  II  vescovo  di  Trento  si  fece  mediatore 
francesi  e  cacciarli  di  Milano,  rispose  il  d'una  tregua  di  3  anni,,  con  poca  appa- 
senato  non  potere  pe' trattati  con  Fran-  renza  di  durata,  compreiulemlovisi  e- 
eia  esserle  contro  ,  però  non  l'aiulereb-  spressamente  il  Papa,  i  re  il'  Ungheria, 
be,  ma  si  terrebbe  neutrale,  e  perciò  non  d'Aragona,  d'Inghilterra,  di  Francia  e 
potere  consentire  il  passo  e  viveri,  se  ve-  loro  aderenti,  ritenendo  ciascuna  parte  le 
iiisse  coir  armi.  Massimiliano  !  r.e  restò  terre  che  possedeva,  e  restandone  dolen- 
di'piacentissiiuo,  e  piìi  se  ne  mostrarono  le  Massimiliano  I  specialmente  per  la  per- 
irritati  i  principi  dell'impero,  i  quali  ai:-  dita  di  Trieste  e  di  Gorizia.  Giulio  II  sein- 
da  vano  dicendo  esser  d'uopo  fiaccar  l'or-  pre  bramoso  di  riacquistare  Faenza  e  Ili- 
goglio  veneziano,  e  si  accoidarono  d'ac-  mini,  altacc^iva  nuove  brighe  colla  re- 
compagnar  1'  imperatore  alla  corouazio-  pubblica,  a'3o  luglio  i  5o8  accusandola 
ne  e  ricupera  degli  slati  imperiali  in  ita-  di  ricoverare  i  suoi  ribelli  e  di  voler 
lui.  Il  Papa  spaventato  della  venuta  di  mandare  nuove  truppe  itsilomagna;  tnos- 
. Massimiliano  I,  domandò  consiglio  a  Ve-  se  nuovi  litigi  alle  nomine  de' vescovati; 


278  VEN 

infine  propose  a  Luigi  XII  una  lega  ge- 
nerale senza  ftr  menzione  de' veneziani. 
Frallanlo  scilo  pretesto  di  trattar  la  pa- 
ce col  duca  di  Glieldria  proietto  da  Fran- 
cia e  in  guerra  cull'imperatore,  die  non 
età  stalo  compreso  nella  tregua,  alla  fine 
dell'anno  convennero  a  Canibroy  (/'.)  il 
cardinal  d'Amboise  ministro  e  confiden- 
te di  Luigi  XII,  e  J\LTrgherita  d'Austria 
figlia  dell'imperatore  e  «edova  di  Savoia, 
con  pieni  poteri  de'ioro  commilleoti,  a- 
stenendosi  per  maggior  segietezza  d'am- 
mettere alle  loro  conferenze  1'  ambascia- 
lore  di  Spagna  e  il  nunzio  pontificio.  Se- 
condo il  Muratori, intervenne  al  congres- 
so con  prelesto  d'infervorare  alla   pace 
l'andjascialore  di  Feidinando  V,  princi- 
pe che  forse  fu  il  i.°  a  promuovere  que- 
sta alleanza.  Nola  inoltre,  che  il  cardina- 
le era  pure  legato' pontificio,  ma  non  a- 
veva  mandato  valevole  a  tale  atto.   Fu 
insieme  lascialo  luogo  ad  entrarvi  a  Car- 
lo IH  duca  di  Savoia,  Alfonso  I  duca  di 
Ferrara,  e  Francesco  il  marchese  di  Man- 
tova, i  quali  a  suo  tempo  vi  si  aggiunse- 
ro anch'essi,  oltre  alili    principi   minori 
d'ilalia.  Dopo  molte  dinicoltà  e  alterchi, 
due  trattali  furono  soltoscritli  a'  io  di- 
cembre i5o8.  Col  1°  si  conciliarono  le 
differenze  del  duca  di  Glieldria  coll'ar- 
ciduca  Carlo  nipote  di  Massimiliano  I  e 
successore  del  defunto  suo  padre  arcidu- 
caFilippoj  e  si  stabilirono  le  relazioni  de' 
feudi  de'Paesi  Bassi  colla  corona  di  Spa- 
gna, di  cui  era  presunto  erede  l'arciduca, 
poi  celebre  imperatore  Carlo  V,  obbli- 
gandosi altresì  il  dello  suo  avo  d'accor- 
dare a  Luigi  XII  nuova  investitura  del 
ducato  di  Milano.  Col  2."  trattato  fu  sti- 
pulata la  lega  di  buona  parte  d'Europa 
contro  Venezia  »  per  far  cessare  le  perdi- 
te, l'ingiurie,  le  rapine,  i  danni  che  i  ve- 
neziani hanno  recalo  non  solo  alla  s.  Se- 
de apostolica,  ma  al  s.  llomano  Impero, 
alla  casa  d'Austria,  a'duchi  di  Milano,  a* 
re  di  Napoli  ed  a  molti  altri  principi,  oc- 
cupando e  tirannicamente  usurpando  i 
lo^ro  beni,  possedimenti,  città  e  castella, 


VEN 
come  se  cospiralo  avessero  pel  male  di 
lutti".  Laonde,  così  concludeva  il  pream- 
bolo del  trattalo  di  Cambray:»  Abbiamo 
trovato  non  solo  utile  e  onorevole,  ma 
ancora  necessario,  di  chiamar  tutti  ad  una 
giusta  vendetta  per  ispegneie,  come  un 
incendio  comune,  l'insaziabile  cupidigia 
de  veneziani  e  la  loro  sete  di  dominio". 
Veniva  poi  lo  sparliraento  che  volevasi 
fare  dello  slato  veneziano.  Rilornereb- 
bei o  alla  s.  Sede,  Ravenna,  Cervia,  Faen- 
za, R.nnini,  i  castelli  e  quanto  rimaneva 
ancora  a'veneziani  ne'terrilorii  d'  Imola 
e  Cesena.  L'autore  della  Storia  della  le- 
ga diCatnbray^c\\ef\\ct%\\\  cardinal  Po- 
lignac,  fu  indotto  in  errore  d'aggiunger- 
vi Imola  e  Cesena,  che  non  erano  pili  in 
mano  de' veneziani.  E  il  Du  Moni  nel  suo 
Coipo  Diploinalico,  ripetè  l'errore,  de- 
rivalo dalla  negligenza  del  cardinal  d'Am- 
boise. A  me  pare,  che  si  confuse  la  par- 
te col  lutto,  si  disse  il  nome  delle  città, 
mentre  dovea  dirsi  parte  de'ioro  lerri- 
torii,  anzi  a  questi  va  aggiunto  alcun  luo- 
go di  quello  di  Forlì,  come  rilevo  dagli 
atti  di  Giulio  II,  in  cui  è  pure  falla  la  do- 
manda di  restituzione  di  Sarsina:\uÌAÌ- 
li  in  quell'articolo  potei  dire  colla  sua 
storia,  ch'era  pervenuta  a'veneziani  per 
cessione  di  Fandolfo  Malalesla.  Quanto 
alla  città  di  Forlì  ,  dice  il  Donoh  nella 
Slor/'a  di  ForFi,  divenuto  per  un  mo- 
mento dominante  di  essa  il  bastardo  Lo- 
dovico Ordelalfi,  al  servigio  de'  Venezia* 
ni,  il  quale  non  polendo  sostenersi  con- 
tro il  duca  d'Urbino  coiiiandaute  le  mi- 
lizie papali,  soltanto  cogli  Orsi  propose 
accostarsi  a'veueziaui,  allora  polenti  in 
Romagna,  per  avvicinarsi  l'arcivescovo 
di  Ragusi  legato  del  Papa,  i  veneziani  ri- 
cusarono l'otferta  città.  Riacquisterebbe 
l'impero  Padova,  Vicenza  e  Verona,  Ro- 
veredo,  il  Trevigiano,  il  Friuli,  l'Istria. 
Darebbesia!  redi  Francia  Brescia,  Ber- 
gamo, Crema,  Cremona,  la  Ghiaradad- 
da,  e  tutte  le  dipendenze  del  ducato  di 
Milano.  11  re  di  Spagna  e  di  Napoli  ria- 
vrebbe i  porli  e  città  di  Trani,  Biiodisi, 


VEN 

Otranto,  (Gallipoli,  Monopoli  e  l'altre  ter- 
re che  i  veneziani  aveaiio  avuto  in  pegno 
(la  Ferdinando  II.  Il  re  d'  Ungheria,  se 
fosse  entralo  nell'alleanza,  avrebbe  ricu- 
perato la  Ualinnzia;  il  duca  di  Savoia  il 
regno  di  Cipro, ec.  A  conseguile  piena- 
mente lo  scopo,  e  per  isciogliere  Massi- 
miliano [    dal  recente  giuratnento   della 
tregua,  fu  creduto  sufliciente,  che  il  Pa- 
pa fulminasse  a  suo  tempo  un  interdet- 
to ed  altre  censure  orribili  contro  i  ve- 
neziani, se  in  termine  di  ^o  giorni  non 
restituivano  tutte  le  terre  della  Chiesa; 
dopo  il  qual  tempo  richiedesse  l'assisten- 
za dell'  imperatore,  come  avvocato  e  di- 
fensore della  Chiesa  Romana.  In  tal  mo- 
do si  univano  l'armi  spirituali  alle  tem- 
porali de'principi  confederati,  i  quali  pe- 
rò doveauo  adoperarsi  ciascuno  per  se  ad 
acquistare  le  terre  assegnategli,  comin- 
ciando la  Francia   le  sue  ostilità  col  i."* 
d'aprile  i5og.  Per  allora  nun  si  pubbli- 
cò che  il  1°  trattato  della  concordia  col 
duca  di  Gheldria;  il  2.°  tenuto  segreto  fu 
ratificalo  da'  principali  contraenti  e  dal 
Papa  nel  successivo  marzo.  Opportufia- 
mente  osserva  il  prof.  Ilomanin,  col  qua- 
le in  gran  parte  ho  proceduto, che  da  lut- 
to il  sin  qui  brevemente  narralo,  risulta 
che  la  lega  di  Cambray  non  fu  1'  opera 
del  momento, naa  erasi  preparata  nel  prin- 
cipio del  secolo,  e  che  il  governo  vene- 
ziano n'era  stato  istruito  da'suoi  amba* 
sciatori  ,  e  dovea  attemlersela  di  giorno 
in  giorno,  e  nel  mese  che  fu  stipulala  il 
seppe  da  più  parti.  Alle  (juali   notizie  il 
senato  scrisse  tosto  a' suoi   ambasciatori 
in  Francia  e  Spagna  a  domandare  a*  re 
schiarimenti,  ma  con  profondi  dissimu- 
lazione essi  si  studiarono  di  coprire  i  loro 
pravi  disegni,  con  procrastinare  e  con  pre- 
testi. Fu  a  Vagliadolid  che  a' 17  febbraio 
i5o9  svelò  quasi  tutto  all'ambasciatore 
Francesco  Corner,  il  gran  capitano  Goii- 
salvo deCord  jva, che inalcontentodel  co- 
m'era stato  trattato, olFriva  il  suo  braccio 
e  valore  alla  serenissima  repubblica.  La 
coaiiuedia  spagouola  volgeva  al  fiae,  eoa 


VEN  279 

bandirsi  per  Vagliadolid  l'8  marzo,  chi 
volesse  portar  denari  per  la  guerra  con- 
tro i  veneziani,  e  con  licenziarsi  a'ao  l'o- 
ratore Francesco  Corner.  Alcuni  attri- 
buirono tutto  il  macchinamento  all'am- 
bizioso cardinal  d'Araboise  per  ottenere 
per  se  il  papato  e  al  re  di  Francia  l'  im- 
pero. Da  per  tutto  si  armava  e  si  faceva- 
no fortificazioni.  All'ansietà  in  che  erano 
i  veneziani  d'una  guerra  tremenda,  s'ag- 
giunsero spaventevoli  avvenimenti  ad  at- 
terrire gli  animi,  come  il  disastroso  in- 
cendio dell'Arsenale  a'i4  marzo,  di  cui 
feci  parola  nel  §  XIV,  n.  4,  e  fu  ventura 
che  4ooo  barili  di  polvere  nel  dì  innan- 
zi eransi  imbarcati  per  Cremona,  altri- 
menti tutta  la  città  avrebbe  potuto  cor- 
rer pericolo  d'esser  dall'infernale  esplo- 
sione sovvertita. Giungendo  daPioma  dal- 
l'oratore Giorgio  Pisani  e  da  varie  parti 
altre  notizie  della  giurata  lega  otfensiva, 
tuttavia  la  repubblica  poneva  in  ope- 
ra ogni  mi;zzo  per  dissipare  o  almeno  al- 
lontanare il  sovrastante  pericolo,  e  gradi 
l'olferte  di  mediazione  del  re  d'  Intjhil- 
terra.  Si  rivolse  anche  al  Papa,  che  pur 
mostrava  quasi  un  pentimento  de'  vin- 
coli da  lui  incontrati  co'principi  della  le- 
ga e  un  desiderio  di  stornare  dall'  Italia 
i  pericoli  otid'era  minacciata,  offrendogli 
la  restituzione  di  Faenza  e  Riminì^  e  di 
venire  a  componimento  sopra  ogni  altra 
dilferenza,  ma  invano.  Né  si  lasciò  di  far 
tentativi  coli' imperatore,  scuoprendogli 
le  mire  del  cardinal  d'  Amboise  per  oc- 
cupare il  1.°  grado  spirituale,  e  quelle  di 
Luigi  XII  pel  temporale  in  pregiudizio 
suo  e  di  Germania  (è  curioso  il  ricorda- 
re, quanto  narrai  nel  voi.  XV,  p.  285, 
che  alla  morte  di  Giulio  II  l'imperatore 
brigò  di  cambiare  il  manto  imperiale  pel 
triregno;  così  egli  aspirava  a  un  tempo  al- 
la dignità  che  asea,  ed  a  quella  che  va- 
gheggiava), ma  non  trovarono  ascolto. 
Il  moiaento  era  supremo,  e  il  doge  Lo- 
redano  fino  da*  27  gennaio  raccolto  il 
gran  consiglio,  smunto  e  addolorato  dis- 
se: Esser  questa  terra  fondata  da'proge 


38o  V  E  N 

iiìlurijtla  umili  cuse  e  infiali  abituri,  per- 
veuula  col  divino  aiuto  a  lauta  altezza, 
tlie  mosse  l'odio  de'principi ,  iugiali   a' 
suoi  Jjeueficiij  uiassime  il  re  di  l'iancia, 
per  maiciare  alla  testa  de'suoi  uemici,  e 
riciiiamato  l'ambascialoie,  per  Ione  lo 
slato.  Esortò  pregare  Dio,  emendare   i 
corrotti  costumi,  fare  giustizia,  procede- 
re nell'elezioni  senza  broglio  ,  e  di  con- 
correre tutti   colle   sostanze   e  la  vita  a 
couj«ervare  un  bello  stalo  e  la  bberlà.  A. 
darne  peli."  l'esempio,  dopo  il  banchet- 
to del  giorno  di  s.  Marco,  metterebbe  i 
suoi  argenti  alla  zecca,  facessero  gli  al- 
tri lo  stesso.  Quindi  tutto  fu  movimen- 
to di  guerra.  Già  erano  penetrate  le  gen- 
ti francesi  sul  territui  io  veneziano,  le  pon- 
tificie sulle  terre  di  Raveiiua  e  Cervia, 
avendo  il  Papa   dichiarato  capitano  ge- 
nerale di  s.  Chiesa  il  prode  nipote  Fran- 
cesco M.*  I  duca  d'Urbino.  Alloia  la  re- 
pubblica s'  appigliò  ad  ogni  tnezzo  che 
le  suggeriva  la  propria  difesa,  a'24  api'i- 
le  eccitò  il  Dentivoglio  al   riacquisto  di 
Ijologna,  ed  a'5  maggio  ordinò  ad    An- 
gelo Tievisan  capitano  generale  di  dan- 
neggiare quanto  più  potesse  le  coste  di 
lloniagna.  Già  il  Papa  in  conformità   a 
quanto  erasi  impegnato  co'suoi collegali, 
aveaeraanatoa'27  aprilei  5of)  la  sua  bal- 
la di  scomunica  conti  o  la  repubblica,  cui 
tacciando  d'ingratitudine  siccome  quel- 
la che  cresciuta  e  fatta  potente  pe' favo- 
ri, pe'privilegi  e  perfino  pe'denari  della 
s.  Sede,  era  divenuta  sì  orgogliosa  da  re- 
car molestia  a'vicini  e  invaderne  le  ter- 
re, com'era  avvenuto  speciahnente  non' 
ha  molt'anuidi  quelle  del  duca  di  Fer- 
rara feudatario  della  s.  Sede,  e  di  mol- 
te perfino  alla  medesima  pontificai  Sede 
immediatamente  appartenenti;  né  aver 
\also  a  ottenerne  la  piena   restituzione, 
uè  l'ammonizioni  papali,  né  gli  ulìizi  di 
Cesare;  oltre  a  ciò  aver  essa  repubblica 
licetlato  i  ribelli  Bentiv(jgli  di  Bologna, 
uver  posto  impedimenti  alle  nomine  pan- 
lificie  a' vari  vescovati  e  benefizi  ecclesia- 
?flici;  voler  essa  render  giustizia  a  modo 


V  EN 

suo  agli  ecclesiastici,  non  dar  corso  a're* 
scrini  apostolici,  non  tollerar  legge  né  co- 
mando. E  mentre  egli,  il  i^apa,  sforzava- 
si  a  ridurre  a  pace  tutti  i  principi  cristia- 
ni e  unirli   in  una  lega  generale  contro 
gl'infedeli,  essere  a  ciò  ostacolo  i  vene- 
ziani ,  opponendo  i  principi  non  potersi 
indurre  a  combatter  gl'infedeli,  perchè 
mentre  le  loro  cure  fossero  altrove  ri- 
volte, avrebbero  potuto  i  veneziani  prò- 
filtarne  per  molestare  i  loro  sudditi  e  in- 
vaderne gli  stati.  Laonde  da  tanto   mo- 
tivo eccitato,  egli  dava  di  piglio  all'armi 
temporali  e  spirituali  e  pronunziava  so- 
lenne Scomunica  e  Inlcrdctlo  (^.)  coa- 
trolutto  lost.ito  veneziaiiOjSe,  fra  24  gior- 
ni, di  tutto  non   fjcessero  emenda,  per- 
mettendo a  chiuiujue  di  muovere  couiro 
di  loro  e  di  spogliai  11,  e  impedire  il  loro 
tra  dico  e  fir  loro  insomma  tutto  il  male 
possibile,  rinnovando,  le  scomuniche  già 
contro  i  medesimi  veneziani  pronunzia- 
te da  Clemente  V  e  Sisto  IV.  Il  gover- 
no veneto  alla  notizia  di  sì  veemente  bol- 
la, profondamente  addoloralo  e  non  per- 
ciò smarrito  dell' aintuo,  raccolse  il  col- 
legio e  il  consiglio  de'Dieci,  nel  qu.«le 
venne  deciso  di  non  permettere  la  pub- 
blicazione della  scomunica,  severamente 
vietando  a  ciascuno  di  riceverla,  e  de[)u- 
taiido  vigili  guardie  a  staccare  ogni  car- 
tello che  trovassero  sulle  mura;  indi  inti- 
tilaiente  ilsenato  procurògiustificarsi  col 
Papa  e  co' cardinali,  e  deploi  abilmente 
credendo  evitare  la  conseguenza  della  sen- 
tenza, consultò  poi  co'dottori  in  teologia 
per  fare  un'appellazione  al  futuro  conci-> 
lio,  non  ostante  le  proibizioni  surrilerite 
di  Pio  II  e  Sisto  I V,  e  fu  deliberato  man- 
darla in  Ungheria  al  loro  amico  arcive- 
scovo di  Slrigonia   Tommaso  Bakacz  o 
Dacoczi,  da  Alessandro  VI  creato  cardi- 
nale ad  istanza  del  re  e  del  senato  vene- 
to, che  essendo  patriarca  di  Cuslanlino- 
puli  (allora  non  lo  era;  leggo  nella  /*«/•- 
pura  Paiiuonlca,  p.  1  16,  che  il  cardina- 
le recatosi  neli5i3  a  Pionia  per  i'elezio* 
uè  di  Leone  X  ,  questi  lo  dichiarò  pei- 


YEN  YEN                    281 
tiiaica  di  Costaulinopoli  in  paillìnis  e  Le  milizie  venete  conuiinlate  dal  conte 
K-gato  a  lalcrc  per  la  crociala   coiilro  i  di  Pilinlriiio  e   dall'  Alvi.uio  liovavaiisi 
luicUi),  era  uno  de' 4  paliiarchi   avetili  ben  aiuiiiule  a  l^oiilevico  sull'Oblio,  ma 
facollà  Ui  «ouvocaie  concilio  (è  vietalo  d  ditreienleuienle  0[)iiiavan()  1  due  capila- 
celebraie  alcun  Concilio  o  Smodo  '^cue-  m  e  gli  altri  princi[)ali  dell'esercito  ,  gli 
Ielle  senza  r  aulorilà   del    Papa,   [ìercio  uii  piopouevauo  piombare  sul    Miinlo- 
con  quella  di  s.  Silvestro  1  .>i  celebrò  nel  vómo,  altri  sul  Milanese  passando  l'Adda. 
3^5  cpiello  di  Nicea,  die  fu  ili."  Ecunie-  L'Alviano,  d'  animo  ardilo  e  inlrapreu- 
iiìcoj  spelta  a!  Papa  l'a[>pro\ailo.  Tan-  d'Mile,  voleva  andar  direttamente  a  Lodi 
ta  autoiità  hanno  1  concilii ,  quanta  ne  e  passar  l'Adda,  tenendo  per  ("ermo  che 
licevono  dalla  s.  Sììi\c.  Si  ponno  vedere  i  francesi  non  sarebbero  in  grado  di  re- 
i  ricordali  articoli,  ed  1  relativi  al  l'i  i-  sisleigli  ,  non  ancor  raccolti  e  non  pre- 
j/ialo,  allo  Scisma,   aW  L^csia) ,  coinQ  sente  il  re.  Esebbene  il  cauto  Orsini  con- 
iiarra  il  prof.  Ptomanin.  Aggiunge,  ciie  le  di  Piligluìno,  slimas>e  troppo  rischio- 
la  polizza  di  appelhizioiie  fu  portala   di  su  il  col()o  e  meglio  attendere  alla  difesa 
iia5Coslu  da  due  corrieri  a  Ptouia,  ed  af-  ile' propri  connm  e  riaccpiistar  1   luoghi 
fissa  alle  poi  ledella  basilica  Vaticana,  ed  di  (pia  dall'Adda,  fu  vinto  il  partito  del- 
il  Papa  vi  rispose  dal  canto  suo,  dichia-  l'Alviaiio.  Dice  il  Muratori:  Il  saggio  con- 
iandola illegale,  nulla  e  irrita.  La  ripro-  le  di  Piligliano  era  costante  in  sostenere, 
vò  soleniieuiente  colla  bulla  Snspccii re-  cheti  meglio  era  di  leinpuieggiare,  e  vin- 
gintinis,  dell."  luglio  laog,  Bull,  llotn.  cere  colla  spada  nel  follerò,  o  pure  d'a- 
l.  3,  par.  3  ,  p.  3i2  :  Exleasio  Consti-  spellar  buona  congiuntura  per  assalire. 
tulionis  a  Pio  II  teli  ine ,  contra  apptl-  Diverse  pure  furono  le  opinioni  del  con- 
lanlcs a  Romano  Ponti/ice,  adfuUirwn  sullato  senato,  che  però  si  rimise  a'capi- 
Conciliuin,  COI  iinufuc  conipliccs  et  fan-  taiii  ch'erano  sul  luogo.  Alle  grida  Ila- 
tom.  Perciò  gli  atiiaii  sempre  piìi  si  e-  lui  e  Liberia,  per  persuadere  i  popoli,  i 
si.cei  bavano,  e'  la  repubblica  vedendo  di  veneziani  non  procedere  a  conquiste,  ne 
nulla  poter  ottenere  dal  Papa,  >i  volse  di  pi  imi  di  maggio  respinsero  ùu  corpo  frau- 
ntiovo  a  tentar  distaccare  dalla  legaTim-  cese  che  voleva  passar  l'Adda,  e  ripreso 
peralore,  olFrendogli  200,000  fiorini  del  Tre  viglio  lo  saccheggiarono,  facendo  di- 
l'ieno  e  ogni  sussidio  per  l'  acquisto  del  stinti  ca[)ilani  prigioni.  Il  bollino  di  Tre- 
Aiilanese,  se  accoiisenlisse  allearsi  con  es-  viglio  riuscì  (alale  e  disordinò  le   truppe, 
sa.  In  Roma  ancora  risiedeva  l'ambascia-  perchè  molli    soldati    poco   avvezzi   alla 
tur    veneto.  Inlaiilo  ardeva  la  guerra,  e  diS'^ijdiua  andarono  a  venderlo  nelle  cit- 
gli  avvenimenti  si  succedevano  con   tale  là  vicine,  egli  slradioli  e  altre  genti  lar- 
rapidità  da  non  lasciar  tempo  a  matura-  davano  recarsi  al  campo.  Del  che  prufll- 
re  e  condurre  al  termine  alcun   buono  taluno  i  francesi  per  passare  1  Adda  a  Gas- 
provvedimento   né  delle   armi    né   della  sain»,  luogo  accuncio  per  la  sua  postura 
pulitici.  1  francesi  do[)o  avere  neira[)rile  elevala,  circondato  da  un  canale  del  fiu- 
per  un  araldo  dichiaralo   guerr.»  alla  si-  me  che  facendone  un'  isola   lo   rallorza, 
gnoria,  col  formale  gettito  d'un  guanto  piantalo  allora  d'alberi  op[)ortuuissimi 
insanguinato  di  disfida,  nel  modo  narrato  a  coprire  le  guerresche  operazioni  e  al- 
dalcav.  Mulinelli,  negli  Annali  Urbani,  l'imboscate.  Dal  qual  luogo,  Luigi  XII 
fin  da'i  )  al  dire  del  Piinaldi  aveano  già  venuto  all'esercito,  mosse  contro  Rivolta, 
comincialo   le  ostilità   in  Lombardia,   e  [)oila  pure  sulle  ripe  dell  Adda,  che  non 
il'accoi  ilocou  loro  operavano  il  marchese  potè  a  lungo  difendersi,  poi  verso  Pandino 
di  Mantova  entralo  nella  lega,  e  il  duca  nella  .sjieranza  d'aver  Cremona.  11  ipud 
d'Uibiuo  colle  ijeuli  papali  iu  Uomuguu.  pcusicio  gli  suicbbc  usaai  piobabdmenie 


282  V  E  N 

andato  fallilo,  se  l'eseicilo  veneziano  le- 
nendosi nella  sua  vanlni^giosa  posizione 
avesse  evitalo  la  battaglia,  costringerido 
il  re  a  ritirarsi  per  la  mancanza  de'vive- 
li,  cosa  temuta  dal  suo  vecchio  capitano 
Gian  Jacopo  Trivulzio,  che  il  passaggio 
dell'Adda  avea  sconsigliato.  Ma  non  sep- 
pe contenersi  l'Alviano,  e  il  suo  ordine  di 
combattere  ogni  cosa  guastò.  Lasciato  il 
forte  alloggiamento  per  far  fronte  a'fran- 
cesi  comaudali  da  Carlo  Chaumont  si- 
gnore d' Amboise,  fratello  del  cardinal 
Giorgio,  s'era  avanzato  verso  di  essi:  col- 
locati 1  suoi  fanti  coll'artiglieria  sopra  un 
ar"ine  elevato  lungo  un  torrente  allora 
ascmlto  ,  assali  impetuusauieute  la   ca- 
\alleiia  nemica  sopra  un  suolo  coperto 
di  vigneti  che  impedivale  il  libero  movi- 
mento e  la  respinse.  Intanto  però  arrivò 
il  re  col  grosso  deli'  esercito,  mentre  in- 
vece quello  del  l'itigliano  rimanevasi  an- 
cora addietro;  una  dirotta  pioggia  sopra  v- 
venutauvea  reso  sdrucciolevole  il  terreno; 
luttavolta  il  valore  del  generale  s'era  tra- 
sfuso nelle  sue  genti,  le   quali  sostenne- 
ro ben  3  Ole  con  ammirabile  intrepidez- 
za il  terribile  urto  :  la  fiUiteria  italiana  di 
Dionisio  Naldi  di  Brisighella  ,  chiamata 
con  questo  nome,  si  mostrò  degna  di  sua 
riputazione  e  del  suo  capitano.  Ma  alfine 
le  truppe  venete  accerchiate,  incalzate, 
uon  sostenute  a  tempo  dal  l'itigliano,  fu- 
rono messe  in  rotta;  l'Alviano  stesso  fe- 
rito in  volto  fu  preso,  grande  fu  il  numero 
de'  feriti  e  de'  morti,  piìi  di  4ooo  (altri 
vogliono  un  numero  assai  maggiore,  al- 
lueno  6ooo,  più  di  fanteria ,   perchè   la 
cavalleria  non  tennesaldo,  leggoin  Mura- 
tori);intanto  l'esercito  del  l'itigliano  rima- 
sto salvo,  potè  tranquillamente  ritirarsi 
perattenderei  nuovi  eventi.  Tale  fu  l'in- 
fàusto esito  della  battaglia  di  Vai  late  odi  A- 
gnadello  nella  Ghiaradadda,  combattuta 
ili  4  niaggioiSog  e  che  apriva  la  serie  di 
quelle  sciagure  che  condur  doveano  la 
repubblica  di  Venezia  agli  estremi.  Per 
questo,  per  la  sua  rinomanza,  per  deno- 
tuioaria  alcuni  Agnadello,  i  veaeziuoi  e 


V  CN 

altri  italiani  di  Vaila  o  di  Ghiaradadda, 
altri  quasi  ficendone  perciò  di  un  com- 
battimento due,  riportai  i  particolari  del 
prof.  Roin^nin.  Agnadello  o  Agnadel  è 
nella  provincia  ili  Lodi  e  Crema,  posto 
sopra  un  canale  fra  l'Adda  e  il  Serio. Con 
sommo  valore  si  combattè  da  ambe  le 
parli,  tranne  i  fuggiti  dalle  genti  della 
vepubblic».  Tutto  l'esercito  francese  uni- 
to pugnò.  Se  tutta  l'annata  veneta  uni- 
ta fosse  stata  a  fronte  de'nemici,  poteva 
esser  diverso  il  fine  <li  quella  giornata, 
come  pensa  Muratori.  Ma  il  Rinaldi  di- 
ce che  contro  i  veneti  pugnò  anche  il  cie- 
lo, percuotendoli  colla  grandine  accom- 
pagnata da  rabbiosi  venti.  Luigi  XI  l  so- 
lennizzò in  più  forme  quella  vittoria,  e 
ordinò  che  si  fabbricasse  una  chiesa  col 
titolo  di  s.  Maria  della  Vittoria.  Mandò 
l'Alviano  prigione  in  Francia  nel  castel- 
lo di  Loi-hes,  e  vi  restò  3  anni.  Al  triste 
annunzio  della  rotta  del  bell'esercito, 
grande  fu  lo  spavento  in  Venezia,  indi- 
cibile il  dolore,  (l  doge  ripreso  animo  a- 
dunò  il  senato  per  deliberare  sui  prov- 
vedimenti da  prendersi,  per  terra  e  per 
mare.  l*aolo  Barbo  vecchio  procuratore, 
uomo  savio  e  di  molta  esperienza  negli 
affari,  che  da  parecchi  anni  non  più  in- 
terveniva a'consigli,  cominciò  a  lagrima- 
re  e  disse  .dia  moglie:  dame  la  vesta  die 
vogio  andar  in  Pregadi  e  dir  quatro pa- 
role e  pò  morir!  Sebbene  egli  desse  le  co- 
se per  disperate,  pure  propose  vari  prov- 
vedimenti a  farsi  per  la  salvezza  princi- 
palmente della  repubblica.  Fu  delibera- 
to far  nuove  raccolte  di  truppe  e  di  de- 
naro; si  scrisse  al  Pitigliano  e  al  provve- 
ditore Grilli,  che  il  governo  non  si  era 
punto  smarrito  dell'  animo  ,  anzi  voler 
fare  magnanimamente  o^ni  provvisione, 
e  giacché  le  loro  genti  d'arme  eran  sal- 
ve si  riducessero  in  luogo  sicuro.  Nello 
slesso  senso  fu  scritto  a  varie  corti,  ma 
a' veneti  cardinali  Domenico  Grimani  e 
Marco  Cornaro  a  Iloraa  molto  sommes- 
samente a'22  maggio,  rinnovando  le  pro- 
teste di  lestiluzioue  delle  4  lerre  conte- 


V  E  N  V  E  N                    283 
state  del  Papa;  pensasse  questi   alla   io-  neamente  alla  ilifesa  delle  cillà  e  sciolse 
vina  oiid'era  tutta  Italia  uiinacciala,  vo-  i  sudditi  dal  giuraiiieulu  di  t'edeltìi,  pei- 
lesse  riaccogliere  i  veneziani  in  conto  di  sino  lodandola  cutne  supremo  tratto  di 
btioui  e  divoli  tìgli.  Pronti   a   licenziare  avvedutezza  politica  e  altri  biasimandola 
da  Venezia  i  Bentivogli  ,  ed  eseguire  la  qual  prova  d'estrema  debolezza.  Tutla- 
ponlifìcia  volontà  nel  confeiire  vescova-  via  non  voglio  tacere  che  diversi   storici 
ti  e  benefizi.  Il  possedimento  della  Ter-  veneziani  sostengono  il contrario,ed  il  con- 
raferma  era  divenuto,  a'  veneziani   indi-  te  Girolamo  Dandolo,  La  cadala  dcUa 
spensabile  :   perduta   la  prenuneiiza  sul  repubblica  di  Fciwzia,  hbro  stampato 
mare,  in  maggior  pencolo  le  tene  loro  l'anno  precedente  a  quello  del  prof.  Ilo- 
iiel  Levante,  capitali  immensi  impiegali  tuanin  ,  ha  dichiarato.  >•  La  repubblica 
in  beni   stabili,  le  sussistenze  delL>  città  sciogliendo  le  provincie  dalla  fede,  quan* 
jitiralein  gran  parte  dalle  vicine  provin-  do  le  sorti  della  guerra  la  forzavano  ad 
eie  soggette,  rendevano  necessario  il  ria-  abbandonarle,  faceva  atto  di  singoiar  sa- 
verle a  qualunque  patto  si  fosse.  Perciò  pienza  politica.  Pvitornata  al  loro  posses- 
fu  volta  ogni  cura  a  rappacificare  l'ioi-  so,  non  ebbe  così  ,  se  non  a  rimunerare 
peratore,  contenta  la  repubblica  riaver  le  quelli  fra'suddili  che  più  le  si  erano  ma- 
lerre  a  titolo  di  feudo,  bramare  conser-  uifeslati  alfelluosameute  divoti  ".  La  re» 
varsi  a  lui  unitissima  in  pei  petua  confede-  pubblica  tentò  con  maneggi  diplomatici 
razioiie,pronta  a  restituire  Trieste,  Poi  de-  di  pacificare  i  suoi  nemici  e  di  staccarne 
none,  Goiizia;ed  oltre  i  già  olTerliaoo, eoo  alcuni  dalla  lega,  e  resistè  per  (pianto  pu- 
fiorìni,  altri  5o,ooo  l'anno  per  io  anni,  tè  colle  armi  ,  solo  cedendo  a  palmo  a 
Intanto  le  cose  veneziane  andavano  Sem-  palmo  il  terreno.  11   Pitigliano   perduti! 
pre  più.  a  precipizio;  gran  disordine  re-  Brescia,  si  ridusse  a  Peschiera  e   poi  a 
gnava  nel  campo,  notisi  riusciva  a  mei-  Verona,  diesi  raccomandò  ben  fuitifì- 
ler  insieme  conveniente  esercito,  i  nemi-  care,  non  essendovi  altra  fortezza  fino  a 
ci  ogni  di  più  avanzavano.  Pizzighettoue  Fusiua.Si  mandarono  provveditori  a  Vi- 
si difendeva,  Dergamo  e  Bre>cia  aveano  ccnza  e  Padova,  e  s'incaricò  il  capitano 
capitolato,  la  Valcamonica  si   ribellava,  di  Rovigo  a  distrarre  il  duca  di  Ferrara 
111."  giugno i5oc)  tranne   Pizzighettone,  dalla  guerra,  proponendogli  un  compo- 
Cremoua  e  Asola,  lutto  in  Lombardia  a-  nioiento  circa  al  Polesine.  Correndo  pe- 
veano  occupato  i  fraucesi.  Né  meglio  an-  rò  le  cose  rovinosamente,  s'introdussero 
davano  le  cose  nel  Veneto,  nella  Puglia,  pratiche  pure  col  re  di  Francia,  e  col  re 
nella  Romagna.  In  questa  il  duca  d't/r-  di  Spagna  offiendogli  la  restiluzione  dei- 
imo»  come  narrai  in  quell'articolo,  col-  le  terre  di  Puglia.  Calate  le  genti  impe- 
rarmi o  cogli  accordi  ricupeiò  Pia  venna,  riali  ,  già  avendo  consegnato  Gorizia  e 
Cervia,  Rimini,  Faenza,  Russi,  Brisighel-  Trieste,  qUie  Roveredoe  il  castello  di  Ri- 
la  e  altri  luoghi:  la  guerra  coukinciata  a'  va  al  vescovo  di  Trento,  per  guadagnar- 
si aprile,  tei  minò  a' 3  i   maggio.    Nello  si  l'animo  dell'imperatore,  la  re|>ubblica 
slesso  1  5o9 erano  stati  falli  Pietro  Laudo  gli  fece  inoltre  cedere  Verona  e  Vicenza, 
e  Francesco  INLircelloproweilitori  di  Ila-  dicendo  volerle  da  lui  riconoscere.  In  Vi- 
veuna,  e  podestà  Luigi  Rlarcello,  e  f'uo-  ceoza  le  truppe  commisero  enormi  fatti. I 
no  gli  ultimi.  Raccoglievansi  cpiolidiana-  padovani  pregarono  il  senato  a  non  ceder 
Diente  i  cousigli  ad   assicurare  Venezia  la  loro  cillà,  ed  ebbero  promesse  di  dife- 
per  Ogni  evento.  La  serie  de' fatti  e   la  sa;  ma  avvicinatosi  il  commissario  impe- 
mancanza  di  documenti,  dice  ilpruf  Ro-  naie,  i  nobili  specialmente  bi  amando  gra- 
manin,  smentisce  l'asserto  di  diversi  sto-  idicarsi  con  Cesare  gli  dierono  la  città, 
ricìj  che  la  lepubblicu  riuuoziò  spuuta-  Treviso  ricevuta  l'inlimaziune  degl'  ini- 


284  ^   ^  ^^' 

perialijsinuanlenne  fedele.  Anche  il  Friu- 
li ili  ^raii  parie  si  sosltneva  ,  e  Uiluic 
huimlIò  a  Venezia  a  domaiular  slraciiuti 
utv  iliteiiilersi.  Ciltailella  all'  incoiilio  ì>i 
perdeva  per  tradimento  di  Pandolfo  I\I  »- 
Jalesla.  Frattanto  cadde  Cieinoiia  e  l'al- 
tre terre  di  Lombardia,  la  Venezia  la  pio- 
«;essioiie  del  Corpus  Domini  si  fece  sen- 
za pompa,  stante  la  scomunica.  Cn  qual- 
che lai^gio  di  speranza  pareva  spuntare. 
Giulio  11,  die  nel  tondo  del  suo  annuo 
non  vedeva  voloulieri  lille  cpieU'  anni 
straniere  in  Italia,  luuslrava  (piaiclieiu- 
diluizione  ad  un  compoiiiinenlo ,  e  per 
letttre  del  cardinal  Giimani  seppe  il  gu- 
■vei  no  ch'c^^li  avrebbe  gradito  6  amba- 
sciatori. 11  senato  desiderosissimo  di  far 
levare  lo  censure  clie  più  pesavano  del- 
i'drmi  nemiche,  a'6  giugno  i5oc)  appro- 
vava che  gli  ainbascialuri  fossero  nomi- 
ual!  e  fiiiono:  Domenico  Trevisan,  Leo- 
uaido  iMoccnigo,  Alvise  Malipiero,  l^ao- 
lo  Cappello,  Paolo  Insani,  Girolamo  Do- 
na. A  20  giugno  die'loio  la  commissione 
d'  esporre  a  bua  Santità  ,  come  fossero 
ilìimitali  i  disegni  de'francesi;  aver  la  re- 
pubblica pili  volle  mandalo  ali  impera- 
tore [ler  unirsi  con  lui  e  colla  s.  Sede,  ma 
uij,ii  aver  mai  dato  ascollo  a'  messi  ,  per 
edelto  d'alcuni  che  lo  circondavano;  vo- 
lesse dunque  il  Papa  supplicare  l'impe- 
ratore a  non  prestare  orecchio  a'france- 
si,  non  procedere  più  oltre  e  lo  sollecitas- 
se alla  lega;  non  vole-se  Sua  Santità  per- 
mettere che  i  particolari  veneziani  solfris- 
sero  danni  nelle  loro  possessioni  e  averi 
iu  Romagna,  liberasse  i  rettori  prigioni, 
e  restituisse  l'artiglierie;  lodar  molto  l'i- 
dea d'una  guerra  contro  gl'infedeli,  mi 
non  nominasse  la  repubblica  finché  la 
facctiiida  non  fosse  ridotta  ad  alto,  per 
non  e>pùrla  a' confini  senza  frutto.  Fi- 
nalmente domandare  un  capitano  da  sce- 
gliersi tra  Giampaolo  Baglioui,  Lorenzo 
da  Ceri  e  Troilo  Savelli,  e  la  restituzio- 
ne del  denaro  [Wgato  per  le  condotle  de- 
gli Orsini  e  de'Savelli;.^iuslincare  per  ul- 
timo liuiposizioue  delle  deciiue  ecclesia- 


YEN 

stiche  gȈ  concesse  da  Paolo  II  e  succes- 
sori contro  gl'infedeli.  Rialzavano  altre  • 
si  le  speranze  de'veneziani  alcuni  segni  di 
di>gu>to  che  già  cominciavano  ad  appa- 
rire fra  Massimiliano  I  e  Luigi  XII  ,  il 
malcontento  de'popoli  verso  i  nuovi  do- 
minatori per  le"  violenze  e  angherie  che 
commettevano  d'ogni  specie,  riaccenden- 
do loro  il  desiderio  dell'antico  governo. 
L'  I  I  luglio  già  erano  insorte  diverse  ter- 
re, tosto  sostenute  da'veueziani,  cos'i  Pa- 
tiova  dojio  42  giorni  d'aspro  governo  al 
grido  Marco  Marco  tornò  a'  17  al  do- 
iuluio  veneto,  giorno  di  s.  Marina,  per- 
ciò [)oi  solennizzalo  ,  come  notai  nel  § 
V  11 1,11. 8,  descrivendo  la  chiesa.  Le  chia- 
vi di  Padova  iu  essa  depositate,  orasi  ve- 
iK.no  affisse  nel  muro  del  chiostro  del  se- 
minario patriarcale.  La  fedeltà  di  Tre- 
viso eia  ripresa  di  Padova  dieronoaui- 
luo  ad  altre  d'inalberar  di  nuovo  la  ba  n- 
diera  della  repubblica.  Ma  già  a'  primi 
d'agoslo  si  moveva  il  marchese  di  i\Ian- 
tova  per  unirsi  col  general  francese  la  Pa- 
lisse  a  Verona,  nel  tempo  stesso  che  Mas- 
similiano I  scendeva  finalmente  in  per- 
sona con  esercito  dal  Trentino,  per  accor- 
rti! e  alla  difesa  del  Vicentiuo  e  al  riacqui- 
sto di  Padova.  Non  tralasciavasi  perciò  i 
maneggi  di  pace,  a'quali  prima  di  parti- 
re avea  dato  orecchio  l'imperatore,  fat- 
ti dal  priore  della  Trinità,  e  giunto  a 
Gassano  l'inviò  alla  signoria  per  sentirne 
I  intenzioni,  volerle  restituire  tulle  le  ter- 
re con  censo  onesto.  Rispose  la  signoria 
esser  pronta  a  tulio  e  alia  lega  pel  ricu- 
pero del  Milanese,  e  attendere  un  orato- 
re per  tratiare.  IMa  nulla  coochidevasi  e 
già  le  bande  tedesche  scorazzavano  ael 
Friuli,  da  Treviso  uscendo  i  veneti  a  re- 
[irimei  le.  R.iusci  al  veneto  capitano  Lu- 
cio Malvezzi  di  far  prigione  il  marchese 
di  Mantova  Francesco  il  Gonzaga.  Con- 
dotto a  Venezia  di  notte,  gridò  il  popo- 
la): appicca,  appicca  il  traditore.  Fu  po- 
sto in  una  stanza  della  torricella,  per  lui 
1  iccameute  addobbata.  Ciò  saputosi  dal 
coule  di  Pili|jliauoj  che  stava  alia  difcsii 


YEN  V  E  N  i^'i 
<]\  Padova,  si  rase  la  barba  cli'eiasi  fai-  con  lettere  scagliale  con  Wec.ce  nella  cit- 
ta crescere  dalla  battaglia  di  Gliiaraciad-  Jà  niiimava  i  cillndini  a  tornare  al  loro 
da.  Padova  era  stata  ben  fortificata  e  mu-  vero  e  leijiltimo  principe,  con  vantaggio- 
nila,  e  stimavasi  di  suprema  importaoza  se  pìointsse,  abbandonando  i  veneziani 
per  tutto  il  successo  (k-lla  guerra.  Inlan-  ribelli  sroriìunirali.  V. ino  parole,  che  au- 
to Massimiliano  s'avvicinava,  e  latto  far-  nicnlarono  l'aiclore  neMi^feiìsori.rol  rpuile 
te  dal  Palisse  con  genti  franccM,  ilal  du-  energicamente  a'sg  settembre  respinsero 
ca  di  Ferrara  Alfonso  I,  per  le  cui  osti-  l'assalto  a  porta  Codalunga,  obbligando 
lità  era  slato  confiscalo  il  suo  palazzo  in  alfine  il  nenuco  a  levar  l'assedio  a'i  ot- 
Venezia,  e  dal  Papa,  dice^asi  il  sno  eser-  tobre,  e  l'imperatore  ritiratosi  in  Vicen- 
cito  di  ben  80,000  uomini.  Pose  l'asse-  za  poco  dopo  tornò  in  Germania.  Jlfal- 
dio  a  Padova  ,  mostrandosi  instanrabile  lite  tentativo  contro  Padova  scemò  di 
nel  visitare  le  opere  d' assedio,  nel  solle-  mollo  la  riputazione  dell'imperatore  e 
citare  e  incoraggiare.  Comincialo  nel  5."  accrebbe  i  disgusti  di  questo  co'fiancesi, 
giorno  il  bombardamento,  aperte  ampie  da  cui  dicieva  non  aver  ricevuto  quegli 
bieccie  nelle  muraglie,  l'assalto  non  potè  appoggi  che  avrebber  dovuto,  e  diede 
eseguirsi  per  l'acqua  introdotta  da'fiatìo-  per  lo  conlrorio  ardire  a' veneziani  di 
vani  nelle  fos>e  die  circondavano  la  cit-  spingersi  innanzi  a  riacrpiistaie  le  peidu- 
là;  e  quando  fu  dato,  venne  valoiosainen-  te  città.  Fin  da  quando  ÌMassimiliiino  I  si 
te  respinto.  Tornati  i  tedeschi  a  nuovo  accingeva  all'assedio  di  Padova,  la  re- 
sperimento, saltarono  per  aria  per  le  mi-  pubblica  desliluila  d'ogni  appoggio,  ali- 
ne poste  al  bastione  da  loro  preso,  ed  una  bandonala  alle  sole  sue  forze,  disperala 
vigorosa  sortila  del  capitano  Gitolo  da  Pe-  di  poler  ottenere  pace  da  alcuno  de'suoi 
rugia  rincacciò  gl'imperiali.  Questi  si  ri-  nemici,  giacché  il  Papa  stesso  or  dava 
tirarono,  a  ciò  spinti  anco  dalla  discordia  buone  parole,oi-  tornava  sulle  furie,  poi- 
co'francesi  e  crgl'italiani,  lasciando  ten-  tliè  scontento  de'francesi,  ripugnava d  u- 
de  e  gran  parte  delle  bagaglie  per  mole-  nirsi  coirimpeiatore  che  avi  ebbe  chiesto 
stare  ferocemente  Vicenza,  Mestre  e  al-  al  solito  molto  denaro,  riconciliandosi  col- 
tri luoghi  sino  a  Slargherà.  11  senato  non  la  repubblica  temeva  per  le  terre  di  Ro« 
permisealPitigliano  d'iistireadfugli  bai-  magna;  eiasi  decisa  l'i  1  settembierSof) 
taglia,  certo  della  vittoria,  pel  disordine  i'H'  conoscere  al  sultano  che  la  lega  de' 
che  regnava  Ira' nemici.  Tornati  essi  a  principi  volgerebbe>.i  inllne  a  suo  danno, 
Padova,  il  doge  in  pieno  consiglio  rap-  mentre  Venezia  all'inconlroaveagli  sem- 
pr  esentò  come  dalla  sorte  di  Padova  di-  pre  serbata  rede,e  se  soccorsa  farebbe  dis- 
pendesse  quella  della  re[)ubblica  ,  come  solverne  rtuiione;  più  gli  domandò  sus- 
gli  occhi  del  mondo  erano  rivolti  a  qne-  sidii  di  truppe,  euri  prestito  di  1  00,000 
sto  grande  evento,  perciò  doversi  rad(lop-  ducati,  da  leslituirsi  la  metà  in  panni,  li  a- 
piare  i  soccorsi  e  accorrere  alla  sua  dite-  lascianilo  di  prenderli  da'nemici  ragusei, 
sa;  ondea'5  settembre  co'fìgli  suoi  Alvise  fiorentini,  anconitani,  genovesi,  catalani, 
e  Bernardo  partirono  per  Padova  i  76  no-  e  per  l'altra  metà  olhì  gioie  in  cauzione, 
bili,  il  senato  incoraggiando  il  presidio,  i  Indi  eccitò  il  snidano  d'Egitto  a  rovina- 
cittadini,  i  contadini  a  mantener  in  glo-  le  il  commeicio  d'alcuni  degli  stessi  ne- 
ria  il  nome  veneziano.  Inutilmente  riu-  mici.  Qiii  nota  il  pud.  liomaniii.  »  A  tali 
scendo  il  pili  terribile  fuoco  dell'artiglie-  estremi  aveano  ridotto  la  repubblica  la 
rie,  per  le  pronte  riparazioni  de'difenso-  pervicacia  de'suoi  nemici  e  la  falsa  poli- 
ri,  l'imperatore  cercò  muovere  contro  la  tica  generale:  e»sa,  che  fu  prima  e  poi  il 
repubblica  anclie  il  le  d'Ungheria  ecci-  baluardo  della  cristianità  contro  i  tur- 
laudolo  al  riacquisto  della  Dalunazia  ,  e  chi,  vedevasi  ora  costretta  per  la  propria 


28r>  V  E  N 

conservazione  a  implorarne  il  soccorso!  " 
E  fu  infatti  il  timore  de' turchi  ,  oltre  i 
maneggi  tifali' oratore  Pietro  Pasqnalign, 
die  ritenne  il  re  d'Unglieria  dal  prestar 
ascolto  agli  eccitamenti  di  Massimiliano 
I,  contentandosi  di  continuare  a  ritirare 
gii  animi  3o,ooo  ducati,  dalla  repubbli- 
ca assegnati  per  tenerselo  alleato  e  pron- 
to alla  di(Ì3sa  contro  i  turchi.  La  repub- 
Mica  si  rivolse  anche  a  Enrico  VII  re 
d'Inghilterra,  aflinchè  impedisse  la  rovi- 
na d'uno  sfato  che  lanto  avea  fatto  per 
la  cristianità  ,  con  interporsi  con  Luigi 
XU  e  Massimiliano  ì.  Ne  l'opera  di  ri- 
conciliazione con  Giulio  llinteroiise.  Ar- 
rivalo a  lìomaa'25  agosto  l'oratoreFran- 
cesco  Corner  reduce  dalla  Spagna,  non 
potè  ottener  udienza  dal  Papa  che  a'3o 
ottobre.  A'ringraziamenli  dell'oratore  per 
tale  onore,  alle  sue  pi  oteste  de'sentimeu- 
ti  di  rispetto  e  di  attaccamento  sen>pie 
dimostralo  dalla  repubblica  verso  la  s. Se- 
de, rispose  Giulio  11.  Ben  sapere  quanto 
la  repubblica  avesse  fatto  per  la  Chiesa, 
quanto  avesse  favorito  l'innalzamento  suo 
al  pontificato;  averla  anch'egli  dapprima 
amata;  aver  favorito  specialmente  i  car- 
dinali veneziani  e  gli  oratori  Girolamo 
Zorzi  e  Nicolò  Michiel;  cercato  per  ogni 
modo  il  suo  vantaggio  fin  da  quando  era 
in  Francia;  ma  le  operazioni  sue  col  to- 
gliersi Puinini,  Faenza  e  altri  castelli  e 
luoghi  contro  l'intenzione  e  la  costituzio- 
ne della  Cliiesa  avere  sturbalo  quell'af- 
fetto: non  potere  egli  per  coscienza  con- 
sentire a  quello  smembra  raento,a  vere  pi  ìi 
volle  avvertita  la  repubblica,  averle  scrit- 
to in  proposito  i  re  di  Francia  e  di  Spa- 
gna,  ma  invano.  Quando  le  potenze  si 
strinsero  io  lega  l'aveano  invitato  ad  a- 
derirvi ,  promettendogli  il  ricupero  di 
sue  terre ,  ed  egli  avervi  alfine  consen- 
tito benché  ripugnante ,  perchè  ne  di- 
spìactva  veder  la  mina  dello  stalo 
vostro  eon  aitguineiìfo  de  barbari  :  a- 
ver  tletto  a  Giorgio  Pisani,  a  Giovanni 
Badoer  e  a'  cardinali,  che  non  sarebbe 
entralo  nella  lega  se  i  veneziani  avessero 


V  EN 
reslllnife  quelle  terre,  anzi  avrebbe  fatto 
per  mo<lo  che  le  cose  della  i-epubblica 
non  patissero  sinistro,  poiché  del  resto  ei 
non  sapeva  quali  ragioni  avessero  il  re 
di  Francia  e  gli  altri  sulle  venete  piovin- 
cie  ;  piacergli  che  la  repubblica  abbia  sa* 
j»ulo  conservar  I\i(lova,  e  desiderar  ch'el- 
la possa  rifarsi  altrove  di  quanto  perde- 
va rispetto  alla  Chiesa  ;  essersi  opposto 
egli  al  progetto  del  re  di  Francia,  che 
voleva  prender  Venezia  aHinchè  non  po« 
tesse  piìi  rialzare  il  capo,  e  a'suoi  consi- 
gli ritenere  gli  ambasciatori  veneziani,  e 
lo  stesso  Corner;  ora  darebl>egli  salva- 
condotto, onde  si  recasse  in  patria  e  ri- 
ferisse al  settato  questo  discorso  :  dices- 
segli  che  il  Papa  vuole  due  cose:  1  ."che  si 
paghino  le  spese  della  guerra  da  lui  fat- 
ta pel  ricupero  di  sue  terre,  e  gli  usufrut- 
ti di  queste  per  tutto  il  tempo  che  ri- 
masero in  possesso  della  repubblica,  e  se 
nelle  attuali  condizioni  essa  non  potesse 
fare  tale  esborso,  s'impegnasse  che  ese- 
guendosi una  spedizione  generale  contro 
i  turchi  fornisse  un  certo  numero  di  na- 
vi, al  qual  proposito  il  Papa  faceva  os- 
servare che  se  la  spedizione  non  si  ef- 
fettuasse, i  veneziani  nulla  pagherebbe- 
ro,e  se  si  facesse  ne  avrebbero  cerlaraen- 
te  utilità  assicurando  meglio  le  loro  ter- 
re in  Levante.  Secondariamente  che  non 
si  facessero  piìi  vescovi  dal  senato,  ne  si 
levassero  decime  o  altre  gravezze  sul  cle- 
ro, aggiungendo  che  certo  avrebb'egli 
ogni  riguardo  di  non  nominare  persone 
invise  a  quel  dominio,  e  che  in  caso  di 
guerra  col  turco  metterebbe  egli  stesso 
una  decima  non  solo  sui  preti  della  re- 
pubblica, ma  di  tutta  la  cristianità,  per 
la  difesa  de'  veneziani.  E  continuando, 
diceva  il  Papa,  non  riconoscere  il  van- 
tato diritto  della  repubblica  d'impor  ga- 
belle sul  passaggio  del  golfo,  né  l'accor- 
do da  essa  fatto  da  4  "lesi  cogli  anconi- 
tani ;  il  che  non  si  poteva  né  si  doveva 
senza  il  consenso  della  Chiesa  (il  Peruz- 
zi  nella  Storia  d'/4iicona,a\\'ittìtìoi5og, 
dice  che  quando!  veneziani  si  umiliarono 


YEN 
a  Giulio  II,  non  isfngg'i  alla  signoria  an- 
conitana ti'  insistere  presso  di  esso  »  per 
quella  sicurezza  della  navigazione  delle 
sue  navi,  che  pareva  più  opportuna  sti- 
marsi dalla  premurosa  vigilanza  del  loro 
sovrano  verso  i  suoi  sudditi".  Onde  ot- 
tennero gli  anconitani,  che  nel  trattalo 
di  pace  fosse  inserito  l'articolo,  che  i  ve- 
neziani si  obbligassero  di  lasciar  libera 
la  navigazione  a  tutti  isudditi  dellaChie- 
sa,  colle  loro  navi  e  merci,  non  solo  per 
tutto  r  Adriatico,  ma  per  tutti  i  mari, 
fiumi  e  loghi,  senza  alcun  pagamento. di 
gabella,  eziandio  sotto  pretesto  di  custo- 
dia del  mare,  e  di  non  pretendere  la  vi- 
sita delle  suddette  navi  per  verificare  se 
\i  fossero  robe  d'altri  non  .sudditi  della 
medesima  Chiesa).  In  fine,  quando  di  fa« 
re  tuttociò  acconsentisse  la  repubblica, 
egli  l'aiuterebbe  a  ricuperare  tutto  il  suo 
e  più  ancora  ;  raccomandavale  il  mar- 
chese di  Mantova,  essendo  lo  slato  suo 
molto  utile  n  caccìore  iharhari  dalf  I' 
lalia,  e  lo  scusasse  di  quanto  era  stato 
costretto  a  fare  dal  re  di  Francia  ;  non 
vorrebbe  che  i  veneziani  dessero  mole- 
stia di  guerra  al  duca  di  Ferrara,  che  po- 
trebbe eziandio  essere  utile  in  questa  biso- 
gna. Rispose  l'oratore  che  delle  cose  pas- 
sate non  era  suo  ulììcio  giustificare  il  suo 
governo  ;  vescovi  non  facevansi  in  sena- 
to, ma  solo  proponevansi  e  si  raccoman- 
davano per  l'elezione  a  Sua  Santità  ;  es- 
ser noto  quanto  il  duca  di  Ferrara  aves- 
se operato  contro  la  repubblica  ,  tutta- 
via farebbesi  il  possibile  per  contentare 
il  Papa.  E  così  da  lui  con  destre  parole 
sthernjendosi,  il  Corner  si  licenziò  e  ri- 
paliiò.  A'5  nover<d)re  (o  meglio  dicem- 
bre) scriveva  il  cardinal  Grimam  da  Pio- 
tila ai  senato,  che  il  Papa  vedendo  l'osti- 
nazione veneziana  era  più  infuriato  che 
mai,  ed  avea  licenziato  lutti  g!)  oratori 
della  repubblica,  e  pei'  certo  non  leve- 
rebbe la  scomunica  temendo  s[iecialmen> 
te  l'imperatore.  Continuando  sempre  la 
repubblica  nel  pensiero  di  picificar  Ce- 
sare, si  rivoUe  con  ptomease  al  suo  mi- 


V  E  N  287 

tilstro  per  le  cose  d'Italia,  Langio  vesco- 
vo di  fiurk  poi  cardinale,che  avea  avuto 
gian  parte  nella  lega  di  Cambray,  quan- 
do pervenisse  a  far concludeie  l'allean- 
za con  esso  ;  in  pari  tempo  muoveva  al 
riacquisto  di  Vicenza,  e  combattendo  vi- 
vamente nel  Polesine  lo  ricuperò,  dan- 
neggiando il  Trevisan  colla  flottiglia  iu 
altri  modi  il  duca  di  Ferrara^  e  Mar- 
c'Antonio  Contarini  saccheggiando  Co- 
macchio,  ma  per  l'infelice  esilo  dei  Tre- 
visan fu  confinato  3  anni  a  Portogruam. 
Più  di  tutto  stava  a  cuore  della  repub- 
blica la  riconciliazione  col  Papa, e  rispon- 
dendo alle  pretensioni  da  questo  ester- 
nate al  Corner,  scriveva  al  suo  oratore  iu 
Roma  di  giustificare  e  scusare  la  pro- 
pria condotta  :  non  aver  cogli  anconita- 
ni che  alcuni  patti  di  comtnercio;  circa 
poi  al  golfo  se  non  si  trattasse  d'altro  che 
di  una  particolare  utilità,  facii  cosa  sa- 
rebbe soddisfare  a'desideiii  del  Papa,  ma 
trattandosi  d'  una  giurisdizione  goduta 
da  tante  età  con  buona  grazia  de'  Papi 
suoi  antecessori,  e  con  permesso  di  tutti 
i  re  e  signori  che  hanno  stali  su  di  quel- 
lo, giurisdizione  acquistata  e  mantenuta 
a  comun  beneficio  della  cristianità  con 
tanta  spesa  ed  effusione  di  sangue,  non  ve- 
deasi  perchè  ora  si  dovesse  rinunziarvi; 
considerasse  il  Papa  che  sarebbe  un  dar 
campo  a  entrarvi  anche  il  turco,  e  non 
badasse  alle  ricerche  del  duca  di  Ferrara 
inquieto  e  ostile  vicino  ;  tuttavia  il  senato 
era  disposto  a  concedere  che  i  sudditi 
p/tpali  potessero  liberamente  navigare 
nel  golfo  colle  loro  robe  e  mercanzie  sen- 
z'alcun  impedimento,  echequanto  al  vis- 
domino  di  Ferrara,  che  il  Papa  non  ve- 
leva  più  concedere  a'  veneziani,  si  cara- 
bierebbe  il  nome  in  quello  di  console,  ri- 
manendo eguale  l'autorità  e  ferme  le 
antiche  leggi  e  convenzioni.  La  pratica  fu 
condotta  a  lungo  e  a  tutto  finalmente  si 
piegò  la  repubblica  desiderosa  d;  ridur- 
re il  Papa  a  ritirarsi  dalla  lega  e  stringer- 
la con  essa,  onde  a'  1 5  febbraio  1 5  1  o da- 
va a'  suoi  oratori  facoltà  di  concludere 


288  V  E  >f 

sulle  Ij.isì  segiieiili  (mentre  nello  stesso 
giorno  stendeviisi  nel  Coii'iiglio  de'  Dieci 
lina  protesta  (lì  imlLilti  !  ilicliiaiondo  es- 
sere stala  la  repidd)lica  \'iolt'nt('in(^iilf\\- 
dotta  a  questa  condizione.  Ma  che  conte- 
gno è  questo?!). Riniinziava  la  repubbli- 
ca veneziana  alla  fatta  appellazione  ad  un 
futuro  concilio  |ier  la  scomunica  contro  di 
lei  pronunciata  dal  l*apa,ch'essa  dichiara- 
va giusta  e  domandava  perdono  d'averla 
provocata;  non  melterehhe  piìi  decime 
o  altre  gravezze  sul  clero;  non  s'impac- 
cierebhe  uelle  nomine  ecclesiastiche,  né 
delle  cause  del  clero  che  verrehbeio giu- 
dicate soltanto  dal  foro  ecclesiastico;  la- 
scerebbe il  hbero  passaggio  del  golfo  a' 
sudditi  papali,  compresa  anche  Ferrara  ; 
non  iutrapienderebbe  mai  nulla  né  pa- 
lesemente né  occultamente  (e  la  prote- 
sta?) contro  il  Papa;  sarebbero  nulli  tut- 
ti i  trattati  da  lei  conclusi  colle  citta  della 
Chiesa;  non  liceverebbe  ribelli  o  profughi 
di  Sua  Santità;  non  si  mischierebbe  delle 
cose  di  Ferrara^  spettante  di  diritto  alla 
s.  Sede;  compenserebbe  i  danni  recati  a' 
monasteri  e  a'beni  ecclesiastici.  Tutto  ri- 
porta anche  il  Rinaldi  all'anno  i5io. 
Con  rpiesta  sommissione  pervenne  final- 
mente la  repubblica  a  staccare  dalla  lega 
il  Papa,fpjal  padrecomune,  riammetten- 
do nelle  giazie  della  s.  Sede  i  veneziani  e 
nel  seno  della  Chiesa.  A'24  febbraio  2/ 
domenica  di  quaresioia,  Giulio  li,  recì- 
tosi  in  abiti  [)ontilicali  nel  portico  della 
basilica  Vaticana,  accompagnato  da  12 
cardinali,  molti  preiati  e  Penitenzieri,  se- 
dente nel  soglio  avanti  la  porta  di  bron- 
zo, presenti  gli  ambasciatori  di  Francia, 
Spagna,  Inghilterra  ed  altri,  gli  oratori 
Veneziani  si  prostrarono  a' suoi  piedi,  e 
supplichevoli  domandarono  il  perdono 
de'  loro  falli  e  d'  essere  assolti  dalla  Sco- 
niumca  e  altre  Censure  Ecclesiastiche. 
Ascoltate  dal  Papa  le  proteste  di  penti- 
mento e  di  somuiisMone  e  le  loro  doman- 
de, il  procuratore  del  Fisco  della  Canic- 
rn  Jjioslolica,  domandò  la  lettura  delle 
loro  procure,  indi  de'  patti  convenuti, 


V  EN 

che  gli  ambasciatoli  veneti  dichiararono 
esser  pronti  a  giurare.  Allora  aperto  il 
messale,  e  collocalo  sulle  ginocchia  del 
l'apa,gli  ora'tori  avvicinatisi  e  ponendovi 
sopra  la  mano  giurarono.  Dando  poscia 
di  piglio  il  Papa  e  i  cardinali  a  12  ^'cr- 
glie,  che  furono  ad  essi  presentate,  senza 
con  quelle  toccarli,  come  portava  il  rito 
co'pubblici  penitenti,  e  lo  rilevai  pure  nel 
voi.  LXII,  p.  r2o,  fu  recitato  il  sihno 
Miserere,  e  pronunziata  da  Giidin  il  la 
solita  formula  della  %o\enwQ Assoluzione. 
Imposta  loro  infine  per  penitenza  cano- 
nica la  devota  visita  delle  Sette  Cliiese 
(li  Ilo/iia,  con  preci  e  limosine,  il  Papa  si 
I  itilo. Indi  la  messa  fucelelirata  nella  cap- 
pella pontificia  Sistina,  e  gli  oratori  fu- 
rono ricondotti  in  cavalcata,  onorati  e  fe- 
steggiati alle  loro  case.  Nel  dì  seguente, 
chiamati  di  nuovo  alla  presenza  del  Pa- 
pa, loro  disse:  »ìMagnifìci  signori  oratori  ! 
Non  vi  paia  strano  che  siamo  stati  tanto 
fi  levare  1'  interdetto.  La  signoria  stessa 
ne  fu  causa,  ella  dovea  compiacere  nelle 
giuste  petizioni,  mentre  e  a  >ioi  stessi  mol- 
to dolse  delle  censure  che  ci  fu  forza  pro- 
nunziare. Ora  se  essa  continuerà  a  stare 
con  noi,  ne  avrà  di  molti  benetizi".  Pre- 
sero quindi  commiato  gli  ambasciatori 
per  tornare  in  patria,  restando  come  or- 
dinario (iirolamo  Donalo.  Recatasi  a  Ve- 
nezia la  desideratissima  notizia  dell'  as- 
soluzione, il  doge,  il  senato  e  il  popolo  ne 
fiuono  coii'^olati  e  lietissimi,  e  fecero  pub- 
bliche feste  d'  allegrezza  e  processione 
per  3  dì,  come  narra  il  Rinaldi,  ed  ag- 
giunge. »  Per  cagione  della  pace  falla  dal 
Sómmo  Pontefjce.co'  viniliani  comincia- 
rono Massimiliano  I  e  '1  re  di  Francia  a 
crucciarsi  con  Sua  Santità,  cioè  perchè  si 
fosse  ritratto  dalla  lega  di  Cambray  ;  per 
la  qual  cosa  ancora  non  sono  inaucati. 
autori,  cMianno  ha.'uto  ardire  di  lacerare 
la  sua  fama;  li  quaH  di  leggieri  si  con- 
futano, mentre  si  considera,  che  le  ra- 
gioni, che  Cesare  dicea  se  avere  nelle  so- 
[)ra(iette  città  erano  ambigue,  e  che'vini- 
liaui  le  haveano  lungo  tempo  possedute. 


YEN 
etl  esser  cosa  ragionevole,  c'Iiavessero  la 
sii^noiia  delle  ciltà  d'Italia  più  tosto  gl'i- 
taliani,cl)e'tedeschi,nè  doversi  dalla  mae- 
stà e  pietà  pontificale  ricacciare  i  vinitia- 
Ili  supplichevoli,  c'haveano  ne'tempi  an- 
dati fatti  molti  servigi  alla  Chiesa  ;  con- 
ciosia  massitiiainente  cosa  eh'  eglino  si 
fossero  studiati  di  placarlo  COD  motteani' 
bascerie  a  lui  mandate". 

24-  Amicatosi  il  Papa,  studiarono  i 
Teneziani  più  che  mai  a  rifare  l'esercito, 
e  morto  il  conte  di  Piligliano  a  Looigo, 
per  le  tante  vigilie  e  fatiche  sostenute  nel- 
la difesa  di  Padova,  come  altresì  Waldo 
da  Brisighella  altro  generale  veneto,  am- 
bo sepolti  in  ss.  Gio.  e  Paolo  in  monu- 
menti eretti  a  loro  onore  dalla  repub- 
blica, posero  alla  testa  come  provvedi- 
tore generale  il  valoroso  Andrea  Gritti, 
non  mancando  d'altri  valenti  condottieri, 
come  Gio.  Paolo  Baglioni,  Gio.  Luigi  e 
Giovanni  Vitelli,  e  Renzo  Ordini  da  Ceri, 
sudditi  pontificii,  oltre  Lucio  Malvezzi 
altro  guerriero  di  fama.  Riuscendo  inutili 
le  trattative  con  l' imperatore,  la  repub- 
blica maneggiò  una  lega  con  Enrico  VII! 
nuovo  re  d  Inghilteria  e  Giacomo  IV  re 
di  Scozia;  e  Giulio  II  ottenne  che  la  Sviz- 
zera assumesse  la  difesa  degli  stati  della 
Chiesa.  Dacché  il  Papa  erasi  così  mani- 
festamente spiegato  a'dauni  de' francesi, 
inai  sopportava  che  il  duca  di  Ferrara 
feudatario  tenesse  ancor  dalla  loro  parte; 
SI  <|uerelò  delle  saline  costruite  a  Cornac- 
ihio  anziché  ritirare  il  saje  da  Cervia; 
\oleva  accrescergli  il  censo,  e  chiese  la 
restituzione  de'caslelli  recati  in  dote  da 
sua  moglie  Lucrezia  Borgia,  e  datigli  da 
Alessandro  V I  suopadre. Allora  Alfonso  I 
stringendosi  di  più  a  Luigi  XII,  ne  otten- 
ne la  piena  protezione.  Il  perché  venne 
dal  re  inviato  Chaumont  d'Amboise,  go- 
Ternatore  del  ]\]ilanese,per  entrare  nelPo- 
lesine,  nel  tempo  stesso  che  il  principe  di 
Anhalt  generale  imperiale  uscendo  da  Ve- 
rona si  dirigesse  a  Vicenza,conhuon  polso 
di  gente,  oltie  gl'imperiali  riuniti.  La  re- 
{tubblica  pose  alla  testa  del  suo  meno  nu- 

VOL.   XCII. 


VE  N  289 

maroso  esercito  il  Baglioni.  I  vicentini, 
prossimi  a  cader  di  nuovo  nelle  mani  de- 
gl'imperiali, ed  invano  impetrato  grazia 
dall'Anhalt,  avendo  già  mandato  a  Pa- 
dova colle  cose  preziose  i  figli  e  le  donne, 
i  tedeschi  entrati  in  Vicenza  poco  trova^ 
rono  a  saziare  la  loro  cupidigia.  Ma  una 
parte  de'  vicentini  e  degli  abitanti  del 
contado  rifugiatisi  in  profonda  caverna 
ne'monti,  in  numero  di  ben  6000  colle 
donne.i  fanciulli  e  gli  a  veri,  uno  de'capita- 
ni  di  ventura  francese  l'infame  Herisson, 
con  infernale  pensiero,  fece  porre  sulla 
bocca  angusta  della  caverna  parecchie  ca- 
taste di  legna,  ed  empiamente  datovi  fuo- 
co, fece  perire  soffocali  tutti  quegl'infelici, 
e  poi  de'loro  tesori  s'impadronì.  Quando 
al  campo  francese  fu  udito  il  barbaro  e 
crudelissimo  fatto,  alto  levossi  un  grido  di 
orrore  e  di  riprovazÌGne,ondeil  celebre  ed 
eroico  cav.Bajardo  fece  impiccare  sul  luo- 
go stesso  due  di  que'che  aveano  acceso  il 
fuocojlarda  e  inutile  punizione  a  tanta  ese- 
crabile scelleragine,  che  lasciò  per  lungo 
lempoancora  neglianimi  degritalianido- 
lore  e  raccapriccio.  La  fortuna  continuò 
a  favorire  i  francesi,  che  ormai  rpiasi  .soli 
sostenevano  la  guerra,  dacché  i  tedeschi 
non  pagati  per  allora  si  sbandarono.  Nel 
maggio  IDJO  caddero  in  potere  di  Chau- 
mont Legnago,  Bassano  e  altri  luoghi, 
onde  le  truppe  venete  si  ritirarono  a  Pa- 
dova, e  nel  finire  di  giugno  si  provvide 
alla  difesa  di  Treviso.  La  repubblica  ri- 
volse nuove  istanze  al  Papa,  perché  con- 
ducesse con  vigore  la  guerra  contro  il 
duca  di  Ferrara,  sollecitando  la  sua  me- 
diazione coirimperatore,domancJò  I  000 
cavalli  per  la  difesa  del  Friuli  al  re  d'Un- 
gheria, né  lasciò  di  rinnovare  premurose 
istanze  di  sussidii  a' turchi.  In  mezzo  a 
tante  sciagure  di  guerra,  narrale  pure 
da  Andrea  Mocenigo,  Belli  mcmorahi- 
lis  Cainernccnsis  advcrsus  T'enetos  là- 
sloriae  libri  VI,  Venetiis  iSiS,  e  tra- 
dotta in  italiano  :  La  guerra  di  Cam- 
ìivai  fallain  Italia,  Yenez\a  i56u,  (pie- 
sla  tillà  nell'inleruo  non  dava  alcun  se- 
19 


ago 


V  E  N 


Clio  di  aiiguslie,  nnzi  il  lusso,  n  dispelto 
«Ielle  leggi  proibitive,  i  [ìiaceri,  la  sontuo- 
sità (ielle  feste,  i  bacc.iuali  «e'concorsi  di 
gente,  in  luogo  di  lialascinrsij  sembrava- 
no ricevere  aumento  dalle  pubbliche  scia- 
gure, e  in  certo  modo  volere  collo  stordi- 
mento e  coll-a  sfrenatezaa  della  gioia  far 
dimenticare  il  dolore  de'sinistri  eventi,  e 
delle  spese  enormi,  che  seco  portava  la 
guerra.  Il  carnevale  era  sialo  festeggiato 
con  tanta  allegria,  inasi;here,balli  e  suoni 
come  si  trovasse  la  repubblica  ne'  suoi 
più  bei  tempi.  Ria  la  profusione  del  rovi- 
noso lussOj  e  lo  sceniamentode'commer- 
ci,  produceva  frequenti  fallimenti  e  la 
incertezza  delle  cose;  i  pericoli,  di  nemici 
e  di  pirati,  che  infestavano  i  mari,  aveano 
fatto  salire  i  premii  delie  assicurazioni 
marittime  per  le  galee  di  Fiandra  fino  a 
1 5  e  più  per  i  oc,  quando  prima  era  una 
gara  tra  gli  assicuratori  per  ottenere  il  4 
e  me7Zo;  l'assicurazione  per  le  galee  di 
lìaiberia  dal  2  e  mezzo  andò  al  5.  In- 
tanto la  guerra  continuava,  i  tedeschi  per- 
derono  Mouselice,  combatlevasi  da  per 
tutto,  ma  senz'alcun  fatto  decisivo.  Mas- 
similiano I  prometteva  sempre  di  torna- 
re, e  non  veniva  mai  ;  Luigi  XII  privo 
dell' ap[)oggio  del  cardinal  d' Amboise, 
morto  a'25  maggio  in  Lione,  i."  de'car- 
tlinali  ministri,  che  sì  potentemente  in- 
fluirono ne'destini  di  Francia,  e  godente 
tanta  fiducia  che  da  tutti  dicevasi  lascia' 
tv  fare  a  Giorgio,  stanco  di  tener  in  pie- 
di un  esercito  numeroso  senza  corrispon- 
denti vantaggi,  già  minacciava  l'impera- 
tore di  richiamare  il  Chaumont,  quando 
accaddero  tali  avvenimenti,  che  doveano 
far  precipitare  interamente  le  cose  fran- 
cesi in  Italia.  Avendoli  descritti  in  tanti 
articoli,  basterà  indicarli  in  corsivo,  affin- 
chè ad  essi  articoli  si  possa  ricorrere.  Giu- 
lio //d'animo  grande, benché  talvolta 
stizzoso  e  tenace,  appena  assunto  al  pon- 
tificato si  propose  ad  ogni  costo  onnina- 
mente ricuperare  al  principato  della  ro- 
mana Chiesa  i  suoi  dominii  usurpati  o 
jncompelentemenle  coucessij  quindi  con 


V  EN 

iinn  energia  indicibile,  abbattutoli  fimo* 
so  Cesare  Borgia,  s'inimicò  i  veneziani 
per  ostinarsi  a  ritenere  le  occupate  terre, 
ma  ottenute  e  conseguita  la  loro  tjinilia- 
zione,  ch'egli  pensava  doversi  alla  s.Sede, 
si  fece  quindi  inesorabile  con  quanti  av- 
versavano i  suoi  amici  e  protetti,  e  di- 
chiarò di  voler  cacciare  d'Italia  que'stra- 
nieriche  profittando  di  sua  collera  v'era- 
no penetrati;  quindi  scomunicò  il  suo 
vassallo  duca  di  Ferrara,  per  aver  com- 
perato la  protezione  di  Francia;  poi  si 
maneggiò  con  questa,  colla  Spagna,  con 
Massimiliano  I,  che  non  pregiava,  bensì 
(j(?/v//rt/?/(7,  sperando  dal  conflitto  di  tan- 
ti interessi  avesse  in  fine  a  riuscire  la  li- 
bertà d'Italia,  ch'era  divenuta  suo  su- 
premo pensiero.  Ma  domandò  armati  a 
T'erdinando  V,  promettendogli  l'investi- 
tiu'a  anche  del  regno  di  Sicilia  di  qua 
dal  Faro  o  Napoli;  ed  i  vigili  veneziani 
non  mancarono  di  avvisarlo  che  fosse 
attento  acciò  que'  militi  stranieri  non  si 
volgessero  poi  a  danno  di  essi,  comeap- 
punliiioawenne.  Il  Papa  dichiarò  capita- 
no generale  di  sue  milizie  il  nipote  Frasice- 
sco  IM."  1  duca  iV  Urbino,  che  tosto  s'im- 
padronì in  Romagna  delle  terre  del  duca 
di  Ferrara  Alfonso  I.  Progredendo  le  ar- 
mi alleale  nel  l^errarese,  Giovanni  Moro 
rij)nrlò  segnalata  vittoria  sul  Po,  che  can- 
cellò la  scoli  Ita  delTrevisan  ;  e  nella  Ter- 
ralerma  ancora  la  repubblica  riacqui- 
stò Bassano,  Cittadella,  Belluno,  Vicen- 
za calili  luodii.  Penetrati  nel  Milanese 
i  10,000  Si'izzeri  assoldati  dal  senato, 
pare  che  l'oro  diChaumont  li  facesse  tosto 
ritornare  alle  loro  montagne.  Il  Malvez- 
zi, e  il  marchese  di  lìJanloi'a,  liberato  a 
istanza  del  I*apa  e  rimesso  alla  testa  del- 
l' esercito,  non  seppero  profittare  della 
loro  caduta  per  assalire  con  successo  i 
francesi,  i  quali  rispettando  il  Mantova- 
no, chiarì  i  sospetti  che  con  loro  si  fosse 
accomodalo  il  marchese.  Verona  difesa 
dngli  spagnuoli,  tedeschi,  francesi  e  ita- 
liani, ricacciò  il  Malvezzi  che  voleva  bat- 
terla .  Aveudo  Giulio  II  scomunicato  : 


VEN 
conilollieii  deiresercilo  francese  in  favo- 
re del  tluca  ili  Feirnra,  Luigi  Xll   nel 
settembre  i5io  adunò  in  Tonrs  contro 
di  lui  un'assemblea,  che  subito  apparve 
conciliabolo  diabolico;  nientemeno,  oltre 
gì  i  attentati  contro  l'autorità  pontificia  e 
di  guerreggiare  Giulio  II,  si  trattò  di 
raccogliere  coli*  imperatore  un  concilio 
per  farlo  depone.  Di  già  Massimiliano  I 
avea  mandato  Federico  conte  di  Gorizia, 
con  lettera  del  i. "giugno,  al  sultanoBa- 
jazet  n,  a  dolersi  de' veneziani,  ch'es- 
sendo slati  depressi,  sarebbe  tempo  op- 
portuno che  la  Porta  ottomana  s'insigno- 
risse delle  terre  marittime  de'veneziani, 
i  quali  si  erano  tanto  spesso  offerti  di  dar 
mano  a  cacciarlo  dalla   Grecia  in   Asia! 
I  turchi  rigettarono  la  lettera,  dichiaran- 
do contenere  tutte  falsità!  S'affrettò  quin- 
di la  repubblica  a  mandare  anch'essa  a 
Costantinopoli  un  oratore  ad  assicurare 
il  sultano  di  sua  amicizia,  a  rappresen- 
targli il  pericolo  del  suo  impero  seicol- 
legató  riuscissero  ad  abbatterla,   e  per 
pattuire  soccorsi!  Ne  fu  conseguenza  che 
passati  i  turchi  dalla  Valona  in  Puglia, 
Ferdinan<!o  V  richiamò  in  essa  gii  spa- 
gnuoli  richiesti  dal  Papa,eche  invece  con- 
tro i  veneziani  erano  entrati  in  Verona. 
A  meglio  attendere  alla  guerra,  per  spin- 
gerla e  dirigerla  con  energia,  dopo  la  de- 
kv-inne  degli  svizzeri, pieno  di  coraggio  pas- 
sò Giulio  II  in  Bologna,  e  vi  entrò  ai  22 
settembre.  Esortato  dagli   ambasciatori 
alla  pace,  s'introdusse  cj.ualche  trattati- 
va con  Chaumont,  ma  gumto  Chiappino 
Vitelli  colle  genti  venezi;ine,  non  volle 
udire  più  accordi.  Il  duca  di  Urbino  re- 
catosi ad  e<;pugnare  la  Mirandola,  fatta 
piazza  d'armi  da'francesi,  vedendolo  zio 
Giulio  11    che  si  procedeva  con  lentezza, 
\olle  portarvisi  in  portantina,  malgrado 
le  rimostranze  de'suoi,  partendo  da  Co- 
lonna a'2  gennaio  i5i  i.  Vecchio  e  infer- 
ra o 

nio,  pel  i."Papa  volle  assistere  all'asse- 
dio, fiicendo  tutte  le  funzioni  d'un  gio- 
vane ed  esperto  capitano,  fra  la  neve  e 
bersaglio  dell'artiglierie  nemiche,  ed  a' 


VEN  291 

20  vi  entrò  trionfante,  salendo  una  sca- 
la sulla  breccia,  per  non  voler  aspettare 
che  si  sgombrassero  le  porte.  Una  scon  - 
fìtta  patita  da' papali  e  da'veneziani  sul 
basso  Po,  impedì  1'  assedio  di  Ferrara. 
Toinato  il  Papa  a  Bologna,  l'  1 1  feb- 
braio mor\  a  Correggio  di  38  anni  Chau- 
mont, di  una  malattia  causala  dal  dolo- 
re per  esser  incolpato  d'aver  fatto  espu- 
gnare Mirandola.  Soltentròal  cornando 
dell'esercito  francese  Gian  Jacopo  Tri- 
vulzi,  già  discorde  col  defunto.  Surse  un 
raggio  di  speraoia  per  la  pace  mediante 
congresso  da  tenersi  in  Mantova,  ma  pre- 
sentatosi al  Papa  in  Bologna  il  vescovo 
di  Gurk  Langio  luogotenente  dell'impe- 
ratore in  Italia,  parlò  con  tanta  arrogan- 
za in  concistoro,  che  i  veneziani  doves- 
sero restituire  i  possessi  di  Terraferma 
per  poi  riceverli  in  investitura,  che  irri- 
tatosi Giulio  II,  per  sospettarlo  d'intelli- 
genza co'francesi,  nulla  si  concluse  e  partì. 
Quindi  a' 16  aprile  nella  bolla  in  Gocna 
Domini,\i  Papa  dichiarò  incorsi  nellecen- 
sure  della  scomunica  Alfonso  I,  il  Tri- 
vulzi,  i  magistrati  di  Milano  e  dell'altre 
città  di  Lombardia,  che  riscuotevano  le 
imposte  per  Luigi  XII,  essendo  da  que- 
sti impiegate  contro  le  terre  della  Chiesa, 
includendovi  indirettamente  Io  stesso  re 
a  cagione  del  conciliabolo  di  Tours.  I 
francesi  minacciando  Bologna,  e  per  le 
insinuazioni  de'  Bentivogli  comincian- 
do i  cittadini  a  tumultuare,  il  Papa  pru- 
dentemente a'  i4  maggio  ne  partì,  e  a' 
2  I  passò  a  Ravenna.  Nel  dì  seguente  al- 
l'uscita del  Papa  da  Bologna,  abbando- 
nata questa  dal  cardinal  Alidosi  legato, 
vi  entrarono  i  francesi  co' Bentivogli.  Il 
cardinale  celeremente  si  recò  a  notificar- 
lo in  Piavenna  a  Giulio  II,  incolpandone 
il  nipote  duca  di  Urbino,  mentre i  sospet- 
ti erano  contro  il  cardinale  per  segrete 
intelligenze.  Giunto  anche  il  duca  in  Ra- 
venna, e  non  polendo  per  tal  calunnia 
aver  udienza  dallo  zio,  inasprito  d' indi- 
gnazione uccise  il  cardinale.  Il  Papa  in- 
consolabile per  r  avvenicnento  partì  da 


0.^1  YEN 

Piaveiioa  e  si  reslilui  a  Roma.  Pe'  qua- 
li avvenimenti  Alfonso!  potè  ricupera- 
re buona  parte  di  sue  tei» e  in  Ilonia- 
gna  e  il  Polesine  di  Rovigo;  mentre  il 
Trivulzi  e  la  Palisse  fecero  progressi,  e 
il  2. "nel  Veronese  e  Vicentino,  il  Friuli 
venendo  infestalo  dagl'imperiali  coman- 
dali dal  duca  di  Brunswick.  A  suggestio- 
ne di  Luigi  XII  si  ribellarono  a  Giulio  II 
alcuni  cardinali  francesi  e  spagnuoli,  ed 
uniti  a  Massimiliano  I,  fecero  da  loro  de- 
nunziare il  conciliabolo  di  Pisa  a'  16 
maggio  contro  il  Papa  successivamente 
trasferito  a  Milano  e  Lione.  E  qui  di- 
lò,  che  Giulio  li  fulminò  poi  riuterdelto 
a  Pisa  e  Lione,  processogli  scismatici  car- 
dinali, li  scomunicò  e  depose  dalla  Por- 
pora, ed  ammonì  Luigi  XII  a  non  lace- 
rare la  Chiesa  collo  scisma,  che  perciò 
sarebbe  raffrenata  la  potenza  di  Francia. 
Indi  a  reprimere  il  furioso  aidire  dei  co- 
spiratori di  Pisa,  e  meglio  scuoprirne  le 
frodi,  colla  bolla  Sacrosancte  Romanae 
Ecclesiae,  de'  1 8  luglio  1 5 1  i ,  Bull.  Rom. 
t.  3,  p.  325:  Indie  Lio  Sacri  Oeciimcnici 
Concila  Lalcranensis  Quinti,  prò  die 
19  mensis  aprilis  i5i5.  Et  damnatio 
Conciliahuli  Pisani.  La  bolla  sottoscrit- 
ta dal  Papa  e  da  2  i  cardinali,  contiene 
tBolle  notizie  dell'argomento  in  discorso. 
Poscia  nella  pubblica  sessione  del  conci- 
lio generale  di  Laterano  P ,  Giulio  11  e- 
raanò  la  bolla,  Cuni  ìnchoatani,  de'  1  7 
maggio  i5i2,  Bull,  cit.,  p.  548:  Da- 
ìnnalioConciliabuli  Pisani  cuni  omnibus 
in  co  seculis.  Qui  pure  dirò,  die  ammo- 
nito Massimiliano  I  dal  Papa  e  da  Ferdi- 
nando V  a  non  volersi  contaminare  con- 
tinuando ad  aderire  gli  scismatici  e  farne 
parie,  di  rivocare  i  suoi  procuratori  dal 
conciliabolo  dt  Pisa,  e  invece  mandarli 
al  concilio  Lateranense,  richiamò  i  suoi 
ambasciatori  che  da  Trento  mandava  a 
Milano  pel  conciliabolo,  e  pienamente  a- 
derì  all'ecumenico  concilio,  riconoscendo 
l'autorità  papale.  Pe'consigli  di  Laugio 
vescovo  di  Gurck,  il  conciliabolo  Pisano 
tu  riguardalo  (juiudi  con  orrore  daGesa* 


YEN 
re  e  da  tutta  Germania,  e  perciò  fu  creato 
cardinale.  Inoltre  Giulio  li  strinse  nuova 
lega  a'4  otlobrei5i  i  con  Venezia  e  con 
Ferdinando  V  re  di  Spagna,  alla  quale 
poi  fu  ammesso  Enrico  Vili  re  d'Inghil- 
terra. In  virtìi  di  questo  Irallalo  Ferdi- 
nando V  mandò  un  esercito  capitanato 
dal  viceré  di  Napoli  Raimondo  da  Car- 
dona,  a  spese  del  Papa  e  de' veneziani, 
per  operare  colie  truppe  pontificie  in  Ro- 
magna; nel  tempo  stesso  che  calavano  di 
nuovo  gli  svizzeri  in  Lombardia,  allora 
governata  da  Gastone  di  Foix.  duca  di 
JN'enionrs  nipote  del  re;  ma  poi  senza  far 
nulla  di  nuovo  ripalriarono.  Massimilia- 
no 1  intanto,  tardo  sempre  nelle  cose  del- 
la guerra,  cercava  con  bandi  che  ficeva 
penetrare  in  Venezia,  di  eccitare  il  popo- 
lo alla  sollevazione,  promettendo  libertà, 
favori  e  partecipazione  di  governo.  Seb- 
bene il  senato  non  li  curasse,  tuttavia 
fece  nuovi  tenlotivi  per  riconciliarselo, 
ma  inutilmente,  per  la  sua  indole  insta- 
bile, per  l'influenza  de'suoi  ministri,  pei 
suoi  grandi  disegni  d'andare  a  Roma,  di 
ripristinare  l'impero  romano,  di  vagheg- 
giare il  papato,  come  già  notai,  disegni 
lutti  a  cui  mal  corrispondevano  i  mezzi, 
mancante  per  lo  più  di  danaro.  Nondi- 
meno in  Roma  a'25  novembre  fu  solen- 
nemente ptibbliccita  la  pace  Ira  Cesare  e 
il  [*apa,  nella  chiesa  di  s.  Maria  del  Po- 
polo. Con  successo  i  veneziani  riptesero 
le  operazioni  u)ililari  nel  Friuli,  e  lo  ri- 
cuperarono, favoriti  grandemente  da  Gi- 
rolamo Savorgnan  ascritto  alia  nobiltà 
veneziana  nel  i5o8,  eoon  i.°  esempio 
ottenuto  d'entrare  come  uno  de'  60  nel- 
l'aggiunta del  senato.  In  egual  tempo  l'e- 
sercito pontidcio  e  spagnuolo  avanzavasi 
nella  Romagna,  impadronendosi  delle 
lerre  del  duca  di  Ferrara.  Col  comincia- 
re del  i5i2  granili  speranze  si  concepi- 
rono nelle  città  di  Lou)bardia  di  tornare 
sotto  il  dominio  veneto,  ed  in  fitti  a'  3 
febbraio  gli  abitanti  di  Crescia  al  grido 
generale  s.  Marco,  s.  Marco,  s\  diedero 
ad  Andrea  Grilli;  ed  il  loro  eseujpio  fu 


VEN 

in  breve  seguito  da  Bergamo.  Ma  Gasto- 
ne di  Foìk  da  Bologna  corse  ad  assalire 
Brescia,  e  favorito  da'  francesi  ch'eransi 
ritirati  nella  rocca,  per  cui  disponeva  di 
I  2,000  e  più  combattenti,  ad  onta  della 
più  eroica  difesa  a  palmo  a  palmo  la  ripre- 
se.Orribile  fu  la  strage,treraendoil  sacco, 
feroci  le  violenze  e  le  profanazioni   per 
due  giorni;  il  Grilti  cadde  prigioniero. 
Vedendo  il  re  di  Francia  contro  di  sé  il 
Papa,  ed  i  re  di  Spagna  e  d'Inghilterra, 
fece  fare  proposizioni  vantaggiose  a' ve- 
neziani, i  quali    risposero  dover  andare 
d'accordo   co' collegati,  ed  a  mezzo  del 
Papa  ottennero  dall'imperatore  la  tregua 
di   IO  mesi.   Il  perchè  dal  re  fu  racco- 
mandato a  Gastone  di  venire  a  qualche 
luminoso  fatto,  per  cui  si  rivolse  all'as- 
sedio di  Rai'ennn  col  duca  di  Ferraraj 
e  per  aver  il  Cardona  mancato  di  entra- 
re nella  cittì», si  venne  a  quel  uieinoian- 
do  combattimento  dell'i  i  api  ile,  in  cui 
si  pugnò  disperatamente,  vincendo  i  fran- 
cesi; ma  per  l'accanimento  della  battaglia 
doverono  piangere  diversi  prodi  capita- 
ni e  lo  stesso  Gastone.   Il  cardinal  Me- 
dici legalo  dell'esercito,  poi  Leone  X,  fal- 
lo prigione,   gli  riuscì    fuggire.   !\Ial   ri- 
dotte le  truppe  della  lega,  nel  d'i  seguen- 
te Ravenna  si  arrese  a' francesi,  così  I- 
mola,  Forlì,  Cesena,  Kimini;  onde  il  Pa- 
pa intimorito  inclinava   alla  pace  se  noi 
trattenevano  i  veneziani,  rappresentan- 
dogli restare  forze  bastanti  per  sostener- 
si, ed  esser  ormai  vicini  e  questa   volta 
sicuri  20,000  svizzeri.  Riconfortato  Giu- 
lio II  fece  l'apertura  del  concilio  di  Late- 
rano  V,  e  volle  [)eisisteie  nella  guerra. Gli 
svizzeri  unitisi  nel  Veronese  colle  genti 
veneziane,   ;^r  inglesi   avendo  fatto  uno 
sbarco   in   Francia,   in   essa   lichiamate 
molle  forze,  la  l'alissefu  obbligato  sguer- 
nire Bologna,  e  pei  icolaudo  rJilano  con- 
centrò le  sue  truppe  da   quella   parte, 
Toinò  allora  il  Trivulzi  all'offerte  di  pa- 
ce a  Venezia,  con  promessa  d'aiutarla  a 
coiupiistare  tutte  le  sue  terre,  eccettuate 
le  conquistale  da  Francia,  millantando 


VEN  293 

che  il  Papa  presto  sarebbe  divenuto  gen- 
tiluomo di  Venezia,  con  far  di  questa  una 
Roma,  eh'  è  (pianto  dire  si  macchinava 
d' impadronirsi  di  essa  e  di  tutto  il  suo 
stato  ;  quindi   doversi    fare   lega  col  re 
per  la  conservazione  de'propri  doininii, 
come  prima,  altrimenti, essendo  il  Papa 
mortale,  si  finirebbe  con  rivolgersi  con- 
tro la  signoria,  l'imperatore  e  il  versati- 
le Ferdinando  V.  In  vece  degli  spaurac- 
chi gratuitamente  esposti  dal  Trivulzi, 
l'esercito  pontificio  e  spaguuolo  rifattosi, 
riprese  Rimini,  Cesena, Ravenna  e  minac- 
ciava Bologna,  per  l'acquisto  della  quale 
e  di  Ferrara  i  veneziani  a'G  giugno i5i 2 
mandarono   al   Papa  per   ambasciatore 
Francesco  Foscari  promettendogli  ogni 
soccorso.  Nello  stesso  mese  in  concistoro 
Giulio  11  scomunicò  il  redi  Francia, dopo 
la  qual  terribile  sentenza  seguirono  gran- 
di mutamenti  e  disturbi  ne'suoi  stali,  in 
Lombardia  e  nella  Liguria,  e  presto  ne 
perdette  la  signoria.  Frattanto  il  cardi- 
nal Schiner   o  Sckeiner,  che  procurati 
gli  svizzeri  al  Pupa  n'era  il  coudottiere, 
sempre  avanzava  e  prese  Cremona  d'ac- 
cordo c</ veneti.  Bergamo  alzò  spontanea- 
mente il  vessillo  di  s.  Marco,  il  Trivulzi 
vedendo  l' impossibilità  di  sostenersi  iu 
Milano  si  ritirò  in  Piemonte,  e  vano  tor- 
nava il  divisaaienfo  del  Patisse  di  difen- 
dersi in  Pavia.  Co^ì  la  fortuna  francese 
cadde  del  lutto    in    Italia,    ma   il  carico 
delle  spc'^e  della  guerra  era  sostenuto  io- 
leramenle dalla  iepiiblica;per  cui  eccitòil 
Papa  a  conservarsi  gli  svizzeri  pagandoli, 
viceversa  tulio  andrebbe  in  rovina.  Con- 
tinuando a  prosperare  la  lega,  Genova 
ribellò  a  Francia  e  ripristinò  il  suo  do- 
ge nella   persona  di   Giovanni  Fregoso, 
ch'era  stato  fino  allora  al  soldo  veneto; 
Milano  alzò  la  bandiera  di  Massimiliano 
Sforza,  figlio  di  Lodovico  il  liloro,  aiu- 
tato dalla  lega  ;  il  Papa  a  mezzo  del  ni- 
pote Francc'^co  i\Iaria  I,  non  solo  riac- 
quistò il  suo,  ma  tornò  ad  aggiungere  a' 
propri   stati  Pariiid  e  Piacenza,  oltre 
Reggio  5  il  duca  di  Ferrara,  abbandona-^ 


294  V  E  N 

lo  da'  suoi  alleali,  dovette  ritornare  al- 
ia poulifìcia  ubbidienza,  che  rese  in  pie- 
no concistoro,  e  si  umiliò  a'  veneziani  ; 
il  duca  d'Urbino  dopo  avere  ricuperala 
Kaveuua  e  1'  aita  liomagna,  fece  il  suo 
ingresso  in  Bologna  a'i3  giugno  i5i2, 
per  cui  i  Benlivogli  per  sempre  si  ritira- 
rono in  Ferrara;  i  veneziani  tornarono 
in  possesso  di  quasi  tulta  la  Terraferma, 
meno  qualche  fortezza  che  come  Brescia 
si  teneva  ancora  da'francesi;  ed  anche  in 
Toscana  potè  il  cardinal  de  siedici,  col- 
l'appoggio  degli  spagnuoli  comandali  da 
Gardena  ,  rientrare  in  Firenze  e  rista- 
bilirvi al  governo  Giuliano  suo  fratello. 
Convocato  un  congresso  in  Mantova  per 
discutere  e  regolare  le  nuove  condizioni 
di  cose,  nulla  si  concluse,  per  le  preten- 
sioni dell' imperatore,  quale  nel  favorire 
la  lega  non  voleva   rinunziare  a'suoi  di- 
ritti «ulle  terre  ch'egli  diceva  dell'  impe- 
ro; del  che  altamente  si  lagnarono  i  ve- 
neziani. Questi  assediarono  di  nuovo  la 
malmenata  e  illustre  Brescia,  e  n'  ebbero 
Crema  da  Benedetto  Crivelli,  perciò  fal- 
lo nobile  veneziano  e  premiato:  e  caduta 
Brescia,  il  comandante  Aubigiiy  la  cede 
airimperatore,anzichè  a' veneziani,  i  qua- 
li non  poco  se  ne  a  Iterarono. Giulio  II,  che 
s'era  fatto  intanto  mediatore  della  pace, 
richiedeva  che  i  veneziani  rinutizìassero 
un'imperatore  Vicenza  e  Verona,  e  pa- 
gasseio  3oo  libbre  d'oro  l'anno  a  titolo  di 
censo  e  25oo  per  l'investitura  delle  altre 
terre.  Le  quali  condizioni  trovava  la  re- 
pubblica incompatibili  e  per  1'  enorme 
gravezza  delle  somme  e  per  lo  costituirsi 
perpetuamente  censuari,  offrendo  invece 
ragionevole  somma,  da  pagarsi  solo  vita 
durante  di  Massimiliano  1.  Ritiratisi  i 
francesi  dalla  Lombardia  fino  ad  Asti,  il 
Trivulzi  riassunse  i  maneggi  colla  repub- 
blica ,  e  condusse  Antonio   Giustiniani, 
fallo  prigioniero  a  Brescia,  da  Luigi  Xll 
infermo  di  golia  a  Blois,  e  portalo  alla 
presenza  del  i."  ministro  Roberlet,  que- 
sti gli  disse:  Clic  il  succeduto  fluo  allora 
«ra  sialo  coqUo  la  voloulk  del  re,  Irasci- 


V  E  N 
naloda  cattivi  consigli,  specialmente  da  l- 
l'ambizioue  del  cardinal  d'Amboise;  che 
oia  la  concordia  tra  Francia  e  Venezia 
sarebbe  perpetua,  avendo  l'esperienza  di- 
mostrato ,  che  il  disaccordo  loro  era  la 
rovina  d' ambedue  ;  esorlava  quindi   il 
Giustiniani   a   recarsi  presto  a   Venezia 
che   farebbe  buono  ulllcio  per  la  patria 
sua,  onoie  e  utile  a  se,  anzi  sarebbe  fia 
d'allora  libero  senz'alcuua  taglia.  Poi  l'as- 
sicurò in   segreto  ,  che   se  la  repubblica 
consenlisse,lesi  firebbero  vantaggiosi  par- 
tili. Nel  dì  seguente  il  re  confermò  tulio 
al  Giustiniani.  Esposta  poi  da  questi  la 
sua  missione  al  senato,  fu  deciso  doverne 
priaia  d'ogìii  altra  cosa  dar  [)arte  a  Giu- 
lio 11  ed  a  Ferdinando  V.  Continuava  il 
Papa  le  pratiche  di  pace  coli*  imperato- 
re, insistendo  per  la  cessione  dn  Vicenza 
e  Verona,  per  le  quali  i  tedeschi  poteva- 
no togliere  il   passo  a'  veneziani   per  la 
Lombardia,  al  che  la  repubblica  veden- 
do che  si   voleva  sagrifìcarla ,  nel  fine 
d'ottobre  cominciò  a  prestare  ascollo  al- 
le proposizioni  di  Fiaiicia,  scrivendo  a* 
IO  dicembre  al  Grilli  prigioniero  a  Blois, 
facesse  conoscere  al  re  quanto  gradile  e 
consolanti  fossero  le  sue  ottime  disposi- 
zioni verso  di   essa,  ma  che  base  princi- 
pale della  convenzione  da  stipularsi  do- 
vea  esser  la  cessione  di  Cremona  e  Ghia> 
radadda,  luoghi  indispensabili  alla   sicu- 
rezza de'propri  confini.    Indi  incaricò  il 
Giustiniani  a  sottoscrivere  i  preliminari, 
pe*  quali  stabili  vasi  sarebbe  pace  e   per- 
petua confederazione  tra  Francia  e  Ve- 
nezia contro  tulli,  solo   lasciando  luogo 
d'entrare  nella  lega  aJGiulioll,  oltre  altre 
convenzioni   particolari.   E  mentre  così 
Venezia  avvicinavasi  a  Francia,  il    Papa 
a'iS  novembre  fece  lega  con  Massimilia- 
no I,  ed  i  re  di  Spagna  e  Inghilterra,  pro- 
mettendo di  escludere  i  veneziani  da  o- 
gni  Irallato  come  ostinali  nel  non  voler 
accettar  la  pace  con  lui,  e  di  perseguitar- 
li coll'armi  spirituali  e  temporali.  La  le- 
ga fu  denominata  sagra,  perchè  doveva 
eombattere  Io  scisma  e  lo  scomunicato 


V  EN 
Luigi  XII.  Alcuni  storici  vi  compresero 
i  veneziani,  perchè  ancora  non  isciolli 
Jall'altra  lego  contralta  col  Papa.  A'  io 
<Jicembrei5i2  nella  sessione  iv  del  con- 
cilio Lateranense,  si  decretò  un  monito- 
rio contro  i  difensori  dell'abboininevole 
Prammatica  Sanzione  di  Francia,  ciuè 
il  re,  i  parlamenti,  i  prelati  e  i  principi 
che  ne  impedivano  l'abrogazione,  in  ta* 
le  sessione  il  doge  Loredano  s'accostò  al 
concilio  di  Laterano,  esecrando  lo  scisma 
del  conciliabolo  Pisano,  e  die  perciò  am- 
plissimo mandalo  al  suddetto  suo  amba* 
sciatore  FrancescoFoscari.Per  tale  scisma 
Giulio  11  mise  l'mterdetto  nel  regno  di 
Francia,  tranne  la  minore  Bretagna,  che 
perseverava  nell'ubbidienza  alla  s.  Sede, 
colla  sua  sovrana  la  regina  Anna.  Questa 
sgomentata  dallo  scisma  e  dalle  censure, 
essendo  incinta  di  Luigi  Xll  suo  maiito, 
sovente  lo  pregò  genuflessa,  non  senza  la- 
grime, a  riconciliarsi  col  Papa,  altriujen- 
ti  provocherebbe  contro  se  l'ira  divina,  né 
credere  se  dover  partorire  felicemente  l'e- 
rede del  regno;  né  prognosticò  il  falso, 
poiché  sgravatasi  d'un  bambino,  appena 
battezzato  morì. Quanto  a'veneziaui, Giu- 
lio 11  passò  dalle  minacce  a'fatti,  pubbli- 
cando contro  di  loro  un  monitorio;  ed  il 
senato  a'2.5  gennaio  i5i3  scrisse  al  suo 
oratore  Foscari,  d'essere  rimasto  sorpre- 
so e  dolente  dell'inaspettata  pubblicazio- 
ne ,  senza  ragione;  e  perciò  reputandolo 
operato  a  suggerimento  e  impulso  de'mi- 
nistri  imperiali  e  spagnuoli,  l'incaricò  pro- 
curare cou  ogni  sforzo,  che  non  proce- 
desse; alla  scomunica  e  all'iuterdeltu;  e  se 
ciò  non  gli  riusciva,  supplicasse  il  Papa 
almeno  a  dichiarare  vivae  k'ocìs  oraculo 
(frase  che  spiegai  nel  voi.  LXXIV,  p.2  55), 
che  i  veneziani  non  avrebbero  per  esso  a 
sottostare  alle  conseguenze  dell'atto,  che 
sarebbe  tenuto  segretissimo.  Mentre  Giu- 
lio Il  vedeva  a'  suoi  piedi  i  più  potenti 
nemici,  e  Luigi  Xll  supplicarlo  di  pace, 
morì  a'  21  febbraio  ìji3;  avvenimento 
che  cantbiò  l'aspetto  alle  cose,  e  la  i . 
cousegueuza  iu  il  Irullalu  d'  alleanza  Ira 


VEN  2()7 

Venezia  e  Francia  segnato  a  Dlois  a'  2  3 
mai  zo.  Già  il  cardinal  de  Medici  era  di- 
venuto Leone  X,egià  8  giorni  dopo  la 
repubblica  a'  19  avea  fatto  le  sue  congra* 
lutazioni  a  lui  e  al  fratello  Giuliano;  com- 
piacendosi coll'oratore  Foscari  delle  buo- 
ne disposizioni  del  uuovo  Papa,  col  (|uale 
era  a  sollecitarsi  la  conclusione  d'una  le- 
ga, facendovi  entrare  anche  Firenze  e  Mi- 
lano, e  assoldando  gli  svizzeri  per  la  li- 
bertà d'Italia,  scopo  di  quella  col  Papa 
precedente,  acciò  ognuno  fosse  reintegra- 
to de'suoi  possedimenti,  e  di  largheggia- 
re nelle  diiuostrazioni  della  più  osse<{uia- 
sa  divozione,  partecipandogli  la  lega  cou 
Francia,  per  impedirla  sua  unione  colla 
Spagna  e  l'Impero,  che  sarebbe  stala  l'ul- 
tima rovina  d'Italia,  e  invitandolo  ad  a- 
derirvi.  Preparandosi  i  francesi  al  riac- 
quisto del  IMllanese,  i  veneziani  assolda- 
rono di  nuovo  a  capitano  generale  Bar- 
tolomeo d'Ai  viano,  accolto  quasi  in  triou- 
fo  reduce  dalla  Francia  ov'era  slato  pri- 
gione, e  il  doge  formalmente  gli  conferì 
il  bastone  del  comando  e  il  vessillo,  ambi 
insegne  benedette.  Partilo  coli'  e*ercito 
ricuperò  Valeggio  ,  Peschiera  e  Cremo- 
na, e  passato  l'.Vdda,  contro  l'ingiunzio- 
ne della  repubblica,  in  pochi  giorni  oc- 
cupò id  metà  del  Milanese ,  i  francesi 
l'altra  con  di  più  Genova,  laonde  già  non 
più  rimanevano  a  iMassimiliauo  Sforza, 
partito  di  Milano,  che  Como  e  Novara. 
In  (juest'ultima  egli  unitosi  agli  svizzeri, 
che  avea  saputo  muovere  a  propria  di- 
fesa, fu  assedialo  da'fraucesi,  i  quali  noa 
seguirono  il  consiglio  del  Grilli  d'abbat- 
ter prima  gli  spagnuoli.  Attaccati  i  fran- 
cesi a'tì  giugno  a  Piiolta  e  Trecase  dagli 
spagnuoli  e  dagli  svizzeri, questi  per  ripa- 
rare l'onta  d'avere  ivi  lasciato  prendere  il 
padredelduca,  con  valore  compiutameu- 
le  li  sbaragliarono  e  fuggendo  tornarono 
iu  Francia.  La  battaglia  di  Novara  fu 
una  di  (ptelle  che  d'un  colpo  fecero  cam- 
biar la  sorte  d'Italia.  L'Alviauo  non  pu- 
lendo sostenersi,  tornò  alle  rive  dell'Airi- 
ìlq.  Uulzala  così  laf'urluuadelduua  Mas- 


2ij{]                  V  E  N  V  E  N 
sititiliano,  tulle  le  cillà  gli   mandarono  bigoncia  pronunziò  un  discorso,  per  cct 
ambasciatori,  offrendogli   ubijidienza  e  cilaie  a  soccorrere  con  offertela  repub- 
chiedendogli  perdono.  Quindi  le  cose  ve-  biica  ,  ed  accorrere  a  Padova  e  Trevisq 
neziane  anch'esse  andarono  a  precipizio,  alla  loro  conservazione;  ma  non  f.icendo 
|>erdule  di  nuovo  le  terre  viacquistate,  e  egli  alcuna  offerta,  né  mandando  i  figli 
lì  Papa  slava  per  dichiararsi  nemico,  lac-  in  delti  luoghi,  come  ognuno  si  aspella- 
ciaudoii  d'aver  chiamali  i  francesi  in  Ila-  'va,  non  produsse  effetto;  tuttavia  al  cre- 
ila. La  repubblica  pel  suo  ambasciatore  scer  del  pericolo,  Padova  fu  poi  ben  soc- 
iuRonia  Pietro Landosi  giuslificò,avver-  corsa  di  denaio  e  di  gente,  e  così  Tre- 
lendo  il  Papa  ondeggiante  fra   le  parli  viso.  Impaziente   1'  Alviano  di   starsene 
conteiideuli,  del  bisogno  di  pace  cheavea  chiuso  in  Padova,  uscì  in  campo  per  mo- 
la cristianità  pel  pericolo  sempre  più  mi-  lestare  il  nemico  nella  ritirata  a  Vicenza, 
iiacciante  de'lurchi.  Gl'imperiali   di  piìi  e  chiudergli   il  passo.  Vi  riuscì  a  segno, 
jnibaldanzili  persisterono  nella  guerra,  e  che  il   Cardona  non   ebbe  altro  scampo 
costrinsero  i  veneziani  a  richiamare  in  a-  se  non  d'  aprirsi  la  via  colla  spada  e  di 
jdtoi  francesi  »  sciagurata  politica  a  cui  alFrontare  una  battaglia  a' 7  ottobre  nel 
\edevasi  ridotta,  dice  il  prof  Piomanin,  Vicentino.  Con)inciata  la  terribile  e  fier£| 
per  conservare  la  pi  opria  esistenza;  cru-  zuffa  ,   pareva  la  sorte  piegare  in  favore 
da  alternativa  di  dominazioni  e  devasta-  de'vencziani,quando  soj)raggiunloilCar- 
zioni  straniere,  di  pratiche  sleali  ed  am-  dona,  e  dando  addosso  a  gran  turba  di 
bigue.  Venezia  avea  ormai  perduta  l'in-  contadini  accorsi   a  predare,  questi   ab- 
dqoendenza   dell'azione:    sbalestrala  da  bandonalisi  alla  fuga,  scorando  co' loro 
Fiancia  a  Germania  e  da  questa  a  quel-  gridi  volta,  volici,  portarofio  la  confusio- 
la,  vedevasi  costrella  quasi  a  mendicare  ne  nel  campo  veneziano  che  si  disperse, 
la  possessione  di  quelle  terre,  che  perda-  parte  venendo  barbaramente  stermina- 
ta  la  preminenza  marittima,  sole  poteva-  lo  sotto  le  mura  di   Vicenza,  ove  eiasi 
no  ancor  darle  possanza.  Ma  per  questo  diretto  per  rifugio.   Il   prowedilor  Lo- 
ella  intanto  si  esauriv;i;i  prestili,  le  lasse,  redano  fu  pi'eso  e  ucciso,  il  Baglioni  e  al- 
gli  argenti  in  zecca,  le  ritenute  agl'impie-  tri  capitani  rimasero  prigioneri,  altri  pe- 
g.ili,  l.'j  vendita  degli  ullizi,  a  mala  pena  rirono.  Notizia   fu  (juesta  che  a  Venezia 
Luslavano".  I  concorrenti  però  agli  udìzi  tanto  più  commosse  gli  animi  ,  quanto 
dovciino  esser  approvali  nel  consiglio  per  che  più  inaspettata  arrivava,  già  leneq- 
iscrutinio  e  per  4  mani  d'elezione.  Ecco  dosi  ognuno,  per  leleltere  antecedenti  del 
un  altro  stalo   vendere  gli  udìzi;  solo  si  campo,  sicuro  della  vittoria.  Tuttavia  il 
mosse  tanto  scalpore  pe'/^''rfr(7Z'/7/ ('/'.j  di  senato  non   si   lasciò  avvilire  e  confortò 
Boma,  sebbene  nella -più  parte  venduti  l'Alviano.  Tale  sconlilla  non  ebbe  quel- 
per  aiutare  la  cristianità!  L'Alviano  sen-  le  pessime  conseguenze  ch'erano  da    a- 
tendo  che  ^\\  spaglinoli  s'avviavauoa  Pa-  spettarsene,  perchè  gli  spagnuoli  stanchi 
dova,  si  lecò  a  difenderla  in  uno  a  Tre-  e  dilacerati   anch'essi,   sopraggiunte   le 
■viso,  e  ributtò  il  Cardona  dall'assalto  che  picggie  invernali,  entrarono  negli  allog- 
dièallai.';  magli  spagnuoli  si  vendicaro-  giamenti  d'Este  e  Montagnana.  E  men- 
TK)  devastando  le  campagne,   bruciando  trespagnuoli,  tedeschi  e  veneziani  si  coin- 
LizzafusìiiajMestree  Marghera;  e  il  bur-  ballevano  in  Italia,  ardeva  la  guerra  aq- 
banzoso  viceré  spintosi  fino  sull'orlo  del-  che  in  Francia  contro  gl'inglesi  e  gli  sviz- 
le  Laginie,  volle  a  soddisfazione  di   sua  zeri,  impedita  quindi  di  soccorrere  la  re- 
v.'inilà,  che  da  Marghera  si  facessero  al-  pubblica.  Il  che  dava  grandi  pensieri  a 
cuni  tiri  di  cannoneconlro  Venezia,  lido-  Leone  X,  che  non  voleva  troppo  polen- 
ge  per  la  vicinanza  del  pericolo,  salilo  iu  le  Massimiliano  I,  e  vedeva  gravissimi  pe- 


V  E  i\ 

ricoli  minacciarsi  all'Europa  dal  nuovo 
e  bellicoso  sultano  Seliui  1,  avido  dì  coii- 
.quiste,  e  se  non  fosse  slato  distratto  dalla 
guerra  di  Persia,  già  avrebbe  assalita 
l'Europa.  Laonde  la  repubblica  erasi  aF- 
frettata  a  rinnovar  con  esso  i  trattali. 
Intantp  gl'imperiali  non  cessavanodi  mo- 
lestare il  territorio  veneziano,  e  neli5i4 
Cjistoforo  Frangipane  scorazzando  nel 
Friuli,  commise  orremle  crudeltà,  ed  eb- 
be a  tradimento  Marano,  silo  importan- 
te die  alla  repubblica  non  riuscì  ricupe- 
rare. Da  ciò  fatto  più  ardilo  il  Frangipa- 
ne occupò  Udine  e  Cividale,  e  poco  me- 
no che  tutto  il  Friuli;  ma  il  suo  orgo- 
glio fu  abbassato  al  castello  d'  Osopo, 
che  chiude  il  passo  in  Germania,  difeso 
dal  valoroso  e  benemerito  Giovanni  Sa- 
vorgnano,  finché  1'  Alviano  lo  costrinse 
a  levare  l'assedio  e  volgersi  in  Germania, 
ed  inseguitolo  ruppe  e  pose  in  fuga  le 
sue  genti.  Preso  egli  da  Giovanni  Vittu- 
ri,  lo  mandò  prigione  a  Venezia  e  fu  po- 
sio  nelle  Torricelle  ,  donde  poi  ne  uscì 
alle  replicale  istanze  del  Papa,  delT  im- 
peratore e  del  re  di  Francia.  A  rialzare 
le  speranze  della  repubblica  contribuì 
la  rinnovata  tregua  della  Francia  colla 
Spagna,  il  ritiro  degli  svizzeri,  e  la  pace 
de' 7  agosto coiringhilterra,  comprenden- 
dovi i  veneziani;  per  cui  restala  libera, 
potè  darle  edicaci  soccorsi.  Ma  quesl'  a- 
oiicizia  dispiaceva  a  Leone  X,  inclinando 
per  l'imperatore  e  la  Spagna,  e  biamo- 
so  di  cacciare  i  francesi  d'Italia,  come  le 
lece  dire  dal  suo  segretario  Pietro  Bem- 
bo veneto  mandalo  apposta  a  Venezia, 
mentre  in  Roma  in  dello  anno  era  giun- 
to l'ambasciatore  Marino  Giorgi  o  Zorzi. 
INel  principio  delijij  morto  Luigi  XH, 
gli  successe  il  geuero  e  i."  principe  del 
s  lugue  Francesco  1,  che  tosto  assunse  il 
titolo  di  duca  di  Mdaiio,  auch'egli  per  le 
lagioni  di  Valentina  Visconti  sua  ava. 
Egli  avea  sposata  la  figlia  Claudia,  già 
per  trattalo  (ìdanzata^all'arciduca  d'Au- 
stria poi  Carlo  V  e  suo  grande  emulo, 
colla  dote  del  ducato  di  Milano.  La  re- 


VEN  .97 

pubblica  gl'invio  due  ambasciatori,  rice- 
vuti onoratamente  e  con  particolare  beni- 
gniti», a  condolersi  pel  defunto  e  gratu- 
larsi per  la  sua  elevazione,  dichiarando 
la  ferma  intenzione  di  perseverare  nel- 
l'alleanza, ed  eccitarlo  ad  inviar  presto 
nuove  forze  in  Italia.  Il  re  rispose  aver 
sempre  amato  la  signoria,  volere  in  tut- 
to favorirla,  e  che  in  breve  sarebbe  ca- 
lato in  Italia  con  l'esercito,  a  tal  ertelto 
essendosi  pacificalo  coli' arciduca  Carlo 
d'Austria  signore  de'Paesi  Bassi;  profes- 
sar Francia  grande  obbligazione  alla  re? 
pubblica,  sempre  restata  fedele  alleata,  e 
perciò  voler  essere  il  nugliore  suo  ami- 
co. La  Spagna  non  volle  rinnovar  la 
tregua,  e  il  Papa  si  collegò  coll'mipera- 
toie,  vietando  a'suoi  sudditi  di  passar  al 
soldo  veneto.  Per  l'ingegno  del  vecchio 
Tiivulzi  e  con  ardilo  concepimento,  i 
francesi  eseguirono  il  loro  moravinlioso 
passaggio  per  l'Alpi,  avendo  chiusi  gli 
svizzeri  gli  antichi  passi  di  IMonginevra 
e  ìMoncenisio,  giimgendo  a'pinni  del  mar- 
chesato di  Saluzzo  loro  alleato,  guidando 
la  vanguardia  Carlo  duca  di  Uorbone. 
Lo  storico  prof.  Piumanìn  trova  questo 
passaggio  uno  de'piìi  importanti  falli  del- 
la stona  militare,  superiore  a  quello  di 
Annibale  che  nun  avea  l'ingombro  del- 
l'iirtiglierie,  e  superiore  a  (|uello  di  Na- 
poleone I  che  meno  ostacoli  ebbe  a  viti- 
cere.  Contemporaneamente  si  Irovarono 
in  Italia  4  eserciti  :  a  M  irignano  4o,ooo 
francesi  col  re,  tiopo  aver  preso  Pavia  e 
Novara;  a  Lodi  i  ?,,ooo  f.mti  e  3j000  ca- 
valli veneziani;  e  ilalla  contraria  parte, 
quello  composto  di  papali,  fiorentini  e 
spagnuoli  a  Piacenza;  e  quello  degli  sviz- 
zeri a  Milniiu.  In  tal  modo  la  sorte  d'I- 
talia e  (li  Massimiliano  duca  di  Milana 
si  liovò  di  nuovo  dipendere  ucll'alfionto 
tielle  armi.  Uscitigli  svizzeri  precipilosa- 
menle  da  Milano  a'i3  settembre  i5i5, 
si  condussero  a  Malignano;  il  re  gui- 
dando la  cavalleria  francese  ne  sciolse  I  or- 
dinanze e  con  islrage,  e  la  notte  interrup- 
pe i'accatiito  combaltimeuto.  Questo  col 


2()r> 


V  E  N 


iwjovu  giorno  ricoraiucR)  eoa  ardore, 
nuaiulo  rop|)OiluDO  arrivo  dell'Alviano 
eoo  parte  del  suo  esercito  ,  fra  le  grida 
di  iMdico,  tllarco,  tolse  agli  svizzeri  ogni 
bj)eianza  di  sostenersi,  e  lasciando  luoili 
morti,  pensarono  a  ripiegire  con  bella 
ordinanza  [)er  Milano,  La  vittoria  de' 
francesi  contio  i  valorosi  svizzeri  si  deve 
precipnainente  all'iavitlo  Aiviaao;  e  iu 
questa  famosa  battaglia  di  Marignano, 
che  il  Trivulzi  chiamò  da  giganti,  il  re 
die  prove  di  meraviglioso  coraggio  e  sin- 
goiar fermezza.  Il  Cardona  caduto  di  spe- 
ranza di  poter  difendere  lo  slato  di  Mda- 
no,  pas>ò  in  riomagna  e  poi  a  Napoli,  e  le 
li  lippe  pontificie  uè  imitarono  l'esempio. 
Gli  svizzeri,  lasciato  un  presidio  de'loro 
fanti  nel  castello  con  Massintiliano,  tor- 
narono alle  loro  case  ;  per  cui  il  duca  as- 
sediato capitolò,  rinunziando  a  Fiance- 
>co  1  lo  stalo  di  Milano  e  ritirandosi  con 
«;onveniente  appannaggio  a  vivere  iti 
Francia,  ed  il  re  fece  il  suo  solenne  in- 
gresso in  Milano,  ove  recarousi  a  felici- 
tarlo 4  ambaicialori  veneti  con  l'Alvia- 
no.  Avendo  questi  ricuperato  Dergamo, 
mentre  si  preparava  all'assedio  di  Crescia 
morì  d'anni  60  a'7  ottobre:  portatoli  cor- 
po a  Venezia, gli  furono  celebra  te  solenni  e- 
scqnie,  con  orazione  funebre  dell'eloquen- 
te Andrea  Navagero,  e  venne  deposto  in 
s.  Stefano,  dov'è  il  suo  monumento  sulla 
porta  magnifica  che  mette  nel  chiostro. 
Il  senato,  colla  solita  sua  generosità,  as- 
segnò alla  vedova  e  al  figlio  60  ducati 
mensili,  casa  ed  esenzioni  di  dazi,  e  alle  3 
figlie  3ooo  ducati  di  dote  per  ciascuna. 
Parlando  d'Alviano,  patria  di  quest'eroe, 
nel  voi.  LXIX,  p.  48,  dissi  che  d  Mar- 
chesi nella  GuUeria  dell'onore  ne  anti- 
cipa la  morte,  il  che  è  errore.  Imperocché 
scrissi,  che  Luigi  XI I  volle  vederne  il  ca- 
davere :  f[ui  mi  rettifico  con  dichiarare 
che  ciò  forse  deve  attribuirsi  a  France- 
feco  I,  altrimenti  sarebbe  anacronismo,  il 
fcuo  ilegno  storico  poi,  che  vado  a  cele- 
brare, lo  dice  di  Todi,  e  perciò  suo  con  • 
Ciltadinu,  ed  iu  «iuell'arlicolo  per  tale  lo 


YEN 

qualificai.  Ora  si  è  pubblicala   la  fitit 
di  Bartolomeo  di  AL'iuno,  per  Lorenzo 
Leonii,Tod\  presso  Alessandro  Natali  edi- 
tore 18  58.  Ne  dierouo  contezza,  con  bel- 
le lodi  all'  autore,  già  encomiato  per  le 
sue  egregie  Memorie  storielle  di  Todi, 
la  Cronaca  di  Milano  de'  3o   alaggio 
1 8  j8,  a  p.  578  e  58o,  del  eh.  cav.  Gan- 
tìi;  e  la  Civiltà  Cattolica  de'22  gennaio 
I  8  Ji9,ap.  2o4,con  più  esleso  ragguaglio. 
Da  (|uesto  si  apprende,  avere  dipinta  ia 
brevi  tratti  l'indole  e  l'umuagine  dell' Al- 
viano,  unode'più  insigni  capitani  italiani 
di  sua  età,  anche  il  eh.  Ercole  Uicotti  nella 
sua  Storia  delle  compagaie  di  ventura  in 
Italia.  Slaudo  prigioniero  in  Francia,  con 
una  cannuccia  e  con  polvere  di  carbone 
intiisa  nel  vino  scrisse  i  commentarli  del- 
la propria  vita.  Il  laudato  libro  è  corre- 
dato  d'ampii  documenti  tratti  la  più  par- 
te dagli  archivii  di  Todi  e  di  Venezia. 
Per  la  perdita  dell'Alviaào,  conferirono 
i   veneziani,  col  consenso  del  re,  il  co- 
mando generale  al  lodato  Gian  Jacopo 
Tiivulzi,  al  quale  per  altro  non  riuscì  di 
ridur  Crescia,  munitissima  dagli  spagnuo- 
li;  bensì  ricuperò  Peschiera,  Asola  e  altre 
terre.  Tornalo  sotto  Crescia  la  strinse  di 
assedio,  e  stava  per  espugnarla  colla  fa- 
me, quando  il  barone  di  Uokendorf  cou 
8000  tirolesi  l'obbligò  a  ritirarsi.  Intan- 
to Leone  X,  vedendo  pericolare   la  sua 
condizione,  chiese  ed  ollenue  da  France- 
sco I  un  abboccamento  a    Bologna  ne* 
primi  di  dicembre,  accompagnando  il  re 
gli  ambasciatori  veneziani.  Nel  congresso 
fu  abrogata  la  Prammatica   Sanzione,    e 
sostituito  il  Concordato  tra  Leone  Xe 
Francesco  Ij  si  mandò  il  cardinal  Egi- 
dio Canisio  all'imperatore,  onde  piegarlo 
a  coiuporsi  co' veneziani;  il  Papa  accou- 
senù  all'impresa  di  Napoli,  che  medita- 
va il  re;  e  questi  convenne  al  conferimen- 
to del  ducato  dì  Urbino,  che  il  Papa  vo- 
leva dare  al  nipote  Lorenzo  de  Medici, 
privandone  Francesco  M.^  1  della  Rove- 
re. Separatisi  i  due  [nincipi,  il  re  prima 
di  toruar.e  iu  Francia,  ad  assicurare  il  suo 


YEN  YEN  2(j.) 
dominio  in  Ilalio,  afìiilò  il  comnnclo  gè-  minare  o  assopii  e  la  conlcia  ligu.udan- 
iierale  (.lell'escicito  iilduca  di  Dorbuiic,  te  i  dirilli  su  INupuli.  Si  racculse  poi  un 
dandogli  la  spada  di  conlcslabile  di  9.6  congresso  a  Urusselles,  e  mentre  le  pre- 
anni, e  destinò  nuovo  soccorso  di  genie  lensioniilegli  ambasciatori  imperiali  era- 
alia  repubblica,  sotto  il  governo  del  prode  no  csorbilanli,  giunta  la  notizia  della  pa- 
Odetlo  di  Foix.  dello  Laulrec,  cugmo  di  ce  seguila  a'  2q  novembre  Ira  la  Fran- 
Gaslone  perito  a  Ravenna,  coU'uiCilrico  eia  e  la  Svizzera,  1  animo  di  Massimilia- 
d'aiutare  i  veneziani  ai  ricupeio  di  Ere-  no  1  si  fece  pili  arrendevole,  lliprese  duu- 
scia,  unito  a  Teodoro  Trivulzi  nipote  di  que  le  Irallalive,  si  condussero  a  leindne 
Gian  Jacopo  e  capitano  in  suo  luogo  del-  a'3  dicenìbre  con  i  3  mesi  di  tregua,  con- 
ia repubblica. Nel  i  5i6preparandosi  l'un-  segnarsi  iiilanlo  Verona  e  suo  conladu 
peratorea  recarsiin  Italia, eLeooeXdesi-  al  re  di  Spagna,  la  cessione  di  itoveredo 
derando  1'  abbassamento  de'  francesi,  la  e  di  Riva  ili  Trento  per  parte  de'  vene- 
ie[)ubblica  inviandogli  per  auibascialore  ziaui,  e  per  indennizzo  di  spese  essi  e  i 
Marco  Minio, procuròimpedirne  la  rotlu-  francesi  pagherebbero  20o,oooduciili,i  i- 
ra,  erivolse  le  suecure  ad  assoldaresvizze-  lenendo  inollre  l'imperalore  le  lene  ac- 
ri e  italiani  e  per  capitano  Giano  Frego-  quislalenelFriuli.Cosia'24genna!oi5i7 
so  parente  del  doge  di  Genova.  Venule  entrarono  nella  tanta  agognala  Verona 
Massimiliano!  con  Dumerosuesei'cito,u)i-  ì|  Laulrec,  co'prov veditori  veneti  Andrea 
nacciando  spavento  e  desolazione,  invece  Grilli  e  Gio.  Paolo  Gradenigo,  con  vi- 
otlenne  poco  eflello;  onde  abbandonala  vissime  dimoilrazioni  di  giubilo  de'vero- 
l'impresa  di  Milauo,toruòiu  Germania, e  uesi;  e  la  repubblica  dopo  8  unni  di  guer- 
J'csercilo  dopo  aver  saccheggialo  Lodi  e  re  e  travagli  tornò  in  possesso  di  tulli  i 
sue  adiacenze,  nella  più  parte  ripatriò  e  suoi  slati,  perciò  grandi  feste  si  fecero  u 
gli  altri  passarono  a  Verona.  Avendo  la  Venezia  e  rendimenti  di  giazieaDio,  eoa 
lepubblica  ii[)reso  l'assedio  di  Brescia,  larghe  limosino  a' [)overi.  Il  senato  pre» 
co'soccorsi  eflicaci  di  Laulrec,  dopo  mi-  sento  di  ricchi  doni  Laulrec,  e  il  Grilli 
labili  sforzi  da  una  parie  e  dall'altra,  gli  l'accompagnòsinoa  Lodi.  Venezia  si  rial- 
assediati  vennero  a  patti,  ritornando  do-  zò  a  novella  potenza,  ma  le  conseguenze 
pò  tante  vicende  nel  dominio  veneto,  fa-  di  lauli  funesti  eventi,  che  aveano  fallo 
tendovi  l'ingresso  il  provveditore  Grilli  Italia  palestra  alla  cupidigia  di  Fiancia, 
a''26  maggio.  1  veneziani  passarono  ad  as-  Germania  e  Spagna,  non  si  polevanod'uii 
sediare  Verona,  uniti  a  Laulrec,  che  poi  tratto  di  penna  distruggere;  eia  pace  sul- 
volle  lilirarsi  ,  onde  potè  entrare  nella  la  carta  nun  era  nel  cuore  e  la  coudjjt- 
città  il  soccorso  tedesco.  A' i  3  agosto  se-  levano  le  passioni  tlegli  uomini,  come 
guì  a  Noyon  la  pace  tra  Francesco  I  e  bea  osserva  il  eh.  Iiomanin.  Leone  X  u 
l'arciduca  d'  Ausilia  Carlo  sovrano  de'  istanza  del  doge  Loredano,  creò  cardina- 
Paesi  Bassi,  divenuto  re  di  Spagna,  la-  le  Francesco  Pisani  patrizio  veneto,  che 
sciando  all'avo  di  questi  Massimiliano  I  iutervennea  8  conclavi.  Francesco  I  inoU 
due  mesi  di  tempo  per  aderirvi,  con  oh-  to  si  adoperò  a  comporre  le  cose  dell'iiu- 
bligodi  restituire  a'veueziani  Verona  col  peiatore  colla  repubblica,  rinnovò  con 
compenso  in  denaro.  La  Spagna  si  ob-  essa  il  trattalo  di  Luigi  XII,  e  polè  con- 
bligò  di  assegnare  una  provvisione  alla  seguire  a'3  i  luglio  i5i8  una  tregua  di 
regina  Caterina  vedova  di  Giovanni  d'Ai-  5  anni,  ritenendo  l'imperatore  e  i  vene- 
bret  redilNavarra, per  averla  spugJiatn  del  ziani  i  pusseilimenti  che  occupavemo,  ob- 
legno  per  la  divozione  mostrata  a*  fran-  bligandosi  gli  ultimi  pagargli  nel  qum- 
cesi;  e  Francesco  1  darebbe  la  sua  pii-  quennio  2u,ooo  ducali  l'anno,  llesiav.i 
{uogeuita  iu  luatrimuuioa  Cario  per  ter-  a  concertarsi  sui  cuuiÌ!ii,ila  compulsi  dai- 


3oo  V  E  N 

l'iubiliato del  re  di  Francia,  quando  Mas- 
similiano I  luoiì  a' 19  gennaioi5ig.  To- 
sto si  accesero  vive  gare  per  la  successio- 
1)6  all'impero  tra  il  suo  possente  nipote 
Carlo  re  di  Spagna,  e  Francesco  I  re  di 
Francia,  die  ricordava  il  potere  di  Carlo 
Magno  re  de' franchi,  il  quale  pel  ì.°  ne 
avea  cinto  la  corona.  Carlo  come  arcidu- 
ca d'Austria,  nella  cui  famiglia  erasi  nuo- 
vamente conservata  l'imperiai  corona  da 
Alberto  II  del  i438,  e  quale  signore  del- 
le Fiandre  era  già  meujbro  dtll'impero, 
per  cui  non  avca  altro  principe  che  a  lui 
jjotesse  competere.  Ma  d'altra  parte  lu- 
singavano Francesco  I,  oltre  le  mire  del 
predecessore  Luigi  XII,  le  molte  amici- 
zie che  manteneva  in  Germania,  la  per- 
suasione che  molli  vedessero  di  mal  oc- 
chio appunto  quel  conservarsi  la  corona 
lungo  tempo  nella  casa  d'Absburg,  qua- 
si fosse  ereditaria,  le  somme  infine  che 
profondeva  a  procurarsi  i  voti  degli  Elet- 
tori dell' Impero,  a  mezzo  di  Guglielmo 
Bonnivet  suo  favorito  ambasciatole  alle 
corti  di  Germania,  ma  non  distribuite 
con  prudenza.  Francesco  I  volle  indaga- 
B"e  qual  fosse  l'animo  della  repubblica  in 
favorirlo,  ma  la  trovò  alquanto  fredda; 
uè  meglio  riuscirono  i  suoi  sforzi  col  Pa- 
pa, il  (piale  se  mal  volonlieri  vedeva  il  gi- 
gantesco ingrandimento  di  Carlo,  nen.- 
meno  poteva  desiderare  quello  di  Fran- 
cesco I,  ricordevole  dell'ingiurie  falle  da' 
due  suoi  ultimi  predecessori  alla  di  lui 
casa  Medici  ,  e  temeva  che  ne  avesse  e- 
reditato  lo  spirilo.  Intanto  raccoltisi  gli 
elettori  in  Francfoi  l  ,  un  esercito  fallo 
muovere  a  quella  volta  da  Carlo  sotto  co- 
lore di  proteggere  la  libertà  de'suffragi, 
come  Francesco  I  avea  preteso  da'vene- 
ziani,  fece  fuggire  Bonnivet  a  Coblentz, 
animò  i  suoi  partigiani, e  con  maggioran- 
za di  voti,  non  avendo  voluto  accettare 
la  corona  Federico  III  elettore  di  Sas- 
sonia e  anzi  designato  Carlo  ,  fu  eletto 
Imperatore  a'28  giugnoiSige  si  chia- 
mò Carlo  V.  La  sua  esaltazione  depres- 
se l'animo  di  Fiaucesco  I ,  benché  meo- 


VEN 
tre  era  suo  competitore  all'impero  gli  a» 
vea  scritto.  »  Riguardiamoci  come  due  a-- 
mici,  che  mercano  i  favori  d'una  mede- 
sima amante;  e  ciascuno  di  noi  promet- 
ta  di  rispettare  i  diritti  del  più  fortuna- 
to". La  repubblica  inviò  le  sue  congra- 
tulazioni al  nuovo  Cesare, e  scrisse  al  suo 
oratore  in  Francia,  lodando  il  pensiero 
del  re,  di  persuadere  il  Papa  a  mandare 
al  nuovo  re  de'romani  la  corona  solo  per 
via  d'una  bolla,  onde  non  avesse  a  veni- 
re in  Italia,  e  che  ciò  si  facesse  con  av- 
vedutezza, e  se  Carlo  V  mostrasse  vera- 
mente intenzione  di  venire  a  Roma  ,  se- 
condo r  obbligo  dell'  eletto  imperatore, 
mai  fino  allora  dispensato  (in  quell'anno 
l'ambasciatore  venuto  a  Roma  era  Luigi 
Gradenigo,  successo  a  Francesco  Donato 
inviato  nel  precedente  i5i8).  Inoltre  la 
repubblica  si  mostrò  [)ropensa  a  collegar- 
si col  re  e  col  Papa  a  difesa  reciproca,  an- 
che contro  Carlo  V.  Con  questi  intanto, 
che  avea  posto  in  campo  l'aifare  delTin- 
veslitura  ripulsata  diploinaticamente,rin" 
novo  la  tregua  quinquennale,  conferman- 
dosi alla  repubblica  il  possesso  del  Friu- 
li e  dell'Istria,  con  trattato  de'3  maggio 
i5ii,  pel  quale  i  veneziani  cederono  A- 
quileia  e  altri  luoghi.  Ma  queste  non  e- 
rano  che  apparenze  di  pace,  e  nuove  e 
furiose  guerre  doveano  scoppiare  ad  au- 
mento delle  sciagure  d'Italia.  Il  trattato 
di  Noyon  non  era  stato  puntualmente  e- 
seguito.  Il  re  di  Francia  si  lagnava  non 
fosse  stato  dato  il  promesso  compenso  a- 
gli  eredi  dello  spoglialo  re  di  Navarraj 
metteva  in  campo  nuove  pretensioni  sul 
regno  di  Napoli,  a  cui  Carlo  V  avea  do- 
vuto {in  dalla  sua  elezione  giurare  di  ri- 
nunziare, percliè  i  Papi,  supremi  signori 
di  esso,  avevano  proibito  di  riunirsi  alia 
Lombardia  e  airimpero;raa  sebbeneLeo- 
ne  X  pel  suo  legato  nella  vacanza  del- 
l'impero avea  perciò  ammonito  gli  elet- 
tori a  non  eleggere  Carlo,  riondi  meno  nel 
1 52  I  lo  dispensò  e  autorizzò  di  ritenere 
il  regno  di  Napoli  con  aumento  di  cen- 
so. Dall'altro  cauto  Carlo  V  voleva  fartj 


V  EN 

rivivere  i  suoi  clirilli  sopra  i  ducali  di 
Milano,  e  di  Borgogna  rictiperuto  alla 
Frimcia  da  Luigi  Xll,'e faceva  ogni  sfor- 
zo per  allontanar  Venezia  dall'alleanza 
francese  e  subentrarvi  lui:  nel  lagnarsene 
coll'arabasciatore  Gaspare  Conlarini,  di- 
chiarò vuler  inetlere  al  governo  del  Mi- 
lanese italiani  e  non  gente  straniera  ,  e 
ricordando  aver  detto  il  doge  Loredano 
agli  ambasciatori  imperiali,  che  per  ser- 
bar fede  a'  francesi  erasi  rovinato  lo  sta- 
to veneto  e  l'Italia.  Leone  X  che  da  essa 
avrebbe  voluto  cacciarci  due  contenden- 
ti .  per  temere  che  francesi  e  spagnuoli 
si  dividessero  tra  loro  l'Italia  stessa,  in 
principio  inclinò  per  Francesco  1  a  favo- 
rire l'acquisto  del  regno  di  Napoli  pel  suo 
secondogenito,  a  condizione  che  Gaeta  e 
tutto  il  paese  tra  il  Gaiiglianoe  i  confi- 
ni dello  stalo  della  Chiesa  fossero  a  que- 
sta riuniti  immediatameote;  ma  conside- 
rando il  bisogno  che  avea  di  Carlo  V  per 
reprimere  l'eresiarca  MarlinoLutero,  che 
colle  agitazioni  leligiose  scompigliava 
Germania,  si  decise  d'accettare  le  larghe 
offertedell'imperatore,  gli  concesse  Indet- 
ta dispensa,  e  d'aiutarlo  a  cacciare  i  fran- 
cesi da  Milano  e  da  Genova  per  stabilire 
rei  governo  del  i."  Francesco  11  Sforza 
secondogenito  di  Lodovico  il  Moro,  otte- 
nendo per  se  la  reintegrazione  di  Parma 
e  Piacenza,  e  sulficienti  soccorsi  per  ricu- 
perareFerrara  alla  diretta  sovranità  del- 
la s.  Sede;  ed  un  tentativo  de'francesi  per 
impadi  unirsi  di  Pveggio,  ina>pr'i  il  Papa, 
e  dichiarandosi  aperlanienle  per  Carlo  V 
fece  lega  con  lui.  Prima  conseguenza  ne 
fu  la  prova  fallita  de'fialelli  Guolamo  e 
Antonio  Adorno  per  rientrare  nel  giugno 
in  Genova  con  soccorsi  imperiali,  laonde 
i  francesi  invitarono  la  repubblica  a  far 
gli  opportuni  provvedimenti;  e  la  morte 
di  Gian  Jacopo  Trivulzi,  malcontento  di 
Francia  per  essersi  inimicalo  con  Laulrec, 
e  pentito  d'aver  introdotto  i  hancesi  in 
Italia  col  portentoso  passaggio  dell'  Alpi 
da  lui  studiato, contribuì  non  poco  a  ren- 
dere aucoi' più  mal  disposti  i  luilunesi  ver- 


V  E  N  3o  I 

so  il  governamento  francese,  il  cui  irri- 
tamento si  accrebbe  alle  violttiize  usate 
da  Lautrec  per  pagare  4oo, odo  scudi  a- 
gli  svizzeri.  Allora  non  solamente  le  co- 
se d'Italia  occupavano  l'attenzione  d'Eu- 
ropa, raa  altri  gravi  avvenimenti  di  Ger^ 
mania,  Spagna  e  Francia,  che  raccontai 
a'Ioro  articoli;  il  movimento  dell'idee  dal- 
l'invenzione  dell'arte  della  stampa  era 
divenuto  immenso,  e  né  più  del  potere 
laico  era  risparmiato  il  religioso,  laonde 
gli  elementi  d'una  grande  e  deplorabile 
rivoluzione  nell'idee  esaltale,  era  no  spai'- 
si  da  per  tutto,  solo  mancava  l'uomo  che 
dal  pensiero  si  attentasse  di  farla  passa- 
re arditamente  in  allo.  E  tal  uomo  fu 
lo  sciagurato  Martino  Lutero,  il  quale  ri- 
producendo gli  empi  errori  di  altri  ere- 
siarchi,  ve  ne  aggiunse  de'  suoi  «  diven- 
ne caposella  àt  Luleraiii  {f.),  idra  che 
produsse  un  gran  numero  di  Svile  ere- 
tiche, conosciute  col  nome  di  Protestan- 
ti (/'.)  e  altri.  Protetto  Lutero  da  Fede- 
rico 111  duca  di  Sassonia  (^•),  più  "n- 
punemente  predicò  e  propagò  cogli  scrit- 
ti i  suoi  perniciosi  errori,  fra'quali  aboli- 
va il  Celibato  ecclesiastico  e  concedeva  i 
Beni  di  Chiesa  a'Iaici,  quindi  innumera- 
bili ardenlissimi  fautori.  Leone  X  colla 
ho\\aEjcurgeDoniine,i\e  i  Ggiuguo  i  520, 
Bull.  Ro.'H.  t.  3,  par.  3,  p.  4^7=  JJ^'n"'i- 
tio  trrornvi  Martini  Liitheri,  et  sequa- 
cinm.  Clini  monilionc,  et  rcqnisitione,  ni 
ah  eis  recedant.  Ma  vie[)più  imperver- 
sando r  eresiarca  nella  pretesa  riloiina, 
il  Papa  colla  bolla  Decet  liomantim  Poh- 
tifieem,  de'3  gennaio i. 52  i ,  ^»//.  cil.,  p. 
493:  Damnatio  et  exeonimnnicatio Mar- 
tini Liilheri  haerelici,  et  e/'tis  .se(jnaciiiìn. 
Dalla  Germania  i  luterani  libri  penetra- 
vano nella  Francia,n^\VJnglùlterra,ne\' 
la  Svizzera,  ne'  Paesi  Bassi,  nella  Sve- 
zia, nella  slessa  Spagna  (  7 '.),  da  per  lut- 
to venivano  sequestrali,  bruciali  ,  ma  il 
veleno  pestifero  falaln)enle  si  diffondeva. 
Venezia  in  tanta  frequenza  di  comunica- 
zioni commerciali  colla  Germania  eaven- 
do  dimora  io  essa  i  Icdeschi,  non  potcvn 


3o?.  V  E  N  V  E  N 
niidnrne  immune,  ed  o'aG  ngos^o  i  Tao  to  d'indifferenz;!,  tra  la  quale  e  li  Uillc- 
rom|)aiiva  dinanzi  al  collegio  il  vicario  rnn/.a  dell'altrui  credenza  corre  un  Ix-l 
del  patriarca  Conlarini  ,  presentando  la  divario.  IMa  nello  stesso  tempo  la  natu- 
ponlificia  bolla  di  condanna  delTopere  e  ra  speciale  del  loi-o  stato  eminentemen* 
tielle  proposizioni  in  essa  specificatediFjii-  te  commerciale,  e  in  cui  fin  da  remoti 
y;ro,  con  minaccia  di  scomunica  a  olii  le  tempi  concorsero  sempre  individui  di  liU- 
tenesse  e  professasse;  e  domandò  licenza  te  le  nazioni  e  religioni,  esigeva  un  par- 
di sequestrare  le  opere  luterane  presso  il  ticolare  riguardo  alla  libertà  di  coscieu- 
libraio  tedesco  Giordano  domiciliato  a  s.  za,  e  proponeva  il  difficile  assunto  «li  so- 
jVIaiuizio,  il  clie  venne  eseguilo  e  il  pa-  steneie  da  una  parte  intatta  la  caltolica 
triarca  le  fece  pubblicamente  bruciare,  fede,  e  di  accogliere  dall'altra  tutte  le  re- 
rs'on  pertanto  anche  in  Venezia  eransi  prò-  ligioni  e  non  perseguitare  alcuno  a  uioti- 
pagale,  come  suole  sempre  avvenire  de'  vo  delle  sue  opinioni  religiose,  fino  a  tan- 
libri  posti  iiW  fiiflice  de  libri  proibiti,  per-  to  die  queste  non  degenerassero  in  iscan- 
ciò  appunto  tanto  più  ricercati,  e  per  chi  dalo  pidjblico  o  in  alti  altentalorii  alla 
non  deve  confutarli  o  co'ioscerne  a  buon  religione  dominante. Di  conformità  a  (pje- 
fìne  gli  errori,  per  riprovevole  curiosità,  sto  principio  op|)oueva  la  repubblica  luu- 
Certameule  gli  avrà  letti  quel  traviato  fr.  ga  resistenza  ad  ammettere  l'inquisizio- 
Andiea  da  Ferrara,  seguace  di  Lutero,  ne,  e  quando  pur  alfine  l'accellò  fu  sol- 
che  audacemente  con  pubblico  scandalo  tanto  con  certe  strette  condizioni  e  colla 
predicòsur  un  pogginolo  in  campo  s.  Ste-  continua  vigilanza  de'magistrati,  incari- 
fino,  sparlando  del  Papa  e  della  Corte  caudone  anzi  in  ispecialità  il  doge,  capo 
ili  A'o///^/,  del  cui  vocabolo  anche  nel  voi.  responsabile  tlello  slato,  ed  il  20  marzo 
LXIII,  p.i53.  Leone  X  fece  rimostran-  1  52  i  il  consiglio  de'Dieci  prendeva  cir- 
ze  alla  repubblica  [)er  impedire  la  slam-  ca  a  certi  eretici  accusati  di  stregheria  in 
])a  dell'opera  di  quel  pessimo  frate,  ed  Valcamonica  una  deliberazione  degna  di 
il  nunzio  apostolico  di  Venezia  doman-  crmsiderazione  per  più  rispelli,  la  quale, 
dò  la  punizione  di  esso;  ma  il  tollerante  ricordalo  al  principiolozelo  sempre  spie- 
governo  già  l'avea  fallo  partire,  onde  si  gato  dalla  repubblica  in  prò  della  fede 
limitò  ad  assiciu'are  che  il  libro  non  sa-  caltolica,  non  ascondeva  però  come  in  tal 
rebbe  impresso.  Dimostra  il  prof.  Uoma-  materia  fosse  uopo  procedere  con  matu- 
nin,  che  tult'altro  che  severissima  fu  la  rilà  e  giustizia,  e  affidarne  l'esame  a  per- 
repubblicadi  Venezia  nel  perseguitare  gli  sone  al  di  sopra  d'ogni  sospetto,  di  chia- 
erelici,  cocne  altri  pretesero,  saviamente  ra  intelligenza  e  di  retto  giudizio.  Vole- 
iiolando,cliealcuni  fatti  isolatamente  pre-  vasi  quindi  che  della  faccenda  di  quegli 
si,  e  alcune  parole  non  baslano  a  far  con-  stregoni  fossero  incaricati  uno  o  due  ve- 
cludere  con  rettitudine  di  giudizio  sul  si-  scovi  insieme  col  p.  inquisitore,i  quali  lui- 
sterna  in  generale;  convenire  tener  Sem-  ti  fossero  di  dottrina,  bontà  e  integrità 
jire  conto  delle  circostanze  tutte,  le  qua-  prestante,  e  con  loro  avessero  a  couve- 
li  dierono  motivo  a  certi  fatti  o  a  certe  nire  due  dottori  laici  per  la  formazione 
leggi,  e  deirapplicnzione  che  queste  ebbe-  de'processi.  I  quali  processi  ridotti  a  ter- 
rò nella  pratica.»  Un  profondo sentimen-  mine  senza  uso  di  tortura,  dovessero  es« 
lo  religioso  fu  sempre  ne' veneziani,  e  si  sere  poscia  esaminati  con  nuovo  interro- 
iioaniliesla  in  tutte  le  pratiche  esterne  del-  gatorio  de'rei  da  ambo  i  rettori  di  Bre- 
la  religione,  in  tulli  i  provvedimenti  fatti  scia  colla  corte  del  podestà  e  4  altri  ilot' 
in  ogni  tempo  a  suo  favore,  negli  alti  stes-  tori,  procedendocon  tutta  diligenza  e  cir- 
si del  governo,  i  cui  esordii  pieni  sempre  cospezione  prima  di  passarealla  sentenza, 
dell'idea  religiosa  respingono  oguisospcl-  e  badando  attenlameule  che  l' appetito 


VEN  VEN                   So"? 
i]t\  lidia  IO  non    fosse  causa  di   far  con-  prigione  slcnrn  e  forle,  npparlnta  dagli  al- 
tlaiinaie  o  vergognare  alcuno,  sen7a ,  o  Iri  prigioni  per  altri  delitti  e  sottoposti  a 
con  minima  colpa".  Più  esempi  riporlo  grave  ammenda    pecuniaria.    Ammessa 
il  prof.  RoDianin   della  mitezza    e   della  l' inquisizione  (con  quella  famosa  condi- 
cnuta  procedura  del  governo  veneziano,  zione  ,  che  non  fosse  valida  sentenza  al- 
anclie  co'Iuterani  (nille  discussioni  tenu-  cuna  del  s.  ndizio  alla  quale  non  avesse- 
le  nel   senato  e  dell'apprensioni  di  Paolo  ro  assistilo  colla    presenza   loro  i   genti- 
III    per  l'ammissione  in  Venezia  del  i."  luomini  die  n'avevano  l'incarico)  veniva 
residente  inglese  eterodosso,  parlo  nel  do-  in  massima  ammesso  altresì,  almeno^^rr 
gado  79.°),  e  delle  COI  rispondenti  lagnao-  forma,  il  rogo;  quanto  poi  all'adoperar- 
ze  e  querele  falle  da'Papi  e  da'pp.  inqui-  Io,  era  ben  allra  cosa,  riè  se  ne  lia  nie- 
sitori,  come  di  Giulio  III  contro  gli  ere-  moria  in  Venezia  «Ben  è  vero  che  l'am- 
lici,  il    quale  nel  i55ofece   calde  limo-  basciatoie Paolo  Tiepolo  diceva  nel  1 566 
stranze  all'oratore  Matteo  Dandolo,  a  cu-  a  Papa  Pio  V,  che  si  lagnava  della  mi- 
slodire    Venezia   acciò    non  s'  infettasse  lezza  dell'  inquisizione  negli  stali   vene- 
di  errori  ereticali,  gravandosi  che  i  laici  li:  rrz:  ^oi  usiamo  piìi  elletli  the  dimo- 
fossero  in  tali    materie   rongiudici   cogli  stralioni,  non  fuochi  el  fìame ,  ma  far 
ecclesiastici.   Ciò    die   motivo  alla   bolla  moiire  secrelamenle  chi  merita,  -zz  ma 
pubblicata  dallo  slesso  Giulio  III,  contro  queste  parole  chi  lueritn  lasciano,  com'è 
i  secolari   che  s'  inlrometlono  nel   cono-  manifesto,  campo  assai  largo  all'azione 
scere  i  punii  di  Eresia.  Neh  564  Pio  IV  del  governo,  e  basta  esser  un  poco  ver- 
disse  all'ambasc  iatoie  Giacomo  Soranzo,  salo  nella  diplomazia  veneziana,  special- 
che  la  signoria  era   siala  sempie  troppo  mente  nel  secolo  XVI,  per  conoscere  co- 
indulgente nelle  cose  d'eresia  occorse  in  m'esso  di  frequente  soleva  cedere  nelle 
Venezia,  Verona  e  Vicenza.  Bramò  che  forme,  e  soddisfare  colle  parole,  pur  ser- 
si mostrasse  più  severa,  e  adoperasse  mi-  bando  a  se  inlalto  il  diritto,  libera  1' a- 
gliori  rimedi.  Lo  sialo  della    repubblica  zione;  e  infine  i  lesti  de'docninenli  che 
essere  da  più  bande  vicino  ad  eretici,  do-  riferiamo,  e  iy'^7///Htteslaiioche  tali  mor- 
vcrsi  perciò  slare  in  buona  guardia,  ac-  li  segrete  ben  poterono  essere  foisequal- 
ciò  non  vi  entri  lai  peste,  e  quando  alcu-  che  rarissima  eccezione,  non  mai  sistema 
no  venisse     scoperto  infetto  d'eresia  si  pu-  nella  procedura  contro  gli   eretici".  Nel 
nisse  acerbamente;  poiché  sapere,  in  Pa-  i588  Sisto  V  essendosi  lagnalo  de'porla- 
dova  pure  essere  slati  lo  Ilei  ali  degli  sco-  menti  della  repubblica, sorridendo  li'^iiose 
lari  ledeschi  aperlamenle  eretici,  i  quali  il  cardinal  Farnese:»  PadreSanlo,  que  si- 
infellaiono  allri.  Laonde  il  consiglio  de*  gnori  governano  il  loro  stalo  colla  regola 
Dieci  a  dare  qualche  soddisfazione  al  Pa-  «li  slato,  e  non  con  quella  dell'uflizio  del- 
pa  emanò  un'ordinanza   nella   quale  di-  l'inquisizione, perchè  sebbenesi  deveaver 
cendo  non    potersi   fare  cosa  più  graia  a  l'occhiosincero  alla  religione,  si  deve  però 
Gesù  Cristo  e  a  lutti   i  fedeli  dello  stalo  averlo  anche  ad  altro".   Osserva  quindi 
olire  a  quella  ili  cercare  con  luUi  i  mez-  il  prof  Romanin,  che  gl'inquisitori  furo- 
zi  di  allontanare  quella  mala  sorte  di  uo-  no  sempre  tenuti  negli  slrelli  limili  della 
mini  che  seguono  le  loro  opinioni  io  ma-  legge,  e  limpioverati  e  puniti  d  ogni  a- 
leria  di  religione,  veniva  ingiunto  a  tut-  zione  arbitraria  ,  né  si   permelteva  loro 
li  i  leltori  di  dovei  li  bandite  da  luUe  le  alcuna  autorità  né  sui  greci,  né  sugli  e- 
tene  della  repubblica,  con   intimazione  biei;  ed  un  inquisitore  lù  rinipr(jveralo 
di  partirsene  enlroi5  giorni  dalla  pub-  d'aver  voluto  metter  mano  sopra  un  e- 
blicazione   del  decreto,  e  con  minaccia  brep,  altro  di  Padova  perché  voleva  ob- 
che   lornaudO;  sarebbero  linLbiusi  io  una  bligar  gli  ebrei  ad  andare  alla  predica,  e 


3o4  V  E  N 

rimproveri  ebbe  pure  un  predicatore,  per 
avere  dal  pergamo  inveito  contro  di  es- 
si. Sebbene  le  leggi  per  gli  ebrei  erano 
in  generale  restrittive,  umilianti,  cuoie 
altiove,  sempre  però  ne  furono  tutelate 
le  persone  e  le  sostanze,  osservate  le  con- 
(lolle,  ossia  gli  accordi  fatti  con  essi  per 
una  temperarla  ditnora,  di  che  feci  pa- 
iola parlando  de'medesimi  nel  §  XIV,  u. 
5;  fu  loro  amministrata  imparziale  giu- 
stizia, non  fu  n)ai  permesso  alcun  atto  di 
violenza  o  d'  insulto  contro  il  loro  cullo 
e  i  riti  religiosi;  si  ricompensarono  con 
privilegi  ed  onori  quelli  che  per  qualche 
utile  recato  alla  repubblica  si  distin- 
guevano. Kel  1490  1'  ingegneie  Alber- 
ghetti avendo  ideato  un  nuovo  mecca- 
nismo e  pensando  unirsi  per  l'esecuzio- 
ne con  alcuni  ebrei,  domandò  al  colle- 
gio se  l'ordinanza  19  marzo  i4'4  'C' 
Jativa  a'privilegi  era  anche  ad  essi  appli- 
cabile, al  che  ottenne  in  risposta:  «  Che 
quelle  concessioni  di  privilegio  estenden- 
dosi a  chiunque  inventasse  qualche  no- 
bile e  utile  opera,  intender  doveasi  sen- 
za eccezione  tanto  di  veneti  come  di  fo- 
restieri, si  di  cristiani  come  di  ebrei, 
infine  di  chi  si  fosse  di  qual  pur  siasi  cit- 
tà o  sella  ".  Nel  i533  il  consiglio  dei 
Dieci  concesse  a  Calo  Calominos  medico 
ebreo,  modo  di  mantenere  suo  figlio  agli 
studi,  et  a  farsi  un  homo  allo  al  servi- 
gio di  qucsla  indila  ciltà.  Nel  i65o  si 
concesse  privilegi  ad  ebrei  che  inventa- 
rono e  introdussero  a  Venezia  la  mani- 
polazione del  sublimalo  corrosivo.  Era 
tale  la  hberlà  d'azione,  volutasi  sempre 
conservare  dal  governo,  che  nell'agosto 
i564,  non  ostante  il  decreto  nominato 
del  precedente  aprile  per  compiacere  al 
Papa,  scriveva  a'grigiooi  venissero  pure 
a  negoziare  in  Venezia  senza  alcun  ti- 
ntore dell'inquisizione,  coutermaudo  il 
precedente  loro  promesso,  ed  anco  nel 
resto  dello  stato,  purché  vivessero  mo- 
destamente senza  dare  scandalo.  Con- 
clude il  prof,  tìoinanin  :  Eppure  ciò  non 
pertanto  il  governo  della  repubblica  si 


V  E  N 
mantenne  sempre  cattolico,  le  sue  oppo- 
sizioni  a  Pioina  non  portarono  alcuna 
alterazione  nella  fede;  mentre  Germa- 
nia, Francia,  Inghilterra,  Fiandra,  an- 
davano sossopra  a  causa  della  sedicente 
riforma,  e  questa,  a  malgrado  delle  per- 
secuzioni e  delle  carnifìcine,  vi  metteva 
radice.  Però  delie  benemerenze  de'Papi 
per  preservare  I'  Italia  dall'eresia,  in 
più  luoghi  ne  ragionai;  e  se  l'errore  si 
radicò  negli  altri  stali,  fu  colpa  de' go- 
vernanti, o  perchè  distratti  dalle  guer- 
re e  dalla  politica,  o  per  la  cupidigia 
d'impossessarsi  de'  b-'ni  ecclesiastici,  ol- 
tre altre  passioni,  il  tutto  narrato  e  de- 
plorato aloro  articoli.  Di  più  debbo  ag- 
giungere, che  in  diversi  tempi  in  V^ene- 
zia  e  altri  luoghi  del  dominio,  essendosi 
maritate  molle  donne  cattoliche  con  te- 
deschi acattolici,  ed  avendo  procreato  de' 
figli,  questi  ftu'ono  allevati  nella  religione 
materna, ch'è  l'unica  vera. In  tali  condizio- 
ni e  fra  diverse  guerre  trova  vasi  avvolta 
l'Europa,  quando  a' 22  giugno  \^ii 
cessò  di  vivere  il  doge  Loredano  d'anni 
84,090  secondo  il  suo  biografo,  lascian- 
do ottima  fama  di  se,  e  consolato  pochi 
d'i  prima  della  sua  morte  dalla  nascita 
d'una  nipote  in  4-"  generazione.  Kelli 
sono  i  particolari  descritti  tlal  piof  Pio- 
manin  dopo  la  sua  morte,  e  l'esequie, 
non  che  le  cerimonie  seguite  nell'elezio- 
ne del  successore.  Egli  dunque  narra,  che 
raccoltasi  tutta  la  signoria,  furono  fatte 
suonar  a  i4  ore  le  campane  di  s.  Marco 
9  volle,  e  cos\  quelle  di  tutte  l'altre  chie- 
se; fu  spezzato  l'anello  col  sigillo  ducale 
portante  l'epigrafe:  Volunlas  Senatus  j 
eletto  vice  doge  il  [)iù  vecchio  consiglie- 
ra Battista  Ei  izzo  e  fatto  far  l'anello  da 
bollare  in  cera  collo  steoima  di  lui,  con 
lettere  annunziandosi  la  morte  del  doge 
a  tutte  le  tene  suddite.  Gli  uomini  del- 
l'arsenale  assunsero  la  guardia  del  pa- 
lazzo, nel  quale  rimasero,  secondo  la  leg- 
ge, i  consiglieri  e  i  capi  di  Quarantia 
fino  alla  creazione  del  nuovo  doge.  Il 
defunto  litri)  fu  portalo  la  sera  stessa  nel- 


V  E  N 
la  sala  del  Piovego,  coni*  eia  cosluiiie, 
uia  nella  niatlina  seguente,  collocato  su 
alto  palco,  e  guardato  da  22  gentiluo- 
niiui  vestili  di  scarlatto  a  indicare  che, 
s'era  morto  il  doge,  sussisteva  la  signo- 
ria. Fu  a  tulli  llbeio  il  vederlo,  ma  il 
corpo  troppo  elevalo  non  si  scorgeva.  Si 
recarono  in  gran  consiglio  i  patrizi,  e 
con  essi  il  palriarca,  gli  ambasciatori,  i 
senatori,  i  consiglieri,  i  capi  de'Quaran- 
ta,  il  vice-doge  ;  mentre  nella  chiesa  de' 
ss.  Filippo  e  Giacomo  si  riducevauo  i  pa- 
renti e  gli  amici  del  defunto,  per  accom- 
pagnare i  figli  a  pahizzo.  Discesero  nella 
sala  del  Piovego  a  far  uffizio  e  assistere 
al  solito  vespero  de' morti,  incedendo  il 
primogenito  del  doge  procuratore  con 
panno  nero  in  testa,  presso  il  patriarca 
e  il  vice  doge.  Il  cadavere  del  Loredano 
era  imbalsamato  in  una  cassa  impecia- 
la, con  sopra  una  coperta  di  reslagiio 
tl'oro,  e  la  veste  simile  foderata  di  vaio, 
il  cuscino  e  il  berretto  ducale, gli  speroni 
disposti  come  li  avesse  a'piedi,  e  la  spada 
dorata  dalla  parie  della  mano  sinistra. 
Intorno  al  feretro  ardevano  grossi  ceri, 
e  nelle  panche  attorno  sedevano  28  pa- 
trizi vestiti  di  paonazzo.  Postasi  in  movi- 
mento la  comitiva,  precedevano  la  pom- 
pa funebre  iig  gonfaloni  delle  scuole 
piccole,  ciascuno  Ira  due  o  quattro  tor- 
cie  su  candellieri  dorati;  venivano  poi 
le  scuole  de'  BaLudi  o  flagellanti,  por- 
tando 24  candellieri  d'oro  (sic)  ciascu- 
na; indi  tutti  i  frali  mendicanti  e  con- 
ventuali di  Venezia  e  Murano,  i  canonici 
regolari ,  tuli'  i  monaci  bianchi  e  neri , 
le  iX  congregazioni  del  clero,  il  capitolo 
della  cattedrale, quello  di  s.  Marco  e  100 
preti  con  ceri  di  libbre  4  l'uno.  Seguiva 
la  scuola  della  Misericordia,  a  cui  il  doge 
avea  appartenuto,  con  100  torcie  su  can- 
dellieri neri,  colla  sua  Croce  tra  4  ceri 
dorali  su  candellieri  dorati;  venivano 
successivamente  i  coinandadori  vesti- 
li di  /;mw,  gli  scudieri  del  doge  e  i  fa- 
migli con  mantelli  neri,  gli  scrivani  delle 
ptigioni  (perchè  le  carceri  spettavano  ul 

VOL.    XLII. 


VEN  3o5 

doge),  i  capitani  e  i  gaslaldi,  So  uomini 
da  mare ,  ciascuno  con  torcia  di  libbre 
IO.  I  fratelli  della  scuola  portavano  su 
aste  lo  scudo  dei  doge  voltato,  che  poi  si 
depositava  nella  basilica  di  s.  Marco.  Per 
ultimo  veniva  il  ballottino  (cioè  quello 
che  da  fanciullo  a  vea  estratto  le  palle  nel- 
l'elezione) con  mantello  lungo.  La  bara 
era  portata  da' marinai,  sotto  l'ombrel- 
la della  scuola  con  aste  d'argento;  in- 
nanzi e  dietro  erano  i  suddetti  gentiluo- 
mini vestili  di  rosso,  ma  in  numero  di 
28.  Seguivano  i  procuratori,  i  cavalieri, 
i  dottori,  e  altri  patrizi  accompagnali  da' 
piagnoni.  Tulle  le  botteghe  erano  chiu- 
se, le  campaue  della  Marciana  sonarono 
9  volte  e  altrettante  le  altre  della  cillà, 
0  q  volte  fu  alzata  la  cassa  davanti  alla 
basilica,  gridando  la  compagnia  de  Ba- 
indi  :  Iddio  hahia  ìinsericordia.  Arri- 
vato il  corteo  funebre  a' ss.  Gio.  e  Pao- 
lo, vi  trovarono  eretto  un  altissimo  tri- 
bunale o  trono  coperto  di  tele  nere,  ed 
in  nero  era  pur  parata  la  chiesa  tutta, 
con  gran  numero  di  candelotti  intorno 
ul  sito  ove  fu  deposta  la  bara.  Alienlra- 
ta  del  coro  era  un  gran  pulpito  coperto 
di  velluto  nero  colla  figura  di  s.  Marco 
in  oro,  dal  quale  pronunziò  l'orazione 
funebre  l'eloquente  Andrea  Navagero, 
istoriografo  slipendialo  della  repubblica, 
ambasciatore  nella  Spagna  e  Francia. 
Poi  il  patriarca  salilo  al  tribunale  comin- 
ciò l'uffìzio,  ed  i  figli  e  i  parenti  co' se- 
natori andarono  nelle  loro  barche  a  casa. 
Ad  onta  della  grandissima  calca  del  po- 
polo tutto  procedette  con  ordine.  Nella 
stessa  chiesa  al  Loredano  fu  eretto  uu 
grandioso  e  ricchissimo  mausoleo  colla 
statua  del  doge  sedente  in  Irono,  avver- 
tendo il  Zanotto  ch'è  sbagliala  l'iscri- 
zione sepolcrale  per  errore  dello  scalpel- 
lino nel  numero  dell'anno  di  sua  morte, 
che  anteponendo  la  sigla  1  all'ultimo  X 
par  decesso  nel  i5i().  Il  Casoni  rilevò 
che  ne'28  anni  di  questo  principato,  pie- 
nodi  memorabili  avvenimenti  e  di  guer- 
re, in  tanta  distrazione  di  denaro,  au- 
2  j 


3oG  V  E  N 

mento  di  flotte,  l'incendio  dell'arsena- 
le, l'infezione  forse  epidemica  del  i5io 
ch'eltbe  a  un  tempo  20,000  malati,  il 
terrenjolo  fortissimo  del  i5i?.  per  cui 
caddero  case  e  campanili, e  lovesciarono 
5  statuedall'allodegli  obelischi  che  coro- 
nano la  chiesa  di  s. Marco;  l'incendio  ile' 
logenntiioi  5  i4!Linode'più  vasti  che  pa- 
tì Venezia,  poiché  arse  lutto  Piiallo;  non- 
dimeno Venezia  colla  condotta  eroico- 
politica  deUenato,emersecon  gloria  ede- 
coro dalia  fiera  procella  suscitatale  dal- 
la lega  di  Cambray,  pugnò  con  poderose 
armate,  imperturbabile  e  coraggiosa,  ed 
aggiunse  a' suoi  fasti  altri  splendidi  atti 
di  patrio  eroismo,  registrali  dalla  storia 
a  caratteri  indelebili,  da  restare  esempio 
a  memoranda  lezione  di  saggezza,  costan- 
za ed  antiveggenza.  Inoltre  nel  medesimo 
burrascoso  dogado  Venezia  si  continuò  ad 
abbellire,  vide  sorgere  in  Rialto  la  lunga 
serie  de'  fabbricali  che  si  estende  da  quel 
poutealla  chiesa  di  s.  Giovanni,  ed  il  mae- 
stoso e  imponente  foro  IMarciano,  mira- 
colo dell'industria,  prodigio  dell'arte, 
ebbe  nuova  decorazione  co' 3  piloni  di 
bronzo  esistenti,  e  in  cui  è  l'effigie  del 
Loredano.  11  Moschiui  lo  celebra  im- 
perturbabile e  di  mente  ognor  serena,  e 
dice  che  a  suo  tempo  piombarono  tante 
forze  congiurate  contro  Venezia,  la  qua- 
le.per  8  anni  si  sostenne  combattendo; 
edopo  averle  stancate  conseguì  una  pace 
che  le  lasciò  quasi  intero  il  patrimonio 
di  sue  Provincie.  Ma  nel  corso  di  sì  lun- 
ga lotta,  Venezia  non  curò  sagrifizio  di 
vile  e  di  ricchezze,  mantenne  fermi  i  pet- 
ti nel  coraggio,  tranquilla  ne' suoi  pen- 
sieri, e  usò  ogni  maniera  di  accortezze 
e  colse  ogni  occasione  che  le  si  offrì  op- 
portuna, o  a  scampare  un  disastro,  o  a 
minuire  una  perdita,o  a  cogliere  un  van- 
taggio. E  io  questo  laodo  Venezia  fissò 
un'epoca  gloriosa  non  solamente  per  la 
storia  patria,  ma  per  la  storia  delle  na- 
zioni del  mondo.  A  rroge  quanto  ne  fa  os- 
servare il  conte  Girolamo  Dandolo  par- 
lando dell'  infaustissimo  1 5o8,  nel  quale 


VEN 

fu  stretta  la  lega  di  Cambray  a  totale  di* 
struzione  della  potenza  de'  veneziani,  i 
cui  padri  colle  loro  deliberazioni  ripa- 
raiono,  senza  punto  scemare  di  corag- 
gio e  di  perseveranza;  che  anzi,  toltone 
forse  il  tempo  della  guerra  famosa  di 
Chioggia,  in  nessun'altra  epoca  della  lun- 
ga e  luminosa  sua  storia,  Venezia  ebbe 
a  porgere  eguali  o  simili  [)rove  d'incon- 
cussa fermezza,  di  finissimo  accorgimen- 
to. »  Malagevole  infatti  sarebbe  decide- 
re, se  più  n)eritassedi  lode  e  di  ammi- 
razione, quando  animosa,  senza  nume- 
rare i  nemici,  accingevasi  a  difendere  io 
giusta  guerra  il  proprio  diritto;  o  quan- 
do, abbandonata  dalla  foituna,  non  di- 
sperando mai  della  propria  salute,  re- 
stringeva la  difesa  a'  più  vicini  dintor- 
ni della  metropoli;  o  quamlo,  mostran- 
do d'inclinare  più  all'uno  che  all'altro 
de'  suoi  più  potenti  avversali!,  s'  indu- 
striava di  dividerne  gl'interessi,  e  di  su- 
scitare ne' loro  consigli  il  seme  delia  di- 
scordia; o  quando,  giovandosi  de'Ioro 
errori,  ed  in  ispecie  di  quelli  grossissimi 
dell'imperatore,  ch'era  il  celebre  IMas- 
similiano  senza  denari^  passava  ad  uà 
tratto  dalle  difese  alle  offese,  e  riconqui- 
stava, quando  altri  lo  avrebbe  creduto 
meno,  la  massima  parte  del  dominio  per- 
duto. Per  tal  modo,  collo  stupore  di  tutti, 
Venezia  usciva  da  queldisastrosocimenlo 
ed  ingannava  le  temerarie  speranze  del- 
l'Europa armata  a  suo  danno.  E  sebbene 
costretta,  per  conseguire  la  pace,  a  sagrifi- 
care  le  più  recenti  conquiste  da  lei  fatte  ir» 
Italia; . ..  così  splendida  non  pertanto  fa 
la  gloria  di  questa  sua  in) pavida  resisten- 
za, che  maggiore  non  ne  avrebbe  raccol- 
ta dal  più  illustre  trionfo.  Ma  questa  glo* 
ria  erasi  mercata  a  gran  prezzo:  ne  pe- 
rizia di  governo  o  fedeltà  di  suddito  po- 
teano  far  isparire  rapidamente  le  traccie 
del  sofferto  disastro.  Se  non  che  le  repli- 
cate sventure,  anzi  che  abbatlere  gli  a- 
nimi  de' governanti,  li  aveano  a  maggior 
forza  ritemperati;  a  quel  modo  mede- 
simo che  il  crudo  governo  fatto  delle  prò- 


YEN 
vincie  da' cnpi  delle  schiere  nemiche,  ne 
a vea  rinvigorito  l'allttlo al  legillimo prin- 
cipe; di  che  Brescia,  sopra  lulti,  fu  esem- 
pio noliiiissicno,  piincipahssiinu.  Ond'è 
che  divenuta  più  intima  1'  unione  fra 
principe  e  popolo,  e  più  pronto  e  spon- 
taneo il  concorso  d'  ogni  ordine  a  tute- 
lare, per  quanto  sta  in  poter  degli  uma- 
ni, l'indipendenza  e  l'onor  della  patria, 
]a  grande  sapienza  politica  degli  ottima- 
ti  riusciva  ad  occultare  lung.iuìente  al- 
l'occhio  invido  e  scrutatore  dello  stra- 
niero, l'elTetto  di  quelle  ampie  e  insana- 
bili ferite.  Quindi  la  repubblica  poteva 
così  ricneltere,  come  che  fosse,  la  propria 
fortuna  in  Italia,  e  serbarvi  tuttavia  tale 
influenza  da  renderne  desiderabile  l'al- 
leanza alle  più  grandi  potenze,  anche  in 
tempi  molto  a  noi  più  vicini  '.  Frattan- 
to a'  26  giugno,  adunato  il  gran  consi- 
glio, salilo  alla  tribuna  Gaspare  dalla  Ve- 
dova vice-cancelliere,  con  formola,  invo- 
cati i  nomi  di  Gesù  Cristo,  della  D.  Ver- 
gine, del  glorioso  apostolo  (sic)  ed  evan- 
gelista protettore  s.  Marco  e  di  tutta  la 
Corte  celeste,  annunziò  solennemente  il 
vacante  ducato  per  la  morte  del  serenis- 
simo principe  Loredano  di  gloriosa  me- 
moria. Segui  indi  la  convocazione  del 
consiglio  per  gli  ordini  spettanti  all'ele- 
zione del  successore,  all'elezione  de'solili 
correttori  della  Promissione  ducale  e  de- 
gl'inquisitori al  iloge  defunto.  Si  ordina- 
rono gli  articoli  della  nuova  Promissio- 
ne, con  prescriversi  :  il  doge  non  potesse 
dar  risposta  agli  ambasciatori  se  non  con 
termini  generali  prima  d'aver  consulta- 
to il  collegio  o  altro  consiglio  ;  non  potes- 
se aver  parte  alcuna  ne' dazi;  l'udienza 
nel  luneiTi  egiovc-iH  fosse  pubblica  a  por- 
le aperte  a  chiunque;  i  malfattori  che 
dopo  (atto  il  processo  e  confessato  il  de- 
litto, si  presentavano  al  doge  a  ratificare 
la  loro  confessione,  ciò  facessero  d'ora  in 
poi  innanzi  a'  consiglieri  un  giorno  al- 
meno dopo  confessato;  stante  la  dilfl- 
colla  d'avere  il  numero  occorrente  d'o- 
selle  (uccelli  silvestri)  solile  dispeusaisi 


YEN  307 

dal  doge  a  Natale  a  tutte  le  oiagislratu- 
re,come  già  dissi  nel  ^  XVI,  n.  3,  fosse 
a  quelle  sostituita  una  moneta  d'argen- 
to del  valore  d'un  4-*'di  ducato.  Così  an- 
che questo  ricordo  democratico  de'primi 
leajpi  della  repubblica,  si  cambiava  in 
una  fredda  istituzione  aiistocratica,  e  lo 
rimarca  il  Romanin  medesimo. 

2  5.  Anlonio  G rimani  L.Wl^ I doge. 
Il  suo  biografo  eh.  Casoni  dice  che  in  que- 
sto uomo  bisogna  ammirare  le  vicende 
della  fortuna,  che  in  singoiar  modo  lo 
prese  a  bersaglio,  quando  con  avversa, 
quando  con  lieta  faccia,  il  che  già  di  so- 
pra descrissi.  Passatala  i. "gioventù  nel- 
le pratichedel  commercio  marittimo,  in- 
traprese la  carriera  delle  magistrature  e 
poi  quella  delle  armi,  nella  quale  non  tar- 
dò a  distinguersi  con  clamoroseazioni,  nel 
guidar  le  flotte  della  repubblica  qual  ca- 
pitano generale. Lasciò  fuggire  favorevole 
occasione  di  combattere  il  turco  a  Le- 
panto (o  meglio  poi  si  conobbe  la  deplo- 
rabile disubbidienza  de'  capitani  subal- 
terni che  non  vollero  investire  il  nemico, 
ma  presero  la  fuga  senza  essere  assaliti); 
il  che  gli  si  ascrisse  a  delitto  e  fu  bandito. 
Fuggi  in  Pioma  presso  il  virtuoso  car- 
dinal figlio, commettendo  così  doppio  er- 
rore gravissimo,  relativamente  al  siste- 
ma geloso  della  repubblica,  che  non  per- 
metteva a'  patrizi  andare  fuori  di  stato 

senza  legittima  e  conosciuta  causa.  Ar- 
o 

deva  la  guerra  per  la  lega  di  Cambray, 
ed  Antonio  quantunque  proscritto,  ama- 
va sempre  la  cara  patria,  e  tanto  potè  in- 
sinuarsi nella  corte  romana,  tanto  sep- 
pe blandire,  promettere  e  minacciare,chc 
le  di  lui  prestazioni,  unite  a  quelle  del 
cardinale  e  tie'  veneti  ambasciatori,  val- 
sero a  raddolcire  il  cuore  di  Giulio  li  e  ri- 
durlo propenso  alla  causa  della  repub- 
blica. I  [)adri  riconoscenti,  seppero  va- 
lutare così  utili  servigi;  cedettero  all'i- 
stanze del  cardinale  e  a'  voti  de'citladini, 
librarono  su  giunta  lance  le  cause  de'  di 
lui  luancamenli  cogli  effetti  del  patrio 
suo  zelo,  e  cou  duovo  ed  unico  esempio 


3o8  V  E  N 

dierongli  perdono,  il  richiamaioiio  a  Ve- 
nezia, e  gli  ridonarono  la  vrsle  piocnra- 
lolla  della  (juale  era  sialo  per  disonore 
svestilo,  ed  essendo  procuratore  fece  re- 
staurare il  campanile  di  s.  Marco,  la  cui 
cimaavea  rovinata  il  terremoto  de' ^3 
marzo  i  5  i  o.  Ma  la  fortuna  non  si  slancò 
questa  volta  di  favorire  il  vero  uieritu;  e 
«pjelle  voci  medesime  che  20  anni  prin>a 
l'aveano  dichiarato  colpevole, lo  acclama- 
rono poi  capo  della  repubblica,  benché 
nella  gravissima  età  di  87  anni  !  Raccol- 
tisi i  quaranluno  per  la  sua  elezione,  a'4 
luglio  I  52  I ,  già  nella  sera  correva  voce 
di  sua  esallazione,  e  senza  essere  vero  nel- 
la seguente  mattina  n'  era  piena  tutta  la 
città;  bensì  con  27  voti  lo  fu  a'  6,  e  tosto 
occupòil  lupgodi  mezzo, ricevendo  le  con- 
gralulazioni  degli  elettori.  Suonato  il 
campanello,  entrarono  due  gastaldi  del 
doge  che  stavano  alla  porla  del  luogo 
dell'elezione,  specie  di  conclave,  e  per- 
ciò fu  loro  ordinato  sparecchiare  le  men- 
se in  cui  gli  elettori  aveano  desinato,  e 
preparar!  facchini  pel  trasporto  de'  loro 
forzieri  e  de'  materassi  su'  quali  aveano 
dormito.  Vestitosi  il  nuovo  doge  di  da- 
maschino cremisi,  e  con  berretta  di  raso 
del  medesimo  colore,  ricevè  i  consiglieri  e 
i  capi  de'  Quaranta  al  tocco  della  mano; 
e  con  essi,  co'  quaranluno,  gli  avogadori 
e  i  capi  de'Dieci,  si  recò  il  doge  dalla  sa- 
la de'Pregudi  a  quella  del  gran  consiglio, 
accompagnato  da  donzelli  con  ventagli 
che  gli  facevano  fresco,  e  lutti  accorreva- 
no in  piazza,  in  chiesa  e  nel  palazzo,  sti- 
mandosi 5o, 000  persone.  Fu  suonalo  il 
campanonedi  s.  Marco  e  per  tulle  le  chie- 
se, alla  sera  furono  fuochi  e  suoni  di  cam- 
pane, e  così  per  3  giorni.  La  signoria  fe- 
ce tosto  coniar  monete  col  nome  di  An- 
tonio Grimani  Doxej  fu  falla  la  bolla  di 
piombo,  e  si  scrissero  lettere  a  nome  di 
sua  serenità  a  tutti  i  rettori,  avvisandoli 
della  segiìita  elezione,  e  che  facessero  suo- 
ni di  caropane  e  fuochi  per  3  giorni  ;  al- 
tre lettere  si  mandarono  a  Pioma,  Fran- 
cia, Inghilterra,  Ungheria,  Napoli,  Mila. 


V  EN 
no,  Ferrara,  Mantova,  Firenze  ec,  oltre 
l'iroperalore.  Nelle  ore  pomeridiane  de!» 
lo  slesso  G  luglio,  il  doge  discese co'qua- 
ranlunoeco'parenti  in  chiesa  di  s.  Marco, 
ove  montò  sul  i.°poggiuolo,e  dallo  slesso  il 
senatorErizzo  anziano  pubblicò  il  seguen- 
te bando  :  «  Essendo  defunto  il  serenissi- 
mo principe  nostro  Leonardo  Loredauo, 
e  volendo  opportunamente  la  signoria 
nostra  provvedere  di  successore,  ha  eletto 
col  senato  suo  in  principe  nostro  il  se- 
renissimoed  eccellentissimo  AnlooioGri- 
mani  qui  presente,  le  virtù  e  degne  con- 
dizioni del  quale,  mediante  la  divina  gra- 
zia, sono  tali,  che  grandemente  si  deve 
sperare  il  bene  e  conservazione  dello  sta- 
to, ed  ogni  comodità  sì  pubblica  come 
privata,  la  quale  assunzione  a  letizia  e 
consolazione  di  lutti  vi  è  significata,  ed 
acciocché  quello  voi  riconosciate  per  pi  iu- 
cipe  e  capo  vostro".  Dipoi  soggiunse  il 
doge.  Eroiche  alla  Divina  Maestà  era 
piaciuto  metterlo  a  tal  grado,  profnet- 
teva  abbondanza,  giustizia  e  mantener 
pace,  che  se  fosse  mossa  guerra  alla  re- 
pubblica l'avrebbe  fatta  gagliardamente 
e  recandovisi  in  persona.  Tulli  allora  co- 
minciarono a  gridare  J^iva.  Il  doge  di- 
sceso dal  pogginolo,  co' quaranluno  an- 
dò air  aliare  maggiore  di  s.  Marco,  ove 
baciò  il  canonico  anziano,  eh'  era  pieva- 
no di  s.  Silvestro,  e  gli  die  l' investitura, 
e  giurò  sopra  il  messale  di  conservare  lo 
stato  e  l'onore  della  chiesa  del  Santo,  ri- 
cevendo poi  dalle  sue  mani  Io  stendardo 
rosso  di  s.  Marco,  che  trasmise  all'am- 
miraglio dell' arsenale.  Poi  recatosi  alla 
scala  del  coro,  sah  nel  solito  pulpito  di 
legno  detto ^j02Sc'/to,ilipinlo  in  rosso  col- 
la figura  di  s.  Marco,  ed  in  esso  fu  por- 
talo da'  marinai  io  giro  per  la  piazza  di 
s.Marco,  spargendo  il  consueto  danaro  al 
popolo.  Sulla  scala  di  pietra  del  palazzo 
ducale  poi  detta  dei  Giganti,  sul  piane- 
rottolo superiore  ivi  e  pel  ••"gli  fu  da 
Antonio  Giustiniani  imposta  la  veste  di 
tela,  e  dal  suddetto  Erizzo  la  berretta  du- 
cale ornata  di  gioie,  che  couservavasi  nel 


VEN 

lesoi'o  della  basilica,  colle  parole:  Acci- 
pc  Coronarli  Dncaltis  rcncliarum.  Dal 
2.° arco  del  palazzo,  il  tioge  parlò  di  nuo- 
vo al  popolo,  ripetendo  quanto avea  del- 
lo in  chiesa, e  si  ritirò  poi  colla  signoria 
nella  sala  del  Fiovego,  ove  sedette  come 
doge,  intanto  die  il  suo  nipote  Marco 
Giiniani,  dal  poggiuolo  gettava  denaro 
al  popolo,  come  pur  faceva  l'altro  nipo- 
te IMarin  dimani  patriarca  di  Aquileia. 
Infine  il  doge  si  ritirò  a  riposare  nelle  sue 
stanze,  e  tulli  partirono  dal  p;dazzo.  Con- 
tinuò per  altro  1'  allegrezza  del  popolo,  a 
cui  il  doge  die  quanto  aven  di  Farine,  vi- 
no, altri  commestibili  e  legna  nella  sua 
casa  a  s.  Maria  Formosa.  I  fruttaiuoli  del- 
1  >  città  furono  in  collegio  eoa  trondie  e 
pilFeri  a  presentare  al  doge  un  melone 
per  ciascuno,  ed  erano  più  di  i3o,  che 
il  doge  mandò  a'  consiglieri  e  altri  ma- 
gistrati, e  così  fecero  i  fruttaiuoli  di  l*el- 
Icstrina,  Malamocco,  Chioggia,  Lido:  id- 
timo  segno  rimasto  del  quasi  fraterno  le- 
game fra  il  popolo  e  il  suo  principe,  nota 
il  prof.  Romanin.  Nel  dì  seguente  alla  sua 
elezione,  domenica  y  luglio,  ildogeGri- 
nlani  si  recò  con  solenne  apparato  e  co- 
mitiva alla  messa  in  s.  Marco.  iXel  pome- 
riggio raccoltosi  il  gran  consiglio,  v'inter- 
venne il  piincipe  e  con  lui  il  figlio  Vin- 
cenzo; altro  vivente  era  il  cardinal  Do- 
menico. Qu;mdo  il  doge  fu  vicino  al  Irò 
no,  levatasi  la  berretta,  genuflesso  pregò 
Iddio  con  fervore,  perchè  lo  facesse  se- 
dere in  buon'ora;  atto  che  cotnmo^se 
grandemente  tutti,  per  la  potenza  del- 
la religione.  Alzatosi  poi  in  pieili,  dis- 
se :  Poiché  per  la  grazia  di  Dio,  dalla 
quale  riconosceva  ogni  cosa,  eia  giunto 
a  quella  dignità,  voleva  ricordare  tre 
cose.  La  prima  che  tutti  facessero  giu- 
stizia, dalla  quale  vengono  molti  beni, 
promettendo  egli  a  questo  fine  ogni  pos- 
sd)ile  sfoizo.  La  2.'^  ch'era  suo  proponi- 
mento, di  non  risparmiar  diligenza  e  de- 
naro per  tenere  ben  fornita  la  città  di 
viveri.  La  3/ che  avrebbe  ogni  cura  pel 
manteniiuento  della  pace,  e  quando  non 


VEN  3o9 

si  potesse,  f.irebbe  gagliardamente  la 
guerra,  olfrendo  la  sua  persona  in  mare 
e  in  terra.  Dopo  di  che  si  assise  e  fu 
c<jminciato  a  dar  corso  agli  alTari.  Ma  la 
pace  ch'egli  erasi  prefisso  di  conservare 
al  suo  popolo,  non  era  in  suo  potere,  e 
troppo  erano  complicate  le  cose  d'Italia, 
troppo  viva  la  parte  che  la  repubblica 
era  ormai  nella  necessità  di  prendervi, 
perchè  evitar  potesse  lo  scontro  delle  ar- 
mi.Le  truppe  francesi  erano  entrate  nella 
Navarra,  perchè  Carlo  V  non  avea  dato  i 
compensi  stabiliti  nell'accordo  di  Noyon; 
e  dal  canto  loro  le  truppe  imperiali  erano 
penetrate  iuFrancia. Intanto  venne  segre- 
tamente a  stringersi  un'alleanza  tra  Leo- 
ne X  e  Carlo  V  contro  Francesco  I,  ad 
onta  che  i  veneziani  avessero  fatto  di  tut- 
to per  conservargli  la  buona  intelligenza 
col  Papa.  Seguì  il  trattato,  secondo  Mu- 
ratori, l'B  maggio  i52r,e  ne  furono  le 
principali  condizioni.  La  difesa  di  casa 
Medici  e  de'  fiorentini,  la  reintegrazione 
del  ducato  di  Milano  a  Francesco  II  Sfor- 
za che  stava  in  Trento,  la  restituzione  al 
Papa  di  Parma  e  Piacenza;  e  che  Carlo 
V  aiutasse  il  Papa  per  togliere  Ferrara 
ad  Alfonso  I,  e  formare  uno  slato  nel  re- 
gno di  Napoli  ad  Alessando  naturale  del 
defunto  Lorenzo  de  Medici.  Nella  lecia 
vi  entrò  poi  anche  Fu'enze.  Tutto  fu  com- 
binato dalla  destrezza  di  Girolamo  Mo- 
roni  gran  cancelliere  di  Francesco  !I, 
del  quale  riparlai  nel  voi.  LXXXV,  p. 
I  o  e  seg.  col  conte  Tullio  Dandolo  e  al- 
tri. A  non  mancareall'amicizia  co'france- 
si,  la  repubblica  ne  sollecitò  la  venuta  in 
Italia,  forlicò  i  propri  confini,  e  fece  par- 
lire  per  Cremona  il  suo  capitano  gene- 
rale Teodoro  Trivulzi;  mentre  Andrea 
Grilli  si  recò  ^  Milano  chiamatovi  dal 
maresciallo  Lautrec  ad  assisterlo  co'con- 
sigli.  Alla  domanda  che  fece  Carlo  V  del 
passo  di  sue  genti  alla  repubblica,  questa 
rispose  a' 6  agosto  non  potere  qual  con- 
federata di  Francia,  rifiutando  le  propo- 
stc'pcr  trarla  dalla  sua  parte, Ma  già  gTim- 
periali  si  avvicinavano,  e  le  mdizie  pou- 


3io  VEN  VEN 

lificie,  presa  Parma, losto  ricuperala  da*  ricevuto  nelle  lene  della  repubblica, ai- 
francesi,  davano  il  guasto  al  leriiloiio  liimenti  a  questa  muoveva  guerra  Carlo 
Itresciauo:  d' ambo  gii  eserciti  era  legato  V,  cli'erasi  proposto  liberare  l'Italia  da' 
e  supretno  comandante  il  cugino  del  Pa-  francesi;  laonde  il  senahj  coiisiglib  Lau- 
pa  cardinal  Giulio  de  Medici  poi  Cle-  trec,clie  urgenlemenle  domandava  allog- 
niente  Vll,e  capitano  generaledi  s.  Chic-  giamento  e  denaro,  a  riparare  a  Ferrara, 
sa  Federico  11  Gonzaga  poi  i.°  duca  di  ove  metterebbe  in  pari  tempo  rispetto  al 
l\lanluva.  Per  l'enormità  commesse  da'  Papa,  e  dividerebbe  l'altenzione  del  ne- 
papali,  il  senato  scrisse  a  lioraa  ai  suo  micn,e  fpjanto  a'denari  la  condizionedel- 
ambasciatore,  percliè  ne  facesse  lagnanze  l'erano  non  permetterlo;  per  cui  seni- 
e  si  provvedesse.  ]\Ia  prima  cbe  venisse  brò  ralfreddalo  il  contegno  della  repub- 
la  riposta,  IMilano  fu  attaccata  dall'impe-  blica  verso  la  Francia.  Intanto  giunta  ia 
liale  comandante  Ferrante  d' Avalos  Roma  «' 2:^.  noveujbre  la  nolizki  della 
iiiarcbese  di  Pescara,  e  da  Prospero  Co-  presa  di  ìMilano,  epoiancbe  gli  acquisti 
lonna  signore  di  Fondi  e  generale  di  s,  di  Parmie  Piacenza,  Leone  X  fece  gran- 
Cbiesa  colle  milizie  pontificie,  e  dall'ai-  di  allegiezze  e  feste,  in  mezzo  alle  quali 
Irò  legato cardinnlvSkeinero  Scbiner,  con  moruiell'imbrunire deli. "dicembre:  32  1, 
un  corpo  di  svizzeri  in  loro  aiuto  al  sol-  con  piacere  de'  veneziani  il  cui  stato  pa- 
do  del  Papa,  quantunque  avessero  prò-  re  cbe  meditasse  abbassare.  Questa  mor- 
lestalo  non  voler  combattere  Francia,  te  portò  glande  allerazione  alle  cose  del- 
con  cui  erano  in  lega.  1  veneziani  fecero  la  guerra  non  solo,  ma  alla  condizione 
resistenza  a  porta  Ticinese,  o  Romana  politica  dello  slato  ecclesiastico,  poiché 
come  vuole  i\iuratori,  da  loro  custodita,  diversi  signori  feudatari  ricuperarono  i 
ìua  a\  g\\c\o  (iìiiinnìazz(7,arnr?iazza,  eie-  loro  slati,  da  cui  erano  slati  cacciali.  Go- 
dendosi in  mezzo  al  nemico  e  al  popolo  me  il  duca  di  Urbino  Francesco  M.'  I,e 
sollevato,  si  disordinarono  e  fuggirono;  il  duca  di  Ferrara  ricuperò  tutto  il  per- 
Lautrec  si  salvò  a  Como,  il  Grilli  a  Lo-  d'ito  per  l'alleanza  francese.  Cou  gene- 
di,  il  Trivulzi  restò  prigioniero,  riliran-  rale  sorpresa  a'9  gennaio 1 522  fu  creato 
dosi  a  Bergamo  le  genti  venete  cbe  accor-  Papa  il  cardinal  vescovo  di  Tortosa  (^'.), 
revano  all'aiuto  di  Milano.  Ciò  avvenne  Florenzi  d'Utrecht,  non  conosciuto  e  as- 
a'  ig  novembre  i52i,  entrando  Irion-  sente  dal  conclave  per  governare  la  Spa- 
fanti  nella  città  il  cardinal  de  Medici  co'  gna  per  Carlo  V  già  suo  discepolo:  prese 
capitani  degli  eserciti,  fra  le  grida  del  pò-  il  nome  di  Adriano  VI,  ed  io  procurai 
polo:  Chiesa, Chics/t,Tinpero, Duca,  Pai-  propagarne  le  virtù  poco  note,  per  le  ca- 
/c  (per  lo  slemma  Mediceo  da  cui  era  for-  lunnie  di  cui  fu  segno,  sia  per  ignorare 
malo).  Seguendo  l'esempio  di  Milano,  si  le  costumanze  romane,  sia  per  volere  ri« 
arresero  agi'  imperiali  e  a*  papali.  Lodi  furmare  gli  abusi,  sia  anco  per  la  sua 
e  Pavia,  Parma  e  Piacenza  che  si  dierono  parsimonia  e  austeri  costumi.  Fece  il  suo 
a"  ministri  del  l'apa;  ed  in  breve  quasi  ingresso  in  Roma  a'29  agosto.  La  repub- 
lutto  il  ducalo  di  Milano  venne  in  potere  blica  nel  marzo  1023  mandò  a  prestar 
del  suo  antico  signore.  Una  sola  giornata,  ubbidienza  ad  Adriano  VI,  i  patrizi  Mar- 
anzi  poche  ore  bastarono  a  cambiar  la  co  Dandolo,  Antonio  Giustiniani,  Luigi 
sorte  della  Lombardia,  in  modo  vera-  Mocenigo  e  Pietro  Pisani.  I\barin  Sanu- 
mente  singolare.  Girolamo  Moroni  prese  do  ne' suoi  Diarii  scrisse  il  loro  solenne 
possesso  della  ci  uà  di  IMilano,  in  nome  del  ingresso  e  ricevimento  io  Roma,  con  im- 
duca  Francesco  li  Sforza,  e  vi  restò  qual  portante  e  vivace  relazione.  Furono  in- 
suo  luogotenente.  L'esercito  francese séu-  contrati  da  messer  Alvise  Gradenigo,  o- 
?a  artiglierie  e  denari,  non  poteva  esser  ratore  residente  della  repubblica.  Un  bel 


V  E  N  V  E  N  3 1 1 
sunto  di  tulle  le  ceremonie  si  può  legge-  annunziava  prossimo  qualcliegran  fatto, 
le  nei  eh.  Ueunjont,  Della  diplomazia  ed  il  re  Francesco  I  fltceva  preparativi 
italiana^  p.  199  e  seg.  Dirò  solamente,  per  calare  in'^Ilalia,  rappresentantloglie- 
clie  il  Papa  vide  la  cavalcata  da  alcune  ne  la  repubblica  la  somma  urgenza. AU 
finestre  co[)erle  da  gelosie  di  Castel  s.  An-  loggiava  Lautrec  a  Monza,  quando  gl'iu- 
gelo,  ove  si  trovava,  mentre  per  altri  si-  disciplinati  svizzeri  gli  domandarono  im- 
mili  ingressi  non  erasi  mai  mosso  dalle  [)eriosamente  licenza  o  la  balti"lia.  Sa- 
sue  stanze.  Prima  poi  di  ricevere  gli  am-  pendo  come  il  nemico  ben  fortificato  era 
basciatori  in  concistoro,  volle  la  sera  in-  accampato  allaCicocca, villa  3Qii"lia  circa 
nanzi  copia  deH'elegnnteorazioneche  do-  da  Milano,  il  maresciallo  voleva  dilferire 
Tea  recitarvi  ^larco  Foscari,  dicendo  che  lo  scontro;  nìa  gli  fu  forza  cederealTini- 
gli  voleva  rispondere  premedilalamenfe  petuosità  eraillauteriedegli  svizzeri. A'aq 
e  non  ex  tempore  j  e  ciò  quindi  fece  con  aprile  1 52  2  mosse  da  Monza  per  assalta- 
lungo  sermone,  appellando  il  senato  sa-  re  il  campo  nemico,  ma  le  diverse  scliie- 
pieulissiino,  allegando  una  sentenza  di  refrancesi,  svizzere,  venete  e  medicee,pe' 
Plaìone,  che po/eiitia  consistiti/I sapieii'  diversi  cammini  che  doverono  fare,  nou 
tin.  Il  Papa  nuovamente  riammise  gli  poterono  giungere  contemporaneamen- 
ambasciatori  e  il  loro  (Seguito  al  bacio  dei  te  a'posti  loroassegnati  ;  equando  Mont- 
l^iede,  inclusivamenfe  a'famigli  di  stalla,  moreocy,  che  fu  il  i°  ad  arrivare,  vo- 
Abbracciò  il  Dandolo  in  arabo  le  .«palle  leva  attendere  Lautrec,  gli  svizzeri  bur- 
e  tiratolo  a  se  gli  baciò  le  gote  con  volto  banzosi  volendo  per  se  tutto  l'onore,  ri- 
allegio  e  umanissimo.  Trovo  ancora  nel  ausarono  ubbidire,  e  marciarono  verso 
Pieumont,  che  nello  stesso  132  3  furono  la  fanteria  tedesca  di  Frundsber"'  e  la 
quindi  ambasciatori,  sti  aordinario  Pie-  spagntiola  del  Pescara.  Ad  un  tratto  però 
Ito  Pesaro,  e  ordinario  Marco  Foscari,  22  de'  loro  capitani  e  più  di  Sooo  sol- 
perciò  avrà  pronunziato  il  suddetto  di-  dati  vi  trovarono  la  morte.  I  veneziani 
scorso.  Il  ritardo  di  Adriano  VI  in  por-  balteronogli  spagnuoli  di  fìanco,Lescu  si 
tarsi  a  Roma,  disordinò  le  forze  pontifìcie  aprì  la  strada  verso  il  forte,  ma  la  "ior- 
in  Lombardia,  ed  il  maresciallo  Lautrec  nata  della  Bicocca  era  perduta, e  gli  sviz 
che  teneva  ancor  guarnigione  ne'castelli  zeri  non  pensarono  che  a  ripatriare;  al- 
ti: Milano,  Novara,  Pizziglietlone,  Gre-  Ireltanlo  fecero  gran  parte  de'francesie 
mona  e  altri  luoghi,  con  tutto  il  litorale  de'  loro  capitani.  Benché  quanto  vado  a 
del  La^o  Maggiore,  avrebbe  potuto  pio-  nainare  spetti  al  dogado  seguente,  per 
filtarne,  ma  u)ancava  di  denaro;  adima-  non  interrouipere  le  cose  di  Lombardia, 
va  però  genti  e  a'^pettava  il  Gritti  co' ve-  qui  lo  riferisco.  Trionfando  l'armi  ira- 
neziani  eil  Trivulzi  riscattato  con  20,000  peiiali,il  marchese  d'/Vvalose  il  Colonna 
ducati  d'oro.  PiONpero  Colonna  tnanda-  a'  3o  maggio  s' impadronirono  di  Geno- 
va a  prendere  Alessandria,  assoldava  te-  va,  che  fu  miseramentesaccheggiata  qua- 
tleschi  nel  Tiiolo,  fortificava  Milano,  e  si  per  2  giorni.  E  siccome  essa  era  una 
con  lavori  mirabili  si  preinimiva  contro  delle  più  ricche  città  d'  Italia,  così  im- 
il  casiello  ;  e  in  fine  chiamò  nella  città  menso  fu  il  bottino,  e  sembra  salvo  l'o- 
il  duca  Francesco  II,  per  tener  fermo  il  nor  delle  donne,  ed  un  mediocre  rispetto 
Milanese.  Lautrec  quindi  mosse  contro  alle  chiede.  Così  il  Muratori,  ma  per  lo 
Milano  co'  veneziani  e  con  8,000  svizze-  sdegno  tiel  Papa,  da  lui  taciuto,  sembra 
vi,  e  col  valoroso  capitano  di  ventura  allriuienli.  Antonio  Adorno  vi  fu  procla- 
Giovaimi  de  Medici,  poi  detto  dalle  bau-  malo  doge  contro  i  Fregosi,  sotto  la  s'- 
{le  nere,  a  cagione  di  sue  squadre,  pel  ri-  gnoria  suprema  di  Carlo  V,  e  con  di  lui 
ferito  nel  voi.  LXXVllI,  p.  i52.  Tulio  gran  vantaggio,  perchè  tolse  alla  Fruii- 


3 1  a  V  E  N 

ci.i  lì  po'isibililà  Ji  soccorrere  la  Lom- 
!.i;u din.  Età  allora  in  vinggio  Adriano  VI 
per  recarsi  a  Roma,  ed  a'  20  agosto  ap- 
prodando in  Genova,  tutta  sbalordita  e 
doh^nle  pel  sofferto,  si  recarono  a  osse- 
quiarlo il  duca  di  Milano,  Pescara  e  Co- 
lonna, con  Antonio  di  Leiva  o  Leyva  ua- 
varrese  capitano  spagnuolo,  tutti  abbrac- 
ciali dal  l'apacon  volto  sereno.  Ma  quan- 
do domandarono  1' assoluzione  delle  in- 
corse censure  per  la  devastazione  di  Ge- 
nova, il  rigido  Adriano  VI  ricisatnenfe 
lo  negò,  come  afferma  il  suo  famigliare 
Oiiia  presente,  Descrizione  del  viaggio 
di  Adriano  VI  dalla  Spagna  a  Roma. 
Continuando  le  pratiche  della  repubblica 
coli' imperatore,  a  mezzo  dell'oratore 
Gaspare  Contarini  in  Brusselles,  perchè 
le  cose  fossero  restituite  al  pristino  slato, 
e  riavere  quanto  possedeva  prima  della 
guerra,  il  grancancelliere  cesareo  sorri- 
dendo rispose  che  Carlo  V  sarebbe  assai 
contento  che  la  signoria  gli  restituisse 
(|ue!lo  che  teneva  della  casa  d'  Austria 
e  dell'  impero.  Al  che  il  Contarini  fece 
osservare  di  non  volere  entrare  in  dispu- 
la su  ciò  che  veramente  fosse  dell'impero, 
perchè  vi  sarebbe  molto  a  dire,  e  poi  in 
forma  di  scherzo  soggiunse  :  Che  chi  vo- 
lesse risalire  aliai.'  origine  del  possesso, 
troverebbe  che  alla  1/  origine  dell'  im- 
pero i  primi  imperatori  furono  occupatori 
di  quello  d'altrui.  Tuttavia  non  lascian- 
do il  veneto  ambasciatore  di  fare  ogni 
sforzo  per  condurre  a  buon  esito  le  trai- 
lalive,  insistendo  sul  nqn  potersi  raaiicfir 
di  fede  a'francesijgli  disse  Carlo  V:  Che 
non  era  possibile  la  signoria  potesse  sod- 
disfare iti  un  medesimo  leinpo  a  due  ch'e- 
rano grandissimi  nemici  tra  loro.  Infatti 
le  pratiche  coli'  imperatore  aveano  in- 
sospettito Francesco  I,  ma  per  le  spiega- 
zioni del  senato  si  mostro  soddisfatto,  e  ne 
lodò  il  conlegno,  confortandolo  a  restar 
fermo  nella  lega.Inseguilo,  osservando  la 
ripubblica  grande  incertezza  nelle  riso- 
luzioni del  re,  cominciò  a  mostrarsi  più 
inclinala  ad  un'iutelligeuza  coU'impcra- 


VE  N 
tore,  a  ciò  sollecitata  anche  da  Enrico 
Vili  re  d' Inghilterra.  Il  Novaes  nella 
Storia  di  Adriano  FI,  dice  che  separò 
dalla  lega  co'  francesi  i  veneziani,  i  qua- 
li all'opposto  fece  collegare  contro  i  me- 
desimi con  Carlo  V,  col  fratello  Ferdi- 
nando arciduca  d'Austria,  e  con  France- 
sco li  duca  di  Milano;  lega  dal  Papa  so- 
lennemente pubblicata  in  Roma  in  s. Ma- 
ria Maggiore  a' 5  agosto  iSaS,  in  Ve- 
nezia a'  I  5  pure  con  grande  solennità.  Al- 
trettanto leggo  nel  Rinaldi,  per  cui  i  fran- 
cesi esistenti  nel  Cfistello  di  Milano,  ve- 
dendosi vieppiìi'strelti,  senza  speranza  di 
soccorso,  s'airesero  agi'  imperiali,  salve 
le  persone  e  le  robe,  e  fu  dato  subito  al 
duca,  ritirandosi  i  francesi  al  di  là  de'mon- 
ti.  Nel  precedente  trattato  de'  29  luglio 
erasi  stabilito  tra  la  repubblica  e  Carlo 
V,  coir  adesione  dell'arciduca  fratello, 
e  compresoli  duca  di  Milano:  La  repub- 
blica continuasse  a  possedere  i  due  do- 
rainii,  pagando  a  Carlo  V  per  compenso 
200,000  ducati  in  8  anni,  oltre  5ooo  du- 
cati a'fuorusciti,  cui  si  permise  ripatria» 
re:  le  due  parti  restituissero  i  luoghi  oc- 
cupati, a  seconda  del  precedente  trattato 
di  Worms:  la  difesa  couìune  de'  propri 
stati  in  Italia  contro  chiunque  venisse  ad 
assalirli,  eccettuato  il  Papa,  al  quale  e  al- 
l'Inghilterra lasciavasi  luogo  d'accedere 
al  trattato.  Per  la  difesa  dello  stato  di  Mi- 
lano terrebbe  sempre  il  duca  in  tempo  di 
pace  5oo  uomini  d'arme,  così  i  venezia- 
ni, dovendosi  accrescere  in  tempo  di  guer- 
ra colle  convenienti  artigliere;  lo  stesso 
facendo  Carlo  V  per  l'  eventuale  difesa 
dello  stato  de' veneziani.  Vietati  al  nemi» 
co  i  passi  e  le  vettovaglie;  e  dovere  la  re- 
pubblica mandare  all'  uopo  2 5  galee  ia 
difesa  del  regno  di  Napoli,  qualora  non 
si  trovasse  in  guerra  col  turco.  Furono 
nominati  comuni  amici  i  re  di  Polonia, 
Ungheria  e  Portogallo,  il  duca  di  Savoia, 
Firenze,  la  casa  Medici,  il  doge  di  Ge- 
nova, il  marchese  di  Monferrato.  Il  Pa- 
pa e  il  re  d'  Inghilterra  si  dichiararo- 
no custodi  e  conservatori  di  queste  con- 


V  K  N 

venzioni.  La  repuhblicn  venetn  mandò 
anibnsciatori  a  Carlo  V,  e  all'arciiltìca 
Ferdinando  per  avergli  il  fratello  ceduto 
le  proviricre  austriache;  e  si  giustificò  a' 
^o  luglio  con  Francesco  I  della  necessita 
in  cui  si  trovò  di  venire  a  questa  pace, 
per  la  tardanza  de'soccorsi  francesi,  e  per 
le  ammonizioni  fatte  da  Adriano  VI,  che 
desiderava  una  pace  generaieje  vedendo 
finalmente  con  apprensione  le  minaccie 
(Iti  turco  farsi  sempre  maggiori,  e  ogiior 
crescere  i  suoi  progressi.  La  pace  dunque 
de'veneziani  fu  agevolala  dagli  avveni- 
menti di  Levante,  ed  anche  dalle  confu- 
sioni in  cui  era  in  preda  la  Germania 
per  opera  del  novatore  Lutero,  la  cui  a- 
herrazione  giunse  a  proclamare  doversi 
fare  la  guerra  al  Papa  e  al  turco,  come 
rilevai  nel  voi.  LXXXI,  p.  320.  Dopo  il 
trattato  con  Bajazet  11  e  maneggi  falli 
per  aver  sussidii  durante  la  lega  <li  Cain- 
hray,  altro  di  notevole  non  offrono  le  re- 
lazioni fra  la  repubblica  e  l'impero  otto- 
mano pel  resto  del  regno  di  quel  sultano. 
]\Iorto  nel  i5i2,  il  figlio  e  successore  Se- 
lim  1  tliè  tosto  partecipazione  del  suo  in- 
nalzamento al  doge  Loredano  con  lettera 
recala  a  Venezia  da  nn  suo  ministro  con 
mmieroso  seguito,  tutti  riccamente  vesti- 
li ;  ma  per  la  peste  e  la  guerra  solo  nel  se- 
guente i5i3  partì  per  Costantinopoli  An- 
tonio Giustiniani,  pe'  ringraziamenli  e 
congratulazioni,  e  con  trattato  de' i  7  ot- 
tobre si  rinnovarono  le  precedenti  stipu- 
lazioni, senza  però  ottenere  qualche  nuo 
va  concessione,  come  per  la  testimonian- 
za de' cristiani  contro  i  turchi,  pe'  testa- 
menti  de'  veneti,  e  di  prolungare  a  nu 
quadriennio  la  durata  del  bailo  in  luogo 
di  3.  Già  fino  dal  i5i2  avea  la  repub- 
blica mandato  al  snidano  d'  Egitto  l'am- 
bisci atore  Domenico  Trevisan,  il  cui 
figlio  scrisse  dal  Cairo  un  interessante 
ragguaglio  delle  ceremonie  e  delia  pom- 
pi di  quella  corte,  e  dell'  onore  fatto  al 
padre,  nel  consegnare  la  lettera  della  si- 
gnoria scritta  in  lettere  d*  oro,  e  sigil- 
Kita  pur  d'  oro,  e  nelle  udienze  ricevu- 


V  E  N  3i3 

lo  perla  trattazione  degli  affari.  Ma  poi 
il  soklano  vedendo  farsi  sempre  più  vi- 
cina e  minacciosa  la  potenza  ottomana, 
osò  affrontarla  e  fu  la  sua  rovina,  poi- 
ché V Egitto  sotto  il  suo  successorediven- 
ne  nel  1016  provincia  dell'impero  di 
Turchia,  e  la  dinastia  de'  mamelucchi 
resiò  spenta.  Alla  fama  di  tal  vittoria  ri- 
portata da  Seliin  I,  mandarono  i  vene- 
ziani al  Cairo  nel  i  5 1  7  Bartolomeo  Con- 
tarini  e  Alvise  Mocenigo  a  congratular- 
sene, e  notificandogli  di  avere  ordinato 
a  Cipro  il  pagamento  a  lui  del  tributo 
fino  allora  corrisposto  al  sohlano  d'Egit- 
to, e  domandarono  fosse  loro,  come  pri- 
ma,assicurato  il  commercio  in  quelle  par- 
ti ;  e  l'ottennero  con  trattalo  degli  8  set- 
tembre. Dipoi  morto  nel  i520  Selim  I, 
gli  successe  il  figlio  Solimano  li,  il  più  ce- 
lebre degl'imperatori  ottomani,  e  la  re- 
pubblica a'  1 4  maggio  i52i  spedì  Mar- 
co Minio  a  congratularsi  .della  sua  as- 
sunzione all'impero,  ad  appianare  le  in- 
sorte differente,  ad  ottenere  compenso 
ili  alcuni  danni,  ma  specialmente  a  rin- 
novare i  trattali  del  i  5 1 3  e  del  1 5 1  7  col 
suo  predecessore  stipulati.  Piena  la  men- 
te di  guerre  e  conquiste,  vSolimano  li  co- 
minciò dal  volger  le  armi  «ontro  l'  Un- 
gheria, che  la  repubblica  assicurava  fare 
il  possibile  per  sostenerla,  e  di  sue  vitto- 
rie e  della  presa  di  Belgrado  mandò  l'an- 
nunzio a  Venezia.  Inili  si  propose  d'im- 
padronirsi di  Rodi,  onde  por  fine  alle 
corse  de'  cavalieri  gerosolimitani,  libera- 
re ta\iti  schiavi  turchi,  tener  aperta  la  co- 
municazione coll'Egitto,  e  sicuro  a'mao- 
meltani  il  viaggio  religioso  de'peliegrini 
alla  INIecca  ;  lavar  infine  la  macchia  che 
alla  gloria  di  Maometto  11  era  venuta 
dall'infelice  tentativo  contro  quell'isola, 
e  poter  dire  di  aver  soggiogato  Celgrailo 
e  Uoili,  creduli  fino  allora  Jjaluardi  ine- 
spugnabili della  cristianità.  Al  i.^annuu- 
zio  (li  ([uesto  movimento,  il  senato  dio 
sue  istruzioni  al  capitano  generale  di  ma- 
ri; Domenico  Trevisan  per  evitare  ogni 
scontro,  e  solo  attendere  alla  custodia  del- 


3i4  VEN 

le  terre  venete,  massime  di  Cipro.  Del 
lesio  nulla  poteva  fare  la  repubblica  a 
iliCesa  tle' cavalieri  gerosolimitani;  im- 
iKMOccliè  niun  principe  cristiano  vi  con- 
correva, debole  essendo  il  re  d'Ungheria, 
Carlo  V  e  Francesco  I  in  guerra,  lonta- 
ni e  insiinìcieuti  gli  altri,  esausto  l'erario 
poiililìcio,  ondeAiIriano  W  appena  potè 
inviare  al  re  uiiglierese  40)000  ducati. 
Intanto  in  PassOiin  s\  faceva  la  famosa 
face  religiosa,  fondamento  e  principio 
della  libertà  religiosa  de'  protestanti.  A' 
?8  luglio  i5i2  Solimano  li  con  formi- 
dabili forze  di  persona  cominciò  l' ira- 
presa,  mentre  Ilodi  era  difesa  ne'suoi  8 
lialuardi  della  città  e  del  porto,  dall'al- 
Irellanteliiigueo  nazionicomponenti  l'or- 
dine celebre  e  benemerito,  sotto  il  co- 
niando del  gran  maestro  Villiers  de  l'Isle 
Adam.  Alla  violenza  dell'espugnazione, 
degnamente  rispondeva  quella  della  di- 
fesa de'protli  cavalieri.  In  piìi  luoghi  ce- 
lebrai il  mirabile  eroismo  degli  assedia- 
ti, finché  non  potendo  più  resistere,  a'20 
«licembiesi  firmò  l'iiitiuiata  resa, poi  dalla 
solita  ferocia  turcn  perlìdamente  violata  : 
il  gran  maestro  s'imbarcò  per  Candia,e 
con  Rodi  caddero  le  altre  8  isole  appar- 
tenenti a'  cavalieri,  a'  quali  poscia  Car- 
lo V  die  r  isola  di  MnlUt,  che  divenne 
subito  propugnacolo  del  cristianesimo 
rotitro  i  turchi.  Ne  scrisse  la  commoven- 
te relazione  a  Domenico  Venier,  Gabrie- 
le iMartinengo  esimio  ingegnere  e  uno 
de*  più  valorosi  difensori  di  Rodi.  Il  sul- 
tano, del  vagheggiato  trionfo  ne  die  an- 
nunzio a  Venezia,  la  quale  per  la  condi- 
zione de' tempi,  non  pacificala  per  anco 
con  Carlo  V,  era  costretta  à  stare  in  Ita- 
lia coli'  armi  in  pugno,  e  dovette  pure 
mandar  Pietro  Zen  aCostantinopoli  a  ral- 
legrarsene, non  senza  domandare  risar- 
cimento de'danni  falli  da'corsari  io  Dal- 
mazia, e  che  non  fosse  molestala  Napoli 
di  Rouìania.  Ma  la  perdita  di  Roili  rin- 
.scì  assai  dolorosa  a'  veneziani,  i  (juali  ol- 
tre l'essere  incolpati  quasi  avessero  avu- 
to parte  coli' inazione  al  tragico  avv«ni- 


V  EN 

mento,  peto  scusali  da  Vincenzo  Pimpi- 
nello  nell'orazione  declamatoria  pronun- 
ziala in  Rouìa,  videro  il  loro  commercio 
e  i  possedimenti  di  Levante,  nell'Arcipe- 
lago e  nel  Mediterraneo,  sempre  più  nai- 
nacciali,  e  il  pericolo  farsi  più  vicino  di 
venirne  adatto  spogliati.  Laonde  rivolse- 
ro più  che  [)ei'  lo  passato  gli  occhi  all'Oc- 
cidente, stringendo  e  rinnovando  trattati 
commerciali  con  quelle  potenze  ;ed  il  mu- 
tamento succeduto  nelle  massime  politi- 
co-commerciali non  tardò  a  permettere 
r  introduzione  de'  panni  di  Ponente  pa- 
gando il  dazio  del  4  per  1 00,  e  quella  al- 
tresì delle  lane.  Il  commercio  dell'Indie 
orientali,  fuggito  per  sempre  di  mano  a 
Venezia,  lasciava  un  vuoto  irreparabile 
neir  erario  della  repubblica  ;  e  questo 
vuoto  dovea  renderle,  quind'  innanzi,  a 
mille  doppi  piìi  grave  la  necessità  di  di- 
fendersi contro  la  preponderanza  otto- 
mana, che  insaziabile  di  conquiste,  col 
nuovo  stdtano  Solimano  il  voleva  chia- 
mare a  Costantinopoli  tutto  il  commer- 
cio asiatico  de'  suoi  vasti  dominii.  Ma  or- 
mai eccoci  giunti  al  termine  del  brevis- 
simo dogado  di  27.  mesi  del  Grimani,che 
il  Casoni  encomia  pure  per  congiungere 
all'eminenli  viste  di  stato,  magnanimità 
e  grandezza  d'animo,  poiché  sollevdto  al- 
la prima  carica  della  repubblica,  conser- 
vò quella  moderazione  che  tanto  onora 
l'uomo  potente;  accolse  come  amico  e 
protesse comeclientel'avogador di  comu- 
ne Nicolò  Morosini  già  di  lui  accusatore, 
che  aveaneapertoii  processo  ed  eragli  sta- 
to causa  delle  sofferte  sventure.  Il  princi- 
pato di  lui  ricorda  l'epoca  della  i  .'conia- 
zione dell'oselle,  per  lo  statuito  e  narrato 
nel  precedente  interregno.  Morì  il  doge 
Grimani  a'y  maggio  i  523,  mal  gradilo, 
«lice  il  Romanin,  a  causa  specialmente 
della  vecchiaia,  ond'erasi  fatta  anco  qual- 
che pratica  per  indurlo  a  rimuiziare,  re- 
pugnanti  i  nipoti  per  l'entrata  che  gode- 
vano, secondo  1'  amara  osservazione  del 
Sanudo.  Gli  si  volevano  decretare,  come 
notai  parlando  del  doge  Foscari  nel  do- 


V  E  \  V  E  N  3  o 
gallo  65.",  annui  ducali  2000  e  la  scpol-  ileo  Ronianin,  egli  non  avpa  per  se  l'o- 
tiiia  da  doge.  Quella  del  Griniaui  fu  in  pinioiie  pubblica,  sapevasi  de' suoi    tna- 
R.  Antonio  di  Castello,  e  qualche  storico  neggi  peressere  nominato  principe,  a  vea- 
asserisce  come  i  di  lui  avanzi  furono  poi  si  in  conto  di  superbo,  e  non   ostatile   il 
trasportati  alla  chiesadi  s.  Francesco  del-  denarodalui  larg;unenle  versato  tra  il 
la  Vigna.  La  Promissione  ducale  sempre  popolo,nou  fu  da  questo  applaudilo, anzi 
più  restringendo  il  potere  del  doge,  vie-  ujormoravasi  itm  wiì,  Truin  Truiii,  ac- 
tò  che  i  magistrati   eletti  si   recassero  a  cennando  ad  Anionio  Tron  o  Tram  che 
ringraziarlo,  né  !e  spose  a  complimentar-  godeva  il siitliagio  popolale.  Cercò  con- 
io; non  avesse  cariche  ecclesiastiche  nel-  ciliarsi  gli  animi,   mostrando  modeslia, 
la  famiglia,  non  si  mettesse  in  alcun  Ino-  quando  la  nipote,  moglie  a  Giovanni  l^i- 
go,  fuor  di  palazzo,  il  suo  stemma  e  le  sani,  venne  a  congratularsi  in  vestina  d'o- 
sue  iniziali.  ro,  con  orduiare  die  dovesse  spogliarse- 
26.  Jnclrca  Grilli  LXXT'II doge.  Il  ne  come  contraria  alla  legge;  e   col  far 
biografo  Casoni  lo  dice  nato  a  Bardolino  alto  di  generosità,  volendo  che  certa  sua 
del  Veronese  nel  1 455,  da  insigne  vene-  farina,  che  a  vea  in  fondaco,  fosse  venduta 
ziana  famiglia,  che  1'  educò  nelle  scienze  a  prezzo  molto  più  basso  al  popolo.  Seb- 
e  nelle  armi.  Alle  cospicue  doli  dello  spi-  bene  il   i.°  allo  politico  del  suo  governo 
l'ito,  alia  somma  prontezza  d'  intelletto,  fosse  la  pace,  già  descritta  per  unità  d'ar- 
imi dolce  aflabilità  di  carattere,  congiun-  gomentOjCOo  Carlo  V  e  col  fratello  Fer- 
ia a  bellezza  della  persona.  Possedeva  va-  dinando,  a  cui  1'  imperatore  avea  cedu- 
rie  lingue  straniere,  e  fallo  studio  di  mo-  lo  le  Austriache  provincie,  brevissimo 
jaleedelle  raatematiche,allinse  dallasto-  tempo  passò  e  nuovo  rumor   di  guerra 
ria  que' lumi  che  lo  fecero  profondo  pò-  obbligò  Venezia  a  militari  provvedimen- 
lilico,  ed  accurato  investigatore  dell'  in-  ti,  e  l'avvolgeva  nuovamente  in  inlrica- 
dole  de' suoi  concittadini,  e  delle  costu-  lissima  politica  tra  Francia  e  Germania. 
manze  del  suo  paese.  Servì  la  patria  col  Imperocché  Francesco  I  lungi  dal  lasciar- 
consiglio  e  col  braccio,  pugnando  contro  si  rompere  i  suoi  disegni  didl'abbando- 
formidabili  nemici,  in  tempo  di   somma  no  in  cui  vedeva  cadute  le  cose  sue  in 
calamità,  colia  fermezza  e  la  costanza  prò-  Italia,  (in  dall'agosto  i  52  3  pubblicò  per 
prie  dell'eroe  che  generoso  sagrifica  tot-  essa  una  novella  spedizione,  che   pensa- 
lo se  stesso  al  pubblico  bene.  Ebbe  vitto-  va  anzi  condurre  in  persona,  né  fu  que- 
lle e  trionfi,  ma  questi  sorrisi  della  fortu-  sia  ritardata,  se  non  dalla  scoperta  d'u- 
na vennero  amareggiali  da  contrarie  vi-  na  grande  cospirazione,  per  parte  d'uno 
cende.  Provveditore  generale  dell'  eser-  de'  più  stretti  principi  del  sangue.  Tra' 
cito,  ch'ebbe  tanta  parte  nella  guerra  del-  capitani  del  re  |)iìi  distinti  per  valore  era 
la  lega  di  Cambray,  contribuì  al  ricupe-  il  conleslabile  Cai  lo  di  Jjorbone:  la  ma- 
ro e  dift'ga  di  Padova;   imprigionato  io  die  del  re  Luisa  di  Savoia  duchessa  d'An- 
quella  di  Brescia  e  condotto  a  Parigi   si  gouléme,  presa    per  lui  d'  ardenlissimo 
guadagnò  l'animo  di  Luigi    XII    e  con  amore,  avealo  fatto  richiamare   dal  go- 
lui  potè  collegare  la  repubblica,  e   fece  verno  di  Ridano,   ov'  erasi   fallo  amare, 
quaiit*  altro  andai  accennando  di  sopra;  alla  fine  del  i5  1 6  per  averlo  vicino:  egli 
linalmenle  dopo   varie   luminose  azioni  però  sdegnando  i  senlimenti  d'una  don- 
volle  la  pallia  retribuire  tante  beneme-  na  che  disprezzava  |)e'roHi  cosluini,  l'ir- 
reuze  innalzandolo  al  principato,  il  cui  1  ilo  e  da  quel  momento  ella  mise   in  o- 
periodo  non  andò  disgiunto  da  clamorosi  pera  per  perderlo  tutta  l'influenza  di  cui 
avvenimenti.  Fu  elello  doge  ai  20  cnag-  godeva  sul  figlio.  Allontanalo  dal  coman- 
gio  1023,6  lullavia,al  riferire  dello  sto-  do  delle  truppe, non  pagatigli  i  dovuti  e- 


3i6  VEN 

nioliimenli,  s.igrificato  a  GugliemoBon- 
nivet  signore  (li  Gonflìer  e  ammiraglio  di 
Francia,  schiavo  della  duchessa  e  adu- 
latore del  re,  e  ad  altri  cortigiani  favo- 
riti di  questo,  l' implacalVde  donna  sep- 
pe rapirgli  perfino  la  ragguardevole  ere- 
dità che  lasciavagli  la  moglie,  ovvero 
gl'intento  lina  lite  pe'diritli  che  pretende- 
va sui  di  lui  doruinii,  e  la  guadagnò;  co- 
sì Io  ridusse  al  grado  d'un  piccolo  princi- 
pe di  ]Vlontpensier,come  suo  padreGilher- 
fo.  L'esasperamento  dell'orgoglioso  Bor- 
hoiic,  (in  allora  si  polente  e  pieno  di  f^- 
sto,  toccò  il  colmo;  tl'animo  ardente  e  fie- 
ro, intollerante  all'insulto,  agitavasi  nelle 
perplessità  delle  più  disperate  risoluzio- 
ni, e  fu  in  (juel  punto  che  diede  ascolto  al- 
le proposizioni  vantaggiose  che  gli  furono 
fatle  da  Enrico  Vili  e  da  Carlo  V.  Ab- 
bracciò quelle  del  9,.  che  propoiievagli  la 
mano  di  sua  sorella  Eleonora,  vedova  del 
re  di  Portogallo,  con  ricchissima  dote,  se 
avesse  consentito  ad  unirsi  a  lui  e  all'In- 
ghilterra per  cacciar  dal  trono  France- 
sco 1  e  dividere  tra  loro  la  Francia,  pro- 
fittando del  momento  in  cui  il  re  si  fosse 
trovato  in  Italia.  11  Borbone  quindi  fuggì 
travestito  e  raggiunse  gì'  imperiali;  ma 
tosto  si  vide  dispregiato  da'grandi  di  Spa- 
gna,ed  altro  non  gli  rimase  che  il  valore  e  il 
pentimento. Nondimeno  il  solo  suo  valore 
bastò  a  procurargli  un  esercito  e  ad  obbli- 
gare l'imperatore  a  trattarlo  sempre  con 
onore,  senza  poi  dargli  a  moglie  la  sorel- 
la. Fero  finché  avea  combattuto  perFran 
eia,  era  stato  un  eroe;  quando  le  armi 
impugnò  contro  la  patria  sua,  cadde  nel- 
la classe  di  que'  celebri  avventurieri  de' 
quali  sorprende  il  valore,  ma  non  ispira 
la  menoma  stima.  Fino  da'  i  settembre 
gli  oratori  del  duca  di  Milano  e  dell'im- 
peratore avvisarono  la  repubblica  c!ie 
Francesco  I  stava  per  inviare  u\ì  eserci- 
to in  Italia,  e  domandarono  i  convenuti 
sussulii.  Il  senato  non  mancò  di  dar  pron- 
tamente gli  ordini  opportuni,  e  a'  1 8  set- 
tembre a vvisòCarlo  V  che  i  francesi  avea- 
no  passato  il  Ticino  capilaosti  da  Bonni- 


V  E  N 
vct,  non  avendo  potuto  impedirlo  Pro- 
spero Colonna, e  d'aver  allidato  il  co- 
mando dell'esercito  a  Francesco  M.^  l  du- 
ca d' Urbino,  e  nominato  Leonardo  Emo 
provveditore  generale  ;  quindi  sperare 
che  col  suo  alleato  re  d'Inghilterra  non 
mancherebbero  al  debito  loro.  Intanto  i 
francesi  colla  solita  rapidità  presero  Mon- 
za e  Lodi,  e  minacciavano  Cremona,  ove 
accorsoli  duca  d'Urbino,  si  ritirarono  e 
strinsero  d'assedio  Milano;  ma  i  rigori  del- 
la stagione  e  la  mancanza  de'viveri  gli  ob- 
bligò a  ripiegare  verso  il  Ticino,  accam- 
pandosi aBiagrassa  nel  declinar  di  settem» 
bre.Giàa'i4di  questo  era  morto  Adrianr» 
VI,  e  gli  successea'iS  novembre  il  cardi - 
naIeGiulio  deMedici, pubblicato  nel  dì  se- 
guente col  nome  di  Clemente  VII,  stato 
legato  al  conquisto  di  Mi  Iano,repu  tato  dal- 
l'universale sagace  d'ingegno,  ma  irreso- 
luto. Morì  pure  Prospero  Colonna,  a  cui 
r  miperatore  sostituì  il  viceré  di  Napoli 
Carlo  di  Lannoy,  il  quale  chiamò  tosto  a 
Milano  l'Emo  e  il  duca  d'Urbino  per  deli- 
berare sul  da  farsi,nel  gennaio  1 524- '^'*  8 
di  questo  1'  ambasciatore  francese  a  Ve- 
nezia presentò  al  collegio  una  grave  me- 
moria per  dissuadere  la  repubblica  dal- 
l' unir  le  sue  truppe  alle  cesaree  e  passar 
l'Adda,  essendo  intento  Carlo  V  a  farsi 
padrone  di  tutta  Italia,  e  il  duca  di  Ba- 
ri,  accennando  a  Francesco  II,  tentar  la 
fortuna  come  i  disperali.  Perdendo  Car- 
lo V  lo  stato  di  Milano,  rimaneva  re  di 
Spagna  e  de' romani,  ed  in  tal  caso  la  re- 
pubblica non  potrebbe  difendersi  dalle 
vittoriose  armi  francesi, e  tutta  la  rovina 
cadrebbe  su  di  essa.  Vincendo,  \v\\\a  gua- 
d.ignerebbe,  e  farebbe  Carlo  V  padrone 
d'Italia,  e  grande  quella  fazione  che  allo- 
ra era  in  autorità  in  Milano,  che  nemi- 
ca a' veneziani  ne  insidierebbe  Io  stalo; 
ed  il  re  di  Francia,  senza  diminuir  di 
potenza  vieppiù  s'irriterebbe  e  ad  altro 
non  penserebbe  che  a  rovinarli.  L'am- 
basciatore non  ricevendo  risposta,  tornò 
in  collegio  cogli  stessi  e  altri  parlari,  sol- 
lecitando una  risoluzione  che  attendeva 


V  E  IV 
il  re.  Tulle  queste  rimoslranze  toinnro- 
110  vane,  la  guerra  fu  dichiarata  e  l'ani- 
bascialore  si  parli  da  Venezia.  Clemente 
VII  io  principio  s'interpose  a  pacificare 
Carlo  V  e  Francesco  I,  ma  custrcUo  a 
prendere  un  partitosi  mostrò  incerto,  e 
non  fece  che  peggiorare  le  condizioni  pro- 
prie e  attirarsi  addosso  deplorabili  scia- 
gure. Intanto  ricominciale  coli'  aprirsi 
della  stagione  le  ostilità,  \\  Papa  rimase 
neutrale,  lenendosi  sull'  aspellativa  de- 
gli eventi.  Arrivalo  nel  marzo  i5i^  il 
contestabile  di  Borbone  a  Milano  quale 
luogotenente  generale  dell'  imperatore, 
divisero  con  lui  il  comando  dell'eserci- 
to Francesco  II  Sforza,  Lannoy  e  il  d'A- 
valos  marchese  di  Pescara.  1  veneziani 
raggiunsero  gì'  imperiali,  il  duca  d' Ur- 
bino s' impadronì  di  Garlasco,  invano 
offrendo  loro  baltaglia  il  Bonnivet,  poi- 
ché il  nemico  l'evitava  cerio  della  vitto- 
ria, per  la  diflìcoltà  de'viveri  e  delle  ma- 
lattie che  l'avrebbero  indebolito.  Bonni- 
Vela  uulrallo  si  liovòabbandonato  dagli 
svizzeri,  inseguito  senza  riposo  dagl'im- 
periali, per  le  sue  cattive  disposizioni  fe- 
ce battere  a  Rebec  il  celebre  cav.  Bajar- 
do,  the  gli  disse:  Voi  me  ne  darete  ra- 
gione a  tempo  e  luogo  ;  presenlemenle  il 
servigio  del  re  esige  altre  cure.  Bonnivet 
non  rispose  a  tale  disfida  e  gli  parve  che 
non  dovesse  irritare  Bnjardo,  1'  oracolo 
dell'  esercito.  Pressalo  dal  marchese  di 
Pescara,  ferito  egli  stesso,  affidò  la  riti- 
rala e  il  passaggio  della  Sesia  al  prode 
Bajardo,  il  quale  salvò  l'esercito  a  Iionia- 
guano  a  prezzo  della  propria  vita,  pianta 
da'suoi  non  meno  che  da'nemici  ;  poiché 
ferito  Qioi  laluienle  da  un  colpo  ili  inci- 
le, vide  il  Borbone  che  1' avea  battolo 
accostarglisi  intenerito,  e  con  generoso 
sdegno  gli  disse;  Non  son  io  quello,  cui 
fu  d'uopo  compiangere,  ma  tu,  che  coni- 
Lalliil  tuo  ree  la  lua  patria. Pili  non  rima- 
neva a'franceki  che  di  sgomhiaiela  Lom* 
bardia:  l'ultime  loro  guarnigioni  di  Lo- 
di,d'Alessaiidi  ìa  e  dei  castello  di  Creniona 
capitolarono.  L'  e\ucuazione  del  Milane- 


V  E  N  3i7 

se  fu  totale,  e  pure  la  duchessa  d'Angou- 
léme  fece  che  il  re  bene  accogliesse  Bon- 
nivet. Questa  campagna,  benché  breve, 
riempì  di  sciagure  i  popoli  che  ne  furo- 
no il  teatro, le  cui  terre  furono  desolate 
e  arse,  le  città  saccheggiale  e  decimati  gli 
abitanti  per  la  fame,  la  guerra  e  la  pesle 
che  dicesi  rapì  a  Milano  5o,ooo  vittime. 
Animalo  l' imperatore  da  tanta  fortuna, 
rinnovata  l'alleanza  con  Enrico  Vili, 
spinse  la  guerra  nella  stessa  Francia,  pe- 
netrando nella  Provenza.  E  già  vi  faceva 
progressi,  eil  traditore  Borbone, dopo  a- 
verpresoAix  eTolone, consigliava  a  muo- 
vere direttamente  verso  il  centro  del  re- 
gno, passando  il  Rodano,  ma  prevalse 
l'opinione  del  Pescara,  che  il  contestabi- 
le dovesse  prendere  Marsiglia,  il  cui  as- 
sedio fece  togliere  a'  7  luglio  le  galere 
francesi  comandale  dal  profugo  genove- 
se Andrea  Doria,  famigerato  capitano  di 
mare,  e  il  re  con  poderoso  esercito  finì 
di  liberarla.  Tentalo  dal  Borbone  ancora 
^n  assalto  e  valorosamente  respinto,  i! 
Pescara  fece  levare  il  campo  per  avvici- 
narsi i  regi,  che  batterono  il  retroguar- 
do  imperiale.  Mentre  gl'imperiali  proce- 
devano per  Monaco  e  le  montagne  ligu- 
ri, Francesco  I  «lell'ollobre  si  avanzò  ra- 
pidamente nell'Italia;  non  ascoltando  le 
rimostranze  de'suoi  vecchi  capitani  con- 
tro le  difilcollà  d'una  campagna  d'inver- 
no. Entrò  in  Vercelli,  e  gl'imperiali  di- 
scesi dall'Alpi  liguri  nel  Monferrato,  rag- 
giunsero  a  Pavia  il  corpo  di  riserva  rac- 
colto da  Lannoy  e  dal  tinca  Sforza.  1  (lan- 
cesi  intanto  mossero  direttamente  a  IVIi- 
lano  indifeso  dagli  spagnuuli  che  si  ritira- 
rono, la.sciai)do  guarnigione  nel  castello, 
come  fecero  altresì  in  Ale.s.sandriael*aviu. 
Il  re  invece  d'  inseguire  il  nemico,  che 
avrebbe  espulso  dalla  Loud)aidia,  u'ib 
ollobre  afljdò  il  con». nido  di  Milano  al 
Tiemouille,  e  contro  il  consiglio  de'suoi 
capitani  marciò  all'assedio  di  Pavia,  di- 
fesa con  ostinazione  da!  prode  e  feroce 
Anlonio  di  Leyva.  Intanto  l'oratore  ce- 
sareo domandò  al  senato  veneto  la  con- 


3 , 8  V  !■:  iN  .VE  N 
ciiiiuione  delle  sue  truppe  colleimperiali.  vinato  aveano  l'eiaiio,  iiilei  rotto  i  coin- 
Agilavasi  vivamente  la  questione  in  se-  merci,  desolalo  i  popoli.  Questa  opinione 
i)iito:dicevanoaI(;nni, non  doversi  intimo-  prevalse  e  fu  delibeiatodi  dare  autorità  a 
lirede'progressi  francesi, fatti  pììicanimi-  iMarco  Fo^cari  tuttora  oratore  a  Roma  di 
nando  che  combattendo,  e  Pavia  averli  trattare  la  cosa  presso  il  Papa,  rimet- 
già  arrestati,  essere  piìi  alti  a  cominciar  tendo  all'arbitrio  di  questo  il  prendere 
l'imprese  che  a  sostenerle,  ed  il  re  sebbe-  qntl  partito  che  più  credesse  gioviire  al- 
ile valuroso  non  essere  capace  alla  gner-  la  cau>a  cuinune  e  alla  pacegenerale,che 
ra  in  grande;  e  al  caso  d'un  rovescio  e  egli  diceva  essere  scopo  de'suoi  voli,  non 
ilei  partirsi  loro  d'Italia,  la  repubblica  ceisaiido  però  di  raccumanilare  tirare  ia 
resterebbe  esposta  a  tutta  la  collera  di  lungo  possibilntiente  la  conclusione  fin- 
Carlo  V  e  alla  potenza  delle  sue  armi  che  si  vetlesse  l'esito  dell'assedio  di  Pavia, 
divenute  piìi  formidabili.  Ninna  sperau-  Era  pensiero  di  Clemente  VII  che  Mi- 
za  doversi  mettere  negli  altri  principi  lano  avesse  a  rimanere  a  F^rancia,  Napoli 
italiani,  nidia  in  Clemente  VII  pieno  di  all'imperatore;  mala  repubblica  ben  ve- 
timoree  irresoluto. Perseverare  nella  lega  dendo  che  quest'ultimo  non  vi  avrebbe 
essere  oltre  che  onesto  anco  utile,  poiché  mai  Consentito,  scrisse  al  Papa  facesse  da 
ammesso  il  pieno  trionfo  di  Francia,  di-  se  ()ace  con  Francia,  lasciando  luogo  alla 
veniva  interesse  di  fpiesta  il  procacciarsi  repubblica,  alla  (juale  Sua  Santilà  fareb- 
i'amicizia  della  repubblica  perconsolidar-  be  allora  ammonizione  di  desistere  dalle 
si  nel  dominio  e  far  fronte  agli  spagnuo-  armi.  Se  poi,  soggiungevasi,  il  Papa  vo- 
li che  tuttavia  resterebbero  nel  regno  di  lesse  invece  assolutamente  rinnovar  la  le- 
Napoli  come  dominio  di  Carlo  V.  Per  ga  tra  la  s.  Sede,  Cesare  e  la  repubblica, 
lequali  cose  sliujarsi  miglior  partiloquel-,  badasse  di  s[)iegare  ben  chiaro,  che  tale 
lo  ili  temporeggiare  e  star  a  vedere  qual  lega  era  solo  contro  principi  cristiani, 
piega  prendessero  gli  avvenimenti.  Di-  per  non  dare  sospetti  al  turco  col  quale 
versaniente  opinavano  altri:  che  oltre  al-  Venezia  era  allora  io  pace.  Mentre  que- 
l'onesto,  che  pur  deve  entrare  nelle  u-  ste  cose  si  maneggiavano,  l'oratore  cesa- 
rnane  deliberazioni,  era  opportuno  alla  reo  a  Venezia  presentava  nel  gennaio 
repubblica,  non  polendo  cacciare  i  due  i525  al  doge  una  scrittura,  in  cui  pria- 
invasori,  mantener  tra  lorouu  certo  con-  ci|)alraente  si  diceva:  Avere  Carlo  V  po- 
tra[ipesoonde  l'uno  non  superasse  l'altro  sto  ogni  cura  per  la  pace  d'Italia  e  te- 
in  modo  da  poter  un  giorno  schiacciare  nerne  fuori  i  francesi,  di  sostenere  nello 
tutti  i  principi  d'Italia;  il  temporeggiare,  stalo  di  Milano  Francesco  il  Sforza,  suo 
anziché  acquistare  alla  repidjblica  il  fa-  stretto  parente,  ora  il  viceré  di  Milano 
Tore  d'una  delle  parti,  le  inasprirebbe  si  accingeva  a  leprimere  la  tirannide  del 
ambedue;  gettandosi  invece  aperlameu-  re  di  Francia;  perciò  esortare  la  repub- 
te  ed  edicacemente  alla  parte  di  Fiau-  blica,  come  amica  e  confederata,  volesse 
eia,  più  facile  divenire  che  gì'  imperiali  unirsi  ad  esso  a  cacciare  il  re  dall'Italia 
spaventali  di  tanto  aumento  di  forze  e  e  liberar  questa  dalle  sue  genti,  per  non 
ridotti  quasi  alla  disperazione,  lasciasse-  lasciare  sfuggire  l'opportune  occasioni  di 
ro  del  tutto  l'Italia,  e  allora  dall'allean-  condursi  a  felice  termine  sì  gloriosa  iutra- 
za  con  Francia,  riconoscente  del  benefi-  [)resi».  Questa  scrittura  levò  nuova  teni- 
cio  ricevuto,  memui  e  dell'aulica  amicizia,  pesta  in  senato,  perchè  Gabriele  Moro, 
ilella  religione  sempre  posta  dalla  repuij-  occupata  la  bigoncia,  apostrolo  amara- 
blica  nel  serbare  la  ilala  fede,  verrebbe  mente  i  signori  del  collegio,  con  (piel 
pace  a  Venezia,  la  quale  potrebbe  alfine  discorso  riportalo  dal  prof.  riomanin,col- 
respirare  di  tanti  anni  di  guerra  che  io-  la  not;i  di:  saggio  notabile  di  franchezze» 


V  E  N 
parlamentare  da  sostenere  il  confronto 
con  qualunque  più  vivo  discorso  tenuto 
nelle  moderne  camere  costituzionali. Ten* 
tarò  darne  un  breve  cenno.  Lo  rivolse  a 
que'padri  del  collegio,  clie  a\eano  deli- 
berato colla  benda  agli  occhi  e  guidiilo 
il  sapientissimo  consiglio  cui  parlava,  nel 
quale  s'insegnava  in  proposte  e  risposte  di- 
re lutto  al  contrario,  per  rompere  la  jia- 
ce  e  la  fede  promessa  e  giurala  a  Cai  lo 
V,  con  certa  rovina  dello  slato.  Quat- 
tro del  collegio,  ragguardevoli  per  età  e 
sperienza,  guidare  il  resto  de'  padri  con 
proposizioni  spesso  di  grave  danno.  Or- 
mai non  era  più  data  la  libertà  di  con- 
traddire il  collegio  ;  poirliè  taluno  di 
buon  \olere  non  solito  montare  in  bigon- 
cia a  dir  sua  opinione,  sta  v»  quieto;  molti 
ch'erano  atti  a  tale  esercizio,  non  ardi- 
Tano  farlo  per  non  inimicarsi  ìi  collegio; 
altri  die  a  bene  della  patria  non  temo- 
no alcuno,  pure  si  tacevano  per  non  es- 
ser soli  a  quella  fatica  in  fastidio  del  se- 
nato, pe' molti  parlari  fatti.  INondimeno 
per  la  grandezza  delle  cose  in  trattato, 
ritenere  essere  udi'o  senza  riguardi, e  co- 
me uomo  vivente  in  città  libera,  voler 
dire  la  propria  opinione  liberamenie. 
Quindi  dichiarò,  trovarsi  il  governo  tra 
l'ancudine  e  iliuailello.  Il  Papa  finora 
nulla  aver  concluso  di  pace  con  Francia, 
anzi  cercare  di  alienale  da  Carlo  V  a- 
mico  e  confederato,  e  perciò  con  lui  pone 
in  guerra  la  repubblica, questa  negandogli 
in  uno  all'arciduca  Feidinando  le  dovute 
genti  e  dena  ro.  Ra  mmentò  poi  quanto  a- 
vea  detto  e  quanto  pure  potrebbe  dire  e 
fare  ill^apa,ma  essere  manifesto  non  voler- 
si inimicare  l'imperatore.  All'inconlro  la 
repubblica,  che  di  ragione  non  dovea  né 
poteva  alienarsi  da  Carlo  V  suo  alleato, 
procedeva  con  essoda  nemica,  e  così  per- 
derebbesi  Tunico  amico  rimasto,  perchè 
incerta  1'  amicizia  francese.  Essere  Ira 
Scilla  e  Cari  idi,  per  fidare  nel  l'apa,  il 
quale  in  sostanza  voleva  il  Milanese  in 
mano  di  Carlo  V.  11  consiglio  ingannar- 
si nel  titubare  a  conservarsi  in  pace  eoa 


VEN  319 

quel  principe,  e  invece  propendere  per 
Francia,  colla  tacita  negazione  di  genti 
e  denaro.  Strinse  il  suo  ragionamento: 
Doversi  rispondere  al  viceiè  di  ISblauo, 
esser  pronti  alla  difesa  di  quello  stato  e 
fermi  nella  confederazione  in»periale. Non 
ebbe  appena  terminato,  che  slanciatosi 
alla  bigoncia  Andrea  Trevisan,  volle  per- 
suadere il  consesso:  Che  volendo  farsi  ga- 
gliardi con  poche  forze,  e  cogli  aoiici  e 
confederati  più  furiosamente,  sicerciva 
inimicarseli  e  farsi  preda  del  re  di  Fran- 
cia allora  potentissimo  in  Italia.  Pensare, 
doversi  rispondere  al  viceré  di  Milano, 
che  il  Papa  come  padre  comune  de'  fe- 
deli, troverà  il  modo  d'  unire  a  concor- 
dia i  i\oe  monarchi,  e  doversi  aspettale 
da  Roma  la  conclusione  della  pace,  lu 
fatti  a' 12  dicembre  1  524  non  con  l'im- 
peratore, ma  si  concluse  con  Francesco 
I,  tia  il  Papa  e  i  veneziani  di  non  ollen- 
dersi  reciprocamente,  e  di  non  favorire 
ciascuno  i  nemici  dell'altro.  La  repub- 
blica avviò  altresì  le  pratiche  per  rinno- 
vare l'antica  confederazione  con  Francia, 
però  col  particolare  patio  di  non  essere 
tenuti  d'aiutare  il  re  nella  presente  im- 
presa. Intarsio  gli  avvenimenti  superan- 
do ogni  umana  antiveggenza  venivano  a 
cambiare  a  un  trailo  l'aspetto  delle  cose. 
Continuava  l'esercito  fitmcese  l'assetilo 
di  Pavia.  Tre  settimane  rimasero  gl'im- 
periali in  vista  delle  genti  francesi  sen- 
za fare  alcun  movimento,  non  lasciando 
però  di  scaramucciare  con  alterna  for- 
tuna, quando  Hnalmenle  a' 24  febbraio 
i5i5  trovandosi  i  ca[)itani  imperiali  in 
generale  stiettezza  di  denaro,  e  conside- 
rando che  ritirandosi  avrebbero  non  so- 
lo perduto  Pavia,  ma  ogni  speranza  inob 
tre  di  difèndere  quanto  ancora  possede- 
vano nel  Milanese,  deliberarono  di  venire 
a  giornata.  Inquietati  con  fierpienli  av- 
visaglie durante  la  notte  i  fìancesi,  fia- 
genilo  di  volerli  assaltare  verso  il  Po,  il 
Ticino,  s.  Lazzaro,  fatte  dopo  la  mezza- 
notte 4  squadre,  due  di  fanti  e  due  di  ca- 
valli sotto  il  comando  del  viceré  Lauuoy, 


320  YEN 

tli  Ferrante  d'Avalos  iiiarcliese  di  Pesca- 
ia, del  suo  cugino  A  Ifuiiso  d'Avalos  mar- 
chese del  Vasto  (nel  quale  articolo  desci  i  - 
vendo  le  gesta  di  sì  celebre  prosapia,  dis- 
si che  dal  precedente  ereditò  il  marche- 
sato e  ora  principato  di  Pescara) ,  e  del 
duca  di  Borbone,  mossero  alla  volta  di 
Mirabellocon  muratori  e  picconi, co'qua- 
Ji  gettate  a  terra  ben  60  braccia  del  tau- 
ro del  parco  della  Certosa,  vi  entrarono. 
11  re  Francesco  1  alla  prima  notizia,  usci- 
to dagli  alloggiamenti  per  combattere  iil 
campagna  aperta  per  la  superiorità  che 
avea  di  cavalli, ordinò  che  si  drizzasse  con- 
tro il  nemico  l'artiglieria.  Ma  scontrata- 
si la  battaglia  degl'imperiali  con  lo  squa- 
drone del  re  successe  ferocissimo  azzulfa- 
menlo,  nel  quale  egli  combattendo  valo- 
rosamente sosteneva  l'impeto  de' nemici 
della  squadra  comandala  dal  Pescara,  fin- 
ché sopraggiunto  il  viceré  co'fanti  tede- 
schi, non  fu  piti  possibile  qualunque  di- 
fesa. Il  re  di  Francia  sempre  combatten- 
do e  animando  i  suoi,  cadutogli  morto  il 
cavallo  sotto  (0  due,  e  feritore  fu  Herco- 
lani  di  Forlì,  perciò  premialo  al  modo 
detto  nel  voi.  LXVIli,  p.  240),  uccisi  o 
fugati  que' che  lo  circondavauo  ,  ferito 
leggermente  nella  faccia  e  in  una  mano, 
fu  preso  prigioniero.  Si  narra,  che  la  fol- 
la d'eroi  che  circondava  il  re,  si  vide  ar- 
restata ne' suoi  progiessi  da  una  truppa 
irregolare  e  puco  numerosa,  la  quale  non 
seppe  che  avanzarsi,  fuggire,  ritornare  al- 
la carica  e  fuggire  ancora.  Erano  archi- 
Jjugieri  baschi,  destri  tiratori,  i  quali  mi- 
ravano alla  testa  e  al  cuore  degli  ulUziali 
piìi  distinti  e  li  colpivano  quasi  sempre. 
Jii  pari  tempo  il  marchese  del  Vasto  a- 
■vea  rotti  i  cavalli  ch'erano  a  Mirabello; 
il  Leyva  uscito  da  Pavia  avea  assaltalo  i 
francesi  alle  spalle,  onde  generale  e  ()ie- 
na  fu  la  loro  scunfilla,  molti  i  prigioni, 
t  Ira  (jULsti  i  principali  cavalieri,  molli  i 
morti  e  tra  (jucsti  LJonnivet;  il  quale  es- 
sendosi sdegnato  all'idea  d'una  lilirala, 
proposta  da'geuerali  più  sperituentati,  e 
volendo  risparmiare  al  re  1'  onta  d'  una 


YEN 

fuga,  con  aringa  fece  determinare  d' af- 
fi oiitare  la  battaglia,  appoggiato  da  Moni- 
morency  nel  lusingare  l'ardore  guerriero 
del  re;  tua  vedendo  poi  gli  elFetli  deplo- 
rabili del  suo  consiglio,  non  volle  soprav- 
vivere a  tanto  disastro,  si  precipitò  fra  le 
squadre  nemiche  e  perì  trairilto  da  mol- 
ti colpi.  Il  Borbone  nel  vedere  la  sangui- 
nosa spoglia  del  suo  nemico,  gridò,  tor- 
cendo da  essa  lo  sguardo:  Ah  infelice!  tu 
sei  la  cagione  della  perdita  della  Fraiici  i 
e  della  mia.  Ad  oula  che  sapesse  il  re  pri- 
gioniero. Egli  erasi  avanzato  con  un  cor- 
po per  avvilu[)parlo  ,  e -ne  restarono  fe- 
riti a  morte  due  eroi  Tremouille  e  Lau- 
trec.Quando  mille  voci  grida  vano  a  Fran- 
cesco I  d'arrendersi, corse  a  lui  Pompéran, 
il  solo  gentiluomo  che  seguì  Borbone  nel- 
la fuga.  Pompéran  si  getta  a'suoi  piedi  e 
lo  scongiura  d'arrendersi  al  contestabile 
di  Borbone.  Il  re  a  tal  nome  sente  ria- 
nimarsi  tutto  il  furore  e  protesta  che 
morrà  piuttosto  che  arrendersi  ad  un  tra- 
ditore. Chiede  Lannoy  e  gli   rimette  la 
sua  spada:  Lannoy  la  riceve  in  ginocchio 
e  gli  porge  la  sua.  Ma  siccome  la  squadra 
comandata  dal  marchese  di  Pescara  avea 
fermato  il  re,  Carlo  V  donò  al  marche- 
se i  trofei  del    real  suo  prigioniero   e  le 
memorie  del   gran   combattimento.    Di 
questo  e  se  il  re  consegnò  la  spada  a  Pe- 
scara, é  a  vedersi  il  voi.  LXXXVIII,  p. 
200.  Di  tutto  l'esercito  francese  la  sola 
retroguardia  comandata   dal  duca  d' A* 
leiicon  potè  salvarsi  in  Piemonte, con  bia- 
simevole precipitosa  ritirata.  Lannoy  con- 
dusse il  reale  prigioniero  a  Pizzighettone, 
ove  fu  posta  la  sua  libertà  a  palli  inac- 
cettabili. Nientemeno  si  domandola  ces- 
sione all'imperatore  della  Borgogna  e  del- 
la Picardia;  al  duca  tli  Borbone  la  Pro- 
venza e  il  Delfìnato,  oltre  la  restituzione 
de'suoi  beni;  al  re  inglese  la  Normandia, 
la  Guienna  e  la  Guascogna.  Laonde  Fran- 
cesco I  accolse  imprudentemeole  il  con- 
siglio di  Lannoy  di  recarsi  a  trattare  di- 
rettamente con  Carlo  V  a  Napoli,  e  in- 
vece fu  imbarcalo  a'7  giugno  a  Genova, 


VEiX  VEJN  3?.t 
e  conJollo  nella  Spagna.  E  sua  madie  Jre  l'nrmata  marilliina;  e  il  duca  d'Ur- 
la duchessa  ci' Augouléme  reggente  del  bino  avere  in  animo  clie  con  200t)  cavai- 
regno  ,  lenne  le  redini  del  governo  con  li  di  lulte  l'armi,  i5oo  leggeri,  e  3o,ooo 
accorgimento  e  fermezza,  durante  la  sua  fanti  la  libertà  e  il  decoro  d'Italia  potes- 
prigionia.llclainorosoavvenintentocom-  se  sostenersi;  e  io  line  batlasìe  bene,  the 
mosse  e  atterri  grandemente  tutti  i  prin-  unirsi  a  Carlo  V  era  un  dichiarar  guer- 
cipi  italiani,  i  quali  ormai  si  vedevano  in  ra  a'  francesi  e  dar  tutta  l' Italia  in  suo 
balia  della  potenza  iniperiale.  A  scongiu-  potere.  Per  mala  ventura,  Clemente  VII, 
rare  intanto  la  i/  burrasca,  si  adopeiò  più  stretto  dalle  presenti  cose  che  accor- 
Gaspare  Conlarini  allora  oratore  a  Car-  todell'avvenirejConcluseil  i  ."aprileij^Sj 
lo  V,  poi  la  repubblica  incaricò  Andrea  col  vicei  è  Lannoy:  Che  Francesco  II  Sfor- 
JXavagero  e  Lorenzo  Priuli  di  recarsi  in  za  sarebbe  conservalo  nella  signoria  dì 
I<pagna  a  congratularsi  coli' imperatore  ÌMilanoj  che  l'imperatore  garantirebbe  lo 
della  fortuna  di  sue  armi,  e  furono  beu  stato  papale  da  ostili  insulti  e  ritirereb- 
accolli, giacche  a  Carlo  V  premeva  a  cpiel-  be  le  lru[)pe  accampale  in  esso;  che  pren- 
l'epoca  di  tenersi  amici  i  veneziani,  da*  derebbe  in  protezione  la  repubblica  fio- 
quali  voleva  80,000  ducati  in  compenso  reatina  con  pagare  ì  00,000  ducati  a'ca- 
delle  truppe  che  non  aveano  mandalo,  se-  pitani  imperiali,  e  conserverebbe  in  digni- 
condo  i  palli,  alla  battaglia  di  Pavia.  Do-  là  la  famiglia  Medici.  Alla  repubblica  ve- 
rnando di  nuovo  la  restituzione  de'beni  a'  neta  e  agli  altri  slati  si  lasciarono  20  gior- 
fuoruscili,  ch'erano  siali  venduti;  e  prò-  nidi  tempo  per  accedere  al  Iraltato.Giun- 
niise  non  volere  il  distuibo  della  distia-  sero  queste  notizie  a  Venezia  mentre  la 
nilà,  che  sarebbe  in  sue  mani,  ma  la  glo-  reggente  di  Francia  avea  mandalo  il  suo 
ria  della  pace,  per  rivolgere  le  armi  con-  ambasciatore,  a  raccomandarsi  d'inter- 
tro  gl'inledeli,  sperando  che  la  signoria  porre  i  suoi  buoni  ulllzi  per  la  liberazione 
lo  avrebbe  aiutato.  Eguali  buone  parole  del  re  s«o  figlio,  che  allora  era  ancora  ri- 
dava l'imperatore  aClemenle  VII, onde  il  tenuto  in  Pizzighetlone  quale  ostaggio.  Il 
senato  raccomandò  aquesto,  pelsuoam-  doge  Grilli  rispose  paroledi  condoglian- 
basciatore  ordinario  Domenico  Venier,  za  edi  confoito,assicurandoche  la  repub- 
non  si  la>ciasse  trarre  ad  «Icun  accordo  blica  non  lascerebbe  di  fire  lutto  il  con- 
senza  includervi  la  repubblica,  e  soprai-  venientemente  possibile.  A  Roma  scrive- 
lutlo  stesse  bene  avvertito  ch'erano  forse  va  il  doge  non  potersi  decidere  all'ade- 
inganni  per  isciogliere  l'unione  sua  con  sione  del  trattato  prima  di  vederne  i  ca- 
Veneyia,  grande  ostacolo  a'disegni  impe-  piloli,  non  aver  mandalo  le  sue  genli  a 
riali;si  alliellasse  inlanloa  mellereaU'or  Pavia  per  dover  guardare  lo  stalo  pro- 
dme  lesuegeiili,equellede'fìorenlini,che  prio  e  non  convenire  al  rifacimento  ri- 
aveano  aderito  alla  lega  per  la  liberiti  d'I-  chiesto,  non  poter  poi  entrare  in  una  le- 
talia, mandasse  a  levar  truppe  negli  sviz-  ga  in  cui  era  fatta  parola  del  tuico,  e 
zeri,  riprendesse  in  grazia  il  duca  di  Fer-  quanto  a'benidc'fuoruscili  per  finirla  pa- 
rata, dalla  cui  opera  mollo  vantaggio  ne  gherebbe 80,000 ducali. Era  statoinlan- 
sarebbe  venuto  agli  alleali.  Ma  il  Papa  lo  lradoltoinIspagnaFrancescoI,perdai- 
di  repente  cambiò  pensiero,  inclinando  vi  lo  spettacolo  d'un  redi  Francia  prigio- 
ad  unirsi  a  Carlo  V,  per  la  necessità  delle  niero  del  suo  emulo  Carlo  V,  ali  iiisapu- 
circoslanze,  invano  rappresentandogli  il  la  del  Borbone,  e  del  marchese  di  Pesca- 
senato  aver  i  collegati  foize  bastanti  a  di-  ra  generalissimo  dell'armata  s[)agnuola, 
fendersi,  numeroso  l'esercito  della  repub-  onde  ambedue  ne  restarono  indignali;  il 
Llica  composto  digoocavalli  di  grave  ar-  i.°  pel  timore  di  esser  dimenticalo  nel 
matura,  600  di  leggiera,  1 0,000  fjiiti  ol-  Uallato  the  poi  sarebbe  fallo  pei  liberar- 

VOL.   XGIf.  2 1 


3.22  V  E  N 

lo,  per  cui  nlciini  dicono  clie  fu  solicello 
a  recarsi  in  INIailiitì;  anflie  per  fursi  man- 
len€ie(la  Carlo  V  le  sue  promesse;  il  2.° 
roilevasi  che  il  viceré  per  la  sua  finezza 
si  cogliesse  il  fnitlo  ilei  merito  altrui,  e 
già  vetleiasi  dall'imperalore  posposto  e 
mal  ricompensato  della  prìncipalissima 
parte  avuta  nella  vittoria  di  Pavia.  Ri- 
chiamando il  narrato  nel  citato  volume 
LXXXYIII,  p.  20  r ,  racconta  il  pro^^.  Ro- 
manin,  che  in  geneiale  orinai  il  contegno 
di  Carlo  V  metteva  in  gelosia  e  sospetto 
tutti  i  principi  italiani,  e  fin  dal  marzo 
ì5'i5  Girolamo  Moroni,  gran  cancellie- 
re e  I .°  ministro  del  duca  Slorza  ,  avea 
(Jiiesto  un  colloquio  segretissimo  con  Do- 
menico Vendramiu  segretario  dell'orato- 
re della  repubblica  a  Milano,  Marc' An- 
tonio Venier,  e  fu  nel  lugHo  fatto  un  ac- 
cordo fra  la  stessa  r,epubl)lica,  il  duca  di 
Milano,  il  Papa,  insieme  colla  reggente  di 
Francia,  adoperandosi  anche  a  farvi  en- 
trare il  re  d'Inghilterra,  che  cominciava 
altresì  a  disgustarsi  dell'imperatore  suo 
alleato,  allo  scopo  di  assicurare  la  libertà 
e  sicurtà  d'Italia,  e  confermare  Francesco 
Il  e  dopo  di  lui  il  fratello  MassimiIiano,al- 
lora  inFrancia.coiue  g'à  dissi,nel  dominio 
del  ducalo  di  Milano.  Parve  opportuno 
di  profittare  della  collera  del  Pescara  e 
valersi  del  potente  suo  braccio,  qual  ca- 
pitano generale  della  lega,  al  che  al  prin- 
cipio aderì,  o  mosliò  di  aderire  per  farsi 
poi  traditore  (sii).  Fatto  sta,  che  poco  do- 
po gl'imperiali  ebbero  un  qualche  sento- 
re di  quanto  «i-'maneggiava,  e  il  Pescara 
a  purgarsi  d'ogni  sospetto,  invitato  a  se 
il  Moroni  in  Novara  per  parlargli,  il  fece 
prendere  e  condurre  nella  torre.  Fu  poi 
colle  sue  truppe  occupato  militarmente 
Milano,  domandò  il  castello  in  cui  crasi 
ritirato  Francesco  11,  e  Cremona  per  l'ac- 
cordo che  dicea  doversi  consegnare  da' 
veneziani.  E  procedendo  sempre  il  Pe- 
scara colla  stessa  dissimulazione,  asseriva 
the  il  duca  non  ci  avea  parte  e  che  il  lut- 
to era  successo  alla  sua  insaputa,  e  man- 
dava a  lui  giustificandosi ,  quasi  che  a- 


VE  N 

vp<;!;c  fallo  eseguire  l'arresto  del  ]\Ioro- 
ni  non  tanto  per  benefìzio  dell' impera- 
tore, quanto  pel  vantaggio  di  sua  eccel- 
lenza. Però  il  duca  dichiarò  non  avere 
erralo  il  Moroni ,  e  neppur  esso,  allora 
malato:  pare  veramente  che  fosse  iscieole 
dell'accordo.  La  scoperta  della  cospira- 
zione sgomentò  grandemente  la  repub- 
blica neir  ottobre,  che  si  affrettò  a  scu- 
sarsi per  tenersi  benevolo  Carlo  V,  il  qua- 
le dissimulava,  ciò  richiedendo  le  novità 
d'Inghilterra, il  cui  re  erasi  accordatone! 
fine  d'  agosto  colla  reggente  di  Francia 
con  trattato  di  pace  e  alleanza,  e  più  an- 
cora quelle  di  Germania,  ove  per  le  di- 
scordie religiose  e  per  la  sollevazione  de* 
contadini  contro  i  signori  ,  derivata  da 
quelle,  predicando  la  sovranità  del  popo- 
lo, la  comunanza  de'beni,  l'abolizione  del- 
l'imposte, tutto  era  confusione,  incendi 
e  rovine;  frutti  tutti  de'novatori  della  pre- 
tesa riforma  religiosa.  Alle  mire  di  Car- 
lo V  si  opponeva  la  fermezza  del  duca  di 
Milano,  il  quale  non  lasciandosi  spaven* 
tare  da'canuoni  che  il  Pescara  con  mili- 
tare prepotenza  piantò  innanzi  al  castel- 
lo e  l'assediò,  ov'egli  ancor  convalescente 
dimorava  ,  né  consentendo  mai  a  ceder 
la  fortezza,  né  a  lasciarsi  strappare  dal 
fianco  il  suo  fido  segretario  Gian  Ange- 
lo Riccio,  finché  non  gli  fossero  note  l'in- 
tenzioni dell'imperatore,  a  cui  diceva  vo- 
ler inviare  idonee  persone,  il  che  mette- 
va in  imbarazzo  il  Pescara.  Laonde  que- 
sti rimovendosi  dal  suo  i.°  divisaraento, 
si  contentò  che  Io  Sforza  tenesse  il  castel- 
lo di  Milano  e  quello  di  Cremona  per 
l'imperatore,  sotto  vincolo  di  giuramen- 
to, e  senza  poter  uscire  dal  castello.  11  Pe- 
scara si  mostrò  sdegnato  specialmente 
contro  Venezia,  diceudo  nel  dicembre  che 
voleva  portar  le  sue  armi  fino  alle  spon- 
de della  Laguna,  e  colà  con  argini  de- 
viarne l'acque  e  giungere  alla  città  cam- 
minando sopra  fascine;  la  repubblica  ve- 
niva accagionata  d'aver  voluto  col  Pa- 
pa, col  duca  di  iMilano  e  con  Francia  cac- 
ciar gli  spagnuuii  dall'Italia,  e  tursi  per 


VEN 
se  il  regno  di  Napoli,  onde  il  suo  oratore 
Navagero  durava  gran  fulica  a  tenersod- 
disfallo  l'anirao  di  Carlo  V.  Intanto  il  du- 
ca si  trovava  assedialo  nel  castello,  sem- 
pre sperando  d'esser  soccorso,  per  cui  la 
repubblica  ne  scrisse  al  re  d'Inghilterra 
a  prestarlo  sollecito  per  la  conservazione 
e  libertà  d'Italia;  e  il  Pescara  pel  suo  cat- 
tivo governo  avendo  irritalo  tulli  gli  ani- 
mi, con  islenlo  trovava  chi  volesse  lavo- 
rare nelle  trincee,  a' 17  novembre  aven- 
do inoltre  ordinato  al  senato  di  Milano  e 
loro  iiflìziali,  d'  esercitare  i  loro  uflìzi  in 
nomediCarloVe  non  piìidel  duca. Gran- 
de fu  l'impressione  che  produsse  l'auto- 
revole atto  sulla  popolazione  e  sul  sena- 
to, per  vedere  lo  spossessamento  del  lo- 
ro duca  decrefato  ad  onta  di  tutti  i  pre- 
cedenti in  contrario.  Il  senato  si  rifìulò 
ubbidire,  non  essendo  ancora  il  duca  di* 
chiaialo  colpevole  e  privato  dello  stato. 
Né  quietandosi  il  marchese  di  Pescara  e- 
sigetle  che  la  città  giurasse,  ma  solo  l'ot- 
tenne per  non  intraprendere  nulla  in  dan  • 
DO  dell'imperatore,  senza  farsi  parola  di 
sua  dominazione.  Di  che  malcontenlo,nel 
principio  di  dicembre  fece  intimare  a  tut- 
ti i  mihmesi  dal  governatore,  dover  giu- 
rare pe'Ioro  sindaci  nelle  mani  sue  e  del 
Leyva,  fedeltà  a  Carlo  V  ed  a'suoi  suc- 
cessori, e  fare  tutto  quello  che  una  città 
deve  all'iinperalore  suo  signore  e  all'im- 
pero. 11  mille  umore  crescendo,  frequen- 
ti zutTe  e  moli  popolari  annunziavano  di 
prorompere  in  rivolta,  quando  il  Pesca- 
ra venne  a  Diorte  a'3  dicembre,  o  nel  de- 
clinar di  ntjvembre  come  altri  vogliono. 
Gli  successe  nel  comando  degli  eserciti 
imperiali  il  cugino  ed  erede  d.  Alfonso 
d'  Avalos  marchese  di  Vasto  e  Pescara. 
La  repubblica  fece  vigorosi  uHlzi  per  la 
conservazione  allo  Sforza  dello  stato  suo, 
e  che  non  si  operasse  novità  alcuna  io 
Italia.  E  intanto  l'assedio  del  castello  di 
Milano  continuava,  da  tutti  facendosi  la- 
menti per  r  infelice  principe  in  esso  rin- 
chiuso, per  vedersi  tulle  le  piazze  espo- 
ste all'avidità  degl'imperiali, apparire  lai- 


VEN 


323 


minenlc  il  servaggio  di  tutta  Italia  e  de' 
suoi  principi,  perciò  si  alTrettassero  col 
Papa  a  soccorrere  l'alleato  da  loro  ripo- 
sto nel  paterno  retaggio.  La  repubblica 
energicamente  coU'ambasciatore  cesareo 
reclamò  contro  il  procedere  dell'  amico 
e  collegato  assediato  nel  suo  castello,  e 
spogliato  della  città  e  delle  fortezze,  di- 
chiarando non  veri  i  trattati  eoo  esso  e 
de'maneggi  per  aver  Cremona.  Il  caso  del 
Moroni  e  lo  spogliamenlo  dello  Sforza, 
ritenevasi  dalla  corte  imperiale  derivare 
da  apparenza  vana,  fondarsi  il  processo 
nella  lettera  che  il  Moroni  avea  scritto, 
d'ordine  del  marchese  di  Pescara,  per  le 
trattative  in  Italia  contro  Carlo V,  il  quale 
avea  stabilito  dare  Milano  al  duca  di  Bor- 
bone. Nelle  pratiche  falle  dal  senato  con- 
tro l'  oppressione  spagnuola  ,  vide  esser 
prudenza  l'attendere  consiglio  dal  tempo 
e  cosa  facesse  il  Papa  e  l'Inghilterra.  Né 
il  tempo  tardò  a  chiarire  gli  avvenimen- 
ti, poiché  il  re  Francesco  I  noiato  della 
lunga  cattività,  si  piegò  a  sagrificare  in 
apparenza,  forse  consigliato  dalla  sorella 
Margherita  d'Alencon,  gl'interessi  della 
sua  corona,  coli'  intenzione  d'ingannare 
un  nemico  che  si  mostrò  verso  di  lui  po- 
co generoso,  e  a'  1 4  gennaio  1 526  segnò  il 
famoso  trattato  di  Madrid,  dopo  aver  pro- 
testatosulla  violenza  che  glielo  strappava. 
Dovendosi  tener  presente  il  detto  a  Fran- 
cia e  altrove,  in  sostanza  acconsentì  a  ce- 
dere a  Carlo  V  il  ducato  di  Borgogna, 
rinunziò  ad  ogni  pretensione  sul  Milane- 
se, Genova  e  regno  di  Napoli,  d'abban- 
donar l'Italia  al  suo  rivale,  impegnan- 
dosi di  soccoirerlo  d'una  flotta  e  di  trup- 
pe quando  andasse  a  farsi  coronare  a  Ro- 
ma; promise  la  restituzione  de' beni  del 
Borbone  e  d'altre  terre,  d'estinguere  un 
debito  di  circa  5oo,ooo  scudi,  incontra- 
lo da  Carlo  V  con  Enrico  Vili,  e  che  a- 
vrebbe  sposato  Eleonora  d'Austria  di  lui 
sorella,  già  promessa  al  Boibone  e  al  qua- 
le ora  dovasi  ia  cambio  il  ducato  di  Mi- 
lano.Per  la  gravezza  estrema  di  tali  condi- 
zioni dovea  prevedere  Carlo  V  che  non 


3^4  V  E  ìN 

sarebbero  eseguile,  come  gli  disse  il  suo 
raiicelliere  Meicniino  Aiborio  ila  Galli- 
lìara  poi  cardiiinle,  consigliaiiilolo  inve- 
ce ail  assictiiar  prima  le  cose  il'llalia,  ac- 
toniodar  le  vertenze  sullo  stato  di  fida- 
no, unirsi  col  l'apa  e  co'  veneziani,  lua 
non  fn  ascoltalo.  Francesco  1  a'i8  mar- 
zo palli  per  F4 ancia,  lasciando  in  ostag- 
gio due  figli,  poi  riscattali  a  prezzo  ti'  o- 
10  coll'ofTerle  de*  francesi.  Questa  pace 
sgomentò  l'Italia,  vedendosi  inleranienle 
abbandonata  alla  pre|ionderaiiza  di  Car- 
lo V;  se  non  che  mollo  dubitandosi  del- 
l'osservanza per  l'ufgiurie  ricevute  dal  re, 
il  i'apa  e  la  repubblica  mandarono  a  con- 
gratularsi della  sua  liberazione  e  ad  esplo- 
rarne l'animo.  Lo  trovarono  inlatti  co- 
me si  erano  immaginati;  poicbè  si  dice, 
clie  quando  Francesco  I  mise  il  piede  sul 
territorio  di  Francia, dicbiarossi  sciolto  da 
im  ginrauienlo  ifnposlo  dal  crudele  abu- 
so della  vittoria.  Se  fu  quello  uno  sper- 
giuro, lutti  i  fiancesi  furono  suoi  compli- 
ci: disse  Lacretelle.  Certo  è  cbe  il  re  si 
dicbiarò  poi  sciolto  da'suoi  impegni,  ad- 
ducendo  la  ripugnanza  trovala  ne'suddi- 
ti  ad  acconsentirvi.  Gli  oratori  veneziani 
scoprendo  l'animo  del  re  sempre  neujico 
a  Carlo  V,  acconsentirono  alle  pratiche 
per  ima  lega.  Dal  canto  suo  l'imperatore 
non  cessava  di  tentare  il  senato  a  tenersi 
imito  a  Ini,  ma  esso  rispondeva  risoluta- 
niente,  volere  sopra  tutto  la  libertà  e  il 
decoro  d'Italia,  e  quindi  che  il  Milanese 
avesse  a  restare  allo  Sforza,  e  non  da  con- 
ferirsi al  Boi  bone.  E  prendendo  motivo 
da'tumulti  insorti  in  Mdano  contro  gl'im- 
perijdi  per  le  spietate  vessazioni,  con  sem- 
pre maggior  inasprimento  d'animi,  la  re- 
pubblica vieppiù  s'infervorò  di  a()poggia- 
re  il  duca  allealo,  e  in  questi  sensi  scri- 
veva a  Roma  e  Londra.  Quindi  Vene- 
zia, il  Papa,  Firenze  e  Milano  fecero  un 
accordo  a  tutela  della  propria  libertà,  e 
poi  si  ridusse  a  termine  la  confederazione 
con  Francia  a  Cos^iiac  a'  2  1  o  11  mag- 
gio, alili  dicono  l'i  1  giugno  1  026,  temi- 
la per  allora  segreta.  Si  dichiarò  essere 


V  E  N 
fatta  non  per  recare  violenza  o  provoca- 
zione, ma  per  guarentire  i  comuni  inte- 
ressi e  la  quiete  della   cristianità  ,  e  per 
conservare  la  libertà  e  il  decoro  d'Italia. 
Si  lasciò  luogo  ad  aderirvi  anche  all'im- 
peratore,  al  fratello  arciduca  Ferdinando 
e  al  re  d'Inghilterra,  a  condizione  però, 
quanto  a  Carlo  V,  di  liberare  i  figli  del 
re  di  Francia,  verso  un'equa  taglia;  di 
lasciare  il  ducato  di  Milano  a  Francesco 
Il  Sforza,  e  gli  altri  stati  d'Italia  com'e- 
rano prima  della  guerra;  di  obbligarsi  a 
non  entrare  in  Italia  per  l'incoronazione 
o  per  altro  se  non  con  quel  seguito  che 
parrà  conveniente  al  Papa  e  alla  repub- 
blica; di  soddisfare  al  re  d'Inghillerra  la 
somma  dovutagli  entro  un  congruo  ter- 
mine. Intanto  i  confederali  s'impegnava- 
no di  mettere  in  piedi   un  esercito   ben 
provveduto  e  pagato,  da  adoperarsi  con- 
tro chi  sturbasse  la  pace  d'Italia;  si  equi- 
paggerebbe parimenti  un  naviglio  cotn* 
posto  di  I  2  triremi  del  re,  i  3  di  Venezia, 
3  del  Papa;  prometteva  il  redi  non  mai 
inquietare  il  duca  nel  suo  ducato  di  Mi- 
lano, solo  obbligandolo  ad  un  annuo  cen- 
so, di  dargli  in  moglie  una  principessa  del 
sangue  reale,  di  procacciargli  la  protezio- 
ne degli  svizzeri,  le  slesse  cose  guarenten- 
do al  fratello  Massimiliano  in  caso  di  suu 
mancanza.  Dovea  poi  tornare  alla  coro- 
na di  Francia  la  contea  d'Asti,  come  d'an- 
tichissima spettanza  de'duchi  d'Orleans; 
sarebbe  confermalo  il  doge  Antonio  A- 
dorno  nel  governo  di  Genova,  se  aileris- 
se  alla  lega,  conservando  però  il  re  il  su- 
premo dominio.  Si  manderebbero  oratori 
a  Carlo  VI  per  pregarlo  restituire  i  figli 
del  re;  se  rifiutasse  o  non  acconsentisse 
quanto  la  lega  domandava,  fosse  a  dichia- 
rarseirli  guerra  e  cacciandolo  ancora  dal 
regno  di  Napoli,  questo  sarebbe  rimesso 
neir  arbitrio  del  Papa,  come  cosa   della 
Chiesa  romana;  promettevasi  in  line  pro- 
tezione alla  casa  Medici  e  di  conservarla 
nella  signoria  di  Firenze:  dichiaravasi  il 
re  d'Inghilterra  conservatore  e  |)rolello- 
re  della  lega.  Due  altri  articoli  segreti,  (va 


V  E  N  YEN  32^ 
U  Papa,  la  Francia  e  Venezia  conteneva-  levano  ilerivare,  favorendo  immancabil- 
no:  Clie  tolti  a  Carlo  V  il  reame  ili  ^a-  mente  lecon.sej^uenzetli  essa  il  fui  inidabile 
poli  e  altri  luoghi  a'confini  ili  Francia,  luttuoso  progresso  tle'lulerani  e  tle'turchi, 
gli  sarebbero  restituiti,  /pianilo  niellesse  uno  peggio  ilell'altro;  considerasse  anco- 
in  libertà  i  figli  di  Francesco  I,eassu-  ra,  che  Enrico  Vili  attendeva  la  sua  de- 
messe l'obbligo  di  pagar  per  Napoli  l'an-  cisione  per  diciiiararsi  aperlaiviente  per  la 
uno  censo  di  4o-ono  ducali  ai  Papa,  sai-  lega,  se  contraria  a'voti  comuni.  Era  na- 
ve le  ragioni  del  re  di  Francia;  quanto  a  turale  previdenza  che  un  Carlo  V  giani- 
Firenze,  si  obbligavano  vieppiù  stretta-  mai  vi  consentisse,  per  cui  to>(to  intimò  al 
mente  le  parti  a  proteggerla  e  difender-  veneto  oratore  Navagero  di  partire  dilla 
la  contro  chiuiujue.  La  lega  fu  pubbli-  sua  corte, facendogli  intendere  volersi  di- 
cala solennemente  a'  22  giugno  in  An-  fendere  dopo  aver  desiderato  la  pace, 
goulénje,  e  per  esservi  alla  testa  il  Papa  Francesco  l  l'S  luglio  pubblicò  la  Sanla 
fu  denominata  la  Santa  Lega,  ma  pt-r  Lega  per  la  liberazione  d'Italia,  a  cui  il 
quanto  poi  n'ebbe  a  solTiire,  con  piìi  di  4  settembre  aderì  pure  Enrico  Vili  re 
ragione  si  disse:  Lega  funesta  n  Sua  Sa/i-  d'Inghilterra. Successe  un  movimento  ge- 
tflà.  Qui  debbo  avvertire,  che  in  molti  nerale  e  la  repubblica  armò  a  tutta  pos- 
arlicoli  narrai  quanto  precedette,  accom-  sa.  Ma  non  lutti  i  confederati  l'imitaro- 
pagiiò  e  seguì  il  sacco  di  Fonia  {P  .),  ma  no,  non  tulli  furono  d'accordo, e  così  for- 
tuiti non  è  possibile  ora  richiamarli;  e  sic-  se  si  penlè  l'occasione  di  tornar  libera  l'I* 
con>eper  ultimo  II)  feci  ne' voi.  LXXXVI,  talia.  Si  mancò,  rileva  il  prof  Piomanin, 
p.  328  e  seg.,  LXXXIX,  p.  3o5,  negli  d'una  [ìolilica  fi  anca, ferma, risoIuta,don- 
arlicoli  ivi  ricordati  e  in  quelli  che  ora  de  dori  vò  un  doloroso  e  fosco  colore  alla 
accennerò  in  corsivo,  agevole  »arà  il  rio-  storia  di  quest'epoca.  Conclusa  la  lega,  i 
venirli,  almeno  i  principali:  V  fuilice  poi,  veneziani  ben  si  accorsero  dell'opportuai- 
con  l'aiuto  di  Dio  non  lontano,  come  in  tàdi  piofìitiu  edel  malcontento  di  Milano 
tutti  gli  altri  argomenti,  ceitamenleli  edellappena  repressa  sedizione, per  ispia- 
rannoderà  tutti,  inclusivamenle  a  quan-  gere  avanti  i  loro  eserciti  ;  ed  il  senato 
lo  vado  raccogliendo  nel  fertilissimo  eam-  scrisse  a'2  i  giugno  a  Clemente  VII  anon 
pio  campo  del  prof  Piomanio,  di  cui  mi  indugiar  l'invio  di  sue  truppe.  Intanto  il 
vado  liberamente  giovando,  ma  per  ne-  loro  capitano  generale  FrancescoM.' 1  du- 
cessità  ilovendo  con  indicazioni  ripetere  ca  d'  Urbino,  a'24  giugno  co'  veneziani 
per  l'indispensabile  intelligenza  cose  det-  s'introdusse  in  Lodi,  e  Malalesla  Baglio- 
te  e  ridette, però  fi  aij)m  ischiandovi  nuove  ni  obbligò  gli  sp.ignuoli  a  ritirarsi  nel  ca- 
pre^io^e  nozioni  che  a  lui  fu  dato{)iibblica-  stello.  Accorso  tosto  il  marchese  ilei  Va- 
re, perchè  la  storia  veneta  n'è  rigogliosa  sto  d.  Alfonso  d'  Avulosda  Milano,  suc- 
pe'documenti  in  cui  primeggia.  Dopo  la  cesse  fiero  combattimento  colla  peggio 
pubblicazione  della  lega  di  Cognac,  fumo-  degli  spagnuoli,  i  quali  furono  costretti 
sa  per  le  tante  conseguenze,  il  nunzio  apo-  a  sgomberare.  L'accpiisto  di  Lodi  fu  alla 
stolico  egli  andiascialori  francese  e  ingle-  lega  di  grandissima  riputazione  e  vanlag- 
se,  presentatisi  a  Carlo  V  s'ingegnarono  gio  ,  siccome  città  ben  fortificata  e  che 
persuaderlo  a  restituii  e  i  figli  di  Francia  dava  la  via  a  Milano,  Pavia  e  Cremona; 
colle  condizioni  stabilite  ne'capitoli  della  tolto  inoltre  ogni  impedimento,  le  Irup- 
medesima,  onde  non  esser  cagione  di  di-  pe  pontificie  si  congiunsero  alle  venete, 
sturbare  la  pac«  d'Europa  ;  e  deposte  le  II  tentativo  per  soccorrere  il  castello  di 
private  passionili  ivolgesse  l'ani  ino  al  bene  JMilanoeli  berai  e  Francesco  II,  riuscì  inu- 
con)une,prendendo  in  considerazione  tut-  tile,  come  avea  preveduto  il  peritissimo 
li  quanti  i  sinistri  che  da  DUO  va  guerra  pQ-  duca  d'Urbino,  che  voleva  prima  atteu- 


326  V  E  N 

dere  l'arrivo  degli  svizzeri.  Nondimeno  il 
duca  si  lasciò  persuadere  forse  da  falsi  e- 
s{>loratùri  che  dipingevano  raiserabilissi* 
ma  la  condizione  degli  spagnuoli,  benché 
era  entrato  in  Milano  con  un  rinforzo  il 
duca  Borbone;  onde  mutata  la  diffìdenza 
in  ferma  risoluzione,  aderraava  al  famo- 
so storico  Francesco  Guicciardini  presi- 
dente di  Romagna  e  luogotenente  ponti- 
ficio, tenere  per  fermo  che  il  d'i  seguente 
7  luglio  sarebbe  all'armi  loro  felicissimo 
(Guicciardini  era  nemico  del  duca  e  de' 
preti  che  servì  in  due  pontificati;  il  duca 
però  avea  le  sue  pecche  ;  avea  fatto  uc- 
cidere barbaramente  il  veronese  Andrea 
Bracci,  uno  de'  suoi  favoriti,  per  cui  l'a- 
vca  infeudato  di  Sasso  Corbaro,  per  ave- 
re scoperto  ch'erasì  innamorata  di  lui  la 
propria  sorella  Maria  vedova  di  Venan- 
zio Varano  signore  di  Camerino  ucciso 
da  Cesare  Borgia  ;  e  l'uccisione  del  car- 
dinal Aiidosi  pesava  ancora  sul  duca,  seb- 
bene scelleraggine  che  anco  il  Bembo 
cercò  scemare.  Lo  spirito  irreligioso  del 
Guicciardini,  ad  onta  del  suo  merito  let- 
terario, procacciò   alla  sua  storia  la   ri- 
cordanza ntW  Indice  de  libri proibili,  per 
(juantodicela  Civiltà  CatlolicaySevie3.', 
1.12,  p.  67,  nella  rivista  dell' O/je/'c //?e-  ' 
dite  di  Francesco  Guicciardini,  ec,  Fi- 
renze 1857.  Quindi  il  n.  20  del   Gior- 
nale di  Roma  del  1859  pubblicò  il  de- 
creto de'20  gennaio  della  s.  congrega- 
zione dell'Indice  per  V Opere  inedite  di 
Francesco  Guicciardini ^  illustrate  da 
Giuseppe  Canestrini  e  pubblicale  per 
cura  de*  conti  Pietro  e  Luigi   Guic- 
ciardini). Invece  cogli  storici  d'  Urbi- 
no dissi  in  quell'articolo,  che  il  duca  con 
ripugnanza  si  lasciò  persuadere,  per  cui 
vedendo  arrischiata  l'impresa  si  ritirò  a 
Marignano,  della  qual  cosa  dispiacente 
alcun  capitano  si  levò  gran  rumore  a  Ve- 
nezia, onde  il  senato  ordinò  restare  agli 
alloggiamentieconliauar  l'assedio  di  Mi- 
lano. Mentre  erasi   presa  la   risoluzione 
d'introdurre  veltovaglienel  castello  epos- 
sibilmenle  liberarlo,  il  duca  Francesco  II 


V  EN 

disperando  di  soccorso  per  necessità   lo 
rese  agi*  imperiali  a' 24  luglio,  salva  la 
vita  e  quella  di  tutti  i  suoi;  avrebbe  a  Co- 
mo residenza  con  conveniente  appannag- 
gio finché  avesse  deliberato  l'imperato- 
re. Uscito  il  duca  dal  castello  ^  nell' av- 
viarsi a  Como  venendo  a  sapere  che  gl'im- 
periali volevano  continuare  a  tenervi  pre- 
sidio, accortosi  che  non  sarebbe  stato  li- 
bero ma  prigioniero,  mutò  consiglio  e  si 
ridusse  a  Lodi,  la  qual  città  gli  fu  dagli 
alleati  libeiamente  consegnata,  e  fu  allora 
ch'egli  potè  ratificare  la  lega  w  suo  no- 
we  conclusa.  La  repubblica  ne  die  pron- 
ta notizia  al  re  di  Francia,  ma  questi  di- 
sgustatodella  guerra  ch'eragli  sì  mal  riu- 
scita, desideroso  de'piaceri,  fattosi  alieno 
dalle  faccende  pubbliche,  non  attendeva 
che  alla  caccia,  agli  amori,  a'sollazzi,  al- 
le lettere  e  alle  arti:  l'amministrazione  ri- 
cadde nelle  mani  della  madre,  ed  essa 
continuando  le  pratiche  con  Carlo  V  per 
riavere  i  nipoti  e  acciò  la  Borgogna   ri- 
manesse francese,  era  di  tutto  cuore  di- 
sposta a  sagrìficare  l'Italia.  Così  i  soccor- 
si d'uomini  e  denaro,  che  avrebbe  dovu- 
to mandare,  con  dilazioni  si  [ritardarono 
all'autunno.  Tuttavolta  riuscì   al  duca 
d'Urbino  di  prendere  Cremona.  Ma  in 
Roma  dopo  la  pubblicazione  della  lega, 
cominciarono  i  Colonna,  ])avlig\am  im- 
periali ,  la  guerra  contro  Clemente  VII 
ne'dintorni,  e  si  venne  ad  un  accordo  a* 
22  agosto I  526;  indi  il  Papa  incautamen- 
te e  per  malintesa  economia  licenziò  i  ca- 
valli e  quasi  tutti  i  fanti  che  avea  assol- 
dati. Fu  allora  che  i  ministri  imperiali 
rivolsero  l'animo  ad  opprimerlo  con  in- 
sidie, a  tale  effetto  il  vicerèdi  Napoli  Ugo 
Moncada,  cattivo  cristiano,  in  unione  co' 
Colonnesi  e  altri  indegni  baroni  romani, 
ricominciò  la  guerra  con  nera  trama;  nel 
declinar  di  settembre  assalirono  la  Città 
Leonina  e  occuparono  il  Palazzo  apo- 
stolico Faticano,  Clemente  VII  salvan- 
do la  vita  in  Castel  s.  Angelo,  del  tutto 
sprovvisteli  perchéchiaraò  subitoilMon- 
cada  e  concluse  con  esso  una  tregua  di  4 


YEN 
mesi,  con  (lisJella  d'  altri  2  mesi,  e  con 
lacollà  a'confetlerati  il'eulrarvi  fra  1  me- 
si; uella  quale  liegua,  scrisse  Guicciat ili- 
ni  e  riprodusse  il  cav.  Coppi  nelle  Me- 
morie Colofinaiy  fossero  inclusi  non  so- 
lo lo  sialo  ecclesiastico  e  il  regno  di  Na- 
poli, ma  eziandio  il  ducalo  di  Milano,  i 
fiorentini,  i  genovesi,  i  senesi,  il  duca  di 
Ferrara  e  tulti  i  sudditi  della  Chiesa  me- 
diate e  immediale;  di  più  obbligatoli  Pa- 
pa a  t'ilirate  le  sue  genti  da  INIilano,  e  ri- 
vocare  dall'  armala  Andrea  Boria  colie 
sue  galee,  perdouare  a'Colonuesi  e  agli  al- 
tri insorti.  iMa  non  andò  guari,  che  dissua- 
so da'  re  di  Francia  e  Inghilterra,  giudi- 
cando non  dovere  osservare  l'accordo  fat- 
to con  violenza,  mandò  le  sue  genti  con- 
tro i  Colounesi  a  spianarne  leterre.Si  con- 
tinuava a  guerreggiare  sul  principio  del- 
l'infausto 1027  con  alterna  fortuna,  nel- 
la provincia  di  Campagna  o  Prosinone  e 
nel  regno  di  Napoli.  Intanto  il  contesta- 
bile di  Borbone  avendo  raccolto  un  eser- 
cito di  -jOiOOO  uomini, composto  di  cru- 
deli spagnuoli,  di  fanatici  e  fieri  luterani 
tedeschi,  e  della  feccia  d'italiani,  con  es- 
so non  solamente  incusse  terrore  in  Ita- 
lia, ma  sospetti  alla  curie  imperiale  pel 
rancore  che  dissimulava  per  nulla  aver 
oUenuto.  Per  levargli  la  possibilità  di  far- 
si temere  dall'imperatore  e  d'esser  in  gra- 
do di  trattare  con  Francesco  I,  a  indebo- 
lirlo gli  si  lasciò  mancare  il  denaro.  Ve- 
dendo il  Borbone  i  suoi  soldati  pronti  a 
sbandarsi,  ed  egli  dopo  avere  esaurito  il 
riscatto de'prigionieri  e  di  Girolamo  INIo- 
roni,  che  ne  divenne  l'intimo  segretario 
econsigliere,  ormai  più  non  avendo  mez- 
zi di  pagarli,  si  propose  soddisfarli  colle 
prede  in  Roma;  e  poi  fors'  anco  impa- 
dronirsi del  regno  di  Napoli  malconten- 
to dell'  imperatore,  disegno  che  maggio- 
re non  era  del  suo  coraggio  e  cui  le  cir- 
costanze potevano  secondare.  Clctnenle 
VII  inleso  tale  terribile  divisamenlo  pro- 
curò evitare  il  pericolo,  convenendo  ad 
una  tregua  a*  i  5  marzo  i  527  cogli  agen- 
ti di  Lauuoy  viceré  di  Napoli.  Fu  slipu- 


VEN  327 

lato,  senza  il  consenso  della  repubblica 
e  di  Francia,  lasciando  loro  luogo  di  a- 
derirvi',  sospensione  d'armi  per  8  mesi, 
pagando  il  Papa  all'  esercito  imperiale 
60,000  ducali,  assoluzione  dalle  censu- 
re a'  ColoiKiesi  e  reintegrazione  del  car- 
dinalato a  Pompeo  Colonna,  restituzione 
scambievole  dol  tolto.  Entrando  nell'  ac- 
cordo Francia  e  Venezia,  uscissero  i  fan- 
ti tedeschi  dall'Italia;  non  accedendo  u- 
scissero  dagli  stali  della  Chiesa  e  di  Fi- 
renze. Per  maggiore  sventura,  il  Papa 
tornò  a  licenziare  la  maggior  parte  del- 
le truppe,  e  le  bande  aere,  c!ie  avea  di 
nuovo  preso  a'suoi  stipendi,  per  inoppor- 
tuna economia  dell'  avaro  camerlengo 
cardinal  Armellini.  Così  tulli  i  disegni 
della  lega  si  disciolsero,  e  il  duca  Òl' Ur- 
bino fece  quelle  provvisioni  riferite  a  quel- 
l'articolo, inviando  per  sicurezza  a  Ve» 
ueziala  moglie  e  il  figlio.  Frattanto  ilBor- 
bone  per  la  Toccami  marciò  a  Roma,  ri- 
fiutando di  riconoscere  l'accordo  perchè 
le  sue  truppe  non  volevano  indietreggia» 
re  dal  promesso  saccheggio.  Spaventalo 
Clemente  VII,  con  Firenze  si  rivolse  alla 
repubblica,  e  il  duca  d'Urbino  potè  pre- 
servare quella  città:  chiamati  poi  gli  o* 
ralori  di  Francia,  d'Inghilterra,  di  Vene- 
zia e  di  Milano,  disse  a'3o  aprile  di  vo- 
ler rinnovare  la  lega;  ad  onta  di  sua  in- 
certa e  mutabile  politica  che  avea  disgu- 
stato tulti,  gli  oratori  consentirono,  col- 
lo scopo  di  staccarlo  intanto  dagl'  im- 
periali, obbligandosi  inoltre  a  pagargli 
grossa  somuìa  di  denaro.  Se  ne  mostrò 
molto  conturbato  il  senato  veneto  e  ne 
scrisse  acerbe  parole  al  suo  ambasciatore 
Domenico  Veuier  per  non  averlo  consul- 
talo; l'incaricò  dire  al  Papa,stÌMìare  i  pat- 
ti come  non  fatti,  per  dover  cavare  nuo- 
vi denari;  godere  del  suo  ritorno  alla  le* 
ga  dopo  l'esperienza  falla  della  fede  de- 
gTimperiali  ,  ma  non  accettar  l'obbligo 
di  dispendiarsi  per  mantener  truppe  in 
Toscana  a  sostegno  del  dominio  di  sua  fa- 
miglia Medici;  ed  inviò  a  Roma  per  nuo- 
vo ambasciatore  Federico  Pesaro  (che  il 


3'28  V  E  i\'  V  E  N 
ì)aiKiie  Reuniont  cliiama  Francesco,  ma  rosamenle  in  Cntlel s.  Jngelo!  Venezia 
forse  per  l'ininieilialo  snccedulo  disastro  alla  i  /  notizia  rinnovò  gii  ordini  più  pres- 
(leila  cillà  non  ebbe  luogo,  e  fino  all'ago-  santi  a'suoi  capitani,  che  non  risparmias- 
sfo  vi  restò  il  Venier,  pel  nariato  nel  voi.  seio  fatica  né  sagrifizio  per  liberare  il  Va- 
LXXIII,  p.  126).  Clemente  VII  doman-  pa  dalle  mani  di  sì  barbara  ed  ell'errata 
dò  aiuti  al  provveditore  veneto  dell'ar-  gente;  mandasse  Franciaio.ooo  svizze- 
ninla  Giovanni  Vettori,  ed  egli  col  duca  ri,  facesse  Firenze  la  parte  sua.  I  capir 
d'  Urbino,  e  Michele  Antonio  marchese  tanisi  perderonoin  deld)eia2Ìoni,e  il  du- 
ili  Saiiizzo,  mossero  al  suo  soccorso  da  ca  iV Uri/ino [I\),  che  comandava  anche 
Firenze.  Primo  a  partire  per  Roma  fu  il  le  genti  della  lega,  forse  ignobilmente  per 
conte  Guido  Rangone,  ma  già  gli  svizze-  biasicnevole  rancore  de'torti  ricevuti  da' 
lì  si  mostravano  renitenti  se  non  erano  Medici,  restò  impassibile  coli' esercito  ! 
pagali,  e  le  truppe  del  Saluzzo  erano  più  Nel  citato  articolo  riprovai  e  deplorai  il 
logliose  di  saccheggiare  che  di  battersi,  barbaro  contegno  del  duca,  che  avrebbe 
Al  loro  arrivo  gli  avea  prevenuti  il  Bor-  potuto  meritarsi  il  vanto  di  salvatore 
bone,  il  quale  a*G  maggio  dato  un  furio-  della  cillà  del  cattolicismo  e  delle  arti,  e 
so  assalto  alle  mura  della  città,  vi  fu  oc-  insieme  del  l'a[)a.  Ma  volle  piuttosto  ven» 
ciso  di  38  anni  senza  lasciare  disrenden-  dicarsi  di  casa  Medici,  come  ritengono 
ti:  il  suo  corpo  fu  portato  nella  fortezza  non  pochi  scrittori.  Senjpie  faceva  dilli- 
tli  G<7e^^  Ciò  non  tobe  che  l'infelice  Uo"  colta  per  agu'e,  procedeva  lentamente 
U)a  fosse  presa,  soltentrando  al  comando  per  pretesti  ;  in  breve  nulla  fece  a  soc- 
l'eretico  luleiano  Filiberto  principe  d'O-  corso  di  Roma,  strappando  così  a  Vene- 
range  ,  anch'esso  poi  punitoda  Dio  co-  zia  una  splenilida  eiuimortalegloria,  con 
ine  altri  capitani,  restando  commissario  inoltre  deluderne  i  proponimenti  e  ren- 
generale  dell'esercito  il  Moroni,  che  poi  dendo  inutili  tanti  dispendii  e  cure.  Po- 
favori  la  liberazione  del  Papa  dal  Castel  scia  si  giustificò  colla  repubblica,  che  per 
s.  Angelo,  il  quale  per  gratitudine  fece  un  tempo,  per  giuste  apprensioni,  guar- 
vescovo  il  figlio  Giovaimi  in  seguito  ce-  dò  la  moglie  e  il  figlio  (juali  ostaggi,  pel 
leberrimo  cardinale  ,  morto  decano  del  suo  contegno  strano  e  del  tutto  inqua- 
sagro  collegio  e  vescovo  d'Ostia  e  /T-Z/e-  lificabile.  Rimasto  il  Papa  privo  d' o- 
Iri.  I  barbari  nemici,  padroni  di  Roma,  gni  speranza  di  soccorso,  a  qualunque 
cominciarono  un  orribile  sacco,  protratto  costo,  e  dando  per  statichi  ragguarde- 
oltre  2  mesi,equella  seriedi  sacrileghe  ne-  voli  cardinali,  si  volle  accomodare  co - 
fande/zCjdi  massacri  e  di  onori, che  resero  gl'imperiali,  di  cui  a'6  giugno  erasi  co- 
per  sempre  deplorabilmente  me/norabile  stituilo  prigione,  e  dovette  acconsentire  di 
quella  terribile  catastrofe,  che  inorridì  pagare  all'esercito,  secondo  il  prof.  Ro- 
tutto  quanto  il  mondo  civile.  Troppe  manin,rna  fu  maggior  somma,  4^0, oop 
volte  e  con  nuovi  tragici  e  commovcn-  ducati,  consegnare  Castel  s.  Angelo,  le 
ti  episodii  la  descrissi,  per  ritornare  a  di-  rocche  dOstia,  Civitavecchia  e  Civita  Ca- 
pingere  tante  lugubri  e  desolanti  scene  slellana,  lecitlàdi  Piacenza,  Parma  eMo- 
conimesse  dalla  più  infame  soldatesca,  dena;  restare  prigione  co'cardinali  in  det- 
che  buona  parte  [)unì  la  peste,  da  cui  per  to  Castello  finché  avesse  pagato  i  primi 
colmo  di  sciagura  fu  afflitta  Roma.  Inor-  i5o,ooo  ducati,  poi  andare  a  ]>{apoli  o  a 
lidi  l'Eiuopa  e  ne  rimase  sbalordita:  Car-  Gaeta  ad  attendervi  le  disposizioni  del- 
lo V  feccquelleipocritedimostraziouiche  l'imperatore,  che  in  Ispagna  faceva  fare 
raccontai  anche  nel  voi.  LXVIII,  p.i2l,  pubbliche  orazioni  per  la  sua  liberazio- 
senza  però  ordinare  la  liberazione  di  Cle-  ne,  ed  assolvere  i  ribelli  Colonnesi.  Ma 
Uienle  VII  e  de'cardinali  assediati  rigo-  Clemeule  Y"  pronielteva  piìi  che  uo^^ 


V  E  IN 
poteva  eseguire,  poiché  le  foltezze  erano 
nelle  mani  de'colle^nli.  Le  città  profit- 
tando della  «lissoluzione  del  governo,  si 
ridussero  molle  in  libertà,  o  venivano  oc- 
cupate dalla  prepotenza  de'  signori  vici- 
ni ,  COSI  Modena  e  Finale  dal  duca  di 
Ferrara,  così  nel  giugno  Piavenna  e  Cer- 
via nel  luglio  da'veneziani  che  ritennero 
3  anni,  sotto  l'onesto  colore  di  difender- 
le, dice  Rinaldi,  il  duca  d'Urbino  avea 
impiegato  le  sue  armi  per  dare  Perugia 
n'Hagiioni,  i  Pepoli  signoieggiavano  in 
Bologna,  Sciarra  Colonna  prese  Cameri- 
no, gli  spagnuoli  occupaiono  Ostia,  Civi- 
tavecchia, Viterbo  ed  altre  rocche,  ed  i 
tedes(  hi  combatterono  e  guastnrono  Nar- 
ni  e  Terni.  I  quali  ultimi  usciti  ili  Roma 
a'17  luglio,  nel  ritoinarvi  in  settembre 
misero  in  maggior  paura  di  prima  gl'in- 
felici romani. E  più  oltre  progredendo,  la 
repubblica  rimette  vasi  a'  1  j  agosto  in  pos- 
sesso anche  degli  antichi  privilegi  sulla 
nomina  de'  vescovati  e  altri  benefizi  ec- 
clesiastici, perduti  al  tempo  di  Giulio  H, 
e  pel  r.°  nominò  vescovo  di  Treviso  Ber- 
nardo de  Rossi,  Anche  Firenze  alla  no- 
tizia della  prigionia  del  Papa  rialzando 
il  capo,  a'i5  maggio  con  ri  volur.ione  cac- 
ciava i  Medici  e  si  costituiva  di  nuovo  a 
governo  popolare.  Osserva  il  Rinaldi, che 
mentre  Carlo  V  assai  gloriavasi  d'essere 
difensore  della  Chiesa,  teneva  prigione  il 
Vicario  di  Cristo,  e  permetteva  che  lan- 
iero e  Zuinglio,  e  gli  altri  mostri  d'em- 
pietà godessero  piena  hbertà,  e  lasciavali 
vivere  sicuri  e  dilatare  le  loro  pestilenti 
eresie.  Tanto  rimescolamento  di  truppe 
in  Italia,  il  sudiciume,  la  putrefazione  de' 
cadaveri,  aminoibarono  per  modo  l'aria 
che  s' ingenerò  fìerissima  pestilenza,  la 
quale  penetrò  anche  in  Venezia  ,  essen- 
dosi ne'suoi  primordi)  sospesa  la  (lera  del- 
l'Ascensione :  della  caresliu  che  contem- 
poraneamente aillisse  Venezia,  feci  ricor- 
do nel  §  Xli  ,  n-  i4-  Mirabili  furono  i 
provvedimenti,  sur)eriori  a  quanto  altro- 
ve fu  fatto,  e  se  non  valsero  a  impedire 
i)  male,  cetlaineale  molto  lo  mitigarono, 


V  E  [V  329 

e  restarono  ad  ogni  modo  monomento 
ilella  sapienza  veneziana,  che  si  può  fiiu- 
miiare  nella  Storia  del  prof  Romanin. 
Egli  esclama: »j  Tempi  sciagmatissimi  ia 
cui  in  mezzo  al  fiorir  delle  lettere  e  delle 
aiti  belle, in  mezzoad  una  ricerca  fors'an- 
co  eccessiva  dell'agiatezza  nelle  classi  su- 
periori della  società,  in  mezzo  alla  gloria 
<ritalia  fatta  maestra  di  civiltà  all'altre 
nazioni  ,  i  popoli  per  le  continue  guer- 
re, per  le  carestie,  pe' niicidiali  morbi 
erano  disfatti;  gli  animi  perdevano  ogni 
dignità  e  grandezza  ;  l'uKlipendenza  ita- 
liana veniva  meno,  tranne  a  Venezia  ; 
tempi  incili  la  scienza  del  governare  pa- 
reva consistere  nel  fare  e  roinpere  trat- 
tali, muovere  ad  ogni  pie'  sospinto  le  ar- 
mi, comprare  a  prezzo  d'oro  e  per  fate 
la  rovina  de'  sudditi  la  carne  umana  da 
mandare  spietatamente  al  macello".  Co- 
s'i linnovavasi  tra  Carlo  V  e  Francesco  [ 
la  guerra.  Fino  da'  3o  aprile  iSay  era 
stalo  concluso  nuovo  trattalo  tra  Fran- 
cesco I  ed  Eni  ico  Vili,  annunciando  pub- 
blicamente la  loro  intenzione  di  soccor- 
rere Clemente  VII.  Si  obbligò  il  re  in- 
glese a  fornir  grossa  somma  jìer  assolda- 
re un  considerabile  esercito  francese  ed 
adidarne  il  comando  al  maresciallo  Lau- 
trec  ;  alle  genti  veneziane  dovea  conti- 
nuare a  comandare  il  duca  d'Urbino;  en- 
trarono nella  lega  i  fiorentini.  Con  buo- 
ni auspicii  incominciò  la  guerra.  Lautrec 
prese  Alessandri. 1,  poi  ad  istanza  ile  ve- 
neziani lesliltiita  al  duca  di  Milano  ;  il 
celebre  Andrea  Doria  genovese, colla  flot- 
ta francese,  assoggettava  ili  nuovo  la  sua 
patria  a  ['^rancia.  In  pari  tempo  la  (lolla 
veneta  sotto  gli  ordini  di  Pietro  Laudo 
correva  i  mari  di  Sicilia, e  un'altra  armata 
sconfigi^i'va  r  imperiale  ne'  mari  di  Sar- 
degna. Laotrec  non  si  mostrò  disposto  a 
riprendere  ftfilano,  prima  di  marciare  su 
Roma  a  liberare  il  Papa,  allegando  egli 
al  duca  e  a'  veneziani  che  lo  pressavano, 
gli  ordini  del  suo  re  e  di  Enrico  Vili; 
[)ei  de  il  suo  tempo  intorno  a  Piacenza, 
tralleuulo  dal  venire  a   decisive   operai 


33o                   V  E  N  V  E  N 

zioiii  per  le  pratiche  di   pace  insinuate  per  sottrarle  agWimperiali,  ©ssère  già  sta- 
con  Carlo  V,  solo  interrotte  nel  seguente  te  d'appartenenza  della  repubbiicfi,  esser 
cennnio.   Il  Rinaldi  riporta,  e  pare  con  questa  pronta  a  riconoscerle  da  lui  ;  né 
niiolior  data  della  riferita,  a'  iS  agosto  tutti  i  buoni  ulUci  dell'ambasciatore  Ga- 
la conclusione  delli  lega  per  la  liberazio-  spare  Coiitarini  appositamente  inviatogli 
ne  del  Papa,  composta  de're  di  Francia  nell'aprile  i528  non  valsero  a  calmarlo; 
e  Inghilterra,  de'veneziani  e  degli  svizze-  coinè  nulla  dall'  altro  canto  ottenevano 
ri;  e  aggiunge  che  Carlo  V,  preso  da  gran  dalla  republilica  i  buoni    ulTici  di  b'ran- 
vergogna  che  il  supreraopnnoipedi  tutti  eia  e  Inghilterra,  rispondendo  ad  essi  i 
i  cristiani  fosse  suo  prigione,  comandò  a'  risentimenti  del  Papa  derivare    dall'isti- 
capilani  del  suo  esercito  di  liberarlo,  ma  gazioni  de'  nemici,  l'  occupazione  averla 
prima  lo  spogliassero  di  sue  ricchezze  e  fatta  per  conservare  la  R.omagna  e  le  al- 
f')rze,  perchè  non  potesse  vendicare    la  tre  terre  alla  Chiesa,  colla  totale  espul- 
ricevuta  ingiuria.  Le  quali  cose  indegne  sione  da  essa  de' cesarei,  anzi   non    avei* 
non  potè  dis^simulare  neanche  il  Giovio,  voluto  accettare  la  dedizione  di  ForPi,  ad- 
qiiantunque  scrittore  favorevole  agl'im-  duceudo  le  proprie  ragionisulle  due  cil- 
periali,  confessando  l'essersi  richiesta  al  tà  occupale  di     cui   ne  l'avea  spogliat.i 
Papa  una  gran  somma  d'oro  per  ridurlo  Giulio  II  e  perciò  emise   allora  proteste, 
in  povertà.  A'g  novembre  Cirio  V  scris-  Avere  da  due  anni  ormai  speso  due  mi- 
se coilesissima  lettera  a  Clemente  VII,  lioni  e  mezzo  per  la  guerra,  tuttora  con- 
io cui  si  scu^b  d  dl'eccidio  di  Roma  e  del-  tìnuando  per  maree  per  terra  con  gra- 
ie fellonie  commesse  dalla  violenza  mili-  voso  dispendio,  a  benefìcio  eziandio  d'f- 
tare  alla  sua  insaputa;  l'invitò  a  recarsi  talia  e  del  Papa,  e  tutto  qu  esto  non  po- 
in  Upagna,  ove   l'avrebbe  trattalo  con  ter  slare  a  confronto  delle  due  terre,  onde 
ogni   onore,   pregandolo   a  pacificare  il  sperare  qualche  onesto  accomodamento, 
inondocristiano  con  indurre  irediFran-  La  lega  intanto  erasi  rinforzata  coll'ade- 
cia  e  d'  Inghilterra   a  rivolgere   le  loro  sione  del  duca  di  Ferrara  e  il    marche- 
armi  contro  il  turco.  Invece  i  ministri  im-  se  di  Mantova;  ma   il    Lautrec,  fermo 
periali  prolungavano  la   liberazione  del  nel  pensiero  di  (av   prima  di  tutto  l'  ioa- 
Papa,  arrabbiali  pe'prosperi  successi  di  presa  di  Rorai  e  di    Napoli,  si  diresse  a 
Lautrec,  trattandolo  iniqtiamente,  prò-  quella  volta,  dopo  aver  costretto  a'  7  o 
j)i)nendogli  ogni  dì  patti  i  più  duri,  onde  17   febbraio   1  5^8    l'esercito   imperia- 
Clemenle  VII  con  lettera  scritta  da  Castel  le  a   partire  da   Roma  ,  coadotto  da  d. 
$.  Angelo  a' i  5  novembre  se  ne  dolse  ama-  Alfonso  d' Avalos   marchese  del   Vasto 
lamente  col  cardinal  arcivescovo  di  To-  parimenti  verso  Napoli   per   difenderlo, 
ledo.  Frattanto  Clemente   VII  non  cu-  come  ricordai  nel  voi.  LXXXIX,  p.  1 32. 
l'andò  il  contegno  dell'imperatore,  e  dif-  Lautrec  comparve   avanti  Napoli  a'  2g 
fidando  del  trattato  de'3  i  ottobre  i52j  aprile  con  2  5  galee,   3o,ooo  uomini  e 
cogl'imperiali  per  la  sua  liberazione,  l'S  una  turba  immensa  d'infermieri.  La  cit- 
dicembre  foggia  Orvieto,  travestito, col-  tà  era  difesa  dal  viceré  Moncada,  succes- 
le  gioie  de'  Triregni  cucite  nel  suo  abito  sore  di  Lannoy  morto  nel  precedente  sel- 
e  in  quello  del  suo  cameriere.  Allora  co-  tembre,  e  dal  principe  d'Orange,che  per 
rninciaiuno  nuovi  disturbi  pe' veneziani,  la  peste  era  partito  prima  da  Roma.  L'ar- 
poichè  il  Papa  non  riconoscendo  quanto  mata  veneto-genovese  batteva  il  mare  e 
essi  aveano  fattodurante  la  prigionia,  vo-  deliberava  ridur  Napoli  per  la  fame.  la 
leva  ad  ogni  modo  che  Cervia  e  Ravenna  tanta  pericolosa  emergenia  credette   il 
gli  fusseio  restituite.  Vane  lorrmrono  le  Moncada  opportuno  d'uscire  con  quanti 
rimostranze  del  senato:  averle  occupate  legni  polè  io  fretta  armare  per  tentare 


VEN 
tli  ballere  la  flotta  genovese,  prima  (li  sua 
congìuuzìone  colla  veneziana,  ma  fu  da 
Filippino  Doria  totalmente  sconfitto,  egli 
stesso  rimase  morto,  il  marchese  del  Va* 
sto  prigioniero,  quasi  tutti  i  legni  spa- 
gnuoli  presi  o  colati  a  fondo.  La  sorte  di 
Napoli  dopo  questo  fatto  pareva  dun- 
que decisa,  e  la  città  veniva  da'  francesi 
sempre  jiiù  stretta  e  fulminata  dall'ar- 
tiglierie, nel  tempo  stesso  che  1'  armata 
veneziana  devastava  le  coste  della  Puglia 
e  stringeva  Brindisi  e  Otranto,  quando 
ad  un  tratto  le  cose  cambiarono  daspet- 
to  per  la  lunga  resistenza  della  città,  per 
le  malattie  introdotte  nell'  esercito,  ma 
sopra  tutto  per  un  grave  errore  di  Fran- 
cesco I.  Genova  nell' arrendersi  a  Fran- 
cia avea  domandato  di  poter  reggersi  da 
se,  senza  governatore  straniero,  né  pre- 
sidio francese,  offrendo  di  pagare  in  com- 
penso 200,000  ducati;  mail  re  rifiutan- 
do questi  patti  smembrò  il  territorio  ge- 
novese staccandone  Savona,  per  farne  uu 
gran  porto,  che  avrebbe  rovinalo  Geno- 
va. Allora  i  genovesi  si  volsero  per  ap- 
poggio al  loro  compatriota  Andrea  Doria, 
che  già  sapevano  malcontento  di  Fran- 
cesco I,  e  trovarono  ascolto.  Il  re  avvisato 
dall'oratore  veneto  Gaspare  Contarini, 
non  vi  pose  importanza.  Questa  vedendo- 
la Lautrec,  consigliò  il  re  a  persuadere 
il  Doria  di  restare,  ma  senza  elTello,  e 
passò  al  servigio  di  Carlo  V.  Per  tal  fatto 
la  superiorità  marittima  si  trovò  dalla 
parte  spaglinola,  ed  anco  le  co<e  di  ter- 
ra volsero  alla  peggio  pe'francesi,  e  Lau- 
trec preso  dal  morbo  moti  a*  i5  agosto, 
imprecando  all'imprudenza  del  re  e  al- 
l'abbandono in  cui  r  avea  lasciato.  Il 
marchese  Michele  Antonio  di  Saluzzo  che 
gli  successe  nel  comando,  vedendosi  a 
mal  partito,  1'  8  settembre  intraprese  la 
ritirata,  perseguitato  dal  principe  d'  O- 
range  succeduto  al  Moncada  (questo  pritv 
cipe  benché  acattolico  e  comandante  il 
feroce  esercito  ladrone  che  desolò  Roma, 
mentre  era  viceré  di  Napoli,  il  Papa  già 
suo  prigioniero  lo  donò   dello    Stocco  e 


V  E  ìN  33 1 

Bcrrellone  lineale  benedetti  l  per  ecci- 
tarlo contro  i  turchi),  e  gettatosi  nel  ca- 
stello d'  Aversa,fupoi  costretto  rendersi 
prigioniero  con  tutti  i  suoi.  Tutto  l'eser- 
cito si  disperse,'e  così  finì  il  4-°  esercito 
francese  venuto  in  Italia  sotto  Francesco 
I.  Alla  sconfitta  di  ÌN'apoli,  tenne  dietro 
nello  slesso  iSaS  la  perdila  di  Genova, 
Andrea  Doria  fugando    0  pretideiido  le 
galere  francesi,  e  quindi  enlralo  in  pa- 
lazzo prese  possesso  del  governo,  ed  a'  1 3 
settembre  restituì  alla  patria    la  sua  li- 
I>erlà,  che  godè  sino  al  1797  col  governo 
repubblicano  di  dogi  biennali.  Combat- 
tevasi  intanto  anche  in  Lombardia,  con- 
tro gì'  imperiali  capitanati    dal  duca  di 
Bruuswich,  edovei  veneziani  comanda- 
ti dal  duca  d'Urbino,  col  francese  Saint- 
Paul  ripresero   Pavia,   ma  il   provvedi- 
tore Tommaso     Moro  impedì  che  nel 
sacco  fossero    manouiessi  i  luoghi  sagri  e 
i  monasteri,  proteggemlo  pur  le  donne  e 
i  fìuiciulli.  Saint-Paul  volle  fare  un  ten- 
tativo su  Genova,  contro  il  consiglio  de* 
veneti,  e  andò  a  vuoto.   La   repubblica 
esausta  dalle  spese  bramò  qualche  fallo 
risolutivo,  onde  il  duca  dUrbino  delibe- 
rò col  capitano  francese  d'espugnare  Mi- 
lano per  fame.  Passando  così  l'inverno, 
nel  marzo  iSag  il  senato  sollecitò  il  fine 
dell'  impresa  di  Milano  angustiala  dalla 
penuria  de'  cibi,  eccitando  il  re  e  i  fio- 
rentini a  cooperarvi.  Mi  in  uno  scontro 
successo  a  Lnndrianolra'francesi  e  gl'im- 
periali, quelli  restando  disfatti  e  Saint- 
Paul  prigioniero,  1'  avanzo  dell'  esercito 
scoraggiato  ritornò  in  Francia.  Ivi  il  re 
invece  di  far  preparativi,  veilendo  che  il 
Papa  ripugnava  a  dichiarare  Carlo  V  de- 
caduto dall'impero,  era  entrato  in  trat- 
tative con  esso,  il  quale  avea  dato  pieni 
poteri  alla  zia  Margherita  d'Austria  che 
trovavasi  a  Cambray,  ove  la  repubblica 
mandò  tosto  versogiugnoSebastianoGiu- 
stiniani  per  trattare  in  suo  nome  coll'im- 
peralore,  avvertendone  l'oratore  di  Lon- 
dra per  vegliare  se  si  macchinava  a  suo 
danno. Erano  incamminate  lepratichc  tra 


332  V  E  N 

l'aiciclucliessa  e  la  madre  del  re,  quando 
f|uesti  a  meglio  coprire  le  sue  intenzioni 
inviò  a  Venezia  il  vescovo  di  Tarbe,  mo- 
strando di  voler  continuar  la  guerra,  ma 
con  sì  gravose  condizioni  da  provocarne  il 
lilluto.  Difilli  pocr)  dopo  si  pubblicò  l'ac- 
cordo ili  Clemente  VII  e  Carlo  V,  segnilo 
a  Barcellona  a'^g  giugno  i  Ssg,  col  nun- 
zio Girolamo  Scledo  o  Schio  di  Vicenza 
vescovo  di  Vaison,  pel  quale  fu  stabilita 
pace  e  confederazione  perpetua,  promet- 
tendo il  Papa  all' in>peralore  l'investi- 
tura del  regno  delle  due  Sicilie,  con  re- 
missione del  censo  fino  allora  pagalo  pel 
feudo,  e  di  continuare  la  consueta  pre- 
sentazione della  Cliinea  nella  vigilia  del- 
la festa  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  durante  la 
sua  vita,  ed  in  rpiesla  poter  nominare 
25  chiese  del  regno,  cioè  7  arcivesctjvati 
e  18  vescovati.  In  compenso  di  che  Carlo 
V  si  obbligò  di  fare  restituire  alla  s.  Se- 
de da'  veneziani  Ravenna  e  Cervia,  dal 
duca  di  Feriara,  Modena  e  Ueggio.  Il 
Borgia  nella  Dif^-sti  citi  dominio  tempo- 
rale della  Sede  Apostolica  nelle  due 
Sicilie,  a  p.  3  i  o  e  seg.  fa  vedere  che 
non  ebbe  luogo  con  Carlo  V  la  promes- 
sa remissione  di  censo,  e  chiarisce  le  co- 
se su  di  questa  promessa  malamente  e- 
sposleda  alcuni  scrittoi  i.lmperocchèLeo- 
ne  X  ijnpose  a  Carlo  V  i'aiuiuo  censo  di 
y,ooo  ducali  d'oro  di  camera,  oltre  il 
cavallo  bardato  in  ricognizione  del  do- 
minio, e  lo  pagò.  Trovandosi  poi  il  Papa 
impotente  ad  obbligare  i  veneziani  a  re- 
slituirgli  Ravenna  e  Cervia,  e  da  Alfon- 
so I  riavere  Modena,  Pieggio  e  R.ubiera, 
e  trovandosi  in  pericolo  di  perdere  Par- 
ma e  Piacenza,  risolvette  d>  far  pace  con 
Carlo  V  adi  accordarsi  con  lui.  Nel  trat- 
tato si  obbligò  r  imperatore  di  fare  re- 
stituire alla  s.  Sede  i  mentovnli  luoghi, 
colla  condizione  e  con  pioinessa  asso- 
luta della  remissione  del  censo.  Ma  Carlo 
V  non  curò  l' adempimento  completo 
dell'assunto  obbligo,  poiché  favorendo 
apei  lamente  Alfonso  I,  nel  compromes- 
so tra  questo  e  ti  Pupa  sulle  loro  ddfereU' 


V  EN 

ze,  nel  suo  laudo  pronunziato  nel  i53i 
aggiudicò  al  duca  Modena  e  Reggio.  Vi 
si  oppose  Clemente  VII  e  non  volle  omo- 
logare il  laudo.  Non  avendo  dunque  Car- 
lo V  compito  al  concordato  di  Bai'cel- 
lona,  né  essendosi  purihcata  la  condi- 
zione, non  era  più  luogo  alla  remissio- 
ne del  censo,  il  quale  rimase  sul  piede 
da  prima  convenuto;  e  Filippo  II  suo 
figlio  e  successore  nel  reame,  continuò 
a  pagarlo  alla  Chiesa  romana  per  censo 
del  regno,  ch'esso  pure  teneva  qual  feu- 
do della  Chiesa,  e  così  fu  sempre  pagato 
da're  di  S[)agna  posteriormente  investi- 
li. Inoltre  Carlo  V  s^  impegnò  nel  trat- 
tato di  Barcellona,  di  ristabilire  in  Fi* 
renze  la  signoria  de  Meilici  nella  perso- 
na d'Alessandro,  e  a  questo  concedendo 
r  imperatore  in  isposa  Margherita  d'Au- 
stria sua  figlia  naturale:  che  la  sorte  di 
Francesco  II  duca  di  IMilano  sarebbe 
decisa  d'accordo  col  Papa:  che  i  vene< 
ziani  potrebbero  essere  ammessi  ne'lral- 
lali,  restituendo  i  paesi  occupati  nella 
Puglia  all'imperatore,  R.avenna  e  Cer- 
via al  Papa  e  pagando  un'  indennità. 
Per  altri  articoli  segreti,  il  Papa  conces- 
se all'imperatore  e  al  fratello  Ferdinan- 
do il  4-°  dell'entrate  de'beneficii  eccle- 
siastici per  adoperarle  contro  i  turchi, 
e  dichiarò  assolti  tutti  quelli  che  si  era- 
no resi  colpevoli  de' Pitti  di  Roma.  Que- 
sta pace  e  i  rovesci  degli  eserciti  fran- 
cesi fecero  determinare  anche  France- 
sco I  ad  un  qualunque  accordo,  nella 
pace  di  Cambray,  delta  delle  Dame, 
per  averla  coucIush  le  suddette  due  prin- 
cipesse. In  essa  il  re  di  Francia  sleal- 
mente non  curò  che  i  propri  interessi, 
trascurando  i  veneti  e  quelli  del  duca  di 
IMilano,  non  ostante  le  anteriori  assicu- 
lazioni  date  a'  loro  ambasciatori  nelle 
pratiche  da  essi  fatte  pe'concepili  sospet- 
ti. Il  vergognoso  trattato  di  Cambray  ivi 
si  pubblicò  nella  chiesa  a'5  agosto  solen- 
nemente, nella  qual  pace  si  stabib.  Che 
i  figli  del  re  fossero  liberi,  pagando  a 
Carlo  V  la  taglia  d'un  milione  e  200,000 


V  E  N 
ducali,  e  per  conio  dell'  impernlore  al 
re  inglese  altri  200,000  ;  che  France- 
sco 1  leslituiiebbe  all' imperatore  quan- 
to possedeva  nel  ducalo  di  fidano,  Asti 
e  Barletta,  e  (jiiaiil'idlio  teneva  nel  re- 
gno di  Nripoli;  di  pili  proleslereblie  ai 
veneziani,  die  secondo  i  capitoli  di  Co- 
gnac restituissero  le  terre  di  Puglia,  al- 
trimenti sarebbe  loro  nemico  con  aiutare 
r  im[)eratore  a  ricuperarle,  con  3o,ooo 
scudi  il  mese  e  una  tlolliglia  pagata  per 
G  mesi;  darebbe  compenso  ilelle  galee 
prese;  riuunzierebbe,  secondo  il  conve- 
nuto a  Madrid,  ulia  superiorità  sulla 
Fiandra  e  l'Artois,  non  che  alle  ragioni 
su  Tournay  e  Arras;  annullerebbe  il  pro- 
cesso di  Carlo  Borbone,  con  reintegra- 
zione del  suo  onore  e  beni  a' di  lui  suc- 
cessori ;  per  ultimo  s'obbligò  il  re,  di 
non  più  travagliarsi  delle  cose  d' Italia  o 
di  Germania,  o  di  favorirvi  alcun  prin- 
cipe in  pregiudizio  dell'imperatore.  Fu- 
rono inclusi  nel  trattato  il  Papa  e  il  duca 
di  Savoia;  anche  i  veneziani,  i  fiorenti- 
ni, il  duca  di  Ferrara,  quando  fla  4  niesi 
accomodassero  le  loro  vertenze  con  Carlo 
V.  Non  è  a  dire  quindi  quale  e  quanta 
fu  r  indegnazione  e  il  risentimento  dei 
collegati,  contro  il  re  di  Francia,  che 
avea  giuralo  nulla  concludere  senza  la 
loro  adesione,  meni  re  si  riconobbe  che 
il  re  temporeggiando  e  aspettando  il  fa- 
vore degli  avvenimenti,  pe'  pericoli  in 
cui  Irovavasi  la  Germania  pe' pretesi  ri- 
formati,e  l'Ungheria  minacciata  dai  tur- 
chi, avrebbe  potuto  profitlare  per  mi- 
gliorare le  coiulizioni  d'Italia,  se  a  suo 
favore  avesse  ripreso  le  armi.  —  E  quan- 
to a'  turchi,  dopo  il  conquisto  di  Belgra- 
do, r  Ungheria  e  la  Cro/izia  erano  ri- 
inasle  sempre  aperte  alle  loro  correrie, 
onde  Solimano  II  nel  i  52G  v'intraprese 
formidabile  spedizione,  oppoi  tunamente 
profillaiido  delle  nanatc  guerre  e  con- 
fusione d'Italia,  nella  quale  Luigi  il  re 
d'  Liigheiia  vi  perde  la  vila,e  la  capita- 
le Buda  venne  in  mano  del  vincitore, 
onde  l'arciduca    Fcrdiuaudo   suo   co- 


VEN  335 

guato,  e  fralello  di  Carlo  Y,  divenne 
re  di  Boemia  e  d'  Ungheria.  Tanta  po- 
tenza del  turco  spaventava  Venezia,  e 
neir  impossibililù  di  tenerle  fronte  col- 
le armi,  se  It^  c(iii>ervava  amica  con 
umiliazioni,  con  inviare  un'ambasciata 
al  sultano  di  gialulazione,  e  pregarlo  di 
astenersi  da  qualnncpie  violenza  contro 
i  veneziani.  Ad  attirare  nuovi  mali  sul- 
l' infelice  Ungheria,  sorgevano  le  discor- 
die tra  l'arciduca  e  allora  re  Ferdinando  [ 
e  Giovanni  Zapol>ki  voivoda  t!i  Trniisil- 
Vania  pretendente  a  quel  Irono,  da  loro 
disputato  sotto  gli  auspicii  del  turco,  che 
per  diritto  di  guerra  riteneva  suo  il  re- 
gno, e  solo  in  riguardo  del  iloge  Grilli 
e  del  suo  figlio  (nato  da  una  greca  essen- 
do ambasciatore  a  Costantinopoli,  che 
riuscì  insinuarsi  nella  grazia  del  sulta- 
no), e  per  l'amicizia  co'  veneziani,  non 
avea  debellato  ambedue.  Giovanni  ri- 
conobbe per  suo  signore  Solimano  11,  e 
uè  ottenne  da  lui  il  regno  e  prolezione 
contro  Ferdinando  I,  il  (juale  avendo  do- 
mandato a'turihi  i  luoghi  occupali  nel 
suo  regno,  essi  invece  con  alla  testa  il 
sultano  fra  i  solili  incendi  e  devastazioni 
si  presentarono  avanti  Vienna  a' 27  set- 
tembre i52q.  Però  il  valore  de' difen- 
sori, la  slHglone  avanzala,  la  penuria  de* 
viveri  obbligarono  il  sultano  a  ritirarsi 
a'i5  ottobre.  Tornato  a  Costanlin()|)oli, 
a  dissipar»  il  mal  umore  delle  truppe, 
Solimano  II  celebiò  grandi  feste  per  la 
ciiconcisione  di  due  figli,  alle  quali  in- 
vitò il  doge  Grilli,  che  vi  si  lece  rappre- 
sentare dall'ambascialoieTommaso  RIo- 
cenigo.  Dunque  i  veneziani  riscuotevano 
più  riguardi  da'  turchi,  the  da'cristiani 
e  dal  re  cristianissimo  I  11  progresso  de' 
turchi  era  sialo  veduto  con  occhio  di 
soddisfazione  da'veneziaui,  abbandonati 
dopo  tanti  sagrifizi  dagli  alleati,  perciò 
ridotti  a  qualuinpie  [)iii  disperala  riso- 
luzione con  favorire  e  incoraggiare  gli 
ottomani,  tenerli  a  giorno  di  tulli  gli 
avvenimenti  politici,  invocarne  i  soccor- 
si e  cousigliuie  i'iuvasioiiia  loi'u  ulililà. 


