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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIAL INI ENTE IiN TORNÒ
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE TESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NOK
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
SECONOa AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VOL. XCIL
IN VENEZIA
DALLA r I P O C, R A K I A F. :M I I- 1 A N A
."MDCCCL VI 11,
La presente edizione è pnsla sol lo la salvaguardia delle leggi
vigenli, per quanto riguarda la proprietà letteraria, di cui
l'Autore intende godere il diritto, giusta le Convenzioni
relative.
DIZIONAPiIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
V
V E N
VE N
Coiilinnazìone e fine dell' articolo
Venezia.
§ XiX. Indicazioni sieriche: de po-
poli veneti j delV origine di Venezia;
del governo Tribunizio j della Repuh-
hlica e suoi CXX Dogi. Considern-
zioni e cagioni della caduta della
medesima nel 1797, e de\';noi ulti-
mi 5o anni. Cemn delle Forze ma-
rittime e terrestri, delle Rendite, del-
le Monete effettive, degli Archivi ve-
neti generali, degli Ambasciatori
della repubblica veneta. Occupazio-
ne di Venezia fatta dalla repubbli-
ca francese in detto anno.
t' .
I. Aj origine della stupenda città di
Veiiezii» che ho descritla compeiniiosa-
niente, poiché inollissimo assai di più
vi sarchile stato da dire, qual già mae
slosa sede di nobihssiiua lepnbbhca che
•visse vita più lunga di qualunque altra
de' tempi antichi e de' uioderni, e s'eb-
be altissima fama di sapienza e di virtù,
l.ionde è nella storia in eniinenle seg-
gio collocala, indis[)ensabilmenle va pre-
ceduto da un cenno stoiico sui popoli ve-
neti che ricavo dal veuelo Dizionario geo-
grafico, ihtiecciandovi nozioni e opinioni
tli al tii storici patrii. E tale cenno dalla pro-
testa, che di tutto quanto vado a narrare,
le relative nozioni descrissi negli artico-
li che vi hanno relazione, massime quel-
li che senza espressamente citarli, secon-
do il mio metodo, ricorderò in corsivo.
Questa avvertenza è intrinseca, peiche
abbrevia il mio dire e mi fti evitare ri-
petizioni, tranne l'indispensiibili e quelle
utili a maggior schiarimento degli ar-
gomenti. Il popolo che sotto il nome di
Veneti, invase le sedi degli euganei (po-
poli dell'Italia verso le Alpi, secondo al-
cuni, stabilitisi ne' dintorni di Padova,
allorché Antenore venne a fabbricare
quella città, come leggesi in Tito Livio;
e secondo altri, abitanti nel Dresciano e
nel Heigamasco. E monti e colli Euga-
nei diconsi que' deliziosissimi e fertilissi-
mi mouticelli all'ovest della provincia di
Padova), si dislese fi a l'Adige, le Alpi ed
4 V E N
il Mare Afliiallco, altro non fu vnnsi-
milmeiite in origine, al dire del di. Mi-
cali (V Italia avanti il fìominio de vo-
inani: Storia degli andcìii popoli itn-
ìianijy le cui dotte parole il Dizionario
xenetosi reca ad onore di spesso trascri-
vere, se no!) se una Irihìi avventurata di
quelle prime genti, la quale partita dal
luogo natio, usurpò l'impero de'naziona-
Ji. Può la loro affinità cogli alili italici
principalmente sostenersi per la somi-
glianza della lingua, la quale, come mo-
strano i monumenti ritrovati nel territo-
rio Euganeo e Veneto, fu solamente un
dialetto dell' italico antico. Le naturali
convenienze di vicinanza e di commercio
indebolirono , e fois'anco eslinsero fra
questi popoli la memoria dell'antiche in-
giurie, per cui si vedono confondere in
secoli posteriori il glorioso titolo di Eh-
ganeicon quel dì T'eneti. Pure oggidì i
celebri e ridenti colli padovani ritengono
il nome degli Euganei, quasi trionfai mO'
numenlo dell'antica loroesistenza in quel-
le parli, sebbene per molti segni vulcani-
ci abbia sostenuto 1' ingegnoso naliuaii-
sta ab. Fortis, che formassero lui tempo
le sconosciute isole Elettridi degli anti-
chi; isole la cui esistenza, non che il silo
sono stati non poco controversi da' geo-
grafi. Ciò non ostante i greci , da'quali
si è in necessità di dedurre gran parte
della storia italica, usarono, come sem-
bra, questo titolo di euganei e veneti per
sinonimo d' illustri (Eueti, Heneli o Ve-
neti si dissero i [)opoli dell'Italia, origi-
nari deiriHirio, secondo Erodoto, i qua-
li per molto tempo restaiono senza me-
scolarsi con altre nazioni. Abitavano nel-
le vicinanze dell' Adria, e Pataviuni era
la loro città principale), nobili, lodevoli,
mentre divulgavano molte favole sull'o-
rigine stessa di quel popolo fritto già ce-
lebre. Narra Polibio, che sublimi cose ne
avevano detto i tragedi. per la voce de'
quali salirono certamente i veneti in gran-
de onore. Sofocle, nella presa di Troia,
pose il profugo Antenore co'figli alla le-
V E N
«ta degli eneli di Paflngonia, nell' Asia
minore, e il fece unitamente co'suoi tro-
iani (in favoie de'quali avevano pugnato
i medesimi eneti) in Tracia e poscia in
Italia (altri dicono che vi si stabilirono in
seguito d'una spedizione falla di concerto
(o' cimmerii o cind)ri) a fundare lor sede
nel seno Adriatico. Dalla similitudine del
nome fra questi eneli, ricordati da Ome-
ro, ed i veneti italici, noti da gran tempo
in Grecia (avendo i greci qualche colo*
nia sulle coste de' veneti, in cui portarono
il cullo della Diana Calidonia e della
Giunone d'Argo), ebbe verosimilmente
principio la favolosa e volgare opinione
della venuta d'Antenore insieme con una
moltitudine di quegli asiatici, che per-
duto il re Pilemene, vollero seguire la
sorte del duce troiano. I romani superbi
d'dlustrare la propria origine colla loro
pi evenienza da Troia, accettarono sen-
z'altro esame ed ampliarono la graziosa
novella dello stabilimento di quell'eroe e
degli eneli paflagoni nel seno Adriatico,
ove vollero, che vinti gli euganei, piglias-
sero in comuneil nome di veneti, secon-
do la pronunzia dell'Italia antica. Cato-
ne lasciò scritto che i veneti erano di
troiana stirpe, e fu copiato da Livio, che
al pari de'nien giudiziosi scrittori del La-
zio, non tralasciò mai di adulare la vanità
nazionale (sullcoriginidi/ìow.'7 impugna-
le da alcuni moderni, in quell'articolo e
altrove col dolio JNibby ne tenni pro-
posito contro dì essi). Plinio non parve
troppo persuaso di tal concello; e Stra-
bene ne fu sì poco convinto che amò me-
glio ciedeie i veneti derivati dalla Gal-
lia Celtica e da' lidi dell'Oceano. Le altre
sentenze divulgate molto oscuramente fra
gli antichi che quelle genti provenissero
dalla Media o dall' Illirico, debbono fi-
nalmente convincer del difetto delle loro
cognizioni ed insieme dell'inutilità di la-
li ricerche. Dione Crisostomo nella fa-
mosa orazione inlilolalar////V7crt, sosten-
ne che i veneti esistevano in Italia mol-
to prima della favolosa venuta d' Aole-
V E N
iiojT, ed erano già collocati nelle stesse
beute "«edi.'» Che fossero antichissima gen-
te, e che avessero linijtia diversa da'galli
confinanti" lo asserì Polibio.espressatnen-
le, il che è riprova ceilissima di diversa
slirpe. Il eh. Roman in nella Sloria do-
cuinenlaladi f^'enczia, ri ferisce che dopo
l.i «aduta di Ti oia, per la quale si erano
amiate tante popolazioni nella i. "gran-
de lutta tra l'LInropa e l'Asia, tenne die-
tro un general nioviinento di popoli, e
prohabiltuerite un nuovo passaggio d'u-
na parte di eiieti paflagoui nella Tracia,
e quindi nell'Illirio e fin sull'Adriatico.
Fors'anco per l'AI[)i del Friuli, dette an-
ticamente / ctwle, penetrarono nel pae-
se, che i latini denominarono poi f'eiw-
lia^ e reneli i suoi abitanti. ìMentre poi
nella primitiva patria si andò estinguen-
do il loro nome, questo si conservò lungo
tempo e si conserva m parte tuttavia, ol-
treché nella Venezia d' Italia , anche al
Baltico, nella Lu^azia, nella Stiria, nella
Cai niola e Carintia, nella Bretagna fran-
cese, ove Cesare vinse e sottomise i ve-
neti di Vannex^ de'(|uali già discorsi, ed
altrove. Tutte le quali colonie, avendo
la stessa origine, tutte couservoroni» con
varia modificazione ne' vari linguaggi,
che poscia si formarono, la radice d' un
vocabolo, contenente l'idea d'un popolo
ìioinadi'^ venuto dal di fuori ^ peregri-
rumlCy tale potendo essere il significato
di I nome Enetos, col quale le tribìi che
h|i.iliiarono furono chiamale da' greci,
che primi ci diedero notizia degli eneti.
Non è dunque a supporre, ^oggiullge il
lodato storico, che i veneti dell'Adriatico
derivino ilu'veiieti delle Gallie, per una
delie galliche invasioni in Italia; né tam-
poco da'/ i/idi o Fendi, popoli slavi, co-
sì chiamati da'germani, cioè erranti j ma
sarebbe piuttosto a considerarsi come una
delle tanle colonie che, uscite in origine
dalla l'afiagunia e da' circostanti paesi,
passarono più volte in Europa. Sorte par-
ticolare de veneti si fu iti rimanere illesi
nella generale iqvasiouc clrusca. la quu'
V E i\ 5
le si stese per tutti i luoghi situati di là
del Po; ma qual fosse la capacità di quel-
lo spazio ch'essi occupavano intorno al
seno Adriatico, parve argomento di gra-
ve controversia agli eruditi. Sembra pe»
rò che i dubbiosi coufini della Venezia
non oltrepassassero a ponente il fiume
Chiesio, e che con più stabilità i suoi ter-
mini naturali fossero a settentrione le A.1-
pi, a levante il Timavo ed a mezzogior-
no le paludi veronesi, indi il Po fino al
niare(ilcav. INbitineHi, negli Annali Ur-
Lani di P'enezia, citando Filiasi e le sue
D/ernorie storiche de' veneti primi e se-
condi, riferisce. Ad occidente il Benaco
e il Mincio, ad austro il Po, ad oriente
il Mare, a settentrione le Noriche, le Car-
niche, le Tri vigiane e le TrentineAlpi, dal
Tiiuavo fino al Benaco, formarono i li»
miti della bella e ricca provincia del ro-
mano impero, P'enezia appellata. Sorge-
vano in essa Mantova presso i galli ce-
'fiomani, in riva all'Adige Verona, succe-
deva Vicenza, indi Padova; in vicinanza
alle AlpiTrevigi, Asolo,Feltre e Belluno;
e sopra le Alpi Oderzo e Giulia Concor-
dia; finalmente verso il mare Aitino e A-
qiiileia). Ad ogni modo certo è che i ve-
neti tennero una delle regioni più fertili
e deliziose d'Italia, ove da un antico geo-
grafo si numerarono fino a 5o terre, da
cui sorsero non poche città cospicue e
nominatamente Padova , che per copia
di popolazione poteva armare fiuo a
20,000 uomini, Eìle, Vicenza, Coucor-
dia, Aitino, e fors'anco Verona, come il
Maffei valorosamente sostenne contro i
suoi competitori bresciani,che restringen-
do il confine quasi fino a Padova, volle-
ro così escludere questa città dalla ter-
restre Venezia. Quindi non è da meravi-
gliarsi se fin dalla più remota età ebbe-
ro i veneti grido d'illustre nazione, e se
nel loro paese, in gran parte vulcanico,
fìnsero le favole più celebri dell'Eridano
adi Fetonte. Ora quest'illustre nazione,
anlichissin)a e le cui origini perdute nel-
la calij^inc de' tempi, si sono volute riu-
6 YEN YEN
tidcciare per tante guise e per tanti si- vile uiiioue. Se di tal forma gli umbri, i
stemi, acquisterà lustro e nobiltà ^e iioii volsci,i sabiui, e geDeraluienle i popoli <li
(laaltre geìili,nìa ila unodc'fiiilidilVoc. stirpe toscana, appariscono lutti egual-
la diremo ìiiuntdiaiamenie formaùi in iDCute abori^ni nella i.' loro epoca s<i-
<jliielle sedi che occiipm'aj per guisa che, ciale, non meno il furono i veneti, grati
ìiolo non essendo popolo da cui dinio- tialcio del popolo italico. Livio parlando
sfrare si possa discesa, abbiasi a consi- degli etiusci descrive l'ampiezza del lo-
derare quasi originaria. Il che avendo io dominio che occupava lutto lo Sji^/io
in coinuìic con molle altre nazioni, non lia l'Apcnnino, le Alpi ed i mari clieba-
c nieravigtia se gli scrittori romani pili gnano l'Italia, a riserva del cantone de*
autorevoli, dessero senza esitazione agli veneti : trattando Plinio delle conquiste
antenaliil nome di Aborigeni, ilvuimeii eslese di ([uel popolo sulla sinistra del
controverso significato era quello di Po, ne eccettua il veneto territorio. Coù
gente paesana surta daignoto figlio del è [trovato che i veneti qui ertuio quando
la Noetica famiglia qui venuto a forma- primeggiavano gli etiusci, il diesi amcov-
re l' italiana gente. Nella qua! voce co- da con quanto si è dello, e rimonta al
mune, granimalicaluiente ed istorica- di là della guerra troiana. Si ha dalle
mente intesa da ogni latino, abbiamo pu- storie che prima di quella guerra e pela-
re una manife^lazione del buon senso sgi ed etrusci fiorissero grandeuieule in
degli antichi; dove che i dotti della lei- Italia, e che poi abbandonota da quelli
teratura roodernasiafTalicanoaiicorii inu- l'opulentissima Spina (città d'it.dia nel-
lilniente a ricercare chi fossero e donde la Gallia Cispadana, fondala alla foce dei
originassero i nostri piogenitori. Abita- Po da'pelasgi, i quali dicesi che vi venis-
tori primi d' un paese sono ccilamenle sero prima della guerra di Troia; Plinio
coloro che anteriori ad ogni alUo nel pò- la vuole edificata da Diomede, colie lic-
slo non abbiano couìe provare, uè per chezze rapile al tempio di Delfo; e Stra-
allineuza di stirpe, uè per autorità di bone crede che fosse una colonia greca,
storia che sien venuti da altre nazioni. E la quale da fioritissima si ridusse alla con-
tale è senza dubbio l'origine degl'itali dizione di villaggio), questi ultimi giunti
primitivi, da cui discendono l'un dopo all'apice della grandezza e confederatico'
I altro! popoli, che indi acquistaronsi no- veneti, fissassero in Adria Temporio del
me e grado distinto nella comune pa- più va^to commercio (per cui iLl/a/v; 'Sa-
li ia: que'popoli insomma the gli stianie- perum ebbe il nome di Adriatico lutto-
ri, e massimamente i greci , ritrovarono ra conservato, al diie del Caslcliano). iNo-
di già congregati in tribù o nazioni allo- bilis^imo fu poi quel porlo e molta la
va che passarono in questa nostra terra, grandezza d'Adria che, oltre a Livio, ce-
e che pur sempre vi riconobbero di san- lebrarono Slrabone e Plinio come anli-
gue dal loio diverso, colla sprezzante no- ca colonia etrusca. Fu essa forse che die
ta di barbali. Nell'opinione slessa degli il suo nome al mare vicino. Ma se que-
anlichi dicevansi gli aborigeni nati in Ita- gli etrusci ch'erano in grado di fondare
lia, dacché per 1' ignoranza dell'origine sì ragguardevole città , e che già domi-
tutli credevano d'essere di quella lerra navano un gran tratto d' Italia con al-
che abitavano. Né solamente i prischi la- lissima fama di sapienza,' di virtù, di va-
lini, ma le nostre nazioni più copiose e loie, ei ano confederati co'veneti, conviett
grandi si pregiavano a un modo di porre dire che questi fossero, se non paii, al-
1 antichissime famiglie degli aborigeni in meno molto prossimi a loro nelTarli, iiel-
fronte a' loro annuali , e di riconoscere la civiltà, nel nome , allrimenli uou a-
anzi da quelle i principii della slessa ci- vrebbe potuto sussistere una comunanza
V E iN
d'iiileressi se una troppo gran diderenza
fosse corsa h-a'contiaenli. Or questo è tut-
lociò che se ne sa, né alcun fallo partico-
lare ci viene di (|uegli antichi tempi ri-
cordato se non che amici appunto e me-
scolali cogli elrusci , ne dicono gli stori-
ci, ad un tempo con essi liorirouo. I ve-
neti furono anche fdmigerati per la loro
intelligenza nel nutrire generose razze di
cavalli, il che parve a'greci fantasticatori
nuovo argomento per giudicarli discesi
dagli eneUdi Faflagonia, ue'cjuali vantò
Omero una simile industria. Che i loro
puleilri, in velocità presuntissimi si se-
gnalassero talvolta nell'Ippodromo d'O-
hmpia , si deduce chiaramente dal loro
soprannome di portatili corona. Lo stes-
so Dionisio di Siiacusa. grande amatore
di giuochi ecpitslri, cavò la sua domesti-
ca razza di cavalli dalla Venezia: e se
pongasi mente alia seria allenzione che i
popoli antichi prestavano a tali cose, non
altra ragione forse doviem cercare negli
onori divini che i veneti erano soliti di
farei» Diomede, fingendo le fìivole aver
fjueli'eroe terminalo i suoi giorni presso
loro, e conseguita colà l'apoteosi. E' mol-
lo verosimile che le paludi e l'acque co-
piose e sparse, tra le quali stava riuchiu-
bd la Venezia dalla parte di mezzogiorno
e di ponente, la rendessero prima inac-
cesiihile all'invasione elru-sca, siccome (loi
a quella de' galli. Nondimeno può cre-
dersi di leggeri che la vicinanza ed i bi-
sogni sociali aprissero in seguito scam-
i/ievoli comunicazioni tra' veneti e le co-
ionie toscane più prossime al loro paese,
come il persuade ancora il nome di cer-
te comunità del distretto di Verona, chia-
mate Arusnales, nella cpial voce pare di
riconoscere vestigio etrusco; dal che siasi
poi venuti a queda confederazione più
sopra nominata. Ma non. si vede che i
veneti conlìoanli tra paludi, stendessero
in verun tem[)o la corrispondenza col
mezzodì dell' Italia. Anzi la storia loro,
al pari di quella delle Dazioni che ten-
nero l'Italia superiore, può considerarsi
YEN 7
puramente domestica e locale, sino a che
la guerra e le conquiste non istabilirono
nuove convenienze, col propagare in piii
largo spazio l'usanza e gl'interessi reci-
proci de'popoli. L'invasione de'galli e il
pericolo duna tal vicinanza tennero per
verità svegliate le genti della terrestre
Venezia, le quali si approflltarouo molto
accortamente de' vantaggi della loro si-
tuazione; ma perchè la forza de'costumi
e l'amor delle lor salse lagune non per-
misero a' veneti di portare la propria at-
tivila al di là della loro frontiera, fu que-
sta forse la cagione per cui, soli fra tutti
gl'itali, non contesero mai per la libertà
co'romani, né anco quando avrebbe do-
vuto indurveli la politica e il nazionale
vantaggio. Infatti quattro o cinque secoli
prima della venuta di Gesù Cristo, i ro'
mani da un lato e i cello-galli o gaale-
si dall'altro, cominciarono a turbar la
(|uiele di fptesle f.dici contrade. 1 secon-
di, coprendo tutto il territorio dall' Alpi
al R(djicoiie ed all'Arno, fecero diventar
l'Italia quella Gcillia che i roujaui chia-
marono Cisalpina; ed i primi, con pasào
rapido dilatavano nelle varie provincie
italiche d loro dominio, e soggiogavano
alcuni di que'galli che aveano scacciato
gii etrnsci, giungendo alia fine alla re-
gione Circumpadana. Si spinsero poi col-
la forza anche nella Venezia; ma pare
che il facessero con moderazione e ri-
guardo, a cagione forse della fedele ami-
cizia e dell' aiuto da' veneti conseguito
nelle critiche circostanze ciie fecero va-
cillare la potenzi di Roma; imperocché
è da sapere che quando Drenno, incen-
diata Roma, strinse co'galli la rupe Tar-
pea, un esercito di veneti verso l'anno
3G4 di Roma, secondo che ne dice Po-
libio, invadendo il gallico territorio, l'ob-
bligò a stabilire frettolosamente co'roma-
ni la pace per accorrere alla difeòi de'
suoi; la quale alleanza col Lazio a'danni
dell'itala Gallia e l'avver^one reciproca
d»lle due nazioni de'veneti e de' galli, si
mantenne anche oe'seeoli poslenoi i ( I
8 V E N
\eneli nel 539 Ji Roma preferirono l'al-
leanza devoniani a quella cle'gallij con-
tro i quali dovevano di frequeule guei-
rtggiare, pei la patria e per la propria
salvezza. I veneti aiutarono quindi i ro-
mani nel 533 di Roma nella guerra con-
tro gl'istriani, e nel 535 contro gl'illiri-
ci). Comunque fosse, la Venezia dall'al-
leanza passò sotto la dipendenza de' ro-
inani, senza che se ne sappia l'epoca preci-
sa, the quasi (ulti però si accordano a
collocare vicinoalla 2." guerra punica, po-
co più di due secoli prima dell'era volgare
o corrente (l'aiTerma pure Michele Lazza-
ri, nella Dissert. sopra lui iscrizione nel-
la villa di s. Eli lalia nel territorio d'A-
solo, presso la Raccolta del p. Caloge-
là, t.i5, con moke notizie sull'argomen-
to e quando la Venezia divenne parte
delTiinpero romano e sua provincia, nel
66c) circa di Roma). All' apparire del
cartaginese Annibale , molte provincie
d'Italia scosseroil giogo romano, esempio
che a'veneti non piacque d'imitare, man-
tenendosi costantemente fidi a Roma e in-
viandole aiuti e soccorsi; e buo»» frutto ne
Vaccolfero, che poco stante da quel grave
periglio, l'aquila lomana spiegò le ali a
prolezione del loro lerritoiio minaccia-
lo da'transalpini che tentavano stabilirsi
sulle frontiere venete 01 ienlali, Roma ma-
gnifica, Roma, i cui cittadini esercitava-
110 il dominio sopra una gran parte del
mondo, eccitò la gelosia sì che tutta l'I-
talia voleva essere a parte di quella glo-
ria; ed ecco accendersi la guerra sociale,
terribilmente combattuta e diretta ad
ottenere la cittadinanza romana. Allo
parlarono in quella occasione i veneti, che
per la loro fedeltà se ne credevano più
degli altri in diritto, e fu loro concesso
pricna il jus latino, che non era gran co-
sa, e poi, conosciuto da Giulio Cesare
quanto valesse l'appoggio loro, gli ascol-
lò meglio e ad essi concesse l'agognala
cittadinanza. Però fu data in principio
senza jus di suffragio; vi si aggiunse poi
anche questo nel 70G di R,otiiu , th'eru
V EN
il diritto d'intervenire a'comizi, ma sen-
za poter essere eletti a conseguire gli o-
nori e le dignità; e finalmente tutto loro
fu accordalo fino alla piena capacità [)er
qualunque carica od onore. Le venete
città fuiono dunque ascritte, diciamo le
più cospicue, alle tribù di Roma e con
esse votavano (il citato Lazzari nel Di'
scorso sopra alcune iscrizlp/ù Asolane,
presso ilp. Calogerà, t.40, osserva: Quan-
do alla Venezia la romana cittadinanza
fu partecipata, ognuna delle sue città a
qualche particolare tribù fu aggregai^
pel diritto, che colla cittadinanza aveva-
no acquistato gli abitanti, di dare i suf-
fragi ne'comizi. Aitino fu unita alla tribù
Scapila, Padova alla Fabia, Este alla Ro-
nìilia, Vicenza alla Menenia, Verona all^
Publicia, FeltreeBellunoalla Papiria, A-
quileia alla Velina, ec, come s'impara
dalle lapidi. Antimaco Filalete nella ri-
sposta Al B.agioiictnieiito intorno le anti-
che iscrizioni di Treviso ec, presso il p.
Calogerà, I. 20, rileva che, secondo Pli-
nio, nella Venezia eravi una sola colonia,
e le altre città erano municipii, ed il Clu-
verio dà il titolo di colonia a Este, e non
lo dà alle altre città ), (hichè più lardi
Augusto, a facilitare i suffragi, stabiPi
che da'ulunicipii si potessero spiegare i
loro voti. Riconoscenti i veneti al favore,
di Giulio Cesare , gli prestarono i pos-
senti aiuli , che la sua profonda politica
ne aspellava, e che formarono il nerbo
di cjuelle forze, colle quali vinse l'Elve-
zia e le Gallie, e poi a Roma il condusse-
ro dove si fece proclamare dittatore, e il
sostennero a domare i pompeiani dovun-
que, e poi reduce vincilore dalla Spagna,
con lui tragittarono l'Adriatico a vince-
re e distruggere Pompeo, pur difeso da
tante nazioni, e finalmente il fecero pa-
drone dell'impero. La celebrità de'vene-
ti li rese oggetto di pretensioni a coloro
che, morto Cesare, aspiravano al sommo
potere. Soleva Cicerone dire al senato
elle i traspadani, cioè i veneti e gì' insu-
bii, erano 11 fiore d'Italia, l'oruameulo e
V E N YEN 9
sostegno del popolo romano (ornamento mitata d'un tale uomo. Aftcll?) dunque
dulia romana repubblica , dice invece il moderazione, sia per evilare i colpi die
Romanin, cioè i veneti e galli cisalpini); precipitarono Cesare , sia per ribadue
e anc.lie l'imperatore Claudio molti anni meglio le catene che preparava a'suddi-
tjopo a quell'augusto corpo ricordava co- ti; ma non si può negare che Homa sol-
ine Roma non fosse mai stata quieta e tedi lui non respirasse pacificamente do-
florida 5 né sicura la repubblica , come pò gli orrori delle guerre civili. Molti e-
quando furono ammessi i traspadani al- logi riscossero le sue azioni; di dar forn)a
la cittadinanza. Infatti in quella congiuri- allo stato, serbando però il supremo po-
tiira gravissiina , argontenlo de' consigli tere ; di dividere il governo delle provin-
di Cicerone, i veneti dichiaratisi pel se- eie col senato, lasciando pure qualche ap-
nato, non che favorire IMarc'Anlonio, sì parenza di sovranità al popolo, ma per
\alida resistenza o[)posero all'ambizione rendere meno sensibile agl'italiani il pas-
di lui, che il costrinsero a fuggire avvi- saggio dalla repubblica al regno. Tutto
lito d' Italia. Se non che fu richiamalo però mirava ad un gran fine, di conser-
da Ottaviano, il quale abbandonali gl'in- varsi cioè il trono, interessando alla sua
tcressi della repubblica e sceso con pò- slabilità il forte della nazione. Perciò
derose forze, ne spinse con Pollioue una diede le maggiori cure all'Italia, che ben
parie nella Venezia per costringerla ad conobbe quanto calcolo doveva fare di
abbracciare quel partito suo malgrado, questo capo di sì gran corpo; perciò ri-
Gravi travagli oppressero allora il mon- spettava il diritto alla romana cittadi-
do romano. Morto Bruto, morto Cassio, uanza, già esleso a tutta Italia, che assi-
disfatti gli eserciti loro, debole Lepido, la curava l'ampiezza e la quiete alla sede
somma del [lotere di R.oma cadde nelle deiri(npero; perciò cinse al trono larga
mani dOttaviauo nipote, figlio adottivo corona d'uomini insigni, mezzo unico ad
edeiededi Cesare, e in quelle di Marc'An- ottenere splendore ed a moltiplicareistru-
lonio, ognuno de'quali troppo era forte menti al potere. Ma chi non ravvisa iu
per tollerare un collega; laonde, spenti ciò le cause della rovina d' Italia? Così
i nemici comuni, ruppero tra loro la spopola vansi le città per correre a Pioma;
guerra, cercando entrambi l'appoggio de' cosìi cittadini dimenticavano l'amore del-
traspadauì. Ma la sagacità di Ottaviano, la patria naturale per sostituirvi quello
sogacissimotra gli uomini, vinse e l'olten- dell' adottiva; così ... Tuttavia potrebbe
ne; n'ebbe infatti quegli aiuti che aveva- dirsi che se le singolari città hanno in
no conti ibuilo alla grandezza di Giulio ciò soiTcirto danno, n'ebbe vantaggio la
Cesare, e con questi e colle navi de' ve- generalità dell'Italia, dell'impero, e così,
neti lidi riportò ad Azzio quella vittoria sotto un certo punto di vista, a favore
che lutti sanno e che lo rese padrone di de' membri tornò a ridondare il benes-
yiowa e dell'impero. » Salito co>ì col no- sere procaccialo alla comunità sociale,
me d'Augusto al supremo grado all'uo- Difatti l' Italia intera somministrava a'
Ilio concesso, ebbe la malizia , dica chi comizi, al senato, alla pretura, al conso-
Tuule la saviezza, di tosto abbandonare lato, al sacerdozio, ed al trono i suoi,
le arti usate per giungervi, ed assumere migliori cittadini, i quali, nuovi ma fa-
quelle capaci a conservargli e fargli l'eli- mosi, conservarono alcuui secoli lo stato,
ce il regno; per il che ristabilì l'ordine, sollentrando agli antichi patrizi , cui le
&e pur non sia da dirsi la durevole schia- smodate ricchezze ed un lusso eccessivo
vitìi, che laddove in uno stato libero s'è rendevano incapaci a regolare la cosa
usurpala la sovranità , ivi si chiama re- pubblica e a sostenerne la gloria ". E
i^oia ciò che può foudarc l' autorità illi- molli vcueli allpra ij^uraiouo a TvoiDaj
, o V E K V E N
iie'consigli, negli eserciti, nelle dignità, e rono la Venezia cotue appaiteneiile alla
lungo sarebbe l'enumerarli. Non si può GiiUia . siccome invasa per la maggior
per altro lacere di Pomponio secondo, parte da' popoli galli, i quali vi erano
nato a Verona, senatore, generale d'alto preponderanti). Nella Fenczia superiore
valore e due volte console, di gran me- truvavansi le città di Padova, Vicenza,
nlo e di tanto animo che alla morte di Verona, Asolo, Este, Oderzo, ec; cele-
Caligola molto non fu che il suo brac- brata perla feracità del suolo, i bagni ler-
cio non ristabilisse la repubblica; di Ce- mali d' Abano, con terreno vulcanico, e
cina, vero genio nell'armi, nato a Viceu- pieno di laghi sulfurei e d'acque bollenti,
za. Quel Cornelio Gallo conquistatore di prosperandovi colla civiltà della copiosa
Tebe, che tanto allargò le frontiere del popolazione, l'aiti, l'industrie, icomaier-
l'Egitto, fu del Friuli. E Traseo Peto, ci e questi anche fluviali. Nella Feneziit
onore di Padova e raro esempio d'ogni i:iferiore ebbe le città di Piavenna, Spi-
virlù, noD basta ei solo ad illustrare lut- na, Adria antichissimo porto etrusco. Al-
la intera una nazione? E^ti fu console; tino, ec; con terreni coltivati, conimer-
ia sola sua presenza era di rossore a Ne- ciò, navigazione e numerosi abitanti: aU
rone, e le sue beneficenze celebiò tutta cune delle sue terre erano insulari, cir-
l'Asia che governava. Cornelio Nipote, condale dalle paludi, da'fiumi, dalle la-
Valerio Catullo, Eurilio Macro, Virgilio gune, altre si trovavano unite al conti-
Marone, Cornelio Augure^ Tito Livio, e nente, ma in genere salubre eravi l'a-
Remnìo Polemone , e Ascanio Pediano, ria, mite il clima; i flutti dell'Adriatico,
e più altri erano veneti. — Uoma fugraii- inoltrandoci al teu)[)0 dell'alta njarea, al-
de finché onoiò gli uomini che la illu- lagavano gran parte delle pianure, e tra-
slravano,e decailde quando gli ebbe con- sportando poi via nel ritirarsi ogni soz-
dannati all'obblio, ai disprezzo. Fu un zura e putredine, mantenevano la purità
tempo che per carestia scacciati crudel- dell'atmosfera, nel mentre che il sapore
niente da Roma , in un co' forastieri , i amaruleuto e salso dell'acque giovava a
pochi uomini di lettere che vi si trova- distruggere gl'insetti nocivi e ad impedire
vano, vi rimasero ben Ireuiila ballerine, i miasmi che esalano l'acque stagnanti,
altrettante e più cantatrici, tutti i loio La natura del suolo rese assai per tempo
maestri ed una caterva di genti ad esse necessari i lavori idraulici nella Venezia
attinenti 1 — Narra il eh. Romanin,che inferiore; graud'era la perizia degli abi-
li paese occupato mano mano da'veueti, tanti nei navigare, percorrendo i veneti
slendevasi lungo le marine dell' Adrinti- su leggere barchette le Lngune, esercì-
co, verso il Tiuiavo e le Alpi del Friuli, taiidovi da un capo all' altro di esse il
sul Po e fino al Celiaco o Lago di Gar- loro commercio, oltre il darsi alla caccia,
da, ove l'accento de'ijresciani d' origine e all'agricoltura ne'terreui fecondi dell'i-
celtica ben si dislingue da ipiello dc'lu- sole. Di più le Lagune erano il breve tra-
ro vicini veronesi di veneta stirpe. Chia- gitto da Aquileia a Ravenna, alla quale i
mossi quindi il paese T'^enczia,t<\ a'teu)- corrieri sollecitamente pervenivano, im-
pi di Costantino 1 fu diviso m si.iperiorc barcandosi ad Aitino, e passando lurjgo
ed inferiore o njariltimo. La parte più i lidi, ora detti del CavalIino,di Tre Por-
bassa , e che slendevasi lungo il lembo li,s. Erasmo, Lido, Malamocco, Peleslri-
eslremo dell'Adriatico, fumava la /'<'• na, donde poi raggiungevano le foci del
nezì'a inferiore, conosciuta dagli antichi Po. Cosr i veneti terrestri e marittimi for-
greci sotto lì nome d'Isole fe/iCte, e ì.\iì' niavano polente nazione, prima ancora
romani con quello di Galliche Paludi che Roma sorgesse; ma inquietati da for-
(poichè dessi per qualche tempo reputa- midabili e inquieti vicini ne' galli o cel-
V E X V E N II
ti, i ([iiali devastarono le terre cle"\eiieli, re col medesimo eli. llomanin , s>ul co-
pitcipuacnenle neir incursione avvenuta sliinie de' veneti priniitivi, ma in parie
4oo anni circa avanti l'eia volgare.Do- sornij^liando a quelli de' ven'eli secondi,
pò aver i galli invaso Roma, non mollo riferiti col cav. Mulinelli nel § XVI, n.
passò che alla Venezia venne nuovoegra- 2, 3, 4 e a, e in parte con ([utili de'ro-
ve peiicolodalla pailedel niiire.Unasqua- mani, me ne dispenso per nreviià. [ ve-
di a di lacedemoni, condotti ila Cleonimo, neti aulici)! fcnono popolo luiincroso, foi-
(juasi 3oo anni innanzi delta era. pene- le industriante, amico del divei tmienlo
Irata fino alidi veneti ne siti di Cliioggia, e degli spettacoli sagri e profani. — Ri-
Pele^lrina e Malamocco, mandò esplora- tornando, col Dizionario veneto, alla de-
tori a riconoscere il paese, e quindi con cadenza del romano impero.gviari nonan-
legni piccoli e leggeri, raggiunte le 3 bor- dò die Pioma fu incenerita, e con essa di-
gate sul lembo delleLagune, le diede al strutto l'impero. Tulli saimo le vicissi-
sacco e 1' incendiò. A tal notizia i pado- tudiiii per cui Uoma non potè piìi dfen-
vani tosto accorrendo, assalirono da una ilere le sue provincie, e la Venezia lu tra
])arte i predatori, dall'altra con barche le più esposte. Le barbare genti del set-
fluviali i greci navigli, menandone tanta tentnoue l'invasero, calpeslarono e in-
sirage , the pochi poterono salvarsi con fransero, senza lasciar speranza di salute.
Cleonimo.Le spoglie degli spartani, i pado- Se non che un pugno d'uooaini, dalla ter-
vani appesero al tempio di Giunone, cele- reslre Venezia riparando neda marilti-
brando poi ogni anno la pugna navalecon ma, il veneto nome conservarono, pei'
solenne giostra di navigli sul fiume che tramandarlo a' posteri di nuova luce
scorre nel mezzo della città. Nella guerra splendente e di gloria imperitura' colla
de'romani contro i galli, i veneti uniti u* città di Venezia da loro fondata. Sorta
cenomanisomministraiono lino a20, 000 da un pugno di fuggiaschi sollratlisi ai-
uomini: Roma liionfò, ed i veiif^li re- la barbarie irrompente, che metteva le
spirarono dalle cessate molestie, sebbene loro terre a ferro e fuoco, crebbe rapi*
SI trovarono circondali da'non meno foi- da mente, novella Roma , ben presto gi-
inidabili romani, laonde pare che si pò- gante. Quindi mentre era ogni altra na«
ne^sero sotto il loro protettorato, daRonia zioue involta nejla barbarie e nell' igno*
vagheggiato per essere le terre de .veneti ranza, Venezia ciltà marittima indrpen-
op[)orlunameiile collocale alle porle il'l- dente e forte, non llagellata da eslernci
lalia in sul mare, tanto fertili e popola- incursioni, stendeva placidamente le cu-
te. Così avveime che poco a poco la prò- re verso quegli slutli e quelle arti, che «ì
tezione romana si cambiò in signoria, e ellicacemeute promuovono e alFrettauo
Venezia e Gdllia formarono una sola prò- riiicivilimeiito e la prosperità delle gen-
vincia col nome di Gallia Cisalpina, con- li; quindi a sé dettava, in queire|)oca di
servando però le proprie leggi, gli usi, i lenubie, le sole savie leggi dell'Europa;
to^lumi, i magistrati , infine il proprio quindi arricchiva col commercio esclu-
governo municipale; essendo i veneti, nel sivo del Levante; quindi scolpiva, dipin-
temp» di loro indipendenza , divisi in geva, edificava in modo sempre mera-
comuni e borgate, come gli altri popoli viglioso e ìnìponente. Disse Darìi: » ZSoii
italiani, idolatrico il veneto culto, si con* è raro veder grandi migrazioni di popò-
fuse con f|uello degli etrusci e poi col- li inondare un [lacsc^ mutarne la faccia
l'altro deromani. Dell'origine asiatica ed a[irire all'istoria un'eia novella; ma
faceva pur lestimoniaitza il vestire de' che una mano di Uiggitivi, gittali sopra
veneti: tunica a maniche, larghi calzoni, un banco d'arena di poche centinaia di
tiara o pileo in capo. Qui sarebbe a di- tese, vi fondi uno sialo icnza Ieri ilo-
12 YEN
rio; che una numerosa popolazione al-
tirala da irresislibile allettamento eli li-
J)erlà, venga a coprire questa spiaggia on-
tlcggianle, in cui né vegetazione si tro-
va, uè acqua potabile, né materiali , né
anche spazio per fabbricare; che dall'in-
dustria necessaria a sussistere ed a fer-
mare il suolo sotto a'suoi piedi giunga
sino a presentare alle nazioni moderne il
i." esempio d'un governo regolare; sino
(I far uscire da una palude flotte senza
fine rinascenti, per recarsi a distruggere
un grande impero e raccogliere le ric-
chezze dell'Oriente; che si vedano questi
fuggiaschi tenerla bilancia politica dell'I-
talia , doininar sui mari, tener tulle le
Dazioni alla condizione di tributarie^ ren-
dere (ìnalmente impossenti tutti gli sfor-
zi dell'Europa contio di loro coalizzata;
è questo senza dubbio uno sviluppo del-
l'umano sapere che merita le riflessioni
dell'osservatore filosofo". Finalmente pe-
li questa repubblica che vide sì lunghi,
sì fortunati, sì gloriosi giorni; e perì per
l'irresistibile potenza del lecnpo, che ad
cgni opera umana, per bella e degna che
sia, un termine prc'icrive. Ma appunto il
Itingo periodo di secoli della sua esistenza
e la sua fama esigono, che il piìi breve-
uiente possibile se ne discorrano le prin-
cq)ali fasi almeno; e come enumerai, io
jiioporzione compendiosamente, le pre-
cipue sue glorie nella parie materiale,
C(j»ì le più se<^nalate vada ad accennare
eziandio nella importantissima parte sto-
rica.
2. Nel fondo Adriatico , dirimpetto a
quel tratto del Litorale che corre dalla
foce dell'Adige a (|uella del Tifnavo, in
mezzo ad una vasta Laguna, didlcile per
le molle paludi che qua e colà interrom-
pevano le acque più profonde, sorgevano
parecchie isoielle, quale coperta di can-
lie puluslri, quale ingombra di folte sel-
ve, m suolo limaccioso, e quasi tutte abi-
tale da pescatori pacifici, ed altri non del
lutto miseri perchè giovali da' prodotti
del suolo, da' fruiti della pesca e della
V r: N
caccia, e più di tulio dal sale marino che
sapevano raccogliere e cambiare in og-
getti più comodi e vantaggiosi al vivere
colle popolazioni vicine della Feiiezia
terrtistre , queste ac(jue appellandosi la
yeiiezia marittiina. La sua vera e pre-
cisa posizione descrìsse Bernardino Zen-
drini , Ohsen'alionum astronoinìcarnni
et rntleorologìcaruni , fase. 3, presso la
Raccolta del p. Calogerà, t, 3i, p. 36o.
V'erano isole più vicine al continente, co-
me Grado , Caorle, ec, ed in frequente
relazione con quello, e ve n'erano di ben
popolate, con ftibbriche romane, con vil-
le e giardini , come Torcello , Mazorbo,
ec. Altre ricche, abitate da genti di tul-
le le classi, come sui lidi di Tre Porli e
MalamoGCO , opporlunissime al tragitto,
che per maggiore sollecitudine facevano
i navigli da Ravenna ad Aitino, passan-
do [)er le Lagune. Dodici lerre o isole
nomina distintamente il più antico cro-
nista veneziano Sagomino, che fiorì nel
secolo X circa, cioè (jiado, Cibbione, Ca-
pi ule o Caorle, Eraclea, Equilio, Tor-
cello, Murano, Rivoalto, Malaiuocco, Po-
veglia, Chioggia minore, Cliioggia mag?
gioie, Capodargine o Cavarzeie, che for-
ma l'estremo confine della Laguna verso
ponente. Mentre in questi sicuri asili vi-
vevano gli abitanti tranquilli, tutto iu-
loi no la bella Ilalia ardeva d' un fuoco
divoratore che la minacciava dell'ultima
rovina. Orde sopra orde di barbari era-
no piombale sulla misera, e mettendo o-
gni cosa a ferro , a fuoco , a ruba , sac-
cheggia vanOjspoglia vano, uccidevanOjde-
vasta vano quel suolo un dì sede della ro^
n»ans potenza, ed allora avanzo sangui-
noso del vacillante e presto spento im-^
pero romano, forimi a sbucare dalla Ger-
mania, a'tempi di Marc'Aurelio, furono
una moltitudine di marcomauni e qua-
di, i cpiali si gettarono nellaVenezia, scon-
fìssero le romane legioni, desolarono il
paese fino a Oderzo ed al Piave. Suc^
cessero (piindi nuovi scompigli, nuove
irruzicm e uuuvi disastri. In mezzo ^
V E N
questi picvnlefido gloriosamente il cri-
si iatiesimo, Costantino I lo professò, ne
permise il libero esercizio, e con danno
«l'Italia trasportò la sede imperiale a
Bisanzio, che dal suo nome di delta Co-
stantinopoli, ma l'italia acquistò un lu-
stro assai maggiore nella Roma papa-
le e nel 1 atìcaiio. L'impero fu diviso ia
4 prefelltire, alla testa d'ognuna delle
quali stava un prefetto del pretorio co'
suoi numerosi ufilzi. Ogni prefettura dir
videvasi inprovincie: l'Italia ne conte-
neva 17, e quella de' Veneti dichiarata
consolare dipendeva dal Correttore del-
la Venezia e dell'Istria, chiamato talvol-
ta anche Conte. Intanto un movimen-
to fanatico e straordinario manifestavasi
fra'barhari per assalire l'impero romano.
Quindi dall'Alpi Giulie, incustodite, fu-
rono i Gnti o Geli (f ■} condotti da A-
larico, th'erasi associato Radagasio rego-
lo degli sveviedegli l nnifF.J: i progres-
si di quel re, sospesi per alquanto tempo
dall'operosità di Teodosio 1 il Grande,
non ebbero più freno, dopo la divisione
dell'impero i\' Occidente e d'Oriente, nel
3g5 di nostra era , per la debolezza de'
suoi figli Onorio imperatore del i.° e Ar-
cadie imperatore del 2."; sicché in mez-
zo a stragi ed incendi! corse la penisola,
desolò la Venezia per 3 anni , e fatta-
la in breve tutta sua preda , 1' immerse
nella più estrema miseria, dopo aver e-
spugnato Roma nel 409 , da dove era
partito Onorio recandosi come città più
sicura in Ravenna sul litorale del mare
Adriatico. Di tutta l'Italia Alarico se ne
sarebbe reso perpetuo signore, se mentre
nella devastata parte meridionale dell'I-
talia vagheggiava la Sicilia e 1' Africa in
appresso, morte noi mieteva dopo brevi
giorni di violenta malattia in Cosenza
nel 4 ' o. Sulle tracce de'goli calarono poi
in Italia gli unni usciti dal fondo della
Scizia, nazione orrida, crudele, avida di
sangue, e (piale la descrissi nel citato ar-
licolo, die aveva allora alla testa re At-
tila, famoso per la ferocia del carattere
YEN i3
e pel suo ardor nelle pugne , facendosi
chiamare Flagello dì Dio. Trovati aper-
ti i passaggi dell'Alpi, giunse Attila im-
provviso, e quell'irruzione sparse ovun-
que il terrore, piombando sulU Venezia
terrestre principalmente. Già molle cit-
tà, e l'imperiale e grandiosa Aquileia la
I ." nel 4^2j dopo lunga resistenza, avea-
no sperimentato il suo furore, barbara-
mente saccheggiate, date alle flamme,tut-
ti uccisi gli abitanti, demolite quasi tulle
le case. Decisa era la sorte d'Italia, se Va-
lenliniano MI imperatore d'Occidenle,
che forza non avea da opporre a sì po-
lente nemico, non avesse trovalo nel ze-
lo mii abile del Papa s. Leone I il/agno
un mediatore, che imperturbabile reca-
tosi da Aitila, al confluente del Mincio e
del Vo, o non molto lungi da Mantova,
colla sua eloquenza piegar seppe la di lui
ferocia; onde l'implacabile re, cessati gli
atli di ostilità, si ritirò coll'immenso suo
esercito di là dal Danubio, e ripreso il
cammino della Pannonia vi mori nel
453. Frattanto Eudossia vedova di Va-
lentiniano HI, vittima dell' ambizione e
del risenlimento di Petronio Massimo, per
vendicarlochiamòinRoma dall'Africa uA
455 Genserico re de' Vandali fi tutto pie-
gò avanti questi barbari distruttori. Poi
insorsero gli Ernli {^f.) il cui re Odoacre
in mezzo a nuove stragi, nel 4?^ spense
rin»perod'Occidente,e assunse il nome di
re d'Italia; principe mite, giunse a fìir gu-
stare il freno d'uno scila a quel popoloche
si era veduto padrone del mondo. Assedia-
to in Ravenna da Teodorico re degli O-
strognii (F.), nel 4o3 questi gli tolse tro-
no e vita. Nel secolo seguente riuscì al-
l'imperatore d'Oriente Giustiniano I, aiu-
tato dagli abitatori dell'isole della Vene-
zia con navile pel trasporto dell'esercito
da Aquileia a Ravenna, a cacciar d'Italia
i goti pel valore di Belisario e di Narsete;
ma quest'ultimo dopo aver innalzato in
Rialto le chiese di s. Teodoro, e de' ss,
(iemitiiano e Menna, grandemente dal-
l' inij.)erati'icc Sofìa irritalo, chiamò ad
, 4 ^ E IN VE N
ocoupnre la I>f'la legiono Alboino re de' fjiKtli aI)I)nni]iiiiP.rono coroggiosamente i
Longobardi (f^.) verso il 568; laonde ni- ]>aesi nativi colla peisiwsione, che rese le
r iiiiptro gieco in Italia non l•e^lò (he venete Lagune più copiose di popolo, vi
\' Esarcnlo \.\\ Ravcunn (T^)- In tulle avrel)bero condoUo meno disagiata la vi-
quesletrcniende.irruzioni barbariche, ac- ta. 1 popoli dell'infelice provincia corse-
conipagnale dal ferro e dal fuoco, e da ro in esse, recando seco il buono e il
ogni maniera d' indicihili ecccs>i, quanti meglio che polerono. Que'di Padova da
d' Italia polerono evadere, da questo o qualche tempo ricorrevano all' isola di
da quel lato (uggirono. Le isoletle della Rialto, come ad un porto pel lorocom-
Veiiezia maiillima dell^nllimo seno del uicrcio marittimo , dove i legni loro si
j;olfo Adriatico, furono un asilo fortuna- fermavano prima d' entrare nel fiume,
to a'veneti (Iella Venezia terrestre, dove ed allorché un incendio vi consunse i\.
(in dalla i ." invasione d'Alarico, o alme- case iigiiee, fattone volo a Dio, vi aveva-
no non più laidi del 42 i incominciarono a no gli ahilauti fabbricalo una chiesa de-
liparare i fuggitivi, talvolta inseguilicol- dicala a s. Giacomo nel 4^ ' ('' cui ul-
le spade alle reni. Furono quindi i nuovi timo re^ta^^o si va operando dopo la
jfbilalori dell'isole denominati leciteli metà del i858), percui comunemenle
secondi, per distinguerli Ù!\ Teneti pri si ritiene la prima parrocchia innalzata in
/;»' abita lori delle rr.edesin^e. Essi sul questa città; ma non è cerio perchè il
dorso delle varie isoielle, che sormonla- Galiicciolli sostiene non e^sere slata pro-
vano la superficie dell'acque, piantarono prianu:nle la i .^ chiesa fondata in Vene,-
aliituri e c;i panne, lórmandu così a poco zia; non che riedificato un maggior nu-
a poco la < itià di Venezia. La Venezia mero di case intorno. Quanto alla chiesa
terresti e fu lai.' a risentire l'urto del- di s. Giacomo di Kialto, osserva ancora
l'irresistibile torrente devastatore de'b^r- l'ab. Cappelletti, essere o[)inione di al-
baii,e provarono pi cslo i veneti il pregio- coni, che prima di essa altre ne abbiano
dÌ7Ìo di loro situa/ione, in un paese deli- esistito stdle primitive maremme venete,
zioso bensì, ma tulio anello e divenuto sènza però nominarle; ma egli non le re-
sliada ordmaiia de'bnibari, per penetra- pula anleriori alla riferita e[)Oca. » Po-
re nel cuore dell' impero. A queste iso- irebbe anche darsi, che sebbene altre ve
Ielle rifuggivano adunque solleciti, come ne fossero siale erette, la sola di s. Juco-
od un porlo sicuro , come ad un ritiro posi dicesse la prima, perciocché fra tut-
inaccessibile, il quale pei ònon presentati- le le altre la prima che venisse consa-
do loro altro merito che quello d'un ri- grata solennemente per mezzo dell'cpi-
covcro nell'infuriare della tempesta, pri- sco[)al ministero". La chièsa de'ss. Ser-
vo delle comodità, cui lunga consuetu- yio e Bacco, una delle primissime erette
dine gli aveva accostumali, non sì tosto nell'isole dalla pietà de' primitivi profu-
i barbari si allontanavano, che abbando- gl)i della terraferma o veneti secondi, la
navano anch'essi que'meschini asili per crede probabilmente contemporanea al-
tomare alle loro sedi primiere. Ma qiian- l'altra ili s. Jacopo di Rialto. 11 Cornei'
do Aitila co'suoi unni si volse all' Italia, la dice edificata nell'isola di Olivolo, ora
«inando la fama si fece a precederlo col Quintavalle, sotto l'immediata giurisdi-
racconlodella sua infinita baibarie,quan- zione quindi de'palriarchi gradesi, insie-
do fu inleso che alla Venezia terrestre si me con tutte l'altre della Venezia marit-
oppressava, lo spavento fece abbandona- lima fino alla fondazioiie del v£scovalo
re Inmulludsamenle, disperatamente cit- d'Oiivolo; e fu lai." cattedrale della cit-
tà e campagne; inclusivamenle a quelli là di Venezia, a cui successe quella di s.
eh' crauo grandi per ricchezze e cuori, i PicUo di Caslello. Prima della deraoU*
A E N V E N 1 5
zione della cliics^n di s. Teotloio, nnclie in din nel vicino E>.luario di Cnpnile o
e.^sa il vescovo d'Olivolo vi aveva la ciit- Caorle , con altri abitanti di altre città
tedia pastorale. E acconcio che io lipro- e luoghi del Trevigiano; quelli d' Acjni-
duca il riferito dalla G/7:rr//<7 ^//V/icz/^ leia a Grado. A misura che le sleimi-
de'i5 lebbraio j 855, che leggo nel n. 4^ natrici armi d' Attila avanzavano, la 'di-
dei G/o//w/('<^///ion;(7.'.0 vogliono i nio- seizione facevosi maggiore. Senza dislin-
derni storici dare inconiincianiento a'fa- zione d' età o di se»so lutti fuggivano, e
sti di Venezia dall'anno 4^1} ''^ cui se- portavano con loro suppellellili, fienali,
guì la fondazione della prima chiesa di effetti, cpianlo mai peimettevano il disor-
s. Jacopo di Piivonllo; o vogliono prcn- dine e la fretta. Finalmente da quel bar-
der le mosse dal 4^^^j epoca deli' elezio- haroquasi distrutta Aquileia, presee snc-
ne del primo de'suoi tribuni; o vogliono cheggiole Concordia, Oderzo, Aitino, l*a-
riportarsi al 697, in cui, di consenso col dova, ed altre città niol(is>ime, "viem-
patriarca eco'vescovi.deliberavasi la erta- maggiore fu il concorso a' veneti rifugi,
zione d'un doge in Paolo Lucio Anale- anche co'popoli di Verona, Vicenza, IMon-
sto, che nel 1797 doveva aver l'ultimo selice, Este, Asolo, Ceneda, Belluno e di
de'successori (cioè ebbe termine, peicliè altri luoghi delle venete provincie, don-
Manin eia stato eletto nel I789);certa desi coprirono di nuore genti, oltre quel-
cosa è che per i veneziani la stella del le prime anche le isole di Dibioiie, Era-
mare, in seno di cui andaiono a cercale elea, l'^^uilio, Mazoibo, Ammiano, Lni-
sicurezza e pace, e riiggiuiiseio graiidez- lano, Costanzinco, IMui ano, Oli volo, l*o-
za e gloria imuiorlale , è stata sempre veglia ed altre minori fino a Capo d'Ar-
I\]aria, tanto che dal mese e dal giorno gine, ora Cavaryeie, castello situatoin ri-
della sua Annunziazione (nel quale pò- va all' Adige. Tanto e meglio iifeiiscono
sere la impietra alla diiesa di s, Jacopo il Dandolo, fV/ C//ro'»Vo//, nel 1. 1 adi !Mu-
di l'iiallo, secondo alcuni, poiché i più latori, Eeiuin Ilalìc. Script., ed il 8a-
asseriscono in vece che in detto giorno bellico, Ilìstoiia ì ernia, decade i.'Co'
si fece la r/erZ/Vos/o/a) presero a datar fuggitivi cittadini vi vennero i loro ve<c<»-
l'anno del governo loro (poi, come dirò, vi, e ciascuno piantò in una o in un' al-
trasporlato al i." di lai mese, dal qua! tra isola la propria sede e|)iscopalo, laoii-
giorno avea principio l'epoca del Rio- de ne deriv.iroiio le chiese vc^conìIi di
re Vcnttiiiìì), uè piìi calda curasi pre- (J r aria, i\\ Caorle, dì Eiaclrc, ài lù-ii ilio,
seio, nel conquisto dell'altera Eisan- tli ÌÌJcilamoccu, (\\ JbrcfZ/oy divenendo
7Ìo, di recar a Venezia la preziosissi- \)v\ Gvado meli opali ecclesiaslica della
ma di quelle trionfali spoglie, la B. Ver- nuova Femzia, con molli privilegi ed o-
gine delle Vittorie, quella a cui si aggi- neri, e formatasi la veneziana repubbli-
rano da tanti secoli i voti e le gioinalie- ca, assistè a'placili o assemblee del doge,
le speranze d'una popolazione , che nel con [)ioprio palazzo iu Venezia proso
vanto di [)ossedcila e nel de^ideiio d'in- s. Silvestro, come narrai nel § Vili, n.
cessantemente onorai la, non ha giammai 5G. La piìi copiosa emigrazione de'veneli
posto, ne porrà limile". A Rialto dun- abitatori ddla terraferma, fu dunque
que, solito loro asilo, si ritirarono, ed e- quella per la venuta di Aitila, per lo
ziandio nell'isole d'Albiola, di Malamoc- spavenlo da lui sparso da per lutto. Ces-
co, di Pelestiina e di Chioggio. Egual- sala anche questa disastrosa irruzione,!
mente in alti e si rilugiarono Jillri vene- rifuggiti [)er sopiap[)ià pressati da un;»
ti; quc'd Aitino. do[iO valorose difese de- gran carestia, uscirono dal seno dell' ac-
g'i abiliuiti, in Toicello e nelle picco'e que C(.me per cercar l'abbondanza delle
isole che la ciicondavaDO;que'di Coucoi- pi ime loro abitazioni di terraferma. Il ri-
> 0 V E N V E N
torno peib non fu tanto pieno, Innfo gp- nnl.l d'Allila clie fu nel /^^i, fuo]a'venc»i
neiiile quanto era slata la fuga; f^ian nu- storici comunemente accettata), dono la
mero di loro per evitare in appresso tra- venula di Gesù Cristo, cominciando l'an-
smigrazion. così precipitose, ed isfuggire no a' 25 marzo, come dissi parlando del
insiemea pencoli a cui era soggello il con- jlJore renetimt, nel § IX, n. i, rilenula
tinenle, gravi, continui e inev. labili, ,, re- epoca della dedicazione della' suddetta
sero li parlilo di fermare stanca in quel- chiesa, fincliè a maggior comodità fu poi
J isole medesimeche avevano loro procu- cominciatorannodeliaRepubblica ili. "di
rato la sicurezza. Così nacque Fenczìa, marzo; com'è manifesto altresì,che non da
nome che m processo di tempo rislrello pastori, non da avventurieri, non da pro-
nlla Cina intorno a Rialto edifjcalasi , scritti, cornee forse malignamente prele-
pnmilivaraenle apparteneva a tutto il se qualcuno, ma da illustri cittadini eb-
complesso dell'isole ricordale più sopra, be i nobilissimi suoi primordi.Imperocchè
1 CUI abitatori formavano la veneziana fa- osserva il Meschini, Venezia si formò e
miglia. Le più grandi isole che formaro- crebbe in ricchezza e forza, per esservisi
no il gruppo e nucleo della città, che og- ricoverali parecchi de' vescovi a lei vici-
gidi nominiamo Venezia, furono quelle ni, con elette porzioni di greggia. Nata a-
di Rialto, Olivolo, Luprio, Dorsodur.o. dulia e senza aver dovuto percorrere b
Dice VJrte. di verificare le date, rifug- stadio dell'infanzia sociale, non è mera-
gili gh antichi veneti nelle piccole isole viglia se presto l'isolana repubblica pen-
giacenti lungo il mare Adriatico, delle so a darsi una forma di reggimento. Au-
quali era la principale Rialto, la riunio- menlalasi la società deirisole,pe'fug2enli
ne di queste, in numero di 72,f;>rmòpo- dagli eretici ariani longobardi e daUo sci-
sela la Cina di Fenezia, il cui reggimen- sma de' Tre C^/;//o//(/^).consideraudo la
to sempre autonomo, fu soggetto però a chiesa eretta in Oli volo in onore di s. Pie-
qualche variazione, repubblicano, qua^i t,o per principale, indi cattedrale, ivi se-
monarchico.eper ultimo puramente ori- devar.o i giudici, e sovente il popolo a
slocialico. La Venezia fu sempre posse- grande e generale assemblea nazionale ra-
«luta da SUOI primitivi abitatori, senza che dunavasi. Ma vedendo appunto il popò-
mai nazione alcuna straniera sia preval- Io, essere il corpo della nazione in diverse
■? '.V "T"'"'''"'"^ '" '"''° " '" P''"'''^ '^ '^- '^"'^ disperso, e come senza una comun<i
di. JNell irrompere de' barbari nella Ve- società un'isola dall' altre separala non
nezia terrestre , gli abitanti ripararono poteva da se sola provvedere a'bisogni
nella Venezia maritlima, sicuro asilo e in- della vita e resistere agii esteriori assalti^
tatto. Questo asilo si mantenne poi mai saviamente si deliberò di formare di quel-
sempree fino agli ultimi tempi indipen- le tante membra un corpo solo, il quale
dente e franco da occupazioni di estranee parimenti si avesse a governare con uno
genti. Per mito queslo si vuole, qual ca- spirito solo. Fu stabilito dunque verso
none storico, da ultimo esplicitamente e- l'anno456 circa un tribuno per l'ammini.
mincialo : Che se vi ha goccia di sangue slrazione della giustizia, il quale fosse giu-
dcglilaIiprimiliv,,scorreindubitalamen- dicedei proprio distretto, composto da
te i^Ile vene de'veneziani. Pel modo on- una dell' isole principali e da altre mino-
de Venezia nacque, è manifesto che non ri, secondo le leggi formate di mano in
SI può hssare un punto in cui dirla fon- mano nelle.nascenli occasioni, da quegli
data, tuttavia prevalse l'uso di contar nomini d' ingegno anzi maturo che sotti-
J /tm / enczmun dall'anno ^i i (la Ira- le; che i tribuni fosseroscelli annuahnen-
dizione del principio della repubblica in le dal volo comune di coloro che dove-
tale anno, sebbene non si accordi colla ve- vano rejjgei e; e clte si chiamassero oìjbJi-'
VE N
gnfi n lentliT conto cleiraninìinisliazione
loro. Riiiniroiisi poi i liibuni per consul-
tare e deliberare ogni volta die trattato
si fosse d'un aiT-ire che avesse interessato
il generale della nazione, cui nell* accen
nata assemblea raccolta , riservavasi il
giudizio sopr<i le tribunizie deliberazioni,
come narra pine il Mntinelli. L'adonanze
generali e nazionali si di "'ero eziandio con-
cioni, in esse risiedeva il diritto di trat-
tare le bisogna dello slato; ilqual sistema
stabili la subordinazi-jne senza nuocere
all'eguaglianza, né toglieva alla libertà se
non quel tanto che poteva viziarsi in li-
cenza, l'er molli anni sotto il tribunizio
reggimento prosperò la veneziana fa mi-
glia, crescente ogni giorno di forze. 11 prof
Romanìn nel lib.i,c. 5, ragiona del prin-
cipio dello stato veneziano, della dipen-
denza o indipendenza originariade'vene-
ziani, del governo interno delle città ro»
mane, della costituzione della Venezia
terrestre, e della relazione de' veneziani
coiritalia, coll'impero d'Oriente e con
quello d'Occidente. Egli dice, in tulio
questo le opinioni sono profondamente
divise, poiché alcuni vogliono i veneziani
fin dal [)rincipio indipendenti, altri inve-
ce soggetti a'reggitori d'Italia, poi a quel-
li di Costantinopoli. Molto si appoggia-
no i primi sopia una lettera di Cassio-
doro scritta in nome di Vitige re de'go-
ti (dominò dal 536 al 5^o) a' Tribuni
ìnaritlinii ossia magistrati de' veneziani,
che il patrio slorico riporta, per dipin-
gere al vivo i costumi e la condizione de'
veneziani a que'tempi. Li loda agilissi-
mi navigatori, e spesso varcare spazi in-
fìiiili j perchè intraprendevano lunghi
viaggi per mare e su pe" fiumi, avendo
grosso navilio e ampio coinraeicio, spe-
cialmente del sale. Gli abitatori avere sol-
tanto abbondanza di [)eice; [)overi e ric-
chi convivere in eguaglianza, un solo ci-
bo nutrirli tutti. Chiama le loro case qua-
si come di acquatici uccelli, ora terrestri,
ora insulari; abitazioni non prodotte dal-
la natura, ma fondale dall'indusliia mi-
V E N 17
rabile degli uomini. Quanto poi all' in-
(hpendenza , dicono i propugnatori di
questa, la lettera essere diretta a' magi-
strali mandati dal di fuori; non coman-
dare Casiiodoro, ma esortare: i venezia-
ni soUraltisi dall'antica patria, mafidali
ad abitare isole deserte o un suolo da es-
si creato , esser liberi per naturale ordi-
ne de'fatli. Diversamenle ragionano gli
oppositori, e pretendono non potersi par-
lare d'indipendenza della veneziana re-
pubblica se non molto più tardi; esser
lontano da ogni probabilità, chequand'an-
co negli ultimi aneliti dell'impero, allor-
ché tulio era in dissoluzione, l'isole a-
ve>seio polulo provvedere a se come fe-
cero altre città e provincic; i goti poi nel
lungo e pacifico regno di Teodorico, e
tenendo una fluita in Ravenna, non a-
vesserò pensalo a far tornare all'ubbi-
dienza quell'isole s'i vantaggiose pel silo
loro; aversi prove evidenti del dominio e-
sercitatovi poscia da'greci;riconoscersi nel
titolo d' flipatns, conferito dalla corte di
Costantinopoli a'primi dogi (come l' im-
peratore Anastasio I già l' avea dato a
Clodoveo I re de'franchi, titolo d'onore
che il Magri dice s\^\\\Cìcave principale,
e nella dignità corrispondente a quello di
console; onde non se ne può dedurre una
sudditanza, neppure pe'veneziani); e nel-
la data de'documenti, col nome dell'im-
peratore regnante, una testimonianza del-
la dipendenza dairim[)ero orientale; poi
attestano egualmente una dipendenza dal-
l'occidentale, senza però tracciare netta-
mente e con precisione il tempo in cui
avrebbe avuto principio lo stato venezia-
no indipendeote (qiii 1' autore avverte
gl'infiniti errori contenuti nelle Storia di
Venezia del Laugier e specialmente del
Dani, dopo l'osservazioni e rettificazioni
del Tiepolo, ed ultimamenle del Cap[>el
kiti). Nelle quali discrepanti opinioni, di-
chiara il Komanin , è tuttavia pnrle di
vero; errano però ambedue prendendo
in modo assoluto e difinitivo, ciò che as-
bolulo e difinilivo uon poteva essere e
voL. xcri.
1 8 V E IN' y li y
doveva leslaisoggelloall'aziooe dogliav. nezinnn , .juesto il principio del governo
venimeiili e delle varie emergenze. La democrolico neirisole, non giù che i pio-
sloria fa vedi-ye le lelazi.^ni, die furono fughi s'accordas^e^•o d'islitoire una le-
se.npie Ira l'isole e la Venezia lenesiie, pubblica democratica, ma venne essa a
derivanti dall'origine comune, dalla fi e- formarsi come conseguenza naturale del
qnenia de' passaggi, dalla giacitura, da- diritto, che quelli già avevano nelle In-
gl'inleressi del commercio interno ed e- ro città natali, di concorrere alla nomina
sterno. A Malantocco,a Toreello, a Cliiog- de'propri magistrali; e della comunanza
già, a Rialto erano i porti, gli ancorag- di sciagure che gì' interessi altresì acco-
gì, gli emporii de'veneti terrestri, e perciò munava. Trovasi qualche memoria d'im
doveva esservi una popolazione dipen- consiglio particolare o minore, costituii
dente dalle città madri; doveva esservi to probabilmente da'nobili e maggioren-
/lualche magistrato incaricalo della vigi- li, ma insieme d'una popolare assemblea
lauza, come l'avevano i porti toscani e deliberante; e tal forma di governo pò-
nel secolo V quel di I»isa, e col nome ap- tè manienersi nell'isole anche durante la
punto di Tribuno. Era cpiesto magistia- dominazione erula e gotica in Italia, la
to negli ultimi ten)pi dell' impero un uf- quale avendo lasciato sussistere le roma-
fizialc investito talvolta, come il duca, ne istituzioni, non alterò il governo de'
d'una giurisdizione oltreché militare, au- veneziani. Pare che i veneziani facessero
che civile. La costituzione imperiale fi<r- parte del regno gotico, che possedeva l'in-
ni precisamente le basi all' ordinamento tera Italia, e cheavca probabilmente una
dell'isole veneziane,imperocchècome nel- fiotta ad Aquileia, ed altra per sicuro a
le città maggiori di terraferma erano Ravenna. La loro dipendenza f-piò era
duci e prefetti comandanti de'loro presi- più nominale, che di fallo; regolavusi a
dii, e nelle minori tribuni; così è a ere- norma dell'emergenze, era quale conve-
dei-si che, durante ancora l'impero, sieno ni va ad uno sialo nascente , che pe'suoi
stali mandati al governo dell' isole ap- rapporti colle lene vicine, pe'suoi inte-
partenenti a' lerrilorii di Padova, Aqui- ressi commerciali non poteva nimicarsi
leia ec, egualmente tribuni, sopratlulto col dominatore di quelle. La relazione de'
negli ubimi tempi. Per la venula d'Alti- veneziani col regno gotico, fu quella te-
la nel 452, data die non si accorda col- nula anche più lardi co'due im[)eri d'O-
J'era nazionale fìssala al 421, come già rienle e d'Occidente; fu una relazione di
dissi.e per la distruzione di Padovani lega- protelloi alo,un riconoscimenlodi rispet-
me che teneva unite l'isole a questa città lo e d' omaggio al sovrano che regnava
e all'altre del continente, venne naturai- in Italia e da cui ottenevano in cambio
mente a sciogliersi, e gli abitanti di quel- utili privilegi e la conservazione del pro-
le costretti a provvedere a se, passarono prio stato. L' isole dunque, senza essere
a nominare ne' propri comizi i tribuni, propriamentesndditc.furonosotlo la pio-
onde l'accreditata Cronaca Savina, pò- lezione de' re goti, i quali non avevano
nendo nel 466 la loro creazione, dice motivo di fcnne la conquista, dacché e-
che SI ridussero in Grado e s'istiluì una rano nominalmente annesse al loro im-
repubblica, composta de'membri di tulle pero; mentre esse poi dal canto loro, prò-
quell'isole; per essersi moltiplicato il pò- fìllando d'ogni propizia occasione, alien-
polo e succedendo molli disordini, onde lavano a poco a |)oco sempre più qtie-
i capi delle case si adunarono in Grado sto vincolo di dipe-idenzn, finché si semi-
e nominarono in ognuna dell'isole mag. se del lutto. Dopo la morte di Teodori- •
glori un magistnilo col nome di liibiino. co, cominciate le guerre gieco-goliche,
E questo fu ih. "passo dell'autonomia ve- (Jostanziano generale de' greci occupata
V E N
rilalin (o parie di essa) e le isole della
Venezia, colle navi, dalla loro parte get-
tatisi i veneziani, .colle proprie barche
soccorsero limpresedi Belisario e di Nar*
sete. A qiiesl'nllimo, e contro i venezia-
ni, ricorsero i pntlovani, per essersi impa-
dioniti del porto di Malarnocco già ,ap-
parlenenle a Padova, non che occnpatu
tntlele bocchede'tiunii a loio nso, e nin-
nile con difesa, essendosi soliralte l'isole
dall' antica dipendenza , e di tulio do-
mandando la reintegrazione. Però i ve-
neziani rappresentarono a Narsete, ninn
dirillo avere i padovani sui luoghi che
un tempo avevano ricoverato i loro an-
tenati, e da questi assicurali e inglandi-
ti: appartenere l'isole alla gente che l'oc-
cupavano e sempre l'avevano abitale, ed
appartenere quell'acque a'marinari che
le solcavano e difendevano. Narsete, pre-
muroso di recarsi alla spedizione, si asten-
ne dal decidere la lite, soltanto consi-
gliar)do le due parti a concordia e pace;
e recatosi a Piiallo fece voto d'innalzar-
vi le suddette due chiese. L'occupazione
greca viene riguardata dal eh. Roma-
nin, piuttosto un'occupazione inililare, e
truppe greche tuttavia erano a Grado nel
declinar del VI secolo. Ma calati in Italia
i longobardi, ebbe lungo nuovo e gran-
de concorso di profughi nell' isole delle
Lagune, i Cui abitanti decisero di non
più ripalriare, di dar forma stabile al
fdtto fuio allora per modo di provvisio-
ne, e di ordinare il proprio governo. L'e-
lezione de'capi o tribuni ne'comizi dell'i-
sole venne perciò sancita solennenieutp,
e cos'i tale ni;igislratura fu stabilita lego-
laiinente. A dimostrare l'elezione esser
seguila di piena autorità degl'isolani,
senza riguardo alle città madri, s'intito-
larono i liibuni delle 12 isole maggiori:
Noi Tribuni de W ho le delle Lagune M^ -
rilliine. preposti dalla università di quel-
le. Il Sagomino da qucsl'ejìoca comincia
a registrar lelezione de' tribuni annuali,
cioè circa alla metà del secolo VI , con
polere civile e militare per ammioislra-
V E \ 19
re In giustizia agli abitanti, falla da^ ve-
neziani nell'isole nel mancare di gover-
no, e poi indipendenti dalla madre pa-
tria, con Giade per ineiropoli; essendo
durato il governo tribunizio 1 5o anni.
Per tutto (pieslo, sembra al prof Rouia-
nin,doversiconsiilerare lo sta lo veneziano,
come veramente costituito, solo alquan-
to dopo la metà del VI secolo; non però
ancora indipendente, per durarelutlavia
una relazione più o meno stretta di di-
pendenza óaW Esarra (^^.j greco, co-
nìiiicialo in certo modo nel 544 ^ meglio
nel 568 con residenza in Ravenna. Le
isole per la loro giacitura, opportima a
servir d'appoggio alle greche intraprese
contro i longobardi, e dar soccorso alle
ciltà, che couie Padova, si sostenevano li-
bere da! dominio di quelli, acquistarono
una grande importanza per l'impero gre-
co di Costantinopoli. Quindi per restituir-
si ad essa, il \° esarca Longino nel la-
sciar l'i talia nel 584, ^' '"'^^^ ^ visitar
l'isole venete; restò meravigliato di loro
condizione, dell'operosità degli abitanti e
del loro prosperamento, trovando vero
il detto da Narsete^ d' essersi i veneziani
creata una patria sicura da ogni nemica
invasione. Pertanto desiderò firlipiùa-
mici del suo imperatore greco Maurizio,
stimandolo vantaggioso; e mostrandosi
co'veneti sommamente benevolo, prese a
perstiaderli a farsi spontanei buoni ser-
vitori dell'impero e soccorrerlo colTarmi
al bisogno, senza giuramento di fedeltà.
? veneziani riflel tendo che con tal atto
d' osservanza, nulla perdendo della pro-
pria libertà, acquistavano ne a specie di
protellorato e per questo molti privilegi
e incremento al loro commercio;dopo a-
ver ricordato al l'esarca, com'erausi crea-
lo tale asilo nelle Lagune da non temere
d'essere soggetlali né d dl'imperatore, ne
da' re, né da altro qualunque principe,
acconsentilo alla prn[>osla, inviarono al-
l'uopo alcuni de'più ragguardevoli a Co-
stantinopoli. L'imperatore gli accolse as-
sai benignamente, lodò la presa delibe-
20 YEN YEN
razione, e concesse loro un diploma, con zioni e qnanlo si riferisce a possessioni,
prornelleie, olire particolari favori, la fiumi, passaggi ec, tlc'veneziani nel re-
proiezione (li tulle le forze impeiiali per gno d'Ilalia. Alcune espressioni, che seni -
trilla l'estensione marillima, e la piena brano acceimare ad un dominio, incKisi-
siiurezza del loro cotnniercio nel vaslo vamenle all'invilo fatto nel i 3 i i da En-
in)pero , con ampia lacollà di trallicare rico VII al doge di mandare ambascialo-
liberamente di tulle le cose e in lutti i ri alla sua coronazione (e chi mai polrcb-
Juoghi del medesimo. Questa fu duncjue be osare dire in quel tempo Venezia di-
lai/ relazione politica de' veneziani con pendente dall' impero?) o che suonano
Costantinopoli, e al paro di quella co're orgogliose, sono dello stile diplomatico
d'Italia, piìi di protezione che di som- del tempo e derivate dalla pretensione
niessione. Riconobbero l'imperatore gre- curiosa e vana, che quegl' imperatori a-
co come loro alto signore, si piegarono vevano della propria supiema autorità su
alle formole servili, volute dall'orgoglio- tutto il mondo cattolico, come in tanti qi--
sa vanità della corle d'Oriente, accetta- licoli narrai, osando intrudersi talvolta
l'ono il costume generale di porre in ca- persino nella Soi'raiiità della s. Sede e
poa'propri atti il nome e gli anni dell'im- de' Papi [T .) , '\ c\i\Sk\\ nella persona di
peralore regnante; ma continuarono a s. Leone III avevano colla loro suprema
reggersi da sé, colle nroprie leggi e ma- autorità ristabilito nell' 800 Y Impero
gistrali , facendo guerre e concludendo d' Occidente. Parole non meno superbe
trattali , cose tutte che non avrebbeio easiatiche, ampollosamente usò la Tur-
polulofare in condizione di sudditanza, chia ne' dì della sua formidabile poten-
Le testimonianze degli stessi storici gre- za, verso i scissi principi cristiani, i quali
ci concorrono a provare , che la reb- inoltre pagarono lungo tetnpo certi tri-
zione de'veneziani verso rim[)ero d' O- buti agli stnli barbareschi dell' Africa,
liente, era soltanto di protezione, di ri- A' Algeri^ Tunisie T/7/?o//, come di chia -
verenza e non di soggezione; e tale eia rai in quegli articoli, per mettersi al sicu-
aitresì verso gì' imperatori d'Occidente, ro dalle loro piraterie, senza averne per-
Uappresentavano questi la maestà del ro- ciò ad inferire che fossero sudditi di que-
niano impero, tenevano le vicine terre gli stati o da essi dipendenti, il Romaniu
d'Italia, ea'veneziani dovevastare a cuo- conclude i suoi critici e pregevoli schiari-
re di conservarsene la buona grazia pe^ menti col dire: che l'isole delle Lagune in
loro commerci terrestri, come quella de- principio fmono dipendenti dalla Vene-
gl'imperatori orientali pei marittimi, zia terrestre, alla quale erano annessejche
Quindi anche verso di quelli certe esle- nella confusione derivala dall'invasioni
riori dimostrazioni, cerio tributo altresì; barbariche, esse trovandosi staccate dal-
rna questo e tpielle soltanto per tutela la madre patria, doverono provvedere a
da'tialfici e per la sicurezza delle terre, sé e nominare i tribuni a propri magl-
ie quali assai per tempo acquistarono strati, che probaijiimente prinja da quel-
snl continente, il tulio provandosi con la ricevevano; che riconobbero il domi-
documenti. I diplomi imperiali, coinin- niogotico, dal quale non ebbero molestia
ciando dal più antico di Lotario I del- e furono lasciate in possesso del proprio
r84o, di cui ragiona in progresso dellac- governo municipale ; che infine a' tempi
turala e bellissima storia il bene(nerifo longobardici la loro costituzione prese
patrio autore Romanin, trottano collo forma stabile, e le loro prime relazioni
stato veneziano come una potenza rico- co' re d'Italia e cogl' im[)eratori furono
nosciula, ne disegnano i conlini e le pò- quali ponno meglio corrispondere ad m\
poiazioni, regolano le scambievoli rela- protettorato, che ad una vera sudditanza.
V E iN
3. La condotta de'greci iie'lorodoiiiinii
d'Ihtlia, fecero o'popoli talvolta desidera-
re il dominio de' longobirdi, convertiti
dall'arianesimo al caltolicismo; ma pre-
cipuamente riconoscendo per padri e su-
premi protettori ellicaci i romani Fonte-
liei, anco nelle cose civili, onde eserci-
tavano una specie di sovrani'à tempora-
le, die non lardò a produrre il princi-
pato a cui l'acclamarono gli stessi popoli,
trascurati e angariali da' greci, e spesso
aggravali ila' longobardi sempre cupidi
d'ampliare Is loro invasioni, aspirando al-
l'intera signoria d'Italia, la quale di quan-
do in quando era desolata ali' occidente
dèi!rirruzionide'franclii,ed all'oriente da
({uelle degli avari. L'impero greco in pre-
ila a continue rivoluzioni e dispulazioni
religiose, minacciaìo pur esso da'barbari
da tutte le parti, niim soccorso poteva
m uidare a'possedimenli rimastigli in I-
talia. Ed i veneziani, esposti a gravi mo-
lestie, per parie de' longobardi e degli
slavi, a mala pena si sostenevano. A quel
tempo, un nuovo popolo usciva dall'A-
sia, ohe pel fanalisu'o religioso, predica-
lo dall' iujpoilore Miìonwllo (/-'.), dive-
nuto a un trailo conquistatore, per pro-
pagar colla spada la falsa credenza, mi-
nacciò la stessa Europa, fece tremare Co-
stantinopoli e stabilì per olire 7 secoli il
suo dominio nella Spagna. Esso princi-
palmente si compose in principio d'arabi
Saraceni (^ ■), i quali occuparono e-
ziandio la Siria, Gerusalemme e gli altri
luoghi di TcrraSanta( F .).\ìì [eit)p\ tan-
to burrascosi, anche la nascente repub-
blica di Venezia fu costretta ad impugnar
l'armi a propria di!t;sa. Imperocché, di-
scesi gli slavi ^\ì\ Danubio e dalla Sava
fino alle sponde dell'Adriatico, l'alpestre
natura del suolo dell'attuale Dalmazia, la
facilità di sicuro riparo che loro offriva-
no i tanti sejii, i tanti golfi, gl'invilava-
no alle piialeiie, e su leggere navicelle
percorrendo quel mare, recavano non
poca molestia a' veneziani. Accaddero
«juindi fin d'allora alcuni scontri, Hjiie-
V E i\ 21
ri delle lunghe e feroci guerre avvenire.
Dall' altro canto i longobardi non erano
quieti, sempre più estendendosi nella Ve-
nezia terrestre, e fattisi confinanti del-
l' isole veneziane, or 1' una or l'altra as-
salivano di quelle più vicine al continen-
te. Lupo duca del Friuli, eoa improvvi-
sa scorreria saccheggiò Grado; altre con-
tinue ostilità commettevano i potenti pa-
triarchi d' Aquiieia; e tru[)pe longobar-
da si spingevano fino ad Eraclea e più
oltre. Fu quindi uopo fortificare le foci
de' fiumi, i porti de' lidi ; Giado, iVm-
Uiiano, Olivolo, Luprio ebbero castelli
e torri. Ma non contenti a ciò i venezia-
ni, non mancavano all' opportunità di
gettarsi anch'essi sul continente, e con
improvvise sorprese danneggiare a'ioro
nemici, sicché era una vita continua di
agitazioni e di armi. Tutto ricavo dal prof,
iioinanin. Equi puredevo registrare una
gloria della repubblica di Venezia rife-
rita nell'articolo Cristi \xissimo e Cri-
stianissima. Narrano il Baronio e il Ri-
naldi negli ,4tinaH ccrlcsiaiticì, all'anno
63o, n. 16. « Nel 63o Papa Onorio I,
deponendo Fortunato eretico patriarca
di Grado, sostituì in suo luogo Primi-
genio suddiacono regionario romano, nel
qual proposito si legge una lettera scritta
dall' istesso Pontefice a'vescovi di Vine-
gii e dell' Istria, presso la Chronira lìd
Dandolo, nella quale lettera egli meri-
tamente dà alla repubblica veneta il
degno titolo di Cliristianissimaj come a
quella, che lasciando gli scismatici, per
la làmosa controversia de' 77v; Capitoli,
s' era tenuta colla Chiesa R.omana, e per
noi avvilupparsi ne' lacci de' medesimi
sci-'malici, soleva chiedere il vescovo alla
Stidf. apostolica ; col quale amplissimo ti-
tolo ella gloriosa e potente ha felicemen-
te ddalato il suo dominio per terra e per
mare". Dunque la repubblica di Vene-
zia polè vantare come il re di Francia
coi sublicne titolo d'onore. La lettera
d'Ouoriu I è riportata pure dall'ai). Cap-
pelletti, Le Chiese d' haliu) Jauileia al-
52 V E N
l'anno" 63o, ed alle ponlidcie parole
Chiisilanissiniae Rcipublicde, aggiunge
q-ianto nolo Severino Biiiio. Hoc litulo
Venetani KtinpuhUcnm inerito exor-
nat : quia ipsa, relicìif schismaticis,
Romanae Ecclesiae adhaerebat, el a
Bomnna Ecclesia Episcopum petere so-
Ichal, ne scliismalicoruin Inqueis im-
piicaretur. JNotò pure il liinaldi, all'an-
no G37, n. I, che gli arabi e saraceni
niaonieltani avendo preso Antiochia, me-
tropoli di lutto l'Oliente, colia Siria e
Gerroaleinme, oltre Alessandiia. emi-
grando molti de' loro abitanti in Occi-
dente, e Irallicando i mercanti ciistiani
in f|uelle parti, o per 0[)era d' altri cri-
stiani, onde preservarli dalla profanazio-
ne, moltissimi Cor[)i de' ss. IMarln'i e
Confessori fuiono portati a Roma, a V'^i-
negia e altrove. Leggo poi nei ÌNlutinelli
che se la lontananza e la barbarie de'letn-
pi ci tolgono il conoscere qual fosse pro-
priamente ramministrazione e la giuris-
dizione de' tribuni nell'isole, quale ed a
qual punto 1' autoiità loro si estendesse,
si sa però come per ambizione, per va-
ghezza didominio,e divisi da gelosie per
desiderio di migliorare i loro particolari
interessi, abusando i tribuni d' autorità,
lìtialmenle commosse 1' indignazione e
le mormorazioni di non pochi aperta-
mente. Divisa in fazioni diverse la na-
zione, minacciata da' confinanti longo-
bardi, che spiavano 1' isolane scissure
per trarne vantaggio e ridurla a servi-
lìi; molestata dagli schiavoni o slavi
pirati arditamentesino nelle Lagune; for-
tunatamente nella violenza dell' insor-
te passioni la nazione de' veneti rientrò
in se, e siccome la cagione del male stava
nella forma del governo, in principio
saggio e valoroso, così vide la necessità
di cand)iarlo e motlificarlo. Osserva il
Dizionario veneto, come suole nel cre-
scere delle nazioni, che vanno piìi fre-
quenti succedendosi i casi, e più gravi si
rendono e più bisognosi di adattati rime-
di, venne il tetnpo in cui dissidii interni,
V E N
esterne minacce e danni, richiedevano
prontezza ne' provvedimenti ed energia
neir esecuzione, quali attendere non si
potevano dal tribuno del 1 uogo, da se solo
troppo debole, né dalla lenta tribunizia
a(liu)anza,e rnoUo meno dalla generale
concione o comizi generali che dirsi vo-
glia. l*erciò fu bandita una generale con-
vocazione da tenersi in Eraclea, come
luogo più sicuro, e dove sorgeva trovasi
tra' recinti della diocesi di Treviso. Gir-
conilata da fiiuni e paludi e piuttosto
mediterranea che isola, era Eraclea, che
fabbricata nel declinare del V secolo col
nome di Melidissa, prese poi quello d'E-
raclea, o perchè ampliata ad onore del-
l'imperatore Eraclio (regnò dal Gfo al
64 '), da' fuggitivi di A-olo, Oderzo, Fé!-
tre e altri luoghi della Venezia alpina,
per cnm[)are dal furore di Rotari re de'
longobardi del 636, ed ebbevi rifugio s.
Magno vescovo d'Oderzo nel secolo Vl[
cogli esuli suoi diocesani. A vea suolo
asciutto e sano, territorio fertile, la ri-
gogliosa selva Eracleana abbondantissi-
ma di selvaggina; e nella città molte e
nobili chiese, ricche di marmi e musai-
ci; fiorendo tra le principali famiglie i
Donusdei, i Dongiorgi,i Barboìani, i Sa-
natlori,i Tradonici, gli Erizzo, originari
dagli ottimati e da' decurioni d' Oilerzo
e di Concordia. Adunata dunque iu E-
raclea la dieta del popolo, si propose di
concentrare la pubblica autorità in uno
solo, col potere d'unire la nazione quan-
do il bisogno richiesto lo avesse, col di-
ritto di decidere iu ultima istanza, e cui
dovesseroesseresotloposti i tribuni:si pro-
pose pure,chenonil titolo di re, bensì quel-
lo di duce o di condottiero della nazione
dovesse assumere.Accolta unanimemente
la proposizione si elesse nel 697 a Duca
o Doge (P.), Paolo Lucio Anafesto cit-
tadino d' Eraclea, per saggezza e per o-
neslà umversalmetite slimalo, il quale
stabilì la residenza in Eraclea stessa. Fin
(pii il Mulinelli. A tanto avvenimento è
lune riportare il riferito pure dal Uoniu-
V E N
tiiii. Dt-pliii'ulì i ilìssìdii e idisoidiui nella
cosa piibl)lica di vari tribuni, «iella ge-
nciale concione o assetiiblea di Eraclea,
ilicesi clieCrisloforo patriarca di Grado (d
t'appelletti lo cliiauia d'Aijuileia residen-
te in (irado, e non fa parola di quanto
qui forse si attribuisce a lai prelato, anclie
dal Dizionario veneto, in que>Li genera-
li comizi) prendesse a culiuare gli animi
molto in.i'prili,ed in grave ragionamen-
lo facesse coiisiilerare: i danni 8 le mo-
lestie deilisole provenire non meno dal-
la mancanza di legame tra queste e dal-
la discordia de' IrJjuui, che dalla forza
de' nemici; tante essere le vie aperte a
questi per introdursi, o colia violenza o
ili soppiatto, <\ii riuscire ddìcile a cia-
scuna isola da per se il respingerli; per-
ciò avrebbe stimalo molto op[>ortuna de-
liberazione (jtiella di maggiormente re-
stringersi intorno ad un capo comune,
il {|uale avesse l'obbligo di provvedere,
li:»! solo alla difesa ilella sua isola, tna
dell' altre tutte ; più unità vi sarebbe al-
lora nel comando, maggior pruulezia nel-
1 esecuzione; tolte le gare, tutti concor-
rerebbero al liene universale, sicuruefor-
le quindi ne diverrebbe lo stato vene-
ziano. Soggiunge il medesimo lloinanin.
Cuecehè sia a pensare di questo discor-
so, forse vero nella sostanza, viene ad
ogni modo accettato comunemente, clie
nel 697 (anco il eh. cav. Cesare Cantìi
nella sua Cronologia per servire alla
storia universale dal 697 comincia la
serie de'dogi di Venezia e con E*aoIucciu
Anafesto) i veneziani deliberassero l'ele-
zione d'un doge o duca, a ciò spinti o dal
bisogno d'introdurre [)iìi stretta unità nel
governo, o ad imitazione delle città mag-
giori d'Italia, come Roma, Genova (che
[)ure ebbe dogi, ma più lardi nel i33c))
e JNapoli, eh' erano allora governate da
un duca. Eraclea quindi divenne l<i re-
sidenza del doge, fu per circa 70 aum la
capitale de' f'cncziaui secondi, e vi si
tennero le nazionali assemblee. Ne'piueli
e uc'boschi i dogi audavauo a caccia, e
V E N 23
ne' vari trattali co* re d' Italia, non om-
uiiseroi veneziani di farli sempre dichia-
rare come spettanti al loro ducato 0 do-
g ido, in regno nostro. Innanzi d' inco-
minciar a descrivere i fasti de'dogi, e con
c»\ i principali avvenimenti della storia
della repubblica e della città di Vene-
zia, trovo opportuno e assai interessante
il giovarmi liberamente delle notizie ge-
neriche premesse a' dogi dall' encomiato
prof Roiuanin. Eletto il 1 ° doge, non es-
sendo bene definiti i limiti della ducale
autorità, rimase questa incerta, ondeg-
giante e spesso in lotta co'diritti e colle
[)relensioni de' nobili, del clero e del po-
polo. Laonde, se il doge era d'animo for-
te, egli tentava non di rado usare d'un
assoluto potere, e perciò veniva per lo
[)iìi deposto, accecato, ucciso; se debole,
n ju s ipeva comprimere la superbia de'
potenti e de' vescovi, e specialmente il
furor delle passioni, quindi ne derivava-
no gì a vi confusioni ed eccessi. Si erano
conservati anche i tribuni, come mas:!-
strati subalterni, poiché sarebbe slato
imprudente lo spogliare di quella digni-
tà tante famiglie che da secoli q' erano
stale investite, e tanto pareva se ne glo-
riassero, che alcuni convertirono quel ti-
tolo perfino in nome di casato, come I
Memmo; ma di ciò veniva altresì nuo-
vo disordine, giacché quelle potenti fa-
miglie non lasciavano d'opporsi al nuo-
vo governo e di suscitargli ostacoli d'o-
gni parte, onde le frequenti rivoluzioni
successero. Siffatto iucomposto governo
doveva però essere la conseguenza natu-
rale dell' idee romane d'assoluto impe-
li), e insieme del sentimento della pro-
pria libertà de' veneziani. Aveva il doge
lu facoltà di convocare la generale cou-
cionc del popolo, nel quale sedeva insie-
me col patriarca, co'vescovi, co'giudici;
egli avea la nomina de'magistrati, e po-
teva rimuoverli e punirli; trattava co'
principi stranieri, ma per concludere le-
ga o pace 0 dichiarar la guerra, pure che
fujie uecessaria l'approvazione del pò-
2 ; V E N
polu. E in faUi quando nel i 202 gli aiii-
hasciatoii francesi vennero a domandare
l'assistenza de' veneziani nell' impresa
della crociata di Teira Santa, esposeio
la loro missione a tutto il popolo nella
chiesa di s. Marco, ed il popolo approvò
colle suegi'ida. Varie sono l'opinioni degli
sciittori circa alla composizione di dette
concioni 0 assemblee popolari, volendole
alcuni cosliluile di soli nobili, ossia de'
maggiorenti della popolazione, altri di
tutto il popolo in generale. Ma la que-
stione sembra sciogliersi co'documenti,
e se si consideri, die nella prima origi-
ne la repu!)blica veneziana non poteva
[ondarsi che sulla fratellanza di tutte le
classi e sul concorso comime a' comuni
interessi di provvedimento e di difesa.
Sicuramente che gii uouìini piìi istrui-
ti, più ricchi e di più illustre prosapia,
e tra questi i decurioni^ avranno ri-
dotta, nella slessa democrazia, in pio-
prie mani la direzione de' puliblici alfa-
ri ; ma non perciò poteva la nvassa del
popolo, seujpre la più numerosa, resta-
re esclusa alfalto d'essere consultata nel-
le deliberazioni di massima importanza
e che concernevano interessi generali ;
mollo più che a ciò era chiamala anche
dalla precedente forma del municipio ro-
mano, ancora agli ultimi tempi dell'ini-
pero. Infatti molte volte trovasi menzione
di concorso di tulio il popolo, da Gradua
Capo d'A rgine o Ca varzere, territorio che
formava i^i dominio denominato Dogado,
alle pubbliche faccende. AlTelezione del
doge Selvo nel 107 !, si radunò Sulla spiag-
gia del Lido una moltitudine imo^ensa
di quasi tulio il popolo di Venezia, che
acclamò il doge; pel quale alto, e per
altri molti, manifesto apparisce la parie
the avea il popolo nella scelta del suo
supremo magistrato. Interveniva «'giu-
dizi e approvava le leggi, diviso nelle.sue
classi di nuìi^i^iori, rneiliocri e minori j uè
vaiel'obbiezionemossada la lunOjChe con-
vocandoci allora le assemblee nelle chie-
se, niuna di esse avrebbe potuto conte-
V E N
nere tanta moltitudine; tale essendo sta-
la la consuetudine del medio evo di trat-
tare le cose politiche in chiesa, cosi in
Italia, in Francia, e dapperlulto ove il
popolo ebbe scosso il giogo feudale ed
istituito il reggiinenlo a Comune. Per-
ciò erano avanti alle chiese vasti campi
o piazze, ove trattenevansi coloro che
nella chiesa stessa non capivano; ed era-
no (pielle numerose assemblee una delle
particolarità di que' secoli. Eraiivi oltre
la generale concione, altri consigli mino-
ri, compiesti o de'soli consiglieri del tlo-
ge o coir intervento ancora de' maggio-
renti e del clero, per quelle cose a cui
il popolo non avea o non poteva aver
una partecipazione dii'etta, onde alcune
volte si convocavano le sole classi pri-
marie. Del resto 1' intervento divenne a
poco a poco sempre più raro, ristretto,
in fine abolito per decreto del 14^3, co-
me dice il lodato prof. Uomanin, patrio
storico, che più non si convocasse V a-
vengo ossia assemblea popolare. L'ari-
stocrazia si andò progressivamente for-
mando, e sempre più esclusiva, per l'o-
perato precipuamente del doge Pielio
Gradcnigo nel I2C)6, che narrai nel §
XVI, n. 7, e meglio dirò nel suo do-
gado 49''' iu questo § : ma a torto per
adulare ad essa furono talvolta svisa-
ti i falli, mentre e la natura della pri-
mitiva costituzione degl' isolani, e la te-
stimonianza de' docuuienti e de' [)iù an-
tichi e accreditati scrittori, coufermauo
che democratico fu a principio il gover-
no della veneziana repubblica. Era puie
ne' duini del doge, a principio, imporre
gabelle chiamale angaiie,\e quali ortli-
naria mente consiste va no nella deci ma de-
gli averi, ma per lo più col concorso del
popolo, od almeno d'alcune classi ; come
nel f)g6 in cui il doge co' primati, ec, e
con tutto il cdnsiglio, deliberò imporre
una decima a benefizio della patria. A-
veano i dogi altresì grande auloritìi nel-
le cose ecclesiastiche, specialmente nell'e-
lezione de' vescovi. Apprendo dal eh. ab.
V E N YEN 1 T
CippeJIcUi, ilie V Ln'rstitnrci ecclesia' i 352, clie circa il i i 3 T, a'ieinp'ulcl do-
sdcaif^.) a'vescovi, agli abbati e al pa- gè PoIìidì, orano in^o^li gravi diss:ipori
triarca soleva darsi dal doge solenneiiien- Ira la signoria di Venezia, e il Papa Iu-
te nella ba>ilica di s. .Marco. L' esercizio nocenzo 11, perchè tiell'elezione della ba-
coslarile di questo diiitlo, incomincialo dc'^sa di s. Z;iccaiia, il patiiaica di Gra-
sin <!a'piimi tempi della veneziana toii- do, Enrico Dandolo, iioaio di coscienza
sociazione e continuato per lanli secoli, era delie, ilisilina, si sforzava di negare aldo-
dissimile da tutto d resto della Chies i cat- gè il diritto, perchè giustamenle lo d:ce-
tolica questa disciplina ecclesiuslica de' ve- va contrario alla ecclesiastica libertà. Il
nez ani. Ninno ignora le funeste discordie patriarca si recò a Pioina piìi volte, ed il
ti a il sacerdozio e l'impero a cai^ione a[»- Papa ne assunse la difesa; quindi pro-
punto dell'investiture (che diltusainente cessi e censure fulminate dalla s. Seile
nairaiin tanti articoli, cioè esigevano i contro il doge e la repubblica; quindi
Papi che gl'imperatori non avessero ad in- proscrizioni, esilii, coniìsclie de' beni dal
geriisi nelle nomineecclesiastiche, le (jua- doge e dal senato, contro il patriarca eil
li venivano per lo più fatte simoniaca- i suoi fratelli. Durarono le discordie iii-
Dienle; e gì' imperatori sostenevano pu- torno a i5 anni, e frattanto da Riuna
re, che i vescovi e gii abbati, siccome in furono scritte lettere a'vescovi dello sta-
possessodi terre e benefizi, dovessero ri- to, furono persino mamlali 4 cardinali a
cevere da loro l'investitura, colia fradizio- tiattarne la riconciliazione. Finalmente
ne del Pastorale e dell' y/«f7/o, al paro nel i i5o, il doge Domenico Morosini e
tiegli altri signori feudali), uiassioie a' Papa Eugenio 111 vennero ad amiche-
tempi del Pontefice Innocenzo ili e del- vole componimento, [)er cui fu stabilito,
r imperatore Arrigo V (sarà meglio il i he in avvenire il patriarca, i vescovi, gli
dire Papa s. Gregorio VII e gl'immediati abbati e le badesse avessero l'investitura
successori, massimePasfjuale 11, che con- dal doi;e e riconoscessero la loro dignità
dannarono tali investiture, egl'impera- y^c/'.s. /ly^rc»/;?. Il Ca[)pelletli riporta i'iu-
lori Enrico IV e il suo figlio Eurico V, lero racconto del Benintendi, eil ezian-
solto il quale colla Pace Calistiua nel dio il rescritto pontifìcio ed il ceremonia-
I 1 22 ebbe fine la grave controversia. La le usato da'dogi nel dare l'investitura
con\enzione di Papa Calisto 11 determi- a' prelati del dogado, inclusivamente a
nò che in avvenire i vescijvi e gli abba- cpielL del primicerio e cappellani di s.
II fossero eletti dal clero e dal popolo, IMarco, come già divsi nel ^ VI, n. 2.P».i-
alla presenza dell imperatore o de' suoi leva il eh. scrittore, che a ben considera-
legati ; che r eletto gmrasse fedeltà al- re il pontificio rescritto, poco o nulla ven-
l'imperalore, e che questi nella tradizio- necacnbiato dall'antico e primitivo rito
ne sioibolica de' beni, si servisse dello dell'investiture conferite d-il doge. ÌN'e fu
scettro, e non dell'anello e pastorale, co- tutto al più sconvolto l'ordine, perchè
me faceva prima abusivamente. Co/icor- dopo l'elezione, fitta certamente dal do-
dalo che ralilicò il concilio generale I di gè e dal senato, in conseguenzi della pro-
Lalerano). Eppure il doge de' Venezia- posizione del clero o dell' esibizione del-
ni 5 secoli prima di quell'età, ed altri lo stesso che vi aspirava, n' è prescritta
3 secoli dopo, investi pubblicamente gli la conferma del patriarca; si noti, del
abbati, i vescovi e persino l'istesM) p.itriar- palriarca, non del Papa. Dopo la con-
ca, senza che vi sia stala giammai oppo- ferma il primicerio di s. Marco, ovvero
sizione veruna per parte tlella s. Sede, un cappellano ducale, dava all'eletto il
Soltanto notifica Ijuninlendi Ravagnano, possesso del suo benefizio in nome di .v.
cuticeliier g'"^'^*^»^ d'ella repubblica uel Marco, E qui osserva lo storico, che il
2G V E N * YEN
primicerio eii i cappellani non avevano per le valorose imprese d<i lui opeiate
una purlicolare e propria rappvesentau- nel leiupo del suo principato, nicissinie
za, ma erano persone dipendenti dal do- per la vittoria da lui ottenuta sugli luaii
gè; cosicché la cereaionia, cosi detenni- nel seno delle Laj^une venete. L' unico
naia did rescritto, non consisteva clie iu dissapore tra Ini e il popolo fu per I e-
un' esteriore apparenza di farvi figurare lezione di Domenico, e sono false e smen-
una persona piuttostocliè un'altra, nien- lite da tutti gli altri pii;i antichi cronisti
tre in realtà operavano in nome di (juel- e dalla stessa serie de' fatti, tutte le ca-
lo, da CUI dipendevano. Ed anche la for- iuunie inventate a disonore di lui ddcro-
uiola di dare all'eletto il possesso del be- nisti altinate. Riporta poi lab. Cippel-
ueficio in ìionu; di s, 3Lirco, era una for- letti il ducuatenlo che ricorda 1' investi •
moia insignificante, quanto allo scopo, tura con ritardo conferita neli3i)r), dal
perchè col nonje di s. Marco, non s'in- tioge Antonio Venier al patriarca di
tendeva che la repubblica. E similiuen- Grado Pietro III Amely o Amelio. E
te il farsi questa ceremonia nella basilica siccome ne'registri della cancelleria du-
ducale di s. Marco, piuttosto che in c|ua- cale si trovano gli atti dell' iuvestilure
lun(|ue altra chiesa, mostrava che l' m- a' vescovi e altri prelati dello stato, lo
ve?.litura conferivasi dallo stato. Ed era storico riproduce il registro di una, a cui
questa quasi una prima investitura, la tutte le altre, poco più poco meno somi-
quale per essere data d.i una perso- gliano, cioè l" investitura pure ritardala
uà ecclesiastica, non peto in nome prò- nel 1429 al [)atriaicj gradeie Ijiagio Mo-
prio, offriva l'aspetto d'un'in vestitura spi- lui. Liacconta per ultimo, die cessato l'u-
litnale. Seguiva poi la consagrazione del- so deUiiivestitura, già conferita solenne-
r eletto, e dopo questa il doge gli dava incute dal doge nella basilica di s. Marco,
una 2.^ in vestitura, a cui meglio della 1.' di poi se ne dava soltanto il possesso spiri-
si poteva dare un tal nome; perchè iu tualein Venezia al solo patriarca, e glie-
essa il doge col mettere iu dito all'eletto, lo dava nella cattedrale di s. Pietro l'ar-
4;he stava genuflesso dinanzi all'altare, cidiacono assistito da'cauouici, comeog-
il suo anello, e col dargli in mano ilba- gidi si suole praticare in tutte le dioce-
stone [ìastorale, ne compiva la ceremo- si. Tutto al più variava in qualche cir-
iiia. In sostanza si ridusse il concordalo costanza del ceremoniale. bensì un qual-
a raddoppiare il rito, che per l' innanzi che avanzo del' investitura, che dava il
teiibravasi una sola volta. Al proposito doge, fu conservato nella ceremonia che
di silf.itle investiture, ci fa sapere la ero- praticavasi ad ogni nuova elezione, e che
naca Altinate, che il vescovo d' Olivolo continuò sino agli ultimi tempi della re-
Domenico li Vilinico del f)Oq, sdegnando pubblica. 11 patriarca dal palazzo di sua
di ricevere 1' investitura dal doge Pietro dimora, sino alla basilica metropolitana
Tribuno, la cui condotta scandalosa l'a- di s. Pietro di Castello, era condotto dal
veva reso oggetto di disprezzo e di abbo- doge e dalla signoria ; e giunto iu chiesa,
minio alla nazione, prese colle sue mani il doge io faceva sedere sul trono, gli face-
medesime il pastorale, che stava prepa- va baciar l'altare, compiva in somma il
rato sopra l'altare di s. Marco. Nota pe- ritod'una vera investilura,senza che si po-
lo r ab. Cappelletti, che il fatto è vero, tesse o si dovesse dire investitura. Che iu
non il motivo da cui fu causato. Ne fu certi giorni solenni, e in alcuni monaste-
il vero motivo, perchè il popolo contro li d doge dava la benedizione al po[)olo
la volontà del doge l'avea eletto al ve- e alle monache, mostrandosi pubblica-
6Covato d' Olivolo. D'altronde, Pietro niente; e che per lui con particolari for-
Tribuuo era anzi assai caro al popolo, uiuie si piegava pubblicamente nelle
V E N VE N 27
rl.iese lo narrai nel § W, n. 3, parlan- tinuaiono per lungo le.p.po ancora ad
tic dell' antico rito Palriarcliino. — Fa- esercilare il commercio, ed a tenere iia-
cendo ritorno alla Storia del eh. lioma- vigli per proprio conto, onde dovevano
iiin, eoli dice che l'aulorilà militare pare essere ricchissimi,e potevano quindi spen-
si trovasse a.iticanienle ailldata, sernpie dere grosse somme nella fondazione e
pelò con dipendenza ilal doge, al mae- ornamento di chiese e di palazzi, e la-
Siro de militi, dignità di cui a' tempi di sciare alla morte considerabili legali, co-
Anafeslo trovasi rivestito un Marcello, me supei lorujenle in diversi §v5 ho nar-
A veva il doge le sue guardie, numerosi rato, specialmente no'§§ Vili, X e XI \^
servi e famigli, e gli escutali, nomini che, 1 dogi antichi solevano alzarsi prima del
a lui oddeUi, godevano di certi privilegi giorno, e ascollata la messa, come acceu-
ed esenzioni, torse corrispondenti agli nai nel § XVi, n. 1 ■ indi passavano a
aiitrn.-:tionii\e\ re germanici, come in gè- giudicare il popolo, e ciò sempre in pub-
Iterale è a credersi che la corte ducale blico, le sentenze venendo stese da' no-
si formas-e io parte sull'esempio de'priu- tari ducali, per la più parte ecclesiastici,
ci')i"recielongobardi.Cerloda(iuestide- e se uetrovano d'antichissime, sottoscrit-
rivava la carica di gastaldi o gastaldio- le da un buon numero degli astanti. Pro-
;//, i quali erano depurali a soprintende- cedevasi,comea'tempi tribunizi, alla bre-
re'alle lene, a'censi, asservì del doge in ve, con dichiarazioni di testimoni, giura-
ima parte delle decime, i censi e tributi di mento di uomini probi, e^amee confrou-
gale, di pesci, d'uccelli, di erbaggi, di vi- to delle scriUure, giudicando a nonna
no, di frulla dalle varie isole a norma (ielle consuetudini, dell' ecpiità naturale
delle produzioni e delle ricchezze di eia- e con qualche applicazione di leggi ro-
scima: aveva terre, selve, pascoli, diritti mane; alle quali forme vennero poi di
di caccia, di i;/rpz//co pel taglio delle le- mano in mano aggiunte anche alcune
gna,di gliindaritio[)t\ pascolo ec. Dice il |)arli tolte <la'codici longobardi, come le
Mulinelli: Erano i gastaldi ducali antica- compensazioni in denaro: nonfurono pe-
nienlegli esecutori delle sentenze a nome rò mai accettati a Prove giudiziarie i
del doge, prima che s'istituisse la magi- Duelli e i Giudizii di Dio (l-'.). Le pe-
iyiaWn, \iW{USopraga.':taido.(Zh'w^g\o\.- ne atroci, come del t^iglio della mano,
li, loic-desi, equiliani, erncleani, gradcsi e del cavar gli occhi, e simili, piaticate a
nitri isolani eranotenuli di [>reslarealdo- Costantinopoli e da' longobardi, passa-
gè servigi di scorta, di barche d'accom- rono Ira' veneziani. Le vesti egli orna-
ppgnamentoallacacciao nelle visitech'e- Dienti de\logi erano alla foggia de'greci
gli ficeva all'isole; aveva il doge mugnai esarchi e de' con,oli, non che degli stessi
e vignaiuoli che per lui lavoravano; a- imperatori greci, e in parte de're o du-
Acva in (ine do ilio alla lesla e alle zam- chi longobardi. Ne dissi alquanto sudi-
ne de' cinghiali, non che alle corna de' cientemente col cav. Mulinelli, ragionan-
cervi che si cacciavano ne'pineli e nelle do de'cosUimi e delle vesti de' venezia-
selve eracleane, di già memorati ; coslu- ni antichi, nell'ultimo citato § e numero,
ine ancor quoto tolto da' duchi e priii- inclusi vamenle alla cullia e al corno du-
cipi germanici, presso i quali era in lan- cale, riserbando per ([ui altre erudiz:o-
to onore la caccia. Avevanoquindi i dogi ni, che poi dirò col Nani. Intanto rac-
servi addetti a' cavalli, a' falconi, agli a- conterò e in parte ripelerò collo storico
stori, i quali servi par che fossero d;ip- Romanin, essere le vesti e gli ornamenti
prima schiavi, poi allele/ione del (."do- de" dogi, ne' pi imi tempi, un manto di
gè successivo dichiarali liberti. Innalzati seta con aurei fregi, allllibialo con bor-
al i.''ijrado della repubblica, i dogi con- chia d'oro, e sotto a quello uua solla-
98 V E N V E N
i)i;llii a maniclie strette e altocolhie, ha- Seb.i<;tianoZiani,lemeodocli non ottener
veto di pelle e rossi calzari. Eia in ori- tini popolo, per la variata forma ilell'e-
}^ine il famoso cornoclucale soltanto una lezione, le oidinaiie acclamazioni, ad uso
Ixrietfa, come quella degli altri pi'inci- degl' imperatori greci e di altii principi,
pi e signori di quel tempo, alcun poco fece gettargli una qmiilitù di denaro;
iiìodifìcata: comunemente sino al secolo novità cliepoi divenneconsnetiidine. Im-
XVI circa si chiamò hirellair/, e zo/a peroccliè eletto appena il doge, era po-
quella riciliissima per le occasioni suien- sto a sedere entro, un pergamo di legno,
ni. Fu anche detto Corona Ducale (f.). volgarmente appellato y:)ozze«c>, nel qua-
Leggo nel Mutinelli, che nel 1664 nel le adagiatosi era portato in giro dagli
tesoro di s. Marco si custodiva un cor- operai dell'arsenale per la piazza di s.
no ducale d'oro tempestato di diaman- Marco, spargendo intanto egli ogni sor-
ti alquanto grossi, di perle e di rubini, la di n>onete, coniate col suo nome nel-
col quale si coronava il iloge. Sotto al la noi te precedente. Ad evitare un' eco-
lìeirelto portavano sem[)re i dogi la cuf nomia soverchia o una eccessiva profu-
lit bianca di sollilissinm lino, onde le- sione, fu poi stabilito che il doge non
vaudo quello rimanesse il capo coper- potesse gettare al popolo né menodi 100
to a segno di dignità. Cingevano inol- e né piìi di 5oo ducali. Ne' funerali si
Ire la spada, aveano scettro e sedia d'a- osservava un (teremoniale, parte greco,
V(jrio, a imitazione de' consoli e magi- parte longobardo. I! cadavere del doge
hirali greco-romani, come[)re>ero(laque- veniva esposto nel leito di parata, cir-
sli l'ombrello, d doppiero acceso (ma per condato da ima moltitudine di ceri e tor-
que-lo e per quello ne ripailerò diceii- ce accese; era vegliato da distinti per-
do del doge 89." Sebastiano Ziani nel n. snnaggi, e stavano a' suoi piedi lo scudo
8 di questo §), le trombee gli stendardi, rovescialo, gli sproni ed altie insegne ca-
da cuierario accompagnati allorché coni- valleresche. De' titoli dati al doge li ri-
j)arivano in pubblico. Quando fu assuii- friirò in |)rogresso di questo §. il Mor-
, lo al dogado Anaiesto, approvato dal pò- celli latinamente lo disse: f^ e ite. li ar uni
polo e ricevuto (la esso il giuramento di Princcp';, Diix Serenissimus l^tneLo-
ft-deltà, fu portato in giro sulle spalle e v:un. Per le feste del s. Natale, lutti i
scalzoflnoailachiesa.ov'egligiuròrosser- cardinali con lettere felicitavano il doge
vaiiza delleleggi,edi adoperarsi pel bene di Venezia, osservando questi titoli. Sc'
della nazione. Di sua elezione fu manda- realfsinio Signor 31io Colendissimo
lo avviso al Papa, e assai probabilmente (nel Cicci, Notizia de' Boccapaflulì, leg-
anche all' imperatore greco. Nelle bio- go una lettera del i6^5 del cardinal
grafie de' dogi che vado a riportare, di- Pamphil) nipote del Papa al Doge, in
róde' diversi modi come seguirono le cu\ q\\ diì \n \'ece ùe\ Colendissimo, ì'Os-
loro eiezioni, finché fu stabilito un cere- scrvandissinio, e si sottoscrisse: Affe-
«iioniale, somigliante in qualche parte al zionadssinio Str\'itor vero. Del valo-
Coìic.lave(l\) nei quale I cardinali eleg- re de' Titoli d' onore che vado dicen-
gono il Papa,che rileiirù nel n. I I dique- do, si può vederlo ne' loro articoli),
sto 5, massime in fine del dogado 7 5." Fo^lra Serenità, di Mostra Serenità,
e priiici[)io del 76.°, ove dico pure del Bacio divotissinianiente le ninni. De-
funerale del doge: delle spese notabili votissimo Servitore. Nella lettera si do-
poi che occorrevano per gli elettori del veva nominare la Screnis.^inia Repiib-
doge, ne ragiono nel n. 44> parimenti di blica di f^enezia. Non si dava al doge
queslo §. Trovo nel Mulinelli, che nel nella soprascritta il titolo di i^Vij/zori*, n)a
I 172 sollevato a! <logado il ricchissimo Siinì[ì\\ctvati)\e: Al Serenissimo Doge di
f^enezia. Anche il Reumont, Della Di-
plomazia,^, ivo, altesla che spellava-
no al doge di Venezia i titoli di Scre^
nità. Cchìlitclinc,eL\\ Serc/iissi'jio Priii'
cipc. Noterò ancora, the il titolo di Se-
reiiissitìia contpeleva alla dogaressa mo-
glie del doge, se era slata coionala col
corno ducale, che usava. Della corooa-
zione delle dogaresse discorro ne'dogadi
G^.'^, 82.", 89." e 109." Secondo il Sa-
nudo, pare che fosse coronata dogaressa
anihe la Alorosmi mogl.e del doge (58.
INicolò TroD. lo però non trovai che gl'in-
dicali quattro esempi, e ne descris>i le
funzioni. Uen-"i per ispeciaie onoie e ben-
che non coronate fu concesso 1' uso del
corno ducale alle dogaresse mogli di Al-
vise I Mocenigo e d.i Alvise IV IMoctni-
gOjCome dico ne loro dogadi 85.° e i 1 8.°
Dell'esequie della dogaressa ne parlo nel
dogado 84-° e altrove. Finaluienle il ti-
tolo di Sereiiissiina apparUneva al-
la Signoria, oltreché alia Repubblica,
ed al Collegio si da\a (juello di Seie-
nissimo. Nel n. 8 del § XVI ricordai di-
versi biografi de'dogi, comprensivamen-
te aWa Serie de' Dogi di Venezia inta-
gliali in rame da Antonio Nani, giun-
tevi alcune notizie biografiche eslege da
dii'crsi. Siccome tue ne gioverò Idjera-
niente, occorrono alcune |)reliniinari av-
vei lenze. Lei 20 biogiafiede'ilogi lesciis-
sero i seguenti ris|)ellabili veneti lettera-
li. Dal I .°al48." doge inclusive, le notizie
sono del cav. E. A. Cicoi-na. La biosra-
fia 49-^ tli Giovanni Veludo. La 5o.%
5i.', 52.% 53.'. Francesco Cafli. La 54-'
e SSJ' Veludo. La 5G.' e 57.' Cicogna.
La 58." Caflì. La 5g.' Cicogna. La Go.''
Giovanjii Caconi. La G i .'" e 62."" Cicogna.
La 63. ' Veludo, La 64-' Casoni. La G5.'
Veludo, Dal doge G6.° air87." iiiiliiM\e,
Casoni L' 88.' e 89." Veludo. Dal 90."
doge al 1 09. "inclusive Casoni. Dal i 10,"
al 120.° inclusive d. Giannanlonio cav,
RIosi Inni, Nel riportare il da loro riferi-
to, uun inlendo d'essere in contraddizio-
ne su qualche variante pel già nanato
V E N -M)
coir autorità d' altri sciillori, ma ri-
produrre le l'ispellive opinioni, tranne
qualche indispensabile rellifìcazione o
schiarimeulo. La pi efazione e le noie so-
no del cav. Cicogna. In fine vi sono due
indici cronologici de'dogi, il i .° per ordi-
ne di elezione, il 2." per alfabeto di co-
gnomi; ambedue coli' epoca della loio
elezione, rinunzia, deposizione o morie.
Si nota, che ne'diié indici si posero le e-
poche possibilmente esalto de' dogi, an-
che [)er rellilicare qualche abbaglio corso
nello precedenli notizie; il perchè doversi
attenere [>iulloslo a queste ilale che a
cjuelledelle biografìe in caso di dubbiezza.
Gli anni ne' mesi di gennaio e febbraio
sono posti secondo l'era comune, non se-
condo l'usanza veneziana del Dlore 1 e-
7k7o, che cominciava l'anno col mese di
marzo. Di che islruilo, fin qui [)rocedei
e procederò sino alla fine, di preferenza
coir epoche contenute ne' due indici. A
cagione di grato animo dichiaro, che I e-
semplare da me posseduto è gentile do-
no del eh. Giovanni Casoni, che lasciò
tanto desiderio di se per sa[)ere e [ler \ ir-
lo, impreziosito per me con onorevole
autografa epigrafe. L'elegante incisione
del frontespizio ci dà il costume delliii-
tero vestiario de' dogi de'primi tempi e
e de'dngi degli ultimi tempi, gli steuMui
genldizi de' quali erano sovrastali ilal
corno ducale. Il valente intagliatole in
rame Antonio Nani, veneto, esegui i ri-
traili dietro le collezioni delle slampe
già pubblicale, tutte ricordate con cru-
dizioui bibliografiche; anzi per esser pììi
fedele nelle fi^onomieragguagliiMa sua se-
rie co'rittalli ad olio de'dogi che ricorro-
no lunghesso il cornicione delle due mag-
giori sale del palazzo (hicale, cioè del Mag-
gior Consiglio e dello Scrutinio, sebbene
in esse non si cominci che dal doge iX,
cioè da Obelerio Anienoreo, creato nel-
r8o4- Sotto a ciascun ritratto è lo stem-
ma gentilizio del iloge, sovrastato dalla
berretta o corno ducale. Si avverte, ch'è
vano rintracciare se la eldgie de'dogi
3o V E N VE [V
dal pi'inripio (lell;t loro i>liftizioiio al se- in nntico 1 dogi usavano della berreMn,
colo XIV, e di alcuni anclie posteiiorij e non del corno ducale, e la riferisce
lappresenli pro[)iiamente la fisoiioniia neWix Di'^xcrlazione. ì?ev \a sua vanììx ed
loro. Inipeioccliè hniciala nel lo^y la a cura di G. B. Astori venne riprodotta
saia del Maggior Consiglio, ove attor- in Venezia da G. B. Merlo nel i83^.
no nelle lunette sotto il soffitto erano i Con tale scorta il Nani alterò la forma
flelti ritratti, se ne perdettero letraccie; del cornosecondo il progressivo costume.
e per rifarli convenne certamente al pit- Peiò ripetè, com' è ne'ritratli preceden-
tore cavarne |)areccl)i o dagli originali, temente incisi, la solita cuffia, anche a'
che forse nelle rispettive famiglie si con- primissimi dogi anteriori al iiyy: poi-
servavano, o dalle medaglie, o da'monu- cliè piiva d'ogni buon fondamento de-
menti scolpiti, vari essendovene tuttavia vesi Icnei" la tradizione che Papa Ales-
nelle chiese di Venezia anteriori al i577, Sandro III accoidasse a' dogi veneti, ol-
e pregievoli ne sono le corrispondenti tre altri privilegi, anche il portar sotto
ei udizioni illusli ali ve; ma la maggior la berretta la cunia; e in effetto ru";o di
parte si dovette ritrarre dalla fantasia del portarla è ben più antico di qiiell' epo-
pittore slesso, solo p(jlendo<i assicurare, ca, sì (piale inscena di persona sagra a-
cbe i poslerioii al 077 fino all'ulti- dopernla non solo da' dogi, ma da altri
nio doge Lodovico Manin presentano la principi, e sì per decenza e per non re-
Terissima loro immagine, la quale però slare a capo scoperto del lutto volendo
non si poleva liirarre nelle sale se non levar il corno. La cuffia adoperata dal-
dnpo la morte di ciascuno, e quella del l'ultimo doge Manin il giorno dell'abdi-
IManin, siccome morto dopo la caduta cazione, |ierveniie in potere del sullodato
della repubblica, vi fu posta con sovrana Casoni. ì\lorto il Casoni nel 1 837 fu com-
annucnza, uia col solo nome e cognouìe. pei'ala dal conte Alessandro Albrizzi che
Il Natii, (juanto agli antichissimi, fu fé- gelosamente la conserva con tutti gli al-
dele all' effìgie di convenzione, e quanto testati che ne assicuranoraulenticilà. Col
agli altri imitò allo scrupolo la serie di- corno il doge era solennemente corona-
vulgata e geiieralmetile accettata per ve- io, e la sua moglie, che avea il nome di
ridica. Ma siccome tanto ne' ritratti a /?ng:/7rf.y5(7,era purecoronata con pompa,
olio esistenti nelle anzidette due sale, cioè soltanto le dogaressesuindicatee non
quanto in quelli negli scorsi ultimi secoli tutte. In riguardo poi al veslinìeiito du-
inlagliati in ran)e non è serbato il coslu- cale, siccojne i piìi antichi fìogi erano
me sia della berretta ducale, sia delle ve- esercitati nella milizia, e taluni celebri
sii ; così il Nani si studiò possibilmente guerrieri edireltorid'armatc,cosìadalcu-
coiiservarlo nel suo intaglio a seconda del- ni d Nani pose sotto un abito analogo, so-
l'uso de'lempi in che fiorii ono i dogi. E prapposlovi però il paludamento ducale,
primieramente, quanto alla berretta, pre- or chiuso, or aperto dinanzi, vestendoli
se per norma lerudila opera: Della Ber- parte da dogi e parie da generali. Nel
reltadHCole,volgarnieiì(echlainatnCor- vestiario in)itò que' dogi espressi, in al-
lìo, che porlrisi da Seronissiiìii Dogi di coni n)usaici della chiesa di s. Marco, e
l'enezin, Disserfnzionc di Girolamo in generale alla descrizione dell' abito
Zaiìdti, I 77g. Dall'efligie del doge gè- dùcale del Sansovino, il quale lasciò scrit-
niiflesso innanzi la Croce, espresso in uno lo : » La sotlanella sotto il ricco e splen-
de' mu-aici della mezzaluna sopra 1' al- dido manto ne'lempi addietro era la ve-
lare della cappella del Ballislerio di s. ste principale, e in principio si portava
Marco (musaici lavorati dal XI al XIV colle uiamcbe strette e col collare allo.
Secolo), il Zanetti cavò una prova che Non era di scia, poi lo divenne; e indi
V E N VE r> 3 (
il doge si veslì col manto Inigo, spazio- doge le monete e le medaglie coniate «ot-
so, e con la coda a strascico per lena, col- to d suo reggimento, con iiiiislra7Ìoni
la soltanella sotto al manto. I prinjissimi «lell'ota defunto ab. Pietro Pasini. liiu-
do"i coltivarono la barba, poiché nella sci infatti si spl<?ndida e si completa cjue-
deposizione per castigo si faceva loro ra- sia nuova edizione, die presentata dal
deie r onor del cnenlo. Il doge Domeni- Giimaldo in omaggio alla INb'eslà (lai-
co Micliiel del i i i r, per fare dispetto l'impeialore Franre>co Giuseppe I, nie-
a' greci, ordinò a' veneziani di farsi ra- rito dal sire magnanimo il premio del-
dere la barba, che portavano ad «so de' l'aurea grande medaglia per le arti. Ec-
greci. Del resto i dogi furono rapprcsen- cone il titolo : ha ISiiììA^nintìca vcvctn.
lati or colla bniba, or senza. Alla fine o Serie dìmonele e fiiedaglie de' dogi
pelò del secolo W era tornala in uso, di I cHta'f?, ivi i 847-56. Il degno sacer-
come si vede in varie slalue. L'accon- dote veneto Pasini, morto sanlamente
ciaiiitnlo di essa era capriccioso, e non nel 1853, dotto «jiecialmente nella storia
eravi costume uniforme nemmeno Ira patria, nella poesia Ijitina, iieil' arcbeo-
privali, e tale viarielà ancor più si didn- logia, massime nella parte lapidaria e mi-
se. (|uando le lunghe barbe andavanoce- mismalica. pubblicò pure: I Fasti T c-
dendo alla moda deile corti, a' mustac- ntziani, cioè illustrazioni di molte inci-
c Ili, alle basette e alle mostlulle; ciò prin- sioni rappresenlanti i falli principali del-
cipalmente nel X\ Il secolo. iNelle col'e- la veneta sloiia. Sono 8o e racchiudono
zumi incise de'ritratti de'dogi ve ne sono tutta la storia di Venezia, ove furono
con abito monacale, peicliè abbandonato stam[)ale nel iS/p. Inolile lasciò molle
per forza o per volonià il principato si opere inedile, e merilaiio d'essere licor-
1 inchiusero in un monaslero assumendo date: i.° Un poema epico in esnmeiri in
il \e •«lilo (lell'tiidine. ! dogi veslili da mo- 6 libri sulla caduta della Repubblica ve-
naci nelle serie del JMalina. del IMacedo nela, intitolalo: Adriade<:. 2." La tra-
e altri, sono Giovanni Pnrteci[>azio, Or- duzione in versi sciolti delle Metamoi-
so Parlecipazio, s. Pietro Orseolo, Vitale fo*i d' Ovidio. 3.° IMoltissime poesie la-
Candiano, Tribuno INlemmn, Pietro Cen- line ed italiane. 4-° Varie dissertazioni
Iranico, v'-ebasliano Ziani, Orio INJastro- su lapidi e Diouele antiche. 5.° Alcuni
pieio, Pietro Ziani. Al iNani parve ragio- sermoni ec.
nevole di levar loro quell'abito e sosti- 4- Paoluccio Anaftsto Idcgc di Ve.'
luirvi il solito de'dogi, riuscendo stra- mzia. Narrai già, che dopo la consocia-
no rappre^entaieun personaggio col cor- zione de padri veneti secondi, foggili da
no ducale in capo e coli' abito religioso, molle cillà e provincie, e dalle stesse an-
aiico pel riflesso chedivenuti monaci non lichissime Venezie, al modo di espriroer-
eran più dogi. Iii|iiodusse però «piella si del cav. Ci(ogna, per le [>ersccu7Ìo-
spcciedi cappucdo ro-so con lista di pel- ni de'baibaii, e nelle Lagune venete fi-
li iiianche, che al corno ducale sopiap- doilisi, vivendo sotto il reggimenlo de'
posto scende giù pei le spalle a'dogi Gio- Inliuni, insorse il primo male per lecon-
vaiuii Delfino e Marco Cornaro, singo- linue «liscordie e gelosie <li comando.
lar costume forse proveniente da qual- JVlessa così a cimento più volle la pub-
che privilegio o onorificenza ricevula. blica tranquillila, disubbidite le leggi, ne-
Giova riferire, che avendo il Nani alle- giigenlalo il commercio, i veneti vetlevo-
nalo le lamine eh ei inci>e per questa o- no i propri legni divenir impimemenle
pera sua, ed acquistali! dal lipogiafo Giù- preda depilali. Ad impedii e il danno e-
.sep[;e Grimaldo, questi neprocuiò una stremo, si raccolsero nel Gcfj in i.snw-
secùutìa edizione, aggiungendo ad ogni blea ad Eraclea i primi della nazione, e
VEN-
da CiisloCuro palriiiicii di Grado (e lo
affeimnno anco lo storico Paolo Morosi-
11 i, e V Arie di i'crìfìcar le date), dn'
suoi vescovi sudVagniiei (o almeno fla
(juelli le r.ii sedi ei'ano siale trasferite
iiell'isolt), dal clero, dalla nobiltà e dal
popvjlo, per iscnotere il giogo de'lribuiii,
si decretò di eleggere un sol capo, nel
fanale concentrata la puliblica autorità
tolta quanta la nazione diligesse; e riget-
tato il n(jme regio non proporzionato al-
la città, odioso al popolo e pregiudizie'
■\olealla pubblica libertà, si convenne per
(pjello di duce o doge, o di condottiero
tlella veneta nazione. Quindi nella stessa
general conclone venne scelto a duca o
doge delle Venezie Paoluocio o Paolo
Lucio Anafeslo, uomo saggio e di r.h'rd
sangue eiaclc^ano (detto da'cronisli anclie
J'aiilncione, forse creduto della famiglia
Faliei: Fciletrì de Fano veneriint, Ann-
Jtslìs nomine appellanittr, si legge nel-
la Cronaca Altinalc), per consenso una-
nicue del popolo, de'nobili, del clero, de'
vescovi. Ricevè il giuraniento di fedeltà,
e giurò egli pure d'osservare le consue-
Uuiini aniicbc e gli statuti delia nazione,
ed in Eraclea sua patria fermò la sede
dei nuovo governo ducale. Dis<.i già col
ci). Ilouianii), diedi r|uesto tnutamentodi
governo ed elezione, ne fu dato avviso al
Papa. Piacquea quell'egregio e dotto ve-
neto, nella lettera che volle indirizzarmi
nel I 853, come notai nel § X, n. 3, d'in-
terpellarmi sul riferito da qualche cro-
nista: Che i veneziani, alla nomina del
loro primo dogePaoluccio Anafeslo (697-
712), mandarono ambasciatori a liouia
e ne ottemieio da Papa Adeodato (672-
r)76) la conférma. Perciò voler sapere,
se del fallo in PiOQia esisteva memoria
li. qualche cronaca o archivio; tanto [)ii!,
e giustamenle, the non sapeva in vero
combinai le date che punto non corri-
spondono. Opinare, che i veneziani in air
lo d'ossequio abbiano avvisalo il Poii-
lefice, ilei cambiamento da loro o[)erato,
non credere pciò ne cliiedesscro la con-
V E N
ferma. — Pusposi, essere tro[>po immerso
in altri vasli sludi; per allora non poter-
mene occupare, riservandomi [ieraltro di
prendere in esame questo punto storico
nel presente articolo, anche in riverenza
di sì benemerito e rispettabile patrio sto-
rico. Quindi ecco il risultato di niie ri-
cerche e studi in proposito. — Col iXo-
vaes, Storia de Ponte fi ci, (\\%?^\ nella bio-
grafia di Papa Adeodato II, eletto a'22
aprile 672 e morto a' 26 giugno 676 :
Confermò a'veneziani il diritto perpetuo
di eleggersi il loro doge, citando col me-
desimo Novaes, Pietro Giustiniani fedele
storico e senatore veuet-o chiarissimo, fio-
rilogloiiosimenlenel secolo XVI, escrit-
tore della storia intitolata: Rerii/n leiie-
lariiin ab Urbe condita Jii storia, fino al
suo tempo, lib. i, p. 6. Tale asserzione co-
sì semplicemente riferita, in certo modo
quasi fa credere che a' tempi di Adeo-
tlalo 11, già i veneziani avessero il diritto
dell'elezione del doge; mentre sta in fallo
che non sussisteva allora il doge, e sol-
tanto [)er la i.^ volta fu eletto 21 anni
dopo la morte di Adeodato 11, chiamato
Adeodato 1 da quelli che il Papa di la!
nome del 61 5, denominarono s. Deusde-
dit, e da altri appellalo Deodato. lo vo-
glio dir lutto e nulla occultare, per poi opi-
nare colla ragione. Principiando da /4na-
stasii Dihiiothecarii, De f'itis lioniano-
rnniPontificum, con dissertazioni, prefa-
zioni,prolegomeni, varianti del dotto pre-
lato veronese FrancescoBiaiichini, nel 1. 1,
a p. I 33, si dice eletto.\dcodalo nel GGf) e
morto nel 676, senza leggersi parola in ar-
gomento: discrepanti sono altresì diversi
storici sull'anno dell' elezione. Nulla ne
dissero, il cremonese Bartolomeo Plati-
na, Le Vite de" Pontefici, in quella di Deo-
dato 11, sebbene racconti avvenute nel
suo pontificato le irruzioni di Lupo du-
ca del Friuli, e le calamità patite da O-
derzo; l'altro veronese Onofrio Panvi-
nio, EpitoniePontifìcum Roinanorum, p.
3 I ; Alfonso Ciacconio, Viiae Pontifieuni
Uùuianorum, t. i, p. 4^3, e neppure i
V E i\
suoi annotatoti Vitlorellie OldoinijFran-
cesco Pagi, BreK'iariiiin Ponli/lciuìi Ho-
mnuorum gcsta^ t.i, p. 44^ J Guglielmo
'Qm'\o , Romanorwn Ponlifìcnni hrevis
Notilia, p.io4 ; e nulla il moderno ba-
rone Henrion, Storia de Pnpi, t. i, p.
\^G. L'annalista Baronio, e il suo com-
pendiatore Piinaldi, hetichè narrino tut-
te le gesta di Adeodato II, non fanno pa-
rola del riferito dal veneto Giustiniani e
del Novnes. Soltanto prima di quest'ul-
timo, il vicentino Antonio Sandini biblio-
tecario del seminario di Padova , Tltae
Pontifìcuìn Ronìanoriim, 1. 1, p. 242, ci-
tando il medesimo Giustiniani, scrisse; A-
dcodatus anno Chrisli 672 ... Hic insti-
tueiidieligendiqiie Ducis Apostolica aii-
cloritate jus Fcnetìs perpetuo confirma'
vii. Ma siccome allorché nel 697 fu elet-
to ili." doge Anafesto, sedeva sulla cat-
tedra apostolica Papa s. Sergio I, ch'eb-
Ije la gloria di riconciliare colla Chiesa
Romana quella di Aquileia, separatasi per
lo scisma de'Z're Capitoli, negli stessi ri-
cordali autori volli ricercare se ricevet-
te partecipazione della seguita elezione al
dogado d' Anafesto, nulla avendone io
detto col Novaes e altri nella biografia.
Nihil verbo, ne trovo in Anastasio Biblio-
tecario e nel Bianchini che Io commenlò;
neppure nei Platina, nel Panvinio , nel
Ciacconio, nel Pagi, nel Burio, nel San-
dioi, nell'Henrion, nel Baronio, nel Ri-
naldi; neppure finalmente ne disse Lo-
dovico Agnello Anastasio, che nella Sto-
na degli Antipapi scrisse ancora accu-
ratamente, e con diverse cronache, quel-
la de'Papi, contro i quali insorsero, s. Ser-
gio I avendo avuto a competitori i pseu-
do Teodoro e Pasquale. Stringo il risul-
tato delle mie ricerche' con rilevare, che
il Giustiniani, e forse altri pure, fu
quello da cui il Sandini e il Novaes li-
cavarono la notizia sulla approvazione
e conferma del diritto de'veneziani nel-
l'elezione dei doge, senza riflettere al-
l' apparente grave anacronismo, che il
doge fu nominato?,! anni dopo il de-
voi.. XCII.
YEN 33
cesso d'Adeodato If, secondo' l'epoca
in generale adottata. Non debbo poi ta-
cere il dichiaralo d;d Romaniu." Però il
Sagomino, dicendo avvenuta I' elezione
(d'Anafesto) a'tempi dell'imperatore di
Costantinopoli Anastasio II (713-710)0
di Liutprando re de' longobardi (712-
744), converrebbe ritardarla di qualche
anno e stabilire la nomina del primo do-
ge almeno nel 715 avanti la morte del
patriarca Cristoforo, che forse mancò in
quell'anno (o nel precedente almeno «se-
condo l'ab. Cappelletti). In generale, nel-
la confusione dell'antiche cronache circa
a'tempi, e fra'tanli errori de'copi<ti, è iiìi-
possibile di bene accertare le date". Par-
rebbedunquedoversi contentaredi ritene-
re, con varie cronache,che seguita l'elezio-
ne di Anafesto, per ossequio siasi partecipa-
to al Papa, che probabiliàsimamentennn
fu Adeodato II, ma in tempo d'alcunode'
successori, massime di s. Sergio I, e dub-
biosamente in quello di Giovanni VI, Si-
sinnio. Costantino e s. Gregorio II del
715, qualora contro la comune e più
abbracciata sentenza si volesse protrarre
l'elevazione d'Anafesto alla ducea vene-
ziana. Si potrebbe ancora ragionare e o-
pinare così : secondo l'uso de' tempi e la
grande venerazione che si professava a'
Papi in que' secoli, sta benissimo che i
veneziani abbiano domandalo o la san-
zione del diritto di eleggersi 'in doge, o
la conferma del da essi operato, preci-
puamente per una innovazione politica
così fondamentale, a seconda del prati-
cato dagli stessi imperatori, re e altri
principi in diverse circostanze, e più an-
cora per vestirlo d'un caratleie sagro, e
così rendere più rispettabile in faccia a'
popoli , ed alle altie nazioni e principi,
quanto aveano eseguito. Qui non si tratta
della domanda della conferma anzi tem-
po, che sarebbe as<;iuda, e darebbe un
anacronismo. Sì invece d'una manifesta
necessiià politica ; né posso dipartirmi
dagli storici Giustiniani e Sandini. Per-
ciò appunto, riflettendo, che il patri-
34 V E N
zio sierico era responsaI)i]e della ve-
lila verso il senato, delibo o[)inare e
spiegare, per iillinia conclusione: do-
rarsi rispetlaie l'aiilorilà del Giustinia-
ni, pel naturale riflesso che i primili-
"vi veneti, pensando di proposito già da
qualche anteriore tempo alla nuova for-
mei stabile del governo ducale, savia-
mente prima di efTc'Uuarla abbiano vo-
luto premiuiirsene, con procurarsi an-
zitutto la suprema autorizzazione del
soiumo Pontefice, a poter in iiiwìsìnui
eleggersi a suo leuìpo il proprio principe
indipendente. Questa ottenuta da Papa
Adeodato li, l'applicarono al caso nell'»-
lezione di Anafeslo. Dal 672-676 di A-
deodato 11,31 697 dello slesso Anafeslo
vi é bensì una distanza di 1 1 anni, ma
min vi è un anacronismo ; perchè altro è
far decidere il punto di massima neces-
saria (acciò l'elezione non fosse potuta
esser contraddetta dalla gelosia o pre-
tensioni di altri principi), altro mandar-
lo ad elletto ; e tra una tal cosa e l'altra,
ai anni non creano un impedimento ad
Jinimeltere l'aulorilà del Giustiuiani e
degli altri. In questo uiodo le date si pon-
no benissimo combinale, e così il rima-
nente, stante che i veneziani non aveva-
no più bisogno di cliiedere alla s. Sede
conferma dell'operato, quando già era-
no muniti di anteriore assenso nella per-
sona di Adeodato li. Questa io credo la
più probabile e la più ragionevole spie-
gazione che possa darsi al 'quesito di-
scorso, restando così lutto salvo, con
semplicissima dichiarazione, che i lo-
dati storici onunisero. — Una delle pri-
me luminose azioni del doge Paoliic-
cio Anafeslo, d'animo coraggioso, dal-
la mente e di profondo ingegno, fu quel-
la di cercare e ottenere la pace tra Luit-
prando re de' longobardi (tale diven-
ne nel 712). e i veneti, e di por line
così alle vicendevoli persecuzioni che
da 70 anni andavano lacerandogli ani-
mi e le sostanze di ciascuno. Frutto di
questa pace fu l'aver posto i coufioi Ira
V E N
il ducalo Vendico e 1' Italico, pailico-
larmente verso Eraclea (dice 1' Arte dì
verificar le date, che ritarda al 7 i 5 la
stipulazione del trattato, che allora i ve-
neziani possedevano in terraferma ciò che
trovasi Ira'fiumi delti la glande e la pic-
cola Piave; possessioni, egualmente che
tulio lo stato veneto , indipendenti dal
regno de' longobardi); stabilito di quali
immunità e franchigie a tutela del com-
mercio goder dovessero i mercanti vene-
ziani, che i fiumi e le terre del regno lon-
gobardo scorrevano. Né da questi patii
sfuggì ciò che alle gieggie numerose di
pecore, e alle razze de'cavalli pascolanti
sul terreno di Equilio (pel copioso nu-
mero de'quali che ivi si allevavano, quel
luogo tuttora porla il nome di Lido Ca-
vallino, tra il porto di Piave e quello di
Tre Porti), e di Eraclea spettar poteva,
e il taglio delle legna ne'boschi del con-
tinente, oggetto cotanto necessario agl'i-
solani; e in fine ebbero luogo altri privi-
legi e trattati (obbligandosi il doge al
pagamento d'annua somma a giusta in-
dennità e compenso), che in processo di
tem[)0 tra'veneti, i re d'Italia,! francesi
e gli alemanni furono rinnovati. Inoltre
il doge compose gl'interni dissidii, liberò
l'acque venete da'corsari, e munì le foci
de' fiumi. INIa, ad onta de' benefizi che
Paol uccio seppe procacciare al suo po-
polo, alcune famiglie, specialoiente delle
più cospicue che in addietro avevano te-
nuto signoria, non sapevano piegarsi alla
son)missione. Laonde scoppiarono nirai-
cizie tra il doge, ed Egilio di Malamocco
e Aulo d'Equilio, che trasmodate in alti
violenti, fu aspramente combattuto nel
pineto jesolano e ntW Archiniicidiuni o
//om/aW/(3/f' (così denominato anche per
altre sanguinose battaglie dipoi in esso
date), detto poi Canale dell' Arco. I su-
perstiti, ritiratisi più entro terra, costrui-
rono il castello d'Equilio 0 lesolo, e vi
stabilirono, a dispetto del doge, un tribu-
nale con propri giudici. Le scissure e la
guerre si continuarono anche sotto i sue-
V E rs' V E N 35
cessoi i dì Pciùliiccio, con de[ilor;ibiIi con- quilein, al decreto fjlto da s. Gregorio
sciieoze ; poiché divenula Eqnilio coi>- HI nel concilio di Lalerano del 782, che
sideievole e rinomala cillà, con sede ve- eguahiiente separò per sempre le due
sco\ile, florida e furie, potè cozzare per giurisdizioni^dichiarandosutiVaganeidei-
ben no anni colla vicina Eraclea. Tran- la Dictropoiilana di Grado i vescovi del-
ne queste vertenze, Paoluccio ebbe felice l'Istria e delle Lagune Venete, mentre
e tranquillo governo, ed amalo e carez- quelli della terraferma, fino oltre il JMin-
zaloda ognuno, quindi da lutti compian- ciò, dovevano dipendere da quella d' A-
to, fini ili vivere nel 71 7 dopo oltre 20 quileia. Saggio e triuiquillo fu il governo
anni di principato, e in Eraclea ebbe o- e reggimento di Marcello, uomo forse
ìinrevolis^ima tomba. — HI ai cello Te- alquanto debole, per aver sopportalo pa-
gntliano JI doge. Qiìeriìì pin-e di Era- zientemenle qua'che mossa allcslalo pre*
dea, è assai verosimile che sia quel Mar- giudizievole. Santissime leggi promulgò,
cello maestro de'militi, il quale con A- e invigilandoallaconservazione loro, me-
iiafeslo {]>^b Ira'lougobardi e i veneti i rilò da'cronisli d'esser paragonato a Nu-
patti dell'alleanza , e gli successe nello ma 2.° redi Roma. Egli fu piincipal ca-
slesso 717, eletto doge dal popolo nella gione che Antonio 0 Antonino abbate dei-
campagna Eracleàna radunato. Per tale la ss. Trinità di Brondolo, per dottrina e
elezione venne riunito il potere civile e pielà celeberrimo, fosse proclamato a tne-
militare in una sola mano, ciò forse ri- Iropolita della Venezia e dell'Istria. Do-
chiedendo la condizione delle cose , già pò questa elezione visse un anno appena
iiitoibidate per l'accenunte frizioni eguer- Marcello (invece 1' ab. Cappelletli pro-
re. IVon appena ascese il soglio, fece co- trae la dignità di Antonino intorno al72"),
sliuiie de' forli alle bocche de' fiumi, e essendo morto nel 726, dopo circa q an-
stabih certo numero di barche armate ni di principato, e fu nella stessa Eraclea
per ogni isola. Nelle violenze da Sereno sepolto. — Orso Ipalo IH doge. Nobi-
palriarca aquileiese , col favore di Lini- lissimo cittadino di Eraclea, ne'comizi
prando re de'longobardi, usate contro il ivi raccolti fu eletto nel 726. Esperto nel
metropolita di Grado Donato, pei- cui mestiere dell' armi acce«e la veneta gio-
•vantando antiche pretensioni, aveva per ventò alle battaglie, e il momento ago-
forza occupato l'isolette di Centenaria e gnò di venirne alle prove. In eltetto a-
Mossnne nelle Lagune di Grado, il doge vendo Luitprando re de' longobardi ce-
ne soffi'i mollo dolore; non però si smar- cupata Ravenna ch'era de'greci, e scac-
II, e scrittone al Pa[)a s. Gregorio II, ot- ciatone l'esarca Paolo (lo fu nel 727 o
tenue, che se non il longobardo, almeno 728), riparò questo in Venezia, unico
Sereno tralasciò di molestar gl'isolani. luogo ove potesse stimarsi sicuro per es-
Si quietarono per allora le ostilità, ma sere i veneziani sempre legali pel coin-
poco dopo si rinnovarono, e neppur vai- mercio coll'impero greco. Indi li pregò a
se a por termine alle pretensioni del pre- prendere le sue difese , e ritornare Ra-
Jato d'Aquileia, che il Papa fin dal 717 venna al suo signore Leone III V Isaiiri-
avesse segnatoa lui e al patri;ucn di Gra- co imperatore de'greci. Toli preci furono
do i confini delle giurisdizioni rispettive, avvalorate dal veder di mal occhio i ve-
determinando peli." il territorio de'Ion- neziani in possesso i longobardi di quel-
gobardi , ed al 2." sottoponendo ([uello l'importante porto , e dalle papali esor-
de'veneziani; e quella fu l'epoca del ca- tazioni (di s. Gregorio II con questa let-
nonico principio del patriarcato gradese lera, che ricavo da PaoloIMorosini:» Gre-
già originato dallo scisma de' Tre Capi- goi io Vescovo Servo de'Servi di Dio aldi-
tuli. Neppure si quietò il palliai ca d' A- letto figliuolo Orso doge di Venezia. Per-
3G V E N
elle per li «noi peccali la cillìi di Rnvon-
Yìn, ch'è capo di molle cliiese, è cndutn
nell'empie mani de' loiigohaiili, e il no-
bilissimo Esarca, come ci è slato liferilo,
si trattiene appresso di voi, e si ritrova
nella vostra città; ci sarà sommamente
caro, che sia favorito e aiutato, e che in-
vece nostra a gara insietne con lui per
il desiderio, che tenete pel bene di quel-
la città, e per l'alletlo che portate alla
nostra s. Fede, procurate di restituirla,
com'era prima, ella cristiana repubblica,
e rassegnare di nuovo nel servizio de'si-
gnori figliuoli nostri Leone e Costantino:
il Signore vi custodisca". Nonostante le
tante e gravissime vertenze fra s. Gre-
ifono /7 propugnatore del culto delle ss.
Immagini, e Leone III eretico sostenitore
t\e^\' fconorlasii, onde non potendo vin-
cerlo co' benefizi era slato scomunicato
dal l*apa, anche per aver allentato alla
sua vita ; e non ostante 1' apprensione
dell' ingrandimento de' longobardi, in
quel torno la virtù pontificia fu premia-
ta colla Sovranìlàxìellax. Sede e de Pa-
j)ì, originata dalla spontanea dedizione
de'[)opoli. sol trai lisi dtU'etn pio Leone III,
avvenimenti clamorosi che descrissi ne'
3 indicati e altri articoli. Ma non voglio
tacere il giudizio che da ultimo die di s.
Gregorio 11 il libro: Pensieri sulla. storia
d' Italia. Studi di Cesare Balbo." Quel
troppo mal conosciuto Gregorio 11, che
fu l'inventore del vero metodo di libertà
italiana, perchè seppe resistere a' longo-
bardi e a'greci senza aiuti stranieri con
forze italiane sole e fu capo della i." lega
di città italiane" ), indussero Orso ed i
suoi a mettere in mare poderosa flotta, e
data voce che ad altra impresa fosse ri-
volta, l'esarca fece sembiante d'esser sta-
to espulso da'veneziani; ma recatosi ver-
so Imola quivi raccolse soldati, quasi che
la volesse assediare; se non che pollatosi
subito sollo Ravenna, nel punto in cui
i veneziani, già del porlo usciti, s'ancora-
vano dinanzi alla città. •= Sorpresi i lon-
gobardi non sanno cui più giovi opporsi.
V E N
L'esarca si avanza. 1 veneziani posto pie-
de in terra appoggian le scale alla mu-
in, p sbarrata nna porta v'entran co'sol ■
dati dell'esarca viltnriosainenle. Egli è
verosimile che in cotesta occasione il do-
gedall'in'.peratore d'Oriente ricevuto ab-
bia il titolo d' Ipato, ossia di console ".
Questo titolo si convertì in nome di fa-
miglia, come con altro esempio quello di
Tribuno, il che già dissi. Si può vedere
l'annalista Rinaldi all'anno 726, n. 26
e 27, che narra Ira l'altre cose, aver
Lnitprando occupato Ravenna, per dete-
stare il sacrilego Leone HI persecutore
delle ss. Immagini, e col Dandolo ripor-
ta la riferita lettera di s. Gregorio II. Ma
questi fatti non potevano sopire !e gare
e le contese vicendevoli tra glieracleani e
gli equiliani. Questi il doge, divenuto or-
goglioso, aveva in odio, per cui aspramen-
te li trattava, e voleva impor loro nuovi
censi e tributi. Gli altri sostenevano il do-
ge, come cittadino eracleano; il perchè si
venne ad aperta battaglia. Vogliono al-
cuni che nella mischia Orso morisse; ma
la comune degli storici assicura, eh' egli
da' tribuni e da' nobili intolleranti la si-
gnoria d'un doge, sia slato fatto trucida-
re dall' insolente popolo sommosso nel
787 in Eraclea. Il Mulinelli con altri lo
chiama Orso Partecipazio^ uomo à\ v\-
vo carattere, di grande alterezza, aman-
te del fisto e del dominio assoluto , reg-
geva i cittadini come sudditi e servi; ma
ricordandosi i cittadini di esser liberi na-
ti, e tali volendo vivere, ed osservando
quindi che il contegno di Orso era di-
rettamente opposto a'diritti e alle prero-
gative del popolo, si aninurtinarono, as-
salirono nella sua casa il tiranno e l'uc-
cisero. Non mancano storici che com-
piansero Orso, per aver recato lustro
a se stesso, e colle armi recato più im-
portanza alla patria, non meno che van-
taggi pe' trattati commerciali. Altri in
fine sospettano che Orso agognasse il
potere assoluto; tentativo rinnovalo <la
allri dogi successori. — Inaspriti gli a-
V E N
ululi, iiou essendosi potuto riunir ìe fa-
zioni per la scella ci' un nuovo doge, an-
zi ila quei punto venuta in odio la du-
cai dignità, si prese il partito d'abolire
e tibiogaie un tal inagistiato supreaio
e perpetuo; per la triste esperienza già
fatta nou Volendosi neppur tribuni, tut-
ta viu reputandosi necessario un magistra-
to, si decise e di sostituii ne uno annuale,
sullo il nome di Maestro della Milizia.
Si scelsero dunque ad anno i maestri de
militi, e dal 787 al 741 cinque ne furo-
no, 1 cui nomi ci Irainaiulò la storia: Oo-
UJtiiico Leone nei 787, Felice Coinicola
nel 738 , Teodalo o Deodato figliuolo
del doge ucciso nel 739, Gioviaiio o Giu-
liano Ipalu nel 740 , e Giovanni Fabri-
ciaco o Fabriaco eiacleese nel 741 , d
quale governando più di qualuiupie al-
tro de' suoi predecessori aspio e feroce,
dall'iudigiiata plebe fu cacciato dal suo
uilìcio e alla greca accecato nel 742,
prima cl^e terminasse t' anno del suo
reggimento. — Teodato Ipalo IV doge.
11 governo militare e gli annuali maestri
de'militi, non riuscendo magislratura uti-
le e opportuna al governo del popoly, il
partilo, che cliiainato dall' esilio questo
Teodalo oDeodato figlio dell'ultimo doge
Orso avealo nominato maestro de'milit;,
procurava di restituire nella sua casa la
dignità ducale, volle pure compensare in
lui il danno dal padre soiferto. Pertanto,
nello stesso 742 convocata la conclone
nuu pili in Eraclea, ma in Malamocco,
si stabili di fare rivivere la dignità per-
petua di doge, e Teodato che già era sta-
to dall'imperalore iusignitodel titolo d'I-
palo, non senza meraviglia fu il iV doge
di Venezia, e fissò pel i." la sua dimora
ili Malamocco, cillà munita di torri e di
mura e isola sicura, decorata del seggio
vescovile, nou volendo soggiornare in E-
ruclea , ov'eru stato assassinalo suo pa-
dre e vi avea eretto il palazzo ducale ; e
per freno all'autorità ebbe due tribuni
come assessori. Cosi Malamocco divenne
ccuUo del ijoveiao dellu repubblica di Ve-
V E l\ 37
neziit,e sede del doge. Quanto ad Eraclea,
è bene che io qui avverta : Che notabil-
mente indebolita dalle guerre colla vici-
na Eq'iilio o Jesolo, sen)pre più decadde,
e impaludò ilopo la .devastazione recata-
le co" franchi da Pipino re d' Italia ne'
primi anni del seguente secolo IX, altro
funesto eccidio ricevendo nel Xda'tartari
ugii. !1 doge Agnello Parteclpazio era-
cleano la rifabbricò, poco lungi dal luo-
go ove sorgeva l' antica, ma assai più
piccola, e co! nome di C/7tó iVbi'ti, comu-
ne a Emonia o Città .Vov^ d'Istria ; né
valsero le premure del doge Pietro Or-
seolo II, che dispiacendogli la perdita d'uu
luogo si celeLre, ne restaurò con gran di-
spendio le fibbriche e il ducale palazzo,
e vi aggiunse una chiesa assai bella. Con-
servò per altro lungo tempo i vescovi pro-
pri colla cattedrale di s. Pietro, ove si tu-
mulavano, eli podestà succeduto al du-
cale gastaldo, finché nel i44o Eugenio IV
soppresse il vescovato, ne incorporò le
rendite e la diocesi al patriarcato di Gra-
do, che neli4Ti I si compenelrò in quel-
lo di Venezia, il luogo restando racchiu-
so nella diocesi di Treviso, come già no-
tai. — Il doge Teodato rinnovò i patti
co're longobardi, e sebbene costoro fece-
ro guerra a'greci e tolsero R.avenna all'e-
sarca Eutichio, il doge non si mosse. Pel
suo pacifico governo fu ampliato il com-
mercio, la navigazione de'veneziani di-
venne fiorcntissima ed estesa non solo ne'
man ilei Levante,m 1 in (pielli eziandio del
Poneiile, e lungo le coste e i porli dell'A-
fi ica e della Spagna. Si estese eziandio per
l'I tal la, e specialmente a Pavia ed a R.oma.