334  V  E  N 

A  lale  aveano  ridotto  la  lepiibblica,  os- 
serva il  prof.  Romanin,  stala  già  tante 
volte  il  baluardo  della  cristianità,  l'im- 
previdenza d'Europa  e  le  sue  misera- 
bili gare!  Dopo  peiò  la  Ritirata  de'tur^ 
chi  da  Vienna,  il   senato  rivolse  seria- 
mente i  suoi  pensieri  a  sollecitare  la  pace 
coli' imperatore  e  col  Papa,   le  cui  pra- 
ticbe  avea  coltivato  in  mezzo  al  rumore 
stesso  delle  armi,  facoltizzando  a  conclu- 
derla   l'oratore  Gaspare  Contarmi  eoa 
Clemente  VII  e  Carlo  V,  essendo  al- 
lora  ambasciatore  ordinario  presso    il 
Papa,   Antonio"  Soriano.   L'  affare  era 
scabroso  pe' diversi  partili  e  opinamenti 
del  senato,   molli  propugnando  la  con- 
servazione di  Piavenna  e  Cervia,  altri 
per  la  vera  concordia  e  pace:  questi  vin- 
sero, Acconsenlì  quindi  alla  restituzione 
di  Piavenna  e  Cervia,  salvi  i  diritti  della 
repubblica  e  con  un  perdono  generale  a 
quanti  a  lei  si  fossero  mostrati  favore- 
"voli  ;  si  conservassero  liberi  i  possedi- 
metili  e  le  rendite  a'sudditi  veneziani; 
fosse  uìanlenuto  nel  suo  stato  il  duca  di 
Mdano,  su  di  che  sempre  insistettero  i 
■veneziani,  anzi  per  primaria  condizione 
sìne  qua  non  j  aggiungendo  altresì  viva 
istanza  al  Papa  per  la  restituzione  nella 
giurisdizione  del  golfo,  conquistato  col 
.sangue  e  i  denari  degli  antenati;  e  fosse 
loro  concessa  la  nomina  di  5o  canonici, 
e  come  per  l'addietro  quella  de' vescovi. 
llConlarini  dopo  aver  trattalo  col  Papa, 
elle  trovò  fermo  nel  volere  le  sue  città, 
e  convenne  aderire;  passò  a  Irallare  col- 
r imperatore,  il  quale  trovò  propenso  a 
dare  lo  stato  di  Mdano  ad  Alessandro 
de  Medici,  in  pregiudizio  dello  Sforza, 
costantemente  sostenuto  da'  veneziani, 
onde  l'oratore  francamente  gli  disse,  in 
tal  modo  nel  principio  della  pace  si  co- 
mincerebbe dalla  guerra,  e  tanto  perorò 
con  eloipienti  persuasive,  che  ottenne  al 
duca  di   presentarsi   all'imperatore,   in 
ciò  appoggialo  coll'autorevole  mediazio- 
ne del  Pjipa,  il  quale  erasi  recato  in  Bo- 
logna per  coronarvi  Gallo  V  re  di  Lom- 


V  EiN 

bardia  eimperafcore.  Ivi  recatosi  il  duca, 
c(M  co  giustificarsi  deirimputata  ribellio- 
ne, e  fu  ben  accollo  ilalTituperalore,  che 
piìi  volte  lo  chiamò  col  titolo  di  duca,  e  lo 
licenziò  coll'assicurazione  che  sarebbero 
esaminate  presto  le  sue  ragioni.  Passan- 
do il  duca  a  ossequiare  il  Papa  lo  rin- 
graziò  di  quanto  avea  fatto  per  lui  col- 
l'imperalore,  e  vivamente  si  raccomandò 
a  continuargli   la  prolezione.  Le  feste 
dell'ingresso  del  Papa  e  dell'imperatore 
io  Bologna,  nel  declinar  del  iSag,  quel- 
le splendidissime  delle  due  coronazioni 
seguile  per  mano  del  Papa  ali  e  a'24 
febbraio  i53o  le  descrissi  in  molti  arti- 
coli, in  palle  ricordali  nel  voi.  LXVIII, 
p.  121,  e  magnificamente  illustrate  dal 
cav.  Gaetano  Giordani,  Della  i'eniita  e 
dimora  in  Bologna  di  Clemente  FU  per 
la  coronazione  di  Carlo  /^,  che  ripor- 
ta  il   trattato  di  pace  e  lega  concluso 
in  Bologna.   In  Bologna  il  duca  Sforza, 
ad  onta  della  nimicizia  di  Leyva,  pel  fa- 
vore del  Papa,  pe'ragionamenti  del  gran 
cancelliere  cardinal  Gatlinara,  per  le  pra- 
tiche del  Contarini  oratore  presso  Cle- 
mente VII,  a'23  dicembre  1^29  fu  da 
Carlo  V  investilo  del  ducato  di  Milano, 
nella  pace  in  tal  giorno  conclusa  ancora 
colla  repubblica  di  Venezia,  non  che  col 
re  Ferdinando  I  e  col  Papa.  Conferman- 
dosi in  generale  il  trattato  de' 29  luglio 
i523,  conseguenza  di  quello  di  Worms, 
si  stabilì  principalmente:  Che  i  venezia- 
ni  restituirebbero  al   Papa  Piavenna  e 
Cervia,  con   riserva  de'  diritti   da  loro 
godutivi,  con  piena  amnistia  a'cilladini, 
e  conservazione  delle  proprietà  e  privi- 
legi  de'  sudditi   veneziani;    resl»ituireb- 
bero  altresì  all'  imperatore  Trani,  Mo- 
nopoli, e  le  altre  piazze  e  terre  posse- 
dute nel  regno  di  Napoli,  confermando 
Carlo  V  a'veneziani  tulle   l' immunità, 
esenzioni,  prerogative  che  vi  avevano  per 
l'addietro,  e  restituendo  loro  altresì  la 
casa  di  s.  Marco  in  Napoli;  soddisfareb- 
be la   repubblica  al  restante  de'  ducali 
200,000  mila  già  coaveauli  pel  ricci- 


VEN 

dato  Irallato,  pogandone  a5,ooo  prima 
(Jeilo  spirare  del  mese  di  gennaio,  a  con- 
dizione die  gli  fossero  restituiti  enfio  uh 
anno  prossimo  1  luoghi  the  a  tenoie\lei 
60.**  arlicolodel  suddetto  trattatole  spet- 
tavano, il  perchè  avrebbero  a  nominare 
tra  20  giorni  ciascuna  delle  due  parti 
un  arbitro  ed  un  3.°  di  comun  piacete 
pel  caso  di  disaccordo,  T  quali  due  ai  bitri 
avrebbero  entro  all'anno  a  togliere  ogni 
diflerenza;   pagherebbe  la  1  epubblica  il 
resto  della  somma  a  ducati  25,ooo  l'an- 
no ;  pagherebbe  egualmente  i  5ooo  duca- 
ti annui  a'fuorusciti  ;  e  per  gratificar  Ce- 
sa re   gli  farebbe  Io  sborso  di  100,000 
scudi  d'oro,  metà  ne)  gennaio  prossimo, 
metà  nell'Ognissanti  dello  stesso  i53o; 
le    coiitioveisie  tig  il  patriarca  d' Aqui- 
le ia  e  i  minislii  del  re  Ferdinando  I  sa- 
rebbero decise  per  ai  bitri;  compi  cnde- 
vasi  nel  trattalo  di  pace  e  alleanza,  col- 
l'assenso  del  Papa,  il  suo  feudatario  Fran- 
cesco M.*  I  della  Rovere  duca  d'Uibino 
e  prefetto   di  Roma  con  tutte  le  città  e 
altri  suoi  possedimenti  ;  avrebbero  i  sud- 
diti delle  parti  contraenti  sicurezza  di  di- 
mora,  di  transito,  di  commercio,  buon 
trattamento  ne'reciproci  stati;  continue- 
rebbe la  repubblica  a  possedere  in  quie- 
te, sicurezza  e  pace  lolle  le  città,  terre, 
foltezze,  acque,  giurisdizioni  ec,  come  ai 
presente  :  sai  ebbe  conceduta  piena  amni- 
stia a  quelli  che  avessero  aderito  agl'im- 
periali, e  libertà- a' prigionieri.  Al  qual 
trattato  seguì  Tallio  di  confederazione 
tra  r  imperatore,  la  iepul>blica,  il  reFer- 
di  nando  1  e  Francesco  li  duca  di  Milano 
a    vicendevole  guarentigia  de'iispettivi 
possedimenti  in  Italia  e  a  difésa  di  que- 
sti contro  chiunque,  al  qiial  oggetto  de* 
terrainavasi   il  contingente  che  ognuno 
de'eollegati  era  in  obbligo  di  mettere 
in  piedi  ;  venendo  minacciato  INapoli  da 
qualche  potenza  cristiana,  la  repubblica 
di  Vepezia  sii  obbligava  a  somministrare 
io  sua  difesa  ij  galere  fornite  darmi  e 
di   truppe.  Si  compresero  nel   trattato 
^ev  parte  dell'  imperatore  le  icpubbli- 


V  E  iV  335 

the  di  Genova,  di  Sima  e  di  Lucca,  il 
duca  di  Savoia,  i  marchesi  di  Monferrato 
e  di  Mantova,  e  il  duca  di  Milano.  Il  duca 
di  Ferrara  fu  tibililato  a  prendervi  luo- 
go, quando  le  vei  lenze  col  Papa  fossero 
composte  :  come  lo  furono  lo  descrissi  in 
quelTarticoio.  Dice  il  Rinaldi  che  vi  fu 
(immesso  il  duca  d'Urbino  come  colle- 
galo de'vcncyiani.  Nella  sera  de' 24  di- 
ccml)re  iSsg  si  fìimò  da  tutti  questo 
trattato  di  pace,alla  i.'coiiferen7a  essen- 
dovi intervenuto  il  Papa,  alla  cui  presen- 
za il  celebre  Conlarinì  pronunziò  grave 
allocuzione,  in  cui  espose  la  narrativa 
delle  circostanze  per  cui  la  veneta  repub- 
blica fece  occupare  le  città  di  Romagna 
e  di  Puglia,  e  parlò  dello  slabile  sistema 
da  costituirsi  tra  gli  stati  italiani.  Aven- 
do la  repubblica  tosto  restituite  al  do- 
minio pontificio  Ravenna  e  Cervia,  la 
provincia  di  Romagna  fece  omaggio  di 
ubbidienza  al  Papa  a  mezzo  tle'suoi  ora- 
tori a'23  gennaio  i53o  in  Dologna.  Ivi 
nel  dì  seguente  a  Clemente  "Vii  si  pi  esen- 
tai ono  Marco  Dandolo,  Girolamo  Gia- 
denigo,  Luigi  Mocenigo  e  Lorenzo  Rra- 
gadino,  de' pi  incipali  senatori,  ad  espri- 
mere in  nome  della  repubblica  e  del  doge 
Gritli  i  sensi  di  congratulazione  per  la 
recente  conclusa  pace^  e  per  soddisfare 
alla  consueta  nlficiosilà  verso  la  s.  Sede 
in  persona  del  Sommo  Pontefice.  Ed  in 
luogo  del  Contarini,  ch'ebbe  licenza  di 
lipati  iare,  furono  presso  a  Carlo  V  so- 
stituiti come  oratori  slraoidinaii  Anto- 
nio Soriano  e  IN'icolò  Tiepolo;  per  risie- 
dere poi  in  qualità  d'ambasciatore  ordi- 
nario al  Papa,  fu  inviato  Marc'  Antonio 
Venier.  Sì  onorevole  ambasceria  liece  il 
suo  formale  ingresso  in  Bologna,  ed  at- 
trasse gli  sguardi  di  tulli.  Imperocché 
erano  essi  oratori  airasj)etto  e  al  porta- 
mento uomini  gravi  e  dignitosi,  e  porge- 
vano adequala  idea  della  splendidezza, 
maestà  e  potenza  del  veneto  senato.  In- 
dossava ciascuno  di  loro  serico  abito  di 
velluto  in  coslume,  con  l'aurea  toga  a 
larghe  maniche  discendenti  per  grandi 


336                  V  E  N  V  E  N 
pieghe  sino  a'  piedi,  la  quale  si  veileVa  novarono  rappresentanze  per  la  ricupera 
sostenuta  alle  spalle  da  durate  fibbie,  ed  del  regno  di  Cipro  occupato  da'veiiezia- 
aveniiu  essi  al  petto  collane  d'oro  h)ollo  ni  con  intendimento  di  non  restituirlo, 
grosse  e  di  granile  valuta.  La  comparsa  ancuiohù  il  duca  avesse  fallo  istanza  alla 
di  essi,  con  seguilo  di  donzelli  e  famigli,  repubblica  veneta  per  la  debita  restitu- 
che  portavano  vasi  pieni  di  ducati  per  zione.  Fu  però  convenuto  che  un'amba- 
legalare  all'  imperatore,  riuscì  oliremo-  sceria  onorevole  del  duca  medesimo  s'm- 
do  pomposa  e  in)ponente.  A'26  gennaio  viasse  a  Venezia;  e  perciò  nello  slesso 
il  Papa  ricevè  in  concistoro  formalmen-  giorno   Ormò   le*  lettere  patenti  per  gli 
te  ni  bacio  del  piede  gli  ambasciatori  di  ambasciatori  ducali  e  colle  debile  furma- 
Venezia,  ed  il  Bragadino  declamò  grave,  lilà  si  consegnarono.  L'imperatore  ado- 
crnata  e  degna  orazione  latina;  ruigia-  però  la  mediazione  della  duchessa  di  Sa- 
ziando Sua  Santità  pe'  paterni  ufiici  pas-  voia  colla  iluchessa  d'Urbino,  afilne  di 
sali  nel  pacificare  l' imperatore  augnilo  persuadere  il  marito  Francesco  M."  I  di 
col   senato   veneto,   e   per  aver  preso  a  cedere  alle  sue  brame  per  averlo  al  co- 
cuore  con  elevatezza  di  mente  e  con  be-  mando  de'suoi  eserciti;  ma  essendo  egli 
iiiguilà   d'animo   l'interesse  della  con-  impegnato  colla  repubblica  veneta  nel- 
turbala  e  vacillante  cristianilà.   Egual-  1'  ulficio  di   governat,ore  generale  delle 
niente  in  latino  e  in  nome  del   Papa  ri-  armi,  rispose  die  senza  licenza  della  si- 
spose  all'improvviso   il  segretario  mg/  gnoria  non  poteva  assumerlo.  Allora  l'im- 
Evangelisla  Tarascone,  che   per  Telo-  peratore  l' invitò  a  proporgli  chi  potesse 
(juenza  ne  riportò  sommo  vanto  e  ono-  lasciare  in  Italia  per  capitano  generale, 
ranza.A'2qdicembrei  medesimi  oratori  e  il  duca  nominò  il  Leyva,  che  fu  accet- 
ebbero  solenne  udienza  da  Carlo  V  cir-  tato.  Finalmente  in  Bologna  donò  Carlo 
condato  dalla  splendida  corte,  sedenilo  V  all'ordine  Gcrosoliinilano  l'isola  di 
nel  2."  gradino  del  trono  il  duca  di  Mi-  Mali.i,  cpial  parte  integrante  del  regno 
lano.  Toccò  l'ufficio  di  parlare  per  parte  di  .Sicilia,  e  onde  metturla  al  coperto  da' 
della  serenissima   repubblica  allo  stesso  turchi,    insieme  a  Trìpoli  di  lìarberia. 
facondo  Bragadino,  che  disciolse  la  lin-  La  famigerata  pace  di  Bologna  fu  1' ul- 
gua  con  oruatissitno  discorso  latino,  con  timo  colpo  che  troncar  dovea  l'esistenza 
assai  compostezza  e  nobiltà  in  molte  lau-  alla  repubblica  di  Firenze,  la  quale  v<j- 
di  d'un  tanto  monarca;  narrandone  di-  dendosi  minacciata  avea  invocato  l'aiu- 
slesamenle  le  gloriose  gesta,   la  grande  to  di  Venezia,  facendole  considerare  che 
liberalità  a  pio  del  duca  Sforza,  a   cui  se  Carlo  V  s'impadroniva  della  Tosca- 
limetleva   la  signoria  dello  sialo  Mila-  na,  neppure  i  veneziani  starebbero  bene, 
jiese;  e  la  magnaninutà  somma  per  la  II   senato  incoraggi  i  fiorentini  ad  ar- 
pace  restituita  all'Italia  :  laonde  a  nome  niarsi  e  difendersi,  assicurandoli  che  non 
del  doge  e  del  senato   veneziano,  rese  mancherebbe  di  sua   assistenza;  ma   la 
inlìnile  grazie  e  gli  presentò  le  piìi  vive  pace  di  Cambray  avea  sagrificalo  i  col- 
congi  alulazioni.   Dopo  di  che  l'oratore  legati.  Tuttavia  nel  luglio  i5i<^  avea  il 
baciò  la  mano  all'imperatore,  come  pur  senato  incaricato   il   duca  d' Urbino  di 
fecero  i  di  lui  colleghi.   A  tale  discorso  muovere  con  3ooo  fanti  alla  volta  di  Fi' 
dignitosamente  die  adequata  risposta  il  renze,  ma  il  duca  infermatosi  per  viag* 
cardinal  Gatlinara,  gran  cancelliere  e  gio  si  arrestò,  né  la  repubblica  volle  do- 
1.   iniperiale  ministro  di  stato.  A'6  mar-  mandargli  le  sue  genti.  Tale  tiepidezza 
IO  Carlo  111  duca  di  Savoia  colla  duches-  derivava  per  gli  avviamenli  di  pace  io- 
sa moglie  Beatrice  di  Portogallo  cognata  Irodutli  coli' imperatore  e  per  cui  a'2'.>. 
dell'imperatore,  a  questo  e  al  Papa  riu-  ollubrc  partiva   per  Bologna  il  Conia- 


YEN 

rini  munito  di  formale  procura.  Nel  frat- 
tempo le  truppe  imperiali  avvicinatesi 
sotto  il  cotuaudo  tlel  principe  il'Oianj^e, 
stringevano  sempre  più  la  città,  tlilesa 
eroicamente  da' fiorentini.  Allora  la  re- 
pubblica veneta  assunse  le  parti  di  me- 
diatrice, consigliando  Firenze  e  il  Papa 
a  qualche  composizione.  Il  Pieumout,  che 
riporta  rjuauto  riguarda  il  veneto  am- 
basciatore Carlo  Cappello,  dalla  repub- 
blica lasciato  in  Firenze  durante  l'asse- 
dio, gravemente  scrive.  »  JN'on  v'ha  pun- 
to motivo  di  dubitare  né  de'  sentimenti 
espressi  dall'  and)asciatore,  né  del  buon 
volere  della  repubblica  di  Venezia.  IMa 
Venezia,  non  senza  dinìcollà  riavutasi 
dalla  rovina  di  cui  minacclavala  la  lega 
di  Cambray,  e  sentendo  pur  troppo  sce- 
mata l'antica  forza,  aveva  di  già  inizia- 
la quella  politica  temporizzalrice  di  neu- 
tralità, dalla  quale  non  più  si  diparti 
fino  alla  sua  caduta  !  "  I  fiorentini  con- 
tinuarono a  difendersi  disperatamente, 
anche  dopo  la  pace  conclusa  da'  venezia- 
ni con  Carlo  Va  Bologna,  e  perciò  abban- 
donati da  tutti,  con  patriottico  entusia- 
smo, tutti  in  questo  superando  il  valoro- 
so Francesco  Ferrucci,  però  combattuto 
pure  da  spaventevole  fame  e  da  fune- 
sta pestilenza.  Il  Ferrucci  avea  concepito 
r  ardito  disegno  di  correre  a  Tioma,  al- 
lora indifesa,  onde  riempire  di  terrore 
il  Papa  e  fare  richiamare  sollecitamen- 
te rOrange  dall'assedio;  ma  la  signo- 
ria di  Fuenze  non  approvò  d'  avvenlu* 
rare  ad  un  esilo  fors'auche  infelice  quel- 
l'ultima speranza,  e  lo  volle  a  difesa  della 
città.  Aspro,  feroce,  disperalo  fu  il  com- 
battere di  Ferrucci  ;  l'Orange  stesso  vi  la- 
sciò la  vita,  poiché  ripeto,  Dio  hi  breve 
punì  colla  morte  tutti  i  sacrileghi  e  cru- 
deli massacratori  di  Piorna,  specialmente 
i  capitani.  Con  un  pugno  di  prodi  Fer- 
rucci si  ostinò  a  condjattere;  coperto  di 
ferite,  dovette  infine  soccombere.  Con- 
dotto innanzi  al  general  imperiale  Ma- 
ramaldo, questi  nel  pugnalarlo.  Tu  uc- 
cidi un  uomo  moria!  gli  disse  Ferrucci^ 

VOL.  XCII. 


YEN  337 

e  mandò  rtillimo  respiro.  La  libertà  di 
Firenze  tramontò  con  lui,  e  cominciò 
l'assoluta  dominazione  monarchica  Me- 
dicea in  Toscana,  e  Carlo  V  assunse  ii 
protettorato  dello  stato  di  Siena.  Cosi 
tutta  l'Italia  s'inchinò  all'imperatore, 
che  come  di  cosa  sua  disponendone,  nel- 
la questione  tra  Clemente  VII  e  il  duca 
di  Ferrara,  per  INIodena  e  Reggio,  al 
•3.°  aggiudicò  le  due  città  cou  malcon- 
tento del  Papa.  Pareva  alfine,  dopo  aS 
anni  quasi  continui  di  guerra  avesse  a  sta- 
bilirsi la  pace  generale,  sebbene  a  prez- 
zo d'umiliante  servitù  con  tutta  Italia 
in  balia  di  Carlo  V,  però  non  erano  e- 
stiote  ma  solo  differite  le  pretensioni  di 
Francia.  Il  dominio  dì  Carlo  V  diretto 
o  indiretto  da  un  capo  all'altro  della  pe- 
nisola, tranne  Venezia,  pesò  sui  popoli, 
anzi  sullo  stesso  Papa,  che  vide  con  do- 
lore elFetlaalo  ciò  che  tutti  i  suoi  pre- 
decessori si  erano  con  tanto  indefesso 
impegno  adoperati  ad  impedire,  special- 
mente da'lempi  di  Federico  li  imperato- 
re deposto  e  scomunicato.  —  Rassicura- 
te dalla  repubblica  di  Venezia  per  la  pace 
di  Bologna,  sebbene  a  dure  condizioni, 
le  sue  cose  di  Terraferma,  pose  ogni  stu- 
dio a  rimarginare  le  ferite  interne  e  a 
mantenere  la  (piiete  mediante  la  buona 
intelligenza  coli'  imperatore  e  con  oppor- 
tunisiimi  uflizi  presso  al  sultano  Solima- 
no II,  al  quale  il  congresso  di  Bologna  a- 
vea  destato  sospetti.  L'accrescimento  del- 
la {)otenza  de'  turchi,  il  soggiorno  delle 
loro  armate  nelle  frontiere  germaniche, 
scompigliata  l'Alemagna  da' furiosi  ere- 
tici, nel  tempo  che  l'imperatore  n'era 
assente,  faceva  d'  uopo  che  la  presenza 
d'un  re  potente  ponesse  freno  alla  cupi- 
dità delle  conquiste  degli  uni  e  alla  cre- 
scente temerità  religiosa  e  politica  degli 
altri.  Il  perchè  si  unirono  gli  elettori  dei- 
V Impero,  col  consenso  del  Papa,  per  do- 
mandare a  Carlo  V  un  capo  ognora  pron- 
to ad  opporsi  a' tentativi  de'doppii  ne- 
mici naturali  dell' impero,  che  sebbene 
operando  in  modi  diversi  uno  giovava  ai- 
22 


338  V  E  :i 

l'mllro.  Carlo  V  allora  acconscnt'i  che  suo 
fratello  minore  (e  non  primogenito  come 
Ifiluno  scrisse)  Fercliniìnclo  l  re  d'Un- 
gheria e  di  Boemia,  eil  arciduca  d'Au- 
stria, fosse  l'i  I  gennaio  i  53  i  eletto  re 
de'roniani;  ma  si  pentì  presto  di  lai  par- 
lilo, sì  contrario  agl'interessi  di  Fdip[)0 
Il  sno  figlio,  e  cercò  per  ogni  maniera 
di  far  aimullare  la  sua  elezione.  Ferdi- 
nando 1  si  mostrò  sordo  alle  sue  preghie- 
re e  alle  sue  minacce.  A  Clemente  VII 
mollo  piacque  la  scelta  di  Ferdinando  I, 
e  per  la  salute  della  repubblica  cristiana 
ne  confermò  con  bolla  l'elezione.  Coro- 
nalo re  de' romani, il  senato  gli  scrisse  let< 
lere  gralulalorie.  Trovo  nel  1 53  i  amlia- 
sciatore  presso  il  Papa,  Marcantonio  Ve- 
Tiier;  a  cui  poi  nel  1 533  nuovamente  suc- 
cesseAnlouio  Soriano.Nel  1 532  tornando 
Carlo  V  a  Bologna  per  riabboccarsi  con 
Clemente  VII,  la  repubblica  lo  fece  ri- 
cevere nel  Vicentino  dal  duca  d'Urbino. 
Avea  la  repubblica  nel  dicembie  i529 
invialo  Tommaso  Mocenigo  a  Costanti- 
uopoli,  durante  il  memorato  congresso, 
ad  assicurare  Solimano  II  di  sue  paci- 
fiche intenzioni,  ed  a  presentargli  ma- 
gnifici donativi  all'occasione  delle  feste 
della  circoncisione  d'un  figlio.  Nell'in- 
terno il  bisogno  estremo  dell'erario,  e 
saurito  ogni  altro  mezzo,  come  nel  i  522, 
ricorse  allo  spedieule  d' una  lotteria  «li 
di  gioie,  stabili  e  denaro;  l'esempio  fu 
seguilo  poi  anche  da  vari  particolari, 
talvolta  permettendolo,  tal  altra  vietan- 
dolo il  consiglio  de' Dieci.  Di  più  si  or- 
dinò la  revisione  delle  leggi,  si  rianimò 
il  commercio  cogl'  inglesi  incoraggian- 
dovi la  nobiltà,  si  rinnovarono  le  sem- 
pre inutili  leggi  contro  l' immorale  e  ro- 
vinoso Lusso  j  ma  la  miseria,  la  carestia 
opprimevano  il  popolo  e  si  trovavano 
scritti  minacciosi  sulle  muraglia  delle  ca- 
se e  del  palazzo,  cose  che  davano  molto 
a  pensare  a'seoalori,  siccome  insolite  a 
Venezia.  Niuna  meraviglia.  Lo  spirito 
de'uovatoi-id'  insubordinazione  e  libertà 
religiosa  era  collegalo  alla  politica,  uno 


VEN 

produceva  l'altra;  e  se  repressoli  i."  in 
diversi  stati,  da  per  tutto  s'insinuava  il 
2.",  tal  pesle  serpeggiando  ovunque.  INè 
le  condizioni  d'Eiuopa  erano  tali  da  po- 
ter concedere  un  disarmamenlo,  anzi  ve- 
dendo crescere  sempre  più  la  potenza  di 
Turchia,   il  senato  esortò  l'imperatore 
a  non  avvilupparsi  in  una  guerra  co'pro- 
testanti  di  Germania,  per  non  condurre 
i  seltarii  a  qtialche  disperato  spedienle,  e 
negli  slessi  sensi  scrivea  all'oratore  presso 
lii  s.  Sede,  colle  ragioni  e  le  scritture  do- 
versi illuminare  gì'  infetti  di  eresia,  fin- 
ché un  concilio  non  determinasse  quan- 
to si  abbia  a  fare.  Anche  il  prof.  Uomaniii 
rileva,  che  le  nuove  ardite  opinioni,  or- 
mai troppo  dilfuse,  si  mescolavano  come 
al  solilo,  alle  convinzioni  d'un  certo  nu- 
mero d'individui,  in  molti  altri  più  le 
passioni  di  ambizione  e  cupidigia,  lutto 
annunziava  che  alla  rivoluzione  religio- 
sa non  avrebbe  lardato  a  seguire  la  po- 
litica. Molti  portavano  l'erronee  dottrine 
di  Lutero  assai  piùollre,e  davano  origine 
all'idra  di  nuove  sette;  proponemlosi  al- 
cuni di  valersi  di  quel  grande  e  lagrimevo- 
le  commovimento  per  metter  le  mani  sul- 
la proprietà  di  tulli,  come  aveano  fitto 
sulla  ecclesiastica,  e  pretendendo  di  rifor- 
mare l'ordine  sociale,  predicavano  l'ab- 
bassamento de'signori,  la  comunanza  dei 
beni,  il  Socialismo  moderno;  turbe  fa- 
mliche  percorrevano  la  Germania  incen- 
diando, saccheggiando,  uccidendo,  irri- 
tale dall'elezione  di  Ferdinando  i  in  re 
de'romani,  e  solo  le  concessioni   in  ma- 
teria di  religione  fatte  nel  i  532  da  Car- 
lo V  a  Norimberga, una  delle  diverse  paci 
religiose  e  tutte  pi  egiudizievoli,  poterono 
rilardare  stentatamente  ancora  di  alcu- 
ni anni  lo  scoppiare  della  guerra.  I  pro- 
gressi di  quella  del  turco  in  Ungheria  e 
Transilvania  davano  da  pensare  alla  re- 
pubblica per  evitarla,  maneggiandosi  col 
sultano  su'traffici,  per  iujpedire  la  rovi- 
na totale  al  suo  commercio,  e  perciò  ri- 
cusandosi d'entrare  contro  di  esso  nella 
lega  del  Papa  coli' imperatore  e  altre  pò- 


VEN 

lenze,  e  di  sussidiai-  Corone  minaccinla 
fla'  lurclii.  Essendo  la  pace  col  tiuco  per 
Venezia  una  questione  d'esistenza,  era 
impos-iibile  il  conservarla  per  l'insorgere 
ilegii  eventi.  La  crescenle  audacia  de'pi- 
rati  africani,  giunse  a  prendere  France- 
sco Dandolo  capitano  del  golfo  e  il  sopra- 
roniilj  IMarco  Cornnro,  con  disdoro  del 
nome  veneziano,  obbligò  ad  armare, e  fu 
incaricato  Girolamo  Canale  di  raccoglie- 
re la  flotta  e  provvedere  alla  sicurezza 
<le'  nriari.  Infine  avvenne  tal  caso  cbe  per 
poco  non  la  trascinò  in  quella  guerra  cite 
con  tanta  cura  s'ingegnava  di  fuggire. 
Il  1."  novembre 1 533,  nel  mare  di  Cau- 
dia,  il  Canale  colla  flotta  s'incontrò  con 
una  squadra  turca  di  12  galee,  e  cre- 
dendola di  pirati  l'investì  e  quasi  di- 
strusse;bella  vittoria  macchiala  dalla  stra- 
ge de'  prigionieri.  Potendone  le  conse- 
guenze tornare  assai  funeste  alla  repid)- 
blica,  si  affrettò  di  mandare  il  segtetario 
Daniele  Ludovici  al  sultanocollesue  scu- 
se; e  ciò  mentre  Ferdinando  I  lo  ricer- 
cava di  pace  rimettendogli  le  domanda- 
le chiavi  di  Varadino  e  d'interporsi  coi 
fialello  per  la  restituzione  di  Corone,  con 
l'atrasso  prese  da  Andrea  Doria.  Ad  on- 
ta del  disprezzante  orgoglio  del  gran  vi- 
sir Ibrahioi,  il  sultano  a'23  giugno  i  533 
si  paciflcò  con  Ferdinando  I,  e  il  compe- 
titore Zapolski  restò  vaivoda  di  Transil- 
vania,  ambo  soggetti  alla  Porta.  Le  guer- 
re tiucliesche  e  le  confusioni  di  Germa- 
nia favorivano  mirabilmente  i  ilisegni  di 
Francesco  I,  il  quale  non  potendo  darsi 
pace  di  vedersi  sfuggila  di  mano  l'Italia, 
manteneva  segrete  pratiche  a  Costantino- 
poli coi  sultano  e  a  lìoma  col  Papa,  a' 
danni  del  suo  eterno  rivale.  Profittando 
della  passione  di  Clemente  VII  per  la  sua 
famiglia,  l'indusse  a  dare  al  suo  figlio  se- 
condogenito e  poi  Delfino  Enrico  duca 
d'Orleans  in  isposa  la  nipote  Caterina  de 
Medici  figlia  di  Lorenzo  già  duca  d'Urbi- 
no, e  ad  accompagnarla  a  IMarsiglia,ed  ivi 
con  esso  si  abboccò  nel  1  533.  Il  congresso 
durò  da' 12  ollobre  al  12  noveml>re,  Del 


339 


VEN 

quale  oltre  il  trattarsi  della  conversione 
dall'apostasia  d'Enrico  Vili  re  iVInghil- 
terra,  il  Papa  per  secondare  i  desiderii  di 
Francesco!,  soltanto  a  voce  gli  fece  intra- 
vedere che  sareijbe  contento  se  ricuperas- 
se il  ducato  di  Milano;  approvò  il  disegno 
di  muover  guerra  a  Carlo  V  in  Fiandra 
e  Spagna,  per  Germania  facendo  calar 
altre  genti  in  Italia,  aflìnchè  i  veneziani 
costretti  a  guardar  i  propri  confini,  aves- 
sero motivo  plausibile  coll'imperatore di 
non  poter  marciare  control  francesi  nel 
Milanese.  Dipoi  Clemente  VII,  a  tenersi 
amica  la  republalica,  finalmente  approvò 
1'  imposizione  di  1 00,000  ducali  sul  cle- 
ro, e  die'buone  speranze  circa  alla  nomi- 
na de'  vescovati  vacanti,  dal  senato  rido- 
mandala. Il  che  fu  inlerrotto  dalla  mor- 
te del  Papa  avvenuta  a*  iS  settembre 
I  534,  e  dopo  1 7  giorni  gli  successe  Pao- 
lo III  Farnese,  nome  che  preso  peres«er 
nato  sotto  Paolo  II  veneziano.  Nella  sede 
vacante  il  figlio  dei  duca  d't^/'/'wo  sen- 
za il  pontificio  assenso  aveasposaloGiulia 
Varani  di  12  anni,  ed  erasi  impadronito 
del  suo  ducato  di  Camerino  feudo  della 
Chiesa.  II  Papa  gl'intimo  di  evacuarlo,  e 
per  non  ubbidire  stava  per  procedere  col- 
le censure  e  ricorrere  all'  armi,  quando 
per  non  lui  bare  la  quiete  d' Italia  s'in- 
terposero r  imperatore  e  la  repubblica, 
coi  componimento  di  scudi  32, 000  dati 
per  dote  di  Giulia  dal  Papa,  il  quale  ri- 
prese il  ducato  come  feudo  decaduto.  Im- 
perversando Etnico  Vili  nello  scisma,  vi 
trascinò  il  regno,  si  sottiasse  dall'  ubbi- 
dienza della  s.  Sede,  e  dichiaratosi  pre- 
teso capo  della  chiesa  Anglicana,  Pao- 
lo III  lo  scomunicò  e  sentenziò  deca- 
duto dal  regno,  uno  degli  Stati  tribu- 
tari della  s.  Sede  (F.).  iNel  i535  Pao- 
lo III,  mentre  avea  per  ambasciatore 
presso  di  lui  Lorenzo  Bragadin,  creò  car- 
dinale il  più  volte  lodalo  oratore  e  pa- 
trizio veneto  Gaspare  Contarini,  alla  sua 
insaputa  e  assente.  Ricevè  la  notizia  di 
sua  promozione  nell'atto  in  cui  nel  pub- 
blieo  consiglio,  qual  savio,  estraeva  dal- 


34o  V  E  N 

r  urna  i  nomi  de'  senatori  per  confeiii- 
loro  le  magistialiii e.  Ripugnò  per  alcun 
teonpo  ad  acceltare  la  sublime  dignilà, 
ma  convinto  alfine  da  gravissime  ragioni 
si  acquietò  alla  volontà  del  Fonlefìce, 
Questi  inoltre  creò  cardinali  i  patrizi  ve- 
neti Pietro  Denibo,  il  quale  per  l'istanze 
del  doge  e  del  senato  accettò,  Andrea  Cor- 
nare e  Girolamo  A  leandri  della  Motta  nei 
Fnuli  nunzio  di  Venezia, e  qual  nunzio  a 
Francesco  I  era  stalo  fallo  prigione  con 
lui  a  Pavia.  Intanto,  il  provvisionato  di  lai 
le,  il  milanese  Meraviglia,  per  aver  ucci- 
so un  Castiglione,  venne  in  ]Mdano  deca- 
pitalo. Francesco  I  raoutòiu  furia  riguar- 
dandolo per  ambascialore,mentre  era  solo 
spedito  per  interessi  particolari, uè  accet- 
tò le  giustificazioni  del  duca,  protestando 
vendetta.  Con  tale  pretesto  inviò  un  eser- 
cito in  Italia,  die  avea  cominciato  a  in- 
vadere la  Savoia,  pel  diritto  che  vi  vanta- 
va per  parte  di  sua  madre,  quando  Carlo 

V  per  conservarla  pace  avea  spedito  al  re 
per  trattare,  equando  a'24  oltubrei535 
morì  Francesco  II  duca  di  Milano  senza 
lasciare  eredi  diretti,  dopo  tm  anno  e  pò- 
obi  mesi  del  suo  matrimoniocon  Crislier- 
na  figlia  del  redi  Danimarca  e  nipote  del- 
l' imperatore. Questa  morte  contuibò  l'I- 
talia, massime  i  veneziani  pel  nuovo  in- 
grandimento che  poteva  venirne  all'im- 
peratore allora  in  Napoli,  reduce  col  mar- 
chese del  Vasto  e  Andrea  Doria  dall'im- 
presa di  Tunisi(F.'j,  per  punire  il  farno- 
so  corsaro  Chaìreddin  o  Ariadeno  Barba- 
rossa  bey  d'AlgerijCheavea  battuti  in  più 
incontri  gli  spagnuoli  e  desolato  le  spiag- 
gie  napoletane  e  Fondi,  pel  momento 
fiaccandone  la  potenza  con  vincerlo  e  fu- 
garlo. A  Napoli  dunque  i  veneziani  gli 
mandarono  4  ambasciatori  pregandolo 
avere  a  cuore  la  pace  d'Italia.  Intanto  as- 
sunse il  governo  di  Milano  per  lui  Anto- 
nio di  Leyva,  il  quale  domandò  a  Carlo 

V  di  nominarlo  governatore. Ma  vari  era- 
no i  prelendenli  al  ducalo:  oltre  l'impe- 
ratore che  vi  teneva  diritto  sovrano,  lo  de- 
sideravano il  fralelloFerdiaando  1  per  uno 


YEN 
de'suoi  figli,  il  redi  Francia  pel  suddetto 
figlio  Enrico  colla  rinunzia  al  regno  di 
Napoli  e  delle  ragioni  di  Caterina  de  Me- 
dici alia  signoria  di  Firenze  e  al  ducalo 
d'Urbino.  Non  pare  che  vi  aspirassero  an- 
che i  veneziani, come  si  disse,  bensì  esse- 
re ciedilori  di  ben  1  00,000  ducali,  e  spet- 
tar ìoi'o  de  /tire  Cremona;  ed  alle  pratiche 
di  Francesco  I,  ond'essere  favorito,  rispo- 
sero che  vedrebbero  mal  volentieri  un 
nuovo  movimento  d'armi  in  Italia  per  la 
cui  (juiete  tanto  aveanospesoe  sofferto,  e 
perchè  sarebbe  un  fomentar  l'eresie  de' 
luterani  e  le  ostilità  de'  turchi.  Carlo  V 
volle  rinnovar  la  lega  con  Venezia;  essa  vi 
consentì  nel  gennaio  1  536,  comprenden- 
dovi anche  Ferdinando  I,  e  serbando  luo- 
go al  Papa,  e  al  futuro  duca  di  Milano 
che  r  imperatore  prometteva  nominare. 
E  in  questo  la  repubblica  era  di  fermo 
volere,  per  l'equilibrio  politico,  braman- 
do un  duca  di  Milano  di  sua  soddisfazio- 
ne a  pace  d'Italia.  La  lega  però  grande- 
mente spiacque  a  Paolo  III  e  Francesco 
I,  laonde  le  cose  sempre  più  s'intorbida- 
vano, e  il  senato  sollecitò  1'  imperatore  a 
nominar  presto  il  duca,  anche  un  figlio 
dei  re  di  Francia,  e  di  evitare  un  nuovo 
incendio  in  Italia.  Avendo  fitto  Carlo  V 
a*  5  aprile  ilsuo  Ingresso  solenne  in  Ro' 
ìna(y.),\\\e  nella  camera  del  Papa,  co' 
cardinali  e  prelati,  chiamò  tutti  gli  am- 
basciatori, allora  presso  la  s.  S^éa  es- 
sendolo di  Venezia  Marcantonio  Conta- 
rini,  e  con  un  discorso  dichiarò:  Esse- 
re venuto  in  Italia  a  visitare  i  suoi  stati 
e  domandare  a  Sua  Santità  un  concilio 
per  regolare  le  cose  della  Chiesa,  la  qua- 
le era  ben  disposta  col  suo  capo  Paolo  II[ 
(come  lo  era  stalo  il  predecessore  Cle- 
mente VII,  e  lo  rilevai  nel  voi.  LXXIX, 
p.  820),  ma  essere  impossibile  il  parlarne 
se  prima  tutti  i  princìpi  cristiani  noti  fos- 
sero in  pace:  egli  averla  sempre  procu- 
rata, non  il  re  di  Francia  per  aver  fatto 
sempre  il  contrario,e  dacché  egli  era  stato 
proposto  alla  corona  imperiale  continua- 
mente cercò  di  guerreggiarlojcd  ora  muo- 


VEN 

vereconti'oSavoia  per  fargli  dispello(che 
il  discorso  fu  impiutlente  e  fusloso, lo  ri- 
marcai pure  nel  vol.LXVII!,p.  122);  do- 
ver essere  quindi  scusato  se  vede  vasi  co- 
slrelto  entrar  di  nuovo  in  guerra  dopo  tan- 
te provocazioni,e  ad  evitarla, pe'danni  che 
ne  deriverebbero  alla  cristianità,  sarebbe 
conlento  far  duello  col  suo  rivale;  che 
quanto  al  ducalo  di  Milano  sarebbe  pur 
contento  darlo  al  duca  d'Angoulè(ue  (ter- 
zogenito di  Francesco  1),  col  consenso  de' 
coiifederali  e  malleveria  della  pace;  che 
se  poi  \\  re  volesse  assolulamentela  guer- 
ra, saprebbe  sostenerla.  Poi  domandò  l'e- 
vacuazione di  Savoia,  la  revoca  delleque- 
relè  contro  i  genovesi,  la  ratifica  de' ca- 
pitoli di  Madrid  e  di  Cambray;  che  Fran- 
cesco I  rinuiiziasse  ad  ogni  lega  co'prin- 
clpi  germanici  e  col  duca  di  Gueldria. 
Quanto  al  ducato  di  Milano,  avesselo 
pure  Angouieine  a  titolo  di  feudo,  spo- 
sando la  vedova  dell'  ultimo  duca  col- 
la dote  di  100,000  ducati,  e  col  palio 
che  in  mancanza  di  figli  maschi  legit- 
tiuìi  il  ducato  dovesse  pervenire  libero 
nelle  mani  dell'  imperatore,  il  quale  po- 
trebbe disporne  a  piacimenlo;  intanto 
finché  l'Angoulèine  fosse  in  età  da  ma- 
trimonio, il  ducato  o  almeno  il  castello  di 
Milano  rimanesse  in  mano  dell'impera- 
tore; il  duci  d'  Orleans  rinunziasse  ad 
ogni  prelesa  su  Firenze;  il  re  fornisse  le 
galee  di  Provenza  per  l' impresa  contro 
Algeri  ;  consentisse  al  concilio,  facesse  le- 
ga per  le  cose  d'  Italia  col  Papa,  con  lui, 
con  Venezia  e  coli'  Angou'èiue  duca  di 
Milano.  - —  Alleaccuse  di  Carlo  V,  rispo- 
se Francesco  1  con  altre  accuse;  le  con- 
dizioni proposte  furono  con  isdcgno  ri- 
gettate e  la  guerra  venne  dichiarata.  Fu 
esercitata  prima  nel  Piemonte  tra'fran- 
ces!  egl'iinpeiiali  capitanali  da  Carlo  V, 
indi  questo  portò  learmi  nella  stessaFran- 
ciae  nella  l*tovenza,  ma  moleslati  ovun- 
que dal  prode  contestabile  Anna  di  Moiit- 
morency,  e  trovando  il  paese  spietata- 
mente già  fallo  deserto  dagli  stessi  france- 
si.per  le  malattie  uè  morì  ilLey  vo  e  iu  me- 


VEN  34i 

là  dsH'esercito;  bisognò  abbandonar  gli 
as-iediid'Arles  e  Marsiglia,  quindi  ritirar- 
si fra  continue  perdite  fino  al  Varo,  che 
l'imperatore  dopo  due  mesi  ripassò  a'aS 
settembre  1 636. Carlo  V  sostituì  al  Leyva 
e  fece  capitano  generale  del  ducalo  di  Mi- 
lano il  marchese  del  Vasto  Alfonso  d'A- 
valos.  Nel  precedente  mese  Francesco  I 
perdei!  primogenito  Francesco  Delfino. 
La  prepotente  passione  accecò  l'  animo 
nobile  del  re  cristianissimo:  Francesco  I  si 
alleò  con  Solimano  II,  ed  invitala  la  re- 
pubblica se  ne  schermì,  limitandosi  a  ben 
guardare  il  golfo  colla  ilotta,ingiungendo 
d  evitar  ogni  scontro  al  capitano  generale 
Girolamo  Pesaro.  Per  non  aver  aderito 
alla  lega,  il  sultano  fece  molestare  i  ve- 
neziani, ed  unita  nel  i53j  la  sua  flotta 
comandata  dal  Darbarossa  alla  h'aocese, 
fu  assediata  l'isola  di  Corfìi,  pe'  suoi  ot- 
timi porti  stimata  l'antemurale  d'  Italia 
contro  i  barbari  maomettani,  all'  opere 
della  natura  i  veneziani  avendovi  aggiun- 
to quelle  dell'  arte  colle  fortificazioni.  Il 
valore  de*  difensori  e  quello  de'  corfiotti 
respinse  gli  attacchi,  ed  a'  1 5  settembre 
l'isola  era  già  liberata,  solo  rimanendo 
Barbarossa  a  correre  i  mari  e  desolare  le 
coste  d'Italia.  L'allegrezza  de'  veneti  fu 
però  di  corta  durata,  per  le  minacce  cui  si 
trovarono  poi  continuamente  esposte  al- 
tre parti  del  loro  dominio,  e  per  le  perdile 
ch'ebbero  a  solfiire  nell'Arcipelago  l'iso- 
le possedute  da  particolari  famiglie  d'ori- 
gine veneta,  oltre  Napoli  di  Romania  e 
.Malvasia  della  repubblica,  però  assedia- 
te invano.  11  senato  ancora  contribuì  al- 
la tregua  caldeggiata  da  Paolo  III,  il  qua- 
le desiderava  l'accordo  tra'  principi  cri- 
stiani per  volgerne  poi  le  forze  contro  i 
turchi.  A  tale  elFelto  il  Papa  combinò  fra' 
due  monarchi  un  congresso  a  Nizza,  re- 
candosi nel  maggio  egli  stesso  benché 
vecchio  di  più  che  70  anni.  11  Papa  si  ab- 
boccò con  ambedue,  ma  non  gli  riuscì  di 
riimirli  a  ragionare,  poiché  il  re  non  si 
mosse  dal  villaggio  di  Villeneuve  e  l'im- 
peratore restò  sulle  galere  nel  [ùccolo  por- 


342  V  E  N 

totliViIlafraiica(giàsluloasilotleirortline 
GcrosoUinitano,  do[)o  la  partenza  da  Ro- 
di: della  leceiilo stazione  russa  può  veder- 
si VENTiMiGLiA);ouiIol*aoloIll  liallò  coi- 
l'uno  e coll'allio,  perchè  Ira  loro  non  si  fi- 
davano bencliè  cognati.  Il  pomodella  di- 
scordia era  semjìre  il  ducato  di  Milano. 
Tuttavia  tali  e  lauti  furono  gli  uflki  del 
Papa  e  degli  ambasciatori,  uiassiuie  i  ve- 
neti, che  noi)  potendosi   venire  ad   una 
pace  definitiva,  fu  conclusa  almeno  una 
tregua  per    i  o  anni,  stabilendosi  :    Che 
ciascuno  conservasse  le  terre  occupate,  e 
sagrificando  interamente  il  duca  di  Sa- 
voia Carlo  MI,  che  per  sospetto  non  avea 
voluto  ricevere  i  principi  entroNizza,onde 
ilPapa  alloggiò  nel  con  vento  de'francesca- 
Ili  del  sobborgo,fii  inoltre  con  venuto:  Che 
il  paese  di  Vaud  restasse  alla  S\'izzera; 
Ginevra  fosse  in  libertà;  la  Eresse,  !a  Sa- 
voia e  due  terzi  del  Piemonte  si    tenes- 
sero da'francesi,  il  resto  dall'imperatore; 
per  cui  al  duca  di  Savoia  non  reslava  pe' 
delti  I  o  anni  che  la  piccola  contea  di  Niz- 
za. Carlo  V  ritenne  il  Milanese  ;  Fran- 
cesco I  la  città  di  Hesdin  in  Fiandra,  e 
il  protettorato  della  Mirandola  iu  Italia, 
silo  opportunissirao  a' futuri  disegni  di 
Francia,  signora  io  pari  tempo  del  passo 
delle  Alpi  e  di  s'i  gran  parte  del  Piemon- 
le.  Cos'i  a'  i  8  giugno  terminarono  le  con- 
ferenze di  Nizza.  Siccome  Paolo  III  nel 
precedente  1 536  avea  solennemente  con- 
vocato il  concilio  ecumenico  a  Mantova, 
indi  prorogalo  in  quest'anno iSSy,  pro- 
pose a'due  sovrani  trasferirlo  a  Vicenza, 
convenendovi  i  veneziani,  ma  essi  lo  pre- 
garono a  dilazionare. Nel  1 538  rS  febbra- 
io in  Roma,essendo  ambasciatore  Giovan- 
ni Basadonna,  fu  segnata  la  lega  fra  il 
Papa,  Callo  V,  Ferdmando  1  e  Venezia 
contro  i  turchi,  i  cui  progressi  sempre  più 
allarniavuno  tutta  la  cristianità.  Per  es- 
sa si  obbligarono  gli  alleali   di   mettere 
in  mare  200  galee  e  i  oo  navi  sotto  il  co- 
mando di  Marco  Grimani  già  patriarca 
d'A.juileia,  di  Andrea  Doria,  e  di  Vin- 
cenzo Cappello  ;  si  formerebbe  uu  eser- 


V  EN 

cito  di  5o,ooo  fanti  italiani  e  spagnuoli, 
con  20,ooo  lunzichenechi  (soldati  tede- 
schi a  piedi  o  fanti  di  lancia,  anche  guar- 
die del  principe),  e  5oo,ooo  uomini  d'ar- 
me, e  le  necessarie  artiglierie  e  munizio- 
ni; tulle  le  città,  i  castelli,  le  isole  già  ap- 
paileneiiti  alla  repubblica    sarebbero  a 
cpiesla  resliliiile,    in  uno   alla   bocca   di 
Cattili  ocCoroiu';  l'impero  di  Costoidiuo- 
[joli  con  lulle  le  sue  giurisdizioni, com'e- 
ra posseduto  dall'ultimo  imperatore  gre- 
co, sarebbe  dato  a  Carlo  V,  con  inoltre 
(juaiito  gli  spettasse  come  re  delle  due  Si- 
cilie; Pujili  tornerebbe  all'ordine  geroso- 
limitano ;  formerebbesi  uno  stalo  conve- 
nicnle  per  la  s.  Sede  in  compenso  delle 
sue  spese;  quanto  poi  si  acquistasse  ol- 
tre alle  delle  terre,  sarebbe  diviso  pro- 
porzionatamente Ira  gli  altri  principi  clic 
entrassero  nella  confederazione.  Invano 
s'invitò  il  re  d'Inghilterra.  Grandi  prov- 
visioni furono  quindi  falle  dalla  repub- 
blica, inclusi  vamente  al  denaro.  Ad  assu- 
mere il  coma  odo  generale  delle  truppe  da 
sbarco  si  olFiì  con  lieto  animo  Francesco 
M.M  duca  d'f//^/ViO,  come  notai  in  tale 
arlicolu,  avendo  egli  consiglialo  la  guerra 
attiva  e  offensiva.  Ma  mentre  esso  attiva- 
mente se  ne  occupava,  si  ammalò  in  Ve- 
nezia e  trasportato  a  Pesaro  vi  mori  nel- 
l'ottobre. La  repubblica  gli  decretò  una 
slalua  equestre  di  bronzo, ma  le  guerre  ne 
frastornarono  il  di  visamenlo.  Egli  soleva 
dire,  che  non  vi  era  la  piìi  savia  testa  del 
mondo  di  quella  del  senato  di  Venezia. 
Dipoi  il  suo  figlio  Guid'Ubaldo  II  diven- 
ne governatore  di  tulle  l'  armi  venete  ; 
ed  il  suo  figlio  Francesco  M.^  Il  fu  tenu- 
to al  s.  fonte  dalla  repubblica  di  Vene- 
zia, e  poi  fu  decorato  della  Calza.  Della 
relazione  fatta  da  Lazzaro  Mocenigo  sul- 
lo stato  d'i/ri/Vio  quando  fu  ambasciatore 
nelle  nozze  di  quest'ultimo  duca,  ne  par- 
lai nello  slesso  articolo.  Poco  dopo  Fran- 
cesco I  seppe,  che  prima  del  congresso  a- 
vea  Carlo  V  proposto  al  re  d'Inghilter- 
sa,  benché  avesse  ripudiato  la  sua  zia  Ca- 
terina d'Aragona  per  sposare  Iu  sua  dru- 


V  i:  N 

tl;i  Roìena  (cagione  ilei  suo  iiifelioe  per- 
vei  liineiito  e  di  ijiiello  del  regno),  di  dar- 
gli in  ispo'sa  la  vedova  diicliessa  di  ìMi- 
J  Ilio,  e  alla  figlia  sua  il  proprio  nipote 
infante  di  l^orlogallo  col  ducato  di  Mi- 
lano per  dote,  purcliè  s'impegnasse  nel 
caso  ili  guerra  d'entrare  coi»  buon  eser- 
cito in  Francia.  Spaventato  Francesco  I 
da  tale  pratica,  per  meglio  certificarsi  del- 
l'amicizia  di  Carlo  V,  to>to  inviò  a  lui 
la  propria  moglie  e  sua  sorella  Eleonora, 
per  invitarlo  a  nuova  conferenza  in  Ai- 
guesmortes  nella  Linguadoca.  L'impera- 
tore accettò,  ricevuto  con  i^plendide  e  a- 
iniclievoli  dimostrazioni,  riferite  a'  loro 
luoghi.  Le  conferenze  durarono  dal  i4 
al  17  luglio  £538,  e  con  tante  recipro- 
che carezze  come  se  Ira  essi  non  vi  aves- 
se avuto  mai  guerra,  da  atTeltuosi  cogna- 
ti !  il  re  levatosi  di  dito  un  grosso  dia- 
mante ne  fece  dono  all'  imperatore,  e 
questi  vi  corrispose  con  altro  gioiello.  Il 
re  era  inquietissimo  contro  i  veneziani, 
per  non  aver  voluto  accettare  i  partiti 
proposti,  e  volle  unirsi  all'imperatore  per 
aiutarlo  alla  monarchia  (forse  d'Italia). 
Sollecitato  poi  alla  lega  contro  il  turco, 
!Ì<pose  ali' oratore  veneto:  »  Se  Carlo 
\'  farà  quanto  sì  è  impegnato,  io  non 
mancherò  di  corrispondergli,  e  di  far  co- 
noscere al  mondo  che  sono  principe  cri- 
stiano quanto  ogni  altro".  Fece  poi  avvi- 
saie  la  repnhblica  dal  suo  arahascialore, 
che  Carlo  V  la  manterreblie  in  guerra 
per  consumarla  e  indurla  alla  sua  ubbi- 
dienza, e  farsi  quindi  signore  di  tutta  I- 
lalia  ;  onde  badasse  bene  a'futli  propri  e 
cercasse  d'accomodar  le  cose  col  turco. 
L'esperienza  pur  troppo  poco  tardò  a  di- 
inoNti;aie  qual  assegnamento  potesse  far- 
si sull'im[)eratore.  Nel  giugno! 538  usci- 
ta la  llotta  turca  comandata  dall'ammi- 
raglio Darbarossa,  fu  valorosamente  re- 
spinta a  Candia,  ed  il  sangiacco  di  Mo- 
rea  dovè  ritirarsi  dall'assedio  di  Napoli 
di  Romania  pur  difesa  con  prodezza;  ma 
III  D.dmazia  i  turchi  presero  Nadine,  U- 
lauo  e  Nona,  uun  senza  tuÌDacciare  il 


V  E  N  343 

Friuli.  Preparandosi  una  gran  battaglia 
navale,  il  general  Cappello  avendo  giù 
raccolto  a  Corfìi  una  considerabile  llot- 
ta, vi  si  congiunse  il  patriarca  Grimani 
colle  galee  papali,  ma  perderono  prezio- 
so tempo  per  attendere  l'armata  di  Spa- 
gna, e  solo  condusse  un  debole  rinforzo 
Ferrante  Gonzaga  viceré  di  Napoli,  con 
voler  aspettare  il  Doria.  Impaziente  il 
patriarca,  con  36  galee  si  recò  ad  assali- 
re Prevesa,  ove  fu  più  coraggioso  che 
prudente,  onde  dovette  ritirarsi  ;  nondi- 
meno conobbe  il  sito,  e  servi  a  facilitare 
la  vittoria,  senza  risultati,  che  poi  vi  ri- 
portarono gli  alleati.  Forse  per  tale  azio- 
ne fu  al  prelato  coniata  quella  medaglia 
di  cui  parlai  nel  voi.  LXXXI,  p.  324. 
Arrivato  Andrea  Doria,  però  con  una 
parte  della  flotta,  gli  alleati  marciarono 
contro  Prevesa,  a  combattere  il  Barba- 
rossa  ch'eravi  entralo,  con  36  galee,  2 
galeoni  e  3o  navi  armate.  Furono  incon- 
trate dalla  flotta  turca,  e  già  il  Cappello 
l'avea  obbligata  a  indietreggiare,  quan- 
do il  Doria  si  ritirò.  Uscita  di  nuovo  la 
flotta  nemica  col  Barbarossa  da  Preve- 
sa, bell'occasione  si  presentava  per  com- 
batterla, e  nuovamente  il  Doria  con  pre- 
testi ricusava  il  combattere  ;  ma  pel  ra- 
gionare energico  del  Cappello,  svergo- 
gnatosi arrese  e  dispose  l'ordine  del  com- 
battimento ponendosi  innanzi  agli  altri,  e 
nel  retroguardo  collocò  il  patriarca  Gri- 
mani.  Ma  fu  il  Cappello  che  lo  provocò 
alla  pugna,  essendo  le  sue  manovre  in- 
decisive ;  tuttavia  dopo  alcuni  vantaggi, 
temendo  arrischiare,  ad  onta  degli  sfor- 
zi del  Cappello  convenne  ritirarsi  a  Cor- 
fìi in  disordine,  sbattuti  dal  dolore  e  dal- 
l'avvilimento.  Fatti  orgogliosi  i  turchi  si 
recarono  a  Paxò,  12  miglia  da  Corfìi,  sfi- 
dando l'armata  de'collegali,  ma  invano 
per  l'opposizione  del  biasimevole  conte- 
gno del  Doria,  e  dopo  insulti  contro  i 
cristiani,  essendo  avanzato  l'ottobre,  si 
ritirò  nel  golfo  di  Larta.  Tale  fu  il  ri- 
sultamento  di  tanto  apparecchio  di  navi 
dall'una  parie  e  dall'altra  a  Prevesa,  e 


344  ^'  ^  ^ 

laula  aspellazioiie  e  lante  speranze  furo- 
no iicloUe  al  niente  con  non  poca  vergo- 
"ua  (Je'ciisiiani.Tale  evento  non  si  niau- 
còda  un  calilo  d'attribuirlo  al  Doiia  tiop- 
no  cupido  della  propria  grandezza  per  ar- 
liscliiarla  tutta  ad  un  tratto  o  per  con- 
cedere che  altri  con  magnaniaie  impre- 
se potessero  offuscarla,  perciò  rampogna- 
lo dagli  storici  principalmente  veneti  ; 
dall'altro  si  riconobbe  sempre  più,  che 
l'ini peratore  voleva  una  guerra  difensi- 
va e  non  offensiva.  Laonde  l'ultimo  fat- 
to di  quest'anno  della  flotta  ispano-ve- 
neziana  fu  la  presa  di  Castelnuovo  in 
Dalmazia,  poi  riperduto  pel  conquisto 
che  ne  fece  il  Darbarossa,  e  chiude  vasi 
colla  morte  del  doge  Gritli  avvenuta  a' 
27  o  28  dicembre  i  538  di  84  anni.  Ri- 
putato il  più  venusto  de'siioi  concittadi- 
ni, l'egregia  furtua  della  i  .^età  di  tutto  il 
corpo  conservò  nella  vecchiezza,  a  segno 
che  non  minore  maestà  da  vecchio  rite- 
neva, di  quello  che  dignità  nell'  età  vi- 
rile e  leggiadria  neiradolescenza.  Nel  da- 
re o  rendere  il  saluto  non  poteva  essere 
più  ilare  e  giocondo  il  suo  aspello.  Al- 
l'incontro se  irritato  dalla  malvagità  al- 
trui, non  vi  era  aspetto  più  terribile  del 
suo.  Inclmato  alla  giocondità,  ne'più  se- 
veri affari  non  intermise  i  piacevoli.  Eb- 
be sepolcro,  dopo  solenni  esequie  e  splen- 
dido elogio  funebre  di  Bernardo  IN'ava- 
gero,  che  rilevò  le  sue  grandi  qualità  co- 
me cittadino,  capitano  e  principe,  nel 
ten)[iio  di  s.  Francesco  della  Vigna,  di- 
rimpetto la  qual  chiesa  la  famiglia  di  lui 
possedeva  il  vasto  palazzo,  che  donato 
poi  al  nunzio  pontifìcio  per  residenza, 
Gregorio  XVI  concesse  a'francescaui  di 
detta  chiesa,!  quali  l'unirono  al  convento 
mediante  cavalcavia.  Il  grandioso  monu- 
mento sepolcrale  fu  eretto  d'ordine  del 
doge  insieme  ad  altro  simile  per  l'avo 
Triadano. Questo  illustre  doge  avea  preso 
per  divisa  Atlante  che  sostiene  il  globo 
mondiale  col  mollo  :  Suslinef,  ncc  fa- 
liòcil.  La  repubblica,  dice  Laugier,  non 
ebbe  un  doge  più  degno  tli  sua  confìdcn- 


VEN 
za,  né  più  sliaialo  da*  suoi,  né  più  con- 
siderato dagli  stranieri.  E  giustamente, 
poiché  pervenuto  alle  prime  dignità  in 
tempi  biu'iascosissiini,  avea  saputo  e  col 
consiglio  e  colle  militari  gesle  salvare  la 
patria.  Benefico,geueroso, magnifico,  d'a- 
nimo grande,  fu  avido  di  gloria  e  parve 
che  nel  suo  ducato  si  arrogasse  più  au- 
torità del  dovere,  protesse  gli  sludi,  le 
belle  arti  e  l'industria. Erasi  proposto  ara - 
[)liare  il  palazzo  col  demolire  le  fabbri- 
che ioconUo  ad  esso  di  là  del  rivo,  ove 
ora  sono  le  prigioni,  e  fornirlo  d'  orti  e 
giardini  e  con  ogni  fregio  abbellirlo.  Nel 
suo  dogado  sursero  ovunque  edifizi  ec- 
celsi a  ulteriore  decorazione  di  Venezia, 
fra'  c[uali  la  Biblioteca  vecchia  0  almeno 
cominciata,  la  chiesa  di  s.  Giovanni  Ele- 
mosinai io,  e  il  palazzo  de' Camerlenghi 
a  Rialto.  In  questo  dogado  e  nel  i528 
fu  coniata  la  moneta  denominata  gaz- 
zella^ la  quale  valeva  due  soldi.  Già  ne 
feci  cenno  nel  §  XV,  n.  2,  o  voi.  XCf, 
p.  354,  perchè  vuoisi  che  da  essa  prese 
il  nome  il  foglio  periodico  della  Gaz' 
zclla.  L'  ingegno  poderoso  del  veneto 
Vittore  Fausto  inlese  forse  riprodurre 
l'antica  quinquereme,  celebrata  allora 
con  rime  e  con  prose,  anche  dal  cardinal 
Bembo.  Ciò  riferisce  il  biografo  Casoni. 
Ma  siccome  la  quinquereme  del  Fausto 
fu  costruita  circa  il  1529,  nel  qual  anno 
venne  cimentata  alla  prova  con  una  ga- 
lea ordinaria,  e  nel  iSyo  questa  quin- 
quereme perì  a  cagione  di  un  fidmine, 
ond'è  che  nell'anno  slesso  fu  varalo  un  al- 
tro galeone,anni  prima  lavorato  dal  Fau- 
sto, (ìtùì  c[ìia\  galion  si  conserva  ancora 
il  modello  nell'  arsenale  ;  cosi  altro  è  la 
OuiiKjuerenie,  altro  è  il  Galeone  del 
Fausto. 

27.  Pietro  Laudo  LXXFIH  doge. 
Discendente  da  antica  nobilissima  fami-, 
glia  altinate,  nella  i."  sua  gioventù  bat- 
tè la  via  del  mare  pe'trafllci  della  mer- 
catura, e  toccando  le  scale  principali  al- 
lora frequentale  da' veneziani, divenne  a- 
bile  nocchiero  e  perilissioio  uavigaloic. 


V  E  N  V  E  N  345 
Inizialo  negli  sludi  legnli,  servai  quimli  la  ni,  le  quali  discussioni  finanzlarre  riferi- 
[taliia  nelle  civili  oiagistraluie,  e  dedi-  le  dal  prof.  Romaniii  sono  inipoi-tmiti, 
Cdlosi  poscia  pei  inclinazione  allearmi,  come  quelle  che  dimostrano  le  vedute  e- 
peicorsi  i  vari  gradi  della  marittima  gè-  coiiomiclie  de'  veneziani  a  quel  tempo, 
rarchia,  in  breve  si  distinse  con  segnala-  Eransi  incamminata  praticlie  per  pncifi- 
te  imprese  ;  il  perchè  venne  elevalo  a  ca-  carsi  col  turco,  favorite  didl'ambasci-ito- 
pilano  generale  di  mare,  nel  qual  carico  le  francese  Laforel,  nominato  Pietro  Zen 
ricuperale  le  terre  di  Puglia,  condottosi  a  Costantinopoli  a  dimostrare  la  dispia* 
con  lode  a  vantaggio  della  patria,  que-  ceni-a  della  repubblica  per  gli  occorsi  av- 
sl.i  lo  guiderdonò  esaltandolo  a  procu-  venimenti,  e  sapendo  non  essere  il  sul- 
ralore  di  s.  Marco.  Quanto  era  per  ma-  tano  avverso  alla  tregua,  fu  incaricalo 
nieie  aiTabile  e  per  cuslumi  umanissimo,  trattarla  pel  più  lungo  termiue  possibile, 
allretlanto  fu  d' onirao  fermo,  rigoroso  Ma  ammalatosi  il  Zen,  nel  giugno  gli 
osservatore  della  giu<itizia  e  inesorabde  venne  sostituito  TouìroasoConlarini, no- 
neirammiuìslrarla.  Si  narra  da'cronisli,  tificandosi  tutto  all'imperatore.  Già  eia- 
che  trovandosi  podestà  a  Padova,  al  iu-  si  ottenuta  una  tregtia  di  3  mesi,  ma  il 
Siro  della  cui  università  grandemente  Barbarossa  non  si  asteneva  dal  molesla- 
coiilnbiù,  confermò  la  giudiziaria  sen-  re  le  terre  venete,  trovando  però  buona 
tenya,  per  cui  era  condannato  al  taglio  resistenzaa  Cattare  dal  rettore  Gio.  Mal- 
del  capo  un  suo  figlio  naturale,  quanluu-  leo  Bembo,  ricompensato  dalla  re[)ub- 
que  grandemente  lo  amasse.  Innamora-  blica  con  crearlo  cavaliere  dello  speron 
lo  costui  di  giovane  donna  avea  ardito  d'oro,econ  assegno  mensile  di  200  ducali 
baciarla  sulla  pubblica  via.  Osserva  il  eh.  a  lui  e  suoi  figli.  Dilficili  riuscirono  i  ma- 
Casoni  biografo:  'j  Questo  trasporto,  che  ncggi  col  sultano  per  le  sue  esigenze,  e 
oggi  vien  forse  qualificato  come  riprove-  ranii)aNCÌalorefu  licenziato.  Allora  gli  fu 
vole  licenza  d'amore,  non  cosi  riputava-  surrogato  Alvise  Badoer  per  una  tregua 
si  in  quell'età  di  esatti  e  severi  costumi,  generale  e  colle  migliori  condizioni  pos- 
cia si  teneva  invece  per  delitto  massimo,  sibili,  ed  il  consiglio  de'Dieci  gli  die'  al- 
per  imperdonabile  onta  falla  al  pudore  Ire  segrete  istruzioni,  cioè  di  sagrificare 
ili  vereconda  donzella,  che  per  tale  atto  una  parte  per  salvare  il  resto,  colla ces- 
rimaneva  eternamente  vituperala".!  non  sione  ancoia  ili  Napoli  ili  R.oinaniae(li 
ordinari  di  lui  talenti  svilupparono  la  ftlnlia^iia  bramale  ilal  turco.  11  consiglio 
potenza  loro,  cos'i  nella  romorosa  aitivi-  de'Dieci  tlagli  ultimi  a  T  anni  del  secolo 
là  della  guerra,  come  nelle  ponderale  e  XV,  era  divenuto  per  la  sua  aggiunta  in 
serie  pratiche  della  diplomazia.  Eletto  cui  cullavano  i  principali  rappresentanti 
ambascialorepressoPapaLeone  Xe  pres-  del  governo,  così  polenle,  che  le  sue  in- 
sù l'imperatore  Massimiliano  I,  dimostrò  ciimbenze  non  piìi  ristrette  a  quelle  d'un 
in  quelle  legazioni  quanto  valesse  nella  tribunale  criminale  pe*  delitti  contro  la 
politica,  e  giunse  ad  ottenere  quel  su-  sicurezza  pubblica  e  i  buoni  costumi,  si 
premo  premio  che  Venezia  serbava  al  più  erano  eslese  di  tanto  ad  abbracciare  ne' 
lueritevole  de' suoi  ottimati,  eleggendolo  casi  più  gravi  anche  la  politica  esterna, 
a  doge  a'iQ  geiiuaioi53g.  La  necessità  Inlàlli  avea  in  parte  maneggiato  la  ces- 
del  continuo  armamento  consumava  a  sione  di  Cipro  fatta  dalla  regina  Cornaro 
questo  tem[)o  le  forze  della  repubblica,  alla  repubblica,  trattalo  gli  alfari  di  Pi- 
esauriva  tulle  le  fonti  di  ricchezza  e  di  sa,  e  tutte  le  faccende  di[)lomaliclie  dti- 
sussidii  al  pubblico  erario.  Fu  a  lungo  laiile  la  guerra  per  la  lega  di  Cambiay. 
di>putato  in  senato  sul  modo  di  rinve-  L'e-.perieiizaaveaoruiai  dimostrato  l  ini- 
une  nuovo  denaro,  mcdiaule  imposizio-  po:isibi!ilà  della  segretezza  iu  uu'asscui' 


34G                   V  E  N  V  E  N 
Mea  eoa  numerosa  com'era  cpiflla  del  tutti  essendone  irritali,  considerando  la 
fenato,  e  perciò  questo  delegava  a'Oieci  città  vomlnta  al  redi  Francia,  con  gran 
le  materie  più  delicate  e  della  massima  vergogna  della  repubblica.  Convinti  i  rei, 
iiiipoi  tan/a,  e  i  Dieci  davano  poi  conto  fmono  impiccati  l'AbondiojNicolòCavaz- 
(l<;iro[)erato.  Inlarito  tutte  le  arti  usate  za,  e  Gio.  Francesco  Valier  altro  com- 
(lal  f'adoer  per  ottenere  da'turclii  le  mi-  plire:  Costantino  Cavazia,  M  ifTlo  Lion, 
gliori  condizioni  riuscivano  vane  per. es  Alniorò  Dellln  ebbero   il   bando.    A'  i  o 
t-eie  quelli  ostinati  nel  volere  le  due  cil-  settembre  1542  f<»  rinvigorita   la  legge 
tà  :  tanto  costante  esigenza  ne'pascià  de-  die  proibiva  ogni  relazione  cogli  amba- 
iivava  da  infame  tradimento,  pel  quale  sciatori.  Intanto  la  repubblica   avea  do- 
liti erano  istruiti  della  commissione  se-  vnto  concludere   a' 2    ottobre    114'^  I*' 
j;ieta  che  avea  il    Badoer  di   consentire  |>ace  alle  condizioni  volute  da  Solimano 
all'  ultima  estremitii  anche  alla  cessione  II, approvandola  il  senato  a'2  novembre, 
(il  Napoli  di  Romania  e  di  Malvasia.  Pili  1  veneziani  cederono  al  turco,  oltre  alle 
tardi  si  conobbe,  che  i  fratelli  Costanti-  terre  già  ìLì  questo  occupate,  anche  Ni- 
no e  Nicolò Cavazza,  l'uno  segretario  de'  l")li  di  Pi.omania  e  Malvasia,   asportan- 
Dieci,  r  altro  del  senato,  ricevendo  sti-  done  le  campane,  le  artiglierie,  le  muni- 
pendii  dal  re  di  Francia,  comunicavano  zioni,  potendovi  i  veneziani    domiciliati 
ogni  cosa  al  suo  ambasciatore  a  Venezia  restare  sicuri  delle  vite  e  sostanze;  pa- 
Guglielmo  Pellisier,  che  di  tutto  istruiva  gherebbe  la  repubblica  3oo,ooo   ducati 
la  l'orla.  La  cosa  venne  in  chiaro  quan-  per  rificimento  de' danni;  sarebbe  j)ace 
do  il  consiglio  de'Dieci  a' I  7  agosto  I  542  coli'  isole    dell'Arcipelago    ancor    rima- 
pubblico  largo  premio  a  chi  avesse  fatto  iienti  a'veneziani  ;  le  navi  venete   non  en- 
conoscere  coloro  che  tradivano  i  segreti  trerebbero  all'  improvviso  ne'  porti  tur- 
delia  repubblica, e  Girolamo  Martolosso  chi,  bensì  per  naufragio;  i  navigli    delle 
svelò  ciò  che  da  tanto  tempo  si  maneg-  due  nazioni  incontrandosi  ammainereb- 
giava,  per  averlo   saputo   dalla   moglie  bero  le  vele,  in  segno  d'atnicizia  ;  i  cor- 
il' Agostino  Abondio   colla  quale  era  in  sari  presi  da'veneziani,  si  manderebl)er  o 
tresca  an)orosa.  Costantino  fuggì,  Nicolò  al  sultano  per  la  punizione;   le    parli  si 
fu  arrestato,  e  l'Abondio  si  salvò  in  casa  aiuterebbero  scambievolmente,    né  da- 
dell'  ambasciatore  francese.  Unavogado-  rebbero  soccorsi  a'nemici;  reciproci  com* 
i'(',  col  capitano  grande  o  capo  bargello  pensi  a'sudditi  danneggiati  ;contiuuereb- 
ile' Dieci  si  recò  dall' ambasciatore    per  bea  risiedere  un  bailo  a  Costantinopoli 
ottenere  la  consegna  d'Abondio.  Appena  per  3  anni,  cambiandosi  con  altro,  giu- 
li  videro  i  famigli,  piombarono   armati  dicaodo  ledillerenze  fra'veneziani  ;  quel- 
su  di  loro,  ed  essi  chiamati  i  birri,  nella  le  tra  questi  e  i  turchi  dal  cadì,  presente 
zuda  restarono  vari  feriti  d'ambe  le  parti,  il  dragomano  veneto,  oltre  altre  conven- 
L'avogadore  subito  fece  dell'accaduto  re-  zioni  favorevoli  a'veneziani,  e  le  sostanze 
lazione  al  doge  e  alla  signoria,  la  qude  de'  morti  si  consegnerebbero  al  bailo;  re- 
ordinò che  per  forza  si    prendesse  r  A-  stituzioneo  compenso  pegli  schiavi  fuggiti 
bondio  e   i  feritori,  se    l'ambasciatore  e  pe' prigioni  fatti  da'corsari  ;  pighereb- 
iion  li  rilasciava, assaltando  anche  la  casa  be  la  repubblica  annui  5oo    ducati  per 
con  armi  da  fuoco.  Penetrali  gli  armati  Z  mie  e  8000  per  Cipro;   libera   uavi- 
iiella  residenza   francese,   1'  Abondio  fu  gizione,  e  visita  a  Costantinopoli  e  alla 
consegnaloefecegrandi  rivelazioni; quin-  bocca  dello  Stretto  ec.  Questa    pace  pe' 
di  molti  arresti,  e  pubbliche  mormora-  sagrifizi  fatti  fu  biaìimata,   però    fruttò 
zioni  de!  popolo  di  credere  rivelatori  de'  3o  anni  di  quiete,  sufficienti  a  far  ricu- 
segreti  gli  stessi  Dieci  e  altri  personaggi,  [)erare  lo  slato,  ma  non  a  dargli  la  pri- 


V  E  N  V  E  lV                    347 

stilla  grandezza. —  1  tanll  pcricoli,(Jie  dal  cumcntata  di  f^c/iczi/i,  di  cui  vadu  pro- 
principio  del  sec(»lo  XVI    niinacciavaiio  iìllai)do,  nel  t.  6,  p.  67,  in  cui  v'impiega 
la  repubblica  airinteiiio  e  all'esterno,  la  l'intero  cap.  3,  e  col  Capitular  dclli  Ai- 
dolorosa  sperienza  più  volte  rinnovatosi  <7»/.v/Vori  f//\^^fo,  che  in  originale  fi  par- 
di quanto  poco  gelosamente  fossero  cu-  te  della  riccliiSNÌma  collezione  di  co>e  ve- 
stoditì  i  segreti  dello  stalo,  il  bisogno  di  neziane  possedute  dal  cav.  Emanuele  Gi- 
iin'autorilà  ca[)ace  per  riputazione,  se-  cogna.  l  rpa.ili  lodali  scrittori, de'sedicen- 
grelezza,  pronlooperare  a  contenere  i  no-  ti  statuii  pubblicili  dalDarìi,con  buone 
bili  entro  i  lituiti  dell'eguaglianza  e  del  ragioni   e  documenti  ne  dimostrano   la 
dovere,  mossero  il  consiglio  de'Dieci.d'ac-  falsila.  Non  bastando  quanto  erasi  scrii- 
cordo  col  senato  e  col  maggior  consiglio,  lo  contro,  avanti  l'opere  del  prof.  Pioiua- 
a  dare  nel  I  53q  un  deflnilivo  ordinaroen-  iiiiì,  poiché  reslava  ancora   a   sapersi  se 
to  a  quella  magistratura  a  cui  fin  da  due  gl'inquisitori  avessero  avuti  allii  statuti 
secoli  addietro  erasi  sempre  ricorso  a  mo-  e  quali,  il  medesimo  mercè  gli  studi  cri- 
dodi  provvisione  ne'casi  uigenli,  e  quan-  liei   e  coscienziosamente  falli  anche  su 
do  la  salvezza  della  repubblica  il  richie-  qiiest' argoinftiito,  potè  essere  in  grado 
deva,  cioè  ^V Inquisitori  di  stillo.  A  qne-  di  seguire  a  passo  a  passo  lo  sviluppo  sto- 
slo  nome  spaventevoli  idee  sogliono  ri-  licodel  famoso  tribunale degr/^2,y^(/.<f//o- 
correre  alla  mente:  un  tribunale  miste-  ri  di  stato  in  Feneiia,  di  esporre  le  ve- 
lioso,  indipendente  ,  che  giudica   in   via  releggi  che  lo  reggevano,  di  giovarsi  per- 
soinmaria,  senza  fcjrma  di  piocedere,  so-  fino  delle  memorie  autografe  di  uno  de- 
pra  semplici  delazioni.  La  sala  di  sue  se-  gl'inquisitori,  con  che  spera  fondalamen- 
dute  palata  a  nero,  debolmente  rischia-  le  la    verità  sarà  finalmente  a  trionfare 
rata  da  torcie  gialle,  scale  segrete  che  e  si  raddrizzeranno  le  false  idee.  A  pro- 
mettono a'Piondji  o  ad  orribili  sotterra-  posilo  delle  quali,  egli  non  potè  asteiier- 
iiei,  una  barca  che  conduce  le  vittime  ad  si  dallo  stupu-e  fortemente,  che  il  conte 
annegare  nel  Canal  de'Marrani;  l'abbo-  Darù,  nella  sua  qualità  di  storico  e  cri- 
minevole  sedia,  su  cui  talvolta,  nella  sala  lieo,  abbia  potuto  tenere  per  buona  mo- 
stessa,  alzala  la  cortina,  vedeasi  strozza-  nela  quegli  statuii  e  gloriarsi  della  sco- 
lo il  colpevole;  lutto  quanto  l'immagina-  perla.»  Nel  che,  se  pur  non  vogliamo  cer- 
zione  può  creare  di  piìi  alioce  e  strano  care,  come  altri  fece,  un  fondo  di  male- 
fu  accumulalo  a  carico  degl'inquisitori  di  volenza  ,  ed  un  desiderio  di  annerire  a 
Venezia.  Ciò  che  la  poesia  e  il  romanzo  tulio  suo  potere  la  tinta  sotto  cui  si  com- 
propalarono,  la  Storia  della  rcptibblira  piace  rappresentare  il  veneziano  governo 
di  TciHzia  del  conte  Pietro  Darù  scrii-  ([)er  iscnsfire  le  infamie  eie  spogliazioni 
tore  e  ministro  di  stalo  sotto  Napoleone  francesi  del  i  7g7);non  possiamo  cerlonon 
I    che  levò  di  se  tanto  grido  al  suo  ap-  deplorare  un  nuovo  esempio  di  quanto 
parile  in  Francia  e  che  divenne  perciò  facilmente  l'immaginazione, signoreggia- 
la pili  dilfiisa  e  letta  anche  altrove,  con-  la  da  un  qualche  ritrovamento  creduto 
ferniòeo'pretesi  statuti  da  lui  trovati  in  un  nuovo  ed  importante,  faccia  velo  al  giu- 
esemplaie  della  biblioteca  del  re  a  Pari-  dizio  ed  impedisca    un  ponderato  esame 
gi;  statuti  contro  i  quali  si  levarono,  ol-  delle  basi  sulle  quali  quel   ritrovamento 
Ire  altri,  il  conte  Gian  Domenico  Tiepo-  si  appoggia.  Ed  in  falli  tante  sono  e  si 
lo.  Discorsi sorira  In  storia  di  Fcnezia,  manifeste  le  ragioni  estrinseche  ed  iulrin- 
Carlo  liolta,  Storia  d' ftalia,  e  sopra  lui-  sedie  che  concorrono  a  dimostrare  quel 
li  il  prof  Samuele  Uonianin  con  a|i[)osi-  documento  un  impasto  assai  rozzamente 
la  opera  ricordata  nel  n.  6  del  ^  XVIf,  latto  di  leggi  esistenti  e  di  leggi  iiumagi- 
e  colla  più  volle  eucomiata  Storia  do-  naie,  di  tradizioni  popolari  e  di  assurde 


348  V  E  N 

credenze,  che  avrebbero  dovuto  condur- 
re lo  storico  coscienzioso  a  muovere  al- 
meno qualche  ckibbio  e  a  fargli  intrapren- 
dere diligentissime  ricerche  prima  di  pi  o- 
mulgarnecosì  asseverantemente  l'auten- 
liciià  pel  confronto  di  altri  3  esemplari 
uniformi,  quasiché  i  soli  scritti  autentici 
avessero  il  privilegio  di  venire  moltipli- 
cali, e  non  si  vedesse  ciò  di  frequente  ac- 
cadere de'caltivi  e  anonimi,  che  attenta- 
no alla  fama  d'un  individuo  o  d'uno  sla- 
to". Io  non  posso  neppure  in  iscorcio  li- 
produrre  il  riferito  abbondantemente 
dal  prof.  Romanin,  poiché  incompati- 
bile colla  brevità  di  (juesti  miei  cenni  sto- 
rici. Solo  dirò  ch'egli,  dopo  aver  tratta- 
to de'prelesi  statuti  pubblicali  dal  Dai  ù, 
narra  e  rileva  criticamente  quali  si  fos- 
sero secondo  quelli  gl'inquisitori  e  le  lo- 
ro leggi,  e  la  falsila  de'prelesi  statuii,  i^oi 
descrive  l'origine  storica  degl'  incjuisito- 
ri ,  (piali  fossero  vcrameiile  ed  ove  si  a- 
dunassero  ,  cjuale  losse  il  loro  procedi- 
menlo,  progresso  successivo  del  loro  po- 
tere, dipendenti  dal  consiglio  de'  Dieci. 
Indi  presenta  gli  esempi  traiti  dalla  sto- 
ria, le  difese  ed  esempi  di  queste,  quando 
gt'iiiquisilori  prendessero  il  titolo  d'/z/y»/'- 
siluii  di  stalo,  a\U\  eseoipi  storici  che  li 
concernono,  apice  del  loro  potere,  e  del 
7J7/«/erg'rfir/i<'/r.l*oscia  riporta  l'ammoni- 
zione data  a  un  raagisliato,  la  rivolta  con- 
tro la  loro  autorità  ed  esame  di  loro  car- 
te, r  arringa  di  Marco  Foscariui  ,  come 
riuscirono  trionfatori  e  con  giubilo  del  po- 
polo. Seguono  i  documenti,  il  vero  ca- 
pitolare degl'  inquisitori,  la  dedica  del 
segretario  Angelo  Nicolosi  che  lo  scris- 
se, le  Memorie  d'  un  inquisitore  di  sta- 
to, ed  i  processi  degl'inquisitori  dis[)eisi. 
Conclusione.  «  Laonde  riassumendo  le 
sparse  fila  speriaiuo  aver  mercè  le  fatte 
indagini  potuto  dimostrare  :  che  gli  sta- 
tuti attribuiti  dal  Darìi  ^^\' Inqidsilori  di 
sialo  in  T^eiiezia  sono  assulutamenle  fal- 
si; che  le  leggi  che  regolavano  quella  ma- 
gisiraUi  la  erano  emanate  dal  consiglio  de' 
Dicci,  ed  alcune  anche  dal  maggior  cou- 


V  EN 

sigilo;  che  gl'inquisitori  furono  sempre 
considerali  siccome  una  delegazione  de' 
Dieci,  e  investiti  di  più  o  meno  potere  se- 
corido  l'emergenze;  che  solo  sulla  fine  del 
secolo  XVn  apparisce  aver  essi  avuto  una 
facoltà  piìiampla  di  condannare,  ma  sem- 
pre con  saputa  del  consiglio;  che  anco  da- 
gl'inquisitori procedevasi  con  atti  di  ac- 
cusa, interrogatorio,  difesa,  sentenza;  che 
se  qualche  arbitrio,  qualche  precipitazio- 
ne potè  alcuna  volta  succedere,  fu  colpa 
dellindividuo,  non  sistema  di  tirannia  o 
di  atrocità;  che  per  lo  contrario  molto 
giovarono  gl'inquisitori  alla  conservazio- 
ne dell'  eguaglianza,  alia  protezione  del 
popolo,  alla  quiete  delle  famiglie,  alla  sal- 
vezza della  repubblica".  Gl'inquisitori  di 
slato  erano  tre:  due  venivano  eletti  tra  i 
decemviri  o  consiglio  de'Dieci  e  dal  colo- 
re delle  loro  vesti  dicevausi  negri;  il  ter- 
zo era  scello  tra'consiglieri  del  doge  e  di- 
cevasi  rosso,  e  sedeva  nel  mezzo.  Se  ne 
nominava  inoltre  un  quarto  detto  di  ri- 
spetto per  supplire  a  quello  che  fosse  as- 
sente o  venisse  espulso  per  parentela  o  per 
esser  papalisla,  cioè  avente  qualche  lega- 
me colla  corte  di  Roma,  allorché  tratta- 
vasi  di  cose  religiose  o  di  attinenze  con 
quella  corte.  Si  adunavano  a  principio  nel 
luogo  sopra  l' ufficio  delle  Biave  o  grani 
deslinato  agli  esecutori  sopra  la  bestem- 
mia, poi  in  una  stanza  vicina  a  (piella  de' 
capi.  Nulla  di  terribile,  bensì  una  mode- 
sta semplicità  presentava  la  residenza  de- 
g!'in(piisilori.  Le  pareti  erano  coperte  di 
cuoio  con  borchie  d'oro;  3  sedili  di  noce 
affissi  nel  muro  con  cuscini  di  marrocchi- 
no  nero  e  un  grande  scrittoio  di  noce  da- 
vanti; a  sinistra  una  panchetta  con  uno 
stretto  sgabello  pel  segretario;  grandi  ar- 
madi grossolani  di  larice  senza  pittura; 
tutto  vi  era  rozzo,  vecchio,  malinconico; 
[)areva  che  il  disprezzo  dell' ornamento 
mobiliare  ben  si  convenisse  colla  severi- 
tà del  costume  e  colla  gravità  degli  af- 
fari. Nel  sonitto  erana  dipinte  le  4  Vir- 
tù teologali;  sopra  il  tribunale  la  B.  Ver- 
tjiue  reputata  di  Ualfaello,  e  sulla  porta 


V  E  N  V  E  N                   349 

un  qnnilro  con  alcuni  San!l  del  Gair'])a-  casi  nigenlissiroi,  anclie  un  solo  inquisi- 
lalo.  Era  queslo  un  luogo  die  inspirasse  il  loie  poteva ordinnie il <y/»/o  <7/T<.v/o,clie 
(lelillo?  11  misleìo  che  avvolgeva  leazio-  poiadunali  tulli  e  Ire  venivaoconfeima- 
ni  degrinquisiloii  era  la  causa  del  leiro-  to  o  annullato.  L'arfeslo,  per  evitare  lo 
re  che  intorno  a  se  tanto  utilmente  spar-  strepito,  seguiva  per  Io  più  di  nolte  o  con 
gevano.  Pelò  gTinquisiloii  potevano  «ac-  qualche  stratagemma.  11  famoso  fante  o 
cogliersi  in  qualunque  luogo,  anche  nel-  messo  della  repubhlica ,  detto  3/i'ssier 
la  casa  di  uno  di  essi,  e  ad  ogni  ora.  Il  grande,  intimava  l'ordine  di  preseutar- 
potere  degl'  inquisitori  venne  ad  ac(]ui-  si,  ma  senza  manifestar  il  motivo  e  usan- 
star  maggioreestensioneal  peggioiar  del-  do  di  certi  riguardi  verso  la  famiglia  e 
le  condÌ2Ìoni  interne  ed  esterne  della  re-  verso  Io  stesso  arrestalo  secondo  i  casi, 
pubblica;  quelle  per  la  corruttela  de'co-  coll'adoperare  le  formule  a  lui  prescril- 
slunii,  queste  per  le  mire  e  le  trame  Tre-  le  e  eh'  egli  non  osava  mai  alterare.  E- 
quenti  degli  altri  stati  a  suo  danno.  Colla  rano  concepite  tali  formule  con  qwestepa- 
fìne  del  secolo  XVI,  gl'incarichi  degl'in-  role:  non  si  metta  in  timore;  già  credo 
quisitori  si  trovarono  per  modo  amplia-  che  presto  si  sbrigherà  j  forse  puh  ini- 
ti  che  cominciarono  a  pigliare  ingerenza  maginarsi  di  che  si  tratta;  non  dubiti, 
in  lutti  gli  affari  dello  stato  di  n^assima  le  Loro  Eccellenze  la  vedranno  volon- 
importanza,  ad  occuparsi  della  quiete,  del  ticri;  già  forse  basterà  ch'ella  parli  col 
buou  ordine  delle  famiglie  e  della  sicu-  segretario  ec.W  missier  grande  godeva  di 
rezza  esterna  ed  i  nlerna  col  nuovo  titolo  un'inesprimibile  forza  morale:  il  solo  suo 
iV  Inquisitori  di  slato;  e  oh  ^tv\a\.' \o\-  presentarsi  atterriva,  incuteva  rispelta 
la  a'29  giugnoiSgS,  ed  i  prelesi  statuti  alia  stessa  moltitudine.  Vestiva  stmpli- 
danuo  loro  questo  titolo  fino  dal  1 45411  cernente,  come  l'ullimo  Cristoforo  de Cri- 
I  bisogni  eccessivi  pel  deplorabile  lusso,  stofoli,  che  molti  ancoia  ricordano,  l'or- 
una  depravazione  lagrimevole  introdot-  lava  semplice  veste  togata  nera,  aperta 
tasi  Ira'nobili,  dacché  eransi  ritirali  dalle  davanti, con  larghissime  maniche,  soli  a- 
faccende  marittime  e  mercantili,  gli  a vea  bito  nero,  calzoni  corti,  scarpe  con  fib- 
resi  sol  troppo  accessibili  all'oro  stranie-  bie,  calze  nere,  parrucca  in  testa.  Si  de- 
ro  e  specialmente  di  Spagna  ,  la  quale  ve  concludere.  Tremendo  tribunale  era- 
ritrovando  nella  sola  repubblica  di  Ve-  no  gì'  incjuìsitorì,  non  mai  ingiusto  e 
nezia  un  potente  ostacolo  ad  estendere  il  tirannico;  alla  sua  vigilanza  dovettero 
suo  dominio  su  tutta  Italia,  valeva^'i  d'o-  anzi  parecchi  la  vita  salva  dagli  aitenla- 
gni  arma  manifesta  o  coperta  per  abbai-  ti  d'alcun  nemico  violento,  varie  fann- 
lerla.  Era  dunque  necessario  un  magi-  glie  le  consci  vate  sostanze;  la  città  in  ge- 
strato  speciale  e  attento  the  vigilasse.  Ri-  nerale,  per  quanto  fu  possibile,  il  buon 
sulta  da  alcuni  de' loro  processi  ancora  con-  costume,  l'integrità  de'magistrali.  11  po- 
servatijche  nelle  denunzie  segrete  non  si  fi-  polo  temeva,  ma  riconosceva  in  pari 
davano  subito,  ma  mandavano  spie  ripe-  tempo  negl'inquisitori  un  tribunale  che 
tutamente,  enon  procedevano  finché  non  lo  proleggeva  da  ogni  prepotenza  de  110- 
avessero  piena  certezza  o  della  veracità  0  bili, e  perciò  a  molti  di  questi  invece  era 
della  falsità  dell'accusa.  Trovatala  esal-  unfienoinsofiportnbile.  IMn  diveisanien- 
la,  c-hiamavano  e  interrogavano  segreta-  te  la  pensavano  i  migliori,  che  vt-dcvano 
aiente  i  testimoni,  e  quando  avevano  in  negl'inquisitoii  il  palladuì  della  comune 
mano  tutte  le  prove  facevano  venire  il  libertà  e  della  sicurezza  dello  slato.  Fa  a 
colpevole  0  per  semplicemente  ammonir-  proposito  che  io  riproduca  lo  scritto  dui 
lo  o  per  costituirlo  e  dare  comunicazio-  rispettabile  Casoni.  La  pace  col  turco  riu- 
»e  del  processo  al  consiglio  de'Dicci.  Ne'  sci  onerosa^  colpa  riufedellà  d'alcuni  mi- 


3jo  V  E  N 

iii.slri,  i  quali  svelarono  a  Solimano  11  le 
ic-gicle  commissioni  dell'invialo  Dadoa- 
lo.»  Questo  inatteso  inconveniente  richia- 
mò le  ture  de' padi  i  ad  un  immediato 
provvedimento  pe'casi  avvenire,  e  con  su- 
premo decreto  '?.o  scltendnei  53q  venne 
istituito  un  li  ibunale  di  tre  iHquisilori, 
la  cui  piiinaria  incumbenza  era  d'invigi- 
Jare  a  procedere  contro  i  propalalori  df' 
segnati,  che  poscia  verso  ili5c)0  assunse 
il  nome  di  Tribunale  de^l' I/if/uisitori  ili 
sialo.  E  f|uesia  la  magistratura  tanto  ful- 
minala dalle  calunnie  e  dalle  frenetiche 
invenzioni  degli  slranieri,intenli  sempre  a 
conculcare  e  tleprimere  la  veneranda  me- 
moria di  questa  gloriosa  repubblica.  Ove 
pelò,  invece  di  vile  livore,  seguir  voles- 
sero i  dettami  della  giustizia  e  del  vero, 
troverebbero  che  moderazione  tempera- 
va la  necessaria  austerità  del  loro  istitu- 
to, ed  era  guida  e  norma  alle  delibera- 
zioni de'lie,  del  cui  numero,  verso  la  me- 
tà dello  scorso  secolo  fu  il  pio,  il  religio- 
sissimo Flaminio  Cornaro,  uomo  capace 
già  di  rinunziare  alla  carica  ,  anche  col 
proprio  evidente  pericolo,  qualora  aves- 
se scopei  lo  in  esso  tribunale  non  già  ar- 
bitrii e  lenebrose  procedure,  raa  regola- 
menti e  pratiche  men  che  umane  ed  o- 
neste.  Il  solo  di  lui  nome  serve  per  am- 
pia e  coiiforianle  apologia  di  quel  vene- 
rando consesso".  NcliSjy  fu  istituito  il 
magistrato  de'  3  esecutori  contro  la  be- 
stemmia, che  formava  processi  e  condan- 
nava per  mala  vita,  attentati  al  pudore, 
Iiigamia  ,  scandali,  bestemmia,  giuochi, 
bordelli,  matrimoni  clandestini,  commer- 
cio di  ebrei  con  donne  cristiane,  alloggi 
di  protestanti,  e  infine  stregherie  e  be- 
\ande.  Imperocché,  rozzo  il  basso  popo- 
lo e  manesco  dava  motivo  a  leggi  sem- 
pre più  rigorose  circa  all'uso  dell'armi; 
disordini  gravi  succeilevano,  e  il  consiglio 
de'Dieci  qualificando  lubbriachezza  sic- 
come quella  dalla  quale  derìvavanDl'ab- 
bandono  della  moglie  e  de' figli  alla  fa- 
me, alla  più  orrenda  miseria,  le  impre- 
cazioni e  le  bestemmie,  la  lussuria  e  per- 


V  EN 

fino  i  delitti  di  sangue,  ricorreva,  secon- 
do le  idee  del  tempo,  al  terrore  delle  pe- 
ne, e  condannava  l' ulibriacone  alla  ga- 
ItMa.  IN'on  bastando  però  il  terrore  a  con- 
tenere il  delitto,  e  [)iù  assai  giovando  l'e- 
ilucazione  morale  e  religiosa,  perciò  nep- 
piii   (pu'sta  parte  fu  negletta  a  Venezia, 
e  la  confraternita  di  s.  Giovanni  Evaii- 
geli^la,  di  cui  ne!  §  XIII,  n.  2,  avea  in- 
trodotto sino  dal  secolo  XIV  nel  suo  o- 
ratorio  r  ammaestiamenlo   de'  fanciulli 
nel  la /^'o/Z/Z/i^  e/  /.5//rt^irt,am  maestra  men- 
to che  andò  poi   sempre  più  dilatando- 
si, e  die'  origine  al  libretto  deiio/uinato 
DoUrinadel  i^enerale,  che  si  vuole  mol- 
to più  antica  dell'istruzione  composta  dal 
ven.  cardinal  Bellannino;  oltre  l'educa- 
zione de'IanciuHi  destinali  al  c'ero,  e  pub- 
bliche lezioni  di  s.  Scrittura  istituite  nel 
l'i'ìS  a  vantaggio  di  tulli  i  cittadini. — 
Dopo  la  pace  eoa  Solimano  II,  regnan- 
do atiparenle  accordo  tra  Carlo  V  e  Fran- 
cesco I,  il  quale  nello  stesso  i  5^o  accolse 
il  cognato  a  Parigi  con  ogni  oufìnficenza 
e  alfezione  ,  pareva  dovesse  l'Europa,  e 
specialmente  la  sempre  bersagliata  Italia, 
respirare  alfine  dalle  lunghe  guerre  e  de- 
porre le  armi.  Ma  la  gelosia  tra  que'due 
principi  el'ambizionecomuneerano  trop- 
po grandi  perchè  la  pace  potesse  lunga- 
mente durare,  e  non  mancarono  avveni- 
menti a  intorbidarla  e  portatori  di  nuo- 
ve sciagure  a'malmenali  popoli.  Non  era 
spirato  il  I  540,  che  già  si  combatteva  di 
nuovo  tra  il  sultano  e  Ferdinando  I  pel 
possesso  deirUiigheria,  alla  morte  di  Za- 
poUki  protetto  da  Solimano  l!.  Nello  stes- 
so tempo  risorsero  i  disgusti  fra  il  re  di 
Francia  e  l'imperatore,  il  quale  tornava 
alla  sua  renTtenza  di  cedere  il  ducalo  di 
Milano,  inasprendosi  il  i.°  per  la  morte 
data  nel  Vo  a  due  suol  inviati  a  Costan- 
tinopoli da  alcuni  fanti  spagnuoli ,  e  di- 
cesi con  sapula  del  governatore  di  Mila- 
no marchese  del  Vasto.  Voleva  Carlo  V 
stringersi  con  Venezia  in  nuova  alleanza, 
proponeva  il   Papa  Paolo  Ili  (presso  il 
quale  era  ambasciatore  dali54o  Gabrie- 


V  EN 

ìeVenier,  cui  successero,  nel  1 54^  Frati* 
Cesco  \enier  e  nel  i544G'*'-  Antonio 
Venier)  l'  apertura  del   concilio  a   Vi- 
cenza, ina  a  tulio  soltraevasi  il  sena- 
Io  nel  i54i>  per    evitare  ogni  benché 
lontana  cagione  che  per  nuovi  trattati  o 
per  adunamenti insolili  di  prinii[>ie  pre- 
lati nel  suo  territorio  polesse  dar  sospel' 
li  a'iurchi.  Intanto  l'inipcralore,  accom- 
pagnalo dall'oratore  veneto  INIorin  Giu- 
stiniani, escgiù  la  spedizione  cavalleresca 
contro  Algeri  per  punire  que'pirati,  nel- 
la  stagione  autunnale  sfavore  voi  issi  aia  al- 
l'imprese maiiltime,  contro  il  consiglio 
del  Doria  e  del  Y.islOjCon  una  flotta  di 
74  ga'cCj  200  fra  altri  grossi  e  piccoli 
navigli,  portanti  numerosa  truppa  di  fan- 
ti e  cavalli.  Mentre  disponevasi  l'assalto, 
a'   2  3  ottobre    fiero   uragano   devastò  il 
campo,  oltre  i4  galere  naufragate  e  i  3o 
navigli    pei  doti.  Il  ntmico  pre-e  animo 
per  uscire  a  cacciare  gli  spagnuoli,  privi 
di  viveri  e  artiglierie,  e  l'imperatore  do- 
vette ritirarsi  a  Ciigia  e  sul  finir  di  no- 
vembre tornare  in  Europa,  ove  si  trovò 
minacciato  dalla  confederazione  di  Fran- 
cesco I  e  Solimano  II.  Il   senato  veneto 
in   tali  vicende  con  prudenya  evitava   la 
guei  ra  ,  ma  invece  vi  si  trovò  alquanto 
compromesso.  Marano, piccolo  luogo  sul- 
la  .'piaggia  dell'Adriatico,  reso  forte  dal- 
la natnia,  pervenne  col  Friuli  t:eli420 
al  deminio  della  repubblica,  indi  lo  per- 
de nelle  guene  con  Masgimiliano  I.  Ora 
piofiliando  delle  con  enti  circostanze,  l'u- 
di  nese  Delirarne  Sachia  per  sorpresa  se 
ne  impadronì  di  pieno  accordo  co'vene- 
y.iani,  quando  a'reclamì  imperiali  rispon- 
deva la  signoria  non  averci  avuto  parte, 
per  altio  sarebbe  disposta  comprarlo;  e 
intanto  il  Satbia  non  vedendosi  soccor- 
so cede  Marano  a  Pielro  Strozzi   fuoru- 
scito fiorentino  a'ser\igi  di  Francia.  Stre- 
pitando gì'  imperiali  ,  nell'agosto  i5^3 
I  'assalirono  per  mare  e  per  terra;  di  the 
l'ambasciatore  francese  si  querelò  cui  se- 
nato per  non  far  valere  il  suo  vantato  di- 
rillo  sul  golfo,  altrimeolì  vi  entrerebbe- 


VEN  35i 

ro  piirei  legni  francesi.  Ollenne  il  passo 
per  2,000  fcinti  a  difesa  di  Marano,  e  poi 
lo  vendè  alla  repubblica  per  3;~,ooo  du- 
cali, la  quale  si  scusò cob'imperalore, di- 
cendo che  se  si  fosse  rifiutata,  dallo  Stroz- 
zi si  cedeva  a'turchi.  In  questo  tempo  il 
senato  terminò  alcune  di'-pul»'  con  Fer- 
dinando I  per  certe  terre  del  Friuli,  priu- 
cipalroenle  Belgrado  e  Castelnuovo,  ob- 
bligandosi al  pagamento  di  75,000  du- 
cati, secondo  la  convenzione  di  Bologna 
e  qoando  fossero  restituite  tutte  le  ter- 
le.  JNuova  guerra  si  ruppe  fra  Carlo  V  e 
Francesco  I.  Voleva  questi  cominciai  la 
dal  Milanese  e  ne  avea  disposti  gli  ani- 
mi, poi  invase  il  Lussemburgo  e  il  Rossi- 
elione  senza  successo;  bensì  comballeva- 
si  ancora  in  Piemonte  dal  Vasto,  col  va- 
loroso Bellay-Langey,  la  cui  morie  fu 
sciagura  per  Francia.  Tuttavia  continuò 
la  guerra  ,  finché  i  francesi  totalmente 
sconfissero  il  Vasto  a  Cerisole  a'i4<'ip'''- 
le  i544-  I'  despotismo  e  la  rapacità  de' 
governatori  imperiali  a  Milano,  Firenze, 
Siena  e  Napoli  facendo  odiare  Carlo  V, 
r  Italia  si  scosse  per  tale  perdita,  (pian- 
do una  tregua  ne  troncò  1  disegni.  Que- 
sta fu  fatta  dall'  imperatore  onde  effet- 
tuare la  designala  invasione  della  Fran- 
cia con  Enrico  Vili,  che  non  tardarono 
ad  eseguire  nel  luglio,  e  progredendo  ne' 
conquisti  marciavano  su  Piirigi. Questa  co- 
sternata, Francescol  benché  malatosi  po- 
se alla  testa  di  4o,ooo  uomini, il  chedcsìò 
entusiasmo,  e  fece  piegare  Carlo  V  a  Sois- 
sons;  e  poi  vedendo  che  Enrico  \  111  e- 
rasi  ostinato  all'assedio  di  Boulogne  e  noi 
soccorreva,  a'i8  settenibre  segnò  la  pa- 
ce a  Crepy.  Fra  le  altre  cose  fu  conclu- 
so ,  che  il  secondogenito  di  Francesco  I 
sposerebbe  0  linfante  Maria  figlia  del- 
l'imperatore colla  dote  de  Paesi  Bassi,  o 
la  figlia  di  Feidinando  I  col  ducato  di 
Milano  per  dote  (paesi  e  popoli  non  es- 
sendo allora  che  roba  di  casa),  ma  per  la 
morte  poco  dopo  avvenuta  del  figlio  del 
re,  questi  rientrò  ne'suoi  diritti  sul  Mi- 
lanese. Kon  andò  guari,  valendosi  debuo- 


3  Ì7.  V  K  N  V  E  N 
Ili  iiflìzi  de' Tenezifjiii,  die  Carlo  V  e  il  rarmidelIfirepiiMjlica.Iisiio  eruJitoMo-' 
fratello  Feidinantlo  I  intavolarono  Inn-  grafo  Citsoni,  lo  chiama  bealo  periodo  di 
glie  praliclie  e  poi  si  pacificarono  col  sul-  tratujuiila  pace,  a  mezzo  stadio  cioè  di 
Inno,  o  meglio  fecero  umiliante  tregua  queU'dliistre  età  in  cui  fiorivano  eccelsi 
j)or  5  anni  nel  i547,  col  pagamento  di  ingegni  nelle  arti,  nelle  scienze,  in  ogni 
3o,ooo  zecchini  1'  anno,  a  ciò  costretti  classe  di  disciplina  e  di  studi,  i  più  scrii 
per  le  cose  religiose  di  Germania  e  del-  insieme  ed  i  più  ameni.  Parca  che  nata- 
la lega  protestante  di  Sroalcalda.  Già  18  ra  a  riparare  la  moderata  fecondità  dei- 
novembre  i545  il  doge  Landò  giunto  al-  l'uman  genio  negli  ultimi  decorsi  secoli, 
l'età  d'85  anni  era  morto  e  fu  sepolto  largheggiar  volesse  in  questo,  e  sfarzeg- 
in  s.  Antonio  di  Castello  nella  cappella  giare  nel  più  eminente  modo  colla  com- 
della  D.  Vergine  fatta  da  lui  edificare,  e  parsa  d'uomini  singolari  e  di'linti,  che 
dove  si  osservava  la  sua  statua  di  mar-  tanto  mercarono  a  que'  contemporanei, 
ino,  opera  del  rinomato  Pietro  da  Salò,  e  salirono  in  sì  grande  rinomanza  ,  che 
a  qiie'tempi  scultore  eccellente.  Nel  suo  il  lustro  di  que'sommi  riflette  ancora  sul- 
dogado  fu  eretta  la  loggetta  a  ridosso  del-  le  lor  patrie  ed  è  il  più  ambito  onore  de' 
la  torre  campanaria  di  s.  Marco,  ed  al  lardi  loro  concittadini.  Venezia  allora  fra 
varco  del  porto  di  Lido  si  costruì  la  ba«  lo  splendore  della  gloria,  frutto  del  pro- 
sedei portentoso  Castello  opera  del  San-  prio  valore  e  consiglio,  ornava  questa  in- 
inithieti,  che  terminalo  nel  memorabile  violata  sua  sede  con  sontuosi  edifizi,  con 
i/*7  I,  sfida  ancora  l'onda  fremente  che  opere  stupende  che  attestano  la  potenza 
d'ogni  intorno  l'incalza  e  percuote.  —  dell'umano  sapere.  I  principali  cittadini, 
Francesco  Donalo  LXXIX doge.  Per-  per  genio  del  secolo,  inclinati  a  generosi 
sonaggio  d'ingegno  versatile  e  pronlOjin-  concepimenti,  si  facean  mecenati  degli 
tcgerrimo  magistrato,  oratore  eloqnen-  artisti,  il  perchè  si  moltiplicarono  tante 
lissimo,profundoeavvedulopolitico.L'e-  opere  meravigliose  che  tuttora  si  arami- 
sperienza  e  attività  di  lui  uegli  affari  di  rano  quali  portenti  dell'arti  sorelle,  e  che 
stato  ebbe  argomento  di  dare  iirefiaga-  vengonoproposteagliodierni  studiosi  sic- 
bili  prove  di  sua  pi  udente  condotta  nel-  come  modelli  di  perfezione,  cui  è  dilllci- 
le  varie  ambascerie,  con  plauso  soslenu-  le  imitare,  nrduo  assai  l'eguagliare,  e  for- 
te alla  corte  di  Ferdinando  V  d'Aiago-  se  impossibile  di  mai  più  superare,  li  va- 
na, che  lo  fece  cavaliere,  presso  Enrico  sto  braccio  del  ducale  palazzo  ,  volto  al- 
VIII  re  d'Inghilterra,  e  presso  i  fiorenti-  l'oriente,  già  cominciato  sotto  il  dogado 
Ili  in  occasione  della  coalizione  di  Cle-  d'Agostino  Barbarigo  al  declinar  del  se- 
mente VII,  con  Carlo  V,  i  veneziani  e  colo  XV,  e  il  prospetto  di  esso  lungo  il 
le  primarie  città  d'Italia  per  la  pace  co-  rivo  ,  che  da  lui  prende  nome,  vennero 
ninne.  Un  uomo  di  così  distinto  merito  condotti  quasi  a  termine  nel  non  lungo 
avea  diritto  alla  patria  riconoscenza  che  tempo  in  cui  sedette  doge  il  Donato;  an- 
l'innalzò  a  procuratore  di  s.  Marco,  ed  che  il  caratteristico  edifizio  per  zecca  eb- 
egli die'  bellissimo  esempio  d'amore  per  be  il  suo  compimento  ,  e  la  nuova  ma- 
essa,  quando  alla  morte  del  doge  Grilli,  gnifica  libreria  si  avanzava  a  sorgere  per 
benché  avesse  egli  nella  nuova  elezione  decoro  della  Piazzetta,  facendo  bello  con- 
il  maggior  numero  de' voti  ,  spontaneo  liaslo  per  gentilezza  di  forme  coU'aiitica 
cedette  al  Laudo,  acciocché  dal  troppo  architettura  rituale  del  vicino  splendido 
ritardo  della  nomina  del  doge  non  ve-  tempio, e  colle  masse  ardite  e  austere  del 
tiisse  danno  agl'interessi  dellostato.  Man-  contrapposto  palazzo  ducale.  iNèsolameo- 
calo  di  vita  gli  fu  sostituito  a'24  noveni-  tealla  materialedecorazione  pensossi,  die 
brei  545,  e  nel  suo  principato  posarono  pur  alla  cultura  de'  cittadini  ed  alla  iuo« 


YEN  YEN  3-;3 
lale  educazione  loro  dava  il  governo  sa-  sa  arcivescovo  di  Benevento  (e  prima  di 
lularissinie  provvidenze.  jNcI  I  JJI  venne-  lui  fin  dal  i  536  almeno,  Girolamo  Ye- 
l'o  isliluite  G  pubbliche  scuole,  una  per  lalli,  poi  trasferito  alla  nunziatura  di 
ogni  sestiere  della  città,  e  si  comballeio-  Yieniia  e  quindi  cardinale),  uno  degli 
no  altresì  gli  errori  perniciosi  degli  ere-  scrittori  più  eleganti  e  dotti  del  secolo 
siarcbi  Lutero  e  Calvino,  cui  venne  op-  XYI,  in  prosa  e  in  versi  ,  in  Ialino  e  ia 
posta  insuperabile  barriera  nella  isliki-  italiano  (dopo  la  morte  di  Paolo  ili  tor- 
zione  d' un  niagislralo  conijiosto  di  tre  natoa  Roma  a  sistemarci  suoiaiT.iri,quin- 
Sai-i  ih'll'Iù'e.si(7,[)ev  la  purità  della  fé-  di  si  restituì  a  Yenezia  a  vivere  pacidoa- 
de  cattolica,  l'incumbenza  del  quale  era  mente  nel  commercio  delle  muse,  cotiu'- 
di  tener  lonlaue  quelle  ributtanti  e  de-  che  stimato,  dopoClaudiano  e  Puliviano, 
plorabili  eresie.  Il  doge  Donalo  araan-  il  pili  eccellente  de'poeli  lirici,  indi  segre 
tissimo  delle  leltere  e  delle  ai  ti,  sotto  di  tarlo  intimo  di  Paolo  lY),  ed  ivi  formò  il 
lui,  favolile  anche  dalla  pace,  prospera-  i .° Indice dt  libri pioìbili ,\»nh\A\cn\.o  nel 
jono  nel  modo  singolare  atCL-nnato  e  col-  i  54<S,  e  ne  ragionai  nel  voi.  XYI,  p.  2  i  t 
r  abbellimento  della  città.  Puchi  giorni  e  212,  per  averlo  attaccalo  Vergerio  e 
dopo  della  sua  assunzione  al  trono  final-  di  poi  Quesnelio  da  pari  loro.  Cerio  D;il- 
niente  a  i3  dicembre  i545  fu  aperto  il  dassare  Archiew  ing!e-ie  fu  incaricato 
sagiosaulo  ecumenico  concilio  di  Trento  di  presentare  alcune  lettere  al  senato,  e 
^/ .j.  I  prolestauli  che  l'avversavano  col-  chieder  licenza  di  dimorare  come  resi- 
la lega  di  Smalcalda  si  preparavano  alla  dente  per  la  sua  nazione  in  Venezia.  Fu 
guerra,  collegati  collo  scismatico  te  d'In-  la  cosa  molli  giorni  e  molto  caldamente 
ghillerra  e  col  cristianissimo  redi  Fran-  disputata  in  senato.  Diceva  Michele  Da- 
cia. Yi  si  apparecchiava  non  meno  Car-  rozzi,  che  la  religione  cattolica  era  sta- 
lo V,  ed  il  Papa  Paolo  III  raccoUe  genti  la  sempre  fondamento  della  cillà  e  re- 
ne aflldò  il  comando  al  nipote  Ollavio  pubblica  di  Venezia,  né  poteva  amn)et- 
Faroese.figlio  del  duca  diParma  ePiacen-  lersi  un  residente  protestante,  pel  favore 
za  e  feudatario  della  s.  Sede,  doraandan-  del  quale  facilmente  l'eresia  troverebbe 
do  pure  rinforzi  e  il  passo  a'  veneziani,  adito  a  penetrare.  Parlava  da  vero  cal- 
Qiiesli  pien)urosi  di  non  avvilupparsi  in  lolico.  Risposero  i  politici  che  h^iono  per 
nuove  guerre,  si  scusarojio  desliamenle  religione  lo  stato.  Cominciò  il  Pesaro  a 
dall'uniie  le  loro  genti  a  quell'impreso,  dire,  non  trattarsi  di  fede,  ma  di  sialo; 
e  solo  accordarono  il  passaggio.  Eguali  che  i  protestanti  erano  signori  grandi  e 
maneggi  facevano  i  principi  protestanti  a  principi,  e  tenevano  quasi  tutta  la  Ger« 
Venezia  perchè  la  repubblica  li  favoris-  n)ania,  che  aveano  la  mira  tl'opporsi  al- 
se,  od  almeno  negasse  al  Papa  il  passo.  la  grandezza  ileirimperatore(o  meglio  per 
Al  the  essa  rispondeva  nel  1  54G,  uiontran-  ottenere  sempre  più  la  tolleranza  reli- 
do  l'impossibililà  di  ciò  fare  .staitle  la  pò-  giosa,  il  libero  esercizio  della  pretesa  ri- 
siziooe  delle  sue  lene,  che  però  continue-  forma  che  aveano  abbraccialo,  che  con- 
rebbe  culla  nazione  tedesca  nella  solita  cedeva  moglie  agli  ecclesiastici  e  mariti 
amicizia.  Avvenne  però  lai  caso  che  mi-  alle  motiache  ,  divorzi  ad  Ubilum,  lìla- 
se  giuslamenle  in  grande  allarme  il  ze-  Irii/ionii  misti,  e  per  qui  non  dir  altro, 
lanle  Pontefice  (già  verso  il  fine  del  do-  piena  libertà  di  coscienza  e  pieno  sfogo 
gallo  75.^  pallai  della  tolleranza  del  go-  a  tutte  le  passioni),  il  che  mollo  giovava 
verno  veneto  cogli  eretici  e  altri  acHtlo-  alla  repubblica;che  se  poi  volessero guar- 
lici),  essendo  alloia  suo  nunzio  a  Vene-  dare  alla  fede,  ben  altro  bisognerebbe  fi- 
zia  fin  dal  i  544  *^  P*^'  resto  del  suo  pon-  re,  e  pensare  a  raffrenare  coloro  che  fan- 
lilìcato,  il  celebre  mg. "^  Giovanni  (kll.i  Ca-  no  simonia  (accennando  a' preti  e  alle 
VOI.  xr.iv  2''t 


3'4  V  E  !\ 

Tasse;  ma  si  legga  Jale  nrticolo  e  si  ve- 
drà perchè  furono  inipo<;le  alle  Bolle, 
Si'Bre\ù,  n  Benefizi  rcrlesì'nsticì ,  e  quale 
«so  ne  fecero  i  Pnpi;  se  si  allude  poi  al- 
r//ir////gf'«r^,la  repubblica  slessa,con  altri 
slati,  i  suoi  religiosi,  le  sue  monache,cot»e 
ho  narrato  ne'§5  VIII,X  e  altrove  in  rpie- 
sl'articolo,  le  domandarono  a'Papi  per  e- 
vigere o  riparare  chiese,chióstri  e  spedali, 
per  quelli  t;he  conti  ihuissero  Elcniosine, 
eh 'è  un'opera  pin.  Perciò  simoniaci  a'pre- 
ti  !  Come  qnalifìcherelibe  l'oratore  i  pro- 
testanti che  abbracciarono  la  sedicente  ri- 
forma per  usurparsi  i  Beni  di  Chicsaspet' 
tanti  a'sagii  Tempii,  al  Sacerdozio,  agli 
ordini  Regolari,  in  una  parola  tutta  la 
Rendita  ecclesiastica?  Si  può  leggere  il 
contenuto  in  tali  articoli  e  ne'lanti  rela- 
tivi, che  io  oppongo  a  tali  calunnie  e  ardi  te 
proposizioni  politiche).  Soggiungeva  l'al- 
tro, cioè  il  virtuoso  Carezzi,  che  appun- 
to la  materia  dell'Archie-vv  era  materia  di 
fede,  poiché  la  domanda  di  lui  tendeva 
a  procacciarsi  slabile  soggiorno  in  Vene- 
zia e  poter  parlare  liberamente  e  vender 
i  suoi  libri,  e  che  sarebbe  scandalo  gran- 
de per  tutto  il  popolo  veder  un  lutera- 
no in  pubblico  aspetto  a  Venezia,cillà  re- 
ligiosissima ;  quand'anche,  come  alcuni 
pioponevano,  non  gli  fosse  dato  il  titolo 
di  agente,  cui  solo  riconoscerlo  in  senato 
gli  si  darebbe  motivo  di  presentarsi  ad 
ogni  occasione  che  gli  piacesse,  cosa  non 
poco  sconvenevole.  Prendeva  poi  a  par- 
lare il  Trevisan,  e  sosteneva  non  esser 
materia  di  religione,  perchè  diceva:»  Que- 
sti protestanti  non  hanno  a  trattar  con  noi 
di  cose  di  fede,  ma  solo  di  stato,  come  al- 
l'evidenza provano  le  lettere  dell'oratole 
IVIocenigo,  il  quale  scrive  che  in  Augusta 
gli  fu  detto  da  uno  che  può  saperci  segre- 
H  de'protestanli,  che  le  loro  signorie  de- 
siderano di  passare  di  buona  intelligenza 
con  questa  repubblica,  incaricando  perciò 
l'Archiew  di  una  lettera  da  presentarsi 
iu  senato;  che  sarebbe  cosa  inurbana  il 
non  leggere  una  lettera  che  vien  manda- 
la, e  che  quando  fosse  slata  accettala  bea 


V  E  N 

si  conveniva  rispondere  alle  sue  parli.  E 
quanto  al  tenere  in  questa  città  un  loro 
agente,  opinava  che  avendo  mandalo  un 
semplice  particolare  si  avessead  ascoltar- 
lo benignamente;  que'principi  essere  si- 
gnori grandi  che  hanno  per  iscopo  più 
la  conservazione  della  propria  libertà,  che 
gì'  interessi  religiosi  j  esser  già  29  anni 
dacché  ebbe  principio  la  setta  luterana, 
né  mai  essersi  stretti  in  lega  se  non  da  7 
anni  a  questa  parte  per  difendersi  da  Ce- 
sare; aver  essi  procuralo  testé  la  unione 
dell'I ng!iillerra(sottratta  dallaChiesaCat- 
tolica  da  Eurico  Vili,  che  avendo  prima 
meritato  dal  Papa,  per  la  sua  opposizio- 
ne e  scritti  contro  Lurero,il  titolo  di  Di- 
fensore della  fede,  per  esser&i  poi  fatto 
capo  dello  scismaanglicano,onde scioglie- 
re il  frenoallesue  passioni,  la  storiagli  die 
(juello  di  Postiglione  della  pretesa  Ri- 
foriiiaje  della  Francia  (onde  far  dispetto 
e  guerreggiare  Carlo  V,  oltre  la  lega  col 
turco,  eterno  nemico  del  cristianesimo), 
uiandandoloro  nunzi  da  una  parte  e  dal- 
l'ai tra;  esser  codesta  lega  s'i  potente,  che  il 
cristianissimo  cerca  tenersela  amica  ,  e 
l'Inghilterra  le  ha  mandato  un  suo  forma- 
le rappresentante  nel  segretario  Masson, 
ed  è  contenta  di  fornirle  certa  somma  di 
denaro;  che  questi  protestanti  sono  pur 
quelli  cui  altra  volta  s'era  deliberato,  al 
cominciar  della  guerra  col  turco,  d'invia- 
re un  oratore,  che  fu  Madlo  Leon,  do- 
mandando aiuti;  che  in  questa  lega  so- 
no 3  elettori  dell'  impero  (ma  apostati 
delia  religione  cattolica,  per  dare  sfre- 
nalo sfogo  alle  loro  passioni,  ed  usurpar- 
si i  beni  di  Chiesa,  e  delle  pie  e  benefi- 
che istituzioni)  e  tutte  le  terre  fran- 
che; che  infine  avendo  ad  essere  la  ri- 
sposta negativa,  sia  almeno  con  quella 
maggior  dolcezza  che  si  possa,  e  che  ben 
considerando  il  modo  di  rispondere,  al- 
tro non  trovava  potersi  dire  se  non  che 
questa  repubblica  non  poteva  partirsi 
dairintenzioni  di  Sua  Santità'.  La  lette- 
ra dell'Archiew  fu  ricevuta  a' 1 5  cllobre, 
e  il  18  gli  fu  data  una  risposta  evasiva 


V  E  N 
quanto  agli  aiuti  domandali  da'  prole- 
starili,  ina  co'  miglion  v.  [>\h  cortesi  ter- 
uìioi  possiljili.  Né  r  Archiew  si  parli  da 
Venezia,  anzi  vi  rimase  in  qualità  di  se- 
gretario residente  d' Inghilterra,  e  alle 
lagnanze  del  Papa  a' 5  novembre  si  ri- 
spose: che  r  Archiew  continuava  a  far 
l'ufllcio  suo  di  segretario  d'Inghilterra,  e 
alle  volle  comunicava  al  senato  avvisi  e 
notizie  come  facevano  gli  altri,  uè  perciò 
dovesse  Sua  Santità  inquietarsi,  ben  co- 
noscendo la  divozione  della  repubblica 
verso  la  s.  Sede.  Grave  contestazione  pe- 
rò si  accese  con  essa  per  la  giurisdizione 
tli  Celicela  nel  dominio  temporale,  che 
riportai  in  quell'articolo,  in  uno  all'aito 
/./?  principesco  che  un  tempo  vi  ebbe  la 
s.  Sede,  e  meglio  ne  tratta  il  Borgia,  /1/e- 
inoric  sloriclic  di  Benevento^  t.  2,  p.  172 
e  seg.  Narra  il  eh.  ab.  Cappellelli  ,  Le 
Chiese  d' Italia,  l.io,  p.  222,  che  Cene- 
da  fu  soggetta  nelle  varie   vicende  del- 
l'Italia a  mutamenti   di  sovranità,   più 
lungamente  però  apparleoue  a'suoi  ve- 
scovi. La  repubblica  di  Venezia   ne  di- 
ventò padrona  allorché  nel  iSSy  il   ve- 
scovo Francesco  Ramponi,  che  allora  di- 
morava in  Venezia,  ricusando  di  aderi- 
re alle  pretensioni  de'da  Camin,  appog- 
giò se  stesso  e  la  sua  Chiesa  alla   prote- 
zione di  lei  ,  e  stipulò  colla  signoria   un 
concordalo,  dì  cui  gli  articoli  principali 
portavano:  Che  il  vescovo  le  cedeva  con 
mero    e   misto  impero  tutto  il   conta- 
do di  sopra  a  Ceneda,  cioè    Serravalle, 
Valmarino,  Cordignano,  Pioganzuol,Ca- 
volan,  Fregona,  Solighetto  ed  altri  luo- 
ghi occupati  da'Caminesi.  E  la  signoria 
per  mezzo  di  3  procuratori  di  s.  Marco 
aderì  a  questa  cessione,  obbligandosi  a  di- 
videre egualmente  col  vescovo  tutte  l'en- 
trate solile  a  pagarsi  alla  camera  fiscale 
di  Serravalle,  ed  a  lasciare  la  città  di  Ce- 
neda col  suo  particolare  territorio  e  col 
contado  di  Tarso  in  dominio  de'vescovi 
prò- tempore,  con  nicio  cmislo  i/npero, 
come  per  l'uddietro  (Ceneda  fu  ottenuta 
da'vcneli  uel  1 387  01 347  ^  ^^  ricuperala 


VEN  35: 

nel  I  388).  Questo  concordato  suscitò  gra- 
vi molestie  alla  repubblica  per  parte  del 
P.ipa  e  «lei  patriarca  a  cui  nera  stalo  de- 
legalo l'altare;  ma  il  sennto  per  non  in- 
volgersi in  una  guerra  inutile,  seppe  de- 
stramente scansarsi,  e  la  cosa  andò  acco- 
modata, senza  per  altro  cedere  l'ottenu- 
to dominio,  e  vi  continuò  tranquillaoien- 
te  per  più  di  due  secoli;  avendone  anzi 
rijmovato  il  patto  nel  i4i8  col  vescovo 
Antonio  Correr  nipote  di  <Jregorio  XJf 
(e  riferisce  il   Romanin,  raccomandan- 
dogli di   mantenere  quelle    fortezze  in 
buono  stalo  e  vantaggio  a  difesa  della 
signoria,  amministrando  inoltre  ragione 
e  giustizia  fìnrhè  altrimenti  fosse  delibe- 
rato, e  facendo  eseguire  i  decreti  della  re- 
pubblica quanto  alle  gravezze  e  altro. 
Dipoi  nel  1488  il  vescovo  Nicolò  Trevi - 
san  mosse  pretensioni  sulla  signoria  ce- 
nedese,  solto  l'immediata  sovranità  del 
la  s.  Sede;  pretensioni  rinnovate  di  quan- 
do  in  quando  da'  vescovi  successori  ). 
Ria  neh  546,  dopo  di  aver  sedalo  in  Ce- 
neda slessa  gravi  discordie,  insorte  tra' 
cittadini  e  il  vescovo  cardinaliMarinoGri- 
mani ,  ebbe  ad  usare  della  sua  energia 
contro  le  pretensioni  del  vescovo  stesso, 
che  duramente  molestava  i  suoi  vassalli, 
tolte  dalla  loggia  di  Ceneda  l'insegne  di 
s.  Marco,  proclamalo  che  niuiio  avesse 
più  ricorso  a  Venezia  per  l'appellazione 
sotto  gravi  pene,  intendendo  d'assumere 
a  se  la  piena  giurisdizione  sulla  città;  e 
di  pili  avendo  fallo  arrestare  due  di  Ser- 
ravalle che  accompagnavano  l'inquisito- 
re dal  senato   mandalo  a  visitare  i   bo- 
schi di  Terraferma  per  far  cerca  di   le- 
gname da  costruzione  per  l'arsenale,  per 
essersene  offeso  il  cardinale.   Fu  allora 
che  il  senato  per  conservare  la  giurisdi- 
zione ormai  da  due  secoli  acquistata  so- 
pra que'luoghi,  mandò  a  Ceneda  per  suo 
rappresentante  un  podestà  peramraini- 
slrare  la  giustizia  sì  in  civile  che  in  cri- 
minale, come  gli  altri  rettori.  Fu  a  ciò 
nominato  Giacomo  Suriano,  e  così  tolse 
la  repubblica  a' vescovi  di  Ceneda  la  su- 


356  V  £  IV  YEN 
preaia  rappiesenlaiizu  (cmporale.  Ini-  prof.  Ilomanin  ai  tempo  di  Papa  Cle- 
lalo  il  canliiial  Giiiiiani,  si  recò  a  Roma  niente  Vili  c'acconta  come  la  contesa 
a  lagnarsi  cou  Paolo  111,  accnsamlo  la  erasi  inasprita,  per  avere  il  vescovo  Mai- 
repnbblica  d'avere  col  suo  operato  con-  c'Antonio  Mocenigo  più  vivamente  degli 
culcato  i  diritti  dell'ecclesiastica  immu-  altri  rinnovate  le  pretensioni,  onde  poi 
iiilà.  Ria  la  signoria  a' I  3  agosto  incaricò  (u  costretto  rinunziare  il  vescovato.  Il 
INicolò  da  Ponte  suo  oratore  in  Roma  di  cugino  Leonardo  Mocenigo  che  il  succes- 
esjìorre  al  Papa  le  sue  lagioni  e  gli  abusi  se,  seguì  la  medesima  via,  dichiarando  le- 
dei vescovo,  risultanti  da  d(jcumenli.Non-  nere  la  repubblica  Ceneda  soltanto  come 
dimeno  l'aliare  avrebbe  preso  grande  fuo-  feudo  del  vescovo.  Avea  il  senato  vietato 
to,se  la  i»iortea'7  febbraio  I  547  nonaves-  al  vescovo  assolutamente,  sulla  base  del 
se  tolto  di  mezzo  ilGiiuiani,  e  se  la  pru-  suo  dominio  lein[)orule  in  Ceneda  e  suo 
denza  di  Paolo  111  non  avesse  procurato  territorio, fjualiuKpie  appellazione  a  Pio- 
pel  veneto  ambasciatore  un  amichevole  ma.  Clemente  Vili  a  tale  notizia  man- 
componimento.  La  repubblica  concesse  dò  nel  1600  un  monitorio,  e  fattolo  af- 
al  vescovo  successore  Michele  della  Tor-  fìggere  in  Ceneda  annullò  lutto  1'  opera- 
re udinese  poi  cardinale,  la  temporale  si-  lo  della  repubblica,  e  nainacciò  della  sco- 
gnoria  di  cjuel  distretto  e  richiamò  a  Ve-  munica  qualunque  mauJusse  alle  appel- 
nezia  il  podestà  Soriano.  Le  dilTerenze  lazioni  altrochea  Roma,  dichiarandoche 
per  allora  si  quietarono,  ma  solo  per  ri-  la  giurisdizione  di  Ceneda  non  solo  spi- 
desiarsi  in  appresso  più  vive,  onde  me-  ritualmente  ma  anche  temporalmente 
glio  è  che  qui  ne  termini  la  narrativa.  speUet'va  pieno  jicre  alla  s.  Sede.  Coa- 
II  vescovo  della  Torre  destramente  ot-  Irò  questo  monitorio  protestò  altamente 
tenne  con  tutta  segrelev;za  da  Giulio  III  il  senato  neli6o3,  e  provvide  vigorosa- 
nel  I  55o,  un  bieve  con  cui  venne  dichia-  mente  che  al  supremo  dominio  della  re- 
rato solo  signore  e  conte  tem|)0rale  di  pubblica  non  venisse  recato  nocumento, 
Ceneda  sullo  l'immediata  sovranità  e  prò-  ingiungendo  al  podestà  e  ca[)itano  di  Tre- 
lezione  della  s.  Sede.  Rimase  occulto  il  viso  di  pubblicai  severe  pene  a  chi  osas- 
breve,  finché  nel  1 56 1  insorte  alcune  con-  se  propalare  o  alllggere  in  Ceneda  alcun 
Iroversie  tra  il  consi-lio  di  Ceneda  e  il  alto  altentatorioalle  ragioni  della  repub- 
\icario  ilei  vescovo  Torre,  mentre  questi  blica.  Allìne  il  Papa  cedendo  a'buoni  uf- 
Irovavasi  al  concilio  di  Trento,  fu  prò-  fizi  dell'ambasciatore  Paolo  Parula,  e  ile* 
dotto  in  luce  con  meraviglia  e  indigtia-  cardinaliValerio  vescovo  di  Verona  eMu- 
zione  della  repubblica.  Si  rinnovarono  rosini  vescovo  di  Brescia,  accoUe  la  pro- 
perciò  le  luibolenze,  che  durarono  anni;  posizione  del  senalo,  che  fossero  tenuti  in 
tultavolla  il  senalo  continuò  a  lasciare  sospeso  lutti  gli  alti  dell'una  parte  e  del- 
ìn  mano  de'vescovi  la  temporale  animi-  l'altra  dalla  venuta  del  commissario  a- 
nislrazione  del  dislrelto,  invece  di  fcirla  poslolico  neliSgS  (ino  a  tanto  che  si  po- 
esercilare  da  un  podestà,  laiilo  più  che  tesse  decidere  come  da  principe  a  prni- 
i  vescovi  erano  da  lui  nominati.  Da  que-  cipe  il  punto  della  superiorità.  Ciò  av- 
sle  controversie,  o  pel  narralo  dal  Bor-  venne  nell'agosto  1604.  Del  resto  il  se- 
gia  e  da  me  ripetuto  nell'articolo  citato,  nato  mostravasi  disposto  a  terminar  la 
ebbe  origine  la  pretensione  di  apparle-  questione  con  qualche  buon  accouioda- 
nere  Ceneda  alla  sovranità  lenjporale  nieuto,  quando  insorsero  altri  accidenti 
della  s.  Sede,  e  la  repubblica  fece  fare  un  che  provocarono  quell'ostinato  conllitlo 
voto  o  consulto  (che  si  legge  nelle  Z?e//7^e-  fra  la  repubblica  e  Paolo  V  pel  famoso 
razioni  dilionio,  cou  documenti  e  allega-  interdetto  di  (|uesto,  e  ragionando  del  suo 
li,deV)  liiglioiGi  i)da  fr.  Paolo isarpi  (Il  poulificato  io  narrerò  uè'  dogadi  89.", 


V  E  N 

<)0.°  e  91.°,  con  altro  cenno  di  questa 
coiilroversia  riiinovalnsi  ilopo  quuH'e- 
[)'»ca).  E  sebbene  per  cnnilisceiulenza 
del  senato  i  vescovi  conlìniinrono  a  e- 
seicìtare  il  dominio  ten)|>orale,  sotto  la 
sovranità  della  repubblica,  ciò  peiò  eb- 
be fine  nell'anno  1 -Gg  qniuido  con  de- 
creto de'  t4  dicembre  ne  bn'ono  pri- 
viiti  persetnpre.  Ed  allora  nncfjiie  ne'ce- 
nedesi  il  desiderio  di  reggersi  da  se  me- 
desimi, di  die  fecero  calde  istanze  al  se- 
nato, le  quali  aizzarono  i  coneglianesi  a 
tentare  invece,  che  il  di^frettodl  Ceneda 
fosse  soggettato  alla  giurisilizione  del  lo- 
ro podestà.  Negli  uni  negli  altri  riusci- 
rono ne'Ioro  progetti.  Fu  decretato  ald- 
ne  a'i5  dicenibreivy  i,  che  un  patrizio 
veneziano  dovesse  governare  peri 6  mesi 
la  città  di  Ceneda,  la  contea  di  Tarso  e 
i  loro  distrelti  col  titolo  di  podeslà.  Re- 
golata così  l'ani ininislrazione  politica  di 
Cenetla,  ne  fu  lasciata  l'interna  in  mano 
de' suoi  due  consigli  generale  e  minore, 
formati  di  soli  nobili  della  città.  Col  ca- 
der poi  della  repubblica  di  Venezia,  sog- 
giacftiie  Ceneda  alla  contlizione  stessa,  a 
cui  parteciparono  tutte  le  altre  città  e 
Provincie  di  quelln.  — ^In  si  ritorni  al  do- 
gido  tlelDonato.Bencbèla  repubblica  vo- 
lesse assolutamente  tenersi  quieta,  non  o- 
stante  il  gran  movimento  d'armi  in  Ger- 
mania l'obbligò  a  prendere  a'suoi  servi- 
gi per  3  anni  Guid'Cbaldo  11  duca  d'Ur- 
bino nel  giugno  1  54^5  indi  per  la  defe- 
zione del  duca  Maurizio  di  Sassonia  e  al- 
tre conseguenze,  nel  dicembre  buona  par- 
te de'  principi  della  lega  protestante  si 
sottomisero  alle  armi  di  Carlo  V,  e  nel 
seguente  a|)rile  1 54?  'cslò  disfatto  e  pri- 
gi(jiiiero  il  duca  di  Sassonia.  I  rapidi  trion- 
fi deirimpcralore  misero  in  apprensione 
Pnolo  III  per  l'aumentala  sua  potenza, 
vicliiamò  le  sue  truppe,  e  cominciò  a  rav- 
vicinarsi a  Francia.  Non  è  vero,  die  per 
sottrarre  dalla  sua  inlluen^.a  il  concilio, 
clic  proseguiva  a  Trento,  l'aolo  III  [)ro- 
iillò  della  peste  penetrata  nella  città  per 
trasferirlo  a  Dologua  ,  ma  ciò   fu   sola- 


YEN  3  T7 

mente  per  decreto  de'padri,  e  anzi  all'in- 
saputa del  Pa[)n.  Nellaprilei  "j?  *'  'H"' 
il  concilio  in  Bologna, nel  rpial  tempo  Car- 
lo V  pubblicò  il  famoso  fnlcriin  (/^.), 
formolario  di  fede  per  la  Germania,  fin- 
ché il  concilio  avesse  regidato  e  deciso 
tutto,  scontentando  cattolici  e  protestan- 
ti. Paolo  \\\  fece  licenziare  i  padri  da 
Bologna  a'  i  7  settembre.  Mentre  era  am- 
basciatore Matteo  Dandolo  presso  la  s.  Se- 
de,fin  dal  precedenteanno,  l'aolo  Ili  a'  i  o 
novembre  1 549 'noti.  Gli  successe  Giulio 
III  a'7  febbraio  i  5jo,  ilcjUale  nel  seguen- 
te fece  proseguire  il  concilio  a  Trento,  ed 
ebbe  a  nunzio  in  Venezia  il  vescovo  di 
Ravello  Lodovico  Beccadelli  bolognese, 
poi  arcivescovo  di  Ragusi  ;  ed  in  Pioma 
per  ambasciatori,  nel  i55o  Nicolò  da 
Ponte,  nel  i  553  Domenico  Morosini,  e 
nel  i555  Bernardo  Navagero.  Prima  del 
decesso  di  Paolo  III,  nei  1  54?  P^'"  congiu- 
ra, fu  sottratta  GciìOva  dairuilluenzadei- 
l'iniperatore,  ed  ucciso  Pier  Luigi  Far- 
nese duca  di  Panna  e  Piacenza  per  in- 
vestituia  del  Papa  suo  padre,  non  senza 
avervi  preso  parte  Ferrante  Gonzaga  (e 
fors'anche  il  figlio  Ottavio  Farnese)  al- 
lora governatore  iuiperialedi  Milano,clie 
tosto  s'icn padroni  ili  Piacenza  per  toglie- 
rea'fiance>i  ogni  comunicazione coll'Ita- 
lia,  e  perciò  si  recò  ad  assediare  Parma. 
Inoltre  nello  stesso  1 547  S'^^  erano  morti 
Enrico  Vili  re  d'//ii'//(7/f'r/v/,  succeduto 
da  Odoardo  VI;  e  Francesco  I,  cui  suc- 
cesse Enrico  II  e  così  Caterina  de  iMedi- 
ci  divenne  regina  di  Fraiuia.^\i\  col  cam- 
biar de'regnanti  non  componevasi  anco- 
ra a  pace  l'Europa;  agenti  francesi  si  ma- 
neggiavano col  turco,  e  agitavano  diver- 
si stali  d'Italia,  alcime  delle  cui  coste  e- 
raiio  tribolate  da'corsari  turchi.  Venezia 
ormai  ridotta  a  mendicare  un  ignobile 
riposo,  rispondeva  agl'insulti  colle  quere- 
le e  ordinava  neli55j  al  capitano  gene- 
rale Stefano  Tiepolo,  dm  se  il  turco  as- 
salisse ([ualclie  lena  im[)eiiale  ,  evitasse 
ogni  mossa  che  [lotessi;  dargli  sospetto. 
La  fortuna  imperiale  si  abbassò  per  ave- 


358  V  E  l\ 

re  Enrico  11  invaso  buona  pjirte  ilella  Lo- 
rena, ed  i  proleslauli  ripreso  la  rivinci- 
la, per  cui  Carlo  V  corse  pericolo  di  ca- 
der prigione  in  Innsbruck.  Avanzatisi  i 
iiancesi  uelPietuoute,  vittoriosamente  fe- 
cero levare  1'  assedio  a  Parma  ;  e  Siena 
cacciala  la  guarnigione  spagnuola,  si  mi- 
se sotto  la  loro  prolezione.  Il  doge  Dona- 
lo dopo  aver  nel  i  55o  molto  orato  a  fa- 
vor del  patiiarcad'AquileiaGiovanniGri- 
niani,  per  sostenere  presso  la  s.  Sede  la  di 
lui  fede  ortodossa  contro  le  calunnie  che 
gli  erano  state  apposte  di  eresia(sul  dogma 
della  predestinazione  e  della  grazia, ed  io 
ne  parlai  nel  voi.  LXXXII,  p.  1 32  :  ne 
tratta  il  caldina!  Pallavicino  nella   ma- 
gnifìca  Storia  del  coneìlio  di  Trento,  che 
dice  non  fatto  cardinale  come  dovea  es- 
serloj  e  della  sua  causa  di  fede  avanti  i 
padri  di  Trento  ove  fu  semiassoluto,  ma 
non  ammesso  a  niuu  allo  sinodale),  giun- 
to all'anno  85.°  terminò  la  sua  carriera 
mortale  a'23  maggio  1  553.  Le  di  lui  spo- 
glie vennero  deposte  nella  chiesa  di  s.  Riu- 
ria de'Scrvi,  dove  giaccpiero  fino  al  1 8 1  G, 
in  cui  smantellandosi  quell'insigne  tem- 
pio, i  di  lui  pietosi  parenti  ne  raccolsero 
l'ancora  intatta  sua  salma,  clie  trasferita 
insieme  all'antica  sua  statua  in  un  ora- 
torio campestre  pressoil  villaggio  dilVIa- 
ren,  ne'dinlorni  di  Conegliano,  del  qua- 
le era  proprietaria  la  nobile  donna  Chia- 
ra Tron  di  s.  Eustachio,  moglie  del  no- 
bile Leonardo  Donato  delle  Rose  di  s. 
Cauciano,  ebbe  colà  nuovo  avello  ed  ap- 
posita iscrizione  che  ne  ricorda  il  fatto.' — • 
Marc  Antonio  Trevisano  doge  LXXX. 
Pio  uomo  e  religiosissimo,  alieno  dalle  co- 
se di  guerra,  le  cure  di  lui  furono  sem- 
pre dirette  alle  opere  di  religione,  ed  a 
laccomandare  a'giudici  l'esalla  e  solleci- 
ta amministrazione  della  giustizia,  quan- 
do le  varie  cariche  da  lui  sostenute  in  pa- 
llia  gli   olhivano  il  destro  di  farlo.  Di- 
venuto principe  a'j  giugno! 553  si  valse 
dell'emmcnzadi  suo  grado  per  frenare  la 
licenziosità  d'alcune  costumanze;  impedii 
il  Irastullo  di  leste  notturne  che  facilmen- 


V  E  N 

le  avrebbero  fatti  prevaricare  i  meno  pru- 
denti, e  corrotti  que'principii  di  morale 
che  sono  guida  primaria  e  conforto  d'u- 
na città  ben  disciplinata,  come  egregia- 
mente rileva  il  veneto  biografo  eh.  Caso- 
ni.  Egli  di  più  riferisce  il  narrato  por- 
tentoso de'cronisli,  donde  si  trae  esatta 
idea  delle  cristiane  doti  di  questo  doge. 
Essi  narrano,  che  quando  era  procura- 
tore di  s.  Marco,  una  notte  si  sentì  due 
volle  desiare  da    ignota  voce,  la  quale 
l'avvisò,  menlr'egli  agiatamente  dormi» 
va,  stavasi  un  povero  pellegrino  sdraia- 
to sulla  nuda  (erra  sotto  a'porticali  della 
gran  piazza.  Ubbidì  egli  al  misterioso  cen- 
no ,  ed  accorso  con  servi  e  con  lumi  al 
luogo  accennatogli,  trovò  colà  s.  Ignazio 
Lojola,  fondatore  della  compagnia  di  Ge- 
sù, che  accolse  ospite  nel   magnifico  pa- 
lazzo di  sua  famiglia,  in  parrocchia  di  s. 
Giovanni  in  Oleo,  sul  rivo  dello  di  Ca- 
nonica, divenuto  a'4  dicembre  «577  di 
Bianca  Cappello  granduchessa  di  Tosca- 
na ,  nel  qual  palazzo  vuoisi  che  il  santo 
gli  predicesse  il  dogado.  La  straniera  po- 
li tica  sordamente  tentò  turbarla  quiete 
tranquilla  di  cui  gioivano!  veneziani, con 
seducenti  consigli,  ma  seppero  in  bel  mo- 
do sottrarsi,  resistendo  all'esibizioni  ed 
offerte  d'alcune  potenze  che  se  ne  dispu- 
tavano ramicizia,e  Venezia  ferma  si  rima- 
se armata  neutrale  tra' contendenti.  In- 
tanto sempre  più  accresceva  il  numero 
delle  fabbriche  cospicue;  le  già  cominciate 
avanzavano  al  loro  compimento,  ed  i  teso- 
ri de' cittadini  versavansi  a  decoro  della 
patria,  e  ad  incoraggiare  gli  artisti.   Ma 
poco  stette  sul  seggio  questo  doge,  che  pri- 
ma ancora  dell'anno,  cioè  a'  3i  maggio 
1  554,  spirò  mentre  orava  avanti  la  Cro- 
ce, com'era  solito  fare.  Scrive  V  Arte  di 
verificare  le  date:  Egli  era  dotato  di  sin- 
cera pietà,  e  l'austera  sua  penitenza  gli 
abbreviò  i  giorni.  Il  suo  corpo  fu  tumu- 
lato a  s.  Francesco  della  Vigna,  in  appo- 
sita tomba  nel  mezzo  della  crociera  ,  e 
quella  tomba  non  venne  mai  più  aperta, 
ch'egli  solo  rimasto  era  anche  1'  ultimo 


V  E  N 
di  sua  casa.  Sulla  porla  laterale  della  cap- 
pella Caiusliniana  è  il   ceuotaHu  del  do- 
ge, d'  i<>uulu  auloic,  ma  dello  stile  del 
6aiisoviuu. 

28.  Francesco  l'enier  LXXXI doge. 
Non  meno  felice  deil'autecessore  si  fu  il 
non  lungo  periodo  ìu  cui  questo  sedè  sul 
s-ogiio  ducale,  per  carità  di  patria  e  per 
usservazioue  di  giustizia,  oltre  ogui   dir 
coinmeudevole,  ed  a'cilladiui  carissimo. 
Eletto  doge  1*1  i  giugno  i  554,  ebbe  «^  ^'*^* 
datore  in  tal  giorno  Barlolonieo  Spada- 
fora  di  Moncada,  letterato  ragguardevole 
di  que'tenipi.  La  pace,  quel  dono  del  cie- 
lo, esclama  con  patrio  entusiasmo  il  fa- 
condo Casoni,  die  du  si  potrebbe  mece- 
nate e  sostegno  delle  arti,  delle  scienze, 
della  civiltà,  continuava  a  favorire  Ve- 
nezia, iu  cui  seujpre  nuovi  edifìzi  sorge- 
vano a    [ìubbliche  spese  ed  a  spese  de' 
privati.  Magnificile  suppellettili  di   por- 
tentose pitture,  d'intagli,  d'auree  decora- 
zioni, rendevano  preziosa  e  classica  ogni 
aula  di  Venezia, che  all'antica  Grecia  non 
più  invidiava  né  il  genio  magnifico  di  Pe- 
ricle, né  la  magistrale  abilità  d'  un  Ca- 
Iterate,  d'un  Fidiu,  d'uu  Apelle.  Due  fa- 
vorevoli avvenimenti,  non  poco   contri- 
buirono ad  aumentar  la  gioia   de'  vene- 
ziani che  dimostrarono   la  splendidezza 
del  genio  loro,  in  festeggiar  l'arrivo  del 
celebre  cardinal  Carlo  Guisa-Lorena,  in- 
viato dal  re  di  l'arancia  Enrico  II,  come 
andjasciatore  per  trattare  la  da  lui  bra- 
mala lega  culla  repubblica;  quindi  il  pas- 
saggio perVetiezia  della  regina  Bona  Sfur- 
za  figlia  diGiaiiGaleazzoduca  di  Mdanu  e 
vedova  del  redi  PoloniaSigismondo  l,che 
I  itornava  al  suo  ducato  di  Bari. Se  dignito- 
so e  solenne  iu  l'arrivo  del  cardinale,  al- 
trettanto I  accoglimento  fitto  alla  regina 
riuscì  degno  della  pubblica  maestà,  ed  ol- 
tre ogni  dir  brillante  e  compiuto.  Le  si 
bpedì  incontro  d  real  Bucintoro,  con  eletta 
comitiva  di  ragguardevoli  dame,  destina- 
te a  corteggiarli!;  erano  queste  ricoperte 
di  serici  drappi,  ornate  di  gemme,  d'oro, 
di  ricchissimi  liapuuli  cuu  laatusfarzo  e 


V  E  iS  3  T9 

con  tanta  profusione,  (]uali  non  sarebbe- 
ro stali  permessi  dal  moderato  sistema 
della  repubblica,  che  discese  a  concedere 
o  meglio  tollerare  il  massimo  lusso,  solo 
pel  momento, ed  inriguaido  alla  singola- 
rità della  circostanza.  Ebbero  luogo  fe- 
ste, trattenimenti,  lautezze  (|uali  compe- 
tevano a  tanta  ospite.  Giunto  final&ien 
le  il  giorno  della  partenza,  volle  il  doge 
accumpagnaria  lino  sulla  galea  di  Pau- 
dolfo  Guoro,  capitano  d'una  spedizione 
di  corsari,  la  flotta  del  quale,  date  le  ve- 
le e  tulFati  i  remi,  servì  di  decorosa,  iiu- 
puneute  e  sicura  scorta  pel  mare  Adria- 
tico a  quell'illustre  vedova.lli5j5  fu  spet- 
tatore di  memorabili  avvenimenti:  a' iZ 
marzo  morì  Giulio  1!I  e  dopo  16  giorni  gli 
successe  Marcello  11,  il  quale  resse  il  pou- 
lificato  11  gioì  ni,  onde  a'23  maggio  vi  fu 
elevato  Paolo  lY  Carafa,  che  da  chierico 
regolare  teatino  era  slato  superiore  della 
casa  di  Venezia,  Intanto  a'  17  aprile  i 
francesi  aveano  capitolato  in  Siena,  ì^qv 
cederla  dopo  in  giorni  agli  spagnuoli;  le 
reliquie  di  quella  repubblica  quasi  tosto 
si  spensero  a  Moiitalciiio,c\nì  poi  perven- 
ne a  Cosimo  I  Medici  duca  di  Firenze  e 
quindi  di  Toicaiut^  riserbalasi  la  Spagna 
lo  stalo  de'Presidii.  Ma  coll'esaltazione  al 
papato  di  Paolo  IV  nuove  agitazioni  pre- 
paravansi  all'Italia,  essendosi  egli  confer- 
mato nell'avversione  a  Carlo  V  e  aderea- 
le  a  Francia.  Se  non  che  sopraggiunse  ta- 
le avvenimento  che  stupir  fece  l'Europa 
principalmente,  e  tenne  gli  animi  qualche 
tempo  sospesi  sul  nuovo  indirizzo  che  a< 
vrebbero  preso  le  cose.  Carlo  V  avea  ve- 
duto fallire  i  suoi  più  cari  disegni,  noa 
avea  potuto  ricuperare  Metz  con  100,000 
uomini  ,  né  il  Piemonte  ,  né  strascinai* 
r  ln*hilteira  in  una  nuova  lega  contro 
Francia,  e  non  vivea  più  di  buon  accorda 
colfratelloFerdinaudoI;il  trattato  d'Au- 
gusta de'25  settembre  1 555  confermava 
la  scissione  della  Chiesa  germanica,  cose 
tutte  che  amareggiarono  profondamente 
il  suo  animo.  ìNellasua  biografia, riferita  a 
Si'AG.N.1;  c  iu  alili  ai  licoli  che  vi  luauu  re- 


36,,  V  E  N  V  E  N 
lazitjiie,  iiarnil  le  piincipali  cause cì)Ctle-  oratori  a  Filippo  II  per  congialiiltirsi  e 
Icrniiiiaroiio  Callo  V  al  ritiro  ilal  potè-  ralFerniare  le  [)rolesle  tli  pace,  li  doge 
le,  i)i;l  cui  impero  non  mai  Iraaionlava  Venier  avca  pagalo  egual  tribiìio  a'  2 
il  sole,  die  cl()po4o  anni  d'una  domina-  giugno  i  556, lotlaJo  nella  [)ompa  l'iinehre 
7Ìone  agilalissima  egli  soccombeva  alle  da  Dei  nardo  Loiedano,  e  poi  da  Gior- 
faliclie  della  continua  sostenuta  lotta,  gio  Ilenzon  che  ne  scrisse  la  vita.  Fu  de- 
c;oiupreso  e  penetralo  da  scoraggiamen-  posto  in  magnidco  sepolcro,  opera  mae- 
to  |)^r  l'infelice  successo,  di  noia  e  di  di-  slosa  ed  elegante  del  Sansovino,  che  or- 
ì.gii>to  [ter  tutte  le  cose  del  mondo,  tor-  na  gran  parte  d'un'inlerna  parete  entro 
luenlaloda  dolori  fisici  e  morali,  già  vec-  la  chiesa  di  s.  Salvatore  presso  il  i"  al- 
«hio  e  caduco  all'elii  ancor  fi  esca  di  55  lare.  Ebbe  fama  di  cultore  de'buoni  slu- 
anni,  piese  una  risoluzione  che  fece  re-  di,  essendo  senatore  fu  eletto  per  uno  de* 
slare  attonito  il  mondo.  Nel  i  554  ^^^^  conservatori  perpetui  della  veneta  acca- 
teduto  al  suo  figlio  Filippo  II  il  regno  demia  degli  Uniti  ,  e  vari  autori  gli  de- 
deIIedue6'/rz7/(',  iS"/e//«eil  docalodi  M-  dicarono  1' o|)ere  loro.  Nel  suo  dogado 
lano  a  "3.5  ottobre  i5')5  gli  rinunziò  i  s'incontra  la  memoria  delle  Fabbriche 
Paesi  Bassi  e  la  Boi  gogna,  vt\  a'  i6  Nuove  di  Uiallo,  di  quell'edifizio  cioè  eoa 
gennaio  i  556  la  tnonarcbia  di  Spagna  serie  d'archi  e  di  volle,  il  quale  ester.desi 
e  le  India  Ociidcnluli,  dichiarando:  lungo  iK^anal  grande  dalla  piazza  dell'Er- 
Clie  le  sue  forze  affievolite  dall'infermi-  he  a  quella  del  Fesce,  la  quale  adesso  si 
là  e  da'  travagli  del  corpo  e  dell'animo,  rinnova  del  tutto  ;  e  quella  del  principio 
non  più  bastandogli  a  sopportare  il  peso  della  rifabbrica  della  chiesa  dis.Geminia- 
del  "rand' im[)cro,  pel  bene  de' sudditi,  no. — Lorc/izo Friuli  LWX fi dogc.Vo- 
vecchio  già  vicino  al  sepolcro,  l'allidava  mo  grandemente  slin)alo  pe' suoi  talenti 
ad  un  giovane  vigoroso  esercitato  fino  politici  e  lelterarii,  ebbe  meritamente  la 
dalla  i."  età  a  governare.  Per  l'unità,  a-  ducal  corona  a' { 9  giugno  i  556,  in  mezzo 
crebbe  voluto  cedere  a  Filippo  lì  anche  all'  acclamazioni  della  pubblica  esultau- 
l'impero,  ma  Ferdinando  1  re  de'romani  za.  Continuavano  giorni  di  consolazione 
non  vi  volle  acconsentire  a  verun  patto,  e  di  pace.  Venezia  non  inquietala  da  po- 
ti le  due  corone  di  Spagna  e  di  Germania  litiche  brighe,  gioiva  di  onorata  quiete 
rimasero  quind'  innanzi  divise  sotto  lo  accjuistatasi  colla  maturità  del  consiglio, 
scettro  di  due  rami  della  casa  d'Austria,  col  valore  e  colla  risoluzione  tiel  braccio. 
A'7dicembrei556pertanlo,  spedi  al  fra-  Zilia,  figlia  di  Marco  Dandolo,  moglie 
tello  la  rinunzia  all'impero  colle  sue  in-  del  nuovo  doge,  venne  solennemente  co- 
scgne,  che  altri  anticipano  a'27  agosto,  rimala  dogaressa. Questa  funzionechedal 
Adendo  pur  protestalo  di  consagrare  il  tempo  di  i'ustpiale  IMalipiero  del  i4'j'7> 
lesto  di  sua  vita  a  servir  Dio  e  preparar-  non  più  erasi  vista,  riuscì  cara  e  interes- 
iii  alla  morte,  a'24  ftbln'aioi  557  ^'  "^'"  sante  perchè  ilcorda  va  gli  antichi  usi  della 
lò  nel  monastero  de'girolamini  di  s.  Giù-  città  e  le  patrie  nazionali  costumanze.  La 
sto  nell'Estiemadura.  Neppur  nella  so-  descrive  con  particolari  il  cav.  Mulinelli, 
liludine  e  nelle  umili  occupazioni  potè  ^iiimli  Urbani  di  I  cnezia,  neìse^uenle 
troviir  pace  a  quella  violenta  inquietu-  modo.  Quatti'  ore  innanzi  all'inìbrunii" 
dine  dell' animo  che  l'accompagnò  alla  de'  18  settembre  i557,  il  doge  L(jren- 
tomba  a'2  I  sellenibrei  558,  dopo  aver  zo  Friuli,  acconqiagnilo  da'consiglieri  e 
dato  lo  strano  spettacolo  religioso  di  farsi  da  60  senatori,  scendeva  dal  suo  palaz- 
celebrare  vivente  i  solenni  funerali,  disle-  zo  nella  piazza  di  s.  Marco,  atteso  poco 
so  sulla  bara  durante  la  lugid)re  funzio-  discosto  dal  cam[)anile  dagli  ambasciar 
ne  !  Dopo  l'ubdicaziouc,  la  signoria  inyip  tori    dell'  imperatore  e  de'  duchi  di  Sa^r 


VLN  YEN  3Cm 
v.'iia  e  d'Uihino.  Era  ivi  stalo  eretto  tini-  d.imasco,  ma  ornate  tutte  di  perle  d' e- 
r  arte  de'  macellai  un  l)clli'^^iinoarco  di  itiesua  t^rossezzn,  e  con  bavei  i  e  coiiciei  i 
liiotifo,  sotto  il  (piale  il  doge  e  la  iiobi-  di  varie  Tur  tu  e  loinpeslali  di  i^ioie  d'ine- 
lissiii.ia  coiiìiliva  passavano  per  avviarsi  stimabile  valore.  Venivano  iiitli  parecchie 
verso  il  Bucintoro,  che  trovavasi  fermo  in  matrone  con  vesti  e  veli  neri  sul  capo;  fi- 
qualche  distanza  dalla  riva.  Salili,  me-  nahnente  preceduta  dal  grancancelliere, 
diante  un  ponte  fatto  di  barche,  nel  ma-  dii'.>egretari  e  da'figli  suoi  la  principessa, 
gnifico  legno,  cpiesto  li  traeva  pel  gran  Fattisi  incontro  a  lei  i  canonici  di  s.  .Alar- 
canale  ai  palazzo  de'I'riidi  a  s.  lìarnaba  co,  coo)e  giungeva  alla  porta  maggiore 
sul  canale  stesso. Attenilevoli  colà  la  prin-  di  rpiei  gran  tempio,  e  datale  a  baciare  la 
cipessa  in  uno  sfarzoso  a[)partamenlo  a-  pace,  condolla  era  a  pie  del  principaleaU 
domo  di  tappezzerie  d'oro  e  di  seia  di  e-  tare,  ove  canlavasi  l'inno  di  grazie.  Do- 
strema  bellezza,  portando  essa  una  veste  nata  dalla  principessa  a'canonici  una  bor- 
di panno  d'oro  con  larghe  maniche,  cuna  sa  con  loo  ducati, ed  uscita  di  chiesa  per 
soltana  di  broccato  ;  un  c;inditlissiuio  velo  I<1  porla  di  fianco  al  palazzo  trucale.  sa- 
di  Caudia  sceiidevale  i\>i\  capo,  sul  (pjale  li  va  la  scala  Foscara,  e  nelle  vicine  slau- 
teneva  una  berretta  pur  di  |)aiuio  il'oro,  ze  slavano  aspettandola  le  arti.  Erano 
alla  foggia  del  diadema  o  corno  de'dogi.  per  i  primi  i  barbieri  seduti  intorno  a 
Giurate  dalla  dogaressa  le  relative  costi-  una  tavola  coperta  di  vaghissimo  tau- 
luzioni,  e  regalala  a  ciascuno  de'consiglie-  pelo:  succedevano  a  questi  gli  orefici  in 
li  ducali  eal  gran  caucelliereilella  repub-  una  stanza  adornata  d'arazzi,  con  una  cre- 
Llica  una  borsa  d'oro  riccio,  «lavasi  prin-  denza  piena  di  vasi  d' argento  e  d' oro 
cipìo  sul  Canale,  per  mezzo  delle  congre-  ma^sicio.  Quindi  per  quella  loggia  del 
giizioni  delle  arti,  che  per  aulica  coiisue-  palazzo  che  risponde  nella  Piazzetta,  il 
tudine  doveano festeggiar ravvenimenlo,  cui  letto  era  coperto  da  un  pannodico- 
e  theacconciamenleerano  disposte  in  pa-  I<ir  turchino  stellalo  d'oro,  e  da'cui  pog- 
liscal(ni,sopra  i  quali  danzavano  con  gran-  giuoli  e  da'di  cui  archi  pendevano  festoni 
dissima  letizia,  a  una  regata  di  /isolare,  e  stendardi  chermisini  e  di  oro,  passa  visi 
Durando  cpiesta  lolla,  i  paliscalmi  delle  nella  stanza  ile'saili,  che  aveva  il  cielo  di 
delleai  ti  andavano  inlanloa  manca  oia-  panni  scarlatti,  frasla^iiali  con  altri  "ial- 
no  volgendo  le  prore  verso  la  piazza  in  li  a  fioii  e  a  fijgiie.  La  stanza  de'  calzo- 
guisa,  che  mossosi  per  ultimo  il  Bucinto-  lari  addobbata  eradi  damaschi;  un  velo 
ro,  in  cui  slava  sopra  il  ducal  seggio  la  <ii  IjioccmIo  operato  Nteudevasi  in  quella 
principessa  Zilla,  veniva  esso  a  chiudere  <le'  oiciciii,  ove  fumavano  incensi  ;  linai- 
la  lietissima  schiera  delle  variate  barche,  mente  i  pellicciai,  i  calderai,  i  filegiiami, 
Giunta  questa  innanzi  all'arco  de'macel-  i  fiibbri,  i  muraturi,  gli  scalpellini,  i  ve- 
lai, dove  slavano  in  ordinanza  da  lOO  trai,  i  lavoraldri  di  cuoio,  i  fornai,  gli  ar- 
alabardleii  tedeschi,  incominciavano,  fra  mamoliei  pittori  si  trovavano  sparsi  ili 
il  trarre  dell'artiglierie  e  il  suono  delle  allie  stanze,  parale  con  ricche  tappezze- 
liomlie  e  de*  tamburi, a  distendersi  per  rie  e  con  diversi  altri  adornamenli.  Fi- 
la piazza,  eh'  era  tutta  co[)erla  di  panni  uila  d,dl<i  dogaressa  la  visita  a  tutte  le 
biimchi,  gli  artieri  |.>receduti  da  stendar-  congregJizioiu  delle  arti,  riducevasi  nella 
di  spiegali  e  da  maz/ieri.  "  Andavanoco-  sala  della  del  ìMaggior  Consiglio,  nella 
loro  accoppiati,  vestili  di  velluto,  dì  da-  quale  ponevasi  a  sedere  sopì  a  il  trono  du- 
tnasco  e  di  raso  :  li  seguivano  gli  scudie-  Ciile,  standole  a  destra  uno  stuolo  di  ma- 
ri e  i  comandatori  del  [irincipe;  poscia  Irone,  e  a  manca  i  consiglieri  ducali  con 
23""  giovani  gentildonne  parimenti  appa-  alili  distinti  personaggi  :  il  rimanente  dcl- 
iule,  vestile  chi  di  raso,  chi  di  labi  e  clii  di  la  vastissima  sala  iiigojubio  era  di  gio- 


3G2,                   V  li  JN'  V  E  N 
vani  «Idiiie,  di  gentiluomini  e  di  niasche-  co  li,  e  mostiauJo  ei^uali  disposizioni  A 
re.  Venula  la  notte,  ponevansi  in  iscliieia  figlio  Filippo  li,  a' 3  felibraiu  i5j6   se- 
36o  uomini  de'principali  delle  arti,  poi'-  gnjva'^i  la  tregua;  ma    Paolo   IV  per    le 
landò  ciascuno  un  gran  piallo  d'argento  precedenti  couvenzioui  con  Francia,  pe' 
traboccante  di  confezioni:  ed  accese  i  oo  mutivi  ripetulamenle  narrali  altrove  nel 
lorcie,  tenute  da  allrettanli  giovani  ve-  propugnare  colla  storia  il  virtuoso  e  ca- 
sliti  di  seta,  uscivano  i  detti  uomini    in  liinni  ilo  gran  l'onledce,  per  le  trame  de- 
piazza,  preceduti  da'  mazzieri  loro,  e  ac-  g'i  ambiscialori  imperiale  e  spagnuolo, 
compaguati  da  aSgentiluomini  vestiti  di  venuto  in  rottura  colla   Spagna,  cacciò 
\ellulo  nero,  a  far  mostra  al  popolo  delle  dallo  slato  papale  i  Colonuesi  per   le  loro 
confezioni,  nelle  quali  stava  l.i  colezione  diverse  nbellioni,  equali  capiparle  della 
die  il  doge,  per  antica  usanza,  dar  dove.i  fizione  spaguuola,  e  ne  conficcò    i    beni, 
in  quell'occasione  alle  congregazioni  del-  conlereudo  il  feudo  di  Patia/io  al  suoni- 
le arti.  Intanto  nel  cortile  del  palazzo  uà  [>ote,  (piindi  fu  spinto  alla  guerra  con  su  a 
fuocoarlificialointerleuevapiacevoimcn-  ripugnanza,  collegandosi  con  Francia  eli 
lelamoltitii<line,e  laulamentedalla  prin  duca  di  Ferrara.  Di  tutto  il  Papa  facen - 
cipessa  e  dalla  sua  corte  ceuavasi  nell'ai-  done  consapevole  la  signoria,  per  l'ora- 
tra  sala,  cliiamata    del  Preguli.   Poi  le  lore  Cernarda  Navagero,  volendo  proce- 
danzeincominc!avano,econ  queste, e  con  dere  co'  pie  di  piombo,  a  imitazione  del 
corse  di  tori,  e  con  regate  novelle,  con  governo  veneto,  come  si  deve  fare  nelle 
tinuavasi  il  sollazzo  per  due  altri  giorni,  cose  di   stato,  cercandone  però   l'unione, 
dopo  i  quali  recatosi  il  doge  a  ringrazia-  tome  quello  cUe  per  la  tanta  parie  che  pos- 
le  le  congregazioni  delle  arti,  ritorna  vano  sedeva  d'Italia  un  dito  suo  solo  fjrebbe 
ipielle  riiialinente  a' loroquutieri".  Non  andar  giù  la  bilancia  dal  lato  die  sì  po- 
lasciatrinteie->>>are  l'eguale  racconto  (atto  tiesse,  non  -^enza  promesse  di  terre  in  Pu- 
dal  Casoni,  ma  breve  e  non  del  tulio  e-  glia  e  f  Jise  pure  la  Sicilia  ;  il  regno  di  Na- 
hdtlo.  A  liint.i  giocondità  subentrò  ben  lo-  poli  e  il  ducalo  di  Milano  dovendosi  dare 
j-lo,  oltre  i  rumori  di  guerre  che  poi  dirò,  a'duo  figli  minori  d'Enrico  II.  La  repub- 
lutlo  e  mestizia;  poiché  la  bella  Venezia  blica  volle  conservarsi  in  pace  e  neutrale, 
circa  il  i558  venne  afflitta  di  peste,  fli-  dubitando  che  Paolo  IV  potesse  riuscire 
gello  chea  cpie'  tempi,  causa  leconlinue  a  liberar  1'  Italia  dall'  eccessiva  domina - 
it  inevitabili  corrispondenze  co'  paesi  o-  zione  sp.ignuola,  come  erasi  proposto.   I 
lienlali,  facilmente  riproducevasi  in  essa;  veiiezi  misi  limitarono  a  buoni  ullizi,  non 
ma  cpiesta  volta  poche  ne  furono  le  vitti-  volendo  avvilupparsi   in  nuove  brighe 
ine,  che  essendo  malattie  contagiose  pe-  guerre>che,  ad  onta  de'dissapori  che  cor- 
lecchiali,  il  zelo  e  l'atti  vita  del  provvedi-  levauo  da  più  anni  cou  Carlo  V  e  Ferdi- 
lore  Paolo  da  Mosto  valsero,  quasi  argi-  nando  I,  a  causa  degli  uscocchi,lribùd'o- 
ne,  ad  impedire  la  maggior  propagazione  rigine  slava  sparsa  nell'  Illiria,  Croazia  e 
del  morbo.  Se  non  che  quello  non  dile-  Dahnazia,  fimosa  per  le  piraterie  nell'A- 
guavasicheper  dar  luogoalla  fame,soIita  driatico,  sebbene  cattolica  ;  nuova    specie 
conseguenza  della  i ."  jiltura,  e  colpa   il  di  pirati  che  sotto  pretesto  di  molestare  i 
terrore  che  allontanava  gli  abitatori  della  turchi  e  gli  ebrei,  uscendo  da  recessi  ino- 
TeiraCerina  da  ogni  pratica  colla  città,  spili  e  da'piccoli  porli  dell'Istria,  ma  spe- 
Yennero  tosto  aperti  i  tesori  dello  slato  e  cialmenle  da  Glissa   considerata   autica- 
la  popolazione  ebbe  ampio  soccorso.  —  mente  ioespugnabile,doude  discacciali  da 
Prima  che  Carlo  V  avesse  compito  il  da-  turchi  verso  ili54o  ripararono  a  Segna, 
moroso  ittto  della  rinunzia,  avea  tentato  clie  divenne  loro  formidabile  piazza  d  ar- 
d'avviare  i  preliminari  di  pace  cou  Emi-      mi  e  nido  ordiuario;  davano  non  poca 


V  EN 

molestia  al  governo  veneto  e  spesso  cor- 
jevano  a  spogliarlo  altresì  di  qiKilclie 
terra,  attirandogli  perfino  addosso  il  pe- 
ricolo delle  armi  de'  turchi,  i  quali  con 
esso  si  lagnavano  delle  molestie  di  quel- 
le correrie,  dicendo  che  alla  repubbli- 
ca in  virtù  del  preteso  dominio  del  gol- 
fo spettava  di  tenerlo  netto  da'  pirati. 
Si  legge  nella  biografia  del  dotto  prelato 
Minucci  Minuccio  di  Serravalle  nel  Tre- 
vigiano, segretario  di  Clemente  Vili  e 
arcivescovo  di  Zara,  ch'egli  fu  impiega- 
to in  tutte  le  negoziazioni  relative  agli 
uscocchi,  onde  ne  scrisse  la  Storia  degli 
iiscocchi  con  i  progressi  di  quella  geii' 
le  sino  all'anno  1602.  La  continuò  fr. 
Paolo  Sarpi  fino  al  16 16  e  la  fece  stam- 
pare in  Venezia  neliGiy.  "  Gli  uscoc- 
chi, COSI  nominati  dall'  italiano  scocco 
(transfuga),  erano  fuoruscili  di  Dalma- 
zia, i  quali  non  vivevano  che  del  prò 
dotto  delle  loro  piraterie  e  de'  loro  la- 
dronecci. Approfittarono  della  mala  in- 
telligenza che  esisteva  tra  1'  Austria  ed 
i  veneziani,  per  fortificarsi,  e  desolaro- 
no per  lungo  tempo  i  sudditi  delle  due 
potenze,  di  cui  una  sola  avrebbe  bastalo 
per  distruggerli  in  alcuni  giorni".  Laon- 
de fino  dal  1 54B  avea  d  senato  fatto 
querele  e  raccouiandato  a  Carlo  V  per- 
chè f|ue'ladroni  fossero  tenuti  in  freno,  né 
fosse  loro  dato  ricetto  in  Segna,  Fiume, 
I3uccari  e  altri  luoghi  di  giurisdizione  im- 
periale, e  anche  (ulto  iuteiidere,  seconli- 
nuassero  i  disordini,  d'esser  costretto  a 
provvedervi.  Si  dice  ch'erano  pagali  con 
soldo  da' sovrani  territoriali  per  valerse- 
ne a  difesa  delle  frontiere,  e  perciò  poco 
curavano  di  reprimere  i  ladronecci  che 
commellevano.  Con  questi  infesti  nemici 
'il  unì  anche  il  famoso  corsaro  Draiiul  al- 
lievo  di  Barbarossa.  Inutilmente  quindi 
[)assarono  7  anni,  e  le  medesime  lagnan- 
ze e  le  medesime  preghiere  si  rinnovaro- 
no nel  marzo  1.555.  Ferdinando  I  pro- 
metteva melfere  riparo,  chiamava  il  ca- 
pitano di  Segua  a  giustificarci,  nomina- 
va commissioni,  oiiuacciuva,  ma  in  fuu- 


V  E  K  ùb'S 

<lo  uitlla  facevasi  o  nulla  giovava;  anzi 
dalla  longanimità  veneziana,  incapace  or- 
mai di  prender  pronta  e  vigorosa  risolu- 
zione, degna  de'  bei  tempi  della  repub- 
blica, fatti  arditi  anche  altri,  vedevansi 
talvolta  e  cavalieri  di  iMalta  e  corsari  ot- 
tomani e  perfino  papali,  assalire  e  pren- 
der legni  di  Venezia  con  danno  inestima- 
bile del  commercio.  Non  si  deve  Licere 
che  anco  i  veneziani  dal  canto  loro  sa- 
pevano ricattarsene,  e  spesse  volte  a  for- 
za di  maneggi  diplomatici  ottenevano  sod- 
disfazione dalle  varie  corti,  ma  intanto 
venivano  a  scemare  i  lucri  e  la  sictwezza, 
e  i  capitali  sempre  più  si  ritiravano  dal 
traffico  per  impiegarsi  nell'  acquisto  di 
beni  fondi,  di  profitto  men  largo  ma  più 
sicuro,  cOsì  allontanandosi  Venezia  sem- 
pre maggiormente  dalla  primitiva  natu- 
ra sua,  dal  mare  a  cui  doveva  tutta  la 
passata  grandezza,  che  le  avea  agevola- 
to l'acquisto  de'dominii  che  possedeva, 
onde  poi  ne  provò  i  pregiudizievoli  e 
funesti  effetti.  Frattanto  il  feroce  Fer- 
dinando Alvarez  di  Toledo  duca  d'Al- 
ba, già  governatore  di  Milano,  allora 
viceré  di  Napoli,  indispi^tlito  per  le  for- 
mali proteste  falle  dal  Papa  Paolo  IV  in 
concistoro  per  macchinare  esso  con  altri 
ministri  spagnuoli  contro  lo  slato  papa- 
le, a'  5  sellembre  ne  coniinciò  l'invasio- 
ne e  die  principio  alla  funesta  guerra  del- 
la Campagna  romana,  ossia  delle  proviij- 
cie  di  Fiosinonct  ih  /elicili  (f^.),  men- 
te il  Papa  do[)0  essere  stato  provocalo 
dal  re  di  Francia  a'iigori  e  alla  guerra, 
si  trovava  da  lui  abbandonato,  per  la  sud- 
detta tregua  conclusa  alla  sua  insaputa. 
L'ingrato  duca  di  Parma  feudatario  del- 
la s.  Sade,  con  gettarsi  nel  parlilo  spa- 
glinolo,giunse  a  ricuperare  Piacenza. Pao- 
lo IV  tultavolta  potè  in  seguito  ottenere 
un  aiuto,  cotulotlo  dal  cardinal  Carafa 
legalo  inviato  in  l''rancia,ed  un  esercito 
comandato  dal  duca  di  Guisa.  A  tale  av* 
venimento  tutta  Italia  fu  in  moto,  sì  ri- 
destarono le  solitesimpatie  francesi.  Vo- 
gliono alcuni,  che  se  il  duca,  seguendo  i 


3G4  V  E  N 

sugi^eiimenli  di  altri  e  cleirarle  railifare, 
jìiulloslocliè  quelli  del  proprio  interesse 
e  del  Papa,  avesse  colpito  a  dirittura  ii 
Milanese,  il  successo  snrel)l)e stalo  sicuro 
e  pieno;  ma  invece  egli  volle  dirigersi  su 
IN'apoli,  e  trnfteiuito  lungo  tempo  all'as- 
sedio di  Civilella,  introdottesi  le  malat- 
tie nel  suo  esercito,  nidia  fece  d'impor- 
tante, e  fiiù  coll'essere  richiamato  da  En- 
rico II.  lm|)eroccliè  la  sua  spedizione  a- 
vendo  rotta  la  tiegna,  un  esercito  spa- 
gnnolo  comandato  dal  duca  di  Savoia 
eni  IO  nelle  terre  francesi,e  riportò  la  stre- 
pitosa vittoria  di  s.  Qiifiiliii  ^' io !\^fM\o 
I  5  Ji7  ;  ma  dipoi  l'arrivo  del  duca  di  Gui- 
sa fece  cambiar  d'aspetto  lecosei  ma  egli 
non  abbandonò  il  h'apa  finché  non  Ti  as- 
sicurata la  di  Ini  pace  cogli  sp  igniioli,  e 
solo  parli  da  RornaS  giorni  tlopo  la  sua 
conclusione).  Temendo  i  veneziani  che  il 
J^apa  consegnasse  le  fortezze  a'francesi  e 
iiigidositi  de'progressi  degli  spagnuoli(.in- 
'/i  furono  da  l^aolo  IV  invitali  a  farsi  me- 
diatori), ed  essendo  a  cuore  di  Cosimo  l 
il  sospirato  acrpiisto  di  Siena,  s'interpo- 
sero con  successo  per  pacificare  il  duca 
d'  Alba  col  Papa,  essendo  allora  amba- 
sciatore ordinario  in  Roma  Luigi  Mo- 
cenigo  ;  ed  in  Cave  si  concluse  la  pace 
a'  1.4  settembre  con  buoni  palli,  e  con 
{•Ilo  <li  soojinissione  che  il  duca  d'Alba 
gli  fece  in  Roma  nel  concistoro,  in  no- 
lue  del  re  suo  signore.  Q'ii  io  solo  debbo 
iiggiungere,  a  qiioredella  repubblici,  che 
SI  convenne  dalie  [)arti  ne'capitob  segre- 
ti :  Che  se  intorno  alle  ricompense  na- 
scessero dillicollà,  si  dovessero riiuellere 
alla  repubblica  di  Venezia,  al  cui  giudi- 
zio le  parti  si  rimettevano.  Dell'accordo 
fu  benemerito  il  segretario  della  niedesi- 
ma  Marc'  Antonio  l^iauceschi.  Egual- 
mente^, e  alle  persuasioni  in  ispecialilà  <le' 
veneziani, si  pacilicaioiio  aChateau  Cam- 
bresis  Filippo  11,  Enrico  11  e  il  duci  di 
Savoia  Emanuele  Filiberto  il  ^  aprile 
1559.  Per  tale  trattalo  fu  stabilito  un 
doppio  matrimonio  tra  Filippo  il  con  E- 
lisibetta  di  Francia  figlia  d'Enrico  il,  e 


VEiN 

fra  Emanuele  Filiberto  con  Margherita 
di  Francia  sorella  del  re.  Il  duca  d'Alba 
che  avea  rappresentato  nel  congresso  di 
pace  il  re  di  Spagna,  fu  da  rpiesti  incari- 
calo a  sposare  in  suo  nome  Elisabetta  a' 
3o  giugno,  cioè  la  figlia  del  figlio  dell'e- 
Dudo  e  rivale  di  suo  padre,  il  quale  al- 
l' illustre  suo  avversario  aveva  dato  io 
moglie  la  propria  sorella!  Cosi  finiro- 
no le  guerre  d'  Italia  dopo  oltre  60  anni 
di  combattimenti, per  altro  interrotti  :  la 
Francia  si  ritirava  spontaneamente  da 
questo  campo  di  battaglia  tutto  sparso 
dell'ossa  de'suoi  più  valorosi  figli,  e  l'ab- 
bandonavaalla  Spagna,  vittoriosa  perla 
diplomazia  [liìicheper  la  spada. come  os- 
serva il  prof  Romanin.  Questi  che  ripor- 
ta molle  di'lle  tanto  im[)ortantie  così  fa- 
mose relazioni  degli  ambasciatori  veneti 
alla  repubblica,  riprodusse  quella  di  Gio- 
vanni Michiel  oratore  in  Francia.  In  es- 
sa è  detto,  che  il  duca  d'Alba  rappre- 
sentante di  Filippo  II,  benché  avesse  li- 
cei>za  di  dare  alla  sua  «posa  Elisabetta  il 
i.°  bacio  dello  sposalizio,  non  volle  pe- 
rò farlo  per  onestà  e  lo  riservò  al  suo  re. 
«  La  sera  poi  il  duca  d'  Alva  volle  con- 
sumare il  matrimonio  colla  sposa  del  re 
Filippo  li  per  nome  del  suo  re,  e  fu  fatto 
in  questo  modo.  Andò  la  regina  Elisa- 
betta nel  Ietto,  e  dopo  lei  entrò  il  re  En- 
rico Il  suo  padre  con  molte  torcie  acce- 
se in  compagnia  del  duca  d'Ai  va,  el  qual 
duca  havendo  uno  de'piedi  scalzatoe  nu- 
do, levata  dall'  un  canto  la  coperta  del 
letto  della  regina  e  postovi  sotto  il  piede, 
lo  spinse  tanto  innanzi  che  toccò  la  carne 
nuda  della  regina,  ed  in  questo  modo  in 
nome  del  suo  re  Filippo  II  s'intese  aver 
consumato  il  matrimonio  per  via  di  terza 
persona,  il  che  nons'eia  più  inteso  per  in- 
nanzi da  alcuno".  Poco  dopo  a' [  0  luglio 
ì^^()  morì  il  re  di  l^rancia  e  gli  successe 
il  Delfino  Francesco  II,  ed  a'  i8  del  se- 
guente finì  di  viverel'imperturbabile/'^o- 
lo  [V,  gloria de'chierici  regolari  Teatini 
(J'^-).  Non  si  può  negare  che  fu  severo,  e 
per  lcu\pci'ainculu alquanto  inipeluosU; 


V  E  N 
cui  lo  spingevano  lo  zoloper  la  j^iusliziii, 
e  la  tlilesa  della  religione  e  cleVlinlli  del- 
la s.  Sede.  1  polenli  suoi  nemici  e  gli  slo- 
lìci  parziali  lo  denigrai  ono;  molli  ollri 
però  lo  dileseio  e  ne  celebrarono  le  mol- 
le virtù.  Fra  gì'  imparziali  può  leggersi 
la  Sloriadi  Paolo  If,  di  Carlo  Broinalo 
ossia  1j;u  loloint'o  Carrara,  (juindi  si  co- 
uoscerà  quanto  fu  mal  giudicalo,  e  con 
quanla  ragione  un  s.  Pio  /  lo  glorificò. 
Si  legge  nel  n.  1 3  i  del  Giornalf  di  Ro- 
ma dei  i856:  Nell'accademia  d'Arcadia 
il  piof.  Paolo  Mazio  recilò  un  erudito  ed 
elegante  ragionamento,  nel  quale  ."unfu- 
lando  in  alcune  parli  la  relazione  di  Ber- 
nardo Navagero  inlorno  al  pontificalo  di 
Faolu  IV, espose  alcuneavverlenze  e  me- 
morie relative  all'istoria  di  (pieli'illustre 
Pontefice.  Le  rdazioni  degli  ambasciato- 
ri non  sempre  furono  esatte:  uomini, 
soggiacquero  anch'  essi  alle  passioucelle 
della  fiatile  umanità.  In  mezzo  a  tan- 
te  confusioni  d'Europa  non  quietavano 
i  turcbi,  e  l'Ungberia continuava  ad  es- 
ser can)po  alle  loro  armi.  Alla  notizia  de' 
loro  grandi  apparecchi  marittimi  si  al- 
larmava anche  la  repubblica,  e  furono  i 
primi  sinlumi  di  guerra  che  poi  scoppiò. 
Il  che  si  conobbe,  quando  il  senato  per 
avere  mandato  a  provvedere  anzi  lut- 
to Cipro,  come  isola  la  piìi  esposta,  e  al- 
la quale  ben  sapeva  da  lungo  tempo  a- 
vcr  i  turchi  vollo  l'avido  occhio,  il  [);)- 
scià  Lllu  veiiire  a  se  il  bailo  di  Cosl;in- 
linopoli  Antonio  Daibaiigo,  con  alteri- 
gia così  gii  parlò:  »  Non  sai  Ui  bene  che 
quando  i!  mio  signore  vorrà  far  l'impre- 
sa di  Cipro,  li  tuoi  signori  non  la  potran- 
no difendere,  peiclic  ad  uu  tratto  man- 
derà dalla  Caiainania  vicina  a  (|uel  re- 
gno tante  genti  come  le  stelle  incielo, che 
ad  u»  trailo  lo  deprederanno  tutto,  e  se 
li  tuoi  signori  lo  volessero  difendere  cuu 
un'armata  di  1 00,1  5o  ov\ero  200  galee, 
noi  andei  emo  colla  medesima  armala  et 
pigliciemo  Cataio,  Zara,  e  anderemo  fi- 
no a  \  enezia".  Cercò  il  bailo  di  c|uielare 
il  pascià,  e  lu  flotta  linea  lusciaudualaie 


V  E  iN  36^; 

per  allora  la  repubblica, si  cunlenlò  a  tia- 
re il  guasto  alle  coste  di  iV.ipoli.  Ma  le 
llutle  veneziane  e  turche  continuamente 
scorrendo  i  mari  era  impossibile  evitas- 
sero sempre  scontri,  e  poco  mancò  non 
si  venisse  ad  apeila  guerra,  se  la  repub- 
blica non  scendeva  a  palli  ilegradanti. 
INel  giorno  precedente  alla  nioi  le  di  l'ao- 
lo  IV  seguì  rpieila  deldoge  Lorenzo  Priu- 
li,  cioè  a'iy  agoslo  1 559  di  7^  a»'»')  lo- 
dato per  saviezza,  buona  e  onesta  vila,  di 
lodevoli  cosluuii,  perciòcon  generale  ili- 
spiacere  Ui  \  enezia.  lasciando  di  se  buon 
nome  di  reilitudine  e  ili  sapere.  Fu  lo- 
dalo da  Leonardo  Giustiniani,  e  venne 
sepolto  in  s.  Domenico  di  Castello,  ma  la 
memoria  di  lui  è  nel  tempiudis.  Salva- 
tore, nul  magnifico  monumento  architet- 
talo da  Cesare  Fianco  e  posto  dirmi  pel- 
lo  a  quello  del  predecessore  Veiiier,  eret- 
to a  lui  e  al  (iatello  e  successore  Girola- 
mo; veramente  nobilissimo,  ornalo  di 
colonne  di  paragone,  con  basi  e  capitelli 
di  bronzo.  iNel  dogado  di  Lorenzo  ebbe 
compimento  la  chiesa  dis.  Geminiano, ra- 
ro edifixio  laiilo  celebralo  da'nazioiudi  e 
dagli  stranieri  per  lasem[)liciùu'.eila  pian- 
ta, armonia  del  complesso,  gentilezza  di 
forme.  In  esso  il  Sansovino  studiò  e  voi- 
le superare  se  stesso,  preparandosi  con 
quell'ultimo  suo  lavoro,  a  guisa  di  feni- 
ce, la  pira  e  la  tomba,  sebbene  poicjue- 
sla  fu  trasferita  iieiroratorio  del  semina- 
rio patriarcale,  dopo  il  deplor.ibile  atter- 
ramento del  tempio  vero  gioiello  il  arehi- 
lellura.  —  Girolamo  Priuli  L.WXIH 
doge.  Fratello  del  precedente,  tutti  co- 
loro che  scrissero  sui  fatti  de' veneziani, 
diedero  a  conoscere  la  ragionevole  sor- 
presa, per  (pianto  tornai  adire  parl.mdo 
(.le'snccessivi  dogadi  7 3."  e  74.°  ile'Iratel- 
li  Marco  e  Agostino  Barbango,  in  vedere 
ora  nuovamente  un  fratello  succt^dere  al- 
l' altio  nella  suprema  dignità  dello  slato. 
Convien  ci  edere  che  l'esimie  prerogati- 
ve di  Girolamo  Pi  iuli,  procuratore  di  s. 
Marco,  abbiano  fatto  tacere  questa  volta 
la  [luliUca  de'padri,  se  sorpassando  ii  sng- 


3GG  V  E  N  YEN 
gerimenli  della  iiazioriiite  clrcosprvionc,  Cardinalìzi.  5,  p.  33,  narra  (ìeirAoiii- 
la  fjiiale  per  massima  sistematica  vietava  lio.  Già  ambasciatorea  Carlo  V  e  l'Mipi^io 
di  II  oppo  esaltare  e  favorire  la  grandezza  II,  tosto  si  acquistò  tale  concetto  nell'  a- 
deiie  famiglie,  lo  elessero  doge  \\  i.°  set-  nimo  di  Pio  IV  per  la  sua  virtù, dottrina 
tend)re  »5j().  Dice  il  suo  biografo  Ca-  e  sperienza  ne'  pubblici  alF.iri,  che  nulla 
soni:  Pace  ancor  stendeva  il  verde  suo  sapeva  egli  pensare  o  risolvere  senza  l'o- 
manto  a  felicitare  questa  eletta  terra,  in  racolo  dell'  Araulio;  onde  volendo  in  o- 
cui  ogni  giorno  novelli  oggetti  sorgeva-  gni  maoìera  il  di  lui  raro  e  distinto  me- 
no ad  elevar  la  mente  agli  alti  concepì-  rito  compensare,  essendo  vacalo  ilvesco- 
luenli,  ed  a  disporre  il  cuore  de'  citta-  vato  di  Verona  a'i6  luglio  del  prece- 
dini  al  tocco  e  all'impressioni  del  gran-  dente  i  ^^9,  per  morte  d'Agostino  Lip- 
de.  Tanto  era  il  prosperar  delle  sciejize,  pomano,  destinò  di  promuoverlo  a  tale 
il  lussureggiare  delle  arti,  in  quella  privi-  chiesa;  però  l'Amulio  ricusò  accettare, 
legia?astagione,tiuiIoringigantir degl'in-  perchè  vietatogli  dalle  leggi  della  repuU- 
gegni,  che  le  produzioni  delle  une  ed  i  blica.  Nondimeno  il  Papa  per  mezzodel 
portenti  degli  altri  tuttora  servono  di  e-  suo  nunzio  pontincio  residente  in  Yene- 
semplari  e  modelli  in  ogni  classe  dell'u-  zia_,  con  sue  lettere  1'  incaricò  di  signifi- 
mano  sapere. Ovunquein  Venezia  aveano  cario  alia  repubblica,  aggiungendo  tutta- 
il  loro  compimento  le  beneavanzate  fab-  \ia,  che  nulla  avrebbe  operato  in  ciò  sen- 
briche;  anche  la  scala  maggiore  del  du-  za  l'assenso  della  signoria.  Invece  questa 
cale  palazzo,  l'ara  opera  condotta  al  fini-  sempre  gelosa  del  mantenimento  di  sue 
le  del  secolo  XV,  acquistò  nome  di  Sca-  leggi,  talmente  si  olTese,  che  incontanente 
/a  (Ic'd'gaiid  pe  i\ue  marmorei  colossi  richiamò  l'Amulio  e  nel  i56ogli  sosli- 
rappresentanti  Marte  e  Nettuno,  in  que-  {in  Girolamo  vSoranzo.  Olfeso  il  Papa  di 
.sto  dog.ido  ivi  collocati.  La  Sede  aposto-  questo  modo  di  procedere  della  repubbli- 
lica  vacante  terminò  a  7  ore  di  notte  de'  ca, scrisse  di  proprio  pugno  una  lettera  al- 
26  dicembre  iSSg  coli' elezione  di  Pio  la  signoria, dove  giurava,che  l'Amulio  era 
IV,  che  subito  volle  punire  gli  oltraggi  alFutto  ignaro  della  da  lui  presa  risolu- 
fatti  alla  statua  di  Paolo  If-^  (F.)  con  zione,oude  non  avea  in  verun  modocou- 
riparazione  municipale  e  pubblica  tutto-  Iravvenuto  allekggi  della  patria;  che  pe- 
ra in  vigore;  ed  insieme  i  di  lui  nipoti  rò  faceva  intendere  alla  repubblica,  che 
«.he  ne  aveano  abusato,  prima  che  fosse-  si  guardasse  di  punire  un  innocente,  e 
ro  da  lui  cacciati,  venendo  strangolato  il  lo  restituisse  quanto  prima  al  suo  mini- 
cardinal Carlo  Carafa  e  decapitato  il  fra-  stero.  Ottenne  il  Papa  quanto  richiese 
lello  Giovanni  duca  di  Paliano,  oltre  al-  dal  senato,  il  quale  non  solo  restituì  l'A- 
tri; ma  poi  s.  Pio  V  avendo  fatto  rive-  inulio  all'intralasciato  ufficio,  raa  oltre  a 
dcre  d  processo,  riconosciutasi  ingiusta  ciò  di  5oo  scudi  d'oro  gli  fece  grazioso 
lai  sentenza,  fece  mozzare  la  testa  al  Go-  dono.  Stimo  opportuno  di  riportare  la 
rematore  di  Roma  [V.)  Pallantieri  per  lettera  di  scusa  scritta  dalla  repubblica 
avere  ingannato  Pio  IV.  A  questo  Papali  al  Papa  sul  richiamo  da  Pioma  dell'am- 
dogeGirolarao  Priuli  inviòsubitoa  Pioma  sciatore,  che  ricavo  dal  Parini,  Istruzio- 
per  ambasciatore  il  patrizio  veneto  Mar-  ni  per  la  Segreteria,  t.  t,  p.  3o2.  «  E' 
e  \nlomo  A  ni  ni  io,  Aniulius  oDa  Mula,  così  grande  il  desiderio,  che  abbiamo  di 
Dissi  poche  parole  alla  sua  biografia  per  soddisfare  in  ogni  nostra  azione  la  Cea- 
qui  narrare  i  gravi  casi  a  lui  avvenuli,era-  litudine  Vostra,  che  se  per  qualche  ac- 
ccrbo  dissapore  insorto  nel  principio  del  cideute  alcuna  volta  avviene  il  contrario 
pontificato  di  Pio  IV  colla  repubblica,  ne  sentiamo  quel  dolore,  che  maggior 
Il  Cardtlla  nelle  Memorie  sloriche  de'  non  potremmo  sealire  per  qualsivoglia 


V  E  N 
cosa  avversa,  (ìic  n'occoi  rtsse  ;  onde  l'a- 
ver udito  dalle  lellere  della  Sontilìi  Vo- 
stra, da  quelle  deirUliislrissimo  Cono- 
tueo  (s.  Carlo  nipote  del  l'epa  e  segre- 
tario di  slato),  e  dal  segretario  nostro 
il  risentÌD)enlo  ch'Ella  ha  preso,  per  la 
deliberazione  nostro  di  richiamare  i'ain- 
bascialore,  ne  ha  dato,  e  ne  dà  grande 
raniiiiorico  e  dispiacere,  il  quale  ancoia 
saria  maggiore,  se  non  fosse  temperato 
dal  scgnalatissimo  favore,  ch'Ella  uè  ha 
fatto,  con  degnarsi  di  scrivere  con  quella 
santissima  mano,  che  Iia  la  virtù  ed  au- 
torità d'aprire  e  serrare  le  porle  de'Cie- 
li,  del  che  ne  rendiamo  immense  grazie, 
le  (juali  sue  lettere  sono  state  da  noi  ri- 
cevute con  quella  riverenza,  che  si  con- 
vieue  ricevere  le  lettere  del  Vicario  di 
Cristo  :  e  sebbene  la  revocazione  del- 
l'ambasciatore non  è  stata  fatta  per  of- 
fendere iu  niun  minimo  punto  la  dignità 
della  Santità  Vostra,  la  quale  n' è  tan- 
to a  cuore  quanto  la  propria  nostra  ;  ne 
anche  per  disonorare,ovvero  punire  l'am- 
basciatore, ma  solamente  per  continua- 
re noi  in  quella  forma  di  governo,  die 
u*  è  stata  lasciala  da'  nostri  maggiori, 
con  la  quale  hanno  tanti  anni  conservato 
questa  repubblica,  così  per  servizio  di  co- 
desta santa  Sede,  e  delli  Sommi  Pontefici, 
come  per  beneficio  nostro;  niente  di  man- 
co per  compiacerla  in  tutto  quello,  che 
possiamo,  abbiamo  deliberato,  che  l'am- 
basciatore presente  non  essendo  ancor 
partito  di  Roma,  non  parla  altramente, 
e  s'è  pallilo,  che  ritorni  in  quella  città, 
per  continuare  a  servite  la  Beati  Indine 
Vostra  per  uostio  ambasciatore,  accioc- 
ché ad  ognuno  sia  nota  l'osservanza  e 
divozione  nostra  verso  Lei,  la  quale  è  la 
maggioie  che  0)ai  sia  stata  portala  da* 
nostri  Progenitori  adalcun  allio  suoSan- 
lis&irao  Precessore.  Ne  resta  pregare  il 
Signore  Dio,  per  la  lunga  e  felice  conser- 
viizionedi  Vostra  Beatitudine.  Di  Vene- 
zia iilli  3  ottobre  i56o".  Noterò,  che  il 
eh.  Keumonl  all'anno  i56o  registra  am- 
basciatori ìd  EoDoa:  oidinario,  il  dello 


V  E  N  3r.7 

Sorarizo;  straordinario  Melchior  Michiel, 
e  lo  trae  dalle  loro/i('/rt:/o//j. Quindi  a'iS 
genntio  i56i  fu  provveduta  la  vacante 
sede  di  Verona  con  fi'.  Girolnmo  Trevi- 
san.  Ma  a'26  del  seguente  febbraio,  fuo- 
ri d'ogni  pensiero  dell'Amulio,  anzi  con- 
tro la  sua  volontà.  Pio  IV  lo  pubblicò 
cardinale  diacono  e  poi  prete  di  s.  Mar- 
cello. Questa  promozione  dell'  Amulio 
non  incontrò  \\  gradimento  della  repub- 
blica, la  quale  ordinò  a'congiunti  ed  a- 
mici  del  medesimo  ,  che  non  dovessero 
dare  alcun  segno  di  pubblica  allegiezzn; 
e  finché  visse  1'  Amulio  ,  non  volle  mai 
più  riconciliarsi  con  esso  lui,  né  colla  sua 
gente,  quantunque  1"  Amulio  non  avesse 
in  conto  alcuno  contravvenuto  alle  leg- 
gi della  repubblica,  non  avendo  né  pro- 
curata, né  ambila  la  dignità  cardinalizia, 
ma  ricevutala  con  estrema  ripugnanza, 
e  unicamente  per  non  contraddire  ad  un 
espresso  comando, che  gliene  fece  il  Pon- 
tefice (Che  la  repubblica  d'altronde  bra- 
mava' d'aver  cardinali  nazionali,  lo  rile- 
vo dal  cardinal  Pallavicino,  istoria  del 
Concilio  (li  Trento,  \.  3,  lib.  i3,  cap.  i, 
n.  5.  Imperocché  travaglialo  nel  i5ji 
Giulio  111  dalle  petizioni  di  Carlo  V  per 
la  creazione  di  8  cardinali,  per  contrap- 
porli al  numero  de'francesi,  rispose  il  Pa- 
pa che  non  poteva  farnese  non  due  per 
diverse  ragioni,  die  sintili  domande  a 
veano  avanzale  Feidinando  I,e  la  re[iul)- 
blica  di  Venezia,  che  avea  richiesto  nel- 
la dislribuzione  delle  porpore  ne  fosseor- 
nato alcun  de'suoi  lìgi')-  Quello  peluche 
per  uno  scrupolo  immuginario  non  fece 
il  senato  veneto,  dice  il  Cardella,  lo  fece 
tutto  il  mondo,  il  quale  con  estremo  con- 
lento e  gioia  intlicibde  applaudì  alla  pro- 
mozione di  un  tanto  uomo,  che  oltre  il 
vescovato  di  Ridi  (ove  lo  celebrai  per  ft- 
vere  pel  1 .°  allualo  il  decrelo  Tridentino 
nell'erezione  del  Si  minario, cioè  nel  tem- 
po che  trascorse  tra  il  decretalo  Semi- 
nario lìomano  e  la  sua  apertura)  ,  Pio 
IV  gli  conferì  la  carica  di  BilHolicano 
di  s.  Chitmj  di  più  fu  scelto  co'cardina- 


368  V  E  N  V  E  N 
Jì  Morelli  e  Farnese,  ed  altri,  a  fare  gli  nunzio  pontiricio(oon  peiòGio. Francesco 
a|)j)areccliiainenli control  turchi,  eprov-  Coiiunentloue  nobile  veneto,  poi  ampiis- 
veilei e  che  l'urtiiala  navale  di  questi  non  simo  cardinale,  mandato  a  Venezia  tla 
potesse  danneggiale  le  spiaggie  pontili-  l'anlo  IV  nel  i  55G; aia  siccome  Pio  IV  nel 
eie;  oltre  altre  molle  gravissime  e  onore-  i58i  l'inviò  nunzio  all'imperatore,  pro- 
voli incombenze  (fra  le  quali  ad  coer-  babilmeule  già  eragli  successo  il  nunzio 
ceiidas  Tyhcris^uìundadones  cuin  aliis  Pier  Francesco  Ferrcri,  giacché  notai 
Cardiiiaidìus  ,  come  leggo  nel  Quirini,  nella  sua  biogialla,  che  Pio  IV  io  creò 
Tiara  et  Purpura  f  dieta).  Insieme  col  cardinale  a'aGfebbraio  1 56 1,  mentre  era 
cardinal  Gliislieii,  poi  s.  Pio  V,  fu  de-  nunzio  di  Venezia  e  vescovo  di  Ve.rccUì, 
potalo  a  ricevere  la  proR-ssione  di  itn\e  A  questi  pare  succedesse  il  nunzio  Ippo- 
di  Abdisìi  patriarca  de' caldei  neiriiulie  litoCapilupimanlovaiio,uno  de'piìi  dotti 
orientali,  portatosi  a  Fkoma  per  venerare  poeti  latini  eletteralo:due  anniesercitò  la 
i  fJ/ììiita  y4posloloiuiii ,  veniìeie  ubbi-  uunziatura,benclièfosse  vescovodi  Fano, 
dienza  al  Papa  e  ricevere  il  pallio.  In  lem-  con  soddisfazione  non  meno  della  s.  Sede 
pò  delia  sua  dimora  gli  rese  buonissimi  clie  della  repubblica,  ed  a  lui  si  devono 
uOJzi,  e  nella  sua  partenza  si  adoprò  col  attribuire  i  suddetti  ulllzi;  dipoi  fualcoiì- 
Papa  anìnchè  partisse  carico  di  splendidi  cilio  di  Trento,  nel  iSGy  rinunziò  il  ve- 
e  preziosi  donativi.  D'ordine  di  l'io  IV,  scovato,  e  ritiratosi  in  lloina  ivi  morì  nel 
col  cardinal  Moroni  e  col  cardinal  Capi-  i5Ho),  pe  rcliè  la  signoria  si  riconcilias>e 
zucclii,  scrisse  la  bolla  contro  i  nunzi  a-  col  Da  IMula  ,  protestando  di  sua  inno- 
postolici  che  estorcevano  lettere  conimeli-  cenza,  rispose  il  doge.  Che  l'operato  con- 
datizie  da'piiiieipi  per  essere  promossi  ai  tro  il  cardinale  Da  Mula  era  «  per  l'os- 
cardinalato.  E  s.  Pio  V  co'cardin^i  Si-  servanza  delle  leggi  et  ordini  nostri  e  pei* 
nionetta  e  Vitellozzi  gli  aiììdò  la  sopriu-  non  mettere  confusione  nei  nostro  gu- 
tendenza  dell'agricoltura  di  Roma.  Per  verno,  e  il  fare  altro  sarebbe  dilFicile  au- 
la nobiltà  veneta  fondò  in  Padova  il  col-  zi  impossibile  perchè  siamo  in  repubbli- 
legio  del  suo  nome,  e  lasciò  a  Luigi  Ma-  ca  e  dovemo  conservar  le  leggi  et  ordini 
lipiero  la  sua  scella  biblioteca  di  scritto-  noslii'Mnoltre  PiolV  nellaslessa  promo- 
li  greci,  latini  e  italiani,  e  l'afferma  A-  zione  di  Auiulio  creò  cardinale  il  piìi  voi- 
gostino  Superbi,  Trionfo  glorioso  degli  te  celebrato  Bernardo  Navagero,  ch'era 
Eroi  di  fenezia.  Il  prof.  R.omanin  rac-  restato  vedovo,  la  cui  facondia  ne' con- 
conta Io  scalpore  prodotto  in  Venezia  cistori  e  nelle  congregazioni  destava  me- 
quando  il  Da  Mula  o  Amulio  fu  destina-  raviglia.  E  dipoi  annoverò  pure  al  sagro 
to  al  vescovato  di  Verona,  per  la  severa  collegio!  patrizi  veneti  Luigi  Pisani, Zac- 
proibizione  agli  auibascialoti  di  riceve-  caria  Delfino  e  Gianfiancesco  Commen- 
re  dono  o  grado  da'principi,  e  che  per-  done.  Sotto  questo  dogado  non  fu  altera- 
nieltendo  tale  destinazione  sarebbe  stato  lo  il  sistema  di  pace,  ormai  adottato  dal- 
funesto  esempio  che  avrebbe  rallentata  la  repubblica,  solo  premurosa  di  mante- 
la  briglia  alle  ambizioni,  per  cui  inviò  a  nersi  in  buon  accordo  con  luUi  gli  stati; 
Pioma  il  segretario  Giovanni  Formenti.  mentre  in  Francia  già  erano  cominciate 
Cheallre  dispiacenze  insorsero  nella  prò-  le  lunghe  e  infelici  guerre  di  religione 
mozione  al  cardinalato,  proibendosi  qua-  contro  l'eresia  armata  e  furibonda  degli 
lunque  dimostrazione  di  gioia,  fino  a  vie-  Ugo/iolli,  che  profondamente  agitarono 
lare  a'parenti  di  vestire  per  questo  fatto  e  posero  a  soqquadro  il  regno  coi  ferro, 
la  toga  purpurea  di  seta,  delta  ducale  y  col  fuoco,  massime  le  chiese,  e  con  ogni 
come  solevasi,  nelle  occasioni  di  solennità,  piìi  inaudita  crudeltà,  aprendo  i  sepolcri 
E  che  agli  uffizi  fatti  uell'agosloi  56 1  dal  e  gettando  le  ceneri  ul  vento,  inclusiva» 


V  liN 
metile  a  quelle  tIe'Sauli  e  de'Papi.  Di  ciò 
alcuni  storici  non  si  curano  parlare, ben- 
sì delle  punizioni  e  repressioni  governali- 
ve, e  dell'operalo  da'callolici,  che  certa- 
mente non  andarono  esenti  da  crudeltà  e 
stragi;  ma  tion  si  deve  gettare  tutta  Todio- 
sità  su  di  loro,  clie  sostenevano  la  purità 
della  fede  e  repiimevano  i  sanguinosi  ec- 
cessi dell'in  tollera  n  tofana  lisa>o  protesta  n- 
tejQ  preservazione  del  regno  cristianissimo 
da  tanti  pestiferi  errori,  non  disgiunti  da 
ambizioni  di  potere  colorite  sotto  il  oian- 
to  delle  libertà  religiose.  Altro  riniedio 
cercava  Pio  IV  contro  la  diffusione  uiise- 
randa  dell'eresia,  adoperandosi  col  mag- 
gior fervore  al  compimento  del  concilio 
di  Trento,  promulgandone  la  riapertu- 
>a  a'2  I  novembre i56o,  che  però  si  ef- 
fettuò in  Trento  a' 18  gennaio  i  562.  A 
ciò  venne  eccitato  il  Papa  anche  dall'im- 
peratore Ferdinando  1;  e  con  soddisf.i- 
zione  della  repubblica,  come  ne  scrisse 
all'ambasciatore  in  Roiiia  fin  da'2  mar- 
zo i56o,  lodando  Pio  IV  che  volgeva  l'a- 
nimo alla  santa  opera  di  levare  col  mez- 
zo del  concilio  le  tante  confusioni  e  i  di- 
sturbi ch'erano  in  molte  parti  della  cri- 
stianità per  causa  di  religione,  ma  av- 
vertendolo che  se  gli  fosse  fallo  ceano 
del  disegno  di  riaprirsi,  in  vece  cheaTren- 
to,  a  Vicenza  o  altra  città  dello  stato  ve- 
neto, cercasse  destramente  di  distoglierne 
Sua  Santità,  sicconje  cosa  che  potrebbe 
destare  sospetti  al  turco  ,  che  la  repub- 
blica sotto  pretesto  di  religione  altro  mac- 
chinasse, derivandone  quindi  perir.olo  al 
gran  numero  di  sudditi  veneziani,  i  qua- 
li per  oggetto  di  commercio  nelle  terre 
turche  si  trovavano  ,  e  allo  stato  in  ge- 
nerale che  con  quelle  per  sì  lungo  trat- 
to di  terra  e  di  mare  confinava  ,  come 
inculcava  T  8  giugno.  Riapertosi  il  con- 
cilio, la  repubblica  nell'aprile  vi  nomi- 
nò suoi  ambasciatori  Nicolò  da  Ponte  e 
Matteo  Dandolo.  Ma  fin  dal  principio  in- 
sorse disputa  coll'ambasciatore  di  Alber- 
to duca  ed  elettore  di  Baviera  per  la  pre- 
cedenza che  il  da  Poule  voile  fermamente 

VOL.   XCll, 


V  E  N  369 

sostenere  per  la  repubblica  come  più 
grande  per  territorio  e  più  meritevole  per 
tanti  beucfiì^i  recati  alla  cristianità.  11  Pa- 
pa ricorse  a'27  maggioi  562  all'interpo- 
sizione di  Ferdinando  I,  acciocché  ricor- 
dasse al  duca  suo  genero,  che  la  repub- 
blica di  Venezia  era  veramente  Pie,  ed  a- 
vea  possesso  che  i  suoi  oratori  ottenesse- 
ro luogo  immediato  dopo  quello  degli  al- 
tri re.  L'imperatore  si  limitò  ad  uffizi 
generali,  nondimeno  esortò  il  duca  a  una 
cagionare  disluiboal  sinodo.  Né  ciò  sen- 
za frutto:  l'oratore  del  duca  ebbe  in  fine 
comandamento  di  cedere  a'venezianij  ma 
con  protesta,  che  ciò  faceva  per  non  tur- 
bare il  concilio,  e  senza  pregiudizio  del 
suo  signore.  E  così  fu  accollo  nella  con- 
gregazione a'27  8'"8'*^>  ^  protestò,  re- 
cando in  mezzo  umili  argomenti,  pe'qua- 
li  il  suo  principe  dovesse  precedere  la  si- 
gnoria di  Venezia,  come  d'aver  nella  sua 
famiglia  la  dignità  elettorale,  e  d'esservi 
stata  ancor  l'imperiale.  Alla  quale  pro- 
testa ne  oppose  altra  il  da  Ponle,  dicen- 
do che  quel  superior  luogo  era  onoranza 
dovuta  perpetuamente  alla  sua  repubbli- 
ca e  non  liberale  condiscendenza  a  tem- 
po. Ambe  le  proteste  si  registrarono  ne- 
gli alti;  ma  le  differenze  rimaselo  piut- 
tosto mutate  che  quietate,  dice  il  Palla- 
vicino. Delle  sessioni,  il  senato  non  la- 
sciava d'essere  informato  esattamente  di 
tutto  quanto  succedeva;  ndopravasi  a  te- 
ner fermo  il  Papa  ne'pensieri  di  pace,  al- 
lontanando ogni  occasione  che  potesse 
dar  motivo  a'priucipi  o  a' popoli  di  ri- 
prender le  armi,  a  togliere  i  dispareri  in- 
sorti nel  concilio  ,  a  sventare  certi  ma- 
neggi per  cambiar  la  forma  dell' £'/(."::'0- 
iic  del  Pontefice  iiitrodolli  da  alcuni  ol- 
tramontani colla  idea  forse  di  levare  il 
Papato  all'  Italia  ;  ma  insisteva  in  pari 
tempo  che  le  materie  nel  concilio  fosse- 
ro tratlale  liberamente  e  vi  si  operasse 
una  buona  e  generale  riforma  per  modo 
di  togliere  occasione  agli  eretici  di  spar- 
lare della  s.  Religionecallolica.  Geloso  in- 
sieme il  senato  della  conservazione  de'di- 
2  + 


370  V  E  N 

lini  e  ilellc  gìurìsilÌ7.ìu(iì  della  repiilihli- 
ca,  scriveva  a'stioi  ainl)nsciatori  ncH'ago* 
slo  «  otlobiet  5G2.  »>  Noi  velluta  la  ron- 
tioentia  sua  (del  capitolo  31)  della  co[)ia 
die  ne  mamlaste  nllin)anieiile.  ritiovia- 
nio  indi  verse  cose  esser  fallo  special  pie- 
giudilio  all'aulorilà,  giutisditione,  privi- 
legi el  onliche  cotisueltidini  nostre,  ci  co- 
noscenio  pnilicolariiiente  die  l'assicuiar 
i  [lieti  non  esser  in  alcima  causa  soilopo- 
sli  al  gitidicio  de'Iaici,  sarebbe  un  dar  lo- 
ro fonioiilo  a  mal  operaie,  un  fiir  nasce- 
re incon  venienti  e  scandali  anco  nelle  co- 
se di  slato,  et  meller  confusione  nelli  or- 
dini della  nostra    repubblica   con   dimi- 
nuir grandeincnle  la  nostra  autorità".  E 
raccomandava  loro  di  tutelare  con  lui- 
la  tfljcacia  gP interessi  della   repubblica, 
onde  solo  a  <juesta  condizione,  avutane 
parola  dal  l^apa..  !u  accellato  il  concilio 
di  Trento,  e  scrivendone,  allordiè  fu  fe- 
liceoiente  tcrniinalo,  a'4  dicembre  1  5G3 
colla  sessione  xxv  sotto  la  presidenza  di 
4  cardinali  legali  compreso  il  l\avag(;ro, 
lettere  di  congratulazione  a  l*io  IV  l'i  i 
tlicenibre,  ordinò  nello  stato  veneto  a'22 
luglio  I  504  la  pubblicazione  della  'lolla 
pontificia   Bciudictus  Deus,  de'  26  del 
precedente  gennaio,  fra  le  soleiinilà  del- 
la messa  nella  basilica  di  s.  Marco,  per 
l'osservazione  ed  esecuzione  de'ilecreli  del 
sagrosanlo  concilio  di  Trento,  e  ne  in- 
giunse a'reltori  l'intera  ossei  vanza.  Dipoi 
a'6  ottobre  ne  fu  fatto  formale  decreto, 
e  Fio  IV  riconoscente  allo  zl'Io  mostrato 
dalla  repubblica  nt'l  sostenere  la  santis- 
sima autorità  papale,  e  per  la  pronta  ac- 
cettazione e  senza  limitazione  del  conci- 
lio stesso,  come  attesta   Jacopo   Diedo, 
Storia  della ìrpii1>hlicn  di  J  eiuzia, l.  2, 
lib.  5,  p.  it)6,  con  sue  lettere  dell'agoslo 
1  564  1^  colmò  di  lodi  pe'dislinti  melili 
verso  la  s.  Sede  ,  ne  esallò   la  pielà  ,  la 
propose  per  esempio  agli   allri  principi 
(Iramie  Sebastiano  re  di  Porlogallo  che 
lu  il  I  ."sovrano  a  sol  loiuetlervivi)  col  bre- 
ve de' 1  o  giugno  1 . 564,  col  (juale  le   fece 
dono  del  palaaeo  apostolico  eli  s,  Marco 


YEN 

in  Roma  per  abitazione  degli  ambascia- 
tori veneziani,  il  che  conferma  il  docu- 
mnilo  Secreta  de'26  agosto  1  504- Jaco- 
po Soranzo  fu  ili."  ambasciatore  veneto 
(he l'abitò: inviato  al  Papa  nel  i 'IGa,  par- 
ù  da  Pioma  neli5G5,  in  cui  gli  successe 
Paolo  Tiepolo.  Di  questo  [)alcizzo  già  ra- 
gionai nel  §  X,  n.  27,  e  ne'luoghi  ivi  ci- 
tali aggiunsi  che  nel  medesimo   palazzQ 
fu  assegnata  l'abitazione  pel  raidinal  ti- 
tolare deirannessa  chiesa  di  s.  Marco,  e 
pe'suoi  fiimigliari,  titolo  che  d'ordinario 
si  soleva  conferire  ad   un  cardinale  ve- 
neziano, e  |)iù  d'uno  di  essi  ne  fu  bene- 
nierilo  e  tnunifico  di  abbellimenti.  Il  Can- 
cellieri ne'  Possessi,  p.  3  12.  riferisce  il 
dono  per  essere  stala  la  repubblica  lai." 
in  Italia  ad  accettare  il  concilio,  riservalo 
però  porzione  di  esso  per  uso  del  cardi- 
nal titolare.  Osserva  il  Casoni,  chela  re- 
pubblica |>iima  d'ogni  altro   accolse   il 
Tridentino,  inc|uanlo  [)eiòalle  sole  par- 
ti dogmatica  e  disciplinare,  non  già   in 
ciò  che  toccava  i   diritti   de'[>rincipi,   de' 
rpialiessa  fu  mai  sempre  gelosissima  pro- 
pugnatrice (che  cosa  dicesse  il  veneto  Cle- 
n>ente  Xlli,suiraccetlazione  del  concilio, 
lo  riporto  nel  dogadoi  18.").  Inoltre  la  lo- 
da per  l'energiche  e  costanti  ripuUe  ri- 
pelularnente  opposte  a  tener  lontani  gli 
errori  di  Calvino.  Quest'esemplare  ac- 
cettazione del  sagrosanlo  concilio,  andò 
seguita  daiobusli  provvedimenti  riguar- 
do alla  slam[>a  de'  libri,  che  fu  sottopo- 
sta a  più  rigf)rosa  censura.   Pviprovevole 
e  condannata  è  la  storia  del  concilio  di 
Trento  (/  .)  del  famoso  fr.  Paolo  Sarpi, 
conoscinlo  anco  sotto  il  nome  anagram- 
matico  di  Pietro  Soave  Polano.  Fu  con- 
trapposta daireccellenle  e  preziosa   sto- 
ria che  scrisse  il  cardinal  Sforza  Pullavi- 
c-ino.  Pviferirò  con  rUghelli,//(7//t/  sacra, 
l.  4.  p-  812,  che  nel  i564  Pio  IV  fece 
nunzio  di  Venezia  Guido /'errer/jUipole 
del  sunnominato  e  successore  nel  vesco- 
vato di  Vercelli,  e  cardinale  a'  1  2  marzo 
I  'iG5.  —  Tra  veneziani  e  turchi  non  ave- 
vano mai  in  questo  frattempo  posalo  at- 


V  E  iN 
fallo  le  nrini,  e  sel>bene  sussistesse  anco- 
ra la  pace  ilei  i  54 Oj  "*^"  poche  volle  era 
siala  violata,  e  navi  eli  pirali  turchi  coi) 
approvazione  o  disappi  ovazione  tiel  go- 
verno noi)  cessavano  ili  nioleslare  le  ter- 
re e  i  navigli  de'  veneziani.  Dopo  lanli 
piccoli  scontri,  Venezia  alfine  volle  im- 
piegare le  sue  forze  a  conibatlere  i  pirali 
a  tutela  delle  persone,  delle  robe,  del  com- 
mercio. Anlicamenlecoojinciò  questo  ge- 
nere di  guerra,  che  pur  forma  una  del- 
le glorie  veneziane,  col  volgere  le  armi 
contro  i  narentani,  poi  contro  i  saraceni, 
più  lardi  contro  i  turchi  e  gli  uscocchi; 
infine  negli  ultimi  suoi  tempi  la  sostenne 
contro  i  pirali  tunisini.  Una  delle  ultime 
guerre  contro  i  pirati  fu  illustrata  da  un 
memorando  fallo  di  eroismo  militare  e 
di  filiale  tenerezza.  Correva  Mustafà  ca- 
pitano dellegalee  turche  il  Mediterraneo, 
e  cogl'  improvvisi  sbarchi  e  colle  prede 
inquietava  lulta  Italia  ,  penetrava  nel- 
rAdiiatico,spingeva  il  terrore  nella  Dal- 
mazia nel  1062.  Già  il  capitano  del  gol- 
fo Antonio  da  Canale  e  il  sopra-comito 
Gio,  Ballista  Bembo  aveano  preso  due 
fusle  di  quel  corsaro  e  resliluila  la  liber- 
tà ad  oltre  100  cristiani  che  vi  si  trova- 
vano condannati  al  remo,  quando  altro 
degno  capitano  della  medesima  famiglia, 
Cristoforo  da  Canale,  investendo  a  Capo 
Maria  nel  mar  Junio,  5  lunghe  galere 
solto  il  comando  dello  slesso  Mustafà, 
s'  accese  vivissimo  conibatlimeuto.  JNel 
bollore  di  questo,  mentre  il  Canale  so- 
steneva con  mirabile  intrepidezza  le  par- 
li (li  eccellente  capitano  e  di  valoroso  sol- 
dato e  scorreva  col  suo  arco,  nel  tirare  del 
quale  era  valentissicno,  la  sua  galera,  a- 
niinando,  eccitando,  fu  da  due  strali  ne- 
mici colpito  al  piede  e  alla  coscia.  Non- 
dimeno con  rara  costanza,  non  islaccan- 
dosi  ilalla  mischia  ,  uè  polendosi  regge- 
I  e  pel  dolore,  assiso  al  posto  più  emineti- 
le  della  galera  ,  da  quello  continuava  a 
spronare  i  suoi  alla  vittoria.  E  la  ripor- 
tarono alfine,  restando  Mustafà  stesso  fe- 
rilo,  prese  le  galee  nemiche,  l'onor  delle 


YEN  371 

armi  veneziane  rivendicalo.  Ma  njenlre 
ancor  si  combatteva,  era  spettacolo  com- 
movente vedere  intorno  al  provveditore 
il  figlio  Girolamo,  ricevere  sopra  il  suo 
scudo  un  nembo  di  freccio,  per  ripara- 
re l'egro  padre,  il  quale  finito  il  couibat- 
lunentu,  portalo  in  terra,  fra  7  giorni 
morì,  esorlando  ancora  colla  moribonda 
sua  voce  il  figlio  a  tenersi  sulla  via  delia 
virtù,  e  occorrendo  donare  la  vita  slessd 
alla  patria.  Gli  furono  celebrale  splendi- 
de esequie,  ebbe  l'omaggio  delle  lagrime 
sincere  de'suoi  soldati  e  concittadini ,  la 
gratitudine  della  repubblica.  Questa  con 
l'usala  munificenza  che  la  disti  use  eminen- 
temente, decretò  a'  figli  di  lui  4oo  annui 
zecchini,dolò  di  ducali  4000  le  duesue  fi- 
glie; assegnò  aGirolamo  il  comando  d'una 
galera,  quando  avesse  raggiunto  l'anno 
20,°  e  intanto  il  beneficio  di  ducali  2000, 
poiché  alla  perizia  marinaresca  univa  la 
coltura  della  mente,  la  cognizione  delle 
lingue  greca  e  Ialina.  Non  lasciando  la  si- 
gnoria per  l'ottenuta  vittoria  di  conliiuia- 
1  e  nella  solila  vigilanza  sui  movimenti  del 
turco,  istituì  nel  1364  un  collegio  di  11 
cittadini  incaricati  di  lener  sempre  loo 
galee  equipaggiale  di  genti  e  di  armi, 
pronte  ad  uscire  in  mai  e  ad  ogni  minac- 
cia ostile.  L'opportunità  di  tali  provve- 
dimenti derivò  dalla  guerra  che  ardeva 
in  quel  lem[)o  fra  Solimano  II  e  la  Spa- 
gna, e  le  conlirme  molestie  recate  a  na- 
vigli turchi  da'cavalieri  gerosolimitani  di 
Malta,  indu*»ero  il  sultano  a  muover  la 
flotta  contro  fpjell'isola  il  i. "aprile 1 565, 
comandata  ilall'ammiraglioPialeh.dal  fa- 
moso Alucli  Ali  o  Ulachiali,  detto  comu- 
nemente Occhiali,  e  da  Torghud.  Que- 
st'ultimo restalo  morto,  a'aS  giugno  con 
isliogefu  vendicaloneirespugnazionedel 
Castel  s.  Elmo,  dirigendosi  poi  gli  assalii 
contro  le  fortezze  di  s.  Angelo  e  tli  s.  Mi- 
clieie.  Ma  inutili  furono  "li  sforzi  de'lur- 
chi  pel  disperato  valore  de'cavalieri  di- 
fensori e  pe' soccorsi  spaguuoli,  fiorenti 
ni,  savoiardi  e  di  Pio  IV,  onde  si  ritira- 
rono l'i  I  scllcmbre.  l'iìi  prospere  furo- 


372  VEN 

DO  le  loro  arnvi  ncU'Uiiglieria,  per  la  ri- 
cominciata guerra  sulto  riinperatoielMas- 
siniiliano  11.  Nella  notte  venendo  il  io 
dicembre  I  565  morì  Pio  IV,  e  dopo  ^8 
giorni  g'i  successe  il  domenicano  s.  l'io 
V,  già  inquisitore  del  s.  Ullizio  a  Vene- 
zia, che  tosto  inviò  validi  aiuti  all'Un- 
gheria ove  guerreggiava  lo  slesso  So  li- 
tuano II;  ma  mentre  slava  per  prendere 
Zighet  morì  il  4  o  l'S  seltemhiei  566,  e 
due  giorni  dopo  fu  espugnata  la  città, 
succedendogli  il  figlio  Selirn  II.  A*3o  set- 
tembre annunziò  il  suo  innalzamento  al- 
la repubblico,  assicurandola  di  sua  ami- 
cizia, ma  con  tuono  così  altero  ,  che  il 
Senato  nel  congratularsi  non  lasciò  di  la- 
gnarsene. Continuò  le  paterne  conquiste, 
e  tutto  il  paese  fra  il  Tibisco  e  il  Maros 
in  breve  fu  in  preda  alla  devastazione,  e 
da  per  lutto  si  alzavano  le  fiamme  delle 
città,  de'villaggi.de'borghi.  In  questo do- 
gado  di  Girolamo  Friuli,  per  sovrano  de- 
creto de'y  gennaio  i  56 1  ,fu  per  la  i .'  voi  - 
ta  battutoli  ducato  veneto  del  valcìre  di 
lire  6  e  soldi  4.  valore  pari  a  quello  del 
zecchino  d'allora.  Questa  nuova  moneta 
portava  da  una  parte  il  veneto  Leone  a- 
lato,  colla  leggenda  Ducatiis  Venelus,  e 
dall'altra  la  figura  del  doge  in  ginocchio 
davanti  s.  Marco  seduto  ;  all'  intorno  il 
nome  del  doge  slesso,  ed  al  basso  le  si- 
gle 124,  numero  de' soldi,  cui  corrispon- 
deva l'intera  moneta.  I  suoi  spezzati  e- 
rano  la  metà  ed  il  4-°  N<^l  suo  dogado  si 
pose  riparo  agli  eccessi  del  giuoco  per- 
messo; venne  determinalo  il  numero  del- 
le persone  che  potevano  insieme  unirsi, 
il  tempo  ed  il  luogo  del  convegno,  e  fi- 
nalmente la  somma  ch'era  lecito  espor- 
re. Mentre  il  saggio  governo  occupavasi 
in  moderare  il  sistema  de' cittadini  co- 
stumi, coglieva  vantaggio  eziandìo  dalla 
pacifica  quiete  che  godeva,  e  grandi  som- 
me vennero  spese  in  ristaurare  le  forti- 
ficazioni di  Bergamo,  quelle  di  Udine,  ed 
in  aumentarne  le  difese  già  danneggiale 
dalla  passala  guerra,  conseguenza  della 
lega  di  Cambray.  Né  a  ciò  solo  si  limitò 


VEN 
la  paterna  sollecitudine  del  senato  ,  che 
Cattaro  rovesciata  da  orrendo  terremo- 
to ,  risorse  licn  tosto  dalle  sue  rovine, 
mercè  i  generosi  e  splendidi  soccorsi  dul- 
ia pubblica  munificenza.  Cattaro  città  di 
Dalmazia  fu  capoluogo  della  repubblica 
del  suo  nome,  circolo  conosciuto  un  leni- 
po  sotto  il  nome  di  Albania  Veneta.  Do- 
po 8  anni  e  34  giorni  di  glorioso  regime, 
venne  a  morte  il  doge  Friuli  a*4  novem- 
bre i  567.  Il  di  lui  corpo  fu  deposto  nel- 
la chiesa  di  s.  Domenico  di  Castello  pres. 
so  le  ceneri  del  doge  Lorenzo  suo  fra- 
tello e  antecessore  ,  col  quale  ebbe  co- 
mtuie  il  monumento  nell'altra  chiesa  di 
s.  Salvatore,  come  di  già  notai,  —  P/e- 
tro  Loredana  ^XOY/'r/og'^.  Ne'comi- 
zii  per  la  sua  elezione,  Alvise  Mocenigo 
avea  in  favore  7  tra  gli  r  i  elettori,  ond'era 
quasi  certo  d'esser  nominato,  ma  i  suoi 
concorrenti  Jacopo  Miani,  Malico  Dan- 
tloio,  Giovanni  Grimani  fecero  per  mo- 
do, che  dovendo  per  la  legge 1 538  gli  1  i 
elettori  essere  approvati  dal  maggior  con- 
siglio, i  suoi  fautori  non  passassero,  e  così 
fu  ballottalo  fino  a  notte  senza  nulla  con- 
cludere, e  il  cotisiglio  fui  icenziato  molto 
stanco  per  lo  strepilo  ch'erasi  fatto  in  es- 
so e  di  fuori  dal  popolo  istigato  da  alcu- 
ni. Nel  dì  seguente  il  Mocenigo  stesso  fe- 
ce intendere  a'suoi  amici  tra  gli  1  r  che 
non  eleggessero  alcuno  de'suoi  partigiani 
per  non  accrescere  il  disordme;  così  dopo 
76  scrulinii  uscì  doge  Loredano,  che  già 
toccava  1*85.° anno  dell'età  sua,  per  niun 
fatto  illustre  notabile,  solo  in  fama  di 
grande  bontà,  mala  cui  elezione  sotto  po- 
co lieti  auspicii  avveniva,  al  dire  del  prof, 
lioraanin.  Il  eh.  Casoni  suo  biografo,  lo 
chiama  consumato  ne'polilici  altari,  del- 
la grave  età  d' 86  anni,  eletto  con  sor- 
presa di  lutti  e  contro  la  di  lui  espetta- 
zione,  a'27  novembre  1567.  La  nuova 
dell'innalzamento  al  dogado  l'ebbe  dal 
segretario  del  senato  Marc' A  nlonio  Fran- 
ceschi, che  eventualmente  lo  raggiunse 
nella  strada  Merceria,  mentre,  lasciata  la 
piazza,  s'avviava  alla  sua  casa,  posta  ne' 


VE  N 

dintorni  di  s.  Paiitaleoue:  fu  subilo  cir- 
condalo dd  vali  pattizi  clie  il  condusse- 
ro nel  palazzo  ducale ,  e  il  giorno  dopo 

10  si  presentò  al  popolo  nella  chiesa  di 
s.  Marco,  siccome  solevasi  fare  de'  dogi 
per  antichissimo  costume.  Il  periodo  in 
cui  sedette  sul  trono  fu  breve,  ed  in  ag- 
giunta amareggiato  dall'aspetto  d'inimi- 
uente  guerra,  intanto  Massimiliano  11  a 
por  (aie  agli  orroi  i  che  da'turchi  si  com- 
mettevano nell'Ungheria,  fece  fare  qual- 
che apertura  di  pace  che  non  fu  rifiuta- 
la.  il  vescovo  d'  Eriau  Antonio  Veran- 
zio  e  Cristoforo  Teuffenbach  suoi  inviati 
a  Costantinopoli,  unitisi  ad  Alberto  de 
AVyss  che  già  vi  si  trovava,  a  forza  di  do- 
ni e  di  miineggi  concfusero  la  pace  a' 17 
febbraio i5G8  per  8  anni.  Per  questa  ri- 
masero l'imperatore  co' suoi  fratelli  in 
possesso  de'Ioro  paesi  d'  Ungheria,  Dal- 
mazia, Croazia  e  Schiavonia,  coll'oblili- 
go  di  non  isturbare  ue'Ioro  possedimenti 
i  vaivodidiTransilvania,  Aloldaviae  Va- 
lacchiajed  a  Sigismondo  Z.ipoIAi  giù  lu- 
singatosi della  corona  ungherese,  fu  inli- 
mato adattarsi  alla  convenzione.  La  re- 
pubblica si  congratulò  con  Massimiliano 

11  per  la  pace  col  turco,  ma  de>sa  dovea 
ruiscirie  funesta ,  dando  ogii  ottomani, 
fatti  sicuri  dalle  altre  parti,  lutto  l'agio 
e  le  forze  per  piombire  su'veueziani.  Le 
correrie  degli  uscocchi  principalmente, 
che  nelle  loro  ladronerie  non  facevano 
distinzione  di  territorio  veneto  o  turco, 
erano  contìnuo  soggetto  di  lagnanze  per 
la  Porta,  e  a  grande  fatica  riusciva  al  se 
nulo  di  persuaderla  degli  sforzi  che  fi- 
ceva  per  repiimeili,  e  che  negli  ultiu»i  lo- 
ro ripari  non  poteva  assalirli  essendo  su 
terre  dell'imperatore,  inutilmenle  recla- 
mando a  questi.  Seliin  II,  giovane  il'ar- 
dciilissimo  carattere,  era  avido  di  con- 
quiste e  bramoso  di  dilatare  i  confini  del 
p.ilemo  itupeio  ,  e  soprallullo  vagheg- 
giava aggiungere  a'siioi  duminii  il  ricco 
regno  di  Cipro,  la  cui  corona  era  posse- 
duta dalla  repubblica.  A  ciò  veniva  il  sul- 
tano iufei  voralo  dall'ammiragliu  l'ialch, 


V  E  iX  573 

e  dal  proprio  intimo  amico  d.  Giuseppe 
ÌNassi  da  lui  dichiarato  duca  diNasso, coli- 
le di  Andros  e  lusingato  del  regno  di  Ci- 
pro. Questo  iN'assi  era  portoghese  di  stir- 
pe ebraica  costretta  ad  abbracciare  il  cri- 
stianesimo ,  chiamandosi  Giovanni  Mi- 
quez  della  famiglia  Nassi.  Fornito  di  bel- 
lissime qualità  del  corpu  e  della  mente, 
versato  nell'arti  cavalleresche. nel  fior  del- 
la gioventù  si  recò  in  Anversa,  riuscì  ad  in- 
namorare e  sposare  la  figlia  della  ricchis- 
si  ma  vedova  ÌMendes  portoghese.Conside- 
rando  Venezia  per  la  libertà  e  sicurtà  che 
vi  si  godeva  qual  patria  comune  e  rifugio 
di  tulli,  vi  si  recò  colla  moglie  e  la  suoce- 
ra, ove  tneditando  tornare  al  giudaismo 
domandò  al  senato  una  delle  vicine  iso- 
le per  piantarvi  una  colonia  ebraica.  R.i- 
fiutato  tale  progetto,  ne  partì,  recandosi 
a  Costantinopoli, ove  si  recarono  eziandio 
altri  ebrei,  e  vi  professò  pubblicamente 
il  giudaismo  prendendo  il  nome  di  Giu- 
seppe Nassi.  Gli  riuscì  entrare  in  grazia 
di  Solimano  II  ,  da  cui  ottenne  in  dono 
la  città  di  Tiberiade  in  Siria,  ch'egli  fe- 
ce riedificare  per  fondarvi  una  colonia 
ebraica.  Colle  sue  cognizioni  degli  stali  e 
delle  cose  d'Europa,  divenne  un  perso- 
naggio di  grande  importanza  oell'impe- 
rooltomano,  sino  a  favorire  la  rivoluzio- 
ne de'calvinisti  ne'  Paesi  lìassi,  con  in- 
durre Selim  II  a  far  guerra  a  Filippo  II, 
onde  impedire  che  la  potesse  poderosa- 
mente combattere;  e  Massimiliano  II  se 
ne  procurò  l'amicizia  con  ricchi  donativi, 
(juando  per  lui  maneggiò  la  ricordala  pa- 
ce. Il  iVassi  dunque  >ollecilò  Selim  li  al 
conquislo  di  Cipro  ,  dimostrando  esser 
quell' isola  indispensabile  alia  sicurezza 
dell'impero  ottomano,  il  quale  fiuchè  nou 
avesse  colà  una  sicura  stazione  e  un  ar- 
senale non  avrebbe  potuto  dominare  il 
ì\lediterraneo,soccorreregli  amici  dell'A- 
frica contro  la  Spagna,  proleggere  l'E- 
gitto e  l'Asia  ìMmoic  da' tentativi  ostili 
d'Europa;  aggiungendo  ancora  l'impor- 
tanza dell'isola  pe'pellegrini  maomettani 
che  si  recavano  alla  Mcccn,  giacché  per 


374                    VEN  VEN 
Cipro  con  lutla   (acililù  polevaiio  esser  le  oarralo.  S'accese  il  fuoco  nella  polve- 
liaspoilali  al  mar   Rosso.   Tutte  queste  riera  e  balzale  in  aria  alcune  torrette  co- 
ragioni  poterono  tanto  sull'animo  di  Se-  perle  ili  piombo  con  terrore  orribile,  qua- 
lim  II   che  ebbro  di  gioia  eschunn:  Se  a-  si  crollò  tutta  la  città  e  la  fece  risentire, 
\remo  qtiell'isola,  tu  ne  sarai  il  re.  Alla  sino  a  credere  giunto  il  giudizio  finale  ; 
repubblica  frattanto  i  sospetti  d'una  spe-  tuttavolla  il  danno  non  fu  proporziona* 
dizione  turca  contro  Cipro  ogni  di   piìi  lo  a  quanto  doveva  essere,  il  che  fu  at- 
si  aumentavano,  laonde  per  la  nccessa-  tiibuilo  a  divina  misericordia;  bensì  nel- 
ria  cautela  furono  armate  3o  galee  e  no-  le  vicinanze  atterrò  case  e  le  chiese  di  s. 
minato  capitano  del  mare  Girolamo  Za-  Francesco  della   Vigna  ,  di  s.  Giustina, 
ne,  a  Corfù  si  mandò  provveditore  Se-  della  ss.  Trinila,  e  di  s.  Maria  della  Cele- 
bastiano  Venier  ,  e  fu  incaricato  Sforza  stia,  rovinò  il  loro  monastero  ,  e  le  case 
Pallavicino  (diverso  dal  sunnominato)  di  de'Sagredo  e  altre,  molte  persone  restan- 
htendere  ima  memoria  sul  modo  più  ac-  dune  vittime.  Né  mancarono  sospetti  che 
concio  di  fortificare  Cipro,  e  per  dar  ma-  fosse  siala  opera  iniqua  di  qualche  emis- 
rio  alle  fortificazioni  e  assicurar  l'isola  vi  sario  turco,  scrivendo  il  bailo  diCostan- 
fu  uìaiidato  Giulio  Savorgnano  conosci-  tinopoli  che  le  cose   colla  Porta  sempre 
lore  de'Iuoghi.  Alla  repubblica  perveni-  piìi  s'intorbidavano,  e  grandi  progetti  si 
vano  notizie  sempre  piìi   allarmanti    nel  facevano  su  Cipro,  benché  contrariali  dal 
1567-68,  ed  uno  schiavo  fuggilo  rivelò  gran  visir.  Bisognò  dunque  per  elfelluar- 
cerla  trama  ordita  in  Cipro  per  dare  l'i-  li  trovare  pretesti  a  romper   guerra  alla 
sola  in  Osano  a'iurchi;  di  cheedegli  scan-  repubblica,  e  questi  non  mancavano  ne' 
dagli  fatti  intorno  a  Famagosta  spaven-  frequenti  scontri  de' legni  piratici,  nelle 
tata,  ingiunse  al  luogotenente  diligentis-  correrie  degli  uscocchi,  nel  ricovero  clie 
sime  indagini  ed  energici  piowcdimen-  pretendevasi  trovassero  i  cavalieri  di  Mal- 
ti. Tuttavia  Inli  limoli  pel  momento  ve-  la  a  Cipro.  La  repubblica  sempre  cerca- 
nivano  scemali,  per  non  avere  il  luogo-  va  dare  ogni  possibile  schiarimento  e  sod- 
lenenle  di  Fan^agosta  trovato  indizi  di  disfazione;  così  per  evitare  complicazioni 
cospirazione,  e  nell'aprile  i  568  lo  stesso  dovette  procedere  col  massimo  impegno 
pascià    e   gran    visir  Mehemet ,  favore-  col  governo  di  Pioma,  per  fare  restituire 
"vole  a'veneziani,  pe' regali  che   a  lui   si  la  libertà  e  le  merci  a  certi  ebrei  prove- 
prodigavano,  avea assicuralo  il  bailo,  an-  nienti  da  Alessandria  ,  presi  col  naviglio 
zilagnandosidell'irragionevoletiuiorede'  portante  bandiera  veneziana  dal  duca  di 
mercanti  che  si  al  Ionia  uà  vano  da  Costan-  PalianoCarafa, pretendendo  fossero /«rt/- 
liuopoli.  Quindi  gravi  discussioni  iu  se-  vani,  come  si  denominavano  que'che  dal 
nato  se  continuare  ad  armare,  temendosi  cristianesimo  tornavano  al  giudaismo.  In- 
insospettire  il  turco,  e  sul   non   trovarsi  somma  non  si  finiva  mai,  e  chiaramenle 
sprovveduti.  Vedendo  poi  la  repubblica  si  couosceva,  da'sempte  nuovi  sdegni  che 
occupato  Selim  li  nella  guerra  d'Arabia,  insorgevano,  volere  il  turco  ad  ogui  mo- 
alquanlo  si  rassicurò  procedendo  lenta-  do  la  guerra,  checché  ne  dicesse  in  con- 
menle  negli  apparecchi,  mentre  la  care-  trarlo  il  visir  Mehemet.  f^inalmenle  a'3  r 
stia  la  travagliava  al  pari  del  resto  d'Ita-  gennaio  1570  Marc'Antonio Barbaro bai- 
lia,  onde  gran  parte  de!  p()[)olo  fucostret-  Io  a  Costantinopoli,  istruì  il  senato  voler 
lo  cibarsi   di   pane  di  miglio,  e  di  cibi  Selim  li  senza  ninna  causa,  e  ad  istanza 
schifosi  e  indigesti,  i  quali  spesso  anziché  de'dottori  o  ulema,  onninamente  lompe- 
tmlriuiento  cagionavano  la  morte,  al  che  re  la  data  fede  e  capitolazione,  sotto  pre- 
si aggiunse  il  terribile  incendio  dell'Arse-      lesto  del  ricapito  che  si  dava  a  Cipro  a' 
ualc  a'  1 3  sellembrc  i  'jGìj.  superioruicu-  corsari  ponentini,  di  usurpazione  de'con- 


VEN  V  EN                   375 

fini  (li  Dalmazio,  di  morie  (le'mussulma-  niforme  volontà,  perciò  sicuro  e  glorioso 
Ili  e  altre  cose;  e  peiciò  riuscire  inutili  s.irebbe  il  succe>so  della  guerra,  e  di  vo- 
tulli  i  suoi  ragionamenti  col  sultano,  bra-  lerue  far  sempre  relazione  al  Papa  nel 
Liosodeila  cessione,presso  il  quale  i  duilti  modo  il  più  vantaggioso;  cho  se  in  altri 
si  fondavano  sulla  soimitarra  e  >*ui  cau-  tempi  i  lurclu  ebbero  vittorie,  ora  avcii 
noni.  11  sultano  mandò cpiinili  Chubatsuo  a  l'usi  con  un  Sardanapdo  e  la  discordia 
araldo,  ochiatis  0  meS'O  0  nunzio,  il  qua-  non  sarebbe  mancata  tra  loro.  Diceva  il 
le  a'?.8  marzo 1 570  espose  al  collegio  le  vero,  poiché  nella  biografia  di  Selim  11, 
sue  pretese  lagnanze,  e  come  Cipro  era  neli'articoloTuBciiiA,clie  inquesto  va  te- 
dipendenza  deirEgiilo  e  ilcila  Mecca,  per-  noto  sempre  presente,  colla  storia  lo  dissi 
ciò  farne  formale  domanda,  e  coll'alter-  [)erdut0[>er  le  domie  e  pel  vino,  egli  stessi 
nativa  di  guerra  ,  ove  la  repulìblica  ne-  Icuclii,  ri>[)eltosissimi  pe'Ioro  sovrani,  lo 
gas^e  di  cederla.  Allora,  dopo  le  risposte  chiamarono  VVhhrinco;  anzi  non  man- 
dei  collegio,  di  sorpresa  come  il  sultano  co  chi  accusò  il  fimoso  IVassi,clie  si  gua- 
senza  giusti  motivi  ilimenticava  i  suoi  dagtiò  il  ili  lui  favore  col  vino  di  Cipro 
giuramenti,  e  che  si  sarebbero  difesi  ga-  che  gli  donava,  tla'suoi  difensori  (pjalifl- 
gliardamente  conndando  in  Dio,  prese  la  cala  favola.  Indi  si  sospettarono  pratiche 
parola  il  venerando  doge,  con  ferma  e  del  Nassi  a  Venezia,  e  perciò  il  consiglio 
polente  voce  dicendo:  Cubai  Cliiaii\-,  la  de'Dieci  ordinò  l'arresto  d'un  emissario 
giustizia  ne  darà  la  so  spada  per  difcn-  portante  sue  lettere,  e  s'imprigionarono 
dcr  i  nostri  dirili,  e  Dio  e'  so  santo  a-  turchi,  ebrei,  levantini  e  altri  sudditi  ot- 
giiito  per  resister  co  la  rason  a  lajorza^  tomani  che  si  trovavano  a  Venezia,  colla 
e  co  la  forza  a  la  vostra  ingiusta  vio-  coiifi>>ca  di  loro  robe.  Gli  armamenti  con- 
Icnza.  Chiamato  [)oi  il  nunzio  apostolico  tinuavano  con  tutta  alacrità,  si  scrisse  a' 
di  s.  Pio  V,  Gio.  Antonio  Facchinetti  ve-  princi[)i  cristiani  per  soccorsi,  né  mancò 
scovo  di  Nicastro  e  poi  Innocenzo  IX,  e  il  governo  di  que'provvedimcnli  éhe  pò- 
comunicatagli  la  risposta,  egli  con  fermo  leva  maggiori  per  salvare  l'isola.  Al  go- 
discorso  incoraggi  il  doge,  colle  debite  verno  di  Cipro  erasi  in  tutto  il  tempo  del 
provvisioni, a  intraprendeiedi  buonoe  ir-  veneziano  domimo,  14B9  i'T70,  manda- 
reinovibile  animocontroi  turchi  s[)ergiu-  lo  un  nobile  veneto  col  titolo  di  luogo- 
ri  la  guerra  da  loro  voluta,  sebbene  non  tenente,  eletto  dal  senato,  restando  in  ca- 
averla  egli  mai  desiderata,  certo  dell'aiu-  rica  per  due  anni,  il  quale  con  due  altri 
lo  di  Dio  e  de'principi  cristiani,  essendo  nobili  consiglieri,  ptu'e  mandali  dalla  do- 
interesse  comune  della  cristianità,  impre-  minante,  univa  in  se  i  poteri  del  re  e  del- 
sa  la  quale  ap[)orteià  grandissima  glo-  l'alta  corte,  eccettuata  la  parie  legislati- 
ria;  e  che  da'lurchi  non  doveaiisi  attende-  va  e  le  appellazioni  a  Venezia,  Al  luogo- 
re  che  inganni,  mai  osservando  ciò  che  tenente  e  a' consiglieri  andava  unito  il 
promettono  e  giurano.  E  siccome  Giro-  capitano,  incaricato  specialmente  delle 
lamo  Griujani  rispose  con  generoso  pa-  cose  militari,  ma  ne'tein[)i  di  guerra  man- 
role,  vive  ed  alfettuose  verso  Sua  Santi-  davasi  un  provveditore  gener, de  con  an- 
ta, mediante  la  quale  la  repubblica  sa-  lorilà  superiore  aqiiella  del  capitano,  pel 
rebbe  aiutata  dagli  altri  principi  crislia-  buon  ordine  e  difesa  ilell'isola.  Alle  ren- 
ui,  pronta  di  spendere  tutte  le  sue  lacol-  dite  e  alle  spese  presiedeva  il  camerleu- 
là  e  spargere  il  sangue  dcTigli  per  con-  go;  il  pagamento  ilelle  truppe  era  allida- 
servarsi  sotto  il  vessillo  del  Salvatore;  e-  to  al  collaterale.  Delle  prtccilenli  magi- 
loico  eco  gli  feceZuatìeIMocenigo.  A  que-  oliature  furono  conservati  i  visconti  di 
sii  virtuosi  sentimenti,  il  nunzio  pontili-  Nicosia  capitale  e  Famagosta  allrj  città 
ciò  si  dichiarò  cousolalo  di  sj  pioula  e  u-  [ìriucipule,  presidcnli  della  corte  inleriu- 


376  V  E  i\ 

re  os«in  de'borghesi,  con  due  assessori  e- 
lelti  tini  popolo  fra'borghesi  piùragguar- 
«levoli,  senza  ilistìuziuae  se  greci  o  lalitii; 
spettava  ad  essi  lai/ istanza  ne'piocessi 
di  quelle  due  cillà  e  del  teiriloiio  senza 
facoltà  di  pena  di  sangue,  e  corrisponde- 
vano presso  a  poco  n  Signori  di  noi  le  di 
Venezia;  i  Malhiessep  o  Meatasib,  d'ori- 
gine araba,  eletti  dal  popolo,  incaricali 
della  soprintendenza  de'mercali,  de'prez- 
zi  e  della  polizia  correzionale,  portavano 
ir»  segno  della  loro  dignità  bastone  inar- 
g(M)lalo.  La  popolazione  dell'isola  cotu- 
ptilavasi  a  quasi  170,000  anime,  divisa 
nelle  3  classi  di  nobili  feudatari,  mercan- 
ti e  popolani,  contadini   liberi  e  parici 
obbligati  a  diverse  opere  e  pagamenti,  e 
a  lavorai'e  le  terre  de*  loro  padroni,   ma 
acquali  la  repubblica  avea  concesso  di  po- 
tersi liberare  col  pagamento  di  ducali  5o, 
onde  se  ne  francavano  da  circa  ^o  l'an- 
no. Gli  orientali  si  componevano  di  cofii 
e  armeni,  die  per  le  loro  numerose  re- 
lazioni per  l'Asia  facevano  un  estesissimo 
e  assai  proficuo  commercio.  L'eredità  pa- 
terna passava  ne'soli  primogeniti,  e  gra- 
vi disordini  esistevano  derivanti  dalla  con- 
servazione degli  antichi  ordini  feudali  e 
tlalla  prepotenza  de'nobili.  1  quali  disot- 
(lini  venivano   vivamente  rappresentati 
tia'rettori  e  da'sindaci  inquisitori,  sugge- 
rendo di  ristabilirvi  la  marina  mercanti- 
le-, l'aumento  della  coltivazione  de'grani, 
il  lavoro  delle  saline  ,  il  commercio  ec; 
wn  intanto  sopraggiunse  la  guerra  e  l'i- 
sola andò  perduta. — IMma  di  terminare 
le  principali  vicende  di  questo  dogado,  io 
debbo  ricordare  alcune  cose  anteriori  al- 
l' epoca  in  cui  giunsi.  Il  Papa  s.    Pio   V 
col  brev  e  Cit/jicnlcs prò  nostri,  de'5  mar- 
zo I  568,  diletto  al  vescovo  di   Nicaslro 
Facchinetti  nuuziodi Venezia,i5H//.  Roin. 
l.  4,  par.  3,  p.  216:  Mandatur  Nuncio 
l^('netiarui/t,iU  in  omnibus  Ecclesiis Ca- 
thi'drnlihus  cj'usdrrn  Doniinii,  in  quihiis 
adirne  nnllnni  slipendium  [celioni  Theo- 
locali  tl(  puiatiini  est,  Praelendam  pri- 
mo vacalnram  ad  hunc  usiim  opplicct. 


V  E  N 

Questo  zelantissimo  Papi»  avea  rinutaio 
d'accettare  come  oratore  d'ubbidienza  e 
percougratularsi  di  sua  esaltazione  Nico- 
lò da  Ponte  dotto  e  facondo  cavaliere,  a- 
vendolo  per  poco  cattolico,  e  negato   le 
decime  ordinarie  del  clero,  sempre  con- 
cesse da'suoi  predecessori.  Sentendo  tut- 
ta l'altezza  del  suo  supremo  grado,  volle 
sostenere  la  superiorità  sui  principi  teuj- 
porali  e  le  loro  giurisdizioni,  e  lo  die  a 
divedere  quando  dichiarò  granduca  di 
To'icana  Cosimo  I  coronandolo soleiuìe- 
mente,  non  ostante  le  contrarie  rappre- 
sentanze dell'imperatore  e  del  re  di  Spa- 
gna. Nel  giovedì  santo  del  i  568  publ>Iicò 
la  Bollain  Cocna  Domini ( P^.) ,Qo\\a (\iìdt.~ 
le  intendeva  togliere,  per  le  giunte  da 
lui  Ejtte,  a'principi  temporali,  tra  le  al- 
tre  cose,  il  diritto  di  mettere  imposte  agli 
ecclesiastici,  e  ogni  ingerenza  nelle  ma- 
terie concernenti  i  medesimi  ecclesiastici. 
Si  levò  allora  opposizione  generale;  l'im- 
peratore, i  re  di  Francia  e  di  Spagna,  ed 
altri  principi  ne  proibirono  la  pubblica- 
zione: la  repubblica  che  per  la  i.*  avea 
ciò  fallo,  perfino  vielò  di   tenerne  paro- 
l'i,  indi  incaricò  il  suo  oratore  in  Roma 
Paolo  Tiepolo,  ed  uno  de'cardinali  vene- 
ziani di  fare  al  Papa  umili  ma  ferme  ri- 
mostranze; passava  in  ciò  d'accordo  cogli 
altri  sovrani  ,e  così  nuovi  scompigli  ininac- 
ciavanosorgere  nella  cristianità. A'29set- 
lembiei  568  arrivava  in  Pioma  un  uno- 
voasnbasciatorCjlMichele  Soriano, ed  era 
dal  Papa  benevolmente  accolto,  col  qua- 
le furono  continuate  le  trattative,  macott 
poca  speranza  d'accordo, insistendo  il  Pa- 
[)a  stdla  pubblicazione  della  bolla,  la  si- 
gnoria nel  rifiuto.  Il  Papa  stimava  e  a- 
mava  la  repubblica  di  Venezia,  chiaman- 
dola splendore  egloria  d'Italia  e  della  cri- 
stianità; saper  bene  eh'  era  hbera  e  non 
aver  supcriore  alcuno  nelle  cose  tempo- 
rali, ed  egli  non  aver  mai  pensalo  di  pre- 
giudicarla nell'autorità  e  dignità,  né  mai 
volerle  far  dispiacere.  Al  cardinal  Giau- 
francescoGacnbara  bresciano  disse  ilPapj, 
«he  se  non  fosse  il  petto  della  seicuissi* 


YEN 

mn  lepubhlica,  Italia  già  sarebbe  da  mol- 
to tempo  iti  preda  agli  ollrainoiitaiii,  ed 
ili  prova  dei  grandissimo  amore  che  le 
portava,  in  gran  segreto  gii  manifestava, 
clie  lutti  gli  altri  principi  l<i  odiavano  e  ne 
dicevano  male,  per  non  istininre  e  avere 
rispetto  a  niuno,  uè  cercare  di  gratificar- 
si ninno.  Rispose  il  cardinale,  non  dover 
ciò  recare  meraviglia  ,  perchè  i  piincipì 
non  amano  l'un  l'altro,  se  non  quando 
im[)orla  il  proprio  vanlaggio;  gl'italiani 
non  amar  la  repubblica  per  invidia,  e  gli 
oltramontani  perchè  impedisce  i  loro  di- 
segni in  Italia .  Che  anche  Sua  Santità  era 
pocoamata  diigii  oltramontani,  onde  tan- 
to più  doveva  esser  unita  a  Venezia,  poi- 
ché in  caso  di  rottura  non  avrebbe  aiuto 
se  non  da  essa.  Il  Papa  soggiunse,  secon- 
ilo  il  solito,  non  aver  paura  di  niuno, 
perchè  chi  fa  bene  e  cerca  la  gloria  di 
Dio,  egli  lo  protegge  da  qualunque  pe- 
ricolo; e  la  repubblica  così  cattolica  e  per 
rispetto  di  religione  e  di  stato  tanto  uni- 
t.i  alla  s.  Sede,  dovrebbe  mostrarsi  più 
[iioiita  a  far  quello  che  si  conveniva  nel- 
le cose  ecclesiastiche,  dovendo  il  re  di 
Spagna  da  essa  prender  esen)[)io,  e  non 
essa  da  lui.  La  bolla  non  piegiudicarne 
il  dignità  e  libera  autorità,  e  occorrendo 
meglio  si  chiarirebbe  il  disposto;  non  po- 
ter più  aspettare  ,  e  bisognava  che  si  ri- 
solvesse. Sopraggiunse  però  la  guerra,  che 
fece  mettere  in  dimenticanza  la  bulla, 
e  non  si  pensò  che  alla  comune  salvezza. 
In  tempo  del  doge  Loredano  morì  Zilia 
Dandolo  vedova  del  penultimo  doge  Lo- 
renzo l^riuli,  ed  i  padri  vollero  onorar- 
la, che  in  vita  l'aveano  decorata  col  velo 
ducale,  ordinando  magnifici  (unerali.  Il 
corpo  di  essa,  iniettato  di  balsami,  ven- 
ne esposto  per  3  giorni  nella  sala  del 
Piovego  o  Pubblico,  sopra  alto  poggio, 
come  appunto  soleva  farsi  de'dogi.  Alla 
custodia  del  cadavere  vegliarono  notte  e 
giorno  in  continue  preci  20  monache, 
solo  per  qùest'ufìizio  fjtte  uscire  da'Ioro 
monasteri,  ^'el  4-"  giorno  ebbe  luogo  il 
corteggio  funebre,  cui  assisleltero,  colla 


YEN 


377 


signoria  e  col  doge,  anco  il  clero  sec(jla- 
re  e  regolare,  le  scuole  grandi  ,  le  con- 
fraternite, i  baltudi,  e  finalmente,  cosa 
non  più  veduta,  comparve  gian  numero 
<ii  monache  professe  d'ogni  regola  e  or- 
«line;  giunto  il  convoglio  d.i  s.  Marco  al- 
la chiesa  de'ss.  Gio.  e  Paolo,  la  defunta 
ebbe  pubbliche  laudi  da  .Antonio  Stella 
parroco  di  s.  Fantino. — Mentre  tutto  in- 
clinava alla  guerra  lurchesca,  giunse  l'o- 
ra estrema  del  doge  Loredano  a'3  ovve- 
ro a'5  maggio  1 570.  La  solennità  esterna 
de' funerali  restò  impedita  da  veemente 
turbine,  con  tempesta  e  con  folgori,  per 
cui  convenne  alla  comitiva  riparare  in 
chiesa  a  s.  ALirco;  ivi  si  pregò  [)ace  all'e- 
stinto, ed  Antonio  Zeno  ne  tessè  il  meri- 
tato elogio.  Ebbe  tomba  in  umile  monu- 
mento a  s.  Giobbe,  su  cui  non  fu  posta 
memoria  alcuna. 

29.  Luigi o  Alvise  I Mocenigo  LXXXF 
do^e.  L*  ur2enza  del  momento  suj'Gferì 
al  maggior  consiglio  la  deliberazione  che 
all'elezione  del  nuovo  doge  non  prendes- 
sero parte  per  questa  volta  i  savi  del  col- 
legio, i  magistrati  sopra  l'Arsenale  e  so- 
pra l'armamento,  onde  non  essere  di- 
stratti dalle  importanti  loro  incuraben- 
ze  ;  fu  sospesa  altresì  l'elezione  ^W5  cor- 
rettori alla  Promissione  ducale  e  de'  3 
inquisitori  al  doge  defunto.  Così  a'f)ov- 
veto  i  I  miggio  I  570  fu  eletto  il  iMoce- 
nigo,  senatore  d'  illustre  fiuniglia,  assai 
b<.-neinerilo  (Iella  reiiubblioa,  di  molte  a- 
tlerenze,  di  chiare  virtù  personali,  ed  e- 
sercitalo  nelleficcendc  interne  ed  esterne 
come  alla  gravità  del  momento  si  richie- 
deva. Era  già  partito  alla  volta  di  Cipro 
Giulio  Savorgnano  inlendentissimo  del- 
la milizia  e  delle  fortifica/.inni  per  ri- 
parare con  baluardi  e  con  quant' altro 
l'arte  guerresca  a  que'lempi  poteva  sug- 
gerire, la  città  e  i  borghi  dell'isola,  coti 
gran  copia  di  munizioni.  Oltre  a  ciò  va- 
lidi rinforzi  furono  spedili  nella  Dalm.i- 
zia  eili  essa  e  dell' .Mbania  destinat(j  prov- 
veditore Giovanni  da  Le/e;  Lorenzo  Da 
I\I  da  o   Atuuiio  fu   noininato  generale 


37S  V  E  N 

piovveflitore  tli  Candia  per  l'alleslimen- 
to  ili  20  giileie  e  la  leva  delle  cinime; 
a  St;l)asliat)o  Veiiier  fu  dala  generalizia 
jioileslà  in  Corfù,  con  alita  molteplici 
jiKjvviileiize  ;  alle  i  1  galee  glosse  turo- 
IMI  destinati  capitani  distinti  sotto  il  co- 
niaiKlogenerale<li  Francesco  Dnodo;  80 
valenti  cittadini  furono  posti  al  coman- 
do d'allretlanle  galee  sottili;  fu  eletto 
(iiro'acno  Zane  capitano  generale  del- 
l'ariuatu,  consistente  oltre  i  detti  legni, 
anche  in  10  vascelli  da  carico,  un  galeo- 
ne di  nuova  forma  suggerito  dall' in- 
gegnere Vettore  Fausto  (di  cui  feci  cen- 
no nel  dogado  77.°,  come  del  suo  quiii- 
«pieieme),  e  i4o  galee  che  si  raccolse- 
ro da  Candia  e  Corfù,  tutte  ben  for- 
nite di  ciurme  e  cannoni.  Delie  milizie 
terrestri  fu  alliilato  il  comando  a  Sfor- 
za Pallavicino.  In  Cipro  stesso  grande  e 
volonteroso  era  il  concorso,  iiioslraudo- 
si  speci.ilmeiite  zelanti  il  conte  Rocas, 
il  conte  di  Tripoli  e  altri  principali  del- 
l'isola. Il  conte  Girolamo  Marlinengo  fe- 
ce pubblica  mostra  in  piazza  s.  Marco  di 
2000  uomini  da  lui  ammassali,  beli.»  e 
generosa  gioventù,  con  cui  designava  «e- 
correre  alla  difesa  di  Faoiagosta  (il  qua 
dro  che  rappresenta  quella  cnostra  su- 
perba, esiste  nell'abbizia  della  Miseri- 
cordia, opera  di  F.  Battaglioli).  Corri - 
S[>oi)dente  era  la  raccolta  del  denaro,  e 
iiell'olFerte  bella  fu  la  gara  tra'citladini. 
IN  è  lasciò  la  repubblica  d'infortnare  del 
luinaccìante  pericolo  le  potenze  cristia 
ne;  e  prima  s.  Pio  V,  eccitandolo  come 
capo  della  cristianità  a  muoveie  i  vari 
j)rincipi  in  soccorso  di  quell'isola  baluar- 
do e  propugnacolo  comune;  né  il  Papa 
luoslravasi  restio,  anzi  promise  ado[)r.ir 
lutto  l'impegno,  specialmente  a  conclu- 
dere una  lega  col  re  di  Spagna,  al  quale 
niandò  a  quest'oggetto  Lodovico  de  Tor- 
res, poi  arci  vescovo  di  Monreale,  nel  tem- 
po stesso  che  la  repubblica  incaricava 
della  medesima  cosa  il  suo  oratore  Leo- 
nardo Donato.  Filippo  11,  dopo  qualche 
esitanza,  acconseulì  a  maudare  5o  galere 


V  EN 

e  concedere  «'veneziani  la  tratta  de'fru- 
menli  con  d  l'zio,  ma  voleva  che  il  Papa 
gli  pennellesse  levar  una  decima  sul  cle- 
rr>  Si  scusò  invece  Si-bastiano  re  di  Por- 
togallo per  l;i  |)este  patita  e  la  sua  guer- 
ra nelle  Indieorienlali  ;  prometteva  Mas- 
similiano 11,  ma  voleva  che  i  veneziani 
priuja  lo  riconciliassero  col  Papa,  disgu- 
sl  ito  |iel  titolo  di  graiirluca  dato  a  Cosi- 
mo 1  ;  (pianto  a  Carlo  IX  re  di  Francia, 
era  tutto  avviluppato  colle  guerre  degli 
ugonotti,  e  in  ottimo  accordo  col  sulta- 
no, beiiM  la  madre  Caterina  de  Medici  of- 
fieinlo  mediazione.  Di  più  la  re[)ubbli- 
ca  scrisse  al  p  ttriarca  greco  di  (>oslanli- 
nopoli  a  o[)erare  uua  rivolta  a  mezzo  del 
clero,  e  di  appoggiar  la  lettera  scritta  ad 
Ivan  IV  czar  di  Moscovia,  eccitandolo  a 
muovere  contro  i  turchi  dalla  parte  »li 
terra,  ma  essendo  in  guerra  colla  Polo- 
nia nulla  [)ot(;v:i  intraprendere.  Eguale 
invilo  fece  al  sof  1  di  l'orsia  'Hiamas,  ma 
non  die  che  vaghe  parole.  Mentre  tutto 
in  Venezia  si  apprestava  alla  guerra, giun- 
se Maliinud  nuovo  messo  del  sultano,  ma 
la  repubblica  venuta  in  sospetto  che  lo 
soopo  suo  fosse  ([nello  di  esjilorare,  il  fe- 
ce ritcMiere  decoros.unenle  alla  Giudee- 
ca,  e  dopo  (piietato  l'ambasciatore  fran- 
cese, fu  custodito  nel  castello  di  Verona 
sino  al  (lue  della  guerra.  Allestita  che  fu 
l'armata  ne  fu  dato  lo  stendardo  solen- 
nemente in  s.  Marco  al  Z  ine  ;  che  reca- 
tosi fra  il  suono  di  timballi  e  tro;nbe,  e 
il  tuonar  de'caimoni  sulla  galera  genera- 
lizia iniiauzi  la  Piazzetta,  olFri  con  ([uellu 
e  con  altre  ,\o  galere  che  le  facevuuo  se- 
guito, uno  spettacolo  magnifico  all'accor- 
sa mulliludiue,clie  in  unoa  (|uelii  che  dal- 
le finestre  de'  p.dazzi  e  degli  altri  ediflzi 
ciicostaiili  lungo  la  via  degli  Schiavoui 
lino  a  s.  Biagio  l'animiravano,  plaudiva 
a'  valorosi  che  andavano  a  combattere 
jier  la  patria,  e  loro  auguravano  propi- 
zi il  mare  e  i  venti,  benedizione  all'armi 
loro  d.t  Dio  in  cui  potere  sono  le  vitlo- 
1  le  e  le  sconlìtle.  Il  Zane  si  portò  a  Za- 
ra ud  attendere  le  5o  galee  promesse  da 


V  E  N  V  E  N                   379 
Filippo  II,  e  fu  ilaxioiie  funesla,  poiché  alla  dignilà  della  repubblica,  superata  o- 
nell'ozio  audò  sciolta  lu  discipliua,  creb-  gui  dilllcoUìi,  conj^iuutosi  colla  flotta  di 
beio  le  diserzioni,  s'insinuarono  le  uia-  Marco  Quirini  di  Caudia,  fu  con  giubilo 
lattie,  onde  il  generalo  ebbe  ordine  di  salutato  il  1  .°setteudMe  l'arrivo  delle  49 
volgersi  a  Corfìi  nell'estate  inoltrata  del  galee  spagnuolee  delle  1 2  papali,  riceva- 
1570.  Della  ([uale  inazione  della   flotta  te  dall'armata  veneta  schierala  in  due  ale 
veneziana,  che  da  se  sola  di  tanto  infe-  fra  le  salve  degli  archibugi  e  de'cannoni, 
riore  alla  turche^ca  non  osava  con  que-  e  le  grida  festose  de'marinari.  Ma  iulan- 
sta   misurarsi,   ne   profittarono  i  turchi  to  la  stagione  era  inoltrata  di  troppo,  e 
per  fare  sbarchi  e  scorrerie  su  vari  punti  i  turchi  aveano  avuto  tempo  d'allestire  e 
della  Dalmazia;  solo  a  Ragonizza  pel  co-  accrescere  vieppiìi  la  loro  fhjtla,  e  di  di- 
raggio delle  donne,  che  chiamarono  Pi-  rigerne  le  proie  verso  Cipro.  Teneva   il 
sano  Pisani,  soggiacquero  a  orribile  ma-  distinto  capitano  perugino  Ettore  o  A- 
cello.  Il  dolore  del  Zane  e  d  dispettosi  slorre  Baglioni  il  cornando  delle  milizie 
accrebbe  in  modo  inesprimibile,  all'adi-  venete  nell'isola,  avea  il  titolo  di  luogo- 
re  dall'ammiraglio  spagnuuio  Gio.  An-  tenente  Nicolò  Dandolo;  il  capitano  Mar- 
drea  iJoria,  che  non  avea  ordine  di  con-  c'Anlonio  Dragadino  presiedeva  a  Fama- 
giungersi  alla  flotta  veneta,  dopo   tanti  gosta  che  attendeva  a  fortificare,  repu- 
sagrifjzi  fatti  in  Dahnazia  e  tanto  tempo  tando  colà  ave-.se  a  succedere  ili. "sbarco 
perduto  inutilmente  I  11  Papa  dall'esor-  de'turchi.Tenutoconsiglio  di  guerra  nel 
lazioni  falle  a  tutte  le  potenze  cristiane  castello  d'Aschia,  fu  deliberato  d'impe- 
a  sostenere  la  repubblica  veneta,  non  et-  dirlo  a  ({ualunque  costo,  di  radunare  den- 
tenne  clie  le  galee  di  Spagna.  Armòan-  Irò  le  mura  di  Nicosia  75,000  abitanti, 
ch'esso  12  galee,  e  l'i  1  maggio  1  570  ne  2 5, 000  in  Famagosla,  il  resto  della  pò- 
die  il  comando  a  Marc' Antonio   II  Co-  polazione  co'be>liami  salvare   nelle  sco- 
lonna duca  di  Vdliaiio   (I  \J  e  figlio  ili  sce>e  e  insuperabili  biilze;  i  borghi  adia- 
Ascanio  (spogliato  ili  sue  tene  e  scomu-  centi  a  Nicosia  aversi  a  distruggere  per 
Dicalo  da  Paolo  IV,  dal  duca  d'Alba  eh-  non  lasciare  alle  nemiche  insidie   luogo 
be  il  comando  di  pai  te  dell'esercito  nel-  da  appiattarsi.  Morto,  per  mala  ventura, 
la  suindicata  guerra  contro  quel    Papa,  d  valoroso  conte  Girolamo  IMarlincngo 
indi  leintegiai.o  neh  5Gi),  nominandolo  per  viaggio,  restando  com  deluse  le  belle 
generale  di  s.  Chiesa,  e  sul  [)rincipio  di  speranze  ch'eiansi  su  di  lui  conce(jite,  ri- 
luglio fra  le  solennità  d'una  messa  c;in-  mase  liaglioni  al  comando  su[)ieuni  lici- 
tata dal  cardinal  Marc' AntonioColonna  I  la  milizia  in  Famagosla;  fu  dal  D.tndolo 
de' signori  di  Zagarolo,  gliene  consegnò  alhdato  (juello  di  (Nicosia  ad  lingenioSin- 
lo  Stcii(lai(Io  ^/.j  benedetto.  Era  allo-  clitico  conte  di  Piocas,  e  dato  per  capita- 
la in  Roma  collega  all'ambasciatore  Mi-  noalla cavalleria  cipriolica  Giovanni  Siii- 
cliele  Soriano,  Giovanni  Soranzo  [loi  nel  clilico,  e  a'guastiitori  Giovanni  vSozome- 
1571  ainba>-cialoie  ordinario.  Marc'An-  no  e  Scipione  Carala  ;  l^ietro  Paolo  Sin- 
tonio  II  veleggiò  alla  volta   ili  Suda    in  clilico  couiaiidava  allegenli  del  conlado; 
Candia,  dove  poi  si  unì  colle  galere  di  Leonardo  Roncone  a'soldali  italiani,  raf- 
Spagna  e  di  Venezia.  Il  Venier  piovve-  forzali  da  soldatesca  collettizia  paesana, 
ditole  di   Corfìi  per  tener  esercitate   le  giacché  mi  picciid  numero  erano  giunti 
lru[tpe  aisalì  e  prese  il  vicino  castello  di  nell'isola,  (ieramenle  ileciinali  dal  mor- 
Sopi)otò  nido  di  masnadieri  turchi  e  al-  bo  ed  estenuati  dal  travaglio  del  viaggio, 
banesi.  Lo  Zane  aulorÌ7zalo  dal   senato  Di  liilto  con  precisione  informato  dalle 
a  prendere  quelle  deliberazioni  che   re-  spie  turche  il  gran  visir  Muslatà,  e  inen- 
putasae  [>iìi  vuutagijiose  ecunispondeuli  tic  la  flotta  veueziuuu  se  uè  dimorava 


38o  VEN 

uticora  a  Coifìi,  l'aia iairaglio  turco  Pia- 
lelj  esCi^uì  ili.°ili  luglio  I  570  un  improv- 
viso sbarco  a  Liuiisso  o  Napoli  o  Nc- 
mcsiyRlUa  ciltà  vescovile  dell'isola  di  Ci- 
pro, facendovi  molli  schiavi.  Nel  di  se- 
guente si  recò  con  lutti  gli  altri  legni  al 
luogo  detto  Saline,  e  ivi  a'3  luglio  mise 
a  lena  le  trup[)e,  1'  artiglierie  e  il  baga- 
glio senza  opposizione. Si  componeva  l'ar- 
«iiata  lurca  di  4^0  vele  e  più  di  i  00,000 
nomini.  Dice  ilìMulinelli  70,000  combat- 
tenti,poi  auu>enlali  a  megliodi  200,000. 
J  200  stradioti  ch'erano  col  conte  di  Uo- 
«••as  si  ritirarono  quindi  a  Nicosia,  e  a'di- 
fbnsoii  altro  non  rimaneva  che  rinchiu- 
dersi in  questa  e  in  Famagosta,  e  atten- 
dervi i  soccorsi  della  flotta,  essendo  iia- 
[)OS>ibile  impedire  gli  sbarchi  pel  grande 
circuito  dell'isola  lunga  5i  leghe  e  larga 
da  i5  a  20.  I  capitani  di  Famagosta  si 
opposero  al  Biglioui  tli  soccorrere  Nico- 
sia  per  non  pregiudicare  la  propria  ciltà, 
che  ritenevano  sarebbe  la  i," assalita,  ed 
appena  l'i  i  agosto  lo  lasciarono  in  ii- 
Lerlà  di  fare  il  suo  beneplacito,  ma  egli 
non  volle  tanta  responsabilità  e  restò.  Fo- 
co stettero  i  tiu'chi  a  presentarsi  sotto  iW- 
cosia(F^.),  difesa  da  un  5o,ooo  uomini, 
la  maggior  parte  male  armati  e  nuovi  al- 
la guerra.  JNè  il  Dandolo  era  adattato  al 
grave  incarico,  per  cui  scriveva  per  pron 
ti  soccorsi  al  generale  ZaneinCaudia,  nel 
doilinar  d'agosto,  rappresentando  il  pe- 
ncolo della  città  da  più  bande  assalita, 
eil  a  Famagosta  per  avere  il  Baglioui  co' 
suoi  fjnli  italiani;  ina  le  strade  già  era- 
no in  potere  de'lurchi.  Così  Nicosia  tro- 
ia vasi  abbandonata  a  se  slessa, e  per  col- 
lun  di  mali  n'erano  discordi  i  capitani, 
onde  nulla  fu  la  difesa,  tranne  i  baluar- 
di Sostenuti  con  ardore,  bensì  ricorren- 
do al  di  vino  aiuto  con  pubbliche  preghie- 
re e  processioni.  L'incessante  combatte- 
re de'  turchi  già  larghe  breccie  avea  a- 
perle,  quando  i  nicosiani  stretti  dalla  ne- 
cessità e  per  estremo  tentativo  a' 1 5  ago- 
sto, giorno  sagro  alla  gloriosa  Assunzio- 
ne in  cielo  della  D,  Vergine, sul  meriggio 


V  E  \ 

fecero  un'improvvisa  sortita  coadolti  dal 
vicentino  conte  Cesare  Piovane  luogote- 
nente del  conte  Rocas.  Gettandosi  sul  ne  - 
niico  ne  fecero  grande  strage,  s'impadro- 
nirono di  due  Irincere,  inchiodarono  5 
cannoni,  ponendo  in  confusione  il  cam- 
po tutto  :  chi  sa  fino  a  qual  punto  avreb- 
bero portato  la  vittoria,  se  il  Dandolo  a- 
vesse  permesso  alla  cavalleria  d'uscire, 
com'erasi  stabilito,  invece  Ostinandosi  a 
iuipedirlo.  Ed  allora  que'di  fuori  assaliti 
dalla  cavalleria  nemica,  stanchi  dalla  lun- 
ga zuffa,  affievoliti  dal  calore  eccessivo 
del  sole,  non  ristando  dal  combattere  per 
difendere  rartiglierie,sopra(t"jtli  dal  sem- 
[II e  cresoenle  numero  de'  turchi,  final- 
mente cedevano.  Molti  di  loro  copriro- 
no co'propri  cadaveri  il  suolo,  insieme  al 
valoroso  Piovane,  altri  poterono  ridur-ii 
feriti  in  città  recando  seco  le  vinte  spo- 
glie nemiche.  Da  (juel  momento  la  triste 
sorte  di  Nicosia  eia  decisa,  benché  nulla 
fosse  intralasciato  da'  fanti  italiani  e  da' 
nobili  ciprioti  nell'  opporre  ogni  eroica 
resistenza.  Ed  eroica  fu  q:iesta  invero  in 
quegli  ultimi  momenti,  e  degna  di  mi- 
gliiir  fortuna.  Ma  versa  i  20  settembre 
superato  da'turchi  nella  notte  il  balu  ir- 
do  Podacatero,  scorrendo  lungo  le  mu- 
ra arrivarono  agli  altri,  ed  assaltarono  i 
difensori  alle  spalle.  "  Tanto  ferocemen  - 
te  però  per  questi  si  combatteva,  scrive 
il  prof.  Romani n,  che  da  3  ore  era  alzalo 
il  sole  né  i  turchi  aveano  ancora  ripor- 
tato decisivo  vantaggio.  Leonardo  Ron- 
coni, benché  ferito,  facevasi  dalla  sua  ca- 
sa trasportare  al  baluardo  Costanzo  e  fu 
per  istrada  da'  nemici  trucidalo  ;  egual 
fine  ebbe  il  conte  di  Rocas  mentre  invi- 
tava i  suoi  a  rinnovare  la  mischia.  Eroi- 
camente combattendo  morivano  pure 
Pietro  Pisani  e  Dernardiao  Polani  ;  per- 
duti i  baluardi,  le  mura,  ogni  altra  di- 
fesa, combattevasi  ancora  per  le  strade, 
d  ille  finestre,  da'tetti  ;  i  fanti  italiani  ri- 
dotti a  soli  So,  validamente  sosteuevansi 
iiuoora  alla  porta  Bembo,  quando  Mu- 
stafà  entrato  la  Nicosia  impose  fine  al 


V  E  N  V  E  \  38  r 

macello  e  mandò  a  proporre  al  Dandolo  conrpiisfa  ili  Nicosia  ,  (p\cila  delle  cil!."> 
(che  con  Francesco  Conlarini  vc'icovo  di  vescovili  di  Pafo  e  Amatiinta,  e  di  Tii<'t  t 
Baffo  o  Prrfojti]  alui  m^fgistrnli  crasi  ri-  oLarnaka.  La  lesta  del  Dandolo  manda- 
tirato  nel  palazzo),  la  salvez7a  della  vita  la  al  Dragodino  fu  l'anniinzio  della  in- 
fjuando  toslo  fncesse  deporre  le  armi.  E  fausta  sorte  di  Nicosia  e  di  quella  che  loi 
così  fu  fallo,  ma  la  turba  de'tnrchi  tir-  pure  attendeva  se  non  arrendevasi  a  lem 
tando  impcMiosamente  le  porte  ed  en-  pò.  Ma  la  risposta  fu  da  magnanimopro- 
Irati  nel  palazzo,  ove  ormai  non  trova-  de,  e  ali.°  tentativo  del  nemico  fu  da  1ì:ì 
vano  più  I  esistenza,  tulli  quegl' infelici  ribullatocon  perdile.  —  Mentre  tali  cose 
sagrificarono  non  ecceltuato  il  Dandolo,  succedevano  nella  sventurata  Cipro,  l'ar- 
il  quale  Oscuramente  lasciò  la  vita,  e  che  mala  papale-veueto-ispana  ancorava  ;» 
con  più  capacità  e  coraggio  avrebbe  pò-  Candia,  e  i  suoi  generali  tenevanoconsul- 
luto  forse  salvare  a  principio  la  città  e  ta  sulle  operazioni  da' farsi.  !l  Zaneopi- 
gloriosamente  moriie.  Seguironotultigli  nava  doversi  andare  direttamente  a  Ci- 
orrori  della  conquista,  laide  scene  di  san-  prò  per  liberarla,  Sforza  Pallavicino  pro- 
gue,  di  violenza  e  di  brutture  che  la  pen-  poneva  l'espugnazione  de'Dardanelli  per 
Ila  dello  sloi  ico  rifugge  dal  descrivere.  Si  aprirsi  la  via  a  Costantinopoli,  tuttavia  si 
porta  a  20,000  il  numero  delle  vittime,  arrese  al  Zane.  Invece  il  Doria  ONtinata- 
2,000  furono  trascinati  via  in  isdiiavi-  mente  s'oppose  all'uscire  in  mare  per  la 
tu,  preda  ricchissima,  inlìnita,  caricavasi  stagione  avanzata,  la  lunghezza  del  ma- 
sulle  navi,  ma  della  maggior  parte  di  es-  re  da  percorrersi  e  non  volersi  alloutatiar 
sa  il  coraggio  eroico  d'  tuia  donna  privò  tanto  da  Napoli  e  dalla  Sicilia,  e  non  poi- 
i  crudeli  nemici.  Già  erano  que'  navigli  rea  repentaglio  la  flotta  che  costituiva  la 
per  iscioglier  le  vele,  quando  una  ilelie  principal  difesa  della  cristianità.  Il  Zane 
schiavedisperatamentecorrendo  alla  poi-  vergognandosi  de'progressi  de' tuichi  in 
veriera  vi  accese  il  fuoco  (ciò  operò  con  Cipro,  insisteva  [)er  soccorrere  l*  impor- 
risolulo  ed  eroico  cora""io  Bellisaudra  tantissima  isola  e  non  lasciarla  cader  in 

co 

Maraviglia,  sorella  di  Giovanni  Maravi-  mano  degl'infedeli,  scongiurando  ne'più 
glia,  segretario  del  senato,  e  moglie  di  commoventi  modi  la  salvezza  di  tante  a- 
Pietro  Albino,  gran  cancelliere  del  regno  ninie  dal  Sangue  preziosodi  Cristo  reden- 
di  Cipro  :  altri  dissero,  con  minoi  e  si-  te.  Concorrendo  in  quest'opinione  anche 
curezza,  Marula  greca  di  Lemnos.  Bel*  il  Colonna,  fu  d'uopo  al  Doria  piegarsi, 
lisandra  sapendo  che  colle  più  owe-  ma  di  mala  voglia  e  perciò  frapponeva 
nenti  il  pascià  ne  voleva  far  dono  al  ser-  indugi  e  difllcollà.  Con  ragione  esclama 
raglio  del  sultano  ,  prefeiì  perire  colle  il  prof  Romanin.>'Egli  è  veramente  con 
compagne,  anziché  trovarsi  esposta  all'in-  una  stretta  al  cuore  che  noi  vediamo  la 
vereconde  brame  de'suoi  nemici,  e  così  già  sì  potente  repubblica,  la  dominatrice 
impedire  ad  esse  tanto  ludibrio).  Balzò  de'mari,  fallasi  subalterna  a'capitanistra- 
in  aria  la  nave  e  con  essa  due  altre  ,  il  nieri,  privata  perfino  d'una  volontà  pro- 
mare ingoiò  que' tesori,  ma  insieme  au-  pria,  rattenuta  dagli  altrui  interessi  dol- 
che i  cadaveri  mutilati  de'turthi  e  di  ol-  l'accorrere  a  salvezza  d'uno  de'suoi  priii- 
Irei  000  schiave  cristiane".  L'arte  di  l'C-  cipali  possedimenti".  Giunta  la  lagrime- 
rificarc  le  date,  non  sempre  corrispon-  vole  notizia  dell'eccidio  di  Nicosia,il  Za- 
denle  al  suo  titolo  e  scopo,  dice  l'assetiio  neraddoppiò  vivamente  l'istanze;  ma  in- 
di Nicosia  comincialo  a'  25  luglio,  1'  as-  vano:  anzi  il  Doria  dichiarò  voler  torna- 
sallo  e  la  presa  a'g  settembre,  il  Muli-  re  in  Ponente,  senza  cedere  per  qualche 
nelli  scrive  presa  Nicosia  in  lai  giorno  do-  altra  impresa,  affermando  saper  egli  le 
pò  «4  giorni  d'assedio.  Tenne  dietro  alla  commissioni  ricevute  dal  re^  il  che  prò- 


3<S?.  V  E  N 

lUisse  alfcrclii,  clicciulo  il  Cr)loiinn  avrr 
Jiii  il  re  investito  <U;1  siipreiiH)  coinatido. 
Alloi.i  il  Doria  sciolse  le  vele  e  si  ritirò  n 
Messina.  La  fluita  venelo-papnie  cli'erasi 
spinta  finca  Scalpante,  dovette  tornare 
a  Caiidia  malconcia  dalla  tempesta;  indi 
il  Colemia  parli  per  Ancona.  Inasprii!  gli 
animi,  il  Zane  fu  chian)ato  a  Venezia  a 
discolparsi,  ovvero  per  indisposizione  vol- 
le litornare, e  vi  mori  due  anni  dopo  non 
Hncora  giustificato,  benché  per  l'addietro 
nelle  sue  ioìprese  felicissimo.  Gli  f(i  so- 
slitniìonel  dicend)rei  Svo  Seliastiano  Ve- 
niei,  con  IMaico  Qiiirini  e  Pietro  Tron 
provveditori.  Scoppiala  la  peste  nell'  ar- 
mata, venne  sempre  più  nell'impotenza 
d  o|)erar  sola.  La  repidtblica  intavolò  e- 
nergiclie  pratiche  per  una  formale  lega 
colla  Spagna  con  patii  positivi  ,  ma  essa 
mirando  piùa'propi'i  interessi  clic  al  bene 
della  rrislianilà  procedeva  lenlaoìenle. 
Non  s'intermisero  apprestamenti  marit- 
tin.i  e  ogni  provveclintento,e  nel  gennaio 
I  ly  isi  mandarono  soccorsi  a'prodi  diten- 
sori di  Famagosta  pel  capitanoNicoIa  Do- 
na. Tjclla  gloria  seppe  acquistarsi  in  alcnni 
scontri  collegalee  turche  il  Quirini.  Pare- 
va alfine  che  le  dinicollà  della  lega  fosse- 
lo  superate,  quando  il  cardinal  Granvela 
ministro  di  Fdippo  li  dichiarò  non  poter- 
si porre  ad  elletto  nel  pi  esente  anno.  Sde- 
gnata la  ie[)ubl)lica,  cedendo  all'insinua- 
zioni dell'ambasciatore  francese  Gras-i- 
goan,  reduce  da  Costantinopoli,  mosti ò 
piegarsi  alle  pratiche  d'accordo  proposte 
da  Selim  li,  che  forse  temeva  la  conclu- 
.sione  ilefinitiva  della  lega,  o  per  sturbar- 
la. Il  senato  dunque  inviò  al  bailo  Mar- 
c'Antonio  Barbaro,  con  commissioni  se- 
grele,nel  marzo  Jacopo  Ragazzoni.  Sapu- 
tosi (|uesto  da  Filippo  11,  cominciò  a  mo- 
strarsi più  volonteroso  della  lega,  e  alla 
fine  fu  ridotta  a  termine  colla  legazione 
«iel  cardinal  Michele  Bonelli  nipote  del 
Papa  in  lspagna,a'2 omaggio  i. "ì 71, con- 
cedendo s.  Pio  V  alla  repubblica  la  fa- 
coltà d'esigere  per  5  anni  dal  clero  del 
dominio  veneto  200,000  scudi,  e  rendeu- 


V  E  N 
do  memorabile  la  lega  colla  coniazione 
d'  una    medaglia,  duscrilla   neH' articolo 
'I  irnriiiA,  in  un  a  quella  per  la  riportala 
vittoria.  Si  dichiarò  nel  Irallato  della  le- 
ga :  Che  fra  Papa  Pio  V,  il  re  di  Spagna 
Filippo  II,  e  la   repubblica  di    Venezia 
veniva  conclusa  lega  perpetua   non  solo 
a  difesa,  ma  altresì  ad  offesa  contro  i  tur- 
chi e  loro  stati,  ove  più  facesse  mestieri  e 
[liù  fbsse  trovato  opportuno,  specialmen- 
te per  l'occupazioni  d'  Algeri,  Tunisi  e 
Tiipoli  (in  Africa,  nidi  perpetui  d'infe- 
sti corsari  maomettani  di  Barbcria),  slati 
che  sono  sotto  la  protezione  del  sultano; 
che  gli  alleali  allestirebbero    200   galee 
triremi  e  100  navi  onerarie;  5o, eoo  fan- 
ti fra  spagnuoli,  italiani  e  tedeschi;  /^,5oo 
cavalli  il'  armatura  leggera  e  le  relative 
artiglierie;  che  Sua  Santità   e   la   Sede 
Apostolica  somministrino  per  l'impresa 
12  galee  ben  proweduted'ogiii  cosa  ne- 
cessaria,e per  le  forze  diTerraferma  3,ooo 
fanti  e  270  cavalli;  queste  forze  dovreb- 
bero trovarsi  ogni  anno  nel   marzo  o  al 
più  aprile  ne'  mari  di  Levante  e  difende- 
re i  luoghi  che  venissero  minacciati,  ado- 
perandovi  lutto  o  parie  dell'armamenlo 
secondo  il  bisogno;  ogui  aulunno  sareb- 
be a  concertarsi  col  Papa  in  Roma  intor- 
no alla  spedizione  dell'anno  venturo;  si 
regolò  il  riparlo  delle  spese  e  il  provve- 
dimento de'viveri,  cioè  il  re    di  Spagna 
ccnlribuisca  per  3  sesti  di  lolla  la  spesa, 
la  repubblica  veneziana  per  2,  e  il  Papa 
per  uno,  al  quale  non  potendo  supplire, 
sia  esso  sesto  diviso  in  5  parli,  e  di  esse 
3  ne  paghi  il  re  e  2  la  signoria  ;  se  il  re 
di  Spagna  fosse  assalito  dalla  pai  te  di  Bar- 
beria,  i  veneziani  accorrerebbero  in  soc- 
corso con  5o  triremi,  e  cosi  dalla  parte 
del  re  se  la  repubblica  fosse  assalita  ;  se 
il  re  volesse  far  l'impresa  di  Algeri,  Tu- 
nisi o  Tripoli  vi  concorrerebbero  i  vene- 
ziani, purché  non  avessero  essi  stessi  a  te- 
mere per  le  loro  terre  d'un'invasione  tur- 
ca, né  fosse  deliberata  in  quell'anno  una 
spedizione  in  comune,  la  medesima assi- 
sletiza  prestandosi  e  alle  medesime  con- 


V  E  N 

fìÌ7Ìoni  (Ini  re  nll'  itii[nc<;c  venete;  si  pio- 
l«-;.'l^<ri  l.'Ijcro  con  tulle  le  forze  le  tene 
<l<-l  l'cTpa  ;  nelle  (Iclibeivizioiii  convenir <lo' 
vrel)l)ero  i  3  generali  deciileiuìosi  per 
nifiggioran?!!  di  voli;  sarebbe  cnpitano 
gcnei;ile  della  floUa  e  delle  truppe  da 
quella  pollateti.  Giovanni  d'ausi' 'a  (fia- 
fello  naturaledel  re  di  Sj)agtìa,  nel  qua- 
le aiticelo  ne  ripnrtai  la  biografia)  e  in 
sua  mancanza  Marc'  Antonio  Colonna 
duca  di  l'aliano;  la  bandiera  peiò  sartb- 
l)e  quella  della  lega.  Lascicrebbesi  luogo 
onoiatis^inio  all'ini  pera lore,a're  di  Fran- 
cia, di  l'orlogallo,  di  Polonia,  di  adeiire 
all'unione,  anzi  il  Papa  ve  li  ecciterebbe; 
la  divisione  dt-lle  terre,  cbe  per  avven- 
tura si  acquistasstTo,  nvicbbe  a  farsi  se- 
condo il  palio  del  i  SS",  eccello  Timisi, 
Tripoli  e  Algeri  cbe  s[)oltercbl'ero  alla 
Spagna,  e  nello  stesso  modo  si  dividereb- 
bero l'ailiglierie  ossia  per  rata;  non  re- 
cberebbesi  alcun  danno  od  odésa  a  Ra- 
gusi  e  suo  lerrilorio;  qualunque  verten- 
za cbe  sorgesse  tra'confederali  non  roni- 
peif'bbe  la  lega  e  verrebbe  rimessa  al  Pa- 
pa ;  nessuno  potrebbe  Iraltare  col  turco 
ili  pace  o  tregua  separatamente.  Di  (|ue- 
sta  celebre  lega,  di  sua  slrepilosa  villo- 
ria  e  conseguenze,  io  già  ne  bo  trallato 
iic'tiiveisi  aiticoli  che  vi  luuino  relazio- 
ne, e  li  ricorderò  in  corsivo  pel  «li  piìi  che 
fMii  mi  astengo  ri[)etere;  benché  doven- 
do riferire  quan.to  riguarda  la  repubbli- 
ca veneta,  alcune  ripetizioni  sono  indi- 
spensabili, ma  conedale  di  altre  notizie 
e  selliti  riQienli,  clic  precipuanienle  i  ica- 
vciò,  per  unilà  d'argomento, dalla  piege- 
vrrlissiuia  Sloiiri  docniiienUiUi  del  piof. 
Ronifinin.  Conclusa  la  lega  e  pubblicalaki 
solennemenle,  ed  in  Venezia  a'  i  luglio 
I  $7  I,  deputalo  dal  Papa  Paolo  Oilescal- 
chi  di  Como  IJililnit  (lilla  Caniera  ad 
occompaguaio,  infìauiuiaie  e  benedire  in 
suo  nome  la  floMa,  didla  re[)ubblicn  si 
richiese  soUecilameute  1'  unione  dcll'ar- 
tualcdi  kS'«<;g//ae  della  uìililare  Marina 
poiilifìcut  e  de'  suoi  Soldali ,  e  insieme 
qualche  fìitlu  importantc,pcichè  i  lurchi 


V  E  N  383 

infeslavano  la  Dalmazia,  slìarcavano  a 
Corfù,  portavano  il  terrore  da  [)er  tulio 
colle  loro  feroci  crudeltà.  I  veneziani  se 
ne  a fn isserò,  anco  per  vedere  fin  da  prin- 
cipio di  non  conseguire  gli  sperali  bene- 
fizi, e  per  avere  con  notabile  danno  mu- 
tali i  primi  disegni,  nell"  allontanare  le 
proprie  forze  da  Candia  per  recarsi  a 
Messina  ad  attendervi  le  flotte  collegate 
contro  la  Titrchia,  e  quindi  sempre  più 
abbandonati  i  mari  di  Cipro;  infine  do- 
vere starsene  inoperosi  a  tante  ingiurie 
de'baldanzosi  turchi  |ìer  conservare  in- 
tatta r  armala  fino  all'arrivo  di  d.  Cjio- 
vanni.  Questi  finalmente  vi  giunse  al  ler- 
uiiiiar  di  luglio  collo  Slcndanlo  bene- 
detto da  s.  Pio  V,  con  27  galee  e  dogo 
fanti  catalani,  giovane  di  22  anni,  cupido 
di  gloria,  ma  a  icpriincrne  1'  ardore  il 
je  aveagli  dati  alcuni  consiglieri,  che  ne 
restringevano  1'  autorità.  Le  forze  riu- 
nite nel  porlo  di  IMessina, dice  il  cav.  Cop- 
pi nelle  yi/f/;/o/'VC'o/o/(//('.v(.consistevano 
il)  I  2  galere  ponlificiecouiandateda  Mar- 
c' Antonio  11  Colonna  (ctjl  titolo  di  luo- 
gotenente generale  delia  lega, e  della  me- 
desima maestro  di  campo  generale  Asca- 
nio  della  Coi  gna,  e  generale  di  tutta  l'ar- 
tiglieria Gabrio  Seibelloni),  in  8  i  galere 
di  Spagna  sotto  gli  ordini  di  d.  Giovan- 
ni d'  Austria,  in  108  galere  venete  del 
capitano  generale  Sebastiano  Veniei ,  in 
3  galere  del  duca  di  Savoia  Emanuele 
Filiberto  (la  cui  capitana  era  governala 
da  monsignor  di  Lyni,  ed  ivi  er-i  il  fi- 
glio <lel  duca  ó'  l  rhino  il  principe  Fran- 
cesco M.'  Il),  ed  allrellanle  dell'ordine 
GcrosoliiiiitiiiìO  (di  cui  era  generale  Ir. 
pioti  o  Giustiniani  priore  di  Messina  ;  ag- 
giungerò ancora  che  Genova  puresom- 
ntimslrù  navi,  della  cui  capitana  era  ge- 
nerale tlloie  S[)in()ia  cavaliere  d'Alcan- 
tara, nella  (piale  galera  era  il  principe  di 
Parma.  Comn)issario  pontifico  era  mg.' 
Domenico  Grimaldi),  per  la  conservazio- 
ne e  salvezza  del  quale, che  il  turco  me- 
ditava distruggere,  il  Papa  avea  allre^^ 
zelato  la  conclusione   della  lega.  —  Ma 


384  V  E  i\  V  E  N 
il  tempo  corso  per  maneggiarla  no»  era  foili.  e  cominciarono  a  haltere  le  mur?»  ; 
Jnsciato  passare  inoperoso  da'turchi  nel-  si  difèndevano  gli  assediali  cogli  arclnbu- 
l' isola  di  Cipro,  poiché  espugnala  Nico-  gi,  co'cannoui  e  co'fuochi  artificiali,  e  re- 
sia,  nel  maggio  del  segnenle  anno  cinse-  spinsero  il  i. "assalto.  Però  le  perdite  de' 
ro  d' assedio  /"^/«/7g'o.9^'z  (io  inclino  a  turchi  subitosi  riparavano,  quelle  de'di- 
credere  con  W^rle  di  verificare  le  dalc,  Tensori  erano  irrimediabili.  Quindi  si  al- 
ed  altri,  che  Mustafà  dopo  la  presa  di  tornarono  i  mezzi  ingegnosi  e  dell'arte  sì 
Nicosia,  si  recò  tosto  ad  assediar  Fama-  di  offesa  e  sì  di  difesa, mentre  il  vescovo  di 
gosta,  per  la  cui  vigorosa  difesa  si  vide  Limisso  o  Napoli  o  Nemesi,  fr.  Serafino 
poi  costretto  nell' entrar  dell'inverno  li-  Fortihracciofimagostano  e  domenicano, 
mitarsi  al  blocco,  riprendendo  l'assedio  esortava  e  incoraggiriva  que'di  dentro,  e 
nella  primavera  del  seguente  anno),  cit-  le  donne  die  rendevano  utilissimi  servi- 
ta vescovile  ridotta  a  fortezza,  di  forma  gi,  finché  una  palla  uccise  il  zelante  pre- 
quadrala imperfetta,  il  poi  lo  essendo  di-  lato  mentre  orava  vicino  alle  mura.  Al- 
feso  da  un  piccolo  castello  con  4  torrio-  tri  3  assalti  furono  egualmente  respinti 
ni.  Gli  abitanti  aveano  distrutto  i  bellis-  con  valore,  ma  ormai  facevasi  inevilabi- 
simi  giardini  sid)urbani,e  raccolte  le  nies-  le  la  resa  per  le  già  vi  perdite  fatte  di  di- 
si eransi  portate  nella  città  con  i  5oo  vii-  fensori,  per  la  penuria  di  munizioni  e  di 
liei  che  resero  buoni  servigi  ne'combat-  viveri  onde  la  popol^izioue  cibavasi  delle 
timenli  e  ne'  lavoii  delle  fortificazioni,  cose  più  vili  e  immonde.  La  stanchezza, 
Verso  la  metà  di  aprile  i5ji  si  avvici  le  ferite,  le  malattie  rendevano  molli  in-  , 
narono  i  turchi  a  Famagosta  a  far  ba-  abili  al  servigio,  e  quelli  che  ancora  si 
stioni  per  piantare  l'artiglieria  per  le  bai-  prestavano  somigliavano  più  a  spettri  che 
terie,  le  quali  principiarono  ad  agire  a'  ad  uomini.  A  lutto  opponevano  mirabi- 
ig  maggio.  Si  cominciò  da  piccole sc.ira-  le  fermezza  il  Bragadino  e  il  lìaglioni,  e 
niuccie,  da  felici  sortile  del  Baglioiii,  il  dall'esempio  loro  gli  altri  s'incoraggiava- 
quale  col  Bragadino  confortavano  gli  a-  no.Lostesso  neraicoammirandoilcoslan- 
bitanli  atterriti  dalla  catastrofe  di  Nico-  te  valore, e  considerando  le  proprie  nu- 
sia,  raddoppiando  d'ardore  nel  distrugge-  merosissime  perdite,  diceva  che  Famago- 
le  i  lavori  de'nemici.  Un  soccorso  avea  slasembravadifesa  non  da  uomini  tua  da 
potuto  penetrale  daCaridia  sotto  la  con-  giganti.  A'3o  luglio  le  più  gagliarde  schie- 
liolta  di  Marco  eMarc'Antonio  Quirini,  le  ottomane,  dopo  aver  posto  in  ordine 
di  i4oo  fanti  ilfìliani  comandati  dalcoii-  tutta  la  formidabile  artiglieria,  salirono 
te  Luigi  Martineiigo  con  cannoni  e  mu-  sulla  breccia  e  combaltenilo  ferocenien- 
nizionì.  Però  i  comandanti  non  s'illude-  te  pervennero  a  farsi  strada  fra'difenso- 
vano  sulla  resistenza  da  farsi  a'turchi.se  ri.  Questi  però  opposero  tale  fortissioia 
non  arrivavano  i  sospirati  soccorsi  della  resistenza,  che  dopo  6  ore  di  furiosa  pu- 
tlotla,  troppo  essendo  sproporzionati  i  gna  i  turchi  anche  questa  volta  furono 
mezzi  di  difesa  da  quelli  potentissimi  de-  respinti.  Mustafà  tornò  a  proporre  ad  e- 
gli  aggressori.  In  sostanza  i  giudicati  abili  qui  patti  la  resa,  mentre  gli  abitanti,  che 
alle  militari  fazioni  ascendevano  37,400,  fino  da'i5  luglio  aveano  pregato  il  Bra- 
de'quali  3,5oo  fanti  italiani,  i,4oo  mi-  g.idino  a  muoversi  a  pietà  onde  capito- 
liti paesani,  2,5oo  appartenenti  a' 6  se-  lare,  vedendo  svanire  la  speranza  di  uj- 
slieri  della  città,  cui  si  aggiunsero  S'io  lerioreelficace difesa,  rinnovarono  più  vi- 
albanesi:  ma  siccome  molli  de'nomiiiali  ve  rimostranze;  ed  il  capitano,  sollecita- 
si occupavano  a'  lavori  di  fortificazione,  lo  pure  dal  consiglio  de'principali,  dopo 
forse  ad  un  5, 000  si  riducevano  icom-  lunghe  e  vivissime  discussioni  alzò  a' 2 
battenti.  Intanto  i  turchi  costruirono  io  agosto  la  bandiera  bianca.  Cessato  l'or- 


V  E  N 

libile  fracasso  delle  balteile ,  che  in  2  j 
(in  j5  dice  il  Sereno)  giorni  aveano  tiralo 
i5o,ooo  palle  di  ferro  certamente,  a  cui 
da  tanti  mesi  erano  assuefatte  le  orecchie 
di  ognuno,  segui  d'improvviso  un  pro- 
fondo silenzio,  senza  che  perciò  ne  venis- 
se conforto  negli  animi,  che  anzi  si  mo- 
stravano sospesi,  quasi  presaghi  di  qual- 
che grande  sciagura.  A'  3  agosto  entra- 
rono in  città  alcuni  uffiziali  turchi,  cioè 
il  luogotenente  del  pascià  e  l'agà  de'gian- 
uizzeri,  ed  incontrati  dal  Baglioni  furono 
onorevolmente  accolti,  mentre  andavano 
stalichi  al  campo  turco  i  ragguardevoli 
conte  Ercole  Martinengo  e  Matteo  Colti 
famogostano.  Furono  quindi  discussi  e  se- 
gnati i  patti  della  resa  a'i8  agosto  1^7  i, 
i  quali  fiu'ono:  che  i  fanti  italiani  con  ar- 
cui, stendardi  e  bagaglio,  gli  albanesi  ed 
i  greci  colle  famiglie  e  colle  robe  loro  fos- 
serosopra  legni  turchi  tiasportati  inCan- 
dia;  che  a  que'che  non  volessero  partire, 
si  preservassero  dall'insolenza  militare  la 
vita,  la  roba,  l'onore,  e  potessero  conti- 
nuare a  vivere  secondo  la  loro  religione; 
fosse  permesso  il  trasporto  degli  amma- 
lati, di  5  pezzi  d'artiglieria  e  di  tutte  le 
campane.  Alfine  stabilite  le  condizioni  e 
somministrati  i  legni  necessari,  già  il  pre- 
sìdio cominciava  ad  imbarcarsi  ,  piene 
d'ammirazione  arabe  le  parli,  i  cristiani 
della  turba  inoumerabile  che  avea  for- 
mato l'assedio  e  delle  meravigliose  opere 
d'oppugnazione  recate  a  termine;!  turchi 
del  piccolo  numero  che  avea  saputo  spie- 
ga re  tanto  eroismo  opponendo  sì  ferma 
e  micidiale  resistenza.  Ma  mentre  ancor 
sì  trattava,  avvenne  caso  che  per  poco 
non  isliubò  ogni  componimento.  Essen- 
dosi alcuni  turchi  avanzati  nella  nulle  più 
che  non  comportava  il  convenuto,  nac- 
que nelle  tenebre  tale  mischia,  che  se  non 
fosse  slato  provveduto  a  tempo  da  un  or- 
dine del  pascià  ,  avrebbero  potuto  deri- 
varne le  più  funeste  conseguenze,  ma  la- 
sciò tuttavia  tale  impressione  nel  suo  a- 
nimo,  che  gli  servì  poi  di  pretesto  all'a- 
troce scena  alla  turca  che  poco  dopo  se* 
VOL.  xcii. 