11 decadimento di Ravenna tornò a van-
taggio de'veneziani, partloolarmeote do-
po l'alleanza più larili conclusa coll'arci-
vescovo Sergio; in breve, erano ormai es-
6Ì, si può dire, la sola nazione cominer-
cianle e navig itrice di ((•ue'tempi. Laon-
de gran cura mettevano nella costruzio-
ne de' navigli, e già il maestio de'militi
Curnicola aveva invitato maestri ^d>bn-
calcri di uavi dulia Schiavouia, dall'islrui
3S V E N
e dalla Puglia, all'oggello di peifeaiona-
le quelle in uso tra' veneziani, come si
narra dal Romanin. Pareva ancora che
sullo al suo governo gli odii e le discor-
die Ira gli eracleani e gli ecjuiliaui fossero
sopite, quando si ridesiarono a un trat-
to. Per assicurarsi da'troi)po vicini longo-
bardi già possessori di R.avenna,Teodalo
in sulle sponde dell' Adige fece costruire
un niunilissimo forte inferiormente a
Broud'olo, poiché dicesi dallVir^e di ve-
rificarle date, aver stipulato col loro re
Astolfo un trattalo, col quale esteseli ter-
ritorio dello stato di Venezia. Allro non
ci volle perchè Galla Gaulo di Jesolo,
uomoscelleralissinio, suscitasse tutti colo-
ro the facihnenle prestavano fede alle vol-
gari dicerie, e che essendo equiliani era-
no del parlilo contrario al doge, e uu
giorno in cui Teodalo ritornava dall' a-
ver visitate le fortificazioni, si scagliò ar-
mala mano sopra di lui, il prese, lo acce-
cò, e tanto iniquamente operò che fu dai
principato deposto; nel ySS ciò avvenne,
i3 anni circa dacché era asceso al soglio
ducale. — Galla Gaulo F doge. Figlio
d'Egidio tribuno d'Equilio, uomo quan-
to immerso ne'vizi, altrettanto prode nel-
l'armi, dopo aver battutogli eracleani e
gli Obelerii col soccorso de'ravennati e
de'grecijUccisoEurico Barba romano, oc-
cupalo parecchi lidi fino a Grado, invaso
Malamocco, e deposto l'infelice Teodalo,
con calunnie accusandolo al popolo di af-
fettar la tirannide; invece sedizioso e am-
bizioso egli stesso, si fece acclamare prin-
cipe delle Venezie. Il fortissimo parlilo
degli equiliani suoi concittadini, la pro-
lezione della famiglia de'Gaulial sublime
seggio il portarono. Ma anziché tenjpera-
re colla clemenza del governo il necessa-
rio rigor delle leggi, parve che asceso al
soglio Galla divenisse più llerreo e più
crudele, bn perocché, colla forza per un
anno intero si mantenne nell' usurpalo
dominio, e colla forza sottomise le vicine
isole e.lecostrinse a tacere. Ma abhorrilo
da queste, e ordita segielissioia cougiuro,
V EN
diletta forse dalle primarie famiglie de'
nobili, lutto a un tratto il popolo solle-
vossi, cinse Malamocco, prese Galla, ed
accecatolo il cacciò fuori delle Venezie col
bando nel 7 56. — Domenico lìlonegario
/Yr/o^e. Eletto in tale anno, per restrin-
gere la troppo assoluta autorità del doge,
i veneziani forse riguardandolo non meu
feroce del predecessore, gli misero al fian -
co due annuali tribuni, che insieme con
lui avessero a consultare e decidere gli af-
fari, e ne frenassero gli arbitrii. Dicesi che
fossero Candian Candiano e Agnello Far-
tecipazio, e vuoisi pure che da questi ab-
biano traila origine quelli che poscia si
chiamarono Consiglieri del Doge. Ma
questo rimedio altro non fece che accre-
scere la confusione e il disordine: perchè
essi, anziché persuaderlo da forti al ret-
to operare, e interporsi presso lui a favor
della nazione, erano il più delle volte o
per incapacità o per pusillaiiÌMiità suoi
laudatori. L' alterigia però del Moiiega-
lio mal solTiendo consiglieri^ i quali, co-
munque al suo volere aderenti, pure d'o-
stacolo erangli a dilatare maggiormente
la sua podestà, li derideva e sprezzava,
ciò che fece insorgere tra i! doge ed essi
fierissime discordie; il perché i Sribuiii
aiutati da tutta quanta la nazione mac-
chinarono cofigiura simile a quella onde
Galla fu vittima, e Monegario pali il ca-
stigo dellaccecameulo e dell'esilio nel
764, dopo 8 anni di reggimento tiran-
nico. I due tribuni moderatori pare che
non si rinnovassero, riconosciuti quale
lotta fra' due poteri, secondo il Muazzo,
Governo della Repubblica, mss. citalo
dal Romanin. Questa é un'epoca doloro-
sa della storia veneziana, per le tante di-
scordie e guerre civili che tennero agita-
lissime l'isole; né ultime erano le fazioni
de'cTStellani e nicolotli, di cui feci parola
ne! § XVI, n. 3, derivale da quelle degli
eracleani indispettiti del trasferimento
della sede a Malamocco, e degl' isoinni
che ne acquistarono la prerogativa. —
Maurizio Galbajo VII doge. Il clero e
V E N
i iiubiU radunali in assemblea sulla spiag
eia di Malamocco lo elessero nel 764; di-
stinto per nascita cilladino eracleano, ma
assai più per prudenza e saggezza, e per
mente pronta e perspicace. Sedò le di-
scordie che ancor bollivano tra quelli d'E-
raclea e quelli d'Ef[iiilio, con tregua. Dal-
ie incursioni degl' italiani (come allora i
veneziani chiamavano ia generale lutti
gli abitatori della terraferma), seppe di-
fendere leF^agnue. Sostenne i diritti iliGio-
vanni patriarca di Grado, alla cui giuris-
dizione pe'maneggi di quello d' Aquileia
Sigtialdo eransi sottraiti i vescovi su (Ira-
ganci dell'Istria, con inviare a R.oma al
Papa Adriano 1, nel 772, come leggo in
tale anno, n. 5, nel Rinaldi, quali am-
basciatori loslesso Giovanni, Magno pre-
te, e Costantino tribuno, supplicandolo a
frenare Sigualdo, the aiutalo da Deside-
rio re de' longobardi, gravi danni e vie-
jen7e recava alia chiesa gradese; ed otten-
nero ponliflcie lettere di consolazione pel
patriarca di Grado, e di rimproveri per
quello d'Aquileia. Inoltre il Papa scrisse
a'vescovi dell' Istria, ricordando loro co-
me ne' patti generali tra' greci, i longo-
bardi ed F franchi, l'Istria era stata rico-
nosciuta comesoggetta al patriarcnfogra-
dese. Narra di piìi il Pv.inaldi, che i legati
veneti pregarono Adi inno I di dare un
vescovo diverso da quello di Malamocco,
a Rialto dove i cittadini dimoravano cuu
maggior frequenza e aumento, e gli esau-
dì; nominando poi il sinodo di Malamoc-
co Obelerio per vescovo, figlio d'Eiiean-
gelo tribuno di Malamocco. Dice l'ab.
Cappelletti che nel 775 o nel 776 av-
venne la fondazione della sede vescovile
di Venezia, la cui residenza fu stabilita in
Olivoloossia Castello, una dell'isole Reai-
tine, ilonde venne a' suoi pastori il titolo
di vescovi d'Oli volo e poi di Castello, po-
scia patriarchi di Venezia: tutto narrerò
nel § XXI. Frattanto vessato Adriano I
dull'ingraio Desiderio re de'Iongobardi,
ricorso all'aiuto di Carlo Magno re de*
franchi di lui nemico, avendone ripudia-
V E N 39
ta la figlia, calò in Italia con poderoso e-
sercito : vinse Desiderio , l' imprigionò e
die fine al regno longobardico di cui s'im-
padroni. Pare che i veneziani spontanea-
mente accorressero a recar vettovaglie col-
le loro barche all'esercito franco, nell'as-
sedio di Pavia ov'erasi chiuso Desiderio.
Carlo Magno confermò al principato tem-
porale della s. Sede le donazioni fitte da
suo padre Pipino re de'franchi. Leggo in
Anastasio Bibliotecario, De Vilis Rom.
Ponti fìcwìtyl. I, p. 25o, che Carlo Ma-
gnodonò pure alla Chiesa Romana, Pro-
vincias Fenetiaruniet Histriain. Ripor-
ta altrettanto il Borgia, Breve istoria del
dominio temporale della Sede aposto-
lica, p. 283, riproducendo il testo del di-
ploma Carolino, e soggiunge. Il solo con-
fine delle Venezie e dell' Istria in questa
descrizione per fìnes è alquanto oscuro
per conto dell'/.?//'iV7, nella quale posse-
deva na^/v'mo/ij la Chiesa Romana innan-
zi s. Gregorio I. Che VEsarcato di Ra-
venna (in parte datosi spontaneamente a'
Papi e in parte donalo d.il re Pipino, in-
di confermato da Carlo Magno) confi-
nasse da un lato colle Venezie ben si com-
prende, ma non fu chiarito ancora come
potesse aver per confine anche l'Istria.
Se Carlo per estremo confine da quella
parte del dono fatto alla Chiesa da Pipi-
no nominò l'Istria, ebbe buon fondamen-
to di porvela. A dimostrarlo basti il ricor-
dare il patrimonio che la s. Sede posse-
deva nell'Istria, raccomandato da s. Gre-
gorio I coir Epist. 49» lib. 4> Epist. 9,
lib. IO, ad un notaro per amministrar-
lo, e nel possesso del quale continuava
a'tempi di Carlo, come si trae dalla let-
tera che nel 778^ Adriano I gl'indirizzo
per narrargli un grave sconcio accaduto
in persona ili Maurizio vescovo dell'Istria,
destinato dal Pa[)a a raccogliere le pen-
sioni di quel patrimonio, pubblicato dal
Borgia. Se si dovesse slare all' antico si-
stema dell' Istria, non si saprebbe com-
binare il suo confine coU'EsarCiito, essen-
do incontrastabile che niuna delle sue ter-
4o V EN
re toccava quelle, che poi si dissero Esar-
ca lo, e ch'ebbero per confine le Venezie.
jNIa se riflettasi, che il nome ci' Istria fu
ne' bassi tempi dato talvolta a tulle o ad
una parte delle medesime Venezie, si ve-
drà chiaro il perchè nella donazione cir-
coscritta per fines si nominasse colle Ve-
nezie anche l' Istria. Trallavasi pertanto
di confine tU luoghi, che ora dicevano
Venezie ed ora Istiiaj laonde per cer-
tezza di teraiiua£Ìone conveniva nomi-
uarle ambedue, ed in prova offre la sino-
dica del concilio romano del 679, in cui
j vescovati di Ceneda,Oderzo e Altinoso-
uo dichiarati in pro^'iiiciat Islriae, ben-
ché fossero luoghi delle Venezie; laonde
ben a ragione potè dirsi nel secolo Vili
che l'Esarcato confinava colle Venezie e
coirislria. Anche la Carnia un tempo fu
della Istria, e lo provò il p. Parlati. Cre-
dette il Muratori, Aiinali d'Italia, an.
96?,, che nella donazione per fiiics le Pro-
vincie delle Venezie e dell'Istria vi fossero
indicate come terre donate; ma egli prese
su di ciò grave abbaglio, come dimostrai!
Borgia. Avendo però riscontrato il Mura-
tori, a me pare che dica quasi tutt'allro,
secondo il suo sistema d'avversare la so-
vranità della Chiesa Romana. Egli dun-
que narra la venuta in Pioma nel 962 di
Ottone I, e poidice. » Leggesi parimenti
presso il cardinal Baronio, e in altri libri,
il diploma d'Ottone (I), confermaloiio
di tulli gli stali e beni della Chiesa Ro-
mana : documento nondimeno, che non
va esente da varie difficoltà, siccome ho
altrove accennato. Fra l'altre cose si veg-
gono ivi confermate a s. Pietro le Pro-
vincie delta Venezia e deli' Istria , e
tutloil ducalo Spoletano e Bene\'enlano,
la città di Napoli, per lacere d'altri pae-
si, che per l'addietro non mai dipenden-
ti nel temporale dal Romano Pontefice,
erano governati da' principi, vassalli de-
gl' in)peralori d' Occidente o de' re d'I-
laha, o pure degli Augusti greci, e segui-
tarono ad esser tali "'. Per ultimo nou
voglio tacerei In f'eneliaruin Provincia
V E N
Jura S. Roinann Ecclesia, Io scrisse ao--
Cora il Cohellio , Notitia Cardiiialatus,
p.i20, con riferire il testo del diploma
della conferma delle donazioni dell' im-
peratore Ottone 1: atque Provincia Ve-
netaruni et Istria. Sia comunque la
cosa, nou ho trovato che i Papi vi eser-
citassero sovranità temporale. Nell'anno
781 Adriano I unse re d' Italia Pipino
figlio di Carlo Mag^o, allora di 6 anni.
Tutti questi avvenimenti erano stali se-
guiti coir attenzione che meritavano da'
veneziani, i quali delle cose d' Italia si
occupavano assai pili che comunemen-
te non si crede. Secondo i loro interes-
si erano alleali ora co' greci, ora col
Papa, ora cogli arcivescovi di Ravenna,
ora cogli stessi longobardi. Eransi recati
al camj)0 di questi, cos'i a quello de'fran-
chi, e vi fecero spaccio di vesti, merci e
ornamenti sontuosi; frequentavano le fie-
re; negli ultimi tempi dell'Esarcato ave-
vano per fino acquistato alcune terre di
sotto alle foci del Po, verso Cornacchie e
Ravenna, ove tenevano presidi! ed eser-
citavano commercio. Considerati da Car-
lo Magno i veneziani, siccome per incli-
nazione e per interessi aderenti all'impe-
ro greco, non potevano essere molto in-
nanzi nelle sue grazie, onde egli doman-
dò fin dal 784 ad Adriano I che fossero
scacciati da que'Iuoghie s'inlerdicesselo-
ro di negoziarvi, in che fu puntualmente
esaudito. Forse che al dello motivo l'al-
tro eziandio si aggiunse, che avendo Car-
lo in queir anno fatto severissimi prov-
vedimenti contro il commercio degli
schiavi, egli volesse espulsi da quelle ter-
re i veneziani, che il traffico iniquo copio-
samente esercitavano , come narrai nel
§ XVI, n. 4} e apparisce dal generoso al-
to di s. Zaccaria, Papa del 74'» '' quale,
a liberare alcuni di quegl' infelici, avea
fatto rimborsare i veneziani del prezzo
per essi pagato. L'animo di Carlo pe've-
neziani noti era certamente benevolo , e
fin d'allora si preparavano le cause de'
buccessivi avvenimenti. 11 tulio appreu-5
V E N
tio dal Romnnìi). Il doge Maurizio ebbe
(l.dla corte bizautiua gli onori e il titolo
d'Ipato; e divenuto ormai vecchio, tan-
ta era la fiducia e 1' auiorenn lui posto
du'veueti, che nel 777 (al dire dell'^^r-
tf (li \'crificare le date, epoca noi» sicu-
ra perchè in tale anno col Dandolo fa
morire il doge), imitando l'uso frecpjeu-
li>simo di Costantinopoli, gli permisero
d'associare nella ducea Giovanni Galbajo
suo figlio; rendendo cosi, quasi senza vo-
lerlo, perpetuo nella famiglia Galbaja il
reggimento della repubblica, e monar-
chico il potere de'dogi; e allora è proba-
bile che avessero fine que'tribuni annua-
li, i quali si erano aggiunti al preceden-
te doge Mouegario, secondo il cav. Ci-
cogna. Questa è la i." volta che i vene-
ziani avessero contemporaneamente due
dogi ; esempio che produsse in seguito
perniciosi elfetti, dice il Muratori. Final-
mente dopo circa 23 anni di glorioso
principato cessò di vivere Maurizio nel
7(S7. — — GioK'anni Galbajo P III doge.
Defunto IMuiuizio nel 787, solo rimase
sul trono il figlio Giovanni, il quale sciol-
to da'riguardi paterni cominciò poco do-
)io a spiegare le sementi di que' vizi che
{"iiuì allora aveva saputo dissimulare,
l'rincipe avido, violento, dissoluto, in c)
aiuii di tirannide altro per avventura di
buono non procacciò, se non la conferma
del trattato de'confìni Ira'veneli e i lon-
gobardi, già per 1' addietro concluso, e
pare che *ia quell'accordo fra'greci e i
fianchi di cui poi [larlerò, nel quale i pri-
mi tutelarono gì' interessi veneziani. A
rendere più grave il suo reggimento, ri-
cercò e gli fu permesso di associarsi il fi-
glio Maurizio, il quale dissimulatore del-
le proprie turpitudini infino a quel pun-
to , ne fece mostra in sul trono , gareg-
giando padre e lìglio nelle crudeltà e nel-
r infamia. Andjedue recatisi a Grado,
dopo aver ingiuriato e fatto battere il
venerabile patriarca Giovanni sunnomi-
nato, per ricusarsi di consagrare a ve-
bi;ovu d"(JIivolo il gioviuelto grecoCristo-
VEN 4i
foro, per propendere al partito de'fran-
chi, e pe'rimproveri cu' quali biasimava
l'abuso d'autorità e la loro scostiunata
vita, lo fecero misera mente precipitare
da alta torre da'sicarii, i di cui uiuri fu-
rono aspersi del suo sangue. L'ab. Cap-
pelletti chiama feroci tiranni i due dogi,
dice avvenuto il barbaro fatto nell'Hoa,
e che il solo terrore potè contenere il po-
polo irritato a vendetta. A solFjcaine l'ira
i dogi elessero patriarca Fortunato ni-
pote dell' ucciso, li quale accettò la di-
gnità con brama interna di vendicarse-
ne. Frattanto nell' 800 da Papa s. Leo-
ne Ili era stato ristabilito l'impero ro-
mano d'Occidente, proclamando e coro-
nando in Roma injperatore Carlo Ma-
gno, re de' franchi potentissimo per va-
ste conquiste e benemerentissimo della
Chiesa. Narra il eh. Romanin, che nel-
l'isole venete andavasi estendendo il par-
ti lo a favore de'frauchi, animato dal pre-
sligio del nome del grande imperatore e
dalla considerazione de'ma^f'ioii vantaa-
gi commerciali che avrebbero potuto de-
rivaredallaverlo amico e protettore, an-
ziché >fdvorevole, a causa degli antichi
legami della repubblica coll'impero gre-
co. Dall'altro canto il partilo contrario
consiileiava i franchi nemici, e continua-
mente meditare la rovina de' veneziani,
come chiaro mostrava la flotta, che corre-
va voce aver fallo costruire a R.avennaPi-
pino re d'Italia, l'esclusione dal commer-
cio della Pc-///i//jo//, e ritenere in pericolo
le nazionali libertà pel partito favorevole
allu straniero. Gli animi s' inasprirono
per modo che il doge Giovanni, colla op-
portuna occasiooe,fece allestire una squa-
dra di navigli armati, e la mandò con
Maurizio a Grado ad abbattere il detto
patriarca Giovanni, secondo il racconto
deIRomanin, e fu allora gettato dalla tor-
re del palazzo; e poi per dare qualche sod-
disfazione al fremente parlilo dell'ucci-
so fu sostituito il nipote di granile inge-
gno, ma scaltro e dissimulatore, hi ({ue-
slo Icinpo si pacificarono Carlo Magno
4^ V E N
e Niceforo imperatore d'Oriente, a cui
rioiusero, per accordo, la Sicilia, le citlà
di Puglia, e quelle marittime della Dal-
mazia. S[)elta vano all'impero occidenta-
le r Italia seltenl rionale posseduta giù
(la'loiigob ardi, (nominalmeule) \\ ducato
Iiomauo, l'Esarcato, la Pentapoli (sovra-
nità della s. Sede); e inoltre il Carso (por-
zione del regno Illirico, fra la contea di
Gorizia e Trieste, sulla costa Adriatica),
il Lika (distretto e riviera della Croazia,
ora reggiiueutario militare), parte del-
l' Istria, della Dalmazia mediterranea, e
quella parte della Liburnia concpiislala
da Carlo Magno sui croati; ed il duca-
lo Beneventano , benché donato alla s.
Sede, era ancora sostenuto dall'armi del
duca longobardo. Quanto a' veneziani,
in tale alleanza e accordo, fu statuito no-
ininatameute che le città della Venezia
e quelle marittime- della Dalmazia, co-
stanti nella sincera divozione all'impero
orientale, non dovessero essere dall'im-
pero occidentale né invase, né minuile;
e che i veneti continuassero a gotlere pa-
cificamente delle possessioni , libertà e
immunità ch'erano soliti avere nel regno
Italico. Le nominate città della Venezia,
che da' greci si vollero protette da ogni
molestia, sono certamente le isole delle
Lagime, Urbs Fenetorunìy solo conser-
vando lutto al piìi verso l'impero d'O-
riente una dipendenza piu'auieiite nomi-
nale, e quale poteva coiubinarsi con un
ra[)porlo di prolezione, al modo già ri-
ferito nel n. 3 di questo (j. Maturavansi
intanto gli occulti disegni del patriarca
Fortunato, il quale credendo alfine giun-
to il ujomento di tiar vendetta dell' ese-
crabile uccisione del suo zio e predecesso-
re, die mano, insieme con parecchie fa-
niiglie tribunizie, ad una congiura con-
tro i dogi Giovanni e Maurizio. Ma sco-
perta, egli si vide costretto a prender la
fuga insieme co'suoi coinjilici Obelerio
tribuno di IMalamoccoe altri nobili ve-
neziani , ricoverandosi nel regno Italico
a Treviso. Da qui Fortunato pas-ò alla
V E N
corte di Francia, ponendosi sotto la pro-
tezione di Carlo Magno , onde eccitarlo
contro i veneziani, rappresentandoli tut-
ti divoti all' impero greco, e dicendogli
essere stato ucciso 1' antecessore perchè
aderente al partilo franco. Intanto i pro-
fughi di Treviso continuavano destra-
mente le loro macchinazioni, e fatti le-
vare a tumulto i partigiani nell' isole, i
due dogi Giovanni e Maurizio si trova-
rono a un tratto abbandonati e costretti
con grande slento neir8o4a rifugiarsi su
quel di .Mantova. Giovanni si fermò ia
tal città, e Maurizio gittato>i nelle mani
di Carlo Magno, indarno ne implorò il
soccorso , come avversalo dal patriarca
Fortunato; per ciii restituitosi ov' era il
padre, non fu piìi loro concesso di rive-
dere i patrii lidi, e credesi che ambedue
finissero i loro giorni in Mantova nell'e-
silio, riuscendo inutili i tentativi fatti per
ricu[>erare il potere. — Obelerio Ante'
noreo IX doge ([nesso alcuni storici è
computato Vili doge, perchè tengono
coiBe continuazione di ducato quella di
Maurizio padre e di Giovanni figlio Gal-
bajo regnanti insieuìe dal 764, o meglio
più tardi, al 787; laddove altri storici a
Giovanni Galbajo danno il n. VII fin-
ché regnò col |)adre ^uo Maurizio, e al-
lorché dopo la morte di lui cominciò a
regnar solo, dal 787 air8o4, assegnano
il n. Vili, quindi il susseguente doge O-
belerio ha il n. IX. Questo è il motivo
per cui alcune serie couipiitano per do-
ge CXIX anziché per CXX l'ultimo do-
ge Manin. Il Palazzi die il n, VII tanto
a Maurizio quanto a Giovanni Galbajo,
quindi il n. Vili ad Obelerio; ed hii pò i
assegnato il n. XVI a Domenico Tribu-
no mettendolo nell'elenco de'ilogi, seb-
bene sia escluso dalla maggior parte degli
storici; ecco pure perché avendo il Nani
ommesso uno e incluso un altro doge, i
numeri della serie del Palazzi dal XVIf
in poi corrispondono alla sua. Il motivo
poi perché nella sala de! gran consiglio
i ritratti de'do^i non counnciano che da
YEN
Oljeleiio, è (juello che, giusla la comu-
ne degli storici, Obelciio fu l'ullimo de'
dogi crealo iu Malaniocco, e il i.° che si
recò ad abitare in Rivoallo, secondo il
cav. Cicogna, sebbene poi dovrò dire co»
lui che lo stabiiinienlo della sede del go-
verno in Rialto fu neirS 1 3. Quando il do-
ge Marco Coinaro ordinò che in detta
sala si dipingessero i dogi , volle che si
cominciasse dal i ° doge che fece residen-
za in Uiallo). D'origine patavina o ate-
stina, già tribuno di Malaniocco, venne
«lall'esilio richiamato a reggere la patria
iieir8o4i proclamato dall'asseniblea na-
zionale, che avea deposti e esiliali Gio-
vanni e ìMaurizio. Assunto appena alla
ducal dignità associò d fratello Bealo, e
in ^eguilo anche Valentino 3." fratello.
AlTczionalo a Carlo Magno per genio, e
per la moglie che tolse in Francia quan-
do colà recossi, era giunto perfino a pro-
Oieltere, senza sapula de'veneli, il pos-
sesso dell'isole delle Lagiuie a Carlo Ma-
gno ed a suo figlio Pipino re d' Italia.
Scoppiò nuova gueira Ira Eraclea ed E-
quilio, con sanguinosi successi: il doge O-
belerio vi mandò il fratello Valentino,
il quale postavi la quiete, slabiPi che le
piìi nobili famiglie d'Eraclea e d' Equi-
lio trasportassero loro dimora in Rialto,
a Torcello e a Malaniocco. D'allora in
poi Eraclea ed Equilio decaddero dalla
loro grandezza. Obelerio allestì in patria
un'armata navale, e con Beato porlossi
nella Dalmazia per punire i croati slavi,
pirati infeslissiiui nell'Adriatico. Non po-
tè per altro richiamare il suo amico
Fortunato patriaica di Grailo, per e-)Ser-
si dato manifestamente alla parte de'fi un-
cliij il qualp però ne'successivi subbugli
si avvicinò all'isole con Cristoforo vesco-
vo d'Olivolo, divenuto suo amico, fis-
sando la sua ditnoia nel borgo luesti ino
a Can)pallo,da dove si adoperava a man-
tener viva la fazione franca. Non veden-
dosi richiamato alla sua sede, si allonta-
iiòdi nuovo recandosi in Istria, ove, pel
favore dciriiupciatore Carlo, guJev.i di
V E N 43
grandissima autorità, edaccumulav^i im -
mense ricchezze co'tradìci di 4 *^"'' "■'*
vigli. Finalmente fu richiamato dal baii~
do e assolto. Tornato in Grado, fece al-
tresì listabilire nel vescov;ito 1' amici»
Cristoforo, ambedue ora pienamente di
accordo nel favoi iie a lutto poteie il pal-
lilo fianco nell'isole. Intanto i francesi
allenati dalle promesse d'Obelerio, aspi-
ravano alla C(inquista delle V'eiiezie, ma
due volle la fluita gì eco entrò nell'Adria*
lieo per sostenere la sua influenza e il suo
partito in lotta col franco; poiché secon-
do alcuni cronisti pare che Obelerio nel-
ì'SoS si recasse iuFrancia dall'imperatorB
con Beato, e facessero allodi sommissione
e acconsentissero a ricevere il ducato,
come allora costumavasi, cpiale investi-
tura impei iale. l^ipino re d'Italia, che a-
spirava ai dominio dell' isole, si decise
abbattere colla forza quel partito greco
che si opponeva alla loro sommissione,
menlre co'propri circondava tulli i pos-
sedimenti veneziani, e poteva col chiude-
re le buche de'fiumi, che mettono nellii
Lagune, graveoienle pregiudicare il traf-
fico. Pare che olfeso Pipino della ricusa-
la alleanza, per impadronirsi della Dal-
mazia, a motivo degl' interessi commer-
ciali the da secoli avevano i veneziani con
Costaulinopoli, vera soigenledi ricchez-
ze, rotta la guerra n)andasse numerosis-
simo esercito di longobardi ad impadro-
nirsi della provincia de'veneli. Questi ili
lauto cimento non mancarono a se stes-
si. Prenilendo principio da chi lutti reg-
ge gli umani destini, ricorsero al sicuro
porlo delle orazioni, affluirono alle chie-
se ad implorare la divina misericordia,
cui aggiunsero digiuni, limosinc e ogni
altra diuiostrazione di religiosa pietà.
Dando quindi mano a quanto poteva in
sì grave frangente tornare a salute della
patria, cominciarono dal mandare avvi-
si a'ioro concilladini, che commeiciava-
no nelle terre dell'impero d'Occidente,
aninchè si ponessero in salvo j accelera-
rono l'ari i\o d'ogni sorla di provvisioni,
44 V E jS
t siiodiiono aCostai)liiiO[)oli per soccor-
si. In pilli tempo con palafitte, con enor-
mi pietre e macigni , con alFondali va-
hcelli adoprarono ogni mgegno a cliinile-
le il passo de'caiiali; levarono a (piesti le
guide, fortificarono e al» barrarono l' en-
trale principali e le terre vicine al con-
tinente. Tulio era movimento: si costrui-
vano barche, si piantavano pali , si ad-
destravano i cittadini all'arini e al lemo.
J veneziani valorosi, incoraggiatidalle au-
torevoli esortazioni de'vescovi e de'capi-
lani, attendevano animosamente il ne-
mico. Il te Fipino dal cauto suo, prepa-
rala coll'aiuto de'ravennati,riminesi, co-
niaccbiesi e ferraresi una fluita, s'avanzò
arditamente uelleLagune. In pari tempo
le sue genti dell' Istria e del Friuli, im-
padronitesi delle due regioni, quasi di-
birulta Eraclea, invasi alcuni paesi della
parie nieridionale del veneto dominio,
assalirono Grado, isola resa illustre dal-
ia residenza del proprio patriarca dt>po
la lovina della famosa Acpiileia; e tiopo
vigorosissima difesa fallavi da un mae-
*lro de' militi della veneta famiglia de'
Vanii , se ne impadronirono. Forse fu
jiiesa anche Gaorlc, e l'aniiala regia con
impelo piombala su Jcsolo o Equilio ed
i luoghi circostanti, li ridusse egualmen-
te a suggezit)ne, dopo averli messi a fer-
jo e fuoco. La poderosa flotta de' fran-
chi inullratasi pe'lidi del l'ineto, di Lio
maggiore, di Saccagnana, li bruciò tulli.
(ili abitanti fuggirono a Umano, Tor-
tello, Mazorbo, contro letpjali isole nul-
la poterono inlraprendere gli aggresso-
ri, per la dilTlcoltà naturale de'|)assaggi;
come nulla poterono tentare dal mar-
gine di Campalto, Tessera, IMestre, Bo-
linico, essendo i canali artificiosamente
ì>en muniti e tolte da per tutto le gui-
<ie. Diresse quindi Pipino gli assalti da*
lidi meridionali ; e invaso l'acquoso paese
vicino alle foci del Po e dell'xidige, bru-
tiando Fossoiie, Capo d' Argine, Laure-
Io, Crondolo e le due Chioggie; superali
poi oun gravi difllcollù i porli di IJiou-
V E N
dolo, Chioggia e Pelestrina , tentò var-
care anco (piellod'Albiola o Paslene, ora
Porlosecco e dove si prolunga il lido di
Peleslrina, allora diviso in due parli e li-
di. Nel porto d'Albiola l'acqua era pro-
fonda e opportuna a reggere le navi con
cui Pipino s'avanzava a coiubaftere i ve-
neziani, onde sperava poter colà oppor-
tunamente manovrare, e già credeva si-
cura la vittoria e di potersi inoltrare ver-
so Rialto onde eslerminare anche quel-
r isola, per cui i suoi boriosamente ne
scrivevano nel resto d'Italia e in Fran-
cia, e la voce del trionfo e della conqui-
sta era pur giunta a Costantinopoli. Sla-
vano sul lido verso Malamocco disposte
le truppe franche a piedi e a cavallo, per
dare appoggio alla flotta: di riconlro sul-
l' opposto lido slavano i veneziani e lì
presso le loro barche che impedivano il
passo a quelle di Pipino. Colle sarte, co'
cordaggi , colle antenne avevano fatto
altrettanti ripari , dietro a' quali sta-
vano arcieri e frombulieri , i cui pro-
ietti davano non poca moleslia a' fran-
chi. Tornarono (juindi vani tutti gli
sforzi di questi a superare quei passo,
e ben sei mesi durarono l'uiiu parte e
l'altra, questa nel tentare animosa lo
sbarco, quella vigorosa nel respingerlo.
Ebbero luogo più falli d'armi tra le due
flotte 5 e tra' tentativi di Pipino, quello
pure può forse annoverarsi di passare al
lido di Malamocco sopra zalte e pontoni,
non però di costruire un ponte da Ma-
lamocco a Rialto, come pretendono al-
cuni cronisti. Pipino minacciava i vene-
ziani, dicendo loro con alterezza : Sud-
diti miei siete, jjoi('liti dalle mie terre l'e-
«/.y/t'.Ed i veneziani rispondevano con fer-
mezza : All' imperatore de' romani (così
anch'essi chiamavano quello de'greci, non
curando il titolo dato dal Papa a Carlo
Magno) s-'oglia/jio essere sogi^etti^ tioii a
le, cioè nel senso spiegato di sopra. Con-
tinuando i veueli nella resistenza, artifi-
ciosamente iiulietreggiarouo nella Lagu-
na, onde nel riflusso i molli grossi navi-
V E N
cH nomici ^i «lovessoio aiieslaie iniiìio-
l)ili soprn gli «t;anni (lelhi nifdesima, ar-
lennisi e reslaie in secco, stialagemma
cli'ehbe il suo pieno eiretln ; e piolun-
gandosi la guerra snpraggiunscio i caldii
dell'eslale, riusciti micidiali a'franriii. S.
f|ueslo disoiilro si aggiunse la notizia del-
l 'avvicinamento della llotta greca, ed il
riflesso delle funeste conseguenze d un
lungo assedio; onde Pipino, persuaso che
nulla olleriel)l)e colla forza, nulla colle
minaccievoli intimazioni, si decise alfine
di venire a un componimento co* vene-
ziani (non manca clii asserisce mediato-
le della pace un legato invialo da s. Leo-
ne III), promellendo di ritirarsi e di ri-
conoscere gli antichi loro privilegi di
commercio co' porli tl'Jlalia e fdtrove, e
di restituire le terre occupate; menlre
dall'altro canto s' impegnavano i vene-
ziani di pagare a lui ed a' suoi successo-
ri certa somma annua, a rxtmpenso del-
la conferma di loro franchigie ne'lraHìci
nelle terre italiche. Dichiara l'accurato
riomanin.che talee il racconto più proha-
hile d'un fatto cos'i clamoroso e tanto al-
terato dalle cronache veneziane, non me-
no che dalle francesi, i cui scrittori co-
piandosi l'un r altro, francamente asse-
rirono che i veneziani si fecero sudditi
di Pipino ; mentre 3o anni dopo l'impe-
ratore Lotario I nipote di Carlo Magno e
cugino di Pipino, concluse un trattato co-
me da potenza a potenza, nel quale non
SI fi cenno d'alcuna prelesa sommissio-
ne. iNJenlre poi le cronaclie patrie narra-
no l'assalto dato da'veneziani alle navi
franche'in tempo della bassa marea, quan-
do (pielie per la poca pronìudilà dell'ac-
<ju:i si trovavano imharazzale, e le prò-
\n\e di più leggera costruzione facilmen-
te le offendevano da tulle le parti ; poi
del feroce combattimento avvenuto nel
canale cui rimase il nome di Canal Or-
fano pel gran numero degli uccisi fran-
chi : le cronache (rancesi al contrario non
parlano se non di vittorie e della conqui-
sta dello slato veneziano, il che ò vero
V E N i ■;
quanto solo a varie isole, non mai l'a-*-
sog^eltamento della repubblica, hi quale
non fu abhalluta e si restrinse n Rialto e
ad altre poche isoletle col doge, che vi
I rasici 1 la sede da IMiilamocro, la cui iso-
la rimasta in molto decndimeiito, un ter-
remoto la distrusse verso il i 107, la se-
de vescovile es«endo già stata trasporta-
ta a Chioggia, il che narrai nel § XVIII,
11. 28 e 32. Ninna traccia infalli di pie^i-
dio banco, niun'allerazione del suo go-
verno; passalo il pericolo, la repubblica
veneta di proprio a ibi li io, .senza consul-
tar nessunOjdichiarò d'allora in poi Rial-
to capitale dello stalo, e torni) nel libero
possesso delle isole occupate. 11 tributo
slesso non fu sempre pagalo, a seconda
delle condizioni in cui si ti ovaroiu) gl'im-
peratori, e il bisogno che i veneziani a-
vevano di loro, e il pagavano per le ter-
re possedute nel continente e pe'privile-
gi di commercio, non già ()er l'esistenza
del proprio stato. I veneziani, finché fu-
rono deboli, si fecero schermo dell'uno
e l'altro impero, e poi deposero ogni ap-
parenza di soggezione. Così nella narra*
ta guerra di Pipino si costituirono sud-
diti all'impero orientale, di cui sapeva-
no esser prossimi i soccorsi e del cui no-
me volevano allora coprirsi, ma senz^
che quelle parole esprimano veramente
un fìllio, solo avendosi a prendere nel
medesimo significalo dato loro nel i. "pat-
to coll'esarca Longino, e inleso dall'istes-
so imperatore greco Costantino VI nel
secolo seguente a quello di cui parlo, che
non fondò su quelle pretensione alcuna
di signoria. Pipino alla sua ritirata dal-
l'isole, si volse contro la vagheggiala Dal-
mazia, ma udito 1' avvicinamento dell.i
flotta greca, comandala da Paolo prefet-
to di Cefalonia. tornò in Italia e mor"i
l'.S luglio delloslessoHio alVIilano; laon-
de quando venne da Costantinopoli l'in-
viato Arsacio 0 Ebersapio per trattare la
pace in nome dell'imperatore INicefoio,
ba il re e rimi»ero greco, dovette pro-
seguire il suo viaggio fino a Carlo Ma-
46 V E N V E N
t^no nllora in Aquisgiana. Culà infatti fu gllere vieppiù riulenie gnre ed assicura-
iislaliililo il l)uon arcortlo tra 'due impe. re re>isleiizn delia repubblica, distillile
laloii neir ollobie 8in sulle basi aule- Eraclea e Mal uiior.co già capitali della
t.edenli, seguendo il definitivo accordo Venezia, sarebbe stato opportuno corisi-
iieir8i2, restituendo i franchi le terre glio il trasportare la sede del governo ia
invase e riconoscendo gli antichi privile- un'isola fino allora dellemeoo imporlan-
pi de' veneziani nell'impero. I due dogi ti (ma era però sede del vescovo d' Oli-
Obelerio e Beate furono sagrificati alla volo) e che non vantasse pretensioni, ma
comiMie tranquillità, avendo Ebersapio in cambio olfrisse per la sua giacitura una
ottenuto che fossero andiedue confinati maggior sicurezza contro gli esterni ne*
l'uno a Costantinopoli, l'altro a Zara. Se- mici. Tali condizioni piesenlava in fatti
condo altri cronisli, Obelerio ricovratosi Pualtojcd approvala pei' decreto del po-
nila corte di Carlo Magno, sarebbe stato polo la pi opusizlone, colà si trasferirono
consegnalo da questo all'imperatore gre- Dell'Boq secondo Corner, o meglio nel-
co che il condusse a Costantinopoli, e l'S i 3 al dire di Cicogna, le principali fa-
Beato avrebbe continuato nella dignità miglie, per le quali e per la popolazione
di doge fino alla sua morte, avvenuta un che rapidamente si accrebbe, l'isola ven-
anno dopo. La cronologia de' dogi dice ne sempre più anjpliata, unita colle più
soltanto, Obelerio deposto nell' 810 (o vicine e ragguardevoli, quindi abbellita.
meglio nell'Soc)). II cav. Cicogna riffii- li cav. IMutinelli dice che ciò fu opera di
sce,che i vcneriani non volendo alla testa Agnello Paitecipazio primario cittadino
tlell'armala porre Olxlerio, che conosce e poi doge, col farvi riparare dalle più
■vano partigiano di Pipino, vi misero Vit- rimole isole i magistrali, i sacerdoti, i
lore d'Eraclea ; e che quanto al promes- veccld, le femmine, i fmciulli ; e che fu
so annuo grosso tributo a Pipino, appe- lui che ordinò gli atti alle armi ad affron-
iia questo uscito dalle niaremme, i veneti tar Pipino sotto il comando di Vittore
costrinsero i francesi a coiitenlar<; d'as- assai valoroso e prudente soldato, dopo
sai minor somma. Agevolmente intanto essersi opposta all'alleanza da lui brama-
.s'era potuto ravvisare in Obelerio un ta, alto alzandola voce, che se cadeva la
|irinci[)e traditore della patria : sì che i capitale Malamocco, altre ve ne avea in
veneziani spogliarono lui e i fratelli del cui licovrarsi, laonde Piialto colle circo-
trono; cc-nfinando Obelerio a Zara in stanti sue isolette divenne il sicuro asilo
Dalmazia, allora de' greci, e Beato a Co- e la nuova capitale. Così in Piialto si an-
stantinopoli di cui era' slato sempre fa- dava preparando la futura città di Ve-
■vorevole. Valentino però, non temuto per nezin, per aver poscia assunto Pdallo tal
la sua giovine età, lasciarono nella Ve- memorando e celeberrimo nome. Si leg-
nezia, spoglio di qualunque potere nella gè nel Castellano : Non hmgi da quest'e-
condizione privala. Narra il Castellano, poca l'isole unite per la varia loro deri-
che dipoi Obelerio avendo tentalo novi- vazione dalla Venezia terrestre, pe' ve-
tà con impadronirsi di Vigilia, una del- neti secondi, si dissero T^eneliae, ed il
l'isole distrulle della Laguna, pagò col ca- nome poi di /^^e/icz/rt anche alla città fai-
pò l'incauto ardimento: meglio ne ripar- ta metropoli perennemente rimase. Sta-
ierò a suo luogo. Dopo la ritirata de'fran- bilita la sede della repubblica di Vene-
chi, il loro parlilo ammutolì, e l'altro ri- zia nell'isol,! che indi divenne città glo-
preso vigore depose i dogi. Le scosse vio- riosa e possente, io non posso progredire
lenii però che la nazione avea soderte da al modo tenuto ne' 3 numeri preli mina-
lungo tempo, e rullima guerra de'fran- ri e d'introduzione a questo lungo §, né
chi avevano fallo conoscere, che a lo- a «pigolare semp'e e libeiameuli; cou
\ E N
gran giuvameiito la bella e difFusa Sto-
ria (ioc(if]ì(/ilata, in corso avanzalo di
slampa, deirenconiialo Romanin, peiò
lenendolo ognoia presente iililnienle lo
falò e massime ne' principali punti per
chiarire nozioni in)porlanti,e quando al»
tres'i sarà indispensabile; altrimenti con-
%errebbe fare nn completo sunto storico,
il die mi è vietato per la sua ampiezza
e per l'indole di mia opera, lo debbo da-
le nn articolo di Z);-/o7;o//o, perciò im-
periosamente mi sono prescritti sfugge-
voli cenni d«-l più interessante a sapersi,
e con essi continuerò l'intrapreso lungo
cammino, reso ormai più agevole da tut-
to quanto il superiormente già descritto,
antlie colle principali notizie urbane, e
con molle di quelle riguardanti i dogi e
la repubblica stessa ; altre dell'urbane ri-
ferirò ne' seguenti §5 XX e XXI, co'qtia-
li si compie quest' articolo. Ma sicc(;me
nella storia d'Italia, sempre trovo im-
portanti notizie, e collegandosi queste
strettamente non meno colla storia di
Venezia che con quella delle provincie
Lombai do- Venete, a tale regno ora ap-
partenendo Venezia, bensì dal prof. Ro-
manin, che tanto in essa si dilluse, rica-
verò finché giunge la stampa di sua sto-
ria, cioè al l. 6, un estrallo delle mede-
sime, intrecciandole alla sua volta, per-
seguire il mio proponimento di sempre
rischiarare all'opportunità le vicende ita-
liane, e così compensare il mio sistema
compendioso. Del resto quanto a Vene-
zia e sua repubblica, cessato il vantaggio
della storia del Rotnanin, procederò an-
cora colla scoria degli /ìniiali iV Italia
del Muratori e del Cop[)i,e alquanto an-
che (\t\\'Arlc di K'cri filare le date, oltre
quegli scrittori che citerò all' opportu-
nità.
5. Agnello Parteciix/zio X doge. Al
valore e alla fede di Agnello o Angelo
Parlecipazio di nazione eracleano e di
famiglio illustre della anche Badoara,
dovette in gran parte la sua salvezza la
patria nella passata guerra, e la patria
V E N 47
il prcmifi srrglicndolo a doge nelI'Sio
(più probabilmente iiell'Hcq). Istruiti i
veneti dall'esperienza vollero imporre
un salutare freno all' autorità tle'princi-
pi, efpiantunqiie slimato per saggezza e
talenti, al suo fianco posero due annua-
li tribuni per luogolenenli, come aveva-
no praticalo con allii. Di loro consenso
e di quello unanime della nazione, per
rendere più sicura la patria dagli assalti
nemici, definitivamente trasportarono da
Malamocco la sede ducale, e nell' 8 i 3
la stabilirono in Rialto; avvenimento
clamoroso, lo ripelo, che die principio
idla singoiar città. che assai posleriorraen-
te lascialo il nome di Riallo assunse quel-
lo di 7 ei/czia. IMentre Fortunato pa-
triarca di Grado faceva restaurare le sue
chiese, e di preziosissime suppellettili e
arredi le forniva; Agnello egual cura si
dava perchè si ripopolassero i lunghi da'
franchi devastali, e specialmente Eraclea
sua patria fu pei lui tutta fatta risorgeie,
e perciò le impose il nome di Ciltà No-
i'O, da dove trasportò in Olivolo nella
chiesa de'ss. Sergio e Bacco, allora catte-
drale, le loro sagre ossa. Unì poi con ponti
l'isole Realline, inteiiòle tombe (ossia i
dossi maggiori sull'acque della Laguna)
e barene, fecevi costruir chiese e palaz-
zi ; e abbandonato 1' antico palazzo Tri-
bunizio, eh' era a' ss. Apostoli, uno più
va'»lo e più ornato ne eresse presso s. Teo-
doro, nel sito in cui ora trovasi la basi-
lica di s. Marco e il palazzo ducale. La
tranquillità della veneta gente doveasi
alla bontà e rettitudine del principe; pe-
rò accecato anch' egli dall' ambizione di
conservare nella propria fan)iglia la du-
cea, associò al trono il suo figlio secon-
dogenito Giovanni; ma Giustiniano fi-
glio primogenito del doge, che da Co-
stantinopoli, ove r avea inviato nell'8iQ
ed era stato fallo Ipato, in Rialto torna-
va, assai dolente che a lui si fosse prefe-
rito il minor fiatello Giovanni, per isde-
gno si rifiuti) d' entrare in [);iIazzo, al-
bergando invece colla moglie Felicita in
48
VEN
una casa particolare. Indi indusse Agnel-
lo, die l'amava teneranienle, ma padre
troppo indulgente e volubile, a deporre
il fratello Giovanni, e dicliiarò Giusti-
niano collega e doge; di più sbandì Gio-
"vanni dalle Lagune a Zara, e per fttr co-
sa più graia a Giustiniano associò nel
|)rincipato anche il di lui figlio Agnello
juniore e proprio nipote. Fu cpundi stur-
bata la pace de' veneti da una congiura
contro i Parlecipazii suscitata da Gio-
vanni Talonico, Dono Bragadino, Gio-
vanni Monetario e altri; ma a tempo
scoperta, i rei o fiu'ono puniti, o fuggi-
rono. Intanto Giovanni presoda rancore,
si portò a' piedi dell' imperatore Lodovi*
co I il Pio, figlio di Carlo Magno, il qua-
le ricevutolo con bontà, s'interpose (ìcr
riconciliarlo col padre elo rimandna Ve-
nezia. Il doge però, onde togliere ogni ca-
gione di discordia tra' fratelli, credette
meglio inviar Giovanni colla sua sposa a
dimorare in Costantinopoli. In questn cit-
tà recatosi pure Agnello juniore nell'S?. i,
per complimentare Michele II il Balbo
assunto all'impero, ivi morì, li doge A-
gnello suoavo, protettore del commercio,
dopo aver resa più ricca la città, n>oreudo
nel r 827 la lasciò prospera e tranquilla,
e in istima presso gli stranieri. Fu sepol-
to nella badia di s. Unric presso Fusina,
ch'egli stesso avea fatto costruire. — Giu-
sliniano Partecipazio Xfdoge. Defunto
Agnello, cominciò a regnarselo neir827
il figlio Giustiniano, il quale sebbene fos-
se vecchio e di mal ferma salute, nondi-
meno con assai premiwa al reggimento
attese, e massime ne! tempo in che Mas-
senzio patriarca della vecchia Aquiieia,
sollevò contro Venerio patriarca di Gra-
do i vescovi dell' Istria, cercando di to-
gliere lo stesso Grado a' veneziani e di
estinguere quel patriarcato. I saraceni
intanto con molle flotte andavano infe-
stando il Mediterraneo; per cui Michele
Il il BnllìO volendo piìi poderosamente
disperderli, fece domandar al doge d'u-
nir le venete forze allegreche,a danno de'
V E l\
saraceni. Aderì il doge, e la (lolla vene<
la colla gieca andò in traccia del nemi-
co, ma senza fortuna, anzi con iscorno;
imperocché i veneti, sebbene dallo stesso
doge diretti, furono mallratlati , e alle
loro case tornarono senza trionfo. Per
altro il dolore di ciò venne compensato
dalla gioia granilissima provala da* ve-
neziani, nel ricevere il tesoro delle reli-
quie del corpo di s. Marco. A Rustico di
Torcello e a Buono di Malamocco tri-
buni, se ne attribuisce il merito, come
dissi ne' tanti luogi ove parlai del cele-
bratissimo e memorando avvenimento.
Le preziose reliquie, fra la religiosa le-
tizia comune, si depositarono nella cap-
pella ducale eretta a lato del nuovo pa-
lazzo, ed immediatamente Giustinia-
no ordinò che si gettassero le fondamen-
ta di quel magnifico tempio che dedi-
calo al s. Evangelista patrono principa-
le de' veneti e di Venezia, è tuttogiorno
r ammirazione del nazionale e del fora-
sliere. Di ,?. /IÌ^/yo, fu fatto questo ana-
gramma: Divus Marcus E'^angellata =:
Sani vigli ad Venelas cnras. Giusti-
niano vicino a morte, pentitosi di quan-
to avea fatto verso il fratello Giovan-
ni, lo richiamò da Costantinopoli, e col
consenso del popolo sul trono ducale
con seco il rimise. Poco appresso Giusti-
niano morì, cioè neir82(), ed ebbe tom-
ba in s. Ilario fra il pianto della nazio-
ne, siccome pio e tranquillo, e tutto al be-
ne pubblico dedicato. Lasciò varipii lega-
ti, e un fondo considerabile per la fab-
brica della basilica di s. Marco. Disse di
lui il Moschini : imitò il padre nelle vir-
tù dell'animo, non in(|uelle della mente.
— Giovanni I Partecipazio AH doge.
Rimasto solo sul trono neir82C),si rivolse
contro gli slavi croati della Dalmazia che
di quando in quando turbavano la vene-
la navigazione; e uno de'Ioro duchi per
nome Mislo o Miroslavo, venuto a Rial-
to, chiese al doge la pace non solo, ma
anco il battesimo, essendo idolatra. Gio-
vanni la stabilì con esso e co' suoi, lo leu-
VEN
ne al «. fuute e il colmò di doni. Alleii-
deva iolanlo il doge ad alzar la chiesa di
s. iMarco, e u lipoftio le venerabili ossa;
qtiandoObeleriuchedaao anni circa ban-
dito viveva oltremare, segretanieute ar-
mala iuano entrato nelle Lagune si fui-
lificò in Vigilia, città già da tuolto ab-
bandonata. Giovanni coise a lepiimer-
ne r audacia, strinse d' assedio il luogo,
ed Obelei io caduto in potere de'venezia-
ni, pagò colla morte il suo attentato. Il
di lui tescliio sopra un'antenna fu espo-
sto prima sul lido di Malamocco sua pa-
tria, incendiata e punita severamente per
seguirne le parti, indi sul margine di
Cani[)allo a terrore de'ribelli. Nonostan-
te, dopo alcun tempo sursero Garoso tri-
buno e Vittore nobile, e contro il doge
congiurarono mossi ambedue da'maneg-
gi di Lotario l,di Massenzio, de'malamoc-
chini, de' vigiliesi e ne' nobili malcon-
tenti. Tanto estese erano le fila di {|ue-
sta congiura, che il doge non vedendosi
sicuro, fuggì dalle Lagune e riparò alla
corte di Lodovico I il Fio, o a cjuella del
figlio Cario I re di Francia. 1 ribelli in-
tanto elessero principe Garoso, ma per
soli G mesi egli fece pompa del soglio,
poiché gli amici de' Partecipazii e altri
sdegnali deirusurpazione, radunala gen-
te, giunsero d'improvviso in P«.ialto, sor-
presero Garoso, il deposero e accecato lo
cacciarono in esilio. Alle redini del go-
verno posero frattanto Orso Partecipa-
zio vescovo d' Olivoio (secondo alcuni
figlio del doge Agnello: pare che gli fosse
associalo nel governo Giovanni i\larlu-
rio, come tlissi col Gorner nel § Vili, n.
26), e due tribuni; indi richiatnalo di
Francia Giovanni fu rimesso in trono.
Poco appresso gli slavi narentani, rolli i
patti altra volta co' veneti stabiliti, de-
predate grosse navi venete cariche ili mer-
canzie, spargevano terrore nell'Adriati-
co, il perchè era forza di star contro di
essi snir armi quasi continuamente. INIu
il doge por nuova congiura ntìllinlerno
uon era aticor lraiH|'.ullu. i'cr 1' occulte
voi. xcu.
YEN
49
trame de' Garosii e degli ObeJerii,eà al-
tri, il popolo sommosso a'29 giugno ar-
restò Giovanni mentre usciva dalla cat-
tedrale dOlivolo, lo depose,e spogliatolo
delle ducali insegue, gli tagliarono barba e
capelli, e fatto chierico per violenza nella
chiesa di Grado, il costrinsero a vivere itt
uno de' monasteri di Grado stesso; ove
prestamente morì di cordoglio ueir837
dopo 8 anni circa di rej^io. Die prove di
petto pili forte del fratello, ma fu troppo
aspro. — Pietro Tradonico XJII doge.
I voti della nazione unironsi tutti ad e-
leggere capo neil'BSy Pietro Tradonico
o Tradomeuico d'illustre famiglia di Po-
la nell'Istria, passata in Equilio, indi in
Puallo. Imitando l'esempio de'predeces-
sori assunse a collega nel dogado il fi-
glio Giovanni Tradonico. D'animo guer-
riero, andò Pietro prima contro i corsari
slavi o croati, e concluse con Drosorico,
un de'Ioro duci, la pace, col palio di non
più esercitar la pirateria sull'Adriatico.
Approdò poi a' lidi di Narenta, e quegli
slavi parimenti costrinse a palleggiare al-
Ireltauto; ma poco dopo usciti di nuo-
vo, i veneti si opposero, ma ebbero la
peggio. Molestato frallanto da' saraceni
l'imperatore greco Teofilo, a mezzo del
patrizio Teodosio invitò il doge a unii e
le venete alle greche navi per combat-
terli, e gli die' il titolo di Spalarlo impe-
riale, cioè armìgero della corte che por-
lava la spada dell'imperalore. Tradoni-
co accettò l'invito, e 60 navi belliche di
lutto punto guernite mandò a'greci : tan-
to già era forte la marina militare vene-
ta. Si combaltè d'ambo le parli assai va-
lorosamente ; ma superiore di numero il
nemico, le flotte veneziane e le greche
rimasero pressoché lolahnente dislatte, e
tale rotta nel golfo di Taranto successa
(nel seno tli Grotone e neir848 dice III-
naldi, e che ridotta al niente l' armata
veneta, non campò neppure una piccola
barca ; e \' Arie di verificare le date ag-
giunge che tutti i veneziani furono o ta-
gliali a pezzi 0 fatti prigionieri) ; funeste
4
5o V E N
couseguenze porlo all'Italia meridionale
e alla uazioue veneziana. Dappoicliè, òal
felice successo preso animo e resi orgo-
gliosi, ricon)pai vero poco dopo nel golfo
e vicino all'Istria, e fin quasi alle Lagune
venete, predando dovunque i legni ve-
neziani. Quindi si diressero al porlo ro-
mano d'Ostia, ove portatosi Pa()a s. Leo-
ne IV coll'esercilo, riportò sui saraceni
strepitosa vittoria. Intanto Pietro e d fi
glio Giovanni, nuovo trattato concluse-
ro neir842 coll'iniperatore Lotario 1, io
conferma degli antichi patti già co' lon-
gobardi stabiliti; trattato che mollo con-
Irdjuì a render sicura la tranquillità del-
lo stato,ead ampliare il ventto commer-
«:io. Leggo negli Anuali d'Italia del Mu-
ratori all' anno 856, sebbene dica non
poterlo precisare, che trovandosi inMan-
tova 1 iuiperatore Lodovico II, successo
al padre Lotario I, Pietro doge gli spedì
suo legato Deusdedit, ed ottenne la con-
ferma de' privilegi e dell'esenzioni de'
beni, clie il clero e popolo di Venezia
possedevano negli stati dell'impero, o sia
del regno d'Italia. E perchè anco allora
si considerava qua! cosa rara la città di
Venezia, fabbricata in mezzo all' acque
del mare, Lodovico 11 coli' imperatrice
Angilberga sua moglie volle visitarla.
L'incontrarono i due dogi sino a s. Mi-
chele di Brondolo con sontuoso accom-
pagnamento, e fecero loro quanto onore
poterono. In segno poi d'amore e di pa-
ce, l'imperatore tenne al s. fonie un fi-
glio del doge Giovanni. Una 2.' volta an
Cora il doge Pietro si armò contro i sa-
raceni, ch'erausi fjtti vedere ne! Qiiar-
nero e sulle coste dell'Istria; ma in tale
incontro pure la vittoria fu di loro, che
anzi sbarcarono perfino su'lidi di Caorle,
t quella città misero a sacco e a luuco.
Tradonico temendo di aggressione entro
le propiie Lagune, fece costruire prontis-
simamente due navi di tale grandezza
the nuli non videsi somigliante, e que-
ste dette gagiandre pose a difesa de'por-
li. Eiualmeule aflliUo PieUO; già da uu
V E N
anno,peila mortedel figlioecollega Gio-
vanni, d quale vogliono alcuni che fos-.e
stato al coniando dell' armata sul golfo
di Taranto, fu preso e trucidalo mentre a'
1 Ssellembre 864 usciva dalla chiesa di s.
Zaccaria, come deploi ai nel §X,n. 3 (ove
non poco ragionai della prelesa venuta in
Venezia di Papa Benedetto 111 nell'SSS).
I congiurali furono fra gli altri i Giusti-
niani, i IJorbolani, i Silvi, i Polani, ca-
pitali nemici de'Tradonici, e volonterosi
di regnare in vece di questi. Il cadavere
lacerato ebbe sepoltura dalle pie mona-
che sotto l'atrio di quella chiesa. Il Mo-
schini dice che i scellerati che trucidaro-
no Tradonico furono falli in brani dal
popolo. — Orso I Partecipazio XI f^
ilogc. Non andò invendicata la morte di
Tradonico. I servi egli schiavi suoi fi-de-
lissimi si erano fortificati entro il ducale
palazzo, e avevano giuralo di non cedere
se prima non fossero castigati i rei del-
l'assassinio. Per 4o giorni i congiurali
l'assediarono, ma inutilmente, b'rattiiu-
lo nello stesso 864 eletto dogeOiso Par-
lecipazio, questi scelse 3 giudici della na-
zione i più riputati, si formò il processo,
e la sentenza uscita dannò al bando gli
uccisori, fra'quali contasi un [Metro e uno
Slelano Candiani, un Pietro Flabanico
e uu Domenico Falelro. Gli schiavi e i
servi allora resero libero il psdazzo, an-
darono in parte ad abitare in Poveglia,
e furono loro concesse valli e terre, me-
diante un annuo censo. Orso, come i pre-
decessori, armala una grossa squadra
balle gli slavi scorrenti il t^iuli, la Curin-
lia, la Sliria ; ridusse a umilianti condi-
zioni Domogoi uno dei loro duci, e fece
ritorno in lìiallo trionfante, assicurata
così la veneziana navigazione. Da Basilio I
il Macedone ebbe il titolo di protospa-
taiio; e il doge a lui regalò 12 belle e
grandi campane per una chiesa che fab-
bricavasi in Costantinopoli ; come ricor-
dai nel voi. VII, p. 102, per esseie slate
le prime ad usarsi da'gieci, ed è una del-
le laute piove dell'anlico valore de' ve-
1
V E N
nezintii nelle arti e in quella di fondere.
Balle poi a Taranto anche i saraceni, e
ricco di schiavi e di legni tornò in patria.
Lunga e seria conte:«a ebbe a solli ire con
Marturio patriarca gradese, die non vol-
le consagrare in vescovo di Torcello l'e-
viralo, per eccesso di maliulesa pielà,nio-
uaco Domenico Caloprino protetto dal
doge, vietando la disciplina ecclesiastica
l'ordinazione degli Eunuchi; contesa ciie
fini coll'avere Vittore Fartecipazio figlio
del doge e patriarca successo a IMarlu-
rio consagrato, sebbene con aperto dis-
senso (ad onta che a tal patto giuralo
avesse ottenuto la dignità, preso da ri-
morso per violare i sagri canoni, nell'at-
to della cerernonia con amare parole
lo limproverò e l'invilo a fin- penitenza
se non voleva esser condannato nel dì
del giudizio. Si era interposto Papa Gio-
vanni Vili a favore del virtuoso Mar-
turio), il Caloprino, che già godcvasi in-
tanto tutte le rendite del vescovato. Ma
i saraceni di nuovo turbando la pace del-
le veneteLagune avevano strella d'asse-
dio la ciltà di Grado neir878 circa, re-
spinti da' prodi abitanti. Molte navi fe-
ce approntare il doge e ne aOidò il co-
mando al suo figlio Giovanni, il quale
sì Viileiilemente poitossi iu quest' incon-
tro, ficendo ritirare i nemici (passando
a saccheggiar Comacchio), che per pre-
mio fu dalla nazione associato al [)adre
suo. Proibì rigorosamente in seguitoOrso
a' veneziani il trallico infame degli schia-
vi cristiani, che vendevano a' corsari sa-
raceni o schiavoni, e questo editto fu da
tutta la conclone coniermolo. Indi ar-
mate 3o navi tornò in persona sul mare
contro gli slavi e croati invasori dell'Istria,
e rimasto vittorioso, restituì generosa-
mente quanto aveano essi riddato a quel-
le chiese, e i prigionieri rimise in hber-
là ; e similmente contro i nareutani al-
tra gente fu dal doge spedita a incroc-
ciare sulle loro coste, e tenerli in freno.
(Jospiravano in fine ambedue i dogi al-
l'abbellimento dell'isole, alla felicità de'
V EN 5t
popoli, all' ingrandimento del veneto
couimeicio, quando Orso assai vecchio
venne a morte nel i 7.° anno del suo go-
ver<io, e di nostra salute ,881, ed ebbe
onorevole sepoltura nella chiesa di s. Z lo-
carla; fu pianto e lodato per saggezza, [»ie-
tà e amor della pace. — Giovanni If
Parlecipazio Xr ciocie. Piimasto solo sul
trono neir88 r, pensò all'incremento del-
la propria famiglia, e per aggrandirla si
rivolse a Papa Giovanni Vili chieden-
do la contea di Comacchio {f^.), la qua-
le fiorente per commercio, ed essendo
circondala dalla Laguna come Venezia,
temeva pure che per Marino d'Este che
la possedeva potesse fiìrsi potente sull'A-
driatico, ed emular Venezia, con diveni-
re pericolosa rivale. A quest'oggetto spe-
dì a Roma Badoaro Paitecipazio fratel
suo, ed ottenne l'investilura e il possesso
della contea. Avendo ciò saputo Marino,
mentre Badoaro tornava da Roma, lo
fece sorprendere da'suoi. Badoaro, quan-
to potè si difese, ma rimasto graveuìenle
ferito in una coscia, e condotto a R.ialtf>
morì poco dopo. Giovanni montato ìu
ira radunò poderosa flotta, volò ad as-
salire Comacchio, e la fortuna gli arrise;
[)erchè sottomise quelle genti al veneto
im[)ero; anzi non contento di ciò passò
nel Ravennate, ne fece saccheggio, senza
che né il Papa né l'imperatore Carlo IH il
Grosso facessero rimoslianze, per le tur-
bolenze de'lempi. Trovandosi poco dopo
l'imperatore in Mantova nell'883 rinno-
vò col doge Giovanni gli antichi trattati
pe'quali fu resa più sicura la quiete e la
libertà de' pascoli in Eraclea e in Capo-
dargine, protetta la navigazione de' ve-
neti per tutti i fiumi del regno Italico,
esentate le merci proprie del doge da
(pjalunque gravezza. Giovanni inlauto
in mezzo alle guerre e molestie che tur-
bavano Italia, assai bene regolava l'in-
terne cose del suo dominio; ma grave-
mente caduto inalato, permise che Pie-
tro Partecipazio fratel suo lo aiutasse
nella ducea, e doge fosse acclamalo. Su
52 V E N
non clie risanò Giovanni, e poco ilopo
morì Pietro, che fu col fiutello Badoai o
tumulato in s. Zaccaria. Giovanni allora
scelse a collega l'altro frate! suo Orso II
Partecipazio, ma conosciutolo poi iutt-
lo alla regi^eiiza del dogado lo fece ri-
nunziare, e quindi rinunziò pure lo sles-
so Giovanni neir887, lasciando alla na-
zione la libertà d'eleggersi un nuovo do-
ge, vedendosi ormai mal alto per le bue
inferoiilà a tenere ancora il comando.
Questo doge, nota il Moschini, operò la
rovina di Malamocco, perchè non ave-
v,a voluto divenir fondo del suo fratel-
lo Eadoaro. — Pietro I Caudinno Xf^I
do^c. A' 17 aprile 887 dall'assemblea
nazionale fu eletto doge il saggio Pietro
Candiano d' illustre e antica prosapia, e
da Giovanni U Parlecipazioeltbc io scet-
tro, la sedia e la spada. Coraggioso, eser-
citò 1' armi contro gli slavi uareutani,
ma senza frutto. Candiano però non istet-
te tranquillo, e poste insieme 12 grosse
navi, ne prese il comando. Malgrado
l'ostinala opposizione de' barbari, il do-
ge ed i suoi poterono eseguire uno sbar-
co in Monte degli Slavi nella Dalmazia,
i narenlani dopo avere in quella misoliia
perduta assai gente, si diedero alla fuga,
molli però appiattandosi Ira quelle grot-
te per ispiare sicuri e non veduti gli ul-
teriori moti de' veneziani cui sempre il
doge presiedeva. Egli in fatti senza so-
spettare tradimenti, era rimaslo con po-
ca gente sul lido, quando all'improvviso
sbucati i nascosti l'assalirono. 11 doge
disperatamente si difese, ma alla (ine co-
perto da molte ferite, dovette socconibe-
re con quasi tutti i suoi Dell'ottobre 887,
dopo soli 6 mesi di regno e nella fresca
età di 45 anni, encomiato caritatevole e
piissimo. Il suo corpo, tolto agli slavi, fu
trasportato a Grado ov' ebbe tomba. Il
popolo non trovando chi piìi degno so-
stituire, andò a Giovanni II Pai lecipazio,
cheavea rinunziato, e lo pregò a riassu-
mere il governo. Egli fu costretto ad ac-
eoudi»ceudere, ma pa^suli yppeua 7 me-
V E N
si, procurò che in sua vece fosse eletlo
il novello doge. Dicesi da alcuni che fu
Domenico Trdiuno, appoggiandosi al suo
privilegio vantato da' chioggiotti, e rico-
nosciuto da'dogi Orso 11 Pai lecipazio nel
f)20, Rinieri Zeno nel i255, e Pietro
Gradenigonel I2C)5. Non è improbabile
il dogado di Domenico, sebbene non tro-
visi registrato nella serie comune de'do-
gi, poiché può essere slato om messo il suo
nome o pel breve suo reggimenlo, 0 per
le frequentissime inesattezze degli anli-
chi cronisti. Certo è, che il seguente Pie-
tro Tribuno fu il doge eletto, vivente
ancora Giovanni li Partecipazio, il qua-
le ritornalo alla vita privata lasciò mo-
rendo il suo nome fra le benedizioni del
popolo veneziano. — Pietro Tribuno
XI'' II doge. Si ascrive la sua elezione
air88S ; figlio di Domenico dell' anti-
chissima famiglia Memia o ]VIemina. Una
delle sue prime cure fu d'ottenere dal-
l'imperatore Guido(meglio duca di Spo-
leto e re d'itaiia, poi nell' 891 impera-
tore), diesi trovava allora in Pavia, la
conferma de'precedenti trattali onde as-
sicurare il commercio e l'immunità che
i veneti godevano per tutto il regno I-
lalico. ]Ma un nuovo genere di barbari
delti tartari ugri, popoli dell' Ungheria
(V .), crudelissimi a segno che ovunque
portavano flagello e morte, apparirono
nel Friuli Italiano e quasi nelle Lagune
veneziane. Tanto fu il timore del doge,
che non solo si pose a fortificar i' isole
Realline nell'interno, ma fece costruire
nell'esterno (juclla grossa, alla e ben lun-
ga muraglia, già ricordata due altre vol-
le, la quale dall'antico castello d'Olivolo
scorrendola Riva degliSchiavoni,la Piaz-
zetta, la Pescarla, rasente il Canal gran-
de, metteva fine a s. Maria Zobenigo j
e da questo punto a quello della C irilà
avea il doge ordinalo che ogni notte si
tirasse una ferrea catena, ad impedire il
passaggio.Quesl'opera, che grandiosa cer-
tamente dev'essere stata, si esegui al co-
minciai dell'anno 900. [\ Dizionario ve-
V E N YEN 53
nclo crede che da queste fortificazioni nel toro della pnfria, d il .Modellini. — O;--
lalo d' Olivolo, i! Imign abbia assunto sn fi Partfcipnzio Xl^ f[f dos^e. D.ìIh-
il nome di Caslello; [kmò l'ab. Cappellet- limi è detto Oiso HI perchè Orso il fu
li ritiene che i vescovi i%i residenti co- gì i compagno nella ducea a Giovanni
ininciaroiio nel 1091 a lasciare il titolo H snofiatello, benché dall'alberogenea-
<li Olivolesi e prender quello di Castel- logico della famiglia non si rilevi se sie-
I mi. Ma a suo luogo già dissi che l'isola no due personnggi diversi 0 nn solo Or-
erà nominata Quinta Valle, fu delta Oli- so. Ascese al soglio nel C)i2. esped'i Pie-
MyJo per la sua forma d' un' oliva, e Ce- Irò suo figlio alla corte di Costantinopoli
stello dall' antiche vesligie di remoto od annunziarvi la sua esaltazione al do-
c.isicllo. O^-cupavasi intanto il doge nello gado,oveda Alessandro e Costantino VI
si;d)ilire e confermare i confini a' chiog- il /^or/^rogew/Vrt accollo con ogni onori-
:;iulti, nel regolare gli annui censi e tri- ficenza, fu colmalo di doni ed ebbe il ti-
inili, nel mantenere il buon ordine fia' tolo di prolospalario. Pvipalriando per hi
cittailini, (jiiiuido que'lartai i, scorrendo via di terra, non appena g'iiiise nel pae-
ciil ferro e col fuoco l'antica terrestre se de' dalmatini e sulle frontiere della
Venezia, laLonibardia, ilPiemonte, ginn Croazia, che Mi-^hele duca degli slavi,
ser(j fino a s. Ilario, a Lizza Fusina e a vistolo ricco, il fece arrestare e il consegnò
Mestre, dopo aver già aggredito Capodar- prigioniere a Simeone re de'bulgari. Do-
gine, Loredo, Diondolo, e le due Cliiog- lentissimo il doge padre per la schiaviti!
gie, seguendo l'esempio di Pipino. L'.^r- di Pietro, spedi tosto al re l'arcidiacono
(f ili verificare le (ìa/e (.Wce che gli im- di Mdlamocco Domenico, e perle sue
glieri a' 28 giigno 906 giunsero a Ma- preghiere e l'oro olFerto potè Pietro tor-
lainocco, ed anchefinoa Rialto, cioèaVe- nar libero in Rialto. Questo stesso Do-
nezia; ma non pare da quanto vado a nar- nienico, dal doge in premio fatto vesco-
rare. Il doge non si [)erdettedi coraggio, \odi M ilamocco,eSlefuioCaloprino fu-
e profìltanilo anche delle genti di Tor- ro 10 inviati a Ro;lolfo di Rorgogna re
cello, di IMazorbo, di Murano, che nell'i- d" Italia in Pavia, per ottenere la rinno-
.sole Realline eransi ricovrate, armò più vazione degli antichi trattali, e 1' ebbero,
flotte e con esse si portò su! lido di Pel- Legali pure Orso nel 927 mandò all'al-
lesirina e in faccia il porto di Albiola. Irò re d' Italia Ugo nella stessa Pavia,
Quindi attaccali con ogni vigore e d'o- il detto vescovo e Domenico Flabanico
gni parte gli ugri 0 ungari, i quali per per egual conferma di patti; ed il re in
meglio coiidjaliere aveano costrnttodel- (joeli'incontro dichiarò che i iluchi vene-
le barche, o prese l'aveano da'fiumi vi- zi mi avevanodirilto fin da'leuìpi antichi
cini, dopo fiera battagli i furono da've- di coniar la propria moneta, su di che può
neziani sconlitli, onde non mai piì^i osaro- vedersi il § III, n. 2, oltre l'avere di essa
no d'assalirequestodiicato,sebbeneqiia- riparlato nel n. 3 di questo §. Osserva il
si ogni anno nell'Italia comparendo, per R jraanin, che un primo cenno del di-
moilo lempo, or Tona or l'altra città de- rilto di batter moneta pe' veneziani tro-
solassero. Questa vittoria, che fu della vasi fin da' tempi di Carlo Magno, al
d' Albiola, è delle piìi glorii)>eal veneto (piale i veneziani si obbligavano di corri-
iiuine; e il doge, avute poi da Leone VI spmdere lire5o ili loro moneta pe'posse-
il J'ilosofo V insegne e il titolo di prò- dimenìi che avevano nel regno Italico,
lospalario, tnoiì net 912 sul finirdi Qiag- y\llio indizio d'una zecca neh' isole pare
gio, compianto da tutta la nazione, sic- lo somministri Giovanni Monetario, uno
come fofnilo d'ogni virlìi e per aver go- d<' cospiratori contro il doge Agnello al
vernato saggiamente; è chiamato ^"^7/177- [uincipio del IX secolo; ed nn Domeiii-
54 YEN
r,r> IMonelaiio viveva a' tempi «lei doge
(iiovonni I Partecipazio cleU'Sag. Finai-
lìiente il doge Orso, dopo aver ne'comi-
71 generali conleimati i |)iivilegi e le cose
da'fedelissiini abitanti di Cbioggia ricliie-
sle, già vedendo'-i vecchio, lilMln^iò nel
r)32 al principato, e nel monastero di s.
l'elice nell'isola Anirniana prese Tallito
di monaco, visse tranqnillaniente il le-
sto de' suoi d), e morì in odore di san-
tità, modello de' principi religiosi, giu-
nti, prudenti. — Pietro fi Caiuiiaiw
,\IX doge.YìàW^ dieta generale accolla
per eleggere il nuovo di'ge, venne scel-
to nei c)?>i Pietro Candiano figlio di Pie-
tro I, the coodjaltendo contro i naien-
t.Tiii vi avea lasciata la vita. Spedì Pie-
tro Il immediatamente a Costantinopo-
li il figlio Pietro Candiano. il quale da
Cfst.intino V 1 1 ebbe con molti doni il ti-
tolo di piotospalaiio Que'di Capodistria,
grati a'benefizi loro latti in vai i tempi da'
veneziani, ricorsero al doge per la conli-
nuazionedi loro protezione. ollìendogli a
lilolod'onore i oo annueanforedi vino in
perpeliiri. Montato perciò in ira Wiiitero
marchese d'Istria pel le Ugo. confiscò
tutti i beni che i dogi colà pos'-cdevano,
e quelli del patriarca di Grado e de' ve-
.scovi d' Olivolo e di Torcello, e di altri;
proibì agl'istriani di tradicare co' vene-
li, e molte navi venete predò, ucciden-
done i padroni. Il doge lungi dal vendi-
care col sangue sì grave ingiuria, fece leg-
ge che nessun veneto dovesse d'allora
in poi approdar nelT Istria, vietando a
qualsiasi istriano l'approdo a' mari eLa-
gtine venete. Ciò assai bastò peichè Win-
lero e i suoi vedendosi privi de' mezzi di
commercio, per opera di Marino Con-
tarini patriarca gradese si nnjiliassero,
chiedessero scusa al doge e implorasse-
lo perdono, che fu dal nobile e genero-
soanimo di Candiano accordato allo sles-
so Wuitero in pei sona venuto a que-
sto fine in Rialto. Avvenne poi che nel
935 i comacchiesi avendo rubato alen-
ili veneziani e imprigionatili, il doge con
V E N
tinn squadra leggera prese e die fuoco
alla loro città, e menali a Venezia alcuni
abilaiili, non li lasciò liberi, se pi ima non
giurarono fedeltà al veneto impero. Al
tempo di questo doge, il più degli storici
ascrive il famoso ratio delle spose Venezia»
ne,eseguilo audacemente nella cattedrale
da'ti iestini o narentani e altri istriani ; e
per la punizione de' rapitori e ricupera
delie spose fu poi istituita la famigerata
festa fl( Ile Affi rie, \n memoria dello stre-
pitoso fatto, come narrai nel§ Vili, n. ^.
Altri lo pongono sotto i tribuni, altri al
tempo del doge Pietro Tradonico, o sot-
to Orso 11 Parlecipnzioo ne'due seguen-
ti dogadi. RIoiì Pietro II nel g3g ama-
to da' suoi, onorato e temuto da' fora-
stieri. — Pietro Partccipazio XX do^e.
Quel Pietro Partccipazio o Badoaro, fi-
glio de! doge Orso II. |)rotospatarioe pri-
gioniero del re de'bulgai i.dopocirca 28
anni nel q3q venne eletto doge. Alcuni
storici il computano II di questo nome,
perchè annoverano come I Pietro Parle-
cipazio che brevissimamente regnò con
Giovanni II suo fratello. Essi giustamen-
te riflettono, che dal vedersi trascelti al
principato soggetti per lo pii^i delle fimi-
glie Candiana e Parlecipazia,devesi mol-
to facilmente dedurre quanto polenti essi
fossero, e quanto pochi maneggi impie-
gar quindi dovessero per conseguirlo. Il
doge Pietro fu pacifico, e i veneziani sotto
il suo reggimento goderono pace invidia-
bile, mentre Italia tutta era dilaniata da
guerre ediscordie,e,per la rozzezza e bar-
barie de'tempi, il secolo X fu appellalo
ferreo, per la malvagità plumbeo, e per
r ignoranza oscuro. Vogliono alcuni che
Sullo questo doge fosse segnato col re d'I-
talia Rodolfo. o con Berengario li, il trat-
tato di conferma agli antichi patti; ma
tortamente 1' una cosa coli' altra confon-
dono; poiché il trattato con llodolfoebbe
luogo con Orso II, e quello con Beren-
gario Il avvenne sotto Pietro III Can-
diiuio. Le date poi in che fiorirono i duq
le, mauifèstanu gli anacronismi. Il do-
V E N V E N 51:
gè dopo 3 anni ili reggimento mon nel nell' elezione, e avrebbe messo a soqqua*
q.\i. — Pietro [H Candinno \\I do- dro il ihicnle palazzo, se pronti non fos«
j^r. Nipote di Pietro I e figlio di Pietro il, sero accorsi i partigiani del doge a di-
per la buona meoioria lasciata da que' fenderlo, venute le due fazioni alle ma-
dogi olteime dal popolo il soglio ducale ni sulla piazza di Rialto; ed anzi il fi-
nel 942. Piivolse Pietro 111 le prime sue glio preso e dannato, avrebbe perduta
cure a reprimere le violenze usate da la lesta sul palco, se le pieghiere del
Lupo patriarca d'Aquileia a Marino pa- padre non gliel' avessero salvata. Colui
Iriarca gradese, e vi riii>cì col proibire nondimeno bandito dal doge dalle Lagu-
a' veneziani ogni commercio co'friulani; ne, per soddisfare la giustizia e il volere
il perchè a Lupo con vetine trattar la pa del popolo, ritirossi in Ravenna. Qui-
ce con Marino meiliaiile ildoge. L'anno vi favorevolmente accolto da Guido fi-
8." di sua ducea, Liufpi-ando legato di glio di Berengario II, avvampando tut-
Lotario re d' Italia al greco imperatore, tavia di mal talento contro la patria e il
venne a Venezia e imbarcatosi su nave padre, tanto persuase i ravennati, che ar-
veneta recossi a CostantinO[)oIi. Qiiivi male 6 navi Pietro stesso con essi si po-
Rebbene re<>tasse sorpreso della grandez- >e a corseggiare control veneziani. Tut-
za edel fastoorientale diquelia corte, pii ti gli oidini <lello stato fecero allora un
re non si ritenne dal sostenere in faccia decreto, pel quale s'iinpegnarono con giu-
air orgoglioso greco, che mercè l'esteso ramento di non ammettere l'espulso al-
conimercio de' veneziani anche in Italia la ducale dignità, né vivente il padre, né
^ivevasi con agiatezza e splendore. Sue- Ini morto, né mai più. Tal dolore n'eb-
ceduto nel 9 To Berengario II a Lola- be il vecchio doge, ch.^ poco dopo cadde
1 i(),il dogeinviòambasciatori per la con- infermo e morì nel gx^- — Pietro If^
ferma de' trattati precedenti, e ricordati Cnn(lia/20 XXff doge. Benché dal'a na-
allora vi furono i confini dEraolea, d'E- zione perpetuamente escluso dal leggi-
quilio, di Caprula, di Chioggia e d'altre mento ed esiliato, dalla stessa fu doge ac-
cillà, imposto soltanto a'veneziaiii di pa- clamato nel gT^Q. Il clero, la nobiltà e il
gare un piccolo tiibutoper le mercie fon- po[)olo con 3oo navi andarono a levar-
di che nel regno Italico possedevano. Ma lo in Ravenna, e a Venezia trionfalmen-
poco prima insorta di nuovo l'audacia te il condussero. Ciò è ad ascriversi alla
de' corsari slavi e croati, il doge die' ad popolare vol<d)ilità, quanto ad un tratto
Orso Badoaro e PielroOrseolo ilcoman- lini-simo di politica, per cui eleggendosi
do d'una flotta di 23 navi, e recatisi sid- iloge Pietro rendevasi benevolo al po-
le spiaggie <li iVarenta e di Ragusa, in- polo il temuto re Berengario II, cui Pie-
vano tentarono di soggiogarli. Allora il tro era stretto in amicizia. Quantunque
doge, cambiali forse i condottieri, fece al- di carattere fiero e deciso, nondimeno si
ira spedizione, e i barbari spaventati pat- rese utile alla nazione, in principio sera-
leggiarono, e le pretle già tolte a'venezia- brò mutato governando con giustizia e
ni restituirono. Erano già ( 4anni dacché saggezza. Punì Mirico, col fargli cavar
Pietro III quietamente regnando, deside- gli occhi, perchè con mezzi illeciti s'era
vii nel 9 75 d'associarsi il figlio suo Pietro fitto eleggere vescovo di Torcello. IJni-
IV^ Candiano, ed il popolo acconsentì, la la concinne promulgò legge che seve-
AJa Pietro IV, che nnirallro bramava rameute proibendo il commercio degli
per vendicarsi di suo padre, il (piale al- schiavi cristiani, minacciò |)ene spirituali
tre volte erasi opposto al carattere violeii- e temporali a'rei di tal delitto. Vietò pa-
lo del figlio, suscitò contro il iloge (pici rinuMili che i veneziani prendesseroe por-
popolo stesso eh' eiagli slato favorevole t^isscro lettere di principi esteri in Gre-
5G YEN YEN
eia e a quell'imperatore, e ciò per non ne, e tnnlo si estese che 3oo ne bruciò,
siliiitenlare la soverchia influenza che cifiupresavi gran parte della chiesa di s.
questi aveva sopra gli attari d' Italia, e Marco e del palazzo medesimo, ti doge
peiihè non conveniva a'principi italiani circondato dalle llamme tentò fuggire,
recardisgusloagli alemanni, né sdegnare mostrando loro il bambino avuto da
i greci, nèfar sapere ad ambedue se non Waldrada, implorando la pietà de' ne-
quanto era necessario che sapessero pel iiìici, e rammentando i meriti degli avi ;
nazionale mteresse. Inviò legati a Otto- ma inulilmeule. Il popolo infuriato si
ne I imperatore, ed a Papa Giovanni gettò aildossodi lui e del lanciullo,e spie -
XIII ; a quello per ottenere, come ollen- latamente li tagliò a pezzi, con molli al-
tre, nel 964 o 965, la confermazione «le' tri de' suoi segmci. I cadaveri del padre
soliti privilegi; a questo perla sanzione e del figlio gittali nel pubblico macello,
de' diritti di Giado a chiesa patriarcale vi rimasero lungamente insepolti; fìn-
e metropoli di tulla la Venezia. Destro cliè raccolti dal preteGiovanni Grndeni-
e priKlente, seppe eziandio mantenersi go, fece loro dare sepolt«n'a in s. Ilario
in concetto tra' due imperi, vietando nelle tombe delia famiglia. Il di lui figlio
a' veneti ogni commercio co'maomelta Vitale Candiano, cheavea obbligato ad
ni, allorché vide che Giovanni Ziuusce abbracciare il cbieiicalo e poi elevato n
imperatoregrecoa grandi imprese si pie- patriarca tli Grado, eia uioglie Waldra-
para va contro i saraceni dell'Asia. Ma vn soli poterono salvarsi ; questa forse la-
«lominatodaH'ambizioneebramosod'ac- sciata vivere dal popolo per non incor-
ci escere il lustro della famiglia, ripudiò rere nell'indignazione degli esteri.
Giovanna sua moglie che costrinse 0 far- 6. S. Pietro I OrsenloXXffliloge.Va •
si monaca in s. Zaccaria, e sposò Wal- ciPico e moderato, ricchissimo, di puris-
drada sorella di Ugo il Grande potenlis- simi costumi, dedito fin da'primi anni a
Simo marchese (Il Toscana, e nipote del santa vita, a' 1 2 agosto 976 venne pre-
re Ugo. Costei recò in dote non solo im- scelto dal popolo a reggere la repubbli-
tiienso numero di servi e di schiavi, ma ci. Avrebbe esW sull'istante rinunziato
vastissime possessioni, terre e castelli nel airouore, ma il pensiero di poterle riu-
Trevigiano, Friuli, Adriese e Ferrarese ; scire utile il consigliò ad accettare. Pri-
per CUI a ddendere queste teneconven- uìierainenle tosto e daToiidarnenti a sue
ne a Fit-lro riuiuie (piantila di soldati s[iese fi'ce riedificare il tempio di s. Mar-
stranieri e italiani, e per munirsi contro co (onde osserva il cav. Mulinelli che
la sollevazione, volle introdurre perfino dall'eccidio di Candiano e dal fuoco die
in Rialtoalciuie estranee truppe a guar- rovinò la chiesa di s. Marco, nacque la
dare il palazzo ducale, coti altre odiose meravigliosa basilica attuale), e il palaz-
precauzioni ispiranti dillidenza e prave 70 ducale pressoché inceneriti nella rife-
mlenzioni. E fu appunto per la troppa rita terribile insurrezione; indi si die ad
potenza delia ca-a Candiana, per l'estese amministrare giustizia, ed a piomuove-
relazioni di parentcda cogli esteri, oltre- re tlovimque la pace e la tranquillila ilei
che pel carattere ambizioso, tirannico e veneto dominio. Ad ottenerla fece segni-
violento del doge, aumentato dall' opu- leuna transazione tra Waldrada moglie
lenza, che eccitala l'invidia e il sospetto del trucidato Pietro IV, e il popolo ve-
nelle veneziane famiglie, si ordì una tra- iieziano, la quale ritiratasi allora a l'a-
ma «jcculla contro di lui ne! 976. Mol- via nel regno Italico col fuggitivo figlia-
tiludine di gente all'unprovviso coise al sUo patriarca Vitale, presso l'imperatri-
palazzo ducale; gli assalitori dalle guar- ce Adelaide madre dell'nnperatore Ot-
tlie respinti dierono fuoco alle case vici- Ione 11, interessò gl'italiani a vendicare
V E >' V E V ^7
sulla vcnclT nizioiìe il sangue del ma- neficalo già ;iv«va largintienle i poveri
Vito e del (ì^!m). Per lale tiansa/.ione si nel suo testanienlo, eiooo libbre di pe-
C'Hilenlò Walilrada di riavere la sua rie- so d'argstilo lasciato al fisco pei^li .spet-
c'iiissiiita dote, e rinunziò al dono fittole tacoli che davansi alla nazione. Ma iiuii-
d 1 Candiano prisna degli Nponsnli, secon- dimeno dolorosa ni sommo fu a'venezia-
do l'uso de'tempi, della 4-' p^n'le di tulli ni la notizia della Fuga del doge die al-
i suoi beni; di armi, di navigli, di servi, jora coniava 5o anni d'età, e di regno i e
d. «chiavi e aliro. Rinnovò poi il doge i giorni 20. Morì Pietro in Cusano a' 1 o
pilli con qiie'di Capodisliia; regolò i tri- gennaio 997 i^ Arte di verificare le da-
boli che al fisco si pagavano, e nella gè- le , impugna lale data e registra 987,
neial concione fece che gl'isoliiiii gitnas- ma quella magnifica opera non sempre
seio di pagarli /jr/- la salvezza della lo- currisponde al suo titolo), e venerasi qual
;■ I jialria. ìNè solo la chiesa M;iiciaiia e santo sogli altari. Il p. Helyot nella Sto-
il palazzo, ma ingrandì gli alberghi, ed o- ria degli ordini monastici, t. 5, cap. 1 1 ,
spedali fece erigere in Rialto pe' poveri' ed altri storici alfermano, che per con-
e pe'pellegrini, a'qtiali del suo sommi- s ^lio di Pietro furono inceniliali la chie-
iiislrava il villo. Anzi vietò ad altri il dar s^i e il palazzo, onde potersi uccidere il
|( 10 alloggio, solo vole<ido egli trattarli al doge , ma appena elevato al Irono, (u
giiingere nelle Lagune per visitare i cor- preso da orrore del suo delitto e da a-
pi de'Sanli, e massime quello di s, IMfir- m uo pentimento , onde per levarsi lai
co eh' era stalo da lui riposto nella ri- macchia e far [lenilenza risolse poi d'ob-
fibbricata chiesa , che voleva adornare !> uuloiiaiio e rendersi monaco, nel (pia-
d-illa Pala d' oro. Ad onta dell' esercizio \v stillo visse sanlissimaniente. Dipoi Pa-
di tante rare virili, l'ottimo doge non era pa Clemente Xll con decreto de'28 a-
tranquillo nel suo interno. I maneggi oc- pnlei73i concesse alla città di Venezia
co!li,>ipecialmentede'[)arliti Cnndiani, ne e al monastero Cussaiiense 1' nllizio e
n'inacciavano la vita. vSe non che giunto messa di s. Pietro 1 Orseolo doge di Ve-
pcr caso in Venezia dal monastero di s. nezia e poi monaco benedettino, del <pia-
I\!iLhele di Cuxa o Cnxac, volgarmente le fmono approvate le lezioni proprie da
Cusanonella Guascogna, l'abbate Guari- recitarsi da tulli i monaci deh'ordine di
no, il doge piìi set iauienic pensando allo s. Benedello, a' 1 5 dicembre i 733. Nel-
spii ito di partilo che tuttavia agitava la 1' nino precedente, il senato di Venezia
n izione , e alla nausea recatagli dalle erasi ricordato hnalinente d'un santo
irondane grandezze, deliberòcon Guari- che fu cittadino e doge ilhistve, pio, be-
lo <ii segielamenle fuggir dalle Lagune, nelico e generoso, pi enunosamenle per
fill'insapiila della moglie Felicia edell'ii- CiiovanniMoceiiigo ambasciatore iuFran-
nico figlio Pietro. Quindi la iiolle del I .° eia chiedendo le leliquiedi s. Pietro Or-
siltembre 978, travestilo, rasasi la bar- scolo a'monaci di Cuxac, e annoverando-
ba, che all' uso greco i veneziani erano \o Ira'celesli [iroteltori della repubblica.
solili portare, lolle con seco molte gioie Giunti a Venezia a pubbliche spese due
e molto oro, in conipagnia di Guarino, nionaci, con tre ossa, una coscia, ima 11-
f-. Romualdo, Maiino anacoreti, di Gio- bi.ia e una tibia del santo, furono o<^[ù-
A inni Morosini suo genero e di Giovan- tiili da'coiifralelli in s. Giorgio Miggio-
ni Gradenigosuo amico, fuggì da Vene- re, donde do[)o formale riconoscimento
Zia alla badia di s. Ilario, da dove mon- delle sagre reliquie, (piesle furono lr;i-
I ito a cavallo e passate le Al[)i, giunse spiritale con religir)!,a pompa a'7 gennaio
(l'colleghi a Cusano , di che parlai 111 1733 alla basilica Marciana e nel .suo
p.iù luoghi, come nel § X Vili, 11. 18. Re- tesoro deposte. Meglio è leggere il Ma-
58 V E N
tinelli negli Aiindii Urltiiii a p. 6i4 e
seg. , ili cui pur descrive le susseguenti
feste celebrate ad onore del servo di Dio,
Il doge Piuzzini peiò, al cui zelo debbe
Venezia quelle reliquie, ne trasse una
parte e liposlahi entro un colKinetto or-
natissinio di velluti e iloiature, con anri-
Ioga iscrizione, donolla alla chiesa di s. I\l.'
in Nazaret degli Scalzi, ove all'altare di s.
Teresa volle essere tumulalu dopo morto.
Aggiungeiò, conservarsi dal cav. Cicogna
gli atti originali corredati delle autenti-
che nnue e de' sigilli, contenenti la ve-
rificazione e visita delle reliquie del s.
doge Orseolo Fitta in Cuxan, e ripetuta
in Venezia all'atto del riceverle per la
loro collocazione nel Tesoro. Si ha di
mg.' Giusto Fontanini, De s. Petro Ur-
scolo duce Fe/u'loiniìì , postea ino/iacho
benediclino DlsstrltUio^ Romae t ySo. La
vita del ntedesiiuo santo, scritta dal dot-
tissimo cauialdulese p. Guido Grandi fu
stan)pata in Venezia neh 78 ( e ristam-
pata dal Bettinelli nel lySS. — - Filale
Candiano XXTT' doge. Nella città di
Venezia sparsasi la notizia della fuga del
dJge Pietro 1 Orseolo, cpjal sciagura na-
zionale, grande e universale fu il pianto;
radunatisi quindi i comizi fu nello stes-
so 0)78 proclamato doge Vitale Candia-
no fìllio di Pietro Ili e fratello del tru-
ciilalo Pietro IV, regnando nuovamente
laCandiana stirpe; e questa era una pro-
va delle diverse fazioni che tuttavia nel-
la repubblica dominavano. Vitale grave
d'anni, distinto per umiltà e dolcezza di
co^lucni, tutto al bene coniune si rivolse.
Sapendo come Ottone 11 im[)eratoie te-
neva in odio il nome veneziano dopo il
massacro del fratello, gl'invio a Quedlim-
burgo, ove trova vasi, il proprio nipote Vi-
tale Candiano patriarca di Grado , che
ilopo essersi rifugiato nella sua corte era
tornato a Venezia, in compagnia d'altri
legali e con ricchi donativi de'veneziani.
L'imperatore ben li accolse, e per la be-
uevuleuza the avea pel patriarca si pla-
cò e confetaiò gli antichi tialtati. Agli
V E N
Oltotii d;» molto linripo erano accetti \
Candiani, come si trae da una donazione
fatta da Ottone l nel t)63 della grossa
terra di Musestre nell' Emilia Allinale,
presso a cui i veneziani e gl'italiani ave-
vano poi t<j e commercio. Imperocché fu
sempre ioleinliaiento degl'imperatori di
Occidente procurare di slaccare i vene-
zi mi dall'amicizia cogl'iinperatori d O-
riente, acciò lo stato veneto riuscisse di
minor impedimento agli occidentali. In-
tanto il doge da lento morbo consuma-
lo, veilendosi incapace di piii reggere la
repubblica e vicino il suo fine, dopo 1/^
mesi di regno, virtuosamente a un tem-
po rinunciò al ducato e ai mondo nel
979, vestendo la cocolla monastica in s.
Ilario, e poco dopo fini di vivere. Era al-
lora comune e pia usanza, come notai in
più luoghi, quella d'indossare quell'abi-
to prima di morire, ci etlendo piamente i
fedeli venire con ciò prosciolti dalle col-
pe commeise. — Trihtmo iVL'iiiino XXF
doge. Nello stesso 979 cominciò a regge-
re il dogado, benché quanto ricco, altret-
tanto inetto a cotal carico, e ciò avvenne
per sopire l'inlerne discordie.Iufatti guer-
ra si mossero tra loro alcune famiglie, e
specialmente gli opulenti e potenti Mo-
rosini e Galoprini. Il doge era pe'secon-
di , per cui fidato nella sua protezione
Stefano Cihjprmo, uniti, i propri ligli,
volle attaccare i Morosini, i quali a tem-
po avvisati poterono salvarsi; ma Do-
menico Morosini colto sulla piazza di s.
Pietro d'Olivolo, venne da'Galoprini as-
salito e steso morto al suolo. Si giurò
vendetta da'iMorosini, e tacitamente se
ne aspettò l' oppoi tunità. Frattanto di-
sceso Ottone li con grossa armata in Ita-
lia si fermò a Verona, dove il doge gl'in-
vio ambasciatori per distorlo dal voler
vendicare sui veneti la violenta morte
di Pietro IV, come si sospettava ad on-
ta d'essersi già mostrato calmato, per a-
verne alcuni riacceso lo sdegno. Ninna
ri«po<.la su ciò egli diede, e solo accettò
i doni olfcrligli , ed i patii antiobi riij-
V E N V E >^ 59
novr). !\I;) coiìliiuiantlo l'inlcslliie (liscor- scortile delle due f,izioni. "Sion 6 giorni
tiie, i! tioge diveiiDeneiiìico (le'Calopiini, dopo e fu sepolto in s. Zaccaria. Avea
e si die invece al pai tilo de'.Morosiiii. A- pei' sua divozione fondata li badia de'
dirato perciò Stefano Cidoprino corse ad l)enedetlini di s. Giorgio Maggiore, isola
Ottone II, e con alili suoi parenti e and- dalla famiglia ducale detta IMenimia. —
ci l'eccitò a innover gneira a'veneziani, Pielro II Orseolo XXf'^I doge. Figlio
promettendo di daigli nelle mani la cit- di s, Pielro I Orseolo, aveva forse 3o an-
ta, e raccomandandosi al caso della vit- ni quando nel qqi fu eletto doge, e per
toiia d'essere fallo doge. Acceltò 1' im- |e sue gioì iose a/ioni rese celeberrimo il
j)eratore la proposizione, e coli' aiuto e- proprio nome. Estinte primamente le
ziandio del Cnloprino pratico di tutte le discordie Ira'nobili, riportò dalla corte
■vie che per mare alla città conducono, bizantina privilegi ed esenzioni utilissi-
strinse di duro assedio Venezia col bloc- mi alla navigazione. Fu il 1 .° clie inviò
carne l'isole versoi! c)8i, e impedì che ri- ambasciatori a'sovrani saraceni dell'Asia,
cevesse vettovaglie. Saputasi !a liistenuo- dell'Africa e d'altre parli, per trattar di
\n in Rialto, il tumulto e 1 irritazione fu pace e di commercio. Anche con l'impe-
generale. Indarno il doge tentò di pia- latore Ottone 111 rinnovò i trattati , e
care Ottone II, il quale anzi, avendo se- altri ne stabilì co'principi d'Italia. Libe-
dnlii alcuni sudditi di terraferma, pre- lò dalle violenze degli slavi e croati la
paravasi con poderosa flotta anche per nazione veneta, e in Eraclea e in Grado
la via di mare. Disperali i cittadini <(ò- eresse palazzi ducali, loiriemura. Ven-
garono la loro ira sulle famiglie de'ribcl' duo le molestie che dagli slavi si reca-
li, le cui case saccheggiarono, e le mogli, vano a' veneziani navigli; e pregalo di
figli e parenti cacciarono in prigione, e soccorso da'dalniali contro que' corsari
giurarono di perii e [)rima di cedere. Du- jni-e in mare poderosa flotta verso il
larono essi in carcere quasi due anni e 9)8. Salì egli stesso allora sopra una na-
periti vi sarebbero, se l'imperatore reca- ve nel dì dell'Ascensione, dopo avere ri-
tosi a Roma non vi moriva nel dicembre cevuto la bandiera benedetta della re-
983. con che restò disperso il fatale ap- pubblica dal vescovo d' Olivolo Doiiie-
P'iralo. ) libelli confusi, levalo l'assedio, nico V (donde poi ebbe origine la solen-
ebbero gian ventura di ril'ugiaisi presso ne lesta di tal giorno, e indi la bencdi-
1 imperatrice Adelaide, erinteiposerocon zione e sposalizio del mare, narrala nel
pieghieie ad ottener perdono dal doge. § XVIII, 11. (3), e uscito dal porto tl'E-
L imperatrice colla sua dolcezza lo con- quilio, giunse a Grado, indi a Farenzo,
segni , ed i ribelli ripalriarono tranne di là a Pola e a Zara , di dove spedita
Stefano Calopiino morlo in Pavia. Ma una squadra contro un'altra de' iiarea-
il ritorno de'Caloprini desiò ne'Morosini tani, fece prigionieri molli vascelli ilei ne-
l'anlicu risentimento di vendicarci, e uo inico, che promise solenne ubbidienza;
giorno mentre 4 figli del defunto Calo- ma rotti i patti , fu cosliello il doge a
pnno erano in liarca, i Morosini l'aggie- batterlo di nuovo, e ne riportò tale so-
dirono e trucidarono. A tanto mislatlo lenne vittoria , che al veneziano domi-
il doge re>lò indolente, il perchè acceso dìo (u cagione di sotlomeltcre i popoli
d'ira il popolo sì sollevò nel 99 1 , lode- dalmalini e gl'istriani per festensione di
pose e costrinse farsi monaco, rispar- quasi 3 Ho miglia t\a\\' Istria fino a Ra-
iniaiidoa Ini gli occhi e la vila. Altri <lis- (^iixa. Ecco come 1' Arte, dì verificare le
seio che abdicò e spontaneamente si ri- date desc:'!Ve tali conquiste. i\el 99''',
tirò nel chiostro, Nlanco delle lui boleir/.e tlopo la morte di Tirpimiro re di Oroa-
chc abitavano la città per le licre di- zia, informalo il doge come le città ma-
(]o V E N
iiiliujc (Iella Diilniazin erano disposte a
ilonaisi a' veneziani , i qnali non posse-
devano su queste cosle die Zara, capi-
tale della inedesitua, equipaggiò una flot-
ta e porlossi sul luogo. Fola, Spalalro,
r.iignsi ed altre cillà e isole, voionlaiie
s! soUomiseso al veneziano reggimento;
ma Ctirzola e Lesina rifìutavnnsi: il do-
t;c le assali e prese d'assalto, e le costiin-
!>e a subire la legge. Entrò poi nel pae-
se di Narenta , i cui abitanti esercitava'
J)o iinpiinetnente In pirateria nell'Adria-
tico, e forzale le piazze meglio importan-
ti, mise il paese a ferro ed a fuoco. Dipoi i
valorosi dalmati, per tanti secoli divise-
10 negli eserciti veneziani le vittorie e le
sronlitle; e nell'estremo caso di Venezia,
fi'd dmati la repubblica consegnò il ves-
si li <j di s.Marco, cbe prorompendo in pian-
to lo baciarono e abbracciarono. Perciò
a sì generosa nazioue, d'inconcussa fede,
il veneto cav. Fabio Mulinelli dedicò gli
ylnnali Urbani di Fi-nczla nel 1 84 ' • Di-
ce l'ab. Cappelletti, l'acquisto della Dal-
mazia e della Croazia fatto da Pietro
11 Orseolo, piocacciò a' dogi di Venezia
l'onorevole titolo di Do{^i di T^cnczia,
della Dalmazia e della Croazia. Si
ponno vedere Lucio, Islorìa di Dalma-
zia, Venezia 1674- Farlato, Illyrici sa-
cri, Wewei'ù'i ly.ji. Non debbo lacere,
e per (pianto alla sua velia dovrò nar-
rare della Dalmazia, clie per allora non
io propriamente a^soluto il dominio del-
la repubblica di Venezia sulle discor-
se regioni, istruendomi pure il eh. Ro-
manin, che il doge visitò lutti i luo-
ghi acceltati sotto la veneta prolezione
e che il riconobbero duca o governato-
re, com'erano i duchi nominati da Co-
stantinopoli, non già come signore; dif-
fr-ienza non notala dagli storici, ma ini-
porlanlissima. Furono rispettate le leggi,
i costumi e gli usi della nuova provincia,
S(j1o lieve trdioto fu imposto alle città,
ma I egolalo a norma della natura e pro-
dotti di ciascuna. Così Arbe avea a som-
nimislrare 10 hbbre di seta, Ossaro ^o
V E N
pelli di martore. Vegliar 5 di martore r
3o di volpe; Spalatro ebbe l'obbligo d'ar-
mare due galere ed una barca , quando
i veneti ponevano in mare una squadra;
Pola contribuiva 2000 hbbre d'olio al-
la chiesa di s. Marco e qualche barca. Si-
mili censi di certa quantità di vino o d'o-
lio, o di bai che pai imenliaveano promes-
so le altre città dell'Istria, come Muggia,
Umago, Ciltanova e Trieste. Così diven-
nero le cillà della Dalmazia tributarie
della repubblica di Venezia, la quale vi
mandò tosto suoi rappresentanti a tute-
la de'propri interessi e de'propri sudditi.
Certamente che poi a poco a poco il po-
tere veneziano si ac^.rebbe e la Dalmazia
divenne interaoienle suddita. Pietro II
Orseolo gloriosissimo rivide le patrie La-
gune, ove per unanime acclamazione gli
fu approvalo il lilolo di Duca di Dal-
mazia , e nelle quali circa il looi (nel
9f)8 dice Corner) essendo incognito ve-
nuto l'imperatore Ollone III (e non suo
padre Ottone 11 e in anteriore epoca che
fi anacronismo, come scrissero alili), e-
gli il condusse a visitare il corpo di s.
Marco, indi il ducale palazzo, nella cui
torre occidentale avea per lui preparato
magnifico appartamento (ricevuto occul-
tamente non potè aver luogo la sontuosa
accoglienza riferita anche da altri , ma
semplice e comodo ospizio per cont'or-
mar^i all'impei iale desiderio; anzi il Cor-
ner dice che Ottone III si fermò ad al-
loggiare nel monastero di s. Servolo, ed
altretlanto confermò da ultimo il Zamiini
descrivendo l'isola, il che io feci pure nel
5 XVlIl.n.io). Il doge profittò disi feli-
ce occasione per ottenere da Ottone III
la confermazione de'beni veneti possedu-
ti nel regno Italico , e ricchi doni si fe-
cero a vicenda. L' imperatore fu padri-
no ad una figlia del doge eh' era an-
cor catecumena. Dopo la partenza del-
l' imperatore, il doge comunicò nell' as-
semblea nazionale la sua venuta segreta,
ed ognuno ne ammirò la prudenza sin-
golare, e la confidenza sua censì potea-
\ E -\ YEN Gt
[fi sovrano. E fu allora die in provn del ni. QunUi-'anni dopociica, essendo Pietuj
grande alleilo, vollero i veneziani che si II aggravalo da ciouica malattia, luoi i
associasse nella ducea il figlio Giovanni nella tresca età di 4^ anni nel i 008, pian -
Orseolo, giovane religioso e saggio. Piese lo da tulli i veneziani, non senza aver la-
più illustre ancora il nome di l^ietro li sciato ricchi testimoni della n)o!ta ina pie-
il soccorso che di molle grosse navi man- là alle chiese ed a'puveri, ed ebbe totnbu
dò a'greci nel porto di iJari assediala da' nella della chiesa di s. Zaccaria; colla glo-
saraceni circa il 1004, ioiperoccliè venu- ria d'avere col grande e generoso suo iti-
ti a giornata i veneti e i greci insieme, co' gegno innalzato la repubblica di Venezia
mnomellani, su cpiesti riportarono com- ad alto grado di prosperità, dopo aver go-
piiita vittoiia. Spedì poi il figlio e doge vernato con dolcezza e sapienza non co-
Giovanni a CoMlantinopoli per isposare ninni. — O Lione Orseolo Wf II tìogc.
IMjria nipote di Uasilio II imperatore, ed In eia di i 8 unni nello slesso 1 008 rimase
ivi e poi in Venezia si fecero m.ngnifiche solo al governo della repubblica. Era egli
le pompe nuziali, narrale dal ÌMutinelli quanto prudente e savio, allreltanlu beb
negli Annali Urbani di T e/nzia. Ivi por- lo della persona, ed ebbe poco dopo a m'>-
tarono <la Coslanlinopoli il corpo di s. glie Elena o Gisella figlia di Geysa le
Daibara di Nicomeilia e lo diedero alla d' L'ngberia e sorella del re s. Stefano I,
basilica di s. Marco, da dove fu lra<.por- principessa lodala per castità e virtù siii-
tato nel looq nella chiesa di s. Gi». E- golari. Pose OUone regola alle decime
vangelista di Torcclio per dono del doge die i cittadini pagavano, le (piali erano
Pietro 1 1 Orseolo ad istanza de'suoi figli slate alterate da' precedenti dogi elmo
Felicia badessa del monastero e Oiso ve- gaslaldi. Bramoso il vescovo d'Adi ia Pie-
scovo di Tori.elIo e poi patriarca già- Irò di estenderei propri dominii, nel i o 1 7
dese, come dilfusamenle racconta l'ab. uvea gi.à invaso i territorii del castello di
Cappelletti e notai altrove (delle reli- Loreoo LoredoediPossone,da lui latti li-
cjuie di altra s. Barbara, diesi venera- beilaie alla repubblica; ma accorso il do-
no in Venezia, ne pallai nel § Vili, n. gè superiore di forze a' nemici li debello,
I I, e neln. i3 del § XV III). Ma nel col- pose a sacco le loro terre, e costrinse il
mo della felicità vennero il doge Pietro vescovo a recarsi in Rialto, e chieder pi-
li eia nazione sturbali neh 007 ilalla pe- ce e perdono. iMurcimiro o Crusimiro ca-
stilenza, cagionata dalla carestia die al- pò de'croiili devastava il territorio di /-i-
loia regnava in tiilla l'Europa, patita ra e dell'altre dalmatine cillà,clie vole-
antoia da Venezia, die penetrala in lìial- va ricuperare. Questa gente, siccome a-
10, fra' molli, colpì di morte eziandio il mica de'veneli, come la chiama il cav.
figlio doge Giovanni d' anni 24, la sposa Cicogna, implorò il loro soccorso; e il
Maria, e Basilio figliuoliiio loro, tumula- doge , allestita un' armala, andò in per-
ii in s. Zaccaiia. In questo tenibile inlor- sona, vinse i barbari, rinnovò i patti giù
luiiio eziandio, grande si mosliò Pietro con quelle città stabiliti, e tornò glorio-
11, studiando c<iii [irovvidenze e con soc- so in Uialto. Erano trascorsi 1 5aniii dac-
corsi di possibiltuente rimediarealla gra- che Ottone reggeva trancpiillamenle ,
ve sciagura, la peste facendo orrenda quando a un tratto eccitalo il popolo dal-
slrage. Lasciò sciilto il Dandolo: I\in- le famiglie invidiose della grande poleii-
tafuil ìnorialilas in Fcnetia ...ni va- za degli Orseoli, si rivoltò contro di lui.
canlts sipnlchris ciun inorlis ohrucren' Eu fitto creileie che il doge volesse eii-
tur. Volle il [Hjpolo.per con>olare l'alllil- gersi in assoluto sovrano di Venezia, e il
tissimodogCjCliggerea suo socio nel duca- tumulto fu tale che il doge e il suri fu-
lo l'allroiiglioOltoDehenchèdì soli i4au- Itilo Orso Orseolo patriarca di Giadu,
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T)eli023 furono coslrelli a iilirai<i nel- pniip, negòla coiifern-.a degli anlirlii frnt-
l'IsU'in. Da ciò prese animo Popone pa- lati co' Venezia ni, dal doge licliiesla; per
ti'iarca d'Aqnileia, nemico di quello di cui i veneti pievedevaoodi peiderequan-
Grado, radunò gen\e e varcata la Lagu- lo po'*sedevaiio nel regno Italico, e già
na giunse sotto Guido. I cittadini chiuse non piccolo daiuio ne ridondava a! com-
ic [ìorle volevano difendei si ; egli pelò nieicio. Oltre a ciò, Popone facendo ci e-
giurava loro che veniva auiico per regge- dere Orso Orseolo quale usurpatore e
re quella vedova chiesa. Creduli igradesi patriarca illegittimo di Grado, tanto o-
apriiono la porta, ma appena entrato Po- però presso Corrado II, che questi por-
pone e i suoi tutto misero a sacco e non latosi a Rotna per es>ere coronalo iu>pe-
furono rispettale ne|>|)ure le chiese e i ratore a'26 marzo 1027 da Papa Gio-
lìionavleii. E secondo il costume, indi si vanni XIX detto XX, ottenne da es-
diedero a rubare i corpi e le reliquie de' so una decretale con cui si dichiarò es-
Santi, credendo con questo atto di sana- sere stala indebitamente Grado tenuta
re i commessi loro enorp»i delitti. Ginn- mclro[)oli ecclesiastica, e quind' innanzi
la la nuova a Venezia, nel 1024 richia- doversi avere per indipendente da Aqui-
marotisi liall'lstria il doge e il paliiarca leia; e non contento di ciò armali iTriula-
Orso, e radunata gente il doge in perso- ni e i caiintiaiii fece molle irruzioni uel*
na portatosi a Grado, obbligò il presidio le Lagune gradesi e caorlesi. Ma dell' in-
di Popone a cedere la cillà alle venete for- giusta azione di l^opone, dagli Orseoli fu
ze. Fu prima cura, per Irantjuillare i già- reclamato al Papa slesso, il quale meglio
desi, quella di rintracciare i corpi de'pro- illuminato della condotta del patriarca a-
leltoii ss. Eiuiagora e Fortunato, che si qiiileiese, dopo aver udite le sue ragioni
temevano lapiti, e Irovalili, con sommo e quelle d'Orso, radunalo apposiUnoen-
giidjilo si riposero in più sicuro luogo, le un sinoilo in Roma, a favore del gra-
Ir.di Ottone fece restaurare le mura di dese decise, dopo aver ritrattato la pre-
Grado, e cingerne le porte di ferro, e ri- cedente decretale. Intanto tranquillità
piii-linò il fratello Orso nella sua sede, non v'era nel veneto dominio, e per
Ma in Rialto non erano tranquilli i mali parte degli slavi ede'ilalmati non poche
nmoii contro la prosapia degli Orseoli; luiboleuze si soifrivano anco per lesem-
e si accrebbero quando Oltoue non voi- pre crescenti discordie per l'esilio dato
le investire del vescovato d'Olivolo Do- ad Ottone, e il popolo veneto era decadii-
nienico Giadenigo, attesa la sua età ili lo dall' estimazione presso le nazioni ol-
18 anni. Laonde i Gradenigbi aiutali da' tremarine. Infatti molte città dalmate
Flabanici e da Domenico loro capo, mos- dalla lega co' veneziani si sottrassero, a
sero il po[iolo conine il doge nel 1026: ciò specialuienle eccitate da alcun bano
l'arrestai Olio e rasagli la barba e i capei- della vicina Croazia. Fraltanlo i veneti
li, per disprezzo, lo cacciarono iu bando sempre irrequieti internamente, annoiali
a Coslanlinopoli. E ignoto quando sia del governo di Centranigo,e persuasi piut-
inorlo questo doge, che fu sostenitore di tosto di fare risorgere la famiglia degli
giustizia, pieno di religione e di vii là. — Orseoli ingiustamenle calunniala ed op-
i'ielroCcniraiiii^ooDarbolanoXXflII pressa, si sollevarono, arrestarono il doge
doge. Dopo vari contrasti, per la deposi- nel io32. lo deposero, gli tagliarono la
zione d'Ollone, forte lullavia essendo il barba ed i cipelli, e lo costrinsero a vc-
jiai tiio degli Orseoli, la nazionale assem- slirsi da monaco, cacciandolo in bando fi-
blea nel 1026 elesse a doge 1' eracleano ■ no a Costantinopoli. Ad una voce si vol-
l'ictro. L'imperatole Coriado 11 il Sali- le allora Orso Orseolo palriaica di Gra-
to,sosltnilore del patriarca aquilciese Po- doa reggere iuleriueiluicnle il ducalo lino
V E ^ VE N Gì
al ritorno dn Coslantinopoli fli Ollone. gli iliodero luogo pnrticolnre udiri sciie
E as>ai proi)abile die Romano III Ar- tie' dogi (ad onta di ciò venne la sua iin-
giio imperatore greco, col quale gii Or- magine dipinta fra la serie de'dogi nella
seoli aveano parentela, come fiatelio di sala del maggior consigliocon questa iscri-
Maria moglie di Giovanni periti di pe- zinne: J iviis ab hacretle rexi una liiccni
Sta, facesse persuadere i piim;iii della ve- ducatiiiu). Ma chi il crederebbe? La iiii-
nela nazione di richiamare Ollone; e che micizia die nutriva l'implacabile Dome-
quesla relazione tra il greco augusto e dico Flabanico, già esiliato, verso la fa-
gli OrNeoli dovesse imporre a'veneli che oiiglia Orseola, e autore principale della
de'gieci aveano sempre bisogno, massi- df posizione dell'ottimo Otìone, ridondò
ii)e pe'tralìlci. Pertanto fu destinalo con «i vantaggio di sua ambizione; imperoc-
bella SCOI la di navi a portarsi in lìisanzio che i veneziani appena deposto Dome-
Vitale Orseolo vescovo di Turcf-ilo, fra- iiico Orseolo, nel loSa lo richiamarono
leilo del patriarca di Grado e del già do- dal bando e 1* elessero doge. ]")i più la
gè Ottone, per riconilurre questo in Rial- reazione contro gli Oi scoli andò taul'ol-
to, ma tro\òcheil buon principe era già tie, fino a decretarsi quella famiglia in
tuorlo nelioSa. A questa notizia il pò- perpetuo incapace a qua!iin(|ue tlignità
|)olo veneziano fu a»sai dolente, e mas- politica dello stalo. Osserva il Rouiauin,
sime Orso patriarca vicedoge, il (juale questa forse fu opera del [lartito demo-
iiou volle continuare nella suprema ain- ciatico, cui la gian(le7za degli Orseolida-
niinistrazione del dogado, e rinunziò sul- va ombra. Fu per tale parlilo, che ad
l'istante il governo dopoi4f"esi di sag- impedire che i figli de'dogi fossero uniti
già reggenza, e ilopo avere ristorata Gra- al padre nel governo, onde poteva dive-
do , e coniato eziandio monete col suo nirtie ereditaria la dignità , promosse la
nome. Egli da alcuni cronisti è posto nel savissima legge che soltoFlabanico si pro-
catalogo de' d( gi elltfitivi. 11 figlio il' Ot- iiiulgò a patrio vantaggio, col vietarsi as-
tone, per nome Pietro V A lenianno, nel solulamente a'tiogi di eleggere un collega
J o38 successe allo zio s. Stefano 1 nel o un successore nella ducea; legge sem-
legno il' Ungheria, a preferenza del cu- pre poi osservata finché duiò la repub-
gino e del cognato di questi. — Dome- blica (tranne nel i4<i^6, in cui Agostino
iiìco Flahanii o XXIA ttoge. ÌVon appe- lìarbarigosuccesse nel dogado al fratello
na si seppe la ujoile del doge Ottone, si IMarco). Anche due altre hggi si fecero
I idestarono rumori fra'veneziani, e lim- niodeiativea temperare l'autoiilà del do-
provvisa rinunzia del di lui lialello Or- gè, cioè ch'egli dovesse aver sempre al
so patriarca li mise in iscompiglio. Fu al- suo fianco Aue consiglieri, senza i quali
loia che Domenico Orseolo, altro fialdlo nulla decidere potesse , e furono detti /
d'OUone e perciò figlio di Pietro 1 1 Or- consi-'Ucri (hi finge; e che negli afiari dì
scolo, uomo pili destro che violento, non «omnia iujpoilanza nulla parimente de-
si sa cooie, ma ceilamente senza il con- ciiiesse senza il consenso d'alcuni de' più
senso della nazione, si fece eleggere do- illuminati e ragguardevoli cittadini, scel-
ge, credendo quasi eieditaria nella sua ti però dal doge slesso. Questaconsulfa fu
famiglia la ducea. il pojiolo giustamente il gei ine del consiglio che fu poi det-
montato incollerà per tanto aidimenloso lo i\t Pregadi (del quale vocabolo reti-
.'itlcnlato a'suoi diiitli , assalì Domenico do ragione veiso il fine del n. 4^ di
nel palazzo ducale, e ne saiebbe rimasto questo G), e che cominciò a divenire sta-
villima, se per avventura non t'u>se liig- bile nel d.jgado di Jacopo Tiepolo dd
gito, salvandosi in Ravonna, dopo un sol 1229. Dicesi che Flabanico a tali iute-
giurnu di governo , onde ì cronisti nou lessanti iunovazioui cooperasse, il cln:
6+ V E N V E N
njosirn coni' ei^li fosse animato da zelo chiese che gli avevano chiuse le porle-
pel pubiilico Lene; e in elìcilo sia cliefos- Il doge imnianlinente spedai legali a Ilo-
se in lui (lei tulio spenta la brama di ven- tua, ed oUeiine la rivocazione del pon-
detla.o l'invidia, o l'ambizione anteriore, lificio decreto, nel concilio perciò in essa
sia che »l)l)ia saputo dissimulale tali pas- adunato, e l'ordine a Popone di reslitui-
sioni, lodevolmente resse il [lopolo ve- re a Grado il predalo, aia Popone era
neziano. Non più persegmlò gli Orseoli ; già morto. Egli erusi proposto di recar
si ra[)paltuinò co'greci, da'fjuali anzi ot- molti danni al veneto conimercio, e di
lenneil titolodi prolospalario; e nelio4o fare risorgere Aquileia, colla rovina di
lece celebrare dal patriarca Orso, da* Grado, di cui il doge risarcì le chiese e
vescovi e abbati delle Lagune un con- le case, ritardando alquanto il suo de-
cilio provinciale nella chiesa di s. iMar- cadimento. Poco dopo Cresimiro re de'
co, per trattare su vari pimti d' eccle- croati, uomo intraprendente, sollevò i
siastica disciplina, onde eliminarne gli a- dalmati contro i veneziani a fine di roiu-
busi introdotti; e Ira gli altri canoni vi pere la reciproca lega. Però il doge ai'-
fu stabilito, che niuno senza grave ne- mata una flotta recossi in persona sul Ino-
cessila e senza il permesso del metro- go, liuiise la ribelle Zira all' osservanzéi
polilano, fosse ordinato sacerdote prima de'palli, ed altre vacillanti città persua •
«lei 3o. anno e diacono prima del 25.°; se a non dislorsi dall'alleanza, e cosi re-
clie le consagi azioni delle monache solo se buon servigio alla nazione. Insorte iu
si ccltbiassero nelle feste dell* Epifania, seguilo forti coiilese fra gli abilanli dei-
di Pasqua e degli Apostoli ; che il cri- le due Cliioggie,e Pietro Orseolo tìglio del
sma, l'Eucaristia, i vasi sagri e i para- doge Domemco,chefu b.mùilo,perdiver-
menti si custodissero nelle chiese sodo si fondi che in que'dinlorm possedeva, il
chiave; che i pannilini sagri e altre bian- Coniarmi compose le liti con sentenza
cherie per servigio dell'altare si lavasse- nella quale si dà il titolo di y^ci/r/Vo im-
ro in luogo particolare, e le vecchie si periate e di /jro^o.9e/;rt5to, ricevuti da Co-
bruciassero , i corporali ed i purifìcatoi stantino IX il Monornaco : del i ." titolo
doversi lavare da'sagri ministri nella sa- ne tratto al suo articolo; dirò col Magri
greslia; che le monache non toccassero i del 2.° che il prolosthaslus era una di-
vasi sagri, non niini'strassero l'incenso, gnità della corte imperiale di Costanti-
ne coprissero gli altari. Finalmente dopo nopoli, il cui vocabolo greco siguificay;/-/-
10 anni circa di pacifico governo, morì ruo Angusto; onorificenza che conferi vasi
Flabanico nel 1042. — Donieiuco ICon- a'medesimi figli dell'imperatore o a'pa-
taiìiii XXX doge. JNel io43 raccoltisi i renti, ed eravi annesso un ricco appannag-
comizi, diedero per successore al defun- gio. il che fa vedere l'estimazione che li
lo, Domenico Contai ini d'illustre prosa- iloge godeva presso della corte, dalla
pia e di saggio caiallere. Anche al suo (piale era stato pure onoralo del titolo
leojpo contifiiiava 1' irref|UÌelo e ambi- di maestro della milizia, al riferire del-
zioso Popone patriarca d'Aquileia a u)o- 1' Ai te di verificare le date. Verso il
lestaie quello di Grado Orso, e aveva 1049, o dopo aver celebralo il Natale a
anzi oltenulo nel io44tla Papa Cene- Verona, in taleanno vuole Ferlone, o nel
• letto IX decrelo,con cui nuovautente al- io5o secomlo Novaes, o nelio53 al di-
la chiesa a(|uileiese soggettò la gradese. re di Corner, Papa s. Leone IX si recò ia
Fallo quindi Popone più ardilo e vio- Piallo. Grande fu l'allegrezza del ^)opo-
lenlo, sorprese Grado, e dato orribile lo, decorosi gli onori resigli dal doge e
sa<eo , per cohno di scelleratezza tutta da'padri veneti , profonda la divozione
1 abbandonò alle fiamme, massime le colla (]uale venerò l'ossa di s. Marco, coii-
YEN
cedendo indulgenze ed ecclesiastici pri-
vilegi, superiormente ricoiduli. Indi nel
concilio tenuto iu Uoma nelio^Sd Pa-
pa decrelò: L t nova Aqnileja (ossia Gra-
do) tolius f eneliae et hlriae caput ti
mclrojìolis pcrpcluo haberelur: Foroju-
liensìs vero anlistes tanluiniiioclo Jìni-
lus loiìgohardoruin tsstt coulcnUis. iSoii
trascurò il doge d'inviar legali neIio5~)
airiniperaloie Enrico III, nelle persone
di Domenico Selvo o Silvio, che gli suc-
cesse, e di Buono Dandolo, per ottenere
la solita rinnovazione de' palli antichi,
per conservale quanto nel regno Italico
possedevano i veneti. Malgrado poi che
la ciescenle fortuna de'bellico^i noriìian-
ni nella Piglia e nella Sicilia dislui bas-
se troppo il commeicio de' veneziani iu
Inlta riialia meridionale, e minacciasse
di slurbailo anche sul niare , il doge
tDai.ttiinela pace nell' interno; e dopo es-
sersi leso LeneDveritocoirtdifiziodtlia ba-
silica Marciana, e di aver con altri innal-
zato un tempio e un monastero sul l'or-
lo del Lido, detto anticamenle Porlo di
J Clizia ijdi Pxialto, e poi celelrecol ti-
tolo di s. INicolò di Lido, fini di vi\eie
nel 1070, ed ivi volle esser sepolto, nel-
la f.icciata esteriore erigendosi il monu-
mento, non mancando altre pubbliche
dimostrazioni di attestare la sua pietà. —
De fucini 0 Stivo A.VAY doge. Nel tlttlo
1070 fu eletto con unanime consen>o
dai jiopolo nella chiesa di s. ÌNicolò di
Lido, e acclamandolo con queste parole:
fole ma dose Domenico Si ho et lo lau-
dcTito. Kifiutando Stivo il supremo ono-
re, fu con entusiasmo preso danobi i e
e in alto sollevalo, aflif:chè tulio il po-
polo lo salutasse suo piincipe. Indi In ceri-
dolio alla spiaggia e in app05ito naviglo
accompagnalo fino alla cluesa di s. Mar-
co, dove (ia'sagri cantici ricevette il ves-
sillo nazionale e l'insegne ducali. Il nuo-
vo doge per islringere maggiormente l'u-
ni icizia ti a' veneziani e i greci , picsc a
moglie Teodora o Calegona, figlia di Co-
Manlino X Duca irnpci alore, nioilu ne!
YOL. xcii.
YEN G5
1067, o come altri vogliono sorella di
?Siceforo Cotoniate salito poi all' impero
nel 1078. La principessa giunta in Rial-
to, tulli sorprese col lusso e colla pompa
regia del suo equipaggio, e colla mollez-
za del vivere. Le sue stanze olezzavano
d'odori i più squisiti, e perfino facevasi
porgere in bocca dagli eunuchi le vivan-
de, uou volendo essa in ciò all'alicarsi: in-
somma a tanto giunse la sua delicatez-
za, che venuloleschifosissimo morbo, che
a brani a brani lacerava le sue carni, mo-
ri in breve. Erano 7 anni circa dacché il
doge placidamente reggeva , quando i
norn>antii audaci e cujiidi di conquiste,
mettendo sossopra le cillà della Dalma-
zia per trarle al loro partilo, costrinseio
i veneziani a far loro opposizione. Laonde
il doge allestita una flotta, ne prese il
comando e andò ad adroiitarli. Al solo
appressarsi delle foize veneziane, o che
seguisse navale combattimento, ritiratisi
i nemici dalle coste della Dalmazia, potè
il doge rinnovare co'dalmalini gli antichi
patti, facendosi promettere che non a-
\rtbbcro più relazione co'norinanni. ]Ma
questi arditi continuando ad essere mo-
lesti, e rivolle le loro ai mi anche contro
r impero d' Oliente, e stietla Durazzo
d'assedio, l'imperatore Alessio 1 Cornile-
no nelio83 riioise per aiuto a' veneziani.
Il doge si pose alla lesla di più numerosa
e ordinala ai mata, e co'greci marciando
control noi manni, successe una delie piìi
sanguinose e illustri battaglie, sostenuta
con felice esilo da' veneti; i quali uniro-
no al valore molla arie, specialmente u-
sando certi oidigni adoperali con indi-
cibile veemenza a perforale la nave ca-
pitana del nemico, che rimase con quasi
tutto il cai ico dall' acque ingoiala. Non
per queslo avvilitosi il prode Piobeilo
Guiscardo loro comandante e duca di
Sicilia, di Puglia e di Calabria, ma rac-
colla tutta la dispersa flotta, e falle veni-
1 e ahi e navi da ilalia nel segntnk* 1 o84,
o come altri vogliono nel io85, altaceò
con tal impelo <|uelle de' veneziani e ds'
5
CG V i: N V E N
j^iecij clie dopo vari conibiillimeuri favo- concilio di vescovi iufTiagaiiei , di abba-
1 evoli e avversi, in line i veneziani furo li, di giudici e di fedeli, invitò 1' adu-
no in novembre quasi inleran)ente scon- nanza a compire un alto già comincialo
(ini. 11 doloie di lale aweninienlo fu dal doge Conlarini , allo scopo di slabi-
grande in Venezia, e se ne die la colpa al lire i redditi del patriarcato di Grado;
doge, sebbene sia incerto se egli o il suo laonde f;i determiuala la dotazione per
figlio fosse propriamente il cundottiero quella cbiesa , con contribuire ogni ve-
dcllesi|uadie venete. Il popolo troppo av- scovo e monastero un annuo censo in de-
\e7zo a'irionll restò corrucciato e incon- naro o prodotti naturali, altri de' lerre-
.«•olabile, anco [ìcrtbè coll'cssarsi inimica- ni, e il vescovo di Caorle assegnò una sa-
lo il Guiscaido veniva a cessare un gran- Ima. Inoltre in questo dogado fu riuno-
de ranio di comuiercio co'siciliani; e iili- vaia l'anticbissima cbiesa di s. Jacopo di
jjalo poi da taluno della potente famiglia Rialto; e fu per lai.^ volta intonacata di
de'Falieri die ambiva al reggimenfodel- musaico la ducale di s. Marco , anzi lo
la [)alria, dejiose il Sebo e lo cosliinse a Sialo personale dice compito l'edifizio
lilirarsi in un monastero nel 10841^'^" "^1 1071 nella magnifica forma che si
lanieil suo principale fu provveduto ad vede. Ebbe Selvo sepoltura nel portico
istanza di Papa s. Gregorio VII, affeziona- di questa basilica, ma senz' alcun elogio,
lissimoalla 1 epubblica (non mancarono y. l itale Fallerò XXXII doge. E
pelò gravi di>gusli fra il Papa e larepub- cognomiualo </c'/)o«/y, forse perchè a for-
blica perchè questa manteneva lesue buo- za di doni e promesse potè corro.*iipere
ne relazioni collo scomunicato Eni ico IV. il popolo a depur Selvo, e a far eleggere
Apprendo diil Rinaldi all'anno 1077, n. se slesso in luogo di lui nel io84- Piocu-
63, che Papa s. Gregorio Vii mandò a rò peraltro con luminose azioni di cancel-
Venezia j)er legalo Gì egoi'io diacono cai - lai e lai macchia, e rendersi grato a'suoi
dinale, perchè assolvesse gì* incorsi nella concittadini. Couliiiuava la guerra contro
scomunica, per a ver coni unica lo cogli sco- i valorosi normanni, e Alessio I Comneno
muuicati. Inviò puie lettere al doge, al sollecitava il doge e i veneziani a non i-
patriarca di Grado Domenico, ed a' ve- stancarsi nel somminislrare aiuti, pro-
scovi suoi suffiaganei. Dipoi Del 1081 i mettendo loro la cessione delle ciltà dal-
veneziani inchinarono ad un accoidocou mate, e la conferma al doge del titolo
s. Gregorio VII, domandando l'adempì- di duca della Dalmazia e Croazia, con
mento d' una loro richiesta; il Papa si quello di pioiosebaslo. Però trovo nel
scusò di non poterla allora accoidaie, R.onianin, che realmeute il titolo di <:/«(YZ
ma piomeltendolo peraltro leaipo, sai- di Dalmazia erdilalo assunto da dogi
vando insieme l'onor veneziano e la giù- di Venezia, non cosi a lui sembra quel-
slizia), alla povertà cui erano ridotti i lo di duca di Croazia, che presero più
patriarchi di Grado , col|)a la potenza tardi ; e da un documento prodotto dal
persL'Culrice di (jut'd'Aquileia, massime Sausovinosi legge: Nos fiLalis Pliale-
dopo le feroci incursioni di Popone; aveu- ti o, Divinae grati ae largitale, ì' cnctiae
do perduto, probabilmente per la poco et Dalmatiae dux. lu breve spazio di
buona disposizione degli ultimi impeia- tempo i veneziani misero in lutto punlo
tori verso i veneziani, le terre di Uno una flotta più dell'altre numerosa, e aa-
pertinenza nell'Istria e uell'Jtalia. Il Papa dati incontro a quella di Roberto Gui-
avendo sci ilio al doge, vivamente racco- scardo la raggiunsero nell'acque tra Cor-
luandandogli l'onore e la dignità di sede fu e Butintrò, nella primavera 1 o85. La
lanlo rispettabile per antichità e sublime battaglia fu lunga, ostinala, crudele, ma
grado, Selvo raccolio nel 1074 un S»au i vendi riporlaiouo la palma ; e loruati
YEN
a casa licchl di spoglie nemiche, pole-
lono a buoiìa ragione vatilaisi cl»e d»
quella viltoria ebbe principio la grande
j)oteuza che poco dopo sui mari doveva-
uo acquistare. Dopo ciò, malgrado che
intaiilo ardesse lo scisma tra il sacerdo-
zio e l' impero, ossia tra' Papi e il perfi-
do persecutore della Chiesa Enrico IV,
i veneziani rimasero pacifici ( Papa s.
Gregorio VII nelle sue incessanti prati-
che con Enrico IV per muoverlo a ri-
nunziare alle sue preten^iol»i sulle con-
dannale investiture ecclesiastiche, e col-
r mjperatore greuo Michele VII Para-
pinace per ricundurlo alla Chiesa catto-
lica, si valse mollo dell'opera del patriar-
ca di Grado Domenico Cervoni, essendo
i veueziimi in buona corrispondenza co'
due imperatori, li conte Cesare Balbo,
ntlla summeiitovata opera, celebra fra'
Papi s. Gregorio VII come il più gran-
de fra lutti, (jual rinnovatore anzi inven-
tore deil' indipendenza italiana, da lui
per avventura non pensala, ma conqui-
stata di Paltò insieme coli' indipendenza
della Chiesa nella fiera guei ra da lui
bandita alla Si/iio/da, all'incontinenza in
difesa del Celibato, ed al loro polenlissi-
ino propugnatore Enrico IV), attenden-
do a risarcire i danni ad essi cagionali
dalla peidita, per le guerre de'ntjrman-
ui, al (|ual fine dall'imperatore Alessio
1 molli privilej^i oUetinero, onJ' era lo-
ro libero l'approdare in tulli i lidi o por-
ti del greco impero, neli' Asia, uell'Eu-
l'upa, neli' isole di Cipro e di Catidia, e
per tulle 1' altre dell' Arcipelago. Olire
a ciò, dava Alessio 1 ogni anno una som-
ma iti denaro da distribuirsi alle venete
chiese, e vule che gli ainaintani (non si
devono confondere cu'melfilani : Aimil
il è un arcivescovato a cut è unito il già
vescovato di Minori j Melfi ìmu vesco-
vato a cui è unito quullo di RapolLi) abi-
tanti a Coslaulinopoli e nel greco impe-
ro, pagassero alla chiesa di s. INIaico an-
nualmente 3 //;(7'/;e/i a lesta. Conti nuan-
do in Venezia la calma, il do^e rivolse le
V E N 67
snecure neirinterno, ed essendosi da mol-
to tempo, massime dalla rivolta popola-
re contro Pietro IV Candiano, perduta
la traccia ove giacessero le spoglie del
glorioso evangelista s. Marco; anzi te-
nendosi da qualcuno, che secondo il
genio di que' tempi, fossero state deru-
bate, inlimò solenne digiuno e generale
processione, intanto che falla diligenlis-
sioia ricerca per lulta quanta la chiesa
riuscì di trovarle in uno de' pilastri di
essa, come già narrai a suo luogo. Ciò
avvenne a' 7.5 giugno ioc)4('" ^'"^^^ ^"'
no già si trova memoria delle barche
chiamale gondole) con grande letizia
della città, che la principal sua felicità
riponeva nella protezione di questo san-
to, considerando le sue sagre spoglie
come palladio della repubblica. E fu
allora che il suddetto Euiico IV im-
peratore, venuto a Venezia nello stesso
anno, secondo Corner, dopo aver levata
al s, fonie una figliuola del doge,volle ve-
nerare il sito ov' erano stale uiiovameo-
te riposte le ossa di s. Marco. Giovan-
dogli tenersi amici i veneziani, già in
Treviso aveaconferoìaloagli ambasciato-
ri veneti le precedenti concessioni. L im-
peratore fu accollo colle distinzioni do-
vute al suo grado, e durante la sua di-
mora in Venezia ebbe campo ad ammi-
rare i tanti sontuosi edifizi, le navali co-
struzioni, la ricchezza generale; vide con
islupore il movicuento, l'operosità, e tri-
butò sincero omaggio alle politiche isti-
tuzioni della repubblica, le quali singoiar
cosa e quali incomprensibile apparir do-
veano all'Enropa feudale, dice il Roma-
iiin. In segiiilo il iloge a proprie spese
rifece il castello di Loreo o Loredo, che
per le passate guerre era quasi dislrnl-
lo. iMa già s' accostava il momento in
cui tutta Europa doveva colia Crocia-
ta (ri[)arlala a Turchia), promulgala da
P.i|)'j Urbano II, unirsi per pioudjare
sulle contrade dell' Asia e dell' Africa.
I veneziani in questa occasione guaila-
guaiuno somme immense per soiuuiuii-
6S \ UN V E N
sd'are rinvigli a' Crocc^ii^nnti. Essi me- a poi gere aiulo aVinciati clie già ave^a^
(lesmu con molte sqiifKlic e fervore leli- no (iitlo diverse roiui'iisle; nia ([Liei Fa«
gioso si apparecchia vano all'ingresso di pa fu elello a' i 3 agosto, cioè in isl.igio-
Tcrra iS/7///<7 a liberare i sanli Luogi da' ne avanzala per sì Innga navigazione; è
fanatici e crudeli maotueltani, e de! pa- vero però clie la fluita passò prima ia
ri co' pisani e genovesi misero in niaie Ì3alinaziae svernòa Rodi,coQie m'istiui-
rnolte navi e le spedirono in soccoiso sce lo stesso Cornei), qoal capo S[>iriUu>-
della i/ crociala, f|uand() nel 1096 ven- le della S|)edizione, per cui il patriarLci
ne a morte Vitale Fallerò doge, die fu di Grado gli avea consegnalo il vessilio
sepolto nel poi lieo di s. Marco con epi- colla Croce. Non mancò limperalore A.-
lidlio lulloia leggibile, la cui basilica al lessio I di porre in opera ogni mezzo per
suo tempo fu consagraf a. Qui noterò ine- distogliere i veneziani dall'impresa, ma
glio r accennato più sopra. Per le ero- li tenne fermi il vescovo Coutarini con
ciale Venezia tliveiine il ritrovo annuo energici discorsi. Anche i successori d'A-
tle' pellegrini d' ogni p^ese che impren- lessio I avversarono le crociale e fecero
devano il viaggio di Tei ra Santa, e una ogni male a'crocesignati, ma pagarono il
galera grossa da traflico veleggiava ogni fio di loro pravità. Una delle prime ini-
anno per Jalfa. Eia arniala dalla signo- prese fu quella dì saccheggiare Smirne
ria, ne sceglieva il capitano e melteva [)0Ì (ne dubito). Ebbero però in mira i ve-
al pubblico incanto il collocarvi le uier- neziani di salvale non solo dalla profa-
canziechesi volevano spedite sicuramen- nazione le reliquie de' santi, ma di Iras-
te in diverse e lontane regioni. La repiib- portarle a Venezia; e sapulo che nella
blica proteggeva il passaggio in Terra chiesa di s. Giovanni (di Mira capitale
Santa e ne traeva mollo profillo, e con della Licia) liposavano i corpi di s. Teo-
giaiide st)leiinità accoglieva i pellegrini, duro martire, di s. Nicolò il Grande, e
che nella processione del Corpus Doì/ii/ii del suo zio s. Nicolò, tulli e 3 vescovi di
avevano la mano sui senatori a' (piali si Mira, li portarono via. Non fu per altro
accompagnavano. Sci isse Andrea Moro- senza grande dilHcollà ([ueslo sagro fur-
siui. Le imprese e spedizioni di Terra lo, poiché i pisani, i quali colla loro flul-
Sanla. e taequislo fallo dell' liiipero di ta erano alla slessa icnpresa di Terra
Coslaitliiiopoli dalla repid>bliea di fé- Santa, bramosi non meno de' veneti di
nezia, ivi 1627.- — ì itale I Michiel ss. P«.eliquie, tenlando di fare allreltaulo,
AAA7//<'/ogf?. Dueanni dopola sua esal- nacque tale zntTa ha le due nazioni, che
tazione al dogado e nel 1098, i Venezia- convenne da Venezia mandar navigli di
ni vedendosi prevenuti da' pisani e geno- rinforzo, per cui i veneti restarono vii-
vesi, posta insieme una grande armala toriosi (questo i ."scontro e niinicizia fra'
navale (dicesi 200 galeie) s'avviarono pisani e veneti avvenne prima a Ptodi,
colla crociala in SorJa : 11' erano eomau- derivato da gelosie precedenti, e non pe'
danti Giovanni Michiel figlio del doge, sagri tesori, [ler volere cioè entrare nel
il (piale gli consegnò il vessillo collo stein- porlo di Rodi), 11 doge poi alle preghie-
ma della repubblica in s. Marco, ed En- re dell'arcivescovo di Milano fece la pa-
rico Conlarini vescovo d'Olivolo, che ce co' pisani. Que'sagri corpi si colloca-
pel I ."s'intitolò di Castello e figlio del de- rono nella chiesa di s. Nicolò del Lido,
lunlodogeDomenico (secondo il Corner ove lullora sono in venerazione. Tul-
pare nelioggche avesse luogo la spedi- lo e con particolari, e con avvei lenze
zione, il che si accorderebbe con quelli sopra s, Nicola il Grande, detto di Ba-
che vogliono aver in tale anno Pasqua' ri (/'.), narrai nel § XVIll, n, i 3. La
le 11 invitato poternimieule i veneziaui flolla couliuuundo il viaggio, passò a
V E N
Kl«)cc^re per itìare il |^)orto di loppe o
J.ilt'a, mentre GollVetlo tli Buglione pri-
mo re ci'ociato della conquistata Gerusa-
lemme e d'Antiochia, assediava la città
dalla parte di terra. I veneziani furono
accolli con somma benevolenza da Gof-
fredo, e lo presentarono ili nieravigliosi
vasi d'argento e d'oro, e di preziose vesti.
La flotta comparve nell'anno seguente co'
francesi agli assedi! d'Ascalona edi Caifa:
lai.' resistelle, la 2.' si prese. Indi venu-
to a morte Golfrtdo, i veneti e i franchi
si recarono a Gerusalemme, e lo videro
spirare a' 18 luglio i 100; e poscia ripa-
li iaroiio co' ss. Corpi, ricevuti solenne-
nienle dal doge, da' magistrali e dal po-
polo, con gioia universale e religiosa.
Fraltantu Durazzo, per denaro da' greci
aiiterionnente cednlo a'veneziani, cadu-
toin potere de'iiorn!anni,d iva loro mol-
to pensiere ; e sebbene rivolli alle con-
(piiste di Terra Santa, furono costretti
a decretare una spedizione anche contro
di essi; e la Calabria, una delle proviii-
cìe de'normaimi, fu da' veneziaui posta
a fei ro e fuoco, uniti agli ui^lieri ()er
essersi alleati contro i norujauni col re
Colomano. Nel 1 101 il doge aven fi Ho
edificare sul lido di iMalamocco la chie-
sa e il monastero di s. Cipriano, dove
collocò monaci benedeltini; ma eisendo
stali l'uno e l'altro rovinati pochi anni
ilopo dall'impeto del mare, furono rie-
dilicali in altro più sicuro sito, che nel-
1 i>oletla di s. Cipriano in Murano. An-
che la gran conlessa MaliLde, marche
sana di ZbffY?/2<^/, eroina munificenlissi-
ma de Ila Chiesa romana, nel iioi do-
mandò e ottenne soccorso da' veneziani
di parecchi legni per recarsi a Ferrara
ribellatasi al suo dominio, e dopo aver-
la ricuperala, die' in benemerenza al do-
ge e a' veneziani molli privilegi ed esen-
zioni in ipiella città. Parlai in (pielT ar-
ticolo del visdomino o console che vi eb-
hero i veneziani a tutela de' loro traili-
ci, e vi edilìcarono una chiesa in onore
di s. Marco, comepii^i tarili lecero a Ti-
V E X G<)
ro, a s. Giovanni d'Acri, e in generale
ov'ebbero grandi fattorie di commercio.
Quanto alla chiesa di s. Marco, narra il
Frizzi, Memorie per la slorìa di Ferra-
ra, che Matilde in memoria del prospe-
ro successo e in segno di gratitudine a'
veneziani la foce fabbricare e ad essi do-
nò Qui mi limiterò a dire C(d Manini,
Compendio della storia di Ferrara.
Era il visdomino un rappresentante te-
nuto in Ferrara dalla repubblica veneta,
e vi esercitava con proprio tribauale
f|aalche giurisdizione a sostegno di quel-
l'imnìunilà e ilirilti concessi alla mede-
sima dall 1 celebre Matilde nel t 1 o i , al-
lorché fu da essa aiutata nel riacquisto
di Ferrara. I visdomini soggiacquero a
diverse vicende politiche, in ragione de'
tempi e delle relazioni de' duchi di Fer-
rara e de' Papi coveneziaiii, talvolta es-
sendo stati espulsi dalla città, come nei
1 3o8, in cui i ferraresi li riammisero con-
tro il parere del legato, per aver Clemen-
te V fulminato i veneti di scomunica.
Donato M irine'ilo d'Arezzo vicario gene-
rale del vescovo di Ferrara, circa il 1480
fulminò la scomunica al visdomino vene-
ziano Viltor Contarini residente in Fer-
rara, per aver chiamato un chierico de-
bitore di piccola somma all' incom[)e-
lenle suo foro, ed averlo fatto carcera -
l'e ad onta d'esser avvertito in buone ma-
niere dei grado di lui ; scomunica che
accese grandissimo fuoco nel governo ve-
neto, e che obbligò il vicario a portarsi
in Vene'.ia per giustificarsi col senato.
I vescovi d'Adria in Ferrara vi ebbero
un vicario generale con tribunale a co-
modo della pf)rzione di diocesi situata
ucHa provincia a guardarla sotto il nome
aulico : probabilmente quella porzioni*
di territorio situata sulla riva sinistra del
Po con buona parie dell'isola d'Ariano
in diocesi di Chioggia, che il congresso
di Vienna ncInSr) cede all' Austria, atl
onta delle solenni protesi»; ili Pio VII, i
cui paesi nominai ragionando di lloswj^o.
Fu Tito Nuvelly t<.;rraie5e vescovo d'/V-
70 V E N
tlria che nel 1474 oUennetla SislolVla
facoltà di tener vicario e tribunale in Fer-
rnra, ed i vescovi d'Adria si man tennero
sempre nel diritto, a fronte del dispiace-
re che soffrirono i vescovi e gli arcive-
scovi di Ferrala di vedere esercitata una
l^iurisdizione straniera nel centro della
loro diocesi, e persino colla forza coatti-
va. 11 L'arcivescovo cardinal Ruflo riu-
scì di (ar chiudere un simile tribunale,
che teneva in Ferrai a il vescovo di Cer-
via dal I 5og e fors' anco più addietro,
tna non potè olleiieie alti et tanto contro il
veneto vescovo d'Adria, uè contro l'altro
vicario arcivescovile di Ravenna anch'es-
so residente in Ferrara. Dali8o3 in poi
cessò in tale città il vicario e il tribunale
del vescovo d' Adria, i cui alti riporta
IManini. I veneziani non solo in Italia e
nel resto d'Europa, ma anche in Asia si
studiarono per via di trattati o conven-
zioni d'assicurare ovunque liber.tàdi traf-
fico, sicurezza delle persone e delle robe,
a tutela decloro inteiessi, propri fonda»
chi e propri giudici, o almeno norme si-
cure ed eque per l'amministrnzione del-
la giustizia. Erano inoltre solleciti di e-
spressamente far dichiarare ne'loro privi-
legi, che sicure sarebbero pure le robe de'
naufraghi, e di quelli che venissero a mo-
rire in terra straniera, giacché per l'Al-
binaggio, dichiarato a Testamento, quel-
le robe spettavano al signore del luogo.
E siccome per l'osservanza di tali patti, ed
in generale per la protezione de'venezia-
ni. faceva d'uopo d'alcuno che nel luogo
stesso vigilasse, e facesse in ogni caso gli
opportuni provvedimenti a loro tutela,
furono cjuasi da|)pertutto stabiliti J'i.sdo-
ìfu'ni, Baili, come a Costantinopoli, De-
legati, corrispondenti a' posteriori Con-
soli, sebbene ancheallora esistessero. In-
fatti neh I 17 Teofllo Zeno sosti ime l'uf-
fìzio di console in Stuia. Ma si ritcrni al
doge Michiel, che moi'i nel i 102, e dicesi
ucciso da Marco Cassolbo,che subilo espiò
sulla forca il suo delitto ; ed il corpo del
tloge fu interrato nel portico della chiesa
V E N
di s. INIarco. Osserva Meschini, che sotto
questo dogado si apri l'epoca più splen-
ilenle alla repubblica per l'europeo pen-
siero di domare la prepotenza via via cre-
scente de' maomettani, nemici acerrimi
tuttora e ingratamente intolleranti del
nome cristiano. — Ordelafo Fallerò
XWIl doge. Uomo eloquenlissimo ,
chiaro per ingegno, prudente ne' consi-
gli, strenuo nell'armi, giovane d' età e
vecchio di senno, fu eletto ne! i 1 02 a ca -
pò della nazione. Fu però infausto il prin-
cipio del suo reggimento, perchè nel 1 i o^"
preso fuoco nella casa dEnrico Zeno a
ss. Apostoli, fu tale la veemenza di quel-
lo, che più chiese, monasteri e parecchie
contrade, essendo ancora le case per lo
più di legno, arse quasi in un punto. E
pochi giorni dopo un altro incendio, u-
scito fuori dall'isole Gemine presso Ca-
stello, si distese e divampò una gran par-
te della città : distrusse 24 chiese e di-
versi monasteri, e pressoché tutto il se-
stiere di Dorsoduro, e secondo Cornei*
gravemente danneggiò la basilica di s.
Marco e il palazzo ducale. Compiansi i
due furiosi e disastrosi incen.lii, nella de-
scri?ione delle chiese che annientò 0 rovi-
nò. Oltre di che verso quel tempo anche
Malamocco per l'altezza dell'acque ma-
line soffri la sommersione che fece fug-
gire il resto degli abitanti a Chioggia,
ove già era stata trasferita la sede vesco-
vile, e così vi rimase stabilita. Intanto the
a Venezia si slavano con edificante gara
ricostruendo le chiese, i monasteri e le
case di pietra in più solida e piìi nobile
forma, il doge nel i i i i armò per la cro-
ciata una flotta di i 00 vele, la (juale coo-
però all'assedio di Toleinaidc o s. Gio-
vanni d'Acri, di Sidone o di Berito. Bal-
dovino I re crociato di Gerusalemme, ri-
compensò i servigi de' veneziani, conce-
dendo loro la proprietà d'una ^.^ parte
di Tolemaide, la libertà di commercia-
re in tutto il regno di Gerusalemme, ed
il privilegio di non esser sotto ad altra
giurisdizione che a quella de'Ioro magi-
V E N
strali. Nello stesso i 1 1 1 e nel seguente
anno, i padovani colto il momento che
la veneta flotta era occupata io Soiia,
uniti a' trevigiani e a' ravennati tenta-
rono d'estemlere i loro confini nelle ve-
nete Lagune, ponendo piede ne'loro lito-
rali. Furono però sul momento compiu-
tamenle battuti da' veneziani, e vi volle
la mediazione d'Enrico V imperitore,
elle Irovavasi a Verona, perchè si com-
ponessero le co<;e e si stabilissero gli anti-
chi confinijconfertnando pnrea'veneziani
l'antica convenzione relati va mente a' vi Ci-
ni. I veneziani grati alla sovrana media-
zioiie,regalaronoEnrico Vd'un manto di
drappo d'oro simile a quello che già da-
vano altra volta a'suoi predecessori, e che
poscia non fu più tributato. Frattnnto
Colomano re d'Ungheria inimicatosi co'
veneziani, perchè troppo vicini alle sue
terre, si fece vedere armato sotto Z.ira
nel I I 12, e cacciatone Giovanni .Moro
sini governatore se ne impailroiù. Mi il
doge nel i i i3 vi accorse, e dopo segna
lata vittoria e il ricupero di Zara, Sebe-
nico, Traù e parte della Croazia marit-
tima, trionfante ritornò in patria carico
delle spoglie nemiche; e a'titoli suoi e di
(hica di Otjlmnzia, quello aggiunse di
(luca (Iella Croazia; titoli che si leggo-
no in lutti i documenti posteriori; per
cui propriamente da detto anno devesi
riconoscere lo stabile titolo di duca di
Croazia. iVel i i i6 tornato in Italia En-
rico V, volle visitare Venezia, alloggiato
nel palazzo ducale. Visitò divolainenle
il corpo di s. Marco nella sua basilica, ed
altre chiese e santuari della città, e te-
nnlo un consigfiode' suoi principi, con-
cesse privilegi a parecchi monasteri pe'
loro posse limenti nel regno Italico; i di-
plomi p(ji tiindo la data del iv idi di marzo
I I i6 dal palazzo ducale del ficg no (Iel-
le f^enezic. La guerr i intanto cogli un-
gheri e il nuovo re Stefano If, pel riac-
quisto della Dilm ozia, fuiipiesa. Usci
un'altra volta la (lolla veneziana, e ncl-
l'avviarsi alla difesa di Zara, il doge Fa -
YEN 71
lier ottenne la sommissione dell'isola di
Arbe ( vescovato unito a P^e^lìa, nel
quale articolo ne parlai). Venuto a vivis-
sima battaglia cogli ungheri sotto Zira,
la resistenza del nemico fu tale, che il do-
ge pieno d'animo e di coraggio, pugnan-
do da forte e non risparmiando se stes-
so, dovette nella mischia cader senza vi-
ta da eroe nello stesso 11 16. La sua
morte fu il segnale della scondita ile've-
neziani, che avviliti e disordinali, più
non pensarono che a ritirarsi. Grande ne
fii la strage, pochi soltanto si salvarono
entrando precipitosamente a Zira: co-
stretti a domandar la pace, non poterono
ottenere che una tregua di 5 anni. Il
cadavere del valoroso Faliero portato a
Venezia fra il generale compianto, fu se-
polto nel portico della ducale basilica.