YEN  òs:; 

guì.  Dappoiché  succeduto  Timbaroo  de' 
cittadini,  il  Dragadino  o  invitato  dal  per- 
fido pascià,  come  i  più  vogliono,  o  che 
spontaneamente  il  facesse,  si  recò  primit 
di  partire  cogli  altri  capitani  prìuoìpali 
ad  inchinarlo  e  consegnargli  le  chiavi.  E- 
rano  con  lui  Aslorre  Coglioni,  Gio.  An- 
tonio Quirini,  il  conte  Luigi  Alartìnengu 
e  altri  a  cavallo  colla  scorta  di  4o  archi- 
bugieri; ebbero  liete  accoglienze,  e  furo- 
no lungo  tempo  trattenuti  in  piacevoli 
discorsi,  quando  ad  un  tratto  il  fedifrago 
e  feroce  IMustafà  mise  in  campo  la  do- 
manda d'una  guarentigia  pe' legni  som- 
ministrati a  trasportare  le  genti  in  Caii- 
dia.  Impegnava  ilBragadino  la  fede  pub- 
blica, ma  pareva  non  ne  fossero  soddi- 
sfatti i  turchi;  accusaronsi  anzi  i  cristiani 
d'  aver  nella  precedente  notte  trucidati 
nella  rocca  200  schiavi  musulmani:  ne- 
gò francamente  e  costantemente  il  fdtto 
il  capitano,  e  l'alterco  si  fece  vivo.  Vole- 
va Mustafà  il  Quirini  in  ostaggio,  ma  di- 
chiarò il  Bragadiuo  non  potere  acconsen- 
tirvi. Di  repente  il  crudele  Mustafà,  vio- 
lando le  condizioni  della  resa,  ordinò  che 
tutti  fossero  legati,  poi  fece  in;piccare 
Lorenzo  Tiepolo,  tagliare  a  pezzi  il  Ba- 
glioni, il  Martinengo,  il  Quirini;  le  fero- 
ci turbe  de'turchi,  sciolto  il  freno,  si  get- 
tarono sugl'ìmbarcati;,  e  parie  ne  fecero 
schiavi,  altri  maltrattarono,  altri  uccise- 
ro; tutto  nella  città  diverme  subito  pro- 
fanazione e  orrore:  al  Bragadiuo  tagliato- 
gli il  naso  e  l'orecchie,  e  dispregiandolo 
gli  domandava  empiamente,  dov'è  il  tuo 
Cripto  che  non  ti  aiuta,  ed  il  Bragadiuo 
mai  rispose;  indi  il  magnanimo  difensore 
di  Famagosta  fu  serbato  ad  esser  testi- 
monio dell'iniqua  strage  de'suoi  per  poi 
farlo  morire  crudelissimamente. Imperoc- 
ché dopo  11  giorni  angosciosamente  pas- 
sali, condotto  fra'  più  ridicoli  ludibrii  e 
Scherni  nella  piazza  di  Famagosta,  sulla 
pietra  della  berlina  gli  fu  levata  dal  cor- 
po la  pelle,  e  l'eroe  veneto  fra  quegli  a- 
Iroci  toimenti  solo  a  Dio  raccomandan- 
do l'anima  sua,  recitava  le  parole  del  sai- 
ì5 


386  V  E  ìN 

ino  Misererc  e  con  la  dolce  invocazione 
di  Gesù,  rese  1'  uUimo  respiro.  Né  sazio 
ancora  rtffeiralo  lirauno,  volle  che  quel- 
la pelle  fosse  empita  di  paglia  e  ricucila, 
poi  lala  sotto  r  ombrella  rossa  ,  insegna 
del  capitano,  e  fra  gl'insulti  per  la  città; 
poi  attaccata  ad  un'antenna  della  galea 
ammiraglia  del  navilio,  qual  trofeo  di 
sua  vittoria  e  infame  turpissimo  tradi- 
mento ,  la  portò  seco  a  Costantinopoli, 
collocandola  neirarsenale,ocomeallri  vo- 
gliono in  una  moschea,  ludi  nel  t  58o  sot- 
traila da  Girolamo  Polidoro,  fu  pollala 
a  Venezia  e  collocata  iu  un  pilastro  del- 
la soppressa  chiesa  di  s.  Gregorio  con  i- 
scrizione,  da  dove  a'  5  maggio  i  SgG  fu 
trasferita  in  un'urna  nella  chiesa  de'  ss. 
Gio.  e  Paolo,  fra  ili.^ed  il  2.°altare,essen- 
dosi  trovata  intatta  e  palpabile,  come  no- 
tai nel  §  X,  n.  19.  Le  leste  di  Baglioni, 
di  Martinengo,  di  Qtiirini  e  del  castella- 
no, il  pascià  le  fece  collocare  iu  una  cassa 
e  poi  le  mandò  in  dono  a  Selini  il,  che 
le  fece  porre  nel  bagno.  Il  conte  Ercole 
Marlinengo,  ch'era  ostaggio,  fu  nascosto 
dall'eunuco  di  IMustafù  finché  la  collera 
gli  fu  passata  ,  e  avendolo  poi  mostrato 
si  contentò  di  donargli  la  vita,  tenendo- 
Io  per  suo  schiavo.  Tale  fu  la  tragica 
sorte  di  Famagosla  e  de'suoi  proili,  do- 
po una  resistenza  di  ben  due  mesi  e  mez- 
zo,che  resterà  sempre  monnmentodi  glo- 
ria negli  annali  militari,  e  della  ferocia 
de' turchi.  Il  conte  Nestore  Marlinengo, 
the  con  onoralo  grado  fece  parte  de'pro- 
di  difensori, liberatosi  dalla  schiavitù,  nel- 
la minuta  descrizione  dell'assedio  di  Fa- 
magosla da  lui  presentata  al  collegio,  as- 
sicura che  l'esercito  turco  era  di  200,000 
uomini  d'ogni  qualità,  ma  soli  5o,ooo 
pagati,  fra' quali  i4,ooo  giannizzeri.  Il 
Sereno  invece  narra,  che  de'  200,000  i 
pagali  erano  80,000,  compresi  4i)000 
giannizzeri, cavali  da'presidii  della  Natò- 
lia, Soria  e  Caramania  ,  ed  anche  della 
Porta.  I  venturieri  da  spada  60,000,  e  il 
resto  d'ogni  sorte  di  gentaccia;  e  la  ca- 
gione che  vi  fossero  lanli  venturieri  fu 


V  E  N 

per  la  fama  sparsa  dal  pascià,  che  Fama- 
gosla fosse  più  ricca  di  Nicosia.  Avverte 
il  eh.  conle  Girolamo  Dandolo,  che  a  vo- 
ler fare  giusta  slima  della  gravità  delle 
cause  che  condussero  la  repubblica  a  per- 
dere Cipro,  è  da  leggere  la  scrittura  inti- 
tolala: Successo  della  guerra  fatta  con 
Seliin  sultano  imperatore  de  turchi,€  giù- 
stificazione  della  pace  con  lui  conchiu- 
sa,  di  M.  Francesco  LongOy  dal  eh.  con- 
le Agostino  Sagredo  indirilla  al  march. 
Gino  Capponi  con  lettera  2q  agosto  1 846, 
e  già  fitta  di  pubblica  ragione  nell'Ap. 
pendice  n.  17  óeW Archivio  storico  ita- 
liano, il  Longo  fa  toccare  con  mano  i 
danni  maggiori  degli  aiuti  recati  a  Vene- 
zia dall'alleanza  spagnuola,  e  1'  impossi- 
bilità cui  vedevasi ridotta  di  sostenere  più 
a  lungo  la  disegualissima  lotta.  —  Men- 
tre le  narrale  dolorose  vicende  accade- 
vano in  Famagosla,  i  3  generali  d.  Gio- 
vanni d'Auslria,SebasliaiioVenier  e  Mar- 
c'Antonio  li  Colonna,  riferisce  il  prof. 
Romanin,  riunitisi  finalmente  nell'agosto 
del  1  57  I  in  Messina,  aveano  sotto  il  loro 
comando  220  galee  sottili,  6  galeazze,  2^ 
navi  ed  altri  vascelli  minori,  e  da  colà  si 
mossero  (a' 16  settembre  dice  il  Coppi) 
nel  seguente  online.  Precedevano  come 
anliguardo  8  galee  comandate  da  Gio- 
vanni di  Cardoiia  generale  di  Sicilia,  se- 
guiva Gio.  Andrea  Doria  con  53  galee, 
poi  venivano  i  3  generali  con  una  flotta 
d'oltre  61  galee,  alle  quali  teneva  dietro 
a  breve  distanza  il  provveditore  Agosti- 
no Barbarigo  con  53,  formava  alfine  la 
retroguardia  con  3o  galee  Alvaro  di  Brac- 
ciano marchese  di  Santacroce  e  generale 
di  Napoli.  La  flotta  così  disposta  veleg- 
giò fino  a  Corfù.ove  fu  tenuto  consiglio 
sid  da  farsi,  e  dopo  lunghi  dibattimenti 
prevalse  l'opinione  del  general  Venier  e 
del  provveditore  Barbarigo,  diesi  aves- 
sero a  cercare  i  turchi  per  venire  a  gior- 
nata, troppa  vergogna  essendo  dopo  tan- 
to apparecchio  di  guerra,  lauto  denaro 
speso  ,  laule  gravezze  imposte  a'  popoli, 
tante  belle  speranze  eccitate,  tornarsene 


V  E  N 
senza  neppur  avere  velluto  la  faccia  ilei 
nemico;  niuna  umana  impresa  esser  sicu- 
ra, meno  poi  l'esito  delle  battaglie,  ma  a 
bene  sperare  confortavano  e  ti  numero 
delle  navi  e  degli  armali,  e  la  maestrìa 
nell'evoluzioni,  e  sopra  lutto  la  benedi- 
zione di  Dio  ,  che  alle  armi  impugnate 
per  sì  bella  causa  benedirebbe.  Laonde  la 
flotta  si  di  resse  alla  volta  diCefalonia  per 
farsi  incontro  alla  turca  che  sapevano  es- 
ser allora  nel  golfo  di  Lepanto^  e  coman- 
dala da  Ali  pascià.  La  mattina  de'7  ot- 
lobrei  57  I  sul  levarde!  sole  l'armata  del- 
la lega  si  trovò  verso  gli  scogli  dell'isole 
£ch inardi  o  Curzolari.  Ali  alla  notizia 
dell'avvicinamento  dell'armala ciistiana 
le  si  mosse  incontro  da  Lepanto,  aflìdan- 
do  l'ala  destra  della  sua  flotta  a  Mehe- 
mei  Sciaulak,  e  la  sinistra  ad  Occhiali, 
menlr'  egli  con  Perlaù  pascià  si  collocò 
al  centro;  altre  barche  dispose  sotto  di- 
versi capitani  al  soccorso.  Leggo  nel  Se- 
reno, che  i  turchi  nel  corno  destro  avea- 
no  55  galee,  nel  sinistro  84,  nella  balla- 
glia  96  tutte  ad  un  paro,  con  io  dietro 
alla  reale  del  pascià,  seguite  da  3o  fuste 
e  da  alquante  altre  galee.  Già  notai  al- 
trove, che  ne  tratta  Girolamo  Catena  nel- 
la Vita  del  gloriosissimo  Papa  Pio  F, 
aggiuntovi  i  nomi  delle  galee  e  de'  capi- 
tani crisliani  e  lur^hi,  che  si  trovarono 
alla  battaglia  navale^  col  disegno  di  es- 
sa e  altri  particolari,  Roma  1647-  An- 
che il  cav.  Mulinelli  pubblicò  negli  An- 
nali Urbani:  V  ordine  delle  galere  et 
le  insegne  loro  con  lifanò,  nomi  et  co- 
gnomi de  Hi  magnifici  et  generosi  patro- 
ni di  esse,  che  si  ritrovorno  nell'armata 
della  s.  f^ega,  al  tempo  della  vittoriosa 
tt  miracolosa  impresa  ottenuta  et  fatta 
con  lo  aiuto  divino,  contea  l'  orgogliosa 
et  suprema  armata  Turchesca.  Fidet- 
mente  posto  in  luce  in  Fenelia,  apresso 
Giovan  Francesco  Caniotio  i5j  i.  Così  le 
due  armate  si  scontrarono.  Il  Venier  no- 
tò l'insubordinazione  deli'armata  alleata 
e  le  dillicollà  superatene!  ridurla  al  com- 
battimento, le  sopraffazioni  e  iasoienie 


YEN  387 

degli  spagnuoli,  cose  tulle  che  Io  feceru 
disperare.  1  turchi  credevano  che  la  flot- 
ta fuggisse,  chiamando  i  crisliani  galline 
bagnale.  Era  già  il  sole  alto  sull'orizzon- 
te, chiarissimo  il  giorno  ,  quieti  i  venti 
che  l'aveano  conturbato,  il  mare  in  per- 
fetta bonaccia.  Dato  il  segno  della  balla- 
glia,  lutti  con  allegrissima  voce  rispon 
devano:  Fittoria  ^/7/oriVz.  D.  Giovauni 
armatosi  e  montalo  sopra  una  fregata 
(con  tal  vocabolo  dicevasi  allora  un  pic- 
colo naviglio  daremo)andavaiulorno  sol- 
lecitando, incoraggiando  ognuno:  ricor- 
dava l'occasione  di  combattere,  il  peri- 
colo, la  necessità  ,  la  gloria,  le  magnifi- 
che spoglie  che  dalla  vittoria  riportereb- 
bero. Né  minor  diligenza  usò  il  generale 
veneto  Venier.  Altrettanto  fece  il  Colon- 
na, e  tutti  gli  altri  capitani  animando  con 
sermoni  i  propri  soldati.  Il  simile  fecero  i 
gesuiti  ch'erano  colle  galee  di  Spagna, 
ed  alcuni  cappuccini  maudati  dal  Papa 
colle  sue  galee,  mediaute  caldissime  esor- 
tazioni, inalberando  ne'  luoghi  più  emi- 
nenti l'adorabile  iinu)ugiue  di  Gesìi  Cro- 
cefisso, dicendo  sullo  la  sua  prolezione 
l'orgoglio  ottomano  sarebbe  fiaccalo.  Kel- 
la  galea  reale  di  d.  Giovanni  s'innalzò  il 
gran  stendardo  della  sagra  lega,  manda- 
lo dal  Papa  con  ingiunzione  di  non  po- 
tersi spiegare  che  nel  dì  della  battaglia. 
Eravi  espresso  in  gran  figura  il  Nostro 
Signore  Crocefisso  dipinto,  e  con  caldis- 
sime e  giubilanti  preci  fu  salutato  da 
tulta  quanta  1'  armata  iu  ginocchio,  co' 
suoni  fragorosi  delle  trombe  e  de'  pif- 
feri. Frattanto  uscivano  continuamente 
le  galee  fuor  degli  scogli  e  tutta  1'  ar- 
mata si  distese  in  alto  mare  e  si  dispo- 
se in  ordinanza,  occupando  lo  spazio  di 
forse  4  miglia.  Stava  alla  destra  il  Do- 
ria,  il  provveditore  Barbarigo  colla  si- 
nistra piegò  verso  lerra,  fermandosi  nel 
fnezzo  i  3  generali  spagnuolo,  romano  e 
veneto,  colla  battaglia.  Fano  i.  La  Pa- 
trona /le-^/ andava  per  poppa  de'genera- 
li,  come  il  Fano  3,  La  Capitania  del  Co- 
ma ndalor  wiaggior  e. Ya'm\o  di  d.  Giovan- 


38.S  V  E  N 

Ili  il  Fani)  •?.,  LaRealjóeì  Colonna  il  Fano 
5,  Cn  Ctipitaiiiarli  Sun  SnnlilàjW  Fano 
4  del  Venier,  La  General  di  yenrtia.  A  lì 
tla  principio  non  vedendo  l'ala  sini>tra  de' 
cristiani  che  lardava  ad  uscire  dagli  sco- 
gli, si  persuase  che  Ta rinata  loro  fosse  di 
minor  numero,  e  notando  come  il  Doria 
piegava  verso  il  mare,  appunto  per  la- 
sciar luogo  alla  sinistra  d'uscire,  si  diede 
a  credere  che  fosse  un  principio  di  fuga. 
Venivano  dunque  i  turchi  innanzi  come 
a  certissima  preda.  Quando  poi  Ali  si 
avvide  dell'inganno,  esortò  perciò  i  suoi 
a  non  dover  diminuire  di  audacia  e  co- 
raggio, colle  promesse  e  colle  minacce 
spingendo  ognuno  alla  zuffa.  Questa  fu 
cominciata  dalle  galee  grosse  della  lega, 
]e  quali  fulminando  i  turchi  al  loro  ap- 
pressarsi, furiosamente  da  prora,  da  fian- 
co e  da  poppa  recarono  loro  grandissi- 
mo danno.  Così  l'armata  nemica  entrava 
nella  pugna,  già  sconcertata,  perchè  es- 
sendole mancato  il  vento  non  avea  potu- 
to presto  riordinarsi,  ed  avanzando  in- 
tanto sempre  più  le  galee  sottili,  Ali  co- 
minciò a  temere  di  poter  essere  dal  Do- 
ria preso  in  mezzo.  Intanto  combatteva 
anclie  il  centro,  ed  Ali  veniva  ad  incon- 
trarsi con  la  galea  di  d.  Giovanni,  il  qua- 
le si  spinse  di  subilo  innanzi,  insieme  col 
Venier,  fece  lo  stesso  il  Colonna  contro 
la  galea  di  Pertaù  pascià,  e  così  in  più 
parli  si  combatteva  con  grandissima  stra- 
ge e  dubbioso  evento,  per  modo  che  non 
una  ma  molte  battaglie  navali  parevano 
incagliale.  Le  grida  d'allegrezza  de'vinci- 
tori,  quelle  di  lamento  de' vinti,  lo  strepito 
degli  archibugi,  il  frastuono  rimbomban- 
te de'cannoni,  il  denso  fumo  che  oscurava 
la  vista  del  sole,  presentavano  l' immagi- 
ne terribile  del  più  feroce  fra'combalti- 
menti  che  mai  i  flutti  avessero  veduto. 
Nessuna  penna  in  breve  potrebbe  descri^ 
■vere  la  vasta  e  varia,  tremenda  e  frago- 
rosa scena  che  seguì  in  que'supremi  mo- 
menti di  terrore  e  di  speranza.  Ardeva  la 
zuffa  principalmente  nella  parte  ov'erauo 
i  generali,  e  grande  era  la  strage,  che  per 


V  F.  N 
ben  due  oie  durò.  Già  einno  i  soidnli  cri- 
stiani penetrati  più  volle  fino  agli  albcii 
della  galea  d'Ali,  ed  altrettante  n'erano 
stali  respinti;  rinforzi  accorrevano  e  suc- 
cedevano da  una  parte  e  dall'altra;  mori- 
rono Giovanni  Loredano  e  Caterino  Ma- 
lipiero  governatori  di  due  galee  venete, 
chiamata  la  i.'  Due  Mani  di  Fenezìn,  la 
2."  La  Colonna  di  f^enczia,  ccvne  ap- 
prendo dai  Catena;  ma  alfine  la  galea  o 
fallò  (fanale)  reale  del  generale  coman- 
dante Ali  fu  presa,  e  lui  morto;  furonn 
pure  conquistale  le  galee  di  Fertaù  e  di 
Caracoza  famoso  corsaro,  quegli  salvato- 
si per  la  fuga,  questi  rimasto  ucciso.  Così 
trionfa  vasi  al  centro,  e  il  Qui  rini  inseguen- 
do 3o  galee  nemiche  se  n'impadronì, do- 
po aver  obbligato  la  ciurma  a  salvarsi  a 
terra;  né  meno  felice  arrideva  la  sorte  a 
cristiani  all'ala  sinistra  ,  ove  però  la  ga- 
lea capitana,  fanòo  fanale  i,  Patrona  dì 
Venezia ,  del  piovveditor  Barbarigo  si 
trovò  in  grave  pericolo,  circondala  da  6 
delle  nemiche,  ma  egli  senza  perciò  per- 
dersi d'animo,comanda  va,ordinava,pro  v- 
vedeva  secondo  il  bisogno.  Fero  trovan- 
dosi alla  poppa  colla  faccia  rivolta  a  una 
galea  nemica,  fu  colpito  da  una  freccia 
neir  occhio  sinistro  e  dopo  3  giorni  ne 
mori,  venendogli  surrogato,  com'era  sta- 
to suo  desiderio,  Feclerico  Nani,  uomo 
valoroso  e  mollo  esperto  nelle  cose  ma- 
rittime, il  quale  pugnando  anch'eglì,  nel 
detto  combattimento,  tanto  fece  e  s'ado- 
però che  la  galea  fu  salva  e  tolsene  per- 
fino una  al  nemico.  Laonde  essendo  già 
tutti  gli  ordini  de'  turchi  disturbati,  e 
molte  delle  loro  galee  o  prese  o  fracassa- 
te, perduta  ormai  ogni  speranza  di  villo- 
ria,davan$i  alla  fuga,menlre  ancor  si  com- 
batteva air  ala  destra,  ove  l"  armata  cri- 
sliaiia  si  trovava  fortemente  minacciata  : 
una  galea  di  Malia,  già  tolta  in  mezzo, 
potè  a  grande  stento  esser  salvala  da  due 
altre  accorse  in  aiuto  ;  quella  di  Bene- 
detto Soranzo,  chiamata  Cristo  risusci- 
tato di  Venezia,  restò  miserameule  som- 
mersa con  dolorosa  perdila  di  tulle  le 


V  E  N 
genti.  M;i  qiMudo  Occhiali  seppe  la  rotta 
ilella  sua  sinistra  e  del  centro  e  vide  muo- 
vere alla  sua  volta  il  Doria  e  altri  legni, 
più  non  pensò  che  alla  fuga,  e  la  villoria 
de'cristiaai  fu  assicurata. Terribile,  inipo- 
uentissimo  e  desolante  spettacolo  presen- 
tava il  mare  coperto  di  cadaveri  e  di  corpi 
semivivi  e  boccheggianti,  che  lottavano 
colla  morte;  vele,  remi,  antenne,  timoni, 
nruìi  d'ogni  sorte  portale  dall'onde,  tutte 
vermiglie  d'umano  sangue.  Il  numero  de' 
morti  fu  variamente  riferito,  come  sem- 
ine in  tali  casi  ;  ma  i  più  si  accordano  ia 
dire  che  dell'armata  de'confederati  man- 
cassero da  8,000  uomini,  fra  cui  acj  no- 
hdi  veneziani  delle  primarie  famiglie; 
più  d'altrettanti  fu  il  numero  de' feriti, 
fia'qufili  il  famosoauloredel  romanzo  D. 
CVi/.woffójMicliele  Cervantes,  che  vi  per- 
dette il  braccio  sinistro  (la  cui  statua,  o- 
pera  del  eh.  cav.  Sola,  da  ultimo  fu  eret- 
ta in  Madrid,  e  lo  notai  pure  nel  voi. 
LXVIII,  p.  33).  Quindici  galere  anda- 
rono perdute.  1  morti  dell'armata  turca 
si  fanno  ascendere  a  3o,ooo,  compreso 
Ali  pascià  colla  maggior  parte  degli  altri 
capitani.  Delle  grandi  perdile  solferte  del- 
l'ala sinistra  de'cristiaui,  molto  fu  acca- 
gionato il  sempre  avverso  e  maligno  Do- 
na, per  essersi  troppo  allargalo  verso  la 
destra,  onde  lardi  potè  accorrere  al  soc- 
corso, del  che  egli  volle  giustificarsi  eoo 
ragioni  strategiche  ;  alcuni  lo  scusarono, 
altri  in  più  numero  gravemente  lo  accu- 
sarono (il  procedere  del  Doria  viene  bia- 
simato pure  dal  conte  Girolamo  Dando- 
lo, dicendo  che  Agostino  Baibarigo  prov- 
veditore, uomo  sopra  molti  degnissiiuodi 
perpelua  ricordanza  e  di  lagrimarsene 
amaramente  da'veneziani  la  perdita,  non 
solo  efHcacemenle  contribuì  col  proprio 
v.ilore  al  conseguimento  di  questa  non 
facile  villoiia  ;  ma  fu  principalmente  col- 
l'autorità  della  sua  eloipiente  parola,  che 
riuscì  a  trionfare  dell'  arti  turpissime  di 
Gio.  Andrea  Doria,  sgombrando  ogni  in- 
certezza dall'animo  del  valoroso  d.Gio- 
vaniìi,  e  coaducen dolo  a  uuq  ricusare  una 


V  E  N  389 

pugna,  alla  qualedovette  principalmente 
la  gloria  da  cui  fu  irradiato  il  suo  nome). 
Ad  ogni  modo  i  17  galere  nemiche  cad- 
dero in  potere  degli  alleali;  molte  altre 
fi  acassale  andarono  a  fondo;oltrea  5, 000 
furono  i  prigioni,  e  tra  questi  %5  perso- 
ne di  grado  ;  grandissimo  fu  il  numero 
degli  schiavi,  che  trovati  sulle  navi,  fu- 
rono liberati.  Queste  cifre  in  parte  sono 
diverse  dalle  riferite  altrove;  ciò,  come 
in  lutto,  non  è  contraddizione,  ma  varie- 
tà degli  scrittori  allegati.  Il  Casoni  in  fal- 
li dice,  che  4?^  legni  si  presentarono  in 
linea,  cioè  202  della  lega,  e  274de'tur- 
clii  ;  durò  il  connilto  più  di  q  ore,  3  del- 
le ([uali  in  accanita  zutTa,  le  altre  nelle 
caccie  e  negl'inseguimenti  :si  videro  por- 
lenti  di  ardire  e  coraggio.  La  perdita  de* 
cristiani  la  calcola  a  io,456,  quella  de' 
turchi  a  29,990.  Segnalata  vittoria,  che 
die  suo  nome  all'  anno  in  cui  venne  ri- 
portata. Trovo  ne'  Commentari  del  Se- 
reno, che  durò  5  ore  la  battaglia,  ed  i  fie- 
ri e  perpetui  nemici  del  nome  cristiano, 
nell'acque  di  Lepanto  caddero  a'piedi  del 
gonfalone  della  Croce  che  difendevano  i 
suoi  credenti.  La  potenza  di  Dio  difese 
ia  venerabile  Immagine  sua  dipinta  nello 
stendardo  maggiore  della  lega.  Il  Sere- 
no, storico*  cumbattente  nella  gran  pu- 
gna, assicuia,  clic  mentre  non  erano  an- 
tenne, sarte,  alberi,  insegne,  non  un  pal- 
mo di  cosa  alcuna  nelle  galee,  che  dalla 
tempesta  dell'archibugiate  e  delle  freccie 
trafitto,  non  si  vedesse  talmente  di  spes- 
sissimi  colpi  e  freccie  coperto,  da  rappre- 
sentar la  pelle  d'un  porco  spino  ;  non  pe- 
rò quel  benedetto  stendardo  di  s.  V\o 
V,  nel  quale  con  impero  sovrano  l'im- 
magine di  Cristo  splendea,  e  che  all'au- 
ra sventolando  tutta  la  poppa  della  Rea- 
le adombrava,  da  colpo  alcuno  rimase 
leso  o  straccialo;  talché  mentre  lutti  gli 
altri  stendardi  e  le  bandiere  tutte  non  ri- 
seibavauo  in  parte  alcuna  una  spaua.i 
d'intero,  (jucsto  solo  fra  tulli,  che  più  de- 
gli altri  doveva  essere  iufraoto,  chiara- 
mente uiostrava  da  qualche  armala  schic- 


3oo 


V  E  N 


ra  d'angeli  invisibilmente  essere  stato  co- 
pcrlo.  Similmente  i  religiosi  cappuccini, 
ciieavea  il  Papa  nelle  sue  galere  riparti- 
li, ancorché  ne'piìi  scoperti  luoghi  di  es- 
scj  tenendo  ciascuno  un  Crocefisso  in  ma- 
no inalberato,  si  facessero  vedere,  al  qua- 
le è  da  credere  che  infiniti  colpi  di  mira 
fossero  drizzali,  ninno  però  di  essi  rima- 
se ferito;  anzi  i  percossi  dalle  palle  di 
piombo,  queste  ne'loro  panni  eransi  mor- 
te, come  nella  sua  galea  vide  il  Sereno. 
IVella  gloriosa  e  sempre  memoranda  gior- 
nata fu  manifesto  a'  turchi,  quanto  va- 
gliono  le  armi  cristiane  itisienie  unite  e 
risolute  a  combattere.  La  flotta  vittorio- 
sa si  ritirò  nella  notte  nel  più  vicino  por- 
lo detto  Petela  o  Pelala,  o  piuttosto  ri- 
dosso delle  riviere  opposte  agli  scogli  del- 
le Curzolari,  ove  a  Dio  rese  ferveulissicne 
grazie,  e  pieni  di  contento i cristiani,  mas 
»ime  i  feriti  che  se  ne  gloriavano, col  ci- 
bo e  il  riposo  dierono  a'corpi  il  necessario 
ristoro.  D.Giovanni  d'Austria  reiterò  ab- 
bracciamenti e  vivissimi  ringraziamenti 
a'capilaui  tutti,  pel  valore  e  prontezza 
mostrata  in  tanti  perigli,  confessando  do- 
versi la  vittoria  alle  sante  preci  del  Pa- 
pa, i  cui  nipoti  Paolo  Ghislieri  e  Miche- 
le Bonelli  strinse  più  volte  affettuosamen- 
te pe*  saggi  di  prodezze  da  loro  dati. 
Grandi  e  onorate  parole  diresse  al  Co- 
lonna, come  a  quello  eh'  era  stato  della 
.santa  lega  fautore  e  conservatore,  ed  a  lui 
doversi  l'esaltazione  e  la  quiete  del  popo- 
lo cristiano.  Ma  mentre  per  seco  ralle- 
grarsi il  valoroso  general  Venier  nella 
sua  Reale  saliva,  volendo  il  Colonna  pre- 
garlo che  i  disgusti  seco  passali  gli  ri- 
mettesse, per  quanto  poi  dirò,  non  gli  die 
d.  Giovanni  tempo  di  dir  quanto  voleva, 
poiché  tosto  che  l'ebbe  veduto,  corse  con 
allegrissimo  viso  ad  abbracciarlo,  e  prou- 
tamentegli  disse:  non  esserpiti  tempo  ri 
cordarsi  d'offesa  alcuna, ma  che  solo  con- 
gratulandosi fraternamente  insieme ,  a 
Dio  di  tanto  bene  le  debite  grazie  dar  si 
doveano;  ringraziando  egli  frattanto  e  la 
ptiiona  sua  e  la  signoria  di  Venezia,  che 


V  E  N 

tanta  gran  pai  te  in  si  onorata  vittoria  a- 
vevano  avuta.  Più  particolari  grazie  rese 
all'altro  patrizio  veneto  Francesco  Duo- 
do  capitano  generale  delle  galeazze  avan- 
ti, le  quali  confessando  essere  stale  potis- 
sima cagione  della  felice  vittoria,  come 
quelle  die  prime  gl'inimici  avevano  di- 
sordinato, con  un  diploma  che  gli  fe- 
ce, di  onoratissiino  tenore,  volle  che  al 
ntondo  fosse  manifesto  il  valore  e  le  be- 
nemerenze del  Duodo.  Dicesi  che  d,  Gio- 
vanni avea  risoluto  d'inseguire  i  turchi 
fino  a  CostanLinopoli  e  di  tentare  di  cac- 
ciiuli  dall'Europa,  ma  la  stagione  trop- 
po avanzata  lo  costnuse  a  dilferire  l'ese- 
cuzione di  tale  progetto,  che  poi  non  eb- 
be effetto.  Dopo  il  trionfo  fu  tosto  spedi- 
to a  Venezia,  a  Roma  e  a  Madrid  il  lieto 
annunzio,  e  più  di  tulli  ne  sentirono  pia- 
cere i  veneziani  e  il  Papa,  delle  cui  di- 
uiostrazioni  pubbliche  di  ringraziamento 
a  Dio  e  alla  B.  Vergine  della  Vittoria 
non  è  a  dire,  e  donde  derivò  la  festa  del 
ss.  Bonario, a\  cui  onore  aggiunse  s.  Pio 
V  nelle  Litanie,  Auxiliuiii  Christiaiio- 
riun.  Di  tutto  ne  riparlai  altrove.  Ma 
al  dire  del  Sereno,  quando  la  corte  di 
Spagna  intese  l'ordine  della  battaglia 
e  il  risultato,  non  mancò  in  quel  consi- 
glio chi  dicesse,  che  quantunque  bene 
fosser  succedute  le  cose,  era  nondimeno 
d.  Giovanni  degno  di  severa  riprensione; 
poiché  intento  solamente  alla  gloria  sua, 
come  giovane  troppo  volonteroso,  nona- 
vea  avuto  riguardodiporrea  rischio  tulle 
le  forze  che  il  re  si  trovava  avere  nel  ma- 
re, le  quali  perdute, i  regni  marittimi  tan- 
to importanti  non  si  sariano  potuti  guar- 
dare! Ma  il  Papa  e  Venezia  si  trovava- 
no nella  slessa  condizione  e  con  minori 
mezzi  della  potentissima  e  opulenta  mo- 
narchia spagnuola!  Ha  dunque  ragione 
il  prof  Romanio  nel  dire:  Cipro  fu  per- 
duta non  per  colpa  de' veneziani,  ma  per 
quella  di  Spagna,  di  Francia  e  di  Ger- 
mania. La  I  .^  premurosa  soltanto  de'pro- 
pri  interessi,  anziché  di  quelli  della  cri- 
stianità, attendendo  principalmeote  a  do- 


V  E  i\ 

mar  la  ribellata  Fiandra,  uoii  voleva  ven- 
dere i  suoi  soccorsi  se  non  a  palli  van- 
taggiosissimi, e  mirava  solo  a  procurare 
sicurezza  a  se,  non  agli  altri.  La  2.'  strin- 
geva la  desli'a  al  sultano.  La  3.'  non  osa- 
va provocarlo.  Giulfredo  Giustiniani  re- 
cò a  Venezia  in  1  o  giorni  la  sospirata 
lieta  novella,  e  vi  giunse  co'trofei  della 
vittoria  a' 18  ottobre  iSyi,  fra  lo  sparo 
del  cannone  e  le  risonanti  grida  di  f'it- 
torio,  Vitloria.  La  gioia  fu  universale, 
la  plebe  trasmodando  corse  a  liberare  i 
prigioni  per  debili,  esclamando  libertà^ 
lilertà.  Si  chiusero  le  botteghe  coll'iscri- 
zioue:  per  la  morte  delurchi.  I  mercan- 
ti di  tale  nazione  spaventati  si  tennero 
chiusi  ne'Ioro  quartieri.  Il  doge  Moceni- 
go  per  la  moltitudine  con  isteuto  calò  in 
s.  IMarco  pel  canto  del  T'e  Dcmn,  e  cele- 
brata la  messa  con  grande  orchestra,  Pao- 
lo Paruta  recitò  con  grave  eloquenza  l'o- 
riizioiie  funebre  a'gloriosi  defunti,  e  poi  fu 
stampala  nel  1372  in  Venezia:  Orazione 
funebre  ili  laude  de  morti  nella  vittoriosa 
battaglia  contro  i  turchi  seguita  a  Cur ta- 
lari l'a/ino  i  57  I .  Indi  scrisse:  Storia  ^Ve- 
neziana divisa  in  due parli,\euez\ai6o5. 
La  2.'  contiene  la  narrazione  della  guer- 
ra de'  principi  cristiani  contro  Selim  II, 
in  occasione  del  regno  di  Cipro  da  lui 
loi  lo  a* veneziani  (quest'illustre  storico  so- 
prannominato il  Catone  di  /'enezia,  da 
Darà  è  tenuto  pel  1."  che  introdusse  nel- 
\iì  sua  narrazione  i  particolari  della  sto- 
ria civile,  ordmariamenle  disdegnati  da- 
gli scrittori  ,  in  mezzo  a'  racconti  delle 
guerre  e  delle  rivoluzioni).  Inoltre  il  se- 
nato ordinò  per  4  giorni  in  Venezia  e  nelle 
città  di  Terraferma  iimi  devoli  e  proces- 
sioni, decretando  festivo  il  giorno  7  otto- 
bre sagro  a  s.  Giustina  ,  in  cui  erasi  ri- 
portala la  vittoria,  l'erezione  d'un  tem- 
pio sotto  la  sua  invocazione  a  Padova,  e 
la  di  lei  statua  doversi  porre  sidla  porla 
deH'Arseuale.ed  è  opera  distinta  del  Cam- 
pagna, quali  monumenti  della  vittoria. 
INcll'eulusiasmo  per  questa,  consideran- 
do alcuno  che  l'ebreo  marrano  Nassi  era 


YEN  39 1 

slato  il  promotore  della  guerra  di  Ciprot 
e  tenuto  per  capo  principale  degli  ebrei> 
co'quali  avea  relazioni,  provocarono  il  ri- 
goroso decreto  deirespulsione  degli  ebrei 
e  de'marrani,  spiralo  il  tempo  della  con- 
dotta, che  però  non  ebbe  elTelto  per  es- 
sere stalo  annullato  nel  j573.  Grandi  e 
magniilche  furono  pure  le  allegrezze  pub- 
bliche falle  da'mercanti  di  panno  di  Rial- 
to, dal  ponte  fino  alla  strada  de' gioiel- 
lieri superbamente  addobbata  con  pre- 
ziose tappezzerie,  e  nella  piazza  di  Rial- 
to co'trofei  tolti  a'turchi  su  alta  pirami- 
de, mentre  alle  due  estremità  del  ponte, 
si  eresse  un  maestoso  arco  cogli  slemmi 
de'collegali.  Innanzi  alla  propinqua  chie- 
sa di  s.  Jacopo  si  formò  un  altare  ,  sul 
quale  furono  celebrati  gli  uflìzi  divini  ac- 
con)pagnali  da  solenne  processione,  cau- 
li e  suoni.  La  notte  risplendè  con  isplen- 
dide  luminarie,  rallegrandosi  il  popolo 
con  armonici  concenti  di  numerose  or- 
chestre, e  perchè  nulla  mancasse  al  gau- 
dio universale  si  permisero  le  maschere. 
Gareggiarono  per  3  giorni  e  3  notti  ne' 
fesleggiamenli  gli  altri  mercanti,  massi- 
me i  tedeschi  che  convertirono  il  loro  fon- 
daco in  palazzo  incantalo.  Parecchie  pit- 
ture del  palazzo'  ducale,  nella  sala  dello 
Scrutinio,  ricordano  i  falli  di  <|uesla  guer- 
ra turca  e  la  battaglia  delle  Curzolari. 
Venezia  benché  dolente  per  la  perduta 
Cipro,  altamente  si  rallegrò,  per  vedere 
colla  totale  distruzione  della  flotta  de' 
turchi,  rimosso  almeno  il  terrore  coo- 
cepilo  in  essa  dall'  aumentata  potenza 
di  quelli.  Perciò,  secondo  il  cav.  Muli- 
nelli, zinnali  Urbani  di  Fenezia,]i.  427, 
statuì  d'  innalzare  alla  ss.  Vergine  nel- 
la chiesa  de'  ss.  Gio.  e  Paolo  ima  cap- 
pella sotto  1*  invocazione  del  ss.  Rosa- 
rio, in  memoria  d'una  delle  più  g^'anJi 
vittorie  navali  ottenute  da' venezianijinea- 
Ire  questi  nello  slesso  len)pio  ricordaro- 
no gli  sventurati  casi  di  Famagosla  e  di 
Cipro, col  monumento  al  Bragailino  mar- 
lire  per  la  fede  e  per  la  patria  (Ma  leggo 
nella  Nuovissinia   Giuda  di  Vciicvn^ 


392  V  E  N 

del  eli.  ZaiioUo.a  p.  294,  t^»''  ''»  confra- 
ternita del  ss.  Rosniio  nel  l'Isa  riedificò 
e  ampliò  la  sontuosa  cappella  omonima 
della  chiesa  de'  ss.  Gio.  e  Paolo,  quasi  a 
memoria  del  trionfo  sui  turchi,  che  ivi 
lece  esprimere).  Narrai  a'  suoi  luoghi, 
che  in  Roma  nella  sala  Regia  del  Pa- 
lazzo apostolico  Vaticano,  ov' è  pu- 
re la  storia  di  Alessandro  11!  e  di  Fe- 
derico I,  nel  39.°  dogado  già  descritta, 
lateralmente  alla  porta  della  scala  regia, 
nelle  due  grandi  pareli  in  memoria  del- 
la triplice  lega  e  della  vittoria  di  Lepanto, 
d'ordiuedi  s.  Pio  V, e  compili  sotto  Gre- 
gorio XIII,  furono  dipinti  stupendamen- 
te a  fresco  due  maestosi  quadri:  Giorgio 
Vasari  dipinse  le  ordinanze  navali,  e  le 
ligure  Lorenzo  Sahba'tinida  Bologna.  Nel 
quadro  contiguo  alla  porta  della  Cap- 
pella iSistinn,  in  faccia  al  principale  di- 
pinto di  detti  Papa  e  Imperatore  espressi 
colla  piazza  di  s.I\larco,8Ì  rappresenta  l'ap- 
parato eia  bella  mostra  della  grande  ar- 
mata navale  raccolta  nel  vastissimo  por- 
lo o  rada  o  seno  di  Messina  colle  forze 
della  sagra  lega  di  8.  Pio  V,  di  Filippo  U 
re  di  Spagna,  della  repubblica  di  Vene- 
zia per  andare  contro  il  turco.  Il  pittore 
espresse  l'imponente  mostra  navale,  se- 
condo l'ordinanza  che  dovea  tenere  nel 
procedere  al  combattimento.  Nel  piano 
avanti  a  destra,  le  3  grandi  figure  in  abito 
muliebre  denotano  le  3  potenze  confede- 
rate. Rappresentano:  quella  in  mezzo  co- 
ronata del  triregno,  la  s.  Chiesa  Roma- 
na; l'allra  coll'elmo  vestita  da  eroina,  la 
.Spaglia  ;  e  la  Veneta  Repubblica  si  ve- 
de colla  berretta  o  corno  ducale  in  te- 
sta. Volano  in  aria  alquanti  celesti,  por- 
gendo a  ciascuna  di  dette  figure  la  pal- 
ma della  vittoria,  e  coronandole  di  regio 
diadaiia. Dall'opposta  parte  si  scorge  sim- 
boleggiala la  Schiavitù  col  corredo  di 
molti  Vizii  personificati ,  sopra  de'  quali 
de'trisli  e  perversi  Genii,e  la  Morte  e  il 
Malaugurio  rovesciano  un  cornucopia  ri- 
pieno di  fulmini  e  di  saette.  In  mezzo  al 
quadro  sono  del   Vasari  alcuni  putii  che 


V  EN 
sulla  cornice  tengono  creila  una  gran 
cartella,  dentro  cui  si  scorge  la  geografi- 
ca desci  izione  del  cammino  che  la  gran- 
de armata  dovea  percorrere.  Nella  parte 
inferiore  sta  questa  iscrizione.  Classes 
opposi tae,  Turcarum  una,  Chrìstianac 
socictatis  altera  -  Inter  Piiim  V  Pont. 
Rlax.  Philippwn  Hispaniae  Regeni^  Ve- 
ne  tara  Rcmpubl.-Inito  jani  foedcre  in- 
gcnlihns  ulrinque  artnis  concurrunt. 
Nell'altro  quadro,  che  si  osserva  fra  la 
porta  della  scala  regia  e  quella  della  sa- 
grestia della  Cappella  Paolina,  è  effigia- 
to il  feroce  combattimento  di  Lepanto. 
L'artefice  rappresentò,  nel  davanti,  l'iu- 
contro  formidabile  delle  due  armate  na- 
vali,lequali  si  vedonocombaltere  di  fron- 
te, e  la  nemica  è  già  vinta  e  sconfitta.  E 
per  dare  a  conoscere  che  una  tale  vitto- 
ria si  fosse  col  tlivino  aiuto  ottenuta,  si 
vede  in  aria  tra  nubi  Gesù  Redentore 
colla  destra  fulminare  i  nemici  irreconci- 
liabili del  nome  cristiano,  accompagnato 
nell'azione  da'  principi  degli  Apostoli  s. 
Pietro  e  s.  Paolo,  che  con  ardenti  spade 
minacciano  gl'infernali  spiriti,  che  per  le 
regioni  aeree  ripiegano  in  fuga,  nella  par- 
te opposta  da  una  folta  schiera  d'Angeli 
fulminati.  Sulla  sponda,  a  destra,  mirasi 
la  dignitosa  figura  della  Fede  ricoperta 
da  bianchissima  clamide,  coronata  da  ud 
Angelo,  sugli  omeri  sostenendo  la  s.  Cro- 
ce; con  una  mano  stringe  il  calice,  col- 
l'allra  una  face  con  cui  incendia  il  regio 
turbante  turchesco.  Siede  questa  figura 
sopra  confusa  moltitudine  di  turchi  a  ter- 
ra prostrali,  menlx'e  un  Angelo  la  cinge 
di  corona,  e  sotto  si  legge:  ffoites  per' 
pcluiChristianae ReligionisTurcae  clìii-. 
((imo  victoriarum  successu  exultantes 
sibique  temere praefidcntcs:  -  Militibuf, 
(lucibuSj  tor^lentis^omni  deuique  belli' 
co  apparata  ad  terrorcni  instructi,  ad 
J'xhiiiadas  insulas  coin/nuni  classe,  - 
Praelio  post  hominum  menioriani  ma' 
xirno,  perspicuaDiviniiSpiritus  opeprO' 
Jligantur.  mdlxxi.  Non  pare,  che  que- 
sto '."quadro  l'eseguissero  Taddeo  e  Fe« 


V  II  N 

tJcrico  Znccaii  ,  come  pretesero  alcuni, 
mollo  meno  il  i  ."già  morto  lìel  i  566. Que- 
sto (iltimo  dipinto  maestoso  e  ililigente,  è 
slimato  il  più  bello  e  pih  leggiadro  del 
Vasari,  tranne  le  figure  che  sono  del  SbI)- 
batiui,  de'  dipinti  cioè  da  lui  eseguiti  in 
Pioma.  Pul)blicò  1'  Archivio  Cassinese  : 
Commentari  delle  gucrradi  Cipro  e  del' 
la  lega  de  principi  cristiani  contro  il 
turco  dì  Bartolomeo  Sereno,  ora  per  la 
prima  volta  pubblicato  da  ms.  autografo 
con  note  e  documenti  per  cura  de*  mona- 
ci della  badia  Cassinese.  Pe'tipi  di  Mon- 
te Cassino  1 845.  Nel  Saggiatore  Roma- 
no, L  2,  p.  257,  2B9,  335  e  358,  t.  3, 
p.  26  e  169,  il  eh.  A.  Gennarelli  pubbli- 
cò :  Della  guerra  di  Cipro  e  della  bat' 
taglia  di  Lepanto,  documenti  originali 
ed  inediti  tratti  dagli  arcìii\ii  Colonna 
e  Caetiini.  E  pregevolissimo  1'  opuscolo 
intitolato:  Commissione  data  dal  doge 
Alvise  Mocenigo  a  Paolo  Tiepolo  am- 
basciatore straordinario  a  Roma  nel- 
r  anno  mdlxxi  il  xr  novembre  in  pro- 
posito della  lega  contro  il  turco.  In 
Venezia  dalla  tipografia  di  Gio.  Balli- 
sta IMerlo  1845.  Questo  interessantissi- 
mo patrio  documento  fu  pubblicato  con 
erudite  note  de'  chiarissimi  Giovanni 
Casoni  e  cav.  E.  A.  Cicogna  per  cura 
dell'  egregio  Gaetano  Moroni  venezia- 
no (non  solamente  mi  pregio  e  onoro 
che  a  Venezia  questo  signore  ha  con  me 
comune  il  nome  e  il  cognome,  poiché  mi 
glorio  d'  essere  romano  di  nascita  e  di 
cittadinanza,  veneziano  per  genio  e  affe- 
zione; ma  vengo  istruito  dalla  dotta  Cro- 
naca  di  i\Iilano,'d\  cui  è  degno  redattore 
lesponsabile  il  eh.  cav.  Ignazio Cantù, nel- 
la disp.' 12.' del  l'anno  iv,  che  in  Appiano 
capoluogo  di  distretto  dei  la  provincia  di 
Como,  fiorisce  il  sacerdote  zelantissimo 
e  benefico  R.ev."  d.  Gaetano  Moroni  pre- 
posto ed  i.  r.  ispettore  scolastico  del  me- 
desimo distretto,  istitutore  della  scuola 
Agraria  di  detto  luogo  pe' maestri  ele- 
mentari del  suo  circondario^  dove  in  o- 
giii  modo  cerca  di  estendere  cjitelle  co- 


V  E  N  393 

gnizionl  che  giovino  a  iliffuiulere  seuj- 
pre  pili  l'intelligenza  fra  gli  agricoltori. 
L'encomiata  Cronaca  dà  bella  contez- 
za dell'utile  insegiìaraenlo  agiicolo  del- 
l'istituita scuola,  che  chiama  nobile  esem- 
pio meritevole  d' imitazione,  e  notifica 
che  intanto  acciò  il  vantaggio  sia  porta- 
to anche  fuori  de'circoscritli  limiti  della 
giurisdizione  del  rev.  preposto,  fu  ora 
suj»eriormente  accordato  l'intervento  a 
queste  sue  lezioni  anche  a'  maestri  de'li- 
inili'ofi  distretti),  per  solennizzare  le  au- 
S[)icale  nozze  del  nobile  conte  Giambat- 
tista Giustiniani  cavaliere  gerosolimita- 
no, a  cui  professo  ossequio  e  riconoscen- 
za ,  colla  nobile  conlessa  Elisabetta  Mi- 
chiel.  Avendo- avuto  l'onore  e  il  piacere 
di  fare  neh 833  la  personale  conoscenza 
del  veneto  col  quale  divido  nome  e  co- 
gnome ,  a  mezzo  del  saggio,  virtuoso  e 
mio  amorevolissimo  Camillo  nobile  Da- 
rio-Paolucci,  di  cui  mi  protesto  affettuo- 
so ammiratore,  allorché  da  questi  fui  fa- 
vorito ospite  nel  di  lui  casino  sul  deli- 
zioso Brenta  presso  l'ameno  Dolo,  di  che 
conservo  un  cumulo  di  soavi  e  indimen- 
ticabili grate  riminiscenze,  venni  poi  gra- 
ziosamente donato  dell'opuscolo  col  qua- 
le vado  a  farne  cenno.  Paolo  Tiepolo  pa- 
trizio veneto  ,  nel  i565  inviato  oratore 
ordinario  a  Pio  IV,  continuò  ad  esseilo 
col  successore  s.  Pio  V  e  nel  1 568  ripa- 
Iriò.  A'el  novembre  1571  gli  fu  affidala 
straordinaria  an)basciala  allostesso  s.  Pio 
V,  presso  di  cui  era  oratore  ordinario 
Giovarmi  Soranzo,  all'oggetto  di  tratta- 
re delle  cose  pertinenti  alla  guerra  ed 
alla  lega  contro  il  turco,  specialmente  per 
ledillerenze  insorte  Ira'generali  nell'eser- 
cizio di  loro  autorità  e  poi  anche  nella 
divisione  delle  prede  falle  nel  conflitto; 
delle  quali  divisioni  era  slato  posto  l'ar- 
l)ilrio  nelle  mani  del  Papa  per  parte  del- 
la repubblica,  e  secondo  il  convenuto  nel 
tiallalo  della  lega,  il  lesto  della  commis- 
sione del  doge,  Nos  Aloysius  Mocenigo 
Dei  grafia  Dux  f^eneliaruni  eie,  dice 
the  dovendo  trovarci  ìd  lloraa  il  com- 


3.)i  V  E  N 

ineodalore  niaggioie  di  Casliglia,  cli'eia 
stalo  con  d.  Giovanni  sulla  flotla,  col- 
l'ambascialore  di  Spagna,  il  caidinal  Pa- 
ceccoe  alcun  altro,  essendo  richiesto  d'in 
\iaivi  il  proprio  anabasciatoie,  per  trat- 
tale insieme  col  Papa,  sulle  indicale  dif- 
ferenze, così  lo  deputava  in  propiioanj- 
basciatore  sii  aordiuario  ,  colle  debite  i- 
slruzioni  del  da  farsi  da  lui,  anco  per 
combinare  le  cose  della  continuazione 
«Iella  guerra,  acciò  non  si  rimiovassero  le 
vertenze  di  particolare  giurisdizione,  on- 
de lutto  procedesse  con  amore  e  unione; 
come  pure,  che  il  riparto  delle  artiglierie, 
munizioni,  schiavi  e  delle  galee  Seguisse 
a  tenore  de' patti  della  lega,  e  non  secon- 
do le  pretensioni  affacciate  da  d.  Giovan- 
ni di  volere  perse  la  decima  di  esse.  Men- 
tre poi  gli  die  l'incarico  di  visitare  diver- 
si cardinali,  gli  vietò  farlo  co'cardinali 
Dazionali  Amulio  e  Delfino  (dunque  col 
I ."  ancora  durava  il  malumore  :  quanto 
al  3."  perchè  nella  prelatura  era  stato 
bandito  da  lutto  lo  slato  poiché  comu- 
nica va  all'iuiperalore  le  nuovedi  Costan- 
tinopoli che  riceveva  dal  dragomanno  o 
interprete  veneto:  indi  fatto  vescovo  di 
Lesina,  imnzio  a  Massimiliano  il  e  car- 
dinale neh  565).  Gli  assegna  3oo  ducati 
d'oro  al  mese,  coll'anticipazione  d'un  tri- 
mestre, per  sua  provvisione,  de'quali  non 
dovea  render  conto,  sibbene  di  altre  som- 
use,  per  le  spese  dell'ambasceria;  dan- 
dogli libertà  di  portarsi  seco  argenti  del- 
la repubblica  pel  valore  di  4oo  ducali  a 
suo  rischio.  Si  riportano  le  notizie  delle 
molle  scritture  riguardanti  il  celebre  ain- 
liascialore, e  il  di  lui  operato  nella  sua  di- 
stinta e  lunga  carriera  diplomatica,  e  le 
sue  relazioni,  non  che  l'elenco  degli  scrit- 
tori che  parlarono  del  Tiepolo,  e  le  noli- 
zie  biografiche  de'tre  illustri  comandan- 
ti. Dirò  solamente:  Che  d.  Giovanni  d'Au- 
slriaavea,  per  destinazione  dell'icuperato- 
re  suo  padre,  per  consigliere  e  aiutante 
l'espertissimo  e  saggio  d.  Luigi  Pieque- 
seus  d'Alcantara,  anzi  come  moderatore 
di  sua  indole  focosa,  per  cui  mal  soffi  iva 


V  E  N 

la  franchezza  e  irremovibile  fermezza  del 
comandante  veneto  Venier,  che  intende- 
va essere  indipendente  nell'amniinislrare 
giustizia,  nell'infliggere  castighi  e  nell'as- 
segnar  premi  a  chi  trovavasi  sulle  navi  e 
galere  della  repubblica  dì  cui  era  ammi- 
raglio. Benché  d.  Giovanni  dopo  la  vit- 
toria disse  al  Venier  doversi  dimenticare 
il  passato,  come  di  sopra  notai  col  Sere- 
no, sembra  che  i  disgusti  sussistessero  e 
di^risati  da  alcuni  fatti  narrali  nelle  an- 
notazioni, per  cui  ne  fu  afìiJalo  al  Tie- 
polo l'incarico  di  comporli,  sostenendo  il 
decoro  della  repubblica.  Che  Marc'Anto» 
nio  II,  l'ultimo  de'Colonnesi  ad  essere  sco- 
municato, comandante  le  galee  pontificie 
e  quelle  dell'ordine  di  Malta  alla  batta- 
glia di  Lepanto,  il  merito  di  questa  stre- 
pitosa vittoria  venne  attribuito  alla  sua 
prodezza;  fece  \' Ingresso  solenne  in  Ro' 
ma,  cogli  onori  del  Trionfo,  ed  ascese  il 
Campidoglio  imitando  così  Pompeo,  Ce- 
sare e  Augusto.  In  tal  modo  la  pensava- 
no i  romani  riguardo  al  Colonna;  pure  i 
veneziani  vedevano  nel  loro  comandante 
Venier  colui  alla  cui   condotta, alla  con- 
sumata esperienza,  al  valore  dovevasi  uu 
esito  tanto  segnalato  e  completo;  ma  in- 
tanto ogni  lode  tocca  va  ad. Giovanni  d'Au- 
stria (come  pure  ex   ahrupto  leggo  nel- 
V  Arie  di  verificare  le  date,  ed  in  altri), 
che  in  quel  conflitto  cotnandava  su  tutti 
a  nome  del  fratello  Filippo  II.  A  chi  toc- 
chi veramente  il  massimo  onore  di  quel- 
la giornata  può  solo  decidere  quegli  che, 
scevro  di  parzialità,  sottoponga  a  rigoro- 
sa critica  i  rispettivi   gradi  e  1'  età  de'  3 
comandanti,  la  loro  rappresentanza,  gli 
alti  loro  rapporti,  e  ne  faccia  confronto 
colle  singolari   loro  cognizioni  delle  cose 
di  m  are,  con  le  prove  date  prima  e  do- 
po di  quella  grave  circostanza.  Potrà  al- 
lora conoscere  che,  se  vi  ha  contribuito  il 
comune  accordo,  il  valore  e  buon  volere 
de'generali,  anche  la  somma  intelligenza, 
l'accorto  vedercela  lunga  pratica  del  Ve- 
nier n'ebbe  grandissima  e  segnalata  par- 
te. Ciò  è  incontrastabile:  i  veneziani  con- 


V  E  N 

hibuiiono  più  che  tulli  gli  oltii  confcJe- 
rali  alla  vittoria,  pel  numero  de' vascelli 
e  de' soldati  ,  cooie  di  morti,  e  lo  leggo 
nelGabiizi,  Dev'ita  et  rebus  gestis  Pii  F; 
essendo  infiammati  di  vendicare  la  per- 
fidia e  le  crudeltà  lurcliesche,  e  la  per- 
dita del  regno  di  Cipro,  onde  si  copi  iro- 
no di  gloria  immortale.  Clie  Sebastiano 
Veuier  reso  distinto  duli'  anteriore  car- 
riera dell'armi,  acquistò  altissima  fama  e 
fu  condotto  all'  apice  della  gloria  e  degli 
onori.  Il  di  lui  senno,  grande  sperienza 
nelle  cose  di  mare,  l'inlrepido  coraggio, 
unito  alle  doli  di  gran  capitano,  a'  ripie- 
ghi di  rafùnalo  politico,  tutte  queste  rare 
prerogative  seppe  sviluppare  nella.giorna- 
ta  delleCurzolari  in  cui446  '^g"'  ^'  presen- 
tarono in  linea,  e  colla  morte  di  20,990 
(credo  fallo  tipografico  nella  cifra  del  2.° 
numerOjesarà  meglioleggere29,9go)lur- 
clii  e  1 0,4^6  crisliani,  e  rirniovata  la  cele- 
])rilà  del  promontorio  d'Azio,  famoso  già 
per  la  sconfitta  di  Marc'Antonio  e  per  la 
vittoria  (l'Ottavio,  che  lo  rese  padrone 
del  mondo,  accaduta  ivi  dappresso  16  se- 
coli prÌ!;)a.Ileduce  alla  patria, questa  gra- 
tissima  r  accolse  col  meritato  trionfo,  e 
poi  l'iiinnlzùa  doge,  e  l'uno  e  l'altro  più 
sotto  descriverò.  L'armatura  ch'egli   in- 
dossava nella  giornata  di  Lepanto  venne 
chiesta  alla   repubblica   da  d.  Giovanni 
d'Austria,  il  quale  ottenutala,  tenue  in 
conto  di  caro  e  prezioso  dono.  Osserva  il 
Moschiiii,  che  se  i  veneziani  per  mancan- 
za di  aiuti  degli  alleati  non  poterono  ri- 
cuperare Cipro,  lasciarono  però  in  que- 
sta guerra  due  memorandi  testimoni  di 
loro  virtù,  la  difesa  di  Famagosta,  soste- 
nuta dal  Oragadino,  die  i  turchi  tradito- 
ri scorticarono  vivu;  e  la  vittoria  alle  Cur- 
zolari,  che  fu  delle  più  famose  ottenute  in 
ninre  e  dovuta  specialmente  al  Venier; 
ma  magnifico  e  sterile  trionfo,  come  op- 
portunamente Io  qualìfica  il  lodato  conte 
Dandolo.  —  Imperocclièfermo  sempre  il 
senato  di  continuar  la  guerra,  anzi  viep- 
più infervorandovisi,  nomitiò  provvedi- 
tore generale  dell'aroiala  Jacopo  Sorau- 


\   K  N 


•^9 


Zìi;  ed  ,\\  \  enier,clic  non  polendo  soppor- 
tare l'insolenze  degli  spagnuoli  avea  do- 
mandato di  ritornare,  scrisse  lodi  ed  esor- 
tazioni a  rimanere,  per  ben  usare  della 
vittoria  e  continuale  nel  glorioso  contiu- 
ciamento.  Erasi  infitti  egli  proposto  di 
passare  sui  vicini  lidi  di  Romania,  ma  mo- 
vendosi al  solilo  dagli  spagnuoli  varie  dif- 
ficoltà, e  perdendosi  nella  discussione  un 
tempo  prezioso,  .sopraggiunlo  l'inverno,  i 
generali  spiigiiuoli  si  ritirarono  con  gran- 
dissimo  dispiacere  de'veneziani,  vedendo 
di  nuovo  sottenlrare  la  tiepidezza  all'ar- 
dore della  comune  impresa.  Ad  impedir- 
la, invano  il  senato  fece  rappresentare  dal 
suo  oratore  al  re  il  bisogno  di  tra  vaglia- 
re il  turco  nella  vernala  e  non  la>;ciargli 
tempo  da  respirare;  esser  ora  facile  lau- 
nicbilarne  le  forze, lacf(uistare  lutto  quan- 
to si  avesse  tentato,  ineutre  lasciata  sfug- 
gire r  occasione,  diverrebbe  diflìcile;  ili 
più  sarebbecolpa  non  usare  della  viltoria 
che  Dio  avea  ilato,  di  peruu;tlere  al  turco 
di  riposarsi  e  rinvigorirsi  ntU'iu  verno,  an- 
zi sarebbe  pur  cagione  clie  i  re  di  Po  Ionia, 
flloscovia  e  Persia  non  si  inovessi;ro.  in- 
vano raccomandò  al  Venier  ili  mellere 
tulio  in  opera  per  dissuadere  d.  Giovanni 
d.iH'andare  a  svernare,  avendo  la  repub- 
blica inviato  anche  altre  galere.  Le  gran- 
di aziuni  di  d.  Giovanni  furono  inteirulle 
o  impedite  dagl'interessi  degli  S()agnuoli, 
daIla*poco  buona  volontà  loro  verso  Ve- 
nezia, con  danno  di  tutto  il  popolo  cristia- 
no, e  fors'anco  da  qualche  invidia  che  por- 
tavano olla  felicità  di  (|uel  magnammo 
principe  per  li  grande  opinione  che  in  o- 
gui  parte  tutti  aveaiio  concepito  di  lui. 
La  politica  cupa  ed  egoistica  di  Filijtfn»  II 
non  era  da  tollerare  che  altro  nome  sor- 
ger potesse  ad  eclissare  il  suo;  da  lui  non 
aspellarsi  la  repubblica  una  risoluzione 
magnanima,  un  soccorso  disinteressato  ; 
e  a  rallentare  vieppiù  l'ardore  della  lega 
sopraggiunse  il  1 , "maggio  iSya  la  beata 
morte  di  s.  Pio  V,  che  n'era  stalo  indefes- 
so eccitatore  o  sostenitore.  Dopo  4^  gitir- 
ni  gli  successe  Gregorio  Xflf,  presso  il 


30)6  V  E  N 

quale  restò  Paolo  Tiepolo,  dopo  essere 
sialo  uno  degli  ambasciatori  d'ubbidien- 
za e  vi  tenne  orazione  nel  concistoro  in 
cui  la  lesero.  A  nieazo  del  ninizio  Facchi- 
netti, come  riportai  nel  §  XVI li,  n.  i  3, 
fu  accomodata  la  controversia  per  la  uà* 
\igazione  dell'Adriatico,  già  pregiudizie- 
vole a'suddili  pontifìcii, per  le  pretensioni 
veneziane  sul  golfo  narrate  pure  altrove. 
Volle  il  Papa,  al  modo  detto  a  Turchia  e 
Costantinopoli,  proseguir  la  guerra  con- 
tro i  turchi,  i  quali  lunsigati  che  nella 
morte  del  predecessore  avessero  perduto 
tutti  quanti  i  nemici,  la  celebrarono  con 
fuochi  artificiali.  Adunque  senza  perder 
tt^mpo  Gregorio  XIII  spedi  i  suoi  legati 
a*  principi  della  sagra  lega  per  esortarli  a 
continuar  l'alleanza  del  suo  predecessore. 
Intanto  un  tentativo  contro  Castelnuovo 
era  andato  a  vuoto,  ed.  Giovanni  resiste- 
va a  tutte  le  sollecitazioni  di  Jacopo  Fo- 
scarini  nominato  capitano  generale  in  luo- 
go del  Venier,  che  non  gli  era  stato  trop- 
po gradito.  II  senato  ordinò  finalmente 
chela  flotta  non  as[)ettando  più  oltre  la 
congiunzione  di  <|uella  di  Spagna,  appe- 
na arrivato  il  Soranzo,  dovesse  colle  pro- 
prie forze  tentare  qualche  fatto,  e  coglie- 
re la  I  .'opportunità  che  Dio,  per  la  gloria 
sua  e  pel  bene  della  repubblica,  avesse 
presentata.  Mentre  così  dispouevasi  la  ve- 
neziana flotta  ad  avanzare  ne'  mari  del 
Levante,  accompagnandola  anche  il  Co- 
lonna colle  galee  papali,  riusciva  final- 
mente a' reiterati  udlci  di  Antonio  Tie- 
polo  ambasciatore  in  Ispagna,  d'ottenere 
nell'agosto  dal  re  un  ordine  per  d.  Gio- 
vanni, che  egli  pure  visi  accozzasse.  Que- 
sto però  era  un  nuovo  inganno  di  Spagna, 
poiché,  secondo  il  prof  Piomanin,  ad  essa 
importava  di  tener  occupali  e  indebolirsi 
a  vicenda  tanto  la  repubblica  quanto  i 
turchi.  Dopo  molti  indugi  e  molte  dub- 
biezze, partita  alfine  la  flotta  della  lega 
l'i  I  settembre  da  Paxò,  si  raccolse  alle 
(iomenizze,  mentre  la  turca  si  trovava 
presso  Modoue  comandata  dal  sagacissi- 
mo Occhiali,  numerosa  ma  inferiore  di 


VEN 

nerboedi  coraggio  alla  cristiana,coine  di- 
ce l'annalista  Muratori. Udito  come  la  cri- 
stiana veniva  alla  sua  volta,  si  levò  a'i6 
settembre,  e  fatta  qualche  jscaramuccia, 
si  ritirò  di  bel  nuovo  sfuggendo  la  batta- 
glia presentata  più  volte  da'confederati, 
e  ricoverando  a  Modone,  ivi  attese  a  farsi 
forte  col  favore  degli  abitanti  e  co'soccor- 
si  che  gli  venivano  dal  resto  dell'impero. 
La  flotta  cristiana  dimorava  a  Navarino, 
ripreso  da' veneziani,  per  la  comodità  del- 
l'acqua, e  teneva  sequestrata  la  nemica 
per  modo  che  non  poteva  muoversi  senza 
accettare  la  battaglia  come  i  cristiani  de* 
sidera vano,  al  che  si  aggiungeva,che  aven- 
do questi  il  mare  e  il  vento  favorevoli  era 
a  sperarsi  che  anco  senza  combattere  aves- 
se il  nemico  a  patire  alcun  sinistro.  In  tal 
modo  continuavano  le  cose  sino  a'6  otto- 
bre, quando  con  indicibile  dolore  e  sor- 
presa de' Venezia  ni,  parve  a  d.  Giovanni, 
secondato  da'suoi  consiglieri  e  dal  Colon- 
na, adducendo  mancanza  di  biscotto,  di 
ritirarsi  dalla  impresa,  la  quale  nell'uno 
o  nell'altro  modo  non  poteva  che  riusci- 
re felicemente.  E  sebbene  il  provveditore 
della  repubblica  erasi  esibilo  supplire  alla 
somministrazione  di  biscotto  e  viveri,  ri- 
ducendosi  quanto  a  se  a  nutrirsi  d'  erba, 
non  si  potè  rimuovere  il  principe  dalla 
risoluzione  presa,  e  si  partì  per  Corfù  a 
incontrare  i  legni  annonari  che  doveano 
venir  da  Messina.  Il  capitano  Foscarinia- 
vea  insistito,  dopo  che  per  tal  modo  erasi 
provveduto  a'bisogni  dell'armata,  che  d. 
Giovanni  scegliesse  i  5o  delle  migliori  ga- 
lee e  con  quelle  si  avviassea  capoMatapan 
o  al  capo  Mallo  per  attraversar  l'armata 
nemica  e  combatterla,  avanti  ch'entrasse 
nello  stretto  de'Dardanelli,  ovvero  per 
far  l'impresa  di  s.  Maura  o  quella  diCa< 
stelnuovo,  ma  non  volle  accettare  niuno 
de'  proposti  partiti,  e  adducendo  la  sta- 
gione ormai  avanzata,  si  risolse  di  par- 
lire  e  ritirarsi  io  Sicilia,  siccome  fece,  di 
che  non  è  a  dubitarsi,  ch'egli  non  seguis- 
se i  segreti  ordini  di  Filippo  II.  Dopo  la 
partenza  della  flotta  cristiana,  i  popoli  di 


V  E  N 

Diazzo  di  Mniiia  e  d'altri  luoghi  della  Mo- 
lea  che  s'  erano  dati  a'veneziani,  furono 
costretti  tornare  sotto  i  turchi;  e  il  capi- 
tano Foscarini  dovette  ridursi  o  Corfù, 
senza  a%'ersi  potuto  fare  alcuna  operazio» 
ne,  tranne  l'avere  recalo  paura  a'nemì  ci. 
Di  tale  avvenimento  delle  armi  venezia- 
ne, generosamente  si  sdegnò  il  Foscarini, 
il  quale  tornato  dall'ingloriosa  spedizio- 
ne indirizzò  al  collegio  una  molto  vigoro- 
sa scrittura,  nella  quale  rendendo  conto 
del  suo  operalo,  altamente  biasimando  il 
contegno  di  d.  Giovanni,  disse  ch'era  sem- 
pre il  I  .°a  voler  fare  e  l'ultimo  a  decidersi, 
i  cui  consiglieri  poi  si  mostrarono  sem- 
pre avversi  a'veneziani.  Fra  le  altre  cose 
aggiunse  :  Senza  far  nulla  si  passò  l'apri- 
Ie,il  maggio  e  il  giugno,  finché  giunte  le 
notizie  della  guerra  de'Paesi  Bassi,  dichia- 
rò che  senza  nuova  commissione  del  re 
non  poteva  allontanarsi.  Il  Colonna  an- 
ch'egli  si  rodeva.  Uscito  il  nemico da'Dar- 
daneili,  e  cos\  trovandosi  esposte  l' isole 
veneziane,  ad  onta  di  tutte  le  lappresen- 
tanze  non  si  mosse.  L'  armata  veneta  non 
potendo  comportare  tanta  vergogna,  u- 
sc"i  sola  da  Corfù,  per  incontrare  i  turchi, 
i  quali  si  ritirarono;  d.  Giovanni  se  ne  adi- 
rò e  sfogò  la  sua  collera  nel  consiglio,  spe- 
cialmente contro  il  Colonna, cheavea ade- 
rito a'veneziani  e  con  improvvisa  risolu- 
zione detto  di  voler  uscire.  Difatti  l'arma- 
ta sciolse  da  Corfù,  composta  di  22  navi, 6 
galee  grosse  della  repubblica,  1  di  Firen- 
ze, 197  sottili,  ma  non  essendo  riuscito  di 
snidare  il  nemico  da  Modone,  erasi  assa- 
lilo per  4  giorni  Navarino,  donde  poi  d. 
Giovanni  volle  ritirarsi,  malgrado  al  con- 
trario parere  de'  veneziani.  Aggiunse  il 
Foscarini ,  1'  essere  stata  in  lega  fu  alla 
repubblica  gran  danno,  sempre  riuscire 
pregiudizievole  la  compagnia  de'più  po- 
tenti a'quali  bisognava  avere  rispetlo,do- 
versi  solo  fare  assegnamento  sulle  proprie 
forze,  non  su  quelle  de' collegati,  perchè 
questi  si  muovono  più  per  interesse  pro- 
prio.che  per  quello  del  compagno;  ciie  bi- 
sognava aver  capitano  generale  non  priu- 


V  E  N  3o7 

cipe,  ma  persona  che  possa  aspettare  pre- 
mio o  castigo;  che  chi  ha  grandi  stati  fi 
molle  volte  ciò  che  ad  nitri  è  impossibile, 
come  il  turco,  il  quale  in  6  mesi  rimise  in 
essere  un'armata  di  2  logalere  contro  l'o- 
pinione universale;  che  si  fa  guerra  con 
grande  svantaggio  con  un  principe  più 
potente,  perchè  questi,  se  rotto,  presto  si 
rimette,  cosa  che  non  può  far  l'inferiore; 
che  non  basta  la  flotta,  ma  ci  vogliono 
buone  truppe  da  sbarco;  che  in  fine,  chi 
non  ha  speranza  di  rovinare  in  tutto  o  in 
gran  parte  il  nemico,  farà  molto  senno  di 
cercar  pace  con  esso,  e  venendo  pur  alla 
guerra,  meglioessi  portarla  nelle  terre  di 
lui,  che  stare  sulle  difese.  —  I  veneziani 
quindi  costretti  ad  attendere  più  che  mai 
alla  difesa  di  Dalmazia  e  di  Candia,  a'22 
novembre  1572  ingiunsero  all'amliascia- 
tore  di  Spagna,  di  far  presente  al  re  l'as- 
soluta e  sempre  più  stringente  necessilà 
di  vigorosi  provvedimenti,  perchè  se  si 
lasciavano  passare  l'occasioni  di  battere 
il  turco  in  Levante,  egli  sempre  più  di- 
laterebbe i  termini  del  suo  impero,  e  con 
aspirare  alla  monarchia  del  mondo,  at- 
tenderà alla  totale  distruzione  del  cristia- 
nesimo, da'suoi  possessi  d'Ungheria  mi- 
nacciando r  Italia  per  terra  e  per  mare, 
la  quale  diverrebbe  sua  preda  se  occu- 
passe Candia  restata  frontiera,  solo  e  fer- 
mo propugnacolo.  Essere  interesse  co- 
mune, il  risolversi  prestamente  a  frena- 
re il  comune  nemico.  A  queste  rimostran- 
ze si  ottennero  buone  parole  e  null'altro, 
lasciandosi  da  Fdippo  II  crescere  la  po- 
tenza turca  e  indebolire  sempre  più  nel- 
la lotta  la  repubblica.  Mirando  questa 
sempre  sopra  ogni  cosa  alla  lega  contro 
il  turco,  essendo  questa  in  cima  d'  ogni 
suo  pensiero,  raddop[)iò  i  suoi  sforzi  per 
tirarvi  di  buon  animo  la  Spagna.  Ria  sui 
disegni  di  questa  con  maschia  elocjuenza 
declamò  in  senato  Tommaso  Contarini, 
principalmente  dimostrando  gli  spagnuo- 
li  sempre  facili  a  entrare  in  lega  co'veneli, 
perchè  tale  lega  non  era  altroché  tener 
legati  i  veneziani  alla  guardia  de'  luoghi 


3o8 


V  E  N 


spagmioli  il)  Italia,  perciò  liilli  i  vantag- 
gi trarli  loro,  impiegando  nella  leg;»  i  sol- 
<lali  de'  presidii  di  delti  luoghi  e  le  galee 
die    tenevano  ordinariamente  aratale, 
quindi  guadagnavano  tutti  i  denari   che 
pagavano  pe'presidii.  All'incontro  la  re- 
pubblica accrescendo  colla  lega  di  gran 
liniga  la  spesa  ordinaria, vi  perdeva  assais- 
simo.Inveì  sull'arroganza   e  prepotenza 
spagnnola,  che  signoreggiandola  miglior 
parte  d'Italia,  con  invidia  vedeva   nella 
lepiHjblica  il  solo  angolo  libero ,  perciò 
l'odiava  e  insidiuva,  con  costringere  i  ve- 
neziani colla  lega  ad  estenuai  si  colle  spe- 
se di  lunga  guerra,  onde  cadesserij  in  suo 
potere,  l'asso  a  rassegna  l'indugiar  pre- 
giudizievole del  Doria  e  di  d.  Giovanni, 
provando  niunfruttoessersi  ricavalo  dalla 
lega,  né  sperarlo  mai  in  unione  cogli  spa- 
glinoli, i  cui  niditari  graduati  per  godersi 
le  grosse  provvisioni  non  procederebbero 
mai  a  debellare  il  turco,  per  mantenere 
la  flotta  in  islato  di  guerra,  ed  anco  per- 
chè i  veneziani  diverrebbero  più  potenti 
liei  mare.  Che  dalla  vittoria  non  si  tras- 
se un  palmo  di  terra,  oè  alFatlo  s'indebo- 
lì il  nemico.  La  conservazione  del  domi- 
nio veneto  esser  di  evidente  utile  alla  cri- 
stianilà, colla  lega  si  correva  alla  sua  io* 
Tina;  doversi  imitare  la  prudenza  di  Mas- 
similiano Il  che  sempre  la  ricusò.  Laon- 
de il  senato  meditando  tutto  l'osservato 
dal  Foscarini  e  dal  Contarini,  e  vedendo 
la  repubblica  che  lutti  i  suoi  sforzi  era- 
no inutili,  che  le  potenze  cristiane  né  fa- 
cevano né  era  da  sperarsi  provvedimenti 
vigorosi  a  suo  favore,  e  la  probabilità  di 
jierdere  nel  venturo  anno  l'isola  di  Can- 
dia;  CDiisiderando  pure  chela  Dalmazia 
era  molestala,  e  di  temersi  un'irruzione 
nel  Friuli,  risolutamente  si  decise  a  ma- 
neggiar la  pace  col  pascià  ch'era  ben  di- 
sposto. Giovandosi  la  repubblica  dell'  o- 
pera  di  Rabi  Salomon  Askanasì  medico, 
che  avea  co!  gran  visir  molta  entratura, 
e  interponendo  anche  i   suoi   ufìizi  m." 
d'  Acqs  ambasciatore  di  Francia  ,  final- 
mente dopo  molle  dilllcollà  sì  venne  ad 


V  li  N 
accordo  a'7  marzo  1  S^SiCOuclusod, il  bii-' 
lo  Antonio  Barbaro.  Confermali  i  prece- 
denti trattali,  si  convenne:  Che  reslilui- 
rebbero  i  veneziani  a'turchi  il  castello  di 
Sopolò,  ma  tutte  l'altre  terre  nell'Alba- 
nia e  nella  Schiavonia  tornerebbero  allo 
stato  loro  come  prima  della  guerra;  sa- 
rebbero restituite  a'mercanti  d'ambe  le 
parti  le  robe  di  che  fosseio  stati  spoglia- 
ti; pagherebbe  la  repubblica  alla   Porta 
3oo,ooo  ducali  in  3  anni  ;  al  tributo  di 
Zantedi  5oo  zecchini  se  ne  agguingereb- 
bero   altri   1000;  cesserebbe   il   tributo 
d'8ooo  zecchini  pel  perduto  regno  di  Ci- 
pro. Dice  bene  il  oh.    Romauin  :  pareva 
che  i  turchi  avessero  vinto  a  Lepanto!  Di 
tal  pTce  levarono  alto  scalpore  i  princi- 
pi d'Europa,  e  principalaiente  Gregorio 
XIII,  che  IO  (juell' anno  avea   maudalo 
suo  nunzio  a    Venezia   l'arcivescovo  di 
Rossano  Giambattista  Castagna,  poi  Ur- 
bano VII.  Quando  l'ambascialore  vene- 
to Paolo  Tiepolo  si  recò  nell'aprile  nel- 
la villa   Mondragone  di  Frascati  a  dar 
parie  a   Gregorio  XIII  di   tale  pacifica- 
zione, e  delle  ragioni  che  a  ciò  aveano  in- 
dotto la  repubblica,  il  Papa  acceso  d'ira 
si  alzò  in  piedi  sdegnato,  non   volle  più 
udirlo, e  bruscamente  licenziollo,  gridan- 
do i  veneziani   scomunicati ,  spergiuri   e 
mancatori  di  fede  ,  e  così  turbalo  parti 
subito  per  Roma  ,  facendo  inlimare  pel 
dì  seguente  la  congregazione  cardinalizia 
della  lega,  coli'  intervento  del  Colonna, 
ma  non  si  potè  rinsediare  al  fallo  com- 
piuto. Di  tanto  riprovevole  operato,  av- 
visò  incontanente  Filippo  II   e  d.   Gio- 
vanni perchè  insieme  provvedessero,  pro- 
mettendo ogni  aiuto  possibde;  fece  mu- 
nire i  luoghi  marinimi  dello  stato  eccle- 
siastico, massime  Ancona,  per  difenderli 
da' lurchi  se  in   tanta  mutazione  di  co- 
se tentassero  occuparli.  Dipoi   Gregorio 
XIII  pel  suo  giusto  risentimento   rivo- 
cò  tulle  le  grazie  e  concessioni  falle  da 
se  e  da  s.  Pio  V  a'veneziani  a   titolo  di 
guerra,  liaslerì  parte  di  esse  all'  ordine 
Gerosolimitano  per  la  difesa  di  Malia, 


V  E  N 

eoo  applicargli  puregrossn  quantità  di  de- 
nari già  raccolti  per  l'ospedale  di  Coifìi. 
Ben  sapeva  Gregorio  Xill  a  che  termine 
colle  armi  e coll'aulorilà  ecclesiastica  fos- 
se stata  altra  volta  ridotta  la  repubblica, 
e  vedea  che  il  travagliarla  sarebbe  ora 
più  facile  che  mai;  ma  non  volle  ciò  fa- 
re, giudicando  più  convenevole  di  rimet- 
tere l'ingiurie,  che  il  vendicarle,  massime 
con  evidente  pericolo  della  salute  comu- 
ne. Io  Roma  si  vide  strano  e  stravagan- 
te l'operalo  da'veneziaoi,  la  dimentican- 
za e  lì  dispregio  della  stipulata  dianzi  rei- 
terala lega  e  con  solenne  giuramento. 
Per  la  qual  cosa  i  romani  lacerarono  il 
nome  veneziano  con  tanta  petulanza,  che 
il  Tiepolo,  nou  reputando  sicura  la  sua 
persona,  si  chiuse  nel  proprio  palazzo,  e 
fecelo  presidiare  da  armali,  seijbene  mol- 
li signori  ben  alletti  alla  repubblica  pron- 
ti se  gli  esibissero  a  difendere  la  dignità 
e  l'onore  di  es^a.  Tornalo  in  patria,  eb- 
be la  veste  procuratoria  di  s.  Marco  de 
ultra.  Lo  stesso  popolo  veneziano  che 
non  conosceva  la  condizione  della  cosa 
pubblica  roostravasene  scontento:  ma  gli 
uomini  di  più  sano  e  maturo  giudizio,  i 
quali  coll'esperienza  delle  cose  passate  mi- 
suravano i  futuri  successi,  costantemente 
affermavanOj  meritare  l'operazione  del- 
la pace  co'lurchi  laude  o  almeno  giusta 
scusa,  così  consigliando  la  ragione  di  sta- 
to e  la  prudenza  civile  per  la  conserva- 
zione della  repubblica ,  unico  rimedio 
a'minacciali  pericoli.  Quindi  il  senato  a- 
doprò  ogni  mezzo  per  giustificarsi,  a  ta- 
le effetto  inviando  al  Papa  anibasciature 
Nicolò  da  Ponte  ,  soggetto  venerabile  e 
di  rara  eloquenza,  che  in  compagnia  del* 
l'oratore  residente  e  di  due  segretari  fu 
ammesso  all'udienza  pontifìcia.  Esposte 
le  cause,  che  aveano  forzato  la  repubbli- 
ca loro  a  tuie  accordo,  sebbene  Gregorio 
XIII  alquante  volte  con  viso  austero  ga« 
gliardamenle  ne  disfece  le  ragioni,  non- 
dimeno comnioìso  dal  complesso  delle 
cause  con  facondia  descritte  dal  da  Pon- 
te, lo  licenziò  con  iadizio  d'animo  beni- 


V  E  ?•  ^9 

gno  e  placato;  non  però  gli  continuò  le 
decime,  da  cui  era  augustiatu  il  clero,  es- 
sendo terminala  la  guerra.  La  repubbli- 
ca in  pari  temoo  mandò  Andrea  Dadoer 
quale  ambasciatore  straordinario  a  con- 
gratularsi con  Selira  II  della  conclusa  pa- 
ce; e  la  repubblica  dopo  4  8""'  ^^^  tanti 
e  sì  gravi  avvenimenti  potè  alfine  respi- 
rare e  volgere  la  sua  attenzione  al  rior- 
dinamento,tanto  necessario,  delle  cose  in- 
terne, riparando  ad  alcune  sale  arse  nel 
palazzo  ducale  e  ad  una  cupola  del  vi- 
cino  tempio  neh  574-  Laonde  principale 
sua  cura  fu  il  rialzare  il  commercio,  la 
navigazione,  l'industrie  nazionali  con  pre- 
mii,  incoraggiamentieordini  partebuoni, 
parie  cattivi,  poiché  favorevoli  al  mono- 
polio, ma  conformi  al  sistema  proibiti- 
vo allora  generale,  come  rileva  lo  slori- 
co  prof.  Romanin.  Ed  aggiunge:  Tutta- 
via ad  onta  delle  lunghe  guerre,  dell'in- 
terruzioni de'lraffici, delle  perdile  di  ler- 
rilorii,  tanta  era  a  que'tempi  l'operosità 
veneziana  ,  che  le  piaghe  ben  presto  si 
rimarginarono,  e  le  private  e  pid)biiche 
ricchezze  si  spiegavano  nelle  solenni  occa- 
sioni meravigliosamente.  —  Una  di  que- 
ste fu  la  venula  di  Enrico  III,  in  com- 
pagaia di  Luigi  Gonzaga  duca  di  Nevers, 
che  per  morte  del  fratello  Carlo  IX,  re 
di  Francia,  a  quel  trono  recavasi  lascian- 
do r  altro  di  Polonia.  La  celebrerò  col 
cav.  Mulinelli  e  col  prof.  Romaniti,  ili." 
de'quali  i  iprodusse  ancora:  L'istoria  del' 
lapuhlica  et  fama  sa  entrata  in  l'incoia 
del  Serenixsiinu  Enrico  III  re  di  Fran- 
cia et  Polonia;  con  la  descrizione  par- 
ticolare della  pompa,  e  del  numero  et 
varietà  delli  brigantini,  et  altri  i'ascelli 
armati,  con  la  dichiarazione  dell' ediji' 
ciò  et  arco  fatto  al  Lido. Composta  nuo- 
vamente per  lìlar.ulio  della  Croce.  In 
Vinegiai574-  Le  particolarità  di  queste 
feste,  dice  il  Mulinelli,  averle  pure  rica- 
vate dal  Sansovino,  f^cnetia  città  nobilis- 
sima et  singolare.  Incontrato  il  re  al  con- 
fine da  4  senatori,  festeggiato  da  tutti  i 
popoli  e  da  tulli  1  magiilrali,  lungo  lui- 


4oo  V  E  N 

lo  il  suo  viaggio  pel  Friuli  e  pel  Trevi- 
giano, giunse  in  aciornnlìsgima  carrozza 
3  ore  prima  di  notte  il  1 7  luglio  1 574  li'a 
lo  strepito  d'infinite  artiglierie  a  Marghe- 
la  o  Malghera  con  {splendido  accompa- 
gnamento delle banded'Alfonso  conte  da 
Porto,  di  Brandolino  signore  di  Val  di 
Marino  e  di  Pio  Enea  Obizzo;  ove  in 
mezzo  al  popolo  immenso  faltosegli  in> 
contro,  fu  ricevuto  da  60  senatori  vesti- 
ti alla  ducale  di  color  cliermesino,  in  gon- 
dole quali  coperte  di  velluto,  quali  di  ra- 
so o  di  damasco  o  perfino  di  drappo  d'o- 
ro ,  con  tappeti  finissimi  e  4  gondolieri 
per  ciascuna  in  livrea.  Il  senatore  Cor- 
raro  fattosi  allo  sportello  del  cocchio  re- 
gale manifestò  l'infinita  allegrezza  della 
repubblica,  ed  Enrico  Ili  rispose  con  pa- 
role mollo  benigne  e  graziose.  Con  que- 
sto corteggio  il  re  in  sontuosissima  bar- 
ca, tra  l'incessante  tuonar  de'cannoni,  ar- 
rivò all'isola  di  Murano,  allora  piena  di 
ricchi  palazzi,  di  deliziosi  giardini,  di  a- 
giati  e  lieti  abitatori.  Scese  al  palazzo  di 
Bartolomeo  Cappello  (padre  della  famo- 
sa Bianca  Cappello,  dalla  repubblica  a- 
doltata  per  figlia  quando  nel  1  579  il  gran- 
duca di  Toscana  Francesco  M.''  Ide  INIe- 
dici  pubblicò  d'averla  sposata  e  dichiara- 
ta granduchessa),  che  tutto  intorno  splen- 
deva di  seta  e  d'oro,  e  di  cuoi  pur  d'oro, 
ed  ove  gli  fu  destinala  una  guardia  d'o- 
nore di  60  alabardieri  capitanati  da  Sci- 
pione Costanzo,  e  vestili  di  seta  rancia- 
la  ,  celeste  e  turchina  ,  colori  allora  di 
Francia,  tutti  armati  di  bellissime  azze 
antiche,  o  armi  in  asta  con  ferro  in  cima 
e  a  traverso,  tratte  dall'armeria  de'Die- 
ci;  mentre  4o  giovani  delle  primarie  fa- 
miglie, tutti  anch'essi  vestiti  alla  roma- 
na di  zimmarra  o  guarnacca  color  liona- 
to e  cangiante  di  seta,  doveano  attende- 
re a'suoi  servigi,  i  nomi  de' quali  si  leg- 
gono negli  Annali  Urbani  di  Venezia. 
Nel  dì  seguente,  ossequiato  nel  pomerig- 
gio dal  doge  Mocenigo,  dalla  signoria  e 
dagli  ambasciatori  de'  principi  residenti 
(Messo  la  repubblica,  in  loro  compagnia 


V  EN 

Eiu-ico  IH  per  la  maestosa  via  del  porto 
s'imbarcò  alla  volta  di  Veuezia  ,  fra  il 
tuonar  delle  artiglierie,  sopra  una  bella 
e  spaziosissima  galea  vogata  da  4oo  schia- 
vooi  vestiti  di  taffeltano  giallo  e  turchi- 
no; accompagnato  pure  dal  cardinal  Fi- 
lippo Boncompagni  nipote  di  Gregorio 
XIII,  da  questi  inviato  a  Venezia  quale 
legato  a  /rttere  per  complimentare  il  re, 
che  lo  fece  sedere  a  destra,  insieme  a'du- 
chi  di  Nevers,  di  Ferrara  e  di  Mantova; 
a  sinistra  sedendo  il  doge,  il  nunzio  apo- 
stolico Castagna  e  gli  ambasciatori;  la  si- 
gnoria, moltissimi  cavalieri  e  graduali  mi- 
litari occupavano  il  rimanente  della  ga- 
lea. Questa  era  seguila  da  altre  i  4  galee, 
ove  erano  i  senatori  in  porpora  e  il  con- 
siglio de'Diecijoltre  un  numero  infinito  di 
barche  adorne  di  tappeti  e  di  arazzi,  a- 
scendendoquelle  delle  Università  artisù' 
che  ai  70.  Pel  non  poco  da  me  scritto  su  di 
esse,  in  tale  articolo  principalmente, e  per 
dare  un'  idea  della  opulente  ricchezza 
pubblica  e  privata,  come  dello  stalo  del- 
le corporazioni  delle  arti  a  quel  tempo 
in  Venezia,  non  meno  per  la  politica  che 
di  nuovo  faceva  stringere  la  repubblica 
a  Francia,  del  mollo  mi  limiterò  a  ri- 
portare il  corteggio  che  chiudeva  la  trion- 
fale comitiva.  La  grossa  barca  de' Tewi- 
tori  de' drappi  di  seta,  a  i  o  remi,  era  tut- 
ta dipinta  e  ornata  d'una  coperta  di  pan- 
nodi  velkilo  cremesino  con  unalamad'o- 
ro  d'intornOj  tessuta  di  sopra  e  alle  co- 
sture similmente  con  frangie  pur  d'oro  ; 
portava  le  pavesale  coperte  di  damasco 
cremesino,  6  banderuole  e  lo  stendardo 
d' ormesino  cremisi  dorato,  targhe  da 
una  parte  e  dall'altra  bellamente  minia- 
te. L'iscrizione  Tessitori  di  panni  di  se- 
ta era  in  oro  sopra  velluto  cremisi,  i  bar- 
caiuoli vestivano  d'ormesino  incarnato.  E 
di  ormesino  bianco  e  giallo  con  oro  e  ar- 
gento era  addobbato  il  brigantino  degli 
OrefìcieGioiellierico]  motto  CoronaAr- 
tinnì;  in  luogo  di  targhe  portava  bacili 
d'  argento  e  allo  sperone  due  grandi  a- 
nelli  dorati  di  fuochi  artificiali,  l'uno  di- 


V  E  N 
moslrniulo  l'ai  (e  tlcgli  orefici,  l'altro  f(iiel- 
In  (ie'gioiellieri.  Aveano  i  Merciai  orna- 
ta la  loro  barca  a  tela  rossa  con  gigli 
d'oro;  9,0  galeotti  erano  a'remij  vestiti  a 
livrea  del  re  ci'  ormesino  giallo  e  tnnhi- 
no.  Queste  colore  aveano  pure  scelto  i 
Drapjm'ri  per  l'acklobbo  della  loro  bar- 
ca. Di  raso  cremisi  era  tutto  coperto  cor- 
nato il  biiganlino  de  Sensali  da  Rialto. 
Prepararono  gli  »5'^;c3/V7// o  farmacisti  u- 
na  fusta  turca  di  i  ?.  banchi  colla  coper- 
ta di  panno  d'oro,  la  poppa  era  di  den- 
tro adorna  di  bellissimi  tappeti,  ed  a'4  l'i- 
ti di  essa  sorgevano  4  piramidi  di  color 
celeste  cohleneiiti  fuochi  artificiali,  nion- 
tie  alla  base  sedevano  4  ninfe;  a  prora 
tiUr;i  piramide  colla  Testa  tV  Oro  inse- 
gna della  farmacia  a  s.  Rartolomeo  (an- 
cora esistente  a'piedi  del  ponte  di  lliailo 
a  s.  Bartolomeo),  e  col  simbolo  d'un  pel- 
licano intorno  al  quale  giravano  le  pa- 
role Rcspìcc,  Domine,  volendo  dimostra- 
re col  pellicano  di  esser  pronti  a  dare  ol- 
tre le  facoltà  anche  il  sangue  alla  patria. 
I  lìantha^eri  aveano  un  brigantino  ai  2 
remi,  diiiinto  di  bianco  e  rosso  colla  co- 
perta di  dafoasco  cremisino.  11  palischer- 
mo degli  Speceìiieri  era  a  1  2  remi,  dipin- 
to di  verde  colia  coperta  di  scarlatto  e 
la  poppa  adorna  di  l)ellissime  tappezze- 
rie e  con  magnifica  mostra  di  specchi,  e 
un  mappamondo  della  stessa  materia. 
Portavano  in  mostra  terribile  gli  Spada- 
ri  nella  loro  barca  addobbata  a  cuoi  d'o- 
ro, armi  antiche  e  spoglie  e  trofei,  ogni 
sorta  d'armi  e  scintitarre,  38  piccole  ban- 
diere turche  e  una  bella  insegna  antica 
di  battaglia  del  tempo  del  doge  Ziani,  co' 
remiganti  in  livrea  rù<;sa  e  verde.  Su  tut- 
ti i  legni  poi  erano  alabardieii  in  varia 
foggia  vestiti,  insegne  del  Santo  protet- 
tore dell'arte,  lrou)ljette,  tamburi  e  tim- 
pani. Né  le  altre  corporazioni  sì  astenne- 
ro, che  anzi  tulle  gareggiarono  nella  ric- 
chezza e  nell'invenzione  degli  ornamenti, 
tra  le  quali  merita  singolar  ricordo  quel- 
la i}t' f^elrai  di  Murano,  the  sopra  due 
gian  baiche  incatenate  insieme,  copeite 
voL.  xrri. 


V  E  N  40  t 

di  tela  dipinta,  fabbricarono  una  fornace 
sotto  la  forma  d'un  Mostro  tnariuo,  dalla 
bocca  del  quale  uscivano  fiamme,  mentre 
gli  operai  seduti  entro  al  corpo  del  mc^- 
stro  lavoravano  bellissimi  vasi  di  cristal- 
lo. Altra  barca  ancora  ralfigurava  un  gran 
Delfino,  Nettuno  seduto  col  suo  tridente 
la  governava  e  a  poppa  due  cavalli  ala- 
li erano  in  alto  di  tirarla  a  sembianza 
d'un  carro,  mentre  a'fianchi  4 'amatori 
sotto  figura  di  vecchi,  molto  al  naturale, 
vogavano  rappresentando  i  fiumi  Brenta, 
Adige,  Po  e  l'iave.  La  maggior  parte  de" 
biigantini  e  palischermi  aveano  suonato- 
ri di  trombe  e  di  tim[)ani,di  tamburi  e  di 
nacchere  turche.  A  tanta  splendidezza,» 
tanto  sfoggio  delle  arti  meccaniche,  non 
lasciavano  d'accompagnare  i  loro  superbi 
lavori  le  arti  belle,  ed  un  arco  alzatod'ur- 
dine  del  senato  iu(^^ntrola  chiesa  di  s.  Ni- 
colò del  Lido  da  quel  polente  ingegno  di 
Palladio,  facea  prova  di  quanto  esse  fos- 
sero coltivate  in  Venezia.  Alla  bellez/a 
dell'architettura,  alle  statue  della  Vitto- 
ria e  della  Pace,  della  Fede  e  della  Giu- 
stizia, alle  armi  del  re  e  della  repubbli- 
ca, con  iscrizioni  celebranti  l'avvenimen- 
to e  riprodotte  dal  Mulinelli,  si  aggiun- 
gevano 10  quadri  di  Paolo  Veronese, del- 
l'Aliense  suo  discepolo,  e  di  Jacopo  Tin- 
loretto,  rappresentanti  fatti  del  festeggia- 
lo principe.  Arrivato  Emico  111  in.naozi 
all'arco  nobilissimo  e  ammirabile,  il  du- 
ca di  Ferrara  gli  presentò  Antonio  da 
Canale  direttoredella  pompa  e  già  prov- 
veditore della  flotta  vincitrice  alle  Cur- 
zolari,  di  grandi  prodezze  nelle  sue  im- 
prese mariltiuìe;  ed  il  re  all'elogio  che  ne 
fece  il  doge  corrispose  coli'  imporre  sul- 
le di  lui  spalle  per  due  volte  la  spada  nu- 
da, e  coH'abbracciarlo,  creandolo  così  in 
sul  fatto  suo  cavaliere,  dopo  a\erne  ilo- 
mandato  licenza  al  doge.  Disceso  indi  il 
re  a  terra,  venne  incontrato  da  Giovan- 
ni Trevisan  patriarca  di  Venezia,  colla 
Croce  avanti  ed  i  canonici,  e  passando  con 
esso  per  l'aico,  era  accom[)agnato  alla 
loggia  dello  stesso  arco  accomodata  a 
2G 


4o2  V  E  iV  V  E  N 
oliiesa,  slnndo  egli  soUo  tjii  halJaccliiiio  Iaz70  Fdsrari,  ov'ebbe alloggio,  messo  dI- 
«ii  parino  d'oio,  le  cui  asle  soslenevaiisicìa  lorn  in  cotnuuicazioiiej  per  dargli  mag- 
(i  procuratori  di  s.  Marco  ch'erano  de'  giùr  ampiezza,  con  cpiello  de'Giusliuiani 
più  ciliari  senatori.  Oralo  alquanto  in-  o  le  due  case  di  questi,  erasi  coslruilo  al- 
iionzi  l'aliare,  e  ricevuta  dal  patriarca  la  1'  approdo  un  ponte  quadrato  con  molli 
Lenedizione  ,  uscì  il  re  dalla  loggia  per  gradi  sopra  all'acqua  lullo  lufigo  la  fac- 
salirenel  Eiicintoro, ove  introdottosi  Tin-  ciata,  adorno  di  bellissimi  festoni  con  l'ar- 
lorctlo  pel  i.^ritrasseil  nionaica.Losquil-  me  di  s.  IMaicoedi  Francia,  tap[)ezzalo 
lo  de'militari  strumenti,  lo  strepito  del-  di  arazzi  bellissimi  e  coperto  di  un  cielo 
le  ai  liglicrie  de'castelli,  delle  galee  e  altri  azzurro  lutto  stellato.  Il  i .°  apparlamen- 
legni,  il  solenne  suono  delle  campane  di  to,  dove  abitava  il  duca  di  Nevers,  era  ad- 
tulte  le  chiese,  annunziavano  già  a  \'e-  dobbalo  a  cuoi  d'oro;  nel  2."  destinalo 
nezia  il  lieto  momento  dell'arrivo  d'  un  al  re,  la  i."  sala  presentavasi  coperta  di 
jedi  Francia  e  di  Polonia.  Navigando  e-  cuoi  dorali  cremisini  con  ricca  mostra 
gli  pel  Canal  grande,  eslfilico  mirava  i  d'armi,  d'aste  e  arciiibugi  tutti  all'intor- 
solidi  e  njagnifici  palazzi  dall'acqua  sor-  no;  1' anliciuuera  era  di  labi  a  marizzo 
genti,  e  sulle  finestre  di  quelli,  ornale  di  biaiico  d'argento  e  cremisino  d'  oro  con 
tappeti  finissimi,  le  molte  bionde  e  va-  frangia  di  seta  cremisirra  e  d'oro,  con  Gor- 
ghe donne  (si  usava  e  si  usa  tuttavia  line  d'ormesitio  bianco  alle  finestre.  Le 
in  Venezia  erigere  Ali  letti  delle  case  altre  camere  erano  fregiate,  quali  di  rasi 
iilcuni  edifizi  di  legno  quadri  in  forn>a  turchini  e  gialli,  quali  di  velluti  paonazzi, 
di  logge  scoperte,  chiamate  aliane,  do-  quali  di  panno  d'oro  odi  tappezzerie  iì- 
ve  con  molto  artifìcio  e  assiduamen-  nissime  e  cuoi  dorati  di  vago  e  mirabile 
te,  tutte  o  la  maggior  parie  delle  vene-  lavoro. Corrispondevanoalla  magnificen- 
ziane,  si  facevano  biondi  i  cappelli  con  za  delle  mobilie,  i  finimenti  del  letto  di 
diverse  sorti  d'acque,  nel  colmo  del  gran  broccato,  iestngni  e  tela  d'oro,  cortinag- 
caloie  del  sole.  Al  contrario  delle  egizia-  gi  di  seta,  padiglioni  fatila  reledi  pre- 
ne  che  abborrivano  la  chioma  bionda,  e  ziosa  opera,  seilie  e  lettiere  dorate,  coti 
delle  donne  di  Svevia,  che  la  amavano  fascie  d'oro  e  altre  suppellettili  costosis- 
oscura  ;  e  Nerone  fu  quello  che  accreditò  sime.  Sulla  porta  della  cappella  del  pa- 
in  Roma  i  capelli  biondi,  quando  volle  lazzo  Foscari  esiste  l'  iscrizione  monu- 
che  Po[)pea  si  facesse  veder  sempre  col-  mentale,  d'averlo  al)itato  Enrico  III  re 
la  testa  bionda.  \\  (j\m\%co.  Delle  orna-  di  Francia  e  di  Polonia.  Per  ben  5oo  per- 
irici,  p.  1  16,  che  ciò  riporta,  lodandola  sone  era  ivi  ogni  giorno  apprestata  son- 
bellezza  della  chioma  nera,  riconosce  che  luosa  mensa.  Invitalo  il  re  ad  un  pub- 
i  capelli  biondi  scemano  apparentemente  blico  convito;  il  doge  e  la  signoria  reca- 
glianni  alla  donna  atteiiìpata;  e  questa  es-  vonsi  a  levarlo  col  Bucintoro,  venendo  a 
sere  sicuramente  la  prerogativa  che  deler-  riva  l'illustre  comitiva  alia  Piazzella,  da 
mina  la  femmina  ad  anteporre  la  bionda  quel  punto  sino  alla  porta  principale  di  s. 
cappellatura  alla  nera),  tutte  vestile  di  Marco  era  la  l€rra  coperta  di  panni  scar- 
bianco;  lequalico'magislratiecol  popolo  latti,  e  su  colonnette  a  guisa  di  baldac- 
alfollato  sulle  fondamenta,  sopra  palchi  di  chino  stesi  erano  altri  parmi  di  saia  pjio- 
legno  e  sui  letli  delle  case,snlulavano  Eu-  nazza  e  gialla,  pendendo  dagli  archi  delle 
rico  ili  con  altissime  acclamazioni.  Il  re  loggie  esteriori  del  palazzo  ducale,  secon- 
meravigliato,  intenerito  a  quel  sorpren-  do  l'antichissimo  uso  veneziano,  festoni 
dente  spettacolo  ,  diceva  mancaigli  per  di  edera  e  di  alloro.  Dal  divolo  resalulala 
con)piuta  letizia  la  presenza  della  regina  ed  ammirata  la  venerabile  basilica,  do- 
Catei'ina  de  Medici  sua  madre.  Nel  pa-  pò  il  canto  del  7~e  Z^n/w,  entrava  indi  a 


V  E  N  V  E  i\  4o3 
suon  di  trombe  nel  palazzo  de'ilogi  e  uel  ima  colezioiic  di  confeUiire  e  di  frulli  cali- 
la sala  vaslissioia  del  Maggior  Consiglio,  dili,  la  quale  riuscì  quanto  mai  soiprcn- 
Allo  splendido  convilo,  prolralto  ne' due  dente  per  essere  il  pane,  le  salviette,  le 
Iati  della  sala  per  lungo  due  mani  di  al-  tovaglie,  i  piatii,  le  forcliette  e  i  coltelli 
tre  mense  per  3,000  persone,  s'imbadiro-  lutti  di  zuccliero,  e  così  bene  figurali,  che 
1101,200  sceltissime  vivande.  Tentiinalo  il  re  prendendo  la  salvietta,  non  accor- 
il  magnifico  convito,  ed  entrati  nella  sala  gendosi  dell'artificio,  nello  spiegarla  cad- 
inolti  suonatori  di  vari  strumenti,  e  mu-  de  a  bricioli  in  terra.  Prefereudusi  dal  re 
sici  vestili  di  abiti  scenici,  si  rappresentò  il  vivere  libeio,  spesso  si  compiaceva  di 
con  ingegnose  invenzioni  il  i."  dramma  girar  travestilo  per  Venezia,  a  fine  di  os- 
in  musica,  che  sia  stato  dato  in  Italia,  servare  tutto  a  piacere,  visitando  minu- 
eccelleule  composizione  del  famoso  prete  lameute  le  officiue  e  le  botteghe  ricchis- 
Giuseppe  Zarlino  di  Chioggia.  Lumina-  sime,  ma  uu  ingemmalo  scettro  di  s(|ui- 
rie  sontuosissiniC  a  disegno,  serenate,  re-  sitissimo  lavoro,  svelava  il  re  nell'uomo 
gale  di  rentatori  e  di  rematrici,  comme-  incognito,  acquistandolo  per 26,oooscu- 
die  private,  banchetti,  solenne  mostra  di  ili  d'oro.  Recossi  pure  nel  fondaco  ile'te- 
sceltissimi  drappi  nelle  botleghe  di  Mei-  deschi ,  per  onorare  uno  della  famiglia 
ceria,  lotte  di  pugni  sul  poule  di  s.  Bar-  de'  celebri  e  ricchissimi  mercanti  Fug- 
iiaba,  balli  ed  altri  solazzi  si  succedevano  gvii'  ti'  Augusta.  E  invaghilo  della  bel- 
per  rendere  incantevole  al  re  il  soggiorno  lozza  del  volto  e  delle  gr.izie  dello  spiri- 
di  V^enezia.  Qual  fosse  l'opidenza,  quale  lo,  recavasi  da  Veronica  Franco,  reputa- 
li lusso  generale  delle  famiglie  patrizie  la  fra  le  donne  piij  illustri  che  coltivasse- 
in  Venezia,  ben  ap[)arve  nel  gran  ballo  ro  la  poesia,  appassionala  pe'lelterati  piìi 
dato  nella  sala  del  Maggior  Consiglio,  nel-  distinti,  anche  per  istruzione.  Era  l' Aspa- 
la quale  ben  200  gentildonnefecero  sfog-  sia  di  Venezia.  Poi  oeliSyS  divenne  mo- 
gio sopra  ogni  dire  sorprendente  di  rie-  dello  di  penitenza,  ed  istituì  la  casa  del 
chissime  vesti  e  gioie  preziose;  tulio  spie-  Soccorso  per  agevolare  ad  altre  femrai- 
gava  un  lusso  veramente  orientale  sia  ne  traviale  la  raniiera  di  guadagnarsi  la 
nell'addobbo,  sia  ne'lappeti  costosissimi  salute  eterna.  Avvicinandosi  il  momento 
tlislesi  sul  suolo,  mentre  nella  vicina  sala  della  partenza  del  re,  egli  volle  usare  del 
tietla  dello  Scrutinio  le  pareti  erano  co-  sovrano  diritto  del  veneto  patriziato,  di 
j)erte  di  cambellotli  a  marizzo  di  color  cai  godeva  la  sua  stirpe,  per  essere  scrii- 
giallo  e  turchino  sparsi  di  gigli  di  tocco  la  al  libro  d'oro,  col  rendere  il  stilhagio 
d'oro,  e  vedeasi  preparata  una  colezione  pel  senatorato,  in  un  grande  consiglio  le- 
di confetture  diverse  distribuite  in  1260  noiosi,  a  Jacopo  Contarmi.  Giunto  final- 
piatti  falli  di  zuccheroda  Nicolòdella  l'i-  mente  il  momento  della  partenza  d'Euri- 
glia  e  rappresentanti  grifoni,  navi,  ninfe,  colli, il  dogeMocenigo  gli  augurò  non  me- 
dtrità  e  mille  altri  oggetti.  Cominciali  i  noil  viaggioche  ogni  altra  cosa  felice,  assi- 
suoni  ,  prese  ciascuno  de' gentiluomini  curand(jlo  dell'alfezione  e  dell'osservanza 
francesi  a  danzare  colle  gentildonne. Così  del  senato,  dell'ordine  patrizio,*"  degli  altri 
quelle  sale  nelle  quali  raccoglievasi  la  sa  •  lutti  della  cillà,  protestandogli  che  i  vene- 
pienza  de'reggitori  e  del;beravan>i  le  sor-  z\an\  giani'/iai non  avrebbero  lascialo  ir- 
li dello  slato,  vedeansi  tramutale  ad  u.'i  nir  meno  la  ricordanza  dell' u/nanità  e 
trailo  in  sale  di  sollazzo  e  di  gioia  indici-  benignità  con  cui  e'gli  colla  sua  regia  prc- 
liile.  Il  re  visitò  il  meraviglioso  edifizio  senza  illustrata  m'ealarepubblica.  lien- 
dell'Aisenale,  e  ne  restò  stupefallo,  pel  dendo  il  re  distinte  gr.izie  al  doge  e  ab- 
com[)lesso  di  tante  meravigliose  cose,  ser-  bracciandolo,  piejenlavalo  poscia  di  un 
vilo  nelle  slunzedel  consiglio  de'Dieci  di  diamante  di  grandissimo  valore,  accioc- 


4o4 


V  E  N 


cìiPì'n  segììo  del  suo  ninor  i^ramìf  \'crso 
di'  lui,  lo  volt  s<-f  portai  e.  Iliciisava  il  do- 
ge (la  prima  il  dono,  ina  pensando  che  il 
nlìuto  avitbhe  potuto  dispiacere  al  re, 
consegnava  invece  il  diamante  al  senato, 
il  quale  lo  fece  collocare  nel  tesoro  di  s. 
JMarco,  incastonato  in  un  giglio  d'oro,  con 
apposita  iscrizione.  La  gemma  fu  ivi  gelo- 
samente custoilita  fimhè  mani  francesi 
rubavano  ciò  che  da  roani  francesi  era 
stalo  donato,  rimarca  il  Mulinelli.  Con 
pari  liberalità  regala vaEnrico  111  di  auree 
collane  Luigi  Eoscari,  nel  cui  palazzo  a* 
■vea  alloggiato,  ed  i  4o  nobili  giovani  che 
l'aveano  servilo,  gratificando  pure  c<m 
denaro  diverse  altre  persone,  oltre  le  li- 
mosine.  Mentre  il  re  dimorava  in  Vene- 
zia il  duca  di  Savoia  Emanuele  Fdiberto 
•vi  si  recò  privatamente  a  inchinale  il  re, 
accompagnalo  da  molli  signori,  ed  a  ven- 
do preso  alloggio  nel  palazzo  di  Luigi 
ÌNIocenigo,  incontro  a  quello  de'Foscari, 
addobbalo  di  bellissimi  cuoi  d'oro  e  tap- 
pezzerie finissime,  nel  partire  donò  la 
moglie  del  proprietario  d'una  cinta  lutta 
gioiellata,  con  in  mezzo  una  gemma  va- 
lutata 1  800  scudi,  l'oi  su!  medesimo  ita- 
Tiglio  accompagnalo  dal  doge  sino  a  Liz- 
za-Fusina,  il  re  a'27  luglio  se  ne  partì 
alla  velia  di  Ferrara  e  di  Mantova, don- 
de per  Torino  tornare  in  Francia.  Affin- 
chè poi  si  serbasse  pubblica  la  memoria 
per  ogni  futura  età  di  quel  famoso  avve- 
nimento, il  senato  fece  scolpire  in  mar- 
mo l' iscrizione  che  offre  il  Mulinelli,  e 
collocare  a  fi-onte  della  principale  scala 
de*  Giganti  del  palazzo  ducale,  con  eccel- 
lenti ornamenti  del  Vittoria.  Rileva  Y Ar- 
te di  verificare  le  date,  che  le  magnifiche 
accoglienze  fatte  da  Venezia  a  Enrico  III, 
non  eransi  praticate  con  allri  principi.  11 
prof.  Romonin  poi  osserva  :  »  E  queste  fe- 
ste facevansi  ad  un  principe  di  quella  sles- 
sa nazione  che  3  secoli  prima  mandava  a 
domandare  a  Venezia  sussidio  di  navigli 
per  la  Crociala,  e  due  secoli  dopo  dovea 
lame  la  mina!  Tanto  mutano  i  tempi  ! 
Venezia  avea  allora  bisogno  di  Francia 


V  E  .\ 
pei  contrabbilanciare  alla  potenza  diSpa- 
giia".  —  IMa  a'giorni  di  allegrezza  dovea* 
no  ben  presto  succederne  altri  di  estrema 
miseria  e  di  lutto,  minutamente  desciitli 
dal  cav.  IMulinelli  negli  Annali  T'rltaiii 
di  f^eiiezia,  ed  io  già  superiormente  ne 
discorsi  in  più  luoghi.  vSul  finir  del  mede- 
simo 1574 'fi*^'"''  rompevano  e  inonda- 
vano, ed  il  mare  spinto  da  grande  ein[)ito 
di  vento,  allagòtulla  laciltà,  squarciando 
in  ')  luoghi  i  cii  costanti  lidi;  e  nel  seguente 
I  5^5  a'aSgiugno  arrivò  un  trentino  dal- 
la sua  patria  desolata  dalla  peste,  e  mo- 
rendo la  comunicò  a'veneziaiii,  nel  qual 
tempo  il  Pontefice  trasferì  il  nunzio  Ca- 
stagna al  qoverno  di  Doloijna,  ed  in  Ro» 
ma  erasi  recalo  l' atnbasciatore  Anto- 
nio Tiepolo.  I  provveditori  alla  sinità 
non  mancarono  di  quanto  spellava  al- 
l' uffizio  loro  e  di  usare  ogni  opportu- 
no riguardo,  nondimeno  si  dilatò  e  fice 
miseranda  strage.  Bensì  per  le  loro  dili- 
genti curo, mercè  Tinverno  sopravvenulo, 
pareva  vinta  la  tremenda  malattia,  quan- 
do nella  seguente  primavera  ricomparve 
con  doppio  fiirore;  dopo  che  due  famosi 
professori  chiamati  da  Padova  aveano  di- 
chiaralo il  morbo  non  contagioso,  pronti 
a  curare  senz'alcuna  precauzione, contro 
il  savio  parere  de'  medici  veneziani.  Ma 
treuiendo  tenne  dietro  il  disinganno,  ed 
allora  fu  una  sola  opinione  :  era  troppo 
lardi,  tutte  le  parti  e  le  classi  della  cillù 
divenendone  infette,  ormai  non  più  ba- 
stando il  Lazzaretto  vecchio  e  il  Lazza- 
retto nuovo  allora  formatosi.  Incruilclì 
tanto  il  malore, che  ninno  risparmiò, sen- 
za che  il  doge  Mocenigo  col  senato  cedes- 
sero all'allrui  esempio  d'abbandonare  la 
città,  quindi  facendo  le  ragioni  di  tulli 
gli  allri  magistrati,  a  riserva  del  consigi  io 
de'Dieci  e  de'Quaranla  sopra  le  cose  cri- 
n.iiuali.  Se  non  che  disperando  degli  aiuti 
umani,  si  volse  il  senato  più  che  mai  n 
quello  di  Dio,  e  d'  accordo  col  patriarca 
M  fecero  pubbliche  preghiere  e  processio- 
m  di  penitenza,  per  la  quale  lo  slesso  do- 
ge parlò  al  popolo  con  sonora  voce  in  s. 


V  E  N 
Marco,  a  mclter  fidocia  ni'irOniiipolcn- 
tc,eprotnellenilo  t'ei'vorosdiiicnle  un  tem- 
pio votivo  a  Cristo  Redentore  da  innal- 
zarsi nell'isola  della  Giudecca,  al  cessare 
del  desolatole  flagello,  a  visitare  il  quale 
si  tiovesse  portate  il  doge  e  il  senato  in 
perpetuo  neir  anniveisaiio  del  giorno  in 
cui  la  città  sarebi)e  stata  alFatlo  libera 
dalla  pesldenza.  E  vellosi  alla  ss.  Vergi- 
ne,il  cui  nascimento  in  quel  dì  sì  onorava, 
cliiamavalaa  farsi  riconciliatrice  coldivin 
suo  Figlio  ;  cUiamava  pure  a<l  lutei  cedere 
il  s.  Evangelista  protettore  particolare  e 
principale  de' veneziani,  coli' aiuto  del 
quale  avean  essi  spiegalo  uè'  più  remoti 
paesi  le  vittoriose  loro  insegne,  e  sotto  il 
cui  patrocinio  viveva  e  respirava  Venezia. 
Era  tosto  in  cielo  esaudita  la  prece,  ed 
il  volo  era  accoltr).  Imperocché  nel  susse- 
guente giorno,  4s'jl'  nomi  di  estinti  ve 
ui  vano  notificati;  e  progressi  vame/ile  an- 
dò rimeltendo  scujpre  più  del  suo  furore 
la  peste.eraillitta  città  cominciò  alquan- 
to a  respirare.  Indi  coli  avanzar  ilell'  in- 
veì no  il  morbo  prosegui  a  mitigare  in  mo- 
do, che  il  ili  J  dicembre  i  576  potè  dirsi 
cessalo,  dopo  essersi  piante  circa  5 1,000 
vittime,  fra  le  quali  unTiziano  !  di  99  an- 
ni. Sul  numero  delle  vìttime  sì  può  anco 
vedere  il  n.  7  del^  XVI  il.  A  prevenire  che 
non  si  rinnovasse  nella  primavera,  si  ri- 
corse a  tutte  le  possibili  [ìrecauziom  e  pu- 
rificazioni, e  la  città  potè  alfine  ripren- 
dere l'usato  aspetto.  Al  Palladio  fu  allo- 
gala l'erezione  del  nuovo  tenqjìo,  e  nella 
3.'  domenica  di  luglio  «577  fu  p(d)b!i- 
cala  dal  pergamo  di  s.  Marco  la  lolale  li- 
berazione della  città  dalla  pestilen/.a;  ma 
il  dose  IMoceni"o  testimonio  soilei  ente  di 
tante  patrie  sciagvue,  non  [)olè  assistere 
alla  gioia  del  popolo  per  la  conseguila  sal- 
vezza dal  mortifero  veleno,  essendo  già 
morto  a'3o  maggio  1  577,  al  diie  del  ilo- 
n>anìn,  od  a'  3  giugno  secondo  la  AV/Vf 
il/Do£Ì ili  /''e/u:;/^^ del  Nani,  ovvero  nel 
dì  seguente  come  vuole  \'  Arlt  di  vci-ifi- 
care  IcduLc.  Principe lodevolissimo, ama- 
to e  veneralo^  la  cui  salma  venne  dcpo- 


V  E  N  401 

sia  in  ss.  Gio.  e  Paolo,  ove  3  pronipoti 
eressero  a  luì  e  alla  moglie  LoredanaMar- 
cello  lui  mausoleo  tulio  ili  marmo  d'  l- 
stria,  sopra  la  porla  maggiore,  grandioso 
e  ntagnifico,  composto  di  due  ordini  co- 
rintn,  ed  ornato  di  bassi  rilievi  e  ili  sta- 
tue, figurando  i  coniugi  ijuelle  distese 
sulle  due  urne.  Quella  della  moglie  si 
Vede  coronata  col  corno  ducale  di  doga- 
ressa, non  perchè  fosse  coronata  tale,  ma 
gliene  fu  concesso  l'u^o  per  singolare  o- 
noredal  senato,  di  che  un  altro  esempio 
lo  riferirò  nel  dogado  i  iS." 

3o.  Sebastiano  f'cnicr  LXXXf  [do- 
ge. Era  ben  giusto  che  il  vinci\ore  di  Le- 
panto,  scrive  il  suo  biografo  Casoni,  il 
terrore  de' turchi,  quello  che  nell'acfjue 
in  cui  un  teojpo  fu  dispulalo  l'  impero 
del  mondo  (da' già  nominati  Augusto  e 
Marc'Anlonio),  aveva  decise  le  sorli  del- 
la  patria  sua,  sostenuto  la  rinomanza, 
l'onore  delle  venete  arcui,  e  proietta  col 
sangue  proprio  la  causa  della  cristianità* 
(cuuie  pur  leccio  co' loro  comand.inti  la 
marina  pontificia  e  la  spagnuola),   salir 
dovesse  a  capo  di  sua  repubblica  da  lui 
difesa   con  invitto  braccio,  e  moderata 
colla  prudenza  del  consìglio.   Il  Venier 
dunque,  procuratore  di  s.  Marco,  ullua- 
genario,  ma  vigoroso  ancora,  venne  ac- 
clamato doge  l'i  I  giugno   1  J77,  ed  ac- 
collo dal   senato  e  dal  popolo  con  vive 
dunostrazioui  di  vero  entusiasmo.  A  gui- 
derdonare  i    grandi  servigi  da  lui  pre- 
slali  allo  stato,  vollero  i  padri  esubera- 
re oltrepassando  melodi  slalularii  e  co> 
slumauze  inveterale;  imperocché  reduce 
egli  dall'ai  mala,  (piando  ancora  non  era 
diige,  iu  accollo  ne!  Ducmloro,  e  fu  (piel 
suo  riloruo  un  vero  trionfo.   Lo  pi  ece- 
de vano  le  armi  e  le  spoglie  conquislale 
sul  nemico  alle  Curzolarì,  egli  slesso  in 
mezzo  a' principali  capitani,  suoi   com- 
pagni nella  grande  giornata,  armato  di 
li:l.t(i  punto,  indossando  il  purpureo  pa- 
ludiimeiilo  di  generale,  attraeva  a  se  gli 
occhi  della  moltitudine,   e  lutti  di  am- 
iniuiziouc  ricolmi,  applaudivano  alla  vi- 


4oC>                   V  E  N  V  E  ?J 
sia  de' più  fjfi'ilincnli  piigioiiieri  l(uclii,  l' cibbandonò,  e  poi  conoscititfine  l' in- 
die in  lungo  stuolo  cliiiitlevaiio  il  mae-  nocenza  riprese.  Alla  morie  de!  sultano 
sloso  corteggio.  Giunto  alla  sogliti  della  del  i  5f)')  gli  successe  Maometto  III,  ciie 
basilica  di  «.  Marco,  era  stalo  incontrato  .ibbandonalo  al  vino  e  all'odalische  la- 
dalla  signoria  e  da!  doge  Mocenigo,  che  sciò  le   redini  del  governo  alla  sultana 
a   noine  della  repid)blica  lo  felicitò  per  valide  Firidò  sua  madre.  I  veneziani,  come 
l'imprese  con  tanta  pubblica  soddisfa-  sotto  Amurat  III,  cosi  in  questo  tempo 
zione  operate:  si  resero  grazie  all'Altis-  ebbero   nella   sultana   concittadina  una 
situo  con  solenne  Te  Dciim,  e  poi  con  grande  protettrice,  onde  fu  per  opera  sua 
lauti   iiDbandimenti   e  cortesie  ebbero  rinnovato  a' 20  dicembre  i595  il  trat- 
fìne  queste  pubbliche  allegrezze,  di  gran-  tato  di  pace  per  mezzo  dell'ambasciatore 
de  celebrità  ne'vcncti  annali.    Anche   il  Leonardo  Dona.  Stabilivasi  per  quello 
giorno  di   sua  esaltazione  al  dogado  fu  che  Parga  rimanessealla  republjlica,  che 
nieinor.'indo  per  la  spontaneità  delle  fé-  i  mari   ed  i  mercanti  e  le  loro  robe  sa- 
ste,  per  la  gioia  del  popolo,  frammez-  rebbero   sicuri,   che  i  corsari  presi  vivi 
zo  al  qntde  si  videro  9  mercanti  turchi  da'veneziani  si  dovessero  mandare  a  Co- 
prender  parte  nella  comune  letizia,  prò-  slantinopoli  per  esservi  debitamente  pu- 
strarsi   a   lui  davanti,  baciarne  i  piedi,  niti;  per  Zante  pagherebbe  la  signoria 
riverirlo  con»e  grande  e  generoso  gner-  i5oo  zecchini  ;  i  precedenti  patti  si  con- 
liero.    Il   doge  Venier   gli  accolse  beni-  fermarono, facendo  il  sultano  piena  quie- 
gnamente,  confortolli,  e   li   ricolmò  di  tanza  pe'Soo, 000  ducati  pagati  dalla  re- 
carezze e  di  donativi,  confermando  cosi  pubblica  a  tenore  della  pace  con  Selim 
lo  buona  armonia  che  regnava  colla  Por-  II,  dopo  la  guerra  di  Cipro.   In  seguito 
ta  oltomttna  dopo  la  pacificazione,  e  col  il  sultano  svegliatosi  dal  suo  obbrobiio* 
nuovo  sultano  Amurat  III  nel  i574suc-  so   letargo,  e   riportate  vittorie   in  Un- 
cessoa  Sclim  II  suo  padre  (Avca  Amu-  gheria,  rientrò  in  trionfo  a  Costantino* 
rat  HI  sposalo  una  veneziana,  t!ie  per  poli,  e  con  caso  strano  la  sultana  Dalfo 
lungo  tetrspo  figniò  nell'  impero  di  Tur-  v' intervenne  a  cavallo  senza  velo  sul  viso, 
f/iz^,  come  narrai  in  quell'arlìcolo.  Con-  Nondimeno  il  figlio  per  contentare  i  ri- 
piene sapere,  che  navigando  verso  Cor-  belli  giannizzeri  la  esiliò,edipoi  richiamò. 
fìi,  per  assun)erne  il  governo,  un  gentil-  Ma  venuto  il  sidtanoa  morte  nel  1  6o3  e 
uomo  veneto  delia  famiglia  Baffo  sopia  succedutogliil  figlio  Acmel  I, questi  tosto 
una   galea  della  repubblica  da  esso  co-  spogliò  la  Baffo  de'suoi  tesori,  e  la  rileg?) 
iDaudata,   venne  da' pirati  turchi  fatto  nel  serraglio  vecchio).  Al  suo  innalzameu« 
schiavo  con  una  sua  figliuoletla  di  rara  lo  al  dogado  gli  tenne  un'orazione  gratu- 
bellczza.   Entrata    la  giovane  nel  serra-  latoria  Isicratea  di  Monte  rodigina,  giovi- 
glio  tra  le  odalische  o  concubine  del  sul-  netta  di  i  5  aifui,  e  fu  stampata.  Appena 
tano,  sene  invaghì  Amurai  111,  e  tanto  eletto,   il  nunzio  pontificio  Annibale  di 
da  render  la  veneta  Baffo  madre  dell'e  Capua  arcivescovo  d'Otranto,   in  nome 
rede  dell'impero,  che  fu  poi  Maoraetlo  di  Gregorio  XIII  lo  presentò  della  Ro<!a 
III,  onde  la  dichiarò  hassaki  o  regina  o  d'oro  benedetta.  Il  Papa  avea  ridonato 
sultana,  ossia  odalisca  favorita, di  conse-  la  sua  benevolenza  alla  repubblica,  che 
guenza  in  seguito  diventò  stdtana  valide,  avea  aggregato  alla  sua  nobiltà  il  figlio 
cioè  madre  del  sultano  regnante.  L'avve-  Giacomo  Boncoropagoo  colla  sua  discen* 
ner.tee  virtuosa  veneziana  avendo  par-  denza;  e  donato  all'ospedale  della  Pietà 
torilo  alili  i3  principi,  ed  essendo  poi  di  Venezia  circa  10,000  scudi,  che  ne* 
morti,  cedendo  Io  sfrenato  Amurai  III  dominii   veneti   doveansi   riscuotere  pei 
all'insinuazioni  dell'odalische  sue  emulc  trascorsi  quindennii;  di  più  soccorse  o 


V  E  N  V  E  N                  407 

coiìferì  una   pensione  all'arcivescovo  ili  gior  poi  la  del  ducale  palazzo  una  serie 
Napoli   di  ^lalvasia    caccialo  da' turchi,  d'archi  coperti  di  panni  edi  tessuti  orien- 
Gregorio  Xll!  avendo  divisalo  di  liberar  tali,  la  quale  terminava  ad  uu  arco  più 
dalla  prigione  M.'  Stuarda  regina  di  Sco-  granile  eleganleuiente  costiuito  ali:»  lest.i 
;/Vz,iiicui  la  teneva  tirannicamente  la  fa-  d'un  lungo  ponte  galleggiante,  rormato 
mosa  cugina  Elisabetta  regina  d'Inghil-  con  80  galee,e  parimenti  copertodi  pan- 
terra,   esortò  la  repubblica  a    non  rice-  no,  il  quale  traversando  dalla  Piazzetta 
vere  l'ambasciatore  inglese  come  deside-  il  vasto  canale  della  Giudecca,  univa  l'o- 
rava quella  furiosa  scismatica,  e  favori-  monima  isola  colla  città,  ed   oflViva  un 
vano  diversi  senatori.  Flagellata  Vene-  comodissimo  passaggio  alle  concorrenti 
zia  dalla  peste,  il  Papa  avea  fitto  in  Roma  turbe  divote.  All'apparire  su  quel  ponte 
pubbliche  orazioni  per  la  cessazione  del  del   doge,   preceduto  giusta  il  solilo  da' 
morbo  sterminatore.   Dissi   già,  chela  suoi  12  scudieri  o  ulllziali  di  servizio  iti- 
totale   liberazione  della    città  era  stata  pendiati  dal  doge  e  vestiti  di  nero,  due 
pubblicata    nella  3.'  doiDCnica  di  luglio  a  due,  che  l'accoiupagnavano  nelle  pidj 
del  1.577,  onilesi  volle  dar  pi  incipio  al-  bliche   funzioni,  e  seguito  dagli  amba- 
l'annua  i  .^  processione  e  visita  al  nuovo  sciatori  de' re  e  de' principi,  rimboinbij 
tempio  del  Redentore,  come   riportano  l'aere  dello  strepilo  deli' artiglierie  do' 
il  Corner,  il  Alutinélli,  il  Casoni,  il  Ro-  vascelli   e  di   quello  de' tamburi,  dello 
manin.   Ma  siccome  la  i/  pietra  eravi  squillo  festoso  delle  trombe  edellegiu- 
stata  gettata  a'3  maggio,  per  consegnar-  live  acclamazioni  dell'alFollato  popolu  e- 
la  alla  custodia  de' cappuccini,  e  perciò  sultante^  di  maniera  che  pareva  uu  lini- 
a|»pena   principiata,  si  di>pose  che  sul-  mondo.  Nella  messa  clie  fu  cantata  sulle 
l'allenate  case  fosse  costruita  con  tron-  appena  gettate  fondamenta  della  ehiesa, 
coni  d'alberi  una  transitoria  chiesa,   le  risuonarono dolcissunamente  i  sa^ri  inni 
cui  porte  si  abbellirono  di  frondi,  e  l'in-  con  sublimi  e  commoventi  melodie,  ch'e- 
teriore  di  cuoi  d'oro,  e  di  panni  e  arazzi  rano  opera  dell' immaginare  armonioso 
finissimi,  ergentlovisi  nel  mezzo  adorna-  di  prete  Zarlino,  npoilolo  della  scienza 
lo  di  spalliere  d'oro,  seta  e  argento,  un  musicale.  Nel  §  X,  n.  60,  descrivendo  il 
eminente   altare  coli' immagine  del  di-  cospicuo  tempio,  notai,  che  dopo  la  ca- 
vino Redentore.    Pertanto   tra   il  suono  duta  della  repubblica  dalle  magistratu- 
de' sagri  bronzi  in  detto  giorno  parti  vasi  re  edilizie  si  cuulinuò  la  visita,  e  tuttora 
d  illa  basilica  Marciana,   dopo   la  messa  si  costruisce  un  ponte  di  barche,  e  che 
celebr.ita  nella  cappella  ducale,  proces-  nella  notte  precedente  ha  luogo  una  fé- 
sioiialmente  il  clero  secolare  e  regolare  sta  popolare  giocondissima.  Questa  è  la 
di  tutta  la  città,  con  grandissimo  sfarzo  coi\iì\:Ha  Sai^ra  del  Reilcntore. Una  noi- 
d'aigentei  ie  le  scuole  grandi,  le  confra-  te  simile  non  è  dato  descrivere  :   è  una 
lernife,  gri'«tilMti  d'istruzione  e  di  be-  festa  che  celebrasi  in  mare  e   in   terra, 
neficenzn,  il  priinicerio  di  s.  Marco,  il  nell'aria,  in  seno  delle  famiglie,  in  piaz- 
palriarc  «  di  Armenia,  quello  di  Venezia,  za  ;  è  un  misto  di  memorie,  di  tratlizio- 
il  senato  e  per  ultimo  il  doge  Venier.  In  ui,  di  gozzoviglie, di  religione,  benché  es- 
quel giorno  avventuratissimo,  il  Iato  del-  sa  n'abbia  la  minor  parte,  cioè  soltanto 
la  piazza,  che   guarda    la    marina,   era  ad  ove.  La  Sagra  del  Redentore,  A  [ne- 
ornato  dì  quadri    d'arazzi;   innumere-  sente  è  alquanto  diversa  dall'antica,  poi- 
voli  festoni  pendevano  dagli  archi  del-  che  s'adattò  a'nuovi  costumi.  Un  tempo 
l'cdifizio  della  pubblica  biblioteca,  e  ad  n'era  precipuo  ornamento  la  quantità  di 
ogni   sua  colonna  Sventolava  un  dorato  barche  fornite  con  eleganza,  nelle  (juali 
stendardo.  Incominciava  poi  alla  Qiag-  andava  a  gara  il  bel  mondo  ed  il  grande, 


4o8  VE  L\ 

e  al  sereno,  sotto  graziose  o  magni ficlic 
teiuIc.allelVesche  aut  elle  del  mare,  s'iin- 
l);nidivauo  per  tulio  il  canale  della  Giu- 
decca  le  cene;  di  bordo  in  bordo  passa- 
vano, si  cambiavano  i  brindisi,  e  l'eco  ne 
ripeteva  i  suoni  giulivi.  Tale  uso  si  con- 
^ervH  ancora  dal  popolo,  sempre  tenace 
osservatore   delle   [latiie   tiadizioiii.    Le 
sue  bartlielle  illuminale  e  fronzute,  che 
dal  mobile  ponte  si  estendono  e  aggrup- 
pano,sono  pure  rallegiate  da  ri[)eluli  fuo- 
«  hi  colorati,  ed  i  suoi  canti  formano  il  piìi 
Mvoe  fantastico  della  festa.  Una  folla  più 
tlegante  si  raccoglie  nell'incantato  giar- 
dme  del  Chccchia,  risplendente  d'innu- 
merablli  variopinte  facclle,  e  dove  s' im- 
bandiscono le  cene  tra  le  armonie  de'mu- 
sìcali  concenti. La  calca  dura  tuttala  notte 
per  quanto  lunga  è  la  si  rada,  che  dal  ponte 
i)OSliccio  mette  olla  Piazza. Fra  tanto  man- 
giare e  bere, non  sen^a  licenze,  in  una  festa 
ciiedurada  un  tramonto  ad  un'aurora, 
un'intera  uoll(  ;  in  Imita  entusiastica  e  cla- 
morosa allegrezza,  in  si  gran  numero  di 
libagioni,  non  si  deplora  alcun  disordine. 
Ella  è  ben  1'  aulica  umanità   veneziana, 
un  itiuoaueno   di  gentilezza.  Il  cav.  Mu- 
linelli riporta  la  Rdazioitc  della  solen- 
nità fatta  per  la  liberazione  del  conta- 
gio, di  Muzio  Luminis.   Le  angustie  in 
cui  ancora  trova  vasi  la  città,  in  conse- 
guenza della   patita  orribile  pestilenza, 
mossero  la  pietà  d'Agostino  Michiel  a  te- 
nere UD  discorso  in  nome  della  povertà, 
onde  accorrere  a  sollevarla.   INIa  nuova 
disastrosa  sciagura  venne  a  colpire  Ve- 
nezia, e  ad  amareggiare  il  doge  nel  prin- 
cipio del  suo  reggimento.  Per  l' incendio 
violento  sviluppatosi  rapidamente  nella 
notte  de'ic)  al  20  dicembre  1577  al  du- 
cale palazzo,  colpa  la  viziatura  d'un  in- 
terno fumaiuolo;   per  cui  glande  e  de- 
plorabile perdila  feceio  le  belle  arti  in 
poche  ore.  sebbene   la   fedele  e  valoro- 
sa genie  dell'arsenale  fece  prove  incre- 
dibili  per   impedirne  lo    spellacolo  di- 
voratore  e   spaventevole,   e   poi  uobil- 
nieulc  licusò  il  dono  di  5oo  ducati  de- 


\  E  i\ 
CI  elati  dal  sonalo.  Se  ne  legge  la  com- 
movente e  straziante  descrizione  nel  Mu- 
linelli e  nel  Romanin,  minacciando  il 
fuoco  non  solo  di  distruggere  tulto  il  pa- 
lazzo, ma  d' incenerire  r  insigne  basilica 
e  le  altre  cospicue  fabbriche  vicine,  se 
non  accorrevano  a  impedirlo  molli  de* 
primari  magistrati,  molli  patrizi  e  mol- 
ti cittadini  abitanti  de'dinlorni,  che  ga- 
reggiarono in  zelo  e  patria  abnegazione  : 
durò  due  ore  e  piìi.  Arsero  i  pifi  vasti  lo- 
cali :  la  sala  del  Maggior  Consiglio,  quel- 
la ilello  Scrulinio,  le  sale  del  Collegio 
de'X  1 1,  del  Collegio  de'XX  savi,  la  Qua- 
rantia  civil  nuova,  e  finalmente  l'.Archi- 
vio  pregievolissimo  de'nolari  n«orli  che 
dicevasi  Cancelleria.  In  questa  lagrime- 
volo  oond  igrazione  perirono  i  capi  d'o- 
pera di  (jiiarieiilo,  de' Vivaiini,  di  Gen- 
tile da  Fabriano,  del  Pisanello,  de' Bel- 
lini, di  Vittore  Carpaccio,  di  Tiziano,  di 
Po»  denone,  colla  intera  serie  de*  ritraiti 
de' dogi,  le  immagini  de' più  gravi  sena- 
lori,  de'  più  illustri  uomini,  e  le  memo- 
1  ie  delle  geste  de'veneziani,  in  uno  alle 
ricche  cornici,  dorali  intagli,  preziosi  do- 
.  cumenti  d'antiche  scritlure;  perdila  ir- 
repaiabile  che  i  posteriori  sforzi  di  altri 
valorosi  non  più  valsero  a  completamente 
sanare,  almeno  se  la  si  riguarda  come 
una  lacuna  dolorosa  rimasta  nella  sto- 
ria, e  in  quella  del  [)rogresso  delle  arli 
belle.  11  prof,  iiomanin  racconta  questo 
spaventevole  disastro,  anche  col  codice 
delle  Memorie  Molìn,  nelle  quali  è  ri- 
marchevole questo  tratto,  siccome  scrit- 
to (la  un  testimonio  oculare.  «  Venuto 
il  giorno,  e  andando  la  gente  ansiosa  a 
veder  l'elfetto  del  miserabile  accidente, 
non  fu  alcun  figliuolo  di  s.  f.Iarco  uè 
buon  cittadino  che  non  traesse  vivissime 
lagrime  del  cuore,  considerando  che  in 
poco  pili  di  due  ore  (oh  miseria  delle 
cose  umane!)  si  fosse  dislrutla  (]uellc» 
che  in  lauti  anni,  lanli  sudori,  tante  vi- 
gilie, tanto  oro  avranno  speso  i  proge- 
nitori nostri.  Ma  i  più  savi  non  imputa- 
viHio  ciò  a  disgrazia  0  a  disavventura, 


V  E  N  YEN                    409 

rii;»  lieo  ;ill;i  g'msl^simo  volonlìi  del  gi'in-  !n  concerne,  vegga?!  la  glande  opera  clu-, 
«le  Iildio  tirala  da'iiostii  [lercati,  peixioc-  qMasi  al  termine,  scrive  e  pubblica  il  più 
clic  in  delta  saia  oh  quanti  indizi  sini-  volle  luilato,  l'instancabile  F.  Zanotlo. 
stri  nella  giustizia  distributiva  si  vedea-  Intanto  la  canuta  vecchiezza  del  doge 
no  uscite  anzi  nioslii  e  porlenli,  che  a  Venier  invano  lottava  co'la  virilità  del- 
snnicenlia  mostravano  l'avvenire;  (pian-  Io  spirilo;  alfine  dovette  cedere  al  co- 
le false  proniesse  attestale  e  sigillate  da  inun  destino,  senza  aver  compito  il  io." 
solenni  m.i  falsi  giuramenti  che  negli  oF-  mese  del  suo  dogado,  morendo  a'  3  mar- 
ficii  over  come  diciam  noi  A/Y)^'//,  inlro-  zo  1578,  lasciando  la  città  conturbata 
nnvano  le  orecchie  di  tutti  i  nobili,  ma  per  ilolore  profondo,  e  tutti  i  sudditi 
ff>rse  [liù  cpiclle  (lei  Signor  de'Signori  !  "  gravemente  rammaricati.  Ebbe  touìba 
Km  allora  che  mancalo  il  locale  ove  adu-  nella  chiesii  di  s.  ìMiula  degli  Angeli  in 
invasi  il  maggior  consiglio,  bisognò  im-  I\Iurano,  coli' inscrizione  seguente:  Hic 
inediatamcntepensnre  ad  una  sostituzio-  m.ti^niPrìiìcinis ac i/ivirti Sclnislianif^e- 
ne  ;  al  qual  uopo  cadde  la  scelta  sulledue  nei-io  iaccnt  oxxa  dnm  illi  dìgna  eri- 
cnntigue  sole  terrene  dell' Arsenale,  in  i^antur  inausolcn.  —  Nicolh  da  Ponte 
ima  delle  quali  si  fabbricavano  i  remi,  LXWf'fJ  do!;e.  Vecchio  d'87  anni, 
e  iiell  altra  erano  custodite  le  laiicie,  e  già  pubblico  pitd'essore  di  filosofia,  uomo 
ridalle  servirono  a'convpgoi  di  f|uello.  di  grande  erudizione,  eloquentissimo, 
A  fronte  di  tanta  formidabile  sventura,  -versatissimo  nella  teologia  ond'era  sta- 
seppe  il  doge  Venier  reprimere  il  rani-  lo  mandato  dalla  repubblica  oratore  al 
malico  che  internamente  il  ciucciava,  concilio  di  Trento,  e  in  età  d' 80  anni  a 
e  n!o^lrarsi,  come  prima,  sollecito  «Ielle  (iiegorio  XIII  per  giustificar  la  pace  col 
pnbbliche  cose.  Per  la  rifabbrica  del  di-  turco,  e  fu  la  sua  7.^  ambasceria  a  Pio- 
sliulto  eperla  lestaurazioneilel  danneg-  ui;i,  essendolo  pur  stato  all'imperatore 
t;ialo  furonoconsulfati  (Inoa  i  j  archilei-  e  presso  altri  sovrani  ;  modestissirao  nel- 
li  (pubblicò  il  eh.  ab.  Giuseppe  Cadorin,  l'esporre  le  proprie  opinioni  e  pronto  a 
J'iireridi Xf^ /4rclnUlti,Vene7.\a[iÌ2H),  cinlere  alle  migliori,  distintosi  nelle  reg- 
g'i  uni  opinando  esser  necessaria  l'in-  genze  di  Corfii.  Padova  e  Udine  ove  die 
leia  riedificazione  del  palazzo,  ;illri  pò-  s  iggi  d'illibatezza  e  di  amore  a*  sudditi, 
tersi  restaurare  quanto  restava,  non  es-  cavniieree  prociiialore  di  s.  Mar  co.  Pro- 
sendo  indebolita  la  fabbrica,  e  cosi  pen-  clamalodoge  li  19  marzo  1  578, attese  to- 
sava appiinlo  Antonio  da  Ponte,  il  <licui  slo  con  ogni  impegno  ad  alleviare  le  gra- 
pif'getloreslò  a|)provato.  Né  mancò  egli  vezze  e  ad  operare  la  restituzione  del  de- 
aila  sua  promessa,  che  nel  breve  spazio  iiaio  allluilo  alle  casse  pubbliche  durante 
d' 8  mesi  mirabilmente  condusse  a  ter-  l'ullima  guerra.  La  iepubi»Iica  Irovavasi 
mine  il  lavoro  senza  fare  mutamento  al-  in  pace  col  turco  di>lratlo  nella  guerra 
cono  all' insigne  mole  e  con  lauta  soli-  co'persiani,  anzi  vennero  prudentemenle 
dita  (piale  ancor  oggi  si  ammira.  Però  rifiulalc  le  proposte  d'  Ivan  IV  czar  di 
il  palazzo  fu  totalmente  terminalo  ne-  Moscovia,  p<ir  sollecitare  nuova  lega  con- 
gli  alibellimenli,  e  quale  di  presente  si  tio  il  liirco  medesimo.  La  repubblica 
vede,  parecchi  anni  dopo;  avendovi  di-  iliirante  (pieslo  dogadoebbe  vari  molivi 
[liuto  i  piii  celebri  pittori  veneziani  e  al-  d'  iiupiieliidine  aire>terno  e  all'  inter- 
lii  italiani,  primeggiando  (piali  preziosi  no.  vSerano  proposti  i  triestini  di  restiin- 
gioielli  il  Cliiidizio  finale  di  J.  Palma,  e  gere  il  letto  del  fiume  Uosaiida  per  co- 
la Gloria  del  Paradiso  di  J.  Tintorelto.  struirvi  saline,  cosa  che  la  repubblica 
Md  intorno  a  ciò,  ed  anzi  sulla  intera  non  polendo  in  modo  alcuno  coinpor- 
fiibbrica  del  palazzo  ducale,  e  di  (pianto  lare,  ne  foce  sue  lagnanze  nel  luglio  al- 


4  M)                   V  E  ^  V  E  N 

l'imperatore   Rodolfi)    H,   uè    olfeiien-  conlerapluioiie  di  Sua  Santità  la  repub- 

«loite  effetto  alcuno,  die  assolutamente  Mica  rivocò  il    sequestro.    A' io  giugno 

nrdine  ad  una  piccola  squadra  di  galee  1^79  si  recò  in  Venezia  Mario  I  Sforza 

(Il  muovere  a  quella  volta  e  distrugger-  conte  di  Santa  Fioia  a  partecipare  che 

le.  E  le  relazioni  politiclie  coli' impera-  a' 5  giui^no   del  precedente  anno  Fran- 

tore.  facevansi  sempre  più  dilHoili,  spe-  cesco  .Mjria  de  Medici  granduca  di    To- 

rialmenle  n  causa  diagli  uscocchi,  all' in-  scarni  ('•)   avea   sposato   la   bella    ve- 

solenza  de'quali,  ad  onta  delle  continue  neziana  Rianca    figlia  unica  del  ricchi'j- 

lagnanze,  per  la  connivenza  de'capita-  simo    Hartolommeo    Cappello,    vedova 

ni   di  Segna   e  del  capitano  generale  di  del  fiorentino  Pietro  Bonaventuri,  e  ne 

(Croazia,   non   veniva    mai   pnsto  riparo  riparlai  nel  §  XIV,  n.   6,  col  quale    era 

«la^rimperiali.  Laonde  il  senato  coman-  f"u2;c;ita   da  Venezia   a  Firenze    la  notte 


r,~,- 


dò  al  capitano  destinato  alla  guardia  di  venendo  il  •20  novembre  i563  di  circa 
que"  pirati  che  chiudesse  i  mari,  uè  la-  1  (3  auui,  colle  sue  gioie,  e  la  connivenza 
sciasse  penetrare  iu  Segua,  loro  princi-  tiello  zio  (ilo.  Battista  e  altri  complici, 
pale  ricetto,  [»rovvisiotie  veruna.  Gl'im-  Il  senato,  che  in  vita  del  Bonaventuri 
j>eriali  fecero  grande  scalpoi  e,  el'amba-  (morì  assassinato  nel  r '572  per  trecca  con 
sciatore  venne  a  querelarsene  iu  senato,  Cassandra  de  R.icci),  e  di  Giovanna  d'Au- 
il  quale  rispo'Je  ch^erano  tante  le  ruberie  stria  virtuosa  e  trailita  tnogìie  del  graii- 
(legli  uscocchi  da  dover  finalniente  causa-  duca,  e  sorella  di  Massimiliano  II  (per- 
le qualche  moto  importante  de' turchi,  ciò  da  alcuni  chiamata  regina),  non  a- 
e  che  essi  assaltavano  lino  le  barche  ar-  vea  dato  ascolto  all'  insistenti  ricerclie 
mate  venete;  e  convinto  ch'eravi  sopra  del  principe  perchè  fosse  dimenticala  e 
i  loro  legni  anche  il  capitano  di  Segna,  la  Pigadi  Bianca  sua  sftcoiata  druda  dal- 
si  confu<ie  e  pari).  L' imiieratore  prorni-  la  casa  paterna,  la  sua  scandalosa  e  ro- 
se provvedere,  e  nulla  facendosi,  la  re-  morosa  evasione  dallo  stato  veneto,  e  le 
pubblicasi  fece  giustizia  da  se,  Poco  altre  gravissime  sue  mancanze,  ad  onta 
meno  infesti  degli  uscocchi  erano  i  mal-  del  bando  capitale  contro  il  Bonaven- 
tesij  e  la  giurisdizione  della  repubblica  turi  e  probabilmente  pure  contro  Bian- 
sul  golfo  non  era  più  rispettata,  daci.hè  ca  (essendo  stati  distrutti  gli  atti  del  pro  - 
pirati di  tutte  le  nazioni  vi  correvano  a  ces<o  quando  divenne  granduchessa),  fi- 
piedare  e  recar  molestie  al  commercio,  naimenle  per  la  ragione  di  stato,  volle 
Inoltre  nel  i57q  gravi  contese  insorsero  per  politica  questa  volta  piegarsi.  Ac- 
tra  la  repubblica  e  l'ordine  Gerosolimi-  cordò  per<lono  alla  traviala  donna,  ora 
lano,  sovrano  dell'isola  di  IMalta,  e  Gre-  divenuta  granduchessa,  fece  cavalieri  del- 
gorio  XI 11  interpose  i  suoi  paterni  uf-  la  stola  d'oro  Bartolomeo  padre,  e  Vit- 
flzi,  essendo  presso  di  lui  dal  precedente  torio  fratello  di  lei,  e  l'adottò  per  figlia 
1578  l'ambasciatore  venezianoGiovanni  vera  e  [)arlicolare  della  repubblica  di  s. 
Correr;  poiché  stimandosi  offesa  da  que'  Marco,  per  le  pressanti  istanze  del  gran- 
cavalieri  per  avere  nel  corso  delle  loro  ga-  duca,  come  appunto  avea  fatto  nell'an- 
lee  spogliato  un  ricco  bastimento  veneto,  f  ccedente  secolo  riguardo  a  Caterina  Cor« 
»lopo  replicati  lamenti  al  gran  anaestro  11  aro  nel  divenire  regina  di  Cipro,  che 
L'Evéquede  la  Cassiere,  sequestrò  1  frut-  [)eiò  non  avea  aifatto  eccezioni.  Ma  la  ra- 
ti delle  commende  gerosolimitane  ch'e-  gione  di  stato  fa  chiudere  gli  occhi  mon- 
rano  nel  dominio  veneto.  Il  Papa  <\\\\\'  d mi  su  tutto!  Però  la  storia  della  famo- 
que  per  agevolare  vin  pacifico  accordo,  sa  Bianca  venne  accotnpagnata  da  aned- 
fece  in  maniera  che  i  cavalieri  fossero  i  doti  certamente  poco  onorevoli  alla  sua 
primi  a  restituire  la  roba  tolta,  onde  a  riputazione:  visse  in  odio  de' fiorentini, 


V  E  X 

cui  tenlalo atea  in  Aiito:iio,  supposto  suo 
figlio  e  del  duca,  fnlto  marcliese  di  C^- 
pisn-ano  e  coluialo  di  lieni,  date  un  cre- 
ile al  trono  toscano,  meulre  era  nato  da 
nna  vile  donna;  giaccliè  non  erangli  riu- 
sciti per  aver  prole  le  medicine,  i  fdlri, 
gì' incantesimi,  facendo  poi  uccidere  la 
^era  madre  accie  non  isvelasse  il  seg'  .:to, 
e  quindi  fosse  manifestato  al  granduca 
l'inganno,  Mnr'i  nella  villa  di  leggio  a  Ca- 
lano a'20  ottobre  1587  il  giorno  dopo 
la  morte  del  granduca  maiito,  e  corre 
voce  che  ambedue  perissero  di  veleno, 
loro  propinalo  o  dalla  slessa  Uianca  o 
dal  caidmal  de  Modici;  anzi  si  giunse  a 
dire  elle  per  lai  mezzo  divenne  successo- 
re dell'estinto  fratello  col  nonie  di  Fci- 
tlinando  I.  A  me,  dopo  il  dello  nel  citato 
articolo  e  più  sopra,  deve  bastare  que- 
sto cenno.  Criticamente,  con  dillusione 
e  con  nuove  interessanti  notizie  né  ra- 
giona il  prof.  Romaiiin.  ;\Ii  goile  l'animo 
peraltro,  di  potere  anche  con  esso  giusti- 
ficare Sisto  V,  che  donò  la  Rosa  d'oro 
a  Cianca,  per  aver  pacificato  il  granduca 
co' di  lui  fratelli,  come  narrai  nel  voi. 
LXX  Vm,  p.  I  68,  e  non  come  accennai 
in  modo  didjitalivo,  cu!  [>.  Kiclia  dotto 
autore  delle  Nothic  storiclw.  delle  Cliie- 
se  Fiorenti/ìe,ue\  ricordato  articolo.  Im- 
perocché, GregoiSo  Xlll  non  avendo  in 
principio  approvato  il  rnatiimonio  della 
vedova  Bianca,  parlan<lone  poi  coll'ora- 
tore  veneto  Corner  (di  sop.racol  lleumont 
lo  chiamai  Correi  ),  gli  disse  vedervi  una 
disposizione  divina  :  naturabnenle  in  ri- 
flesso alla  cessazione  del  pubblico  scan- 
dalo. E  il  cardinal  Ferdinando  de  Me- 
dici, fratello  del  granduca,  re[)resso  lo 
sdegno,  con  dissiu)ulazione  ne  mostrò 
contento  al  fratello  ed  all'ambasciato- 
re della  repubblica.  Ricevendo  dunque 
Cianca  uiollissime  esterne  dimoUrazioni 
d'onore,  figlia  «Iella  repubblica,  cui  corri- 
spondeva premurosamente  pel  l)uon  ac- 
cordo col  marito,  turbato  ()eruhè  le  ga- 
lere de' cavalieri  di  s.  Stefano  /,  uscite 
coati  0  i  turchi,  non  1  ispcltarono  nepnu- 


VEN  41  r 

re  le  veneziane;  per  lutlociò  Sisto  V  sol- 
lecitato forse  dall'  istanze  tUllo  stesso 
granduca,  mandò  a  Cianca  la  Rosa  d'oro, 
e  nell'idtima  m  ilaltia  del  marito  accudì 
nllo  sua  domanda,  di  riceverla  in  Roma 
in  caso  di  sua  morte.  Onesta  >e£;uì,  e  to- 
sto  Cianca  pure  mori,  non  di  avvelena- 
mento a  niuno  de'coniugi,  assicura  il  eh. 
prof  Romanin,  rilevando  le  cause  di  tal 
vociferazione,  e  riportandone  le  prove. 
Ferdinando  I  fece  gettare  il  cadavere  di 
Cianca,  senza  gli  ornamenti  granducali, 
nella  fossa  o  cimiterio  di  s..  Lorenzo,  al- 
la rinfusa  e  ravvolto  in  un  lenzuolo,  co' 
corpi  de' poveri,  non  potendo  dimentica- 
re il  disonesto  moilo  per  cui  s'era  inti  li- 
sa nella  famiglia  IMedici:  di  più  fece  lo-' 
gliere  da'  luoghi  pubblici  le  sue  armi 
inquartate  colle  Medicee,  sostituendovi 
gli  stemmi  della  maltrattata  Giovanna 
d'Austria,  e  cancellare  ogni  sua  memo- 
ria e  l' intitolazione  di  grand'.ichessa.  In 
Venezia  stessa,  per  togliere  forse  occa- 
sione di  disgusto  col  nuovo  granduca,  fu 
vietato  il  lutto  per  la  sua  morte;  e  il  17 
novembre  il  Dovala  ambasciatore  di  Fer- 
dinando I,  ricevuto  in  collegio,  espone- 
va diplomaticamenle,  che  il  cartliuule 
granduca  suo  signore  (non  avendo  an- 
cora rinunziato  alla  porpora,  e  succe- 
duto al  granducato  per  diritto  di  na- 
scita; come  procedette  la  rinunzia  della 
dignitìi  cardinalizia  nel  i  588,  non  essen- 
do Ferdinando  insignito  di  alcun  ordi- 
ne sagro,  si  può  vedere  nel  p.  Tempesti, 
Storia  di  Sisto  /^,  t.  2,  p.  77,  e  nel  Car- 
tari, Advocatoruiìi  s.  Consis torli  Syl- 
labuni,p.  1 86,  perchè  l'avvocato  conci- 
storiale Cesare  Marsigli  bolognese,  di- 
scorde ornataiiienle  al  Papa  e  al  sagro 
collegio  in  concistoro,  i  motivi  che  indu- 
cevauo  Ferdinando  a  rinunziare  il  cardi- 
nalato, cioè  di  non  potere  altenilere  in 
un  tempo  stesso  allegravissime  cure  dei- 
Io  stato,  edagli  alFari  piìi  rilevanti  di  s. 
Chiesa),  mandava  a  significare  al  doge  e 
alla  signoria  {adoppia  perdila  dolorosa 
da  lui  fatta,  la  sua  successione  a!  trono 


4i2                    V  li  .\  V  E  N 
della  Toscana  e  l'ollima  sua  ilisposiiiio-  crislianiiìi,  dopo  avere  istlluilo  la  Cuii- 
ne  v«  rso  la  repubblica,  a  dare  tesliino-  grtgazione  cardinolizia  della  Fìsitaa' 
niaiiz.)  della  quale  non  manderebbe  le  postolica,   sopra  le  medesime  visite,  l.i 
sue  galere  in  Levante,  vieterebbe  la  \\-  (juale  avesse  a  giudicare  le  diflìcoità  che 
sita  sui  legni  veneziani,  per  accertarsi  «he  nascessero  in  tal  materia,  percomincia- 
non  portavano  infedeli,  per  ilcheavea  re  dalle  più  vicine  contrade  mandò  in 
tanto  reclamalo  senza  completo  succes-  una  volta,  non  senza  notabilisìirao  frut- 
so;  inoltre  farebbe  restituire  le  robe  toh  lo,  7  vescovi  tli  molla  dottrina  e  singo- 
le, che  potessero  ancora  rinvenirsi,  pò-  lar  bontà  visitatori  apostolici  in  varie 
nendo  fine  cosi  alle  querele  tanto  agila-  parli  d'Italia,  riservando  le  altre  visite  a 
lesi  a' tempi  di  suo  fralello.  Per  corri-  più  comodo  tempo.  In  fatti  feceesegui- 
spcndere  a   s\  benevole  tlimoslrazioni  ,  re  quelle  di  Germania,  Carintia,  Tirolo, 
mundò  la  repulìblica  al  granduca  Tom-  Fiandra,Bosnia,Spagna,Polonia,  Valli  di 
muso  Conlarini  con   lettere  di  condo-  Savoia,  iMalta,  Cantoni  Svizzeri,  Lusazia, 
gliiiiiza  e  di  congratulazione  e  proteste  l'era  di  Costantinopoli,  Monte  Libano, 
di  amicizia;  come  anche  altri  rallegra-  Aleppn,  Scio,  Ragusa,  lllirio,  Dalmazia, 
nienti  mandava  [)oco  dopo  per  le  nozze  Siali  Veneti  e  Venezia  nei  i58i;  visite 
del  granduca  colla  principessa  Cristina  di  tulle  descritte  dall'illustre  contempora- 
Lorena  nel  1  589.  Tale  fu  il  successo  de'  neo  e  vero  storico  Madei  negli  Annali 
rapporti  dij)lomatici  colla  Toscana  deri-  di  Gregorio  XIH,  il  quale  pel  i.°  l'aprì 
vanii  dalle  strane  vicende  di  Bianca  Cap-  egli  stesso  in  Piomn,  e  da  alili  nello  stato 
pelle».  Se  per  una  serie  di  slravagnnli  e-  papale.  Quanto  a'visitatori  deputali  nel 
venti,  una  figlia  d'un  nobile  veneziano,  dominio  veneto,  narra  l'annalista.  Pro- 
rinnovando  l'esempiodella  figlia  del  doge  seguendo  Gregorio  XIII  in  Italia  le  sagre 
Pietro  Orseolo  II,  della  Tommasina  Alo-  visite,  deliberò  di  non  lasciarne  priva  di 
resini,  della  Costanza  sua  sorella,  della  tal  soccorso  l'inclita  città  di  Venezia.  La 
Caterina  Cornaro  chiamate  al  talamo  di  qual  cosa  quanto  più  efficace  pareva  per 
principi  forestieri,  si  vide  Bianca  Cappel-  l'aiuto  delle  anime  e  per  la  gloria  di  Dio, 
lo  assunta  al  trono  di  Toscana,  ma  per  con  tanto  maggior  ostinazione  e   mali- 
via  riprovevole  e  tutto  allatto  diversa;  gnità  l'antico  avversario  vi  si  oppose;  il 
quanto  l'innalzamento  di  quelle  fu  di  che  per  lunga  esperienza  di  simili  cose 
lode  atl  esse,  al  casato  e  alla  repubblica,  antivedendo  il  Papa,  benché  al  suo  nun- 
altrettanto  la  fortuna  transitoria  di  Bian-  zio  di  Venezia  Alberto  Bolognetti  vesco- 
ca  Cappello  fu  di  biasimo  e  di  scandalo  vo  di  Massa  e  Populooia  poi  cardinale, 
universale.  Siccome  per  non  inlerrom-  senza  compagnia  di  altri   potesse  com- 
pere la  breve  e  generica  narrativa  delle  mettere  tal  cura  (come  fece  Pierbenedet- 
riferite  cose,  sorpassai  l'epoca  di  cui  qui  li  vescovo  di  Martorano  e  poi  cardinale, 
ragiono, ad  essa  retrocedo.  —  Frattanto  nunzio  in  Savoia,  e  l'eseguì  per  lutti  i 
con  reale  magnificenza  venne  corte""iata  confini  della  nunziatura:  mentre  furono 


"ori 


pegli  stali  della  repubblica  Maria  d'Au-  visitali,  il  Piemonte  dal  vescovo  di  Sar- 
chia primogenita  di  Carlo  V,  vedova  di  sina  Angelo  Peruzzi,ed  il  Monferrato  da 
I\Iassimiliano  II  e  madre  di  Rodolfo  II,  Carlo  Montigli  arcivescovo  d'Amalfi.  Il 
che  dilla  Germania  reeavasi  a  Aladritl  nunzio  di  Francia  Girolamo  Ragazzoni 
presso  Filippo  II  suo  fratello.  Avendo  vescovo  di  Bergamo,  fece  la  visita  nel- 
GregorioXIll  nelsuograii  zelojqual  su-  1  Alsazia  o  Lorena),  nondiajeno  per  mag- 
premo  Ge/-<7;ra,  determinato  di  tare  con  gior  soavità  consentì,  che  a  lui  si  aggiun- 
diligenza  visitare  possibilmente  le  chic-  gesserò  due  colleglli  veneziani  e  confi- 
.sc  e  luoghi  pii  (li  tutte  le  diocesi  della  denli  di  quel  dominio.  L'uno  fu  Agosti- 


V  E  N 
no  Valeiio  o  ^  alier,  vescovo  di  \eron.T, 
l'altro  Federico  Cuinnro  ve>covo  di  Pa- 
dova, ambi  poi  caidiiiali.  Di  più  e!)be 
per  bene,  che  prima  di  cominciaisi  la  vi- 
sita  s")  per  convenieuza  e  s^i  peiolleneie 
ne'  bisogni  l'aiuto  secolare,  il  nunzio  ne 
facesse  motto  alla  signoria.  Mn  come 
spesso  avviene,  qnel  mezzo  che  si  tenne 
per  agevolare  il  negozio,  In  rese  più  ar- 
duo e  più  impedito;  poiché  il  doge  da 
Ponte,  alla  presenza  de'suoi  consiglieri, 
prendendo  la  cortesia  perdeliito  e  la  de* 
niinzia  [)er  domanda,  subitamente  sog- 
giunse al  nunzio,  ch'egli  non  poteva  ciò 
determinare  da  se,  ma  se  ne  parlerebbe 
in  consiglio  e  poi  si  darebbe  la  risolu- 
zione. La  quale  risposta  non  parendo  al 
Bolognetti  conforme  né  alla  proposta  sua, 
né  all'intenzione  del  Papa,  indarno  si 
affaticò  di  spiegarsi  meglio;  puichè  dal 
doge  e  suoi  assistenti  fu  con  gagliarda 
istanza  costretto  a  soprassedere  sino  a 
più  matura  consulta,  la  quale  ddazione 
portò  seco  tuttavia  maggiore  difficoltà, 
luìperocchè  divulgala  in  un  tratto  l'in- 
tenzione del  Papa,  conlio  il  sistema  tiel 
segreto,  quelli  die  per  la  macchiala  loro 
coscienza  erano  amici  di  tenebre  si  po- 
sero a  muovere  ogni  pietra,  ed  a  far  coa- 
tro questa  santa  opera  tante  pietiche  e 
tali,  che  agitata  in  pubblico  e  in  privalo 
la  cosa  più  volte,  ardilan)ente  si  ragio- 
nava :  Che  essendo  i  veneziani  e  per  an- 
tico istituto  e  per  naturai  condizione  lau- 
to alieni  da  novità,  e  non  essendo  stata 
per  i  tenipi  addietro  la  loro  Chiesa  vi- 
sitata giammai,  non  vi  si  potrebbe  ora 
metter  mano  senza  grave  alterazione, 
tanto  più  non  offrendosi  perciò  cagione 
alcuna  straordinaria  ;  anzi  vivendosi  al 
presente  con  più  modestia  e  con  più  «li- 
vozionedel  solito:  vedersi  a'giubilei  con- 
corso di  gente  grandissimo;  a'tocchi  del- 
l'Ave Maria  un  popolo  così  numeroso, 
eziandio  ne' luoghi  più  frequentati  e  più 
celebri,  tutti  inginocchioni;  delle  quali 
ed  olire  sifl'alte  osservanze  in  generale 
potersi  giustamente  appagare  il  Sommo 


V  E  IV  4 1  3 

Pontefice,  avrebbe  poi  in  altre  cose  di 
non  n)olta  importanza  a  tollerare  beni- 
gnamente alcuni  particolari  difetti.  Oltre 
a  ciò  essere  impresso   negli  animi  della 
moltitudine,  che  questa  esenzione  di  vi- 
site concernesse  alcuna  parte  di  liber'à, 
la  quale  siccome  pel  passato  erasi  sent- 
pre  mantenuta  intera  ed  illesa,  così  per 
l'avvenire  colla  vita  e  col  sangue  si  aves- 
se a  difendere;  senza  dubbio  tentarsi  con 
siffatte  pretensioni  la  pazienza,  ed  avvi- 
lirsi la  maestà  del  dominio  ;  non  essendi) 
costume  di  celebrare  tali  riforme,  do^e 
atlualnìcnte  risiede  la  corte  e  la  personii 
del  principe.  E  forse  non  godere  la  re- 
pubblica veneta  per  antichissimo  posses- 
so de' privilegi  e  titoli  delle  teste  coro- 
nale? (e  gli  altri  stati  che  ho  nominati) 
non  erano  corone?)  E  insistendo  anche 
più  oltre  la  ragione  di  stato,  afTermavano 
che   permettendosi  quell'atto  nel  cuore 
dell'impero  loro,  molto  più  liberamen- 
te si  eserciterebbe  poi  nelle  parti  remo- 
te e  massime  di  Levante,  come  già  si  era 
fatto  neir  Istria   e  nella  Dalmazia   con 
evidente  pericolo  d'  irritare  il  turco,  o 
almeno  di  muovere  il  patriarca  greco  di 
Costantinopoli  a  visitare i  paesi  medesimi. 
E  quando  anche  tali  rispetti  cessassero; 
che  altro  essere  il  visitare  gli  ecclesiastici 
di  Venezia,  che  lo  scuoprire  le  vergogne 
e  le  piaghe  di  tanti   sacerdoti  e  religiosi, 
raccomandati  alla  protezione  della  nobil- 
tà, le  quali  in  ragione  di  amicizia  e  anche 
di  edificazione,  si  avrebbero  pitiltosto  a 
mantellare  ed  ascondere  ?  E  (piando  pur 
vi  fosse  necessità  di  questa  cotanto  armala 
e  insolita  medicina,  potersi  nel  numero 
di  tanti  chiarissimi  senatori  deputare  3 
commissari  (secolari?  !)  ad  ascoltare  ed  a 
quietare  le  discordie  e  le  querele de'preli 
e  de'inonaci,  senza  che  persone  slranieie 
si  avessero  a  ingerire  nelalti  loro;  ed  in 
ogni  caso  non  mancare  in  Venezia  il  pa- 
triarca, prelalodi  tanta  gravità, ed  eletto 
dalla  signoria  medesima,  olla  cui  diligen- 
za, segreto  e  bontà  simile  ufficio  sicura- 
mente si  potrebbe  (Idaie.  Tali  discorsi  a- 


44  VEN  VE^' 

tluiique  tarilo  ne'circoli  e  nelle  case  pii-  di  Dio,  che  (|iianlo  vole^^a  inlraprentler- 
vate,  come  nelle  coiigiegazioiiipubbliclic  si  eia  in  servigio  di  Dio,  sembrare  slia- 
si  facevano,  cercando  alcuni  di  vantaggio  no  voleisi    impedire,   considerandosi  iu 
di  persuadere  al  senato,  che  lutti  quesli  lui  modo  esser  Gregorio  XllI  Papa  ftior- 
movimenli  nasces«iero  dalla  poca  aliezio-  clic  a  Venezia,  e  protestando  non  voler 
ne  di  Gregorio  XIII  verso  la  patria  loro;  in  modo  alc(Mio  a^er  parie  in  cos'i  dele- 
a' quali  sospetti  aggiungendosi  quinci  le  stidjili  pensieri,  né  discostarsi  punto  dal- 
continue  preghieree  istigazioni  di  perver-  la  dovuta  divozione  alla  s.  Sede;  suppo- 
si clienti,  quindi  la  perseverante  istanza  nendo  la  i."  cosa  che  non  solo  il  resistere 
«lei  nunzio,  vennero  ad  esacerbarsi  gli  ani-  apertamente  a  tale  azione,  mail  metter- 
mi di  maniera,  che  si  trattava  di  far  chiù-  la  in  dispula  e  in  dubbio,  fosse  cosa  elu- 
dere le  porte  de'luoghi  sagri  in  faccia  di  pia  ed  ingiusta;  poiché  il  Papa, maestro 
chi  volesse  tentare  la  \isita  ;  ed  un  giorno  unixersale  e  ricafio  di  Cristo  in  terra, 
in  collegio  loslesso  doge  accennando,  che  non  pretendeva  di  far  visitare  uè  il  col- 
disgustati  dalla  Chiesa  Ialina  passerebbe-  legio,  ne  il  senato,  uè  l'Arsenale,  né  i  tri- 
ro  alla  greca  (scismatica  :  un  principe  ita-  bunali,  o  simile  altro  membro  della  re- 
liano!  con  una  eletta   porzione  d'Italia!  pubblica,  ma  gli  ecclesiastici  a    lui  solo 
Quanti  comn-.enli  si  potrebbero  fare!  Non  iiuniediatamente  sottoposti,  di  modochè 
hocuore:degraderei  ilnobileargomento),  non  gli  bisognava  né    conveniva    perciò 
e  da  quella  piglierebbero  i  sagramenli;in-  ricercare  il  beneplacito  né  l'approvazione 
di  in  |)rogressodi  parole,  non  senza  dolo-  d'alcimo,  ma  sì  bene  cristiana  sommis- 
le  de'buoni  e  veri  cattolici,  e  per  suo  pen-  sione  e  pronta  ubbidienza  (ma  questo  pe- 
timenloe  vergogna  pioruppein  quel  prò  rò  non  voleva  riconoscersi  seuonquan- 
fano  verso:  FLcctere  si  nccjuto  Siipcro.s.  do  faceva  comodo  alla  repubblica,  come 
Achcronia  ino\>ebo!  (Egli  era  dotto,  ed  a  suo  vantaggio  icnporre  gravezze  e  de- 
era  statoal  conciliodi  Trento, quindi  non  cime  a!  clero!).  11  non  esser  mai  stillavi- 
dovea  ignorare  i  deci  eli  fatti  nelle  sessio-  sitata  fin  dalla  sua  origine  Venezia,  ar- 
ni 2  1  col  e.  8,  e  24  col  e.  ?),  sulla  ingiun  guire  quanto  tale  idfizio  fosse  necessario 
zione  della  l'isila  ddÌQ  diocesi  da  farsi  e  opportuno,  dovendosi    credere    chela 
àa' /  cscovi,  con)e  delegati  della  s.  Sede,  Disciijlijin  ecclesiastica  (us^t  \>eióoiaoì- 
ogni  anno,  almeno  pel  vicario    generale  lo  allargata  e  trascorsa.  E  quando  pure 
o  altro  visitatore  particolare.  Non  essen-  si  discoprisse  il  coalrario,  tanto  più  cara 
do  questa  l'introduzione  d'una  nuova  di-  doveva  loro  essere  questa  esaminazione  ; 
.sciplina,ma  la  prescrizione  d'eseguire  l'è-  poiché  per  essere  illustrali  i  meriti  del- 
sisteute,  nel    sagrosauto   concilio  certa-  ì'Oidine  sagracele  virtù  senza  dubbio 
mente  si  saranno  esaminali  prima  i  de-  cederebbero  in  lode  e  iu  reputazione  di 
creti  relativi  de'  precedenti  concilii,  uno  tutta  la  coiriunilà.  Che  al  patriarca  la  cu- 
de'  più  antichi  essendo  quello  di   Braga  ra  si  delegasse,  la  ragione  e  l'esperienza 
del  072.  Persino  de'luoghi  esenti  e  degli  noi  consentire;  perchè  mettendosi  gli  or- 
studi  generali  !)  E  negli  aringhi  che  dì  e  dinari  a  simili  discussioni  ed  esami,  in- 
notle  nel  Pregadi  si  facevano  sopra  que-  corrono  spesso  nell'offesa  e  nell'odio  di 
sia  materia,  infusavi  nuovamente  contro  principali  persone  con  gravi  disturbi  e 
gli  antichi  instiluti  una  inesperta  e  fer-  travagli  del  governo  personale  (massime 
"vida  giovenlù,  si  udivano  le  stesse  inique  nell'aristocratica  Venezia),  cosa  che  non 
denunzie  con  disperale  voci  di  non  per-  avviene  a'  prelati  non  ordinari,   i  quali 
mellere  in  modo  alcuno  la  sagra  visita,  e  siccome  fitto  l'ufllzio  loro  subito  pai  to- 
seguisse  ciòche  volesse.  Esclamavano  pe-  no,  così  ponno  e  più  sicuramente  accet- 
lòall'  iucunlro  i  piìi  prudenti  e  Umorali  tarlo  e  più  compitamenle  esejjuirlo.  Per 


VEN 

quello  poi,  che  toccava  al  rispelto  dovu- 
to alle  residenze  de'priticipi,  non  appai  i- 
le  per  qual  cagione  la  picsenza  de' do- 
minanti avesse  a  defraudare  i  popoli  d'un 
COSI  onesto  e  desiderabile  giovanienlo:  e 
se  all'uso  do\ea  guardarsi,  essere  slata  di 
fresco  visitala, per  lacere  di  allre,da  vesco- 
vi forcstieriOeiiova  eFirenze,  e  nello  stalo 
diMilano  da  un  prelaiodel  sanane  veneto 
l'islessa  città  ducale  (che  allora  si  gloria- 
va d'avere  ad  arcivescovo  inodello  un  car- 
dinal S.Carlo  Corrooieo).  Quanto  al  pe- 
ricolo, se  le  chiese  orientali  si  toccassero, 
di  commuovere  il  turco  e  il  patriarca  gre- 
co, con  somma  tranquillila  essere  slata 
ullimamentesugli  occhi  di  Costantinopo- 
li visitata  e  rifunnala  la  c(donia  di  l'era 
(pel  vescovo  di  Nona  Pietro  Ceiiolino, ol- 
tre altri  luoghi  e  diocesi  compresi  nell'im- 
pero oltoniano,  inclusivamente  alla  Bo- 
snia di  cui  fu  visitatore  Eonifacio  vesco- 
vo di  Slagno,  di  tutto  parlandone  il  I\ìaf- 
fei;  anzi  Gregorio  XIII  pel  suo  mirabi- 
le zelo  tentò  di  guatlaguare  e  ben  di- 
sporre a  rientrare  nell'unico  porto  di  sa- 
lute ch'è  la  Chiesa  cattolica.  Geremia  pa- 
triarca di  Costantinopoli  scismatico,  illu- 
minandolo dalle  trame  de'teologi  eretici 
di  Tubinga,  che  volevano  trarlo  al  I<ji'o 
partito  ed  errori  per  farne  un  antipapa; 
così  Gregorio  XIII  potè  aver  la  gloria 
d'aver  fatto  eseguire  canonicamente  la 
sagra  visita  episcopale  in  Costantinopoli, 
cosa  tanto  inutiln.enle  desiderala  da  Eu- 
genio IV.  che  nel  concilio  di  Firenze  a vea 
riunito  alla  Ialina  colla  Chiesa  greca  l'im- 
peratole, e  invano  vagheggiala  da'  suc- 
cessoli), non  che  nelle  maiemme  Adria- 
tiche I'  Istria  e  la  Dalojazia  (  questa  dal 
nominato  vescovo  di  Verona  Valei  io  h'ut- 
luo>amenle;eda  Alessandro  Coinoli  cano- 
nico di  Zara  con  due  geniti  i  cristiani  del- 
l' Epiro  e  d'allre  parti  di  Dalmazia;  con 
fll(|uanti  ges^uili  Ragusa,  e  vane  parli  del- 
l' Illirio  soggelle  a'  turchi;  e  la  città  di 
Scio  da  un  domenicano  e  da  un  france- 
scano); e  procedendosi  colla  slessa  circo- 
spezione e  destrezza  doversi  ragioncvol- 


V  E  i\  4  I  5 

mente  sperare  lieto  successo  nelle  rima- 
nenti Provincie.  L'animo  del  Papa  verso 
i  veneziani  potersi  chiaramentecnmpren- 
dere  non  solo  dalle  grazie  in  vari  casi  e 
tempi  concedute  a  richiesta  (in  parie  l'e- 
numerai di  sopia,  e  di  più  qui  ricordo  il 
liferilonelg  VI,  n.  2,  l'aver  coiilribuilo 
air  erezione  del  seminario  ducale  perciò 
chiamato  Grtgoriano  j  e  poi  crcòcardi- 
nali  due  patrizi  veneziani  Michele  deli.» 
Torre  d'Utìine,  e  Agoslino  Valerio  veiic- 
lo) ;  ma  eziandio  dalla  spoulanea  fresca 
missione  del  nunzio  Capilupi  (probabil- 
mente rjuello  ch'era  slato  nunzio  di  \'e- 
uezia  e  su  nnoininalo,  per  esser  manlo- 
vano)  al  duca  di  INlanlova,  e  dalla  con- 
tinua sollecitudine,  con  che  Sua  Santità 
procurava  dì  assicurarli  mediante  una 
sagra  lega  dall'ingiurie  e  dalle  minacce 
dell'ottomano.  Anzi  ila  questa  medesima 
riveduta, ch'egli  intendeva  di  fare,  poter- 
si da'  non  appas>ioiiati  cono>ceie  la  pa- 
terna carila  di  Gregorio  XIII  in  preveni- 
re quegli  ullizi  che  ila  loro  in  ragione  di 
buon  governo  dovrebbero  essere  ricerca- 
ti umilmente,  o  almeno  con  ogni  stuilio 
abbracciati  e  promossi;  e  specialmente 
divulgata  già  la  fania  di  tale  impresa,  la 
quale  non  si  poteva,  nèsi  doveva  in  alcun 
modo  lasciar  imperfetta  ;  uè  permetleie 
che  gli  ecclesiastici  male  disciplinati  ne 
trionfassero,  con  restare  chiusa  per  sem- 
pie  la  porta  alTemenda/ione  de'costumi 
in  una  cillà,  dove  i  casi  una  volta  segui- 
ti si  tengono  comunemente  non  come  c- 
senipi,  ma  come  leggi  e  oracoli.  Di  <pie- 
sto  modo  si  conteso  buona  pezza  tra  le 
due partiecon  tal  veemenza, cheper mez- 
zo degli  agenti  diplomatici  di  varie  na- 
zioni e  potentati  ne  volò  il  grido  per  0- 
gni  lato,  e  destò  i  cuori  massime  delle 
persone  grandi  all'espeltazione  dell'esito. 
Ed  ahiplificandosi  tuttavia  sopra  il  vero 
le  relazioni,  già  in  alcuni  luoghi  correva 
falsa  voce,  che  i  veneziani  si  fossero  pnb- 
blicamcnle  separati  dall'unione  e  dall'au- 
torità della  romana  Chiesa.  Onde  Gre- 
gorio XIII  d'instancabile  zelo  e  d'invitta 


4i6  VEN  VEN 
toslaiìza,  risoluto  ili  smeiilire  si  ;il>l)on»i.  ce.  Lorenzo  Ciiinpeggi  alftìzioiialo  alia  l'P- 
nevoli  rutiioii,e  di  non  perder  punlo dulia  pul>hlica,  questi  disse  essere  iiitenzìooato 
SUR  dignità, edi  mirare  in  viso  le  paure  che  di  continuar  la  vis:ta,  però  escludendone 
segli  facevano, dopo  di  averepermolti  or-  il  vcscovodi  Padova,  troppoamicoal  pre- 
dinari conHne<so  al  l'olognetli,  cliest'iiza  cedente  nunzio,  dichiarava  farsi  sempre 
liarlnogoa  più  scuse,  nèdilazioni,con,Mi-  accompagnare  dal  vescovo  di  Verona, moì- 
ciasse  la  visita,  finalmente  per  espresso  lo  intendente  e  pi'aticodi  silfatte  visite  e 
coirieicgli  comandò  con  tanta  severilà,  de'hisogni  della  città,  al  quale  lascierel)- 
clie  la  signoria  esi  lusa  da  ogni  speianza  he  tutto  1'  incarico  rimettendosi  nel  giti- 
di  pretesto,  e  meglio  considerata  la  qua-  dizio  di  lui.  Il  collegio  rispose  con  una 
lilà  degli  allari,  cominciò  alquanto  a  pie-  scrittiu-a  in  cui  esprimeva  tenersi  mollo 
garsi;  della  (piale  inclinazione  valendo-  soddisfatto  del  suo  procedere  e  della  slir 
si  fra  gli  alili  Jacopo  Soranzo  e  Alvi>e  ma  che  faceva  del  vescovo  di  Verona,  al 
Zorzi  senatori  disoniina  autoritàe  di  non  quale  intendeva  lasciare  tutlorincarico,  e 
■volgare  elocjuenza,  fecero  colle  loro  arin-  in  questa  forma  potesse  pure  continuare, 
glie  lauto  movimento,  che  a  nome  dell'i-  restando  però  aflldata  al  patriarca  la  vi- 
slesso  Pregadi  In  assai  tosto  formato  e  sita  tieilc  monache.  Così  il  senato  a  fini- 
comunicato  al  nunzio  un  decreto,  nel  qua-  re  la  controversia  mostrò  piegarsi  in  gra- 
lecon  [)arole  piene  di  riverenza  e  ili  uS-  zia  della  persona  del  nunzio,  restando  pel 
sequiusi  rendevano  lutti  apparecchiati  ad  fallo  lutto  il  carico  al  vescovo  di  Verona 
accettare  la  visita  de' religiosi  e  de!  clero  ui  cui  la  repubblica  metteva  piena  confi - 
secolare  per  mezzo  del  medesimo  nunzio  denza.  Inoltre  deve  disapprovarsi  quali- 
e  del  vescovo  di  Verona,  mostrando  però  ficaio  l'eseicizio  della  suprema  pontificia 
desiderio  che  al  detto  vescovo  fosse  defe-  podestà  colle  parole:  Le  giiuisd  zioni  ce- 
rilo grandemente,  come  il  nunzio  avea  clesiastichedella  repubblica, setupreoco- 
promesso,  e  di  nuovo  prou>ise  di  fare.  E  pertamente  o  manifestameute  avversale 
parendogli  con  questa  conclusione  di  ave-  lia'Papi.  In  qualiuique  sovrano  del  mon- 
re  acquistato  non  poco  si  posealla  visita,  do  non  esiste  giurisdizione  ecclesiastica,  se 
e  in  modo  che  rptasi  del  tutto  se  nei  imet-  laico;  bensì  la  delegata  dal  Sommo  Pon- 
leva  al  Valerio.  Ma  il  Papa  siccome  facil-  tefice  o  per  privilegio,  o  per  Concorda- 
mente  in  questo  carico  avea  accettate  le  lo  di  Pace.  Pcgli  stessi  Benefìzi  ecclesia- 
scuse  del  vescovo  di  Padova,  Cornare,  e  .sdci  e  pe'  Padronati  occorre  nell'islitu- 
perciòdi  lIuc  soli  visitatori,  così  giudicali-  zione  il  consenso  e  l'approvazione  del  Pa- 
tio eccessiva  la  connivenza  e  l'interpreta-  pa  o  del  vescovo;  quindi  il  diritto  della 
zione  del  Bologuetli,  nel  rimettersi  lutai-  nomina  a'  benefizi  e  all'esercizio  del  pa- 
nienleal  Valerio,  sene  risentì  di  manie-  (lionato  deriva  da  tali  ecclesiastiche  au- 
ra, che  rivocalolo  con  celere  corriere  dal-  lorda.  Al  Sommo  Pontefice  non  si  può  re- 
la  nunziatura  di  Venezia,  gli  mandò  sue-  stringere  da  veruno  l'autorità  suprema), 
cessore  il  suo  proprio  e  comune  concilia-  III."  ad  invitare  i  due  visitatori  aposloli- 
diiio  Lorenzo  Campeggi,  il  quale  riccvu-  ci  alla  sua  cattedrale,  per  dare  esempio  a' 
lo  dalla  signoria  co'soliti  onori,  attese  \n  subordinali, fu  il  patriarca  di  Venezia  Gio- 
compagnia  del  Valerio  vescovo  di  Vero-  vanni  Trevisan.  Seguirono  i  pariochi,e 
Ila  concordemente  a  quella  spirituale  ras-  di  mano  in  mano  le  chiese  collegiale,  jno- 
segna  (dunque  none  esalto  l'asserto  d'ai-  nasten  e  conventi,  gareggiando  tra  loro, 
cono  storico:  Che  il  senato  resistendo,  il  non  senza  stupore  universale,  in  nioslrarsi 
Bolognelii  cominciò  a  far  da  se  solo  la  vi-  più  ubbidienti  e  piùrivereoti  a'miuislri  a* 
sita  (Il  s.  Francesco,  cosa  che  spiacque  al  postolici;  e  di  cjuesto  modo  la  sagra  visita 
Papo  e  fu  richiamalo,  venendo  in  sua  ve-  con  riparazione  del  culto  divine;,  cou  e- 


V  E  i\ 

slii'paziùne  J'invcccliiali  cibusi.  e  con  mol- 
(.1  consolazione  di  quelli  stessi,  che  oppu- 
gnala l'avevano,  fu  quielamente condotta 
il  fine,  ed  approvata  in  Pioma  dalla  sagra 
Congregazione  cardinalizia  della  Fisi- 
tu  apostolica,  per  la  cui  più  facile  e  perfet- 
ta esecuzione  ad  eterna  memoria  fu  poi 
pubblicata  colla  stampa.  Inoltre  Grego- 
rio XllI  nel  i583  ordinò  che  i  governi 
dell'  abbadesse  lutti  fossero  rislretti  ad 
un  triennio.  Così  lutto  riuscì  a  gran  van- 
taggio del  cullo  di  vino,  de'buoni  costumi, 
e  della  disciplina  ecclesiastica  ,  con  non 
piccula  gloria  del  magnanimo  Pontefice, 
il  quale  non  mancò  di  esortare  la  signo- 
ria (così  l'avesse  in  seguilo  tenuto  presen- 
te!) di  anteporre  la  religione  allo  stalo  ed 
a  qualsivoglia  altro  rispetto  umano.  11 
Corner,nelle  Notizie  sloriche  delle cìdese 
i'e«ez7V7/2r,  loda  i  due  visitatori  apostolici, 
per  averecon  saggezza  esaltamenteadem- 
pito  all'uHicio  loio  commesso,  i  quali  poi 
non  ebbero  che  ad  encomiare  la  diligen- 
za e  lo  zelo  del  patriarca,  e  ad  essi  ben 
corrisposero  la  morigeratezza  e  la  sana 
dottrina  del  clero  secolare  e  regolare.  Ec- 
co quanto  di  questa  visita  riporta  il  eh. 
nb.  Cappellelli:  Le  Chiese  d'' Italia,  Ve- 
nezia. Nel  i58i  furono  mandati  a  Ve- 
nezia da  Gregorio  XllI  due  visitatori  a- 
postolici,  il  nunzio  Campeggi  e  il  vesco- 
vo di  Verona  Valier,  acciocché  sulle  for- 
njeprescriltedal  recente  concilio  diTren- 
lo  ,  vi  esaminassero  i  costumi  del  clero, 
il  culto  delle  chiese  e  ogni  altro  punto  di 
ecclesiastica  disciplina.  Vi  si  Iraltennero 
Ire  me-i  ,  lasciando  gì'  illustri  prelati  un 
libello  esortatorio  al  veneto  clero,  dal  me- 
desimo storico  patrio  pubblicalo  nella  sua 
Storia  della  Chiesa  di  J'enezia.  In  bre- 
ve, intimarono  decreti  ed  esortazioni  a' 
patriarchi,  al  clero  complessivamente,  e 
alle  varie  chiese  della  città,  a  cui  sugge- 
rirono regole  generali  per  l'osservanza  del 
sagro  culto  e  delia  dovuta  riverenza  alle 
cose  sante.  Quindi  diressero  un  libretto 
di  esortazione  a  lutto  il  clero,  e  poscia  ne 
diressero  un  altro  a'chierici  do'due  semi- 

VOL.   XCII 


V  E  i\  4  1 7 

nari  e  delle  parrocchie.  A'palriarchi  co- 
mandarono di  radunare  ogni  anno  il  si- 
nodo della  diocesi;  di  stabilire  12  vicari 
ossia  visitatori  delle  chiese  parrocchiali 
per  esplorarne  i  disordini  e  procurarne  i 
rimedii  ;  di  scegliere  un  luogo  nel  centro 
della  città  per  accogliere  ad  udienza,  al- 
meno due  volte  la  settimana,  chiunque 
de'fedeli  avesse  avuto  bisogno  di  parlare 
a  loro;  dì  visitare  spesso  le  scuole  della 
dottrina  cristiana;  di  aver  cura  e  custodia 
delle  reliquie  de'sanli  e  delle  rendite  del- 
le chiese;  di  procurare  che  il  maestro  del- 
le ceremcnie  destinato  per  la  cattedrale 
sia  ben  istruito  ed  esperto  in  quelle,  ed  ab- 
bia altresì  l'incarico  d'insegnarle  agli  al- 
tri; di  allontanare  dalla  celebrazione  del- 
la s.  Messa  qualsiasi  sacerdote,  il  quale 
uè  ignori  le  ceremonie;  d'inspedire,  che 
i  parrochi  e  i  sacerdoti  tengano  nella  pro- 
pria casa  donne  sospette;  di  ridurre  alle 
norme  del  concilio  di  Trento  le  lasse  del- 
la sua  cancelleria,  acciocché  la  soverchia 
avarizia  del  cancelliere  e  de'uotari  fiscali 
non  sia  motivo  di  scandalo  e  di  lagnan- 
ze; d'invigilare,  perchè  i  canonici  assista- 
no diligenleniente,ed  alle  ore  dovute,  al- 
le sagre  uflìziature  del  coro;  di  proibire 
rigorosamente  il  questuare  de'poveri  di- 
vaganti qua  e  là  per  le  chiese,  [)arlicoIar- 
niente  in  tempo  che  vi  si  celebrano  i  di- 
vini misteri.  A'parrochi  raccomandarono 
la  sorveglianza  sui  preti  e  sui  chierici  del- 
le rispettive  chiese,  acciocché  non  inilos- 
sino  mai  vesliuienla  secolare->che,  ed  ac- 
ciocché particolarmente  si  astengano  a 
vcstibiis  coloris  ritbei,  albi  et  i'iolacci,  ne 
in  i'anitalis  et  siiperbiae  suspicioneni  in- 
cidant:  portino  la  tonsura  conveniente  al 
grado  loro,  e  facciano  uso  di  berretta  cle- 
ricale a  croce  (non  per  anco  se  n'era  ia- 
trodotto  l'uso  nella  Chiesa  veneta,  ed  a- 
doperavano  i  preti  un  berretto  sulla  for- 
ma 4'  quello,  che  adopetavano  i  patrizi 
veneziani  nelle  civili  magistrature):  spie- 
ghino al  popolo  frequentemente  le  verità 
della  fede:  dimorino  costantemente  nelle 
lispetlivc  parrocc!»ie:  osservino  nelle  sa- 
27 


4 1 8  V  n  N 

ere  i'uii7Ìoni  la  tlovuln  gravità  e  decenza 
e  silenzio:  non  si  aMwndonino  ad  eccessi 
d'avarizia  ne'funerali  de'roorli:  conservi- 
DO  la  pace  e  la  bnona  armonia  cogli  al- 
tri del  cleio  delle  lispeltive  lor chiese: in- 
vigilino sull'anfìniinislrazione  del  battesi- 
mo, che  per  la  necessità  è  conferito  tal- 
Tolta  dalle  ostetrici:  rileggano  ogni  mese 
ne'  capitoli  rispettivi  le  costituzioni  pa- 
triarcali sinodali,  acciocché  non  vadano 
mai  dimenticate  o  neglette.  Sui  molti  bi- 
sogni, che  v'erano  nelle  chiese,  dettarono 
saggie  regole,  trattando  distintamente 
della  decenza  e  del  decoro  per  custodire 
la  ss.  Eucaristia,  del  fonte  battesimale, 
delle  reliquie  de'sanli,  degli  altari,  della 
sagrestia  e  delle  sagre  suppellettili;  fissan- 
do un  termine  di  tempo,  entro  cui  rifor- 
mare e  supplire  a  tulli  i  difetti,  ed  impo- 
nendoallresì  una  pena  pe'trasgressori.Le 
forme  inoltre  vi  prescrissero  pe'  registri 
de'  matrimoni  e  de' battesimi.  E  a  tutte 
queste  prescrizioni  tengono  dietro  i  due 
hbretli  mentovali  di  esortazione  al  clero 
eda'chierici  seminaristi.  Nella  quale  esor- 
tazione al  clero  sono  di  mollo  onore  per 
la  chiesa  veneziana  di  quell'età,  le  lodi,  e 
vivamente  con  ogni  ddezione  congratu- 
landosi i  due  visitatori,  per  l'abbondanza 
e  riccliezza  delle  suppellettili,  ornamenti 
evasi  sagri  delle  chiese;  per  la  purità  del- 
la dottrina,  virtù  ed  erudizione  de'sacer- 
doti,  venerazione  e  ubbidienza  della  s.  Se- 
de,  cos'i  de'dotti  e  morali  religiosi;  per  la 
pietà,  carità  e  divozione  per  la  Sede  apo- 
stolica del  gregge,  e  dell'amore  di  questo 
pel  patriarca,  come  per  la  diligenza  e  af- 
fetto di  questo  per  quella  nel  ventenne 
suo  patriarcato,  commessogli  dal  princi- 
pe de' pastori  il  romano  Pontefice.  Non 
così  presto  però  si  appianò  altra  contro- 
versia mossa  dalle  rimostranze  del  sun- 
nominato Giovanni  Grimani  patriarca 
d'Aquileia  per  la  giurisdizione  suli^udo 
di  Tagello  nella  terra  di  s.  Vito,  e  di  cui 
il  senato  avea  annullata  una  sentenza,  co- 
me incompetente  a  tenore  del  trattato  del 
i445-  Ma  il  patriarca  recatosi  a  Roma, 


VE  N 
ricorse  aCregorio  XIII  con  terniitjl  poco 
misurali  versola  signoria, la  quale  dispia- 
centissima  inviò  nel  i58o  per  quello  ora- 
tore a  Roma  Leonardo  Dona.  Egli  si  a- 
doperò  con  tulio  l'impegno  in  difendeie 
le  ragioni  della  repubblica,  senza  effetto, 
perchè  il  Papa  rispondeva  non  essere  la 
causa  feudale,  perciò  la  signoria  non  po- 
terne esser  giudice,  Imitandosi  della  giu- 
risdizione del  la  chiesa  d'Aquileia  che  con- 
veniva devolvere  interamente  alla  s.  Se- 
de. Per  le  pretensioni  del  Grimani  sem- 
pre più  inasprendosi  l'tma  parte  e  l'altra, 
dicendo  il  cardinal  Santacroce  all'amba- 
sciatore, che  sarebbe  bene  accomodar  la 
cosa  acciò  non  si  facesse  grave,  e  senza 
aspettare  che  si  toccasse  alcuna  corda  che 
dispiacesse.  R.ispose  il  Dona  :  si  toccasse 
che  corda  volesse,  che  non  potrebbe  dare 
se  non  buon  suono.  Si  rimarcarono  le 
parole  del  cardinale,  per  quanto  poi  av- 
venne più  lardi  in  materia  di  giurisdi- 
zioni ecclesiastiche.  Bramò  il  Papa  d'e- 
saminar le  carte  dell'  investiture  del  pa- 
triarcato, al  che  il  senato  dopo  lunga  re- 
sistenza acconsentì  nel  luglio  i58i.  E 
quando  Gregorio  XIII  volle  pronunciar 
giudizio,  molte  furono  le  querele  e  le 
opposizioni  nel  i583  (nel  quale  anno  si 
recò  in  Roma  per  ambasciatore  Leo- 
nardo Priuli),  laonde  dichiarò  :  che  a- 
vendo  tentato  in  vari  modi  di  accomo- 
dar la  causa  tra  il  patriarca  e  la  signoria, 
intorno  alla  giurisdizione  civile  di  s.  Vito 
e  di  s.  Daniele,  ne'  quali  luoghi  sostene- 
va il  prelato  avere. mero  e  misto  impero, 
e  non  potendo  più  per  la  sua  cura  pasto- 
rale sopportare  ulteriore  dilazione,  com- 
metteva ad  una  congregazione  di  cardi- 
nali discuterla,  con  facoltà  di  procede- 
re, riservandosi  la  conferma  della  defini- 
tiva sentenza.  Sostenevano  il  Papa  nell'e- 
sercizio di  sua  autorità,  la  Spagna  ,  e  il 
cardinal  de  Medici  che  nel  1587  ili  venne 
Ferdinando  I  granduca  di  Toscana.  Ma 
Gregorio  XIII  cessò  di  vivere  prima  del- 
l'accomodamento  della  vertenza. — Aven- 
do introdotto  gloriosaraenle  l'utile,  del- 


YEN 
t,i  e  celebre  riforma  del  Calcinhirio,  Jie 
dal  suo  nome  fu  detto  Gregoriano,  a  ciò 
mosso  dal  bisogno  di  regolare  la  celebra- 
zione della  Pasqua,  e  di  far  corrispon- 
dere l'anno  civile  all'anno  tropico  sola- 
re, il  che  fece  con  togliere  ali  582  gior- 
ni I  o,  e  dopo  il  4  ottobre  saltare  immedia- 
tamente al  I  5,  gl'inglesi  e  i  tedeschi  (cioè 
alcuni  de'  protestanti  di  Germania  e  di 
Svezia)  tardarono  a  seguirla.  Cominciò 
dunque  la  riforma  dal  5  ottobre,  che  si 
contò  invece  pel  giorno i  5  del  mese  sles- 
so. I  greci  poi  non  volleio  adattarvisi,  e 
sudicio  il  patriarca  di  Costantinopoli  Ge- 
remia III  scrisse  una  lettera  al  doge  da 
Ponte,  nella  quale  si  lagnò  contro  l'inno- 
vazione, per  aumentare  soltanto  la  divi- 
sione fra  le  due  Chiese,  opponendo  la  sta- 
bilità de'dogmi  religiosi  a'calcoli  degli  a- 
stronomi.  Laonde  la  repubblica  per  evi- 
lare  ogni  motivo  di  disgusti  e  irritazione 
co'greci  suoi  sudditi,  co'quali  fu  sempre 
tollerante  ne'propri  dominii  (sino  a  la- 
gnarsi coll'ambasciatore  in  Roma,  che  le 
sagre  congregazioni  scrivendo  a' vescovi 
del  dominio  veneto,  chiamavano  i  greci 
non  (miti  Eretici,  Scismatici  e  con  altri 
attributi  indegni,  che  aumentavano  lalo- 
roavversione  a'iatini  e  la  divozione  a'iur- 
chi)  ,  impetrò  dal  Papa  che  i  medesimi 
suoi  sudditi  dell'  isole  greche  potessero 
continuare  nel  computo  dell'anno  nel- 
l'antica forma. Notai  nel  voi.  Lxxxyiii, 
p.i56,  che  tuttora  osservandosi  da'greci 
ortodossi  ed  eterodossi,  principalmente 
russi,  il  così  detto  Calendario  Giuliano, 
malgrado i  suoi  difetti  eia  confusioneche 
ne  derivi  ;  finalmente  si  conobbero  dal- 
la Russia,  e  ne  venne  quindi  la  risolu- 
zione di  riformarlo  con  introdurre  tra  i 
greci  il  cattolico  Calendario  Gregoria- 
no. Ora  qui  aggiungo,  che  Lamun  pub- 
blicò il  progetto  del  nuovo  Calendario  di 
Piussia,  però  tacciandovi  di  due  difetti  il 
CalendarioGregoriano:  i .°  nella  lunghez- 
za dell'anno  tropico  solare,  perchè  i  ma- 
tematici consultati  da  Gregorio  XIIF  ne 
ignoravano  l'esatta  sua  lunghezza  (fra'più 


YEN  419 

valenti  nell'ailronomia  che  si  consultaro- 
no, devesi  ricordarcGiuseppe  Molela  prò 
fessoredi  matematica  oll'univeisità diPa- 
dova), quale  si  è  ottenuta  al  principio  del 
corrente  secolo  XIX  dal  calcolo  delle  re- 
centi osservazioni  astronomiche;  1°  di  a- 
ver  soppresso  solo  10  giorni,  mentre  per 
rettificare  ilGiuliano se  ne  dovean  soppri- 
mere 12  neh  582  e  altri  3  ne'susseguenti 
4  secoli,  che  fanno  in  tutto  1 5  giorni  e  non 
I  3  come  fu  stabilito  nella  bolla  pontifìcia 
dell  58 1  (per  l'altra  soppressione,  onde 
impedire  la  rinnovazione deirerrore,d'un 
anno  Bìsestile'm  ogni  anno  secolare, me- 
no però  gli  anni  secolari  divisibili  per  4oo. 
I  greci  poi  perseverando  nell'antica  co- 
stumanza, massime  i  russi,  contarono  12 
giorni  di  meno  in  paragone  del  Calenda- 
rio Gregoriano,  e  poi  aggiunsero  l'altro 
errore  di  due  altri  giorni  per  essersi  da 
essi  fatti  bisestili  gli  anni  1  yooei8oo,che 
da  noi  si  fecero  comuni.  Di  qui  il  costu- 
me, che  hanno  i  russi  di  segnare  i  giorni 
col  vecchio  e  nuovo  stile,  quando  scrivo- 
no agli  esteri ,  ponendo  prima  il  giorno 
del  vecchio  stile  da  loro  seguito  ,  poi  i! 
giorno  del  nuovo  da  noi  osservato,  come 
per  esempio  7/ig  marzo).  Laonde  d.  [- 
gnazioCalandrelIi  direttore  del  pontifìcio 
osservatorio  astronomico  à^W  Università 
romana j  e  professore  d'ottica  e  astrono- 
mia nella  medesima,  pubblicò  a  p.  5g9 
del  Giornale  di  RomaiSSS  l'eruditoar- 
ticolo:  Sopra  due  pretesi  difetti  del  Ca- 
lendario Gregoriano.  In  esso  rende  ra- 
gione de'prelesi  difetti,  e  come  procedet- 
te la  riforma  dell'antico  Calendario,  epro- 
va che  doveansi  sopprimere  io  e  non  12 
giorni  come  pretende  l'autore  del  pro- 
getto russo  :  indi  conclude.  »  Dall'  epoca 
di  Giulio  Cesare  (riformatore  del  Calen- 
dario Fompilianoe  autore  del  Giuliano, 
giacché  in  mezzo  alle  armi  e  al  governo 
attendeva  agli  studi  astronomici  qualPora- 
tefìee  Massimo)  ^'^  anni  circa  prima  del- 
l'era cristiana,  fino  ah  582  epoca  della  ri- 
forma, risulta  dal  calcolo  essere  l'avanza- 
mento dell'equinozio  di  giorai  r3.  Dal- 


42U  V  L  N 

r  tquiiiozio  fissato  da  Giulio  Cesare  nel 
giorno  iDtIi  marzo,  ravanzamcnlo  sa  rei)- 
he  stalo  di  giorni  i^.  Ma  nella  riforoia 
Gregoriana  non  si  partì  dall'equinozio  di 
Giulio  Cesare  (ecco  l'equivoco  in  cui  fiiol- 
ti  sono  caduti),  ma  bensì  dall'  equinozio 
del  325,  il  quale  cadeva  prossimamente 
nel  giorno  2  i  di  marzo  (in  quel  giorno  e 
anno  fissalo  stabilmente  dal  concilio(li.\i- 
cea,  celebrato  nello  slesso  325);  dunque 
il  difetto,  o  per  dir  meglio,  ravanzameuto 
dell  equinozio  era  di  giorni  1  o,  quanti  ap- 
punto ne  furono  soppressi  ".  Il  Rodotà, 
Del  rito  greco  in  Italia,  t.  3,  p.  233  e 
seg.,  parla  del  Calendario  Gregoriano  ac- 
cettalo da'  greci  di  Malta,  non  per?)  da 
que' di  Ajaccio;  ed  a  p.  1 5o  rderisce, 
quali  strani  avvenimenti  furono  ostacolo, 
che  il  CalendarioGregoriano  non  si  accet- 
tasse dalla  nazione  greca.  —  Morto  Gre- 
gorio X  111  a'  1  o aprile  I  585,  dopo  i  3  gior- 
ni gli  successe  Sisto  V  Peretti  di  Montai - 
to,  che  nel  i556  era  stalo  reggente  de' 
suoi  minori  conventuali  di  Venezia  nel 
convento  di  s.  Maria  Gloriosa,  ed  insie- 
me inquisitore  del  s.  Ufljzio.  Perciò  la  re- 
pubblica si  alTrellò  a  mandargli  i  soliti 
ambasciatori  di  ubbidienza,  per  cotnpii- 
nientarlodi  sua  csalt3zione,e  ricevere  con- 
sigli nelle  sue  deliberazioni,  ne'senatori 
Giacomo  Foscarini  e  Marc'Antonio  Bar- 
baro procuratori  di  s.  Marco,  Marino Gri- 
niani  e  Leonardo  Donalo,  i  quali  ebbero 
beta  e  benevola  accoglienza.  Si  apprende 
dal  p.  Tempesti,  Storia  della  vita  e  gesta 
di  Sisto  f'^,  che  entrarono  in  Roma  ve- 
stili di  lungo  paludamento  di  velluto  ne- 
ro, e  furono  accolti  dalla  nobiltà  roma- 
na e  da'genliluomini  de'cardiuali  su  ca- 
valli  nobilmente  bardati  alla  solita  lilla 
di  Papa  Giulio  HI,  ove  riceverono  i  pri- 
mi consueti  complimenti;  e  di  là  accom- 
pagnati dalle  guardie  svizzere  e  de' ca- 
valleggieri,  giunti  alla  porta  del  Popolo, 
ivi  il  maggiordomo  del  Papa,  con  alcu- 
ni vescovi  assistenti  al  soglio  e  altri  pre- 
lati, in  nome  di  Sua  Santità  si  consolò  del 
loro  prospero  arrivo,  e  quindi  collocalo 


V  E  IV 

ogni  ambasciatore  io  mezzo  a  due  vesco- 
vi, entrarono  nella  cillà,  die  trovarono 
come  in  trionfo  di  giubilo,  secondo  il  pra- 
ticato neir  ambascerie  straordinarie,  es- 
se lulo  pure  accompagna  li  dall'oratore  or- 
dinario Lorenzo  Priuli  senatore  fino  al 
suo  palazzo.  Da  questo  nel  dì  seguente,  e 
vestiti  di  velluto  rosso,  con  lutto  il  treno 
degl'  Ingressi  solenni  in  Roma,  si  reca- 
rono nel  palazzo  Valicano,  e  nella  sala 
regia  si  prostrarono  a'  piedi  di  Sisto  V, 
ch'era  in  concistoro  e  circondalo  da  27 
cardinali.  Accolli  dal  Papa  con  egregie 
dmiostrazioni  di  benevolenza  distinta,  li 
creò  cavalieri  ilello  speron  d'oro.  ludi  Si- 
sto V  concesse  alla  repubblica  di  poter 
applicare  la  3.*  parte  de'beni  ecclesiasti- 
ci (cioè  delle  rendile  e  per  determinalo 
tempo)  di  tutlo  il  serenissimo  dominio, 
per  mantenere  l'armata  navale  contro  i 
pirati  che  infestavano  l'Adriatico  e  tener- 
si in  guardia  dai  turco,  sul  quale  mai  si 
poteva  fidare  ad  onta  de'traltali.  Di  piìi 
concesse  a' veneziani  l'onore  perpetuo  che 
un  loro  individuo  sedesse  nel  cospicuo  tri- 
bunale della  s.  Rota  romana.  E  la  repid)- 
blica,  per  vicendevole  gratitudine  scrisse 
nel  libro  d'oro,  aggregò  al  patriziato  e  di- 
chiarò senatori  i  di  lui  nipoti  cardinal  A- 
lessandro  e  marchese  Michele  Pereti!.  11 
Bernino,  Del  tribunale  della  s.  Rota  Ro- 
mana, parlando  a  p.  52  degli  uditori  di 
rota  nazionali  ,  riferisce  di  leggersi  ne' 
Diari  Rotali ,  scritti  dal  veneto  uditore 
Oltoboni  ,  poi  Alessandro  Vili:  «  Aver 
conceduto  Sisto  V  a'  veneziani  ,  circa  il 
I  586,  la  nominazione  di  4  dottori  nazio- 
nali,  uno  de'quali  eleggere  poi  ne  doves- 
se il  Papa  auditore  di  rota,  in  decora- 
mento  e  vantaggio  di  quella  bunenierita 
repubblica.E  forse  noi  non  anderemo lun- 
gi dal  vero  se  diciaruo,  che  tal  privilegio 
concedesse  allora  (pie!  Pontefice  a'  vene- 
ziani, quando  con  il  nolo  scisma  separa- 
tasi r  Ingliilteria  dalla  Chiesa  romana, 
perdesse  colla  fede  l'honore  di  haver  un 
inglese  in  questo  tribunale,  onde  vacan- 
done il  posto,  ad  esso  subentrasse  per  in- 


V  E  N 
(liilgeiizii  <li  Sisto  V  il  veneziano".  Poco 
dopo  il  senato  profiltanJo  del  privilegio 
propose  a  Sisto  V  4  soggetti,  ed  il  Papa 
facoltizzò  il  tribunale  della  s.  Rota  a  sce- 
gliervi l'uditore,  e  leslò  eletto  a  pieni  vo- 
li Francesco  Manlica  di  Pordenone,  che 
atiunesso  neh  586  divenne  cardinale  nel 
I  5f)6.  Dipoi  diiò  che  dall'uditorato  a- 
sceso  al  cardinalato  e  al  trono  pontifìcio 
Clemente  XI il,  il  quale  emanò  il  breve 
di  conferma  ed  estensione  di  questo  pri- 
vilegio, In  hoc  gravissimo,  òq'  io  gen- 
naio r  761  e  diretto:  Dilecds  Filiis  no' 
hilibus  viris  Duci.'!,  et  Rcipiihlicae  lene- 
liariim,  presso  il  Bull.  Reni.  cont.  t.  7., 
p.  4":  Locuiii  in  sacrae  Romauae  Rotae 
auditorio,  quod  Sixtus  V,  Reipuhlicae 
T'enelae  concesserai, prò  uno  ex  f'ene' 
lis  Juris  utriiisquc  dociorihus  ,  a  Rcpii- 
[dica  praesentandis,  et  a  Romano  Pon- 
ti fi  ce  eligendo,  conjirmat,  et  indulge t, 
ìli  futuris  vacationilius  ,  unum  tantum 
ììobilem,  vel  honeslum  \'enetum  Cù'eìii, 
utranue  laurea  donaluin,  praescntare 
deheat  Respublica  ipsa.  In  esso  il  Papa 
chiama  Venezia  :  Noslraqiie  carissima 
patria,  avitae  Religionis relinentissima, 
posse  aliquando  bcìwmereri.Yi  dice,che 
egli  dalla  repubblica  proposto  nella  qua* 
terna  a  Benedetto  Xlll,  questo  l'anno- 
verò tra  gli  uditori  di  rota  (a\i2  novem- 
1)1  e  1729),  ed  a  lui  avendo  alla  vacanza 
dell'uditorato  fatto  altrettanto  il  senato, 
scelse  Giovanni  Cornaro  (che  poi  dichia- 
rò uditore  a'6  marzo  I75():  lu  vicario  di 
s.  Marco  di  Roma  del  veneto  litolare  car- 
dinale Antonio  iMaiuio  Priuli,  poscia  di- 
venne Governatore  di  Roma,  indi  car- 
dinale, e  allora  disse  quel  mollo  arguto 
sul  proprio  cognome  contro  il  successore 
Ferdinando  Spinelli,  the  riportai  nella 
biografia  di  cpiesto).  L'estensione  del  pri- 
vilegio  per  l'uditore  di  rota  nazionale  con- 
cessa da  Cleaienle  Xlll,  fu  la  nomina  del 
medesimo  aL\:oida(a  alla  repubblica,  da 
approvarsi  dai  Papa,  ed  il  senato  pel  i.° 
nominò  Luigi  Flangini  vedovo,  approva- 
lo da  Cleiuculc  XIV  e  fallo  uditore  da 


VEN  4^1 

Pio  VI.  L'ultimo  uditole  di  rota  nazio- 
nale veneziano  fu  l'illustre  prelato  vene- 
to Giovanni  Priuli,  presentato  dalla  re- 
pubblica a  Pio  VI,  e  da  questi  ammesso 
nel  tribunalea'16  novembre  i  790.  Si  tro- 
vò alla  caduta  della  repubblica,  alla  tle- 
portazione  di  Pio  VI,  all'elezione  di  Pio 
VII,  ma  tornato  con  esso  in  Roma  poco 
dopo  mori  il  i  °  dicembre  1 80  1  nella  flo- 
rida età  di  circa  89  anni,  compianto  au- 
che  per  le  sue  virtù.  Fu  sepolto  nella  chie- 
sa di  s.  Marco  di  R.oma,  ove  il  fratello 
presso  la  sagrestia  eresse  una  lapide  mar- 
morea, sovrastala  dallo  stemma  gentili- 
zio, e  vi  lessi  l'elogio:  Plus  Comis  Sapiens. 
K  inai  nell'articolo  Uditori  di  R^ota,  che 
anco  Milano  per  privilegio  del  suo  cou- 
ciltadino  Pio  IV  presentava  al  Papa  l'u- 
ditore di  rota  nazionale,che  l'eruditissimo 
milanese  Piazza  sostiene  ch'era  pure  per 
lulta  la  Lombardia  (l'ultimo  fu  Giovan- 
ni Piestn  di  Milano,  ammesso  a'26  feb- 
braio 1782,  che  sebbene  divenisse  deca- 
no del  tiibunale,  Pio  VII  non  [iole  crea- 
re cardinale  per  esser  sialo  depoilalo  nel 
luglio  1809  ,  e  durante  la  prigionia  del 
Papa  morì  il  prelato).  Divenuto  l' impe- 
ratore d'Austria  signore,  oltreché  del  Mi- 
lanese, anche  di  Venezia  e  sue  provincie, 
piesenlò  un  [ìrelaloper  l'uditoralo  traeii- 
dolo  dalle  sue  provincie  italiane  Loni- 
bardo-Venele,  anzi  dal  Veneto,  quando 
ciò  fece  con  mg."^  Pietro  de  Silvestri  di 
Rovigo,  ammesso  da  Gregorio  XVl  nel 
tribunale  a'4  luglioiBjb,  e  si  disse  udi- 
tore deiriui[)ero  d'Austria:  divenuto  de- 
cano, il  regnante  Pio  IX.  merilamenle  lo 
ha  crealo  cardinale  diacono  a' i  5  marzo 
1 858,  conferendogli  la  diaconia  de'ss.  Co- 
sma e  Damiano.  Si  legge  poi  nel  Gior- 
nale di  Roma  de'2  1  olloijre  i858,  che 
dalla  morte  del  cardinal  Giuseppe  Alba- 
ni, avvenuta  nel  dicembre  1 834,  l'iuipe- 
riale  casa  d'Austria  non  avea  piìi  nomi- 
nato un  Em."  porpuraloa  Protettore  òeU 
lu  nazione  austriaca  presso  la  s.  Sede;  ed 
01  a  l'imperatoieFrancesco Giuseppe  I  dé- 
jjuavasl  coufciire  tale  dignità  al  caidinal 


422  V  E  N 

De  Silvestri,  il  quale  a'  17  di  Jelto  mese 
ebbe  l'onore  di  presentale  a  Sua  Santità 
leioipeiiali  lettere,  colle  quali  egli  viene 
accreditalo  in  m  alta  rappresentanza;  ed 
il  Papa  gli  esternò  la  sua  speciale  soddi- 
sfazione verso  riu)peratore  per  la  ripri- 
stinata dignità,  e  per  avere  della  mede- 
sima investito  s'i  degno  porporato.  Già  lo 
slesso  Giornale  del  i  ."settembre  avea  an- 
.  nunciato,  che  il  Papa  con  biglietti  di  se- 
greteria di  stato  avea  nominato  suoi  pre- 
Iati  doDiestici  e  quindi  annoveralo  tra  gli 
uditori  della  s.  flola  Romana,  il  Rev.  d/ 
d.  Luigi  Flir  rettore  della  chiesa  e  dell'o- 
spizio di  s.  Maria  dell'Anima  de'teutuni- 
ci  di  Roma,  ed  il  R.ev.°  professore  (di  di- 
jilto  ecclesiastico  nell'università  di  Pa- 
dova, ove  co'lipi  del  Seminario  si  pub- 
blicò gli  encomiati  Elcinenii  di  diritto 
ecclesimlico,  la  cui  autorità  per  odier- 
na causa  clamorosa,  prodMce  la  Civiltà 
t,.Jtolica,6evìe3.\ìA  2,p.6i9)d.  Fran- 
cesco Nardi.  Con  tale  disposizione  mg/ 
Flir  di  Bressanone  è  slato  destinato  udi- 
tore di  rota  per  Venezia,  come  per  Mila- 
no si  dispose  mg/  JNardi  di  Padova.  In 
tal  modo  Venezia  e  Milano  rigodono  l'au- 
lico loro  privilegio,  con  lustro  del  regno 
Lombardo- Veneto.  E  siccome  perii  pie- 
no de'prelali  uditori  del  s.  Tribunale,  il 
Papa  soleva  nominare  altri  soggetti  alle 
vacanti  nomine,  e  occupando  il  posto  del- 
l' uditore  per  Milano  mg."^  Serafini,  così 
questo  prelato  è  passalo  al  posto  di  udi- 
tore per  Ferrara,  lasciato  vacuo  perchè 
l'uditore  mg.'  Pietro  Giauuelli  a'6  giu- 
gno era  stalo  consagrato  arcivescovo  di 
Sardia,  qua!  nunzio  apostolico  di  Napo- 
li.— Tornando  a  Sisto  V,  gli  ambasciatori 
a  lui  inviati  dalla  repubblica  lo  trovarono 
ben  disposto"a  terminare  la  controversia 
d'Aquileia,  perciò  il  senato  a  finirla  do- 
nò il  fondo  o  feudo  di  Tagelto  in  que- 
stione al  patriarca,  afllnchè  potesse  pro- 
nunziare sentenza,  nel  tempo  slesso  che 
per  l'alio  dell'accettazione  del  dono,  ve- 
niva il  prelato  a  riconoscere  la  giurisdi- 
zione della  repubblica  sul  medesimo,  on- 


V  E  N 

de  il  Grimani  cou  bella  dichiarazione  si 
riconciliò  col  senato.  Il  Papa  ne  restò  con- 
tentissimo, onorò  grandemente  gli  amba- 
sciatori, si  adoperò  energicamente  a  rite- 
nere i  cavalieri  di  Malta  dal  recare  mo- 
lestia a'navigli  veneziani,  grave  vertenza 
che  riporta  ilp.  Tempestine!  t.i,  p.  385 
e  seg.,  ed  essendo  liuscito  al  Papa  colla 
sua  autorità  di  troncarla,  il  senato  se  ne 
mostrò  soddisfalissimo  e  grato,  scioglien- 
dosi in  alti  elogi  il  senatore  Donalo  e  il 
procuratore  Diede,  come  discordia  qua- 
lificala fonte  di  sangue  e  di  lagrime.  Quin- 
di ogni  desiderio  di  Sisto  V  dal  senato 
fu  subito  appagato.  A  mostrare  poi  pub- 
blicamente la  sua  riconoscenza,  il  senato 
acquistò  in  Veuezia  un  palazzo  dagli  ere- 
di del  doge  Grilli,  e  l' offrì  in  dono  a  Si- 
sto V  per  stabile  residenza  del  nunzio 
apostolico,  di  che  tenni  proposito  nel  ^ 
X,  n.  27.  Il  p.  Tempesti  ciò  narrando  nel 
1. 1 ,  p.  384,  dice  che  Sisto  V  avendo  cer- 
calo di  comprare  un  palazzo  in  Venezia 
per  abitazione  del  suo  nunzio  ordinario, 
avendone  già  acquistato  altro  per  1 6,000 
scudi  in  Napoli  per  quei  nunzio,  volle  il 
senato  usare  al  Papa  la  signorile  munifi- 
cenza di  darglielo  in  dono,  come  scrisse 
a'  I  5  settembre  1 586  QQ'Diarii  mg/  Ala- 
leone  maestro  delle  ceremonie  pontifi- 
cie: Lectuinfuit  Instrwnentnm  donalio- 
ids  palata  quod  Dux  et  Doininiuin  Fe- 
ìietoriiin  donariint  SS.  D.  ]V.  Sixto  PP. 
T',quodipsa  Sanctitas  Sua  donavit  Ca- 
merae  Aposlolicae.  Inoltre  Sisto  V  ap- 
provò l'istiluzione  del  seminario  patriar- 
cale e  contribuì  al  suo  sostentamento,  co- 
me narrai  nel  §  X,  n.  28  e  65,  e  dipoi 
concesse  o  confermò  la  consuetudine  a' 
chierici  veneziani,  di  potersi  promuovere 
agli  ordini  sagri,  anche  senza  il  pati  ìjdo- 
nio  ecclesiastico,  purché  col  consenso  de' 
l'ispeltivì  parrochi  fossero  ascritti  ad  ai- 
cuna  delle  chiese  parrocchiali  e  collegia* 
le  di  Venezia.  Di  più  creò  cardinali  i 
patrizi  veneti  Federico  Cornaro  vescovo 
di  Padova,  e  Gianfrancesco  Morosini.  — 
Intanto  nella  repubblica  veniva  a  com- 


YEN 

piersi  un'  importante  lifoiiua  del  consi- 
glio de'Dieci.  11  poteie  di  cjueìlo  da  ijuan- 
dune!  13-29  erasi  annessa  l'aggiunta  di 
I  5  Ita'pt'incipali  magistrati, che  ogni  an- 
no si  eleggevano  nel  i."  di  ottobre,  erasi 
fuor  di  modo  ampliato,  sicché  poteva  dir- 
si che  quasi  da  se  soìo  reggesse  le  cose  iu- 
terne  ed  esterne  della  repubblica.  Se  mol- 
li per  debolezza  non  sapevano  o  non  osa- 
vano ricorrere  a'  mezzi  che  fornivano  le 
leggi  e  le  elezioni  per  fare  rientrare  quel 
consiglio  ne' suoi  limiti,  molti  altri  inve- 
ce ne  sentivano  lutto  il  peso,  e  attendeva- 
no con  impazienza  la  i.^  occasione  per 
ispogliarlo  di  quell'aggiunta  da  cui  gli  de- 
rivava tanta  preponderanza.  Tultosi  nar- 
ra dal  prof.  Romanin.  A  darne  un  cen- 
no, dirò  sulo  che  nel  1  582  avvennero  tre 
casi  che  condussero  Onalmeute  la  (oag- 
gioianza  a  dare  pubblico  seguo  di  disap- 
provazione e  a  sopprimere  in  modo  quie- 
to e  senza  concitare  odii  e  tumulti  la  mal 
solferla  zonta.  Ridotte  le  cose  ad  esigere 
pi  oulo  ed  ellìcace  rimedio,allrimenli  que 
slu  lotta  di  poteriavrebbe  ridotto  a  gra- 
ve pericolo  la  repubblica,  e  raccoltosi  il 
1. "ottobre  i5tJ2  il  maggior  consiglio  per 
l'elezione  della  zoiila,  solo  1 2  furono  ap- 
provati, e  nelle  seguenti  adunanze,  niu- 
no  pili  ottenne  i  voti.  Era  questo  un  se- 
gno evidente  di  riprovazione,  e  varia- 
mente sene  disputava  ne'consigli,  (luche 
a'7  dicembre  si  richiamò  in  vigore  la  leg- 
ge del  i^GH,  che  determinava  1'  iucum- 
beuze  del  consiglio  de'Dieci,  ordinandosi 
doversi  dichiarare  che  cosa  fossero  quel- 
le parli  segretissi/nt  ad  esso  aflidate.  La 
proposta  non  passò  miglior  fortuna  (|aao- 
do  nel  d'j  segueule  fu  riletta  con  emende. 
Riproposta  a'2  1  dicembre,  Federico  Ba- 
duerjdi  grande  riputazione  pennagistra- 
ture  e  ambascerie  esercitate,  salito  in  bi- 
goncia pronunziò  un  grave  discorso,  incui 
fra  le  altre  cose  disse  m  chi  doveasi  divi- 
dere il  governo  dello  stalo,  ed  al  consiglio 
de'  Dieci  spettare,  secondo  la  parte  del 
1468,1  dehtli  più  importanti  in  soli  6 
cajsi,  e  che  non  si  dovesse  dargli  jiìli  hi 


V  L  N  423 

Z'ìiita.  Quindi  in  più  giorni  furono  bui- 
lollatee  approvale  leseguenli  dispusizio- 
Ili.  Nel  1468  essendo  stato  autorizzato  il 
consiglio  de'Dieci  a  trattare  alcune  cose 
segreùssinic,  per  queste  doversi  intende- 
re: Gli  avvisi  segielissiuii  dati  iu  confi- 
denza pei'  servizio  delio  slato,  ma  se  do- 
veasi fare  alcuna  deliberazione,  apparte- 
nere al  senato.  L'olTerte  segretissimo  di 
cose  importanti  ai  bene  comune,  le  spedi- 
zioni di  spie,  e  l'accomodar  con  ullizi  e  de-* 
nato  que'  garbugli  che  potessero  sturbar 
la  quiete.  La  provvisione  del  denaro  e  il 
governo  della  zecca,  che  deve  per  ogni  ri- 
spetto passar  segretissimo  ;  però  la  dispen- 
sa di  esso  denaro  sia  fatta  per  il  senato. 
Non  SI  possa  da  alcuno  del  consiglio  de' 
Dieci  meller  parte  iu  altre  materie  o  pub- 
bliche o  particolari  nou  specificate  nella 
ricordata  deliberazione  del  1  ^6S,  e  da 
quella  del  i48i  e  dalla  presente.  Quan- 
do fosse  fatta  alcuu'altra  cosa,  oltre  le  spe- 
cificate, si  ponesse  impedimento  e  proce- 
desse, non  ostante  qualsivoglia  parte  che 
fosse  iu  contrario,  dagli  avogadori.  E  per- 
chè questi  potessero  esercitare  eoa  mag- 
gior facilità  il  loro  carico,  fu  commesso 
al  cancelliere  grande  la  pubblicazione 
dì  tutte  le  leggi  spettanti  al  maggior  con- 
siglio, al  consiglio  de'  Dieci,  ed  a  quel- 
la) ili  l^regadi  ordinale  sotto  capi  distin- 
ti delle  materie,  dovendo  es-ser  dato  ogni 
VLtlla  dal  segretario  deputato  alle  leg- 
gi il  rubricai-io  spettante  a  quel  consiglio 
ov'essi  si  troveranno,  acciochè  si  faccia  la 
Volontà  del  maggior  consiglio  colla  debi- 
ta esecuzione  intera.  Che  la  zonta  dui  eoa 
sigilo  de'Dieci  abbia  la  sua  contumacia, 
come  quelli  del  consìglio  stesso,  e  che  ogni 
anno  nell'elezione  della  ::o/i^2  siano  lette 
le  parti  dal  i4^8  e  questi  capitoli  statui- 
ti a'21  e  22  dicembre  1 082,  per  l'invio- 
labile osservanza.  Ma  tutto  questo  nou 
giovò,  e  riproposta  nel  i. ^gennaio  i5S3 
l'elezione  de' 3  individui  cuancanti  alla 
3a/2^^z,  tornali  inutili  gli  esperimenti,  la 
zonta  Iu  abolita  per  tale  riprovazione; 
peieiù  il  govei'QO  della  zecca  a'3  alaggio, 


424  V  E  >f 

tiovcntlo  p.issnre  segietisMDio,  fu  solìanfo 
iiHìdato  al  consiglio  (le'Djec.i,  insieme  co' 
3  prowediloii  in  zecca,  da  eleggersi  an- 
nui dal  senato,  e  il  depositario  ogni  due 
mesi;  la  dispensa  del  denaro  però  rima- 
nesse al  senato.  Così  terminò  allora  lari- 
forma  del  consiglio  de'  Dieci,  ridotto  a' 
naturali  suoi  limiti,  e  V  amministrazio- 
ne interna  tornò  a'  magistrali  ordinari 
fecondo  gli  ordinamenti  fondamentali 
della  repubblica.  —  Delia  venuta  in  Ve- 
nezia degli  ambasciatori  del  Giappone, 
reduci  da  Roma  nel  giuf^no  i585,  del- 
le feste  pubbliche  loro  date,  parlano  fra 
gli  scrittori  veneti,  il  libro  Ccrìtnonia- 
li  all'Archivio  generale,  la  Cronaca 
Marciana  del  Savina,  gli  Annali  della 
Repul'blica  presso  il  cav.  Cicogna,  An- 
drea ÌMorosini  nelle  I\kmorie  politiche 
presso  il  medesimo,  Gualtieri  nella  Re- 
Intionc  (Ic^li  Jnìba.fcialoriy  il  cav.  Cico- 
gna nel  t.  5  dell'  Inscrizioni,  il  cav.  Mu- 
linelli anche  uclla  Storia  aneddotica,  il 
prof  Romanin,cd  io  ne  feci  alquante  pa- 
role nel  o.  II  del  §  X.  Ivi  ossia  nel  voi. 
XCI,  p.  I  ig,  procurai  rettificare  quanto 
sui  medesimi  an)basciatori  giapponesi, 
ne'  primordii  di  sua  benemerita  e  ferti- 
iissiuìa  carriera  letteraria,  avea  narrato 
col  Gallicciolli,  il  ricordato  laboriosissi- 
mo veneto  cav.  Mulinelli.  In  me  la  ve- 
rilà  storica  prevalse  all'ammirazione  e 
alla  riconoscenza  che  mi  vanto  profes- 
sare a  lauto  scrittore,  anco  per  essere  e- 
gli  sialo,  colle  sue  utilissime  e  pregevo- 
lissime opere,  una  delle  caie  magistrali 
guide  in  questo  lungo  e  fecondissimo  ar- 
ticolo. Feci  violenza  a  me  stesso  e  con 
pena  dovetti  procedere  colla  storia.  Se 
l'amore  del  vero  a  ciò  mi  costrinse, quel- 
lo della  giustizia,  qui  spontaneamente  e 
senza  insinuazione  alfallo  di  alcuno,  m'in- 
duce a  lieta  niente  noli  fica  re  quanto  or  ora 
mi  scrisse  un  altro  e"rei!Ìo  veneto:  «  Il 
cav.  Mulinelli:  è  ora  d'accordo  con  Lei 
intorno  gli  Jmhasciatori  Giapponesi, 
e  già  nella  Storia  arcana  e  aneddotica 
d'Ualia^  t.  I,  p.i  56-57,  pose  ""^  "^''* 


V  E  N 

coir  intendimento  di  riiraltare  quanto 
avea  sciillo  in  contrario".  Non  «bbiso- 
gnano  mie  parole  per  dichiarare  la  bel!;i 
gloria  che  ne  proviene  a  si  degno  figlio 
di  s.  Marco.  Fa  consolazione  quando  la 
virtù  francamente  trionfa  nel  saggio  e 
nel  dotto,  che  sopra  un  argomento  era 
stalo  di  diverso  credere,  riportando  così 
onorevole  vittoria  sopra  di  se  stesso,  l'er- 
ciò:  T  iva  s.  ]\1  arco l  Antico  grido  entu- 
siastico nelle  venete  vittorie.  N'è  questa 
una  edificante  nel  campo  immenso,  paci- 
fico e  nobilissimo  della  lelleratura  e  del 
sapercliesoalfettuosamente  quest'omag- 
gio, riassumo  il  racconto. —  Poco  dopo  la 
venuta  degli  ambasciatori  giapponesi  in 
Venezia,  mori  a'ag  o  a'3o  luglio  i  585  il 
doge  da  Ponte  in  età  di  circa  90  anni.  I 
funerali  si  celebrarono  in  ss.  Gio.e  Paolo, 
con  l'elogio  funebre  di  Carlo  Scararnella, 
secondo  il  Casoni  (e  non  Giovanni  Velu- 
do,  come  inavvedutamente  scrissi  nel  voi. 
XCI,  p.  121,  per  essere  poco  chiara  la 
nota  i5  della  Serie  de'dogi  di  f^ e  ne  zi  a 
del  Nani,  in  cui  sono  riferiti  i  rispettivi 
autori  delle  biografie  de'medesimi  dogi, 
e  perchè  le  due  che  seguono  sono  elfetti- 
vamente  del  eh.  Veludo.  Laonde  il  rac- 
conto sugli  ambasciatori  giapponesi  che  ia 
dello  luogo  ho  attribuito  alVeludo,spelta 
invece  al  Casoni), o  di  Antonio  Longo  co- 
iwii  vuole  il  prof.  Romanin  ;  e  trasferito  il 
corpo  nella  chiesa  di  s.  Maria  della  Cari- 
tà vi  fu  deposto,  e  poscia  gli  fu  eretto 
splendido  monumento  con  diseguo  diSca- 
mozzi,  e  colle  statue  e  altre  sculture  del 
Vittoria,  il  1."  e  vendo  a  suo  tempo  co- 
mincialo la  fabbrica  delleProcuratie  nuo- 
ve, che  aggrandì  di  molto  l'antica  piazza 
di  s.  Marco,  compiendo  l'euritmia  di  (juel 
vasto  e  nobilissimo  recinto.  Poco  prima 
di  morire,  il  doge  pose  in  iscritto  le  sue 
idee  in  una  specie  di  testamento  politico 
che  consegnò  a'suoi  consiglieri, quale  ul- 
timo testimonio  deiraflelto  ch'egli  por- 
lava  alla  sua  patria  e  del  desiderio  vivis- 
siuìo  del  suo  bene.  Dal  prof.  R.omania 
che  Io  riprodusse,  si  ricava  :  Che  bisogna 


V  E  i\ 
piinoipalmenle  guardarsi  dall'  insidie  e 
accortezze  degli  spagiiuoli  e  del  loro  re 
Filippo  II,  che  tende  alla  aioiiurcliia  (u- 
iiiveisale  per  compiere  la  tanto  vagheg- 
giata idea  del  genitore)  possedendo  tarili 
regni  e  stati,  e  fatto  oltremodu  putente 
per  l'acqiii>to  di  l'orlogallo  e  con  quella 
parte  dell'Indie  orientali  ad  esso  spettati- 
ti (dopo  la  morte  del  re  cardinal  Enrico, 
5  governatori  del  Portogallo  nominali 
neir  interregno  aveano  domandalo  assi- 
slenza  alla  repubblica  contro  l'andjizione 
di  Fdippo  U,  ma  essa  non  volle  niischiar- 
visi,  ed  anzi  più  tardi  ordinò  l'alionta- 
nanientodel  pretendente  d.  Antonio  gran 
piioredi  Grato,  ch'erasi  rifugiatone!  do- 
minio). Essere  tale  re  di  natura  altissima 
e  sommamente  avido  di  gloria,  poiché 
dì  giovine  soleva  dire  :  Che  se  suo  padre 
che  nacque  figlio  d'  un  re  assai  debole 
ha  fatto  tanto,  a  lui  eh'  era  nato  figlio 
d'un  imperatore  si  conveniva  far  mollo 
di  più.  Simulatore  e  vendicativo,  era  co- 
si gran  re  che  il  solo  turco  poteva  resister- 
gli; non  Francia  indebolita  dalle  discor- 
die civili  e  per  averlo  fitto  troppo  cresce- 
re. 1  re  che  aspirano  alla  monarchia  han- 
no in  odio  gli  altri  principi,  e  mollo  più 
la  repubblica  come  quella  che  per  l'or- 
dinario ha  vita  e  impero  più  lungo  degli 
altri  [)otenlali.  Bisogna  regolarsi  con  lui 
con  modestia  e  destrezza,  onoiandonegli 
andjasciatorì  e  concedendogli  l'onesto; 
non  iscuoprirsi  francesi,  conservare  con- 
cordia di  buoni  vicini  co' suoi  ministri 
dllalia;  intendersi  bene  co'I'api,  poiché 
il  re  pel  potere  che  tiene  sui  cardinali  a 
Ini  aderenti,  pare  che  seu)pre  ficcia  un 
Papa  a  suo  modo,  e  se  lo  conserva  con 
diversi  favori  e  onori,  che  di  continuo  fa 
a' loro  parenli.  Occorrere  tenere  il  mag- 
gior numero  di  soldati  r he  sia  possibile 
e  buoni  capi  di  guerra,  il  maggior  cumu- 
lo d'oro  iu  zecca,  ec.  Ma  [)er  allora  non 
si  presero  in  considerazione  questi  ricor- 
di, anzi  vi  fu  chi  disse  essersi  il  doge  ma- 
uifeslato  lutto  francese;  ma  vennero  tem- 
pii, e  non  oiollo  lontani,  in  cui  s' tbbe  a 


V  E  N  42  > 

fire  trista  esperienza,  che  il  vecchio  do- 
ge avea  dello  il  %'ero. 

3  I .  Pasquale  Cicogna  LXXXFIII 
doge.  Il  suo  biografo  Giovanni  Veludo  ri- 
leva,che  dopo  il  Vendramino,  il  Cicogna  è 
il  2."  doge  che  fra'nobili  ntmvi  fu  innal- 
zaloal  soglio.  Comodi  molla  prudenza, di 
santi  e  illibati  costumi,  di  religiosa  carità, 
(li  assiduadiligenza  ne'pubblici  maneggi, 
era-.i  distinto  n  elle  guerre  coatro  i  turchi 
mentre  trova  vasi  governatore  alla  Cane;» 
nell'isola  di  Candia;  èssendo  allora  procu- 
ratore di  s.  .Mi  reo,  fu  elevato  al  dogado  a' 
18  agosto  1 585. La  sua  elezione  fu  più  del- 
I  ordinario  rilardata,  avendo  a  competi- 
tore Vincenzo  iMorosini,  il  quale  alfine 
cedendo  sponlaneamenle,  si  adoperò  iu 
ftvoredel  Cicogna,  [)erciò  favoloso  il  nar- 
ralo dal  Darù.  Per  altro,  il  popolo  che  de- 
siderava il  iMorosini  ne  rimase  poco  sod- 
disfatto, anche  pel  poco  denaro  che  gettò 
nel  solito  giro  per  la  piazza.  Del  resto  il 
doge  parlò  bene,  promettendo  giustizia 
e  che  le  cariche  sarebbero  conferite  al 
Solo  mento;  e  in  memoria  d'avere  rice- 
vuto la  notizia  del  suo  innalzamento, 
mentre  si  trovava  a' ciociferi,  fece  conia- 
n;  la  consueta  osella  con  3  Croci  e  col- 
r  iscrizione  :  ////^c  resnrrcclio  et  salim 
(E  lappresentala  (juesta  circostanza  iu 
\\i\  magnifico  dipinto  di  Palma  Juiiio- 
re,  collocato  nella  chiesa  stessa  de'  Cro- 
ciferi ).  A  questi  tempi,  continuando  la 
repubblica  nel  suo  sistema  di  pace,  di 
fie(|uente  ricevea  da'  suoi  ambasciatori 
dispacci  che  la  islroivano  esattamente 
di  ipianto  acc.ideva  ne'  paesi  e  nelle  cor- 
li  di  Europa  ;  dispacci  che  più  anco- 
ra delle  relazioni  svelano  le  più  segrete 
molle  della  di[)loiija2Ìa  veneziana  e  for- 
niscono tali  notizie,  che  invano  si  cerche- 
rebbero alti  ove.  Nel  1 187  uac(pie  una  dif- 
feienza  fraSislo  V  ed  i  veneziani,  che  fece 
temere  grave  complicazione,  ma  però  fu 
tosto  accuuKjdata,  essendo  ambasciatore 
in  Roma  Alberto  Hadoor.La  narrai  nel  i] 
XVIII,  n.  if),  parlando  dell'abbazia  di  s. 
Cipriano  di  Murano,  dal  Papa  poi  unita  in 


4^.6  VEiN 

perpetuo  a'  palriaichi  di  Venezia,  onde 
lulloia  ne  sono  abbati  coiumendalari. 
Ne  ragiona  a  lungo  il  p.  Tempesti  nel  t.  j , 
p.  3(S  I  e  seg.,  donde  il  Novaes  ricavò  un 
sunto  inesalto  cbe  inserì  nella  sua  Slo- 
ria  dei  Ponlcfici.  Pretendendola  fami- 
glia Gradenigo  al  padronato  della  badia, 
per  le  niunificeoze  usate  ad  essa  da'suoi 
iria"^iori,  mosse  lite  a' Trevisani  abbati 

DO  ' 

commendatari,  i  quali  per  successi  ve  ras- 
segne falle  a' loro  parenti  da  I25  anni 
la  conservavano  nella  loro  famiglia  ;  e  si 
ventilò  per  pili  d'un  secolo  da'lribunali 
di  Venezia  e  di  lioraa.  Sdegnatone  il  se- 
nato volle  sostenere  i  Gradenigo,  e  sic- 
come Giovanni  Trevisan  n'  era  allora 
abbate,  gli  ordinò  cbe  nell'  intitolazione 
ù\Ahbas  s.  Cìprìaiiì,  sopprimesse  le  pre- 
cedenti parole:  Dei  et  Aposlol.  Sedis 
grada.  Avendo  ubbidito,  dipoi  lo  pre- 
sentò a  Pio  IV  per  la  dignità  di  patriar- 
ca di  Venezia,  e  fu  preconizzalo  in  con- 
cistoro. Poscia  vedendo  (piesto  prelato 
avvicinarsi  il  fine  di  sua  vita,  pregò  Si- 
sto V  di  accettare  la  sua  rassegna  a  favore 
del  nipote  Pietro  Emo,  il  che  penetra- 
tosi dal  senato,  per  sostenere  i  diritti  de' 
Gradenigo  si  oppose.  Allora  il  patriarca 
con  esagerazioni  domandò  giustizia  al 
papa,  tacciando  la  repubblica  di  preten- 
sioni pregiudizievoli  alla  giurisdizione  ec- 
clesiastica. Sisto  V  acerrimo  nei  render 
giustìzia,  senza  badare  a' rispetti  umani 
di  quanto  il  senato  avea  fallo  pe' suoi 
parenti  e  nunzi,  volendo  colla  solita  sua 
prontezza  sbrigare  l'affare,  chiamò  a  se 
l'ambasciatore  veneto,  si  querelò  acre- 
mente della  repubblica,  che  mentre  a- 
tnava  tanto,  essa  allentava  all'ecclesia- 
stica libertà.  Voleva  l'oratore  addurre 
ragioni,  ma  il  Papa  di  temperamenlo 
focoso,  alteratosi,  alzando  la  voce  disse 
saperle  tutte,  e  desiderare  che  pronta- 
mente si  rivocassero  gli  antichi  s  recen- 
ti decreti  contro  il  patriarca  e  contro 
l'Emo,  e  finì  con  minacce  di  fire  quan- 
to richiedesse  l'onor  suo  e  della  s.  Sede. 
L'oratore  riferì  fedelmente  lutto  alla  si- 


V  EN 
gnoria,  onde  per  molti  giorni  si  disputò 
in  senato  eoa  varie  opinioni,  non  essen- 
do costume  rivocare  i  decreti  pubblicali, 
per  cui  si  vollero  sostenere,  non  oslanle 
le  n>ediazioni  di  principi  e  monarchi  per> 
che  si  contentasse  il  Papa.   Ma  Sisto  V 
inflessibile,  avea  già  determinato  dì  ri- 
chiamar da  Venezia  il  suo  nunzio  e  di 
licen2Ìar  da  Uomal'ambascialor  veneto. 
Del  che  avvisati  i  senatori  segretamente 
da'cardiuali  amici, si  cotilenlarono  in  os- 
sequio di  tanto  Pontefice  di  rivocar  tut- 
to; onde  presentatosi  l'ambasciatore  al- 
l'udienza del  Papa,  manifestò  l'operato 
dal  senato  delia  rivocazioue  delle  parli 
tante  volte  prese  in  Pregadi  e  passale  da 
tanli  anni  in  esecuzione,  quantunque  non  • 
si  facesse  mai  per  alcun  altro  sovrano. 
Penetralo  Sisto  V  dal  nobile  e  di  voto  con- 
tegno, ricolmò  il  senato  di  finezze  d'af- 
fetto e  di  onore,  protestando  che  per  que- 
sta sua  filiale  ubbidenza  gli  avea  rubato 
il  cuore,  in  pieno  concistoro  lodando  al- 
tamente la  pietà  e  sommissione  dell'au- 
gusto senato,  il  quale  da  vero  cattolico 
avea  dato  un  preclaro  esempio  di  subor- 
dinazione a  tulli  i  principi  cristiani.  Dal- 
l'altro canto,  Sisto  V  equamente  com- 
pensò i  Gradenigo  eoa  altro  benefizio, 
e  unì  in  perpetuo  al  patriarcato  la  ba- 
dia. — •  Spagna  e  Francia  tenevano  an- 
cora  il  i.°  posto  sui  destini  d'Europa, 
quella  per  la  sua  ambizione  alla  monar- 
chia universale,  questa  per  le  sue  san- 
guinose guerre  di  religione,  sostenute 
dalla  famosa  lega  cattolica,  alla  cui  testa 
era  segretamente  Filippo  li  re  di  Spa- 
gna, contro  l'eresia  armata  degli  U§o- 
nold,  e  della  {ìe'Scdici  dal  numero  de' 
quarlieri  di  Parigi  più  ad  essa  aderenti. 
Nelle  sue  slreltezze,  Enrico  Ili  si  volse 
per  consiglio  alla  repubblica,  che  tanti 
solenni  segni  d'affetto  aveagli  dato  nel 
suo  soggiorno  a  Venezia,  ed  il  consiglio 
f(i  che  ad  ogni  modo  si  studiasse  di  ri- 
comporre la  pace;  ma  il  male  era  troppo 
profondo  e  radicato,   le  gare  de' partili 
troppo  vive,  gli  odii  troppo  esacerbali. 


V  li  N 

La  guena  aideva  egualmente  uc'Puesi 
Basai  uoult'o  la  Spagua  per  caif&a  pure 
dell'eresia  arujala  de'  Cali>iiusli,  sullo 
diverse  deiioiniuazìoui,  combatlendo  al* 
liesì  per  l*  iudipendenza.  Ed  iu  Inghil- 
terra colla  tirannica  ed  empia  decapi- 
tazione della  regina  di  Scozia  Maria 
Stuarda,  eiasi  tolto  pel  suo  virtuoso  zelo 
cattolico  un  potente  avversario  al  prò* 
lestautesimo  :  crudele  avvenimento  che 
riempì  di  stupore  edi  orrore  l'Europa.  A. 
\endicarla,  a  difesa  del  caltolicisajo,e  pe' 
diritti  che  pretendeva  sulT  Iiighilltrra, 
FdippoII  le  spiccò  contro  la  formidabile 
flotta  denominata  V  Invincibile^  che  ia 
vece  restò  iu  parte  scouiilta  dagl'  inglesi 
e  rovinata  da  fiera  burrasca.  A  questa 
spedizione  l'avea  indotto  Sisto  V,  per  di- 
stoglierlo dall'ideata  monarchia  univer- 
sale, per  le  ragioni  riferile  dal  p.  Tem- 
pesti. Dopo  la  morte  del  duca  d'Anjuu, 
Itatello  di  Enrico  HI,  privo  questi  di  pro- 
le, spettava  la  successione  ad  Eurico  HI 
di  Borbone  re  di  ZVat'(2/v^  capoparte  cal- 
dissimo degli  ugonotti,  il  perchè  la  lega 
prese  nuovo  vigore  per  escluderlo  dal  tro- 
no e  porvi  un  piincipe  cattolico  a  conser- 
vazione della  vera  religione.  Enrico  111 
che  formava  il  partito  piìr  debole  de'3  che 
laceravano  Francia,  ingelositosi  de'  Gui- 
sa-Lorena prmcipali  della  lega  cattolica 
che  aspiravano  alla  corona, costretto  dal- 
la necessità  si  unì  al  cugiuo  re  di  Navar- 
ra  benché  eretico,  dopo  aver  fatto  tru- 
cidare a  tradimento  il  duca  di  Guisa  e 
il  fratello  cardinale  nel  declinar  di  di- 
cembre i588,  onde  òisto  V  lo  scomu- 
nicò. Inchiesta  la  repubblica  di  assisten- 
za da  Enrico  111,  si  limitò  ad  offrire  una 
prestanza  di  denaro,  dovendo  vegliare  sui 
maneggi  degli  spagnuoli  |)ei'  la  monar- 
chia universale  massime  in  Italia.  Tiit- 
tavolta  fece  ogni  buon  uffizio  con  Sisto 
V,  per  indurlo  a  trattare  il  re  con  indul- 
genza. Ma  nell'agosto  1089  il  re  venne 
ucciso,  Dominando  successore  il  redi  i\'a- 
vaira,  che  prese  il  nome  di  Enrico  IV, 
essendo  egli  pure  allacciato  dulia  scuiuu- 


V  E  IN  4/7 

nica.  Benché  si  muslrasse  disposto  a  ri- 
nunziare all'eresia,  avea  contro  dì  se 
l'ambizione  de'  Guisa,  il  parlilo  catto- 
lico e  il  Papa.  La  repubblica  a  mezzo 
dell'amliasciatore  Giovanni  Mocenigo  iu 
Tours  fece  nel  novembre  con  Emico  IV 
le  sue  condoglianze  per  la  violenta  mor- 
te del  suo  predecessore,  e  le  congratula- 
zioni della  sua  successione  al  trono.  Ui- 
spose  il  nuovo  re,  non  dubitar  punto  de- 
gli amichevoli  sentimenti  della  signoria, 
tra  la  quale  e  il  defunto  Enrico  111  era- 
no passali  tanti  segui  di  benevolenza  e 
d'aifelto,  siccome  lenevasi  del  pari  cer- 
tissimo del  piacer  suo  per  l'assunzione  ' 
alla  corona  di  Francia;  stimarsi  molto 
obbligato  dall' esser  ella  stata  la  sola  iu 
Italia  a  riconoscerlo,  il  che  riuscitogli 
sommamente  giatu  e  della  quale  dimo- 
strazione avrebbe  tenuto  perenne  me- 
moria, da  non  lasciare  circostanze  di  dar- 
leue  quelle  maggiori  testimonianze,  che 
verso  qualsivoglia  principe,  per  quanto 
grande,  si  potessero.  Inviò  quindi  a  Ve- 
nezia ambasciatore  straordinario  m.'^  di 
Lucemburgo  con  sue  lettere  e  inforuìu- 
zioni  delle  cose  del  regno,  le  quali  vol- 
gevano allora  favorevoli  alle  sue  armi. 
Delle  quali  cose  Sisto  V,  ancora  soste- 
nitore della  lega,  si  mostrò  molto  alle- 
rato,  con  far  sapere  alla  repubblica,  che 
se  voleva  conservarsi  il  nome  di  tanto 
cattolica  c<Hue  in  addietro,  bisognava  che 
si  astenesse  da'suoi  rapporti  cou  eretici, 
che  tulli  i  principi  si  tenevano  sospesi  nel 
deliberare  in  proposito,  uè  dovesse  far 
essa  diversamente,  uè  discoprirsi  prima 
del  tempo;  forse  che  la  repubblica  è  il 
piìigran  piincipe  del  mondo  che  voglia 
dar  leggi  agli  altri?  Pur  troppo  già  i 
principi  protestanti  di  Germania  pres 
suvano  l'imperatore  Rodolfo  li  perchè 
ricevesse  l'ambasciatore  francese,  addu- 
cendo  l'esempio  di  Venezia.  Scusa  vasi  la 
repubblica  col  Papa,  pel  suo  ambascia- 
tore Leonardo  Duodu,  dicendo  che  En- 
rico IV  di  Borbone  avea  ottenuto  il  ti- 
tolo di  re  della  Francia  ^ià  da  Enrico 


4^8  V  E  N 

III  prima  ili  inorile;  ch'esliiil.i  la  stirpe 
tli  Valois,  a  lui  apparteneva  adesso  il  re- 
gno per  legf^e  siccome  erede  di  quella; 
die  ornalisiimo  com'era  di  militare  for- 
le77.a,  di  prudenza  e  di  altre  doti  e  virtìi, 
tranne  la  cattolica  religione,  dava  a  spe- 
rare di  lasciarsi  condurre  ad  ascriversi 
tra  poco  fra  il  novero  de'  veri  credenti, 
qiialoia  si  procedes>ie  verso  di  lui  con 
benignila  e  piacevole/za;  che  già  appe- 
na prese  le  redini  del  governo,  avea  or- 
dinalo dì  nulla  alterare  circa  la  religio- 
ne caltolicaj  e  che  gli  ecclesiastici  fossero 
niantenuti  nel  possesso  de'  loro  beni  e  in 
Dhore  presso  ciascuno;  poiché  se  istiuito 
fisse,  come  grandemente  desiderava,  co- 
nosciuta la  verità  abhraccierehhe  la  c.it- 
lolica  religione;  olire  altri  giavi  e  giusti 
riflessi.  Indi  all'abilità  dell'altro  oratore 
veneto  a  lìoma,  Alberti;  B;idoer,  riusciva 
d'ottener  dal  Papa  che  lauibasciatore 
francese  de  Messe  continuasse  a  dimo- 
rale in  Venezia,  ma  senza  intervenire 
alle  cereujonie  pubbliche,  e  m/  di  Lu- 
cembiirgo  fu  ricevuto  in  Roma  e  comin- 
ciò le  sue  pratiche  per  condurre  a  ter- 
mine mi  accomodamento  col  suo  re.  Ma 
intanto  Sisto  V  inviò  a  Parigi  suo  legato 
il  cardinal  Gaetani,  a  ftivore  della  lega, 
l'ero  a'  i4  marzo  i  Siqo  Enrico  IV  ne' 
tiiiitorni  d'Ivry  con  Uìetnorabile  balta- 
glia  sconfisse  l'armala  della  lega,  coman- 
dala dal  duca  di  Alayenne,  e  con  una  let- 
tera mandò  poi  iii  dono  alla  repubblica 
nel  i6o3  la  Snadd  colla  (piale  avea  com- 
battuto e  trionfato,  e  l'armatura  in  es- 
sa indossata.  Questi  doni  furono  collo- 
cati nelle  sale  d'armi  del  palazzo  duca- 
le, dove  nel  1797  fu  rubala  la  spada, 
e  l'armatura  fu  poi  deposta  nelle  sale 
d'armi  dell'Arsenale,  ove  esiste.  Infuria- 
ta la  Spagna  perchè  in  Pioma  fosse  il 
Lucembiirgo,  l'ambasciatore  Olivares 
tlicliiarò  al  Papa  die  se  non  lo  licenzia- 
va dovea  far  le  sue  prolesle.  A  questa  pa- 
rnlii  il  Papa  si  adirò  e  licenziò  invece  dal- 
l' iJflicnza  il  iapprcsenlanle  spagnuolo  ; 
e  uni  illuminalo  delle  segrete  mire  della 


V  E  N 
lega,  e  la  religione  non  esserne  che  un 
pretestò,  ritirò  la  sua  protezione,  e  poco 
dopo  morì  a'27  agosto  iSgo.  Dopo  18 
giorni  gli  successe  Urbano  VII  Casta- 
gna, già  nunzio  apostolico  in  Venezia» 
ma  visse  i3  giorni  ;  onde  a' 5  dicembre 
gii  fu  surrogato  Gregorio  XIV,  stato  ve- 
scovo di  Cremona,  il  (piale  tosto  asse- 
gnò soccorsi  alla  lega,  e  decretò  due  mo- 
ni torii  contro  gli  aderenti  d'Einico  IV^, 
mentre  la  repubblica  inviò  ambascia- 
tore in  Roma  Giovanni  Moro.  Indi  il 
l^ipa  avvertì  nel  marzo  i  Sg  i  la  repub- 
blica, de'  moli  uffici  che  venivano  fatti 
contro  di  essa,  e  l'ambasciatore  francese 
esponeva  al  collegio  tutti  i  maneggi  e  i 
raggiri  degli  spaglinoli,  il  cui  re  Filippo  II 
a  vea  scritto  alla  signoria  di  licenziar  l'aia- 
basciatore  del  pretendente,  se  amava 
che  la  Francia  avesse  un  principe  vera- 
mente cattolico.  Narrò  di  pili  l'oratore  di 
Enrico  IVjCondirecheil  Papa,  da  cui  do- 
vreblie  principalmente  dipender  la  pace  e 
la  (piiele  della  cristianità,  si  lasciava  gui- 
dale dagli  ariificii  e  persuasioni  degli  spa- 
gnuoli,che  non  avcano  altra  mira  se  non 
di  servirsi  del  pontificio  nome  e  della 
Chiesa  per  cuoprire  l'ambizione  e  l'ava- 
rizia loro  sotto  l'ombra  di  religione  e  di 
zelo  di  Dio,  E  da  Francia  notificava  il 
Mocenigo,  lo  sdegno  cagionalo  dalla  sco- 
munica di  Gregorio  XIV,  e  come  par- 
la vasi  pubblicamente  di  levarsi  in  tutto 
dall'ubbidienza  della  s.  Sede,  e  di  eleg- 
gere a  influenza  del  partilo  ugonotto  un 
patriarca  della  Chiesa  gallicana,  creden- 
ilosi  il  conlegno  del  Papa  derivare  da 
particolare  inimicizia  verso  il  re  e  spin- 
tovi dalla  Spagna.  1  maneggi  di  questa 
conosciuti  dalla  repubblica,  aveaiio  in- 
tlolto  la  signoria  sin  dal  giugno  iSSg  ad 
avviare  un  trattato  di  sussidio  e  com- 
mercio co'grigioni,  cantone  della  Sviz- 
zera, giustificandosene  col  Papa  come 
stretta  dalla  necessità  a  prov\ edere  al- 
la propria  difesa.  Ma  anche  là  trova- 
va la  repubblica  ad  avere  a  combat- 
Il  re  i   raggiri  di   Spagna,  che  niellcva 


\  E  N 

fntlo  in  opera  per  inipediieqiieirallenn- 
7a.  Era  una  gaia  a  chi  più  potesse  col- 
le promesse  e  guadagnare  co'tioni;  ma 
due  delle  tre  così  dette  leghe  che  costi- 
tuivano i  grigioni,  cioè  la  Casa  di  Dio, 
e  le  Dieci  Diiillure,  sostenevano  i  vene- 
ziani e  riconobbero  la  successione  d  En- 
rico IV;  maggiori  difficoltà  si  ebbero 
coll'altra  lega  de'grigioni  propriamente 
detti,  e  convenne  alla  repubblica  dispen- 
sar denaro  perfino  a' predicanti  sedicenti 
lifortuati,  perchè  da'pulpili  vi  persuades- 
sero il  po[>olo  di  loro  confessione,  non  tan- 
to legalo  d'aifetto  agli  spagnuoli  quanto 
contenuto  dal  timore.  Frattanto,  morto 
Gregorio  XIV  a' 1 5  ottobre  i5qi,  dopo 
i3  giorni  fu  eletto  Innocenzo  IX  Fac- 
chinetti, slato  nunzio  pontificio  di  Ve- 
nezia. Era  risoluto  di  sostenere  la  lega 
io  Francia  contro  Enrico  IV,  quando 
con  due  soli  mesi  di  pontificato  passò  a 
miglior  vita.  A'3o  gennaio  i5q2  fu  e- 
letto  Papa  Clemente  Vili  Aldobrandini, 
ricevè  con  singoiar  alTelto  i  4  ambascia- 
tori d'ubbidienza  e  per  congralulazioue 
inviati  dalla  repubblica,  soggetti  vera- 
mente principalissimi,  cioè  Marino  Gri- 
mani  e  Leonardo  Donato,  ambi  poi  dogi, 
Zaccaria  Contarini  e  Fedeiico  Sanitlo.  E 
per  ambasciatore  ordinario  s'ebbe  Paolo 
Parola.  Indi  il  Papa  a' i  5  aprile  ordinò  al 
cardinal  Sega  legato  in  Francia,  d'impe- 
dire il  possesso  del  regno  ad  Enrico  IV 
tuttora  eretico  calvinista  ;  il  quale  però, 
vedendo  che  non  avrebbe  (loluto  pacifi- 
caniente  ascendere  al  trono, cominciò  ad 
istruirsi  ne' dogmi  di  noslia  s.  Religione, 
a'^S  luglio  i5^3  abiurò  pubblicamente 
1  suoi  errori,  ed  entrò  in  Parigi  da  lui 
assediata,  fu  assolto  dalle  scomuniche 
dall'arcivescovo  di  Bourges,  e  poi  solen- 
nemente dal  Papa,  ad  onta  de' contrari 
sforzi  di  Spagna  e  de' confederati  della 
lega  a' 17  settembie  i')r)'),  con  ammet- 
terlo nel  materno  seno  della  Chiesa  cat- 
tolica, al  quale  scopo  non  avevano  ces- 
salo di  adoperarsi  con  lutto  1'  impegno 
i  veiicziiini,  cui  la  quiete  e  la  potenza  di 


V  E  iV  479 

Francia  con  un  re  amico  sul  trono,  ap- 
parivano necessarie  a  conlrabbilanciaro 
l'ambizione  irrequieta  di  Spagna.  Frat- 
tanto ardeva  la  guerra  in  Ungheria  per 
opera  de' turchi,  sotto  il  debole  Puodolfu 
11,  e  le  popolazioni  di  quella  si  mostra- 
vano alquanto  avverse  all'  imperiale  do- 
minio. Mossi  dal  timore  dell'incursioni 
che  i  turchi  ficevano  nella  Croazia,  i 
veneziani  nel  i5q3  vennero  nel  pensie- 
ro dell'erezione  della  fortezza  di  Palina 
Nuova  e  della  furtificazioue  d'  Udine  a 
difeso  del  Fl-iuli;  ma  ciò  dispiacque  al- 
l' imperatore,  quasi  che  quell'opere  con- 
tro di  lui  fossero  dirette,  e  ne  fece  vive 
lagnanze.  Dierono  motivo  al  sospetto  le 
sue  relazioni  colla  repubblica  che  si  fa- 
cevano setnpre  piii  acerbe  per  causa  del- 
le continue  molestie  degli  uscocchi,  alle 
quali  non  ostante  le  molle  promesse  dal- 
la parte  imperiale  non  veniva  al  solito 
posto  riparo,  eil  erano  al  turco  fomite 
incessante  di  querele  al  veneziano  go- 
verno e  pericolo  di  manifesta  guerra.  Ad 
evitare  la  quale,  la  signoria  non  man- 
cava d'ogni  possibile  cautela,  e  coll'o- 
sleggiare  gagliardamente  gli  uscocchi  e 
coir  invio  di  ambasciatori  e  ili  scritture, 
si  studiava  di  dissipare  ogni  nube  e  man- 
tenersi colla  sublime  Porta  in  amiche- 
voli rapporti.  La  peste  in  questo  mezzo 
menava  in  Candia  lagrimevole  strage,  e 
le  sventure  di  quella  colonia  chiamarono 
la  paterna  sollecitudine  del  senato.  Si 
provvide  tantosto,  e  furono  a' torcili  lol- 
le le  vie  per  le  quali  potevano  forse  pre- 
valersi di  quel  miserabile  avvenimento. 
Per  opera  della  già  discorsa  sultana  vene- 
ziana IjuHò,  si  rinnovò  con  Maometto  III 
suo  figlio  il  trattato  di  pace.  Da  questo 
sistema  pacifico,  che  la  repubblica  con- 
tinuava, non  poterono  ismuoverla,  ne 
r  ambasceria  persiana  del  soli  di  Per- 
sia Abbas  il  Grande,  in  fiera  guerra  co' 
turchi,  nù Clemente  Vili  che  grandi  aiu- 
ti mandava  in  Ungheria,  uè  lo  czar  di 
Mosco «ia  Ivan  IV  che  eccilava  ad  una 
lega  contro  i  medesimi  turchi,  ed  a  man- 


43o  V  E  N 

tiare  in  Un'Asia  i  nieicanli  veneziani,  pe' 
grandi  vantaggi  che  ne  ritrairebbero  spe- 
cialmente per  Je  pelli  e  per  le  cere.  Lo 
czar  e  la  Russia  non  conoscevano  bene 
lo  stato  de'veneziani,  che  credevano  do- 
minio del  Papa,  giacché  era  vietato  ai 
russi  di  appiendere  qualunque  lingua 
straniera,  volendo  lo  czar  in  ogni  tempo 
intendere  ciò  che  fra  loro  si  discorresse. 
Della  lega  con  esso  nulla  fu  fatto,  bensì 
fu  avviato  il  commerciocolla  Svezia,  che 
fin  dal  15^7  con  apposito  ambasciatore 
vi  avea  invitato  la  repubblica.  Era  mi- 
naccialo invece  d'  interruzione  quello 
con  l'Inghilterra,  potenza  che  dopo  la 
vittoria  sulla  flotta  spaguuola,  facevasi 
sempre  più  formidabile  sul  mare,  e  co- 
minciava già  a  mandare  i  propri  navi- 
gli a  provvedersi  direttamente  in  Levan- 
te di  quelle  merci  che  per  l'addictro  ri- 
tirava da'  veneziani.  Ciedettero  questi 
opporvi  impedimento  coli' aggravai  e  di 
grosso  dazio  l'uve  passe  e  altre  merci 
che  su  bastimenti  inglesi  si  asportassero 
da  Zante,  ma  avendo  la  regma  Elisa- 
betta aggravato  del  pari  i  mercanti  ve- 
neti in  Inghilterra,  fu  d'uopo  venire  ari 
accordo  ed  il  dazio  fu  tolto.  Qual  fos'^e 
ormai  la  prosperosa  condizione  di  quel 
regno,  quanto  al  commercio,  si  prova 
dalla  ricerca  che  nel  iSgi  fece  Venezia 
al  governo  inglese  di  potervi  estrarre 
3o,ooo  staia  di  grano,  raccoraandantlo 
si  dessero  ordini  rigorosi  a'vascelli  na- 
zionali di  non  recar  molestia  a' navigli 
\eneziani  che  carichi  di  pepe  e  altre  dio- 
ghe  dal  Portogallo  o  d'altrove  si  diri- 
gessero a  Venezia,  anzi  li  favorissero  e 
proteggessero.  Tantoerano  già  mutate  le 
sorti  dell'antica  dominatrice  de' mari,  e 
tanto  cominciava  a  spiegare  la  sua  po- 
tenza la  nuova.  Nel  i5q4  la  repubblica 
mandò  a  Uonia  per  ambasciatore  Gio- 
vanni Dolfìn.  In  questi  tempi  le  dolcez- 
ze d'  una  pace  tranquilla,  e  il  vedere 
che  il  commercio  tuttavia  si  manteneva 
florido,  consigliarono  i  veneziani  ad  ul- 
teriori abbellimenti  delia  loro  capitfilo, 


V  E  N 
olire  r  istituzione  di  varie  accadea^ie  let- 
terarie. Si  compì  con  maggior  solidezza 
e  maestà  la  parte  del  palazzo  ducale  arsa 
nel  iSyy  ;  si  condussero  pure  a  termine 
gli  edifizi  che  la  piazza  di  s.  Marco  fan- 
no bella  e  stupenda;  si  fece  costruire  in 
pietra  il  gran  ponte  di  Rialto,  il  quale 
con  una  sola  arcata  unisce  i  due  lati 
maggiori  che  dividono  Venezia  ;  fabbrica 
che  questa  sola  servi  ad  immortalare  la 
memoria  del  doge  Cicogna  ;  la  Biblio- 
teca e  la  Zecca  ebbero  ornamento  di  co- 
lonne, statue  e  altri  lavori;  si  posero  le 
fondamenta  di  varie  chiese,  altre  si  re- 
staurarono; e  parecchi  de'più  dovizio- 
si cittadini  eressero  palazzi,  che  per  la 
struttura  e  sceltezza  de'  marmi,  e  per 
gli  ornamenti  parlano  chiaro  abbastanza 
di  quella  grandezza  che  non  è  più.  Il  doge 
Cicogna  dopo  aver  seduto  gloriosamente 
9  anni,  y  mesi  e  i  5  giorni,  morì  a'a  apri- 
le iSgS,  e  fu  deposto  nel  tempio  di  s. 
Maria  allora  de' crociferi  ed  al  presente 
de' gesuiti,  accompagnandovelo  il  pianto 
de'buoni.  Dipoi  nella  parete  a  manca  del- 
l'osservatore, della  cappella  destra  della 
maggiore,  gli  fu  eretto  un  monumento, 
opera  grandiosa  di  GirolanioCampagna, 
che  ne  fu  pure  lo  scultore.  —  Il  eh.  d. 
Salvatore  Proja  di  Pcscina  (perciò  con- 
cittadino del  gran  cardinal  Mazzarini, co- 
me provai  in  quell'articolo  riproducendo 
la  fede  battesimale),  professore  nominato 
neir  Università  Romana  [F.)  di  algebra 
e  geometria,  ripetitore  di  scienze  nel  col- 
legio Pamphilj  e  bibliotecario  della  Lan- 
cisiana  di  llomajColla  sua  splendida  penna 
mi  scrisse  ed  a  mia  confusione  inlilolò  la 
faconda  e  dotta:  Lettera,  Urbano  rill 
e  gli  Accademici  Zy/V/ce/,  impressa  in  Ro- 
ma nel  i858,  e  quindi  inserita  nel  t.  7 
della  nuova  serie  del  Giornale  Arcadi' 
co  di  Roma  stessa,  per  ulteriore  suo  trat- 
to di  singolare  benignità,  onorandomi  e 
confortandomi  cou  benevola  indulgenza 
ne'più  solenni  modi.  Ne  fece  onorata  men- 
zione la  Cronaca  di  HJilano,  anno  iv,  di- 
spensa 14.'',  »'  qnid  dotta  dissertazione; 


VEN 

nrlornn  di  gran  supptMeUile  di  notizie 
con  bella  disirivoltnrn  d'esposizione  "do- 
po nvere  d.ito  contezza  dello  scopo  della 
medesima.  A  ciò  fiì  mosso  il  pi'of.  Proja, 
dall'aver  io  nella  biografìa  di  Papa  TV- 
bnno  /'///Bai  bei  ini  rilevato  la  stia  glo- 
ria come  IMeccnatede'biioni  sludi,  ricor- 
dando i  favori  eia  protezione  accordata 
ogii  accademici  Lincei,  di  cui  egli  è  socio 
ordiiiariojche  vantano  a  fondatore  il  prin- 
cipe Federico  Cesi,  il  quale  favoreggiato 
da  quel  magnanimo  Fapa,  co'privilegia- 
tissimi  spiriti  de'suoi  accademici,  trava- 
gliò per  rimettere  in  seggio  la  vera  itali* 
ca  filosofia,  la  filosofìa  positiva  della  spe- 
lienza  e  dell'osservazione.  Il  celebre  Ti- 
rabeschi,  non  seppe  decidere  se  il  Cesi  più 
giovasse  alle  scienze  colla  sua  munificen- 
za, o  col  suostraordinai  io  ingegno.  E  sic- 
come di  tale  insigne  e  pontifìcia  accade- 
mia, lina  delle  primitive  e  principali  glo- 
rie fu  il  gran  linceo  Galileo  Galilei,  al- 
l'encomiato prof.  Proja  gli  piacque  ri- 
marcare aver  io  nel  rammentato  artico- 
lo parlato  anche  di  quel  sublime  ingegno 
(lo  celebrai  pure  in  altri),  e  della  clemen- 
za usatagli  da  Urbano  Vili  nella  sua  fa- 
mosa vertènza  colla  suprema  lnf|iiisizio- 
ne,  con  tanta  abbondanza  d'erudizione, 
che  gli  sarebbe  sembrata  superflua,  do- 
ve non  avesse  conosciuto  che  l'opera  mia 
»  è  come  un  emporio  di  tutte  le  storie 
da  sopperire  alla  mancanza  di  altri  in- 
numerabili  libri  e  collezioni  storiche".  Se 
non  che  riflettendo  saviamente,  che  più 
delle  sventure  vanno  ricordate  le  glorie 
del  grand'  uomo,  egli  dice.  »  Credete  a 
me,  che  pur  mi  conosco  alcun  poco  di 
questo  cos'i  vieto  e  così  rimenoto  argr». 
mento  (anzi  apparisce  profondo  fdosofo 
dalla  slessa  Lettera  in  rliscorso,  e  tra  le 
sue  opere,  dalle  seguenti:  Trattalo  sto- 
n'cnleoriro-pra  tico  di  Calendario  rat- 
tolirn.  Della  divi<:ìonedettempn  in  gior- 
ni I  d  ore,  e  degli  orologi  ro<!Ì  detti  ita- 
liano r  francae.  Necrologia  del  prof. 
d.  Fclieiano  Scarpellini.  Elogio  funebre 
di  F.  Scarpellini  rextauralore  dell'  ac- 


cademia  de' Lincei,  detto  nelle  solenni 
eserjìde  de'  Lincei  defunti.  Discorso  so- 
pra la  vita  e  le  opere  delp.  Andrea  Ca~ 
rnfa  della.  Compagnia  di  Gesìi.  Lettera 
sopra  lo  stato  delle  niateniatichc  in  Ro- 
ma.Storia  de' nuovi  Pianeti  dal  \  80  i  al 
i85i):  oggi,  che  do[)o  i  grandi  progressi 
fatti  nelle  scienze,  e  in  ispecie  dall'astro- 
nomia, la  Chiesa  ha  fatto  lil)ero  a  tutti 
gli  asfrononii  di  poter  insegnare  il  moto 
del  globo  tenestrCj  noi  dobbiasno  piut- 
tosto rimpiangere  nel  segreto  del  nostro 
cuore  le  sventure  del  Galilei ,  anziché 
rialzare  a  quando  a  quando  il  velo  del- 
l'oblio, onde  il  tempo  le  va  ricoprendo. 
Quello  che  dobbiamo  sempre  ritiverdire 
nella  memoria  degli  uomini,  sono  le  glo- 
rie di  questo  gran  Linceo  e  piinci[)e  ec- 
celso della  rinnovala  filosofia:  perchè  nel- 
l'articolo Venezia,  che  ora  slate  (nuova- 
mente) scrivendo  con  amore  che  supera 
la  vostra  insuperabile  erudizione  storico- 
ecclesiastica,  fate  di  richiamare  alla  men- 
te di  que'gentili,  che  attendono  dalla  vo- 
stra penna  nuovo  histi'o  alla  patria  loro, 
fate,  dico,  che  e'  si  ricordino  che  Gali- 
leo Galilei  professore  a  Padova  e  sotto 
gli  auspicii  della  veneta  repubblica  pose 
nelle  mani  de'  fisici  il  termometro  e  il 
compasso  di  proporzione,  ritrovò  le  leg- 
gi della  caduta  de'gravi,  e  ne  dedusse  l'i- 
socronismo ncH'oscilInzioni  del  pendolo: 
e,  quel  che  più  monta,  divinò  e  archi- 
lellò  in  una  notte  il  non  mai  abbastan- 
za encomiato  perspicillo  ,  onde  in  pro- 
gresso di  tempo  fece  nel  cielo  le  sì  por- 
tentose scoperte.  Imitale  Fnbroni  f/'itae 
Ifaloruni  dnrtrina.  excellentinni),v.\\i'Al\ 
nella  vita  del  Galilei^  dove  parla  del  te- 
lescopio da  esso  lui  inventato,  fa  plauso 
alla  sapienza  e  alla  munificenza  del  ve- 
neto senato,  che  ascese  tosto  la  torre  di 
s.  Marco  per  esplorare  la  forza  del  tna- 
gico  tubo  a  sceriiere  di  lontano,  e  decre- 
tò premi  etl  onori  airimmoilale  inven- 
tore. Da  ultimo  magnificale  la  nobile  ga- 
ra tra  il  medesimo  augusto  consesso  de' 
veneti  seuistori  e  Cosimo  II  di  Toscana, 


432  V  E  N  YEN 
tjuello  n  mal  in  cuore  consentendo,  que-  to  Galileo  per  illuminare  la  società,  non-" 
sti  a  tutto  potere  richiedendo  che  l'eccel-  diinerio  ebbe  bisogno  del  patrocinio  de' 
so  filosofo  ripatriasse".  Riportato (pteslo  |iriiicipi,  come  le  aquile  generose  dei- 
sapiente  brano,  in  cui  con  pochi  tratti  è  l'appoggio  dell'  aria  per  ispingere  i  loro 
(letto  tutto,  a  me  che  resta  a  dire  V  Inns-  voli  sino  alla  regione  del  sole.  Nelt58g 
sequio a  tanta  autorità, commosso  per  es-  Galileo  di  25  anni,  nella  patria  f;imo- 
sere  laiiclalus  a  laudalo  viro,  per  af  sa  università  di  Pisa  dal  granduca  Fer- 
feltuosa  indimenticabile  riconoscenza,  in  dinando  1  s' ebbe  la  cattedra  di  mate- 
quesle  anguste  pagine,  relativamente  al  malica,  e  per  attestato  del  suo  celebre 
Viistoegigantescoargomento, credei  (pie-  e  degno  allievo  e  biografo  Vincenzo  Vi- 
sio il  luogo  di  lame  cenno,  perchè  ap-  viani  (in  s.  Croce  di  Firenze  sua  pa- 
punlofu  nel  dogadodell'dlustre  princi[)e  tria  d'origme,  un  sepolcro  marmoreo  ac- 
Cicogna,  che  Galileo  fu  ammesso  profes-  coglie  unite  le  spoglie  illustri  del  disce- 
sore  alla  celebre  università  di  Padova,  polo  e  del  maestro,  ciascimo  degno  l'uno 
Lottando  tra  la  brevità  che  mi  è  impo-  dell'altro,  e  dipoi  ne  dirò  alquante  pa- 
sta e  la  mia  pochezza,  tenterò  con  ahjuan-  role),  la  sostenne  con  tanta  fama  e  ripu- 
te  nozioni  di  corrispondere  a  sì  rispetta-  tazione  appresso  gì'  intendenti  di  luenle 
bile  desiderio,  ilolce  e  lusinghiero,  [)er  la  ben  affetta  e  sincera,  che  molli  filosofa- 
mia  debolezza  certamente  non  mai  de-  stri  suoi  emuli,  fomentati  da  invidia,  se 
gnamente  al  subbielto,  ed  eziandio  per  gli  eccitaronocontro;  eservendosi  di  stru- 
dovere  osservare  ledebite  proporzioni  col  mento  per  atterrarlo  ,  del  giudizio  dato 
complesso  del  presente  articolo,  in  cui  e-  da  esso  sopra  un  tal  macchina  d'  inven- 
vitai  di  entrare  in  quest'altro  campo  im-  zione  d'un  eminente  soggetto,  proposta 
niensurabile,  laonde  per  un'eccezione  gè-  per  vuotar  la  darsena  di  Livorno  ,  alla 
iiiale  vieppiùdovròesserelaconico.  Se  mi  quale  Galilei  con  fondamenti  meccanici 
riusciràcorrispondervi,il  meritosarà  del-  e  con  lil)ertà  filosofica  avea  fatto  pro- 
l'illustre  prof.  Proja,  come  effetto  del  suo  gnostico  di  male  evento,  come  in  effetto 
pregievole  comandamento,  derivato  da  seguì,  seppero  con  maligne  inipressioni 
quel  caldo  amore  alle  scienze  che  profes-  provocargli  l'odio  di  quel  gran  personag- 
sa  ed  insegna,  e  da  quel  riverente  affetto  gio.  A  cui  si  aggiunga,  che  predestinato 
verso  l'accademia  de'nuovi  Lincei  di  cui  il  suo  felice  ingegno  a  svelare  agli  uomi- 
è  ornamento,  eloquente,  perito  e  giusto  ni  una  moltitudinedi  meravigliedella  na- 
propagatore  de'suoi  fasti,  il  che  altresì  si  tura,  onde  poi  divv-nne  il  creatore  della 
ammira  nella  Lettera  a  me  benignameu-  filosofia  sperimentale,  le  sue  nuove  sco- 
te diretta,  nella  quale  fa  servire  la  loio  perle  ed  esperienze,  colle  quali  fece  cono- 
storia  a  lode  di  Urbano  Vili,  e  quella  di  scere  la  legge  di  accelerazione  nel  movi- 
questo  a  lode  de'Lincei  medesimi.  E  poi  mento  de'coipi  cadenti, l'eguaglianza  dei- 
inevitabile  che  io  non  ripeta  alcunché  ilei  le  rapidità  impressa  dalla  gravità  a  tut- 
già  detto  nell'articolo  sunnominato,  cele-  le  le  sostanze  materiali,  e  molte  altre  ve- 
brando  i  rari  meriti  scientifici  di  Galileo,  rilà  fisiche,  delle  quali  Aristotile  non  ha 
gloria  immortale  di  Pisa,  d'  Italia,  del-  parlato,  come  rileva  l'altro  suo  biografo 
le  scienze,  del  cui  progresso  la  repubbli-  lìiot,  inasprirono  i  partigiani  dell'aulica 
ca  veneta  si  rese  benemerita  col  nobde  filosofia  peripatetica,  la  cui  f,inalicafidu- 
patrocinio  accordato  anche  a  questo  lu-  eia  nell'  opinioni  d'  Aristotile  impediva 
minare  del  sapere,  vero  faro  di  luce  fi-  gustare  tante  preziose  cose;  ed  i  quali  ve- 
losofica,  e  sarà  saggio  di  quello  da  essa  dendo  per  sì  fatto  modo  assalila  l'intera 
conceduto  ad  altri  sapienti,  che  il  la-  loro  scienza,  cercarono  di  nuocere  al  no- 
conismo  m' impedisce  di  celebrare.  Na-  valore  nell'opinione  do'potenti  egli  nios- 


.  V  EN 
SCIO  rnolleplici  persecuzlonijlalinenfcclii), 
per  sotliaivisi,  si  vide  obbligalo  do[)0  3 
anni  neli5g2  d'abbandonare  la  cattedra 
di  Pisa,  volgendo  l'animo  suo  alle  olTer- 
te,  cbe  più  volle  gli  erano  stale  fatte  del- 
la cattedra  di  Padova.  Questa  allora  fio- 
riva e  d'ogni  parte  vi  accorrevano  gli  slu- 
rlenti,  e  persino  da  Germania,  Francia  e 
Fiandra,  poicbè  eletti  fin  dali5i6  a  di- 
rigerla i  così  detti  Riformatori  (If  Ilo  stu- 
dio di  Padova,  da  essi  i  pila  famosi  pro- 
fessori v'erano  chiamali.  Piitornato  a  Fi- 
renze, oveavea  fitto  i  suoi  sludi  lettera- 
ri e  patria  d'origine  del  padre  suo,  s'  e- 
lesse  con  buona  grazia  del  granduca  di 
mutar  clima,  avanti  che  i  suoi  avversari 
avessero  a  godere  del  suo  precipizio.  A 
Firenze  era  stato  raccomandato  ad  uno 
della  nobile  famiglia  Salviali,  che  l'accol- 
se con  singolare  benevolenza  e  gli  sommi- 
nistrò tutti  i  mezzi  di  continuare  le  sue 
scoperte  e  lavori  scientifici  finché  avesse 
trovalo  modo  di  collocarsi.  A  tal  fine  il 
Salviali  lo  fece  conoscere  e  raccomandò 
al  suo  amico  Gio.  Francesco  Sagredo  pa- 
trizio veneziano,  valentissimo  nelle  scien- 
ze matematiche  e  fisiche,  pel  cui  autore- 
vole mezzo  a'  26  seltembre  dello  stesso 
I  592  ottenne  dalla  serenissima  repubbli- 
ca di  Venezia  la  lettura  delle  matemati- 
che in  Padova.  Né  sorse  alcuno  di  sua 
nazione  a  impedirlo  e  difenderlo,  e  il  prin- 
cipe stesso  convenne  cedesse  all'impeto 
dell'ingiusta  persecuzione,  onde  lo  solfr'i 
esule  la  terra  nativa  per  anni  18.  Nel  suo 
nuovo  campo  di  gloria,  vivendo  sotto  la 
prolezione  delle  leggi  venete,  tosto  strin- 
se amicizia  con  parecchi  colli  ed  eruditi 
gentiluomini  veneziani,  ammiratori  del 
raro  suo  genio.  In  riconoscenza  de'bene- 
(izi  che  godeva  nella  nuova  sua  destina- 
zione, diede  il  nome  di  Sagredo  e  di  Snl- 
viati  a' due  principali  interlocutori  che 
ne  ^i\o\  Dialoghi  quattro  soprai  due  mas- 
simi sistemi  del  mondo.  Tolemaico  e  Co- 
pernicano (poi  per  la  i. 'volta  stampati  in 
Firenze  neliGSa),  sostengono  la  vera  fi- 
losofia. Più  libero  in  una  città  che  dipen- 
voL.  xni. 


YEN  433 

deva  da!  senato  di  Venezia,  i!  nuovo  pro- 
fessore di  Padova  continuò  con  una  vo- 
ga più  brillante  le  sue  lezioni  pubbliche 
e  le  sue  ricerche  sperimentali.  Per  soddi- 
sfare alle  sue  obbligazioni  verso  i  suoi 
protellori  e  il  governo  che  lo  impiegava, 
inventò  e  fece  costruire  pel  servigio  della 
repubblica   diverse  nuove  macchine  di 
grande  utilità;  e  scrisse  pe' suoi   allievi 
njolti  trattali  di  gnomonica,  di   mecca- 
nica,   di  astronomia   sferica,  ed  anche 
di  fortificazione,  secondo  1'  uso  di  que* 
tempi,  in  cui  si  univa  tultociò  che  il  pro- 
gresso delle   cognizioni  ha  poi  separata. 
Versoli  1^97,  inventò  i  termomelii  (ma 
i  saggi  di  Galileo  restarono  probabilmen- 
te lungo  tenipo  ignorali,  poiché  l'olan- 
dese Cornelio  Drebbel  ottenne  e  conser- 
vò in  Germania  l'onore  dell'  invenzione 
di  tale  strumento  pubblicando  :  De  na- 
tura elcmentorumj  quomodo  venti, più- 
viae,fiilgura,  tonilrua  ex  iis  provncan- 
tur,  et  quihus  servianl  usihus  eie),  ed  il 
compasso  di  proporzione,CLii  appellò  com- 
passo militare,  perchè  lo  avea  principal 
mente  destinalo  all'uso   degl'  ingegneri. 
Dell'  invenzione  del  termometro  abbia- 
mo l'irrefragabile  testimonianza  del  dot- 
to suo  mecen;ìle  Sagredo,  il  quale  aven- 
do portato  in  seguilo  alcuni  notabili  mi- 
glioramenti sul  medesimo,  scrisse  a  Ga- 
lileo :  »  L'istrumento  per  misurare  il  cal- 
do, inventato  da  V.  S.  Eccellentissima,  è 
stalo  da  me  ridotto  in  diverse  forme  as- 
sai comode  e  squisite  intanto  che  la  dif- 
ferenza della  temperie  di  una  stanza  al- 
l'altra si  vede  fin  i  00  gì  adi".  Seguendo 
il  dotto  bolognese  Giuseppe  Monti,  Di- 
scorso intorno  all'  obbligo  d'  onorare  i 
prinn  scopritori  del  vero,  io  andrò  ri- 
cordando in  ulteriore  testimonianza  del- 
le scopc-rte  Galilcane  le  diverse   lettere 
pubblicale  dal  eh.  Gianfrancesco  Ram- 
bclli.  Intorno  invenzioni  e  scoperte  ila- 
liane.  E  per  la  1 .'  :  Lettera  44-*  appli- 
cazione del  pendolo  all'orologio,  com- 
passo di  proporzione,  scoperte  as  trono- 
miche  ed  altre  di  Galileo.  Prova,  ch'egli 
0.8 


434  V  E  N 

t'S8eiitlo  scolare  in  Pisa  inventò  il  pendo- 
lo; semplice  e  regolala  nìisura  del  lem- 
po,per  mezzo  del  pendolo, non  prima  d'al- 
cnu  altro  avvertila,  pigliando  occasione 
d'osservarli)  dal  moto  d'una  lampada  nel 
duomo  iWPisa,  poscia  posto  in  pratica  (hil 
suo  figlio  naturale  Vincenzo;  applicazio- 
ne all'orologio,  che  fu  poi  seme  fecondo 
di  bei  trovali  nella  fisica, nell'astronomia  e 
nella  nautica.  Egualmente  prova  il  Uam- 
belli,  clie  Galileo  ideò  il  compasso  di  pro- 
porzione nel  i5g7,  indi  illustralo  col  li* 
|jro,  Le  Operazioni  del  compasso  gco- 
riìctìico  e  TiiilitarCf  stampate  nel  1606. 
Trovati  pure  del  Galileo  essere  le  bilan- 
celle idrostatiche,  per  conoscere  col  mez- 
zo dell'  (icqua  il  peso  de'  metalli.  Colla 
Lettera  Z^.':Teriiioinctro,  dimostra  che 
il  uierìto  di  avere  inveulato  il  termome- 
tro ad  aria,  eh' è  insieme  termoscopio  e 
baroscopio,  essendo  le  sue  indicazioni  ef- 
fetto e  del  calorico  e  della  pressione  del- 
l'aria atmosferica, viene  allribuiloa  molti, 
ed  eziandio  a  fr.  Paolo  Sarpi,  ma  fino  dal 
1  596  è  certissimo  che  Galdeo  avea  tro- 
vato i  suddetti  strumenti  di  vetro  con  ac- 
qua e  aria,  e  per  meglio  comprovarlo  of- 
fre un  \uo^oAit  Pensieri  vari  di  lui,  trat- 
to dalle  sue  Opere,  che  lutto  riguarda 
il  termoscopio,  e  pieno  di  profondi  pen- 
samenti. Secondo  le  leggi  venete  l'inca- 
rico di  profcssore,  come  tutti  gli  altri  pub- 
blici impieghi,  non  era  che  tempora- 
neo; ma  quando  spirò  il  sessennio  della 
condotta  a  cui  era  slato  destinato,  nel 
I  Sqg  il  senato,  estimatore  de!  felice  suo 
talento,  la  rinnovò  confermando  Galileo 
nella  cattedra  per  altri  6  anni  con  un  au- 
mento di  onorario,  di  cui  si  sdebitò  ver- 
so la  prolellrice  repubblica  con  nuuve 
scoperte.  Quest'epoca  fu  pel  professore  la 
più  fortunata,  fausta  e  luminosa  di  sua 
vita.  Nel  1604  una  stella  ignuta  e  d'u- 
na fulgidezza  straordinaria,  essendo  com- 
parsa ad  un  tratto  nella  costellazione  del 
Serpentario,  Galileo  dimostrò,  mercè  le 
osservazioni,  come  tale  astro  era  mollo 
al  di  là  di  ciò,  che  i peripatetici  chiama- 


VEN 
vrino  la  regione  elementare,  ed  anzi  era 
d'assai  più  lontano  che  tutti  gli  altri  pia- 
neti, contro  l'opinione  formale  ed  infal- 
libile di  Aristotile,  il  quale  afferma  i  cie- 
li incorruttibili  ed  immuni  da  qualun- 
que mutamento.Intanto  spirò  nuovamen- 
te il  termine  della  2."  condotta  di  pro- 
fessore, ed  il  senato  lo  riconfermò  nella 
cattedra  per  altro  S.'sessennio  nel  1606, 
con  nuovi  vantaggi,  di  cui  mosti  ola  sua 
riconoscenza  raddoppiandogli  sforzi  del 
suo  stupendo  ingegno.  Versoli  1609  fe- 
ce altresì  diverse  esperienze  sulle  calami- 
te naturali,  e  trovò  il  modo  d'aumenta- 
le considerabilmente  la  loro  forza  eoa 
l'aiuto  d'un  corredo  di  piastre  di  ferro. 
Ma  in  mezzo  a  tanta  gloria  neppure  in 
Padova,  che  sotto  l'egida  della  repubbli- 
ca aperta  gli  si  era  come  porto  sicuro  al  - 
r  affannalo  spirilo,  lo  si  lasciò  vivere  in 
pace  sì  che  la  malignità  e  l'invidia  non 
mai  placata  e  mai  perdendolo  di  vista, 
non  venisse  anche  in  quel  pacifico  e  no- 
bile soggiorno  de'dotti  a  turbar  la  men- 
te instancabile  nelle  speculazioni  filoso- 
fiche; e  di  quali  trovali  fu  spettatrice  la 
città  di  Padova  può  vedersi  nel  Viviani 
nella  Fila  di  Galileo,  Venezia  i836  ti- 
pografia Alvisopoli.  Trovandosi  Galileo 
fieramente  offeso  e  provocato  da  Baldas- 
sare  Capra  milanese,  che  s'era  allora  te- 
merariamente appropriata  l'invenzione 
del  compasso,  a  ciò  indotto  dal  suo  mae- 
stro Guntzehusano,  nel  tradurlo  in  lati- 
no e  stamparlo  nella  slessa  città  di  Pa- 
dova in  fàccia  del  medesimo  auloie,  {a 
Galileo  necessitalo  a  pubblicare  una  sua 
difesa  in  volgare  per  evidente  dimostra- 
zione di  furio  così  detestabile  e  vergogno- 
so, difendendosi  insieme  dalle  calunnie  e 
imposture  del  medesimo  Capra,  il  quale 
in  una  sua  considerazione  astronomica 
sulla  stella  nuova  deli6o4)  stampala  già 
più  di  due  anni  avanti,  1' avea  acerba- 
mente laceralo,  mosso  da  invidia  per  l'u- 
niversale applauso  che  avevano  ricevu- 
to le  3  lezioni  falle  dal  Galileo  sulla  nuo- 
va stella.  Non  fu  già  valevole  tal  difesa  a 


VEN  VEN                   435 

reprimere  l'aiulaci:!  o  la  troppa  conficeli-  ilietio  la  mossa  de'raggi  luminosi  in  ve- 
za  d'alcuni  altri  di  altre  nazioni,!  quali  tri  sferici  di  forme  diverse.  Alcuni  saggi 
nllellali  o  Irnsporlati  dalla  uovilà  e  va-  tentativi  co' vetri  cheavea  alle  mani, seb- 
gliezza  della  invenzione,  e  dalla  mirabil  bene  imperfetti,  produssero  l'eiretto  de- 
copia e  fertilità  de'suoi  usi,  non  espones-  siderato;  nel  dì  seguente  rese  conto  del- 
sero  alle  sla'.npe,  come  interamente  loro  la  riuscita  a' suoi  amici  di  Venezia  :  ciò 
proprio,  1'  ingegnoso  compasso  del  Gali-  non  era  da  meno  dell'  invenzione  stessa 
leo,  pubblicandolo  con  diverse  iscrizioni  dell'ottico  congegno.  Passali  6  iPi,  altro 
in  un'altra  forma  riilotto,  o  con  nuove  ne  fabbricòdi  maggior  bontà  e  perfezio- 
linee  e  ad  altri  usi  ampliato,  senza  pur  ne.  Poclii  giorni  dopo  presentò  tali  stro« 
far  menzione  del  principale  autore  di  ta-  menti  al  senato  in  Venezia,  con  una  scrit- 
le  istromento,  le  operazioni  del  quale  do-  tura  dedicata  al  doge  Leonardo  Donato 
ve  non  erano  pervenute  slamp;ile  si  tro-  (cui  pure  intitolò  quella  del  lei  niometio 
va  vano  già  molto  prima  in  ogni  provincia  spiegandone  tutta  l'utilità),  in  cui  ne  svi- 
d'Europa  mss.,  e  divulgale  da  quelli  sfes-  luppava  le  iiuniense  conseguenze  per  Ir 
si  forestieri,  a'quali  in  Padova  il  mede-  osserviizioni  astronomiche,  e  nautiche  a' 
simo  Galilei  lo  avea  prodigamente  con  veneziani  tanto  necessarie.  Fu  allora  che 
altri  suoi  scritti  comunicato.  Dopo  aver  il  senato  ascese  la  torre  campanaria  di 
Galileo  confuso  il  Capra,  la  cui  opera  fu  s.  Marco  e  altre  allure  per  godere  la  me- 
proibita  come  libello  dilTamatorio,  non  fu  ravigliosa  invenzione,  e  decretò  quindi 
quella  la  sola  conlesa  che  gli  fu  uopo  di  il  dì  25  agosto  i6oc)  onori  e  preinii  al 
sostenere  per  la  proprietà  de'suoi  lavori;  sommo  inventore,  col  continuargli  la  sua 
e  si  trovò  più  d'una  volta  assai  mal  ri-  condotta  di  professore  di  Padova  in  vita, 
compensato  della  facilità  con  la  quale  li  per  speciale  rimunerazione  e  dislinzio- 
couiunicava;  ma  si  elevava  sempre  per  ne,  e  con  un  emolumento  triplo  da  quel- 
nuove  scoperte  al  di  sopra  di  tali  vergo-  lo  che  prima  aveva  (la  scrittura  del  Ga- 
gnosi  allentali.  Ne  fece  una  nel  i6of),  lilei,  e  il  decreto  ci'aii,  vennero  pubbli- 
che va  tenuta  per  un  de' più  solidi  fon-  cali  dal  Morelli  nell'ingresso  del  procu- 
<lamenti  della  sua  gloria.  Verso  il  mese  ratore  di  s.  Marco  Alvise  Pisani,  1796). 
d'aprile  0  di  maggio  di  quell'anno,  cor-  Penetrato  l'animo  nobile  di  Galileo,  pro- 
se voce  a  Venezia,  dove  allora  trovava-  priodi  tutti  i  sapienti,  di  gratitudine  ver- 
si Galileo,  che  lui  olandese  (Jacopo  Me-  so  la  munificenza  della  repubblica  vene- 
hio)  avesse  presentalo  al  conte  Maurizio  la,  non  trascurò  niuna  diligenza  percre- 
di  Nassau  uno  stromenlo,  pel  quale  gli  scere que'meriti  che  l'aveano  provncata,e 
oggetti  lontani  apparivano  vicini;  né  se  gli  avevano  ottenuto  tanti  favori.  Infalica- 
ne  seppe  di  più  (imperocché,  come  si  ha  bile  nelle  sue  ricerche,  peifezionò  altresì 
dallo  stessoGalileo, essendo  l'olandeseun  l'invenzione  del  telescopio,  e  lo  ridusse 
semplice  maestro  d'occhiali  ordinari,  ca-  da  ultimo  a  tale  di  essere  voltato  verso 
sualinenle  maneggiando  vetri  di  più  sor-  il  cielo.  Vide  allora  ciò  che  nessun  mor- 
te, si  abbattè  aguardare  neli'istesso  lem-  tale  per  l'innanzi  aveva  mai  veduto  :  la 
pò  per  due  l'uno  convesso  e  l'altro  con-  siq)erficie  della  luna  simile  ad  tina  ler- 
cavo,  posti  in  diverse  lontananze  dall'oc-  ra  irla  d'alte  montagne  e  solcata  da  valli 
chio,  ed  in  questo  modo  vide  e  osservò  profijnde.  Venere  che  presentava  simil- 
l'cirello  che  ne  seguiva,  e  ritrovò  lo  slru-  mente  fasi  che  provano  la  sua  roton- 
menlo  a  caso,  senza  però  potere  pi ogie-  dita;  Giove,  attorniato  da  4  satelliti  che 
dire).  Restituilosi  Galileo  a  Padova,  voi-  l'accompagnano  nel  suo  corso;  la  via  lat- 
le  specularne  tosto  la  formazione  :  si  pò-  tea  ;  le  nebulose  ;  tutto  il  cielo  infine  co- 
se a  ceicare  come  la  cosa  fosse  possibile,  sparso  d'un'infinila  moltiludine  di  stelle 


436  V  E  N 

fisse,  troppo  piccole  per  esser  vedute  ad 
occhio  nudo.  Alcuni  giorni  gli  bastarono 
per  passarle  in  rassegna,  e  le  annunziò 
al  mondo  con  uno  scritto  intitolato:  Nnn- 
cius  Sydcreus,  cui  dedicò  a'  principi  de 
Medici  sovrani  di  sua  patria,  col  nome  di 
Stelle  lìhdicee,  e  del  quale  continuò  suc- 
cessivamente la  pubblicazione,  con  gior- 
nale periodico  di  tal  non)e,  di  mano  in 
mano  che  andava  scuoprendo  nuovi  og- 
getti :  osservò  in  tal  guisa,  che  Satuino 
talvolta  si  presentava  sotto  la  forma  d'un 
semplice  disco, talvolta  accompagnato  da 
due  appendici  che  parevano  due  piccoli 
pianeti  ;  tua  era  riservato  ad  un  altro  il 
dimostrare  che  tali  apparenze  erano  l'ef- 
fetto d'  un  anello  che  circonda  Saturno 
(a  Cristiano  Iluygens  o  comunemente  U- 
genio  dell' A  ja,  quando  mentre  il  telesco- 
pio di  Galileo  amplilìcava  solo  3o  volte 
gli  oggetti,  a  lui  riuscì  più  tardi  nel  i  659 
di  costruire  un  obbiettivo  di  22  pierli  di 
foco,nuovoslromento  che  ingrossava  l'og- 
getlosinoa  100  volte,  indi  pubblicò  il  suo 
Sistema  di  Saturno,  che  trovasi  nelle  sue 
Opera  i'<7r?aj.  Galileo  inoltre  scoperse  al- 
cune macchie  mobili  sul  globo  del  sole, 
cui  i  peripatetici  dicevano  tuttavia  incor- 
ruttibile; e  non  esitò  d'inferirne  la  rota- 
zione di  quell'astro  (tali  macchie  erano 
già  stale  scoperte  fino  dal  161  i  da  Gio- 
vanni Fabricio  di  Osteria  ,  di  cui  si  ha  : 
Phrysìì  de  niaculis  in  sole  observatis,  et 
apparente  earum  cimi  sole  conversione 
7?rtnrt(70,  Wittenbergae  161  i).  Osservò 
quella  deboleluce  chenel  1."  e  ultimo  4-° 
della  luna  ci  rende  visibile  al  telescopio 
la  parte  del  suo  disco  che  non  è  allora  di- 
rettamente illuminata  dal  sole;  e  giudicò 
con  senno  che  tale  effetto  procedeva  dal- 
la luce  riflessa  verso  la  luna  dal  globo  ter- 
restre. L'  osservazione  continuata  delle 
macchie  della  luna  gli  provò  che  quell'a- 
stro ci  presenta  pressoché  sempre  la  stes- 
sa faccia;  ma  vi  riconobbe  però  una  spe- 
cie d'oscillazione  periodica  cui  nominò  li- 
brazione (e  di  cui  l'italiano  Gio.  Dome- 
uico  Cassini,  che  valse  più  secoli  nell'a- 


V  EN 
slronomia,  ha  fatto  conoscere  le  leggi  e- 
salte,  nella  sua  Opera  Astronomica,  Ro- 
ma I G66).  Ora  il  eh.  d.  Sante  Pieralisi  bi- 
bliotecario della  Larberiniana,  ha  trailo 
da  essa  e  pubblicato  il  Breve  discorso 
della  istituzione  d'  un  Principe ^  e  com- 
pendio della  scienza  civile  di  France- 
sco Pìccolomini,  con  otto  lettere  e  nove 
disegni  delle  Blacchie  Solari  di  Galileo 
(^ rtZ/Vci, Roma  1 858.  Alla  fine, non  meno 
profondo  ad  indagare  lecoiisegueoze  del- 
le cose  nuove,  che  sottile  a  scoprirle,  Gali- 
leo conobbe  l'utilità  a  cui  i  movimenti  e 
gii  eclissi  de'satelliti  diGiove  potevano  riu- 
scire per  la  misura  delle  longitudini  ;  ed 
intraprese  anzi  di  fare  u»i  buon  numero 
di  osservazioni  di  quegli  astri  onde  co- 
struirne tavole  che  potessero  servire  pe' 
naviganti,  massime  pe'  suoi  amali  vene- 
ziani. Sulla  torre  a  Ponte  Molino  di  Pa- 
dova si  legge  questa  iscrizione  :  Da  que- 
sta forre  -  Galileo  -  Molta  via  de'  Cic- 
li svelo.  Dopo  tante  e  sì  ammirabili  sco- 
perte, deve  sorprendere  come  siasi  vo- 
iutoconteiidere  a  Galileo  l'invenzione  del 
telescopio,  col  quale  egli  le  ha  falle,  qua- 
si che  in  sirail  caso  1'  inventore  non  fosse 
quegli  che,  guidato  da  regole  certe  e  <la 
glandi  viste,  ha  sapulo  trarre  meraviglie 
da  ciò  che  il  caso  avea  gittato  greggio  in 
mani  inesperte.Se colui  che  inOianda  con- 
giunse per  accidente  vetri  d'inegual  cur- 
va, fu  realmente  l'inventore  del  telesco- 
pio, perchè  noi  rivolse  al  cielo,  la  più  bel- 
la e  la  più  sublime  applicazione  di  tale 
stromento  ?  Perchè  mai  lasciò  a  Galileo 
la  felicità  e  la  gloria  di  rovesciare  agli  oc- 
chi di  tutti  le  antiche  preoccupazioni,  di 
consolidare,  la  mercè  di  prove  evidenti, 
l'edifizio  di  Copernico,  e  di  allargare  gli 
spazi  celesti  oltre  quanto  l'immaginazio- 
ne poteva  supporre?  Comunque  sia  ,  si 
comprende  di  leggieri  fino  a  quale  altez- 
za tante  e  sì  grandi  scoperte  debbano  a- 
ver  levato  le  viste  di  Galileo;  egli  vide 
tutte  le  conseguenze  che  ne  risultavano 
intorno  alla  costituzione  dell'universo;  e 
come  sarebbero  sfuggite  a  lui  che,  pertut- 


VEN 
ta  la  vita,  anleponenJo  aJ  ogni  altra  gui- 
da la  natura,  aveva  conservato  il  suo  ici- 
tellelto  aperto  a  tutta  la  purezza  delle  sue 
impressioni?  L'incomparabile  filosofo  to- 
scano, il  cui  nome  durerà  ne'posteri  glo- 
rioso e  perpetuo,  difese  le  sue  opinioni  e 
confutò  gli  oppo>itori  che  sentenziavano 
non  essere  stalo  ih."  inventore  del  con- 
gegno da  lui  chiamato  ferspicillo  celeste, 
o  cannocchiale  di  lunga  vista,  poiché  il  no- 
me di  Telescopio  cht  s^W  è  restato  l'ebbe 
dal  principe  Federico  Cesi,  e  uel  suo  Sag- 
giatore dichiarò:  Che  l'avviso  del  suppo- 
sto trovato  dell'  olandese  IMebio,  svegliò 
la  volontà  ad  applicarvi  il  pensiero,  non 
mai  agevolò  l'mvenzione.  A' suoi  giorni 
questo  strumento  fu  anche  detto  Occhia- 
'  le  eli  Galileo.  D'un  altro  genere  di  tele- 
scopio egli  fu  pure  inventore,  detto  da  lui 
Cimiero  o  Celalone  ,  poiché  adattavasi 
al  capo  in  guisa  che  anco  navigando  sul- 
le galee  potevasi  assai  da  lungi  scoprire 
e  ingrandire  gli  oggetti;  ma  non  pare  che 
fosse  binocolo  o  a  due  tubi  (E  qui  a  lu- 
stro di  Venezia  godo  ricordare,  che  Lo- 
renzo Selva,  ottico  veneziano,  fu  dipoi  il 
I .°  a  costruire  in  Italia  cannocchiali  acro- 
malici  verso  il  «770,  vale  a  dire  dopo  12 
anni  che  l'inglese  Giovanni  Dolloud, fran- 
cese d'origine,  ebbe  trovalo  tale  stroinen- 
to;  come  ancora  fu  il  i.°  ad  ottenere  il 
Jlint,  e  di  tanta  forza  dispersiva,  che  so- 
lo in  questi  ultimi  tempi  venne  superato 
per  o[)cra  di  Fraunhofer).  IMolti  pretese- 
ro d'attribuire  a  Galileo^  per  le  incessan- 
ti sue  speculazioni,  l'invenzione  pure  del 
Microscopio.  Osserva  il  Ptambclli  nella 
lettera  36.^:  Microscopio,  se  venne  con- 
trastata a  Galileo  l'  invenzione  del  tele- 
scopio, molto  maggiormente  lo  fu  (juella 
del  njicroscopìo,  prelesa  da  Zaccaria  J.ms 
e  da  Francesco  Fontana;  però  di  Gali- 
leo si  hamio  sicuri  monumeoti ,  come  è 
incontrastabile,  che  di[)OÌ  nel  1 G 1 2  ne  in- 
viò uno  a  Sigismondo  IH  re  di  L'olouia. 
'Questo  suo  ritrovamento  scddjru  dover- 
si collocare  fra  il  iGoq  e  i<3iOj  per  ag- 
gmuiliic  iu  apparenza  g'i  oggetti  vicini 


VEN  437 

i  più  impercettibili,  e  perfettamente  di- 
sc«rnerli,  per  la  sciupulosa  osservazione 
de'minimi  componimenti  delle  materie, 
e  della  mirabile  struttura  delle  parti  e 
membra  degl'inietti,  nella  piccolezza  in- 
visdiile  de'quali  fece  con  meraviglia  ve- 
dere la  grandezza  di  Dio,  e  le  miracolose 
operazioni  della  natura.  In  seguito  Gali- 
leo perfezionato  meglio  silfallo  stromento, 
ne  inviò  uno  in  dono  al  principe  Cesi  qual 
benemerito  foudatore  dell'accademia  de' 
Lincei,  chiamandolo  occhialino  per  ve- 
dere da  vicino  le  cose  minime.  Quindi  di- 
chiara Rambelli,  mal  fondata  l'opinione 
di  chi  ascrive  all'olandese  Drebbel  il  pri- 
mato dell'invenzione  del  microscopio  ;i 
due  vetri,  che  dicono  avvenuta  neli()2  7, 
cioè  17  anni  dopo  del  Galileo.  Gli  anti- 
chi bensì  aveano  piccole  sfere  di  vetro, 
o  segmenti  di  sfera,  e  se  ne  valevano  per 
ingrossare  e  rendere  leggibili  le  lettere  più 
minute,  le  quali  sfere  equivalevano  ad 
una  specie  di  microscopio.  De'microscopi 
a  palline  di  vetro  fu  inventore  il  faentino 
Evangelista  Torricelli  ultimo  discepolo 
di  Galileo.  Veramente  di  commi  consen- 
so si  riconosce  inventore  del  Microsco- 
pio l'olandese  Drebbel,  e  lo  provò  a'no- 
stri  giorni  d.  Luigi  M.^  Rezzi  professore 
tieli'uni  versila  romana  e  bibliotecario  del- 
la Corsiniana,  in  una  sua  Lettera  al  prin- 
cipe d.  Caldassare  Boncompagno,  inseri- 
ta negli  Atti  dell'  accadeniiii  pontificia 
(le'tiuovi  Lincei.  Laonde  il  vero  merito 
di  Galdeo  e  de'Lincei  col  microscòpio  sta 
iiell'averlo  perfezionato  e  rivolto  allo  stu- 
tlio  delle  cose  naturali,  ed  il  nome  di  Mi  ■ 
iroscopio  l'ebbe  dal  linceo  Giovanni  Fa- 
bro. E  qui  fa  a  proposito  la  sentenza  che 
dello  slesso  Galileo  riportai  nel  voi.  LXX, 
p.  96.  "  Non  aver  gloria  solamente  colui 
che  a'concetti  suoi  sa  dar  forma  e  svilup- 
po pratico;  ma  quegli  eziandio  che  non 
li  Ilio  perchè  crea  pensieri,  ma  perchè  sa 
incanì  ire  nel  tallo  i  pensamenti  suoi".  Il 
principe  Federico  Cesi  illustrò  il  micrn- 
m:o[)Ìi>  di  Galileo,  con  \' Apiario,  acciò  ri- 
velasse nuovi  portenti,  0  co'  suoi  Lincei 


438  V  E  N 

primi  ebbero  la  gloria  a  rivolgere  l'ot- 
tico coDgL'goo  ull  iugraudimeiilo  dell' u- 
luiiDo  sapere,  cliiamandolo  col  più  pro- 
prio vocabolo  che  porla  luttura.  Le  be- 
iiciuereiizc  de'Lincei  Stellati,  Fabio,  Co- 
lonna e  altri  sono  rilevate  egregianieiite 
jiL'Ila  Letltra  del  prof.  Frojn,  che  Cesi  li 
chiama  principi  de'Bolauici,  celebrando 
doltainentcry//;/V;n'o,  colquale,illuslran- 
do  a  un  lenipo  lo  slemn)a  di  Papa  Bar- 
berini, insegnarono  al  Hjondo  i  pruni  pro- 
digi i\iì\\a  Microscopia,  che  oggi  ulilmen- 
le  serve  a  disvelare  la  sede  de' nostri 
jnoibi  e  l'aUerazi'jui  del  nostro  organa- 
mento. Dimostra  inoltre  che  V Apiario  è 
patentemente  un  lavoro  di  storia  natu- 
rale; come  il  Sagi^iaturc  di  Galileo  dice 
rivelare  il  HIosolo  profondo  e  lo  scritto- 
re arguto,  il  leone  che  lugge  e  uon  il  ca- 
ne che  morde.  Cosi  uibanamente  da  [.«ar 
suo  ragiono  tltW' Apiario,  migliorando  il 
da  me  detto  con  altri,  e  rettificò  pure 
quanto  eziandio  con  altri  dissi  del  Saggia- 
tore. h.m\  n/insegnò,  che  dei  famoso  mu- 
saico di  Pal(:slriiui,{\t\  c\x\  ultimo  deco- 
roso restauro  parlai  nella  biografia  d' Ur- 
bano T  IJI,  che  in  origine  fu  rinvenuto  e 
illustrato  da  3  accademici  Lincei,  cardi- 
nal Francesco  Barberini,  Federico  Cesi  e 
Cassiano  del  Pozzo,  il  che  genericamente 
io  avea  dello  uell'arlicolo  della  città  ove 
si  ammira  (e  sul  quale  ora  è  stalo  pub- 
blicato: Osscìvazioni  sul  musaico  di  Pa- 
li'slrina  di  d.  Sante  Pier  alisi  hiìdioleca- 
rio  dtlla  Barheriiàana,  Roma  1 858  cou 
6  tavole.  Il  dotto  e  modesto  autore  vol- 
le intitolare  Osservazioni,  ciò  eh'  è  una 
dotta  ed  eruditissima  monografia,  tanto 
Copiosa  e  pregevole,  che  contiene  quanto 
inq)orIa  conoscere  intorno  al  famoso  mu- 
saico Preneslino,  onde  meritò  che  uedas- 
se  importante  contezza  e  siugolar  lode  la 
Civillà  Cattolica,  serie  3.",  t.  io, p.  740 
e  seg.).  Egualmente  mi  avverti,  che  mg.' 
Giovanni  Ciauipoli,  illustre  Linceo,  fu 
anche  segretario  de'brevi  a'piiucipi  di 
Gregorio  XV,  ma  io  già  l'avea  detto  tale 
nel  voi.  XLIX,  p.  5i. —  Frallaulo  Co- 


V  E  N 

simo  II  granduca  di  Toscana  invidiava  a 
Venezia  e  Padova  ,  falli  campi  di  gloria 
scientifica  e  immortale  di  Galileo,  sollo 
gii  auspicii  generosi  della  repubblica  ve- 
neta, e  lo  bramava  vivamente  in  Fuen- 
ze.  Dispiaceva  al  seualo  la  perdita  d'uu 
uomo  di  fanlo  merito,  che  non  lasciava 
occasioni  per  onorarlo  e  fargli  conoscere 
in  quale  eminente  conto  il  tenesse  :  ma 
<juel  dulcis  amor  palriae  e  quel  dulcis 
iidcre  suos,  prevalse  in  Galileo  a  quel- 
l'adetlo  e  gratitudine  che  uudriva  pe've- 
neziani.  li  desiderio  di  rivedere  la  patria, 
i  [larenti,  gli  amici,  le  sollecilazioui  fre- 
quenti del  granduca,  1'  indussero  in  fine 
a  nuioversi  da  Padova  circa  il  fine  d'a- 
gosto iGio,  consentendo  il  senato  dopo 
non  poca  ripugnanza  e  di  mal  cuore.  Pre- 
ceduto dalla  fama  di  tanto  utili  e  peregri- 
ne scoperte  di  meccanica  e  di  astronomia, 
venne  accolto  in  Firenze  cou  vivissimo  de- 
siderio, ricevuto  da  Cosimo  II  onorata- 
mente, crealo  suo  matematico  straordi- 
nario e  colmalo  di  favori;  e  quivi  fece 
vedere  tulli  i  nuovi  spettacoli  del  cielo, 
cou  plauso  degli  ammiratori.  Ma  gli  e- 
niuli  suoi  ancora  non  paghi  d'averlo  te- 
nuto 18  anni  lungi  da  Toscana,  e  di  a- 
verlo  fallo  segno  ad  ogni  maniera  di  let- 
terarie e  personali  calunnie,  coininciaro- 
no  nuovamente  a  perseguitarlo.  Tosto  si 
avvide  i!  grand'uumo  quanta  diversità 
passasse  fra  il  soggiorno  di  Firenze,  e 
quello  libero  di  Padova  e  Venezia,  privo 
dello  scudo  polente  del  senato.  Onorato 
da  questo  in  Venezia  ,  e  stretto  co'  nodi 
dell'amistà  con  molli  senatori  de'piìi  co- 
spicui,  le  sue  opinioni  in  quella  repub- 
blica non  gli  facevano  correre  alcuu  ri- 
schio. JVè  furono  minori  le  vessazioni  alle 
quali  fu  esposto  per  le  sue  dottissime  e- 
lucubrazioni  sui  pianeti  Medicei,  le  quali 
diedero  gran  materia  di  discorsi  a'filosofi 
e  astronomi  di  que'lempi,  molli  de'quali 
stimarono  delirii,  fiuauco  colie  stampe. 
iSè  mancarono  de  così  pertinacie  ostina- 
li, leujcudo  di  commettere  sac»  ilegio  con  - 
Ilo  la  deità  del  loro  Arislolile,  di  timcu- 


VEN 

tarsi  alle  osservazioni,  ripugnando  {l'ac- 
costar l'occliio  al  telescopio,  come  in  Pa- 
lio va  slessa  il  lettore  d/  Cremonino,  ov'e- 
rano  molli  fanatici  peripatetici  ,  cui  fe- 
cero eco  que'  di  Toscana  con  maligne 
scritture,  precipuamente  quando  insorse 
!a  disputa  pel  galleggiare  de'corpi.  Da  ul- 
timo ordita  una  trama,  accusato  all'in- 
quisizione (li  Koma,  fu  cus! retto  recarvi- 
si a  sua  difesa  ,  ed  allora  ebbe  luogo  il 
processo  e  quanto  altro  con  qualche  dif- 
fusione riportai  nell'articolo  citato  più  so- 
[)ra;  gravissimo  e  ingiustamente  calun- 
niato argomento  che  anch' io  curai  di 
chiarire  ad  onore  della  storica  verità,  e 
perciò  non  meno  della  riputazione  di  Ur- 
bano Vili,  del  romano  s.  Trib(male  (di- 
verso dairin(|uisizione  di  Spagna,  che  i 
Papi  giammai  favorirono  ,  anzi  ne  li- 
mitarono l'autorità  e  volevano  persino 
soppjiuierla ,  opponendosi  che  fosse  in- 
trodotta in  Milano  e  nel  regno  di  iSapo- 
li),  de*  teologi  romani  e  di  Galileo  mede- 
simo, llilorualo  ili  Toscana  perde  la  vi- 
sta nell'anno  1 638,  ed  ivi  dopo  altre  vi- 
cende fu  tratto  al  sepolcro  1'  8  gennaio 
1642,  ma  il  suo  spirito  non  si  estinse. 
U Album  (li  Roma  nel  t.  t ,  p.  32J  col 
ritratto  ne  pubblicò  un  cenno  biografi- 
co, rilevando  che  Firenze  gli  decretò  lui 
mausoleo:  tardo  onore,  col  quale  la  po- 
sterità rese  omasr^io  alla  memoria  di 
quello  struonlinario  e  insigne  genio.  Il 
p.  («iuseppe  Richa  gesuita,  Notìzie  slori- 
die  delle  chiese  fìorenlint,  stampate  nel 
I  754,  descrivendo  a  p.  87  quella  di  s. 
Croce  di  Firenze,  dice  che  le  ceneri  dell'e- 
rudito GalileoGalilei  fumoso  matematico 
e  astronomo,  furono  conservate  per  lini- 
go  tempo  in  luogo  ap[)aitato  nella  cap- 
pella del  noviziato  sitichè  in  chiesa  gli  si 
tacesse  un  sepolcro  proporziotiat'j  al  suo 
gran  merito,  e  ciò  per  disposizione  testa- 
menlariadcll'encouiiatoViviani  nel  1737. 
Allora  furono  trasferite  nella  nave  a  tra- 
montana, vicino  alla  cappella  de'Verraz- 
zani,  Con  vaghissimo  de()osito  di  marmo 
allo  parete.  Il  disegno  è  di  Giulio  Fog- 


VEN  439 

gini,  il  busto  è  di  Gio.  Callista  Foggini, 
e  le  due  statue  a'Iati  dell'urna  pulitissi- 
ma dimostrano  il  valore  rii  due  eciX'lleu- 
ti  scultori.  Quella  che  rappresenta  1'  A- 
slronomia  è  di  Vincenzo  Foggiui,  e  l'ai, 
tra  la  Geometria  di  Girolamo  Ticciati, 
ambe  di  marmo  bianco  nel  color  vario 
facenti  una  vista  bellissima, coll'iscrizione 
Galilacus  Galilaeius  Patricius  Fior.  - 
Geoniclriae  Astronomiac  Philosophiae 
Maxima?  -  ReslitiUor  Nulli  Artatis 
Suae  Comparandus  -  H!c  Bene  Qaie.' 
scat  ec.  Di  più  il  p.  Richa  riprodusse  l'e- 
pitafiio  ila  Giovanni  Lami  scritto  nella 
sua  Dissertaiio  de  recta  Palriim  Nicae' 
noriini  fide.  Nel  Campidoglio  di  Roma 
ossia  nella  Protomoteca  Capitolina, di  cui 
feci  ricordo  nel  §  XVI,  u.  g,  vi  è  la  su;t 
erma  di  marmo  scolpita  da  Domenica 
Manera,  tra  (quelle  degl'illustri  italiani, 
anche  veneti.  A.  me  giova  l'osservare, che 
per  singoiar  coincidenza,  anco  a'  nostri 
giorni,  un  gran  Pa[ni,  il  q'iale  può  con- 
siderarsi veneziano,  pel  riferito  e  pel  da 
riferirsi,  si  mostrò  favorevole  a  Galileo: 
egli  è  il  dottissimo  Gregorio  XVI,  pro- 
fondo teologo  e  profondo  filosofo;  pel  fe- 
lice ricupero  da  Parigi  del  ricordato  fa- 
moso processo,  che  poi  fece  conoscere  la 
verità  de'fatti,  e  rese  onorevole  giustizia 
a'  leste  nominati.  Di  più  Gregoiio  XVf, 
pi'ima  di  ristamparsi  in  Pvoma  1'  Index 
libroruin  prohibitornni  nel  i83'j,  e  poi 
ivi  sotto  di  lui  si  fece  altra  e<lizione  nel 
184',  come  già  notai  parlando  della  s. 
Congregazione  carditiuUzia  dell'  Indi- 
ce de' libri  proibiti^  con  prudente  sapien- 
za ordiuò,  che  nel  detto  Indice  non  più 
vi  si  comprendessero  le  opere  di  Galilei. 
Questa  mia  dichiarazione  potrà  servire 
a  rettificare  la  recente  asserzione  del  car- 
dinal VViseman,  personaggio  che  tanto 
onora  il  lustro  della  s.  porpora,  altresì 
Culle  glorie  dell'  ingegno  e  dell'  insigne 
penna,  espresse  a  p.  idi  delle  sue  ma- 
gnifiche Rimembranze  degli  ultimi  quat- 
tri! Papi  e  di  Roma  a' tempi  /uro,  descri- 
vendo quelle  del  luagnaniaio  Leone. X fi 


44o  V  E  N 

con  (juestc  paiole,  »  Non  sarà  senza  in- 
leressc!  l'n^jjjiungerejche  Leone  Xll  oi-- 
(lino  le  opere  di  Galileo  ed  altre  di  si- 
smi natura  fossero  tolte  dall'Indice,  nel- 
r  edizione  pubblicatasi  durante  il  suo 
pontificalo".  Ma  ripeto  in  questo  illustre 
pontificato,  non  ebbe  luogo  alcuna  nuo- 
va edizione  ànW Indice  de  libri  proìbilì, 
e  quel  generoso  Papa  non  diede  affatto 
l'accennate  disposizioni.  Tutto  precisa- 
mente deve  veramente  attribuirsi  a  Gre- 
gorio XVI.  Ciò  piacerà  pure  all'enco- 
iisialo  eminente  scrittore, storico  coscien- 
zioso e  pei"  aureo  animo  benignissimo, 
precipuamente  per  aver  egli  con  parti- 
colare elTusione  celebrato  luminosa  men- 
te nelle  medesime  Rimembranze  molti 
fisti  di  Gregorio  XVI,  e  dalle  quali  ri- 
lavai que'  brevi  cenni  che  riportai  nel 
!..  i8  del  §  XVm,  cioè  nel  voi.  XCI, 
p.  547,  in  aggiiuila  a  quanto  io  stesso  a- 
vca  ivi  detto  di  quel  Sommo  Pontefice 
gloria  veneta.  Ora  te  sue  opere  non  sono 
più  consultate,cbe  per  la  storia  delle  scien- 
ze ;  tutte  le  verità  utili  che  vi  si  conten- 
gono sono  divenute  quasi  volgari,  e  se  ne 
profitta  come  della  luce  del  sole,  senza 
occuparsi  della  sorgente  da  cui  emana  ; 
condizione  assai  comune  a  tanti  beneme- 
riti sapienti  ed  eruditi.  Venezia  però  tut- 
tora lienein  onoreGalileo,  e  ne  vagheg- 
gia lesembiaozenel  busto  marmoreo,  che 
collocò  nel  1847,  •"  occasione  della- f).'' 
j'iuiiionedegli  scienziati  italiani,  fra  quel- 
li d'illustri  veneziani  nella  loggia  presso  la 
sala  delPiovegoodel  pubblico  del  palazzo 
ducale. La  i.\li  tali  riunioni  tenuta  in  Pi- 
sa nel  1B39  gli  fece  coniare  una  meda- 
glia colla  sua  efiigie  (che  posseggo  pure 
dipinta  a  olio  al  naturale  e  somiglian- 
tissima da  incognita  e  valente  mano),da 
dove  si  degnò  inviarmela  il  principe  di 
Canino  d.  Carlo  Honaparte  io  uno  agli 
Alti  della  medesima,  e  dove  contempo- 
raneamente sotto  gli  aus[(icii  del  gran- 
duca regnante,  nella  corte  dell'università 
in  innalzata  la  statua  di  marmo  rii[>pre- 
tentaiile  quello  cioè  (secondo  le  pretcn- 


V  E  N 
sioiìi  de'fiorenlini  per  l'altro  illustre  cona- 
zioiiile  i\inerico  Vespucci), che  insieme 
al  Vespucci  avean  fatto  tanto, che  ninno 
potesse  (7 /s<'ir  ^//  occhi  al  ciclo,  ne  abbas- 
sarli (dia  terra,  senza  che  l'uno  e  l'altra 
non  predic  isserò  le  glorie  della  Toscana. 
La  fioritissima  nazione  di  questa  (dice 
Cancellieri  nelle  erudi  tissimeDiJ^er^r^jz/o- 
tìì  epistolari  bibliografiche  e  notizia  di 
Cristoforo  Colombo  diCnccaro  nel  Mon- 
ferrato discopritore  dell' /lmcrica),ohre 
l'aver  dato  all'. Europa  la  Legislazione 
della  filosofia,  die'pure  quella  del  buon 
gusto,  e  dell'  Attica  gentilezza  a  tutta 
r//.7//(i;  potendo  vantare  d'aver  prodot- 
to, olire  tanti  Santi,  un  Americo,  un  Dan- 
te, un  Petrarca,  un  Michelangelo,  un  Ga- 
lilei, un  Verazzaui;  ed  avendo  accolta 
nel  suo  seno  hi. 'Accademia  d'Europa 
(lo  vantano  i  toscani,  ma  altrove  per  ta- 
le dichiarai  cjuella  de'  Lincei  ripetuta- 
niente  celebrandone  i  fasti.  Il  Rambelli 
colla  lettera  64-":  Priorità  dell'accade- 
mie italiane  di  scienze  e  belle  arti  sul- 
le straniere,  anch'egli  alFerma  che  il  ce- 
lebratissimo  Federico  Cesi  principe  di  s. 
Angelo  e  duca  d'  Acquasparta,  unitosi  a 
Giovanni  Echio  olandese,  a'  17  agosto 
1 6o3  fondò  in  Roma  nel  suo  palazzo,ova 
Cainucci ni, \'  Accademia  de' Lincei,»  co- 
sì detta  da  una  lince  pi-esa  a  simbolo,  affi- 
ne di  spiegare  l'acutezza  con  cui  tende- 
vano a  svelare  i  misteri  della  natura,  e 
ad  investigare  nella  filosofia  d'Aristoti- 
le :  e  questa  così  precorse  tutte  le  altre 
the  intesero  alle  scienze  naturali,  anno- 
verando fra'suoi  membri  Galileo,  Fabio 
Colonna,  Francesco  Slelluli  e  Giambat- 
tista della  Porta.  A  gareggiare  co'Lincei, 
e  fors'anco  a  vincerli  nella  investigazio- 
ne de'nalurali  segreti,  sorgeva  ben  pre- 
sto in  Firenze  V Accademia  del  Cimento, 
che  Odoardo  Smith  chiamò  il  modello 
di  tutte  le  vigenti  società  letterarie  d' Eu- 
ropa ;  e  questa  nata  a'  19  giugno  del 
i6')7  elibe  ad  istitutore  Leopoldo  de  Me- 
dici principe  di  Toscana  ....  Ma  dopo 
soli  uov'auui,  0  poco  più,  p^r  la  parlcu 


V  EN 
Z-.1  e  discordia  d'alcuni  suoi  meuil)ii,eper 
essere  sialo  il  principe  Leopoldo  innal- 
zalo alla  dignità  cardinalizia,  si  sciolse  e 
mancò  quest'adunanza".  Ne  riparlai  nel 
voi.  LXXVIII,  p.  173.  Avendo  in  tanti 
luoghi  scritto  della  celebeniina  iiccade- 
mia  de' Lincei,  e  per  ultimo  nell'  artico- 
lo che  die  motivo  a  (jueste  mie  nozioni, 
nel  voi.  LXllI,  p.  19  tornai  a  far  men- 
zione d'  una  gloria  letteraria  veneziana, 
l»enerjierila  dell'accademia,  che   per  ri- 
spetto ol  presente  articolo,  non  sarà  su- 
perfluo il  ripetere  in  meglio.  Lellerc  del 
co  •de  Domenico  Morosiai  nobile  vene- 
ziano al  sie^nor  abbate  Francesco  Can- 
cellieri di  Roma,   e  di  (juesto  a  quello 
intorno  ad  alcune  cifre  spettanti  al' 
V  Accademia  de' Lincei,  in  Venezia  nel- 
I)  tipogiafia  di  Giuseppe  Ricotti   1829. 
Se  ne  deve  la  pubblicazione  al  eh.  cav. 
Cicogna   con  erudita   dedica    illustrati- 
va al  marchese  Gio.  Jacopo  Trivulzi  di 
PJilano.  Il  Morosini   che  spiegò  le  cifre 
de'  Lincei,  fu  celebralo  altamente  per 
la   sua  singolare  perizia  nella  spiegazio- 
ne di  qualunque   più  diilicile  cifra  dal 
(>.iucellieri,   e   quale   Eilipo    de    nostri 
giornij  e  nell'  Appendice  mss.  che  nel- 
l'esemplare di  mia  proprietà,  vi  sono  pu- 
re ilue  lettere  tra  il  conleMorosini  e  il  con- 
te l'^ederico  Manfredini,  oltre  alcuni  ana- 
luglii  estratti  della  Biblioteca  Italiana 
e  t.\M' Antologia.  Termina  con  (juesla  e- 
pigrafe.  All'amico  Domenico  IMorosini: 
/oi  siete  un  uomo,  il  quale  fa  onore 
alla  patria  nostra.   Alvise  Conlarini  ), 
qu  de  fu  quella  del  Cimento,  la  sua  più. 
sana  pirle  almeno,  non  può  certamente 
esser  tentata   d'involare   la   fima   delle 
grandi  operazioni  agli  U(j?hini  iiiiigui  del- 
le altre  nazioni.  Poiché  può  bastare  ad 
ugni  italiano  zelante  dell'unor  della  sua, 
il  diritto  di  potersi  gloriare,  che  un  Ita- 
liano certamente  fu  il  i .  "disco[)ritore  del- 
V  Aiui-rica,  ed  un  altro  Italiano  aUhc  la 
sorte  di  dargli  il  nome.  Si  conviene  sen- 
za contrasto   che  i  primi   di  scoprimenti 
UeirAuicrica  si  devono  a  3  italiani  j  ed  i 


V  E  N  44 1 

doininil  conquistati  in  essa,  i  casligliani 
li  debbono  a  Colombo  monferrioo  o  ge- 
novese, gì'  inglesi   a  Caboto  veneziano, 
scopritore  ilell'America  setlenlrionale,  i 
francesi  al  (lorenlino  Verazzani.  Termi- 
no 1'  abbietto  mio  dire,  con   ripetere  le 
parole  dell'i  11  usi  re  scienziato  che  l'ha  prò 
mosso  nell'onorarmi  pubblicamenle,  do- 
po aver  io  già  intessulo  varie  spigolature 
di  sua  amorevole  e  sapiente  Lettera,  e 
le  ricavo  dall'encoraiala  sua  Storia  de' 
Pianeti.  »  Al  limpido  e  ridente  cielo  d'I- 
talia la  scienza  n'è  in  gran  parte  debi- 
trice, e  all'immortale  Galileo  Galilei  per 
la  stupenda  invenzione  del  cannocchiale". 
E  questa  segui  sotto  i  raunillci  auspicii 
della  veneta  repubblica  in  Venezia.  Coa 
q'iesli  accenni  da   piacere  non  meno  a* 
veneziani,  che  a  quanti  amano  la  gloria 
italiana,  io  spero  forse  di  aver  corrispo- 
sto, proporzionatamente  alla    tenuità  di 
n>ie  forze,  al  desiderio  del  eh.  autore  della 
L.'ttera  sopra  Urbano  Vili  ed  i  Lincei, 
che  li  ha  provocali,  se  non  degnamente, 
certo  alTeltuosamente.   Ulteriori  notizie 
si  ponno  vedere  in  Giambattista  Ventu- 
ri, Memorie  e  lettere  inedite  o  disperse 
di  Gulileo  Galilei,  Modena  18  18.  Vi  è 
pure  il  Trattato  inedito  sulle  fortifica- 
zioni di  Galilei. 