Ebbe egli il merito fin dal i 101 di re-
care da Costantinopoli, della cui corte
era protospatario, la preziosa Pala d'o-
ro, ricoperta posteriormente di gemme
al modo narrato nel descriverla nel § V,
n. 3. Altro suo splendido monumento è
r Arsenale sotto di lui cominciato, e de-
scritto nel § XIV, n. 4- ■ — Domenico
Michicl XXXFdoge. Nel 11 17 fu so-
stituito al defunto. Baldovino II re di
Gerusalemme inviò legati a Venezia on-
de aver soccorso contro gl'infedeli, pro-
mettendo maggiori vantaggi al veneto
commercio; ma durante le trattative il
re fu fatto prigioniero. Papa Calisto II
nel r laS, celebrando il concilio generale
di Laterano I, eccitò i principi cristiani
alla sagra guerra di Palestina, e la let-
tera inviala al doge da questi fu letta al
popolo, e tali parole vi aggiunse per ec-
citarlo all' impresa, che in pochi dì fu
allestita e fece vela per JalFa una (lotta
di 100 navi, alla quale lo slesso doge Mi-
chiel volle presiedere. Il i." combatti-
mento fu co'saraceni d'Egitto, e vennero
compiutamente distrulli, con lode im-
mortale e gloria de' veneti. Entrati i ve-
neti nel porlo di Jalfa o Joppe, il doge
rccojsi a Gerusalem;nc, e fu accolto co-
7-
V E N V E N
me nn allea'iO trionfante e 11 liberatole Le felicissimo efTeltOj perchè Tiro capi-
di Terra Santa, e co' suoi degnamente tolò e si rese. Alui singolari particola-
irntlaloe onorato con moltissimi privi- ri li dissi ni suo articolo. Poscia fu asse-
legi. 'Intanto essendo mancali i denari dista Ascalona, che cadJe egualmente
alla flotta, il doge fece tagliare molti pez- in potere de' crrjcesignati. Ma frattanto
zi di cuoio coir impronlo di s. Marco, e 1' imperatore di Costantinopoli Giovan-
li fece coirci'e per moneta, promellendo ni Comneno sflegnato che gli europei si
che tornato a Venezia li avrebbe fitti stabilissero nella f^alestina, e geloso de'
cambiare con altrettanto argento, come .successi de' veneti, ordinò che si altaccas-
esegiù. Per memoria, fin d'allora l'illu- seroi bas(in)enli mercantili de'veneziaoi
stre famiglia Michiel caricò le fascie del nel mare di Grecia, Di che irritato il do-
suo stemma di alcuni circoletli cherap- gè, rivolse la sua flotta all'isola di R.odi
presentano le dette monete. Dopociò da' e la mise a soqrpiadro. Scorse l'Arcipe-
crocesignali fu deciso d'andare all'im- b'<go, pose a ferro e fuoco Scio, Samo,
presa di Tiro, tenuta inespugnabile. Fri- Mitilene, Paros, Andro, Lesbo, e tutte
ma peròdi partire vennero stabiliti trat- le Cicladi, facendo «nolti schiavi per ri-
tati,pe'quali i veneziani di molli compen cavarne buon riscatto. Indi sceso nella
siedi molti vantaggi avrebbero goduto Morea, s' impadronì di Modone e vi pose
nell'acquisto di Tiro e dell'altre città, presidio ; distrusse Belgrado, ed altri luo-
Quindi s'imbarcarono [)er bloccare il por- ghi della Dalmazia eh' eransi mostrati
to fli Tiro, e battevano la città dalia par- infedeli al veneto sovrano, parteggiando
tedi njare, mentre gli alleati la investi- pegli unglieri o pe'greci. Colmo di tante
■vano per via di terra. Dopo parecchi iuu- vittorie ildoge gloriosamente tornòa Ve-
lili assalti, si mormorò de' veneti taccian- nezia, dove nel 1129 abdicò per amor
doli di neghittosi. Il doge sfornite le prò- della quiete. Piitiratosi nel monastero di
prie navi ne portò i principali attrezzi al s. Giorgio Maggiore, dopo pochi mesi nel
campo degli alleati, dicendo che senza ii3o vi morì, venendo seppellito nella
c|uesti non avrebbero potuto certamente stessa chiesa di s. Giorgio Maggiore, assai
fuggire il pericolo comune, e servireb- compianto da tutti. A lui, più che ad al-
liero quindi ad essi di guarentigia della tri, sta bene quell'epitalìio che vi si legge
costanza e della fedeltà veneziana. Fu ancora, ecomi ncia: Terror Graecorn/n
continuato 1' assedio per altri due mesi, j'acel Iiic et latts r^enetoriim. Al valore
e Tiro fu presa nel i i 25 (nitri anticipa- unì la religione e la prudenza, per cui fu
1 ono di troppo l' espugnazione) e in que- amaramente compianto da tutti gli ordi-
sto modo. Avevano gli assedianti osser- ni dello stato. Ricondotte salve nell' E-
vato che entravano e uscivano dalla cit- stuario tutte le navi ch'erano partite, sì
tà varie colotobe. Fermata una di queste strepitose gesta acquistarono alla bau-
tiovaronoche sotto l'ala avea un viglici- diera veneta il marittimo dominio, e le
to con ciii il soldano di Damasco esorlan- ricche merci dell'Asia rigurgitando a Ve-
do gli assediati a resistere, prometteva di nezia, questa le distribuiva al restod'Eu-
giungere tosto in loro soccorso. Gli allea- ropa. — Pietro Polani XXXFI doge.
ti a questo viglietto sostituirono un al- Genero del defunto doge, nel i i3o per
tro in cui facevasi dire al soldano, che acclamazione del popolo gli fu dato a suc-
tscendo attaccato da iin' altra parte, era cessole, giovane di 3o anni e vecchio per
cristretlo ad abbandonare la piazza di virtìi. Sedò le gravissime discordie che
Tiro a se stessa ; e poi lasciarono andare passavano tra la sua famiglia Polani o
Ih colomba. Questa giunse come il solito il patriarca di Grado Enrico Dandolo ti-
ni campo nemico; e lo stratagemma eh- nito a' Badoari, il cui partito erasi oppo;
V E xN V E ^ 73
sin alla sua elezione al (logailo. Xel I I 37, gli convenne lipnlrinre. Tutlavolta la
;ì niez?o dei^li ainb.isciiilori Giovanni Fo- spedizionejSe^'n sotto il coniando di Gio-
lini, l^ielio Dondidio ed Orio Orio, ot- vanni fratello dtd doge, e sotto Rainieri
Icone dall'iaiperatore Lotario il la con- figlio di Un. Questa spedizione tu di gran-
i'ertna de' privilegi anliciii. Molestali i de aiuto all' imperatore nella guerra e
Acneti da' fanesi, il doge con un' arma- nella ricupera di Corfù, e non meno uli-
la li costrinse a rilirusi, ed a pagare le al veneto commercio. Il l'ulani dalla
annuo tributo; altri vogliono che Fa- contratta malattia inor'i nel i 1 48 e fu
no molestalo invece da' ravennati e da' sepolto in s. Cipriano di Mdrano. Si pre-
pesaresi, invocato l'aiuto de' veneti, si tende die esista una moneta originale di
IL-ce lni)Utario della chiesa di s. .Marco, questo doge, che il Zanetti si sforzò spie-
Rleglio è vedere il § V, verso il fine del gare con dissertazione, mail eh. cav.Ci-
1). 7. Avendo i |)adovani fatto nel i i43 cogna dichiara la notizia fallace, perchè
nlcimi tagli nel fiume Ci aula in danno invece di leggersi sulla moneta da lui il-
tle' veneziani, il doge vedendone irnpe- lustrata Palano Inip., leggesi Romano
dito il corso a' navigli, resi inutili gli Imp.^ oltre di che al doge dì Vene-
amichevoli modi, portatosi sul loro ferri- zia non fu mai dato il titolo d' impera-
torio lo devastò. Allora i padovani si ar- tore. — Domenico Morosini XXXP'ff
niaronoesi venne a battaglia; i pnduva- doge. Le sue prime militari imprese l'è-
ni Condotti da Guido di Montagnana e segui nel ii23 e 1124 nel dogado di
Pietio Gaud)acorta, i veneziani dal do- Dicnenico Michiel colla crociata nella
gè. Dopo varie prove di vicendevole hra- presa di Tiro, e nel i 148 divenne doge
VOI a, il doge respinse 1 nemici, e confer- in età molto avanzala. iVello stesso anno
niò poi, colla implorata pace, gli antichi ebbe il merito di far progredire fino al
patti con essi. Anche co'pisa ni, antichi ri- piuacolo il campanile di s. Marco. Nel se-
vali, per ostili insulti mariltimi, insorse- gueiite i (49 "'i im[)etuoso fuoco uscito
so discordie per motivi di commercio, e dalla contrada di s. I\Liria 3Iater Donii-
l'apa Lucio H le accomodò. Capodisli la /«'bruciò i3 contrade vicine, e giunse
ch'era tributaria, venne circa il 1 i4> fi»o alla chiesa di s. Raffaele arcangelo :
cogli abitanti d' Isola e di Pola a divo- il doge e i veneziani accorsero più solle-
zione della repubblica; dipoi il suo vesco- citamente ohe fu possibile alla ripara-
\alo fu uniloa (picelo di Z'r/V5/(',e meglio zione, riedificando in pietra quelle case
ne riparlai in tale articolo. Indi furono ch'erano per lo più di legno. Nel i i53
tolti viiri disordini introdottisi nell' an- armale 5o galee il doge ne afliilò il co-
lica yès/rt delle Diarie, e lu decretalo mando al figlio Domenico, ed a Marino
1 (Miliiie per la solenne annua processio- Gradenigo per ricuperare Pola e alcune
ne. Il doge già era stato mediatore fra altre terre dell'Istria ch'eransi ribellu-
Giovanni Comneno, padre d'Emanuele, le, o erano slate occupate da'cors»tri, e
imperatore greco, e Corrado 111 iinpe- che poi dovettero assegnare ([ueirannuo
raloie d' Occidente, per unirli in allean- tributo alia chiesa di s. Marco che regi-
za contro Ruggero 1 re di Sicilia. Ed es slrai in quel § e numero poc'anzi citati,
sendosi lisolulo nel consiglio, del f 148, Noiuliineno nella biografia del doge è
d'aiutare Emmaiiuele controil siciliano detto; due migliaia d'olio per Pola, due
monarca, il iloge stesso s'ollii d'andare orue d'olio per Roviguo, oltre 5 roma-
in persona all' armata. Laonde allestite nati per la fabbrica della chiesa stessa;
4o galee e i4 "avi vi montò sopra, ma que' di Parenzo palleggiarono d'aiularo
insorta fortuna di mare, il doge si fcr- » Zara, e in Ancona dove volesse ildo-
tsiò nel porlo di Canale, ove atnniulalosi gè, seiwa soldo, e di conti ibuire aniiual-
74 V E N V E N
mente 2? Ilbhre tl'olio a s. Marco e 20 quelle tlue citta rimasero distruUe, nios-
niontoiii al doge; Emonia o Città Nova, m a' loro daimi dall'imperatore Fede-
ed altre città a somigliatili tributi. Nel rico I, inimicatosi co' veneziani per esser-
resto il governo delMorosini fu pacifico, si dichiarati sfavore d'Alessandro III
IMali^rado che il doge Folani avesse se- Papa (successore d'Adriano IV, il quale
«I;ite le discordie co* suoi e col patriarca per avere riconosciuto in re di Sicilia
yiadese, pure convenne al Morosini in- Ruggero I, rimj)eratore ne fu tanto io-
li rpoisi per lo stesso oggetto, e col ma- dispettito che divenne persecutore della
Irintonio il'' una Dandolo con un Polani, santa Sede); il patriarca d'Aquileia Ul'
e si pacificarono le due case. Per l'aiuto rico o Voldaiico II nel 11 56-57 (nel
prc;stato da' veneziani nel dogado di Po- i 162 scrive l'abbate Cappelletti) unita-
luni a Emanuele Conineno, contro Rug- mente a' suoi cinonici e ad altri nobili
gf*ro 1 re di Sicilia, era insorta inimici- friulani colta «joesta occasione , com' è
7Ìa tra la repubblica e il figlio e succes- pio[)iio de'd<^bjli, fece nuova spedizione
sure del re Guglielmo I ti M.iloj con contro l'isola di Grado, saccheggiando la
<pjesli dunque il doge nel i 1 54 procu- metiopolitana; per rivendicare, com' egli
IO la pare, in virtù della quale fu accor- diceva, antichi suoi diritti,ed irritato con-
<lato a' veneziani di andar liberamente tro la repubblica per avere il defunto Pa-
ti mercatare ne' porli di Sicilia e godere [)a Adriano iV sottomessa tutta la Dal-
alcune immunità. Nel medesimo anno inizia all'odialo paliiircalo di Grado.
si ottenne la conferma diagli antichi pii- Appena giunta in Venezia la nuova , il
vilegi dall'im[)eratore Federico ! il Bar- doge fece circondare con navi il patriar-
harossa, mediante una legazione com- ca e le sue genti per modo che fatto pri-
nosta di Domenico Morosini figlio del gioniero co' canonici e co' nobili (a' 3 l
doge. Vitale Faliero e Giovanni Bonal gennaio nel giovedì grasso di carnevale
do. Per l'ambasceria poi spedita nel 1 1 )4 dice Y Arie dì verificare le d.itc), e man-
a Papa Anasta>io IV Zara l'u elevala a dati nelle carceri di Venezia, il patriarca
metropoli ecclesiastica della Dalmazia, il fu costretto ad un assai singolare e ver-
che Commanville attribuisce a Eugenio gognoso tributo per ricuperare la liber-
ili di lui predecessore erroneamente, là. Ogni anno nel giovedì grasso doveva
Inoltre si promulgarono molle leggi per mandare a Venezia un toro, 12 porci
la piìi retla e regolare amministrazione grassi ei2 grossi pani, rappresenlanli il
della giustizia, e di prammatica nel f^r- patriarca, i canonici, i nobili; e solenne
nimenlo delle donzelle pegli sponsali, mente, in raemoriadell'avvenimento, al-
Morì il doge nel febbraio i 1 5G e fu se- la presenza del doge si tagliava a quegli
pollo nell'ora demolita chiesa di s. Cro- animali la lesta, dislribuendone le carni
ce di Venezia con lungo epiiaffio. — a'nobili del consiglio, e i pani a'carcera-
Filal' Il l\Iìchicl XXXr [H do'^e. Lo ti. Posleriormenle però le carni si man-
divenne ne'delti anno e mese, e fece pò davano a donare a' monasteri di donne
co appresso la pace cu' pisani, i (juili osservanti. Narrai in tanti articoli, che
.sotto il precedente dogado, senza Irò- nell'elezione del magnanimo Papa Ales-
varsi in aperta guerra co'veneziani, in- sandro ///insorse l'antipapa f^iUore /^
sullavano in ogni incontro la loro bau- che Federico I sostenne coli' armi; deplo-
diera. Uicoidai nel § Vili, n. %^, che rabile scisma continuato dagli antipapi
menile i veneziani erano accorsi a pu- Pt7<iquale IH, Calisto IH g Innocenzo
iiire un'aggressione falla dalle mili- ///, e tranne l'ultimo egualmente contro
zie padovane, ferraresi e veronesi ne' il virluoso Alessandro 111 profeKi dallo
territorii di Caorle e di Loredo, per cui scismatico Federico I gran fautore de'
YEN YEN 75
Ghilellìnì e nemico acerrimo de' G »<:'//* do la lega più animo, vieppiù si estive
(F.), Alessandro HI clovelle tosto fuggire c-ill'aJe^ione delle città di Lodi, Parm;i,
da Roma a iXinfa. ove fu consagrato da Modena, Bologna, Novara, Yercelli, Pv.eg-
, Ubaldo vescovo d' Ostia e coronato, il gio, Asti, Tortona, Alessandria fabbrica-
che con più particolari raccontai nel voi. la dalla medesima in onore<lel l*apa,echa
LXXXIX, p. 8r. Questo Papa non solo col suo nome, a lui olTrirono in So\'ra-
fu riconosciuto da'veneziaui, come dissi, nità. Totli nuovamente giurarono con-
nia anche protetto dall'iiiginste persecu- cordia contro chiuiKjue volesse far guer-
zioni impei iali, perciò esposi! aucls' essi ra o male o violenza alcuna, o d'unpor-
all'ira del prepotente Federico 1. Il Pa- re maggiori obblighi die non aveano a-
j>a foggi in Francia, e tornato a Pvoina vnto dal tempo d'Enrico IV a quello di
ringraziò i veneziani che aveano dato no- Federico I. Si obbligarono inoltre a non
bile asilo a' cardinali ed a'vescovi caccia- far p.ice o tregua se non di comune ac-
ti dagli scismatici. Di più i veneziani iiù- cordo, e di compensar'>i leciprocamenle
ziaronu quella gran lega contro l'impe- i danni che dall'imperatore oda'suoi mi-
ralore, che poi prese d nome di Lega nistri ricevessero, l veneziatù poi in par-
Lornbarda, di cui in tanti luoghi tenni licolare s'impegnarono d'aiutare la cau-
proposito. Narra Piinaldi, all'annoi 164, sa comune co' loro navigli tanto sui fiu-
n. 45jche si collegarono i veneziani, vero- mi, quanto sul (nare; e con essi si alleò
nesi, padovani, vicentini e trevigiani con- Roma. FrattantoEmanm léComneno ve-
tro l'imperatore scismatico, non pulendo dendo tanta confusiujie nelle cose d'Ita-
più sopportare la sua tuannia; il quale iia, di cui ambiva il possesso, tentò ili
dopo la distruzione di Tortona, di Gre- nuovo i veneziani ad unirsi con Ini con*
ma e di Milano, avea ridotta lolla la tro Guglielmo II redi Sicdia, il Buono,
Lombardia in servitù assai miser-diile, il qu.de avea ricusato la mano di sua fl-
poichè non solo spogliava qiie'popoli de' glia, ma essi per non recare danno al Io-
beni loro, ma faceva vereiouua alle loro ro commercio non aderirono all' istanze
' OD
mogli e figlie, anche de'tnonasleri, e le- imperiali. Il lifiuto eccitò 1' animo del-
spooeva eziandio alle villanie altrui. La l'augusto contro de'veneziani, i quali in
lega ollremodo si rinforzò, entrando in Costantinopoli erano più favoriti de'ge-
essa per opera de' veneziani i popoli di novesi , pisani e fioienliui , e per lutto
Cremona, di Milano, di Piacenza, di Dre- l'impero godevano gnindi privilegi, l ve-
scia e di Bergamo, a'quali aderivano col- neziniii prevedendone le conseguenze, or-
l'animo gli altri lombardi, comechè a- diuarono alle navi da loro stanziale ne'
pertamente non si dichiarassero per li- porti della Grecia di partirne immedia-
more del fiero principe. Di che egli av- tarnente. Questa cosa servai di pretesto a
vedutosene, mentre stava per enti are in Emanuele per inviare mia flotta in Dal-
battaglia co' veronesi, fuggì vergognosa- mazia e impadronirsi tli Spalatro, Traù,
mente dal campo a sua gran confuiione, Piagusa e Curzola; (na però abituato al-
passando in Germania. Il doge Michiel la peifidia fece sapere a' veneziani che,
si mostrò divoto e sostenitore del gran A- ove volessero riattivare il loro commer-
lessandro 111 e della lega lombarda, e i pò- ciò negli stati greci, egli restituirebbe le
poli che questa componevano, deposti i dette città. La repubblica nobilmente, in-
passati odii municipali, s'accordarono di vece di chiedere pi ima la restituzione di
tliiendersi e proteggersi 1' un l'altro, nel esse, aderì alla proposizione e lasciò cho
I 167 nel castello di Ponlida in quel di partissero per la Grecia molli vascelli
licrgamo. Y' intervennero anche i ile- ricchi di mercanzie veneziane. Emanue-
putuli di Mantova e Ferrara. Prendcu- le altro non volle; e appena giuuli (pie'
rS V E i\ V E N
legni, n trndimenlo se ne impossessò, e cl';il>it.»nll. L;i cagione di lutti questi mi-
tntti gli domini Ciu-nno messi in ferii. U- li (fi otlnhnila a Vitale H, eJ il popolo
dita l'ingiusta notizia nel i ryi, i vene- aHuilaloal suo palazzo voleva trucii-lii'lo.
7.iani ollesliiono ini oc giorni una flotta li doge irmlilmenle cerei!) di placarlo;
di loo navi di vario genere, che coman- tentò la fuga, a)a in questa ricevè uu
tlata dal doge si diresse subito verso la colpo di coltello, mentre in barca avvi-
Dalmazia. Traù e Ragusa furono quasi cinavasi al monastero di s. Zaccaria; sul-
interanvenle distrutte (Il eh. Luigi Sfor- le soglie di esso moiì a'27 maggio dello
zosi pubblicò nel l. \ 5 (ìe-ìWllhuììi di Ro- stessei i 72,0 fu sepolto nella chiesa stessa
j/ia una bellissima biogiafia di questo di s. Zaccaria. Meritava altra sorte, e fu
doge, e fra le altre cose narra, che nel- vittima de' r.iggiri del greco imperatore
l'invasione della Dalmazia vi ebbe parte e di sua pacifica credulità : per lungo
Stefano 111 re d'Ungheria suocero del tempo era stalo riguardalo il salvatore
di lui figlio; e che Ancona essendo allo- della repubblica e il padre della patria.
ìli sotto la [ìiofezione d'Emanuele, si di- Fu 1' ultimo doge ucciso. E fama, che
chiaro rivale di Venezia nel commercio quando i veneziani decretarono di anda-
deir Adriatico, ed aizzata da tale impera- re colle 1 00 navi in Grecia, vi montasse-
tore alfeltò, riguardo a Venezia, un or- ro sopra tutti quelli della famiglia Giusti-
doglio intollerabile. Mail doge attaccate niani atti all'armi, la quale avea colà del-
le galere anconitane, dopo lungo e osti- le pretensioni, come discendente dall'im-
jiLitoconrJillo alcune ne prese, altre som- paratore Giustiniano. Ora per la guerra
inerse, altre costrinse alla fuga; onde per e per la pestilenza, essendo morto ognuno
lungo tempo non più osarono gli anco- de' Giustiniani , né restando di essa die
intani alzar la fronte contro la repub' de'fanciulletti o de'vecchi (certamente nel
Llica, Dice di più, che il doge essendo al- l 187 fioriva Pietro Giustiniani procura-
Issalo di Guglielmo II, a difesa d'Alessan- ture di s. Marco), ed essendo vicina ad e-
dio III e di tutta Italia, contro Feileri- stinguersi la prosapia loro in Venezia,
co I, non poteva aderire alle brame d'E- vivente il doge impetrò dal Papa che Ni-
inanuele). Passò la flotta iieli' Arcipela- colò Giustiniani monaco di s. Nicolò di
go, e Negroponte cedette seii/.a fave re- Lido, potesse sposare la propria figlia
sisleuza. Il governatore greco di questa Anna, e per questo maritaggio fiorisce
città temendo maggiori disastri, persua- tuttora la chiarissima schiatta de' Giu-
se i veneti a mandar andjasciatori a Co- stiniani. Di questo ho dovuto parlarne
stantinopoli onde udire qtiali l'ussero l'in- p'ii volte, e per ultimo nel § XV III, n.
tenzioni dell'imjieratoie. Essi furono xSe- 34- Leggo nel eh. Uomanin, che dopo tan -
b.istiano Ziani e Aurio Mastropiero, ain- ti tumulti e discordie,e il pubblico ollrag-
bo [>oi dogi. Emanuele licevelie con tut- gio alla maestà del capo supremo dello
\ì affabilità i legati; varie furono le Irat- stato nell'ucciso doge, onde salvare la re-
lative, ma vedevasi chiaramente che col pubblica facevano ormai uopo nuovi e
[)roluiigar!e il greco cercava di deludere vigorosi provvedimenti, a'quali i magi-
j veneziani, e guadagnar leoipo. Il doge strali d'allora volsero tosto l'altenzione e
inlanto svernavacolla flotta a Scio, quan- impiegarono l'opera. Prima di tutto scin-
do la pestilenza penetrò nell'armata, e brò necessario di provvedere ad una più
in brevissimo tempo la ridusse quasi a rcgolaiee più ferma costituzionedelle su
nulla. 11 doge nelii72 volle ripatriare jneme magistrature dello stato. 1 due
co' pochi avanzi rimasti, i (judi essendo consiglieri e lo slesso consiglio de'Prega-
infetti recarono a Venezia il morbo fa- di istiluili al tempo del doi^e Fla!),»nico
tale che in pochi th fuc? morire migliaia DuU erano moderatori sullicieiiti alla du
I V E N
cnle auloiiiìj, iiii|ieroci;liè stava iiell'ar*
bilrio del doge il convocare o no quel
coi)«iglio, e hopiìo facile gli liuscivacodi-
porlo di persone a se divote : rispetlo poi
o'due consiglieri, tanto poca era la loro
influenza che non si trovano neppnr no-
minali nelle carte del tempo. Tnltavolta
il doge nella pubhiicaziune de'decreli li-
sa va questa formola: / lidi JJicliiel Dei
gratin ditx f'enet., Croniiae, Dalma'
line eie. curn judicibus et sapienlibus
eie. Dall'altro canto era eccessiva altresì
la licenza del [lopolo, che si n5aiiife-.tava
assai di fiequeute con ttunnlti ed alti vio-
lenti.Con veniva dunque lestringcre e ben
delei minare i poteri del doge, provvede-
le al modo che le deliberazioni impor-
tanti di pace e guerra, le leggi regolatrici,
' gl'interessi infìiie che toccavano dirella-
mcnte tutta la repubblica non fossero
più nel suo aibitiio, aia avessero a di-
pendere da un consesso di uomini probi,
illuminati, amanti della patria; conveni-
va ordinare la forma stessa d'elezione del
doge, fatta fino allora tumuli uariamenle,
e disegnare la parte spettante al popolo
nel governo, luqiresa era questa dillici-
lissima, che incontrar dovea mille op[)0-
sizioni , alTioutare non lievi pericoli , e
che richiedelle , secondo attestano alcu-
ni cronisti, ben 6 mesi prima di poter es-
sere condotta a termine. Fuialmenle i
principali (ossia l'antico tribunale o ma-
gistrato della Quaianlia, così detto per-
chè composto di 4o membri , investiti
neir interregno della su[)rema autorità)
convennero nell'opinione, che si dovesse-
ro scegliere 12 elettori, «lue per sestiere
(in cui era già divisa Venezia), i quali
nominando ciascuno 4o de' migliori cit-
tadini, \enisse a comporsi un gran con-
siglio di 4^0 individui da rinnovarsi o-
gni anno al s. Michele a' 2C) settembre,
jKM' opera di nuovi elettori dallo stesso
loii^iglio designati per nominazione e
ballottazione (sulla varietà del numero
de'compoiienti il consiglio, e di altro le-
alivo a 'piealo grave argumeulo, si lau-
VEN 77
nuda il riferito nel u.7 del § XVI). Do-
vea speline a questo consiglio la distri-
buzione degli uilizi a maggioranza di suf-
fragi, badando sempre a scegliere i mi-
gliori e più siillicienli cittadini, non che
il preparare le leggi e gli oggetti da sol-
toporsi alla pubblica conclone o assem-
blea (in questa durava neli3o5 soltO[)a-
sta allappi-ovazione del [lopolo una Ira-
mutazione di pena concernente i ladri; e
del i3i I si legge, <y«OfZ landdta vt prò-
hatafnit idlroscripta corrcclio in puldi-
ca coiicione). Nelle materie di massima
importanza, specialmente riferibili aliii
politica esterna, si continuò a coiivucare
anche il consiglio de'Piegadi, che prepa-
rava le materie da proporsi al gran con-
siglio, e che divenuto poi stabile s<jtlo il
doge Jacopo Tiepolo del i 22C)-49, *^'^''S
il nome di Sciìato. infine a'dueconsiglie-
ri del doge furono aggiunti altri :\, i qua-
li aveano sempre |)iìi a limitare il suo po-
tere, e gli fu tolta la facoltà di stabdirene'
trattati, co'vari princi[)i estati, condizio-
ni speciali a favore di '■è e dfl propiioconi-
mercio, come avevano fatto tra gli altri
Orso Partecipazro I col patriarca Val[ìei -
to d'Aquileia, Giovanni Partecipazio 1[
con (>arlo 111 il Crosso imperatore, Pie-
tro Tribuno con Guido imperatore; nou
convenendo che il capo dello stato poss.i
trovarsi in condizioni tali d'aver inleressi
differenti da (pielli de'suoi sudditi. A com-
penso quasi dell'introdotte restrizioni al
potere del doge, ne fu accresciuta la pom-
pa esteriore, e resa vieppiù sagra e tute-
lata la sua persona. Al suo uscire di ca-
sa non avea più ad essere accompagnata
da'suli .suoi servitori, ma da un corteggio
di nobili e popolani; gli giurasse il po-
polo ogni 4 ^"ui fedeltà per nsezzo de'
capi di contrada (a questo magistrato,
che tiovasì già nominato nel XI i >ecolo,
dice il Romaniu col Muazzo, Sloria. del
governo della rcpubhlicn di f^encziii,
come si vede da leggi posteriori, spetta-
va oltre il far giurare al popolo l'ubbi-
dienza, le disliibuzioui dulfiuLuenluj l'os-
:8
\ E N
servonza c!c" decreti circa alle armi, la
iinbl)licazioiie eli grida nelle chiese, il
rapporto de' fatti criininali. Quanto al
j^iiiraiiiento di fedeltà è ricordalo fino
dal I 07 I [)el dogi; Selvo, che nella sua e-
lezioue fi^ce doni al po[»olo: qnesle due
rose furono ora ordinate per legge, e sta-
Jjilite regolarmente per l'avvenire) o se-
stieri: alla stia elezione fosse portato, giu-
sta il costume dt'gl'itnperalori d'Orienìe
(e di alti i sovrani, come il Papa in Scilìa
gestatoria), p.er la piazza in un orbico-
lare sedile, chiamato poi il pozzetto^ spar-
gendo denaro al popolo, nella quantità
che dissi al n. 3 di questo §. Tali mnta-
luenti nel potere del doge non dispiac-
quero alla generalità de'ciltadini, come
«juel'i che promettevano più lianqnilli-
tà alla repubblica , e più allontanavano
il pericolo d' un governo dispotico. Ma
non fu lo slesso quando il consiglio ven-
ne a toccare anclie de! modo di elezione.
Yolevasi solirar qnesla dall'inconsidera-
tezza popolare, e snriog-ire regolari di-
scipline alle tumultuose acclamazioni. E
iierciò fu stabilito, die d'ora innanzi un-
dici elettoli, scelti dui maggior consiglio
e perciò dal celo de'nobili, si ridurrel)be-
) o, onde conservai e lultavia la forma del-
la pubblicità, nella basilica di s. Marco,
i>er ivi procedere alla scella del nuovo
doge, che dovea riportare nove sulfragi
Ira gli undici, ed esser poi sottoposto al-
rap[)rovazionede! popolo, Ma queslo,lun-
t;i dal tenersene contento, insorse contro
la nuova legge, e con altissime grida e
stie[)itando cominciò a proferire parole
sconcie eiugiuriose contro quelli del con-
-••iglio, chiamandoli tiranni e usurpatori
della pubblica volontà e libertà, dappoi-
ché volevano escludere il popolo dall' e-
lezione del doge. E tanto crebbe il tu-
multo, che poco mancò non si venisse
al sangue, onde a mala pena riuscirono
alcuni maggiorenti a calmarlo, persua-
dendolo che il nuovo regolamento non
mirava se non ad introdurre miglior or-
dine uell'elczioue, la quale fuceudosi[iub-
V E N
blicamenle nella chiesa e abbisogoanilo
dell'approvazione del popolo, lasciava sal-
vo a questo il suo diritto. Fu in conse-
guenza stabilito, che il nuovo doge ver-
rebbe presentato alla molliludiue colle
paiole: Questo e il vostro doge se vi pia-
ce, e con tal mezzo riuscì di quietare quel
inoviiDenlo. Siffatta conferma però si ri-
dusse in progresso di tempo a semplice
fjrmalilà, e venne alfine tolta del tulio,
secondo che il governo sem[)re più si
lestrinaova nelle mani dell'aristocrazia.
o
Dopo lolla questa narrazione fatta col
Uomaoin, dolio patrio storico , non so
forse quanta intera veridicità possano ave-
re tulle quante l'anteriori formalità riferi-
te dal sullodato Sforzosi. Imperocché de-
scrivendo l'elezione di Vitale Michiel II,
dice che gli araldi colle trombe, d'ordi-
nede'tribuni, convocarono il popolo, che
occupò la chiesa e la piazza di s. Murco,
e le donne, escluse dall'atto dell'elezione
medesima, si schierarono sulle gradinale
erette a bella poUa nella piazza e sui pal-
chi del campanile. Che si fecero preghie-
re nella basilica a'ss. Marco e Teodoro
protettori, celebrandovi messa il patriar-
ca ili Grado, alla presenza de'vescovi, de'
sacerdoti, de'nobili e de'ciltadini, perchè
Dio illuminasse l'assemblea e gli elettori
sulla scelta del doge. Riporta il discorso
del decano de' senatori, invitandogli e-
lettori allo scrutinio, e di manifestare la
loro opinione con pietre bianche o nere
nell'urna, ad ognuno de'' seguenti candi-
dati scrini per ordine di età: Ziani, Mes-
ser Pietro, Vitale Miehiel, Gradenigo e
Morosiiii. Quindi proposto dal decano de'
senatori Ziani per doge, poco favorevole
bisbiglio r accolse nella piazza; le pietre
nere in maggioranza confcrmarouo la
sentenza promuuiala dal popolo , onde
restò escluso. Nel farsi lo scrutinio pei"
I\l esser Pietro, un grido di gioia fece sen-
tire il parlilo assai considerabile che ne
sosteneva la candidatura dentro e fuori
del tempio, sperando così d'influire sulla
lUoluzicut. della lUi'SS'uiaUia de^li elei-
V EX
Ioli; ma le pietre bianche si trovarono
ìd Qjinorilà nel fondo dell' urna , e con
ujeiaviglia generale si seppe 1' esilo e
uiuno nella piazza osò fiatare. All'agita-
zione prodotta da'due scrulinii, successe
la calma per la votazione di Vitale Mi-
tliiel, non avcmlo egli, come i preceden-
ti, fallo nulla per rendersi favorevoli gli
elettori. Le pietre bianche si trovarono
3 volle nnaggiori del numero delle nere,
i-d il decano manifestando il risullato del-
lo scrutinio , pronunciò la formola che
f<iceva di Vitale Mlchiel un doge della
veneta repubblica. Allora scoppiarono gli
applausi, allora eccheggiarono gli evviva
sulla piazza^ sulle rive e sin nella chiesa
slessa, con immenso fragore. Gl'interessi
olFesi, le fazioni vinte, tacquero in pre-
senza di sì grande manifestazione della
popolare allegrezza, e nulla lui bòil tiion-
lo di Vitale Michiel II. Il decano chiamò
l'elelto, il quale profondamente commos-
so salì sul trono erello nel santuario, ove
fuuja vano gl'incensi. Colà il decano, assi-
stilo da due elettori, pose sulle spalle del
nuovo doge il lungo manto d'oro e di por-
pora, segno della sua dignità: il patriar-
ca di Grado benedisse il corno ducale, os-
sia la corona di forma frigia, e la posò
sul capo di Vitale i\bchitl 11, il quale rin-
graziò l'adunanza e quindi con lei ma vo-
ce prestò il consueto giuramento, che
identificava il doge cogl' interessi della
re|)ubblica. Quando il doge, accompagna-
lo ihil decano, dal palriaica e da' più di-
stinti elettori, uscì della chiesa, gli ap-
plausi, r acclamazioni , lo slrepitu degli
strumenti musicali , il frastuono delle
cautpane scorsero l'intera città, il doge
novello pas>ò fra la folla, che si apriva
rispettosa innanzi a'suoi passi, e raccolse
tlappertullo le prove evidenti della pub-
blica soddishizioue, e mille e mille voti
per la glori. i del suo principato. Sotto
il governo di lui !a upubblica fu florida
e felice per i 7 anni. L' errore commesso
a Negropoule, ed un avvenimento che
non poteva prevedere, suscilaiono coa-
V E iN 79
tro di lui riiigratiludiiie d'un popolo in-
costante.
8. Sebastiano Zianì A'A'A/A' doge.
Pel i." ad essere elelto giusta la nuova
forma pel sutfragio degli i 1 elettori, che
il cav. Cicogna chiama senatori, radu-
nali nella chiesa di s. Marco, a' aq set-
tembre 1172, fu Aiirio Masti ojàero, uno
degli elettori, ma non volendo assumere
il carico, hi scelto in vece Sebastiano
Ziaui, sebbene non entrasse nel detto nu-
mero. Uomo di 70 anni, provvido e sa
vio, intelligente e benigno, e di amplis-
sime ricchezze fornito, essendo fama che
avesse trovata negli scavi d'Aitino una
vacca di grandezza naturale e tulta di
getto d'oro. Freseutato al [)opolo, fu ac-
clamato di comune consenso e applauso
con gridarsi: l-^ii'a il Doge e Dio vo-
glia eh' ei ci procuri la pace. E preso
II) quell'entusiasmo da alcuni sulle spal-
le, fu portato tutto inlorno per la piazza,
ed egli a vieppiù inginziarsi alla molti-
tudine gettava monete, a norma del pre-
cedente stabilito. Prima cura del nuovo
doge fu di dar corso alla giustizia, fa-
cendo ceicare e punire l'assassino del
suo predecessore. Fu scoperto essere s'a-
lo uu Marco Casolo, che tratto d d suo
nascondiglio, venne iiupeso alle forche,
e la sua casa, posta fra la riva de'Schia-
voni e ss. Filippo e Giacomo, fu demo-
lita con decreto di non più rif.djbricula
di pietra. E fu inoltre stabilito, che i
dogi per l'avvenire nel recarsi a s. Zac-
caria non avessero più a passare per l'at-
tuale riva degli Schiavoni, ma per la via
de' ss. Filippo e Giacomo. Poi volgendo
lo Ziani l'attenzione alle cose delle fi-
nanze, trovò queste nel massimo disor-
dine; e dall'altro canto le spese crescere
giornalmente, e pe' bisogni delia guerra
co'greci, che probabilmente doveasi con-
tinuare, e pe' sussidii che non conveniva
sospendere alla legi lombarda. In tante
strettezze, decise il consiglio la sospen-
sione del prestilo fallo al 4 P^"'" 100,
per l'armaraculo contro Eioanuele, onde
8o V E i\
fin triilioia eiasi custituilo un vero lian-
co nazionale, il i ." d'Europa, come di-
chiarai nel § XVII, n. 2. Questo stato
di cose rese vivissimo il bisogno della
pace cou Emanuele, per cui il doge si
decise mandaigli nuovi ambasciatori ,
sebbene il liatlamento fatto a quelli in-
viati dal picdecessore poteva pmltoslo
aumentare die scemare il risentiiiiento.
Dappoiché Emanuele imbaldanzito per
le «lisgrazie dell'armata veneta, lungi
dall' ascoltare trattative di pace, prose-
guendo a molestare i veneti, avea futlo
abbacinare l'oratore Enrico Dandolo,
poi celebre doge, per aver con calore
propugnato l'onere della propria nazio-
ne. 11 prof.R.omanin mette assai in dubbio
r impiobabile accecamento, con ragio-
nevoli teslimoiiiiuize. Certo è, che Ziani
e il suo governo vedendo che tutte le
pratiche di pace coll'orgoglioso e sleale
Emanuele tornavano vane, dovette di
necessità pensare seriamente a continua-
re la guerra, ed a farsi forte d'armi e
d'alleanze. A quest'effetto mandò En-
rico Dandolo e Giovanni Badocr a Gu-
glielmo Il le di Sicilia, per istrignersi
con lui in lega contro l'indegno Ema-
nuele; rna avendo essi incontrato due
oratori greci che si recavano a Venezia
con nuove proposizioni, loro si atcooi-
pagnaroiio. Ascoltati dal doge, fu spe-
dita altra ambasciata a Costantinopoli,
ma senza lisultalo, per le male arti u-
sale da Emanuele onde deludere i ve-
neziani e allontanare la guerra. Tron-
cata perciò ogni pratica, partirono [ler la
Puglia Aurio IVlastropiero e Aurio Dau-
rio o Doro, ove nel settembre 1170 con
Guglielmo II segnarono un trattato, pel
quale furono ampliate 1' immunità, già
concesse al commercio veneziano dal
padre Guglielmo 1, stabilendosi fra le al-
tre cose che i veneti potrebbero traffi-
care ne' suoi slati s'i per mare e si per
terra; che pagherebbero solo la metà
di quanto aveano convenuto i due re
predecessori ; ad ogni violenza e n)ole-
V E N
stia contro di essi sin ebbe data soddisfa-
zione; eselusi da questo trattato i cor-
sari, e quelli che prestassero aiuto al-
l'imperatore greco; promettendo inol-
tre il re di non invadere i domini! ve-
neti da Ragusa a Venezia, e durare il
patto 20 anni e pili quando piacesse ad
ambo le parti. Questo trattato fu da
alcuni qualificato alle^anza ventenne. Era
intanto a cuore della repubblica di to-
gliere a Emanuele l'importante appog-
gio che avea in Italia, nella città d'An-
cona (a cui essendo unito il vescovato
d' Uiìiaiia, in tale articolo meglio ne
lagionai ). In quel punto si assediava
(o meglio nel i lyS) da Cristiano arci-
vescovo di Colonia 0 meglio di Magon-
za (è riferito co' nomi de'due arcivesco-
vati, perchè Federico 1 tolse quello di
Magonza al cardinal Corrado Witelle-
spach e lo die a Cristiano di Colonia,
dopo la cui morte lo ricuperò il cardi-
nale) per P'ederico 1, ed i veneziani non
isdegnarono di cedere al suo invito e
d' unirsi a ini per abbattere il comune
nemico, mandando le proprie forze na-
vali B quell'assedio, anche per repri-
mere le continue molestie degli anconi-
tani a suggestione d'Emanuele. Stretta
Ancona per mare e per terra, non fu
presa pegli aiuti della contessa di Ber-
linoio e del dominatore di F'errara, di-
voti a Papa Alessandro III. Sopraggiun-
te r inverno i veneziani si ritirarono, e
concluso un trattato con Rimini, per
lungo tempo chiusero agh anconitani
perfino l'uscita del porto; e nel 1174
si fecero concedere dagli slessi anconitani
la guardia del golfo, ad onta che la bra-
mavano essi. Frattanto Federico I era
calato con nuovo esercito in Italia, in-
cendiata Asti e presa Susa ; però riusci-
rono vani i suoi sfoizi sopra Alessandria
difesa dalla lega lombarda. S' intavola-
rono proposizioni pacifiLhe dalle due
parti, efu invitato Alessandro HI a man-
dare i suoi legati a Pavia, e nel i lyS
fu pure soUoscrillo un coiv.promcsso iu
r V E N
IMondìello, che comprendeva le ciltà dì
LoMib. lidia, Marca di Verona, Venezia
(alla quale Federico I con giiirainenlo
avea piomesso pace) e Romagna; onde
l'esercito lombardo in ciò fidalo, si sciol-
se pei' tornare alle proprie case. Ma Fe-
derico 1 nel 1 I 76 appena ,sep|)e che sla-
vano per ai rivaie riidurzt di Gei mania,
scendendo per le nionlagne al lago di
Conio, mentre era chiuso e ben guar-
dalo l'Adige da'confederali, all'improv-
viso parli da Pavia e si lecò loro incon-
lio. Posto<<i quindi nel declinar di mag-
gio alla loro lesla, si avviò verso il ca-
stello di Lt'gnano nel contado di Seprio
(non quello del Veronese sull'Adige)
.Nuli' Olona nel Milanese. Le città italia-
ne dal canto loro appena ebbero avviso
dell'arrivo di quelle nuove truppe, rin-
novarono il giuramento d'unione e di
aiutarsi scambievolmente, preparandosi
alla dilesa. A' 19 maggio 1 176 i mila-
nesi uscirono incontro a Federico i, che
si trovava i5 miglia lungi dalla loro cit-
tà, e con essi erano i bresciani, piacen-
tini, lodigiani, novaresi, vercellesi fin
allora arrivali. Trassero fuora il carroc-
cio, e prima di cominciar la battaglia
inginocchiatisi invocarono il diviuo soc-
corso, iiidispiegali gli stendardi mossero
arditamente contro il nemico. Al i.°
Ulto la compagnia del Carroccio piegò
un istante; quella della Morte, rinno-
vando ad alla voce il giuramento, ac-
corse e res;)inse con tanta furia le trup-
pe alemanne, che giunse perfino ad at-
terrare lo stendardo imperiale. Federico
1, che combatleva nella 1." linea, fu ro-
vescialo da cavallo, e la sua squadra
sbaragliata. (Generale divenne allora lo
scompiglio e la fuga; que'che niiii pe-
I rìrono di spada, annegarono nel Ticino.
Più non trovandosi l' imperatore, per es-
ser fuggito liaveslilo e nascostosi, corse
voce di sua morte, e l' impeialrice liea-
Ilice di lìorgogna a Como avea già ve-
stito il bruno. Tale fu la famosa bal-
la^jlia di Legnano, che altri dissero di
VOL. xcii.
V E i\ 81
Como, frullo della quale fu la paco lot
l'imperatore, e il riconoscimento, daìi»
parte di questo, delle bbertà de'coniuin
municipali. La giornata di Legnano ca
gionò la rovina della potenza degl' im-
peratori in Italia. Federico I [)erseculore
di Papa Alessandro 111 era stalo da que-
sti scomunicalo, anche qual sostenitore
dello scisma di 3 antipapi, ed inoltre
sciogliendo i di lui sudditi dal giura-
mento di fedeltà. Fino dal 1170 avea
mandalo dalla Germania il vescovo (!<
Bambeiga Eberardo (o Ermanno, il
quale poi intervenne al sinodo celebralo
da A lessa lidio 111 in s. Marco, e poco
dopo morendo in Venezia, fu sepolto in
quella basilica) per trattare col Papa,
non tanto per desiderio ch'egli avesse del-
la pace, poiché ambizioso e superbo lo
disprezzava, ma colla intenzione di slac-
carlo dalla lega lombarda. Se non che
Alessanilro 111, propugnatore della li-
bertà d'Italia, se ne accorse, He informò
tosto i collegati invitandoli a mandare
un tlepulalo per assistere alle conferen-
ze. Da Benevento pai lì per Veroli, ove
ricevè 1' inviato inqìeriale, il quale di
chiatò voler l'imperatore approvare U:
sue ordinazioni, parlando ambiguamen-
te quanto a riconoscerlo per Papa. Que-
sti cui le sventure non aveano punto al
lerato la fermezza d' animo e 1' imper-
turbabilità, rispose al vescovo, allamen
le meravigliarsi come venisse con lalc
ambasciata, che nulla conteneva ili ciò
che più importava ; esser egli pronto ad
onorare l^'ederico l sopra tulli i prin-
cipi d'Europa, (piando egli dimostrasse
la dovuta divozione alla Chiesa, e senza
allio lo licen/io. Kel i 172 passò il l'apa
in Anagiii e vi dimorò mollo tempo. Dis-
si già che nel 1175 l' imperatore per
guadagnar tempo riannodo le Irallalive
co' lonìbardi, e fece sapere al Papa che
avrebbe volentieri trattato co' cardinali
d'Ostia, di Porto e di Pavia; ma tutte
le conferenze riuscirono inutili. Però
do[io lu diblàllu di Legnano, b'cderico 1
G
82 V E N \ E ^'
si decise fermamente per la pace, aljbil- rilà della battaglia a Salvore taciuta dai
luto da lina lunga seiie di calaniilà. Qui più antichi sciillori, ma a rj uè' pochi
la storia è ini label iiito, >u!nei;ita da che nulla ne dicono è sostituita la n)ol-
nn conflillo di date, d' incongnienze, di teplicitàdi (juelli che ralTermano. Il cav.
favolosi racconti, senza critica : però a Cicogna parlando del doge Ziaui nel-
lullo ripararono co' loro SI itti gli stessi V Inscrizioni Ventz'ane, t. 4> P- 568
storici veneziani, cioè il cav. Cicogna, e seg., riferisce le discrepanti opinioni,
il nobile Angelo Zoo, poscia il Roniiinin, illustrando dottamente la di lui epigraft:
e ullìnianiente Io Zanotto, Narra vasi in sepolcrale, non che pubblicando le Me-
filti da molti, che continuando lo scisma morie inforno la i'cnnta di Papa Ales-
soslenuto da Federilo I nemico d'Alessoii- saiidro HI in Fenezia nell'anno i 177
dro III, cjoesli fuggì sotto mentite spogli»; e a' diversi suoi documenti, raccolte
di pellegrino. A fronte de' vari accon»o- dal nobile Ji!g< lo Zon $\itnunc\a[o. Nel-
dametiti intavolali Ira lui e l'imperalo- le biografìe de' Papi io seguo priucipal-
re, cercando un a^ilo sicuro, non lo rin iDeiile, come la migliore, la Storia dei
venne che in Venezia, ove si recò di na- Pontefici di Novaes. Coo esso dunque
scos'o colle galee di Guglieluio 11 re di nella biografia di Alessandro ///rac-
Sicilia nel 1177. Pochi gioì ni sielle in coniai la vitloii;j navale, e confutai la
cognito in Venezia (di più secondo Cor- calunnia favolosa dell' orgogliose parole
ner, e nel monastero di s. !\Iai ia dell.» poste in bocca al virtuoso Papa, quando
Carità de* canonici regolari Portuensi, Federico I gli fece ossequio, secondo Gio-
e nel Diodo con lui e con altri scrittori vanni Villani e altri, forse accreditale
riferito nei§X, n, li), e riconosciuto dalla sedia papale un tempo esistente
gli furono tributali gli onori che meri- nella basilica Lateraneuse, che descrissi
tava. La repubblica sul momento inviò nel voi. X, p. 265. Altri in vece con più
Fdippo Orio e Jacopo Cenlranigo am- piobabililà dissero che Alessandro III nel
bascialoii in Pavia dov'era r impeialore, licevere le dimostrazioni della veoera-
chiedendo che gli piacesse ridonar la zione dell' imperatore, esclamasse: iV^o/j
pace alla Chiesa e all' Italia. Non ascollò a Noi, ina a Pietro. Pare che il Deniua
queste voci Federico \, anzi chiese che nella Storia delle livoluzioni d Ilaliu
gli si consegnasse nelle mani il Pupa, accusi il Papa, come [)ensoso più di se,
altrimenti i veneziani diverrebbero suoi che della lega lombarda; ma tosto lo
nemici, e pianterebbe le sue aquile sulla scusa per 1' impero delle circostanze, e
porta della chiesa di s. INIarco. In fatti pel dovere cui mancar non doveva, di
egli allestì una flotta di ^5 galee, e vi salvare la Chiesa. Nel uairarepoi la som-
prepose Gitone suo figlio; ed i veneziani missione, con cui Federico I chinossi in
una di 3o solamente, comandata dal Venezia ad Alessandro 111, per essere
doge. Tra Pirano e Parenzo, nel luogo ribenedelto, il Denina dichiarò. -•' Non
detto Salvore, il dì dell'Ascensione 1177 rilussero mai per l'onore del Sacerdozio
scontraronsi le due armate. Le forze re [)iù lieti giorni, né più gloriosi; ne mai
ciproche essendo ineguali, la villoiiado- la città di Venezia fu lealro di più uo-
veva essere certam^'ule dell'imperatole, bili azioni ". Egli è per questo, non che
se non avesse avuto il vento contraiio. per leltificuie coli'encoiniato Roinaniu
Col (avoie di questa circostanza, i ve- molti fitti e pailicularità storiche, che
neziani vinsero. Ottone falto prigioniero dovrò alquanto dilfondeimi sul memo-
Io si rimandò al padre onde interessarlo rabile e fauioso avvenimento, ezian-
alla pace. Federico I accousenlì e fu fir- dio a gloria di Venezia, ove si terminò
mala ec. Si sparsero de' dubbi sulla ve- una lolla tra il Sacerdozio e l'Impero
V E N
dm ala i-anni con funeste consegiien??,
rol Irionfo della s. Sede. Sci'isse il tri-
\igiaoo Rinaldi, compendiatole ollimo
degli Annali ecrlfsuislici del cardinal
Baronio, coll'autoritò degli .liti di Papa
.llessandro ///, sciilti da un contem-
poraneo testimonio di tutto, esistenti
nella Bdjlioteca Vaticana. « E scrivendo
noi, non pure non vogliamo oscurare la
gloria della serenissima repubblica di Vi-
iicgia, ch'ella lia degnamente merilnlo,
per l'albergo non nece»sario, ma volon-
tario, ch'è di maggior lode, del Romano
Pontefice, facendogli tanti e sì grandi
benefìcii e onori, e usando somma libe-
ralità col Vicario di Cristo; non solo,
dico, noi non vogliamo offuscare la sua
gloria , anzi aggiugniamo facelle , per
farla maggioroienle ii splendere, e vie
più 1' illustreremo con gli splendori del-
la verità, aggiugnendone tanti, quante
sono le scritture d'autori antichi sinora
non venute alla luce, le quali noi prò-
durreu)o ". Certamente che i racconti
del Rinaldi sono interessanti e della più
grande importanza pei" la storia. Col
Fellone poi, De viaggi da Sommi Pon-
tefici intrapresi, dissi a' loro luoghi:
Che Alessandro 111 dono l'Epifania del
1177 per Troia, Siponio e iMon'f Gar-
gano si condusse a Inasto, ed ivi ioi-
barcossi sulle galere di Guglielmo II re
di Sicilia e co' suoi inviati; che fu a
Zara e poi giunse a Venezia solenne-
mente ricevuto. Il eh. Romanin con eru-
ditissima e critica digressione, dopo aver
es|)osto con docoincnti la minuta nar-
razione del grande avvenimento, riferì
eziandio tutto quanto di non vero e di fa-
voloso fu pubblicato, e per tale pure egli
tiene la pretesa fug;i incognita d'Ales-
sindio 111 e la vittoria navale su Fe-
derico I. L' C'ipoiizione verace che con
lui vado a giovHimi di riprinlmre, ba-
sterà a far cono'.cere quanto nel resto
non è provalo. E la storia e chi la scri-
>e gli debbono esser grati, oltre a* sid-
lotliili illustri e bencniprili conciltadi-
V E X ^^
ni, per aver s.Tputo vender chiaro quan-
to (ino a lui ed a' nominati era confu-
so, per quanto sia a mia cognizione, sce-
verando l'identico dal falso o da dub-
bie tradizioni, foimanti manifestamente
contraddizioni e anacronismi. A me pare
dunque che il seguente di lui racconto
sia da preferirsi a quello degli altri, e
fra parentesi precipuamente innesterò
e ricorderò quanto di nnalf)go <lissi al-
trove o vi as;niun"erò alcuna erudizio-
ne, col Rinaldi e altri che andrò dicendo,
in prova di adesione, e per confutare
anch' io quanto altrimenti venne scritto.
Egli è per questo che ora non volli u-
sare de! libro che posseggo, già ricor-
dato nel rammentato n. i 1 del § X e
intitolato: Hi^loria della venuta a /^e-
nefia occultamente nel 1 177 di Papa
Alessandro IH, e della vittoria otte-
nuta da Sebastiano Ziani comprohata
da d. Fortunato Olmo CasineseAn Ve-
netia 1629 per Evangelista Deuchinn.
Così pure dell'altro libro di mia pro-
prietà : f^ifa di Alessandro III Ponte-
fice Massimo di Gio. Francesco Lore-
dana. In Veneliai637 perii Saizina. Il
eh. Peruzzi /incora nella Storia d'Anco-
na, t. I, p. "ÌTLi e seg. dichiara romanzo
lìial lessutneimposture putide, le pretese
figa d'd Papa e vittoria navale de' ve-
neti su Federico I, addurendo testimo-
nianze di gravi storifi. Bramando Fe-
derico I pace dopo la pugna di Legna-
no, già l'avvicinamento de' veneziani che
avevano dato appoggio a Cristiano di
IMagonza nell'assedio d'Ancona, eragli
stato di molto piacere, ed ora pensando
che sarebbero ottimi mediatori fra le
due parti, più volle ne scrisse al doge
Ziani, rneltendo in suo arbitrio di trat-
tarla colla Chiesa. E a cpiesto si unirono
i redi Francia e Inghilterra; tanto ch'i
alfine ben preparata e avvinta la pro-
tica, l'imperatore manrlò gli arcivescovi
Guglielmo di M.igdeburgo e Cristiano di
IMagonza, con Pietro vescovo di Worms
ad Anagni, ove dono \^ giorni di con-
84 V E N YEN
foienze si concluse: Che i' irtiperatoie nia del 1177 (il Borgia neWe Memorie
liconosceixbbe Alessamlro IH come le- storielle di Bchcvcìì lo, dice vUe \\ì s' un-
gillimo Pontefice, non moieslerehbe Ijarcò nelle galere prepaiategli da Gii-
(juelli che ne avevano sostenute le pnili, glielino il re di Sicilia). Di là continuò il
e linunzierebbe allo scisma dell' an(i- viaggio per Troia, Foggia e Siponlo, ove
papa Calisto 111 (di cui anche nel voi. trova vasi il 25. Toccò i! Monte Gargano e
LXXXIU, p. i36); e quanto alle con- fu a /'^rr^/oy tua continuando bui rascoso
troversie colla lega louil)arda, foimei eh- il tempo, non potè imbarcarsi nel mare
beio queste soggetto di particolari liat- Adriatico sulle galere siciliane destinale
lative, a ben incamminar le quali il Papa a riceverlo e fargli onore, se non a'f)
slesso sarebbesi recato nelle parti di Lom- marzo i.° giorno di quaresima (Gugliel-
bardia, per dare colla sua mediazione moli provvide le 7 o i i galere cariche
maggior vigore e più sollecito elfetto. di vitlovaglie e armi, oltre altri navigli ac-
Disponevasi quindi il Papa a partire alla cresciuti a maggior decoro de! Pontefice,
volta di Ravenna o di Bologna, ma tut- econ cavalli bianchi ; ed egualmente per
tavia prima di lasciare Anagni mandò onorcvolezza del Papa gli die per accora-
Umlioldo vescovo d'Ostia [e P'el/ctri, pagnamento nel viaggio due persone prin-
cioè Ubaldo Allucingoli cardinal decano cipali del regno, cioè R.omualdo arcive-
del sagro collegio, che gli successe col scovo di Salerno, e Piuggero conte d'An-
nome di Z»r/o ///) e Piainero (/iV//??V/-o dria e gran contestabile. Alessandro III
da Pavia) cardinale diacono di s. Gior- dopo essere rimasto in Vasto diversi gior-
gio in Velabro, per ottenerne carta di ni, ove con pena seppe la defezione della
guarentigia e salvacondotto. Trovarono lega lombarda e l'unione all'imperatore
Federico 1 a Modena, e da lui onorevoi- di Cremona e Tortona, con gran risenti*
niente accolti, ebbero la domandata car- mento de' lombardi, e dopo avere per
la, giurata sopra i ss. Evangeli in nonie tempo celebrato messa e falla la funzio-
suo da Corrado figlio del marchese di ne delle Ceneri, s'imbarcò con lutto l'ac-
Monferrato e da'principi che seco era- compagnamenlo. Nel i.°giornodella na-
no, secondo il promesso dagli ambascia- vigazione solVri furiosa tempesta, e col-
tori in Anagni. Allora Alessandro li! l'aiuto de' ss. Pietro e Paolo polè appro-
parfi da Anagni (a' 6 dicembre i 176 dare co' cardinali iu io galere all'isola
vuole Ferlone) e scelta per maggior si- l^olacrosa, tutti stanchi pel patito disa-
curezza, per non attraversare le terre gioì tranquillalo il mare, nella notte si
occupale dalle parli belligeranti, la via continuò il viaggio, precedendo la galea
di mare, decise per questa trasferirsi a del Papa con grande luminaria. Erano
Venezia, e di là al luogo del congresso, inoltre col Papa i cardinali Manfredo
Si fece precedere da 6 cardinali (per ter- vescovo di Palestrina de'conti di Tenlo-
la da Siponto a Bologna, per raggu«- naria, Giovanni del titolo di s. Anastasia,
gliaree accertare di sua venula l'inqie- Bosone del titolo di s. Pudenziana, Cin-
ratore e i lombardi: il che inleso dal- lio diacono di s. Adriano e Ugone dia-
l'anlipapa Calisto III, residente in Vi- cono di s. Eustachio), la susseguente do'-
terbo, senza a lui farsi partecipazione menica giungendo a Ziira. Il giorno 23
«Iella concordia che andavasi a stabilire, dello stesso marzo, dopo visitale le varie
co'suoi ne sentì amarissimo cordoglio), isole della Dalmazia, il Papa, co'cardi-
che si presentarono all' imperatore a Ra- naii e gli altri, arrivò a s. Nicolò del Lido,
venna ; ed egli intanto pervenuto a Be- ove fu ricevuto con tulle le distinzioni
«evento nel dicembre i 176, vi dimorò dovute al suo grado, dal figlio del doge
dalla festa di Natale, a quella dell' Epifa- e da' principali della città usciti ad in-
V E N
contrarlo. Nel dì seguente, vigilia ilel-
l' Aiitumziata, il doge Ziaiii ed i suoi
primari cittadini, il piiliiaica di Grado
Enrico Dandolo, i vescovi, il clero, ve-
^tlti de' loro abili sacerdotali, colle croci
inalberale e con isplendulissiiuo seguito
si recarono sopra adorni navigli a leva-
re Alessandro 111, die ricevuto dal doge
nella propria barca sopra tulle le altre
Cimata e ricchissima, sedette, avendo a
ileslra il doge ed a sinistra il patriarca.
Li solenne e sontuosa coni ili va discese
alla piazza di s. Marco, e tutti si reca-
rono tosto ad orare nella basilica, ove
otlendevali una moltitudine immensa,
che occupava non solo la chiesa, ma
anco le parti superiori di essa ; poiché
forse già avea le gallerie superiori, e tut-
to il brolio,come allora chiama vasi tjuel-
lo spazio di terreno dal ducale ptdazzo
fino all'Ascensione. Ebbe poi alloggio il
l'apa nel palazzo del patriarca a s. Sd-
ve-itro, e fuiono tosto cominciate le Irat-
Icdive coir imperatore per mezzo di let-
tere e messi, che conliuuarono per 17
giorni. Giunsero ini. mio quali ambascia-
lori di Federico 1 il vescovo di Magde-
bnrgo Weremondo, il vescovti eletto
di Worms Corrado, e un protonolario
(il Piinaldi lo nomina coli' iniziale A.;
uia trovo nel conte Galli, RL tre Ito del-
la storia de' principali Trattali di Pa-
ce : Trattato di fciuzia anno 1177,
eh' era il signor di Pafy protonolario
liti regno. E qui dirò che in questa o-
[)L-rj si ragiona ancora dell'origine della
roltura di Federico I colla s. Stn\Q e
culle cillà di Lombaiilla, e con Gugliel-
mo 11. JN'on si p.ula all'ilio, né di segre-
ta venula del l'apa a Venezia, né di vit-
toria navale de' veneti sull' imperatore),
cJ aojuicssi ulla presenza del l'apa, dis-
-^eio: L' impcr.itore es>er pronto ad a-
.ÌL'iiipire ipMiito era stato stabilito; non
|>utcre [)erò in alcun modo acconsentire
i;oi>gresso in Bologna, cillà oslile agli
:i[)eriali e avuta da tulli i suoi prill-
ali in 5(jsptlloi pregavano quindi Sua
V E iV 85
Santità volesse scegliere altro luogo ido-
neo, come Ravenna o Venezia. Al che
Alessandro III rispose : Essere ormai
stato convenuto per la mediazione del
cardinal Allucinguli e del cardinal lla-
uiero, che l'imperatore giungesse in I-
Qsola, nel tempo slesso che il Papa a Bo-
logna ; non poter quindi questo accorilo
alterare, senza il consenso de'suoi allea-
ti ; se ora spi.ace all' inìperatore quanto
aveva prima approvato, sé stesso aver-
sene a rimproverare; tuttavia aduichè
non ne venisse sconcio alla desiderata
pace, voler egli, il Papa, recarsi tosto a
Ferrara e colà tener parlamento co' de-
putati lombardi. Avendo i legati ade-
rito alla proposizione, furono subito s[)e-
dite lettere apostoliche a tulli i vescovi
e rettori delle cillà di Lombardia, invi-
tandoli a convenire la domenica di Pas-
sione alla presenza sua in Ferrara. Parù
Alessandro III co' cardinali da Venezia
a quella volta a' C) aprile (ma siccome
intanto erano concorsi in Venezia dalle
cillà circonvicine gran numero di nobili
e altri per vedere e udire il Papa, come
se fosse uu Angelo mandato da Dio, il
Uealissimo Padre giudicò bene di ce-
lebrar messa nella prossima domenic.i
Laeiare nella chiesa di s. Marco. E così,
vestendo de' sagri abili, e portando se-
condo il rito la Rosa d' oro benedetta,
processionalmente co' vescovi e co' car-
dinali all'altare maggiore, dopo il Vau-
gelo predicò al popolo, e finita la mes-
sa, donò la rosa d'oro al doge di Ve-
nezia; indi partì per Ferrara accom-
pagnalo da i I galere, ove celebrò poi
la Pasqua), fu lo slesso giorno a I^oreo,
il i o a Ferrara ; ma nelle conferenze
colà tenute, vivissimi furono i dispareri,
insislendo i lombardi per Bologna, Pia-
cenza, Ferrara o Padova, mentre gl'iin-
peri.di volevano Ptivenna o Venezia. Al-
fine fu deciso per <|ue->l' ultima, siccome
cillà sicura per tulli, abbondanle d'ogni
cosa e d'una popolazione quieta ed a-
maule dulia pace. 11 Papa nubarcalosi^
8r> V E N
co'cciidiiiali e i vescovi, a' 9 maggio, fece
tjuiiidi ritorno a Venezia ricevuto ono-
jevolineule come la 1/ volta, e tanto
egli quanto 1' imperatole mandarono
lettere nelle diverse parti della cristia-
nità, invitando gli arcivescovi, i vescovi,
gli abbati e alili ecclesiastici, non che i
principali personaggi secolari a conve-
nire al generale congresso in Venezia
j>el ristabilimento della sospiiala pace.
Ma le pretensioni d'ambe le parli erano
fuor di modo esagerate; volevano gli
imperiali si eseguisse (jiiaulo eia slato
decretato nella dieta di Roncaglia nel
J 1 58 ; sostenevano i louibaidi le loro
libertà e consnetiuiini che dicevano a-
Veleda tempo io)nlelnolabill^ Ogni ac-
comodamento pareva svanire, benché
mollo in quello si adoperassero Crislia-
no arcivescovo di Magonza e i legati di
Luigi \ Jl le di Francia, che divoto del
l'apa magnilicameiite l'avea ospitato
nel suo regno; onde almeno fjiialruen-
le si convenne dalle due parti ad uìr-\
tregua di 6 anni co' lombardi e di i5
col re di Sicilia, pel quale aveano trat-
talo i due aridjasciatori al seguito del
Papa; rimai)eudo altresì, [)er quolo
lempoj Federico I in possesso de' beni,
già da luì occupali, della gran conlessa
Matilde, e di ragione della Chiesa Uo-
maiia. Cosi stabilito, s'invitò l'impera-
loie a venire a Venezia, mandandogli
in>ieme copia delle convenute cose, che
lu da lui pienamenle approvala, ed in-
viò il conte Diedon fiylio del marche^e
di Monferrato e Sigibolt suo camerario
a giurare in suo nome que' palli. Giunto
poi egli stesso a Chioggia, con licenza
del Pujia invocala da' principi, questi
co caidiiiali l'andarono a liovare (da
una bolla di privilegi pel monastero di
s. Miiria in Organo, concessa in Vene-
zia da Alessauclio 111, colla sua sotto-
sciizione vi è quella de' seguenti cardi -
ii;di presenti. \' escovi suburbicari : U-
baldo vcscuvu d'Ostia, Gualtieri vesco-
vo d Albuuu, Corrado arciveacovo di
\ E7i
Magijnza, per qu;mto dissi, e vescovo di
S.djiiui, Guglielmo vescovo di Pollo e
s. Kunina, Manfredo vescovo di Pale-
striiia. J3ell' ordine de' preti : Ildebrando
de' ss. Apostoli, Giovanni di s. Anasta-
sia, Bosone di s. Pudeuziana, Teodino
di s. Vitale, Pietro di s. Susanna. Del-
l'ordine de'diaconi: Giacinto di s. Ma-
ria in Cosmedin, Anlilio di s. Teodoro,
Giulio di s. Adriano, [Jgone di s. Eusta-
chio, Uaniero di s. Giorgio in Velabro.
Ma ci mancano alcuni cardinali, come
i preli Alberto e Viviano, e Laboraote
di s. Maria in Portico). Pare che Pietro
hgliodel doge fosse stato a levarlo da Pia-
venna. Ricevetle puie Federico I i car-
dinali vescovi d Ostia, di Porto e di Pa-
lestrina, che dopo l'abiura da lui falla
dello scisma, l'assolsero dalle scomuni-
che (per aver soslenulo e seguito gli
antipapi Vittore V, Pasquale 111, Cali-
sto IH; promettendo egli ubbidienza al
venerabile Padre e Signore Alessandro
III, come a Puniefioe cattolico ed a'Ie-
gillimi successori di lui. Eguale assolu-
zione gli diedero i canlinali, ch'erano
co' nominati, Giovanni di s. Anastasia,
Teodino di s. Vitale, Pietro di s. Su-
sanna, Giacinto di s. Maria in Cosme-
din. Quindi i cardinali 1' aggregarono
all'unità cattolica, e Io slesso fu fallo,
secondo 1' antico rito della Chiesa, dei
suoi piincipi ch'erano scomunicali; e
ciò mentre il Papa iti Venezia assolveva
il ddg- e il popolo veneziano del giura-
mento al quale ert.nu tenuti contro l'aui-
missione dell' imperatore nella città, e
Il sollecitò che ve Io introducessero ono-
revolmente), e l'accompagnarono cou
altre barche fino al monastero di s. Ni-
colò, situato a capo del Canal grande,
ove trovò altia splendida comitiva che
l'aspettava. 11 giorno dopo 24 '"g"*^
1 <77, uscirongli incontro il doge, il pa-
triarca di Grado, i vescovi, il clero e
mollil.uduie di jiopolo infinito con gran-
de pompa e navigli ricchissimamente
uddobbuli. Entrò Federico I ne! navi-
V E N V E N 87
p!io Jel dog", e setlelfe Ira lui e il pa- gra7le a Dio oUimo alassimo, Federi-
(narca, td arrisolo alla piazza liiUa pie- co prestò a noi ubbidienza ed osseriuio
Ita yieniila di genie, si diresse alla chic- come a Soimno Ponleijce, e ricevette da
sa di s. Marco, sotto il pertico della quale noi il bocio di pace, ci porse devolamen-
(alui, e con più ragione, dicono fuori te la destra e colla debita riverenza ci
della port.i ove erasi eretto il trono pon- condusse alla chiesa fino all'altare (o ci
tificale. Così ani Ile fu secn[)re espresso accompagnò, perchè secondo il rito il
d:«' pittori questo fatto, coinè si può ve- sagro ministro conduce all'altare l'as-
dcr tuttavia nella sala del maggior con- soltu, onde riconciliarlo colla Chiesa),
siglio in palazzo ducale, e nella sala re- Il domani poi, festa di s. Giacomo, a-
già del Vaticano, come poi ilirò) atteu- dempiendo al desiderio dell* imperatore,
elevalo il Papa in [lontificuli ornarntnti celebrammo la messa nella detta chiesa
e sedente, circondato (hi'suoi cardinali ed tli s. Marco, innanzi alla quale egli si
altri principali del clero. L'ini[)eralore si fece incontro, e mettendosi alla nostra
lasciò caclere in terra e biciogli i piedi, destra, e' introdusse nella basilica (forse
come se fossero quelli del Principe degli alla sinistra incedevano il doge o il pa-
A[iostoli,ma tostt» Alessandro III alzin- hiarca). Poi finita la messa solenne, ci
dolo gli die paternamente in fronle il ba- accompagnò fino alla porti, e mentre
CIO di pace (ciò avvenne, dice d D'z'ona- sdii vamo >ul palafreno colà preparatoci,
rio veneto, per erruie peiò,ove nel pavi- ei ci tenne la stalFa, e ci. rese tutti (lue-
ciento del veslibuloè un bievecompar- gli onoii che i predecessori suoi già ai
lo di marmi preziosi incastrato in un nostri solevano tributare (anzi Federico
gran quadro di pietra rossa, in memo- I avea reso 1' uHìzio medesimo di Pala-
ria della riconciliazione d'Alessan Irò III frcniere ad Adriano IV, e poi tornò a
e Fedeiico l, colla mediazione della ve- renilerlo più volte ad Alessandro III,
neziaua repubbiicn, a' 23 luglio i 177: oltre altri contrassegni di distinto osse-
quanto a questa data, non è esatta, lutti quio, che narrai nel voi. LVI, p. 8G, di-
dicendo a' 24 vigilia (li s. GiaiO'uo. Il cendo del pontificale celebrato dal Papa
suddetto Uomualtlo arcivescovo di Sa- in s. Marco, a istanza dell'imperatore
lerno, presente all'alto, nel suo C/j/-o/i/- nella festa di s. Oaitolomeo, e che il
con lutto racconta, e che il Pa[)a men Papa salito sul pulpito serinone-'"iò ,
tre l'imperatore gli baciava i piedi, pian- traducendo le parole Ialine in tedesco a
genilo di tenerezza, benignamente lo ri Federico l il patriai ca d'Aquileia Voi-
alzò, baciò e beiiedì, e nel flì seguente co- ilarico II sununentovato, già prigione
nimiicò solennemente, e gli usò distiiitis- de' veneziani e panilo clamorosameute,
siine finezze in segno di sincera coucor- tultavìa avendo coutribuilo a (piesl.i
dia), ludi con somma all.-gre/za di lut- concordia, come notai nel voi. LXX.XII
ti, a gran voce fu cintalo il Te Denin. p. i23. Nella festa ili s. Giacomo il Papa
L' impeiatore avvicinatosi all'altare, vi si condusse alla basilica processional-
dcpose ricchi donativi, e poi festeggi-ito mente co'patriarohi d'Aquileia e di Gra-
di applaudito si restituì al palazzo du- ilo, gli arcivescovi, i cardinali e "li altri
cde suo alloggio, come de' più di>linti ministri secondo l'ordine, l'imperatore
personaggi del suo corteggio. Scrisse poi prendendo posto in coro: qiie-)ti baciò i
il l'apa un'enciclica a tulio 1' E[>isco« piedi al Piipi, e otfrì dell'oro all' aliare,
palo ed a tutto il Clero del mondo cai- Fiuila la mesia accompu'Miò Ales^audio
;li(:o, nella quale tra le aitre cose dis>e. Ili sino al luogo ov' era il cavallo biau-
Colà, alL presenza d'infinita molti- co, perchè il o-uumiuo fino al mure pa-
iLidine d'uomini e di donne, rendendo rc^a liuppo lungo, lenendo forlcJi'JiiliJ
88 V E N
ìa stcìlTo, indi volle adeoipiere l'ufTiziò rii
lìiilalieniere aliettuosaiiientt)". Immen-
so fu il concorso a Venezia de' principi,
ili' legali delle varie |)Olen7e, dei più <ìi-
t.i!nti ecclesiastici e «li altri fbiastieii (in
(Iflle città più lontane (Nel di seguente
■26 luglio, r impelatole accompagnato
da pochi, visitò con filiale alliettò il Papa,
ammesso nella sua camera, ove lieto
t'aiuiliaimente sedendo, co' vescovi e co'
» ordinali, lecipiocamenle si congratularo-
no oon amorevoli collof|tii, mescolati da
motti piacevoli e dignitcjsi ; finché l'impe-
latole chiedendo graia licenza,contenlosi
resliinì al suo alloggiaoieiilo. Trovo nel
/itili. Hom. t, 2, p. 44ì^-clieil Papa emanò
in dello giorno la lettera: Exigunt gru-
lis.sirnac {levolionis obsequia, DatumVe-
netiis in Rivoalto: De Pace cimi Fri-
fU't'ico Imperatore Veneliis inUa^ejus-
(jue absolnlione. Abbiamo poi: Concor-
dia narratio inlcr Alcxaìuìrum IH
Siun. Pont., et F rider icinn / Jmper.,
i ìtrn nolis et aniviadversionibus Felicis
Conlelori, ParisiisiGSs). La ratifica del
irattaloavvenne il i." agosto, alla presen-
za d'Alessandro III e Federico!, e perque-
sii giurò un conte sulla di lui anima e >ui
Vangeli, e pei- tale giuramento solcnne-
Miente Federico I prometteva I esecuzio-
ne del convenuto alle città di Venezia,
Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Bie-
iscia, Ferrara, Wanlova, Bergamo, Lodi,
Milano, Como, Novara, Vercelli, Ales-
sandria, Carsiiio, Ij(^lmoiite, Piacenza e
Bohhio; al marchese ObÌ7ZO Rlalaspina,
a Paruia, Reggio, JModena, Bologna e al-
tri luoghi di Uomagna e di Lombardia.
Questa ratifica lu la conferma della pace
Ira la Cliiesa e l'Impero , della i)ace col
re di Sicilia peri 5 anni, e della tregua co'
louib.-irdi per 6 (un codice Vaticano dice
7); e ne giurarono eziandio l'osservanza
gl'imperiali principi secolari ed ecclesia-
stici, idue ambasciatori <li Guglielmo II,
i deputati de'Iombaidi. Durante la delta
tregua, (pie'della lega non dovevano es-
fìcr moU'-'tati dagl'imperinli né nelle per-
V E N
sone, né nelle robe; polendo girare e
commerciare liberamente nelle terre del-
l'imperatore, così i loro aderenti; doven-
dosi all'insorgere di controversie elegge-
re arbitri per ristabilire l'ordine tra le
cilià: nel corso de 6 anni que' della lega
non furono tenuti di giurare fedeltà al-
l'imperatore, uè questi proniiuziare sen-
tenze in cose concernenti la lega (Assolto
Federico J, i seguaci suoi scismatici, e
molli intrusi nelle dignità ecclesiastiche,
corsero in conserva al seno della s. Madre
Cliiesa, umilmente chiedendo l'assoluzio-
ne, abiurando e anatematizzando ogni e-
re>ia sui Vangeli, e lo scisma de' falsi e
scomunicati sedicenti Vittore V, Pasqua-
le HI, Calisto ili vivente, dichiarando in-
olile nulle le loro ordinazioni, prometten-
do fedeltà e ubbidienza a Papa Alessan-
dro III e suoi successori cattolici. Quindi
Rinaldi nomina i vescovi intrusi che fe-
cero tale atto, cominciando da'sunnomi-
iroli prelati Cristiano di Magonza, eque'
di Magdebnrgo, Wcrmsec. A perpetua-
re la stabilità della riconciliazione del
Papa coli'imperatoie, fu radunato da A-
lessandro 111, a' 18 agosto 1 177, un con-
cilio nella basilica di s. Marco , coli' in-
tervento de'cardiuali, e d'un grandissimo
mimerò di prelati e di principi, arcivesco-
vi, vescovi e abbati italiani e tedeschi, ol-
tre il doge e gl'inviati del re di Sicilia. Fe-
derico I sedette a lato di Alessandro III,
ilquale confermando solennemente la pa-
ce, previa 1' accensione del le candele, e-
niaiiò formale senten7a di scomunica con-
tro chiunque avesse tentalo di romperla,
grillando riinperatoreegli nhnFh/tJ/at.
Indi il Papa fulminò l'anatema contro gli
scismatici che non si erano per anco rav-
veduti, nuovamente deponendo l'antipa-
pa Calisto 111 che avea scomunicalo co'
buoi dìiepseudo predecessori. Dimorando
A lessandro 1 1 1 in Venezia scrisse una lette-
ra ,e l'inviò per Filippo lega lo, al re dell' A-
bissinia<lelloil PrcleJaiini legiìanle nel-
rElio|iia,desiderosod'islruirhi nelle veri-
tà calioliche : in essa gli die il titolo di Cd-
V t N
rissimo frisilo in Cristo illustre, e magni-
fico Rt dc}^L' indi, santissimo fra sacer-
doliysalutc e apostolica beriedizione, beo-
cliè fosse ne'<loiiano. La lellera , come
tante altre, porla ia dala J enezia in Ri-
voalto. Iiititnlo rnoiì in Venezia il conte
di Bcrùnoro senza lìgi', lasciando per la
I emissione de peccali suoi e de' genitori
cpielia città aila Chiesa loinana sua an>
lica signora, e il Piipa vi spedì il cardinal
Ilaniei'O a prenderne possesso. In seguito
Federico I dovendo pai tire da \ eneziasi
recò nel palazzo patriarcale a piendei" li-
cenza dal l^apa, e liatlò con esso sopra
alcune cose, a coinpiinenlo della pace; ed
iiiquesto pai lamento solamente interven-
nero i vescovi, i cardinali, i prìncipi. Allo-
ri Alessandro III ricercò aii'imperatore,
cliesecoiido l'accordostabiiilo in Anagni,
gli Tacesse restituire lo stalo della s. Se-
de e iMltie sue possessioni. Dopo molli
parlari. Federico I deputò l'arcivescovo
di Magonza a restituire nel termine di 3
iDesi lo stato ecclesiastico al Papa; n)a
pe'ljeni della gran contessa Matilde e di
Ilei liiioro, credendosi s|)ellare all'iinpe-
i", furono eletti 3 caidiriali e 3 principi
tleiriinpero, per deciciere a chi d<ivesse-
ro appartenere: restiluì soltanto Berliuo-
ro benché gli piaces>e). Altro tiaitato
speciale tu concluso da Federico I co've-
iiL'zuini a' I 6 seitembre, col fjuaie linno-
io e confermò tutti i patti ile' precedenti
iiiiperiilori .sui possedimenti nelle lene
jiiipeiiaii, non che l'immunità e i privi-
legi, eia libertà di commerciare senza da-
;^io, tranne il ripatico e il qiiadragesiaio.
Ji mentre l'imperatore concesse loro gi-
rare per tulle le terre e navigare per tul-
li i fiumi dell'impero, iiiuilò i viaggi ma-
ultimi de' propri sudditi fìnoa Venezia
tollanto e non più oltre; il che accenne-
rebbe fin d'allora ad una qualche specie
di dominio sull' Adriatico, federico I si
iicconìiatò dal Papa, circondulo da' car-
dinali, huciandogh iii ginocchio i [iieili,
iodi abbraccialo palei ujiineiile e grazio-
^auienlc licenziuto; alia line o a' i 3 o a'
V E V «9
i8 di sel'embre partì da Venezia, [)i;r
liaveniia e Cesena, e poi per la Toscana,
Genova e IMoncenisio si restituì ne' suoi
slati, co'suoi celebrando i veneziani, come
poi fece il Papa colla sua curia e corte.
« Oh quanto beali voi siete, o veneziani,
presso i quali si è potuta concludere tal
pace, che sarà in vero gran monumeuto
del nome vostro in eterno". A tanta ac-
quistala celebrità per Venezia, a tanti
vantaggi politici e commerciali altri si
aggiunsero di spirituali, ottenuti da Pa-
pa Alessandro III, di molti de'quali e del
suo operato già discorsi di sopra in vari
numeri e GS. Concesse ampie indulgenze
p enarieiu perpetuo alla basilica di s.Mir-
co, per la vigilia, festa e ottava dell' A-
scensione, che ricordai a suo luogo (l'ab.
Cappelletti siccome è uno de' s0^lenitori
della vittoria navale di Salvore, aggiun-
ge che in memoria di essa in accordata
fili tla'io maggio)5 consagrò la chiesa di
s. Salvatore, la cappella d'Ognissanti nel
prdazzo del patriarca e contigua alla chie-
sa di s. Silvestro a cui fu poi unita, e la
chiesa di s. Maria della Carità, a tutte
concedendo ampie indulgenze; coiifeii
privilegi a vari monasteri e chiese nelle
vicinanze di Venezia e da questa dipen-
denti, non che a certe possessioni de' ca-
nonici regolari di delta chiesa di s. Sal-
vatore, e restrinse a un triennio il gover-
no dell'abbadesse; oltre la" detta rosa d'o-
ro donat:i al doge, dal Papa portata in
mano in s. Marco, ed a cui concesse di
farsela portare innanzi ne'dì solenni, al
dire del Novaes. Uecisamente dichiara il
Bomanin: » FaUo è però che da un privi-
legio del Pa[)a a questa occ.isioue del iuo
soggiorno in Venezia dei ivos>e al doge il
sigillo colla bolla di piombo, già usala ilii
diil tempo deldoge Vitale Michiel 11, l'u-
so «lei farsi precedere dalle Irombe d'ar-
gento, dell'oiiibrello e de'ceri, cose tutte
che si praticav.iuo anche prima e pigliate
ail imiliizioue degl'imperalori orieuiali e
de'magistrati rouiani. Solo fu d ita mag-
gior solennità alla ceremonia della visita
9^^
V F. V
al Lillo intrndotla fin da' tempi del doge
Orseolo II, per l'anello benedello che,
raccontasi , il Papa consegnasse al doge
all'occasione di rpiella festa accaduta dii-
rante la sua presenza in Venezia, accooi-
pagnatìdnlo colle parole: Ricevetelo co-
rize pegno della .tovranità che voi ed i
successori vostri avrete perpetuamente
sul mare". Le concessioni attribuite ad
Alessandro IH e dal Piomanin impugna-
te, siccome ripetutamente le lessi in di-
verse opere, anche moderne, in diversi
luoshi di airone ne feci menzione; con
questo non intendo atfatto sostenerle con-
tro lino storico patrio, critico e cos'i bene
dottodella veneta storia, solo giustificare
perchè le riportai. Quanto al cos'i dello
sposali/io del mare coll'aiiello, già lo ret-
tificai e modificai nel § XVI II, n. i 3, a-
vendone altrove dello «pialche parola col
Novaes e altri. Circa la bulla di piombo,
che il medesimo Novaes dice avere usato
finché durò la repubblica, il Vettori nel
Fiorino fi' oro illudi min, ne tratta a p.
I 3q, senza dire della pretesa concessione.
II Corner poi pai la <lell' antichità de' si-
gilli di piombo del patriarca di Grado e
de' vescovi di Castello; del i .°olFre un'in-
cisionedel patriaica Giovanni Gradenigo
del I io<S, e del 2." dice che il vescovo
Marco Nicolai del i i8i l'usava ne'diplo-
idì, il che co-^tumarono ancora altri pre-
lati pi ima di lui. Laonde non poteva es-
sere un privilegio quello che nella slessa
città già usavano i ilue prelati. Nondime-
no rilensce il Cohellio, Nntitìa Cai-dina-
latii'i^p.'ì'ì'j-.Sed / enclum quocjueRem-
j)uhlicam literaf. Dncales sub plnmbo (ir-
mare scrihit Sabellicus Hixl. l^'enet. de-
rad. r, lib. 7, p. 4^', f"-^ permissione A-
lexandri IH Siimmi Pontiflcis,cunt aii-
tea sub cera jet hoc idem ad haec nostra,
seu polins ad sua tempora durasse, ubi
etinm huius, ac alinrum concessionii/n
hiiic Reipnhlicae infavorem egregi] mi-
litis BartholomaeiLivianiemanatas au-
rea Bulla munitas, ci prnes d. Pauluni
Monaldensem consangnincum et sue-
V E N
ceswreni d. Barlhnloniaei inC^i'^tro Al-
via ni existcnfes. Circa le trofnbe, il Can^
cellieri, Storia de'posse<;si,p.i >, narran-
do il ritorno d' Alessandro III in Pioma,
col Loredano citalo, e la pompa con coi
fu accolto, dice ancora, che i magistrali
della città fecero dono al Papa di alcune
trombe d'argento e di 8 stendardi ili vari
colori. Questi Alessandro IH dono al
doge Ziani, acciocché in memoria di (Que-
sto dotto li portasse innanzi nelle feste
solenni, obbligando a questo tutti i du-
ci susseguenti . Piiscontrato il Loredano
dicealtrettanto, e più esplicitamente il do-
no delle trombe al iloge. Parlando deU
Y Ombrellino, dissi coli' ab. Leoni anco-
nitano, Ancona illustrata,3^.\^t, ed al-
tri che non rammento, che nel 1 lyS A-
lessandro III trovandosi in Ancona con
Federico I e il doge Ziani, vedendo prepa-
ratedue ombrelle perse e per rim[)erato-
re, richiese la S."" pel doge, e per privilegio
gliene concesse 1' uso. IMa ora leggo nel
posteriore citato Peruzzi, che né il l'ap.i
né r iinperat<jrtì si recarono alFatto in
Ancona, e ciò per quanto dovrò dire sul-
la partenza da Venezia di Federico l e
d'Alessandro III. Già nel voi. LXXXIII ,
p. 34, l'aveva messo in forse. Il vescovo
Sunelli, Lettere ecclesiastiche, \. 8,lett.
3 : Dell' AcolitatQ, narra. Il doge di Ve-
nezia, (pianilo procede solennemente, tra
le altre insegne d'onore e di dignità, che
l'accompagnano e precedono , va avanti
un acolito in veste paonazza con cereo
bianco non acoeso in mano. Quindi ri-
porta il riferito da Leandro Alberti nel-
la descrizione di Venezia: «Quando i do-
gi escono di palagio primieramente vi so-
no poi lati 8 stenduili, due paonazzi, due
bianchi, gli altri rossi (dovea dire due ros-
si e due paonazzi) di seta; sei trombe d'ar-
gento 6 braccia lunghe; un seggio, un
guanciale, un ombrello d'oro, un dnpie-
ro ed una spada : donde abbia origine il
doppiere, non lo so; credereiche Alessan-
dro III quando in Venezia fece la pace
con Federico I imperatore ciò concedesse,
V E N
lìiccnfìo il Platina neilii vitn di delfo A-
Ic'Sanilio III, che il Principe di T'ene-
zia, per l'onore e servigio che avea dalla
Signoria ricevuto, di molti doni e di al-
fune dignità t indegne orno" .\nò\ raccon-
ta ilei donnto anello per lo sposalizio del
mare AtliialicOj col Sabellico, seguendo
la ccedenza e tradizione, d'essere slato
piescrillo dopo la vittoria navale di Zia-
ni sugl'imperiali. Inoltre dice il Sarnelli,
che il doge di Venezia piìi volte l'anno
con grandissima edincazione rispondeva
all'introito della Mc'.^a del celebrante
(patriarca). Non mi pare, ad (•nta che di
molto mi sono giovato del dottissimo
Sarnelli. d'aver parlalo del ricordato ac-
colito, procedendo con cereo non arceso
innanzi al doge, o nimtno non ne ri-
cordo il luogo (cui Dani, riporto nel do-
gndo Ilo.", che Fio VI celebrando in
s. Marco, fece la Confessione aventi a
destra il patriarca, ed a sinistra e genu-
flesso il doge). Bensì circa alla Spada o
Stocco,\n questi due articoli con Mo^aes e
altri notai, che Ira' privilegi da Alessan-
dro III concessi al doge, per averlo dife-
so contro l'im[ieralore, vi fu quello della
spada con follerò d' oio, da portarsi nu-
da avanti a lui ne'd'i solenni, e che forse
fu lai.' traccia del donativo papale delio
Stocco e Berrettone duca le benedetti. Il
«:l). prof Domenico Vaccolini, nelle no-
tizie «he [lubblicò col riliallfi d' Alessan-
dro 111, nel t.i5 òtW All>'iin di lioriia,
III proi)osilo dichiara. » Se quel teroce
animo del l»arljHH)Ssa era avverso al
J'onleline; questo mitissiaio tiovava soc-
corso nella repubblica di Venezia : di
che a signidcare la sua gratitnduie e-
f^li fu autoie tiella gran cereu.ouia di
«are il mare per l'Ascen-.ioue ; diede
doge Sebastiano Ziam le trombe d'ar-
iito, il parasole, il Faldistorio (giacché
I l'api l'usano qual Genuflessorio), \ cu-
s( ini, le bandiere e il cero bianco , che
p')ilava'>i nellt; funzioni dinanzi al capo
(li Ila repubblica ". l'inaluienle non è a
I ..LISI, che nel cougroso di Venezia fu
V E N 91
posto definillvarnente termine per wn
concordato alle discordie che per tanti
secoli avevano inimicato i patriarchi d'A-
quileia e di Grado. Pel quale concordalo,
solennemente riconosciuto nel t i 80, il
patriarca gradese Enrico Dandolo ri-
nunziò per se e successori nd ogni ragio-
ne sopra quanto era stalo tolto di tesori,
reliquie ec alla chiesa di Grado fin da'
tempi del patriarca aquiteiese Poppone;
e per diploma di Alessandro III stabiliti
i vescovi sulhaganei al patriarcato d' A-
quileia (Licet omnium /ipo^folorutn ,
presso il Bull. Boni , t. -2, p. 449)- ''^'
patriarca di Grado rimasero i diritti me-
tropolitani nell'Istria sugli altri vescovi,
su alcune altre parrocchie, sui vescovati
de'Lidi, cioè del dogado di Venezia, non
che la primazia sulla Dalmazia fin dal
I 1.57 concessa d'Adriano IV; di che do-
vrò riparlare nel § XXI. Anche qui no-
terò, che fu allora slaluila la stabile re-
sidenza in Venezia del patriarca di Gra-
do, oltre f[uella del vescovo di Castello
proprio ordinario. Ale<saudio 111 otten-
ne dal doge 4 galee triremi, [loicliè la
squadra siciliana era partila cogli am-
basciatori regi, anco secondo il Peruz/i,
poiché il Platina vi agsiunse i3 "alere
siciliane; finché il Papa avea dimoralo a
Venezia a sua disposizione n' erano ri-
maste 4 ) che fecero vela per lipalriare
innanzi la sua partenza , la quale si ef-
fettuò prima j)erò mandando avanti la
maggior parie de' cardinali per la Pen-
lapoli marittima, e questi soli sbarcaro-
no in Ancona. Verso il mezzo ottobre o
a' 16, il Papa si mise in mare tornando
per la via onde era venuto, come affer-
ma ancora il Pdnaldi, arrivando prospe-
rosamente a Vasto; giunse a'7.iS o 9,0) ot-
tobre! 177 a SiponU», di là a Troia, per
Benevento e s. Germano pervenne ad A-
nagni a' 1 4 novembre o dicembre, da do-
ve, essendo slato al Tuscolo , a' 1 2 di
uiaizo I 178, ante doniinirani Laetare
(in fpie-to viaggio luorirouo 3 di que'
CHidiiidi che accompagnavano il Papa,
9'i VE N
CK'è Ugone da Bologna in Benevento, Gu-
piielmo vescovo di Porto in Aversa , e
Ulanfredo vescovo di Galestrina in Ana-
giii), trionfa linenle rientrò in Roma, con
gì andissima allegrezza e festa, eziandio
ili lulla la cristiaiiilìi, ritornando a'sc) a-
gusto alla sua ubbidienza col falso Ca-
listo Ili gli altri scismatici. Tutta volta a'
28 settembre insorse l'antipapa Innocen-
zo 111, sostenuto nel castello del fratello
del pseudo Vittore V; ma poi fu impri-
gionato nel I I yc) 01 I 80, e detestato l'er-
rore a'[)iedi d'Alessandro 111, fu con ti na-
to nel monastero della Cava: non pare
che fosse di Sezze. Con terminò lutera-
nuMite il lagrimevole scisma. 11 Piinaldi
Don solamente riporta, di tutto il nar-
rato, gli accurati e già nominati Atti, ma
anc»ra la diligente Reluzioitc o Cìironi-
con dell'ambasciatore Romualdo arcive-
scovo di Salerno testimonio ili tutto, cor-
rispondente agli Alti e con altri partico-
lari. In questi e in quella vi è la storia
e diario preciso del viaggio, non la fa-
vola della fuga, non l'invenzione del com-
battimento navale, non la calunnia delle
parole disprezzanti l'imperatore poste in
bucca ad Alessandro 111, lutto mansuetu-
dine, soavità, piacevolezza e paterna ca-
rità. Non solamente di tuttociò non vi
è parola, ma osserva Rinaldi appunto,
quanto i due verissimi e pressoché uni-
formi racconti sono diversi dall'altre di-
scordanti scritture,errando evidentemen-
te. Uno de'failaci racconti è il oiss. copia
d'altro piij antico, esistente in pergame-
na nell'archivio vescovile di Parenzo,
creduto dal l^eruzzi di Lip|)omano ve-
scovo di tal città, e siocoii>e fu mandato
al cardinal liai onio, questi lo confutò co-
me un romanzo nel pubblica rio y^erraort
partrft scorltse^ come protestò, e dal Pe-
ruzzi che lo riprodusie qualihcalo impo-
»t(U'a piena ancora il'errori cronologici, in
uno al ilieliiaiato dal Urironio nel pubbli-
care le lettere del Papa stesso su quegli
avvenimenti: -.^ omle sieno costretti a con-
sentire alla verità non pure quelli chsne
YEN
dubitano, ma gli stessi, se mai vi fossero,
ostinatie refraltarii, i quali nell'opinione,
di cui sonosi una volta imbevuti, si ri-
mangono irremovibili, e fermi e stabili
vi persistono, né solFrir possono, che per
qualsiasi ragione ne sieno divelti". Ad on-
ta di tante testimonianze, io non posso oc-
cultare (|ui un monumento in favore del-
la battaglia marittima; né intendo pregiu-
dicare rargomento, perchè none poi una
dimostrazione matematica, né una deci-
sione dogoiatica, il seguire le tradizioni
storiche vere o erronee che sieno, quando
preci puan^.'m te l'epigrafista si propone,
senza scrupolo di critica, e perciò eoa
danno della verità (onde venne il prover-
bio: Bugiardo come un Epitafjlo, senza
dire quanto la Ci\>iltà Cattolica osservò
nella sene 3. ', f. 9, p. 724), d'appigliar-
si e di seguire gli scrittori da lui letti O
la volgare diceria, e furs'anche per piace-
re a olii n'è subhielto ed a chi in buona
fede vuole rendere onoranza per nobili
moli"! d' ammirazione o di gratit-udine.
JNarrai ne' luoghi che vado rammentaa-
dojche per ordine di P/o//^ fu dipinto nel-
la sala regia , che precede la Cappella
piuitificia Sistina , del Palazzo aposto-
lico Vaticano, Alessandro III che assiso
in trono col doge al fianco, sulla piaz?;a
di s. Marco in Venezia e innanzi la basi-
lica, si liconcilia con Federico l, e la fi-
liale ubbidienza da questi resa a quello
ed alias. Chiesa; l'assoluzione dalle cen-
sure e la reintegrazione dell'impero e-
spressa dal Papa nell'atto di benedire ii
pentito imperatore, che genuflesso neba-
cii i piedi. E magnifica opera grandiosa
a fresco, piena del brio della scuola vene-
ta, eseguita da Giuseppe della Porta det-
to del Salviati dal cognome del suo a-
aì-ito tnaestro Cecchino; il quale dopo
gli spigoli principiò un'appenilice a tale
.stona, indi terminata dal laudato disce-
|)olo. Pio IV di piìi vi fece collocare sot-
to r iscrizione che vado a riferire (il cui
compositore segui 1' errore degli storici
che bonariamente descrissero la vittoria
V E N
novale, convalidalo dalle sliipende pltlii-
re esistenti nella sala del maggior consi-
glio del palazzo ducale di Venezia, illu-
strando d quale l'instancabile Zanolto si
rese benemerentissimo anche della storia,
per averne diniostialo favolosa buona
parte dell'espresso ne'ilipinti.comé già di-
chiarai di sopra e nel licordaton. i i del §
X),qnal monumento di lode alla repubbli-
ca di Venezia, per lo zelo col quale d:fese
l'encomialoPapa dairoppiessionideirim-
peraloie Federico Ij siccome facente par-
te della lega lomboida, la (piale senù al-
l'anima le offese falle ingiust.'imenle alla
Chiesa, al venerando suo Capo, ali'Iialia
già signora di tulio il mondo. Ecco l'i-
scrizione: Alexander Papa III. Fride-
rici Irnperaloris iram et impetum Ju-
I giens abdìdit se 1 cneliis. — Cognitum
et a Scnatti perìtonorifice sitsceplum.
Olitone inipeialoris fìlio nai'ali proe-
lio a — / cnctiis vieto, captoqve, Fri-
dericus pace fncta snpplex adora t, fi-
dem et oLedientiani — Pollicitus : ila
Pontifici sua dignitas Venetae Beipu-
hlicae beneficio restilula MCLy.xvii. De-
scrivono tali pitture e riportano 1' iscri-
zione: Taja, De.urizior^e del palazzo Fa-
ticano, p. ig; Chatlard, Nuova descri-
zione del l' alleano ) I. 2, p. 24; Cancel-
lieri, Descrizione delle Cappelle ponti-
ficie, p. 1 3; Pistoiesi, // f alicaiio, l. 8,
p. 95, con tavola esprimente la stupen-
da pittura, che si aninxra rin-.pelto alla
cappella Sislina, presso la poi ta della sa-
la ducale. Ael ponlilìcato d'Urbano FUI
insorte discoi die fra la corte di Roma e
la repubblica di Venezia, pe' confini del
Ferrarese e peraltro, il Papa disgustato
de'veneziani, nel 163 J fece mutaie il te-
nore e l'elngio della suddella isciizione, e
poi nel i63r) la sostituita onninamente
abolì. Olleso il senato veneto, rup[)eo-
gni trattalo d'accomodamento, intavola-
lo da'minislri del re di Francia, e poi si
dèa sostenere conilo il Papa, il suo
i.iidalaiio duca di Parma. Ver altre
analoghe nolizie può vedersi il doga-
V E N 93
do 98.", ove ne riparlo. Nel selltinbn;
del 1644 successe a Urbano Vili, Papa
Innocenzo X, il (|ua!e. amante della pace,
senza indugio volle ristabilire la buona
armonia co' veneziani, ordinando l'im-
mediato ristabilimento dell'antica iscii-
zione iielbi sala rei^iaaS novembre. Il se-
nato veneto ne fu tanto contento, che per
i^iatitudine decretò la nubillà veneziaiiii
al principe d. Camillo Paniphilj nipota
del Papa, ed a lutta la sua discendeii"ii;
dispensando dalla recente legge che ob-
bligava a farne la richiesta. Ed olire i
4 consueti amba>ciatoii destinati a ren-
dete Lhhidiei.za (F.)a\ nuovo Piq^ì,
deputò il procuratore Angelo Contaruti
quale oratore straordinario a ringraziar-
lo.'— In mezzo alle tante faccende e di m
grave importanza per la repubblica, che
tennero occupato il governo del doge Se-
bastiano Ziani, non lasciò questi di aver
sempre l'atlenzicne anche alle cose ilei
commercio, e al miglioramento degli or-
dini interni dello stalo. Laonde furono
conclusi trattati d'alleanza e di commer-
cio con Cremona, Verona e Pisa; e iu
provveduto alla tutela degl'interessi del
popolo e alla pubblica igiene eleggendn
udìziali soprintendenti alle beccherie, a'
fornai, oU'oslerie, a'poUaiuoli, a' pesci-
vendoli, da'qnah udìziali poi deiivarcno
\giiislizi(ri vecchi e nuovi, \ daziatori del
vino, i visdorriini della fonarla, c\{)ii o-
lii, grassumi ce. 11 doge intraprese la ri-
fabbrica della chie>a di s. Geminiano, fe-
ce selciare la piazza di s. Marco e fabbri-
care inloino case con colonnealle finestre.
Sulla Piazzetta fece alzare le due giacen-
ti colonne, e piìi lardi vi furono eretti so-
pra, in una il Leone alato, emblema di
s. Marco, nell'altra la statua rappresen-
tante s. Teodoro, l'antico [)rotellore del-
la città, come allermano tutti gli scrittori
pati ii. Ma di recente avendo il eh. Zanol-
lo dimosti alo esprimere s. Giorgio patro-
no della Dalmazia e uno de'proleiloi i
della repubblica, cedendo alle sue doUe
dimostrazioni, alueltanlo dissi aneli 10
94 VE N V E iV
nel 5 II, n. 3. Osserva peiò il eli. Roma- z'miii e Federico I, e mollo meno gtier-
niti, elle in prova che la statua esprime s. la e battaglia pel Papa; e che il iloge non
Teodoro, antica è la tratlizioue popolare, impiegò se non buoni uffici per ristabili-
i/Ti Marco e 'Fodero /^come a dire ira le re la pace fra il Sacerdozio e l'ImperOj
due colonne, e l'intesi innnmeicibili volte ed ebbe finalmente la ventura di riu-
ripetere da' veneziani; iinzi c(jnosco pure scirvi. Prima di creare il nuovo doge si
l'aulico proverbio: GuardiHÌ (LiW intcr- pensò ad una diversa forma d'elezione,
/^■o/»/i^//t», [lercliè vi si ginsiiziavanii i rei, i forse consigliala dal Ziani ,cioè che il
r|iiali io erano pi ima a s. Giovanni in Bla- ginn consiglio eleggesse ^, ciascuno de'
gora; il che fu abolito dal governo Ita- (juali nofninassero i o individui scelti dal
lieo, sostituendo il campo presso s. Frati- celo de'nobdi e degli altri cittadini, ossia
Cesco della Vigna, ora occupato dal gazo 4^ '" tulli, e (joesli eleggessero il doge
metro; dipoi (»er l'esecuzione della pena |)f r via di p illuHole, e chi ne avesse 2 r , o
capitale fu assegnalo lo spazio eh' è die la maggKiratiza, (juegli s'intendesse eletto
Irò al fu luonaslero di s. Maria). Aggiun- doge. In lai l'orma si elesse il seguente,
gè: »5 Kè ilee faie obbietlo il dr.igo cht: si g. Orio Maslropiero X L doge. As-
vede a'snoi piedi e pel ipiale fu da lalu- sunto al dogado nell' aprile 1178, una
no credula ipiesla statua avesse [liiillo- delle prime cosi* avvenute sotto di lui fu
kloa rappresentare s, Giorgio, luenlre nel- la spedizione inDalmazia per riduri eque'
r«)()era irililolala Illcssoea Graecoruni, j)u(Mrli all'ubbulienza. A cpie'>to fine 1 cit-
6 febbiaio, leggesi che nel vespero di s. ladini pieslarono cpjanlilà di denari alla
Teodoro cantasi dalla chiesa greca in uno repubblica; ma giunta l'armata navale
àc'Troparìi un versetto significante: a- presso a Zara, questa era .sì fortemente
vt/ìdo tu colla lancia dcllalua costanza. gu;u-dala dagli ungheri, che nulla si potè
iircìso il draconc, e rappresentasi altre- ottenere.ln una battaglia vi perirono mol-
si al paro di s. Giorgio col drago sotto i ti veneti, esollaulo poleronooccupare l'i-
j)iedi". Notizia che dice avere ricevuto sol.t di Pago e vi persero presidio. Hi[)or-
dal eh. Giovanni V'eludo vice biblioteca- la il co. Galli siiniio;ninato, De'traltnli
lio iilla Alai ciana. 11 i." ponte di legno di pace, cUe nel i i83 il trattato di Ve-
in Iliallo pur si deve a questo dogado. iiezia fu convertilo in Costanza in una
Dueiiulo assai vecchio il Ziani, dopo a paeeilellniliva, in virtù della quale le cit-
\er esereilato tante pie beneficenze, che là d' Italia si mantennero nel sistema di
celebrala loro luoghi, rinunziò la ttignilù governo da esse ad(jttato e nel!' eseicizio
a'iS aprile 1 178, si ritirò nel monastero de' diritti legali ch'esse avevano accpù-
di s. Giorgio iVbiggiore, e uiorlo in quel stalo dall'uso o dalla prescrizione. L'iin-
mese, ivi fu seppellito con onorevole epi- peraloie Federico l riservossi l'investilu-
laflio. Dice il Moschini. A questo doge si rade' consoli, il giuramento di fedeltà da
deve la celebre conciliazione fra Alessan- rinnovarsi ogni 1 o anni, e gli appelli nel*
ilio 111 e Fedei ieo I, ebe [)rocurò tante le cause civili, le ijuali sorpassassero il va-
onoranze alla repubblica d.d Papa; che loie di iS lire imperiali, in tal guisa
iuricchì suoi fasti di gloriose memoiie, lerminarono le dispute tra la Chiesa e
che aperse vasto campo alla fantasia de' rinì|)ero, ed ognuno resiò conlenlo del-
pittori e de'poeti, e fece estimare religio- 1' operato da' veneziani. Dimenticalo il
sissimo il popolo veneziano. L' ylrlc di pas-alo, conservarono le città lombarde
i'cri/ttare le date ebiama favola il com- le loro antiche consuetudini, il diritto di
ballimento navale, con Sigonio, Daronio, erigere fortificazioni, di far la guerra e di
Muratori e Saint-Marc, i ipiali provano conservare la propria giurisdizione. Le
uoii esser\i siala mai roUura Ira'veue- dispule che intorno ciò potessero in^or-
V E N VE i\ c)1
fiere doveaiisi sollontelleie al giudizio ili d' avvanlagginie il proprio cnniinercio.
ijrol)i uon-iiii d' aiJi))e le parli; le inferi- Po!-lo 1' assedio da' crocesigiiali a Tole-
dazioiii dipeudeiiii dall' imperatore, sa- iiitdde o s. Giovanni d'Acri, esso fu as-
lebbero da tjiuslo talle giaUiitainenle, sai sangnino^o, e g voile convenne dar
Consci verebbe liillavia ]'in)peialoreral- batlaglia a Saladino; finalmente espu-
lo dominio, e lutti i cilladini fra'i 7670 guata nel 1 191 , anche i veneziani gode-
anni avrebberoa giurargli fedeltà; venen- rono della vittoria, essendo rientrati in
do in Italia sui ebbe obbligo delle città di possesso di quella poizione eh' era siala
preparargli le >ti.u!e, i ponti, il nianleni- loro assignala dopo la 1 .'\oiK|nisla,e va-
iiiento,[)iucuetlenilo pt riidinontliniorare rie ss. Reliquie s'ebbero in (piella cir-
Irtppo a lungo in alcuna per non aggra- costanza, le cpiali furono riposte nel te-
vaila di spese eccessive. Frattanto Euia- soro di s. Alarco. I veneziani non lascia-
iiueleConincno imperatoregi eco,ì)encliè rono di farsi rinnovare e confermare i lo-
non polesseslatcailidairnnioneco'.sicilia- ro privilegi ed i precedenti trattali. A'
ni, a\ea riuie>si i \eiuziani ne'loio diritti consoli di Ferrara si .-pedii 01.0 ambascia-
e shibiliuit-nli nell' Ajci|)elngoe nt-l mar lori per cagi< ne de' coidìni EmicoDan-
iN'tio, e un nuovo tiattalo d'alleanza of- dolo e Pietro Forcarmi, e con isliumeu-
fi-nsiva t diftnsiva era statofiillo tia ilsuo lo dei 1 191 furono stipulati i palli da
iiifpeio e la repubblica, avendo onoralo essi delegali ah yìurio MaslropetroDei
il cloge coi titolo di proto»[)alai io. Più i gialla Vtneliarum,Dalnìaliae,vlCroa-
veiieziani ottt nnci n a conipenso de'danni line Duce : nuovo accordo segui poi nel
sofferti i5 centinaia di libine d'oro cor- 1 ?.o4, nel cui atto trovasi nominato /.^o-
lispondenti ad «lire un milione e mez- niiidis Pciro Bembo venetus f i.uiomi-
zo di zeccbini. Ria moi lo 1' imperatore Ajt* y successivamente si fecero allri ac-
uti 1 I 80, al di lui figlio Alessio I IComne- cordi per vari diritti e prerogativea que-
llo UAUipò il Irono il luloie Andronico I sto niagislralo in Ferrara, onde coi tem-
Comneno, e lo (eccn:oiire,dopo aver f.il- pò venne guerra troppo perniciosa alla
l(j sliage in Costaniiiiopoli de' Ialini, ou- casa d' Este, come osserva Muratori uel-
de I veneziani per vendetta posero a ferro la Di.ierl. ^C).' Il nominalo Dandolo è
ni a luoco le coste della l'ioponliclee del- quello ch'era divenuto cieco con un b.i-
i'Ellespouto. Kel 1 1 85 rovesciato il ti- cino rovenle, o per crudeltà d'Emanue-
raniio, fu innalzalo all'impero Isacco II le in Costantinopoli, come notai di so-
l'Angelo discendente per buca feniiuinile pia, o per allia causa. Si narra, che non
da Coinneiii, il quale benignamente con- volendo dar a conoscere a'feiiaresi il'ts-
fein.òa' veneziani 1 loro pi ivilegi, e con- ser cieco si fece porre nella minestra un
eluse con essi un li allato per la sommi- capello; e quando si assise a mensa con
ni^lra^lcne d'una flotta dalle 4oalle 1 00 (jne'>ignoii, disse al siu> vicino : leva (pie-
galere in 6 mesi, il che dimostra la [xiten- slo capello dalla scodella; e co>ì credettero
Vii maiillimu di \ enezia a que' tempi, e ch'egli ci vedesse. Plica vo dal prol.lioma-
il numero SOI picndente de'veneli dimo- nin, che in questo dogado, aumenlaligli
I liti nell' ìmpeto di ( o.stanlinopoli. A- affari, sembrando insiilliciente il iiumcKi
\ cikU. Saladino, solduno tie'sai aceni, a'2 de" ccnsijjlieri, ne stabile essendo il Pie-
"I lubie 1187, conquistato 6"e//<.yt//<///- gadi, fu introdotto un nuovo consiglio,
'■e e dato leimine al regno latino, per al cui esame e parere si dovessero portai e
1 iconquiblaila nel 1 1 89 pubblicata la 3.^ tutte le proposizioni da soUopoisi poi al-
( I oc/afa (f^'.JtW Palestina, i veneziani la delibeiazionedel giandeo imiggiorcoii-
i olle lui o navi vi concoi seio di Ijuou già- sigilo. Così il doge e 1 suoi consiglieri era-
d(;, mollo .speranilo con tale ucciisionc no i pumi pio^onculi, il l'rcgadi e la cu-
c)o V E iV V E N
SI della (^f/rt/YZ/ìZ/Vz i consiglieri consulti- zia, !a quale tenne senìpre ne' suoi or-
vi, il illaggior consiglio il delibeinlivo. tlini civili e polilici un certo carattere
Poco stette però la Quarantia a divenire, ili matura prudenza, che mancava per
pel numero e per la saviezza de'suoi coni- lo più nelle costituzioni dell'altre repub-
ponenli, la principale tr)agi^tratu^a dello bliclie italiane, procedeva in materia di
sialo, die dava udienza agli ambasciato- giudizi, fin da' tempi più antichi, colie-
ri, come fece nel 1201 con qiie'diFrau- giabneule. Venezia adunque, erede del-
cia i)er la ci ociala ; riceveva l'appella- le memorie romane, non mai invasa da*
zioni in materie civili, e pronunziava sen- barbari, svolgendo una civillà tutta sua
lenza nelle criminali. Circa poi alTesecu- propria e regolata soltanto da' propri bi-
liva delle prese deliberazioni era in facoltà sogni. ebbe ordinate leggi e magistrati con
del maggior consiglio di delegarla aisolo giudicatui e collegiali, mentre negli altri
doge, a' suoi consiglieri, al consiglio de' Co/iiuni d'IlaWa i Consoli o/jor/es^?/, slrin-
quciraula o a'soli. suoi tre capi. La frequen- gevano nelle proprie mani quasi tulto il
za e r incremento del commercio porla- potere ed aveanoii diritto della giustizia,
va pure di conseguenza un aumento di onde promovevano le deliberazioni del
rapporti, di contralti, di conleslazioui consiglio,concludevanocon que.sto Iralla-
con forestieri ; alle (juali cose tutte mal ti e convenzioni, gui davano per lo più le
polendo ormai bastare il /ì/i^/^/.vf/VT^o <^^c/ spedizioni e le guerre, facevano If^ggi e
Piojìi'io, fu opporttmamente divisalo decreli con aiDplissima uuloiilà, ed in pa-
ti istiiuiie altro uflizio detto del Fore- ri tempo amministravano le rendite del
5//e/', distinguendo gli abitanti tulli in comune ed esercitavano la podeslàgiudi-
/fr/'/(77oyo/f'5//e/-/, rimanendo per quel- ziaiia civile e criminale. Altro carattere
lì il solito magistrato de' Giudici di Fa- peculiare delle leggi veneziane (in daquel-
/^zzo dello anche del /'/oyjr/o o rVrt:;/o- l'epoca è l'eguaglianza di tutti davanti
naie o proprio della Città, ?t differenza alla legge, la ipiale non faceva alcuna di-
del Foie.stier, innanzi a cui si porlavano stiuzione di classi o di slii pi, al contrario
le cause degli stranieri in Venezia. 1 giudici di ciò che pialicavasi dapperluUo altro-
del Proprio erano slati eletti fino allora ve, giudicandosi i cittadini quali secondo
dal doge: ora, al paro di quelli <\v:\Foic- la legge franca, o longobarda, o roma-
sticr e d'ogni altra magistratura, ne fu na, per non dire altri vocaboli notali al-
fatla dipendere r elezione dal maggior l'occasione. Il doge iMastropiero, già fillo
t:(jnsiglio. Altro genere di contestazioni vecchio, abbandonò il governo previa ri-
dovea insorgere abbastanza frequente- nunzia nel 1 iq-ì, e ritiratosi nel mona-
niente in uno sialo commerciale, ed era- stero di s. Croce visse con que'religiosi, e
DO quelle col /^/.yco. A provvedere anche a cjuivi uìor'i e fu sepolto nel mc)5. — En-
quesle furono istituiti i Giudici t Avoga- ì ice Dandolo XLI doge. Questi è ildi-
don dtl Comune, a' quali spellavano le scorso disopra e cieco (non [lare che tale
cause delle particolari persone contro il fosse interamente, bensì quasi cieco), jier-
Co/^f/Mc, o le ragioni di questo verso di che vuoisi fatto abbacinare dall' impera-
qoelle (quanto all'allra specie degli a- lore di Costantinopoli Emanuele. Eletto
vogailori, come leggo nella veneta Bio- dogea'20 giugno i iq2, la prima impresa
grafia uinversale, I. i, p. 436, essi era- di lui fu contro i pisani, i quali molestava-
no una 5> specie di censoii o di accusa- no nuovamente i veneziaiìi per gelosia di
tori pubblici, incombenzati d'invigilare commercio.e furono rolli nella rada dil^fi-
al mantenimento delle leggi, siccome i la e perseguitati sinoa Modoiie. Nel i 199
ti djtini in Roma vegliare dovevano al in cui disponevansi i crocesiguati alla 5.'
luanlenimcnlo della libertà'). Vene- C/orvató ('/'^j di Siria,! veneziani venue-
YEN
10 licliiesli cla'fraiicesi di Iraspoili coloro
navigli, e si trattava di 4o, odo uomini e di
pili migliaia di cavalli; onde si vuole che
la flotta si compose di forse 3oo navi bel-
lissime e del tutto fornite. Stabiliti i pat-
ti,pe'quaii i deputali obbliga vansi di sbor-
sare a'veneziani una somma equivalente
a circa 4 milioni e luezzo di franchi, e ol-
tre a ciò di ripartire equamente il botti-
no, furono confermati solennemente dal
popolo nella basilica di s. Marco; e il do-
ge, sebbene cieco e vecchio d' 85 anni
(non di 94 come altri scrissero), ma vigo-
loso d'animo, assunse di porsi all.i testa
dell' armala nel 1 202. Prima di dire del-
l' espugnazione di CostanUnopoU e della
fondazione dell' impero Latino^ ne'ipiali
articoli e in quello di Turchia ne riportai
i pi incipali fatti, devo premettere un cen-
no del trono greco. JXel i ig5 1' impera-
tore Psaccoll l'Angelo fu deposfo,acceca-
to e in)prigionalo dal fratello Alessio III
r Angelo, il nipote di questo e figlio d'I-
sacco, Alessio IV l'Angelo il G/otV7/;e, si
porlo da' crocesignati per essere col pa-
dre ristabilito, pronielleudo molli van-
laggi,e come i fedifiaghi suoi predecesso-
ri la riunione della Chiesa greca alla la-
tina, divisa dall'antico Scisma. I crocesi-
gnati furono di ciò pregali anche in no-
me d Isacco li, già persecutore deile cro-
ciale, come gl'invidiosi e ignobili suoi pre-
decessori, per tutto quello che raccontai
negli articoli riguardanti le Crociale \ìev
la liberazionedi 2\'rra Santa. \nnam\i.\ì
partire, i veneziani e francesi inviarono
ambasciatori a Papa//i/;oa'/^ro ///(nella
cui biografia, come negli altri articoli che
ricorderò in corsivo olire i già citati, aven-
do di proposilo lagionatode'clamorosi av-
venimenti the vado appena ad accennare,
mi tengo dispensalo da parlicolari), pre-
gandolo a confermare i patti (1,1 loro con-
clusi.I\Ia ilPapa. quasi presago delle future
cose, saviamente rispo^e iloversi confer-
mare soltanto le convenzioni non (jlfensi-
ve i cristiani, 0 qualora questi, per malva-
glia, ne avessero impedito il caDimino,e
VOL. XCII.
V E i\ 97
secondo il consiglio del legato della s. Se"
de.Ma i veneziani si ricusarono di ricevere
la conferma con tali condizioni, onde ma-
nifesto appare quali fossero le loro inten-
zioni. Per legato il Papa avea mandato a
Venezia il cardinal Pietro da Capiia Ae\
titolo di s. Marcello, acciò andasse coll'e-
sercilo cristiano; ma prevedendo i vene-
ziani ch'egli avrebbe sturbato 1' impresa
alla quale avevano fatto convenire i fran-
cesi e gli altri crocesignati, per ("«pugna-
re e distruggeie Zara, non lo vollero ri-
cevere nelle loro navi come legato apo-
stolico, ma solamente come predicatore.
Questo dispiacque assai a' francesi, ed il
legato fu costretto a ritornare dal Papa,
il quale venuto in cognizione di tutto
proibì a'crocesigiiati di entrare nellt* ter-
re cristiane e di occuparle, sotto pena di
scomunica. i\ondi(ueno i veneziani jmr-
titi rS ottobre da Venezia,passati in Dal-
mazia, ribellata in parte, a' io novembre
assediarono Zara, che per la 4- volta era-
si dataagli ungheri. In pre>eio d'assalto
a' 24 dello stesso mese, e per prevenire
nuove rivolte la smantellarono e ne fe-
cero aspra vendetta. Saputo Innocenzo
III lo sterminio di Ziira, ne pali gran do-
lore, e duramente con lettera rimproveiò
i crocesignati, ordinando loro di non più
offenderla. I francesi, eh' eransi obbli-
gati alla santa Sede con giuramento di
non fare che il suo piacere, ne restarono
tanto commossi, che tosto mandarono
al Papa il vescovo di Soissons Ni velo
de Cliei isy. Martino abbate e Giovan-
ni parigino, pregandolo ad assolverli dal-
l'incorse censure. Aggiunse le sue pre-
ghiere Bonifacio III marchese di Mon-
ferrato, il quale sebbene uno de'capi del-
la sagra spedizione, in ubbidienza a' co-
mandi della s. Stdc, non avea acconsen-
tito a'commessi eccessi. Laonde [)er amo-
re del maiclu'se, Innocenzo III li assolse,
permettendo loro di tr;ittarcco' venezia-
ni e di aiutarli fincliè fossero pervenuti
in Soiia; e quindi scrisse ad Alessio IV
acciò non facesse mancare di vellovaglic
<)8 \ E N V E N
i ciocesigiitTli, es^icmlo nmli' eg^i inipp- l'Angelo n il Gioivinr r. ne s'\ ommise da'
guaio «li lislabilire sul trono eli Co&lan- noopsignali la rafifìoa de'traltali. Qiiin-
tinopoli Isacco II suo padre, lecniana- «li Alessio altro genero d'Alessio HI, dello
Jtiglie istanze e qnelle di Alessio IV era- lì/urzuìfo a cagione delle folle sue so-
no stale accellale da' crocesignati, am- pi acciglia, dell'dlustre famiglia de'Ducas,
ijionili però essi seriamente da Innocen- per 1' anil>Ì7Ìoso e perfido suo carattere,
zo 111 di non occupare le terre de'greri concepì 1' ardilo disegno di salire sul va-
con tale motivo, per aver essi preso la (illante trono greco, con ceicare d'insi-
croce non [ter vendicare le loro in^inrie, imarsi nell'animo del debole Alessio IV,
sibhene per pigliar vendetta dell'obbro- e per meglio perderlo profittò de' suoi
l>t io «lei ("locefisso contro i saraceni sol- errori, dichiarandosi apei lamente contro
tanto. I crociali dopo avere svernato in i crocesignati, e inducendo l'infelice prin-
Dalniazia, ricevuto Alessio IV, che li sol- cipe ad irritai li con tradimenti, a non pa-
lecilò a recarsi a Costantinopoli, scioKe gaie le taglie loro dovute, anclie con
louel I 2o3 le vele diligendosi a quella assalti impreveduli, cui riufameiu segre-
ciltà, deviando nuovamente le loro ar: to faceva andare a vuoto per denigrarlo
mi dalla sagra guerra, pervenendovi a' presso i greci malcontenti e turbolenti.
l'ò giugno, e sbarcandf) sulla costa me- Non è a dire quanto i crocesignati ne
ridi(jnale del Bosforo, indi sulla costa Eo- restarono indignati, irritali e provocati a
ropea. I greci comandali dal coraggioso vendetta. Saccbeggiaroiio Costantiuopo-
Teodoro Lascari, genero dell'usurpatore ii,ne ar^ero un ter70,e diibiararono guer-
Alessio 111, oslinalainente e con valore si ra ad Isacco lì. .11 fuoco desolò 8 giorni
opposero allo sbarco più vicino a Costan- la celebeninsa cill;i,e mise al colmo l'o-
tinopoli; ma presa la torre di Galata, i dio de' gieci. A'aS gennaio i2o4il po-
veneziani sftuzarono l'ingresso nel porto polo si ammutinò esfoizò il senato a de-
valorosamente. Si assediò allora la grande porre l'imperatore, e ad eleggere il gio-
Coslantinopoli da'veneziani, e da'crocesi- vane Nicolò Canahe. Alessio IV spaven-
gnati di Francia, cV\ Fiandra e d\ altre tato [)er consiglio di Murzulfo ilomandò
nazioni, indi venne coiaggiosaniente as- segretamente soccorso a' crocesignati, e
salita, spiegando es>i tale una vigoria e nella notte seguente lo determinò a fug-
biavnra,cliesiippl"i alloro piccolonumero gire per una via segreta, ove 1^ atlende-
iu confi Olito di quello degli assediati : era vano i suoi satelliti che lo cacciarono in
con loio il gio\a!ie Alessio lV,cbe vo- prigione. Il giorno dopo JMmzulfo s'im-
Icndo tentare un accomodamento, fu re- padroni di Cauabe, che d' ordine suo
spinto a colpi di freccia. Dopo replicali venne stiangolato,e col nome d'Alessio V
combaltimenti, i fiancesj ed i veneziani si fece proclamare e coronare imperatore
si risolverono alla definitiva espuguazio- a'-ìG geimnio. Volendosi disfare d'Alessio
ne della città. Il doge tulio armalo sulla IV, non riuscendo il veleno propinatogli
prora della sua galera, tenendo il vessillo due volle, feroce, l'B febbraio discese egli
«li s. Marco, e>claD»ava die lo si ponesse slesso nel carcere e lo strangolò colle prò-
a terra, e fu ubbidito. Alla vista .del doge prie mani; ed a tale notizia Isacco 11 morì
e della l;andiera veneta si rianimarono i di dolore. Allora il perfido Murzulfo ope-
piodi con-.battenli. I greci spaventati (iig- rò destramente per rendersi favorevoli
giion«);si presero 25lorri,e vincitori e vili- i crociali, i quali udite con indignazione
ti alla rinfusa entrarono nella città a' 17 le sue proposte, luttavolla rimisero al
o iJS luglio. Alessio III fuggì, e tratlodi doge di Venezia lo stabilire le condizio-
puigione vi fu ristabilito Isacco li 1' An- ni. Ma non aggiustandosi le parli, esi-
gelo, e per collega il figlio suo Alessio IV gendo il doge fra l'alUe cose la souunis-
V E N
sioue de' greci alla comunione latina, ì
crocesigtiati si prepararono a continua-
re la guerra, convenendo fra loro di di-
vidersi l'impero d'Oriente. A' q aprile i
croce>i"nati diedero il i ."assalto a Coslan-
o
tinopoli, ma i greci animati da IMurznl-
lo e rassicurati dalla fortezza di loro mu-
ra, li respinsero vigorosamente; a' 12 ten-
tarono un nuovo assalto più finioso,e loro
liuscidi superare le mura e d'imposses-
sarsi de' principali quartieri. Fu il doge
Dandolo che pel i.°salì le mura della
superba Costantinopoli, più che nonage-
nario, e vi piantò i gloriosi vessilli di Cri-
sto e di s. Marco. Presa Costantinopoli,
quali eccessi vi commisero i solditi vinci-
tori è più f'icile immaginare che dire.
Dlurziilfo nel mezzo della notte fuggi col
più prezioso, e si ritirò poi in IMislno-
poli presso il suocero Alessio Ili, il qua-
le gli fece strappare gli occhi, non ve-
dendo in lui che un odioso coropelitore.
Intanto fra'crocesignali fu diviso l' im-
menso bollino.e fra le reliijuiesagree pro-
fane, ebbero i veneti i fimosi 4 cavalli di
bronzo, di cui ne! S V, n. 2 e altrove. In-
tanto Innocenzo 1 1 1 a' i4f«bbr.iio lao/f.
avea scritto al doge, invitandolo co'suoi a
penitenza per l'incor-sc censure di scomu-
liica, ed a vo'gere l'animo e le forze al
soccorso di Terra Santa. In luogo della
consueta benedizione^pose nel titolo della
lettera queste [ìrivole: Spiri tiimco.tsilii se-
jtions. Dipoi il doge ei veneziani dal sud-
detto cardinal L'ielro di Capua legalo in
Soria, ottennero l'assoluzione della sco-
Djunica. Dovendosi eleggere tri'crocesi-
gnali un principe di Costantinopoli, ne
fu pro()oslo il doge Dandolo, ma questi
ricusandosi, il veneto Pantaleone Barbo
persuase a proci imare im[)eratore Iali-
no Baldovino I contedi Fiandra nel mag-
gio del I 204, coronandosi a'aS in s. So-
fìa. I 6 elettori veneziani si opposero al-
l'elezione di Dandolo, considerando che
sebbene alla potenza marittima della re-
pubblica sarebbe tornata ojjportunissima
la couscrvaz'.ooc del dominio, la digni-
V E \ 99
là imperatoria dovendo risiedere a Co-
stantinopoli, la patria loro Venezia, sem-
pre libera e già per se grande potenza,
diverrebbe città secondaria e vassalla;
ed essere assai didìoile sostenersi in quel-
la grande capitale, circondala com'era da
tutte le parti da nemici, ed al fasto del
titolo vano doversi preferire 1' acquisto
delle parti deH'itnpero, che a tenore del
trattato ad essi spettavano. Baldovino I
supplicò il Papa Innocenzo III a vole-
re confermare con autorità apostolica
i patti conclusi fa' crociati ; ed altret-
tanto co' suoi ambasciatori fece il do-
ge Dandolo, scusandosi dell'operato in
Zara e in Costantinopoli. Il Papa rim-
proverò i crocesiguali d'aver impiegate
le loro anni non contro i saraceni, ma
contro i greci cristiani, non per libera-
re Genisilemme da' maomettani, ma
per occupare Costantinopoli, e di aver
commesso tali iniquità che la Chiesa gre-
ca aiflitta dalle persecuzioni ricusava di
ritornare all'ubbidienza della s. Sede; né
volle dispensare il doge, ad onta dell'e-
tà, dal passare in Palestina. A seconda
de' patti, che i sacerdoti della nazione
da cui non fosse tratto l'imperatore, a-
veano a scegliere il patriarca latino di
Costantinopoli, i veneziani padroni di
s. Sofia elessero il concittadino Tomma-
so Morosini ; il Papa dopo essersi lagna-
to di tutto l'operalo, nondimeno lo con-
fermò e quindi lo consagrò in s. Pietro,
previo il giuramento d' ubbidienza alla
Chiesa romana. Così Innocenzo III ter-
minò le pretensioni della Chiesa Costan-
tinopolitana, dichiarandola seconda do-
po la Uumana. Ala avendo i veneziani
costretto il nuovo patriarca a iniqui pat-
ti, lesivi alla libertà e disciplina eccle-
siastica, Innocenzo III difese la maestà
della nobilissima sede p itriarcale. Si può
vedere Ramnusio, Guerra di Co'itanti-
ìinpoli fi Un da signori t^caezianì e
J^'ranrfsi V anno \io\; Maimburgo,
Storia delle Crocia le j Michaud, Sto-
ria delle Crociale; Gonlier, presso Ca-
100 \ E N
• iisio ; Rinnlrli npgli y^ nnnlì ccclosin'itì-
ci; e il dolio Hmter, Storia di Papa
Innocenzo II f^ lii). 5 e 8, in cui tliffii-
samenle descrive le cose che vado ap-
pena accennando. Restava a farsi la di-
visione delle numerose provincie e tei re
del già iiTspero greco, essendo preveiili-
vaniente stabilito « he 1 imperatore do-
vesse averne la 4-^ paite, e le altre 3 fos-
sero riparlile mela a' veneziani e mela
agli alili crociati. Però a sollevare la re-
pubblica deli' impegno di conquistare
tante provincie e terre, e provvedere alla
loro conservazione,da'sagaci veneziani fu
pieso il partilo di concederne pareccliie
in feudo a cpie* loro nobili che a proprie
spese ne aves'ero fallo la conquista, o
per altro modo ne fossero ventili in pos-
sesso, coH'obhligo di sempre riconosce-
re l'alto dominio della madre patria, di
pagare un tributo, di difeiwlere la terra
acquistala, somministrare un contingen-
te ili truppe nelle guerre della veneyia-
ra repubblica, concedere a questa libe-
ro il commercio, ottenendo in ricambio
aiuto al bisogno. Le molte terre infeudate
si ponno leggere nella Storia di Venezia
del diligente prof Piomanin, l. 2, p. i83.
Altre terre furono lasciale o date in feu-
do a' signori greci che le possedevano.
Inoltre la repubblica comperò per i o,ooo
marche d'argento dal marche>e Bonifa-
cio 111 di Monferrato re di Tessalowca
{V\ a cui era toccala in sorte per avere
contribuito al conquisto di Costantino-
poli e fu uno de' 3 candidati all'impero,
l'importantissima isola di CnndinAJ .) :
quella di Corjii (/ .), che per cessione di
INIarino Zeno podestà di Costanlinnpoii,
nel i2o5 con tributo e obbligo di man-
tenere 20 cavalieri e ^o scudieri, fu con-
cessa in feudo ad alcuni nobili venezi;ini,
che la perderono io anni dopo, perchè
venne in potere di Michele Comneno de-
spota dell'Epiro ; né stabilmente tornò a'
veneziani che nel i 386, per procacciata
dedizione, sottraendola a're di Sicilia ne'
quali era passalo il dorainio.ll doge assun-
V E N
se qui ndi il li lolo ^'xDoc^e di Tenezìa e d*l-
In Croazia,Signore d'un quarto e mezzo
dell'impero di Eomnnia : titolo che con-
servò finn al I 356 sotto il dogado di Gio-
vanni Delfino. Ebbe altres'i djiH'inipera-
tore Ialino il titolo di Despota o De-
spota (A.) di Rouìania, ch'era il 1." gia-
llo dopo l'imperiale ; non era però tenu-
to al giuramento per le sue terre, avea
il privilegio di portare i borzacchini ros-
si, ed i nobili veneziani ottennero pa-
recchie dislinzioiii d'onore e diversi titoli
secondo i costumi feudali d'al'ora. Intanto
INIuizulfo caduto in potere di Baldovino
I, quale barbaro omicida del suo sovra-
no fu precipitato dall'alto della colonna
della piazza Taurusa di Costantinopoli,
nello stesso i2o4- Nel seguente Alessio
111 dovette darsi a discrezione a Boni-
facio III marchese di Monferrato, che Io
confinò in Lombardia : alla sua morte
nel 12 IO ricuperò la libertà, andò in
Asia ove Teodoro Lnscai i, che nel » 2o6
avea fondalo l'impero di Nicea \^V.),\o
rilegò in un monastero di quella città.
In breve dice il Dizionario veneto : Con-
cepì il Dandolo ed esegm l'ardito dise-
gno d'impossessarsi, insieme co' francesi,
dell'impero greco ; ottenne a favore del-
la repubblica l'isoledell'Aici pelago, mol-
ti porti dell'Ellesponto, (Iella Frigia, del-
la Morea, la metà di Coslanlinopoli in
sovianità assoluta, oltre l'isola di Can-
dia per comprila. Con tanti possedimen-
ti e colle colonie che Venezia dedusse uì
molti di essi, immensamente accrebbe il
suo trofìlco e la sua potenza per uKue.
in essi istituì la repubblica un poileslii,
assistilo da 5 giudici del comune, 3 con-
siglieri, un camerlengo pel tesoro ; olire
gli avogadoi'i del comune, il contestabi-
le per la milizia, ed un rapitano genera-
le dell'armala spedilo da Venezia, l'oeo
però godettero i vincitori della conqui-
sta, perchè alcune provincie neli2o5 si
ribellarono. Baldovino 1 e il doge Dan-
dolo armati marciarono per reprimere
l'iusurrezioni, Quegli restò prigioniero
V E >'
nella jjueira d'Adi ianopoli del re de'bul-
giri e vallachi nel i2o5, e poi vemie
ucciso, il che deplorai pure nel voi.
LXXXVni, p. 200 ; ed il doge litornaii-
do co' pochi avanzi dell' esercito a Co-
stantinopoli, infermò pe' travagli dell'a-
uinio e i disagi patiti, ed ivi morì sotto
il peso della gloria e delle fatiche, a'i4
giugno 120 5, e nella chiesa di s. Sofia
fu onorevolmente sepolto fra il genera-
le compianto. Fu Eurico Dandolo uu e-
roe : uomo per grandezza d'animo, per
civile prudenza, per militari virtù ia-
con)parabiie; amalo da' suoi, ammirato
dagli slessi nemici, religiosissimo, som-
mamente iiberale,e per l'età e per l'espe-
rienza sì venerando che niuna cosa intra-
prendevasi senza il suo consiglio; nonché
eloquente, pregio utilusimo in uno stato
deiuocralico. La sua gloria e la sua fa-
ma è imperitura, come uno degli uomi-
dì più grandi che onorino le storie del
mondo, non sapendo dirsi, dichiara il
Moschini, se fosse più accorto di mente,
o valoroso di mano, o generoso d'animo.
Dopo la sua morte i veneziani di Costan-
tinopoli elessero a loro capo il ricordalo
Marino Zeno,col titolo di Podestà e dumi-
iKilore della quar la par le e mezza dtl-
l'impero di Romania. i\ella forinola da
lui usala si legge : Xos Mariims Zeno Dei
^ralia h'eneloruiìi Polcslas in Roma-
nia, ejiisdciiKjiic Iinpcrii, (juarlae par-
tis et diinidiac Doininator. Egli porlo,
come il doge suo predecessore, una cal-
za di seta rossa al piede destro e una
bianca al sinistro, ei borzacchini o stiva-
letti imperi ili. La sua iioiuina a podestà
fu per (juesla sola volta approvata ; per
l'avvenire però il podeità o rettore do-
veva essere mandalo da Venezia, col qua-
le provvedimento iuteiulevaisì d'impedi-
re che quelle proviuciesi staccassero af-
fatto dalla madre patria.
I o. Pietro Ziani XLII do^e. Giunta
appena a Venezia la dolorosa notizia del-
la morte dciriUuslre doge Dandolo, fu
convuuata la solita generale coucioue da
V E N 101
Grado a Capodargine oCavarzere,e con-
corso il popolo sulla piazza di s. Marco
e fatta la nomina de'4o elettori a' 5 a-
gosto 120?, appena ebbero questi pro-
nunziato alla moltitudine il nome di Pie-
tro, figlio del celebre doge Sebastiano,
che si levò un grido generale di accla-
mazione. Tosto stringendosi la folla in-
torno a lui, fu sollevato sulle braccia e
portato prima all'altare di s. Marco a ri-
cevere l'investitura della sua dignità, e
poi con grande onore e riverenza fu po-
sto sul trono nel palazzo ducale ; come
quello ch'era ricco di fortune e di ami-
ci, esercitalo nelle dignità civili e mili-
tari, benigno co' poveri, sumiuamente
pio, severo verso gì' ingiusti e superbi.
Subito mandò a Costantinopoli a rego-
larvi l'armala, d'accordo col podestà Ze-
no, ad operare che i veneziani ivi resi-
denti continuassero nell'ubbidienza del-
ia madre patria, ed a conservare i baro-
ni Ialini e "reci nel buon acoordo colla
repubblica. Quindi 3o galee furono po-
ste in ordine per occupare Corfù, ed al-
tre isole già ribellatesi alla dominazione
veneta, capitanate da [linieri Dandolo e
da lluggero Premarino. Kipresa Corfù,
si passò in Cmdia, che i greci ricusava-
no di consegnare, laonde il Premarino
smontato in terra, entrò nell' isola per
forza e ne tolse il governo. Fu allora che
per la i." volt.i spedironsi alcuni gentil-
uomini e cittadini di Venezia ad abitar-
la, e si chiamarono coloni di Candid.
il privilegio relativo concesso loro dalla
signoria nel 12 12, chiama il Ziani Doge
di Jcnezia, di Dalmazia, della Croa-
zia, della Grecia, e della metà della
quarta parie deWiinpero di Romania
Signore, in tale anno insorsero dispute
sull'elezione del nuovo patriarca latino
di Costantincjpoli [)er morte del Moro-
sini. Imperocché i veneziani concorsi nel-
la chiesa di s. Sofìa vollero che il suc-
cessore fosse eletto dalla loro nazione ;
ma opponendosi il clero delle altre chie-
se mandò 3 numi al Papa pregandolo
102 V E N
icej^Iiere liii quelli il nuovo prelato, In-
iiuLfDzu ili auiiuiluiido reiezione, invi-
lo il cìero di Costaiiliuopoli a coiivocar-
M ivgolarmeiile per la nomina del suo
pasture; oja cpjantuiK|ue riuscisse a' ve-
neziani d'indiure le allie ciiiese a conce-
dere tlie l'elello fosse della loro nazione,
non potevano però accordarsi nella scel-
la fra l'arcivescovo d' Eiaclea, amico del
patriarca defunto e proietto dall' impe-
ratole Enrico, e il pairoco di s. Paolo di
\enezia raccomandalo dai doge. La cosa
lesto indecisa fino al 1 1 1 6, quando il pon-
tificio legalo cardinal Pelagio Galvani
nominò il vendo" Gervasio, escludendo
gli altri. In tal modo gii allliri di Costan-
tinopoli divenivano seinpie più oggello
di seria occupazione per la r(q)ul)filica.
E già il suo ingrandimento destava la
gelosia dell' altre potenze marittime, e
jpecialmenle della repubblica di Gt^/zo-
v<7,laqualeadonibratii>i degli sl.ibilin. en-
ti veneti di Levante, ujandò un'arufata
di 3o galee a inci ociare all'ingresso dcl-
1 Adriatico. Allora il capitano Giovanni
Tievisan con c) grossi vascelli sconti ò il
nemico sull'allure di Ti apani, e d.mdo
battaglia vinse, e ridusse il senato di Ge-
nova ad impetrar la pace. Ma Candia
tomo a ribellare, e il duca postovi da'
veneziani avendo cbiamaloin soccorso il
principe di Nasso Marco Sanndo, signo-
re di quasi tulle le Cicladi e suddito del-
la repubblica , questi cominciò a sollo-
niellere i candiotij ma poi fomentò la
sedizione e costrinse il duca a fuggire in
abito donnesco, e s'impadiunì dtll' isola.
Giunta di ciò la nuova a Venezia , im-
mediatauiente spedironsi soccorsi in Can-
dia , e il principe di Nasse fu costretto
ad imbarcarsi, e dopo alcuna resistenza,
i candioli vennero sottomessi all' ubbi-
dienza della repubblica. In tempo del do-
gaci© di Ziani, per piccola cagione, gran
guerra scoppiò tra' veneziani e i padova-
ni. E' da sapersi, che neli2i6 i trevigia-
ni percelebrare una festa, al leuipodi Pa-
squa, avevano eretto nei mezzo di loro
V E N
piazza un castello di legno, dello Ca-
ilcllo (V Amore, perchè eranvi donne e
donzelle poste a difenderlo'da' piacevoli
assalti de'giovani cli'erano ti evigiani, pa-
tìovaiii e veneiiam. l trevigiani incitava*
no le donne a rendersi con belle parole
e con feivide preghiere. 1 padovani git-
tavano nel castello cose mangerecce e al-
quanto goffe, come pollastri ^ rafìolli^
luf Itili, Iurte-, galline colte, sperando di
liane a se le doline per via della gola, l
^eneziani all'incontro buttavano nel re-
cinto, nuii solo galanterie di noci, specie
odoi ose ec, ma ducati e allre monete, e
procuravano eh' elle cedessero il castello
a loto anziché agli altri. I giovani vene-
ziani vinsero l'animo delle donne prese
dalla loro genìilezzti, e lasciatili entrare,
([uesli posero le bandiere di s. Marco sul
castello. Di ciò invidiosi 1 padovani, da-
to un salto, s impossessarono dello sten-
dardo e lo spezzarono. Da qui derivò la
iliscóidia tia'padovani e veneziani; ne si
fi rjiiò in Tieviso, né durò per quel gior-
ikjJ poiché I padovani venuti in quanti-
tà ai Ungo dello Torre delie Bebé, as-
salirono I vene/iani , i quali si difesero,
e vinsero speciainienle per la bravura
de'cliioggiolli, che 36o padovani man-
dai uno prigioni a Venezia. Per coi (jue
di Chioggia furono assolti del tiilnitodi
20 paia di galline che ogni anno soleva-
no portare al doge, e fu loro concesso un
podestà da Venezia, mentre prima aveva-
no a governante un gastaldo co'suoi giu-
dici. Si prolungarono le discordie per tiil
cagione, e ci volle il Papa Innocenzo HI
per troncai le, che mandalo a Venezia
Guglielmo (da Monlelongo fu patriarca
d'Aquileia deli25i, meglio il patriarca
\V olchero che la pace concluse nel 1216
a'2i aprile), questi pacificò veneziani e
padovani. Inolile sollo il dogado di Zia-
ni, calato in Italia nel 1220 l' iaiperalo-
re Federico 11, nipote di Federico I e se-
guace di sue pretensioni, di volersi sog-
gettale tutla la penisola, ripullulcirono
le infeste e deplorabili fazioni de' Gneljl
V EN
e Ghibellini, che tosto ricorsero alle ar-
mi, e clesolaroiio l'Italia tranne Venezia.