32.  Marino  Grim  mi  LXXKIXdo- 
s^c.  Erano  gli  elettori  raccolti  ancora  in 
conclave  per  l'elezione  del  nuovo  doge  e 
suocessoredel  principe  l'asquale Cicogna, 
quando  la  notte  de'  2  >  aprile  i59>,  al- 
cuni strepili  popolari  nel  rivo  di  palazzo 
domandando  doge  M.n-ino  Grimani,  po- 
sero ili  qualche  sospetto  di  pericolo  la 
città.  Il  Grimani  realmente  fu  proclama- 
ti; doge  nel  di  seguente,  e  allora  il  popolo 
irasmodando  nelle  sue  danoslrazioni  di 
gioia,  corse  a  lev.ire  i  banchi  di  [)alazzo 
e  arderne  falò  :  si  fecero  allegrezze  e  bal- 
dorie strepitose,  grande  ([uanlilà  di  vino 
e  [) me  fu  dutribuilo  a'poveri  e  a'barca- 
ruoli  de'  traghetti,  il  nuovo  doge  gettò 
multo  denaro  nel  suo  giro  per  la  piuzza 
di  •>.  Marco,  ed  unthc  la  dogaressa  uè  gel- 


442                   V  E  iN  V  E  N 

t.ò  ilalle  finestre  del  palazzo.  Eia  ella  ii-  presenza  de'consiglieri.  Fu  quindi  canla- 
na  Morosina  Morosini,  tanto  innanzi  nel-  to  il  Te  Deuni,e  la  dogaressa  salì  in  pa- 
la grazia  del  popolo,  come  lo  era  il  ma-  lazzo  per  la  scala  Foscara  che  esisteva 
rito  per  l'artabilità  e  dolcezza  del  suo  ca-  rimpetto  presso  a  poco  all'attuale  ma- 
laltere,  che  si  volle  ad  onor  suo  rinno-  gnilica  scala  de'Giganli.  Passò  dinanzi  a 
vnre  la  cerenjonia  (Iella  coronazione  di  cui  tutte  le  XIX  arti  con  bell'ordine  disposte, 
jiochealtredogaresse  prima  di  lei  aveano  fra  le  quali  distinguevansi  principalmen- 
{ioduto,  fra  le  quali  la  moglie  di  Pasqua-  te  in  capo  della  scala  a  sinistra  i  barbieri, 
le  lAIalipiero  doge  66. °e  la  moglie  di  Lo-  poi  gli  orefici,  con  bellissimo  sfoggio  di 
renzo  Priuli  doge  82. "Marra  il  prof.  Ro-  oggettid'oro  edi  argento;  i  sarti,  i  calzo- 
irianin,ch'era  la  duujenica4  maggio  1 597  lai,  i  mereiai,  gli  specchiai  che    avevano 
quando  i  consiglieri  e  altri  nubili  di  Pre-  fornito  tutto  il  loro  luogo  di  archi,  trofei 
gadi  andarono  col  Bucintoro  al  palazzo  e  specchi  da  tutte  le  parti  ;  i  varottari  che 
yià  abitalo  dal  doge  Grimani  a  s.  Luca,  Io  stessoavevano  fitto  di  ermellino  ed  ai- 
sopra  il  Canal  grande,  a  levarne  la  do-  tre  preziosissime  pelli;  gli  spadai  che  a- 
garessa  colla  compagnia  delle  genlildon-  vevano disposto  bell'intreccia mento  d'ar- 
iieche  formavano  il  suocorteggio.  Disce-  mi  con  un  motto  sulla  porta  dell'ufTizio 
sero  alla  Piazzetta,  ove  a  cura  della  cor-  del  Prociiraclor  che  diceva:  Ex  bello 
porazione  de'  beccai  era  stato  eretto  un  pax.  Poi  venivano  i  dipintori,  i  tintori, 
gran  arco  con  bellissimo  apparato,  e  fece-  i  tessitori  di  panni.    All'uffizio  dell'Au- 
ro il  giro  di  tutte  e  due  le  piazze  sotto  un  ditor  nuovo  erano  in  bell'ordine  dispo- 
porticalo  di  tende  a  tal  uopo  costrutto,  sii  i  fabbri,  i  f.degnami,  i  muratori  e  ta- 
Precedevano  3oo  bombardieri,  poi  veni-  gliapietra  ;  eraiio  più  in  là    collocati    i 
vano  i  corpi  delle  arti,  166  gentildonne  conciapelli,  i  pistori,  i  vetrai.  Tutte  que- 
vestite  di  raso,  damasco,  velluto  e  tabi  a  ste  arti  furono  prima  in  processione  per 
marizzo  bianco,  tutte  con  ventagli  bian-  la  piazza  sfilando  avanti  le  gentildonne, 
chi,  perle  al  collo,"su)aniglie,  cinture,  ca-  preceduti  da'  3oo  bombardieri  nomina  - 
tenelle  e  coronette  d'oro  in  testa.  Segui-  ti;  poi  occupati  i  loro  posti  nel  palazzo 
■vano  altre  24  <^^'^6  ^^*''^^<^'  ''^''^'^  ^^''  offrivano  alla  principessa  nel  suo  pas- 
trettante  de'medesimi  drappi  di  seta  di  saggio  confetture  colle  parole  Ben  ven- 
color  turchino, poi  4pi'ocuralori  eia  rao-  ga  F^ostra  Serenità,  ed  ella  a  ciascuno 
glie  del  caucellier  grande  vestita  di  nero  rispondendo  altra  volta  passava  oltre. 
i\  maniche  larghe;  indi  7  fra  figliuole  e  Giunta  nella  sala  del  Maggior  consiglio, 
nipoti  della  dogaressa,  in  vesti   bianche  levati  tulli  i  banchi,  fu  dato  un  santuo- 
ad  argento  e  oro,  con  perle  e  gioie  in  gran  so  festino,  occupando  la  dogaressa  la  se- 
quantità,  seguite  da  6  damigelle   vestite  dia  ducale  fra'  consiglieri  colle  daoiigel- 
di  verde  e  da  1  bellissimi  nani  maschio  e  lea'piedi  e  le  sue  geuiiklonue  disposte  in- 
femmina.Avanzavasifinalmentecon  mae-  torno.  La  refezione  fu  portata  a  lume  di 
stoso  passo  la  dogaressa,  vestita  di  drap-  lorcie  in  giro  per  li  piazza  in  3oo  oestel- 
j)o  d'oro  con  manto  di  sopraiizzo  e  il  cor-  le  dorale  con  confetture  di    vano  geue- 
ito  ducale  in  lesta,  tra'due  consiglieri  an-  re,  rap[)reseutaiiti  uouiiui, donne,  fonU- 
ziani,  mentre  poi    processionalmente  la  ne,  barche  e  altri   oggetti   con   isquisito 
seguivano  altri  consiglieri,  i  procuratori  lavoro.  Il  3. "giorno  la  principessa  veslit.i 
e  tutta  la  signoria.  Così  entrò  la  pompo-  d'argento  e  inauto  di  restaguo  d'oro  andò 
sa  comitiva  nella  chiesa  di  s.  Marco,  ove  nella  basilica  di  s.  Marco  colte  sue  gen- 
ia principessa  si  fece  avanti  l'altare  raag-  tildonne.  Avendo  Papa  Clemente    VIH 
gioie,  e  letta  dal  gran  cancelliere  la  com-  saputodi  questa  coronazione,  invjòa  Ve« 
missione  ducale,  prestò  il  giuramento  iu  uezia  per  interauazio  apostolico  il  suo  ca- 


Y  E  N 
niciicie  iegie'uj  Claudio  Crolla  coll'ono- 
levole  donativo  della  Rosa  d'oro  bcnc' 
(ietta,  e  come  notai  in*  tale  urliculo,  da 
presentarsi  alla  dogaressa  iiis.  Marco,  do 
])0  la  iDCSsa  cantata  dui  nuovo  nunzio  di 
Venezia   Antonio  31.^  Giaziani    vescovo 
d'Amelia,  alla  presenza  del  iloge  e  di  tut- 
ta la  signoria  ;  ordinando  il  senato,  che 
questa  presentazione,  avuto  riguardo  al- 
la aiaestù  del  donatore,  e  alla  nobiltà  e 
alla  tliiaiezza  della  persona  cui  era  per 
ofliirsi  il  donativo,  dovesse  farsi  str.ior- 
diuuriamente;  e  che  la  dogaressa  serbar 
dovesse  jiresso  di  se  per  tulio  il  teujpoilel- 
la  sua  vitSj  e  che  poi  la  Rosa  dovesse  de- 
porsi nel  tesoro  di  s.  Marco. Pertanto  do- 
j.'o  Irt  detta  messa  il  legalo  del  Papa  pie- 
.senio  alla  dogaressa  la  Rosa,  e  nel  dopo 
pianzo  fu  fatta  magnifica  regata  in  Ca- 
nal grande,  nella  quale  giostrarono  ezian- 
dio alcuni    inglesi,   combattendosi  dalle 
barche  con  lancie  spuntate.  Fu  costruito 
ollresi  un  leatiu  sopra  un  burchio  trasci- 
nalo da  4  bai  che  coperte  di  tela  e  arlifi- 
tiosan)enle  dipinte;  m,i  lo s|)eltacoto  che 
dovea  darsi  di  nolleal  lume  delle  torcie 
fu  impedito  dal  mal  tempo.  Abbiamo  due 
libri  delle  descritte  funzioni.  Dario  Ta- 
zio, Ordine  e  modo  tenuto  ncW incoro- 
nazione della  Morosi  Ita    G  rimani  do- 
i^arcssa  di  T'cuczia,  pel    l'eri,  Venezia 
1  J97.  Modo  e  ordine  che  si  suol  tenere 
Iteli'  ^incoronazione  della   Serenissima 
Dogaressa  di  Venezia,  raccolto  da  li- 
bri di  Francesco  Sansoi'ino,  per  Ciò 
vambaliista  Lossa,  Venezia  pel  Claseri 
iSoy.  Dirò  alcune  paiole  sul  nominato 
nunzio  Oraziani  che   reputo   opportune. 
IVel  Parisi,  Istruzioni  per  la  Segreteria, 
t.  2,  p.  aigeseg.,  vi  sono  diverse  inle- 
1  essanti  lettere  di  tale  illustre  edotto  pre- 
lato, dalle  quali  si  licava  quanto  in  bie- 
\eaccennerò.ArrivòaChioggia  a'28  tnar- 
2,0  l 'J'j'^,  ove  si  abboccò  col  nunzio  pre- 
decessore   Antonio   Gli  Ulani   vescovo  di 
Toicello  [latrizio  vcueto,  poi   nunzio    di 
l'aolo  V  aFcidinando  redi   Docmia,  ed 
a  Cosimo  li  grauduca  di  Toscana,  niorlu 


V  E  N  443 

patriarca  d'Aq'iileia.  Si  recò  indi  segreta- 
mente a  Veneiia,  giunta  il   co>tuine,  se- 
condo il  quale  dal  monastero  di  s.  Spiri- 
to, due  miglia  fuor  di  Venezia,  in  isola, 
fece  la  sua  formale  entrata  nella  città  con 
l'incontro  e  ceremoiiie  di  costume,  e  nel 
di  seguente  andò  al  collegio  o  signoria  a 
presentare  il  pontificio  breve.  A'  G  apri- 
le vi  ritornò,  nella  giornata  destinata  al- 
l'udienza del  nunzio, y;er  tenere  edificati 
cpiesti  signori,  non  avendo  altro  negozio 
particolare,  fuorché  di  nuovo  ringraziarlo 
della  nobiltà  concessa  alla  famiglia  Aldo- 
braiulini,e  di  esprimere  quanto  era  amala 
cordialmente  la  repubblica  da  Clemente 
Vili  ;  quindi  per  raccomandare  al  doge 
3  cose  dalle  quali  per  l'ordinario  nasceva- 
no le  contese, ed  a  lui  raccomandate  nel- 
l'istruzione della  segreteria  di  stalo,   i." 
li  tribunale  dell'hupiisizione,  e   ipiauto 
importava  a  quel  tempo  la  sua  vigiKuiza 
esolleciludiue,  e  quanto  conveniva  al  ser- 
vizio della  Serenità  sua,  che  ipiesta  por- 
ta sia  ben  guardala  e  ben  custodita.  2. 
I  prelati  del  dominio  veneto  e  la  loro  or- 
dinaria autorità  e  giurisdizione,  di  pro- 
leggerli e  favorirli,  sicché  potessero  eser- 
citarla a  benefizio  de'popoli  che  aveano 
in  cura;  mostrando  che  la  podestà  eccle- 
siastica apportava  smgolar  tililità  alla  po- 
destà secolare,  correggendo  i  costumi,  e 
conservando  la   religione   e  il  timor  di 
Dio,  da'  quali  due  fonti  nasceva  princi- 
palmente l'ubbidienza  de'popoli  verso  i 
principi  loro. 3.°!  sudditi  delia  s.  Sede,  co- 
sì quelli  che  [)ratica vano  nel  dominio  ve- 
neto, come  quelli  che  praticavano  il  mu- 
re, pregando  il  doge  a  oidinaie  che  ooa 
siano  impediti,  né  molestati  ila'  vascelli 
suoi,  ma  ricevessero  ne'negozi  loro  quel 
giusto  favore  e  aiuto,  che   conviene  alle 
confederazioni  e  buona  intelligenza,  ch'è 
Sempre  stala  fra'  due  stali,  e  che  dovea 
esser  allora  più  che  mai,  [)el  [)aternou- 
iiimo  che  Clemente  Vili  in  tutte  le  cose 
dimoslrava  verso  la  repubblica  di  Vene- 
7.ia.  lu  altra  lettera  de' 18  maggio  i5f)6 
rcloquciilc  nunzio  m^/  Gi.iziani   parla 


4U  V  E  N  YEN 

tlell'airivo  in  Venezia  di  d.  Ionico  Men-  re  d'Europa  non  potè  contentarlo.  Del 
<lozza  nnovoarnIj;iscialuie di  Spagna,  che  die  il  le  fece  grave  lisenliinento  col  ve- 
secoutlo  la  consuetudine  de'nuiizi  di  Ve-  reto  aaibjscialore  Pietro  Duodo  nel  feb- 
uezia,  di  preminenza  sugli  altri  amba-  biaio  iSgG,  rimarcandogli  che  un  picco- 
.sciatorijSpecialtuente  di  essere  visitali  pri-  io  aiuto  uè' gran  bisogni  vale  più  che  un 
mi,  non  visitò;  couje  avea  già  praticato  giandissimo  in  altri  tempi,  e  mentre  la 
cuirambascialore  di  Francia  mg/  Lodo-  repubblica  avea  dato  tanti  soccorsi  a'suoi 
uco Taverna  vescovo  di  Lodi,  nella  uun-  predecessori  senza  trovarsi  nella  sua  con- 
■/.latura  veneta  [)redecessoie  al  suddetto  dizione.  Eppure,  aggiunse  il  re  Enrico  IV^ 
(irimani.avendobunsi  visilatol'anibascia-  con  vivacità,  essa  non  avea  mai  avuto  sul 
tore  imperiale  perchè  indisposto.  L'am-  trono  francese  un  re  più  amico  e  alFezio* 
buscialoredi  Spagna  (paindi  visitò  il  oun-  n  ito  di  lui,  né  che  forse  col  tempo  pos- 
zio  (ìraziani,  che  lo  ricevè  a  capo  delle  sa  farle  maggior  servizio.  Poter  accerta- 
M.ale  COI)  ogni  dimostrazione  d'unore,  e  re,  che  vedendo  nel  regno  un  veneziano, 
(jtiaiulu  il  [)ielalo  gli  restituì  la  visita  fu  eli  pareva  vedere  un  frcjncese,  né  farvi 
diirambasciatore  incontralo  a  pie  delle  diFcrenza  alcuna,  perciò  dolersene  col 
scile  e  nel  partire  l'accompagnò  sino  alla  Duodo.  Cercò  questi  con  acconcie  paro- 
barca,  «he  in  Venezia  era  eccesso  di  cor-  le  scusare  la  repubblica  di  sua  impolen  - 
tesia;  ma  il  nunzio  noi  permise  e  non  za,  e  poi  avvisò  la  signoria  che  in  negozi 
volle  eulrare  in  barca,  finché  egli  non  di  simil  natura  meglio  era  trattarsi  per 
Ite  Uscisse. — JNel  precedente  i  oyy  Cle-  mezzo  de' propri  ministri  residenti,  per 
niente  Vili  a' 5  giugno  avea  crealo  iG  essere  più  fedelmente  e  vivamente  rap- 
cardinalijfra'quali  3  nobili  veneli,cioèLo-  presentata,  che  farlo  cogli  ambasciatori 
reuzo  Friuli  patriarca  di  Venezia,  Fran  de'sovrani,  i  quali  non  sempre  riferisco- 
cescoCornaro,e  Francesco  IMantica  friu-  no  bene  le  risposte.  Ma  per  la  stanchezza 
lano  e  summeutovalo  uditore  di  ruta. eie-  della  Km^a  "uerra  cominciata  a  manife- 
mente  Vili  annuverò  pure  al  senato  a-  starsi  tra'belligeranti,  i  nunzi  di  Gleuien- 
postolico  Giovanni  Delfino  patrizio  ve-  te  Vili  fecero  ogni  ufficio  per  indurli  al- 
ueto,  già  ambasciatore  presso  la  s.  Sediì  la  pace.  La  repubblica  egualmente  si  ado- 
e  allora  vescovo  di  Vicenza,  a  coi  in  ta-  però, e  Filippo  11  sentendo  approssimarsi 
le  anno  successe  uell'auibasceria  di  Ro-  il  termine  di  sua  vita,  uè  volendo  lasciar 
ma  Giovanni  M(jcenigo  ;  permise  l'uf-  in  retaggio  al  figlio  suo  Fili[)po  III  due 
fizio  e  la  messa  al  b.  Lorenzo  Giustinia-  guerre,  l'una  ne'  Paesi  Bassi,  1'  altra  in 
ni  proto-patriarca,  e  fece  registrare  nel  Francia,  con  questa  si  pacificò  a  Vervins 
martirologio  romano  il  nome  di  s.  (re-  o'a  maggio  i5g8;  mentre  nel  mese  pre- 
rarduSagredo,  colla  bolla  Qaae  ad  Bea-  cedente  l'editto  di  Nantes,  col  concedere 
turu/n,  de^io  marzo  iSgB,  Bull.  Roin.,  iì urico  1 V  a'proteslanti  il  libero  esercizio 
t.  5,  par.  2,  p.  20Q.  11  nuovo  doge  trovò  di  loro  religione,  avea  cercato  di  tran- 
che  ad  onta  dell'abiura  degli  errori  ere-  q  ullarequel  potente  parlilo,  che  teme- 
lieali  di  Enrico  IV  re  di  Francia,  e  del-  vu  di  vedersi  sagrificato.  —  Di  recente 
1  assoluzione  dalle  censure  ecclesiastiche,  la  Civiltà  Cattolica, sei'ie  3.%  1. 1 2,  p.  83, 
continuava  la  resistenza  di  alcuni  sigoo-  nel  fare  la  rivista  di  un  libro  pubblica- 
n  e  di  alcune  città  nel  riconoscere  il  re,  io  in  Firenze,  che  illustra  la  nobilissi- 
il  quale  per  la  guerra  contro  gli  spagouo-  ma  chiesa  della  ss.  Annunziata  di  quella 
ii  iroviiiidosi  in  bisognodideuaionedo-  metropoli,  lodò  l'autore  che  si  dimostra 
uiaudò  alla  repubblica  pel  suo  oratorede  in  più  luoghi  pieno  di  spirito  sincera- 
i>iesse.  Ma  «jnesta  per  le  tante  spese  a  lei  luente  cristiano  e  pio,  spirito  da  cui  è  in- 
ciigiiniale  dall'incerte  e  minacciose  guer  (ormalo  lo  scopo  e  la  sostanza  dei  libro  ; 


V  E  N 

però  noti  «inra  liur.enlnre  clivcisi  Iralli 
ne'  quali  pnrlajido  »  de' suprecni  Faslori 
della  Chiesa,  non  iiiosira  (iiiflla  C(/iiìlà 
e  riverenzo,  che  da  ogni  savio  scritlore, 
e  molto  più  da  un  cattolico,  è  da  aspetta- 
re: colpa,  crediamo,  piull<)>lo  del  mal 
esempio  dategli  da  certi  tii>.li  storici  alla 
cui  autoiità  troppo  si  affida,  clie  non  di 
un  sentimento  proprio  di  avversione  al 
Papato  e  alla  Chiesa  ....  Non  vorremmo 
poi  che  i*  autore  credesse  a  chius'  occhi 
al  Muratori,  quando  questi  riprende  ne' 
Pontefici  l'abuso  delle  scomuniche.  Ben- 
ché /«?pgerr/V//o  ed  eruditissimo  l'illustre 
autore  degli  Annali  iVIialia,  ebbe  anch' 
egli,  come  altri,  le  suepn<sioncellee  i  suoi 
peccadigli  :  e  Ira  questi  fu  il  non  essere 
sempre  stato  giusto  e  riverente  verso  i 
Pontefici;  ciò  che  il  trasse  talvolta  non 
pure  ad  inasprire  a  loro  carico  lo  stile, 
maa  proferire  eziandio  iaisi  giudizi  e  ca- 
dere in  erroii,  giustamente  ccnsiuatigli 
dal  Catalani  ".  Non  senza   pena  e  ripu- 
gnanza, a  me  pare  che  tali  gravi  osserva- 
zioni della  Civiltà  Cattolica  si  possano 
applicare  ad  alcuni  storici  veneziani  che 
scrissero  de'  Papi,  ed  anche  di  Clemente 
Vili  pel  ricupero  di  Feria ra  alla  s,  Seòe, 
e  di  Paolo  V  per  l' interdetto  contro  la 
repubblica  di  Venezia,  di  cui  sono  vicino 
a  parlare,  poiché  essi  lo  fecero  evidente- 
mente con  decisoamor  patrio  e  parziali- 
tà, aggravando  cos'i  l'operato  di  que'Som- 
mi  Pontefici, e  non  riferendo  in  tulio  ge- 
nuinan'.enle  le  cause  che  l'indussero  a 
procedere.  Quanto  all'eccellente  Mura- 
tori, più  volte  deplorai  la  sua  avversione 
alla  Sovranità  de' lìoninniPonte/ici  e  al- 
la s.  Sedc^^  /^'.)jed  alti  e  pecche,  per  favo- 
rire le  pretensioni  dc'iSbi7'«/a" secolari,  de- 
cisamente contro  la  storica  verità. Cii)  pre- 
messo, riferirò  ciò  che  nari  ano  alcuni  sto- 
rici veneziani. Nel  i  Tgy  Alfonso  il  duca  di 
Ferrara  mori  senza  prole,  istituendo  ere- 
de universale  suo  cugina  d.  Cesare  d  liste 
figlio  d'Alfonso  marchese  di  Montecchio, 
nato  d'Alfonso  I,  innanzi  che  si  celebras- 
se il  matrimonio  di  lui  con  d.  Laura  £u- 


V  E  IV  U'> 

slochin,pni  legittimalo.  Ililienon  ricono- 
scendosi da  Clemente  Vili,  pretendeva» 
Ferrara  perse,  (|ual  ("fado  devolulo  ali;» 
Chiesa.   Volendo  d.  Cesare  sostenere  i 
suoi  diritti,  anche  coll'armi,  si  rivolse  a' 
veneziani,  e  n'elibe  soccorso.  Ma  il  Papa 
lo  scomunicò  co'  suoi  fautori,  e  di  più 
mandò  il  suo  nipote  cardinal  Aldobran- 
dini,  poi  arcivescovo  di  Ravenna  (f^.), 
per  sostenere  colle  armi  le  censure  spiri- 
tuali. Minacciata  così  la  quiete  d'Italia, 
l'Estense  rinunziò  e  trasfeTi  la  sua  sede  a 
Modena,  e  il  ducalo  di  Ferrara  da  quinti' 
i  nnanzi  appartenne  allo  stato  della  Chie- 
sa (cioè  immediatamente).  Meglio  alili 
lileva,  che  olire  la  minaccia  della  sco- 
munica, per  aver  il  Papa  inviato  un  eser- 
cito contro  Ferrara,  la  guerra  era  immi- 
nenle,e  Venezia  mirava  attenta  gli  avve- 
nimenti senza  prendervi  parte,  sebbene 
dal  Papa  eccitala  a  dargli  aiuto,  e  dell;! 
sua  neutralità  rimproverata.  Se  non  elio 
le  cose  inclinando  a  riiina  di  d.  Cesare,  e 
in  gran  parte  a  causa  della  timidezza  sua, 
gli  alienò  l'animo  de'suddili  che  l'aveva  no 
liconnsciuto,  e  debile  l'ardire  ne' ponti- 
ficii- Il  senato  versava  in  grande  incertez- 
za :  da  un  canto  spiacevagli   la  vicinan- 
za del  Papa,  già  potente,  or  vieppiù  per 
l'acquisto  di  Ferrara  ;  ricordava  l'antiche 
querele,  i  danni  ad  ogni  tratto  minaccin- 
ti  al  commercio  veneto  dal  porto  d'An- 
cona, e  quanto  più  grande  diverrebbe  il 
pericolo,  quando  il  Papa  avesse  pur  l'a- 
dito del  Po;  co'duihi  di  Ferrara  facil- 
uiente,  come  più  deboli,  si  erano  acco- 
modate le  differenze  ;  non  così  sarel)be 
col  Papa,  che  metterebbe  altresì  sempre 
in  cam[io  le  giurisdizioni  ecclesiastiche; 
pareva  quindi  richiedere  il  |)roprio  inte- 
resse ili  sostenere  il  linea.   Ma  dall'altro 
canto  considera  vasi  doversi  con  ogni  stu- 
dio evitared'avvilupparsi  in  una  guerra, 
specialmente  con  Clemente  V  ili,  da  cui 
aveansi  a  temere  le  più  luueste  conse- 
guenze; facilmente  allora  s'ioimischie- 
rebbe  anche  Spagna  ;  non  doversi  coin- 
promcllerc  a  certo  danno  il  presente  per 


4i;j 


V  E  N 


il  so«:peno  d'un  lontano  avvenire,  glìi  a- 
vcisi  tanti  molivi  di  controversia  colla  s. 
.S('dechenon  torna  vn  conio  a""iun"erne 
ile'niiovi.  Mentre  cnsr  pendevano  i  consi- 
gli venne  a  Venezia  il  vescovo  d'Ancona, 
Carlo  Conti  poi  cardinale,  si  adopiò  col 
senalo  in  nome  del  Papa,  a  giustificare 
il  suo  armamento,  e  a  persuadere  la  re- 
pubblica a  fare  buoni  uffìzi  presso  il  duca 
per  indurlo  a  cedere  esalvare  così  all'Ita- 
lia la  pace.  Il  senato  ringraziò  della  pon- 
tificia confidenza,  essersi  a>.tenulo  pren- 
dere alcuna  parte  nella  presente  verten- 
za, solo  desiderare  la  quiete  d'Italia  ;  che 
l'offerta  sommissione  di  d.  Cesare  n>eri- 
tava  essere  ascollala  e  ponderata,  che  il 
venire  alle  armi  spirituali  e  temporali 
dovea  essere  ri'^erbato  alle  ultime  eslre 
mila,  per  l'inceitezza  della  fortuna  delle 
guerrejiiifine  consigliando  un  equo  com- 
ponimento. Ma  fiuono  vane  paiole,  che 
il  Papa  pi  onnnziò  in  pieno  concistoro  so- 
lennemente la  scomunica  contro  d.  Ce- 
sare, il  quale  atterritosi  volse  all' Olio- 
boni  residente  della  repubblica  suppli- 
candolo di  sua  mediazione,  coli' offerta 
di  Comacchio  e  di  parie  del  Po;  poi  im- 
paziente d'ogni  indugio,  si  rimise  intera- 
mente nelle  mani  del  cardinal  Aldobran- 
dini,col  quale  convenne  nel  genmioiSgS 
a  diverse  condizioni,  cedendo  il  ducato 
di  Ferrara,  e  che  d'allora  in  poi  soltan- 
to s'intitolerebbe  duca  di  Modena.  Il 
Papa  si  recò  in  persona  a  prender  pos- 
.«esso  del  nuovo  terriloiio  con  isplendido 
accompagnamento,  levalo  a  Camerino 
(questa  città  dello  stalo  pontifìcio  sorge 
j-opra  una  delle  maggiori  colline  degli 
Apennini  ed  in  mezzo  alla  loro  catena, 
perciò  distante  dal  mare)  dalla  galea 
il'Anlonio  Giustiniani  (il  contemporaneo 
veneto  Giovanni  Stringa  ddigentissimo 
raccoglitore  e  scrittore  delle  File  de' 
Pontefici  Clemente  Filine.,  e  che  mi- 
nistrò da  diacono  nella  messa  cantata 
in  s.  Marco  dal  nunzio  nella  suddetta 
fimzione  della  Ro.ia  d'oro  per  la  doga- 
ressa, narra  nePa  descrizione  del  viasisio 


V  E  >' 
del  P.ipa  per  Ferrara.  Trovandosi  il 
Papa  in  Ancona,  dopo  aver  assistito  nel 
diioMio  al  vesnero  della  vigilia  dell' A.- 
scensione,  molli  cardinali,  altri  pielali 
e  signori  per  ricreazione  e  sollazzo  si 
coin[)iaC(jnero  salire  sidle  3  galee  de' ve- 
neziani die  trovavansi  nel  porto,  fra  le 
(piali  la  Capitana  del  golfo  col  Falò,  go- 
vernata da  Antonio  Giustiniani,  che  poi 
fu  dal  Papa  creato  cavaliere,  e  donalo 
d'una  grossa  catena  d'oro,  con  una  me- 
daglia del  suo  impronto.  Lo  Stringa  quin- 
di nulla  dice,  che  il  Papa  né  in  (picll'oc- 
casione,  uè  in  altra  di  questo  viaggio,  sa- 
lisse sulle  navi  venete.  Il  hGon\,  Ancona 
ill!f.<;frnfr/,  (boe  che  il  Papa  vi  giunse 
a'i6  aprile  iTcjS  e  ne  parli  a'3i,  ma 
dovià  dire  3o,  per  Ferrara;  e  che  nel 
porlo  eranvi  le  galee  venete),  e  compii- 
nienlato  in  Ferrara  da  4  ambasciatori 
veneti  (nella  cavalcata  pel  solenne  in- 
gresso di  Clemente  VII!  in  Ferrara,  ol- 
tre raudjasriatore  di  Tjologna,  interven- 
nero 3  soli  ambasciatori,  di  Francia,  Ve- 
nezia e  Savoia  al  pari,  cioè  quello  di 
Francia  in  tiiez/o,  quello  di  Venezia  a 
destra,  quello  di  Savoia  a  sinistra.  Il  Papa 
inFerrara  fece  gli  sponsali  tra  Filippo  IH 
re  di  Spagna  e  Margherita  d'Austria,  la 
quale  nel  novembre  essendo  passala  pel 
dominio  veneto  fu  trattala  splendida- 
mente dalla  repubblica).  Dopo  tali  rac- 
conti, che  tra  parentesi  procurai  rettifica- 
le, dirò  ancora,  che  colla  storia  narrai  a 
Ferrara  eailicoli  relativi, come  propria- 
mente le  cose  seguirono,  dalle  quali  ri- 
sulta, che  Clemente  Vili  procedette  di 
pieno  diritto,  bensì  con  energia  non  dis- 
giunta da  prudenza;  ed  avendo  i  luc- 
chesi inossogueria  a  d.  Cesare  nella  Gar- 
fagnana,  li  pacificò  per  la  quiete  d'Ita- 
lia, ma  poi  Ira  le  parli  successero  ili  ver- 
se fazioni,  con  perdite,  acquisti  e  spar- 
gimento di  sangue.  Dipoi  il  Papa  conti- 
nuando potentemente  a  soccorrere  l'Un- 
gheria cou  milizie  e  altri  soccorsi,  contro 
i  turchi,  non  polè  indurre  a  loro  danno 
la  lega  colla  reptdjblica;  e  nell'assedio 


YEN 

di  Conissn  o  Ranisa  nell'  Ungheria  fron- 
lieia  della  Stiria,  piopiignacolo  il'llalia 
e  di  Gennaiiia,  capitale  de'dominii  del- 
l'arciduca Ferdinando,  per  le  lunghe  fa- 
lidie  sostenule  si  aDimalò  e  poi  morì  nel 
I  60  ! ,  il   nipote   Gio.  Francesco  A Ido- 
brandini  generale  di  s.  Chiesa,  al  quale 
in  Venezia  mg/  Offiedi  nuBzio  aposto- 
lico celebrò  con  solenne  pompa  i   fune- 
rali in  s.  Giustina,  e  v'  intervenne  pure 
Io  Siringa.    Intanto  gli   uscocthi  occu- 
pata Glissa  fortezza  di  Dalmazia,  rolla 
la  fede, ricomparvero  a  infestare  il  mare 
Adriatico  colle  piraterie,  onde  i  \enezia- 
ni  irritali  con  rigorose  nusure  ne  repres- 
sero l'ardire,  essendo  riusciti  inutili  gli 
uffizi  replicali  di  Clemente  \'11I  e  della 
Spagna  coll'arciduca  e  l' imperatole  per 
impedire  taiili  disordini,  come  rileva  il 
Muratori.  Dopo  axerli  i  turchi  assediati 
e  cacciati  da  Glissa,  gli  uscocchi  si  rifu- 
giarono in  Segua  loro  principal  sede,  ed 
in  Trieste,  ambedue  assediate  da  Nicolò 
Donato.  Inutilmente  reclamando  l'arci- 
duca d'Austria  Ferdinando,  anche  de' 
danni  recati  da  Francesco  Cornaro  prov- 
veditore d'Istria,  a'ieriitorii  e  castelli 
confinanti,  abitali   dagli  uscocchi,  bru- 
ciandone i  villaggi  e  sterminandone  gli 
abitanti  (he  loro  davano  ricovero;  l'im- 
ptralore  Rodolfo  11  e  l'arciduca  comin- 
ciiirono  alfine  a  im[)or  Icimine  allo  scan- 
dalo degli  uscocchi,  e  incaricarono  il  Ra- 
balta  delle  trallalive.  Portatosi  a  Segna 
il   commissario   imperiale,   procede  eoa 
severità  e  vigore  contro  i  colpevoli,  fa- 
cendone molli  impiccare  alle  mura  della 
città,  altri  mettendone  al  bando  con  gra- 
vissime  pene,   e   decretando  non  più  si 
ricevessero  in  Segna  e  negli  altri  luoghi 
litorali  i  fuoruscili  del  dominio  venezia- 
no. Iiuìi  convenne  col  provveditore  Fi- 
lippo Pasfjualigo,  mcdiaiile  giuramento 
e  obbligandosi,  che  senza  il  permesso  de' 
rappresentanti  della  repubblica  non     u- 
icirebbero  uscocchi  dal  canale  di  Mor- 
lacchia,  stretto  dell'Adriatico  fra  l'isole 
di  Veglia,  Albe  e  Ossero,  e  la  parte  della 


V  E  iX  447 

Croazia  militare  e  del  litorale  Ungherese 
che  porta  il  nome  di  IMorlacchia.  Ma  il 
Rabalta  nel  1 6o3  ci  mise  la  propria  vita, 
ucciso  poco  dopo  dagli  uscocchi,  le  don- 
ne de' quali   arrabbiate  ne  succhiarono 
il  sangue  e  co' denti  lacerarono  le  carni; 
però  le  loro  piraterie  allora  si  diminui- 
rono, e  finalmente  per  un  tempo  potè  il 
mare  tornar  tranquillo,  e  la  re[)ubblica 
restando  sollevala  da  gravi  dispendi,  ri- 
prese il  corso  del  suo  libero  commercio, 
togliendosi  un  continuo  pericolo  di  guer- 
ra C(/ turchi.   Tianquilliile   le  cose  kjI- 
r  iuìperatore,  non  quietavano  per  anco 
quelle  col  Papa,  che  anzi  le  cause  di  dis- 
gusto si  accumulavano.  Fin  dal  1 5g  1  nel 
pontificalo  di  Gregorio  XIV,  erano  in- 
sorti certi  malintesi  con  Roma  a  motivo 
dell'  inquisizione,  e  specialmente  per  una 
nuova   bolla   the  tendeva  a  restringere 
il  potere  de' tribunali  ordinari  sugli  ec- 
clesiastici. Tutlavolta  alla  destrezza  del- 
l'ambasciatore Alberto  Radoer  riuscì  di 
ottenere  che  i  veneziani  potessero  con- 
tinuare a  governarsi   come  per  l'addie- 
tro,  appoggiandosi  specialmente  olla  bol- 
la di  Sisto  V.  Quando  l'oratore  ne  tlo- 
maudò  un  atto  formale  a  Gregorio  XIV, 
questi  gli  disse  ;  I  vostri  signori  sono  assai 
sospettosi.  Però  in  altro  momento  si  farà, 
nbn  potendo  ora  deiogareaquantofu  fal- 
lo dalla  congregazione  de'cardinali.  In- 
tanto Clemente  Vili  si  lagnava  che  la  re- 
pubblica avea  preso  al  suo  soldo  Marco 
Sciarra,  famoso  bandito  ilello  slato  pon- 
tificioj  |)er  mandarlo  contro  gli  uscocchi. 
Di  quel  formidabile  capoladrone  non  po- 
co parlai  nel  voi.  LXXXIX,  p.  3(),  i  i4i 
1  I  G,  202,  dicendo  col  Muratori, che  Mar- 
co con  5oo  de'  suoi  si  pose  agli  stipendi 
<lella  repubblica  per  condiatlere  gli  uscoc- 
chi, ma  strepitando  il  Papa  perchè  gli  si 
consegnasse,  onde  puniregrmnumerevo- 
li  suoi  atroci  misfatti,  fu  ucciso,  e  la  sua 
gente  mandata  in  Candia  presto  il  conta- 
gio la  distrusse.  Sorsero  pure   did'eren- 
ze  Ira  la  repubblica  e  Clemente  Vili  pe' 
cuufiui  e  per  un  loglio  del  Po;  e  si  esacer- 


44^  V  E  N  VE  N 
bava  la  conlesa  ravvivatasi  della  giiins«  le  sue  arti  industriali.  Il  secolo  XVI  se- 
dizione temporale  del  vescovo  di  Cene-  giia  dunque  per  Venezia  il  massimo  svi- 
da,  che  narrai  di  sopra  nel79.°dogado. —  hippo  della  sua  diplomazia;  più  che  sul- 
lniportnntepoisarebhp,se  lospaziolo  per-  la  fijrza  materiale,  dovea  essa  fare  asse- 
mettesse,  di  far  cenno  delle  considerazio-  gnafnento  sull'accortezza  politica,  dando 
ni  generali  fatte  dal  eh.  Ilomanin  nella  di  piglio  alle  armi  soloquando  inevitabi- 
fìne  del  secolo  XVI;  laonde  solo  riporlerò  le  necessità  vela  costringesse.  La  popò- 
alquante  parole  su!  principio  del  decadi-  lozione  di  Venezia,  che  neli555  compu- 
irtento  delia  repid^LIica  di  Venezia,  sulla  tavasi  di  i  59,869  abitanti ,  era  discesa 
popolazione  della  cillà  edella  Terraferma  nel  1 58Ga  1 48,64o,e  nel  1 5c)3  a  i  34,8?  '  j 
ec, esopra  le  alire  sue  considerazioni  gè-  tra'quali  ultimi  si  conlavano  Gì 52  nobili 
nerali.  La  veneziana  repubblica  arresta-  conai^BfbmiglijGi  79cittadiniconi2o4 
ta  nel  secolo  XIV  nel  suo  avanzamento  famigli, serve22  [4jhottegai 32,887,010- 
in  Levante,  rivolto  il  pensiero  a  cercar-  nache  2408,  religiosi  i  1  35j  ebrei  io43, 
lo  nella  Terraferma,  per  gli  acquisti  falli  unode'quali  Daniele  llodriguez  nel  1  590 
in  questa  si  snaturò,  ma  furono  nece^si-  fu  f;illo  console  di  sua  nazione  in  Vene- 
ta, e  pel  possesso  d'ampli  dominii  in  Ita-  zia. Di  cpiesta  popolazione  gran  partetro- 
lia,  ricca  e  formidabile  tuttavia  anche  iu  vava  occu|>azione  e  guadagno  nel  cotn- 
Oriente,  toccò  nel  secolo  XV  l'apogeo  di  mercio  e  nella  navigazione,  nella  costru- 
sua  grandezza.  Se  non  che  la  storia  ci  zione  de'naviglie  nel  servizio  delle  gou- 
inostra  che  le  nazioni  al  paro  degl'indi-  dole  e  barche  per  l'interno  della  città, 
vidui  nascono,  ciescono,  poi  decadono  e  Un  numero  assai  ragguardevole attende- 
muoiono.  La  lepubblica  uientre  ancora  va  alle  arti  e  a'  mestieri,  tenendo  allora 
nel  secolo  XVI  brillava  di  lutto  il  suo  Venezia  luogo  distinto  non  solo  come 
splendoie,  veniva  sempre  piìi  perdendo  cillà  mercanlde,  ma  altreM  industriale, 
non  solo  nella  sua  estensione  nel  Levan-  11  lauillcio,  il  setificio,  i  panni,  i  cuoi  e  o- 
te,  ma,  ciò  ch'è  più,  di  quelle  cittadme  gui  altra  produzione  dell'industria  vi  a- 
virtù  che  fatta  l'aveano  grande,  e  nello  vea  copioso  numero  di  olllcine  e  di  la- 
slesso  tempo  crescevano  uilorno  a  lei  e  voranli,  e  il  governo  si  dava  ogni  cura 
divenivano  ((jrundabili  altri  stalied  altre  pel  loro  prosperamento  cogl'  incoraggia- 
cillà  che  dovevano  prima  abbassarla,  |*  r  menti,  co'privilegi  e  colla  proibita  inlro- 
sovvertirla.  Spagna,  Portogallo,  Francia,  duzione  de' lavori  forestieri.  Il  governo 
Inghilterra,  Olanda  si  facevano  potenze  veneziano  provvidamente  curava  la  pro- 
mai  iltime,  e  i  loro  mercantili  navigli  co-  lezione  tleli'ai  ligiano,  non  ammetteva  al 
minciarono  a  frequentare  que'porti,  ove  lavoro  i  fanciulli  finché  non  avessero  rag- 
prima  sola  la  veneziana  bandiera  soleva  giunto  una  determinala  età,  tutelava  i  lo- 
sventolare;  in  Italia  stessa  sorgevanle  ri-  ro  contratti  e  patti co'maeslri,  stabiliva  a' 
vali,  oltre  all'antica  Genova,  anche  Anco-  lavoranti  ingenerale  le  ore  del  lavoro,  e 
na  e  Livorno:  i  turchi  l'opprimevano  al-  la  campana  delta  Piealtina,  dava  secondo 
l'Oriente.  Dalla  parte  di  Terraferma  i  la  stagione  il  seguo  al  quale  gli  operai 
suoi  dominii  si  trovavano  sempre  tra  doveano  lasciai  lo.  Questo  forma  l'elogio 
Austria  e  Spagna  ,  che  le  davano  conli-  dell'equità,  saggezza  e  umanità  della  re- 
nue  molestie  e  minacciavanla  di  penco-  pubblica  veneta.  La  popolazione  comples- 
li  ancor  maggiori.  Tuttociò  rendevate  ne-  siva  della  Terraferma  veneta  non  rag- 
cessariodi  mantenersi  in  pace  all'esierno,  giungeva  nel  secolo  XVI  i  due  milioni, 
e  di  volgere  ogni  cura  a'provveditut-nli  circa  1,800,000  abitanti,  ed  era  compre- 
chepolesseroeassicurarle  iconfini,econ-  sa  nelle  provincie  di  Friuli,  Delluno,  l*a- 
servarle  i  lrafllci,e  dare  incrcmcnlo  al-  dova,  Vicenza,  Sette  Comuni,  Verona, 


\  E  N  V  L  N  4  Ì9 
Treviso,  Piileìine,  Ci efscin,  Bergamo,  Gre-  iosa  vigilanza  nello  stato  oiiliiiario  <.lell« 
iiin.  Delle  Provincie  Marittime  prima  era  cose,  e  ila  abusi  non  abbastanza  impecii- 
ristiia  situata  fra  il  golfo  Adriatico  e  il  li  non  ostante  al  frequente  invio  de' sin- 
Quarnero,  formando  una  penisola  cheal-  dacie  inquisitori,  e  ai  rapporti  di  questi 
la  base  si  congiunge  coli' lllirio  e  colla  al  loro  ritorno.  Tuttavia  il  popolo,  in  ge- 
Croazia.  E' Capodistria  la  città  principa-  nerale,  amava  il  governo  veneziano,  e 
le,  di  cui  riparlai  a  Trieste.  La  Dalmazia^  ne  iliede  replicale  prove  nelle  varie  oc- 
prima  Irate  provincie  sulle  quali  si  di-  casioui  nel  diicorso  secolo  XVI  e  ne'due 
slese  il  veneziano  dominio,  benché  ne*  susseguenti.  E  vero  che  il  contadino,  spe- 
primi  tempi  più  volte  tentasse  sotlrarse-  cialmente  del  Friuli  e  dell'Istria,  spesso 
Tie,  finì  poi  per  la  lunga  abitudine,  per  la  emigrava  in  cerca  di  miglior  sorte,  e  vi- 
necessilà  de'commerci  e  della  protezione  vea  infelicissimo;  però  non  mai  giungeva 
coll'alTezionarscgli,  a  distinguersi  nell'ar-  a  ideate  una  rivoluzione  politica,  e  ad 
male,  e  nelle  città  principalmente  lutto  accagionarde'suoi  mali  il  governocenlra- 
j'ieseutava  piuttosto  le  forme  veneziane  le  e  a  maledirlo,  poiché  il  poco  di  bene 
che  slave:  Zara  e  Sebenico  erano  fortezze  e  di  protezione  che  poteva  godere,  da 
di  conto.  E  le  medesime  forme  Venezia-  questo  solo  gli  veniva;  i  suoi  mali  e  pa- 
ne, «pecialmente  la  lingua,  si  dilTuseio  al-  timenti,  divenuti  tradizionali, erano  un.i 
tres'i  nell'Isole  del  Levante,  in  particolare  dolorosa  ma  inevitabile  necessità.  M-ig- 
a  Corfìi,  Zaiife  e  Cefalonia.  .All'uscire del  giore  era  il  malcontento  ne'nobili  per  la 
mare  Adriatico  dirigendosi  a  Levante  a-  preminenza  che  godevano  da  per  tutto  i 
veano  i  veneziani  come  posto  avanzato  nobili  veneziani,  e  perché  il  governo  cer- 
contro  i  turchi  l'isola  di  Candia  o  Creta,  cava  fiaccar  l'abuso  del  loro  potere  e  del - 
l'iìi  volle  ribelle  al  governo  veneto,  fre-  le  armi.  Ma  i  cittadini  erano  contentissi- 
nala  finalmente  con  trasportarvi  parec-  mi  ,  aveano  un  governo  che  toccava  as- 
chie  colonie  veneziane,  la  schiavitù  alla  sai  poco  gli  scrigni,  e  le  cui  stesse  gravez- 
gleba  durava  ancora  ne'cos'i  detti  Parici,  ze  erano  piìi  ordinate  che  eseguite;  un  go- 
sebbene  il  governo  veneto  ne  favorisse  la  verno  che  tutelava  le  proprietà  ,  e  per 
manumissione.  Dividevasi  l' isola  nelle  4  quanto  i  tempi  lo  corapoi  lavano  la  sicii- 
provincie  di  Candia,  Silia,  Retimo,  Ca-  rezza  personale;  che  cercava  con  ogni 
nea,  ed  avea  nel  i586  animei  76,433,  sforzo  mantenersi  in  pace  co' vicini  e  la- 
gli  uomini  atti  alle  armi  sommavano  a  sciava  vivere  tranquilli  i  suoi  sudditi,  ed 
54,787,  de'  quali  in  attuale  obbligo  attendere  a'trafìlci  calle  industrie.  Se  poi 
2Cj,()6o,  cioè  nella  milizia  7790;  al  ser-  guardavano  intorno  a  se,  ben  aveano  di 
\igio  del  remo  5.2,170.  In  Sitia  i  cretesi  che  consolarsi,  doveano  benedire  che  non 
erano  parificali  a'veneli  pienamente;  in  avea  bisogno  di  truppe  a  mantenere  la 
alcune  piovincie  quelli  prevalevano  ,  in  pace  interna,  e  sapea  tener  lontane  le  ar- 
altre  questi.  iNelle  provincie  soggette  alla  mi  straniere  più  col  mezzo  d'un' avvedo- 
repubblica  in  Terraferma  e  nelle  parti  ta  politica,  che  con  ruinoso  apparato  di 
del  mate  ,  scorgevasi  da  per  lutto  una  lorze.  Quasi  ninna  milizia  esisteva  a  pro- 
buona intenzione  nel  governo  di  miglio-  lezione  della  tianquillità  interna  o  a  di- 
rarne  le  condizioni  ,  ma  il  buon  volere  fesa  degli  assalii  esterni  in  tempo  di  pa- 
impedito  dalle  idee  del  tempo  nelle  ma-  ce.  A  Venezia  per  la  quiete  pubblica  ba- 
lerie  di  economia  politica,  dagli  statuii  stava  il  Missier  grande:  tanta  era  la  sua 
delle  varie  terre,  e  dall'autorità  feudale  forza  morale.  —  Ora  poi  rimango  pri- 
de'castellani ,  repressa  in  parte  dalla  re-  vo  d'  un  valido,  critico  e  fecondo  aiu- 
pubblica,  Ria  non  tolta;  dalla  poca  auto-  lo,  poiché  a  questo  punto  della  storia 
rilà  che  veniva  al  rettore,  dalla  poca  ope-  g"inge  il  termine  del  t.  6  di  quella  fio 
v(ii    \r\\.  29 


4'?<i  VEi\ 

qui  nul)blicnla  (1;il  eli.  Samuele  Pioma- 
nin  professore  pi ivato  di  storia,  ielteia- 
lura  ec.  Laniulc  non   posso   più  giovar- 
mi, Isella  rifusione   e   ingiandinien'o  di 
quest'nrlicolo,  della  sua  cotilinuazione  in 
corso  di  slnnipa,  perchè  i  4  tomi  die  de- 
vono coutpierla  restano  a  pul)l)licarsi,  e 
perciò  sarò  rpiiiidi  di   conseguenza    più 
l)ieve.  All'ottimo  sloiico  io  mi  protesto 
penetralo  di  verace  ossequio  e  ammita- 
zione,  gralissimo  pel  grande  e  notabilis- 
simo vantaggio  che  lio  ricavato  dalla  sua 
preziosa  opera  documentata.  Questo  as- 
sennalo lavoro  ciilico,  prodotto  di  lun- 
ghi e  severi  studi,  fa  assai  onore  a  Vene- 
zia, olla  cui  storia  nulla  lascia  a  deside- 
rnie.  E"  pure  pieno  di  dottrina  e  di  eru- 
dizione, meritevole  insomma  non  solo  di 
leggersi  per  diletto  e  istruzione,  ma  di 
studiarsi  a  motivo  dell'abbondante  utili- 
tà che  si  può  trarne,  anche  per  la  storia 
d'Italia,  e  perciò  profittai  più  del  prole- 
stato  poco  dopo  il  principio  di  questo  §, 
appunto  per  essere  e  benissimo  descritta 
e  per  compeneliarsi  colla  veneta.  Inolile 
nella  medesima  opera  si  contengono  pre- 
gievolissimi  brani  della  storia  d'altri  '-iati 
d'Europa,  anzi  onroia  molti  di  quelle  na- 
zioni delle  altre   parti  del    mondo   delle 
quali  è  congiunta  la  storia  co'fasli  vene- 
ziani, precipuamente  per  le  relazioni  in- 
teressantissime che  ne  fecero  i  loro  am- 
basciatori. Il  sapere  e  la  nobiltà  dell'a- 
nimo del  prof.  Romanin,  mi  è  pegno  si- 
curissimo ch'egli  vorrà  condonare,  se  oso 
fare  alcune  riserve,  non  senza  rammari- 
co e  per  dura  necessità,  perchè  gratide- 
inente  amerei  in  lutto  andare  d'accordo, 
senza  alcun  dissenso.  Dico  dunque,  non 
posso  aderire  quanto  ad  alcune  proposi- 
zioni e  opinioni,  specialmente  pregiudi- 
zievoli ad  alcuni  Papi,  non  meno  che  ri- 
guardanti la  loro  Sovranilà  [F.)  \em[)o- 
vale,  come  di  fatto  talvolta  franeamente 
dimostrai  nel  rettificarle  o  modificarle; 
poiché  di   quando  in  quando   1'  illustre 
storico  qualifica  pretensioni   i  diritti  an- 
tichissimi del  principato  civiledella  s.  Se- 


VEN 

(Jc  J/ìOstolica  (V.)  sopra  diversi  stali,  e 
dicendo  persino  usurpazione  il  ricupero 
fatto  da  Giulio  li   di  Panna  {/  .)  e  di 
P/(7ce/j:rt  (/'.).  Egualmente  neppurecon- 
Tengo  a  diverse  preterizioni  intrinseche 
riguardanti  i  medesimi  Papi.  Cose  tutte 
che  accenno  genericamente,altrimeuti  ri- 
chiederebbero digressioni  perchiarirle,in- 
compatibilicoU'ampiezza  di  qtiesto artico- 
lo divenuto  prolisso  più  dell'ordinario;  il 
che  però  ritengo  non  necessario  per  me, 
poiché  ponno servire  rtr^ioci  tanti  artico- 
li relativi  che  in  questa  mia  opera  ho  scrit- 
to, provandolo  coll'evidenza  de'falti  mas- 
simamente  sulla  suprema  autorità  e  giu- 
risdizione ecclesiastica  òc'Sonìnii  Ponte- 
fici /ìo//j(7«?,  alquanto  più  volte  atlacci- 
la,  secondo  il  vezzo  di  molti  scrittori  ve- 
neziani, in  ciò  seguendo  lo  spirito  che  do- 
minando il  governo  repubblicano  la  o- 
steggiò  e  volle  esercitare  egli  stesso,  la- 
sciandone documenti  ,  male  esempio  se- 
guito da  altri  stati.   Imbevuti   de' quali 
principi!  ,  coli'  appoggio  di  tali   lestioio- 
nianze,  non  è  da  meravigliare  se  rispet- 
tabili scrittori  veneti  propugnarono  1'  o- 
perato  dalla  repubblica,  fecero  l'apoteo- 
si di  fr.  Paolo  Sarpi  e  depressero  la  fa- 
ma di  Paolo  V  P)orghese.  A  seconda  dei- 
Io  spirito  da  cui  è  informata  la  mia  ope- 
ra, questa  era  per  me  una  dichiarazione 
indispensabile,  anche  per  supplire  a'Iuo- 
ghi  che  lasciai  procedere  senza  rilievi  di 
cui  abbisognavano,  per  non  comparire 
censore  ,  uHizio  non   proporzionato  alle 
mie  forze  e  ripugnante  al  mio  animo  in 
questo  gtnialissiino  articolo. — NeliSgS 
Clemente  Vili  inviò  suo  nunzio  a  Vene- 
zia Offiedo  Ollredi  vescovo  di  Molfelfa, 
già  maestro  di  camera  di  Gregorio  XiV. 
Narra  il  Muratori,  che  sul  fine  deli5f)8 
capitò  in  Venezia  un  uomo  che  si  spac- 
ciava per  Sebastiano  re  di   Portogallo, 
perito  nel  1 5'jS  in  Africa  nella  guerra  con- 
tro i  turchi:  lo  somigliava  e  audacemen- 
te sapeva  ben  rappresentare  il  personag- 
gio, facendosi  conoscere  persino  istruito 
de'maoeggì  tenuti  col  senato  veneto;  co- 


V  E  i\ 
re  luffe,  die  a  primo  aspcllo  accredll'i- 
vano  In  sun  persona,  in  modo  che  vari 
porloghesidi  Venezia  lo  riconobbero  per 
re.  Però  ad  istanza  della  Spagna,  domi- 
natrice del  I'orto£;allo,  fci  costui  messo  in 
prigione  in  Venezia,  e  vi  rimase  per  3 
anni.  Ma  perchè  a  cagione  di  ciò  in  Por- 
togallo ogni  dì  nascevano  de' movimenti 
e  le  dicerie  erano  senza  fitre,  il  senato  nel 
1602,  senza  volersi  decidere,  lo  lasciò  in 
liberlà  dandogli  il  bando  da' suoi  siali. 
Fu  poi  preso  e  morì  prigione  degli  spa- 
gnuoli.  Apprendo  dal  veneto  cav.  Gio- 
vanniSagredOj/l/f'rt/or/r  istoriche de  Ma- 
ììnrcìiì  Ollo!/ianì\  che  nel  1600  i  mini- 
stri spagnuoli  inventarono  un  nuovo  ri- 
trovato per  arricchire.  I  due  viceré  di 
Napoli  e  di  Sicilia  diedero  in  regalo  alle 
proprie  mogli  la  mela  delle  spoglie,  che  i 
vasrelli  che  armavano  in  corso  sotto  i  loro 
•Timpicii,  facevano  contro  i  turchi;  e  gli 
altri,  che  armavano  a  proprie  spese,  era- 
no tenuti  a  riconoscerli  per  la  4-'  parte. 
Fu  dubbioso  se  ciò  avesse  per  fine  l' in- 
teresse, o  l'impegnare  la  repubblica  nel- 
la guerra  cogli  ottomani;  o  l'utio  e  l'al- 
tro insieme.  Tali  armanienti  assalirono 
pure  vascelli  veneti  con  mercanzie,  sotto 
colore  che  vi  avessero  palese  0  occulto  in- 
teresse i  turchi;  ed  i  danni  in  più  voliere- 
cali  alle  privale  fortune  e  al  governo  pe' 
dazi  si  fecero  ascendere  ad  8  u)ilioni,  in 
tempi  che  il  traflìco  in  Venezia  era  più 
che  mai  florido  e  ubertoso.  Queste  pira- 
terie e  ingiurie,  unite  a  quelle  degli  u- 
.^cocchi  irrequieti,  fecero  grande  strepilo 
in  Costanlinopoli,  dicendosi  che  la  repub- 
I)lica  era  d'accoido  cogli  spagnuoli,  ed  1 
legni  carichidi  merci  loro  onidateda'tur- 
chi,  vi  aveano  maliziosa  connivenza.  La 
repubblica  vedendosi,  do[)o  tanti  danni, 
anche  compromessa  col  turco,  fece  do- 
glianze col  residente  spagnuolo  e  altre  e- 
.spose  al  re  in  Madrid  l'oratore  veneto 
Francesco  Soranzo.  Poco  essendone  il  ri- 
sultato, il  senato  in  viòa  Filippo  III  l'ana- 
bnsciatnrestiaordiuario  Ottaviano  liono, 
il  quale  colle  sue  energiche  rimostranze, 


V  E  iX  4m 

dopo  molle  udienze  nllenne  dal  re  la  proi 
blzione  di  iidalti  armamenti  e  detestabili 
violenze,  commesse  contro  cristiani  e  ami 
ci,  ma  le  reintegrazioni  al  tolto  i  ministri 
non  eseguirono.  iVel  i6o3,  racconta  il  eh 
Giovanni  Veludo,  biografo  del  doge  Ma- 
rino Grimani,  che  i  veneziani  ebbero 
la  gloria  di  ascrivere  al  libro  d'oro  della 
propria  nobiltà,  col  diritto  di  trasmel 
terla  alla  sua  discendenza,  Enrico  IV  re 
di  Francia;  il  quale  avendo  da  essi  rice 
vuto  solenni  testimoni  di  compiacenza  pel 
novello  suo  matrimonio  con  IMaria  (.le. 
^Medici,  l'avea  dotnandato  a  mezzo  del 
suo  ambasciatore.  L'  ammissione  seguì 
nel  maggior  consiglio,  a  cui  intervenne- 
ro 1439  patrizi.  Fu  allora  che  Enrico  IV, 
mostrandone  gran  contento,  in  segno  d'a- 
more e  d'amicizia  verso  i  veneziani,  inviò 
loro  in  donoqueirarniatura  cheavea  iu- 
dossato  in  tante  guerre  e  trionfalo  in  quel- 
la che  decise  del  suo  Irono,  come  gii  dis- 
si di  sopra,  notando  il  modo  col  quale  il 
senato  volle  onorare  per  gratitudine  ta- 
le regio  uìonumento  guerriero.  Intanto 
la  repubblica  sempre  più  sospettosa  del- 
le mire  della  Spagna  ,  vedendo  crescere 
la  potenza  di  sue  forze,  a  mettersi  in  di- 
fesa aumentò  l'armamento  marittimo,  e 
derinilivamenle  strinse  lega  co'grigiom, 
per  avere  da  essi  truppe  terrestri  ;  lega 
sempre  dipoi  mantenuta  a  dispetto  del 
conte  di  Fuenles  governatore  di  Milano, 
che  fece  ogni  sforzo  per  guastarla,  come 
ne  assicura  il  Muratori.  Dopo  essersi  così 
provveduto  alla  sicurezza  dello  stato  dal- 
la parte  degli  svizzeri,  fatto  il  patto  d'al- 
leanza, gli  alpigiani  grigioni  in  maggior 
numero  di  prima  cominciarono  a  calare  in 
Venezia  alfine  di  esercitarvi  diverse  arti  e 
mestieri,  il  che  rilevo  dagli  Aiinnli  del 
cav.  Mulinelli.  Accordatosi  a' grigioni  il 
diritto  d'ingresso  nell'adunanze  di  quelle 
con  voce  attiva  e  passiva,  e  tenutisi  sol- 
levali eziandio  dalle  personali  fazioni  cui 
sogL'elli  erano  gli  artieri  veneziani,  non 
si  lasciava  però  di  attentamente  osservar- 
li afiìnchè  per  quella  venula  e  per  quel 


45v.  V  L  i\ 

ini.scl»ianierilo  luiocugliallri  cillodini  non 
l'osse  coiilainiiiala  la  purilìidella  fède  cat- 
tolica, afllclandosi  pailicolarrnenle  la  cu- 
ra dì  sopravvegliare  i  grigioni  al  magi- 
strato degli  Esecutori  contro  la  hcslcm- 
mia  y  raffermandosi  il  suo  dire  dal  Mu- 
tinelli  colla  leslimoiiianza  del  Tentori, 
Saggio  della  storia  cibile  degli  statldcl- 
la  lepulblica  di  I  ciiczia.Qvieslo  conte- 
gno dc'veneziani  mi  riesce  piacevole, do()o 
avere  nel  dogado  'j5.°  e  nel  dogado  79°, 
col  prof.  Romanio,  dovuto  descrivere  la 
tolleranza  della  repubblica  veneziana  co- 
gli individui  delle  nazioni  d'ogni  religio- 
ne acattolica.  —  Ma  ormai  eccomi  a  do- 
ver entrare  nel  ginepraio,  a  cagione  di 
buona  parte  degli  storici  veneti  parzia- 
li eccessivamente  della  repubblica  (di- 
co di  quelli  che  sono  a  mia  cognizio- 
ne), quindi  spinoso  argomento,  per  al- 
meno dover  dare  una  Uionogruda  delle 
grafi  differenze  sviluppatesi  con  impo- 
nenza, tra  la  repubblica  di  Venezia  sem- 
pre cupida  di  esercitare  la  giurisdizio- 
ne ecclesiastica,  e  la  s.  Sede  che  n'è  la  de- 
positaria, già  avendole  deplorate  in  pai  te 
per  incidenza  in  vari  articoli  che  vi  han- 
no relazione.  Il  conflitto  e  l'acre  discor- 
dia cominciò  nel  declinar  della  vita  di 
Clemente  Vili,  spesso  afflitto  da  infer- 
n)ità  dolorose,  niassime  della  chiragra, 
benché  il  suo  veneto  biografo  Stringa, 
lodi  la  protezione  particolare  in  che  te- 
neva la  re|iubblica.  Trovo  nel  veneto  ab. 
Cappelletti,  Le  Chiese  d'Italia:  f^ene- 
z/V7,t.  9,p.  338.  Il  senato  con  triplice  leg- 
ge olKese  l'ecclesiastica  immunità.  «Pri- 
mieramente infatti  a' 25  maggio  1602 
era  stato  decretato,  che  nessun  convento, 
né  monastero,  né  spedale,  né  chiesa  po- 
tesse conseguire  beni  posseduti  da' laici, 
uè  appropriarseli  sotto  (jualunque  titolo 
o  colore  ".  Riferisce  il  Novaes  nella  Sto- 
ria de'  Pontefici^  t.  9,  p.  9 1 ,  che  il  senato 
eoo  ampliazione  di  legge  preesistente, 
pubblicò  a' IO  gennaio  i6o3  il  decreto, 
col  quale  vietò  sotto  gravissime  pene  di 
fondare  ospedali  e  naonasteri,  aè  istituire 


V  Ei\ 

nuovi  ordini  o  congreg.izloni  religiose, 
conlrateinile  o  sodalizi  o  scuole,  e  nep- 
pure edificare  chiese,  senza  l'autorità  e 
approvazione  del  governo;  ed  aggiungo 
coll'ab.  Cappelletti,  sotto  pena  a'trasgres- 
sori  di  esilio,  di  carcere  perpetua,  di  con- 
fìscazione del  fondo  e  di  perdila  delle  fab- 
briche erettevi.  E  che  a' 3  ovvero  a'  16 
marzo  1  6o5,  il  medesimo  senato  con  al- 
tro decreto,  nuovanìente  sotto  pena  di 
nullità  di  contratto  e  di  confìsca,  proibii 
in  tutti  i  luoghi  del  dominio  della  repub- 
blica, che  nessuno  a  titolo  di  testamento, 
per  dono,  vendita  0  qualsivoglia  altra 
causa,  potesse  lasciare  in  perpetuo  0  alie- 
nare i  beni  immobili  a  favore  degli  eccle- 
siastici per  più  di  due  anni,  né  questi  li 
potessero  acquistare  senza  il  consenso  del 
governo;  decreto  che  già  fin  dal  i536  o 
I  5'^^  avea  emanato  per  la  città  di  Vene- 
zia e  suo  ducato,  il  quale  probabilmente 
dovrà  spiegarsi  di  tutte  le  terre  formanti 
il  dogado,  da  Grado  a  Capodargioe  ossia 
Cavarzere;  disposizione  che  l'Arte  di 
verificare  le  date,  spiega  rinnovato  di- 
vieto agli  ecclesiastici  di  acquistar  beni- 
fondi.  Chiarisce  l'ab.  Cappelletti  la  ca- 
gione di  questi  decreti,  la  quale  era  :  per- 
chè passando  a  poco  a  poco  alle  chiese  ed 
a'pii  luoghi  i  beni  laicali,  i  quali  rima- 
nevano quindi  per  la  ecclesiastica  immu- 
nità sciolti  dalle  pubbliche  gravezze,  ne 
soffriva  grave  danno  lo  stato  e  vi  scapi- 
tava considerabilmente  l'eraiio.  11  Uer- 
caslel,  nella  Storia  del  Cristianesimo^ 
t.  23,  lib.  7  (."osserva:  Che  sebbene  i  ve- 
neziani sostenevano  di  non  tenere  il  po- 
tere della  legislazione  che  da  Dio,  come 
la  loro  sovranità,  però  Clemente  Vili, 
quantunque  rigido  osservatore  de'diritti 
e  delle  consuetudini,  ma  non  meno  ne- 
mico degli  scoppii  pericolosi  che  la  lunga 
esperienza  gli  faceva  presentire,  avea  giu- 
dicato espediente  il  dissimulare.  Dal  ba- 
rou  Heurioo,  nella  Storia  universale  del- 
la Chiesa  dalla  predicazione  degli  A- 
postoli  fino  al  pontificato  di  Gregorio 
Xf'L  t.  9,  lib.  71.",  iu  sostanza  si  ripe- 


V  E  N 

fono  le  parole  del  Bercaslel,  dopo  aver 
aggiunto  al  decceto  proibitivo  di  edificar 
chiese,  monasteri,  ospedali  »  e  di  levare 
sili  beni  posseduti  da'secolari  sotto  la  di- 
rezione delle  chiese,  alcuni  diritti  che  il 
clero  era  in  possesso  di  percepire  ".  IMorì 
Clemente  Vili  a'3  marzo  1 6o5,  e  passa- 
ti 28  giorni  gli  successe  Leone  XI  de  Me- 
dici, al  quale  la  repubblica  lietissima  di 
sua  esaltazione,  8  giorni  dopo  elesse  i  so- 
lili 4  ambasciatori  d'ubbidienza  per  ral- 
legrarsi e  dichiarargli  l' infìtiito  suo  con- 
lento  ;  ma  non  poterono  elTelluarlo  per- 
chè con  ?,6  giorni  di  pontificato  passò  agli 
eterni  riposi.  Nella  sera  de' 16  maggio 
i(3o'ìi  fu  acclamato  Papa  Paolo  V  (/^.), 
che  per  essergli  stata  svaligiata  la  Cella 
da' cunclavisli,  dormì  in  quella  del  ve- 
neto cardinal  Benedetto  Giustiniani.  A'6 
novembre  prese  possesso  della  basilica 
Lateranense,  nella  cui  cavalcata  inter- 
venne il  cav.  Agostino  Nani  ambasciato- 
re della  repubblica,  vestito  con  roba  lun- 
ga di  damasco  nero  all'usanza  veneziana, 
coH'ambascialore  di  Francia, cavalcando 
Ira  loro  il  governatore  di  Uoma.  Piiporta 
il  Muratori  all'anno  i6o5:  «  Confessano 
lutti  gli  scritlori,  aver  Paolo  V  portato 
seco  a  sì  eccelsa  dignità  un  complesso  di 
tali  viiiù  e  prerogative  sì  di  animo  che 
d' ingegno,  che  luogo  non  restò  alla  giu- 
sta censura,  né  bisogno  d'adulazione  per 
tessere  le  sue  lodi.  Specialmente  campeg- 
giava in  lui  r  illibatezza  de'costumi,  l'a- 
nmre  e  la  pratica  della  religione,  la  soa- 
vità del  tratto,  e  un'altezza  di  pensieri, 
desiderosa  e  capace  di  cose  grandi.  Né 
volle  nel  bollore  di  sua  esaltazione  di- 
spensar grazie,  dicendo,  che  troppo  facile 
era  allora  il  chiedere  e  concedere  disav- 
vedutamente cose  ingiuste,  e  doversi  con 
maturità  accord;ir  le  giuste.  Sicconje  que- 
sto Pontefice  eia  sopra  ogni  allia  cosa  a- 
nimato  forte  per  sostenere  V  Iiiinutnilà 
crrlisiastirn  ( /  .)  e  i  privilegi  del  Citi- 
IO ( ^.),  così  poco  stette  a  far  valere  que- 
sto suo  spirito  contro  vari  principi  d'  I- 
(a  lui  (di  fatti  nel  liull.  Roiii.  ve  ne  sono 


YEN  4'J3 

le  testimonianze,  contro  i  supremi  ma- 
gistrati di  Milano  e  di  Lucca,  prima  di 
quanto  vado  a  dire).  Ma  il  più  strepitoso 
impegno  suo  fu  quello,  ch'ei  prese  con- 
tro la  repubblica  di  Venezia,  sì  per  aver 
ella  fatto  carcerare  un  canonico  di  Vi- 
cenza (Scipione Saraceni  nel  i6o5,e  nou 
1  ()o6  come  dice  il  Novaes),  e  l'abbate 
commendatario  di  s.  Eustachio  di  Ner- 
v<sa  (nella  provincia  e  diocesi  di  Treviso, 
di>tretto  di  Montebelluna,  chiamandosi 
l'ibbate  Brandolino  Valmarino  nativo 
tifi  Friuli, senza  alcuna  permissione  della 
s.Sede  ambedue  chiamati  in  giudizio  e  im- 
prigionali, per  essere  stali  accusati  al  con- 
siqlio  de'  Dieci  per  gravi  delitti  di  rapina 
e  ili  omicidio,  perchè  il  governo  eserci- 
tava il  diritto  di  prendere  la  cognizione 
e  di  tenere  il  giudizio  delle  cause  crimi- 
nali degli  ecclesiastici,  ed  i  nominati  e- 
rano  stati  inquisiti  dal  tribunale  degli 
avogadori);  come  ancora  per  avere  rin- 
novato un  aulico  decreto,  che  non  potes- 
sero gli  ecclesiastici  acquistar  da  lì  innanzi 
Beni  stabili,  con  obbligo,  se  loro  ne  fos- 
sero lasciati  per  testamento,  di  venderli; 
e  finalmente  per  essere  stata  proibita  la 
fabbrica  di  nuove  chiese  senza  licenza 
del  senato.  Per  questo  concepì  gran  fuo- 
co il  Pontefice,  e  nel  dicembre  spedì  un 
breve  a!  doge  Marino  Grimani  con  in- 
timazione di  Sconutnica  (/^),  se  non  si 
rivocavnno  quelle  leggi,  e  non  si  conse- 
gnavano que' prigioni  al  nunzio  di  Ve- 
nezia Maltei  (Orazio,  diverso  dal  cardi- 
nale dello  stesso  nome  e  cognome).  Pre- 
sentò esso  nunzio  nel  dì  di  Natale  i6o5 
questo  breve  «'consiglieri,  giacché  il  doge 
si  trovava  agli  estremi  di  sua  vita;  e  in 
fatti  cessò  di  vivere  in  quello  stesso  gior- 
no ".  Il  veneto  cav.  Mutiuelli,  negli  ba- 
nali Urbani  di  feticzia,  citando  Lau- 
gier,  Storia  della  repubblica  di  Feiie- 
zia,\&  quale  i  veneti  disapprovano  in  mol- 
tissime cose,  dice  che  il  nunzio  ponti- 
ficio, ad  onta  della  ricordata  vigilanza 
della  repubblica  sui  grigiuni  »  dichia- 
lava  in  quc' giorni  stessi  in  picu  collegio 


454  V  E  N 

al  doge,  iiou  poler  essere  ineiiloiic  le  u 
\nvti  (Ji  pietà  a  quelli  che  zelo  noi»  ave- 
\iii)o  pei  rccclesiaslica  libertà;  mollo  es 
beigli  slata  vantala  la  religione  tle'vene- 
^'iani,  invano  cercarne  le  prove.  Se  tanto 
iippassiouato  era  per  l'autotilà  e  per  la 
libertà  ecclesiastica  quel  nunzio,  ben  e- 
I  alo  maggiorinenle  il  signor  suo,  uomo 
inoltre  di  assai  vivo  e  ardente  carattere 
(su  questo  plinto  cogli  altri  storici  narra 
)l  Novaes,  olire  quanto  scrisse  il  IMura- 
tori  :  Paolo  V  da  cardinale  eia  da  Ititti 
riguardalo  come  futuro  Papa,  nalo  fat- 
to per  l'apostolico  ininisteroj  e  da  lutti 
cliiuuiato  V Onirno  Cardinale.  Lo  loda 
per  somma  prudenza,  parco  nel  vitto  e 
nel  vestire.  La  purità  esteriore  indicava 
l'interior  candore  del  suo  animo.  Ma  di 
j.,rande  zelo  perla  religione,  acerrimo  di- 
fensore dell'immunità  ecclesiastica,  della 
libertà  della  Chiesa  e  de'suoi  a)iuistri, 
vedendola  co' decreti  veneti  altaccala  e 
conculcata,  aver  più  volle  inutilmente 
fiUo  conoscere  alla  repubblica  il  suo  vivo 
dispiacere,  e  dopo  essersene  altaaienle 
lagnato  coll'oìatore  cav.  Nani,  non  ve 
dendo  ri  vocali  i  decreti,  ne  conseguali  i 
òu^  delinquenti  al  tribunale  ecclesiastico, 
volle  intimare  il  3Ionilcno,  sperando  di 
trovare  il  senato  co>i  pieghevole,  come  a 
vea  pieguloquello  di  Genova  in  unasimi- 
le  occasione. Leggonel  polacco  p.  Abramo 
Bzovio  domenicano  contemporaneo  e  in- 
linnssimo  conoscitore  di  Paolo  V,  nella 
sua  /7i'/7,  che  lo  celebra  di  mansueti  e  o- 
norati  costumi,aiizi  modello  sin  dalla  fan- 
ciullezza, valente  giurista  inlegerrimo, 
ornalo  di  dottrina,  afilibile  con  gravità, 
risoluto  ma  con  consiglio,  accolto  ma 
stììziì  inganno,  ainalore  del  giusto,  per 
l'ordinano  lontano  dal  rigore,  benigno 
con  tulli,  vivo  esempio  di  santità.  Tulio 
questo  è  un  nulla  di  quant'altro  con  dif- 
fusione ne  scrisse).  Esaltato  appena  Pao- 
lo Y,  dichiarava  ili  voler  reiolegrare  la 
libertà  ecclesiastica,  oppressa,  come  di- 
ceva egli,  da'  principi,  accusando  in  ciò 
di  negligenza  i  suoi  predecessori,  singo- 


V  E  N 

lai  mente  1' Oliavo  Clemente  (col  cor- 
redo di  tante  altre  virtù  non  posso  cre- 
derlo); avverso  poi  moslravasi  in  parti- 
colar  modo  alla  repubblica  di  Venezia 
(Paolo  V  pel  suo  gran  zelo,  torno  a  ripe- 
tere, senza  rispetti  umani  già  avea  pro- 
ceduto contro  le  repubbliche  di  Genova 
e  di  Lucca,  e  conico  il  senato  di  Mila- 
no. Non  avea  particolare  animosità  con- 
tro la  repubblica  di  Venezia.  Questa  non 
volendo  desistere  da' suoi  sistemi,  pro- 
vocò le  pontificie  censure)  perchè  aveva 
e  -sa  sempre  mantenuto  con  molta  coslan- 
z<i  la  sua  indipendenza,  perchè  escludeva 
gli  ecclesiastici  da!  maneggio  degli  alTa- 
ri,  perchè  era  la  sola  di  tulli  gli  stali  cat- 
tolici, che  pensionarli  non  avesse  alla 
corte  di  Pioma  (ebbe  però  meritamen- 
te nel  sacio  collegio  un  bel  numero  di 
cardinali  che  ne  tutelarono  gì'  interessi, 
d'accordo  coll'ambasciatore  nazionale)". 
Qui  poi  il  JMutinelli  passa  a  dire,  che  ad 
accvescere  forza  ad  un  già  tanto  grave  in- 
cendio, sforlunatametile  accadeva  la  car- 
cerazione de' due  indegni  e  riprovevoli 
ecclesiastici  rei  di  gravissimi  e  vergogno- 
si delitti.  Che  sapute  da  Paolo  V  queste 
cose  e  di  esser  solita  Venezia  ad  arrogar- 
si molli  diritti  in  pregiudizio  dell'autori- 
tà apostolica,  e  già  riferiti,  indignalo  e- 
sclamava:  Offendersi  dalla  repubblica 
l'ecclesiastica  libertà,  convellersi  la  pon  • 
lificia  giurisdizione,  non  competere  al  se- 
nato Io  statuire  intorno  alle  chiese  e  alle 
sostanze  degli  ecclesiastici,  i  delitti  loro 
doversi  giudicare  da  altri  ecclesiastici,  non 
da'secolari.  Soggiunge  l'ab.  Cappelletli, 
che  Paolo  V  dopo  esser  venuto  di  tulio- 
ciò  in  cognizione,  fece  sentire  alla  repub- 
blica ripetutamente  il  suo  dispiacere  per 
siflalte  deliberazioni,  e  per  mezzo  del  suo 
nunzio  residente  in  Venezia  esortò  più 
volle  il  senato  ad  ordinare,  che  i  due  sud- 
detti detenuti  fossero  consegnati  nelle 
mani  o  dell'ordinario,  o  del  nunzio  apo- 
stolico a  cui  di  diritto  apparteneva  il  giù 
dizio  sugl'imputati.  Ma  lutlociò  indarno 
perchè  i  veneziani  uou  erano  punlo  di- 


V  E  N 
sposti  uè  a  rivocare  le  It-'ggi  staliililc,  uè 
a  consegnare  i  (.luecLclesiastici  clelinqueu- 
ti.  La  signoria  auzì,  per  mezzo  deirain- 
basciutore  Nani,  fece  intendere  al  Papa. 
»  Cbe  il  senato,  né  ()er  dignità,  nèpercoii- 
servatioue  della  libertà,  né  per  ragione 
di  buon  governo  non  le  havrebbe  mairi* 
Tocate:  che  queste  erano  leggi  tutte  au- 
lidie  nella  repubblica  avvenga  che  rino* 
vate  et  ampliale  alcune  di  loro  fresca- 
mente: ch'essendo  slate  contportate  da 
tanti  altri  Sommi  l'ontellci,  non  sapeva 
perchè  si  recassero  sì  fatta  noia  a  Paolo 
V,  se  non  era  per  puoca  iucliuatioue,  ch'e- 
gli avesse  foisi  per  altro  a  quella  repub- 
blica; essere  li  beni  ecclesiastici  nel  do- 
minio venetiano  cresciuti  a  segno  che  oc- 
cupavano la  terza  parte  delli  stabili,  et 
che  se  da  (jueste  leggi  non  fusserallVetia- 
to  ilcoulinuo  loroaugumento  abreve  an- 
derebbe  ogni  cosa  alla  Chiesa  ".  E  qui 
portava  in  campo  la  signoria  parecchi  e- 
Sempi  di  simili  regolamenti  anche  in  al- 
tri stati  Cattolici,  senza  che  i  Papi  se  ne 
fossero  opposti.  E  quanto  a'processi  degli 
ecclesiastici  accusali  di  delitto,  appoggia- 
vasi  ella  a'privilegi  accordati  da  Sisto  IV, 
da  Innocenzo  Vili,  da  Alessandro  VI  e 
da  Paolo  111  ;  all'uso  antico  ed  immemo- 
rabile, a  cui  non  aveva  mai  contraddetto 
verun  Papa;  e  persino  ad  una  iucoulra- 
stnla  autorità  della  repubblica,  uataijua- 
si  d'un  solo  parto  con  essa.  Intanto  il  do- 
ge -Clarino  Grimani  morto  a'iJ  dicem- 
bre iC)o5,  fu  sepolto  in  s.  Giuseppe  di 
Castello,  e  sulla  parete  dopo  il  5."  altare 
a  lui  non  che  alla  moglie  Morosina  Mo- 
rosini,  l'ulliaìa  ad  essere  con  solenni  for- 
malità pubbliche  coronata  dog  uessa  , 
venne  eretto  un  grandioso  monumen- 
to, opera  non  pura  uè  elegante  di  Vin- 
cenzo Scamozzi  ;  le  statue,  i  bassi  rilie- 
vi ed  i  getti  di  bronzo  si  lavorarono  da 
Girolamo  Campagna.  Il  suo  dogado  sa- 
rebbe stato  pacilico,  se  nel  fine  non  fos- 
se stato  turbato  col  conlliUo  che  vado 
deplorando,  poiché  ilei  resto  Venezia 
sotto  di  lui  vide  abboudart:  la  vetluTu- 


V  E  N  4>5 

glia,   accresciuto  l'erario,  adornata   se 
stessa. 

33.  Leonardo  Donalo  XC  doge.  A*  i  o 
gennaio  i6o6  fu  eletto,  e  secondo  l'^/-- 
tedi  verificare  ledale,  mentre  trovavasi 
ambasciatorea  Roma,  onde  il  senato  pre- 
se (luiiuli  cognizione  de'  brevi  presentati 
dal  nunzio  nel  precedente  Natale,  quan- 
do era  morienle  il  doge  predecessore,  e 
rifiutando  di  sottomellervisi,  inviava  Pie- 
tro Duodo  in  aui!)asciata  a  Roma  per  i- 
spiegare  a  Paolo  V  i  motivi  del  suo  ri- 
liuto.  Il  veneto  biografo  di  questo  doge 
Casoni,  rileva  che  con  giusto  criterio  il 
portoghese  Macedo,  ne'  suoi  elogi  poeti- 
ci, ha  paragonale  le  virtuose  prerogative 
del  Dona  cavaliere,  procuratore  di  s.  Mar- 
co e  doge,  a  quelle  di  Quinto  Geoilio  .Me- 
tello il  Xu/nidìcoj  ed  in  vero,  se  questo 
romano,  egli  contiuua  a  dire,  sopraliat- 
to  d.iU'inlluenza  di  Caio  Mano,  cui  avea 
esso  aperta  una  prima  strada  alla  gloria, 
adoprò  virtuosa  moderazione,  impertur- 
babilità e  decoroso  contegno,  a  fronte 
dell'auge  in  cui  vedeva  sollevato  il  di  lui 
competitore,  con  lauto  rischio  di  sua  pro- 
pria rinomanza,  onde  ebbe  laude  du'po- 
steri,  altrettaulo  merita  encomio  la  pru- 
dente e  accorta  coadotta  da  questo  dogu 
adoprata  uel  procelloso  periodo  del  regi- 
iuc  suOjSecoiulo  il  medesiuio  biografo(iiuu 
intendo  bene  1'  allusione,  sembrandomi 
fargli  torto  il  supporla  a  Paolo  V,  e  che 
nel  conclave  si  fosse  adoperato  per  lui). 
11  giorno  stesso  della  coronazione  di  lui, 
a' lì  gennaio,  divenne  malaugurato  pel 
popolo,  che  per  essersi  spezzala  da  furtui- 
tu  accidente  l'asta  che  reggeva  il  vessillo 
delia  repubblica,  ne  trasse  inf.àusto  presa- 
gio. E  in  vero,  contiuua  a  dire  il  Casoni, 
la  religione  e  la  politica  involsero  sem- 
pre pili  nel  principio  del  suo  dogado  la 
repubblica  nella  piìi  delicata  e  scabrosa 
vertenza,  perchè  Paolo  V  appc'na divenu- 
to Pap.t  cominciando  ad  esaminarci  du- 
creti  ile'priucipi  italiani,  pregiudiiiuvoli 
all'autorità  e  dignità  della  Chiesa,  ne 
scuoprì  di  Usivi  uellu  statuto  d^'veuezia- 


456  V  £  ^ 

tìi.e  tlnpo  \aii  mouilorii,  dopo  replicale 
tlepiilazioiii  e  aiiibascialCjdopo  sii  elli  ma- 
neggi peiuiicoQ)ponimfiilo,  alla  finesca- 
gliò  le  censure.  Infatti,  passavano  in  tan- 
lo  alcuni  mesi,  senza  che  si  venisse  a  ve- 
I  un  accomodamento,  perchè  nò  l'una  uè 
l'ullia  parte  voleva  cedere;  adonla  che  il 
Papa  dichiarasse,  che  quando  i  venezia- 
ni si  fossero  rimossi  dalle  loro  delibera- 
zioni, egli  sarebbe  stalo  condiscendente 
verso  di  loro  in  concedere  ogni  più  am- 
pia licenza  che  fosse  stata  in  poter  suo,  il 
die  leggo  nell'ab.  Cappelletti.  Di  piaegli 
dice,  ch'erasi  in  proposte  e  risposte  toc- 
calo ormai  il  gennaio  160G,  e  rilardan- 
ilo  al  seguente  mese  la  presentazione  fat- 
ta dal  nunzio  al  senato  del  breve  io  di- 
cembre, con  cui  Ira  minaccieed  esorta- 
zioni cerca  vasi  di  smuovere  i  veneziani 
dalla  loro  fermezza  ;  ma  l'esoitazioni  non 
li  mossero  [)unto,  e  le  minacele  li  resero 
vieppiìi  ostinali.  Aggiunge  tale  storico  pa- 
trio, che  indarno  s'interposero  gli  amba- 
sciatoli di  varie  corti  per  indurre  ambe- 
due le  parti  ad  una  transazione  e  ad  una 
reciproca  riconciliazione  ;  la  lepubblicn 
non  voleva  cedere, il  Vò\)a( Padre  CGtnu- 
ue  iìt'Soi'rani  e  di  lutti  i  Fedeli,  e  3Iae- 
htro  universale  del  mondo  cattolico)  in- 
sisteva nella  sua  fermezza,  onde  alla  fine 
risolse  di  percuotere  i  veneziani  con  Pe- 
ne catioiucìw  .Y.cco  con>Q\\  Muratori  nar- 
ra questi  provocali  lagrimevoli  estremi, 
all'anno  1606.  "Andò  in  quest'aiuto 
iiKiiigiorinenle  crescendo  l'incendio snsci- 
lato  contro  la  veneta  repubblica  dal  Pon- 
tefìce  Poolo  V.Si  studiò  ben  quel  senato 
di  fìj['  rappresentare  ;illa  Sani  ila  Sua  (dal 
ricoidalo  ambasciatore  Pietro  Duodo, 
spedito  dalla  repubblica  a  sostenere  le  sue 
pielensioiìi,  come  dichiara  Novaes)  le  ra- 
gioni Qiilitanti  in  favore  delle  proprie 
leggi  ed  antiche  consuetudini,  con  ispe- 
cialmente  allegate  i  gravissimi  disordini, 
che  potrebbero  avvenire,  e  che  avven- 
gono allo  slato  secolare,  qualora  si  lasci 
agli  ecclesiastici  senza  limile  alcuno  la 
f.icollìi  d"  acquistar  gli  slabili  de'paesi.  Si 


V  E  ^ 

trovò  sempre  il  Poulefice  più  .>aldo  che 
mai  nelle  sue  determinazioni,  flanelle"- 
giateda  lui  con  una  folla  di  Canoni (f.). 
E  perciocché  oè  pure  dal  canto  loro  mo- 
stravano i  veneziani  voglia  di  piegare  alle 
minacele  di  parole,  il  Pontefice  nel  dì  1  7 
aprile  volendo  venire  a'  fatti,  raunalo  il 
Concistoro  (riporta  il  Novaes  :  ove  col 
voto  di  quaranta  cardinali, che  vi  assiste- 
rono, eccettuato  un  solo  ch'era  nato  sud- 
dito della  repubblica,  e  perciò  nou  si  era 
uniformato  a  tutti  gli  altri;  e  forse  fu  il 
suddetto  cardinal  Giustiniani,  secondo  i 
miei  calcoli,  ovvero  il  cardinal  Agostino 
Valerio  o  Valier  per  queste  vicende  mor- 
to di  dolore  a  Roma  a'23  seguente  mag- 
gio, che  tra  le  molle  sue  opere  scrisse  pu- 
re :  De  exiniia  ìuunaniuite  Clenienùs 
Vili  erga  Venetani  Renipublicani  :  De 
oLedientia,  et  revcrentiu  erga  Clirìsù 
Vicariunij  oppure  il  cardinal  Giovanni 
Delfino  che  trattò  con  somma  prudenza 
queste  vertenze,  per  essere  stato  da  seco- 
lare ambascìato>re  in  Roma,  ed  il  quale 
rinunziato  nell'istesso  anno  il  vescovato 
di  Vicenza  al  nipote.che  fu  uondnalo  a' 
19  giugno, si  ritirò  [loi  aVenezia,ove  mo- 
rì.llCercastel  dice  che  quaranluuo  furono 
i  cardinali  che  intervennero  al  concistoro, 
e  tranne  uno  nato  suddito  della  repub- 
blica,furono  d'avviso  che  non  si  potevano 
usare  circosjiezioni  senza  tradire  grinte- 
lessi  della  Chiesa),  pubblicò  un  terribile 
I\Ioiiilnrio(V.},  in  cui  dichiarava  incorso 
v\i:\\cScointinìcìie  il  doge  col  senato,  e  s'in- 
timava y  fnlerdelto  (/'.)  a  Venezia,  e  a 
lutto  lo  stalo  della  repubblica,  se  entro 
il  termine  di  24  giorni  non  si  rivocavano 
i  decreti  e  alli  falli  contro  l'inìmunilà  e 
libertà  ecclesiastica,  e  nou  si  consegnava- 
no al  nunzio  i  pi  igioiii,  con  tulle  l'altre 
pene  che  tengono  dietro  alle  Censure  e 
all'interdetto  (bisogna  aggiungere  col  Mo- 
\8es,  come  esige  la  Stona:  st  non  ubbi- 
divano il  doge  e  il  senato,  dopo  24  S''^'"* 
ni  resterebbero  scomunicati  ,  e  dopo  3 
giorni  caderebbero  nella  stessa  pena  lutti 
i  sudditi  ilei'd  repubblica,  conic  il  Papa 


V  E  > 

linliiiiò  nel  coiicistoio  de  i  4  maggio,  per 
tsM.'ie  inuulii-eiite  spiralo  il  tempo  del 
iiioiiilorio.  In  sostanza  Paolo  V  non  fece 
tlie  applicare  al  caso,  e  dicliiaraie  le  pe- 
ne ecclesiastiche  ,  già  decretate  da'sagii 
canoni,  pe'qnali  s'incorre  nelle  niedesi- 
cr.e,  anche  senza  la  dichiarazione,  in  sif- 
fatte lesioni  deirimnitiiiilà  ilella Chiesa). 
A  (jue^ti  hilmini  s'erano  già  preparati  i 
veneziani,  e  però  al  [iriino  avviso  spedi- 
rono loslo  ordini  rigorosi,  che  ninno  de' 
buoi  sudditi  lasciasse  aflìggere  quel  mo- 
ni Iorio,  che  se  ne  portassero  le  copie  a' 
pubblici  rappresentanti,  e  che  si  conti- 
nuassero come  prima  i  divini  ulGzi  sotto 
gravi  pene,  e  pena  iiifin  della  vita  (!!). 
Non  vi  furono  che  i  gesuiti,  i  teatini  e  1 
cappuccini ,  i  quali  giudicassero  dover  pre- 
ponderare l'osservanza  de'decreti  del  Ro- 
mano Pouteficeal  rispetto  per  altrodacssi 
pi  ofessalo  al  principe  secolare  (se  il  dotto  e 
integerrimo  prete  iiluratori  tiene  questo 
linguaggio,  ninna  sorpresa  deve  recare  del 
[teggio  dello  tla  diversi  scrittori  laici).  Per- 
ciò tutti  si  partirono  dagli  stati  della  re- 
pubblica, e  a  distinzione  degli  altri  i  ge- 
suiti processionalmentesi  ritirarono (duii- 
•jue  non  furono  cacciali,  comescrisse  al- 
cuno; dunque  non  furono  provocatori  del- 
ia dichiarazione  delle  censure  ecclesiasti- 
che come  altri  ne  sospettò,  altrimenti  la 
severa  repubblica  certameute  non  avreb- 
be tollerato  che  si  ritirassero  con  lauta 
pubblica  solennità  nel  pomeriggio  de'  9 
maggio,  ciascuno  portando  pendente  dal 
tidloin  una  custodia  la  ss.  Eucaristia;  ben- 
sì, lo  confessa  il  ìNovaes,  furono  poi  bau- 
tliti  da'domìnìi  veneti,  per  avere  ubbidì- 
(0  a'supremi  ordini  pontincii,  e  non  vi 
puleiono  ritornare  che  nel  1657.  Devo 
pur  dire  con  tale  illustre  storico,  che  i 
li-alini  e  i  ca[)puccini  rappresentarono  al 
governo,  ch'eiano  pronti  a  conservare  a- 
pcrle  le  loro  chiese  pe'sacerdoti  forestie- 
ri, ma  supplicarono  nello  stes>o  tempo, 
the  fosse  concesso  ad  essi  di  far  privata- 
mente  i  loro  ulllzi  divini,  ciò  che  non  ve- 
nendo loio  pcruiCiSo,  furono  anch'egliiio 


V  E  N  /p7 

'.osiretli  a  partire.  E  che  anco  il  nunzio 
Orazio  Mattel  parli  da  Venezia  e  si  recò 
a  Roma,  dice  Novaes;  ma  in  sua  vece  col- 
la carica  di  nunzio  apostolico,  nello  stes- 
so! 606  fu  inviato  a  Venezia  Berlinghie- 
ro  Gessi  bolognese,  vescovo  di  Rimini,  e 
vi  rimase  sino  al  1618  per  divenire  go- 
vernatore di  Roma  e  più  tardi  caldina- 
le).  .\  riserva  d'alcuni  altri  particolari,  li 
resto  delle  università  religiose,  e  gli  altri 
ecclesiastici  stettero  costanti  nell'ubbi- 
dienza agli  ordini  del  senato  (ma  le  mo- 
nache di  s.  Bernardo  di  Murano,  volen- 
do ubbidire  il  Papa  e  acquistare  il  giu- 
bileo da  lui  concesso  a  chi  osservava  l'in- 
terdetto, furono  ligorosamente  chiuse  nel 
loro  monastero,  e  tolto  il  confessore  d.  Ste- 
fano Veronese  per  averle  persuase  a  la- 
sciarsi murare  nel  medesimo;  benché  per 
l'osservanza deirinterdelto  non  più  ascol- 
tavano messa,  uè  si  confessavano  e  comu- 
nicavano). I  cappuccini  de'territorii  Bre- 
sciano e  Bergamasco,  non  vollero  segui- 
tar l'esempio  degli  altri,  e  continuarono 
ail  abitare  i  loro  conventi,  per  non  avere 
osservato  l' interdetto.  Intanto  si  comin- 
ciò una  guerra  di  penne,  avendo  trova- 
to la  re[)ubblica  persone,  che  sostennero 
l'operato  da  lei  (il  iVovaes  osserva  che 
dall'una  e  dall'altra  parte  uscirono  mol- 
tissime scritture,  che  annunziavano  l'a- 
nimosità di  ciascuna,  poiché  la  causa  de' 
veneziani  era  fitta  la  causa  comune  di 
lutti  i  principi,  i  quali  per  le  loro  pre- 
tensioni dovevano  ambire  la  vittoria  di 
quelli,  e  piìi  tardi  1'  imitarono,  onde  i 
papi  per  amore  della  P<^/re,  convennero 
a  concessioni  mediante  Concordali.  Ma 
tra'scritlori  che  difesero  i  veneziani  si  di- 
stinsero particolarmente  in  questa  bri- 
ga, per  le  loro  invettive  contro  la  Corte 
di  [lama,  due  teologi  della  repubblica, 
i  veneti  fr.  Paolo  Sarpi  servila  e  il  suo 
degno  emulo  fr.  Fulgenzio  Manfredi  mi- 
nore osservante).  Senza  paragone  mag- 
gior numero  ne  trovò  il  Pontefice,  che 
«iitrarono  in  ariiiigo  per  difesa  dell'au- 
tuiità  di  lui,  e  per  accreditare  (!)  le  sco- 


4-^,s                 V  n  N  V  E  N 

tiuìnicliee  riiiletJeUo,  cooie  volle  esprl-  co  coutiibui  60,000  scudi, e  Fano  3ooo. 
incisi  l'annalista  Muratori.  Specialmeii-  Delle  milizie  ammassate,  l^aolo  V  die  il 
le  si  distinsero  in  questo  combatlimeuto  comando  a  suo  fratello  Francesco  Bor- 
i  line  celebri  [)orporati  Caroiiio  e  Ctllai  •  ^liese,  dichiarandolo  capitano  generale  di 
mino  (anche  il  cardinal  Ascanio  Colonn;»  s.  Cliiesa:  la  rocca  tli  Fano  fu  visitata  col* 
fece  mi  lungo  e  dottissimo  volo  stampa-  la  fortezza  del  baluardo,  e  ordinale  aleu- 
to in  Pioma  nel  1  606,  ad  onta  che  aves-  ne  fortificazioni.  I  veneziani  da  per  tut- 
se  scritto  in  favore  della  IMonirchia   di  to  arrolavano  gente  d'arme,  e  già   una 
iS'/ri/ZrtJ.  Forse  ancora  in  alcuna  di  (juel-  considerabile  flotta  corseggiava   nell'A- 
io scritture  non  comparve  il  vero  nome  drialico  ,  con  aver  di  piìi  spedite   molte 
degli  autori.  Né  qui  si  fermò  il  C';rso  di  navi  armate  nel  Po  e  nel  lago  di  Garda, 
quest'impegno.  Il  Pontefice,  o  perchècir-  Doveasi   formar  campo  nella  Romagna, 
cniloe  isligalodai  maneggi  diSpagna, co-  dove  si  alteudevanoanche  4ooo  corsi  in- 
me  provano  anche  nell'opere  loro  il  cav.  viali  da  Genova,  e  3ooo  svizzeri  presi  al 
IVIutinellied  ilch.Romaninjo  [>ercliè  j)en-  soldo  del  Papa,  oltre  le  altre  truppe  che 
sasse  a  voler  dar  braccio  alle  armi  spiri-  dal  Mdanese  dovea  mandare  il  governa- 
tuali  colle  tenìporali,o  perchè  necredes-  tore  conte  di  Fuentes  d'ordine  di  Fdip- 
se  bastante  la  sola  apparenza  ,  cominciò  pò   111.  Peilochè  i    veneziani,   continua 
a  far  leva  di  gente,  ed  ebbe  anche  dalla  Muratori,  si  diedero  anch'essi  a  formare 
corte  di  Spagna  belle  promesse  (ma  av-  un  considerabile  armacnenlo,  che  nel- 
verle  il   Novaes  ,  che  incanxninavasi  la  l'anno  seguente,  per  quanto  fu  detto,  ar* 
grave  differenza  ad  ima  dichiarata  gner-  rivo  a  12,000  fanti  e  4ooo  cavalli,  oltre 
ra  fra  la  rcpid)lilica  e  la  s.  Sede),  e  real-  alle  cernide  (0  ordinanze,  tnilizie  del  con- 
mente  Filippo  III  re  di  Spagna   olTrì  al  lado,  levate  in  proporzione  alla  popola- 
la,ipa  le  truppe  che  nvea  nel  suo  ducato  zione  al  ujomento  del  bisogno,  e  allora 
di  ]Milann,  promettendogli  di  ridurre  i  sollanto  ricevevano   la  paga.   Erano  (ì,i 
veneziani   a   domandargli   misericordia,  2^,0000  al  piìi  3o,ooo,  e  costavano  in- 
benché  sotto   mono  li  animasse  e  inco-  biemecolla cavalleria  oltre  a  100,000  du- 
raggiasse  a   sostenere   la   causa  comune  cali  l'anno).  Intanto  i  ministri  del  re  Cai- 
della  sovranità). Trovo  nell'Amiani,  I/c-  lolico  in  apparenza,  quelli  del  granduca 
morie  istoriche  di  Fano,  l.  2,  p.  2^0,  che  Ferdinando  I  e  d'  altri  principi,  ma  so- 
lici 1606  si  sospettò  imminente  guerra  pra  gli  allri  que'del  re  di  Francia  Enri- 
iiello  stato  papale  per  l'interdetto  contro  co  IV,  che  professava  una  particolare  a- 
la  repubblica  veneta,  temendosi  che  l'itn-  micizia  al  senato  veneto,  si  sbracciavano 
pegno  si  sosterrebbe  colle  armi,  giacché  per  trovar  temperamento  e  fine  a  questo 
una  lettera  circolare  della  segreteria   di  scandaloso  litigio,  che  potea  turbar  dad- 
slatodi  Roma  avvisa  va  di  dover  stare  sul-  dovero  la  pace  d'Italia.  Ancora  i  Dorghe- 
le  armi  tutte  le  città  esposte  nella  spiag-  se  parenti  dei  Papa,  ascritti  alla  nobiltà 
già  dell'Adriatico.  Le  milizie  di   Uoma-  veneziana  sino  dall'i  i  settembre  i6o5, 
gna  e  deUe  città  del  Monte  furono  distri-  con  molto  piacere  di  Paolo  V  dichiara- 
buite  per  la  Marca  e  nelle  fortezze  di  Ro-  togià  con  affettuoso  breve,  fecero  di  tut- 
magna.  In   Fano  rimasero  a   quartiere  to   per   procurare   un    accomodamento, 
«lue  compagnie,  e  quando  partirono  re-  Ma  inutilmente,  e  per  allora  senza  suc- 
stò  a  carico  de'fanesi  la  difesa  della  spiag-  cesso.  Sul  principio  dell' annoiGoy  non 
già  colle  milizie  urbane.  Continuarono  le  altro  si  mirava  in  Italia,  che  disposizio- 
disposizioni  guerresche  anche  nel  1607,6  ni  del  Papa  di  prorompere   in    una  più 
tutlo  lo  slato  si  offri  con  doni  gratuiti  al  aperta    rottura   colla   repubblica  di  Ve- 
ujanleoitueuto  delle  milizie;  la  sola  Mar-  nezia,  giacché  questa  si   mostrava  ben- 


\  E  > 

sì  sempre  costellile  neU'ujseqiiio  iKll.i  fai- 
lle e  Chiesa  catloUca,  ma  inflessibile  ne' 
suoi  decielij  e  »[)rc2zaiite  delle  censure  a- 
dopeiale  dal  lumatiu  Poiilefice  iu  mate- 
lid  discipliuare  e  di  temporale  interesse. 
Fece  dunque  Paolo  V  massa  grande  d'ar- 
mati ,  cou  diehiararne  geueiale  Fiance- 
sio  Durs-hese  suo  fiatello,  e  suo  luogote- 
nente ÌNJaiio  Fai'uese.  Spedì  a  Genova  per 
arrolare  4ooo  corsi,  e  agli  svizzeri  per  a- 
\eie  3ooo  fanti    di  quella  nazione.   Ac- 
trehbc  i  presidii  e  le  iurtificazioni  di  Fer- 
i-ira  e  delle  città  maiitliiiie.  lii^oiuuìa  a- 
Mestedello.cheRouia  pensava  dadduvero 
a  far  delle  prodezze  (questa  |)roposizioue 
del  Muratori  pizzica  d' ironia).  E  tanto 
più  corse  voce,  perchè  Filippo  MI  re  di 
Spagna  promise  d'entrare  in  questo  ballo, 
per  sostenere  l'autorità  pontilicia.eanda- 
runo  anche  ordini  di  l'ai  gente  al  cunledi 
I  ueutes  goveruatoredi  Milano,  ministro 
tiienulia  più  sospirava,  cheil  lucroso oie- 
siiere  di  comandare  a  un'armata.  Ma  non 
dormivano  i  veneziani.  Olire  all'arma- 
mento da  loro  fatto  in  Italia  ,   mossero 
Francesco  conte  di  Vaudemonl  figlio  del 
duca  di  Lorena  lor  generale  (Carlo  11)  a 
Jar  leva  di  molte   migliaia  di   alemanni. 
A  Itretlanlo  tentarono  co'grigioni  lor  col- 
legati, e  con  gli  svizzeri,  avendo  colà  in- 
viate a  questo  fine  grosse  rimesse  di  de- 
naro. Allestirono   medesimamente  gran 
ci;pia  di  navi  in  mare,  nel  Poe  nel  lago 
di  Garda,  facendo  intanto  sapere  u  tutli 
i  principi  d'esser  pronti  a  sagrificare  ogni 
cosa,  per  nulla  cedere  iu  questa  contro- 
versia, persuasi,  che  la  ragione  e  la  giu- 
stizia flesse  dal  cauto  loro.  Ma  non   per- 
lauto  non  si  lasciava  di  trattar  la   pace, 
gareggiando  in  questo  nobile   uHi/io  per 
ottener  la  gloria  del  primato  i  re  di  Fran- 
cia e  di  Spagna,  e  i  duchi  di  Savoia  e  Fi- 
renze. Ma  Enrico   IV  re  Cristianissimo, 
che  andava  innanzi  agli  altri  nell'amore 
verso  il  senato  veneto,  quegli  fu,  che  più 
ardentemente  si  maneggiò  pcrqucst'alla- 
le.  Spedì  egli  iu  Italia  Francesco  cai  dina! 
di  Gioiosa,  che  verso  la  mela  di  l'cblraio 


V  EJV 


4"J 


Comparve  a  Venezia.  Trailo  il  cardinale 
lungamente  cou  quel  senato,  e  ben  capi- 
ta la  lor  mente,  si  mosse  dipoi  alla  volta 
di   Roma,  dove  pervenne  nel  dì  22   di 
marzo,  e  cominciò  a  far  gustare  il  bene 
della  concordia,  e  i  mali  grandi  della  di- 
scordia, rappresentando,  che  se  gli  spa- 
gnuoli,  i  quali  non  cessavano  di  coiilra- 
I  iar  la  liuona  intenzione  del  re  Crislianis- 
Simo,  fossero  venuti  all'armi,  non  avreb- 
be potuto  il  suo  re  dispensarsi    dall' op- 
porsi a'  loro  disegui.  Che  il  re  d'Inghil- 
terra  energicamente    prometteva  gran- 
di aiuti  a  Venezia  e  di  provocarne  pu- 
re dalle  potenze  sue  amiche,  ed   avreb- 
be dichiarata  la  guerra  alla  Spagna.  Che 
non  erano  più  ([uesti  i  secoli   barbarici, 
ed  essersi  co'tecnpi  mutale  anche  le  mas- 
sime, e  sminuite  di  troppo  le  forze  della 
camera  apostolica.  Ora  il  Papa  ,  che  fi- 
nalmente s'era  accorto,  (j'ial  poco  capi- 
tale si  potesse  far  de'sussuhi  del  re  Cat- 
tolico, già  titubante  per  timore  di  tirarsi 
addosso  delle  disgustose  brighe,  e  cono- 
sceva di  non  poter  reggere  solo  a  sì  gra- 
\e  impegno;  concertale  col  Gioiosa  le  ma- 
niere di  salvare  il  suo  decoro,  gli   diede 
1  icoltà  con  istruzione  solloscntta  di  suo 
pugno  di  coochiudere  l'accordo,  e  di  le- 
var via  l'interdetto  (nel  i?u//.  Rorn.  t.  5, 
par.  3,  p.  253,  vi  è  il  breve  di  Paolo  V, 
/Iceiilliti'ì,  de'4  aprile  1607-.  Facidtas 
Cardinalis  eh:  Joj'osa  ahsohendi   Du- 
cent,    Scnaluin,  Stdlutarios,  Consulto- 
re^ ^et  alias  Rei  puh  Uccie  T'eneliarnm  Mi- 
nistros  eie,  a  censuris  per  eoa  incursis, 
nec  non  Interdictum  a  dieta  Ci^'italc  a- 
Tììoveiidi).  Allegro  il  cardinale,  con  pren- 
der le  poste,  arrivò  di  nuovo  a  Venezia 
nel  dì  ()  .aprile,  ed  espose  nel  giorno  se- 
guente le  commissioni  su^-,  e  le  condizio- 
ni della  concordia.  A  questa  si  trovò  un 
gran  intoppo,  perchè  una  delle  maggio- 
ri premure  del  Pontefice  era,  che  i  ge- 
suiti fos>ero  come  prima  rimessi  ne'[)ii- 
mieri  loro  collegi  in  Venezia  e  nelle  al- 
tre  citlà  della  repubblica:  al  che  il  sena- 
to si  scopiì  sommamcnle   renitente  per 


46.)  V  E  ìN 

vari  molivi.  Fece  quanto  potè  il  Gioiosa 
per  superar  questa  loro  avversione,  e  vi 
si  adoperò  anche  d.  Francesco  de  Castro 
anìbasciatore  del  re  Cattolico,  ma  seuza 
clie  alcuno  potesse  vincere  quella  pugna. 
Non  per  questo  cessò  di  l'arsi  l'accordo. 
Pertanto  nella  mattina  de'  21  aprile  fu- 
rono consegnali  all'amliasciatorediFran- 
eia  r  abl)ate  di  Nervesa  e  il  canonico  vi- 
centino, già  prigioni,  dal  segretario  della 
iepid)blica,prole>itandodi  darli  al  re  Cri- 
stianissimo in  segno  della  loio gratitudine 
ed  ossequio,  senza  pregiudizio  dell'auto- 
rità della  repubblica.  Questi  poi  vennero 
dati  dal  Gioiosa  al  commissario  del  Pa- 
pa, mandato  a  tale  elFetlo  (ad  onla  di  que- 
sto notorio  fatto,  non  mancano  scritlori 
che  impudentemente  vantano,  che  il  Pa- 
pa nulla  ottenne,  e  che  la  repubblica  si  ri  • 
conciliò  senza  aver  ceduto  in  niun  pun- 
to!). E'>egutlo  questo  preliminare,  entrò 
il  cardinale  nel  collegio,  dove  era  il  doge 
e  i  savi,  e  quivi  a  porte  chiuse  fu  rivoca- 
to  l'interdetto  colle  censure,  e  similoien- 
te  rivocalo  dal  senato  ogni  atto  fatto  in 
contrario.  Furono  anche  rimessi  in  gra- 
zia, a  riserva  de'gesuiti,  gli  altri  religiosi, 
e  decretata  la  spedizione  d'un  ambascia- 
tore al  Pontefice,  per  rendergli  grazie,  e 
per  confermare  alla  Santità  Sua  la  filiale 
riverenza  della  repubblica. Come  passasse 
nel  chiuso  collegio  la  riconciliazione  sud- 
delta, non  trovò  il  Muratori  chi  lo  potesse 
ficcertare.  Si  dee  tenere  per  certo,  che  a 
Pioma  fu  scritto, come  il  senato  avea  rice- 
vuta l'assoluzione  dalle  censure;  ma  i  ve- 
neziani l'haimo  sempre  negato. Resta  non- 
dimeno una  particolarità  indubitata,  cioè 
che  quella  repubblica  continuò  dipoi  a 
mantenere  costantemente  i  suoi  decreti 
intorno  a'  beni  stabili  lasciati  agli  eccle- 
.''iastici,  e  alla  fondazione  di  nuove  chie- 
se, siccome  anche  l'autorità  sua  consue- 
ta (li  giudicare  gli  ecclesiastici  delinquen- 
ti. Fu  data  speranza  al  Pontefice  che  quel 
senato  rallenterebbe  fra  qualche  tempo 
il  suo  rigore  contro  i  religiosi  della  coin- 
pagnia  di  Gesì»;  ma  non  segui  il  ritorno 


VE  N 
loio  iti  \'enezia,  se  non  TaniioiGjy.  No- 
ta il  Novaes,  che  in  quest'incontro  si  co- 
nobbe bene  l'animo  grande  di  Paolo  V, 
che  avendo  prima  mostrato  della  fierezza 
e  del  calore, riconoscendo  poi  di  aver  man- 
calo, ebbe  la  virtù  di  retrocedere  saggia- 
mente piuttosto  che  arrischiare,  ad  esem- 
pio di  altri  illustri  suoi  predecessori  ,  di 
pertler  tulio  per  un  falso  punto  tl'onore. 
Afferma  l'ab.  Cappelletti,  che  la  repub- 
blica subito  rivocò  il  decreto  enianatodo- 
pò  l'interdello,  ossia  tutto  il  disposto  in 
opposizione  alle  censure,  consegnò  i  due 
prigionieri,  senza  pregiudizio  dell'autori- 
tà che  avea  la  repubblica  di  giudicare  ec- 
clesiastici; e  che  le  leggi  sui  beni  stabili 
non  soffrirono  alterazione  veruna,  di  tut- 
to trovandosi  estesamente  la  narrazione 
nel  Iib.  27  Cominemorialc  dell'archivio 
della  cancelleria  ducale.  E  che  esistono  tra* 
mss.  della  Marciana  due  codici  interes- 
santi, uno  conteoenle  V Hlstorìa  delCIa- 
lerdtllo  di  Venelia,  sotto  il  pontificalo 
di  Paolo  V,  descritta  da  Giuseppe  Ma' 
latestas  e  l'altro  intitolato:  Giornale  di 
quanto  è  accadalo  in  Venezia  durante 
l'interdello  mandalo  da  Papa  Paolo  V^ 
dalli  22  ottobre  i6o5  sino  li\  i  maggio 
1607.  Trovo  nella  Cronaca  di  AI  ila  no 
de'  i5  dicendjre  i858,  un  ragguaglio 
dell'  opera  ora  pubblicata  (con  anticipa- 
zione di  data,  come  avea  rilevato  uei- 
r  annunziarla  nella  dispensa  de'  io  del 
precedente  novembre  :  ne  riparlò  nella 
posteriore  dispensa  de'3o  dicembre,  col- 
la dichiarazione,  che  il  riferito  sull'ope- 
ra del  Cornei,  lo  tolse  dallo  Spettatore 
Italiano,  giornale  toscano  di  cui  più  vol- 
te tenne  proposito  la  Cii'iltà  Cattolica 
con  censure)  dal  eh.  Enrico  Cornei,  stu- 
diosissimo delle  cose  veneziane,  col  tito- 
lo :  Paolo  V  e  la  Repubblica  feneta^ 
Giornale  dal  22  ottobre  1 6o5  «/  9  giu- 
gno 1 607,  corredato  di  note  e  documen- 
ti tratti  dall'  ?'.  r.  biblioteca  di  Vienna, 
dalla  Marciana,  dal  Museo  Correr  ^  e 
dall'  Archivio  rie'  Frari  in  ì  enezia^ 
Vienna  1859  (  sic  ),  libreria   Teudier  e 


V  EN 

compagno.  Comincia  l' eruJita  rivista 
colle  parole:  -•»  Esso  è  la  Storia  ufjlciale 
dell'  interdetto  di  Venezia  ,  e  come  tale 
diventa  libro  di  prima  necessità  agli  scrit- 
tori della  storia".  Farò  una  semplice  os- 
servazione :  dichiarata  Storia  ufTuiale, 
parrebbe  che  vi  dovessero  essere  compre- 
si e  publ)licali  anche  i  documenti  nume- 
rosi e  preziosi  che  si  custodiscono  in  Ro- 
ma nell'y^rc/iiVio  della s.  i^cr/e, altrimen- 
ti delle  due  parti  una  sola  sarebbe  a  par- 
lare! JVon  avendo  il  piacere  di  conoscer- 
la, mi  limito  solamente  ad  esternare  tale 
lusinga  e  giusto  desiderio,  onde  risultare 
propriamente  la  Storia  ufficiale.  Non 
convengo  allatto,  che  il  pensiero  domina- 
tore di  Paolo  V  "  fosse  l'ingrandimento 
temporale  e  morale  della  Sede  apostolica, 
chestimava  potersi  conseguire  mortifican- 
do i  governi  secolari  .Ebbe  però  l'inoppor- 
tuna inspirazione  (forse  meglio  sarebbe  il 
clire,deliberazioDeomisura)d'incomincia- 
redal  governo  veneto,  il  più  avveduto,  e 
il  più  geloso  delia  libertà  e  dell'  autono- 
mia che  fosse  in  Europa;  di  che  ebbero 
aache  colpa  alcuni  veneti  (in  questocon- 
vengo),  che  per  privati  interessi  e  per  in- 
graziarsi colla  Coite  Romana,  nell'inten- 
dimento di  grandeggiare  a  Roma,  tradi- 
rono la  patria.  Furono  alcuni  di  essi  che 
persuasero  al  Papa,  il  timore  della  sco- 
munica dover  far  cedere  i  veneziani  in 
tutto".  Convengo  pure:  »•  La  voce  di  Ve- 
nezia trovò  quasi  tutta  l'Europa  benevo- 
la; e  in  modo  che  anche  i  principi  che  u- 
vrebbero  in  altri  tempi  e  per  altre  cagio- 
ni anelato  alla  caduta  di  quella  repubbli- 
ca, per  ingrandire  con  i  suoi  possedimen- 
ti, co' suoi  tesori,  tcuqierarono  l'ardore 
de'Ioro  desiderii,  temendo  che  prevales- 
se un  principio  così  pericoloso".  Verissi- 
mo, che  Giacomo  I  re  (V Inghilterra,  qual 
capo  della  Chiesa  anglicana,  forse  fu  il 
più  deciso  fra  tulli  a  sosiener  la  repub- 
blica anche  coli' armi,  se  fosse  occorso,  e 
tenue  un  linguaggio  lutto  proprio  di  lui, 
d'accanito  protestante,  profanando  il  ss. 
Nome  di  Dio  che  chiamava  in  lestiuio- 


V  E  N  46. 

nio  al  suo  dire  riprovevole,  cui  aggiun- 
se. »  Quanto  agli  oillcii  co'principi  ami- 
ci miei,  io  li  farò  con  tutto  lo  spirito  ed 
efficacia  maggiore, e  col  re  di  Danimar- 
ca e  principi  d'Alemagna;  e  so  che  uè  ca- 
verò buon  frutto;  col  re  di  Spagna  ed  ar- 
ciduca Alberto  non  occorre  parlarne,  per- 
chè quello  si  è  già  dichiarato,  e  questo  è 
costretto  di  seguir  1'  onore  e  la  parte  del- 
l'altro; col  re  Cristianissimo  io  non  cre- 
do che  vi  sia  bisogno,  perchè  ogni  ragion 
vuole  eh'  egli  s'interessi  per  quella  partii 
contro  la  (|uale  il  re  di  Spagna  si  è  di- 
chiarato". Del  resto  è  propriamente  lo 
Spettatore  Italiano  che  dà  contezza  e 
loda  il  lavoro  studioso  del  Coruet.  Ri- 
marca il  eh.  Casoni,  che  se  la  repub- 
blica colla  sommissione  dovuta  al  Vi- 
cario di  Cristo,  tentava  placar  l'animo 
del  Papa,  e  co'diritli  di  principe  difende- 
re e  sostenere  la  propria  giurisdizione  di 
stato,  il  turco  offrì  soccorsi  ad  essa,  ma 
la  magnanimità  del  senato  non  volle  fa- 
vorire i  desiderii  del  principal  nemico  di 
s.  Chiesa  (ma  come  poteva  Acmet  l  aiu- 
tare i  veneziani,  se  il  loro  storico  Sagre- 
do  a  p.  5iq,  ed  all'anno  i6o6,  confessa: 
»  Non  si  può  abbastanza  descrivere  il  di- 
sordine, nel  quale  si  trovava  in  questo 
tempo  la  monarchia  ottomana  ,  lacera- 
ta internamente  da'  turchi  ribelli,  ester- 
namente da'  persiani  e  dagli  alemanni. 
Cassa  principale  confidente  dell' amba- 
sciatore veneto,  deplorando  la  positura 
infelice  degli  affari,  s'  espresse  con  lagri- 
me agli  occhi, che  se  l'imperatore  Piodol- 
fo  II  non  facea  la  pace  al  sultano,  egli 
vedea  periclitante  la  monarchia  ! ...  E  per 
questa  via  sortirono  i  turchi  da  un  grati 
laberinto.  Partì  1' ambasciatore  aleman- 
no da  Costanlinopoli,  plaudito  da  tutta 
la  Turchia,  benedetto  da'  popoli,  come 
restauratore  per  mezzo  della  stabilita  pa- 
ce della  rovinante  n>onarchia;baltutadal 
persiano,  smembrata  dalla  guerra  civde 
in  Asia,  divertita  in  Ungheria;  con  due 
guerre  esterne,  e  una  interna;  mancan- 
te di  milizia,  di  denaro, di  capi;  che  in- 


4G7,  YEN 

ilebollla  per  il  governo  delle  femmine 
sotto  Meenief,  e  per  il  presente  d'  Acn^et 
tenero  e  non  armigero,  si  ritrovava  in 
procinto  di  piegare  con  precipizio  alla  de- 
cadenza !  "  E  poi(;liè  all'anno  1607  il  Sa- 
gredo  dice  soltanto, che  negli  »  aceibi  di- 
spareri con  la  Corte  Romana  per  la  con- 
servazione della  ginrisdizione,  e  della  di- 
gnità del  Principato,  eh' è  la  piìi  ricca 
gioia  del  Diadema;  fn  curioso  l'osservare 
come  stavano  i  turchi  attenti  alle  conse- 
guenze, che  dal  disconcio  provenir  potes- 
sero. Volevano  essere  inf'orninti  d'ogni 
più  minuta  parlicolaritii"),  e  finalmente 
tutto  el)l)e  termine  con  pieno  decoro  del- 
la repubblica,  e  con  soddisfazione  di  Pvo- 
nia.  La  seguita  concordia  fu  pubblicata 
in  tutti  gli  slati  sì  della  l'epubblica  e  sì 
del  Papa  con  generale  consolazione,  ed 
anche  venne  festeggiata,  succedendo  quin- 
di inand)edueil  disarmo  delle  milizie.  — 
Ragionato  cogli  storici  italiani  oche  scris- 
sero in  Italia,  ora  convien  dire  come  al- 
cuni scrittori  stranieri  riferirono  e  giudi- 
carono i  narrali  avvenimenti ,  e  prima 
col  francese  Bercastel.  Dopoché  il  senato 
ebbe  notizia  del  monitorio,  protestò  con- 
tro e  pioibi  severamente  di  pubblicarlo, 
lì  vicaiio  generale  di  Padova,  al  quale  il 
podestà  inlimava  questa  proibizione,  a- 
vendo  dello  che  sopra  ciò  farebbe  quello 
che  gli  sarebbe  inspiralo  dallo  SpiriluSan- 
lo,  soggiunse  il  magistrato.  »  Ed  io  vi  fo 
sapere,  che  lo  Spirito  Santo  ha  già  inspi- 
ralo  al  consiglio  de'  Dieci,  di  far  impic- 
care tulli  quelli  che  non  ubbidiranno". 
Tutto  il  clero  secolare  e  regolare  osservò 
la  proiliizione  del  senato,  fuorché  i  sun- 
nominati religiosi;  ma  il  risentimento  del 
senato  contro  i  gesuiti  in  parlicolaie,  fu 
proporzionato  agli  sforzi  ch'esso  aveva 
fatto  per  guadagnarli,  siccome  quelli  fra' 
legolari ,  che  avevano  col  loio  esempio 
maggior  influenza  sulla  condotta  degli  al- 
tri. Fu  decretalo  contro  di  loro  il  bai. do 
perpetuo, e  che  non  si  potesse  richiamar- 
li se  la  cosa  non  fosse  proposta  in  pieno 
senato,  e  non  avesse  in  loro  favore  le  cia- 


V  EN 

que  parli  de'  voti  (meglio  è  leggere  eoa 
Ilenrion,  //  quinto  de'  suJJ'rngi).  »  Due 
religiosi  si  trovarono  ben  allrimeoli  da' 
gesuiti.  Paolo  Sarpi,  quel  sì  famoso  ser- 
vita conosciuto  sotto  il  nome  di  fra 
Paolo  ,  e  fra  Ftdgenzio  Manfredi  fran- 
cescano degno  suo  seguace  si  segnalaro- 
no in  quesl'  incontro  colle  loro  invetti- 
ve contro  la  corte  pontifìcia.  Sarpi  fu  col- 
pilo  coir  anatema,  a  cui  egli  s'era  giù 
disposto,  anzi  sembrava  che  a  bello  stu- 
dio se  lo  avesse  procurato.  Era  egli  teo- 
logo del  senato,  serviva  ad  esso  da  con- 
sigliere negli  alfàri  di  religione,  e  si  fa- 
ceva un  merito  presso  Io  stesso  de' colpi 
che  riceveva  da  Roma  nel  vendicarlo,  o 
piuttosto  nell'animarlo  alla  vendelta,  e 
perpetuare  la  discordia.  Questo  faceto 
bestemmiatore  de'  divini  oracoli  di  Tren- 
to, e  fra  Fulgenzio  suo  emulo  avevano 
d'altronde  de' principii  che  lor  ficeva 
poco  temere  i  fnbnini  del  Vaticano.  En- 
rico IV,  che  fu  poscia  mediatore  fra  il 
Papa  e  i  veneziani,  intercettò  una  let- 
tera che  un  ministro  di  Ginevra  scrive- 
va ad  un  calvinista  distinto  di  Parigi,e  gli 
annunziava  che  in  pochi  anni  si  racco- 
glici ebbe  il  frullo  de' travagli  ch'egli  e 
fra  Fulgenzio  sostenevano  per  introdur- 
re la  riforma  in  Venezia,  dove  il  doge  e 
molti  senatori  avevano  aperto  ormai  gli 
occhi  alla  verità;  che  non  rimaneva  se 
non  se  di  pregare  Dio  che  il  Papa  si  0- 
slinasse  contro  i  veneziani,  per  introdur- 
re la  riforma  in  tulle  le  terre  della  re- 
pubblica. Champigny  ambasciatore  di 
Francia  a  Venezia,  comunicò  la  copia 
di  questa  lettera,  da  principio  ad  alcuni 
principali  senatori,  i  quali  conosceva  at- 
taccati alla  religione  de'  loro  padri,  e  po- 
scia in  pieno  senato,  avendo  tolto  per 
riguardo  il  nome  di  quel  doge,  eh*  era 
Marc'  Antonio  Memmo,  successore  di 
Leonardo  Donalo,  sotto  cui  era  co{nin- 
ciata  la  dillerenza.  Il  cardinal  Ubiddini 
(allora  nunzio  di  Parigi)  racconta  che 
questa  lettera  fece  impallitlire  uno  dt: 
senatori:  un  altro  si  avanzò  a  dire  che 


V  E  N 
la   lederà  eia  slata  immaginata  ila' ge- 
suiti; ma  il  senato  disprezzando  questa 
imputazione,  ringraziò  il  re  dell'avviso 
importante  che  gli  avea  dato  (però  av- 
Terto  che  in  quell'epoca  era  vivo  Dona» 
to,  e  il  re  morì  prima  di  lui  :  la  dilTeienza 
essendo  cominciata  in  tempo  del  prede- 
cessore Marina  Grimanì,  si  deve  rite- 
nere che  il  nome  tolto  fu  quello  di  Do- 
nato, che  mostrò' fermezza  contro  l' in- 
terdetto, e  non  del  successore  IMemmoj 
l'Henrion  in  fatti  scrisse  Griraani).  Fu 
proibito  a  fra  Fulgenzio  di  più  predica- 
re: fra  l'aolo,  ch'era  per  lo  meno  egual- 
mente colpevole,  ma  mollo  più  astuto, 
non  riportò  altro  castigo  che  il  comando 
di  essere  più  riserbato  in  avvenire;  toc- 
che non  eseguì  che  adoperando  più  de- 
strezza neir intorbidare.  Innanzi  a  que- 
sta scoperta  si  trovò  il  Papa  molto  im- 
broglialo, e  dovette  riconoscere  di  aver 
operato  con  precipizio  e  con  disordine. 
Se  Paolo  V  si   fosse  da   prima  podero- 
sainenle  armato,  come  fece  altra  volta 
Giulio  li  in  simile  occasione,  avrebbe 
verisimilmenle  trovalo  un  eguale  doci- 
lità ne'veneziani  ;  non  già  ch'egli  avesse 
tenuto   la  condotta  convenevole  al  Vi- 
cario di  Gesù  Cristo;  ma   dovendosene 
allontanare,  come  appresso  lo  fece,  co- 
minciava di  là  dove  avrebbe  dovuto  fi- 
nire. Tanto  egli  è  raro  (meglio  direbbe- 
si  malagevole)  che  confondendo  le  fun- 
zioni di  due  podestà,  si  vada  esente  da 
questo  abuso  pel  biasimo  eh'  egli  ne  me- 
rita.  Paolo   V   ricorse  alle    armi   tem- 
porali, quando  sperimentò  insulììcienti 
le  spirituali;   ma  i  veneziani  avendo  a- 
vulo  il  tempo  di  premunirsi,  egli  più  non 
era  forte  abbastanza  per  ridurli  alla  som- 
inessione.  Questa  repubblica  aveva  fatto 
sentile  alla   maggior  parte  de'  principi, 
che  sosteneva  la  causa  comune  della  so- 
vranità. Già  i  duchi  d'Urbino  e  di  Mo- 
dena facevano  conoscere  ch'essi  inchina- 
vano al  loro  partito,  e  il  duca  di  Savoia 
offriva  loro  in  segreto  i  suoi  servigi.  La 
corte  di  Madrid  solto  Filippo  HI,,  faceva 


V  E  IN 


463 


il  maneggio  medesimo  che  aveva  fatto 
sotto  suo  padre  e  suo  avolo  (Filippo  11  e 
Carlo  V).  Essa  istigava  i  veneziani,  men- 
tre prometteva  al  Papa  di  ridurli  a  chie- 
dergli misei  icordia.Eiirico  l  Vjdiiiiostran- 
do  sempre  lo  stesso  carattere,  cioè  sem- 
pre pieno  di  rettitudine  e  probità,  sem- 
pre pronto  a  segnalare  il  suo  attacca- 
mento per  la  Sede  apostolica,  oll'erse  la 
sua  niediazione  al  Santo  Padre,  che  fu 
lieto  di  trovare  un  rimedio  cos'i  bello  al 
passo  incauto  in  cui  erasi  impt'gnalo.  A- 
veva  egli  finalmente  penetrato  la  poli- 
tica spaglinola  ;  ed  essendosi  attenuato 
il  suo  primo  fuoco,  riconosceva  chiara- 
mente che  la  Chiesa  non  doveva  trarre 
la  sua  difesa  dalla  Spada  (senza  neces- 
silà,  e  per  la  quale  potersi  e  doversi,  so- 
stengono diversi  gravi  scrittori,  nel  di- 
fendere Giulio  1!  e  altri  Papi,  i  quali  ri- 
portai nel  voi.  XLV,  p.  gg  e  altrove, 
dicendo  delle  guerre  da  loro  sostenu- 
te), della  quale  il  Signore  aveva  proi- 
bito l'uso  al  Principe  degli  Apusloli  (la 
spada  o  coltello  del  quale  trovasi  nel  te- 
soro di  s.  l\larco,  come  descrissi  nel  §  V, 
11.  70,  o  voi.  XC,  p.  291,  e  pare  che  si 
volesse  donare  a  Paolo  VI).  I  ministri 
di  Enrico  IV,  a  Roma  (Carlo  d'  Alin- 
courl  ambasciatore  ordinario)  ed  a  Ve- 
nezia, condussero  così  bene  questa  deli- 
cala  negoziazione,  che  tutto  fu  teiuiina- 

10  con  soddisfazione  d'ambedue  le  jiai  ti. 

11  Papa  rivocò  le  censure;  il  senato  sop- 
presse i  manifesti  contro  esse  pubblicali, 
e  ristabilì  i  religiosi  eh'  erano  usciti  da 
Venezia  nell'occasione  dell'inlerdelto, 
fuorché  però  i  gesuiti.  Per  istanze  che 
ne  facessero  gli  agenti  di  Francia  e  lo 
stesso  monarca,  il  senato  si  mantenne 
inflessibile.  Molli  anni  dopo  Alessandro 
VII  ottenne  finalmente  il  loro  ristabi- 
limento. 1  diversi  scrittori  non  si  accor- 
dano fra  loro  sopra  le  circostanze  di  que- 
sta riconciliazione  (Peref,  f^'ic  d' [Icari 
IV;  Malthieuel  de  Serre,  Hist,  de  Fr.; 
Mezerai  Abr.,  Chron.,  ec).  Si  legge  nella 
maggior  parte  degli  storici  francesi,  che  il 


464  V  L  N 

caldini!  di  Gioiosa  in  nome  del  Papa 
diede  l'assoluzione  dalle  censure  al  doge 
ed  al  senato;  di  cui  aggiunge  ìMezeiai 
che  se  ne  forniò  un  allo  autenlico.  (l  [i. 
d'Avigny  prefende  al  contrario  (  lìJcni. 
Cliron.,  1.1,  an.  i6o  j),  che  ilsenalo  non 
volle  ricevere  nemmeno  la  henedi/ione 
del  cardinale,  per  non  dar  motivo  di  pen 
sare  che  fosse  questa  un'assoluzione,  e 
che  quelli  i  quali  scrissero  diversamente 
non  hanno  Ietto  gli  autori  coutem()orii- 
nei;  locchè  non  è  esatto,  almeno  nella 
sua  generalità.  Sponde  {^Amial.  Eccl., 
an.  I  (107), autor  grave  e  conteraporaneo, 
dice  formalmente  che  il  cardinal  di  Gio- 
iosa, accompagnato  dall'ambasciatore  di 
Francia  a  Venezia,  alla  presenza  de!  doge 
e  di  venticinque  de' princi[)ali  senatori, 
diede  a  porte  chiuse  l'assoluzione  al  se- 
nato, e  a  tutti  gli  ordini  e  sudditi  della 
repubblica  ch'erano  incorsi  nelle  censu- 
re. Ciò  siji'cc,  aggiunge  lo  storico,  in 
presenza  di  feslimoiiii  j  e  il  cardinale 
ne  formò  un  allorché  incontanente  spedì 
al  Papa  (e  ciò  in  conseguenza  del  ricor- 
dato ineve  apostolico  facoltativo  di  Pao- 
Jo  V  al  cardinale  in  cui  leggo:  Hanc 
oh  rem,  Nos  morcm  Eccle.siae,  quae  ne- 
mini  ad  se  post  errala  hwnililer  rede- 
imfi  clandit  gremium,  ciun  misericor- 
dia servare,  farli,  exeniplo  Apostoli, 
infirmi,  ut  infinnos  Incrifacianius,  ac 
praedictoriim Regiim  praemissis,  nec/ion 
aliorum  cliristiannriim  Principum,  ani 
prò  iisdem  Leonardo  duce,  et  Sena  la 
praedirtis  pari  ter  instanter  supplican- 
do apud  Nos  intercesserunl,  seu  inter- 
cedi fecerunt,precihus  honorem  habere, 
ac  praediclorum  Leonardi  ducis,  et  Se- 
rialus,  et  aliorum  praediclorum  salati 
consulere  paterna  charilale  volentes , 
Fraternitalì  tuae,  de  cujus  fide,  ìnlegri- 
tate,  et  prudcntia  plnrimum  in  Domino 
confidimus.  Venetias  proficiscenli,  te- 
nore praesentium  commitlìmus,  et  man- 
damus,  quaienus  si,  et  quando  iideni 
Leonardus  duJC,clSenatus,aliiqueprae- 
dicli  in  iis,  quae  libi  signi  fi  ca^'imus,  sa- 


V  E  i\ 

fisffirlionem  praeslilerint,  eaquc  reali  ter, 
et  cani  effectu  adimpleverint,  et  non  a- 
lias,  ipsum  Lconardnm  ducem,  ac  Sena- 
tum  Penetorum,  Statutarios,  et  eorutn 
Coiisullores,  fanlores,  et  adhaerenles 
praedictos,  ab  excomniunicationi s  sen- 
lentia  a  Nobis  indictis,  et  aliis  quibus  li- 
bel  litcris  nos  tris,  conlra  eos  lata,  etjjro- 
rnulgata,  in  u  Iraq  uè  foro  pcnilus,  et  o- 
limino ,  auclor itale  Apostolica  abiolvas, 
et  liberes  :  Nec  non  ecclesiaslicum  inlcr- 
diclwn  praedielunt  remittas,  lollas,  et 
relaxes,  ac  Sanrlis  Ecclesiae  Sacra- 
mentis  eosdeni  restitnas,  intposita  eis  poe- 
nitenlia,  quae  libi  videbitur,  salutari: 
ISos  enim,  stantibuspraeniissis, proprae- 
dictìs  omnibus,  et  in  singulis  faciendis, 
et  excqnendis,  eidem  Fraternitalì  tuae, 
tenore  pi  acsentium,  eadcm  auctorilale 
Apostolica  ficullalem  Inbuimus,  et  im- 
pertimur).  Ma  quello  eh' è  manifesto,  e 
che  indicò  in  Paolo  V  una  rettitudine 
e  grandezza  d'animo  eguali  alla  fierezza 
ed  al  calore  che  avea  da  principio  n)o- 
slrato,  fu  il  riconoscere  che  avea  man- 
calo, di  ritiarre  il  piede  con  saggczz-i, 
pinltostochè  arriscliiare,  ad  esempio  di 
tanti  altri  grandi,  di  perder  lutto  per  un 
falso  punto  di  onore".  Fui  qui  il  Bercastel 
nella  sua  Storia  delCristianesimo.Quasi 
colle  slesse  parole  il  connazionale  barone 
IJenriou  descrive  queste  vertenze.  Se  non 
che  quanto  alla  prima  risposta  che  i  ve- 
neziani fecero  all'esortazioni  di  Paolo  Y: 
Che  non  tenevano  che  da  Dio  il  potere 
della  legislazione,  come  pure  il  diritto  di 
sovranità,  fa  osservare.  »  Il  Pontefice  non 
lo  contestava  ;  giacché  limitavasi  a  soste- 
nere che  conveniva  distinguere  la  mate- 
ria o  l'oggetto  di  legge  per  confor(narsi 
alle  regole  ed  alle  consuetudini  seguite, 
invece  di  violarle, siccome  facevano  i  ve- 
neziani sotto  l'influenza  di  Paolo  Sarpi, 
più  nolo  sotto  il  nume  di  Fra  Paolo,  teo- 
logo del  senato  e  frate  apostata,  il  quale 
celava  sotto  la  cocolla  d'un  servila,  lospi- 
lito  di  Lutero  e  di  Calvino".  Il  njede>>i- 
nio  Ilenrion  iiella  Storia  de' Papi  da  s. 


V  E  i>i 

Filtro  fino  a  Gregorio  Xf^I,  nd  i ac- 
contale laconicamente  queste  vicenile, 
dice  che  la  contesa  forma  unocle'piùgra- 
•vi  soggetti  della  storia  del  XVII  secolo. 
Di  recente  VOsst-n'nlore  Romano  dell'S 
luglio  i8jo  trovò  di  dover  pubblicare, 
in  proposito  della  discussione  libera,  pro- 
clamata da'giornali.  »  Il  governo  della  s. 
Sede  nelle  sue  vertenze  interne  o  interna- 
zionali ha  sempre  concessa  la  convenien- 
te pubblicità  alle  ragioni  esposte  dagli  av- 
versari . ..  Ma  allorché  ì  suoi  avversari 
contrapposero  agli  argomenti  addotti  del- 
le massime  antireligiose  e  perverse, il  go- 
verno della  s.  Sede,  riserbandone  la  con- 
futazione pubblica  come  fece  coli' Aati- 
Febbronio  di  Zaccaria  e  colla  storia  di 
Giannone,  di  Bianchi,  ec,  impedì  nello 
slesso  tempo  la  circolazione  di  scritti  che 
arrecavano  nocumento  alla  religione  ed 
alla  morale.  Per  questi  motivi  soltanto 
pose  all'Indice  le  opere  di  fra  Paolo  Sar- 
pi  sedicente  teologo  della  repubblica  ve- 
neta. E  siccome  i  nemici  della  s.  Sede  non 
mancarono  giammai  di  citare  il  flitto  di 
frate  Paolo,  facendolo  credere  agl'incau- 
ti ed  agli  idioti  un  Santarello  persegui- 
tato perchè  difendek'a  le  ragioni  della 
repubblica  contro  le  esorbitanze  della 
Curia  romana,  noi  faremo  conoscere  a' 
nostri  questo  frate  Paolo,  attingendo  al- 
la storia  contemporanea  e  alle  corrispon- 
denze intime.  Con  Diodatijil  famoso  tra- 
duttore della  Bibbia,  e  con  Filippo  du 
Plessis  IVIoi  nay,  detto  il  Papa  degli  ugo- 
notti, erano  in  relazione  frate  Fulgenzio 
e  fra  Paolo  onde  introdurre  il  Calvinismo 
in  Venezia.  Niuno  piii  dubita  della  ve- 
rità di  questo  fatto,  neanche  i  protestan- 
ti stessi  (vedi  la  Memoria  della  società 
tedesca  di  K'ónisberi^a,  v.  i  i,  i832,p. 
iG5-2o8,  sui  tentativi  falli  al  principio 
del  secolo  XVII  per  introdurre  la  rifor- 
ma protestante  in  Venezia  ),  dopo  che 
Tommaso  Gar  (Opuscoli  inediti  o  rari, 
v,  i,p.  3'^l),]J^^lntl  (f^^ita  di  Gugliel- 
mo Bcdell  già  cappellanodell'ambascia- 
ture  inglese  presso  la  repubblica  venda. 

VOI.  XCli. 


YEN  4Gi 

Enjico  VV'ollon,  il  quale  tenera  le  fi  Li 
di  tulli  quest'intrighi),  Couroyer  hanno 
1  cse  di  pubblica  ragione  ((uelle  lettere  che 
il  padre  Daniel  avea  vedute  nella  biblio- 
teca dell'ab.  d'Estrces.  Il  re  (dice  ilp.  Da- 
niel), fece  attestare  al  nunzio  Ubaldiui, 
per  mezzo  del  signor  Villeroy  la  sua  sod- 
disfazione, per  la  moderazione  che  il  Pa- 
pa avea  usata  nell'aifare  dell'abbazia  di 
V^angadizza  (  di  che  leggo  nel  biografo 
Casoni,  del  doge  Donato:  Nuova  verten- 
za insorgeva  con  Pioma,  per  la  ricca  ab- 
bazia della  Vangadizza,  nel  veneto  Pole- 
sine, che  in  sua  origine  restò  sopita.  Ne  da- 
rò un  cenno.  Voleva  il  i'apa  conferire  al 
nipote  cardinal  Borghese  l'abbazia  ca- 
maldolese di  Vangadizza  nel  Polesine.  Si 
oppose  il  senato  veneto,  perchè  a  teno- 
re delle  leggi  della  repubblica  i  benefizi 
dello  stato  non  potevano  essere  conferiti 
che  a  cittadini.  Pertanto  se  ne  lagnò  col 
nunzio,  anche  sostenendo  le  ragioni  de' 
detti  monaci,  che  dicevano  spettare  ad 
essi  la  nomina.  Dopo  trattative,  si  con- 
cluse :  il  cardinale  rinunziò  al  titolo  ab- 
bazinle,  contentandosi  d'  una  pensione  ; 
e  fu  eletto  abbate  commendatario  Mat- 
teo Priuli  figlio  del  senatore  Antonio)  :  gli 
comunicò  per  suo  ordine  una  lettera  in- 
tercettata, che  faceva  conoscere  quanto 
importasse  che  la  s.  Sede  in  questi  mo- 
menti si  accomodasse  colla  repubblica  di 
Venezia.  Questa  lettera  era  scritta  da  un 
ministro  di  Ginevra  ad  un  ugonotto  di 
Parigi,  di  cui  eccone  il  succinto.  Questo 
ministro  diceva  che  nel  suo  soggiorno  a 
Venezia  vi  aveva  introdotto  l'Evangelo, 
the  fra  qualche  anno  produrrebbe  il  de- 
bito fruito:  che  fra  Yu\^f;ì\i\o  santissimo 
predica  lare  ch'angelico, fiìùcaya  senza  [io- 
sa in  questa  vigna  ;  che  molti  senatori,  ed 
in  particolare  il  doge  Leonardo  Donalo, 
avevano  aperto  gli  occhi  alla  verità;  che 
essi  avevano  risoluto  a  non  scoprirsi,  per 
ora,  ma  di  attendere  un'  occasione  più 
favorevole;  che  il  numero  de'Ioro  parti- 
giani cresceva,  e  che  non  restava  a'  ri- 
formalvri  die  di  procurare  onde  si  w< 
3o 


466  V  E  N 

scitas.'se  lina  fuiova  querela  fra  il  Papa  e 
la  rcpnhhlìca  per  coglier  occasione  d'in- 
Irodurvi  la  religione  riforniata.  In  que- 
ste citazioni  trovasi  ahhondanlemenle  il 
mezzodì  confutare  le  perverse  apologie  e 
il  malgoverno  che  oggidì  taluni  fanno  del- 
la storia.  Fra  Paolo  e  i  suoi  simili  di  ogni 
tempo  si  cliianieranno  addosso  le  censure 
della  s.  Chiesa,  che  ognora  veg'ia  alla  cu- 
stodia del  gregge  allldatole  da  Dio.   Noi 
crediamo  cogli  argomenti  e  co'  fatti  ad- 
dotti di  aver   a  sullicienza    risposto  una 
■volta  per  seenpre  alle  quotidiane  asserti- 
ve di  alcuni  giornali  italiani  alia  dignità 
del  Papato.  Il  Corriere  mercantile  poi 
non  può  egli  aver  ragione  a  dolersi  se  il 
governo  della  s.    Sede,   eh' egii  chiama 
Curia  romana,  non  risponde  alle  sue  pro- 
vocazioni continue.  E  ben  strana  in  lui 
una  tal  pretensione!  Dal  parlare  di  fon- 
dachi e  di  cambi,  di  coloniali  e  di  corsi, 
erettosi  ad  un  tratto  Joc^or  ìjì  utroqne, 
non  fa  meraviglia  e  compassione  ad  uu 
tempo  di  vederlo  far  lezioni  di  Scriltiu  a, 
di  Concini  al  Papa,  a'vescovi?  Conchiu- 
dererno  infine  con  nna  riflessione  che  si- 
mili falli  ponevano  in  bocca  ad  uno  scrit- 
tore contemporaneo  di  fra  Paolo,  e  che 
calza  a  meraviglia  co'nostri  tempi  e  co' 
nostri  apostoli  di  tutte  le  libertà.  Lesliai- 
sons  avec  les  novateurs  siipposent  d'or- 
dinaire  de  deux  choses  Vune,   ou  r/iie 
Fon  est  de  leiir  rcligion,  ou  qu'on  nea 
a  point  du  toni".  Fra  le  molte  scritture 
che  si   pubblicarono  nel  conflitto  Ira  la 
repubblica  di  Venezia  e  Paolo  V,  ricor- 
derò le  seguenti.  3Ionitoria  et  Declara- 
liones  Exconimiinicalionis  cantra  T  eiie- 
ios,  promulgatae  a  Clemente  /  ,  Sixlo 
IV  et  Julia  II,  Romae   lyp.   Vaticana 
1606.  Del  ven.  cardinal  Roberto  Bellar- 
mino: Eesponsio  ad  duos  libellos  infa- 
voreni  Réipublicae  fenetae  conscriplos 
adversus  Interdiclum  PauliOuinli  Pont. 
Max.  :  Responsia  ad  tractaluni  septent 
Theologornni  prò  causa  ejusdem  Réi- 
publicae :  Responsio    ad    oppasitiones 
fratris  Pauli  Sarpi  serviiae,  nec  non 


VEN 
Jonnnis  3  farsi  Hi  neapolìtani.  S\  trova- 
no nella  collezione  di  sue  opere,  delle  (jua- 
li  nel  18)7  s'inlraprese  in  IMiluno  altra 
edizione  dedicata    all'arcivescovo    mg."^ 
r>artolon!eo  Carlo  conte  R.oniilli.  Stam- 
pale separatamente  e  in  italiano  conosco  : 
Risposta  del  card.  Bellarmino  al  trat- 
talo de' sette  Thcologi  di  Penetia,  sopra 
l'interdetto  della  Santità  di  K  S.  Pa- 
pa Paolo  V .,  et  all' appo  si  tioni  di  Fra 
Paolo  servita,  cantra  la  prima  scrittu- 
ra della  stesso  cardinale.  In  Roma  pel 
Facciotlo  1606.  Risposta  a  due  libret- 
ti. Risposta  di  un  dottore  sopra  le  cen- 
sure contro  li  veneziani.   Trattato  so- 
pra la  validità  delle  sconiiniiche,  Ro- 
ma 1606.  Avendo  il  cardinal  Bellarmino 
pubblicato  pel  Zanetti  in  Roma  il  trat- 
talo :  De  poteslate  Sunmn  Pontificis  in 
teinporalibus,  nel  ì  610  il  governo  proi- 
bì a'hbrari  di  riceverlo  e  di  venderlo,  a 
suggerimento  di  fra  Paolo,  come  scrisse  a 
Roma  il  nunzio  Gessi.  Molti  brani  delle 
lettere  di  tal  prelato  indirizzate  a   Ro- 
ma, e  riguardanti  fra  Paolo  e  il  famoso 
suo  atnico   De   Dominis  arcivescovo  di 
Spalalro,  dal   1607  al   1617  inclusive, 
sono  riportate  dal  cav.  Cicogna  nel  t.  5, 
p.  608  delle  Inscrizioni  veneziane.  Di 
Francesco  Ottavio  si  ha  :  Duecento  e  piii 
calunnie,  opposte  da  Già.  Marsilio  al 
cardinal  Bellarmino,  confutate,  Mace- 
rata 1607.  iNè  voglio  tacere  a  gloria  del 
sommo  e  santo  porporato  la  storia  ca- 
lunniosa che  fecero  di  lui  ancor  vivente  i 
protestanti:  La  fedele  e  vera  storia  della 
morte  disperata  di  Roberto  Bellarmino 
gesuita.  Tale  indecente  libello  fu  seria- 
mente coiifutalodal  p.Gretserosuodegoo 
confratello  e  come  lui  instancabile  difen- 
sore della  fede  cattolica.  Cardinale  Cesare 
favonio  padre  della  storia  ecclesiastica: 
Paraenesim  ad  Rempublicani  venelam^ 
Romae  1606.  Difesa  delle  censure  pub- 
blicate da  y.  S.  Paolo  Papa  V  contro 
F.  Paolo  Sarpi,  Perugia  1  607.  Gregorio 
Servanzi  vescovo  -li  Trevico,  Difesa  della 
potestà  et  immunità  ecclesiastica  contro 


VEN 

le  otto  proposìtìcnì  di  un  dottore  teologo 
incognito,  sopra  il  hrcve  di  censura  di 
Papa  Paolo  V  pubblicato  contro  li  si- 
gnori l'cnetiani,  Bologna  1606,  Ferrara 
1607.  Di  fr.  Faolo  Surpi  si  hanno  stam- 
pati e  li  leggo  registrali  e  condannali  nel- 
V Index  lihronun  proìiibitorum  :  Consi- 
derazioni sopra  le  censure  della  Santità 
di  Papa  Paolo  P'  contro  la  repubblica 
di  Venezia^  ivi  1 606.  Apologia  per  Vop- 
posìtioni  del  cardinal  Dellarinino  alli 
Trattati  e  risoluzioni  di  Giovanni  Ger- 
sone  sopra  la  {'alidità  delle  Sco/nuniche. 
Considerazioni  sopra  le  censure  della 
Santità  di  Papa  Paolo  f  contro  la  re- 
pubblica di  fcnezia.  Trattalo  dell'  In- 
terdetto della  Santità  di  Papa  Paolo  F, 
composto  da  Pietro  Antonio  arcidiaco- 
no e  vicario  generale  di  fenelia,  F.  Pao- 
lo dell'  ordine  de' Servi  theol.  della  ser. 
rep.  di  Venezia,  F.  Bernardo  Giorda- 
no minore  osservante,  F.  Michel' Agno- 
lo minore  osservante,  F.  Marc' Antonio 
Capello  minore  conventuale,  F.  Canili' 
lo  agostiniano,  F.  Fulgentio  dell'  ordi- 
ne de'  Servi,  Veueliai6o6  (ne  fu  autore 
il  Sarpi  e  collaboratore  l'altro  servila  fi-. 
Fulgenzio  IMicauzJO.  Questi  scrisse  però, 
Confermazione  delle  considerazioni  del 
p.  m.  Paolo  da  Fenelia,  contro  le  op- 
posizioni del  p.  Gio.  Antonio  Bovio car- 
tnelitano,  Veuelia  1 606).  Tutte  queste  o- 
pere  slampiile  in  Venezia  neli(3o6  furo- 
no condannate  e  po«le  all'Indice  con  de- 
creto de'20  setleuibreiGoG.  Dello  stesso 
Sarpi  ancora  dipoi  lo  furono.  Nel  161  q, 
V [Ustoria  del  Concilio  Tridentino  (il  cui 
MISS,  autografo  è  nella  Marciana:  altri  suoi 
MISS,  sono  ncir  Archivio  generale  di  Ve- 
nezia. Dice  il  suo  biografo  Fillet  che  tale 
inss.  originale  fu  scritto  da  ii.  IMarco 
Fanzano  segretario  ordinario  di  Sarpi;  e 
the  i  primi  tnateriali  di  tale  s'oria  sono 
lutti  di  pugno  di  fra  Paolo). Nel  iGsS,  De 
j'uie  Asylorum.  Nel  1 62 5,  /Ustoria par- 
licclare  delle  cose  passate  Iva  il  PonteCL- 
cc  Paolo  F  e  la  repubblica  di  Fenelia^ 
Mirandola  i624'  Nel  1639,  Vita  del  p. 


VEN  467 

Paolo  Sarpi  dell'ordine  de' Servì,  Leida 
i646,difr.  FulgenzioìMicanzio. Nel  1676, 
Historia  sopra  li  Beneficii  ecclesiastici 
Nel  1677,  Lettere  italiane.  Nel  i  (ìQ^,Sto 
ria  dell'  Inquisizione  e  sua  origine  di  fi- 
Paolo  in  italiano,  Serravallc  1G37,  Ira 
dotta  in  latino  da  Andrea  Colvio,  Roter 
dani  iGJf,  compendiata  in  francese  da 
La  lioussaye.  Nel  1 754,Giusto  Nave,  Fra 
Paolo  Sarpi  giustificato,  dissertazione 
epistolare,Co\onia  1  752.  Nel  1762,  Fran- 
cesco Oriseli  ni,  Memorie  aneddote  spet- 
tanti alla  vita  ed  agli  studi  del  sommo 
filosofo  e  giureconsulto  fra  Paolo  Ser- 
vita, Losanna  1760.  Nel  1837,  Aurelio 
Cianchi-Giovini,  Biografìa  di  fra  Pao- 
lo Sarpi  teologo  e  consultore  di  stato 
della  repubblica  veneta,  Zurigo  i836. 
Già  con  decreto  de'iodicenibrei6o5era 
stala  condannala  e  messa  nel  medesimo 
Indice,  di  F.  Fulgentio  Manfredi ,  Apo- 
logia, ovvero  di  fensione  sopra  la  ri/òr- 
malione  dell'  Ordine  suo,  contra  quelli j 
che  sotto  pretesto  di  riformare  lo  di/Jbr- 
mano  (questo  fr.  Fulgenzio  Manfredi, non 
si  deve  confondere  con  fr.  FuIgen2Ìo  Mi- 
cinzio  servila,  di  cui  parlai  piìi  volle  e 
dovrò  riparlare.  Del  veneziano  Manfredi 
mordace  imprudeule,  massime  contro  la 
s.  Sede  e  riolerdelto,  de'suoi  errori,  ope- 
re e  infelice  fine,  eruditissinìamenle  trat- 
ta il  cav.  Cicogna,  Inscrizioni  T  enezia- 
ne,  l.  3,  p.  296  e  seg.).  E'  notissimo  poi, 
che  proibita  una  volta  dalla  s.  Sede  l'o- 
pera di  un  autore,  rimane  sotto  interdet- 
to qualunque  versione  e  parafrasi  della 
medesima.  Di  fr.  Paolo  Sarpi  ho  parlalo 
nel  §  X,  n.  32,  e  §  XVIll,  n.  18,  dicendo 
di  sua  sepoltura  :  a'  loro  luoghi  di  altro 
e  di  sua  Storia  arcana  del  Fonlaniui. 
Il  suo  ritratto,  dipinto  da  Leandro  da 
Ponte  di  LJassano,  dal  convento  de'  ser- 
viti fu  trasportato  nel  palazzo  ducale  e 
collocalo  in  una  stanza  della  biblioleca. 
E  nella  loggia  dello  stesso  palazzo  presso 
la  sala  del  Piovego,  fu  posto  il  suo  tnar- 
uioreo  busto  fra  quelli  degl'illustri  ve- 
neziaDÌ  nel  1847;  Q^H'occasione  gìàiain- 


468  V  E  N 

inenlatn  in  fine  del  tlogndo  88.°  (lui  li- 
traili  (li  fr.  Paolo  è  a  vedersi  il  cav.  Cico- 
gna, Inscrizioni  f'cnezinnc,  t.  2,  p.  43^', 
t.  4j  P-  7o3,  t.  5,  p.  620).  Nella  Biogra- 
fia itnii'crsnle,  Venezia  pel  IMissiaglia 
1829,  vi  è  con  note  fatte  in  questa  edi- 
zione, quella  scritta  da  C.  M.  Pillet,  e  ri- 
prodotta dalla  Biblioteca  sacra,  Milano 
iBSy.  Ne  darò  un  brevissimo  sunto.  Lo 
chiama  col  nome  di  Pietro  (col  quale  ù 
il  detto  trattato  Dejiirc  Asyloriim  e  Vili- 
storia  del  Concilio  Tridentino  col  co- 
gnome Soave  Pelano,  come  notai  parlan- 
do di  quello,  poiché  gli  fu  imposto  nel 
battesimo,  cambiato  da  lui  in  quello  di 
I*anlo  nel  rendersi  religioso  de' servi  di 
Waria)  Sarpi  di  Venezia,  e  lo  qualifica 
uno  de'più  violenti  nemici  della  Corte  di 
Roma,  secondo  alcuni  improprio  sinoni- 
mo della  Sede  Apostolica  (1^.).  Dolalo 
d'uno  spirilo  vivace,  di  memoria  non  co- 
mune,non  poteva  limitarsi  agli  studi  sco- 
lastici; il  greco,  r  ebraico,  le  matemati- 
che, lutto  volle  sapere.  Insegnò  filosona 
nel  suo  convento  fino  al  1577,6  diven- 
ne provinciale  del  propiio  ordine  e  poi 
procuratore  generale  in  lloma,  ove  strin- 
se relazioni  col  ven.  Bellarmino  e  col  d/ 
Navarro,  di  cui  nel  §  X,  n.i  i.  Il  suo  in- 
saziabile desiderio  d'imparare  1'  induce- 
va di  continuo  a  carteggiare  con  tutti 
quelli  che  possedevano,  in  qualsivoglia 
genere,  cognizioni  non  comuni,  senza  di- 
stinzione di  slato  e  di  religione:  egli  or- 
nava il  suo  intelletto;  ma  rese  la  sua  fe- 
de sospetta,  e  fu  varie  volte  denunciato 
all'inquisizione  come  frequentatore  di  e- 
letici;  onde  non  potè  essere  vescovo  di 
Caorle  e  di  Nona  a  cui  dalla  repubblica 
fu  successivamente  nominato.  Tornalo  a 
Venezia  neh  588,  ove  la  quiete  gli  per- 
mise d' applicarsi  con  più  ardore  alle 
scienze  matematiche  e  fisiche,  alle  osser- 
vazioni astronomiche  e  fino  alle  dissezio- 
ni anatomiche  (all'  architettura,  per  cui 
gli  si  ntliibuisce  il  disegno  di  quell'edi- 
lìzio ricordato  di  sopra  a  suo  luogo),  la- 
vori cui  sembra  aver  condotti  non  poco 


VRN 
lontano,  ma  sui  quali  i  suoi  encomiatori 
gli  attribuirono  scoperte  di  cui  non  esi- 
ste nessuna  prova.  Soprattutto  mollo  si 
è  parlato  del  suo  profondo  sapere  in  a- 
natoraia,  ed  asserito  che  pel  i  °  osservò  il 
ristringimenlo  e  la  dilatazione  dell'uvea 
ncir  occhio  e  le  valvole  delle  vene  e  fino 
la  circolazione  del  sangue:  tultociò  è  sen- 
za fondamento  (l'annotatore  lo  confer- 
ma, dicendo  col  Tiraboschi,  che  Griseli- 
ni  volendo  fare  onore  a  Sarpi  di  varie 
scoperte  di  Galilei,  ha  mostrato  egli  stes- 
so un'ignoranza  incredibile,  a  tale  d'im- 
maginarsi che  Galilei  abbia  dimostrato, 
ci  dice,  dietro  gl'insegnamenti  di  fra  Pao- 
lo, che  l'acqua  non  ha  gravità  veruna.  Il 
Rambelli  nell'opera  Intorno  invenzioni 
e  scoperte  italiane,  discorsa  nella  fine  del 
dogado  88.°,  scrisse  la  Lettera  ^j:  Fra 
Paolo  è  autore  di  varie  scoperte  e  pre- 
viene molti  pensamenti  di  Locke:  in  a[)- 
poggio  ricorda  diverse  opere,  fra  le  quali 
Francesco  Griselini,  Memorie  aneddoto 
spettanti  alla  vita  ed  agli  studii  difr. 
PaoloSarpi servi ta ,\ìa\m?,iaM  i  76  «  .Nel 
precedente  anno  erano  state  stanjpale  in 
Losanna,  e  nel  seguente  furono  messe  al- 
rindice  con  decreto  del  r."  febbraio,  co- 
me dissi.  Del  Griselini  si  ha  pure  :  Del 
genio  difr.  Paolo  inognifacoltà  scienti- 
fica e  nelle  dottrine  ortodosse  tendenti 
alla  difesa  dell'originario  diritto  de  so- 
vrani ec. 5  Venezia  1785).  Non  ha  pub- 
blicato nulla  di  tal  genere:  i  suoi  mss. 
provano  soltanto  che  si  tra  molto  occu- 
pato di  tali  diversi  oggetti.  Si  vede  dalle 
sue  lettere  che  si  moslrò  assai  vago  di  1  i- 
petere  le  osservazioni  astronomiche  diGa- 
lilei,  col  quale  ebbe  relazione  e  carteggio, 
e  disegnare  la  luna  quale  la  scorgeva  col 
telescopio;  vi  si  vede  che  avea  formalo 
sulla  declinazione  dell'ago  calamitalo  un 
sistema  cui  posteriori  OiServazioni  non 
lardarono  a  rovesciare.  Fortunato  ,  pel 
suo  riposo,  se  avesse  sapulo  limitare  a  la 
li  pacifiche  investigazioni  scientifiche  l'in- 
quieta curiosità  d'un  ingegno  che  voleva 
penetrare  al  fondo  d'ogni  cosa:  le  circo- 


V  EN 
stanze  lo  immersero  ficH'csaioe  Ji  quelle 
delicate  questioni  di  pubblico  diritto,  sul- 
l'origine del  potere,  cui  è  diificile  di  di- 
scutere senza  pericolo;  procedendovi  cou 
tutta  l'indipendenza  d'un  intelletto  orgo- 
glioso, preoccupato  dalla  sua  superiori- 
tà, ed  avvezzo  a  non  deferir  che  a  se  stes- 
so, calcolò  per  nulla  le  autorità  più  ri- 
spettabili. Le  cose  del  suo  ordine  Io  ri- 
chiamarono a  Pioma  neliSgv;  si  occupò 
in  seguito  di  questioni  teologiche  sulla 
Grazia,  in  occasione  delle  i{uali  scrisse  la 
sua  relazione  deWaCongregazioneCardi- 
nalizia  De  (luxiliis  {àtWdi  quale  anche  in 
altri  articoli  ragionai);  ma  l'iunalzameu- 
lo  di  Paolo  V  al  trono  papale  aprì  al  re- 
ligioso servita  un  nuovo  aringo.  La  re- 
pubblica avendo  ricusatodi  ritirare  o  mo- 
dificare una  legge  ch'esso  Papa  giudica- 
va contraria  alle  immunità  ecclesiastiche, 
initiacciò  questi  di  [)orreÌQ  interdetto  Ve- 
nezia (nella  biografia  inesatta  che  di  Pao- 
lo V  scrisse  Desporles  Boscheron,  ripro- 
dotta senza  note  nella  suddetta  edizione 
veneta  della  Biografia  universale  ^  giu- 
stamente si  lodano  le  sue  virtù  e  le  sue 
grandi  doli,  le  cose  utili  e  lodevoli  ope- 
rale, non  senza  taccia  di  un  po'di  durez 
za  e  d'ostinazione;  peggio  ed  erroneauieu- 
le  aggiunge  ,  che  allevalo  alla  corte  ro- 
mana vi  avea  attinto  que'  principii  di 
dominazione,  che  tendevano  ad  assogget- 
tare in  tutti  gli  all'ari  indislintameute  i 
potentati  secolari  all'autorità  della  s.  Sc- 
ile. Il  Papa  non  tardò  a  voler  provare  ta- 
le sistema  contro  la  re[)ubblica  di  Vene- 
zia, la  (piale  tenne  termo.  Irritalo  d  t  ta- 
le resistenza,  ardente  e  impetuoso  niinac- 
viò  e  poi  scagliò  l'iulerdelto.  lutaulo  la 
dissensione  divampò  da  ogni  parte;  gli 
scrini  violenti  sopravvennero  a  invelenir 
la  contesa.  Il  dotto  giureconsulto  Leschas- 
«ier  consultato  tenne  le  parli  della  re- 
pubblica. Enrico  IV  ebbe  la  gloria  di  fa- 
re l'  accomoJaincuto.  Ma  Giacomo  Les- 
vhassier  avvocato  secolare,  fu  contrario 
alla  lego  di  Francia,  avea  pubblicato  nel 
i0o6:  Dell' uìUicu  e  canonica  libala  del- 


V  E  N  469 

la  Chiesa  Gallicana!  Pel  suo  Consul- 
talio  (le  controversia  iiiler  Sunclilaleia 
Paidi  f  etserenissaniRcinjmhlicaniJ^c- 
ìietuiìi,  ParisiisiGoy.ebbe  da  questa  tra 
gli  altri  contrassegni  di  gratitudine  una 
catena  d'oro.  Era  in  corrispondenza  con 
fr.  Paolo  e  eoa  Nicolò  Contarini).  Il  se- 
nato consultò  i  suoi  teologi;  e  Sarpi  a- 
vendo  pubblicalo  su  tale  argomento  uno 
scritto,  nel  quale  la  s.  Sede  era  trattata 
senza  riguardo,  (u  subilo  a*  28  gennaio 
1  GoG  creato  teologo  consuUore  della  re- 
pubblica con  uno  stipeiulio  di  200  ducali 
annui,  poi  aumentato  pare  ad  800.  Egli 
scrisse  libri  sopra  libri  per  provare  (cioè 
pretese)  che  Roma  non  avea  il  diritto  di 
lanciare  tali  o  tali  censure;  si  belfò  delle 
scomuniche  fulminate  contro  di  lui,  ed 
ostentando  sempre  uu  profondo  rispetto 
pe'dogmi  della  Chiesa,  mosliò  il  massi- 
mo  dispiezzo  per  l'uso  che  il  soviano Poti- 
lefice faceva  della  sua  autorità.  Tali  scia 
gurale  conlese  duiarouo  più  di  due  au 
ni,  e  furono  alla  fiue  terminate  per  iu- 
lerposizione  della  Fiaucia  a'  2  i  aprile 
1G07  (Aggiunge  r  unnotaloi-e,  riferirne 
i  i)arlicolari  Darà  nella  Storia  di  Fenc- 
ziaj  e  che  Sagittario,  diiò  io  teologo  lu 
lerano,  uqW Introducilo  adlIist.Ecclc 
iiasticam,  cìlaiS  opere  latine  composte 
in  occasione  di  tal  contesa,  senza  contar 
quelle  di  G.  Celtrame  di  Guevara  arci 
vescovo  di  Salerno  e  poi  di  Compostella, 
e  del  francescano  Giovanni  da  Cartage 
na  in  favore  del  Papa.  Di  cjuesl' ultimo 
mi  è  nota  l'opera:  Pio  Ecclesiailica  li- 
beriate et  poteslate  IticntLi,  adversus 
injustas  P^enetoruin Lgcs,  Viomae  1607. 
Ivi  pubblicò  poi  neliGof):  Propugnacu- 
liiin  culìiolicum  de  jare  lndli  lioniani 
Ponlificis  ads'crsus  Ecclesiae  jura  i-io- 
laute,).  Il  governo  veneto,  che  da  piiu- 
cipio  avea  impiegalo  Sarpi  come  leolo 
go  ,  riconobbe  presto  in  lui  un  di  quc- 
griutellelli  iiiemovibili,  i  quali  allorché 
si  sono  pi  efissi  uua  meta,  vi  camminano 
senza  curarsi  di  quello  che  può  costarne 
a  so  medesimi  e  ii^li  alili  Tu  consultato 


470  V  E  N 

sulle  materie  di  stalo;  ed  egli  si  condiiS' 
se  nell'esame  di  tali  materie  colla  stessa 
indipendenza  da'piegiiidizi  e  da'piincipii 
ammessi.'!  L'opinione  che  emise,  come 
teologo  consulente  della  republjìica,  per 
guarentire  la  stabilità  del  governo,  è  un 
monumento  del  pili  odioso  Machiavelli- 
smo; e  Darli  la  chiama  un  capolavoro 
d'insolenza  e  di  concepimenti  non  meno 
scellerati  che  tirannici".  L'annolatoreav- 
verte,  che  tali  parole  sono  d'uno  scritto- 
re che  non  vorrà  accusarsi  di  soverchia 
parzialità  in  favore  della  corte  di  Roma, 
il  conte  Lanjuiriais  ,  nella  Rcviie  Enci- 
clopi'diqnc  (Deve  alludersi  al  libro;  O- 
pinione  del  p.  Paolo  servita,  come  deb-, 
ha  governarsi  la  repuhblica  Veneziana 
per  avere  perpetuo  dominio ,  Venezia 
i68i  ,  benché  non  vi  è  la  data.  Una  ri- 
slampa,  dice  r  annotatore,  colla  data  del 
1 685,  che  forse  non  è  che  un  cambiamen- 
to di  frontespizio,  è  intitolata:  Opinione 
falsamente  attribuita  al  p.  Paolo  ec.  Si 
capisce,  continua  l'annotatore,  che  i  pa- 
negiristi di  Sarpi  hauno dovuto  sostenere 
che  una  tale  opera  non  poteva  essere  sua; 
ma  che  che  ne  dicano  Griselini  ed  i  suoi 
copisti,  tale  libro  è  realmente  di  fr.  Pao- 
lo; le  ricerche  fatte  da  Darà  negli  archi- 
vi segreti  di  Venezia,  non  gli  hanno  la- 
scialo nessun  dubbio  io  proposito.  Ma  il 
cav.  Cicogna,  Inscrizioni  Veneziane,  t, 
3,  p.  5o7,  riporta  una  lestimouianza  del 
p.  Giovanni  degli  Agostini,  la  quale  av- 
verte essere  l'opera  d'un  bastardo  della 
veneta  casa  Canal;  e  con  più  importanti 
nozioni  ne  riparla  nel  t.  5,  p.  6 1 8).  Il  se- 
nato gli  avea  concesso  nel  1607,  l'adito 
agli  archivi  dello  stato;  egli  vi  fece  nu- 
merosi spogli,  che  commentò,  e  dopo  la 
sua  morte  tale  raccolta  fu  trasportata  a- 
gli  archivi  segreti,  che  Darìi  ebbe  lutto 
l'agio  di  consultare  per  comporre  la  sua 
storia.  Fra  Paolo,  prosiegue  il  suo  bio- 
grafo Pillet,  fu  un  dotto,  un  politico,  uno 
scrittore  valente,  ma  talvolta  un  odioso 
consigliere  del  tribunale  de'Dieci.  lu  uu 
paese  in  cui  gli  assassinii  non  erano  rari, 


V  E  N 

in  un  secolo  in  cui  il  pugnale  del  fanati- 
smo si  affilò  sì  spesso  contro  i  re  di  Fran- 
cia Enrico  II!  ed  Enrico  IV  e  fini  col- 
l'immolarli,  non  è  da  stupire  che  la  vita 
d'un  tal  uomo  sia  stata  minacciata.  Una 
trama  fu  ordita  contro  il  Sarpi;  e  fu  il 
caidinal  Bellarmino,  il  suo  più  intrepido 
avversario,  che  glie  ne  die  il  i."  avviso. 
Obbligato  ad  incedere  cauto  ,  non  usci 
più  che  vestito  d'una  maglia  sotto  la  sua 
tonaca,  ed  accompagnato  da  un  frate  lai' 
co  del  suo  convento,  ch'era  armato  d'un 
moschetto,  in  una  città  dove  la  delazio- 
ne d'armi  da  fuoco  era  punita  di  morte. 
Ciò  non  impedì  che  fosse  assalilo  ad  al- 
cuni passi  di  distanza  dal  suo  convento 
a'5  ottobre  1607,  da  5  sicarii  che  lo  col- 
pirono con  molte  stilettate.  Fu  ricondot- 
to nella  sua  cella  semivivo  ,  e  con  una 
mascella  traforala  d'uno  stile  che  gli  as- 
sassini non  avevano  avuto  tempo  di  svel- 
lere. Il  senato  al  primo  sentore  di  tale  o- 
dioso  assassinio,  levò  incontanente  la  ses- 
sione: i  senatori  si  recarono  in  gran  nu- 
mero ad  informarsi  dello  stato  del  feri- 
to: il  consiglio  de'Dieci  ordinò  invano  se- 
verissime perquisizioni  contro  gli  aggres- 
sori, i  quali  erano  fuggiti ,  e  chiamò  da 
Padova  Fal^ricio  d'Acquapendente,  il  più 
famoso  chirurgo  d'Italia  ,  per  medicare 
l'infermo  a  spese  dello  stato,  finché  fosse 
uscito  di  pericolo.  Quando  fu  risanato,  si 
raddoppiò  il  suo  emolumento,  e  gli  si  of- 
in  stanza  presso  la  signoria;  ma  egli  pre- 
ferì di  continuare  ad  abitar  la  sua  cella, 
donde  non  uscì  più  che  di  rado.  Come 
procedeva  con  riserbo  nel  convento ,  e 
come  incedeva  per  Venezia,  col  portare 
il  giacco,  la  manopola  e  forse  anche  al- 
tre armi,  come  pure  armati  andavano  i 
frali  che  si  conduceva  dietro,  può  veder- 
si il  cav.  Cicogna,  Inscrizioni  Venezia- 
ne, t.  5,  p.  612.  Nel  161 8  il  senato  gli 
ordinò  di  scrivere  la  storia  della  prelesa 
congiura  del  duca  di  Bedmar  coutro  Ve- 
nezia, della  quale  parlerò  più  sotto  nel 
dogadoya.",  e  si  decise  in  seguito  che  non 
sarebbe  pubblicata.  Se  deve  credersi  a 


V  E  N 
Gregorio  Leli,  allorché  Antonio  J.ifTier, 
sulla  deposizione  del  quale  erasi  coaiia- 
ciato  il  processo,  fu  condannalo  e  messo 
;i  morte,  venne  scello  fra  Paolo  per  ac- 
compagnarlo al  supplizio,  ed  esortarlo  a 
ben  morire,  ma  tale  fitto  senìbia  assai 
dubbioso  a  D.uù.  Continuò  vSarpi  ad 
a[)plicarsi  con  infaticabile  ardore  al  lavo- 
ro delle  sue  opere,  e  de'considli  quasi  o- 
i^ni  giorno  a  lui  cliiesti  dal  governo,  fnio 
cdla  sua  morte  avvenuta  a'  i4  gennaio 
1623.  Straordinari  onori  furono  resi  al- 
la sua  memoria.  La  repubblica»  commi- 
se a'suoi  ambasciatori  di  notificare  tal 
perdila  a  lutti  i  potentati  d'Europa;  de- 
cretò l'ei  ezione  d'un  superbo  monumen- 
to di  marano  per  esser  collocalo  nella  chie- 
sa de'serviti,  ma  il  n»ar!no  fu  ritolto  al- 
lo scultore  per  essersi  opposto  Urbano 
Vili,  poiché  la  luolliludine  parlava  già 
d'invocarlo  come  santo  (dell'alterazione 
del  Papa,  ne  scrisse  al  doge  l'ambascia- 
lore  di  lioma  Piaiuieri  Zeno,  il  quale  lo- 
da »  la  prudente  dehberazione  presa 
d'intermettere  prò  nnnc  questa  poco  ri- 
levante (accenda  per  conciliarsi  con  que- 
sta dimostrazione  di  compiacenza  l'ani- 
mo della  Santità  Sua,  già  che  quello  non 
si  vuole  viva  nelle  pietre,  viverà  ne'no- 
stri  annali  con  minor  rischio  che  dall'cda- 
cilà  del  tempo  resti  consumato");  ed  as- 
sicurò i  correligiosi  della  sua  protezione, 
e  d'allora  in  poi  finché  durò  la  repub- 
blica ,  il  suo  teologo  consulente  fu  sem- 
pre scelto  tra  essi.  La  relazione  de' suoi 
idlimi  momenti,  stesa  da'suoi  confratel- 
li, e  diretta  al  senato,  certifica  che  avea 
ricevuto  gli  eslieiui  sagramenli  culla  più 
edificante  divozione.  »  Sarebbe  assai  tri- 
sta cosa  il  non  veliere  che  un  miserabile 
ipocrita  in  un  religioso  onoralo  di  tanta 
considerazione  !  Ciò  per  altro  risullereb' 
be  da  numerose  lestimouianze,  le  quali 
hanno  fatto  dire  a  Dossuet  (nella  Storia 
delie  i>ariazioni,\n  un  paragrafo  che  con- 
tiene il  suo  giudiaio  ragionalo  sopra  fra 
paolo),  che  sotto  la  cocolla  Sarpi  ascoQ- 
deva  UD  cuore  calviuislM;  the  adoperava 


VEN  471 

sordamente  a  screditare  la  messa  cui  di- 
ceva ogni  giorno  ...,  e  che  non  tendeva 
che  ad  indurre  la  repubblica  a  separarsi 
interamente,  non  solo  dalla  corte,  ma  al- 
tresì ilalla  Chiesa  romana.  I  suoi  difenso- 
ri hanno  lassato  ciò  di  calunnia,  hanno 
asserito  false  le  attestazioni  di  Burnet,di 
Bedell,  di  Bayle,  di  Le  Courayer  (tradut- 
tore in  francese  della  sua  Storiadcl  con- 
cilio eli  Trento),  ec:  hanno  negalo  l'au- 
lenticilà  delle  lettere  stampate  e  d'alcune 
delle  opere  pubblicale  col  suo  nome. Sfor- 
tunatamente per  la  sua  memoria,  1'  esa- 
me degli  archivi  segreti,  di  cui  Darò  ha 
avuto  comunicazione,  ed  altre  scoperte 
recenti,  non  hanno  che  troppo  conferma- 
lo le  asserzioni  di  Bossuel  (qui  la  biogra- 
fia cita  quella  del  protestante  e  pastore 
ginevrino  e  oriundo  lucchese  Giovanni 
Diodati,tradutlore  in  italiano  della  s.  Bib- 
bia che  deturpò  co'suoi  errori  e  per»;iò 
riprovata,  ei  .°tradtiltore  in  francese  del- 
la Storia  chi  concilio  eli  Trento,  inferio- 
re a  quella  di  Courayer:  in  un  viaggio 
che  fece  a  Venezia  ebbe  molli  colloqui 
con  fra  Paolo  e  con  fra  Fulgenzio,  e  con- 
vennero tra  loro  d'introdurre  la  prelesa 
riforma  religiosa  in  Venezia).  Uno  scrit- 
tore piole$[an[e  (htihvel,  magazzino  sto- 
rico, stampalo  a  Lipsia),  ci  narra  che  nel 
1G09  G.  B.  Linckh  agente  dell'elettore 
Palatino^  ebbe  un  abboccamento  con  fra 
Paolo,  il  quale  con  fra  Fulgenzio  suo 
confratello,  dirigeva  un'associazione  se- 
greta d'oltre  mille  persone,di  cui  trecen- 
to patrizi  delle  primarie  famiglie,  nel  fi- 
ne d'introdurre  la  religione  protestante 
in  Venezia.  Essi  allendevano  per  mani- 
festarsi, che  la  riforma  si  fosse  introdot- 
ta nelle  provincie  tedesche  limitrofe  del 
territorio  della  repubblica  (appunto  sot- 
to gli  auspicii  del  Palatino  Federico  V 
capo  del  parlilo  protestante  di  Germa- 
nia, della  cui  ribellione  e  sforzi  riparlai 
uel  voi.  L,  p.  ic)^)".  Qui  il  biografo  di- 
scorre della  lellera  inlerceltala  da  Enri- 
co IV.  Dalle  lettere  di  fra  Paolo  al  dot- 
to proleslaule  ginevrino  Casaubouo  ,  si 


47 1  ^  J^  ^ 

trac  (li  procurargli  un  asilo  iiell' Ingliil- 
terrrt,  nel  c-iso  che  si  vedesse  costretto  di 
lasciare  l'Italia  (Delle  lettere  attribuite  a 
fra  Paolo  e  dirette  a  Fi'ancesco  Castrino 
ugonotto,  ed  altre  simili,  sono  a  vedersi 
i  dubbi  riferiti  dal  cav.  Cicogna,  Inscri- 
zioni f^'enezitrne,  t.  3,  (>.  joy.  Si  sotto- 
scriveva: Fr.  Paulo  di  J^enelia.  Nel  t.  5, 
p.  Gi2  e  6ig,  ragiona  delle  persone  so- 
spette che  fra  Paolo  trattava  in  Venezia, 
del  coniDìercio  di  sue  lettere  con  Fran- 
cia, Germania  e  Inghilterra,  e  di  quelli 
che  scrissero de'tentali vi  fiitti  da  fra  Pao- 
lo per  introdurre  la  riforma  profestante 
in  Venezia,  come  G.  Mohnicke,  e  il  ba- 
ione Alfredo  Renmonl).  Indi  il  biografo 
passa  a  parlare  della  raccolta  di  sue  ope- 
re più  volte  stampate  in  Venezia,  an- 
che colle  false  date  di  Ginevra  ed  llclm- 
st.idt.  Fra  le  non  ricordate  di  sopra  so- 
no le  seguenti  (la  prima  però  che  va  a 
dire,  già  la  rammentai  piìi  addietro). 
Storia  degli  Uscocchi,  continuazione  di 
quella  di  Minucci  Minuccio  di  Serra- 
valle  arcivescovo  di  Zara.  Discorsn  dog- 
matico e  politico  stili'  origine,  la  na- 
tura ce.  de' Beni  ecclesiastici,  Avignone 
(Parigi)  lySo.  Della  giurisdizione  di 
P'enezia  sul  mare  Adriatico  (il  cav.  Ci- 
coQun, Inscrizioni Feucziane,\..  4.p.  7o3, 
parla  del  fonte  donde  Ira  Paolo  ricavò  le 
quattro  di  lui  scritture  &\x\  Dominio  del 
marr  Adriatico  della  serenissima  Re- 
puliblica  di  f^enezia),  \.ra(}o[la  in  latino 
dal  veneto  Nicolò  Crasso,  De  j'urisdictio- 
ne  reipublicae  venetae  in  mare  Adriati- 
cuni,  EleuteropoIiiGiq  (questi  è  l'auto- 
re lìeW Antiparaenesis  ad  Cardinahm 
jìaroniuni  prò  repuhlica  veneta,  Pala  vii 
j6o6).  //  Principe  di  fra  Paolo  o  Con- 
sigli politici  rivolti  alla  nobiltà  di  Ve- 
«fiw,Berlino  I  7?  I  .'5 Tale  libro,  tanto  più 
rotabile  quanto  che  è  assai  noto, fu  scrit- 
to nel  i6i5,  [)er  UsO  dcgl' inquisitori  di 
^lato.  Darìi  ne  cita  le  massime  piìi  im- 
portanti, alla  fine  del  lib.  29  della  sua 
Storia  di  J 'inezia.  Eccone  alcune:  nelle 
cv'iilcsc  Ira'qobili;  casUgaic  il  incuo  pò- 


V  E  iV 

lente;  tra  un  nobile  ed  un  suddito,  d  u* 
sempre  ragione  al  nobile;  nella  giustizia 
civile  si  può  osservare  una  imparzialità 
perfetta.  Trattare  i  greci  come  animali 
feroci;  pane  e  bastone,  ecco  quel  che  lo- 
ro bisogna;  serbiamo  l'umanità  per  una 
migliore  occasione.  Se  si  trovano  nelle 
Provincie  alcuni  capi  di  partito,  convie- 
ne sterminarli  sotto  un  pretesto  qualun- 
que, ma  evitando  di  ricorrere  alla  giu- 
stizia ordinaria.  Che  il  veleno  faccia  l'uf- 
fizio del  carnefice;  ciò  è  meno  odioso,  e 
molto  più  proficuo  ".  Vi  è  il  libro  ,  La 
giustificazione  di  fra  Paolo  Sarpi  o  Let' 
tere  d'un  prete  italiano  (Degol  >)  ad  ita 
magistrato  francesc[S.'2^\e.\),V<\v\g\  1  8  r  1 . 
Non  è  che  un  sunto  del  suddetto  Grise- 
lini  più  enf  itico  e  più  esaltato  ancora  del- 
l'originale. Il  Griselini  fu  confutato  dal 
celestino  p.  ab.  Duonafede  o  Agalopisto, 
un' Ritratti Poetici.(^iì!\n[o  alla  Storia  del 
concilio  di  Trento,  Bossuet  dichiarò  sul- 
la sostanza  dell'opera  e  con  ragione,  chu 
fra  Paolo  «  non  è  tanto  lo  storico,  quan- 
to il  nemico  dichiarato  del  concilio  di 
Trento".  Non  si  può  negare,  dice  il  bio- 
grafo, che  questo  libro  fu  scritto  con  mol- 
ta arte:  l'autore,  evitando  sempre  di  e- 
sporre  i  suoi  propri  sentimenti,  si  limila 
il  più  delle  volte  a  citare  i  passi  o  le  pa- 
role di  quelli  che  hanno  combattuto  i  de- 
creti che  non  gli  piacciono;  ma  fa  ciò  in 
un  modo  che,  prestandogli  fede,  i  pro- 
testanti hanno  sempre  ragione,  ed  i  Papi 
sempre  torto!  Siffatta  malignità  ,  o  se 
vuoisi  tanta  mala  fede,  è  spinta  al  pun- 
to che  gli  stessi  calvinisti  ne  furono  inili- 
guati.  Posto  all'Indice  colle  fpialificazioni 
più  forti,  fu  confutato  nella  stessa  Vene- 
zia da  Filippo  Quarti  col  libro:  Ilistoria 
Concila  Tridentini  Petrì  Soavis  Polanì 
ex  autorisniet  asserlionibus  confutata, 
VenetiisiG55.Mafu  meglio  confo  tato  dal 
l*al  laviciiio  colla  sua  celebre  Storia,  pub- 
blicata n^l  16  >6,  colla  scorta  degli  alti  o- 
liginali  custoditi  negli  archivi  della  s.  Se- 
de. Trovasi  in  (ine  l'enumerazione  di  3Gi 
punti  di  fitlo^  su'quali  Sarpi  e  convinto 


1 


VE  N 

ti', 1  ver  ailerala  o  travisala  la  verità, oltre 
una  moltitudine  di  altri  errori.  Dasla  leg- 
f^ere  quella  lunga  lista,  a  cadaun  artico- 
lo della  quale  sono  indicale  le  prove  giu- 
stificanti, per  persuadersi  non  esser  vero 
che  tali  errori  si  riferiscono  soltanto  ad 
oggetti  di  poca  importanza  ,  siccome  o- 
steiitanodi  dire  gli  apologisti  di  fra  l^ao- 
lo.  Tertuina  la  biografia  con  dare  noli- 
zie  delle  diverse  edizioni  e  traduzioni  del- 
l'opere di  fr.  Paolo  Sarpi,  e  di  quelle  i- 
nedite,di  sua  tumulazione  nella  chiesa  de' 
iServi  e  traslazione  in  quella  di  s.  Miche- 
le di  ÌNlurano.  —  Onorato  e  distinto  fra 
Paolo  dalla  repubblica  di  Venezia, aman- 
tissimi delle  grandi  memorie  di  questa  i 
veneziani  antichi  e  moderni,  più  o  meno 
professando  i  di  lei  principii,  con  patrio 
.•nuore  ne  propugnarono  l'operato;  (piin- 
tli  era  ben  naturale  che  scrivessero  van- 
taggiosamente del  d'  altronde  dottissi- 
mo e  di  vasto  ingegno  religioso  servila 
ciinciltadino,  con  maggiore  o  minore  en- 
tn>iasmo,  ed  altri  con  moderazione.  A 
saggio  del  tanto  scritto  a  suo  favore,  de- 
gli idlimi  discreti,  dirò  alcune  altre  pa- 
iole, senza  ripetere  i  dettagli  del  già  rife- 
rito, di  quanto  cioè  si  legge  nelle  opere 
(Il  diieglorie  letterarie  viventi  dell'odier- 
na Venezia,  il  cav.  Cicogna  ed  il  cav.  I\Iu- 
tinelli.  Illustrando  il  i ."  nelle  si\e  I/iscri- 
zioni  Fenezirine  la  chiesa  di  s.  IMaria  de* 
iServi,  t.  I,  p.  gì,  eruditissimamente  ra- 
giona dt  fra  l'aolo  Sarpi,  nato  in  Vene- 
zia a'i4  agosto  I  552  (avvertendo  di  es- 
ser oriundo  friulano,  perchè  suo  padre 
Francesco  era  da  s.  Vito  del  Tagliamen- 
\t)  e  così  gli  ascendenti  suoi,  ed  ivi  lut- 
loia  sussiste  la  casetta  ove  nacque  il  det- 
to geintore  nella  contrada  Codornada), 
ivi  morto  la  notte  venendo  ili  5  gentiaio 
1G23,  d'anni  71,  riparlandone  altrove, 
cioè  ne'Iuoghi  che  ricordai  nel  ^  XVllI, 
n.i8  citati.  Lo  dice  dotato  di  meravi- 
gliosa raemoria,d'ii)gegno  vasto.di  gran- 
ile erudizione;  possedeva  quindi  le  lin- 
gue, 1.1  filosofia,  la  teologia,  il  diritto  ca- 
uuuico  e  civile,  la  storia;  la  medicina,  la 


YEN  473 

nolomia,  la   chimica,  le   matcuìaliche, 
l'architettura,  in  breve  conosceva  tulle 
le  scienze, e  in  tulleera  profondo.  Fa  cen- 
no delle  scoperte  attribuitegli  e  di  sue  o- 
pere,  e  che  Ira  quelle  che  mss.  lasciò  mol- 
te perirono  nel  fatale  incendio  che  arse 
tutta  la  libreria  de'Servi  (incendio  me- 
raviglioso che  del  convento  arse  il  solo 
piano  superiore,  cioè  quello  della  libre- 
ria, dov'erano  raccolte  quasi  tutte  le  o- 
pere  eterodosse,  che  tenevano  alle  opinio- 
ni di  fra  Paulo,  e  che  a  lui  venivano  da 
tutte  le  parli).  Alcuni  dc'suoi  scritti  per- 
chè favoreggianli  la  repubblica  al  tem- 
po delle  no Lis siine  di/J'erenzc  con  Pao- 
lo  Fy  gli  procacciaroBO  de'nemici,  e  fu- 
rono forse  cagione  di  que'3  colpi  di  stilo 
che  gli  vennero  vibrati  alla  testa  per  uc- 
ciderlo ;  stilo  che  in  memoria  dell'avve- 
iiimenlo  era  appeso  a'  pie  di  un  Croce- 
fisso sopra  l'altare  di  Verde  dalla  Scala 
nella  chiesa  de'Servi  col  motto  :  Dei  Fi- 
lio  Liberatori,  e  il  quale  stilo  passò  ia 
pus>esso  del  nubile  cav.  Lorenzo  Giusti- 
mani.  Immenso  novero  di  scrittori  par- 
lò di  fra  Paolo,  ma  egli  solo  riporta  (j  o- 
perecon  notizie  bibliografiche.  Viene  poi 
a  dire  delle  due  iscrizioni  che  illustra, 
narrando  che  fra  Fedgeuzio  ìMicanzio  a 
sue  spese  voleva  porgli  una  iscriziope  se- 
polcrale, ma  il  convento  noi  permise.  Il 
Senato  a'7  febbraio  1  (rzj  avea  decretato 
l'erezione  d'un  moiuunenlDj  e  Girolamo 
Campagna  ne  avea  d.ilo  il  disegno  ;   se 
non  the  tiattandosi  d'un  uomo  la  cui  or- 
todossia fu  allora  soggetto  di  grande  que- 
stione,il  governo  per  un  tratto  della  solita 
sua  politica  ne  sospese  l'esecuzione.  IMa 
nel  I  722  riCibbricandosi  l'altare  dellMd- 
dolorata, si  trovò  il  corpc»  dieirodiesso  na- 
scosto per  sottrarlo  al  pericolo  delle  più 
volle  tentale  rapine.  Dopo  la  fabbrica  fu 
deposto  nel  medesimo  silo,  con  epigrafe, 
e  dentro  la  cassa  ne  fu  collocata  altra  iu 
pergamena  che  sono  le  due  suindicate  ; 
e  vi  restò  chiuso  sino  al  i  742,  in  cui  nuo- 
vanienle  si  rifabbiicò  1'  alture,  e  poi   fii 
rcsliluilo  ucllo  stesso  luo^o.  Moutrcfa- 


474  V  K  N 

«;evnsi  voti  che  avesse  l'onore  d'atia  tom- 
ba palese  agli  ocelli  del  cittadino  e  del 
loieslieio,  ileniolita  la  chiesa, e  poiauclie 
ralt;Me,al  modo  che  i^ià  dissi  nel  §  XVI  li, 
n.  i8,  per  cura  del  pi  efato  cav.  Cicogna, 
[e  ceneri  del  Sarpi  nel  i8?.8  si  traspor- 
tarono nella  chiesa  di  s.  Michele  di  Mu- 
rano,ove  gli  [)Ose  l'iscrizione  da  lui  com- 
posta. Inoltre  essendo  slato  deposto  nel- 
la chiesa  de'  Servi  ha  Fulgenzio  Mican- 
zio,  il  cav.  Cicogna  illustrandone  l'iscri- 
zione sepolci  ale,  descrive  quanto  in  coiii- 
pLiidio  ripeterò.  Nato  l' 8  giugno  i.^yo 
nella  terra  di  Pas8Ìrano,r)  miglia  distan- 
te da  Urescia,  vestito  l'aUito  de'Servi  nel 
i5r)0  fu  mandalo  a  Venezia,  ove  per  la 
sua  indole  egregia  il  Sarpi  sei  fece  fnini- 
gliare,  il  diresse  e  istituì  col  metodo  di 
ordinarie  lezioni,  ma  alla  socratica,  in- 
giimgendogli  cioè  di  leggererpiestooipiel 
libro  e  di  slu'liaivi  S(i[)ra  investigandone 
la  verità  e  tufìslrandoue  gli  errori.  Nel 
i5q7  andò  a  Mantova  a  insegnare  la  sco- 
lastica teologia,  e  passato  in  Roma  nel 
1600  fu  licenzialo  pel  grado  del  magi- 
stero. Poscia  in  Bol-igna  venne  laurealo 
e  promosso  professore  ili  teologia.  Insor- 
te le  discussioni  ha  Paolo  V  e  il  veneto 
senato,  intorno  ad  alcune  leggi  riguar- 
danti i  beni  ecclesiastici,  ed  eletto  con- 
sultore della  repubblica  il  Sarpi,  questi 
scelse  con  se  assistente  il  Micanzio,  il  cui 
pronto  ingegno  e  sperimentala  fede  gli 
erano  notissime.  Lisciata  dunque  nel 
1  606  la  cattedra  di  Bologna  venne  a  Ve- 
nezia Fulgenzio  al  servigio  e  del  Sarpi  e 
della  repubblica,  dal  quale  indarno  cer- 
cò di  sviarlo  e  con  promesse  e  con  mi- 
nacce alcuno  de'suoi.  IL  in  effetto  fu  sem- 
pre indivisdjile  compagno  del  Sarpi,  il 
quale  al  Micanzio  paiiecipiva  ogni  sua 
idea,  lui  voleva  confidente,  e  per  lui  vo- 
leva che  passassero  tutti  gli  uffizi  che  gli 
si  facevano.  L'  incarico  dal  Micanzio  fu 
sostenuto  con  somma  riputazione  e  con 
approvazione  del  senato,  in  modo  che  fi- 
no dal  1607  gli  fu  assegnato  pubblico  sti- 
pendio con  titolo  di  cousulloie  teologo  ; 


V  E  N 

stipendio  che  si  raddoppiò  nei  1608,  e 
quando  il  Sarpi  venne  a  morte  nel  1623 
fu  il  IMicanzio  eletto  in  luogo  suo  consul- 
tore, e  non  molto  dopo  revisore  delle 
bolle  e  de'  libri,  ministeri  ambedue  im- 
portantissimi e  di  suo  grandissimo  ono- 
re. Fra  Fulgenzio  non  sola  mente  era  som- 
mo teologo,  politico  e  giureconsulto,  ma 
anche  valente  oratore,  e  profondo  fisico 
e  matematico,  comesi  riconosce  dalle  let- 
tere a  lui  scritte  dal  celeberrimo  Galilei, 
il  quale  reputava  sommo  favore  ed  ono- 
re il  potersi  gloriare  d'  essere  stimato 
degno  della  sua  protezione,  e  come  rav- 
visasi dall'  intima  amicizia  e  corrispon- 
denza che  avea  co'  piìi  illustri  maletna- 
tici  e  astronomi  di  sua  età.  Mori  a'7  feb- 
braio 16  54  d'anni  83,  e  gli  furono  fatte 
solenni  esequie  con  orazione  funebre  re- 
citala dal  p.  in.  Fausto  Zerboni.  Nel  i  GQ  7 
fr.  Domenico  suo  nipote,  priore  del  con- 
vento, gli  et  esse  un  monumento  con  ele- 
gante epigrafe,  che  illustra  il  cav.  Cico- 
gna. Nell'archivio  generale  vi  sono  12 
volumi  di  consigli  o  consulti  da  lui  det- 
tati, e  presso  il  eh.  d."^  Giovanni  Labus  in 
Rlilaiio  tiovansi  parecchie  sue  soiilture 
versanti  sopra  oggetti  giurisdizionali.  Ol- 
tre a  quesle  opere,  avea  lasciato  alla  li- 
breria de'  serviti  7  volumi  d'  altre  cose 
sue,  e  d  p.  Berganlini  possedeva  il  Ra- 
tionarinni  Itiiiporuni,  del  Sarpi,  che  Ful- 
genzioavea  continuato  dal  1622  al  i63i. 
Ma  all'  encomiato  Labus  devesi  la  sco- 
perta, che  la  Vita  del  Sarpi  stampata 
per  lai. 'volta  a  Leida  nel  1646  è  incon- 
trastabilmente scritta  da  lui. Fra  gliscrit* 
tori  che  parlano  di  fra  Fulgenzio  si  pon- 
no  pe'priini  annoverare  quelli  che  trat- 
tarono della  vita  e  opere  di  fra  Paolo,  e 
(pielli  notificali  dal  cav.  Cicogna,  e  pre- 
cipuamente il  d.'  Labus,  che  raccoltone 
le  notizie  scrisse  un  articolo  biografico  in- 
torno al  iMicanzio.  La  delta  epigrafe  dal- 
la cappella  maggiore  della  chiesa  fu  tras- 
ferita nel  chiostro  del  seminario  patriar- 
cale. —  Il  cav.  Mulioelli  negli  Annali 
Urbani  di  Venezia j  a  p.  53o,  si  è  distia- 


V  E  N 

to  colle  sue  vaste  cognizioni  di  patria 
istoria,  Q^assime  urbano,  per  cui  è  bene 
eoo  lui  riprodurre  alcuni  particolari  inte- 
ressanti a  cbiarire  avvenimenti  così  divul- 
gati e  clamorosi,  che  per  la  loro  complica- 
zione, io  non  poteva  dir  meno. Dopo  aver 
egli  premesso  un'indicazione  sull'origine 
del  notis<:imo  contrasto  tra  la  repubblica 
e  Paolo  V,  nel  passare  a  spiegarne  gli  effet- 
ti nella  sola  Venezia  avvenuti,  comincia 
da  un  cenno  biografico  di  fr.  Paolo  Sarpi, 
descrivendone  l'ingegno  vastissimo, le  sue 
dottissime  e  molteplici  cognizioni  e  sco- 
perte della  contrazione  e  dibitazione  del- 
l' uvea  dell'  occhio,  e  forse  quella  pure 
de'la  circolazione  del  sangue,  che  lo  fe- 
cero chiamare  da  Galilei  nel  comunicar- 
gli le  sue  nuove  scopei  te  intorno  Sa- 
turno e  i  movimenti  di  Venere,  coinitn 
padre  e  maestro,  njfenuando  che  assi- 
curar potci'a  senza  iperbole  che  ninno 
di  cognizione  nelle  matematiche  in  Eu- 
ropa oltrepassavalo.  Indi  continua  a  di- 
re :  Sopravvenuto  pertanto  il  romano a<;- 
salto^e  giusta  mente  seni  brando  esser  quel- 
lo un  all'are  di  sommo  rilievo,  valevasi  la 
repubblica  della  dottrina  di  Antonio  Or- 
telio,  di  Gioacchino Scairii  e  di  Alare' An- 
tonio Pellegrino,  giureconsulti  suoi  fa- 
mosissimi, ma  precipuamente  di  quella 
di  fr.  Paolo.  Le  rimostranze  e  le  ragioni 
per  iscritto  e  per  voce  di  ambasciatori, 
addotte  dietro  i  concigli  di  Sarpi,  da  Ve- 
nezia a  Paolo  V,  non  furono  però  bastan- 
ti a  rimuoverlo  dalle  sue  pretensioni,  per 
cui  emanò  la  narrata  scomunica,  pro- 
mulgata con  monitorio  adisso  in  Roma 
o 

a'  I  7  a[)riIei6o6,  e  sparso  in  tutte  le  cit- 
tà d'Italia.  -•>  Al  giunger  dell'  amara  no- 
vella tutta  Venezia  fu  a  pie  degli  altari, 
lutti  i  cuori  a  pietà  vòlti  e  a  supplicazio- 
ni verso  a  Colui,  che  giudica  gli  uomini, 
acciocché  in  meglio  mutar  volesse  l'ani- 
mo del  Pontefice,  ed  a  conoscere  il  muo- 
vesse le  ragioni,  la  verità  e  la  giustizia 
della  causa  delia  repubblica.  Nel  mede- 
simo tempo,  alljssi  sopra  lutti  i  cauli  del- 
la città,  si  pubblicavano  due  baadi.  leu- 


V  E  N 


47  o 


poneva  il  i  ."die  nessun  cittadino  sotto  pe- 
ne gravissime  tener  [lofesse  [)iesso  di  se 
copia  del  monitorio;  dichiara  vasi  nel  2." 
come  indebito,  ingiusto,  irrito  e  nullo  il 
monitorio  medesimo,  ma  essei-  mente  del- 
la repid>l)lica,  ferina,  inconcussa,  irrevo- 
cabile di  voler  per>e\eiare  nell  antica  a- 
vita  fede  caltohca  ed  apostolica,  e  nella 
consueta  sua  affezione  e  nell'ossequio  ver- 
so i  romani  Pontefici.  Così  iiiidamlo  « 
scoppiar  la  fulgore  minacciala  da  Paolo 
V,  partivansi  dalla  città  a'g  maggio,  non 
volendo  es^er  colti  dall'  anatema,  i  ce- 
suiti,  cui  già  molto  amore  dimostralo  si 
aveva,  cui  sì  dal  pubblico,  come  da'pri- 
vati  erano  stali  conceduti,  insin  da' pri- 
mi anni  della  creazione,  grandi  benefizi; 
parlivansi  i  cap[)uccini,  i  frati  minori  ri- 
formati, e  que'di  s.  Gaetano  Tiene,  dono 
aver  tolte  le  funi  dalle  campane,  consu- 
mate tulle  le  ostie sag(ale,e  celebrata  una 
messa  bassa,  che  terminarono  senza  da- 
re al  popolo  la  benedizione,  lasciando  pe- 
rò istruzioni  e  avvertimenti  a' pochi  di- 
voli al  loro  nome,  l'r  i  maggio.  Dimo- 
strando intanto  i  cittadini  il  più  grande 
zelo  per  mantenere  la  indipenilenza  loro, 
e  volonterosamente  offerendo  qunuto  a- 
vevano  di  vita  e  di  sostanza  in  difesa  e  in 
[latrocinir)  della  patria,  ove  uiai  si  ave<se 
voluto  pure  assi! irla  colle  temporali  ar- 
mi (nota  l'anualista  :  Il  Papa  domaiulava 
al  re  eh  Spagna  protezione  e  soccorso  per 
domare  con  le  armi  uomini,  cui  le  sue 
censure  non  alleni  vano);  tulli  gli  altri  ec- 
clesiastici poi,  tanto  secolari,  quanto  re- 
golari, ubbidienli  alla  volontà  tiella  si- 
gnoria, continuavano  ti  anqiiillamente 
nell'esercizio  del  sacro  lor  ministero.  Con- 
fortata per  questi  fitti  Venezia,  e  perciò 
sempre  più  salda  ne' suoi  principii.  sco- 
raggiato, al  contrario,  andava  il  Ponte- 
fice, onde  incominciando  a  conoscere  la 
necessità  di  una  riconciliazione,  volgera- 
si  a  (|ueirclfetto  ad  iìnricolV  re  di  Fran- 
cia. Stabilito  pertanto  dal  sommo  Iddio 
che  un  re  stalo  eretico  compor  dovesse  le 
differenze  sorte  tra  uno  stalo  cattolico  e  il 


470 


V  E  i\ 


l'ii'.toi'  supieinotle'callolici, mollo  destra 
iiMiilc  per  il  cardinal  di  Gioiosa  eia  con- 
cilila a  line  la  vertenza  gravissima.  Ma  i 
p,ii  liyiaiii  della  corte  di  Uoma  andavano 
spargendo  certi  libelli, iu  cui  dicevasi  che 
le  pontificie  prelese  erano  slate  pcrfet- 
Iciinciile  so>lenute  ;  u'tjuali  scritti  Vene- 
via  non  lasciava  di  rispondere  con  altro 
\\\\\\o\i\\o:  liiforiiuizioiic  jìdrticolurcdcL- 
/'</c'f6i///orZrtme/i^j,sniasclicrando  le  pro- 
palale falsità.  Or  Ira  [)er  questo,  tra  per 
gli  avvenimenti  precorsi,aci:adeva  che  ri- 
tornando Paolo  Sarpi,  anima  esosleni- 
1(11  e  caldissimo  «Iella  veneziana  causa,  sul- 
I'hIj!)!  unarc  ilei  5  ottobre  1G07  ilal  pa- 
li/zo  ducale  al  suo  convento  in  compa- 
gnia di  uu  h".  Marino  laico,  e  di  un  A- 
Jcssandro  Malipiero,  vecchio  gentiluomo, 
nsialilo  i'os.>e,  couic  calava  il  ponte  di  s. 
l'osca,  improvvisamenle  e  precisamente, 
ilietro  gl'uidizi  dali,da  un  Michele  Vitri 
Jjeigamasco,  da  Uidolfo  l'ouia,  da  Ales- 
sandro l^arasio  d'  Ancona,  da  Giovanni 
da  Firenze  e  da  Pasquale  da  Bitonto,  uo- 
mini d'arme  qucsl' ultimi.  Scaricate  da' 
bicarii  alquante  archibugiale,alìine  di  al 
terrire,  oltreché  il  laico  e  il  ftlalipicro,  i 
vicmiche  avessero  voluto  accorrere  a  fra 
l'aolo,  alcune  feiisnVme,  capoliu  facendo 
dalle  iinestre  delle  case  loro,  vedean  per- 
cosso fieramente  in  varie  parli  del  corpo 
il  consullor  teologo  della  repubblica,  dar- 
glisi  due  ferite  nelle  scapole,  ed  una  nel- 
l'orecchia destra,  che  andava  a  riuscire 
Ira  il  naso  e  la  guancia  pur  destra.  Ca- 
duto a  terra  fra  Paolo  e  già  morto  repu- 
landolo,  gli  aggressori  prestamente  invo- 
lavansi,  senza  nemmeu  curarsi  d  estrar- 
le dalla  ferita  lo  stilo,  già  litio  e  mollo 
torl(j  riujasto  nell'osso,  per  passare,  pro- 
iiltando  della  notte  so[)ravvenula,  iu  fo- 
restiero dominio".  Prosiegue  lo  storico  a 
Jiairare  le  cure  generose  che  tosto  calo- 
,  rosumenle  prese  il  senato  per  la  guari- 
gione del  Sarpi  e  per  trovare  gli  assassi- 
ni, e  poi  a  preservarlo  da  altri  pericoli, 
nel  pubblicare  premio  a  chi  scoperto  o 
rivelato  avesse  alcuu'altra  iusidia  contro 


YEN 

l<i  vita  del  couiultore  1  is^ieltalo  eJ  ama- 
lo, per  la  cui  sicurezza  maggioresi  dispo- 
se che  avesse  decorosa  stanza  presso  il  pa- 
lazzo ducale,  ricusata  dal  religioso,  rad- 
d()[)piandogli  gli  slipeudii.  Durante  l'in- 
fei  a»ilà  fra  Paolo,  dispoueudosi  alla  mor- 
te, sinceramente  perdonò  a  suoi  nemici, 
non  si  (juerelò  del  male,  uè  formò  giu- 
dici sulla  derivazione  dell'assassinio,  e  pe- 
rò non  è  punto  vero  ch'egli  sclamasse: 
/l-j^nosco  alylnm  Roiiiaiiac  Curiaej  col 
viic abolo  stylam  ironicamcule  volendosi 
dall'  inventore  dell"  esclaujazione  allude- 
re al  coslutne  e  modo  di  procedere  dal- 
la Ctiriu  /ìomrt/<<3, facendone  quasi  un  ca- 
luiinioS(j  sinonimo  di  stilo  specie  di  pu- 
gnale !  Uisanato  che  fu,  il  valente  chirur- 
go Fabrizio  d'Acquapendente,  ricusando 
mercede,  come  talvolta  ficcva  con  altri 
suggelli  distinti,  la  repubblica  gli  donò 
una  grande  e  stupenda  tazza  d'  argento 
coll'impresa  di  s.  Marco,  che  Fabrizio  col- 
locò nel  suo  gabinetto  ricco  di  molti  rari 
e  preziosi  presenti  fatti  a  lui  da  diversi 
personaggi  italiani  e  stranieri,  sulla  cui 
porta  avea  posto  il  molto:  Lucri  ne- 
piceli  liicruni.  Termina  il  cav.  Mulinel- 
li, con  dire  della  morte  naturale  e  delle 
tornile  di  fr.  Paolo  Sarpi.  Termino  io  pu- 
le dennitivamente  questo  imporlanlissi- 
nio  alfare  i\iA\' Inlerdeilo  (che  diede  la  i ." 
e  pili  polente  scossa  morale  a  lulta  l'Eu- 
I  ()pa)colla  citazione  del  cap.  i  ,t.  7,  parte  r/ 
della  Storia  documentala  di  f-^e/iezia 
(pervenutami  quando  già  io  avea  invia- 
lo a  Venezia  il  mio  mss.  Nelle  rapide  oc- 
chiate che  vi  ho  dato,  priucipalmente  mi 
fece  impressione  quanto  riguarda  il  car- 
dinal Caronio.  Noa  intendo  allonlanar- 
uti  dal  protestato  più  sopra,  cioè  di  ces- 
sare uel  declinar  del  secolo  XVI  dal  gio- 
varmi di  sua  opera,  tranne  questa  sola 
tocezione.  Le  poche  parole  che  dirò,  so- 
no la  conseguenza  d'aver  consultato  per- 
sone idonee  qui  in  Roma  ed  a  Vene- 
zia, a  schiarimento  del  delicato  argo- 
mento) del  più  volte  lodato  prof.  Ro- 
rjanin,  cui  spero  non  sleu  per  fare  iuu- 


V  E  N 
lile  seguito,  a  librar  i)  vero,  lulte  le  par- 
tìcularìlà,  che  qui  raccolsi  e  ili  persone 
e  di  fatti;  ed  al  quale  estendo  tutte  le 
osservazioni,  che  ho  già  premesse  a  prin* 
cipio  intorno  a  massime  di  giurisdizione, 
iminunilà  ecclesiastica,  ed  autorità  pou- 
lificia.  Sono  anche  in  debito  di  avvisare, 
che  la  massi  tua  che  sarebbe  attribuita  dal 
codice  Cicogna  (e  quindi  dal  prof.  Ro- 
manin)  al  cardinale  Haronio,  quella  cioè 
che  sia  del  mmistero  di  l'ietro  tanto  il 
pascere  le  pecore,  che  ammazzarle  e 
mangiarle,  e  che  tale  ammazzamento 
non  sìa  crudeltà,  tna  atto  pietoso,  per- 
clù', se  perdono  ilcorpo,sah'ano  V  anima, 
non  doveva,  né  dev'essere  mai  posta  che 
Ira  le  favole  più  invereconde  a  carico  di 
tanto  insigne  luminare  di  s.  Chiesa  qual 
fu  il  Daronio,  la  cui  moderazione  e  bontà 
d'animo  è  posta  al  di  sopra  d'ogni  calun» 
nia  dalla  stessa  fìnaledel  suo  già  citalo  li- 
bro :  Carsaris  Baronii  etc.  Paracnesis 
ad Rempiiblicarn  T  enetaì?ì,(]o\e  leggesi  : 
5j  La  Chiesa  non  odia  nessuno;  essa  ci 
ammonisce  cogli  scritti  di  amar  gii  ini- 
mici, e  io  insinua  colle  parole.  Ella  non 
perseguita  ed  odia  che  il  peccalo.  S.  Ago- 
slino  medesimo  a  INIassiuiino,  donatista 
e  ca[)0  d'  eretici,  dà  il  titolo  di  ddellis- 
simo.  lo  vi  amo  lutti  nelle  viscere  ili  Ge- 
sù Cristo,  e  prego  per  voi  ec.  ec.  L'am- 
monimento che  vi  mando  siavi  corie- 
zioue  se  l'accogliete;  tesliuionianza  di 
protestazione  se  lo  ricusale  ".  In  ai  go- 
nienlo  sì  grave,  e  per  un'enormità  di  sen- 
tenza, in  bocca  di  un  cardinale  sì  vene- 
rato da  lutti,  quanto  quella,  che  il  l'adre 
dei  fedeli  possa  ammazzare  e  mangiare 
le  pecore  (loco  citato,  p.  44))  "O"  basta- 
va citar  un  codice  Cicogna,  contenente  la 
I dazione  di  un  solo;  bisognava,  e  biso- 
gna, porre  a  severo  esame  la  qualil^  ed 
autorità  del  codice,  e  (|uelle  da  riferir- 
si al  testimonio,  che  parla  in  esso.  Or 
quanto  al  codice  1799  del  cav.  Cicogna 
mi  consta  ch'egli  non  è  clie  una  rac- 
colta di  calte  varie  riferibili  all'aigo- 
uieulo,  e  quella  di  cui  si  tratta.  cio<'  quel- 


V  E  ^'  477 

la  da  cui  il  prof.  Roinaniu  ha  tratto  il 
brano,  che  riferisce  nella  nota  i."  in  cal- 
ce della  ricordata  p.  44i  '•  7  della  sua 
storia,  non  consiste  che  in  due  fogli  di 
carta  volanti  non  muniti  di  alcuna  au- 
tenticità. Quello  poi  che  in  essi  scrive, 
e  non  si  sa  chi  fosse,  avverte  egli  stes- 
so: Qitaedani  capita  tantum  notavi  (si 
vede  ch'era  un  benevolo  della  repubblica 
incaricato  di  avvisarla  di  tutto  che  fos-u 
stalo  dello  nel  concistoro), /j^-c  mihi  sjìiI' 
tium  fuit  omnia  exarare.  Post  alitino!! 
dies  ita  e  memoria  exciderant,  ut  ani- 
plius  exarare  non  potuerim.  E  non- 
ostante con  questa  stessa  carta  alla  mano 
si  manifesta  benissimo  la  vera  e  degna 
sentenza  del  cardinale  Baronio,  il  quale 
netto  e  schietto  ha  detto  :  Quod  occi- 
s'ìo  non  esse  deheat  nisi  ex  summa  chari- 
tate:  quod  occidil  precipit  manducare, 
nempe  per  christianam  charitatcni  in 
sua  viscera  recondere^in  se  ipsum  unire, 
ut  sint  simul  unum  et  idem  in  Christn. 
E  quindi  manifesto  per  tulli  i  versi,  elio 
la  sentenza  del  Baronio  non  si  esleiulcva 
elle  ad  una  mistica  interpretazione;  cioò 
a  quel  modo  di  spirituale  governo,  clu; 
per  la  cura  di  Pietro  pasce  i  fedeli,  e  fi 
entrare  nelle  viscere  della  sua  medesima 
carila  anche  gli  erranti  e  gì'  infedeli.  Clic; 
più,  mi  si  dice,  che  a  p.  63  e  G4  del  l.  3 
(Iella. SVoz/Vz^/zc^-Wo/KY/ del  cav.Mulinclli, 
che  d'altronde  non  possiedo, abbiamo  re- 
plicata e  documentata  l'oi)inione  difesa 
dal  Baronio  in  lutto  questo  negozio  :  il 
cardinale  diceva  :  «  queste  iioii  sono  cose 
da  Irallare  colla  violenza.  J']  desiderabile 
che  la  repubblica  veneta  e  l'ecclesiastica 
si  dieii  mano  per  la  quiete  e  bene  di  tut- 
ti". Giusta  i  canoni  della  buona  critica, 
tanto  scema  il  valore  e  1'  autorità  delle 
testimonianze,  quanto  più  esse  disco - 
stansi  dall'epoca  dc'falli,  o  almeno  non 
adducono  contemporanei  documenti  cui 
non  possa  darsi  eccezione.  Inoltre  non 
sembra  meritare  il  titolo  di  Cor//r<', un'ac- 
cozzaglia di  poche  carie,  di  cui  s'ignora 
l'origine  e  la  duplice  qualità  richiesta  a 


478                   V  E  N  VE  N 
f.ir  feilein  chi  le  dellava,  cioè  a  (lire  pio-  sef;.,  avendone copiosametile  ragionatosi 
Lilà  nello  scriltore  per  non  ingannare,  e  in  lode  e  sì  in  biasimo,  secondo  le  diver- 
piena  scienza  dell' avvenuto,  onde  non  se  testimonianze  degli  storici  e  de'docu- 
indurre  chi  legge  in  errore  circa  la  sto-  menti,  che  la  brevità  mi  vieta  di  accen- 
j'ia.  Su  questa  norma  giudicato  il  codice  iiare  dopo  l'esposte  digressioni  sul  gnive 
Cicogna,  perde  se  non  in    tutto,  certa-  orgomento.  —  Marc  Aalonìo  Meiiiino 
mente  per  ciò  che  riguarda  la  sentenza  \Cl  doge.  Era  procuratore  di  s.  Marco, 
delLaronio,  ogni  autenticità,  e  per  conse-  ilhislre  per  nascita,  chiaro  per  l'eminenti 
guenza  ogni  di»  itto  all'assenso  de'Ieggito-  cariche  sostenute,  venerando  perl'avan- 
ri.  Ciò  detto,  a  difesa  troppo  dovuta  del  zata  età  di  76  anni,  interessante  per  la 
cardinal  I3aronio, avverto  pure  che  l'ope-  bellezza  del  corpo,  e  per  l'augusta  statu- 
ra di  sopra  jicordata,  ed  or  ora  venuta  ra  alta  e  maestosa,  la  cui  esaltazione  a* 
in  luce  :  Paolo  F e  la  Rcpuhhlìca  venda  24  loglio  161 2  venne  accolta  con  plau- 
cc,  è  tale  da  usarne  Con  ogni  circospezio-  so  da  tutti   gli  ordini  tlella   repubblica, 
nedi  critica  prima  di  acconsentire  a  tutte  Restò  eletto  al  i.°  squiltino,  e  con  lui  do- 
le  osservazioni  che  la  corredano.  E  qui  pò  280  anni  sì  rivide  un  doge  di   casci 
sia  fìneid  grave  raccontode!r//i/ciY/('^/o,  vecchia,  la  quale  hniga  esclusione  avea 
the  fu  non  ultimo  ellelto  delle  mene  spa  grandemente  irritato  le  case  vecchie,  ed 
gnuole  per  f;irsi  largo  a  dominare,  se  pò-  altrimenti  facendosi  stavano  per  iscoppia- 
tuto  avesse,  l'Italia,  colla  rovina  della  re-  re  gravi  disordini,  avendo  dalla  lor  parte 
pubblica, che  ne  fu  sempre  l'autcrnurale.  ilfuvoredel  popolo.DelleC(7.9e/iMoreedel- 
— Perlageneralecommozionedellegravi  Xccase  vecchie  ragionai  nel  dogado  y/i." 
tose  narrate,  colsero  il  momento  i  trie-  Sopite  le  vei  lenze  con  Roma,  secondo  la 
slini  pel'  esei  citare  rappiesaglie  sulle  sa-  frase  del  biografo  Casoni,  insorsero  gli  u- 
line  e  sul  commercio  del  sale,  ina  venne  scocchi  con  nuovi  ladronecci  e  piraterie 
represso  l'nrbitrio  loro  ct)lla  forza  delle  a  turbar  la  pubblica  quiete,  ed  infestare 
armi.  ^'elI6IO  la  repubblica  restò  addo-  il  commercio  de' veneziani,  li  senato  rin- 
lorata  per  l'uccisione  del  suo  cordiale  a-  novo  le  sue  vivissime  rimostranze  a  Fer- 
mico  Enrico  IV  le  di  Francia,  ad  onta  dinando  arcidura  d'Austria,  ed  a  tenore 
the  dopo  tante  sanguinose  guerre,  pare-  de' precedenti  trattali  invitandolo  a   le- 
va the  avesse  domato  l'idia  delle  discor-  primere  l'audacia  e  gì'  intra[)rendiinen- 
die  intestine  del  suo  regno.  Gli   successe  ti   di  que'  barbari,  stazionati  ne'  territo- 
il  figlio  Luigi  Xlllsott(j  la  reggenza  ma-  rii  di  sua  giurisdizione,  ma  u'  ebbeaiu- 
terna  di  IMaria  de  Medici.  Il  doge   Leo-  nle  promesse,  alle  quali  i  fatti    non  cor- 
nardo  Donato,  dopo  aver  dato,  comesi  risposero;    venne  chiesta   la  mediazione 
esprime  il  C;isoni,  luminosi  saggi  di  prò-  dell'  imperatore  Mattia;  ebbe  luogo  un 
fonda  politica  e  di  maturo  e  fermo  con-  componimento,  se   non  che  disposti  co- 
siglio,  vale  a  dire  la  fermezza  colla  quale  loro  sempre  al  mal  fare  scorrevano  i  ve- 
resistè  a  Paolo  V  nel  sostenere  la  repub-  neziani  paesi,  e  quelli  pure  del  turco,  o- 
J)lica  nell'esercizio  di  sua  giurisdizione  so-  vunijue  recando    morte  e  desolazione. 
prngliecclesiasli(;i,uioiìa'iG  luglio  1612,  Dopo  essere  slati  sconfìtti  a  Lesina  dal 
avendo  sedi>to  doge  {>  anni,  G  mesi  e  6  protvedilore  Filippo  Pasqualigo,  arri- 
giorni,  e  venne  sepolto  a  s.  Giorgio  Mag-  varono  all'  esecrando  eccesso   di   cibarsi 
gioie,  il  cui  monuaiento  sepolcrale  è  sul-  del  cuore,  e  bevere  il  sangue  di  Cristofo- 
la  porta  principale,  d'ignoto  autore.  Ma      ro  Venier  comandante  di  una  galera  ve- 
per  altre  interesi-antissimt  notizie  su  que-      neziana  e  da  essi  fatto  improvvisamente 
sto  doge,  si  può  vedere  il  tuv.  Cicogna;      e  con  sorpresa  loro  infelice   prigione,  il 
Jnscnziuui  1  encziane^  l.  4,  p-  ^l'i-  e     cui  tronco  capo,  messo  fra'  deschi,  servi 


V  E  N 
di  lazza  n  trastullo  ili(|ueironeiulo  con- 
vito ;  intuire  lutto  requi[)aggio  ci  iiilel- 
tueiite  aveanogellalo  iicU'oiule.  Altri  di- 
cono che  gli  uscocchi  intrisero  il  ioio  pa- 
ne nel  suiigue  dello  ^vcnlurillo  Venier, 
per  certa  loro  superstizione,  onde  rafFer- 
niare  il  legame  indissolubile  tra  essi.  A 
tale  notizia  iiiorrufi  Venezia  ;  il  popolo, 
e  specialmente  i  [ìorenli  del  ^enier  gri- 
davano vendetta,  e  Pas()uaIigo  fu  n>an- 
dato  a  slrin"ere  d'assedio  Seizna.  L'arci- 
duca  beiitliè commosso  da  così  deplot  an- 
da  catastrofe,  reslava  nell'  inazione,  ed 
anzi  corse  fania  che  ingenerale  parteci- 
passe al  bottino  di  que'laclroni.  11  senato 
si  trovò  nella  necessità  di  ascoltar  le  la- 
gnanze del  sultano  Acmel  IjCol  quale  al- 
lora era  in  pace,  al  qual  tine  gli  conven- 
ne adoperale  le  proprie  aimi  a  lintuz- 
zare  1'  ardire  degl'  indomabili  nscocchi, 
ed  a  far  valere  le  giuste  sue  ragioni  verso 
l'Ausli  ia,  che  sembiava  poco  curare  un 
così  grave  interesse,  anzi  gli  uscocclii  ne 
vantavano  la  protezione.  Si  aggiunga  che 
l'Austria  pretendeva  alla  libera  naviga- 
zione dell' Adriatico,  ed  a  >pogliai'e  Ve- 
nezia del  diritto  che  vantava  su  quel 
mare  ;  perciò  non  vedeva  di  mal  occhio 
fpie'  pirati  e  le  angustie  che  recavano 
alla  repubblica.  L' Arte  di  verìjicaie 
le  {late,  dice  apertamente  che  i  mini- 
stri austriaci  segretamente  favoiivano 
questi  briganti.  Ed  il  Sagredo,  che  il  fii- 
le  uscite  tutti  gli  uscocihi  da  Segna  ripu- 
gnava all'arciduca  [ìci-  non  lasciarla  vuo- 
ta d'abitatori,  restando  abbandonala  una 
piazza  di  frontiera  all'incursioni  ottoma- 
ne; di  [)iù  racconta  all'annoiòiy  tulle 
le  loro  iniquità,  e  invasioni  di  paesi  tur- 
chi, oltre  i  danni  lecali  a'vencziani.  Lo 
compi  ova  (jiialmente  la  letlei  a  scritta  liul 
dogeBembodi  giustificazione,a^igi^lnou- 
do  111  re  di  l*oloni.i,  in  cui  è  detto:  Che 
i  corsari  uscocchi,  ladroni  crudelissimi, 
impuneinenle  comuieltevano  inaudite 
barbarie  per  la  qualità  di  loro  sili  eprin- 
cipa latente  pel  lomento  e  sicurezza  del 
ricapito  permesso  du'  oiinislti  dch'urci- 


V  E  N  479 

duca  Ferdinando  in  Segna  e  altre  fortez- 
ze del  ViiiadoI,  allettati  dalla  partecipa- 
zione delle  prede  di  molto  valore.  Non 
essentlo  giovale  l'interposizioni  di  Paolo 
V  e  dcH'impeialore.  La  lettera  e  sua  ri- 
sposta si  ponno  vedere  nel  Parisi,  Isiru- 
tioiit  pei-  la  Sc^reierìa,  1. 1,  p.  2c)3eseg., 
ove  leggo  nell'  indirizzo  al  re,  datagli  hi 
formula  :  Deigralia  regi  Polonia,  Joan- 
ìies  B(.rnho,eadeni  gralia,Diiju  f  eneliu- 
rum  eie.  j  saluleni  ci  coiniìiciidallonc'ii. 
Nella  risposta  del  re  al  doge  comincia 
colle  parole:  Serenissime  Priiiccps  Ami- 
celSosler  Carissime.  Le  corti  d'  Euro[ia 
presero  parte  nella  vertenza,  e  fra  que- 
ste l'Iiighillena  olfiì  unirsi  in  lega  colbi 
repubblica.  Tali  amichevoli  esibizioni  e- 
rano,  più  che  altro,  consigliale  dalla  po- 
litica, stante  l'agitazione,  in  cui  trova  vali- 
si gli  all'ari  d'  Italia,  per  le  controversie 
Ira  la  Spagna  e  Savoia  sul  MoiifcrraLo, 
in  quel  tempo  muto  al  ducato  di  iNIun- 
tova;  ma  i  veneti  padri  pensarono  essere 
elTelto  di  prudenza  non  prendere  alcuna 
determinazione.  Così  il  Casoni.  iMa  il  Mu- 
ratori,che  narra  i  molivi  della  questione, 
propriamente dessa era  tra  ildiicadiSavo- 
ia  che  pretendeva  per  la  sua  nipote  il  Mua- 
ferrato,  contro  Feidinaiido  e  Vincenzo 
Gonzaga  fratelli  del  defunto  duca  di  Man- 
tova e  Monferrato  Francesco  IV.  Le  parti 
del  duca  di  Savoia, per  laSpagna  alquanto 
sosteneva  d.  Francesco  o  Giovanni  Men- 
dozza  uiaichese  d'Inojosa  e  governatore 
di  INIilano;  e  siccome  Ferdinando  Gonza- 
ga rinunziala  la  dignità  cardinalizia  avea 
assunto  il  titolo  di  duca,  e  per  esso  si  di- 
chiarai ono  favorevoli  i  veneziani  col  gran- 
duca di  Toscana,  per  impedire  agli  spa- 
glinoli di  allargare  i  loro  dominii  d'Ila- 
lia,  fecero  lega  con  lui.  Il  iluca  ili  Sa- 
voia Carlo  Emanuele  I  risvegliò  l'antiche 
pretensioni  di  sua  casa  sopra  il  Monler- 
rato,  e  cominciò  a  invaderlo  colle  armi 
nell'aprile  i6i3.  Per  tal  novità  i  vene- 
ziani somminislraiono  denaro  al  duca 
Ferdinando,  acciocché  ficesse  una  leva 
di  3,poo  tedeschi,  lulervtuuta  la  Frau- 


4.Su  V  E  N 

eia  colle  armi,  e  l' impcratr.re  Coli'  au- 
torità, il  duca  di  Savoia  dovetle  lilirai- 
si.  Il  maggiore  soslenimento  ni  duca 
di  Mantova  e  Monferrato  lo  diedero  i 
francesi  ed  i  veneziani.  Nel  i6i5,  narra 
il  Muiatori,  si  svegliò  nn  altro  incendio 
di  guerra,  fra  la  repubblica  di  Venezia 
e  Ferdinando  arciduca  d'Austria,  perchè 
ad  onta  delle  replicate  querele  della  [)ri- 
ma  contro  l'insolenza  degli  uscocclii,  per- 
chè (ossero  allontanali  da  Segna  e  dai 
mare,  non  solo  niun  buon  elfetto  avea  pò- 
tulo  ottenere,  ma  fu  esposta  a  nuovi  dan- 
ni difjue'masnadieri.  Laonde  i  veneziani, 
perduta  la  pazienza,  si  armarono  per  ma- 
re e  per  teira,  ond'  ottenere  colla  forza 
quella  giustizia  che  non  potevano  conse- 
guir colla  ragione.  Cioccarono  Trieste  e 
Fiume,e  distrussero  le  saline  de'trieslini, 
fabbricale  contro  i  patti.  Ma  in  quest'ul- 
tima fazione,  nel  ritirarsi  i  veneziani  fu- 
rono sbaragliati  e  in  buona  parte  uccisi 
dagli  austriaci.  Spedirono  poi  i  veneziani 
nel  Friuli  un  esercito  d'8,ooo  fanti  e  di 
a, ODO  cavalli,  comandati  dal  loro  ge- 
nerale Pompeo  Giustiniani  corso  (det- 
to Braccio  di  ferro,  perchè  al  perduto 
nelle  guerre  diFiandra  altro  se  n'era  falto 
sostituire  di  ferro),  che  passati  nel  territo- 
rio degli  austriaci  presero  nell'Istria  piìidi 
60  villaggi,  e  andarono  finalmente  ad  as- 
sediar Gradisca,  fortezza  di  molla  impor- 
tanza sul  fiume  Isonzo.  Ma  volendo  i  ve- 
neziani far  leva  di  genti  in  Italia,  trova- 
rono diflicoltà  da  per  tutto.  Paolo  V  spe- 
cialmente, per  le  passale  differenze  disgu- 
stalo di  essi,  non  permise  ne'suoi  stali  che 
s'arrolasse  alcuno:  era  allora  ambascia- 
tore veneto  presso  di  lui  Simone  Con- 
tarini.  Mollo  meno  d.  Cesare  duca  di 
Rlodena,  perchè  in  sostanza  la  guerra 
si  fìiceva  all'Austria,  capo  della  cui  ca- 
sa era  l' imperatore  suo  sovrano;  e  per- 
chè richiamato  il  principe  Luigi  ti*  Este 
suo  secondogenito  dal  servigio  de'venc- 
li,  qual  generale  di  cavalleria,  non  volle 
ubbidire  il  padre,  [ìcrciò  lo  bandì.  Così  fe- 
cero gli  alli  i  principi  italiani,e  perciò  si  ri- 


V  E  N 
volse  la  repul)bica  a  cavare  quanta  copia 
potè  di  armali  dall'Albania,  Dalmazia  e 
altri  luoghi  d'oltremare.  La  gente  invia- 
ta sotto  Gradisca  era  in  gran  parte  collet- 
tizia e  inesperta  alia  guerra,  per  cui  i  di- 
fensori avvezzi  all'armi  e  feroci  la  costrin- 
sero a  ritirarsi  dopo  inutili  assalti.  E  t au- 
to più  perchè  il  nunzio  del  Papa,  il  gran- 
duca di  Toscana  e  il  duca  di  Mantov;i 
s'interposero  per  la  pace  ;  al  che  si  adope- 
rava il  governatore  di  Milano,  tuttoché 
gli  fosse  venuto  l'ordine  dall'altra  corte 
austriaca  di  Spagna,  di  dare  assistenza 
all'arciduca  contro  i  veneziani.  Entrò  poi 
la  mortalità  nel  campo  veneto,  per  cui 
restò  notabilmente  sminuito;  contutto- 
ciò  riuscì  ai  provveditori  Erizzo  e  Fosca- 
rini  d'impadronirsi  di  Chiavarello,  Laci- 
niso,  Fara  e  altri  luoghi.  Poco  poi  stet- 
tero ad  ingrossarsi  gli  austriaci,  che  non 
solamente  respinsero  i  veneti,  ma  misero 
purea  ferro  e  fuoco  un  gran  tratto  del  loro 
paese,  con  declinar  ogni  dì  più  la  fortu- 
na dell'ormi  venete.  In  tale  stalo  di  cose 
mancò  di  vita  ildoge  Memmo  a'3  i  otto- 
bre 161 5,  ed  ebbe  sepoltura  nel  tempio 
di  s.  Giorgio  Maggiore,  presso  il  suo  an- 
tecessore, e  dopo  il  I  o.''e  ùltimo  altare,  il 
di  cui  monumento  è  d'ignoto  autore.  — 
Giovanni  Bembo  XCII  doge.  Procura- 
tore di  s.  Marco,  vecchio  d'età,  nelle  pa- 
trie magistrature  e  nelle  legazioni  soste- 
nule  avea  dati  saggi  di  politica  scienza, 
fu  eletto  doge  a'2  dicembre  i6i5.  L'o- 
rizzonte politico  era  allora  oltremodo  tur- 
bato, e  le  potenze  europee  condotte  dalla 
loro  reci[)roca  gelosia  di  dominio,  pren- 
devano ingerenza  negli  atfari  d'  Italia, 
quali  a  vantaggio,  qualicontro  gl'interes- 
si della  repubblica.  Il  eh.  Casoni  riporta 
in  questo  dogado,  quanto  col  Muratori 
ho  narralo  nel  precedente,  della  guerra 
coH'Austria,  che  bensì  continuava.  Non 
sapevano  darsi  pace  i  ministri  di  S[)agiia, 
massime  ii  governatore  di  Milano  d.  Pie- 
tro Toledo  marchese  di  Vdiafranca,  suc- 
cesso all'  Inojosn,  che  il  duca  di  Savoia 
Carlo  Emanuele  I,  disgustalo  cogli  spa- 


YEN 
qnuoli  per  la  loro  arroganza,  andnsse  tut- 
tavia colla  lesta  alta,  ed  esigesse  l'esecii- 
zioiie  della  pace  d'Asti,  non  volendo  di- 
sarmare per  sospetto  di  linianere  esposto 
alle  vendette  spaguiiole.  Paolo  V  per  pa- 
cificarli inviò  per  nunzio  straordinario  a 
Milano  e  al  duca  Alessandro  Ludùvisi,  poi 
cardinale  e  PapaGregorio  XV,  ma  inutil- 
mente, onde  nell'autunnoiGiG  si  venne 
ad  aperta  guerra.  Il  duca  di  Savoia  si  col- 
legò co'veueziani,  ed  avendo  solTerto  una 
rotta,  per  guadagnar  tempo  ricorse  al 
Ludovisi  divenuto  cardinale  e  all'amba- 
sciatore di  Francia,  per  muovere  propo- 
sizioni di  pace  al  governatore,  il  quale 
volentieri  vi  prestò  orecchio,  stanco  da' 
disagi  guerreschi  e  per  credere  di  averlo 
abbassato.  Intanto  gli  affari  delduca  pre- 
sero miglior  piega,  e  ricevè  da' veneziani 
buone  somme  di  denaro  e  promesse  di 
72,000  ducali  al  mese  durante  la  guer- 
ra :  in  guisa  tale,  che  egli  cominciò  con 
sotterfugi  a  ricusare  l'onorevoli  condizio- 
ni pro[)OstegIi,  e  quando  intese  scemalo 
l'esercito  spagnuolo  per  malattie,  parlò 
con  tuono  più  alto,  ed  il  Piemonte  restò 
sgombrato  da'nemici,  tranne  il  presidio 
di  s.  Germano.  La  guerra  de'  veneziani 
cogli  austriaci,  afferma  iMuratori,che  con  - 
linuò  senza  fatti  notabili.  Bensì  riuscì  a' 
veneti  a'ig  marzo  i  G16  d' impossessarsi 
della  fortezza  di  Masclieniza,  e  poi  di  So- 
risa  altro  nido  degli  uscocchi.AlKincontro 
venne  fatto  agli  austriaci  d'occupar  con 
buona  preda  Ponteba  de'veneziaui,  fron- 
tiera dcirilliria  sul  torrente  Fella,  che  al- 
lora divideva  le  loro  terre  tlalle  austria- 
che, anzi  divisa  Ponteba  da  un  ponle, 
quella  di  là  del  fiume dicevasi  Imperia- 
le o  Austriaca,  e  quella  di  qua  Ponteba 
Veneta.  Ma  non  lardò  il  provveditore 
Foscarini  col  conte  Francesco  INIartinen- 
go  a  ricuperar  quel  luogo,  e  poscia  ad 
occupar  anche  l'ontcba  Austriaca  con 
lulte  le  mercanzie  e  robe  di  molto  valo- 
re che  vi  si  trovavano.  Presero  pure  i  ve- 
neti Caporetlo,  luogo  d'importanza  nel- 
rilliria  sulla  riva  destra  dell'Isonzo,  con 
VOI-  xcii. 


V  E  N  48 1 

islrage  d'alcune  centinaia  di  austriaci,  e 
poi  ben  lo  fortificarono.  Ma  mentre  il  cor- 
so generale  Giustiniani  disegnava  passa- 
re l'Isonzo  perassalire  Gorizia, verso  Lu- 
cinis  restò  ucciso  da  una  palla  di  mo- 
schetto. 11  senato  gli  fece  celebrare  ono- 
revoli esequie  in  ss.  Gio.  e  Paolo,  ed  as- 
segnòannue  pensioni  alla  vedova  e  a'figlc^ 
In  questo  tempo  divenne,  in  di  lui  sosti- 
tuzione, governatore  generale  dell'armi 
venete d.  Giovanni  de  Medici  figlio  natu- 
rale di  Cosimo  I  granduca  di  Toscana, 
ch'erasi  acquistato  gran  nome  nelle  guer- 
re di  Francia  e  d'Ungheria.  Procedendo 
lentamente  la  guerra  de'  veneziani  con- 
tro gli  austriaci,  altra  ne  fu  suscitata  lo- 
ro per  mare  da  d.  Pietro  Toledo  Tellez  y 
Girou  duca  d'Ossuna  viceré  di  Napoli. 
Nemico  dichiarato  del  nome  veneziano, 
ed  insieme  voglioso  di  dar  braccio  alla  ca- 
sa d'Austria,  fece  un  bell'armamento  di 
galeoni,  e  l'inviò  nell'  Adriatico  sotto  il 
comando  di  Francesco  Riviera,  per  fare 
una  diversione  allearmi  venete.  Imman- 
tinente ancora  la  repubblica  unì  1 8  galee 
sottili,  2  galeazze  e  7  galeoni,  e  spintele 
in  mare  fece  in  fretta  ritirare  il  Riviera 
a  Brindisi.  Fu  allora  che  gli  uscocchi  a- 
nimati  dal  movimento  de'napolelani  u- 
scirono  con  assaissimo  barche  in  mare  e 
presero  quanti  legni  mercantili  ebbero  la 
disavventura  di  cader  nelle  loro  mani, 
giungendo  coloro  a  far  preda  sino  sui  li- 
di di  Venezia.  Ma  più  che  mai  ostinato 
il  duca  d'Ossuna  in  quest'impresa,  a  for- 
za di  nuovi  aggravi  e  gabelle  radunaloas- 
sai  denaro,  accrebbe  silFatla mente  la  sua 
flotta  che  giunse  ad  aver  33  galee  e  if) 
galeoni,  lutti  ben  armati  di  soldatesche 
veterane,  e  inoltre  di  4,000  combattenti. 
Ne  fu  generale  d.  Pietro  di  Leva,  e  pare 
colla  segreta  mira  d'  occupare  la  stessa 
città  di  Venezia.  Certo  è  che  i  veneti  da 
saggi  non  lasciarono  di  far  tosto  le  do- 
vute provvisioni  con  accrescere  di  forti- 
ficazioni e  di  guardie  le  bocche  delle  La- 
gune, dando  perciò  l'armi  a  tutto  il  po- 
polo. Il  capitano  generale  Gio.  Giacomo 
3i 


482  YEN 

Zane  colla  sua  floUa  veneta  composta  tìl 
40  galee  sellili,  4o  barche  lunghe,  6  ga- 
leazze ei  5  galeoni,  si  recò  a  Lesina;  ma 
quantunque  piìulÌ20, ODO  peisone  si  con- 
tassero in  essa, pure  appena  3ooo  ve  n'era- 
no ben  istruite  nel  mestiere  dell'ainii.  se- 
conrloMuralori.ArrivòcoIà  anche  l'arma- 
ta cleirO«suna,e  quando  ognuno  s'aspella- 
\a  un  fiero  combaltimento,  al  quale  e- 
ransi  preparali  gli  spagnuoli,  il  generai 
\enelo  inaspellatanientesi  ritirò  nel  por- 
lo, lasciando  indietro  una  larlana  preda- 
ta da'nernici.  Dalla  forza  de' venti  traspor- 
tato il  general  Riviera  verso  la  Dalmazia, 
s'incontrò  in  10  galee  e  2  barche  grosse 
de'veneziani,  2  delle  quali  galee  chiama- 
te maone,  come  le  barche,  erano  cariche 
di  merci.  Ebbero  la  fortuna  di  salvarsi  y 
di  quelle  galee,  ma  le  due  maone,  colle 
2  barche  e  una  galea  andarono  precipi- 
tosamente ad  alferrare  il  lido;  con  che 
fuggirono  gli  uomini  in  terra,  ma  i  legni 
rimasero  in  potere  degli  spagnuoli  con 
quanto  contenevanOjche  non  senza  util- 
lanteria  si  fece  ascendere  al  valore  di  un 
milione  di  ducati.  Presero  ancora  altri 
legni,  senza  che  il  Zane  l'impedisse,  per 
cui  fu  dipoi  processalo  in  Venezia,  e  an- 
che per  buone  ragioni  assolto.  In  questi 
tempi  si  apr"i  un  maneggio  di  pace  a  Ma- 
drid, e  il  re  ordinò  il  ritiro  di  sua  flotta 
dall'  Adriatico.  ]Ma  giunti  in  soccoi  so  del- 
la repubblica  4,3oo  olandesi,  guidali  dal 
conte  Giovanni  di  Nassau, allora  i  vene- 
ziani varcarono  l'Isonzo,  e  tentarono  di 
passar  sotto  Gorizia.  Da  per  tulio  trova- 
rono forti  ostacoli,  laonde  vi  perirono 
molli  loi-o  ufiiciali,  e  fra  gli  altri  Orazio 
Baglioni  e  Virginio  Orsini  di  Lamenta- 
ne. Anzi  fu  creduto,  che  tra  pel  ferro  e 
le  malattie  3o,ooo  soldati  veneti  ivi  la- 
sciassero la  vita,  laddove  degli  austriaci 
ne  mancarono  solamente  4ooo.  Con  più 
di  ardore  si  riassunsero  a  iMadrid  le  trat- 
tative di  pace  dall'ambasciatore  Pietro 
Grilli,  anche  pel  duca  di  Savoia  per  an- 
dar d'accoi  do  colla  repubblica,  i  ministri 
del  Papa  e  di  Francia  caldeggiando  la 


VEN 
concordia,  i  cui  articoli  non  si  ratificaro- 
no per  richiedere  i  veneziani  la  restituzio- 
ne delle  prede  falle  dal  duca  d'Ossuna, 
e  di  voler  garanledella  pace  il  re  di  Fran- 
cia, ed  i  duchi  di  Savoia  e  Mantova  le 
reintegrazioni  di  Vercelli,  la  cui  espu- 
gnazione n'era  stata  la  maggiore  impre- 
sa, e  de'  danni  soflerli.  Ricevuti  da  Carlo 
Emanuele  I  aiuti  francesi,  uscì  di  nuovo 
in  campagna,  e  pe'progressi  che  fece,  im- 
pplenle  il  governatore  eli  Milano  Toledo 
di  affrontarlo,  a  mediazione  di  Luigi  Xil  [ 
in  Parigi  convenne  alla  pace  a'  6  set- 
tembre 161  7,  la  quale  e  le  conseguen- 
ze delia  guerra  di  Mantova,  produsse  si 
può  dire  il  fondamento  di  grandezza  a  . 
cui  pervenneio  i  reali  di  Savoia.  Per  con- 
to de*  veneziani,  1'  arciduca  Ferdinan- 
do divenuto  re  di  Boemia  (  per  cessKjiie 
dell'imperatore  IMallia  che  1'  adottò  per 
figlio  onde  non  uscisse  lo  scellroimperia- 
le  dalla  casa  d'Austria,  e  così  poi  fu  Fer- 
dinando 11)  dovea  restituire  ogni  luogo 
tolto  ad  essi,  ed  allontanare  gli  uscocchi 
da  Segua  e  dalle  vicinanze  del  mare;  ed 
i  veneziani  dall'altro  canto  doveano  rila- 
sciarci luoghi  occupali  agii  austriaci.  Ma 
il  senato  dipoi  si  mostrò  adirato  co*  suoi 
ministri  per  gli  nrlicolidel  lrattalo,e  mal- 
conlento  il  duca  di  Savoia, benché  ratifi- 
calo a'26  di  dello  mese  a  Madrid,  però 
convenne  cedere  al  re  di  Francia  che  ne 
volle  l'esecuzione,  e  per  questo  fece  ar- 
restare in  Lione  l'ambasciatore  Conlari- 
ni.  Trovo  invece  che  il  Casoni  disse  pia- 
ciuta la  pace,  perchè  gli  uscocchi,  origine 
di  tante  molestie,  furono  tulli  dispersi;  i 
loro  navigli  arsi  e  distrutti,  e  Segna, prin- 
cipale loro  nido  e  rifugio  sul  litorale  un- 
garico,venne  presidiata  da  vigilante  guar- 
nigione, né  in  essa  rimasero  che  que'soli 
i  quali  ne'delitli  de'loro  concittadini  non 
aveanoper  l'avanli  presa  parie  veruna. 
E  perchè  i  veneziani  non  s'erano  mai  vo- 
luti del  tutto  ritirare  dall'assedio  di  Gra- 
disca, e  questa  ormai  stava  per  cedere,  il 
governatore  di  Milano  ostilmente  entrò 
ne'territoriidi  Bergamo  e  di  Crema,  e  re- 


V  EN 
co  eccessivi  danni  a  que'popoli  :  da  que- 
sta tliversione  risullò  la  salute  di  Gradi- 
sca. Tornata  nella  Lomliaidia  e  nel  Frin- 
ii la  calma  per  la  pace  di  Parigi,  non  ces- 
sò per  questo  la  guerra  nelle  parti  del- 
l'Adriatico. x\veanoi  ragusei  dato  ricetto 
e  viveri  all'armala  navale  del  duca  d'Os- 
suna  ;  amareggiati  perciò  i  veneziani,  or- 
dinarono alla  loro  armata  navale  di  dan- 
neggiare le  terre  di  quella  repubblica. 
Essendo  ricorsi  que'di  Ragusi  all'  0»su- 
na,  spedì  egli  di  nuovo  il  Riviera  alla  lor 
difesa  con  ima  squadra  di  galee  e  galeoni 
ormati  di  tutto  punto.  A"  io  novembre 
16 [7  furono  a  vista  le  due  flotte  nemi- 
che. La  veneta  era  assai  superiore  all'al- 
tra in  nnoìero  di  legni,  ma  non  assai  for- 
nita di  marineresca  né  di  combattenti. 
Nel  dì  seguente  l'artiglierie  diedero  prin- 
cipio in  lontananza  alla  loro  sinfonia;  ma 
non  si  venne  mai  all'abbordo  :  perciò  do- 
po aver  la  capitana  spngnuola  cagionato 
gran  danno  colle  bombarde  e  la  moschet- 
teria  alle  navi  nemiche,  talmente  si  sgo- 
mentarono le  soldatesche  venete,  che  per 
quanto  facesse  e  dicesse  il  loro  prode  ge- 
nerale Venier,  non  fu  ubbidito.  Cresciu- 
to poi  il  ventOjSi  separaronole  due  ainia- 
te;  la  veneta  fu  trasportata  verso  l'Al- 
bania e  Schiavonia,  perdendo  3  galee  sot- 
tili per  la  furia  del  mare;  e  la  spagnuola 
fu  spinta  a  Manfredonia  e  Brindisi.  Eb- 
l)ero  poi  il  meritato  castigo  gli  uHìziali 
veneti  per  aver  mancato  al  loro  dovere, 
ed  il  Venier  fu  premialo.  Non  tanto  [)er 
{sventare  altri  tentativi,  che  potesse  fare 
rOssuna,  quanto  per  risarcire  il  suo  o- 
nore,  il  senato  veneto  immediatamente 
formò  una  maggiore  armata  navale  da 
guerra  sì  bella  e  potente  che  da  gran 
tempo  non  s'era  veduta  una  somigliante, 
e  v'imbarcò,  oltre  altre  milizie,  3, 000  o- 
landesi.  Corse  questa  flotta,  anche  nel  se- 
guente 161 8,  per  tutto  il  golfo  senza  tre- 
■vare  nemico  alcuno,  perchè  l'Ossuna  non 
si  arrischiò  di  continuare  a  far  il  bravo 
per  maie  edominar  l'Adriatico.  Ma  quel- 
la guerra  ch'egli  non  potè  piti  fare  aper- 


V  E  iy  483 

tQtnente  a'veoeziani,  insidiosamente  non 
cessò  di  continuarla  contro  di  loro  nel  cuo 
re  della  stessa  Venezia.  A  questa  faceva 
continue  istanze  perchè  ritirasse  dal  gol- 
fo l'armata  navale  e  licenziasse  gli  olan- 
desi, altrimenti  minacciava  con  altura  di 
rinnovar  la  guerra,  al  qual  fine  aumentò 
la  sua  flotta.  Perciò  da  ogni  parte  cresce- 
vano i  sospetti,  né  appariva  il  fine  di  que- 
ste turbolenze.  Il  Muratori,  col  quale  va- 
do parlando,  all'anno  1618  riporta,  che 
la  lepubblica  intavolò  congressi  co'miai- 
stri  dell'impernlore  Mattia  e  del  re  Fer- 
dinando per  dare  esecuzione  a'  trattati, 
co'quali  si  provvide  alla  quiete  e  sicurez- 
za dell'Adriatico  e  del  commercio,  con  ri- 
tirare da  Segna  e  dal  litorale  gli  uscocchi 
ch'eranvi  rimasti,  e  mandarli  ad  abitare 
Carlistot  (così  lo  chiama  pure  il  Sagredo 
all'anno  161 7,  perchè  in  quell'anno,  co- 
me già  dissi,  ebbe  luogo  la  pace,  di  cui 
fu  conseguenza  la  narrata  sommissione 
degli  uscocchi,  effettuata  in  quest'anno), 
ed  altre  frontiere  turche,  mentre  il  fuo- 
co dato  alle  loro  barche  ed  attrezzi  mise 
fine  alle  loro  piraterie, e  cessarono  d'in- 
festarci mari  e  di  danneggiare  i  trafiici. 
Il  Muratori  narra  nel  fine  deldogadodi 
Bembo  la  congiura  spagnuola,  che  ordita 
a  suo  tempo  scoppiò  poi.  Morì  questo  do- 
ge a'i8  marzo  1618,  lasciando  alla  pa- 
llia chiarissimo  esempio  di  valore  ne'pro- 
fondi  oggetti  di  stato:  venne  deposto  nel- 
la chiesa  de'ss.  Gio.  e  Paolo,  non  però 
nel  monumento  del  doge  Alvise  I  Mo- 
cenigo,  come  notai  parlando  di  questi. — 
Nicolo  Donato  XCHI  doge.  Era  sena- 
tore, e  fu  eletto  a'5  aprile  1618.  Nulla 
operò  di  notabile  nel  suo  brevissimo  do- 
gado,  ch'ebbe  fine  a'r)  maggio  dell'  istes- 
so  anno.  In  vece  il  suo  biografo  Casoni 
narra  accaduta  a  suo  tempo  la  terribile 
congiura  spagnuola,  che  il  Moschini  pri- 
ma dì  lui  avea  riportata  nel  seguente 
dogado  di  Priuli,  e  di  questo  parere  pare 
che  sia  il  barone  di  Reumout  nelle  Z'rtt'o/f 
cronologiche  e  sincrone  della  Storia ^o- 
renlina,  pubblicate  neh  84 1.  Anch'io  ri- 


494  V  E  N 

tengo  che  avvenisse  nel  seguente  dogado 
del  Friuli, ma  il  Casoni  riferendola  in  qiie- 
slodi  Donato,  sebbene  altra  voltai  falli  li 
collocai  al  luogo  loro,  che  nelle  biografie 
de'dogi  talvolta  verameute  noi  sono,non- 
dimeno  seguirò  il  Casoni,  poco  alteran- 
do l'epoca  di  pochi  giorni  in  cui  credo 
si  anticipi.  Imperocché  egli  dice  nella  bio- 
grafia del  Friuli.  »  Alcuni  storici  vene- 
ziani indicano  la  scoperta  della  congiura 
spagnuola  nel  regime  di  questo  doge  Fila- 
li; noi  però  ci  uniremo  volentieri  al  pa- 
rere di  quegli  scrittori  che  la  pongono 
sotto  l'antecessore  Nicolò  Donato,  poi- 
ché, altrimenti  non  potrebbero  andar 
combinale  varie  circostanze  che  accom- 
pagnarono un  così  fortunato  avvenimen- 
to, il  quale,  stando  al  primo  supposto, 
sarebbe  succeduto  nel  giorno  stesso  o 
poco  dopo  la  solennità  dell"  Ascensione, 
giorno  da'congiurati  stabilito  alla  con- 
sumazione del  misfatto,  quando  cousta 
invece  che  la  trama  pervenne  a  notizia 
de'  padri  prima  di  (piella  patria  solen- 
nità, cioè  prima  del  21  maggio,  in  cui 
Tenne  proclamato  a  doge  il  Friuli,  che  si 
ebbe  tempo  d'indagarne  le  fila,  di  ful- 
minare i  nefandi  autori,  e  poscia  anche 
di  tranquillamente  celebrare  la  festa".  A 
me  pare  che  il  riferito  dal  Casoni  si  pos- 
sa concordare  colla  vera  data  dell'  esal- 
tazione di  Friuli,  18  maggio  1618,  che 
trovo  neir  indice  della  Serie  de  dogi  del 
Nani.  Questa  trama,  per  la  quale,  dice 
Moschini,  la  repubblica  fu  presso  all'inte- 
ra rovina,  variamente  venne  raccontata. 
Con  riportare  alcune  descrizioni  tenterò 
chiarirla;  ma  è  uno  de'non  rari  labe- 
rinti  storici.  Tuttavia,  ora  magistralmen- 
te ci  ha  dato  il  filo  d'Arianna  per  uscir- 
ne, il  prof.  Romanin,  con  1'  autorità  di 
documenti  inediti, colla  parler. "del  t.  y, 
già  discorsa  descrivendo  l' interdetto,  la 
quale  si  compie  appunto  colla  descrizio- 
ne della  formidabile  congiura  ;  parte  a 
me  soltanto  giunta,  come  superiormen- 
te notai,  quando  già  il  mio  ms.  del  pre- 
sente articolo  stava  in  Venezia.  Aduu- 


V  E  N 
qiie  sugli  stamponi,  con  nuova  licenza  al 
protestato,  per  la  sua  singolare  pregevole 
importanza,  compirò  la  seguente  digres- 
sionesul  gravissimo  argomento,  pel  qua- 
le tentai  raccogliere  i  diversi  racconti 
nelle  proporzioni  volute  dalla  natura  del- 
l'articolo ;  laonde  non  si  devono  pren- 
dere per  contraddizioni,  siccome  svolte 
innanzi  di  conoscere  i  laudali  sludi  del 
Romanin.  E  prima  col  Moschini.  Fen- 
sando  il  duca  d'Ossuna,  viceré  di  Na- 
poli per  la  Spagna,  che  questa  non  do- 
minerebbe nell'Italia  fino  a  che  durasse 
la  forza  veneziana,  concertò  nella  stessa 
Venezia  un'orrenda  congiura;  la  quale  fe- 
licemente scoperta  dal  consiglio  de'Dieci, 
rOssuna  fu  richiamato  a  casa  e  ivi  mes- 
so in  carcere,  ove  di  sua  mano  a  se  die- 
de la  morte.  Allora  i  veneziani  saggia- 
mente pensarono  a  stringere  alleanza 
con  parecchi  sovrani,  al  fine  che  la  Spa- 
gna deponesse  ogni  pensiero  di  sì  fatto 
tenore.  Dichiara  il  Casoni.  Sovente  in 
corto  periodo  di  tempo  si  uniscono  ed 
accadono  avvenimenti  di  tanta  impor- 
tanza, che  di  rado  la  storia  può  registrar- 
ne di  simili  nello  scorrere  di  più  secoli. 
Il  breve  regime  del  doge  Donato  di  4o 
giorni  (secondo  le  sue  errale  date,  poi- 
ché come  già  protestai  io  non  seguo  quel- 
le della  Serie  de'  dogi  del  Nani,  ma  os- 
servando l'avvertenza  di  questi,  le  più 
esalte  dell'  indice  dell'  islessa  opera),  pre- 
senta ne' fasti  della  veneziana  repubblica 
un'epoca  delle  più  interessanti  e  curiose, 
se  si  consideri  al  corso  pericolo  ed  alla 
fortuna  per  cui  venne  scoperta  e  ster- 
minala la  congiura  delta  degli  Spagnuoli, 
la  quale  a  niente  meno  mirava  che  a  to- 
gliere il  potere,  ed  annichilar  l'esistenza 
della  repubblica  stessa.  Ordinatore  e 
capo  di  tanto  proditorio  maneggio  si  fu 
il  duca  d'Ossuna,  che  da  lungo  tempo 
manifestava,  colla  propria  condotta,  de- 
cisa inimicizia  pe'veneziani,  ed  animo  ir- 
requieto e  brigante.  I  rovesci  che  in  mare 
avea  egli  sofferti  vieppiù  l'esacerbarono, 
per  modo  che  valendosi  della  propria 


V  E  N 
influenza  come  viceré,  e  come  dipenden- 
te della  Spagna  mise  in  opera  quanto  la 
sagacità  e  il  raggiro  ebbero  a  suggerir- 
gli per  giungere   al   divisalo  fine.   Fu- 
rono fra' principali  di  lui  complici  e  coo- 
peratori Pietro  di  Toledo  marchese  di 
Villafranca  governatore  di  Milano,  il 
marchese  di  Bedmar,  ed  Alfonso  della 
Queva,  uno  all'altro  succedutisi  nell'am- 
basciata spagnuola,  e  quest'ultimo  allo- 
ra residente  a  Venezia  (spero  di  dimo- 
strare poi,  che  di  un  ambasciatore  se  ne 
fecero  due,  perchè  Alfonso  della  Cueva 
0  Queva  era  marchese  di  Bedmar,  e  po- 
scia fu  cardinale,  e  per  tale  lo  riconosce 
la  Biografia  universale  impressa  in  Ve- 
nezia  nel  1822,  nell'ai ticolo  Bedmar): 
vennero  piese  le  più  accorte  e  risolute 
misure  ;   fautori  olandesi,  inglesi,  spa- 
gnuoli,  francesi,  ed  anco  italiani,  ebbero 
parte  nel!' attruppamento;  si  tentava  di 
incendiar  l'arsenale  in  cui  gente  stranie- 
ra venne  di  soppiatto  e  con  raggiro  in- 
trusa :  voleasi  mettere  a  ruba  la  zecca, 
i  pubblici  deposili,  le  case  de'facohosi, 
trucidar  il  doge,   i  patrizi,  e  far  macello 
ovunque  si  trovasse  contrasto:  erasi  sta- 
bilito, allo  sviluppo  della  trama,  il  gior- 
no dell'Ascensione,  la  cui  magnifica  so- 
lennità, il  movimento  del  popolo,  la  mo- 
mentanea  lontananza  del  corpo  gover- 
nativo, e  1'  ordinario  tumulto  della  fe- 
sta, tulio  favorir   poteva  e  proleggere 
l'esecuzione   dell'arditissimo    progetto. 
Ma  quando  ogni  cosa  sembrava  andare 
a  seconda  de'  congiurati,  vi   fu  un  An- 
tonio Jalfier  provenzale,  e  secondo  al- 
tri, anche  i  gentiluomini   francesi  Bal- 
dassare  Juven  e  Gabriele  de  Montcasin 
0  Moncaslin,  i  quali  senza  essere  mos- 
si, per  quanto  sembra,  da  altro  motivo, 
oltre  la  devozione  dovuta  alla  grandez- 
za, alla  maestà   ed  alla  rettitudine  del- 
la repubblica,  manifestarono  all'  eccelso 
consiglio  de'J3icci  ogni  ordita  trama,  in 
guisa  che  vennero  sorpresi  i  congiurati; 
iillri  fuggirojio  io  estraneo  paese,  quali 
sulto  la  aiduuaia  del  carnelice,  quali  col 


YEN  485 

capestro,  e  quali  lanciati  al  mare,  ter- 
minarono colla  vita  l'infame  esistenza. 
Dopo  questo  rovescio  la  corte  di  Madrid 
si  mise,  pe'suoi  interessi,  in  sospetto  sul- 
la coadolta  del  duca  d'Ossuna,  e  ne  mo- 
strò indignazione.  A  lui  venne  sostituito 
come   viceré  di  Napoli  il  cardinal  Bor- 
gia, alla  quale  elezione  invano  tentò  op- 
porsi, e  gli  fu  forza  ubbidire:  passato  in 
jvpagna  terminò  l'inquieta  sua  vita  nel- 
lo squallore  d'un  carcere.  L'ambascia- 
lor  della  Queva  potè  sottrarsi  prodigio- 
samente alla  furia  del  popolo  che  voleva 
lapidarlo,  ed  il  Bedmar,  fuggito  a  Mila- 
no, visse  colà  sempre  rinchiuso,  senza 
p'diblico  uffìzio,  e  dopo  passò  nelleFian- 
dre.  Posto  fine  a  queste  cose,  e  tolto  an- 
che il  flagello  della  carestia,  che  afflig- 
geva Venezia,  cessò  di  vivere  il  doge  Do- 
nato dopo  40  soli  giorni  di  memorando 
regime,  compianto  da  tutti,  e  fu  sepolto 
in  s.  Chiara  di  Murano.  Così  il  Casoni. 
Che  Alfonso  della  Cueva  de' duchi  d'Al- 
buquerque,  marchese  di  Bedmar,  fu  crea- 
to cardmale  diacono  da  Gregorio  XV 
a'5  settembre  1622,  ad  istanza  del  re  di 
Spagna,  mentre  era  suo  ambasciatore  in 
Venezia,  l'affermanoil  Ciacconio,  Vitat 
S.  R.  E.  Cardinaliuni,  t.  4>  P-  49  '  =  ^^' 
phonsus  de   la  Cueva  hiymnns  Blan- 
detnaris  iiiarchionibus^  filius  prinioge- 
niliis  Alhiiquerque  ducimi  ....  oralor 
regis  anud  gcmiensem^deinde  apiid  P^e- 
netam  Rempublicani,  magna  aulae  Hi- 
spanicae  satisfacLione.   Diiin  Vcncliis 
haerertt  oralor  regius,   Philippo  Iff 
Hispaniarwn  regc  pctcnte^diaconoruni 
Cardlnalium  albo  adscriptus  j  in  Bel- 
giuni,  ut  Principi  Isabellae  adsisleret 
ainandatusext.  Nolerò,che  il  re  era  mor- 
to nel  162  t,  e  allora  regnava  il  figlio  Fi- 
lippo IV:   può  darsi  che  l'istanze  già 
l'avesse  fatte  Filippo  III,  nel  qual  caso 
il  Cueva  avea  meritato  la  slima  d'ambe- 
due. IJ ÌÌ'^\mì\\\ y  Italia  sacra,  t.i  ,p.  224: 
Praencslini  Episcopi.  Alplionsus  de  la 
Queva  hispanus ,   Blandeniaris  rnar- 
clùo^  Aliucjucrcjue  ducii/n  ec.  11  Cardcl- 


486  V  E  N 

la,  Memorie  sloriche  da'  CarcliiuiU,  t. 
6,  p.  236  dice  :  tueutre  eoo  eslreoia  sud- 
dìnfazioiie  del  suo  sovraDO  si  trovava  iu 
Venezia  ambasciatore  a  quella  rejJLib- 
biica,  fu  ad  istanza  del  raedesiuio  meato 
diacono  e  poi  prete  cardinalcj  destinato 
quindi  nelle  Fiandre  per  assistere  alla 
principessa  Isabella,  per  la  soverchia  se- 
verità, gli  convenne  portarsi  a  PLonia, 
ove  per  la  sua  scienza,  dottrina  e  scru- 
polosa rettitudine,  nel  i644  ^^  f^^'^o  ve- 
scovo suburbicario  di  Palcòlri/ia,  e  njo- 
reudo  lasciò  200,000  scudi  in  oro,  men- 
tre era  tenuto  povero,  perciò  io  questo 
censuralo.  Lodato  per  altro,  anche  per 
sottile  e  versatile  ingegno,  pronto  a  qua- 
lunque questione,  per  la  tenacissima  me- 
moria ;  nemico  della  frode  e  della  dissi- 
mulazione, franco  palesava  agli  amici 
ciò  che  avea  in  cuore.  Si  vuole  autore 
del  libro:  Sqiiìttìnio  della  libcrlà  ve- 
neta. Mirandola  1612,  che  altri  attri- 
buiscono a  Marco  Velser  o  ad  Antonio 
Albizzi.  Tale  operetta  è  contro  il  gover- 
no veneto,  composta  per  svelare  la  po- 
litica del  senato.  11  portoghese  Novues, 
«ella  Storia  di  Gregorio  XT\  p.  187, 
egualmente  conferma  che  Alfonso  de 
la  Coeva,  religioso  militare  dell'ordine 
gl'Alcantara,  mentre  era  ambasciatore 
di  Spagna  iu  Venezia  fu  da  quel  Papa 
creato  cardinale  a' 5  settembre  1622; 
morto  iu  Malaga  nel  i655  d'anni  83, 
poco  dopo  d'esserne  stato  fatto  vescovo, 
oltre  l'esserlo  di  Palestriua,  e  ripetendo 
l'elogio  di  Ciacconio  e  di  Cardella.  11  ve- 
scovo Ceccooi,  Storia  di  Palestriua,  p. 
368  e  370,  del  cardinal  della  Queva 
loda  la  prudenza  nel  maneggio  de'  ne- 
gozi più  gravi,  per  la  quale  fu  esallato 
alla  porpora,  e  adoperato  dal  re  di  Spa- 
gna negli  affari  più  rilevanti  qual  supre- 
mo suo  consigliere  della  monarchia,  iioa 
si  portò  mai  nella  diocesi  Preneslina, 
supplito  però  dal  celebre  cardinal  De 
Lugo  gesuita,  visitandone  nel  i65o  per 
lui  la  diocesi  Giuseppe  Cianti  vescovo 
di  Marsi  :  narra  eziandio  il  bene  da  lui 


YEN 

operato,  senza  far  parola  parlìcoloie  di 
sue  geste  innanzi  al  cardinalato.  Le  tace 
pure  il  Petrini  nelle  lìlemorie  Prenesli- 
ne,  ne'cenni  sul  cardinal  della  Queva  ve- 
scovo, a  p.  249  e  252.  JNiuno  dunque 
de' riferiti  storici  fa  motto  della  strepi- 
tosa congiuia  !  Il  ricordalo  autore  di  sua 
biografìa,  presso  la  Biografia  universa- 
le, senza  nota  veueU»,  riconoscendo  nel 
Cueva  e  nel  Bcdinar  un  identifico  sog- 
getto, cogli  sturici  che  di  lui  scrissero,  ne 
esaita  l'ingegno,  la  perspicacia,  la  dissi- 
mulazione (quando  invece  gli  allegati 
storici  de' caidiuali,  lo  dicono  nemico 
della  finzione,  poco  osservante  del  se- 
greto); soggiunge  un  <^//ceò/,clie  nel  1618 
si  accordò  con  l'Ossuna  e  col  Toledo  per 
rovesciare  la  repubblica,  presso  cui  era 
inviato.  "  Preparato  avea  da  mollo  tem- 
po l'esito  di  tale  trama,  insinuandosi  ne- 
gli anicni,  suscitando  divisioni,  inlrodu* 
cendo  al  soldo  della  repubblica  uomini  af- 
fezionali alla  Spagna.  Weutrecliè  le  trup- 
pe del  Milanese  s'avaiizeiebbero  dalla 
parte  di  Terraferma,  e  che  barche  ar- 
male cariche  di  soldati  entrerebbero  nel- 
le Lagune,  i  congiurati  dar  fuoco  dove- 
vano all'arsenale,  impadronirsi  de' po- 
sti di  maggiore  importanza,  passar  a  fil 
di  spada  il  senato  e  sottomettere  Vene- 
zia alla  Spagna.  Venne  tale  macchina- 
zione scoperta  per  la  vigilanza  del  senato, 
ed  un  gran  numero  d'avventurieri,  com- 
plici di  Bedmar,  gellali  furono  iu  mare 
o  cacciati  in  prigione.  Benché  in  lui  si  ri- 
spettasse il  carattere  d'ambasciatore,  te- 
meva egli  non  pertanto  d'essere  fallo  a 
pezzi  dalla  plebaglia,  e  perciò,  avendolo 
il  senato  fatto  partire  in  segreto,  ei  si 
salvò  a  ]\Iilano.  Tale  congiura  divenula 
celebre,  dopoché  fu  descritta  da  Saiat- 
Réal  (egli  é  tenuto  per  islorico  distinto, 
nato  a  Chambery  e  morto  oel  1692;  fu 
autore  di  varie  opere,  fra  le  quali  Vol- 
taire e  altri  mettono  nel  numero  de'capo- 
lavori  della  lingua  francese  la  Storia  del- 
la congiura  degli  Spagnuoli  contro  la 
repubblica  di  F'enezia.  L'  ab.  Mably 


V  E  N 

die  Io  giudicò  severamente,  la  cliiaiua 
loniaiizo  storico,  di  cui  il  fondo  solo  ha 
alcunché  di  vero.  Da  essa  Otway  trasse  il 
soggetto  della  sua  tragedia,  /  enezia  sal- 
^•ala,  rappresentala  a  Londra  nei  1682. 
La  Place  compose  sullo  stesso  sogget- 
to e  con   lo  slesso  titolo  la  trat^edia  che 
fu  rappreseulaUi  sulle  scene  del   teatro 
francese  nel  ly^G),  è  generalmente  iu 
oggi  considerata  coinè  un  problema  sto- 
rico. Doveva  uQ  alPu'e  di  lauta  impor- 
tanza esser  fallo  palese  a  tutta  l'Europa, 
e  nondimeuo  tutto    passò  cou  impene- 
trabile segretezza.    Il   desio  di  rendere 
odioso  all'  Italia  infera  il  nome  spagnuo- 
lo  non  avrebbe  forse  potuto  indurre  U 
senato  di  Venezia  ad  inventar  egli  stes- 
so quell'esecrando  complotto?  Tale  è  per 
lo  uteno  ropiuione,  che  il  dotto  Grasley 
(nella  Discussione  s lorica  e  critica  sulLi 
coniai  ara  di  Peiuzia,  e  sulla  storia  di 
tidc  congiura  per  V abbate  diSaint- Rcal^ 
stampala  nel  1  756)  ha  cercato  di  avvalo- 
rare in  una  discus»iuue  (uolto  dilTusa  sul- 
la congiura  di  Bedmar.  Capriara  e  Naudé 
aveano  già  ciò  alFermato;  Mallel-duPau 
però  ed  altii  critici  hanuu  poi  voluto  per- 
suadere ,  che  tranne  alcuue  circostanze 
supposleda  Saint-Piéal,la  congiura  fu  ve- 
rissima, e  che  la  repubblica  di  Venezia 
non  adoperò  con   maggiore   pubblicità, 
perchè  la  Spagna,  essendo  in  allora  for- 
midabile, uopo  era  o  romper  guerra  cou 
essa  o  cuoprire  con  un  velo  le  trame  del 
suo  ambasciatore.  Inoltre,  costante  poli- 
tica ili  di  Filippo  111  quella  di  contrad- 
dire con  pubbliche  dichiarazioni  alle  di- 
mostrazioni non  meno  pubbliche  de'due 
viceré...  Il  senato  inoltre  ebbe  la  politi- 
ca di  far  vociferare  che  niun  sospetto  a- 
ver  si  doveva  della  Spagna  0  del  suo  mi- 
nistro. Comunque  fosse,  il  marchese  di 
Bedmar,  a  cui  fu  sostituito  in  Veuezia 
il.  Luigi  Bravo,  non  venne  meno  nel  fa- 
vor della  corte.  Il  Papa  Gregorio  XV  lo 
elesse  cardinale  nel  1622,  ad  istanza  del 
re  di  Spagna  (ma  mentre  era  ambascia- 
tore iu  Veuezia) ...  L'odio  che  avea  di- 


V  E  ìN  487 

mostralo  contro  la  repubblica,  creder  lo 
fece  autore  dello  iS<7((i^/tH/o,  ec."  Ora  li- 
dia mo  il  biografo  di  d.  Pietro  Tellez  yGi- 
rou  duca  d'Ossuua,  nella  ricordata  Bio- 
grafìa laiii'ersalc.»  Avvezzo  al  potere,  e 
prevedendo  che  de'raggiri  di  corte  tolto 
gli  avrebbero  presto  o  tardi  il  favore  di 
Filippo  HI,  osò  aspirare  alla  sovranità  di 
Napoli.  Fino  dal  principio  del  16  1  7  esplo- 
rò su  tale  tentulivo  il  duca  di  Savoia,  il 
senato  di  Veuezia  (ma  allora  lo  combat- 
leva  io  mare  dispulandogli  l'impero  del 
golfo  Adriatico)  e  la  corte  di  Francia. 
Più  tardi  intavolò  delle  negoziazioni  cou 
r  Olanda,  e  cercò  anche  di  rendersi  fa- 
vorevole il  Divano  ottomano  ...  Cessato 
avendo  la  Spagna  di  essere  iu  guerra  co* 
veneziani,  ordinato  venne  ad  Ossuua  di 
disarmare.  La  sua  politicagli  prescrive- 
va di  ubbidire;  e  solto  colore  di  una  spe- 
dizione contro  i  turchi,  attese  per  lo  con- 
trario ad  aumentare  le  sue  forze  navali. 
Le  truppe  spagnuole  gli  erano  sospette; 
uou  tiene  di  esse  a  Napoli  che  6000  uo- 
rairii,  de'quali  era  sicuro,  e  disperde  il  ri- 
manente per  le  provincie,  allegando  la 
necessità  di  proteggere  i  lidi.  Una  molti- 
tudine di  francesi  risoluti  si  assoldano  a' 
suoi  sli|)endii;i  suoi  emissari  ingaggiano 
soldati  fino  negli  stali  di  Venezia;  ed  al 
fine  d'occultare  airambascialore  Bedmar 
la  sua  connivenza  con  tale  repubblica,  fu 
battere  da'suoi  vascelli  l'acque  dell'  A- 
driatico,  e  coutinua  ostilità  simulate.  Per 
meglio  ancora  ingannare  Bedmar,  stipen- 
dia a  Venezia  degli  ageuti  ingamiali  an- 
ch'essi, che  si  credano  ailoperati  da  lui  iu 
una  cospirazione,  di  cui  lo  scopo  uou  è 
nientemeno  che  la  distruzione  di  Venezia. 
Uno  di  tali  agenti, ilcorsale  Giacomo  Pie- 
tro(Pierre),  sia  che  sperasse  ricompensa,  o 
provasse  orrore  dell'impresa,  ne  la  rive- 
lò al  senato,  quasi  un  anno  prima  dell'e- 
poca fìssala  per  l'esecuzione  (!).  Il  senato 
che  sapeva  il  segreto  del  supposto  dise- 
guo del  duca  d'Ossuua,  udì  siffatta  di- 
chiarazione con  iiidilferenza,  e  continuò 
ad  impiej^are  a'suoi  slipcudii  i  commis- 


488  V  E  N 

sionali  del  viceré.  L'ostenlnzione,  la  len- 
tezza e  liiupiuclenze  «on  cui  questi  con- 
tlusse  tale  pielesa  macchinazione,  bastar 
tiovevono  o  persuadere  gli  uomini  per- 
spicaci die  tali  trame  fatte  non  erano  se- 
riamente, e  che  esse  servivano  per  copri- 
re un  altro  diseguo  quaUmque.  Altron- 
de quando  avvi  apparenza  che  un  consi- 
glio timido,  come  era  quello  di  Fihppo 
in,  acconsentito  avrebbe  ad  una  trama 
odiosa  ed  insensata?  Eppure  sulla  fede 
di  uno  scrittore  spiritoso  ma  poco  scru- 
poloso, Saint-Róal,  fu  lungamente  am- 
messa la  realtà  di  iu)a  congiura  ordita 
tieli6i8  dagli  spagnuoli  contro  Venezia. 
Da  ullimo  Darvi,  dopo  lunghe  ricerche, 
trovò  il  vero  filo  di  tale  evento.  Nani,  Le- 
ti, Giannonee  Videi  biografo  di  Lesdi- 
guières,  attribuiscono  d'accordo  al  duca 
d'Ossuna  de'discgni  ambiziosi  sulla  co- 
rona di  Napoli.  L'ultimo  dà  intorno  a  ciò 
de'  preziosi  e  particolarizzati  ragguagli. 
Darìi  (piindi  tenne,  che  siccome  il  viceré 
avea  bisogno  de' veneziani  per  la  riuscita 
della  sua  usurpazione,  non  potè  esporsi 
a  farseli  implacabili  nemici,  e  che  le  sue 
mire  alla  sovranità  di  Napoli  escludeva- 
no necessariamente  il  disegno  reale  di 
distruggere  Venezia.  La  condotta  del  se- 
nato gli  sembra  altronde  inesplicabile  in 
ogni  altra  ipotesi  che  in  quella  ili  un  se- 
greto concerto  col  viceré.  E'  diede  nella 
sua  Storiti  di  Venezia  uno  spiegazione 
piena  della  pretesa  congiura  contro  la  re- 
pubblica, e  del  progetto  vero  dell'  usur- 
pazione risoluta  dal  duca  di  Ossisna.  Si 
scoperse  una  parte  di  tale  disegno  :  uu 
cappuccino  accusò  il  viceré  alla  corte  di 
Madrid".  Piichiamato  nel  1619,  fu  mes- 
so prigioniero  nel  castello  di  Almeda,  ove 
morì  nel  1624  d'apoplessia,  o  pel  veleno 
trasmessogli  dalla  moglie.  Il  Mtuatori  lo 
dipinge  stiavatliuite,  Ijorioso,  meditalore 
di  novità,  e  che  odiava  con  isdeguo  la  re- 
pubblica veneta,  e  come  capace  di  strani 
disegni  fu  creduto  autore  della  terribile 
ctmgiura  contro  di  essa.  Ne  narra  lo  sco- 
po, legolalo  dal  marchese  di  Bcdmat;  e 


V  EN 
soggiunge, tali  erano  le  voci  e  relazioni  che 
corsero  allora  dell'inumana  impresa  :  il 
Nani  e  altri,  specialmente  Saint-Rcal,  ne 
descrissero  l'orditura  colle  più  minute  cir- 
costanze, come  se  avessero  letto  il  pro- 
cesso. V  II  che,  come  sussista,  non  si  può 
intendere,  al  sapere,  che  i  saggi  veneti 
tennero  sotto  1  igoroso  silenzio  gli  esami 
in  questa  congiuntura,  uè  fecero  minimo 
niotto  per  incolpar  l'Ossuua,  ed  ammi- 
sero in  consiglio  l'ambasciatore  spaguuo- 
lo,  senza  lor  menoma  doglianza  o  paro- 
la di  sì  orrido  fatto.  l'ero  non  sono  man- 
cati scrittori ,  che  han  tenuta  per  fìnta 
tutta  questa  prelesa  cospirazione, e  intor- 
no a  ciò  massimamente  si  può  vedere 
quanto  ne  lasciò  scritto  Vittorio  Siri  nelle 
sue  Memorie  reeondite  (dall'anno  1 60  [ 
i7/io  (il  1640);  essendo  sembrato  ad  essi, 
che  non  potesse  n)ai  cadere  in  mente  se 
non  di  persone  alfalto  mentecatte  il  di- 
segno di  prendere  Venezia,  città  di  sì  gran 
popolazione,  e  divisa  da  tanti  canali  ,  e 
con  un'armata  navale  all'ordine,  più  po- 
tente di  quella  deirOssuua;  oltre  alla  pie- 
tà del  re  Cattolico  Filippo  HI,  il  quale  non 
è  mai  credibile,  che  potesse  consentire  a 
sì  nera  e  deteslabii  vendetta.  In  queste 
tenebre  altro  a  me  non  resta  da  dire,  se 
non  una  verità  ben  certa;  cioè,  che  non 
so  quanti  spagnuoli  e  francesi  tanto  in 
Venezia  ,  che  nelle  milizie  della  veneta 
repubblica  furono  presi  e  parte  impicca- 
li, parte  buttali  io  canal  Orfano,  e  che 
nifinile  dicerie  si  fecero  di  questo  scuro 
fatto,  il  quale  a  me  basta  d'aver  sem[)li- 
ceniente  accennato.  Tuttavia  nella  Serie 
ile'dogi di  Ftnecia,  si  va  collestampe  ri- 
cordando l'orribile  congiura  ordita  dal 
duca  d'Ossuna  viceré  di  Napoli,  e  dal 
Cucva  ambascialore  di  Spagna  ".  Non 
voglio  lacere  il  n[ei\[o(]A\Dizionariogeo- 
gra/ìeo  veneto  nell'articolo  J  enezia.  "Al 
tloge  Nicolò  Donato,  mal  veduto  dal  po- 
polo (forse  per  la  carestia  accemiala),  fu 
sostituito  ^\4itonio  Friuli,  nel  primo  an- 
no del  cui  reggiu)enlo  supplizi  e  proscri- 
zioni giltarono  il  terrore  in  Venezia  per 


V  E  ÌN  V  e  N  489 
la  scoperta  congiura  tramata  tlall'amba-  remoli  e  ne'presenti  vedeva  in  lei  il  più 
sciatore  spagnuolo  La  Queva  di  concer-  (ermo  sostegno  della  liberlà  d'Italia,  do- 
lo col  duca  d'Ossuna  viceré  di  Napoli  per  lendogli  che  il  ducato  di  Milano,  rislret- 
la  Spagna.  ìNarrate  in  più  guise  le  circo-  lo  tra  Piemonte  e  il  dominio  veneto  non 
stanze  di  questa  trama,  che  per  coufes-  potesse  allargarsi,  e  che  avesse  l'impero 
sioue  di  tulli  rimase  sepolta  nel  più  prò-  eschisivo  del  golfo  con  depressione  del  no- 
fondo  mistero,  nessun  avvenimento  an-  me  e  del  commercio  del  regno  napoleta- 
teriore  somministrandone  la  spiega/.io-  no.  Ad  elleltuar  la  vagheggiata  unione 
ne,  nessun  aito  pubblico  rilevandone  le  del  territorio  della  repubblica  col  Mda- 
prove,  non  è  forse  senza  fondamento  nese,  concepì  Queva,  senza  farne  cenno 
se  sottilissimi  critici  sostengono  non  a-  al  suo  gabinetto,  il  terribile  progetto  già 
ver  mai  sussistito  la  pretesa  cospirazio-  narralo,  d'ardere  l'arsenale  e  i  principa- 
ne,  mn  col  grido  di  essa  essersi  disleso  un  li  palazzi  di  Venezia,  e  in  mezzo  allo  spa- 
velo  sulle  mire  ambiziose  del  viceré  al  \eiilo  trucidar  nobili  e  cittadini,  e  quia- 
trono  napoletano,  ed  aver  il  senato,  o  me-  di  nel  trambusto  inalberar  sulle  torri 
glio  il  consiglio  de'Dieci,  tolto  di  mezzo  l'insegne  spagnuole,  e  facendo  così  spa- 
1  testimoni  dell'intrigo  quando  i  nianeg-  rire  la  repubblica,  dopo  averla  ridotta  in 
gi  del  duca  furono  noti  e  sventali  dalla  fiamme  e  lagrime.  Indi  racconta  come 
corte  di  Madrid  Comunque  sia,  5  mesi  l'ambasciatore  erasi  accordalo  con  Ossu- 
dopOjUndecrelo del  senato  comandò  pre-  na  e  Toledo,  questi  a  penetrare  con  e- 
ci  solenni  per  ringraziatela  Provvidenza  sercito  negli  stilli  di  Terraferma,  quello 
d'aver  salvato  la  repubblica,  senza  perciò  ad  occupar  la  Dalmazia  e  Venezia  stessa 
che  cessasse  dalla  sua  misteriosità  il  cor-  colla  flotta.  Preparata  co'fautori  stranie- 
so  pericolo,  a  cagione  del  quale,  o  vero  ri  e  i  inalcontenli  del  governo  la  trama, 
o  supposto,  perì  quell'  Antonio  Fosca-  l'Ossuna  spedì  l'ardito  e  famoso  corsaro 
rini  che  die  argomento  di  tragedia  an-  normanno  Jacopo  Pierre  e  Langlade  pe- 
co  da  ultimo  all'animoso  estro  del  JNico-  ritissin)o  facitore  di  fuochi  artifiziali,  i 
Imi  (di  che  più  sotto)".  Riportate  le  di-  quali  fingendosi  inimicati  col  viceré  loro 
verse  opinioni,  eccomi  alle  teslimonianze  in  facile  entrare  agli  slipendii  veneti;  e 
e  particolari  autorevoli  dell'annalista  cav.  benché  il  sagacissimo  Simeone  Contarinl 
IMulinelli,  che  per  questo  fatto  comincia  da  l'voma,ov'era  ambasciatore, avvertiva 
dal  dire,  che  per  esso  Venezia  non  dove-  i  padri  di  non  fidarsi  di  essi,  pureal  Pier- 
va  più  sussistere.  Descritti  l'Ossuna  e  il  re  si  die  il  comando  d'alcuni  navigli,  e 
governatore  di  Milano  Toledo,  qualifii:a  Langlade  fu  accollo  nell'arsenale  pe*  la- 
Alfonso  duca  della  Queva  e  maichesedi  \ori  di  sua  arte.  Di  concerto  questi  col- 
Cedmar,  di  aspetto  sempre  allegro  e  a-  l'ambasciatore,  profittando  Queva  della 
pei  lo,  lontano  apparentemente  dalla  si-  festa  dell'Ascensione,  in  cui  slraordina- 
uiulazione, talmente  insinuanteche  scuo-  rio  era  il  concorso  nella  città  di  forestie- 
j)riva  i  segreti  degli  animi  più  cauti,  di  ri,  soltomenlite  ve^li  v'introdusse  un  mi- 
singolar  talento  pel  maneggio  degli  affa-  gliaiodi  soldati,  sparsi  nelle  locande  e  ne' 
ri,  io  credito  nel  gabinetto  spagnuolo,  fa-  l(q)anarì.  Propriamente  doveasi  togliere 
coiidoecapacediordireed  elfeltuarequa-  a  Venezia  la  signoria  dell'Adriatico  la 
lunque  reo  disegno  e  coprirlo  col  manto  nulle  seguente  al  dì  che  il  doge  avealo 
della  religione,  insonuna  uno  de'più  pò-  sposilo  ,  e  ciò  f(jrse  |)erehé  i  veneziani 
tenti  e  torbidi  spirili  apparsi  nel  mondo  stanchi  dall'allegrie  deila  solennità  fosse- 
polilico,  risiedeva  in  Venezia  ambascia-  ro  nten  desti.  Nelle  stanze  dell'ambascia- 
tor  di  S[)agna.  Venula  a  questa  in  odio  loie  ,  colme  di  munizioni  dislruggitrici, 
la  repubblica,  perché  già  da  tempi  assai  000  dc'uomiuali  soldati  doveauo  armar- 


%o  V  L  Ci 

Si  |)er  poi  occupar  la  piazza  di  s.  Marco, 
una  parie  degii  alili  5oo  le  vicinanze  del- 
l'arsenale, il  riiuaiieiile  del  barcliereccio 
tulio  solilo  trovarsi  versu  il  ponte  di  Rial- 
to, con  cui  rapidamente  preudere  a'Laz- 
zarelliiooo   soldati  del  conte  di  Lieseu, 
già  condotti  dall.i  repubblica  e  ora  cor- 
rolli  da'cospiralori.  Sbarcati  quest'ulti- 
ud  alla  Piazzetla,  5oo  doveano  schierar- 
si in  ordine  di  battaglia  cogli  altri   di 
Pierre;  altri  doveano  occupar  il  pal'/zo 
«lucale  e  dalla  sala  d'anni  de'  Dieci  dar 
quelle  a  chi    uè  bisognasse;  altri  guidati 
ila  End  e  da  Braudjde,  guardar  dovea- 
no la  zecca  e  le  Frocuralie,  e  iinpedir  il 
buono  a  stormo  colle  campane  di  s.  Mar- 
co. Abbattute  le  porte  dell'arsenale,  que- 
sto uiceudiato,le  grosse  artiglierie  do  vea- 
uo  uuiniie  il  loudaco  deTcdeschi,  i  «iia- 
gazziiii  del  sale  ,  la  torre  di  s.  Marco,  il 
ponle  di  Uiulto  e  altri  luoghi  per  meglio 
agire  Milla  ciUà  terribihnenle.  Schiuse  iu 
line  le  prigioni,  uccisi  i  piinci[)ali  sena- 
tori, ilalo  fuoco  a  ben  4°  fuoghi  diver- 
si, l'armala d'0-.»unasaiebl)e  entrata  nel 
porto  al  grido  di  Libertà.  Uno  de'  con- 
giurali, l'alfiere  Taifer,  preso  da  compas- 
sione del  sanguinoso  eccidio  d'uu  popo- 
lo innocente,  che  vedeva   lutto  festevole 
assistere  alle  solennilù  dell'  Ascensioue  e 
nella  notte  dovea  essere  inu|uaii)enle  tru- 
cidalo, abborrendo  ormai  l'infame  tradì- 
mento  corse  al  consiglio  de'Dieci  a  infur- 
U)ario  del  sovraslaule  scoppio  della  cru- 
dele congiura  ,  convalidando  le  sue  di- 
thiaiazioni  quelle  de'sopravvenuti  genti- 
luomini Gabriele  Moncassin  di  Norman- 
dia e  lìaldassare  Juven  del  Dclfinalo,  che 
invitali  a  prender  parte  alla  trama,  inve- 
ce a  salute  della  repubblica  denunziava- 
no tante  scelleratezze.  11  consiglio  cuU'e- 
riergia  e  prontezza  di  cui  era  capace,  ra- 
pidamente s'im[Josses5Ò  de' congiurali,  e 
tosto  più   di    5oo  fece   impiccare  e  an- 
negare   nel    canale   Orfano.    Inorridito 
il  popolo  dallo  scampalo  estremo  disa- 
stro, volevu  dar  fuoco  al  palazzo  di  Que- 
\a,  lì  quale  tra  1'  esecrazioni  di  lutti  (a 


V  EN 
da'soldati  della  repubblica  difeso^  e  eoa  • 
dotto  al  consiglio  per  la  domandala   u- 
dieuza,dopo  la  quale  a  tran(|uiltare  l'i- 
rato e  fremente  popolo,  solenuemeate  di- 
chiarò il  governo  all'ambasciatore:  Esser 
ben  lontana  la  repubblica  dal  credere  che 
l'augiislissimo  re  di  Spagna  Filippo  IH, 
il  suo  consiglio  e   la  nazione  spagnuola, 
sempre  nobile  e  generosa,  avessero  pre- 
so parte  iu  macchina  tanto  sozza  e  solo 
condotta  da'piùscellerali  d'Europa!  e  pei* 
la  scala  segreta  lo  lece  subilo  imbarcare 
in  ben  armato  brigantino  e   uscir  dalla 
città,  [ìcr  salvarlo  dalla  pubblica  vendet- 
ta! Mentre  la  fina   politica  del   governo 
niuna  dimostrazione  di  contealezzu  avea 
fatto  al  cessar  dell'ialerdelto,  onde  noa 
fomentar  l'opinione  d'aver  ottenuto  gra« 
zia  dopo  conosciuta  la  colpa,  frastornala 
la  fiera  cospirazione  tosto  ordinò  pubbli- 
che preci  di  ringraziamento  a  Dio  libe- 
ratore da  tanta  catastrofe,  distribuzione 
di  larghe  limosine,  e  dimostrazioni  di  ge- 
nerale esultanza,  a  un  tempo  proibendo 
il   parlare  delle  particolari  contingenze 
della  congiura  ,  affine  di   non  olfendere 
alcuno  e  non  inasprire  gli  spirili.  Finisce 
il  Mulinelli,  con  osservare:  forse  tanta 
lodevole   prudenza   valse  a  contaminar 
presso  alcuni  la  fama   veneziana;  e  cita 
Laugier,  Storia  della  repubblica  di  Ve- 
luzid,  l.  I  I,  lib.  4'j  e  Tentori,  Saggio 
sulla  storia  civile  degli  slati  della  re- 
pubblica di  Fenezia,  1. 1  o,  cap.  4-  Final- 
mente pe'posleriori  studi  fatti,  per  le  ri- 
cci che  operate  nell'archivio  politico, qual- 
che  documento  venne  pubblicato,  e  la 
bella  Storia  documentala  del  eh.  Roma- 
nin  nel  capitolo  3  del  suo  libro 1 5  ha  do- 
cumentato e  messo  in  aperto:  che  Spagna 
e  Francia  elfetti  va  mente  congiura  va  no  al- 
l'occupazione di  Venezia  ed  al  rovescia- 
mento della  repubblica;  che  la  trama  a- 
veva  per  centro  e  capo  dell'  orditura  lo 
spagnuolo  viceré  di  Napoli  duca  d'Ossa- 
uà;  che  costui  si  accordò  per  l'elTetlo  col 
famoso  Pierre  corsaro  di  Normandia  ,  il 
quale  per  meglio  operare  s'introdusse  al 


V  EN  V  EN  4yi 
servizio  Jella  repubblica,  e  fece  tuoslra  di  Roberto  Drouillard  fjQiiliare  dell'aniba- 
esserle  al  tulio  devoloj  che  inlaulo  il  se-  sciatore  di  Spagna  sosteneva  i  rifuggiti 
gretario  Spinelli  residente  a  Napoli  per  olandesi,  i  quali  giunti  a  Venezia,  cou  ma- 
la repubblica  teneva  d*  occhio  l'Ossuua  le  intenzioni,  già  avvisale  dal  provvedi- 
per  sospetti  che  avea  potuto  concepirne;  tore  generale  da  mare  Lorenzo  Venier 
che  di  fatto  il  d'OsSuna  giunto  da  Sicilia  nel  d"j  26  genuaioiG  18,  si  aininutin.ivu- 
a  Napoli,  col  detto  Giacomo  l'ierre,  nel  no  bensì  di  concerto  con  Pierre,  ma  fuo» 
20  luglioiGiG  si  dava  ogni  cura  di  iiu-  ri  di  tempo,  perchè  da  Napoli  l'O^suna 
iiir  soldati  e. di  costruire  ed  armar  navi,  non  aveva  spedilo  la  flolla  prolue^sa  [ter 
cou  non  lieve  tema  ed  incomodo  del  coin-  app(jggiarli.  Il  Pieri  e  procurava  inlanto 
niercio  veneto.  Il  Pierre  aveva  compa-  di  far  iuo  un  Caldas>.are  Juven,  venuto 
gni  iu  Venezia  un  Langlad  ,  uu  Ile-  da  Francia  per  olliir  soldati  alla  rc[)ub- 
uaull  jNicolò  ed  un  Alessandro  Spinosa,  blica,  e  ciò  col  mezzo  di  uu  altro  fraiice- 
avventurieri  venuti  in  appiirenza  ai  ser-  se  Moncassin,  ch'era  a  parte  di  tulio.  Ma 
vigi  della  repubblica,  ma  accordati  in  se-  Juveii  inorridì  nell'  intender  cpieila  tra- 
gielo  in  ÌN'apoi  col  viceré  d'Ossuna,  ed  ma,e  ne  avvisò  il  nobile.MarcoIJollani, che 
in  Venezia  cou  Alfonso  della  Coeva  mar-  ne  dava  parie  al  consiglio  de' Dieci  ,  il 
chese  di  Dedmar,  aiubasciuture  di  Spa-  quale  col  Moncassin  ravveduto  e  col  Ju- 
gna  iu  Venezia,  le  cui  trame  erano  da  uu  veii  dispose  per  modo,  che  persona  fida- 
seualoreawisale  alla  signoria  nei  9  mag  ta  e  pratica  di  lingua  francese  potesse  da 
gio  161 6  per  cognizione  avutane  Col  niez-  un  nascondiglio  veder  tutti,  ed  intende- 
zo  d'un  Irate.  Auche  allo  Spinelli  intima-  re  per  esleso  il  piano  della  congiura;  eoa 
va  rOssuna  che  voleva  libero  \A  golfo,  e  che  avuta  ceilezza  e  di  [)ersone  e  di  cose 
che  a  cacciar  i  veneziani  avrebbe  manda-  lece  subilo  arrestare  il  Renaud  e  due  fra- 
io  navigli  con  insegue  sue,  e  non  quelle  telli  Bouleaux,  ch'erano  in  (juel  sorve- 
di  S.  INI.  Cattolica,  e  che  voleva  coglierli  gliato  congresso.  A  Carlo  Bouleaux  fu- 
aila  sprovvista,  ciò  che  Io  Spinelli  riferi-  runo  trovale  indosso  carte  e  lettere  Tela- 
va subito  in  data  2  marzoiSiy.  Intan-  live,  ed  appena  seppesi  l'arresto  di  (pie- 
Io  il  Pierre  disliaeva  l'  atlenzioue  della  sti  tre,  le  locande  rimasero  vuote  di  (ore- 
lepubblica  da  ciò  ch'egli  preparava  iu  slieri.  Nel  tempo  slesso  s'ebbero  dagli  ar- 
\enezia,  col  farsi  denunziatore  egli  stes-  restati  altre  rivelazioni  di  estrema  impor- 
so  alla  signoria,  di  ciò  che  tramava  il  vi-  tanza,  soprattutto  per  gli  accordi  che  pas- 
cere a  Napoli,  il  (piale  di  fattoli  6  luglio  >avano  tra  il  duca  d'  Ossuna,  Giacomo 
161  7  uscivada  Drindisicon  una  ragguar-  Pierre  ed  d  suddetto  Brouillard.  Però 
devote  flotta,  in  faccia  di  cui  i  veneziani  senza  piìi  il  consiglio  de'Dieci  iodata  12 
si  ritirarono  a  Lesina,  perdendo  qualche  niaggioi6i8  ordinava,  ed  il  proweditor 
legno  e  la  taligia  delle  leltere;  di  che  il  da  mar  Venier  in  data  3  1  tiello  avvisava 
popolo  tutto  di  \'enezia  si  levò  contro  gli  che  il  Pierre  ed  il  suo  segielario  llosselti 
spagnuuli,  e  si  dovette  assicurar  la  casa  erano  già  .«ipacciati,  e  che  lo  stesso  sareb- 
dell'auibasciature  per  evitar  maggiori  di-  be  avvenuto  del  Langlad,  diesi  trovava 
sturbi.  Ma  Pierre  operava  piìi  sordacnen-  in  Dalmazia.  Nel  tempo  slesso  furono  in 
le  iu  Venezia  di  concerto,  od  almeno  sa-  Venezia  sliangolati  ed  appiccali  [)er  uu 
j)ula,  degli  ambasciatori  inglese  Woltou  piede  alle  forche  il  Kenault  e  i  due  fra- 
e  francese  Drussart,  e  il  7  gennaio  1618  telli  Bouleaux.  Nel  dì  20  dicembrei  618 
scriveva  al  d'Ossuua  che  5/ /Jf^j /JO'i  5o/o  per  ultimo  furono  strangolati  e  gettati 
venire  ntl  {^olfo,  ma  anche  nella  città  ie  iu  mare  iu  una  cassa,  uu  Valeuti  ed  uu 
fosse  necessario, e  ridurre  questa  gente  Malici  ,  agenti  principali  pur  essi  nella 
(i  veueziaui)  allo  stato  che  merila.  Cu  congiura.  Altri  carcerali  furoou  po»li  m 


492  V  E  N 

libertà.  Allre  esecuzioni  non  v'  ebbero. 
]\loncassin  e  Juven  rimasero  nella  grazia 
della  repubblica,  e  i  due  ambasciatori  spa- 
gnuoloed  inglese,  dopo  moltescuse  e  pro- 
teste di  nulla  aver  mai  operato  a  danno 
della  repubblica  ,  trovarono  bene  di  as- 
sentarsi per  alcun  tempo  sotto  diversi  pre- 
testi. L'ambasciatore  francese  poi  fu  cam- 
bialo sopra  dimanda  della  repubblica  ia 
data  25  agosto  1620.  Pel  complesso  di 
tante  narrazioni,  definì  alcuno  il  famoso 
avvenimento,  tragi-coniinedial  E  Tam- 
l)asciatore  poi  cardinale?!  Lo  dissi  di 
sopra. 

34.  Antonio  Priidi  XC[V  doge.  Ca- 
valiere e  procuratore  di  s.  IMarco,  assen- 
te per  trovarsi  commissario  a  Veglia,  per 
ultimare  le  disposizioni  concretale  riguar- 
do agli  uscoccbi, col  trattalo  di  pace  con- 
cluso tra  r  Austria  e  la  repubblica,  fu 
assunto  al  principato  a' 18  maggioi6i8. 
Ebbe  luogo  in  questa  circostanza  uno  de' 
soliti  spettacoli  che  solo  Venezia  poteva 
olfrire,  l'ingresso  magnifico  e  pomposo 
del  nuovo  doge,  incontralo  dal  leal  Bu- 
cintoro e  da' 12  ambasciatori  per  com- 
plimentarlo in  nome  del  maggior  consi- 
glio. V  Arie  di  verificar  le  Jate, anch'es- 
sa è  di  parere,  che  poco  dopo  la  procla- 
mazione del  doge  Friuli  si  scoprì  a  Ve- 
nezia la  terribile  congiura,  di  cui  per  co- 
mune credenza  era  autore  il  duca  d'Os- 
suiia,dovenclo  dirigerne  l'operazioni  l'ara- 
bascialore  marchesedi  Bedmar«  ed  altro 
non  altendevasi  per  compiere  l'orribile 
progetlo  se  non  se  l'arrivo  da  Napoli  di 
molli  vascelli,  che  doveano  impadronir- 
si de'porti  e  delle  Lagune;  ma  presi  que- 
sti da'corsa ri, o  gettali  dalla  tempesta  lon- 
tani, mancava  all'intuito  l'impresa.  Ta- 
li erano  i  rumori  e  le  relazioni  che  allo- 
ra si  vociferavano  su  questo  barbaro  di- 
segno, circostanziato  dall'  ab.  di  Saint- 
Réal'.  Nel  resto  segue  l'opinione  di  Mu- 
ratori ,  il  quale  però  parlando  all'  anno 
1620  del  richiamo  del  duca  d' Ossuna, 
l'attribuisce  al  malcontento  de' popoli  e 
alle  rappresentanze  de'  veneziani  al  re, 


YEN 
come  d'uomo  che  fosse  dietro  a  cambia- 
re il  suo  ministero  in  principato  !  Cen- 
chè,  difendendo  l'onore  degli  spagnuoli, 
crede  diceria  tale  supposizione,eche  piut- 
tosto cagione  della  sua  disgrazia  fu  1'  o- 
stinarsi  a  restare  in  Napoli  dopo  il  suo 
richiamo,  disubbidienza  che  destò  di(h- 
denze.  Dice  il  Mulinelli  :  Ristabilitasi  la 
tranquillità,  fin  qui  per  nop  pochi  anni 
da'narrati  avvenimenti  turbata,  tornava 
a  sorgere  in  Venezia  l'usata  maguificea- 
za.  Era  costume  antico  del  doge  il  ban- 
chettare pubblicamente  in  alcuni  deter- 
minali giorni  i  principali  magistrati,  af- 
finchè familiarmente  conversaudo  con  es- 
si, partecipar  dovesse  di  se  stesso  con  tut- 
ta la  repubblica.  Tenevasi  il  i.°  convito 
nel  dì  sagro  al  protomartire  s.  Stefano, 
il  2."  in  quello  di  s.  Marco,  il  3.°  nel  so- 
lennissimo  dell'Ascensione,  il  4-''  ''i  quel- 
lo de'ss.  Vito  e  Modesto  in  commemora- 
zione della  scoperta  congiura  di  Boemon- 
doTiepolo.  Ris[)lendenti  le  mense  per  co- 
pia tragrande  di  vasellame  d'oro  e  d'ar- 
gento, imbandivansi  le  più  scelte  carni  e 
i  più  rari  pesci,  largamente  versandosi  i 
più  preziosi  vini  dell'Orienle  e  dell'Oc- 
cidente;" soffiasse  poi  irato  il  rovaio,  e  ge- 
late fossero  le  acque,  l'uva  spina,  le  fra- 
gole, le  albicocche,  le  viole  e  le  rose  ve- 
tlevansi  sopra  le  dette  mense  quasi  in  a- 
iiiole  accarezzate  dal  sole  e  da'  zefEri  di 
primavera,  mentre  i  più  virtuosi  poeti  e 
i  più  virtuosi  musici  davano  prova  de'Io- 
rosingolari  talenti  (il  Mulinelli  riporta  la 
IVota  delie  spese  de  vari  banchetti  dati 
da  Sua  Serenità  AlvisePisanineh'j'ò'j. 
Poi  riproduce  le  poesie  e  rappresentazio- 
ni anche  con  musiche  celebrate  dal  1 5'j  i 
ali6o5  ,  dopo  il  quale  anno  non  più  sì 
praticarono  simili  rappresentazioni ,  ma 
solamente  mottetti  e  sinfonie  da   musici 
e  suonatori  della  ducale  cappella  di  s.IMar» 
co)".  11  biografj Casoni  rileva,  che  la  con- 
giura degli  spagnuoli  felicemente  scoper- 
ta, recò  di  conseguenza  la  pronta  esecu- 
zione del  trattato  di  Parigi,  e  sembrava 
quindi  che  Venezia  gioir  dovesse  in  al- 


V  E  N 
lora  di  perenne  tranquillità  e  di  slal>!le 
pace;  se  non  che  a  tuibaie  la  comune 
quiete  d'Italia  continuavano  i  maneggi 
della  corte  di  Spagna,  la  quale  profìllan- 
do  de'torbidi  insorti  in  Valtellina  (ne  ri- 
parlai aSvizzERA),tultoadopra  va  percoin- 
nouovere  le  potenze  a  danno  de'venezia- 
ni,  ma  trovò  sempre  giuste  ripulse  per 
parte  di  quelle,  generosa  fermezza  e  in- 
diilerenza  in  questi,  laonde  sempre  più 
sì  esacerbarono  gli  animi.  Meglio  è  la- 
sciar parlare  il  IMuratori.  Nel  declinare 
deliGigsi  rinnovò  o  maggiormente  con- 
fermò la  lega  della  repubblica  veneta  col 
duca  di  Savoia,  il  die  non  poco  dispiac- 
quealla  politica  spagnuola,ben  conoscen- 
do tale  unione  non  esser  per  altro  fatta, 
che  per  tenere  in  briglia  chi  voleva  far 
d'assoluto  padrone  in  Italia.  Vieppiù  an- 
cora si  alterarono,  perchè  la  repubbli- 
ca stabiPi  a'3i  dicembre  un'altra  lega  di- 
fensiva colla  repubblica  d'Olanda.  Ebbe 
principio  nel  1620  la  guerra  della  Valtel- 
lina, avvenimento  spettai)  te  all' Italia,  per- 
chè quella  valle  è  compresa  nel  suolo  ita- 
lico, siccome  ancora  Chiavenna  e  la  con- 
tea di  Bormio,  paesi  una  volta  dello  slato 
di  Milano,  ma  occupali  già  da'Rlieti,  og- 
gidì chiamati  Grigioni,  e  loro  ceduti  per 
antiche  capitolazioni  da'duchidi  Milano 
(la  provincia  della  Valtellina  o  Sondrio 
appartiene  al  regno  Lombardo,  confinan- 
te colla  Svizzera, fino  dal  1 8  1 5,ed  ha  Son- 
drio per  capoluogo).  Quivi  erasi  conser- 
vata la  religione  cattolica,  ma  tante  ava- 
nie  e  violenze  aveano  esercitato  in  addie- 
tro i  grigioni  padroni ,  per  la  maggior 
parte  eretici  calvinisti,  contro  i  cattolici, 
che  n'era  divenula  insolFribile  la  loro  si- 
gnoria. Nata  fiera  discordia  fragrigioni, 
insorsero  fazioni,  sostenendo  una  parte  di 
essi  la  lega  proposta  da'  veneziani,  e  in- 
calorita dal  buon  uso  de'veueti  zecchini  ; 
laddove  altri  tenevano  a  visiera  calata 
per  la  lega  colla  corona  di  Francia.  In 
queste  turbolenze,  che  costarono  la  vita 
a'più  ragguardevoli  del  partito  veneto, 
cominciò  segretamente  a  solliare  e  a  sten- 


V  E  N  493 

dere  le  mani  anche  il  duca  di  Feria  go- 
vernatore di  Milano, perchè  persuaso  che 
tornasse  in  manifesto  pregiudiziodegl'in- 
teressi  della  Spagna  la  confederazione  di 
que'popoli  colla  repubblica  veneta, spia- 
cendogli di  vederla  proteggere  il  partito 
protestante  nella  Valtellina, ch'era  quanto 
dire  in  Italia.  Ora  avendo  ftittoa  lui  ri- 
corso i  cattolici  della  Valtellina,  con  rap- 
presentargli le  tiranniche  ingiustizieecru- 
deltà  usate  contro  di  loro  dagl'intolleran- 
ti eretici  grigioni, parve  non  si  potessepre- 
seutare  un  titolo  più  vistoso  alla  pietà  spa- 
gnuola  che  questo  per  assumere  la  loro 
protezione,  e  per  incoraggiarli  a  scuotere 
il  giogo.  Ma  sotto  il  manto  della  religio- 
ne giudicarono  i  politici  che  si  nascon- 
desse il  desiderio  e  disegno  di  riunir  nuo- 
vamente que'popoli  con  lo  stato  di  Mila- 
no. Sapeva  il  governatore  quanto  la  cor- 
te di  Francia  fosse  contraria  a' maneggi 
de'veneziani,  per  la  lega  da  essi  con  gran 
calore  bramala  e  procurata;  e  però  mag- 
giormente si  animava  ad  entrare  iu  que- 
sto ballo,  per  la  speranza  che  i  francesi 
noi  frastornerebbero  in  tale  impresa;  e 
tanto  più  perchè  nuova  guerra  civile  si 
risvegliava  in  quel  regno  tra' cattolici  e 
gli  ugonotti.  Copertamente  dunque  ani- 
mali i  valtellini  alla  rivolta,  con  promet- 
tere loro  il  suo  appoggio,  a' if)  luglio  pre- 
sero l'ai  mi  e  uniti  colla  fazione  opposta 
a'veneziani,  s'impadronirono  di  Sondrio, 
Moibegno,  Bormio, in  una  parola  di  tut- 
ta la  Valtellina,  e  misero  a  fil  di  spada 
quanti  eretici  caddero  nelle  loro  mani,  e 
non  furono  pochi.  Spinse  allora  scoper- 
tamente il  duca  di  Feria  in  aiuto  di  essi 
molte  schiere  d'armati,  e  quindi  si  venne 
ad  accendere  un'aspra  guerra  in  quelle 
parti.  Ricorsero  i  grigioni  per  aiuto  agli 
eretici  svizzeri  di  Berna  e  Zurigo,  e  non 
vi  ricorsero  invano.  Ilicevutoda  essi  uà 
gagliardo  rinforzo  di  combattenti ,  con 
parte  di  loro  munirono  il  presidio  di  Chia- 
venua,  e  cogli  altri  si  mossero  a  ricupe- 
rare la  VaUellina.  Ne  seguirono  vari  coni- 
battimcuU  che  riuscirono  a  danno  de'gri- 


494                  V  E  N  YEN 
gionij  e  la  valle  col  contarlo  di  Bormio  mn  però  che  questi  Io  divenisse,  e  Pieiro 
leslò  in  polere  de'catlolici;  laonde  il  dtt-  Valerio  o  Valier  arcivescovo  di  Candia, 
ca  di  Feria  si  ad'reltò  di  alzar  vari  forti  0*28  gennaio  1621  soavemente  morì,  e 
a'confiiii  non  nieno  de'grigioni,  die  de'  dnpoit  giorni  gli  successe  Gregorio XV, 
veneziani,  ginccliè  questi  tdlinii  aperta-  nel  giornoseguentecioè  ai  suo  ingresso  in 
niente  con  datiari  (lavano  braccio  agli  e-  conclave.  Intanto  latto  prigioniero  il  bar- 
reirci  ,  e  gli   animavano  a  cacciar  di    là  baro  uscocco  Vincenzo  Voisich,  capo  di 
l'armi  spagnuole.  Grande  inquietudine  que'masnadieri  fierissimi  che  lorde  avea- 
cagionò  questo  movimento  degli  spagnuo-  no  ancor  le  mani  del  sangue  di   Cristo- 
li  in  tutti  i  principi  d'Italia,  massime  nel-  foro  Venier,  fu  messo  a  morte  ad  esem- 
la  reptiblilica  veneta. Imperocchèdividen-  pio  e   terrore  degli  scelleiali.    Successe 
do  la  Valtellina  lo  stato  di   Milano  dal  (piindi  nella   repubblica   di   Venezia  un 
Tirolo,  se  ne  fossero  restali  padroni  gli  periodo  di  pace  che  permise  dar  pensiero 
spagnuoli,  si  apriva  loro  una  sicura  co-  anco  alle  cose  interne  della  cillù,  ed  al- 
niunicazioneco'dominii  austriaci,  per  pò-  lora  ebbe  incominciaraento'  nel  palazzo 
•  terne  trarre  aiuto  all'occorrenza,  senza  (lucale  la  fabbrica  aggiunta  delle  nuove 
passare  pe'[)aesi  altrui.  E  all'incontro  ve-  stanze  e  la  sala  de'Banchelti,  dalla  parte 
ni  va  fi  impedii  si  il  passo  che  la  republ)li-  del  liivo  di  Canonica  e  verso  la  chiesa  di 
ca  e  altri  piincipi  potevano  sperare  dalla  s.  Basso  sulla  piazza  de'Leoni.  Ma   una 
Francia,  dagli  svizzeri  e  da  altre  potenze  lagrimevole  vicenda  mise  in  lutto  la  cit- 
d'o'tremonti.  E  però  i  veneziani  sopia  gli  tà  intera  ,  che  vifle  perire  sopra   infame 
altii  s'impegnarono  in  favore  de* grigio-  patibolo  un  cavniipre  esenatore, e  l'inTia- 
ni,  pei"  escludere  dalla  Valtellina  l'armi  nità    tuttora  freme  sul   disgraziato  fine 
di  Spagna.  Neppure  lo  stesso  Paolo   V,  d'un  innocente,  che  il  grido  pubblicodis- 
titttocliè  per  proteggere  il  cattolicismo  in  se  sacrificato  dagl'inquisitori  di  stato,  per 
quelle  contrade  fosse  pronto  a  sommini-  frequentare  occultamente  una  casa  pres- 
slrare  buone  somme  di  denaro,  sapeva  so  il  palazzo  dell'ambasciatore  di  Fran- 
consentire  che  in  potere  degli  spagnuoli  eia,  e  come  vogliono  altri  per  essere  tio* 
restasse  (|uel  paese.  Pertanto  furono  prò-  vato  sulla  soglia  del  palazzo  dell' amba- 
posti   vari  ri[iieghi,  e  specialmente  ebbe  sciatore  di  Spagna  (nel  qual  caso  sareb- 
plauso  la  pioposizione  di  lasciare  in  li-  be  stata  tuttora  l'abitazione  del  marche- 
berta  la  Valtellina,  e  di  formare  di  essa  se  di  Bedmar  Alfonso  de  la  Cueva,  per- 
un  cantone  della  Svizzera,  da  aggiunger-  che  come  provai  superiormente,  quivi  di- 
si agli  altri  cantoni  degli  svizzeri  cattolici,  morava  quando  Increato  cardinale  a' 5 
Declamarono  sì  vivamentei  roinislridel-  settembre i  69.2),  Lo  racconterò  coH'an- 
la  repubblica  veneta  a  Parigi  contro  gli  naiista  IMulinelli.  Trascorsi  appena  3  an- 
ambiziosi  [)pnsieri  del  duca  di  Feria,  os-  ni  dacché  Venezia  era  uscita  dall'estremo 
sia   della   Spagna  ,  che   Luigi  XIII    fece  pericolo  per  insidiespagnuole,  accadde  in 
passare  uflizi  e  j>roteste  colla  corte  di  Ma-  essa  fatto  molto  lagrimevole.  Proibito  a' 
drid,  per  isventar  le  mene  del  duca,  che  veneziani  dalla- legge  come  caso  di  slato 
parevano  indirizzate  a  mettere  l'Italia  in  di  aver  relazione,  occulte  pratiche  e  in- 
ischiaviiù.  Paolo  V  dopo  aver  aumenta-  felligenze  segiete  co' residenti  ambascia- 
to il  cultodel  b.  Lorenzo  Giustiniani  col-  tori,  più  rigorosamente  si  vegliava  quel- 
la celebrazione  di  sua  festa,  decretato  lo  di  Spagna;  quando  avvenne  che  il  pa- 
quello  del  b.  Jacopo  Salonionio   dome-  trizio  Antonio  Foscarini  di  Nicolò,  di  co- 
nicano,  creati  cardinali  i  3  patrizi  veneti  picua  famiglia,  già  ambasciatore  di  Fran- 
Francp^co  Vendramin  patriawca  di  Ve-  eia  ed'  Inghilterra,  ad  onta  de' suoi  cir- 
nezia,  Matteo  Priuli  figlio  del  doge,  pri-  ca  5o  anni,  della  riputazione  che  gode- 


VEN 
Ta,  e  de'  distinti  ministeri  sostenuti,  si 
accecasse  d'amore  per  una  forestiera  ma* 
ritata.  Dunque  né  giovine,  né  amoroso 
di  Teresa  Navagero,  costretta  per  la  pie- 
tà del  padre,  minacciato  d'orrida  pri- 
gione,  di  prendere  a  marito  l' inquisito- 
re di  stato  Contarini  (come  con  idio- 
taggine di  storia  a'  nostri  giorni«lia  vo- 
luto far  credere  Gio.  Battista  Nicolini, 
nella  d'  altronde  ben  nota  e  applaudila 
sua  Tragedia),  soleva  portarsi  Foscari- 
ni  notte  tempo  in  abitazione  di  cavalie- 
re straniero,  segretamente  quindi  ammes- 
so dall'amata  donna  nelle  sue  stanze.  Per 
mala  ventura  erano  queste  vicine  al  pa- 
lazzo dell'ambasciatore  francese,e  perciò 
non  è  improbabile  che  l'infedele  femmi- 
na fosse  di  Francia,  ed  ivi  forse  dal  Fo- 
scari.ii  conosciuta  in  tempo  di  sua  amba- 
sciata. 1  segreti  accessi,  il  luogo,  il  tempo, 
il  travestimento  dierouo  corpo  all'accusa 
fatta  al  severo  consiglio  de'Dieci  da  alcu- 
ni scellerati,  che  in  odio  non  meno  di  lui 
e  di  altri  nobili,  riferirono  aver  il  Fosca- 
rinicorrispondenze  con  esteri.  Tutto  quin- 
di cospirava  a  renderlo  colpevole  d'aver 
infranto  una  gelosa  legge  di  stato;  tut- 
tavolla  egli  non  era  macchiato  di  quel  de- 
litto, bens'i  d'un  altro, nèquello giustificar 
poteva  senza  rendere  palese  questo.  Né 
salvata,  Foscarini,  a  questo  prezzo  la  vi- 
ta, l'onor  salvava,  poiché  il  furtivo  collo- 
quio con  donna  maritata  gli  sai  ebbe  tor- 
nalo in  disonore,  e  insieme  infamia  l'av- 
volgere nell'obbiobrio  l'amata  donna,  ol- 
tre I'  esporla  alla  giusta  indignazione  del 
tradito  marito.  Si  trovò  pertanto  nella 
dura  alternativa,  o  perire  coll'iufamia  di 
traditore,  o  salvar  la  vita  coll'iufamia  del- 
l'amata donna.  Uidottoa  tali  estremi,  ve- 
dendo Fo<!carini  la  necessità  di  solloporsi 
alla  morte,  generoso  piegava  la  fronte  a 
questa  necessità,  anziché  palesare  il  mo- 
tivo di  sue  notturne  visite.  E  perciò  dal 
processo  compilato  dagl'inquisitori  di  sta- 
to, e  giudicato  da'Dieci,  dallo  stesso  do- 
ge e  da'siioi  consiglieri,  appaiendo  reo  di 
fellonia, fu  condanuato  a  morte.  Strozza^ 


toin  carcere  nella  notte  de'ao  venendo 
il  ai  aprile  1622,  si  vide  nel  mattino 
seguente  impiccato  pe' piedi  alle  forche 
il  cadavere  dell'infelice  villima  d'impuro 
amore.  La  città  fu  tutta  compresa  di  stu- 
pore, orrore  e  doloie  pel  funesto  caso, 
sentimenti  che  si  aumentarono  grave- 
mente, prima  fra  il  volgo  e  poi  fia'gran- 
di.  quantlo  si  sparse  voce  Foscarini  inno- 
cente !  Moltiplicandosi  di  fatto  l'accuse  di 
ribellione, anche  contro  i  principali  sena- 
tori, si  venne  finalmente  a  sospettare  del- 
la falsità  delle  testimonianze.  Imprigiona- 
ti i  delatori  e  i  testimoni, e  contraddicen- 
dosi iiegl'interrogatorii,  ben  presto  si  eb- 
be certa  e  dolorosa  prova  dell'atroce  ca- 
lurnia,  lacjualesi  avrebbe  potuto  disco- 
prire assai  prima  e  senza  l'ingiusta  elVu- 
sione  di  sangue,  se  meno  precipitosamen- 
te si  fosse  agito.  Avvedutisi  quindi  i  Die- 
ci d'esser  caduti  in  gravissimo  errore  di 
giustizia,  non  vollero  questa  volta  tener- 
lo sepolto  nell'impenetrabile  loro  segre- 
to, ma  considerando  soltanto  alla  stra- 
ziata fama  d'un  onorato  cittadino,  all'i- 
gnominia del  casato  e  all'inviolabilità  del- 
la giustizia,  spontaneamente  pidiblicaro- 
no  formalmente,  divulgandolo  anco  alle 
nazioni  straniere,  essere  Antonio  Fosca- 
rini innocente  dell'appostogli  delitto.  Si 
volle  inoltre  dichiarata  la  sua  innocenza 
nell'atto  di  sua  morte,  e  nell'  iscrizione 
sepolcrale  nella  chiesa  di  s.  Eustachio  so- 
vrastata dal  di  lui  busto  scolpito  da  Giu- 
seppe Toretli,  lateralmente  alla  4-' cap- 
pella del  Crocifisso.  Può  vedersi  la  Tra- 
gedia Jntonio  Foscarini  di  Gin.  Bat- 
tista Nicoli  in,  presa  in  esame  da  Gio. 
Battista  Gaspari,  Venezia  dalla  tipo- 
grafia Alvisopoli  1827.  Osserva  il  Caso- 
ni, dopo  s'i  tragica  morte  gì'  inquisitori 
di  stato  denunciarono  questa  prima  in- 
nocente villima  sagrificHta  alla  rabbia 
«l'alcuni  perversi  che  congiurato  aveano 
l'eccidio  de'piincipali  cittadini,  e  de'più 
gravi  e  ragguardevoli  magistrali.  »  Tale 
aneddoto  triste  ed  atroce,  prestò  tema, 
in  questi  ullinii  tempi,  a  qualche  teatia- 


496  V  E  N 

le  rappresentazione,  scrittn  non  lanlo  per 
amore  dell'  argomento,  quanto  perchè 
l'inquieto  autore  trovava  in  quello  esca 
a  sviluppare  il  proprio  mal  animo  dccla- 
mando  contro  la  verità,  la  ragione,  e  le 
leali  ed  uniformi  teslimonianzedella  sto- 
ria ede'fatti".  —  Nel  seguente  162 3  a'G 
giugno  Gregorio  X,V,  per  estinguere  il 
fuoco  della  guerra  di  Valtellina,  prese 
questa  in  deposito  a  mezzo  di  d.  Orazio 
Ludovisi  suo  fratello,  e  l'8  luglio  rese  il 
suo  spirito  al  Creatore.  Dopo  28  giorni 
di  sede  vacante,  gli  fu  sostituito  Urbano 
"Vili  Barberini,  che  continuò  a  tenere  per 
nunzio  a  Venezia  Laudivio  Zacchia,  poi 
cardinale,  ove  il  predecessore  l'avea  in- 
viato nel  1621.  Sette  giorni  dopo,  a' i  3 
agosto,  morì  il  doge  Friuli,  e  venne  tu- 
mulalo nella  chiesa  di  s.  Lorenzo,  forse 
nella  tomba  medesima  de'suoi  antenati, 
senz'alcuna  iscrizione  o  memoria  parti- 
colare, con)e  dichiarali  suo  biogralb. — 
Francesco  Conlarini  XCf^  doge.  Rag- 
guardevole per  le  cariche  cospicue  so- 
stenute in  patria,  e  per  le  legazioni  pru- 
dentemente condotte  presso  varie  corti, 
cavaliere  e  procuratore  di  s.  Marco,  fu 
proclamato  doge  fra  mezzo  a 'gè  nera  li  ap- 
plausi rS  settembre  1623.  Alle  rare  do- 
ti che  costituiscono  l'uomo  di  stato,  uni- 
va ricca  suppellettile  di  scienza,  fondo  di 
dottrina,  ed  esattezza  di  critica,  di  che  se 
ne  ha  prova  nella  preziosa  storia  tuttora 
ms.  delle  Guerre  de  turchi  in  Persia  ed 
Ungheria,  óa  lui  dettata  sulle  notizie  pro- 
cacciatesi quando  era  bailo  per  la  repub- 
lilica  a  Costantinopoli.  Talee  l'elogio  che 
gli  rende  il  eh.  biografo  Casoni.  La  fab- 
brica delle  nuove  stanze  e  della  sala,  iti 
aggiunta  al  palazzo  ducale  dal  Iato  di  s. 
Basso,  già  cominciata  nel  precedente  prin- 
cipato, per  comodo  della  famiglia  del  do- 
ge, si  vide  in  breve  condotta  a  termine. 
Spettacoli,  banchetti  e  splendide  feste 
vennero  date  dalla  repubblica  per  l'arri- 
vo inatteso  a  Venezia  d'  un  principe  fi- 
glio del  Prete  Jatmi,  e  per  la  venuta  di 
Uladiblao  figlio  di  Sigismondo  111  re  di 


VEN 
Polonia,  clie  poi  il  successe  col  nome  di 
IJIadislao  VII,  portatosi  in  Roma  pel 
giubileo  dell'anno  santo.  D.  Orazio  Lu- 
dovisi custodiva  la  Valtellina  e  i  suoi  for- 
ti, e  poi  avea  ricevuto  dopo  molli  con- 
trasti anche  Chiavenna  e  Riva.  Urbano 
Vili  tosto  mostrò  inclinazione  a  Fran- 
cia, ed*a  quelli  che  mal  solfrivano  la  pre- 
potenza de'  ministri  spagnuoli.  Però  in 
breve  Irovossi  in  molle  angustie  per  l'im- 
pegno preso  dall'antecessore  pel  deposito 
della  Vallellina,  poiché  disputandosi  a  chi 
dovesse  toccare  il  mantenimento  de'pre- 
sidii  pontificii,  composti  di  5oo  cavalli  e 
di  i5oo  fanli,  pretendevano  sostenerne 
tutto  il  peso  gli  spagnuoli,  ed  i  francesi  la 
metà,  e  senza  questi  mai  accordarsi,  re- 
starono a  carico  della  camera  apostolica. 
Moltiplicavano  l'istanze  Francia,  Venezia 
eSavoia  per  ultimare  quesl'afrare,e  ilPapa 
non  ne  trovava  la  via,  per  non  disgustar- 
si con  Filippo  IV  redi  Spagna.  Le  cose 
della  Valtellina  tenevano  sempre  in  agita- 
zione gli  animi, ed  esercitati  i  combatten- 
ti per  esser  pronti  a  qualunque  eventuali- 
tà. La  Spagna  non  cessava  dal  fomentar 
inimicizie,  ed  istigare  le  altre  potenze  con- 
tro i  veneziani;  perfino  il  sultano  Amu- 
rat  IV  venne  da  quella  corte  richiesto 
d'alleanza,  ed  egli  non  solo  rifiutò  la  pro- 
posta, ma  invece  ne  avvertì  il  senato,  of- 
frendo mettere  adi  lui  disposizione  e  sti- 
pendio 20,000  turchi,  ciò  chenon  venne 
accollo  da'padri,  co'debiti  ringraziamen- 
ti,! quali  non  mancarono  peròd'accresce- 
re  poderosamente  le  forze  terrestri  e  ma- 
riltÌD)e.  Narra  Muratori,  che  il  cardina- 
le  Richelieu  divenuto  l'arbitro  del  gabi- 
netto di  Francia,  concepì  l'ardito  dise- 
gno di  alzarne  la  riputazione,  con  repri- 
mere la  colossale  potenza  dell'una  e  del- 
l'altra casa  d'Austria,  signora  di  due  mon- 
di nella  monarchia  spagouola,  impegnan- 
dovi Gustavo  II  Aldolfo  re  di  Svezia  ;co- 
sì  pensò  agli  affari  della  Valtellina,  e  a 
muovere  altri  turbini  in  Italia.  A  que- 
sto l'incitavano  ancora  le  doglianze  con- 
tinue de' veneziani  e  il  duca  di  Savoia.  A- 


V  EN 
vea  Urbano  Vili  fatto  uo  progello  d'ac- 
coinotlaaietito  per   restituire  a'  grigioui 
quella  provincia  colla  reintegrazioue  e  ga- 
ranzia della  religione  cattolica;  tua  perchè 
si  era  preservalo  il  passo  libero  per  quelle 
parli  a'vicendevoli  soccorsi  delle  due  po- 
tenze Austriache,  il  che  disapprovavano 
Francia  e  Venezia,  restò  priva  d'effetto  la 
sua  buona  volontà. Quindi  pe'uianeggi  del 
duca  di  Savoia,  fu  da  lui  tenuta  una  gran 
conferenza  in  Susa,conLesdiguièresgrau 
contestabile  di  Francia,e  gli  ambasciatori 
di  Venezia,  dove  si  sottoscrisse  la  lega 
della  Francia,  la  repubblica  di  Venezia 
e  il  duca  di  Savoia,  per  liberar  la  Val- 
telliaa.  Indi  il  duca  per  abbassare  la  po- 
tenza di  Spagna  in  Italia   propose  alla 
Francia  il  conquisto  del  dominio  di  Ge- 
nova  e  dividerselo,   benché  la  Francia 
non  voleva  apertamente  dichiarar  guer- 
ra a  Filippo  IV  e  i  veneziani  intende- 
vano come  i    francesi  di  operare  solo 
per  la  Valtellina,  somministrando  de- 
nari  e  munizioni,  e  tener  le  milizie  a' 
confini  del  Milanese.  La  Francia  quindi 
risolutamente  fece  vive  rappresentanze 
al  Papa,  per  terminar  la  controversia 
della  Valtellina  o  rinuoziasse  al  deposito, 
altrimenti  avrebbe  proceduto  come  al- 
leata de'grigioni.  IVla  Urbano  Vili  com- 
battuto dalle  replicale  istanze  de'valtel- 
lini  di  sottomettersi  al  dominio  pontifì- 
cio, e  dall' impedire  che  si  perdesse  ri- 
spetto a'vessilli  di  s.  Pietro,  andava  tem- 
poreggiando. In  questo  mentre  l'amba- 
sciatore francese  Coeuvres,  e  col  denaro 
veneto,  mosse  gli  svizzeri  e  i  vallesani  a 
far  leva  di  gente,  e  animò  i  grigioni  a 
sollevarsi.  Sul  fine  poi  di  novembre  l'am- 
basciatore pobtosi  alla  testa  di  tali  trup- 
pe, entrò  improvvisamente  nella  i'iezia 
e  passato  nella  Valtellina  occupò  i  luo- 
ghi che  non  potevano  resistergli,  con  sor- 
presa, e  sdegno  e  inutili  proteste  del  mar- 
chese di  Bagno  Nicolò  Guidi  luogotenen- 
te generale  dell'  armi  papali,  e  dipoi  per 
I'  artiglierie   mandate  da'  veneziani  al- 
l'ambasciatore dovette  capitolare  pel  cu- 
vot.  xcii. 