Le ciltii di Lombardia vedendo l'imini-
nenle pericolo, poscia a' i marzo 1126
formarono la 2.° Lega Lombarda, s^mì-
rata nella chiesa di s. Zenone nel Pianto-
vano, per !a comune dife>a e indipenden-
za. Già nel i 2 16 Andrea II re d* Unghe-
ria bramoso d'elFetluare il suo voto di
crocesiguato, e OLCorrendog!i i navigli ve-
neziani, fece loro formale rinunzia di sne
pretensioni sopra Zara e sue pertinenze,
aenteudogli il commercio in Unghe-
...1. La condizione dell'impero Ialino di
Co«tanlinopoli si faceva sempre più va-
cillante, assalito da tutte le parti e di-
scorde neir interno. I veneziani sempre
attenti de'propri interessi, mediante i lo-
ro b.nli, successori del podeòtà Zeno, fe-
cero confermare i loro privilegi, al suc-
cedersi degl'imperalori Ialini, ed altresì
conclusero trattali con Michele Cotnne-
no despola d'Epiro, e con Teodoro La-
scari imperatore di iVicea, di piena liber-
tà di commercio e sicurezza delle perso-
ne. Questo procedere derivava dal co-
noscere i sagaci veneziani, che a sostene-
re l'impero di Costantinopoli si richiede-
vano forze (uariltirae e terrestri, e la re-
pubblica non appoggiala dal resto d'Eu-
ropa, non era da tanto. Quindi ella sem-
pre accorta pen>ò di provvedere all;i me-
glio a'casi suoi, non lasciando però di da-
te all'uopo que*>occorsi che poteva al-
l'impero Ialino. Tutta volta era tanto lou-
tan,« dal ()ensiero di lanciarlo cadere, che
anzi fpiiilche cronista racconta avere il
doge Zìiim proposto di Iraìporlare colà
la sede della repubblica; i piìi critici pe-
rò non ne fanno ceimo, ed invero, dice
il eh. Uomanin, il discorso che viene at-
tribuito al doge sarebbe troppo disdice-
vole ad uu patrioUa veneziano. Forse
• venne in mente d'alcuno, e discusso iu
con-.iglio giustamente fu rigettalo sì stra-
no progello. Meritano leggersi presso ta-
le storico le ragioni />>/o ci contra, le qua-
li fanno conos;ere alcune condizioni del-
YEN io3
la veneta rej)ubblica a ([ue'tempi. Quel-
la dell'impero greco era divenuta più de-
plorabile, essendo diviso fra 4 imperato-
ri. Iiuperocchè, oltre il Ialino di Costan-
tinopoli e il greco di Nicea, Daviddee A-
lessio fratelli Couineno essendosi impa-
droniti d i." della Palligunia , ed il 2.''
di Trebisonda e tiella Colchide, David-
de si fece proclamare imperatore di Trc'
bisondc7,eTeodovo l' AngeloComneno iin-
peralore di Tasaloiiica {f^'-), onde a uti
lempo regnavano 3 imperatori greci. Il
doge Ziani dopo il glorujso governo di
circa 24 anni, rinunziò il principato nel
cominciar del marzo 1 229, si ritirò nelle
sue case a s. Giustina, o nel monastero
di s. Giorgio Mjìggiore , e quivi mori e
fu sepolto nello stesso mese. In seconde
nozze avea sposalo Costanza figlia di
Tancredi, [)oi redi Sicilia, che lo fece
padre di due figlie. — Jacopo Ticpoìo
XLTII doge. L' elezione si dovette alla
sorte. Raccoltisi come al solito i quaran-
ta per procedere alla scelta del doge, ma
ondeggiando a lungo iu gran parie di-
visi egualmenle i sulhagi fra lui già po-
destà iu Coslanlinopuli e duca di Can-
dia, e R.inieri o Marino Dandolo, fu alfi-
ne preso il partilo di porre i loro nomi
nell'urna, e ne uscì queilo di Tiepolu a
6 marzo I 229, tosto approvalo dalia uiol-
tiludine. Si recò quindi a visitare per ri-
spello il predecessore Ziuni, che malato
iu letto rifiutò di riceverlo, il che da al-
cuni fu attribuito a disprezzo , non vau-
tando il Ticpolo famiglia tanto illustre,
o piuttosto pel modo com' eia sialo e-
lello, quasi ilovesse il suo innalzamento
più al caso che alla libera elezione. Egli
giurò la solila Proiiiissioni'. ducale, che
più per l'aildielro ampliata servì poi di
base a tulle le posteriori. In essa il doga
diceva, esser pervenuto a la ducale di-
gnità per sola divina cieme.iza, ringra-
ziando Dio , s. Marco e tulli i raccolti
nella sua basilica nell'elezione. Voler es-
sere diligentisaimo nell' amministrazione
della giustizia u tulli, ed in promuovere
I o4 V E N VE N
il bene della patria; di osservare le leggi gimenlo fuori di Venezia. Tratterebbe
stabilite eie nuove clie venissero fatte; tutti eguabnenle nobili e non nobili, rie-
di mettersi nel consiglio da quella parte chi e poveri, tutti in egnal modo pro-
che gii paresse più ragionevole, e ser- leggendo, cos^i i naufraghi da Grado a
bando il s<>greto su d'ogni deliberazione; Loreo. Eseguirebbe in fine puntualmente
di non ricevere compensi e rimunera- quanto venisse statuito nel consiglio suo
zicni di sorte alcuna. Kimanendo vacan- o nel maggior consiglio, né cercherebbe
le la sede patriarcale di Grado, l'elezio- maggior potere del concessogli dalle leg-
iie del patriarca doversi fare da lutto il gi. Che avrebbe di emolumento 2800
clero e dal popolo; l'elezione di tutti i lire di denari veneti l'anno, divisi per
vescovati vacanti dipendere da' loro dio- trimestri, oltre a i5o rooianati dal co-
cesani, dal clero e dal popolo; e quelle inune di Veglia, con più un regalo d'al-
de' monasteri dalle loro congregazioni tri 60; e le solite regalie di Cherso, Os-
co'rispettivi vescovi, senza che il doge sarò, Arbe, Ragusa, Sansegioec, non che
punto vi s'intromettesse, se non col l'onoranza dell'Istria; de'panni d'oro so-
ctmsenso della maggior parte del consi- liti mandarsi da'signori di Negroponle a-
glio. Dichiarava di c]uali dazi e tributi vrebbe la metà , 1' altra spettando alla
avrebbe percepito. Di rispettare i privi- chiesa di s. Marco. Quando il doge fosse
legi di alc:mi comuni, la conservazione impedito d'attendere debitamente alla
tiella basilica di s. Marco di cui aveva cosa pubblica, supplirebbero i consiglieri
il protettorato. Di non mandar lettere o chi per loro si nominasse, e quando i
né legazioni a! i*apa, all'imperatore, o 6 consiglieri del consiglio minore fossero
ad altri [Il incipi, senza l'approvazionedel d'accordo colla maggior parte del graa
suo consiglio, e ricevemlone ne comuni- consiglio, perch'egli avesse a rinunziare,
che: ebbe a questo il contenuto. Di nonno- si avrebbe a farlo senza opposizione. Si
minare giudici di proprioarbitrio, né no- adoprerebbe a mantenere il buon ac-
tai;nè egualmente di proprio arbitriocoii- cordo Ira'consigli minore e maggiore, e
fiscale l'altrui possessioni ; e che nulla esi- provvederebbe alla conservazione del pa-
gertbbe da' corpi d'arti, scliolis lahora- lazzo; farebbe fare 3 trombe d'argento e
/or//,s-5 confermando i gastaldi da ciascuna un panno d'oro alla chiesa di s. Marco;
arte eletti. Gli escnsati (forse la guar- si accorderebbe co'consiglieri a far ve-
dia nobile del doge, tolti dalle principali nire per mare due e fino a tremila Qiog-
famiglie, e godenti privilegi ed esenzioni) già di frumento a spese di Venezia; a-
non sarebbero tenuti a maggiori servizi vrebbe 20 servi compresi i cuochi; con-
dì palazzo oltre i soliti, e potrebbero li- serverebbe e farebbe da persona sicura
beramente esercitare il commercio. D'a- applicare al luogo il sigillo ducale; a-
ver cura di conservare in buono stalo la vrebbe stretta custodia delle carceri; da-
jnoiiela, e punire i falsificatori. Di non rebbe udienza tulli i venerdì, senza fa-
nominare alcun altro doge durante la vore d'alcuno; i casi dubbii della Pro/n/^-
sua vita. Non ricevere doni da chiun- sione diicalt sarebbero risolti dal mi^
que, tranne acqua rosata, foglie, fiori ed nore e maggior consiglio ec. ec. Tali fu-
erbe odorifere e balsamo, la qual cosa lono i duilti e gli obblighi con cui Ja-
farebbe pur giurare alla moglie doga- copo Tiepolo assunse il dogado, da cui
ressa ed a' figli : all' occasione però di si scorge quanto il potere del doge fosse
Jiozze potrebbe accettare presenti di so- stato ormai lislretto da quel grado laii^
li tonimeslibili. Non solleciterebbe im- lo anq^io d'autorità di cui godeva a'pri-
pieghie dignitàin favored'alcuno, neper- mi tempi. Dipoi, quasi ad ogni elezione
nietlerebbe a'Iìgli d'accetUu'c alcun reg- di doge venne maggiormente limitalu,
V E >' VEN jo5
conie alla «uà velia andiò dicendo, «i- catn dal Pn[ia Grec^oiioIX la Crociata,
DO a ridili Io poco più che un semplice fu (kiirimperatorq Ualdovino il (il di cui
tilolo. e così il doge divenne nuli' altro tutore Brienne era raorlo a' 23 marzo)
che il pre*idcnte e rappresentante ilella preso un prestilo di circa 200,000 fran-
rcpuhbiica entro gii sii etti limiti d'una chi (secondo il cav. Cicogna, e di 1 4,000
caria costituzionale. Aiuhe i consiglieri ipeiperi, al dire del Uomanin : sefjueste
giuravano molte cose, l' imparzialità, il somme sono diverse dalle da me rifeiite
non licever doni, l'intervenlo al consiglio altrove,ciòèpel riportato da'diversi stori-
ai suono della campana di s. Marco e ci, e allrettnnto dicasi sulle relative cir-
nella sua chiesa alla messa del venerdì; costanze) a Costantinopoli dal bailo Al-
di vegliare all'elezione de'capi di conila- herto ftlorosini e da' mercanti veneziani,
da per l'olRse e le risse, (he il dogeam- i quali oltcnnero in cauzione la Corona
miniNlrasse giuslizia a tutti, e l'esecuzio- di 1^7//;^ imposta al Redentore nella suu
ne ticH'oi diualo dal consiglio ec. ec. In- Passione. Al momenlo della scadenza del
tanto Giovanni Duca Vatace imperatore prestilo, non potendo 1' imperatore sod-
di iNicea eccitava con 3o galee e molla di>rarlo, Nicola Quirini mercante veneto
gente d'arme i candiuti alla rivoluzione; enlrò in luogo de'prestatori, e volle che
U>a i veneziani oUenuli (le'rinfoizi fecero quel sagro pegno fosse trasportato a Ve-
nlirareil nemico. Giovanni di Brientiere nezia a'4 settembre i 238. Ma la pietà di
di Gerusalemme, che doveva ricomprala- s. Luigi IX re di Francia sborsò la somma
re, divenuto imperatore Ialino di Costan- nel 1 23q, ebbe in dono la ss. Corona, con
linopoli (essendo tutore di Baldovino 11 altre preziose reliquie, per le quali in Pa-
idiinio imperatore latino, per la minori- /'/:,'/ fece fabbricare la Santa Cappella.
t'i di (piesli, il P.ipa Gregorio IX lo fece Nel I238, narra Kinaldi,il doge Tiepolo
insignire a vita del titolo e delle prerogn- pregò Gregorio IX, che volesse premiere .
live d"in)[)eratoie, a condizioneche des«e sotto la protezione di s. Pietro, e sua, la
la «na 2.''figlia a Baldovino li, il quale poi di lui persona e la repubblica di Vene-
Io succederebbe nell'impero), ed essendo zia, ed il Papa prontamente l'esaudì. In-
niinacciato da Vatace imperatore di Ni- tanto i veneziani fiivorivano la lega loin-
cea e didl'unperalore di Trebisonda, ri- bai il. 1, per la quale vi perì il figlio deldo-
cni>e a Ttolilo Zeno podolà della colo- gè Pietro allora podestà di Milano; im-
uia veneta a Costantinopoli. Questi scris- perocché è una onorevole testimonianza
se alla repul)blica per avere una flotta, alia repubblica, che le città facessero a
ma non lu pronta a impedire che l'ar- gara nel richiederle per podestà gli uo-
noata di Valuce non incrociasse all' in- mini slimali più capaci a saviamente e
gresso dello slrelto de'Daidanelli ; non- fortemente governarle. Federico II era
dimeno ebbe luogo una lunga /idra , e inviperito contro i veneziani per la dife-
alla fine la squadra veneta diretta da' sa di Treviso e di Padova , non meno
provveditori Leonardi) Quirini e Marco per avere assunta quella di Gregorio IX
Gussoni liporlò vitluria. Indi nel i23o perseguitalo dal medesimo iinneratore;
Valace bloccò il porto di Coslantinopo- ed Ezzelino III da llomano, famoso e
li. Allora Giovanni Michiel con 1 6 galee feroce suo capitano (di cui riparlai ia
veneziane, assistile da altre navi pisane e qiie'due articoli), nemico acerrimo della
genovesi, da una parte, e Gotlifiedo \Vi- Chiesa e del nome veneziano, spinse le
laiduin con 6 vascelli carichi ili 100 ca- sue soMalesclie fino all'orlo della Lagu-
>alieri, 3oo balestrieri e 5oo arcieri, dal- na, devastando le loro lene, onde i ino-
l'allia , attaccarono il greco nemico, il nari benedettini di s. Cipriano vicino
quale fu posto io fuga. Nel 1237 pubbli- a Mestre doverono ritirarsi a Torcello,
io6 VEN VEN
ove fondarono il lìionaslero di s. Anto- (ordinai Uhaldini; ed eccitati dal Papa,
Ilio; mentre i tnoiiaci benedettini del- insieme co'cullegati e altri, con alla lesta
l'isola di s. Ilario, dalla diabolica fu- il doge, a>sediaiono e presero Ferrara nel
) ia d'Ezz^clino III dipoi furono coslret- i 240, conducendo a Venezia il ghibelli-
li a salvarsi a Venezia in (|uello di s. Gre- no Salingiierra a cui V avea data Fede-
gorio. Tullavulta s. Ilario fu poco dopo rico ILE fu allora die i veue/,iani me-
iipresoda (>io%'anni Tie[>o!o, ma il oru- gliu stal)ilu-ono io Ferrara il loro visdo-
dele Ezzelino III lo fece barbaramente mino, con giurisdizione ampliala da Az-
nerire. La repubblica che già ayea dato zo iNovello d'Esle; mentre 1 ferraresi io
segni d'avvicinamento alla lega toolbar- Veneziadovevano esser giudicali da'ma-
(la, per lalemortesi dichiarò aperlamen- gislrali veneti soliti a deputarsi pe'fore-
te contro Federico il; e Pa[)a Gregorio stieii. IVeli242 le città di Pola e di Za-
IX che r avea scomunicato, spaventato ra si ribellarono, cacciarono il podestà
da'suoi trionfi, favori con lotto l' impe- veneziano , e come altre volte avevano
ano i lombardi, procurando eldcaci aiuti fatto, si diedero in protezione al re d'Uii-
tla' veneziani , genovesi e pisani. A' 5 ghmia. Furono poscia ricuperate, ed a
stltembre ìi3q gli ambasciatori veneti Zara si mandò una colonia a cui furono
Stefano C idoer e Ivomeo Quirini segna- assegnate le terre confiscale a' vinti, on-
rono col Papa un traltalo, pel quale la de togliere la possiÌ)iltà di nuove rivolte,
repubblica si obbligò a fornire 7,5 g-de- Indi con trattalo del i244 ^^^'^ 'V re
re |ier andare ad occupare la Sicilia, di d'Ungheria fece nuova rinunzia ad ogni
cui la s. Seò^' suprema signora ne ave;» pretensione su Zara e sue pertinenze,
investito Federico II, metà a spese prò- promeltendo di non dar più sussidii a'
prie e mela a s[)ese del Papa, oltre il nemici de'veneziani, e con Zara tornaro-
nioiiiellere altri navigli e altri soccorsi no all'ubbidienza altre parti della Dal-
tl'armi. 11 Papa promise dai canto suo mazia. E Candia in que' giorni insorse
di cedere in compenso a'veneziani le cit- di nuovo contro i veneziaui, aizzata da
tà di Bari e di Salpi con libera curia e ini- Giorgio e Teodoro Cortazzi : in questa
mimila allinenli; cli'e-isi potessero tener ribellione fu ucciso il governatore Ma-
consoli in tutta la Sicilia, ne' ducati di imo Zeno. Pochi anni dopo, sedotto il
Puglia e Calabria, nel principato di Ca- nobile Alessio Calergi, fece sorgere nell'i-
nua ec, conferendo loro in feudo tulli i sola altro incendi(j, che estinto, consigliò
paesi che potessero conquistare in quel i veneziani a spedirvi altra nuova colo-
rano della Chiesa romana, giurando fé- nia. Il doge divenuto vecchio, stanco del
deità gl'investiti tanto al Pa[)a , quanto lungo sebben gioì ioso governo, per amo-
,il comune di Venezia e al doge. Perciò re di (juieté rinunziò alla dignità a' 2 (o
viepi)iìi inaspritosi Federico 1 1, eccitò gli a'20) maggioi249, ritirandosi alle sue
anconitani ad inquietare con piraterie case a s. Agostino, e mori poi nel r 2 j i.
l'Adriatico, e Pola a sollevarsi. Ma data- Egli era uomo assai dotto, ed aveva ri-
si da' veneziani la caccia alle navi anco- formati gli statuti della repubblica, civi»
nilane, furono prese e bruciate, e Pola li, criminali e nautici. Egualmente sotto
fu tosto ricii[)erata e punita. La repubhli- il suo dogado si crearono o meglio rego-
cu con trillato si collegò con quella di larono altre magistrature, specialmente
Genova, per aiutarsi scambievoUnente ; i 5 Correttovi della Promissione duca-
bel segno di coucordia che sciagurata- /r', incaricati alla morte o alla rinunzia
mente poco durò. Ravenna riijellalasi d'ogni doge d'esaminare e riformare la
airimperalore, fu da' veneziani tolta in sua Promissione ossia carta de' suoi di-
proiezione ueliaSg, poi ricuperala dal ritti e Cìq\iì\\;\ù Inquisitori soj)ia il do-
V E N YEN 107
gè defunto, per sindacarne la condotla e glnnlo un altro elettore a'qtiaranta; e fu
ihune lode o biasimo, come cittadino e slabilitoeziiHìdiociieoiasounode'quarau-
con»e capo dello slato, licevendo le qiie- tono elettori £;iiirasse eleggere legabnea-
lele da quelli die >i reputavano u essere le, con probità, cot» buona fede, senza
stali gravali; d Mt/i^islraio citi Pcliziou, frode, lontano così dall'amore coniedal-
loniposlo di 3 giudici, formante parte l'odio, non iiubjtlo da preghiere, doni,
liei coi^o i\<:'lj ludici (Iella COI le lIcI (lo- fivori o timori privati, il cittadino che
^e, essendo divenule insulìicienti le ma- slimasse niigliore e piìi utile alla repub-
gistralure del Proprio e del Fore.>tur; hlica; proposto il nome di lui farebbe 11-
e de' Cinque savi o anziuni alUì pace, scire dalla stanza tutti i parenti cbe a ca-
per trattare le picco e conle>e , ruppat- so vi si trovassero, inviterebbe poi <jguu-
liiuiar le risse, e vegliare alla (|uiele del no a dire il bene o il male che sapesse
pijpolo. Que.>lo, quanti) ah ordinamento del candidato, qidndi riammessi i pareu-
i.- alla sicurezza interna; aii'eslerno tace- li lascerebbe a questi prenderne le dife-
\asi la repubblica rispettai e per le aiini se, e scolparlo dalle taccie che gli tosse-
e si avvantaggiava petrattali, favorevoli ro stale apposte; terrebbe di tutto que-
al coDiUiercio e d'iinuuuulà alia perso- sto piena credenza: manifesterebbe i ten-
ne, stipulali inclusi vamenle a' pruicipi lativi di corruzione che fossero stali fatti
u'Asia e d'Africa. « Qual doveva e^^ere sopra di se odi altri: non cercherebbe per-
iidmique il niovinienlo , osserva il Pio- suadere alcuno de'compagni ad eleggere
inanin, quale la prosperila del commer- il talco tale altro ec; con lunga serie di
LIO e delie arti , specialmente di quelle noiiue per evitare l'ingannoolafrode nel-
atlineiiti alia mut lueria in V enezia ! Qua- le ballottazioni. Per tal modo fu eletto a'
le l'affluenza ilei |)opolo, la ricchezza, l'o- i3 oiq giugno I24<) 'I iMorosini, perso-
pelosità generale! JN'obili e plebei, ricchi naggio illustre per onorevoli fatti e ina-
n poveri, SI inetlevunu sul meilesiux) ba- gisttature sosleniite. Sebbene vecchio di
bliinenlo, correvano i medesimi pencoli, d'ò anni e senza figli, siccome il prede-
ie medesime probabilità di guadagno. E cessole avea posto gran cura ad innalza-
al loro ritorno da lungo viaggio, erano re i propri figli, un capitolo della nuova
i piaceli del rivedimenlo, del poter far Proniis.ìione ducale statuì che i dogi
UH;stirt delle merci recale dalle pài lon- non domanderebbero, né farebbero do-
tjiie regioni, del raccontare mille acci- mandare uHizi per alcuno , ne aecette-
deiUi, inule awenttire. Dai che rinvigo- lebbeio alcun governo fuori della veneta
nvasi l'orgoglio nazionale, era allora un giurisdizione, uè in Istria, e che i dogi
vanto esser veneziano, ed i veneziani pij- stessi non aspirerebbero a conseguire
levano mostrare tali uomini di cui ipia- maggior potere ed autorità di quanta era
liiiKiue granile pallia avrebbe avuto u loro per le leggi conceduta. Intorno allo
gloriarsi". Molti sagri edilizi furono e- slesso i 24q i genovesi vennero a zulfa co'
letli nel piiiicipatodi Tiepolo, b ,1'quali veneziani in Tolemai-le o Acri, l^ipa !n-
il doge col suo ilcnaro innalzo (piello ma- nocenzo IV spedì a Venezia Filippo Fon-
gnilìco de'ss. Gio, e l'aolo, ov'ebbe toni- tana vescovo di Ravenua suo nunziocon
Ija, colla lode di prode nelle araii, vaien- facoltà di legato, pregamlo il doge a vo-
te nel consiglio, pio e religioso. — iMa- ler cacciar di l'athjva l'iniquo Ezzelino IH
lino iMoiosini XLlt" do^e. Ad evilaie da llomano, contro di cui avea fatto pre-
()uiiid' innanzi i disordini che polevaiio dicare la crociata, e fu deliberato d' esaii-
.Miccedcie dalla parità de'voti nell'elezio- dirlo; il perchè messo in online buon na-
ni ue'dogi, caso avvenuto nell'ultima, e mero di barche sotlo la ca[)ilania di Tum-
ad impedire the si rinnovjsse , fu ag- maso Giustiniani, e provveditoria di terr
I o8 \ ÌL !>■ V E i\'
la di Marco Compro, andarono alle Beh- rico II, trovandosi nel 1231 a Milano,
he, e ivi trovalo l'aiuto tle' ravennati a concesse l'insegne vescovili a' primiceri
nome del Papa, entrarono nel Padovano di s. Marco. Durante la 7.' Crociala, il-
al luogo della Corieginola. Inteso ciò da lustrata da s. Luigi IX, vi concorsero
Ansediiionipute d'Ezzelinolll, ch'era pò- pure i veneziani. Frattanto quietale le
desia di Padova , venne incontro con cose di Candia, furono concessi a'nobili
molta genie armala. 1 veneti furono al- e a'popolari i terreni in feudo, e furono
le mani co'nemici e li batterono ; [)re- mandati de'nobili colle loro famiglie ad
sero il castello di Piove di Sacco, e A.nse- abitarvi; ed allora fu riedificata la città
dino si pose a difender Padova. Seguen- vescovile di Canea, lolla di mano a'greci.
do i veneti la vittoria, avanzarousi fino A Venezia, città di tanto commercio e nel-
idla porta Pontecorbo, non ominettendo la quale era s\ frequente il concorso d'o-
«li mandar gente su per la Brenta fino al- gni nazione, non ancora eravi stato In-
la porla Allinate.Furonodale molle bai- trodolto il tribunale C^tAV Inquisizione
taglie, difendendosi virilmente i padova- conlro gli eretici , e solo nella Proinis-
jii. Alla linei veneziani a'20 giugooi 256 siane ducale di (jue'^So doge Morosini,
entrarono in Padova per quella pai te, ed erasi inserito l'articolo per cui si obbli-
Ansedino si ritirò nell'allra parte ; ma gava il doge a nominare, d'accordo co'
poi essendosi reso a putii, s' ebbe dopo 4 suoi consiglieri, alcuni uomini religiosi,
giorni aliene il castello. Frattanto Ezze- probi e saggi alla ricerca degli eretici, per
lino 111, ch'era già coli' esercito a Vero- quindi condannare al fuoco quelli cheper
iia, avendo inleso la dedizione di Padova, l.di fossero riconosciuti dal patriarca di
usò grandissima crudellàco'[)adovani che Grado, dal vescovo di Castello o da al-
avea in gran ninnerò nella sua armala, tri vescovi dellostato, quando peraltro in
avendone falli perlino chiudere e serrare ciò fosse concorso 1' avviso del doge e del
in una casa, e posto il fuoco ad essa, lui- suo consiglio. Per tale disposizione, i Pa-
li restarono bruciali (icuibraini esagera- pi non mostrandosi soddisfalli, rinnova-
to il numero di 1 2,000 riferito i\<i\\' Arte rono in seguito 1' esortazioni per l'anj-
tì'f v't'/7//r(7rc' /e r/t//('y.La rejudjblicaspe- missione del vero tribunale del s. OHl-
tli a Piidova per capitano Marco Quiiini zio, finché rottenne Papa Nicolò IV a'4
in nome della Chit^sa.e Marco Baduaro agosto; dappoiché, fermo sempre il priu-
a Treviso. Ezzelino 111 però tentando di ci[)io che lo stato avesse a continuare la
ri<:uperare Padova si recò presso Vicenza vigilanza sul Iribunale, statuì d'accettare
e fece togliere l'acque del Bacchiglioue l'inquisizione, ma che il solo doge avieb-
che scorre a Padova , onde gli abitanti be facoltà di dare aiuto all' inquisitore
per difetto di bevanda cedessero; ma i nell'esercizio del suo incarico;doversi 1 in-
padovani, fortificale le mura della città, quisitore nominare dal Papa , di gradi-
si difesero gagliardamente per conservar mento del governo, allrimenli sceglierne
la liberta; e poiché Ezzelino 111 aveva altio, ed il riconosciuto doversi autoriz-
jiuindalo gente sotto Padova, per far zare dal doge. Che depositala certa som-
duini, i cittadini si batterono con quelli, ma a un deputato del comune, questi a-
uè lasciarono più togliere le delle ac- vesse a fare le spese per quell'uirizio ae-
que. A quest'impresa fu il 3.° degli no- cessarle , e riceverne parimenti tutti i
uiini di Venezia. Innocenzo IV sentì con benefizi e tulli gli emolumenti; contiiuie-
moltissimo piacere tale vittoria, e ne rln- rebbe inoltre l'assistenza di 3 incaricati
graziò assai la repubblica. Anzi, reduce del tioge, che presero poi il nome di Sa-
«lai concilio generale di Lione I, ove avea K'ii all' Eresia, allo scopo d' iinpcilire gli
ilt'pusto dairimpeio escomunicatoFede- abusi di false denunzie o ili arbitrario pò-
I V E N
fere, ili awisnre il governo delle rlelibe*
I azioni (Ielle qnali potessero nnscere scau-
dali o tumulti, (li tutel.ire in fine i suddi-
ti, conciliando il innnlenimento delin pu-
rità della fede colla sicurezza perdonale
e co'dirilti del principato. Tali norme fu-
loro osservale fino ali 55 1, quando per
concordalo con Papa Giulio Ili, furono
meglio definiti gli obblighi degli assisten-
li. Anche in tempo di questo dogado fu
istituito o almeno am[)liato il magistra-
to de'due Signori di notte per invigila-
re uno di qua del Canale e uno di là,
cogli uomini loro la sicurezza delle stra-
de e la pubblica quiete della città, su di
che in piogresso di tempo furono falle
diverge leggi. Il doge mori ili." gennaio
I 12 53 , e fu sepolto in arca marmorea
sotto il portico di s. Marco, che vedesi
tuttora, con epigiafe. Notai col Murato-
ri (peiò con data del i 25i, oieutre dovea
dirsi, almeno More fcnelo, 1252) nel
voi. LXVI, p. yo, che nella basilica fu-
rono ne' funerali appese le sue insegne
gentilizie, il die venne imitato in quelli
de'successori. IMa gli scudi o targhe, pri-
ma piccoli, furono poi di roano in mano
filiti cos'i eccessivamente grandi, che riu-
scendo piuttosto segni d' ostentazione
pomposa, che non di onorata memoria,
con decreto del 1 688 ne fu moderato il co-
stume e poi tolto interamente, come m'i-
struisce il sd'rnpre diligente Romaiiin. Il
doge Morosini abitava nella contrada di
s. Salvatore, nella cui chiesa a vea edificato
una cappella colla sua tomba ornala di
musaico, rappresentandosi genuflesso col
nome suo innanzi a Cristo. E memora-
bile questo dogado per essere comincia-
ti a fiorire i più celebri viaggiatori ve-
neziani, de'quali già parlai nel § XVI, n.
3. L'amore de' veneziani per la naviga-
zione e pel comiuercio li onorò 3 secoli
avanti la scoperta di Colombo, del van-
to singolare d'aver intra[)reso le prime e
jìiìi interessanti geografiche scoperte. Nel
I ?. Tu iNicoI(j e Matteo Polo, da Costati-
linnpoli pel mar Nero discesero ad altra-
V EN
lon
versare la Persia e giunsero alla corte di
Cubilai grankan de'tarlari,il quale 'Icltf^
ad essi una cospicua missione al Papa
Clemente 1 V eletto nel i 265. Tornati [V)i
nel 1269 a Venezia, essendo già morto d
Papa, dopo due anni ne ripartirono col
celebre Marco Polo loro fratello mino-
re, e visitalo nel 127 i in Tolemaide il
nuovo Papa Gregorio X, si ricondusse-
ro a Cubilai, e si trattennero 24 anni atl
esaminare le piìi rimote regioni deli' A-
sia, ed a veleggiale in molte isole d-l
grand'Oceano; sì che il loio felice ritor-
no in patria destò la più meraviglicjsa
sorpresa, e le ricchezze acquistate diede-
ro il nome di Milione a Marco. Non me-
no coraggioso di Polo si dimostrò poi nel
I 3qo NicolòZcno,che traversato lostret-
to di Gibilterra, si poi tò nelTOceano A-
llantico, approdando all'isola Frislanda,
ove Antonio suo fratello il raggiunse, ed
ivi dimorarono 4 f"3ni al .servizio del prin-
cipe Zichmni coiupiistaloie delle molte
isole st'ltcnt rionali ubbidienti alla Nor-
vegia, fincliè Nicolò morì, e il superstite
Antonio Zeno continuò per altri i 4 ani i
le sue rare scoperte, che nell'Eslolilandii,
Drogeo e Tcaria ci danno la primitiva
nozione del Labrador, del Canada e del-
l'isola di Terra Nuova nell'America set-
tentrionale, solamente un secolo dopo ri-
conosciute con più fausti auspicii. Gran-
de fu pure il pregio di Alvise Cà da
Mosto, che a mezzo del secolo XV accu-
ratamente percorse l'isole d' Africa e le
coste del Senegal e di Cambia. Per non
dire dallri, a (Giovanni Cabolto ed a Se-
bastiano suo figlio, emuli de' [)iù fortu-
nali Colombo e Vespucci , è dovuta bi
scoperta di Terra Nuova , denominaci
Terra de Baccalaos, e dalle coste del La-
Iirador alla Florida.
I I. Rinieri Zeno XLV doge. Raccol-
tasi la generale concione nella chiesa di
s. Marco, si presentarono i quaiaiilimo
18 (o 25) gennaio i 252, per pubblicare
r elezione che avevano fatta del nuovo
doge. Prima però di venire ad allo sì so-
Ilo V E N V E N
IpniiPj fu orclinaio e approvalo clie il ga- (ivo della gnerra. il prof. Romrinin con
slalclo (lucale dovesse giurare pel popolo qualche variante racconta l'avvenimento
tli avere in conto di doge e reltor di Ve- (1.1 principio della guerra veneto-ligure,
ìiezia, quello che gli elettori annunziasse- Oenovesie veneziani aveano adArri quar-
lo siccome eletto giu>la i capitolari, fitti, tieri separati, ma per la chiesa di s. Sa-
letti e ordinati nel consiglio minore e ha insorsero deplorabili questioni. Men-
uiaggioi-e, e approvati nella pubblica con- tre giunse il bailo MarcoGiustiniani, luu-
cione. Fu dfjto giuramento di ubbidienza nito di lettera del Papa al patriarca, che
da tutti gli abitanti di Venezia, e furono mettesse i veneziani in possesso di quella
tutti scritti in unhbro, col nome pure del chiesa, i genovesi mostrarono altra lette-
seslieie e della contrada a cui apparte- ra del priore degli spedalieri che a loro
iievaiio per abitazione, e senza distinzio- ne aves conferita la proprietà. Per uà
ni di nobili e di artieri. Quindi ser Mar- .iltro incidente, nato grave tumulto, i ge-
co Zeno consigliere, di consenso de' pre- novesi si gettarono a furia sulle navi ver
senti colleghi, recitò la forinola del giù- neziane che si trovarono nel porto e le
ramento, e il gaslaldo Domenico con li- spogliarono, né quietati dal loro console
ccnza del popolo, giurò suH'aniuia di tut- Simone Vento si spinsero (Ino nel quar-
ti. e sui s-i. Evangeli, a tenore dello sta- tiere veneziano e vi diedero il sacco, com-
bilito. Allora il nobile ser Pietio Fosca- mettendovi stragi ed incendi. Il bailoGiu-
lini. uno degli elettori, fuinunziò la no- sfiniani si affrettò mandare a Veneziano-
mina di ser lieni'r Zeno, che a quel teni- tizia dell'accaduto, e il doge inviò quindi
pò trovavasi o.° podestà di Fermo (que- a Genova suoi legati lagnandosi del so-
-sta illus're città del Piceno alleatasi col- pruso e chiedemlo soddisfazione; ma non
la lepubblica di Venezia ne riceveva i avendo potuto ottenerla, furono tatti
più cospicui cittadini per podestà). Ap- grandi apparecchi di i 3 navi, con cui par-
provata clamorosamente dal popolo la t'i prestamente Lorenzo Tiepob alla vol-
scelta, 4 galee comandate da Marino Za- ta di Acri. Co' veneziani erano i pisani, i
ne si spiedironocolà a levarlo e condurlo pioven/ali, i marsigliesi; i genovesi era-
a Venezia, ove con onorevole incontro di no sostenuti dal duca Filippo di INIonfort
liarche, sommo applauso e grande festa signore di Tiro, da're di Gerusalemme
fu ricevuto, assumendo la dignità a' i 8 e d'Armenia. Venne a proposilo il Tie-
fisbbraio. Una solenne giostra o torneo fu polo, poiché poco più che avesse tardato,
data in quell'occasione sulla piazza di s. il Giustiniani sarebbe stato costretto a la-
Marco. In appresso, cioè nel i 255 circa, sciare la città. S|)ezzafa la citena del por-
ilice il cav. Cicogna', scoppiò fra' vene- to di Tiro, predò ed arse le 33 navi ge-
7Ìani e i genovesi la guerra, con funeste novesi, poi a vendetta di quanto questi a-
conseguenze per la sua lunga durata. Gli vevano fallo a'veneziani, penetrò nel Io-
uni e gli altri avevano quartieri ne'prin- jo quartiere e il fece incendiare. Resta-
cipoli porti della Palestina, ma io s. Gio- va ad espugnarsi il castello Mongioia, ed
vanni d'Acri o Tolemaide eravi una sola anche questo dopo lunga resistenza fu
chiesa per le due nazioni dedicata a s. preso nel i 256. Allora i genovesi doman-
Saba. Ora i genovesi pretendevano aver- darono una tregua, che fu concessa per
la tutta in loro potere, ed i veneziani so- due mesi. I veui-ziani ricuperarono la
stenevano di tenerla in comune; e men- chiesa coll'annesso monastero di s. Sa-
ire pendeva il giudizio di Papa Alessan- ha, e li distrussero. Fiu'ono trofei, dice-
dro I \,clie i veneziani avevanoscelto per si, della viatoria del Tiepolo il tronco di
componitore della discordia, i genovesi se colonna di porfido che posta all'angolo
ne impossessarono di fjllo^e tale fu il tuo- della chiesa di s. Marco, verso la Piazzetta,
^' ^^ ^ V E N , M
pori» Il nome di pù-tm rhì BavfJn. poi- e persone. A Venezia si spedirono olf.e
che (In cola appunto si pnl.hlicavario le 2000 genovesi prigionieri, ed intesasi la
Jrg^M della repubblica, e le d ne colonne «uova a Genova, per interposizione del
o SI, p,t, quadrangolari di marmo greco Papa vennero stabilite alcune tregue,
con singolari monogramn.i e ornali, ap- L'annalista Rinaldi narra le cure di Pa-
partenenti all'ingresso della chiesa di s. pa Alessandro IV per pacificare i belli-
>Hba,cbe ora si vedono collocale dina..- geranti , tornando la loro discordia ili
z. alla chiesa d. s. (Marco dalla parte del- grandissimo danno della ciislianilà , so-
Ja Piazzetta, a! loro arrivo a Venezia es- praslando perciò al regno di Ger.isalem-
sendo state poste dinanzi la porta al di me l'ultimo esterminio, poiché non pure
fuori della cappella e baltistero di s. Gio. lo combattevano i nemici del nome cri-
r-amsla di delta basilica Marciana, e vi stiano, ma il laceravano cp.ielli che dove-
c^istono ancora, come si ha dalla Epi- vano difenderlo. Fiatiamo altro grande
stola dt Giovanni Davide Ti vbcr ad avvenimento accadeva in Oriente, che
hmanucle Jntonio Cicogna, inlorno al- doveva di molto alterare le cose vcne-
Ir colonne Jknlane e loro monogrnm- ziane in quelle parli, e dare nuovo mo-
vn esistenti dinanzi la cappella di ... tivo di goei ra tra Venezia e Genova, la
(^ws^anni della chiesa di s. lì/arco di caduta cioè deirimpero Ialino. Baldovi-
l'inezia. Si legge nel t. ,, p. 369 del- no 11 impelatole latino di Coslantin.,po-
J Jnscnzioni Veneziane dello stesso Ci- li avea impiegalo lutto il tempo del suo
cogna, leinciMon. essendo a p. 25i. Suo- regno a girare di corte in corte implo-
rano 1 monogrammi degli stipili, secondo rando soccorsi, con del)oli successi, ed era
Il \\ eber: A nioS„prenio,Son,nio,I\Jas- travagliato da Micbele Paleologu impe-
sinio, ed al Figliuol suo, Esaudilore, ratoie di Nicea, cb'erasi acquistala giau-
Jvvocato, Salvatore, Cui sia onore e de fama nelle armi e nella politica. E-
f;loria. Altro pilastro con simili mono- gli dopo aver venduto il patrimonio di
grammi era nel monastero di s. Croce, sua famiglia Courtenay, sempre in biso-
ed ora e aflisso all'angolo del giardino gno di dcna^i.ricorsea'veneziani,con!l■ao-
J apndopoli, di cui nei § Vili, n. ^1. Es- cambiando con molle gioie, e lavori d'o-
sendosi Ira veneziani e genovesi comin- ro e d'argento, ancone, croci, ed altro al-
ciato a versar ,1 sangue , ori endi fatti si la foggia greca, le quali co.e furono lun-
comm.sero da per tulio, e l'una e l'altra go tempo conservale nel tesorodis. Mar-
pai le arsero di vendetta. Dipoi i genove- co; ed ebbe i denari, lasciando il proprio
SI aim^arono Sa galee e altri navigli, in figlio in Venezia a guarentigia delle som-
ulto 40 vele; ed 1 veneziani acciescinla me ricevute dalla famigliaCappello. L'ira-
armata bno al numero di Sg legni, de- peralore Michele essendosi proposto il
terminarono veni, e alle mani. In elfelto conquisto di Costantinopoli, visitò in per-
3 25 giugno 1 156 , trovatesi insieme le sona le fortezze della Tracia e ne accreb-
due armale iiell acque di Trapani (a' 24 be i presidii; mentre i veneziani co' loro
giugno ,2|j« e poeo lungi dal porlo di soccorsi andavano rispingeudone l'ag-
Acri, ilice 11 Homanio), combatterono con gressioni di Galata, ma estremo era l'o-
gran valore aspramente; ed i veneziani, dio de'greci pe'fia.iehi deboli dominato-
aiulali anche da pisani, al grido di Fiva ri, rendendosi ormai più manife.lu l'im-
s. lUarco protettore del veneto dominio, possibilità di salvare il vacillante impc-
« ii'sc.rono trionfanti, essendosi pre^e 25 ro, ed i veneziani erano quasi i soli a so-
iee del nemico, ed altre sommerse. A- slenere il peso della difesa di Costauli-
o^arono y eneziani bno a s. Giovanni nopoli , circondata ovunque da' nemici,
d Arri, saccheggiando e rovinando cose Al cominciar della piimavcrai 261, esseu-
3 12 V E N
(]o i veneziani parlili colla flotta contro
Dafnusa iu riva al mar Nero, segiela-
uiente si uvanzù Alessio Slialegopulo ge-
Derale favorito di Michele con 800 uo-
tuiiii a cavallo e alcune truppe , oltre i
I accogliticci , e nottetempo per segiete
iutclligenze ebbe una porla di Costanti-
nopoli: i greci si levarono tosto a favore
del sovrano nazionale, sostenuto da'ge-
novesi mediante grandi promesse e pri-
vilegi. Entrati quindi i soldati del Pa-
Jeologo nella città, è indescrivibile l'or-
rore di quel niomeutu; corrono i lati-
ni alle armi, i greci al saccheggio. Ogni
resi^tenza si fa impossibile: le fiamme si
alzano da tutte le parti, i Ialini sono co-
stretti a fuggire e nascondersi: DalJovi-
no li lascia precipitosamente il palazzo
e travestito si salva col podestà veneto
Marco Gradenigo e col paliiarca Ialino
Paulaleone Giustiniani, sopra una nave
che li conduce a Negroponle: altre bar-
che seguono partendo le principali fami-
glie, che nell'abbandonar la città vede-
vano fin da lontano l'incendio, udivano
le grida della di>perazione de' vinti, mi-
ste a quelle del tripudio de'vincitori. Ri-
tornava intanto la flotta veneta dalla va-
na impresa di Dafiuisa, e scorgendo da
lungi quelle fiamme, nun sapeva spiegar-
ne la causa, quando avvicinatasi, vide il
crudo e miserando spettacolo e gente
innumerabile sulla riva , che stendeva
verso di essa le braccia, perchè 1' acco-
gliesse nelle sue navi. Non ricusarono i
veneziani i loro soccorsi a'confratelli, e
recatili in buon numero a Venezia eb-
bero pietosa accoglienza e generosi sussi-
dii, anzi alcune delle più distinte fami-
glie furono ammesse al gran consiglio.
ÌMicliele Paleologo, il quale a principio e-
sitava a ilar fede a tanto felice evento,
eseguì poi il suo ingresso solenne nella
capitale del greco impero a' 26 luglio
1261, e fece terminare la strage; lasciò
i veneziani e i pisani ne" loro stabilimen-
ti, ma a' genovesi suoi amici concesse il
^jalazzo, detto Paudocralor, ove lisiede-
V E iN
Ta per solito il bailo veneziano. Indi Inge*
lositosi di loro, gli allontanò cedendo ad
essi il sobborgo di Calata, ove si fortifica-
rono, dopo aver demolito il palazzo Pan-
docrator. L'imperatore continuò le sue
conquiste, riducendo parecchie isole in
suo potere. Vedendo i veneziani, dopo
oltre 54 anni di possesso, perdere i loro
diiitti, ed essere incerto e pericoloso il
loro domicilio in Costantinopoli, pel gra-
vissimo danno che colla caduta dell'im-
pero latino risentiva Venezia, generale fu
la sconlenlezza della città, lagnandosi del
governo di non aver impedito tanta scia-
gura. Pertanto fu risoluto domandar soc-
corsi all' Euroj)a pel riacquisto di Co-
stantinopoli, e di alleslire la maggior
flotta possibile. Si fabbricò nell'arsenale
la nave Roccaforte, sulla quale 5oo era-
no i coinballenti. Furono inviati ÌNlichele
Doro a Papa Urbano IV, e iMarco Giu-
stiniani in Francia e Spagna, ma col solo
successo di buone parole e promesse;
mentre il Paleologo per iscansar la guer-
ra che il Papa meditava, gli propose l'u-
nione della Chiesa greca alla latina. Mo-
strando Michele di muoversi contro de
possedimenti veneziani in Levante, la re-
pubblica tosto mandò a proteggerli con
una flotta; altra di 3o galee inviò nel
mar Nero sotto il comando di Giacomo
Delfino. Questi unitosi all'altra si recò
nel porlo di Salonicchi, ossia Tessaloni-
ca, ove trovavasi la flotta greco-genovese
di 60 galee, con disegno d' assalirla; ma
ricusò Uscire e di combattere. Tuttavia
il Delfino per la Piomania andò bru-
ciando e depredando i navigli genovesi,
con reciproche crudeltà, che aumentan-
do gli odii, rendevano più feroce la guer-
ra, interrotto il con)mercio. Marco Mi-
chieli inviato contro i greci, essendo que-
sti soccorsi da' genovesi, disfatto n)orì
combattendo. In altra campagna Gil-
beito Dandolo con 82 gilee scontiata
la flotta genovese di 89, olirei o saettìe,
nelle vicinanze di Morea riportò piena
villoiia. Successero altri scontri preludi»
V EN
della gran balfn^lia avvenuta nel 12G4.
sulle cosleiiella Sicilia tra Valle di Maz-
zera e quella di Trapani. Comandava la
flotta genovese di 28 galee Lanfranco
Eoiijoiino; dirigevano la veneziana Mar-
co Gì atlenigo e Giacomo Dandolo. Ter-
ribile fa la pugna, essendo da ambe le
pai li eguale l'odio, la brama di vendetta,
il coraggio, il valore. Dopo lungo e fe-
rocissimo conflilto, la vittoria si decise in-
fine pe'veneziani, i quali s' impadroniro-
no di tutta la flotta nemica, ed a potili
genovesi riuscì di salvarsi. iMichele Pu-
leologo, che fino allora avea goduto ve-
der le due potenze latine distruggersi tra
loro, dopo il trionfo de'veneziani, comin'
ciò a pensare seriamente a'casi suoi, te-
mendo di vedere comparire la loro flotta
sotto le mura di Costantinopoli. JNè l'in-
quietava meno il pensiero de' veneti e [)i-
sani che l'abitavano e non poteva caccia-
re senza esporre la città a gravi pericoli.
Determinò quindi abbandonare i geno-
vesi, e weliiG'j mandò a Venezia a trat-
lardi pace. La repubblica per non rinun-
ziare a' suoi diritti non convenne a pace
perpetua, ina ad una tregua di 5 anni
per mare e per terra, che si pubblicò a'
3o giugno 1268, conservando onore e
privilegi. Alla livcluzione succeduta a
Costantinopoli, altra n'era accaduta in
Italia di gravi conseguenze, per l' investi-
tura data da Papa Clemente IV nel i 2(35
del regno delle due Sicilie al fratello di s.
Luigi IX, il re Carlo I d'Angiò. A questi
si rivolse l'errante Baldovino II, ultimo
ini[)eratore lutino di semplice titolo, per
essere soccorso alla ricupera del trono, e
con trattalo ilei 1 267 gli cedette 1' Acaia,
la IMorea e altre isole, colla promessa in-
oltre che estinguendosi la propria linea,
la corona imperiale passerebbe in Carlo
1 e nella sua discendenza Angioina, salvi
pelò sempre i diritti e [irivilegi de' vene-
ziani, cui cercava invano di spingere a
dichiararsi contro il Paleologo. Nello sles-
so 1 2Gj i genovesi, fatto nuovoarmamen-
lo, s'impadruniruuo della cillìi di Canea,
VOL. xcit.
YEN ii3
la saccheggiarono e quasi distrussero: in-
seguiti da' veneziani, si rifugiarono nel
porto di Rodi. I vantaggi della repubbli-
ca si aumentavano pe'lrattali: aveva ac-
cettato nel 1261 la dedizione formale di
Parenzo, concluso Iraltali di commercio
con Vicenza, Treviso, Fermo e ùMilano,
anche col sultano d'Aleppo, rinnovando
la pace con Yillardouin principe d'Acaia,
oltre la convenzione e lega con Pisa con-
tro Genova in tempo anteriore. Nel do-
gado di Zeno, Venezia vieppiù si abbellì e
divenne fiorente, si rifece il ponte di legno
di P>.iallo, la piazza e le strade si cuopriro-
no di pietre e di colto, come la piazza di s.
r>Iarco nel 1 264 pc" la i .^volta. Sollevato-
si il popolo contro il doge pei' l'eccessiva
tassa della macina, la cosa fu presto calma-
ta con impiccarsi i caporioni del tumulto.
Firialinenle il doge venne a morte a' 17
(o 7) luglio 1268, e fu sepolto in ss. Gio.
e Paolo; essendo stato il i ° che ponesse
fregio o cerchio d'oro sulla berretta du-
cale, al dire di Cicogna e Uomanin (qtie-
sla corona d'oro l'ornò di pietre preziose).
11 governo della repubblica, per opera
lenta ma continua, si era venuto sempre
pili restringendo nelle mani di una classe
aristocratica, la quale tendeva da un la-
to a limitare il potere del popolo, dall'al-
tro quello del doge; e tutto questo quie-
tamente per la condizione tutta speciale
di Venezia, che desciive lo storico Ro-
manin, e toccai di sopra qua e là con esso
ed altri. Cogli ordini più stretti, si mani-
festò da mollo tempo la tendenza a ri-
durre il governo aristocratico e compat-
to, regolato dalle leggi. Con questo co-
stante inlendiinento, alla morte del doge
Zeno, i consiglieri e rettori nella sede va-
cante , radunatisi insieme co' capi della
Quaranlia , divisarono nuovo modo e
complicatissimo j)er la futura elezione
del principe, e quello fu [)oi mantenuto
con lievi mulazioni (pianto durò la re-
pubblica. Prendendo duii(|ue inizio col-
ì'invocare l'aiuto e il lume da Dio,sta-
luiiouo che il consigliere più giovane, pri-
-. 8
^M^^
1.4 VEN
ma ili procedere agli atti dell'elezione, si
recasse nella iiasilica di s. Maico, e dopo
lalla fervorosa prcgliiera , preso il pii-
iTio fanciullo in cui s'inconliasse, lo con-
ducesse in palazzo, e deslinasselo ad e-
slrarre dairunia le palle de'sulFragi. Do-
•veasi intanto raccoglieie il maggior con-
siglio, e allontanali tulli quelli che non
avevano ancora 3o anni, numerati i re-
stanti e verificali in essi le volute condi-
zioni, aveansi a inetleie in un cappello
(quindi la fcase aiuhirt a cappello, per
esser uìcsso a'voli), o bossolo tante hal-
ìolte quanti erano i consiglieri, e inclua-
dere in 3o di esse un polizzino colla pa-
rola elcclor (le palle furono prima d'ar-
gilla, poi di cera, di lela, infine 3o d'oro,
le altre d'argento: quindi il proverbio
toccai- balla (Foro, per indicar favore di
fortuna). Il fanciullo, detto balloUino,
dovea quindi esliaire una ballotta per
ciascuno de' consiglieri, ed i 3q cui toc-
cavano quelle contenenti il polizzino do-
vevano Tunanere nelle ^.tanze, gli altri u-
scire. iiiposte poi le 3o ballotte nel cap-
pello, 9 delle quali coiileiievano altro pò-
lizzino, faoevasi nuova estrazione , per
la quale i 3o si riducevano a q. Questi
si ritiravano quindi in istrettissimo con-
clave,da cui non potevano uscire se pri-
ma non avessero eletto 4o, ciascuno con
7 sufiragi almeno. I quali 4o venivano
per sorte ridotti ancora ai2, e i 12 dal
canto loro eleggevano aS con almeno g
feulTragi. Assoggettali poi anche i 23 alla
solita riduzione , restavano nuovamente
9, da'quali eiano poi eletti altri 45 con
almeno 7 suffragi. Questi 4? ridotti ad
1 1, finalmente nominavano con almeno
9 sulIVagi i 4i tdtiiiii e veri elettori del
doge, i quali dovevano eleggerlo con 25
suffragi almeno. Pei legge posteriore del
1 553, i 4 I dovevano essere a[)provali ad
mio ad uno dal maggior consiglio; lauta
lu la cura che si ebbe per evitare l'am-
bilo, e le tante e ripetute leggi tendenti
ad impedirlo nella distiibuzioue de' vari
uUizi, ben dimostrano, come questo fosse
VE N
un male clifficile a sradicarsi nella repub-
blica. I quaranlnno elettori, dopo ascol-
lala la messa dello Spirilo Santo, si rac-
coglievano in apposita sala, e prestalo il
giuramento di fare una buona elezione se-
condo la loro coscienza, eleggevano dap-
prima 3 presidenli e due segretari , poi
ciascuno chiamato a nume andava a get-
tare neir urna la sua polizza col nome
del proposto. 1 segretari , aperte le po-
lizze, facevano Io spoglio de'nofni, poi lì
meltevaiio in altra urna etl uno erane
estratto. Se l'individuo estratto si trova-
va nell'adunanza dovea tosto alluiitanar-
si, ed ognuno degli elettori avea il dirit-
to di levarsi ad es|)oire le sue obbiezioni
ed accuse contro il candidalo , il quale
era (juindi chiamalo a rispondere e giù-
slilicarsi. Procedevasi poi allo squillino,
e noveiate le [)alle affermative e le nega-
tive, se il candidato ne avea ollenulo veii-
licinque favorevoli era dichiarato Doge,
altrimenti passavasi a nuova estrazione.
Compilo il ceremoniale dell' eleziciie, il
nuovo doge era pubblicato, e se trova-
vasi in città, andava solenne con>iliva a
levarlo alla sua casa , per condurlo al
palazzo ducale. Entrava con numeroso
corteggio nella basilica di s. Marco, ove
salito sulla tribuna di marmo a sinistra
del coro, mostravasi al popolo, e dopo a-
vere assistito alla messa solenne,e giurato
fedeltà allo stato e alle sue leggi, riceve-
va dalle mani del priinicerio della basi-
lica lo stendardo della repubblica e il
manto ducale. Faceva poi il solito giro
della [)iazza di s. Marco nel pozzetto, sa-
liva la scala del palazzo, ed in capo olla
medesiina il consigliere più vecchio iin-
ponevagli la ducale corona. Passava quin-
di nella sala tletla del Piovtgo , poi ili
quella del maggior consiglio, riducendo-
si alfine al suo ap[)ailameiilo, ove dava
solenne banchetto agli elettori. Queste
ceremonie introdotte a p(;co a poco an-
darono soggette a parecchie mutazioni,
ma nella loro essenza tali rimasero per
lutto il t€mpo della repul)blica. Quanto
VEN
ella moglie del doge, detta la Dn^arcf!'
.T(7, si venne di innno in mano introdu-
cendo ii costiiQie anche della sua inco-
lonazione e in modo senìpre più pompo-
so, fincliè, dice ii pio(. Uonionin, cessò
alFiiltoper leggealla morte dei dogeMcni-
noGiimani nel 1606. Si tenga però pre-
sente quanto ho detto in argomento nel
n. 3 di cpjesto^, parlando delle dogaresse.
Pro[)0»to che tu ed appiovalo nel consi-
glio il nuovo modo di elezione, i Cor-
rettori alla Proruissioiic stabilirono al-
tresì parecchie riformeeaggiuniealla me-
desima, fra le quali che il doge non po-
tesse esercitare né fare esercitare per
conto proprio da altri la mercatura; non
aspirerebbe a maggior potere del con-
cesso dalle leggi; riferirebbe al consiglio
qualunque notizia avesse di conventico-
le, sette o trame contro lo stato. Fu in-
oltre creata una nuova dignità , quella
del Cfinci'llier grnrulc, come soprin-
tendente alla cancelleria ducale , carica
importantissima, seni[)re conservata nel-
l'ordine (ie'cilladini, e che con generoso
stipendio e distintissimi segni d'onore era
la sola che al paro di ((ueila del doge e
«le' procmatori di s. Marco durasse per
tutta la vita. Al doge davasi i titoli di
JfniììiiiO Doniino , iì\ cancellier grande
siilo Domino, mentre a'[)alrizi davasi u-
nicamente (|uellodi Ulcssere. Era il i ."
segretario dì qualunque consesso; prece-
«leva di luogo a tulli (pielli del maggior
consiglio, non insigniti di cariche, era de-
corato di veste colorala con altre inse-
gne, e provveduto con lendite dal pub-
blico erario: la sua sepoltura avea i fregi
della stessa pompa funebre de'dogi; avea
intervento con distinto posto in tutte le
pubbliche ceretnonie e funzioni, ed era
necessaria la sua presenza, le cui veci do-
vca farsi da altro segretario; era eletto
da' voli del maggior consiglio, cioè dal so-
lo ordine del patriziato, festeggiandosi la
sua elezione come quella del doge; final-
mente avea ingresso, però senza suliia-
gio, nc'cousessi anco segreti della repub-
\' E i\ III;
Mica. Insomma fuentre d doga era il ca-
po del patriziato, il cancellier granile era
ili." tlc'cittadini. A'i5 luglio i^GH fu e-
lettopel 1." Corrado Ducato o de'Ducali,
Diicalis Jiilne f^enetiaruin Cancella-
riiis. Il cav. Mulinelli negli Annali Ur-
bani, a p. 14^) "6 riporta la serie critico-
cronologica: fu l'ultimo Gio. Antonio Ga-
brieli eletto nel 17S4. Dopo tutte le nar-
rate disposizioni, raccolto il [)opolo nella
chiesa di s. Marco, il gran cancelliere te-
sté eleltOjCorrado Ducato, lesse le nuo-
ve deliberazioni del consiglio, e furono
dal popolo approvate; indi compiuta l'e-
lezione tlel doge (in conseguenza dello
statuito, e già riferito, innanzi l'elezione
del_'4'>.° doge Zeno), il gastaUlo Ceuedet-
to fu chiamato a giurare d'accettarlo, in
nome di tutti, sulla formula presentata
da detto cancellier grande, ed allora Ja-
copo Basegio promulgò a'23 luglio 1 i^'ò
l'elezione di : — Lorenzo Tiepolo XLP'I
doge. Figlio del doge Jaco[)0 , 10 anni
prima trasi distinto nelle accennate guer-
re genovesi, riportando su loro vittoria
nella Siria, non che per altre primarie
cariche, e già podestà di Fano città il-
lustre del Piceno. Anncmziata la sua e-
lezione, il popolo con trasporto di gioia
corse le strade gridando: f^orcnzo Tic-
polo l' fatto doge. Le caa^pane suona-
rono a festa, e la molti tuiline accalcatasi
intorno il nuovo principe gli strappò i
panni di dosso ; ed egli presentatosi a
piedi scalzi innanzi l'altare prestò il giu-
ramento e ricevette il gonfdoiie tlella re-
pubblica. 1 marinari porlaronloiu trion-
fo lino al palazzo; dal che poi, alferma il
cav. Cicogna, venne l'uso che gli operai
dell' arsenale sostenevano sulle spalle il
detto seggio del doge, appellato pozzet-
to , quando dopo 1' elezione sua gli fa-
cevano fare il giro della piazza di s,
iMarco. Egli promise allora al po[)o!o di
lasciargli aprire le scuole ossia le radu-
nanze de'loro mestieri. Ascese la scala
del palazzo, arrestandosi al canto de'ver-
selll de'cappellani ducali : Cristo vince,
1,6 VEN VEN
Cristo regna. Cristo impera. j4l nostro sì quindi fecero fare un castello alla hoc-
signor LorcnizoTicpolo iaDio grazia in- ca del Po per danneggiare i veneziani.
dito doge di Fcnezia, Dalmazia e Croa- Allora si ulleslì un' annata di 9 gì'lee,
zia, salvezza, onore, K'ila e vittoria : s. capiianala da INIarco Badoaro, ed alcii-
fllarco , In lo aiuta. Poi giurò nuova- ne baiclie, e sebbene vi andasse anche
mente dal palazzo, e parlò al popolo. In- il dt)ge in persona , pure nulla si fece,
tanto i cap[)cllani recaionsi alla sua casa pei che i bolognesi difendevano il castel-
a s. Agostino, a levare la dogaressa mo- lo con più di 4ooo uomini. Ma nel 1272
glie, Maichesina figlia di IJoeuiondo di circa fatta un'armata più poderosa, con
13ricnne re di J^erxia o Kascia, e la con- alla testa Marco Gradenigo, furono rolli
dussero [)Oniposamcnle al palazzo ac- i bolognesi e rovinato il castello. Anche
fompagnata da'medesiaii augurii. Allora gli anconitani si dolsero con Papa Gre-
i nsarinari diedero al doge onorevole gorio X, che i veneziani non permetleva-
banchetto. JXel di seguente, per interpo- no che fossero portate vettovaglie in An-
sizione di molti nobili , si rappacificò cona per mare: il Papa scrisse a'venezia-
con Leonardo e Giovanni Dandolo , co' ni, ma nulla ottenne. Non rimasero però
(juali era in antica nimicizia; quindi co- trancjuilli gli anconitani, e mandarono o-
jninciarono le feste della Isella mostra del- ralori al concilio generale di Lione II,
le galee; la piocessione riccinssima delle presieduto dallo slesso Gregorio X, ed a
corporazioni o università arlisliche, an- cui intervennero gli ambasciatori veneti,
co con rappresentazioni gioviali e buffo- facendo lagni contro i veneziani, i quali
nesche; le quali complimentando pure la s'arrogavano cotanto diritto sul mare,
dogaressa, i maestri delle arti la presen- Il l'apa rin.ise la questione all'abbate di
lavano d'ogni sorla di conftlture. Per tal iS'arvesa, il quale udì le le ragioni d' am-
modo i veneziani (ino dal secolo XIII, di- be le parti, decise a favore de' veneziani,
ce il Piomanin, all'operosità commercia- La repubblica conclusi diversi trattati
le e industriale, alle gesta siiilitari, e al- commerciali con diverse città, falla Ire-
l'impresedi lunghe e pericolose naviga- gua di 5 anni con Genova, tanta polen-
zioni, coJigiviiigevauo uno squisito sen- za eccitava le vicine cillà dell' Istria e
so del bello e rara gentdezza; sapevano i della Dalmazia a sollomellersi sotto la
veneziani allora qual patria grande aves- sua prolezione, ed essa ne accettava au-
serò e come dovessero onorarla. Gran- che il dominio; le anteriori relazioni sem-
dissima carestia insorse nel 1269 in Ve- brando essere state piuttosto d'alleanza
uezia ; indarno si cercarono soccorsi di Inbularia , accettando anche spesso un
granaglie alle vicine città Padova, Tre- magistrato veneziano , ma non intera
\iso e Ferrara ; esse rifiutarono di som- sommissione. L'eseuìpiodi Parenzo veu-
tuinìstrarle, sebbene di molli benefizi da' ne seguilo da Uoiago, da Città Nova 0
veneziani avessero ricevuto. Onde i ve- Emonia, da'caslelli di Monlona e s. Lo-
neziani sdegnati ordinarono che tulli renzo nell'Istria, ond'esser difesi da'pira-
quelli che \olesseio navigare pel Quar- ti che gl'infestavano. Cervia, cinà di Ro-
uero, e nelle bocche del Po, dovessero magna, si die parinienli alla signoiia di
pagar dazio delle cose che portavano a Venezia, e |)er i .° rettore vi fu mandato
A'enezia. Ma i bolognesi che dominava- Giovanni Moro. Alcuni veneziani aven-
no gran parte della Romagna, non pò- do fallo sella contro la repubblica, ven-
lendo soffrire tal legge, mandarono am- nero banditi. Altri veneziani che ave\a-
bascialori al doge, acciocché a' mercan- no donuniodella 3.' parledi Neyropcnle,
li loro sudditi fòsse conceduto il libero unitisi con alcuni regoli di colà andaro-
iiavigare; rna'uulla olleuuero. 1 bologne' uo con iG navi celi' Asia minore, conlio
V E N
il parere ilei veneto bailo di Negroponfe
Amlrea Dandolo. Ciò veduto dall' loipe-
latore Michele Paleologo, niosse gueira
contro c|Lse' di Negroponte die aveaido
provocalo, e furono dislatti non solo i
regoli, ma 5oo veneti. E nel 1272 rin-
no\ò la tregua colla re[)ubblica. In que-
sl' anno si proibì per legge a' veneziani
d'acquistar beni in terraferma. Felici
se r avessero mantenuta ! Neil" infelice
i^rociala a 2\iiiisi di s. Luigi IX re di
l'iancia, vi concorsero alfpianlo anche
i veneziani. Il doge avea intanto sposato
MIO (iglio Jacopo a una nobile dalmata,
e l'altro (Iglio Pietro a una ricca vicen-
lin.i. Ora, ciò non piacendo a' padri, fe-
cero legge , che nessun doge né i figli
suoi potessero in seguito sposar doima
lorastiera. In questo niezzo il doge morì
a'i5 016 agosto 1275, e fu sepolto col
padre a'ss. Gio. e Paolo. Allora i corret-
tori introdussero nella Protnissioiie du-
cale altre condizioni al doge. Eragli vie-
lato ricever feudi ne per se né pe' figli,
dovendo rinunziare quelli che possedeva
al momento di sua esaltazione, né con-
trarre protiti , né acquistar possessioni
fuori del dogado. Doversi far leggere o-
gni due mesi le leggi sulla carica , non
prender parte nelle contese. Si proibì a'
figli del doge aver governi, capitanato o
signoria, solo potendo essei e ambasciatori
o capitani di naviglio. La dogaressa, figlie
e nipoti non potevano regalare i cittadi-
ni. Dovere il doge far giudicare i detenu-
ti nelle carceri ili sopra e di sotto del pa-
lazzo, entro un me>e dal loro im[)rigio-
namento. sbrigarne le cause, ed ogni me-
se farli visitare da un notaio. — Jacopo
('onlarini XfjVII ilo^c. D'oltre 80 an-
ni a' 16 settembre r 275 fu eletto. Anche
sulto di lui essendo gran [)enoria di bia-
de in Venezia, si mandarono due amba-
sciatori a'signori di Lombardia (»er com-
prarne; ma ne venne poi abbastanza da
pule di Giovanni Dandolo console nella
i'uglia. Il re di Servia o Rascia si accam-
pò a Uagubi nello stesso auuo, il coule di
V E .\ 117
essa PietroTiepolo ne die avviso alla re-
pubblica, la quale amiate due galere in-
dusse il re a ritirarsi e alla pace. Conti-
nuava intanto la guerra d'Ancona, il per-
ché si armarono prima 5 galee, capitano
Giovanni Tiepolo; indi aitici 5, capitano
ALarco ÌMichiel. 1 primi comballimenti
non furono favorevoli a'veneti, anco per
la burrasca che nel porlo ruppe 6 galee.
Accrebbesi perciò il numero delle navi,
e rinnovatasi la pugna, i veneziani vinse-
ro, talché convenne agli anconitani invia-
re oratori al doge e alla signoria richie-
dendo la pace. I veneti però esigendo
grandi condizioni, gl'inviati ripalriarono
senza aver nulla concluso. Essendo mor-
toa' I 6 maggioi277 l'apaGiovanniXKI,
dopo aver inutilmente tentato conciliare
tali vertenze, adunatisi i cardinali in con-
clave a Viterbo, mentre i veneziani con-
tinuavano l'assedio d'Ancona, come do-
minio della s. Sede, si studiarono d'indur-
re la veneta signoria a richiamare l'ar-
mata; che se avessero ricevuta alcuna of-
fesa dagli anconitani, per a ver voluto con-
tro il divieto condurre vettovaglie per le
foci de'fiumi alla riviera australe, dover-
si la cosa decidere coll'equità e non col
ferro; essersi dovuto chieiler giustizia al-
la Sede apostolica, per non contaminare
con eccesso sì grande la gloria de' loro
maggiori. Lev.issero dumpje l' annata
d'Ancona, e non potendo il sagro colle-
gio abbandonar gli anconitani , avrebbe
per se stesso e per opera ibi'divoti della
Chiesa ovvialo a ingiuria sì grave. Con
altre lettere i cardinali ordinarono al go-
vernatore della ÌMarca, che dovesse por*
ger soccorso alla città d" Ancona, e co-
mandarono sotto gravissime pene a'mar-
chiani che non ardissero in ciò aiutare in
qualunque modo i veneziani. Il Rinal-
di, che tanto racconta, aggiunge che i car-
dinali minacciarono i veneziani delleccu-
suie ecclesiastiche, ma avendo Dio prese
le difese della Chiesa, mentre aspramente
i veneti battevano la città, insorta fie-
ra teivipesla scompigliò l'armala e parte
it8
YEN
di sue navi si i ii|)peiu alla spiaggia e co-
ste li'Aiiconn, eli Fcimio e di .Sinigiigiin;
e gii anconitani po^lealle proprie galee
l'insegne veneie, acoostalisi alle navi lo-
ro sopiavveuiile e clie ignoravano l'in-
iòrluiiio dell'alile, ne presero due, l'al-
ile figgendo in Dalmazia. La lempesla
dev'essere la di sopra narrata, avvenuta
alla fine di giugno, mentre il llinaldi di-
ce air uscir di gennaio, ma foise sarà
fallo d'amanuense o di stampa , non es-
sendo allora sede vacante. Qui il Uoina-
iiin, narrando la sciagura e l' ignominia
a cui ftn (Hio comlaniiali i ca[)itani, cre-
de che allora peggiorassero le cose de've-
iieziani, per avere 1' imperatore R.odolfo
} d'Absburg (d quale nel confermare le
fraucliigiea'uiercanli veneziani,siespres
se con gran henevolenza e slima verso
la repidjblica, il doge e i veneziani), pro-
genitore dell'angusta casa d'Austria, po-
co curante delle cose d'Italia, fatta dona-
zione delle terre di Piomagna nel i syb a
Nicolò 111, veuMC Ancona nelladipendeu-
za di questo; per cui quando gli amba-
sciatori veneziani Marco Cadoer, Andrea
Zen e Gilberto Dandolo, a lui si presen-
tarono a Vitei bo (ov' era stalo eletto a'
25 novembre 1^77) per complimentarlo
dell'assunzione al pontificalo, furono ac-
colli assai fieddamenle, e non volendo
consentire a ritirarsi dalle loro preten-
sioni circa ad Ancona, ebbero sdegnoso
commiato. Dirò io: lìodolfo I non fece
alcuna donazione di duminii alla romana
Chiesa. Soltanto, ad istanza di Nicolò III
e secondo l'uso de'tempi,con diploma ap-
provò le concessioni, privilegi e conferme
falli alla medesima da'suoi preilecessori,
e lo fece ratificare dagli EleLtori dell' Im-
pero. JNel diplomasi legge: rccog/tìlu/n,
con firma tuni, ralificaluin eie... nomi'
nalim ... Marchia Anconitana. Dall' al-
tro canto i Fapi con apostolica autorità
approvavano l'elezione degl' I/iij>eratori
e poi grit!)[)onevano la Corona Imperia'
/e; ed allora gl'imperatori spedi vano il
solilo diploiua. E siccouu» llodolfò 1 non
V E N
calò in Italia per tale solennità, così Ni-
colò 111 domandò la rinnovazione del di-
ploma. La sovranità della s. Sede sopra
Ancona e sua provincia originò ne'primi
anni del secolo Vili, e non nel declinai'
del XIII per Rodolfo 1. lm[)erocclièquan-
do s. Gregorio II scomunicò l'empio Leo-
ne 111 VJsaiirico, i po|)oli dell' l'2saicato,
di'H'Emilia, della Penlr/poli et\ii\ Piceno
(f'.ì, alle quali appartenevano Ancona,
nel 72() si sottrassero dal giogo imperia-
le, e S[)onlaneamente si diedero alla So-
vranità della s.Sedeede'Papi ( /^), spe-
cialmente la Jllarra [f-^.). Indi avendo
Liutprando usurpato i patrimoni della
Chiesa romana d' Ancona {P-} e d' U-
inana (^''•),p'>i li restituì nel 742 a Papa
s. Zaccaria, donando espressamente le
città d'Ancona e Umana, oltre altre. Le
usurpò Astolfo, e Pipino nel ySS Io co-
strinse a reslituirle, e non avendolo ef-
fettuato, a'pontificii reclami il successore
Desiderio pure promise di resliluirle nel
736; e quando nel 778 fu vinto da Car-
lo JMaguo, questi elfellivamente le resti-
tuì alla s. Sette, nel suo diploma leggen-
dosi ciK'itaies A/ìchona, Aiiximnm, Fir-
i/ntm, eie. 11 lestu della storia lo ripor-
tai ne'citali articoli. Se Ancona, prima
dell'elezione di Nicolò III, non fosse sta-
la dominio temporale della s. Sede, co-
me i cardinali potevano tenere il riferito
linguaggio co'veneziani? Vedasi l'ab. Leo-
ni, Ancona illustrata, lib. 3, e partico-
larinenle il lib. 4"- Ancona si dà alla, di-
vozione della Chiesa nel 744- Peruzzi,
Storia d' Ancona, 1. 1, p. 160 e seg.; An-
cona si dà del lutto alla Chiesa, e gli an-
conilani giurarono [)eipetua fedeltà e
ubbidienza nel 744 '"' Adriano I e Pon-
tefici successori. — Il senato veneto nel
I 277 continuò conlro Ancona con vario
successo la guerra sotto questo dogado,
spiegando gli anconitani non poco valore
nei sostenere gli scontri ilella veneta ar-
mata. De'quali iiidjarazzi di Venezia [)ro-
fjtlando le città dell'Istria, parecchie si
diedero al patriarca d'Aquileia Raimon-
YEN YEN ,,9
do Toriiani, e convenne far guerra per verno fino nll' elezione tiel nuovo do^e
falle lornare «tU* ubbidienza. Non molto nell'interregno il consii^liere anziniio iVi-
dopo, la pace con Ancona fu conclusa nel colò Navagio^o. Poco ilopo e nell'apnltì
successivo dogado. II Rotnanin, savio e nioi\ il Contarini, e venne tiunul.ito nel-
imparziale storico, falsa dichiara l'asser- la chiesa di s. IMaria Gloriosa de'Frari. —
zione, che gli Anconitani quindi ìniian- Gio\>nnni Dandolo XLF [[[ (Io:^c. A'3 e
:/ do\'ranno riconoscere e ri-spellare la marzo 1280 fu eletto colla solite forraole,
iOi'ranità della Repubblica di f^enezia assente dalla città ambasciatore ilella re-
siil Golfo. !l trattalo di pacediciò non pubblica all'estero, ovvero trovavasi con-
conliene sillaba. Egli aggiunge a glo- le ad Ossero, l^acificatosi con Ancona, nel
ria del vero. Il dominio della repubbli- 1281 un granile terremoto rovinò mol-
ca sul Golfo Adriatico era fondato sui te case. Indi a'27 agosto 1282 fu decre-
fiilti, cioè sidla protezione e sulla supe- tato, che cpie'del consiglio di Pregadifos-
liorità esercitatavi ila secoli; ma non ere- sero eletti per due inani l\'\ elezione, im-
de sia stata per trattali formalmente ri- perocché prima non erano eletti , ma il
conosciuta. Conclude di sciogliere la tan- doge e la signoria mandavano a pregare i
lo agitala questione di c(iiesto dominio cittadini pratici e primari onde volesse-
con ripetere, che cioè y^/ esercitato, non ro intervenire ne'consigli, e ipiesli chia-
;'/Vo/?05cm/o. liinnoviiron»! le treguecol- mavansi Pregadi, nome ciie poi sempre
l'imperaloredi Costantinopoli Paleologo, si conservò. Fin dal 1277 era slata in-
coi mezzodegli ambasciatori IMatteo Gra- Irodolla la forma d'elezione delta a due
denigo e Marco Horubo. L'anno appres- mani, cioè proponendosi ad ogni elexio-
S01278 la citlà di Capodistria negando ne per ciascun uKlziodue candiilati, che
il tributo annuale si ribellò al doge, e si si facessero scontro , e rimaneva eletto
die a detto patriarca , e cos'i ribellò la (piello che riportava i\ maggior numero
cill.'i di Rlonlona. Ma spedite contro am- ile' sulfragi. Così nell' elt-zione del consi-
bedue il capitano Andrea Baseggio con glio de'Dieci neh 3 io, furono uoniinali
molla gente, si battè con quella del pa- dagli elettori scelli dal maggior consiglio,
triarca andata in soccorso degl'istriani, e eio dal doge, consiglieri e capi dc'4o, e
caddero in potete de' veneti Capodistria poi ballottati. Furono in seguito anche
e Montona, indi per primi podestà s'in- Ire Ofjuallro inani di elezioni, e (piiiuli
viarono aliai." Kinieri Morosini, alla 2.' lienlasei gli elettori, che firmando tanti
3Iaici> Michiel. In Venezia cospirò con- gruppi o collegi elettorali, ciascuno di
tro la repubblica Giovanni Saracino, nta nove elettori , si ritiravano in dilFerenti
scoperta la trama e fallo il processo, fu stanze, e così ogni candidalo veniva ad
sbandito in pei |)etuo(l,illa città. Infierìe- averequattro scontri. L'elezione per scru-
ziandio la pestilenza, e molle persone mo- linio si faceva quando iieHelezioni in du-
rirono. Anche in Candia nel 1280 seguì pio, il doge e il suo consiglio pioponeva-
qualche rumore per opera di Giorgio no anch' essi il loro candidato col mez-
Coi lazo greco, ma la prudenza di M iri- zo delle tessere o polizzini. Neil' anno
no (jiadenigo duca (juicio le cose. Il do- 1282 fu bandita la moneta delta gros'
geConlarini reso inubde per decrepitezza .^o, che Uro>io i .° le di llascia in Levan-
a più governare la repubblica, e dovendo le aveva adulterato. A' 20 dicembre
rimanere in letto, vediiidosi inulile rinun- 1284 f'> gi'andissiujj iuomlazione d' ac-
ziò, o fu fatto rinunziare alla dignità a j que che alfondò assai luoghi di Venezia,
0 a' 6 marzo 1280 coli' assegno di lire e fece molto danno alle mercanzie ch'era-
1 joo di piccoli, circa 'Too zecchini l'an- no ne'magazzini. In (pie>l'aiino niedeii-
uo, finché vivesse, lutanlo assunse il gu- mo quo' di Puuuu ed aitri luoghi dell' l-
I20 V E N V E N
Siria si tliedeio liberamente a'vene/iani, islrnge di luUi i fiancesi che perdLTono
tuandandoa giurare al iloge fedeltà. Per l'isola acquistala dalla Spagna, il fraii-
queslo motivo e perchè s'era ac(iuislala cese Papa Martino IV fulminò !a sco-
io addietro Capodistria,si venne a giier- uuinica conlrogli autori dell'oirdjile ma-
la col nonuiialo Torriani patriarca acjui- cello, e fece predicar la crociata a fivore
leiese, e col conte ui Gorizia Alperlo. Es- degli Angioini. Però i veneziani si me-
si collegali insieme tentarono invadere slraiono freddi con Carlo I, acconsenli-
rislria j andando con uà esercito dicesi rono ad una nuova tregua col greco ioi-
di 36,ooo persone. Alcuni cnslelli si lese- pero di Andronico li l'aleologo, e proi-
)0; ma i veneziani alleslironogrossissimo birono perfino al palriarca di Grado e
esercito terrestre, nel rjnale ciedesi che al vescovo di Castello di predicare la
andasse il 3." degli uomini di Veneziaat- crociala in favore degli Angioini e con-
ti alle armi, ed assediarono Trieste. Qui- Irò l^ietio 111 re d'Aragona, onde nel
\i falla una bastia vennero alle mani co' i 284 furono colpili d'interdetto dal car-
iiemici, ma i veneti n'ebbero danno, mas- dinal Dernardo di Latignissel legato ili
sime pel tradimento del loi'o conleslabile Bologna con giurisdizione sui patriarcati
Gerardo delle Lance Lunghe,!! quale vo- di Grado e d'Aquileia, e legalo a Vene-
leva daie a' nemici una delle porle della zia per ottenere aiuti a Carlo I a ricnpe-
Laslia. Se non che scoperto il [elione, fu rare la Sicilia. A'a aprile i aSo divenuto
preso e slancialo con un mangano nel l*apa il romano Onorio IV, i vetieziani
campo nemico. Questo veduto scoper- nel dicembre gli mandarono ambasciato-
lo il trallalo si ritirò. Koudinieno tale ri d'ubbidienza, per complimenlarlo e
guerra durò 8 anni e n mesi, con grande pregarlo di levar l' inlerdelto che pesava
dispendio della città di Venezia, intanto su Venezia, Il Papa gli esauih, coli' assi-
pero che il patriarca somministrava gen- curazione che i veneziani negli affari di
li e soccorsi a'iriestini, i veneziani Io mo- Sicilia non prenderebbero alcun partito
leslavano dalla parte del Friuli. Anzi no- contrario agl'interessi della santa Se-
tano alcune cronaclie che il palriarca de, suprema signora dell'isola, e degli
fosse preso da certi castellani di colà, al- Angiomi. iNello slesso i285, o nel pre-
leati de'veneli, e posto per disprezzo so- cedente, furono coniali i prioii ducati
pia una mula colla faccia verso la co- d' oro nella zecca di Venezia, poi del-
da, tenesse la coda della mula in mano li verso il iS^y cecchini o zecchini ve-
con lettere che dicevano: Ecce Sarerdos lieti, che restarono sempre moneta piin-
praviis qui in dicbiis sHis lUspUcuit Deo cipalissima e peifetta , da per tulio v\-
et irn'cnltis est nialns. Poscia hi fatta lii cercata. Neli28f) essendo stata presa fi
pace \'S marzo 1 285, dopo l'espugnazio- città di Tiipoli di Soria dal soldano del
ne di Trieste , e dopo il lilorno delle Cairo, vi furono uccisi lutti i veneziani
piazze deiri-lria all' ubbidienza della le- che n'erano alla difesa. Allora si concer-
pubblica. Già questa nel 1281 cedendo tòlra il Papa Nicolò IV la crociala co' ve-
Unalmenle all'istigazione di Carlo d'An- neziani, il che saputosi dal solilano man-
giò re di Sicilia e del suo nipote Filippo dò la sua arinnla a Tolcinaide e la pre-
III re di Francia, con trattalo aveva ac- se rovinandola da'fondamenli, laonde il
consentito al riacquisto di Costanlinopo- nome cristiano restò espulso dalla Soria.
]i, dovendo la repubblica somministrare 11 doge Dandolo, lodate per prudenza e
4o galee almeno. Ma l'ardito disegno fu altre virlù, fece molteplici savissime leg-
interrotto nel 1282 per lo scoppio della gi, e morì a'2 nove«ubre i28c), se[)olto
feroce rivoluzione di Sicilia, nota col nella chiesa de' ss. Gio. e Paolo, in un
porne de' famosi Fesperi Siciliani, con monumento al muro dalla parte sinistra
V E N
ili (.Ili entra per la porla maggiore. Nel
Sfgiienle anno ili venne re d' Lnglterid
Aiuliea 11! il Tcnazicino, coìn\e\Uì [ìQv-
cliè nalo a Venezia dal nialrinionio di
Stefano figlio d'Andrea 11, con Tonìrna-
sina iMorosiiii, la cui nipote Tonxnasi-
na IMorosini sposò il seguente doge.
12. Pi f irò Grnch'iìigo XLTX (Inge.
Celebiavasi i funei'ali del predecessore,
quando il popolo luuiuUuai iauienle ac-
clamò dugii Jacopo Tiepolo, figlio del do-
ge Lorenzo, distinto per militari iuìprese
i onorevoli inagislralure. Era questo un
riprendersi gli anliclii diritti da lungo
tempo non più in uso, era un moto die
atterrir dovea quelli che volevano soste-
nere la costituzione della repubblica qua-
le era slata riformata, a norme cioè seui-
pre più strette ed arislocraiiclie, era un
seme di guerra civile se il Tiepolo fosse
slato men buono cittadino. i\I i egli piU'
dente e di singoiar bontà, fuggì à<\ Ve-
nezia. Quietalo il popolo, fors'anco per
1 esortazioni dello stesso Tiepolo, raccol-
tisi gli elettori procederouo col solito ce-
remoniale all' elezione del nuovo doge,
icl novembre 1289 proclamando Pietro
Ciradenigo di 38 anni , uomo di fermo
animo e lisoluto , trovandosi podestà a
Capodistria; ma caldo sostenitore d(;ira-
ristocrazia, poco ben di lui augurav;\>i il
popolo. IMandalo a levare con 10 galee
fe>je il suo ingresso e ricevè il ducale ili i-
deina a'sj novembre, festa di s. Caterina
di cui era divolo, ed ordinò che per l'av-
venire ne fosic festeggiato il giorno. N;'l
1292 slava già per spirare la tregua fra
le due rivali repubbliche di Venezia e
di Genova. I genovesi guerreggiavano al-
lora co' pisani inferiori ad essi di forze,
l'orli i genovesi ilei possesso di l'era,
sobborgo di Costantinopoli, e per la lo-
ro nuova colonia ili Calf-i o Titoilosia^
capitale della Crimea, volevano esclude-
re i veneziani dal tr/idlco di Costantino-
poli, di Tiebisonda, del Tanai o Don; i
veneziani dai canto loro, già dominatori
4i quelle ac(jue, nulla più desiderando
YEN 121
che di distruggere i possedimenti di l'e-
ra e di Cada , si collegarono con Pha^
ed i genovesi co'greci e Andronico li lo-
ro imperatore, a cui fu dichiarata guerra.
Dopo molle ostilità nell'Arcipelago e nel
mar Nero, i veneziani tolsero Pera e Caf-
fa al nemico; ma nuovamente da esso at-
taccati presso Curzola nella Dalmazia,
rS settembrei2q8, furono sconfitti dal-
le %^ galee genovesi comandate da Lam-
ba Dorin. Andrea Dandolo, ammiraglio
veneto dig'5 galee, tra molti fu (allo pri-
gione, ma per poco; poiché non potendo
sostenere l'idea d'entrare in Genova cin-
to da catene, e servire al trionfo dell'ar-
mi iiemiclie, abborrile del pari che com-
baltule da lui con sommo coraggio, per-
cosse fieramente contro l'albero della ga-
lera il proprio capo e lo sfracellò. Si fece
ascendere fino a 5ooo il numero de'pri-
gioni, e fra questi il celebre viaggiatore
iMarco Polo, che nelle carceri di Genova
trovò i pisani sconfitti e presi 1 3 anni in-
nanzi alla Melora. Snerv;ite ili seguito
le due repubbliche da altre piccole guer-
re, fecero di nuovo tregua, a mediazione
di Pa|)a Doiiif.icio Vili, alle cui insinua-
zioni cederoiio i veneziani; ma i geno-
vesi confidando vanamenle nella loro po-
tenza tornarono alle iirmi, finché coll'in-
tervenlo di i\Iatleo Visconti signore di
Milano e vicario im[)eiiale , indusse le
parti belligeranti ad un Iraltato di pace
a'2J maggio I29(). Così Venezia scam-
pò da un grave pericolo, ma poi altri e
più funesti ne corse. Tentava il maggior
consiglio di spogliare il popolo d'ogni au-
torità pubblica. L'idea di eguaglianza tra
cittadino e cittadino, raddoppiò cagione
nel popolo di altamente sdegnarsene. Spe-
rava non penici e allatto il diritto, mer-
cè la nomina degli eletti a lui solo dovu-
ta; ma scosso ancora volevasi questo gio-
go. Il doge, uomo ardilo e acuto, decretò
neli2<)G, al modo riferito nel § XVI, n.
y, che lutti i membri del lìhì^^giur con-
.sii^lio e i loro discendenti sarebbouo
quiud'iunauzi perpetui, seui'ullra clczio-
122 YEN YEN
ne. Allri ilecreti si fecero nel i 2^)7, i 298, cle*icisllci, e cos'i la formazione dell' ari-
1209, pe'qnali il governo a un trullo da slocrazi» veneta e la riunione di tutti i
deiuocralico divenne aristocratico, per la poteri in questa , fu qua! dovea essere,
fermezza del doge. I ciuadinisi trovarono l'opera lenta del tempo, non un improv.