V  E  N  497 

stello  dì  Tirano  a'jo  dicembre  1624,  e 
nel  di  seguente  parfi  colle  milizie.  Al- 
lora al  francese  fu  agevole  impadronirsi 
di  Sondrio,  Morbegno,  Bormio  e  in  line 
di  tutta  la  Valtellina,  non  avendo  fallo 
alcuna  resistenza  i  pontifìcii,  tranne  Ulva 
presidiata  da'spaguuoli  sul  lago  di  Ghia, 
venna.  Il  Papa  fece  gravissime  lagnan- 
ze, così  gli  spagnuoli,e  l'accorto  cardinal 
Richelieu  seppe  cavarsi  dall'intrigo;  im- 
perocché ad  onta  che  poscia  Urbano  Vili 
inviasse  a  Parigi,  anche  per  le  mire  sa- 
voiarde su  Genova,  per  legalo  a  laltrc 
il  nipote  cardinal  Francesco  Barberini, 
e  benché  per  invilo  di  Filippo  IV  si  re- 
casse a  Madrid  per  levare  al  s.  fonte  in 
nome  del  Papa  la  sua  figlia  IMaria  Eu- 
genia, non  potè  concludere  alcuu  acco- 
modamento, sostenendo  la  Francia  quel- 
lo che  ora  dice  la  diplomazia,  il    fallo 
compiuto,  con   tutti  gli   artifizi    propri 
delle  corti.  Nello  stesso  dicembre  a'  12 
mori  il  doge  Coularini  fra  l'  universale 
compianto,  dopo  aver  sostenuto  il  de- 
coro dello  stato  con  politiche  negozia- 
zioni, per  conservare  l'equilibrio  euro- 
peo, e  fatto   ovunque  rispettare  le  ve- 
neziane insegne.  Ebbe   tomba  nella  3  ' 
magnifica  cappella  di  s.  Francesco  della 
Vigna,  iu  un  monumento  nella  parte  si- 
nistra, manierato  e  d'ignoto  autore.  In- 
tanto a' 19  dicembre,  Urbano  Vili  cir- 
condato da  24^^^''^^'"''''  licevè  Girolamo 
CornarOjFrancesco  Erizzo  eGiroiamo  So- 
ranzo  procuratori  di  s.  Marco,  insieme  al 
ca  v.Ilcnier  Zeno  oratore  ordinario,amba- 
sciatori  d'  ubbidienza    della  repubblica, 
l'ultimo de'quali  baciati  i  piedi  fece  lacou- 
suela  orazione  a  pubblico  nome,  di  con- 
gratulazione e  di  filiale  di  vozioue.  —  Gio- 
i'unni  I  Cornalo  AC/ '/r/oi;e. Procura- 
tore di  s.  Marco,  venne  innalzalo  a  capo 
della  repubblica  a' 4  gennaio  162J.   lu 
(juest'auoo  Francesco  M."  II  ulliino  duca 
feudatario  d'  Urbino,   onde  poi  quello 
stato  fu  riunito  nuovamente  ai  princi- 
pato della  s.  Sede  (non  senza  dispiac«re 
di  diversi  principi  italiani  e  de' Venezia- 

32 


498  V  E  N 

ni  dulculi  dì  vedere  ailaignre  tonto  ie 
finibile  della  Chiesa,  come  nota  il  Mu- 
ratori), togliendo  a  Pesaro  ove  eia  slata 
inuabalu,  la  statua  dell'avo  Fiaucesco 
M."  I,  scolpila  dal  fiorenlino  Giovanni 
Bandinij  dello  dall'Opcray  già  capita- 
no generale  della  repubblica,  ad  essa  la 
tnandò  in  dono,  il  senato  facendola  col- 
locare con  aionuuicnto  di  Eartoloiiìco 
Monopola,  nel  cortile  del  palazzo  doca- 
ie  a  desila  di  ehi  guarda  la  facciata  del- 
l' orologio,  ove  ancor  si  conserva.  Ar- 
male italiane  e  straniere  scorrevano  l'I- 
talia per  le  discordie  di  Vallellina,  nia 
.si  fecero  poche  fazioni  militari;  però  il 
duca  di  Feria,  con  surficiente  esercito, 
liuscj  a  frastornare  ogni  ullerior  pro- 
gresso de'  francesi  e  veneti  in  quelle  par- 
li, non  potendo  far  di  più  per  leneie  gli 
ocelli  su  Genova  vagheggiala  dal  duca  di 
Savuia.  E  la  repubblica  veneziana  sem- 
preciòavversava,  perchè  preferiva  guer- 
reggiare le  due  case  d'Auslria  contro  lo 
stato  di  IMilano.  Iiifatli  avendo  i  geno- 
vesi persuaso  Fili()po  IV, che  alla  caduta 
di  Genova  seguirebbe  la  perdita  del  Mi- 
lanese, n'ebbero  poderosi  soccorsi  in  de- 
naro e  truppe  dal  dt\ca  governatore,  il 
quale  marciò  inoltre  a  sventare  le  pre- 
tensioni nemiche,  il  resto  facendolo  l'oro 
genovese,  sia  cogli  assoldati  tedeschi  e 
sia  col  guadagnare  Lesdiguières,  che  già 
dissenziente  nell'impresa  si  ritirò.  Urbano 
Vili  dispiacente  di  questi  moti  guerre- 
schi, e  della  uiuna  riuscita  di  sua  lega- 
zione spedita  in  Francia  per  la  pace  d'I- 
talia, e  pel  risarcimento  all'onta  ricevuta 
per  la  toltagli  Vallellina  con  tanta  pie- 
potenza, per  I  ienlrarvi  arojò  6,000  fanti  e 
Geo  cavalli.  Narra  il  Cardella. nelle  Mc/n. 
.storiche  ile  Cardinali,  che  il  Papa  a'i  g 
geimaio  1626  creò  cardinale  il  patrizio 
veneto  Fede»  ico  Cornuro  il  giuniore,  ve- 
scovo di  13ergamo  e  figlio  del  doge  Gio- 
vanni I.  Questa  promozione  fu  cagione 
di  contese  in  Venezia,  non  permeiteudo 
le  leggi  della  repubblica,  che  i  parenti 
del  doge  vivente  potessero  ricevere  digni- 


V  EN 
là:  tua  la  moderazione  del  padre,  pronto  a 
scendere  dal  soglio,  soddisfece  tuhneiitc 
il  senato,  diesi  posero  in  perfetta  calma 
le  destate  querele,dichiaraiidosi  che  l'am- 
piezza della  dignità  cardinalizia  non  com- 
prendevasi  .sotto  lo  scritto  divieto.  Ma  a 
questa   condiscendenza  del  senato  segui 
altro  esempio  della  tenace  e  imparziale 
osservanza  delle  leggi  statutarie.  L'8  del 
seguente  febbraio  Urbano  Vili  ti'asfeiì 
il  cardinal  Cornalo  al  vescovato  di  Vi- 
cenza, e  poi  nel  1629  lo  promosse  a  quel- 
lo di  Padova,  ma  non  potè  prentierne 
possesso,  perchè  le  delle  leggi  venete  e  la 
Promissione  ducale  proibivano  a'figli  del 
doge  regnante,  anche  dal  Papa  accettare 
benefizi  ecclesiastici.  Lo  stesso  cardinale, 
ben   conoscendo  l'irrevocabile  autorità 
di  questa  legge,  avea  supplicato  il  Papa 
a  degnarsi  di  lasciarlo  nella  sua  sede  di 
Vicenza,  e  non  come  altri  scrissero  ch'e- 
rasi  [)rocuiata  la  dispensa  da  detta  Pro- 
missione,  e  di  provvedere  di  altro  pre- 
lato la  chiesa  di  Padova. Ma  Urinano  Vili, 
che  di  già  lo  avea  preconizzato  in  con- 
cistoro,  per  la  solennità  dell'atto,   non 
voleva  aifatto   rimuoversi  dall'  operalo. 
Però  il   cardinale   prefer"i   rinunziare  a 
tale  nomina,  anziché  cadere  nella  disgra- 
zia  della   repubblica;   lullavolta  la  sua 
rinunzia  non  si  accettò  dal  Pontefice.  Il 
perchè  il  sonalo,  piuttosto  che  tollerare 
una  violazione  delle  sue  leggi,  lasciò  che 
restasse  vacante  il  vescovato  di  Padova. 
Non   si  rimosse  il  senato  neppure  alla 
morte  del  doge  Cornalo  padre  del  car- 
dinale, il  quale  perciò  non  era  più  com- 
preso nella  legge  proibitiva,  e  continuò 
il   conti aslo  finché   nel  i63i  vacato  il 
patriarcato  di  Venezia  nominò  al  Papa 
per  l'approvazione  il  caidinalCornaro,e 
al  medesimo  presentò  pel  vescovato  di 
Padova  il  di  lui  fratello  Marc'  Antonio 
Cornaro  primicerio  di  s.  Marco.  In  que- 
sto contegno  del  senato  io  ci  vedo  un 
tratto  generoso  e  nobile,  per  far  contra- 
sto all'ostinazione  colla  quale  avea  so- 
stenuto l'austera  osservanza  de' suoi  sia» 


V  E  N 

tuli.  Questo  rigos oso coulegiiOjdice  il  Ca- 
soni, impiimeva  ne' cittadini  e  negli  e- 
steii  nl(a  stima  pel  consiglio  politico  de' 
veneziani  e  per  la  loro  costiluzionej  ma 
diiò  io,  che  i  veri  cattolici  giammai  ap- 
provarono tanta  esigenza  da'  Papi.  Ve- 
race storico,  va  lodalo  il  veneto  ab.  Cap- 
pelletti, che  nella  sua  magnificii  e  pi"e- 
ziosa  opera,  Le  Chiese  d' Italia,  dot- 
to nelle  leggi  ecclesiastiche,  riportando 
fedelmente  tutto,  considerò  il  cardinal 
Cornaro  vero  e  legiltioio  pastore  di  Pa- 
dova, canonicanieule  trasferitovi  in  con- 
cistoro dal  Sommo  Pcntcfìce  supremo 
Gerarca,  e  perciò  dopo  tale  giorno  giu- 
stamente consideiò  vacante  la  chiesa  di 
Vicenza.  Tanto  scrisse  nella  storia  di 
essa  e  in  quella  di  Padova  e  Venezia. 
Anzi  in  qnest'  ultima,  meglio  del  Car- 
della  riferì  l'altra  vertenza  pel  cardina- 
lato, che  ad  onore  di  tale  sublime  di- 
gnità, del  doge,  del  senato  e  dello  sto- 
rico mi  piace  riporiare  nuovamente  col- 
le sue  parole.  «  Era  insorto  gì  ave  dis- 
gusto tra  il  senato  e  il  {>adre  di  lui,  che 
allora  era  doge  ormai  da  due  anni,  nel- 
r occasione  che  il  Papa  avealo  promos- 
so alla  dignità  della  porpora  :  impercioc- 
ché un'antica  legge  vietava  seveiissima- 
mente  a  qiial  si  fosse  nobile  veneziano 
l'accettale,  senza  licenza  del  senato,  o- 
nori  edignità  da  sovrani  esteri:  e  ciò  più 
streltaraenle  e  più  rigorosamente  era 
ioterdetto  a' figliuoli  del  doge  vivente, 
i  quali  neppure  coli' assenso  del  senato 
le  potevano  coii"^eguire.  Ma  il  padre  del 
vescovo  porporato,  per  nuw  chiudere  al 
proprio  figlio  la  via  a  quell'amplissima 
dignità,  lece  sentire  alla  signoria  la  sua 
propensione  a  deporre  spontaneo  il  cor- 
no ducale  ed  a  ritornarsene  nella  sua 
primitiva  condizione  di  privalo  (dunque 
non  è  vero  l'asserto  da  altro  recente  sto- 
rico, che  il  doge  fu  redcUguito  vivamen- 
te, perchè  contro  le  leggi  aveasi  piocu- 
rata  dis[)eusa  dalla  Promissione  ducale 
in  quell'articolo  che  proibiva  a*  figli  del 
doge  regnante  accettar  dal  Pontefice  di- 


V  EN 


499 


gnilà  alcuna.  Disse  anche  male  con  re- 
stringere il  divieto  alle  dignità  derivanti 
dal  Papa,  doveva  dire  da  luUi  i  sovrani, 
slranieri).  Della  quale  volontà  soddi- 
sfatto pienamente  il  senato,  dichiarò  cou 
apposito  decreto  non  comprendersi  nel- 
la serie  delle  vietate  dignità  straniere  la 
cardinalizia,  a  cui  aveva  anzi  la  repub- 
blica diritto  e  titolo  (cioè  la  nomina  be- 
nignamente concessa  da' Papi  a' sovrani, 
da  esercitarsi  di  quando  in  quando  per 
soggetti  idonei  e  di  piena  loro  soddisfa- 
zione, argomento  trattato  a  suo  luogo, 
insieme  agi'  individui  raccomandati  e 
rigettati,  altrettanto  avendo  essi  prati- 
cato nelle  nomine  e  presentazioni  de' ve- 
scovi :  Gregorio  XVI  supplicato  da  Lui- 
gi Filippo  I  re  de' francesi  di  fare  alcuni 
vescovi,  si  ricusò;  negli  ultimi  della  vita, 
pregato  dal  medesimo  di  creare  tre  car- 
dinali francesi,  lo  contentò  soltanto  per 
uno).  Così  cessarono  tutte  le  controver- 
sie, e  le  cose  tornarono  alla  calma  di  pri- 
ma". Arroge  che  io  qui  per  analogia  ri- 
cordi, che  avendo  in  questo  dogado  \n 
Spagna  chiesto  passaggio  nel  golfo  Adria- 
tico per  la  flotta  che  condor  doveva  a 
Trieste  IMaria  d'  Austria  soiella  di  Fi- 
lippo IV  destinata  «posa  al  re  (\' Unghe- 
ria,  poi  Ferdinando  111  imperatore  e  fi- 
glio del  regnante  Ferdinando  II,  venne 
rifiutato  il  permesso  con  minaccia  di  guer- 
ra se  mai  si  avesse  tentalo  il  trasporlo: 
oderte  invece  le  venete  galere,  e  su  que- 
ste accolta  la  principessa,  passò  fra  splen- 
didi festeggiamenti  e  reali  lautezze  al  ta- 
lamo sovrano  che  l'attendeva,  con  quel- 
r ordinaria  magnificenza  sempre  usata 
dalla  generosa  e  nobilissima  repubblica 
in  somiglianti  congiunture.  Già  però  nel- 
la quaresima  del  1628  Venezia  avea  so- 
leinicmeute  festeggiato  l'arrivo  di  Co- 
simo Il  (dice  il  cav.  Mulinelli:  dev'es- 
sere errore  dello  scriltore  del  documen- 
to che  riporta,  ossia  la  descrizione  par- 
ticolare di  Cernardiuo  Moretti  venezia- 
no del  soggiorno  e  de' festeggiamenti, 
poiché  se  è  giusta  la  data  i6?.8  bisogna 


5oo  V  E  K 

dire  Ferdinando  II,  essendo  merlo  Co- 
simo Il  sin  dal  162  i  ;  aio  trovando  nel  fi 
ne  della  descrizione  citato;  Moren\,Fiag- 


per 


V  alta  Italia  del  serenissimo 


principe  di  Toscana  poi  granduca  Co- 
simo IJI descritto  da  Filippo  Pizzichi, 
Firenze  1828,  dovrà  interpretarsi  che 
se  ne  parla  in  quell'opera,  poiché  Co- 
simo 111  nacque  da  Ferdinando  li  a' 1  4 
agosto  1642,  e  tuttavia  l'accurato  Mu- 
linelli parlando  di  Cosimo  III  nuova- 
mente crede  che  l'avo  e  non  il  padre  fu 
in  Venezia)  granduca  di  Toscana.  Accol- 
to questo  in  un  palazzo  sul  Canal  grande 
tutto  splendidamente  adornalo  di  panni 
d'oro  e  di  seta,  con  servi  in  assise  tra- 
ricche,  con  copia  di  argenterie  e  ogni 
lautezze,  nel  dì  seguente  cominciò  a  vi- 
gilar la  città,  la  quale  tanto  parve  al  pro- 
nipote del  magnifico  Lorenzo  splendida 
e  hella  da  chiamarla  Votlai'a  merai'iglia 
del  mondo  (quali  sono,  ne  feci  cenno  nel 
voi.  LXVIll,p.  «27).  Se  non  che  lo  stu- 
pore dell' allonilo  Medici,  proveniente 
da  una  Toscana  e  da  una  Firenze  (^.), 
accrescevasi  quando  nell'arsenale,  pron- 
to già  trovandosi  legname,  ferro  e  ogni 
attrezzo,  vedeva  innanzi  a  lui  costruirsi 
uel  breve  spazio  d'un' ora  una  galea,  e 
in  un'altra  ora  gettarsi  un  grossissimo 
cannone  e  spararlo,  con  tiro  di  5  miglia. 
Vagheggiava  poi  dallefinestre  del  suo  pa- 
lazzo lo  spettacolo  singolare  d'una  pom- 
posissiraa  regata,  oltre  quella  di  4  don- 
Be,  2  per  barca;  sommacompiacenza  pro- 
vava nel  trascorrere  sollo  candide  tende 
di  seta  la  Merceria,  le  cui  botteghe,  so- 
prabbondanti di  varice  ricche  merci,  e- 
rano  poste  vagamente  a  festa;  e  ad  assi- 
stere ad  un  assai  splendido  feslinOjOvei  5o 
gentildonne  facevansi  ammirare  più  che 
per  la  straordinaria  ([uantità  delle  perle  e 
delle  gemme,  per  la  ordinaria  bellezza 
e  leggiadria  di  loro  persone.  Gli  fu  mo- 
strato il  catenone  d'oro  che  cingeva  la 
piazza  di  s.  Marco,  il  quale  si  metteva 
fuori  rarissime  volte.  Dopo  una  perma- 
nenza d'8  giorni,  il  granduca  riconoscen- 


VEN 
te  lasciava  Venezia,  e  a  Venezia  in  tanfo 
valea  quella  principesca  visita  ben5o,ooo 
ducati,  non  compresi  quelli  spesi  nel  ma- 
gnifico trattamento  per  tutto  il  dominio 
veneto  da  lui  percorso,  senza  risparmio 
e  con  ogni  onorificenza,  fino  al  lago  di 
Garda,  donde  passò  a  Trento.  Dopo  par- 
tilo da  Venezia,  banchettato  in  gran  pa- 
lazzo al  Dolo  solennemente,  il  capitano 
di  Padova  lo  condusse  in  questa  citlà  con 
100  carrozze,  accompagnato  da  200  cap- 
pelletti o  soldati  della  repubblica  a  ca- 
vallo; incontrato  poi  da  3oo  carrozze,  e 
giunto  al  Portello  di  Padova  montò  in 
una  carrozza  foderala  di  velluto  crerae- 
sino,  con  ricamo  di  dentro  di  gemme  e 
perle.  Prima  di  tralasciare  il  racconto  de- 
gli aneddoti  che  resero  in  qualche  modo 
rimarchevole  il  reggimento  del  doge Cor- 
naro,  e  che  fan  prova  della  saggezza  de' 
principii  costituzionali  della  repubblica, 
e  ulteriormente  testificano  altresì  l'inte- 
grila e  la  fermezza  del  senato  in  soste 
nerne  l' invariabile  osservanza,  col  cav. 
Mulinelli,  e  co'biografi  Casoni  e  Sismon- 
di,  riferirò  IMI  sanguinoso  fallo,  die  ama- 
reggiò l'animo  del  doge,  compromise  la 
quiete  dell'  intera  citlà,  e  reclamò  la  vi- 
gilanza de'padri.  Antiche  emulazioni  pas- 
savano, anzi  forse  odii,  tra' Comari  ed  i 
Zeno.  Renieri  Zeno,  uno  de'capi  de'Die- 
ci,  uomo  di  spirilo  torbido  e  più  simile 
a  tribuno  della  romana  plebe,  che  a  pru- 
dente patrizio  veneto  ,  molto  però  alta- 
mente pensando  della  repubblica  sua, 
non  lasciava  di  sfogare  in  pubblico  e  in 
privato  l'acerbità  del  suo  odio  contro  i 
Cornaro.  Ammonito  a  temperarsi,  mag- 
gior facevasi  in  lui  il  desiderio  di  vendet- 
ta; di  maniera  che  accusando  i  figli  de! 
doge,  d'insolenze,  d'ingiurie  e  di  misfat- 
ti, tanto  schiamazzava  da  indurre  un  al- 
tro capo  de' Dieci  a  rimproverare  allo 
stesso  doge  i  trascorsi  de'suoi  figli,  tanta 
licenza  da  lui  tollerata,  imponendogli  di 
runediarvi.  Frementi  i  Cornaro,  Giorgio 
uno  de'figli  del  principe,  e  segno  princi- 
pale dcgl'improperii  di  Zeno,  insofferente 


VEN 

e  acceso  di  iabl>ioso  sdef^no,  di  iiottetein* 
pò  accompagnato  da  sgherri  ,  assali  lo 
Zeno  nello  stesso  palazzo  ducale  airnscii" 
dal  consiglio,  e  tante  pugnalategli  vibra- 
va da  lasciarlo  quasi  morto,  quindi  fug- 
gi. Dannato  Giorgio  ad  esilio,  con  taglia 
a  chi  l'arrestasse,  con  couilsca  di  beni  e 
degradazione  dalla  nobiltà,  nel  luogo  del 
proditorio  delitto  fu  eretto  un  marmo  a 
sua  perpetua  esecrazione  ed  a  memoria 
del  castigo.  Risanato  loZeno,naturaliDeii- 
te  divenne  piti  di  prima  raiupognatore 
mordace,  e  da  tanta  fiera  discordia  cu' 
Cornaro  nacquero  in  Venezia  due  parti- 
ti con  animi  concitali  e  pieni  d'ira  ,  cui 
prudenza  non  aveva  più  ritegno,  a  seguo 
che  minacciavano  una  guerra  civile.  Di- 
visi 1  giudizi  de'padri,  e  con  acri  quere- 
le desideiandosi  da  molli  nobili  la  ritor- 
nila dello  statuto  dei  consiglio  de'  Dieci, 
per  moderare  nuovamente  l'estesa  auto- 
rità di  SI  gravissimo  e  sospettoso  inagi- 
slrato,  onde  frenare  l'intestine  discordie, 
dopo  lunghi  trainbusli  restarono  però 
contermate  l'antiche  discipline,  ed  asso- 
pila  ogni  familiare  pretensione,  cioè  do- 
pò  la  morte  del  doge,  quando  giunse  l'u- 
niversale disavventura  della  peste,che  poi 
tornerò  a  deplorare.  Il  Sismondi  dice,  che 
l'irritala  nobiltà  veneta  non  osando  d'o- 
perare apeitamente  contro  il  tirannico 
consiglio  decem virale,  attese  l'epoca  iu 
cui  doveva  essere  rinnovato,  ed  allora  ri- 
cusaroDO  i  loro  voti  a  tutti  i  candidati, 
onde  l'oligarchia  che  si  formava  in  mez- 
zo ad  essi,  vedendosi  in  procinto  d'essere 
annientala,  fu  costretta  a  capitolare.  Le 
fu  lollo  il  diritto  ch'erasi  arrogalo,  d'an- 
nullare i  decreti  del  gran  consiglio,  e  do- 
po aver  fallo  sentire  che  non  era  sovra- 
na, si  terminarono  l'elezioni. — Uetroce- 
do  per  riprendere  col  Muratori  il  raccon- 
to delle  poliliche  viccnile  esterne.  iVcl 
1626  aspeltando  ognuno  che  piìi  fiera 
si  riaccendesse  la  guerra  in  Italia  per  la 
Valtelliaa,  si  verificarono  i  timori  (pian- 
do Del  marzo,  per  reintegrare  l'airronlo 
fallo  allearmi  di  s. Chiesa, giuusc  iuLom- 


V  E  iV  5o  £ 

bardia  Torquato  Conti  duca  di  Guada- 
gnolo  e  figlio  del  duca  di  Poli  ,  col  sud- 
detto armamento  fallo  da  Urbano  Vili, 
con  ordine  d'unirsi  agli  spagimoli  pel  ri- 
cupero della  Valtellina,  e  ripristinare  nel 
Papa  il  deposito  di  quella  provincia.  Ma 
all'improvviso  a'G  circa  dello  stesso  me- 
se Spagna  e  Francia  si  pacificarono  ia 
IMonsone  d'xVragona,così  restando  in  par- 
te, secondo  alcuni,  per  una  2."  volta  de- 
luso Urbano  Vili  e  il  nipote  legato,  dal- 
le trame  e  finzioni  della  politica,  non  che 
lo  slesso  ambasciatore  veneto  di  Parigi, 
ed  il  principe  di  Piemonte  che  ivi  perciò 
era  andato,!  quali  soltanto  seppero  il 
trallalo  dopo  fallo,  essendo  stati  ambe- 
due pasciuti  con  parlari  di  guerra,  (gnau- 
lo al  Papa,  probabilmente  ebbe  uu  sen- 
tore della  pace  nell'iuviare  le  milizie,  per 
quanto  vado  a  dire,  acciò  fossero  pronte 
per  le  sue  conseguenze.  I  principali  arti- 
coli di  questa  concordia  furono:  Che  in 
perpetuo  non  sarebbe  altro  esercizio  che 
quello  della  religione  cattolica  romana 
nella  Valtellina ,  contado  di  Cornilo  e 
Chiavenna.Che  fosse  salva  in  que'Iuoghi 
la  sovranità  de'grigioni,  con  pigar  loro 
la  provincia  uu  annuo  tributo  (poi  sta- 
bilito a  25,000  scudi),  ma  con  facoltà  a' 
vallelliui  d'eleggere  liberamente  i  loro 
governatori  e  magistrati  tutti  cattolici, 
la  ([uale  elezione  fosse  lei  repubblica  de' 
grigioui  obbligala  di  ralificare.  Che  tul- 
li i  forti  di  essa  provincia  sarebbero  ri- 
messi iu  Ulano  del  Papa  e  poi  demolili  e 
rasati.  Fu  riservato  ad  arbitrio  e  all'au- 
turila  delle  due  corone  di  comporre  le 
dilferen/.e  civili  rimaste  (ia'Ioru  collegati. 
Gran  rumore  e  malconlenti  cagionò  (pie- 
sl'inallesa  pace,  reputata  esclusivameule 
a  vantaggio  decallolici  e  degli  spagnuoli, 
pregiudizievole  a'grigioni,  ed  a'francesi  e 
loro  alleali.  Stranamente  quiudi  si  altera- 
rono gli  animi  ile'grigioni,  de'  veneziani, 
massime  del  duca  di  Savoia  cupido  d'ag- 
grandire i  suoi  stali,ed  ognuno  di  essi  pro- 
ruppe in  inutili  dogliaiize,sebbenc  per  pru- 
dcuiac  pei  ucccjiilà  couvcuiijI'JIu  acco- 


5oa  V  E  N 

luodaisi.  Io  generale  piacque  per  la  quiete 
tl"llalia,etl  Urbano  Yin  dichiarò  la  sua  e- 
éiillanza  in  concisloro, perchè  sebbene  ve- 
nisse l'accordo  conckiso  senza  l'interveu- 
to  de'suoi  ministri,  ci  vide  assicurato  il 
punto  impoitanlc  della  religione,  e  prov- 
veduto al  suo  decoro  colla  restituzione  de' 
forti  della  Valtellina,  onde  piìi  non  gli 
restava  a  desiderare  chiamando  in  testi- 
monio Dio,  e  i  re  di  Spagna  e  Francia, 
della  purità  delle  zelanti  sue  intenzioni. 
L'ambasciatoi  e  Coeuvres  dopo  dilazioni  e 
difljcollà  cousegnòsul  principio  del  1627 
le  fortezze  a  Turcpiato  Conti,  il  quale  tut- 
te fece  demolire.  In  questo  tempo  era  an- 
cora nunzio  pontificio  in  Venezia  il  bo- 
lognese Agucchi  arcivescovo  d'  Amasia, 
fratello  o  nipole  del  defunto  cardinale 
di  tal  cognome.  Si  ha  di  lai  prelato  una 
lettera  de'  12  ottobre  1624  al  cardinal 
Bai  bei  ini,  in  cui  gli  dà  contezza  di  lut- 
ti gli  aggravii,  che  soffriva  nel  dominio 
■veneto  la  giurisdizione  ecclesiastica;  ne 
dimostra  ranlichilà  loro,  e  insieme  ne 
addita  i  modi,  onde  porgervi  qualche  ri- 
iDedio.  Quando  si  lusingava  la  Lom- 
bardia di  godere  i  frutti  della  pace  già 
.stabilita,  per  le  luisere  umane  vicende 
si  vide  nascere  nel  1627  un  seminario  di 
nuove  guerre,  che  si  trassero  dietro  un 
diinvio  di  sangue  e  di  calamità  maggiori 
delle  passate,  e  ciò  per  la  morte  di  Vincen- 
zo 11  Gonzaga  (iuca(M3Ianlo\'ae3Ioiifcr' 
rato,  nuovamente  per  la  successione  di 
que'  ducati.  A  Carlo  I  Gonzaga  suo  più 
[•rossimo  parente, duca  di  Nevers,  Rethel 
edUmena,  spellava  di  succedergli;  maciò 
dispiaceva  al  duca  di  SavoiaCdi[o  Ema- 
nuele I  per  le  sue  pretensioni  al  Monfer- 
rato, alla  Spagna  che  sempre  mirando 
a  possedere  tutta  Italia  mal  supportava 
d'aver  vicino  un  si  aperto  fautore  di  Fran- 
cia, ed  all'imperatore  Ferdinando  II,  che 
pretendeva  darne  l'investitura  quali  feu- 
di dell'impero,  a  dispetto  di  Francia  che 
considerava  Carlo  1  suo  nazionale  per 
nascita,  dimora  e  signoria.  Inoltre  pre- 
tende vano,  Maulova  d.  Feri  aule  Guu~ 


YEN 

zaga  principe  di  Guastalla,  Monferrato 
Margherita  Gonzaga  duchessa  vedova  di 
Lorena,  in  favore  de'quali  si  dichiararo- 
no le  due  case  d'Austria.  Il  duca  di  Sa- 
voia si  uni  a  d.  Gonzalez  di  Cordova  go- 
vernatore di  Milano, per  venire  alle  vie  di 
falfo  nel  Monferrato  e  poi  dividere  la  pre- 
da. Urbano  Vili,  i  veneziani  e  altri  prin- 
cipi d'Italia  riconobbero  i  diritti  di  Car- 
lo I,  il  quale  nel  gemiaio  1628  domandò 
rinvestitole  all' imperatcjre,  ma  questi  si 
ricusò  esigendo  la  consegna  de'ducati  qua- 
li feudi  devoluti  all'inìpero,  per  giudicare 
a  chi  spettassero.  Fremendo  i  veneziani 
per  l'ingordigia  degli  spagnuoli  e  per  l'i- 
dee del  duca  di  Savoia,  posero  in  piedi 
un  esercito  di  i  8,000  uomini  sotto  il  co- 
mando del  provveditor  generale  France- 
sco Erizzo,  che  piti  tardi  fu  doge,  assisti- 
to dal  principe  d.  Luigi. d'Eìte,  lo  posero 
in  osservazione  nelle  vicinanze  di  Valleg- 
gio,  protestando  di  difendere  i  propri  sla- 
ti, e  poi  d'aiutare  Carlo  I  apertamente 
quando  calasse  in  Italia  un  esercito  fran- 
cese ;  ma  intanto  soccorrendolo  di  denaro 
e  d'ogni  sorta  d'abbondanti  provvisioni  e 
munizioni, cnn  artiglierie  e  ingegneri  per 
fortificare  Mantova,  troppo  importando 
loro  cheque!  principale  propugnacolo  d'I- 
lidia  non  cadesse  in  mano  dell'imperato 
re.  Urb.ino  Vili  inutilmente  pel  nunzio 
Alessandro  Scappi  bolognese  vescovo  di 
Piacenza, s'intromise  per  pacificare  i  bel- 
ligeranti, o  almeno  per  una  sospensione 
d'armi.  Memorabile  riuscì  per  l'Italia  il 
1  G29,  in  cui  nel  marzo  scese  in  Italia  col- 
l'esei cito  Luigi  XIII  redi  Francia,  aven- 
do rilardato  per  l'espugnazione  della  Ro- 
ihellc,  ultimo  baluardo  dell'eresia  arma- 
ta ugonotta.  Disfece  il  duca  di  Savoia,  en- 
trò in  Susa  che  gli  apri  le  porte,  liberò 
Casale dall'assediu, e  con  trattato  in  Susa 
fece  promettere  al  duca  di  Savoia  d'en- 
Ir.ire  in  lega  con  lui,  col  Papa, colla  re- 
pubblica di  Venezia  e  col  duca  di  Man- 
tova; ed  il  governatore  di  Milano  per  ti- 
more, convenne  all'accordo  e  di  riliraisi 
da  Casale;  ed  allora  il  re  munitola  di  sue 


VEN 
genti,  conlenlo  il'aver  tanlo  conseguilo 
col  scio  tuono  di  sue  armi,  se  ne  toiuò  in 
l'Vancia  ;  non  riuscendo  l' ambasciatore 
veneto  a  impedirlo,  nel  dimostrargli  la 
jìoca  sussistenza  d'una  pace  forzata.  A- 
veano  intanto  i  veneti  preso  ad  aiutare 
con  pubblicilìi  il  duca  di  INlantova,  ani- 
mati dalla  venuta  di  Luigi  XIll  per  so- 
stenerlo ;  e  Carlo  I  così  incoraggiato  avea 
fatto  un'  irruzione  nel  Cremonese,  colla 
presa  e  sacco  di  Casal  IMnggiore.  Ciò  ir- 
ritò l'imperatore,  sdegnalo  già  per  la  di- 
scesa de'  francesi,  e  tanto  più  si  accese 
di  procedere  contro  il  duca  ;  mentre  la 
Spagna  ricusando  ricono>cere  il  trattalo 
«li  Susa,  mandò  al  governo  dì  Milano  il 
prode  Ambrogio  Spinola,  con  ordine  e 
mezzi  di  proseguir  la  guerra  nel  Monfer- 
rato. L'imperatore,  d'accordo  colla  Spa- 
gna, inviò  in  Italia  sotto  il  cornando  di 
Rarabaldo  conte  di  Collallo  vassallo  del- 
la repubblica  36,ooo  uomini,  i  quali  per 
la  sporcizia  aveano  la  pe>te  tra  loro,  che 
non  tardarono  fatalmente  a  comuniijare 
a'mantovani  e  altri  de'dinlorni,  quando 
a!la  metà  d'ottobre  cominciarono  a  occu- 
pare diversi  luoghi.  I  veneziani  finora  a- 
veano  tenuto  un  contegno  di  ausiliari  del 
duca  di  Mantova,  e  non  già  quali  nemici 
dichiarati  diFerdinando  II;  ed  a  questo  fi- 
ne r  8  aprileaveano  segnata  lega  conFran- 
cia,ecuslodivano  i  confini.  LoSpinola  in- 
clinava alla  pace, e  per  mezzo  del  nunzio 
pontiiìcio  Gianjacopo  Panciroli,poi  car- 
dinale, avea  fallo  corrispondenti  proposi- 
zioni a  Carlo  I,  ma  egli  ricusa  vasi  cedere 
piazze  in  deposito,  e  il  conte  Collallo  si 
opponeva  per  non  aver  mandato  a  trat- 
tare di  tregua  o  pace.  In  questo  negoziato 
fu  pure  adoperato  l'altro  iiimzio  o  alme- 
no ministro  apostolico  Giulio  Mazzarini, 
poscia  celebre  porporato.  Laonde  lo  Spi* 
noia  uscì  in  campo,a  ricuperaregli  acqui- 
sti già  fatti  dal  predecessore  nel  Monfer- 
rato.Frattanto  declinava  ildogadodiCor- 
naro  in  tempo  assai  allarmante  si  per  la 
guerra  clic  ardeva,  che  per  la  peste  pro- 
pagatasi fra'coinballenli  e  penetrala  ne' 


VEN  5o3 

douìlnii  veneti,  onde  a  Venezia  il  adot- 
tarono le  più  sollecite  misure  di  precau 
zioneper  conservare  illesi  i  lerrilorii  non 
ancora  contaminali  dal  morbo;ma  troppo 
era  il  miscuglio  dell'armate  per  lusingarsi 
di  favorevoli  elFetli,  ed  il  flagello  sempre 
più  dilatavasi.  In  ((ueslo  mezzo  cessò  il 
doge  di  vivere  a'2  3  dicembre  i62f),  ed 
ebbe  tomba  nella  chiesa  di  s.  Nicolò  da 
Tolentino.  — Nicolo  Contarmi XCF II 
doge.  Uomo  di  pietà,  di  sana  morale,  di 
coraggio,  di  dottrina  e  consiglio;  im  uo- 
mo insomma  di  stato,  e  tale,  che  i  politici 
e  guerreschi  era  capace  metter  in  prati- 
ca, versando  anco  il  proprio  sangue  alla 
difesa  della  patria,  a  decoro  dello  stato, 
ed  a  sostegno  della  veneziana  costituzio- 
ne. Nel  i6i8a  Veglia  avea  stabilito  la 
l)nce  cogli  austriaci,  per  cui  ebbero  ter- 
mine le  piraterie  e  le  stragi  degli  uscoc- 
chi;  e  nel  1628  fu  uno  de'  5  correttori 
eletti  dal  senato  per  esaminare  lo  statuto 
del  consiglio  de'Dieci,  quando  il  narrato 
malcontento  insorto  tra  lefjmiglieZenoe 
Cornaro  minacciava  turbare  la  quiete  de' 
cittadini  e  alterare  il  sistema  governativo 
della  repubblica.  Sempre  fermo  ne'di  lui 
proponimenti, ancoquando era  senatore, 
consigliò  far  guerra  agli  austriaci  e  alla 
Spagna  ;  pugnò  contro  i  primi  in  campo 
aperto,  e  sostenne  parte  dell'assedio  di 
!\Iantova.  Traccia  di  sua  profonda  co- 
gnizione ne'politici  maneggi  e  negli  alfa- 
ri  di  stato,  lasciò,  tra  le  altre,  in  un'ope- 
ra che  tuttora  si  conserva  col  titolo  :  Hi- 
storie  Fencliane  dal  iSgydi/  i6o4,che 
non  venne  stampata, ed  esisteva  ms.  nel- 
l'archivio segreto  della  repubblica,  poi- 
ché quelli  che  vennero  consultati  sul  pio- 
posito,  se  si  dovesse  0  no  pubblicarla, dis- 
sero: l'opera  contiene  massime  molto  in- 
time dclgo\>ernOy  che  per  \>erità  non  sap- 
piamo se  stia  bene  dii'ulgarle.  Ebbe  la  sti- 
ma de'priiicipali  uomini  del  smo  tempo:  lo 
stesso  fr.  Paolo  Sarpi  parlava  e  scriveva  di 
lui  con  rispetto  e  venerazione.  Finalmen- 
te, tra'gemili  e  il  pianto  deiralflilta  popo- 
lazione venne  innalzato  al  soslio  ducale 


5o4  V  E  N 

a'i8  cjennnio  i63o.  I   primi  suoi  passi 
furonoal  tempio  del  Signore  per  implora- 
re il  divino  soccorso  contro  il  flagello  del- 
la minacciante  peste,  che  tutta  ormai  in- 
vadeva la  sventurata  patria.  Presentato 
al  popolo  nel  dì  seguente,  videsi  circon- 
dato di  mestizia  e  squallore;  tanto  era  lo 
sconforto  e  la  generale  prostrazione  de' 
cittadini,  onde  gli  auspicii  del  suo  avve- 
nimento alla  suprema  carica  dello  stato 
furono  infausti,  ed  annunziavano  già  la 
serie  delle  sgraziate  vicende  che  tanto  af- 
flissero, colla  publilica  sciagura,  il  corto 
periodo  del  di  lui  reggimento.  In  tempo 
flella  tregua  di  io  giorni,   bramata  dal 
Collalto  pel  freddo  ed  enormi  fanghi  in- 
torno a  Mantova  che  assediava,  e  per  le 
feste  del  Natale  del  precedente  anno  con- 
cessa per  l'elofjuente  accortezza  dal  Maz- 
zarini  da  Carlo  l,quesli  ad  onta  del  bloc- 
co della  città  potè    ricuperare  Curlato- 
ne,  Marmirolo  e  qualche  altro  piccolo 
luogo.  Il  Mazzarini  in  nomedel  Papa  in- 
cessàntemente consigliava  temperamenti 
al  duca  per  terminare  amichevolmente 
SI  gravi  contrasti.  Mail  duca  lusingato  di 
soverchio  dalla  fidanza  nella  protezione 
de'francesi  e  veneziani,  non  seppe  risol- 
versi a  veruno  accomodamento.  Intanto 
volleil  cardinal  Richelien  passare  inltalia 
alla  testa  dell'esercito  francese, si  disgu- 
stò col  duca  di  Savoia,  il  quale   intera- 
mente si  die  alle  due  case  d'Austria,  che 
perciò  subito  In  soccorsero.  Arrivò  in  que- 
sto tempo  a  Torino  il  cardinal  Antotno 
Barberini  legato  a  tutta  l'Italia  dello  zio 
Urbano  Vili,  siccome  pad  re  comune,  per 
trattare  di  pace.    A  questa  mostrarono 
buone  disposizioni  Spinola  e  Collalto, non 
così  il  duca  di  Savoia,  che  voleva  cacciar 
i  francesi  d'  Italia,  né  il  cardinal  Riche- 
lien gonfio  per  l'acquisto   di  Piuerolo  e 
Biicherasio.  Laonde  il  cardinal  Barberini 
si  ritirò  senz'effetto,  avendovi  impiegato 
anco l'abililà  del  Mazzarini, in  precedenza 
abboccatesi  col  duca  e  col  Iiichelieu.  Nel 
maggio  eiitialo  Luigi  Xlll  in  Savoia  l'oc- 
cupò, tranne  la  cittadella  di  Moiiimcglia- 


VEN 

no  fortificata  dalla  natura  e  dall'  arte,  e 
indi  prese  pure  Saluzzo.  Mentre  il    Pie- 
monte era  involto  in  sì  gran  tempesta, 
Mantova  versava  in  non  minori  calatni- 
tà,  battuta  ed  afilitta  dagl' imperiali.  U 
maresciallo  d'  Etré,  già  marchese  e  am- 
basciatore di  Coeuvres,  pervenuto  da  Ve- 
nezia a  Mantova  l'B  aprile,  non  vi  porlo 
se  non  parole  e  speranze.  A  queste  Carlo 
I  adìdato,  quale  unica  ancora  di  salvez- 
za, vedeva   la  repubblica  benché  impe- 
gnata a  sostenerlo,  lentissima  a  farlo,  di- 
stratta dalla  pestilenza  che  temevasi  pe- 
netrasse nella  capitale.  Nondimeno  tanto 
perorò  l'ambasciatore  francese,  che  il  se- 
nato ordinò  di  tentar  la  sorte  per  intro- 
durre nella  desolata  Mantova   un  buou 
sussidio  di  gente  e  di  vettovaglia.  Zacca- 
ria Sagredo  procuratore  di  s.  Marco,  sosti- 
tuito provveditore  generale  contro  gl'iui- 
periali  ad  Erizzo,  a  tal  fine  fatta  piazza 
d'  arme  a   Valleggio,  presso  la   sponda 
sinistra  del  Mincio  a  pie  d'una  collina  a- 
raenisssma ,  tentò  poscia  d'occupare  al- 
cuni vicini  luoghi  del  Mantovano,  neces- 
sari al  passaggio  de'soccorsi;  ma  ebbe  to- 
stoa  fronte  10,000  tedeschi,  chea'Somag- 
gio  lo  di^fecero  e  misero  in  rotta  le  sue 
genti  con  tal  precipizio,  che  anco  Valleg- 
gio fu  lasciato  alla  loro  discrezione:  il  se- 

o 

nato  veneto  attribuendo  tal  rovescio  al- 
la mala  direzione  del  Sagredo,  con  pub- 
blico decreto  lo  privò  della  dignità  e  ve- 
ste procuratoria.  Uestò  duntpie  piìi  che 
mai  angustiata  Mantova,  in  cui  fqceva 
immensa  strage  la  peste,  riducendo  a  po- 
co immero  e  atterriti  i  difensori.  Ciò  non 
ignorandosi  da'tedeschi,si  accinsero  a  sor- 
prenderla segretaujenle  e  servendosi  for- 
se anche  del  tradimento.  A  questo  cede- 
rono  gl'infami  famigliari  del  duca  e  par- 
te de*  mantovani  stessi  '»  onde  la  notte 
de' 18  luglio  i63o  l'infelice  Mantova  sog- 
giacque all'ardente  sdegno  degli  assalito- 
ri, i  quali  resi  furenti  per  la  trovata  op- 
posizione, sorpassarono  in  crudeltà  ogni 
antico  esempio,  nulla  lasciando  di  salvo, 
uc  i  templi  del  Signore,  uè  le  sagre  ver- 


V  E  N  V  E  N                  5o5 

gini,  nò  la  pura  innocenza,  spinto  essen-  ile'3o  anni  ,  Riclielieii  formauLlone  lega 
dosi  l'eccesso  alle  più  sacrileghe  profana-  u'danni  dell'imperatore  con  alla  testa  il 
zioni,  agl'incendii,  agli  sttipri,  alle  deva-  fidniiiieo  guerriero  ed  atroce  protestante 
stazioni,  con  sagrificare   fra'  tornieiiti   e  Gustavo  II  Adolfo  re  di  S'^-eziaj  al  qua- 
tuartiniquegrinfelici  abitanti  cU'erau  ore-  le  a  dargli  !a  spinta  concorse  ancora  eoa 
duti  più  degli  altri  ricchi  d'oro  (poiché  promesse  di  denaro  il  senato  veneto,  trop» 
Giuratori,  che  dubita  se  realmente  vi  fu  pò  alterato  per  le  peripezie  di  Mantova, 
tradimento,  più  o  meno,  riferisce  eguali  La  condensazione  di  tal  tempesta  mosse 
occidii  giù  commessi  da'tedeschi  in  n)ol-  Ferdinando  II  alle  proposizioni  di   pace 
li  luoghi  del  Mantovano),  e  facoltosi  per  fatte  nella  dieta  di  Ralisbona  da'ministri 
possediujento  di   sup[iellettili  e  di   pre-  del  Papa  e  del  re  di  Francia,  che  fu  se- 
ziosi  arredi  "  come  descrive  Casonij  e  con  guata  in  Pvatisbona  stessa  a*  i  j   oltobre 
più  straziante  dettaglio  il  Muratori,  es-  i63o,  con  l'investitura  di  Carlo  I  Gon- 
sendo  durato  3  giorni  il  rapacissimo  sac-  zaga  de'ducali  di  Mantova  e  Monferrato, 
cheggio ,  e  i  vandalici  eccessi  commessi  dovendo  esso  dar  compensi  al  duca  di 
nello  splendido  palazzo  ducale  e  altrove.  Savoia  e  al  duca  di  Guastalla.   Ma  non 
Comandarono  l'espugnazione  i   baroni  ratificandosi  da' re  di  vSpagna  e  Francia, 
d'Aldringlier  e  Galasso,  perchè  il  Collal-  a'  26  ottobre  ,  spirando  la  tregua  ,  sta- 
to era  infermo  o  passalo  in  l'iemoute.  Fui-  vano  per  venire  alle  mani   spagnuoli  e 
tiratosi  Carlo  I,  col  maiesciallo  d' Etrd,  tedeschi  possessori  di  Casale,  co'francesi 
nel  castello  di  Porto  sprovveduto  di  for-  padroni  della  cittadella  e  quelli   che  ne 
tificazioni,  posto  da  un  lato  della  città,  e  venivano  in  soccorso,  quando  a  un  trat- 
senza  nulla,  per  capitolazione  poterono  lo  comparve  l'infaticabile  Mazzarini,  che 
partire  colie  loro  famiglie,  biasimato  per  già  venduto  a' francesi,  avea  convinto  e 
essei'si  sempre  ricusato  di  venire  ad  accor-  tratto  a'suoi  consigli  il  Santacroce,  gri- 
di coli' imperatore.  Sentenzia  bene  Mu-  dando  verso  i  francesi:  ylllo,  alto;  Pa~ 
ratori:  Dopo  il  fatto  costa  pur  poco  il  far  ce, pace.  E  questa  fu,  poiché  la  cittadella 
da  dottore.  Piidotlo  il  duca   in  assoluta  si  consegnò  a  Ferdinando  Gonzaga  duca 
povertà,  per  vivere  ebbe  1000  (lop[)ie  da'  d'Umena  figlio  di  Carlo  I,  ()er  tenerla  a 
veneziani.  Inoltre  osserva,  che  di  si  me-  nome  dell'imperatore,  e  che  tutti  i  giier- 
morabile  scempio  ne  provò  sommo  or-  reggianti  si  ritirassero  dalMonferrato. — 
rore  Ferdinando  II  in  Vienna,  e  la  sua  Intanto   la   tremenda   peste   passata    da 
moglie  Eleonora  Gonzaga  indicibile  do-  IMantova  a   Venezia  ,  deplora  Muratori, 
lore  per  si  orribile  sventura  della  nobile  ([tiivi  portò  al  sepolcro  sopra  Go.ooo  per- 
patria  sua.  »  Succedette  poi  a  tutti  que-  sone (meglio  circa  40,/i.9f^>5econdo  il  iMu- 
stiassassinii  lo  slesso  che  avvenne  pel  sac-  tinelli,  in  Venezia,  e  47)7  i^  nell'isole  e 
co  di  l'ioma  (del  1527),  perchè  in  breve  terre  adiacenti),  e  fu  credulo  che  perisse- 
pei  irono  quasi  tulli  o  per  peste  o  per  mor-  ro  più  di  5oo,ooo  nell'altre  città  e  ville 
li  subitanee,  né  di  quelle  rapine  goderò-  di  Terraferma,  dominii  della  re[)ubblica; 
no  punto  i  loro  eredi".  Nello  slesso  me-  dilfondendosi  in  altre  città  italiane,  anche 
se,  morto  il  duca  di  Savoia,  gli  successe  nel  seguente  anno  con  infierire  special- 
Vittorio  Amedeo  I  suo  figlio,  con  pensie-  inente  nella  [)Opolos>i  e  n()l)ilissima  Mi- 
ri pili  regolati  e  discreti,  a  cui  il  paciere  lano.  La  fatale  introduzione  della  peste 
INIazzaiini  ottenne  tregua  da"francesi,ap-  in  Venezia,  si  registra  I  8  giugno  iGjo, 
provata  dal  marchese  di  Santacroce  nuo-  ({uando  Irovamlusi  Muulova  airestremo 
vo  governatore  di   Milano.   L'  eccessiva  di  sua  sciagura,  mandò  a  Venezia  a  im- 
prosperità di  Ferdinando  11,  mosse  i  mal-  plorar  nuovi  soccorsi   il   marchese  Ales- 
cuutcnli  principi  dell'impero  alla  guerra  sauiUo  Slrigis,  il  cui  dunìcstico  tosto  am- 


5o6  V  EX  V  E  N 
inalò  per  (Ine  caibonclii  appiirsi  nelle  di.  autore,  sempre  amorevole  per  me, 
{iii"(iiti;iie,  e  ruon  (Jo[)o  G  giorni,  nella  anche  del  sito  opuscolo  ricordato,  resomi 
fiei;i<lt,'l  cui  (leces'50  soccomlìè  puteil  mai-  più  pregevole  du  onorevole  epigrafe, gra- 
«liese  di  egnal  morUo,  neiri-iola  ili  s.  Cle-  ziosamenle  mi  donò.  L'editore  Giuseppe 
mente  assegnata  a  lui  e  suoi  percontuma-  Girardi,  nel  dedicare  ropuscolo  donatogli 
lia  sanitaria,  do[)o  es«cre  stati  in  quella  djll' autore,  al  conte  Domenico  Moro- 
fiel  Lazzaretto  vecchio  come  provenienti  bini  patrizio  veneto  e  podestà  deUa  regia 
«la  luogo  infetto.  Spaventevole  fu  la  ra-  città  di  Venezia,  come  a  quello  che  era 
jìida  propogazirne per  Verie7.ia  tutta.  Nel-  degnamente  destinalo  a  rappresentare 
i'universnie  desolazione,  fra  orrende stra-  IMIustre  città  nella  solenne  funzione  vo- 
ti, la  pietà  del  senato  a' 20  ottobre  per  liva,  che  dopo  due  secoli  si  rinnovava  in 
titienere  salute  al  popolo  travagliato,  fé-  onore  e  per  rendimento  di  grazie  alla 
le  voto  di  edificare  sontuosissimo  tem[)io  VergineSanta,  nel  medesimo  1  8jo  (della 
rol  titolo  di  s.  IlLìria  .'fella  Silnff,  che  celebrazione  del  i. "anno  secolare  farò  pa- 
descrissi  nel  §  X,  n.  (Sì,  con  ailliggenti  rola  all'anno  lySo, e  nuovamentedel  2."). 
nozioni  di  questa  pe^tde^7,a,  cheduròiG  Appunto  questa  fausta  ricorrenza  mosse 
mesi;  monumento  del  particolare  palro-  il  eh. e  benemerito  scrittore  veneto,a  cora- 
rinio  usato  dalla  M.idre  di  Dio  a  Vene-  pilare  la  storia  dell'avvenimento  che  in- 
zia  ,  della  [t:L\e  e  dell,»  munificenza  della  dusse,  due  secoli  prima,  la  veneziana  re- 
lepubblioa  a  cui  costò  mezzo  miTKMied'o-  ligione  ad  innalzare  un  tempio  votivo  al- 
io. Venne  stabdila  l'annua  sua  visita  vo-  la  Donna  Eccelsa  di  Jcsse.  Egli  quindi 
liva  a  piedi  dal  doge  col  corpo  sovrano  si  propose  a  descriver  bene  l'origine  e  le 
a'21  novemhie,  e  la  visita  del  corpo  del  vicende  del  flagello  distruggitore,  in  mo- 
b.LorenzoGiustiniani  prot()[iati  iaica  nel-  do  d' ap[)agare  la  pubblica  curiosità  su 
Ja  basilica  di  «,  Pietro,  il  giorno  di  sua  tale  catastrofe;  e  ciò  coll'appoggio  di  au- 
fesla  r  8  gennaio.  Descrissero  la  peste  e  torità  senza  eccezione,  le  quali  della  scia- 
gli orrori  che  produsse,  anche  il  veneto  gura  cittadina  olfrono  le  piìj  intrinseche 
ìi^\c\ìt\(ìv\ge\oV\o\.A,  De  Peste  Feneta  an-  e  minute  circostanze,  massime  la  scelta 
ììo  MDCXXX  quaestìoneSy  sive  apologe-  de'mezzi  di  [)recauzione,  sia  per  conosce- 
iirutn  ad  s)-logislicani  dlfpulalìone/ny  re  quali  falalissime  conseguenze  reca  al- 
Venetiisi634-  Giovanni  Casoni,  La  Pe-  la  pubblica  ciusa  il  non  infrequente  con - 
.s(e  di  Venezia  nel iQ'òo, ori ^' ne  della  e-  traslo  delle  opinioni  de'ministri  dell'arte 
lezione  del  tempio  a  s.  Maria  della  Sa-  salutare,  la  lotta  funesta  delle  rivalità,  ed 
Iute,  Venezia  dalla  tipografia  di  Alviso-  i  più  piccoli  arbitrii  commessi  anco  sen- 
j)olii83o.  Dipoi  nella  biografia  del  doge  za  intenzione  colpevole.  Questo  libro  di 
Kicolò  Contarini  scrisse.  »La  pietà  del  di  52  pagine  per  le  sue  interessanti  parti- 
lui  carattere,  e  la  influenza  nelle  [)ubl)li-  colarità  non  può  CHupendiarsi  in  poche 
che  deliberazioni,  come  capo  del  senato,  parole;  perderebbe  il  pregio  e  la  forza  del 
fan  eoo  ragione  supporre,  che  se  il  volo  gravissimo  argomento.  In  sostanza,  que- 
gli erigere  un  tempio  a  s.  Maria  della  Sa-  sto  svolge  la  narrativa  delle  cause  pros- 
Inle,  per  inqilorar  la  cessazione  del  con-  sime  e  dell'  origine  del  morbo,  senza  tra- 
lagio,  era  spontaneo  delTintiera  nazione,  lasciare  un  cenno  storico  delle  circostan- 
«Itroiide  la  solenne  promessa  di  lisciare  ve  politiche  di  Venezia  nelf  63o-3i,  in- 
in  questo  monumento  a' posteri  ed  agli  fausto  periodo  del  malore;  la  sua  crude- 
fetranieri  alta  idea,  oltreché  della  religio-  scenza  progressiva  e  cagioni;  l'orrendo  a- 
ne,  anco  della  magnificenza  de' Venezia-  spetto  di  Venezia,  la  fame  e  la  miseria, 
ni,  attribuir  forse  si  debba  alla  splendi  persino  il  terremoto,  i  deplorabili  atten- 
(lezza  de'suoi  generosi  concepimenti".  Il  lati  che  non  ostante  si  commisero,  per  cui 


V  E  N 

ftiJ'uopo  innalzar  patiliolo  a  Icrruree  ca- 
stigo tle'tual  vagì;  glianedtluli  Jella  confu- 
sifjiie  e  indicibile  ypavenlocliepVoilnsse; 
j  lodevoli  provvedimenti  saiiilani(iioterò, 
che  luinulalosi  un  morto  di  peste  nella 
chiesa  di  s.  Simeone  profeta,  fu  condanna- 
to il  parroco  a  ricoprire  il  pavimento  eoo 
un  2.°  lastticato;  il  i.°  de'cjnali  esiste  an- 
cora con  diversi  sigilli  sepolcrali,  come  si 
Osservò  nel  i  839)  e  le  magistrature,  i  7 
cuusulli  medicijl'emigrazione  e  fuga  d'al- 
cuni di  essi  dalla  città  e  loro  bando  ca- 
j.itale.Le  preci  pubbliche,  il  voto  pel  tem- 
pio della  Salute  ,  il  gettito  della  i.'  pie- 
tra, e  nozioni  sull'edificio.  La  decresceo- 
7.a  delle  peste,  le  tumulazioni  e  loro  dif- 
ficoltà, accordate  a' patrizi  e  persone  di- 
stinte nelle  chiese  della  città  con  caule 
jnescrizioui.  L'anagrafi  necrologica  de' 
morti,  cioè  in  Venezia  46,536,  nell'iso- 
Je  di  Murano,  IMalamocco  «  Chioggia 
35,63{),  in  tutti  S-z,!  yS:  morti  nelle  pro- 
■vinciedellostato  di  Terraferma  Geo, 000: 
in  complesso  perirono  e  perde  la  repub- 
l^Iica  l'enorme  numero  di  682,175  sud- 
diti, coujpresi  personaggi  di  sommo  va- 
lore e  consiglio,  padri  della  patria,  reli- 
giosi per  santità  e  dottrina  venerandi, ger- 
mi generosi  d'  eccebe  famiglie,  de' quali 
il  nome  solamente  è  rimasto  a  confurta- 
t't  i  posteri  nell'esercizio  delle  cittadine 
^iitù.  Gli  espurghi  particolari  e  genera- 
li della  città,  la  pubblica  esultanza  nel 
giorno  della  liberazione  ,  28  novembie 
1  (33  I ,  giorno  auspicatissinio  di  letizia  e 
di  gioia  universale,  di  ringraziamenti  a 
Dio  e  alla  B.  Vergine,  l  dispendii  del  pub- 
JjIìco  erario,  oltre  l'eiezione  del  magni- 
lico  tempio:  lampada  d'oro  alla  s.  Casa 
rli  Loreto,  per  voto  del  senato,  del  valo- 
re di  ducati  6ooo;hmosine  di  ducati 
3ooo  a' poveri  il  giorno  della  liberazio- 
le;  limosina  di  Guo  ducati  agli  spellali, 
ii.onasteri  e  luoghi  pii  bisognosi.  Olire  al 
gì  au  dispendio  al  tempo  del  contagio  per 
soccorrerei  poveii  infermi  e  mendici  del- 
ia città,  spese  de'  Lazzaretti,  salarli  de' 
medici  e  altro,  il  lutto  asLCudcndo  a  du 


f 
007 


V  E  N 

cali  80,000.  Por  iatirn;<iie  le  solenni  pio- 
messede'voli  fattidall'intera  popolazione, 
con  atto  religioso  e  divoto,si  portò  formal- 
mente il  doiio  Contarini  nella  basilica  ili 
o 

s.  Marco,  e  montato  sulla  tribuna  di 
porfido,  ivi  deposta  la  cdoiki  a'piedi  del 
Crocefisso, e  dopo  breve  silenzio  per  chie- 
dere attenzione  dagli  astanti,  fattosi  su- 
periore all'interna  commozione  e  quasi 
assorto  nella  fede,  pronunciò  il  voto  so- 
lenne della  nazione,  con  tenera,  divola 
ed  eloquente  orazione,  piena  di  fede  e  di 
speranza,  riprodotta  nel  discorso  libro, 
cominciando  colle  tenere  e  conforlatrici 
parole:  A\'e  Slelln  del  Ulare,  clounrt 
(Llle  villori'e  ,  inciìialiice  di  salute  di 
grazia.  Vedi  a' tuoi  piedi  prostrato  un 
afflitto  popolo  fr'lo  bersac^lio  al  flagel- 
lo della  Divina  giustizia.  La  guerra,  la 
pestilenza,  la  fame,  con  orribile  lolla  si 
disputano  a  vicenda  fa  loro  le  vi  ili  me, 
t  tutte  su  noi  vogliono  trionfo  di  desola- 
zione  di  morte  ...  Ricevi  l'umile  offerta 
d'un  Tempio,  sulle  vaste  pai'eti  del  {futi- 
le vogliamo  clic  i  secoli  avvenire  scorga- 
no impressi  i  tratti  di  nostra  religione, 
e  dove  i  successori  nostri ,  ed  i  posteri 
jierpeluainenle  Irihuleranno  annui  ren- 
dimenti di  grazie  a  Te  Jusiliutrice  ed 
Avvocala  di  questa  Republdicr.  Il  vene- 
rando patriarca  Giovanni  III  Tiepolo, 
col  fumante  iiicensieie.  a  nome  di  nostra 
ss.  Piellgione  accolse  la  pia  olferta,  e  poi 
genuflesso  all'eterno  Trono  di  Dio  l'unii- 
liava  ,  second.ito  da  mille  voci  degli  a- 
stanti,  tra'singulli  e  le  lagrime,  il  tumul- 
to degli  alfetti;  momento  solenne  e  so- 
vraumano, che  annunciarono  a' lonta- 
ni ì  sagri  bronzi  ,  eccitandoli  ad  unire 
liverenli  le  proprie  alle  j)ubbliche  fer- 
vorose supplicazioni.  Il  doge  profonda- 
niente  afTlitto  nello  spirilo  per  le  pub- 
bliche tribolazioni,  Ciidde  infermo.  Era- 
si destinato  il  25  inarzoiG3i  per  la  so- 
lenne deposizione  della  1."  pietra  del  vo- 
tato tempio,  e  ritardandosi  l'alto  i  pa- 
lili lo  dilferirouo  ah."  aprile,  ma  senza 
il  alio  intervento,  e  con  uiudcsta  puuipa 


5o8                   V  E  iV  VE  iN 

bonedetta  !a  pietra  dal  paliiarca,  il  con-  lilìi^  ma  a  vantaggio  del  duca  di  Savoia 
Molière  decano  Giulio  Giiisliiiiaui  la  col-  e  iu  pregiudizio  di  <juello  di  Mantova, 
locò  per  base  al  fondameulo,  ìasieiue  a  sigrificatoda  Francia  per  ntenersi  iu  so- 
dieci  medaglie  d' aigeuto  ed  una  d'oro,  stanza  Pinerolo  e  cos'i  avere  un  passo  a- 
il  lutto  coperto  con  (narn)orea  iscrizio-  |)erto  in  Italia,  fors'anco  per  le  insinua- 
ne. 11  doge  nello  slesso  giorno,  di  natu-  zioni  segrete  de'priucipi  italiani,  e  sica- 
rale  malattia  mori,  nel  massimo  furore  rameule  in  uno  a'veneziani,  sempre  mal 
(Iella  pestilenza,  in  mezzo  alla  fame,  do-  solFeienti  la  prepotenza  spagimola  e  dei- 
poi  patimetili  della  guerra. j\el  di  seguen-  li  troppa  possanza  imperiale.  Tutto  que- 
le  se  ne  divulgò  la  perdita,  che  tutta  la  sl'oj)erato  l'olleone  il  cardinal  Richelieu 
città  intese  con  verace  senso  di  piofon-  [)el  sagacissimo  JMazzarini,  il  quale  seppe 
(lo  rammarico.  Venne  sepolto,  senza  al-  incautare  lo  stesso  Fanciroli  suo  supe- 
cima  meajoriu  particolare,  nella  chiesa  iiore  destrissimo.  Tutto  al  più  a  scusa  del 
ili  s.  Maria  iNuova,  cui  avea  donala  par-  Casoni,  siccome  Mantova  propriameute 
ledeli'iusigue  reli(juia  del  Sangue  mira-  In  consegnata  a  Carlo  I  a'20  settembre 
coloso  che  si  venera  nel  tesoro  di  s.  Marco.  1  (i3  i ,  forse  l'Erizzo  era  alla  testa  dell'e- 
35.  Francesco  Erizzo  XC Vili  do-  sercito  osservatore,  ma  non  G\ii\davaaù 
gè.  Ardeva  la  guerra  in  Italia  tra'vene-  al  nemico^  che  sebbene  lo  fosse  occulta- 
ziani  e  austriaci,  pel  già  narrato  coiitra-  niente, per  atto  solenne  non  era  più  tale, 
sto  sui  ducati  di  Mantova  e  Monferrato,  Tralascio  l'altre  scene  diplomatiche,  al- 
Ja  capitale  di  quello  stretta  d'assedio,  la  tiimenti  auderei  per  le  lunghe.  Solo  im- 
peste desolava  ogni  provincia  della  Ter-  porta  che  io  non  occulti,  avere  il  Casoni 
raferma  e  la  metropoli,  ove  il  terribile  murato  a  p.  9  e  87  dell'opuscolo  La  pc- 
morbo  spaventevolmente  iiineriva,c|uan-  sic  di  Veiiezia,c,\\e  l'esercito  veneto  con- 
do  a' IO  aprile  iG3i  venne  eletto  l'Eiiz-  taminato  dall'infezione,  ottenne  il  con- 
zo  doge,  essendo  cavaliere  e  procuralo-  dotliero  Erizzo  di  condurlo  a  Padova  per 
le  di  s.  Marco,  che  allora  trovavasi  ap-  ristabilirsi,  e  trovandosi  al  campo  ven- 
punlo  a  fronte  del  nemico  qual  capitano  ne  eletto  doge;  ma  la  sua  ritirata  con- 
generale (dice  il  suo  biografò  Casoni  :  lua  Iribui  alla  caduta  di  Mantova.  Dunque 
tulio  questo  sarebbe  anacronismo,  non  H'ju  si  trovava  allora  davanti  al  nemico, 
solamente  per  aver  egli  notato  nella  bio-  ed  iu  questo  modo  posso  ammettere  ch'e- 
grafia  del  doge  Cornalo,  ch'eragli  stato  ra  ritornato  al  comando,  econcordare  col 
surrogato  nel  comando  il  Sagredo,  disfai-  riportalo  con  Muratori).  Se  tristi  furono 
lo  a'3o  maggio  1629  nelle  campagne  di  i  primi  giorni  del  suo  dogado,  nou  raaii- 
Valleggio,  data  che  col  Muratori  più  ve-  co  la  consolazione  a  rinvigorire  gli  spii'i- 
rosimilmente  tradussi  nel  i63o.Edau-  li  oppressi  da  tante  sciagure,  per  la  ces- 
corchesi  volesse  ritornato  l'Erizzo  a  pie-  sazione  della  peste,  cui  seguirono  a'  i>8 
siedere  l'esercito,  come  pare  per  quaulo  uovembrei63i  lesuaccennatepubbliche 
diiò,  siccome  Mantova  coli' annalista  la  dimostrazioni  di.  religione  e  di  giubilo, 
dissi  espugnata  a'  18  luglio  dello  stesso  quali  attendersi  dovevano  da  una  popo- 
aunu,  per  la  pace  avvenuta  a' I  5  del  sus-  lazione  di  cristiaui  e  di  ottimi  cittadini, 
seguunie  ottobre,  le  ostilità  all'epoca  di  Gdato  il  doge  iu  s.  Marco,  cogli  stendar- 
sua  elevazione  al  dugado  erano  del  tutto  di,  le  trombe,  la  sedia  e  gli  altri  ornamen- 
cessate,  e  con  più  solennità  riconosciute  li  che  da'dogi  si  usavano  nelle  feste  più 
e  confermate  nel  Irattalo  di  Cherasco  a'  solenni  e  ne'  giorni  più  memorabili  ;  i 
6  aprile!  63 1,  per  la  mediazione  del  pon-  provveditori  e  sopraprovveditori  alla  sa- 
liljcio  nunzio  Panciioli  e  dall'accorlissi-  nità,che  sedevano  neila  piazza,  fecero  clic 
ino  Mazzarini  altro  lulai-ilro  diSuaSan-  un  comandudore  sopra  uu  ^laLht'tlo  fab* 


V  E  N  V  E  N                    .M.'f)  ^ 
bricalo  per  qnesl'effello  pjihhlicamenfe  die  impedivano  allo  navi  tli  enlraie  dal 
gridasse:  IL  scriiiìssivio  Pri/K ipc  fa  sn-  lìniepcr  nel  mai-  Kero,  e  di  far  cosliuiie 
pere,  ed  e  ordine  dell'  eccellenlissinio  jilcuni  forli  sulle  live  del  fiume,  alfine 
magistrato  alla  sanità,  che  ritrovan-  di  custodirne  l'imboccaltua,  e  preserva- 
dosi  per  la  grazia  del  Signor  Iddio,  e  re  le  frontiere  della  Polonia,  die  in  tpiel 
per  l'iiitereessìone  della  gloriosa  Ter-  tempo  si   estendevano  fino  a  tal  mare. 
gine  s.  Ilaria  della  Salute,  la  eittà  di  Dui  ante  la  mat;gior  paiii;  tld  regno  del 
/  enezia  ridotta  nel  primo  stalo  di  sa-  doge  Erizzo,  Venezia  fu  in  pace  co'  suoi 
Iute,  si pubbliea  libera  dalcoiìtagio.  Ta-  vicini,  quantunque  la  Francia,  per  conli- 
Je  didiiarazione  fu  accompagnata  da  un  nuare  a  deprimere  le  due  case  d'Austria, 
lietissimo  applauso  del  popolo,  suonau-  si  sfoizasse  d'indurre  la  repuhhiica  apren- 
dosi le  campane,  le  trombe  e  i  tamburi,  der  parie  nella  guerra  de'3o  anni,  che 
sparando  le  artiglierie,  con  tanto  frago-  furiosamente  si  combatteva  in  Germa- 
le  e  strepito  che  pareva  cadere  il  cielo  e  nia,    singolai  mente   da'  principi    prote- 
si sprofondasse  il  mondo.  Già   parlando  stanti.  Scguiiono  intanto  malumori  con 
de'nohili,  notai  che  in  questo  dogado  ven-  Urbano  Vili,  che  poi  finirono  con  aper- 
ne  moderato  1'  uso  della  veste  senatoria  ta  guerra,  nel  sostenere  un  ribelle  vas- 
a'  patrizi  in  esercizio  di  cariche  senato-  sallo  della  santa  Sede.  Narrai  a'suoi  Ino- 
lie,  ed  a  quali  altri  :    meglio  di   questa  ghi,  e  gì'  indicherò  in  corsivo,  die  Ur- 
piatnmalica  di  vesti  pallai  nd  voi.  LXX,  bano  Vili, Cf^nsiderandocnmeoimai  per 
p.  8g.  L'  armatura  del  duca  di  Rohan,  la  vana  mania  óelitolì  d'onore,  borio- 
celebre  condottiero  d'armi,  ed  ollerla  da  samente  si  usurpavano  eziandio  da  per- 
lui  in  dono  alla  repubblica  veneta,  ven-  sene  dell'infimo  popolo,  mentre  i  Car- 
ne  collocala  nella  sala  d'armi  dd  censi-  dinali  \n\nó[)'i   di  s.  Chiesa  ed  elettori 
glio  de'Dieci  in  pal.izzo  ducale  (trovo  nel  del  vSommo  Pontefice  non  avevano  die 
]\Iuralori,che  qua  ndoLuigiX  III  nel  I  n^q  il  titolo  ó'  Illuslrissi/no,  a  maggior  de- 
d.iirilalia  tornò  in  Fiiintia.  non  riu^^l  a  coro  dell'  alla  loro  dignità  con  decreto 
persuaderlo  di  restare  all'ambasciatore  de' i  o  giugnoi63o  concesse  loro  i  titoli 
veneto,  perchè  nella  Linguadoca  eiavi  ri-  «li  Ji'niinenza  e  di  Eminenlissimo  (e  l'è- 
Itdlione  degli  ugonotti,  invitali  dal  duca  slese  pure  a'3  Elettori  del s.  Impero  ec- 
di  Roano).  INcl  iG33  Giorgio  Ossolin-ki  clcsiaslici,  ed  al  gian  maestro  Ccroso- 
frian  cancelliere   di  Polonia  si  i eco  a  Ro-  linìitann  \\\  /l/(y//<7),  vietando  loro  di  ri- 
ma anibascialore  d'  ubbidienza  a  Llilia-  cevcie  altri  titoli,  se  non  da're  e  dall'im- 
110  Nili,  per  notificargli  l'assunzione  al  peratore.  Se  ne  adontarono    la  repuh- 
Irono  dd  re  Uladislao  \  II,  che  la  repub-  blica  di  Venezia  pel  doge  e  il  duca  di  Sa- 
I>lica  avca  festeggiato  quando  ne  visitò  voia,  i  quali  prelesero  essere  trattati  da 
la  dominante.  IN  el  ritorno,  Ossoliiiski  pas-  Ile,  per  le  loro  pretensioni  sopra  il  regno 
so  in  Venezia  e  alquanto  vi  si  feimò  col  di  Cipro  (il  titolo  regio  del  quale  avieh- 
suo  numeroso  seguilo  vestito   alloiien-  )>e  preso  Carlo  Emanuele  l,selarepub- 
tale  riccamente,!  polacchi  esst-ndo  tignar-  blica,  di  cui  avca  bisogno,  non  avesse  so- 
dati con  ammirazione,  per  le  loro  rectnli  stcnulo  i  suoi  diiilli;  ma  bensì  l'avea  as- 
vittorie  riportale  sui  russi  e  contro  i  tur-  sunto  il  suo  figlio  Vittorio  Amedeo  I  al- 
chi,  e  rinnovò  i  trattati  antichi  colla  re-  loia  regnante),  menliea  danno  della  cri- 
pubblica  ;  la  quale  sebbene  essi  implica-  stianilà  lodoininavano  i  turchi  senza  di- 
vano alleanza  conilo  i  turchi,  pe'sospcl-  rare  i  pretendenti  al  titolo.  Imperocché 
ti  concepiti  sopra  di  questi,  non  si  mo-  il  doge  e  il  duca  lo  sostenevano,  per  non 
stiò  restia.  Anzi  il  senato  si  obbligò,  ver-  dare  a'  cardinali  il  nuovo  titolo  emincn- 
so  la  Polonia,  di  far  levar  via  le  sabbie  le,  e  di  piocedtie  pcn  io  al  paridi  lutti 


5io                   V  li  N  .VEN 

gli  alili  reali' sovrani.  A  questo  malcoit-  là  i  frnncesi.  Per  rinfermilà  del  Rolioìi  e 
lenlOLJe'  veueziani  si  aggiunse  l'altro  per  jx  leliè  ledi  lui  promesse  e  liisiiiglie avvi- 
le discordie  sui  confini  del  Fcrrareje,   e  no  perdnto  il  credilo,  non  gli  fu  possibile 
per  allre  vertenze  ecclesiastiche  ricorda-  d'impedire  quanto  gli  sovrastava.  Laon- 
te  più  sopra.  Per  questi  disgusti,  che  iu)n  de  assalito  a  un  tempo  da'grigioni,  spa- 
riuscirotio  a  sopire  i  ministri  del   re  di  gnuoli  e  austriaci,  si   trovò   obbligato  a 
Francia,  il  Pfffia  neh  63^  niodificò  e  poi  cedere  le  fortezze  e  a  ritirarsi  co'suoi  frau- 
tolse  dalla  sala  regia  del  Valicano  l'iscri-  cesi.  Com   tornarono  i  vallellini  cattolici 
zione  postavi  da  Pio  IV  in  lode  della  re-  a  pi  ovareil  disgustoso  governo  de'grigio- 
pnbblica  di  Venezia,  per  la  difesa  assun-  ni  eretici,  salva    ivi  sempre  restando   la 
ta  di  Papa  Alessandro  III  contro  Fede-  sola  religione  cattolica.  Si  stabilì  nondi- 
rico  I  imperatore,  di  cui  tenni  proposito  meno,  die  iliiunque  si  tenesse  aggravalo 
nel  dogiuIoSQ."  Il  che  riuscì  di  grave  of-  tlalle  sentenze  de'magistrati  grigioni,po- 
fesa  al  senato  veneto,  e  non  tardò  a  ven-  tessero  ricorrere  a  due  persone,  cliesareb- 
dicarsene.  Questo  non  impedì  l'esaltazio-  bero  deputale  l'una  dal  governatore  di 
ne  al  cardinalato  nel    i64i    del  nobile  Milano,  e  l'altra  dalle  leghe  di  essi  gri- 
veneto  Mai  c'Antonio  Bragadino  vescovo  gioni.  Durò  questo  slato  di  cose  fino    al 
di  Vicenza,  anche  in  riguardo  all'avo  in  lyQy.incui  la  Valtellina  fu  occupata  da' 
vitto  difensore  di  Famagosla.  Prima  di  francesi,  divenne  poi  Sondrio  capoluogo 
questo  tempo, per  fìnirlacolla  Valtellina,  tiel  dipartimeuto  italiano  dell'Adda,  in- 
eontiiiuando  nel  iGjy  in  Italia  la  guerra  corporato  neli8i5  al  regno  Lombardo- 
Ua'francesi  e  spagnuoli,  nel  marzo  muta-  Veneto,  come  già  notai.  Intanto  la  Spa- 
rono  faccia  agli  afiàii  della  Vailellina.  gna  stimolando  Urbano  Vili  a  dichiara- 
S'era  ivi  annidato  il  duca  di  Rohau  co'  re  decaduto  da'feuili  di  Parma  e  Piaciti- 
francesi,  e  in  suo  potere  teneva  i  forti  di  za  il  duca  Odoardo  Farnese,  partigiano 
quelle  parli  (saranno    slati  nuovamente  di  Fi  ancia,  ed'iuvestirne  il  nipote  d.  Tad- 
fabbrieali,  ovvero  altri  diversi  da'demo-  deo  Darberini  prefetto  di  Piooìa  e  genera- 
nti), dando  con  ciò  continua  a|)prensione  le  di  s.  Chiesa,  il  qualeduca  il  Papa  già 
a'conflni  di  Como,  ed  obbligando  il  go-  avea  difeso  d.iHa  sua  rovina  colla  spedi- 
vernatore  di  Milano  maicluse  di  Lega-  zione  del  conte  Ambrogio   Carpegna  al 
cesa  mantenervi  ivi  buona  guardia.  Co-  marchese  di  Leganes,  gli  riuscì  a  pacifì- 
minciarono  ad  impazientirsene  i  grigio-  cario  cogli  spaguuoli.  Dipoi  i  Barberini 
ni,  allettati  dal  duca  fino  allora  colla  spe-  nipoti  d'Urbano  Vili  aspirando  agli  stati 
ranza  di   ricuperar  l'  antico  dominio  ili  di  Castro  e  Ronciglioiir,  ora  nella  dele- 
quella  provinciale  finahuenle  insospcltili  gazioue  di  /^ZerZ'O, altri  feudi  della  s.  Se- 
die la  Francia  meditasse  di  slabilirvisi  per  de  che  il  Farnese  possedeva   nello  stato 
sempre,  fecero  col  duca  strepilo  e  vive  do-  di  questa,  suscitarono  i  suoi  creditori  de' 
glianze.  Li  quietò  il  Piohau  con  una  con-  Luoghi  di  Monte  fondati  in  Roma  sulle 
venzione,  per  cui  si  sosteneva  nella  Val-  reodile  del  ducato  di  Castro,  indi  per  di- 
lellina  l'esercizio  della  religione  cattolica,  versi  molivi  mossero  il  zio  a  fargli  guer- 
e si  restituiva  a'giigioni  quello  della  giù-  ra  nel   i64',  e  poscia  facendo  occupare 
stizin.  Perchè  poi  !a  coite  di  Francia  non  il  Papa  Castro  a'i  3  ottobre  dal  marchese 
approvò  alcuni  ca[iiloli,  e  non  mandò  de-  Luigi  Mattei  generale  di  s.  Chiesa,  oltre  la 
nari  per  le  paghe  dovute  ad  essi  grigi<jni,  rocca  di  Montallo,  di  cui  nel  voi.  LVIII, 
questi  si  rivolsero  a!  governatore  di  Mila-  p.  i35,  per  ultimo  uscì  sentenza  di  sco- 
no, e  alla  reggenza  d'inusbruck  dove  ti  o-  mollica  e  di  devoluzione  di    tulli    i  suoi 
varono  buon  accordo,  e  si  concluse  di  stati  alla  camera  apostolica  come  ribelle, 
muover  uuilamenle  l'armi  per  cacciare  di  Imperocché  OdoarJo  avendo  impegnalo 


VEN  VEN                  5if 

le  gioie  e  ollenutii  qualclie  somma  dalla  fuioiio  obbligate  a  soniiniiiistiaie  Tarli" 
lepuljblica  di  Veuezia,  erasi  dato  a  fai'  glierie  ed  attrezzi  militari.  Il  oiag^ioi- pe- 
gente  e  |Md)l)licato  un  nianifcslo  di  sue  so  della  guerra  lo  sostennero  le  città  aia- 
ragionijche  furie  dispiacque  a  Roma,  ^'on  rittinie,  le  quali  per  la  soggezione  che  lo- 
lasciarono  la  repubblica  ed  i  cognati  del  rn  recavano  i  veneziani  colla  numerosa 
Farnese,  Ferdinanda  11  granduca  di  To-  llolla  posta  in  mare,  e  pel  timore  d'esse- 
scana  e  Fraucesco  I  duca  di  ]Modena  di  re  soltopo>tea  improvvisa  invasione,  e- 
coiitinuare  i  trattoti  intavolati  di  aggiu-  rano  forzale  a  star  sull'armi,  e  difender 
stamentOj  ma  ambe  le  parli  duramente  lespinggiecollemilizieurbane,  oltrequel- 
li respingevano.  A  finirla  il  l'apa  inviò  un  le  del  general  Barberini  a  cavallo.  Non- 
copioso  e  ben  fornito  esercito  nei  iG^2  dimeno  i  veneti  in  vari  luoghi  [ired.uD- 
a  Bologna, comanilalo  da  d.  Taddeo  Bar-  no  diverse  navi  cariche  ili  merceinzie.Tru- 
berini,  chiedendoli  pas-o  al  duca  di  i\Io-  vavasi  intanto  in  uno  strano  laberinlo  il 
dena  per  andare  a  Parma.  Francesco  I  Farnese,  perchè  di  gran  gente  avendo  rac- 
si  andò  schermendo,  e  intanto  ne  avvisò  colto,  forse  gli  mancava  il  mudo  di  manie- 
i  veneziani  e  il  granduca,  vedendo  cosi  nerle,  e  vergogna  gli  pare»  il  licenziai  le, 
turbarsi  la  quiete  comune.  Recatosi  poi  stando  tuttavia  pendenti  gli  alLiri  suoi. 
in  Modena  il  conte  Ambrogio  Cai  pcgiia  Perciò  spinto  dalla  di>perazione,enoiigià 
a  fare  piùenergiche  istanze  e  anche  luì-  guidalo  da  sano  consiglio,  determinò  di 
nacce  pel  transito  delle  milizie  pontificie,  passare  per  lo  slato  ecclesiastico, con  ispe- 
il  duca  che  si  trovava  come  disarmalo,  fu  ranza  di  ricuperar  Castro,  e  mandò  a 
costretto  ad  accordarlo,  se  nello  spazio  chiedere  il  passo  al  cognato  duca  di  Mo- 
d'un  mese  non  seguiva  concoidia  fra  la  dena.  Per  cpianlo  questi  f.icesse  per  »lis- 
camera  apostolica  e  il  duca  Odoardo.  suaderlo,  non  potè  vincere  la  ferocia  del- 
•Allora  fu  che  i  veneziani,  pe' memorali  l'animo  suo.  Pertanto  a'io  setlembiesi 
disgusti  e  tnalcontenlidelgoveiiiode'Bar-  mosse  da  Parmacon  soli  3,ooo  cavalli, 
berini.  e  il  granduca  e  il  duca  di  IModena,  senza  artiglierie  e  senza  attrezzi  militari  ; 
non  volendo  tollerare  la  di  lui  totale  ro-  ed  essendo  transitato  per  lo  stato  del  du- 
\ina,  a'3i  agosto  1G42  formarono  fra  lo-  ca  di  Modena, ardilainenteenlrò  nel  Bo- 
ro una  lega  difensiva  reci[iioca;  il  gran-  lognese.  Seco  era  il  maresciallo  d'iillré, 
duca  eleggendo  il  principe  Matlias  de  non  già  perchè  la  Francia  avesse  preso 
Medici  comandante  generale  delle  trtip-  ad  aiutare  il  duca,  ma  perchè  non  go- 
pe  toscane.  Attese  il  duca  di  Modena  a  deva  più  la  grazia  delie.  Se  capricciosa 
rinforzarsi  di  gente,  a  fortificare  e  prov-  risoluzione  fu  quella  del  duca,  disappro- 
vedeie  di  munizioni  le  sue  piazze,  e  rice-  vaia  pure  da  altri  principi,  riuscì  curiosa 
vere  anche  dalla  repubblica  un  aiuto  di  la  condotta  dell'  esercito  papale  compo- 
3,000  fanti  e  3oo  cavalli,  risoluto  di  con-  sto  di  18  a  20  mila  uomini,  nella  [liìi 
Iraslaie  il  passo  a'papalini.  Altri  soccorsi  parte  non  alli  alle  armi.ondeal  compari- 
gli premisela  Toscana.  Furono  cagione  re  dell'arnese,  lutto  si  sc(jmpi^liò  e  dissi- 
quesli  ripieghi,  che  i  Bai  berini  fennns-  pò,  rifugiandosi  d.  Taddeo  Barberini  a 
sero  r  impetuoso  corso  de'  loro  disegni.  Ferrara.  Passò  dunque  trionfalmente  il 
Tutto  Instalo  pontificio  fu  mollo  aggra-  Farnese  per  le  città  di  riomagna  senza 
valod'imposizioni  pel  mantcnimenlo  del-  trovare  resistenza,  e  senza  danneggiar- 
l'esercilo  riparlilo  in  \ileibo  e  nella  Ro-  le,  conlento  delle  necessarie  prowisio- 
n!agna,ed  i  sudditi  inutilmenle  sihiamaz-  ni  [>er  gli  uomini  e  pe' cavalli.  Indi  per 
zaiono,  massime  i  gravati  per  l'alloggio  Meldola  e  per  la  Toscana  entrò  in  Ac- 
delle  liuppe,  di  cui  ormai  non  erano  [)iù  ([uapendenle  nella  provincia  di  r//c/7>o, 
avvezzi,  itiollrc  le  comuiiilà  dello  sialo  e  gli  die  il  sacco,  e  infine  [lassòa  Casti- 


5  I  2  V  E  N 

glione  del  Lago,  dove  fece  alto  per  dar 
tempo  a  qualche  tiallafo, non  senza  in- 
vadere parie  dell'Orvietano.  Per  sì  l)al- 
danzoso  e  felice  passaggio  del  Farnese, 
gran  commozione  e  terrore  si  desiò  in 
Roma, dove  ognuno  si  faceva  lecito  di 
sparlare  de'Darberini,  quasi  temendo  di 
vedere  un  nuovo  Dorbone  alle  porte  di.l- 
la  gran  città.  Il  vecchio  l*apa,  a  cui  i  ni- 
poti facevano  sapere  quel  solo  che  loro 
piaceva,  non  potè  ignorare  in  tale  con- 
giuntura i  movimenti  del  duca,  e  i  la- 
luenlie  sbigottimento  del  popolo,  le  uni- 
versali lagnanze  per  le  crescenti  nuove 
imposizioni.  Anzi  spaventato  anch'egli, 
foi  se  perchè  sospetta  va  intelligenze  e  con- 
giure in  Roma  slessa,  si  portò  al  Valica- 
no, per  salvarsi  occorrendo  in  Castel  s. 
yiììgclo,  con  isfogar  poi  la  collera  contro 
i  nipoti,  che  1'  aveano  condotto  in  que- 
st'imbroglio. Si  mise  poi  l'alfare  in  nego- 
ziato (ra'Barberini,  ed  i  ministri  di  Fran- 
cia e  del  granduca,  per  una  sospensione 
d'armi,  cioè  per  guadagnar  tempo  e  for- 
tificarsi, come  avvenne,  con  pressarsi  da' 
Barberini  le  comuni  dello  stato  a  fortifi- 
carsi, arrolar  gente, ed  ammassare  prov- 
ifisioiii  per  la  ventura  campagna  di  pri- 
mavera. L'ozio  intanto  e  la  voce  d'  un 
■vicino  aggiustamento,  mosse  la  diserzio- 
ne ue'soldati  del  duca,  e  quanto  più  gli 
altri  crescevano  in  forze  e  si  diminuiva 
la  paura,  tanto  piìi  egli  si  andava  di  gior- 
no in  giorno  indebolendo.  Ciò  non  ostan- 
te si  formò  una  capitolazione  a  Castel 
.«:.  Giorgio,  territorio  d'Orvieto,  e  parve 
accordato  il  deposito  di  Castro;  si  venne 
anche  definitivamente  a  qualche  sosjìen- 
sione  d'armi;  ma  il  duca  in  fine  si  trovò 
bill  lato  da  chi  ne  sapeva  più  di  lui.  Laon- 
de avvicinandosi  il  verno,  tornò  indietro 
colle  pive  nel  sacco,  lagnandosi  assai  del 
granduca  cognato,  che  tranne  un  lieve 
aiuto  di  denaro,  con  sole  parole  l'avea 
assistito;  siccome  si  dolse  il  duca  di  Mo- 
dena, perchè  i  veneziani  lasciandolo  col 
peso  addosso  di  tante  truppe  sue  e  stra- 
niere, non  gli  permisero  mai  durante  lo 


V  li  N 
scompiglio  de'Barberini,  d'entrare  nella 
stato  papale,  il  che  gli  premeva  sì  pel 
proprio  interesse,  e  sì  per  dar  valore  a' 
negoziali  che  si  facevano  pel  duca  cogna- 
to. Tornossene  dunipie  a  Parma  il  Far- 
nese, andarono  a  terra  i  trattati,  e  l'esta- 
rono  più  che  mai  imbrogliate  le  cose  con 
gran  festa  de'  Darberini,  che  aveano  sa- 
puto vincere  senza  far  nulla.  Per  gli  ar- 
tifizi co'  quali  erano  stali  delusi  da'Dar- 
berini  e  da'  loro  ministri  nel  trattalo  di 
concordia,  stavano  con  gli  animi  assai  al- 
terati i  collegati,  cioè  la  veneta  repubbli- 
ca ,  il  granduca  di  Toscana  e  il  duca  di 
JModena,  facendo  neliG43  lega  offensiv.» 
contro  il  Papa.  Ma  più  di  essi  ardeva  di 
sdegno  il  Farnese,  trovandosi  più  che  mai 
iuq^anialo  con  soldatesche  sopra  le  sue 
forze,  e  senza  (jue'  mezzi  che  occorrono 
per  cominciare  e  proseguire  il  dispendio- 
sissimo impegno  delle  guerre.  Pensò  di 
spedire  nel  rigore  del  verno  1 6  4.3  da3ooo 
fanti  per  l' A  pennino  in  Lunigiana  ad  im- 
barcarsi in  varie  tarlane,  sperando  che 
per  mare  giungendo  all'improvviso  alla. 
spiaggia  di  Castro,  vi  potesse  sorprende- 
re la  rocca  di  Monlallo.  Avvisatone  fe- 
delmente il  governo  di  Roma  ,  subito 
provvide  al  bisogno  de'luoghi  esposti  al 
pericolo.  Oltre  a  ciò  quelle  tarlane  per- 
seguitale da  una  fiera  burrasca,  ebbero  a 
ventura  il  potersi  salvar  a  Genova  e  Por- 
lo Fino,  dove  la  gente  si  sbandò  e  passò 
al  soldo  degli  spagnuoli  che  assediavano 
Tortona.  Per  si  precipitosi  consigli  poco 
fu  lodalo  il  duca  Odoardo,  quando  1'  e- 
sercito  pontificio  fortemente  s'  ingrossò 
nel  Bolognese  e  Ferrarese.  E  mentre  i 
coìleqati  con  irresoluzioni  continue  con- 
sultavano  la  maniera  di  non  lasciar  peri- 
re il  Farnese,  egli  disperatamente  a' 2  i 
maggio  s'avviò  alla  volta  delFerrarese 
con  6  reggimenti  di  fanti,  allrellanti  di 
cavalleria,  uuo  dei  dragoni  e  8  pezzi  d'ar- 
tiglieria. I  presidii  di  Bondeno  e  della 
^ilellata  non  si  opposero,  per  la  codar- 
dia del  maestro  di  campo  Valenze  e  per 
quella  del  comaudanle    napolelauo  iu 


VEN 
lìondeno  Muri  co  ne,  perciò  decnpilato.  Il 
duca  saccheggiato  e  rovinato  Doudeno,  e 
con  un  corpo  di  truppe  venete  espugna- 
ta la  (ertezza  della  Stellata,  in  que'sili 
si  fortificò,  cosliingendo  poi  il  paese  che 
dominava  a  somministrargli  i  viveri.  Non 
tardarono  più  i  veneziani  a  muoversi,,  ed 
occnpnrono  sul  Ferrarese  Trigento,  Fi- 
carolo,  Ariano,  Codigoro,  ed  anche  il  Ce- 
senatico. Si  mosse  ancora  il  duca  di  Mo- 
dena con  4ooo  fanti  ei200  cavalli  scelti, 
oltie  al  treno  dell'artiglieria  e  delle  mu- 
nizioni,per  entrareanch'egli  nel  Ferrare- 
se; nel  qual  tem[)0  ancora  fece  esibire  al 
Papa,  e  pubblicò  colle  stampe  le  preten- 
sioni sopra  Ferrara  e  Cornacchio.  Ten- 
tò un  colpo  di  mano  per  impossessarsi 
di  Ferrara,  ma  non  gli  riuscì.  Doveano 
andare  seco  di  concerto  il  duca  di  Parma 
e  il  Pesaro  generale  de' veneziani,  ma  si 
trovò  che  il  Farnese,  benché  per  aiuto 
suo  sì  fosse  formata  la  lega,  non  vi  volle 
entrare  né  muoversi  dov'erasi  stabilito, 
siccome  neppure  il  Pesaro  comparve  ad 
unirsi  coll'Estense.  Diede  campo  questa 
irresoluzione  e  mala  intelligenza  de' col- 
legati, al  cardinal  Antonio  Barberini  le- 
galo e  generalissimo  dell'armata  pontifi- 
cia ,  di  spingere  il  marchese  Maltei  con 
4ooo  fanti  sul  territorio  di  Modena,  ed 
occupò  s.  Cesario,  Spilamberlo,  Vigrio- 
la,  Guiglia  e  altri  luoghi,  non  senza  com- 
mettere crudeltà  ed  incendii.  A  questa 
pai  le  dunque  si  vollò  il  fuoco  maggiore 
della  guerra.  A' i4  gi'Jg"0  fu  spedilo  dol 
duca  di  Modena  il  cav.  della  Vallella  sul 
Bolognese,  per  tentare  l'occupazione  di 
Crevalcuore,  ma  vi  restò  sconfìtto  da  pa- 
paliiu.  E  poidié  le  poche  schiere  venete, 
•venute  in  rinforzo  di  Francesco  I,  lene- 
vano  ordini  diversi  dall'  idee  del  duca, 
prevalendosi  il  cardinal  legalo  della  po- 
ca buona  armonia  de'suoi  avversarii,  a' 
ir)  luglio  si  portò  all'assiiilio  di  ^'onan- 
tolii ,  mentre  un  altro  corpo  di  truppe 
pontifìcie  si  recò  a  depredare  il  Polesine 
di  Rovigo.  A  respingere  tale  invasione, 
iDuliimente  i  veneti  lechimarono  gli  aiu- 

VOL.  XCII. 


V  E  N  5i3 

ti  de'duchi  di  IModena  e  di  Parma.  Avea 
il  duca  di  Modena  con  licenza  dell'  im- 
peratore Ferdinando  111  richiamato  di 
Germania  il  valoroso  conte  Raimondo 
Montecuccoli  suo  suddito,  che  poi  tanta 
fama  si  acquistò  nel  generalato  dell'ar- 
mi cesaree,  e  lo  costituì  generale  di  sue 
truppe.  Marciò  egli  al  soccorso  di  Nonan- 
lola,  e  sì  caldafuenle  assalì  il  nemico  che 
lo  mise  in  rotta,  colla  strage  e  prigionia 
di  molti,  oltre  il  conquisto  dell'artiglie- 
rie. Lo  stesso  cardinal  legalo  che  anima- 
va i  suoi  a  fare  bene  il  loro  dovere,  cor- 
se pericolo  della  vila,  essentlogli  stalo  uc- 
ciso sotto  il  cavallo,  ed  altro  buon  cor- 
ridore lo  mise  in  salvo.  Entrò  allora  il 
duca  di  Modena  sul  Bolognese,  impa- 
dronendosi di  Piumazzo,  Bazzane  e  altri 
luoghi,  spargendo  il  terrore  lino  alle  por- 
te di  Bologna.  E  già  si  disponeva  egli  ad 
assalire  quella  vasta  e  sgomentala  città, 
quando  giunse  I'  avviso  che  un  grosso 
corpo  di  papalini  passato  il  Po  a  Lago- 
scuro,  avca  sorpreso  il  forte  de' venezia- 
ni, e  qui  alzava  in  fretta  delie  fortifica- 
zioni, sulle  frontiere  veneziane  ,  già  es- 
sendosi eretto  il  forte  Urbano  su  quelle 
di  Modena.  Furono  per  questo  richia- 
male dal  senato  le  loro  milizie,  ch'erano 
sul  Modenese,  e  fu  forzato  il  duca  a  ri- 
tirarsi. In  pari  tempo  continuava  a  scor- 
rere 1'  Adriatico  e  il  Litorale  pontificio 
Lorenzo  Marcello  colla  flotta  veneta,  ed 
a' 4  settembre  battendo  vigorosamente 
Sinigaglin,e  questa  rispondendo  coll'ar- 
liglierie,  ne  restò  ucciso  Tommaso  Con- 
tarini  comandante  d' una  grossa  galea, 
per  cui  la  llotta  si  allontanò  dalla  piaz- 
za. Guerra  inlanlo  era  anche  a'  confini 
del  Sanese  e  del  Perugino,  fra  le  genti 
del  Papa  e  quelle  di  Ferdinan.Io  II,  che 
si  recò  al  campo  di  Valdichiana,  essen- 
do riuscito  a'florentini  disfare  le  truppe 
papali  a  IMongiovino  con  istrage  nume- 
rosa, occupar  e  devastare  Città  della  Pie- 
ve, Monte  Leone  e  Castiglione  del  La- 
gf),  oltre  il  bloccar  Perugia,  come  pre- 
teadooo  alcuni;  sebbene  il  duca  Savelli 
33 


514  V  E  !?f 

con  maestria  di  guerra  li  tenesse  poi  ben 
ristretti  e  rendesse  loro  la  pariglia.  Tro- 
vandosi impegnate  colà  le  truppe  tosca- 
ne, il  cardinal  Barberini  concepì  di  fare 
un  bel  colpo  sul  granduca.  Ordinò  sul 
principio  d'ottobre  al  signore  di  Valen- 
ze di  marciare  da!  Bolognese  per  la  via 
della  Porrella  alla  volta  di  Pistoia,  con 
disegno  di  sorprendere  quella  città  sprov- 
veduta di  presidio.  Egli  vi  andò  con  4ooo 
fanti  e  looo  cavalli,  e  giunse  a  dar  In 
scalata  alla  città  a' 2  ottobre,  ma  non 
corrispose  alla  sua  prodezza  la  fortuna, 
percliè  i  cittadini  coraggiosamenle  dife- 
sero le  mura,  benché  poi  non  poterono 
esentare  la  campagna  da  grave  saccheg- 
gio. Per  questo  accidente  domandò  il 
granduca  soccorso  a'veneziani  e  al  duca 
di  Modena,  i  quali  accorsero  per  tagliar 
la  strada  nel  ritorno  al  Valenze;  ma  que- 
sti, dove  men  sei  credevano,  passò  tran- 
quillamente e  li  lasciò  delusi.  Dopo  que- 
ste ed  altre  molte  fazioni  di  non  notabi- 
le rilievo,  fatte  nello  stato  pontificio,  nel 
Modenese  e  in  Toscana,  dove  i  fiorentini 
non  meno  nelle  difese  che  nell'oflese  si 
fecero  onore,  i  combattenti  si  ritirarono 
a'quartieri  d'inverno  ,  lasciando  a'  gabi- 
netti la  pugna  diplomatica  onde  por  fine 
ad  una  guerra  che  se  costava  poco  san- 
gue, riusciva  dispendiosissima  a  quelli 
che  la  spsienevano.  Fu  singolare  il  con- 
tegno del  duca  Odoardo  pel  quale  si  com- 
batteva, che  agiatamente  restò  a  Conde- 
no  e  alla  Stellata,  senza  dare  il  più  mi- 
nimo aiuto  a'suoi  protettori,  il  che  pro- 
dusse mormorazioni  e  gravi  lagnanze  ne' 
collegati.  In  detto  tempo  pertanto,  dalle 
palli  interessate  si  pensò  seriamente  a  fi- 
nire la  guerra.  Per  morte  di  Luigi  Xlll 
e  del  cardinal  Piichelien,  erano  succedu- 
ti nel  trono  Luigi  XIV  e  nel  ministero 
il  Mazzarini  da  Urbano  Vili  fatto  cardi- 
nale, onde  il  re  di  Francia  deputò  il  car- 
dmal  Alessandro  Bichi  suo  plenipotenzia- 
rio a  comporre  le  differenze  del  duca  di 
Parma  e  de'suoi  alleali  col  Papa,  il  qua- 
le fu  illuminato  francamente  dal  cardi- 


VEN 

naie  del  vero  slato  delle  cose  ,  onde  si 
mostrò  pronto  alla  concordia,  altro  non 
desiderando  che  la  sommissione  del  Far- 
nese alla  sua  sovranità.  Bramavano  mol- 
tissimo la  pace  i  veneziani,  e  non  men  di 
loro  ne  anelavano  la  conclusione  il  gran- 
duca di  Toscana  e  il  duca  di  Modena.  An- 
corché i  Barberini  procedessero  con  al- 
tura, per  aver  vigorosamente  sostenuto 
l'onore  dello  slato  pontifìcio  contro  gli 
sforzi  di  4  principi  collegati  e  confinanti, 
pure  conoscevano  il  bisogno  di  accomo- 
darsi, perchè  miravano  lo  zio  Papa  giun- 
to all'età  di  77  anni  e  decaduto  nelle  for- 
ze vitali,  dando  a  conoscere  le  sue  infer- 
mità d'esser  vicino  ai  sepolcro,  ed  essen- 
do generali  i  lagni  de*  sudditi  per  le  ga- 
belle imposte  e  per  altri  aggravi!.  S'ag- 
giungevano i  richiami  ripetuti  de'  saggi 
cardinali  per  sì  ostinato  e  poco  importan- 
te impegno,  e  le  mormorazioni  de'  pio- 
fìtti  che  i  Barberini  traevano  dalla  guer- 
ra. Nel  mentre  che  si  maneggiavano  gli 
accordi,  non  lasciarono!  collegati  di  al- 
lestir nuove  truppe  e  far  altri  prepara- 
menti, per  continuare  occorrendo  la  guer- 
ra. Anzi  sul  principio  di  maizoi644  se- 
guirono varie  ostiliià  de'veneziani,  con- 
tro i  forti  fdbbricali  olire  il  Po  da'papa- 
lini;  e  a  Lagoscuro  di  qua  dal  fiume  oc- 
corse una  fazione  militare,  in  cui  il  cav. 
Valletta  mise  in  rotta  un  corpo  di  mili- 
zie pontifìcie,  colla  morte  di  200  perso- 
ne e  la  prigionia  dii5o.  Accorsocela  pei* 
sostenere  i  fuggitivi  il  cardinal  Barberi- 
ni, e  caduto  in  un'imboscata  tesagli  dal 
medesimo  Valletta,  appena  potè  salvarsi 
colla  velocità  del  cavallo,  lasciato  ivi  pri- 
gione il  vice-legato  di  Ferrara  Caraffa, 
Antonio  o  Marco  Doria  governatore  di 
quel  forte,  e  altri  uflflziali.  Per  tali  motivi 
dunque  in  Venezia  sialftettarono  i  mini- 
stri pontifìcii  e  i  mediatori  d'ultimare  il 
trattalo  di  pace,  che  fu  sottoscritto  in  tal 
città  a'3i  marzo  1 644 jpul^l^l'candosi  ne* 
primi  del  seguente  aprile,dalcardinalGio. 
StefanoDonghi  plenipotenziario  del  Papa, 
dal  cardinal  Bichi  a  uomedel  redi  Fran- 


VEN 
eia, da  Giovanni  Nani  per  h  repubblica  ve- 
neta.dal  cav.Gio.  Tjallisfa  Gondi  pel  gran- 
duca di  Toscana,  e  dal  marchese  Ippolito 
Estense  Tassoni  pel  duca  di  Modena.  Un' 
altra  capitolazione   a  parte  nello  stesso 
giorno  nondimeno  era  stata  fatta  da'due 
cardinali  plenipotenziarijriguardanle l'ac- 
comodamento del  duca  di  Parma  con  Sua 
Santità.  La  somma  di  questo  accordo  fu, 
che  ognuno  disnrmerebbe  e  lascierebbe 
ogni  luogo  in  questa  guerra  occupato, 
che  i  forti  eretti  ne'confini  da' papalini, 
da'veneti  e  dal  duca  di  Modena  si  doves- 
sero distruggere,  e  che  i!  Papa  a  interces- 
sione del  re  di  Francia  assolveva  il  duca 
mediante  una  sua  umilissima  supplica, 
dalle  censure,  promettendo  di  restituir- 
gli  dopo  Go  giorni  il  ducato  di  Castro  e 
Ronciglione,  rimettendo  le  cose  nello  sta- 
to in  cui  erano  prima  della  presente  guer- 
ra, e  restando  Luigi  XIV  garante  delle 
promesse  fatte    da'  principi  contraenti. 
Conti  ibu'i  alla   concordia  mg."^  Lorenzo 
Imperiali,  poi  cardinale,  come  governa- 
tore della  provincia  del  P<ilriinonio,  os- 
sìa Viterbo,  e  commissario  generale  pon- 
tificio dello  stato  di  Castro.  Il  Papa  per 
trattare  gli  affari  del  duca  di  Parma,  già 
Hvea  spedito  a  Venezia  per  nunzio  straor- 
dinario Achille  Grassi  vescovo  di  Monte 
Fiascone.  Tanto  la  repubblica  di  Vene- 
ria,  che  il  granduca  e  il  duca  di  Modena, 
quantunque  nulla  avessero  guadagnato  in 
questo  sì  dispendioso  movimento  d'armi, 
pure  con  lettere  piene  di  riconoscenza  rin- 
graziarono Luigi  XIV  e  la  regina  madre 
reggente,  dell'aver  procacciata  loro  la  pa- 
ce. Il  duca  (Il  Parma, clic  solo  avea  raccol- 
to il  frutto  dell'altrui  spese  e  fatiche,  niun 
ringraziamento  inviò  alla  corte  di  Fran- 
cia, e  da  lì  a  poco  negò  il  transito  d'alcu- 
ne truppe  francesi  pe'suoi  stati.  Se  tutto 
l'oro  da  lui   impiegalo  in  questa  guerra 
l'avesse  applicato  a  soddisfare  i  montisli, 
che  aveano  l' ipoteca  sul  ducato  di  Ca- 
stro, avrebbe  estinto  il  Monte  de'suoi  de- 
biti, e  non  impedito  colle  armi  gli  atti 
giudiziali  pel  pagamento  de'frulti,  cagio- 


VEN  5i5 

ne  primaria  della  guerra,  risparmiato  a 
se  e  agli  altri  il  dispendio  per  sostenerla, 
e  non  avrebbe  finito  la  sua  famiglia  con 
perdere  Io  stato  di  Castro  e  Ronciglione, 
né  Castro  sarebbe  stato  spianato  al  suo 
lo.  Tutto  lo  stato  pontifìcio  si  dimostrò 
contentissimo  per  la  pace  fatta, e  fece  ptdj- 
bliche  dimostrazioni  di  gioia  e  di  alle- 
grezza, con  fuochi  e  feste;  cessarono  i  ge- 
nerali clamori  pe'patiti  aggravii,  ma  non 
poche  gabelle  restarono  a  peso  de'suddi- 
ti.  Cominciando  Urbano  VI  II  a  tranquil- 
larsi, ed  a  godere  i  frutti  della  pace,   lo 
colse  là  morte  a'  29  luglio  iG44-  t)opo 
un  mese  e  mezzo  gli  successe  Innocenzo 
X  Pamphi!),  una  delle  cui  prime  cure 
fu  quella  di  ripristinare  nella  sala  regia 
del  Vaticano  l'elogio  marmoreo  della  re- 
pubblica di  Venezia,  prima  alterato  e  in 
tempo  della  riferita  guerra  tolto  da  Ur- 
bano Vili,  donde  erano  derivate  molte 
amarezze  fra  il  senato  e  Roma;  il  quale 
senato,  per  grata  corrispondenza,  ascris- 
se al  suo  patriziato  il  nipote  e  la  discen- 
denza del  Papa,  il  che  registrai  nel  luo- 
go già  citato.  Laonde  la  repubblica,  ol- 
tre i  consueti  4  ambasciatori  d'ubbidien- 
za, inviò  pure  al  nuovo  Papa  il  procura- 
tore Angelo  Conlarini  oratore  straordi- 
nario a  ringraziarlo,  che  poi  restò  in  Pio- 
ma  ordinario,  ed  Innocenzo  X  mostrò 
quindi  costante  predilezione  per  la  re- 
publ)lica,  approvò  il  culto  immemorabi- 
le del  b.  Bernardino  Tomitano  da  Fel- 
tre,  e  creò  due  cardinali  veneziani  patri- 
zi, cioè  Pietro  Oltoboni,  poi  Alessandro 
Vili, eCristoforo  Vuhnan.  —  I  veneziani 
poco  goderono  queste  compiacenze  e  la 
pace  reintegrata  ;  nell'  istesso  anno  a« 
vendo  origine  una  serie  di  sciagure,  ol- 
treché la  continuazione  delle  ostilità  in 
Lombardia  li  teneva  in  vive  apprensioni. 
L'anno  dunque  i644>  <J"^^  Giuratori,  fu 
sorgente  d'infiniti  guai  alla  repubblica  di 
Venezia.  Veleggiava  pel  mare  Carpazio 
(condotta  dal  commendatore  di  Blois- 
Baudrand)  la  Sfjuadra  delle  galee  de'ca- 
valieri  di  IMalta,  che  per  tener  libero  pos 


sibilmeule  tla'corsaii  iufedeli  il  Mediter-  Mulinelli,  lornb  per  la  2.'  volta  a  danno 
ranco,  pi  esso  i  lurclii  e  mori  erano  chia-  gravissimo  di  Venezia  l'operare  de'cava- 
niali  i  corsari  rristiiini,  vogliosi  di  fjual-  lieri  maltesi.  Pertanto  allestii  una  polen- 
che  preda,  70  miglia  lungi  da  Rodi  in-  le  armata  navale,  che  recalasi  a  Navari- 
contrarono  la  solita  caravana  che  ogni  noe  rinforzata  da'corsari  barbareschi,  si 
anno  visitava  la  Mecca,  composta  d'  un  tiovò  composta  d'  80  galee,  2  maone  o 
grosso  galeone  lineo,  accompagnato  da  galeazze,  un  galeoneo  vascello  grosso  dei- 
due  altri  minori  e  da  7  saiche.  Si  venne  la  sultana,  22  navi  armate  eSou  saiche. 
alle  prese,  e  con  pati  valore  e  bravura  Vi  s'imbarcarono  i4,ooo  spai,  7,000 
de'turchi  nel  difendersi,  de'cavalieri  ne-  giannizzeri  e  altri  4o, 000  fanti.  V'erano 
gli  assalti,  questi  dopo  più  ore  di  sangui-  molti  ingegneri  fiamminghi,  francesi  e  al- 
noso  conibaltimenlo  resl.irono  vincitori.  Iri  riprovevoli  rinegati,  che  in  ogni  tem- 
però de' cristiani  vi  nioriiono  9  cavalieri  pò  hanno  infatuemente  accresciuta  la 
ei  16  soldati,  oltre  2G0  feriti;  de'turchi  baldanza  turchesca.  Il  cav.  Mulinelli  e- 
jeslarono  uccisi  circa  600,  e  schiavi  38o.  numerò  34B  navi  e  5o,ooo  uomini.  An- 
Era  il  galeone  della  sultana  (colle  |)rinci'  davano  dicendo  i  turchi  voler  vendicare 
pali  femmine  del  serragliOjSecondo  il  Mu-  1' adì  outo  e  punire  Malta  e  gli  audaci 
tinelli),  ricco  di  molto  oro  e  gemme,  di  suoi  cavalieri,  onde  il  gran  maestro  ne 
merci  e  <li  arredi  preziosi,  che  conduce-  avea  accresciuta  la  sua  lurtezza  inespu- 
Ta  in  Egitto  l'eunuco  Tembisagà,  già  fa-  gnabile,  e  tutto  l'occorrente  per  precau- 
vorilo  di  3  sultani  e  governatore  del  ser-  zione  a  ben  riceverli.  »  Al  bailo  veneto, 
raglio,  il  quale  intendeva  visitare  la  Mec-  scrive  Giuratori,  ingannevolmente  si  fa- 
ta, depositarvi  gli  annui  doni  ,  e  poi  ri-  cevano  carezze  a  Costantinopoli,  quando 
posare  al  Cairo.  JNon  vi  fu  soldato  orna-  all'  improvviso  si  trovò  egli  prigione,  e 
rinato  che  non  se  ne  arricchisse.  11  ga-  nel  d'i  23  giugno  si  vide  approdar  1'  ar- 
icene foralo  dall'artiglierie,  si  affondò  nel  mata  ottomana  all'isola  di  Candia,  regno 
mare.  Le  galee  cristiane,  maltrattate  an-  antico  della  repubblica  di  Venezia  ;  e  do- 
ch' esse  da' nemici  e  da  una  tempesta,  pò  aver  preso  il  forte  ossia  lo  scoglio  di 
rientrarono  nel  porto  diMaltaa'3  novelli-  s.  Teodoro  (dice  VArte  di  verificare  le 
]jre,fra  gli  applausi  di  tutti,  acclamazioni  clalC)  che  i  turchi  assaltarono  il  forte  di 
che  non  guari  si  convertirono  in  pianto,  s.  Teodoro,  ma  il  comandante  della  piaz- 
DappoichèilsullanoIbraim,saputo  Tecci-  za  Biagio  Giuliani  vedendosi  sul  punto 
dio  del  galeonedella  sultana, montò  in  fu-  d'essere  superato,  die  fuoco  alle  mine  e 
rioso  sdegno,e  per  vendicarsi,  dopo  tanti  e  così  saltò  per  aria  cogli  assalitori),  pas- 
anni  di  pace,  determinò  di  muover  guer-  sare  all'  assedio  della  città  della  Canea, 
raa  lutto  il  cri^itianesimo,  anche  per  Top-  Per  non  mosti  are  se  stessi  protettori  de* 
portunità  del  tempo  incoi  ipotentati  maltesi,  non  aveano  i  veneziani  fallo  quel 
d'Europa  fi-a  loro  pugnavano;  e  siccome  gagliardo  armamento,  che  in  altri  simili 
la  .squadra  gerosolimitana  dopo  la  preda  casi  usava  di  fare  la  lor  saviezza.  Conlut- 
avea  dato  fondo  ne'porli  di  Cefalonia,  o  lociò  misero  tosto  in  punto  nuove  galee  e 
come  fu  detto  a'turchi  in  alcun  porto  o  vascelli,  e  li  spedirono  in  Levante;  e  udi- 
rada  di  Candia,  altra  isola  appartenente  la  appresso  la  dolorosa  nuova  dello  sbar- 
a'veneziani,  perciò  credendoli  conniveu-  co  de'turchi,  in  Candia,  e  l'assedio  della 
li,  pe'priini  li  prese  di  mira,  proponen-  Canea,  si  diedero  senza  sgomento  a  far 
dosi  appunto  d' invadere  loro  la  vasta  e  gente,  ed  accrescer  le  loro  forze  maritti- 
impoilunle  isola  di  Candia,  frontiera  da  me,  e  ad  implorare  il  soccorso  de'priuci- 
quesla  parte  e  posto  avanzalo  di  essi  ver-  pi  cristiani,  che  secondo  il  solito,  per  la 
so  il  suo  impero.  In  lai  modo,  dice  il  cav.  maggior  parte  attendendo  a  scannarsi  fra 


V  EN 

loro,  mostrarono  commiserazione  a'  ve- 
neti, e  tutta  la  loro  liberalità  andò  a  fi- 
nire in  parole.  Papa  Innocenzo  \  non  si 
fece  punto  pregare, ed  allestite  le  proprie 
galee,  procurò  anco  che  Napoli,  il  gran- 
duca e  Malta,  vi  unissero  le  loro,  giacché 
i  genovesi  non  vi  vollero  concorrere,an- 
zi  proibirono  a'ioro  sudditi  l'investir  de- 
naro fuori  della    loro  città.  Si  compose 
con  ciò  uno  stuolo  di  2  3  galee,  e  il  l*on- 
tedce,  per  levar  le  contese,   ne  dichiarò 
generale  il  principe   Ludovisi,   con    cui 
dianzi  avea  maritato  d.  Costanza  sua  ni- 
pote. Ma  questa  flotta  fece  vela   troppo 
tardi,  e  quella  de' veneziani   per  liti   in- 
sorte fra  il  general  Coruaro  e    Marino 
Cappello,  mai  non  arrivò  a  tentar  la  sua 
(ortuiia  con   quella   de'  turchi.  Mirabile 
senza  fallo  fu  la  difesa  della  Canea,  in  cui 
fin  le  donne  accorsero  a  sostenere  gli  as- 
salti e  a  dar  la  vita  per  la  patria. Ciò  non 
ostante,  perchè  lievi  furono  i  soccorsi  in 
essa  città  inlrodoUi,  le  convenne  soccom- 
bere nel  di  1 8  agosto  (altri  dicono  a'22) al- 
la forza  de'musulmani.  E  questo  infausto 
principio  ebbe  la  guerra  diCandia;  guerra 
bi  pili  lunga  e  la  più  dispendiosa  che  s'ab- 
bia mai  avuta  la  repubblica  veneta  con- 
tro la  Porta  ottomana,  e  guerra  memo- 
rabile perla  varietà   delle  azioni,  delle 
battaglie  e  degli  assedii,  e  quantunque 
infelice  nell'esito,  pure  sempre  gloriosa 
al  nome  veneto.  Fu  essi  descritta  dal  con- 
te Guiddo  Priorato,  dal  senatore  Andrea 
Valiero,  da  Girolamo  Di  usoni,fla  Vitto- 
rio Siri,  da  Alessandro  INIaria   Vianoli  e 
da  altri  in  lingua  volgare,  ed  ultimamen- 
te anche  in  terso  latino  dalla  felice  penna 
di  GiovanniGi  aziani  pubblico  lettore  nel- 
l'università di  Padova  (dopo  ne  trattò  pu- 
re il  senatore  Flaminio  Cornare,  Creta 
sacra,  sive  de  Episcopis  utriusque  rilus 
gracci  et  latini  in  insula  Creine,  Vene- 
tiis  I  7 5 5)".iNel  dogado  dunque  di  France- 
sco Erizzo  la  repubblica  di  Venezia  sven- 
turatamente perde  la  sua  Iraiupiillità,  e 
principiò  quella  lunghissima  guerra  cla- 
morosa di  Cuudia,  che  eroicamente  so- 


YEN  5i7 

stenne  con  invitta  costanza,  gagliardo  vi- 
gore  e  fortezza  d'animo,  come  accennerò 
ne'seguentidogadi,  imperocché  di  essa,  e 
pegli  aiuti  dati  da'  Papi  Innocenzo  X, 
Alessandro  T^ II,  Clemente  IX,  in  tali 
articoli  e  in  quelli  di  Turchia,  Costanti- 
nopoli e  altri  relativi  ne  ragionai,  do- 
vendosi tenerli  presenti  onde  supplire  a[ 
poco  che  dovrò  limitarmi  a  dirne.  Cari' 
dia  o  Creta,  che  gli  antichi  appellava- 
m»  r  Isola  delle  Cento  Città,  possedu- 
ta da  un  governo  avveduto  e  potente, 
sarebbe  destinata  a  signoreggiare  V  Ar- 
cipelago. Perciò  appunto  Eurico  Dando- 
lo, dopo  caduta  Costantinopoli  in  mano 
de'  crociati  latini,  l'avea  comprata  per 
la  repubblica  veneta  da  Bonifacio  mar- 
chese di  Monferrato  cui  apparteneva,  fi- 
gli è  per  questo  che  i  veneziani  fecero  ogni 
sforzo  per  conservarla,  prima  reprimendo 
i  tentativi  dell'  isola  stessa  per  sottrarsi 
al  loro  dominio,  e  poi  in  questa  guerra 
sagriflcarono  tanti  tesori  d'oro  e  di  san- 
gue per  non  lasciarsela  fuggire  di  mano. 
11  Casoni  nella  biografia  dell'Eiizzo,  par- 
lando della  perversa  nequizia  e  proditoria 
aggressione  fatta  al  regno  di  C;india  io  a- 
prile  1645,  egli  pure  rileva  che  la  piazza 
di  Canea  fu  il  i.°  punto  cui  vennero  di- 
retti gli  attacchi  del  nemico,  ed  ebbe  al- 
lora principio  la  serie  di  quelle  magnani- 
me azioni  che  guadagnarono  a'veneziani 
la  stima,  il  rispetto,  l'ammi razione  de'lo- 
ro  contemporanei,  in  una  difesa  per  l'i 
campagne  valorosamente  sostenuta  con- 
tropotenti nemici  con  uuiversd  stupore, 
di  cui  nessun  altro  esempio  si  riscontra 
nelle  pagine  dell'antica  e  della  moderna 
storia.  Il  principe  fjU(hwif,i  si  recò  in  Le- 
vante con  4  galeazze,  17  vascelli  tondi  e 
46  galee.  Governatore  generale  del  mare 
per  la  repul)blica  era  Girolamo  Morosini, 
generale  delle  galee  di  Malta  era  Giovan- 
ni Villareal.  Fra  gli  altri  aiuti  concessi  e 
piociuati  da  lunucenzo  X,a  richiesta  del- 
l'ambasciatore Luigi  Contarini,  permise 
alla  repubblica  di  poter  arrolare  soldati 
nel  ducalo  di  Ferrara,  nella  contea  d'A- 


5j8  VEN 

vjgnone,  ove  prima  di  questo  tempo  non 
era  stato  permesso  cLe  a'ie  di  Francia,  e 
persino  sulle  porle  di  Roma  a  Civita  Ca- 
stellana. Si  calcolò  che  in  men  di  due  an- 
ni da'dominii  pouliCcii  la  repubblica  fe- 
ce leva  di  8,000  e  più  uomini.  Ad  Inno- 
cenzo X  fu  invialo  ambasciatore  anche 
Pietro  Foscarini.  Il  Papa  avea  mandalo 
suo  nunzio  a  Venezia  Scipione  Delci  ar- 
civescovo di  Pisa, poi  cardinale.  Stringeu- 
Qosemprepiùgli  a(IaridiCandia,a  fronte 
ili  replicale  vittorie  da'veneti  riportate, 
anco  sui  corsari  barbareschi,  il  doge  Eriz- 
zo grave  di  eia,  per  la  mancanza  di  su- 
bordinazione de'diversi  duci  che  couiau- 
davano  nell'isola,  onde  rimediarvi  si  pro- 
pose di  andar  egli  qua]  capitano  genera- 
le in  Candia,  la  qual  offerta  fu  accolta 
dal  senato  con  decreto  de'  1 3  dicembre 
1 645.  Ma  vecchio  d'8o  anni,  attendendo 
con  ardore  a'  preparativi,  per  le  fatiche 
sofferte  rifinì  il  suo  corpo  indebolito  dal- 
l'età, e  fu  sorpreso  dalla  morie  a'3  gen- 
naio 1646,  avanti  3  mesi  della  stabilita 
partenza.  Dispose  che  il  cuore  fosse  depo- 
sto nella  basilica  di  s.  Marco,  e  il  corpo 
venisse  sepolto  a  s.  Martino, dove  vivente 
avea  fatto  erigere  nel  i633  sopra  la  por- 
ta laterale  del  i  ."altarCjUn  magnifico  mau- 
soleo di  pregiali  marmi,  colla  di  lui  sta- 
tua sedente  in  Irono  io  atto  di  ricevere 
suppliche,  opera  di  Matteo  Carmeio.  — 
Francesco  AJolin  XCIXdogc.  Il  eh.  Ca- 
soni,biografo  di  questo  doge,  con  enfasi  di 
patrio  affetto  esclama  :  AI  magnificar  Tira- 
prese,  le  prove  di  amore  della  patria,  d'iu- 
trepido  coraggio  e  valore,  operate  da've- 
ueziani  nel  secolo  XVII,  non  sembrano 
forse  stranamente  fantastiche  le  frasi,  i 
modi  di  esprimere,  le  descrizioni  e  le  me- 
taforiche similitudini,  per  cui  gli  scritto- 
ri  del  secolo  stesso  sono  accusati  di  fervi- 
da  immaginazione  :  quanti  Achilli,  quan- 
ti Ettori,  quanti  Orazii  e  Leonida,  com- 
parvero a  rinnovare  o  eclissar  pur  anco 
la  memoria  di  quegli  antichi  !  In  breve 
età  diede  Venezia  lungo  stuolo  di  prodi, 
che  posti  in  obblio  le  domestiche  laulez- 


VEN 
ze,  i  dorati  palazzi,  le  dovizie,  i  trastulli, 
lutto  sagrificarono,  con  libero  animo,  al- 
la difesa  della  patria,  franìezzo  a  stenti  di 
rigida  virtù,  versando  geoerosi  il  proprio 
sangue,  ne'più  difficili  e  scabrosi  cimenti. 
Uno  di  questi  uomini  singolari  fu  il  Mo- 
lin  procuratore  di  s.  Marco,  credulo  me- 
ritevole del  principato  acuì  fu  eletto  a' 
20  gennaio  1  646,  nel  quale  anno  un  nem- 
bo di  locuste  desolò  i  litorali  marittimi 
e  distrusse  i  raccoUi.  Sotto  il  suo  regime 
continuò  la  guerra  pel  regno  di  Candia, 
e  la  Dalmazia  soffri  gravi  danni  per  l'in- 
vasioni de'turchi;  ed  in  Dalmazia  in  aiu- 
to de'veneli,  Innocenzo  X  mandò  1000 
fanti  solto  la  condotta  del  marchese  Fe- 
derico ]MirogIi,soggetlo  d'inveterata  espe- 
rienza nell'armi,  e  poco  dopo  altri  jooo 
capitanali  dal  conte  Rovarelli.  Scontri  e 
conflitti  di  flotte  e  di  eserciti  moltiplica- 
vano sempre,  e  quasi  sempre  luminose 
vittorie  riportarono  i  veneziani  contro  ii 
perpetuo  nemico  insolente  del  nome  cri- 
sliano.Ma  due  azioni  meritano  sopra  l'al- 
tre ricordarsi.  Tommaso  Morosini  si  of- 
frì generoso  di  chiudere  il  passaggio  de' 
Dardanelli,  con  forte  crociera  di  navi  e 
di  galere,  e  l'eseguì  nel  1646  con  tanto 
valore,  mirabile  costanza  e  fermezza,  che 
sorprese  l'Europa,  e  ricolmò  di  terrore 
la  capitale  de'turchi.  Nel  seguente  anno 
lo  stesso  capi-lano,  per  fallo  di  mare  ven- 
ne sorpreso  da  4^  galere  turche  ;  egli  si 
difese  col  solo  suo  vascello  da  quella  mol- 
titudine che  l'inviluppava,  mise  a  fuga  il 
nemico,  affondò  molti  di  que'  navigli,  e 
quando  già  la  vittoria  a  suo  favore  pen- 
deva, colpito  da  una  palla,  cessò  di  vive- 
re tra  il  dolore  de'prodi  suoi  compagui, 
a'quali  sopraggiuuto  piccolo  soccorso,riu^ 
sci  terminare  il  combattimento  colla  to- 
tale dispersione  di  quel  numeroso  con- 
voglio e  colla  morte  altresì  del  coman- 
dante turco.  Indi  Giacomo  da  Riva  con- 
cepì l'arditissimo  e  audace  disegno,  di 
spingere  una  veneta  flotta  fluo  al  Cosfo- 
10  e  bombardare  la  slessa  Coitantiuopo- 
li;  ma  Ìa  prudenza  del  seuato  uou  volle 


V  EiN 
esporre  a  lanto  l'ischio  la  preziosa  vita  de' 
propri  figli.  Id  questo  tempo  si  distiuseaii- 
Cora,  per  varie  pugne  e  imprese  navali, 
con  Luigi  Mocenigo  capitano  generale 
(succeduto  a  Gio.  Ballista  Grituani  perito 
con  moltissimi  nobili  e  tre  galee, fra  le  qua- 
li la  capitana,  per  orrìbile  tempesta  che 
alToudò  le  navi),  quel  Francesco  JMorosiui 
che  dipoi  meri  lo  il  titolo  diPe/opo;i/ie5ici- 
co,  e  la  dignità  di  principe.  Sulla  nave 
di  quest'invitto  stava  il  molto:  In  cer- 
tamine  prima.  Intanto  a'7  agosto  1648 
deposto  il  sultano  Ibraira,  e  poi  strango- 
lato, di  7  anni  gli  successe  il  figlio  Mao- 
metto IV.  Narra  Muratori,  che  ueli64B 
acquistarono  l'armi  venete  l'importante 
fortezza   di  Glissa,  e  la   munirono  con 
maggiori  furlificazioui.  In  tale  anno  in- 
trapresero i  turchi,  comandali  da  Cus- 
sein  pascià,  l'assedio  della  città  di  Cau- 
dia  capitale  dell'isola,   riuscito  de' più 
memorabili  registrati  dalla  storia  antica 
e  moderna,  per  le  meraviglie  di  provvi- 
denza e  valore,  con  cui  si  segnalò  la  re- 
pubblica. Trovo  ixtW'Arte  di  i'en'flcare 
le.  date,  che  nel  1648  per  la  resistenza 
de'candiolli  comandali  da  Luigi  Moce- 
nigo, i  turchi  assalitori  della  città  di  Gau- 
dia  si  ritirarono  a' quartieri  d'inverno, 
dopo  aver  perduto  20,000  uomini;  indi 
ripresero  l'assedio  nell'agosto  1649)  ed 
a' 9  ottobre  di  nuovo  l'abbandonarono 
per  l'intemperie  della  stagione.   Prose- 
guendo i   veneziani   l'aspra  guerra  con 
qualche  felicità,  ed  essendo  i  turchi  sem- 
pre più  accaniti  pel  conquisto  delta  ca- 
pitale dell'  isola,  avvedutisi   che   i  loro 
sforzi   costavano  gran  sangue  con  poco 
frutto,  e  dovendosi  ritirare  pe'rigori  del- 
l'atmosfera, nel  16'jo  ricorsero  ad  altro 
spediente,  che  fu  quello  di  fabbricare, 
oltre  ad  altri  fortini  precedentemente  e- 
lelli,  una  fortezza  regolare  in  vicinanza 
della  città  Q  cui  posero  il  nome  di  Cari' 
dia  iiuoi'a,  e  riuscì  ad  essa  sommamen- 
te pregiudizievole.  Il  forte  di  s.  Teodoro 
pressola  Canea  essendo  stato  di  molla  im- 
portanza, avendolo  i  turchi  restaurato, 


V  E  IN  519 

vollero  i  veneti  riconquistarlo  col  furore 
dell'artiglierie,  col  bramato  successo.  la- 
tanto  immensi  tesori  consumava  la  re- 
pubblica per  tanti  legni  che  costruiva  e 
manteneva,  e  per  l'esorbitante  copia  di 
gente  che  di  continuo  dovea  inviare  a 
Candia,  dove  le  battaglie  e  le  malattie 
mietevano  numerose  vittime.  Nel  iG5i 
a'  22  giugno  usa  fastosamente  l'armata 
turca,  forte  di  78  galee  sottili,  di  6  mao- 
ue  e  di  53  grosse  navi,  oltre  altri  legni 
minori.  Fra  Santorino  e  Scio  tosto  l'in- 
C(jntrò  la  flotta  veueta,  la   quale  quaa- 
tuuque    inferiore  di  numero  ,  superio- 
re in  coraggio,  animosa  l'affrontò,  ma  es- 
sendo tardi  e  sopraggiunta  la  notte,  l'a- 
zione restò  interrotta;  ripresa  nella  mat- 
tina de*23  con  più  di  ardore,  la  vittoria 
si  dichiarò  pe'crisliani,  ritirandosi  i  tur- 
chi colla  perdila  di  9  vascelli  e  la  capi- 
tana del  rinegalo  pascià  di  Morea,  con 
moltissimi  morii  e  5oo  prigioni.  Quindi 
i  veneti  saccheggiarono  l' isola  di  Leria, 
ed  incendiarono  molle  navi  turche  da  ca- 
rico.— Nello  stesso  1  Baipassò  per  lo  sta- 
to di  Terraferma  Eleonora  Gonzaga  so- 
rella del  duca  di  Mantova,  destinala  spo- 
sa all'imperatore  Ferdinando  III,  e  la 
repubblica  festeggiò  la  principessa  con 
pompe  e  corteggi  nobilissimi.  Nel  seguen- 
te aimo  i  Barberini  avendo  offerto  alla 
repubblica  per  la  guerra  una  gran  som- 
ma di  denaro,  furono  aggregali  alla  no- 
biltà  veneta;  ed   Innocenzo  X   trasferì 
dalla  nunziatura  della  Svizzera  a  quella 
di  Venezia  il  romano  Francesco  Bucca- 
paduli  già  vescovo  di  Valva  e  Sulmona, 
ed  allora    vescovo  di   Gillà  di  Castello, 
mentre  in  Roma  era  rappresentante  del- 
la repubblica  1'  ambasciatore  Nicolò  Sa- 
gredo,  più  tardi  doge.  Marco  Ubaldo  Dic- 
ci, in  quel  suo  libro  eruditissimo,    Yo- 
tizia  della  famiglia  Boccapaduli  docu- 
mentata, nel  riferire  quelle  del  prelato, 
non  poche  e  iuteressauli  riguardano  Ve- 
nezia, la  guerra  iu  discorso,  il  corpo  di- 
plomalico  ,  i  vescovi  del    domiuio    ve- 
neto, ed  i  presidi  del  pontificio  stalo,  a 


520  V  E  N 

lui  contemporanei.  Quanto  al  nunzio, 
dice  che  il  senato  e  il  doge  mollo  gra- 
dirono la  sua  elezione  e  glielo  fece  sa- 
pere in  Zurigo  dal  residente  loro  Giro- 
lamo Giavarini.  U  Boccapaduli,  partito 
dalla  Svizzera,  si  diresse  a  Padova.  Avea 
la  repubblica  ordinato  a  que'rettori  del 
comune,  che  per  onorarlo  si  spendessero 
sino  a  200  ducati.  Ma  egli  che  non  a- 
mava  le  pubbliche  dimostrazioni,  e  te- 
mendo che  il  diritto  della  carica  che  so- 
steneva potesse  essere  contrastato  nella 
prerogativa  della  mano,  perchè  i  detti 
rettori  vi  aveauo 'qualche  pretensione, 
preferì  di  giungervi  privatamente  e  in- 
cognito, alloggiandoda'domeuicaui.  Pas- 
sato indi  a  pochi  giorni  a  Venezia,  vi  fe- 
ce r  8  novembre  la  solenne  entrata  ,  io 
cui  partendo  dal  monastero  de'  cano- 
nici regolari  di  s.  Spirito,  circa  3  miglia 
lungi  dalla  citià,  venne  in  questa  accom- 
pagnato da  buon  numero  de' principali 
senatori,  cioè  quasi  5o.  Nella  mattina  se- 
guente onorato  da' medesimi  si  recò  nel 
collegio,  da  cui  sicnilmeute  fu  ricevuto 
con  espressioni  di  mojto  gradimento.  A 
rendergli  malagevole  più  dell'usato  la 
carica,  di  cui  già  il  prelato  si  era  messo 
in  possesso,  oltre  all'essere  per  natura 
difììcile  e  di  lunga  estensione,  come  quel- 
la che  impegnava  a  trattare  assai  impor- 
tanti cose,  non  pure  co'  numerosi  vescovi 
e  giudici  del  dominio  veneto,  ma  ancora 
co' cardinali  legati  e  governatori  dello 
stato  papale  che  giace  d'in  torno  alle  spon- 
de del  mare  Adriatico,  si  unirono  insie- 
me vari  e  non  così  frequenti  alTari  ci- 
vili, di  guerra  e  di  religione.  Ivi  si  ri- 
portano particolareggiati  gli  affari  da 
questo  nunzio  trattati,  col  carteggio  per 
la  guerra  turca.  Avvenne  dunque  nella 
sua  nunziatura,  che  nel  i653  l'Annona 
di  Uoma  trovandosi  scarsa  di  grano,  si 
rivolse  alle  parti  del  dominio  veneto  lun- 
go l'Adriatico  che  ne  abbondavano,  ma 
il  difetto  di  navi  ne  rendeva  difficile  il 
trasporto.  Fu  perciò  a  lui  dato  1'  inca- 
rico di  ottenerlo  da'veueziani,  da' quali 


VEN 
non  potè  trovare  facilità  d'esaiidi mento, 
giacché  impegnati  nella  guerra,  aveva- 
no necessità  delle  navi,  e  tuttavolta  ne 
ottenne  due.  La  tribolazione  di  questa 
guerra,  che  insieme  colla  repubblica  (il 
cui  ambasciatore  Cappello  era  stato  cac- 
cialo dalla  Porta  circa  nel  marzo  i653, 
perchè  non  avea  seco  portato  la  cessione 
di  Candia,  minacciandosi  nel  ritardarla 
r  invasione  della  Dalmazia  e  dell'  Istria, 
anzi  fitto  arrestare  era  slato  mandato 
in  Adrianopolij  e  per  aver  tentato  d'ivi 
darsi  la  morte,  la  repubblica  lo  spogliò 
del  grado  per  castigo,  che  poi  gli  resti- 
tuì) minacciava  non  piccola  parte  della 
cristianità,  come  altre  volte  il  senato  si 
volse  al  nunzio  perchè  si  adoperasse  col 
Papa  a  fargli  ottener  l'aiuto  di  sue  ga- 
lere; sperando,  che  congiunte  queste  e 
quelle  di  Malta  alla  loro  flotta,  decima- 
ta dalle  perdite,  nella  futura  stagione  po- 
tesse farsi  valida  difesa.  E  perciò  il  pre- 
lato esposte  a  Innocenzo  X  premurosa- 
mente le  condizioni  de'veneziani,  mosse 
il  pontificio  animo  a  conceder  le  galee, 
e  per  la  4-'  volta  il  sussidio  di  100,000 
scudi  d'oro  sulle  chiese  e  benefizi  del 
suo  dominio,  il  nunzio  vegliando  all'e- 
quo riparto.  Dovette  ancora  non  poco 
affaticarsi  per  liberar  di  tal  peso  la  chie- 
sa e  diocesi  di  Ceueda,  che  si  voleva  es- 
servi sottoposta,  quantunque  soggetta 
non  ad  altri  che  al  vescovo  così  nello  spi- 
rituale che  nel  temporale,  e  si  fosse  già 
altre  volle  il  Papa  espresso  sopra  di  sif- 
fatto aggravio  cominciato  nel  i6^5.  La 
nomina  o  sia  proposizione  delle  chiese 
concistoriali,  recò  al  nunzio  Boccapaduli 
non  piccola  molestia,  non  volendosi  dal 
senato  che  rimanesse  libera  in  mano  del 
Papa  ;  pure  col  far  penetrare  nell'animo 
a  n)ulti  di  loro  la  forza  dell'insussisten- 
za di  questa  pretensione,  si  condussero 
a  cedervi,  ed  a  lasciar  le  cose  nello  sta- 
lo in  cui  si  trovavano.  La  soppressione 
de'  piccoli  conventi,  in  cui  per  difetto 
d'  un  convenevole  numero  di  religiosi 
non  si  poteva  osservale  quella  manier;i 


YEN 
(li  regola,  che  sì  era  da  loro  professala, 
portò  allora  a' ministri  della  s.  Sede  in 
Italia  e  sue  isole  grande  impaccio.  Di 
questa  disposizione  assai  si  gravò  il  se- 
nato, quasi  stimando  che  fossero  state 
prese  nella  disposizione  nnclie  le  loro 
piccole  adunanze  religiose.  E  tanto  so- 
pra il  senato  vi  s'  iin|)egnò,  che  vietò  ad 
esse  d'abbandonare  l'antico  loro  soggior- 
no senza  il  suo  espresso  comando,  temen- 
do che  co'  loro  beni  si  volessero  formare 
benefìzi  ecclesiastici:  persuaso  poi  dal  pre- 
lato nulla  volersi  di  questo,  fece  eseguire 
la  bolla.  Pubblicò  similmente  il  nunzio 
per  tutto  il  dominio  veneto  la  bolla  di 
proscrizione  delle  Proposizioni  cinque 
di  Giansenio  (f^.),  e  su  di  che  vide  com- 
parire in  Venezia  due  partiti  di  dottori 
della  Sorbona,  i  quali  erano  già  stati  in 
lìouia,  gli  uni  per  impugnarle,  e  gli  al- 
tri per  difenderle  secondo  un  certo  loro 
senso,  in  cui  non  le  stimavano  aliene  dal- 
la dottrina  cattolica.  Si  trattennero  que- 
sti del  tempo  in  Venezia,  e  in  Padova, 
ove  comunicarono  le  loro  erronee  opi- 
nioni con  alcuni  professori  di  quell'uni- 
versitàj  mostrando  con  ciò  di  non  essere 
gran  fatto  contenti  tiella  maniera  con 
cui  quelle  erano  state  ascoltate  in  Roma. 
I  5  dottori  sparsero  uria  erronea  scrit- 
tura, che  fu  mal  seme  di  trista  pianta, 
onde  non  pochi  rimasero  impaniati  da- 
gli errori  de' giansenisti,  ripetutamente 
dipoi  condannati  da'Papi  sempre  attenti 
e  vigilanti  custodi  de' dogmi  e  verità  cat- 
toliche. Durante  la  nunziatura  del  Boc- 
capaduli  nacque  ne' buoni  due  volle  la 
speranza  di  poter  fai  e  che  in  Venezia  vi 
fossero  richiamati  i  benemeriti  gesuiti, 
che  n'erano  stati  rimossi  per  lo  zelo  di 
cui  si  mostrarono  accesi  a  favore  dell'in- 
leriletto  di  Paolo  V,  non  da  loro  provo- 
cato,comela  calunnia  fece  ujalignamenle 
credere,  ma  dalla  politica  versatile  della 
Spagna,  che  istantemente  istigò  il  Papa  a 
pronunziarlo,  onde  (pjesti  poi  ne  pianse  e 
ne  provò  grande  aillizioue  e  titubanza  di 
vedersi  strascinalo  a  sì  grave  passo  da  quel- 


V  E  N  52  [ 

la,  che  colle  sue  arti  a  un  tempo  fomen- 
tava contro  di  lui  i  veneziani  !  Pel  ri- 
torno de' gesuiti  in  Venezia,  il  nunzio  u- 
nito  ad  alcuni  nobili  della  famiglia  Do- 
nali, ed  al  patrizi  Francesco  Pisani,  Gi- 
rolamo Cragadino  e  al  cav.  Callista  Nani, 
vi  si  adoperò  con  grande  ardore,  cercan- 
do di  dileguare  ogni  impedimento  che 
vi  potesse  recar  sopra;  e  ciò  tanto  più 
perchè  dal  comune  delle  persone  scor- 
gevasi,  aver  la  causa  piuttosto  vestita  la 
natura  d'impegno,  che  di  alcun  deme- 
rito, il  quale  fosse  mai  stato  trovalo  in 
quegli  esemplari  religioNÌ.  Piisulta  da'do- 
cumenli  del  Dicci,  che  il  cardinal  Fede- 
rico Coinaro  giuniore  patriarca  di  Ve- 
nezia, era  stato  amministratore  dell'en- 
trate che  aveano  avuto  nel  dominio  ve- 
neto i  pp.  gesuiti;  e  che  tale  ammini- 
strazione quantunque  non  rendesse  che 
assai  poco,  lasciando  stare  il  piacere  del- 
la bella  villa  di  Stigliano  nel  Trevisano 
(peruugiustosollievoa'maestri  eagli  sta- 
denti  nelle  vacanze  autunnali,  per  rin- 
francare lo  spirito,  come  altri  ordini, 
massime  insegnanti),  pure  si  desiderava 
da  mg.'^  Girolamo  Giadeiiigo  coadiuto- 
re del  patriarca  d'A(piileia  suo  fratello. 
E  similmente  che  la  compagnia  di  Gesù, 
per  sovvenire  a'bisogni  deila  guerra  che 
i  veneziani  aveano  co'  turchi,  olFiisse  da 
I  5o,ooo  ducali,  i  quali  non  si  vollero 
accettare  da  quelli,  stimando  non  esservi 
il  loro  decoro,  e  che  anzi  gli  avrebbero 
ricevuti  piuttosto  per  mano  del  Papa  e 
sotto  colore  d'un  sussidio,  che  gli  si  por- 
gesse a  conservazione  della  cristianità, 
che  per  quella  guerra  slava  in  pericolo. 
Siccome  pure  s'  intende  da'  documenti, 
che  per  appianare  tutte  le  cose  dovesse 
da  Ferrara  pasiare  a  Venezia  il  p.  Giu- 
gni. Del  ritorno  de' gesuiti  in  Venezia, 
in  allri  tempi  avea  preso  a  trattare  il  re 
di  Francia  (si  vorrà  alludere  alle  tiat- 
talive  del  cardinal  Gioiosa).  E  da*  Do- 
nati era  slato  mandato  in  Roma,  per 
trattare  di  tjueslo  tnedesimo  aliare  cn[ 
p.  generale  della   compagnia,  Gio.  Na- 


522  VEN 

tale  Pticci.  Il  Boccapaduli  ebbe  eziandio 
qualche  Iraltalo  sopra   il  far  passare  i 
canonici  regolari  di  s.  Agostino,  che  in 
una  deli'  isole  della  Laguna  vivevano  in 
jiusnero  di  20  indipendenti  da  altra  con- 
gregazione nel  monastero  di  s.  Spirilo 
e  sotto  la   piolezione  del  consiglio  de' 
Dieci,  e  quindi  formarne  una  nuova  col- 
legiata, alla  chiesa  della  Salute  uffiziata 
da'somaschi  (veramente  fu  loro  conse- 
gnata  pel  decreto  del  senato  de'29  di- 
i;embre  i65G,  perciò  piti  tardi).  Aveano 
giù  i  mercanti  luterani,  calvinisti  e  ugo- 
notti, e  altri  protestanti  dell'  Olanda  e 
Inghilterra,  incominciato  ne'loro  fonda- 
i;hi  di  Venezia  a  tenervi  insieme  co'pre- 
ilicanti  l'esercizio  delle  loro  prave  sette. 
Del  che  come  ne  pervenne  la  notizia  al 
nunzio  Bocca paduli,  fece  tosto  che  ces- 
sassero da  simili  radunanze,  che  venis- 
sero cacciati  i  predicanti,  e  che  fossero 
contenti  di  esservi  comportali  soltanto 
come  mercanti.  La  sottigliezza  dell'aria 
e  il  gran  rigore  della  temperatola  della 
Svizzera  aveano  aUpianto  danneggiato  la 
Salute  del  nunzio;  molto  di  piìi  gli  reca- 
rono detrimento  le  paludi  di  Venezia  a 
segno  che  declinava  in  modo  allarmante 
la  sua  salute. Il  perchè  nel  luglio  16 54pre- 
se  il  consiglio  di  pregare  Innocenzo  X  a 
mezzo  del  cardinal  Chigi,  a  dargli  la  per- 
missione di  partire  da  questo  soggiorno. Il 
\ero  motivo  del  ritiro,  non  fu  quello  della 
salute,  ma  il  vedersi  poco  gradilo  alla  cor- 
te papale,dopo  la  morte  del  cardinal  Pan- 
ciroli,  come  avvenne  ad  altri  nunzi  che 
non  proseguirono  l'intrapreso  corso;  e 
ciò  non  senza  divina  disposizione,  come 
di  sovente  accadeva,  che  i  nunzi  ritor- 
nassero alle  loro  chiese,  essendo  non  po- 
chi vescovi  eli  residenza.  Mg."^  Boccapa- 
duli  fu  esaudito,  a'2  ottobre  16 54  parte- 
cipò la  sua  partenza  al  doge  in  collegio, 
dal  quale  ebbe  testimonianze  di  soddisfa- 
y.ione  e  stima,  partì  da  Venezia  a'  2  gen- 
naio i655  (fece  ritorno  al  suo  vescova- 
to di  Citta  di  Castello,  e  riuunzialolo 
poi  uel  1675,  fu  creato  arcivescovo  di 


VE  IN 
Alene),  e  gli  successe  Carlo  Caraffa  ve- 
scovo d'  Aversa,  già  nunzio  della  Sviz- 
zera, che  trasferito  nel  iGSy  alla  nunzia- 
tura di  Vienna,  fu  poi  cardinale;  ed  ia 
suo  luogo  passò  per  nunzio  a  Venezia  Fé  - 
derico  Borromeo,  promosso  dall'  inquisì- 
loratodi  Malta,  in  seguito  nunzio  di  Spa- 
gna e  cardinale.  Da' quali  e  altri  esempi 
SI  trae,  che  i  nunzi  apostolici  di  Venezia, 
da  questa  passavano  alle  nunziature  che 
portano  al  cardinalato,  che  allora  erano 
le  nominate  e  Parigi,  anche  Polonia,  e  n  el 
seguente  secolo  si  aggiunse  Lisbona.  — 
Ptiporta  Muratori,  all'anno  1 654, 'enut  ^ 
la  primavera,  voglioso  Lorenzo  Delfino 
generale  della  Dalmazia  di  fare  qualche 
gloriosa  impresa,  con  6,000  combattenti 
SI  portò  ad  assediare  la  forte  piazza  di 
Kiiin  o  Tiuia  o  Tinay  in  Croazia,  e  co- 
minciò a  batterla.  Non  passò  gran  tem- 
po, che  sopraggiunsero  5, 000  turchi  e 
obbligarono  i  cristiani  a  ritirarsi  ;  ma  que- 
sti nel  disordine  essendosi  divìsa  la  fan- 
teria  dalla  cavalleria  ,  restarono  ambe 
sbaragliate  colla  perdita  di  circa  3, 000 
uomini,  di  molte  insegne  e  cannoni  :  dis- 
grazia amaramente   intesa  dal  senato  , 
non  meno  pel  danno  solFerto,  che  per  lo 
scoraggiamento  prodotto  oell' altre  mi- 
lizie. Seguì  ancora  1'  1 1  giugno  ne'  mari 
di  Levante  una  fiera  battaglia  fra  la  {lot- 
ta turca,  e  la  veneta  assai  inferiore  di 
forze,  ad  onta  di  che  i  veneziani  fecero 
prodigi  di  valore,  e  anco  incendiarono  al- 
cune navi  al  nemico,  ma  in  piii  numero 
di  bruciate  e  perdute  patirono  essi.  Grave 
nondimeno  essendo  stato  il   danno  de' 
turchi,  ciascuna  delle  parti,  secondo  il 
praticato  in  simili  casi,  si  attribuì  la  vit- 
toria. Aggiunge   Muratori,  che  diversi 
telìgiosi   francescani   di  moltissimi  con- 
venti d'Europa,  del  numerosissimo  or- 
dine de' minori  osservanti,  concepirono 
il  lodevole  e  bellicoso  pensiero  di  armar- 
si militarmente,  quindi  sagrificar  le  loro 
vite  o  sull'  armata  navale  o  in  Candia, 
per  difesa  della  religione  cristiana,  e  in 
aiuto  de' veneziani,  i  quali  dovevano  ap- 


VEN 

provare  il  prelato  siipreroo  coraamlaii- 
le,  volendo  esser  guiilali  nelle  b.iltaglie 
da' loro  ordinari  guardiani  e  provinciali. 
Nella  congregazione  di  Ruma,  ov'  erasi 
portato  fr.  Gio.  Battista  da  Crema  a  far- 
ue  la  proposizione,  venne  lodato  e  fu  ap- 
pmvato  il  divisamento  con  alcune  nio- 
didcazioni,  e  si  disegnò  piìi  d'  una  città 
per  I'  unione  di  queste  squadre  di  fiati. 
Ma  quando  già  i  chiostri  loro  erano  di- 
venuti campi  d'armi  per  gli  esercizi  mi- 
litari, e  ne'porli  d'Ancona,  Manfredonia, 
Trieste,  Messina,  Marsiglia,  Tolone  e  Ve- 
nezia affluivano]  frati  militati,  a  que- 
sto zelo  si  oppose  il  duca  di  Terrauuova 
ambasciatore  di  Spagna  in  Roma,  pel 
riflesso,  che  portando  tali  religiosi  l'armi 
contro  i  turchi,  avrebbero  perduto  i  ss. 
Luoghi  di  Gerusalemme,  da  loro  custo- 
diti; e  tanti  altri  dell' istesso  ordine  esi- 
stenti nelle  missioni  del  Levante,  sareb- 
bero rimasti  esposti  alle  crudeltà  della 
vendetta  de'  turchi;  e  così  svanì  e  non 
ebbe  effetto  questa  crociata  fratesca.  I  ss. 
Luoghi  essendo  compresi  nell'impero  di 
Turchia,  in  quell'  articolo  parlai  delle 
benemerenze  della  repubblica  veneta  nel 
proleggerli  anch'essa.  Il  cav.  Mulinelli, 
che  negli  Annali  Urbani  di  Fenczia, 
parlando  di  questa  guerra,  disse  pure  del- 
l'offerta  generosa  de' frati,  in  proposilo 
ragiona  deplorando  più  cose.  La  celebra 
famosissima,  di  25  anni,  onde  molli  fu- 
rono quelli  che  dati  i  primi  vagiti  al  rim- 
bombo de' cannoni  ed  agli  urli  de' bar- 
bari, fra' gli  stessi  echi  adulti  resero  l'e- 
stremo sospiro:  memorabile  per  l'assedio 
accompagnato  da  6q  assalti,  80  sortite 
e  «,364  scoppii  di  mine:  guerra  e  asse- 
dio in  cui  riàplcnderono  grandi  e  belli 
esempi  di  cittadino  valore.  »  Individuale 
però  quella  virtù,  la  pubblica  per  mala 
sorte  scemava.  Nelle  due  più  disastrose 
guerre,  di  Chioggia  e  di  Cambray,  che 
abbia  avuto  a  sostenere  Venezia,  non  era 
stata  mai  intrapresa  a  risparmio  di  de- 
naro alcun' opera  nuova,  erano  state  so- 
spese quelle  che  si  trovavano  comiucia- 


V  E  N  023 

te,  e  perchè  si  avessero  io  quelle  stret- 
tezze maggiori  somme  da  impiegarsi  alla 
difesa  dello  stato,  abrogate  lorono  alcune 
dispendiose  feste  della  nazione,  proibito 
alle  donne  le  superbe  loro  vesti,  fatti  ta- 
cere gli  strumenti.  Or  mentre  fervea  que- 
sta guerra  di  spesa  grave,  lunghissima, 
e  mentre  in  Candia,  divenuta  già  campo 
d'onore  di  tutta  l'Europa,  molli  ardili 
soldati  di  nazioni  diverse  voloiit.irii  co' 
veneziani  si  travagliavano,  e  perivano 
per  la  salvezza  d'  Italia  ,  afOnchè  alla 
Religione  di  Cristo,  non  avesse  a  preva- 
lere r  Islamismo,  ben  diversa  Venezia 
da  un  tempo  si  «nostra  va.  Sboccati  o  sca- 
valcati i  cannoni,  fracassale  le  mura,  a- 
perla  la  breccia,  la  Canea  si  arrendeva 
(nel  1645  e  dopo  5o  giorni  d'  assedio, 
dice  il  Dizionario  veneto).  Tosto  appres- 
so minacciate  di  egual  sorte  R.etimo  e 
Candia,  e  già  da'  turchi  inJirizzatisi  i 
primi  approcci  contro  il  forte  s.  Dimi- 
tri, e  i  baloardi  Gesù  e  s.  IMaria  di  que- 
st'ultima, pensavano  gli  assalili  per  me- 
glio difendere  la  città  di  farne  uscire  tut- 
te le  persone  inutili,  tra  cui  notavansi  le 
monache  di  s.  Benedetto,  di  s.  Agostino, 
di  s.  Domenico,  di  s.  Francesco  (ciò  av- 
venne secondo  Corner  e  altri  nel  i(34^>> 
o  al  dire  di  Zannini  nel  1648,  ed  in  nu- 
mero di  circa  200).  Dato  un  eterno  ad- 
dio all'afflitta  patria  ed  al  chiostro, giun- 
gevano in  pochi  l\\  que'  virginali  cori  a 
Venezia.  I\Ia  quantunque  in  essi  aver 
si  dovesse  una  maggiore  e  inconliasta- 
bile  prova  delle  oguor  crescenti  disgra- 
zie di  Candia,  non  lasciavasi  di  correre 
al  tealroTron  per  deliziarsi  coW'Or/nin- 
do  del  Fausliui,  posto  in  musica  dal  Ca- 
valli, a  quello  del  Griinani  per  godervi 
il  Principe  glai'diiiiere  ilei  Ferrari,  e 
r  Ulisse  errante  del  Biidoaro,  con  mu- 
sica dello  stesso  Cavalli,  e  llnalmente  ad 
un  3.°  teatro  già  4  anui  prima  creilo  da 
un  Ermolao  Zane,  nella  contrada  di  s. 
Moìsè,  per  udirvi  cou  musica  del  Sacrali 
la  Proserpina  rapila  dello  Strozzi.  O- 
spizio  indegno  u  spose  di  Cristo  duvasi 


5i4  V  E  N  V  E  N 
iiilarilo  ifiiin'ahbandoiiata  isoletla,  qual  pilali  più  safari,  eziandio  alcuna  provin- 
cia alloia  cjuclla  di  s.Servilio  (della  ([ua-  eia,  nun  mai  la  nobiltà.  R.ilj(iltata  cou 
le  nel  5  XVIII,  n.  io),  alle  fuoruscite  maggioranza  di  suffragi  quella  giudi- 
vergini  di  Creta.  Molto  in  quel  mezzo  ziosa  opinione,  riaprivasi  già  dopo  3oo 
peiiuriando  l'erario  di  denaro,  e  insuf-  anni  il  famoso  Libro  d'oro,  ed  iscri- 
/Icienti  essendo  alle  spese  ingentissime  vcndovisi  i  nomi  di  niolte  famiglie,  otto 
della  guerra  le  rendile  ordinarie  dello  milioni  di  ducali  ristoravano  in  |)oclii  i- 
stato,  veiiivasi  a  vendita  di  nobiltà.  Alla  stanti  l'erario  impoverito".  Ecco  il  no- 
pioposta  di  far  così  diventare  i  sudditi  me  delle  famiglie  ammesse  alla  nobiltà 
principi  e  di  vendere  per  denaro  il  pi  in-  di  Venezia.  Labia,  Widinan,  Ottoboni, 
cipato,  molto  sensatamente  e  vigorosa-  Zaguri,  Tasca,  Rubini,  Gozzi,  Correg- 
inente  opponevasi  Angelo  Miciiicl  avo-  gio,  Fonte,  .Martinelli,  Antelmi,  Zeuo- 
gidore.  Essere  detestabile  C(jsi,  diceva  buj,  Ijclloni,  Tornaqiiinci,  Suriani,  M ac- 
il  Micliiel,  darsi  per  poco  denaro,  ani-  carelli,  Bonfidmi,  Zambelli,  Fieramo- 
niassalo  forse  con  indecenti  arti  e  con  sca,  Beregani,  Grotta,  Toffelli,  Santaso- 
illeciti  mezzi,  una  {verogativa  die  non  fi  i,  Fini,  iMirielli,  Marin,  Zon,  Brescia, 
pub  iACiiiùsim^ì  se  non  che  per  la  nascita  Gliirardini,  Papafava,  Gavazza,  Leoni, 
o  per  le  azioni,  ed  ammettersi  tra'  no-  Medici,  Zanardi,  Zacco,  Dondirologio, 
bili  non  più  gli  ottimi,  itia  i  facoltosi.  Stazio,  Gambara,  Mora,  Gondulmer, 
percioccliè  l'oro  può  trasformare  in  un  Nave,  Luca,  Mafetti,  Piovene,  Angora- 
istante  in  ottimo  anche  alcun  pessimo,  no,  Ariberti,  Zollo,  Soderini,  liavagnini, 
Chi  saia  poi, soggiungeva, colui,  che  per  Dolce,  Valmarana,  Vianoli,  Lazzari,  Cas- 
ta difesa  della  re[)ubblica  sagridobi  più  setti,  Giupponi,  Lago,  Berlendis,  ilaspi, 
le  sostanze  e  la  vita,  se  il  vero  merito  Ferro,  Bonvicini,  Polvaro,  Poli,  Flan- 
per  ottenere  la  nobiltà  sarà  Tgi'O,  se  le  gini.  Farsetti,  Fonseca,  Cornaro  (fami- 
usure,  gli  scrocchi  e  tutte  le  altre  sordi-  glia  diversa  dall'antica  e  più  volle  ce- 
ilissime  arti  usate  da  coloro  che  vanno  iebiata),  Bergonci,  Barbarano  Wana- 
;iccumuIando  tesori,  sopravanzeranno  xel,  Albrizzi.Gbedini,  Verdizzotti,  Doni- 
le azioni  cavalleresche  egloriose?  Anche  ni,  Bonlini, Conti,  Pasta,  Giovanelli,  Ma» 
iiellagiierradiChioggia,continuavail  ma-  nin.  Intanto  giunto  il  27  febbraio  1  Gj?, 
gnanimoavog.idore,a  nobiltà  sol  le  va  roii-  mori  il  doge  Molin,  ed  ebbe  sepoltura  nel- 
si  i  popolani,  ma  diversi  erano  i  tempi,  la  tomba  de'suoi  maggiori  nella  chiesa  di 
diverse  le  circostanze.  Non  possedere  al-  s.  Stefano.  Questo  doge  si  vede  dipinto 
loia  Venezia  tante  città  fioritissime  di  nella  chiesa  di  s.  Maria  del  Pianto,  colla 
uomini  nobili  ed  illustri,  essersi  allora  monaca  Benedetta  Ros>i  supplicanti  laB. 
aggregali  a'nobili  de' [)0[jolaiii  solamen-  Vergine,  da  Sebastiano  Santi,  perchè  la 
te  a  guerra  finita,  aversi  allora  conce-  chiesa  fu  fondata  per  voto  della  repub- 
duto  l'insigne  favore  ad  un  pie->critto  blica  nella  guerra  di  Candia.  Nel  iGji2 
numero  di  persone,  le  quali  poi  e  col-  erettosi  l'altare  della  5."  cappella  di  s. 
r  ingegno  e  colle  sostanze  e  colla  vita  a-  IVI  aria  della  Salute,  per  voto  della  repub- 
veano  dato  o[)era  alla  redenzione  della  blica  in  occasione  della  guerra  in  discor- 
patria.  Ma  senza  scella  di  persone,  senza  so,  ne  dipinse  la  [>  da  l'iolio  Libjri,  rap- 
limitazione  di  ninnerò  e  senza  ancor  sa-  presentandovi  Venezia  prostrata  a'()iedi 
[ìcrsiil  terminedella  guerra  procedere  vo-  di  s.  Antonio,  e  il  doge  Molin  soddisfatto 
lendosi  diversamente,  conchiudeva  Mi-  dell'artista  lo  creò  cavaliere, 
chiel, doversi  tentare  per  far  denari  qua-  36.  Carlo  Contarini  C  doge.  Senalo- 
l-.irique  altro  esperimento,  doversi  ven-  re  prudente  e  gravissimo,  contro  ogni 
deie  piuttosto  le  pubbliche  cntiule,  i  ca-  sua  cspcltazioue,  e  perciò  non  benza  slu- 


YEN  VE  i\  5^5 
pore,  a'a6  marzoiG  j5  si  vide  sublimalo  l'armata  navale,  espugnata  l'isola  il'Egi- 
alla  I  .*  dignità  ilello  stato,  nel  tenero  e  na,  ilistriitli  i  hioglii  uditoli  esmantell.ile 
memorando  giorno  del  venerdì  santo,  quelle  difese,  portò  via  circa  4ooscliia- 
Kell'alliosanto  dì  precedente, anniveisa-  vi.  A'aS  marzo  si  rivolse  ad  abbattere  la 
rio  della  gloriosa  fonda2Ìùne  di  Venezia,  città  di  Volo  sulle  coste  della  Macedo- 
avvenne  strana  e  lutliiosissiraa  cataslio-  nia,  e  dopo  lunga  resistenza  abbandona- 
fé.  ^'ella  sera  tanto  i'u  il  concorso  de'di-  ta  da'turtbi  se  ne  impadronì,  facendovi 
voli  alla  chiesa  di  s.  Marco  per  venera-  ricco  bottino,  cioè  20  cannoni  di  bromo 
re  r  insigne  leliquia  del  Sangue  miraco-  e  7  di  ferro,  armi,  polveri,  ed  una  giau- 
loso,  che  trovandosi  chiuse  le  porte  del  diosa  quantità  di  biscotto  di|»osto  m  27 
tempio  verso  il  ducale  palazzo,  com'era  magazaini  pel  servigio  delle  flotte  lui- 
costume  durante  gli  scrutiuii  per  l'eie-  che;  indi  p.utircuo  i  veneziani,  lasciando 
zione  del  nuovo  doge,  so[)raggiunta  an-  in  predaalle  lìainmela  miveia  città.  La?.- 
che  la  pioggia,  ed  entrate  le  grandi  con-  zaro  Mocenigo,  denominato  il  terrore 
fralernile  de'batludi,  si  accrebbe  la  cai-  de'turchi,  sostenendo  crociera  allo  stret- 
ta a  tal  segno,  e  tanto  si  strinse  ecompres-  lode'Dardanelli,  a'2  I  giugno  i655rup- 
se  ,  che  al  liftrire  degli  storici  conteni-  pe  e  disperse  una  flotta  tuica,  chene  leu- 
poranei,  oltre  5o  persone  di  vario  rango  lava  il  passaggio:  in  questa  insigne  villo- 
e  sesso  restarono  tuiserameute  soflocate,  ria,i  i  Ira  vascelli  e  galee  turche  rimase- 
e  molte  altre  malconcie  dovettero  poco  ro  incendiale,  altrettante  0  s'airondaro- 
dopo  anch'esse  soccombere,  tra  il  pianto  no  0  perirono  ni  lido  colla  morte  di  cir- 
di  molti.  Innocenzo  X  era  morto  nell'i-  ca  7000  turchi.  Runasero  in  potere  de' 
stessei  655  a'7  gennaio,  quindi  a'7  apri-  veneti,  3  legni  del  nennco,  con  più  di  "oo 
leglifu  dato  a  successore  Alessandro  ^  II  persone.  iSel  dì  seguenle  trovate  alla 
Chigi,  la  cui  nob'le  famiglia  fu  aggrega-  spiaggia  molle  altre  navi  turche  ,  vuole 
ta  al  patriziato  di  Venezia  (e  di  lale  illustre  e  sguarnite  ,  furono  incendiate,  ^'e' se- 
famiglia  ne  tratta  puie  il  cav.  Antonio  guenti  due  mesi,  scrive  Muralori,  il  .Mo- 
Bagatla  nel  suo  Teatro  /'eiuto}.  Il  Papa  rosiniasseiliò  >'a[)oli  di  Romania,  ma  non 
fu  benefico  verso  la  repubblica,,  al  modo  potè  ridurla  alla  sua  ubbidienza.  Gli  lin- 
ee lebrato  ne'suindicati  articoli,  geneiosa-  sci  bensì  di  prendere  Mcgnra,  che  fu  sac- 
niente  soccorrendola  contro  i  turchi,  vi-  cheggiata  e  data  in  bali'ii  ilei  fuoco.  Gran 
Imissimamente  raccomandandola  a  Luigi  bottino  vi  fecero  i  soldati,  e  ne  furono  a- 
XIV,  a  Filippo  IV  redi  Spagna,  all'ini  pe-  sportati  1  3  grossi  cannoni  e  gran  copia  di 
ralore  Ferdinando  111, a'cardinah.a'pi  in-  grano.  I\Iorì  il  doge  Contarini  il  1 .°  mag- 
cipi  e  baioni  romani;  ed  agli  aiuti  som-  gio  16 56,  dopo  1  3  mesi  e  5  giorni  di  reg- 
ministrali  da  q^ue«ti  ultimi  e  riferiti  ne'  gimenlo,  durante  il  quale  venne  assistito 
detti  luoghi  qui  aggiungo,  che  il  piinri-  dal  proprio  tìglio  Andrea  cavaliere  e  pro- 
pePamphilj  nipote  d'Innocenzo  X,  armò  curatore  di  s.  Marco,  e  la  salma  <li  lui 
a  proprie  spese  il  vascello  denominato  ebbe  sepoltura  nella  chiesa  di  s.  IJoiia- 
S,rf;rtfizio  il'  Jhranio  ,  comandalo  dal  ventura  de' francescani  riformali.  Aveu- 
colonnelloCoradino  capitano sperimenla-  do  lascialo  una  somma  aninchè  si  eriges- 
te. In  questo  breve  dogado,  la  guerra  di  se  la  facciala  esterna  della  chie<a  di  s. 
Candia, diede  non  ostante  clamorosi  fatti,  Vitale,  fu  eseguita  tutta  di  inalino  istiia- 
degni  di  passare  alla  memoria  de'posteri,  no  d'ordine  corintio,  e  per  memoria  ira 
quali  esempi  di  valor  militare  e  di  ulletlo  gl'inlercolunnii  si  collocarono  i  busti  ilei 
patrio.  Raccontano  l'annalista  Muratori  doge  e  della  moglie,  e  nel  mezzo  quello 
all'annoi  055  ed  il  biografo  Casonf,  che  del  parroco  Teodoro  Tessari  bcnemeri- 
FrancescoMoiusiui capitano generaledel-  lo  dell'  erezione  di  questo  pruspcLlo.  — 


52G  YEN  V  E  .N 

Francesco  Cornarn  C/^^^r/gc  Nacque  (Ini  mntiiro  consiglio,  che  ginndi  prove  ave.i 
doge  Giovanni  1,  [)iese  in  moglie  la  figlia  dato  all.i  patria  di  consumata  esperienza 
del  doge  Antonio  Frinii,  ebbe  a  fratello  nel  maneggio  de'politici  interessi  di  sta- 
li cardinal  Federico  patriarca  di  Venezia  to,  meritò  a'i5  gingooi656  d'essere  e- 
defunto,  e  vivente  il  figlio  Giorgio  vesoà6>  letto  doge.  Trovandosi  allora  oppresso 
ve  di  Padova,  perciò  circondalo  da  pa-  di  gotta,  non  potè  ascendere  al  trono  che 
renli  nobilissimi,  il  cni  merito  avea  solle-  a'  i  o  del  susseguente  mese.  La  fama  di 
vato  a  luminosissimi  posti.  Fiancesco  vir-  una  guerra  con  tanta  costanza  e  tanto 
tuoso  senatore,  uomo  di.  esemplare  mo-  valore  sostenuta  da'veneziani,  !a  lunga 
deslia,  e  distinto  per  afTetlo  di  patria,  que-  schiera  de'prodi,  che  generosi  e  intrepi- 
sta  l'innalzò  al  suo  trono  a'jj^nsiggio  di  sagrifica  vano  alla  comune  causa  e  vi- 
iG56.  Sembravache  i  politici  airaripren-  fé  é  sostanze,  ciò  tutto  nascer  faceva  e- 
dessero  miglior  piega:  le  molte  vittorie  mnlazione  negli  stranieri;  quindi  da  moj- 
riportate  da'veneziani  sopra  i  generali  e  te  parti  armi  e  navigli  vennero  offerti  al- 
gli  amtJiiragh  del  giovinetto  sultano  3Iao-  la  lepubblica,  avventurieri  e  comandan- 
metlo  IV;  l'aspetto  d'una  lunga,  ostina-  ti  anelavano  confondere  le  valorose  ge- 
ta  e  feroce  guerra,  tullociò  porgeva  lu-  ste  con  quelle  de' veneti  invitti,  e  di  aver 
singa  d'un  componimento;  iiia  il  senato  pai  le  nella  difesa  del  regno  di  Candia,  per 
non  volle  ascoltax'e  le  gravi  condizioni  cui  in  tanti  luoghi  si  combatteva.  Ma  u- 
proposfe  dal  divano  della  Porta  ,  e  così  na  fatale  esperienza,  avuta  fin  da'tempi 
seaipre  più  si  aumentarono  da  una  par-  che  precederono  e  seguirono  la  battaglia 
te  e  dall'altra  le  milizie  e  i  militari  ap-  di  Lepanto,  ebbe  a  convincere  i  Venezia- 
prestanienli.  Il  doge  Cornarn  visse  soltan-  ni  che  poco  contar  potevano  sull'aiuto 
1019  gioini,  poiché  morì  a'5  giugno.  In  degli  alleati  e  sul  braccio  de'  comandan- 
tal  modo,  appena  cessate  le  pubbliche  di-  ti  di  ventura:  non  erano  costoro  mossi 
mostrazioni  di  gioia  per  la  sua  esaltazio-  dall'amor  di  patria,  che  ardeva  ne'vene- 
ne,  subentrarono  le  pompe  funebri  ,  il  ziaoi  petti,  perciò  raffreddatosi  il  primiero 
lutto  e  il  dolore  per  tanto  inopinata  e  sen-  entusiasmo,  si  videro  le  galere  pontifi- 
sibile  perdila.  Piansero  i  buoni,  e  la  [)a-  eie  e  maltesi  allontanarsi,  anche  per  mala 
Iria  pure  ne  pianse,  che  non  potè  ritrar-  intelligenza  e  mancanza  d'  unità  d'azio- 
re  dallo  zelo  di  lui  que' vantaggi,  i  quali  ne,  e  lasciare  spesso  i  veneziani  esposti  a 
la  pubblica  cosa  aspettava.  Venne  sejiol-  qualche  impresa,  cui  la  prudenza  non  a- 
to  nella  chiesa  di  s.  Nicola  da  Tolenli-  vrebbe  consigliata  senza  fidanza  nell'ap- 
no,  ricca  de'monumenli  della  Coroara  fa-  poggio  di  straordinari  soccorsi.  Ricavo  dal 
miglia.  Si  apprende  dal  Casoni,  che  la  Muratori  e  dal  Casoni  :  Era  solita  l'  ar- 
liiiea  di  questo  doge  abitava  nel  confine  mala  navale  veneta  ogni  anno  di  postar- 
di  s.  Paolo,  e  si  esliuse  nel  1799  '"  ^^^'  *'  ^"^  bocche  de' Daidanelli.  per  impe- 
varmi  Cornare  gran  commendatore  del-  dirne  l'uscita  alla  turca.  Avvenne  che  a' 
la  religione  Gerosolimitana,  uomo  di  se-  26  giugno  (e  non  maggio  come  vuole  il 
veri  ed  esalti  costumi,  dotato  di  perspi-  Casoni)  comparve  ivi  Sinan  pascià  con 
cacibsiuio  talenlo,  rigido  censore  della  so-  gran  flotta,  lisoluto  di  passare  in  onta  al- 
cietà,  di  cui  con  alto  animo  deplorava  le  l'impedimento  de' veneziani.  Però  si  veo- 
debolezze,  e  franiezzo  alle  quali  compa-  ne  a  terribile  conflitto  fra'tuichi  e  la  flot- 
riva  ricoperto  di  decentissimi,  ma  non  co-  ta  veneta  comandata  da  Lorenzo  Mar- 
muni  vestiti,  declamando  francamente  cello  capitano  generalissimo,  e  composta 
contro  i  pregiudizi  del  secolo  e  la  fatai  di  25  vascelli,  altrettante  galee  e  7  ga- 
corruzione  de'  suoi  contemporanei.  —  leazze,  oltre  a  7  galee  de'bravi  maltesi, 
Bciliiccio  Fallerò  CU  doge.  Uomo  di  co'f|uali  unite  per  l'ordinario  combatte- 


VEN 

vano  quelle  del  Papa.  Per  due  ore  di  o- 
slinato  combattituento  fu  ìncei  ta  la  vit- 
toria, finché  sopraffatti  i  turchi  dall'eroi- 
co valore  de'ciisliani  rincularono,  e  cer- 
carono colla  fuga  sottrarsi  a  nuovo  ci- 
mento. Inseguiti,  si  precipitavano  in  ma- 
re per  salvarsi  a  nuoto:  molte  loro  navi 
rimasero  divorate  dal  fuoco,  altresi  rup- 
pero a  terra.  Inoltre  vennero  io   potere 
de' veneziani  6  vascelli  e  5  galeazze,  col- 
la morte  di  10,000  infedeli,  la  liberazio- 
ne di  5ooo  schiavi  cristiani,  e  l'acquisto 
di  gran  copia  d'artiglierie  e  d'attrezzi  mi- 
litari tolti  dall'  abbandonate  navi  a  cui 
poi  fu  appiccato  il  fuoco.  Muratori  cre- 
de, che  fosse  questa  la  più  insigne  vittoria 
riportata  da'  veneti  nella  presente  guer- 
ra, se  non  die  restò  funestata  dalla  mor- 
te dello  stesso  supremo  comandante  Mar- 
cello, a  cui  fu  sostituito  qual  generalissi- 
mo il  prode  Lazzaro  Mocenigo,  il  quale 
però  nel  caior  della  pugna  vi  ebbe  feri- 
to un  occhio  che  poi  perde.  In  memoria 
di  SI   strepitoso  tiionfo,  giacché  ripor- 
tato nel  giorno  della  festa  de' ss.  Gio.  e 
Paolo,  il  senato  fece  voto  di  visitare  la 
loro  chiesa  in  ogni  anniversario.  Dopo  ciò 
i  turchi  di  nuovo  piegavansi  a  pace,  ma 
vigettaron»)  i  padri  veneti  l'oi  gogliose  [)ro- 
posizioni,  perché  «on  corrispondenti  al 
decoro   della  repubblica   ed   agli  eroici 
sforzi  de'ciftadioi.  Ottenuto  s'i  fortunato 
successo,  i  veneziani  espugnarono  l'isola 
e  rocca  di  Tenedo,  dove  lasciarono  buon 
presidio,  e  altrettanto  fecero  coll'isola  di 
Lemnos,  ma  poco  dopo  ambedue  riuscì 
a'turchi  ricuperare.  In  Dalmazia  pmcsi 
combatteva  con  varia,  ma  quasi  sen»pre 
buona  ventura  e  successo,  ed  i  turchi  non 
cessavano  armamenti  e  sforzi  per  vendi- 
carsi. La  repubblica  ad  onta  delle  som- 
me ricavate  dalla   novella  nobiltà,  e  di 
quelle  a  lei  [ìrocuiale  da  Alessandro  VII, 
Irovavasi  sempre  bisognosa  di   denaro, 
laonde  come  narrai  a'Ioro  luoghi,  ad  i- 
stanza  della  medesima,  già  col  breve  Na- 
pcr,  de' 19  apsile  dello  stesso  1 650,  le  ap- 
plicò i  beni  che  possederauo  nel  domi» 


VEN  527 

nìo  tenelo  ì  religiosi  crociferi,  ed  i  cano- 
nici regolari  di  s.  Spirilo  di  Venezia,  i 
quali  per  aver  tralignato  dal  loro  pri- 
mitivo spirito,  a'28  di  detto  mese  co'bre- 
vi  J  incanì  Doiniui,  e  Cum  sit  coinptr- 
/f///7, ambedue  sof>presse.Si  trovavano  an- 
cora i  Gesuiti  esclusi  dagli  stati  della  re- 
pubblica ,  ad  onta  delle  calde  pratiche 
passale  a  questa  da  Gregorio  XV  per  il 
loro  ritorno,  tanto  bramalo  da  molti  pri- 
mari patrizi  e  da'popoli,  per  l'immenso 
bene  che  aveano  fallo  e  pel  buon  odore 
che  aveano  lascialo  di  loro  virtìi  esem- 
plari e  molteplice  dottrina,  che  dispen- 
savano coll'insegnamento  ne'  loro  colle- 
gi. Ora  Alessandro  VII  che  nutriva  ve- 
nerazione per  la  compagnia  di  Gesù  e  af- 
fettuosa stima  pe'suoi  religiosi,  s'impegnò 
con  tutta  r  ellicacia  pel  ripristinaincnlo 
loro  ne'dominii  veneti.  Pertanto  con  bre- 
ve de'23  dicembre  i656,  diretto  al  do- 
ge Valier  e  al  senato,  li  pregò  così  pre- 
murosamente e  con  tali  gagliardi  nigo- 
menli,  perchè  i  gesuiti  fossero  ri^labiliti 
nelle  loro  case  e  chiese,  che  in  brevissi- 
mo tempo  fu  appagato  ne"  suoi  zelanti 
desiderii;  per  cui  avendo  il  nunzio  di  Ve- 
nezia Caraffa  con  islalfclta  istruito  il  Pa- 
pa della  decrelata  riammissione,dne  gior- 
ni dopo,  con  breve  de'sy  gennaio  16T7, 
rese  al  doge  e  al  senato  quelle  grazie  che 
polé  maggiori.  Essendosi  poi  nel  di  ?.o 
febbraio  1657, il  padre  provinciale  de'ge- 
suiti  in  Bologna  Girolamo  Chiaramonle 
presentalo  in  nome  de'  suoi  al  dogo  nel- 
l'eccellentissimo collegio  per  ringraziare 
la  signoria  della  grazia  ricevuta  di  poter 
ritornare  in  Venezia  e  stato  veneto,  il  do- 
ge Valier  gli  rispose:  Signori,  siiitc  li  be- 
ne venutile  sarete  anco  lihen  veduti  se 
ìHularefc  rostunii,  come  la  ri'jìuhhUca 
ha  mutale  le  sue  leggi,  ma  per  compia' 
cerea  Sua  San  li  t<}.  Volava  replicare; 
ma  soggiunse  il  doge:  Andate,  andtte 
(forroola  cui  non  era  più  permesso  ad  al- 
cuno di  lispondere).  Ritornati  i  gesuiti  in 
Venezia,  con  la  somma  di  5o,ooo  duca- 
li acquistarono  la  casa  religiosa  degli  e- 


t8 


V  E  N 


slinli  crociferi,  e  poi  ne  riedificarono  la 
chiesa  ,  e  loslo  In  provincia  di  Venezia 
divenne  una  delle  pili  floride  d'Ilalia  per 
rcncomiala  coni[)agnia.  Soppressa  que- 
sta nei  1773,  passò  la  chiesa  in  padronato 
ducale,  l'annessa  casa  si  lasciò  ad  uso  delle 
puhbliche  scuole  dura  te  (ino  al  1807,  mu- 
tala poscia  iucaseruia.  Nel  1  844  si  restituì 
la  chiesa  al  ristabilito  ordine  de'gesuili 
esistenti,  di  che  tenni  proposito  nel  §  Vili, 
11.  72.  Grato  Alessandro  VII,  vieppiù  a- 
iutò  la  repubblica  contro  i  turchi  con  ga- 
lee comandate  dal  suo  nipote  priore  ge- 
rosolimitano Giovanni  Diclii  generale  di 
s.  Chiesa,  con  soldati  e  denaro,  che  con- 
tinuò a  procurargli  da  altri;  beneficenze, 
che  Muratori  pretenderebbe  attenuare, 
benché  confessi  che  al  Papa  slava  mollo 
a  cuore  il  pubblico  bene  della  cristiani- 
tà. Antonio  Bagatta  nella  Fila  dì  Ales- 
sandro fll,  dice  quanto  egli  fu  benevo- 
lo co' veneziani ,  ed  altrettanto  si  legge 
nella  Storia  di  Alessandro  /^'//del  No- 
\aes,  mentre  de'soccorsi  procurali  o  dati 
da  Alessandro  VII  ne  traila  Domenico 
Ber  ni  no,  Memorie  hi.sloriche  di  ciò  che 
hanno  operato  li  Sommi  Pontefici  nelle 
guerre  contro  i  turchi.  Con  questi  e  altri 
scrittori  di  tali  glorie  ne  feci  la  storia,  che 
può  servire  di  confutazione  a  cp\e'  che 
tentano  menomare  tali  benemerenze  a' 
Papi.  Il  gran  visir  Achmel  Riuperli  ver- 
gognandosi della  lunga  serie  di  sinistri 
chelarnrji  ollomaneaveano  provalo,uscì 
di  Costantinopoli  con  numerosa  flotta,  ed 
assalila  all'improvviso  quella  de' venezia- 
ni comandata  da  Lazzaro  Mocenigo,  la 
battè  compiutamenle,  perdendovi  la  vi- 
ta quel  valoroso,  nell'acque  di  Tenedos, 
a' if)  luglio 1 657, aieotre  slava  per  ripor- 
tare vittoria  ,  dicono  altri.  Il  severo  pa- 
trio storico  cav.  Rlutinelli,  declama  con- 
tro la  rejiubblica.»  Prostituita  [)er  far  de- 
naro colla  vendita  della  nobiltà,  postasi 
mano  per  far  denaro  all' incatnerazione 
de' beni  della  Chiesa,  tentalo  che  i  frati 
fossero  andati  a  occupar  nelle  trincee  e 
nelle  file  un  posto  che  dall'  onore  e  dal 


YEN 
cifbilo  era  destinato  a'soli  cltladinì,  que- 
sti invece,  allascinati  da  uno  smodalo  a- 
more  per  il  piacere  e  per  il  lusso,  vergo- 
gnosamente scialacquavano  in  sollazzi  ed 
in  mode.  E  pertanto,  dimesse  le  antiche 
vesti,  le  quali  per  la  loro  modestia  ed  ii- 
niformità  avvertivano  i  veneziani  ad  esser 
semplici  ne' costumi  e  moderati  ne'  desi- 
derii,  con  maggior  premura  ioiprendeva- 
si  ad  usare  ({uelle  fantastiche  e  sfarzose 
di  ollramonti,e  così  stranamente  abbi- 
gliali anche  i  più  gravi  padri,  sedevano 
a  convili  assai  splendidi ,  prolungali  per 
grande  spazio  di  giorno  e  di  notte,  men- 
tre a  Candia  per  lo  scoppio  terribile  del- 
le mine  volavano  in  aria  gli  uomini  semi- 
arsi. Maggiormente  per  natura  inclinate 
le  femmine  ad  impiegare  ogni  arte  nell'a- 
dornarsi,  davansi  a  gara  alle  nuove  fog- 
ge e  alle  leggiadrie  non  usate,  onde  più 
che  gli  uomini  annunziavano  il  progres- 
so di  un  lusso  senza  limite.  Anziché  ri- 
chiamarsi in  vigore  le  antiche  leggi  sun- 
tuarie, credevasi  piuttosto  che  la  diver- 
sità de'tempi  dovesse  esigere  una  mode- 
razione al  rigore  di  quelle.  Ad  ogni  mo- 
do fatte  ne  furono  di  nuove  e  di  più  ac- 
comodale al  mutato  costume,  ma  non  ve- 
nendo osservale,  non  valsero  a  rafl'rena- 
re  gli  abusi  gravissimi".  Frattanto  morì 
il  doge  Valiero  a'2  aprilei658,  e  le  spo- 
glie vennero  piima  ileposle  nella  chiesa 
di  s.  Giobbe,  indi  trasportate  nel  gran- 
dioso monumento  cl>e  alni  e  all'altro  doge 
Silvestro  Valiero  sorge  nella  chiesa  de'ss. 
Gio.  e  Paolo,  eretto  lorodalla  vedova  del- 
l'ultimo  dogaressa  coronata  Quuini  nel 
i7o8,presso  la  cappellina  delBattistero. — ■ 
Giovanni  Pesaro  Cf II doge.  Cavaliere, 
procuratore  di  s.  Marco,  uomo  chiaro 
in  patria  e  fuori  per  maturità  di  consi- 
glio, per  canuta  esperienza  ne'polilici  ma- 
neggi di  stato,  come  il  provavano  le  re- 
plicale legazioni  da  lui  sostenute  in  Ro- 
ma, in  Francia,  in  Inghilterra  e  presso 
altri  principi  ancora.  Avea  dato  saggio 
d'animo  fermo  e  costante,  aringando  iu 
senato  per  la  pubblica  causa  a  sostegno 


V  E  N 
del  patrio  ilecoio,  e  thUo  allres'i  Icsli- 
uionianze  di  inunifìcetUe  liberalilìi,  ot- 
fieiulo  le  proprie  sostanze  in  soccorso  a- 
gli  esausti  tesori  della  nazione,  impegna- 
ta nella  lunga  e  disastrosa  guciia  pel  re- 
gno di  Candia.  Essendo  appunto  il  i^esaro 
tale,  (piale  bisognava  in  (pielle  allora  dif- 
ficili circostanze  per  stare  al  limone  del- 
lo slato,  fu  eletto  doge  a'i)  aprile iG58. 
Scrive  il  lìagalta,  quest'anno  sarà  sempre 
memorabile  per  la  costanza  dimostrata 
dal  senato  veneto  nella  risoluzione  presa 
con  tutti  i  voti  di  continuare  la  guerra 
contro  IVIaonietlo  IVsullano  de' tinelli, 
i  quali  dopo  il  corso  di  tanti  anni  d'  in- 
giustissima vessazione,  sebbeu  pareva  che 
lusciasse  sperare  qualche  scintilla  di  pace, 
era  accompagnala  però  da  cos'i  pregiudi- 
zievoli condizioni,  che  la  faceva  riuscir 
peggio  della  guerra  medesima  ;  onde  A- 
lessaudro  VII  inteso  cos'i  magnanimo 
proponimento,  ne  diede  parte  con  molte 
Iodi  e  con  sentimenti  di  straordinario  giu- 
bilo al  sagro collegio,concedendo  alla  re- 
pubblica una  levata  di  4,ooo  fanti  nello 
sialo  ecclesiastico.  Francesco  IMorosini, 
fornito  di  cnilitare  accortezza,  e  d'animo 
coraggioso  e  intrepido,  succeduto  al  !Mo- 
ceiiigo  nel  capitanalo  generale,  tentò  sor- 
prendere la  piazza  di  Canea,  ma  le  date 
disposizioni  vennero  scoperte  da' turchi, 
the  |)reveuironQ  I'  impresa;  allora  navi- 
gò, e  scorse  per  ogni  verso  1'  Arcipela- 
go, sorprese  varie  isole,  ed  occupò  quel- 
la di  Carchi.  Voleva  seguire  il  corso  di 
sue  conquiste,  ma  la  sua  llotta  avendo 
soifcrto  una  tempesta,  che  la  distrusse  o 
disperse  nella  maggior  parte  delle  navi, 
si  contentò  di  dar  la  caccia  a'  turchi,  sui 
quali  riporlo  diversi  vantaggi.  Veneziani 
e  turchi  a  gara  andavano  aumentando 
fuize  navali  e  terrestri.  11^5  agosto  1 658 
riuscì  fatale  per  gl'infedeli,  la  cni  (lolla 
Venne  balluta  alle  allure  de'  Dardanelli 
dal  capitano  delle  navi  Girolamo  Conta- 
I  ini.  Intenta  sempre  la  repubblica  aretri- 
jinire  con  onori  e  con  premi  grilluslri  suoi 
hilli  che  alla  comune  pati  ia  sa^irificavau- 


VUL.  XCII. 


YEN  5^9 

si,  fece  solenni  funerali  a'  24  settembre 
iG58  nella  basilica  ducale  di  s.  Marco  al 
capitano  generale  del  mai  e  Lazzaro  iMo- 
cenigo, perito  eroicamente  nel  preceilente 
anno.  11  ÌMurosini  conliiiiiando  colla  ri- 
composta llotta  a  scorrer  l'Arcipelago  li- 
beramente, onde  poi  si  meritò  il  sopran- 
nome di  Peloponnesiaco,  nel  settembre 
ìC)5q  prese  e  saccheggiò  l'isola  di  Patraos, 
celebre  per  l'esilio  che  vi  pali  s.  Giovan- 
ni e  per  l'Apocalisse  che  ivi  scrisse.  A'3o 
di  detto  mese,  carico  di  merito  e  ricco  per 
la  stima  in  cui  tutti  lo  tenevano,  mori  il 
doge  Pesaro,  lasciando  impresse  nell'  a- 
nimode'padri  quelle  memorande  parole, 
colle  (juali  essendo  ancor  senatore  termi- 
nava la  sua  orazione  persuadendo  a  con- 
tinuar l'altuale  guerra  di  Candia,  che  ri- 
cavo dal  suo  biografo  Casoni.  «  Se  vo- 
gliamo portar  la  corona  sul  capo,  non  la 
gettiamo  a'piedi  de'turchi,  perchè  altri- 
menti di  noi  si  dirà  che  abbiamo  perdu- 
to il  regno,  e  1'  animu  regio  con  esso  " 
Venne  deposto  nella 'chiesa  di  s.  iNIuria 
de'Frari,  dove  col  disegno  di  Daldassare 
Longhena,  sul  gusto  di  quel  secolo,  s'in- 
nalzò poscia  nobilissimo  monumento  scol- 
pilo da  iMelchiorre  Darthel  ,  testimonio 
della  generosità  e  niagnificcnza  d'una  so- 
la privala  famiglia,  del  (piai  tanto  piìi  ri- 
fulge la  splendidezza  per  vastità  di  con- 
copimento,  per  ricchezza  di  macini,  per 
<li(ìicollà  di  lavoro,  dopo  che  u  lui  vici- 
no venne  eretto  il  monumento  alla  me- 
n>oria  dell'esimio  Canova,  ed  a  spese  del- 
l'Europa universa,  come  dichiara  l'illu- 
stre Casoni.  —  Domenico  II  CoiUari- 
ni  CI f"^  doge.  Chiaro  per  fama  d'integri- 
tà e  di  modestia,  trovavnsi  lontano  dalla 
città  e  nel  pacifico  ritiro  de' campi,  da 
dove  null'altro  vi  voleva  che  voce  di  pa- 
tria, per  richiamarlo  a'consigli  politici  e 
alle  cure  sovrane  della  repiibblica,(piando 
ne  fu  eletto  principe  a'  1  (3  ottobre  1  OjQ- 
In  quest'anno  ebbe  (jualche  sollievo  l'  I- 
talia  per  la  pace  del  duca  di  Modena  Al- 
fonso l  V  colla  Spagna  1'  1  i  marzo,  e  prin- 
cipalmente per  la  pace  ha  lo  Corone  per 
34 


53o  V  E  N 

le  cose  d'Italia,  avvenuta  poco  dopo  l'as- 
sunziono  al  dogado  del  Coiilaiini.  Per  la 
I ."  erasi  servilo  il  cardinal  Mazzarini  del 
duca  di  Modena  ,  per  far  proporre  alla 
repubblica  di  V^enezia  una  lega  fra  Lui- 
gi XIV,  i  veneziani,  e  i  duchi  di  Savoia 
e  di  Modena,  con  disegno  di  conquistar 
lo  stalo  di  Milano,  e  di  partire  la  preda 
fra  loro,  esibendosi  la  corte  di  Francia 
d'indurre  Maometto  IV  alla  pace  con 
Venezia,  e  promettendo  forze  grandi  per 
la  sognala  impresa.  I  veneziani  ,  che  si 
Irovavanoiu  s"i  gravi  impegni  per  la  guer- 
ra di  Candia,  e  che  saggiamente  in  ogni 
tempo  sapevano  scandagliar  le  cose  ,  si 
sbrigai  ono  in  poche  pax'ole  da  questa  ten- 
tazione, con  rispondere  di  non  voler  pun- 
to impacciarsi  nella  roba  altrui.  Quanto 
alla  pace  delle  Corone,  essa  è  quella  de* 
Pirenei  conclusa  a'7  novembre  (data  as- 
segnata anco  a'  due  seguenti  giorni)  tra 
Francia  e  Spagna.  Ma  in  questa  pubbli- 
ca quieted'llalia  poco  dopo  insorse  qu.d- 
che  privata  turbolenza  in  Venezia  ,  tra 
l'arcivescovo  d'Embrun  ambasciatore 
straordinario  del  re  di  Francia,  e  mg.' 
Giacomo  Altoviti  nobile  fiorentino  arci- 
vescovo d'Atene  e  nunzio  apostolico;  per- 
chè essendosi  portalo  l'ambasciatore  al- 
l'udienza del  doge  e  nelle  funzioni  pub- 
bliche col  rocchetto  scoperlo,  menile  il 
nunzio  Scompariva  colla  mantellettacìie 
copriva  il  rocchetto,  questi  domandando 
istruzioni  a  Roma,  gli  fu  ingiunto  di  aste- 
nersi dal  compatire  in  pubblico  insieme 
all'ambasciatore,  per  non  pregiudicarsi 
nella  preminenza.  E'  notissimo,  che  gli 
arcivescovi  e  vescovi, tranne  singolare  pri- 
vilegio pontifìcio,  non  ponno  incedere  col 
Roccìietto  (V.)  scoperto  alla  presenza  de' 
legati  o  nunzi  apostolici  rappresentanti 
del  Papajed  i  nunzi  non  hanno  l'uso  della 
Mazzetta  {f  .),  per  cui  di  necessità  con- 
viene loro  portare  la  AIaiìtcllctta{F.),  la 
quale  cuopre  il  rocchetto.  Invece  gli  ar- 
civescovi francesi,  spagnuoli,  ec.  usano 
inantellelta  e  niozzetta,  per  cui  non  in- 
dossando la  mantelletta  restano  col  ree- 


YEN 

chelto  scoperto.  Veramente  1'  uso  del- 
la mozzelta,  oltre  il  Papa,  è  proprio  de* 
Carclituìli  e  «Ìq  Patriarchi  (/  .),  e  inve- 
ce del  rocchelto  de' vescovi  Regolarlo  Ee- 
ligiosi  (V.]j  gli  altri  l'usano  per  privile- 
gio ,  massime  gli  abbati  regolari.  E  sic- 
come il  rocchetto  scoperto  è  segno  di  giu- 
risdizione, né  polendo  i  nunzi  apostolici 
scuoprirlo  per  non  aver  l'uso  della  mez- 
zetta, trovandosi  a  confronto  e  in  presen- 
za d'allri  prelati,  che  forse  ignari  di  noa 
potere  incedere  col  rocchetto  scoperlo,  vi 
procedono,  così  è  qualche  anno  che  al- 
cuni nunzi  hanno  cominciato  ad  assume- 
re la  mozzelta,  come  notai  nel  vol.XC, 
p.  143,  onde  potere  scuoprire  il  rocchet- 
to, lijrse  con  tacito  permesso  della  s.  Se- 
de ,  per  non  comparire  inferiori  a  (jue' 
prelati  che  vi  procedono  ,  senza  diritto. 
E  qui  mi  piace  aggiungere  per  analogia 
un'altra  osservazione.  Ne'  fiocchi  di  seta 
ùq  Cappelli  prelatizi {^F.),  anche  di  Fé- 
scavi,  non  si  può  intaisiare  1'  oro;  ma  a- 
busivamenle  inlrecciandolo  molli  vesco- 
vi e  arcivescovi,  i  Xunzi  apostolici  {^1  .) 
l'adottarono.  L'oro  ne'fiocchi  del  cappel- 
lo è  solo  proprio  del  Papa  e  de'cardina- 
li:  però  a'noslri  giorni  Leone  Xll  lo  con- 
cesse a'  Patriarchi.  Significando  dun- 
que il  rocchetto  scoperlo  giurisdizione,  a- 
vea  ragione  il  nunzio  di  Venezia  rappre- 
sentante del  Sommo  Pontefice  ,  di  non 
poterlo  tollerare  alla  sua  presenza  in  al- 
tro prelato  rappresentante  di  principe  se- 
colare; e  recente  era  l'esempio  dell'avve- 
nuto a  Parigi, che  notai  nel  voi.  L\'lll,  p. 
77. — L'assedio  di  Candia  diventava  sem- 
pre più  clamoroso  per  l'audacia  degli  as- 
salitori, e  per  l'intrepidezza  e  costanza  de- 
gli assediali.  Il  Muratori  tuttavia  riporta 
all'anno  1609,  che  in  questo  si  ridusse- 
ro a  poco  le  ostilità  nella  guerra  di  Levan- 
te, dove  indarno  furono  aspettate  legalee 
del  Papa  e  di  IMalta,  perchè  il  priore  Bi- 
chì  generale  delle  prime,  arrivato  a  iVa- 
poli,  per  aver  mirato  da  lungi  alcune  na- 
vi barbaresche,  non  volle  continuare  il 
viaggio,  e  voltale  le  ^jrore  si  restituì  poi 


YEN  YEN  53 1 
a  Civllavecchia;  e  i  cavalieri  gerosolimi-  nanzi  ad  un  consiglio,  che  lo  condannò 
tani  dopo  averlo  lungamente  aspellnto  a  a  perdere  la  testa.  Raibaro  appellò  di  ta- 
I\Iesjina,anclj'essi  se  ne  ritornarono  aMal-  le  giudizio  a  Venezia,  dove  fu  assolto;  e 
ta.  Sorprese  il  capitan  generale  France-  IMorosini,  a  cui  si  poteva  rimproverare 
SCO  Moiosini  la  fortezza  di  Tamon  nel  un  eccesso  di  severità,  fu  richiamalo  nel 
golfo  di  Cassandra,  che  restò  saccheggia-  i  66 1 .  Il  principe  Almerico  d'Esle  cadu- 
ta e  demolila,  con  asportarne  3o  pe/zi  di  to  infermo  a  cagione  dell' aria  cattiva, 
cannone  e  4  peliierc.  Altretlanloa vven-  senza  poter  intervenire  al  fatto  di  Can- 
ne a  quella  di  Chisme  nella  Natòlia  di-  dia  Nuova,  per  consiglio  de'  medici  por- 
riropelto  a  Scio,  dove  si  fece  liceo  hot-  lato  all'aria  salubre  dell'isola  di  Paros, 
tino,  coll'acquisto  ancora  di  buon  treno  vi  morì  verso  il  (6  novembre  i  6Go,  eoa 
d'  artiglieria.  Da  Castel  Ruzo  ,  fortezza  generale  dispiacere  per  le  speranze  che 
considerabile,  presa  e  demolita  ,  furono  davano  il  suo  senno  e  valore.  Dipoi  il  se- 
condolli  via  3o  pezzi  d'artiglieria  ei46  nato  nella  chiesa  de' Fra li  dopo  il  2.°  ai- 
prigioni,  terminando  così  la  campagna  tare  gli  eresse  un  monumento,  costitui- 
di  detto  anno.  Nel  I  GGo  il  cardinul  Maz-  loda  un  ricco  inleicolunnio  ,  entro  il 
zarini  indusseLuigi  XlVa  spedirein  aiu-  quale  èia  statua  pedestre  al  naturale  del 
lo  de' veneziani  un  corpo  di  4ooo  fanti,  principe.  Essendo  subentrato  al  comando 
destinandone  a  generale  il  principe  Al-  supremo  de' veneziani  Giorgio  IMorosini, 
raerico  d' Este  fratello  del  duca  di  Mo-  e  desiderando  distinguersi  con  un  qual 
dena,  e  il  signore  di  Bas  per  luogotenen-  che  fallo  glorioso,  andò  io  traccia  della 
te.  Andò  il  principe  Almerico  e  sbarcate  flotta  turca,  uscita  da' Dardanelli.  Tro- 
ie sue  genti  alla  Suda,  prese  alcuni  for-  vaia  parte  di  essa  nelle  vicinanze  dell'  i- 
tinie  unito  co' veneziani  s'accostò  alla  Ca-  sola  di  Milo,  a'25  agosto  1 66  i  die  la  cac- 
nea  per  farne  l'assedio.  Nacquero  tosto  eia  a  que' legni;  laonde  7  galee  turche 
dissensioni  fra  il  Bas  e  il  Grcmunville  ser-  prese  da  spavento  andarono  a  urtare  in 
gente  generale  de' veneziani.  D.i  Candia  terra,  lasr.iandole  infrante  salvandosi  la 
Nuova  accorsero  i  turchi  alla  difesa  della  gente,  2  altre  vennero  in  potere  de'  ve- 
Canea,  il  che  fece  cambiar  di  sentimento  neti,  e  2  le  presero  i  cavalieri  gerosolirai- 
all'esercilo  cristiano  di  lasciar  quella  cil-  tani.  Il  resto  della  flotta  andò  disperso, 
tà,  edi  portarsi  nuovamente  sottoCandia  ed  alcuni  legni  si  ruppero  a' lidi.  Circa 
Nuova  limasta  sguiunila.  Erano  giunti  1000  turchi  ei  rifugiali  in  terra, da'vc- 
colà,  ed  aveano  già  pieso  un  borgo  con  neti  furono  condotti  schiavi.  Con  egual 
alcuni  pezzi  d'artiglieria,  quando  i  sol-  felicità  anche  Antonio  l^iuli  espugnò  ai- 
dati  si  diedero  disoidinataincnte  a  ruba-  quante  navi  turche  da  carico,  con  inipa- 
re,  allorché  sortiti  da  Candia  Nuova  una  di  unirsi  d'alcune  e  bruciarne  dell'  altre. 
trentina  di  cavalli  turchi  con  urli  ,  mi-  Questi  prosperi  avvenimenti  fmono  bi- 
sero  un  panico  timore  nell'armata  gal-  lanciati  da  diverse  [)erdite  di  navi  vene- 
Io  veneta,  la  quale  si  abbandonò  alla  fu-  te, che  1  imasero  in  altri  luoghi  preda  de' 
ga.  Uscito  allora  tutto  il  [)resi(lio  turco  corsari  barbareschi;  dopo  di  che  tulli  si 
la  incahò,  restando  sul  catnpo  da  1  5oo  ridussero  a' quartieri  d'inverno.  Tratta- 
uomini  tra  morti  e  feriti,  il  resto  con  gran  vasi  intanto  da  Alessandro  VII  una  lega 
fatica  si  ritirò  in  Candia.  Francesco  Mo-  fra'principi  cristiani  contro  i  tmclii;  ma 
rosinijche  dalla  parie  di  maredovea  con-  con  ritrovare  il  re  di  Spagna  Filippo  IV 
tribuire  all'impresa,  ed  avea  sbarcato  impegnato  contro  i  portoghesi,  [)er  es- 
tiup[)e  per  ioqiadrnnirsi  della  Canea,  ac-  sersi  sottratti  fin  dalt6|0  al  suo  doini- 
cusò  di  tal  deiilorabile  sinistro  il  provve-  nio;  il  redi  Francia  inceppalo  dall'anti- 
ditore  Antouio  Bai  baro,  e  Irar  lo  fece  di-  ca  amicizia  co'lurchi;  e  l'iujperalore  Leo- 


532  V  E  N 

poldoi  più  ilisposto  n  conservare  son  essi 
eoii  qiiHlclie  danno  la  tiegun,  che  ad  en- 
trare nella  sen)[)re  pericolosa  guerra;  lo 
slesso  Pc<pa  benché  vivamente  la  bra- 
masse, almeno  coU'iniperalore  e  co'  ve- 
neziani, rimaneva  trepidante  per  le  gravi 
spese  occorrenti.  Così  restò  la  re[)td)bli- 
la  sola  a  sostenere  la  guerra  con  iucie- 
dibile  dispendio,  per  la  sua  lunga  durata 
e  con  una  potenza  tanto  foruìidabile,  in 
paese  lontano  dalla  dominante  i  200  mi- 
glia,dovcndo  comballere  purecoll'abbor- 
vimenlo  che  destava  nella  gente  il  dover 
passare  il  mare,  per  la  grave  apprensione 
di  non  più  lipalriare.  L'imprese  falle  da' 
veneti  nel  16G2  si  ridussero  a  varie  [)re- 
de  di  legni  turchi.  Venne  a  sapere  il  loro 
capitano  generale,  che  a  Scio  era  perve- 
nuta la  carovana  navale  de'lurchi,  che  da 
Costantinopoli  passava  in  Egitto,  portan- 
do preziose  merci  e  gran  regali  destinali 
per  la  IMecca.  Spiegò  le  vele  a  cpiella  vol- 
ta :  »  o  di  quelle  navi  da  carico  a  (piesla 
vista  diedero  a  terra,  ed  essendo  fuggili 
i  soldati  e  marinari,  rimasero  in  [)olere 
de' veneziani.  Essendosi  riliiali  i  vascelli 
di  quella  caravana  nel  porto  di  Coo,  a'^Q 
sellembre  i  veneziani  con  isforzo  di  bat- 
taglia tanto  si  adoperarono  che  loro  riusin 
ili  pjenderneS.  L'avidità  maggiore  del- 
la milizia  era  contro  il  più  grosso  di  que' 
vascelli,  sapendo  ch'eravi  un  agà  del  sei- 
ra"lio  con  carico  valutato  mezzo  n)ilione 
d'oro.  Ma  questo  miseramente  restò  in- 
cendiato, e  l'agà  nuotando  per  salvarsi, 
rimase  prigione.  Di  16  saiche  nemiche, 
1  8  furono  prese  e  i  o  consumale  dal  fuo- 
co. In  quest'anno  dalla  repubblicasi  die' 
fine  alle  controversie  colla  corte  di  Savoia, 
per  cagione  del  titolo  di  re  di  Cipro,  che 
rifiulòdarea  Carlo  Emanuele  li  e  suc- 
cessori, e  per  altre  simili  differenze.  Dal 
iG3oa  quest'epoca  aveano  i  veneziani 
leimlo  presidio  in  Mantova,  per  sicurezza 
di  quella  città  contro  i  tentativi  de'fran- 
cesi  e  spagnuoli.  Essendo  già  passalo  o- 
gni  pericolo, ed  avendo  l'alto  istanza  l'im- 
peratore Leopoldo  I,  proiettore  della  ca- 


V  M  N 

«oGnn2nga,  diesi  ritirasse  quella  gente, 
vi  acconsenl"i  senza  didlcollh  il  senato  ve- 
neto. Perciò  il  duca  Carlo  li  spedì  tosto 
a  Venezia  il  marchese  Odoardo  Valenti 
Gonzaga  a  render  le  dovute  grazie  alla 
re[)ubblica  dell'assistenza  prestata  (in  qui 
a'suoi  stati.  JNel  1 663  niun  avvenimento 
particolare  e  notabile  ebbe  luogo  nella 
guerra  di  Candia,  avendola  il  sidtano 
mossa  all'imperatore  Leopoldo  I,  il  qi;ale 
deluso  dalle  parole  de'lurchi  si  trovò  mal 
provveduto  di  forze,  e  paventando  di  ve- 
«lerli  sotto  Vienna,  onde  si  preparò  a  di- 
fesa. Ricorse  allora  l'imperatore  a'princi- 
pi  cristiani,  andò  alla  dieta  di  llatisbona 
per  implorar  soccorsi,elratlòdi  collegarsi 
col  Papa  e  con  Venezia;  ma  le  insorte  gra- 
vi dillerenze  di  Roma  colla  Francia,  per 
l'insulto  fatto  da'  soldati  insolenti  corsi 
all'ambasciatore  Crecquy,  onde  il  re  a  vea 
invaso  Avignone  e  la  contea  del  Vcnais- 
v/>j  (  ^.),  frastornarono  la  lega.  Nel  i66/{. 
erano  già  pervenuti  iit^l  Parmigiano  eI\lo- 
denese  6,000  f'inli  e  quasi  2,000  cavalli 
spediti  per  idteriore  prepotenza  di  Luigi 
XIV,  crescendo  il  tuono  di  sue  minacce 
contro  gli  stali  della  Chiesa  in  Italia, do- 
po la  della  occupazione  di  que'  di  Pro- 
venza. Alessandro  VII  avea  consumalo 
gran  denaro  per  armare  8,000  fanti  e 
2,000  cavalli,  e  in  procurar  leve  d'altra 
gente  fuori  d'Italia,  uè  reslava  nerbo  di 
cassa  e  di  milizie  per  sostenere  e  conti- 
nuare l'impegno  preso  da'nipoli  del  Pa- 
pa contro  un  re  potentissimo.  Nel  prin- 
cipio delle  vertenze  eransi  interposti  il 
granduca  Ferdinando  II,  i  veneziani  e 
altri  princij)i  per  trattare  d'aggiusta- 
mento, quando  nel  negoziato  vi  si  com- 
presero dalla  Francia  altre  pretensioni, 
ad  istanza  del  duca  di  Parma  cioè  la 
disincamerazione  di  Castro  e  R.onciglio- 
ne,  e  per  quelle  del  duca  di  Modena 
()er  le  valli  di  Comacchio  ;  esigenze  tut- 
te,  che  rendevano  diilìcoltosa  la  con- 
cordia, il  negoziato  della  quale  ripreso  in 
l'isa  si  compì  a*  \i  febbraio  colla  pace. 
Si  convennero  le  cose  più  volle  narrale 


V  EN 
altrove,  lailisìncamerazionc  temporanea 
di  Castro  e  Roiicigliuiie,  e  il  coiDpeiiiìo  al 
duca  di  IModeiin  ili  S-j.  i,ooo  scudi,  iwen- 
tie  lepieteiisioiii  ascendevano  a  più  mi- 
lioni, come  vuole  il  suo  bibliotecario  iMu- 
raturi,  die  tuttavia  biasimò  Luigi  XiV 
pel  rigoroso  e  violento  contegno  contro 
il  Vicario  di  Cristo,  per  un  accidente  av- 
venuto in  Roma  senza  colpa  sua  e  de'pa- 
reuli. L'ambasciatore  veneto  residente  in 
iloma  nel  corso  de'disturbi  e  delle  tratta- 
tive erasi  piestato  per  la  ([uiele  e  nell'in- 
teresse del  l'apa,  il  quale  vedendoS()agna 
unita  a  Francia,  procurò  che  la  repub- 
blica si  facesse  mediatrice  della  pacifica- 
zione. Il  senato  abbracciò  volentieri  l'oc- 
ccisiune  d'allontanare  dall'Italia  i  turbini 
ilella  guerra  e  tenere  in  pace  la  cristiani- 
tà, e  raccomandò  caldamente  a'suoi  am- 
b.iscialori  residenti  a  Iloma  e  Parigi  gli 
ulllzi  opportuni  per  conseguire  que>to 
line.  Per  mezzo  dell'ambasciatore  di  Ve- 
nezia a  Parigi,  il  Papa  avea  rimesso  un 
breve  al  re  di  giustificazione;  e  fu  per 
le  incessanti  pratiche  dell' anibascialore 
Luigi  Grimani,che  superale  le  dilìlcollà 
fra  le  parli,  si  ripresero  le  Iraltalive  a 
Lione  e  poi  a  Ponte  Donvicino  iu  Savoia, 
ove  si  ridusse  il  veneto  Grimani  qualme- 
dialore,e  v'intervennero  pure  il  residente 
di  Spagna  d'Ini  verta,!  residenti  di  Parma 
e  di  Modena,  e  1 2  consoli  d'Avignone;  fin- 
ché a  IMsasi  concluse  l'accennalo  accutuu- 
damcnto,  facendo  dipoi  il  Papa  una  se- 
greta prolesta  per  la  disgustosa  concor- 
dia. Grato  Alessandro  VII  alla  mediazio- 
ne veneta,  benché  nel  1660  avesse  crea- 
lo cardinale  il  b.  Gregorio  Barbaiigo  pa- 
trizio veneto,  in  seguitoa  nomina  del  se- 
nato conferì  cgual  dignità  a  Giovanni 
Delfino  altro  nobile  veneziano,  nella  pro- 
mozione cioè  della  delle  Corone, per  aver 
creato  cardinali  de'  nazionali  austriaci, 
francesi  e  spagimuli  ad  istanza  de'ri-<pelli- 
VI  sovrani.  —  Ora  debbo  riferire  la  visilu 
tutta  a  Venezia  dal  principe  di  Tu^cuiui 
poi  Cosimo  III,  descritta  ilid  cav.  AI  ut  inci- 
li, ma  con  idi^Liaulo,  ancor  lui,  dciii^rarc 


YEN  533 

({uel  principe,  che  propugnai  nell'indica- 
lo  articolo,  in  uno  a'grandnchi  Medicei. 
Ferdinando  li  per  allontanare  il  tìglio 
principe  Cosimo  alcun  tempo  dalla  stra- 
vagante IMargherita  Luigia  d'Orleans  sua 
moglie,  volle  che  viaggiasse  per  l'Italia, 
la  Germania  e  1'  Olanda,  e  visitasse  le 
principali  città  di  Lombardia,  singular- 
uienle  Venezia  già  da  lui  ammirala,  co- 
me di  sopra  rilevai.  Ad  aggravare  dnu- 
<pie  maggiormente  l'erario  della  repub- 
blica, il  (|uale  ormai  non  poteva  tollerare 
nuovi  dispendii,  pe'guerreschi  incessanli 
e  gravosissimi,  accadde  la  venula  in  Ve- 
nezia di  Cosimo  con  numeroso  seguilo, 
riportalo  dal  patrio  annalista,  tra'  (piali 
il  prete  cappellano  Filippo  Pizzichi,  che 
descrisse  il  viaggio,  a' nostri  giorni  pub- 
blicalo con  questo  titolo  :  A^^'iso  a  beni- 
gni lellori,  premesso  al  viaggio  per  l'at- 
ta Italia  del  Ser.  Principe  di  Toscana 
poi  granduca  Cosimo  fll,  descritto  da 
Filippo  Pizzichi,  illustrato  da  Dome- 
nico Moreni  can.  dell'  i.  r.  hasilica  di 
s.  Lorenzo  di  Firenze,  ivi  182B.  Il  Mu- 
linelli riprodusse  la  descrizione  del  Piz- 
zichi sul  scjggiorno  di  Cosimo  in  Venezia, 
divisa  in  1  1  giornate,  l'arlito  da  Firenze 
l'i  I  maggio  1G64,  con  magnifico  treno 
di  viaggio,  per  IJologna,  Ferrara  e  Chiog- 
già  giunse  Cosimo  a  Venezia  a' 18,  pren- 
ileiidoalloggio  nel  palazzo  del  Cellesi,  re- 
sidente di  Toscana  presso  la  repubblica. 
Ordinalo  già  aveasi  pel  suo  servigio  una 
gondola  tulla  dorala,  con  guernimenli 
di  tela  d'oro,  e  (regi  di  pulii  che  soste- 
nevano gli  emblemi  de'Mcdici  e  altri, a- 
vendo  a  poppa  un  Nettuno  di  rilievo  do- 
rato, circondato  da  Tritoni  e  da  putti  a 
cavallo  di  Delfini.  Disponeva  pur  la  re- 
pubblica di  regalarCosimo  sontuosamen- 
te tanto  all'arrivare  cpiantoal  partire,  co- 
me allora  soleva  farsi  con  tulli  gli  altri 
principi  sovrani,  cioè  varie  specie  disipu- 
siti  commestibili,  vini,  confelturo,  lor- 
de, candele  ec.  ;  e  siccome  altrettanto  si 
ptalicava  in  liuma  ila'l'api,  e  [)iìi  esem- 
pi uè  riprodussi,  qui  mi  oslcn^ju  dal  de- 


.')34  V  E  N 

scriverli.  Il  principe  visitò  In  Venezia  la 
I)asilica(li  s.  Mnrco,  le  chiese  del  Reden- 
tore, di  s.  Giobbe,  de'ss.  Gio.  e  Paolo,  de* 
Gesuiti,  della  Madonna  dell'OrtOjde'Fra- 
ri,  de'Servi  ricevuto  dal  patriarca  Fran- 
cesco JMorosini,  de'  Toleutini,  ec.  Vide 
l'Aisenale,  ove  fu  trattalo  di  magnifica 
cole7ione,  la  festa  dell'Ascensione,  la  cac- 
cia de'tori.  Si  recò  all'  isole  di  Murano, 
tli  s.  ÌVIicliele,  della  Certosa,  di  s.  Giorgio 
Maggiore.  Entrò  in  vari  monasteri,  par- 
ticolarmente in  quello  delle  monache  di 
6.  Lorenzo,  fra  le  quali  essendo  penetrata 
la  peste  del  !usso,vivevanoconeleganZci  e 
■vestivano  più  da  ninfecheda  monache,ed 
altri  monasteri.  Visitò  il  palazzo  ducale,  il 
doge,  il  Collegio,  assistendo  ad  una  pero- 
razione ;  non  che  diversi  altri  palazzi,  la 
principessa  di  Brunswick  che  vi  dimo- 
rava col  principe  marito,  ed  il  teatro  Gri- 
mani.  Fra'giardini  da  lui  veduti,  va  li- 
cordato  quello  di  Saule  Cat anco  alIaGiu- 
decca  presso  le  Convertite,  sopra  tulli  gli 
altri  bellissimo.  Il  palazzetto  a  s.  Lucia 
fu  pur  da  lui  visitato,  siccome  denomi- 
nato Paradiso  e  tenuto  il  più  singolare 
della  città,  pel  complesso  di  sue  magni- 
ficenze: sorgeva  sul  Canal  grande,  ed  e- 
ra  di  Girolamo  Gavazza.  Nella  dimora 
di  Cosimo  in  Venezia  fu  accompagnalo 
e  assistilo  dal  conte  Camillo  Martinengo, 
dal  baron  Tassi  generale  delle  poste  del- 
I  imperatore  a  Venezia,  da  altri  cavalieri 
e  nazionali,  precipuamente  dal  suo  resi- 
dente. Quindi  il  IMutinelli  lepidamente 
passa  a  dire.  «  Partitosi  Cosimo  da  Ve- 
nezia, le  barbe  e  le  basette  pur  se  ne  an- 
davano, eie  parrucche  giungevano.  Era- 
no già  queste  allora  in  Francia  in  tutto  lo 
splendore  della  lor  gloria  :  molto  lunghe, 
molto  guernite,  pesavano  fino  a  due  lib- 
bre, costando  le  più  pregiate,  ch'erano  le 
bionde,  sirio3,ooo  franchi^  E  Luigi  XIV 
una  solenne  ordinanza  pubblicava  con 
cui  creava  200  cariche  di  parrucchiere, 
che  seguir  doveano  la  corte,  andando  poi 
Bivoit,  il  quale  acconciava  il  capo  al  gran 
le,  SI  altero  del  bell'oaoie  da  due:  Clic 


VEN 

avrehhe  spogliato  se  fosse  stato  mestic' 
ri  le  teste  di  tutta  sudditi  per  ciioprirc 
quella  del  suo  sovrano.  Tanto  accarezza- 
te le  parrucche  in  Francia,  non  lo  furo- 
no meno  in  Italia,  ove  ben  presto  migra- 
vano (anco  in  Francia,  pare,  poiché  ab- 
biamo da  Muratori  all'anno  1666,  che 
sul  fine  di  esso  il  parlamento  proibì  l'u- 
so della  parrucche;  e  ciò  perchè  erasi  cal- 
colato, che  in  comperar  capelli,  special- 
mente fuori  del  regno,  si  spendevano  più 
di  due  milioni  di  scudi  ogni  anno.  In  ar- 
gomento si  può  vedere  il  voi.  LXXXIV, 
p.  y4>  ^^  ilcav.  Cicogna,  Inscrizioni  Ve- 
neziane, f.i,  p,  qy,  della  Scuola  dell'arte 
de'  Barbieri  fabbricata  nel  i468  e  loro 
confraternita),  singolarmente  a  Venezia, 
pronta  già  ad  accogliere  con  entusiasmo 
qualunque  moda  che  d'oltremoute  fos- 
se venuta.  E  perciò  accommiatatesi  le 
barbe  e  le  basette,  che  mal  si  confaceva- 
no  colle  parrucche,  e  abbandonatesi  di- 
sonestamente le  berrette  antiche  nazio- 
nali, non  si  parlò  più  che  di  parrucche. 
Non  oslanteperòdell'osliacismo  pronun- 
ziato contro  le  liarbe.  Paolo  Foscari,  so- 
lo fra  tutti,  ebbe  il  coraggio  di  serbare 
ancor  la  sua;  Scipione  Vinciguerra  Col- 
lalto  l'animo  invece  di  coprirsi  pel  primo 
il  capocolla  parrucca.  Candia  intanto,  ac- 
qiiislata  e  retta  per  secoli  colle  barbe,  già 
sfuggiva  a' veneziani  di  sotto  alle  parruc- 
che, onde  chiamati  essi  in  appresso,  per 
l'eccessivo  uso  ed  amore  delle  parrucche, 
per  antonomasia  f<7rr»cco/u". —  Intanto 
per  la  vittoria  riportata  al  fiume  R.ab  dal 
supiemo generale  imperiale Montecucco- 
li,  il  sultano  Maometto  IV  fece  pace  eoa 
LeopoldoI  dopo  G  giorni  a'io  agosto  1664, 
con  doppio  pregiudizio  de'veneziani,  sia 
perchè  con  quell'impegno  di  guerra  spe- 
ravano di  ricuperare  Candia  e  i  luoghi 
perduti,  sia  perchè  tutte  le  forze  de'tur- 
chi  sarebbero  piombate  a'Ioro  danni.  Po- 
co dopo  giunsero  a  Venezia  due  amba- 
sciatori dello  czar  diRussia  Alessio  Miche- 
lowitz,  inviali  puread  altri  sovrani  d  Eu- 
ropa per  stringere  relazioni,  corniociaQ- 


VEN 
do  ormai  quelKi  coiie  a  scuotersi  alquan- 
to dal  suo  isolamento  e  dalla  sua  aulica 
1)31  balie.  Neil 665  montarono  sul  trono 
(li  Spagna  Carlo  li  e  su  quello  di  Man. 
tova  Carlo  III,  e  furono  gli  ulliu)i  di  lo- 
ro stirpe.  Il  sultano  non  badò  in  que- 
st'anno alla  guerra  di  Caudia,  in)piegan- 
tiolo  piuttosto  in  preparativi,  e  neppure 
i  veneziani  vi  fecero  azioni  riuiarchevo- 
li,  non  essendo  tali  l'aver  preso  iu  varie 
volle  due  galee,  una  grossa  naveei3  le- 
gni da  carico.  Insorsero  però  questioni 
fra  la  repubblica  e  il  Papa  a  cagione  de* 
mercanti  dello  stato  ecclesiastico, che  na- 
vigando per  l'Adriatico,  ricusavano  di  pa- 
gare dazio  a*  veneti,  mentre  Leopoldo  I 
avea  riconosciuto  la  sovranità  di  (juesti 
sul  golfo.  Seguirono  tra  le  parti  rappre- 
saglie, ma  in  fine  toccò  a  cedere  a'pon- 
lificii,  come  più  deboli  in  mare.  Per  que- 
sti e  altri  disgusti,  in  detto  anno  ,  né  il 
Papa,  né  Malta  mandarono  le  loro  ga- 
lee in  Levante  in  aiuto  de'  veneziani,  a 
vantaggio  de'quali  Alessandro  VII  avea 
aiutalo  piìi  volte  l'ordine  Gerosolimita- 
no. Egualmente  nel  1666,  durando  la 
guerra  di  Candia  senza  fatti  meritevoli 
di  speciale  menzione,  nondimeno  la  re- 
pubblica ebbe  a  deplorare  l'inondazione 
de'tiumi,  avendo  l'Oglio  devastato  un'in- 
tera villa  colla  morte  di  2^0  persone,  e 
ciò  dopo  i  festeggiamenti  fatti  per  lo  sla- 
to nel  passaggio  dell'  infanta  Margheri- 
ta sorella  di  Carlo  11,  che  andava  a  Vien- 
na sposa  a  Leopoldo  1,  trattata  dalla  re- 
pubblica colla  consueta  magnificenza. Nel- 
l'aprile I  G67  fiero  terremoto  recò  immen- 
si danni  alla  Dalmazia  e  Albania,  si  sentì 
anche  in  Venezia  e  nitri  luoghi.  INI  ori  A- 
Ic'tsandro  VII  a' "ìi  maggio,  e  dopo  28 
giorni  fu  eletto  Papa  Clemente  IX  Ro- 
S()igliosi,  che  tosto  conferi  a'suoi  congiun- 
ti le  solile  cariche  di  generali  di  s.  Chie- 
sa e  delle  galee,  della  guardia  pontificia  e 
di  Castel  s.  Angelo,  raccomandando  loro 
moderazione  e  modestia,  come  mirabil- 
mente  eseguirono.  La  repubblica  di  Ve- 
nezia nello  stesso  anno  regislrò  i  llospi- 


V  E  N  535 

gliosl  neM.ihrod'oro.lJo  vero  zelo  nudri- 
va  il  Papa  persostenerela  cristianità  con- 
tro gli  sforzi  della  potenza  ottomana,  né 
perde  egli  tem[)0  a  sollecitare  tutte  le  po- 
tenze cattoliche  io  soccorso  de' veneziani, 
troppo  infievoliti  per  sì  lunga  e  dispen- 
diosa guerra  di  Candia;  ma  per  mala  ven- 
tura vieppiù  si  conobbe  lo  spirito  di  con- 
quistatore inLuigi  XIV, movendo  preten- 
sioni sul  Drabante  e  altri  paesi  della  mo- 
naichia  S[)agiiuola,  colla  quale  poi  ruppe 
guerra. Ecco  come  il  biografo  Casoni  rac- 
contagli ultimi  conati  stranieri  della  guer 
ra  disastrosa.  Sempre  più  divenendo  cla- 
moroso l'assedio  di  Candia,  per  la  costan- 
za degli  assalitori  e  de'difensori  intrepi- 
ili,  d'ogni  parte  correvanoa  difesa  di  quel- 
le mura,  soldati  e  capitani,  mossi  dal  de- 
siderio di  segnalare  il  valor  loro,  e  dal- 
la brama  di  cooperare  al  sostenimento  di 
quella  celebre  fortezza.  D'ordine  di  Lui- 
gi XIV,  ma  a  nome  del  Papa,  comparve 
una  tlotla  francese  comandala  dall'am- 
miraglio Vendòme,  con  12  scelti  reggi- 
menti guidati  dal  duca  di  Noailles:  a  que- 
sti uuironsi  degli  alenianni,  ed  altri  an- 
cora, tulli  pieni  di  entusiasmo  e  di  ardi- 
re; ma  gli  scontri  co'lurchi,  e  la  compa- 
gnia de'severi  veneziani,  porgevano  tut- 
l'altro  che  azioni  brillanti;  bisognava  pu- 
gnare con  ostinazione  e  fermezza,  diispu- 
tare  col  sangue  ogni  passo  di  terra,  e  so- 
stenere con  imperturbabile  animo  i  ro- 
vesci della  fortuna.  Una  prima  vana  pau- 
ra mise  in  isconcerto  questi  ausiliarii,  che 
si  videro  perduti  nella  stessa  vittoria.  Lo 
smarrimento  loro  non  potè  essere  calma- 
to né  dalle  rappresentanze  de' veneti,  né 
dal  pensiero  della  vergogiia:appeha  giun- 
ti, appena  vista  la  faccia  del  nemico,  ri- 
partirono in  compagnia  delle  galee  di 
Malta,  ed  a  quanti  altri  stranieri  eransi 
colà  trasportati,  lasciando  di  nuovo  i  ve- 
neziani es[)ost  isoli  nella  dilìicile  lotta.  In- 
tanto, narra  Muratori,  i  veneziani  dopo 
avere  ricevuto  sussiilii  di  denaro,  o  di 
gente,  o  di  navi  dal  Papa,  dalla  Spagna^ 
da'duchi  di  Savoia  e  di  Toscana,  da  Mal- 


536  V  E  N 

la  e  dal  cardinal  Francesco  Bnihcrini, 
.spt'diiono  nuovanieiile  in  Levante  Fran- 
cesco Moiosini,  elello  capitano  yeiieraie 
alia  difesa  di  Candia,  con  3,ooo  soldati  e 
molli  attrezzi  «la  j^neira.  Per  5  anni  le 
armi  turche  eransi  divise  tra  l'Ungheria 
e  la  Grecia,  perciò  i  veneziani  aveano  re- 
spintole loro  armi  con  vantaggio;  ma  es- 
sendosi pacificati  coll'imperalore,  vollero 
rivolgere  tutte  le  loro  forze  contro  Can- 
dia e  la  repubblica. essendo  l'isola  riguar- 
<lata  come  uno  de'più  saldi  baluardi  del- 
la cristianità.  Egli  è[)er  rpiesto  che  il  suo 
jissediometnorabde  fu  paragonato  n  quel- 
lo fatto  da'greci  a  Troia.  La  Canea  e  tut- 
ta una  parie  dell'  isola  erano  già  som- 
messe a'  musulmani,  1  veneziani  aveva- 
no conservato  Candia,  la  Suda  e  qualche 
altra  piccola  fcirlezza.  Lo  Suda,  Ainplii' 
inalici  ,  portava  il  nome  del  golfo  sulla 
cosla  sellenlrionide  dell'isola  di  Candia, 
difeso  da  un  forte  sulla  costa  sud  ,  che 
.serve  di  rifugio  alle  navi  cui  il  tempo 
grosso  impedisce  di  recarsi  alla  Canea. 
Nuovamente  un  grandissiu)o  numero  di 
volontari  di  Francia,  di  Savoia  e  d'Italia 
andarono  successivamerite  a  chiudcisi  in 
Candia,  per  dar  prove  della  prodezza  Io- 
IO  e  apprendere  l'arte  della  guerra  iiella 
più  brillante  scuola.  Imperocché  straor- 
dinario armamento  avea  fatto  il  gran  vi- 
sir Achmet  Riuperli,  per  passare  in  per- 
sona all'assedio  di  Candia,  e  vi  comparve 
con  potente  esercito  a'22  a)aggio,  e  tlo- 
pò  aver  fallo  distruggere  Candia  Nuova, 
oninchc  i  suoi  soldati  deponessero  la  spe- 
ranza di  ricovrarvisi  ,  distribuì  intorno 
alla  città  i  quartieri,  cominciò  gli  approc- 
ci, e  con  varie  batterie  di  cannoni  si  diede 
furiosamente  a  bersagliare  la  terra  e  ad 
aprirvi  la  trinciera.  Per  una  gagliarda  di- 
fesa non  avevano  i  veneziani  tralasciala 
ddigcnza  veruna;  numeroso  era  il  presi- 
dio, e  ben  aninuito  a  dare  il  sangue  [)er 
sostener  l'onore  tlella  fede  cristianii;  e  le 
donne  slesse  non  la  cedevano  in  coraggio 
e  fatica  a'piìi  valorosi  combatlenli.  l*er- 
che  poco  ki  avanzavano  i  turchi  ne'j.nu- 


V  EN 
ri,  per  lo  più  sturbati  da'cristiani,  si  ap- 
plicarono con  immensa  quantità  di  gua- 
statori a  far  mine  e  fornelli,  e  full  giuo- 
care,  con  isboccar  anche  nella  fossa  da  3 
parti.  Memorabile  fu  la  copia  degli  esliu- 
li  in  tanti  assalti  ,  contandosi  che  dalla 
parte  de'veneziaui  vi  perissero  tla  6,ouo 
soldati,  compresi  800  udiziali;  e  da  quel  - 
la  de'turchi  incredibile  quantità  di  genie 
vi  lasciò  la  vita.  Intanto  fu  sostenuto  da 
essi  vigorosamente  l'assedio  fino  al  di- 
cembre, in  (juanto  che  di  mano  in  ma- 
no veniva  sempre  di  nuove  genti  rinfre- 
scalo l'esercito  loro.  Lo  slesso  Rlaomellr) 
IV  erasi  portato  iti  Morea  per  dar  piìi 
calore  all'impresa.  LNeli668  riuscì  a  Cle- 
mente IX  di  pacificare  Francia  e  Spagna 
in  Aqiiisgrana  ,  e  calde  istanze  rinnovò 
a  Luigi  XIV  per  soccorsi  in  aiuto  di  Can- 
dia, a  cui  minacciavano  l'ultimo  eccidio 
l'armi  turche.  Egli  vi  avea  spedilo  Ora- 
zio Malici  con  genti  al  servizio  della  re- 
pubblica, e  procurato  da  altri  non  pochi 
sovvenimenti.  iN'e  diede  anche  Luigi  XIV 
in  denaro,  acciocché  i  veneziani  assoldas- 
sero genti  in  Francia,  e  somministrò  uli- 
vi per  condurle  nell'Arcipelago.  Concor- 
sero Volontari  a  quest'impresa  molti  del- 
la primaria  nobiltà  francese  e  i5o  ulh- 
ziali  riformati.  11  duca  di  la  Feuilladc 
unì  200  gentiluomini,  il  conte d'Aicourt 
della  casa  di  Lorena  800  buoni  soldati, 
e  circa  2,000  si  misero  sollo  le  loro  ban- 
diere, e  andarono  ad  iujbarcarsi  col  con- 
te di  Saint-Fol.  Fin  qui  il  marchese  Fran- 
cesco Villa  ferrarese,  generale  del  duca 
di  Savoia,  avea  con  sommo  valore,  con 
titolo  di  generale  de'  veneziani,  militalo 
in  Candia,  e  per  molte  sue  segnalate  a- 
zioni  s'era  acquistato  gran  gloria.  O  sia 
che  il  duca  pe'suoi  propri  bisogni  o  dise- 
gni il  richiamasse  a  Torino,  o  ch'egli  per 
gare  accadute  co' generali  veneti  si  Iri- 
v.isse  mal  soddisfallo,  se  ne  tornò  in  Ita- 
lia. In  luogo  suo  i  veneziani  fecero  venir 
di  Francia  il  Mombrun  marchese  di  s. 
Andrea,  ugonoUo  e  capitano  di  grande 
sperieijza  nell'ÉU  uii,  bcuLhè  nell'eia  d  00 


V  E  N  V  E  N  537 
anni.  I  prìncipi  tl'Ilali.i,  dice  ìMinalori,  liiuii  rinforzi,  ncn  isceraava  punto  Li  lo- 
ilii  pili,  clii  meno,  conlriboirono  soccer-  ro  potenza;  le  batterie  de'cannoni,  mor- 
si alla  repubblica  veneta  in  m  indente  bi-  lari  e  bombe  continuamente  risuonava- 
sogno;  ma  specialmente  si  sl)racciò  per  no;  e  le  mine  e  i  fornelli  sovente  scop- 
sovveiiirli  il  l'apa,  clie  oltre  all'avere  per  piavano  con  laigbc  breccie  ne'balnardi, 
mezzo  delle  sue  lettere  e  de'snoi  ministri  che  venivano  tosto  riparale  dall'mespli- 
coDimosse  lutle  le  corti  callolicbe  all'  a-  cabile  coraggio  eroico  degli  assediali,  clic 
luto  di  Candia,  prese  al  suo  soldo  3, 000  non  cessavano  arditamente  di  far  sorti- 
finti  agguerriti  ledesclii,  a  lui  mandali  te,  incliiodar  cannoni  e  spianar  trincee. 
ilairim|)eialore  sino  a  Ponlieba,  e  urdi-  Di  niuiio  aiuto  servirono  in  cpiest' anno 
nìi  alle  sue  galee,  che  colle  mallesi  de'ge-  le  galee  papali,  gerosolimilane  e  napole- 
Kjsolimilani  passassero  iu  Levante.  Veiiu-  lane,  perchè  troppo  lardi  giunte  e  [>ieni 
ta  la  primavera,  tornò  cou  più  gagliar-  di  puntigli  i  comandanli,  ben  presto  se 
dia  il  gran  visir  a  promuovere  le  olfcse  ne  tornarono  a'Ioro  porli.  IMa  sul  princi- 
contro  di  Caudia.  Risoluta  era  la  Porla  pio  di  novembre  sbarcarono  in  Candia  i 
ollomana  di  voler  quella  ciliàad  ogni  co-  venturieri  francesi,  e  inoltre  il  cav.  della 
sto.  Lu  gr.iiulezza  del  suo  impero  e  la  Torre  con  70  nitri  cavalieri  di  Malta  e 
vicinanza  ile'suoi  stali,  nulla  di  gente  e  4^0  soldati  scelli  spedili  dal  gran  inse- 
di alile  provvisioni  lasciava  mancare  ol  slro  dell'ordine  Gcrouìli/iiilauo  Nicolò 
suo  campo.  Contavansi  fra  loro,  schiere  Coloner,  nel  quale  articolo  notai  i  privi- 
intere  di  sciagurati  rinegati  cristiani;  e  i  legi  accordati  dalla  grata  repubblica  a  ca- 
meiciinli  inglesi  e  olandesi,  benché  cri-  vtilieri  per  tante  continuate  beneineren- 
-sliaiii, ma  acattolici, vendevano  loroquiin-  ze.  Memorabile  riuscì  fra  le  altre  azio- 
li  cannoni,  bombe  e  altri  militari  alliez-  ni,  una  sorlila  fatta  a'  16  dicembre  da 
zi  e  munizioni  occorrevano.  Laddove  la  3oo  animosi  gentiluomini  bancesi,  con 
I  tpobblica  veneta  consumala  ormai  dal-  molti  altri  venturieri  savoiardi  e  italiani, 
limmense  somme,  e  in  tanta  lonlanan-  che  andarono  a  lesta  bassa  ad  assalirei 
za,  Iroppo  inegualmenle  poteva  soddisfa-  musulmani  ne'loro  ridotti.  Grande  stra- 
re ol  bisogno.  Si  sa,  che  i  turchi  non  ri-  gè  ne  fecero,  ma  di  essi  non  ne  torno  in 
sparn)iano  le  vite  degli  uomini,  allorché  dietro  se  non  la  metà.  I3opo  di  che  i  fran* 
preme  al  loro  sovrano  l'actpiislo  ili  qual-  cesi  scemati  ili  forte  numero,  e  rimbar- 
che  piar.xa.  Però  un  infernal  carosello  si  cali  sul  principio  del  seguente  gennaio 
Ii:ce  [ter  tulio  ÌI1G68  intorno  a  Candia.  spiegarono  le  vele  verso  Provenza.  In  que- 
liiciedibili  furono  gli  sfi/izi  di  ijue'  bar-  sia  sanguinosa  campagna  del  1G68  si  cai- 
bari,  noi»  minore  la  bravura  de'difeiiso-  cola  che  rimasero  uccisi  lo.'j^oo  ciisliani, 
li.  D,i  gran  tempo  un  simile  e  oslinato  oltre  alcune  ci-ntiiiaia  d' ulli^iali  anche 
assedio  non  b' era  veduto.  Insolita  cosa  priiicipnli  ;  e  de'lurchi  circa  37,000,  fra' 
parve  in  rjue'mari  una  battaglia  di  ma-  quali  alcuni  pascià,  bey  e  beglierbey.  A. 
le  eseguila  dal  capitan  generale  France-  G  dicembredello  stesso  i()(j8,  mancando 
SCO  Moiosini  in  teuipo  di  notte,  venen-  di  denaro  la  repubblica  di  Venezia,  il  Pa- 
lio il  dì  9  marzo,  contro  i  legni  turchi,  pa  eslinse  ed  abolì  ne'dominii  veneti  ica- 
Conquistò  egli  j  galee  colla  capitana  di  nonici  regolari  di  s.  Giorgio  in  Alga,  e 
J)urach  bey  corsaro  famoso,  che  ivi  per-  di  per  tutto  i  gesiiali,  ed  i  giiolammi  di 
de  la  vita;  i  prigioni  ascesero  a  4  ">i  gl>  Fiesole,  di  che  disr.otsi  a'Ioi  o  ailicoli,  as- 
schia vi  cristiani  libeiatia  1, 1  00.  Nel  e. un-  segiian.lo  alla  repubblica  i  loro  beni  e>i- 
po  degl'  infedeli  s'  era  già  inlrodolla  la  stenti  ne'suoi  slati,  in  sussidio  della  guer- 
peslc,calmci)0200  persone  al  giorno  pe-  ra,  coll'obbligo  d'ima  pensione  vilaliiui 
iivaiio;  pure  sopravvtucndu  scmpit  con-  a'aiipcislili.  Dice  il  cav. Girolamo  Driiso- 


538  VEN  VEN 
ni  nella  Vìtn  di  Clemente  IX,  che  11  Pa-  Alcuni  principi  diGermania  mossi  a  pietà 
pa  sperava  in  questa  occasione  che  il  se-  delle  condizioni  in  cui  versava  la  repub- 
inito  abolisse  le  leggi  lesive  alla  giuriseli-  blica,  spedirono  a  Candìa  vari  soccorsi  di 
zioue  ecclesiastica,  nia  il  suo  tentativo  re-  gente  e  di  denaro.  Altrettanto  fecero  i  prin- 
slò  deluso,  sì  percliè  inopportuno  e  s\  cipid'llalia,couie  la  faneseLuura  duchessa 
perchè  facevano  [»arte  di  quelle  fonda-  reggente  di  Modena,  che  inviò  un  reggi- 
mentali del  governo.  Lunghe  controver-  mento  di  looo  fanti  co'suoi  ufìlziali,  ol- 
sie  insorsero  pe'soppiessi  gesuali  e  giro-  tre  un  dono  di  5o,ooo  libbre  di  polvere, 
lamini  co'governi  di  Milano  e  di  Napoli,  Gente,  denaro  e  galeesomniinislrò  il  Pa- 
perehèalMdanononsi  volevanosopprimc-  pa,  dichiarando  suo  maestro  generale  di 
le  i  conventi  senza  il  consenso  regio,  come  campo  in  Caudia  Alessandro  Pico  duca 
tli  fondazione  regia,  ed  a  Napoli  per  non  di  Mirandola,  che  operò  valorosamente, 
volersi  convertire  i  conventi  in  couimen-  secondo  il  ftluratori.  Ma  il  Brusoni  nar- 
de  da  conferirsi  dal  re;  onde  le  vertenze  ra  che  Clemente IX  spedì  ancora  in  Can- 
si  protrassero  al  seguente  pontificalo.  La  dia  le  sue  galee  e  le  maltesi  sotto  la  cod- 
liberazione  di  Candia  essendo  il  princi-  dotta  del  generale  fr.  Vincenzo /i*o.y^/g'//o- 
pale  oggetto  de'[)ensieri  di  Clemente  IX,  si  suo  nipute,  il  quale  però  non  avendo 
Del  iHtJq  raddoppiò  i  suoi  ufllzi  a'  prin-  portato  che  gente  bastante  per  la  difesa 
cipi  cattolici  per  ottener  soccorso  in  sì  de'propri  legni,  non  potè  sbarcare  che  po- 
ingenle  bisognoa'veneziani.  A  muovervi  chi  uomini  in  soccorsodella  piazza  assedia- 
li re  di  Fi  ancia, creò  cardinale  Emanue-  la.  Vi  si  recò  pure  il  marchese  Francesco 
le  de  la  Tour  de'dtichi  di  Buglione  ;  e  lo  Villa  nuovo  sergente  generale  delle  Irup- 
spagnnolo  Luigi  Portocarrero  per  com-  pe  pontificie,  e  vennero  queste  accresciu- 
niacere  la  regina  di  S[)agna  nelle  dette  le  dalle  genti  della  Chiesa  levate  di  suo 
pendenti  controversie;  ma  I'  imperatole  ordine  nella  Dalmazia.  Morto  poi  in  quel- 
se  ne  oliese  pretendendo  che  nominasse  la  difesa  il  marchese,  il  Papa  gli  fece  ce - 
pure  il  personaggio  da  lui  designalo.  Pe-  lebrare  solenni  esequie  in  s.  Maria  Mag- 
io il  Pa[)a  si  ginslificòcon  dichiarare,  es-  giore,  come  a  vea  ordinato  altresì  per  Ma- 
ser libero  nella  creazione  de'cardinali,  e  zio  Mattei  di  lui  antecessore,  perito  pur 
non  esser  quella  la  promozione  delle  Co-  esso  gloriosamente  alla  difesa  di  Candia. 
ione,  altrimenti  egual  pretensione  ma-  Soggiunge  Muratori,  fa  creduto,  che  i  ve- 
nifeslerebbero  la  repubblica  di  Venezia,  neziani,  come  quelli  che  tenevano  sera- 
ed  i  redi  Portogallo  e  Polonia,  e  così  si  pie  un  ministro  senza  carattere  presso  il 
quietò  Leopoldo  L  Accudì  Luigi  XIV,  gran  visir  Achriiet  Kiuperli,  per  trattare 
per soslenimentodell'onoredel  nomecri-  di  pace,  avrebbero  potuto  ottenerla  eoa 
stiano  contro  gl'infedeli,  ad  allestire  un  buonecondizioni, cedendola  citlàdi  Can- 
corpo  d'8,ooo  combattenti  (5,ooo  dice  dia,  e  ritenendo  la  mela  dell'  isola  ;  ma 
YArle  di  verificare  le  date),  con  pode-  dall'aspeltodi  tanti  soccorsi  speranzati  di 
rosa  flotta,  dandone  la  condotta,  come  trionfare  non  seppero  indursi  a  conve- 
riferisce  Muratori,  al  duca  di  Beaufort  nirvi.  Per  tutto  il  restante  del  verno  e  per 
grande  ammiraglio  e  al  duca  di  Noailles  la  priniavera  continuarono  i  turchi  con 
o  Navailles.  Ed  allineile  alle  violenze,  che  incessante  furore  a  sempre  più  avanzare 
contro  il  diritto  delle  genti  soleva  prati-  i  loro  lavori  sotto  Candia,  contrastando 
care  la  Porta,  non  rimanesse  esposto  il  però  loro  i  valorosi  cristiani  ogni  pabno 
suo  ambasciatorea  Costantinopoli,  spedì  di  terreno  con  vicendevole  spaigiinento 
3  vascelli  a  levarlo  di  là,  benché  poi  il  di  sangue.  Tante  e  tali  furono  le  meuio- 
niinislro  vi  restò  per  le  lusinghe  de'tur-  labili  azioni  di  guerra,  e  sopra  tutto  di 
chijoperuou  perdere  il  lucroso  impiego,  questo  arrabbiato  assedio,  che  hai»  servi» 


V  E  N  V  E  lN                   539 
to  (l'aigomento  a  più  libri  sloiici.  A'iT)  re,  benché  si  disse  che  i  giannìzzeri  pre- 
giugno pervenne  a  Candia  la  flolla  fraii-  sentassero  fra  l'altre  anche  la  di  lui  testa 
cese,  composta  di   i3  galee,  14  vascelli,  al  vi>ir,  come  monumento  di  loro  villo- 
4  navi  incendiarie  e  5o  legni  roir)ori,  ria-  ria.  Vi  morirono  pure  (io  bravi  genliUio- 
nimandola  speranza  degli  assediali.  Ti  o-  mini  francesi,  5.\.  ulfiziali  riformali,  e  al- 
varono  i  francesi  in  un  oiiserabile  sialo  cune  centinaia  di  soldati.  Il  duca  di  Na- 
ia ciltà,  prese  da'iuichi  tulle   le  forlifi-  vailles  avvilito  da  questa  vergognosa  di- 
cazioni  eslcrioii,  formule  grandi  breccia  sfalla,  malgrado  le  preghiere  ilei  Moro- 
alle  mura,  e  il  tutto  in  manifesto  perico-  sini,  imbarcale  il  resto  di  sue  genti,  a'20 
lo  di  cadere.   Intanto  nel  corso   di  tanli  agosto  fece  vela  per  Francia,  seguendolo 
mesi  avea  Francesco  Morosini  rilardato  non  poca  gente  del  veneto  presidio,  a  di- 
la  presa  di  Gaudio,  facem'.o  tutto  quello  scapilo  della  [)iazza.  Anzi  il  duca,  trovato 
che  si  [)oteva  attendere  dalla  sua  abilità,  in  viaggio  il  signore  di  Deaufniit  o  Reila- 
dalla    sua  prudenza  e  dal  suo  valore.    Il  fonte,  come  lo  chiama  il  Muratori,  che  di 
racconto  delle  gesle  di  tale  illustre  guer-  Francia  cooduceva  altri  i5oo  fanti,  non 
riero  colpiva  'ulta  l'Euiopa  d'amuiua-  giovò  a  fermare  i  suoi    passi;  contegno 
zione.  In  com  critica  e  deplorabilesitua-  che  in  Francia  fu  altamente  biasimalo, 
zione,  Catidia  non  domandava  nella  di-  con  divieto  di  presentarsi  a  córte,  ed  e- 
fesa  meno  valore,  che  prudenza,  unità  d'a-  gli  si  scusava  di  non  esser  stato  seconda- 
zione,  pei  fello  accordo  ne'comandanli;  i  to  dal  INIorosini,  allrimenli  in  quel  gioi- 
bellicosi  francesi  in  vece  precipitarono  la  no  Candia  sarebbesi  oberala  diill'iissedio. 
cosa.  Imperoccliè  contro  l'opinione  del  S'incolpò  pure  il  [Morosini  di  segreteinlel- 
capilano  generale  Morosini  e  del  marche-  ligenze  per  pacificarsi  co'turchi,  opeige- 
se  di  Moiilbi  un  o  Mambrun,  non  vollero  losia  che  da  un  fallo  potesse  venirne  glo- 
perder  tempo  a  fare  una  sortita  ne'sianci  ria  a'soli  francesi.  Si  vuole  scusare  il  iVa- 
del  loro  naturale  impelo.  Pertanto  la  not-  vailles,  per  aver  conosciuto  rimpos>ibili- 
te  precedente  il  2t  giugno,  allo  «puntar  tàdi  fare  ullei  iore  resÌNteiiza  alle  miriadi 
dell'alba, usciti  dalla  piazza, con  indicibile  succedeulesi  de'lurchi.  Erano  già  perve- 
ardore  si  spinserocontro  lenemiche  trin-  nule  a'3  luglio  a  Candia,  scri\ e  ÌNbuato- 
cee,  superando  l'una  e  poi  l'altra.  Tale  li,  le  suddette  galee  ausiliarie  del  l^apa  e 
terrore  entrò  ne'lurchi  che  rovesciati  in  altri  principi,iu  numerodi  ayjComandate 
ogni  parte  non  tennero  più  fermo,  e  già  dal  bali  Vincenzo  Rosj>igliosi  nipote  del 
arrivato  il  grosso  de'francesi  alle  loro  bat-  Papa.  Eravi  già  pur  giunto  a'arì  giugno 
terie,  faceva  apparire  facile  la    vittoria  ,  il  dura  tiella  Mirandola  colle  mdi/ie  pon- 
quamlo  giunti  al  deposito  delle  polveri,  tifìcie  di  terra  e  del  duca  di  Abnlena,  le 
preso  fuoco  due  barili  di  esse  all'improv-  quali  idtime  [lerò  lidoltea  soli  700  uomi- 
\iso,  e  saltali  ben  So  francesi,  bastò  que-  ni  pe'disagi  patiti  nel  viaggio.  Ma  infieriti 
sto  perchè  tulli  gli  altri,  credendo  mina-  sen)prepiù  i  turchi,  raolliplicarono  leof- 
li  que'  siti,  couq»re>i  da   panico  timore,  fesc  e  gli  assalti,  di  moilo  che  ormai  era 
spaventati  e  disordinati  fuggirono  verso  disperala  la  sui  le  della  nusera  città,  es- 
|a  piazza,  senza  che  gli  udlziali  li  potes-  sendo  circondata  da  4", 000  di  loro.  Fu 
sero  ritenere.  Allora  i  turchi,  ripreso  co-  perciò  stabilito  di  convenire  a  onorevole 
raggio,  si  .scagliarono  addosso  aTrancesi,  pace,  per  salvare  in  tanto  nanfiagio  il  più 
inseguendoli  sino  alle  porle  della  città,  che  si  potesse.   Il  lios[»igliosi  scorgendo 
Si  vuole  che  nel  conflitlo  perissero  i  5oo  inutile  la  difesa,  giudicò  a'  29  agosto  di 
turchi.  Certo  è  chi  vi  lasciò  1 1  vita  d  du-  far  vela  [)el  Mediterraneo.  Do[)o  di  che, 
ca  di  Beaufort,  senza  sapersene  il  modo,  nel  giuiuoseguente  (oa'4*clleinl)re),  ve- 
ne che  fosse  avvenuto  del  suo  cadave-  deudusi  gli  assediali  senza  risorse  e  de- 


'^)/\o 


V  L  N 


Icirninanclo  capilolare,  il  Morosini  fece 
inalberare  bandiera  bianca,  inviando  due 
iiOiziali  al  gran  visir  deputali  a  entrai' 
seco  in  negoziazione  per  la  resa  di  Can- 
dia,  terminare  la  disastrosa  lotta  e  venire 
a  concordia.  Gli  articoli  di  questa  furono 
sottoscritti  a'G  selteiubre,  per  cui  fu  ce* 
duta  a' turchi  la  contrastata  città,  a'i6, 
dopo  due  anni  e  5  mesi  del  più  sangui- 
noso stretto  assedio  del  visir,  divenuta 
no  ciniiterio  di  mortali  e  un  orrido  spet- 
tacolo di  desolazione;  e  restarono  in  po- 
tere de' veneziani  nell'isola,  le  sole  for- 
tezze di  Suda,CarabusoeSpinalonga  co' 
loro  territorii,  e  Glissa  con  altre  terre 
acquistate  in  Dalmazia  e  Albania.  Fu 
contesso  a'veneziani  il  portar  via  da  Can- 
dia  le  milizie  e  i  cittadini  cbe  non  voles- 
sero rimanervi,  con  tutti  i  loro  bagagli, 
viveri  earmi.  Si  crede, che  nel  solo  iGGq, 
i  veneziani  e  loro  genti  morti  o  divenuti 
invalidi  ascendessero  a  i  1,000.  Per  ul- 
teriore disgrazia,  perirono  poi  per  bur- 
rasca di  mare  molli  di  que' legni,  che 
conducevano  il  valoroso  presidio  e  gli  a- 
bilanti  dell'infelice  città.  Si  salvò  e  poi  tò 
a  Venezia  la  miracolosa  immagine  della 
B.Vergiue,  che  con  gran  venerazione  era 
Della  cattedrale  di  s.  Tito,  la  (|uale  dipoi 
con  decreto  del  senato  fu  collocata  nella 
chiesa  della  Salute,  per  doversi  esporre 
nella  festa  della  Presentazione,  con  isla- 
bilire  tal  giorno  2  i  novendjre  per  annua 
visita  votiva  a  piedi  del  doge  col  corpo 
sovrano.  Sono  concordi  le  testimonianze 
che  la  terribile  contesa  di  questa  piazza 
è  costata  la  vita  di  108,000  turchi,  e 
3o,ooo  cristiani,  né  manca  chi  sostiene, 
a  confessione  de'turchi,  aver  questi  per- 
duto 200,000  uomini.  Tutto  fu  portato 
via  da  Candia,  sì  dalle  chiese,  si  da'pub- 
blici  stabilimenti,  sì  dalle  privale  abita- 
zioni, comprese  le  monache  e  i  religiosi, 
e4,ooo  abitanti  che  seguirono  la  sorte  de' 
combattenti  seco  recando  tutte  quante 
le  loro  sostanze.  Quindi  di  Candia  non  ri- 
.musecheuno  scheletro  colle  mura  squar- 
ciale per  lo  scoppio  di  i  364  mine,  '"^'^" 


V  EK 
paci  perciò  di  più  servire  a  difesa,  ed  or- 
rendamente lorde  dal  sangue  di  tante 
n)igliaia  di  vittime.  Quesl'  ultimo  fatto 
descrive  Casoni.  »  Ma  dopo  nuovi  in- 
auditi cimenti,  diminuito  il  numerode' 
guerrieri,  dalle  militari  fatiche  e  dalle 
malattie,  ridotta  Gandia  ad  un  cutuulo 
d'insanguinate  rovine,  rovesciata  ogni 
barriera,  su  cui  tener  piede  fermo,  esau- 
rita quindi  ogni  speranza  di  più  lunga 
resistenza,  cessero  i  veneziani  quella  piaz- 
za li  6  seltcuibre  iGGq,  dopo  i5  anni 
di  guerra,  uia  a  condizioni  tanto  onori- 
(ìche  per  cui  le  stesse  europee  potenze, 
oltre  Luigi  XIV,  spedirono  ambasciatori 
alla  repubblica  onde  far  manifesto  lo  stu- 
por  loro  per  cosi  inatteso  avveniuiea- 
to".  Tale  fu  l'esito  dello  strepitoso  asse* 
dio  di  Candia, con  gravissimo  danno  del- 
la repubblica  di  Venezia,  ma  insieme  con 
inimortal  sua  gloria,  per  averne  si  luu- 
gamenteecon  tatilo  eroisuìo  disputato  al- 
la formidabile  potenza  diTurchia  l'acqui • 
sto;  a  vendo  quasi  solaguerreggiato,speri- 
mentata  ogni  crudeltà  deg^i  clementi,  e 
dato  provedi  magnanimità, destrezza, pa- 
zienza e  costanza.  Pvicevetle  gratulazioni, 
uscita  dalla  tremenda  lotta, da  quegli  stes- 
si ch'erano  stati  semplici  spelialori  0  de- 
boli socconitori.  Portatone  il  doloroso 
annunzio  a  Venezia,  un  contemporaneo 
che  vi  si  trovò  presente,  racconta  Mu- 
ratori, che  gli  parve  di  vedere  il  di  del 
finimondo;  tanti  erano  i  gemiti,  le  la- 
grime, gli  urli,  la  generale  desolazione. 
11  popolo  fanatico  e  irragionevole,  dopo 
tante  perdite  e  nuova  vendita  di  nobiltà, 
dopo  tanti  sagridzi  ,  procedeva  per  la 
città  deplorando  la  grande  sciagura,  vo- 
mitando spropositi  contro  la  Provviden- 
za, maledizioni  contro  i  turchi,  e  villa- 
nie senza  fine  all' invitto  e  benemerito 
]Morosini,chiaiuaudoloadalte  voci  tradi- 
tore, per  imputargli  la  perdita  della  città 
e  per  non  aver  voluto  sostenere  il  felice 
.11  dire  della  sortita  francese.  Guai  sequei- 
r  illustre  generale  fosse  allora  giunto  in 
Venezia,  tra  un  popolo  cosi  iufurialo. 


VEN 

Al  ilolore  si  aggiungeva  la  paura,  clie  i 
turchi  solili. a  non  Qiantener  la  fede  giu- 
rata, vetiendo  esausta  e  ubbandonata  la 
repubblica,  non  si  prevalessero  di  que- 
ste circostanze  per  piombare  su  di  essa 
e  annichilirla,  Ma  volle  Dio,  che  a  que- 
sta pace  si  acquetasse  il  loro  orgoglio,  od 
anche  stanchi  da  tante  pugne,  per  allora 
non  molestassero  i  veneziani.  Francesco 
RJorosiui,  quantunque  ferito,  non  avea 
mai  rallentato  il  suo  ardore:  abbando- 
nato dagli  ausiliari  e  ridotto  alle  sole  sue 
forze,  scemate  dalla  peste  e  dal  ferro  ne- 
mico, sostenne  per  ultimo  un  assalto  ge- 
nerale e  gli  liujcì  di  respingere  i  turchi, 
già  padroni  d'una  parte  delle  mura  ;  al- 
la fine  gli  fu  forza  capitohre,  per  salvar 
gli  avanzi  della  disgraziata  popolazione. 
Il  gran  visir,  pieno  di  stima  per  Moro- 
sini,  gli  accordò  le  condizioni  più  onore- 
voli, fece  anzi  dono  alla  guarnigione  di  4 
cannoni  di  bronzo  de'  1 4o  cui  avea  diritto 
di  portar  via.  Il  prode  JMorositii  parli  da 
Candia  a'27  settembre  i66f)  con  i  5  ba- 
stimenti e  circa  i\o  barche,  che  basta- 
rono per  trasportare  i  deboli  avanzi  «Iel- 
la guarnigione,  ed  ì  miseri  abitanti  di 
Candia,  co*  loro  beni  e  tulli  gli  oggetti 
del  culto.  Giunto  a  Venezia,  fu  denun- 
zialo nel  gran  consiglio,  per  aver  tratta- 
to con  Achmel  Riiipc  rli  senza  1' auto- 
rizzazione <lel  senato.  11  INIorosini,  come 
ogni  altro  generale  supremo,  pole\a  se- 
gnare una  convenzione  militare;  non  per 
altro  un  trattalo  di  pace,  per  cui  non 
avea  ricevuto  alcun  potere  dal  suo  go- 
verno. Antonio  Correr,  uomo  andjizio- 
s<»,  ed  invido  d'una  gloria  a  cui  non  a- 
Mebbe  [)oluto  [ler  alcun  modo  aspirare, 
eletto  presso  a  [)oco  in  fpiel  torno  avo- 
g;jdor  del  comune,  gì'  intentava  l'accu- 
ì>a  ;  e  piima  ancora  che  si  aprisse  il  pro- 
ccì^o,  pretendeva  avesse  «'gli  a  depone 
la  veste  di  procuratore  di  s.  Marco,  nella 
sua  assenza  concedutagii  in  pieinio  de' 
suoi  luminosi  servigi.  L'  eroe  fu  obbli- 
galo a  costituirsi  prigioniero;  ed  il  po- 
polo, a  cui  fu  rappreseulolo  con)e  un  tra- 


V  E  IV  Jii 

ditore,  si  adtmò  in  tumulto,  per  chiede- 
re la  sua  testa.  Ma  una  voce  elo(juente, 
quella  del  patrizio  venelo  Giovanni  Sa- 
gredo,  ragguardevole  per  talento  e  coo- 
siglio,  osò  sorgere  e  solo  assumerne  le 
difese:  la  sua  facondia  franca  e  corag- 
giosa sospese  la  decisione  del  senato,  e 
finì  con  imporre  il  silenzio  all'invidia, 
conservandosi  al  Morosini  la  dignità  tli 
procuratore  di  s.  Marco,  e  di  cui  i  ma- 
ligni pretendevano  spogliarlo.  Vi  con- 
ti ibui  ancora  la  vigorosa  eloquenza  del 
senatore  Michele  Foscarini,  altro  beli'  in- 
gegno, traendo  il  Morosini  illeso  da  quel 
pericoloso  cimento.  Perciò  furono  pub- 
blicate: Orazioni  di  Antonio  Corrtr  e 
Giovanni  Sagredo  delle  nel  gran  con- 
siglio di  Venezia  l'anno  1670.  Vene- 
zia tipografìa  Alvisopoli  i833.  Il  Sagre- 
dò  avea  pubblicato  le  sue  Memorie  i.ito- 
ric.lie  de  DJonarehi  Ollnvtani.  Scrisse 
pure:  Tratlato  dello  s lato  e  del go\-cr- 
no  di  Venezia.  Il  Foscarini  di  poi  dal 
consiglio  de' Dieci  fu  dichiarato  storio- 
grafo della  repubblica,  «lupo  la  morte  di 
Battista  Nani,  perchè  in  sua  vece  conti- 
nuasse la  Storia  di  f'enezia,  incomin- 
ciata dal  cardinal  Pietro  Bembo,  e  pro- 
seguita da  altri  storici,  di  cui  il  Nani  era 
stato  r  ultimo.  Morosini  dunque  cede 
Claudia  quando  ogni  tilteriore  resistenza 
era  divenula  im[iossil)ile,  e  colla  pace  co' 
turchi  provvide  agl'interessi  di  sua  pa- 
tria, molto  meglio  che  non  avesse  potuto 
fare  colle  armi,  come  giudica  il  conte 
Girolamo  Dandolo,  La  caduta  della  re- 
puhhlica  di  J  enezia.  Pervenuta  anche 
n  Roma  l'infausta  nuova  della  cessione 
di  Candia,  riempi  d' allanni  e  lamenti 
tutta  la  corte  e  la  città,  veilendo  manca- 
to un  fortissimo  propugnacolo  della  cii- 
stianità  contro  gl'insaziabili  turchi;  ma 
sopra  gli  altii  se  ne  alllissc  Clemente  IX, 
fhe  tanto  erasi  adoperato  per  sostenere 
Candia,  disgustato  con  quelli  cui  avea 
heneficali  per  obbligarli  a  cooperare  alla 
sua  conservazione,  couio  osserva  il  Dru- 
soui  ;  perde  la  «juiete  dell'animo,  anche 


542  V  E  N 

il  sonno  flcgli  ocelli,  e  già  prosfrato  dnl 
male,  finì  eli  vivere  ii'g  dicenibre  iG()(). 
Nelle  Profezie  sui  lotiinni  Pontefici  at- 
tribuite a  s,  ]\I.ilocIiia,  questo  Papa  ve- 
niva ilesign.itocol  molto:  Sidiif;  CHoriiiìr, 
cioè  la  Stella  flc' Cileni.  Fra  le  interpro- 
tazinni  date  a  tal  preteso  vaticinio,  vi  è  il 
seguente  epigramma  nella  Brei'is  notìlìa 
Boniaiioriini  Ponli/ìciini  dal  lìurio.  Ciir 
Papati]  hiinc dirai  fllalachras Sidus  OIo- 
rum  -  Diit?ì  vixil  poliiit  (licere  lìeiuo 
bene.  ■  Sed  mors  explicuit.  Curii  Caiidia 
perdita  Papne  •  Elicttif  gemilitm,  nonne 
Ohi'  ijìse  fidt?  -  Ut  moriens  modula- 
tur  Olor,  sic  Candia  eidem  -Non  'no- 
duli, al  geiìiiluscausaque  inortiserat.  - 
Sicriierof^olyiiìaiìi  lugc/is  Urbanus^lW^ 
ohivitj  -  Coii<it(inliiìopoliin  sic  Nicolac 
[\) gemisj-  Lucius  (11)  Edessani  sic  In- 
xcrat  ante  Secundus;-  Planxisti  ainis- 
sam  sic  Adriane{\'  I)  Rhoduui.  -  Nescio 
vur  fuerit  vivens  hic  Sidus  Olorum,  - 
Hoc  scio,qiiod  lìioriens  Stella  doloris  e- 
rat. — Daullinjo  i  cristiani  di  Candia, co- 
me altri  della  Turchia,  insortì  contro  i 
musulmani  loro  oppressori, hanno  sos[)e- 
sole  ostilità, ma  non  sono  {piieti,ed  un  im- 
previsto accidente  può  far  scoppiare  ter- 
ribilmente nuova  lolla,  che  f(jrse  non  ter- 
minerebbe che  collo  slerininio  de'crislia- 
ni  o  de'  turchi.  I  cristiani  hanno  a  loro 
favore  il  diritto,  che  il  regnante  sidlano 
ha  riconosciuto  e  proclamato  coli' Haiti 
Humaium,  Sventuratamente  gli  ordini 
suoi  sono  ricevuti  in  ginocchio,  ma  poi 
non  curali  all'alto.  !Ma  i  cristiani  ne  ilo- 
mandano  ralluazione,sentono  la  loro  for- 
za e  sono  tutti  armati,  anche  i  fanciulli 
e  i  vecchi.  Dall'  altro  canto,  ridestatosi 
l'antico  odio  de'crudeli  seguaci  di  Mao- 
metto ner  lirannei'i'iare  i  veneratori  del- 
la  Croce,  ormai  l'ira  de'mUsulmani  con- 
tro i  cristiani  si  va  sempre  più  mostran- 
do nelle  varie paiti  dell'impero, e  special- 
mente in  (|uelle  dove  avendo  poca  forza 
il  sultano  può  più  bberamente  sfogarsi  il 
brutali;  fa:iatismo  turco.  Però  trenìino 
e  seriaincule  pensino,  che  sono  mutali  i 


YEN 

lcm[)i  !  E  già  da  un  pezzo,  che  quell'an- 
tico Icriore  del  nome  cristiano  non  si 
mantiene  in  vita  che  per  condiscenden- 
za delle  varie  potenze  cristiane, o  per  me- 
glio dire,  [)cl  geloso  timore  d'ognuna  di 
esse,  che  Coslantmopoli  non  divenga  pre- 
da di  una  di  loro.  Gli  affari  della  Tur- 
cliia,  per  quanto  svolsi  in  quell'articolo, 
e  per  quanto  avvenne  dopo,  e  di  recen- 
te nella  Scrvia,  in  Moldavia  eValacchia, 
s' iudjrogliano  ogni  giorno  più  dopo  la 
guerra  d'oriente  fatta,  a  quello  che  di- 
ceasi,  per  assicurare  alla  Porta  il  suo  seg- 
gio al  celebre  convito  delle  nazioni  civili. 
In  pressoché  ogni  punto  del  suo  territo- 
rio o  accadono  o  si  temono  scrii  disor- 
dini contro  i  cristiani,  e  Dio  sa  cpiali  con- 
seguenze produrraimo,  quale  sarà  la  sor- 
te della  Turchia  europea,  quella  i\e  Vi- 
cariati apostolici  (P-)  de'  cristiani,  ed 
almeno,  quale  quella  di  Candia  !  Non  vo- 
glio intanto  tacere.  Più  volle  furono  os- 
servate le  viste  del  gabinetto  inglese  su 
Candia.  Iiivece  è  nolo,  e  lo  conoscono  gli 
stessi  inglesi,  che  non  solo  i  tessali,  gli 
epiroti,  i  jouli,  ma  anche  i  candioti  de- 
siderano ardenfejnente  l'imione  co'liberi 
greci  loro  fratelli,  sebbene  ubbidiscano 
a  podestà  straniera,  ma  non  turca,  da 
cui  si  emanciparono.  —  Nel  i  670  eletto 
Clemente  X,  /altieri,  la  sua  famiglia  ven- 
ne aggregata  al  patriziato  veneto.  Nel 
1673  dovendo  creare  un  cardinale  sud- 
dito della  repubblica,  nella  prouìozione 
delle  Corone,  essendo  pressalo  per  molli 
individui,  dipoi  scelse,  senza  che  lo  pen- 
sasse, il  procuratore  di  s.  Marco,  Pietro 
Basadonna,  stato  ambasciatore  in  Pioma 
nel  pontificalo  d'  Alessandro  VII.  Nello 
slesso  167  3  essendo  la  Polonia  guerreg- 
giata da'  turchi,  si  collegò  collo  czar  di 
Piussia,  e  le  due  potenze  invitarono  ad 
entrarvi  il  senato  veneto,  il  quale  soltan- 
to disse  al  loro  ambasciatore  belle  paro- 
le, cioè  quelle  stesse  cheaveanoa  lui  ri- 
sposto i  polacchi  ei  russi,  quando  si  tro- 
vava in  tante  angustie  per  Candia.  Al- 
l'incontro,  il  re  chiamato  Cristianissi- 


YEN  V  E  N  543 
mo,  per  opprimere  l'imperatore,  riiino-  ro  rappresenlanli,che  in  piena  seduta  del 
TÒ  alleanza  più  stretta  che  le  piecedeiiti  collegio  rnaiiifestarono  ai  nuovo  piinci- 
col  sullaiio  ."Maometto  1\'.  lu  Roma  per  pe  la  generale  esultanza  tle'popoli  pel  ili 
le  gabelle  insorse  grave  scissura,  nell'a-  lui  avveiiiiDcnto.  La  cuni[);irsa  di  «piesti 
bolirsi  l'esenzione  e  per  esserne  stati  pri-  messaggeri  venne  eseguila  con  pubblici 
vati  gli  ambasciatori.  Si  riunirono  l'ini-  apparati  di  magnificenza  e  con  isfarzo  di 
periale,  il  francese,  lo  spagnuolo,  il  ve-  addobbi  lungo  le  strade  anco  per  parte 
lieto  per  sostenere  le  loro  preiogative,  e  de'citladini  e  singolarmente  de'bolle- 
dopo  vari  maneggi  ne  furono  nintegra-  gai.  Pi  1  fiorito  colla  pace  il  coinniercio,  e 
ti.  Nel  memorabile  dogado  di  Domenico  con  ciò  aumentale  le  rendite  del  pubblico 
Conlarini,  l'arrivo  in  Venezia  del  duca  eraiio,si  pensò  a  rendere  sempre  più  sod- 
e  duchessa  di  Modena,  e  del  cardinal  lii*  disfacente  il  soggiorno  di  Venezia;  die- 
naltlo  d'Este  il  seniore  loro  zio,  con  se-  desi  opera  al  nuovo  lastricato,  e  la  IMer- 
goito  di  cavalieri  e  di  dame,  diede  luo-  ceria  fu  la  1.' strada,  cui  all'aulico  pa vi- 
ge a  sontuosi  spettacoli  ed  a  fesle  nazio-  mento  di  mattoni  cotti  siasi  sostituito 
nnli.  Si  fece  corsa  di  galee  riccamente  il  selciato  con  pietre  di  macigno,  cb'ò 
addobbate,  vennero  regalati  nell'Arsena-  un  granitello  vulcanico  dc'colll  Euganei. 
le  con  un  rinfresco  di  100  bacini,  e  nella  Credutasi  troppo  austera  una  legge  coii- 
guerra  de'pugni,  animatissinto  speltaco-  Irò  i  debitori,  venne  a  richiesta  dei  doge 
lo  popolare, videro  ne'veneziaui  uu  saggio  alquanto  moderala,  e  si  stabili  che  d'ora 
di  militare  destrezza  e  di  coraggio. Mentre  innanzi  la  prigionia  loro  non  dovesse  ac- 
si  riordinava  la  pubblica  economia  della  cordarsi  per  un  debito  minore  di  ducali 
repubblica,  sbilanciata  per  le  tante  spe-  i5,  somma  che  ora  C(jrrisponderebbe  a 
se  della  passata  guerra,  mori  il  doge  Con-  franchi  47  '•  '^8  circa.  Poco  godè  il  doge 
larini  nel  gennaio  1675,  vecchio  di  più  Sagredo,pelsuobreve principato, de'gior- 
che  90  anni,  e  venne  sepolto  nella  chiesa  ni  di  felicità  e  di  quiete,  giacché  a'4  ago- 
di s.  Benedetto.  sto  1676  cesse  al  comune  destino.  Benché 
37.  Nicolo  Sagredo  CJ' doge.  Cava-  aggravato  dal  male,  non  erasi  abbando- 
liere  e  procuratore  di  s.  Marco,  era  stalo  nato  al  letto,  anzi  morì  slaudo  in  piedi, 
ambasciatore  a  Filippo  IV  re  di  Spagna,  Forse  volle  imitare  Vespasiano,  ciò  ohe 
indi  a  Vienna  all'imperalore  Ferdinan-  non  riuscì a'Papi  Paulo  IV  e  Sisto  V, ben- 
do 111  ;  lo  fu  pure  straordinaiio  a  Roma  che  ne  avessero  il  desiderio.  Il  suo  corpo 
nel  i67"j  per  l'esaltazione  di  Alessandro  venne  tumulato  nell.t  magnifica  ca|)pcllii 
VII.  Tornò  a  Vienna  nel  1  018  onde  pre-  gentilizia  di  sua  famiglia,  in  s.  Francesco 
slare  omaggio  al  nuovo  imperaloreLeo-  della  Vigna, con  cenolafio.- —  /^"',t'  Con- 
poldo  1  ;  e  così  pure  a  R.oma  per  impe-  larini  CTI  doge.  Un  avvenimento  inso- 
trare  aiuti  contro  la  potenza  ottomana,  lito,  o  almeno  da  gran  tempo  non  vedii- 
Ebbe  pili  volle  il  carico  di  riformatore  to,die'molto  a  discorrere,  e  Io  riferiscono 
dello  studio  di  Padova,  ed  in  queste  e  al-  Muratori  e  Casoni.  Negli  scrulinii  [>ei' 
tre  impnitanlissime  magistrature,  in  pa-  l'elezione  del  successore  al  doge  del'unlf), 
tiia  e  liuiii  sostenute  con  avvedutezza  e  avea  ollenulo  maggior  suifiiigifj  di  voti  il 


or> 


politica  cautela,  diede  mai  sempre  saggi  di  lui  fratello  Giosanni  Sagredo,  lodato 

di  somma  perizia  e  tli  sommo   zelo  nel  più  sopra  ipial  difensore  edlcace  di  Moro- 

servire  alla  patria  ;  per  la  qual  cosa  si  me-  sini,  cavaliere  e  procuralore  di  s.  Marco, 

rito  il  supremo  degli  onori,  nell'essere  in  confronto  di  Gio.  Ballista  Nani,  di  An- 

elevato  al  dog.ido  a'G  febbiaioi  G75.  Al-  Ionio  Grimani  e  ili  Luigi  Mocenigo;  ma 

l'annunzio  di  tale  elezione,  fecero  a  gara  non  piacque  lai  nomina  ne  al  consiglio 

le  città  suddite  d'inviare  o  Venezia  i  io-  maggiore,  vero  corpo  sovrano  della  re* 


544               V  ]■:  i\  V  E  s 

pubblica,  ne  q  parU;  del  volgo,  die  la  in-  reiezione  del  vSnmeilu ;  il  peicliè  rlnssiin- 
tc'secon  aperta  disapprova7,ione,nn2Ìviir)-  li  i;!i  scrtilirtii,  a'  ^G  ai^oslo  1676  ^e^^ò 
le  Muialfìti,  segnilo  (.UW /irle  di  veri//-  elello  do^e  Luigi  Coiilaiini  cavaliere  <; 
rare  le  finte,  che  annunziato  dal  balcotie  procmaloie  di  s.  iMuco.  Era  morto  Cle- 
il  nome  di  Giovanni  Sagiedo  nuovo  doqe,  mente  \,  onde  a'?,  i  settembre  gli  fu  sar- 
ai folto  popolo  radunato  nella  piazza,  co-  rogato  InnocenzoXI  Odescalchi  di  Como, 
ininciarono  non  pochi  dell'  infima  pldje  clie'sebbene  contrario  al  nepotismo,  sino 
a  gridar  con  alte  voci:  JYol  volenio  ;  e  a  tentarne  l'estinzione,  pure  permise  die 
CI eblie  appresso  a  dismisura  il  tumulto,  il  nipote  d.  Livio  Ibsse  dalla  repubblica 
Allora  i  soggi  del  gran  consiglio  giudi-  ascritto  colla  sun  fimiglia  al  patriziato 
caiono  meglio  di  non  approvarne  l'eie-  veneto.  Dice  il  Novaes,  che  questo  Papa 
zione,  onde  prevenirne  le  conseguenze,  facendo  osservare  la  disciplina  ecclesia- 
di  riguardarsi  come  non  fatta  e  di  prore-  stica  nella  Lombardia,  riformò  i  religiosi 
dere  ad  altra,  ricompensando  [)oi  il  Sa-  de'ss.  Gio.  e  Paolo  di  Venezia,  restituen- 
gredo  con  altri  principali  onori.  Scrisse  do  questi  alla  modestia  del  loro  abito, 
Weiss  nella  biografia,  (he  Giovanni  Sa-  che  cominciavano  ad  alterare;  [loichè 
gredo  fu  scello  per  sostituirsi  al  doge  fra-  sebbene  l'abito  non  f;iccia  il  monaco,  co- 
tello,  lua  i  potenti  nemici  che  avea  nel-  m'è  dilterio  antico,  certamente  esso  dal- 
I  ordine  della  nobiltà  riuscirono  a  fare  l'abito  si  conosce.  La  nobilissima  repub- 
«nnullaie  la  sua  elezione,  sotto  [)retesto  blica,  sempre  intenta  a  onorare  i  suoi  ge- 
ch'era  pericoloso  di  vedere  il  trono  duca-  nerali  defunti, in  detto  annoeresse  un  mo- 
le occupato  successivamente  da  due  fra-  numento  ad  Orazio  Farnese  nella  chiesa 
telli  (era  proibito  dall'anticlie  leggi,  già  di  s.  IMaria  .assunta  de' gesuiti,  la  cui  sta- 
rilerite,  ma  non  ostante  il  caso  era  avve-  tua  pedestre  ergesi  su  ricca  urna,  presso 
nutone'fratelli  Carbarigo).GIi  elettori  già  l'altare  maggiore.  Essendo  i  turchi  sem- 
annunziavano,  dall'alto  del  balcone  del  pre  turchi,  in  onta  della  pace  falla  nella 
publ)licf)  palazzo, tale  elezione,  allorché  il  durissima  cessione  di  Caiidia,  mai  In  se- 
popolo,  ficendo  uso  ad  un  tratto  d'un  di-  guito  cessarono,  con  sempre  nuove  ava- 
ritto  andato  in  disuso  da  lungo  tempo, gri-  nie,  di  portare  gravi  molestie  al  coiumer- 
tlòd'unanime  voce  che  non  lo  voleva.  La  ciò  de*  veneziani,  e  di  turbare  la  buona 
storia  confessa  che  Giovanni  Sagredo  non  intelligenza  de' baili  iu  Costantinopoli. 
era  immune  da  ogni  taccia,  e  che  la  sua  i*ensò  quindi  la  repubblica  di  valersi  di 
condotta  privala  poteva  in  parte  dar  mo-  prudente  misura,  e  ordinava  che  i  prò- 
livo  ad  un'esclusione  fin  allora  senza  e-  pri  legni  da  guerra  non  oltrepassassero 
sempio.  Pi  eso  Giovanni  da  risentimento  lo  stretto  de'Dardauelli.  Nel  i683  il  bai- 
per  tanto  affronto,  usci  di  Venezia  per  lo  Gio.  Battista  Donato  cercò  di  com- 
Don  più  tornarvi,  e  ritirato  in  una  cani-  porre  le  vertenze,  ma  il  tentò  a  pregiu- 
pagna  sulle  sponde  dell'Adriatico,  si  de-  dizio  del  decoro  nazionale,  per  cui  da 
dico  allo  studio,  e  nou  tardò  a  pubblica-  Costantrnouoli  fu  richiamato  a  Venezia, 
re  le  sumotentovale  ÌMemorie,  I5  di  cui  ove  dovette  rendere  stretto  conto  di  sua 
voga  dovette  consolarlo  della  sua  disgi  a-  condotta  davanti  gl'inesorabili  avoga- 
zia.  Lo  rivedremo  esaltalodalla  rara  gì  a-  dori  del  comune.  Tutlavolta  la  sua  mis- 
titudine.  Intanto  patrizi  e  popolo  divisi  sione  presso  la  Porta  non  fu  d'altra  par- 
in  palliti  sulla  scelta  d'  un  altro  doge,  te  infruttuosa,  poiché  ritornato  in  pa- 
già  slava  per  essere  turbata  la  pubblica  Iria  pubblicò  l'operetta,  Di-Ila  IcUcrd' 
tranquillità,  se  la  saviezza  del  senato,  mo-  tura  de'  turchi,  e  per  cura  d'altri  del 
t.eratrice  degl' interni  eventi,  nou  aves-  suo  seguito  comparve,  distribuito  in  3 
se  posta  iu  silenzio  e  come  nou  avveuula  volumi,    Piaggio  a  Coslanli/iopoli  del 


YEN 

jY.  H.   Ciò.  Datlisla- Donado,  e.l  an- 
tlie  iitia  Raccolta  curiosissima  di  adagi 
titrclu'schi,  in  lingua  italiana  e  Ialina  col 
testo  adonta.   A  turbare  la  quiete  dello 
stato  insorsero  gra\issinii  tiuiori  per  la 
peste,  che  dalle  regioni  del  Nord,  dilFu- 
sasi  pei'  la  Germania,  giunse  fino  alle 
frontiere  del  dominio  veneto,  ed  alla  di- 
ligenza e  fermezza  del  suo  governo  do- 
vette allora  l'Italia   tutta  la  propria  sa- 
lute. Frattanto  continuando  le  guerre 
ile'  turchi  contro  1'  iu:'[)eratore  Leopoldo 
I,  principalmente  a  dunuo  dell' Unghe- 
iia,confiu3ntecogli  stali  da  loro  occupali, 
concepirono  l'audace  disegno  di  conqui- 
stare \  ieuna  residenza  di  t|ueiraugu>to 
e  capitale  del  dominio  di  casa  d'Austria, 
onde  risarcirsi  da  non  poche  polite  scon- 
fitte. Il  Papa,  sempre  padre  comune,  a 
difesa  di  Jiciina  e  per  frenare  lo  spi- 
rilo coiiquiatalore  e  insaziabile  de'  tur- 
chi, a'3  I  marzo  1 683  si  collegò  coli'  impe- 
ratore mede>inio  e  col  cavalleresco  Gio- 
vanni 111  ledi  Polonia,  oltre  diversi  prin- 
cìpi di  Germania;  ,ma  lion  gli  liu^ù  pel 
suo  nunzio  di  Venezia  di  determinarvi 
la  repubblica,  cauta  questa  di  rouqjcrla 
nuovamente.  Dio  ascollò  le  preci  del  ve- 
neralrle  suo  Vicario,   e  Viemia  pel  va- 
lore di  Carlo  V  duca  di  Lorena,  cognato 
tleir  imperatore,  del  re  polacco  ede'com- 
battenti   fu   liberata  con  islrcpitosa  vit- 
toria a' 12  settembre;  sconfitta  che  riu- 
scì di  consolazione  anche  alla  repubblica, 
celebrando  l'av  venimenlo  il  senatore  Fi- 
licaja   col  canto  di  due  [)Ortenlose  cr.n- 
zoni,  una  delle  quali  comincia  con  (|ue- 
sli  versi  riferiti  dal   eh.  Casoni.  K  fino 
a  (filando  iiudli  ■  Fian  Signore  i  tuoi 
ser\<i  ?  e  fino  a  quando  -  De  i  barbarici 
insulti  -  Orgngliosa  ii  andrà  V  empia 
baldanza?   La   decadenza   della    Tur- 
chia, come  polenza  marillima,  avea  co- 
mincialo alla  [)erduta  battaglia  di  Lepan- 
to; la  sua  decutlenza  qual  potenza    unli- 
tare  e  conquistatrice,  data  dalla  disfatta 
di  Vienna.  Morì  il  doge  Contarini,  dopo 
regno  pacifico,  a' i  5  gennaio  iG84,  e  ven 
voi.  xcu. 


V  E  ìN 


545 


ne  riposto  presso  i  suoi,  in  monumento 
nella  3.'^  cappella  di  s.  Francesco  della  Vi- 
gna.— 3Iarc  Antonio  Giustiniani  CFJ[ 
doge.  Cavaliere  eseoi[)lare per  pietèi  e  sa- 
pere, il  cui  nome  esposto  al  rigore  de'so- 
lili  scruliuii  ottenne  pienissima  ailesìone, 
onde  fu  proclamato  principe  della  repub- 
blica a'  26  gennaio  1684.  La  pace  deri- 
vala dalla  perdita  di  Candia,  s'era  stata 
dolorosa  pe'veneti,  non  era  riuscita  di  pie- 
na sodd. sfazione  de'turclii,  quelli  rima- 
nendone sempre  incoiìsolabdi,questi  mal- 
contenti per  non  aver  potuto  conseguire 
l'intera  isola  che  agognavano,  avendo  do- 
vuto rilasciare  alla  repubblica  qu.dche  ca- 
stello e  (pi;ilche  porlo,  bensì  con  tributo 
die  1;»  umiliava;perciò  vigeva  il  germe  del- 
la discordia,  che  occulto  per  parte  de've- 
neziani  ne'dogadi  di  Sagredo e  Contarini, 
si  manifestò  in  questo  del  Giustiniani.  I 
veneti,  che  i!  turco  di  quando  in  quando 
avea  assaliti,  massime  in'Dalrnazia,  e  rico- 
verato i  corsari  in  pregiudizio  de'trafHci 
e  del  trattato,  crederono  di  prefittale  di 
loro  rotta  sotto  le  mura  di  Vienna  e  ven- 
dicarsi, eccitati  pure  dal  Papa,  non  ostan- 
te le  controversie  che  passavano  tra  loro 
e  narrate  dal  Muratori.  Imperocché  non 
volendo  Innocenzo  XI  più  soffrire  i  tan- 
ti disordini,  che  sì  di  sovente  accadevano 
in  Roma  per  le  Franchigie  pretese  da- 
gli ambasciatori  delle  potenze,  avea  di- 
chiarato a  lutti  di  volere  il  corso  libero 
della  giustizia  contro  de'  malviventi  e  di 
chi  faceva  contrabbandi.  Per  questo  i  ve- 
neziani aveano  richiamato  il  loro  amba- 
scialure,  ed  d  simile  praticò  il  Papa  col 
suo  nunzio,  il  quale  passò  a  Milano  sua 
patria.  Contutlociò,  prevalendo  ad  ogni 
altro  riguardo  il  bene  della  religione  e 
della  cristianità,  il  zelante  Innocenzo  XI, 
dopo  aver  spedito  nuovi  soccorsi  a  Leo- 
poldo I  ed  a  Giovanni  III,  di  nuovo  invitò 
la  re()ubblica  a  entrare  nella  lega  contro 
il  comune  neuìico.  Pertanto  si  slabiliiono 
a'j  marzo  1 084'  capitoli  riportali  dal  p. 
Bona n ni,  Nuniismala  Ponli/ìcum,  t.  2, 
p.  747,  col  mezzo  de'cardinali  protetto- 
si 


54G  V  E  K 

li  di  delle  potenze, e  dal  veneto  cardinal 
Pielio  Oltoboui  per  la  repubblica,  e  giu- 
rali in  mano  del  Papa   prolellore  della 
quadruplice  confederazione,  alla  (juale 
tjuesli  nel  seguente  anno   inviò  buona 
quantità  di  denari.  Dicevano  i  principali 
capitoli  :  "  Che  non  mai  si  facesse  pace 
co'luichi,  senza  l'assenso  del  Papa  e  de* 
3  collegali  Leopoldo  1,  Giovanni  III  e  re- 
pubblica di  Venezia,  die  la  lega  s'inten- 
desse solamente  contro  del  turco,  uè  sot- 
to qualsivoglia  pretesto  dovesse  estender- 
si ad  altro.  Che  ognuno  de'collegati  aves- 
se a  operare  dal  canto  suo  colle  maggiori 
sue  forze.  Che  i  luoghi  acquistati  o  ricu- 
perati fossero  di  quelli  che  prima  vi  te- 
nessero ragione.Che  quandoalcuno  di  lo- 
ro fosse  in  bisogno  dell'altrui  aiuto,  aves- 
sero l'obbligo  gli  altri  di  soccorrerlo  G<jlla 
possibile  unione  delle  loro  forze".  Quin- 
di la  repubblica  dichiarò  guerra  a  Mao- 
njelto  IV,  dopoché  erasi  sagacemente  ri- 
tirato da  Costanlinopoli  il  bailo,  travesti- 
to da  marinaro.  Fu  dichiarato  caj)itano 
generale  della  flotta  il  già  celebrato  Frau- 
. Cesco  Morosiui,  e  questa  fu  l'epoca  più 
Umiinosa  di  sua  militare  carriera,  poiché 
tante  furono  le  vittorie  che  riporlo,  quan- 
to il  numero  dell'imprese  a  cui  si  accin- 
se, narrate  ancora  dal  cav.  Brusoni  nella 
Fila  cV Innocenzo  XI.  Generale  dell'ar- 
mata di  terra  fu  deputato  il  conte  Nico- 
lò di  Strasoldo,  che  avea  militato  in  Un- 
gheria. JNel  mese  di  luglio  uscì  la  flotta 
■veneta  numerosa  di  24  navi  da  guerra, 
oltre  le  galee  e  altri   legni  minori,  ben 
guarnita  di  soldatesche,  di  viveri  e  d'o- 
gni munizione.  Ad  essa  si  unirono  5 ga- 
lee pontifìcie,  7  de'cavalieri  gerosoliuii- 
tani,e  4  del  granduca  di  Toscana,  certa- 
mente dell'ordine  di  s.  Slcfano  /,  otte- 
nute dal  Papa,  che  inoltre  somminislrò 
quel  denaro  che  potè  in  aiuto  de' veneti. 
Il  Rlorosini  nel  1684  cominciò  la  guerra 
con  l'espugnazione  del  forte  dell'isola  di 
s.  Maura,  l'antica  Leucade,  a'  6  agosto, 
fortezza  di  molla  considerazione,  dal  di 
cui  acquisto  dipendeva  anche  quello  di 


YEN 
lùtla  r  isola,  donde  i  veneti  ricevevano 
spesso  non  piccoli  danni, e  perla  vicinan- 
za all'isola  di  Gorfù,  e  pel  sicuro  asilo  che 
vi  tro.vavauo  i  corsari  turchi.  L'assedio 
fu  fiero,  ma  di  poca  durala,  poiché  dopo 
1 6  giorni  di  resistenza  fu  pattuita  la  resa, 
uscendone  il  presidio  di  700  soldati,  co' 
3,000  abitanti.  La  piazza  si  trovò  mu- 
nita di  126  pezzi,  e  vi  fu  lasciato  a  prov- 
veditore straordinario  Lorenzo  Venier, 
the  nell'assedio  avea  assistito  alle  balle- 
rie  e  poi  lauto  si  distinse.  Indi  si  tentò 
la  gagliarda  fortezza  della  Prevesa,  la 
quale  dopo  l'assedio  di  pochi  giorni,  per* 
dule  liille  le  difese  minori,  si  arrese  a 
condizione  di  potersi  ritirare  il  presidio 
di  200  uomini  e  i  5o  abitaali,  dove  gli 

piacesse.  Visi  trovarono  44  P^^^' *^'''^''"' 
none,  e  fu  aflidata  alla  custodia  di  Nicolò 
Lioni.  Si  occuparono  pure  Vonizo,  Sero- 
mero  e  altri  luoghi.  Le  cose  però  della 
Dalmazia,  ove  i  morlacchi  aveanooccu- 
[)alo  Duare,  non  procedevano  con  egual 
fortuna,  comandando  la  flotta  il  general 
Domenico  Mocenigo.  La  debolezza  de' 
turchi  dal  senato  conosciuta,  e  le  frequen- 
ti scorrerie  de'morlacchi  doveano  essere 
di  stimolo  al  Mocenigo  a  farequalche  im- 
presa, ma  il  resoluto,  gli  fu  sostituito  Pie- 
tro Vallerò,  che  nel  senato  avea  rappre- 
sentato con  eloquenza  i  vantaggi  che  po- 
tevano riportarsi  nell'Albania,  principal- 
niente  con  l'acquisto  di  Castel  Nuovo. 
Giunto  il  nuovo  generale  in  Dalmazia  e 
fatto  un  grosso  apparato  di  esercito,  col 
soccorso  di  4  galee  ricevute  dal  genera- 
lissimo Morosini,  si  portò  verso  Sing,  for- 
tezza lontana  \5  miglia  da  Glissa,  con 
fiducia  di  farne  il  pronto  acquisto.  Ma 
una  vigorosa  sortita  de'turchi  l'obbligò 
a  litirarsi  in  disordine. Passò  indi  alle  boc- 
che di  Cattaro  "per  tentare  l'impresa  di 
Castel  Nuovo,  però  senza  riuscita.  Trovò 
quelle  difìlcollà  che  non  s'era  immagina- 
to, che  l'obbligarono  a  piegare  altrove 
ilcammino,  essendo  già  la  stagione  avan- 
zata.Si  andò  a  fortificare  là  dove  il  fiume 
Nareola  si  divide  la  due  rami  nell'  ina- 


V  E  N 
boccalura,  e  questo  sito  fu  Ja  lui  ci'cJu- 
lo  oppoiluiio  per  erigervi  uu  forte  pei* 
molestare  i  turchi.  Itilanto  si  comballe- 
va  in  l  ngjicria  (articolo  che  con  i|ueIlo 
tli  Turchia  vauiiopuie  tenuti  presenti  in 
questa  lunga  guerra),  sotto  il  comando  di 
Carlo  V  duca  di  Lorena,  e  nell'assedio  di 
Euda.  ^el  iG85  nell'armata  veneta  di 
fanteria  militavano,  Alessandro  Farnese 
fratello  del  duca  di  Panna  ,  il  principe 
MaSiiniiliano  di  Cruuswick  alla  lesta  de' 
reggimenli  del  duca  suo  padre,  e  lra'n)ii|- 
ti  volontari  anche  Filippo  principe  di  Sa- 
voia. Alla  fluita  del  Morosini,  il  Pupa  spe- 
di 5  sue  galee,  oltre  somme  di  denaro  a' 
collegalij  8  ne  mandò  la  religione  di  Mal- 
ta, e  4  '1  granduca  di  Toscana.  Rivolte- 
si pertanto  le  mire  del  Morosini  al  Pelo- 
ponneso, oggi  chiamalo  Jlorea,  passò  al- 
l' assedio  di  Corone,  città  considerabile 
dt;llaMurea,  altre  volte  posseduta  da've- 
nezinni,  col  quale  acquisto  si  sarebbero 
fatti  sicuramente  uìaggiori  progressi  con- 
tro di  (jucllai.'  provincia  del  regno.  Ese- 
guilo felicemente  lo  sbarco,  e  ben  tiratele 
linee,  si  die  principio  all'assedio.  La  re- 
sistenza de' turchi  e  degli  abitanti  greci, 
e  la  comparsa  del  pascià  di  Corinto,  che 
avea  l'ordine  di  soccorrerli  con  un  eser- 
cito pili  numeroso  del  veneto,  fece  cono- 
scere che  l'impresa  riuscii  ebbe  molto  più 
didicile  di  quello  che  si  avea  immagina- 
to. Do[)o  varie  scaramucce,  giudicò  il  Mo- 
rosini, che  dalla  rolla  dell'esercito  turco 
dipenderebbe  la  resa  della  fortezza;  on- 
de accellalo  l'invilo  che  gli  face\a  il  ne- 
mico d'una  ballaglia  campale,  usci  dal- 
le lince  e  gliela  presentò  con  tale  risolu- 
zione, che  [jìù  s[)aventato  che  vinto  si  die 
il  neuiico  alla  fuga,  lasciando  in  poleie 
de'  veneti  il  campo  e  le  tende,  che  fornì 
assai  ricco  bottino  a'  vincitori.  Dopo  di 
questa  vittoria  si  tentò  l'ostinazione  de- 
gli assediali  perchè  si  arrendessero,  es- 
sendo siala  loro  levala  ogni  speranza  d'a- 
iuto. IMa  es-ii  che  couTidavano  nella  for- 
tezza del  lilo,  perchè  le  mine  e  l'artiglie- 
rie poco  nocumeulo  gli  recavauo,  dicUia- 


V  E  N  547 

raruno  voler  piullosto  seppellirsi  sotto  le 
rovine  della  città,  che  cedere.  Però  gli  as- 
salitori eoo  una  mina  di  200  barili  di 
polvere,  fatto  saltare  iu  aria  un  fortissi- 
mo torrione,  si  aprì  loro  larga  breccia 
tuttoché  di  salita  dilììcile  all' assalto  ,  il 
quale  intrapreso  l'i  i  agosto  e  vedendo  i 
lurchi  r  irreparabile  loro  perdita,  spie- 
garono bandiera  bianca  e  chiesero  accor- 
di. Mentre  si  maneggiava,  per  caso  for- 
tuito si  accese  una  iuischia ,  ed  allora  i 
veneti  credendoli  ingannati,  superando 
a  viva  forza  ogni  ostacolo,  dopo  3  ore  di 
combattimento  entrarono  nella  piazza, 
empiendola  di  rovine  e  di  morte,  sazian- 
dosi nel  sangue  e  nella  preda  la  vendet- 
ta. Più  di  3,000  turchi  perirono  pel  fu- 
rore de'soldali,  che  i  capitani  non  pote- 
rono frenare.  Tultavolla  si  giunse  a  pre- 
servarne i4oo,  de'quali  200  furono  con- 
dannati alla  galera.  Presi  128  cannoni, 
quasi  tulli  di  brouzo,con  abbondanti  mu- 
nizioni alicnentarie  e  da  guerra:  di  Co- 
rone ne  fu  dato  il  governo,  (jual  provve- 
ditore straordinario, a  Giorgio  Cenzon,  e 
come  ordinario  a  Giustino  Piiva.Si  segna- 
larono nell'impresa  il  niarchese  Corbooe, 
i  cavalieri  di  Malta,  ed  i  suddetti  pria- 
cipi  di  Savoia  e  di  Brunswick.  Né  qui  si 
fermarono  le  conquiste  del  general  Mo- 
rosini. Colla  presa  di  Corone  avea  egli 
creduto  obbligare  a  generale  rivoluzione 
i  popoli  (nainotti,  che  di  ciò  gli  aveano 
dato  speranza.  ìMa  essi  non  l'elfettuaro- 
no  per  la  vicinanza  del  capitan  pascià, 
che  a  un  tempo  lusingava  e  spaventava, 
e  per  le  molte  fortezze  che  li  dominava- 
no, oltre  l'incostanza  naturale  e  la  catti- 
va duezioiie.  Laonde  il  iMorosini,  rinfor- 
zalo da  3,000  sassoni  comandali  dal  du- 
ca Giorgio,  si  avanzò  verso  Calamala.  I 
mainolli  alla  comparsa  de'veneli  presero 
le  armi.  Venutisi  a  ballaglia  col  capitan 
pascià,  restò  scoulltto:  Calamala  apri  le 
porte  a'vincilori  e  fu  demolita,  per  me- 
glio progredire  airespiignazione  delle  for- 
tezze Chialafà  e  Passava  ,  che  tenevano 
io  soggeaioDe  i  taainoUi.  La  i."  di  delle 


548 


V  E  N 


piazze  >i  arrese  senza  conliaslo,  por  ope- 
ra tli  Paolo  iMacri  tlel  Zanle,  e  l'altr,! 
non  sostenno  la  comparsa  di  5oo  solda- 
ti ollremarini,  mandali  ad  occuparla.  Si 
contpìislarono  pure  Za:  nata,  GonieiiÌ7ze 
calili  Itioyhi.  Speditosi  felicemente  ilMo- 
losini  da  tale  ÌMi[)resa,  lasciò  per  prov- 
veditori ne' luoghi  di  nuova  coiifjuisla, 
Nicolò  Polani  a  Zarnala,  Bernardo  Dal- 
l)i  a  Chi  a  la  fa  ,  e  per  superiore  coman- 
dante di  tutta  la  provincia  Lorenzo  Ve- 
iiier,  cliein  ogni  occasione  avea  dato  gran 
prove  del  suo  valore,  e  indi  a  poco  fu 
promosso capitanoslraordinario  delle  na- 
■vi.  Divenuta  la  stagione  avanzala,  il  Mo- 
josini  si  ritirò  a  Corfù  colla  maggior 
parte  del  suo  navile,  avendo  dcslinalo 
alcuni  legni  con  parte  delle  milizie  a  sver- 
nare a  s.  Maura  e  al  Zante.  Diversa  pe- 
lò fu  la  riuscita  dell'armi  veneziane  in 
Dalmazia.  Sotto  la  direzione  del  general 
Vallerò,  tentossi  invano  i'  espugnazione 
di  Sing,  castello  situalo  su  monte  e  mu- 
nito [)iìi  dalla  natura  che  dall'arte.  1  di- 
fensori fecero  resistenza,  loro  resa  più  fa- 
cile dal  disordine  degli  assalitori  nell'at- 
tacco. Comparvero  in  loro  soccorso  con 
alcune  milizie  destinale  per  l'Ungheria  i 
pascià  di  Bosnia,  Erzegovina  e  di  Cliuno; 
e  neh."  incontro  i  morlacchi,  ch'erano 
slati  mandati  dal  Vallerò  per  riconoscer- 
li, gente  di  poco  cuore  ove  trovi  chi  le  re- 
sista, e  di  mano  ingorda  ove  incontri  chi 
fugga, e  rafferma  Brusoni,  rivolsero  ver- 
gognosamente le  spalle,  e  rijjassaudo  il 
fiume  Cettina,  di  là  del  quale  erano  ac- 
campali i  turchi,  riempirono  i  veneti  di 
confusione  come  se  avessero  il  vincitore 
alle  reni,  abbandonando  il  campo  col- 
l'artiglieria  e  col  bagaglio.  Solo  fecero 
brava  e  inutile  resistenza  Giovanni  Ta- 
nussi  dalmata,  e  il  capitano  Ettore  Ma- 
l'ostiga  friulano,  a'quali  il  coraggio  costò 
la  vita.  II  pascià  di  Erzegovina  per  sì  ina- 
spettalo successo,  si  avanzò  verso  Traìi, 
sperando  facile  per  la  fama  della  vittoria 
la  presa  di  que'caslelli,  ma  ne  restò  con 
piti  disdoro  che  danno  respinto.  Tentò 


■V  E  N 
dipoi,  unito  al  pascià  di  Bosnia,  la  ricu- 
pera di  Duace,  difeso  il  forte  d.d  gover- 
natore Agf)Stino  Tartaglia.  Accorse  in  suo 
aiuto  col  grosso  dell'  armata  il  general 
Vallerò,  che  vi  spedi  Giusep[>e  Usio  so- 
pracouiito  di  galea  e  cognato  del  Tarta- 
glia con  Goo  morlacchi  in  aiuto  degli  as- 
sediati. Questo  piccolo  corpo  assalì  i  tur- 
chi e  nel  i ."  incontro  li  rup[)e,  uccidendo- 
ne 3oo,  restando  così  sciolto  l'assedio.  I 
due  pascià  sen)l)rando  meo  pericoloso  re- 
stare in  Dalmazia,  per  fare  un  contrappo- 
sto alle  conquiste  di  Morosini  nel  Levan- 
te, che  passare  in  Ungheria,  ebbero,  in- 
vece de'rinforzi  invocali,  ordine  di  recar- 
visi, liberando  così  la  Dalmazia  dall'ap- 
prensione di  loro  armi.  Il  Valiero  fu  ri- 
mosso dalla  carica,  in  uno  a  Mariu  Mi- 
chieli  commissario  dell'armata;  il  i.°  fu 
sostituito  dal  cav.  Girolamo  Cornaro,  e 
da  Antonio  Molin  il  2."  In  Ungheria  si 
segnalarono  con  operazioni  gloriose  e  il- 
lustri conquiste  i  collegali,  principalmen- 
te colla  vittoria  di  Slrigonia  ,  liberata 
dall'assedio,  e  la  presa  di  Najasel  .  che 
riempirono  il  sultano  Maometto  IV  di 
dolore  e  di  rabbia,  e  la  cristianità  di  giu- 
bilo e  allegrezza.  Eulralo  il  i686  con 
grandi  preparamenti  di  guerra  da  tutte 
le  parli,  e  con  somma  espetlazione  degli 
animi  secondo  i  vari  interessi  che  aveva- 
no nell'esito  dell'imprese,  i  turchi  ne  die- 
dero principio  in  Morea.  Prima  devo  ri- 
cordare, che  in  quest'anno  col  principe 
Massimilla  no  di  Brunswick,  eziandio  qua- 
le ausiliario,  si  unì  a'veueli  il  padre  duca 
Ernesto  di  Brunswick,  il  quale  recatosi 
a  Venezia  nell'  apiile,  nel  temporaneo 
quartiere  a  lui  dato  a  Lido,  ofIVì  a'vene- 
ziaiii  un  saggio  de'militari  esercizi,  di  cui 
feci  cenno  nel  ^  XVIII,  n.  i  3,  col  cav.  Mu- 
linelli, che  descrive  pure  i  successivi  fé- 
sleggiamenli  da  lui  dati  in  appresso,  per 
deliziarsi  di  Venezia  ritornatovi,  segna- 
tamente una  regala  da  lui  oidìnala,  for- 
se la  più  sontuosa  che  le  storie  ricordi- 
no, minutamente  descritta  dal  documen- 
to che  riproduce,  scrillo  da  Gio.  Malico 


V  E  y 

Alberti.  Il  ser.ischiere  si  portò  nei  mar- 
zo all'asseiiio  di  Chielafà,  ilopo  aver  fu- 
gato i  maiiiotli  a  cui  era  slata  commes- 
sa la  guardia  di  vari  posti  dillicili.  Gia- 
como Cornaro  generale  delle  3  isole,  vi 
accorse  in  aiuto  dal  Zanle  con  5  navi,  e 
Lorenzo  Veniero  fatto  di  nuovo  capita- 
no slraordinu'io  delle  navi,  avendo  cedu- 
ta la  carica  di  provveditore  in  quella  for- 
tezza a  ]Marino  Grilli,  v'introdusse  dalle 
sue  navi  alcune  milizie.  Tutlociò  non  sa- 
rebbe bastalo,  se  il  general  Morosini  non 
vi  accorreva,  e  mentre  avanzava  ,  tosto 
il  serascliiere  colla  fuga  notturna  si  sol- 
liasse  dal  pericolo,  lasciando  trincee,  ar- 
tiglierie e  campo  a'veneti,  e  così  liberan- 
do la  Maina  d.ilia  paura  di  sue  armi.  Si 
unirono  poco  do|)oi  legni  ausiliari  all'ar- 
mata, che  accostandosi  a'  castelli  di  Le- 
panto, come  per  farne  il  conquisto,  pie- 
gò a  un  tratto  verso  IVa varino,  dove  si 
sbarcarono  le  genti  sotto   la  condotta  di 
Ottone  Guglielmocoiite  di  Rònigsaiarck 
e  non  comediceilBrusoiiidi  Chinismarc, 
nuovo  generale  di  terra  concesso  a' vene- 
ziani da  Carlo  Xi  re  di  Svezia,  non  fa- 
cendo in  tempo  i  torcili  ad  impedirlo.  Na- 
varino ècitlà  mai  ittima  diiMorea^con  por- 
to vasto  e  capacissimo, alla  cui  bocca  s'al- 
zano due  scogli  e  ciascuno  con  fortezza, 
denominali  Navarino  vecchio  e  Navari- 
no nuovo.  Il  I .°  ad  assalirsi  fu  il  vecclìio, 
die  si  arresedopo  due  giorni,  la  cui  guar- 
nigionedi  4*^0  turchi  volle  esser  traspor- 
tala in  Alessandria,  per  evitare  il  castigo 
di  loro  viltà.  Vi  si  tiovarono  dentro  43 
pezzi  di  bronzo,  e  dietro  Gì  ioni  vi  fu  po- 
sto a  provveditore.  Indi  il   Morosini   ri- 
voltosi a  Navaiino  nuovo,  di  dilllcile  e- 
spugnazioue,  col  beneficio  della  notte  ne 
occupò  il  porto,  pe'primi  entrandovi  Gio- 
vanni Pizzamano  e  Francesco  Donalo  so- 
praconiiti  di  galee,  quando  fu  preso  per 
capitolazione  a'i4  o^^o""»  dopo  sconfìt- 
ta data  al  sei  a  schiere,  ch'era  vi  accorso  a 
difenderlo,  colla  morte  di  5ao  turchi  e 
la  perdita  del  campo,  ricco  di  joo  padi- 
glioni, fra'quali  quello  del  serascliicre,  so- 


V  E  N  549 

vraslato  da  7  cupole,  che  occupava  3oo 
passi  in  giro;  e  tutlociò  j)el  ben  diretto  co- 
mando del  general  Koiiigsinarck  e  del 
marchese  di  Corbon  :  dalla  fortezza  ne  u- 
scirono  3, 000  persone  con  Sefer  pascià, la- 
sciandovi 53  pezzi  di  bronzo.  Pietro  Ba- 
sadonna  vi  fu  posto  a  provveditore  straor- 
illnario  e  per  ordinario  Stefano  Lippoma- 
no.  II  prode  Morosini  ordinò  quindi  l'at- 
I  icco  di  Modone,  con  buon  porto  guarr 
dato  da  piccolo  forte,  e  ben  munito  ca- 
stello: tulle  queste  difese  non  poterono 
Sottrarla  dalle  rovine  prodotte  nell'inter- 
no dalle  bombe,  nell'esterno  dall'artiglie- 
rie, e  che  dopo  l'assedio  d'  alcuni  giorni 
si  rendesse  a'7  luglio,  colle  stesse  condi- 
zioni di  Navarino.  La  guarnigione  che  ne 
usci  era  di  1 ,000  soldati, a'quali  si  aggiun- 
sero altri  3,000  turchi  de'due  sessi.  Ri- 
masero nella  fortezza  91  pezzi  di  bronzo, 
e  n'  ebbe  il  governo  Filippo  Paruta.  Po- 
scia si  andò  all'impresa  di  Napoli  ili  PiO- 
niaaìa,  capitale  della  Morea,  dove  seguì 
senza  opposizione  lo  sbarco,  difesa  da  ca- 
stello assai  forte,  da  numeroso  e  coraggio- 
so presidio,  mentre  in  Argo  eravi  il  sera- 
schiere  per  aiutarla.    A.ssalito  questi  da 
•2,000  cristiani,  foggia  Corinto. Ma  il  pa- 
sciàMustata,  prode  ddensore  della  piazza, 
resisteva  a  più  di  5oo  bombe  che  quoti- 
dianamente lo  visitavano,  seppellendo  i 
suoi  abitanti  sotto  le  case.  Pvitornò  il  se- 
raschiere,  pel  soccorso  ricevuto  da  Negro- 
ponte  di  3,000  soldali.ed  il  caldo  e  le  ma- 
lattie mieteva  capitani  e  soldati  Ira'vene- 
ti;  perdile  rinfrancate  da  navi  cariche  di 
uomini  e  munizioni  spedite  da  Venezia. 
Si  avanzò  il  seraschiere  con  10,000  tur- 
chi, con  orribili  grida  u'it)  agosto,ma  do- 
po 3  ore  di  sanguinoso  contrasto,  perde 
tra  morii  e  feriti  i,4oo  de'suoi.nella  scon- 
fitta primeggiando  Faustino  da  Riva  ,  il 
principe  di  DrunsAvicked  il  Turcna.  Po- 
ste le  leste  de'lurchi  su  picche,  intimoriti 
gli  assediali,  palluirouo  la  resa  salve  le 
vite.  Ne  uscirono  -1,000  turchi,  de'qualL 
i,20u  formavano  la  guarnigione.   Re- 
starono nella  plazaa  a, 000  greci, e  4oo 


5^0  V  E  N 

schiavi  ebbero  la  libertà:  78  pezil  dican- 
Done  guaflagnarono  i  veneziani.  IMusfafà 
pascià,  e  il  fratello  Assan  già  pascià  di  Mo- 
rea,  ollennero  di  passare  in  Venezia  colle 
loro  famiglie,  per  soUrarsi  alla  punizione 
del  sultano.  Faustino  da  Riva  in  premio 
del  suo  valore  ne  fu  costituito  provvedi- 
tore straordinario,  Benedetto  Bolani  fu 
fitto  ordinario  e  Marco  Friuli  castellano. 
Compreso  il  senato  da  estremo  giidiilo 
j)er  tanti  continuati  prosperi  successi,  per 
gratitudine  ed  a  segno  di  soddisfazione 
creò  cavaliere  Pietro  Morosini  nipote  del 
generale,  che  con  plauso  fungeva  il  cari- 
co di  tenente  generale,  perpetuando  ezian- 
dio quella  dignità  ne'primogenili  suoi  di- 
scendenti, non  che  inviò  in  dono  al  con- 
ti,'Ronigsmarck  un  bacile  d'oro  del  valo- 
re di  GjOOO  ducati.  Dopo  la  resa  di  Na- 
jioli  di  Romania,  e  il  conquisto  di  Argo, 
Arcadia  eTermis,  partirono  le  navi  ausi- 
liarie, ma  il  IMorosini  volendo  giovarsi 
del  resto  della  propizia  stagione,  ivi  la- 
sciando le  galeazze,  col  rimanente  della 
{lolla  veleggiò  a  porto  Rafiì  rimpetlo  al- 
l'isola di  Negroponte,  donde  sarebbe  usci- 
to a  tentar  qualche  impresa,  se  venti  fu- 
riosi non  ve  lo  trattenevano  aS  giorni,  ed 
essendo  già  il  fine  d'ottobre,  ritornò  in 
Romania  a  passarvi  l'inverno  e  matura- 
rci imprese  per  la  nuova  campagna.  Nel- 
la Dalmazia,  la  buona  direzione  del  nuo- 
vo provveditore  generale  Cornaro  fece 
andar  prosperamente  gli  allari, reprimen- 
do più  tentativi  de' turchi,  e  poi  partiti 
questi  per  l'Ungheria,  versola  fine  di  set- 
tembre con  6,000  soldati, comandati  dal 
principe  di  Parma  e  dal  conte  di  Saint- 
J*ol,si  I  eco  ad  investire  il  castello  di  Sing, 
che  cadde  nelS."  giorno  d'assedio.  Nel- 
l'assalto generale,  i  primi  a  salir  la  brec- 
cia furono  alcuni  abruzzesi  contun)aci 
agli  stipendi  della  repubblica,  con  permes- 
so del  governo  di  Napoli.  Antonio  Bolani  vi 
fu  lasciato  provveditore. Il  rigore  del  fred- 
do impedì  maggiori  progressi.  Non  meno 
delle  imprese  de'  veneziani ,  memorabili 
neliG86  riuscirouo  quelle  degl'imperiali 


V  E  N 

iiiUnghena,la  pihclamorosa  essendo  slnta 
la  presa  dell'inespugnabile  Buda  capita- 
le dell'Ungheria,  ormai  resa,  a  confessio- 
ne de'turchi,  il  baloardo  dell'impero  ot- 
tomano, nel  giorno  stesso  in  cui  Innocen- 
zo XI,  tanto  benemerito  di  questa  guer- 
ra, faceva  in  Roma  la  promozione  di  27 
cardinali,  e  nelle  sue  fervorose  orazioni 
sovente  esclamava  :  E  vostra,  Signore, 
questa  causa  :  difciuìetela  voi.  E  fu  esau- 
dito pienamente.  Nella  promozione  vi 
comprese  due  cardinali  appartenenti  al- 
la repubblica,  uno  patrizio  veneto,  e  l'al- 
tro nobile  friulano,  cioè  Leonardo  Collo- 
redo.  L'altro  fu  IMarc'Antonio  Barbari- 
go  arcivescovo  diCorrù,dove  per  sostene- 
re l'immunità  ecclesiastica  ed  i  suoi  dirit- 
ti cadde  nell'indignazione  del  senato,  per 
fuggir  la  quale  portato'^iin  Roma,  in  pre- 
mio inaspettato  fu  elevato  alla  porpora  e 
al  vescovato  di  RIonteFiascone.La  contro- 
versia derivò  da  un  punto  di  ceremonia- 
le  de' vescovi,  con  Barbone  Morosini,  co- 
me lo  chiama  il  Cardella,  ammiraglio  del- 
la flotta  veneta,  e  lo  narrai  nella  biogra- 
fìa. Il  Papa  esaminata  la  vertenza,  trovò 
lodevole  l'operato  del  prelato,  né  potersi 
biasimare  la  sua  giusta  opposizione  alla 
violazione  del  ceremoniale  de' vescovi,  che 
sopra  tutti  i  magistrati,  ancorché  supre- 
mi, dà  loro  la  precedenza  del  luogo  nel- 
la propria  chiesa,  dove  siedono  maestri 
e  capi  della  religione.  L'essei*si  quindi  op- 
posto 1' arcivescovo  alle  pubbliche  pre- 
tensioni del  Morosini,  ad  un  attentato  che 
violava  le  prescrizioni  canoniche,  meri- 
tava la  protezione  della  s.  Sede,  la  digni- 
tà della  quale  dilFusa  negl'inferiori  pre- 
Iati,  come  chiamati  in  parte  della  solleci- 
tudine del  Pastore  de'pastori  il  romano 
Pontefice,  doveva  sostenersi  da  Innocen- 
zo XI  come  propria.  Oude  egli  conside- 
rando, che  il  risentimento  della  repub- 
blica non  poteva  sedarsi  così  presto  con- 
tro il  prelato,  prima  non  gli  peruìise  il  ri- 
torno, senza  lagnarsi  colla  repubblica;  poi 
a  togliere  ogni  ulteriore  fomento  di  discor- 
dia di  questa  cou  quello,  e  per  dare  una 


V  E  N 

condegna  ricompensa  alla  costanza  e  fei'- 
raezza  sacerdotale  del  Barbaiigo,  di  fat- 
to lo  iiìsignì  di  due  dignità  ,  dando  così 
una  pubblica  lezione  alla  repubblica  di 
Venezia,  mentre  non  cessava  di  soccor- 
rerla con  denai'i,  altrettanto  facendo  col- 
l'imperalore,  per  la  corrente  guerra.  Al- 
tra ojeinorabile  impresa  degl'imperiali  in 
Ungheria  fu  la  presa  di  Seghedino.  An- 
che i  polacchi  ottennero  felici  successi  sui 
turchi,  sempre  confortato  il  re  Giovanni 
III  dal  Papa  con  cospicue  somme,  ed  in 
quest'anno  contro  il  nemico  della  cristia- 
nità il  re  si  collegò  pure  con  Pietro  1  il 
Grande  czar  di  Russia, coll'approvazio» 
ne  d'Innocenzo  XI,  il  che  fortemente  au- 
mentò a  Costantinopoli  l'agitazione  de' 
turchi,  e  tanta  fu  la  commozione, che  in- 
dispettiti di  tante  gravi  perdite,  Maomet- 
to IV  corse  pericolo  d'essere  n)assacra- 
to,  e  per  quietarne  il  furore  riordinò  Te- 
conooiia  domestica  per  impiegare  il  di 
più  nella  guerra,  e  fu  costretto  permet- 
tere la  degradazione  del  triuftì.  Ma  nel- 
l'anno  seguente,  ribtillatosi  furiosamente 
l'esercito  d'  Ungheria,  dovette  cedere  il 
Irono  al  fratello  Solimano  HI,  credendo 
che  col  mutar  principe  si  cambierèbbe 
ancora  la  fortuna  dell'impero.  Nel  decli- 
nar del  1686  Vittorio  Amedeo  li  duca  di 
Savoia  si  portò  a  Venezia  per  godervi  il 
brillantissimo  carnevale,  e  ricevette  dal 
senato  tutti  i  maggiori  attestati  di  stima 
e  particobri  festeggiamenti.  Nel  1687  '^ 
pestilenza,  che  si  dilluse  nella   Morea  e 
quindi  si  propagò  nell'armata  de'  vene- 
ziani, impedì  non  solo  che  a  loro  si  unis- 
sero  le  galee  degli  ausiliari,  le  quali  pre- 
ferirono à\  rinfoizaie  la  flotta  di  Dalma- 
zia, comprese  le  pontificie  e  quelle  di  Ge- 
nova in  fpiesl'  anno  procurate  da   Inno- 
cetizo  XI  in  aiuto  de'venezioni,  come  at- 
testa IMuralori;  uia  che  parimenti  il  ge- 
neralissimo ÌNIorosini  non  dasse  che  al- 
quanto tardi  il  principio  alle  0[)erazioni 
di  guerra  contro  de'turchi.    Non  ri(uase 
però  di  fare  anche  in  quest'anno  de'nno- 
vi  acquisii  ;  dappoiché  fatta  la  rassegna 


V  E  N  55 1 

delle  truppe  ch'erangli  rimaste,  e  trova- 
tosi avere  8,000  pedoni  e4oo  cavalli,  or- 
dinò che  la  flotta   veleggiasse  verso   Pa- 
trasso ,  in   vicinanza  a'  castelli  che   ten- 
gono chiusa  la  bocca  di  Lepanto.  Vi  si 
era  alla  riva  fortificato  il  seraschiere,  cna 
nondimeno  si  operò  lo  sbarco  in  sito  poco 
guardato,  A'24  luglio  presentò  battaglia 
al  seraschiere:   l'avvedutezza  e  la  bra- 
vura del  Kò:iigsmarck  e  delle  truppe  di 
Brunswick,  die'  la   vittoria  a'  cristiani, 
compita  dallo  sbarco  ordinato  dal  Mtjro- 
sini  di  i5,oo  persone.  Sconfitti  i  turchi, 
abbandonarono  il  campo  con  tutta  l'ar- 
tiglieria, in  disordine  con  precipitosa  fuga 
verso  il  monte,  dal  quale  il  seraschiere 
mirava  la  battaglia.  Nel  medesimo  gior- 
no si  conquistarono  Patrasso,  Lepanto  e 
due  castelli,   piazze   tutte  abbandonate 
da' pascià   vilmente,  le  quali  potevano 
fare  resistenza  di  più  mesi,  ed  essere  il 
prezzo  di  inolto  sangue.  Piitiratosi  il  se- 
raschiere a  Corinto,   colà  senza  indugio 
il  Morosini  fece  veleggiar  la  flotta, di  cui 
non  sostennero  i  turchi  neppur  l'aspetto, 
ritirandosi  a  Tebe,  abbandonato  il  posto 
e  disertato  il  paese.  Alla  presa  di  Corin- 
to, chiave  del  regno,  successe  quella  di 
Misitra,  e  di  Atene  che  fece  qualche  re- 
sistenza. Il  seraschiere  si  avvicinò  per 
aiutarla,  ma  alla  prima  mossa  del  cauì- 
po  cristiano,  istruito  dalle  anteriori  scon- 
fitte s'  abbandonò  a  precipitosa  fuga,  se- 
guendo  la  capitolazione  degli    assedia- 
ti. In  Atene  fu  destinato    pi-ovveditore 
straordinario  Girolamo  Delfino, e  poi  il 
Morosini    ne  asportò  a  Venezia  i  greci 
monumenti,  co'  marmi  de'  Propilei,  co' 
figurati  ruderi  de!  famoso  Pireo,  fra'quali 
primeggiano  que'  Leoni  di  marmo  pert- 
telico,  collocati  all'ingresso  dell'arsenale 
di  Venezia,  e  li  descrissi  nel  §  XIV,  n.  4 i 
ivi  altre  memorie  del   IMorosini  essendo 
il  pilo  di  bronzo  di  fronte  alla  porta,  fuso 
nel  1*^93,  che  rammenta  i  suoi  trionfi, 
con  emblemi  allusivi  alla  religione  e  ma- 
rittima potenza  della  repubblica.  Inoltre 
la  porla  d'ingresso  del  medesimo  arse- 


65^2  V  E  N 

noie  nel  i  688  divenne  quasi  di  lui  arco 
trionfale,  per  l'aggiunfe  figure  simboli- 
che e  guenesche  di  rame  in  sulle  valve  e 
pel  suostemoìa  posto  in  alto.  Il  ìMoiosini 
dunquCjdopo  l'espugnazione  di  s.  Maura, 
occupala  l*  Acainania,  a  guisa  di  lampo 
trascorso  e  sottomesso  l' intero  Pelopon- 
neso o  Morea,  dal  mare  di  Sapienza  al- 
l' islimo  di  Corinto;  fatto  sventolare  il 
vessillo  di  s.  Marco  in  vetta  all'Acropoli, 
fra  le  rovine  delPartenone,delIa  famosa 
Atene  già  madre  d»  eroi,  cultrice  delle 
scienze  e  delle  arti,  poi  pe'  turchi  squal- 
lido soggiorno  di  barbarie;  meritò  che  il 
senato,  ilo[)o  incessanti  feste  per  tante  vit- 
torie,oltre  il  detto  concesso  grado  eque- 
stre, di  cui  egli  era  insignito,  a  tutti  i  pri- 
mogeniti di  sua  discendenza  (osserva  V  Ar- 
te di  verificare  le  date,  che  il  titolo 
di  Cai'alicre  era  l'  unico  che  concedeva 
la  repubblica,  sebbene  a ristocrafica),e  per 
pren)iaregli  straordinari  meriti  del  guer- 
riero invitto  del  suo  secolo  in  modo  inu- 
sitato, l'acclamò  col  nome  di  Pelopon- 
nesìaco, decretandola  fusione  ed  erezione 
del  suo  busto  di  bronzo,  con  l'iscrizione 
sotto:  Francisco  Maiiroceno  Peloponne- 
siaco adiate  vn'enliSenaliisMDCLxxxvii. 
Collocato  nella  sala  dell'armi  del  consi- 
glio de'Dieci,  l'attuale  governo  ne  ha  con- 
cesso la  precaria  custodia  alla  nobilissi- 
ma contessa  Elisabetta  INIorosini  dama 
della  Ci  oce  stellata  e  degna  ultima  super- 
stile  di  sua  linea,  nel  palazzo  IMorosini  ove 
egli  nacque  e  in  cui  si  conservano  nelle  due 
pi  incipali  sale  le  armi,  i  trofei,  i  vessilli 
conseguiti  per  le  vittorie  da  lui  ottenute, 
e  che  diffusero  tanto  splendore  sull'armi 
•Venete. Del  resto  l'illustte  stirpe  de'Mo- 
rosini  ancora  fiorisce.  Del  ramo  del  Pe- 
loponnesiaco essendo  restata  la  sola  ma- 
dre delia  lodata  contessa,  si  maritò  col 
conte  di  Gatterburg  col  patto  di  conser- 
■vnre  il  proprio  cognome, onde  la  vivente 
figlia  rimasta  nubile  lo  conserva,  appel- 
landosi Morosini  contessa  di  Gatterburg. 
IVell'inverno  1 687  la  flotta  e  l'esercito  si  ri- 
eovrarononel  porto  Leone,  Nella  Dalma- 


VEN 
zia,  il  castello  di  Sing  fu  indarno  tentalo 
dui  pascià  di  Bosnia,  a  cui  mollo  premeva 
per  privato  interesse  ricuperarlo,  per  pos- 
sedere nelle  vicinanze  molti  terreni.  La 
presenza  del  general  Cornaro,  che  vi  ac- 
corse con  1,800  soldati,  olire  la  resistenza 
de'difensorijgli  fece  disperare  e  abbando- 
nar l'impresa.  Rinforzato  poi  il  Cornaro 
dalle  galee  ausiliarie, che  come  notai  non 
vollero  fermarsi  in  Levante  pel  timore 
(Iella  peste,  con  rao  di  esse  si  deliberò 
l'assedio  di  Castel  Nuovo,  barbaro  asilo 
di  corsari, situato  all'imboccatura  del  ca- 
nale di  Catlaro,con  assai  forle  propugna- 
colo sopra  un'eiuinenza,e  per  ogni  parte 
ben  munito  sì  da  mare  e  sì  da  terra.  L'as- 
sedio fu  ostinato,  dubbioso  e  lungo,  an- 
che dopo  la  sconfitta  del  pascià  d'Erze- 
govina, accorso  per  farlo  levare.  Final- 
mente con  alcune  interne  intelligenze  di 
albanesi  della  guarnigione,  si  dispose  un 
assalto  generale, ma  senza  lo  sperato  esi- 
to. Lo  slesso  avvenne  in  due  altri  assalti, 
onde  fu  giudicato  imprendibile  a  forza 
d'armi.  Nondimeno  il  Cornaro,  per  ac- 
corili, ebbe  in  mano,  dagli  albanesi,  il  tor- 
rione marittimo  da  loro  guardalo, il  che 
veduto  da'turchi,  subito  capitolarono.  Vi 
si  trovarono  gran  copia  di  munizioni  e  57 
cannoni  di  bronzo.  Quest'acquisto  fu  ri- 
cevuto a  Venezia  colla  maggior  esultan- 
za,e  in  rimunerazione  al  general  Cornaro 
gli  fu  destinata  la  veste  procuratoria  col 
titolo  di  procuratore  slraordina4Ìo.  Di  più 
il  senato  oCFrì  all'altare  votivo  di  s.  An- 
tonio nel  tem[)io  della  Salute,  l'esisfenle 
tabt-lla  votiva  d'argento  cesellala  d'An- 
tonioBonaciiia,  in  ringraziamento  al  San- 
to per  aver  liberato  questa  flotta  dalla 
peste.  Fu  in  tale  occasione  che  il  medesi- 
mo senato  decretò  visitare  nel  giorno  dì 
sua  festa  pubblicamente  in  ciascun  anno 
cpiesto  tempio,  costume  continualo  |lopo 
cessala  la  repubblica  dalla  magistratura 
municipale.  L'anno  1687  in  discorso  co- 
.sto  alla  Porta  ottomana  la  perdita  di  due 
regni,  imperocché  se  da  un  lato  i  venezia- 
ni fluirono  di  spogliarla  di  quello  della 


V  E  i\  V  E  N                   553 

Morea,  gì"  imperiali  dall'allro  la  caccia-  snstrosi  frangenti,  manifestava  f<jiino  ca- 
l'ono  quasi  all'alto  tla  ([(lello  (lell'Unghe-  raltere,  imperliirljabile  contegno, pievi- 
ria,  per  le  spleiidiile  viliorie  da  essi  ripor-  dente  sagacilà  ed  assennato  consiijlio, 
fate,  sotto  il  comando  di  Carlo  V  duca  di  ([tiesl'uomo  singolare  pervenne  al  trono 
Lorena,  ed  oltre  Massioiiliano  elettore  di  (Iella  repubblica,  eletto  a'3  aprile  i68S, 
Baviera,  si  recò  pure  a  combattere  ileo-  quasi  per  universale  acclamazione,  la  vo- 
niuiie  nemico  Carlo  HI  duca  di  Mantova,  ce  dei  popolo  avendone  additato  la  scelt;i 
ìNon  mancò  la  Porla  in  questi  tempi  di  al  senato,  cedendo  ognuno  al  suo  merito 
presentare  a  Vienna  proposizioni  di  pace,  le  proprie  private  ragioni, mentre  trova- 
e  v'  inclinavano  alcuni  consiglieri  impe-  vasi  co'pubblici  navigli  supremo  comau- 
riali,  giaccliè  si  prevedeva  vicino  lo  scop-  dante  nel  golfo  di  Egina,  ove  ricevette  il 
pio  di  nuove  guerre  dalla  parie  di  Luigi  berretto  ducale.  Secondo  Muratori,  gli 
XIV^,  sempre  bellicoso.  Ma  prevalseli  sen-  arrivò  la  notizia  di  sua  esaltazione  nel  i.** 
limenlo  del  duca  di  Lorena,  a  cui  sem-  giorno  di  giugno,e  gran  feste  ne  fece-tut- 
brava  molto  disdicevole  il  deporre  l'armi  ta  1'  armata.  Se  come  a  strenuo  guerrie- 
in  mezzo  al  corso  dì  tante  vittorie,  e  men-  ro  tributar  gli  si  devono  sensi  d'ainuìi- 
tre  s"i  avviliti  e  sgomentati  si  trovavano  razione  per  la  conquista  di  più  die  Zj 
i  dianzi  sì  orgogliosi  inusuhnani.  S'era  già  piazze  furlifìcate,  per  l'acquisto  di  oltre 
il  IMorosini  disposto  nel  1G88  alla  con-  1  36o  cannoni,  e  per  la  schiavila  0  morte 
quista  di  Negroponte,  capitale  della  grande  di  quasi  200,000  lurclii,ad  egual  diritto 
e  ricca  peni^ola  omonima,  l'Eubea  degli  merita  gli  applausi  e  l'approvazione  del 
antichi,  quando  a'2  1  marzo  morì  il  doge  politico  per  la  cessione  di  Candia  mera- 
Giustiniani,mostrando  negli  estremi  istan-  vigliosamente  da  lui  condotta,  dopo  tan- 
ti di  sua  vita  la  fermezza  e  la  tranquilla  te  perdite  portate  ai  nemico  c'ie  impiegò 
I  assegnazione  d'un  seguace  di  Cristo,  a  sotto  quell'  insanguinile  mura  25  anni 
segno  di  rispondere  alle  [ueci  del  sacer-  di  oslinatissimi  combattimenti  e  assetlio. 
•  Iole,  che  lo  confortava.  Tanta  fu  l'umilia  Pure  questa  cessione  da  lui  fatta  senza 
e  la  religione  di  questo  piinci[)e,  che  s'eb-  previo  assenso  del  senato,  suscilogli  con- 
begran  pena  a  distorlo  tlal  pensiero  di  la-  tro  fieri  oppositori,  e  come  già  narrai,  si 
sciai"  la  corona  per  indossar  la  cocolla, ed  gridò  all' urbiliio,  e  venne  proposto  di 
nnostorico  francese  parlandodi  luiebbea  destituirlo  dalla  dignità  procuratoria. 
scA-\\ei'e,c'est  une  ojjiiiion  constante,  qua  Due  celebri  oratori,  Antonio  Gorraro  e 
ce  Doge  mountt  i'icr^e.  Ebbe  sepolcro  a  Giovanni  Sagredo,  aringarono  il  i.°con- 
s.  Francesco  della  V  igna.  -. —  Francesco  tro  e  il  2."  a  favore  del  Morosini;  ma  alla 
lìlorosìnì  Crif/iloi^e.  Quell' eroe,  seri-  fine  con  onorevolissima  sentenza  venne 
ve  ilsuo  biocrafj  Casoni,che  estesi  a  vea  i  assolto.  A  me  pare,  che  (luesto  fatto  pro- 
confini  del  veneziano  dominio  nell'Egeo,  cnò  al  Morosini  due  glorie,  quella  di 
neir  Arcipelago,  sulle  coste  d'Epiro,  su  trionfare  de'suoi  emuli,  e  quell.i  di  eser- 
qiielkdella  Macedonia, nella  Morea  e  ntl-  citare  la  poco  coiiiuiie  virtù  ilella  ricono- 
r  Attica,  che  vivente  inerilò  dalla  grata  sceuza,  perciò  sublime.  Trassedal  ritiro 
patri'»  uu  busto  di  bronzo,  ed  il  titolo  il  suo  ditensoie  Sagredo,  e  lo  fece  nel 
di  Peloponnesiaco,  aucni  vivente;  che  «<>9i  provveditore  generale  de'mari  del 
fittosi  terror  de' nemici,  ad  eseujpio  di  Levante.  Sagredo  già  vecchio  non  eserci- 
Cesare,  con  sorprendente  rapidità,  ino-  lo  lungamente  unsi  allo  carico  che  richie- 
stravasi,  vedeva  e  vinceva, sollometteiido  deva  attività,  e  seguì  da  vicino  o  anche 
a  servaggio  ed  a  tributo  intere  pn[)ola-  [)iecorse  il  vero  amico  .Morosini  nel  se- 
zioni, vaste  Provincie  e  regni;  che  nelle  |)olcr(j.  Dal  senato  fu  confermalo  al  ì\Io- 
pubblichc  incumbeoze  e  framezzo  a  di-  rosiui  il  comaudo  supremo  dell'armi,  u- 


554               \  ìù:ì  yen 

iiioiie  rara  col  dogailo in  questa  prudente  felice  esito,  eccone  le  cause,  rifetite  da 
iei)uljl)lica,  e  per   nuiggior  decoio  dellii  Muratori.  In  niulo  de'veneti  comparve* 
sua  carica  gli  destinò  due  consiglieri, che  ro  un  battaglione  di   i,ooo  fanti, e  poi  4 
furono  il  cav.  Girolamo  Griuiani   e  Lo-  altre  galee  e  e»  navi  di  Cosimo  III  gran- 
1  enzo  Donato,  co'quali  insieme  col  prov-  duca  di  Toscana  con  8oo  fanti  e  6o  ca- 
\edil(jre  dell'armata  dovesse  cotisuitai  e  valieri.  Ma  andò  a  male  Un  grosso  convo- 
gli alTari,  lasciala  a  lui  l'autorità  ilelTese-  glio  di  genti  e  munizioni  spedito    nella 
cuzione.  Morosini,  giunto  al  colmo  degli  primavera  daVenezia;  colpo  che  fu  ama- 
onori,  parve  trovarvi  il  termine  delle  sue  ramente  sentilo  dal  doge,  e  gli  riuscì  piti 
pro<iperità,dioeWeiss.  Narra  Krusoni,  che  sensibile,  in   quanto  che  nel  precedente 
jiGcresciulisi  a  lui  colla  dignità  gli  slicnoli  1687  eransi  impiegati  perla    Dalmazia 
alle  granili  operazioni,  ilisegnò  1' attacco  2,5oo  soldati  destieiati  perla  sua  arma- 
di Negroponte,  ma  l'esito  non  corrispose  la.  Non  furono  poi  ben  conosciute  le  ma- 
ii'snoi  voli  e  a'pubblici  desiderii,  quan-  nieie  per  riuscire  in  così  difllcile  impresa, 
linique  dal  suo  canto  non  si  trascurasse  e  si  cominciarono  gli  approcci  dove  non 
cosa  alcuna  per  fortunatamente  riuscir-  conveniva.  Si  venne  al  generale    assalto 
vi.  Vi  morì  nell'assedio  il  generale  Kò-  di  un  gran  Irinceronedi  Negroponte  fab- 
iiigsmarek,  a  cui  sopra  il  muro  sinistro  bricalo  da'lurchi, e  fu  superato  con  islra- 
dell' Arsenale,  dopo  il  ponte,  il  senato  gli  gè  loro,  e  l'acquisto  di  3c)  [)ezzi  di  can- 
eresse  un  monumento  d'  onore.  Ad  esso  none  e  5  morlari;    ma  per  questo  e  pei' 
venne  sosliluito  il  duca  di  Guadagny:  vi  tanti  altri  assalti, e  più  per  le  malattie  ca- 
inoriroiK)  parimenti  co' migliori  ullizii-  gionate  dall' aria  cattiva,  periti  generali, 
li  e  coniand  ioli,  le  pili  agguerrite  mili-  niìlziali  e  gran  copia  di   soldati,    venuto 
zie,  evi  cadde  infermo  lo  stesso  doge.  Al-  l'autunno  convenne  ritirarsi  dallo  sfor - 
Ira  lagrimevole  perdita  fu  quella  di  Giro-  lunato  assedio.  Nella  Dilmizia  si  provò 
iamo  Garzoni, chedopoaversostenulocol  maggior  ventura,  poiché  il  generai  Cor- 
luaggior  zelo  e  con  un  valore  da  non  ri-  )iaro  acquistò  Knin,  castello  su  monte  e 
trovarsi  che  in  pochi  eda  non  iinilarsi  da  difeso  da  3  recinti  di  mura  e  torri;  se  la 
tolti,  la  carica  di  provveditore  nell'arma-  stagione  non  fossesi  avanzata  si  sarebbe- 
ta,  si  volle  traltenere  al  campo  qual  ven  ro  fatte  maggiori  imprese  verso  Narenta, 
tnriere,  desideroso  di  servire  in  prò  della  dove  terminarono  le  operazioni  colla  ri- 
patria  coli' opera  e  col  consiglio,   e   nel  coperà  della  torre  di  Norin.  Muratori  vi 
inentre  che  combaltemlo  fra'()rimi  ani-  aggiunge  il  conquisto  di  Verlicca,  Zoo- 
mava col  proprio  eseuìpio  i  secondi,  ri-  uigrad  e  Grassaz;  il  quale  non    compen- 
niase  da   piìi   moscheltale  ucciso.  Ne  fu  so  I'  infelice  successo  di  Negroponte,  per 
jiieservato  il  cadavere  dal  valore  di  W-  cui  rimise  sommamente  afflitta  la  venc- 
inorò  Morosini,  giovane  gentiluomo  di  la  repubblica.  Neil'  Ungheria  procederò- 
Sommo  ardire.  Fu  pure  funesta  a'  veneti  no  in  meglio  le  cose,  con  nuovi    acquisti, 
la  morte  del  marchese  Corbone  generale  la  presa  di  Helgrado,  e  morte  de' turchi, 
della  cavalleria,  che  in    tutte  le  passate  Deplora  Muratori  perchè  Francia    pro- 
campagnesi  avea  fallo  conoscere  per  uno  tegi^eva,  ed  era  alleata  della  Porla,  per 
de'piìi    In-avi   comandanti   dell'esercito,  gelosia  dell' ingrandimento  altrui,  senza 
Di»po  un  generale  e  vigoroso  assalto  re-  scrupolo    sagrificando.   la  religione!  Nel 
spinto,  già  disperandosi  ogni  felice  riusci-  iGBij,  dice  lo  stesso  Muratori,  la   bella 
ta, fu  determinatodi  scioglierlo, andando  prevalenza  dell'armi  imperiali  e  venete, 
a  svernare  Tarmata,  poiché  il  rigore  della  nei  dare  una  scossa  maggiore  alla  sbigot- 
slagiune  non  permetteva   più  il   tratte-  tita  e  cadente  potenza  de' turchi,  coniin- 
ucrsi  alla  discrezione  de'veiili.  Di  tale  in-  ciò  a  declinare  per  colpa  della  terribile  in- 


V  E  ^  V  E  N  555 
vasione  cle'francesi  nella  Germania,  clie  soni.  Inoltre  osserva  che  fu  tlatario,  ca- 
(leviarono  molte  lrii[>pe  che  Leopoldo  I  lica  pure  sino  allora  non  mai  esercitata 
avrelibe  potulo  impiegare  contro  i  tur-  da  un  veneziano,  e  che  in  luti'  i  suoi  di- 
chi,  ne  i  veneti  poterono  in  late  regione  versi  impieghi  conservò  sempre  la  stessa 
fir  leva  di  gente.  Er;ino  venuti  f^W  am-  tenerezza  per  la  sua  repubblica,  di  cui 
basciatori  di  Soliraano  Illa  Vienna  per  sostenne  le  parti  e  promosse  i  vantaggi 
trattar  di  pace  o  di  tregua,  e  colà  ancora  ovunque  gli  si  presentava  1'  occorrenza, 
si  portarono  i  plenipotenziari  di  Polonia  S'impose  il  nome  di  Ales<iandro  Vili  per 
e  di  Venezia;  ma  pei  che  troppo  alte  era-  far  cosa  grata  a' suoi  amali  concittadini 
no  le  pretensioni  delle  potenze  cristiane,  veneziani,  onde  rinnovare  la  memoria 
nulla  si  concluse.  I  veneziani  di  Levante  d'Alessandro  III  sempre  loro  piacevolissi- 
indeboliti.  formarono  il  blocco  di  N<»poli  nia,ed  insieme  per  mostrarsi  riconoscente 
di  Malvasia,  città  mariltimn  della  ìMorea,  al  suo  piincìpal  promotore  cardiucd  Chigi 
con  azioni  di  valore,  e  benché  le  recas-  nipote  d'Alessandro  VII.  Egualmente  iu 
seio  notabili  nocumenti,  non  poterono  memoria  di  s.  Magno, tanto  veneralo  per 
espugnarla. Sorpreso  intanto  il  doge  Mo-  le  sue  grandi  benemerenze  da'veneziani, 
rosini  da  febbre,  impetrò  di  tornarsene  a  e  del  giorno  di  sua  esaltazione,  fece  bai- 
Venezia,  e  quivi  sul  finir  dell'anno  fu  ac-  tere  le  monete  del  testone  e  del  doblone 
collo  con  tutto  l'onore,  ma  senza  quegli  di  4  scudi  d'oro  coire[)igrafe:  Die  Niit. 
applausi,  che  pure  erano  dovuti  a  con-  ss.  Magni  Episcopi  Ojjlk'r^ii  el  BriinO' 
quistalore  si  glorioso,  non  per  altro  che  nis  Anacliorelne,  perchè  anco  di  qiie- 
per  l'infelice  esito  di  ìVegroponle;  qua-  sl'ullimo  in  tal  giorno  si  celebra  la  fe^ta. 
sichèil  meritodi  tante  belle  azioni  si  fosse  Era  allora  ambasciatpre  della  repubbli- 
perduto,  per  non  averne  fatta  una  di  più.  ca  in  Roma  Giovanni  Landò,  poi  procu- 
l'asta,  almeno  ei  riposò, e  godè  alcun  pò-  ratore  di  s.  Marco,  il  quale  contribuì  con 
codelsuprenioonoreconferilogli.  In  Un-  tutta  ddigen/a  per  la  sua  elezione,  dopo 
gheria  gl'imperiali  presero  1'  importau-  la  quale  portatosi  a  baciar;^li  i  piedi,  fa 
te  fortezza  di  Zighet  e  altri  luoghi  ;  eri  in  uccollo  con  tutta  la  svisceratezza  di  con- 
Dalmazia non  5i  operarono  cose  notabili,  cittadino  e  ralFelto  di  padre  (poi  il  l'apa 
Già  Innocenzo  XI  era  passato  a  ricevere  lo  creò  Cavaliere  dello  Sperone  d'oro, 
il  premio  di  sue  sante  virtù  a' 12  agosto  conje  notai  in  quegli  articoli);  ricevendo 
i().S9,  già  a'6  ottobre  nel  giorno  sagro  a  le  lettere  pontificie  indirizzate  alla  re- 
s.  Magno  era  stalo  eletto  successore  il  pubblica,  ripiene  dell'espressioni  le  più 
patrizio  veneto  Alessandro  Vili  Oltobo-  «,bl'liganli  d'amore  e  di  tenerezza.  A  sen- 
ni[F.),  slato  vescovo  di  Torcello  e  Bre-  limenli  di  tanta  bontà,  non  fu  tarda  a 
scia,  abate  di  Vangadizza,  ed  in  lloma  u-  corrispondere  la  patria  con  atti  di  grnti- 
dilore  di  Rota  (istruito  dal  celebre  Gio.  tudine,  poiché  oltre  i  pubblici  slraordi- 
Tattisla  Goccino  veneziano,  decano  della  nari  segni  d'allegrezza  che  ne  <liede,  ap- 
Rota  e  uililoredisua  nazione,  e  successe  pena  conosciuto  il  suo  innalzanunto  al 
ni-ir  uditorato  a  Giorgio  Cornalo  vene-  Papato,  incontanente  onor(>  del  tilcdodi 
ziano  (juaudo  fu  fatto  vescovo  di  Padova,  procur.iloie  soprannumerario  di  s.  .Mai-- 
per  nomina  della  repubblica)  per  Vene-  co  e  di  cavaliere  della  stola  d'oro  il  ni 
7.ia,  cardinale  e  litolare  della  chiesa  ili  s.  potè  Antonio  Ottoboni  patrizio  veneto, 
Pdarco,  ed  inquisitore  ossia  della  congie-  già  rettore  di  Fellre  e  di  Crema,  aggiim- 
gazione  del  s.  Ollìzio,  destinazione  prima  gendovi  il  privilegio  che  tulli  i  suoi  pri- 
non  mai  avuta  da  un  cardinale  Venezia-  mogeuiti  discendenti  avessero  l'onom 
iiOj  e  inutilmente  bramala  dal  cardinal  del  cavalierato.  <jrli  furono  destinati  G  am- 
J'edcrico  Cornaro,  il  che  rimarca    Lìiu-  basciatori  d'ubbidienza,  acciò  in  pubbli- 


556  V  E  N 

co  nome  attestassero  la  comune  censo- 
Ifizioiie,  cioè  Antonio  Griinani,  Anj^elo 
Morosini,  Silvestro  Valicro  poi  doge,  Fe- 
derico Marcello,  tutti  procuratori  di  s. 
Mtirco,  Sebastiano  Foscarini  cavaliere,  e 
il  detto  Giovanni  Laudo. 11  Papa  dichiarò 
segretario  di  stalo  Giaiubatlisla  R.ubini 
nobile  veneto,  vescovo  di  Vicenza  e  suo 
pronipote,  poi  creandolo  cardinale  di  s. 
INlarco;  l'ietro  DralFi  Lìartoli  veneto,  mae- 
stro di  camera;  Mariano  Gabrielli  d'  A- 
«pjileia  coppiere;  il  nipote  d.  Antonio 
Olloboni  generale  di  s.  Chiesa;  il  figlio 
(li  questi  e  suo  pronipote  d.  Marco,  ge- 
l'crale  delle  galee  pontificie  e  governa- 
tore di  Castel  s.  Angelo;  prelati  comrnis  - 
sirii  per  i  timori  della  peste,  i  patrizi 
veneti  e  di  lui  parenti,  Giorgio  Cornaro 
e  Francesco  Trevisan;  nunzio  di  Vene- 
zia, Giuse[»pe  Arcliinto  (nilanese,  che  lo 
era  di  Toscani,  poi  di  Spagna  e  cardina- 
le. Nel  suo  breva  pontificalo  di  circa  i6 
mesi  creò  cardinale,  oltre  il  Rubini,  il 
[ìalrizio  veneto  Pietro  Ottoboni  suo  pro- 
nipote, vice  cancelliere  di  s.  Chiesa  e  le- 
galo d' Avignone.  Maritò  la  sua  pronipo- 
te d.  Cornelia  Zeno  al  principe  d.  Urbano 
lìarberini.  Dimostrò  T  amore  che  avea 
alla  repubblica  di  Venezia  sua  amatissi- 
ma  patria  in  più  modi  e  in  molli  incotitri. 
Primamente  spedì  pronti  marittimi  aiuti 
nella  guerra  contro  i  ttu'chi,  poiché  ol- 
tre le  solite  5  galere  pontificie,  ne  assoldò 
7.  (la'geuovesi,  rinforzandole  con  altri  va- 
scelli e  con  2, ODO  soldati  da  siiarco,  di 
cui  oltre  i  delti  generali,  era  soprinten- 
dente il  cardinal  Albani  poi  Clemente 
XI.  Gli  concesse  le  decime  e  de'  sussidii 
per  lo  stesso  fine,  onde  per  memoria  fu- 
rono coniale  due  piastre  di  sedici  scudi 
d'oro  nei  1 6go  e  nel  1 69  t  col  motto:  Le- 
i^ìone  ad  Bclliini  Siicrum  liistructa.  Il 
Novaes  dice  che  Innocenzo  XI  annullò 
l'antico  diritto  o  meglio  privilegio  di  e- 
sigere  tlagli  ecclesiastici  le  decime,  e  clie 
Alessandro  Vili  lo  rinnovò.  Con  indul- 
to s[)eciale  di  breve  apostolico  gli  accor- 
dò la  fjcollìi  di  padronato  e  nooiiiiazio- 


V  EN 

ne  a  tutte  le  chiese  di  huova  conquista* 
così  nel  Levante  come  nella  Dalmazia  e 
neir  Albania  ,  del  qual  privilegio  la  re- 
pubblica ne  esercitò  pienamente  il  pos- 
sesso. Confermò  e  ampliò  le  prerogative 
del  primicerio  delia  basilica  ducale  di  s. 
Marco,  ai  modo  rifeiito  nel  §  VI,  n.  2. 
Canonizzò  solennemente  il  [)roto  [)atriàr- 
ca  di  Venezia  s.  Lorenzo  Giustiniani.  Fi- 
nalmente per  la  stima  particolare  che  fa  • 
ceva  della  repubblica,  nella  persona  del 
gran  guerriero  serenissimo  doge  France- 
sco Morosini,  a  mezzo  di  mg.'  Michelan- 
gelo Conti,  poi  Innocenzo  XI  li,  gl'invio 
l'uisegne  dello  Stocco  e  Berreltone  duca- 
le hcncdcUi  ,  dono  solito  farsi  a'somnti 
principi  e  segnalatissimi  capitani,  i  quali 
abbiano  promosso  e  falli  ragguardevoli 
acfpiisti  in  vantaggio  e  incremento  del 
cristianesimo,  e  difesa  la  cattolica  religio- 
ne. Il  veneto  storico  contem[)oraneo  Bru- 
soni  assicura,  che  non  può  dirsi  bastevol- 
menle  eoa  quanta  riverenza  e  con  quan- 
to giubilo  fosse  dal  doge,  dal  senato  e  dal- 
la nobiltà  veneziana  ricevuto  un  testimo- 
nio di  onore  sì  singolare;  godendo  la  re- 
pubblica e  gloriandosi  di  lauto  padr.e  e 
benefattore,  pe'priviiegi  e  onorificenze  da 
lui  largamente  ricevuti.  Tuttora  si  eoo- 
serva  nel  Tesoro  di  s.  Marco  lo  stocco  o 
squadrone  colla  sua  nobile  cintura  di  vel- 
luto, e  lo  notai  nel  descriverlo,  nel  n.  7 
del  §  V.  Tali  msegtie  volle  il  doge  Mo- 
rosini soprapporre  ai  [)roprio  slemma, ed 
anciie  da  altre  parti  ricevè  alte  dimostra- 
zioni.Continuando  nel  i6qo  la  guerra  con- 
tro Solimano  li  I, al  doge  era  stato  sostitui- 
to nella  capitania  generale  il  cav.  Girola- 
mo Cornaro  glorioso  per  l'iujprese  di  Dal- 
mazia. Proseguendoli  blocco  di  Malva- 
sia, in)portanle  considerandosene  l'acqui- 
sto, la  strinse  d'assedio,  ed  allora  teme- 
rono i  turchi  la  sua  caduta,  come  unico 
e  considerabile  avanzo  del  superstite  pus- 
seduto  nel  regno  di  Morea,  onde  non 
mancarono  per  via  di  mare  tentare  soc- 
correrla. Tutto  riuscì  inutilmente.  La  vi- 
gilauza  del  general  Cornaro  che  teneva 


V  E  N 
occupalo  ogni  posto,  non  permise  loro  dì 
accostarsi  alhi  piazza,  cui  non  meno  del- 
l'assalitore cominciava  ad  esser  nemica  la 
mancanza  dei  necessario  alimento;  laon- 
de dopo  il  rifililo  di  molte  proposizioni, 
vedendosi  i  tnrclii  ridotti  agli  estremi,  si 
arresero  a' io  a£;osto  con  onorevoli  con- 
dizioni, cioè  d'uscirne  libera  la  gnarni- 
gione  cogli  abitanti,  con  quanto  ciascuno 
potesse  seco  portare.  In  numero  di  circa 
I  eoo  ne  partirono  e  sopra  3  vascelli  ven- 
nero fedelmente  tra^poilati  alla  Canea. 
A' 12  il  generale  entrò  nella  piazza,  dove 
trovò  72  pezzi  di  cannone,  oltre  a  molta 
munizione  da  guerra,  e  lasciatovi  a  reg- 
gerla Vincenzo  Grilli  con  presidio  e  prov- 
vigioni, ne  partì.  Scorse  col  grosso  del- 
l'armata una  gran  parte  ilell'Arcipelago 
io  traccia  della  lurca  ,  che  vergognosa- 
mente ne  sfoggi  l'incontro  con  asconder- 
si ne'suoi  porti.  Non  rinianendo  al  Cor- 
naro  per  allora  altro  da  tentale  intpie' 
mari,  scrisse  ad  Alessandro  Molin  prov- 
veditore generale  della  Dalmazia,  ch'egli 
disegnava  d'  attaccare  la  ragguardevole 
piazza  della  Vallona  iu  Albania,  accioc- 
ché potesse  soccorrerlo  di  genti  e  di  le- 
gni. Comparso  l'i  i  settembre  innanzi  ad 
essa  ,  i  Imchi  vollero  spaventarlo  onde 
non  isbarcasse,  facendosi  vedere  in  nume- 
ro di  9,000  sul  lido,  occupando  i  luoghi 
più  opportuni  allo  sbarco.  Ma  i  veneti 
senza  lasciarsi  imporre,  sotto  la  buona 
direzione  del  general  Spaar,  preseio  po- 
sto, e  avanzandosi  ordiiialamente  costrin- 
sero il  nemico  a  ritirarsi  neborghi.  Di- 
sceso a  terra  l'esercito,  si  divise  in  due 
punti,  uno  a  bersagliare  la  piazza,  l'altro 
marciò  verso  il  campo  turco  in  molla  di- 
sianza, ma  i  nemici  tosto  fuggirono  cele- 
reniente. Avanzandosi  vigorosamente  l'as- 
sedio, i  turchi  di  notte  abbandonala  la 
vicina  e  valida  fortezza  di  Canina,  subi- 
to l'occuparono  i  veneti,  e  poco  dopo  e- 
spugnarono  la  Valloua,  in  ambedue  tro- 
vandovi i3o  pezzi  di  cannone  e  abbon- 
danti munizioni.  Mentre  il  Coinaro  di- 
segnava r  acquisto  di  Dui  azzo  e  dilatava 


V  E  N  557 

molto  li  dominio  veneto  neirAIbania,sor- 
preso  da  mortale  febbre  e  fallosi  ricon- 
durre nella  Vallona,  vi  moti  dopo  g  gior- 
ni con  universale  rincrescimento.  Segna- 
lò quest'anno  il  valore  veneziano,  Dame- 
le Delfino  capitano  slraordinariodelle  na- 
vi, il  quale  ncir.'\ici[>elago  so'Nlenue  lun- 
gamente col  solo  suo  legno,  dal  vento  se- 
paralo dalla  licita,  l'incontro  di  27  galee 
turche,  benché  per  un  colpo  di  cannone 
vi  perde  la  mano  sinistra.  ]Nè  riuscì  a'tur- 
chi  d'impadronirsi  del  legno,  per  cui  si 
ritirarono  a  Metdino, insegnili  dagli  alti  i 
legni  tiella  flotta.  Altri  acquisti  conside- 
revoli li  fecero  i  morlacchi  iiell'Albanii, 
a*  quali  il  provveditore  Molin  aggiunge 
quello  di  Vergoiatz,  chiave  della  vicina 
provincia.  DiiU'  altra  parie  gì'  imperiali 
nell'Ungheria  e  nella  Croazia  fecero  con- 
siderabdi  acquisti,  fia'qnali  Canissa,  che 
mitigò  il  dolore  di  Leopoldo  1  per  la  mor- 
te succeduta  in  Lintz  del  valor(JSÌssimo  e 
benemerito  cognato  Carlo  V  duca  di  Lo- 
rena, sottenlrando  nel  comando  il  prin- 
cipe Luigi  di  Baden.  Però  i  turchi  ricu- 
perarono Nissa  e  Belgrado.  L'imperato- 
re riconobbe  competere  a  Vittore  Ame- 
deo li  duca  di  Savoia  i  titoli  di  re  di  Ci- 
pro e  di  altezza  reale,  fino  allora  contra- 
stati, ili."  febbraio  1G91  d'8i  anni  morì 
Alessandro  Vili,  con  gran  dolore  de'suoi 
veneziani,  il  cardinal  nipote  erigendogli 
nella  basilica  Vaticana  un  sontuoso  mo- 
numento di  bronzo  e  marmo,  l'oco  man- 
cò che  gli  succedesse  il  concilladino  b. 
Gregorio  canlinal  Barbarigo,  a  pro[)osi- 
fione  del  friulanocartlinal  Colloredo,  che 
poi  contribuì  a' 1  2  luglio  all'elezione  d'In- 
nocenzo XII,  il  quale  continuò  all'impe- 
ratore e  al  re  di  Polonia  i  soccorsi  per  la 
guerra  luichesca,  ed  i  veneziani  1'  aiuto 
delle  sue  galee  e  di  quelle  di  Malta,  con- 
tinuando la  sagra  lega.  iSel  mese  prece- 
dente morto  Solimano  111,  gli  successe  il 
fratello  Achmet  II.  AlCornaro  nel  supre- 
mo comando  dell'  armala  fu  surrogalo 
Domenico  IMocenigo,  la  cui  prima  riso- 
luziotiQfuIa  dibUuziuue  di  Canina,,  che 


558  V  E  N 

non  jiolcvasi  sostenei'e  dalle  tDiie  cle'liii'- 
(:lii,etl  alticltaiilo  pensavasi  faredellaVal- 
loiia,  che  ad  ogni  costo  i  tin'jlii  volevano 
riprendere,  iita  non  si  fece  in  Iciupo,  per 
l'assedio  da  (|uesli  postovi.  La  difesa  e  l'ag- 
gressione furono  ostinale  e  valorose,  e  do- 
po spaigiuiento  di  sangue,  i  veneziani  ne 
pailiroiiocun  railiglierie,iasciandoa'tLir- 
c!ii  un  inuochiodi  rovine.  Scoiselo  quindi 
l'Arcipelago, senza  incontrale  la  fluita  tur- 
ca come  avrebbero  braaialo.  Per  le  quali 
cose  e  pe'sojnuti  dispendii,  la  repubblica 
ormai  desiderando  la  pace,  l'ambasciato- 
re inglese  si  esibì  d'nilavolarla  colla  Por- 
la. Magni(jre  prosperila  goderono  l'arnii 
inn)eriali  in  Ungheria,  per  diverse  vitto- 
rie ed  acquisti;  ed  alcuni  vantaggi  ripor- 
tarono ancora  i  polacchi.  Lo  stendardo 
dei  gran  visir,  preso  nella  battaglia  diSa- 
laukenien,  I  imperatore  lo  donò  al  Papa, 
il  quale  era  lutto  intento  a  pacifionre  le 
guerre  d'Italia,  e  quelle  che  Luigi  XIV 
continuava  contro  Leopoldo  I.  Anzi  quel 
re  nel  1692  pel  conte  di  Uabenac  tentò 
la  repubblica  e  altri  prìncipi  italiani  ad 
unirsi  a  lui  contro  rim[)eratoie;  ma  inu- 
lilmeiile,  fervendo  tuttavia  la  guerra  col 
turco.  I  veneziani  ricevuti  i  solili  aiuti  del- 
le galee  papali  e  maltesi,  e  dopo  aver  per- 
duto per  tiadimento  la  fortezza  delle  Ca- 
mbuse, situata  in  faccia  a  Candia,  e  non 
lontana  da  quelle  di  Suda  e  S[)inalunga, 
volendo  il  loro  general  Wocenigo  com- 
pensarsi della  perdita  col  riacquisto  del- 
la Canea,  a'i  7  luglio  vi  sbarcò  le  truppe. 
I  principii  dell'assedio  riuscirono  felice- 
mente e  pronjeltevano  fortunato  esito.  Si 
prese  il  forte  di  s.  Teodoro  ,  una  mezza- 
luna e  un  rivellino,  the  costò  la  vita  al 
general  SainlPoI.  Trallavaiio  i  turchi  di 
arrendersi,  quando  da  lungi  videro  veni- 
re 10,000  soldati  iu  loro  aiuto,  e  quindi 
per  Iu  defezione  degli  sfaccioti  ,  abitanti 
de'dinlorni,  rinato  l'ardire  ne'turchi,  fe- 
cero una  sortita  con  istrage  de'crisliani, 
per  cui  i  veneti  si  ritirarono  dall'assedio, 
passando  qua  e  là  a  sostenere  alcune  fazio- 
ni, ed  il  geueral  Muctuigo  soggiacque  a  ri- 


V  L  N 

chiamodal  comando  dell'anni, e  fu  man- 
ilato  podestà  a  Vicenza.  Gl'imperiali  ot- 
tennciosuccessi  e  presero  Varadino  inUii- 
gheria,  e  poche  operazioni  fecero  i  polac- 
chi. Nel  I  (3g3  si  trattò  seriamente  nel  mag- 
gior consiglio  la  scelta  d'idoneo  capitano 
generale  per  sostenere  il  proseguitnenlo 
della  guerra,  ed  i  più  concorsero  a  nomi- 
nare il  glorioso  doge  Morosini  conquista- 
tore (.Iella  Morea  e  terrore  de'  turchi.  Si 
sciis?)egli  colla  sua  avanzata  elùdi  74^"" 
ni  e  la  sua  salute  divenuta  cagionevole;  ma 
rinforzale  le  preghiere,  infine  egli  si  of- 
frì di  sagrificare  il  resto  de'suoi  giorni  iti 
servigio  della  patria,  onde  per  la  3."  vol- 
ta fu  eletto  capitano  generale.  Grandi  pre- 
parativi si  fecero  per  la  sua  partenza,  la 
quale  perciò  ritardò,  e  gran  tempo  impie- 
gando nel  lungo  viaggio,  giunto  in  Levan- 
te i  turchi  si  ritirarono.  Per  questo  e  per 
prendere  le  disposizioni  per  assalire  Ne- 
groponte  nel  venturo  anno,  ed  anco  per 
cercare  inutilmente  la  flotta  turca,  non 
ebbe  occasione  alcuna  di  segnalarsi.!  tur- 
chi nellaDalmazia  assediarono  Veigoralz, 
ma  il  colonnello  Canagietti,  speditovi  in 
soccorso  dal  Delfino  provveditore  di  Spa- 
latro,  ne  interruppe  i  disegni,  trionfò  su 
di  loro,  fugandoli  e  uccidendone  moltissi- 
mi. In  Ungheria  l'armi  imperiali  progre- 
dirono sufìicienlemente,  e  nulla  fecero  i 
polacchi  ed  i  russi.  Nel  cominciar  del  ver- 
no si  recò  il  doge  uel  porlo  di  Napoli  diKo- 
mania,  e  sul  finire  del  i  6g3  colto  da  mor- 
tale infermità,  rifluito  di  fitiche,  di  sua 
laboriosissima  vita,  vi  morì  a'6  gennaio 
i6g4,  con  la  doglia  di  non  aver  potuto 
compiere  al  vantaggio  della  repubblica  i 
suoi  guerrieri  divisamenli.  Deposti  nella 
chiesa  i  di  lui  visceri  0  precordii,  il  cor- 
po imbalsamato  giunto  iu  patria,  fu  tu- 
mulato in  s.  Stefano  uel  mezzo  del  tem- 
pio, poco  lungi  dalla  porta  centrale,  sot- 
to sigillo  sepolcrale  scolpito  da  Filippo 
Parodi,  di  cui  sono  gli  ornamenti  in  bron- 
zo. Il  suo  busto  marmoreo  fu  nel  i  847  ^" 
retto  fra  quelli  di  altri  illustri  veneziani, 
nella  loggia  del  palazzo  dncale,  di  cui  la 


V  E  W  V  E  N  .'rT,) 
parele  Jl  fronlealla  porlo  della  sala  citi-  tura  navale,  tarilo  vagliegginla  (.lall'int- 
lo  Sciulinio  è  decorata  di  un  arco  Irion-  jieiatoie  Pietro  1, per  tlTetlnaie  colla  ma- 
faie  eletto  a  lui  dai  senato  nel  iGf)4  stes-  lina  militare  le  sue  vaste  idee  di  cou- 
so,  forse artliilellato  da  A.  Tirali,  con  pil-  ijuisle.  Dopo  la  nioiie  del  doge  IMoinsi- 
ture  egregie  di  Gregorio  Lnzzarini,  espri-  ni,  si  alììdò  il  comando  su[)reujo  dell'ar- 
inenli  i  suoi  fasti  militali.  Di  questo  eroe  mala  ad  Antonio  Zeno,  ch'era  generale 
scrissero:Giovanui  Oraziani, Ge.9/rt7'><7/i-  della  JMorea.  Allestito  questi  senza  frap- 
cisci  i\Inui  ocelli,  Vcnctia rum  Principisi  porre  dimora  lutto  il  navilio,  unitesi  a 
Pataviii  698.  Ivi  ne  pubblicò  la  ^/Vrt',  iti-  Ini  le  galee  pontificie  e  de'cavalieri  di 
mala  migliore  della  precedente  ,  Anto-  jMalta,  jmdò  in  traccia  della  flotta  turca, 
nio  Arrighi  nel  1749-  —  Silvestro  Tu'  ch'era  già  uscita  dal  porto  de'Dardanel- 
litr  CIX  doge.  Nato  dal  doge  Derlucci  e  li;  ma  questa  appena  n'ebbe  sentoi e,  si 
da  Benedetta  Pisani,  cavaliere  e  [)rocu-  ritirò  ne'suoi  porli,  e  die'molivo  al  Ze- 
ratoredis.  Marco,  era  stato  uno  de'G  se-  no  di  concepire  allra  impresa.  Si  propo- 
nalori  che  nell'elezione  del  piedecessore  se  il  considerabile  conquisto  dell'isola  di 
furono  ballotlali  pel  dogado  ,  pel  qual  Scio,  chiamala  il  Paradiso  della  Gre- 
confronto  è  manifesto  di  quanta  estima-  eia.  A'7  settembre i6c)4  giunse  in  faccia 
zioiie  si  fosse,  onde  lui  morto  gli  occhi  di  dell'isola,  dove  sbarcate  le  milizie  sotto  il 
tutti  si  fissarono  suIYalier,  ed  a'aS  feb-  comando  del  pur  nuovo  general  Sleinau, 
braio  I  Gr)4  l'^l'^^S'^'o  tloge.  indi  a'27  del-  fu  preso  incontanente  senza  contrasto  il 
lo  stesso  venne  coronato,  e  dopo  di  lui  fu  Castello  di  mare,  lasciatasi  libera  l'usci- 
eziandio  coronata  dogaressa  la  sua  mo«  la  a'  200  turchi  del  pre'^idio.  Quindi  si 
glie  Elisabetta  figlia  di  l*aolo  Quirini  prese  il  borgo  e  il  porto;  e  la  città,  elio 
Slampalia.  A  quest'ultima  magnilicaso-  sola  rimaneva  per  liniera  conquista,  fi- 
lennità  intervennero  il  senato,»  deputali  nalmente  si  arrese  a' 1 5  settembre,  u»cen- 
delle  Provincie  suddite,  gli  ambasciatori  done  3  giorni  dopo  i  0,000  tmchi, de'ipia- 
dell'eslere  polenze,chearingarono  la  prin-  li  3, 000  abili  alle  armi,  avendo  ottenuto 
cipessa  uelia  sala  del  Collegio.  Non  eiasi  sicuro  convoglio  sino  a  Cisine  neil'  Asia, 
veduta  più  magnifica  pompa  do[)0  quel-  Prima  di  loro  n'erano  sortiti  i  vescovi  la- 
la  de'4  maggio  1097  celebrala  per  la  do-  lino  e  greco.  Acquistai  omo  i  veneti  100 
garessa  Morosina  Morosini,  che  descrissi  cannoni  di  bronzo,e  liberaronogli  schiavi 
nel  dogado  89.%  ma  là  prudenza  de'pa-  cristiani.  La  presa  di  Scio  accrebbe  la  re- 
dri  aboh  con  legge  questa  funzione  un  pulazione  a'veneziani,  ed  assicuiò  ;illresi 
tempo  tollerata  (ne  li  ovai  5  esempi,  con  il  possesso  del  regno  della  Morea  la  vitto- 
questo,  che  descrissi  a'  loro  luoghi,  os-  ria  (head  Argo  ieliceiiiente  si  oltenne.Vi 
sia  ne'  dogadi  66. °,  68.°,  82.",  89.°,  ol-  si  era  avanzalo  con  un  grosso  esercito  tli 
Ire  quelli  dell'  85.°  e  i  18.°,  quanto  al-  turchi  il  seiaschiere  dell.»  Abjrea.La  vigi- 
l'uso  del  corno  ducale),  n^a  non  confa-  lauza  d'Antonio  ÌNbdin  generale  dell'iso- 
centesi  alla  semplicità  de' costumi  re-  le ,  e  di  Pietro  Dtiodo  provveditore  del 
pubblicani.  In  quest'anno  1694  si  con-  regno,  ne  cacciò  i  i)arbaii  da'connni,  do- 
fermò  la  legii  Ira  la  repubblica,  l'impe-  pò  averli  iti  una  battaglia  sconfitti.  Ne 
latore  e  la  Polonia,  cui  nel  1696  si  ag-  qui  terminarono  i  prosperi  successi  della 
giunse  anche  la  Paissia  ,  la  quale  in  tale  \eiieta  republilica ,  in  quest'anno,  dopo 
circostanza,dice  il  Casoni  (il  quale  in  que-  aver  minacciato  Smirne.  Daniele  Delfino 
sto  dogado  termina  le  sue  biografie  de'do-  pio  v  vedi  loie  generale  della  Djlmazia,  di - 
gidi  A  cnezia,di  cui  mi  giovai),chiese  e  ol-  segnò  l'attacco  di  Ciclut,  fortezza  nola- 
tenne  esperti  operai  veneziani,  che  in  quel  bile  dell'Eizegovina,  alla  destra  del  fiu- 
nascenle  icupeio  iuseguarouo  l'architet-  me  Narenla,  paco  dislanle  dal  mare,  si- 


»6o 


V  EN 


tunla  soprn  colline  piessocliT;  iunccosslM- 
li.  A'i(^>  giugno  l'assediò,  ed  a' 20  l' cblie 
in  polere,  uscendone  5oo  soldati  e  circa 
3,000  abitanti.  Riusc'i  di  somma  gioì  ia  al 
provveditore  Delfino  l'acquisto  di  questa 
piazza,  ma  gliene  derivò  maggiore  per 
conservarla.  Due  volle  in  quest'anno  i 
turchi  l'assediarono,  perchè  con  tal  per- 
dita si  vedevano  tolta  la  comunicazione 
tra  la  Bosnia  e  l'Erzegovina,  e  due  vol- 
te con  mollo  lor  danno  e  vergogna  furo- 
no costretti  a  ritirarsene,  cioè  nel  luglio 
e  nell'oltohre,  ad  onta  di  tulli  i  loro  sfor- 
zi. Indi  i  veneti  espugnarono  la  rocca  di 
Ciobuch.  Nell'Ungheria  e  nella  Croazia 
gl'imperiali  presero  alcune  piazze,  ed  i 
turchi  sciolsero  l'assedio  di  l'elcrvaradi- 
110.  I  polacchi  riportaiono  grossa  vitto- 
ria, ed  i  russi  loro  alleati  si  limitarono  a 
strepili.Neli6g5  morto  il  sullanoAchmet 
JI,  gli  successe  Mustafà  li.  Neil'  Arcipe- 
lago, due  fiuouo  gl'incontri  dell'amiate 
tra'veneti  e  turchi.  111."  stguì  in  vicinan- 
za di  Scio,  che  la  sopravvenuta  notte  fe- 
ce restare  indeciso,  e  3  navi  veneziane  an- 
darono in  aria  pel  fuoco  che  miseramen- 
te vi  si  attaccò.  Il  2.°  accaduto  in  poca 
distanza,  sorfi  felicissimo  esito,  colla  fu- 
ga delie  navi  turche,  già  disperse  e  mal- 
concie.  Non  molto  dopo  fu  dal  capitano 
generale  risoluto  l'abbandono  di  Scio, 
sapendo  che  il  sultano  voleva  ricuperar- 
la con  poderose  forze,  anzi  secondo  Mu- 
ratori patì  pure  una  sconfitta,  che  il  Hru- 
soni  non  riferiscej  il  che  obbligò  il  senalo 
a  richiamare  lo  Zeno  dal  cocnando,  e  lo 
contlannò  a'ferri  a  vita,  e  con  esso  i  due 
provveditori  dell'armata  I^ietro  Quirini 
e  Pisani,  oltre  altri  ufliziali  a  carcere  trien- 
i)ale,che  mal  aveano  corrisposto  alla  pub- 
blica espettazione.  Fu  invece  nominato 
generale  Alessandro  Molin,  già  provve- 
ditore generale  di  Dalmazia.  Indi  nella 
bcittaglia  d'Argo  ottenne  conipiula  vitto- 
ria contro  Ibraim  pascià  di  Negroponte 
e  seraschiere  della  Morea,  che  comanda- 
va 18,000  turchi.  Uscito  poi  il  ÌNIolin  in 
traccia  della  flotta  turca,  l' incontrò  uel 


V  EN 

canale  di  Scio,  la  pombattè,  le  alTonilò  due 
navi  e  l'avrebbe  disordinala  interamen- 
te se  la  notte  non  gli  avesse  improvvisa- 
mente strappata   la   vittoria.  Tutlavolla 
l'otteime  do|)o  3  giorni  a'  i  7  setlend)re.  I 
legni  de'turchi  presero  la  fuga,  e  dilllcil- 
n»ente  si  sarebbero  salvali,  se  un  istanta- 
neo vento  insello  non  avesse  ioApedito in- 
seguirli all'armata  sottile.  Il  rinomato  pa- 
scià Mezzomorto  che  la  comandava  ebbe 
la  nave  fracassata  e  si  rifugiò  a  Feccliio,il 
resto  della  flotta  nell'isola  d'Orlac  ed  a 
Smirne,  dopo  aver  veduto  affondar  G  na- 
vi crivellate  dall'artiglierie  venete.  Gl'im- 
petuosi venti  obbligarono  il  Molina  ripa- 
rare ne'porti  della  Morea.  Il  Delfino  nel- 
la Dalmazia  si  difese  da'lurchi,  e  ripoilò 
alcuni  vantaggi,  ma  vantaggi  tutti  da  non 
compensare  la  dolorosa  perdita  di  Scio, 
ripresa  dal   pascià  Mezzomorto.  L'armi 
imperiali  in  Ungheria  fecero  gravissima 
perdita,  per  la  morte  del  valoroso  urbi- 
nate generale  e  maresciallo  Federico  V^e- 
terani,  conquistatore  della  Transilvania, 
nel  fiero combaltimentocontroMustalà  II 
checomandava  numeroso  esercito. Le  scis- 
sure de'polacchi  gl'impedirono  dal  canto 
loro  d'operare,   ma   70,000  russi  final- 
mente vinsero  battaglie  e  fecero  alcuni 
acquisti.  NeliGcj6  i  veneziani  si  conserva- 
rono senza  segnalate  fazioni  guerresche, 
lianne  l'aver  il  Molin  a' 9  agosto  com- 
battuto la  flotta  turca  ad  Audros, coman- 
data dal  pascià  Mezzon)orto,  senza  risul- 
tato per  la  venuta  notle,  bensì  pe' danni 
ricevuti  fuggì  vilmente  nel  dì  appresso.  I 
veneti  nella  Dalmazia  tentarono  d'espu- 
gnare Dolcigno  nido  de'corsari  in  Alba- 
nia, infestatori  dell'Adriatico  ;  ma  tutti  i 
loro  sforzi  non  riuscirono.  Intanto  il  sena- 
Io  faceva  alli  lamenti  vedendo  ioìpiegale 
tante  cure  e  tanti  tesori,  senza  proporzio- 
nati e  corrispondenti  risultati.  In  Unghe- 
ria ricomparve  il  sultano  bramoso  di  se- 
gnalarsi in  qualche  grande  impresa,  ma 
non  ebbe  luogo,  solo  combattimenti  con 
reciproche  perdile,  anche  di  capitani.  La 
morte  di  Giovanni  ili  re  di  Polonia  im- 


VEN 
pedi  di  agire  a' polacchi,  e  diversi  van- 
taggi riportarono  i  russi  con  alcuni  acqui- 
sti. iNeli6g7  segui  fra  le  uavi  grosse  de' 
■veneziani,  uuile  alle  solite  del  l'apa  e  di 
Malta,  contro  quelle  de'tuichi  (lerissimo 
navale  combattimento  a'G  luglio  nell'ac- 
que di  Lemno  e  di  Troia.  Questo  si  mo- 
sti ò  pure  il  i.°  settembre  vicino  ad  An- 
dros,  in  cui  i  turchi,  capitanati  dall'aslu- 
lo  pascià  Mezzomorlo,  si  posero  in  fu- 
ga, dopo  averlo  sostenuto  per  4  ore  con- 
tinue. Anche  all'istmo  di  Corinto,  dove  i 
turchi  si  erano  ingrossati  con  isperanza 
d'avanzamento,  furono  vinti  e  battuti,  ri- 
tirandosi il  seraschiere  a  Tebe  con  suo 
danno  e  del  pari  con  sua  vergogna.  La 
più  fiera  battaglia  però  fu  quella  de'20 
settembre  fra  le  navi  delle  due  armale, 
che  durò  sino  a  notte,  da  cui  partirono 
i  conquassati  legni  turchi  e  tali  da  non 
esser  più  in  istato  di  veleggiare,  non  che 
di  combattere.  Al  fine  della  campagna,  il 
senato,  al  capitan  generale Molin,  sostituì 
Jacopo  Cornare,  che  parl'i  da  Venezia  ver- 
so il  29  ottobre.  I  veneziani  chiusero  con 
grossa  muraglia,  alternala  da  forti  e  da 
ridotti,  l'intero  istmo  di  Corinto,  onde  im- 
pedire a'turchi  le  scorrerie  nella  peniso- 
la. In  Ungheria  con  felici  successi  il  go- 
verno dell'armi  imperiali  fu  affidato  al  ce- 
leberrimo Eugenio  di  Savoia  e  conte  di 
Soissons,  già  distintosi  nella  guerra  d'I- 
talia; alTrontato  da'  turchi,  col  loro  sul- 
tano Mustafà  il  in  persona,  il  nuovo  ca- 
pitano riporlo  presso  il  Tibisco  la  strepi- 
tosa vittoria  di  Zenla,  colla  fuga  del  sul- 
tano, che  vi  perde  lo  stendardo,  il  padi- 
glione e  il  tesoro.Così  si  assicurarono  l'Un- 
gheria e  la  Transilvania,  e  sui  turchi  si 
fecero  altre  ricui)ere  nella  Bosnia.  I  po- 
lacchi preoccu[)ali  nella  dieta  per  l' ele- 
zione del  re  Augusto  II  di  Sassonia,  già 
comandante  iin[)criale  in  Ungheria,  poco 
operarono  a  danno  de'turchiji  quali  fecero 
inutili  sforzi  per  togliere  a' russi  il  per- 
duto al  Tanai  e  al  Coristene,  anzi  ven- 
nero da  loro  battuti  e  dispersi.  Entrò  l'an- 
no 1G98  con  vasti  a[)parali  di  guerra,  ma 

VOL,   XCII. 


VEN  5ùi 

terminò  colle  trattative  di  pace  acuì  in- 
clinavano le  parti,  cioè  la  repubblica  per 
l'immense  spese  sostenute,  l' imperatore 
per  la  vacillante  salute  di  Carlo  II  redi 
Spagna,  che  rendeva  imminente  la  guer- 
ra per  succedergli,  e  il  sultano  pe'clamo- 
ri  de'suddili  e  dell'esercito  sgomentati  da 
tante  sanguinose  perdite.  Nondimeno  a'3 
settembre,  dice  il  Brusoni,  ed  a'2  i  il  Mu- 
ratori, nell'acque  di  Metelino  il  Delfino 
disordinò  in  un  combattimento  il  navilio 
turco,  poiché  l'accorto  Mezzomorto  col- 
la solila  tattica  di  schivare  i  decisivi  ci- 
menti, battè  a  tempo  la  ritirata.  Inoltre 
i  veneziani  bruciarono  il  paese  nemico 
per  terra,  e  imposero  contribuzioni  col- 
le scorrerie  di  mare  in  varie  contrade  de' 
turchi.  Queste  furono  le  ultime  azioni 
nella  presente  guerra.  Dopo  aver  l'am- 
basciatore inglese  lord  Fagel  fatto  aper- 
ture pacifiche  a  Coslaulinopoli  col  gran 
visir  Cusseio  o  Hussein,  stabiPi  per  piano 
di  tregua  e  pace,  che  tanto  l'imperatore, 
i  veneziani,  i  polacchi ,  i  russi,  quanto  i 
turchi, restassero  possessori  di  tutto  quan- 
to avevano  conquistato  negli  anni  prece- 
denti. Se  ne  mostrò  pago  il  divano,  e  no- 
minò i  plenipotenziari,  per  Io  scelto  luo- 
go di  congresso,  Carlowilz  nel  Sirraio, 
dopo  convenuta  la  tregua  temporanea.  A. 
questo  la  repubblica  inviò  il  senatore  e 
cav.  Carlo  Ruzzini  ,  poi  doge,  con  Gio. 
Battista  Nicolosi  suo  segretario,  Rinaldo 
Carli  interprete,  e  il  d.'  Lorenzo  Tundra 
di  Zara  per  lecosedella  Dalmazia.  I  rap- 
pi  esentanti  inglese  e  olandese,  quali  me- 
diatori nel  congresso  spianarono  ledidl- 
coltà  per  determinare  i  confini  delle  par- 
ti e  la  demolizione  di  alcuni  forti  e  piaz- 
ze. Le  difficoltà  fecero  progiedire  il  con- 
gresso in  tutto  il  1698,  finche  nel  seguen- 
te iGgg  in  Carlowilz  si  convenne  e  sot- 
toscrisse una  tregua  di  23  anni  fra  Leo- 
polilo  I  imperatore  e  Mustafà  II  sultano 
de'turchi,  come  pure  la  pace  tra  questo 
ed  i  polacclii.  Poiché  insorsero  contro- 
versie fra'minislri  della  Porla  e  CarloRuz- 
ziui  plenipotenziario  veneto,  mentre  que- 
36 


r>G7  V  E  N 

sii  clifTeriva  l'accorisenliio  ad  alcuni  pun- 
ti, i  plonipolenziari  imperiale  e  polacco, 
e  i  inefliafoii  inglese  e  olandese  slipnla- 
rono  essi  In  concordia  fra  la  rcpuhhlica 
Acnetae  il  sultano,  nella  forma  che  si  po- 
tè oUenere,  nondimeno  con  gloria  e  van- 
taggio del  nome  veneto,  al  modo  descril- 
lo  i>ella  Storia  Veneta  del  senatore  Pie- 
tro Garzoni  e  da  altri  cronisti.  Ma  non 
(u  specificata  la  durala  della  tregua  ,  il 
tlie  dopo  apprensioni  del  senato  fu  stabi- 
lito alquanti  mesi  appresso.  Per  quest'ac- 
cordo restarono  i  veneziani  in  possesso  e 
dominio  del  regno  di  RIorea ,  coli'  isole 
(l'Egiiia  e  s.  Maura;  e  nella  Dalmazia  e 
Albania  di  Castel  Nuovo,  Risino,  Knin, 
Sing,  Ciclut  e  Gabella.  In  tal  modo  i  ve- 
neziani abbandonarono  solanìente  il  pae- 
se e  le  città  delle  quali  eransi  impadro- 
niti al  di  là  dell'istmo  di  Corinto.  Ma  in 
sostanza  non  raccolsero  propriamente  i 
vantaggi  che  lor  facevano  sperare  le  mol- 
teplici riportale  vittorie,  e  l'osserva  il  Mo- 
scliini  nel  Compendio  delV istoria  vene- 
ziana.Fiì  poi  ratificala  questa  tregua  dal 
Piuzziui  a'26  gennaioiGgg,  e  dal  senato 
a'y  febbraio.  Pietro  I  czar  di  Russia  pre- 
ventivamente avea  concluso  una  tregua 
di  due  anni,  prorogata  poi  a  3o  anni. 
Grandi  e  magnifiche  allegrezze  si  fecero 
in  Venezia  per  il  glorioso  fine  di  sì  lun- 
ga e  costosa  guerra.  Ed  Innocenzo  XII, 
che  neliGqy  avea  avulo  la  consolazione 
di  veder  stabilita  la  pace  fra  la  Francia 
e  r  impero,  e  gli  altri  principi  cristiani, 
ebbe  parimenti  la  contentezza  di  veder 
depressa  la  potenza  ottomana  e  assicura- 
to il  crisllanesimo  dalle  sue  armi.  Ma  or- 
mai i  cristiani, alle  fanatiche  masse  turche, 
seguaci  solo  de'Ioro  modi  di  guerreggiare, 
opponendo  la  nuova  tattica  n)ililare,  la 
scienza  ausiliaria  del  valore,  manifesta  ap- 
parve  la  loro  superiorità.  Dichiara  il  conte 
Girolamo  Dandolo:  Se  parve  a  taluno  ve- 
der ristorarsi  la  fortuna  de'veneziani,  pel 
conquisto  del  vasto  e  ricco  dominio  del- 
la Morea  ,  non  fu  quello  che  una  breve 
illusione,  una  passeggera  racteoraj  dovu- 


V  E  N 

la  ccrtammle  in  gran  parte  al  valuie  deb 
l'armi  venete,  ma  in  gran  parte  eziandio 
alla  necessità  in  cui  trovarousi  i  turchi, 
di  dividere  le  loro  forze  ,  per  afTrontare 
il  contemporaneo  assalimenlo  delle  po- 
tenze colìegale  colla  repubblica.  Giunto 
il  doge  Vaiier  all'estremo  giorno  suo, ces- 
sò di  vivere  a'5  luglio  1  700,  in  età  di  70 
anni,  ed  ebbe  toml)a  nel  tempio  de' ss. 
Gio.  e  Paolo,  ove  neh  708  grandioso  mo- 
numento venne  innalzato  in  memoria  di 
lui,  del  doge  padre  e  di  se  stessa  dalla 
dogaressa  coronata  sua  moglie  ,  colle  3 
statue  esprimen-ti  ciascuno  di  loro. 

38.  AU'ise  JI  Mocenigo  CXdoge.  La 
religione  e  la  giustizia, celebrate  nel  di  lui 
elogio  ftmebre  dal  p.  d.  Leonardo  Bo- 
iietti  somasco,  furono  le  virtù  che  il  sol- 
levarono al  trono  a' 16  luglio  1700,  co- 
me osserva  il  eh.  GiannantonioMoschini, 
l>iografodi  questo  doge  e  di  lutti  i  di  lui 
successori,  ma  compendiosamente.  Così 
egli  era  esemplare  della  vita  e  de'costu- 
ii)i  in  grado  di  onore,  che  quantunque 
eccel80,nori  però  domandava  altezza  d'in- 
gegno. Avea  battuto  la  carriera  de'magi- 
strati,  avea  governalo  qualche  provincia, 
e  sempre  si  fece  onore,  poiché  non  vole- 
va se  non  1*  equo  e  il  giusto.  Il  Papa  In- 
nocenzo XII,  dopo  aver  crealo  cardinali 
i  patrizi  veneti:  Gregorio  Cornaro,  ad  i- 
stanza  della  repubblica  (mentre  era  nun- 
zio di  Lisbona,  la  quale  non  godeva  an- 
cora la  prerogativa  che  il  suo  nunzio  fos- 
se elevalo  alla  porpora),  fialello  del  se» 
guentedoge;  Vincenzo  Grimani,  ad  istan- 
za dell*  imperatore,  che  avea  pacificalo 
col  duca  di  Savoia; e  Daniele  Marco  Del- 
fino; rese  la  bell'anima  a  Dio  a'  27  set- 
tembre! 700,  e  dopo  un  mese  e  26  gior- 
ni gli  successe  Clemenle  XI  Albani,  la 
cui  famiglia  fu  poi  aggregala  alla  nobil- 
tà veneziana.  Nel  i,°  giorno  dello  stesso 
mese  era  morto  Carlo  II  re  di  Spagna, 
avvenimento  fecondo  di  tante  e  lunghe 
guerre,  e  di  tanti  mutamenti  politici  de- 
gli stati  d'Europa,  e  altre  parli  del  mon- 
do, a  uiolivo  della  formidabile  e  clamo- 


V  E  ìN 

iosa  disputa  clelln  successione  alla  mo- 
narchia spagniiola  cui  erano  annesse  ?2 
coroue,  fomite  di  deplorabili  e  lunghe 
guerre,  di  cui  ragionai  dicendo  delle  po- 
tenze che  le  fecero.  Innanzi  tal  morte  e- 
rasi  progettato  da  Cosimo  III  a  Inuocen- 
zo  XII,  nella  sua  venuta  in  Roma,  una 
lega  tra  il  Papa,  i  veneziani,  il  duca  di 
Savoia,  il  granduca  di  Toscana,  il  duca 
di  Mantova,  quello  di  Parma,  per  la  quie- 
te d'Italia.  Non  ebbe  effetto,  imperocché 
i  principi  della  lega  contro  il  turco,  pre- 
sero impegno  di  tosto  pacificarsi  appun- 
to per  attendere  unicamente  alla  guerra 
che  stava  per  accendersi,  ed  i  veneziani 
si  proposero  neutralità  armata,  ricusan- 
do la  lega  italiana.  Avendo  l'imperatore 
disgustato  Innocenzo  XII,  per  sostenere 
le  pretensioni  del  suo  ambasciatore  Mar- 
tinitz,  e  quelle  su  certi  feudi  creduti  im- 
periali, ed  esistenti  nello  stato  papale, con- 
sultando Carlo  II  quel  Papa  sul  testa- 
mento, pare  che  Io  consigliasse  a  prefe- 
rire alla  linea  austriaca  di  Germania,  ed 
all'arciduca  Carlo  figlio  di  Leopoldo  1,  il 
parente  nipote  di  Luigi  XIV  redi  Fran- 
cia ,  che  fu  Filippo  V.  Non  si  volle  che 
la  potente  casa  d'Austria  in  Italia  conse- 
guisse il  ducato  di  Milano,  i  reami  di  Na- 
poli e  Sicilia,  oltre  quello  di  Sardegna, 
ricordandosi  le  avanie  commesse  nell'td- 
timc  guerre  dagl'imperiali  co'popoli  d'I- 
talia. Dall'altro  canto  si  considerò,  che 
conservandosi  la  monarchia  spagnuola 
con  un  principe  francese  sul  trono,  Fran- 
cia non  avrebbe  inquietato  né  dessa,  né 
i  principi  italiani,  contenta  di  veder  de- 
pressa l'Austria,  antico  suo  proponimen- 
to. Per  queste  vicende  politiche,  volendo 
anche  ilPapa  conservarsi  neulrale,ncl  suo 
possesso  non  v'intervennero  gli  ambascia- 
lori,  e  neppure  il  cav.  Morosini  di  Vene- 
zia, per  istruzione  della  sua  repubblica, la 
quale  seguiva  le  pretensioni  dell'ardito  e 
piesunluoso  Mai  tinitz,  di  non  voler  ince- 
dere col  Governalore  di  Roma,  a  spalla 
col  Principe  assistente  al  Soglio.  E  qui 
aggiungerò,  che  dipoi  nel  1 707  Giambal- 


V  E  N  o65  - 

tisla  Nani  ambasciatore  di  Venezia  nel- 
la cappella  pontificia,  seguendo  le  pedalo 
del  borioso  Martiuitz  ,  non  volle  passar 
la  Pace  della  messa  ad  un  contestabile 
Colonna  principe  assistente  al  soglio.  Ma 
Clemente  XI,  non  tollerando  tanta  ingiu- 
ria alla  sua  presenza,  ordinò  che  non  più 
s'invitasse  alle  cappelle  l'ambasciatore  di 
Venezia,  se  non  praticava  l'antico  siste- 
ma ;  onde  il  Nani  avendo  domandata  i- 
struzione  al  senato,  gli  fu  ingiunto  par- 
tire da  Roma  senza  prender  congedo  dal 
Papa  !  Così  terminò  la  decorosa  assisten- 
za al  trono  del  Sommo  Pontefice  d^gli 
Ambasciatori  (f-),  nelle  Cappelle  pò -i- 
tijicìee  uè  Concistori  pubblici  Si  gl'impe- 
riali, sì  i  francesi  ,  appena  morto  Carlo 
II,  per  la  strepitosa  guerra  che  andava- 
no a  intraprendere  ,  procurarono  viva- 
mente di  avere  al  loro  partito  nell'  Ita- 
lia la  repubblica  di  Venezia  ,  la  quale 
non  amando  le  vittorie,  e  bramando  che 
rimanesse  avvilito  colui  che  più  vincesse, 
come  si  esprime  Moschini,  non  ci  si  volle 
icnmischiare,  ristrettasi  soltanto  a  tenere 
in  piedi  un'armata  che  la  proteggesse  d'o- 
gni insulto  straniero,  e  sostenesse  la  li- 
bertà del  golfo.  E  perché  il  veneto  cardi- 
nal Ottoboni,  pronipote  di  Alessandro 
Vili,  da  Luigi  XIV  fu  fatto  protettore 
di  Francia,  ed  erasi  impegnato  col  nipote 
Filippo  V  perchè  lo  fosse  pure  di  Spagna, 
che  però  non  potè  ottenere  per  riguardi 
politici  di  non  doversi  unire  le  proteltorie 
di  tali  due  corone;  per  detta  prolezione 
si  disgustò  la  patria  repubblica  egli  se- 
questrò le  rendite  che  aveanel  dominio 
veneto,  finché  poi  si  sopì  l' inquietudine. 
Qual  protettore  di  Francia,  teneva  un 
palazzo  a  piazza  iVavona  con  l'arme  del 
regno,  (love  faceva  abitare  la  sua  funiglia, 
egli  dimorando  nel  [)alazzo  della  Cancel- 
leria. Commosso  Clemente  XI  da'  mali 
che  sovrastavano  all'Europa  e  le  calamità 
cui  doveano  piombare  sidl'  Italia,  e  ia 
fatti  ad  onta  di  su.i  pruilenle  neutralità 
egli  e  il  suo  stato  non  poco  ne  soffrirono, 
esili  alle  discrepanti  corti  la  sua  media- 


564  V  E  N 

zione,  e  quella  eziandio  della  repubblica 
ili  Venezia,  ma  senza  successo  ;  e  versola 
primavera  tiel  1701  cominciarono  a  ca- 
lare truppe  francesi  in  Italia  a  fine  di  di- 
fendere per  Filippo  V  lo  stalo  di  Milano 
contro  gì'  imperiali.  Carlo  ili  duca  di 
]\inntova,  per  aver  ammesso  nella  città 
presidio  gallo-ispano,  fu  dichiaralo  ri- 
belle all'impero,  e  poscia  perde  tulli  i 
suoi  stati  occupali  dagli  auslrifici,  e  infe- 
licemente morì  a  Padova,  estinguendosi 
con  lui  la  linea  de'  Gonzaghi  duchi  di 
Mantova.  Nel  1 704  indeboliti  i  tedeschi  e 
ridotti  al  di  là  del  Po,  a  mantenere  alme- 
J10  la  comunicazione  colla  Germania,  for- 
lificaroiio  Serravalle,  Ponte  Molino  e  va- 
ri posti  sotto  Legnago  nel  tiorainio  ve- 
neto, che  per  ciò  si  vide  esposto  anche 
alle  armi  francesi  che  assediarono  Serra- 
valle.  Di  più  i  tedeschi  entrarono  nel  lire- 
sciano,  fortificandosi  a  Gavardo  e  Salò 
sul  lago  di  Garda  ein  altriluoghi.  Poche 
sono  le  nazioni  ei  principi,  che  nelle  pro- 
sperità sappiano  conservare  la  modera- 
zione. Poiché  allora  i  francesi  parlando 
alto,  prelesero  di  obbligar  la  repubblica 
veneta  ad  impedire  l'ingresso  e  la  dimo- 
ra ne'suoi  stati  alle  truppe  austriache.  E 
siccome  la  saviezza  del  senato,  risoluto  di 
conservare  l'adottata  neutralità,  rispose 
con  non  minore  colaggio,  e  vieppiù  rin- 
forzò i  piesidii  delle  sue  piazze;  allora  il 
gran  priore  di  Vendòme,  comandante 
francese,  per  forza  entrò  in  Montechiaro, 
Calcinato,  Carpcnedolo,Desenzano,  Ser- 
inione  e  altri  luoghi,  e  non  si  guardò  di 
fare  altre  insolenze  e  danni  a  cjuelle  vene- 
te contrade, finché  arrivò  il  verno  che  mi- 
se freno  alle  operazioni  militari.  Queste 
precarie  occupazioni  di  territorio  e  gravi 
danneggiamenti  recali  da' belligeranti  si 
rinnovarono  più  volle.  Nel  1706  perchè 
il  principe  Eugenio  di  Savoia,  generalis- 
simo dell'imperatore  Giuseppe  I,  sboccò 
di  nuovo  sul  V'eronese,  il  Vendòme  cor- 
se colle  maggiori  forze  ad  accamparsi  in 
vicinanza  ui  Verona,  eslese  le  sue  genti 
lungo  l'Adige,  per  impedirei!  passaggio 


VEN 
agl'imperiali.  Tndi  con  preleslo  che  i  ve- 
neziani prestassero  e  potessero  in  seguilo 
dar  aiuto  alle  truppe  imperiali,  alzò  de' 
fortini  contro  Verona,  minacciando  essa  e 
il  senato  se  non  usciva  di  neutralità. Spin- 
ti da  sì  fatte  violenze,  i  veneziani  accreb- 
bero i  loro  armamenti,  e  risposero  con 
energia  a'  francesi,  senza  mai  dipartirsi 
dalla  presa  risoluzione  di  non  voler  ade- 
rire a  partilo  alcuno.  A  questo  fineavea» 
no  stretto  legaa'2  gennaio collecittà sviz- 
zere di  Berna  e  Zurigo.  Nel  1702  avea 
Clemente  XI  accordalo  a'novelli  vescovi 
di  Moiea,  presentali  dalla  repubblica  al- 
la s.  Se\\e  per  l'instiluzione  canonica,  che 
fossero  esenti  dall'/sy^A/ze  e  dispensali  dal- 
l'essere consagrati  io  Roma,  ma  doversi 
fare  di  loro  il  consueto  processo  da  man- 
darsi a  Roma  dal  nunzio  di  Venezia.  E 
nel  1706  il  Papa  secondo  il  solilo  confe- 
rì il  titolo  di  cavaliere  all'  ambasciatore 
veneto  Francesco  I\lorosini,alla  presenza 
di  diversi  cardinali  nazionali,  egl'impose 
al  collo  la  coi/<7»^rZ'oro  (come  leggo  nel- 
l'originale descrizione  ms.  della  funzione 
del  tnaeslro  di  ceremonie  mg."^  Cassina, 
che  la  diresse;  e  non  la  cìdave  d'orOy  co- 
me pur  leggo  neir  altro  contemporaneo 
Cecconi  aeWiario  zV/on'co, Roma  1725,86 
pure  non  è  fallo  di  stampa:  sia  comunque, 
qui  pure  arroge  quanto  dissi  nel  voi.  XC, 
p.  I  Sq)  colla  medaglia  simile,  nella  qua- 
le da  un  lato  si  vedeva  il  Salvatore  por- 
tante la  Croce,  e  dall'altra  il  ritratto  del 
Papa  :  il  contestabile  Colonna  gli  cinse  la 
spada,ed  i  marchesi  Cavalieri  e  Aslalli  gli 
posero  gli  speroni.Quesliela  spada,secon- 
do  il  consueto,  avea  mandati  l'ambascia- 
tore. Di  più  Clemente  XI  nel  1706  creò 
cardinali  j  patrizi  veneti  Pietro  Priuli, 
per  avere  ricevuto  dal  suo  pro-zio  Ales- 
sandro Vili  la  poipora  cardinalizia  ;  e 
Gio.  Alberto  Badoario  patriaica  di  Ve- 
nezia, trasferendolo  al  vescovato  di  Bre- 
scia, per  far  fronte  coll'aposlolico  suo  ze- 
lo agli  er  rori  degiansenisli,  di  cui  fu  sem- 
pre il  flagello,  per  averli  ivi  disseminati 
il  famoso  Beccarello,  e  si  oppose  pure  al- 


VEN 

5'ei'elico  Picinino,  che  faceva  allrellanlo 
con ispargere il  veleno  de'siioierioii.  Più 
tardi  Clemente  Xi  fece  pure  cardinali  i 
patrizi  veneti  Alvise  Friuli,  stato  i3  an- 
ni uditore  di  Rota  per  la  sua  nazionej  e 
Gio.  Francesco  l'aibarigo,  perfetto  mo- 
dello del  b.  cardinal  Gregorio  suo  zio. 
Bicavo  dal  Cancellieri,  Notizie  di  Fede- 
rico IP' re  di  Danimarca,  che  questo 
monarca  col  nome  di  conte  d'  Oldem- 
hourg  viaggiando, per  non  essere  d'inco- 
modo agli  altri  principi,  negli  ultimi  gior- 
ni di  dicembre  1707  (meglio a'2f)  dicem- 
bre 1708,  e  vi  SI  trattenne  sino  a  parte 
della  quaresima)  giunse  a  Venezia.  Il  se- 
nato non  ostante  gl'invio  per  onorarlo  4 
senatori  cavalieri  della  stola  d'oro,  i  qua- 
li nel  soggiorno  di  due  mesi,  che  vi  fece, 
l'accompagnarono,  servirono  e  sempre 
cercarono  di  fargli  godere,  non  solo  i  di- 
vertimenti pubblici  del  carnevale,  ma  an- 
che i  particolari,  fatti  a  posta  per  lui,  in 
segno  di  distinzione  ed  onore.  Gli  prepa- 
rarono feste  di  ballo  in  case  de'  nobili, 
riccamente  e  splendidamente  addobbate, 
e  gli  diedero  il  divertimento  di  alcune 
corse  di  barchette  o  peote  bene  ornale, 
nel  Canal  grande,  con  promessa  di  largo 
premio  al  vincitore.  Nell'Arsenale  furono 
alla  sua  presenza  gettati  e  fusi  3  cannoni 
di  bronzo,  lon  sopra  l'iscrizione  coiran- 
no e  il  nome  del  regio  ospite,  i  quali  a 
lui  donati  dalla  repubblica,  glieli  mandò 
a  Copenaghen  sua  capitale.  In  tutto  il 
tempo  cheli  re  si  trattenne  in  Venezia, 
lu  un  freddo  e  gelo  cos'i  insolito  e  gran- 
de, che  ninno  ricordava  l'eguale,  e  forse 
iieppur  si  trova  scritto  esser  mai  stato  un 
tanto  aspro  e  rigido  inverno  :  talché  fu 
detto  scherzando,  parere,  che  il  re  di 
Danimarca  avesse  portato  seco  il  i^elo 
del  settentrione.  Dopo  aver  goduto  i  di- 
vertimenti di  Venezia, passò  alla  sfuggi- 
la [)er  le  città  di  Lombiudia.  Ed  eccoci  al 
termine  del  tlogado  di  Aloccnigo.  La  sua 
religione  il  rendeva  munifico  colle  chie- 
se; e  in  grandiosa  facciala  di  s.  Eustachio, 
iapielra  istriana,  fu  l'ultima  delle  pub- 


V  E  i>f  56j 

bliche  religiose  opere  comandale  e  sup- 
plite col  suo  pecidio  (perchè  eretta  per 
suo  legato  nel  1709).  Cioè  ben  altro,  os- 
serva il  biografo  Moschini, che  raccoman- 
darlo alla  posterità  nella  maniera  che  si 
era  fatto  nel  Protogiornale  d^-W  anno 
1795,  dicendovisi  soltanto  che,  lui  duce, 
venne  a  Venezia  il  re  di  Daniinaica,  e  ge- 
laronoIeLagune  (apjìrendo  pure  dal  Can- 
cellieri, che  tale  rigidissimo  verno  tornò 
a  molestare  Venezia  nel  i7S2,incui  ven- 
nero in  questa  città  gl'illustri  viaggiatori 
Conti  del  iVord, essendosi  detto  anche  al- 
lora, che  il  Nord  viaggiava  versoli  Sud, 
per  l'acutissimo  freddo  di  quella  stagio- 
ne). M'istruisce  {'Arte  di  verificare  le 
date,  che  le  Lagune  nel  1  709  dal  rigido 
freddo  ne  furono  gelale  a  vari  pollici  di 
grossezza, fenomeno  di  cui,  secondo  Lau- 
gier,  non  aveasi  avuto  esempio  fino  allo- 
ra; n)a  la  stessa  cosa  eragià  avvenuta  nel- 
l'SgG,  se  stiamo  agli  annali  di  Fulda. 
Dice  Muratori,  per  essersi  congelata  tut- 
ta la  Laguna  di  Venezia  nel  1709,  con 
grave  incomodo  della  città,  su  pel  ghiac- 
cio si  dovea  portare  luttociò  che  con  tan- 
ta facilità  si  suole [)0i  tare  per  barca  (l*er 
analogia  noterò,  che  sarà  memorando 
per  Venezia  il  5  novembre  i858  per  l'in- 
solita copiosa  neve  caduta,  e  tosto  il  ve- 
neto arcade  Eterodante  Termidio  com- 
pose questo  epigramma.  Aacìie  da  pla- 
cida -  cadente  neve  :=  La  gran  nne~ 
già  -  beltà  riceve.  ■=.  Così,  sia  misero  - 
o  lieto  il  fato, =:  Del  saggio  V  animo  - 
sempre  è  beato.  Si  legge  nel  Giornale 
di  Roma  degli  i  i  novembre  i858.'»  Do- 
po 8  giorni  di  tempo  orribile,  di  vento, 
di  freddo  e  di  pioggia  continuala,  dice  il 
Piceno  d' Ancona  de'5  corrente,  questa 
mattina  il  sole  in  tutla  la  sua  magniiìcen- 
za  liflelteva  i  suoi  raggi  sulla  terra  co- 
perta da  un  palmo  di  neve  caduta  nclli 
notte.  [Memoria  <r  uomo  non  rammenta 
die  nelle  contrade  di  /\ncona  la  neve  sia 
caduta  ne'primi  di  novembre.  E  più  sor- 
prendente fu  per  Uoma  il  vedere  ieri  la  ne- 
ve cadere  a  grandi  fioohi  per  più  di  un'u- 


>G6 


VE  N 


ra.  Nessuno  ricorda  che  a'  i  o  Doveaibie 
sia  nevicalo  in  Roma, dove  in  questi  gior- 
ni il  freddo,  avuto  riguardo  alla  stagione, 
fc  sialo  del  tulio  straordinario).  Mori  il 
doge  a'G  maggio  lyog.  Nel  mezzo  della 
]Mmineutata  chiesa  di  s.  Eustachio  egli 
ebbe  una  j/ielru  sepolcrale,  degnissima  sì 
della  nobiltà,  sì  della  modestia  dell'uomo, 
le  cui  onorate  ceneri  ricopre.  Non  vi  si 
Jcggono  intagliate  che  queste  parole  :  IVo- 
i:i€n  el  Cinercs-  Una   cuin  Fanitalc - 
Scpulla. —  Giovanni  Cornai  o  CXI  do- 
gc.  Egli  avea  sortilo  un'ottima  domesti- 
ca educazione,  l'er  accenderlo  gioviuelto 
dell'amore  delle  patiie  cose,  le  pareti  del 
di  lui  palazzo  stavano  coperte  della  rap- 
presentazione de'  più  gloriosi  falli  della 
lepnbblica,  e  la  biblioteca  n'era  piena  di 
Sjlorie  che  li  rammentavano  e  celebrava- 
no. I  magistrali  1'  ebbero  integerrimo  e 
diiigcntissiraoi  eie  provincie  che  gover- 
nò in  tempi    per  esse  calaoiitosissitni,  il 
trovarono  padie e  benefaltore.  Udine  per 
le  cure  di  hti  fu  salva  dalla  pestilenza  che 
la  minacciava  a'conHui  della  Germania; 
Brescia  il  vide  riparare  sollecito  i  danni 
della  carestia  ;  o  Palma  le  rovine  de'stra- 
lipati  (lumi.  Ed  egli  era  fornito  di  tanta 
modestia,  che,  come  nulla  o  poco  avesse 
fatto  e  speso,  non  volle  che  io   onore  di 
lui  si  alzasse  verun  monumento  dalle  ri- 
parale provincie  che  ardentemente  il  bra- 
utavano.  Ma  la  storia  lutto  registrò,  con 
maggior  sua  gloria,  e  la  patria  volle  essa 
uiedesima   compensarlo,  con  eleggerlo  a 
principe  a'22  maggio  JyoQ.  Continuava 
la  guerra  per  la  successione  di  Spagna,  es- 
sendone divenuto  il  teatro  l'Italia,  come 
altre  parli  d'Europa;  ed  i  veneziani  pro- 
seguivano ad  osservare  un'esatta  neutra- 
iiùi,  sen»pre  fermi  ììelle  prese  disposizio- 
ni. Nello  slesso  1709  Clemente  XI  par- 
tecipò alla  repubblica  di  essersi  pacificato 
ton  Giuseppe  I,  ringraziando  con  tllusio- 
ue  il  senato  per  gli  ufll^i  interpusli  a  que- 
sto fine;  e  per  dimoslrargli  maggiormen- 
te la  sua  gialiludiue  gli  prorogò  il  sussi- 
dio delle  decime  ecclcaiasliche   già  con- 


V  E  N 
cesso  anche  da  Innocenzo  XIT,  per  inn- 
piegarle  contro  il  turco,  ove  da  questo  fos- 
se assalito  qualche  stalo  cattolico.  Nel 
I  7  I  I  per  morte  di  Giuseppe  1  fu  eletto 
injperatore  il  fratello  Carlo  VI,  che  tro- 
vavasi  nella  Spagna  a  dispulare  il  regno 
a  Filippo  V.  Partilo  pe'suoi  siali  e  giun- 
to in  Milano,  che  aveano  io  uno  a  Man- 
tova occupalo  gl'imperiali,  fra  le  pompo- 
se ambascerie  che  ivi  lo  andarono  a  os- 
sequiarcj  vi  fu  pure  quella  de' veneziani, 
onde  poi  saputosi  a  Madrid  da  Filippo  V 
licenziò  l'ambasciatore,  e  il  simile  praticò 
con  quelli  d'altri  principi  italiani.  A'con- 
fini  dello  stato   veneto  gli  ambasciatori 
veneziani  fecero  a  Carlo  VI  splenilid issi- 
mi onori,  proseguendo  il  viaggio  perTren- 
to.  Nello  stesso  17  1 1,  il  conte  di  Schou- 
lembourg,  dopo  aver  servilo  con  gloria 
la  Polonia,  passò  al  servizio  di  Venezia, 
ove  venne  ricevuto  colle  dimostrazioni  o- 
norevoli  che  meritavano  le  sue    grandi 
imprese.La  signoria  gli  assegnava  10,000 
zecchini  all'anno  di  stipendio  e  gli  affida- 
va il  comando de'suoi eserciti  di  terra. Nel 
17  i3termiuòla  guerra  europea  per  la  suc- 
cessione di  Spagna,  col  trattato  di  pace  di 
Utrecht,'ieaZii  che  alcuna  parte  i  venezia- 
ni vi  avessero,  per  l'osservala  neutralità. 
Dirò  solo,  avendone  tenuto  proposito  ne- 
gli articoli  che  riguardano  i  lauti  avveni- 
cuenli  che  vi  hanno  relazione, che  il  duca 
di  Savoia  per  allora  divenne  anco  «e  di 
Ó7c77/rt,  la  casa  d'Austria  fu  riconosciuta 
signora,  oltre  del  regno  di  Napoli  e  di 
(juello  di  Sardegna,  del  ducato  di  Mila- 
no e  di  quello  di  Mantova,  i  quali  stali 
uniti  si  dissero  Lombardia  Austriaca^ 
dichiarandosi  Milano  capitale  e  residen- 
za del  governatore  generale,  così  venne 
confermata  1'  unione  del  Monferrato  al 
Piemonte.  Per  tale  trallatoglispagnuoli 
cessarono  di  dominare  in  Italia.  La  pe- 
ste dall'Ungheria  e  Polonia  essendo  pas- 
sata in  Vienna,  si  estese  anche  per  l'Au- 
stria. Altenlissiuia  seujpre  la  repubblic:» 
di  V^enezia  alla  sanità  dell'  Italia,  e  a  te 
un  lungi  questo  moibo  dcsolalore,  in- 


V  E  N 
tcnuppeognicoimuei'cio  colSetlenlrio- 
iie,  e  seco  si  mù  pe'suoi  siali  il  Papa.  Ma 
non  potè  fare  allieltanlo  quello  ili  Mi- 
lano, e  di  alili  principi,  con  f^rave  pre- 
giudizio e  disordine  del  commercio  d'I- 
talia. Volle  Dio  die  presto  cessasse  il  fla- 
gello, e  con  esso  le  prese  precauzioni. 
Nel  1714  d  duca  di  Modena  acijuistò  il 
ducato  della  Mirandola,  e  Filippo  V  re 
ili  Spagna  sposò  ElisabcUa  Farnese  su- 
perstite de' ducili  di  Parma  e  Piacenza, 
feudi  della  s.  Sede.  E  Clemente  XI  di- 
chiarò uditore  di  Rota  veneziano  il  pa- 
ti izio  Francesco  Foscari.  Intanto  in  Tuv- 
cliia  preparavasi  fiera  tempesta  minac- 
ciante i  pos>edinienli  veneti  di  Levante. 
Questa  era  il  gran  preparativo  di  gente, 
di  navi  e  di  armi  che  faceva  il  >iullauo 
Achmet  IH,  con  far  spargere  vari  prete- 
sti di  disgusto  conlru  la  repubblica  di 
Venezia,  cupido  del  riac<iuisto  della  Mo- 
lea.  I  prepotenti  giannizzeri  colle  loro 
incessanti  sedizioni  musserò  il  divano  a 
frenare  le  loro  insolenze  con  impegnarli 
nella  guerra  cheaudava  meditando.  Tuli 
disposizioni  fecero  risolvere  il  cauto graa 
maestro  di  Malta  Perellos  a  ben  munire 
quella  città  e  isola  foltissima,  col  chia- 
marvi altresì  tutti  i  cavalieri  d'Italia  e 
d'altre  nazioni,  aillnchè  il  turco  sapesse 
che  in  quella  parte  si  vegliava,  perchè 
altre  volte  avea  finta  un'impresa  [)er  far- 
ne altra.  Ora  in  (juella  angustia  di  teui* 
pò  non  lasciarono  i  veneziani  di  far  tulio 
l'armamento  possibile  per  accrescere  le 
loro  genti  il'armi  e  le  loro  forze  di  mare, 
e  per  tutta  la  Germania  si  studiarono  di 
ottenere  leve  di  mdizie,  non  perdonando 
a  spesa  e  diligenza  venma.  Anche  Cle- 
mente XI  commosso  dal  grave  pericolo 
della  cristianità,  ricorso  all'aiuto  del  cie- 
lo, prescrisse  preghiere  per  tutta  l'Italia, 
somministrò  sussidii  di  denaro  a' vene- 
ziani e  maltesi,  e  preparò  le  sue  galee 
per  accorrere  ove  maggiore  fosse  d  bi- 
sogno, e  l'ailerma  pure  Muratori.  Es^o 
inoltre  ci  dice,  che  il  Papa  ricorse  a  tut- 
U  I  muuaichi  cultulici  csurtauduli  colle 


V  E  N  067 

])iù  efficaci  lettere  a  concorrere  alla  di- 
fesa de' fedeli  contro  del  tiranno  d'O- 
riente. Frattanto  si  manifestarono  i  dise- 
gui d'Achmel  111  contro  i  veneziani,  eoa 
aver  egli  ingiustamente  rotta  la  tregua 
stabilita  a  Carlowilz  nel  1699,  e  per 
mare  e  per  terra  piombò  una  formida- 
bile armata  di  turchi  sul  Peloponneso  o 
Morea.  E  con  dolore  si  vide  in  un  mese 
impadronirsi  di  tutto  quanto  i  veneziani 
in  più  anni  con  tanto  disastroso  dispen- 
dio, spargimento  di  sangue,  eroismo  e 
fatiche  aveano  in  (|uelle  contrade  actjui- 
stato.  Corinto,  Napoli  di  Romania,  Na- 
poli di  Malvasia,  Coront,  Modoiie,  Pa- 
trasso e  l'altre  piazze  di  quel  regno,  tutte 
caddero  in  mano  degl'  infedeli.  Le  guar- 
nigioni venete  fecero  alcune  buona  e  va- 
lorosa difesa,  ma  sì  fieri  furono  gli  as- 
salti de'  numerosi  turchi,  che  sopra  gli 
aoimontali  cadaveri  de' loro  giunsero  a 
superare  le  fortezze.  Altre  poi  fecero  poca 
o  niuna  difesa,  e  i  greci  stessi  congiurali, 
che  nell'odio  a' latini  preferirono  i  tur- 
chi, in  brjccio  di  ([uesli  si  gettarono.  Os- 
serva Muratori  ;  Provò  allora  la  repub- 
blica veneta  l'uvvenuto  sovente  a  tanti 
altri,  cioè  che  le  braccia  tradiscono  gli 
ordini  saggi  del  capo.  S'avvide  ella,  ma 
tardi,  che  alcuni  de'suoi  ministri  nella 
Morea  non  aveano  impiegato  il  pubblico 
denaro  come  doveano,  nel  tener  comple- 
ti i  presidii  e  provvedute  le  piazze  del 
bisognevole.  Quel  bel  paese,  (juel  felice 
e  caldo  clima,  non  si  può  dire  (juanto 
inclini  gli  animi  a' piaceri  e  alla  corrut- 
tela de'coslumi.  Senza  freno  vivevano 
quivi  inoiti  degl'italiani,  e  di  loro  si  mo- 
stravano poco  conienti  diversi  di  que' 
po()oli.  Tutto  contribuì  a  far  perdere  sì 
rapidamente  quel  delizioso  e  ricco  regno. 
La  principale  cagione  però  fu  l'esorbi- 
tante forza  de'  torchi,  a  cui  non  si  era 
pollilo  pi  ovvedere  proporzionatamente. 
Avverlc  il  conte  Girolamo  Dondolo,  che 
la  guerra  dalla  Porta  ulloiuaua  alla  re- 
pubblica di  Venezia  fu  dichiarata  al  bai- 
lo vcuclo  in  Cualauliuopoli  Audiea  Mera 


568  V  E  N 

ino  1*8  dicembre  iji^,  di  conseguenza 
l'invasione  ebbe  luogo  nei  lyiS,  come 
io  inclino  a  credere,  ed  anco  Muratori 
Ja  riferisce  all'anno  17  i5.  Non  concor- 
dano tnUavia  interamente  gli  storici  in- 
torno alla  data  della  dichiarazione  di  guer- 
ra. Il  conte  Dandolosegue giustamente  la 
testimonianza  autorevole  del  bailo,chene 
die' l'annunzio  al  senato,  colle  Relazioni 
direlte  al  sena  lo  <^'eneto  da  Andrea  Mim- 
ino,già  bailo  a  Costantinopoli  ncli  7  1 4 
e  I  7  I  5j  pubblicale  nel  1840  dalla  tipo- 
grafìa Alviso[)oli  in  Venezia  dal  nobile 
Giambattista  Foscolo,  in  occasione  del- 
l'illustri nozzeMocenigo-Spaur.  El'^/Vt' 
di  vt'i-i/ifai'c  le  (late  soggiunge:  L'anno 
17141  lurcbi  dichiaravano  guerra  a've- 
ucziaui  [ler  conquistare  la  Morea  :  giun- 
geva a'20  giugno  il  gran  visir  con  formi- 
dabile armata  nell'istmo  di  Corinto,  as- 
saliva la  città,  prendevala  per  capitola- 
zione dopo  5  giorni  di  trincea  aperta; 
però  malgrado  i  patti  convenuti,  la  guar- 
nigione e  quasi  tutti  gli  abitanti  venivano 
massacrali.  Kel  seguente  mese  cadeva 
Napoli  di  Romania  in  potere  de'turchi; 
e  l'anno  i  7  1 5  fecero  essi  così  rapidi  pro- 
gressi in  Morea,  che  nello  spazio  d'  un 
mese  riacquistavano  tutto  il  regno,  che 
era  costato  tanto  sangue  e  tanto  oro  ai 
veneziani,  perchè  la  maggior  parte  delle 
piazzealla  i.''  intimazione  si  resero.  Dun- 
que q!sest'opera  pretende  la  dichiarazio- 
ne di  guerra  e  il  suo  principio  nel  1714» 
ma  dessa  non  è  sempre  sicura  nelle  date, 
quantunque  ne  tratti  ad  hoc.  Nel  1715 
di  pili  i  turchi,  profittando  dell'amica 
fortuna,  s'  impadronirono  di  altri  luo- 
ghi e  isole  nell'Arcipelago.  Parimenti  i 
corsari  africani,  prevalendosi  dello  scom- 
piglio, in  cui  si  trovava  l' Italia  colle  iso- 
le adiacenti,  ne  infestarono  piti  che  mai 
i  lidi,  e  condussero  in  ischiavilù  moltis- 
simi crisliaiii.  Non  pare  del  tutto  giusto 
quanto  asserisce  il  Moschini,  che  i  vene- 
ziani indarno  cercarono  chi  li  volesse 
aiutare  a  combattere  il  prepotente  e  pos- 
sente turco;  sicché  entrando  soli  nell'ine- 


V  EK 

gualissima  lolla,  non  poterono  che  resta- 
re perdenti  fra  le  più  onorate  prove  di 
valore.  Invece  narrano  Muratori,  V  Jrte 
di  verificare  le  date, 'i\  Novaes  nella  Sto- 
ria di  Clemente  XI,  ed  altri,  che  il  Papa 
soccorse  i  veneziani  con  denaro  e  galee, 
oltre  pubbliche  preci,  ed  eccitamenti  ai 
principi,  specialmente  a'  re  di  Francia 
e  Portogallo.  E  che  nel  17  16,  divenuta 
maggiormente  orgogliosa  la  Porta  per 
le  conquiste  con  tanta  facilità  fatte  nel- 
l'anno precedente,  meditava  più  vasti 
disegni,  fino  sopra  Roma,  essendosi  a  ciò 
esibito  il  perfido  marchese  di  Langalle- 
rie  ribelle  al  re  di  Francia,  di  dar  mano 
all'infame  impresa.  Per  farsi  scala  a'dan- 
ni  d'Italia,  determinò  Achoiet  Ili,  che  le 
sue  armi  invadessero  l'  isola  di  Corfij, 
de' veneziani,  posta  in  faccia  all'estremità 
del  regno  di  Napoli,  di  cui  era  conside- 
rata l'antemurale  dall'aggressioni  otto- 
mane, e  sito  comodo  per  effettuare  altre 
Hìaggiori  determinazioni.  Pertanto  i  tur- 
chi sbarcarono  circa  4O)O0o  tra  fanti  e 
cavalli  nell'isola  di  Corfù,la  cui  omonima  1 
capitale  subito  assediarono  secondati  da 
numerosa  flotta.  Avevano  anche  i  vene- 
ziani allestita  una  poderosa  armata  na- 
vale, ma  scarseggiavano  di  gente  perchè 
le  leve  per  loro  latte  in  vari  luoghi  d'  I- 
talia  e  oltremonti  tardavano  a  compari- 
re. In  questo  mentre  Clemente  XI,  che 
avea  già  commossi  colle  più  calde  pre- 
gliiere  i  re  di  Spagna  e  Portogallo  al  soc- 
corso de' veneti,  ebbe  sicuri  avvisi  che  il 
i.°  invierebbe  6  vascelli  e  5  galee  a  sue 
spese,  contro  il  nemico  comune,  sotto  il 
comando  del  marchese  l\Iari;  e  il  porto- 
ghese fece  sciogliere  le  vele  a  6  grossi  va- 
scelli e  ad  altrettanti  minori  per  unirsi 
alle  vele  pontificie,  capitanati  la  Lobo 
FurtadoMeiidoza,  laonde  il  Papa  accordò 
al  re  un  milione  di  crociati  sulle  rendite 
ecclesiasliche  del  suo  legno.  Accrebbe 
Clemente  XI  la  sua  squadra  iiavaledidue 
galee  e  di  quattro  vascelli,  co'quali  con- 
giunsero ancora  le  loro  forze  i  cavalieri 
di  Malta,  e  il  granduca  Cosimo  III  uni  cou 


V  E  N 

esse  4  galee,  e  2  la  repubblica  di  Genova  ; 
anche  quesl'uUimi  soccorsi  procurali  dal 
Papa.  Il  quale  per  questa  spedizione  im- 
pose per  5  anni  sui  benefizi  del  clero  d'I- 
talia una  contribuzione  ;  domandò  anco- 
ra sussidii  a' vescovi  di  Spagna  e  Forlo- 
gallo,  e  alla  camera  apostolica  ingiunse 
somministrare  quanto  potesse,  eccitando 
pure  i  cardinali  più  facoltosi  a  fare  al- 
trettanto. Avea  altresì  Clemente  XI  di- 
chiarato con  editto,  che  i  banditi  de'suoi 
slati  per  delitti,  tranne  quelli  di  lesa  mae- 
stà, parricidio  e  pubblica  Grassazione,  i 
quali  si  arrolas?ero  co'  veneti  in  questa 
guerra,  dando  il  loro  nome  al  nunzio  di 
Venezia  Alessandro  Aldobrandini  arci  ve- 
scovo di  Rodi  (era  stato  nunzio  di  Napoli, 
di  poi  lo  fu  di  INIadrid  e  cardinale),  ter- 
minala la  campagna  restassero  intera- 
mente liberi  e  potessero  tornare  alle  loro 
case.  Era  però  necessario  che  l' impera- 
tore Carlo  VI  si  unisse  alla  sagra  lega 
onde  fare  un  diversivo  per  terra  a'confl- 
ni  turchi.  L'imperatore  con  compassio- 
ne mirava  lo  scompiglio  fatto  ne'dominii 
veneti  di  Levante,  ed  altri  vicino  a  farsi 
con  Corfix  e  altri  luoghi;  mirava  anche 
minacciato  il  suo  regno  di  Napoli  da'Ioro 
ulteriori  progressi;  ma  non  sapeva  risol- 
versi a  sfoderar  la  spada  contro  di  loro, 
per  sospetto  che  la  corte  di  Spagna,  pie- 
valendosi  della  congiuntura  in  veder  Ì!U- 
pegnate  le  sue  armi  iu  Ungheria,  assalis- 
se i  propri  siali  d' Italia  eh' essa  avea 
perduti.  Vev  rimuovere  quesl'ost;icolo  si 
adoprò  non  poco  Clemente XI, ed  essen- 
dogli finidmenle  riuscito  di  avere  dal  re 
di  Spagna  solenne  promessa  di  non  mo- 
lestare alcuno  di  delti  stali,  durante  la 
guerra  col  turco,il  Papa  nel  suo  mirabile 
zelo  se  ne  fece  mallevadore.  Con  questa 
fidanza  Carlo  VI  a'2.7  maggio  i  7  t(J strin- 
se lega  offensiva  e  difiirisiva  co'  venezia- 
ni, e  dichiarò  la  guerra  ul  bultano  Acluiiet 
111, per  la  quale  molti  aiuti  ebbe  dall'a- 
pa.'Avea  l'imperatore  un  fiorilo  esercito 
di  veterani,  il  quale  inviò  in  Un^lieria 
tino  a'conflui  ollomani.  Il  coQjaudu  Taf- 


V  E  N  569 

fidò  al  celebre  principe  Eugenio  di  Sa- 
voia, la  cui  mente,  credito  e  perizia  mili- 
tare si  riguardava  pei'  un  altro  esercito. 
Tosto  i  turchi  si  avanzarono  con  podero- 
sa aruìala  ad  assediare  Petervaradino;  ma 
a'5  agosto, imploralo  il  divino  aiuto_,  il 
principe  Eugenio  riportò  strepitosa  vit- 
toria,con  istragede'lnrchi  e  ricco  bollino. 
Frattanto  altri  turchi  vigorosamente  in- 
calzavano l'assedio  sotto  la  città  diCor- 
fù,  aveano  inoltralo  di  molto  gli  approc- 
ci, e  senza  risparmio  di  sangue  superate 
le  più  delle  fortificazioni  esteriori.  Entro 
stava  alla  difesa  il  conte  di  Schoulem- 
bourg  capo  supremo  della  milizia  veneta 
terrestre,  che  mirabili  prove  die'  del  suo 
sapere,  a  cui  corrispondeva  con  egual 
valore  la  guarnigione  ,  con  disputare  a 
palmo  a  [)almo  ogni  progresso  de'nemi- 
ci.  Nondimeno  si  prevedeva,  che  a  lungo 
andare  non  si  poteva  sostenere  una  piaz- 
za, assalila  con  incredibile  sprezzo  della 
morte  dagl'  infedeli,  e  priva  di  speranza 
di  soccorso,  e  perciò  doversi  iu  fine  capi- 
tolare. Poiché  s'  era  ben  volta  a  quella 
parte  l'armata  navale,  combinata  de' ve- 
neziani e  degli  ausiliari,  ma  per  la  cono- 
scenza delle  forze  superiori  de'  nemici, 
non  sapevano  i  [liùde'generali  indursi  ad 
azzardare  una  battaglia,  ed  ognuno  vo- 
leva tener  da  conto  le  sue  belle  navi.  Id- 
dio fece  quello  che  gli  nomini  non  osava- 
no sperare.  Appena  però  giunse  agli  as- 
scdianli  di  Coifu  l' infausto  avviso  della 
grande  sconfitta  de'loro  in  Ungheria,  che 
entralo  in  essi  un  timor  puiico,  come  se 
avessero  alle  spalle  il  vittorioso  esercito 
iiiqierialc,  subito  presero  la  ioga  prcci()i- 
losimenle  per  rimontnre  ne'vascelli.  La- 
sciarono quindi  artiglierie,  munizioni, 
bagaglio  e  cavalli.  Grandi  t;Ian»ori  poi  si 
fecero,  perchè  la  flotta  cristiana  in  quel 
grave  scompiglio  degli  atterriti  musul- 
nìaiii,  non  volasse  ad  assalirli  con  sicura 
vittoria.  Veramente  i  collegati  insegui- 
rono i  fuggitivi,  ma  insorta  fiera  burra- 
sca conveime  pensar  più  a  difenilere  se 
slessi  dall'ira  del  mare,  che  olfciulcre  al- 


S-jo  V  E  N 

li  ui.  Pel  felice  scioglimenlo  tli  (jucll'  as- 
sedio iioii  si  può  dire  t|uaiita  allei^rezzri  si 
(li  iloti  desse  in  tulli  gl'italiani,  ben  cono- 
«ceiiti  le  tenibili  conseguenze  che  avreb- 
be portato  seco  la  perdita  d'isola  tanto 
IcLjite  e  sì  vicina  alle  contrade  d'Italia.  In 
"Venezia  precipuaaietite  immensa  fu  la 
gioia,  vedendo  così  salvate  l'Isole  Jonie, 
ed  i  possedimenti  di  Dalmazia  e  Albania. 
Dopo  tale  ritirata  de'tnrclii,  la  flotta  ve- 
neta riconquistò  s. Maura  eDutinlrò. Né 
qui  tern»inò  il  coniun  giubilo  de*  fedeli, 
poiché  a'  i3  ottobre  l'invitto  principe 
liugenio  s*  impadronì  della  ben  munita 
città  di  Temeswar,  che  da  160  anni  ge- 
meva sotto  il  giogo  tuichesco;  e  tenne 
dietro  l'acquisto  di  altri  ragguardevoli 
luoghi  di  quel  boriato.  Clemente  XI  a 
limerilare  il  principe  trionfatore,  gl'invio 
lo  Stocco  e  Berrettone  ducale  benedetti, 
co'più  magnifici  elogi.  Adiralo  A  cliniet  111 
dell'avversa  sorte, sperò  nel  venturo  anno 
di  riparare  i  danni  sofferti,  al  qual  fine 
■v'impiegò  tutto  l'inverno  per  adunare 
un  potentissimo  esercito,  a  cui  da  gran 
tempo  non  s'era  veduto  l'eguale.  Dal 
canto  suo  anche  Carlo  VI  nolabiln)enle 
rinforzò  le  sue  armate  in  Ungheria,  infe- 
riori senza  paragone  nel  numero  a'nemi- 
ci,  ma  ad  essi  superiori  in  disciplina  mi- 
litare e  in  coraggio.  Minore  non  fu  la 
\igilanza  della  repubblica  veneta,  per  au- 
inentare  le  sue  forze  di  mare.  Loro  som- 
ministrò  Clemente  XI  la  squadra  delle  sue 
galee,  con  quelle  di  Malia  e  del  grandu- 
ca, le  quali  siccome  appartenenti  alle 
religioni  equestri  Gerosolimitana  e  di  s, 
Stefano  I,  i  Papi  vi  esercitarono  la  loro 
autorità  a  bene  del  cristianesimo,  finché 
esisierono  le  ragguardevoli  loro  marine 
militari. Ottenne  il  Papa  nuovamente  dal 
redi  Portogallo I  i  grossi  e  ben  corredati 
\ascelli.  Anche  Fdippo  V  re  di  Spagna 
fece  credere  d'inviare  in  soccorso  de've- 
iieziani  16  vascelli,  che  poi  si  scoprirono 
destinati  ad  ultra  impresa,  per  ritogliere 
lill'imperatore  il  regno  di  Sardegna,  come 
eseguì.  Tardi  però  giunsero  gli  aubiliaii 


VEN 
ad  unirsi  alla  flotta  veneta,  la  quale  per-      j 
ciò  sola  fu  obbligata  a  sostenere  tutto  il       ' 
peso  della  guerra  nel  1 7  1 7  ;  e  ciò  non  o  - 
stante  s'iujpadronì  della  Prevesa,  di  Vo- 
uizza  sulla  costa  d'Epiro, e  d'altri  luoghi 
già  occupati  da'lurchi.  Nel  maggio  e  poi 
nel  luglio  vennero  i  veneti  alle  mani  co' 
nemici  ,  e  si  combattè  con  grande  effu- 
sione di  sangue  e  valore  d'ambe  le  par- 
li, ma  senza   fatti  decisivi.  Però  pe'  ve- 
neti riuscì  gloriosa  la  pugna  all'  altezza 
di  Lemno  a' 16 giugno, comandata  da  Al- 
vise E'iangini  che  vi  perde  la  vita,  e  co-      1 
sì  l'altra  poco  dopo  avvenuta  nell'acque      ' 
di  Capo  Matapan  diretta  d'Andrea  Pisa- 
ni  capitano  generale.   Tanto  almeno  si 
guadagnò,  che  l'orgoglio  de'turchi  restò 
depresso,  e  precluso  ogni  adito  agl'infe- 
deli per  far  nuove  conquiste  contro  dei 
veneti.  Più  splendido  fu  l'esito  dell'armi 
imperiali  iu  Ungheria,  guidale  dall'  im- 
pareggiabile principe  Eugenio,  il  quale 
animoso  posto  assedio  a  Belgrado  capita- 
le della  Servia,  che  sembrava  inespugna- 
bile, fu  preso  in  mezzo  da  uno  sterminato 
esercito  di  turchi;  però  non  senza  mani- 
festò divino   aiuto,  a'  16  agosto  disfece 
compiutamente  l'esercito  con  insigne  vit- 
toria e  imcuenso  bollino, e  nel  dì  seguen- 
te ebbe  la  città   per  capitolazione;  indi 
Semendria,  Orsova  e  altre  piazze  furono 
abbandonate  da'lurchi.   Ma  nello  slesso 
mese  la  Spagna  all'improvviso,  colla  flot- 
ta piomes^a  per  combattere  il  turco,  oc- 
cupò l'isola  di  Sardegna,  da'traltati  ce- 
duta all'imperatore,  iu  onta  della  garan- 
zia  falla   dall'  innocente  e  virtuoso  Cle» 
mente  XI,  che  ne  restò  amareggiato  ed 
es[)osto  al  risenlimento  di  Cesare,   inso- 
spettilo da'minisLii  che  andasse  d'accor- 
do cogli  spagnuoli. Intanto  dopo  la  perdita 
di  Belgrado  era  entrata  la  costernazione 
nel  divano  d'Achmet  III,  onde cpiesti  co- 
minciò a  muover  parole  di  pace,  essendo 
in  apprensione  per  le  vittoriose  armi  im- 
periali, ed  in  mure  vedersi  altaccalo   cuu 
(|ualche  successo  da'veneziani.  Pertanto 
il  sultano  incaricò  a  trattarla  Giorgio 


V  E  N 
D)iui&lro  iuglese  presso  di  lui  ,  ed  ebbe 
luogo  uoa  tregua.  Considera lulo  Carlo 
VI, che  la  guerra  raossagb, senza  motivo, 
dalla  Spagna  non  si  sarebbe  linnlala  alla 
preda  della  Sardegna,  e  che  ciò  saputosi 
dal  turco,  rafìVeddatosi  ue'senlimenti  pa- 
cifici, nel  1718  fciceva  grandiosi  arraa- 
menti,  inclinava  ancor  lui  a  pacificarsi. 
Quando  venuto  in  cognizione  Achmet  III 
de'grandi  preparativi  guerreschi  che  per 
detto  anno  facevano  l'imperatore  e  la  re- 
pubblica di  Venezia, definitivamente  vol- 
le venire  a  concordia  e  v'impegnò  pure 
il  taini.slro  d'  Olanda,  l'el  congresso  dei 
plenipotenziari  fu  scello  Pn>saruAVÌlz  nel- 
la Servia,  dove  si  radunarono  qiie'  ilel- 
!  l'imperatore,  de'veneziani  e  de'lJU'chi.  Il 
negoziai  »,  dopo  molti  contrasti,  fu  segna- 
lo a'  27  giugno  e  ratificalo  a'  11  luglio 
1718,  cousisleule  in  una  tregua  di  24 
«uni  fra  Carlo  VI,  la  repubblica  di  Ve- 
uezia  e  la  sublime  Porta.  Restò  l'impe- 
ratore in  possesso  di  tutte  le  conquiste 
fatte  sino  allora,  cioè  della  Servia  con  Del- 
gradOjdiTemesAvare  d'una  particella  del- 
la Valacchia  con  altri  vantaggi.  A'  vene- 
ziani restò  Culintrò,  la  Prevesa,  Vonizza, 
Imoschi,  l'isola  di  Cerigo,  con  altri  van- 
taggi, ma  non  alfallo  compensanti  in  me- 
noma parie  la  cessione  de'regni  diCandia 
V  di  Murea.  Fu  vietato  a'vencziani  di  soc- 
correre altre  potenze  in  guerra  contro  la 
I  Porta,  é  di  non  ricevere  ne'Ioro  porti  i  va- 
;  scclli  di  esse.Grande  e  continuala  ful'indi- 
)  guazione  tie'cristianijdice  Giuratori,  con- 
•  Irò  chi  obbligò  l'imperatore  alla  detta  pa- 
ce o  tregua;  pjichè  da  gran  tempo  non 
s'era  veduta  più  bella  ap[)arenza  ili  dare 
una  forte  scossa  all'impero  ottomano,  es- 
sendo i  turchi  spaveutali  e  avviliti.  Anzi 
turse  fama  ,  che  il  principe  Eugenio  a- 
vesse  meditalo  d'inoltrarsi  a  Tessalonica, 
per  darsi  mano  co'  veneziani,  e  tagliar 
fuori  un  buon  tratto  dell'imperodi  Tur- 
ihia.  Cerio  è  che  dalla  u)OSsa  dell'  armi 
spaguuole  provenne  la  necessità  di  paci- 
ficarsi colla  Porta,  essendo  nnnaccialuil 
dominio  austiiacQ  iu  Italia  dagli  audjj- 


V  E  N  ^71      ' 

ziosi  disegni  degli  gpagiiuoli,con  gravissi- 
mo danno  della  sagiificata  repidìblica  di 
Venezia. Fu  incolpato  il  cardinal  Albero- 
ni  I ."  ministro  di  Spagna  dell'operato  di 
questa,  e  persino  di  segrete  intelligenze 
di  far  lega  col  sultano,  che  posto  in  giu- 
sto timore  Carlo  VI,  s' indusse  icnprov- 
\isamente  a  troncare  il  corso  alle  lumi- 
nose vittorie  del  principe  Eugenio,  vero 
genio  militare.  Siccome  per  molte  set- 
timane fu  differita  la  pubblicazione  del- 
la pace,  il  generale  de'  veneziani  Schou- 
lembourg  erasi  portato  a'  24  luglio  al- 
l'assedio di  Dulcigiio, nido  de'corsari  nel- 
l'Albania, laonde  giuntane  la  notizia  qua- 
si in  sul  [)unto  d'espugnarlo,  gli  conven- 
ne desistere  dalle  ostilità.  i\Ianel  ritirarsi 
i  veneti,  gli  audaci  dulcignulli  l'insegui- 
rono, e  fu  d'uopo  combattere.  Di  que- 
ste cose  lamentate  con  giusto  risentimen- 
to dag'i  storici  veneti,  più  gravi  conside- 
razioni ora  ha  fatto  il  eh.  conte  Girola- 
mo Dandolo,  La  caduta  (Iella  repubbli- 
ca di  /'crii  zia,  ed  i  suoi  ulliini cìn<niaii' 
{anni.  Ripeterò  io  breve.  Venuto  il  se- 
nato a  conoscere  la  deleruiinazioue  di 
Carlo  VI  per  la  pace,  grandemente  eper 
più  ragioni  se  ne  amareggiò,  ben  avve- 
dendosi che  se  l'armi  venete  eransi  fino 
allora  con  poco  vantaggio  sostenute  con- 
tro quelle  de'  turchi^  nessiuia  miglior 
fortuna  avrebbe  [)otuto  giiuliziosamente 
sperarsi,  qu.indo  la  repubblica  non  aves- 
se dovuto  fidare  che  nelle  sole  sue  fòrze. 
Doleva  sopra  lutto  al  senato  la  preveduta 
necessità,  in  cui  ebbe  ben  presto  a  tro- 
varsi, di  mantenere  in  armi  per  tutto  il 
tempo  di  quella  nuova  discordia  austro- 
spagnuola  un  [)oderoso  esercito  (che  sali 
a  ^4,000  solilati)  per  difendtre  la  neu- 
tialilà  delle  sue  provincie  italiane,  il  che 
nell'atto  stesso  che  uscivasi  da  una  dispen- 
diosa guerra  sfortcm<ita,  dovea  riuscire  e 
riuscì  di  tro[)po  grave  [)eso.  Perciò  il  se- 
nato al  (."sentore  de'maneggi  per  la  pace, 
col  mezzo  (.lei  suo  audjasciatore  straordi- 
nario u  Vicnud  Pietro  Griniani,  poi  do- 
ge, b'  induslriù  vivaMicnle  a  tener  fumo 


572  V  E  N  V  E  N 
l'imperatore  nell'alleauza  ;  e  pressò  e  nella  Dalmazia  e  nell'Albania,  e  delle 
fece  da  altri  pressare,  ed  in  ispecie  da  piazze  conquistate  sulla  costa  d'Epiro 
Clemente  XI,  la  corte  di  IMadrid,  se  non  dallo  Sclioulembourg.  Qui  l'autore  op- 
a  dimettere,  aluìeno  a  dilferire  ad  altro  pone  a' detrattori  della  repubblica  pel 
tempo  migliore  l'esecuzione  de'suoi  prò-  preteso  suo  malgoverno  della  Dalmazia 
getti.  Carlo  VI  però  e  l'arbitro  del  ga-  e  altri  paesi  oltremarini,  l'alfelto  mede- 
binello  di  Spagna  cardinal  Alberoni  e-  simo  de' loro  abitanti  pel  nome  venezia- 
rano  egualmente  inflessibili  alle  rimo-  no,  specialmente  de'dalmati,  di  cui  non 
stranze;  e  la  re[Hd)blica  ripugnante  do-  è  ancora  interamente  estinta  la  memo- 
vette  contentarsi  di  iraltar  la  pace  in  co-  ria.  Siccome  i  detrattori  si  fondano  sul- 
mune  col  proprio  alleato,  partecipando  l'autorevoli  parole  contenute  nell'opu- 
olle  conferenze  intimale  a  Passarowitz,  scolo:  Degli  inquisitori  del  sperìirsi  in 
ed  inviandovi  suo  plenipotenziario  Carlo  Dalmazia,  Orazione  di  Marco  Fosca- 
]\u7ziiii  dipoi  dogf,  notno  di  gran  ;lot-  riiiì  cavaliere  e  procuratore,  delta  nel 
trina  polilicae  negozialorefortniiato  del-  fllaggior  consiglio  il  giorno  ij  diceni- 
l'anterior  pace  di  Carlowitz.  Questa  pace  hre  l'J^'J,  Venezia  pel  Ricotti  l83l  ; 
colla  Turcliia  vivamente  caldeggiata  dal-  spiega  come  debbonsi  intendere,  e  ripor- 
r  imperatore,  onde  poter  più  vigorosa-  la  quindi  il  discorso  j)ronunci  mo  in  Pe- 
nieiite  op|)ors!  al  coinpiuìento  delle  mire  Tasto  al  cader  della  repubblica  dal  capo 
spaguuole,  perciò  veniva  da'suoi  ministri  della  comunità, quando  il  popolo  eoa  pia 
assai  adieltata,  pili cbe  non  sai ebbesi  de-  ceremonia  volle  seppellire  l'amalo  ves- 
siderato  ilalla  rt^pul)l)lica;  la  quale  intesa  siilo  di  s.  Marco  con  onorata  e  gloriosa 
al  conquisto  di  Dulcigno,  fin  da  princi-  tomba,  dopo  averlo  venerato  877  anni, 
pio  raccomandava  al  Uuzzini  di  |)ossi-  e  custodito  combattendo  per  terra  e  per 
bilmente  trarre  in  lungo  le  trattative,  mare.  "  Fermala  così  a  condizioni  non 
Se  non  die,  lozeK»  ognor  crescente  degli  buone  la  pace,  non  già  per  difetto  di  buo- 
austriaci  per  alheltarle,  fece  sorgere  d  ne  armi,  di  spiriti  generosi,  di  robusti 
non  infondato  timore  cb'essi  coucludes-  consigli,  ma  per  forza  d'indeclinabile  ne- 
sero  il  loro  trattalo  particolare,  per  cui  cessila;  la  repubblica  non  poteva  non av» 
il  senato  ordinò  al  Ruzzini  di  non  osti-  vedersi,  die  tra  per  la  diminuzione  del- 
narsi  a  que'j)atti  in  cui  i  turchi  moslras-  le  forze,  naturai  conseguenza  dell'impic- 
sero  decisameule  di  non  voler  consen-  dolilo  dominio,  e  per  la  declinazione  o- 
tire.  Se  a  Cai  lowilz  la  repubblica  ralle-  gnor  progressiva  del  suo  già  così  invidia- 
gravasi  pel  nuovo  acquisto  della  Morea,  to  commercio  ;  dell'antica  veneziana  po- 
a  Passarowitz  dovea  invece  rinunziare  lenza  ormai  poco  piìi  rimaneva  die  la 
ad  ogni  diritto  sulla  medesima,  e  lanien-  giuria  e  il  nome.  Perciò  abbracciava  es- 
tare inoltre  la  perdila  dell'isola  di  Tuie,  sa  quella  politica  die  sola  era  da  lei  pra- 
e  delle  forti  piazze  di  Spinaluiiga  e  di  licabile  in  così  fitta  condizione  di  cose  ; 
Suda,  ultime  reliquie  del  suo  antico  do-  e  poneva  a  base  fondamentale  del  suo 
minio  sulla  grand' isola  di  Candia,  nella  conlegno  cogli  esteri  la  conservazione 
pace  per  essa  superiormente  narrata;  le  della  pace  con  tutti:  la  quale  non  è  chi 
quali  piazze  non  senz'importanza  giova-  ignori  quanto  debba  anteporsi  al  fugace 
■vano  a  mantener  nell'  isola  la  ricordanza  bagliore  de'  guerreschi  trionfi,  e  quanto 
del  nome  veneziano,  ed  in  caso  di  guerra  piìi  gagliardamente  influisca  al  riQori- 
potevano  agevolarne  il  ricupero.  Assai  mento  delle  nazioni.  Ed  in  fatti  chi  pon- 
lieve  conforto  traeva  la  lepuliblica  dal-  ga  mente,  anche  solo  per  poco,  all'au- 
1  acquisto  di  poche  squallide  e  diroccale  gustia  continua  in  che  star  dovevano  i 
casldla,  con  augusto  e  sterile  Icrri  Iorio  veneziani  circa  i  pensieri  de'turchi,  i'jua- 


V  E  K  V  E  N                  5-3 

li    fino  allora  non  avevano  mai  preter-  o  men  numerose,  a  difesa  ilei  confine  tìal- 

inesso  di  coglieie  anche  ogni  men  l)uo-  le  aggressioni  tuichesche,  ed  a  sicurezza 

oa  occasione  per  uscire  in  cauìpo  a  ior  della  privala  navigazione;   non  poteva 

danno;  alla  grande  potenza  cui   erano  più  avventurarsi,   per   viste  diverse  da 

già  salite  Inghilterra,   Francia,  Spagna  quelledella  propria  indipendenza, ad  im- 

ed  Austria,  the  ormai  regolavano  ad  ar-  prese  di  guerra   che  ponendola  in  con- 

bitrio  loro  i  destini  de!  niondo  ;  a  quella  flitto  con  potenze  di  (orza  incomparabil- 

cui  andava  rapidamente  innalzamiosi  la  mente  maggiore,  sarebbero  tornale  sem* 

Russia,  che  rivolta  sempre  coll'occhio  al-  pre  a  suo  danno;  ma  doveva  invece  ri- 

l'Eusino,  fin  d'allora  minacciava  le  gran-  porre  negli  accorgimenti  della  politica  le 

di  complicazioni  che  og;i;icl'i  commuovono  principali  speranze  della  propria  conser- 

da  un  capo  all'altro  l'Europa;  alla  esì-  vazione.  Ma  se  Venezia  era  da  un  canto 

guilà  delle  foize  di  cui  potevano  dispor-  intimamente  compresa  dal  sentimento 

re  gli  altri  piincipi  e  slati  d'Italia  a  di-  della  propria  dignità,  come   principe  a 

fesa  della  penisola  ;  chi  ponga   mente  a  nes>uno  soggetto  ;  né  men  era  risoluta  di 

tutto  questo,  io  diceva,  (acilmenle  con-  virilmente  difenderla  ad  ogni  patto".  In- 

'    Terrà  in  questa  sentenza  :  che  un  piccolo  olire  deplora   il  cav.  Mulinelli,   annali 

stato  di  poc'oltre  due  milioni  di  abitanti  Urbnni  dì  l'enezia.  »  Venezia  perdeva 

jnllalia(se  pur  lami  erano  in  quel  lem-  perla  pacedi  PassaroAvitzIa  poco  ionan- 

po),  il  quale  per  non  esser  escluso  aflfat-  zi  conquistata  Morea,  Or  aggiunta  que- 

to  dal  consorzio  de'popoli  marittimi,  do-  sta  perdila  all'alira  ben  prima  fatta  delle 

veva  mantenersi  a  qualunque  piezzo(per-  ricche  colonie,  avversati  già  da  Francia, 

che  non  è  chi  non  sappia,  che,  ad  onta  da  Inghilterra  e  da  Olanda  nell'  oriente 

del  sistema  economico  con  cui  conduce-  i    trallici  veneziani,  mancante  il  senato 

vasi  l'amministrazione   oidinaria  dello  di  que'vivi  spiriti  che  un  tempo  onima- 

stalo,ecjuella  specialmente  della  Dalma-  varilo,  e  per  mollezza  o  per  consuetudi- 

zia  e  della  Jonia,  erano  peiò  ancor  mi-  ne  antica,  buona  per  la  libertà  dentro, 

norile  rendile  che  la  repubblica  ne  Irae-  pessima  per  la  difesa  fuori,  non  volendosi 

va.  l^erciò  que'  possedimenti  nel  l)ilan-  accrescere  gli  eserciti,  quando  quelli  de- 

cio  generale  dello  slato  figuravano  ed  e-  gli  allri  stali  cominciavano  ad  esser  grossi 

rano  veramente  e  coslanlenientc  passivi,  e  di  miglior  disciplina  insti  ùtti,  Venezia 

Nondimeno  la  repubblica  ci  trovava   il  interamente  posava  le  armi,  e   più  non 

suo  conto  nel  conservarli  ;  perchè  la  loro  es^eicitando  quella  superiorità  che  I  avea 

posizione  geografica  ed  i  loro  porli  gio-  lesa  d'Italia  aibilra,  e  ben  poco  influire 

vavano,se  nona  far  rifiorire,  ad  arresta-  polendo  nella  bilancia  degli  aiTari  d'Eu- 

,  re  almeno    il  decadimento  del  suo  già  lopa,  principiava  allora  a  perdere  perpo- 

troppo  illanguidito  commercio; e  le  con*  scia  perire".  INel  1719  avendo  il  veneto 

servavano  lutla%ia  una  qualche  impor-  embascialorelNicolòDuodoterminatodue 

!  tanza  militale  nel  Mediterraneo.  Del  re-  trienni  d'ambasceria  presso  ClemenleXI 
sto  non  si  dirà  m«i,  the  provincie,  le  qua-  lodevolmente.  Io  dichiarò  cavaliere  aura- 
li  a  mantenersi  abbisognano  de'  sussidii  lo,  ossia  dello  .S[ieron  il 'oro.  Il  Duodo  pro- 
delie  altre  parli  dello  stalo,  siano  elemen-  nunciò  allora  un  eruditissimo  encomio 
ti  di  potenza  e  di  forza  materiale  pel  go-  del  zelo, pielàe  vigilanza  vii  luosadelSan- 
\eroo  che  le  possiede)  nel  possedimento  to  l'adre.  E  questi  rispose  con  discorso, 
de'porti  e  delle  coste  the  tuttavia  gli  li-  li.daiido  la  repubblica  di  A' cnezia,  che'in 
manevano  sulla  sponda  orientale  dcli'A-  tanteoccasioni  si  rese  benemerita  al  mon- 
driatico  e  nel  mar  Jonio  ;  ed  inviarvi  co-  do  cristianfi  combattendo  per  la  fede;  in- 
stantemenlc  forze  di    lii  ra  e  di  mare  più  di  discese  a  descrivere  le  degne  geslc  del- 


574  V  E  N 

lo  rirnif^lia  Diiotlo  anticliissima,  lilevnn- 
«Io  che  l'ainbascialoie  in  tempi  disaslrosi 
uvea  snslenulo  il  ministero  con  frullo  del- 
la crislianità  e  applauso  di  tuUa  Roma,  e 
con  sua  intera  soddisfazione.  La  funzione 
!a  descrissi  nel  voi.  XI,  p.  i3.  Prima  «li 
partire  dn  Roma  il  cav.Duodo  ricevè  nel- 
Ja  ca[)pella  segreta  dalle  mani  di  Clemen- 
te XI  la  s.  Con  in  11  ione,  e  il  Papa  gli  man- 
dò in  dono  nr)a  ricca  croce  con  entio  par- 
te del  s.  Legno  della  vera,  un  arazzo  es[)ri- 
mente  s.  JMarco,  un  coi  pò  santo,  ed  una 
corona  divozionale  di  pietre  preziose  le- 
gata in  oro,  col  breve  dell'  indulgenze 
nnnesse,  lutto  e  meglio  rifeiendo  il  n. 
444  ^^^  Diario  (li  tioma  del  1720.  Gli 
successe  Andrea  Cornaro,  il  quale  a  mo- 
tivo de'timori  della  peste  non  fece  il  so- 
lenne ingresso  in  Roma,  ma  si  recò  alla 
I  /udienza  del  Papa  col  servizio  0  treno  di 
campagna,  presentalo  dal  cardinal  Priii- 
li  coiiciltadino,  dopo  es>er  stato  egli  pri- 
ma dal  Papa.  Il  treno  ed  il  cerimoniale 
sono  descritti  nel  n.  54o  del  Diario  di 
Ixotììa.  Intanto  la  Spagna  avendo  follo 
la  Sicilia  a  Vittorio  Amedeo  li,  quegli  nel 
I  720  dovette  coiilen!ar>>i  del  regno  diSar- 
degna, che  la  casa  di  Savoia  Inltora  con- 
serva; e  Carlo  VI  riunì  al  regno  di  Na- 
poli quello  di  Sicilia  cedutogli  dalla  Spa- 
gna. Mentre  era  nunzio  di  Venezia  Gae- 
tano SlJiuipa  arcivescovo  di  Calcedonia, 
e  gif»  di  Toscana,  mori  Clemente  XI  a' 
ig  marzo  1721,6  dopo  5o  giorni  gli  suc- 
cesse Innocenzo  XIII,  die  da  prelato  avea 
portalo  a  Venezia  lo  S/occo  e  Bcrellone 
(lucale  benedetti  al  dogeMorosini  il  Pc- 
lopoiìncsiaco.  Sapendo  cjueslo  Papa  che 
nel  1722  due  squadre  turche  si  raggi- 
ravano intorno  l'isola  di  Malta  per  assa- 
lirla, mandò  a'cav.diei  i  generoso  soccor- 
so pei  difendersi,  ed  altri  ancora  gliene 
])rocuiò,  eccitando  i  principi  cristiani  a 
coUcgarsi  con  essi  ;  e  i  veneziani  diedero 
opera  a  grandi  ai  mauienli  marittimi,  ed 
Jnvi;uoiioli)slo  ragguardevoli  fuizea  gua- 
leiiliie  l'isole  Jonie,  the  saiebbousi  tio- 
Tate  esposte  al  i-'atlacco.  Nello  stesso  au- 


V  E  ^' 

no  il  Papa,  secondo  il  costume  de' suoi 
predecessori,  decorò  l'ambasciatore  Cor- 
naro dell'insegne  cavalleresche:  la  spada 
gliela  cinse  il  fratello  d'Innocenzo  XIII, 
duca  di  Poli,  e  gli  speroni  il  cav.  PfylTer 
capitano  degli  svizzeri  pontifìcii.  L'am- 
basciatore si  recò  al  Quirinale  con  g  car- 
rozze, la  I ."  co' fiocchi  d'oro,  la  2.*  di  seta 
color  d'oro,  la  3."  di  seta  e  oro  la  4/  e  5»." 
di  seta  nera,  le  oltre  4  senza  fiocchi  ;  ed 
ebbe  poi  i  soliti  sagri  donativi.  Questi  e 
la  funzione  sono  descritti  ne'n.  810  e  8  1  3 
del  Diario  di  Roma.  Io  questo  mentre 
il  doge  Cornaro,  giunto  all'età  di  75  an- 
ni, moiM  tranquillamente  a'  12  agosto 
1722.  Il  suo  cadavere  fu  sepolto  nella 
chiesa  di  s.  Nicola  da  Tolentino,  della 
quale  in  una  cappella  la  fimiglia  ha  ono- 
revole memoria.  In  essa  egli  aveva  fatto 
erigere  nel  1  720  due  monumenti  a'per- 
sonaggi  princi()ali  de'suoi  antenati. 

39.  Alvise  UT  Sebastiano  3focenìgf) 
CXIIdngr.  Avea  aumentato  le  domesti- 
che glorie,  che  certamente  furono  molle, 
allorquando  ap[)licalosi  alla  milizia  ma- 
rittima, salvò  pubblici  guerreschi  legni, 
e  quando  deputalo  nell'Albania  per  fer- 
mare i  confini  fra  la  repubblica  e  l'impe- 
ro ottomano,  preslaodo  l'opera  sua  fati- 
cosa, otlenne  alla  patria  maggiore  spazio 
di  terreno.  Avea  eziandio  sostenuto  ono- 
revolmente il  peso  delle  magistrature,  il 
governo  di  alcune  provincie,e  3  genera- 
lati prima  di  ascendere  alla  sededucale. 
Oltre  a'riferili  meriti,  gli  è  dovuta  gran 
lode  per  la  nobiltà  del  suo  carattere  in- 
tegerrimo e  generoso,  largendo  con  mol- 
la profusione  a  favore  de'suoi  simili,  ove 
la  circostanza  lo  esigeva,  non  solamente 
gli  appuntamenti  relativi  alle  sostenute 
cariche,  ma  ancora  delle  somme  ragguar- 
devoli di  famiglia.  Nondimeno  eletto  do- 
ge a'24  agosto  1722,  per  avere  avuto  a 
competitore  Carlo  R.uzzioi  che  poi  gli 
successe,  che  tante  virtù  e  patrie  bene- 
uierenze  rendevano  raccomandato,  tale 
fu  la  pubblica  meraviglia  di  questa  pospo- 
sizione e  di  vedergli  preferito  il  IMoccui* 


V  E  N  V  li  N  ^'j^ 
go,clie  lulli  ne  incolparono  lacecllà  del-  to  e  1' ampliazione  tlelle  difese  di  Cor- 
la  foituna.  E  vi  ebbe  ancora  un  accade-  fu,  già  veniente  dannegtjiale  nell'ulliraa 
lineo  rin\igorilo,  il  quale  in  una  sua  Lei-  guerra  e  poco  nien  che  dislruUe  dal  va- 
(era  n fi  un aniico^che  pubblico,  \o\\e[M-o-  sto  incendio  della  notte  del  28  ottobre 
vare  die  alia  fortuna  si  era  pur  congiunta  1718,  in  cui  due  fulmini  colpivano  due 
la  giustizia.il  Moschini  che  tutto  ciò  ripor-  polveriere.  Nello  stesso  i  728  Carlo  VI  re- 
ta nella biogiafia,  inoltre  nel  Compendio  tatosi  a  Trieste  solennemente  proclamò 
r/e//rt  .^/or/rtr///'c7U'r/<7,  dicendo  che  nel-  che  la  navigazione  dell'Adrialico  dovea 
l'ultima  guerra  erasi  fra  gli  altri  segna-  esser  libera  a'suoi  slati,  ad  onta  delle  [iro- 
lato  il  Mocenigo,  soggiunge,  n'ebbe  que-  leste  de'veneziani,già  fìnodal  1  7  i  7  aven- 
sii  la  dignità  di  doge;  e  come  in  lui  si  era  done  dichiarato  franco  il  porto,  conno- 
premiato  un  cittadino  chiaiissimo  nelle  labile  pregiudiziodel  commercio  veneto, 
cose  della  guerra, cosìdiiioi  in  Carlo  Ruz-  ]Neli73o  nioi  lo  Benedetto  XII  I,fueIetto 
zini  fu  riconipensato  il  politico  cittadino.  Clemente  XI  l  a' 1  2  luglio.  Intanto  ricor- 
Innocenzo  Xlll  mori  a'7  marzo  1724,  rendo  nel  seguente  novembre  l'anno  se- 
ed  a'  29  maggio  gli  successe  Benedetto  colare  delia  pesle,  che  non  più  avea  af- 
XIII, che  neìi668avea  vestilo  l'abito  re-  flitlo  Venezia,  tenendosi  ciò  per  le  trascor- 
ligioso  de'domenicaui  nel  convento  di  s.  se  vicende  veramente  prodigioso,  comao- 
Domenico  di  Venezia,  al  qualea'7  agosto  dò  il  senato  che  ue'giorni  26,  27  e  28  si 
!ie  rinnovò  la  nienioria  col  breve  Q;/orZ  dovessero  renderepubblicheesolenni  gra- 
////cr,  rispondendo  a'frali  che  si  erano  con  rie  alla  B.  Veigine  nella  sua  chiesa  della 
lui  congratulali.  Indi  a'2  i  novembredi-  Salute  splendidamente  addobbata,  col- 
chiaro  uditole  di  Boia  veneziano  il  pa-  l'inlerveulo  nel  1. "giorno  del  doge  e  della 
trizio  Federico  Cornaro,  a  cui  poi  a'22  signoria,  che  visi  recarono  processional- 
novembre  1729  sostitm  l'altro  patrizio  inente,  delle  scuole  grandi,  de' teatini  e 
■veneto  Carlo  llczzojiico,  che  [>iìi  tardi  di-  de'gesuili;  nel  2. "con  quello  del  palriar- 
venne  Clemente  Xlll.  Inultie  Benedet-  ca  e  del  clero  secolare;  nel  3.°con  qneilu 
to  Xlll  citi)  cardinale  il  nobile  Venezia-  di  lutti  i  monaci  e  frali  della  città.  11  cav. 
no  d.  Angelo  Maria  Quirini,  e  il  nobi-  Mulinelli  descrive  le  sagre  funzioni  e  il 
le  friulano  d.  Leandro  Poizia,  ambe-  mobile  ponte  di  legnocoslruito  sul  Canal 
due  benedettini  cassinesi.  Notai,  descri-  grande  per  facilitare  il  Iragilto  a'nomina- 
vendo  \' (^spedale  di  s.  Maria  e  s.  Gal-  li  e  al  popolo,  e  quelle  pure  celebrate  nel 
licano  di  Boma,  che  il  Fapa  gli  otlenne  i83o  pel  2. °anno  secolare,  coll'inlerven- 
dalla  repubblica  l'annuo  assegno  di  scu-  lo  del  municipio,  del  patriarca  e  de' due 
di  3oo.  Continuando  nell'Ilalìa  la  lotta  cleri,  di  cui  feci  già  parola  dicendo  della 
fra  gl'imperiali  e  gli  spagnuoli,  il  senato  cessazione  della  pesle  e  dell'adempito  vo- 
1  icnsò  di  collegaisi  con  essi,  conservando  to  nella  costruzione  del  magnifico  lem- 
lii  neutralità;  di  più  fece  resistenza  prima  pio,  colla  costruzione  de'dcic  delli  ponti, 
all'ambasciatore  tli  Carlo  VI  e  [)oi  a  quel-  ricordando  l'annalista  i  due  o|)usculi  iin- 
1m  di  Luigi  XV  re  di  Fi  ancia,  i  quali  pre-  pressi  nel  i  83o  in  Venezia  nella  tipogra- 
tiiilevanu  di  poter  inliodurre  liberamen-  fia  Alvisopoli  dall' editore  Milesi:  Uag- 
\'-  in  Venezia  e  senza  d  pagamento  d'ai-  {quaglio  citila  veneta  peste  dell'anno 
V  III  diritto  tulli  gli  elfelli  appartenenti  lóSo  ce.,  aggiunte  le  solmitilà  dell'ari' 
;.i<.  loro  case.  AddoUrmola  la  lepubbiica  no  secolare  1730.  Narrazione  del  so- 
(!  I  lunga  espcriiriua,  temendo  [)ur  sempre  Icnne  triduo  celebralo  in  s.  Mariii  del- 
lI.c  i  luiclii,  seiiiu  iagnjiie\<j|e  causa,  pò-  la  Salute  nel  2.  anno  secolare  dtlUl 
Ilscio  insoigeie  a  buo  danno,  neli728  cessazione  della  pestilenza.  —  Avvi- 
cuIìlÒ  con  giau  dispendio  il  lisarciiiicn-  lilu  la  citlà  U'Abcouu,  languente  il  suo 


576  V  E  N 

commercio,  accorse  Clemente  XII  a  far- 
la  lisorgeie  e  rinascere  a  doviziosa  vi- 
ta, con  accordarle  a' I  2  febbraio  i  782  il 
porlo  franco;  e  perchè  divenisse  porlo  di 
i.°  ordine,  tanto  necessario  allo  scalo  di 
Levante,  vi  edificò  un  grandioso  molo, 
per  ricevere  nel  porto  qualunque  legno 
da  guerra,  ed  inoltre  vi  fabbricò  un  su- 
perbo Lazzaretto  che  i  insci  un  capo  d'o- 
pera e  forse  vinse  in  perfezione  ogni  al- 
tro. Questo  ho  voluto  qui  ricordare,  poi- 
ché r  illimitate  franchigie  accordate  da 
Carlo  Via!  porto  di  Trieste, unito  al  por- 
to franco  concesso  da  Clemente  XII  ad 
Ancona,  riuscirono  di  gravissimo  danno 
al  commercio  di  Venezia.  Il  dispiacere 
che  produsse  ue'veneziani,  probabilmen- 
te contribuì  ad  inasprire  poco  dopo  il  di- 
sgustoso avvenimento  che  vado  a  narra- 
re col  Novaes,  Storia  di  CUmeiite  XII. 
rs'el  passare,  circa  la  metà  di  giugno,  per 
le  vicinanze  del  palazzo  di  Venezia  in  Ko- 
ma  una  delle  pattuglie  che  di  notte  so- 
levano invigilare  alla  quiete  della  città, 
alcuni  servitori  dalmalini  dell'ambascia- 
tore veneto  cav.  Zaccaria  o  JXicolò  Canal, 
per  impedirne  il  passaggio  uscirono  a  bat- 
tersi con  que'  soldati  in  tal  maniera,  che 
nella  zulFa  restarono  morti  3  servitori  ed 
un  soldato.  Giunta  la  nuova  a  Venezia, 
il  senato  richiamò  da  lioma  il  suo  am- 
basciatore, e  licenziò  da'suoi  stati  il  nun- 
zio Stampa,  che  da  quando  lo  avea  in- 
"vialo  Clemente  XI  non  era  stato  anco- 
ra rinìosso,  finché  gli  fosse  data  soddi- 
sfazione richiesta  al  governo  di  Pioma. 
S'interpose  l' ambasciatore  di  Francia 
Saint-Agiian  per  la  concordia,  ma  Cle- 
mente Xll  avendo  fatto  compilare  pub- 
blico e  formale  processo  dell'occorso,  e 
trovala  a  suo  favore  la  manifesta  giusti- 
zia, ricusò  costantemente  di  accettare  qua- 
lunque proposizione  su  questa  materia. 
Volle  anzi  ouiìinamente  che  il  suo  nun- 
zio Stampa  ritornasse  in  Venezia  con  tut- 
ti gli  onori  cui  si  dovevano;  e  così  succes- 
se, restiliiendovisi  il  prelato,  principal- 
meule  per  opera  del  suddetto  cardinal 


VE  N 

Quirini,  in  occasione  che  dal  suo  vesco- 
vato di  Crescia  si  conduceva  in  Roma, 
ed  egli  ne  tratta  ampiamente  ne'  suoi 
Comment.  hisC,  t.  3,  cap.  5.  E  di  que- 
sta differenza  non  piìi  se  ne  parlò.  Il  con- 
te Girolamo  Dandolo  racconta  il  fatto 
con  alcune  lievi  varianti  a  favore  della 
re[)ubblica,  coll'autorità  dell'altro  vene- 
to contemporaneo  Diedo.  Il  doge  Moce- 
nigo  venne  a  morte  a'2  1  maggio  1732, 
ed  il  suo  cadavere  colla  solita  pompa  fu 
sepolto  nella  chiesa  de' ss,  Gio.  e  Paolo, 
ove  la  famiglia  di  lui  ha  magnifici  mo- 
numenti. A  suo  tempo  fu  per  l'ultima  vol- 
ta compilato  lo  statuto  veneto  eoa  addi- 
zioni e  iodici  :  Novissiinuin  Slalutoruin 
f^enetaruni  Legarli  volumen  dnabus 
in  partibus  divisum,  ALoysio  olocenico 
T^cneùariiin  Principi  dicaluin^  Venetiis 
ex  ducali  lypographia  Pinelliana.  Inoltre 
nel  suo  dogado  e  nel  1727  fu  costruito 
quello  splendidissimo  Bucintoro,  che  bre- 
vemente descrissi  nel  §  XVIII,  n.i3. — 
Carlo  Ruzzinl  CXIII  doge.  N'  era  de- 
gnissimo per  quanto  già  dissi  di  lui,  pe' 
doni  dell'intelletto  coltivalo  presso  i  so- 
maschi  nel  collegio  della  Salute,  come  per 
le  molle  decorose  e  importanti  ambasce- 
riesostenute  con  tanta  gloria  e  utilità  del- 
la patria,  che  gli  acquistarono  eminente 
riputazione.  La  Spagna  fu  lar.''  ad  acco- 
glierlo per  ambasciatore,  poi  l'ebbe  Vien- 
na e  l'ammirò  sì  per  la  lega  che  seppe 
stringere  con  Pietro  I  imperatore  delle 
Russie,  sì  per  1'  accortezza  che  fece  bril- 
lare al  congresso  di  Carlowitz.  Fu  spedi- 
to a  Milano  e  Costantinopoli,  là  per  com- 
plimentare Filippo  V,  qua  Achmel  IH, 
ed  egli  piacque  all'uno  e  all'altro,  e  nuo- 
vamente fu  mandato  aCostantinopoli, poi- 
ché ne'congressi  d'Utrecht  e  di  Passaro- 
Avitz  era  slato  gran  fautore  della  pace 
che  finalmente  l'Europa  ne  ottenne.  In- 
tanto gli  si  era  conferita  la  2.'  dignità 
della  repubblica,  creandolo  procuratore 
di  s.  Marco,  ma  ninno  piìi  di  lui  era 
degnissimo  d'averne  la  principale,  e  la 
couseguìa'2  giugno  1782  inetàd'8o  an- 


V  Ei\ 

ni.  Egli  non  la  voien,  occupato,  secontlo 
il  suo  costume,  negli  stiuli  della  politica 
e  della  lelteialuia,  e  nella  meditazione 
della  molte.  Nella  guerra  pei-  la  succes- 
sione di  Parma,  cui  la  morte  dell'ultimo 
de'Farnesi,  avvenuta  nel  1701,  dava  pre- 
tensione all'infante  d.  Carlo,  come  figlio 
d'Elisabetta  Farnese,  il  senato  fu  dagli 
ambasciatori  di  Francia  e  Spagna  per 
parte  de'Ioro  re  Borboni  invitato  ad  ab- 
bracciare il  loro  partito,  ili."  facendogli 
sperare  1'  acquisto  del  ducalo  di  Manto- 
va, il  2."  prouieltevagli  l'aiulo  delle  sue 
flotte,  in  caso  di  nuova  guerra  col  turco^ 
né  l'Austria,  benché  raen  larija  nromel- 
tilrice,mostravasi  meno  sollecita  di  trar- 
re a  se  la  repubblica,  insistendo  sulla  ne- 
cessità di  congiungere  le  loro  forze,  onde 
opporre  più  vigorosa  resistenza  a'reCor- 
borji,  i  quali  palesemente  aspiravano  a  ri- 
durre l'intera  Italia  alla  divozione  della 
loro  casa.  Ma  la  repubblica,  riferisce  il 
conte  Girolamo  Dandolo,  tenendosi  sem- 
pre ne'termini  della  maggior  diplomati- 
ca officiosità,  sottraendosi  ad  ogni  impe- 
gno, rispondeva  agli  uni  ed  agli  altri,  le* 
iiersi  da  lei  in  gran  pregio  le  prove  d'a- 
micizia e  di  slima  di  così  polenti  sovra- 
ni; nutrirei  loro  medesimi  sentimenti 
verso  di  loro;  nt)n  avere  però  alcun  par- 
ticolare interesse  d'  entrare  a  parie  delle 
loro  rivalità  e  contese;  dovere  invece,  per 
quanto  era  da  lei,  conservare  il  gran  be- 
i)(  (icio  della  pace  a'suoi  popoli,  che  an- 
cora risentivano  gli  effetti  de'gravi  cari- 
dii  soìtenuli  nel  corso  dell'ultime  guerre 
co'turchi,  perciò  essere  risoluta  di  conser- 
vare la  più  perfetta  neutralità.  Nondime- 
no pievidente,inviò  un  provveditore  gene- 
rale in  Terraferma,  e  provveditori  straor- 
(iinaii  iwdle  provincie  a  diritta  e  a  sini- 
5-1  ra  del  Mincio;  poneva  in  buono  stato 
(1:  difesa  le  sue  f(jrtezze  di  Lombardia  e 
(lt;l  Friuli;  raccoglieva  (ingiusto  esercito 
(li  2  4,ooij  uomini  sotto  il  governo  di  quel- 
io  slesso  maresciallo  di  Schoulembourgh 
clic  l'avea  egregiamente  servila  ncirulti- 
ma  guerra;  assegnava  le  vie  militali  per 
VOL.  xrii 


V  E  N  577 

le  quali  soltanto  era  lecito  alle  truppe  a- 
lemanne  attraversare  lo  stato  veneto;  le 
faceva  tenere  costantemente  in  osservazio- 
ne dalle  proprie,  ed  ingiungeva  alle  me- 
desime, che  ad  impedire  ogni  tieviazione 
dalla  linea  tracciata,  l'avessero  a  fiancheg- 
giare in  numero  sufficiente,  ed  a  poca  di- 
stanza, durante  il  passaggio.  Ciò  nondi- 
meno il  territorio  veneto  non  andò  sem- 
pre illeso  da  violazioni  e  guasti  insepa- 
rabili da  tale  stalo  di  cose.  Ma  se  la  re- 
pubblica, o  per  sorpresa  o  altra  causa  non 
potè  sempre  impedirle,  non  tralasciò  di 
chiedere  pronlaraenle  la  dovuta  ripara- 
zione ai  belligeranli.  Nel  dogado  del  iluz- 
zini,  Venezia  vide  la  i .'  estrazione  del  Lot- 
to a'5  aprilei  734>  ed  a'6  gennaio  del  se- 
guente anno  egli  mori.  Sebbene  la  gran- 
de sua  età  non  lasciasse  speranza  d'aver- 
lo vivente  per  lungo  lempo,  non  ostante 
la  cillà  rimase  afflitta  udendone  l'annun- 
zio. 11  doge  Ruzzini  fu  pieno  di  filosofia, 
religioso  in  parole  e  in  fatti,  come  pure 
può  rilevarsi  nel  n.  6  di  questo  §  ,  par- 
lando del  dogado  2  3.°  e  di  sua  sepoltura 
ili  s.  Maria  in  Nazaret.  Scrisse  molle  car- 
te di  ciò  che  avea  veduto  e  praticalo;  e 
nella  vita  che  pubblicò  di  lui  1'  Arrighi 
si  ha  qualche  saggio  del  modo  come  scri- 
veva e  sentiva.  —  LuÌG,i  Pisani  CXIT 
cinge.  Avea  conlraslato  al  predecessore  il 
principato,  come  quello  cui  non  manca- 
vano pregi  per  renderlo  caro  al  popolo 
veneziano  e  al  patriziato.  lìello  della  per- 
sona, univa  a  soavità  di  parlare,  genti- 
lezze di  maniere,  copia  di  ricchezze  coa- 
giunla  a  liberalità  d'animo,  spirito  di  re- 
ligione, che  si  manifestava  per  ogni  suo 
detto  e  fatto.  La  patria  ebbe  d'  uopo  di 
lui  in  rilevanti  circostanze,  e  mai  non  ri- 
mase delusa  nella  fiducia  posta  in  esso. 
Lo  mandò  giovanissimo  in  Francia  am- 
basciatore a  Luigi  XIV,  quando  Em'o- 
pa  era  in  movimento  per  la  successione 
di  Spagna,  e  il  vide  tornare  amico  a  quel 
gran  re.  Divenula  Anna  regiua  d'Inghil- 
terra, r  inviì)  a  felicitarla,  e  vi  andò  sì 
magnifico  che  diceasi  con  lui  viaggiare  la 


5^7^  V  L  iS 

luaestà  Jel  veuelu  senato.  Fu  ouoralu  di 
uoa  3.'  legazione  più  vicina  e  più  nule, 
allorché  Carlo  VI  si  portò  a  Milano.  Sa- 
vio dei  consiglio,  ottenne  fama  di  uomo 
giusto  e  prudente;  piocuialore di  s.  iNlai- 
u>,ne  onorò  il  grado  colla  splendideiza;  »  i- 
loiiuatote  dello  studio  di  Padova,  pro- 
tesse le  scienze  e  le  ai  ti,  ed  ebbe  in  (|uel 
celebre  liceo  eretta  a  lui  una  statua.  Fi- 
lialmente divenuto  doge  a'  17    gennaio 
1  735,  ne  sostenne  laltissima  dignità  con 
tanto  decoro  che   poteva  dirsi   re.  Cle- 
ineute  Xll  promovendo  lo  Stampa  dalla 
sua  lunga  nunziatura  di  \  enezia  a  segre- 
tario de'vescovi  e  regolari,  e  poi  Cu  creato 
cardinale  nello  stesso  1  735,  dalla  nunzia- 
tura di  Polonia  trasfeil  a  questa  Giaco- 
mo Oddi  arcivescovo  di  Laodicea.  Trovo 
ì\ft\V  Jrle  di  s'crificart  le  (late,  che  il  se- 
nato od  esempio  di  Carlo  VI  e  di   Cle- 
mente XII, che  aveano  dichiarato  irauchi 
i  porti  di  Trieste  ed  Ancona,  nel  1736 
stabili  il  porlofranco  di  Venezia.  Guer* 
leggiando  Carlo  VI  e  la  Spagna,  il  Papa 
per  difendere  da  ogni  pericolo  i  suoi  sud- 
diti aumentò  le  milizie  in  Comacchio  e  ia 
Ferrara,  ed  aggiunse  un  presidio  alla  Me- 
sola,  fortificando  la  bocca  del  Po  per  as- 
sicurar meglio  il  porto  Adriano,  e  vi  e- 
resse  una  baracca  di  legno  con  20  soldati 
e  due  cannoni.  Se  ne  ingelosirono  i  con- 
finanti veneziani,  e  non  ottenendo  la  re- 
mozione di  quell'opera,  costruirono  dal- 
la parte  opposta  un  castello  ,  fortificato 
con  opere  esteriori  e  il  presidio  di  1 00  uo* 
mini.  Lagnatosi  il  Papa,  come  contrario 
alle  convenzioni  stipulate  a  Venezia  nel 
i644j  Ja  vertenza  non  cessò  che  nel  se- 
guente pontificato,  incoi  si  stabilirono  o 
meglio  si  ripristinarono  i  confini  del  Fer- 
rarese e  abbatterono  quelle  opere.  Que- 
sto non  impedì  che  nella  promozione  del- 
le Corone  creasse  cardinale  llezzonico  u- 
ditoie  di  Ilota,  a  cui  sostituì  l'altro  vene- 
ziano Giovanni  Molino  nel  i  739.  In  que- 
sto promosso  il  nunzio  Oddi  alla  nunzia- 
tura di  Lisbona  ,  e  fu  poi  cardinale,  da 
quella  di  Firenze  liasfeiì  in  questa  di  Ve* 


YEN 
nezia  Gio.  Francesco Sloppaui  arcivesco- 
vo di  Corinto.  Si  notò  che  in  detto  anno 
r  ombrella  in  Venezia,  pel  i."  ad  usarla 
fii  il  patrizio  Miciiele  Morosini.  A. vendo 
i  turchi  mosse  le  armi  in  Ungheria,  l'im- 
peratore e  il  Papa  invitarono  la  repubbli- 
ca a  collegarsi,  ma  ella  volle  restare  neu- 
trale. Censì  fece  varie  spedizioni  maritti- 
me per  raffrenare  i  corsari  di  Tripoli  e 
di  Tunisi;  e  sostenne  uu  vivo  alterco  co- 
gli stati  generali  d'Olanda.  Narra  V Arte 
di  verificare  le  date ^  che  nel  1740  Cle- 
mente Xll  collo  stabilire  la  fiera  franca 
di  Sinigaglia  (ma  in  tale  articolo  la  dis- 
si originata  nel  1200  e  confermata  da  Pao- 
lo II),  eccitava  la  gelosia  del  senato  ,  il 
quale  proibiva  a' veneziani  di  porlarvisi. 
11  Papa  per  rappresaglia  vietava  a' suoi 
sudditi  ogni  commercio  co' veneziani. Que- 
sta rottura  che  poteva  avere  dispiacevo- 
li  conseguenze,  sospesa  dalla  sua  morte 
avvenuta  a'G  febbraio,  fu  interamente  so- 
pita da  Benedetto  XIV  che  gli  successe. 
Morto  sul  finire  di  detto  anno  l'impera- 
tore Carlo  VI,  mancando  la  discendenza 
maschile  dell'augusta  casa  d'IIabsburg, 
che  per  più  di  4  secoli  avea  governata 
l'impero,  lasciò  erede  universale  la  sua, 
primogenita  l'arciduchessa  Maria  Tere- 
sa, moglie  di  Francesco  duca  di  Lorena 
e  granduca  di  Toscana  (/^  ■)•  Tosto  fu 
riconosciuta  da'sudditi  per  regina  d'Un- 
gheria e  liiteinia,  e  sovrana  di  tutti  gli 
stalle  dominii  dell'inclita  casa  d'Austria, 
onde  dichiaròil  consorte  correggente  del- 
l'austriaca monarchia;  ma  a' 3  novembre 
Carlo  Alberto  elettore  di  Baviera  pub- 
bl  icò  una  protesta  di  sue  pretensioni  a  ta- 
le monarchia,  per  cui  insorse  la  strepito- 
sa e  lunga  guerra  di  successione  alla  me- 
desima. Tale  disputa  prolungò  la  sede 
vacante  imperiale  pel  mancante  voto  del- 
la Boemia,  siccome  contrastata,  il  cui  re 
era  uno  degli  elettori,  quando  Carlo  Al- 
berto impadronitosi  a' 19  dicembre  del- 
la capitale  Praga,  si  procede  all'elezione 
dell'imperatore  a  Francfort, ed  a'24gtn- 
uaio  1741  ue  leslò  eletto  lo  stesso  prm- 


V  EiN 

cipe  col  nome  di  Cai  lo  VII.  lu  questo 
mezzo,  il  doge  Pisani,  dopo  che  la  for- 
tuna gli  avea  fatto  provare  il  conforto  di 
tutte  le  grandezze,  lo  rese  eziandio  segno 
a  dure  vicissitudini,  tratto  tratto  privan- 
dolo d'alcuno  de' piti  cari  e  stielti  pa- 
renti. Egli  pelò,  da  vero  cristiano,  innal- 
zando gli  occhi  al  cielo,  si  rassegnava  al- 
la divina  volontà,  la  (juale  improvvisa* 
niente  il  congiunse  a  quelli  a'i3  giugno 
dello  stessor  74i,  di  78  anni.  —  Pietro 
Griinani  CXF  doge.  Con  esso  Venezia, 
dichiara  il  suo  biografo  Moschini,  ebbe 
un  principe  picn  di  filosojla  la  mente  e 
il  pelloj  della  quale  filosofia  egli  avea  da- 
to solenni  argomenti  si  nell'interne  tua- 
gislratine,  sì  nelle  legazioni  illustri  che 
dalla  pulria  gli  vennero  tranquillamente 
affidate.  Uifurmalore  dello  studio  di  Pa- 
dova, si  mostro  sollecito  del  maggior  a- 
vanzainenlo  del  sapete  in  guisa  cheque' 
prores>ori, caldi  d'animo  gratissimo,  in  es- 
so grinnaizarono  una  statua  di  marmo. 
Ambasciatore  alla  regina  d'Inghilterra  An- 
na, in  Londra  nella  reale  accademia  par- 
lò di  scienze  applaudilissimo  ,  sicché  il 
gran  NeAVlon,  che  la  presiedeva,  lo  pro- 
pose e  ne  fu  acclamato  socio  d'onore.  Am- 
]);isciatore  alla  corte  di  Vienna  ,  presso 
rin)peiatore  Carlo  VI,  egli  strinse  la  le- 
ga contro  la  Porta  ottomana,  e  lo  asseri- 
sce l'encomiato  biografo.  Compiuti  sì  di- 
stinti pubblici  uflìzi,  tornato  in  Venezia, 
visse  tra' letterati  e  tra'libri.  Passava  le 
ore  precipuamente  co'gesuiti  Bettinelli  e 
Cordata,  e  col  conte  Francesco  Algarot- 
li,  i  quali  ne'propri  scritti  il  celebra  vano; 
e  fra  gli  csleini  erangli  amici  lo  Zaootti 
(li  bologna,  e  il  lirico  tlousseau,  che  pure 
jic'loro  vei.si  resero  eterno  il  nome  di  lui. 
Multe  dediche  di  libiigli  furono  fatte, 
t^uicchè  si  sapeva  quanto  egli  protegges- 
se e  compensasse  il  sapere.  La  sua  bi- 
blioteca, raccolta  da  lui  nel  proprio  pa- 
lazzo a  s.  Polo,  era  singolamente  ricca  di 
volumi  di  Ictleratiwa  e  storia  ,  e  chi  vi 
cnlrav.i  ,  tosto  prendeva  affetto  del  suo 
Mi:itoie,  che  ci  avcu  messo  bcUu  Ialine 


V  E  N  57C3 

iscrizioni  in  onore  della  famiglia  e  ad  ec- 
citamento degli  studi.  Poteva  degnameu- 
le  vivere  fra'lelteraliqual  peritisaiuao  ne- 
gli idiomi  italiano, latino  e  francese,  qual 
buou  cultore  della  poesia,  onde  ebbe  pò 
sto  in  Arcadia  col  nome  di  Almiro  Eltl- 
Irco,  e  qual  profondissimo  nella  scienza 
astronomica.  Col  complesso  delle  narra- 
te doti,  il  Grimani  fu  eletto  doge  a'  3o 
giugno  1741.  Appena  scoppiala  la  guer- 
ra per  la  successione  della  monarchia  au  ■ 
siriaca,  aspirando  ad  essa  anche  il  re  di 
Spagna  Filippo  V,  ad  onta  di  aver  ac- 
cettata la  Prammatica  Austriaca  di  Carlo 
VI,quaudo  viveajperclièl'imperatoreCar- 
lo  V  re  di  Spagna  avea  fatta  cessione  a 
Ferdinando  I  suo  fratello,  e  perciò  pre- 
tendeva che  mancata  la  discendenza  ma- 
schile dovesse  tornare  alla  Sp;igua,  non 
rammentando,  o  non  volendo  valutare  la 
rinunzia  da  lui  fatta  nel  trattato  di  Lon- 
dra del  1718  degli  stali  d'Italia  e  Fian- 
dra, sui  quali  più  specialmente  fondava 
le  sue  pretensioni.  Fatto  un  poderoso  ar- 
mamento, altro  ne  ingiunse  al  suo  figlio 
l'infante  d.  Carlo  divenuto  re  delle  due 
Sicilie  nel  1734;  e  cjuaudo  la  sua  sposa 
Maria  Amalia  di  Polonia  e  di  Sassonia 
nel  1738  erasi  recata  a  Napoli,  splendi- 
dissimo fu  l'accoglimento  fatto  da'vene- 
tiani  nel  passaggio  de'loro  stati  e  in  Ve- 
nezia. In  pali  leiv^o  JF/'ancia  e  Prussie} 
combattevano  l'erede  di  Carlo  VI,  altret 
tanto  facendo  diversi  principi  minori  col- 
legati co'maggiori.  Maria  Teresa  dall'ai 
tro  canto  inutilmente  cercò  allearsi  con 
varie  potenze,  volendole  persuadere  n  non 
lasciar  crescere  di  soverchio  rnumentata 
possanza  de'Borboni,  e  di  non  permette- 
re l'abbassamento  di  casa  d'AuDlria,  dal- 
la cui  conservazione  e  forza  dipendeva  la 
libertà  e  salute  della  Germania,  e  dello 
stesse  potenze  marittime.  Per  parie  del- 
la repubblica  di  Venezia  presto  si  conob- 
be, che  secondo  le  saggie  massime  di  neu- 
tralità ;idoltate,  faceva  bensì  considera- 
bile aumento  di  truppe  in  Terraferma,  so- 
lo però  pei"  fare  rispettare  i  suoi  j^ioci- 


)00 


V  E  N 


j)ìi.  Inutili  furono  le  lusinghe  e  gì'  invili 
da  ogni  banda,  mn  il  doge  Giiinani  ten- 
ne fermo  il  governo  nel  prudente  suo  di- 
•visamenlo.Tra'soggi  provvedimenti,  nel- 
la guerra  che  divorava  l'Italia,  onde  ga- 
rantirsi dalle  ostilità  de'due  parlili,  s'in- 
viò sulle  rive  dell'Adige  la  suddetta  ar- 
mata di  24,000  soldati,  qualche  distac- 
camento de'  quali  venne  distribuito  ne' 
principali  posti  sulla  frontiera  del  Wan- 
invano,  da  Valeggio  fino  a  Ponte  Molino. 
Questa  precauzione  non  impediva  che  gli 
stati  veneti  non  provassero,  come  gli  sta- 
ti neutrali  d'Italia,  gl'incomodi  prodotti 
dal  passaggio  delle  truppe;  serviva  però 
n  contenere  le  guerreggianti  milizie  ne' 
limiti  della  moderazione.  Neli745  il  se- 
rato  resistè  alle  sollecitazioni  del  conte 
d'HoIdernes?,  onde  dichiararsi  per  Maria 
Teresa,  la  quale  nello  stesso  anno  diven- 
ne imperatrice,  perchè  alla  morte  di  Car- 
lo VII  successe  il  roarilo  Francesco  1, 
rientrando  così  lo  scettro  iuìperiale  nella 
casa  d' A  usIro-Lorena. La  repubblica  sem- 
pre ferma  e  salda  nel  sistema  neutrale, 
le  sue  differenze  sia  co'turchi,  sia  con  al- 
tri si  terminavano  ormai  sempre  con  pa- 
cillche  negoziazioni,  e  al  più  collo  sbor- 
so di  somme  di  denaro  piìi  o  meno  con- 
siderevoli. Benedetto  XIV  promosso  il 
nunzio Stoppani  alla  nunziatura  dell'im- 
pero, e  poi  fu  cardinale,  nel  i  743  gli  sur- 
rogò Martino  Innico  Caracciolo  napole- 
tano, arci  vescovo  di  Calcedonia,  in  lempo 
della  cui  nunziatura  e  nel  i  745  per  l'arre- 
sto fatto  di  un  reo  pochi  passi  lungi  dal 
palazzo  Grilli,  residenza  del  nunzio,  non 
pare  che  producesse  conseguenze,  sì  per- 
chè in  Roma  i  Papi  non  volevano  piìli  tol- 
lerare V Immunità  (V.)  locale  delle  fran- 
chigie, sì  perchè  dalla  repubblica  costan- 
temente fu  negata  in  Venezia.  Finalmen- 
te nel  1  748  si  pacificò  l'Eiuopa.  e  l'Italia 
1  iacquislò  la  sua  quiete  col  IrallalodiAqiii- 
sgrana,  senza  che  la  repubblica  vi  prendes- 
separte.UMuralori  terminando gli^/?/irt- 
lì  d  Italia  col  1749,  '°*^^^  '^  serenissima 
repubblicfl  di  Venezia  pel  contegno  te- 


V  E  N 
nulo  nell'ulti  ma  guerra,  anche  per  non 
aver  accresciuto  i  pubblici  aggravii,  non 
ostante  i  dispenilii  sostenuti  per  le  pre- 
cauzioni usate  nella  buona  custodia  del- 
le città  e  fortezze;  per  le  sue  antiche  leg- 
gi, per  la  sua  saviezza,  e  come  tutta  in- 
tenta perchè  regnasse  ne'  suoi  popoli  la 
tranquillità,  la  giustizia  ed  il  traflìco.  Il 
suo  continuatore,  col  quale  d'ora  in  poi 
procederò,  cav.  Antonio  Coppi,  Annali 
(I  Italia  dali'j^o  ali  84-^,  parlando  del- 
lo stato  politico  dell'Italia  nel  1750,  dice 
che  Venezia  cogli  stati  diTerraferma,  che 
s'inoltravano  fra  la  Lombardia  Austria- 
ca sino  a  Crema,  e  colla  Dalmazia  ed  al- 
tri stabilimenti  in  Levante,  si  governava 
in  forma  aristocratica,  é  dirigeva  tulle  le 
sue  osservazioni  a  conservarsi  nello  sta- 
to in  cui  era,  così  le  repubbliche  di  Gè- 
nova  e  di  Lucca,  prescindendo  dalla  re- 
pubblica di  s.  Marino  per  la  sua  picco- 
lezza insignificante.  La  repubblica  vene- 
ta aveva  una  popolazione  di  circa  tre  mi- 
lioni di  sudditi.  Avrebbe  quindi  potuto 
prendere  qualche  parte  negli  affari  ge- 
nerali d'Europa;  ma  dividendo  i  suoi  no- 
ve milioni  di  ducati  di  rendita  in  mante- 
nere forze  di  terra  e  di  mare,  con  1 2,  o  i  5 
bastimenti  di  alto  bordo,  non  aveva  una 
forza  sufficiente  per  livellarsi  colle  altre 
potenze  marittime,  e  le  truppe  che  con- 
sistevano in  18,000  uomini  ad  altro  non 
servivano  cheall'interno  servigio  del  pae- 
se. Tutti  gli  ordini  poi  della  repubblica, 
una  volta  buoni ,  erano  già  per  la  loro 
decrepitezza  in  decadenza.  Tuttavia  pro- 
ve di  energia  le  leggo  nel  conte  Girola- 
mo Dandolo,  col  dire  che  dopo  la  pace 
d'Aquisgrana,  quando  1'  Austria  propo- 
nevaie  lo  scambio  d'alcuni  piccoli  terri- 
torii  veneti  confinanti  col  Milanese  e  col 
Trentino,  con  altri  austriaci  nell'Istria, 
il  senato  vi  si  rifiutò  con  fermezza  senza 
neppur  bilanciare  il  vantaggio  o  il  danno, 
per  temere  gli  effetti  che  sogliono  deriva- 
re dalle  troppo  facili  condiscendenze  de- 
gli stati  minori  verso  i  maggiori.  Altra 
prova  è  la  narrata  dal  medesitao,  che  per 


V  E  N 
averla  io  non  senza  iliflìisione  discorsa 
in  diversi  articoli  conviene  tenerli  pre- 
senti per  meglio  chiarire  il  grave  argo- 
nienfOj  e  qui  per  brevità  semplicemente 
l'indicherò  in  corsivo.  Narra  dunque  l'en- 
comiato conte  Dandolo:  «  Forse  non  al- 
tro fine  che  quello  di  non  mostrare  de- 
bolezza, ebbe  pur  la  contesa  nella  quale 
ili  <|uel  tempo  medesimo  impegnavasi  la 
repubblica,  circa  il  diritto  di  nomina  al 
patriarcato  di  Jrjuileia,  la  cui  diocesi  ab- 
bracciava anche  la  parte  del  Friuli  domi- 
nata dall'Austria;  estendendo  poi  la  giu- 
risdizione metropolitica  sopra  piti  vasto 
territorio,  lo  non  so,  se  come  pretende  il 
Darù  sulla  fede  del  Diedo,  realmente  sus- 
sistesse fra  l'Austria  e  Venezia  una  con- 
venzione d'  antica  data,  giusta  la  quale 
questo  diritto  esercitar  si  dovesse  du'due 
governi  con  alternativa  costante,  o  se  ab- 
bia invece  avuto  luogo,  come  alFermasi 
dal  Cappelletti,  soltanto  «otto  il  regno  di 
Maria  Teresa.  Ciò  a  me  poco  importa, 
quando  si  conceda  ciò  che  il  Cappelletti 
stesso  concede  :  voglio  dire,  che  qualche 
controversia  sia  insorta  anche  prima  di 
Maria  Teresa;  e  che  dopo  la  sua  assun- 
zione al  trono  sia  realmente  seguito  il 
convegno  in  questione.  Se  non  che  la  re- 
[lubblica  seguitando  l'usato  sistema,  au- 
i.lie  ilopo  conchiuso  l'accordo,  faceva  asse- 
gnare al  patriarca  di  Aquileia  un  coa- 
(liuloie  con  futura  successione.  Allora 
l'Austria  protestò,  ma  senza  frullo,  per- 
i  he  la  lepubblica  opponeva  alle  sue  pre- 
tese l'antica  consuetudine.  I  goriziani  dal- 
l' altra  parte  rinnovavano  con  seojpre 
maggior  iuìpegno  l' istanze  già  fatte  in 
nitri  tempi,  per  ottenere  un  vescovo  loro 
proprio.  Nessuno,  per  oggetto  in  sostanza 
non  grave,  avrebbe  v(>lato  r)ltrepassare  i 
termini  delle  dispule  diplomatiche. Si  prc- 
<-L'  allora  il  partito  ili  assoggettare  la  de- 
>-isiune  della  controversia  ni  terminativo 
^udizio  di  Ijcncdcllo  \IV  l'ontclice,  il 
juale  pronunziava  che  i  veneziani  scrbas- 
ero  l'antico  diritto  di  eleggere  il  patriar- 
ca,  e  gli  austriaci  invece  si  avessero  in 


V  E  N  58t  ' 

Aquileia  un  vicario  apostolico  per  la  par- 
te della  diocesi  ad  essi  soggetta.  L'Austria 
se  ne  contentava.  Non  egualmente  la  re- 
pubblica, la  quale  pretendendo  che  la  cir- 
coscrizione della  diocesi  olFeudesse  il  di- 
ritto da  lei  propugnato,  non  solo  prote- 
stava ,  ma  troncava  eziandio  ogni  rela- 
zione diplomatica  con  Iloma,  e  minaccia- 
va altres'i  di  ricorrere  a  piìi  vigorosi  par- 
lili. Allora  la  corte  di  Sardegna,  offren- 
dosi mediatrice,  proponeva  di  sopprime- 
re il  patriarcato,  e  di  sostituirgli  due  ar- 
civescovati in  Udine  ed  in  Gorizia,  ad 
ognuno  de'quuii  sarebbesi  nominato  dal 
rispettivo  principe  territoriale.  Ma  il  se- 
nato, com'era  a  prevedersi,  non  volendo 
saperne  di  limitazioni,  respingeva  anche 
questa  proposta;  l'Austria  si  atteneva  al 
giudicato  da  Roma;  ed  il  Papa,  malcon- 
tento della  repubblica,  dichiarava  di  la- 
sciare le  conseguenze  del  conflitto  alla 
responsabilità  di  chi  lo  aveva  suscitato. 
Benché  tardi,  il  senato  fiualuiente  si  av- 
vide che  la  controversia  non  meritava  ru- 
more ù  grande,  ed  accoglieva  il  progetto 
sardo,  non  perchè  più  vantaggioso,  ma 
perchè  toglieva  ogni  causa  di  nuovi  dis- 
sidii".  L'Arte  di  verificare  le  date  rac- 
conta che  neliySo  il  senato  entrò  in  di- 
scordia colla  s.  Sede.«  Per  patto,  già  da 
gran  tempo  convenuto  fra  gli  arciduchi 
d'Austria  ed  i  veneziani,  doveano  le  due 
potenze  godere  a  vicenda  il  diiitto  di  no- 
minare il  patriarca  d'  Aquileia  ,  ma  gli 
arciduchi  non  avevano  maiesercilatO(jue- 
sto  loro  diritto,  dacché  nomitmudo  i  pa- 
triarchi d'Aquileia  essi  medesimi  i  loro 
coadiutori,  (juesti  ottenevano  l'approva- 
zione del  senato  ,  e  venivano  muniti  di 
bolla  pontificia  che  ordinavali  alla  suc- 
cessione; ora  l'imperatrice  regina  recla- 
mò contro  a  (juesto  uso;  e  Papa  Deuedet- 
to  XIV,  scelto  per  arbitro  di  tale  conte- 
stazione, diede  il  suo  giudizio  in  forma  di 
breve,  nel  i<j  novembre  I74'J'  ^^^  quale 
mentre  confermava  al  senato  di  nominar 
Solo  il  patriarca  d'Aquileia,  stabiliva  nel- 
la parte  awstriaca  di  questo  patriarcato 


582  V  E  N 

un  vicario  apostolico,  onde  1  sucltlili  Jcl- 
rimperalrice regina  non  solloslare  doves- 
sero nlla  giurisdizione  di  potenza  stranie- 
ra. Tale  accomodamento  spiacqne  al  se- 
nato, il  quale  dimostrava  apertamente  il 
suo  disgusto  al  Santo  Padre;  se  non  che 
renedetto  XIV,  nullo  riguardo  avendo 
olle  sue  lagnanze,  con  altro  breve  de'27 
jjiugno  lySo  creò  vescovo  in  parlihus  e 
vicario  apostolico  di  Aqnileia  il  conte  di 
Atimis  canonico  di  Basilea.  Scoppia- 
va allora  il  risentimento  del  senato  :  ri- 
chiamò da  Roma  il  suo  ambasciatore, 
inlimò  al  nunzio  residente  in  Venezia  di 
sortire  dagli  stati  della  repubblica,  fece 
armare  i  vascelli  e  le  galere,  reclutò  ed 
aumentò  le  milizie  terrestri  ,  risoluto  di 
sostenere  ad  ogni  costo  le  proprie  pre- 
tensioni. A  tanto  minaccioso  apparecchio 
il  Pontefice  non  opponeva  che  una  sag- 
gia e  moderata  dichiarazione,  la  quale 
metteva  la  s.  Sede  fuori  di  causa,  e  lasciò 
l'imperatrice  regina  e  la  repubblica  de- 
finire da  se  le  loro  differenze.  I  re  di 
Francia  e  di  Sardegna  s'interposero  qua- 
li mediatori,  e  mercè  loro  fu  terminato 
questo alfare  neh  751. Fu  soppresso  i!  pa- 
triarcatodi  Aquileia,e  venne  divisa  quel- 
la diocesi  in  due  arcivescovati,  uno  di  no- 
mina del  senato  per  la  parte  riguardante 
il  Friuli  veneto,  e  l'altro  pel  Friuli  au- 
striaco di  nomina  degli  arciduchi.  Udine 
era  la  sede  del  \ .°  e  Gorizia  dell'altro". 
Presso  a  poco  l'annalista  Coppi  raccon- 
ta ollrettanlo,  rilevando  principalmente 
sulla  conlesa  ,  più  disgustosa  che  seria. 
La  diocesi  del  patriarca  d'Aquileia,  resi- 
dente in  Udine  c\\\l\  veneta,  si  estendeva 
sopra  una  parte  deJFriuli  austriaco.  Quin- 
di continue  dispute  per  la  giurisdizione 
vescovile,  mrd  sofferendo  l'Austria  che  un 
prelato  straniero  avesse  tale  autorità  sul 
suo  territorio.  Dopo  lunghe  controversie  i 
due  governi  avevano  fatto  un  compromes- 
so nel  Romano  Poulefice^il  quale  rredetle 
di  provvedere  al  bene  della  Chiesn  co! 
deputare  un  delegato  apostolico  che  di- 
pendendo immcdialameote  dalla  s.  Sedc^ 


V  E  N 

esercitasse  prowjsorlanìentc  gli  alti  ve- 
scovili nella  parte  austriaca,  fintantoché 
non  fosse  terminata  la  questione.  Dispiac- 
que il  piovvediracnlo  alla  repubblica,  e 
ne  fece  forti  lagnanze  e  proteste  presso 
il  Papa;  e  vedendo  le  medesime  essere  inu- 
tili, nel  lySo  richiamò  da  Roma  il  suo 
ambasciatore  (parli  a'ig  luglio),  inliniò 
al  nunzio  pontificio  di  partire  da  Vene- 
zia, e  prese  qualche  disposizione  quasi  vo- 
lesse venire  alle  armi.  Il  Papa  appiglios- 
si  a'benefizi  del  tempo.  NeliySi  i  vene- 
ziani, che  sdegnosamente  aveano  ricusato 
di  aderire  al  temperamento  provvisorio 
preso  da  Cenedelto  XIV,  si  appigliarono 
a  prudenti  consigli  per  terminare  la  que- 
slione.  Stringendo  i  negoziali  colla  corte 
di  Vienna,  incaricarono  il  cardinal  Rezzo- 
nico  loro  nazionale  acciò  col  cardinal  Mil- 
li ni  ministro  austiiaco  in  Roma  tratlasse 
l'afFaie,  Convennero  questi  »  di  proporre 
al  Sommo  Pontefice  la  soppressione  del 
patriarcato  d'Aquileia.  e  In  cieazione  di 
due  arcivescovati  fra  di  'oro  indipenilcn- 
ti,  tmo  in  Udine  per  la  parie  della  dioce- 
si compresa  nel  territorio  veneto,  e  l'al- 
tro in  Gorizia  per  quella  esistente  nel 
dominio  austriaco".  Piacquero  queste 
proposizioni,  il  Papa  le  confermò,  e  cosi 
ebbe  fine  ogni  conlesa.  Aveva  Benedet- 
to XIV  nel  1747»  od  istanza  del  senato 
veneto,  crealo  cardinale  il  patrizio  Da- 
niele Delfino  patriaica  d'Aquileia,  quin- 
di soppresso  quel  patriarcato.  Io  dichiarò 
I .°  arcivescovo  d'  Udine  (ne!  quale  arti- 
colo non  solo  parlai  della  discorsa  grave 
vertenza,  ma  dissi  pure  delle  due  meda- 
glie fatte  coniare  pel  «no  componimen- 
to e  pe'fissati  confini  tra'  due  stali)  con- 
servandogli  a  vita  le  insegne  e  gli  onori 
patriarcali.  Il  doge  Grimani  fu  degno 
òeW  Apoteosi  Poetica,  che  parlo  del- 
l' ingegno  di  famigerati  poeti,  gli  con- 
sagiò  Medoro  Bossi  nella  deploralis- 
sima  morte,  che  il  tolse  a!  con)uiic  a- 
more  della  repubblica  il  di  7  marzo 
1752  di  anni  7f,  dopo  aver  fallo  deco- 
rare ucl  palazzo  ducale  quella  sala  che 


V  E  N 
fidili  copin    degli    stucchi    uè  prese  il 
non»  e. 

4o.  Francesco  Lorcflano  CXFT do- 
ge. Era  slato  provveditore  sì  splendido 
a  Palma,  che  sembrava  non  altri  lo  a- 
vrcbbe  avanzalo  in  munificenza, se  fosse 
enfiato  alle  legazioni  dell'Austria  e  della 
Baviera,  alle  quali  lo  si  era  desiderato. 
Ma  non  sì  l'animo  di  lui  generoso  veni- 
vasi  celebrando,  che  più  non  se  ne  om« 
uiiinsse  la  molla  religione.  Divoto  alla 
ss.  Vergine  di  Loreto,  volle  che  in  altare 
a  lei  coosagrato  sì  celebrasse  quotidiano 
incrnento  sagrifizio;  eresse  un  altare  al 
doge  8.  Pietro  Orseolo,  ed  il  tempio  di  s. 
Marco,  alla  fede  e  tutela  di  lui  soggetto, 
ne  fu  arricchito  di  preziosi  ornamenti,  e  a 
più  esalta  disciplina  ridotto  in  ogni  ordine 
de'suoi  ministri.  A'  1 8  marzo  1 752  eletto 
doge,  accoderò  con  piacere  i  veneziani  la 
sua  scelta,  tosto  richiamando  a  memoria 
l'altro  doge  Loredano,  cioè  Leonardo,  il 
quale  avea  salvalo  la  patria  da  orribile 
procella,  suscitata  da  parecchi  potenti 
nella  legadiCambray;  senon  che  in  (p1e^ti 
tempi  la  repubblica  era  in  ozio  e  tran- 
quilla, intanto  che  l'Europa  nuovainente 
ardeva  di  fierissima  guerra.  Nel  1732 
iJenedello  XIV  colla  bolla  Sinceritas, 
de' I  3  giugnOjSuo  /lollario,  t.  4>  p-  49  1 
concesse  alla  repubblica  il  diritto  di  no- 
minare in  perpetuo!  vescovi  diTorcello, 
Gaorle  e  Chioggia,  come  Pio  1 V  l' aveva 
accordato  pel  patriarcato  di  Venezia.  Il 
governo  della  repubblica  da  lungo  tem- 
po avea  osservato  gli  abusi  introdotti  dai 
sudditi  di  tentare  impetrazioni  dalla  s. 
Sede,  non  tutte  in  conformità  delle  leggi 
venete.  Presentandosi  pertanto  i  rescritti 
provenienti  da  Pioma  per  ottonere  1'  ap- 
provazione del  governo  per  l'esecuzione, 
non  venivano  licenziati  che  con  turba- 
mento della  pubblica  e  privata  trnnquib 
lilà.  Volendo  duii([iie  il  senato  prevenire 
I  tlisordini,  nel  i  7  54  pubblicò  un  ilecrelo 
con  edillo  diviso  in  selle  ai  ;  icoli,  che  indi- 
rizzò a' suoi  governatori  delle  provincia 
marittime  e  terrestri.  11  i."  di  ilelli  arti- 


V  E  N  585 

coli  riguardava  la  pubblicazione  dell'im- 
petrazioni private  d' indulgenze,  non  già 
per  impedire  la  libertà de'ricorsi, ma  per* 
che  avessero  da  precedere  attestali  de' ve- 
scovi diocesani  rispettivi  a  moderazione 
di  tali  ricerche;  eccitandosi  i  suddetti  ve- 
scovi a  non  attestare  con  quella  facilità 
che  eccedesse  i  termini  convenienti. Nel  a.** 
faceasi  sapere  a'vescovi  che  non  sarebbe- 
ro licenziati  quei  rescritti,  che  i  vescovi 
ponno  fare  da  se  slessi,  in  forza  del  pro- 
prio jus  ordinario,delle  canoniche  dispo- 
sizioni o  di  privilegi.  Col  3.°  si  notificava 
che  non  sarebbero  licenziate  dispense  ma- 
trimoniali, se  non  si  facessero  note  avan- 
ti d'impetrarsi.  Col  4-°  venivano  vietati 
ricorsi  per  ottenere  riduzione  di  messe 
dipendenti  da  disposizioni  testamenta- 
rie, senza  previa  licenza  pubblica  e  senza 
ascolto  degli  eredi  e  degl'interessati  ne'te- 
stamenli.  Il  5."  proibiva  a' regolari  di  ot- 
tener qualunque  alterazione  da  quelle  re- 
gole de'  loro  istituti  con  le  quali  furono 
accettati  nel  dominio,seoza  il  previo  per- 
messo. Col  6.°  vietavasi  a  qualunque  ec- 
clesiastico di  far  rinunzia  di  benefizi  ad 
fai'oreni,  fuorché  le  prescritte  e  permesse 
da'concilii  e  da'canoni,  o  di  farle  nella 
cùria  romana;comepure  vieta vansi  leim- 
petrazioni  di  coniWnlovìe adfuturani  site- 
cessionpììi  in  detti  benefìzi.  Finalmente 
chiudevasi  il  decreto  dall'articolo  7.°  che 
diceva:  In  qualunque  caso  avessero  dal 
principato  ad  essere  concedute  le  prescrit- 
te licenze  d'impetrare  sopra  la  materia 
de'predelli  6  articoli,  non  doversi  ciò  fare 
senza  le  previe  attestazioni  degli  ordinari. 
Questo  decreto  dispiacque  a  Roma,  non 
già  perchè,come  alcuni  maligni  dicevano 
allora,  venivano  a  scemarsi  i  profitti  della 
Dateria  e  delle  segreterie  della  s.  con- 
gregazioni o  tribunali,  o  perchè, come  al- 
tri ancora  più  maligni  divulgavano,fos- 
se  questo  un  trailo  vendicativo  de' vene- 
ziani per  la  soppressione  del  palriarcato 
d'  Aquileio;  ma  perchè  veramente  in  al- 
cune parli  veuivasi  ad  offendere  V  auto- 
rità pontillcia.  Reuedclto  XlVf^ce  gravi 


584  V  E  N 

lagnanze,  per  cui  si  venne  a  trallare  l'iif- 
fbie,  senza  che  si  rivocasse  il  tlecreto,  e 
solo  negli  ullinìi  mesi  del  suo  ponlificato, 
il  senato  ne  sospese  1'  esecuzione  per  4 
mesi.  Di  pili  neli7541'<inedetlo  XIV  die' 
per  successore  ol  nunzio  di  Venezia  Ca- 
racciolo, Antonio  Colonna  Iji-anciforle 
arcivescovo  di  Tessalonica.  Inollre  nel 
I  754  la  repubblica  e  l'Austria  tolsero  di 
likezzo  alcune  questioni  pendenti  intorno 
y'  confini  di  Looihardia.  Furono  perciò 
solloscrilli  due  trattati,  uno  in  Vaprio  a' 
I  7  agosto,  e  l'altro  di  poi  a  Mantova  a'i  o 
giugno  1756.  Essendo  dal  1755  vacante 
Tudilorato  di  Rota  veneziano,  per  la  pro- 
mozione del  Molino  a  vescovo  di  Brescia, 
il  Papa  a^G  marzo  i  758  lo  conferì  al  pa- 
trizio Giovanni  Cornaro.  Morto  Benedet- 
to XIV,  dopo  2  mesi  e  5  giorni  di  sede 
vacante,  a'6  luglio  1758  fu  eletto  Papa 
Clemente  XIII  Rczzonico  patrizio  vene- 
ziano, già  uditore  di  Rota  nazionale,e  per- 
ciò lo  celebrai  pure  nel  volume  LXXXII, 
j».  278,6  nella  sua  biografìa  eziandio  ac- 
cennai come  Venezia  e  il  senato  ne  giubi- 
larono. Riferisce  Bercastel  nella  Storia 
del  Cristianesìnio,  t.  32,  p.  2  i5,che  in 
meno  di  due  giorni  giunse  in  Venezia  ta- 
le lieta  novella,  nel  momento  eh'  era  rao- 
colto  il  senato.  Appena  questo  ricevè  il 
dispaccio  [«andatogli  dall'  ambasciatore 
l'ietro  Correr  residente  in  Roma,  si  sciolse 
il  congresso,  e  lutti  i  senatoii  corsero  al 
palazzo  Rezzonico  per  attestare  alla  fami- 
glia del  nuovo  Papa  la  loro  letizia.  Spar- 
sasi questa  esaltazione  per  la  città,  tutti 
parvero  fuori  di  se  stessi  per  l'esultanza, 
ne  alilo  udi  vansi  che  voci  di  gioia. Nel  gior- 
no seguente  si  fece  una  solenue  proces- 
sione intorno  alla  piazza  di  s.  Marco  per 
rendere  grazie  a  Dio,  coli' intervento  di 
lutto  il  clero  secolare  e  regolare,  di  tutte 
le  scuole  njaggiori  ed  altre  confraternite, 
e  coll'accompagna mento  della  serenissi- 
ma signoria  e  di  mullissima  nobiltà.  La 
sontuosità  delle  feste  corrispose  alla 
grandezza  del  soggetto.  L'esenj(HO  della 
capitale  fu  seguilo  dalle  altre  città  dello 


V  EN 
stalo,  ma  fra  lulte  si  distinse  I'.')d()va  in 
modo  singolare, specialmente  il  en[>i(nlo, 
per  esserne  stato  vescovo  zelanllssitno, 
munifico  ed  esemplare.  Il  fratello  degnis- 
simo, modello  di  virtù  e  di  pietà,  d.  Au- 
relio, fu  fatto  cavaliere  della  stola  d'oro  e 
procuratore  di  s.  Marco  dal  senato,  che 
inoltre  decretò  che  lutti  i  piiuìogenili 
della  famiglia  Rezzonico  sarebbero  cava- 
lieri nati  della  stola  d'oro,  e  ne  fu  pel  i ." 
insignito  d.  Lodovico  primogenito  di  d. 
Aurelio,  e  poi  anche  egli  procuratore  ili 
s.  Marco,  dallo  zio  Papa  dichiarato  princi- 
pe assistente  al  soglio  e  gonfidoniere  del 
senato  e  popolo  romano,  dignità  in  segui- 
to da  altro  Papa,  come  dirò  poi,  concessa 
al  (rateilo  d.  Abbondio,  intanto  dallo  zio 
cycaXo  Senato  re  diRoma,  e  quindi  da  lui 
sposato  a  d.  Ippolita  Boncompagno  Lu- 
dovisi,  con  quelle  particolarità  riferite 
nel  voi.  LXIX,  p.  162.  Gli  altri  due  fra- 
telli, Carlo  pel  i .°  fu  creato  cardinale  dal- 
lo zio,  Gio.  Battista  dipoi  ebbe  eguale 
dignità  da  Clemente  XIV.  La  madre  del 
l'apa.  Vittoria  Barbarigo,  parente  del  b. 
cardinal  Gregorio,  ebbe  la  consolazi(jne 
d'aver  la  notizia  dell'esaltamento  al  pon- 
tificato del  figlio,  e  si  dice  elicgli  man- 
dasse denari,  perchè  divenuto  padre  co- 
mune lo  riteneva  bisognoso.  Però  pochi 
giorni  durò  tanta  gioia,  morendo  a' 28  o 
21)  dello  stesso  luglio,  onde  il  Papa  le  fe- 
ce celebrare  un  funerale  in  8.  Marco  di 
Roma,  ri[ietnto  in  altre  chiese,  altri  fa- 
cendone [>m-  celebrare  nel  seguente  anno 
per  la  morte  del  fratello  d.  Aurelio,  e  tut- 
to notai  nel  voi.  XXVI II,  p,  Sg.  Nel  par- 
tecipare Clemente  XI li  il  suo  innolza- 
mento  alla  caltedia  di  s.  Pietro  a'sovrani, 
die'saggio  di  ipiello  spirilo  apostolico  che 
riiiforiuava,con  amorevoli  espressioni  e 
zelo  fervoroso  esortfuidoli  a  procurare 
fill'Eiuopa  una  pronta  pace,  che  tanto 
dii'ijuoni  si  desiderava.  Narrai  di  sopra  e 
feci  cenno  nella  sua  biografia,  che  il  se- 
nato nel  I  'j5/\./<i\eiì  proibito  a'  sudditi  di 
hne  domande  alla  curia  romana  senza  il 
suo  [icrmesso,   tranne  le  cose  spetlanli 


V  E  IN 

all;i  s.  Ptiiitenzieria,  il  che  fu  cagione  ili 
dissensioni  con  l'ent^dello  XIV, che  inu- 
tilmente ne  tloniantlò  la  revoca.  Però  la 
I  epubblica  pel  suo  ambasciatore  venenilo 
iu  cognizione  che  il  già  suo  figlio, ora  Pa- 
pa, nutriva  lo 'stesso  tlesiderio,  per  singo- 
lare riguardo  prima  sospese  nuovamen- 
te per  4  niesi,  e  poi  come  vado  a  dire  ri- 
tirò il  decreto. Quindi  Clemente  XIII  col- 
la lettera  A  primo,  ì\ìì'  5  agosto  17')8, 
presso  il  Gutwn,  Epiloìn.  Cninùl.  Àpo- 
stolicA.  2,p.  34^,  ringraziò  la  repubbli- 
ca di  X'enezia  pe'  pubblici  segni  di  gioia 
che  avea  manifeslati  nella  sua  esaltazio- 
ne al  triregno.e  pe'distinti  onori  coi  quali 
avea  ornata  la  sua  famiglia;  ed  insieme 
esternò  la  lieta  S[)eranza,che  la  signoria 
gli  desse  maggiori  contrassegni  del  suo 
amore  verso  di  lui,  ed  erano  appunto 
questi  la  revoca  del  decreto,  nella  quale 
la  medesima  signoria  non  poteva  temere 
pregiudizio  alcuno  alla  sua  dignità,  poi- 
ché ognimo  sapeva,  che  chi  ha  il  potere 
di  fare  le  leggi,  ha  pur  quello  d'abrogar- 
le senza  detrimento  di  sua  autorità  su- 
prema, mollo  più  se  si  cojisidera  il  tempo 
in  cui  si  fa  e  in  grazia  di  chi;  cioè  per  le 
preci  d'un  figlio  dalla  divina  clemenza 
inuidzato  altruno  jtontificio.  Il  Uercaslel 
riporta  la  lettera,  scritta  al  doge  Loredn- 
no  dal  Papa  due  giorni  dopo  la  sua  e- 
jezione,  che  riprodurrò  per  la  i .'  con  un 
cenno  della  risposta,  poi  l'altra  ricordala 
de'  5  agosto,  la  quale  pure  interessa  ri- 
produrre in  un  alla  risposta,  per  ipianto 
dovrò  riferire.  Intanlo  comincio  dalla  i ." 
triterà.»  Appena  innalzali  ,  dalla  prov- 
videnza del  Signore,  senza  altro  merito 
iNoslro,  in  tempi  tanto  miseri  0  calan)ito< 
,  ;i!  supremo  governo  della  Chiesa,  vol- 
iiiu»  |l  pensiero  e  lo  sgu.irdo  verso  V'o- 
li a  Serenila  conje  ilegno  ed  illustre  capcj 
l'Ila  lvepubblic;j,  elle  abbiamo  sin  ora 
pel  nostro  nascnuento  osservata  per  No- 
stra ddctlissima  madre,  e  cheanjercmo 
da  (|ui  innanzi  ,  pel  giado  iu  cui  siamo 
rustiluiti  d!  [>aclre  di  tulli  i  fedeli,  come 
-'"jslra  figlia  ,    parlecipandolc   cou  quc- 


V  E  i\  585 

sin  lellcra  scritta  di  Nostro  pugno,  que- 
sto inaspcUato  Nostro  successo. Siamo  pe- 
rò ricolmi  di  una  giusta  fiducia,  che  es- 
sendo la  medesima  interessata  a  procu- 
rare che  il  Nostro  governo  riesca  a  lei  di 
glùiia  e  di  utilità  alla  Chiesa,  vorrà  assi- 
sterci coll'edicacia  delle  sue  orazioni  e 
colla  saviezza  dei  suoi  consigli,  ed  inco- 
minciare ancora  a  felicitarne  i  principii 
col  cooperare  al  ristabilimento  di  una  per- 
fetta unione  con  questa  s.  Sede,  dandoci 
il  tempo  ed  i  mezzi  di  poter  utilmente 
travagliare  come  erasi  già  incomincia- 
lo col  Nostro  predecessore.  Ne  porgiamo 
a  questo  fine  a  Vostra  Serenità  le  piìi 
fervorose  preghiere, assicurandola, che  co- 
me ci  sarebbe  di  sommo  conlenlo  che  l:i 
Nostra  amatissima  patria  desse  agli  altri 
principi  cattolici  questo  pio  e  generoso 
esempio  di  filiale  deferenza  alle  giuste  i- 
stanze  delVicario  di  Gesìr  Cristo,  cos'i  da- 
rebbe ancora  a  Noi  il  motivo  di  approfit- 
tarci maggiormente  della  dignità  ponti- 
ficia per  promuovere  le  sue  convenienze, 
e  per  implorare  in  grado  di  Sommo  Sa- 
cerdote dal  distributore  d'ogni  bene  a  Vo- 
stra Serenità,  alla  Repubblica  ed  ai  suoi 
domiiiii  ogni  incremento  di  gloria  e  di 
felicità  ec".  A  questa  amoro.ia  lellera  , 
a*  1  2  dello  stesso  agosto  rispose  colla  se- 
guente il  doge  in  nome  della  repubbli- 
ca". L'  assunzione  di  Vostra  Santità  al 
sommo  pontificalo  è  un'opera  dello  Spi- 
rilo del  Siirnuie,  che  illuminando  la  men- 
te  del  sagro  collegio  ha  mosso  la  volontà 
del  medesimo  a  presceglierla,  benedicen- 
do con  (pieslo  grande  e  felice  successo 
respellazione  di  tutta  la  cristianità,  ina 
singolarmente  i  desideriidellaRepubblioa 
noMra,  la  «piale  esulla  nel  vedere  alzala  al 
Sdinnio  gr-ulo  di  eouuni  padre  Lei  die  i'i- 
nura  cuiiliaddistiuse  qual  suo  piedilello 
r;igguarili'v«de  figlio  .  .  .con  filiale  vene- 
razione c'ineliiiiiamo  al  bacio  de'sanlissi- 
mi  piedi  ".  Alla  notizia  poi  che  il  sena- 
to aveva  .sospeso  per  nitri  /\.  mesi  il  di-- 
uelo  o  editto  ilei  1  7  74)  ^''*^'"^"'^ -^  ' '" 
icrissc  a'5  agoslo  al  dugc  Lorcdaiio.  ■->  l' in 


586  V  L  N 

dalla  nriina  udienza  che  abbiamo  dato  al 
cav.  Correr  ambasciatore  di  Vostra  Sere» 
nità,  udimmo  con  molto  piacere  e  con  o- 
gni  sentimento  di  riconoscenza  le  tante 
dimostrazioni  dell'  esultanza  che  la  Re- 
pubblica tutta  avca  date  per  la  Nostra  e- 
sallazione  al  pontificato.  Commendiamo 
nelle  sagre  funzioni  quell'  insigne  pietà 
colla  quale  furono  date  lodi  a  Dio  del  fe- 
lice successo,per  ottenerci  altresì  da  Lui  la 
conlinuazionedellesue  misericordie.  Am- 
miriamo parimenti  la  reale  splendidezza 
nelle  sontuose  e  magnifiche  feste,  colle 
quali  fu  accresciuta  nel  popolo  l'estimazio- 
ne verso  il  Vicario  di  Cristo.  E  similmen- 
te meritarono  da  Noi  tutta  la  riconoscen- 
za le  illustri  e  gloriose  testimonianze  di 
onore,  le  quali  a  larga  mano  sono  state 
profuse  su  la  Nostra  famiglia.  Ma  quel- 
lo che  di  molto  accrebbe  la  nostra  conso- 
lazione, e  fu  il  motivo  più  forte  della  no- 
stra allegrezza, è  stata  la  prontezza  della 
imova  proroga  di  4  "lesi  della  sospensio- 
ne del  decreto,  onde  dar  luogo  a  Noi  di 
riassumere  il  trattato  interrotto  per  la 
morte  dell'  illustre  Nostro  predecessore. 
Una  tale  notizia  che  ci  recò  il  suddetto 
nmbiisciatorefuda  Noi  accolta  con  molto 
giubilo,  come  abbiamo  significato  al  me- 
desimo, ed  egli  slesso,  ne  siam  ben  certi, 
non  avrà  lasciato  di  darne  parte  a  Vostra 
Serenità, dichiarandole  insieme  la  nostra 
pronta  soddisfazione  a  ripigliare  il  ma- 
neggio, ed  il  vivo  desiderio  di  condurlo 
ad  un  termine  che  sia  di  reciproca  sod- 
disfazione. Prima  però  di  far  questo,  ri- 
flettendo Noi  aquell'espressioni  colle  quali 
il  dello  ambasciatore  accompagnò  la  no- 
tizia dell'accennata  sospensione,  vale  a  di- 
re dell'ardente  brama  che  ha  il  senato  di 
iiiconlrare  il  Nostro  gradimento;  eccoci, 
dilettissimi  figli,  a  significarvi  da  Noi 
medesimi,  quali  sarebbero  in  tale  circo- 
•stanza  i  nostri desiderii, che  vi  pieghiamo 
di  voler  secondare  ,  protestandovi  ,  che 
non  avrete  a  dolervi,  mentre  a  Noi  sarà  a 
cuore  il  dare  opportuno  e  salutare  prov- 
vedimento a  quegli  abusi  che  si  fossero 


V  EN 

insensibilmente  introdotti.  Ciò  dunque 
che  n  Noi  far  potete  di  più  grato  si  è, di 
togliere,  e  togliere  di  vostra  sovrana  au- 
torità, quel  decreto.  Eccovi  in  poche  pa« 
role  epilogata  la  somma  de'Nostri  ardeu- 
tissimi  desiderii,  né  siavi  di  grazia  fra  voi 
alcuno  che  si  dia,o  voglia  darsi  a  crede- 
re, essere  lesiva  del  vostro  decoro  e  di 
quella  potestà  legislatoria  che  ad  ogni  so- 
vrano compete, la  Nostra  istanza.  Chi  cosi 
pensasse,  sarebbe  in  grande  errcjre,  e  fi» 
rebbe  altresì  a  Noi  una  grandissima  in- 
giuiia  nel  supporre  che  fossimo  capaci 
di  chiedere  alla  patria  ciò  che  non  fosse 
per  tornare  in  sua  onorificenza.  Si  dà  a 
conoscere,  come  ad  ognuno  è  ben  noto,  la 
podestà  del  sovrano  egualmente  nelfir 
le  leggi  che  nell'  abolirle,  mentre  quegli 
soltanto  può  toglierle  che  può  formarli?. 
Onde  se  egli  è  un  atto  di  sovranità  la 
ri  vocazione  delle  leggi,  come  può  darsi 
che  si  faccia  offesa  al  diritto  del  sovrano, 
a  chiederne  l'abolizione?  Ne  sta  egual- 
mente salvo  il  decoro  del  legislatore, 
mentre  quando  temesse  che  potesse  ciò 
essere  di  sinistro  esempio,  onde  vi  potes- 
se in  altri  incontri  essere  pregiudiziale  , 
date  di  grazia  un  pensiero  alle  circostan- 
ze presenti,  e  poi  vedrete,  ss  coll'accor- 
dare  ciò  ad  un  figlio  della  vostra  patria 
dalla  misericordia  del  Signore  esaltato  al 
sublime  grado  del  pontificato, che  istan- 
temente ve  ne  prega,  patir  possa  pregiu- 
dizio alcuno  il  vostro  decoro.  Ah  cittadi- 
ni amatissimi,  non  vi  sia  tra  voi.  chi  la 
pensi  diversamente,  e  siale  sicuri  che  il 
mondo  tutto  farà  plausi  di  gitjbilo  alla 
vostra  tanto  savia  e  prudente  determina- 
zione. Noi  poi  ve  ne  saremo  tenuti  in 
particolare  maniera,  e  vi  faretuo,  non  so- 
lo in  presente,  a  riparo  degli  abusi,  ma 
anchein  avvenire, con  significazioni  mani- 
festa la  grata  Nosti-a  riconoscenza.  Pen- 
sateci con  serietà,  che  Noi  intanto  rivolti 
al  l'riucipe  de'  lumi  non  lascieremo  di 
raccomandare  aLui  l'importantissimo  af- 
fare, acciocché  illumini  le  vostre  menti, 
accenda  i  vostri  cuori  a  secondare  le  No- 


VE!X 

sire  amorose  paterne  insinuazioni,  che 
accoropngoiaruo  sopra  Vostra  Serenità  e 
sopra  la  nostra  diletlissima  patria  con 
l'apostolica  bciedizione".  Appena  giun- 
se in  Venezia  il  breve  pontificio,  non  esi- 
tò quasi  un  momento  il  senato  ad  al- 
Irstare  al  Papa  la  sincera  sua  premura 
ili  fare  quanto  egli  bramavate  tre  giorni 
dopo  scrisse  la  seguente  lettera.  »  Men- 
tre con  molta  riflessione  versa  vasi  sopra 
l'c-prtssioni  che  nella  trascorsa  Settimana 
l'auibasciator  uoblro  cav.  Pietro  Correr 
ci  lappresentò  uscite  dalla  Santità  Vostra, 
le  quali  mostrarono  redlcaceSuo  deside- 
rio che  si  ponesse  fine  alle  insorte  diffe- 
renze coH'aruiulIare  il  decreto  y  settem- 
bre I  754:  giunse  il  pregevolissimo  foglio 
della  CeatitudineVoslra, in  cui  abbiamo 
conosciuto  chiaramente  il  carattere  retto 
ed  ingenuo  della  Santità  Vostra,  la  qua- 
le come  capo  della  Chiesa  riconosce  la 
(icoltà  Icgislatoria  nata  colla  repubbli- 
ca e  sempre  da  essa  esercitata;  spiegan- 
dosi Vostra  Beatitudine  stessa,  che  qua- 
lora succedesse  per  libera  autorità  del 
Senato  la  sospensione  del  decreto,  ciò  non 
può  né  potrà  n>ai  recare  veruna  lesione 
alla  podestà  nostra  legislatoria.  Ciò  pre- 
messo ,  Vostra  Santità  cel  richiede  con 
sensi  teneri  ed  afFelluosi  come  ima  grazia 
d.i'sooi  attaccatissimi  figli.  Perciò  esseudo 
noi  assicurali  in  un  punto  cos'i  essenziale 
;iUincnte  alle  leggi  ed  alle  consuetudini 
nostre,  ci  troviamo  in  grado  di  dirle  di 
nverein  quest'oggi  ritirato  il  decreto  7 
settembre  »  jS^  con  le  carte  ch'ebbero  a 
questo  relazione.  Bealissiiuo  Padre,  sia 
(jiicslo  un  indubitato  contrassegno  della 
(  odtinuazione  del  nostro  giubilo  per  ve- 
iltie  la  DeatiludineVostra  (loslro  concit- 
(idino,  per  i  segnalali  suoi  meriti  ed  e- 
-K.gie  virtùes.iltato  al  supremo  governo 
I iella  Chiesa.  Per  quello  riguarda  alle  di 
J-ici  espressioni  tanto  generose  e  cordiali 
I  so  la  pallia  Sua,  non  avremocliea  di 

jiaiarle  il   pienissi(no   ricotioscimenlo , 
sicuri  che  Ella  ci  riguarderà  sempre  nel 

•IO  insigne  pontificalo  come  suoi  predi- 


YEN  Stì; 

letti  figli, e  mentre  che  imploriamo  dalla 
Beatitudine  Vostra  l'apostolica  benedi- 
zione, ci  umiliamo  al  bacio  de'sanlissimi 
piedi",  il  Papa  estremamente  conteuto  e 
commosso,  rispose  con  alTettuosa  e  rico- 
Doscenle  lettera  al  doge, eziandio  riferita 
dal  Bercastel,  la  cui  fra  le  altre  cose  di- 
chiarò a  onore  della  patria:  »  Non  dob- 
biamo lasciar  di  confessarvi  la  Xoalra 
più  sincera  riconoscenza  per  l'illustre  te- 
stimonio, per  il  cospicuo  esempio  che  da- 
to avete  al  mondo  lutto  cattolico  dell'os- 
sequio che  professate  alla  s.  Sede, che  Ira- 
inandalo  io  voi  da'  vostri  maggiori  ren- 
dulisi  cotanto  benemeriti  per  memoran- 
di egregi  fatti,  vive  tuttavia  e  vivrà  sem- 
pre negli  animi  vostri,  e  di  quel  partico- 
lareattaccamenlo,  che  essendo  il  caratle- 
re  specioso  cou  cui  l'inclita  vostra  Piepub- 
blica  riguarda  i  suoi  figli ,  l'avete  ora  s"ì 
manifestamente  dato  a  conoscere  verso 
di  Noi,  vostro  figlio  e  insieme  vostro  pa- 
dre. Che  se  a  tali  riilesiti  tanto  è  stato  il 
Nostro  aggradimento,  non  sarà  per  essere 
inferiore  la  Nostra  riconoscenza;  e  Nostro 
s.irà  il  pensiero  di  darvene  convincenti 
prove,  e  quelle  appunto  che  da  Noi,  co- 
me da  grato  cittadino,  potete  sperare  a 
gloria  ed  utilità  della  comune  diletta  pa- 
tria ec.  "  Ma  Don  tardò  la  repubblica, 
col  suo  operato,  e  col  non  più  mostrarsi 
docde,a  trafiggere  il  cuore  dell'  ottimo 
Clemente  XIII,  e  perciò  questi  dovetlo 
cambiare  linguaggio,  come  dirò  piìi  sot- 
to, ripeUilameule  lagnandosi  di  avere  per 
essa  solTerlo  le  maggiori  amarezze,  come 
le  avea  palile  il  predecessore  Ccnedello 
X I V,  perciò  poco  tenero  verso  la  medesi  - 
ma. Dopo  avere  il  Pupa  rinnovalo  il  titolo 
di  jliìOslolich  alla  regina  d'  Uiii^lu-ria 
Maria  Teresa,  conse  a'siiccussori  di  lei  in 
(]uel  reame,  e  creato  cardinale  il  proprio 
e  degno  nipote  Carlo,  nel  concistoro  del 
I. "ottobre  dello  stesso  1758,  con  l'allo- 
cuzione iSV  fini  militari  lamie,  [)res<o  il 
Bull.  Roin.  cont.  t.  i,  p.  4^,  partecipò 
al  sagro  collegio  il  riprislinalo  perpcluD 
titolo  di  ÀjtO'Lolico  a'  monarchi  d'  Un- 


588  V  E  JN 

gheria,  le  cesiate  veilenze  colla  repub- 
blica di  Venezia,  e  ricordate  le  dilferea- 
ze  eh'  ebbe  con  essa  l'altro  conciltadiao 
Alessandro  Vili,  creò  cardinale  un  altro 
patrizio  veneto  in  Antonio  Marino  Priuli 
vescovo  di  Vicenza  e  con  elogio.  Indi  col 
hieve  I/idurncii1orunij  de'  io  febbraio 
lySg,  BulL  cil.,  p.  gì  :  Plehanos  prò 
tempore  collcgiatae  Ecclesiae  s.  Feli- 
cis  lenetiarnm,  in  qua  Siiinnius  Ponti' 
fex  sacro  Baptisinatc  fuil  rege/ieratus^ 
in  aposlolicos  ISolarios  recepit  eisque 
praelatitiuni  hahitiun  et  roccliellum  e- 
largilur  gcstandnni  intra  praedictant 
Ecclcsiani.  Olire  l'aver  dichiarato  il  par- 
roco prò  tempore  protonotario  apostoli- 
co, con  privilegio  dell'insegne  prelatizie  in 
<|ualuu(]ije  solennità  della  stessa  chiesa, 
a  questa  donò  una  ricchissima  pianeta  e 
un  ostensorio  d'  argento.  Alla  biblioteca 
Marciana  mandò  in  dono  le  opere  del  suo 
antecessore  Benedetto  XI V,  e  le  sue  pro- 
prie Decisiones  s.  Rotae  Roinanae  co- 
rarn  etc.  Romae  apud  Bai'biellini,in  3  to- 
mi magnificamente  legate.  Quindi  a'aS 
marzo  di  detto  anuo  avendo  per  la  i.* 
volta  benedetto  la  Rosa  d'oro,  l'inviò  in 
dono  al  doge  Loredano,  per  Tablegalo  a- 
pustolico  Firrao,  più  tardi  nunzio  di  Ve- 
nezia, nel  quale  articolo  descrissi  la  solen- 
ne funzione  die  perciò  ebbe  luogo  nella 
basilica  ducale,  di  poi  confermando  il 
i'apa  alla  repubblica  di  avere  in  Roma 
l'uditore  di  Uota  veneziano,  e  gliene  ac- 
cordò la  nomina  per  un  qualificato  suo 
peisonaggio.  A'  24  settembre  ijSc)  an- 
noverò al  sagro  collegio  un  allro  nobile 
veneto  in  Sante  Veronese,  suo  successore 
nel  vescovato  di  Padova.  Inoltre  Clemen- 
te XIII  nel  gennaio  1760  promovendo 
il  nunzio  di  Venezia  Coloima  Cranciforle 
a  presidente  della  legazione  d'Urbino, 
che  poi  elevò  alla  (x^rpoia  ,  gli  suslilui 
Francesco  Car.iffli  di  Tiaietloarcivcscovo 
di  Patrasso.  Poi  nei  i  761, col  hievePcr 
multa,  òdi  1  3  marzo,  Bull.  Rom.  cont. 
l.  2,  p. 7  I, confermò  in  perpetuo  il  titolo 
LÌ'  abhadcsia  alla  supcriura  del!' ugosti- 


V  EN 

niane  di  s.  Caterifia,  col  privilegio  ba- 
ciili  deferendi  in  solemnioribus  feslis 
et  annuii  benedicli  digito  gestandij  a*  1  g 
luglio  concesse  che  la  festa  dell'  Annun- 
ziazione,  tanto  memorabile  per  l'origine 
di  Venezia,  si  celebrasse  nella  sua  dioce- 
si con  ottava  e  non  ostante  che  in  altro 
giorno  si  trasferisse;  a'20  settembre  bea- 
tificò solennemente  il  suo  parente  e  con- 
ciltadiuo  b.  Gregorio  Barbarigo,  anche 
predecessore  nel  vescovato  di  Padova^ 
ed  ordinò  al  Senato  romano  si  portasse 
nel  di  seguente  in  forma  pubblica  a  ve- 
nerare nella  basilica  Vaticana  il  novello 
Bealo.  India'23  novembrefececardinale 
il  patrizio  veneto  Giovanni  Molino  vesco- 
vo di  Brescia  e  già  uditore  di  Rota.  Os- 
serva il  Moschini,  nella  biografia  del  do- 
ge Francesco  Loredano,  che  nel  pontifi- 
cato del  concittadino  Clemente  XIII,  [)ar- 
ve  che  si  accrescesse  in  lui  la  pietà,  della 
quale  si  sarebbero  altri  frutti  ammirati 
se  la  morte  non  lo  avesse  tolto  alla  edi- 
ficazione e  al  desiderio  della  patria  a'ig 
maggio  1762,  dopo  un  dogado  pacifico. 
Le  sue  ceneri  si  tumularono  nel  tempio 
de'ss.  Gio.  e  Paolo,  dove  l'altro  doge  Leo- 
nardo Loredano  ha  ricco  monumento. 
Importa  che  io  noti  qui  di  passaggio  uq 
brano  di  risposta  da  me  scritta  a*  i4 
settembre  i835,  riguardante  la  bella  o- 
pera  del  dotto  conte  Leonardo  IMania 
nipote  dell'  ultimo  doge,  die  porta  per 
titolo:  Illustrazione  delle  medaglie  de' 
Dogi  di  Venezia  denominate  Oselle  (ne 
fece  una  2.'  edizione  in  occasione  che 
a  Venezia  raccoglievasi  nel  1847  '^  '^ 
congresso  degli  scienziati  italiani,  e  che, 
al  due  del  conte  Dandolo,  condusse  a  tal 
grado  di  perfezione  da  lasciare  assai  poca 
speranza  di  vincerlo  a  chicchessia).  Il  ri- 
spettabile veneto  e  mio  amorevole  de- 
fonto  Francesco  Brembilla  capo  dell'  i. 
r. Censura  di  Venezia,  di  voto  e  aifeziona- 
lissimo  a  Gregorio  XYl,  a'  6  settembre 
iS35  fra  le  altre  cose  mi  scrisse.  »  Deb- 
bo poi  farle  ums  pi  eghiera,  che  consiste 
nel  desiderio  miu  di  supere  quale  sia  la 


VE  N 
frase  ed  il  concetto  che  costà  dispiacque 
nell'opera  rroenlissima  qui  pubblicatasi, 
Delle  Ostile  di  f^'cnezia  del  conte  Leo- 
nardo iNIaniri,  poiché  vorrei  che  fo>se  ri- 
paralo almeno  in  quegli  esemplari  che 
stanno  tuttavia  in  mano  dell'illustre  au- 
tore, che  può  avere  errato  per  ignoran- 
za od  imprudenza,  non  mai  a  progetto, 
essendo  egli  di  molla  pietà,  e  divotissi- 
mo  della  s.  Se*\e,  come  lo  è  [)ure  nel  mo- 
do più  riverente  l'ulìicio  di  censura  e  re- 
visione che  qui  ho  1'  onore  di  dirigere. 
Io  a  dir  vero  non  firmai  sotto  V Impri- 
matur,  che  dietro  il  volo  scritto  di  uno 
de'  sacerdoti  censori  miei  subordinati  : 
ma  passala  l'opera  ora  in  esame  severis- 
simo, mi  sembra  che  si  avrebbe  dovuto 
evitare  una  non  misurata  espressione  sul 
conto  di  Giulio  II.  Ad  ogni  modo  io  la 
supplico,  cjuanto  so  e  posso,  ad  inslruir- 
sene  ed  onorarmi  di  partecipazione  di 
quanto  le  venisse  osservato,  standomi 
troppo  a  cuore  e  per  coscienza  e  per  ri- 
spetto alla  veneranda  Cattedra  di  s.  Pie- 
tro di  non  lasciar  correre  veruna  scrit- 
tura a  stampa,  che  non  sia  rispettosa  [ser 
la  santa  nostra  religione,  non  meno  che 
al  Pontificalo".  A  questa  edificante  com- 
missione, prontamente  risposi.  >»  Ade- 
rendo al  di  Lei  desiderio  relativo  all'  o- 
pera  del  sig.  conte  Manin,  le  dirò,  in  via 
per  altro  riservata,  essere  qui  (in  E.o- 
ma)  spiaciuto,  e  certo  non  poteva  piacere 
per  verun  modo,  non  tanto  l'espressione 
ila  Lei  saggiamente  giudicata  non  tiu'su- 
rata  sul  conto  «li  Giulio  li,  quanto  l'illu- 
strazione falla  dall'autore  alle  due  pri- 
me medaglie  del  doge  Francesco  Loie- 
dano;  dalla  qualesi  potrebbe  rpiasi  con- 
cludere,che  le  troppo  famose  leggi  ema- 
nate per  la  i." volta  a  danno  delle  eccle- 
siastiche corporazioni  ed  immunità  dalla 
veneta  repubblica,  le  fossero  slate  dettate 
ilalla  IMadie  Santissima  e  daU'Ji^vangeli- 
sta  s.  Marco,  i  quali  le  avrebbero,  per  co- 
sì dire,  perfino  somministrate  penna  e 
calamaio  per  metterle  in  carta.  Ciò  non 
ostante  per  altro,  l'illustre  autore  nulla 


V  E  N  Si^c) 

scapitò  nella  favorevole  opinione,  che 
dietro  alle  relazioni  di  monsig."^  Traversi 
erasi  già  concepita  di  lui  ;  rilenendosi  tut- 
tavia, qunle  auciìe  V.  S.  lo  descrive,  per 
soggetto  di  molta  pielà,  e  divotamente 
attaccato  alla  s.  Sede  ed  alla  sagra  perso- 
na del  SantoPadre  Gregorio  XVI, il  qua- 
le dal  canto  suo  non  lasciò  di  aggradire  il 
di  lui  dono." — MarcoFoscariiiiCXVIl 
doge.  Uno  dei  più  chiari  patrizi  veneti 
di  cui  si  onora  la  storia  della  veneziana 
letteratura.  Fino  dalla  gioventù  si  fece  di- 
stinguere per  sapere, per  eloquenza,  per 
la  purità  tie'coslumi  e  la  dignità  della 
sua  condottn.  Entrò  per  tempo  ne'magi- 
strati,e  poiché  passato  fu  per  le  magistra- 
ture, che  alle  dignilà  supreme  conduce- 
vano, fu  fatto  cavaliere  e  procuratore  di 
s.  Marco,  e  venne  inviato  in  parecchie 
ambascerie  alle  corti  d'Europa,  nelle  qua^ 
li  si  fece  ammirare  pe'suoi  grandi  talenti, 
per  singolari  virtù  e  per  una  magnificen- 
za eguale  quasi  a  quella  de'  più  grandi 
monarchi.  Accoppiando  le  politiche  colle 
studiose  applicazioni,  essendo  ambascia- 
tore in  Roma  scrisse  il  suo  Ragiona- 
ìnento  j  e  trovandosi  collo  stesso  carat- 
tere a  Vienna  raccolse  r^rr/7/j<;  mcwo- 
rie,  ossìa  segreta  storia  di  Carlo  Vlini- 
peralorej  nell'ambasceria  poi  di  Tori- 
no compilò  la  sì  bella  Relazione,  cUe  in 
seguito  stampala  si  riprodusse  in  più  lin- 
gue. Innanzi  che  partisse  per  la  sua  i. 
legazione,  era  stato  scelto  dal  consiglio  de' 
Dieci  per  proseguire  laconlinuazione  del- 
la Storia  di  1  e/jezf*?, cominciata  dalCcm- 
1)0,  continuata  da  Nani  e  proseguita  da 
Michele  Foscarini,  pubblicata  in  Venezia 
nel  iG'ìG,nel  iGd^e  nel  i7?/>,,  cioè  pro- 
seguendola dove  quest'ultimo  pallio  sto- 
rico giunse  sino  al  1690,6  dopo  di  lui  il 
senatore  veneziano  Pietro  Garzotii  isto- 
riografo  (e  custode  degli  archivii  segreti 
della  repubblica,  impieghi  che  andava- 
no sempre  congiunti  insieme),  che  n'ebbe 
la  commissione  nel  1  fif)^,  l'avevano  cori- 
dotta  {'i\i\e  parli  contengono  la  continua- 
zione del  Garzoni,  la  i .'  col  titolo:  Istoria 


Sgo  V  E  N 

(Iella  rcpulhlica  di  T^cnczia  in  tempo 
della  sagra  lega  contro  Maometto  If  e 
ire  suoi  successori,  gran  sultani  de' tur- 
chi,  Venezia  pel  Manfiè  i  yoS  e  i yOyjla 
2/ col  tilolo:  Istoria  della  repubblica  di 
Penezia  ove  insieme  narrasi  la  guerra 
per  la  successione  della  Spagna  a  Car- 
lo II,  Venezia  pel  Manfrè  1 7  1 6  e  1719). 
La  lontananza  di  MaicoFoscaiinijin  cui 
per  più  anni  rimase  dal  deposito  degli 
arcliivii  segreti,  da'qunli  i  soli  isloriografi 
della  repubblica  erano  autorizzali  a  trar- 
re carte  e  documenti,  impedì  che  atten- 
desse alla  compilazione  di  tale  prosegui- 
mento. Onde  però  occuparsi  d'nrt  ogget- 
to analogo  al  ricevuto  incarico,  mise  in- 
sieme i  materiali  ,  che  ovea  da  lungo 
tempo  raccolti  ,  per  l'  opera  intitolata  : 
Della  lelleratura  veneziana  ,  Padova 
l'joi.  Egli  avea  posto  n)ano«lla  narra- 
zi(jne  di  tutte  le  vicende,  ma  tion  potè 
compierne  e  pubblicarne  che  il  1  .'dei  due 
ampii  volumi,  ne' quali  la  voleva  conte- 
nuta. Olire  quel  i.°volimie  tal  copia  di 
scelta  erudizione, accortezza  di  giudizio, 
nobiltà  di  dettatura,  che  mai  in  chi  lei!i;e 
cessa  il  doloie  di  non  essere  stala  dall'au- 
tore ridolla  al  proposto  fine  (Fu  ripro- 
dotta in  Venezia  nel  1 854,  ''•  "^"^  ^'"''  ''^ 
8.°  grande,  coU'aggiunta  di  alcuni  brani 
inediti  di  essa  sloria,  e  colle  notizie  in- 
torno alla  vita  dell'autore,  per  cura  del 
eh.  Francesco  Zanotto,  dulia  tipografia 
di  Teresa  Gattei).  Di  altre  sue  operet- 
te pubblicate  in  circostanze  di  privala 
letizia,  di  maggiore  rilievo  fu  il  suo 
Ragionamento  della  lettera lura  della 
ìioìnhà  veneziana ,  il  quale  con  100 
esemplari  nobilmente  si  fece  im()rimere 
nel  1826  dal  veneto  cav.  Antonio  Keve- 
din  (anche  questo  compreso  nella  prefa- 
la  edizione  della  Storia  della  letlcralu- 
ra).  Gli  venne  successivamente  alìidala 
la  direzione  de'  monumenti  pubblici, 
della  biblioteca  di  s.  Marco  e  dell'univcr- 
sita.  Uomo  si  eslitnato  in  patria  efuoii 
era  degnissimo  di  ricevere  da'suoi  con- 
cilladiui  le  piìi  alte  ouoranze,  e  le  olleu- 


V  E  iN 

ne,  e  finihncnte  la  più  illustre  che  po- 
tesse conseguire,  poiché  fu  eletto  doge  a' 
3i  maggioi762.  Il  suo  dogadn  fu  paci- 
fico, se  non  che  per  avere  il  senato  rico- 
nosciuto per  arcivescovo  di  Filadelfia  e 
Ciipo  della  Chiesa  greca  in  Venezia  certo 
Giorgio  Facea  scismatico,  che  dallo  stesso 
patriarca  greco  eterodosso  in  Costantino- 
poli era  stalo  scomunicato,  diede  luogo 
0  ripetuti  reclami,  per  siffatta  ricogni- 
zione, di  Clemente XI II,  che  avendoli  già 
falli  o'27  febbraio  al  patriarca  Biagadi- 
no  e  ol  doge  Loredano,  eziandio  poi  ne 
Sdisse  al  doge  Foscarioi  a'  22  gennaio 
17G3  e  poi  al  suo  successore,  cou^e  nar- 
rai nel  5  XIII,  n.  f).  Il  suo  principato  bre- 
vissimo tli  10  mesi  ebbe  fine  colla  sua 
morte  avvenuta  a'  3i  marzo  1763,  re- 
stando deluse  le  speranze  su  di  lui  con- 
cepite, per  cui  fu  accompagnato  da  calde 
lagrime  alla  tomba  de'suoi  maggioii.  JNel 
palazzo  Foscarini,  oltre  il  ponte  tiel  cam- 
po de'Carmini,  ove  nacque  e  fece  dimo- 
ra, raccolse  un  ricco  tesoro  di  cronache 
patrie,  passato  poi  alla  biblioteca  impe- 
riale di  Vienna,  la  cui  preziosità  può  ri- 
levarsi da!  catalogo  ragionalo  pidjblicn- 
to  dal  eh.  Tommaso  Gar  a  F^irenze  nel- 
V Archivio  storico  ilal'uino.  Il  busto  mar- 
moreo del  Foscarini  nel  1B47  fu  collo- 
cato fra  quelli  de'  veneziani  illustri  nella 
loggia  del  palazzo  ducale.  Va  corretto  lo 
sfuggito  fallo  tipografico  nel  vol.XXVlI, 
p.  232,  dovendosi  leggere  Foscari,  nel 
dire  che  quest'ultimo  doge  usava  il  tito- 
lo frater  col  duca  di  Savoia.  — ■  Alvise 
IF  Moceuigo  CXriIIdoge.  Il  suo  bio- 
grafo IMoschini  riferisce  di  lui,  che  se  le 
virtù  dell'mgegno  principalmente  avea- 
no  innalzato  alla  dignità  di  doge  il  pre- 
decessore, specialmente  per  l'eccellenza 
delle  virtù  religiose  meritò  di  venire  e- 
letto  in  sua  vece  a'iq  aprile  1763.  Egli 
sì  cittadino  e  sì  principe,  amò  sempre 
essere  e  comparire  religioso.  Nell'eserci- 
xio  delle  magistraluie,  che  gli  ftuono  af- 
fidate, si  mostrò  infaticabdmcnte  zelan- 
te, fedele,  giunto:  ambasciatore  a  l'arijji, 


VEN 

ne  riccicò  e  olleune  poizioue  della  saU 
ma  del  doge  s.  Fieli  oOrseolo,  le  cui  vir- 
tù faceva  di  emulare,  lapjji esentando  al 
re  l'ardenti  edivolebramedel  doge  Ruz- 
rini,  come  uairai  di  sopra  a  p.  5j  (u\e 
col  Mutinelli,  chiamai  col  nome  di  Gio- 
vanni il  Rlocenigo,  mentre  Alvise  è  sino- 
nimo di  Lodovico):  legalo  a  Roma,  vi  si 
condusse  in  modo,  che  mantenendo  in- 
tatti i  diritti  del  suo  governo,  non  intra- 
lasciava di  rispettare  i  desiderii  della  s. 
Sede,  pel  quale  suo  temperamento  sciol- 
se le  difficoltà  che  intorbidavano  la  con- 
cordia, e  ottenne  privilegi  che  innanzi  la 
repubblica  non  godeva.  Couvieu  crede- 
re, che  doge  non  potè  fare  altrettanto, 
per  quanto  dovrò  deplorare.  Umile  ne- 
gli atti  e  nelle  paiole,  tanto  più  si  con- 
ciliava l'altrui  amore  e  veiierazioue,(juan« 
lo  che  natura  avealo fornito  di  sembian- 
ze gentilissime,  e  di  tali  forme  del  cor- 
po, le  quali  invitavano  a  coutcuìplarlo. 
Munifico,  confortava  di  denari  i  poveri, 
alimentava  pupilli  e  vedove,  spendeva 
mollo  oro  per  assicurare  la  purezza  di 
fanciulle,  che  bella  e  miseria  mettevano 
in  pericolo.  Egli  pigliava  sollecito  pen- 
siero di  Soccorrere  le  povere  comunità 
religiose,  che  spesso' visitava  divolo,  e 
quella  particolarmente  di  s.  Bonaventu- 
ra de' francescani  riformali,  Ira'quali  tro- 
vava di  che  pascere  il  suo  cuore  e  il  suo 
intelletto,  oltracciò  in  una  loro  interna 
ca  ppella  accostandoci  alla  s.  comunione, 
compagna  a  lui  la  piissima  moglie,  alla 
quale  per  i>peciale  di>tinzione  fu  accor- 
dato l'uso  del  comodi  dogaressa  benché 
non  coronata  la  le.  Tanta  leligioue  si  am- 
mirava da'  grandi  e  si  venerava  dal  po- 
polo. Cleuicnle  XIll  nel  i  764  leintegiò 
del  cullo  immeniorabile  il  b.  Giovanni 
Marinoni  veneziano  teatino,  e  nel  1763 
approvò  quello  della  b.  Lcn^cnutu  Caia- 
ni da  Udine,  domenicana.  E  col  bteve 
Exponi  iioiis,  de'ig  api  ilei  765,  Bull, 
liom.  (onl.,i.  3,  p.  63:  Facullas  per- 
petua iiululy,ctur  asscrvandiss.  Eucha- 
ristiat  Sua  amenium  in  coppella  aca- 


V  E  N  591 

ilcm'ìae.  Nùhilìum  in  civitale  J'cneiui' 
rum  iiih  rcgiìiiine  clericorum  rcgula- 
rhmi  congrcgalionìs  Somaschìae.  Nar- 
ra l'annalista  cav.  Coppi  all'annoi  765, 
che  moiì  l'imperatore  Francesco  l,dopo 
essere  slato  indotto  dalla  moglie  Maria 
Teresa,  la  quale  dominando  non  lascia- 
va a  lui  che  la  spedizione  degli  affari  or- 
dinari della  cancelleria  austriaca  e  to- 
scana, ad  erigere  in  secondogenitura  di 
casa  d'Austria  per  l'arciduca  Pietro  Leo- 
poldo il  granducato  di  Toscana.  Gli  suc- 
cesse il  primogenito  inìpeialore  Giusep- 
pe II,  dalla  madre  dichiaralo  correggen- 
te degli  slati  austriaci.  Intanto  le  dispo- 
sizioni che  faceva  Malia  Teresa  per  re- 
golare le  cose  di  sua  famiglia  indussero 
Eassi  ambasciatore  di  Luigi  XV  re  di 
Francia  a  Venezia  a  proporre  al  proprio 
sovrano«di  favorire  l'ingrandimento  del- 
la casa  d'Austria  in  Italia  (che  già  vi  pos- 
sedeva,oltre  il  dello  granducato,  i  ducati 
di  Milano  e  di  Mantova  contenenti  unu 
popolazione  d'un  milione  e  mezzo,  per 
le  «juaU  Provincie  avea  una  influenza 
grandissima  negli  nllari  della  penisola,  e 
dirigeva  la  sua  politica  a  maulenerla  in 
uno  stalo  di  debolezza,  mentre  d'ullrou- 
de  cercava  di  rellitìcarvi  le  sue  frontie- 
re j  sposando  quindi  M."  Teresa  il  suo  fi- 
glio terzogenito  arciduca  Ferdinando  a 
Beatrice  d'Este,  unica  figlia  ed  erede  di 
Ercole  li I  duca  di  Modena  e  Reggio,  que- 
sti slati  perciò  entrarono  anch'essi  nella 
casa  d'Austria)  col  possesso  delle  pi  oviu- 
cie  venete,  alla  condizione  peraltro  che 
l'Austria  cedesse  alla  Francia  i  Paesi  Bas- 
si ".  Tale  progetto  di  sottomettere  Ve- 
nezia e  i  suoi  dominii  all' Austria  però 
rimase  sopito,  ed  alla  sua  volta  venne  at- 
tualo, come  diiò  poi.  iS'eli753  la  lepub- 
blica  avea  concluso  un  traltalo  co'pirati 
baibaieschi,  e  tali  n'erano  slate  le  condi- 
zioni che  più  sembravano  proprie  da  ira- 
jiCrsi  a  sudditi,  the  non  da  proporsi  ad 
una  potenza»ovrana,coine  osserva  la  con- 
tinuazione i\t\\' Arte-  di  i'crifìcarc  le dnk: 
Venezia  dupu  alcune  inulili  scorrerie  de' 


5yc»  V  E  N 

suoi  legni,  tli  cui  le  polciizc  d'ilfilia  e  di 
Spagna  aveano  cliiesto  l'assislenzo,  prese 
la  (leferminazionc  di  trallare  di  muovo 
con  Marocco,  Tunisi,  Algeri  g  Trijwli. 
Kel  1764  e  17G.5  si  andò  d'accordo  in- 
torno ad  alcune  capitolazioni  che  vennero 
ben  presto  violate  dalla  reggenza  di  Tri- 
})oli,  poscia  daldeydi  Algeri,  e  finalmen- 
te dalla  reggenza  di  Tunisi.  Sopra  di  que- 
sto argomento  narra  il  conte  Girolamo 
Dandolo,  che  la  Porla  ottomana  conti- 
nuando a  mostrarsi  disposta  a  mantener- 
si in  amicizia  colla  repubblica,  avrebbe 
questa  potuto  dirsi  pienamente  tranquil- 
la, se  la  piroteria  più  sfacciatamente  che 
in  addietro  esercitata  da'Cantoni  di  Car- 
beria  non  le  avesse  in)posto  il  debito  di 
una  più  vigilante  protezione  del  suo  coui- 
tnercio  marittimo,  cui  le  sunnominate 
franchigie  concedute  a'porli  di  Trieste  e 
di  Ancona  ispiravano  nuovi  e  non  infon- 
dati timori.  Perciò  manteneva  il  gover- 
no di  essa  un  qualche  «mmero di  navi  nel 
IVledilerraneo;  e  volentieri  accedeva  agli 
invili  del  Papa  di  collegarsi  con  lui,  col- 
la Spagna,  con  Napoli,  con  Genova,  co' 
cavalieri  gerosolimitani  di  Malta.  Anzi 
nel  congresso  a  tal  uopo  raccoltosi  in  R.o- 
ma, proponeva  la  repubblica  slessa  il  bom- 
bardamento d'Algeri,  Tunisi  e  Tripoli, 
solo  espediente  atto  ad  estirpare  il  male 
dalla  radice.  Se  non  che  la  Spagna,  cioè  il 
gigante  della  lega, manda  va  a  vuoto  il  ben 
concepito  disegno.  iMoslrava  essa  infalti 
volervi  entrar  di  buon  animo,  e  per  allu- 
cinare ognor  più  i  collegati,  diceva  voler 
tentare  essa  sola  l'impresa  d'Algeri  sopra 
ogni  altra  dilUcile.  E  perchè  la  prontez- 
za de'falli  mal  rispondeva  alla  magnifi- 
cenza delle  paiole,  giuslificava  la  pi npria 
inazione,  esagerando  la  grandezza  dell'-np- 
parecchio.  Venezia  però  non  ebbe  a  du- 
rar tropj>a  fatica  per  convincersi,  che  la 
Spagna,  cosi  consigliata  dall'interesse  <Iel 
proprio  commercio,  voleva  profittare  de' 
■vantaggi  della  lega,  e  perciò  voleva  aver 
■voce  di  entrarvi,  ma  senza  dividerne  i 
pesi  e  senza  correrne  i  pericoli,  aiutando 


V  fi  N 
amici  e  spaventando  nemici  co'soli  rumo- 
ri dello  parole.  Intanto  gli  stati  Barbare- 
schi non  perdevano  il  loro  tempo,  e  con- 
tinuando a  correre  sulle  navi  cristiane, 
preparavansi  ad  una  cos'i  gagliarda  dife- 
sa, che  appariva  inuiperabile  colle  sole 
forze  degli  stali  italiani.  Perciò  la  repub- 
l)|ii;a,abbandonata  dal  solo  allealo  su'mez- 
zi  del  quale  avrebbe  potuto  far  conto,  si 
contentava  di  continuare  a  mantener  la 
solila  squadia  nel  IMeiliterraneo  a  prote- 
zionedella  navigazione de'propri  sudditi, 
e  di  far  guardare  da  alcune  fregate  l'in- 
gresso dell'Adriatico.  Cosi  presso  a  poco 
procedevano  le  cose,  quatido  nel  1 765  fu 
rieletto  governatore  oca[)itano  di  nave  il 
patrizio  y\ngelo  Emo,  da  ultimo  prov- 
veditore di  sanità  ne'Lazzarelli  ;  essendo 
tra' veneziani  statuito  con  sano  consiglio 
di  educare  gli  uomini  di  stato  alle  prati- 
che discipline  del  governamenlo in  varie 
successive  magistrature,  acciò  tutto  vedes- 
sero, e  di  tutto  istruiti,  assunti  fossero 
alle  più  interessanti  e  gravi  faccende  del- 
l'amministrazione. Gli  si  affidò  il  coman- 
do d'un  vascello  di  linea  e  di  due  frega- 
te, con  l'incarico  di  recarsi  nel  Mediter- 
raneo a  farvi  qualche  dinioslrazione  che 
incutesse  a'pirati  africani  il  timore  di  un 
pili  rigoroso  attacco  contro  iloro  nascon- 
digli ;  e  di  proseguire  poi  oltre  Io  stretto 
(Il  Gibilterra  sino  a  Lisbona,  onde  com- 
plimentare a  nome  della  repubblica  il  re 
Giuseppe,e  ad  impegnarlo  vieppiù  a  strin- 
gere l'amicizia  che  già  univa  i  due  go- 
verni, ed  a  concedere  alle  navi  de' vene- 
ziani quelle  maggiori  agevolezze  solite  lar- 
gheggiarsi al  commercio  delle  nazioni  più 
fiivorite.L'EiMonel  disimpegnodclla  dop- 
pia missione  superò  l'espetlazione  del  se- 
nato;anzi  quest'ultimo  nell'a  ver  cos'ai  rivol- 
to le  sue  cure  a  rianimare  il  commercio 
nazionale,mostrò  che  in  lui  nell'accorrere 
alla  difesa  della  repubblica  colle  proprie 
forze  marittime,  non  era  meno  sollecito 
di  promuoverne  gl'interessi,  e  che  se  la 
scoperta  del  Capo  di  Buona  Speranza  e 
altre  vicende  aveano  inaridite  1'  antiche 


VEN 
sorgenti  di  lucro,  fece  conoscere  all'Emo, 
che  fonti  di  nou  minori  dovizie  si  sareb- 
bero trovate  ne'poitideirOccidenle,don- 
de  potevano  anche  i  veneziani,  al  pari  d'o- 
gni allro,volgere  all'Indie  orientali  ed  al- 
l'Americhe.Emo  giovò  pure  alla  patria  nel 
formare  la  carta  della  Laguna  che  circon- 
da Venezia:  immenso  e  perfetlo  lavoro,  il 
quale  tuttora  esiste, e  per  la  cui  attività  fu 
contpito  in  6  mesi.  La  comparsa  dell'Emo 
sulle  coste  settentrionali  deirAfrica,lasciò 
profonda  impressione  in  que'  ladroni  di 
mate,  onde  per  alcun  tempo  tralasciaro- 
no di  molestare  il  commercio  de'  vene- 
ziani ;  del  resto  non  risparmiando  quel- 
lo de'francesi  ed  inglesi.  Divenuto  l'Emo 
nell'anno  i  ^65  almirante,  o  vice-am- 
miraglio, dovette  nuovamente  mostrarsi 
sulle  coste  d'  Algeri  con  maggiori  forze, 
e  minacciò  di  distruzione,  non  solo  una 
fregata  ch'era  nel  porto,  ma  la  stessa  cit- 
tà di  Bona.  Nel  §XV,  u.  2,  parlando  del- 
l'accademie di  Venezia,  e  dell'origine  di 
quella  di  pittura,  notai  che  nel  1766  fu  e- 
retta  quella  di  pittura,  scultura  e  architet- 
tura, composta  di  36  membri,  il  cui  no- 
vero riferisce  il  cav.  Mutinelli  negli  Ati' 
nati  Urbanij  che  inoltre  rileva  il  deca- 
dimento di  Venezia,  in  cui  era  succeduto 
l'ozio  alla  fatica, il  sonno  alla  vigilanza,  la 
gozzoviglia  alla  frugalità,  il  dissipamento 
alla  moderazione,  il  fasto  alla  semplicità, 
la  licenza  alla  modestia. Spirata  nel  17G6 
l'alleanza  co'  grigioni,  la  repubblica  non 
volle  rinnovarla,  per  non  esporsi  a  pren- 
der parte  alle  loro  querele  interne  ed 
esterne.  Clemente  XIII  promovendo  il 
nunzio  di  Venezia  Caraffa  a  segretario 
de'vescovi  e  regolari,  carica  che  porta  al 
cardinalato,  che  poi  conseguì,  dalla  nun- 
ziatura di  Firenze  trasferì  in  questa  Ber- 
nardino Honorati  arcivescovo  di  Sida.  E 
nel  seguente  1 7G7  di  suo  ordine  a*  1 9  set- 
tembre fu  sottoscritta  dal  cardinal  Tor- 
regiani  segretario  di  slato,  e  dall'amba- 
sciatore di  Venezia  ÌNicolò  Erizzo,  una 
convenzione  reciproca  per  l'arresto  de' 
banditi  e  malviventi,  fra  gli  slati  poa- 
VOL.  xcii. 


VEN  593 

tificii  e  veneti,  cogli  stessi  articoli  del- 
la convenzione  6  marzo  rySG,  fatta  per 
5  anni  ed  ora  rinnovata.  Nel  preceden- 
te luglio  Clemente  XIII  solennemente 
canonizzò  s.  Girolamo  Emiliani,  nato  da 
Angelo  e  da  Dionora  Morosini,  già  se- 
natore veneto  e  fondatore  de'  somaschi, 
insieme  ad  altri  5  santi,  in  memoria  di 
che  fu  poi  incisa  una  medaglia  coH'epi- 
grafe  :  Decor  ej'us  gloria  SancCorum. 
Qui  pure  registrerò  il  decreto  de'3o  apri- 
le 1 768, col  quale  ClementeXIIl  approvò 
il  culto  immemorabile  della  b.  Angela 
Merici  di  Desenzano,lerra  sul  lago  di  Gar- 
da nella  diocesi  di  Brescia,  ove  fondò  le 
Ori'o/me,  poscia  da  Pio  VII  canonizzala. 
L'amore  di  patria  accompagnava  questo 
Papa  fra  le  immense  cure  del  pontifica- 
to e  persino  ne'  servi  di  Dio  concittadini 
volle  accrescerne  la  celebrità,aiichecol  ri- 
conoscere il  culto  immemorabile  di  altri. 
Padre  di  tutti  i  fedeli,do  vendo  tener  sem- 
pre rivolti  i  suoi  pensieri  al  grande  inte- 
resse della  religione,nulla  obbliava,  onde 
per  questa  parte  potesse  dar  lustro  e 
splendore  al  nome  veneziano.  Dice  il  Ber- 
castel  :  Abbiano  pure  le  nazioni  d'Euro- 
pa riconosciuto  nella  repubblica  di  Ve- 
nezia lo  spirito  degli  ateniesi  senza  la 
loro  leggerezza,  l'industria  de'cartaginesi 
senza  la  loro  mala  fede,  la  saviezza  de'ro- 
mani  senza  i  loro  vizii  e  difetti;  Clemen- 
te XllI  conosceva  bene  di  poter  propor- 
re al  mondo  cristiano  modelli  di  virtù 
tutte  sanie  ed  esemplari  di  evangelica 
perfezione  ne'suoi  concittadini.  Ma  quel- 
li ch'erano  al  suo  tempo  alla  direzione 
del  governo  della  repubblica  trafìssero  il 
suo  cuore  e  l'amareggiarono  con  disgu- 
sti, circa  gli  acquisti  degli  ecclesiastici  e 
intorno  gli  ordini  regolari;  deplorabili 
innovazioni,  che  come  pure  confessa  il 
veneto  cav.  Mutinelli,  indiGiuseppe  II  in 
ciò  non  fece  che  seguire  gì'  impulsi  dati 
pe'primi  da' veneziaui,funestamenle  pure 
seguili  da  altri  principi  (ma  Giuseppe  li 
volle  entrare  colle  sue  pretese  deplora- 
bili riforme  in  tante  minuziosità, che  Fe- 
38 


5y4  V  E  N 

«lerico  I J  ii  Grande  re  di  Prussia  lo  chla- 
mara  mio  fratello  il  Sagrestano.  Ma  già 
fon  fnl  nnmp  ne!  1 608  avea  Paolo  V  np- 
nellali  rji-.e'  dpi  consiglio  de'Dieci.  Impp- 
roccliè  avendo  questi  oidinato  si  limi- 
tasse l'eccessivo  suono  delie  campane,  il 
l'apa  disse  all'  ambasciatore  Contarini  : 
-•■  Sig.  ambasciatore,  voleino  farle  sapere, 
che  con  nostro  grandissimo  dispiacere  in- 
tendiamo cbe  i  signori  capi  de'  Dieci  vo- 
gliono  diveritar  Sagrestani,  poicbè  co- 
mandano a'parroccliiani  cbe  all'Ave  Ma- 
ria serrino  le  porle  delle  cbiese,  e  a  certe 
oienon  suonino  lecampane;  questo  è  pro- 
prio ufficio dclSagrestano').  Inutilmen- 
te reclamòed  ammon"i  l'egregio  l'apa;  né 
dipoi  riuscì  a'  successori  la  riforma  di  sì 
jirpgiudizievoli  leggi  contro  gli  ecclesia- 
stici, a  segno  che  riporta  il  Beccatini  nella 
Storia  di  Pio  /^/,  impressa  in  Venezia  dal 
Zalta  nel  i8oi,nel  t.  a,  p.  181,  cbe  Pio 
^  l  più  volle  si  espresse  colcav.  Andrea 
Memmo,  ambasciatore  veneto  a  Roma, 
fb'eg'i  mollo  amava  per  lesue  rare  qua- 
lità :  E  tempo  che  la  vostra  repubblica 
si  dicbinri,  se  v»iole  o  no  restare  nella  na- 
vicella di  s.  Pietro!  Edi  recente  i)  vene- 
to cav.  Scolari,  nel  suo  libro:  Roma  e  la 
i.  Sede,  diobiarò  a  p.  ^5.  «  Né  dicasi,  che 
il  clero  non  è  la  Chiesa,  e  che  gli  abusi 
ed  i  falli  del  clero  non  sono  gli  abusi  ed 
i  falli  della  religione.  Giustissima  restan- 
dola distinzione  quanto  alla  rna?sima,essa 
e  ingiustissima  e  dannosissima  allo  stato, 
quanto  all'applicazione  pratica  cbe  se  ne 
vuol  fare.  Le  redazioni  in  fatti  tra  la  Chie- 
sa ed  il  clero,  tra  il  clero  e  la  società,  pas- 
sano sì  delicate  e  strettissime,  che  l'uma- 
na malizia  corre  ben  di  leggieri  a  trarne 
consegtienze  contrarie  alla  massin^a,  e  dal 
dispregio  del  clero  a  quello  delia  religio- 
ne, e  da  un  passo  di  irriverenza  ad  uno 
d'incredulità  e  di  ribellione.  Piova  ben 
tlofjueiitc  l'antica  repubblica  di  \'enezia 
m  due  solennissimi  iuconlri.  Nel  prim.o, 
quando  si  tenne  per  vincitrice  in  faccia 
alla  Chieso  al  tcMupo  dell'interdetto  (pro- 
babilmente iuteiiderà  ricordare  quello  di 


V  E  ?^ 
Paolo  V,  indottovi  dalla  Spagna);  men- 
tre invece  dal  tempo  dell'interdetto  in 
poi  comincio  ella  stes'^a  ad  essere  vittima 
♦Iella  medesima  libertà  di  pensare  e  scri- 
vere che  aveva  adoperato  essa  contro  la 
Chiesa.  Nel  secondo,  quando  fattasi  pri- 
ma Ira  le  potenze  d'Eiwopa  a  sancire  nel 
17^7  le  leggi  filiali  ed  avverse  all'immu- 
nità della  Chiesa,  ed  alle  così  dette  Mani 
morte  (che  invece  sono  mani  veramente 
i'mt)  andò  ella  stessa  a  trovarsi  3o  anni 
dopo  eliminata  dalla  carta  politica  degli 
stati!  Ed  in  vero,  io  penso,  che  questo 
foro  non  possa  essere  impunemente  di- 
sconosciuto del  tutto  neppur  in  oggetto 
di  causa  meramente  civile.  Anche  le  cose 
civili  in  fitto  involgono,  più  o  meno  di- 
retlamente,Iadelicate7za, le  convenienze, 
il  decoro  e  le  passioni  sfesse  dell'uomo,  e 
se  questo  uomo  è  rivestito  d'un  caratlere 
sngr(),eg!iòpericolosodel  pari  al  ben  pub- 
))lico  assoggettarlo  alla  trattazione  del 
foro  com  urie,  dove  potrebbe  accadere  che 
i  figli  mettessero  in  aperto,  0  per  la  colpa 
d'un  solo  impalassero  fatalmente  a  de- 
lidere  la  nudila  del  padre.  Senza  negare 
pertanto  cbe  molti  e  molti  abusi  sieno 
derivati  dovunque  da  un  indiscreto  eser- 
cizio d'immunità  e  di  giiu'isdizioni  eccle- 
siastiche, non  posso  abbandonare  il  con 
vincimento,  che  quanto  a!  modo  di  com- 
binare questa  massima  coli' ubbidienza 
dovuta  da'catlolici  a  Pietro,  e  colle  con- 
venienze tutte  da  usarsi  al  ministero  sa- 
cerdotale, non  sia  forse  da  om mettere  il 
temperamento  Cìq  tribunali  0  coìnim^sio- 
nimiste^  di  cui  ho  parlato  pur  ora,  e  sem- 
pre sotto  la  condizione, che  vi  acconsenta 
la  Chies3,  im[dorando  appunto  da  essa 
gli  effetti  d'un  concordato  correlativo.  E 
sia  pure  cbe  la  stampa  periodica  s'affa- 
tichi a  ripetere:  che  la  maggioranza  crede 
che  a'sacerdoti  corra  l'cbbligo  di  ubbidire 
olle  leggi  civili  come  agli  altri  cittadini. 
Prima  di  tutto  ella  spaccia  uu  fatto  meu 
vero,  perchè  invece  la  maggioranza  cat- 
tolica sta  ferma  al  s.  concilio  di  Trento. 
I*oi  quando  predica  che  la  Chiesa  '-cve 


YEN 

soggiacere  ne'  suoi  ministri  all'  autoì  ila 
d'un  potere  civile,  le  cui  leggi  possono 
andare  a  distrtiggereo  raenoraare  l'azio- 
ne della  Chiesa  stessa  e  de'  suoi  ministri  ; 
ella  disconosce  la  gran  verità,  che  fra'cat- 
tolici  la  Chiesa  stessa  col  mezzo  de' suoi 
ministri  ha  per  vitale  suo  scopo  quello  di 
contenere  lo  stesso  principato  civile  nel 
limile  della  giustizia  e  de'divini  coman- 
damenti  alla  sua  giurisdizione  (concen^ 
Irata  nella  supremazia  del  romano  Pon- 
tefice) demandali  ".  In  hreve  scrisse  il 
francese  barone  Henrion,  Sloria  univer- 
sale (Iella  Chiesa,  t.  1 1,  p.  427-  Pi'o- 
pagandosi  la  smania  delle  riforme,il  mag- 
gior consiglio  di  Venezia  a'  io  ottobre 
1767  proibì  l'alienazione  de'fondi  a  fa- 
vore delle  corporazioni  ecclesiastiche;  ed 
a'20  del  seguente  novembre  un  decieto 
del  senato  proibì  alle  comunità  regolari 
l'ammissione  de'novizi  fino  a  nuovo  or- 
dine, con  che  in  breve  tempo  saiebbesi 
estinto  lo  stato  monastico.  Per  rinforzo 
n  tutlociò  a'7  settembre  1768  fu  ema- 
nata una  lunga  ordinanza,  colla  quale, 
fra  tanti  altri  articoli,  sottraevansi  i  re- 
golari alla  giurisdizione  de'  loro  genera- 
li, sottomettendoli  a  quella  degli  ordina- 
ri ;  confermavasi  la  sospensione  de'  voti 
per  gli  ordini  mendicanti,  e  stabiliva- 
si  l'eia  di  21  anno  per  la  professione  nel- 
le altre  corporazioni.  Disogna  inferire  che 
i  sucueritori  di  tali  prescrizioni  volevano 
poco  a  poco  distruggere  il  monachismo, 
perchè  la  sospensione  de' voti  de'meudi- 
canli  sopprimeva  un  gran  numero  di  re- 
ligiosi ;  e  rapporto  al  mutamento  di  giù- 
lisdizione,  è  degno  di  osservarsi, che  que- 
sta rifornia.imitata  poi  infelicemente  da 
altri  sovrani,  nulla  migliorò  la  disciplina 
religiosa,  11  Papa,  sbigottito  delle  disposi- 
zioni del  senato  veneto,  gli  scrisse  quere- 
landosi delle  date  ordinanze,  ammonen- 
do in  pari  tempo  i  vescovi  della  repub- 
blica dfc'lovo  doveri  in  queste  circostanze. 
Non  credevali  capaci  di  assumersi  l'eser- 
cizio d'una  giurisdizione  che   1'  autorità 
civile  j;otì  poteva  loro  conferire  ;  e  in  fat- 


V  E  N  59-J 

to  da  principio  s'opposero  agli  ordini  del 
senato,  e  Lombardi  vescovo  di  Crem:t 
fu  il  più  fermo  ;  ma  finalmente,  propal :i< 
tosi  per  inganno  eh'  egli  avesse  ceduto, 
molti  vescovi   si  lasciarono  sedurre  dal 
suo  esempio.  Non  ostante  le  rimostranze 
pontificie,  il  senato  mantenne  in  vigor.i 
l'ordinanza,  provandosi  anche  di  giusti- 
ficarla in  una  risposta  a  Clemente  Xllf, 
che  sempre  infruttuosamente  reiterò  le 
sue  istanze.  ìMa  io  devo  dirne  con  più  dif- 
fusione col  Bercaslel,  Storia  del  Cristia- 
nesimo, t.  33  e  34,  e  col  Novaes,  Storia 
di  Clemente  XIII.  Due  decreti  e  regola- 
menti fece  il  senato  veneto,  proclamali 
dagli  avogadori  di  comune.  La  sostanza 
del  i.°del  i  767  si  riduceva  a  questo. Proi- 
bizione di  qualunque  legato,  donazione, 
istituzione  per  qualunque  titolo,  ed  in  vi- 
gore  di  qualunque  atto  tanto  tra  vi  vi,  che 
per  ultima  volontà,afavoredel!ereligioni, 
chiese,confraternite  e. simili, senza  un  per- 
messo espresso  del  senato. Proibizioneche 
nessuna  persona  religiosa,  specialmentH 
claustrale,potesse  assumere  l'i  cnnomia  ed 
amministrazione  qualunque  di  beni,  fon- 
di ed  altro,  a  riserva  di  pochi  casi,come  sa- 
rebbe quello  dell'indispensabile  assiste:!- 
ra  a'propri  genitori  e  fimiglie.  Proibi- 
eione  a'pubblici  notari, cancellieri  e  per- 
sone destinate  agli  atti  pubblici,  di  poter- 
ne ricevere  alcuno  che  fosse  della  natu- 
ra di  quelli  sunnominati,  e  si  minaccia- 
rono se\erissimepeueconlro  i  trasgresso- 
ri, affidando  l'esecuzione  della  legge  agli 
avogadori  di  comune.  Col  ^.''decreto  dol 
1768,  fra  le  altre  cose,  s'ingiunse  a!  pa- 
triarca ed  a  tutti  i  vescovi  del  dominio  ve- 
neto, di  rientrare  nel  pieno  e  libero  eser- 
cizio d.jlla  loro  auloiilà  sopra  tutti  i  re- 
golari, riguardante  specialmente  l'animi- 
nistrazione  de'  sagramenti  e  la   predica - 
lione,  riservando  u'superiori  regolari  la 
semplice  ficollà  d'ingerirsi  e  soprintende- 
re gli  affari  e  regolamenti  del   chiostro. 
.Si  confermò  la  pubblicazione  delle  vesti- 
zioni ;  si  ordinò  che  tanto  le  vestizioni  che 
occorressero  far^;  quanto  la  professione  e 


596  V  E  N 

gli  studi  dovessero  farsi  ucllo  slato  della 
repubblica.  Si  provvide  inoltre  all'esalta 
osservanza  delle  leggi  e  costituzioni  di 
ciascun  istituto,  ed  all'eguaglianza  dello 
slato  ed  esatta  comunità  di  vita  delle  fa- 
miglie claustrali,  alle  quali  venne  proibì- 
to  di  poter  esercitare  parrocchie  e  cura 
di  anime  in  que'Iuoghi,  dovenon  vi  ècon- 
vento  del  proprio  istituto;  e  finalmente  si 
proibì  severamente  a  tulli  i  superiori  de' 
conventi,  e  generalmente   a  qualunque 
altro,  di  mandar  denari  fuori  dello  slato, 
né  pagare  altre  contribuzioni  che  quelle 
permesse  da'pubblici  decreti, essendo  sla- 
to ordinato  al  magistrato  stabilito  sopra 
riwnasteriiVi  verificare  specialmente  que- 
sto aiiicolo  nel  procedere  anche  straor- 
dinariamente alla  revisione  de'conli.  Fin 
qui  il  Bercaslel.  Dal  Novaes  si  ha  alcuno 
schiarimento.Eglidice,cheil  senato  pub- 
blicò una  legge,  in  cui  fra  le  altre  ordi- 
nazioni si  prescriveva  :  Che  i  vescovi  del 
dominio  veneto  avessero  il  diritto  di  vi- 
sitare  le  case  e  le  chiese  di  tulli  i  regola- 
ri, non  ostante  l'uso  contrario  :  Che  non 
\\  si  dovessero  ammellere  gli  ordini  re- 
ligiosi venuti  da  qualunqtie  paese  stra- 
niero senza  eccezione:  Che  i  superiori  de' 
conventi  non  potessero  formar  processo, 
o  sentenziare  i  loro  sudditi  senza  prima 
ricorrere  a'  tribunali  secolari:  Che  non 
si  ammettessero  a  vestire  l'abito  religioso 
chi  non  avesse2o  anni,  nèalla  professione 
chi  non  n'avesse25,e  soli  sudditi  della  re- 
pubblica; ed  altre  simili  ordinazioni  ri- 
guardanti le  cariche,  il  numero,  l'econo- 
mia ec.de'regolari.Prom  ulgata  questa  leg- 
ge, fu  prescritto  dal  senato  a'vescovi,  che 
si  trasferissero  alla  visita  delle  case  reli- 
giose  esistenti  nelle  rispettive  loro  dioce- 
si. h'Jrte  di  verificare  le  date,  riporta 
unsunlode'decreti.edaggiimgenellaCon- 
linuazione.Dal  i  768  al  1773  ebbero  luo- 
go vari  attacchi  contro  il  clero,  le  cui  rie- 
chezzeascendevanoaollre4,ooo  ducali  di 
rendita .  Segnala  mente  sul  finire  del  1770 
Jl  senato  ridusse  a  sole  4  le  case  religiose 
de'beuedellini,  che  ammontavano  negli 


VE  N 
sfati  della  rcpu!)blica  al  numero  di  1 3;  as- 
segnando  a  ciascuno  de'religiosi  un'annua 
rendila  di  ducati  220,  e  a  ciascuno  de'su- 
periori  una  di  ducali  44o.  Si  vendettero 
all'asta  i  loro  beni,  e  si  supplì  col  ricava- 
to a'bisogni  dello  slato.  Venuto  di  tulio 
a  cognizione  Clemente  XIII,  compreso  di 
dolore  e  penetrato  d'afflizione  per  le  det- 
te leggi,  tendenti  anche  adabbattere  l'au- 
torità che  la  s.  Sede  ha  sopra  i  regolari, 
scrisse  al  patriarca  di  Venezia  Giovanni 
Bragadino,  ed  a'vescovi  dello  stalo  vene- 
Io,  il  breve  Adpluritnas  acerbi taics,  del 
I. "ottobre  1768,  Bull.  Roni.  coni.  t.  3, 
p.  55G.  »  Alle  moltissime  acerbità,  cagio- 
nateci sinora  ,  e  che  ogni  giorno  ci   va 
viemmaggiorraente  cagionando  la  condi- 
zione del  nostro  pontificato  in  questi  tem- 
pi disastrosi ,  si  aggiunse  la  legge  recen- 
temente promulgala  dal  senato  della  re- 
pubblica di  Venezia,  la  quale  sotto  pre- 
testo di  riformare  gli  ordini  regolari,  ha 
per  ultimo  scopo  di  distruggerli   intera- 
mente ne'dominii  della  repubblica.Se  ne- 
gli slessi  ordini  si  raffreddò  il  fervore  del- 
la regolare  osservanza,  l'unico  motivo  di 
tale  raiFreddamenlo  deveattribuirsi  all'es- 
sersi mischiata  la  podestà  laicale  in  ciò 
che  concerne  il  loro  governo;  quindi  es- 
sendosi attraversata  la  podestà  legittima 
de'superiori  generali  e  locali,  come  pure 
l'autorità  dellaSede  apostolica,  sicché  non 
fossero  applicali  i  rimedi  corrispondenti 
e  proporzionati  a'mali  ognora  crescenti, 
avvenne  ciò  che  avvenir  doveva,  cioè  che 
di  giorno  in  giorno  andassero  moltipli- 
candosi que'mali  al  cui  rimedio  la  detta 
legge,  ancorché  derivasse  da  una  legitti- 
ma podestà,  non  sarebbe  punto  opportu- 
na, poiché  essa  non  ristabilisce,  ma  di- 
strugge. Questa  legge  in  tutti  i  suoi  arti- 
coli  diminuisce  1'  ecclesiastica  podestà,  e 
confonde  e  corrompe  tutte  quelle  salu- 
tari costituzioni  fatte  dalla  Chiesa  per  la 
buona  disciplina  degli  ordini  regolari.  La 
I .'  cosa  che  si  presenta  in  fronte  della  det- 
ta legge,  si  é  di  togliere  alFatto  a'delti  or- 
dini la  loro  esenzione  dalla  giurisdizione 


VEN 
Vostra  nellecosespiriliiali,e  di  eccitarvi, 
Venerabili  fratelli,  ad  esercitale  una  pie- 
na e  libera  giurisdizione  sopra  di  loro;  ec- 
citamento clie  può  produrre  il  più  gran- 
de ed  il  più  funesto  de'mali,  quello  cioè 
di  far  che  Voi  vi  distacchiate  da  quell'ub- 
bidienza che  dovete  alla  Sede  apostolica. 
Quindi,  sebbene  Noi  graudemeute  confi- 
diamo nella  Vostra  pietà  e  nella  somma 
rassegnazione,  ubbidienza  e  divozione  che 
avete  sinora  professata  a  Noi  ed  a  questa 
Sede  apostolica,  dimodoché  non  avverrà 
mai  che  Voi  facciate  uso  di  una  podestà 
concessavi  da  chi  non  ha  facoltà  alcuna 
di  concedervela  (ad  onta  di  questa  espli- 
cita dichiarazione  d'  un  Papa  veneziano 
istruitissimo  delle  patrie  cose  civili  ed  ec- 
clesiastiche, e  dell'altre  contenute  ne'bre- 
vi  che  Clemente  XI  li  scrisse  al  senato,  co- 
me poi  dirò,  nondimeno  vi  sono  ancora 
alcuni  veneziani  che  nientemeno  confon- 
dendo gli  arbitrii  colle  concessioni  ponti- 
ficie, nettamente  ritengono:  11  doge,  per 
sempre  chieste  concessioni  apostoliche,  e- 
sercitava  sul  clero  e  sulla  disciplina  di  es- 
so una  diretta  giurisdizione  in   tutto!  Il 
foro  ecclesiastico  cessato  quasi  del  tutto 
nel  secolo  XVI 1  Sin  dal  secolo  Vili  i  si- 
nodi non  si  tenevano  senza  previo  assen- 
so del  governo!);  nulladimeno  credem- 
mo esser  dovere  del  ministero  Nostro  a- 
postolico  di  avvertire  le  fraternità  Vostre 
con  questa  Nostra  lettera,  e  d'ingiunger- 
vi, che  difendiate  vigorosamente  l'esen- 
zioni degli  ordini  regolari  concesse  da  (jne- 
sta  Sede  apostolica  e  dal  predecessore  No- 
stro di  fé.  me.  Leone  X  nel  concilio  gene- 
rale Lateranense  V,  e  che  nessuno  di  Voi 
eserciti  sui  medesimi  l' ordinaria  esecu- 
zione da  cui  gli  hanno  sottratti  i  romani 
Pontefici;  e  che,  siccome  avete  fatto  si- 
nora, facciale  uso  di  quella  giurisdizione, 
che  il  concilio  di   Trento  ordinò  che  da 
Voi  dovesse  esercitarsi  sopra  i  regolari  in 
alcuni  oggetti.  Ueca  veranjente  stupore, 
che  il  senato  nel  formar  quella  legge  non 
abbia  avuto  alcun  riguardo  al  concilio  di 
Trento,  che  abbia  preferito  di  seguire  le 


VEN  597 

novità,  piuttosto  che  conservare  l'antica 
sua  divozione  verso  la  s.  Chiesa  congre- 
gala io  quella  sagra  celeberrima  adunan- 
za, e  che  siasi  allontanato  dal  seguir  l'or- 
me di  quell'antico  senato,  che  per  essere 
slato  il  1  ."fra'principi  cattolici  a  dar  prou- 
la  esecuzione  a'  decreti  di  quel  concilio 
(quest'  allermazione  d'un  Papa  venezia- 
no, che  scrive  a  tutti  i  vescovi  de'dominii 
veneti,  in  parte  s'impugna  da  altri,  comi; 
toccai  parlandone  nel  dogado  B3."),  fu 
dal  predecessore  Nostro  di  fé.  rie.  Pio  IV 
con  lettere  onoriflcentissime  e  con  im- 
mortali elogi  commendalo.  Noi  certo  cre- 
diamo, che  nessuna  cosa,  Venerabili  fra- 
telli, tiebba  esservi  tanto  a  cuore,  <(uanto 
di  ubbidire  alla  Chiesa,  la  quale  nel  men- 
tovato concilio  Lateranense  vi  raccouiaa- 
da  i  privilegi  de'  regolari ,  dicendo  :  E- 
sortiamo  i  Fescovi  e  per  te  viscere  della 
misericordia  di  Dio  Nostro  domandia- 
mo, eli  eglino  trattando  i  regolari  con 
filila  la  benevolenza,  custodiscano  e  di- 
fendano  i  diritti  de' medesimi  con  cari- 
tà'''. Il  segretario  de' vescovi  e  regolari  Ca- 
raffa ,  già  nunzio  di  Venezia  ,  rimise  il 
breve  anche  a  tulli  i  generali  degli  ordi- 
ni religiosi  esistenti  in  Roma,  scrivendo 
loro,  colla  circolare  riferita  dalBercaslel, 
di  ammonire  i  loro  religiosi  sudditi  ve- 
neziani ed  altri  stabiliti  nel  dominio  ve- 
neto, a  ricordarsi  degli  obblighi  contrat- 
ti nella  loro  professione  col  volo  d'ubbi- 
dienza al  sa[)eriore  regolare,  in  cui  è  in- 
cluso quello  di  maggiore  ubbidienza  al- 
la s.  Sede,  alla  quale  i  superiori  stessi  so- 
no soggetti  immediatamente,  onde  sem- 
pre si  riconoscano  esenti,  ed  immediata- 
mente soggetti  alla  s.  Sede,  come  sempre 
lo  sono  stali,  nò  lo  sono  ad  alcim' altra 
giurisdizione,  fiiorchè  ne'casidal  concilio 
di  Trento  eccettuali.  Diversi  superiori  di 
ordini  religiosi  inaspriti  dalle  disposizio- 
ni del  veneto  senelo,  opinavano  doveisi 
espellere  da  tutti  i  conventi  e  monasteri 
i  religiosi  sudditi  della  repubblica,  che  si 
trovavano  s'i  nelli>  sluto  pontifìcio,  che  in 
qualunque  altro,  e  piivali  di  loro  cari- 


SaS 


VEN 


che,  rimandarsi  alla  loro  patria;  mentre, 
giacché  i  forestieri  non  potevano  avere 
ncldotuinio  veneto  carica  alcuna, era  ben 
giusto  che  i  religiosi  veneziani  non  par- 
tecipassero tlc'beuefizi  e  degli  onori  degli 
altri  chiostri.  Ma  fattesi  più  mature  con- 
siderazioni,ed  all'indignazione  sotteotra- 
ta  la  calma,  prevalse  la  prudenza.  Otto 
giorni  dopo  la  lettera  scritta  a'vcscovi  del 
d(/minio  veneto,  ultra  ne  scrisse  Clemen- 
te XIII  al  senato.  Se  lai."  non  era  che 
un  salutare  avvertimento  circa  il  modo 
con  cui  6Ì  doveano  dirigere  que'  prelati. 
Sulle  leggi  riguardanti  i  regolari,  la  2/ 
era  un  rimprovero  libero  ed  acerbo  fatto 
cilla  repubblica  ed  n'  suoi  stessi  concitta» 
diui.  Questo  breve  Cuin  ad  NoSf  dell'S 
ottobre  1768,  trovasi  nel  Guerra,  Epi- 
tom.  ConsLit.  Apostolicar.  t.  2,  p.  347> 
e  nel  Cercaste!,  ed  è  del  seguente  te- 
ijore.  «  Essendoci  giunto  l' editto  Vo- 
stro sui  regolari,  sorpresi  Noi  ad  un  av- 
venimento tanto  inopinato  e  inaudito, 
ci  demmo  a  pensare  (jual  oggetto  aver 
possa  Giialmeiite  quest'impegno  "Vostro 
d'introdurre  delle  novità  nella  Cliiesa:  i  i- 
thiamandu  poi  le  passale  cose,  troviamo 
che  negli  anni  decorsi  del  Nostro  poulid- 
cato  avete  apportalo  molte  gravi  mole* 
fctie  alla  Chiesa,  avete  violali  i  diritti  del- 
la Scdeapoblolica,  avete  calpestalo  la  giù 
risdizione  ecclesiastica,  e  che  in  codesta 
titlà  capitale  del  Vostro  dominio,  avete 
compromessala  Religione  che  professale, 
non  essendo  da  Voi  slato  dato  ascolto  al- 
le Nostre  querele  riguardo  alla  coudolla 
•  'egli  scismatici  (della  chiesa  di  s.  Giorgio 
e  dell'arcivescovo  Giorgio  già  rammenta' 
lo).  QuestoVoslro  procedere  scaudalezza 
gravemente  i  fedeli,e  li  getta  in  una  gran 
de  meraviglia,  perchè  non  avete  in  con- 
to alcuno  soddisfatto  alla  Chiesa,  quasi- 
ché abbiate  deposto  ogni  pensiero  sul  pe- 
ricolo dell'anime  Vostre.  Cou  quello  pni 
the  avele  fallo  a  somujo  pregiudizio  del- 
la Vostra  elei  na  salute,  lasciandovi  tra- 
sportai e  dal  fatìatismo  di  fare  dell'innova- 
ituni,  iitle  auJali  ad  urlare  in  altro  scu- 


VEN 

gllo.  Montre  la  Vostra  republjjina  e!)})é 
sempre  un  giudizioso  orrore  a  fare  delle 
novità,  Voi  tutto  al  contrario  ne  avetein- 
trodotte  molle  nella  Chiesa, ed  ora  vi  sie- 
te avanzati  ad  un  passo  ardilo  e  quasi  in- 
C' edibile.  Dopo  aver  disprezzale  le  leggi 
dulia  Chiesa  fatte,  coH'assistenzadelloS pi- 
rito  Santo,  ne'suoi  santissimi  concilii  ge- 
nerali, tutto  ad  un  tratto  avete  messo  la 
mano  alla  maggiore  di  tulle  l'imprese, 
cioè  al  rovesciamento  lutale  di  tutti  gli 
ordini  regolari,  o  per  meglio  dire  all'e- 
stinzione di  lutti  i  detti  ordini  nel  Vostra 
dominio.  Gli  effetti  di  questa  estinzione 
cpianto  debbano  essere  fatali  alla  Chiesa, 
già  lo  vcdiam  presentemente,  e  ne  sen- 
tiamo un  vivo  dolorej  quanto  poi  debbo- 
no essere  funesti  alla  repubblica  Voi  stes- 
si lo  vedi  eie.  Non  vi  è  persona  saggia  che 
non  conosca  chiaramente  tale  essere  lo 
scopo  di  quel  Vostro  editto.  Che  se  vera- 
ménte  l'intenzione  Vostra  si  fu  di  rifor- 
mare gli  ordini  regolari ,  che  a  Vostro 
giudizio  repulavansi  in  islato  d'infermi- 
tà, sappiate  che  Don  tocca  alla  podestà 
laica  di  guarire  il  loro  male,  che  i  rime- 
dii  da  Voi  apprestali  non  possono  resti- 
tuirli io  salute,  e  che  anzi  tendono  ne- 
cessariamente al  loro  esterminio.  11  con- 
cilio di  Trento  da  questi  ordini  santa- 
mente istituiti  e  saggiamente  governati 
giudicò  molla  gloria  e  molla  utilità  deri- 
vare nella  Chiesa  di  Dio,  giudicò  clie  non 
duveano  abolirsi,  se  dcicadessero  dalla  lo- 
ro aulica  e  regolare  osservanza,  ma  che 
in  lai  caso  ,  ritenendoli  nella  Chiesa  ,  si 
venisse  ad  una  provvida  e  saggia  riforma 
de'medesimi:  ne  viene  dunque  in  conse- 
guenza che  alla  Chiesa  slessa  e  alla  po- 
destà della  Sede  apostolica  devesi  doman- 
dare il  modo  di  riformare  gli  ordini  re- 
golari, perchè  legitlimamenle.convenien  ■ 
temente  ed  efficacemente  sieno  all'antica 
disciplina  richiamati.  Non  possiamo  inol- 
tre abbastanza  meravigliarci, che  Voi  cre- 
diate potersi  per  Vostra  auloiità  cam- 
biare le  costituzioni  di  qualunque  ordi- 
ni,, mentre  pcrsuuc  religiose  hauuvj  pio- 


V  e:^ 

messo  a  Dio  di  coiiforiaare  la  loro  vita  a 
norma  delle  delle  costituzioni.  riflijUea- 
do  che  quell'oi  dine  regolate,  a  cui  si  de- 
lìicavaDO,  era  stato  fondalo  coil'approva- 
zicoe  della  podestà  legittima,  e  che  era 
sialo  ricevuto  nel  Vostro  dominio  col  con- 


senso de'Vostri  maiJgioii.  Ai 


do  de 


•  _iQ.>^...  i-ippareudo  da 
fjuel  Vostro  editto  violale  le  leggi  sagro- 
saule  della  Chiesa, conculcati  idirittidel- 
la  s.  Sede,  e  le  persone  religiose  aver  qua- 
si perduto  il  loro  stulo,  non  è  possibile 
che  Noi  nou  seutiauio  una  tenera  com- 
passione delle  anime  Vostre,  poiché  Voi, 
disprezzando  allaiueute  la  Chiesa,  n)edi- 
taudo  e  disegnando  di  passar  contro  ia 
medesima  da  un'ingiuria  all'altra,  anno- 
date con  molli  lacci  le  Vostre  coscienze. 
Quindi,  o  ddetti  figli,  guardate  bene  in 
({uai  precipizi  vi  strascini  una  certa  Inl- 
sa  ragione  di  stalo,  che  sembra  avervi  iu- 
dolto  a  credere,  che  Voi  possiate  altera- 
re nel  Vostro  dominio  quelle  leggi  che 
dalla  s.  Madre  Chiesa  sono  state  falle  ad 
onore  e  gloria  di  Dio,  e  per  la  salute  del- 
le anime.  Questo  desiderio  di  ililalare  la 
Vostra  podestà  nella  Chiesa  vi  ha  travia- 
li per  modo,  che  di  Vostra  autorità,  sen- 
z'alcun  diritto,  assoggettaste  gli  ordini  re^ 
golari  alla  giurisdizione  ordinaria,  esor- 
taste i  vescovi  del  Vostro  dominio  ad  e- 
sercitare  la  loro  giurisdizione  sopra  gli 
stessi  ordini  regolari;  ma  Noi  pero  confi- 
dati nella  virtù  e  moderazione  de'mede- 
simi  vescovi,  abbiamu  ragione  di  sperare 
ch'eglino  non  crederanno  di  poter  avere 
da  Voi  quella  giin-isdizione,  di  cui  ben 
sanno  esser  Voi  privi.  iNidladioieno  giu- 
dicammo cosa  opportuna  avvisarli  di  di- 
fendere redenzioni  de'regolari,  salva  sem- 
pre però  la  loro  giurisdizione  ordinaria 
a  quelle  cose  ,  nelle  ipiali  il  concilio  di 
Trento  volle  che  dovesse  aver  lu(jgo.  Sic- 
come poi  la  Vostra  repubblica  fu  quasi 
la  prima  lia'priucipi  cattolici  che  accet- 
tò con  tulio  l'ossequio  non  solo  i  decre- 
ti di  quel  concilio  r  igu.tr<lanli  la  lede,  a^a 
ancora  riguardùitli  lebclesiuslica  disdph- 
uaj  C05J  per  coustrvai;;  ji  \'u3U'ubuL/UU0- 


V  E  N  jfj.) 

me  dovete  manlenere  presso  di  Voi  gli 
stessi  decreti,  onde  non  sembri  che  Voi 
tacciale  poco  conto  di  quella  lode  di  pie- 
tà che  è  stata  allora  ottenuta  da'  Vostri 
maggiori.  In  conseguenza  del  Nostro  apo- 
stolico ministero  ci  resta  d'  avvertire  se- 
riamente le  Vostre  Nobiltà,  a  riflettere  ;i 
quali  pericoli  abbiale  esposte  le  anime  Vo- 
stre con  quell'editto,  con  cui  resta  tanto 
pregiudicata  la  Chiesa ,  e  a  qnal  orren- 
do giudizio  siete  per  sottostare  dinanzi 
al  tribunale  di  Cristo  ,  quando  dovrete 
rendergli  conto  di  lutti  i  mali  che  con 
quel  Vostro  editto  sono  derivali  nella 
Chiesa  a  danno  del  divino  onore  e  degli 
spirituali  vantaggi.  Crediamo  superlluo 
indicare  alle  Nobiltà  Vostre  in  qual  mo- 
do possiate  emendare  tutti  questi  mali. 
Già  da  Voi  stessi  chiaramente  vedete  ciò 
che  far  vi  conviene  per  mettere  le  V^ostre 
coscienze  sicure  da  ogui  pericolg  in  uuj 
perfetta  tiaiKjuillità ,  e  per  non  lasciare 
ulla  Cliiesa  dubbio  alcuno,  che  Voi  siele 
disposti  di  dare  alla  medesima  una  since- 
ra e  piena  soddisfazione.  Noi  Aaltaulo  li- 
volgeienio  le  fervorose  Nostre  preghiere 
a  Dio,  perchè  colla  rugiada  della  su.i  di- 
vina grazia aiiiinollisca  i  Vostri  cuori, sic- 
ché apransi  più  felicemente  a  ricvverc  I^J 
celesti  ispirazioni,  ed  alle  Nobiltà  Vostre 
col  paterno  alfetto  delTaninio  Nostro  dia- 
mo amorosamente  l'apostolica  benedizio- 
ne". Osserva  il  Uercaslel,  che  ael;/i.coti- 
pilazione  di  questo  breve  al  senato  ve- 
neto, non  solo  nou  era  stala  ricercata  i'o- 
piiiiotie  di  olcuuo  di  que'cardinali  solili 
a  consultarsi  in  tali  materie,  ma  nemme- 
no era  slato  adoperato  il  celebre  nig."^ 
Garampi  che  avea  l' incarico  di  scrivere 
i  brevi  a'  Papi  (era  Segretario  didla  ci- 
fra). Quest'incumbenza  l'ebbi  mg."^  Gia- 
comelli arcivescovo  di  Caltedoitia(jppun- 
to  per  essere  segretario  de  brevi  a'priu- 
cipì).  Quesl'alfare  fu  discusso  e  definito 
Ira  il  Papa,  il  curdiual  TuirigiauiiilGui- 
eomelii  e  d  ricordalo  u>g.'  Caralla  peri- 
lisàimo  dello  spirilo  del  governo  veneto, 
ad  un  Icuspu  geloso  dc'diiilli  sovruui,  o 


6oo  V  E  N 

piùo  meno  quasi  sempre  invasore  di  quel- 
li della  Chiesa.  Trovandosi  sciolto  il  se. 
nato  a  cagione  delle  ferie  aulunna!i,quaii- 
do  giunse  a  Venezia  il  breve  pontificio, 
subilo  che  potè  raccogliersi,  rispose  a'iQ 
novembre  colla  seguente  lettera  presso  il 
Guerra  citato,  p.  348,  e  il  Dercastel."ll 
breve  spedito  col  nome  rispettabile  della 
Santità  Vostra, in  data  degli  8  ottobre,  fu 
accolto  da  noi  con  quell'ossequio  profon- 
do che  corrisponde  alla  nostra  ereditaria 
devozione  verso  la  s.  Sede  apostolica,  ed 
alla  grandezza  del  figliale  attaccamento 
che  professiamo  alla  di  Lei  sagra  perso- 
na. Ma  nel  momento  ci  siamo  anche  non 
poco  contristati  nel  comprendere  dal  bre- 
ve istesso,  come  siasi  tentato  dall'  indu- 
stria altrui  di  sorprendere  la  pietà  dell'a- 
nimo suo  (!)  e  di  oscurare  la  condotta 
nostra.  Avremmo  invero  motivo  grandis- 
simo di  cordoglio,  se  nella  condotta  me- 
desima non  si  ravvisasse  chiaramente  la 
giustizia  delle  prese  deliberazioni.  Lonta- 
na è  affatto  la  mente  nostra  in  ciò,  seguen- 
do le  saggie  massime  de'nostrij  maggiori, 
da  novità  perniciose  edall'invaderei  giu- 
sti diritti  che  sono  della  s.  Sede  e  del  pri- 
mato apostolico.  I  sodi  fondamenti  della 
podestà  legislativa  sopra  i  quali  le  nostre 
deliberazioni  si  fondano,  sono  benissimo 
noti  alla  Santità  Vostra, e  dalla  stessa  po- 
destà legislativa  riceve  il  suo  giudirico  vi- 
gore la  legge  nostra  sopra  tutti  i  suoi  ar- 
ticoli, ed  anche  sopra  quello  di  richiama- 
re a'propri  uffizi  le  podestà  ordinate  da 
Cristo  Signor  Nostro.  Memori  noi  siamo 
che  tali  erano  i  di  Lei  sentimenti  (!),  quan- 
do con  tanto  merito  e  con  tanta  edifica- 
zione de'sudditi  nostri,  Ella  reggeva  la 
chiesa  di  Padova  (perciò  soggetto  alla  re- 
pubblica; ora  però  reggeva  la  Chiesa  uni- 
versale, ed  era  costituito  in  terra  Vicario 
del  Rede'ree  del  Signore  de'dominanti). 
Senza  questa  podestà  legislativa  nella  re- 
pubblica e  iu  ogni  sovranOjSarebbe  imper- 
letto  ogni  governo,  resterebbe  esposta  a 
travagliose  vicende  insieme  col  servizio 
divino  la  quiete  dc'popoli  e  la  sicurezza 


VEN 
degli  stali.  Tranquilli  noi  su  questi  prin^ 
cipii,  non  possiamo  se  non  fermamente 
seguire  e  nudrire  la  rispettosa  fiducia,  che 
la  pietà  insigne  della  Santità  Vostra,  a- 
scoltando  i  chiari  dettami  del  suo  inter- 
no, e  non  il  linguaggio  equivoco  di  chi, 
per  fini  particolari,  adopera  ogni  arte  on- 
de accrescere  i  dispiaceri  tra  il  Sacerdo- 
zio e  l'Impero,  troverà  argomenti  abbon- 
danti  per  deporre  le  sue  agitazioni,  e  per 
ravvisare  con  animo  più  sereno  gli  og- 
getti rettissimi  di  religione  e  di  comune 
economico  bene  contenuti  nelle  provvi- 
denze emanate.  Siamo  pure  nella  ragio- 
nevole certezza,  che  gli  ecclesiastici  d'o- 
gni grado,  considerando  i  primi  doveri 
contratti  con  la  nascila  prefìssi  nella  di- 
vina Scrittura  ed  indelebili  da  qualunque 
disposizione,  terranno  una  condotta  cor- 
rispondente alla  santità  della  vita  che  pro- 
fessano, e  non  saranno  per  distaccarsi 
giammai  da  quegli  atti  di  lodevole  ubbi- 
dienza che  hanno  prestata  alle  nostre  leg- 
gi, ed  alle  quali  il  senato,  ad  onta  d'ogni 
tentativo,  tenne  cura  sempre  e  la  terrà  e- 
gualmente  in  progresso  perchè  ne  sia  inal- 
terabile ed  esatta  l'esecuzione.  Degnando- 
si pertanto  la  Santità  Vostra  di  bilancia- 
re le  cose  col  solo  occhio  di  sua  equità  e 
rettitudine,  potrà  certamente  riconoscere 
che  la  religione,  il  dogma  e  la  pietà  del 
costume  restano  nella  perfetta  loro  inte- 
grità. Per  tutti  questi  motivi  confidando 
noi  in  Dio  Nostro  Signore,  Diodi  verità 
e  di  giustizia,  rivolgiamo  a  lui  li  fervidi 
nostri  voti,  perchè  si  dileguino  le  cause 
che  tengono  in  afflizione  la  sua  Chiesa  e 
che  minacciano,  pur  troppo,  gravi  conse- 
guenze, mentre  protestando  la  nostra  per- 
fetta osservanza  e  figliale  attaccamento 
alla  s.  Sede  ed  alla  Beatitudine  Vostra, 
colla  maggior  sommissione  Le  baciamo  i 
santissimi  piedi".  Avendo dcnique  il  sena- 
to veneto  ,  tra  le  proteste  di  sommo  os- 
sequio alla  s.  Sede,  al  primato  apostolico 
e  alla  persona  del  Papa,  dichiarato  di  vo- 
lere sostenere  i  pubblici  decreti,  col  falso 
pretesto  della  podestà  legislativa  de'  so- 


V  E  N 
Trani,  che  atl  essi  prestava  silTalla  aulo- 
rilà  per  mantenere  il  vantaggio  de'  loro 
stali;  dispiacente  Clemente  XIII  di  tanta 
fermezza  nel  conservare  le  prese  risoluzio- 
ni, nel  suo  costante  zelo,  a'  1 7  dicembre  gli 
diresse  il  breve  IVoii  possumus,  presso  il 
Guerra,  t.  2,p.  348,6  il  Novaes,  Insistendo 
sulla  rivocazione  della  funesta  legge,  esor- 
tò il  senato  a  piegarsi,dicQoslrando  con  so- 
de ragioni  quanto  esso  fosse  ingannato  nel 
prestar  fede  ad  uomini  imperiti  ed  amato- 
ri delle  novità,  piuttosto  che  ascoltare  la 
Chiesa,  i  documenti  de'ss.  Padri,  e  gli  e- 
sempi  de'loro  maggiori.  Che  co'suoi  de- 
creti si  olfendeva  manifestamente  l'auto- 
lità  apostolica,  cui  sono  soggetti  gli  or- 
dini regolari,  e  la  giurisdizione  della  s. 
Chiesa,  alla  quale  sola  appartiene  il  giù» 
dicare  di  queste  cose;  che  perciò  egli  in- 
timava al  senato,  ciò  che  all'imperatore 
Costanzo  già  scrisse  il  grand'Osio  vesco- 
vo di  Cordova:  Tibi  Deus  Iiiiptriuin  coni' 
r/iiòit ,  nobis  Ecclesiastica  concrediditj 
{jucìiiadinodiwi  qui  sili  Iinperiuni  sub- 
ripit,  Deo  ordinanti  repugnat,  ita  /«e- 
tue,  ne  si  ad  te  Ecclesiastica  pertraltas, 
magni  criniinis  reusjlas.  Il  senato  sem- 
pre persuaso  di  non  aver  co'suoi  decreti 
pregiudicato  in  alcan  conto  i  diritti  del- 
la Chiesa,  e  di  non  aver  fatto  se  non  un  uso 
giusto  e  moderato  della  sua  podestà  le- 
gislativa e  dell'autorità  sua  sovrana,  alle 
patetiche  e  commoventi  esortazioni  di 
Clemente  XIII,  a'  3i  dicembre  rispose 
con  questa  lettera  riferita  dal  Dercastel. 
»  Quel  senlimenlo  di  perfetta  venera- 
zione alla  santa  Sede  e  di  sincerisbìma 
figliale  riverenza  verso  la  sagra  perso- 
na di  Vostra  Beatitudine  con  cui  ci  sia- 
mo spiegali  per  ereditario  istituto  nel- 
la risposta  al  rispettabile  breve  in  data 
degli  8  ottobre,  quello  slesso  riproteslia- 
nio  all'altro  egualmenle  rispettabile  del- 
la Santilà  Vostra  in  data  de'  17  dicem- 
bre, da  noi  ricevulocol  maggior  ossequio. 
Non  scir/,a  grave  dolore  abbiamo  potuto 
inlentlcrc,  che  malgrado  la  verità  eia  sin- 
cerità delle  siguilìcazioui  uuslre,  l'auiuio 


YEN  Gol 

di  Vostra  Deatiludine  resti  tuttavia  per- 
turbato per  l'uso  da  noi  fatto  della  pode- 
stà legislativa,  nell'  esercizio  della  (juale 
non  ci  siamo  punto  scostati  dalla  tempe- 
ranza e  moderazione  che  abbiamo  sem- 
pre esercitala  nell'amminislrazione  delle 
cose  nostre.  Ben  è  noto  alla  Santità  Vo- 
stra, che  i  principi  cattolici  nell'  usare  di 
una  tale  podestà  niente  tolgono  a'dirilti 
che  sono  corapelenli  alla  s.  Sede,  al  pri- 
mato apostolico,  e  che  per  parte  nostra 
6Ì  vogliono  illesi,  pronti  noi,  a  similitudi- 
ne de'noslri  maggiori,  d'impiegare  le  so- 
etanze  e  la  vita  per  tuttociò  che  riguar- 
da la  cattolica  religione.  Persuasi  noi  in- 
timamente di  non  aver  ecceduti  i  dove- 
ri di  principe  religioso,  non  possiamo  se 
non  desiderare  con  tutta  reiUcacia,  che 
l'insigne  prudenza  della  Santità  Vostra 
deponga  le  impressioni  da  Lei  concepu- 
tesopra  le  direzioni  nostre.  Di  questeab- 
biamo  tanto  maggior  motivo  di  chiamar- 
ci contenti,  quanto  che  vediamo  che  i  re- 
"olari  tutti  si  vanno  conformando  colla 
dovuta  rassegnazione  e  prontezza  alle  no- 
stre leggi,  rendendosi  conciòdegni  di  con- 
tinuare il  soggiorno  ne'  nostri  stati,  ne' 
quali  per  pubblico  favore  furono  ricevu- 
ti, e  con  la  costante  dipendenza  delle  leg- 
gi medesime  di  tempo  in  tempo  emana- 
te, furono  da  noi  sempre  con  predilezio- 
ne ed  alletto  riguardali.  Accolga  la  San- 
tità Vostra  con  la  sua  paterna  clemenza 
e  benignila  la  sincerità  di  queste  nostre 
umili  e  riverenti  dichiarazioni,  e  qui  ri- 
petendo la  nostra  pei  fella  osservanza  e  fi- 
liale venerazione  alla  Santità  Vostra, con 
la  maggior  sommissione  Le  baciamo  i  san- 
tissimi piedi  ".  La  pronta  rassegnazione 
degliordini  regolari,  non  fu  pienamente  e 
subito  imitala  da' vescovi.  Si  disse  che  due 
cardiiiali(Molino  vescovo  diUiescia  falsa- 
incute,  e  forse  Priuli  vescovo  di  Padova), 
ed  il  palriarca  Bragadino,  accordaronsi  di 
resistere  alle  disposizioni  del  senato. Huel- 
lo  che  cerio  si  è,  che  tulli  i  vescovi  del- 
lo slato  veneto  ubbidirono  successivamen- 
te, l'uu  dopo  l'altro;  ed  il  palriarca  co- 


6o2  V  E  N 

luinciò  le  sue  visite  ne'  mouasJeii  e  con- 
■venli,  vari  alili  prelati  seguendone  1' e- 
seatpiu.  Il  cardinal  Giovanni  Molino,  ve- 
scovo di  Diescia,  intiraatcd.i  chi  gover- 
nava (|nella  città  ad  ufiironiìaisi  agli  or- 
dini del  senato,  se  ne  scusò,  dicendo  di 
non  poterli  eseguire  senza  un  comando 
espresso  del  Papa,  al  quale,  non  inten- 
dendo piegiudicare  al  rispetto  che  si  dee 
al  proprio  principe,  credeva  egli  che  iu 
tiili  materie  spettasse  la  suprema  auto- 
rità. Più  volle  indarno  gli  furono  riiuio- 
valele  ingiunz'jni  di  ubbidne,  finché  mi- 
nacciato della  pubblica  indignazione,  e 
pare  anche  chiamato  a  Venezia,  tetnen* 
tlo  quindi  di  vedere  esposta  la  sua  digni- 
tà di  vescovoedi  cardinale,  partì  da  Bre- 
scia, passò  da  Mantova  a  Ferrara,  e  si  ri- 
tirò iu  un  monastero  di  benedettini.  Sa- 
putasi la  sua  partenza  dal  senato,  subito 
ne  sequestrò  le  rendite  del  vescovato,  die- 
de ordine  al  suo  ambasciatore  residente 
iuPi.oma  d'informarsi  (juali  fossero  le  cor- 
rispondenze che  il  cardinale  avesse  'n\ 
quella  città,  ov'era  slato  uditore  di  Rota 
nazionale,  ed  ingiunse  al  medesimo  ain- 
Lasciatore  di  non  avere  con  esso  comu- 
nicazione alcuna,  in  caso  che  andasse  a 
lionia.  Il  Papa  scrisse  al  cardinale  con- 
l'orlandolo, e  che  venendo  a  Roma  sareb- 
be alloggiato  nel  monastero  di  s.  Agata 
idla  Suburra,  pioweduto  di  mobili,  di 
carrozza  e  di  cavalli.  Intanto  gli  furono 
daliiooo  scudi  esistenti  in  deposito  della 
mensa  arcivescovile  di  Ferrara,  ch'era  al- 
lora vacante,  ed  a  cui  credevasi  che  po- 
tesse essere  il  cardinale  traslatato.  Ma 
tulio  in  un  momento  si  cambiarono  in 
iloma  le  cose  del  cardinal  xMoiino.  Es- 
sendosi ivi  sapula  la  commissione  data 
dal  senato  al  suo  ambasciatore,  d'astener- 
si dui  trattarlo, e  prevedendosi  che  la  stes- 
sa istruzione  [)otrebbe  esser  data  a  tutti 
i  prelati  veneti,  e  die  m  caso  di  disubbi- 
dienza sarebbero  fermale  le  pensioni  e 
1  abbazie  che  godevano  nello  slato  vene- 
to; anzi  a  vendo  d  cardinal  Cavaichuii  pro- 
tlaturioroppresentato  liberameuleul  Pa- 


V  E  N 

pa,  che  gli  ordini  del  seaalo  potrebbero 
estendersi  sino  sui  beai  ecclesiastici  die  i 
di  lui  nipoti  cardinale  e  maggiordomo  a- 
veano  nel  veneto  dominio,  Clemente  XIII 
scrisse  al  cardinal  Molino  ,  che  avendo 
dalle  relazioni  del  cardinal  leggilo  di  Fer- 
rara rilevato  lo  stato  poco  felice  di  sua 
salute,  e  principalmeote  il  male  degli  oc- 
chi du  che  era  alHilto,  erasi  determinato 
a  consigliarlo  di  non  portarsi  per  ora  a 
Pioraa,  assicurandolo  per  altroché  sareb- 
bero dati  gli  ordini  necessari  perchè  fos- 
se"licolàsommiuistralo  tutto  l'occorren- 
te  pel  suo  mantenimento.  Quasi  contem- 
poraneaujente  alla  pubblicazione  de'de- 
creti  i\e\  senato,  il  duca  di  Panna  infan- 
te di  Spagna  uvea  promulgato  varie  ri- 
forme lesive  all'  immuuità  ecclesiastica, 
che  Clemente  XIII  riprovò  e  condannò 
con  suo  breve.  Pel  ritiro  di  questo  s'im- 
pegnarono lecor'i  Borboniche  parenti  del 
duca,  ma  il  Papa  rimase  saldo,  a  fronte 
delle  prepotenti  rappresaglie  che  si  per- 
misero. La  repubblica  di  Venezia  si  cre- 
dette in  obbligo  d'interporsi  possibilmen- 
te come  mediatrice  in  un  aliare  che  iu 
quel  niuinento  faceva  temere  qualche  al- 
terazione nella  ((uiele  d'  Italia,  e  die' or- 
dine di  trattarla  all'abile  suo  ambascia- 
tore iu  pLOUìa  cav.  Marc' Antonio  Erizzo. 
Presentatosi  al  Papa,  espose  la  di  vota  bra- 
ma delia  repubblica,  per  rapporti  che  pas- 
savano colla  sua  sagra  persona,  a  suo  o- 
nore  supplicandolo  a  rivocare  il  breve, 
mediante  ben  intesa  coudiscendenza.  Ri- 
spose Clemente  XIII  restare  sorpreso  e 
addolorato  in  sentire  iu  questo  la  repub- 
blica unita  agli  altri  sovrani,  tutti  ormai 
essendo  collegati  a  combattere  ed  0[)pri- 
mere  la  Chiesa,  a  spogliarla  di  tutti  i  suoi 
diritti  e  ridurre  il  pouliiicato  al  solo  cou* 
iessiouale.  Ringraziò  il  senato  della  pre- 
mura che  si  preudeva  per  la  tranquilli- 
tà degli  stati  della  s.  Sede  e  per  la  sua 
gioria;  ch'egli  amava  teueranieute  la  pa- 
tria ,  e  sebbene  non  era  corrisposto  ,  i- 
tlcstderava  ogni  prosperità.  Del  resto  a 
vendo  fallo  quaulylaaua  goscieuzu  tsi^e- 


V  E  N 

va,  non  leineva  le  minacce  de'polenti  del- 
la lena,  esseutlo  pronto  a  solliirc  per  la 
Ciiusa  de!  Signore  qualunque  persecuzio- 
re.  Clemeule  XIII  afilitto  da  tante  parti, 
oppresso  ancora  dalle  replicale  insistenze 
di  alcune  corti  [lersoppriuierei  benemeri- 
ti gesuiti, da  lui  giustamente  tanto  amati  e 
sostenuti,  talmente  se  ne  angustiò,  che  la 
notte  de'3  febbraio  i  769  rese  il  suo  spi- 
rilo al  Creatore,  passando  a  ricevere  il 
premio  di  sue  preclare  virtù.  Nella  basi- 
lica Vaticana  i  nipoti  gli  eressero  un  ma- 
gniOco  oionuraento,  una  delle  prime  gin- 
I  ie  artistiche  del  Fidia  veneto  Canova.  E 
una  meraviglia;  la  lesta  del  P.ipa  un  di- 
vino capolavoro;  i  due  leuni  sono  di  sor- 
prendente bellezza,  onde  furono piìi  vol- 
te modellali  e  ripetuti.  Almsando  Cano- 
va in  gioventù  di  sue  forze  fìsiche  nel 
condurre  i  grandi  monumenti ,  non  va- 
lendosi dì  braccia  subalterne  se  non  quan- 
do divenne  più  agiato,  confessò  più  vol- 
te, che  i  leoni  erangli  costati  enormi  fa- 
tiche, lo  fatti  l'nsu  del  trapano  appoggia- 
to al  petto,  producendo  una  depressione 
nelle  coste,  forse  predisposero  da  (jucH'e- 
j'uca  la  mabtlia,  per  cui  gli  fu  forza  soc- 
combere immatuiamenle.  Dopo  3  mesi  e 
1 6  giorni  di  sede  vacante  gli  successe  Cle- 
mente XIV  Gangaìielli.  Il  cardinal  IMo- 
1  110  erasi  recato  da  Ferrara  al  conclave, 
f  pe'deplorabili  rispetti  umani  il  solo  mg.' 
Caraffa  segretario  de'vescovi  e  regolari  si 
recò  ad  incontrarlo,  e  uiuno  lo  visitò  in 
nna  Iloma,  dove  meritava  d'essere  accol- 
l  ?  in  Irionfj!  ^'ella  i.'  udienza  che  il  nuo- 
vo Papa  die'all'andjnsciatore  veneto  Ni- 
lolò  Erizzo  H,  lo  prese  per  la  mano  e  gli 
disse.  »  Mi  faccia  il  favore  di  scrivere  al- 
1  1  sua  degnissima  repubblici,  ed  iu  nu- 
l.je  nostro  la  preghi  e  la  supplichi,  per- 
ihè  voglia  in  riguardo  nostro  rimettere  iu 
giazia  |)ubblica  il  cardinal  iMolino.  Se  il 
suo  senato  ci  crederà  degni  di  questa  pri- 
ma grazia  che  dal  medesimo  imploria- 
mo, gliene  saremo  influitamenle  tenuti". 
L'uujbasciatore  scrisse  imuicdialameute 
al  acuaiu  quaulo  ciagU  blalo  coiauicsjo 


V  E  iV  nu3 

dal  Santo  Padre.  Il  cardinal  Molino  in 
rimesso  in  grazia,  ma  con  comlizione  di 
ubbidire  alle  leggi  del  suo  principe. Quan- 
do l'ambasciatore  presentò  a  dementa 
XIV  la  lettera  del  senato,  non  coutandu 
per  nulla  il  Pontefice  la  coiulizione  appo- 
sta ,  e  mostrandosi  contentissimo  della 
grazia  fattagli,  pregò  l'ambasciatore  disi- 
gnifìcare  alla  repubblicai  suoi  pieni  e  sin- 
ceri ringraziamenti  p(fr  avere  voluto  così 
sollecitamente  aderire  alle  di  lui  preghie- 
re. Soggiunse  però  I'  ambasciatore  che, 
prima  di  far  ciò, desiderava  di  essere  cer- 
fij  delle  disposizioni  del  cardinale  circa  la 
sua  futura  ubbidienza  alle  pubbliche  leg- 
gi. Commise  allora  il  Papa  all'ambascia- 
tore di  scrivere  al  cardinal  Molino  uu  bi- 
glietto perchè  (juesti  sollecitamente  ai  pre- 
sentasse all'udienza.  La  mattina  se"ueu- 

o 

le  il  virtuoso  cardinale  si  presentò  a  Cle- 
mente XIV,  da  cui  fu  Iruttenulo  più  di 
uii'ora,dopodiche  passòa  trovareTamba- 
sciatore  Erizzo,  a  cui  mostrando  il  suo  vi- 
vo dispiacere  per  aver  incontrala  la  [)ul.»- 
blica  disgrazia,  per  aver  ubbidito  a  Cle- 
mente Xill,  e  la  sua  gratituiline  al  sena- 
to per  averlo  voluto  mediante  la  ponti- 
ficia intercessione  rimetter  in  grazia,  as- 
bicurò  il  ministro,  che  ora  iu  ubbidienza 
all'ingiuntugli  da  Clemente  XIV,  appe- 
na avesse  ricevuto  da  lui  il  cappello  e  il 
titolo  cardinalizio,  sarebbe  ritornato  al- 
la sua  diocesi,  ed  iutirnerebbe  la  visita  iu 
esecuzione  del  decreto  ilei  senato,  come 
in  fatti  fu  il  tutto  puntualmente  esegui- 
to. La  direzione  tenuta  da  Clemente  XI V 
iu  (luesl'allare,  dice  il  beicaslel,  dispiac- 
que a  non  pochi  cardinali  e  prelati,  i  qua- 
li dicevano  chiaramente  che  in  (jueslu 
modo  non  solo  si  pregiudicavano,  ma  si 
distruggevano  i  diritti  della  s.  Sede.  11  Pa- 
pa però  ben  lontano  ilal  sentire  alcuna 
impressione  di  ([Ueste  disapprovazioni  del- 
la corte  e  de'buoni,diS'>e  che  era  iu  opi- 
nione di  voler  o  con  uu  suo  breve  o  con 
lettera  «uciclica  assoggettare  ui  vescovi 
latte  le  monache  e  i  regolari,  benché  e- 
'■'À  fussc  stalo  ;:;iuorv:  convcnluale.   .'.;;i- 


Go4  V  E  N 

moto  il  scnnJo  a  progredite  nelle  sue  in- 
novazioni, con  altre  leggi  soppresse  non 
pochi  conventi  e  monasteri,  come  deplo- 
rai ne'piecedenli  ^(ja'loro  luoghi.  Ripor- 
ta il  n.  824^  *-^^^  Diario  di  Roma  del 
marzo  177  1,  che  il  Papa  volendo  dare  un 
attestato  del  suo  palernoamore  verso  l'ec- 
cellenza dell'ambasciatore  Erizzo,  lo  creò 
cavaliere  aurealo,  alla  presenza  de'cardi- 
nali  veneti  e  di  <pjeUi  ascritti  al  patrizia- 
to, olire  i  prelati  nazionali.  La  spada  la 
cinse  all'ambasciatore  il  contestal)ile  Co- 
lonna, e  gli  speroni  gl'iuipose  il  cav.PfylTer 
topitano  della  guardia  svizzero,  in  nome 
del  papa,  dopo  avergli  questo  posto  alcol- 
Io  una  ricca  collatia  d'oro  con  medaglia 
eguale  avente  impresso  Gesù  in  atto  di 
portar  la  croce,  e  nel  rovescio  l'efilgie  pon  - 
tidcia.Nel  medesimo  giorno  il  Pontefice  a 
mezzo  di  mg/Giovanni  Lucca  suo  camerie- 
re segreto  e  d'un  maestro  delle  ceremonie 
pontifìcie  gli  mandò  la  collana  d'  oro  e  il 
tliploma  del  cavalierato, ricevendo  il  por- 
tatore in  dono  una  mostra  d'oro  dall'am- 
basciatore. Clemente  XIV  progredendo 
uella  sua  condotta,  tutta  diametralmen- 
te opposta  a  cpiella  di  Clemeule  XIII, 
nel  1773  soppressela  compaguia  di  Ge- 
sù, Che  grande  fu  nelle  mine  ancora. 
Avea  pur  fiorito  nelle  provincie  venete  e 
in  Venezia,  ivi  pure  lasciando  di  se  quel 
buon  odore  di  sue  virtù  e  benemerenze, 
che,  ripristinata  per  tutto  il  mondo,  la  fe- 
ce dalle  medesime  provincie  e  città  ri- 
chiamare; gloriosa,  per  vantare,  essere  il 
solo  ordine  regolare, che  soppresso  venne 
ristabilito,  sebbene  da  per  tutto  uon  re- 
stò estinta, conservandola  Clemente  XIV 
nella  Russia  e  nella  Prussia, [>evìe  vive  i- 
slauzedi  que'sovrani  acattolici.  Il  barone 
IIenrion,veroslorico,ne  tratta  nellaó^/or/Vz 
universale  della  Chiesa  dalla  predica- 
zione dei^li  Jjiosloli  fino  al  pondfìcato 
di  Gregorio  Xfl,  1. 1  1 ,  p.  44^^  e  seg.  Fra 
le  molte  analoghe  sue  osservazioni  rife- 
rirò le  seguenti.  Erano  tali  le  angoscie  da 
cui  era  tormentatoClementeXI  V  [ìcrsup- 
primere  i  gesuiti,  che  uou  osò  eilelluare 


YEN 

la  distruzione  loro  con  bolla  solenne,  giu- 
dicando che  uu  semplice  breve  sarebbe 
più  opportuno,  poiché  una  bolla  impor- 
tava il  concistoro,  per  sentire  il  parere  de* 
cardinali  convocati,  onde  per  evitar  la 
probabile  opposizione  della  parte  mag- 
giore e  più  retta  del  sagro  collegio,  die- 
de al  decreto  la  forma  di  breve,  dopo  a- 
ver  chiamalo  a  consiglio  privalo  la  con- 
gregazione de' cardinali  Corsini,  Casali, 
Zelada,  Caraffa  e  Marefosclii  (co'  famosi 
prelati  per  segretari,  Vincenzo  Macedo- 
nio e  Onofrio  Alfaui.  Altri  cardinali  av- 
versi  a'gesuiti  furono  De  Bernis  e  Mal- 
vezzi), che  il  Papa  sapeva  ligii  alle  coro- 
ne coalizzate  alla  distruzioue  de' gesuiti, 
essendo  esse  a  ciò  strascinale  da'Ioro  mi- 
nistri, inlluenzati  da'filosofi  miscredenti, 
d.t'giansenistieda'nemici  dell'altare  e  del 
trono,  de'quali  la  compagnia  di  Gesù  era 
fortissimo  propugnacolo.  I  gesuiti  inno- 
centi e  perseguitati  crudelmente,  non  le- 
varono la  parola  a'iamenli,  né  tolsero  il 
velo  delle  passioni,  che  armate  aveauo 
contro  di  loro  le  polimze  della  terra:  tut- 
ti sommessi  invece  al  capo  della  Chiesa 
provarono  essere  figli  uon  tralignati  da' 
padri,  e  la  Società,  inspiralrice  ad  essi  di 
tanta  rassegnazione,  non  meritevole  del- 
l'incorsa generale  proscrizione.  Mirabile 
circostanza  in  quella  grande  catastrofe, 
che  i  gesuiti  abbiauo  avuto  un  asilo  pres- 
so sovrani  eretici  e  scismalici,  come  sor- 
tili a  conservare  le  reliquie  di  questa  mi- 
lizia cristiana  tanto  terribile  allo  scisma 
e  all'eresia.  Clemente  XIV  avendo  fatto 
violenza  al  suo  animo  per  la  lagrimevo- 
ledeterminazioue,  costretto  da  quella  in- 
dicibile che  a  lui  si  fece  da' ciechi  sovra- 
ni, ne  restò  inconsolabile  e  pieno  di  ri- 
morsi; amare  alllizioni  ed  angustie  atroci 
che  lo  tormentarono  sino  al  lermiiuuli  sua 
breve  vita.  "  Non  poteva  ignorare  essere 
la  soppressione  de' gesuiti  un  gravissimo 
danno  all'educazione  in  Europa  e  alle 
lontane  missioni  ,  e  un  trionfo  dell'em- 
pietà, dell'eresia  e  del  libertinaggio;  peu- 
aieio  iucessaute  che  gli  agitava  i'auiuia 


V  E  N 

e  gli  esaltava  l'immaginazione,  onde  so- 
vente credendosi  solo  esclamava:  compili- 
siisfecil  cowpulsus Jcciì  lavìolenza,  j^z, 
la  violenza  ni  estorse  il  fatai  breve!  Va 
giorno,  celebrando  messa,  lasciò  sfuggire 
questo  lamento:  Che  vuol  da  me  anco- 
ra il  re  di  Spagna  ?  non  feci  f;ià  trop- 
po per  luii^  A.iioi[o  conlinuamenleìncine- 
sl'idee  che  gli  avvelenavano  la  vita,  di- 
venne cupo  e  malinconico;  e  non  trova- 
va conforto  a  tante  agitazioni,  come  poi 
disse  ad  uu  suo  intimo  confidente,  se  non 
quando  fermava  il  proposito  di  riparare 
il  male  fa  tto  alla  Chiesa  colla  sua  fiacchez- 
za. Parlossi  d'una  ritrattazione  lasciata  da 
Clemente  XlValsuo  confessore(iolocre- 
do,  anzi  rinnovo  fervidi  voti  a  Dio,  che 
1)0  fatto  in  quest'articolo  nel  voi.  XCI, 
p.  I  20,  acciò  l'occultalo  documento,  a  glo* 
ria  del  suo  Vicario  e  della  compagnia  di 
Gesù,  si  ritrovi  e  pubblichi,  se  per  mali- 
gnità non  fu  distrutto) ,  in  data  del  ic^ 
giugno  I  774,  giorno  della  festa  di  s.  Pie- 
tro, scritta  iu  Ialino,  e  inserita  per  inte- 
ro in  una  Storia  de' Gesuiti  scritta  in  te- 
desco da  Pietro  Filippo  Wolf,  stampata 
a  Zinigo  nel  1791,  parte  3.^,  p.  296  e 
seg.Non  può  essere  sospetto  l'autore,  per- 
chè protestante  interessato  a  nascondere 
tale  documento.  M.  De  Saint-Victor,  Ta- 
hlcau  de  Paris,  t.  4>  pa»"-  2,  p.  349,  tie- 
ne per  incontrastabile  questa  ritrattazio- 
ne; e  l'autore  invece  tanto  erudito  di 7'o/;Z" 
haly  Citoiseul  et  d' Àranda,  ou  l'Intri- 
gue des  troiscahinetSyWon  osa  assicurar- 
la". Mori  ClementeXlV,  dopo  aver  crea- 
lo cardinale  il  nipote  del  predecessore,  il 
veneto  Gio.  Lallisla,  e  do[)0  4  «ntsi  e  22 
giorni  di  sede\acanteglisuccessePio  Via' 
1 5 febbraio  1775. Questi  tosto  finalmente 
promosse  l'uditore  di  Rota  Cornaro a  go- 
vernatore di  Roma, ed  il  nunzio  di  Vene- 
zia rionorati  a  segretario  dc'vescovi  e  re- 
golari, ambedue  poi  elevando  al  taidina- 
iato,  soslituenilo  a  quest'ultimo  Vincen- 
zo Rarmzzi  arcivescovo  di  Tiro;  mentreal 
i.°,  a'25  febbraio  I  777  die'in  successore 
nell'uditorato  nazionale  il  nobile  veneto 


YEN  6o5 

Lodovico  Flangini.  —  ideilo  sfesso  177? 
Venezia  fu  rallegrata  dalla  presenza  di-l- 
l'imperatore  Giuseppe  li,  che  viaggiava 
privatamente  e  da  filosofo.  Il  Mutiuelli, 
Annali  Lr/'(7«/',  descrive  come  fu  onora- 
to dalla  repubblica,  ed  il  suo  soggiorno. 
Abbiamo  la  Relazione  della  venuta  in 
Fenezia  di  S.  31. 1.  H.  A.  Giuseppe  IL  e 
de'  Il  [{.Arciduchi  suoi  fratelli,  nell'anno 
1775,  scritta  da  autore  contemporaneo 
con  note  di  Pompeo  Litta, MWano  1 833,  ti- 
pografia Ferrarlo.  Giunse  l'imperatore  ia 
Venezia  a'2  i  maggio,  accompagnato  dal 
fratello  Leopoldol  granduca  diToscana,e 
nel  dì  se"uenlera".  iuntodaqli  altri  arci- 
duchi  pure  suoi  fratelli,  Ferdinando  go- 
vernatore divida  no, e  ìMassim  iliano,preu« 
dendo   allo£!"io  nell'  albergo  del  Leone 
Rianco,  per  la    tavola  recandosi  a  quello 
dello  Scudo  di  Francia.  Era  prossima   la 
ricorrenza  dell'Ascensione,  che  la  signo- 
ria volle  render  più  solenne  deputando  a 
conq)limentareed  accompagnare  l'impe- 
ratore per  la  città  il  procuratore  Alidi  ea 
Tron.  Ricusando  però  fermamente  Giu- 
seppe Il  qualsiasi  dimostrazione  di  pub- 
blica   onorificenza,    preferì    V  abito    di 
maschera  i\t\\a  bauta,&ollo  il  quale  no- 
bili e  plebei  egualmente  trovavansi,  per 
osservare  sconosciuto   le    meraviglie  di 
Venezia,  per  informarsi  de'  palazzi  che 
maestosi  sorgono  lunghesso  il  Canal  gran- 
de, e  de'nomi  delle  famiglie  che  li  abita- 
vano. Nondimeno  non  ricusò  d'assistere 
nelle  stanze  del  suo  ambasciatore  conte 
Durazzo,  e  in  quelle  del  Tron  a  radunan- 
te splendidissime,  e  a  drammi  iu  musi- 
ca ne' teatri,  per  lui  essendo  stalo  ridi- 
pinto quello  di  s.  Benedetto;  non  che  di 
ammirare  il  solenne  rito  nel  giorno  del- 
l'Ascensione, e  per  goder  maggiormente 
la  veduta  della  moltiludicie    del  popolo 
.sf/pia  le  ncque,  si  rerò  e  arrampicò  nel 
[ironioiitorio  dello  Molla  di  s.jAntonio, 
ora  piccolo  colle  de'ginrdini  pubblici. Vi- 
lle l'Arsenale,  i  Murazzi,  la  regala,  che  fu 
descritta  dalla  relazione  riprodotta  dal  pa- 
trio annalista  uibano. — Frattanto  e  pii- 


Gr;(3  V  E  N  VE  ^< 
ma  (li  q:ìe'.\'i.'-[ìOca,  l'Emoavca  pioscguito  trixiafo.  Si  «Iccretò  rimririehhp  per  ?.o  an« 
je  sue  vfilorose  imprese  contro  i  pirati  ni  aperto  il  Libro  d'oro,  potondovisi  in» 
<!i  Darberia,  promosso  a  duce  supremo  scrivere  sino  a  4^  nf>!'i''  di  Terraff:rma 
•;  ammiraglio  della  veneta  marineria  mi-  o  altri  sud<liti  della  repubblica, seniprechè 
Jilare.  Forzalo  il  dey  d'Algeri  alla  pace,  però  provassero  di  po<;seHere  una  rendi- 
<bbe  pure  in  guiderdone  dalla  patria,  nei  ta  di  f  0,000  ducati,  e  la  loro  nobillh  ri- 
j  768,  la  dignità  di  cavaliere  della  stola  inontassoal  bisavolo.  Piicliiedevasi  di  piìi 
il'oroje  ciò  mentre  il  vice-amniiraglio  o  elici  patrizi  fissassero  nella  capitale  la 
capitano  tielle  navi  cav.  Jacopo  Nani,  n-  loro  dimora.  Pure  nel  177'!'  i  vcneziaoi 
Aeva  represso  i  corsari  di  Tripoli,  che  si  proposero  alla  lìussia  un  tralfatodi  com- 
abbandonavano  ad  ogni  eccesso  a  danno  mercio,  che  avrebbe  dato  alle  derrate  di 
tlel  commercio  veneto.  Continuò  l'Emo  a  questa  potenza  un  corso  naturale  verso 
fungere  il  carico  di  supremo  capii. *no  nel  la  Francia.  Questa  vi  trovava  un  triplice 
1769,  1770  e  I  77  I,  veleggiando diji|nito-  vantaggio,  di  estendere  la  sua  navigazio- 
samenie  il  mar  Ionio  e  l'Egeo. Cessalo  da  ne,  aumentare  la  marina,  e  coll'itupedire 
tale  uffizio,  nel  1772  gli  fu  conferita  la  iltraffico  mercantile  di  41^^00  vascelli  in- 
magistratura censoria, la  quale  insigniva  glesi  nel  Hallioo,  arricchir  se  medesima, 
del  carattere  di  senatore,  e  nel  corso  dei  La  proposta  per  nitro  non  venne  accel- 
ì6  mesi  di  sua  durata  viaggiò  in  Ger-  lata.  Frallanlo  il  campanile  di  s.  Marco, 
mania,  onoralo  da  Federico  11  re  di  Prus-  che  ripetutamente  era  slato  colpito  dal 
sia.  IVel  I  773fatto  magistrato  della  prov-  fulmine  nel  giugno  i383e  nel  giugno 
\igione  del  denaro,  equivalente  a  mini-  i3S8,  e  poscia  olTeso  più  volte  da  incen- 
slro  di  finanza  e  del  tesoro,  ne  migliorò  dii  e  dal  terremoto,  a'  18  maggio  1776 
le  condizioni;  indi  fu  trasferito  al  mini-  fu  inimiio  di  con  lultore  elellrico.  A'3  i 
siero  o  magistrato  del  cooamercio  de'  5  dicembre  i778grandi  e  popolo  lagrima- 
savi  deputatiallemercanzie,  persuadendo  rono  la  morie  del  doge  Mocenigo,  ed 
poi  i  commercianti  a  costruire  navi  nier-  ebbe  tomba  nella  chiesa  de* ss.  Giovanni 
«aniili  di  gran  mole  e  navigare  con  esse  e  Paolo,  dove  «tanno  sì  magnifici  inonu« 
1  Oceano; migliorò  le  manifatture,  ed  isti-  menti  de'piìi  chi:iri  personaggi  di  sua  fa- 
tui scuole  di  costruzione,  di  navigazione  iiìiglia. 

e  di  pilotlaggio  per  la  marina  mercanti-  4'-  P'iolo  Rcnier  CXTX  doge.  11  ve- 
le. Nel  1774  nuove  ruberie  e  nuove  vio-  neziano  stalo  ne  avea  udito  celebrare  la 
lenze  dv;' pirati  furono  severamente  pu-  fjcondia,  allorfjuando  proponeva  nella 
Dito  dall'Emo,  con  ricomparire  perla  3.'^  foruìa  dui  governo  cambiamenti  che  non 
volta  sulle  coste  dell'  Africa  destinale  a  ottenne.  Vienna  avealo.  ovulo  illnstro 
diventare  fra  poco  il  teatro  delle  maggio  ambasciatore  nell'ifnpero  di  RI. aia  Tere- 
ri  sue  glorie.  Dice  V  Arte  di  verificare  le  sa,  la  cui  estimazione  seppe  procurarsi;  e 
d<!/i',ne\  ^'j'j^  attesa  la  clamorosa  rovi-  bailo  a  Costantinopoli,  fu  ammiralo  Sie- 
na di  molle  faniiglie  s' interdissero  inVe-  come  assai  avvedalo  politico.  Né  l'accoi  - 
Dezia  i  sempre  pregiudizievoli  giuochi  di  tczza  e  la  facondia  di  lui  quelle  erano 
fizztrdo,  com'era^  praticato  in  alcune  al-  solaniente,  che  piùo  meno,  per  caria  na- 
Ire  epoche  precedenti,  e  in  seguilo  non  si  rionale  indole  si  osservassero  ne*  vcneli 
tennero  [tiìi  tali  giuochi  con  quella  pub-  patrizi.  Egli,  di  più,  aveale  in  se  slesso  a- 
Micila  che  per  lunga  pezza  era  stata  una  limcntatu  con  lo  studio  degli  antichi 
'Ielle  più  scandalose.  Indi  aggiunge,cho  scriUori  di  Hoaja  e  di  Atene,  i  cu;  lin- 
i  el  1775  l'orgoglio  de"i)obiii  veneli,soli  gnaggi  a  fondoconosceva.Enotlee  dì  Irat- 
jueoibri  del  governo,  dovette  acconscn-  lava,  specialmente  i  dialoghi  e  i  libri  di 
lire  di  rendere  uicuo  iuaccessibilc  il  pa-  rialo;!c,  i  quali  avea  Irasporlati  nel  pu- 


VEN 
trio  cìialetlOjC  Iii!i2;!ii  l)ranl  di  quelli, non 
meno  tlicde'pocmi  di  Omero,  ripeteva  a 
memoria.  l'er  ciò  amavano  vivere  fre- 
quenti presso  di  lui  i  più  egregi  patrizi, 
o'cpjali  ii  univano  onorali  i  più  dotti  per 
sonagli  che  capita%ano  in  Venezia  dalle 
straniere  nazioni. Cfni  tante  virtù, egli  fu 
sollevato  alla  dignità  di  doge  a' 14  gen- 
naio 1779.  E  avvegnaché  il  doge  ormai 
non  altro  ufficio  avesse  che  di  rappresen- 
tare il  governo,  cerlamente  che  meglio 
the  da  lui  non  si  {)0leva  sostenere  sì  e- 
Diinciite  grado  d'  onore.  Egli  era  hello 
delia  persona,  nobile  e  ilarcdella  faccia, 
vivace  degli  occhi,  facondo  del  labbro, 
pi  onto  alle  risposte,  faceto  con  decoro,  fi 
losofo,  politico,  perito  delle  istorie.  JNè 
l'epoca  del  ducato  di  Ini  rima<ie  per  pa^ 
ti  ii  fatti  oscura  negli  annali  del  uìondo. 
Seguita  la  sua  elezione,  si  mandò  un  cor- 
riere ai  figlio,  ch'era  ambasciatore  a  Ro- 
ma, giacché  la  legge  non  permetteva  od 
Un  figlio  o  fratello  del  doge  di  conser Ta- 
le alcuna  dignità  o  coprire  veruna  carica 
pubblica,  come  notai  più  volte,  per  cui 
cessò  dalla  sua  rappresentanza,  INelIa  con- 
tinuazione àelì'^rle  di  verificare  le.  da- 
te, si  leggono  le  seguenti  notizie.  Il  doge 
Renier  si  n)ostrò  sempre  favorevole  al 
parlilo  che  studiava  di  iìunorare  nello 
slato  r  influenza  de' grandi,  onde  il  go- 
verno era  interamente  aristocratico.  Dal 
17730!  1779  ''  consiglio  de' Dieci  e 
specialmente  gl'inquisitori  di  stato,  che  a 
poco  a  poco  eransi  usurpalo  quasi  che 
tutto  il  potere,  furono  a  più  riprese  og- 
getto di  vivissime  discussioni  per  parte 
del  maggior  consiglio,  presso  il  quale  la 
nobiltà  povera  osava  talvolta  di  ester- 
nare il  suo  liseiilimetito,  in  esso  vera- 
mente lucala  cssenti<i  L.  sovranità.  Nel 
1761  l'avogadore  Ai)g.-lo  Quirini,  che 
avea  denunzialo  il  tribunale  supreme» 
presso  il  maggior  coiisiglio,  fu  d'oidine 
tl'ua  inquisitore  disl.ito  mandalo  a  pren- 
òeje  dci'birri  e  trarlo  uclia  cittadella  di 
\ciUua.Era  i^tuza  t»cu  pio  l'ari tslo  d'un 
ùjo^aduieiriCaiitOjt  poco  o/uiicc  uu  lai 


V  E  N  G07 

olio  d'autorità  non  fosse  fatale  pel  tribu- 
nale supremo,  che  per  altro  ne  andò  as- 
solto mercè  alcune  leggiere  riforme  in- 
trodotte nella  sua  organizzazione.  Nel 
1773  insorse  un'altra  volla'coniro  d  con- 
siglio de'Dieci  lo  stesso  avog;ulor  Quiri- 
ni,che  trova  vasi  alla  lesta  d'una  delle  qtia- 
ranlie  incaricate  dell'  amministrazione. 
Prima  fu  punito  coli'  esilio,  e  poscia  con 
una  nuova  privazione  di  sua  libertà. Se- 
nonchè  finalmente  divenute  generali  le 
lagnanze,  fu  creala  unacon)inissione  che 
doveva  suggerire  i  mezzi  di  rimediare  a- 
gli  abusi.  Le  discussioni  durarono  quasi 
10  anni,  e  non  ebbero  risultanze  meri- 
tevoli d'essere  riferite.  Le  agitazioni  che 
si  riprodussero  nel  1777,  t^l'l^ero  un'ori- 
gine meno  grave  che  non  gli  eccessi  di  po- 
tere di  cui  rimproveravasi  il  consiglio 
de'Dieci.  Era  sialo  dagli  inquisitori  di 
slato  proibito  alle  donne  ufjbili  della  ca- 
pitale di  comparire  a'pnbblicispeltacoli  se 
non  coll'abilo  di  maschera  completo,  che 
era  destinalo  per  tutta  la  nobiltà  veneta 
d'ambo  i  sessi.  Consisteva  esso  in  un  do- 
minò nero  o  lauta  con  una  specie  di 
mantellina  di  merletto  pur  nera  soprap- 
poslavi.  Portavasi  in  capo  un  cappello 
da  uomo,  poi  la  maschera  d'un  me7Zt> 
volto  sulla  faccia, che  la  copriva  soltanto 
per  metà,  il  qual  mezzo  volto  poteva  an- 
che porsi  in  un  angolo  del  coppello.  Con 
questa  prescrizione  era  interdetto  a' no- 
bili de'  due  sessi  di  frefjucntarc  i  caffè, 
fuori  che  nella  stagione  del  carnevale.  [ 
patrizi  non  doveuno  entrarvi  ncj)puie  in 
pieno  giorno,  se  non  coperti  delle  loio 
toghe.  E  qui  dirò  che  lai."  legge  conser- 
vala, relativamente  olle  maschere,  è  de' 
\  2  febbraio  1  389,  Capta  full  pars  qtiod 
de  celerò  idla pitrsona,  me  ullu  teijij)0'- 
redo  liodc  precipue  a  lertìa  cainpaiul 
Hiipieadinatulìiiiims.Mareinonuudeat 
iiec  dcheat  ire  Iransvestila  per  modani, 
i  rd IO  ne  s  t  uni  qXc.^W  the  accenna  ad  uso  più 
antico.  Ben  presto  pcrò^opravvennerour- 
gomeiili  più  .sci  iidi  lagnanze  e  didicur- 
dia.  Si  prepose  uoniiuaic   uua  coaiUiis- 


6o8  V  E  N 

sione  speciale  pe'bisogni  del  popolo  die 
sofliiva  ,  e  da  ciò  nacquero  altercazioni 
violente  ne'  luoghi  pubblici  tra  parecchi 
nobili,  che  non  potevano  andar  d'accor- 
do sulla  scella  da  farsi.  Il  consiglio  de' 
Dieci  esercilò  rigorosi  alti  di  autorità,  e 
trionfò  mai  sempre  degli  sforzi  che  si 
tentavano  per  restringere  la  potenza  de- 
gl'inquisitori di  slato.  Verso  la  stessa  e- 
poca  era  giunto  al  massimo  grado  la  cor- 
ruttela, e  rese  necessarie  alcune  misure 
repressive.  La  qual  corruzione  e  la  di- 
guaglianza  grandissima  delle  ricchezze 
influir  dovevano  sul  govcino medesimo, 
cioèa  dire  mettere  una  paiie  dell'ordine 
equestre  sotto  la  dipendenza  dell'altra, 
e  completar  finalmente  il  sistema  oli- 
garchico. A'a  dicembre  1781  il  senato, 
sulle  diu)oslrazioni  del  suo  ambasciatore 
a  Pioma  cav.  Girolamo  Zulian,  assegnò 
allo  scultore  Canova  annui  3oo  ducali. 
E  qui  rammento  d'aver  descritto  nel  voi. 
LXXXll,  p.  79,  il  formale  e  solenne  in- 
gresso fallo  dal  Zulian  nel  1781  in  Ro- 
ma, l'udienza  pubblica  ricevuta  dal  Pa- 
pa; nel  I  782  l'udienza  di  congedo,  la  sua 
creazione  in  cavaliere  aurealo, ed  i  regali 
sagri  ricevuti  da  Pio  VJ.  Noterò  ancora, 
che  noll'anìbasceria  gli  successe  Andrea 
MemtRo ,  le  figlie  del  quale  cres>imò 
Pio  VI,  come  descrissi  nel  voi.  XYI,  p. 
78.  —  JN'el  detto  anno  i  782  a'  1 8  gennaio 
giunsero  in  Venezia  sotto  il  modesto 
nou)e  di  Conti  del  Nord,  Paolo  figlio  di 
Caterina  li  imperatrice  di  Russia  ,  poi 
impera tore,eMariaTeodorowna  di Wiir- 
lend)ergsua  moglie,  con  decoroso  accom- 
pagnamento, e  presero  alloggio  nell'  al- 
bergo del  Leon  Bianco.  La  repubblica 
deslinòa  riceverli  e  servirli  il  savio  grande 
Pesaro,  e  il  savio  di  TerrafermaGrimaui. 
Visitaronoi  luoghi  piiuiolevoli  della  città, 
ebbero  i  soliti  tiallamenli  di  musiche  e 
di  danze  ne'leatri  e  nelle  sale,  il  tratte- 
nimento della  regata  e  altre  dimostra- 
zioni. Di  più  fu  loro  dato  uno  spettacolo 
nuovo  e  magnifico,  che  descrive  il  cav. 
Mulinelli.  Nella  piazza  di   s.  iMarco  fu 


V  E  N 

innalzato  un  anfiteatro  di  5oo  piedi  dì 
circonferenza,  nel  sommo  del  quale  ri- 
correvano alcune  logge  appoggiate  ad  ar- 
chi dipinti  verde  e  in  forma  di  pergola- 
ti. L'edifizio  giungeva  fino  a'capitelli  del- 
le colonne  de'porlici  delle  Procuratie,  di 
maniera  che  le  due  corna  d'ambo  le  stu- 
pende fabbriche  lo  sopravanzavano  e 
servivano  quindi  di  fondo  al  quadro. 
All'estremo  dell'anfiteatro  verso  il  palaz- 
zo, ora  reale,  sorgeva  uno  di  (pie'  fabbri- 
cati detti  alla  francese  padiglioni ,  chio- 
schi turcheschemcnte ,  ricco  di  cristalli 
alle  finestre  e  nell'interiore  di  specchi, di 
masserizie  graziose  e  magnifiche:  all'  al- 
tro estremo  verso  la  basilica  ,  vedevasi 
un  grand'  arco  trionfale  alto  80  piedi, 
disegnato  su  quello  esistente  a  Roma  di 
Tito,  e  adorno  di  colonne  e  di  statue,  pel 
quale  si  entrava  uell'anfiteatio.L'iuven- 
7.ione  e  l'esecuzione  di  quell'opere  me- 
ravigliose, non  erano  altrimenti  del  va- 
lente dipintore  Domenico  Fossati  o  del 
suo  cugino  Alessandro  Mauro  peritis- 
sifno  prospettico  ,  come  fino  a'  nostri 
giorni  fu  creduto  ,  bensì  di  Vincenzo 
Chilone  valoroso  pittore  di  prospettiva, 
non  fortunato,  come  prova  il  Mulinelli 
colla  biografia  scritta  da  lui  stesso  con 
riprodurla.  Adunque  così  ordinata  la 
piazza  di  s.  Marco,  a'24geoQaio  furono 
accolli  i  Conti  del  Nord  nel  suddetto  pa- 
diglione o  chiosco, e  tosto  pel  grand'aico 
entrarono  nell'  anfiteatro  5  grandi  carri 
rappresentanti  per  emblemi  l'Agricoltu- 
ra, l'Abbondanza,  il  Commercio,  le  Arti, 
la  Pace,  ognuno  tirato  da  4  bovi  bian- 
chi; fallo  il  giro  dell'arena,  ed  usciti  i  car- 
ri, vi  s'introdussero  in  3  separate  schie- 
re 72  tori  e  con  essi  i  tiratori  (0  condut- 
tori e  giostratoli)  bizzarramente  abbi- 
gliali con  vesti  di  nazioni  diverse  (erano 
niacellai  e  corCesani,  di  due  fazioni,  ve- 
stili ordinariamente  con  brache  di  vellu- 
to nero  e  giùbboncello  di  scarlatto,  eoa  , 
berretta  rossa,  se  della  fazione  Castella- 
un,  usando  la  nera  gli  appartenenti  alla 
NicoloUa) ,  dandosi  con  essi  per  circa 


YEN 

un'ora  e  mezza  lo  spellacolo  della  caccia 
del  toro,  cioè  la  fierissima  lotta  tra  il  loio 
e  i  molli  cani  die  gli  aizzavano  i  tiratori. 
La  quale  finita,  rientrati  i  carri  nell'an- 
iilealro,  e  fermatisi  lu  bell'orditie  in  5  di- 
versi siti,  si  lasciò  che  il  niinuto'popolo 
per  altri  4  ingressi  entrasse  nell'anlitea- 
Iro;  e  quell'accorrere  di  popolo  infinito, 
lieto  e  impaziente  di  godere  pur  esso,  e 
quell'accorrer  di  popolo  quasi  fiume  per 
4  gore  fu  spettacolo  sorprendente  e  forse 
di  tutti  il  più  dilettevole  (tanto  ciò  è  ve* 
ro,  che  più  volte  tni  raccontò  un  altissi- 
mo personaggio,  che  all'improvviso  in- 
gresso della  moltitudine  s'intimorirono  i 
Conti  del  Nord,  supponendo  lo  scoppio 
d'una  insurrezione.  Tosto  però  furono  ras- 
sicurati di  nulla  temere,  essendo  il  popo- 
lo che  stava  dietro  lo  stecconato  che  cir- 
condava l'anfiteatro. Sorpresi  dall'immen- 
so numeroe  non  vedendo  milizie  che  lo  a- 
vessero  con  tenuto,  domandarono  come  ciò 
fosse  proceduto.  Allora  fatto  venire  il  Cri* 
stofoli  missier  grande  o  fante  della  re- 
pubblica, e  presentalo  a'Cooti  del  iN'ord, 
fu  ad  essi  detto  lui  solo  colla  forza  mo- 
rale averlo  trattenulo  (piieto-  Lo  stesso 
personaggio  cui  diceva  pure,  che  il  padi- 
glione o  chiosco  era  formalo  sulle  misu- 
re e  colle  suppellettili  di  altro  simile  che 
i  medesimi  granduchi  possedevano  iu 
Bussia,  ove  fu  mandato  in  dono  agl'itn- 
periali  coniugi  imballalo  in  casse,  sicco- 
me costruito  (ler  potersi  decomporre,  in- 
sieme a'crislalli  ed  agli  specchi  bellissimi, 
il  che  non  èadireciuanto  riuscisse  loro  gra- 
dito). Fattasi  intanto  notte,  partir  vede- 
vasi  dal  chiosco  una  colomba  artificiale, 
cui  si  uvea  dato  fuoco  dalla  stessa  gran- 
duchessa, la  quale  colomba  rapidauicn- 
le  trapassando  la  piazza  giungeva  all'ar- 
co per  comunicargli  là  favilla,  laonde  a- 
scondendo  il  dello  aico  molli  altri  fuochi 
lavorali,  era  c^so  in  un  istante  tulio  illu- 
miiialo,innalzandosi  n  grande  altezza  nel- 
l'aria migliaia  ili  razzi  vaghissimi.  Nel  me- 
desimo tem[Hj  i  gradini  deli'  aniplissirno 
anfiteatro  e  le  finestre  delle  Procuralic 

VOL.   XCII. 


V  E  ìN  G09 

risplendevano  per  torcedi  cera, e  per  lam- 
pioni di  cristallo  gli  archi  del  pergolato, 
i  carri  e  la  facciata  della  basilica,  per  cui 
la  piazza  di  s.  Marco  sembrò  in  un  pun- 
to quasi  mutata  in  una  grande  e  ben  a- 
dornata  sala  da  ballo.  A  notte  avanzata 
le  torce  furono  lasciate  in  possesso  del  po- 
polo. 11  Mulinelli  riporta  la  Descrizione 
degli  spettacoli  e  citile  feste  datesi  in 
Fenezia  per  occasione  della  venuta  del- 
le LL.  A  A.  IL  il  granduca  e  la  gran- 
duchessa di  Moscovia  sotto  il  nome  di 
Conti  del  Norl  nel  mese  di  gennaio  1782, 
adorna  de' ritratti  di  detti  principi,  Ve- 
nezia presso  Vincenzo  Formaleoni.  Di  al- 
tri opuscoli,  eoa  altre  notizie,  ne  dà  con- 
tezza il  cav.  Cicogna,  I/iscrizioni  Vcnc' 
ziane,  t.  2,  p.  267  e  435.  Per  questi  fe- 
steggiamenti la  repubblica  spese  1 09,677 
ducati  d'argento.  Passati  i  principi  a  Ro- 
ma, benignamente  accolti  da  Pio  VI,  si 
trovarono  quando  a' 27  febbraio  dello 
slesso  1782  il  Papa  montava  in  carrozza, 
pel  suo  viaggio  a  Vienna,  onde  il  gran- 
duca Paolo  nell'aiularlo  a  salirvi,  lo  pre- 
gò ad  accettare  una  pelliccia  inviatagli 
dall'imperatrice  madre,  sperando  che  gli 
avrebbe  recato  vantaggio  in  sì  rigida  sta- 
gione, e  nel  clima  di  Germania  più  cru- 
dodi  quello  d'Italia.  II  Papa  si  recava  dal- 
l'imperatore Giuseppe  II  per  tentare  col- 
la sua  viva  voce  di  porre  un  freno  alle 
sue  deplorabili  innovazioni  sulla  discipli- 
na ecclesiastica  e  alla  soppiessione  de'sa- 
gri  chiostri,  modellatosi  in  parte  dall'o- 
peraio della  repubblica  veneta,  e  cos'i  mi- 
iiuziosamente,che  fu  proverbiato,  al  mo- 
do accennato  di  sopra  nel  dogado  i  18. 
Per  buona  ventura  della  Chiesa  dell'im- 
pero austriaco,  e  perciò  anche  delle  pro- 
vincie  venete  e  lombarde,  la  saggezza 
e  pietà  del  regnante  imperatore  Fran- 
cesco Giuseppe  1,  ha  di  recente  abolito 
le  fatali  e  famose  leggi  Giuseppine,  pel 
Concordalo  concluso  in  /  ienna  (f^.), 
col  regnante  Pontefice  Pio  IX.  —  l'er 
le  onuriliceuzc  che  Pio  VI  ricevè  dalla 
repubblica  passando  pc'  suoi  dominii ,  e 


Ciò  VEN 

nel  suo  soggiorno  di  Venezia,  piOceJeiò 
lo' Diari  di  Rotua,  e  col  Diario  pitno  e 
distinto  del  viaggio  fallo  a  Vienna  dal 
Sonivìo  Venie ficc  Pio  Papa  SeslOy  Routn 
1782.  Lo  descrisse  mg.'  Giuseppe  Diui 
prtfelto  delle  cerenionie  pontificie,  che  fu 
se  tu  pr  e  del  seguito  di  Sua  Sautilà.  Di  lui 
già  mi  giovai  nel  descrivere  le  città  per  le 
quali  passò,  per  cui  soltanto  i'indiclieiò 
in  coisivo.  Pel  soggiorno  di  Venezia  in 
breve  v'uitreccierò  il  più  in>porlaiile  del 
riferito  dal  cav. Mulinelli  riegliyi//i/J^/^X/"- 
haai,  e  dall'opuscolo  da  lui  riprodotto  e 
inlilolato;  arrivo,  soggiorno  e  partenza 
da  J  enezia  del  Sommo  Pontefice  Pio 
J^I.  In  Venezia  1782  appresso  Rinaldo 
Iknvenuli.  Tale  soggiorno  costò  alla  re- 
jiuhblica 49,648  ducalid'argento.DaFer- 
rara  l'io  VI  partì  a' 1  o  marzo,  accompa- 
gnalo dal  cardinal  Cardila  legato  sino  a 
l'onte  Lagoscuro  alla  riva  del  Po,  dov'è- 
)ano  preparati  un  nobilissimo  buciiiloro 
o  burcliitllo,  due  bucintori  cuinori,  7  peo- 
lee  3  barche.  Alle  ore 1 4  si  allontanò  dal- 
la riva,  e  s'inconunciò  la  navigazione  pel 
lasto  fiume,  dirigendo  il  viaggio  verso 
Cliioggia,  riuscendo  spettacolo  di  divozio- 
ne le  popolazioni  accoricnli  sulle  due  ri- 
ve per  ricevere  l'apostolica  benedizione, 
anche  in  notabile  lontananza.  A  Corbola 
il  vescovo  d'Adjia  Arnaldo  Speroni  con 
piccol  naviglio  si  prebeulòa  ossequiare  il 
l'apa,  accollo  con  particolare  gentilezza. 
Pervenuto  alla  Cavauella  dell'  Adige,  so- 
piaggiuiise  il  vescovo  di  Chioggia  Bene- 
detto Ci\ran,  e  poco  dopo  il  patrizio  Bar- 
tolomeo Gradeuigo  podestà  di  Chioggia, 
ambedue  per  corilestare  la  loro  venera- 
zione, ricevuti  colle  più  disliule  dimostra- 
zioni di  gradimento;  come  situilmeule  fu 
con  sìugolar  benignità  accolto  il  nunzio 
di  Venezia  Ranuzzi ,  benché  di  recente 
promosso  alla  nunziatura  di  Lisbona,  in 
sua  Vece  essendo  destinato  per  la  repub- 
blica Giuseppe  Firrao  arcivescovo  di  Pe- 
tra. Alle  ore  i[\  approdò  a  Chioggia  il 
l'apa,  venendo  ricevuto  da  molti  vescovi 
dello  stalo  veneto,  e  da  ojolla  nobiltà  ac- 


V  E  N  % 

corsa  dalle  vicine  citlà  e  luoghi.  Nel  ma- 
gnifico appartamento  del  palazzo  del  no- 
bile Bartolomeo  Grassi,  preparato  per  sua 
dimora,  si  presentarono  a  Pio  VI  i  pa-  J 
trizi  cav.  Pietro  Luigi  Contarini  e  Lodo-  ' 
vico  Manin  procuratori  di  s.  Marco,  scel- 
ti dalla  repubblica  a  rassegnargli  il  suo 
sincero  ossequio,  servirlo  e  accompagnar- 
lo in  tutto  il  corso  del  viaggio  pel  vene- 
to dominio,  sino  a'confini  degli  siali  uu- 
slriaci;  li  quali  furono  da  lui  ricevuti  C(m 
tutta  la  maggior  distinzione, conteslanda 
loro  la  sua  sensibilità  e  riconoscenza  verso 
la  repubblica  per  tante  nubili  attenzioui. 
Nel  lunedì  seguente  1  i  marzo, celebrata  la 
messa  nella  cappella  del  palazzo,  dal  bal- 
cone benedì  il  numerosiiisimo  popolo,  e 
disceso  alla  riva,  il  Papa  salì  sul  suo  bu- 
cintoroco'dueprocuratori,  seguilo  da  due 
loro  nobili  peote,  preparale  per  uso  del 
i'apa,edagli  altri  legni.  Parlilo  ila  Chiog- 
gia dalla  parte  del  canale  di  Brondolo, 
s'inviò  per  l'ameno  Brenta,  e  pervenuto 
al  delizioso  luogo  della  Miia,  alle  Gain- 
berare  si  presentò  il  patriarca  di  Vene- 
zia Federico  Maria  Giovanelli,  il  quale 
fu  dal  Papa  accollo  con  tulle  le  più  par- 
ticolari dimostrazioni  di  stima  e  di  alFet- 
to,  come  erigeva  il  distinto  di  lui  merilo 
personale  e  la  dignità,  trattenendolo  nel 
gabinello  di  sua  nave  sino  a  Oriogo  e 
Moranzano.  A  Fusina,  ove  si  entra  nella 
Laguna,  il  Papa  lasciato  il  bucintoro,  pas- 
sò nella  i.°  delle  due  peote  venete,  col 
nunzio  Ranuzzi ,  i  due  prelati  di  com- 
pagnia Marcucci  palriarcadi  Costantino- 
poli, amuiinislratore  di  Montallo  e  vi- 
cegerenle  di  Rocna,  e  Conlessini  arcive- 
scovo d'Alene  ed  elemosiniere  segreto,  e 
i  due  procuratori  di  s.  Marco.  Pel  cana- 
le di  s.  Giorgio  in  Alga  e  di  s.  Chiara, 
si  diresse  verso  ftlestre,  in  mezzo  ad  un 
foltissimo  numero  di  piccole  barche  e 
gondole,  le  quali  ricoprivano  il  vastissimo 
spazio  della  Laguna,  approdando  a  ore 
24  a  Malghera,  ove  trovò  fanti  e  caval- 
leria schierati,  per  onorarlo  e  accompa- 
gnarlo, una  uobile  carrozza  a  G  cavalli,  m 


f 
VEN  VEN  6m 
cui  salì,  ed  altre  pel  seguilo.  Arrivalo  a  cotiosceiiKa  al  senato  e  al  Juge,  entrò  iie- 
Meitlre  siuoulò  al  [<alazzo  Jel  procuia-  t^li  stali  austriaci  e  giuuse  a  Gorizia.  iVcl 
tore  Erizzo,  ricevuto  da  ;uolti  vescovi  e  riloroo  Uà  Vienna,  per  Roveredorieulrò 
da  gran  numero  didislinli  nobili. iVell'ap-  l'i  i  maggio  nel  dominio  veneto,  trovau- 
parlamento  fu  complimentalo  dagli  aiu-  do  a'coulìui  i  medesimi  due  procuraturi 
i)ascialoii  imperiale  e  di  Spagna,  presso  desliuali  ad  accompagnarlo.  Dopo  aver 
la  repubblica, dalricevltoredi  i\Ialla, lui'  pernottalo  a  /e/ o/ta  la  notte  e  quell.i 
li  poi  ammellendu  all'udienza  e  al  bacio  seguente,  a'i3  passò  a  l'iceaza,  indi  a 
del  piede,  e  dopo  la  messa  nella  seguea-  Pado^'u,  ove  si  fermò  anche  il  giorno  1 4, 
te  manina  le  ambasciatrici  e  molle  dame  partendone  a'i5.  Dalla  porla  di  forlel- 
veneziane.  Benedetto  il  popolo,  riprese  lo,  sul  Brenta  ascese  nel  nobile  burchiello 
a' 12  il  viaggio,  preceduto  da  6  corrieri,  o  bucintoro,  nel  quale  auimise,  olire  i 
4  forieri,  due  cameiieri  pubblici  e  dalla  due  procuratori,  ilcav.  Alvise  Moceuigo 
cavalleria,  oltre  quella  di  scorta, per  tulio  figlio  del  doge  defunto,  capitano  e  vice- 
Io  slato  venelo,  cambiandosi  i  cavalli  ia  podes-tà  di  Padova,  mg.'Marcuoci,  mg. 
ogni  mezza  posta.  Si  fermò  a  Treviso,  a  Coutessiui,  mg.  Garampi  nunzio  di  Vicn- 
Conegliano  venne  ossequiato  dal  podestà  na,  mg."^  Ranuzzi  nunzio  di  Venezia,  ed 
Contarini,  e  [)eruoltò  in  Sacilej  sempre  altri  prelati  del  seguilo,  passando  il  ri- 
iucuiilrando  lungo  la  via  immenso  popò-  mauentedi  questo  iu  altri  bui  duelli.  Tra- 
lo  invucanle  la  benediziune.  A'i3  parli  giltalo  il  (lume,  e  giunti  al  Dulo,  luogo 
per  L^^Z/'/a',  ("apilale  delFriuli  veneto.  Ivi  molto  popolalo,  nel  tempo  che  ivi  con- 
Pio  VI,  nello  slesso  gicnuo  dell'arrivo,  venne  fare  traltenimeulo  per  l'aprimeuto 
dice  mg/  Dini ,  a  ditnoslraziooe  di  gra-  della  porta,  o  sia  ritegno  dell'acipie  del 
lo  animo  per  1'  attente  e  assidue  cure  a-  fiume,  fu  il  Papa  di  nuovo  complimenu- 
vule  nel  corso  del  viaggio,  die'  al  cav.  lo  dal  vescovo  di  Padova  Giustiniani,  che 
Contarini  una  preziosa  corona,  tanto  per  l'avea  preveuulo  per  trovarsi  a  ossequiar- 
se  quanto  per  la  ca^aliera  di  lui  consor-  lo  a'cunfini  della  diocesi.  Giunto  alla  ftli- 
te,  e  distinse  il  procuratore  Maniu  ,  che  ra  si  licenziò  il  cav.  ftlocenigo,  per  esse- 
ancora  non  avea  avutola  dichiaiazione  re  il  termine  di  sua  giurisdizione,  onora- 
di  cavaliere,  con  questo  titolo,  nella  forma  lo  dal  Papa  con  atlestali  di  riconoscenza 
medesima,  come  soLva  praticarsi  in  ilo-  per  le  laute  prodigate  allcn/.ioni.  Al  iMu- 
aia  con  gli  ambasciatori  veneli  prima  del  janzano  si  presentò  il  patriarca  di  Vene- 
termine  di  loro  ambasceria,  quando  un-  zia  mg/  Giovanclli,  accollo  con  tulli  i 
eh'  essi  non  siano  per  auco  siali  con  lale  contrassegni  d'eslimazione.  Giunti  poi  a 
titolo  fregiali  (invece  racconta  il  Dui-  Fusin.i,  uU'imboccalura  delle  venete  La- 
zio di  Roinciy  che  pure  andava  pubbli-  guue,  si  trovarono  ivi  nelle  proprie  goQ- 
cando  la  relazione  del  viaggio,  ilovendosi  dole  uii.i  grande  quanlilàdi  vescovi  del- 
peròprcferiiequella  delDinl,sebbene,uo-  lo  slato  veneto  per  osseipiiare  il  Papa, 
iuo,puòaver  anch'egli  erralo:che  la  mal-  che  corrispose  a  tutti  con  distintissima 
lina  dc'i4  il  Pupa  avendo  già  cicali  ca-  amorevolezza,  lucaminiualosi  per  la  La- 
valieu  dello  speron  d'oro  i  due  procura-  guua,  ricoperta  d'ogni  specie  di  barche, 
tori  Coularini  eAJunin,anzi  quest'ultimo  fu  proseguito  il  viaggio  all'isola  di  s.  Gior- 
a  Malghera,  li  regalò  di  due  corone  di  gio  in  Alga. Qui  menta  riporlaisi  il  pream- 
lapislazzuli  alla  cavalicra  e  di  due  altre  bolo  Jel  veneto  facoiulo  e  pio  descrittore 
per  le  loro  dame).  Nel  di  seguente  il  Pa-  i\i:\\' Arrivu^sogi^ioiiio  e  ijcirleiiza  di  Pio 
pa,  da  Udine  s'incamminò  a'confiui,  e  ivi  /'/.  »  Santo,  di  vino  e  puro  spii  ito  di  re- 
lin^-raiialili  amorevolmente, rincaiicò  di  ligiotie,  amore  perfetto  del  catlolicismo, 
espiiiucie  per  tulio  la  sua  alIcLLuosa  ri-  a  lesolo  dobbiamo,  si  a  le  solo,  l'alto,  l'iu' 


Gli  VEN 

comparabile  piacere  di  veliere  nelle  no- 
stre conimele  il  Padre  de'fedeli,  il  Paslo- 
ve  delia  Chiesa,  il  Vicario  di  Cristo,  in 
una  parola  Pio  VI.  Segni  pure  epoclie 
gloriose  la  veneta  storia,  descriva  venu- 
te, passaggi  d'illustri  personaggi,  ma  non 
\i  ho  di  più  grande,  di  piii  memorabile, 
di  più  gloriosa  di  questa.  Se  corrisponder 
j)otesseal  sentimento  dell'anima  la  debole 
mia  dicitura,  son  certo  che  nessun'  altra 
|iarle  del  mondo  vantar  potrebbe  uno 
scrittore  più  zelante,  piìi  energico;  ma  se  a 
me  non  concesse  l'adorata  Provvidenza 
lai  pregi,  non  per  questo  tralascierù  d'in- 
coraggiare col  mio  eseinpiogli  eccellenti 
scrittori  di  questo  secolo  iid  illustrare  col- 
le loro  note  la  gloria  delle  venete  contra- 
de per  l'arrivo,  boggiorno  e  partenza  d'un 
tanto  principe,  lo  qui  non  pretendo  al- 
tro che  di  descrivere  senìplicemenle  le 
ceremonie,  le  feste  e  le  esultazioni  di  Ve- 
nezia in  quesl'  incontro.  A  tale  oggetto 
comincierò  a  tener  dietro  al  Santo  Padre, 
dal  momento  della  sua  venuta  sino  alla 
sua  partenza,  riferendo  qualunque  inte- 
ressante e  notabile  circostanza  ....  Ecco 
giunto  quel  felice  giorno  in  cui  lutto  il 
popolo  veneziano  spera  di  vedere  final- 
mente  il  Sommo  Poulefìce,  e  di  ricevere 
la  santa  di  lui  Benedizione".  In  queste 
dichiarazioni  io  ci  vedo  e  amtniro  a  un 
tempo,  espresso,  manifestalo  in  compen- 
dio, lo  spirilo  religioso  de'  veneziani,  la 
loro  di  vola  gioia,  l'edificante  entusiasmo 
univei-sale  di  Venezia,  perciò  includere 
im  imperituro  elogio  al  nome  veneto  ne' 
fasti  della  Chiesa.  Prima  giornata,  nicr' 
coltali  i5  maggio  i  782.  Allo  sparo  de^ 
primi  cannoni  della  fusla,  già  tutta  Ve- 
nezia cominciava  ad  esultare.  1  lavoranti 
abbandonano  le  loro  opere,  i  padroni 
danno  ordine  che  vengano  chiuse  le  loro 
1  ispettive  botteghe,  lutto  e  in  molo,  lut- 
to è  in  corso,  e  le  persone  di  ogni  età,  di 
ogni  ordine  si  portano  chi  sulle  rive,  chi 
sui  ponti  e  finalmente  vi  è  chi  scorre  colle 
peole,  gondole  e  barchette  il  trailo  di  La- 
guna dove  passar  deve  il  Sommo  Ponlefi- 


V  E  N 
ce.  Il  sole  slesso,  coperto  dalle  nubi  fino  a 
quell'ora,  sembra  rallegrarsi  egli  pure,  e 
comparisce  ad  ornare  l'orizzonte  splendi- 
do e  rilucente.  Alle  ore  19  il  serenissimo 
(logeRenier  in  compagnia  dell'eccellenlis- 
simo  collegio  composto  de'consiglieri,  de* 
capi  della  Quaraulia  e  de'savi,  monta  ne' 
nobili  peatoni  per  trasferirsi  all'isola  di 
s.  Giorgio  in  Alga,  ove  giunto  cominciò 
il  suono  di  tulle  le  campane  della  città. 
Quando  poi  verso  le  ore  22  si  scorse  in 
poca  distanza  il  nobilissimo  burchiello  di 
Sua  Santità,  il  doge  col  serenissimo  col- 
legio si  portò  sul  pontile  di  s.  Giorgio,  e 
stette  ad  aspellare  il  Beatissimo  Padre. 
Egli  giunse  accompagnalo  da  mg.'  Gio- 
vanelli  patriarca  di  Venezia  e  da' cava- 
lieri Manin  e  Coularini.  Appena  Pio  VI 
montò  sul  pontile,  il  serenissimo  doge, 
col  corno  in  mano,  si  avanzò  umilmente, 
e  colla  più  religiosa  divozione.  Tenera- 
mente accollo  dal  Padre  comune  de'fede- 
li, fu  da  esso  sostenuto  nel  momento  me- 
desimo in  cui  egli  voleva  prostrarsi. Segui- 
rono in  que'brevi  momenti  qualche  tron- 
ca parola  da  una  parte  e  dall'altra,  d'a- 
more e  di  slima  paterna,  d'alìello  e  vene- 
razione filiale,  giacché  la  forza  del  senti- 
mento dominando  gli  animi  commossi, 
erasuperiore  aqualunque  facoltà. Entrati 
nella  chiesa  di  s.  Giorgio,  genuflesso  il  Pa- 
pa sopra  genuflessorio  coperto  con  nobile 
coltre, ed  alquanto  iudielroil  doge,  venerò 
ivi  il  ss.  Sagramento.  Frattanto  il  popolo 
sparso  in  mille  e  mille  barche  die'sfogo 
al  tumulto  degli  alìelli  con  alti  e  frago- 
rosi gridi  di  gioia  e  di  esultanza  religiosa. 
Soddisfatti  gli  alti  di  religione,  nel  ritor- 
nare che  fecero  dalla  chiesa  il  Santo  Pa- 
dre, il  doge,  i  due  procuratori,  parte  del 
collegio,  oltre  i  due  patriarchi  di  Vene- 
zia e  di  Costantinopoli,  i  due  nunzi  e  l'ar- 
civescovo d'Alene,  montarono  ne'peato- 
ni,  e  fu  licenzialo  il  burchiello  che  avea 
condotto  ilPapa.U  rimanente  del  collegio, 
gli  altri  prelati  del  corteggio  pontificio, 
montarono  negli  altri  peatoni  e  barche. 
Ecco  Ira'fasli  di  Venezi8,esclaiua  il  patrio 


V  EN 

descrittore,  il  più  grande  e  il  piti  glorio- 
so  ili  lutti  (per  riunovarsi  la  fausta  epo- 
ca di  Papa  Alessandro  111  e  del  doge  Se- 
brisliano  Ziani).  11  doge  col  serenissiuio 
collegio,  conduce  al  loro  popolo  l*io  VI, 
tra  due  patriarchi,  arcivescovi,  vescovi  e 
altri  prelati.  Chi  fu  presente  a  tale  im- 
ponente spettacolo,può  solo  formarsi  l'al- 
ta idea  di  esso.  Non  è  possibile  descrive- 
re sì  gran  trionfo,  tutto  pacifico  e  reli- 
gioso. Vedere  tutta  la  Laguna  coperta  di 
peote,  di  gondole  e  di  barchette,  udire  lo 
sparo  e  rimbombo  di  7  galee  che  veni- 
vano a  incontrare  il  Papa,  tutti  i  navigli 
veneti  e  stranieri  fare  lo  stesso,  il  festivo 
suono  di  tutte  le  campane  della  città,  li 
replicati  e  strepitosi  spari  de'mastii  nel- 
l'uilerno  della  città,  il  popolo  da  tutte  le 
parti  prorompere  in  evviva  prolungati, 
e  chiedere  con  fede  ad  alta  voce  la  s.  be- 
nedizione. IVIg."^  Dilli  abituato  nel  lungo 
viaggio  ad  anìmirare  le  solenni  dimostra- 
zioni divote  ed  enlusiastiche  de'  popoli 
verso  ilsupremo  Gerarca, dice  che  il  viag- 
gio si  diresse  pel  gran  canale  delia  Zuec- 
ca  e  il  canale  de'Mendicanti  (secondo  le 
relazioni  del  Diario  di  Roma,  sembra 
che  il  Papa  passasse  per  la  punta  della 
Dogana  nel  Canal  grande),  in  mezzo  al- 
radollamento  delle  barche  ricolme  di  gen- 
te, il  suono  delle  campane,  l'eco  delle  ar- 
liglierie,Ieacclamazioiiidel  popolo,resero 
l'mgresso  pontificio  in  Venezia  uno  spet- 
tacolo de'piìi  singolari  e  rimarcabili. Ed  il 
Tavanti  nt  Fasti  di  Pio  FI^  osserva  che 
il  Papa  fu  salutato  da  200  colpi  di  canno- 
ne, ed  il  suo  ingresso  in  Venezia  olliì  uno 
spettacolo  cos'i  sorprendente,  quale  gli 
stessi  veneziani  non  avevano  mai  veduto 
né  per  regate,  ne  per  l'Ascensione,  im- 
perocché il  numero  delle  gondole  era  sì 
grande,  in  modo  di  comparir  la  Lagu- 
na per  lungo  tratto  unita  alla  Terratìir- 
ina  ;  tutte  le  finestre  poi  erano  ricca- 
mente addobbale.  Alle  ore  2  (.  in  punto 
i  peatoni  giunsero  alla  riva  del  convento 
domenicano  de'ss.  Gio,  e  Paolo,  prece- 
duti da  varie  eoudole  de'  vescovi  dello 


YEN  61 3 

stalo,  illuminalo  da  straordinario  nume- 
io  di  torcia,  24  delle  tpiali  sostenevano 
sulla  riva  altrettanti  siidlìeri  vestiti  di 
ricchissime  uniformi  livree  per  accompa- 
gnare il  Papa.  Questi  disceso,  col  doge  e 
tutto  l'accompagnamento,  salì  nel  nobi- 
le salone  di  udienza,  ringraziò  gentilmen- 
te il  doge  e  lutti  gli  altri  personaggi  che 
r  aveano  incontrato,  avendo  già  avuto 
campo  nel  peatone  di  conoscere  quanto 
era  veridica  la  fama  nel  decantare  il  se- 
renissimo Reuier  per  unodegl'  illustri  e 
dotti  dogi  di  Venezia.  Accompagnati  da 
alcuni  prelati  della  corte  pontificia  alla 
riva,  partirono  il  doge  col  collegio,  ed  il 
Papa  8i  ritirò  nelle  camere  fatte  a  suo 
uso  preparare  dalla  repubblica,  con  tut- 
ta ricchezza  e  noagnificenza.  Il  Novaes 
nella  Storia  di  Pio  FI,  riferisce  che  la 
repubblica  gli  avea  destinato  l'ampio  e 
più  comodo  e  decoroso  monastero  di  s, 
(^iorgio  Maggiore,  ma  il  Papa  scelse  il 
detto  convento.  Ed  anch'egli  celebra  il 
giubilo  e  divoto  tripudio  de'  veneziani, 
che  accolsero  il  Capo  della  Chiesa  con  re- 
ligioso trasporto  e  venerazione.  Stcondct 
giornata,  gioveih  i6  maggio.  Alle  ore 
i4  Pio  VI  ammise  all'udienza  molti  ve- 
scovi dello  stato  veneto.  Dopo  un'ora  il 
doge  colla  serenissitoa  signoria  e  muta 
di  senatori  con  solenne  pompa,  precedu- 
to da'trionfi,  stendardi,  pilferi,  tromiie, 
ombrella  e  la  seggia  d'oro  coll'origliero, 
si  portarono  ne'  soliti  peatoni  alla  resi- 
denza papale.  Allora  Pio  VI  passalo  nel- 
la grande  sala  d'udienza,  circondato  da' 
vescovi  e  dalla  sua  corte,  ricevette  la  vi- 
sita tli  formalità  del  doge  e  della  signo- 
ria, con  tulli  i  più  distinti  atti  di  gioia  e 
di  paterna  dilezione.  Quindi  dopo  le  so- 
lile ceremonie,  passarono  tutti  uniti  nel- 
la contigua  chiesa  de'ss.  Gio.  e  Paolo, or- 
nata con  isplendida  pompa  ecclesiastica, 
piena  di  nobiltà  e  di  dame  in  appositi 
recinti  accolli.  XciringresbO  Pio  VI  fu  ri- 
cevuto col  canto  dell'antifona  :  Ecce  SU' 
ccrdos  ììlagniisj  e  veneralo  il  ss.  Sagra - 
mento,  passò  coldoge  e  la  signoria  all'ai- 


6 1 4  ^'  E  N  V  E  N 

lare  mnggìore,  ove  da  mg/  Giovanelli  un.  clie  in  Iole  inconiro  <lie'  a  conoscrre 
patriarca  fli  Vene2Ìa  parafo  pniilifìcal-  r«'sfen5Ìone  del  suo  merito,  ripoiTando- 
inenle  fu  intiionato  il  Te  /)cimì,[MO<ie-  ne  singolare gradimentodel  Papa.  Il  ("aii- 
gdilocon  iscelfissima  e  Ktrepifo'?a  nniiMra.  cellieri, nelle 7\75?/r7V  flclla  venula  in  Ro- 
(^ouipila  la  lieta  funzione,  fallo  ritorno  nw  di  Canuto  IT,  a  p.  23  offi'e  la  descri- 
il  Papa  nel  prossimo  convento,  ivi  sì  con-  rione  della  gita  fatta  dal  Papa  all'Arse- 
j:edò  dal  doge  e  da!  senato,  come  pure  naie, e  dell'ancora  di  «liaordinaria  gran- 
(lal  patriarca,  ed  asceso  ai  [)roprio  annnr-  dezza  formata  alla  sua  presenza.  Uscito 
Icnienlo,  ricevè  a  particolari  udienze  il  dnll'Arsenale  si  trasfiM-i  colle  sue  barche 
n>arc!iese  Durazzo  andiasciatore  impe  alia  cattedrale  di  s.  I*ietro  di  Castello, 
liale,  il  marchese  di  Squillace  ambascia-  ricevutoda  mg.'palriarca  e  dal  capitolo; 
Inre  di  Spagna,  indi  tutto  il  rimanente  chiesa  che  in  vece  di  s.  Pietro  in  l'iati' 
del  corpo  diplomatico,  co'cavalicri  fora-  rano,  dovea  ne!  1799  sci'^'irf  alla  cele- 
stieri  dimoranti  in  Venezia.  Dopoilme?-  lnnzionede'/^fm<?r<7//A^ot'r'/?r//V7// per  lui  ! 
zodì  il  Papa  esaud"ì  il  po[)olo,  adunnfo  Quindi  passato  nel  propinquo  palazzo 
rei  cortile  del  convento,  con  benedirlo,  |>alriarcale.  si  trattenne  da  un'ora  nelle 
il  che  replic?)  verso  sera,  e  ripetè  pure  stanze  di  mg.' Giovanelli,  dopoaverara- 
iie'susseguenli  giorni.  La  sera  nella  sala  nìesso  al  bacio  del  piede  il  suo  clero,  ed 
d'udienza  ;irnn>ise  più  centinaia  di  nobili  a  qurllo  della  mano  la  di  lui  viituusa 
veneti,  vestiti  di  toga,  al  bacio  della  ma-  iiadre  d.  Giulia  Calbo,  dimostrando  al- 
no, e  nelle  stanze  interne  il  cardinal  Cor-  1'  illustre  figlio  la  più  cordiale  dilezione, 
liaro,  recatosi  nella  patria  per  ossequiarlo,  non  che  amorevole  stima.  Dipoi  il  Papa 
il  cardinal  Boncompagni  legato  di  Bolo-  si  recò  a  visitare  la  chiesa  e  il  monastero 
gna,ed  ilsenatore  diRomaBezzonicoalfio  ili  S.Caterina,  com[iliinentato  personal- 
^enpto  venuto  appo'itamenle  in  Vf-ne-  mente  dalla  badessa  nipote  di  Clemente 
zia.  Terza  giornata ,  venerdì  i  7  maggio.  XIII,  alla  quale  e  ad  altra  nipote  di  quel 
Il  Papa  dopo  aver  amu)esso  all'udienza  Pontefice  fece  benigne  dimostrazioni,  per 
molti  vescovi,  servito  da  3  siqjerbissime  la  venerazione  e  perqnella  naturaleedo- 
gondole  dorate  fu  condotto  all'Aisenale,  verosagratitudinechegiustamenle  nudri- 
accompagnato  da' procuratori  Manin  e  va  pel  venerando  zio  già  suo  promotore 
Contarini,  i  quali  in  tutte  le  funzioni  non  insigne,  paternamente  dando  a  baciare  il 
si  discostarono  mai  dal  suo  fianco,  corri-  piede  a  tutte  le  monache.  Fatto  ritorno 
sposti  dal  Papa  in  tutti  gì'  incontri  con  al  convento  de'ss.  Gio.  e  Paolo,  nella  sa- 
dimostrazioni  onorevoli.  Egli  si  tralten-  greslia  soddisfece  ad  egual  pio  desiderio 
ne  circa  due  ore  ad  esaminare  e  godere  tli  molte  dame  in  aliifo  nero,  come  pure 
lutti  i  superbi  pregi  fli  quel  vasto  empo-  le  cittadine  dell'ordine  de'segretari.  Ver- 
liodella  milizia  marina.  Primamente  ani-  sosera,oltrela  consueta  benedizione  com- 
mirò il  Bucintoro  che  accide!)talmenle,  partita  all'accorrente  popolo  nel  cortile, 
per  la  non  eseguita  ceremonia  del  giorno  ad  altre  porzioni  finitissime  di  esso  la  die' 
dell'Ascensione, si  ritrovava  nel  i. "canale  nella  cavallerizza  de'patrizi  e  sul  camjJO 
tutto  addobbalo  come  se  fosse  il  giorno  della  Pace  ov'eransi  riunite,  recatosi  per- 
della  partenza;  poscia  osservò  li  lavori  ciò  ne'corrispondenti  balconi.  La  sua  de- 
che ivi  si  famio  con  singoiar  maestria  e  sideralissima  apostolica  benedizione,  ne' 
ordine,  essendo  stata  formata  in  sua  pre-  delti  luoghi  la  compartì  piu-e  altre  volte 
senza  con  mirabile  speditezza  una  gran-  ad  infinito  popolo,  insaziabile  di  sì  pre- 
de dncora.  Nei  peatone  era  servilo  dal  zioso  favore.  Inoltre  nella  slessa  sera  ri- 
doge, per  leira  dui  patron  di  guardia  cevè  nella  sala  d'udienza  altro  considera- 
dell'Arscnalc  il  conte  Stefano  N'aluiaro-  bile  numero  di  nobiltà  veneta,  molli  ec 


V  E  N 
clesìaslici  e  nìollissiuii  ciUadinl,  e  nelle 
stanze  domesticlie  i  sunnominati  cardi- 
noli e  senatore  di  Roma.  Quarta  gior- 
nata, sabato  I  8  maggio.  Pio  VI  colle  so- 
lite barche,  col  cardinal  Cornaro,  consue- 
ti piocnratori  e  accompagnaraentOj  ap- 
pividnto  alla  Piazzetta  e  passando  il  cor- 
tile del  palazzo  ducile,  si  poitò  nella  ba- 
silica di  s.  Marco,  ricevuto  dal  cav.  Eriz- 
zo altro  pi'ocmatore  della  medesima. Qui- 
vi egli, appagata  lasiia  divozione,  amnii» 
lò  il  magnifico  tempio,  tutte  le  preziose 
cose  che  lo  rendono  sorprendente,il  tesoro 
allora  ricchissimo;  e  dopo  averne  goduto 
il  prospetto  esterno  e  la  meravigliosa  sua 
vasta  piazza,  ritornato  alle  sue  barche, 
s'indirizzò  all'isola  di  s.  Giorgio  Maggio- 
re, liicevuto  da  vari  vescovi  eda'monaci 
benedettini  del  monastero,  orò  nella  chie- 
sti,con  molta  compiacenra  visitò  il  gran- 
dioso monastero,  e  ammise  al  bacio  del 
piede  la  religiosa  comunità.  Chi  avesse 
allora  detto  a  Pio  VI, 5  mesi  e  i6  giorni 
tiopo  la  tua  morie  gloriosa,  in  cattività, 
quando  gli  empii  nsoranno  sperare  chiu- 
dersi con  te  la  serie  de'  Papi,  in  questo 
monastero,  un  cardinale  monaco  dello 
stesso  ordine,  un  tuo  concittadino  e  pa- 
rente sarà  eletto  MI  tuo  successore,  e  dalla 
sua  loggia  saràanimnziatoa  tutto  il  mon- 
do col  medesimo  tuo  nome,  Padre  uni- 
\ersale  e  sovrano  degli  stati  che  la  prepo- 
tenza e  la  perfidia  la  piìi  accanita  li  avrà 
usurpati  !  Oh  mirabili  disposizioni  della 
divina  Provvidenza!  Oh  imperscrutabili 
e  arcani  giudizi  di  Dio!  In  seguito pas^ò 
il  Papa  a  pregare  e  gustare  il  portentoso 
tempio  del  riedentore,  ricevendo  i  cap- 
puccini suoi  cusloili  al  bacio  del  piede; 
non  che  a  visitare  la  chiesa  de'ss.  (ierva- 
sio  e  Protasio,  ad  istanza  del  procurato- 
re Contarini,  siccome  sua  parrocchia, 
dando  a  baciare  il  piede  a  quel  clero.  Fi- 
nalmente fu  cond'illo  a  mirjre  la  chies  i 
e  la  scuola  di  s.  Rocco,  le  sue  insigni  pit- 
ture e  altre  preziose  cose,  e  ujentre  n- 
cevea  il  guardiano  e  i  fratelli  al  di  volo 
bacio  del  piede,  nel  niezzo  delle  due  pri- 


V  E  :^  61" 

me  scale  fu  scoperta  la  marmorea  iscri- 
zione, che  nel  discenderle  con  grata  sor- 
presa lesse,  celebrante  il  compartito  ono- 
re. Restituitosi  alla  sua  residenza,  nell.i 
sera  appagava  un  gran  numero  di  dilTe- 
renti  persone  bramose  di  prostrarsi  avan- 
ti di  lui,  a  Girgli  omaggio  di  loro  vene- 
razione. Nella  stessa  sera  nell'oratorio  del 
pio  luogo  degl'Incurabili,  il  procuratore 
Manin  fece  eseguire  una  stupenda  can- 
tata da  60  zitelle  di  4  dilTerenli  conser- 
vatorii,  tutte  vestite  uniformi:  composi- 
zione del  conte  Gaspare  Gozzi,  musica 
del  non  men  celebre  Galoppi  detto  lìu- 
ranello.  V'intervennero  i  cardinali  Con- 
compagni e  Cornaro,  molti  vescovi  e  pre- 
lati, i  ministri  delle  corti  straniere,  tutta 
la  nobiltà  veneta  in  obito  patrizio  e  le 
dame  vestiledi  nero. Forse  questa  èquella 
cantata,  che  il  citato  Cancellieri  dice  de- 
stinata al  Pnpa  per  onorarlo,  oltre  una  re- 
gata egualmentepreparatagli,  secondo  il 
costume  usato  cogli  ospiti  sovrani.  Quinta 
rdulliniagiornataydoinenica  i  ^oiaggio. 
Piicorrendo  la  solennità  della  Pentecoste, 
ad  ore  I  3  il  Papa  calò  nell'adiacentechiesa 
de'ss.  Gio.  e  Paolo,  col  di  lui  seguito,  ove 
celebrò  il  divin  sagrifizio  all'altare  mag- 
giore, servito  dal  cardinal  Boncompagni, 
tra  la  commozione  religiosa  del  nume- 
loso  popolo;  indi  visitò  la  nobile  cappel- 
la del  ss.  Rosario,  e  poi  fece  riforno  nel- 
le sue  camere,  per  attendere  il  tetnpo  del- 
la messa  solenne,  alla  quale  nvea  stabi- 
lito assistere  con  tutta  la  formalità,  col- 
l'inlervenlo  del  doge  e  signoria.  Pertanto 
verso  le  ore  i  5  si  portò  il  duge  col  sena- 
to,co'pealoui, in  grandissisna  pompa,  nel- 
la gran  sala  «lei  Pipa.  E  coin[ilimentalisi 
scambievolmente,  discesero  tutti  nella  sa- 
grestia della  chiesa,  nella  qirde  da'cardi- 
nali  Cornaro  e  Koncorapagni,  in  cappe 
rosse,  Pio  VI  fu  vestito  degli  abiti  sagri 
pontificali  e  del  triregno.  Indi  preceden- 
do lu  Croce  pontificia  portata  da  mg.  Do- 
menico N.inlini  segretario  delle  lettere  Ia- 
line, in  cappa,  seguita  da' vescovi  dello  sta- 
to veneto  colle  loro  cappe  prelatizie,  dal 


6i6  VEN 

Papa  in  mezzo  a  due  caicìinali,  insieme 
col  doge  e  tuttala  signoria,  laprocessioue 
cnlrij  in  cliiesa  piena  d'immenso  popolo. 
Adorato  il  ss,  Sagrannetilo,  il  Papa  andò 
all'aliai*  maggiore,  fu  dato  principio  alla 
solenne  messa  celebrata  da  mg.'  patriar- 
ca Giovanelli, avendo  il  Santo  Padre,  con- 
forme il  consueto,  recitato  il  salmo  Iii- 
troibo,  e  fatta  la  confessione  innanzi  l'al- 
tare, stando  alla  di  lui  destra  mg.'  pa- 
triarca celebrante,  e  alla  sinistra  genufles- 
so il  doge.  Ascese  indi  il  Papa  sopra  il  no- 
bile e  ricco  trono  ivi  preparato,  e  il  doge 
similmente  si  portò  all'altro  trono  men 
grande  disposto  nel  lato  dell'  epistola  di 
prospetto  al  pontificio,  avendo  tutta  la 
signoria  preso  luogo  ne'  banchi  preparati 
nella  medesima  parie;  e  nel  Iato  del  van- 
gelo prossimo  al  trono  del  Papa,  ebbero 
il  loro  luogo  26  vescovi  dello  stato  vene- 
to, non  compresi  i  due  inservienti  al  so- 
glio papalu  pel  libro  e  la  candela.  E  sicco- 
me pel  cospicuo  numero de'soggelli  com- 
ponenti la  signoria  non  era  bastante  il 
Juogo  dalla  parte  del  trono  ducale  sopra 
il  pianodel  presbiterio,  perciò  fuori  i  gra- 
dini del  medesimo  furono  a  questo  Ììwq 
in  ambe  le  parli  disposte  due  linee  di 
banchi,  che  formavano  un  quadrato  con 
la  sua  apertura  per  l'ingresso,  ne'  quali 
sedettero  tutti  i  detti  signori.  La  sagra 
funzione  fu  eseguita  con  tutta  la  maggior 
dignità,  e  l'unione  e  la  nobiltà  dell'illu- 
stre consesso  la  rese  ammirabile  e  rara. 
Nella  chiesa,  ad  evitare  la  confusione  del 
popolo,  oltre  il  grande  numero  delle  guar- 
die, che  la  custodivano,  fu  entro  agli  stec- 
cali o  recinti  assegnato  il  luogo  distinto 
per  la  nobiltà  e  per  le  darne.  Le  due  su- 
perbe cantorie  erano  fornite  di  eccellenti 
niusici  e  suonatori,  e  tutto  corrispondeva 
alla  magnificenza  del  tempio,  e  alla  gran 
de  e  straordinaria  solenni  là  di  quel  giorno. 
Appena  terminata  la  messa,  il  Papa  pre- 
ceduto dalla  Croce  e  col  medesimo  or- 
dine e  accompagnamento  col  quale  era 
venuto  nel  primo  accesso  alla  chiesa  (ri- 
lorisce  mg.'  Dini  :  invece  il  patrio  scrit- 


VEN 
fore  dice  che  11  Papa  incedeva  in  mezzo 
al  doge  e  al  nunzio  Ranuzzi,  seguilo  da' 
due  cardinali.  Queste  parlicolarilà  io  le 
rimarco,  perchè  dopo  Alessandro  111  e  il 
doge  Ziani,  non  ebbi  luogo  di  descrivere 
simili  ineonlri  e  funzioni;  e  quando  do- 
vrò parlare  di  Pio  VII,  il  doge  e  la  re- 
pubblica non  più  esistevano),  sortì  dalla 
medesima, e  passando  pel  chiostro  del  con- 
vento ascese  ad  una  magnifica  loggia  o 
tribuna,  costruita  in  due  giorni  con  mol- 
to vaga  e  nobile  architettura,  rappresen- 
tante il  prospetto  d'  una  grandiosa  fac- 
ciata, ornata  con  tutta  la  maggiore  ric- 
chezza e  buon  gusto,  esprimente  musaici 
sulla  foggia  di(pie'di  g.  Marco,  alla  quale 
si  ascendeva  [)er  mezzo  di  due  laterali 
scale,  lunghe  e  larghe,  corrispondenti  al 
campo  de'ss.  Gio.  e  l'aolo  esistente  in- 
nanzi l'omonima  chiesa;  il  quale  campo 
o  piazza  [)er  renderla  piìi  ampia,  a  sfogo 
delpopolojsi  cuoprì  in  quel  gioi-no  tutta 
l'estensione  d'iui  catialecontiguo  al  cam- 
po con  grosse  tavole  e  pali  acciò  venis- 
se occupalo  (ra'instruisce  il  cav.  Cicogna, 
Ir/scnzioni  f^encziane,  l.  2,  p.  268,  che 
la  loggia  fu  inventala  e  diretta  da  Anto- 
nio Codognalo,  delineata  e  dipinta  da 
Domenico  Possali, incisa  da  Giacomo  Leo- 
nardis).  Non  vi  era  angolo,  né  balcone, 
né  il  più  angusto  sito  ove  non  ci  fossero 
genti.  Tutto  spirava  divozione,  poiché  in 
tulio  quell'  infinito  numero  di  persone 
n(![)pure  una  osò  fiatare.  Giornata  di  eter- 
nissima  memoria  sola  per  Vinegia,  subli- 
me e  grande,  (iiunto  il  Papa  ,  il  doge,  i 
cardinali,  il  nimzio,  il  patriarca  e  altri 
vescovi  il)  mezzo  alla  tribuna  ,  gli  altri 
prelati  e  la  signoria  sparsi  gradata  metile 
sulle  due  scale.  Pio  VI  coronalo  del  tri- 
regno, colla  sonora  sua  voce,  recitate  le 
consuete  preci,  alzate  le  mani  al  cielo  die- 
de amorosamente  a'  veneziani  la  triplice 
soletnie  pontificale  Dcncdizione  (come  i 
l'api  la  coniparluno  <.lul  Faticano,  \n  ta- 
le aiticolu  nuovanienle  lo  desciissi),  cioè 
a!  lòilissimo  popolo,  che  poteva  compren- 
dere il  dello  luogo,  ri->uonando  in  ({ue- 


V  E  iN'  V  E  N                    G 1 7 
sj'alto  l'alia  per  lo  strepilo  dell'artiglie-  ascese  in  una  delle  iioltili  neolede'procu- 
ne,  e  suono  ili  tulte  le  campane  della  cil-  ralori  e  in  loro  compagnia,  nell'altra  a- 
ìl\.  Indi  i  caidinali  assistenti  pnbblicaro-  vendo  preso  luogo  il  corteggio;  si  staccò 
no  nella  consueta  forma  l'inilulgenza  pie-  dal  Molo  con  l'accompagnamento  di  mol- 
naria  in  Ialino  e  in  italiano.  Qui  proromjie  le  oltre  barche,  e  intraprese  il  viaggio  per 
il  patrio  descrittore.  >•  Chi  non  vide  qiial  Fusina.  11  popolo  accorse  in  gran  nume- 
<oinmozione  fece  nell'animo  d'ognuno,  ro  sui  rivi,  sui  ponti  e  sulle  barche; suo- 
principalmcnle  la  3/ benedizione,  non  vi-  navano  tulle  le  campane,  gli  spari  erano 
<!enientedi  [)iìi  esultante  al  mondo,  Sem-  gli  stessi  della  venuta  ,  ma  all'esultanza 
brava  che  lo  slesso  Dio  dal  trono  della  tra  succeduta  la  mestizia  e  anche  il  piau- 
sua  maestà  benedicesse  i  popoli  tlcll'imi-  lo.» Quanto  mai  in  (juesl'incontro  fu  ri- 
verso, e  dicesse  a  tulli:  Dtiiedicli,  venite  conosciuta  la  pia  divozionedel  popolo  ve- 
ad  nn',  e  in  quell'istante  tulio  il  mondo  neziano!  Den  si  può  dir  con  ragione,  che 
fosse  salvo  e  redento,  l'ianli,  gridi  di  con-  N'cnezia  è  una  delle  cristianissime  città 
solazione,  di  gioia,  di  esultazione,  oh  come  della  Chiesa  cattolica  apostolica  romana", 
spensi,  oh  come  infiniti!  ...  Tronco  que-  ()sservarallroconleinporaneoNovaes,che 
sia  narrazione  non  polendo  più  reggere  l'io  VI  e  il  doge  Renier,  belli  ambedue, 
alla  forza  del  sentimento  che  essa  m'in-  nel  discoi  so  facondi,  notabili  per  le  ma- 
spiro".  i\nche  il  cav.  IMutinelIi  alferma,  niere,  tosto  seguì  fra  loro  dimostrazioni 
che  fu  momento  di  spettacolo  sublime  e  di  mutua  amicizia  e  intrinsichezza,   che 
.itnmirando.  Disceso   il  Papa   dalla   ma-  gl'uaquisitori  di  stato,  per  quanto  fu  det- 
gnifica   provvisoria  fabbrica  ,  con   tulio  lo,  non  conlenti  della  poca  considerazio- 
l'accompagnamento,  fece  ritorno  alla  sa-  ne  per  loro  avuta,  presero  ombra  della 
c^reslia  a  deporre  le  sagre  vesti;  indi  se-  condotta  del  doge;  ed  appena  partito  l*io 
p.irossi  dal  doge  e  dalla  signoria,  con  lui-  VI  da  Venezia,  lo  ripresero  acerbamente 
l<- le  dimostrazioni  più  particolari  di  gen-  della    propensione  che  ovea  dimostrata 
lilezza,in  vicinanza  della  scala  che  con-  sovercliiamente   verso  un  sovrano  slra- 
uuceva  alle  sue  camere.  Avendo  stabilito  niero,  di  cui  la  repubblica  iu  ogni  tempo 
il  Papa  di  partire  da  Venezia,  e  di  voler  avea  disapprovate  le  pretensioni  sugli  sta- 
pernollare  quella  sera  stessa  in  Padova,  li  altrui;  ed  inoltre,  per  avergli  parlato 
perciò  alle  ore  19  colla  corte  e  i  due  prò-  più  volle  all'orecchio,  e  ila  solo  a  solo! 
curatori    Manin  e  Contarini,  servilo  da  (".lunto  Pio  VI  »  Fiisiiin,  disceso  in  terra 
nobili  gondole,  volle  [lortarsi   al  palazzo  fu  cotuplimeiilHlo  dal  [)alriarca  mg. "^  Gio- 
ii ucale  (secondo  il />'///r/o  di  Roma  e   il  vtinelli,  e  da  altri    vescovi  veneti,   i  qua- 
Novaes,  pare  che  vi  fosse  slato  un'altra  li  co'più  sinceri  sentimenti,  furono   rin- 
volta, e  che  questa  serv'j  [)er  fine  un'iai-  graziati  e  alleltuosamcnle  benedetti.    A- 
provvisalaal  dogedicomuiial(j),ondi;pri-  sccno  il  Papa  nella  carrozza    [iroseguì   il 
ma  d'allontanarsi   da  A'cnezia   rivedere  via^gi(.  per  A/</oi',/,  da  dove  nuli.»  mat- 
Sua  Serenità  nel  di  lui  magnifico  [lalazzo  lina  seguente  |)ail'i  per  llovigo.  Arrivato 
residenziale,  e  ammirarne  la  gramliosilà  a  Canai  0,  coiiiine  dello  slato  veneto,  pri- 
e  le  inestimabili  pitture, essendosi  tratte-  ma  d'eiUraie  nel  pontificio,  fu  ossequia- 
nulo  per  qualche  tempo  in  familiari  di-  to  da'|)rociJialoi  i  Contarini  elManin,  che 
scoisi  col  doee  e  con  la  smiioria,  che  ivi  l'aveano  acoomiiai^iialo,  avendo  il^  Papa 
silrovòa  riceverlo.  D(j[)0  le  dimostiazio-  loro  con  l^[)oslo  con  vivissime  ilimoslia- 
ni  più  sincere  di  paterno  amore  e  di  gra-  /ioni  di  riconoscenza  per  gl'inconiodi  da 
lo  animo,  il  i'upa  si  divise  dal  doge  e  dal  |MiosoiIerli,|)el  pensierocontinuo  diligen- 
colle"io,  e  passò  alle  sue  peote.  Alle  ore  tis-,imo,  ch'eran.si  preM)  in  prevenire  tut- 
20,  perla  IMazzelta  di  s.  iMiuco,  Pio  VI  tociò  che  poteva  occorrere,  e  particolar- 


6.8  V  li  >' 

mente  per  I*  in<«tan('abile  as:!Ìclua  cura  (\.\ 
loro  usata  in  eseguile  risliuxioiii  e  le  ge« 
nevc^e  disposizioni  dateJalla  sefeiiissiina 
repul)l)lica.  Per  iillinoo  pafernacnenfe  ii 
Ixnedì.  Il  doge  ed  i  patrizi  gareggiarono 
coireiitusinsino  del  popolo  nel  trilmlare 
ogni  [iossibiie  onorificenza  al  siicce'^sore 
(lis.  Pietro,  alleluia  altresì  l'annalisla  Cop- 
pi, li  Cancellieri  nella  Sloria  de'  pos<;es- 
si.  a  p.  5i6,  pubblicò  la  descrizione  ele- 
ganlissinia  dell'ingresso  e  partenza  di  Pio 
VI  da  Venezia,  presa  dal  rass.  De  itine- 
re V  indoli  Olle  II  3Ì  del  celel)ie  gesuita  p. 
Cordnra.  —  Nel  seguente  1788  un  tre- 
mendo uragano,  che  dalla  Sicilia  ove  sor- 
se, si  ddalò  per  tutta  Italia,  recò  terribi- 
li danni  anche  a  Venezia,  nella  notte  del- 
l'i I  venendo  il  r  2  marzo,  narrati  ilal  Fi- 
liasi,  Memorie  dille  procelle  che  annual- 
mente sogliono  regnare  nelle  Maremme 
Veneziane.  Impetuoso  spirando  lo  sci- 
rocco, all'annosa  e  calda  essendo  l'atmosife- 
ra,  nero  e  turbato  il  cielo,  la  sanguigna 
usala  n)eteoia  risplendentissima,  e  tanto 
da  illuminare  d'  un  assai  vivo  colore  le 
parli  più  reco:idile  delle  case  volte  ad  o- 
rienle,  furiosamente  le  acque  inondaro- 
no la  cidà,  in  più  luoghi  si  squarciarono 
le  spiaggie,  sommersi  i  vigneti  prossimi, 
sospinti  a  terra  i  navigli  e  fracassati  ,  il 
popolo  ne  restò  spaventalo.  Il  cav.  Muti- 
iielli,  che  deplora  quell'apparenza  di  cie- 
lo, osserva  che  [)iìi  terribili  però  poco  ap- 
presso erano  quelle  della  terra  e  degli 
«omini.  In  F/v/^c/rf, regione  solita  a  muo- 
■vere  co'suoi  moti  tutta  l'Europa,  aboli- 
ta l'inegualità  dell'imposte,  poi  i  privile- 
gi del  clero  e  della  nobiltà,  sludiavasi  d'in- 
debolire talmente  l'aulorilà  legia,  ch'el- 
la non  fosse  più  che  un'  ombra  vana.  [ 
faziosi  douiinavano,  perciò  in  ogni  luogo 
sedizioni,  incendi),  rapine,  funeste  morii. 
La  nazione  francese  non  trovando  più 
riposo  in  se  stessa,  «ninacciava  d'invade- 
re con  rovina  universale  l'Europa.  E  già 
tenebrose  compagnie  radunate  in  Pari- 
gi, ed  airraiellate  a  mezzo  di  società  se- 
giele  o  selle  in  tuttn   la  Francia,  dichia- 


V  E  N 

ravnno  dislruggce  la  sovranità,  che  ap- 
pellavano tiranna,  e  mandavano  appo- 
iilamenle  emissarii  niisteriosi  a  scniie- 
re  la  Germania,  i  Paesi  Bassi  e  l'Italia. 
Grande  quindi  si  fece  il  pericolo  in  Euro- 
pa ,  maggiore  in  Italia  per  la  vicinanza 
del  leirilorio,  pavenlondone  e  altamen- 
te tulli  i;li  stali  ilnlinni.  Gli  animi  in- 
tanto a  Venezia  erano  volli,  naira  l'an- 
nalista Mulinelli,  a  vasto  progetto,  nunìe- 
rose  e  frecpienti  erano  le  conventicole  di 
piilrizi,  di  cittadini  e  di  mercanti.  Inniez- 
zo  a  questi  movimenti,  intanto  nel  17)^4 
viaggiando  il  re  di  Svezia  Gustiivo  III, 
sotto  il  nouìe  di  conte  di  Hogn  ,  porta- 
vasi a  Venezia  a'3  maggio,  reduce  da  Ro- 
n)a,ov'era  rimasto  profondamente  pene- 
tralo pe'rifi  sublimi  della  srllimana  san- 
ta. In  Venezia  eia  legge,  che  se  un  ino- 
narca  vi  fosse  giunto  col  suo  proprio  no- 
me dovesse  I*  erario  far  le  spese  del  suo 
ricevimento  ,  e  se  incognito,  avessero  a 
supplire  a  quel  dovere  di  ospitalità  alcu- 
ne delle  più  distinte  famiglie  patrizie;  e 
così  erasi  [)ralicato  nella  discorsa  venu- 
ta di  Federico  IV  re  di  Danimarca  e  di 
Norvegia  neli7o8-g,  che  viaggiava  sotto 
il  nome  di  conte  d'Oldembuigo.  Pertan- 
to imponevasi  al  procuratore  Alvise  Pi- 
sani di  fesleL'2Ìare  il  re  di  Svezia  ,  ed  e- 
gli  lieto  dell'onorevolissimo  officio,  olfri- 
va  a  Gustavo  III  una  festa  di  ballo  e  ce- 
na a'5  maggio  nel  suo  palazzo  a  s.  Ste- 
fano, un'  allra  cena  e  cantata  nell'altro 
suo  palazzo  di  delizia  alla  Giudecca,  cou 
danze  e  rinfreschi,  tutte  degne  d'  un  re, 
scialacquandosi  nelle  feste  delle  due  sere 
iqo,74o  lire,  corrispondenti  a  ducati 
17,700;  il  che  si  trae  dal  documento  ri- 
feritodal  cav.  Mulinelli,  insieme  alla  no- 
ta delle  dame  invitate.  Si  legge  nell'or- 
te  di  verificare  le  date,  che  nell'ottobre 
1784  s'invitarono  con  proclauìa  tutti  i 
palliai  a  porre  in  commercio  i  loro  fondi 
e  a  prendervi  parte  in  nome  proprio;  il 
che  provava  mancare  il  governo  di  capi- 
tali e  la  nobiltà  di  disinleressamenlo.  Era 
per  altro  ditllcile  conciliare  la  profossio- 


f 
V  E  >:  VE  IN  619 

ri'  (.Tel  cnramercio  col  privilegio  annesso  questi  fii  hen  presto  insultato  dn  (pjelli 
alla  qualità  di  pnliizio,  ch'era  quello  di  barbara  plebaglia,  e  il  dey  dichiarò  nel 
min  poter  essere  im[)rigionato  per  debili,  tecipo  slesso  la  guerra  a'veneziani.  II  se- 
La  fortuna  publ>lica  deteriorava  cogl'iin-  nato  mandò  allora   in  quelle  coste   una 
prestili  e  l'aunienloileirimposle,  chenon  squadra  solfo  gli  ordini  ilei  cav.  Euio,il 
era  già  elìelto  dell'iucretoenlala  opuleu-  quale  lasciò  una  porzione  delie  sue  forze 
za  nazionale.  Lo  statoavea  raddoppialo  a  bloccare  Tunisi, e  coll'altra  passò  a  bolli- 
le sue  rendile,  e  tullavolla  non  era   che  bardare  Susa,  l'antica  Ruspina.  distante 
più  oberalo.  Inoperose  rinianevansi  le  ar-  t  00  miglia,  alla  quale  recò  ijualclie  dan- 
niate di  terra  e  di  mare  (tranne  quesl'ul-  no.  Il  progresso  della  guerra,  narrando- 
time  esercitate  co'barbareschi);  cadeva  no  Io  col  Darò,  è  deprimente  a  confronto 
in  rovina  le  fortificazioni  delle  piazze,  e  del  riportato  da'patriistorici.Infulti,  rac- 
la repubblica  manteneva  cusfaalemente  conta  il  conte  GiroIamoDandolo,  Lacci' 
il  suo  principio  di  limitarsi  rdla  cura  elei-  data  della  lìepuLblica  di  Tciiczia,edi 
la  propria  conservazione,   fondala  sopra  suoi  uUinii  5o   anin,  che  dessa  sebbene 
im' imperturbabile  neulialilà.   In    que-  si  mosliasse  inslaucabile  nel  commellere 
st'anuo  slesso  I  784  una  brigala  di    stu-  a'suoi  capitani  di  mare  la   punizione  se- 
denti in  Padova,  accompagnata  da  suo-  vera  de'pirali  depredatori,  non  per  que- 
iialnri,  entrò  turbolenlemenle  nella  chic-  slo  riusciva  a  farli  [)erseverare  nel  rispet» 
sa  del  Santo,  ossia  s.  Antonio,  niallraUò  lo  pe'diritti  ilelle  nazioni.  Anzi  nel  1784 
)  borghesi,  costrinse  le  donne  a   danzar  il  bey  di  Tunisi  provocò  la  repubblica  a 
con  esso  loro ,  e  spinse  sino  agli   ultimi  nuovi  atti   di   rigore.  Preparata  per  la 
eccessi,  profanazioni  e  violenze,  che  for-  guerra   poderosa  squadra,   ne  aUkiò    il 
lunatamente  cessarono  indi  a  poco,  sen-  supremo  comando  a  quell'Emo  rnedesi- 
za  che  a'colpevoli  venisse  iidlilto   verim  mo,  che  avea  già  reso  così  temuto  il  suo 
castigo  esemjdore,  e  senza  che  le  perso-  nome  in  que'mari,  essend<j  la  repubbli- 
iie  odese  ricevessero  verun  risarcitnento.  ca  ormai  decisa  di  farla  finita  per  sem- 
In  sostanza  era  lo  spirito  di  vertigine  ri-  [ue;  e  così  sarebbe  avvenuto,  se  la  guer- 
voluzionaria  che  cominciava  le  sue  prò-  ra  accesasi  poi   fra  la  Russia  e   la   Tur- 
ve,  fomentato  dalle  selle  politiche.  Comin  cliio,  non  l'avesse  troppo  presto  costret- 
ciava  lo  spirito  di  vertigine  rivoluziona-  la  a  dividere   le  sue  forze.   Già  1'  Emo, 
ria  !  La  Civiltà  Cat/olica,  serie  3.\  t.  6,  peritissimo  delie  costruzioni  navaii,  avea 
n.  701 ,  dà  contezza  della  grave  e  lodala  ristorato  co'nuovi  metodi  la  niarina  mi- 
leltera  intitolata:   J  qua l  punto  sia  la  lilare,  ed  avea  pure  col  commissario  au- 
rivoluzione.  Lettera  di  mg.'  Luigi  Rcn-  siriaco  Cobentzel  adempiuta    una  deli- 
diivescovo  di  JnnrCf,GiiUQvniii5'j. —  cala  commissione  ,  di  fissare  le  nonne  e 
A"ilavasi  da  qualche  tempo, narra  il  cav.  regolare  la  navigazione   del  canale  della 
Coppi,  all'anno  1784,  mn»  questione  fia  I\Iui lacca  con  soiKli>làzione  de'due  [lopo- 
la  repubblica   di  Venezia  e  la   reggenza  li  finitimi.  Partito  ilunque  dalla   patria, 
ili  Tunisi.  Pretendeva  <juel  dey  che  al-  chenon  rivide  più,  colla  (lolla  a'^.y  ^ui- 
cuni  suoi  sudditi  fossero  risarciti  de'dan-  gnoi784,  «'12  agosto  abbassò  le  ano 're 
ri  soU'erli  per  aver  perduto  alcuni  elfelti  a  Capo  Cartagine,  5  miglia  lungi  daTu- 
sopra  Aue  bastimenti  veneziani  ch'erano  nisi;  ed   a  rendere  più  grande  il  lerrore 
stali  incendiali,  luio  per  precauzione  co-  prodotto  ilal  sikj  a[)parire  ,  moveva   to- 
me infello  di  piaste,  e  i'  altro   per  caso,  sto  all'impresa  di  Susa,  la  ([uale  iinpara- 
La  repubblica  non  credendosi  obbligala  va  in  brev'oru,  ed  a  suo  massimo  dam.o, 
a  tale  risarcimento  mandò  in  Tunisi  un  contro  quale  nemico  avesse  a  difenil.r-.i. 
legalo  per  dimostrare  le  sue  ragioni.  Ma  Ciò  per  aliro  punto  non  iscuoteva  l'ani- 


620  V  E  N 

ino  inferocito  del  bey,  clie  rifiutava  or- 
goglioso ogni  proposta  di  pace.  Per  taa- 
ta  ostinala  oltiacolanza  sdegnalo  l'Emo, 
avvedutosi  della  necessità  di  condursi  a 
imprese  maggiori  coll'aiulo  di  nuove  for- 
ze, veleggiò  a  svernare  a  Trapani,  ripa- 
rando le  navi,  meglio  addestrando  le  ciur- 
me con  esercizi  continui.  Ricevuti  i  rin- 
forzi da  Venezia,  nella  primavera  1785 
ricomparve  sulla  costa  nemica,  e  tornò  a 
bombardare  Susa,  e  fece  altrettanto  eoa 
IJiserta  e  Sfax,  pochi  anni  prima  diciiia» 
r;ita  inattaccabile  da'francesi,  oltre  la  Go- 
!.  Ila  di  Tunisi.  Superò  gì'  inaccessibili 
scogli  di  Sfax,  ed  i  bassi  fondi  di  Tunisi, 
covili  de'pirali,  niercè  l'invenzione  inge- 
gnosa e  semplice  delle  celebrale  sue  gal- 
leggianti, colle  f|uali  poi  porlo  la  distru- 
zione e  la  morte ,  là  dove  i  barbari  la- 
droni meno  avrebbero  ciedutodi  essere 
raggiunti.  Gl'inglesi  già  forse  più  d'ogni 
altro  così  periti  nelle  cose  ajaritlime,  ben- 
ché sobrii  nel  magnificare  l'altrui  impre- 
se, lo  ricolmarono  di  lodi.  Però  la  con- 
temporanea Gazzetta  di  Leida,  appun- 
to quando  l'Enio  i(nmortaIava  il  suo  no» 
me  pugnando  contro  Tunisi,  censurò  la 
iJotla  veneta  e  la  condotta  di  quell'eroe 
che  la  capitanava,  il  che  non  ha  valore, 
(jiiando  si  consideri  col  conte  Dandolo, 
•gli  sdegni  che  allora  fervevano  dell'O- 
landa contro  Venezia  ,  per  la  divulgata 
IrulFeria  commessa  da  Zanovich  di  Bu- 
dna,  a  danno  della  casa  Chomel  e  Jour- 
dan.  Dappoiché,  egli  dice,  sono  conosciu- 
te le  smargiassate  allora  falle  dngli  stati 
generali  olandesi,  e  tutti  sanno  che  la  re- 
pubblica veneta  conlenlavasi  di  protesta- 
re con  promemoria  de'27  noveudjrei7S4, 
coniunicata  alle  corti  principali,  d'inter- 
rompere ogni  relazione  diplomatica  con 
quel  paese,  e  di  ordinare  all'  Emo  di  e- 
vilare  sludiosamenle  ogni  provocazione, 
ma  di  non  esser  lento  né  fiacco  nel  re- 
primere ogni  anche  menoma  olFesa.  L'O- 
landa lac(pie  ,  e  la  Gazzetta  di  Leida^ 
volle  vendicarla  cogli  scherni  contro  la 
flotta  dell'Eujo.  Fu  questo  l'ulliuio  rug- 


YEN 
gito  mandato  dal  Leone  di  s.  Marco  sul 
mare;  ma  fu  ruggito  potente,  e  degno  del- 
la sua  [)iù  robusta  virilità.  La  patria  ri- 
conoscente rimunerava  tanti  eminenti 
servigi  colla  iligoilà  di  procuratore  di  s. 
Marco;  e  cooimetteva  all'Emo  di  lascia- 
re Tommaso  Condulmer  con  3  fregate 
sidle  coste  dell'Africa,  a  tener  Tunisi  in 
soggezione,  e  di  condursi  col  gidsso  del- 
la flotta  nell'Arcipelago,  dove  la  guerra 
scoppiata  fra  la  Russia  e  la  Porla  otto- 
mana, per  aver  Caterina  11  fatta  occupa- 
re la  Crimea,  richiamava  la  maggior  at- 
tenzione della  repubblica,  e  chiedeva  a 
lui  im[)orlaiili  servigi.  La  dura  lezione 
data  dall'Etno  al  bey  di  Tunisi  e  la  con- 
tinuala presenza  di  navi  venete  a  vista 
dc'suoi  porli,  avevano  alla  [lerflne  doma- 
to la  sua  audacia;  per  cui  nell'agosto  I  787 
ti  convenne  a  tregua  colla  reggenza;  la 
repubblica  rifiutò  l'esorbitanti  proposte 
fatte  dal  bey,  preferendo  all'interesse  la 
dignità,  e  ben  decisa  di  non  olFrire  che 
un  regalo  di  4o,ooo  zecchini,  s'  è  vero 
l'asserto  òeW Arte  di  verificare  le  date. 
Non  per  questo  ti  credette  impedito  il 
bey  di  costruire  nuovi  legni,  per  riab- 
bandonarsi ben  presto  a  nuovi  eccessi  a 
daimodel  commercio  veneto.  —  A'7  set- 
tendjte  dello  stesso  1787  il  senato  decre- 
tò la  soppressione  di  i  8  Feste  (siccome  in 
quell'articolo  ho  riferito  :  che  Clemente 
XI V  nel  I  772  conbolla  ridussele  feste  ne* 
dominii della  repubblica  veneta  ;  forse  sa- 
ranno le  soppresse  dall'autorità  pontifi- 
cia). Verso  quel  tempo  si  lanciarono  nel- 
l'acqua due  sciabecchi  e  3  fregate  per  rag- 
giungere ia  squadra  veneta  comandata 
dall'Emoe stazionata  nell'acquediDuraz- 
Eo,  per  sorvegliarci  movimenti  della  squa- 
dra turca.  Sul  finir  d'ottobre  Caterina  li 
imperatrice  di  Russia  invitò  il  governo  di 
Venezia  a  spiegarsi  sul  modo  con  cui  ver- 
rebbero ricevuti  ne'  porli  veneti  i  basli- 
meuli  russi  da  guerra,  e  quali  garanzie 
vi  potessero  trovare.  E  la  repubblica  di- 
chiarò un'altra  volta  voler  allenersi  alla 
più  slrelta  neutralità,  inviando  per  cou- 


VEN 

seguenza  islnizioni  a'  suoi  ministri  pres- 
so le  polenze  eslere,  non  che  a'goveina- 
tori  delle  sue  piovincie.  In  quesl'  anno 
si  conobbe  il  computo  della  popolazione 
dello  stato  veneto  a  lutto  il  1786,  e  si 
trovò  ascendere  ad  anime  2,755.480, 
delle  quali  4'J')77^  sacerdoti  secolari  e 
regolari,  e  monache.  Erano  le  sagrestie 
dello  stato  17,782  ;  la  celebrazione  del- 
le messe  annue  d'obbligo  3,075. 33o,  le 
avventizie  in  un  anno  1,455,558,  gli  an- 
niversari pe' defunti  i45,i68.  E  tutto 
questo  dimostra  la  pietà  de'  veneziani  e 
de'suddili  della  repubblica.  Non  ostante 
le  particolari  turbolenze  che  si  rinnova- 
vano di  tratto  in  tratto,  ma  che  non  a- 
■vevano  conseguenze  gran  fatto  pericolo- 
se, erano  già  scorsi  70  anni,  e  uìai  sem- 
pre il  governo  veneto  avea  sapulo  man* 
tenersi  iu  pace.  Tale  era  la  situazione 
allorché  i  segni  precursori  della  rivolu- 
zione francese  colpirono  tutti  gli  spinti 
saggi  e  illuminati  d'Eiuopa.  Sino  dal  lu- 
glio I  788  Antonio  Ca[>pelio,  ambasciato- 
re della  repubblica  a  Parigi  presso  Lui- 
gi XYI,  prevedendo  che  una  forte  scus* 
sa,  avvenuta  dapprima  in  Francia,  pota- 
•va  iu  breve  com[)rometlere  la  tranquil- 
lità europea,  aveva  indotto  il  senato  a  se- 
riamente riflettere  sulla  situazione  del- 
la potenza  veneta,  che  trovavasi  separa- 
ta dagl'  interessi  politici  di  lutto  il  con- 
tinente d'Europa,  inspirandole  forse  sli- 
ma, ma  niuna  specie  di  timoie,e  nulla 
avendo  di  comune  cogl'  isolani  inglesi. 
Calcolava  Cappello  la  possibilità  che  Ve- 
nezia fosse  forzatamente  distolta  dal  suo 
sistema  di  neutralità,  e  perciò  induceva 
i  suoi  com  mittenti  di  ravvicinarsi  agli 
altri  stati  sovrani  con  piìi  iiitÌD)a  coni- 
spondenz  a  e  con  segrete  negoziazioni.  Ria 
)a  lettera  dell'ambasciatore  fu  oìcssa  in 
filza  tra  le  comunicale  e  non  Ielle,  cioè 
posta  da  parte  da'savi,  membri  del  con- 
siglio del  doge,  ed  il  senato  non  n'ebbe 
neppur  cognizione.  Dove,  come,  qu;uido 
e  da  chi  abbia  preso  piede  la  diabolica  e 
fatale  manovra  delle  comunicale  e  non 


YEN  621 

lette  (manovra  burocratica,  che  sfuggì 
agli  stessi  inquisitori  di  st.ito,  e  che  tras- 
se la   repubblica  all'estrema  rovina); 
questo  è  l'arcano,  elle  passerà  inesplica- 
to allo  stupore  ed  all'esempio  salutare 
de'  posteri,  e  di  cpialuncpie  governo,  cui 
parlerà  seuipie  il  verso  di  J3anle  :  Le  leg- 
gi soriy  ma  chi  pan  mano  ad  esse?  Purg. 
16,97.  ^  ''^P'  ^^^  governo  inorridivano 
al  pensiero  degli  sforzi  che  avrebbe  ri- 
chiesto una  energica  risoluzione,  ed  a- 
mavauo  lu^ngarsi  che  se  fosse  avvenuta 
la  scossa  annunziata,  Venezia  non  ne  sen- 
tirebbe il  contraccolpo.  Ma  quanto  era 
stato  presagito  dall'  ambasciatore  Ca|)- 
pello,  si  verificò  nell'orrende  scene  che 
avvennero  in  Francia  nel  1789.  Quegli 
stessi  scrittori  che  in  quel  regno  aveano 
declamato  contro  la  nostra  s.' lleligione, 
aveano  nel  tempo  stesso  indirettamente, 
ed  alcuni   eziandio  di  proposito,  scritto 
contro  gli  ordini  de'go verni  esistenti,  rap- 
presentando i  sovrani  allreltanti  nemici 
dell'umanità,  e  che  la  loro  autorità  de- 
riva dal  consenso  de'  sudditi  e  non   da 
Dio,com'essi  pretendevano.  Pervennero 
infine  a  formare  prima  nella  loro  nazio- 
ne e  poi  in  Europa  uno  S[)irito  tendente 
a  sottoporre  alla  pro[)ria  ragione  la  reli- 
gione, il  governo  td  i  costumi,  e  perciò 
ad  uu  desiderio   di    riibrina    universale. 
Questo  spirilo,  che  alcuni  chiamarono  //- 
/o.?o//Vo,allri  del  seeo/o.  fu  di[)OÌ  inispc- 
cial  u)odo  divulgato  dalla  Sella  de'liberi 
muratori  (/'.),  tanto  dillusa  in  Europa. 
IMentre  poi  i  fiancesi  ammiravano   ima 
libertà,  deploravano  i  mali  reali  ilella  lo 
ro  patria,  cagionali  dallo  sconcerto  delle 
finanze,  onde  il  governo  regio  fu  indotto 
a  dichiarare,  che  i  creditori  dello  stalo  si 
sarebbero  pagali  per  due  rpiinli  in  carta 
moneta. Quindi  malconlcnloncl  popolo, 
timori  d'un  (allimenlo  nazionale  e  mor- 
morazioni contro  le  leggi  vigenti,  prima 
criticale  e  poi  disprezzale.  Queste  dis|)osi- 
zioni  rivoltose  degli  animi, preparate  lenta- 
mente,  rendevano  mollo didicile la  '.itua- 
ziouc  del  guvcruo,  e  Luigi  XVI  sebbene 


G-i2  V  £  N  •  V  E  :^ 
hu(U)  sovrano,  iiou  avea  energia  né  alcu-  a'c)  marzo  1789,  figlio  di  Lodovico  Al- 
ila ili  quelle  (H'idilà  clamorose  che  im-  vise.  A»ea  sortito  la  più  ciiita  educazio- 
pongotio  al  popolo  francese.  Convocali  ne,  speciahocute  pel  buon  volere  della 
gii  stali  gLMicrali  in  Versailles,  a' i  7  giù-  n)adre  sua  IMaiia  Casadouna,  la  quale  a- 
gno  si  eres^sero  in  AsscinhLca  nazionale,  uiava  le  lettere  e  il  sapere  (della  quale 
e  si  propose  di  dare  una  costìluzioue  è  una  traduzione  dell'  opera  di  mg/  Du 
alla  Francia.  Animati  i  faziosi  della  ri-  Coscq,  \n\\iu\ai{iì  La  Donna  onesta^Vn' 
portala  vilioria,  divennero  più  audacie  dova  1742),  ed  era  divenuto  pronto  e 
predicarono  altaniciite  la  sovranità  del  nobile  parlatore,  e  costumatissimo  uo- 
popolo.  Si  vollero  allontanale  dalla  capi-  mo.  Perciò  la  re[)ubblica  volentieri  il  nii- 
tale  le  truppe,  acciò  non  violentassero  la  «e  al  governo  delle  principali  sue  città,  di 
libertà  dell'assemblea,  e  questa  manifesta  Vicenza  nel  lySa  come  capitano,  e  collo 
resistenza  alla  corte  accrt-bbe  il  fermento  sfesso  titolone!  17^7  di  Verona,equal  po- 
in  ogni  luogo,  si  comunicò  alle  milizie  e  desta  neh  763di  Brescia,delle quali  l'eblje 
divcnncnj  inubbidicnti.  Il  popolaccio  a'  ciascuna  più  padre  che  rettore. Si  rese  be- 
i3  luglio  in  ogni  angolo  di  Parigi  gridò:  nemerito  principalmente  di  Verona  in 
l'iva  la  libertà,  si  resista  olla  coite,  si  una  straordinaria  inondazione  dell'Adi- 
(lisfruggano  i  ribaldi.  Nil  dì  seguente  fu  gè.  E  nel  reggimento  di  Brescia  si  nieriiò 
dislrulla  la  Ijasliglia.  Segui  la  formazio-  il  soprannome  ili  Ce/iO/«a/iO,il  perchè  leg- 
ne  delia  guardia  nazionale,  nella  genera-  gesi  in  una  medaglia  coniala  in  rame:  Lii- 
le  anarcliia.  Le  provincie  fecero  eco  alla  dorico  Maiàno  Cocnomano  Mdcclxiv. 
capitale.  Continuando l'assenjblea  naziu-  Brixia  grata  ingenua.  Tornatone  da 
naie  le  sue  deliberazioni,  detta  pure  Co-  tali  ulìlzi,  di  già  creato  per  inerito  uno 
.?//7«<('///é',  si  compilò  la  Co.y/;7»z.;o/ie,  e  si  de'  procuratori  di  s.  Marco  de  ultra, 
costrinse  d  re  ad  acc«tlarla.  La  rivuhi-  promozione  celebrata  con  diverse  poeti- 
none (u  completa,  le  cui  conseguenze  fu-  c!ie  composizioni  ;  teuiie  parecchie  ma- 
ronoil -soqcjuadiod'Europa,  il  crollameli-  gistraluie  di  pubblica  economia,  come 
to  di  più  troni,  la  caduta  della  repubbli-  di  revisore  e  regolatore  sopra  i  dazi,  re- 
ca di  Venezia,  quella  colluvie  di  mali  die  visore  e  regolatore  delle  rendile  pubbli- 
ancora  si  piangono,  che  deplorai  in  lauti  clie,  e  alla  provision  del  denaro.  Fu  pu- 
ariicoli.  Le  orrende  scene  dunque  avve-  re  eletto  aggiunto  a'beni  incolli,  e  depu- 
nute  in  Francia  neirmlauslo  1  789,  veri-  lato  airasciugamenlo  delle  valli  verone- 
ficarono  il  presagito  dall'ambasciatore  ve-  si,  ed  ebbe  quindi  gran  parte  nei  piano 
neto  Cappello.  Intanto  il  doge  Paolo  lìe-  proposto  e  che  si  andò  poscia  esegueudo, 
iiier  avea  compito  la  carriera  della  vii.»,  (ìncbè  altri  tieslini  ebbero  le  provincie 
tlupo  qniilebe  lampo  di  passeggiera  glo-  venete.  Gentde  ne'  modi  e  maestoso,  ac- 
«iajin  minaccianti  circostanze,  colla  vcn-  corlo  ne'parlari  e  prudente, come  descns- 
tnra  di  non  averne  veduto  il  disastroso  si,  fu  destinalo  nel  1782  uno  de'  procu- 
dcplorabile  sviluppo,  poiché  ntorì  a'  18  ratori  che  doveano  prestare  servigio  a  Pio 
febbraio  1789.  Fu  chiuso  nella  tomba  VI,  cui  l'aver  piaciuto  fu  a  lui  di  lode 
de'suoi  maggioii  nella  chie^^a  di  s.  Nico-  e  gloria,  e  dal  quale  fu  creato  cavaliere 
la  di  Tolentino,  ed  ebbe  elogio  da  Ema-  in  Udine,  titolo  confermatogli  dal  senato 
liuele  Azevedo,  che  avea  per  molti  anni  con  decreto  23  marzo,  e  ne  consegiu  spi- 
vissuto  in  onoiala  amicizia  e  comunanza  rituali  benefìzi  per  se  e  per  la  sua  illusile 
di  studi  con  lui.  famiglia. Asceso  al  trono,  secondo  il  coni- 
42.  Lodoi'iio  Manin  CXX  e  ultimo  pulo  di  alcuni  fu  il  CXIX  doge,  e  secou- 
Y/o^'f.  Sollo  tristi  auspici!,  slimato  da  tut-  t!o  quello  di  allri  CXX,  e  per  tale  lo  ri- 
ti, II.  elevalo  al  Uuiiu  ducale  di  G3  aum  feriico  seguendo  la  Serie  del  iVam  e  del 


suo  biografo  ÌMuschiui.  AlUo  ceilamente 
e  più  clilTuso  è  il  cav.  Cicogna,  Inscnzio- 
ni  /  enezianc,  l.  i,  p.  2^9.  Anche  la  sua 
esaltazione  al  dogaclo  scosse  l' tslio  e  le 
peuue  de'  ()oeli,  e  fra  gli  altri  la  società 
lie'ojei cauli  fece  eseguir  uelle  sue  sale  il 
Faticinio  di  Proteo,  e  la  società  de'fì- 
larmouici  1'  Unione  del  senno  e  della 
fortuna,  due  cantate  iu  cui  il  famoso  Ga- 
^pal■e  l^accliierotti  fece  risuouar  le  sue 
soavi  modulazioni.  IN'ella  sagrestia  della 
metiopolilana  d'Udine  fu  iu  questa  oc- 
casione eretta  l'onoraria  niaruiorea  iscri- 
tione  riprodotta  dal  Cicogna:  Ludovico 
Manina -Dlajorum  gloriae  et  religionis 
haercdi  -  Ad  ì  cnttae  Reipullicac  prin- 
cipaturn  ci'ccto-  Canonici  jl/ctropol.  ec- 
clcsiae  Ucinensis-  Dev'Oli  amantissimo 
duci- Et  Maninae  genti  de  hoc  tem- 
pio praeclare  meritae  -  Gratulantes 
fausta  a  Dea  precanlur  -  An.  rep.  sai. 
MDCCLXXXix.  iNIa  il  volo  de'cauouicijcli'e- 
va  pur  quello  di  ciascun  veneziano,  non  fu 
dal  cielo  secondalo.  Riseibatoera  die  sol- 
lo  questo  doge  la  gloriosa,  la  nobilis- 
sima,  la  celeberrima  repubblica  di  Ve- 
nezia aver  dovesse  il  suo  fine.  Le  no- 
tissiuie  cagioni  affalto  non  si  devono  at- 
tribuire al  suo  capo.  La  conservazione 
della  re[)ubblica  veneta,  come  otliu»a- 
nienlt  e  nuparzialmenle  osserva  il  segre- 
tario Quadri,  sì  nella  Storia  della  Sta- 
tistica, sì  nel  Compendio  della  storia 
\enclay  dopo  la  pace  di  l-'assaroìvilz,  che 
fu  nel  J  7  I  8,  era  divenula  del  lutto  pre- 
caria e  incei  la.'jQuel  vigore  vitale, dic'e- 
gli,  che  l'avca  preservata  ne'  passali  pe- 
rigli, più  non  iscorreva  nelle  sue  vene. 
Alla  politica  debolezza  congiunta  era  l'i- 
nerzia che  tanti  anni  felici  di  poce  aveva- 
no inreliceiiieiite  iuiu^a  nel  governo,  per 
cui  nou  seppe  prevenire  da  iuntanu  la 
scossa  che  da  vicino  non  avea  lui  za  di  so- 
stenere. iVon  dissioiili  sono  i  lugionamen- 
ti  d'un  celebre  storico  forestiero.  La  lun- 
ga pace,  egli  dice,  viaveva  auiniollilo  gli 
auinii,  e  se  vi  riuianev^mo  ordini  buoni, 
luaucavauo  uomioi  fotti  per  so:iUucrlJ. 


VEN  623 

La  re[)ubblicn  credette  colla  sola  sapien- 
za civile  potersi  preservare  sulva  ue'peri- 
coli  che  radi  ancora  si  rappresentavano. 
j\Ia  la  S(;la  sapienza  civile  non  poicva  più 
bastare  senza  la  forza,  miizì  quella  era  ve- 
nula in  derisione.  Venezia  stimata  da  tul- 
li, teiHUla  da  nessuno,  se  era  capace  di 
aisoluzioui  prudenti,  non  era  di  risoluzio- 
ni gagliarde;  l'  edifìcio  politico  vi  stava 
senza  puntello  ;  una  piiina  scossa  il  do- 
vea  fare  loviiiare.  iSè  il  doge,  né  altri 
dunque  riparar  poteva  a  i|uella  caduta, 
che  I  male  intenzionati  e  i  nemici  interni 
alfi  citarono  solamente  nel  1797  ;  ma  che 
grandi  uomini  di  stato  aveva  da  molli 
anni  addietro  vaticinata  ".  Neil'  infelice 
suo  dogauo,  prese  giau  cura  delle  pub- 
bliche cose,  senza  dimenticar  le  piivale 
e  domestiche,  riformando  linlerno  or- 
dinamento del  palazzo  del  suo  ooine  sul 
Canal  grande  a  destra,  di  cui  feci  parola 
iiel§  XIV,  n.  I  ;  ne  arricchì  la  biblioteca, 
Iu  (|uale  venne  poi  auu>cnlnla  unco  da 
nipoti,  e  tornalo  nella  vita  privala  nuo- 
vamente vi  abitò.  Protesse  le  ai  li  e  le  let- 
tere, e  fu  benefico  principe.  A'3  ag^t^to 
l'io  VJ  creò  caidinale  il  \enelo  uditore 
di  Uola  Lodovico  Flangini,  cui  die'  in 
successore  il  paliizio  Giovanni  Priuii  a' 
16  novembre  1790,  e  fu  rullimo  udilu- 
redi  Rota  nomiiiatodalla  republjlua, co- 
me già  notai  nel  dogadoSiS.^Nella  biogra- 
fia del  cai  dinaie  narrai,  che  il  Pii[iii  ritar- 
dò la  promozione  sua  alla  s.poi  pota,  ben- 
ché ne  faceva  i>taiiza  la  repubblua,  lin- 
cile qnesla  non  gli  assegnò  la  provvista, 
che  fu  di  12,000  ducali,  e  divenne  [la- 
triarca  della  pallia.  Lllimo ambasciatore 
della  repubblica  presso  la  s.  Seile  fu  il 
patrizio  veni:to  l'ielro  Pesaro  in  cui  si  e- 
slinse  la  siid  famiglia. Ebbe  a  fialelloFran- 
cesco,  di  cui  dovrò  parlare.  I/ainbiscia- 
lore  Cappelloavendu  ripalrialonel  1  790, 
fece  iu  pieno  senato  un  rimarehevolissi- 
mo  ragguaglio  dell'uUuale  posizione  del- 
la Fi  ancia  si  relativamente  a  se  stessa  e 
b'j  relativamente  all'Europa.  Vedendosi 
scoraiiiiialo  dal  pocu  sutccisu  del  suo  due, 


G24  V  E  N 

si  limilo  a  concludere,  iloveisi  lasciar  agi- 
re la  I''raiicia  e  abbandonarla  a  se  sfessa, 
c<I  asnellare  il  bene  clic  può  nascere  dal- 
l'eccesso del  n)ale.  Accarezzata  così  la  Icii- 
deiiza  del  governo  veneto  pel  liposo,  sin 
d'allora  si  prese  la  determinazione  di  non 
trattare  la  rivoluzione  francese  che  come 
oggetto  di  polizia,  e  lasciare  agl'inquisi- 
tori di  stalo  tutta  la  cura  di  prevenire  il 
contagio  politico.  Tultavolla  la  repubbli- 
ca avendo  sempre  coltivala  l'amicizia  de* 
re  di  Francia,onde  interessarli  ad  oppor- 
si a'progressi della  confinante  Austria  sul 
territorio  italiano,  ed  alla  quale  sapeva 
tlarle  ombra,  allorché  nel  principio  del 
lygi  le  zie  di  Luigi  XVI  ed  il  fratello 
conte  d'Artois,  in  conseguenza  della  ri* 
soluzione  si  recarono  a  passare  alcuni  gior- 
ni in  Venezia,  non  mancò  il  senato  tli 
mostrare  apertamente  i  suoi  sentimenti 
pel  re  e  per  la  fi  miglia  reale  di  Francia, 
e  trattò  i  suoi  ospiti  magnificamente.  Po- 
co dopo  nell'aprile  l'imperatore  Leopol- 
do 11,  Ferdinando  IV  re  delle  due  Sici- 
lie e  la  sua  moglie  regina  M.'  Carolina 
sorella  dell'augusto, anch'essi  onorarono 
Venezia  di  loro  presenza,  nobilmente  fe- 
steggiati dalla  repubblica  colla  solita  ma- 
gnificenza, per  cui  spese  76,852  ducati 
d'argento.  Intanto  si  allearono  l'Austria 
e  la  l'russia  nel  i  'jc)'}.,e  la  Francia  dichia- 
rò loro  la  guerra.  Gli  eserciti  de'collegati 
capitanali  da  BrunsAvick,  entrarono  in 
Francia  e  poi  ref  rocederono.lnvece  i  fran- 
cesi a  danno  dell'imperatore  Francesco 
Il  gl'invasero  i  Paesi  Bassi,  e  Ó\c\ì\hvì\- 
rono  pine  la  guerra  a  Vittorio  Amedeo 
]11  re  di  Sardegna,  occupando  tosto  la 
Savoia  e  Nizza,  per  aver  fatto  proposte 
per  una  lega  Ira'principi  italiani.  Allora 
Francesco  11  si  alleò  colla  Russia,  e  per 
difendere  il  Mdaneseeil  IManlovano  ten- 
tò eziandio  di  trarre  nella  lega  la  re[)ul)- 
blica  (li  Venezia;  ma  il  senato  ad  onta  pu- 
re dell'altere  intimazioni  della  Russia  di 
prendere  parte  attiva  alla  guerra, che  da 
quasi  tutte  le  potenze  d'Europa  era  sta- 
ta diciiiarata  alla  Francia,    restò  fermo 


V  E  N 
ncir  adottato  sistema  di  neutralità  per- 
fetta. Non  fece  così  il  re  di  Sardegna,  il 
rpiale  non  mancòdi  dichiararc,esser  pron- 
to a  concorrervi  con  4o,ooo  uomini.  Al- 
rimmincnte  pericolo  che  minacciava  l'I- 
talia, peravere  l'assemblea  di  Parigi  riu- 
nito alla  Francia  la  contea  di  Nizza,  la 
Savoia,  ed  Avignone  e  il  Venaissino  tolti 
al  Papa,  si  costei  narono  diverse  potenze 
italiane,  ma  non  perciò  pensarono  alla 
comune  difesa.  Soltanto  Ferdinando  IV 
re  delle  due  Sicilie,  allorquando  vide  rot- 
ta la  guerra  sul  Reno,  invitò  il  ve  di  Sar- 
degna e  la  repubblica  di  Venezia,  con  sa- 
vie e  opportune  considerazioni,  a  stabi- 
lire una  confederazione  Italiana,  ten- 
dente non  solo  a  garantire  generalmen- 
te la  nazione  da  qualunque  irruzione, 
ma  altresì  i  propri  rispettivi  stati  eia  for- 
ma attuale  degli  esistenti  governi.  Con- 
corressero a  questa  lega  colle  due  Sicilie 
il  re  di  Sardegna  e  la  repubblica  di  Ve- 
nezia, e  poi  si  sarebbero  invitati  gli  altri 
stati.  Potersi  colla  medesima  provvedere 
alla  propria  difesa,  tener  lontane  le  in- 
tromissioni esterne,  ed  alle  occasioni  in- 
fluire nello  stesso  equilibrio  d'  Europa. 
Il  re  di  Sardegna,  che  avea  già  proposta 
similelega,non  mancò  di  mostrarsi  pron- 
to ad  entrarvi,  ma  i  veneziani  rimasero 
costanti  nell'adollata  tieutralità,  per  fa- 
tale destino  e  fors'auche  per  credere  il  pe- 
ricolo men  grave  o  meu  vicino;  vedendo 
gli  altri  principi  italiani,  più  o  meno  aper- 
tamente, declinare  da  ogni  impegno.  Né 
andò  guari,  che  una  flotta  francese  obbli- 
gò Ferdinando  IV  a  cambiar  politica  e 
dichiararsi  iieulrale.  Taiilo  rilevo  dall'an- 
nalista cav. Coppi.  Nel  medesimo  I7()  2, rac- 
conta il  conleDandolo,a  prevenire  il  com- 
pimento de'  nuovi  enunciali  disegni  del 
bey  di  Tunisi,  l'Emo  rimasto  sempre  a  ca- 
po tiella  flotta,  ridiicevasi  nuovamente  nel 
Mediterraneo,  e  slava  già  nel  porlo  di 
Malta,  predisponendo  ogni  cosa,  per  es- 
ser pronto,  occorrendo,  ad  un  nuovo  at- 
tacco contro  (piell'asilo  di  ladroni  marit- 
timi. Ma  egli,  quasi  inopinatamculc,  di 


V  E  N 
6r  mini  vi  moriva  il  ■.''marzo,  nel  casino 
del  console  veneto  Pucielgue  nel  borgo 
della  Floriana,  non  senza  sospetto  di  ve- 
leno, nell'istante  appunto  in  cui  Venezia 
dovea  sentir  maggiore  il  bisogno  di  s\ 
eroico  figlio,  il  quale  era  nato,  come  dis- 
se Cesarotti,  troppo  tardi,  e  troppo  pre- 
sto mori.  Dappoiché  rileva  il  IMoschini, 
l'Emo  vendicatore  terribile  de' pertur- 
batori del  veneto  commercio,  richian)ato 
a  vita  il  patrio  marittimo  %aIore,  conse- 
gu"ì  l'ammirazione  e  la  lode  delle  più 
grandi  nazioni.  Vefiezia  nel  modo  più 
acerbo  e  onorato  ne  deplorò  la  perdita; 
e  appresso  parve  a  lei  ch'egli  sarebbe  sta- 
to, se  non  il  suo  salvatore,  certo  un  suo 
gagliardo  difensore  nell'ultinio  cimento. 
Toniifiaso  Condulmer,  succedutogli  per 
anzianità  nel  comando  della  flotta,  non 
ebbe  la  gloria  di  debellare  il  bey,  e  solo 
])Otè  trattar  la  pace  con  lui  a  nome  del- 
la I epubblica.  Quesl'  ambizioso  si  crede 
autore  principale  della  morte  violenta  di 
3£mo,  come  poi  favcjri  i  nemici  della  pa- 
tria, e  complice  del  misfatto  fu  Jacopo 
I^arma,  sebbene  in  Malta  ne  disse  l'elo- 
gio funebre,  quale  capitano  2."  aiutante 
del  defunto.  Il  cav.  Mulinelli  volle  esclu- 
dere le  lestimonianze,che  accusarono  essi 
o  altri  di  tale  enorme  delitto,  siccome  so- 
lo (ondate  sul  mss.  del  capitano  Antonio 
Paravia,  che  fece  parte  della  spedizione 
dell'Emo,  intitolato  ;  Mìo  PorlaJo}^Uo  di 
viaggio,  osservazioni  te,  dal  i  790  al 
iyg4j  '^'■^  il  conte  Dandolo,  che  scrisse 
dopo  di  lui,  riconosce  l'iniquo  reato,  non 
ostimte  il  pubblicato  per  escluderlo  dal 
prof.  AntouiojMeneghcllidi  Padova,  Del- 
le lodi  di  /ingelo  Emo,  Padova  1  836. 
La  morte  inattesa  dell'  Emo,  lagrimata 
dall'  emineiitis'-iuio  gianuiaestro  geroso- 
limitano De  lìolian,  the  lo  teneva  in  gran 
pregio,immerie  nelduoloe  nel  lullOjtraU' 
ne  i  DOQiinati  o  altri  indegni  emuli  di 
luì,  non  soliimenle  la  flotta,  ma  la  stessa 
Malta,  e  rese  inconsolabile  la  repubbli- 
ca. Imbalsamato  il  cadavere  in  Malta,  i 
cavalieri  gerosolimitani  gli  resero  iu  mo- 
VOL.  xcii. 


V  E  N  G25 

do  solennissimo  gli  ultimi  onoi  i,  quando 
la  sua  salma,  tratta  dalh  chiesa  della  ss. 
Concezione,  fu  deposta  sulla  sua  nave  la 
Faina,  per  essere  trasportata  a  Venezia. 
Il  Mutinelli  olire  la  relazione  delle  deco- 
rose ceremouie  funebri  fatte  in  Malta 
nell'aprile  i  792  in  occasione  dell'imbar- 
co delle  spoglie  mortali  del  supremo  co- 
mandante delle  forze  marittime  della  se- 
renissima repubblica  di  Venezia,  collo- 
cate sopra  un  cumulo  di  trofei,  nella  ca- 
mera del  consiglio  di  quella  stessa  nave, 
che  dopo  aver  servito  nella  sua  lunga  e 
gloriosa  spedizione,dovea  Irasportarel'in- 
signe  ammiraglio  inanimato  in  seno  alla 
dolente  patria  sua.  Questa  ad  onorarne 
splendidamente  la  memoria,  a'  i  7  aprile 
gli  fece  celebrare  solennissimi  funerali 
nella  ducale  basilica  di  s.  ]Marco,con  l'in- 
tervento del  doge  e  di  tutti  i  corpi  della 
repubblica  nel  massimo  splendore  di  lo- 
ro dignità  e  in  vesti  di  lutto,  con  magni- 
fica macchina  funebre,  disegno  bellissi- 
mo dell'esimio  cav.  Fonlanesi,  che  de- 
scrive il  INIutinelIi,  in  uno  alla  lugubre  di- 
gnitosa funzione,  accompagnala  da  nuo- 
va messa  di  requie  del  valente  maestro 
di  cappella  Ferdinando  Derloui,  dalla  le- 
cita eloquente  dell'  orazione  di  lode  de! 
dottissimo  prof.  Llbcildo  Dicgolini,  e  dal 
concorso  nobilissimo  del  patriziato  e  di 
gian copia  di  popolo.  Il  m.edesimo  pallio 
annalista  riprodusse  le  descrizioni  della 
Gazzetta  Urbana  veneta,  del  sontuoso 
trasporto  dell'illustre  spoglia  mollale  e 
grandissinia  processione  a  s.  Maria  de' 
.Servi  alle  tombe  de'  suoi  maggiori,  sulle 
quali  fu  appeso  uno  stendardo  collo  stem- 
ma della  famiglia  Emo.  Questa  gli  eresse 
ivi  un  monumento  decentissimo,  colla 
sua  tHlgie,  opera  pregiatissima  di  Gio, 
Ferrari  dello  Torrelti  venelo,  ipiel  me- 
desimo che  i>ose  lo  scalpello  nelle  mani 
del  Canova,  e  gli  additò  1'  arie  per  cui 
giunse  all'apice  della  celebri  tiijeriLomiau- 
dosi  neir  iscrizione  :  Exiniiis  honoribus 
ReipiibUeac  clarissinio  taclique  Na- 
vali-s  inslauraiori.  11  vandalico  e  ma- 
40 


02G  V  E  N 

lefico  genio  distiuggWorCj  ikinolila  qua- 
si del  lutto  la  roagiiifica  e  ampia  chie- 
sa, il  nioiiiiiaenlo  di  Emo  fu  trasferito 
jiiima  (nel  1817  dicesi  dal  eh.  Zanot' 
lo)  nella  chiesa  parrocchiale  di  s.  Marti- 
no, poi  nel  sellemhre  i8j8  in  quella  di 
s.  Biagio,  ora  pairocchia  dell'i,  r.  marina 
militare,  ponendosi  accanto  al  monumen- 
to la  bandiera  turca  presa  dall'Emo  a'ar) 
iiprilc  nell'espugnazione  di  Sfax.  Però  i  4 
hassorilievi  di  bronzo,  che  lo  decoravano, 
sono  nelle  sale  d'armi  dell'Arsenale.  Già 
il  senato,  non  contento  di  tal  convenien- 
te marmoreo  monutnento,  ne  allogava  un 
2.°  al  Canova,  per  situarsi  in  una  delle 
delle  sale  d'armi,  il  quale  consiste  in  una 
colonna  rostrata  col  busto  del  valoroso 
ammiraglio,  esposta  all'urto  de'flutli  che 
invano  tentano  scalzarne  la  sua  immobi- 
lità. Una  leggiadra  fanciulla  altenlamen- 
le  ripete  su  quel  marmo  il  nome  di  lui, 
per  liamaudarne  la  fama  all'  immor- 
talità. Un  genio  sceso  dall'etere,  nelle 
divine  sue  forme,  nella  soavità  dell' a- 
>[)ello  presenta  l'idea  d'una  celeste  bel- 
lezza. Dice  il  eh.  Casoni  nella  Guida  per 
l'Arsenale  di  T  enczia.  »  Scoigo  in  quel 
masso  la  possanza  della  repubblica  rido- 
nata all'aulico  splendore,  il  dominio  sui 
mari  rivendicato,  e  listabilita  la  celebri- 
la delle  veneziane  insegne.  In  ijuest'ope- 
ra  vi  è  unità  di  pensiero,  di  azione,  d'in- 
teresse. Nello  Fama  vedesi  il  tiasporto 
d' un'anima  intensamente  occupata  del 
più  giusto  dovere:  nel  Genio  quella  com- 
postezza ed  amenità  proprie  ad  un  mes- 
saggero celeste:  nella  fisonomia  dell'Eroe 
la  tranquillità  che  deriva  dalla  soddisfa- 
zione di  se  medesimo.  Questo  è  il  monu- 
nienlo  dalla  patria  eretto  aWVltinìo  vc~ 
nelo  cittadino  ohe  ha  procurato  di  ri- 
destare le  repubblicane  virtìi  coH'esem- 
l>io  delle  prische  imprese:  ma!  ...  Véla 
Mila  leggenda:  Angelo  Emo  I".  La  re- 
pubblica rimunerò  il  Canova  d*  annua 
pensione  di  100  ducati  nel  1795,6  d'un 
medaglione  d'oro  del  valore  di  100  zec- 
«huii,  che  poi  mg/  Sartori  Canova  donò 


V  E  N 
a  Venezia  e  si  conserva  nella  raccolta  Cor- 
rer. - — •  Frattanto  eransi  veduti  i  venezia- 
ni costrelli  non  solo  ad  aprire  il  passo 
.sul  loro  territorio  alle  truppe  austriache 
che  si  portavano  a  Mantova  e  a  Milano, 
ma  ancora  di  lasciarvi  transitare  un  cor- 
po che  Francesco  II  mandava  in  aiuto 
al  redi  Sardegna,  non  che  i  convogli  che 
questi  faceva  venir  da  Germania,  e  final- 
mente le  truppe  che  l'Inghilterra  avea 
preso  al  suo  soldo.  Tultociò  poteva  giu- 
dicarsi effetto  della  violenza,  ma  non  se 
ne  avea  veruna,  quando a'6  ottobre  r  79^5 
come  leggo  naW'Arfe  diverificare  leda- 
te,  di  cui  vado  profittando,  la  repubbli- 
ca autorizzò  lutti  i  sudditi  a  somministra- 
le viveri,  armi  e  cavalli  alle  truppe  au- 
striache e  sarde.  Alvise  Pisani  ambascia- 
tore della  repubblica  a  Parigi,  non  avea 
creduto  di  poter  fare  a  meno  a' io  ago- 
sto di  dare  asilo  in  sua  casa  a  parecchi 
svizzeri  della  guardia  di  Luigi  XVI,  ac- 
canitamente inseguiti  alle  Tuileries,  0  ne* 
suoi  dintorni,  a  cui  era  vicina  la  sua  a- 
bitazione,  cioè  nella  via  s.  Florenlin  al 
palazzo  dell'  Infinfado.  Egli  cessò  dalle 
sue  funzioni  tosto  che  vide  detronizzato 
e  pngioniero  il  re,  dall'assemblea  nazio- 
nale che  dalla  metà  deli  789  governava 
la  Francia.  Lasciò  pure  Parigi  senza  pi  en- 
der  congedo,  e  invece  di  passare  a  Vene- 
zia si  ritirò  in  Inghilterra,  del  che  otten- 
ne l'approvazione  dal  senato.  Ma  costi- 
tuitasi l'assemblea  nazionale  a'ioea'ia 
agosto  1792  in  Convenzione  nazionale, 
indi  la  repubblica  francese  da  essa  pro- 
clamatasi a'  22  settembre,  tosto  inviò  a 
Venezia  Noel  qua!  incaricato  d'alfari,  che 
però  non  ottenne  d'essere  riconosciuto. 
Non  ostante  il  senato  trattò  con  esso  a 
mezzo  del  suo  segretario  di  legazione.  E 
per  una  rissa  accaduta  nella  rada  di  Ge- 
nova tra  marinari  francesi  e  veneziani,  i 
quali  fecero  a  pezzi  la  baiidicra  tricolo- 
re, la  convenzione  nazionalechiese  ripara- 
zioni a' 1 6  ottobre.  Il  vecchio  sisltina  del- 
la neutralità  disarmala,  ìiii[ni^iìHlo  foi • 
temente^  ma  inutilmeule,  dal  Pesaro,  ao- 


VEN 
die  In  appresso  ,  come  vedremo,  in  cui 
erasi  Venezia  sempre  piìi  ostinata,  clovca 
farle  risentire  il  contraccolpo  di  tulli  gli 
nvvenimenti  esterni  relativi  alla  Francia. 
Essa  non  polca  sinceramente  rallegrarsi 
de'successi  militari  sia  dell'una  che  del- 
l'altra parte;  essendo  suo  destino  ormai 
<li  non  dover  che  passare  da  una  ansietà 
.'dl'altra.  Abolita  la  monarrliia  francese, 
la  sorte  del  virtuoso  Lni"i  XVI   era  de- 

o 

crelata:condannalo  ingiustamente  a  mor- 
te ,  fu  decapitato  a'  2  1  gentiaio;  egìialc 
infelice  sorte  subirono  poi  le  sventinato 
moglie  e  sorella,  la  regina  Maria  Anto- 
nietta d'Austria,  ed  Elisabetta  di  Fran- 
cia. L'abolizione  del  culto  cattolico  fu 
proclamala  in  Parigi  da  quello  stesso  po- 
polo, il  quale  andava  poc'anzi  orgoglioso 
del  titolo  di  Crì<!lianìssiiuoc  iWlìglio  pri- 
mogenito della  Chiesa,  ond'era  fregiato 
il  suo  re.  A'  26  di  dello  mese  Venezia 
insistette  sul  suo  rifiuto  di  riconoicerc 
l'incaricato  d'affari  [)Oilatore  di  creden- 
ziali speditea  nomedella  repubblica  fran- 
cese,  ed  era  determinato  il  governo  di 
evitare  quanto  avesse  potuto  accennare 
un  formale  riconoscimento  di  quella  nuo- 
va così  mostruosa  potenza;  ma  ciò  non 
tolse  che  non  venisse  costretto  ad  auto 
rizzar  esso  agente  francese  d'  inalberare 
davanti  la  sua  casa  la  bandiera  tricolo- 
re. Il  Coppi  dice  che  le  repidjblicbe  di 
Venezia  e  Genova,  etl  il  granduca  di  To- 
scana non  fecero  opposizione  a'rappresen- 
tanli  francesi  d'imiulzni- sulle  loro  abita- 
zioni lo  slemma  repidjblicano,  consisten- 
te in  una  figura  muliebre  esprimente  la 
Libertà  ,  tranne  il  Papa  che  si  oppose. 
Quasi  tutte  le  potenze  d'Eiunpa  eransi 
alleale  contro  i  francesi  ,  e  il  t;randuca 
di  Toscana  si  pose  in  attitudine  ostile, 
onde  formidabili  n'  erano  le  forze.  Sol- 
tanto Venezia,  Genova  e  il  Papa  conti- 
nuavano nella  neutralità.  Riferisce  il  con- 
te Dandolo  ,  da  Vienna,  da  Berlino,  da 
Napoli  giunsero  eccitamenti  concordi  a 
Venezia  per  condurla  ad  unirsi  alla  gran 
colleganza  europea  coulro  la  Francia,  Mi 


VEN  G27 

Venezia,  stininnìo  clic  l'unione  di  tante 
armi  bastar  potesse  ad  infrenare  l'irape- 
tuoso  torrente,  proclamò  invece  la  pro- 
pria neulralità  disarmala.  ^E  jioichè  tut- 
ti sanno,  che  se  i  francesi  riusciti  erano 
a  recarsi  prestamente  in  mano  la  .Savoia 
e  Nizza  (confinanti),  non  per  questo  ave- 
vano potuto  superar  mai  la  vetta  dell'Ai 
pi,  valorosamente  e  con  tanto  vantaggiu 
fino  allora  difesa  dadi  austro  sardi,  clic 
già  disegnavano  di  calare  essi  slcssi  in 
Francia ,  io  non  so  da  quanto  giudizio 
delibano  credersi  suggerite  le  acerbe  pa- 
role colle  quali  non  pochi  scrittori  ragio- 
nano di  cosilfalta  deliberazione  ".  Ol- 
tre alla  deplorata  neutralità,  qualificala 
da'  memorali  scrittori ,  coudolla  dimo- 
strante estrema  debolezza,  anche  per 
non  essersi  posta  in  islalo  la  repubblica 
di  farsi  rispettare,  il  cav.  Mulinelli  negli 
Annali  Urbani,  rimarca  che  in  sì  supre- 
mi momenti  -■'  erasi  costruito  in  27  me- 
si il  magnifico  teatro  della  Fenice,  on- 
de con  un  terppio  sagro  alla  voluttà  s» 
dava  l'ultima  mano  all'anello  estre- 
mo di  quella  meravigliosa  catena  di  eoi- 
fizi  numerosi  e  cospicui  in  io  secoli  in- 
nalzati a  Venezia,  mentre  l'anello i."  del 
la  catena  stessa  era  stalo  invece  un  tem- 
pio sagro  al  Principe  degli  Apostoli;  i  ve- 
neziani, le  cui  piazze  forti  avevano  bensì 
cannoni  ma  ?enza  carretti,  ponti  levatoi 
impossibili  a  levarsi,  difese  esteriori  ma 
senza  palizzate,  strade  coperte  ma  ingom- 
bre d'alberi,  non  una  bandiera  da  rizzar- 
si sulle  mura  per  Oir  segno  a  «piai  sovra- 
no la  fortezza  appartenesse  ;  i  veneziani, 
non  più  conoscitori  de'lempi,  vanamen- 
te [ìcrsislcndo  in  una  eccessiva  neutrali 
là,  lictamcnle  in  Bauta  occorrevano  ni 
nuovo  teatro,  e  senza  'emere  e  senza  in- 
quietarsi di.'lla  grande  sfrenatezza  delle 
fiperc  e  de'  principii  politici  ,  e  anziché 
d'armi  e  di  difesa  favellare,  di  propugna- 
coli e  di  navi,  unicamente  0  celebrare  in- 
tendevano alla  Fenico  le  armonie  di  P.ii- 
sif^llo,  le  danze  di  Vigano,  i  trilli  di  una 
Cauli,  di  un  Pacthicrolli  e  di  uu  David. 


628  V  E  N 

Cosi  vivendosi,  e  per  soprassoma  da'zei- 
ìnm  canlandosl  la  Biomlinci  in  gondole- 
ta,  famosa  e  lascivetla  canzone  (la  com- 
pose in  dialetto  veneziano  il  poeta  Anto- 
nio Lamberti,  ed  è  ancora  cantata  da  una 
mano  di.  gondolieri  l'estate  lunghesso  il 
Canal  grande  a  sollazzo  de'forestieri  die 
visitano  Venezia),  tuonavano  intanto  ter- 
ribilmente i  cannoni  e  molto  sangue  cor- 
reva ne'comballimenti  tra'francesi, tede- 
schi e  altri".  A'6  giugno  Noel  inviò  al  se- 
nato la  dichiarazione  dc'principii  de'suoi 
coinmillenli,  diceva  dover  oggimai  for- 
mar l)ase  essenziale  di  tulli  i  trattali 
che  si  facevano  pel  riposo  d'Europa  il  po- 
sitivo e  uHìciale  riconoscimento  della  re- 
pubblica francese  e  di  sua  sovranità;  e 
giunse  a  proporre  un'alleanza,  e  chiede- 
re se  venisse  accolto  a  Venezia  un  invia- 
to di  Francia  rivestito  del  carattere  di 
jninistro.  Si  rispose  affeimativamenle  a 
quesl'  ultimo  punto  ,  e  per  conseguenza 
egli  partì  e  verso  la  metà  di  luglio  si 
presentò  il  ministro  Lallemaul.  Invece  pe- 
rò d'ammetterlo,  dichiarò  il  senato,  che 
la  ben  conosciuta  sua  imparzialità  non 
permetteva  introdurre  veruu  cambiamen- 
to nella  forma  delle  sue  corrispondenze 
politiche.  Il  ministro  non  riconosciuto  si 
vide  nella  necessità  di  partire,  aflldando 
all'agente  Jacob  le  relazioni  tra'due  go- 
verni. Quest'agente  francese,  mantenu- 
to fermo  a  malgrado  le  rappresentanze 
ed  anche  le  minacce  de'  ministri  delle 
corti  alleale  residenti  in  Venezia  ,  si  die' 
cura  di  mandare  in  Francia  alcune  prov- 
vigioni di  cui  allora  avea  essa  grande  bi- 
sogno essendo  in  preda  alla  carestia.  Frat- 
tanto i  veneziani  si  mantenevano  nel  lo- 
ro sistema  favorito  piìi  coli'  eludere  le 
proposte  che  venivano  lor  falle,  che  non 
col  dichiarare  formali  rifiuti;  le  armale 
francesi  aveano  terminalo  la  campagna 
del  1793,  in  guisa  da  dar  peso  alle  do- 
mande che  venivano  falle  da«li  acenti 
politici  di  loro  nazione.  Sul  finir  di  que- 
st'anno manifestaronsi  in  Italia  alcuni  sin- 
tomi di  agitazione  ,  e  non  ne  andarono 


YEN 
del  tulio  esenti  le  provlncie  dipendenli 
da  Venezia.  Gli  scolari  dell'università  di 
Padova  si  erano  abbandonali  ad  un'ef- 
fervescenza, pili  leggerezza  giovanile  che 
influenza  delle  nuove  opinioni  democra- 
tiche, tosto  però  sopita  senza  rigore.  Più 
che  pel  resto  de'suoi  stati  di  Terraferma, 
temeva  il  senato  pel  Bergamasco  e  pelDie- 
sciano,  paesi  vicinissimi  al  Rlilauese;  ma 
prese  misure  piìi  preventive  che  di  re- 
pressione, il  governo  essendo  ancor  lon- 
tano dal  persuadersi  d'  ogni  idea  di  pres- 
sante pericolo.  Dice  V  Arte  di  \'e  ri  fica  re 
le  dalc.»  Se  gli  dava  timore  l'invasione 
dc'principii  rivoluzionarli  della  Francia, 
che  poteano  venir  abbracciali  con  calore 
da  una  porzione  de' sudditi  veneti,  non 
era  meno  inquieto  pe'  militari  successi 
dell'Austria,  né  sapeva  come  uscir  dalla 
lolla  de'  diversi  sentimenti  che  1'  angu- 
stiavano. Quindi  le  molte  contraddizioni 
nella  sua  maniera  di  parlare  e  di  agire. 
Convieo  poi  far  entrare  nel  calcolo  la 
degenerazione  del  carattere  nazionale,  la 
timidezza  ne'governauti,  il  disordine  del- 
le finanze,  lo  stalo  deplorabile  delle  trup- 
pe, e  la  mancanza  quasi  assoluta  de'mez- 
zi  di  difesa  e  di  attacco".  11  procuratore 
Francesco  Pesaro,  eloquente  e  uomo  di 
governo  intelligente,  avveduto,  operoso, 
ed  eiìergico  propugnatore  dell'ordine  e 
dellt;  leggi,  era  Ira'pochi  nobili  che  chie- 
desse vivamente  si  circondasse  la  repub- 
blica di  forze  bastanti  a  farsi  rispettare, 
0  almeno  trattare  con  riguardi  dalie  po- 
tenze belligeranti.  JNell' aprile  17^4  po* 
nendo  in  chiara  vista  gl'immensi  danni 
e  umiliazioni  risentiti  dalle  neutralità  per 
lutto  il  corso  del  declinante  secolo  XVIII 
adottate,  egli  propose  in  pien  senato  di 
assoldare  un'armata  e  munire  le  fortezze, 
invece  che  abbandonare  la  Terraferma 
a  discrezione  dello  straniero,  prepararsi 
alla  guerra;  e  in  quel  momento  fu  cosi 
bene  sostenuto  nella  sua  proposta  ,  che 
ottenne  un  decreto  ordinante  l'armo  del- 
le piazze  forti,  l'organizzazione  d'un  tre- 
no d'artiglieria,  il  richiamo  delle  milizie 


V  EN 
e  ranmeulo  dell'  armala  regolare  sino  a 
4o,ooo  uomini,  omle  prepararsi  ad  ogni 
evento  e  intanto  f.iie  rispettale  la  neutra- 
lità in  cui  persisteva  il  governo.  Manca- 
■vano  però  il  denaro  e  la  risolutezza  per 
veuire-all'esecuzione  completa  ch'era  di 
mollo  costosa;  e  quindi  era  no  illudersi 
credere  possibile  un  considerevole  appa- 
iato di  forze.  Il  governo  non  organizzò 
che  un  corpo  di  circa  y,ooo  nomini,  e 
questo  ancora  assai  a  rilento;  trascurò  far 
riparare  e  armar  le  piazze;  e  il  decreto  e- 
tnanato  firn  coll'essere  rivocato,  per  l'in- 
sorleforti  lagnanzesulla  mancanzadi  mez- 
zi, e  pe'parlari  del  savio  Zaccaria  Vaia- 
resso,  colla  sua  lucida  e  vigorosa  facon- 
dia ,  solo  essendo  rimasto  a  fare  opposi- 
zione il  savio  di  Terraferma  Vincenzo 
Calbo.  Il  Coppi,  che  altrettanto  riporta, 
soggiunge:»  Tanto  era  decaduto  lo  spiri- 
lo pubblico  ile' veneziani.  Quando  nello 
stesso  aprile  le  frtippe  francesi  condulle 
da  Kellerman,  cadute  di  speranza  di  su- 
perare le  Alpi,  famosa  barriera  d'Italia, 
Volendo  foise  antivenire  la  discesa  degli 
austro-sardi  in  Francia,  violando  con  tur- 
pissimo esempio  la  neulr.ilità  genovese, 
leolnrono  peneliare  in  Piemonte  per  la 
vallata  dOneglia,  stabilito  il  loro  campo 
n  Savona,  si  credette  l'Italia  minacciata 
d'innneiliata  invasione,  e  parecchie  poten- 
zi; si  racc(jlsero  a  congresso  in  INIilano;  Ve- 
nezia ,  vitlim.i  dell'  inazione  e  ilelle  co- 
i/ninicale  e  non  Ielle,  si  ricusò  di  man- 
darvi alcun  ra|)[)reseutaiite,  non  ch'essa 
non  cond.mnasse  altatneiile  quanto  allo- 
ra voleva  e  faceva  la  Francia  ,  ma  per 
l'antiche  gelosie  temeva  di  darsi  a  discre- 
zione dell'Austria,  e  l'abituale  sua  pru- 
denza la  portò  altrcs'i  a  ci  edere  non  es- 
sere ancora  imminente  il  pericolo.  Frat- 
lanto  sul  finir  del  179Ì,  '  crescenti  pro- 
gressi dell'armate  francesi  diedero  al  go- 
verno Veneto  pili  che  semplici  iiiquie- 
ludini;  ne  senù  anzi  timore,  fece  ritorna- 
re da  Lmidra  a  Parigi  il  suo  aoabascialo- 
re  Alvise  Pisani,  die' a  conoscere  il  desi- 
derio d'uu  riavviciuamenlo,  e  riaminiso 


V  E  iN  629 

e  riconobbe  nel  novembre  Lallemant  iti 
qualità  di  ministro  della  novella  repub- 
blica. Nel  maggio  del  medesimo  i  794  e- 
rasi  recato  da  Torino,  e  poi  tla  Parma  a 
Verona  nella  casa  de'  conti  Gazzola  ,  il 
fratel  primogenito  di  Luigi  XVI,  il  con- 
te di  Provenza  (almeno  così  lo  chiamano 
alcuni  sforici,  come  il  Novaes  e  il  Coppi) 
Luigi  Stanislao,  che  avea  preso  il  nome 
di  conte  di  Lilla,  il  quale  dopo  la  morte 
del  re  martire,  e  attesa  la  minorennitri 
del  DelijBo  Luigi,  allora  disgrazialo  pri- 
gioniero nella  Ione  del  Tempio,  poi  vii- 
lima  de'  più  atroci  oltraggi  e  delle  più 
lallinate  crudeltà,  avea  asninto  il  titolo 
di  reggente  del  trono  di  Francia.  Egli 
non  poteva  profittare  dell'asilo  accorda- 
togli dal  suocero  re  di  Sardegna,  dopo 
che  si  erano  veduti  i  francesi  repubblica- 
ni prima  sulla  vetta  dell'Alpi,  poi  all'in- 
gresso delle  vallate,  e  finalmente  minic- 
cianli  le  stesse  pianure  del  Piemonte.  Nel 
fissare  il  suo  soggiorno  in  una  delle  prin- 
cipali città  dello  sialo  veneto,  rpial  è  Ve- 
rona, egli  non  dispiegò  punto  il  suo  po- 
litico carattere  (ma  ipiestogli  derivò vlo- 
[10  \'S  giugno,  giorno  della  morte  dello 
sfortunato  nipote  e  (jiiaiulo  già  dimora- 
va in  Verona,  da  dove  nel  mese  di  luglio 
indirizzò  un  proclama  a'francesi  e  fu  il 
I  ."atto  del  suo  regno,  al  quale  pure  ven- 
ne proclamato  dall'esercito  del  quartiere 
generale  di  .Mulheiui,  presso  Basilea,  com- 
posto di  emigrati  francesi  realisti  e  co- 
mandato dal  [ìriiicipc  di  Coiuló,  alla  pre- 
senza de'duclii  ililjerry,dinoiboneeirEn 
ghien,  congridrt  udileilairesei'cilore[)ub- 
blicaiio accampatoall'allra  riva,a''{. luglio 
e  con  giuramento  di  fedeltà  elerna):  il  no- 
me ili  conte  di  Lilla  fu  come  un  velo  che 
nascondeva  agli  sguardi  pubblici  ipiegli 
che  la  Provviilenza  riserbava  per  cicatriz- 
zare 20  annidopo  inqualitàdi  relepiaghe 
(li  ipiella  Francia  posta  a  tante  prove,  col 
noincdi  Luigi  X V  IM.lIgoverno  di  Vene- 
zia allora  l'accolse  onore  voi  inente,pregan 
dolopeiòdi  vivere  a  Verona  senza  pom- 
pa, e  non  trascurando  di  circondare  cou 


63o  V  L  2i 

assidua  vigilanza  la  stia  abitazione.  Spe- 
rava il  senato  di  poter  conciliare  il  rispet- 
to debito  a  quel  discendente  di  Enrico 
IV,  pel  quale  la  sua  stirpe  era  segnata 
nel  Libro  d'oro  del  patriziato  veneto,  col- 
la buona  armonia  cui  voleva  a  lutto  co- 
sto conservare  nelle  sue  relazioni  colla 
repubblica  fiancese,  che  faceva  tremare 
V  Europa  e  in  (juel  momento  trionfava 
dovunque.  Intanto  Pio  VI  nel  i'jc)5  ri 
cliiamandoda  Venezia  a  R.oma  il  nunzio 
Firrao,  per  averlo  promosso  a  segretario 
del  concilio,  onde  pu\  fu  cardinale,  dalla 
nunziatura  di  Firenze  Irasfeù  alla  vene- 
la  Ciò.  Filippo  Gallerali-Scolli  arcive- 
scovo di  Sida,  che  i'iì  l'ultimo  nunzio  al- 
la repubblica  e  [)iù  laidi  cardinale.  Nel 
declinar  del  febbraio,  dal  residente  ve- 
neto a  Basilea  la  repubblica  seppe  il  pro- 
getto di  conquistare  l'Italia;  ed  al  Pisani 
sostituì  per  ambasciatore  a  Parigi  Alvise 
Quirini  Stanq^alia,  the  vi  arrivò  a*  7  lu- 
v)\o  e  fu  riilliii!o;(|uando  già  i  francesi  a- 
veano  concjiiistata  1'  Olanda,  ed  i  re  di 
Sp;igna  e  di  Prussia  eransi  staccati  dalla 
lega.  Il)  conseguenza  de'lraltali  conclusi 
dalla  repubblica  francese  con  quelle  due 
grandi  potenze  d'Europa, era  stato  deciso 
a  Parigi  di  lenlareil  varcodeH'Alpijcdar 
addosso  all'Austria  ne*  suoi  possedimenti 
del  Milanese.  Nulla  poteva  meno  conve- 
nire all'interesse  de'veneti  che  una  tale 
ri^oklzione  della  Francia  di  portare  im- 
mcdiatamcnle  inltalia  il  teatro  della  guer- 
ra. Al  governo  di  Venezia,  sprovveduto 
d'ogni  mezzo  di  difesa,  non  rimaneva  che 
correre  rischi ,  soffrir  perdite  le  quante 
volte  la  sorte  dell'armi  conducesse  trup- 
pe sul  suo  territorio.  Le  comunicazioni 
del  residente  veneto,  ch'era  in  osserva- 
zione a  Dasilea,  non  lasciavano  più  dub- 
bio; scriveva  esseigli  stato  predetto  da  un 
membro  del  corpo  diplomatico,  che  ove 
il  senato  non  uscisse  dalla  sua  inazione, 
la  repubblica  sarebbe  olaniUzzatii  e  i 
suoi  siali  dati  in  compenso.  L'augusto 
principe  esilialo  che  stanziava  a  Verona 
oiossc  l'allcuziouc  del  liraanico  2;o verno 


VEN 

che  gli  usurpava  il  regno,  mentre  si  ap 
parecchiava  ad  invadere  l'Italia,  veden- 
do  presso  di  lui  accreditalo  il  ministro 
d'Inghilterra  lord  Macarlney,  quello  di 
S[>agna  Las  Casas,  il  marchese  Gherar- 
dini  per  l'imperatore  Francesco  II,  ed  il 
ministro  Mordwinow  per  la  Piussia.  E  la 
Toscana  ritiratasi  dalla  lega  armata,  me- 
diante Iraltato,  era  tornata  alla  sua  neu- 
tra li  Là.  Era  "enerale  di  divisione  e  coma  n- 

o 

dante  dell'armata  dell'interno  stanziala 
a  Parigi,  quando  fu  Napoleone  Bonapar- 
le  destinalo  a  comandare  l'armata  fran- 
cese d'Italia,  il  direttorio  francese  non  es- 
sendo abbastanza  soddisfatto  di  Scherer, 
successo  a  Kellerman,  ed  avendo  ravvisa- 
lo in  lui  profonda  cognizione  de'principii 
di  strategia,  e  singolare  audacia  nel  porli 
ad  elfetlo,  tuono  imperioso  dalla  natura 
sortito,  che  suppliva  in  qualche  modo  al- 
la giovanile  età  di  27  anni,  ed  esperien- 
za suflìcìente  acquistata  nel  comandar 
l'ailiglieria  nel  1798  all'assedio  di  Tolo- 
ne e  nel  seguente  anno  all'armala  d'Ita* 
Ila. Fra  le  istruzioni  che  gli  diede,  furo- 
no quelle  di  combattere  i  due  principali 
nemici  i  piemontesi  e  gli  austriaci,  e  so- 
prattutto doversi  impadronire  delle  pos- 
sessioni dell'Austria  in  Italia.  Giunto  Na- 
poleone a'20  n)arzoi79G  al  quartier  ge- 
nerale di  Nizza,  subilo  si  dispose  alle  olfe  = 
se  con  domandare  a'genovesi  il  passaggio 
per  la  Bocchetta  e  le  chiavi  di  Gavi  ;  le 
vittorie  perù  di  Monlenolte  e  di  Millesi- 
mo, so[)ra  gli  austro  sardi,  avendo  reso 
inutili  tale  richieste,  indusse  quella  repub- 
blica agli  esorbitanti  voleri  della  Francia. 
Maggiori  di  quelle  de'  genovesi  furono  le 
angustie  de'veueziani.  E  primieramente 
il  i.°  marzo  il  direttorio  esecutivo  di  Fran- 
cia, novello  poteulato,  fece  rimettere  al- 
l'ambasciatore veneto  Quirini  una  nota, 
incoi  chiedeva rallontanaroento del  prin- 
cipe francese  stabilito  da  circa  due  anni 
in  Veruna,  dichiarando  verrebbe  riguar- 
dato come  un  torto  il  suo  ulteiiore  sog- 
giorno sulle  terre  vcnele.  Il  senato  slrel- 
tu  Jall'impciiosilà  delle  eircostauzceblju 


VEN 
la  dflxjlczza  cl'acx:onsenlirc,  e  la  sua  ile- 
liberazione  fu  presa  alla  maggiorila  di  1 56 
voli  contro  47-  '1  marchese  Alessandro 
Carlolli  di  Verona  ne  fece  nelle  più  de- 
licate e  nobili  forme  partecipazione  a'  i  3 
aprile  a  Luigi  XVIII,  di  uscire  nel  più 
breve  teraiine  dagli  stali  della  repubbli- 
ca. Nel  voi.  LXVllI,  p.  i4>  riportai  la 
risposta  in  francese.  Disse  il  re:»»  Io  par- 
tirò, ma  chieggo  due  condizioni  :  la  pri- 
ma,mi  sia  recato  il  Libro  d'oro  ov'è  iscrit- 
ta la  mia  famiglia,  perchè  io  possa  car«- 
celiarne  il  mio  nome  di  proprio  pugno; 
la  seconda,  mi  si  restituisca  l'armatura 
regalata  alla  repubblica  dall'amicizia  del 
mio  avolo  Enrico  IV".  Nella  sera  seguen- 
te tornò  il  marchese  Carlotti  con  una  pro- 
lesta del  podestà  di  V'erooa;  e  il  re,  sen- 
za dare  al  Diarchese  (piasi  il  tempo  di  ter- 
minare, soggiunse.  »  Jcri  ho  risposto  al 
vostro  governo;  voi  oggi  mi  recate  una 
protesta  del  podestà,  io  la  rifiuto,  né  ri- 
ceverò neppure  quella  ilei  senato.  Partirò 
tosto  che  abbia  i  passaporti  che  attendo. 
Non  mi  sono  già  dimenticato  che  sono  il 
re  di  Francia".  Egli  lasciò  Verona  il  gior- 
no 2  i,  e  mandò  una  procura  a  Mordwi- 
uovv  auibasciatore  di  Russia  presso  la  re- 
pubblica di  Venezia,  perchè  facesse  luo- 
go al  duplice  oggetto  della  sua  douìanda; 
ma  il  governo  ricusò  ogni  cosa  (alferma 
V  Arledivcrificare  le  </i/;t-),eLuigiX  V 1 1 1, 
prendendo  d  suo  cammino  a  traverso  il 
paese  de'Grigioni,  si  recò  a  Pi.iga  a'3o  a- 
prile,  presso  Friburgo  sulla  sponda  del 
ileno,  all'esercito  del  principe  di  Condc, 
che  serviva  in  Gern)ania  in  unione  agli 
austriaci.  Ivi  egli  si  annunziò  all'armata 
in  nobilissima  foi  ma,  tenendo  parola  del- 
l'impreveduto  all'ionio  per  cui  non  gli 
rimaneva  più  asilo,  e  soggiunse;  »  Non 
si  può  per  altro  toglierci  (juello  dtll'ono- 
re".  E  siccome  di  ijueslo  arrivo  la  corte 
di  Vienna  manifestò  inquietudine,  ed 
esigeva  la  sua  partenza,  rispose  il  re;  »  La 
sola  forza  potrebbe  co^Uingormi  ad  ab- 
bandonare il  luogo  uve  mi  ha  chiamalo 
l'onere ".  Dipoi  il  t'jrj^jj  IcgU  cmijjidli 


VEN  63 1 

col  principe  di  Coudc,  venendo  accolto  in 
Russia,  il  re  si  recò  a  fermare  il  suo  sog- 
giorno in  INIittau  nella  Ciiilandia.  Il  con- 
te Dandolo  racconta  con  patria  carità, 
che  invitalo  Luigi  XVUI  a  lasciare  gli 
stati  veneti,  mosso  da  subita  ira,  cancel- 
lava di  propria  mano  dal  Libro  d'oro  il 
suo  nome,  e  quello  altresì  d' ogni  altro 
principe  di  casa  Borbone.  Molti  dissero 
(|ueiralto  magnanimo,  e  ne  trassero  ar- 
gomento di  biasimo  per  la  repubblica. 
Luigi  XVlll,cheaveva  assai  miglior  sen- 
no de'suoi  lodatori,  più  tardi  Io  ha  certo 
riprovato  egli  slesso.  A.1  re  non  mancava- 
no altri  luoghi  di  rifugio.  La  repubblica 
resistendo  alla  domanda  del  direttorio, 
andava  incontro  a  ipiella  guerra  che  sin- 
diavasi  di  evitare.  Le  rapide  e  meravi- 
gliose vittorie  di  Napoleone  costringeva- 
no il  valoroso  Beaulieu  supremo  coman- 
dante austriaco  a  ripiraie  sulla  sinistra 
sponda  del  IMincio,  indi  a  ritirarsi  nclTi- 
rolo  ,  onde  i  francesi  restarono  padroni 
della  Lombardia,  entrarono  in  -Milano,  0 
poi  ne'primordi  del  i  797  in  Mantova,  do- 
po eroica  difesa.  L'infante  Ferdinando 
Borbone  duca  di  Parma  duramente  ta- 
glieggiato, doveva  solo  all'  intercessione 
di  Si>agua  di  non  perdere  il  trono.  Erco- 
le IH  duca  di  Modena,  taglieggialo  an- 
ch'egli  non  meno  crudamente,  ricovera- 
va a  Venezia  co'suoi  tesori,  per  veder  to- 
sto Modena  e  Reggio  insorgere  per  opera 
de're[)ubblicuni  francesi  e  ile'Ioro  emissa- 
ri,odarsi  in  [)ied,i  alla  democrazia. Pio  VI 
s[)oglialo  delle  lega/ioni  di  Bologna  e  Fer- 
rara e  della  città  di  Faenza,  de'ca[»ola- 
vori  d'arte  pel  museo  da  formarsi  a  Pa- 
rigi, venne  pure  obbligalo  ad  enormi  im- 
posizioni, ad  aprire  i  suoi  porti  a'france- 
si  e  chiuderli  a'nemici  di  essi.  Intanto  i 
veneti  dominii  erano  peicorsi  da'  !)cl!igc- 
ranti,  i  francesi  procedendo  da  coiupii- 
statori, con  danno  immenso  dc'po[)oli.(}ià 
lo  spirilo  d'insurrcziouc  avea  comincialo 
a  manifestarsi  ne'  popoli  delle  provincie; 
fua  non  sembrava  che  dovesse  comincia- 
le da  quelle  di  Ctrgamo  t'Di€SCÌa,le  qua- 


633  V  E  N 

li  più  dell'altre  avevano  motivo  di  lodar- 
si della  dolcezza  ed  equità  con  cui  era- 
no amministrate.  Le  nuove  più  inquie- 
tanti di  quanto  accadeva  ne'  paesi  circo- 
stanti e  nei  Milanese  in  fermento  per  in- 
sorgere, spediv.'insi  ad  ogni  istante  al  go- 
veino  veneto.  Si  avvicinava  1'  ora  sua  e- 
streuìa,  e  le  due  armate  rivali  dispone- 
vansi  a  lolla  tremeiida,a  scapilo  della  neu- 
tralilìi  di  Venezia,  che  continuava  disar- 
mala. La  grave  diOìcoltà  delle  circostan- 
ze fece  nominare  provveditore  generale 
delle  Provincie  di  Terraferma  Nicolò Fo- 
scarini, preccdenlenienle  incaricalo  di  due 
in)porlanli  auibnscerie,  uomo  saggio,  ma 
di  poca  risolutezza.  Egli  stabili  la  sua  re- 
sidenza a  Verona.  Nel  tempo  stesso  tutti 
)  Dìagistiati  preposti  a'governi  nella  Ter- 
raferma ricevettero  ordini  d'evitare  lut- 
tociò  che  poteva  compromettere  gl'inte- 
ressi della  repubblica  e  quella  neutralità 
sulla  cui  utilità  persisteva  il  senato  ad  il- 
hidersi;  mentre  il  suo  terrjtoiio  era  dive- 
nuto il  teatro  della  guerra  nell'inseguire 
l'armata  francese  l'austriaca,  ed  entram- 
bi se  lo  disputavano.  A  calmare  gli  animi 
Napoleone  aveva  con  suo  proclama  di- 
chiarato, che  tratto  nel  cuore  degli  stali 
veneti  dalla  necessità  di  combattere  i  ne- 
mici della  Francia,  vi  farebbe  osservare 
la  più  stretta  disciplina  e  tratterebbe  tut- 
ti gli  abitanti  con  tulli  i  riguardi  dovuti 
tra  due  nazioni  da  tanto  tempo  amiche. 
I  sudditi  veneti  ubbidivano,  almeno  appa- 
rentemente, tli  buon  garbo  alla  necessità 
d'ospitare  i  francesi^  non  vi  furono  che  i 
veronesi  i  quali  mostrassero  così  sfavore- 
voli disposizioni  verso  di  essi,  che  ne  con- 
cepirono rancore  generali,  uflìziali  e  sol- 
dati. Vive  e  |)rocellose  discussioni  agita- 
jono  ben  presto  il  senato,  die  si  divise  in 
3  opinioni.  Francesco  Pesaro  co'senalo- 
ri  più  giovani  votavano  per  la  neutrali- 
tà armala,  e  perchè  si  combinassero  op- 
portuni mezzi  di  difesa.  Al  senatore  Bat- 
taglia atliil)uivasi  un  altro  parere,  quel- 
ocioè  d'inclinare  per  una  alleanza  olfen- 
iva  e  difensiva  con  Franciai  e  propone- 


YEN 
vasi  di  accrescere  il  Libro  d'oro  per  in- 
scrivervi i  nobili  di  Terraferma  lìoti  che 
gran  parte  de'  plebei  che  facevano  con 
quelli  causa  comune.  La  3.'  opinione  era 
quella  de' vecchi  senatori,  di  non  prende- 
re verun  parlilo  decisivo;  e  questa  venne 
adollata,  rimettendosi  alla  Provvidenza 
e  agli  avvenimenti.  Peschiera,  le  cui  for- 
tificazioni erano  stale  per  un  secolo  neglet- 
te,nonavea  che  una  guarnigione  di  6o  in- 
validi eSo  cannoni  senza  carrelli  ne  mu- 
nizioni. L'auslriacoBeaulieu  fu  il  r. "ad  im- 
padronirsene, ma  poi  lasgombrò, ed  allo- 
ra se  ne  impossessò  Napoleone,  e  vi  appo- 
slò  la  sua  destra,  sperando  poter  di(t;u- 
dere  il  Mincio.  Pt.acconla  l'annalista  cav. 
Coppi,  colla  lìaccolla  cronologica  de  do- 
cumciiU  veneti,  e  colla  Corrcspondance 
de  Napolcon  Bonaparte,  che  Napoleone 
a'3  I  maggio  1796,  appena  giunto  sull'A- 
dige, chiamò  a  se  in  Peschiera  il  provve- 
ditore generale  Foscarini  residente  a  Ver 
rona,  e  gl'intimo  bruscamente  che»  sa- 
rebbe marcialo  sopra  Venezia  per  por- 
tare egli  slesso  al  senato  le  sue  lagnanze 
del  tradimento  col  quale  erasi  fatta  sor- 
prendere la  fortezza  di  Peschiera  da  Beau- 
lieu.  Aver  poi  avuto  ordine  dal  suo  go- 
■voiar,  d'incendiare  Verona  già  residenza 
del  conte  di  Lilla,  lo  che  forse  sarebbe 
stato  eseguito  in  quella  notte  stessa  dal- 
la divisione  di  IMassena  ch'era  in  marcia 
sopra  quella  città".  Queste  minacce  mi- 
sero naturalmente  Verona  nella  dispera- 
zione, e  molli  abitami  tumultuariamente 
fuggirono,  anche  per  essere  stali  accusali 
d'aver  ardilo  credere  la  loro  cillàdivenu- 
ta  capitale  della  monarchia  francese,  pel 
soggiorno  del  conte  di  Lilla.  Nel  seguen- 
te giorno  Massena  tranquillamente  entrò 
in  Verona,  benché  munita  di  3  forti  ca- 
stelli e  di  grossa  guarnigione  schiavona,  e 
poi  eslese  le  sue  truppe  lungol'Adige.ll  go- 
verno veneto  di  ciò  costernato,  e  veden- 
do operarsi  a  rovescio  del  proclamato  nel 
manifesto  di  Napoleone  e  di  sue  promes- 
se, malcontento  dell'operato  dal  pauroso 
Foscaiiui,  spedì  i  savi  Nicolò  Battaglia  e 


VEN  VEN                    G33 

Nicolò  Erizzo  per  esplorare  quali  fossero  rellorio  un' alleanza  Ira  la  Francia  ,  la 
le  vere  intenzioni  tle'francesi;  e  Napoleo-  Spagna,  Venezia  e  la  l'orla  oltoiuana.  Es- 
ne  rinnovate  a  questi  deputali  leJignan-  so  faceva  insinuare  a'ininislri  veneti. »Es- 
ze  per  l'accoglieuza  falla  al  conte  di  Lilla  ser  tempo  the  la  repubblica  uscisse  dal- 
e  per  l'occupazione  di  Peschiera, soggiun-  l'inerzia  in  cui  marciva  dopo  la  pace  di 
se.  »  Essersi  alcjuanlo  calmalo  dopo  i'a-  Passa roAvilz,  e  the  ripigliasse  fi  a  le  puti'u- 
iiiichevoleaccoglienza  falla  iu  Verona  al-  ze  quel  grado  che  occu[)ava  prima  ilei 
le  truppe  francesi.  Del  resto  avere  reso  i  7  i  8.  La  FranciaolTrirlene  i  mezzi.  Ve- 
conto  di  lutto  al  direttorio,  e  credere  es-  nezia  poler  aumentare  il  suo  territorio 
sere  quella  una  tempesta  che  si  sarebbe  coH'acfjuislo  di  piazze  che  consolidereb- 
potuta  dissipare  dall  ambasciatore  vene-  bero  li  sua  potenza  e  servirebbero  a  fer- 
toa  Parigi.  Frattanto  essere  persuaso  che  mare  fra  le  ilue  repubbliche  un'alleanz.i 
durante  la  dimora  delle  trup[)e  francesi  fondata  sui  loro  interessi  reciproci,  il  go- 
uel  territorio  veneto  nulla  sarebbe  man-  verno  veneto  conoscere  la  sua  posizione 
calo  alla  loro  sussistenza.  Imperciocché  relativamente  alla  casii  d'Austria  che  cir- 
non  avendo  esse  uè  magazzini,  né  equi-  condava  i  suoi  stali.  Non  ignorare  le  pre- 
paggijbisognava  che  traessero  le  sussisten-  teu:hioni  the  spesso  la  medesioia  aveva 
ze  da'paesi  che  occupavano.  Essere  poi  naanifeslalo  sulia  più  bella  poizione  de 
intenzione  manifesta  del  governo  fi  ance-  suoi  dominii,  ed  esser  troppo  illuminato 
sedi  render  1' 1  ia  1  ia  indi  pendente,  e  di  for-  per  non  convenire  che  doveva  l'integrità 
mare  nel  ducalo  di  Milano  uno  stalo  se-  delle  sue  provincie  alla  costante  amicizia 
paralo  come  lo  era  un  tempo;  ciò  che  ap-  della  Francia.  Essere  egualmente  isti  ui- 
punlosarebbestato  analogo  alle  mire  del  to  de'|)rogelli  della  Kussia  sulla  Turchia 
la  repubblica  di  Venezia".  Scrisse  quin-  europea,  ed  es?er  convinto  che  se  la  me- 
diai direttorio:  »  che  se  avesse  il  progetto  desima  pjtes>e  eseguirli,  le  isole  venete 
di  trarre  da  Venezia  cinque  o  sei  milio-  seguirebbero  la  sorte  delle  vicine  provili- 
ni,  egli  avea  perciò  espressamente  susci-  eie  ottomane.  L'Inghilleira  collegala  eoa 
lato  una  specie  di  rottura.  Poteva  do-  (pteste  due  potenze  dividerebbe  le  spu- 
niandaili  [ler  indonnizzazione  delia  bai-  glie  dell'  impero  turco;  aviebbe  stabili- 
taglia  di  CorgheUo  che  fu  coslrello  di  da-  menti  nel  IMeililcrraneo  che  vagheggia- 
re per  la  ricuperazione  di  Peschieia.Se  va  da  lungo  tempo;  eil  il  coiumeicio  de 
poi  avesse  intenzioni  più  decise,  ciede-  veneziani  sareblie  anniclnlilo.  I  progetti 
re  che  dovesse  prolungare  la  contesa  e  contro  la  Turchia  avrebbero  inconlralo 
dargli  l'istruzioni  per  eseguirla  a  tempo  forli  onIucoIì,  e  la  Purt.i  sarebbe  sostenu- 
op[)Oituno".  Rispose  il  direllorio»  l'oc-  la  da'suoi  amici.  IMa  ^All^tl•i.^  concertare 
cupazioneili  Peschiera  fatta  dagli  auslriu-  di  già  i  suoi  mezzi  ili  vendetta  ,  e  si  sa- 
ci  avere  autorizzato  il  governo  (rancese  a  lebbe  volula  risarcire  delle  ()erditc  che 
chiedere  a'veneziani  i  fondied  i  bastimeli-  l,i  Francia  le  faceva  provare,  col  ripreu- 
ti  spellanti  olle  potenze  belligeranti  col-  dere  la  sua  inlluenza  ed  il  suo  potere  m 
la  Francia,  ed  inoltre  un  prestilo  di  cin-  llalia,  e  l'invasione  del  lerrilorio  vcne- 
que  milioni  di  fiorini  d'Olanda  da  scoti-  lo  essere  tropiio  fivorevole  alle  sue  viste 
tarsi  sul  debito  the  la  ru[)iibblica  Calava  perchè  la  sospendesse  un  istante.  Il  sena- 
aveva  contralto  colla  Francia.  Del  resto  lo  ti  edere  duver  sempre  seguitare  la  sua 
Don  essere  sua  intenzione  di  rompere  la  aulica  politica,  alla  (piale  doveva  sino  ai- 
guerra  colla  repubblica  di  Venezia,  e  per-  lora  la  sua  sicurezza.  Esso  non  temere 
ciò  si  regolasse  iu  modo  di  non  venire  a  il  suo  vicino  perchè  nulla  faceva  che  po- 
roltura".La  causa  della  moderazione  prò-  lesse  dispiacergli  ;  ma  questo  sistema  di 
veniva  dai  Iraltaisi  iu  quell'epoca  dui  di-  profila  più  non  esislcrc.  La  Polonia  es- 


634  V  t:  N 

.sere  un  esempio  lecenle.  Finlantocliè  le 
£;rfiiit!i  potenze  avevano  soslemilo  l'equi- 
ìilìiio  il'Europa,  la  repubblica  di  Vene- 
zia aver  conservala  la  sua  esistenza  poli- 
tica senza  alleati;  ma  quest'equilibrio  es- 
sendo rotto,  essa  non  poter  più  esistere 
senza  appoggio.  La  Francia  oirrirle  la  sua 
jilleanz;»;  mandasse  adunque  un  incarica- 
to a  Parigi  [)er  trattarla,  e  badasse  a  non 
ln-ciar  fuggire  il  momento  di  sottrarsi 
persempreall'ambizionedella  casa  d'Au- 
stria, Essere  queste  certamente  verità du- 
rissitne,  Oìa  la  lealtà  francese  non  saper 
risparmiare  le  espressioni  allorquando 
traila v;isi  d'dluminare  e  di  salvare  un  a- 
iiiico".  Queste  osservazioni  erano  appog- 
{^iale  da  Napoleone  in  Lombardia,  dal 
principe  della  Pace  in  Madrid,  e  dal  reis 
eirendi  in  Costantinopoli.  Ma  non  ostan- 
te tali  insistenze,  consultalo  il  senato,  il 
governo  rispose.  »  La  repubblica  di  Ve- 
nezia, lontana  per  antico  istìlutoda  qua- 
luD(]ue  progetto  ambizioso,  tenere  ferma- 
mente  riposta  la  sua  esistenza  politica  nel- 
la felicità  ed  adetto  de'suoi  su-Jdili  e  ne* 
sinceri  suoi  rapporti  d' invariabile  amici- 
zia con  tutte  le  potenze  d'Europa.  Se  ab- 
bandonasse un  tal  sistema  avvalorato  da 
lina  costante  e  felice  esperienza  sarebbe 
esposta  a'pericoli  della  guerra,  la  quale 
sarebbe  insopportabile  al  senato  pe'  pa- 
terni sentimenti  verso  i  propri  sudditi,  e 
non  recherebbe  significante  appoggio  a 
quelle  grandi  nazioni  alle  quali  si  unis- 
se". In  conseguenza  de'primi  successi  del 
inarescinlio  austriaco  Wiirmser,clie  scen- 
devadalle  Alpi  con  nuovo  esercito,  si  tro- 
vò rotta  la  linea  francese.  Le  truppe stau- 
ziate  a  Porto  Legnano  già  erano  inter- 
cettate, e  stavano  per  esserlo  pure  quel- 
le di  Verona.  Gli  austriaci  occuparono 
Jùescia,  e  la  divisione  francese  di  Vero- 
na si  allVeltòad  uscirne,  dopo  essersi  ab- 
bandonala ad  atti  estremi  di  rigore.  A  Ve- 
nezia si  riguardò  la  comparsa  di  Wurmser 
come  il  segnale  della  liberazione  d'Italia 
tutta;  e  le  sue  vittorie  vi  dostaruuo  molta 
{^iuia.  Ben  presto  la  sorte  tlcH'atuii  iilor- 


V  EN 
nò  favorevole  all'esercito  francese.  Quan- 
do la  divisione  di  Serrurier  si  presentò  a 
Verona,  trovò  chiuse  le  porte  ,  onde  le 
fece  atterrare  a  colpi  di  cannone.  Frat- 
tanto le  Provincie  di  Brescia  e  di  Verona 
erano  in  preda  a  tutti  i  disordini  delle  sol- 
datesche tedesca  e  francese,  che  vicende- 
volmente vittoriose  e  viute,esigevanocoa- 
tribiizioni  d'ogni  specie,  e  saccheggiavano 
le  città  tosto  che  non  potevano  più  difen- 
derle. jNon  molto  dopo  un'altra  alleanza 
fu  proposta  alla  repubblica  di  Venezia. 
Il  ministro  di  Prussia  a  Parigi  nel  dicem- 
bre I  79G  rappresentò  all'ambasciatore  ve- 
neto colà  residente.  »>  Essere  lodevole  la 
direzione  del  senato  di  Venezia  nell'aver 
conservato  la  sua  neutralità;  nondimeno 
non  sembrare  cosa  prudente  l'abbando- 
narsi totalmente  alle  eventualità  d'  uu 
avvenire  incerto  e  forse  non  troppo  tran- 
quillo, luì  perciocché  la  condotta  tenuta 
nelle  venete  provincie  da'fraocesi,  che  a- 
vevano  violato  le  leggi  più  sagre  della 
neutralità,  poteva  somministrare  un  pre- 
testo agli  austriaci  per  turbare  la  sicurez- 
za della  repubblica. Sembrargli  perciò  che 
la  prudenza  del  senato  dovesse  per  tem- 
po premunirsi  col  cercare  qualche  vale- 
vole appoggio  che  potesse  garantire  ia 
oppresso  le  di  lei  possessioni  contro  qua- 
lun(|ue  attacco  che  per  avventura  dalla 
casa  d'Austria  fosse  tentalo.  Compren- 
dere non  potersi  la  repubblica  esporre 
ad  un'alleanza  colla  Francia  quando  que- 
sta non  mantenesse  sempre  in  Italia  un' 
armata  di  5o,ooo  uomini,  lo  che  non  era 
credibile.  La  sola  poteiiza  con  cui  il  se- 
nato [)oteva  collegarsi  utilniente,  e  senza 
danno,  essere  a  suo  credere  la  Prussia,  la 
quale  non  poteva  avere  interessi  opposti 
a  quelli  della  repubblica,  ed  era  la  sola 
the  fosse  in  istato  di  mettere  freno  a  quel- 
le viste  ambiziose  che  la  casa  d'Austria 
potesse  dirigere  contro  i  possedimenti  ve- 
neziani". L'  ambasciatore  veneto  comu- 
nicò la  proposizione  al  suo  governo,  ma 
nou  ebbe  altra  istruzione  che  quella  di 
dare  al  uiinisU'o  prussiano  una  risposila 


VEN 
evnsiva.  Del  reslaulc  le  misure  di  precau- 
zione prese  dalla  repubblica  veuetii,si  ii- 
inilarouo  a  munire  la  capitale  costruen- 
do attorno  ad  essa  alcune  opere  di  cam- 
pagna, con  piccoli  forti  e  batterie  a  lutti 
i  varchi  delle  Lagune,  e  radunando  nel- 
le Laguue  stesse  una  quantità  di  barche 
con  6,000  schiavonijie  piazze  vicine  e  l'i- 
sole formicolando  di  truppe  giunte  dal- 
l'Istria, Dalmazia  e  Albania,  le  quali  gior- 
nalroenleaumentavano  con  numerosi  di- 
staccamenti di  reclute.]  bergamaschi  chie- 
sero di  levarsi  in  massa,  e  gì' inquisitoli 
di  slato  stabilirono  un  piano  per  orga- 
nizzarli. Una  lassa  sulle  case  della  capi* 
tale,  un'altra  sugli  stobilinienti  di  tcrra- 
(eima.  e  considerevoli  oderte  volontarie 
supplirono  alle  s[)ese  dell'armamento.  IW- 
cusando  sempre  i  veneziani  la  proposta 
di  allearsi  colla  Francia,  venivano  da  (jue- 
sla  tacciati  di  parzialità  verso  l'Austria. 
Il  direttorio  volle  fare  al  senato  un'ulti- 
ma proposizione  di  alle-inza  ,  presentala 
da  Lallemant  a' 27  sellendjre,  in  conse- 
f^uenza  delle  conferenze  avole  da  Napo- 
leone con  Frarjcesco  Pesaro,  il  quale  si 
riconobbe  poi  per  cieco  isliumento  di 
cpiel  generale.  Ne'consigli  di  Venezia  or- 
mai dichiaravasi  allamente  doversi  pre- 
ferire l'alleanza  toll'Au^tria,  per  cui  d  se- 
nato dopo  mature  deliberazioni,  incari- 
cò il  ministro  francese  di  ringraziare  il 
direttorio,  ma  dichiarò  di  non  trovare  ga- 
ranzia [ler  la  tranquillila  dello  stato  se 
non  ne'principii  di  moderazione  e  impar- 
zialità tla  esso  ;idotlali.  Si  piccarono  vi- 
vamente i  direttori  francesi  di  quesl' ol- 
ii ino  rifiuto,  cui  sup[)oue  va  no  fonda  lo  sid- 
l'opinione  forleinenle  inculcata  nello  spi- 
rilo di  lutti  gli  iibilanli  della  penisola,  che 
i  francesi  non  rimarrebbero  lungo  tem- 
po padroni  dell'Italia.  Int. mio  le  armate 
l)elligeranticontinnav,inoacon)batteredi 
[re(juenle  sul  Icrrilorio  veneto,  solfrendo 
iiiaviensi  mali  le  popolazioni.  Napoleo- 
ne coslrin>e  gli  austriaci  a  ritirarsi,  ilupo 
la  vittoria  ripoilataad  Arcole,  ue'jnemo- 
labili  C'jjuLallimculi  dc'i  j,  iG  c  17  uu- 


VEN  63j 

Tcm!)rc.  I  francesi  si  fecero  coslantemen- 
le  somministrare  i  viveri  senza  pagameu- 
lo,  e  di  più  occuparono  la  maggior  palle 
delle  fortezze  venete  di  Terraferma, com- 
preso il  castello  di  Bergamo,  che  dal  ge- 
neral Luigi  Caraguay  d'flilliers  fu  sor- 
preso nella  notte  precedente  a'aS  dicem- 
bre. Tre  giorni  dopo  Napoleone  fece  co- 
stituire la  repubblica  Cispadana,  formata 
co'popoli  di  Bologna,  Ferrara,  iModena  e 
Reggio.  Il  re  delle  due  Sicilie  era  stalo  co- 
stretto ad  cma  tregua  e  poi  alla  pace;  vio- 
lala anche  la  neutralità  Toscana,  i  fran- 
cesi occuparono  Livorno,  e  ricuperarono 
la  Corsica,  patria  di  Napoleone,  l'osta  co- 
.M  sossopra  l'Italia  da  un  capo  all'altro, 
Napoleone,  benedetto  e  maledetto  ad  un 
tempo,  vi  comandava  da  despola  ,  men- 
tre l'Europa  incominciava  già  a  riguar 
darlo  come  ilpiìi  grande  de'modernisuoi 
capitani.  Tutto  doveva  allora  cedere  al 
suo  ardire,  genio  e  fortuna.  Rientrato  do- 
po le  sue  vittorie  a  IMduno,  rimproverò 
acremente  l'aulorilà  locali  ili  averlo  mal 
secondalo  durante  l'ultima  sua  campa- 
gna, dicendo  loro.  »  Se  non  mi  aveste  la- 
scialo mancare  il  denaro,  avrei  distrutta 
l'oste  austriaca,  falli  i  4,000  prigioni,  e 
sarei  padrone  di  IMantova.  Siccome  ab- 
battei le  ali  dtW  J(/uila,  avrei  del  pari 
fatto  cadere  il  Leone".  In  utia  lettera  da 
lui  scritta  a  quel  tempo  al  diretlorio  vi 
è  la  spiegazione  del  suo  malumore  con- 
tro il  governo  di  Venezia,  che  avea  per 
istemma  il  Li-one  alato.  In  essa  diceva  a- 
ver  credulo  impadronirsi  del  castello  di 
Borgauio  per  impedue  che  i  partigiani 
ilei  nemico  disturbassero  le  comunicazio- 
ni francesi  didl'Adda  all'Adige,  e  sog- 
giungeva che  ((ucllii  provincia  veneta  era 
male  intenzionata  contro  i  francesi.  A'a'J 
dicembre  entrò  in  Beigamo  un  corpo  di 
/{jOGO  uomini,  e  prelese  ti  comandante 
che  uscissero  dalla  piazza  tulle  le  milizie 
venete,  e  poco  dopo s'im padroni  d'un  ma- 
:.jazzino  con  2,oou  fucili.  Ed  eccoci  giun- 
l;  all'inlàuslo  anno  i  7<)7j  ultimo  della  rc- 
[  ubbliea  di  \'euezia  e  dc'auoi  dogi. 


636                   V  E  N  V  E  N 

43.  La  poienza  iiushiaca  in  Italia  ile-  di  cetlere  all'i mperatore  Francesco  11  ia 
cimò  [i<  ria  \iUoria  lipoi  tala  da  Napoleo-  caso  di  pacagli  stati  veneti, per  indennità 
ne  a  Uivoli  sopi-a  gli  austriaci  conìanda-  di  quanto  sarebbeslato  da  lui  ceduto  ali.» 
li  da  Alvinzi,a'i4}  i5e  16  febbraio.  Qne-  Francia.Facevauoi  direttori  slam  pare  ne' 
sto  trionfo  pareva  assicurare  la  disorga-  pubblici  fogli  articoli  minaccievoli,  in  cui 
iiizzazione  della  5."  aroiala  austriaca,  la  svelavano  lo  slato  di  debolezza  del  go- 
«juale  fu  con)])!eta  alla  battaglia  della  Fa-  verno  di  s.  Marco;  debolezza,a  dir  vero,già 
vorita  presso  Alanlova  a' 16  gennaio  :  rpie-  ben  conosciuta  dagli  stessi  suoi  sudditi, 
sl'azione  decise  la  sorte  di  Mantova,  clie  Rifeiisce  \' Arie  dherijicare  le datefiUe 
capitolò  a'2  febbraio.  Succedeva  intanto  degli  uUinii  anni  della  repubblica  ne  nar- 
il  rovinoso  e  umiliante  trattato  di  Tolen-  ra  con  particolari  dettagli  i  principali  av- 
lino,  nelfpjale  l*io  VI  dovette  cedere  an-  veninienti,  in  uno  alle  fazioni  militari  da' 
elle  la  Romagna,  die  Napoleone  nell'i-  beliigeranti  combattute  nel  suo  territorio, 
slilnire  la  rejiolìblica  Cisalpina,  formata  die  ne'detti  fogli  s'insisteva  sul  poco  at- 
ddla  Londjardia  Austriaca, a  questa  l'an-  taccatncnlo  degli  abitanti  di  Terraferma 
nesse  colla  repubblica  Cispadana,  repnb-  pe'loro  dominatori  insulari;  ecbeseesi- 
blica  di  poi  aumentata  col  trattato  diCnoi-  steva  discordia  fino  ne' consigli  dell'ari- 
poformiocon  molti  paesi  già  veneti  (Del-  stocrazia  veneta,  i  popoli  subordinali  non 
ia  repubblica  Cispadana  era  capoluogo  potevano  andar  d'accordo  su  ciò  che  vo- 
IMilauo,  e  rSoIogiia  della  Cisalpina.  E  no-  levano.  lt)q)eroccliè  fra  essi  popoli,  gli 
to  che  Cispadana  è  un  epiteto  d'ordina-  uni  spingevano  sino  all'eccesso  l'odio  non 
rio  dato  (ia'romaui  alla  parola  Gallia,  solamente  delle  massime  francesi,  ma  an- 
allorchè  volevano  disegnare  nella  G^^z/te  die  della  nazione  che  le  professava:  al- 
CisaljAna  la  porzione  situata,  relativa-  tri  non  dimostravano  che  entusiasmo  per 
inente  a  Pioma,  al  di  qua  del  Po.  Lo  stes-  le  uiussiaie  stesse  e  le  stesse  persone.  For- 
so  dicasi  della  parola  Cisalpina,\vn\\v.?[.\\-  se  die  i  vocaboli  seduttori  di  libertà  ed 
dosi  la  Galliaal  di  qua  o  al  dilàddl'Al-  eguaglianza  avessero  in  qualche  cuore 
pi  co'iiomi  appunto  di  Gallìa  Cisalpina  veneziano  risvegliato  relativi  pensamenti; 
o  Transalpina.  La  Calila  poi  Trans-  ma  il  più  di  sovente  le  teorie  die  si  fan-  j 
padana,  come  dissi  in  quell'articolo  par-  no  forti  dietro  quelle  due  voci  non  face-  | 
landò  delle  diveise(j<7///e,racchiudeva  gli  ■vano  die  esaltare  spiacenti  passioni,  li  1 
stati  veneti  d'Italia).  Cosi  si  ordinava  la  senato,  acciecalo  per  lunga  esperienza  J 
nuova  repubblica  Cisalpina,  mentre  i'an-  della  docilità  delle  provincie,  non  potè-  i 
tichissima  di  Venezia  slava  per  cadere,  va  o  non  voleva  credere  clie  stasse  in  pro- 
Ormai  ogni  procedura  de'  veneziani,  ai  cinto  di  sco[)piare  nel  loro  seno  una  ri- 
meno  die  sia,  annunciava  intenzioni  ne-  voluzione.  L'Austria  ricliiamava  dalle 
miche;  e  ben  presto  tia'duegoverni  sin-  sponde  del  P^eno  l'arciduca  Carlo,  frafd- 
trodusse  quel  camjjio  di  rimproveri  che  lo  dell'imperatore,  il  quale  erasi  coperto 
cidinariamente  precede  le  rotture  senza  di  gloria.  Nell'aifidargli  la  5.'  armala  die 
giustificarle.  Vedevano  i  veneti  die  tutte  mandava  in  Italia,  voleva  opporlo al  cou- 
Ic  città  del  Milanese  diiedevano  a'gene-  (juislatore  che  minacciava  far  sei  va  tutta 
ralio  agenti  francesi,  ovvero  accettavano  la  penisola,  e  die  ne'  suoi  ambiziosi  pro- 
da essi  una  nuova  forma  di  governo,  ed  getti  minacciavadinon  voler  stare  a  quel- 
a  grandi  passi  si  avvicinava  anche  a  Ve-  la  contento.  L'arciduca  ch'era  alla  lesta 
nezia  stessa  il  contagio.  I  direttori  di  Pa-  di  4o>ooo  uomini  di  rinforzo  delle  mi- 
ngi non  più  studiavano  dissimulare  i  loro  gliori  trii|ipe  della  monarchia,  dopo  aver 
piani.  A'aDgenuaioQairini  aveapai  teci-  i>pezionala  la  linea  dell'esercito  imperia- 
paloalscuatolarisoluiioiiepreiauPurigi,  le,  scelse  pojjzioue   sul   Tugliamento.  1 


VEN 

rinforzi  condcUi  dal  general  nernailolle 
all'armata  francese  d'Italia  la  portarono 
allora  ad  olii  e  60,000  uomini,  e  per  con- 
seguenza al  momento  di  scagliare  il  gran 
colpo,  quell'arenata  era  siii>eriore  in  nu- 
mero. ISe'primi  di  marzo  da  Dassano,  Na- 
poleone con  proclama  fulminante  contro 
r  imperatore,  annunciò  la  sua  determi- 
nazione di  penetrare  nel  cuore  dell'Au- 
stria, come  poi  eseguì,  ed  a'  1 6  tutta  l'ar- 
mata era  al  Tagliamenlo,  ove  nello  stes- 
so giorno  debellò  gli  austriaci.  Gujeux  e 
Bernadolte,  continuandole  vittorie,  sim- 
padronirono  prima d  Udine  e  poi  di  Gra- 
disca a'if),dopo  lunga  e  sanguinosissima 
lotta;  mentre  una  delle  loro  divisioni  en- 
trava in  Palma -JNuova,  discacciava  ila 
questa  fortezza  veneta  la  piccola  guarni- 
gione, l'armava  e  la  poneva  al  coperto 
d'un  qualche  colpo  di  mano;  seguirono 
le  conquiste  di  Gorizia,  di  Trieste,  di  Lu- 
biana capitale  della  Carniola,  e  di  Cla- 
genfurt  capitale  della  Cariutia.  Mentre 
gl'imperiali  erano  cacciati  dllalia,  scom- 
parve una  loi  o  colonna  di  prigionieri  che 
trovavasi  a  Dergaino;  ed  i  francesi  incol- 
parono le  truj)pe  venete  rimaste  nella 
piazza,  di  avej-  favorita  la  loro  fuga.  E 
qui  delibi)  dire  col  conte  Dandolo.  Napo- 
leone, dopo  le  conferenze  cb'  ebl)e  a'i5 
marzo  il  ministro  di  Francia  con  l'^rance- 
sco  Pesaro,  e  dopo  quelle  con  questi  e  il 
savio  di  Terraferma  Gio.  liattista  Cor- 
ner, tenute  da  lui,  per  quanto  noi  rife* 
rirò,  nel  line  dello  slesso  mese  cominciò  a 
dar  segno  di  volerla  attaccare  anche  col- 
la lepubblii.a  veneta,  inviando  nuinciosi 
cmissarii  nelle  provincie  di  Brescia,  Ber- 
gamo e  Crema,  a  predicarvi  la  democra- 
zia, ed  a  spaigeivi  -fgictamenle  denaro, 
persuscitarvi  la  i  ibtllione.  I\Ia,  s'egli  non 
ebbe  a  durare  li(jpj/a  falirii  per  liovare 
fautori  fra  le  po[)oIazioni  delle  provincie 
oltre  Mincio,  vi  trovava  altresì  gli  abi- 
tatori delle  valli  Bergamasche  e  Brescia- 
ne, che  appena  insospettiti  che  si  avesse 
in  animo  di  minacciare  a'gioini  della  re- 
pubblica, spoulancaoicnie  inipugnovano 


V  E  iN  G^J 

le  armi,  risoluti  d'im[>iegare  in  sua  difesa 
il  sangue  e  la  vita.  iXè  meno  pronti  e  riso- 
luti mostravansì  i  veronesi.  Quella  città 
odiava  i  francesi,  perchè  devastatori  delle 
suecampague, dispregiatori  del  cultocal- 
tolico,spoglialori  ilei  santuario  di  Loreto, 
persecutori  infine,  a  non  dir  altro,  degli 
stessi  preti  connazionali  emigrati  :  e  ad  o- 
gni  maggior  sagrifizio  si  sarebbe  assai  di 
buon  animo  sottoposta,  quando  avesse 
credulo  di  poter  così  allontanare  da  se 
(juegli  ospiti  detestati.  L'arrivo  poi  d'una 
qualche  milizia  dal  senato  inviata  a  di- 
fenderla, ed  a  sedarci  torbidi  diLoinbar- 
dia,  non  faceva  che  liscaldare  ancor  più 
gli  animi  di  quegli  abilanli  ;  ed  una  zuf- 
fa appiccatasi  a'  1  7  aprile  Ira  alcuni  della 
città  ed  un  piccol  numerodi  soldati  fran- 
cesi, che  prevenendo  l'arrivo  delle  trup- 
pe veneziane,  eransi  già  impadroniti  de' 
castelli,  porgeva  loro  il  destro  d'insorge- 
re disperatamente  contro  di  essi, e  di  far- 
ne macello.  E  cosillatto  era  l'accanimen- 
to di  cpielia  pugna,  che  alcuni  col[»i  di 
cannone  sparati  da'francesi  contro  la  cit- 
tà, anziché  rattiepidire,  non  facevano  che 
vieppiìi  inviperire  gì' insorti  ;  cosicché  i 
magistrali  medesimi  doverono  durate 
molta  fatica,  e  correre  eziandio  grave  [te- 
ricolo,  per  sottrarre  alcune  centinaia  di 
soldati  dalle  mani  del  popolo  furiboiKlo. 
Non  meno  di  5  giorni  durava  quell'or- 
lenda  carnificinajgià  registrata  dalla  sto- 
ria sotto  il  nome  di  Piiòquc  f'eroncsì^ 
perchè  come  dirò  nel  narrare  tali  lagri- 
nievoli  vicende  colle  loro  fiuieste  conse- 
guenze, cOD)inciarono  la  sera  dilla  1  ."0  se- 
condo altri  in  quella  della  2.'  lesta  di  Pa- 
squa di  Piisurrezione.Napoleone  trovavasi 
;il|oi  a  in  Carinlia,  con  a  fronte  l'arciduca 
Cai  lo  in  aspetto  minaccioso.!  moti  del  po- 
polo qua  e  là  manifestatisi  inodio  a'iraii- 
1  Csijgii  armamcniiordinati  dal  scnato,eIc 
]'iis(jHc  f'eroncsifimoxnt  allrcllanli  pie- 
l<;sti  ()er  romperla  scopertamente  contro 
Venezia  :  ed  il  felice  guerriero,  iu  cui  va- 
lore, fortuna  e  insolentissima  audacia  ii- 
nivansi  in  grado  rgnalc,nnticipando  i  tciu- 


G38  V  E  i\ 

|ìi,  e  facendola  da  re,  clicliiaiavn  In  ;:;ncr- 
i;i  all;i  repubblica.  Ora  lasciando  il  coiilc! 
Dandolo,  per  poi  riprenderlo,  devo  col 
lav.  Coppi  accennare  le  rivoluzioni  di 
Eercamo,  Crescia  e  Crema,  ed  altri  av- 
"veninietiti  clie  in  parie  iiulir.nti  meritano 
ilicliiarni'si,  per  aver  preceduto  la  cadu- 
ca della  repubblica.  Napoleone  slava  at- 
tendendo il  nioraento  propizio  per  cliie- 
«lere  a' veneziani  i  baslinienli  ed  i  fondi 
austriaci  ed  inglesi,  non  che  mi  prestito 
ili  dieci  milioni  di  franchi,  allorquando 
le  circoslanze  stesse  degli  eventi  l'indus- 
sero ad  operazioni  maggiori.  Nelle  pro- 
■vincie  di  Dergatuo  e  di  Crescia,  invase 
da'francesi  e  circondate  da  italiani  ri- 
\ollati,  gli  amanti  delle  cose  nuove  co- 
minciarono stdjilo  ad  unirsi  in  politiche 
società  segrete,  dirette  per  quanto  siscris- 
se, dal  milanese  Porro  edal  francese  Lan- 
flrieux.  Non  tardaiono  quindi  a  manife- 
stare le  concepite  speranze,  e  perciò  om- 
lirarono  il  governo  venelo,  fin  dal  prin- 
cipio del  1797  in  discorso,  e  l'indussero 
a  rafforzare  i  presidii.  11  governatore  di 
Bergamo  poi,  dubitando  del  pi'ossimo 
scoppio  di  qualche  trama,  nella  notte 
precedente  il  12  marzo  dispose  intorno 
i\\  suo  palazzo  il  presidio  composto  di 
Geo  uomini,  e  fece  girare  per  la  città  fòr- 
ti pattuglie.  Il  comandante  della  truppa 
francese  colà  stanziata,  vedendo  quell'ap- 
parato insolito,  mise  anch'esso  in  armi  i 
suoi  soldati.  Intanto  da  queste  militari 
dimostrazioni  si  commossero  gli  animi 
degli  abilanli,  e  nella  generale  agitazio- 
ne i  sedicenti  patriolli,  animali  da'sud- 
detti  emissarii  e  da  alcuni  uflìziali  fran- 
cesi, entrarono  audacemente  nel  palazzo 
del  comune,  elessero  tiunulluariamenle 
una  municipalità  democratica,  promul- 
garono la  libertà  della  patria,  e  spedi- 
rono deputati  a'cispadani  per  unirsi  seco 
loro  e  chiedere  soccoisi.  Le  truppe  vene- 
te contenute  dalle  francesi  non  poterono 
agire; e  n)inacciale  da'rivoltosi  deposero 
le  armi.  Da  Ucigamo  la  rivoluzionasi  co- 
uuimcò  a  Crescia,  I  fratelli  Lecchi  ed  edili 


V  E  ^ 

pochi  fiziosi  potenti  nella    [)rovincia  e  ' 
avidi  di  cose  luiovc  chiesero  soccorso  ii 
bergau)aschi  ;  e  sicuri  di  averlo,  nella  not 
te  precedente  a'  iq  marzo  uscirono    in 
numero  di  circa  100  fuori  le  porte  pei 
incontrarlo;  ma  poi  senza  atliMiderlo  cu 
traronoin  città,  annunciando  l'iininineu- 
te  arrivodi  5oo  bergamaschi,  di  1 0,000 
milanesi  e  di  molli  francesi.  Il  governa- 
tore venelo  Mocenigo,  ed  il  provveditore 
Canaglia  avevano  un  forte  presidio;  ma 
dubitando  che  la  rivoluzione  fosse  con- 
certata co'francesi,  non  credettero  di  ado- 
perare la  forza  per  non  compromettere 
la  neutralità  della  republ)lica  (il  Halta- 
glia  ritiratosi  a  Verona, con  proclama  e- 
sorlò  i  sudditi  fedeli  a  levarsi  in   massa 
per  isleiminare  i  rivoltosi,  ancorché  pri- 
gionieri di  guerra  ;  promettendo  in  nome 
del  governo  denaro  e  truppe  per  togliere 
n'francesi  in  momento  favorevole  persino 
la  possibilità  della  ritirata.  Ma  egli  prò 
cedeva  con  finzione,  essendo  unodiquc 
patrizi  addelti  al  partito  di  Francia  0  ben 
Veduti  da  Napoleone).  A   tale  indolenzì 
i  rivoltosi  di  vennero  più  audaci,  promul- 
garono la  libertà  della  patria,  ed  intima- 
rono al  presidio  di  rendersi  prigioniero.  I 
soldati  deposero  le  armi,  alcuni  si  sban- 
darono,altri  partironoco' veneti  magistra- 
li. Ilalforzati  quindi  i  sollevati  da  qual- 
che centinaio  di  milanesi, di  bergamaschi, 
di  cispadani  e  da  pochi  francesi,  corsero 
le  terre  vicine,  entrarono  in  Crema  a'20 
marzo,  e  rivoltarono  in  pochi  giorni  tut- 
ti i  paesi  veneti  esistenti  sulla  destra  del 
Mincio,  da  per   tutto  atterrando  la  ban- 
diera di  s.  IMarco  e  piantando  gli  alberi 
della  libertà.  Il   governo  veneziano,  co- 
sternalo da  questi  avvenimenti,  reclamò 
a  Parigi  ;  e  frattanto  spedai  i  suddetti  Pe- 
saro e  savio  Cornaro  presso   Conaparte 
»)  per  procurare  d'interessare  la  sua  ret- 
titudine a  disapprovare   1'  accaduto  per 
arbitrio  de'comandanli  subalterni,  e  ad 
emanare  da  se  stesso  quel  pronto  riparo 
che  si  a  vea  diritto  d'attendere.  Indagasse- 
ro poi  quali  in  tanta  urgenza  potessero  cs- 


YEN  .  YEN  (;3rj 
sere  le  vie  valevoli  aconscciiiiic  l'oggetto  me  alln  pace.  i^Jon  opponessero  l'angustia 
della  pubblica  tranrpiillilà". Raggiunsero  del  pubblico  tesoro,  poiché  se  non  avcva- 
rjuesli  deputati  Napoleone  in  Gorizia,  e  no  denari  potevano  valersi  di  (|uelli  del 
chiesta  la  riparazione  agli  avvenimenti  di  duca  di  IModena  e  de'londi  depositali  in 
Bergamo  e  di  Crescia,  soggiunsero.  »-•  Sa-  Venezia  da'neniici  della  Francia,  la  qua- 
i'ebl)e  stato  bene  che  in  segno  di  disap-  le  aveva  il  diiiltodi  domandarli  ".  Così 
provazione  reslituissea'venezianiicastclli  trattava  Napoleone  per  prender  tempo, 
di  quelledueciltà. Ciò  sarebbe  stato  anche  poiché  mentre  sul  fine  di  marzo  e  nel 
opportuno  per  evitare  gli  sconcerti  che  princi[>io  di  aprile  s'inoltrava  nelle  mon- 
potrebbero  accadere  (ra'militari  ne'mez-  tngne  della  Carniola  e  clelln  Carintia,  non 
7Ì  che  la  repubblica  avrebbe  adoperato  voleva  inimicarsi  i  veneziani  alle  spalle, 
per  sottomettere  i  ribelli;  lusingarsi  quin-  negli  piaceva  chela  loro  lianquillilà  pid)- 
di  che  dopo  l'ingresso  dell'armala  fran-  blica  fosse  alterata,  acciò  potessero  conti- 
cese  nella  Germania,  gli  stati  veneti  sa-  nuare  a  somministrargli  i  viveri.  Quindi 
rebbero  sollevati  dalle  tante  tòlte,  a  cui  a'sollevati  di  Bergamo  e  di  Brescia  che  a- 
fìiio  allora  erano  stati  soggetti  pel  man-  veaiio  invocato  il  suo  soccorso,  di-^gusta- 
tenimento  delle  truppe".  A  tali  rappre-  to  per  aver  proceduto  più  celeremenle 
sentanze  Napoleone  rispose.  •»  I  popoli  del  tempo  da  lui  voluto,  lispose.  »  Non 
essersi  sollevali  da  se  medesimi  contro  esser  giudice  fra  le  provincie  e  il  senato 
Venezia,  né  i  francesi  avervi  avuto  alcu-  veneto.  Soltanto  essere  sua  intenzione  che 
ra  parte.  Che  se  il  suo  comandante  di  non  vi  fossero  turbolenze  o  movimenti 
Dergamoavesse  cooperato  alla  rivolta, sa-  bellicosi;  avrebbe  pertanto  ailopcrato  o- 
rebbe  slato  punito.  La  prudenza  milita-  gni  mezzo  per  mantenere  la  Iranquillilìi 
re  però  non  permettergli,  anche  in  niez-  alle  spalle  della  sua  armata".  Frattanto 
zo  alle  vittorie,  di  lasciare  le  fortezze  di  il  governo  veneto  inlesa  la  relazione  dei- 
Bergamo  e  di  Brescia  interessanti  in  ca-  le  conferenze  avute  da'suoi  deputati  con 
so  di  ritirata.  In  quanto  a  se  poi,  il  mez-  Napoleone,  e  non  avendo  ricevuto  da  l'a- 
zo  pili  proprio  a  ristabilire  l'ordine,  seni-  rigi  che  vane  risposte,  poiché  nelle  nnu- 
brargli  quello  d'interessarvi  la  stessa  re-  ve  viste  del  direttorio,  le  rivoluzioni  era- 
pubblica  francese,  stringendovi  maggior-  no  divenute  necessarie  nella  penisola,  on- 
nieiite  i  rapporti  con  appositi  legam  i.  Del  de  procurare  alla  Francia  oggetti  di  coni- 
restante  il  senato  potere  pure  usare  tran-  pensazione  da  offrirsi  niriirqìeralore  nel- 
quillanunle  di  lutti  i  mezzi  che  credeva  la  pace,  tale  destino  essendo  riservalo 
opp(,rluni  a  sedare  le  sollevazioni.  Ma  ;dle  provincie  venete,  il  senato  non  inan- 
poiché  avea  scritto  a  l'arigi,  il  suo  con-  co  di  decretare  la  richiesta  soniministia-- 
siglio  sarebbe  che  si  attendesse  la  rispo-  zione  d'un  milione  di  franchi  al  mese.  E 
sia.  Franante  essere  indispensabile  che  comprendendo  finalmente  il  peiicolo  in 
l'armata  francese  fosse  mantenuta  dalle  cui  era  la  repubblica,  ordinò  1' arresto 
Provincie  venete.  Iiincrescerglicerlamen-  delle  persone  sospette,  ed  incomineiò  a 
te  che  le  sussistenze  si  fossero  finallora  munire  validamente  la  capitali;.  Radunò 
tratte  colle  tolte,  le  quali  per  loro  natu-  in  essai  1,000  schiavoni.e  .5,100  uonnni 
ra  rovinano  le  sorgenti  delle  sooimini-  «li  truppe  italiane;  dispose  nelle  Lagtmc 
slrazioni.  L'unico  modo  adunque  di  al-  20G barche  amiate;  risarcì  l'nntiche  bal- 
leggerire  il  peso  consistere  nel  converti-  lerie  delle  rade,  altre  ne  aggiunse,  e  pre- 
le  le  tolte  in  prestazioni  di  denaro  o  di  parò  viveri  ed  acqua  dolce  in  grande  nb- 
gencri.  e  ciò  nella  somma  d'un  milione  l)ondanza.  Conosceridoquindi  chegli  abi- 
(li  franchi  al  mese.  La  Francia  non  avreb-  tanti  delle  montagne  che  sono  al  selti.n- 
be  mancalo  di  far  liquidale  quelle  som-  trionc  di  Bergamo,  di  Brescia  e  di  \*;- 


64o  V  E  N 

jona  erano  indisposti  contio  i   francesi, 
ed  ili  alcuni  luoghi  aveano  di  già  preso 
Je  armi,  come  dissi  piìi  sopra  ,  ora  tulli 
]i  sollevò  in  massa,  li  ordinò  alla  meglio 
in  milizie,  e  ne  armò  di  falli  rnolte  mi- 
gliaia. Dalle  valli  di  Trompia,  di  Sabbia 
e  di  Camonica  discesero  noi  que'monta- 
nari  sul  fine  di  maizo  nelle  pianure, tru- 
cidarono i  francesi  isolali  che  inconlraio- 
tìOjdisartuaronoun  distaccamento  di  200 
polacchi,  e  scorsero  sotto  le  mura  di  Ber- 
gamo e  di  Brescia.  Le  municipalità  però 
di  queste  due  cotncuii,  soccorse  energica- 
nunle  dal  comandante  milanese  Lahoz, 
avevano  provveduto  alla  propria  difésa, 
3Vel  tempo  stesso  Rilmaine,  che  coman- 
dava i  francesi  iu  IMilauo,  volendo  prov- 
vedere alla  sicurezza  del  presiilio  di  sua 
nazione  in  Bergaruo,  avca  mandato  co- 
là il  capo  di  brigata  Laudrienx  per  dis- 
sipare s'era  possibile  colla  persuasione  e 
coir  imponenza  quella  perigliosa  massa. 
All'avvicinarsi  de'monlanari  questi  spedi 
difalli  incontro  a  loro  un  ufiìziale  con  po- 
chi dragoni  per  parlare  di  pace,  ma  da' 
sollevati  crciluti   nemici  furono  respinti 
colle  fucilate.  Allora  Landrieux  li  assali, 
li  disperse  e  l'inseguì  sino  alle  gole  delle 
montagne.  La  banda  che  si  era  avanza- 
ta sotto  Brescia,  capitanata  dal  conte  Fio- 
javaiili,  a'4  aprile  cannoneggiò  la  città. 
]Vel  ili  seguente.  Lecchi  che  avea   preso 
il  titolo  di  generale  della  guardia  nazio- 
nale, l'inseguì  e  battè  sino  a  Salò.  Men- 
tre fjuesla   stava  per  sollomeltersi  ,  so- 
praggiunse Fioravanti,  circondò  i  nemi- 
ci, e  fatto  prigioniere  Lecchi   con   parte 
de' suoi   fu  condotto  a  Venezia.  Per  le 
conseguenze  che  potevano   derivare  da' 
sollevali,  a  cui  eransi  unite  truppe  schia- 
vene,  Lahoz  uscì  in  campagna   co' lom- 
bardi e  li  disperse.  Salò  quasi  abbando- 
nala dagli  abitanti,  a'i4  aprile  fu  sac- 
fheggiala  di  quanto  vi  era  rimasto,  eie 
vicine  valli  [)oco  dopo  furono  sottomes- 
se. Lo  spirilo  di  sollevazione  erasi  intan- 
to diffuso  in  tutti  i  dominii  della  Terra- 
ferma,  e  in  diversi  luoghi  i  francesi  fu- 


V  EN 
rono  anclìe  assaliti  e  trucidali ,  essendo 
gli  abitanti  generalmente  adirati  contro 
trup[)e  che  li  avevano  oppressi  con  im- 
mense tolte  di  vettovaglie,  vestimenta  e 
altre  gravezze.  L'Austria  applaudiva  il 
senato  per  sostenere  quelle  sollevazioni 
popolari,  giovandoal  mantenimento  dcl- 
faiitico  sistema  d'Italia,  contenendo  la 
Spagna  dall'ingrandire  il  duca  di  Parma, 
ed  angustiando  i  francesi  indurli  a  pace 
ragionevole.  Anzi  a'q  aprile  nella  confe- 
renza tenuta  in  Vienna  tra  il  barone  di 
Tliugut  e  l'ambasciatore  veneto,  a  que- 
sti venne  fatta  la  proposta  formale  di  u- 
nire  le  forze  de'monlanari  colle   truppe 
austriache,  onde  terminare  la  guerra,  cou 
iniluire   i  francesi   a   pacificarsi.   Difatti 
Napoleone  s'accorse  benissi  Ilio  quanto  fos- 
se azzardosa  la  sua  posizione  nella   Ca- 
rinlia,  mentre  i  veneziani  si  sollevavano 
alle  sue  spalle,  e  perciò  affietlossi  a  con- 
cludere a'7  aprile  l'armistizio  coli'  Au- 
stria. Allora  i  veneziani,  cominciando  a 
temere  la  sua  vendetta,  a' 12  dello  stesso 
mesepubblicarouo.»In  qne'lempi  recen- 
ti alcune  città  oltre  il  Rlincio,  prese  da 
spirito  di  vertigine  e  di  sollevazione,  aver 
intrapreso  di  costringere  altre  popolazio- 
ni a  seguirne  l'esempio.  Queste  però  at- 
taccate per  intimo  senso  del  proprio  bea 
essere  all'  antico  sperimentato  governo, 
aver  S|)iegato  collo  zelo  per  la  propria  di- 
fesa un  fdiale  ardore;  e  quindi  prese  spon- 
taneamente le  armi,  aver  invocato  dal 
naturale  loro  principe  assistenza  e  sussi- 
dia Le  quali  cose,  dirette  soltanto  all'in- 
terne perturbazioni  delle  stato,  non  pote- 
vano per  alcun  modo  ferire  le  ingenue 
massime  di  neutralità  apertamente  pro- 
fessate dalla  repubblica".  Ma  Napoleone, 
appena  concluso  l'armistizio  coH'Auslria, 
a'n  aprile  raentr'era  ancora  in  Indebur- 
go  o  Judemburgo,  die'a  Kilmaine  il  co- 
mando di  tutte  le  forze  ch'erano  in  Ita- 
lia, e  ingiunse  a  Victor  diportarsi  colla 
sua  divisione  dalla  Romagna  nel  Vene- 
ziano, Scrisse  quindi  al  ministro  france- 
se in  Venezia.»  Non  potersi  più  dubita- 


V  E  N 
re  clie  lo  scopo  dell'  aroiamento  de' ve- 
neziani fosse  di  circui)dare  alle  spalle  1  ar- 
mata francese.  Domandasse  perciò  al  se- 
nato una  spiegazione  (oitnale  nello  spa- 
zio di  12  ore,  per  sapere  se  si  era  in  pace 
o  in  guerra.  In  questo  secondo  caso  par- 
tisse subito:  nel  priuio  richiedesse  che  fos- 
sero messi  in  libertà  i  carcerati  per  opi- 
nioni politiche,  si  disarmassero  i  conla- 
dÌDÌ,si  accettasse  la  mediazione  dellaFran- 
cia  per  sedare  le  turbolenze  di  Bergamo 
e  di  Brescia  ,  e  si  riparassero  alcuni  in- 
sulti falli  a'francesi  al  Zante  e  nell'Adria- 
tico". iSello  stesso  tempo  spedi  a  Venezia 
l'aiutante  di  campo  Junot  con  una  lette- 
ra pel  doge,  colle  solite  iniperiose  minac- 
ce, e  coH'istruzione  di  leggerla  pubblica- 
mente al  senato  e  chiedere  la  risposta  nel 
termine  di  24  ore.  Il  Junol  fu  difalti  in- 
trodf>tto  nel  collegio  de' savi  la   roallina 
de'i5  aprile,  e  lesse  la  lettera  nella  qua- 
le Napoleone  scriveva. «Tutta  la  Terra- 
ferma della  repubblica  veneta  essere  in 
armi.  In  ogni  parte  i  contadini  armati  e 
sollevati  gridare  tuoi  te  a'frniicesil  IMdI- 
te  centinaia  di  soldati  dell'armata  d'Ita- 
lia essere  di  già  state  sagrificate  (non  es- 
sendo ancora  avvenuta  la  strage  di  Ve- 
rona, avverte  VArte  divcrificare  le  da- 
te, che  i  combattimenti,  gl'incendii,  le 
devastazioni  e  le  uccisioni  de'  francesi  fu- 
rono esagerali  dalla  millanteria  francese). 
Invano   disapprovarsi   tali   radimamenti 
dopo  che  si   erano   ordinati.  Credevano 
forse  i  veneziani  che  mentre  egli  era  nel 
centro  della  Germania,  non  potesse  far 
rispettare  il  primo  popolo  dell'universo? 
Credevano  che  le  legioni  d'I  talirì  sodrisse- 
ro  il  massacro  ch'essi  avevano  eccitato? 
Il  sangue  de'&uoi  fratelli  d'armi  sarebbe 
vendicato.  Il  senato  aver  corrisposto  col- 
la più  nera  perfìdia  a'rnodi  generosi  che 
i  francesi  avevano  verso  di   lui  usnli.  A- 
ver  pertanto  spedito  un  aiutante  di  cam- 
po per  dichiarare   la  guerra  o   la   pace. 
Se  non  iscioglievano  subilo  i  radunamen- 
ti. Se  non  si  facevano  arrestare  e  conse- 
gnare iu  sue  mani  gli  outuri  degli  omi- 
VOL.  xcii. 


V  E  N  g;i 

cidii  che  si  coratiieltevano,  la  guerra  era 
dichiarata.  iVoii  essere  già  il  Turco  alle 
loro  frontiere,  non  essere   minacciali  d.i 
alcun  nemico.  Aver  essi  deliberatamente 
fatto  nascere  pretesti  per  giustificare  uu 
raduna  mento  diretto  contro  l'armata.  Es- 
so sarebbe  dissipato  in  24  ore.  IVon  es- 
sersi piìi  a'tenipi  di  Carlo  Vili.   Che  se 
poi,  contro  il  chiarointeudimenlo  del  go- 
verno francese,  essi  lo  riducevano  al  par- 
tito di  fare  la  guerra,  non  credessero  per- 
ciò che  ad  esempio  degli  assassini  veneti 
i  francesi  devastassero  le  campagne  del- 
Tinnocentee  sfortunato  po[iolo  della  Ter- 
raferma. Egli  lo  proteggerebbe,  ed  esvo 
un  giorno  benedirebbe  sino  i  delilli  che 
avevano  coslrello  l'arronla  francese  a  sot- 
trarlo al  loro  tirannico  governo".  Il  mi- 
nislroLallemanlpartecipòeziandioaqtiel 
consesso  la  lettera  che  avea  ricevuto  da 
Napoleone,  ed  il  tutto  fu  comunicalo  al 
senato  che  si   radunò  nel  giorno  islesso. 
Somma  fu  la  costernazione de'patrizi  nel- 
lo udire  insultata  in  tal  modo  e  con  tan- 
ta alterezza  la  dignità  e  la  sovranità  del- 
la repul)blica.  Del  resto,  dovendo  per  la 
propria  debolezza  dissimtdar  l'ingiuiic, 
fra'senlimenli  d'ira  e  di  terrore,  delibe- 
rarono di  rispondere  al  generale  france- 
se, »  Essere  fermo  il  senato  nella  volon- 
tà di  mantenere  pace   ed  amicizia   colla 
Francia.  JVè  questa   dichiarazione  poter 
essere  oscurala  dagli  armamenti  di  alcu- 
ne popolazioni,  i  quali  non  avevano  al- 
cun oggetto  di  politica  esterna.  Che  se  poi 
in  tanto  turbamento  erano  successi   al- 
cuni inconvenienti,  non  potersi  i  medesi- 
mi imputare  che  alle  circostanze  del  mo- 
mento. Del  resto  essere  disposto  a  pren- 
dere le  misure  tendenti  a  secondare  i  di 
lui  desiderii,  persuaso  bensli  che  nella  sua 
equità  avrebbe  conosciuto  la  necessità  in 
cui  era  la  repubblica  di  provvedere  alla 
esterna  sicurezza  ed  olla  trnn(juillità  in- 
terna. Essere  egualmente  il  senato  pron- 
to a  soddisfare  alTallra  riceica  pel  casti- 
go e  la   consegna  di  quelli   che  avessero 
commesso  assassiuii  contro  le  truppe  frai\- 


642  V  E  N 

cesi.  Per  conciliare  poi  il  conseguimento 
ili  tulli  quesli  oggelli  aver  credulo  con- 
veuieule  tli  spedire  presso  di  lui  due  de- 
putali". E  di  falli  elesse  a  tal  uopo  Fran- 
cesco Donalo  e  Leonardo  Giustiniani.  Qui 
Y  Alle  di  verificare  ledale  fa  osservare, 
che  avendo  il  senato  se: ilio  a  Parigi  e  in 
pari  tempo  rivoltosi  in  Venezia  a  Lalle- 
ujant,  questi  risjìose  nel  luodu  che  cou- 
suonava  interamente  collo  spirilo  politi- 
c(j  nianifcslato  dalla  Francia;  consigliava, 
senza  per  altro  volerlo  imporre,  di  adot- 
tare il  sistema  che  tendeva  a  fondar  de- 
mocrazie in  ogni  parie  d'Italia;  niasifTatla 
insinuazione  «lon  era  lale  da  piodnrre  il 
convincimento  de'capi  della  re[)ubblica 
\eneta.  Dicevano  essi:  »  Su[)ponendo  pu- 
re che  noi  mutassimo  la  nostra  antica 
cosliliizione  in  un  governo  (ederalivo, qua- 
le vediamo  formarsi  intorno  a  noi,  qual 
bene  ne  risulterebbe  per  noi,  e  in  che  co- 
sa Venezia  democratizzala  poti  ebbe  riu- 
scire utile  alla  slessa  Francia^'jN'on  ostan- 
te quanto  proponeva  il  ministro  francese 
divenne  oggetto  di  seria  deliberazione  nel 
consiglio  generale  e  sovrano.  Si  raccolse- 
ro 200  votanti:  e  per  lai."  volta  dopo  5 
secoli,  inlavolavasi  d'  innovare  la  forma 
del  governo  di  s.  Marco,  ma  esso  non  li- 
porlò  che  soli -5  voli.  Ve  n'ebbero  5o  per 
compriujere  l'insurreyioue  colla  forza  e 
col  rigore,  e  180  [)er  riportare  ad  altro 
momento  le  riforme,  piuttosto  che  riget- 
tarle assolutamente.  Aggiunge,  che  i  de- 
putati nel  render  conto  di  loro  commissio- 
ne ciJN'apoleone  dicevano  :»  essere  troppo 
chiaro  theBonaparte divisava  di  assogget- 
tare sempre  più  lo  stalo  veneto;  aumeu- 
taregli  con  tutta  sollecitudine  le  foitilica- 
zioni  di  l'alma  JNova,ed  esser  padrone  del 
porlo  di  Trieste  in  guisa  di  esser  giunto 
a  bloccare  la  repubblica  da  ogni  lato". 
Piiprendendo  l'annalisla  Coppi,  egli  qui 
racconta  i  già  accennali  avvenimeiili  di 
Verona,  con  nlteiiori  particolarità.  Dice 
che  nell'armamento  delle  provincie,  in 
Verona, singolare  per  l'avversione  contro 
1  francesi,  accrescevano  la  confidenza  de' 


V  EN 

cittadini  1,000  uomini  dì  truppe  di  linea, 
2,000  schiavoni  e  diverse  migliaia  di  mi- 
lizie provinciali  radunate  dal  marchese 
Maffei  Muridei,e  da'conti  Nogarola,  Giu- 
sti e  Marescalchi;  ed  il  general  austriaco 
Laudon,  che  nella  n)età  d'aprile  era  di- 
sceso dai  Tirolo  a  quelle  vicinanze,  colla 
sua  slessa  posizione  mise  il  colmo  al  fa- 
natismo del  volgo.ln  lale  effervescenza  de- 
gli animi,  la  sera  del  lunedì,  2.*  festa  di 
Pasqua,  cioè  a' 17  aprile,  insorta  rissa  fra 
alcuni  francesi  e  veronesi,  diversi  france- 
si furono  uccisi  o  feriti.  11  general  Bai- 
land  che  occupava  i  forti  con  1,900  uo- 
mini, da  tutti  e  tre  fece  sparare  alcuni 
colpi  di  cannone  contro  il  palazzo  del  co- 
mune. Allora  il  grido  di  vendella  rim- 
bombò per  tutte  le  contrade;  si  suonaro- 
no le  campane  a  stormo,  e  si  cercarono 
per  ogni  angolo  i  militari  e  gl'impiegati 
francesi  alloggiali  presso  i  particolari.  Al- 
cuni pervennero  a  salvarsi  ne'  castelli, 
900  rifugiaronsi  nel  palazzo  del  comune, 
e  furono  difesi  da'magislrati  e  dalle  one- 
ste persone,  che  provvidero  alla  difesa 
dell'ospedale  in  ciìlà  ov'erano  i  francesi 
infermi.  Però  circa  4oo  furono  trucida- 
ti dalla  plebe,  mistaco'birrie  cogli  schia- 
voni .  JNoti  si  perdonò  né  a  sesso,  né  alla  te- 
nera età,  ed  a  que'malati  esisletilì  nell'o- 
spedale subuibano,  con  barbarie  propria 
deiranarchia;ereccidiofu  accompagnalo 
dal  saccheggio  sì  di  quanto  apparteneva 
a'francesi,  non  che  alle  case  di  parecchi  ve- 
ronesi. Inutilmente  si  tentò  espugnare  i 
3  castelli ,  le  artiglierie  de'  quali  invece 
danneggiarono  gravemente  la  città.  Le 
dc[)Iorabili  oslililà  durate  5  giorni,  furo- 
no talvolta  interrotte  per  trattare  d'ac- 
cordo. Non  si  poterono  però  mai  concer- 
tare, perchè  i  francesi  le  chiedevano  col- 
lo spirito  di  vendetta,  né  i  rappresentan- 
ti di  Verona  aveano  autorità  suniciente 
di  comandare  al  popolaccio  furente.  Il 
provveditore  Giovanelli  e  il  podestà  Con- 
tarini,  per  non  compromettere  la  repub- 
blica colla  loro  presenza,  a' 18  aprile  e- 
rausi  ritirali  a  Viceuza;  ma  il  governo  ve- 


V  EN 

nclo  avendo  stabilito  di  assistere  decisa- 
ineule  i  veionesija'20,essicoirallrQproV' 
vediloie  Erizzo  erano  tornati  al  loro  po- 
sto, attendendo  artiglieria  e  2,000  uomi- 
ni di  rinforzo  per  attaccare  regolanueu- 
te  i  castelli.  Intanto  nel  giorno  preceden- 
te, essendosi  colà  avvicinati  Lalioz  con 
alcuni  battaglioni  lombardi,  e  Cliabran 
con  3,000  francesi,  ne  seguirono  diversi 
coaiballimenti  presso  Croce  Bianca,  Pe- 
^cantina  e  sotto  il  Castello  vecchio,  onde 
i  sollevati  dovettero  limitarsi  alle  difese. 
A'  22  poi,  essendo  giunta  la  notizia  de' 
preliminari  di  pace  conclusi  nel  castello 
di  Eckenwald  nella  Stiria  presso  Leoben 
tra  l'Austria  e  la  Francia  nel  giorno  18 
aprilei  7C)7,cioèqaasi  un  mese  prima  del 
12  maggio  i7C)7,  e  quindi  in  diril-to  ed 
in  fatto  vivente  ancor  la  repubblica;  i 
provveditori  veneti  proposero  immedia- 
tamente a'fraiicesi  una  conferenza  per  ve- 
nire ad  un  accon;odainento,  fissato  pel  di 
seguente,  cessando  perciò  l'ostilità.  San- 
feruio,  Emilj  e  Garavetta  muniti  di  po- 
teri da'pruvveditori  si  recarono  quindi 
dal  general  Balland  per  trattare.  Ma  da' 
francesi,  pieni  d  i  collera,  ed  alteri  che  pel 
trattalo  di  Leoben  erano  liberi  da  timo- 
ri ,  non  più  polendo  gli  austriaci  com- 
Jjatlerli,  tosto  si  udirono  intimare,  che  : 
55  I  veronesi  e  le  truppe  abbandonassero 
se  stessi  e  le  cose  loro  alla  lealtà  della 
Francia.  Tutti  i  francesi  esistenti  in  città 
«e  fossero  da  un  commissario  di  loro  na- 
zione condotti  fuori.  Entrassero  ne'  ca- 
stelli sedici  ostaggi  (6  dice  V Arte  di  ve- 
rificare /e  f/a^e)  per  parte  de' veronesi,  e 
fra  questi  il  vescovo  di  Verona  Avogadro, 
i  provveditori  Erizzo  e  Giovanelli,  ed  i 
due  deputali  Emilj  eGaravetta".  Intese 
queste  dure  condizioni, idue  provveditori 
tentarono  di  ottenere  qualche  modifica- 
rione,  e  non  essendovi  riusciti  non  vol- 
lero acconsentirvi.  Essi  abbandonarono 
i  3  deputati  ch'erano  rimasti  sullo  specie 
di  ostaggi  presso  il  generale  francese,  e 
nella  seguente  notte  partirono  per  Pa- 
dova sciiveado  al  senato  :  -•;  di  aver  pie- 


V  E  N  643 

so  il  partilo  di  sottrarsi  dalla  faccia  del 
popolo,  e  dal'a  ferocia  de'  francesi".  In- 
tesa la  fuga  de'provveditori,  i  principali 
cittadini  considerando  che  pel  convenu- 
to a  Leoben,  tutto  intero  l'esercito  fran- 
cese era  libero  di  prender  d'essi  vendet- 
ta, a'24  aprile  convennero  tumultuaria- 
mente con  Balland  condizioni  analoghe 
a  quelle  di  già  proposte,  e  di  più  stabi- 
lirono di  pagare  4o.ooo  ducati  per  es- 
ser salvi  nella  vita  e  nelle  sostanze.  Il  pre- 
sidio veneto  fu  fatto  prigioniero  e  man- 
dato in  Francia  (invece  V Arte  di  verifi- 
care le  daLeà\cQ  che  la  truppa  regola- 
re prese  la  strada  di  Vicenza  con  armi  e 
bagaglio).  Ecco  poi  come  l'elegantissima 
penna  del  eh.  p.  Bresciani  nel  tanto  suo 
celebralo  libro  :  Ubaldo  ed  Irene,  rac- 
coiilo  dal  1790  al  i8i4i  presso  la  Ci- 
viltà Cattolica,  serie  2.",  t.  i  1,  p.  197, 
fa  narrare  il  fatto  da  un  veneziano.  «  I 
generali  Balland  e  BeaupoiI,  i  quali  te- 
neano  in  guardia  i  castelli  di  Verona, 
che  è  non  è  cominciano  dall'alto  improv- 
visamente e  senza  motivo  a  bombardar- 
la ;  il  popolo  che  era  alle  funzioni  di  Pa- 
squa, stanco  di  tante  sevizie  sofferte  in 
pace  per  quasi  un  anno,  rinnega  la  pa- 
zienza, e  fa  pasquare  i  francesi,  che  da- 
vangli  fra  le  ugne,  battezzandoli  nell'A- 
dige, arrostendoli  ne'  forni,  bollendoli 
nelle  caldaie  de'  tintori,  e  per  più  gior- 
ni festeggia  le  pasque  veronesi,  che  di- 
vennero sì  funestamente  celebri  nelle  pri- 
me guerre  de'  francesi  in  Italia.  L'  eser- 
cito francese  tornava  dalla  parte  dell'I- 
sonzo, della  Piave  e  del  Tagliamenlo  do- 
po aver  concluso  il  trattalo  col  principe 
Carlo,e  udito  di  coleste  pasque  crudeli,  i 
rumori,  le  stride,  l'abisso,  il  finimondo 
che  fecero  contro  Venezia  furono  incre- 
dibili. Il  senato  protestava  :  che  il  popolo 
veronese  fu  provocato;  eh'  è  un  popolo 
fedele,  mite,  piacevole  e  bonario,  ma  che 
appunto  il  furor  dell'agnello  si  convertì 
alla  fine  in  rabbia  leonina  ".Le  milizie 
provinciali  disarmate  tornarono  alle  lo- 
ro case,  e  neir  islesso  giorno  le  truppe 


r,44  V  E  N 

liancesi  occuparono  la  citlà  di  Verona, 
e  si  stabilì  un  governo  municipale  (de- 
clama il  conle  Dandolo  ;  Le  altre  venezia- 
ne Provincie  doveano  plaudire  anch'esse 
all'inauguiazione  di  questa  bastarda  li- 
bertà, ed  all'insediamento  de'  raunicipii 
democratici,  refocillando  parimenti  con 
jarga  vena  doro  i  loro  famelici  liberato- 
ri). Nel  bollore  d£gli  animi,  i  vincitori 
disprezzarono  la  militare  disciplina,  uf- 
fìziali  e  soldati  commisero  atti  arbitrari 
ed  estorsioni  d'ogni  genere.  Kilmaine  a- 
■vendo  preso  possesso  della  costernala  Ve- 
rona, impose  iramediataraente  una  con- 
tribuzione di  120,000  zecchini.  A  que- 
sta somma  Napoleone  (il  quale,  osserva 
il  conte  Dandolo,  a' 18  aprile  ne'  preli- 
minari di  Leoben,  situata  nell'alta  Sti- 
ria,  in  cui  certamente  non  conosceva  i 
fatti  di  Verona,  e  non  avea  ancor  dichia- 
rata la  guerra,  in  essi  con  frode  avea  di- 
sposto, come  di  cosa  sua  propria,  della 
massima  parte  dello  stato  veneto.  Di  fat* 
ti  leggo  nel  trattato  :  L'  imperatore  ce- 
deva i  Paesi  Bassi  austriaci  e  rinunziava 
alla  parte  de'suoi  stali  in  Italia  che  si  tro- 
vavano sulle  sponde  destre  dell'Oglio  e 
del  Po,  cioè  al  Milanese;  ed  avea  in  com- 
penso quella  parte  della  Terraferma  ve- 
neziana ch'era  compresa  fra  l'Oglio,  il 
Po  e  gli  stati  ereditari  austriaci.  Avea  in- 
oltre la  Dalmazia  e  l'Istria  veneta.  Quel- 
la porzione  poi  degli  stati  veneziani  ch'e- 
ra fra  l'Adda,  il  Po,  l'Oglio,  la  Valtel- 
lina e  il  Tirolo  appartenesse  alla  repub- 
blica francese.  Questa  però  rinunziò  a' 
suoi  dirìlli  sulle  3  legazioni  pontificie  di 
Ferrara,  Bologna  e  Romagna  acquistate 
col  trattalo  di  Tolentino,  riserbaudosi  la 
fortezza  di  Castel  Franco  ossia  Forte  Ur- 
bano, sul  Bolognese;  e  queste  provincie 
si  accordarono  alla  repubblica  di  Vene- 
zia. Infine,  la  parte  degli  slati  d'Italia  ce- 
duta dall'imperatore  e  quella  che  la  re- 
pubblica francese  acquistava  da'venezia- 
ni,  formassero  una  repubblica  indipen- 
dente. 11  duca  di  Modena  avrebbe  un 
compenso  alla  pace  generale,  da  farsi  a 


YEN 
Berna,  che  poi  dopo  le  conferenze  d' 11-^ 
dine  e  di  Passeriano,  ebbe  luogo  a  Cam- 
poformio)  ne  aggiunse  altri  5o,ooo,  or- 
dinando ili  più,  che  :  '5  si  somministras- 
sero 1 2,000  divise  militari  compiute,  si 
prendessero  lutti  i  pegni  del  Monte  di 
pietà  d'  un  valore  superiore  a'  5o,ooo 
franchi,  gli  argenti  delle  chiese,  lutti  i 
cavalli  delle  carrozze  e  da  sella,  tulle  le 
collezioni  di  belle  arti  e  di  storia  natu- 
rale tanto  del  pubblico  che  de'parlicola- 
ri,  e  filialmente  una  commissione  mili- 
tare condannasse  gli  autori  della  solleva- 
zione e  confiscasse  i  loro  beni.  Molti  ve- 
ronesi distinti,  imputati  d'aver  prepara- 
to l'insurrezione  contro  i  francesi,  furo- 
no difatli  arrestati,  alcuni  eziandio  fuci- 
lati, e  fra  questi  l'ostaggio  Etnilj,  il  conte 
Augusto  Verità  e  Malenza,  Le  contribu- 
zioni poi  furono  alquanto  moderale,  poi- 
ché il  general  Augerau,  che  in  appresso 
sopraggiuuse  in  qualità  di  comandante  di 
piazza  a  stabilirvisi,  rappresentò  a  Napo- 
leone, che  :  »  dopo  l'anarchia  del  popo- 
laccio e  l'estorsioni  fatte  da'francesi,  non 
era  più  possibile  di  estrarre  laute  cose  da 
una  città  desolala  ".  Mentre  poi  i  vene- 
ziani perdevano  cosi  la  loi'o  principale 
citlà  di  provincia,  come  la  denomina  il 
cav.  Coppi,  ed  erano  compresi  dalla  più 
viva  inquietudine  su  ciò  che  doveva  pro- 
durre la  fallila  mossa  de'veronesi, avvenne 
in  Venezia  quel  caso  malaugurato  che  nar- 
rai ueln.i5del§XVlll,percuiancheora 
in  breve  lo  dirò.  A'20  aprile,  o  meglio  a* 
2  ijCome  vuole  il  cav.  Mulinelli,  la  golet- 
ta il  Liberatore  d'Italia,  principale  ba- 
stimento d'una  piccola  flottiglia  france- 
se di  i3  legni,  che  da  alcuni  giorni  sen- 
za alzare  bandiera  si  teneva  sulle  volle 
del  golfo  Adriatico,  comandato  dall'au- 
dace capitano  Laugier,  benché  armato  di 
soli  8  cannoni,  contro  il  divieto  fatto  dal- 
la repubblica,  a  cagione  delle  gravi  cor- 
renti circostanze,  che  nessuna  nave  fore- 
stiera armala  entrar  potesse  nell'Estua- 
rio, violentemente  sforzando  la  bocca  del 
porto  del  Lido  vi  pose  rincora.  Nulla  cu- 


V  E  N 

l'andò  rintimazione  fattnqli  dal  coman- 
dante  del  lido  Domenico  Pizzaiuano,  di 
allotitaiiaisi,  essendovi  una  le^ge  gene- 
rale che  proibiva  l'ingresso  a'basli.nenti 
oroiati  di  qualunque  insegna  straniera, 
il  comandante;  francese  rispose  con  arro- 
ganza a  questa  intimazione, onde  i  solda- 
ti schiavoni  che  presidiavano  il  forte  s. 
Andrea  gli  scaricarono  contro  q  canno- 
nale a  palla,  ed  altre  da  alcuni  piccoli  le- 
gni sui  quali  temerariamente  avea  fatto 
in  precedenza  tirare  le  sue  arliglierie.Fer 
l'udio  che  ormai  si  portava  contro  il  no* 
me  francese,  la  ciurma  d'una  galeotta  vi- 
tina,  composta  di  schiavoni,  essendo  sta- 
la as^'alita,  abbordato  il  vascello,  si  sca- 
gliò sull'equipaggio  formato  di  4o  uomi- 
ni ;  dopo  averne  feriti  8  e  uccisi  4,  tron- 
carono la  testa  a  Laugier  (nel  §  XVllI, 
u.  i3,  col  cav.  Mulinelli,  Annali  Urba- 
ni, dissi  1  3  trucidali  compreso  Laugier) 
nell'alto  che  voleva  incendiare  la  polve- 
riera, e  poscia  predarono  tutto,  essendo 
carico  di  munizioni  da  guerra.  Gli  altri 
dell'equipaggio  foggiti  a  nuoto,  molli  si 
annegarono^  diversi  furono  falli  prigio- 
ni. Questo  fatto  pose  in  iscompiglio  qua- 
fei  l'intera  città,  come  fosse  stala  assalita, 
molli  accorsero  alla  difesa,  finché  sapu- 
tosi r  avvenuto  tornò  la  quiete  in  ge- 
nerale. Il  governo,  tenuto  consiglio,  lo- 
dando la  condotta  de'comandali  e  della 
truppa  regolare,  disapprovò  gli  eccessi 
commessi  dagli  schiavoni,  e  dispose  che 
si  restituissero  le  cose  lolle.  Quindi  al- 
cuni esclamarono,  non  esser  più  tempo 
d'avere  alcun  rispetto  u'francesi,  che  di- 
mostravano cosi  aperlamenle  i  loro  pra- 
vi disegni  :  doversi  il  senato  ricordare 
una  volta  gli  escm[)i  d'intrepida  virtù 
de'Ioro  maggiori.  So  non  che  coloro  che 
erano  braniosi  di  cose  nuove,  che  teme- 
vano pei  loro  beni  di  terriifernia,  e  che 
sognavano  poter  sussistere  libertà  conce- 
duta dallo  slranieru,  esagerando  e  dicen- 
do formidabile  la  potenza  de'hancesi  co- 
mandali <\i\\  fulmine  di  guerra  iNnpoleo- 
ue,  senza  forze  da  potergli  tener  fronte, 


V  E  N  645 

intimidirono  tanto  gli  animi,  che  venne 
decretato  doversi  dare  a  quel  generale  ia 
capo  accurata  notizia  dell'infiuslo  acca- 
duto, e  colla  restituzione  del  tolto  of- 
frirgli le  riparazioni  che  domandava.  .\l- 
l'epoca  di  tali  disposizioni,  in  Venezia  si 
sperava,  che  i  francesi  assediati  ne'  ca- 
stelli di  Verona  fossero  astretti  a  capito- 
lare ;  si  sapeva  ohe  i  paesani  armati  e- 
ransi  impadroniti  del  forte  della  Chiusa, 
e  fatto  man  bassa  della  guarnigione  fran- 
cese ;  che  a  Castiglione  erasi  disarmato 
un  loro  distaccamento,  e  ch'erano  avve- 
nuti fallì  motloseriia  Desenzano,  a  Chia- 
ri e  a  Valeggio.  Formava  pure  un  sog- 
getto di  speranza  pe' veneti  l'avvicinarsi 
della  colonna  austriaca  del  general  Lau- 
don,  perchè  ancora  s'ignoravano  i  preli- 
minari di  pace  segnati  a  Leobeo  a'iB  a- 
prile,  che  già  riportai.  Sebbene  i  venezia- 
ni da  qualche  tempo  aveario  sospetti  e  ti- 
mori sull'indennità  segreta  per  l'Austria 
fissata  sugli  slati  veneti,  quando  la  conob- 
bero destò  in  loro  grandissimo  stupore, 
indignazione  e  ira  nel  sentire  come  a  Leo- 
bcn,  senza  la  loro  minima  intelligenza, 
erasi  diviso  segretamente  la  maggior 
parte  delle  provincie  che  dominava  Li  re- 
pubblica di  Venezia,  col  palio  di  com- 
pensarla colle  tre  legazioni  pontificie,  tol- 
te colla  prepotenza  al  suo  legittimo  e  an- 
tichissimo sovrano,  la  s.  Sede,  rappresen- 
tata da  Pio  VI.  JN'el  tempo  stesso  si  venne 
pure  a  conoscere  da  Venezia,a  vere  il  gene- 
ral Kihnaine  preso  possesso  di  Verona, 
e  indipendentemente  dal  le  misure  di  som- 
mo rigore  e  di  spoglio  praticate  d'  ogni 
specie,  e  indipenilentemente  pine  dal  di- 
sarmo de'paesani,  erano  già  in  piena  in- 
surrezione contro  la  capitale  gli  abitanti 
della  riva  destra  del  Mincio,  e  (ìnilmen- 
ie  che  dal  Milanese  e  dalla  Uoniagna  a- 
vunzavansi  verso  le  Lagune  delle  colon- 
ne francesi.  Fu  un  errore,  dice  1'  Arte 
(li  \rrificarc  le  <laU-,  togliere  tanta  gen- 
te al  proprio  lavoro,  colla  leva  in  massa 
di  circa  ;5(),f)uo  uomini,  provocantloli  a 
tiucidare  sen^a  diilinzione  tulli  i  nemici 


646 


VEN 


ile!  governo  di  s.  Marco  ;  giaccliè   non 
doveasi  loro  altro  ingiungere,  die  ili  re- 
spingere i  nemici  nel  caso  di  attacco  e 
{)unire  i  ribelli.  I  sudditi  veneti  non  do- 
veano  venire  alle  mani  co'  francesi,   ri- 
conosciuti neutrali  da'capi  del  governo, 
i  quali  aveano  diiitto  di  essere  come  tali 
trattati,  non  essendo  stata  punto  dichia- 
lata  la  guerra.  Era  un  fomentare   pre- 
testi per  effettuare  le  prave  intenzioni  del 
uemico.  Giunte  le  cose  a  tali  estremi,  nes- 
suno poneva  in  dub!)ioclieIe  truppe  fran- 
cesi, dopo  essersi  impadronite  di  Vero- 
na, non  iiudrissero  progetti  controia  stes- 
sa Venezia,  continuando  l'armata  a  con- 
quistare e  rivoluzionare,  a  misura  che  a- 
vanzava  verso  la  sede  del  governo.  Allor- 
ihè,  al  momento  dell'affare  di  Verona, 
il  senato  fece  far  ia  rassegna  delle  forze 
di  cui  potesse  disporre  nelle  Lagune,  egli 
non  conosceva  i  misteri  di  Leoben,  e  non 
poteva  ancora  sospettare  che  vi  fosse  per 
lui  argomento  di  funeste  previsioni.  Le 
forze  venete  per  la  difesa  mobile,  secon- 
do la   citata  opera,  consistevano  in   3^ 
galee  o  fìiuche,  e  i68  barche  cannonie- 
re, che  in  tutto  portavano   ySo  bocche 
da  fuoco,  e  8,5oo  uomini.  Tutte  le  bat- 
terie che  custodivano  i  varchi  erano  ar- 
mate. La  guarnigione  della  città  si  com- 
poneva di  1,700  uomini,  i  quali  veniva- 
no successivamente  rinforzati  da  truppe 
regolate  a  misura  che  queste  sgombera- 
vano dalle  città  di  Terraferma.  Tutte  le 
truppe  italiane  e  schiavone  sommavano 
Je  prime  a  circa  3,5oo  uomini,  le  secon- 
de a  I  1,000.  Eranvi  mezzi  di  contrasta- 
re il  passo,  naturalmente  tanto  diflicile 
delle  Lagune,  all'arniata  francese,  con- 
tro cui  Venezia  avea  da  lottare  corpo  a 
corpo,  né  quell'  armata  avea  una  barca 
sola  per  entrare  nella  capitale.  Sulle  for- 
ze militari  della  repubblica  riparlerò  do- 
po la  sua  caduta  col  conte  Dandolo.  Tro- 
vo in  Coppi,  che  Napoleone,allora  Bona- 
parte,  dopa  la   sottoscrizione  del   (atale 
trattato  di  Leoben  recossi  a  Gratz,  dove 
iacontrò  i  deputati  veneti  Donalo  eOiu- 


V  E  N 
sliniaiii,  e  li  ricevette  a'a 5  aprile,  men- 
tre non  eragli  per  anco  nota  l'uccisione 
di  Laugier.  A'ioro  discorsi  d'amicizia  e 
di  accomodamento,  padroneggiando  fie- 
ramente rispose.  «Non  voler  più  l'inquisi- 
zione, la  quale  era  un'istituzione  de'secoli 
barbari;  la  repubblica  lirael tesse  in  li- 
i)erlà  tutti  i  carcerati  per  opinioni  poli- 
tiche. Punisse  coloro  cheavevano  oltrag- 
giato i  francesi, disarmasse  il  popolo  e  si 
ilichiarasse  contro  l'Inghilterra,  caccian- 
do il  suo  ministro  da  Venezia,  altrimen- 
ti esso  le  avrebbe  intimato  la  gueria.  Al- 
lorquando aveva  l'arciduca  Carlo  a  fron- 
te, aver  offerto  al  Pesaro  l'alleanza  colla 
Francia,  ed  essere  stata  ricusala.  Ora  a- 
vere  80,000  uomini  disponibili,  e   non 
avere  più  bisogno  d'alleati. Sarebbe  sta- 
to per  Venezia  un  Attilal  Non  voler  più 
sentire  progetti;  voler  soltanto  dettar  la 
legge.  Essere  sua  intenzione  che  non  vi 
fosse  più   senato,  i  nobili  delle   provin- 
cie  che  dianzi  erano  schiavi  dover  par- 
tecipare al  governo.  I\la  di  già  il  gover- 
no essere  vecchio,  e  dover  per  conseguen- 
za cadere  ".  A  queste  furiose  nnnacce  , 
incominciò  quindi  ad  unire  i  fatti,  occu- 
pò colle  sue  truppe  tutta  la  Terraferma, 
ne  cacciò   i   veneti  magistrati,  e  vi   fece 
sostituire  municipalità  rivoltose  (cosi  Vi- 
cenza, Padova,  Udine,  Bassanoec.  eransi 
proclamate  indipendenti, ed  erette  in  go- 
verno  democratico  ,  ciascuna   città   pre- 
tendendo erigersi  in  separata  repubbli- 
ca: a  mano  a  mano  ch'erano  occupate 
da'francesi, cessavano  di  comunicare  col- 
la metropoli, contro  cui  dirigevano  rivo- 
luzionari proclami  minacciosi,  accompa- 
gnati da  ordini  del  giorno   e   da  lettere 
de' generali  francesi,  le  cui  espressioni  e- 
rano  pe' veneziani  ancor  più  tremende  , 
poiché  dicevano  di    non    avvicinarsi  se 
non  che  armali  della  spada  della  veti' 
detta);  sequestrò  i  beni  de'nobili,  e  cir- 
condò la   capitale   stessa  colla   divisione 
del  general  Luigi  Baraguay  d'  Hilliers.  I 
francesi  erano  già  alle  sponde  delle  La- 
gune, allorquando  a'3o  aprile  giunse  in 


V  EN 
Venezia  la  relazione  delle  conferenze  di 
Gratz.  Di  più  essi  svelavano   l'  esistenza 
d'  un  progetto   di  mutare  il  governo.  vSi 
tenne   tosto    nelle  stanze   del   doge  una 
conferenza  co'  43  capi  del  l'animi  nistra- 
zioDC.   Il    solo    procuratore    Pesaro    fu 
quello  che  propose  di  nuovo  di  adottare 
tutti  i  mezzi  di  difesa,  e  di  occuparsi  es- 
senzialmente   nel    mantenimento    della 
Iranquiliità  di  Venezia.  Non  era  finita  la 
conferenza,  che  il  comandante  la    (lotti- 
ylia  avvertiva  aver  di  già  i  francesi  co- 
minciato ad  erigere  trincieramcnti  nelle 
maremme  confinanti  colle  Lagune,   ma 
che  ove  ne  venisse  autorizzalo  egli  non 
avrebbe  temuto  distruggerli    a  colpi   di 
cannone.  11  (|uale  avviso  sparse  la  coster- 
nazione nell'assemblea  ,  la  quale  prima 
di  sciogliersi  die' facoltà  all'  ammiraglio 
di  fare  quanto  proponeva  ,  ed    anco  di 
trattare  un  armistizio.  Nella  slessa   sera 
s'intese  a  Venezia  tra  l'antiguardo  fran- 
cese die  giimgeva    a    Fucina  ,  e  alcune 
scialuppe  della  floUiglia  veneta    un   av- 
vicendalo scoppio  di  artiglieria.    Quindi 
il  Pesaro  colle  lagrime  agli  occhi  annun- 
ciò, ch'egli  partiva    per  la  Svizzera,  es- 
sendo già  decisa  la  sorte  della  patria  sua: 
invece  corse  diftilato  a  Vienna!  La  mag- 
giorità del  senato,  dopo  aver  lungamen- 
te esitato,  fermò  il  principio  d'inlrodiu'- 
re  nel  governo  tulle  quelle  modificazio- 
DÌ  necessarie    per   avvicinarlo  gradala- 
ujente  e  senza  scosse  alle  forme  demo- 
cratiche. Ridotte  a  tal  punto  le  c<jse, di- 
ce il  conte  Dandolo  ,   il    doge    Lodovico 
Manin, uomo  onesto,  della  patria  aman- 
tissinio,  che  l'aveva  ottimamente  servita 
nella  reggenza  delle  soggette  provincia, 
nelle  quali  aveva  lasciato  assai  buon  no- 
me di  se  ;  era  tutta  volta  lontanissimo  dal 
possedere  (piell'altezza  d'ingegno,  (luci- 
la prontezza  di  consiglio  ,  e  sopra   lutto 
fpjel la  fortezza  d'animo  e  ([uella  sereuità 
(li  mente,  che  specialmente  si  domanda- 
no in  colui  ch'è  chiamalo  a  salvare  nelle 
più  grandi  fortune  del   mondo  la  nave 
pericolante  dello   stato.  Ad  onta  di  tulli 


V  E  N  647 

i  legami  imposti  all'  autorità  del  dogi; , 
non  era  in  sostanza  cpiella  semplice  rap- 
presentanza che  molti  credono.  Infatti 
egli  non  era  solamente  ca[»o  della  signo- 
ria, ma  lo  era  altres'i  del  collegio  de'Sa- 
vi,  del  consiglio  de'  Dieci,  del   senato   e 
del  maqsrior   cnnsinlio:  e  la  sua  autorità 
durava  quanto  la  vita,  mentre  quella  di 
ogni  altro  era    ristretta  entro  i   confini 
di  tempo  più  o  meno  breve  (meno  i  pro- 
ctwatori  di  s.  Marco  ch'erano  a   vita). 
Posto  dunque  in  tal  condizione  un  uo- 
mo fornito  di  mente  robusta  e  d'animo 
energico, eflicacemente  poteva  inlluir  sui 
destini  della  patria.  Il  doge  Manin  dun- 
que, in  questo  frangente,  raccolse  intor- 
no a  se  una  straordinaria  consulla, com- 
posta de'  capi  delle  primarie  magistra- 
ture ;   e  col  parere  di  tpiesta,  benché  a 
merito  specialmente  del  defunto  Jacopo 
Nani  fitto  a'2  giugno  1796  provveditore 
straordinario  alle  Lagune  e  Lidi,  si  ordi- 
nò che  fosse  posta  Venezia ,  se  non  in  ot- 
tima, certo  in  sullìcientissima  condizione 
di  difesa,  e  induceva  il  maggior  consiglio 
a  conceder  plenipotenza  al  senato  di  Irat 
tar  la  pace  col  generalissimo  della  nuo- 
va divoratrice  repubblica  francese.  Nota 
inoltre  il  conte  Dan(lolo,che  il  Nani, già 
nel  I  7G6-67  comandante  la  s(|uadi  a  con- 
tro Tripoli,  fin  dilla  sua  destinazione  a 
provvedere  alla  difesa  di  Venezia,  con- 
vinto che  la  sua  resistenza  avrebbe  po- 
tuto essere,  non  solamente  vigorosa,  ma 
lunga, f[uanclo  pure  si  fossero  interamen- 
te impedite  le  sue    comunicazioni   colla 
Terraferma,  pensava  tosto  ad  assicurare 
alla  sua  numerosa  popolazione  il  neces- 
sario approvvigionamento  d' acijua   po- 
tabile; e   l'opuscolo   intitolalo:  Bra'e 
ragguaglio  mi  Pozzi  del  Lido  e  le  Ci- 
s terne  di  P'e/iezin,  compreso  in  due  Me- 
morie presentale  a  S.  E.  il  N.  CI.  Gia- 
ronto  Nani  K.  provK'cdilor edile.  Lagune 
e  Lidi  da  Giuseppe.  Ferretti  e  Fincenzo 
Dandolo, ScuQÌ\a  i7f)(S,dalla  tipografia 
Curii  ,   rimane  irrefragabile  documento 
degli  sludi   falli,  e  delle  opere  in   parte 


6/Ì8 


V  E  N 


anche  utilmente  eseguite  per  ordine  suo, 
ne'  mesi  di  giugno  e  luglio  i  yqG.  Morto 
il  Nani  a'n  agosto  seguente  Jultocadde  in 
luina.  Imperocché  apprendo  pure  dal- 
l' ottimo  conte  Dandolo,  nella  biografia 
dello  stesso  Jacopo  Nani,  che  dopo  la 
sua  morte  gli  fu  sostituito  il  senatore 
Giovanni  Zusto,  ma  1'  età  sua  quasi  ot- 
tuagenaria, la  novità  dell'  uffizio  e  le  an- 
gustie del  tempo,  in  si  solenni  momenti, 
Jo  rendevanoassai  minore  del  carico;  per 
cui  la  gelosa  e  importanlissiraa  autorità 
cadde  intera  nelle  mani  del  luogotenen- 
te, quel  Tommaso  Condulmer  che  suc- 
cesse alcelehratissimoEmo,ech'era  ven- 
duto a  Bonaparte  (poi  da  molli  abbor- 
rito,  dagli  altri  dimenticato,  conduceva 
da  piùanui  povera  ed  oscura  vita  a  Tre- 
viso, quando  nel  1 806  fu  da  Napoleone  I 
tratto  da  quell'oscurità,  lautamente  ri- 
munerato de'  cattivi  servigi  resi  alla  pa- 
tria, né  in  questo  fu  solo,  creandolo  ca- 
valier  d'onore  della  vice-regina  Amalia 
di  Baviera,  conte,  senatore  e  cavaliere 
della  corona  di  ferro  ).  Ecco  come  V  Arte 
di  verificare  ledale  narra  1'  operato  nel 
gran  consiglio  ,  depositario  del  sovrano 
potere,  riunito  nel  i.°  maggio  nel  palaz- 
zo ducale  circondato  di  truppe  e  di  can- 
noni, formandosi  di  619  patrizi,  cioè 
quasi  la  metà  del  corpo  della  nobiltà.  Il 
doge  Rlanio,  qual  sovrano,  pronto  ad 
abdicar  la  corona,  tenendo  in  mano  il 
iuo  coruo  ducale,  pronunziò  con  tuono 
commovente  e  dignitoso  un  discorso  la  cui 
sostanza  era  questa.  »  L'anno  1297  Pie- 
tro Gradenigo  concentrò  nel  solo  ordine 
Dostro  l'autorità  del  gran  consiglio.  Ora 
sembra  giunto  l'istantedi  restituirla  tut- 
ta intera  alla  nazione  veneta.  Se  voi. 
Signori,  al  pari  di  me  stimate  necessario 
il  sacrifizio  che  vi  propongo,  conoscerete 
pure  quanto  esso  riuscir  possa  funesto 
agl'interessi  di  moltissimi  nobili,  diesili 
qui  dovettero  la  loro  sussistenza  alle  ca- 
riche dello  stato,  ma  a'quali  la  giustìzia 
vostra  vorrà  garantire  il  risaniinento 
delle  loro  perdite;  meulre  io  mi  ripute- 


V  EN 
rò  felice  di  contribuirvi  col  mio  privato 
peculio  ".  La  proposta  di  autorizzare  i 
due  senatori  deputati  e  V  ammiraglio 
delle  Lngune  ad  intendersi  con  Napoleo- 
ne sulle  modificazioni  da  introdursi  nella 
forma  di  governo,  venne  sviluppata  e 
sostenuta  da  uno  de'consi"lieri  del  do"e  e 
da  un  capo  della  quaranlia  criminale; 
dopo  di  che  succedette  un  triste  silenzio; 
indi  si  fece  lettura  del  progetto  di  deli- 
berazione: si  passò  a'  voti  col  solito  scru- 
tinio, e  v'ebbe  5oo  voti  pel  progetto.  7 
contro  e  1 5  non  votanti.  Adottata  la  de- 
liberazione, vi  si  unì  un'istruzione  in  cui 
raccoDjandavasi  a'  deputati  commissari 
di  rappresentare  che:  Il  governo  spoglio 
d'  ogni  autorità  in  Terraferma,  non  po- 
teva in  verun  modo  castigare  coloro  che 
si  erano  resi  colpevoli  verso  i  francesi. 
Quanto  al  disarmo,  promettevasi  avreb- 
be luogo  subito  dopo  l'accomodi  mento; 
finalmente  quanto  alla  rottura  coli'  In- 
ghill erra, pine  pretesa  da  Napoleone,  si 
ordinò  a'  deputati  di  dire,  ch'essa  com- 
prometterebbe i  più  gravi  interessi  della 
repubblica  veneta.  Si  aggiunse  inoltre 
a' due  deputali  Alvise  Mocenigo,  giada 
ultimo  podestà  di  Verona.  I  nobili  sino 
alloia  inquietissimi,  uscirono  dal  consi- 
glio tranquilli  e  con  apparente  serenità, 
conseguenza  di  un  gran  partito  preso,  la 
qiKile  tosto  si  trasfuse  per  l'agitata  cit- 
tà. La  convocazione  del  maggior  consi- 
glio e  di  43  primari  magistrati  ,  falla 
dal  doge  Manin  il  i."  maggio,  al  riferire 
del  cav.  Coppi,  ebbe  dunque  per  iscopo, 
nella  decisa  angustia  delle  circostanze,  e 
nell'  imminente  pericolo  della  patria  ,  di 
domandare  all'  assemblea  l'autorizza- 
zione, a'due  deputali  Donalo  e  Giusti- 
niani, di  estendere  i  loro  negoziati  an- 
che sopra  argomenti  dipendenti  dalle  di- 
sposizioni del  maggior  consiglio,  presso 
cui  risiedeva  il  supremo  potere  della  re- 
pubblica, per  impedire  a  questa  la  sua 
fatale  rovina  minacciata  da  Napoleone. 
Venne  accordata, ed  a  loro  si  aggiunse  il 
Bloccnigu.   Piitornati   subilo   nel  gioruu 


V  E  W  V  E  M  64q 
jlessoi  deputati  da  Napoleone,  si  presen-  lo  di  dichiarala  guenn)".  Riferite  que- 
tarono  a  Palma  Nova,  prima  ricusò  lice-  sto  cose  da'deputali  in  una  consulta  slra- 
verli, scrivendo  iorosdegnosamenleper  la  ordinaria  co'  43  capi  delle  magistrature 
morte  che  avea  saputo  di  Laugier;  poi  li  nelle  sale  del  doge  la  sera  de'2  maggio, 
ammise  all'  udienza  (a  Malghera,  ove  lo  sotto  la  pressione  del  terroie,  si  deliberò 
trovarono  con  un  cannocchiale  iu  mano,  di  proporre  al  maggior  consiglio  la  ne- 
come  prendesse  le  sue  misure  per  attac-  cessila  in  cui  si  era  di  condiscendere  ai- 
care  Venezia.  Impresa  per  altro  malage-  leminaccievoli  richieste.  Propagatesi  pei* 
vola  senza  l'aiuto  di  gran  numero  de'suoi  la  città  le  terribili  minacce,  non  è  a  di- 
abitanti ;  dappoiché,  non  si  poteva  sor-  re  rpianta  e  quale  fosse  la  costernazione 
prendere  una  città  d'ogni  parie  circon-  e  il  timore  di  tulli,  e  come  si  ricorse  eoa 
data  d'acque,  le  quali  non  ponuo  soste-  fervore  adicnplorare  le  misericordie  del- 
ner  che  piccole  barche,  e  i  cui  approcci  l'Onnipotente  Iddio,  l'intercessione  dei- 
si  custodiscono  per  dir  cosi  da  se  slessi),  la  lì.  Vergine  e  del  patrono  s.  Marco. 
In  due  colloqui  ch'ebbe  con  loro  ne'pri-  Intanto  si  atterrava  il  Leone  di  s.  IMarco 
mi  due  giorni  di  maggio,  i  deputati  lo  la-  nelle  città  della  Marca  Trivigiana  e  nel 
starono  eziandio  se  si  poteva  riparare  col  Polesine  di  Pvovigo,ed  istituivansi  nuove 
denaro. jMa  iNapoIeone.  n)Ostrandosi  viep-  autorità  democratiche,  in  guisa  che  di 
pili  sdegnato  per  l'eccidio  di  Laugier,  col  tutti  i  possedimenti  della  repubblica  ve- 
coosueto  suo  burbanzoso  contegno,  disse  neta  in  Italia  non  restava  che  la  soLi 
loro  apertamente:  »  Che  non  sarebbe  en-  cinta  delle  Lagune.  Il  quartiere  generale 
Irato  in  negoziazioni  se  prima  il  maggior  francese  era  a  Mestre,  cioè  a  dire,  meno  le 
consiglio  non  faceva  arrestare  e  punire  i  dilllcoltà  del  trasporto,  iu  un  sobborgo 
3 inquisitori  di  stato,  veri  istigatori  degli  della  capitale  dell'antico  stato  veneto;  e 
assassinii  de' francesi,  non  che  il  coman-  india  poco  vennero  dal  ministro  di  Fraii- 
<lf)nte  della  marina  che  avea  ordinato  il  eia  rinnovate  in  forma  di  nota  diploma- 
fuoco  sopra  il  bastimento  del  Laugier.  tica  tulle  le  domande  del  supremo  gene» 
Non  cento  milioni  ,  non  lutto  T  oro  del  rale.  I  veneziani,  credendo  di  abbonac- 
Perù  r  avrebbero  rimos<;o  senza  vendi-  ciare  la  tempesta  colla  condiscendenza  , 
care  il  sangue  de'suoi.  Del  resto  si  deci-  preparavansi  a  ciecamente  ubbidire,  e 
dessero  fra  la  pace  e  la  guerra.  Aver  tra-  prima  di  lutto  a' 2  maggio  slesso  rido- 
smessoal  diretlorioesecntivoi  documenti  nando  la  libertà  a  tulli  coloro  ricono- 
perchè  deliberasse  la  guerra  in  diritto;  sciuli  per  opinioni  avversi  a  Venezia  e 
ma  intanto  egli  operava  in  latto.  E  se  fiivorevoli  a  Francia.  Di  ciò  soddisfatto 
non  gli  si  accordava  quanto  avea  richie-  iNapoIeone,  però  sempre  insisteva  che 
sto,  fra  \5  giorni  al  piìi, sarebbe  [)adro-  Venezia  ritornasse  alla  |)rimitiva origina- 
ne di  Venezia.  Né  i  nobili  si  sarebbero  ria  ("orma  di  governo  democratico,  doveii- 
soltratti  dalla  morte  che  coli' andar  er-  do  cessare  l'aristocratico.  Il  doge  Manin 
rande  per  la  terra,  come  facevano  quelli  non  era  da  tanto  di  scongiurare  la  bur- 
di  Francia,  ed  i  loro  beni,  ch'erano  nelle  rasca,  come  altri  suoi  gloriosi  predecesso- 
Provincie  ormai  da  lui  dipendenti  ,  sa-  ri  nelle  sterminali  ici  guerre  di  Chioggia 
rebbero  slati  confìscnli.  nualunqne  de-  e  di  Canibiay ;  el'ommaso  Condulmer, 
liberazione  fosse  solLcila  ;  e  intanto  pri-  oltreché  infido,  inentie  che  avea  voce  de- 
ma  de' 7  di  maggio  non  avrebbe  fallo  cisiva  nelle  cose  milil.iri,  non  era  degno 
commettere  alcuna  ostilità  contro  la  re-  allievo  di  Emo:  nientemeno,  che  alla  vi. 
ptdiblica  (eh'  é  quanto  dire,  gli  accordò  gilia  della  caduta  di  Venezia,  inlerrog.ilo 
4  "iorni  d' armistizio,  con  una  nazione  dal  senato  intorno  la  |)0ssibililà  di  di- 
con  CUI  uon  SI  Uuvava  Id  Francia  in  isla-  leader  Venezia,  con  vile   impudenza  ri- 


{)  U) 


V  E  IN 


SMose:  non  polrfÀ  resistere  che  sole  ven- 
tinuatlro  orci  Sfioulata  risposta,  di  cui 
la  sluria  fece  la  dehila  giustizia.  Quindi 
ladunnlasi  nuovaincnle    la   sovrana  as- 
iemblea  a'  4  '"^oo'^j  ''  doge  Manin  con 
voce    tremula    propose  di  gratificare  ai 
voleri  di  Napoleone,  e  di  condiscendere 
alle  tninaccievoli   sue    richieste,   laonde 
fu  stabilito.»  Confermarsi  a' deputati   il 
pieno  potere  di  convenire  con  Bonapar- 
le,  e  promettere  in  nome  della  repubbli- 
ca di  Venezia    lutto  quello  che  fosse  ne- 
cessario in  ogni  argomento,  ariclie  nelle 
materie  di  costituzione  e  di  governo,  col- 
la riserva  soltanto  della  ratificaziune  per 
parte  del  consiglio  sovrano;  il  che  fu  ri- 
5)ululo  alla  maggiorità  di  704  voti,  con- 
tro 100  12  in  bianco.  Intanto  per  pro- 
vare l'ingenuità  de'suoi  sentimenti,  ade- 
rire il    n»aggior  consiglio  alle  richieste 
preliminari  soddisfazioni.  Ordinare  per- 
ciò l'arresto  de'  3  inquisitori  di  slato,  del 
comandante  del  castello  del  Lido  e  quel- 
lo   della    stazione  eh'  ebbe    pai  te   nella 
molte  di  Luugier,  e  la  liberazione  di  tul- 
li i  carcerali  per  opinioni  politiche".  Co- 
sì fu  fatto  interaniente.  E  gì'  inquisitori 
Agostino  Earbarigo,  CaterinoCornaro  e 
Angelo  Maria  Gabrielli,  non  che   il  co- 
inandanle   del  Lido  Pizzamano,  e  pare 
anche  l'altro  comandante  subalierno,  si 
costituirono  spontaneamente  io    arresto 
nell'isola  di  s.  Giorgio;e  gli  avogadori, 
che  doveano  farne  rapporto  al  giudizio 
del  gran  consiglio  ne  cominciarono  il  pro- 
cesso. E  fu  allora  che  si  fecero  uscire  dal- 
le prigioni  anche  gì'  insorti  di  Brescia  e 
altre  città  di  Terraferma  presi  coll'armi 
in  mano.   Premessi  questi  atti    di    vile  , 
ma   ormai    d'indispensabile   condiscen- 
denza, nello  slesso  giorno  Lallemant  ebbe 
ordine  di   partire  colla  sua   famiglia  da 
Venezia, lasciandovi  il  segretario  di  lega- 
zione Villelard,  e  recandosi  a  MiUuio  a 
raggiungere  il  generale  in  capo. Da  quel 
momento  il  governo  di  Venezia  rimase 
composto:  i.°del  gran  Consiglio  o  Signo- 
ria, vale  a  dire  il  doge  e  suoi  consiglieri. 


YEN 

con  dirillo  di  convocare  all'  occorrenza; 
2. "di  una  Consulta  permanente,  cui  era 
affidata  ramministrazione civile,  non  pili 
raccDglieudosi  il  senato,  ed  essendo  scom- 
parso il    consiglio   de'  Dieci  ,  ordinaria- 
rianiente  it»caricato  di  vegliare  alla    pub- 
blica sicurezza,  non  che   l'autorità  degli 
inquisitori  di  stalo  o  tribunale  supremo: 
i  sei  Savi  che  componevano  la  Consulta 
chiamavano  a  lor  grado  taluno  de'  pre- 
decessori, per  giovarli  co'  loro  lumi  per 
averavutoparte  al  ministero; 3." de'prov- 
veditori   mditari  ,  che  comandavano  lu 
forza  armata. Quanto  alle  magistrature 
interne  esse  continuarono  nelle  loro  fun- 
zioni. 1   deputali    recatisi  da  iVapoieone 
per  fiprire  nuovi  negoziali,  sbalordirono 
quando  (piello  V  8  maggio  fece  pubbli- 
care un  manifeslo,  prepaiato  in    Palma 
Nova  sin  da'  2  (dubito  che  la  pubblica- 
zione del  manifesto  seguisse  1*8  maggio,  e 
sendjrami  fallo  numerico  e  piuttosto  do- 
versi le';"ere  3  ma^iiio, bensì  emanato  iu 
Palma  Nova;  con  questa  lezione  corre- 
rà regolarmente  quanto  devo  riferire  ), 
in   cui   disse.  >i  Che    mentre   1'  armata 
francese  combattendo  nelle  gole   della 
Stiria  avea   lascialo  dietro  di  se  i  prin- 
cipali suoi   stabilimenti  e  l'Italia,   do- 
ve non   rimaneva  che  un  piccol  nume- 
ro di   battaglioni,  il  governo  veneto  e- 
rasi    approfittalo  della    settimana  santa 
[)er   armare  4o>ooo   contadini  e  distri- 
buirli con  IO  reggimenti  di  schiavoni  ad 
oggetto   d' intercettare  a'  francesi    ogni 
sorta  di  comunicazioni.  Vantarsi  aperta- 
mente gli    ufllziali,   essere   riserbalo  ai 
veneziani  di  verificare  il  proverbio,  che 
{'Italia  era  la  tomba  de' francesi.  Molli 
militari  ed  altri  individui  francesi  essere 
stati  in  alcuni  luoghi  del  territorio  vene- 
to insultali  ed  anche  trucidali.  Viste  per- 
tanto quelle  cose,  ingiungeva  al  ministro 
di  Francia    residente  in  Venezia  di  par- 
tire subito;  ordinava  agli  agenti  della  re- 
pubblica veneta  in  Terraferma  di  sgom- 
brarla nel  termine  di  24010;  ed  a'coman- 
danti  francesi  di  trattare  coinè  nemiclie 


\  E  .1 

Te  tfuppe  vcnele".  Allorquamlo  però  fa 
pubblicalo  questo  manifesto,  molte  cose 
in  esso  preseti  Ite  erano  di  già  stale  ese- 
guile, e  le  truppe  venete  che  si  poterono 
prendere  prigioniere,  d'ordine  di  iN'apo- 
leone,  ebbero  gli  ufCziali  processati  come 
assassini.Egli  scrisse  poi  al  direttorio:« Do- 
versi cancellure  il  nome  veneziano  dalla 
superficie  del  globo.  Essere  frattanto  sua 
intenzione  di  stabilire  in  Venezia  un  go- 
verno democratico,  ed  introdurvi  ezian- 
dio 3  o  4;000  uomini  ".  Il  direttorio  non 
si  oppose  a  tulle  queste  operazioni  del 
suo  generale;  e  intanto  cacciò  da  Parigi 
il  ministro  veneto  Quirini,  il  quale  fa- 
cendo per  parte  sua  quanto  poteva,  ave- 
va eziandio  lentato  di  salvare  !a  patria  coi 
promettere  di  sborsare  600,000  fianchi 
al  direttore  Barras.  iMa  ingannalo  in  ciò, 
oppure  deluso,  nulla  ottenne.  Del  leslo, 
raggiunto  Napoleone  da'  deputali  veneti 
a  Milano,  ov'erasi  frattanto  recato,  e  in- 
teso l'arresto  degl'  inquisitori  di  stalo  e 
del  comandante  del  forte  di  s.  And  rea, pro- 
rogò l'armistizio  per  altri  8 giorni  e  disse: 
'•Essere  tutto  finito.  La  Francia  non  aver 
più  cosa  alcuna  coritro  la  repubblica  di 
Venezia.  Sarebbero  quindi  restituiti  i  pae- 
si occupati  ;  ma  siccome  questi  erano  >lati 
ri  voi  tati  a  democratico  reggi  mento, avreb- 
bero certamente  incontrato  ddiicoltà  a 
riunirsi  nuovamente  alla  capitale,  senza 
partecipare  al  governo".   S'incominciò 
pertanto  a  trattare  sul  modo  di  riformai  e 
lo  slato,  e  si  discusse  se  si  dovessero  sol- 
tanto cambiare  alcuni  antichi  ordini,  op- 
pure si  dovesse  fare  un'  innovazione  to- 
tale. Napoleone  a  vea  ammesso  a'negozia- 
ti  il  ministro  Lallemant  e  l'ordinatore  in 
capo  Haller  (forse  quello  sfesso  che  poco 
du[)0  tiranneggiò  Pio  ri);  e  dopo  le  pri- 
me conferenze  incominciò  ad  adoperarsi 
scaltritamente  per  indurre  i  veneziani  al- 
loslabilitocambio delle  provinciedi  Ter- 
raferma colle  legazioni  pontificie.  Quindi 
Haller  lusingava  talvolta  i  de[)utati.»>  Po- 
tersi con  un  grosso  esborso  di  denaro  e 
col  cambio  di  alcune  ^)rovÌQcie,  accoaio- 


V  E  i\  r,M 

dare  ogni  questione".  Napoleone  poi  ac- 
costandosi più  allo  scopo    prefisso,  sog- 
giungeva che  »  non  solo  6Ì  sarebbero  re- 
stituite a'veneziani  le  città  naturalmente 
sudtiite.ma  essi  sarebbero  stali  inoltre  gli 
eredi  del  Pnpa.  Insomma  poi  riilettessero: 
o  volevano  accordare  lo  stabilimento  del- 
l'assoluta democrazia  iu  Venezia,  o  con- 
servare l'aristocratico governo.Nel  i."caso 
avrebbero  ricuperato  e  ingrandito  l'an- 
tico stalo;  nel  1.° avrebbero  conservato 
le  Provincie  oltre  il  mare  Adriatico, ed  a- 
vrebbero  un  piccolo  territorio  di   10  le- 
ghe atlorno  alle  Lagune,  nel  quale  sa- 
rebbero inchiusì  Treviso,  il  Dolo  (dov'e- 
rano le  villeggiature  de' patrizi,  nota  e- 
ziandio  Coppi,  col  (juaie  princip<dmenle 
procedo),  e  forse  anche  l\ovigo"..Ma  men- 
tre così  trattavasi  in  l\lilono,in  Venezi;» 
la  costernazione  cresceva.  Incomincia  vasi 
già  a  susurrare:  »»  Essersi  a  Leoben  di- 
vise le  Provincie  della  repubblica".  Il  se- 
questro dei  beni  avea  avvilito  i  [>alrizi; 
la  vicinanza  de  francesi  incoraggiava  i  fa- 
ziosi; il  blocco  angustiava  la  moltitudine; 
il  sistema  di  difesa  dell'Esluaiio  non  era 
compiuto,  e  gli  schiavoni  che  vi  erano  di 
presidio,  non  essendo  pagati,  minarciava- 
nodi  ammutinarsi,e  perciòinvece  d'nispi- 
rare  fiducia,  ad  altro  non  servivano  che 
ad  accrescere  l'universale  spavento.  Di- 
falli  Conduluierchecomanilava  nelle  La- 
gune, e  Murosini  che  capitanava  il  presi- 
dio della  città,   prolestnrono  ambedue, 
(li  non  ai'cr  mezzi  su  lìuicnli  dn  respin- 
gere un  aLlaccol  In  tale  slato  di  cose  si 
avvilirono  totalmente  gli   anioii  de'  [)ri- 
maii  magistrati   della    repubblica,  etl  il 
timore  delle  cose  presenti  divenne  l'uni- 
ca molla  delle  loro  operazioni.  Quiutli  a' 
/J  malizio  si  radunò  In   consulta  struor- 
dinaria,  e  dubitandosi  che  non  ostante  le 
8od<lisfizioni  date  non  si  potesse  ottenere 
una  proroga  all'armistizio  prossimo  a  ter- 
minare,si  diedero  al  Conduhner  le  istru- 
zioni che:  »  In  caso  d'attacco  per  pule 
de'francesi,  potesse  convenire  il  loro  in- 
giesso  pacifico  in  Venezia, col  [ìitto  che 


65i  V  E  N 

fossero  salve  la  religione,  rindipenclenza, 
le  proprietà  e  le  persone".  Atimentavasi 
iiitantosempie  piìi  il  fermento  degli  schia- 
vonie  de'faziosi,  e  nella  generale  agitazio- 
ne susurrossi  e  si  credette  da  molti  :  «  Es- 
sere pronta  a  scoppiare  una  congiura  di 
16,000  patriotti  (cioè  i  fautori  de'  fran- 
cesi, nome,  che  come  dice  il  conte  Dan- 
dolo, essi  medesimi  assumevano,  come 
altrove,  per  sincero  amor  di  patria  1  Ma 
quel  savio  patrio  scrittore,  dice  propala- 
le tali  dicerie  da'  male  intenzionati  e  in 
i>pecie  dagli  emissari  francesi,  per  viep- 
piìi  inlimidu'egli  animi  abbastanza  timi- 
di del  doge  e  del  maggior  numero  de' 
membri  della  considta,  i  faziosi  essendo 
ijue' da' francesi  compri  con  l'oro  o  colle 
traditrici  speranze.  Inoltre  assicura,  che 
gli  schiavoni,  chiamali  in  difesa  di  Vene- 
zia, benché  di  voti  al  pi  incipe,  e  chiedenti 
d'esser  condotti  contro  il  nemico,  romo- 
reggiavano  pel  rilardato  soldo,  ma  non 
cessavano  di  gridar  f^wa  v.  Marco,  e  di 
<  hiedere  niunizioni  per  condursi  a  com- 
battere i  fi  ancesi.  Tuttociò  determinava 
li  timorosa  consulta  a  rimandare  in  pa- 
tria gli  schiavoni  pagati  interamente  di 
lutto)".  Lo  stesso  doge  Manin  ne  fu  spa- 
ventato, e  l'S  maggio  radunò  la  consulta 
straordinaria,  per  chiedere»  qual  metodo 
si  dovesse  tenere  fintantoché  giungessero 
riscontri  da'deputati  spedili  a  Bonaparte. 
Soggiunse  poi,  che  se  si  fosse  giudicato 
spediente,  avrebbe  deposto  le  ducali  in- 
segne, si  sarebbe  subito  allontanato  dal 
pubblico  palazzo,  ed  avrebbe  deposto  le 
redini  del  governo  nelle  mani  de'capi  del- 
la rivoluzione.  Lo  stesso  passo  si  sarebbe 
anche  dovuto  fare  da'  procuratori  di  s. 
JMarco,  come  dignità  perpetue  della  re- 
pubblica". Il  savioErmolao  Alvise  Pisani 
esaltata  in  ciò  la  grandezza  d'animo  del 
principe, lo  dissuase  d'altronde  da  una  ri- 
nunzia,la  quale  sarebbe  stata  per  lo  meno 
intempestiva.  Indi  si  passò  a  discutere  sui 
mezzi  di  difesa  di  Venezia,  ed  essendosi 
dalla  maggior  parie  creduli  insufficienti, 
fu  infine  coticluso,  che  si  pagassero  gli 


V  E  N 

schiavonl,e  si  rimandassero  io  Dalmazia. 
Ciò  [ler  altro  non  bastò  a  traoquillare  il 
comandante  Morosini.  Intimorito  esso 
costantemente  dalle  trame  degi'  interni 
[latriotli,  e  inorridito  dalle  conseguenze 
che  sarebbero  derivale  dallo  scoppio  d'u- 
na rivoluzione  armala,  ad  altro  non  peo» 
so  che  a  prevenire  tanti  disastri.  Non  si 
sa  se  fosse  consiglialo  da  altri  timidi,  o 
ingannato  da'faziosi  (l'uno  e  l'altro)  ;  il 
fitto  si  è,  che  deliberò  di  cercare  una 
persona  che  potesse  colla  sua  influenza 
conciliare  le  cose.  Si  rivolse  per  tal  effetto 
a  Gio.  Andrea  Spada,  antico  daziere  ge- 
nerale,patiiotto  uscito  poc'anzi  dalle  car- 
ceri di  stato,  e  lo  impegnò  ad  interessarsi 
per  evitar  le  stragi  che  nascer  dovevano 
da  un  possibile  interno  fatto  d'armi.  In- 
teso il  parere  di  Francesco  Battaglia,  pa- 
trizio di  considerazione,  recossi  questi  la 
sera  de'g  maggio  da  Villetard  incaricato 
di  Francia,  giovinastro  pieno  d'  ardore 
per  le  correnti  opinioni,  ma  di  carattere 
integro  e  fornito  di  molti  mezzi.  La  par- 
tenza del  suo  capo  gli  lasciava  la  libertà 
di  tutto  intraprendere,  e  poteva  esegui- 
re a  suo  talento  quell'innovazioni  politi- 
che preparate  in  Venezia  da  lungo  tem- 
po da  Saliceti,  destro  emissario  di  Fran- 
cia, il  quale  avea  sapulo  eludere  la  sor- 
veglianza degl'inquisitori  di  stato.Lo  sles- 
so Saliceti  vi  teneva  allora  anche  una  spe- 
cie di  club  per  disporre  gli  spiriti  ad  una 
rivoluzione,  cui  già  prevedeva  poter  ve- 
nire più  tardi  sostenuta  dalla  forza  ar- 
mala. Convien  dire  per  altro,  non  aver 
Villetard  sospettato  che  Napoleone  aves- 
se concepita  l'idea  di  rivoluzionare  Ve- 
nezia per  darla  poi  all'imperatore  Fran- 
cesco li.  Lo  Spada  trovò  da  Villetard, 
Tommaso  Pietro  Zorzi,  altro  notabile  pa- 
Iriotlo  e  negoziante  di  liquori.  Esposto 
l'oggetto  di  sua  missioue,Villetard  rispose: 
Non  poter  trattare  in  qualità  di  ageute  di- 
plomatico.Però  come  francese  privato,  es- 
ser pronto  a  concorrere  co' suoi  lumi  a 
quanto  si  fosse  desideralo  pel  bene  della  co- 
sa, Fu  tuttociò  da  Zoizi  rifei  ito  sul!' islaa- 


VE  N 
te,  e  forse  con  qualche  rivoltosa  alterazio- 
ne, al  Morosinie  allo  slesso  doge,  e  quesìi 
iillora,  col  parere  di  Pietro  Douato,  l'in- 
caricarono di  riloioare  dal  Villetard  per 
procurare  d'indurlo  a  luanifestnre  le  sue 
intenzioni  in  iscritto.  Non  mancò  il  pa- 
triolto  agente  di  adenipiere  subilo  Iaconi- 
missione,  ma  Tincaricato  francese  si  ricu- 
sò, dicendo  a  voce.  «  La  decisione  della 
cosa  spettare  a  Bonaparte.  In  (pianto  a 
se  doversi  limitare  ad  invitare  il  governo 
a  togliere  i  mali  presenti  coirinconlrare 
le  intenzioni  dello  stesso  generale  in  ca- 
po, e  ciò  cambiando  paciticameute  e  su- 
bito le  forme  aristocratiche.  Se  poi  il  go- 
verno gli  avesse  chiesto  formalmente  lu- 
mi in  iscritto,  sarebbe  slato  pronto  a  ri- 
spondergli".Nondimeno  l'in  vita  ronoSpa- 
da  e  Zorzi,  a  compiacersi  indicare  quali 
in  tale  caso  sarebbero  stati  i  lumi  die  a< 
crebbe  comunicato,  e  quali  sarebbero  le 
condizioni,  che  potrebbero  soddisfare  Bo- 
naparte. Non  mancò  il  Villelarddi  com- 
piacerli, e  col  suo  consenso  essi  esalta- 
mente  scrissero  tutto  in  un  foglio.  Subi- 
to presentarono  quella  carta  alla  consulta 
straordinaria, signilicautissima  per  le  cir- 
costanze, che  in  sostanza  conleneva.-»  Do- 
lersi immediatamente  arrestare  Anlrai- 
gues  agente  di  Luigi  XVill,  prendere  le 
sue  carte,  mandarlea  Parigi, e  poi  lasciar- 
lo in  libertà.  1  carcerali  per  qualunque 
delitto  politico  fossero  messi  in  libertà  e 
si  lasciassero  aperte  alla  vista  del  po[)ulo 
le  prigioni  delle  Piombi  e  Pozzi.  Gli  al- 
tri carcerati  [)er  qualsivoglia  delitto  aves- 
sero il  permesso  di  rivedere  i  processi,  a- 
bolendosi  peiò  la  pena  di  morte.  Si  li- 
cenziassero definiliviimeute  gli  schiavoni, 
non  per  anco  partili,  e  la  guardia  della 
città  fosse  consegnata  temporaneamente 
a'custodi  dell'arsenale.  Nel  dì  seguente 
poi,  IO  maggio,  si  piantasse  l'albero  del- 
la libertà  sulla  piazza  di  s. Marco; e  fosse 
stabilita  una  municipalità  di  24  membri. 
1  patrizi  poveri  fossero  provveduti  co'be- 
iii  nazionali;  e  si  assicurasse  il  po[iolo 
uiuDtcncDdo  la  solidità  deild  zecca  e  del 


V  E  N  G53 

banco  a  carico  della  nazione.  Si  annun- 
ziasse al  pubblico  la  democrazia,  e  s'invi- 
tassero 4>ooo  francesi  ad  entrare  in  città 
per  occupare  i  forti  e  1'  arsenale  (In  lai 
guisa  fu  decisa  la  completa  rivoluzione  di 
Venezia  e  suo  stato,  da  un  semplice  se- 
gretario di  legazione,  senza  autorizzazio- 
ne, per  uno  scritto  supposto  di  lui,  e  det- 
tandoanche  i  nomi  de'membri  della  mu- 
nicipalità che  avea  intenzione  di  stabilire; 
cooperatori  essendo  due  palriolli,  un  ga- 
belliere e  un  negoziante  di  liquori!  E 
luttociò  bonariamente  si  accettava  come 
oracoli,  senza  attendere  i  risultati  delle 
conferenze  che  slavano  in  Milano  tenen- 
do con  Bonaparte  i  tre  deputali,  i  quali 
neppur  per  sogno  potevano  fantasticare 
quanto  l'intrigo  e  la  [laura  operavano  di 
inaudito  in  una  Venezia  !  !)"'.  Lette  queste 
proposizioni,  scritte  in  foglio  privo  d'au- 
tenticità, alcuni  giustissimamente  osser- 
varono doversi  disprezzare,  e  frattanto 
persisleudo  nella  difesa,  allendere  il  ri- 
sultamento  de'negoziati  di  Milano.  Al- 
tri poi  furono  di  diverso  parere  (  e  qui 
slava  il  tarlo,  a  parer  mio),  e  nel  calore 
dell'altercazione,  7  consultori  partirono, 
IO  rimasero  e  pieni  di  spavento  tumul- 
tuariamente deliberarono  che:  »  In  con- 
formità alle  risoluzioni  del  maggior  con- 
siglio, relativo  al  combiamenlo  di  costi- 
tuzione, in  conseguenza  delle  presenti  ri- 
cerche di  Villeiard,  e  attesa  l'angustia  del 
tempo,  la  quale  impediva  di  ollenere  gli 
assensi  sovrani,  s'incaricassero  Pietro  Do- 
nato e  Francesco  liattaglia  per  intende- 
re quali  fossero  veramente  le  disposizio- 
ni di  Bonaparte  su  tal  proposito,  a  fine 
di  secondare  i  di  lui  desideri!,  in  modo 
che  in  quanto  al  ten)po  ed  alle  cose  da 
convenirsi  si  salvassero  possibilmente  i 
riguardi  di  sicurezza,  di  tran(|niHilà  e  di 
interesse  della  nazione'.  Becalisi  imme- 
diatamenle  i  due  conferenti  Donato  e  Bat- 
taglia da  Villeiard,  trovarono  essere  co- 
stante nel  [)arere  che  si  eseguissequanto 
avea  indicalo,  se  si  voleva  che  le  cose  pro- 
cedessero Iraoquillanieule.  Ed  iufiucal- 


654                   V  E  N  V  IL  N 

fio  non  utt(  nneio,  the  la  speranza  d'una  faceva  verun  uso.  Alla  fine  nel  tneinorn* 
pro(ia7Ì(;ne  di  4  giorni  all'esecuzione  ilei-  bile  gioì  no  vetieieri  12  runggio  i  797  ra- 
la  divisala  rivoluzione.  Piiferilo  il  Lullo  dunavasi  per  l'idliina  volta  il  maggior 
alla  consulta  atraordinaria,  non  parlò  più  consiglio,  per  proporre  la  mutazione  di 
che  la  paura,  e  questa  non  lanciò  veder  governo  richicita  dal  generili  Bonaparte 
altro  che  la  necessilà  diseguire  l'iinpul-  ed  adVetlala  dalle  mene  de'faziosi,  e  dal 
so  delle  i;ircoslanze.  Furono  pertanto  di-  timor  panico  che  ave;»  deplorabilmeule 
sarinale  le  Lagune,  si  sollecitò  la  parteu-  in  vaso  i  magistrali.  Ma  non  v'intervenne- 
za  degli  schiavom,  e  fu  eziandio  interpel-  roche  537  membri,  quando  alnaeno  600 
lato  ilgeneralDaraguay  d'Hillierschcco-  individui  sarebbonsi  richiesti  a  rendeve 
inandavail  bloccO'»se  la  sua  posizione  gli  legale  la  deliberazione.  Si  passò  nondi- 
permetteva  di  entrare  in  cillà  con  un  cor-  meno  alla  discussione  degli  affari.  Fu  let- 
pò  di  tru[)pe  sufììciente  iid  iuiijjedire  l'a-  la  la  relazione  di  cpiaulo  avevano  ope- 
narchia, nel  caso  che  si  S()llev•as^eil  popò-  rato  gli  abbomiuabili  agenti  Spada  e 
laccio,  o  si  ammulinassero  gli  schiavoni,  Zorzi,  non  che  i  conferenti  condegni  Do- 
inlerameule  divoti  a  s.  Marco,  ma  indi-  nato  e  Battaglia,  e  quindi  fu  comunicata 
si;i[)linali  a  segno  che  iu  varie  occasioni  ne  una  lettera  di  Haller  al  Villelnrd,  nella 
aveaiio  i  francesi  sperimentalo  in  Terra-  quale  assicurava  :  «  potersi  collo  stabili- 
ferma  il  valore  feroce".  Finalmente  si  mento  della  democrazia  salvare  la  repub- 
giunse  all'estremo  (e  par  di  sognare  seri-  blica  di  Venezia.  Bouaparte  trattando 
v'endolo)di  propone  nel  maggior  consi-  Venezia  generosamente  non  avrebbe  ce- 
glio  l'abdicazione  del  doge  e  di  tutte  le  doto  su  quest'articolo.  E  siccome  non  a- 
pubbliehe  magistrature,  e  lu  promulga-  mava  le  lunghezze,  lo  avrebbe  eseguito 
zione  della  demociazia!  A' io  maggio  si  egli  medesimo  se  i  veneziani  non  lo  face- 
fecero  imbarcare  alla  Piazzetta  di  s.  Mar-  vano  da  se  slessi". Trepidarono  i  patrizi  a 
co  gran  parte  degli  schiavoni  armali,e  nel  tale  annunzio,  e  mentre  uno  di  essi.  Mi- 
di seguente  si  videro  passeggiare  petto-  nolto,  perorava  sul  proposto  decreto  del- 
ruti  parecchi  de' già  prigionieri  di  stato  la  mutazione  di  governo,s'intesero  alcune 
sulla  piazza  di  s.  Marco,  i  quali  fatti  car-  fucilate  sparate  nelle  vicinanze  della  sala, 
cerare  dal  consiglio  de'  Dieci  e  dagl'in-  Erano  probabilmente  0  segnali  d'allegria, 
quisilori  di  stato,  doveano  la  loro  libertà  the  secondo  la  loro  consuetudine  faceva- 
alla  scossa  che  già  cominciava  ad  operar-  no  alcuni  schiavoni  nel  partire  pe'proprì 
si.  Tra  questi  travi  uno  schiavone  che  paesi,  e  sull'acqua;  o  spari  predisposti  in- 
per  ii>olti  anni  era  stato  arrestato  per  uu  sidiosamtnte  per  accrescere  la  paura  di 
coni()lullo  the  avea  per  mira  di  conse-  quel  già  illegale  consesso.  Checché  siane, 
gnare  la  Dalmazia  a'russi;  ed  un  tal  gè-  ciò  sparse  l'allarme  per  la  sala  del  con- 
nere di  castigo  non  attestava  gran  fatto  sigilo,  poiché  i  patrizi  radunati,  ignoran- 
quella  severità  che  venne  tanto  rinfac-  doiie  la  causa,  nella  generale  costerna- 
ciata  alla  repubblica  veneta.  Eransi  a-  zione  della  città,  temettero  un  principio 
perle  alla  pubblica  vista  le  famose  pri-  di  sollevazione  e  di  strage,  edalcuniab- 
gioni  del  ducale  palazzo,  i  PioniLi  td  i  bandonato  il  posto,  s'affrettarono  di  usci- 
jPosz/,delle  quali  veramente  da  grandissi-  re  subito. Tiovando  però  chiuse  lepor- 
ino tempo  non  si  faceva  piti  uso,  meno  te,ritornarono  indietro  più  impauriti,  ed 
[)othe  eccezioni.  Del  pari  le  pur  famose  accrebbero  lo  spavento  degli  altri.  Tutto 
bocthe  marmoree  apeite  nel  palazzo  du-  allora  fu  confusione,  né  si  potè  in  alcun 
cale  per  ricevere  le  denunzie  segrete,  non  modo  ristabilire  la  calma  tanto  necessa- 
servivauo  più, come  il  rimanente, se  non  ria  al  gravissimo  atto.  Si  sospese  la  di- 
per  ispuveulaie,  uè  da  molli  auui  se  ne  scus-.ioue,c  uell'uni versale  scoaip'g'io  per 


VE?» 

terminare  più  pieslo  un  affare  di  tanla 
ponderazioue  si  gridò  tumultaaiiamente; 
Ai  voti,  ai  i'Oti,  perchè  si  proponesse  la  de- 
liberazione. Cos'i  fu  fatto.  Essa  era  già  pre- 
para la,  e  conteneva  :  «  Il  sommo  oggetto 
di  preservare  incolumi  la  religione,  le  vite 
e  le  proprietà  degli  amatissimi  abitanti  di 
Venezia,aver  determinato  ilMaggiorCon- 
siglio  alle  risoluzioni  deli."  e  de'4  niag- 
gio,  colle  quali  avea  concesso  a'suoi  depu- 
tali pressoiNapoleoneBonaparte  le  facoltà 
opportune  a  conseguirlo.  Ora  però  cono- 
scere con  amaro  senso  il  complesso  di  più 
urgenti  circostanze. Quindi  nel  conforto  di 
Sperar  garantiti  tali  essenziali  riguardi 
e  con  essi  quelli  troppo  giusti  verso  la 
classe  patrizia  ed  altri  individui  parteci- 
pi delle  pubbliche  concessioni,  sperando 
anche  fosse  assicurata  la  solidità  dellaZec- 
ca  e  del  Banco;  per  queste  considerazioni 
il  Maggior  Consiglio  fermo  e  coerente  al- 
le lisoluzioni  predelle,  anche  in  preven- 
zione de'riscoulii  de'suoi  deputati,  adot- 
tare il  sistema  del  proposto  provvisorio 
governo  rappresentativo,  sempre  che  con 
questo  s'inconUassero  i  desiderii  di  Boiia- 
parle.  Ed  importando  che  in  nessun  mo- 
mento restcìsse  senza  tutela  la  patria  co- 
mune, si  sarebbero  frallaolo  prestate  a 
quest'oggellole  i ispettive  competenti  au- 
torità".Si  passò  disordinatamente  a  rac- 
cogliere i  voti,  e  la  proposizione  fu  san- 
zionata da  5i2  voti,  con  soli  20  negJiti- 
•vi  e  5  non  sinceri  o  bianchi. Dicevasi  nel 
decreto  che,  vistola  necessità  di  provve- 
dere al  mantenimento  della  religione,  del- 
la vita  e  delle  proprietà  di  tulli  gli  abi- 
tanti degli  siali  veneti  ,  veri'ebbero  con- 
fermati i  poteri  conferiti  il  1 ."  e  4  m^SS'*^ 
a'depulati  del  senato  per  raggiungere  sì 
importcTule  scopo;  e  che  dietro  i  rappor- 
ti preceilenti  de'mede^inii  deputati,  veni- 
va dal  Maggior  Consiglio  adollato  il  si- 
Stema  proposto  d'un  governo  rappresen- 
tativo interinale  in  quanto  si  trovasse  es- 
so in  accordo  colle  viste  del  generale  in 
capo  dell'armata  francese  in  Italia.  Pre- 
sa In  risoluzioue,  nel  separarsi  tumultua 


VEN  0^5 

riamente  r  assemblea  ,  mentre  l'antico 
governo  trovossi  del  tatto  abolito,  senza 
che  nulla  gli  fosse  stato  sostituito,  vi  fu 
chi  da  una  finestra  della  sala  del  consi- 
glio sventolò  un  bianco  lino.  A  questo  e- 
(juivoco  segnale,  alcuni  patriotti  raduna- 
li sulla  vicina  piazza  di  s.  Marco  e  sulla 
riva  degli  Schiavoni,  gridarono:  Fiva  la. 
Liheriàl  All'opposto  la  moltitudine  che 
nell'inquietudine  degli  animi  avea  tratto 
in  detti  siti,  come  più  prossimi  al  palaz- 
zo ducale,  attaccata  sempre  all'antico  go- 
verno, gridò:  fi\'a  s.  fllurco!  credendo 
essersi  stabilito  di  opporre  una  popolare 
difesa  agli  assedinoti  francesi.  Essa  a  mez- 
zo di  20  schiavoni  restati  alle  porle  riel 
palazzo  e  di  alcitiii  gondolieri  ,  inalberò 
subilo  sulla  nominata  piazza  in  uno  de' 
3  pili  la  nazionale  bantliera  di  s.  Marco, 
come  ne'giorni  solenni  vi  sventolavano  gli 
stendardi;  il  terrore  comunicandosi  via 
via  giunse  sino  all'ullime  località  della 
città,  la  quale  tosto  fu  tutta  in  tumulto. 
Al  comtnovimento  e  al  frastuono  venne- 
ro di  nuovo  sbarcate  alcune  ceulinaia  di 
schiavoni  e  croati,  e  mescolati  col  popo- 
laccio, si  misero  a  danzare  intorno  alla 
bandiera,  salutandola  e  gridando  a  crepa 
gola:  EwÌK'a  s.  lìlarco!  Con  colpi  a  piat- 
to di  sciabola  richiamavano  severamente 
i  patriotti  e  ullri  astanti  a  Icv-irsi  il  cnp 
pello,  e  rinnovar  l'ossequio  al  ripetei  si  di 
loro  grida.  Crescendo  la  folla  nelle  vie  a- 
diacenti,  scagliavano  imprecazioni  contro 
i  settari  Giara/ ini  e  Mitrtttori  (r.),iui;it- 
Ire  acclamavano  il  patrono  della  loro  .e- 
pubblica,  ficeiidogli  eco  la  stessa  truppa 
ad  alla  vocr,  anche  con  voti  per  la  con- 
servazione del  doge  loro  principe.  Dal- 
l'entusiasmo deiracclamazioni,  si  passò  a- 
gl'insnlti  de'conosciuli  settari  e  patriotti, 
quindi  a  gravissimo  tumulto,  quando  si 
seppe  la  risoluzione  del  matJigior  consi- 
glio. E  come  in  simili  tasi  suole  accaile- 
re,  cogli  odiati  novatori  furono  confusi  i 
sospetti  ed  i  privati  nemici.  Seguì  il  sac- 
cheggio di  molte  loro  case  e  di  «piellede' 
vicini  con  furore,  sotto  pretesti  dilfcre!!- 


G56  V  E  N 

ti,  tli  molìili  e  tli  altri  ellttli,  ed  al  magnz- 
EÌiio  *ii  liquori  del  Zorzi  fu  dato  il  gua- 
sto. I  sacchegf^iatoii  erano  composti  dal- 
la classe  de' facchini,  dc'piìi  poveri  gon- 
dolieri e  di  alcune  donne  prostituite;  spo- 
gliavano, guidati  da'solda  li  schiavoui, dal- 
l'alto al  basso  le  abitazioni  cui  assalivano, 
e  vendevano  sul  luogo  a' viandanti,  o  a- 
sportavano  seco  gli  oggetti  sfuggiti  alla 
distruzione.  Sin  dal  cominciare  di  tali  sce- 
ne di  disordine,  si  radunò  nella  casa  del 
doge  la  consulta  in  permanenza,  e  subi- 
to usò  la  saggia  precauzione  di  manda- 
re una  guardia  alla  porta  di  tutti  i  mini- 
stri esteri,  per  guarentirli  da  ogni  insul- 
to. Al  sopraggiunger  della  notte,  non  ve- 
dendosi pattuglie  e  temendosi  gli  eccessi 
popolari,  i  patrizi  Bernardino  Renier,  Do- 
nato, Soranzo  e  altri,  ebbero  il  coraggio 
nella  confusione  di  recarsi  presso  il  doge 
e  colla  consulta  deliberare,  die  si  procu- 
rasse in  ogni  modo  di  radunare  il  mag- 
gior numero  possibile  di  truppe  regola- 
ri, di  cui  si  aflidasse  la  direzione  al  Re- 
uier.  Cos'i  si  fece, e  potè  quegli  disporre  di 
alcune  centinaia  di  soldati  muniti  di  due 
pezzi  di  cannone.  Esso  presidiò  co'oiede- 
simi  il  ponte  di  Rialto,  come  posizione 
centrale  della  città,  dissipò  colle  fucilate 
e  colle  cannonate  una  turba  di  mascal- 
zoni che  ardirono  diassalirlo,  e  colla  mor- 
te di  pochi  intimorì  tutti  gli  altri.  Le  pat- 
tuglie di  truppa  regolare  e  di  guardia  ci- 
nica, ed  i  parrochi  finirono  poi  di  rista- 
bilire la  calma.  Nel  dì  seguente  i3  mag- 
gio, leggevasi  nelle  vie  e  nelle  piazze  uu 
proclama  comminante  la  pena  di  morte 
contro  chiunque  presso  il  quale  dopo  cer- 
ta ora  si  rinvenissero  effetti  derubali  od 
armi.  Non  dovea  figurare  in  verun  alto 
pubblico  il  nome  di  Serenissimo  Princi- 
pe^ ma  in  esso  vi  era  per  accreditare  una 
specie  d'apologia,  tendente  a  giustificare, 
e  rincuorare  i  privati  così  crudelmente 
spogliati.  Distaccamenti  di  guardie  civi- 
che andarono  in  traccia  degli  elfetti  de- 
rubati e  ne  fermarono  per  consegnarsi  a' 
pioprielari.  \[cav,Mix\.\ne\\ì,  Annali  Ur- 


V  EIV 
l'i-nii  di  Venezia,  deplorando  come  con 
esempio  affatto  nuovo  era  mancalo  il  go- 
verno al  popolo,  non  il  popolo  al  gover- 
no, per  iinperscrulabdi  giudizi  di   Di( 
trattosi  il  doge  smarrito  nelle  private  sut 
stanze,  e  così   i   patrizi  alle  loro  case  e- 
sclamando:  Non  è  piti  s.  Marcai  oltreché 
essere  abbandonala  Venezia  dal  medesi- 
mo suo  sovrano,  doveva  essere  pure  sac- 
cheggiala dal  medesimo  suo  popolo;  quin- 
di riporta  la  nota  delle  numerose  case  e  fa- 
miglie saccheggiate,  e  persino  de'deruba- 
ti  per  le  vie,  ed  alcuni  danneggiali  nel- 
l'isole. Di  più  riproduce  la  lettera  scrit- 
ta a'aS  maggio  1797  da  Francesco  Negri 
all'arcipiele  Angelo  Dalmistro  da  Mura- 
no gentile  poeta.  Eccone  un  brano.» Pur 
troppo  venit  suinina  dies  et  incluciahìLe 
tempiis  Dardaniae.  La  gran  macchina, 
sì  a  lungo  rispettata  dal  potere  de'secoli, 
è  a  terra.  Miseri  noi  che  fummo  riserba- 
ti ad  essere  di  tanta  ruina  gli  spettatori 
e  le  vittime  I  Ben  vi  apponete  la  giudi 
carmi  per  sì  amara  vicenda  dolente  a 
morte,  e  insieme  ristucco  e  lasso  dal  gran- 
de schiamazzar  di  persone  parte  insulse 
e  parte  frenetiche.  Ciò  che  più  d'altro  «ni 
dà  noia  è  il  vedere  come  alcuni  insultino 
sfacciatamente  alla  passata  gloria  di  tan- 
ta repubblica  ,  e  cou   piede  ingiusto  ne 
conculchino  fino  gli  avanzi  (arroga  che 
io  qui  rilevi  ,  che  fu  sempre  facile  ad  o- 
gnuno, barbam  veliere  mar  tuo  Leoni!  ). 
Chi  nacque  e  crebbe  nel  suo  grembo,  o 
almeno  all'ombra  sua,  panni  che  pecchi 
di  nera  ingratitudine  in  esultare  del  suo 
sterminio,  per  quanto  e  necessario  e  me- 
ritato ed  anche  utile  creder  si  voglia,  lo 
non  negherò  che  il  vecchio  governo  non 
fosse  decrepito,  e  che  seco  non  portasse 
quasi  tutti  i  difelli  di  quell*  infelice  età  ; 
ma  nella  sua  decrepitezza  era  pur  vene- 
rando !  Ora   nulla  rimane  più  di  esso 
fuorché  la  memoria:  e  Comizi  e  Senato  e 
Maestrali  e  Foro  e  Tribunali  sono  squal- 
lidi, muti  e  deserti.  Quel  vessillo,  che 
portava  una  volta  il  terrore  sui  mari  d  O- 
vienle,  ci  è  tolto.  Fino  i  più  bei  mona- 


V  E  N 
menti,  che  finora  fregiarono  questa  no- 
stra cillù,  slauiio  adesso  per  prender  con- 
j^edu (lo  deplorai  a'Iuoghi  loro,  come  pu- 
re nolai  con  piacere  quanto  Venezia  |)0- 
tè  ricuperare),  e  vuoUi  certo  che  h  4  Ca- 
valli, che  dall'ippodromo  di  Costantino- 
poli veuuero  a  stallale  [icr  tanti  anni  in 
Venezia,  sieno  per  ripigliare  il  moto  ed 
avviiusi  a  Warigi.  Lo  stesso  cred'  io  av- 
verrà di  statue,  di  pitture,  di  codici.  Tac- 
cio le  minacciale  pensioni  a'  privati  ,  il 
progettato  mauomeltere  de'sagri  collegi, 
e  mille  altri  riversamenti  e  abolizioni  di 
usi  ()atrii,  d'instituli,  dileggi...  Chi  si  van 
ta  di  filosofico  genio  speculatore  stima 
special  dono  della  fortuna  il  poter  ora 
soggiornare  in  Venezia  ed  essere  testiuìo- 
DIO  oculare  del  terribile  cangiamento.  Io 
lutto  al  contrario:  filosofia  si  turbolenta 
non  mi  è  piaciuta  giammai".  Termina  con 
rilevare,  che  un  paese  in  rivoluzione  al- 
tro non  somministra  se  non  se  il  trion- 
fo della  fatuità  e  della  tristizia  degli  no- 
li.'ini.  Finisce  i  suoi  lamenti  consolando- 
si con  esclamare:  Diiruin,  scd  hviiis  fìt 
paticiiliii  Quidquid  corrigere  est  ncfiis. 
Così  cadeva  la  gloriosa  repubblica  di 
Venezia,  dopo  avere  per  molti  secoli  em- 
piuto il  mondo  della  sua  fama.  Fuiimis 
Troesj  flit  Ilium  et  ingens  gloria  DaV' 
danum  (Virg.).  Il  suo  governo  si  tenne 
iu  piedi  XIV  secoli  senza  m;ii  ubbidire 
a  potenza  straniera.  Così  l'inviolata  Ve- 
nezia, che  giammai  dopo  la  sua  fonda- 
zione avca  veduto  nella  Laguna  eserciti 
stranieri,  perì  vittima  del  tradimento,  do- 
po aver  superato  nella  durata  tutte  le 
Bcpitbh lidie  della  Grecia  ,  ed  anche  le 
più  illustri  lionia  e  Cartagine^  avendo 
goduta  la  libera  sovranità  periSyG  an- 
ni, con  aver  numeralo  dal  VII  al  XVIII 
secolo  centoventi  dogi,  perdendo  l'Ilalia 
con  essa  l'antemurale  dell'Alpi  Cernia- 
Diche  ,  che  ni  [)ari  del  Piemonte  sulle 
Galliche, chiudeva  agli  stranieri  l'-jccesso. 
Cadde  dun(|ue  quella  repubblica  di  cui 
Venezia  era  la  nobilissima  capitale  ;  quel- 
la repubblica,  the  dopo  la  romana,  nts- 

VOL.    XCII. 


V  E  N  6^7 

sun'aitra  giunse  o  pareggiarla  né  perla 
durata,  oè  per  estensione  di  dominio,  né 
in  grandezza  d'  animo,  né  in  sublimità 
d'idee,  né  in  generosità,  pietà,  giustizia 
e  stima  di  tulle  le  altre  potenze;  quella 
repubblica,  i  di  cui  falsi  e  infidi  amici 
si  palesarono  a  un  tratto  sconoscenti  in- 
vasori senza  correre  il  pericolo  della  guer- 
ra, mescolando  colla  menzogna  e  l' in- 
ganno la  vittoria  ;  quella  repubblica  ia 
fine,  che  insino  all'  ultimo  istante  di 
sua  vita  sempre  venerata  e  amata  da* 
suoi  fedelissimi  sudditi,  per  salvarla  da 
ogni  parte  spedirono  deputazioni  ad 
olTrirle  vita  e  sostanze  I  Dopo  il  fatale 
giorno  12  maggio  1797  corseli  seguen- 
te epigramma.  Cunctando  Fabius  Ho- 
mamiin  resti tuit  rem: -  Cunctando  Fé- 
nctani  deseiuere  Palrcs.  Il  doge  do- 
po l'alio  di  abdicazione,  efietluata  nello 
stesso  giorno  di  quella  del  governo  della 
repubblica  di  Venezia,  figurò  tuttavia 
nel  proclama  discorso  nel  dì  seguente,  e 
uell'allro  de'i4)  dichiarante,  aver  credu- 
to il  maggior  consiglio  negli  ultimi  tem- 
pi di  dover  cedere  all'impero  delle  cir- 
costanze e  seguir  l'esempio  di  parecchie 
razioni  vicine,  con  chealludevasi  alle  na- 
zioni di  Milano,  Bologna  ,  Francia  ec. 
Dichiaravano  i  nobili,  che  dopo  la  loro 
deliberazione  de'4  e  12  dello  stesso  mag- 
gio cesserebbe  il  governo  dali'esser  allida- 
toal  solo  loro  ordine,  e  concludevano  col- 
l'esortarei  loro  concittadini  a  riconoscere 
l'autorità  interinale  che  andava  ad  insti- 
tuirsi,  e  avvertivano  che  attesa  l'insufli- 
cienza  dell'attuai  governo  di  Venezia  do- 
Tea  entrarvi  come  amici  un  certo  nume- 
ro di  fiancesi,  i  cpiali  entro  pochi  giorni 
sarebbero  slati  distribuiti  per  tutta  la  cit- 
tà. Il  Moschini  disse  che  l'anno  1797  se- 
gnò nella  storia  del  mondo  e  special  men- 
te negli  annali  della  patria  Venezia  una 
grand'epoca,  conseguenza  della  tremen- 
da rivolta  di  Francia  ,  i  cui  maligni  ef- 
fetti aggravarono  di  tanto  danno  l'Eu- 
ropa. Venezia,  la  quale  non  volle  che  ri- 
nianerue  spettatrice,  fu  dopo  troppe  a- 
42 


658  V  E  N 

mare  viceude  condotla  da'  francesi  [>€r 
inìlle  raggiri  a  mutare  il  suo  aristocra- 
tico governo  nel  suo  primo  democratico, 
il  quale  venuti  essi  colle  armi  a  proleg- 
gere, pochi  mesi  appresso  vide  i  suoi  sla- 
ti in  più  parti  divisi  far  parte  di  diversi 
potentati;  da  rptel  tempo  destinata  a  se- 
guir la  sorte  de'  conib;iltenli.  Lodovico 
Manin  fu  dunque  il  CXX  e  ultimo  doge 
della  veneziana  repubblica,  la  cui  cadu- 
ta non  potè  impedire,  per  quella  fatale 
vertigine  che  ottenebrò  allora  le  meriti. 
Ritiratosi,  dopo  la  sua  spontanea  rinun- 
zia della  dignità,  nel  proprio  palazzo,  vis- 
se quietan)ente  poco  conversando.  Vilte- 
tard  avrebbe  desiderato  di  fare  entrare 
nella  nuova  demociatica  municipalità  il 
Alanin,  ma  non  Io  potè  indurre,  e  ncu» 
sòqualunque  altra  carica  dallo  stesso  go- 
verno, occupandosi  soltanto  nello  studio 
e  negli  esercizi  di  religione.  Piiferisce  il 
Cicogua,  che  il  doge  Manin,  dopo  l'abdi- 
cazione del  governo,  a'i  6  maggio  abban- 
donò il  palazzo  ducale  e  ridottosi  in  sua 
casa  privata,  vis>e  ritiratissin)0,  stimalo 
ed  amato  da'suui  concittadini,  e  mori  a' 
23  ottubrei8o2,  avendo  dato  saggi  mai 
sempre  di  quella  eseu)plarissin>a  religio- 
sa pietà,  che  fu  ed  è  uno  de'piìi  bei  pre- 
gi della  famiglia  sua.  iNel  l 'j^S  avea  spo- 
salo Elisabetta  Griroani  figlia  d'Antonio, 
dama  di  singolari  virtù  ornata  e  che  de- 
funta senza  figli  nel  1792,  meritò  latina 
iaudazione  dall'ab.  Angelo  Bellini  1'  1  i 
settembre,  e  fu  l'ultima  dogaressa.  Il  Ma- 
nin fu  sepolto  nell'arca  de'suoi  maggiori 
nella  chiesa  di  s.  Maria  in  Nazareth  de' 
carmelitaui  scidzi,  a  piedi  del  2.°  aliare 
a  sinistra,  quello  della  Sagra  Famiglia, 
magnifico  e  straricco  di  marmi  e  colon- 
ne, che  attesta  la  munifica  religione  del- 
la famiglia  de'conti  Manin.  Il  testamen- 
to di  lui  fu  pure  un  monumento  del  suo 
animo  religioso,  principesco  e  caritatevo- 
le, giacché  descrivendo  il  benefico  e  fio- 
rente istituto  Manin  nel  §  Xll,  n.i8,  nar- 
rai cou»'egli  provvide  al  perenne  mante- 
uimenlo  de'figli  e  figlie  abbandonati,  C0'> 


me  volle  eretto  un  perpetuo  asilo  e  lico- 
vero  a'mentecalti,  forse  il  solo  genere  di 
pubblica  provvidenza,  pel  povero,  di  cui 
mancava  Venezia  ;  laonde  il  nome  ri- 
spettabile dell'ultimo  de'dogi  vi  sarà  ia 
senqiiterna  benedizione  ed]  amore  ,  poi- 
ché se  non  morì  principe  di  sua  illustre 
patria,  di  essa  restò  insigne  benefattore. 
44-  Molli  scrissero  di  quanto  prece- 
dette, accompagnò  e  seguì  la  memorabi- 
le caduta  delia  nobilissima  repubblica  di 
Venezia,  alcuni  de'quali  registrai  nel  n.  6 
del  §  XVII,  né  sarà  inutile  il  tener  pre- 
sente le  nozioni  riferite  nel  n.  5  di  tal  §; 
e  da  ultimo  il  cav.  Fabio  Mulinelli,  ÌÌJe- 
morie  storiche  de'^li  ultimi  ciiiquaii- 
C  anni  della  repubblica  veneta,  Vene- 
zia pel  Griraaldo 1 854.  La  Cii'iltà  Cat- 
tolica quindi,  nella  serie  3.^  ci  die'  nel 
t.  8,  p.  486, contezza  d'altra  relativa  pid)- 
blicazione.  «  La  caduta  della  ìepuhldi- 
ca  di  T  enezia  ed  ì  suoi  ultimi  cinquau' 
i'  anni.  Studi  storici  di  Girolarjio  Dan- 
dolo, Venezia  co'  tipi  di  P.  Naratovith 
1857.  Quest'opera  è  scritta  per  dimo- 
strare, che  la  caduta  della  repubblica  di 
Venezia  devesi  arrecare  alla  inevitabile 
condizione  degli  slati  di  quel  tempo,  al- 
la prepotenza  francese,  e  ad  alcuni  ma- 
dornali errori  di  chi  governava  Venezia, 
e  non  alla  mancanza  di  fede,  di  educa- 
zione, di  costumi,  di  armi ,  di  tesoro^ 
di  consiglio,  come  scrisse  il  cav.  Fiibio 
Mulinelli.  Essa  dividevi  in  due  parli.  La 
I. 'parte  contiene  3  libri  :  ne!i."si  com- 
pendia rapidamente  la  storia  veneta  dal- 
la caduta  di  Costantinopoli  fino  all'abdi- 
cazione del  1797  ;  nel  2.°  sono  poste  le 
considerazioni  che  più  fanno  allo  scopo 
particolare  dell'autore  ;  nel  3.°  sono  da- 
te le  biografie  degli  uomini  illustri  fio- 
riti in  Venezia  nella  2.'  metà  del  secolo 
XV III;  patrizi,  sacerdoti  secolari,  sacer- 
doti regolari  ed  altri  veneziani  (Abbia- 
mo pure  ;  Galleria  de'letterati  ed  ar- 
tisti  illustri  delle  pro^'incie  \'enezìane 
nel  secolo  decimo  ottai-o,  Venezia  tipo- 
grafia Alvisopoli,  per  cura  di   Bartolo- 


VEN 

meo  Gamba,  voi.  2  figurati.  Gli  estenso- 
ri (Ielle  notizie  furono  Angelo  Zentlriiii, 
Fraiìcesco  Negri,  e  il  detto  Gamba).  La 
2.'  pule,  ampia  cpjanto  lai.\  è  un'Ap- 
pendice, dove  sono  poste  le  biografie  de- 
gli uoiiiitii  più  illustri,  fioriti  conleinpo- 
raneameute  co' veneti  sopraddetti  ne'pae- 
si  conipoiietiti  lo  stato  della  repubblica 
ili  Venezia.  Lasciata  ancor  da  parte  la 
questione  tra  il  ìMnliiielli  ed  il  Dandolo, 
non  può  negarsi  rutilitìi  somma  del  li- 
l»ro  del  secondo  per  le  notizie  die  vi  si 
trovano  intorno  a  tanti  e  si  illustri  e  pu- 
re sì  poco  conosciuti  italiani,  tutti  con- 
temporanei degli  avi  e  de'  padri  no- 
stri. »  Il  conte  Dandolo  si  rese  quindi  be- 
nemerito della  patria,  pera\er  rettifica- 
to col  suo  dotto  lavoro  qualche  meo  ret- 
to giudizio,  e  recato  luce  sulle  cause  che 
originarono  una  catastrofe  registrala  dal- 
la storia  come  uno  de'principali  avveni- 
menti del  secolo  passato,  svisceiando  una 
controversia,  fino  ad  ora  o  troppo  poco 
0  troppo  male  discussa,  sia  per  mancan- 
za dell'opportiuie  cognizioni,  sia  per  so- 
verchio amore  di  novità,  sia  per  essersi 
attinte  le  notizie  a  maligne  fonti,  le  qua- 
li giammai  potranno  alimentate  la  sto- 
ria; per  cui  il  conte  Dandolo,  indignato 
di  vedere  vituperata  tuia  generazione  o- 
norata,  ripiovo  ancora  con  patrio  zelo  le 
memorie  invereconde  di  Leopoldo  Cur- 
ii,quelledi  Giorgio  Pisani  è  quelle  di  Ja- 
copo Casanova.  Di  questi  Sludi  slnriri 
io  profittai  nelle  proporzioni  compendio- 
se che  mi  sono  legge,  [)erciò  con  isfug- 
^evoli  cenni  darò  un'idea  del  contenuto 
lei  lib.  2."  Considerazioni.  Il  nobilisM- 
uio  e  seggio  atitore,  do[>o  aver  competi- 
iialo  la  storia,  passa  ad  esaminare,  se  la 
repubblica  veneta  avesse  potuto  atdila- 
lueute  affrontare  la  bufera,  ed  evilnro  il 
luttuoso  suo  cecidio.  Scemate  le  f(jrze, 
anche  per  lo  scadimento  del  commercio, 
la  nobiltà  preferendogli  l'acquisto  di  pos- 
sessioni uella  vicitia  Terraferma,  adotta- 
to dopo  il  17  18  per  canone  politico  ami- 
ciiiu  con  tutti,  la  repubblica   tuttavia 


VEN  65:9 

nell'ultime  guerre  d'Italia,  resistendo  ail 
ogni  seducente  proposta  d'  alleanza,  so- 
stenne armata  la  propiia  noulialità,  on- 
de serbandosi  in  pace  con  tulli  guaretitì 
insieme  la  propria  dignità,  ma  con  gravi 
indispensabili  dispendii,  oltre  que'marit- 
timi  pe'  corsari,  e  que'  per  la  guerra  tra' 
russi  e  turchi.  Le  sofferenze  de'  popoli, 
per  le  lotte  de'belligeranti,  fiuono  com- 
pensa te  al  meno  da'som  minisi  rati  a  pprov. 
vigionamenli,  sorgenti  di  lucro.  Nell'ul- 
time guerre  mosse  da'  repubblicani  fran- 
cesi, la  neutralità  fu  adottata  anco  da 
altre  potenze  italiane,  reputata  più  pru- 
dente partito,  non  senza  fondamcntf) 
sperando  repressione  dalla  formidabde 
coalizione  contro  la  rivoluzione  france- 
se. Se  la  neutralità  armata  di  Venezia 
servì  a  un  tempo  a  tutelare  i  suoi  popo- 
li dalle  vessazioni  de'  combattenti,  e  ad 
occultare  la  spossatezza  cui  aveala  con- 
dotta l'ultima  e  lunga  guerra  col  turco, 
l'esquilibrafa  economia,  l'essere  non  pro- 
vocata e  lontana  dall'  insorta  Francia, 
tion  le  permetteva  entrare  in  lega,  che 
avrebbe  accresciuto  lo  squilibrio,  e  an- 
ticipata l'aggressione.  Le  forze  terrestri 
della  repubblica  non  furono  mai  tali  da 
farla  porre  nel  novero  delle  grandi  po- 
tenze del  cotitinente.  Se  poterono  facil- 
mente Irioiifire  de'Carraresi,  degli  Sca- 
ligeri, de' Visconti,  degli  Estensi,  de'pa- 
tiiarchi  dominalori  del  Friuli,  f[uando 
Venezia  era  opulente,  non  hanno  potu- 
to però  mai,  tranne  il  tempo  della  lega 
di  Cambray,  cimentarsi  senza  straniero 
aiuto,  ne  contro  gì'  imperatori  di  Ger- 
mania, né  contro  i  re  di  Fratiria  ;  ne  pu- 
gtiar  contro  gli  uni,  senza  stringersi  in 
nllcanzi  cogli  altri.  La  potenza  Icrreslre 
de'vetieziani  non  fu  dutnjiteclic  utta  po- 
tenza di  2.  "  online,  anche  ne'leirtpi  della 
massima  loro  prosperità.  r)ue">ti  tempi 
già  erano  trascorsi  al  dtclinar  del  secolo 
XVMII,  e  invece  formidabili  erano  dive- 
nute Austria  e  Fiaucia.  Tiillavolta  la  re- 
pubblica non  erasi  intcrametttc  abbando- 
nala a' capricci  della  fortuna.  Vvea  anco- 


66o  YEN 

ra  possessioni  maritlime,  le  quali  coli' i- 
solo  di  Cerigo,  prolungavansi  fjuo  all'in- 
gresso deirAicipelago;  il  suo  cotumeicio 
non  eia  più  quello  che  le  procurava  l'oro 
del  mondo,  ma  era  pure  qualche  cosa,  e 
forse  poteva  migliorare.  Quindi  mante- 
nevasi  sempre  in  tale  condizione  sul  ma- 
re, che  pure  al  tempo  di  sua  caduta,  la 
sua-mariueria  militare,  pel  numero  e  for- 
za delle  navi,  non  la  cedeva  a  quelle  d'In- 
ghilterra, Francia  e  Spagna.  Circondala 
io  Italia  dagli  stali  dell'Austria  e  del  Pa- 
pa, che  non  doveano  tenersi  per  perico- 
losi vicini,  le  sue  provincie  di  Dalmazia  e 
Jonia  contlnavano  invece  co' paesi  olio- 
mani,  l'amicizia  de'quali  per  l'esperienza 
di  3  secoli  non  meritava  fede,  quindi  le 
conveniva  star  pronta  alla  difesa,  altre- 
sì colla  regolare  insliluzione  de'propri  uf- 
fiziali.  Il  perchè  a' 12  maggio  1797  pos- 
sedeva ancora:  dieci  vascelli  di  linea  da  70 
cannoni,  undici  da  66,  uno  da  55;  tre- 
dici fregale  da  4^  a  44  cannoni,  due  da 
32;  tre  brick  da  1 6  a  1 8  cannoni;  due  cot- 
ter  dai  o;  una  goletta  da  16; una  bombar- 
da da  5;  sedici  cannoniere  con  un  pezzo 
da  4o  e  quattro  da  6;  Irenluua  obusiere 
con  due  obici  da  4o  e  quattro  pezzi  da 
6;  dieci  galleggianti  con  2  cannoni  da  3o; 
una  batteria  galleggiante  con  7  pezzi  da 
5o  sul  perno;  quaranta  passi  armali  eoo 
un  pezzo  da  20  e  quattro  da  6;  ventitré 
galere;  sette  galeotte  da  3oa  4o  remi;  7 
sciambechi;  5  feluche.  In  tutto  184  legni, 
con  almeno  2675  pezzi  d'artiglieria,  sen- 
za comprendere  quella  delle  galere,  del- 
le galeotte,  degli  sciambechi  e  delle  fe- 
luche, perchè  da  Andrea  Salvini  dirello- 
i  e  delle  costruzioni  navali  nell'Arsenale, 
morto  colonnello  in  pensione  dell'  Au- 
stria, non  indicata  nelle  particolari  Me- 
morie che  lasciò,  e  riprodotte  dall'  ope- 
ra: Venezia  e  le  sue  Lagune,  ove  traila 
delle  forze  militari  della  repubblica.  A- 
vendo  detto  il  cav.  Mulinelli  :  qual  uso 
mai  potesse  farsi  d'una  fluita  mal  costrui- 
ta, vecchia,  malconcia,  e  comandata  da 
unciali  incapaci?  Risponde  il  conte  Dan- 


V  E  N 
dolo:  Tali  navi,  dalle  fregate  in  giù,  non 
presentavano  nessun  maggior  difetto  di 
costruzione,  di  quelli  che  potevano  riscon- 
trarsi nelle  navi  inglesi  delle  specie  cor- 
rispondenti.1  legni  i  quali  dilferivano  da- 
gl'inglesi per  la  loro  minore  immersione, 
massime  negli  ultimi  tempi,  erano  pro- 
priamente i  vascelli  di  linea;  difetto  pe- 
rò che  non  li  rendeva  né  pericolosi  alla 
navigazione,  né  impotenti  alla  difesa,  ma 
solo  alquanto  più  lenti  nel  cammino.  Noa 
tutti  I  legni  erano  vecchi,  per  la  ragione 
che  in  ninna  marina  del  mondo  tulle  le 
navi  sono  nuove.  Senza  parlare  de' vari 
legni  che  Irovavansi  io  costruzione  nel- 
l'Arsenale di  Venezia,  fra  quelli  esistenti 
a' 12  maggio  1797  novera vansi  6  vascelli 
di  linea  e  5  fregate  scese  dal  cantiere  dai 
1784311798;  per  cui  il  più  vecchio  di 
questi  nel  detto  maggioappena  contava  1  3 
anni  di  servizio. Tutto  l'autore  ricavò  dal- 
la Memoria  di  tulle  le  navi  che  si  sono 
fabbricate  in  Arsenale^  mss.  presso  di  lui 
esistente.  Vivevano  gli  ufiiziali  patrizi  Ni- 
colòl*asqualigo,tnorlo  capitano  nel  182  r, 
e  Silvestro  Dandolo  raorlo  vice-ammira- 
glio neli847>  ^  fi'tk'uon  patrizi,  Giusep- 
pe Duodo  capitano  della  Bellona,  mor- 
to gloriosamente  nella  battaglia  combat- 
tutasi nel  1 8 1 1  nell'acque  di  Lissa,  dagl'i- 
taliani e  francesi  contro  gl'inglesi;  Gio- 
vanni Palicucchia  tenente  non  meno  glo- 
riosamente perito,  parimenti  combatten- 
do contro  gl'inglesi  nel  1812  col  brick  il 
3Jercurio  da  lui  comandalo,  in  unione 
al  vascello  francese  il  Rivoli;  Antonio  Ar- 
meni morto  capitano  neh  825;Giambat- 
tista  Coslan/i  morto  capitano  nel  1820; 
Giovanni  Tician  morto  capitano  nel  1827 
e  dottissimo  iu  tulle  le  scienze  pertinen- 
ti alla  marina;  Michele  Slalimene  morto 
capitano  nel  1828,  di  lai  sangue  freddo 
ue'cimenli  ch'era  accusato  di  stoicismo; 
uomini  tulli  riveriti  e  pregiati  da'gover- 
ni  che  succedettero  a  quello  della  repub- 
blica, la  cui  onorevole  nìemoria  durerà 
lungamente,  edalla  cui  scuola  formaron- 
si  lutti  quegli  altri  più  giovani  ulIkialL 


VEN  YEN  661 

italiani  e  non  italiani  della   marina  au-  gnuna,3oo.  Un  reggimenlodi  dragoni  di 
siriaco  da  guerra,  che  hanno  saputo  me-  simil  forza  egualmeule  ripartito,  3oo. Due 
ritarle  la  sliina  e  il  rispetto  dell'altre  na-  reggimenti  croati,  egualmente  composti, 
zioiii  mariUime  in  piìi  incontri  ,  senza  Goo.  Un  reggimento  di  cimariotti,  cioè 
Dominare  altri  valenti. Quanto  a'costrul-  albanesi,  diviso  in  io  compagnie  di  ^o 
lori  navali,  furono  anche  in  questo  esa-  uomini  ciascuna,  4oo.  Artiglieria.  Due 
gerate  le  accuse;  ciò  ch'era  vero  in  gran  co<npagnie  di  100  uomini  ognuna,  200. 
parie  al  prinLÌ[)iar  del  secolo  XVlll,  ed  Genio.  Due  compagnie  di  minatori  di  4o 
anche  dopo  la  sua  mela,  non  lo  era  piìi  uomini,  80.  Due  compagnie  di  tra  vaglia- 
negli  ultimi  20  anni  della  vita  dalla  re-  tori  di  4o  uomini,  80.  Totalità  20,^60 
pubblica  vissuta.   La    Scuola  di  sludi  nomini.  Giusta  il  piano  stesso,  queste  for- 
niateiiìalici,  teorici  e  pratici  ^  con  ispccia'  ze  erano  così  ripartite  nelle  varie  pro- 
le  applicazione  alle  cote  nai'ali,  l'anno  vincie  dello  stato.  Xell'isole  Jonie  e  nelle 
1774  aperta  nell'Arsenale  sotto  la  dire-  piazze  d'Epiro,  8,940.  Nella  Dalmazia  e 
iionedel  valoroso  prete  veneziano  Giam-  neh'  Albania  5,58o.  A  s.  Nicolò  di  Lido 
maria  Manioletli,  della  quale  l'autore  di-  800.  Nelle  provinciedi  Terraferma,  sotto 
scorre  più  a  lungo  ne'libri  seguenti,  avea  la  quale  denominazione  comprendevasi 
già  comincialo  a  dare  1  suoi  fruiti;  e  n'e-  anche  l'Istria,  5,\^o.  Torna  la  somma  di 
ranogià  usciti, fra  gli  altri,  il  lodalocolon*  20,^60  uomini.  Questo  piano  però  col 
iielloSaivini,  e  il  tenente  colonnello  Giù-  progredire  del  secolo  avea  subito  ima 
sep[)e  Moro  che  a  lui  successe  nella  dire-  (jualche  modificazione.  Nel  1780   erasi 
iione  del  genio  marittimo,  e  il  vivente  più  creato  un  corpo  di  bombardieri  di  circa 
dieoUuagenariogeneralemaggiore  Giù-  5oo  uomini;  e  neli790  due  nuovi  reg- 
;eppe  Paresi,  che  pur  tenne  per  anni  mol-  gimenti  che  assumevano  i  numeri   pro- 
li la  slessa  carica.  Secondo  il   piano  poi  gressivii3  e  i4i  ognuno  d'8oo  uomini, 
esibito  a' 2G  aprile  1729  dal  maresciallo  ;iggiungevansi  all'infjnleria  italiana;  per 
:onle  Schouleuibourg,  ap[)rovalo  dal  se-  coi  il  totale  dell'esercito  permanente  a- 
nato,  l'esercito  stanziale  componevasi  in  viebbedovulosalirea  2a,ìi6o  soldali;sen- 
empo  di  pace   nel  modo  seguente.  In-  7.a  comprendervi  lelancie  spezzale,gliala- 
Qjnteria.  Dodici  reggimenti  italiani  for-  bardieri  ed  i  carabinieri;  i  quali  non  erano 
:i  ognuno  di  800  uomini  divisi  in  1  o  com-  in  sost  a  nza  se  non  guardi  e  d'onore  dia  Icu- 
lagnie,  q, 600.  Quattro  reggimenti  presi-  ne  pri  tua  rie  cariche  eslcrne,sì  civili  e  sì  mi- 
iiali,  che  prendevano  il  nome  dalle  città  litari,ma  chepur  ficevanoun  servizioche 
li  Padova,  liovigo,  Verona  e  Di  escia,  di  altrimenti  avrebbe  dovuto  prestarsi  da' 
1000  uomini  ognuno,  diviso  in  10  com-  soldati,  il  materiale  poi  dell' ai  liglieria, 
lagnie  ,  4)000-  Dieci  reggimenti  nazio-  senza  tenerconlodiquelloilislribuitonel- 
iati  ,  cioè  schiavoni  ,  di  4oo   uomini  o-  le  |»iazze  dell'Istria,  della  Dalmazia  edel» 
;nuno,  ripartili  in  i  o  compagnie,  4,000.  i'.\lbania,  conslava  al  cader  della  repub- 
Ire    compagnie   di   80    uomini    ciascu-  blica  di  non  meno  che  9,761  bocche  da 
la,  formanti  il  presidio  della  fortezza  di  fuoco  di  vario  calibro;  delle  quali  4>ii^ 
^almanuova  ,  240.   Cinque  compagnie  erano  in  bronzo, e  5,3  19  in  ferro.  fJi  tul- 
li greci,  di  60  uomini  ognuna,  fornian-  la  rpiesl'artiglieria,  'ji,293  pezzi  cuslodi- 
i  il    presidio  delle  piccole  piazze  di  Prc-  varisi  ne'parchi  dell'Arsenale  di  Venezia, 
esa,  Voniza  e  IJulinlrò  sulla  costa  d'E-  Gli  altri  /^/[GS  erano  invece  distribuiti 
iio  ,  3oo.  Tre  compagnie  di  beneme-  nelle  fortificazioni  di  Venezia  stessa,  «el- 
iti   (veterani)  di    120  uomini    ognuna,  le  piazze  della  Terraferma  e  della  Ionia, 
ilio.  Ca^'allcria.  Uu  reggimento  di  co-  e  sull'armata  navale,  come  può   vedersi 
azzieri,  6  compagnie  di  5o  uomini  o-  uell'encoraiala  opera,  f^umzia  e  le  sue 


662  \  hìH 

Lagune.  S'è  vero,  che  fra  le  truppe  ve- 
uele  raccoltesi  nel  1796  in  Veroua,  solto 
gli  ordini  del  luogotiMienle  generale  Gio- 
vanni Salimbeni,  si  noverassero  8  con«- 
paguie  d'artiglieria  d'8o  uomini  ciascu- 
na, come  narra  il  capitano  Antonio  Pa- 
ravia nelle  sue  inedile  Miinorie  ,  delle 
quali  il  suo  nipote  eh.  cav.  Pier  Alessan- 
dro mostra  far  gran  conto  nelle  Memo- 
rie p  eneziaiic  di  letteratura  e  di  sto- 
ìia,  Torino  i85o,  parrebbe  doversi  con- 
cludere che  anco  a  quest'arme  ,  dopo  i 
tempi  del  più  volle  lodato  Schoulera- 
bourg,  si  fosse  dato  rfiigliore  ordinameu- 
to.  Perh,  se  tulio  questo  giova  a  prova- 
re, che  la  repubblica,  ad  onta  del  gran» 
de  amore  posto  alla  conservazione  della 
pace,  volgea  pur  tratto  tratto  il  pensiero 
anche  alla  possibilità  della  guerra  ,  n'  è 
giusla  conseguenza  il  potersi  ritenere  che 
idonei,  almeno  nella  più  parte,  ne  fosiie- 
ro  gli  uflìziali,  ed  i  vecchi  per  consiglio, 
dopo  l'esperienza  accjuista la  sotto  un  tan- 
to capilano.  Certamente  non  mancavano 
molli  uffiziali  per  egregia  istituzione  di- 
stinti fra  gli  allievi  del  collegio  militare 
della  repubblica,  splendidamente  fonda- 
lo e  aperto  nel  1  709  in  Verona,  in  cui 
molti  dotti  uomini  dettavano  libri  di  le- 
sto, riformato  nel  1785  sul  piano  esibito 
dall'insigne  matematico  cav.  Anton  M.' 
Loiguadi  Cerea  generale  maggiore  del 
genio  nell'esercito  della  repubblica,  diret- 
tore del  collegio  e  fondatore  dell'illustre 
società  italiana  de'Quaranta.  Egli  era  suc- 
ceduto, nella  direzione  del  collegio  mili- 
tare, al  colonnello  Andrea  Ercolèo,  ch'eb- 
be gran  nome  fra'più  illustri  maestri  di 
lattica  militare  fiorili  in  Italia  nello  scor- 
so secolo.  Il  collegio  veronese  fu  poi  tipo 
delle  scuole  militari  di  Modena  e  di  Pa- 
via, in  tanto  grido  ne'tempi  Napoleoni- 
ci; e  Ira'suoi  allievi  taluno  corse  onorata 
curriera  negli  eserciti  de!  regno  Italico, 
della  Piussiae  deirAuslria,priiicipalmen- 
le  Pier  Luigi  Viani  generale  del  i.°,  Au 
ionio  Luigi  llomauò  lenente  colonnello 
dulia  2.',  Michele  Bos  direttore  dell'ar  li  • 


V  EN 

glieria  di  marina  della  3.'^  e  col  grado  dì 
tenente  colonnello.  Questo  quadro  di  for- 
ze terrestri  in  tempo  di  pace,  con  un'ar- 
tiglieria così  ricca  di  materiale  e  insieme 
povera  di  personale,  sì  poteva  facilmen- 
te raddoppiare  al  sopravvenir  della  guer- 
ra, senza  crear  nuovi  corpi,  onde  poteva 
l'esercito  salire  a  circa  4^,000  uomini, 
senza  conlare  i  2,5oo  cavalli  che  la  no- 
biltà di  Terraferma  eia  tenuta  a  forni- 
re, in  correspeltivo  deiriramuiiilà  e  pri- 
vilegi che  godeva  (intenderà  l'autore  par- 
lare de'iS  Coadollìeri  d'aniic^  gran  si- 
gnori e  da  guerra,  che  doveano  per  con- 
vegno di  detti  privilegi, capitanar  I  ooca- 
valieri  armati  a  proprie  spese).  Della  qual 
forza,  non  polendo  sguernirsi  la  Joniaj 
l'Albania,  la  Dalmazia,  potevasi  dis[)or- 
re  d'un  33, eoo  uomini.  A  questi  però 
potcvansi  aggiungere  le  cer/i/Jf?  delle  Pro- 
vincie di  Teriaferma,  delle  quali  parlai 
superiormente,  facendo  cenno  delie  for- 
ze militari  della  repubblica  ;  milizie  del 
contado  ordinale  pel  tempo  di  guerra 
con  decreto  del  senato  nel  1  SaS,  sommau* 
li  24, 1 00  uomini ,  dice  1'  autore  ,  senza 
calcolare  quelle  dell'Istria  creale  più  tar- 
di, e  comandate  da  ulliziali  dell'esercito. 
Forse  potevansi  calcolare  altri  circa  3, 000 
soldati,  traetiuoli  dalle  guarnigioni  diDal- 
mazia, sostituendoli  con  altrellante  crai- 
ne,  altra  specie  di  milizia  particolare  di 
quella  provincia,  parimenti  comandata 
da'dclli  uiriziali.Cou  luttociò  la  repubbli- 
ca non  avrebbe  potuto  raduuare  una  for- 
za maggiore  di  60,000  uomini,  compre- 
se le  rl^erve  e  le  guarnigioni  delle  piazze 
torti.  E  quando  avesse  potuto  occorrere 
uno  siurzo  più  grande,  avrebbe  dovuto 
ricorrere  al  partito  da  lei  anche  in  altro 
tempo  seguilo ,  di  assoldar  truppe  stra- 
niere. Ora,  chi  bene  consideri  che  la  re- 
pubblica di  Venezia  non  era  più  che  uno 
stato  di  terz'ordine,  che  appena  nume- 
rava, compresi  i  possedimenti  d'ollrema- 
re,  una  popolazione  di  tre  milioni  e  mez- 
zo d'anime,  con  una  rendila  ordinaria 
di  non  più  che  nove  annui  milioni  di  du 


V  E  N  V  E  N                  663 

cali  cCFellivi, aggravata  (lagrinteressid'iJD  imprevidente  in  politica,  ne  più  stolida- 
tlebilo  pubblico  che  saliva  a  circa  qua-  mente  avara  di  quello  che  fosse  allora, 
rantaqualtro  milioni  di  ducati  eilettivi,  convenendo  benissimo  nell'aulico  detto: 
non  dirà  certamente  che  queste  basi  del-  Si  vis  paceni,  para  ic/Z/^m.  Quindi  nuo- 
]a  sua  potenza  militare  fossero  minori  vamenle  giustifica,  anche  con  opportuni 
tIelL  possibilità  del  p8ese.  Al  contrario  confronti,  perchè  la  repubblica  ricusò  le 
duvrebbedirsi, ch'esse  erano  di  gran  lun-  leghe,  non  si  armò  ,  rimase  neutrale  in 
ga  maggiori  di  quanto  potevano  consen-  quellalotladi  giganti, esiastenuedasceu- 
tire  gli  ordinari  suoi  mezzi  economici,  dere  in  campo  contro  Francia  vittoriosa 
Quindi  è  che  per  dar  loro  il  necessario  ili  tante  potenze;  d'altronde  a  farle  argi- 
sviluppo  ,  forza  era  ricorrere  a  straordi-  ne  bastar  dovendo  le  forze  unitedegli  au- 
nari  provvediuìenli  pecuniari,anmenlan-  slro-sardi,  gli  slati  de'quali  la  separava- 
do,  e  non  lievemente,  ogni  ramo  di  pub-  no  da  quellafoi  uace  di  rivoluzione.  I  fal- 
blico  reddito  diretto  e  indiretto,  aprendo  ti  d'iiiconteslabile  storica  verità  che  pro- 
prestiti,  eccitando  olTerle,  ponendo  mano  duce,  la  rapidità  degli  avvenimenti  ed  i 
infine  a  tulli  quegli  spedienti,  che  veu-  suoi  ragionamenti  provano,  egli  crede: 
gono  sempre  giustificali,  quando  le  pub-  »»  che  coloro  i  (piali  feroeemenle  accusa- 
bliche  necessilà  sieno  gravi  e  palesi.  E  la  no  d  contegno  di  quegli  anni  osservato 
repubblica  poteva  tanto  più  facilmente  dalla  repubblica,  o  per  ignoranza,  o  peg- 
ricorrervi  con  effetto,  quanto  era  mino-  gioancora  per  iniquo  artificio, coufondo- 
re  la  gravità  de'lribuli  ordinari  che  so-  no  l'ordine  degli  avvenimenti,  e  teularo 
leva  esigere  da'propii  sudditi.  Nonilime-  ingannare  il  giudizio  de' posteri;  a  quel 
no  un  governo  che  ha  per  principio  fm-  modo  medesimo  che  l'inganna  chi  si  stu- 
damentale  della  sua  politica  interna  la  dia  raj)preseutarcela  ne'suoi  ultimi  5oan- 
uiilezza  delle  pubbliche  imposizioni  d'o-  ni  sentina  spaventevole  d'  ogni  più  dete- 
gni  maniera,  non  è  mai  che  se  ne  allon-  slabile  vizio.  La  guerra,  sia  essa  suggel- 
tani  senza  buone  ed  inconlraslale  ragio-  lata  dalla  sconfitta  o  coronata  dalla  vil- 
ni.  La  repubblica,  fortunatamente  per  es-  loria,  è  sempre  un  grande  disastro;  ed  è 
sa  ,  non  avea  d'  uopo  di  grandi  forze  a  appunto  pei'  questo  che  i  governi  savi  e 
mantenere  in  fede  le  soggette  provincie.  onesti  non  vi  si  cimentano  mai  se  non 
Imperocché  :  dove  è  più  spontanea  l'iib-  costretti  da  una  indeclinabile  necessilà". 
bidieiiza  de'sudditi,  ivi  è  maggiore  la  sa-  ^'ondilneno  per  le  strepitose  e  moltepli- 
pienza  eia  bontà  de'governanti.  Senlen-  ci  vittorie  e  conquiste  di  Napoleone,  che 
•/a  giustamente  lanciala  dal  conte  Dan-  lu'.li  sbalordirono,  ogni  risoluto  paitito 
tiolo  contro  di  Lamartine  ,  per  le  paro-  era  per  conseguenza  divenuto  im[)0isibi- 
le  oltraggiose  da  lui  pronunziate  contro  le  alfallo  a  Venezia;  uè  altra  alternativa 
l'antica  repubblica  veneta.  Quindi  per  restandole,  fuor  (piella  ili  temporeggiare, 
non  a"gravnre  lu  misura  ordinaria  de'  o  di  abbandonarsi  interamente  a'fi-ance- 
piibblici  carichi,  e  mantenere  al  tempo  si,  il  i. "partito  prevalse.  Però  non  si  ri- 
stesso forze  navali  sudicienli  all.i  [irole-  mise  essa  colle  mani  alla  cintoli,  procu- 
zioue  efficace  del  suo  comujercio  marit-  rò  con  mezzi  straordinari  di  rifornire  in 
timo,  per  li  miglioraraenli  ch'eransi  pio-  qu.Tlche  modo  l'erario,  iu  cui  versò 
posti  a  pubblico  vantaggio,  la  repubbli-  3,32  i,o4o ducati, conseguenza dc'dccre- 
ca  negli  ultimi  anni  di  sua  politica  osi-  li  del  giugno  i  79G  e  del  marzo  i  797,  e  ciò 
stanza  nduceva  le  forze  terrestri  al  [)uro  senza  ricorrere  a'que'più  vigorosi  parti- 
bisognevole  per  l'indispeusabile  servizio,  li  che  avrebbero  suscitati  gì' interni  da- 
Non  disconosce  tutta  volta  l'autore,  che  la  mori,  e  porlo  argomento  a'francesi  di  af- 
repubblica,  in  della  epoca,  non  fu  ne  più  frettare  il  compiiueiilodc'disegni  che  aa- 


664  '  V  E  N 

(lavano  già  mulinando.  Quindi  narra  gli 
armamenti  e  l'energiclie  misure  di  pre- 
cauzione presi,  ma  riconosce  che  in  tan- 
ta strettezza  di  tempo  e  prossimità  di  pe- 
ricolo ,  questi  rimedi  erano  insudicienti. 
Non  poteva  poi  far  di  più  per  non  adom- 
brare la  ormai  conosciuta  baldanza  di  Do- 
naparte,  pronto  sempre  a  giovarsene  pe' 
suoi  fini;  e  le  arti  infami  colle  quali  i  di 
lui  agenti  non  cessavano  di  tentar  del 
continuo  la  fede  de'sudditi,  persino  nel- 
la capitale  medesima,  erano  altrettante 
cause  che  dovevano  ralFermarla  ognor 
piìi  nel  partito  già  presodi  non  precipi- 
tare gli  avvenimenti.  Quando  Bonapar- 
te  giungeva  «'confini  veneti,  ed  incomin- 
ciava a  metter  in  iscompiglio  le  provin- 
cie,  l'Italia  tutta  piegava  il  ginocchio  in- 
nanzi a  lui,  e  l'Austria  medesima  vedeva- 
si  forzala  a  lasciargli  libero  il  campo.  La 
repubblica  di  Venezia  fu  colta  alla  sprov- 
vista, perchè  non  previde  ciò  che  nessuno 
poteva  neppursognare,valeadirei  prodi- 
gi inauditi  da  Conaparlein  pochi  giorni  o- 
perati;  e  perchè  egli  raedesimo  toglieva- 
le  in  seguito  il  tempo  e  il  modo  di  op- 
porgli una  valida  resistenza.  Se  gli  sforzi 
dell'Austria  aflfatto  degni  d'una  delle  più 
grandi  potenze  del  mondo,  e  l'alto  valore 
medesimo  dell'arciduca  Carlo,  non  valse- 
ro,non  che  a  vincereDonaparte,a  frappor- 
re il  benché  menomo  ostacolo  al  rapido 
compimento  de'suoi  ardili  divisamenti;  è 
fuor  d'ogni  dubbio,  che  qualunque  resi- 
stenza avesse  potuto  opporgli  Venezia, 
che  sarebbe  rimasta  sola  a  sostenere  la 
lotta  in  Italia  ,  sarebbe  sempre  riuscita 
egualmente  infruttuosa.»  Quindi  è  che 
l'imprecare  come  tanti  hanno  fatto,  e  si 
ostinano  a  far  tuttavia,  contro  la  memo- 
ria d'un  governo  ormai  da  quasi  60  an- 
ni caduto,  perchè  non  abbia  fatto  ciò  che 
prima  dell'umiliazione  del  Piemonte  far 
non  do vea; die  dopo  non  potevate  che  in 
nessun  caso  avrebbe  giovato  ne  a  lui,  né 
ad  altri;  non  è  cerlaraenfe  opera  di  buon 
cittadino.  L'aifermare  poi,  che  tutto  que- 
sto avvenisse,  per  mancanza  di  fede  ^  di 


V  E  N 
educazione,  di  costumi,  di  armi,  di  te 
soro ,  di  consiglio,  avanza  tutto  quello 
che  siasi  mai  detto  o  sonilo  contro  Ve- 
nezia, e  non  poteva  cadere  sotto  la  pea- 
na se  non  a  chi  sagacemente  spaccia,  (pia- 
le moneta  d' ottima  lega,  il  dialoghelto 
delle  stelle  giudicate  candele  di  cera  ar- 
denti in  ciclo;  e  mostra  credere,  che  solo 
a  Venezia  ed  a'tempi  di  Gaspare  Gozzi, 
si  avesse  a  fare  con  leste  di  macigno,  i 
discorsi  di  lettere  fossero  banditi  come 
la  peste,  gli  allocchi  avessero  buona  far- 
tana,  ed  i  meritevoli  trovassero  mille  iu' 
loppi.  Oh  !  queste  non  furono  mai  e  non 
saraiuio  m;ù  sciagure  particolari  d'un  so- 
lo paese,  di  un  solo  tempo.  A'tempi  del 
Gozzi  poi,  era  ancor  men  vero,  che  cosi 
propiiamente  corressero  le  cose  in  Vene- 
zia. Egli  mentiva,  e  ciò  ch'è  mollo  peg- 
gio ,  sapeva  di  mentire  ...  Gerii  uomini, 
comuncjue  per  scienza  o  letterario  valo- 
re eminenti,  non  per  (juesto  accagionar 
potevano  giustamente i  tempi  adessi  toc- 
cali della  loro  poco  buona  fortuna.  Ed  a 
(piesto  numero  apparteneva  appunto 
(jnell'etcrno  e  bugiardo  piagnone  che  fu 
il  conte  Gaspare  Gozzi  ,  letterato  egre- 
gio, filosofo  non  più  che  mediocre,  in  o- 
grii  altra  cosa  uomo  inettissimo".  Vene- 
zia cominciava  a  mancare  a  se  stessa, 
quando  cedeva  alla  temeraria  baldanza 
con  cui  Bonaparte  richiedeva  che  pro- 
cessati fossero  e  puniti  gì'  inquisitori  di 
stato  e  fizzarnano.  Era  ben  lungi  dal  ve- 
10,  che  all'opera  degl'inquisitori  di  stato 
si  dovessero  attribuire  le  agitazioni  de' 
popoli  e  le  uccisioni  de' soldati  francesi. 
Esigeva  giustizia,  che  l'accusa  si  rovescias- 
se sopra  i  francesi  medesimi.  Gl'iiKjuisi- 
tori  anzi  eransi  adoperati,  per  quanto  po- 
tevano consentirlo  i  tempi,  con  ogni  stu- 
dio, a  mantenere  l'ordine  e  la  (pnete  in- 
terna. iXè  altrimenti  esser  poteva,  sapen- 
do la  signoria  di  non  poter  far  gran  con- 
to, né  sulle  forze  proprie,  né  sugli  aiuti 
dell'Austria,  dovendo  difender  se  stessa. 
Pizzamano  poi  avea  adempiuto  ad  un 
dovere,  cui  nou avrebbe  potuto  manca- 


V  E  N  V  E  iV  6(35 
re  senza  delitto.  La  repiilìblica  ,  safjnfi-  de'  Grilti,  de*  MoroMui,  de'  Foscaiini,  e 
caiuloli  allj  brutale  violenza  di  cui  Do-  di  tanti  illustri  dogi  suoi  predecessori. 
n;ipaile  faceva  pompa  a  (juel  leaipo,coin-  L'abtIicazionei2  maggio  1797  non  fu  che 
metteva  un'odiosa  ingiustizia,  e  avviliva  legittima  conseguenza  degìi  errori  che 
se  stessa.  Tanto  più  die  non  poteva  f,ir  l'aveano  piecedutn,  e  che  si  erano  accu- 
piìi  assegnamento  sulla  Terraferma  già  mulati  l'un  sopra  l'altro  in  questi  teiu- 
invasa  in  gran  parte  da' fiancesi,  uè  do-  pi,  cioè  gli  accennali  da  ultimo.  Quin* 
vea  temere  che  si  forzasse  nella  sua  me-  di  è,  che  Venezia  stessa,  così  a  lunijo  am- 
desima  capitale.  Allora  il  cannone  noa  mirata  per  la  grandezza  e  per  la  saggezza 
colpiva  a  seimila  metri  di  ilistanza  ;  le  de'suoi  consigli,  indecorosamente c.iileva, 
Lnguneeranoarmafejnon  miincava  qual-  per  colpa  dell'esagerate  paure  di  Lodo- 
the  nerhodi  milizia  schiavona,  chcavreh-  vico  Manin  e  de' pusillanimi  consiglieri 
|ie  resa  la  difesa  piLx  vigorosa;  e  se  \ìì-  ch'egli  avea  intorno  a  se  radunati,  pren- 
nezia  avesse  dovuto  così  rimnnerealf.it-  dendo  norma  alla  scelta,  piuttosto  dal- 
lo divisa  dalla  Terraferma,  colle  proprie  l'importanza  del  carico  di  cui  erano  rive- 
forze  marittime,  e  coll'aiuto  dell'  Inghil-  stili,  che  dalla  fama  del  vero  loro  meri- 
terra,  avrebbe  potuto  mantener  sempre  to.  E  questa  mala  abitudine,  che  forse 
libere  le  sue  comunicazioni  col  mare,  e  non  è  per  anco  interamente  cessata  nel 
Sottrarsi  almeno  per  qualche  buon  trat-  mondo,  di  far  deiivare  l'autorità  de'con- 
lo  di  tempo  al  pericolo  della  fame,  di  sigli, anzichèdalìe  doti  personali  degli  uo- 
acqua  avendola  premunita  il  Nani.  Peiò  mini,  dal  grado  o  dall' ullicio  che  fungo- 
la  repubblica  non  avrebbe  potuto  scam-  no,  traeva  altresì  il  senato  a  seguir  gli 
pare  a!  naufragio;  i  pielitniiiari  di  Leo-  avvertimenli,  o  vili  o  pei  fidi  di  Goiidul- 
ben  erano  già  sottoscritti,  e  l'aveano  or-  mer.  ìVè  com  sarebbe  avvenuto,  se  l^aolo 
inai  avvertita,  che  l'ultima  sua  ora  era  Pienier  avesse  ancora  occupilo  il  seggio 
presso  a  suonare.  D'altronde,  ridotta  al-  ducale,  siccome  uomo  d'alto  intelletto  e 
le  sole  risorse  dell^capitale,  col  peso  del-  forte  animo,  almeno  avrebbe  sapulo  far 
la  Dalmazia  e  dell'isole  Jonie,  le  quali  cailer  la  re|)ubblica  con  maggior  tlignilà, 
non  rendevano  alla  repubblica  quanto  salvando  l'onore  della  patria  sua  ,  seiu- 
costava  la  loro  amministrazione  e  «life-  brando  nato  fatto  per  que'tempi  procel- 
sa,  e  ulti  elianto  fors' anco  può  dirsi  del-  losissirui;massimese  avesse  poliilogiovar- 
ristria,  saiebbesi  trovata  in  coni  fatte  di-  si  dell'opera  e  decousigli  d'Angelo  Emo, 
strelte, da  non  poter  durare  lungamente,  ultimo  eroe  militare  della  repubblica,  o 
Mancava  Venezia  a  se  slessa,  quando, ad  almeno  di  Jacopo  Nani.  »  Nondimeno  è 
antivenire  i  dcsiderii  del  suo  insolente  ne-  fuor  d'ogni  dubbio,  che  se  uomini  di  piìi 
mico  ,  liberava  dal  carcere  gli  arrestali  forte  ingegno  e  d'animo  più  vigorosr)  po- 
politici,  accrescendo  così  il  jiumero  de-  levano  prorogare  in  (pialclie  modo  I  ago- 
grinlerniagitatori,  e  quindi  i  pericoli  del  iiia  della  repubblica,  non  potevano  però 
governo.  Mancava  per  ultimo  Venezia  a  in  nessun  caso  ridonaile  lunga  e  prospc- 
se  sfessa,  quando  rimandava  in  patria  la  ra  vita.  Era  ancor  troppo  grande  Vene- 
milizia  schiavona,  sulla  cui  fede  poteva  zia,  perchè  nella  general  sovversioned'o- 
contaie.  Questo  dovca  intendere,  e  non  gni  ordine  antico,  la  Francia  che  fino  al 
inlese  la  Consulta;  creazione  infelice  del-  i  8  1  \  dovca  prevalere  sopra  ogn'altra  pu- 
la mente  d'un  uomo,  che  sebbene  ottimo  lenza  contiMeiitale,  tollerar  potesse  ili  ve- 
cillailiiio,  non  era  destinato  ad  elevarsi  dervi  sussistere  un'aiiitocrazia  ereditaria, 
all'allezza  degli  Orseoli,  de'  Michiel,  de'  Era  poi  frop[)o  piccola  ,  per  lottare  con 
Dandolo,  de'  Gradenigo,  de'  Conta:  ini,  qualche  speianza  di  buona  fortuna,  con- 
de'.Moccuigo,  de'  Foscari,  de'  Loiedan,  irò  un  colosso,  che  guidato  dal  più  gran- 


666  V  E  N 

d'uomo  tle*lem[)i  moderni,  doven  lima- 
i»ere  per  tanti  anni  invincibile.  Quando 
pure  fosse  riuscito  a  Venezia  serbare  un* 
cnnbra  di  politica  indipendenza  a  Campo- 
formio,  essa  l'avreblìe  irremediabilmen- 
te|)erduta  a  Luneville.  Troppi  esterni  in- 
teressi concorrevano  allora  alla  sua  di- 
struzione. Se  dunque  può  dirsi,  che  la 
sua  caduta  non  fu  dignitosa,  può  rispon- 
tlersi  con  non  minor  verità,  che  fu  ine- 
%'ìtahìlcl  "  La  bella  e  importante  opera 
del  conte  Dandolo,  non  è  del  tutto  pnb- 
Micala.  E  sotto  il  torchio  il  4-°  libro.  Mi 
è  nolo,  che  in  esso  il  eh.  autore,  pieno  di 
patrio  zelo  diaiostrerà,  co(ne  il  governo 
degli  ultimi  5o  anni  dell'aulica  e  glorio- 
si repubblica  di  Venezia,  per  cnezzo  de- 
gli stessi  suoi  atti  farà  conoscere  quanto 
fosse  diverso  da  quello,  che  alcuni  scrit- 
tori moderni  lo  rappresentano.  Pel  com- 
plesso dell'opera,  io  prevedo  una  2.^  edi- 
zione, ad  onore  di  Venezia.  Io  ancora  non 
conosco  la  Nola  sui  Liberi  Muratori  Fc' 
jicziaiiiy  però  posseggo  la  Relazione  del 
modo  con  cui  si  scoprì  in  P^enezia  il  dì 
6  maggio  1785  una  Loggia  di  Liberi 
Muratori.  11  conte  Dandolo  l'ebbe  dal 
cav.  Cicogna,  e  fa  parte  della  sua  dovi- 
ziosissima laccolta  di  Codici  Feneziani^ 
quindi  la  pubblicò:  eccone  un  estratto.  Ri- 
conevaa'aSaprilei  78  5  la  festa  di  s.  Mar- 
co, principal  protettore  di  Venezia  e  del 
suo  dominio,  quando  si  scoprì  che  per 
tradimentoera  stato  appiccalo  il  fuocoal- 
l'Arsenale;  fuoco  che  veuneeventualujen- 
te  scoperto  da  una  donna  pensionata  a 
■vita  dalla  pubblica  munificenza,  proba- 
bilmente una  delle  cucitrici  di  vele  di 
quellostabilimento,ecos\  essa  impedì  un 
incendio  che  poteva  riuscir  fatale  al  me- 
tlesimo  ed  a  gran  tratto  della  città;  poi- 
ché propriamente  dovea  scoppiare  nella 
Seguente  notte,  ma  per  buona  ventura 
inanifestossi  dopo  il  mezzodì,  a  cagione 
<i'un  vento  straordinario  eh' crasi  mosso 
ioiprovvisamente  a  levante  e  che  infuriò 
tolta  la  giornata.  Tale  accidente  mira- 
colosamente sopito  per  la  protezione  del 


_  YEN 
8.  Evangelista,  mosse  la  pubblica  vigi- 
lanza a  tener  guardalo  con  più  gelosa 
custodia  quel  pubblico  edifizio,  ed  a  sor- 
V'-gliare  tutti  i  sestieri  della  città;  a  tal 
fine  moltiplicando  guardie  e  indagatori 
onde  scuoprire  possibilmente  gli  autori 
d'una  fellonia  così  orrida  e  spaventevo- 
le. Nelle  indagini  che  si  facevano  fu  os- 
servalo da  fedeli  esploratori,  nella  notte 
de' ...  maggio,  che  in  certo  palazzo  situa- 
lo in  Ilio  Maria  in  contrada  s.  Simon 
grande,  dopo  la  mezzanotte  entrava  di 
quando  in  quando  qualche  pulita  per- 
sona, a  cui  veniva  aperta  la  porta  al  seui- 
plice  segno  d'una  piccola  pulsazione.  Ri- 
leiitosi  ciò  al  tribunale  supremo,  furono 
dal  medesimo  commesse  le  più  circospet- 
te indagini;  quando  nella  stessa  mattina 
fu  deposto  al  segretario  della  detta  ma- 
gistratura da  certo  marangoni  Che  a- 
vendo  egli  per  commissione  del  nobil 
uomo  T...  fabbricato  un  armeron  grande, 
gli  fu  imposto  di  portarlo  in  Rìomarin  nel- 
l'androne d'un  palazzo, e  poi  di  notte  vo- 
lendo esplorare  s'era  stato  rimosso  ,  noi 
trovò.  Che  preso  da  dispiacere  che  altro 
artefice  avesse  posto  n^ano  al  suo  lavoro, 
e  congetturando  da'cenni  fattigli  dal  ca- 
valiere, che  l'armerone  dovesse  andare  a 
ridosso  delle  finestre  d'un  pergolo;  e  os- 
servando nel  palazzo  un  pergolo  della 
larghezza  circa dell'armerone,  s'introdus- 
se nel^appartaIaen^o  superiore  a  quello 
dov'era  il  pergolo,  pregando  gli  abitanti 
di  esso,  per  un  suo  sospetto  a  permetter- 
gli fare  un  buco  con  un  trivellino,  onde 
osservare  se  il  suo  arraerou  fosse  colloca- 
lo dove  congetturava.  Che  gli  abitanti  ne 
furono  condiscendenti,  per  aver  concepi- 
to qualche  curiosità  di  sapere  chi  fossero 
qiie'peisonaggi,  i  quali  si  radunavano  so- 
lo in  tempo  di  notte;  che  però  si  portò 
nella  notte  de'4  maggio  in  detta  abitazio- 
ne, avendovi  fatto  prima  il  buco,  ed  ivi 
fern)atosi  sino  all'apertura  deli.°  appar- 
ta u)ento,  osservò  illumioarsi  dopo  la  mez- 
zanotte una  sala  vestita  a  lutto,  e  addob- 
l)ata  con  un  trono  coperto  di  panno  bleu, 


ì 


YEN  YEN                    GG7 

con  alili  allrezzi  luoi  tiiari,  e  qua  e  !à  di-  non  lia  tli(RcoIlà  di  concedere,  se  vuoisi, 
speisi  [)icco!i  ferali  con  jieisone  (jaiimen-  clic  questo  aoedJofosia  uim  ili  q^jc-ile  so- 
li qua  e  là  sedute  in  vesli  nere:  sicché  a  lue  code  die  focilineiile  si  appiccano, per 
ijutll'oriida  vista  ebbe  a  sp.:ivenlaisi;  e  fini  o  sciocchi  o  malvagi,  anche  a  fatti  in 
di  più  gli  venne  fallo  di  sentire  tla  quel-  sostanza  \crissinii.  In  nniricdnza  ili  prove 
lo  thfc  »eueva  in  Irono  qui-sle  precise  [>a-  migliori,  il  caulo  scrittore,  crede  che  l'in- 
iole.  Sospeudianio,  o  fratelli,  il  itoslro  cendio  dell'arsenale  fece  scuopiire  quella 
congresso ,  perclù-  noi  siamo  osfen^ali.  Cùuveiilicoladisellariijedawerlechecan- 
Che  inoltre  scuopr'i,  che  in  quella  stanza,  celiò  dalla  flelazione  ì\  uotne  del  palri- 
cffeltivameule  a  ridosso  del  pergole,  era-  zio  che  avrebbe  ordinato  l'armeron  ;  pol- 
vi il  suo  aiinerone.  Che  lanciali  in  coster-  che,  ponendo  in  dubbio  la  veiità  di  quel 
nazione  gli  abitanti  di  quel  2."  apparta-  fitlerello  ad  unta  de'suoi  particolari,  non 
meulo,  egli  tutto  spaventato  e  sorpreso  ciedelte  pubblicai  ne  il  nome.  "  Quaiilo 
ilulia  novità  degli  oggetti  ,  supponendo  più  si  va  lipescando  in  qiie>l'aifare  de'li- 
Ijonariamente  che  ivi  si  facessero  streghe-  beri  muratori,  e  lauto  maggior  certezza 
rie  e  opere  del  dcniouio,  si  portò  scanda-  6i  acquista,  che  lolla  l'esisleiiza  e  la  sco- 
lezzalo  dal  parroco  di  s,  Simeone  [aofe-  perla  della  loggia,  tulio  il  resto  è  incer- 
ta suo  confessore,  ed  avendogli  esposto  lissiino.  Oltre  il  Calidogude'liberi  mura- 
li da  lui  veduto  ,  sentito  e  osservato,  lo  torislanipatu  dal  iMuliiielli,  e  cpaello  che 
consigliò  a  dover  tosto  palesare  al  gover-  si  consci  va  presso  la  luucoUa  Correr, 
iiO  lutto.  Così  fece  il  buon  uomo  col  se-  ne  esistono  ben  molti  altri,  e  non  pochi 
grelario  degl'inquisitori  di  stalo.  Fu  duo-  lic  possiede  il  cav.  Cicogna,  Ma  cappun- 
«jue  in  quella  stessa  mattina  6  maggio  lo  la  grande  diversità  dti  nomi  che  vi  si 
dala  coinoiiisione  da  quel  supremo  tri-  leggono  che  toglie  loro  ogni  fede.  Il  pro- 
|,ui-ale  che  ivi  si  trasferisse  il  fanle  Cri-  cesso  alluia  fallosi  ddg^in(pll^ilori  dista- 
slofoli,  accompagnalo  dal  capitan  gran-  to,  qualunque  ne  sia  stala  lac-iusa,  ven- 
de, e  compagina -ili  1^  uomini.  Enlrato  ne  a  smarrire;  e  quindi  lotte  queste  110- 
(juesti  ueirappartamento,  vi  sorprese  un  tizie  ci  pervengono  da  fonti  più  o  meno 
nobile  soggetto,  che  di  quel  luogo  ne  fa-  impure.  A  che  dunque  lenlare  su  (|uesle 
levala  guardia,  e  scuopii  una  loggia  basi  di  diifamare  pi  csno  la  posterità  no- 
di   liberi    inuralori   setla:ii.    Sossiunge  mini    che  forse   non  hanno   luacchiaV" 


'00 


(juiiidi  il  coute  Dandolo,  da  quesla  Zìe-  L'encomialo  scrittoi  e  j).  Uresciani,  nel  li- 
laz'onc  apparirebbe  dunque  iiienameii'  Lio  ricordalo  disopra,  racconta:  »  Qui 
te  favoloso  il  racconto  del  cav.  Muliuel-  il  veneziano,  ch'era  un  gentiluomo  sapu- 
li:  ed  il  Zulian.  che  non  era  uomo  av-  lo  e  oe'segreli  deU'uujaiia  perfidia  bene- 
ventato,  la  cui  balordaggine  avrebbe  da-  sperlo,  venne  con  ammirabile  precisione 
to  causa  alla  scopetta  della  loggia,  non  scorrendo  per  tutte  le  Ir.nne  de'repub- 
c:ì  sarebbe  entralo  né  punto  né  poto,  poi-  biicani  per  i«pinger  Venezia  nel  baratro 
che  egli  il  bailo  trova  vasi  allora  a  Co*  della  sua  peruizione;  e  cominciò  a  conta- 
stanlinopoli.  La  scoperta  invece  saiebbe  le  le  sollevazioni  de'giacobmi  i^ligale  dai 
tilelto  della  maggior  vigilanza  esercitata  generali  francesi  a  lieigaujo,  a  Brescia,  a 
in  q.ie'giorni  per  cagione  di  so«petli  falli  Crema,  sul  lago  di  Garda,  e  [loscia  a  Va- 
n-iscere  dall'inceudio  poco  prima  sviiup-  ilova,  a  Vicenza,  a  Tieviso  e  in  molle  al- 
palosi  all'aisenale;  e  questa  è  certo  co»a  Ire  città  e  terre  della  sigiioii.i,  nelle  qua- 
inollo  più  facilmente  credibile.  Kè  punto  h  1  villani  fedeli  a  s.  .Marco  azzullandosi 
gioverebbe  a  screditare  questo  racconto  co'giacobini,  e  facendo  con  esso  loro  al- 
meltere  in  dubbio  la  veiilà  della  denun-  le  schioppettale,  più  volle  le  palle,  che 
falUddl  maia.igou.  Il  conte  Dandolo  UìCIVjuq  dagli  archibugi  senza  occhiali, 


Zia 


668 


V  E  N 


ferivfino  ed  uccidevano  alcuni  soldati 
finncesi,  i  quali  (chi  sa  [)erf|iiai  buon  uf- 
fìzio) Irovavansi  da  le  (Ile  de'  ribelli.  Ad 
ogni  francese  che  cadeva  in  quegli  scon- 
tii,  i  generali  repubblicani  davano  in  e- 
scandescenze  furiosissime,  chiamando  la 
signoria  veneta  crudele,  Iradilora,  e  bra- 
mosa di  sporgere  il  sangue  francese,  e 
dieiro  a  questi  rammarichi  minacciava- 
no d'intimarle  la  guerra,  quasiché  il  ri- 
bellarle e  rapirle  le  [)iì»  belle  città  di  Ter- 
inlèrma  fosse  un  dolce  pegno  di  pace". 
De'giacobini  e  traditori  ili  Venezia  parla 
più  sotto, ed  io  lo  ripeterò  a  suo  luogo. 
Già  descrivendo  la  Sftta  de'framinassoni 
o  Dlunilori,  notai  che  nel  Siipplìi/ienlo 
ni  Giornale  ecclesiastico  di  lloina  del- 
Vanno  I7g4>si  ragiona  de'frammassoni 
di  Venezia,  molti  de' quali  aggregati  alle 
logge  di  IMdano,  di  Trieste  e  di  altre  cit- 
tà. Del  loro  carattere,  perchè  collegati 
c.o'G/(7/z«'«/.9//,  e  descritti  dairantesigna- 
ito  di  questi  il  fanioso  ab.  Pietro  Tam- 
burini, anche  giacobino  ;  ed  ivi  pure 
si  tratta  del  giacobinismo  de'giansenisti, 
come  de'giansenisti  di  Venezia  e  suo  do- 
minio, corrispondenti  de' francesi,  loro 
irtelodo,  credenza,  massime  gallicane  e 
spirilo  democratico. — Nella  C/VzYtó  Cai- 
tolica,  1.'  serie,  t.  8,  p.  5o,  lo  slesso  fa- 
condo p.  Bresciani  nel  suo  libro:  Ubal- 
do ed  Irene;  La  Repubblica  America- 
na e  la  T'cnela^  dichiara,  che  a  suo  pa- 
rere niuna  delle  antiche  e  delle  recenti 
nazioni  ebbero  giovinezza  pari  a  quella 
che  vigori^ce  nelle  robuste  meiìibra  della 
repubblica  americana, uè  vecchiezza  pari 
a  (piella  che  iiifermòe  spense  la  repubblica 
di  Venezia;  perocdiè  gli  americani  gran- 
deggiarono senza  puerizia  e  adolescenza, 
la  vecchiaia  de' veneti  incadaverii  danzan- 
do, ridendojSollazzando,  colle  guaiicie  ro- 
sate, fra  le  melodie  della  musica,  le  deli- 
zie ile'conviti,  e  le  gioie  d'una  sposa  no- 
vella, lingionaiulo  della  caduta  della  re- 
pubblica di  Venezia,  sulle  dilTerenti  e  con- 
trastate cause,  egli  dice,  al  leggere  gli  sto- 
rici della  caduta  di  Venezia,  per  alcuni 


VE  N 

si  procede  dalle  cagioni  remote,  e  in  ci5 
tengono  l'usanza  degli  anatomici,  i  quali 
\edeiido  morire  d'un  tocco  apoplelico  al- 
cun illustre  personaggio,  ne  esaminano 
tutte  le  parli  del  corpo,  quindi  entrano 
in  mille congelture.Nella  discrepanza  del- 
l'opinioni,sulla  caduta  diVenezia, parlan- 
do anatomicamente,  chi  l'assegna  a  vec- 
chiaia, chi  all'infiollimento  de'muscoli  e 
de'  nervi  di  quel  gran  corpo,  chi  a  lan- 
guore di  stomaco, chi  al  vecchio  sangue 
riuscito  in  linfa,  chi  ad  umori,  che  insac- 
carono nel  diaframma,  ec.   Imperocché 
Venezia  avea  marine  e  porti  con  navi  ag- 
guerrite, avea  il  tesoro  poderoso  e  mas- 
siccio di  vecchi  e  nuovi  zecchini,  famiglie 
ricche  e  potenti,  commercio  attivo,  cre- 
dilo sopra  tutte  le  tavole  d'Europa,  leg- 
gi sapienti,  uomini  scorti,    antiveduti   e 
assegnati  ne'consigli,  nell'amministrazio- 
ni, ne'governi,  nelTambascerie:  possede- 
va territorio ubertosissimo,  cillà  floridis- 
sime, foitez'/e  munitissime,  uomini  valo- 
rosi e  della  repubblica  amantissimi;  ma 
sopra  tutto  avea  autorità  e  balia  piena 
sui  popoli,  che  a  uii  suo  cenno  porgeansi 
drjcili,  ossequenti,  riposati  in    quella  fi- 
ducia che  nascea  dall'amore  e  dalla  ri- 
verenza all'alta  signoria,  nella  cui  sapien- 
za abbandouatamente  dormiano.  >»  Sia 
vero,  dicon   gli  uomini  di  stato,  ma  noi 
veggiamo  che  tu  ci  vai  a  condurre  a'tar- 
li,  che  trivellano  un'antica   società,  un 
dì  vigorosa  in  virlìi  delle  sue  leggi,  isti- 
tuzioni e  costumanze  sapienti,  ed  ora  è 
falla  languida  e  inferma  da  una   civiltà 
voluttuosa,  molle  ed  elTemminata  che  la 
conduce  come  farfalla  intorno  al  huìie 
della  lampada  ardente,  ed  ivi  tanto  s'ag- 
gira, si  trastulla  e  svolazza, che  vi  divam- 
pa, e  in  fumo  dilegua  la  chiarezza  degli 
orati  e  gemmali  colori,  che  le  scintilla- 
vano sull'ale  lascivetle  e  gaie.  Chi  oono- 
sceahpjanlogli  ulliiui  cinfjuaut'anni  del- 
la repubblica,  la  vede  nuotare  a  gala  e  di- 
guazzare nella  spensierataggine,  nel  lus- 
so, ne'piaceri,  ne'  giuochi,  nelle  comme- 
die: impancarsi  le  intere  notti  io  que' 


V  E  N  V  E  N  6% 
paiadiselli  d'Armida  sotto  le  Piocuratìe,  ginslizia,  fra  l'agiatezza  dell'opulenza; 
sorseggiando  il  catlè  di  Levante,  centel-  d'un  popolo  che  sia  piacidanieiile  oziaii- 
landu  liquori  squisitissimi,  e  nella  slate  do  so[)ra  ì  suoi  molli  guanciali,  fra  le  ro> 
gustando  le  acque  gelale,  i  suoi  sorbetti  se  spicciolate  e  i  gelsomini,  che  non  pen- 
di fragola  e  di  lampone,  le  sue  felle  fiam-  sa  alla  dimane, perchèil  diman  surge  (ìo- 
ineggianti  di  cocoaiero  in  gelo;  e  in  cole-  rito,  sereno,  doralo  ed  olezzante  cutiie 
sti  paradiselti.qiianlè  lunga  la  nolte,udir  l'ieri;  che  non  teme  soverchierie,  che  niu- 
concerti  di  violini,  di  chitarre, di  mando-  no  gl'insidia  alla  borsa,  che  non  ricorda 
lini, di  violoncelli  e  di  flauti  con  voci  di  più  il  nome  di  sedizioni,  di  tumulti,  di 
cantori  e  canlatrici,  che  a  mula  a  muta  ammulinamenli,  di  congiure  e  di  guerre; 
vengono  a  molcer  gli  orecchi  e  rallegrar  che  la  Serenissima  ha  parlato,  ed  è  ub- 
il  cuore.  Vede  le  mascherate  in  lauta  bid ila  ;  il  Co/^sfg/o  <7e  £)/('5e  viiol  cos'i,  e 
passeggiare  a  coppia  e  a  lormerelle  lun-  così  sia  ;  gì'  inquisitori  di  stalo  mandar» 
gola  piazza  di  s.^Jarco,  lungo  la  riva  de-  la  grida  per  lutto  il  Dogado,  e  tutto  il 
gli  Schiavoni,  mangiuzzando  mille  ghiolt-  Dogaclo  trema,  come  se  avesse  udito 
lornie  di  frutte  piiraaticce;e  le  gran  ba-  squillar  la  tromba  del  giudizio  univer- 
ronesse  patrizie  colla  loro  foglia  di  fico  o  sale;  ciie  il  Missicr  grande  (il  bargello 
di  vile  nella  sinistra  sostenere  mazzuoli  degl'inquisitori)  si  presenta  a'popoli  ae- 
di ciriege,  d'a marine  e  di  visciole,  o  pu-  calcali  in  piazza,  mette  in  capo  il  suober- 
re  zuccherine,  o  paradise,  o  ambrette  e  retto  con  sopravi  il  zecchin  di  s.  IMarco, 
fichi  fiori;  e  più  tarili,  grappoletti  d'uva  e  i  popoli  s'inchinano  e  adorano,  come  i 
lugliola  e  d'uva  moscadella,  o  mammola  caldei  la  statua  ili  Nabucco.  Eziandio  co- 
o  canaria;  e  in  settembre  fichi  verdini  teste,  dicono  i  politici,  sono  cose  buone, 
e  pisinelli  e  lardaiuoli  epouqioncini  col-  non  promellooo  novità  nello  stato,  av- 
la  goccia  dell'ambra,  col  collo  torto  e  la  vegnathè  sono  indizio  d'  un  popolo  che 
buccia  grafl'iala,  chiaccherando,  ridendo  ha  perduto  l'antico  vigore  ".  INla  i  vene- 
e  gustando  quelle  delicatissimefiutla,che  ziani,  continua  il  fioritissimo  scritlore,al 
le  si  mangiano  per  via,  come  fra  noi  fa-  volger  dell'andato  secolo  aveano  quegli 
rebbero  i  lazzeii  e  i  monelli,  e  manu-  umori  interni  infermi,  e  scoppiando  li 
cando  e  sollazzando  li  seguila  per  lutto  condusseioa  morterepentina. Dappoiché 
la  musica  de'ciechi,  de'calabresi,  de'  ro-  olire  il  sollazzare  continuo,  e  il  vivere  a 
roani:  equi  un  pagliaccio  saltabella  e  ventura,  aveano  altri  moibi  miciduili, 
s'acceichia  e  va  sui  trampoli;  e  là  un  poe-  che  li  contpiisero  più  presto,  obbando- 
ta  in)provvisa  ;  e  qua  un  declamatore  re-  nandosi  a  una  pompa  così  sfolgorante.da 
cita  il  Rinaldo  (soleva  dirmi  un  altissi-  pochi  principi  coronati  usata.  Senza  dire 
mo  personaggio,  che  nltreltanto  prati-  de'palazzi  in  Venezia,  lungo  il  Canal  grao- 
cavasi  nella  piazza  di  s.  JMarco,  e  dove  de,  il  Canahegio,  la  Giudecca,  e  le  altre 
contemporaneamente  non  mancava  da  pai  ti  più  nobili  della  città,  aventi  più 
un  iato  il  missionai  io  predicatore,  e  dal-  aria  di  reggie,  che  magioni  di  privali  ca- 
r  altro  il  casotto  ambulante  delie  ma-  valieri;  la  sontuosità  e  lo  sfarzo  maggio- 
rionetle;  questo  e  quello  avendo  i  suoi  re  era  nelle  ville  di  Terraferma  lungo  il 
uditori  1);  di  guisa  che  la  riva  degli  Schia-  lìrenla,  nelTrevigiano,  nel  Ilass,'.nese,nel 
voni  è  una  fiera,  un  trastullo  di  tutta  Virenlino,  in  su  (|uel  di  Padova  e  di  Ve- 
la notte.  Tutte  queste  cose  ci  mostra-  lona,  ovei  patrizi  vei.tli accoglievano  le 
no,  egli  è  vero,  un  popolo  libero,  gaio,  squisitezze  e  il  lusso  dell'Asia,  le  mollez- 
contento  di  se,  che  vivfc  sotto  l'ombra  ze  di  Coslanlinopoli  e  di  Damasco,  le  ga- 
d'un  reggimento  paterno,  sotto  lo  schcr-  lanterie  di  Parigi,  la  grandezza  di  Vien- 
mo  di  leggi  sicure,  sotto  l'egida  della  na  e  di  Mudi id,  le  dispendiose  superbie 


670  V  E  N  V  E  N 

cingi' inglesi.  L*  aureo  scrittore,  con  ni)-  sia  il  romano  d'Occitlente,  cnrrispondrtì» 
boinlariza  tli scelli  vocaboli, graziosatnei:-  le  circa  all'anno  ili  Roma  i  24G,  agginn- 
le  dipinge  que'paìagi,  splendidi  per  gal-  gendovi  5,07  anni  si  arriva  all'anno  l-\'^^ 
lerie  di  slatue,  pitltire,  marn)i  orienlali  dell'  era  corrente,  epoca  della  caduta  di 
rarissimi,  ameni  giaidini  con  piante  e  Costantinopoli  e  dell'impero  d'Oriente; 
fiori  rari,  vivificali  d' ogni  maniera  di  con  tal  computo  avvicinandosi  a' XIV 
fonti  e  peschiere,  con  boschetti  deliziosi  secoli,  dorata  circa  della  repubblica  ve- 
e  parchi  di  selvaggina,  e  con  corti  imi-  neta).  Dicono  adunque  i  politici,  che  fa 
tanti  le  piincipesche  pel  ninnerò  de'vari  parlare  l'autore,  avere  i  patrizi  germi- 
famigli,  e  per  la  ricchezza  de'vestiari,  ol-  nato  la  morie  della  repubblica,  e  ne  al- 
tre la  copia  di  bellissimi  cavalli  e  superbi  legano  il  mal  vezzo  della  profanazione 
cocchi. Eqneslo, egli  dice,  era  forse  il  mi-  matrimoniale,  con  tanto  scandalo  della 
nor  dispendio, appello  alle  feste,al!c  mu-  cristianità notandosi  ue'trattati  dei- 
siche,  alle  cacce,  a'con vili,  alle  cene;  quo-  le  sponsalizie,  che  la  sposa  dovesse  avere, 
lidianamenle  accorrendovi,  come  a  corti  il  cavalier  servente!  1  Rifugge  l'animo  iti 
bandite,  amici,  clienti  e  parenti  da  Pa-  leggere  la  sfrenatezza  di  molli  celibi  e 
dova,  Vicenza,  Mestre, I\lira,  Dolo  e  Ve-  anuriogliati,  dimoranti  intere  settimane 
nezia.  E  queste  nobilissime  ville  erano  al-  in  certi  ornalissimi  e  seducenti  casinetli 
tre  per  la  primavera,  altre  per  la  stale,  di  delizie  e  di  voluttà,  posti  dietro  le  l'i'O- 
altre  per  l'autunno,  i  cui  avanzi  fanno  curalie,  lasciando  in  tal  tempo  vedove  le 
tuttora  stupire.  Se  non  che  ben  caro  so-  loro  famiglie,  e  spesso  desolate  le  consor- 
venle  costavano  a' padroni  e  agl'invita-  ti,  lagritnanti  i  figli!»  Ivi  conducean 
ti,  non  tanto  le  feste  da  ballote  i  concer-  qne'signori  la  vita  tl'Alcina  e  d'Armida, 
tide'primi  musici  chiamativi  agranprez-  vincendo  rclfeuìminatezzedel  serraglio, 
20,  tpianfo  le  serale  del  giuoco,  in  cui  ve-  gitlfindo  il  ricco  avere  nel  fingo,  e  pas- 

dcasi  dar  fondo  in  una  notte  a   ricchissi-  sandovi  le  notti  in  bisca  e  ne'sfiuochi  di 

o 

lui  patrimonii.  Questi  furono  i  tarli,  che  ventiu'a  con  tutte  le  orribili  conseguenze 
rosero  le  midolle  della  repubblica  di  Vi-  solite  intervenire  in  cotesti  covi  di  lasci- 
negia.  Nondimeno  i  politici,  convenendo  via  e  di  perdizione.  Fermamente,  tu  non 
che  tante  prodigaliiàe  disorbitante  lusso,  potrai  assegnare  cagioni  più  poderose  di 
mai  sempre  immorale  e  rovinoso,  ponno  queste  all'estrèma  mina  della  repubblica 
esser  stale  cagioni  di  gravissimi  disastri  veneta;  e  se  vi  aggiungi  i gran  debiti,  on- 
a  molte  opuienli  famiglie,  cadute  quindi  d'erano  sopraccarichi  que' vasti  patrimo- 
in  abbietta  e  miserevole  condizione;  ma  nii;  e  se  v'arrogi  le  prepotenze  de'gran- 
la  signoria  di  Venezia,  essi  dicono,  ebbe  di;  le  schiere  de'bravi  che  mantenevano 
tarlo  pivi  intingo  e  segreto,  distruggitore.  ne'Ioro  palagi  e  vi  Ile  per  opprimere  gl'i  m - 
Sostengono  quindi,  scrutando  l'ultime  in-  belli  ;e  il  niun  vigore  ne' magistrati  a  com- 
fermità  della  sovrana  repul)blica,  la  qua-  primeile;  e  le  stomacose  ingiustizie  che 
le  con  tulli  i  suoi  difetti  e  malori  interni  commelleansida'tribimaliadaonode'piìi 
ed  esterni,  bastò  invitta  e  signora  sopra  deboli,  toccherai  con  mano,  che  il  tarlo, 
gli  altri  regni  del  mondo,  eguagliando  che  tu  dici  secreto,  rodeva  alla  vista  di 
nella  suatlurata  l'impero  romano,  che  si  tulli  le  midolle  della  signoria  di  Vene- 
resse  appunto  i4oo  anni  (losciillore  de-  tia.  Ed  io  replico,  che  s"i ,  che  cotesle 
ve  alludere  al  fine  dell'impero  greco,  se  sono  infermità  gravi  e  mortali,  che  pos- 
vuolsi  considerare  continuazione  del  ro-  sono  indurre  a  morte  gli  stali  ;  ma  so« 
mano,  mentre  di  esso  propriamente  lo  fu  slengo  che  la  repubblica  aveva  ancora  in 
quello  d' Orride/ile  j  poiché  calcolo,  ter-  se  tanto  di  sano,  e  sì  gagliardi  e  invitti 
minalo  quello  nel  49^  di  uoslra  era,  os-  elementi  di  vita,  che  allorquando  Napo- 


YEN 

leone  di  venuto  i. "console  ilice  va  aperto  : 
clic  quel  carcame  di  vcccìiia  era  ormai 
senz'anima  e  senza  fiato^  ingaunavasi  a 
partito.  Vinegia  è  caduta  improvviso, 
senz'  avvedeisene,  con  istupiue  del  se- 
nato e  del  doge;  con  islordinienlo  de* 
patrizi,  e  quando  uieno  altendeaselo  il 
popolo,  che  coricossi  libero  la  sera,  e  il 
mattino  svegliossi  schiavo,  e  vide  spen- 
ti nella  notte  i  gloriosi  gonfaloni  di  s. 
Maico;  calati  i  Leoni  dal  palazzo  dogale; 
tolti  gli  oiifìamma  dalle  antenne  della 
Piazzetta  (dall'istante  della  caduta  della 
repubblica  di  Venezia,  cessò  per  sempre 
da  ogni  attualità  di  politica  applicazio- 
ne il  famoso  anagramma  :  D'wiis  lilar' 
cus  Evangelista  -  Suni  ^'igil  ad  Fenelas 
curas.  Sin  d'allora  s.  IMarco  voltava  car- 
ia, per  così  dire  ;  pur  seguitò  a  far  par- 
ie dello  slemma  di  governo  e  niunicipa- 
le  inrpiartato  com'era  iu  quello  del  re- 
gnoLombardo-Venelo,in  compagnia  ilei 
Colubro  Visconteo.  Ora  il  Leone  non  ap- 
parti eneclie  a  Ini  unici  pio, ed  alle  niemorie 
archeologiche);  fuggito  il  doge;  nascosti  i 
senatori;sbalordiliiciltadinia  veder  sven- 
tolare all'aria  le  bandiere  tricolori,  e  po- 
sti sulle  picche  i  bonetti  rossi.  Cosa  inau- 
dita !  In  meno  di  24  ^''^  '•*  repubblica 
millenaria  fu  spenta  e  sparì  dalle  n.izio- 
ni,  come  chi  doimendo  mufjre  d'asfisia 
senza  risentirsi.  E  ciò  perchè?,.."  Lo  dice 
lo  stesso  p.  Bresciani,  a  p.i  83,  nella  conti- 
nuazione del  racconto,  L  baldo  ed  Irene  j 
IJalhaU'  Tentori  e  il  sior  Zanctto.  Io  non 
posso  seguirlo,  n^.i  limiterò  a  estrnrne  po- 
che parole.  Entrati  i  francesi  in  Vinegia, 
il  meravigliosissimo  palazzo  ducale  spa- 
lancalo alla  ruba  d'un  popolaccio  disfre- 
nato, fra  tanto  sactheggiamento  ebbevi 
un  uomo  savio  e  scorto  delle  cose  (credo 
che  alluda  all'ab.  Cristoforo  Tentori  dot- 
to e  destro  ex  gesuita  spngnuolo,  vero 
amante  della  nuova  sua  pallia,  Venezia, 
cappellano  di  corte  del  conte  Ollolin  be- 
nemerito rap|)resei)tante  la  repubblica  in 
Bergamo,  e  primo  ad  ollronlare  l'msano 
jniuelo  francese seoza  riguardo  a  persoua- 


V  E  iN  G71 

le  incomodo  e  speso;  il  qualecom  pi  lo  e  pub- 
blicò la  Raccolta  cronologica  ragionata 
cc.y  Augusta  I  799),  che  inosservalo  pene- 
tra to  in  Pregadi, uno  de'graudi  archi  vi  del- 
la repubblica, dagli  ultimi  scalTali,ilali  di 
mano  a'  fasci  [)iù  recenti  degli  Jtti  del 
consiglio  de'  Savi,  fece  caricare  i2  ce- 
stoni di  quelli  degli  ultimi  4  lustri  della 
repubblica,  cioè  da  poco  prima  il  1780 
a  tulio  il  mese  di  aprile  e  i  prinv,  di  mag- 
gio del  1797,  in  cui  fu  morta  la  repub- 
blica per  r  invasione  francese,  e  da  12 
portatori  di  acrpia  li  fece  Iraspoi-tare  a 
casa,  per  rovi>lare  fra  quelle  carte  le  ve- 
re cagioni  della  caduta  ilella  repubblica 
di  Venezia  (a  ciò  autorizzalo  il  Tentori, 
ne  copiò  i  documenti,  e  quindi  iu  due 
volund  stampò  nel  i  798,  come  di  già  ho 
avvei  lito  nel  (ine  del  u.  1  2,odogado  49° 
del  §  XIX),  onde  poi  pervenne  a  chia- 
rirsi più  che  immaginalo  non  avea  (già 
egli  avea  compilalo  il  Saggio  sulla  ^■lo- 
ria  civile  politica,  ed  ecclesiastica  del' 
la  repubblica  di  f'enezia,  ed  ivi  pub- 
blicato nell'anno  1785).  Dopo  lo  sco[)- 
pio  della  rivoluzione,  il  cervello  astu- 
to e  il  sottile  ingegno  dell'  ab.  Teulori 
vedeva  o  pareagli  vedere  nel  reggimen- 
to della  sapiente  repubblica  di  Venezia 
certe  anomalie,  ch'egli  non  sapeva  co- 
slrurre  e  congituigersi  in  capo.  Laonde 
entralo  in  mille  avvolgimenti,  e  sospi- 
zionì^e  pronostici, dicea  fra  se:  Qui  gat- 
ta ci  cova.  ÌNIa  non  arbitrava  mai  m  pen- 
sare che  in  vece  ci  covasse  un  seipenlac- 
cio  aslulo  e  crudele,  pien  di  bava  e  di 
veleno,  il  quale  del  (iato  attossicava  le 
pili  savie  risoluzioni  del  doge  e  del  sena- 
to ;  e  questo  era  ap[)unto  quel  lai  lo  in- 
terno e  segietOjche  rodeva  il  midollo  del- 
le ossa  dell»  re[)Mbblica.  Il  Tentori,  eoa 
ajlri  suoi  gravi  e  discreti  amici,  ragionava 
dell'inerzia  del  senato  contro  la  burrasca 
che  si  addensava  alle  contrade  d'Italia, 
ma  ne  parlava  sottovoce,  non  potendosi 
arrischiare  in  palese  pel  timore  di  quel 
grandeassioma  veneto:  Della  Screnissi' 
tua  non  se  ne  discorra  ni'  in  ben  iic  in  nini- 


Gj-ì  V  E  N 

Tulinvia  non valeodoa  leraperarsi,si  s/o- 
gr\va  cogli  amici  sull'iiioperosilà  del  go- 
verno in  ritnatiei  e  neutrale  disarmalo,  ri- 
petendo quel  tanto  che  già  di  sopra  più 
■Volte  de[)lorai,  sull'inconcepibile  acceca- 
iDento  del  inedesimo,  non  ostante  l'espe- 
rienza del  I  735  61743,  incili  sostenendo 
la  neutralità,  ma  armala,  valse  alla  re- 
pubblica la  sua  libertà  e  la  sua  sicurez- 
za. E  pai  landò  dell'erario,  riferisce  un 
curioso,  per  non  dir  peggio,  docunìenlo 
trailo  dall'archivio.  Anno  1789.  Filza  : 
.spese  incontrale  dopo  la  morie  del  do- 
ge Renier.  Da  esso  ricavasi,  che  negli  8 
idiomi  in  cui  i  4o  elettori  slelter  chiusi 
per  eleggere  il  doge  successore  Manin,  si 
spese  in  pane,  vino  ,  olio  e  acelo  lire 
29,421:  iu  pesce  24,4 'o:  in  carni,  polli 
e  selvaggina  20,36o:  in  sal.imi,  salcicciot- 
ti,  prosciutti  3,980:  in  conft'zioni  e  can- 
dele di  cera  ^jfiCì'^:  in  tini  generosi, 
calle,  zuccliero  63,845:  in  fruiti,  fiori, 
condimenti  6,3  i4:  '"  masserizie  di  cuci- 
na, legna,  carbone  3  i  ,85 1  :  in  arnesi  no- 
leggiati, guasti  4', 624*-  in  ispese  minute 
108,910:  per  stiizzicadenli  25:  per  ta- 
bacco 4>93  '•  i'i  carte  da  giuoco  200  :  in 
altri  giuocarelli  da  veglia  606:  in  berret- 
te da  notte  5o6:  in  calzette  e  borse  di  se* 
ta  nera  (ler  chiudervi  la  coda  64:  in  ta- 
bacchiere 3,067:  in  pettini  alla  real,da 
toppe,  da  bonnet  2,  i  5o:  in  essenza  di  ro- 
se, di  lavanda,  di  vainiglia,  e  in  belletto 
182.  Totale,  lire  390,806.  Trovo  esage- 
rata l'asserzione,  la  repubblica  possedere 
la  sesta  parte  tl'Italia,  con  ben  quindici 
milioni  di  sudditi!  Negli  stali  di  Terra- 
ferma contava  20  città  floridissime,  con 
3,55o  comuni  ricche  di  terre  uberlose,di 
bestiame  e  altro.  Le  rendite  si  fanno  a- 
scendere  a  nove  milioni  di  ducati.  Ave- 
■va  porti,  marina  militare  numerosa  e  co- 
piose munizioni.  Si  deploia  la  condizione 
oziosa  dell'esercito,  l'abbandono  delle  for- 
tezze, eccettuandosi  gì'  intrepidi  e  arditi 
schiavoni  e  albanesi,  e  le  cerne  o  milizie 
di  campagna  composte  di  gioventù  ga- 
gliarda e  pugnace.  Oltre  le  rendile  indi- 


VEN 
cale,  die  in  tempo  di  pace  superavano  le 
S[)ese,  la  repubblica  poteva  crescere  l'ini- 
po^izioni,  avendo  opulentissimi  cittadini, 
fedeli  e  della  patria  amantissimi,  non  le 
sarebbero  venule  meno  nelle  sue  straor- 
dinarie occorrenze. Si  vide  manifestamen- 
te se  il  tesoro  della  repubblica  era  in  fio- 
re. Poiché  all'invasione  francese  i  vene- 
ziani inaiiteiinero  per  ben  1 8  mesi  quell'e- 
sercilo  divoratore,  il  quale  non  pago  di 
rapinare  pe'  suoi  commissari  ogni  di  le 
tre  pirli  delle  vettovaglie  e  de'  foraggi, 
che  volea  S(jpra  il  bisogno,  im|)Ose  taglie 
di  parecchi  milioni,  confiscò  gli  ori  e  gli 
argenti  delle  chiese,  de'santuari  e  de'pri- 
vali  signori,  che  spogliò  d'ogni  ricco  mo- 
bile, senza  l'infinite  ruberie,  concus-ioui 
e  ingoiameuti  che  furono  un  abisso.  Tut- 
tavia I' orario  della  repubblica  sussidiò 
largamente  le  città  disertate  dall'ingor- 
digia giacobina.  A  Verona,  che  fu  la  più 
manomessa  ,  cioè  2,070,026  ducati  ;  a 
Dresda  200,010;  a  Padova  800,781;  a 
Vicenza  52,332;  a  Crema  24,000;  a  Fel- 
tre  7,600;  a  Treviso,  Belluno,  Pordeno- 
ne, Ceneda  ,  Cadore  91,026;  a  Ci  vidi! 
del  Friuli  4,ooo;a  Oderzo5,ooo;  ad  Aso- 
lo 10,000;  a  Conegliano  39,000;  a  Bas- 
sano  70,976;  oltre  a  255,o39  per  altre 
occorrenze.  Totale,  ducati  tre  milioni, 
629.790.  E  tuttociò  per  sopperire  io  par- 
te alle  vettovaglie  dell'esercito  francese. 
Aggiungasi,  che  i  francesi  entrati  in  Ve- 
nezia sotto  maschera  d'amici,  abbottina- 
rono  r  arsenale  pel  valore  di  quaranta 
milioni,  ed  oltre  ad  olio  milioni  s'ingo- 
iarono nello  spoglio  del  porto  di  Corfìi, 
somme  che  superarono  di  gran  lunga  i 
debili  dello  slato,  I  tesori  poi  che  rapi- 
narono nello  spogliare  i  privati  degli  ori, 
argenti,  quadri,  statue  e  pietre  preziose; 
nelle  taglie  crudeli  poste  loro  addosso; 
nel  diserlameuto  delle  loro  ville,  giar- 
dini, granai,  cantine;  ne'guasti  dati  alle 
possessioni  ove  campeggiarono  e  dieder 
tante  battaglie,  furono  smisurali. Aggiun- 
ge l'illustre  p.  Bresciani:  »  E  ciò  sia  det- 
to non  per  ismentire  Fabio  Mutinelli, 


V  E  N 
clie  nelle  sue  i1/c//?or/e  ^tor/V/^e  (venute- 
ci iu  ninno  <lopo  scritti  colesti  Capi)  ino- 
s4ra  quanto  negli  ultimi  anni  fosse  ne- 
*  ghitloso  il  governo  veneto  ;  ma  per  far 
vedere  quanto  fosse  ancora  possente  quel- 
la repubblica  se  per  tempo  avesse  preso 
1  suoi  avvisi  per  armarsi".  Indi  si  ragio- 
na di  molti  creduli  rivoluzionari,  che  av- 
volgendosi liherairienle  fra  il  popolo , 
spendevano  e  spandevano;  i  pittori  era- 
no tulli  intenti  a  dipingere  ritraiti  di  cer- 
ti Sai'i  di  consìglio  ,  e  specialmente  di 
certe  gentildonne;  si  pagavano  di  gran 
moneta,  e  da  Venezia  si  spedivano  pro- 
l)abilmente  in  Francia  e  a' giacobini,  o 
ilall'agenle  della  repubblica  francese  Ja- 
('•<b  o  dal  ministro  di  essa  Lallemaut.  A 
lIic  fare?  Forse  per  far  all'amore  co'gia- 
cobini  1  A  s.  Simeone  grande  si  facevano 
adunanze  notturne  e  occultissime;  ma  il 
Goldoni  che  la  sapea  lunga  (parù  da  Ve- 
nezia nel  1 76 1  e  n)orì  in  Parigi  nel  1  793), 
descrisse  cerli  emblemi  nella  commedia 
delle  Donne  Curiose,  i  quali  sono  di 
J'^ianchi  Muralori.  Molli  erano  i  giaco- 
bini die  francamente  passeggiavano  in 
I\lerceria,  [)er  la  piazza  di  s.  Marco,  per 
li  riva  degli  Schiavoni  e  per  Pdallo,  sen- 
y.i  avere  le  carte  in  regola  ,  penetrando 
il)  Venezia  sotto  mentile  vesti  e  sotto  la 
liviea  di  certi  signorazzi  anche  del  consi- 
glio de'Savi,  molti  vivendo  all'ombra  de' 
(  hioslri  per  le  raccomandazioni  dell'ec- 
(tUenza  A  e  dell'eccellenza  B,  che  colla 
loioaulorilà  ve  li  appiccicavano  per  ospi- 
ti (livoli.  F  inlanlo  costoro  seminavano  e 
spaigevauoa  larga  mano  le  massime  piìi 
indiavolate.  Avevano  emblemi  tlcmocra- 
lici  impressi  sui  botloiii,  sulle  labacchic- 
re,  sulle  pipe,  ne'ventagli.  S'  introduce- 
^ollO  »m  diluvio  di  libri  eslampe  pessi- 
nascoslamenle  e  nelle  gondole  delle 
,,auiine  dal  lop[)è  alto.  Molli  patrizi  dis- 
sipato! i  e  indebitali,  e  se  ricchi  e  in  cari- 
ca ir  religiosi,  vagheggia  vano  cambia  men- 
to di  cose,  sperando  forse  di  grandeggiar 
soli.  Il  Tcnlori  vide  co'()ropn  occhi,  np- 
poìtandolijdi  versi  nubili  andare  nelle  not- 
VOL.  xcu. 


V  E  N  673 

li  a  trattenersi  segretamente  da  Lalle- 
maut, Jacob,  Micheroux  ed  Enin,  tulli 
ra[)presenlauti  del  giacobinismo  fiauce- 
se;  i  quali  poi  si  sbracavano  iu  consiglio 
per  mantenere  la  Neutralità  disarma' 
tu,  e  predicavano  che  si  lasciassero  in- 
nalzare sul  palazzo  di  Francia  l'arme  re- 
pubblicana. 1  giacobini  per  ottenere  que- 
sto trionfo  spesero  80,000  lire  tornesi,  e 
il  K.  Zuliani  fu  l'oratore,  e  rollenne  con 
tanto  stupore  degli  assennati,  e  rabbia 
del  popolo,  che  voleva  abbattere  quel- 
l'abborrilo  slemma,  sicché  ci  vollero  le 
sentinelle  rinlerzate  a  guardaila.  Di  sot- 
terfugio, e  indarno  cercati  dagl'inquisito- 
ri di  stalo  ,  penetrarono  in  Venezia  gli 
ex  ministri  di  Toscana, cacciati  da  Firen- 
■ie.  La  Flotte  e  Chauvelin,  chediirusero 
scritti  pieni  di  fuoco  e  fiamma.  Inoltre 
gl'inquisitori  non  riuscirono  a  scuoprire 
le  logge  Massoniche  aperte  io  Venezia, 
i  settari  essendo  astutissimi  nel  cambia- 
re residenza  e  nel  sapersi  ascondere. Quel- 
la che  si  scuoprì,  si  dovette  al  caso  e  per 
avere  il  cav.  Girolamo  Zulian  dimenti- 
cato in  gondola  un  rotolo  di  carte  mas- 
soniche (questo  fatto,racconlato  pure  dal 
cav.  IMutinelli  ,  giù  dissi  col  conle  Dan- 
dolo ,  credersi  di  questo  doversi  la  sco- 
perta piuttosto  alla  maggior  vigilanza  e- 
sercitata  dagl'  inquisitori),  le  (piali  |)er- 
venute  nelle  mani  dell' intjuisitore  Giro- 
lamo Diedo,  la  loggia  fu  disfalla  ,  bru- 
ciati gli  emblemi,  collo  il  catalogo  de' 
massoni  settari.  Tuttavia  ...  !  Si  osserva, 
che  la  venuta  del  conte  di  Provenza  in 
Verona,  sotto  il  nome  di  conle  di  Lilla, 
fu  da  tulli  approvala;  accollo  con  animo 
grande  dal  senato,  e  con  festa  dal  doge, 
questo  e  quello  applauditi  da  tutti  i  con- 
sigli per  la  magnanima  risoluzione  dcl- 
r.iccordala  ospitalità,  ad  onta  ilelle  rimo- 
stranze del  ministro  della  repuhblic.i  fian 
cese  in  Venezia;  indi  da'veronesi  Irallalo 
con  munifica  generosità,  perciò  apjilau 
<lili  da  tulli  i  buoni  d'Europa.  Però  il 
Teiitori  portav.i  opinione,  che  tbila  par- 
ie del  senato  tulio  procedeva  sincera- 
43 


674  V  E  N 

mente,  oìù  die  più  d'uno  del  cousiglìo 
spronò  tale  venuta  d'accordo  co'giacobi- 
ni  francesi  per  avere  un  appiglio  onde 
poi  rom[)erla  colla  Serenissima.  Anzi  ri- 
tenne, cJie  le  società  segrete  lavorarono 
di  gran  polso  a  picchiar  sull'aiicudiue  per 
aHiiare  e  far  la  [lunta  alle  lame  delle  spa- 
de, per  assassinar  la  lepuLIjlica  di  Vene- 
zia. Oltre  dcliiaritofra  partnlesi,  io  deb- 
bo aggiungere  alcuna  dilucidazione  sui 
narrato.  JNe'9  noesi  che  seguirono  la  ca- 
duta di  Venezia,  framezzo  al  demo- 
cratico deplorabile  trambusto  che  gli  em- 
pi fautori  di  si  tiiste  causa  promossero 
per  isvagare  la  moltitU(.line  e  distrarla 
dagli  antichi  aflelti  e  da'recenti  danni  e 
successivi  spogli,  frequenti  erano  le  ban- 
de musicali,  i  pranzi  [)ati  lotici  e  sparta- 
ni, con  feste  fuuebii  a'cos'i  detti  martiri 
ch'Ila  libertà,  con  sognali  delitti  a  cari- 
co dell'aristocrazia,  con  calunnie,  con 
ìslantpe  e  con  voci  proclamanti  quali  eroi 
i  congiurati.  Costoro  scelsero  a  piotoli- 
po  BaiamonleTiepolo,  per  tessere  le  cui 
lodi  aprirono  gli  archivi  a  tulli  quelli 
che  avessero  voluto  scriverne  la  storia. 
Molti  furono  a  tale  invilo  i  concorrenti, 
ma  nessuno  si  assunse  di  difendere  quel- 
l'iniquo notoiio  reo  di  stalo.  Fra'  con- 
corsi vi  fu  l'accortissimo  lodato  ab.  Ten- 
tori,  il  quale  in  luogo  di  svolgere  le  car- 
te riferibili  al  ribelle  Baiamonle,  si  oc- 
cupò a  trovar  quelle  dalle  quali  si  aves- 
se potuto  desumer  le  cause  della  caduta 
della  repubblica, e  sopra  tutto  da  che  fos- 
se derivala  l'inconcepibile  indolenza  de- 
gl'inquisitori di  sialo  e  del  nìaggior  cou- 
siglìo (fra  tutte  le  votazioni  di  quest'ul- 
timo, due  vivono  ancora  celebri  nella 
tradizione  del  popolo,  una  per  un  voto 
iìt{lo  (Iella Provi'idenza ^  la  cui  sola  n)ag- 
gioranza  vinse  la  parte  di  non  abbando- 
nare la  sede  di  Venezia  quaudu  Enrico 
Dandolo  prendeva  Costantinopoli,  e  fu 
priiicipalmenle  per  laconsidcrazioneche 
Venezia  è  nìulto  meno  suggella  a'terre- 
inoti  ;  r  altra  pel  volo  dello  dalla  lìJa- 
lora,  che  nel  1794  vinse  la  parte  della 


V  E  K 
neutralità  disarmata,  in  una  seduta  pro- 
tratta a  tarda  ora,  e  da  cui  assentavansi 
molli  per  non  mancare  al  teatro  tieila 
Fenice  in  occasione  d'opera  nuova!).  Po- 
stosi al  faticoso  lavoro  di  scorrere  gli  ar- 
chivi de'  più  elevali  dicasteri,  si  fermò 
su  quello  del  collegio  de'  Venticinque 
presieduto  dal  doge,  in  cui  facevano  cen- 
tro tulli  gli  affari  dello  stato,  e  dal  qu;de 
venivano  assegnati  agli  altri  magistrali 
per  le  loro  discussioni  e  decreti  tulli  quel- 
li che  non  credeva  di  sua  spettanza,  ri- 
servava gli  altri  a  se  per  le  sue  delibe- 
razioni, ed  a  preferenza  i  carteggi  della 
repubblica  cogli  ambasciatori  alle  corti 
estere.  Fu  su  questi  ultimi,  che  l'avve- 
duto Tentori  si  prefisse  di  portare  i  suoi 
accurati  esami  dal  17 79  in  poi,  epoca  de' 
[)rimi  sentori  della  diabolica  rivoluzio- 
ne francese  scoppiata  dieci  anni  dopo  nel 
1789.  La  perizia  del  diligente  ed  esper- 
to indagatore  vi  si  pose  a  lult'  uomo,  e 
lesse  e  trascrisse  tulle  le  corrispondenze 
che  restarono  senza  evasione,  e  portava- 
no il  generale  famoso  attergato,  Coinn- 
n'uatc  e  nonlclle,  cioè  comunicate  al  col- 
legio, e  non  lette  al  senato.  11  Tenlori,  in 
quanto  ad  aver  certa  la  causa  ilell'acca- 
duta  rovina  d'un  governo  di XIV  secoli, 
dispose  l'arduo  e  delicato  lavoro  per  via 
di  sensali  e  chiari  ragionamenti,  alti  a 
compiere  una  veridica  e  documentata 
storia  qual  fu  quella  da  lui  data  alla  lu- 
ce colla  stampa  in  Venezia,  senza  indi- 
cazione di  tipografo  e  col  nome  d'  una 
tipografìa  della  Svizzera,  in  tempo  anco- 
ra del  morìenle  delirio  democratico  di 
Venezia.  Fu  impresa  meravigliosa,  sic- 
come falla  nel  tumulto  e  nell'  angustia 
dell'epoca  e  in  sì  breve  spazio  di  tempo, 
lo  scrivere  e  stampare  lutto.  Questa  sto- 
ria, unica  nel  suo  genere,  perchè  svela- 
trice  d'arcani  diplomatici  disonoranti  01* 
l'uno  or  l'altro  de' gabinetti  d'Europa, 
veritiera  perchè  tessuta  in  gran  parte 
cù'lesli  originali  de'  documenti  che  la 
comprovano,  è  sola  veramente  efficace  a 
documentale  la  nullità  ed  irregolarità 


V  Ei\ 
assoluta  della  fatale  deliberazione  1 2  alag- 
gio 1 797  ;  fu  generalmente  applaudita  e 
tanto  desiderata  che  di  essa  se  ne  fecero 
ristampe  io  Italia,  in  Francia  e  in  Inghil- 
terra, senza  ancora  che  ne  siano  saziale 
le  ricerche.  Non  per  questo  si  può  dire 
che  piacesse  a  tutti,  mentre  appena  ven- 
ne in  luce,  si  fecero  accurate  ricerche  per 
conoscerne  l'autore  e  lo  stampatore,  an- 
zi si  voleva  aprire  un  processo  per  rag- 
giungerne lo  scopo.  Prevalse  il  sagace 
consiglio,  senza  badire  a  dispendio,  di 
farla  pressoché  sparire  in  Venezia,  col 
prissibile  acquisto  di  quanti  più  esempla- 
ri si  potesse,  con  segretezza  e  sollecitudi- 
ne, e  in  buona  parte  se  ne  ottenne  l'inten- 
to. A  p.  283  del  citato  voi.  della  Civiltà 
CdUolica,  seguesi  dal  eh.  p.  Bresciani  il 
rncconto:  Il  conte  d' Alinaviila  e  Val. 
Tintori.  In  esso  si  torna  a  parlare  degl'io- 
g.inni  e  trappolerie  di  più  d'uno  de'  par- 
rucconi del  consiglio  de'Savi,  usati  colla 
buona  fede  del  senato  e  del  doge;  sulU 
tenace  neutralità  disarmata,  mentre  il 
i*apa  stesso,  Toscana  e  Parma  armarono 
per  entrare  nella  lega;  si  ragiona  sopra  di- 
vei-si  segreti  diplomatici,  di  quanto  la  re- 
pubblica fu  a  tempo  avvisata  a  stare  in 
guardia,  ma  inutilmente  pe'frammassoni 
e  ii>iglieri,  i  quali  aveano  la  loggia  a  Rio 
l'Inrin,  appigionata  da  Marco  Contarini 
j'i  ocuratore  di  s.  Marco  a  un  certo  Co- 
j'iinbo.  Quindi  apertamente  il  Tenlori, 
ti  a  gli  altri  frammassoni  riconosce»il  na- 
poletano IMichele  Sessa  venerabile  della 
5.rtUi,ed  i  patrizi  veneti  Girolamo  Zusli- 
iiiiiii,  Francesco  Battagia  (ch'è  il  sopran- 
»i()n)inato  con  altri  Battaglia),  Pietro  Do- 
li;!. Antonio  Mariii,  Giuseppe  e  Alessan- 
<Ii  o  Albrizzi,  Paolo  Beiiicr,  Alvise  Pisa- 
ni, Alvise  e  Angelo  Quirini,  Ijeniardo  e 
Lorenzo  Memmo,  Nicolò  Erizzo,  iMario 
SMianzo,  Angelo  Falier,  Alvise  Contari- 
ni, Francesco  Morosini,  Ascanio  Zusti» 
ni.in  ,  Andrea  Tron,  IMario  Paleocapa, 
Antonio  liuzzini,  e  molti  altri  che  se  ve 
Il  nominasi  fareste  le  croci  (Imp.  Reg. 
Archivio  generale)".  «Sembrando  iropos- 


V  E  N  675 

siblle  al  conte  Almavilja,  come  pochi  Sa- 
vi del  consiglio  potessero  trascinar  dalla 
loro  un  senato  così  numeroso  e  sapiente, 
e  fargli  commettere  si  madornali  errori, 
quali  furono  specialmente  due,  cioè  di 
non  voler  entrare  nella  Lega  Italica,  e 
di  non  tenersi  in  una  neutralità  arma- 
ta, di  cui  si  enumerano  i  vantaggi;  V  ab. 
Tentori  ne  dà  la  seguente  spiegazione, 
che  dice  lutto.  »  I  negozi  di  stato  di  gran 
rilievo  si  maturavano  a  V^enezia,  da' Col- 
legi straordinari  dc'SiWi,  tratti  dal  Con- 
siglio Maggiore,  in  minore  o  maggiore 
ìiumero secondo  l'importanza  de'casi.  Ma 
nel  14^0  deliberossi  per  cagioni  di  gran 
momento  la  formazione  ili  un  Collegio 
ordinario  e  permanente  di  Sai'i,  i  quali 
si  dimandarono  Savi  del  consiglio  di  Pre- 
gadi.  Fu  attribuita  ad  essi  la  parte  con- 
sultativa de'negozi  da  proporre  alla  de- 
liberazione sovrana  del  senato,  e  fu  po- 
sto in  arbitrio  loro  il  convocare  o  no  la 
raunanza  del  senato  medesimo,  in  questo 
venerando  consesso  non  s'ammetteano  a' 
tempi  addietro  che  uomini  di  gran  senno, 
consumati  nella  pratica  de'negozi,  sperti 
per  ambascerie  nelle  cose  di  stato,  usati 
olle  corti  delle  grandi  Corone,  d'alti  spi- 
riti e  magni,  amantissimi  della  vera  pro- 
sperità (!  gloria  della  patria.  Perciò  a  co- 
testo Collegio  di  Savi,  gl'inquisitori  di 
stalo  rimettono  per  mezzo  delle  Conni' 
nicale  tutti  i  negozi  da  proporre  in  sena- 
to, tutti  i  dispiicci  degli  ambasciatori  a 
lume  e  direzione  de'Ioro  consigli;  di  sor- 
te che  la  somma  delle  cose  casca  in  pu- 
gno de'savi.  Coll'andar  però  de'lenipi  non 
si  guardò  tanto  pel  sottile  nella  scelta  di 
colai  [leisonaggi,  onde  occorse  che  tutti  i 
negozi  ficendo  il  1 ."  capo  al  consiglio  de' 
savi ,  se  costoro  non  sono  fnleli  possono 
frodare  il  senato,  ovvero  teneiulolo  al 
l)uio  degli  alfiri,  ovvero  fdsamloli  e  tor- 
cendoli a'ioro intendimenti  ...Datemi  de' 
savi  pazzi,  csiianuo  c.igione  di  far  pazzie, 
datemi  de'  savi  tristi,  e  la  tristezza  loro 
causerà  (Ianni  infiniti.  Ma  il  peggio  si  è, 
che  il  senato  e  il  doge,  per  quell'iiulica  e- 


676  YEN 

slimazione  che  avea  la  repuljblicn  iklla 
snpienza  e  rellitntline  de'savi  li  tiene  per 
infegerrimi  e  infallibili  ne'  loro  consigli. 
Nelle  presenti  occorrenze  essi  gitulicano 
che  la  signoria  non  dee  far  lega  perchè 
basta  a  se  medesima  ;  ed  ella  tiensi  iso- 
/^^7;  credono  ch'ella  debba  guardare  una 
Deiitralilà  disarmata,  ed  es>a  non  arma'. 
Sotto  quindi  la  Laguna  fremeva  un  vul- 
cano pauroso,  che  dovea  sconvolgere  e 
tempestare  la  repubblica, di  guisa  da  non 
trovarsi  più  una  gondola,  in  sulla  quale 
fuggir  tanta  rovina.  Racconta  le  opera- 
razioni  del  cav.  Francesco  Pesaro  ptr 
l'armamento,  nomina  quelli  che  le  coui- 
I)atterono,  e  come  si  delusero  per  non 
presidiarsi  le  fortezze,  e  per  non  raffor- 
zarsi la  marina.  Dappoiché,  salito  in  rin- 
ghiera il  Pesaro,  acciò  si  dileguasse  d'at- 
torno tanto  pericolo,  perorò  al  senato  con 
tanta  evidenza, suscitò  nella  sua  eloquen- 
za tanta  fiamma, dimostrò  il  pericolo  del 
più  star  disarmati  cos'i  imminente,  fece 
sentire  con  tutta  la  forza  il  turbine  che 
addensavasi  sopra  l'Italia,  che  i  senatori 
sentirono  correre  il  ribrezzo  per  le  ossa. 
Ma  sursero  come  dragoni  vomitanti  fuo- 
co i  savi  Girolamo  Zuliani,  Antonio  Zen, 
Francesco  Battaia,  Zanantonio  Ruzzini, 
Zaccaria  Valaresso,  Alessandro  Marcel- 
lo primo,  e  gridarono  :  Che  no  :  che  non 
com'enk'a  armarsi:  che  la  Serenissima 
non  avea  nemici  a  temere.  Se  non  che 
Pietro  Pesaro  K.  fratello  di  Francesco, 
tanto  rincalzò  le  ragioni,  che  il  senato 
decretò  alla  perfine  l'armamento  di  ma- 
re e  di  terra.  Però  il  consiglio  de'  Savi 
■veduto  il  Pesaro  vincitor  del  partito  del- 
la neutralità  armala,  levossi  e  qual 
frammassone  Pietro  Dona  disse  :  Signo- 
ri, poiclir  la  Consulta  ?'  costretta  mal 
suo  grado  di  far  apparecchiare  Var- 
ma/ncntOy  è  et  uopo  eludere  il  senato, 
dando  vista  di  operar  vigorosamente 
senza  far  nulla,  usando  il  sistema  di 
Boerhaave,  il  (juale prescriveva  d'in- 
zuccherar le  pillole  amare  per  farle 
tranghiotlir  senza  nausea  all'  infermo. 


YEN 

I  savi  di  Consiglio  e  di  Terraferma  ap- 
plaudirono in  gran  parte,  scandalezzan« 
done  i  savi  agli  Ordini;  ma  il  sistema 
di  Roerhaave  fu  preso,  e  levati   7,000 
uomini  di  milizia,  non  si  dierono  affatto 
un  pensiero  di  ^jresidiar  le  fortezze,  né 
di  rallorzar  la  marina.  Commosso  fiera- 
mente a  tanta  indolenza  PietroPesaroK,, 
perorò  in  senato  di  bel  nuovo  ;  ma  i  Savi 
seppero  Iranellare  cos^  bene  (piell'augu-  - 
sto  consesso,  che  i  padri  si  tennero  ben 
servili  del  non  far  nulla.  Il  Rotta  nella 
Storia  d'Italia  dali'j'Òi^  al  18  i4,  dice 
che  contro  il  Pesaro  arringò  Valaresso, 
ma   fu   Girolamo  Zuliani,  compro   da' 
francesi,  loro  fautore  in  altri  incontri. 
Or  dopo  riferiti  i   pareri  diversi  di  tan- 
ti illustri  scrittori  sulle  vere  cause  della 
caduta  di  sì  gloriosa  repubblica,  sia  per- 
messo anche  a  me  conchiudere  e  ter- 
minare così.    Affievolita  la  fede  e  la  se- 
verità de' costumi,  tacque  l'amore  della 
libertà,  che  le  aveva  dato  la  vita;  e  men- 
tre Venezia  avrebbe  essa  sola  potuto  ba- 
star a  se  slessa,  e  salvarsi   sa  non  altro 
sulle  sue  navi,  la  fini   miseramente  per 
esser  vittima  del  tradimento  altrui,  e  del- 
l'indolenza sua  propria,  tra  la  copia  stes- 
sa dei  mezzi  di  cui  avrebbe  potuto  dis- 
porre, e  che  furono  ricca  preda  de'  suoi 
rapaci  aggressori.   Finalmente  accenno, 
che  alla  compiuta  cognizione  delle  cose 
venete,  concorrono  altre  due  opere,  che 
meritano  pur  ricordo.  Esse  sono:  Vene' 
zia,  ovvero  Quadro  storico  della  sua  o- 
rigine,  de'  suoi  progressi,  e  di  tutte  le 
sue  costumanze.  Opera  scritta  da  un 
veneziano  (il  nobile  IMoro-Lin),  Venezia 
1 856,  t.  5.  La  storia  veneta  espressa  in 
i5o  tavole  inventate  e  disegnate   da 
Giuseppe  G atteri  con  illustrazioni  ec, 
Venezia   i858  in  foglio  trasversale. 

45.  Parlai  piìi  volte  delle  rendite  del- 
la repubblica, perciò  credo  opportuno  pro- 
durre un  documento,  ossia  un  Quadro 
sinottico  delle  sue  annue  rendite  del 
1795,  due  anni  avanti  la  sua  caduta,  in 
ducati  veneti  effettivi.  Il  ducalo  elfellivo 


V  EM 

(ì'aigento  veneto  è  paii  a  lire  auslriache 
uiiiei'iie  ^-.^6.  Quindi   il  letlJilo  netto  è 
pjri  a  liie  austriache,   26,498,871:36. 
Avverto,  che  il  più  de'  rami  di   lemlila 
non  apparisce  caricata  di  spese,  perchè  o 
duti  il)  appallo,  od  esposti  colle  deduzio- 
ni delle  provigioni  o  per  cento  accordate 
al  ministero, come  utilità  legali.  Siccome 
li  documento  è  diviso  iq  entrata,  uscita 
e  rendita  netta,  (\\.\ì\x\ì\o  non  vi  è  V uscita 
taceri)  \ix  rendila  ;it'/^ii,perocchè  la  cifra  è 
la  stessa  dellV/i^ra/a.Nessuno  era  ammes- 
so a  pensione.  Ramo  di  rendita  i.  Do- 
g>na  da  mar:  entrala  ducati  137,000: 
Uscita  ducali   1  2,476  ;  rendila  netta  du- 
cali  124,524.  2.  Dogana  da  terra  :enlr. 
i8,83o;  use.  '",071  ;  nella   13,759.    3. 
Commercio  colla  Germania  al  Fondaco 
Tedeschi  :entr.  i45o55;  usc."4,  «46  J  "^^" 
la  9,909.  4-  Dog-ina  d'uscita  ordinaria: 
enlr.  10,579;  use.  4)493;  "ella  6,086. 
5.  Dogana  di  transito  a  s.  Giorgio  :entr. 
17,666;  use.   3,456;  nella    1^,110.6. 
Dazio  grande  delle  biave  appaltalo  per 
due  terzi:  enlr.  129,300.  7.  Dazio  vino 
in  appalto:  enlr.  192,038.  8.  Dazio  gras- 
sa, cioè  suini,  salami,  formaggi  ec,  ap- 
pallalo :  enlr.  45j35o.  9.  Altri   dazi   su 
pesci  salali  e  freschi  :  enlr.  56, 1  38.  io. 
Altri  dazi  tuìnuli  sul  pesce: enlr.  2,942; 
use.  i3o;uetla  2,762.  i  i. Dazio  olio  d'u- 
livo appallalo  :enlr.  ^j^yfioo.  1  2.  Dazio 
per  olio  di  Terraferma  (la  reudita  si  esi- 
geva sulla  capitale  Venezia,  sul  suo  Li- 
torale, sulla  Terraferma  al  di  (|ua  delMin- 
cio:  Padova,  Rovigo,  Vicenza,  Verona, 
Udine,  Belluno,  Treviso;  e  al  di  là:  Ber- 
gamo, Brescia,  Crema;  e  olire   mar,  I- 
stria,  Dalmazia  e  IsoleJonie)  :  enlr.4,000. 
1 3.  Dazio   legname    appallato:  entrala 
17,260.  14.  Dazio  sul  carbone  appallato  : 
enlr.  1,598.   I  5.  Dazio  acquavite  e  ghiac- 
cio :  enlr.  3i,54o.    16.  Suini  VLvi  e  loro 
carni  fresche:   entr.  6,777.    17.  Frulla 
fresche  :  enlr.  7,55o.    18.  Dai^io  bande- 
ruole, o  vini  navigali  :  enlr.  2,36o.  19. 
T.djeicco  appallalo  :  enlr.  600,000.  20. 
Sali  di  là  dal  Mincio  ;  enlr.  208,000.  2  i . 


YEN  677 

Sali  di  qua:  enlr.  677,000.  22.  Dazio  sui 
manzi:  entr.  58, 000.  23.  Sull'-  pelli:  en- 
trala 12,988.  24.  Dazio  olio  di  lino: 
entrala  7,000.  25.  Idem  di  Terraferma: 
entrata  7,435.  26.  Dazio  sul  canape  e- 
slero:  entrata  18,000.  27.  Dazio  sulle 
ossa  di  balena  :  enlr.  2,325. 28.  Dazio  sui 
capelli  da  Terraferma  a  Venezia:  entr, 
i,3i5.  29.  Dazio  imboltadura  per  botti 
Vino  per  Adria:  entrala  9'2o.  3o.  Da- 
zio sui  fieni:  enlr.  9,160.  3 1.  Bastioni  e 
oslerieche  vendessero  vino: entr.  3  1,206. 
32.  Carle  da  giuoco:enlr.  8,168.  33.  Da- 
zio grammatico  o  acquisto  di  beni:  enlr. 
i,6ig.  34.Ifnposta  5  per  100  suU'eredilà: 
enlr.  5o,ooo.  35.Dazioislrunienli  elesta- 
uieulì:  enlr.  6,232.  36.  Dazio  masselle- 
ria  e  contralti  (era  imposta  del  3  per  100 
coir  agio  per  acquisti  e  contralti  iu  Ve- 
nezia e  dogado,  che  formavasi  di  tutte 
terre  da  Grado  a  Capodargine  oCavar- 
zere;  del  2  per  100  per  contralti  ovun- 
que falli  fuori  di  Venezia,  in  cui  con- 
traesse un  veneto);  entr.  18,000.  37.  Im- 
presa cavalleria,  cioè  poste:  entr.  86,4^9. 
38.  Tanse  e  taglioni:  entr. 60,274.  39. In- 
vestitura d'acque:  enlr.  2, 1 45.  ^o.  Liber- 
tà de'  traghetti:  enlr.  3,ooo.4i.  Decima 
sul  soldo  del   ministero:  entr.   38,352. 

42.  Patenti  per  bastimenti  (  in  marzo 
1796  i  legni  veneti  mercantili  patentati 
erano  55o.  La  bandiera  era  neutra  ,  e 
lo  fu  a   lutto  il    i8o5):   entr.    i3,ooo. 

43.  Cnm[)alico  laicale  (l'imposta  disliu- 
gueva4classi  di  campi:  rarativo,il  pra- 
tivo, il  vallivo,  l'inutile;  e  chiedeva  dalla 
i.*"  classe  soldi  veneti  3o,o  centesimi  85; 
dalla  2."  20,  o  e.  57; dalla  3.'  io,  o  e.  28; 
nienle  ddUullim-i)  :  enlr.  431,828.  44- 
Dazi  di  Terraferma  (  il  disordine  del 
sistema  daziale  de'veneli  in  Terraferma, 
sia  per  elementi,  che  per  modo  di  esa- 
zione, è  inesplicabile.  Esigevano  quello 
che  davano,  e  spesso  «piando  volevano): 
enlr.  1,779,800.  46.  Altri  dazi  e  daziel- 
li  di  Terraferma:  entr.  364, 77'Ji.  Tota- 
le complessivo  de'  ducali  :  dell'  entrata 
5,840,978;  dell'uscita  29,822;  icudita 


678  V  E  N 

netta  5,8 1 1,1 56.  Alle  forze  economiche 
della  repubblica  (che  già  riposavano  aa- 
coia  più  nell'agiatezza  e  solidità  genera- 
le delle  famiglie  e  delle  corporazioni),  si 
aggiungevano  anche  quelle  di  una  cassa 
della  del  Dagadn  (fraiione  di  soldo  ve- 
neto), the  per  la  slessa  meschinità  de'par- 
ziali  suoi  introiti  riusciva  al  complesso 
di  capitali  vistosi.  Delle  monete  effettive 
della  repubblica  di  Venezia,  oltre  quan- 
to ne  dissi  nel  §  III,  n.  2,  e  nel  presen- 
te §  al  n.  3,  e  dogado  i8.°,  ne'  dogadi 
68.°,  70.°,  in  fine  del  75.°  e  76.°,  77.°, 
83.°  ed  88.°  ragionando  in  breve  della 
zecca  e  monete  venete  e  delle  medaglie 
de'  dogi,  di  queste  e  di  quelle  ne  ripar- 
lai con  altre  nozioni  in  diversi  doga* 
di,  e  nel  35.°  delle  monete  di  cuoio, 
anzi  sulla  zecca  del  1848-49  dirò  alcu- 
ne parole  nel  §  XX,  n.  4- Nel  fatale  12 
maggio  1797,  al  cadere  della  repubbli- 
ca, erano  in  corso  le  seguenti  monete  ef- 
fettive. In  rame  con  poca  lega  d'argen- 
to  :  il  bezzo,\ì  soldo  di  s.  Marco,  il  sol- 
dinOy  e  la  lira  veneta  da  20  soldi.  In  «r- 
gento  di  moneta  nuova:  il  traro  da  5 
.soldi,  il  medesimo  da  io  soldi, ed  anche 
da  i5e  da  3o  soldi.  In  argento puro'Ao 
scudo  della  croce  da  carati  1 53, grani  3, 
del  valore  di  venete  lire  12,  col  suo 
mezzo,  quarto  e  ottavo  di  scudo:  il  dii' 
calo  da  carati  1  5o,  grani  i,  del  valore 
di  lire  venete  8,  co'  suoi  spezzati,  mezzo 
e  cjuarto.  la  oro  puro:  lo  zecchino  o 
ducato  d'oro  da  carati  io,  grani  2, del 
valore  di  lire  venete  25,  coi  mezzo  zec- 
chino: le  doppie,  ma  rarissime, del  valo- 
re di  lire  venete  37,  grandi  come  l'ot- 
tavo dello  scudo  d'  argento,  col  peso  di 
denari  2  e  calati  20,  e  per  eccellenza  di 
purità  24.  Erauvi  pure  V  oselle  d'oro  e 
d'  argento  ,  egualmente  discorse  in  più 
luoghi.  Si  deve  poi  notare,  che  si  avea 
per  erosa  la  moneta  di  rame  come  so- 
pia;  che  il  rame  puro  d'argento  era 
poco;  che  si  coniarono  pezzi  in  oro  da 
più  zecchinidi  valore  a  piacere;  che  v'eb- 
bero ducati  d'oro  di  largo  diaraetio, co- 


V  E  N 
me  doppie  di  Genova,  coli'  effigie  della 
Ilepubblica  personificata  ;  che  in  com- 
mercio e  nelle  contrattazioni  private  u- 
savansi  pure  le  denominazioni  di  ducali 
correnti  in  argento  da  lire  6  e  soldi  4; 
come  pure  ducati  di  banco  ,  ducali  ria 
risi,  la  lira  di  banco  ec.  ch'erano  valori 
di  convenzione  non  un  fatto  di  corrispon- 
dente moneta  effettiva.  Ma  di  ciò  basti, 
rimettendo  gli  studiosi  della  numismati- 
ca alle  opere  enunciate  nel  citato  §  — 
A  seconda  del  promesso  nel  n.  2  i  del  ^  X, 
o  voi.  XCI,  p.  176,  ecco  il  Cenno  o  In- 
dicazione sommaria  degli  Archivi  Ve- 
neti generali  della  Legislazione  e  Costi- 
tuzione  dello  Stato  Veneto  dal  1084 
al  lyqj  ,  coli'  indicazione  altresì  (ciò 
che  vale  altrettanto  e  più)  degli  oggetti 
appropriali  ad  ogni  singolo  archivio, 
l.  Cancelleria  ducale.  Leggi  delMaggior 
Consiglio  e  Deliberazioni  del  Senato  in 
oggetti  di  semplice  relazione.  Prìncipe  e 
Sudditi.  Quesl'  archivio  (cui  appartene- 
vano anche  i  così  delti  Libri  d'oro,  con- 
tenenti le  Leggi  )  dividesi  in  IV  sezioni. 
Sezione  i.'  Deliberazioni  del  Senato  ia 
oggetti  d'Arsenale.  2.  Item  per  conces- 
sioni di  possessi  temporali  e  benefizi  ec- 
clesiastici. 3.  Atti  e  deliberazioni  della 
Signoria  Veneta, c\Qt  del  Minor  Consi- 
glio ,  aulonlk  supvema  (composta  del 
doge,  di  6  consiglieri  per  ogni  sestiere 
della  città  ,  e  di  3  capi  del  Consiglio  de' 
XL  al  Criminal  detti  Superiori)  che  pre- 
siedeva a  tutti  i  consigli  della  repubbli- 
ca. 4'  Itera  del  Co//(ì,'ìo  composto  della 
detta  Signoria,  e  de' Savi  del  Consiglio 
di  Terraferma  e  degli  Ordini,  il  quale 
giudicava  in  oggetti  digiurisdizionee  pri- 
vilegi in  argumeuto  di  pubblica  econo- 
mia,edaccogliesa  ministri  esteri  ed  am- 
basciatori, non  meno  che  suppliche  dei 
sudditi  in  ogni  materia.  5.  Item  del  Can- 
celliere grande  (primo  ministro  e  guar- 
dasigilli della  repubblica)  che  piesiedeva 
alla  Cancelleria  Ducale,  alla  nomina 
de'  Segretari  de'  Magistrati  e  de  Can- 
cellieri del  Doge,  delti  inferiori.  Fresie- 


V  EN 
(leva  pure  al  Collegio  de' pubblici  nota- 
li, e  custodiva   i  trattati  autentici  colle 
potenze  estere.  6.  Itein  dell'nlìlzio  deno- 
minato Cassiere  alla  Bolla  ducale:  con- 
fermava gli  atti  delle  grazie   dispensate 
dal  Minor  Consiglio,  ed  C'^igeva    le  tasse 
pe'  possessi  temporali  de'  benefizi  eccle- 
siastici,  j.    Archivi   del  Segretario  alle 
Voci.  Custodiva  gli  alti  e  registii  spettan- 
ti a  tutte  le   nomine  ed  elezioni  fatte  dal 
]Miiior  Consiglio  e  dal  Senato  a  tutti  gli 
nQizi  ,  magistrati,  dignità,  ambasciatori, 
rappresentanti,  rettori  ec.  della    repub- 
blica. 8.  Item  dell'uffizio  detto  de';?vr/7/i 
della  Si'^noria  di    Venezia.  Lo  compo- 
neva un  patrizio,  ed  un  avvocato  civile, 
che  dava  consulta  sopra  oggetti  di  pub- 
blica economia  ,   di  diritti  e  di  giurisdi- 
zione. II.  Cancelleria  Segreta.  Atti  e  do- 
cumenti  per  qualsivoglia  oggetto  di   le- 
gislazione e  di  Sitalo,  ed  importante  segie- 
to  politico,  e  più  propriamente  ancora, 
oggetti  di  relazione  tra   Principe  e  Prin- 
cipe; colle  relative  deliberazioni  del  Sena- 
to. Questo  gelosissimo  ed  iraporlantissi- 
rno  archivio  nel  1812  per  una  commis- 
sione istituita  sotto  il  governo  Italico  fu 
lipailito  nelle  19  sezioni  seguenti,  i. De- 
liberazioni del  Senato  per  oggetti  eccle- 
siastici e  relazioni  colla  Corte  di  Roma. 
2.  Atti  de'consultori  in  fure,  e  special- 
mente in  argomento  ecclesiastico.  Primi 
consultori  furono  i  due  religiosi    servili 
fra  Paolo  e  fra  Fulgenzio  a  tem[)o  del- 
l' interdetto  di  Paolo  V,  poiché  prima  a- 
vea  consultati  i  pievani  oparrochi.  3.  Me- 
moriali eDocumenti  prodotti  inCollegio 
da'minislri  esteri  e  perciò  detti  :   Esposi- 
zioni  óe  Princìpi.  |4-  Atti  e  documenti 
delle  Commissioni  del  Senato  a'suoi  rap- 
presentanti d'ogni  grado  e  qualità  tanto 
presso  le  Corti  all'estero,  che  nelle  pro- 
■vincie,  città  e  regni  dello  stato,  tanto  in 
Terraferma  che  in  Mare.  ^.Dispacci  (oggi 
si  direbbero  Rapporti)  òeGo^^'crnaloriy 
Vrovvedilori  e  Generali  di  Terra  e  di 
Marc,  non  esclusi  quelli  degli  Ambascia- 
tori residenti,  ed  J/^'crafi  all'estero;  com- 


V  E  N  G79 

prese  le  Relazioni  che  ognuno   doveva 
presentare  al   termine   dell'  incarico  ri- 
spettivo. 6.  Relazioni  (oggi  Rapporti)del 
Consiglio  de'  Di(/ci  al  Senato.  Basta  ac- 
cennar questo  titolo  per  significare  lulf.i 
la  suprema  importanza  di  questi  alti  ia 
ogni  parte  del  servizio  interno  ed  esterno 
dello  stato.  Esse  relaziojii  sono  divise  in 
Comunicate, cìoè]e{[e  in  Senato  dal  1382 
al  1797  ;  in  Comunicate  e  non  Ielle  dal 
1679  al  I  797  ;  e  Comunicate  exjndsis 
relative  ad  affari  ecclesiastici  e  colla  Cor- 
te di  Roma  dal  1707  al   1769.  E'  noto 
che  quest' aggiùnto  e  titolo  expulsis,  è 
stato  applicato  alle  relazioni  in    quanto 
comprendevano  oggetti  per  i  quali  si  al- 
lontanavano dal  sitode' votanti  tutti  quel- 
li che  avessero  potuto  avere  qualche  at- 
tinenza colla  Corte  di  Roma.  7.  Delibera- 
zioni del  Senato  in    oggetti   militari  di 
Terraferma,  Alti  c\e  Sindaci  inquisitori 
tanto  in  Terraferma  che  di  Mare,edel- 
Yestraordinario  in  Venezia;    compreso 
quello  pegli  Ebrei,  che  poi  diventò  Ma- 
gistrato permanente ,  di  cui  si  dirà  piìi 
sotto,  g.  Archivio  de  Soprainlendenti al- 
la Camera  f/e'Co/iy^/z/'v archivio  impor- 
tantissimo cui  appartenevano  pure  gli  at- 
ti relativi  all'originario  diritto  de' vene- 
ziani sulla  navigazione  del  golfo  ,  ed  al- 
l'argoujento  deWePoste  degli  Esteri  Sta- 
li.  IO.    Miscellanea    di  disegni  da  esser 
conservati,  raccolta  fatta  nel  tnovimento 
e  concentrazione  de'  veneti  archivi  nel  lo- 
cale di  8.  Teodoro,  i  i.  Collezione  di  leg- 
gi e  doc-umenli  in  oggetti    di   criminale 
diritto;    raccolta  dal  i5ioal  1620  fatta 
da  un   patrizio  e  donata  alla  repubblica. 
I  2.  Collezione  de'Ceremoniali  s[)etlauti  a 
venuta  e  passaggio  di    Principi  ,   ricevi- 
menti d'Ambasciatori,  Ministri.  Dignita- 
ri, creazione  e  funerali  del  doge  ed  altra 
primaria  dignità  della   repubblica.    i3. 
Collezione  di  lettere  originali  di  Principi, 
Dignitari  e  Repubbliche  estere,  i4-  Item 
Trattati  originali  con  Potenze  estere,  r  5. 
Registri  Co/nmemoriali,  preziosi  volumi, 
8U  cui  dal  1296  al  17175100  registrale 


68o  V  E  N 

Je  rìicniorie  di  ogni  importante  avveni- 
jnenlo    inteino   ed    esterno,  compresi  i 
Trattati  colle  Potenze  estere.   1 6.  Colle- 
zione de'regislri  de  Patii.  Comprende  le 
roncessioni  fatte   alla    repi)bl)lica    dagli 
iujperalori  d'Oriente  ed  Occidente; dalla 
repnMilica  alle  città  e  comuni,  ed   altri 
analoghi  framinenli.  ìj.  IMiscellanea   di 
Bei^istri,  Libri,  Filze,  contenenti  docu- 
tjìcnde  Memorie  sloriclic,  politiche  e  di 
erudizione  non  uniti  a  veruna  delle  so- 
praddette sezioni.  iB.Itemdi  Pergamene, 
Registri  e  carte  antiche  diverse,  spettan- 
ti in  gran  parte  ad   oggetti    diplomatici 
ed  amministrativi.  19.  Alti  relativi  ad  ar- 
gomenti Notarili  e  Giudiziali  ,    trovati 
nel  1812  sotto  i  Piombi  del  palazzo  du' 
cale,  e  delia  Basilica  di  s.  Marco,  e  come 
i;redesi,  procedenti  dalla  presa  di  Candia, 
ed  altre  isole  dell'Arcipelago  e  della  Mo- 
rea.  III.  Consiglio  de'Dieci.  i.  De'  Capi. 
2.  Del  Camerlengo  alla  cassa.  3.  Degl'In- 
quisitori di  Stato.  IV.  Compilazione  del- 
le leggi.   V.   Archivi  veneti  particolari 
delle  Magistrature  ed  ufììzi  aristocratici. 
1 .  Esecutori  alla  Bestemmia.  2.  Savi  alla 
Eresia. 3. Monasteri eProv veditori  ad/;/a* 
r77«5rt5'.4.Deputati.  5.  Savi  esecutori  alle 
Ac(jue.  6.  Avogadoridi  Coinun,t  Araldi. 
7.  Ufficiali  al  Cattaver.  8.  Censore  al  Bro- 
glio.9. Esarainador  a  11 'Ipoteche,  io.  Pio  v- 
veditori  de'Feiidi.  i  i  .Ufficiali  alTorraen- 
lo,  a  s.  Marco  eà  a  Rialto.  12.  Provve- 
•  Utori  alla  Giustizia  Nuo\'a  ef'ccchia.  1 3. 
Vino  e  viltuarie.  14.  Ilem  alle  legna  da 
fuoco.  I  5.  Deputati  aìl'ospedaldijlla  Pie- 
Ij.  16.  Item  agli  ospedali.  17.  Provvedi- 
tori alle  pompe.  18.  Ilem  di   s.   Marco, 
Saprà,  Citra,  Ultra.  19.    Item  di  Co- 
mune per  vendita  di  fabbriche  rovinose, 
•soggette  h  fide-commessi.  2x5.  Scuole  del 
ss.  Sagramento  e  pie  Unioni.  2i.  Prov- 
veditori di  Sanila.  22.  Inquisitori  e  rego- 
latori di  Scuole  grandi.  23.  Signori  di 
notte  al  Civil  e  Irulfe.  24.  Item   al  Cri- 
minal, furti  e  ladri.  25.  Zecca  ufficio  ar- 
f^enlo  e  oro.  26.  Provveditori  e  Iiiquisi- 
tori  allo  Zecca.  27,  Provveditore  a'iioschi 


V  E  r? 

di  legna.  28.  Item  alle  beccnrie.  29.  Ilem 
alle  biave.  3o.  Consiglio  de'XL  al  Ci  iuii- 
nal.  3(.  Inquisitori  agliJibrei.  32.  Prov- 
veditori a'bosclii.    33.  Scansadori  spese 
superflue.  34.  Incpiisitori  alle  Aiti.   35. 
\  isdomini  al  b<jiidaco  Tedeschi  per  esa- 
zione di  dazi  per  mercanzie  tedesche.  36. 
Depositari  al  Banco-giro.  37.   Savi  alle 
T\iercanzie,Commercio  e  iNavigaziorie.38. 
Provveditori  al  proprio,  Corrieri  e  Poste. 
39.  Deputali  alle  Tarilfe.  ^o.  Esecutori 
alle  Acque,  ^i.  Piovvedilori  all'  Adige. 
42.  Beni  inculli.  43.  Itcìn  beni  Comuna- 
li. 44- ''''">  ^'alli  Veronesi  4''>-  l»iforma- 
toi  i  dello  studio  di  Padova.  46.Sopraiu- 
tendenti  a'  Confini.  47-  Provveditori  al- 
l'Arsenal.   4'^-   Item  all' Armeria.  49.  1- 
lem  all'Artiglieria. 00. Item  alle  Fortezze. 
5i.  Alle  Galere.  52.  A'boschi  elegna  per 
l'Arsenal.  53.  Presidente  alla  Milizia  da 
mar.  54-  Visdominialla  Tana  dell' Ar- 
senal  per  sartiame  e  coidaggi.  55.  Ese- 
cutori agli  ordini  del  Senato.  56.  Inqui- 
sitori a'bolli.  57. Siivi  agli  ordini  .'\rmeria 
n)aritlima.  5S.  Item  all'  ordinanze  armi 
di  terra.  09.  Itera  alla  Scrittura,  Mini- 
stero della  guerra  che  abbracciava  tutto. 
Questo  prospetto  sommario  degli  archi- 
vi della  veneta  aristocrazia,  ollreciiè  au- 
tentico pel  fonte  da  cui  fu  tratto,  dà  net- 
ta, per  cos'i  diie,  T  ossatura  delle   venete 
magistrature,  e  di  un  organismo  amrai- 
nistrativo-|iolitico-militareafratlo  sui  gè- 
ncris,  perchè  j)on  facile    a    poter  finora 
esser  desunto d;i'tanli  autori  che  scrissero 
delle  venete  cose,  le  quali  variavano  pre- 
stamente ad  ogni  insorgenza  di  nuovi  bi- 
sogni. Fra  quegl' illustri  letterali  che  ce- 
lebrano l'immensa  e  indicibile  pieziosa 
importanza  dell'archivio  generale  di  Ve- 
nezia, del   bel   numero  è  il  diplomalico 
prussiano  eh.  barone  Alfredo  Beumont, 
Bella  pregievolissima  sua  opera  :    Della 
Diplomazia  Italiana  dal  secolo   XIH 
al  XVI.  Firenze  1837.  Questa   però  è 
li;iduzione  del  eh.  Tommaso  Gar,  dal- 
l'autore maggiormente  ampliata   e  ilKi- 
sliala  delle   sue  due  precedenti   edizic- 


ni  tedesche.  Ne  ilie'  chiaro  ronle77.n  In 
Civiltà  Ctitlolica,  3."  serie,  t.  y,  p.  7  i  3, 
con  l'elogio  :  Lpeulore  è  lonfnno  dal  par- 
teggiare pei-  queliti  o  rpieila  delle  fazioni 
model  ne  d'Italia,  ed  è  rispettoso  verso  il 
l*apnlo;dtie  pregi  molto  rari  ne'moderni 
scrittori  di  storia  e  di  diritto;  ed  insieme 
la  Civillà  Callolica  non  dissimula  il  ri- 
marco,cbe  vi  sono  certe  appellazioni  da- 
te or  a  rpialcho  l*apa,  or  a  qualche  inten- 
dimento ile'  loro  negoii,  letjuali  si  risen- 
tono più  del  vezzo  universale  di  dar  ma- 
la voce  a'Papi  e  alla  politica  da  essi  segui- 
ta, per  la  condizione  de'tempijchedi  quel 
riserbo  e  di  (piella  calma  di  giudizio  onde 
l'autore  dà  prova  costante  iu  tutto  il  li- 
bro, di  cui  vado  a  giovarmi.  A  p.  3  17  e 
seg.  il  Reumont  riporta  3  documenti  in- 
torno all' archivio  segreto  della  repub- 
blica di  Venezia.  Contiene  il  i.°  le  De- 
liberazioni  del  Consiglio  de*  X  intorno 
n/la  cura  e  alla  custodia  della  Cancel- 
leria segreta  ,  colla  esposizione  dello 
itato  dì  essa,  fatta  dal  segretario  Zac- 
caria Rosso  a' 1 1  aprile  i  (3oo.  A  me  im- 
porta solo  il  riferire.  »>  Benché  sia  per 
parte  presa  in  questo  consiglio  sotto  li  3i 
ottobre  i4i 9)  statuilo,  che  debba  esser 
tieputato  un  segretario  del  Senato  alla 
cura  e  custodia  della  Segreta,  dove  sono 
riposti  j  libri,  lettere  e  scritture  segrete 
del  detto  Senato,  e  che  non  sia  permesso 
ad  alcun  altro  che  a  'pielli  che  sono  di 
collegio  1'  entrarvi  a  vedere  le  cose  neces- 
sarie, per  i  servizi  della  veneta  re[)ul.bli- 
ca,  se  non  con  parlicolnr  licenza  della  Si- 
t^noria  nostra,  senza  la  qual  licenza  non 
può  alcuno  aver  copia  d'  alcuna  cosa  se- 
LM-eta:  nondimeno,  non  essendo  da  qual- 
che tempo  in  qua  osservato  quanto  è 
slato  da'prudentissimi  maggiori  nostri  in 
detta  parte  disposto  e  dichiarato, convie- 
ne alla  prudenza  di  questo  consiglio  dare 
in  ciò  ordine  tale  che,  conforme  alla  pub- 
blica intenzione,  non  segua  da  nio  nel 
detto  proposito  alcun  inconveniente  ". 
Jnollie  propose,  per  mamlarsi  a  [)arte 
Goiue  la  precedente  proposizione,  di  ag- 


V  E  it  6Bt 

giungere  un  altro  segretario  de!  collegio, 
per  la  custodia  della  Segreta, ^o\i'ob\)\\ao 
di  stare  sempre  in  essa  un  di  loro;  che 
tutti  gli  ambasciatori  o  altri  che  avranno 
copie  o  scritture  di  detta  Segreta,  doves- 
sero restituirle  a'  due  segretari,  sotto  de- 
bito di  sagramento  (giuramento)  e  altre 
pene  giusta  la  forma  della  lcgge;chei  due 
S(\gret;iri  avessero  il  carico  di  registrar 
tutte  le  parli  e  deliberazioni  del  Senato, 
e  Cfjs'i  i  registri  delle  esposizioni  degli 
nmbnsciatori  ec.  Il  2."  documento  è  VE- 
Itzione  dello  storico  Andrea  Morosità 
alla  sopraintendenza  della  Cancelleria 
segreta,  a'  17  settembre  1601  in  Consi- 
glio de''  X.  Non  essendo  da  nujit'anui  se 
non  in  poca  pnrte  registrali  li  R,ubricari 
delle  lettere  delle  Corti, e  li  Registri  delle 
esposizioni  fatte  da  Ambasciatori  e  da  al- 
tri rappresentanti  principi,  mancando  a 
cadauna  circa  vio  anni  ;  oltreché  a'Regi- 
6lri  ordinari  delle  deliberazioni  del  .Se- 
nato,e  delle  materie  di  Ilomae  di  C»')stan- 
tinopoli  e  delle  altre  Corti,  vi  mancava 
anche  da  registrare  e  da  rubricare;  fu 
dalo  il  carico  e  la  sopraintendenza  del 
luogo  della  Segreta  alMorosini  deputa- 
lo a  scrivere  l'istorie,  e  successori  suoi, 
con  aumento  a'ducati  200  che  avea,  di 
altri  100  all'anno,  per  procurare  l'esecu- 
zione di  quanto  si  andava  a  imporre  a'se- 
gretari,  acciò  quanto  prima  si  rimediasse 
a'dctli  mancatneiifi  delle  pubbliche  scrit- 
ture. Al  segretario  del  Senato  Zuanne 
]\I;)raveglia  fu  dato  il  carico  de'R.egistri  e 
Riibricari  vecciii,  con  ducati  io  mensili 
di  I  icognizione.  Dovendo  continuare  i  se- 
gretari del  medesimo.Senato  Valerio  An- 
telmi  e  Zaccaria  Rosso,  a' Registri  e  Ru- 
briche de'lil)ri  segreti  ,  e  ad  avere  la  cu- 
stodia della  Segreta,  fu  a  ciascuno  di  loro 
aggiunto  a'  40  ducati  annui  che  aveano 
altri  20.  L'altro  segretario  del  Senato  Al- 
vise vSaelta  scrivendo  da  8  anni  gli  An- 
nali della  Piepubblica,ebbe  in  premio  du- 
cati 3oo  da  lire  6  e  soldi  4>  e  per  futuro 
salario  io  ducati  mensili.  Contiene  il  3." 
documeDlo  la   Relazione   dello  storico 


GSi  V  E  N 

Aiulren  Morosini  intorno  alla  Cancel- 
leria segreta  nel  1602,  cioè  del  da   lui 
operato  dopo   1'  incarico  avuto.  In  essa 
le''"o,che  innanzi  la  memorata  provvisio- 
ne i  4  '  9  t"l'6  '^  scritture  e  libri,  ne'quali 
si  contenevano  i  più    importanti  segreti 
pid)l»lici,  si  tenevano  nella  cancelleria  du- 
cale, senza  alcuna  custodia;  onde  ognu- 
no poteva  leggerli  ed  esaminarli,  inten- 
dendo tutti  i  negozi  dello  stato  ,  e  ne  e- 
rano  senza  licenza  tratte  copie,  e  manda- 
le anche  fuori,  con    gravissimo  pericolo 
d'infiniti    inconvenienti.    Il    discorso   mi 
poita  naturalmente  da  ultimo  a  parlale 
dpi^li  ambasciatori  veneti. —  De' tanti  uf- 
fizi nominali  nel  riportato   documento  , 
tintnanti    l'interna  organizzazione  delle 
magistrature  e  uffizi  della  repubblica  ve- 
neta, di  molti  ne  ragionai  nel  decorso  del- 
l'articolo, olire  qualche  cenno  degli  am- 
basciatorijde'quali  certamente  inerita  che 
io  ne  dia  qui,   come    già  dichiarai   nel  ^ 
X\'l,.ii.  5  e  altrove,  alquante  brevi  spe- 
ciali nozinni,  siccome  rappresentanti   al- 
l'estero la  repubblica.  Ca<!uta  questa,  ces- 
sarono pure  i  suoi  celebri  ambasciatori, 
.«ipediti  dal  senato  allediverse  corti  d'Eu- 
ropa a  trattare  i"  grandi  affari  dello  sta- 
to veneto,  e  ci  lasciarono  insigni  relazio- 
ni, ch'erano  tenuti  di  fare  al  senato   in- 
torno alle  cose  più  notevoli  osservate  nel- 
la loro  missione,  molte  delle  quali  sono 
capolavori   di  arte,  in  che  lantosi  distin- 
se la  diplomazia  veneziana  ,  d'ordinario 
rappresentata  da'più  sagaci  e  cospicui  ve- 
neti.  Procederò  precipuamente  col  dot- 
to barone  Reumont, benemerito  d'Italia 
anco  per  altre  utili  opere,e  parlando  del- 
la loscaiin,  profittai  delle  sue  accurate 
Tai'ole  (Iella  .storia  fiorentina.  L'usanza 
di  mandare  negoziatori  e  plenipotenzia- 
ri   ha  origine  antichissima.  Nel  medio  e- 
o 

vo  l'infinito  numero  degli  slati  ede'comu- 
ni  indipendenti  ,  in  Italia  la  rese  ancor 
j)iìi  fiecjuente,  ma  la  piccolezza  di  quelli 
e  la  conseguente  esiguità  degli  affari  con- 
cedeva che  le  legazioni  fossero  brevi  e 
transitorie.   Ma  allorché  mediante  trat- 


V  E  N 
tati,  1  vicendevoH  rapporti  incominciaro- 
no a  divenire  più  stretti  ed  importanti  , 
e  le  missioni  straordinarie  a  succedersi 
rapidamente  Tuna  all'altra, fu  di  leggieri 
riconosciuto  esser  cosa  più  opportuna  ed 
economica  l' incaricare  per  un  determi- 
nato spazio  di  tempo  una  persona  (o  in 
casi  più  rari  parecchie)  di  proteggere  gli 
interessi    della    pallia.    Finalmente   nel 
cinquecento  vennero  in  uso  le  stabili  am- 
bascerie di  Residenza  (  F.)  presso  le  cor- 
ti di  i.° grado, sebbene  ciò  non  fosse  tal- 
volta senza  qualche  intermissione.  Mag- 
gior ordineecoerenza  in  questa  materia, 
siccome  in  altre  correlative  ,  mostrò  fia 
dal  principio  la   repubblica   di  Venezia. 
Tanto  è  rimoto,  dice  il  Romanin,  in  Ve- 
nezia un  provvedimento  sì  savio  e  s"ì  uti- 
le, che  dimostra  una  cultura  certo  molto 
inoltrata  ne'suoi  governanti.  Nondimeno 
la  stessa  Venezia  dirigeva  !a  sua  atten- 
zione a  quelle  sole  potenze  ,  le  cui  l'ela- 
zioni,sia  politiche,  sia  mercantili,  fossero 
tali  da  richiedere  una   durevole  rappre- 
sentanza: Roma,  Spagna,  Francia. Inghil- 
terra, Costantinopoli  e  in  quest'ultima  da 
più  antico  tempo,  per  quanto  sono  anda- 
to narrando.  Così  ordinatamente  le  cose 
non  procedevano  cogli  altri  stati  ;   e  sa 
anche  fosse  lutto  chiarito  ciò  che  concerne 
la  storia  della  Diplomazia  (P'.) e  sue.  ve- 
lazionijdovrebbesi  pure  rinunziare  a  rin- 
venire un  nesso  strettamente  istorico  nella 
serie  della  massima  parte  di  quegli  ufììzi. 
Io  ne  faccio  un'eccezionecon  Romania  qua- 
le, come  riconobbe  il  celebre Talleyrand, 
Rome  seraloiijours uacentre  dJ affaires 
tres-importanl;  e  la  s.  Sede  più  o  meno 
da  remoti  secoli  ebbe  i  suoi  Apocrisarìf 
Nunzi  (/^.)ed  i  suoi  Legati [P'.).  Nel  se- 
colo XVI    erano   in    Roma  4^  amba- 
sciate ordinarie,  non  essendo  ancora  bea 
fìssale  le  regole  in  questo.  Da' tempi  aa- 
tichissimi  insino  a'  nostri,  gl'italiani  go- 
devano la  riputazione   di   ragguardevoli 
diplomatici.  Osserva  il  eh.  Reumont  che 
gli  stati  i  quali  un  tempo  esercitarono  sul- 
la storia  civilee  politica  dell'Italia  lamag- 


V  E  N  YEN                   683 

gior  influenza  sono  3;  Firenze,  Venezia  allrimenli  dovrei  essere  prolisso,  edaii- 
e  Roma.  JNe'due  primi  6Ì  manifestano  in  co  (jua  e  là,  per  evitare  ripct-zioui,  meno 
maggior  copia  gli  elementi  iutligeni;qui  le  iiidis{)eiisabili  del  di  già  riportalo  nel 
troviam  fiorentini, là  veneziani.  Il  3.°  lino  progresso  dell'articolo.  In  Venezia  si  tro- 
abantico  trasse eslranie  forze  d'ogni  par-  va  una  lunga  serie  di  ordinamenti  circa 
te  d'Italia,  anzi  del  mondo,  a  tutti  schiu*  gli  alìari,  le  incombenze,  gli  ullìzi  diplo- 
deudo  i  maggiori  campi  di  azione,  nulla  malici  già  stabilili  in  un  tempo  in  cui  la 
Chiesa,  nella  politica,  nella  letteratura  ,  scienza  politica  giaceva  per  tutto  altrove 
neir  aite.  Secondo  sua  peculiare  natura,  ancor  nelle  ra>ce.  In  cpiesto,  come  in  tanti 
Roma  non  è  esclusiva,  ma  sempre  coni-  altri  cnsi,  Venezia  godeva  su  tutte  le  re- 
prensiva,  assimilatrice,  dominatrice.  Il  ti-  pubbliche  e  sugli  altri  slati  d'  Italia  il 
tolo  uflìziale  che  portavano  gli  agenti  di-  vantaggio  della  stabilità,  che  influiva  sul- 
plomatici  era  cpiello  di  Oratori,  che  si  le  faccende  di  pubblica  amministrazione,e 
spiega  facilmente  dagli  obl.'lighi  loro.  Già  cheiluròrpjanto  lo  stato  medesimo. loipe- 
al  principio  delsecoloXlV  troviamo  ben-  rocche  nieutre  (}enova.  grande  e  talvolta 
sì  usata  la  denominazione  di  ^/nhascia-  felice  emula  di  Venezia,  passava  da  ri- 
gori (A.),  la  quale  però  e  specialmente  voluzioue  in  rivoluzione,  fino  a  sottoporsi 
ne' tempi  successivi  fu  di  preferenza  ap-  alla  signoria  degli  stranieri  ;  mentre  in  Fi- 
plicata  a  coloro  che  con  grado  più  emi-  renze  regnava  un  continuo  antaguuismo 
nenie  trattenevansi  a  lungo  nelle  corti  di  parti,  dal  ([uale  in  fine  sorse  la  monar- 
maggiori;  titolo  però  che  acquistò  il  suo  chia;  la  costituzione  del  Comune  di  Ve- 
valore  attuale  molto  più  tardi.  Carlo  V  nezia  dopo  la  riforma  conosciuta  c<jI  no» 
ordinò  ch'esso  non  fusse  dato  che  agi' in-  me  dì  Serrata  del  gran  Consiglio  nel 
viali  di  leste  coronale ,  fra  le  quali  era  1296,  che  in  volger  di  tempo  restri nge- 
compresa  la  repubblica  di  Venezia,  come  va  il  governo  ad  un  numero  determina- 
espressamenle  dichiarò, e  non  già  agli  a-  lo  di  grandi  famiglie,  stette  sem[ire  in- 
genti di  quegli  stati  che  si  trovavano  in  concussa,  e  sfidò  le  procelle  de  l'interne 
qualche  rapporto  di  vassallaggio  (il  Reu-  e  dell'esterne  rivoluzioni.  Ma  ancor  pri- 
niont  a  p.  3oq  offre  un  elenco  di  29  ani-  ma  di  tale  chiusura  si  era  comincialo  a 
Lasciatori  veneti  a  Carlo  V^,  con  notizie  rivolgere  un'  attenzione  particolare  ai- 
sulle  loro  commissioni  dal  1  5i5al  i554,  l'ambascerie  per  le  molteplici  relazioni 
1'  ultimo  dopo  la  sua  abdicazione).  11  no-  coll'estero  occasionale  già  dal  meiaviglio- 
me  di  Minislro  con  tutta  l'odierna  no-  ko  svilu[)po  del  commercio  tie'veneziaui, 
meiiclatura  venne  all'Italia  dall'estero.  Il  così  in  Europa  che  in  Asia, ed  accresciule 
titolo  di  Eccellenza ,  ch'era  proprio  de'  dall'acquisto  degli  estesi  lerritorii  toccati 
principi  regnanti,  sinché  venne  in  uso  alia  repubblica  dopo  la  presa  di  Costan- 
V  ylllezza,  già  titolo  regio,  si  dava  solo  tinopoli  nel  i2o4-  Gli  ordinamenti  re- 
confideozialmente  agli  ambasciatori  sul  lativi  al  mentovato  ramo  di  politica  at- 
principio  del  XVI  sec<jlo.  L'inlilolazioiie  tività  comincianocon  undecretodel  gran 
ullìziale  era  quello  di. )/r/;y//'y/co  v/^/iorro  consiglio  del  1288,  il  quale  già  [)alesu 
il/^7g^/2//zco  oratore.  Magnifico  ambascia-  quello  spirilo  d'indipendenza,  e  quella 
tore,dice  PaoIolVPnpa  del  iSSTjrivol-  sorveglianza  de'propri  sudditi,  che  carat- 
gendo  il  discorso  a  Bernardo  Navagero  lerizza  i  provvedimenti  del  governo  ve- 
cjratore  veneto,  il  barone  Reumont  esclu-  nelo.  Siflàtto  decreto  proibiva  agli  am- 
sivameute  parla  di  Venezia  a  p.63-  i  i  i,  basciatori  presso  una  coi  te  straniera,  par- 
oltrechè  in  lutto  il  decorso  dell'opera,  licolarmente  presso  la  corte  ili  Roma,  di 
secondo  gli  argomenti.  Lo  spigolerò  e  sen-  làr  broglio  e  procurare  qiialuiKjue  bene- 
za  coufrouli,  tranne  qualche  ecceiioue,  fizio,  ulli^io  e  dignità,  0  di  ottenerne  in 


f,84  V  L  W 

favore  d'aUre  private  persone,  se  non  ne 
veniva  data  loro  commissione  dal  doge 
e  dtd  con'^iglio  minoie,  e  parimenti  dal 
coniglio  della  Onnrantia,che  alle  sue  al- 
ti il)iizioui  giudiziarie  univa  pure  le  po- 
litiche. Questa  legge  venne  poi  confer- 
mata nel  i56i  in  occasionedella  promo- 
zione al  cardinalato  die  allora  ebbe  luogo 
in  Roma  nella  persona  dell'ambasciato- 
re Amulio  o  da  ÌMu!a,il  cheri[)ortai  nel 
(logado  83.°  Non  già  che  non  fosse  lecito 
«/sudditi  veneti  accettale  tal  dignità,  che 
circa  la  stessa  epoca  fu  goduta  da  Ga- 
fi!iare  Contarini  e  Bernardo  Navagero, 
pia  ambasciatori  presso  la  s.  Sede,  e  da 
fanti  altri,  come  poidirò;  ma  ciò  non  po- 
tè vasi  se  non  con  previa  intelligenza  del 
.«icnato,  e  non  mai  in  tempo  dell'esercizio 
delle  funzioni  di  ambasciatore  a  Roma. 
OndeTAmulio  cadde  in  piena  disgrazia 
della  repidjblica,  e  prima  di  lui  era  toc- 
cato altrettanto  ad  Ermolao  Barbaro 
creato  patriarca  d'Aquileia  essendo  am- 
basciatore a  Roma  e  fors'anche cardinale, 
pel  narrato  nel  dogado  74'"E  ciò  perchè 
i  cardinali  in  tal  modo  entravano  al  ser- 
vigio della  s.  Sede,  senza  l'assenso  del 
senato.  Potevano  gli  oratori  veneti  ac- 
cettare da'sovrani  la  dignità  di  cavaliere, 
o  della  milizia  aurata,  come  ordinaria- 
mente  appellavasi  quando  era  conferita 
dal  Papa, ed  al  modo  che  riferirò  in  fine, 
ma  doventlosi  tener  presente  quanto  av- 
vertii nel  voi.  XI,  p.  i4-  Gl'imperatori  e 
re  de'  romani  crearono  cavalieri  parec- 
chi ambasciatoi  i  veneziani  ;  i  re  di  Fran- 
cia e  d' Inghilterra  tennero  pure  questa 
usanza:  il  Reumonl  ne  registra  vari  e- 
sempi.  Noterò,  chela  repubblica  insigni- 
va gli  ambasciatori  suoi  al  ritorno  di  lo- 
ro ambascerie  a  teste  coronate,  della  co- 
spicua dignità  vitalizia  di  cavalieredella 
Stola  cVoroj  solita  pure  conferirsi  a  que' 
fra*  patrizi  che  più  si  fossero  segnalati 
nell'esercizio  di  eminenti  cariche,e  le  qua- 
li non  di  rado  facilitava  il  conseguimen- 
to della  maggior  dignità  di  procuratole 
di  s. Marco,  come  rileva  il  conte  Dando- 


VEiN 

lo,  Ld  caduta  di  /''enezifi,  lib.  i,  p.  36. 
Alla  suddetta  prescrizione,  successiva  a 
quella  del  1238,  ben  presto  seguirono 
altre  di  maggior  entità.  Nel  1268  fu  or- 
dinato agli  ambasciatori  dal  gran  consi- 
glio di  consegnare  al  loe'o  ritorno  tutti  i 
doni  che  avessero  ricevuto;  decreto  con- 
firinato  più  volte,  e  al  quale  tennero  die- 
tro vari  altri  dello  stesso  tenore.  Anzi 
per  tale  legge,  come  pur  leggo  nei  prof. 
Romanin,  Storia  documentata  di  l^eiie- 
zia,  t.  2,  p.  353,  dovea  giurare  l'amba- 
sciatore, oltre  il  consegnare  al  ritorno  i 
donativi  ricevuti,  di  operare  e  trattare 
soltanto  per  l'onore  e  pel  vantaggio  di 
Venezia.  E  nel  i5o7  e  i52i  venne  a' 
procuratori  di  s.  Marco  accordato  il  di- 
ritto di  disporre  di  que'donativi. Potrebbe 
credersi  per  altro,  che  a  quel  tempo  uà 
simile  decreto  non  fosse  che  una  sempli- 
ce formalità,  mentre  quasi  ogni  relazio- 
ne di  quelli  che  tornavano  da  corti  stra- 
niere, si  chiude  con  un  cajitatio  bene' 
volc/itiaef  e  coWa  preghiera  che  sia  lascia- 
to benignamente  il  donativo  conseguito 
al  mon)ento  della  partenza  per  alla  pa- 
tria. Nelle  strettezze  però  in  cui  la  re- 
pubblica trovossi  durante  la  guerra  di 
Candjray,  che  la  trasse  all'orlo  del  pre- 
cipizio, e  parecchi  anni  dopo,  i  regali  por- 
tati a  casa  dagli  ambasciatori  reduci  ve- 
nivano realmente  consegnati  al  tesoro, 
perquantodi  ben  poco  sollievo  potessero 
tornare  allo  stato  in  quelle  grandi  stret- 
tezze. Sebastiano  Giustiniani,  tornato 
dopo  4  3'ioi  dall'Inghilterra,  pregò  gli  si 
lasciasse  la  catena  del  valore  di  un  centi- 
naio di  lire  sterline,  datagli  dal  re  Enri- 
C(j(Vlll),  ma  bene  di xil  sed  non  bene 
jìcrsuasit.  Francesco  Giustiniani,  reduce 
nel  i538  da  una  missione  a  Francesco  l 
(re  di  Francia),  assevera  in  sulla  fine 
della  sua  relazione,  che  l'ambascerie  af- 
fidate dalla  repubblica  a  suo  padre  ed 
a  lui  stesso,  rovinarono  il  patrimonio  del- 
la famiglia  (molti  che  soggiacquero  a  e- 
guali  condizioni,  si  solevan  mandare  bai- 
li in  Costantinopoli,  i  cui   copiosi  lucri 


YEN 

servivano  a  ristorarli  ne'Jispendi  altrove 
solTerli),  e  supplici  che  gli  venga  lascia- 
la una  calenella  d'oro  donatagli  dal  re  ; 
e  se  la  repubblica  avesse  voluto  servirse- 
ne nelle  strette,  in  cui  si  trovava,  gliene 
assicurasse  almeno  il  capitale, e  gli  accor- 
dasse il  censo  de!  4  pe>"  loo.   Giovanni 
Michiel,  tornando  egualmente  di  Fran- 
cia nel  i56f,  riferisce  che  alla  sua  pie- 
senza  il  ragli  fece  presentare  la  somma  di 
1,200  scudi  in  una  coppa  d'argento  do- 
rato. »  Questo  regalo  (parlando  al  doge) 
appartiene  alla  Serenila  vostra,  e  trovasi 
a'voslri  piedi, afiinchè, se  vi  par  che  ione 
sia  degno, ne  venga  fatto  quel  magnanimo 
uso  che  è  conveniente  alla  natura  e  al  co- 
slume  di  questo  eccellentissimo  senato". 
Nel  1200  fu  ordinato  che  il  nominato 
ad  un'ambasceria  non  potesse  continua- 
re a  ricevere  Io  stipendio  dell'ufllzio  che 
prima  esercitava,  come  riferisce  il  prof. 
Fiomanin  nel  citalo  luogo,  e  soggiunge  il 
Reumont,  onde  non  si  cumulasse  con 
quello  di  oratore.  L'ambasciatore  pel  de- 
creto del  1271,  non  poteva  avtr  posses- 
sioni nel  luogo  ove  si  mandava.  Per  al- 
tro decreto  doveva  al  stio  ritorno,  den- 
tro i  primi  3  mesi,  presentare  al  sinda- 
cato il  conto  delle  spese,  registrandole  o- 
gni  giorno.  Ma  ciò  fu  smesso  più  lardi, 
allorché  a'diplomatici  venne  determinato 
lo  stipendio,  il  quale  per  altro  non  ba- 
stando mai,  il  senato  accordava  frequen- 
ti sussidii.  N«i  secolo  XVI  furono  con  va- 
rie leggi,  da  diversi  stali,  fissati  i  com- 
pensi da  accordarsi  agl'inviati.  La  mas- 
sima somma  concessa  come  sussidio  agli 
ambasciatori  presso  il  Papa,  presso  l'im- 
peratore, ed  altre  teste  coronate,  imper- 
lava 1,000  ducati  d'oro,  oltre  il  solilo 
assegnamento.  Compensi  straordinari  ve- 
nivano rare  volte  accordati.  Ma  neppure 
questi  sussidii  erano  sufTicienli,    almeno 
in  tempo  di  guerra.  Cos'i  Carlo  Cap[)ello 
si  lagna  nel  1^29  col  doge  dell'enorme 
carestia  durante  l'assedio  di  Firenze,  non 
essergli  sufficiente  né  la  provvisione,  nò 
le  sue  reodile  :  implorala  sovvenzione  l'ot- 


V  E  N  G8j 

tenne.ma  non  fu  sufIlcienle,onde  gli  con- 
venne ricorrere  agli  amici  e  far  debili.  La 
provvisione  ordinaria  era    assorbita  pel 
mantenimeuto  delle  cavalcature  (moren- 
dogliene una,  gli  pose  un  epilalìio  tutto- 
ra esistente  riiiq)elto  la  piazza  de'Caslel- 
lani  in  Firenze  :  Ossa  equi  Caroli  Cu' 
pelli  legali  veneti)  j\a  penuria  giunse  a 
tanto,  che  quanto  prima  costava  un  gros- 
%o,  si  pagava  un  ducalo.  Marino  Cavalli 
ambasciatore  presso  il  redi  Francia  ne- 
gli anni  i544'4^>  dice,    nella  sua  rela- 
zione, gli  oratori  veneti  esser  nella  peg- 
gior  condizione  di  tulli  gli  altri  de'mag- 
giori  e  minori  principi;  que'del  Pa[)a  ii- 
vendo  per  il  più  io  scudi  al  di,  olire  gli 
emolumenti,  i  vescovati   e  il   premio  al 
loro  ritorno;  que' dell' imperatore  e  di 
B'rancia,  Inghilterra  e  Portogallo  ave- 
re similmente  8,  0  1  o  scudi  al  dì,  gua- 
dagnando in  cose  particolari,  e  poi  in 
compenso  provviste  lucrose;  e  gli  orato» 
ri   veneti   con  5  ducali  al  ài,  esser  im- 
possibile durare  in  Francia,  onde  non  e- 
ra  meraviglia  che   molti  preferivano  la 
vita  privata  a  Venezia,  che  andare  am- 
basciatori fuori.  Il  medesiuìo  diplomati- 
co fece  ben  altri  lamenti  al  suo  rilurno 
dalla  corte  di  Carlo  V    nel    i55i,   pas- 
sando a  rassegna  l'ambascerie  e  i  dispen- 
di sostenuti,  a  fronte  di   100  ducati  cor- 
renti mensili,  essendo  dovuto  due  volle 
andare  al  campo  col  re  de'roniani  Fer- 
dinando I  :  nel  ritorno  portali  1000  scu- 
di e  la  catena  d'oro,  doni  del   re,  tulio 
gli  fu  tolto,  mentre  ad  altri  con  minori 
fatiche  erano  slati  lasciati;  enumera  mi- 
nutamente le  occorse  spese,  e  il  da  lui  o- 
perato,  e  conclude  che  gli   sia  permesso 
almeno  ritenersila  catena  datagli  dall'im- 
peratore.Generalmente,  a  queire[>(jca,  le 
condizioni  pecuniarc  de'di[)loniatici  non 
miglioravano  gran  fatto,  perchè  più  essi 
incassavano  e  più  spendevano  ;  oltre  l'es- 
sere esposti  sovente  a  molte  molestie  e 
pericoli.  Bernardo  Navagero,   carico   di 
figli,  essendo  anibasciatore  a  Carlo  V  ne- 
gli anni  i543-4*J,  assislelle  alle  guerre 


C86  V  K  N  YEN 
(Ielle  Fiaiulre  e  ili  Francia, e  fu  presente  di  scusa.  Nel  I2S5  proibì  di  lasciare  il 
;illa  c()rlcI(l^ionc  della  pace  di  Crepy.  li-  suo  poslo  senza  chiederne  permesso.  Nel 
gli  disperse  in  (paellediie  campagne  gran  1294  fu  risoluto  die  due  nobili  congiun- 
parle  del  suo  patrimonio,  vide  cadérsi  a  ti  fra  loro  in  parentela  non  polesseroes- 
lalo  7  suoi  servi,  vi  perde  4  «nuli  e  2  ca-  sere  eletti  nel  medesimo  tempo  ad  un'am. 
valli,  passò  più  volle  la  giornata  senza  ci-  basceria.  Nel  i36o  ordinò  il  maggior 
Larsi,  e  dovette  dormire  sul  nudo  terre-  consiglio,  die  chiunque  dopo  aver  accet- 
no,  fra  il  contagio  che  affliggeva  il  paese,  tato,  si  rimovesse  dal  suo  proposito,  non 
QuanJo  fu  ambasciatore  a  Iloma,per  18  jiotesseper  un  annone  rivestir  dignità,  né 
mesi  visse  co' 100  scudi  al  mese  che  gli  percepire  beneficio  alcuno.  Nel  i4'  i  si 
dava  il  Papa,  e  cos\  onoratamente,  quan-  provvide  che  la  pena  pecuniaria  impo- 
to i  più  ricchi  cardinali,  nel  numero  de'  sta  al  loro  rifiato,  non  si  potesse  più  re- 
quali  fu  poi  compreso.  Giovanni  Correr  stituire  in  via  di  grazia.  Gli  oratori  pei* 
tornato  di  Francia  nel  1569,  riferisce  che  decreto  del  i4S3  non  potevano  portar 
per  la  carestia,circa  1  terzi  del  suo  salario  seco  denari  a  rischio  pubblico,  se  non  fi- 
occorse  pel  tnanlenimenlo  de' cavalli;  si  no  «Ila  somma  di  ducali  200.  E  così  via 
trovò  dmante  la  guerra  civile  nella  gior-  discorrenJodi  altri  similidecreti,  talvolta 
nata  ili  iMeanx,  e  poi  nelle  lurbolenze  di  minuziosi,che  peròtrovanolaloro  spiega- 
l'arigi,  e  d'ordine  del  re,  ad  esempio  de-  zioneegiuslificazionenell'indoledel  vene- 
gli  alili  ambasciatori,  gli  convenne  ar-  togoverno,  che  ponderava  con  tanta  cau- 
inarsi  co  "suoi  e  vivere  in  continua  agita-  tela,  e  persino  con  gelosia, tutti  i  poteri  e 
Kione.  Del  resto  repntavasi  forlunato  iin-  tutti  i  diritti.  Sembra  dunque,  dice  Reu- 
povei  ire  al  servizio  della  repubblica.  [  moni,  che  i  veneziani  non  gareggiassero 
jKjbili  veneziani,  mentre  spendevano  il  gran  fatto  per  procurarsi  l'onore  d'essere 
loro  a  vere  per  degnamente  rappresenlare  undiasciatori.  La  durata  delle  missioni  di- 
la  repubblica,  potevano  sperare  un  00 tu-  plomatiche  era  naturalmente  incertissi- 
penso  se  la  fortuna  lor  sorrideva.  Le  ca-  ma  ne'primi  tempi, e  dipendeva  soltanto 
nthe  amministrative  nelle  provincie  di  dalla  maggioreo  minore  importanza  del- 
TerralL'iiiia,  ma  specialmeiile  i  posti  di  le  faccende  che  doveano  trattarsi,  e  ciò 
governatore  in  Levante,  li  risarcivano  in  fino  alla  i.'  melàdelXVI  secolo.  In  que- 
ii'olti  ca>i  delle  perdite  prima  sotlerle.  sto  la  repubblica  stabdì  a  3  anni  la  dura- 
La  ricchezza  e  le  signorie  di  numerose  ta  ordinaria  delle  missioni  ;  il  qual  ter- 
fimiglieveMeziane,die  vivevanocon  pom-  mine  fu  prolungato  a  4  ^"'d  "^^l  '  749» 
pa  principesca,  venne  di  questa  guisa  fon-  ch'era  quello  dell'uiTizio  dkjl  bailo  di  Co- 
«iata,  accresciuta  o  ristabilita.  Andando  slantinopoli.Circostanzestraordinarie  po- 
le  missioni  soggette  a  molti  degl' indi-  tevano  consigliare  a  prolungareo  raccor- 
dati incomodi,  non  di  rado  ricusando  gli  ciare  il  termine  ordinario. Gaspare  Con- 
tieni il  carico  diplomatico  cui  si  desti-  tarini  rimase  alla  corte  di  Carlo  V  dal 
iiavano  o  loro  aflidalo,  o  procurando  di  i520  al  i525,  non  avendo  potuto  Aii- 
venir  nominati  ad  altri  reggimenti  onde  drea  Navagero  di  lui  successore,  quan- 
suttraisi  a  quello,  ovvero  tornati  prega-  tunque  nominato  nell'ottobre  i  523,  met- 
lono  per  l'avvenire  d'esserneesenti, fu  sii-  tersi  in  viaggio  primad'aprile  iD25. Se- 
nulo  o[)poituno  di  provvedervi  con  di-  basliano  Giustiniani  stette 4  a n»i  presso 
versi  decreti.  Nel  1271  il  gran  consiglio  Enrico  Vili  re  d'Inghilterra.  Al  contra- 
stabih  una  multa  pecuniaria,  per  chi  a-  rio  l'ambasciata  del  sunnominato  .\mu- 
vesse  ricusalo  d'accettare  la  nomina.  Nel  lio,  già  nominato  presso  Pio  IV,  venne 
I  2^0  dichiarò,  che  solamente  una  grave  interrotta  nel  2. "anno  per  aver  accettato 
Uiulullia  sai  ebbe  siala  vakvulc  molivo  il  cardinalato,  lueulreeraia  Rouia  al  ser- 


V  E  M 
violo  della  patria  (e  se  questa  avesse  con- 
sentito lilla  Mia  premozione  e  consci  vaio 
nel  carico,  come  caicliiiale,  in  Iloma  iiuii 
poteva  più  usare  il  titolo  eli  uinbascialo- 
re,  per  quanto  dichiarai  in  più  Inogln  e 
nel  voi.  LV,  |).  32C),  parlando  de'  Pro- 
ttUori  presso  la  s.  Sede;  e  siccome  poi 
nel  voi.  LXIX,  p.  279,  li  dissilerminali 
di  fatto,  ora  avverto  che  notai  nel  dogado 
88.°  essere  ripristinato  nel  i  858  il  cardi» 
ual  protettore  della  nazione  Aiislriacu). 
Passalo  il  2. "anno,  potevasi  pensare  a  sce- 
gliere il  successore,  il  quale  doveva  esser 
giunto  al  suo  posto  prima  che  all'  altro 
fosse  lecito  di  congedarsi.  Accadeva  an- 
cora che  ali'aniha^cialore  oidinario  si 
dasse  un  collega,  per  jnolivo  di  poca  fi- 
ducia, o  per  gli  ailari  troppo  incalzanti. 
11  j .°  caso  si  avverò  a  Roma  nel  i^yo, 
nominandosi  Michele  Soranzo  collega  a 
IVlithele  Soriano  ambasciatore  presso  s. 
Pio  V,  reputalo  parziale  di  troppo  della 
pontificia  corte.  11  Soranzo  divenne  poi 
nel  107  I  ambasciatore  ordinario,  ma  non 
rimase  oltre  1'  anno  seguente.  Notai  di 
sopra,  che  in  Venezia  specialmente  il  con- 
versare co'diplomalici  stranieri  era  seve- 
rissimamente vietalo  ;  così  il  governo  del- 
l'impero d  Oriente  era  indotto  mollo  me- 
no da  ospitalità  che  da  gelosia  e  pi  ecau- 
zione ad  isolare  da'terrazzani  nel  sobbor- 
go di  Pera  i  legati,  assegnando  loro  un'a- 
bitazione particolare.  E  nel  dogado  83.° 
riparlai  pel  palazzo  da  Pio  IV  donalo  in 
Pionia  alla  repubblica  per  abitazione  del 
suo  ambasciatore;  mentre  nel  dogado 
BS.'dissi  di  quello  donato  da  essa  in  Ve- 
nezia per  residenza  del  nunzio  pontificio. 
La  Ch'illà  CaLlolica,  2.'  serie,  t.  5,  (). 
458,  dice  la  repubblica  di  Venezia  in 
ispecial  modo  acculata ,  a  cagione  the  non 
paga  delle  sospicìoni  interne  di->tendea- 
le  al  di  fuori,  e  contro  ogni  usanza  del 
civil  tratto  vietavasi  a'palrizi  d'mlratle- 
nere  ninna  auiislìi  co'principi  o  gran  per- 
sonaggi stranieri,  peua  l'avere  e  la  perso- 
na; perchè  gli  ambasciatori  medesimi  che 
si  spcdiauo  alle  coili  doveauo  essere  di 


VEN  G87 

continuo  in  guardia  e  sollecitudine  ansio- 
sa di  non  destare  a que'rigidi  magistrali 
il  menomo  dubbio  di  loro  fedeltà,  se- 
gretezza e  mistero  intorno  agli  avvisi  del- 
la signoria  :  gli  ambasciatori  poi  de'  re 
inviati  a  rappresentarli  in  Venezia,  non 
V  era  modo  che  potessero  conversare  fa- 
iniliarmeute  co'patrizi,  ed  erano  mirati 
come  chi  approda  in  porto  da  lontani 
lidi  e  alloggia  per  salute  pubblica  ne'ser- 
ragli  delle  (juarantene,  che  non  vi  si  può 
parlare  se  non  dalle  grate.  Coleste  esor- 
bitanze valgono  mirabilmente  a'poeli  per 
commuovere  gli  animi  nella  dipintura 
delle  gelosie  cupe,  profonde,  inaccessibi- 
li de'veneti  njagislrati  conlra  (juegl'in- 
felici,  che  intoppavano  a  cadere  in  so- 
gnali maneggi  collo  straniero;  ma  chi  bea 
considera  la  natura  delle  repubblicheari- 
slocraliche,  le  trova  di  un'antiveggenza 
Sottile  e  sempre  in  timore  d'insidie  e  di 
trattati  segreti,  non  però  di  meno  le  vede 
gillarsi  a  vani  e  maligni  sospetti  per  op- 
primere i  cittadini  :  severe,  anzi  rigide, 
se  pur  si  voglia  ;  ingiuste  e  crudeli  non 
mai.  Ogni  savio  e  sperlo  politico  conosce 
chiaramente,  che  la  nobilissima  repub- 
blica di  Venezia  se  avesse  seguito  massi- 
me ingiuste  e  crudeli,  ne  avrebbe  avuto 
da  tulle  le  corone  d'Europa  e  d'Asia  il 
titolo  di  sapieniissiina,  né  sarebbe  dura- 
ta per  lauti  secoli  in  tanta  potenza.  Gli 
ambasciatori  veneziani  venivano  scelti 
tra'nobili,  e  doveauo  avere  raggiunto  l'e- 
tà di  anni  38.  Potevano  tuttavia  esser 
chiamali  più  giovani  a  simile  uffizio,  pur- 
ché fossero  seduli  in  qualunque  de'  12 
rcg^iìnienli  maggiori.  Questa  condizione 
valeva  anche  per  gli  avogadori  del  co- 
mune, i  quali  senz'allri  recpiisiti  potevano 
esser  nominali  alla  corte  di  lioina.  iNe' 
casi  ordinari  nonnina  va  gli  ambasciatori 
il  consiglio  de'Pregadi,  così  detto  perchè 
si  pregavano  i  membri  ad  intervenire  al- 
le sessioni  prima  che  si  determinassero  in- 
variabilmente i  giorni  in  cui  doveano  a- 
ver  luogo.  Che  poi  questo  diritto  com- 
petesse ad  altre  autorità  si  deduce  dalla 


688  V  E  N  V  £  W 

lisolu/ioneilt'liaqG,  in  *iilìi  lìella  quale  iì();:;r  Steno, riferita  eziandio  dal  Romariln 

t'Ii  iMiil>ascialoii  al  loro  lilorno  doveaiio  nella  lSVo/vVì  docwuenlnln  di  fcncziti. 

iiCeiiie  a  quell'  auloritìi,  ila  cui  aveaiio  luollic  osserva, die  le  relazioni  di  Vene- 

iicevuta  la  loro  commissione.  Una  legi^e  zia  coiringliillei  ra  sonoanliclie,  dappri- 

ilel  consiglio  de'Dieci  del   i495, ordina-  ma   riguardanti  maggiormente    il  coni- 

va  che  i  nobili  destinati  ad  esser  amba-  mercio,  gl'inglesi  vet)endo  provvisti  delle 

sciatoli  dovessero  venir  ballottati  in  col-  merci  levantine  e  delle  coste  africane  set- 

legio.  Ma  sino  dal   i4*j7  S[)ellava  al  se-  tenlrionali  per  mezzo  delle  galere  venete 

nato  solo  il  diritto  della  proposta  e  del-  annualmente.  JNel  dugado  b5."diedi  rag- 

l'elezione.  Eletti  che  fossero,  ricevevano  guaglio  della  coainiissione,  stampala  nel 

le  istruzioni  e  commissioni,  che  ordina-  i'è\5,  data  dal  doge  JMocenigo  a  Paolo 

riamentesi  davano  in  iscritto, ed  il  consi-  Tiepolo  andjasciatore  straordinario  a  s. 

glio  de'Dieci  decretò  nel  i434>  "o"  cs-  Pio  V  nel  loyi.  hicevule  gli  ambascia- 

>er  lecito  agli  agenti  da  spedirsi  di  tio-  tori  veneti   le  istruzioni  o  commissioni, 

\arsi  presenti  all'atto  in  cui  venivano  di-  dovevano  recarsi  alla  loro  legazione  den- 

scussi  gl'incarichi  da  darsi  loro.  Sempli-  irò  il  tempo  determinato,  se  uou  voleva- 

cissiina  n'era  la   forma,   benché  dillnsa-  no  incorrere  in  pena;  per  andarsene pe- 

inente  trattata  ogni  minima  particolari-  rò  era  necessario  un  ordine   particolare 

là,  nella  lingua  latina,  la  quale  presso  i  del  senato.  Conforme  a  un   decreto  del 

^feneziani  fu  giudicata    in  lutti  i  patrizi  i553  i  nobili  eletti  a  succedere  ad  altri 

quasi  necessaria,  massime  ne'deslinati  al-  in  qualche  legazione   erano   obbligati  a 

le  ambascerie,  e  per  lungo  tempo  si  con-  partire  nel  termine  di  mesi  i4)  termine 

servò  l'uso  di  fare  in  latino  i  solenni  di-  che  appunto  coincideva  colla  fine  della 

scorsi  di  entrata  in  ullìcio  e  di  ceremoiiia,  missione  de  loro  predecessori.  Il   barone 

spesso  encomiati  per  la  proprietà  e  leg-  ileumont  eslese  pure  le  sue  investigazioni 

giadria  del  dettato.  Nella  2.' metà  del  se-  sui  viaggi  de'diplomatici,  a'quali  lino  al 

colo  XIV  s'incominciò  ad  alternare,  nel  chiudersi  del  secolo  XVI  e  anche  in  par- 

clislendeie  le  istruzioni, la  lingua  italiana  te  del  XVII,  tornava  assai  più  acconcio 

colla  latina,  la  quale  di  mano  in  mano  chea'  nostri  per  conoscerei  luoghi  egli 

"Venne  lasciata  in  disparte,  quantunque  abitanti  di  (juelli.  Imperocché  i  viaggi  si 

i3on  disparisse  interamente,  anzi  inai-  facevano  lentamente  a  c^aii'rtZ/o  e  cou  owi- 

cuni  casi  tuttora  si   adopera.  Il  baione  hrcUino^  gì'  inviati  seguendo  per  lutto 

Reumonla  p.  i  5o  riporta  in  italiano  l'i-  le  corti  sì  in  tempo  di  guerra, come  dis- 

struzione  Iradoltw  dal  latino,  che  t'ran-  si,  che  di  pace.  Dalle  personali  condizio- 

cesco  Foscari  ebbe  dal  doge  Agostino  Uar-  ni  di  ciascuno,  dal  grado  in  cui  era  co- 

Ijarigo,  allorché  nel  i4t)6  si  recò  a  Mas-  siituilo,  eda'compeusi  clie gli  si  accorda- 

similiano  I  in  Germania  e  piti   lardi  m  vano,  dipendeva  la  maggiore  o  minore 

Lombardia;  a  p.  i441''s''^*^'Oiitidata  da'  sontuosità  ne'viaggi,  circa  alnumerode 

X  della  Balia  di  Firenze  a  Gino  di  iN'eri  famigliari,  de'cavalli, degli  equipaggi  ec. 
CappoiiiandjasciatoreaVenezianeli4i3;      Per  l'ordinario  non  isfoggiavasi   se  non 

ed  a  p.  35i  l'informazione  data  nel  1422  ne'casi  di  ambascerie  solenni  per  incoro- 

daPriori  delle  arti  e  Gonfaloniere  di  giù-  nazioni,  sposalizi,  accoglienze  di  sovrani 

stizia  di  Firenze,  al  cav.  liiualdo  degli  Al-  e  in  altre  simili  occasioni,  alle  quali  sole- 

bizzieadAlessandroBencivennipureaiu-  vano  sempre  prendere  parte  vaiie  perso- 

basciatori  a  Venezia.  Ed  a  p.  344  p'odu-  ne  di  pari  titolo  e  grado.  Giusta  una  pre- 
ce la  commissione  in  latino  data  dalla  re-  scrizione  del  maggior  consiglio  del  i^qS 
pubblica  di  Venezia  nd  Antonio  Bembo  non  era  permesso  agl'inviati  di  condurre 
omloreadEuiicolV  red']nghilteira,dul     pili  d'un  cavallo  nel  seguilo  loro,  mode- 


V  E  N  V  E  N  G'^g 
stia  grande  In  paragone  de'  sussegnenli  sciatore  aJ  Enrico  Vili  re  d' Ingliilter- 
teiiipi.  Per  ciò  che  spelli  al  seguito  degli  ra,  ove  fece  residenza  4  ann'..  Col  oolle- 
an)l)asciatori  veneti,  il  senato  creile  ne-  ga  Pietro  Pasqiialigo,  a' 1 6  aprile  fecero 
cessario  con  ordinanza  del  i493,di  vie-  la  solenne  entrata  in  Londra, essendo  par- 
tare  il  condurre  più  di  12  cavalli  e  due  liti  da  Venezia  a'io  gennaio,  la  piibbH- 
scudieri.De'viaggi,  incontri  e  solenni  in-  ca  udienza  ricevendola  dal  re  a  Piich- 
gressi  de'veneli  oratori, diversi  racconti  si  mond.  A  p.  iq2  osserva  l'autore,  che  le 
leggono  nell'dlustre  scrittore.  A  [>.  i  7  i  de-  dimostrazioni  d'onore  che  si  facevano  à- 
scrive  il  viaggio  diGirolaoioZorzi,  Nicolò  gl'inviati, comedi  Udienza,dì  T''isila(V.) 
Michiel  e  AntonioLoredan  inFrancianel  ed  altro,  all'opposto  dell'  uso  moderno, 
1498,  dalla  repubblica  inviati  in  solenne  non  si  misuravano  dal  loro grado,raadal- 
ambasceria  per  congratularsi  col  nuovo  l'importanza  dello  stato  al  quale  appar- 
re  Luigi  XII,  incontrati  a'  confini  dal-  tenevano,  e  dalla  posizione  non  che  dal- 
l'araldo regio,  che  li  accompagnò  per  tut-  le  relazioni  del  principeodella  repubbli- 
toii  viaggio.  A  IMontlhery  trovarono  per  ca  presso  cui  venivano  accreditati.  Laon- 
istrada  la  regina  Anna  che  viaggiava  in  de  narra,  che  i  duchi  di  Milano  andava - 
una  carretta  coperta  di  cuoio  (non  essen-  no  incontro  agli  ambasciatori  di  Vene- 
do  ancora  in  uso  le  Carrozze),  con  Car-  zia  fino  nella  i. "stanza  ;  tet\evano  il  ber- 
lotta  d'Aragona  figlia  di  Federico  I  re  retto  in  mano  e  restavano  alla  loro  man- 
di Napoli,  le  dame  delie  quali  pure  in-  ca  finché  non  fossero  entrati  nella  sala 
cedevano  in  carrette,  il  loro  numeroso  d'udienza.  Quando  l'ambasciatore  si  ri- 
seguito formandosi  di  3, 000  cavalli  1  A'  tirava  veniva  accompagnatoda  una  guar- 
5  agosto  fecero  la  loro  entrata  in  Pari-  dia  d'onore  e  da  tutta  la  corte  (abbiamo 
gi,  incontrati  da  800  cavalieri,  indi  ad  le  Memorie  storico-diplomatiche,  degli 
Estampes  ricevendo  dal  re  udienza  pub-  ambasciatori,  incaricati  d'  affari  ce, 
blica  e  graziosa,  ma  nell'osteria,  essendo  che  la  città  di  I\lilano  inviò  a  diversi 
allora  le  migliori  case  delle  terre  le  oste-  suoi  principi  daliSoo  <2/i  796,  di  An- 
rie,  poiché  il  regio  castello  era  occupalo  gioia  Salontoni,  Rlilanoi  806.  Alla  do- 
dalla  vedova  di  Carlo  Vili  :  però  la  sa-  vizia  de'rnateriali  esistenti  a  Venezia  per  , 
la  (l'udienza  era  addobbala  in  drappo  di  la  Storia  Lombarda,  accennò  il  cav.  Ce- 
velluto  alessandrino  coperto  di  gigli  d'o-  sare  Canlù,  sommo  scrittore,  nella  Scor- 
ro.  All'orazione  del  magnifico  messer  Lo-  sa  d'  un  lombardo  negli  archivi  di  f^e- 
redan,  rispose  il  cancelliere  di  Francia,  nezia^  ]Milanoi856,  in  cui  si  trova  an- 
A  p.  178  riferisce  il  viaggio  dell'amba-  che  la  serie  degli  and)asciatori  o  residen- 
sciatore  Vinc(^nzo  Quirini  nel  febbraio  li  veneti  a  Milano,  principiando  da  IVIaf- 
i'To5,  al  re  Filippo  l  il  l'elio,  figlio  di  foo  Contarini  e  Giacomo  Corner,  spediti 
IMasiimiliano  I  e  padre  di  Carlo  V,  per  tiel  i3"o  airaicivescovoGiovanniViscon- 
Ia  parte  più  aspra  della  Germania  a  ti,  e  terminando  nel  1796-97  con  Gio. 
Strasburgo,  dovendolo  seguire  ne'Paesi  Vincenzo  Foscarini  ).  Descrive  pure  il 
Ijiissi,  in  Inghilterra,  nella  Spagna  dive-  trattamento  che  faccvasi  a  Firenze  nel 
nula  suo  regno.  Morto  il  giovane  re  u'2 5  1^29,  cioè  la  partenza  di  Soriano  e  la 
settembre  I  .J06,  il  Qoirini  tornò  a  Ve-  venula  di  Cappello, già  mentovato  ;  leu- 
nezia  ricco  di  cognizioni  esattissime  in-  dienze  erano  solenni  e  pubbliche  pel  ri- 
lortio  a' paesi  percorsi,  agli  abitanti,  a'  conoscimento  del  nuovo  ambasciatore,  e 
sovrani  da  lui  conosciuti.  Più  lunga,  più  pel  congedo  del  predecessore.  Finché  si 
dettagliata  e  più  interessante  é  la  descri-  mantenne  la  repubblicana  seniplicità,  la 
zione  che  leggesi  a  p.i8o  del  viaggio  di  quale  durò  in  Italia  più  a  lungo,  non  si 
Sebastiano  Giustiniani  nel  i5i5  omba-  faceva  gran  caso  delle  ceremonie;  parte 

VCL.  XCIT.  44 


Gyo  V  E  N 

de'  rapporti  diplomatici  die  soggiacque 
più  d'ogni  altra,  col  volger  de'  secoli,  a 
coii^id*'! evoli  modificazioni.  L'inviato  si 
presentava  aU'uutorità  colla  quale  dove 
va  tjatlaie,  spiegava  a  voce  le  sue  biso 
gna,  e  ne  avea  risposta  Del  modo  stesso. 
Se  le  erano  cose  di  poco  conto,  e  tali  da 
potersi  tosto  decidere,  lai."  udienza  era 
anche  I'  ultima  ;  allriinenlì  l' inviato  ri- 
maneva, sinché  la  sua  incombenza  fosse 
esaurita.  Nelle  pacificazioni,  indicevasi 
un  parlamento  nella  pubblica  piazza,  e 
così  pine  (|uando  gì'  inviati  appellava- 
no al  popolo  della  decisione  avuta  da'go- 
Vernanti.  Alla  corte  papale,  così  in  lio- 
nia,  come  in  Avignone,  afferma  il  Reu 
mont,  sussistette  per  lunghissimo  tempo 
questa  grande  sem[)licità,  che  venne  [)0- 
co  a  poco  a  cedere  il  posto  ad  un  com- 
plicato ceremoniale,  che  die'Iuogo  a  pre- 
tensioni di  grado  e  di  precedenza,  onde 
gli  alFuri  stessi  divennero  più  intrigati,  e 
fu  Soggetto  d'interpretazioni  e  decisioni 
talvolta  discrepanti.  Gl'inviati  del  Papa, 
legati  o  nunzi,  sempre  ebbero  la  prece- 
denza su  tutti  i  di[)lomatici  italiani;  do- 
po di  loro  precedevano  agli  altri  gli  ora- 
lori  della  repubblica  veneta.  Nelle  solen- 
ni funzioni,  in  Venezia  procedeva  il  do- 
ge, avente  a  destra  il  nunzio,  a  sinistra 
un  aojbasciatore  (in  una  raccolta  di  bel- 
lissime slampe  degli  antichi  costumi  ve- 
neziani,disegnati  e  dipinti  da  AntoiiioCa- 
ual,e  incisi  da  Gio.  Battista  Drustolon,  ve- 
do: Il  doge  di  l'enezia  rùei'e  gli  Amba' 
sciaU)ri('steri/\n  mezzo  a'togali,aia  glia- 
stanti  sono  in  hauta).  A  p.  209  il  baione 
Reumont,  sulle  questioni  di  precedenza 
fra  gli  stati  italiani,  le  svolge  con  [)iù  am- 
piezza perciòchespelta  al  X  V  I  secolo. Egli 
dice, il  i."  posto,  rimanendo  fuor  di  linea 
il  rappresentante  del  Papa,  spellava  alla 
repubblica  di  Venezia.  A  questa  seguivano 
con  indecisa  precedenza,  non  contando 
(egli  irt  questo)  fra'principi  italiani  il  re 
delle  due  Sicilie,  i  duchi  di  Savoia  e  Fer- 
rala ;  ma  quando  s.  Pio  V  conferì  al  du- 
ca di  Firenze  e  Siena  il   titolo  di  grau- 


V  EIV 

duca  di  Toscann^\\i.i  diverse  corti  per  un 
tempo  non  riconosciuto,  cominciò  una 
con  fusione  smisuralo.  Da  p[)oichè  gl'in  via- 
li de'principi  della  novella  casa  regnante 
Medici,  pretesero  la  precedenza  su  tutti 
gli  alili  [ìiincipi  e  diplomatici  italiani,  e- 
schisi  però  naturalmente  gl'inviati  vene- 
ziani ;  i!  che  die'ansa  a  violentissime  col- 
lisioni e  scritture  polemiche.  Pertali  con- 
tese, e  per  le  pretensioni  insorte,  o  me- 
glio per  altra  causa  (giacché  nel  i  56  (  non 
era  stato  ancor  conferito  il  titolo  gran- 
«lucale),  il  senato  veneto  credendo  offesa 
la  dignità  della  republdica,  richiamò  im- 
provvisamente da  Firenze  l'oratore  suo 
Vincenzo  Fedeli.  iNe'  tempi  in  cui  gli  or- 
gani della  pubblicitìi  erano  ancora  scar- 
sissimi, e  rare  e  diflìcilissime  lecorauni- 
cazioni  fra'vari  stati  e  paesi,  la  necessità 
nella  (|uale  trovavan^i  i  governi  di  essere 
esattamenle  informati,  imponeva  ngl'in- 
viali  in  paese  estero  l'obbligo  di  dare  e- 
satti  e  continui  ragguagli  non  solarnente 
sugli  affari  di  cui  erano  incaricati,  ma  an- 
cora di  quanto  succedeva  nelle  città  e  ne' 
contadi,  essendo  ne!ristru7Ìoni  inculcalo 
agl'inviati  di  scrivere  continuamente.  Vi 
corrispondevano,  anche  quotidianamen- 
te, e  meno  sovente  stando  all'estero,  e  a 
misura  dell'occasioni  che  loro  si  presen- 
tavano, non  però  piìi  tardi  dir  5  giorni. 
Talvolta  si  SCI  isserò  ilispacci  collettivi  dal- 
l'ambasciatore ordinario  e  dallo  straor- 
dinario,come  nel  (536  da  Carlo  Cappello 
e  da  Francesco  Contarini,  al  modo  det- 
to dal  Reumont  a  p.  2  i  3,  inviati  a  Fer- 
dinando I  re  de'  romani.  [  dispaici  e  le 
lettere  uìissive  indirizzate  agli  ambascia- 
tori dalle  autorità  patrie,  si  spedivano  sia 
per  mezzo  de'Co/TZt//, che  dicevansi  ca- 
vallari o  fanti,  sia  per  occasione  privata; 
e  nel  secolo  XVI  generahriente  per  le 
Poste  ordinarie.  La  spedizione  d'un  cor- 
riere da  Firenze  a  Parigi  pare  essere  co- 
stata da  70  a  80  scudi.  La  spedizione  del- 
le Lettere  epistolari  era  sovente  accom- 
pagnala da  non  lievi  difììcollà,  e  la  pro- 
vò il  veneloCappeilo  durante  l'assedio  di 


V  EN 
Firenze.  Né  ilei  tutto  sicura  eia  l;i  spe- 
dizione de'  corrieri,  ad  onta  del  diritto 
lieliegenti  talora  arrestati  con  aperta  vio- 
lenza. Se  v'era  titnoreche  i  dispacci  po- 
tessero essere  intercettali,  chi  li  scriveva 
seivivasi  delle  cifre, sia  per  tutto  lo  scrit- 
to, sia  per  soli  [)eriodi  o  frasi  speciali. 
Questo  ebbe  luogo  segnatamente  nel  se- 
colo XVI,  che  teneva  aperto  il  campo  a 
tutte  le  mene  politiche  le  più  intricate, 
lu  Roma  sussiste  ancora  nella  Segrete- 
ria eliSlntoW  prelato  denominato  Segre- 
tario (Iella  Cifra,  ed  i  cifristi,  nel  quale 
articolo  notai  ove  parlai  delle  cifre  ;  e  su 
di  esse  di  recente  scrisse  il  prof.  Giusep- 
pe Canestrini,  nelle  Legazioni  di  A.  Ser- 
ri^tori,  Firenze  i8j3.  Negli  arcl)ivi  si 
trovano  non  di  rado  dispacci  in  cifra  col 
contenuto  decifrato  (r/ir/rt/r)  fra  le  righe. 
Le  cifre  stesse  composte  ora  di  numeri, 
ora  di  lettere  dell'alfabeto,  ora  di  segni, 
cambiavano  naturalmente  di  sovente, 
più  però  ne'tempi  chesuccedettero  il  5oo 
che  prijua.  Si  usava  ancora  scrivere  par- 
te in  cifra  e  parte  no,  inconveniente  gra- 
vissimo perchè  aiutava  a  far  intendere 
ciò  che  si  desiderava  tener  segreto;  uso 
per  con«eguen7.;i  interaiiiente  abbando- 
nato nella  diplon)azìa  moderna  (ma  io 
posso  assicurare  per  quanto  ho  accen- 
nato sidia  Segreteria  di  Stato  di  Ro- 
ma, che  l'uso  delle  cifre  in  essa  è  tutto- 
ra in  vigore).  Che  tale  inconveniente  fos- 
se riconosciuto  già  a'primi  del  XVI  se- 
colo si  rende  nianifesto  dall'avviso  dato 
nel  i5o7  in  Niipoli  dagl'inviati  fiorenti- 
ni al  cancelliere  Adriani.  Presso  gli  ain- 
I)asciatori,  del  pnri  che  nelle  cancellerie, 
liovavasi  sem|>re  il  registro  ossia  chiave 
della  cifra,  <iggi  connnieuìente  chiamala 
cifra  decifrante  e  contenenle  la  spiega- 
zione de'segni  di  convenzione  di  qualun- 
que genere  per  la  traduzione  de'dispac- 
ci.  Il  cav.  Cìco'^n^flnserizioni  Feuczia- 
ne,  l.  6,p.  3<S2,  ragionando  delle  opere 
del  veneto  Aguslmo  Aiuudi,  perito  ilei- 
le  lingue  ebraic;t,  greca  e  Ialina,  ricòrda 
pure  quella  iulilolala  :    TraUalo  delle 


VEN  691 

Cifre  (h\'!so  ili  FUI  libri.  Come  opera 
stimata  di  gran  rimarco  per  trattare  di 
ogni  cifra,  del  modo  di  cavarle  da  qua- 
lunque lingua,  di  quello  dello  scriverle 
senza  alcnt)  sospetto,  e  del  ragionare  di 
tutte  le  scienze,  e  con  parole  tali  da  noti 
potersi  intendere  da  veruno,  fu  donata 
dall'autore  alla  repul)blica  e  fu  colloca- 
ta nella  Segreta  del  consiglio  de'  Dieci. 
.Ma  se  riuscirono  inutili  l'indagini  fatte 
dal  cav.  Cicogna  per  rinvenire  1'  opera 
nell'archi  vio  generale,  benché  offre  le  te- 
stimonianze della  reale  esistenza  dell;» 
medesima,  miniera  egli  di  erudizione  ne 
die'Ieseguenti  in  argotnenlo,che  provano 
l'uso  che  ne  fece  la  diplomazia  vene/.iaua. 
Molti  decreti  relativi  alla  Cifra,  Cifristi, 
o  Zifra  o  Zifristi  sono  notali  dal  Rossi, 
e  si  hanno  alcuni  esempi  di  fedelissimi 
segretari,  i  quali  in  qualche  critica  circo- 
stanza salvarono  Va  Zi  fra, come  del  i  52  i 
Girolamo  Alberti  segretario  di  Andrea 
Grilli,  fatto  prigioniero  dal  marchese  di 
Mantova  brasò  subito  lettere,  registri  et 
zifre.  Dell 526  Piero  de'Franceschi  se- 
gretario a  Roma  al  tempo  del  sacco,  fra 
lauti  pericoli  preservò  la  pubblica  zifera. 
Del  j63o  IMarcanlonio  Dusenello  resi- 
dente della  repubblica  in  MantQva,  sva- 
ligiato e  trattenuto  prigione  da'fedeschi, 
co'deiiti  mangiò  la  pubblica  zifera  acciò 
non  fosse  trovata  da'  nemici.  Nel  prece- 
dente anno  1629,  Girolamo  Gavazza 
segretariOjinvialo  con  dispacci  di  seguito 
a  GiiolamoSoranzo ambasciatore  straor- 
dinario al  re  di  Francia,  lenendo  la  via 
del  mare,  e  passando  presso  IVIonaco  di 
Genova,  fu  da  una  galea  di  quel  principe 
fermata  la  sua  feluca,  ed  egli  trattenuto 
e  condotto  all'ambasciatore  di  Spagna  iu 
Genova;  ma  conosciutolo  per  ministro  del- 
la repubblica  lo  rispettarono  in  uno  n'di- 
.«ipacci  e  lasciarono  libero,avendo  egli  già 
ad  ugni  buon  fine  lacerala  la  cifia  e  poi 
gettala  iu  mare.  Ad  altri  fu  levala  o  caiu- 
biafa  la  cifra, comead  IseppoZuccato  se- 
gretario nel  i63o d'Alvise  Wocenigo  am- 
basciatore iu  Isjjagrja,  che   fuggilo  con 


fMj3  V  E  N 

una  cattiva  femmina,  gli  fu  sostituito  Fie- 
li oPerazzo  cambiala  la  zi  fra. ^eX  1704 
al  segretario  Beinaitlo  GislanzouijcU'cra 
toll'an)basciatore  Francesco  Collier  in 
ì\^<^ì\\lQvr^^ fu  levata  la  zifra^e  data  a 
Francesco  Dies.  Indi  il  cav.  Cicogna  ri- 
corda il  conte  Alorosini,  che  a  suo  mezzo 
die'alle  stampe  le  LcUere  discorse  di  so- 
lila nella  mia  digressione  sul  Galileo,  cioè 
dopo  il  dogado  88.°,  intorno  alle  cifre  de' 
Lincei,  colle  quali  mercè  la  prontezza  del- 
l'ingegno e  la  pratica  nell'arte  di  leggere 
le  cifre,  giunse  a  rilevare  il  senso  loro  e  ne 
mandò  la  spiegazione  al  Cancellieri.  Ma, 
tosa  sorprendente,  il  Morosini  non  giun- 
se mai  a  saper  interpretare  i  Dispacci  de 
f  ^cncti  Amlascia tori stùyii  nella  cifra,  ri- 
It-nendoliinesplicabili.Però  vi  riuscì  l'altro 
tultissimo  Domenico  Tessari  già  segreta* 
rio  della  Delegazione  provinciale  di  Bellu- 
lio.  Avendogli  fino  dal  1 835-36  Giaco- 
mo Capilanio  già  vice-delegato,  spediti 
\ari  Dispacci  originali  Veneziani  scrit- 
ti in  Cifra  del  i63o  diretti  agli  amba- 
sciatori in  Francia  Alvise  Contariui, Giro- 
lamo Soranzo,  Giorgio  Giorgi, pregando  il 
Tessari  di  dicitiarli,  ([uesti  studiò  in  mo- 
do la  cifra,  che  giunse  a  tradurla,  come 
fci  ha  di.iJe  lettere  di  esso  al  Capitauio 
i835, 1 836, 1837, esistenti  nella  Raccol- 
ta mss.  di  quest'ultimo  passata  poi  alla 
biblioteca  di  Treviso.  Anzi  in  una  lettera 
il  Tessari  scrisse  al  Capitauio.  »  Ella  ve- 
drebbe allora  una  curiosa  invenzione  de- 
gli antichi  veneti ,  una  cifra  diplomatica 
Leu  più  ingegnosa  di  quella  de'Lincei  tra- 
dotta dal  conte  Morosini,  una  chiave  nuo- 
va e  sorprendente  a  dir  vero,  e  ch'io  mi 
chiamo  assai  contento  di  avere  scoperta. 
Aggiungerò  la  chiave  perfetta  e  la  tradu- 
zione ".  Già  della  valentia  del  Tessari 
lieir  interpretare  le  cifre,  parlò  a  lungo  il 
conte Gio.  Francesco  Ferrari  Moreni  nel- 
la Lettera  al  coìUtt  Mario  d."  Faldri- 
^hi  intorno  all'  arte  d"  intei prelare  le 
Cifrc^  IMcidena  1  832. Ma  in  quel  libretto 
iiulla  della  cifra  diplomatico-veneta,  la 
qualc;  tome  vcdtsi  dulie  date,  fu  dal  Tea- 


VEN 

sari  posteriormente  studiala  e  scoperta. 
Osserva  il  barone  Pieumont,  che  intorno 
a'segielari  d'ambasciala  trovò  pouhe  co- 
se priuìa  del  secolo  XVI,  nel  quale  rap- 
presentano talora  una  parte  rilevante 
presso  le  missioni  straniere  in  Italia^  e 
{)riuci[)ahnente  in  Pioma.  Ne'priini  tem- 
[li,  quando  gli  affari  si  trattavano  ordi- 
nariamente a  voce, e  il  corso  n'era  sem- 
j)licissimo,  e  venivano  per  lo  più  inviate 
molle  persone  alla  volta,  c'era  meno  bi- 
sogno di  segretari.  I  veneziani  sono  quel- 
li che  più  di  tutti  gli  altri  governi  colti- 
varono anche  quest'istituto.  Essi  assegna- 
vano ad  ogni  ambasciatore  uno  o  più  se- 
gretari, di  famiglie  nobili  di  2.°  grado,  i 
quali  o  restavano  presso  di  lui  per  tulio 
il  tempo  della  missione,  0  venivano  scam- 
biati. Gli  stipendii  de' segretari  paiono 
essere  stati  molto  meschini.  Nel  i546  u- 
no  di  38  anni  ch'era  stato  segretario  di 
ambasceria  io  Pioma  e  alla  corte  impe- 
riale, dal  suo  superiore  quallHcato  lette- 
rato diligente  e  bellissimo  scrittore  ,  e 
per  altre  sue  qualità  singolarmente  enco- 
miato, nondimeno  era  soprannumerario 
con  16  ducati  al  mese.  Nou  potevano 
mai  divenire  ambasciatori.  Invece,  dal 
secolo  XVI  in  poi,  si  affidavano  loro  i 
posti  di  residenli  presso  le  corti,  alle 
quali  non  si  mandavano  ambasciatori. Co- 
sì Vincenzo  Fedeli  segretario  delCappello 
durante  la  costui  missione  iu  Firenze  nel 
i52q-3o,  fu  poscia  il  1."  residente  che 
la  repubblica  mandò  al  duca  Cosimo  I. 
O  vvei  o  essi  ottenevano  incarichi  partico- 
lari, u  neir  interna  anunìnistrazione  del- 
lo stato.  L' autore  riferisce  le  notizie  di 
diversi  egregi  segretari, che  gli  ambascia- 
tori non  intralasciavano  mai  nelle  rela- 
zioni loro  di  esaltare  con  distinti  elogi  l'ec- 
cellenti qualità,  i  servigi  e  lo  zelo,e  di  rac- 
comandarli al  senato  perchè  venissero 
promossi.  Tali  furono  Daniele  Ludovici 
del  1323,  Giampiero  Stella  del  1 5oo  , 
Antonio  Mazza  del  1 557,  ^"'n'  Laudi 
del  I  57 2,NicolòSagundinodel  1 5  1  g. Que- 
sti segretari  fungevano   talvolta  1'  udizio 


V  E  H 

•l'incaricati  iVaf^av]  per  inleiim  ,  afTiclan'- 
(losi  loro  le  funzioni  «le'capi  per  non  in- 
correre nel  caso  di  dover  interrompere 
aflatlo  i  rapporti,  qualora  le  vicende  po- 
li(iche  non  permettessero  di  mandare  un 
aoibascialore  :  ciò  avvenne  di  tempo  in 
tempo,  oìassiniaaiente  in  Piotna,  co'rap- 
presentanti  di  \'euezia,  di  Toscana  e  al- 
tri stati.  A  Costantinopoli  la  repubblica 
al  pari  di  tutti  gli  altri  governi  teneva 
interpreti  addetti  all'ambasciala.  Antica- 
mente per  lo  più  erano  levantini,  in  se- 
guito anche  dalmati,  italiani  e  altri,  pre- 
valendo viep[)iìi  ne'govei  ni  il  desiderio  di 
averinterpreti  nazionali,  ciò  cheperòan- 
co  oggidì  è  lungi  dal  potersi  fare  dovuu- 
«]ue.  JNou  sempre  essi  mostra vaiisi  tiegni 
di  fiducia.  Zaccaria  DelOiio,  nunziodi  Pio 
IV  a  Vienna,  avea  le  nuove  di  Costanti- 
jiopoli  dall'interprete  del  bailo,  eie  comu- 
nicava a  quella  corte,  ciò  che  gli  fruttò  lo 
sfratto  da'douiiiiii  veneti  e  conlumacia  di 
molti  anni,  tolta  (juando  già  era  divenuto 
caidinale.  Fino  dal  1268  fu  comandato 
dalla  repubblica  che  gli  oratori  al  loro 
ritorno  dessero  in  nota  quelle  cose  che  po- 
tessero giovare  alio  stato;  disposizione 
probabilmente  che  rinnovòaltia  piùanli- 
ra.  Obbligati  gli  ambasciatori  di  fare  una 
lelaziuue  delle  loro  ambasciate  al  consi- 
glio fra  I  5  giorni  ,  trovo  pure  nel  prof, 
lloniunin,cbe  tale  obbligo  fu  loro  nuova- 
uienle  ingiunto  nel  I2f)6,  e  da  farsi  in- 
ijanzi  al  uìagistralo  dai  quale  furono  e- 
Ictti;  istituzione  veneziana  mai  abbastan- 
za iodata,  per  1'  ampia  opportunità  che 
offre  alla  conoscenza  de'  paesi,  de'popoli, 
delle  coiti,  de'  principi,  e  de'  tanti  perso- 
li.iggi,  ed  antbe  di  regioni  orientali,  con 
preziose  e  peregrine  notizie,  giustamente 
encoiniate  an-;be  dal  hmilalo  storico  pa- 
trio e  coscienzioso,  per  tale  rìconoacendo- 
)o  anche  il  Pieuniunt.  Delle  celcbratissi- 
me  e  importanti  relazioni  degli  amba- 
sciatori veneti  il  Reumont  mollo  ne  ra- 
giona, come  della  loro  lettei  altura.  A- 
vtiido  esse  per  tempo  desiato  1'  univer- 
sale allcuziuue  de'polilici,ed  csseuduicnc 


V  E  N  693 

istituite  verso  la  nietà  del  secolo  XVt 
rilevanti  collezioni  private.  In  Venezia  ne 
esiste  una  serie  considerevole  e  quasi  non 
interrotta,  dal  i53ofino  presso  al  termi- 
ne del  secolo  scorso.  Quimli  [>assa  ad  e- 
numerare  le  biblioteche  romane edi  altre 
città  che  ne  posseggono  ,  cosi  Firenze, 
Milano,  Torino,  Napoli ,  Parigi  che  ne 
conserva  dovizia,  Cerlino,  Gola  ec.  Una 
considerevolissima  raccolta  è  nella  biblio- 
teca imperiale  di  Vienna, oltre  i  mss.  di 
Marco  Foscarini,  adunati  per  compilare 
la  sua  storia  della  Lelleralnva  Venezia- 
na rimasta  imperfetta.  IMolte  di  queste 
relazioni  furono  ancbeslampate,e  la  mas- 
sima parte  delle  più  antiche  sarebbe  an- 
data perduta  se  il  Sanudo  ne'suoi  Diarii 
non  ce  ne  avesse  serbato  un  compendio. 
Con  bellissime  notizie  bibliografiche , 
l'autore  prende  a  rassegna  le  relazioni 
pubblicate  da  diversi  colle  stampe,  egli 
estratti  inseriti  in  altre  opere  ,  che  assai 
lungo  sarebbe  il  riferire, ma  nondimeno 
dovrò  ritornare  sull' argomento  ;  di  più 
ragionando  pure  delle  collezioni  di  di- 
spacci veneziani,  che  copiosissimi  non  fu 
stampata  che  piccola  parie. Delle  qualità 
d'un  ambasciatore  veneto  trattò  i\Jii.heIe 
Soriano  in  una  scrittura  resa  di  pubblico 
diritto  nel  i85Gio'  Venezia  dal  cav.  Ci-" 
cogna.  Alcune  commissioni  o  istruzioni 
sono  pure  stanìpate,  essendo  lo  più  auli- 
ca quella  d'Enrico  Dandolo  all'ambasce- 
ria spedita  a  Costantinopoli  verso  il  I  ic)G, 
come  anche  un  numero  considerevole  di 
orazioni  di  and^ascialori  veneti  a'  Papi, 
luìperatori  e  Re.  Come  le  relazioni  degli 
ambasciatori  per  l'eslerna  politica  di  Ve- 
nezia e  le  Condizioni  contemporanee  de- 
gli altri  siali  europei  e  della  Turchia,  cosi 
le  relazioni  de'governatori  generali,  ed  al- 
tri ufiiziali  nelle  provincie,  de'capitani  e 
provveditori  genera  li, de'cataslica  lori,  de' 
sindaci,  dc'podeslà  sono  assai  profittevoli 
per  la  cognizione  del  l'amministrazione  dei 
tcrrilorii  della  re[)ubblica  e  per  la  stona 
interna  e  domestica.  Le  une  completano 
in  qualche  maniera  le  altre.  Le  istruzioni 


Gf)4  V  E  N 

0  le  infoiniazioni  venivano  dellale  dagli 
impiegali  leirninanti  rulliciope'loio  sue- 
cessoli.  I  {.lociinienli  tìi  questa  specie  in- 
foino a' possediinenli  di  Venezia  iti  Le- 
vante, a  Cipro,  a  Candia,  alla  Morea,alle 
7  isole  Jotiie,  spargono  gran  lucesulle  Io- 
io  vicende  civili  e  polttiche  sotto  il  gover- 
no veneto, giudicato  per  lopiìifalsamente, 
dichiara  e  rimarca  il  Keumont.  Col  corre- 
tlo  di  tali  documenti  scrisse  il  dottoLeopol- 
<lo  Ranke,  autore  d*  altre  pregiatissime 
opere,  la  sua  bella  monogralia  :  Die  Fé- 
ìii'ziancr  in  Marca,  i683-  17  i5,  che 
descrive  lo  stato  della  penisola  dopo  la 
riconquista  fattane  dal  Morosini,  l'ultimo 
sfavillardeiranlico  valore  veneziano,  fino 
alla  pacediPassarowilz.Una  relazione  co- 
piosa ed  accurata  tiell'isola  di  Candia,  nel 
j  589  presentata  al  doge  Pasquale  Cico- 
gna da  Giambattista  Del  Monte  generale 
«li  fanteria,  mandato  ad  esaminarle  con- 
ilizioni  de'possedimenti  di  Levante,  men- 
tre si  dnbitava  di  qualche  spedizione  di 
Amural  III,  venne  stampata  in  Roma 
dal  prof.  Paolo  IVIazio  nel  t.  4  del  Sag- 
}:iatorf  /loniano.  QunW  fossero  le  condi- 
zioni dell'isole  Jonie  nell'ultimo  periodo 
del  veneto  governo,  si  rileva  dalle  Rela- 
zìoni  sloriiO-politìchc  delle  isoledelniar 
Joido  suddite  della  serenissima  repub' 
llica  di  Venezia,  ivi  i856,  di  Francesco 
Crimani  provveditore  generale  da  ma- 
re l'anno  iy5q,  stampate  dal  cav.  Cico- 
gna. Piisalendo  alla  storia  delle  relazioni 
più  antiche  di  Venezia  col  Levante  ,  si 
dovano  gran  copia  di  carte  nelle  già  ri- 
«rordate  Foiiles  rerum  Fenelarnm  pub- 
blicale in  Vienna  dal  18 56  in  poi  dal 
Tafel  e  dal  Thomas.  Neil' //j.«c/'/z/o/ti  Ve- 
neziane del  più  volte  encomiato  cav.  Ci- 
cogna si  trovano  importanti  nozioni  sto- 
riche e  bibliografiche  de'  discorsi  argo- 
mentile si  andrebbe  per  le  lunghe  col  solo 
accennarle,  altra  prova  che  (juell'  insigne 
•  ipera  è  un  tesoro  enciclopedico  delle  co- 
f.c  venete.  Dopo  la  riunione  di  queste  im- 
poi  tantissime  notizie  che  raccolsi  nel!' e- 

1  uditissimo  libi  0  del  barone  Reumont,  e 


VEN 

tentai  or(lioarIe,rimarrebbe  a  parlare  del- 
lo speciale  argomento  della  diplomazia 
de' veneziani  del  medesimo,  del  cui  prin- 
cipio già  mi  giovai,  ma  pel  mio  scopo  è 
lungo,  onde  del  rimanente  mi  limiterò  ad 
un  cenno.  La  durata  delle  missioni  di- 
plomatiche veneziane  ristretta  a  soli  3 
anni,  ed  a  4  pel  bailo  di  Costantinopoli  , 
fondavasi  e  sulla  poca  voglia  de'nobilidi 
stare  troppo  lungamente  fuori  dell'ama- 
ta patria  in  impieghi  per  lo  piti  dispen- 
diosi, e  non  meno  forse  sopra  la  cauta 
diffidenza  dell'oculatissimo  governo  eret- 
ta in  sistema.  Potevasi  ragionevolmente 
temere  che  la  prolungata  assenza  ,  e  la 
durevole  dimora  degli  ambasciatori  in 
paese  straniero,  li  sottraesse ,  per  così  di  - 
le,  all'opportima  sorveglianza,  e  intiepi- 
disse il  loro  adetto  patrio  per  nuove  rela- 
zioni e  simpalie,che  avrebbero  potuto  tor- 
nare pregiudizievoli  all'intera  abnegazio- 
ne che  da  loro  pretendeva  Io  stalo.  Ora 
un  soggiorno  di  3  anni  a  uomini  per  lo 
più  esercitali  negli  affari  politici  ,  quali 
erano  i  nobili  veneziani,  era  bastevole  a 
renderli  esperti  delle  persone  e  delle  cose, 
ed  atti  al  disimpegno  delle  commissioni 
loro  affiflate;  mentre  dall'altra  parte,  la 
certezza  di  essere  richiamali,  spirato  quel 
tempo,  doveva  valere  a  ritenerli  *la!  va- 
gheggi ir  più  vasti  disegui,  o  dallo  strin- 
ger certe  relazioni  che  avrebbero  potuto 
esser  loro  gradevoli  od  utili  solamente  nel 
caso  di  più  lunga  dimora.  Il  pregiudizio 
di  tali  mutauìenti  era  compensalo  dall'u- 
tilità del  trovarsi  coiitiuuaniente  raccolti 
in  Venezia  non  pochi  uomini  pratici  del- 
le condizioni  di  stati  esteri, e  venivano  a- 
doperati  a  consigliare  la  politica  esterna 
della  repubblica, oltreché  a'maggiori  im- 
pieghi e  alle  dignità.  Laonde  la  politica 
della  repubblica  all'estero,  era  sempre  sa- 
gacemente affidata  al  giudizio  e  alla  de- 
cisione di  que'  che  l'avevano  praticata  , 
prezioso  vantaggio  nella  direzione  degli 
aliali.  Talvolta  l'ambasciatore  tornava 
nella  stessa  corte  a  funger  1'  uffizio  per 
altro  IrieuQio ,  ne'  casi   onde  Iciaiiuare 


V  E  N  V  R  N  Gc)^ 
inla volate  gravi  negoziazioni.  Per  la  gran-  D/^/vV< lei l'npe roso  M;irin5ìanu(1o,minie" 
dissima  parte  che  la  repiil)blica  prfinde-  ra  inesauribile  per  la  storia  veneta,  così 
va  non  solo  a'massimi  avvenicueiiti  d'I-  verso  la  metà  delsecoloXVI  formaronsi 
talia,  in  cui  non  di  rado  prevalevano  i  di  quelle  ricordate  raccolte  di  copie,  che 
lei  cnnsiglij  ma  ben  anco  alle  sorli  di  lut-  trovatisi  nella  magqinr  parie  delle  puli- 
ta Europa  e  del  Levante,  apiivasi  a' di-  bliche  biblioteche  d'Europa,  ed  in  molte 
plomalici  veneti  uu  largocampo  sul  quale  private  biblioteche  d'Italia.  Da  parecchi 
raccogliere  non  iscarsa  messe  di  gloria,  secoli  queste  relazioni  godono  d' lui  me- 
Dice  l'autore:  La  politica  estera  di  Ve-  ritalo  credito:  non  debbonsi  confondere 
nezia,fu  politica  per  lungo  tempo  abilissi-  co'dispacci  propriamente  detti,  perchè  al 
ma,  egoista  ma  non  gretta,  nemmeno  ab  pari  di  tutti  gli  altri  dipIon)alici, anche  i 
lora  che,  dopo  i  casi  della  lega  di  Cam-  veneziani  spedivano  regolaruiente  letleie 
bray.  il  sentimento  delia  cadente  sua  for-  intorno  agli  avvenimenti  del  giorno  e  agli 
zn  l'informò  dell'esclusivo  desiderio  della  aifari  correnti  ;  a'quali  dispaLci,  di  cui  va 
propria  conservazione. Considerandoegli,  ricco  l'archivio  veneto,  si  richiamano  so- 
che il  governo  veneto  ebbe  piìidi  qualun-  vente  nelle  loro  relazioni.  Quesl'  ultime 
que  altro  stato, singolari  e  savissimi  ordi-  invece  sono  ragguagli  ordinati,  circoitau- 
na  menti,  si  diffuse  in  parlare  d'  un  islitu-  eiati, sistematici  intorno  al  paese  visitato 
to,  da  lui  riconosciuto  unico  nel  suo  gene-  dall'andjasciatore  ;  notizie  sulle  condizio- 
re,  e  che  sarebbe  stato  pur  degno  d'imi-  ni  geografiche  e ':talistiche  del  medesi- 
tnzione.  La  repubblica  non  si  teneva  gi;'i  mo.su'suoi  abitanti, sulle  sue  rendite,sul- 
paga  di  esigere  da'suoi  ministri  nelle  cor-  la  sua  corte,  sulla  famiglia  e  su'consiglieri 
li  straniere  le  solite  informazioni  intorno  di  chi  governa;  intoi  no  alle  persone  le 
gli  avvenimenti  della  giornata,  o  intorno  più  notabili,  alla  loro  condizione,  al  loro 
agli  all'ai  i  coirenli  e  alle  trattative;  ma  li  carattere;  finalmente  intorno  allo  stalo 
obbligava  di  fare  al  senato,  litornando  politico,  alle  alleanze,  alle  simpatie  e  au- 
dalle  loro  ambascerie,  una  relazione  gene-  tipatie,  alla  giiena  e  alia  pace.  Gli  a vve- 
raledel  pae«e  ovesi  erano  trattenuti,  e  nel  nimenfi  del  giorno  vengono  toccati  ia 
ì^'j.5  lu  decretato  doversi  fare  in  iscrit-  complesso,  talvolta  anche  solo  ()er  inci- 
to. Sembra  però  chel'inginnzione  sovente  (lenza,  giammai  in  dettaglio,  presuppo- 
si trascurasse  ,  onde  que' che  l'avevano  nendoli  conosciuti.  Dnhiarò  il  Wirque- 
falta  a  voce  la  doverono  scrivere.  Nelle  fori, nel  suo  utilissimo  7V/'//<(7<oc/^//'/i//«- 
relazioni  gli  oialori  vinsero  l'un  l'sllro  bnscia  f  ore  e  delle  sue  funzioni:  W  fave  le- 
nell'esaltezza,  nell'eleganza  e  nella  copia  lazioni  bellissime  essere  proprio  de' ve- 
lici dettato.  Nel  secolo  XVI  le  relazioni  neziani. Gin  nel  secolo  XVI  venivano  pro- 
Inrono  riposte  iu  un  archivio  determina-  poste  a  modello,  anco  pel  vantaggio  che 
to, colla  pioibizione  di  comunicarle,  a  se-  ne  ridonda  allastoria.  Le  relazioni  vene- 
conda  della  già  riferita  disposizione  del  le  sono  degne  della  fama  che  godono  ;  se 
1419,  estesa  a  tutte  le  scritture  dello  sta-  nelle  particolarità  statistiche  e  geografi- 
to.  Gli  ainbascialori  (he  avessero  avuto  che  lasciano  a  desiderare  maggior  chia- 
pressodi  «-e  o  in  originale  o  in  copia  qoal-  rezza,  la  pai  te  fondamentale  limanesem- 
chedocumenlospeltante  aquell'archivio,  pre  importante,  come  quella  dieci  rap- 
duvevano  restituirlo.  Pare  che  il  divieto  presenta  le  opinioni  e  i  giudizi  de' con- 
dì propalare  le  relazioni  non  abbia duru-  temporanei,  la  cui  posizione  era  tale  da 
to  molto, o  non  sia  stato  severamente  os-  conoscere  lutto,  e  di  penetrare  i  segreti 
servato.  Poithèsiccome  molle  rlell'anliche  e  indagare  gl'intrighi,  piti  imparzialuien- 
carte  di  questo  genere  furono  conservate  te  degli  scrittori  compaesani , sovente  in- 
luediaote  copiosi  e^lratli  ue'inmmeutali  clinali  or  alla  b<:uevolenza,  or  all'odio.  Si 


G.jG  V  E  N  YEN 
viif)Ie  pnificolai'djcnfe  notare,  clic  i  di-  dL'Ile  complete.  Mediante  la  cngnizioDG 
jilomatici  veneziani  scrivevano  per  uno  e  l'uso  più  generale  di  queste  scritture 
s<:ar>o  immero  di  persone  loro  note,  nors  s'infuse  un  rjuovo  spirito,  una  vita  nuov;i 
fjin  pei  l'iMiiveisaie.  I  due  scrittori  chea'  nella  moderna  istoriografia;  quindi  colio 
nosiii  giurili  più  degli  altri  contribuirono  studio  loro,  individui  e  avvenimenti  si 
fi  far  conoscere  aire>Iei  ole  venete  relazio-  corressero,  chiarirono,  illustrarono,  e  po- 
ni,oltre  ilVies«enx, cioè  il  RankeeilTom-  sii  nella  vera  e  propria  luce.  Nella  stessa 
maseo,  furono  pur  qnelli  che  ne  seppero  guisa  che  i  grandi  ritrattisti  veneziani  nel 
rtpprt/.zaie  esallanìenle  il  carattere  e  le  secolo  XVI  spiravano  vita  alle  tele,  nor» 
«pialilà  peculiari.  Il  fliinke  le  chiama  un  te-  altrimenti  gli  ambasciatori  veneziani  ri- 
soro  illesa  usto,  dal  qua  le  fu  già  li  atto  il  più  trassero  le  fattezze  e  l'indole  de' aiaggiori 
sostanziale  profitto  per  la  più  esatta  cogni-  contemporanei  con  tale  naturalezza  epe- 
7Ìone  e  per  l'irrefragabile  fondamento  netrazione  da  non  potersi  desiderare  di 
per  la  storia  nifiderna,  e  più  se  ne  trarrà  meglio.  Questo  straordinario  talento  si 
oiicoia  fpiaiito  più  verranno  stiidirite.  Vj  dimostrò  in  tutti  i  tempi,  quasi  retaggio 
il  Tommaseo  asserisce,  die  i  diplomatici  comune  alla  veneta  diplon)azia.  Dull'ira- 
della  repubblica  veneta  non  attendevano  mensa  collezione,  con  amore  pari  a!  sa- 
vè  a  Ircppo  abbellire  né  a  troppo  osco-  pere,  l'autore  trasceglie  alcuni  ritratti  di 
rare  le  a/ioni  umane;  che  la  loro  critica  sovrani  ed  eminenti  persona""!  de' veneti 
è  severa, ma  non  ostile;  che  la  loro  ma-  ambasciatori,  olFiendoli  all'ammirazione 
niera  è  semplice,  ma  dignitosa;  che  la  degli  studiosi,  come  di  Zaccaria  Contarini, 
fcrmez7a  del  loro  giudizio  derivante  dal-  che  nel  1492  in  poche  linee  scolpisce  l'ef- 
rullila  del  sistema  del  loro  forte  governo,  fìgie  morale  e  fisica  diCarlo  Vili;  di  Pao- 
iion  nuoceva  punto  alla  varietà  delle  o-  Io  Cappello,  che  nel  i5oocos'i  vivamen- 
piiiioni  e  d^'sentimenti  individuali.  »  M;»  temette  sotl'occhio  Alessandro  VI,  e 
non  cadrebbe  forse  in  errore  chi  nel  ca-  i  Borgia;  e  successivamente  di  Anto- 
jattere  degli  ambasciatori  veneziani, spe-  nio  Soriano  che  dipinge  Clemente  VII  , 
nialmente  del  secoloXVI,  e  de'Ioro  sci  it-  e  i  Medici;  di  Andrea  Boldù  e  Lorenzo 
li,  credesse  di  riconoscere  una  certa  indif-  Priuli,  che  delinearono  maestrevolmente 
ferenza  morale  ed  una  propensione  al  Emanuele  Filiberto  duca  di  Savoia  e 
probabilismo.  A  ciò  contribuiva  per  av-  Cosimo  I  di  Toscana; di  Marino  Cavalli, 
\'efitura  la  posizione  ilella  repubblica  do-  che  disegnò  con  sicurezza  di  colorito  Pi- 
po i  primi  lustri  del  secolo  predetto,  eie  li[)po  11;  di  Giovanni  Michiel,che  simil- 
mutate  sue  condizioni  a  fronte  delle  gran-  mente  fece  di  Maria  ed  Elisabetta  sorelle 
di  poletize  che  ognor  più  la  incalzavano  regine  d  Inghilterra  ;  diGiovanni  Soran- 
in  Europa, nel  tempostessoche  i  suoi  pos-  zo,  che  con  eguali  colori  vivaci  espresse 
sessi  d'Oriente  trovavansi  esposti  a  viep-  Enrico  II  re  di  Francia;  e  di  Giambat- 
j)iù  imminenti  pericoli".  L'autore  esa-  tista  Nani  anche  benemerito  storico,  che 
mina  il  tempo  in  cui  la  sorgente  di  que-  sì  bene  cominese  la  natura  del  giovane 
sle  relazioni  cominciò  a  scorrere  più  ab-  Luigi  XIV.  Né  meno  acuti  ed efìicaci  che 
Itondante,  ed  esclama  quindi  :  qual  do-  nel  tratteggiare  i  caratteri  di  diversi  per- 
■\n\a  di  sapienza  politica,  di  giudizi  in  sonaggi,  erano  i  veneti  ambasciatori  nel 
materie  di  stato,  e  di  svariate  cognizioni  narrare  e  descrivere  ogni  maniera  di  av- 
sia  contenuta  in  cotesti  scritti,  potrà  par-  veni  menti,  ed  al  Ueumont  bastò  recarne 
ticolarmente  comprendersi  da  chi  legge  «in  esempio  tra  gl'infliiili  di  cui  ridonda- 
le descrizioni  diGaspareContarinie  Der  no  le  relazioni,  di  Marino  Giorgi  inviato 
riardo  Niivagero  (poi  cardinali, come  già  a  P\.oma  per  indune  Leone  X  all'allean- 
iiolai),  da' (piali  comincia  la  lunga  serie  ra  colla  Francia  e  colla  repubblica. Dac- 


V  EN 
elle  le  stabili  ambascerie  divennero  e  bi- 
sogno ed  usanza,  cioè  nella  2/  mela  del 
XVI  secolo,  Venezia  ne  tenea  di  i.°  or- 
dine a  Roma,  a  Vienna,  a  Parigi,  a  Ma- 
drid e  a  Costantinopoli. Gli  ambasciatori 
veneti  lasciarono  in  Roma  molte  remi- 
niscenze nel  palazzo  di  Venezia,  e  nell'a- 
diacente chiesa  di  s.  Marco,  massime  Ni- 
colò Sagredo,  di  coivi  è  il  ritratto,  ed  ove 
alcuno  altres"i  vi  riposa  in  monumenti,  i 
quali  hanno  pure  alcuna  loro  moglie  o 
figlio,  come  lo  scolpito  da  Canova  per  Leo- 
nardo fìllio  dell'ambasciatore  Pietro  Pe- 
o 

sarò:  gli  hanno  diversi  cardinali  veneti, 
preci[)uamente  litolari  della  chiesa,  ed  e- 
ziandio qualche  patrizio  veneto.Del la  chie- 
sa,comedel  palazzo,  neparlai  più  volteab- 
baslanza  superiormente,  notando  essere  il 
2. "residenza  degli  ambascia  tori  d'Austria, 
alla  quale  co'  duminii  veneti  passò  la  pro- 
prietà del  palazzo,  ecosì quello  esistente  a 
CoslantinopoIisulIascmmilàdiPera  oggi- 
d'i  abitazione  tlell'inlernunzio  imperiale, 
donde  un  giorno  quello  della  repubblica 
o  bailo  dominava  collo  sguardo  le  rive 
del  Bosforo  e  della  Propoiitide,  che  ricor- 
dano le  glorie  e  le  ricchezze  nel  medioe- 
vo, nubili  conquiste  del  vessillo  di  s.  Mar- 
co. Il  posto  di  bailo  era  il  più  importante 
dopo  quello  di  Roma,  e  finì  anzi  per  aver 
maggior  politica  gravità  di  quest'ultimo, 
attesele  delicatissime  relazioni  Ira  la  Por- 
la ottomana  e  la  repubblica  veneta,  pe* 
po-sedimenli  di  lei, anche  negli  ultimi  se- 
coli conservali,  nella  Grecia  e  sulle  coste 
della  Dalmazia,  che  trovavansi  in  conti- 
r.uo  contallo  coli' armi  turche.  Stabili- 
menti, dopo  la  pace  di  CarloAvilz,  ridotti 
all'isole  Jonie  ;  [)ace  però  ch'era  sempre 
minacciata  e  incerta.  L'uHìzio  di  bailo  a 
Costantinopoli  non  era  quindi  senza  pe- 
ricolo, dovendo  stare  fia'turchi,  sempre 
turchi;  avvegiiachè  non  di  rado  nel  rom- 
persi il'una  pace  o  di  una  tregua  il  rap- 
presentatile della  repubblica  si  trovas- 
se esposto  a  bai  bare  rappresaglie  e  al- 
la prigionia  nelle  Sette  Torri,  malgra- 
do le  proteste  fatte  a  nome  del  dirit- 
voL   irri. 


YEN  G97 

lo  delle  genti.  E  appunto  perchè  a  co- 
prire degnamente  tale  posto  era  d'uo- 
po di  particolare  accorgimento,  pruden- 
za e  perseveranza,  e  perchè  proporzio- 
natamente era  più  lucroso  degli  altri,  lo 
si  affidava  ordinariamente  ad  uomini 
provetti  che  avevano  dato  saggio  di  mol- 
ta destrezza  in  altre  ambascerie.  Ripeto, 
che  nel  decorso  di  questo  lungo  §  XIX, 
non  poco  parlai  degli  ambasciatori  vene- 
li,  de'  nunzi  apostolici  di  Venezia,  così 
deqli  ambasciatori  d'ubbidienza  e  straor- 
dinari  e  degli  ordinari  inviati  alla  s.  Se- 
de, e  in  bel  numero  che  registrai  alle  lo- 
ro epoche.  Ne'  propri  articoli  poi,  come 
si  potrà  riscontrare  in  quelli  che  vado  a 
indicare  in  corsivo,  ragionai  degli  Ani- 
hasciatori  veneziani  straordinari  e  di 
Ubbidienza  dalla  repubblica  mandali  in 
Roma  ad  ogni  nuovo  Papa,  ricevuti  in 
Concistoro;  e  degli  Ambasciatori  ordi- 
nari, loro  Ingressi  solenni  inRonia.comQ 
ricevuti  d\\' Udienza^  \)tv  la  i.' volta  ac- 
compagnati da  un  cardinale  nazionale, 
con  nobile  Treno j  nell'ordinarie  interve- 
nendovi pure  il  segretario  d'ambasciala; 
costume  che  andatoindisuso,da  Clemen- 
te XI  l'ambasciatore  Morosini  ne  ottenne 
la  ripristinazione,poichè  l'accorta  repub- 
blica voleva  che  all'udienze  sovrane  assi- 
stessero i  suoi  segretari  ;  dell'antico  loro 
intervento  alle  Cappelle  Pontificie,  fin- 
chèperle  pretensioni  degli  altriambascia- 
lori  non  ebbe  più  luogo;  come  nel  parti- 
re dalla  loroambasceria  venivano  da'  Pa- 
pi creali  C<7iv7//eri  aurati  o  à^Wo  Speron 
d'oro,  coM'imposizione  della  collana  d'o- 
ro, della  Spada  ede'tS'yjero«/d'oro,quia- 
di  regalali  di  sagri  e  decorosi  donativi; 
che  se  questi  talvolta  si  davano  anche  ad 
altri  ambasciatori,  il  cavalierato  insieme 
alle  formalità  che  l'accompagnavano,  era 
distinzione  esclusi  va  degli  ambasciatori  di 
Venezia.  Diversi  poi  di  loro  furono  creali 
cardinali,e  tali  furono  Ermolao  Barbaro^ 
Marcantonio  y^/?if///o  o  da  Mula, Gaspare 
Contarini,  Bernardo  Navagero,  Pietro 
Basadonna,  Giovanni  Delfino  ec.  Par- 
*45 


C«,8 


\  E  N 


Jando  finalmeole  tlelle  Poste  pontificie, 
tlissi  di  quelle  che  aveano   in  Roma  gli 
ainbascialori  veneti,  e  lo  ricordai  ezian- 
dio nel  §  XIV,  n.  i .  Del  resto,  l'eloquen- 
za, che  tanto  rifulse  ne' veneti  anibascia- 
lori,  in  Venezia  percorse  tre  stadii  :  quel- 
lo della  politica  e  della  forense,  dui  aule 
la   repubblica,  di  cui   nella  i/  cliiuse  i 
trionfi   il  gran   doge  Marco    Foscarini 
1762-63  ;  e  nella  2."  i  celebri  avvocati 
àìlefani.    Cordellina  e   Gallino;    quello 
della  forense  civile  e  criminale  durante 
il  governo  Italico  dal  1B06  al  i8i4}  >ri 
cui  si  distinsero  tra'  presidenti  il  detto 
Tommaso  Gallino,  td  il  conte  Gugliel- 
mo   Gardaui  ;  tra'  procui  atori  di  stato 
GirolanjoTrevisan  e  Luigi  Salvioli,e  Ira 
gli  avvocali  i  l^iazza,  i  Biagi,  i  Calucci, 
gli  Anlonelli  ;  quello  del  giorno  d'oggi, 
nii  si  dice,  che  dali85o  finora  va  limi- 
talo alla  sola  difesa  criminale  in  grado 
di  I  ."istanza.  Al  mollo  che  dovrebbesi  di- 
re su  questo  amplissimo  arguaieiilo  del- 
la veneta,  dotta  e  nobilissima  diploma- 
zia, ponuo  supplire   le  seguenti   opere. 
Francesco  Sansoviuo,  Raccolta  di  O- 
razioni  recitate  a' Pi  incipi  eli   T  cncziu 
nella  loro  creazione  dagli  ambasciatori 
di  diverse  città,  Venezia  i562.  Angelo 
Coirai'OyRelation  de  la  Cour  de  Rome 
fai  te  l'an  1661  au   Conseil  de  P re  go- 
di, A  Leide  i663.  Apostolo  Zeno,  Vile 
degli  storici  ed  oratori  della  repubblica 
di  F e nezi a. K\CQ\oToix\xx\diieOy  Relations 
des  ambassadeurs  \<enitìens  sur  les  af- 
faires  de  Franceau  XFl  siede, recuil- 
lies  et  traduites,  Paris  i838.  Collezione 
ampia  la  chiama  il  Fveumont,  falla  per 
proposta  di  m/  Guizot,  facente  parte  del 
la  gran  collezione  di  documenti  inediti 
della  storia  di  Francia.  11  Cicogna  ne  ra- 
giona utW Inscrizioni  Fencziauc,  t.4>  p. 
686.  Relazioni  degli  ambasciatori  ve- 
neti alSenato,  raccolte , annotale  ed  edile 
daEtigenioAlbcri,a spcsediuna  società, 
Firenze  1 839. UReumoul  dà  contezza  di  3 
serie  tcutenule  imo  voi.  proseguendosi 
r  opera  impurtautissiina,  lodala  ancora 


V  EN 
ÙaW  Album  di  Roma,i.  2i,p,  54>edaìCi- 
cogna  nel  t.  4)  p-  687  e  7o5.Cav. Gachard 
direi  loie  generale  degli  archi  vi  del  Belgio, 
J^es  inonuments  de  la  Diplomatie  Véni- 
tienne,  coasidérés  sous  le  point  de  vue  de 
Vhisloire  moderne  en  general,  et  de  Chi- 
stoire  de  la  Belgique  en  particulier,  Bru- 
xelles! 853.  Ne  discorre  ilReumont.  Pier 
Alessandro  Paravia,  Discorso  sul  patri- 
ziato veneto  dt^ Reali  di  Savoia  e  sulle 
relazionifra  f'enezia  e  Piemonte,  Tori- 
no 1849;  DMa  eloquenza  politica  de 
veneziani,  lezione  accademica,  Torino 
i855.  Relazioni  degli  s lati  europei  let- 
te al  senato  dagli  ambasciatori  veneti 
nel  secolo  XVII,  raccolte  ed  annotate 
da  Nicolo  Darozzi  e  Guglielmo  Berclut. 
Tipografia  Naratovich,   Venezia   i856. 
Più  volte  ne  parlò  la  Cronaca  di  Milano, 
nolando  che  il  passalo  di  Venezia   è  un 
archivio  inesauribile,  e  che  in  tali  relazio- 
ni figurano  tulle  le  nazioni  europee  che 
si  specchiano  nell'onde    mediterranee,  e 
verranno  comprese  in  ^  \v\miìì\,  conti- 
nuando le  relazioni  già  pubblicate  dal  cav. 
Alberi.  La  Civiltà  Cattolica,  "ò."  serie,  t. 
8,  a  p.  102,  annunziò:  Storia  arcana  e 
aneddotica  d'Italia,raccoiilata  da'vene- 
ti  ambasciatori,  annotala  ed  edita  da 
FalioMudnelli , direttore  dell'i,  r.  Archi- 
vio generale  in  Venezia,  Venezia  lip.Na- 
latovich  editrice  i856.  Quindi  osserva, 
che  l'accorgimenlo  e  la  diligenza  de've- 
neli  ambasciatori  nell'indagare  le  cagio- 
ni degli  avvenimenti,  e  i  falli  più  segreti 
de'principi  e  delle  coiti  dov'essi  dimora- 
vano,rendono  sommamente  utili  alla  sto* 
ria  d'Italia  quelle  lettere  d'informazioni 
che  poi  scrivevano  in  servigio  della  loro, 
repubblica.  La  Civiltà  Cattolica,  serie 
4.',  t.  I,  p.  483,  de'  19  febbraio  iSSg, 
riparla  del  proseguimento  e   prossimo 
termine  della  stampa  de'proraessi  24  fa- 
scicoli secondo  i  palli   d'  associazione,  e 
aggiunge:  «  Ma  ancor  che  proceda  assai 
pili  olire,  nessuno  ne  rimarrà  scontento; 
visto  l'importanza  grande  de'docuinenli 
di  storia  italiana,  che  in  questo  libro  so- 


V  E  N 
no  coiiìpresi.atizi  che  formano  il  lutto  di 
questo  libro".  Il  Reumunl  fa  onorala  men- 
zione delle  opere  dei  d/  Tommaso  Gar 
già  bibliotecario  a  Padova,  ora  a  Trento, 
nella  i/  delle  quali  Uovo  i  DocuniciiLl 
iiiedlù  intorno  all'Arclimo  segreto  del- 
la repubblica  di  Venezia,  pubblicò  le 
Relazioni  venete  di  Roma,  ec.  Sulla  di- 
plomazìa veneziana  e  su'diplomatici  ve- 
neti, altre  notizie  si  ponno  ricavare  da' 
s>eguenli  autori.  F.  Vayer,  Legatus  seu 
de  Legatione  LegatorunKjue  privile- 
g/'i^jParisiisiSyg.  Giovanni  Chokier,  De 
Legato,  Colonìae  1624.  Gio.  Cristiano 
Lunig,  Sylioge piihlicoruniyegutionun, 
Fraucofurli  1694:  Codex  Diplomati- 
eiis  Italiae,  Francofurli  1723.  G.  C. 
Trombellij  La  Diplomatica,  ossia  l'ar- 
te di  conoscere  l'età  e  V  autenticità  de 
codici  latini  e  italiani^  Napoli  1780. 
IMarlens,  Mnnual  diplomatico  delos  a- 
gentes  diploinatieos,  Paris  1826.  Du- 
mont,  Corps  lum^ersel  Diplomatique 
des  Traitez  d' Alliance,  de  Paix\  de 
Treve,avec  le  Supplenient  par  Barbey- 
rac  ec,  Amsterdam  1726.  Ottavio  Mag- 
gi, De  Legato,  Venetiis  1  566.  Cardinal 
de  Perron,  Les  Ambassades  et  nego- 
tiatinns,  Parisi  623.  Directorium  Auli- 
cum, II.igae-Cotnilisi687.  Chevigni,  La 
scienza  d'Ile  persone  di  Corte,  di  Spa- 
da e  di  Toga,  Venezia  1742.  Giuseppe 
Gio.  Sclilikenrieder,  Chronologia diplo- 
ìnatica,  Vindobonaei  753.  Caduta  ia  re- 
pubblica, Venezia  perdette  questa  singo- 
lare gloria  della  sua  antica  diplomazia  di 
tanta  rinomanza,  ed  alla  sua  nuova  con- 
dizione politica  fa  d'uopo  che  io  ritorni, 
per  narrare  la  deplorabile  occupazione 
francese,  e  le  sue  conseguenze. 

46.  Abdicalo  il  do:;e,  scioltosi  il  gover- 
no dell'antichissima  e  nobilissima  repub- 
blica di  Venezia  ,  erasi  fatto  sgombro  il 
campo,  che  i  francesi  dovevano  aprire  a- 
gli  elTctti  dei  preliminari  di  Leuben;  e 
quindi  avvertito  il  popolo,  che  per  l'iu- 
sufTicicnlc  iitlual  guarnigione  di  Veue- 
xia  dovea  eutrarvi  quali  amici  uu  nume- 


V  E  N  699 

ro  di  francesi  per  distribuirli  in  vari  puo- 
li  della  medesima,  il  Battaglia  e  il  Dona- 
to concertarono  col  segretario  della  re- 
pubblica francese  Villetard  il  modo  d'in- 
trodurre in  Venezia  tali  truppe.  Dalla 
città  stessa  furono  spediti  all'opposta  ri 
va  e  margine  della  Terraferma  alcuni 
burchielli  ossia  grandi  battelli  rimorchia- 
li da  una  barca  o  due  a  4  lemi,  che  a- 
doperausi  su  lutti  i  fiumi  e  canali  donde 
si  giunge  a  Venezia;  e  senza  i  quali  l'ar- 
mala francese  avrebbe  durato  njolto  tem- 
po prima  di  passar  le  Lagune,  e  per  at- 
taccar la  città  avrebbe  abbisognato  pre- 
parare una  flottiglia  e  collo  scandiglio  in 
mano  cercare  la  direzione  de' canali  tor- 
tuosi ,  in  mezzo  a  sì  grande  estensione 
d'acqua  in  cui  i  segnali  non  plìi  tracciano 
la  viaj  avrebbero  resoiiievitubile  il  dar  in 
secco  ad  ogni  tratto,  con  fragili  barchet- 
te, sotto  il  fuoco  di  mille  cannoni,  e  im- 
padronirsi l'una  dopo  1'  altra  di  lutte  le 
isole  che  formano  il  bacino.  Per  la  ma- 
rina militare  ,  che  allora  possedevano  i 
veneziani  ,  per  le  loro  truppe ,  per  trai* 
partito  degli  altri  abbondanti  mezzi  di 
cui  erano  forniti,  non  d'altro  loro  faceva 
d'  uopo  che  di  risolutezza  e  di  unione; 
queste  mancando,  l'inviolata  Venezia  mi- 
seramente soggiacque  allo  straniero,  men- 
tre dalla  sua  fondazione  in  poi  non  avea 
veduto  mai  nel  suo  seno  soldati  nemici. 
Memoranda  epoca  segnalata  dal  pianto, 
dal  dolore,  dalla  costernazione,  dal  fre- 
mito e  dall' indignazione  dei  buoni,  solo 
giubilando, olirei  sedotti  ingannati,  i  tra- 
ditori di  si  gloriosa  patria,  e  gli  altri  set- 
tari stranieri.  Osserva  il  conte  Dando- 
lo: «  Coloro  che  suscitano  le  rivoluzioni, 
come  quelli  che  piìi  caldamente  per  esse 
parteggiano,  invocano  sempre  la  libertà 
per  allucinare  col  suono  di  questa  magi- 
ca voce  le  menti  più  deboli  e  meno  esper- 
te. Essi  volevano  anche  allora,  ciò  che 
vollero  semprein  addietro,  e  sempre  vor- 
ranno nell'avvenire  :  la  libertà  cioè  di 
collocarsi  nell'altrui  seggio,  per  imporre 
ad  ogni  altro  la  propria  volontà  !  "  Dun- 


yoo  V  E  N 

que  era  lo  spirilo  dell'idra  terribile  del 
Socialismo  e  del  Comunismo  [f\).  A'  1 6 
maggio  1797  comparve  di  buon  tnallino 
la  lista  di  Go  membri  che  doveano  com- 
porre la  municipalità  temporanea  di  Ve- 
nezia. Leggevasi  in  essa  il  nome  d'una 
decina  di  patrizi,  noti  per  la  loro  popo- 
larità e  tendenze,  unitamente  ad  avvoca- 
ti, parecchi  negozianti,  tre  o  quattro  e- 
brei,  alcuni  greci  e  dnlmatini,  sino  a  quel 
giorno  suiidili  di  s.  Marco.  E  per  conci- 
liarsi il  numeroso  e  clamoroso  ceto  de' 
gondolieri,  si  ebbe  cura  di  porre  sulla  li- 
sta de'municipali  anche  il  nome  d'  uno 
de'Ioro  capi.  Essi  però  entrarono  in  ca- 
rica dopo  l'ingresso  delle  truppe  france- 
si. Nello  slesso  giorno,  per  tempissimo,  la 
flottiglia  veneta  condusse  dal  margine  del- 
le Lagune  3, eoo  uomini  della  divisione 
del  general  Luigi  Paraguay  d'  Hilliers. 
Occupali  il  castello  s.  Andrea  al  Lido  e 
tulli  gli  altri  foi  ti  (l'annalista  Coppi  di- 
ce nel  giorno  precedente,  ma  il  Tipaldo 
ve  Sili  pittoreschi  delle  Lagune, a  p.  99, 
chiaramente  afferma  che  1'  occupazione 
segui  a' 16),  sbarcarono  alla  Piazzetta  di 
s.  Marco  presso  il  palazzo  ducale,  un  do- 
pol'altro.  I  primijch'erano  in  piccolo  nu- 
mero, si  fermarono  pacificamente  sulla 
Piazzetta,  donde  si  distribuirono  ne'dif- 
ferenli  posti  o  a'  loro  alloggi  destinati.  Il 
generale  Baraguay  d'Hilliers,  stanziato 
nel  palazzo  dell'ex  ambasciatore  Pisani 
(Ermolao  I  Alvise  stalo  ambasciatore  di 
Francia  e  già  membro  della  famosa  Con- 
sulta, che  lasciatosi  sedurre  era  entrato 
nella  nuova  municipalità  provvisoria;sen- 
za  avvedersi,  rimarca  il  conte  Dandolo, 
chetramutando  la  veste  procuratoria  nel- 
la sciarpa  del  muuicipalisla,  non  faceva 
che  nuocere  airillibatez/.a  della  propria 
fama,  lasciando  credere  a'più,  ch'ei  pure 
consentisse  alle  turpitudini  di  chi  avea 
cospirato  contro  la  patria;  e  il  medesimo 
scrittore,  nella  A^ota  sui  Liberi  Murato- 
ri veneziani,  lo  dimostrò  per  tale,  non 
ostante  il  contrario  asserto  del  cav.  Mu- 
linelli), diventava  il  comandante  o  me- 


V  EN 

glio  l'assoluto  padrone  di  Venezia,  come 
lo  appella  V/lrie  di  verificare  le  date,  di 
cui  mi  giovo.  Si  legge  nella  Civiltà  Cai' 
tolica,  serie  1.",  t.  g,  p.  298,  che  non  po- 
che gentildonne  di  sommi  casati  di  Ve- 
nezia, per  vanità  e  leggerezza  e  corru- 
zione di  cuore,  si  contaminarono  la  men- 
te colla  lettura  de'beffardi  filosofi  france- 
si, e  disdire  a  quella  fede  che  fu  seoipre 
la  gloria  delle  venete  matrone  ;  poiché 
all'entrare  de'francesi  nella  città,  distri- 
buirono alla  plebe  sessanlamila  coccarde 
tricolori  ricamate  colle  loro  mani  ,  per 
ornare  i  cappelli  de'nuovi  eroi,  siccome 
aggregale  alle  loggie  Massoniche  di  Pari- 
gi. Nella  medesima  Civiltà  Cattolica,  l. 
8,  p.  i83,  con  eleganza  e  gravila  il  fa- 
condissimo p. Bresciani  narra.»  A*  i  Omag- 
gio, allorché  entrarono  i  francesi  in  Vi- 
oegia,  fu  aperto  e  dato  a  saccomanno  il 
palazzo  dogale,  inaccessibile  per  tanti  se- 
coli agli  occhi  de'profani,  e  pieno  d'ogni 
sorta  di  preziosi  arredi,  delle  spoglie  del- 
la Grecia,  dell'isole  Ionie,  del  Negropoa- 
te,  di  Cipro  e  di  Candia,  ornato  delle  più 
pellegrine  rarità  del  Giappone,  della  Ci- 
na, dell'India  e  della  Persia,  che  negli  an- 
tichi Irafilchi  eranvi  trasferite  sulle  navi 
del  commercio  di  tutto  l'Oriente,  di  che 
i  veneziani  aveano  l'  aurea  chiave  :  ricco 
degli  splendidi  presenti  della  Porta  otto- 
mana; de'doni  vetusti  de'califfi  diBagdad, 
di  Damasco  e  d'Egitto;  degli  omaggi  di 
Barberia  e  di  molti  principali  di  Bosnia, 
della  Servia  e  di  Bulgaria.  Quel  palazzo 
dogale,  ove  per  tanti  secoli  furono  libra- 
le le  bilance  d'Europa  ;  onde  uscirono  i 
sapienti  consigli  di  tante  leggi  e  di  tanti 
statuti; ove  si  agitarono  le  sorli  delle  Cro- 
ciate, i  destini  dell'impero  di  Bisanzio  e 
delle  costiere  dell'Asia;  da  cui  usciano  le 
risoluzioni  di  tante  alleanze,  le  quali  fa- 
ceano  trepidare  le  più  sublimi  monarchie 
della  cristianità,  che  tanto  le  ambiano  a 
loro  favore;  in  cui  si  decisero  tante  guer- 
re e  si  stabilirono  tante  paci;  dondepar- 
tianoque'prodi  capitani  di  inareche  gui- 
davano le  gloriose  armale  al  conquisto  di 


VEH 

tanti  stati;  che  faceano  inchinar  gli  sten- 
darili  di  s.  Marco  da  tante  baibare  città 
saiacine;  che   sgominarono  tante  flutte 
tmchesche;  che  impedirono  col  valore  e 
col  consiglio,  che  tutta  Italia  non  cades- 
se  sotto  la  tirannide  ottomana.  Quel  pa- 
lazzo che  custodiva  i  secreti  di  tanti  se- 
coli,che  serba  va  il  Libro  d'oro  delle  gran- 
di prosapie  patrizie,  che  tanti  dogi  alber- 
gò, che  udì  nell'aurate  sue  sale  i  sapien- 
ti avvisi  de'suoi  consiglieri,  de'  suoi  in- 
qinsitori,  de'suoi  capitani  e  procuratori, 
de'suoi  almiragii,  de' suoi  legati  all'este- 
re nazioni;che  accolse  le  pompose  amba- 
scerie di  tanti  imperatori  e  re  e  signori 
d'Oriente  e  d'Occidente;  che  diede  sicu- 
ra ospitalità  a'Papi  raminghi,  profughi  e 
oppiessi  dall'ira  d'iniqui  polenti;  che  fu 
asilo  di  principi  infelici,  reggia  di  glurio- 
si  imperatori,  i  quali  visitavano  quell'ec- 
celsa signoria  per  vederne,  come  la  Tei- 
na Saba  con  Salomone,  la  munificenza, 
l'ordine,  il  consiglio,  la  potenza,  la  digni- 
tà, i  diritti   avvisi  che  reggeano  la   me- 
tropoli del  mare,  e  governavano  que'po- 
poli  felici  e  d'ogni  bene  di  pace  ricchi  e 
doviziosi.  Dalla  loggia  di  quel  palagio  essi 
miravano  quella  calca  stipata  di  cittadini 
con  tanta  serenità  di  sembianti,  gaiezza 
di  modi,  eleganza  d'ornamenti  e  di  vesti; 
e  la  Laguna  fra  s.  Giorgio  e  la  Salute  co- 
sì coperta  di  gondole,  di  barchette  e  di 
peote  messe  a  feslsi,  e  vestite  d'ermesino 
e  di  broccati  e  velluti,  con  isvolazzi   di 
bandiere,  con  poppe  dorate  e  prore  mes- 
se a  vaghissime  tinte,  inghirlandate   di 
fiori,  abbellite  di  cimieri  a  bellissime  piu- 
me d'aghironi  e  di  struzzi,  con  remi  co- 
lorali di  minio,  e  coH'irnpugnature  d'eba- 
no e  d'avorio;  cotalchè  i  monarchi  stra- 
nieri da  quel  balcone  vedeano  a  un  trat- 
to d'occhio  r  opulenza,  la   giocondità  e 
la  letizia  di  quel  bealo  popolo,  che  vivea 
tranquillo  solto  il  mite  e  grazioso  gover- 
no de'Padi'i.  Or  questo  palagio  bellissi- 
mo meravigliosaoìenle,  il  quale  compen- 
diava in  se  medesimo  le  glorie  di  tanti 
secoli  ,  fu  nel  giorno  che  i  francesi  en- 


VEN  7«i 

trarono  in  Vinegia  spalancato  alla  ruba 
d'un  popolaccio  disfrenalo,  -iligalo  e  at- 
tizzato ad  ogni  violeuia ,  il  quale  gher- 
mito il  Libro  d'oro,  e  fatto  una  gran  ca- 
tasta e  datovi  il  fuoco,  getlollo  a  incene- 
rir fra  le  fiamme,  e  con  esso  tutta  la  no- 
biltà (cioè  i  nomi)  del  veneto  patriziato, 
che  costoro  predicarono  spenta  coU'ulti- 
me  faville  di  quel  libro,  e  gridando  alto 
l'uguaglianza  d'ogni  classe,  ordine  e  sta- 
to. Appresso  ciascuno  entrò  ne' più  ric- 
chi e  reconditi  quartieri  del  doge  e  de 
sublimi  magistrati  della  signoria,  e  li  mi- 
sero a  bottino,  rapinando  quant'oro,  ar- 
ginilo e  cose  preziose  cascavano  lor  fra  le 
mani,  istrappando  dalle  pareli  gli  arazzi 
e  le  ddicale  seterie  del  Tibet,  della  Cina 
e  di  Persia,  sconficcando  i  rosoni  dorati, 
i  bronzi  bruniti,  le  borchie  de'seggioloni 
e  i  velluti  di  quelli:  involando  i  cortinag- 
gi da'letti,  le  tende  dalle  finestre,  gli  spec- 
chi dalle  pareli,  i  vasi  sculti  dalle  men- 
sole, gli  orologi  dalle  tavole,  i  candellieri 
dalle  credenze,  e  persino  i  rami  e  gli  slo- 
vigli  dalle  cucine,  i  cibi  dalle  dispense,  i 
vini  dalle  cave  ".  Ognun  vede  che.  qui 
l'eloquenlissimo  scrittore  parla  in  gene- 
rale da  oratore,  e  con   enfasi,  non   col 
rigore  di  grave  storico;  impei-occhè,  tut- 
to il  palazzo  ducale  pi'opriamente  non  fu 
mai  così  decorato,  e  i  doni  de'principi  ed 
altri  distinti  personaggi  si  conservavano 
nelle  sale  d'armi  del  consiglio  de' Dieci, 
le  quali  in  quella i.^  irruzione  non  furo- 
no tocche:  modificazione  a  me  indispen- 
sabile, per  essere  coerente  a  quanto  do- 
vrò narrare.   Poco  dopo  lo  sbarco   de' 
francesi,  si   portarono   i    membri  della 
imova    municipalità  (eletti   da'  rivoltosi 
ch'eransi  radunati  presso  ViUetard,  al  ri- 
ferire del  Coppi)  a  prender  posto  sugli 
elevalisedili  della  saladel  gran  Consiglio, 
ed  elessero  a  presidente  Nicoletto  Corner 
d'una  delle  più  illustri  e  ricche  famiglie 
nobili. Si  pronunciarono  vari  discorsi, pi'o- 
pri  della  circostanza,  e  si  prestò  un   no- 
vello giuramento;  indi  fu  proposto  di  pro- 
clamare dalla  piazza  di  ».  Marco  il  nuo- 


7oa  V  E  N 

vo  ordine  di  cose  che  succedeva  all'antico 
ed  estioSo  governo.    Tosto  si  pose   in 
marcia  ilcoileggio,  il  quale  andavasi  ma- 
no iDaiio  ingrossando  dall'airivo  di  mol- 
tissimi iiffiziali  ap[jarlenenti  già  alla  re- 
pubijlica  veneta,  ovvero  di  volontari,  pre- 
ceduto da  uu  cannone,  con  a  fianco  una 
doppia  fila  di  soldati  vestili  perla  più  parte 
del  nuovo  uniforme  adottato  dalle  demo- 
crazie italiane,  che  tutte  aveano  adottato 
i  colori  verde,  rosso  e  bianco.  Ad  uno  de' 
siti  più  frequentali  della   piazza,  cioè  al- 
la porla  del  cade  dello /^/oWtìiH,  si  ferraa- 
jono  i  municipali  per  ascoltare  l'arringa 
d'uno  di  essi,  il  famoso  avv.  Gallino,  clie 
era  sialo  una  delle  vittime  del  saccheggio 
del  giorno  i  2.  Salito  col  presidente  sopra 
una  gradinata  delle  Procuralie,   s^piegò 
al  popolo,  che  allora  non  era  che  in  pic- 
col  numero,  qual  fosse  l'oggetto  della  ce- 
remonìa;  lesse  pofcia  un  proclama  della 
novel'a  oiunicipalilà,  fatto  da  essa  stam- 
pare priuia  ancora  ch.e  fosse  fatta   pub- 
blica la  sua  organizzazione,  riportalo  dal 
Cojipi,  e  in  cui  diceva'>i  :  Avere  il   gran 
Consiglio,  mercè  1'  abdicazione  de'  suoi 
privilegi  ,  ben  tneiilalo  della  patria,  ed 
anche  i  mendjri  specialmente  incaricati 
del  governo  negli  ultimi  istanti  di  sua  e- 
sislenza,  nonché  il  comandante  della  for- 
za armata,  acquistalo  il  diritto  alla  rico- 
noscenza della  patria.  Accordavasi  amni- 
stia per  qualunque  sorla  di  delitti  poli- 
tici, salvi  i  castighi  dovuti  a  que'colpevo- 
li  di  furto  nel  giorno  del  sacco.  »   Il  ve- 
neto governo  desiderando  di  dare  un  ul- 
liojo  grado  di  peifezione  al   sistema  re- 
pubblicano che  formava  da  più  secoli  la 
l'Joria  del  paese,  e  persuaso  d'altronde  che 
riiiteuzioue  del  governo  francese  fosse  di 
Jtccrescere  la  sua  potenza  e  felicità  asso- 
ciando la  sua  sorte  a  quella  de'popoli  li- 
beri d'Italia;  essa  annunciava  perciò  so- 
lennemente all'Europa  e  partecipava  a* 
veneziani  la  riforma  libera  e  franca  che 
avea  creduta  necessaria  alla  costituzione 
della  repubblica".  Tale  fu  il  i.°  atto  del- 
l'autorità democratica,  chiamata  a  sosli- 


V  EN 

luire  un'aristocrazia  di  tanti  secoli,  illu- 
stre per  foiza  e  per  saggezza,  la  quale  per 
lungo  tempo  avea  a  se  tratto  l'ammira- 
zione dell'Europa  co]  suo  modo  di  amroi- 
nistiazione,  co'suoi  esterni  rapporti  de' 
celebrati  ambasciatori,  e  coll'insieme  del- 
la sua  condotta. Durante  la  parlata  diGal- 
lino  e  la  lettura  del  proclama  municipa- 
le, la  maggior  parte  degli  uditori  rima- 
sero immobili,  né  mnggiormenle  si  ele- 
trizzarono  allorché  ima  brigata  di  gio- 
vinotti  con  un  quasi  convulsivo  commo- 
vimento fecero  sventolare  in  aria  e  scia- 
bole e  fìizzolettijilche  ripeterono  qualun- 
que volta  senti  var»o  pronunciarsi  dal  Gal- 
lino le  parole  di  (eguaglianza  ,  libertà^ 
repuìili/ica  francese  e  Bnnitpartc.  Pare- 
va che  volessero  eseguire  una  manovra 
comandata  da  Villefort, il  quale  con  ber- 
retto rosso  di  polizia  in  testa  vedeasi  af- 
facciato ad  uno  de'balconi  della  piazza, 
immediatamente  sull'arcata  del  calIèFlo- 
rian,  ove  perorava  l'aw.  Gallino.  Ter- 
minata la  ceremonia  si  ripigliò  la  mar- 
cia per  giungere  al  palazzo,  al  cui  in- 
gresso era  rimasto  uri  piccolo  corpo  di 
francesi.  Questi  però  si  mostravano  in- 
diiferenti  alle  focose  dimostrazioni  che 
verso  loro  si  facevano  da  alcuni  veneziani, 
di  fresco  seguaci  dello  spirito  rivoluzio- 
nario. Nel  pomeriggio  questi  slessi  indi- 
vidui vollero  far  sulla  piazza  di  s.  Mar- 
co alcuni  balli  civici,  ed  a  quest'oggetto 
invitarono  due  o  Ire  sold.iti  francesi,  che 
cedettero  alle  loro  istanze  e  cantarono 
stonatamente  la  Carmagnola  (canzonac- 
eia  composta  e  pe'priini  cantata  a  coro 
da'villici  di  Carmuguola,  p.itria  del  de- 
capitato capitano  veneto  traditore  Fran- 
cesco Bussone,  di  cui  nel  dogado  65.° 
parlai,  animali  dallo  spirito  della  rivolu- 
zione francese),  la  cui  musica  e  più  che 
altro  le  parole  avrebbero  dovuto  riusci- 
1  e  cos'i  dissonanti  per  orecchi  itiiliani.  Bo- 
uaparte  poi  oltemie  conipiutainente  il 
suo  scopodi  togliere  comodamente  a  Ve- 
nezia quanto  poteva  ,  ben  secondato  da 
Darnguayd'Hilliers,  che  appena  entralo 


V  E  ?f 

nella  cillk  confiscò  subito  tutti  gli  efletti 
appailenenti  agl'inglesi,  a'russi  ed  a'por- 
loghcsi,  secondo  il  praticato  allrove,  e  lo 
racconta  il  Coppi.  Benché  fjsse  cessato  il 
dominio  di  s.  Marco,  il  glorioso  protetto- 
re dell'antica  repubblica,  erasi  peraltro 
conservato  in  fronte  al  proclama  l'ei^ble- 
uiao  stemma  del  Leone  alato.  Solamen- 
te invece  della  leggenda  solita  a  legger- 
si sul  libro  aperlo  tra  gli  artigli  di  quel  re 
de'qnadrupedi :  Pax tibiMarce^ Evange- 
li-ita mcits,  erano  stampate  le  parole  :  / 
(hriui  ei  doveri  dell'  Uomo  e  del  Citta- 
dino! Fa  a  proposito  che  io  riproduca  il 
riferito  ilall'encomiato  p.  Bresciani  nella 
serie  2/  della  Civiltà  Cattolica,  1. 1  i,  p. 
ig8."  Allorché  il  general  Baraguay  d'Hd- 
liers  si  condusse  a  Venezia  q^iasi  pacie- 
re, |)ropose  di  molti  partiti;  vi  accolse  di 
molle  proposte;  que'giacobini  e  tradito- 
ri Savi  di  consiglio,  che  avean  tenuta  di- 
sarmata  la   repubblica,  ora    spingendo 
crudelmente  a  concessioni  di  morte  sotto 
speranza  di  tenerla  viva;  e  la  misera  vit- 
tima della  perfidia  de' suoi  snaturati  fi- 
gliuoli, cascò  nel  1  iccio  lesole  dal  Diret- 
torio. Fu  ammesso  il  mutar  la   costitu- 
tione  dello  stato:  la  repubblica  rinunzia- 
va  all'antico  reggimento  degli  aristocra- 
li;  accettava  il  governo  popolare  eguar- 
iiigione  francese.  Il  narrare  tutte  le  tra- 
me, con  cui  fu  condotto  questo   mistero 
tì'inifjuilà,  le  seduzioni,  le  illusioni,  le  de- 
bolezze, le  viltà  è  in)possibile  a  bocca  u- 
inana.  Il  16  di  maggio  scomparvero  gli 
stemmi  del  Leone  di  s.  ìMarco,  fu  rizza- 
lo l'albero  della  libertà,  e  dopoi4oo  an- 
ni di  potenza  e  di  gloria  la  Repubblica  di 
Venezia  scouiparve  per  sempre:  A.men  ". 
Intanto  le  notizie  della  rivoluzione  di  Ve- 
nezia, de'j2  maggio,  erano  pervenute  a 
Milano  a'  i4  (cioè  del   fatto  compiuto, 
tl'allronde  per  gli  accordi  tutto  sapevasi), 
per  cui   Napulcoiie  Bouajìarte  impose  a* 
ileputati  veneti,  cui  era   cessato  il  n)an- 
dato,  Francesco  Donato,  Leonardo  Giu- 
stiniani e  Alvise  Mocenigo,  a'  16  del  lo  stes- 
so n»ese,  un  trattato  illusorio  di  paceana- 


VEN  7o3 

logo  alle  nuove  circostante  e  a'suoi  dise- 
gni, formulati  già  tanto  prir^a  ne'preli- 
minari  di  Leoben.  Alfettando  di  non  cu- 
rare la  rivoluzione  di  già  eseguita,  volle 
che  in  sostanza  in  esso  si  convenissé.wEs- 
servi  pace  ed  amicizia  fra  la  repubblici 
Francesce  (piella  di  Venezia.  11  raaggioi' 
Consiglio  rinunziare  a'suni  diritti  di  so- 
vranità, e  riconoscere  la  sovranità  dello 
stato  nella  unione  di  tutti  i  cittadini.  Tut- 
tociò  per  altro  colla  condizione  che  il  go- 
verno garantisse  il  debito  pubblico  della 
nazione,  il  mantenimento  de'patrizi  che 
non  possedevano  stabili  ,  e  gli  assegna- 
menti vitalizi  accordali  col  nome  di  prov- 
visioni. La  repubblica  francese  sulla  do- 
manda che  le  era   stata  fatta  di  contri- 
buire alla  tranquillità  di  Venezia,  accor- 
dare una  divisione  delle  sue  truppe  per 
mantenervi  l'ordine,  e  secondare  i  primi 
passi    del  governo  in  tutte  le   parti   del- 
l'amministrazione. Queste  poi  si  sarebbe- 
ro ritirate  subito  che  il  nuovo  governo 
avesse  dichiarato  di  non  averne  più  bi- 
sogno (ricordiamoci  i  prelitninari  di  Leo- 
ben). Le  altre  divisioni  sgombrerebbero 
egualmente  alla  pace  continentale  tutti 
i  paesi  della  Terraferma  di  Venezia.  La 
t."  cura  del  governo  provvisorio  fossf  di 
far  terminare  i  processi  degl'inquisitori 
e  del  coinand  iute  del  Lido  ,   prevenuti 
di  essere  gl'istigatori  degli  assassinii  com- 
messi ila'contadini  veronesi  e  nel   porl(» 
di  Venezia.  Di  più  disapprovasse  questi 
fatti  nel  modo  più  soddisfacente  al  gover- 
no francese.  Il  direttorio  esecutivo  accor- 
dare amnistia  a  tutti  gli  altri  veneziani 
accusati  d'  aver   prese»   parte  alle   trame 
contro  i'armata  francese".  A  questi  ar- 
ticoli da  commedia,  se  ne  aggiunsero  al- 
tri segreti,  onde  compiere  la  scenica  rap- 
presentanza, ariche  con  formare  la  farsa, 
neVpiali  articoli  perciò  fu  stabilito.»»  Le 
due  repubbliche  si  sarebbero  concertate 
pel  cambio  di  alcuni  teriilorii.  Veuezia 
avrebbe  pagato  tre  milioni  di  franchi  in 
ilenaro,  ed  altri  tre  in  canape,  corde  e 
altri  oggetti  di  marina.  Avrebbe  inoltre 


7o4  V  E  N 

dato  alla  Francia  3  vascelli  e  2  fregate 
armate  ed  equipaggiate,  20  quadri  e  5oo 
tnaDoscritli  a  scelta  del  generale  in  ca- 
{)o.  In  compenso  il  governo  francese  pro- 
metteva la  sua  mediazione  per  termina- 
re prontatueute  le  questioni  insorte  tra 
quello  di  Venezia  e  la  reggenza  d'Alge- 
ri ".  Questo  trattato  dunque  supponeva 
l'esistenza  della  veneta  aristocrazia  e  del 
suo  maggior  Consiglio,  che  avea  col  do- 
ge [)oc'anzi  abdicalo,  e  da  esso  dovea  es- 
sere ratificalo,  mentre  gli  stipulanti  sa- 
pevano che  non  più  esisteva,  ed  il  prin- 
cipale di  essi  sapeva  per  di  piìiclie  io  sta- 
to veneto  lo  avea  fino  dal  1 8  aprile  cedu- 
to ad  altri ,  e  dispostone  come  di  roba 
sua;  ciò  che  in  eterno  farà  lo  stupore  de' 
posteri.  1  municipalisli  di  Venezia  per- 
ciò trovaronsi  angustiati,  e  molto  discus- 
sero prima  d'appigliarsi  al  mezzo  sem- 
plicissimo di  sottoscriverlo  essi  medesi- 
mi. All'opposto  Napoleone  dell'ostacolo 
appunto  godeva,  imperocché  nel  parte- 
cipare il  trattato  al  direttorio  avea  ma- 
nifestalo chiaramente  che  nel  concluder- 
lo avea  soltanto  avuto  per  iscopo  :  >»  Di 
entrare  a  Venezia  senza  diiBcoltà,  avere 
l'Arsenale,  e  col  pretesto  dell'esecuzione 
degli  articoli  segreti  poter  prendere  tut- 
tociò  che  convenisse.  Essere  inoltre  in  si- 
tuazione di  poter  disporre  di  quanto  vi 
era  nel  territorio  veneto  nel  caso  che  non 
si  facesse  la  pace  coH'imperalore  France- 
sco II.  Non  trarre  in  tal  guisa  sulla  Fran- 
cia l'odiosità  delle  violazioni  convenute 
ne'prelirainari  diLeoben  relativamente  al 
territorio  veneto,  e  nel  tempo  stesso  aver 
pretesti  e  mezzi  per  facilitarne  l'esecuzio- 
ne". Quando  giunse  a  Venezia  il  tratta- 
to, che  lasciava  sperare  alla  repubbli- 
ca una  salvezza  pagata  con  si  grandi  sa- 
grifizi ,  le  cose  non  erano  piìi  io  quello 
stato  in  cui  l'aveano  lasciate  i  negoziato- 
ri, sulla  base  delle  quali  aveauo  sti[)ula- 
to.  Al  generale  in  capo  dell'armata  d'I- 
talia, di  già  padrone  di  tutta  la  Terrafer- 
ma, rendevasi  necessario  il  possedimento 
del  capoluogo  della  repubblica,  per  pote- 


V  E  N 
re  stipulare  in  forma  piìi  vantaggiosa  le 
condizioni  di  pace  da  lui  intavolate  co\~ 
l'Austria.  Con  tale  mira  egli  dovea  desi- 
derare che  gli  venisse  da  una  rivoluzio- 
ne agevolato  il  suo  ingresso  a  Venezia; 
ma  mostrò  spiacergli  la  precipitazione  del 
segretario  Villetard,  che  profittando  del- 
l'assenza del  suo  capo  Lallemant,  uomo 
moderato  ,  avea  colto  l'occasione  di  se- 
gnalare il  suo  zelo  focoso  col  signoreg- 
giare gli  spiriti  egli  avvenimenti.  E  di 
fatti  Villetard  erasi  posto  alla  testa  degli 
uomini  esaltati  del  paese,  di  quelli  cioè 
ch'erano  impazienti  di  rovesciare  il  vec- 
chio ordine  di  cose,  in  forza  del  quale  e- 
rano  stale  lungamente  compresse  le  loro 
and)iziosee  turbolenti  passioni.  Del  resto 
il  trattato  fu  ratificato  per  parte  del  go- 
verno interinale  di  Venezia,  ma  il  gover- 
no francese  non  si  curò  mai  di  approvar- 
lo! Tanto  attesta  il  cav.  Coppi  negli  an- 
nali d'/talia.  A  compimento  del  dram- 
ma, asserisce  l'-c//-/e  di  verificare  le  date^ 
che  mentre  a  Venezia  non  più.  sussisteva 
il  governo  contraente  a  Milano  a*  1  6  mag- 
gio, in  questo  slesso  giorno  a  Parigi, 
per  singoiar  coincidenza,  il  direttorio  de- 
cretò che  l' audjasciator  veneto  dovesse 
immediatamente  partire  dalla  Francia: 
di  guisa  che  a  Parigi  si  dichiarava  la  guer- 
ra, a  Milano  si  segnava  la  pace,  ed  a  Ve- 
nezia si  coujpiva  la  rivoluzione,  tutto  in 
un  medesitjto  giorno!  Anzi  mentre  il  di- 
rettorio concedeva  perdono  ed  amnistia 
a  tutti  quelli  che  aveano  preso  parte  a' 
vari  attacchi  contro  V  esercito  francese, 
il  governo  interinale  veneto  era  incarica- 
lo d'ultimare  il  processo  de'3  in(|uisitori 
Barbai  igo,  Gabrielli  e  Cornaro,  e  del  Piz- 
zamano  !  Laonde  i  quioqtieviri  di  Pari- 
gi, il  loro  generale  in  capo  d'Italia,  il  se- 
gretario di  legazione  a  Venezia,  lavorava- 
no tulli  sopra  piani  dilferenli.  Secondo 
pure  VArle  di  verificare  le  date,  Napo- 
leone ancora  si  ricusò  di  ratificare  il  trat- 
tato di  Milano  colla  prelesa,  che  avendo 
cessato  d'  esistere  il  mandante  ,  non  vi 
fosse  più  uè  tnundatarii,  uè  mandato.  E 


V  E  IN 

elle  la  mrinlcipali(à,  appendi  entrata  in 
l'unzione,  per  la  lalifìca,  senza  esamioa* 
re  se  ne  avesse  il  diritto,  inviò  coinn)is- 
sari  e  lettere  a  tutte  le  città  del  veneto 
dominio,  per  partecipar  loro  la^èZ/ce  rivo- 
luzione avvenuta  iu  Venezia  e  invitarle 
ad  unire  co'suoi  i  propri  loro  interessi, 
fticendo  in  tutto  cau^a  comune.  Difatti 
per  la  stessa  terminazione  veneta  12  mag- 
gio 1797  la  veneta  aristocrazia  non  aveva 
fatto  che  rinunziare  al  popolo  i  suoi  ori- 
ginari diritti.  Ma  che  parlar  di  diritti  se 
già  Venezia  era  stata  contrattata  a  Leo- 
ben  sin  dal  18  aprile  ilelT  atmo  stesso? 
Nel  giorno  16  maggio  dellinaugurazione 
della  municipalità  di  Venezia,  parti  da 
questa  per  Trieste  il  ministro  di  Russia 
[)resso  la  cessata  repubblica  Mordwinow, 
che  seguiva  un  po'tardi  1'  esempio  dato- 
gli da  (|uellod  Inghilterra  Worsley.  Egli 
condusse  seco  tutta  la  legazione,  e  il  con- 
te Antraigues  incaricato  d'alfari  del  re  di 
Francia.  Questi  però  appena  giunto  a 
Trieste  fu  arrestato  d'ordine  flel  general 
Bernadette,  preso  il  suo  poi  tcjtìjglio  e  tra- 
sportato al  castello  di  IMilaiio:  le  sue  car- 
te compromisero  Pichegreu,  che  poi  a'4 
settembre  soggiiicque  i\\  col[)0  di  stato. 
Trovandosi  Venezia  abbandonala  a  di- 
screzione, i  primi  giorni  che  seguirono 
alla  dissoluzione  dell'  antica  aristocra- 
zia, che  rinomata  per  la  sua  prudenza 
non  avea  saputo  agire,  aspettare  e  deli- 
berare, non  furono  marcati  che  da  mol- 
te equivoche  dimostiazioni  del  consenso 
popolare.  Giunsero  successiviunente  [ja- 
recchi  corpi  di  truppa  francese,  e  si  man- 
tenne la  pubblica  tiaiKiuillità  a  vederla 
sbarcare  e  finire  di  rendersi  padroni  del- 
la città.  A'25  maggio  la  municipalità  de- 
cretò la  demolizione  delle  prigioni  del- 
I  in<|uisizione  di  stato,  e  vi  fece  apporre 
queiriscriziofie,clie  nel  descriverle  ripor- 
tai nel  §  li,  n.  2,  rii)niliui(lone  nel  §  XII, 
u.  2,  nel  n.i2  del  §  XIX  o  dogado  49'°i 
e  altrove,  rettificando  le  calunnie  ripetu* 
lamenle  sparse  contro  di  esse.  Intendo 
due  di  quelle  chiamale  di:' Piombi  e  de' 


V  E  iN  jo% 

Pozzi.  Avendo  ivi  promesso  di  qui  riferi- 
le  quanto  ne  scrisse  l'ecct 'lente  penna 
del  p.  Bresciani,  presso  la  Civiltà  Cai- 
toLica,  2.*  serie,  t.  9,  p.  294=  i  Pozzi  del 
Palazzo  Ducale^  eccone  un  sunto,  tra- 
lasciandoil  mollo  che  dice  sui  tradimenti 
per  farcadere  la  repubblica, avendoneab- 
bastanza  ragionato  superiormente.  L'au- 
tore torna  a  deplorare  il  grave  e  funesto 
giuoco  che  in  sul  cader  della  repubblica  di 
Venezia  facevano  le  società  segrete  della 
Massoneria  in  essa  città,  al  doge  e  al  se- 
nato, a'quali  con  aria  lieta  e  serena  da- 
vano fellonescamente  a  vedere  e  a  cre- 
dere le  più  buone  novelle  dello  stato  fe- 
lice della  repubblica.  Facevano  passeg- 
giare que'traditi  personaggi  fra  le  più  ri- 
denti apparenze  di  tranquillità  e  sicurez- 
za ,  dimostrando  che  il  sapiente  reggi- 
nieiito  della  veneta  signoria,  fra  le  lem- 
peste  che  ruggfano  intorno  alle  Alpi,  a- 
vea  trovalo  il  modo  colla  sua  neutralità 
disarmata  di  mantenere  nelle  città  del 
suo  dominio  tanta  pace,  sicurtà  e  ripo- 
so, che  i  suoi  popoli  avventurati  non  u- 
diano,  né  anco  da  lunge,  il  rimbombo  di 
quella  bufera, confideiili  sotto  la  vigilan- 
za degl'inquisitori  di  stalo.  Il  senato  fu 
snido  a'  ripetuti  ammonimenti  de'  suoi 
an)basciatori,  falli  a  nome de'sovrani del- 
la R.ussia,  deiringliilterra,  dell' Austria, 
«Iella  Sardegna, delle  due  Sicilie,e  in  quel- 
lo pure  del  Papa,  cioè  di  slare  all'erta,  di 
armarsi  e  collegarsi  con  loro.  Quindi  nar- 
ra come  di  notte,  innanzi  la  gran  cala- 
slrofe,  da'pozzi  del  palazzo  ducale  erasi 
inlesa  una  voce  solterianea  ,  gridare  a 
gran  voce:  Popolo,  popolo,  l'ora  ì-  giìl 
vicina.  Tcmpii.i  non  erit  ampiius.  L'ora 
ì' già  sonata.  (^ixeWs  voci  orrende  desia- 
rono spavenlo  in  tutto  il  popolo,  e  confu- 
sione. Quelle  voci  intronate  volevano  im- 
paurire e  gillare  la  didldenza  in  Venezia, 
e  si  allribuirono  a'settari  congiurali  per 
far  novità  nella  repubblica,  i  3  inquisi- 
tori fecero  di  notte  calare  ne''pozzi  due 
bravi  mozzi  dell'arsenale,  e  penetrare  ne 
sollerranei  più  profondi, i  cui  usci  di  fer- 


nnf,                      V  !■:  N  V  E  N 
II»  si  v'uìe  eh'  etano  stali  aperti  di  fresco,  bertìi,  che  negli  ultimi  tempi  ancora  si  ri- 
E  Irovossi  lina  tromba  manna, per  la  qua-  cordano  le  tavole  irubandite  da  un  flnau- 
Je  niaiidavasi  la  voce  allo  sbocco  del  doc-  ziere  dovizioso  e  truff  itore,  e  quelle  pure 
clone,  die  mise  lauta  paura.  Si  vuole,  che  d'un  ricco  bergamasco  ivi  condotto  pei* 
rei  rotti  i  custodi,  vi  s'introducessero  al-  colpevole  uso  fatto  delle  armi.  Prupria- 
cuni  patrizi  massoni,  che  poi  fecero  di  mente  nel  giorno  4  g'L'gno,  festa  della 
tutto  perchè  non  fossero  castigati,  e  in  Pentecoste,  si  piantò  l'albero  della  liber- 
pari   tempo  discreditando  Ira  il  popolo  là  sulla  piazza  di  s.  Marco  colla  maggior 
gl'inquisitori  e  i  signori  della  notte  (aveu-  pompa;  poi  fu  arso  a  pie  dell'albero  stes- 
do  domandato  a  Venezia,  se  tale  raccon-  so  il  Libro  d'ero,  in  cui  erano  registrati  t 
to  era  e«atto,  mi    fu   risposto   negativa-  cognomi  delie  famiglie  ascritte  al  [)atri- 
merite,  anzi  essere  favoloso;  e  poi  per  ca-  /iato  veneto, in  un  a  tutti  gli  attributi  dei- 
lare  ne' ^ozsi  non  vi  ha  d'uopo  di  mozzi,  la  dignità  ducale.  L' adozione  della  coc- 
iièleprigionide'y70;sz  ebbero  mai  portedi  carda  tricolore  portò  l'introduzione  d'u- 
feri  <>).IMa  più  rigorose  furonoleindaginie  na  nuova  bandiera  marittima.  Donde  av- 
leperqiiisiziùui, quando  fu  decretata  la  io-  venne  il  triste  inconveniente,  che   i!  dey 
IO  distruzione,  alla  quale  corsero  i  veneti  d'Algeri  non  più  gindicossi  tenuto  a  ri- 
partigiani  de'fiancesi,  che  credendo  tre-  spettare  i  vessilli  di  Venezia,  chegli  paga- 
varvi  grandi  cose,  carcami  e  tormenti,  va  un  tributo  di  28,000  ducati;  e  quindi 
altenali  rabbiosaniente  gli  usci,  mano*  la  nuova  repubblica  democratica  fu  co- 
niesse  le  segrete,  cercato  negli  angoli  più  stretta  a  pagare  una  2.'  volta,  acciò  la  sua 
reconditi,  nulla  affatto  rinvennero.  1  poz-  bandiera  non  più  venisse  sconosciuta  da' 
zij  dopo  la  costruzione  delle  nuove  car-  pirati  del  ìMediterraneo.  Sotto  gli  auspicii 
ceri  dall'altra  parte  del  canale  e  il   tra-  del  nuovo  governo  si  formò  una  società 
sportocela  fatto  diluiti  i  carcerali  del  politica   rivoluzionaria,  come   nell'altre 
palazzoducale, non  furono  più  usati  (ram-  città  italiane  democratizzate,  e  prese  il 
mento,  aver  detto  a' suoi  luoghi,  che  sif-  litolodi  Società  di  pubblica  istruzione: 
fatte  |)rigioni  furono  usate  anche  dopo  in  pochi  giorni  il  numerode'siioi  membri 
la  fabbrica  delle  nuove  carceri,  però  ra-  ascese  a  parecchie   migliaia.   Finalmente 
ramenle  ;  com'è  pur  detto  nella  storia  di  per  ordine  di  Napoleone  cessarono  le  pro- 
(juelle  carceri,  compresa  nella  bell'ope-  cediire  intraprese  contro  i  3  ex  inquisito* 
ra  del  /^tì'/(7Szo  Z^^r/^/f,  illustrato  dal  di-  ri  disfato, eilgiàcornandante  del  Lido. Di* 
ligentissimo  e  critico  Zanotto, nella  quale  ce  il  Coppi, che  gl'inquisitori  furono  mul- 
inollre  per  la  i. "volta  si  è  pubblicato  tut-  tati  della  metà  de  beni, pena  che  fu  dipoi 
to  intero  lo  spaccalo  delle  prigioni  in  licpiidata  in  5o,ooo  ducati.  Ma  coli'  oc- 
discorso,  cioè  dal  piano  al  soflitlo  del  pa-  casione  d'una  congiura,  forse  più  imma- 
Jazzo  stesso,  ove  stavano  le  altre  prigioni  ginaria  che  ordita  da   un   certo  Cercato 
de'P/o//2/;/).Alcaderedella  repubblica  non  uonio  turbolento,  furono  arrestate  molte 
vifii  trovato/zrs^ji^o.lldalmatajdicui  tan-  persone  specialmente  nella  classe  de'nobi- 
toa  quel  tempo  si  pai  lo,  e  eh' era  «ano  e ru-  li.  La  municipalità  interinale  teneva  pub- 
bicondo,  era  stato,  non  ne  Pozzi,  ma  ne'  blicatnente  le  sue  sedute  nella  sala  dell'ex 
Pzo/;jZ)?,icjuali  erano  slati  destinati  a  pri-  Pregadi,  e  la  prima  ebbe  luogo  il  dì  20 
gione  solo  nel  1^91   a  disjiosizione  de-  maggio,  come  risulla  dal    Quadro  del- 
gl'inquisitori  di  stalo  (di  che  feci  ricordo  le  sezioni puhblicfic,  stampato  dal  Cur- 
nel  ricordato  dogado49.°,ove  notai  tutto  li.  Vincenzo   Dandolo   farmacista  n'era 
rilevarsi  dalleininutemss.  esistenti  presso  l'individuo  più    distinto   pel  suo  sape- 
ilcav.Cicogna);eda'prigionieride'piombi,  re,  la   sua  eloquenza  e  pel  suo  esterio- 
terminato  il  processo,si  accordava  tanta  li-  re.  Essa  numicipalilà,  nel  pioponioien* 


V  E  rf  V  E  N                    707 

fo  eli  esercìtnrp  il  potere  sovrano,  non  A'iìn  di  nn  milione  e  rne7Zo  di  duciti  ri 
rislava  (li  pi eìeiulere  essere  il  centro  di  5o  famiglie,  alcune  delle  qrnli  rieaveann 
governo  degli  nnlichi  stali  della  repubbli-  100,000  all' anno.  Al  principio  di  giu- 
ca,  benché  ne  fisse  ripnUnta  dagli  altri  gno,  avendo  l'imperatore  Francesco  II 
capi  municipali  di  tolta  la  Terraferma,  I.1  intesa  l'occupazione  Oitta  da'francesi  del  - 
quale  nel  suo  delirio  patriottico  e  nella  la  Terraferma,  in  forza  delle  segrete  con- 
sna  inimicizia  faceva  a  Venezia  moderna  venzioni  di  Leoben.  i  tedeschi  scesero  da 
gli  stessi  rimproveri  che  a  Venezia  antica,  Trieste  per  portarsi  ad  occupare  le  vene- 
e  ricusava  ora  di  ubbidire. Ogni  città  priii-  te  provincie  dell'Istria,  della  Dalmazia 
cipale  erasi  costituila  spporalamenle,  rè  e  Albania,  all'imperatore  stale  as^egna- 
volevancìe  provincie  inviar  deputali  per  le  da  detto  tniltato,  il  che  non  avvenne 
rappresentarle  davanti  il  corpo  ch'erasi  senza  opposizione  e  spargimento  di  san- 
impadronito  di  tutta  ramminislrnzinne  ^\.\e,  9.eco\u\n  Y  Arte  di  verificare  le  da- 
della  capitale,  né  premier  veruna  parte  te.  Il  cav.  Coppi,  negli  Annali,  invece 
alle  sue  deliberazioni.  Alcune  dichiarava-  assicura  che  gli  austriaci  se  ne  inipos- 
no  il  desiderio  di  venir  incorporale  nella  sessarono  senza  opposizione,  pubblican- 
Cisalpina,  altre  pretendevano  governarsi  do  questo  manifesto.»  U  funesto  sov- 
da  se.  Da  quel  punto  mancarono  intera-  vertimento  che  uno  spirito  di  totale  di- 
mente  l'imposizioni, cheprima  giungeva-  sordine  aveva  prodotto  nelle  dilTerenli 
no  regolarmente  a  Venezia,  e  diveniìe  parti  dello  stalo  veneto,  aver  con  tutta 
impossibile  il  paganìenlo  del  debilf)  pub-  ragione  eccitate  le  attente  cure  dell' im- 
blico.  Fii  d'uopo  ricorrere  a  prestili  for-  peratore.  Quindi  geloso  di  assicurare  la 
zosi  [ìcr  sostenere  le  spese  indispensabili  tranquillità  de' suoi  sudditi  manleuend<» 
chela  presenza  dell'armata  rendeva  deou-  il  buon  ordine  nelle  circonvicine  provin- 
ple.  Eran<i  promessi  a'fiance>;i  tre miliotii  rie,  avrebbe  egli  creduto  di  mancare  a* 
in  denaro,  ed  essi  invece  ne  chiedevano  iloveri  di  sua  paterna  soilecilodine,  se  più 
cinque;  doveansi  consegnar  loro  Ire  va-  a  lungo  avesse  dilferilo  la  esecuzione  del- 
scelli,  e  non  n'esistevano  che  due  armaii  le  misure  più  acconcie  per  ottenere  que- 
compitamenle:  il  Coppi  però  dice  che  lo  sl'oggetto.  In  conseguenza  per  conserva- 
erano  3  vascelli  e  2  fregate,  oltre  altri  re  le  [)rovincie  d'Istria  e  di  Dalmazia  da' 
bastimenti  minori.  Gli  agenti  del  diret-  Iri'^li  elfelti  della  piena  sovversione  di  co- 
Iorio, circondala  l'abitazione  fli Ercole  III  se,  e  preservare  nel  tempo  stesso  antichi 
duca  di  IModeua,  e  non  a\endo  trovato  ed  incontrastabili  suoi  diritti,  aver  giudi- 
in  essa  il  denaro  che  cercavano,  si  reca-  calo  di  non  potersi  dispensare  dal  far  en- 
rono  alla  residenza  del  ministro  iniperia-  trare  in  esse  le  sue  truppe".  Gli  austria- 
le  dov'erasi  egli  rifugialo,  e  colà,  com'era  ci  si  estesero  poi  sino  a  Cattaro  e  agli  al- 
da  molto  tempo  slato  premeditato,  gli  tri  paesi  della  veneta  Albtnia.  Nel  cor- 
tolsero  I  qOjOOO  zecchini,  e  [loi  il  duca  do-  rer  di  questo  mese  il  Conduhner,  coman- 
velte  abbandf'uar  Venezia  e  cercare  asilo  dante  le  forze  venele  navali,  die'la  pio- 
negli  stati  imperiali.  Con  decreto  si  vietò  pria  dimi^sione,  e  venne  in  sua  vece  no. 
o'nobili  d'uscir  dalle  Lagune  senza  auto-  njinato  il  MinoUo  ,  il  quale  ebbe  ontme 
rizzazione  del  comitato  di  salute  pubbli-  di  concertarsi  col  general  H.traguny  d'Ibl- 
ea ,  e  di  levarvi  i  loro  elfelti  preziosi,  l'j  liers  per  un  armodi  barche  cannoniere, 
la  n)unicipalilà  stabilì  che  le  rendite  degli  A'^H  il  general  Gentil,  cui  la  Francia  a- 
ex  patiizi  le  quali  superavano  5,ooo  du-  vea  ioipiegato  pel  ricupero  della  Corsi- 
cali  all'anno,Ibsserodevoluleal  lisco.  Con  ca,  venne  spedito  con  4 '^•''•'•glioni  e  al- 
quesl' atto  ,  che  pelò  le  circostanze  non  cune  compagnie  d'artiglieria  sopra  una 
permisero  di  ese.guire,  si  toglieva  la  rcn-  squadra  cooì[)Osta  di  due  vascelli  e  nitri 


7o8  VEN 

legni  minori  veneti,  e  due  hrick  francesi, 
comandata  cìall' ammiraglio  Drueys,  a 
prender  possesso  di  Corfù,  vera  chiave 
dell'Adriatico,  e  l'nltre  isole  Jonie  Cefa- 
Joiiia,  Zanle,  s.  Maura,  Itaca  o  Tiaki,  Ce- 
rigo,  Paxò  e  altre  minori,  f  icenti  già  par- 
ie del  dominio  veneto.  Si  ebbe  non  sen- 
za contrasto  la  fortezza  di  Corfìi  munita 
di  5 1  o  cannoni,  con  3, 800  uon)ini  di  pre- 
sidio, e  si  presero  nella  rada  6  vascelli 
con  5  fregate.  Tutte  l'isole  furono  occu- 
pale. Niipoleone  domandò  a'veneziani  utt 
ministro  presso  di  se,  e  gli  fu  inviato  l'ex 
patrìzio  Battaglia  ,  che  restò  in  Milano 
tinche  vi  soggiornò  quel  generale.  A'  i4 
lti;^tio  si  festeggiò  da'francesi  sulla  piazza 
(Il  «i.  Marco  l'anniversario  della  presa  del- 
la Bastiglia  di  Parigi,  alla  presenza  di  nu- 
meroso corpo  di  guardia  nazionale;  si  re- 
sero funebri  onoi  i  a'militari  morti  in  Ita- 
lia della  divisione  del  general  Baraguay 
d'  Ililliers,  il  quale  distribuì  nuovi  ves- 
silli; e  poi  ebbe  luogo  la  regala:  tutte  ce- 
lemonie  fatte  solentiemente  e  con  gran- 
dissimo dispendio.  In  questo  tempo  il  di- 
retlorio  approvò  la  condotta  militare  e 
politica  di  Napoleone  tenuta  in  Italia,  e 
specialmente  riguardo  a  Venezia.  Ma  già 
Miillet  du  Pan  avea  pubblicalo  sui  gior- 
nali con  indignazione,  i  mali  trattamen- 
ti fallisubireagl'uifrjlici  veneziani, benché 
tenuti  per  amici.  Epoco  dopo  Dumolard 
annunciòa  Parigi  al  ccjrpo  legislativo,  che 
■voleva  esaminare  a  qual  sistema  di  com- 
pensazione si  pretendesse  far  servire  I  in- 
vasione delle  Provincie  venete,  e  se  tale 
invasione  fosse  destinata  ad  offrire  nella 
storia  altro  esempio  della  divisione  della 
Polonia  operata  nel  1772.  In  Venezia  e 
ne'capoluoghi  di  Terraferma  intanto  era 
tutto  anarchia,  disonline  e  dissoluzione; 
tot  lo  ubbidì  va  ad  un  giogo  militare, e  sotto 
oppressori  e  re(|UÌsizioni,  con  tutti  quanli 
)  mali  die  ne  derivano.  I  commissari  fiau- 
cesi  manomettevano  l'argenteria  delle 
chiese;  depredali  erano  i  monti  di  pietà, 
onde  supplire  alla  suddetta  contribuzio- 
ne de'cinque  milioni.  Vennero  pure  se- 


VEN 
queslrati  i  beni  degli  ex  patrizi  di  Terra- 
ferma, ma  dopo  che  fu  esatta  la  maggior 
parte  dell' annue  rendite  fu  tolto  il  se- 
questro. Però  a'francesi  non  riuscì  di  sot- 
tomettere i  Sette  Cantoni,  paese  del  Vi- 
centino, alfezionatissimi  al  governo  di  s. 
Marco.  Con  decreto  de'  2  st- ttenibre  fu 
oidinato  raccogliere  in  una  sola  cassa 
il  prodotto  delle  rendile  di  tulli  i  con- 
venti, monasteri,  confraternite  e  altri  sta- 
bilimenti pii dell'antico  stato  veneto,  per 
erogarsi  a  vantaggio  de'  poveri,  degl'in- 
fermi e  degl'impotenti,  non  che  de*  pa- 
trizi indigenti.  L'amministrazione  fu  affi- 
data a  3  individui,  invitandosi  l'  ex  doge 
Manin  ad  unirvisi.  A  misura  che  ritar- 
davano i  francesi  a  far  conoscere  il  desti- 
no de'veneziani,  come  nazione,  tanto  più 
sembrava  sinistro  il  loro  silenzio.  L'incer- 
tezza però  dovea  cessare  nel  mese  di  otte-» 
bre,dopocheda  un  anno  il  paese  era  trat- 
tato come  cosa  di  con(juista.  Nelle  confe- 
renzedi  Milano,comeuarrai,i  commissari 
della  cessata  repubblica  erano  stati  lusin- 
gali, che  al  suo  territorio  si  sarebbe  uni- 
to il  Ferrarese,  la  Romagna  e  fors'anco 
il  porto  d'Ancona;  di  ciò  non  conlento 
Napoleone  con  chimere  continuava  a  pa- 
scere il  deputato  Battaglia,  Dandolo, Zor- 
7Ì  e  gli  altri  municipalisti,  cui  faceva  giuo- 
c are  a  suo  talento.  Volle  mandare  a  Ve- 
nezia sua  moglie,  in  testimonio  dell'af- 
fetto che  nuli  iva  pel  paese,  ove  ricusava 
per  altro  egli  di  recarsi.  Si  accolse  mada- 
ma Giuseppina  Bonaparte  quasi  quale  so- 
vrana: ella  forse  ignorava  meditarsi  da 
suo  marito  la  totale  rovina  de'veneziani. 
1  magistrali  a  malgrado  di  tante  promes- 
se e  dimostrazioni,avendocnncepiloqual- 
che  diffidenza,  studiarono  di  riavvicinar- 
si alle  Provincie  di  Terraferma,  le  quali 
non  andavano  interamente  d'accordo  su 
ciò  che  si  volessero  ;  ma  non  essendovi 
riusciti,  sperava  la  veneta  municipalità 
d'  ottenere  dal  direttorio  Cisalpino  ,  col 
pertnesso  di  quello  di  Parigi  e  di  Napo- 
leone, di  venir  aggregata  alla  repubblica 
Cisalpino;  bentosto  però  conobbe  che  non 


V  E  N 

vi  si  riunivano  appena  alcune  delle  sue 
antiche  provjncie.  Con  proclama  france- 
se si  annunciò  la  divisione  degli  stali  ve- 
neti in  7  dipartimenti,  senza  comprender- 
vi Crema  e  Bergamo,  le  quali  doveano 
essere  smembrale  dall'  aulico  territorio 
de'suoi  stali.  In  realtà,  i  plenipotenziari 
austrìaci  e  Napoleone  aveano  convenu- 
to a  Montebello  sino  da'  26  maggio  di 
consegnare  Venezia  all'imperatore  Fran- 
cesco II,  e  il  direttorio  esecutivo  vi  avea 
acconsentito  a'  3  giugno.  Infatti  riporta 
il  cav.  Coppi,  che  distrutto  1'  antico  go- 
verno, avevano  alcuni  veneziani  manife- 
stato il  desiderio  d'unirsi  alla  repubbli- 
ca Cisalpina.  E  Napoleonesecondando  un 
tal  voto,  sino  da  detto  giorno  26  maggio 
avea  scritto  a'  municipalisti,  come  si  ha 
dalla  sua  Corrcspondance.  »  Voler  fare 
in  tutte  le  circostanze  quanto  fosse  in  suo 
potere  per  dar  prove  del  desiderio  che  a- 
veva  di  scorgere  che  si  consolidasse  hi  li- 
bertà, e  di  vedere  la  misera  Italia  libera 
e  indipendente  dagli  stranieri,  collocala 
finalmente  con  gloria  sul  teatro  del  mon- 
do, e  riprendere  fra  le  grandi  nazioni  quel 
grado  a  cui  la  chiamavano  la  natura,  la 
posizione  e  il  destino".  Nel  giorno  slesso 
peròegli  scriveva  al  direttorio.»  Aver  con- 
certato co'plenipotenziari  austriaci  di  ce- 
dere all'imperatore  il  Veneziano  sino  al- 
l'Adige". Ed  avvertiva:-»  Venezia, che  era 
io  decadenza  dopo  la  scoperta  del  Ca|)0 
di  Buona  Speranza  e  gli  stabilinienti  di 
Trieste  e  di  Ancona,  diflìcilmente  avi  eb- 
be potuto  sussistere  dopo  i  colpi  che  ul- 
timamente le  avevano  dato  i  francesi.  Po- 
polazione inetta  e  vile,  non  essere  per 
nulla  idonea  alla  libertà.  Senza  terra  e 
senz'acqua, esser  naturale  thedallaFran- 
eia  si  lasciasse  a  coloro  che  le  davano  il 
Continente.  Egli  avrebbe  preso  lutto,  a- 
vrebbe  distrutto  il  banco  e  conservato 
Coi  fu".  In  questo  frattempo,  sotto  l'am- 
pollose e  millantate  insegne  della  flrlh, 
della  Libertà  e  della  Uguaglianza  (che 
pe'  veneziani  fu  quanto  dire  Firtu  di 
sodi-jie,  Liberia  di  piangere,  ed  Ugna- 


YEN  709 

gUanza  di  nulla  potere,  come  altri  siali 
italiani  sconvolti  e  maltraiiati,  inetti  a 
vendicare  una  si  perfida  turpitudine), 
la  società  popolare  volò  solennemente 
la  fatua  aggregazione  della  repubblica 
veneta  alla  Cisalpina,  la  cui  capitale  era 
Milano,  e  la  municipalità  in  onta  alle 
ricevute  risoluzioni  del  lutto  contrarie, 
ne  segui  I'  esempio  colla  firma  di  4^ 
individui,  colla  quale  ìmponentissima  a- 
desione  veniva  appoggiato  il  voto  espres- 
so dalla  città  di  Venezia.  Così  Venezia, 
spinta  da'  suoi  dominatori,  si  rese  più 
abbietta,  dopo  aver  dolorosamente  per- 
duto la  sua  verginale  hberlà  originaria 
e  sovranità  di  quattordici  secoli,  gemen- 
do sotto  il  peso  gravissimo  d' iutollera- 
bili  imposte,  di  depredazioni  e  di  spo- 
gli. In  fine  a'  17  ottobre  1797  segnossi 
il  trattato  di  pace  di  Campoformio  tra 
la  repubblica  francese  e  l' imperatore 
Francesco  II, pel  quale  questi  non  riceve- 
va altrimenti,  con»'erasi  indicalo  nel  pro- 
getto, a  titolo  d'indennizzazionedi quan- 
to cedeva  alla  Francia  nell'  Italia  supe- 
riore, ed  i  Paesi  Bassi  Austriaci  o Belgio, 
la  tolalità  degli  slati  veneti,  ma  ilivideva- 
li  colla  Francia  e  colla  repubblica  Cisal- 
pina; e  r  Austria  non  avea  nemmeno  at- 
teso la  conclusione  delle  trattative,  con 
essersi  impadronita  dell'Istria  Veneta, del- 
la Dalmazia  e  dell'Albania  Veneta, sm  dal 
giugno,  come  ho  riferito.  Quanto  dovea 
api)arlenere  a  ciascuno  de'3  condividenti 
fu  regolalo  dagli  articoli  5,  6  e  7  del  trat- 
tato di  Campoformio.  Toccò  a  Francesco 
II  l'Istria,  la  Dalmazia,  l'isole  eziandio 
per  l'innanzi  venete  dell' Adrialico,le  Boc- 
che di  Catlaro,  la  città  di  Venezia  colle 
sue  Lagune  ,  ed  i  paesi  racchiusi  entro 
gli  siali  ereditari  d'  Austria  a  partir  Aa\ 
Tirolo  traversando  il  lago  di  Garda,  poi 
l'Adige  lungo  la  sinistra  del  fiume  sino 
a  Porto  Legnano,  e  raggiungendo  la  si- 
nistra del  Po  sino  al  maie.  Doveva  la 
Francia  possedere  in  piena  sovranità  l'i- 
sole già  venete  di  Levante:  Coi  fìi,  Zante, 
Cefalonia,  s.  Maura,  Cerigo  e  altre  isole 


7 IO  V  E  N  VEN 
Joiiiche  di[jeucleiili,  nonché  Butintic),  vendo  Napoleone  nel  giugno  occupato  an- 
Laila,  Vonizza, e  in  generale  lutti  glisla-  clie/l/<rz//rtj.Di  più  portarono  via  una  graii- 
hilimenli  vendi  d'Albania,  situati  più  al  de  quantità  di  oggetti  preziosi,  i  capola- 
di  sotto  del  golfo  di  Ludriuo.  FniaUnea-  vori  di  antichità  e  di  belle  ai  ti,  compresi  i 
le  la  repubblica  Cisalpina  univa  alla  Loin-  famigerati  4  Cavalli  di  bronzo  e  il  Leone 
bardia,  per  l'a  vanti  Austriaca,  e  al  Man-  alato  di  bronzo  della  Piazzetta,  oltre  i  più 
lovano,  il  Bergamasco,  il  Brescianojil  Cre-  antichi  e  più  importanti  mss.  e  codici,  le 
niasco  e  la  porzione  degli  slati  ex  vendi  più  scelle  stampe  d'ogni  tempo:  s*  im- 
all'ovest  e  al  sud  della  linea  supuriormen-  padrunirono  dell'inestimabile  tesoro  di 
le  tracciala,  ossia  la  riva  destra  dell'  A-  s.  Marco,  e  de'  12  graudi  scrigni  di  ri- 
tlige.  Alla  nuova  di  questa  falalissiuja  di-  serva,  forse  dal  numero  detti  i  XII  A~ 
visione,  che  propiiamente  fu  il  fine  del  postoli^  fino  allora  intangibili  e  riservati 
dominio  veneto,  si  s[)ai  se  in  Venezia  una  agli  eventuali  e  più  stringenti  bisogni  dei- 
generale  oos'ernaziune  ;  e  ben  preslo  i  la  repubblica  di  Venezia,  unitamente  ai- 
francesi  (he  ancora  visi  trovavano,  de-  le  iugcnli  somme  trovale  in  zecca;  e  tut- 
molirono  il  famoso  e  [)iù  uiaguiOco  na-  to  secondo  il  solito  inviato  a  Parigi, Iran' 
viglio  ujonumenlaie  che  vi  fuSse  al  inon-  ne  quanto  si  appropriarono  i  famosi  com- 
do,  il  Ijucintoro.  iemeudosi  la  sua  di-  uiissari  e  altri  voraci  ministri  della  re- 
fclruzione,  gì'  inglesi  corsero  a  V  cnczia,  pubblica  francese.  Non  è  tutto  !  Arroge 
.siierando  di  acquistarlo  verso  1' offer-  quanto  il  venerando,  l'eloquente  patriar- 
la  somala  di  qualtro  milioni,  e  di  tras-  ca  di  Venezia  cardinal  Mouico,  nella  ba- 
porlarlo  a  Londia  a  custodii  lo  qual  2.^  silica  di  s.  Marco  esclamò  :  "Caduta  Ve- 
barca  del  mondo,  per  così  dire,  do()o  uezia  in  balia  dell'uslile  tracotanza,  non 
quella  di  INoè,  ovvero  qtial  trofeo  d'es-  potè  salvarsi  dalla  mano  rapace  de'  nuo- 
ser  snccedutu  a  Venezia  nella  domina-  vi  Eliodori,  i  quali,  deridendo  il  pieto- 
y.ione  de'mari.  Ma  trovatolo  già  distrul-  so  Onia,  collo  spoglio  del  Santuario  ago- 
to  vandalicamente  a  colpi  di  scure,  dal-  gnavano  di  satollare  la  ingorda  fame", 
ia  civiltà  che  predicavano  i  francesi,  col-  Se  mezzo  secolo  dopo  l'  avvenuta  cala- 
la inanodi  ptczzolato  e  ubbriaco  popò-  strofe  tanto  non  esitò  di  riprovare  un  e- 
lo,  ne  deplorarono  la  rovina,  e  si  limi-  ininente  pastore  dal  sagro  pergamo,  fa- 
laiuno  all'acquislo  di  qualche  mutilala  Cile  è  il  congetturare  il  generale  spoglio 
statua,  di  qualche  pezzo  d'iutaglio,  e  di  cui  soggiacquero  i  sagri  templi,  i  luoghi 
qualche  frantume;  tanta  era  la  riputa-  pii  d'ogni  genere,  compresi  i  monti  di 
zione  in  cui  si  aveva  dall'eslere  nazioni,  pietà,  tanto  di  Venezia,  che  delle  sue  an- 
«|uesl'unico,iiisigne  e  storico  legno  splen-  tiche  provincie.  — ■  Coil'occupazione  del- 
tiidissimo.  Indi  manomisero  ed  esposero  l'isole  Jonie,  tranne  il  ceduto  all'Austria, 
al  saccheggio  gli  approvigionamenti  del-  die'alla  Francia  una  posizione  importan- 
l'Ar»euale,degli  emporei  di  legname  sot-  te,  assicurava  ad  essa  utilissimi  olii  pe' 
l'acqua  da  costruziune,  di  canape,  di  ve-  saponi  di  Marsiglia,e  il  godimento  di  pre- 
le,  cordaggi,  ancorCjgumene  e  alilo,  nou  ziosi  legnami  da  costruzione  della  costa 
che  dell'armi  inonumenlah  che  e>isteva-  d'Albania  pe'  cantieri  di  Tolone.  La  re- 
no nel  medesimo  Arsenale.  Interamente  pubblica  francese  diventava  cosi  la  pro- 
s  impadronirono  della  marina  della  re-  lettrice  o  meglio  la  padrona  dell'Adria- 
pubb!ica,co'baslimeiili  da  trasporlo  e  da  lieo,  e  i  suoi  possedimenti  sul  mar  Jonio 
guerra,  la  quale  dovea  essere  tiasferito  a  doveauo  necessariamente  dar  onderà  al- 
Toloue(e  >ervi  poi  a  Napoleone  per  la  spe-  l'impero  Ollomano  e  preparare  delle  osti- 
diziuue  di  A'-/7/o,  insieme  alla  flotta  e  al-  lità.  In  ultimo  risullameuto,  la  nazione 
le  liuppcUeil'uidiue  GttoaoLiniUiivj^ix  frauccàt  Jic  uvea  cuuquislalo  i  domimi 


V  E  N 

della  repubblica  di  Venezia,  e  l'avea  di- 
stiuUa,  dopo  sedotta  dalia  vana  piospel- 
li  va  di  una  liberlù  deniociatica,  non  tras- 
se profitto  da  un  cumulo  dj  luute  enormi 
Violenze;  ed  alcuni  auui  dopo  i  vincitori 
nulla  di  più  possedettero  che  i  vinti,  l'i- 
sole Jonie  occupandole  l'ingbdlena  (si 
disse,  progettarsi  l'abbandono  alla  Gre- 
cia,  che  con  tanto  ardore  desidera  ,  di 
tutte  l'isoletle  ffieridionali,Cefalouia,Zan- 
le,  Itaca,  s.  Maura  e  Gei igo,  che  souo  se- 
parate da  Corfù  dalla  stirpe,  dall'opinio- 
ni e  dalla  geografia.  lu  iscaiubio  Corfìi  e 
il  suo  annesso  Paxò  non  sarebbero  più 
sotto  il  protettoiatodeirioghiherra,  n)a 
diverrebbero  sua   sovranità  e  seinplice- 
luente  colonie  inglesi,  semplificandosi  la 
situazione  militare  e  strategica  di  Corfù, 
e  lasciando  a' corfiolli  un  civile  governo 
libero.  Ma  affatto  non  pare  che  i  junii.ad 
onta  del  fermento  che  li  agita  per  sot- 
trarsi dal  giogo  inglese,  oltenghino  quan- 
to sospirano.  JN'e  dirò  alcjuaiite  parole  a 
Za.nte).  IN'ei  corpo  legi,lativo  di  Francia 
insorsero  ancora  alcune  voci  contro   le 
misure  prepotenti  ,  in  virtù  delle  quali 
una  repubblica  per  lungo  tempo  amica 
andava  ad  essere  cancellata   dalla   lista 
delle  potenze  d'Europa.  Rammeutavasi 
aver  l'antico  e  famoso  governo  di  Vene- 
zia potentemente  contribuito  al  ritorno 
dellacivilizzazione  in  Europa;  essere  esso 
stato  il  baluardo  più   forte  dell'italiana 
indipendenza  contro  la  potenza  alemau- 
»ia,  a  cui  invece  ora  andava  a  soggiace- 
re; ein  fineformava  equo  oggetto  di  com- 
passione per  tolta  Emopa  il  vedere  do- 
po XIV  Secoli  d'indipendenza,  passar  iu- 
leramente  la  repubblica  sotto  leggi  stra- 
iiiereemonarchiche!  JVello  spazio  di  que- 
sti ultimi  tempi,  il  governo   municipale 
crasi  composto  di  5o  persone,  la  cui  no- 
mina lascia  vasi  al  popolo  ,  e  di  6  com- 
missari eletti  da  Napoleone.  Avendo  es,i 
mantenuto  nell'esercizio  del  loro  potere 
un  carattere  di  moderazione,  lasciarono 
di  se  qualche  desiderio  in  mezzo  a  tutti 
gli  scoufoiti  the  si  provavano  dagli   av- 
'vilili  e  oppressi  veneziani.  L'cgcole  del- 


VEDJ  ,j,, 

la  legazione  francese  Villetard  ,  rimasto 
a  Venezia,  ricevè  dal  generale  in  capo 
Napoleone  l'ordinedi  annunziare  cheque' 
Veneziani  che  non  amassero  restare  sot- 
to il  dominio  austriaco,  troverebbero  nel- 
la repubblica  Cisalpina  non  solo  asilo,  ma 
accoglienza  favorevole;  godrebbero  de' 
diritti  cittadini,  e  a  compenso  delle  lo- 
ro perdite  si    riserberebbe  a  loro  prò   il 
prodotto  delle  spoglie  di  loro  patria.  Vil- 
letard slesso  venne  incaricato  a  provve- 
dervi, missione  per  lui  aspra,  trovala  ta- 
le da  lui  stesso,  benché  malaugurato  au- 
tore  principale  della  rivoluzione  opera- 
la in  Venezia.  Era  essa  dura  e  acerba  spe- 
cialmente  pe'  veneziani,  che  perderono 
una  patria  cosi  illustre  e  nobile,  ma  non 
c'era  mezzo  di  ricusare,  volersi  sommii- 
sioue  e  ubbidienza;  e  l'indiguazionegiun. 
se  al  suo  colmo,  e  l'agente  dovè  suo  mal- 
grado eseguire   i   ricevuti  ordini.   A' 24 
otlobie  egli  scrisse  a  Napoleone  una  let- 
tera arditissima  e  piena  di  coraggio,   iix 
cui  dichiarava  che  i  men)bri  del    vene- 
to governo    preferivano   l'indigenza  al- 
l' infamia.   Gli  rispose  il  generale  co'ter- 
mini  i  più  ingiuriosi    per  la  nazione  vè- 
neta, soggiungendo,  gl'individui  determi- 
nati di  seguire  1'  armata  francese  ave- 
re lutto  il  tempo  necessario  per  vendere 
i  loro  beni;  in  libertà  di  fare,  quanto  al 
resto,  ciò  che  riputassero  migliore.  Tut 
lo  questo  si  riporta  dall'  Arie  di  verifi- 
care le  date.  Ecco  poi  quanto  ne  scri- 
ve Tannalista  Coppi.  Sotloscrillo  il  Irat- 
lato  di  Campo  Formio,  bonaparte  scris- 
se al  Villetard  col  tuono  misterioso  che 
spesso  usava.')  Conferisse co'municipali- 
sli,  avvertendoli  esser  possibile  che  i  frau- 
cesi  partissero,  e  pensassero  quintlia'mez- 
i\  che  in  tali  circoslanzeavrebberogiudi- 
calo  convenienti  tanto  al  paese,che  agl'in- 
dividui ,i  quali  volessero  ritirarsi  in  quel- 
le Provincie,  che  essendo  unite  alla  repub- 
blicaCisalpina  erano  perciò  garantite  dal- 
la Francia.  Quivi  essi  avrebbero  anche  a- 
voto  il  titolo  di  cittadini  ".  A  quest'avvi- 
so i  muiiiciptilistisi  cosleruaiono,  ma  do- 
po il  primo  abballiuieulo  ripreso  corag- 


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712 


YEN 


YEN 


^io,  e  quasi  fossero  ancora  lappresentanli  die  1  francesi  nel  partire  da  Y'cnczin,  co- 
d'un  jMtpolo  sovrano,  deliberarono  di  ar-  luinciaiido  il  nìovimenlo  a'y  gennaio,  se- 
IJJar^i  {)er  difendere  la  propria  ìndipen-  condo  l'istruzioni  del  direttorio  di  Pa- 
tienza,  Per  interessare  vieppiìi  il  popolo  rigi,  presero  e  distrussero  tutta  la  ma- 
in  una  causa  così  iniporlaiile,  il  ninnici-  riua  e  trasportarono  l'artiglieria  e  le  mu- 
palista  Dandolo  propose  di  consultarlo  in  nizioni  da  guerra  de'  veneziani,  non  la- 
generali  comizi  :  «  se  voleva  la  sua  [xitria  sciando  che  pochi  e  cattivi  cannoni  nel- 
Jibeia  in  un  governodcniocratico".  A'28  le  fortezze,  il  deplorato  pubblico  spo- 
ottobre  1797  si  raccolsero  i  sulIVagi,  ed  glio  fu  anche  accompagnalo  dalle  estor- 
in  23,572  votanti,  la  proposizione  passò  sioni  particolari,  ed  in  questo  si  segna- 
alla  superiorità  dii,872  voti.  Si  spedirò-  larono  specialmente  Serrurier  in  Vene- 
uo  quindidepulaliaBoiiaparte  peiespor-  «ia  e  IMassena  a  Padova.  Sulla  fine  dei 
gli.  »  Essere  i  veneziani  risoluti  di  diliiu-  mese  le  truppe  francesi  furono  sulla  riva 
dere  sino  agli  estremi  la  libertà  della  pa-  destra  dell'Adige.  Dichiara  l'arte r/i  feW- 
tria.  La  sola  guardia  nazionale  ascendere  ficare  le  date.  »  Quella  porzione  di  popo- 
a  18,000  uomini,  e  questi  si  sarebbero  lo  che  crede  mai  sempre  di  far  qualche 
certamente  opposti  all'ingresso  degli  au-  guadagnoin  un  cambiamento  digoverno, 
striaci.  Pieslituisse  le  armi  e  le  navi  tolte,  non  mancò  di  darsi  in  preda  a  qualche 
lasciassealcune  brigate  francesi  cotiie  au-  bollente  dimostrazione  di  allegrezza.  Le 
siliarie,  ed  al  restante  avrebbe  supplito  autorità  interinali, e  solo  un  piccol  nuine- 
l'amor  della  patria.  Che  se  la  Francia  vo-  ro  di  nobili  solennizzarono  con  feste  quel 
leva  nuovi  sagiifizi,  poteva  contare  so-  cambiamento.  Quanto  a'fanatici  o  avidi, 
pra  dieciotto  milioni  di  lire  tornesi.  Tutto  che  aveano  abbracciato  le  sperasize  nate 
si  sarebbe  fatto,  purché  fosse  salva  la  re-  colla  rivoluzione  veneta,  fuggirono  con 
pubblica".  ì\la  Donaparte  nella  metà  del  in  cuore  la  rabbia,  e  si  recarono  in  cerca 
seguente  novembre  manifestò  finalmente  di  ssilo  a  Milano,  mentre  i  veri  cittadini 
aque'deputali(|uantosierastabilitointor-  deploravano  gli  errori  del  vecchio  go- 
uo  alla  loro  patria,  soggiungendo.  »  Non  verno,  l'abuso  della  vittoria  fatto  da'vin- 
essere  iusua  libertàl'alterare  unaconven-  citori,  e  per  ultimo  1'  assoggettamento 
zione  a  cui  la  necessità  ed  il  bene  dell'in-  della  loro  patria".  Ma  Venezia  tion  avea 
teia  Europa  lo  avevanocondollo.Del  re-  fissato  ancora  i  suoi  destini,  condotta  da' 
sto  l'occupazione  austriaca  essere  soltanto  francesi  per  mille  raggiri  a  mutare  il  suo 
temporanea,  e  in  altre  circostanze  pò-  aristocratico  governo  nel  suo  primo  de- 
irebbero essereappagalii  loro  voti".  Coni-  mocratico, il  quale  venuti  essi  coli'armi  a 
presero  allora  definitivamente  i  Venezia-  proteggere,    pochi    mesi    appresso    vide 


ui  la  loro  sorte,  e  tardi  piansero  la  fatalis 
sima,  rovinosissima  ed  ostinata  neutra- 
lità disarmala.  La  municipalità  si  disciol- 
se, e  rimise  il  governo  ad  una  commissio 


sdegnosamente  i  suoi  stati  divisi  Tarpar- 
le di  diversi  potentati.  Da  quel  tempo 
quindi  destinata  a  seguire  la  sorte  dei 
comballenti,  questo  vado  ad  accennare 


uè  di  5  membri,  acni  dipoi  fu  surrogata  nel  seguente§,e  principalmente  procede- 
una  deputazione  composta  di  3  soli  indi-  rò  cogli  Annali  d'Italia  del  cav.  Coppi 
vidui.  Dandolo,  Zorzie  gli  allridemocra-  che  continua  sino  e  inclusive  al  i845,  e 
liei  pili  famosi  pensarono  a  salvarsi  nel  co^W  Annali  delle  Pro^'incie  Venete  dal- 
territorio  della  repubblica  Cisalpina. 11 18  Canno  1801  ^Z  i84o  del  cav.  Mulinelli, 
gennaio  1798  i  francesi  sgombrarono  da  (1  due  ultimi  brevi  §§  XX  e  XXI,  non 
Venezia,  dopo  molle  altre  depredazioni  e  ostante  il  detto  a  p.  3,  si  daranno  nel  se- 
distruzioni  inutili;  e  nel  giorno  stesso  vi  guente  volume  per  non  rendere  questo 
giunsero  gli  austriaci.  Dice  il  cav.   Coppi  Iroppo  sproporzionato). 

FINE  DEL  VOLUME  NOVANTESIMOSECO^'DO. 


Dx  841  .ne?  1840 
sncR 

loroni,  Gaetano 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

Af-K-9455  (awsk)