Co'iiuovi regolanienti divisi in Ire dilFe- viso mutinienlo nei^Ii ordini dello stalo,
lenti classi: i ." quelli clie nun erano mai non relfelto immediato di quella legge,
stali né essi uè i loro antenati del mag- che troppo mal conosciuta divenne poi fa -
gior consiglio ;-2.'' quelli che vi avevano migerala col nome di Serrala del gran,
avuto i loro progenitori ; 3." quelli ch'e- co^^/^/Zo, per a ver essa leso i diritti altrui,
lano slati del consiglio essi ei loro ante- d'onde que' reclami, che a lungo restati
nati. I primi si dicevano iioiniiii niioi'ì, inesauditi, diedero indi origine al richia-
e non venivano ammessi al consiglio se modiillaD.\linazia de'nobili detti poiy?rzr-
non per grazia; i secondi si andavano in- naholi.W raaggiorconsiglio spettavano le
eludendo di volta ir. volta; i terzi (Inai- nom neaile magistrature, le dellbiirazioni
mente avevano pieno diritto d'essere elet- negli oggetti politici ed economici, cioè
ti. Non è dunque vero, dice il prof. Roma- leggi, grazie, guerre, paci, alleanze, iinpo-
uin, che, come molli erroneamente spac- ste, prestiti ec, assistito altresì, dall'inter-
ciaronOj la legge del 1 297 fosse una decisa vento del consiglio de' Prcg-i/^^/o Sanalo^
Serrala (leli^ran consiglio {([nùSì [mi- GS- della Qiiaranlia e degli altri magistrali
sersi effetti vamenteserrale le porle infac- urbani, di'retlori tornanti dal loro uffizio
eia al popolo); né che tal nome venisse dal- ec. 11 Consiglio iniaor e o del doge co-.n^o-
l'essersi d'allora in poi chiuse assoluta- nevasidi Sciltadini, nobili pur essi dilibro
niente le porte del maggiorconsiglio,il cui d'oro, scelti a due per sestiere, che non pò-
seggio fosse divenuto [)erenne ed inamo- levano esser parenti del doge: reslava-
vibile negli slessi individui e nelle lorofa- no ordinariamente in carica un anno;
miglie, mentre a ciò si o[tpong()uo i regi- avevano insieme col doge la presidenza
stri, che mostrano imove elezioni e bai- nel senato, e insieme co' 3 capi de' Qua-
Jottazioni falle ogni anno. Dopo in fatti ranta costituivano la cosi detta Seretiis-
questa così delta Serrata del maggior sima Signoria. Spellava a questa riceve-
co/isiglio, si trova crescere anziché sce- re tutte le suppliche dirette al doge, pò-
mare il nome de' suoi componenti. La ner parli, cmé proporre leggi nel mag-
legge è dmiqiie a considerarsi sotto l'a- gior consiglio; leggere ogni anno al do-
spelto d'una depurazione, non di un re- gè la Promissione ducale, e al bisogno
slringimenlo del consiglio; ma quella de- ammonirlo. Il Consiglio de' Pregadi, o
purazione condusse poi naturalmente al- Senato, divenuto slabile nel i23o, era
lo stabilimento dell'aristocrazia, e mise a stalo cosliluito ordiniriamente tli 60 in-
pocoa poco tutto nelleniiini dj questa. Co- di vidui uoinmali da 4 elettori del mag-
sl concentratasi ne'nobili la sovranità che gior consiglio, poi nel [343 da questo
slava prima ne' cittadini originari e nel stesso direttamente, non più di uno pei'
popolo, il maggior consiglio veiine a far- faaaiglia. Ueslavano in ullizio uw anno,
si ereditario nelle famiglie, e quindi 1' o- uia potevano esser confermali; al Prega-
1 igine del Libro d'oro, in cui si registra- di presiedeva, come al solilo, il doge co'
Vano i i:ialiimoni e le nascite de' nobili, suoi consiglieri, e ad esso erano delega-
provvedimenti santissimi per la conserva- tea principio specialmente le cose coii-
zione del buon costume, e base perpetua cernenti la mercatura sì ne'suoi rappor-
deilci successiva aristocrazia, (piale si man- li interni che eslerui, (piindi gliapparle-
tenne a lutto 12 maggio 1 797. Dipoi per nevano i duzii, le spedizioni delle flotte
tagioui politiche furono esclusi i nobili ec- mcrcautili^ gli armameuti delle auvi, il
V E N
provvedi melilo so[»im le foite/zee piazze
di frontiera, infine l'arsenale, molle ma-
terie economiche, gli allori di pace e di
guerra, nonché l'invio dogli ambascialo-
li, de'quali mi sono proposto parlare al fi-
ne della repid)hlioa, ossia verso il termine
di questo o, n. 15. Ricevette presto il se-
nato un'aggiunta per le cose di massima
importanza, composta di 20 nohili tra'
più ragguardevoli e special mente da quel-
li tornanti dalle ambasciate come i più
alti a fornir cognizioni sui vari paesi e
a maneggiare con iscienza pratica le fac-
cende ad essi relative. Questa aggiunta,
che confermavasi in Qu.irantia, non lar-
dò a divenire di metodo per annua ele-
7Ì(ine, poi si accrebbe a ^o e fino a 60,
onde il senato veneto venne infine ad es-
ser composto di 120 individui. Al Consi-
glio dt (Quaranta o Quaranlia apparte-
nevano oltre i giudizi civili e criminali
in ultima istanza, anche i principali atfa-
ri pubblici e di staio, che venivano poi
portali al maggior consiglio; vegliava al-
le cose della zecca, dell'oro, dell' argen-
to, del rame; inlerveniva regolarmente
nel sen.ilo, ouile per la sua importanza
non potevano esservi eletti se n(jn consi-
glieri, giudici, avogadori, uomini iusoui-
ma di sperimentata capacità, anzi, ristret-
tasi l'arislucrazia, fu stanzialo nel I2q8
(come si ha dal Libro d'oro del maggior
consiglio, diverso dal Libro d'oro ricor-
dato della riobillà veneta, istituito nel
XVI secolo), che alcuno non potesse es-
sere de'quaranta, se prima egli slesso, il
padre o l'avo non avesse sedalo nel mag-
gior consiglio. La Quaranlia aveva par-
ticolare stanza nel palazzo, ove adunava-
8Ì altresì a dure udienza agli audjasciato-
ri esteri, udire le lagnanze ilelle cillà e
Provincie suddite , leggeie le lettere e
maliuare le deliber.izioni da proporsi
poi al maggior consigho. Nel secolo XV,
se[iariilc le uiulerie civili d.dle criminali,
t bhero origine due Qu jianlie, cioè la ci-
vile e la criminale. Cosi il JLigi^ior Cun-
glio, il Minore, il Senato o Pregadi e
VEN 123
la Quaranlia, tulli presieduti dal doge,
formavano la base su cui foni ivasi tut-
to l'ordinamento della repubblica ve-
neziana nel secolo XIII, e da essa poi si
diramavano !e altre numerose magistra-
ture. Quindi il prof. Roinaniii ragiona di
esse,(le'|)rovvedin)enti interni relativi al-
la giustizia, al commercio, alla naviga-
zione, alle finanze, alle arti e alla mili-
zia, alla polizia, alla beneficenza, a'iavo-
ri pubblici, alla cultura. La legge della
Scrrcila del /nnggior ronsiglio,[)ei- (pian-
to pur la politica si adoperasse a coprirne
la finale conseguenza, l' esclusi(jiie cioè
del popolo da ogni parte della pubblica
au5minislrazione,noii [)Oteva noiidestare
negli animi de'popolani un profondo seii-
liineiito di sconlentezza , benché questa
sì tosto non prorom[)esse, tenuta a fieno
specialmente d;d!a guerra genovese. Ma
appena la pace del 1 2qr) ebbe rassicura-
ti i commerci e dato agio alle menti di
ripensare a quanto era stato fitto e a
quanto minacciava l'avvenire, che una
cospirazione fu ordita per rovesciare il
nuovo ordine di cose. Pel decreto, che tul-
li i membri del maggior consiglio e i lo-
ro disceiulenli sarebbero quiiid' innanzi
perpetui, senz' altra el zione, non sola-
mente il deluso popolo arse di rabbia,
ma parecchi patrizi, già divenuti inferio-
ri a molli semplici ciUadini, fiemerooo;
quindi rodi(j della nobiltà e del popolo
sobbolliva per legge sì decisiva. Erane
alla tesla Mario lìocconio, uomo di mol-
lo seguilo per le sue ricchezze, ma noa
di mente pari all'ardito concepimento.
NeliSoo egli, declamante contro il doge
e i magnati, creduli tiranni e distrutto-
ri della libertà, si collegò con altri mal-
contenti. Dopo pochi giorni, la congiu-
ra scoppiò, ma riuscì al doge di traspi-
rare la trama; sull'istante Bocconio co'
suoi complici fu imprigionalo, e con io
de' princi[)ali compagni fu impiccalo fra
le due colonne presso la portatici pidaz-
zo ((.Ielle colonne rosse esterne del pa-
lazzo ducale, luogo dcsliiialo all' ese-
124 V I' N V E N
cuzione delle S(Miteiize cnpitali, ne ri. mn Inulilmente per .iver occupalo Castel
porlo al n. 20 nel tiogado 67."); "li al- Ti^J.ilduecl i soMioighi di Ferrara, e poi
Iri si <lie(lero alla fiiya e fuiono Ijaii- anclie la città, di cui il Soranzo fu falla
diti, rs'ella pace co' genovesi non era pode>tà a nome della repubblica. 1 dtie
stalo nominalo il loro alleato Andronico legati invitali piacevolmente i veneziani
li, restalo in tal modo esposto alla ven- a ritirarsi e non vedendosi ubbiditi, nel-
della de'veneziani. Questi con 2(S galere la stessa Ferrara a'25 ottobre i3o8 sco-
si recarono fin s(jltole mura di Costanti- municaiono il doge Gradeuigo, il senato,
nopoli devastandone i dintorni. L'impe- i ministri della repubblica egli occupi-
ralore dovette allora piegarsi, e conclude- lori, ponendo l'interdetto nello stato
re a 4 ottobre i3o2 una tregua di io veneto. Tali censure furono rinnovale
anni, insorta guerra co' padovani per da Clemente V, nel giovedì santo a' 27
a\er eretto un lorle presso alle paludi a marzo i3oq, con loro grave danno, do-
difesa di loro saline, dopo vari combat- pò processo fitto nelle forme giuridiche,
timenli seguì la pace nel 1 3o4. ^lenire incinsi vamente a Vitale iMichieli diveuu-
le (azioni ila' guelli e ghibellini si erano lo podestà di Ferrara. Non cessando i
iiai;cese a desolare varie parti d'Italia e veneziani da voler dominare in Ferrara,
la iMarca Trevigiana, anche co' nomi di il cardinal Pelegrue legalo di lìoiogua e
IJu/nchi e Neri (/'.) accadde un grande nipote del Papa, visi i-ecò con 8000 cou>-
avvenimento che aumentò nella regione baltenli, e ivi pubblicò una crociata cau-
le guerre e le fazioni. A' 5 giugno i3o7 Irò i veneziani, con indulgenze eguali a
fu eletto l^apa il francese Clemente V, quelle promulgale contro i saraceni, e
che stabili la residenza papale nel con- quindi i veneziani furono da lui disfatti
ìm\o Fenaissiiio (P .)Q\n Avignone (l''.) con grave perdita, a' 29 agosto presso
nella Provenza, con funestissime conse- Francolino. I ferraresi giurarono fedel-
guenze per la Chiesa e per l'Europa, là a mezzo d'ambasciatori nel i3io al
massime per l' Italia. Frattanto morto Sommo Pontefice Clemente V in Avi-
Azzo Vili marchese d' Este e di Ferra- gnone, edin pieno concistoro confessaro-
ra, Fresco e Francesco, questi fratello, no essere la città di Ferrara di assoluto
quegli bastardo di lui, si contrastarono dominio della Chiesa romana; e che se i
i doaiinii. Fresco ebbe ricorso a'venezia- marchesi d' Este 1' avevano assoggettala
Ili, qual tiilore ilei suo figlio Fulco tla' al loro dominio, ciò era stato per f(U-za
lerrarcsi riconosciuto per loro signore, e non per giustizia ; onde avendo alcuni
Trancesco a Papa Clenieiite V supremo chiairjati in soccorso i veneziani per li-
sovijiiio di Friiaia, la (piale app,irlene- berarsi da tal giogo, quelli aspirando poi
va al piiiicipato della s. Setlc, innanzi al dominio deila città, li avevano ridotti
Papa Stefano ili del 7112, indi data in a condizione miserabile, per cui ricorre-
feudo da Giovaimi XV detto XVI con vano al i^apa loro legittimo e antico si-
annuo censo verso il f)8| a Tedaldo avo gnore, al quale soggettavano beni e per-
iglia gran conlessa iMiililde, ed Innocenzo sone. Cletnenle V li accolse come fedeli
III aulcnizzò Azzolino d'Este a domina- vassalli, dimostrò con bolla che Ferrara
le p!.l i.°in Ferrara con una specie d'iu- apparteneva al dominio della s. Sede in-
veslitnia. Il Papa inviò legati Arnaldo naiizi a Carlo Masino. Anche i veneziani
abbate e Onofiio decano Mcldese, e uii nello slesso i3io mandarono ambiscia-
e.-'Crcilo ad occii[)are Ferrala, i (pjali pri- lori in Avignone Carlo Quiriui e Fran-
cia d entrarvi c(jlla forza ammonirono i » esco Damlolo a invocare perdono al Pa-
vene/Lini, comandati da (iiovaiiui So- pa per la guerra intrapresa e per l'occu-
raiizu, a non [ircndcr parie pcrl'itsco; pazionc di Ferrara, douiuudaudo in gra-
V E N V E N 12 5
t\!i d'essere as*olli Jalln scoiDunica e dal- mento, dal succedere a qualunque bene-
l'inleidello. Gli ambasciatori vt-iieli gin- fìcio ecclesiaslico; ordinava a UiUi i pre-
raiono in coucisloro d'uljhidirea'contan- lali e chierici di parlirsidal territorio ve-
di del Papa, e di compensare l'ingiurie neziano entro i o giorni, dopo spirali i
falle. Per allora non segui l'assoluzione 3o che si conceilevano ancora al ravve-
e il Iratlalo di concordia, per la morte <li mento. La repubblica versava nell'e-
del doge che avea inviata l'ambasceria, stiemo pericolo. 1 popoli, invidiosi della
E per non ritornare su questo argomen- sua grandezza, da tulle le parli insorge-
lo, qui dirò che nel i3i3 i veneziani li- vano a fare lor prò della concessione pa-
nalmente ottennero da Ckmenle V l'as- pale. In Italia, in Francia, in Inghilterra,
soluzione dalle censure, con bolla de'26 lino nella lontana Asia, si confiscarono t
gennaio, ratificando con alcune modifi- loro averi, saccheggiarono i banchi ed i
cazioni i loro antichi privilegi sulla navi- depositi, predarono i navigli (grandissimi
i;)7Ìone del Po, e sul possedere beni sta- danni risenliiono [ìure i veneziani nella
bili nel Fé.' rarese. Da tutto il riferito bre- Pui^lia, nella IMarca d'Ancona e in molli
■veniente cogli storici di Ferrara, oltre altri luoghi). Ogni tralìico quindi cessa-
il narrato in quell'articolo coH'annalista va; ogni indusli ia era sospesa, l'ultitna
Rinaldi, non posso convenire col eh. Ro- fine della repubblica forse era venuta,
inanin M che Ferrara fino da'tempi del- se unica via aperta al commercio non le
la contessa INIalilde di Toscana, nel XI fosse rimasta ancora per que' trattali ap-
secolo, eia venuta sotto una certa supre- punto co' saraceni, tanto dall'idee reli-
mazia del Pontefice ". Del roto impor- giose del tempo condannali, ma che i ve-
lante e dettagliala è la storia ch'egli de- neziani con mente superiore non cessa-
.scrivedi questa famosaguerra, dalla qua- vano di coltivare". In mezzo a tanta
le appare che allora anco in Venezia vi burrasca non si perde d'animo il gover-
i' Nsero i parliti, de' guelfi riveienli al no della repubblica, lagnandosi che non
Papa, e perciò temenli le censure, che eransi attesi i suoi ambasciatori, e volle
avrebbero provocate coli' impresa peri- virilmente conservarsi in Ferrara. Prese-
colosa e dispendiosissima di Ferrara, ol- ro parte alla crociata contro i veneziani
Irei' invidia di lutla 1' Italia contro Ve- i vicini gelosi di Firenze, Lucca, Ancona,
nezia ; e de'ghihellini più numerosi, che e altri luoghi di Lombardia e di Roma-
fecero prevalere la loro opinione sull'oc- gna. I padovani s' inipadronirono de'be-
ciipazione di Ferrara. iXarra pure l'amba- ni de' veneziani, e pieslarono aiuto alle
sceiia di Giovanni Zen, Delfin Delfino e milizie pontifìcie nel riacquisto di Fer-
l^ielio ()uirini, parliti a'27 marzo i3oc) rara. L'epidemia infierii nell'armata ve-
per Avigiioneonde placareClemente V,il nela, e la guarnigione di Castel Tedaldo
<]uale peiòa'27 «pronunziò la scomunica i\\ passata a fil di spada, ed a'prigionieri
Lonlro il doge, i suoi consiglieri, tulli i e loro alleati i ferraresi trassero barba-
ciUadini di Venezia, e tulli quelli che ramentegli occhi. Il nominalo ambascia-
loro dessero aiuto, assistenza, [irolezione loro Dandolo avendo il soprannome di
consiglio; confiscavane i beni niobili ed Cane, eil i soprannomi eiano assai fre-
iiiMDobili da lor posseduti nel Ferrarese quenti in Venezia, presero vari storici mo-
cd allrove;dichiarava nulli lutti i lor Irat- livo a favoleggiare che ()er la riconcilia-
tati e le convenzioni; vietava di recar lo- zione si fosse umiliato (ino a presentarsi
10 viveri o merci ; assolveva ì sudditi del al Papa con una catena al collo come un
(li;ge dal giuramento di fedellà; permei- cane, onde poi gli provenisse quel sopì an-
te va ad ognuno di farli schiavi ; gli esclu- nome. .Ma a ciò smentii e basta il documen-
deva dall' esser lesliinoni, dal far lesta- lo the piova averlo pure portalo il pa-
126 VEN VEN
(Ite suo Giovanni. Il Coliellio i ipoi 1n col fra' suoi naj;imerìte a fuggire, e fuggen-
Salieliico: catana ferrea -collo inj'ecta, do, I' ftlfìere die il precetièva lungo la
ad ej'us iiiensam [del \'apn) /ar/idinjjro- via eli Merceria, restò accoppato da uà
.stralns Jacìttt. Non potè il doge Grade- gian vaso di terra o nioitaio di pietra
nigo veder prima di iDorire il termine piombatogli a caso da una finestra, o forse
delle negoziazioni e levala la funesta sco- gettalo appositamente da una donna poi
njunica, anzi alle tante amarezze del suo premiata. Coll'alfiere cadde la bandiera
governo quella .s'aggiunse d'una Ire- die portava l'illusoria iscrizione di Li-
inenda congiura, die poco mancò no! ro- //f/Vrt. Bajamonle con (|uelli die losegui-
\'esciasse. Far l'impresa di Feirara d'op- vano coise ad asserragliar>i di là dal poii-
poslo sentire, fra'molli, furono i Tiepoli, te di Hiallo, che essendo ancora di legno
i Badoari, i Quirini. Di (pui UciC(|uero le fu tosto tagliato; uienlie una mano di
accennate dillerenti fazioni, e il disegno ribelli, avanzi del corpo di Marco Qui-
di deporre il doge, e di riordinare come riiii, sosteneva uno scontro nel campo o
prima il maggior consiglio nel iSio.Or- piazza tli s. Luca, di altre genti armate
ditole del disegno fu Bajamunle o lioe- da' coiilialell'. della scuola dell.i Carila e
mondo Tiepolo, dello il i,'r.7« r(7r(7//V/e, alcuni dell'arte de' pittori, e restò scon-
.spinto ardimentoso, infaticabile, figlio di fitto. Alfine la sedizione nella parledi qua
Jacopo e nipote di Lorenzo, ambo dogi, da Rialto fu domala, ma di là reslava
e genero di Marco Quirini, il quale era ancora un corpo formidabile comandato
irritalo per la taccia di viltà e di liadi- da Daj unonte, ben fortificalo nelle case
mento datagli nell'abbandono di Caitel e con serragli; onde seRadoero Badoer,
Tedaldo. Impegnala a ciò buona mano altro de' capi congiurali, fosse giunto in
di padovani, odiatori della repubblica, tempo, l' esistenza del governo poteva
disposta in poco tempo ogni cosa, l'arca- esser di nuovo compromessa; ma egli fu
no sino all'ultimoreslò inviolato. Ma fre- combattuto nel recarsi da Padova a Ve-
queiiti adunanze misero sospetto, anzi nezia, e co'suoi raccolti menato in prigio-
gli esploratori aprirono al doge la tre- ne. Altro dunque rioii restava die cac-
menda congiuia. Sidl'istante comparve- ciare il gruppo di ribelli dal nido di Rial-
roarmi ed armali d'ogni parte. Unospa- to. Volle il doge prima tentare se colla
■ventoso temporale nella nollede'i4 giù- promessa di perdono ed amnistia avesse
gno sorse a render più funesto il vicino potuto indurli tornare all'ubbidienza, es-
oiomenlo. Bajauionte non piuilo alter- sendo la città ancora nella massima co-
ritOj in sull'alba del i T fm iboiulo sbu- slernazione. l mediatori furono superba-
ca con nuuicrose coorti da lolle bau- menle rigettati da Bajamoule; e solo riu-
de della città, fra le grida di libertà e sci all' eloquenza del consigliere ducale
morte al doge Gradenigoj e giunti in Filippo Belegno di piegarlo ad un accor-
Tdalto posero a sacco i pubblici fonda- do, confermato dal maggior consiglio a'
chi, con errore vantaggioso allo slato, e 17 giugno. Si convenne, che Bajamoiile
dannoso a'rivollosi, poiché le truppe del co' seguaci uscissero da Venezia e suo di-
doge, guidale da Marco Giustiniani, pò- stretto, Bajamoule per 4 anni andasse nel-
tei'ono schierarsi in ordine di battaglia. I la parti di Schiavonia oSlavonia, al di là
congiurati giunti nella gran piazza di s. di Zara, e gli altri in luoghi da assegnar-
Marco, quivi si cominciò l'orribile zolfi ; si dal doge, lutati però obbligati aliare-
Tuli e tumulto nel popolo, pianto e pan- stituzione del derubalo. IN'el dì seguetite
le nelle femminee ne'fanciulli. La pugna furono sentenziati gli ammutinntori ; ul-
fu ostinata e sanguinosissima, ma i con- tri in bando, a morte nioltissiuii. Foro-
giurati furono coslrelli a piegare. Primo no decapitati Dadoei'o DadoiM, Saggino
VEN VEN ICÌ7
d'E»te.J.icopo da Conegliano, Cecco, Gio- presa della republ)lica, quella della scjjo-
vniiiii e Gerardo da Esle, Giovanni Con- la della Calila e 1' ailra della parroccliia
didi di Firenze: gli altri complici fiuono di s. Luca, fu ristorato nel i 79 r, e Io sli-
inipesi alle forche. Bcijninonle e gli altri le fu rialzalo nel iSSy. Usciti i ribelli
piinci|iali colpevoli pMitiiono, e furono da Venezia, erano sempre inquieti, né
imposte taglie sulle loro teste cpiaiido si lutti andarono a'confini prescrilli. Quin-
lasciassero trovare fuori del loro confina- di nuovi ligori e nuove precauzioni con-
u)enlo. Loslorico lvon»anin riporta i no- tro diesai tlivenivano necessarie. Oltre a
mi de' princi|>ali, che poi avendo in ciò ciò, si oiduiò la demolizione della casa
inaiicatu, incorsero nella condanna ili di Dajamonle a s. Agostino a' aj luglio
morte e nella confisca de' beni. Fra gli i3io, e sorgeva ov'è ora il campiello
i-'iliali si contano 8 tra pievani e retto- del Remer, circondato il sito da uiagaz-
II di chiese, olire altri sacerdoti. Salvata zini e da un orticello; e più tardi nel
coM la repubblica da lauto pericolo, fu- l 364- vi fu eretta una coWtnna d'infamia,
rono lese grazie « Dio, e decretato festi- i pilastri del portone donandosi allacliie-
vo il i5 giugno sagro a s. Vito, con so- sa di s. Vito, che li adoperò nella prò-
lenue proce>sione da farsi dal doge eda' pria porta. Fu egualmente decretala la
I magisliati a quella chiesa, oltre quanto demoluione di due terze parti della casa
altro dissi nel descriveila nel n. G8 del d i Marco e Pietro Quirini a P>.iallo, ri-
§ Vili. 11 governo non lasciò di ricoiu- roanendo in piedi solo la parte di Gio-
pensare qiie'che contribuirono neliab- vanni, tenutosi lontano dalla congiura,
batlere la congiura. E prima .Marco Do- ma |)oi la sua proprietà veruie acquista-
nà fu dichiarato con tutta la sua disceu- la tlal comune e lutto 1' edilìzio conver-
denza [lerpeluinienle del maggior con- tito ad uso delle IJtcciuie. Inoltre nel di-
siglio. Alla d(jnua che acco|)[)ò l'alfiere cembre dello stesso 1 3 1 o fu ordinato che
tli Ijiijamonle, chiamala Giustina oLu- fo^sero tolti e cancellali tulli gli stemmi
eia Rossi, fu concessa la modesta sua do- Tiepolo e Quirini, e che le loro famiglie
manda di poter lare sventolare dalla sua avessero a mutarli, e fiuono cambiali
lineslra la bandiera di s. INbirco nel gior- anco ne' luoghi sagri e nelle sepolture,
no di s. Vito e negli altri >oleuiii, e di non 1 Quirini soltanto nel dogado di Steno
potersi aumentar la pigione «Iella casa riebbero il dirillo d'essere eletti nel con-
che abitava, né a lei né a'suoi successo- sigilo de' Dieci. Per la pubblica sicurez-
li. (ili ullizi occupati già da' libelli si za e con poteri eccezionali, a' io luglio,
(oiiferirono a' benemeriti della patria, col maggior consiglio il doge istituì il
l'.M licolai iouorifiironodecretali al giiar- TiibunaL'. de Dicci [rKiuisilori, \\\ ap-
diano della scuola di s. Riaria della Ca- presso perpetualo e resosi terribile e fa-
rilà, e che in nicz'<:o al campo di s. Lu- mo'^o, per la salvezza ilella repubblica,
co, ov' era succeduto lo ^conilo co' con- col nome di Consiglio de' Dicci, a cui
giurali, fosse alzala un' antena, dalla ci- essendo sultoposto lo stesso doge, V /Irte
ma della quale sventolasse la bandiera di verificare le date lo chiama Sigillo
'Il (piella scuola e dell'arie de'pittori.Tut- all' Aristocrazia e reggiinenlo de' nofn-
loia quasi nel mezzodì tal campo elevasi //. Ancorché ne volessi diue un'idea, riu-
iiiio siilo o slendaido in memoria del- scirebbe lunga la narrazione, iiupiegan-
I <n veiiimenlo,e non come scrisse il San- dovi il benemerito Romaiiin l'iulerocap.
■Aino eretto da' Dandolo per indicare 3 del lib. 8. Mi limiterò ad un rapido
'■lihilico della città. Apprendodal cav. cenno che da esso ricavo, come ho fallo
Mulinelli: Il marmoreo ceppo dello stile, in buona parte della congiura. I conli-
su cui vedesi scolpita l'epoca mccxx, l'im- nui niuvimenli de'baaditi e (.lell'irrequic-
128 VEN VEN
toCitj.-jmouteTiepoIo, le apprensioni che da! più severo sindacato della sna amini-
per molto tempo ancora si manteiineio, nisliazione: nulla, se non la coscienza
diedero motivo a prolungare la durata della propria rettitudine e dell'esercizio
del Irdnniale eccezionale, a [)rincipio isti- irreprensibile del suo potere. Aveail con-
tuito solo per l'ingente bisogno del nio- sigilo de' Dieci 3 capi eletti dal suo seno,
mento, e a |)rocacciarne alfine la stabili- mutabili ogni mese, a cui spettava l'ini-
là nel [335 e la conferma nella concio- ziativa degli affari, preparare i processi e
ne pubblica nel i33c). Era in circa ciò fare eseguire le risoluzioni del consiglio
che orsi direbbe un giudizio stalario, stesso. Era obbligo loro di non andare per
p! ocedeva speditamente, sidjitamente, quel mese in giro per la città, né alle botle-
senza indugio, ma non arbitrariamente, glie, uè alti i luoghi pubblici, ov'era solita
non inginstamenle, non senza norme e ridursi la nobiltà, e ciò per isfuggire ogni
regole ne' suoi giudizi, come prova l'en- occasione di broglio ed ogni altro nianeg-
couìiato patrio storico. Le (piali norme e gio; di osservare scrupolosamente lo sco-
regole anzi erano strettissime, né poteva pò per cui era stalo istituito il consiglio,
dipartirsene, formando quello clie allora cioè al fine di conservare la qidctc cli-
cliiiimavasi il rilo. Nondimeno il mistero berta de'siidditi proteggendoli dalTau-
in che furono sempre avvolte le sue azio- forila de' prepolenti ; \\\ giudicare que'ca-
ni rendevalo tremendo, e ne derivarono si solamente che per la loro grave qua-
false idee che si propagarono fino a noi, lità ricercavano le forze e il rispetto di
e si dura molta fatica a sradicare dalle che godeva un tanto tribunale ; di dare
menti. Erano scelli questi decemviri tra' udienza ogni martedì, giovedì e sabato
]nincipali e più rispettabili cittadini, uno per cose spettanti al consiglio, ed in al-
per famiglia, sedevano un anno e non pò- tri per cose urgenti e gravi, ma solo per
tevano venirconfermati nell'annoseguen- ricevere gravami, non già per cause o
te. Affinchè la scelta procedesse con tutta giudizi in corso; di presentare il i.°gior-
ponderazione e assennatezza, si nomina- no del mese una nota di tulli i carcerali
vano a pochi per volta nelle varie adu- per ordine del consiglio, e dar opera che
nanze del niaggior consiglio. La loro eie- t'ossero spediti al più presto; di formar
zioiie si faceva a principio per due ìiia- processo circa alle denunzie e querele per
/2?, cioè proponendo ad ogni elezione due poi portarle al consiglio; di visitare ogni
candidati tra' quali aveva a decidere a mese le carceri ; di presenlareal consiglio
niaggioranza di sulfragi il gran consiglio; perla conferma tulle le detenzioni ope-
poi [)er legge del i356 ogni pro[)osto rate da'capi predecessori nell'ultima me-
doveva avere non uno, ma duecompe- tà del loro mese ; di ricordare al consi-
tilori, ed infine occorreva il suffragio in glio tutti i processi in pendenza del mese
4 collegi elettorali, il che dicevasi elet- precedente. Questi 3 capi erano tenuti
io per 4 niani di elezione. 1 decemvi- con leggi e provvedimenti in freno, clie
ri non ricevevano stipendio, non assu- non commettessero abusi. Teneva il con-
nievanoallia magistratura, non poteva- sigilo de' Dieci le sue adunanze in una
no esser tra loro parenti; quando un sala particolare nel ducale palazzo, non
accusalo fosse stato congiunto di sangue parala a nero, non debolmente e di tetra
d uno di essi, quel decemviro veniva e- luce rischiarata, come immaginarono i
«eluso; accettar doni o provvisioni era romanzieri, oltre le favule de'trabocchet-
delitlo capitale. .Spiralo l'anno tornava- ti, ma ornata di superbe pilluie cliede-
no al grado d'ogni altrocittadiuo, il tre- scrissi nel §ll,n. i. Ad ogni adunanza
mendu decemviro non aveva più nidla del consiglio assistevano il doge co'suoi 6
che il mettesse al coperto dalle accuse e cousigUeri,eduuoalmeuo degliavogado-
V E N
li senza volo deliberativo, ma incaricalo
d'impedire ogni abuso, per cui il consi-
glio avea in esso un sindacatore continuo
alle proprie deliberazioni. Così il consiglio
Lencbè nomiuahnen te di dieci, Irovavasi
pel fatto composto di 17 individui, tra'
quali il capo della repubblica, venerando
■vegliardo, supremo custode delle leggi, e
elle col piede alla tomba dovea più die
mai vigilare a serbarsi pura la coscienza ;
anzi ne' casi gravissimi il consiglio colla
giunta, tonta, d'altri 20 scelti cittadini
veniva a formarsi di Sy epiìi individui,
a guarentigia della regolarità de'suoi prò
cedimenti. Il consiglio, ogni anno rinno-
valo, nella i.' adunanza ascoltava la let-
tura del suo capitolare, e prestava il giu-
• ramento. Per questo ciascun decemviro
prometteva di provvedere con ogni suo
jiolere all'utile e all'onore di Venezia; di
fedelmente osservare i comandamenti del
doge e de'capi ; scrupolosa segretezza nel-
le cose trattale nel consiglioi di non man-
care alle sedute; di non permettersi al-
cun abuso d'autorità; d' astenersi di vo-
tare una deliberazione in cui avesse pre-
so palle; di dar sempre il sudragio se-
greto; di non brogliare, né favorire l'ara-
riiissione d'alcuno nel consiglio; di non
disporre aibitrariamente de'denari della
cassa del consiglio, 0 di far doni e prov-
visioni ec. Occupato die avevano il doge,
i suoi cousiglieri, gli avogadoii, i decem-
viri e loro capi i posti assegnali, facevasi
avanti il segretario, e cominciava dal leg-
gere le lettere cbeal consiglio fossero stale
indirizzale; poscia rendeva conto delle
querele sottoscritte 0 anonime che fossero
slate presentale peisonaliuenle, 0 trova-
le nelle così dette bocche del Leone (nel
[)aluzzo ducale fuoii della porla d'ingres-
so alla sala della Bussola, così della per
jtiella di noce intagliala esistente ancora,
:lie introduce alle stanze già de capi del
;iinsiglio de'Dieci, tuttora si vede un fo-
o praticalo nel muro, ove stava una te-
la marmorea di leone, nella cui bocca
palancala si deponevano le denunzie se-
voL. xci:.
V E x\ i>9
grele. La cassella delle denunzie era sla-
ta istituita soltanto per permuta e barat-
to delle ballotte nell'elezioni, e per bra-
vi e vagabondi). Se la denunzia era sot-
tuscrilta, dopo lettone il contenuto, sene
ballottava l'accettazione; non ri[)orlando
quattro quinti de' voli, veniva respinta.
Polevasi ballottarla fino a 5 volte, non
raggiungendo il numero de' voli ricbie-
sli, la querela cousideravasi caduta, o ri-
nietlevasi ad altro magistrato. Quanto
poi alle denunzie non sotloscrille, richie
devasi che i consiglieri del doge e i capi
dicliiarassero priraa lutti d'accordo, con-
tener esse materie di stato, ed oggelli
d' alta importanza pubblica. Poscia pas-
sando a' voli, tale dichiarazione doveva
riportare cinque sesti de'suffiagi del con-
siglio. Ma la querela, sebbene per tahno-
du qualificala grave, non inlendevasi per-
ciò accettala, mentre ciò dipendeva da
una nuova ballottazione in cui avea a ri-
portare quattro quinti de' voti. Allora il
segretario la registrava nel libro delle
querele per avviarne il processo. Se le de-
nunzie non toccavano la sicurezza dello
sialo o de' cittadini, ed erano stimate di
lieve importanza, si bruciavano. Accetta-
ta la querela, l'avogadore faceva l'espo-
sizione del caso e leggeva il mandalo d'ar-
lesto del reo, o il proclama che lo chia-
mava a presentarsi, se era assente, col-
la relativa pena se mancasse. Accettato il
procedere, mediante i voti di numero le-
gale, altrimenti non procedevasi più ol-
tre, e venuto il reo nelle mani della giu-
stizia, delegavasi un collegio criminale
composto dell'avogadore, d'un consiglie-
re e di due decemviri ad esaminarlo,
coir obbligo di presentare il processo fra
i5 giorni al più tardi. L'interrogatorio
seguiva ordinariameule all'oscuro, alTin-
chè le tenebre ispirassero [liù terrore e
raccoglimento all' accusato, l'er conce-
dere l'esame alla luce, richiedevansi cin-
que sesti de'voti. Adopeiavasi secondo ii
costume del tempo la tortura (si praticò
più o meno secondo i tempi fino all'u!-
,3o VEN ' VEN
limo sernlo, per consuettulino e prnllca- so il pioce*.?o, tlnvea iiilimnigli I;i con-
Cessò in Venezia prima ancora dell'opoia (I;iiiti;i, ottimo appello alla sua coscienza
del Beccaria, della quPiIe feci paiola nel a [nocedereconregolaiilà e giustizia, dap-
voi. LXXXV, p. 88 e 89. La confessione poiché sopra lui pesava tanta raalleve-
ollennta per In tortura non era valida se ria. Tre processi venivano ordinariameu-
non era confermata 24 oredopocongiu- te Iratlali in ogni seduta del consiglio,
ramento); l'imputato poteva citar testi- essemlo proibito passar ad altro se prima
moni, e questi erano interrogati e fatto non s'era dolo corso al precedente, Que-
lor giurare prima la verità, poi la segre- sti processi si riferivano sempre soltanto
tez/a ; alTaccusato comuiiicavasi esatta- a quelle speciali materie dal maggior con-
mente l'opposizioni risultanti dal prò- sigilo delegate a' Dieci, ed erano: i casi
cesso, ma non veniva posto a confronto criminali di nobili; lultoquanto spetta-
to' testimoni. Il reo non poteva rispon- va a tradimenti, sette, congiure, turba-
dere all' interrogazioni collo scritto, ma zione dello stato-, i trattati (tradinienti)
di viva voce: se era incapace gli si per- di terre e di luoghi, che solovansi ma-
metteva parlare cogli avvocati de'prigio- neggiare segretissimamente; gli oggetti
nieri, ciò dal i44- '" poi. Le leggi rac- di spionaggio, le colpe nefande ; l'olferte
comandavano sollecitudine nell' esami- segrete a vantaggio della repubblica ; le
Ilare i detenuti, né fossero fatti soifrire confraternite delle scuole grandi; il go-
oltre al prescritto da esse, le quali con- verno della cassa speciale del consiglic
cedevano i5 giorni di tempo a'carcerati per le spese segrete; la cancelleria dura
a piesentare le suppliche. Chiuso final- le; la punizione de' rettori e degli uffi-
mente il processo e recati lutti gli atti ziali disubbidienti agli ordini delgover-
nel consiglio, con diligenza si leggeva- no; i falsatori di gioie e le alterazioni del
no due volte, ed interamente le difese le monete; per qualche tempo i piivi
senza interruzione. Passando il consiglio legi delle città; inoltre le faccendede'bo-
n\ giudizio e alla sentenza, se con 5 bai- sebi, delle miniere, dell' arte vetiariad
loltazioni non si ottenevano i voli d'ol- Murano; le violenze commesse nelle bar
tre la metà del consiglio, il reo era mes- rlie, l'uso delle armi, il teatro, le masche
so in libertà. Nel caso di condanna ogni re, il buon costume in genere; in fine ne
proposizione veniva ballottata, con fa- 1(^92 le cose di stampa concernenti i
colla ad ogmuio di propoire una mino- governo della repubblica. Dalle qual
razione di pena e domandar anche la re- materie era ingiunto severissimamente
visione del processo, la quale potevasi al consiglio di non deviare, né per alcut
domandare scorsi parecchi anni, ma pre- modo oltrepassarle, e quando tentò al-
vio un certo nuu>ero di voli del consiglio, lai gare i suoi poteri, dal maggior consi
Da'giudizi pionunziatida un rettore nel- glio fu richiamato all'ordine e infrenalo
le piovincie, per delegazione del consiglio L'aggiunta di 20 individui domandatf
de' Dieci, poteva a'capi di questo l'ag- dnl consiglio de'Dieci per la congiura Fa
gravato presentare ricorso, e se rifiutato, lier, e divenuta poi di regola, avea au-
al consiglio slesso, che dopo deliberazio- mentalo all'eccesso il suo potere pel ere-
ne richianjava a sé il processo e l' afiì- dito che veniva alle sue deliberazioni
dava ad un avogador di comun per infor- dal concorso di tanti ragguardevoli per-
mazione. In ogni condanna quella che sonaggi. Potevasi ragionevolmente teme
lipoi lava la maggioranza veniva riballot- re di vedere un giorno la repubblica di-
tata 4 volte, e solo allora intendevasi pre- pendere totalmente da quel consesso, e
sa senz'appello e irrevocabilmente. L'a- passare ad una prepotente oligarclva e
vogadorche avea interrogato il reo esle- dominio violento di pochi. A porvi efll'
VEN
cacs riineilio, nel i 329 si ridusse l'ag-
giunta ai5 individui eletti dal Pregadi o
settato, e approvati dal maggior consi-
glio ; nel I 582 si fece ces'iaie col rifiuto
de'voti nell'elezione, e cadde alfallo nel
i583. Il consiglio de'Dieci, non gui per
le sue crudeltà, ma per la sua potenza fa-
cendo ombra a buon numero di nobili,
mal volentieri tollerandone il freno, nel
iGaqenel 1761 gli sollevarono contro
tanta tempesta, die per poco non ne ri-
U'ase del tutto abbattuto. Accusalo con
tutta la veemenza dell'odio, si sindaca-
rono tutte le sue scritture, e nefuris(d-
tato il trionfo del consiglio, uscendo in-
colume di tanto pericolo, riconferman-
done l'autoiità il maggior consiglio nel
17G2. Uiassumendo adun(|iie le patti di
cui era specialmente incaricato il consi-
glio de'Dieci, si trova che dovea regolare
la sicurezza e prosperità dello stato, la
tutela del cittadino e il buon costume, in
base delle leggi per la sicurezza e pro-
sperità dello sialo, delle leggi per la tu-
tela de' cil ladini, delle leggi del buon
co*/!(/»c, le quali ultime comprendeva-
no le chiese e i monasteri. Il vendico sto-
rico dopo esposta la giustizia del consi-
glio de Dieci, la coscienza che metteva ne'
suoi procedimenti, la pietà e religione
con cui esprimeva i suoi decreti, e per-
ciò non poteva essere il tribunale di fatti
esecrandi come alcuno lo calunniò, passa
ad esaminare quali fossero i castighi e le
pene che inlliggeva; rammentando, che
a que'tempi la condanna era nello stret-
to senso della parola una punizione, una
vendetta quasi della legge sul colpevo-
le. Tali pene de' decemviri erano: l'am-
mende pecuniarie unite alla punizione
corporale; il bando, il quale veniva pro-
clamato con facoltà di uccidere il colpe-
vole che si fosse lasciato trovar fuori del
<uo confinamento; il carcere a tempo o
in vita; la galera; la mulilazione di (jual-
■cìie membro, lo strappamento degli oc-
:lii o della lingua ec. ; la morte o in
ipubblicoo segreta, più o menu truce. La
V E N i3i
pubblica consisteva nella decapitazione o
con appendere il reo alle finestre del
palazzo o fra le due colonne della Piaz-
zetta; tal volta, ne'piìi orrendi delitti, il reo
veniva condotto con infamia lungo il Ca-
nal grande, frustato e arrotato. La segre-
ta sempre si eseguiva eziandio in conse-
guenza di regolare processo e solo ad
oggetto o di sottrarre dall' ignontinia
qualche illustre casato , o per non dar
troppo nell'occhio al popolo. Che anco
talvolta per la stessa ragione si annegas-
sero, è vero: l'ultimo annegato fu un ve-
triere di Murano nel secolo scorso; però
accrebbe il numero l'atterrita immagina-
zione. Dal Necrologio conservato nella
clwesa di s. Marco, daliSji al i6o4 se
ne coniano 2o3. Il maggior numero de'
quali appartengono agli nltimi tempi pe-
ricolosissimi per la repubblica. Di quel-
li che morivano naturalmente o veniva-
no strozzati nel carcere, si rilasciava lai»
volta anche un attestato, premessa sem-
pre una particolare licenza degl' inquisi-
tori di stalo. Parlando delle carceri, che
in principio erano nel palazzo ducale su-
periori e inferiori, e delle Piornhi e Poz-
zi, rileva il prof. R.omanin, che s'erano
orride, non certo quanto cjuelle d' altri
paesi (come nel descriverle notai anch'io
nel § II, n. 2), che tion pensando al pro-
prio passato, cercano solo in Venezia le
atrocità! Gli stessi capi de' Dieci le visi-
tavano ogni mese; i prigioni uscivano ne'
corridoi a pochi per volta, mentre i custo-
di facevano la quotidiana visita; se ma-
iali, venivano traslocati nell'infermeria;
ordinariamente non portavano catene;
fu pensato assai per tempo a separare i
carcerati per debiti, da'ladri e dagli oujì-
cidi : furono perfino istituiti gli avvocati
de'carcerati coU'obbligo di visitarli nelle
loro prigioni, ascoltarne le lagnanze, pe-
rorarne la causa. I cos'ai detti Pozzi, do-
po la costruzione delle nuove carceri dal-
l'altra parte del canale (che descrissi nel
§ XII, 11. 2), e il trasporto colà fatto di
tutti i carcerali del palazzo ducale, furo-
i32 VEN
no poco usali. Al carler della repnl)bli-
ca non vi fu trovato nessuno. Il dalma-
ta, di cui tanto a quel tein|)o si parlò, e
ch'era sano e rubizzo, era stalo, non ne'
Pozzi, ma ne Piombi. Così attesta il fu
consigliere Giovanni Rossi, gran racco-
glitore di cose patrie, nelle minute de*
suoi cento e più volumi òe.' Costumi l'e-
nczìani presso ilcav. E. Cicogna. Egli a-
vea conosciuto gli ultimi inquisitori di
slato, gli ultimi membri del consiglio de'
Dieci, e con loro s'era intrattenuto lun-
gamente su questo argomento dopo ca-
duta la repubblica, e quando que'genti-
luomìni potevano |)ailare liberamente.
Conobbe anche il famoso Cristoforo de'
Crislofoli ultimo missier grande ossia
fante degl' inquisitori di stato. Conclude
il Piomanin, pe' suoi studi fatti intorno
al consiglio de'Dieci dal 1 848 al iBSa.
« Dalle quali cose tutte fin qui dette cir-
ca al decemvisale consiglio, al suo pro-
cedere , alle carceri , alle pene , risulta
che la giustizia era amministrata legal-
tcente, regolarmente, ma era giustizia
tremenda ; che il segreto avvolgeva il
maggior numero delle sue azioni, e per-
ciò apparivano aibitiarie, imperscruta-
bili: ma caduto una volta il velo, meglio
conosciute le norme che a quel tribuna-
le presedevano, convien confessare, che il
consiglio de' Dieci e gì' inquisitori di sta-
to erano di gran lunga migliori della lor
fama ". — Dopo che la congiura di Tie-
polo ebbe rassodata la veneziana aristo-
crazia, poco dopo il doge Gradcnigo mo-
rì a'i3 agosto i3ii,non senza sospetto
di veleno. Sedette ^4 f>n"' e fu sepolto
nella chiesa di s. Cipriano di Murano
(ma non gli furono fatti i soliti fune-
rali de' principi, sì perchè era scomuni-
cato da Clemente V, e sì ancora per es-
sere odiato dal popolo di cui si temeva
qualche sollevazione, con oltraggi al suo
cadavere). Sotto questo primo legislatore
dello sialo fu regolata la forma dell'in-
quisizione del s. Olhzio; innocuo all' au-
torità del principato, e nuovo testimonio
V E N
della prudenza e de'generosi servigi resi
dal Gradenigo alla patria. Con queste
paroleil cav.Cicognacompie le sue biogra-
fìe de' primi XLYIII dogi di Venezia, di
cui ampiamente profittai. Magnifico elo-
gio rese al Gradenigo anco il Moschini,
nel suo Compendio della Storia T^eiie-
ziana, che tengo presente nella compi-
lazione di questo §. Egli dice : L' epoca
più feconda di fatti per la repubblica, fu
il ducato dell'accorto Pietro Gradenigo.
Egli seppe condurre le cose in modo, che
fossero tolti alla patria i pericoli de'ilan-
ni, che le potevano accadere pe' diritti, i
quali tuttavia rimanevano al popolo e
nella scelta del capo e nella sentenza de'
consigli, e appianò la via a rendere inte-
ramente aristocratica la forma del go-
verno, cioè quella foggia di reggimento
politico per la cpiale esclusivamente go-
vernano i nobili. Egli più volte condus-
se le venete armi alla vittoria; potè con
suo onore cessare la guerra che la ve-
neta repubblica avea da sì lungo tempo
contro i genovesi, ad onta che questi a-
vessero portato gran danno a quella ne'
combattimenti. Egli atterrì l'imperatore
greco, il quale nel vedersi rovinare le sue
terre dalle truppe veneziane, pagò le som-
me di denaro, che avute non voleva re-
stituire; ed ottenne, che i padovani, i
quali imbelli osservavano la distruzione
che i veneti facevano de' loro ripari a*
confini, mostrassero ch'erano divenuti
impotenti contro la veneta grandezza.
Egli finalmente ruppe le congiurale tra-
me di Bajamonte Tiepolo, che invido di
lui voleva ricondurre all'antico ordine le
civili cose della patria, e diede la prima
vita al consiglio de'Dieci, il (piale ella tan-
te volle sperimentò sì vantaggioso, che
sempre lo mantenne contro gli stessi più
vivi teutamenti di coloro, che ne getnea-
no del freno. Cosili nome di Pietro Gra-
denigodurerà in ogni tempo tra'più chia-
ri de'dogi veneziani. Ma il prof. Pioma-
nin nel narrare, ch'egli lasciò la repub-
blica ancora abitata dalle maccliinazio-
V E N
ni tlel Tiepolo, cessata ap|jeiia la costo-
bissima guerra di Ferrara, oon levala pei'
anco la scomunica, le vertenze con Pa-
ddva non composte, interrotti i commer-
ci, Zara ribellata , la tomba senza epi-
tallio, sentenzia: Piimprovero abbastan-
za pariante del suo governo. L'indole di
Gradeuigo la lumeggiò r.olla cronaca at-
tribuita a Daniele Barbaro, che lo dice
uomo accortissimo, bramoso sempre di
vincere e di sostenere le sue opinioni più
colla dissimulazione , che con la forza;
fermo nelle sue volontà, pronto ne' di-
scorsi, crudele [lersecutore de'nemici, be-
nefico co'suoi aderenti. Imparziale, non
ne tace le benemerenze, come le riforme
e addizioni a diverse leggi, l'ordinamen-
to de' Sopraconsoli alle faccende de'fal-
limenti, rampliazione dell'arsenale nel-
la parte detta Arsenale nuovo, oltre la
fubbiica delle gomene. Operoso e attento,
procacciò alla repubblica vantaggi com-
merciali precipuamente co' trattali con-
clusi con Adria e co' veronesi, col re di
Armenia e con Cipro che peli.° negoziò;
né lasciò il commercio co'saraceni e col-
1 Egitto, per cui il trevigiano Papa Be-
nedetto XI (in Venezia era stato maestro
de'figli del cav. Quirini, indi vestito l'a-
bito domenicano in ss. Gio. e Paolo, ove
tlivenuto maestro generale dell'ordine
tenne il capitolo generale) con nuova bol-
la [iroibì la vendita d'arnu e legnami a-
gì' infedeli. A suo tenipo Venezia fu ral-
legrala pel ricevimento dell' infante Pie-
tio Hglio di Dionigi re di Portogallo, per
ri»litu/ione della iegata(uel i 3oo odopo:
allri riliti dano la i .' regata al i 3 i 5 e la di-
Cono eseguita a' i o geiinaio),ed a lui si at-
lril)iiisce l'uruamento magniljco del Bu-
cintoro. Quanto a B.ijninonle, che cogli
ambiziosi suoi disegni di rovesciare il go-
verno repubblicano onde costituirsi capo
dello stato , condannato e infamalo col
nome di Cruilitorr dalia re[)iil)bln;a ari-
I slocialica, e riguardato sovvertitore de-
sili ordini esislenli, un tiranno; tultavol-
Ij fu alzato u cielo e rappreseutato co-
V E N rJ3
me martire della libertà ne' tempi della
democrazia, la quale lo considerò pro-
tellore de'diritti del popolo, e quello che
alle usurpazioni de'nobili voleva impor-
re salutevole freno e ricondurre le cose
all'antiche forme popolari: osserva il prof.
Romanin , che però le pratiche da lui
continuale anco dopo morto il suo ne-
mico Gradenigo , escludono del lutto i
molivi di sola vendella personale; re-
stando a veilersi, s'egli volesse veramen-
te favorire il popolo o farsi signore del-
la sua patria ! Soggiunge, la libertà del
popolo fu certo il colore eh' ei cercava
dare alla sua impresa, ma questa non era,
come suole avvenire, se non il pretesto al-
lo scopo di lusingare le passioni delle clas-
si escluse dal maggior consiglio e ingros-
sare il proprio partito; a conseguire il
quale scopo egli non rifuggì perfino dal-
l'iniquo pensiero d' allettare i poveri e
gli sfaccendati colla promessa di partire
Ira essi il bene del comune, di eccitar le
fazioni alla guerra civile, chiamando g/ii-
hcllini quelli che col doge erano, guelfi
\ suoi (oh! lo strazio che fu fatto di tali
vocaboli): poi ritiratosi a Treviso si unì a
tutti i fuorusciti ed a nizzardo da Camino
per conseguire col mezzo loro l'agognata
signoria della sua patria, comefaltoavea-
uo appunto i Da Camino a Treviso, i
Carrara a Padova, gli vScaligeri a Vero-
na. Tutte le sue azioni appariscono di-
rette a questo scopo: le cronache più ac-
cieilitale e che mss. e per uso privato non
andavano soggetle alla censura del go-
verno, convengono nel riconoscere in lui
l'uomo d'una eccessiva ambizione, il sov-
vertitore degli ordini di sua patria, Wira-
dilnre. Di questo uomo turbolento dal
1828 non se ne trova più memoria, e
pare probabile che sia morto per mano
di qualche segreto incaricato. La demo-
crazia del 1 7<)7 gli aveva decretato un
monumento, e un elogio, del quale l' in-
carico era stato dato all'ab, Tentori lo
storico di Venezia. Egli fu anche auto-
rizzalo a cercar memorie nelle Se^rele:
j34 V e n
rna, savio com'era, egli si valse di quel
permesso per riunire e copiare tulli i do-
cumcnli che neh 798 diede a stampa nei
due ben noli volunu sulla caduta della
repubblica di Venezia, di cui dirò alquan-
te parole a suo luogo, verso il fine del
n. 44.
I 3. Marino Zorzi L doge. Mancato
il doge Gradenigo, si raccolsero gli elet-
tori alla nomina del successore, ed ot-
tenne la maggioranza de'suflVagi Stefa-
no Giustiniani distinto senatore, che avea
sostenuto paiecchie andjasciate; ma egli
rinunziando andò a vestir l'abito mona-
stico a s. Giorgio Maggiore. Allora pen-
dendo gli animi indecisi, raccontasi, che
veduto passare a'20 o 23 agosto i3i i
Marino Zorzi vecchio d' integerrima e
santa vita, con un servo portante un sac-
co di pane da dispensarsi a' carcerati,
quello sull'istante elessero, onde venne
poi agli elettori una più stretta clausu-
ra, dopo la sua morte, con istabilirsi che
tulle le finestre e i poggiuoli guardanti
sulla strada fossero ollui ali (come il Coti-
cla\'e de' cardinali ). Forse ebbe anche
parte alla sua elezione il pensiero, che
per la sua singoiar pietà e divozione, più
facilmente riuscirebbe a far dal PapaCle-
nienle V liberare la lepubblica dalia sco-
munica da cui era .incora allacciala. E-
gli era già stato auibascialore a Roma nel
novembre i3o3 a Cenedello Xi, poi al-
l'imperatore Enrico VII alla sua venula
in Italia : inulihnenle si scusò adducendo
lesue abituali infermila. Dice il eh. Fran-
cesco Cadi suo biogiafo, la [lietà e l'a-
more della religione nobilitarono (jueslo
doge, le cui virtù ancor vivente gli ave-
vano meritalo il soprannome di Santo.
IN'ulla d'importante avvenne ne! brevis-
simo giro del suo principato, il (|uale ap-
pena durò IO n)esi e 2 giorni. Si trova-
va la repubblica in piena pace, e si teu-
ne a dovere Zara che sembava nuova-
mente volersi ribellare. In Venezia ogni
cosa ormai tornava io quiete, mercè il
rigore salutarmente usalo nel punir la
YEN
fellonia di Bajamonte. Succedevano però
allora grandi rivolgimenti in Italia, es-
sendo sfrenate le fazioni, per la lonta-
nanza del Papa stabilitosi in Avignone,
e molti signorotti erano inlenti a tiran-
neggiare la patria togliendo la libertà a'
comuni. Di lauta confusione Enrico VII
volendo profittare, qual fautore caldis-
simo de' ghibellini e de' bianchi, venuto
in Italia per ricevere la corona imperiale
iu Roma, vi venie il doge Gradenigo, alte-
ramente scrisse alla repubblica di Venezia
ed inviò la lettera per mezzo dell'amba-
sciatore Gerardo Siefrido, domandando
d'essere ricevuto e riconosciuto come im-
peratore romano e re di Germania ; e
perciò la repubblica mandasse a lui una
ambasceria ad onorarlo, e trattare con
lui della pace d'ilalia e udire la sua vo-
lontà, ed intanto sospendesse ogni guer-
ra e si apparecchiasse a rendergli que'
servigi e adempiere gli obblighi dovuti
dal comune all'imperatore. lìispose Gra-
denigo, che i veneziani l'avrebbero lico-
nosciulo, e mandalo ambasciatori e na-
vigli occorrenti se volesse fare il tragit-
to per mare ; non aver guerra con alcu-
no, solo esservi tuttavia qualche ditTe-
renza col Papa, ma sperarsi tra poco ri-
conciliazione ; quanto poi a'servigi igno-
rare quali fossero, ma se esistessero ob-
blighi a cui i veneziani fossero tenuti,
non vi mancherebbero. Tutti i deputali
delle città italiane giurarono fedeltà al-
l'imperatore, fuorché i genovesi e i ve-
neziani, allegando molte ragioni, ben-
ché nel resto lo riconoscessero a sovrano.
A' 5 ottobre i3i i Enrico Vii da Cre-
mona scrisse al doge Zorzi, invitandolo
a mandare onorevole deputazione alla
sua coronazione a Roma, al che furono
eletti 4 individui, e concedendo facoltà
all'imperatore d'assoldare fino a i4oo
balestrieri in Venezia, ov'erano numero-
si ed esperti pe' bersagli istituiti dal Gra-
denigo coll'obbligo a lutti i cittadini di
esercilarvisi. Enrico VII fu coronato in
Roma a' 29 giugno 1012 da' cardinali
VE N
legali destinali da Clemente V a roppre-
seiitailo, nella basilica Lateiunense [)er-
chè la Vaticana era occupata dalle genti
ili Roberto di Sicilia capoparte guelio.
Mentre pei- Zara e pei- l'iDsorta Dalma-
zia si guerreggiava, 1' ottimo duge toc-
cando l'unncj 8i.°, sentendosi avvicinar
la fine de' suoi giorni, testò disponendo
l'istituzione d'un convento pe' doniem-
cani, e presso al (uedesimo un ospeda-
le per oifani abbandonati d'ambo i sessi,
con laute dotazioni ; onde poi sursero
con)piti nel i 3 i 7 i nobili ediflzi della cliie-
sa e convento di s. Domenico, e dell' o-
.spedale nella pariocchia di s. Pietro di
Castello. Due giorni dopo alla fatta dispo-
, sizione, il doge uscì di vita a' 3 luglio
i3 I 2, e per suo volere io ss. Gio. e Pao-
lo ebbe modestissima tomba, e (juasi può
dirsi ignorata. — Giovanni Sorauzo Lf
doge. All'uonio d'angelico aspetto, a' I 3
luglio I 3 1 2 l'uonio successe d'esteriore
aspro e spiacente qua! fu il Sorau/.o, pe-
ro grande e degno personaggio, somma-
niente accetto a tulli) percliè quel che
nell'apparenza gli mancava abbondava-
gli nella sostanza. Grave d'anni 72, ma-
gro in volto e squallido, allo della per-
sona, sperimentalo poc'anzi ne' più ar-
dui maneggi dello stalo, specialmente in
que'per Ferrara col Papa, e ne'civili per
la congiura di Biijamonte, e nelle più ar-
dile imprese militari, reso celebre dal-
l' espiignuzioiie di Teodosia o Gaffa sul
mar Nero, ove di grandi ricchezze spo-
gliò i genovesi ; combattè poi contro i
padovani, e fmalmente come il padre
suo procuratore di s. Marco de Sttpra
(i procuratori dt Saprà erano incaricati
dell' amministrazione della chiesa di s.
Marco, procuratori de Citra erano quel-
li di (|ua del Canale, e procuratori dt
( lira, cioè di là, dicevansi «juelli depu-
tali per le tutele e le coiumissarie lascia-
le da' tolalori). Djl tulli fu salulato il
v;doiObO, il prudente, il felice; e il di lui
[uiucipalo veramente riuscì uno de'più
aieaiuritbili. Diede uuuuuzio del suo csal-
YEN i3T;
lamento con lettere a vari principi. Mai
più lauto (juanto sotto il di lui reggi -
uieuto fu lu città così abbondevolmente
fornita di provvigioni, ed abbassalo il
prezzo delle derrate ; di che quanto il po-
polo si rallegrasse non è a dire. Si calco-
la che la popolazione allora ascese olire
i 200,000. Numerose fimiglie venneio
di Lucca, come nulai nel g X, n. 32, u
porre stanza in Venezia, seco traendo
grandi ricchezze e copia d'artefici, pe' la-
vori delle sete a' (jtiuli gran perfeziona-
mento portarono con utilità somma del-
la città. E ci venne come oratore ile'Po-
lenta signori di Uavenna il diviii poeta
Dante Alighieri (e ne feci ricordo nel §
XVI. n. 7), il quale compose, al dire del
biografo Calli, que'famosi 4 versi che fu-
rono scritti sopra il Irono ducale nella sa-
la del maggior consiglio (è però a vedersi
quanto in (juesto proposilo ne scrisse loZa-
uoUonel suo Palazzo ducale, o^e prova
a ver Dante dettato que'versi per altra pit-
tura, forse di Giotto, e non per quella del
palazzo ducale). Intanto Clemente V, sod-
disfatto della sua domanda di 100,000
fiorini a'26 gennaio 1 3 i 3, avea levato la
scomunica lanciala contro Venezia per la
narrata occupazione di Ferrara; e tosto
andarono a lui ambasciatoriOiovanni Ze-
no, Delfio Delfino e Pietro Quirini ili."
aprile. La bulla d'assoluzione restituì i
veneziani nel possesso de'loro tlirilli, pri-
vilegi e libertà, imtuunilà, feudi e quan-
to tenevano in Ferrara e nel suo terri-
torio ; confermò gli antichi trattali tra'
ferraresi e la repubblica, ritornò il vis-
domino veneziano in Ferrara, riaprì i
commerci co' solili privilegi ed esenzio-
ni da' dazi, colla sola limitazione che i
mercanti veneti non potessero condurre
loro merci in Lombardia se non pel Po,
al fine d'avvantaggiarne Io stato pontifi-
cio. Si rinnovò altieri il compromesso col
Papa circa alla (p.ieslione dell' Istria an-
cor vertenle col patriarca d' Aquileia ;
ed inoltre Cle:nenle V confermo la b(il-
ia di Clemcutc 1\ , che iicsiuu legalo pò-
,36 VE\ VEN
tesse soKopoiié ad inlercleUo i vene- per l'accidente singolare clie nel cortile
ziaiii senza speciale mandato del Papa, del palazzo ducale nascessero 3 leoncini,
initando coiì a prevenire la rinnovazio- uno niascliio e due fenìtnine, a' 12 set-
lie delle censure pronunziate per l'afl^ire tetnbre 1 3 i 6, da una coppia di leoni in-
di Ferrala, per opera de' due ledali Ar- i^abbiali, i^iìi rnandata in dono al doge da
iialdo eOnofrio. Laonde il dotto Tentori Federico 11 d'Aragona re di Trinacria o
non disse il vero, seguito da altri, che eie- Sicilia <li là dal Faro. Dipoi il doge re-
me) ile V promise che i veneziani non gaio un leoncino a Can Graudedella Sca-
sarebbero in avvenire più scomtniicati la signore di Verona. Il commercio fu
né censurati da'romani I*ontefici. E qui dilatato in varie parli ; si fecero diverse
dirr), the dipoi avendo Giovanni XXII leggi per la sicurezza, la salute e la mo-
scomunicalo Ferrara, per essersi tlala a rale pubblica, e si aggiunsero a Signori
Rinaldo e Obizzo d'Este, la repubblica di notte, anche i Capo sentieri. Il doge
sospese con essa ogni relazione, né ri- sostenne i Cai raresi contro gli Scaligeri, e
stabilì la pace se non nel i33i, quanrio gli uni e gli altri contro la preponderan-
i due Estensi e Nicolò riconciliatisi col za de' Visconti signori di Milano, reggeu-
Papa ottennero la bolla del vicariato di do la bilancia d'im certo equilibrio fra
questa città. Ma prospere nientemeno que' potenti. Al riferire del tlinaldi, pa-
andarono le cose al di fuori. Iiuperocchè re che i veneziani si studiassero occupa-
Zara, ch'erasi data al re d'Ungheria Car- re alcun luogo dello stato ecclesiastico,
lo I Roberto, si riebbe per illustre vitto- onde furono minacciati da Giovanni
ria, ed anche si ricuperarono colle armi XXII. JXon senza qualche grave disgra-
Traù, S[)alalio e Sebenico, e del pari si zia stette però la città •. per fortuito in-
ricovròo meglio custodì ^egroponte.Ma cendio arse nel 1 3 18 il fondaco de' Te-
di più una poderosa squadra si mandò deschi, onde que' loro alberghi e le ric-
contro i liguri, la quale presso a Costan- che merci ivi deposte il fuoco si divorò,
linopoli sconQsse il nemico da cui il gre- Anche ripullulò il sempre funesto albero
co imperatore Andronico II era messo della livoluzione, troncalo già in Baja-
alle strette. Anche si mandò aiuto a' monte : bisognò strapparne le radici nel -
padovani per difenderli da'veronesi. 01- l'ultimo anno di questo dogado, che ven-
tre a 16 anni Soranzo governò la repub- ne funestato dal pubblico supplizio che
blica saggiamente sebben quasi giuuges- subirono Jacopo Quirini e Jacopo e Ma-
se a toccar il luslroi8.°; e la città no- rino Barozzi capi di congiura. Il giorno
bilitò col fondarvi le pubbliche abitazio- ultimo di dicembre iSsB fu quello in
ni pe' procuratori di s. IMarco; erigere cui il venerando padre della patria, già
di nuovo le due logge del palazzo duca- ridotto a decrepitezza, tra il compianto
le verso il Molo, sopra le quali poi, ael generale, pagò il tributo alla natura; e
1 340, si decretò di fabbricare la sala del fu deposto in s. Marco oell'urna marmo-
maggiorconsiglio; e col disporre l'ingrao- rea eli 'è nella cappella del Baltisterio, in-
dimento dell'Arsenale: che anzi lui du- dicalo soltaulo dal suo stemma che vi è
cando, secondo il Cadì e il Mulinelli, la [."" scolpito. Durante la vacanza del ducato,
(forsedellepiùsolenni, poiché di sopra ri- narra il Uomanin nella sua coscienziosa
marcai più antica rorigine)fecesi delle poi Storia documentata di P'cnezia, regge-
sì famose regale per festeggiar l'arrivo ia vano le cose della repubblica i consiglie-
Venezia della regina di Sicilia figlia del ri, che cominciavano le loro lettere colle
duca di Chiarenza e nuora del re Ro- parole Consiliarii Rcctores Fcnct.,es\:
berlo. Si lieti avvenimenti verificarono gillavano col sigillo del consigliere anzia-
i fausti presagi formali già dal popolo 110, giacché appenq morto il doge spez-
V E N
zavano l'anello piccolo con cui sigilla-
vaiisi le bollette e il grande che serviva
per le lettere. Anche i salinari! di Chiog-
gii), de'quali e del sale parlai nel §XVI1I,
ij. 23, trasmettevano i loro ilue sigilli
d'argento a'consiglieri ; il maggiore, che
rappresentava il doge in cattedra, con
corona in capo e col vessillo in Diano,
avendo interno l' iscrizione Sigilliun Sa-
lìs Coinmuni.'! Fenet.^ fra la quale e la {[-
gura del doge leggevasi il nome di que-
sto, veniva tosto distrutto ; il piccolo, che
non portava se non l' immagine del doge
e le parole Bulletta Salis, custodi vasi
dal consigliere anziano e poi dal doge
eletto lino a che fosse fatto il nuovo, si-
gillando intanto i salinarii col sigillo di
s, ìMarco. Furono eletti i 5 correttori del-
la Promissione ducale, i quali tra le altre
cose stabilirono che lo slipeiidii) del doge
l'osse d'allora in poi non di lire 4ooo, ma
di lire 0200, da pagarsi triinestralmen-
ti;; non potesse da se solo convocare a-
rciigo o concione, neppure per le cose
spellanti alla chiesa di s. ÌMarco, benché
di questa avesse il padronato; dovesse
avere per decoro vasi d'argento del va-
lore di 6o lire de' grossi (6oo zecchun);
avesse 25 servitori cui darebbe due ve-
stili l'anno; prendesse per le spese ne-
cessarie un mutuo di lire 3ooo dal Co-
njune tra 5 giorni dalla sua assunzione
al dogado, e deterrainossi il modo della
restituzione per rate ( cnorendo fra due
anni, il denaro ricevuto non veniva re-
stituito; se moriva nel 3.° anno si dovea-
no restituire solo looo lire, se nel 4-
esigevasi restituita tutta la somma, in 3
rate annue, come avrebbe dovulo fare
il doge se fosse vissuto). Queste furono
le disposizioni principali; le altre erano
volte a sempre pili restringere l'autorità
e i poteri del principe. Si decretò pure
dovesse il comune fogli unii zoju o dia-
de;na da conservarsi da'[)rocuiiitori, di
cui il doge avrebbe a servirsi uè' di so-
lermi, non che uu BuctiUoro a decoro
d) sua persona e dello stalo. Adunatisi
V E N
i37
poi gli elettori colle solile formalità per
r elezione del nuovo doge, il gastaldo
Adamo giuròpubblicamente in nomedei
popolo di riconoscere e avere per doge
quello che verrebbe pubblicato; fecesi
gridare ninno osasse in tale circostanza,
come con barbaro costume erasi prati-
cato in addietro, correre a dare il sacco
alle case. — Francesco Dandolo LII
doge. Fu pubblicato a' 4 gennaio i32C),
quello stesso che soprannominato Cano
era slato ambasciatore a Clemente V per
l'assoluzione dalla scomunica; anzi dicȓ
il Moschini, in premio d'aver ottenuto
la cessazione del funesto interdetto sca-
gliato a' veneti per aver protetto gli E-
steiisi. Ecco il ceremoniale di sua assun-
zione al dogado, riferito dall' accuratis-
simo Romanin. La moltitudine plauden-
te corse a levarlo e portarlo in palazzo,
ina egli entrando prima in chiesa, e pro-
stralo dinanzi 1' altare vi ricevette dal
primicerio l'investitura e dal popolo il
giuramento. Usci poi di chiesa, seguilo
dalla turba, portando in mano il vessil-
lo di s. Marco, e salito sul pianerottolo
del palazzo giurò innanzi al consiglie-
re anziano 1' osservanza della sua Fro-
inissione. Indi presentatosi al pogginolo,
parlò al popolo, promettendo giustizia,
abbondanza, di curar l'onore della re-
pubblica e d'esser benigno a chi operas-
se bene. Passò quindi, secondo il cere-
moniale, con grande accompagnamento
nella sala da cui si ascende al palazzo del
gran consiglio; seilè alcuni istanti nella
cattedra, indi entrò nella sala de'Siguori
di notte, e da questa tornando nella i.',
salì infine alle sue camere. Die poi, giu-
sta il costume, un pranzo a' consiglieri,
e questi gli presentarono il Ballottino,
cioè quel fanciullo che nell'elezione avea
estratto le palle, e discorso di sopra. An-
darono poscia anche i consiglieri col can-
celliere a complimentar la dogaressa, e
ne riceverono il giuramento d'usservan-
za della Promissione in quelle parli che
la couceroevano, dopo di che nell'acco-
,38 VE IN VEN
nùatarli ella pieseiUò a ciascuno una bel- al cominciar del secolo XIV, anche in
la borsa lavorata in oro. Nel giorno de- essa infuriarono le fazioni, prevalendo
stinatoal suo ingresso in palazzo anda- la parte del popolo cacciò quella de'no-
rono i medesimi consiglieri a levarla nel bili dal governo, aflìdando una perico-
Bucintoro e con gran seguilo di barche. Iosa autorità a'Carrara, che destramente
arrivala alla piazza^ ivi discese ed entrò aveano saputo acquistarsene il favore, l
per la porta ojaggiore della basilica di veneziani erano stati fin allora or media-
s. Marco ove ollri sull'altare lire io de tori di pace, or mallevadori, or semplici
prossos. Indi uscita per la porta del sol- osservatori di quanto intorno ad essi ac-
loporticodel palazzo e recalasi alla sala cadeva tra' Carrara e gli Scaligeri, at-
de' Signori di notte, sedè sul trono. I lenti alla propria difesa e a raccoglie-
consiglieri allora partirono, e la doga- re i vantaggi olferli dall'occasione. Ai-
ressa rimasta colle sue dame ascese alle la formidabile potenza di iMastino della
sue stanze nel piano superiore. Secondo Sc.da, precipuamente per le saline da lui
il costume, già accennato superiormen- slabdite a Buvolenta, vicino alle Lagune,
te, die pranzo solenne, con invito di lui- convenne dichiarar guerra, ad onta che
le le arti, le quali erano già comparse era avversala dal doge e da quelli che
a festeggiar il lieto avvenimento quali consideravano la repubblica non avere
a cavallo e quali a piedi variamente ve- forze bastanti per la sua condizione ler-
stite. Finite le feste, tutti i cittadini, se- restre, supplendovi col proprio coraggio
condo il solilo, vennero cliiamali al giù- e colle alleanze, oltre gli aiuti di graa
rainento di fedeltà, e si mandò per que- numero d'uomini pratici delle cose mi-
st'oggelto nel dogado da Grado a Capo- litari, accorsi a Venezia d'oltre Alpe, e
dargine ed anco fino a Veglia, dando a degli esuli cacciati dagli Scaligeri. Il doge
ciascuna terra un vessillo di s. Mirco, die il vessillo di s, ìMarco e il comando
Tal fu la fama della giustizia e sapienza dell'esercito a Pietro Rossi de'signori di
della repubblica nel reggimento di que- Parma, stimato il più compito cavalie-
sto doge presso agli esteri, che si nove- re d'Italia. Adunque la repubblica, fatta
rarono fino a 60 ambasciatori da prin- lega co'fiorentini, guerreggiò cogli Scali-
cipi e da comunità conlemporaneamen- gerì divenuti ormai signori di Verona,
te spediti a Venezia per eiiiedere il giù- Vicenza, Padova, Belluno, Fellre, Ce-
dizio del senato. Anche di gloria nuli- ueda, Brescia, Parioa, Lucca ed altri luo-
tare largo acquisto si fece. Si combattè gbi; i quali aspirando all' universale do-
sotto Pera co' genovesi, e presi loro 34 minio in Italia, mentre ogni mezzo stu*
legni e più che 1000 uomini, si forzò diavano anzi tutto di menomar la vene-
la città a patteggiar in denaro alla peg- ziana potenza, finirono in vece col farla
gio. Si combattè contro il patriarca d'A- crescere, ad essa aprendo la via alle eoa-
quileia, Torriani, per l'Istria, ed ebbesi quiste nella terraferma. Imperocché, ca-
nel i33i la città di Pola. Intanto Pa- doto prigione de'generali veneziani Al-
dova avea saputo profittare de' 5o anni berlo della Scala governatore di Padova,
corsi dalla caduta della crudele casa da e proseguendo quelli con fortunato sue-
Romano, per far prosperare il suo com- cesso l' impresa in tutta la Marca Trevi-
mercio e r industria, consolid ire il prò- giana, dovette Maslino,che signoreggiava
prio governo municipale e farsi potente inVerona, comprar pace dalla repubblica
a seguo da sottomettere Vicenza: i guelfi a duri palli, con cederle nel i 338 Tre-
della Marca Trevigiana si reggevano pe' \iso, Bassano, C islelbaldo e Capo d' A-
suoi consigli; la fama scientilica di sua dige, restando disliutle le salme di Bo-
universilà suonava per tutta Europa. Ma voleula, ove si costruirono forti per di-
V E N
feudei e quel punlo eSl remoclelleLnguiie.
Ma il più ragLjuaiilevole avvenimeiilo
del dogado di Dandolo si fu il i .° appa-
rire de' Turchi in l:^uropa, co' quali do-
vea in appresso la repubblica sì soven-
te valorosamente misurarsi, e sostenere
quasi seuipre da se sola il gravissimo
pondo della difesa d'Euro[)a e della ci-
viltà. Questa è gloria che [luò vantar
Venezia; poiché uell' iniininenle peri-
colo per nulla si scosse 1' Europa lulla
compresa nelle proprie guerre, ed allie-
volila dall' interne piaghe di fazioni e di
leggimenlo. Erano quelli i len)[)i fune-
sti in cui stranamente la pontificia resi-
denza era trasportala oUremonte, fuori
del luogo suo naturale j i tempi delle san-
guinose invasioni degl'inglesi nella Fran-
cia per le pretensioni de'loro re a quella
corona; i tempi in cui buona parte della
Germania tv a per Lodovico Vii Bavaro,
egualmente combattuta fra* pretendenti
all'inìpero; della Spagna lottanle con-
tro i 3Iori, arabi e Saraceni sul pro-
prio suolo; ieW Ilalia piti che mai di-
visa, sminuzzata, con principi unicamen-
te cupidi a ingrandire la pro[)ria signo-
ria, anziché pensare a grandi e generose
imprese. Il Papa Giovanni XXII volle
di nuovo eccitare la cristianità ad altra
crociala pel liconquisto di 'lena Santa,
e ne invitò pure i veneziani a prendervi
parie, che poi svanì per sua morte, e pel-
le guerre d' Inghilterra e Francia. Ma
i veneziani, che, sagaci e attenti, mai ave-
vano lascialo di tenere il loro occhio lin-
ceo sui movimenli de' turchi, infeivorati
dal nuovo Papa Benedetto XII, comin-
ciarono la gran lolla, che renderà per
sempre nella storia memorabile la re^
pubblica di Venezia. Nell'articolo Tur-
chia, la celebrai narrando i princi[)ali
combattinienli da essa sostenuti, comin-
ciando dall'origine e ingresso de' turchi
in Europa, chiamativi dal greco Andro-
nico 11, per escludere dall' impero il ni-
pote Andronico ili Paleologo, e dalla
spedizione navale affidata a Pielro Zeno,
V E N 1 j.)
che cacciò i turchi dall' Arcipelagn, ne
ai se i legni e depredò le coste marine
dell' Anatolia, restituendo la libertà a
molli schiavi e togliendo impacci al com-
mercio. iSell'ail'ionlare gli oltoniiuii, la
repubblica si collegò col l'apa Giovan-
ni XXll, coir inipeialore greco, cui re
di Francia, e co' cavalieri di Rodi del-
l'ordine Gerosolimitano già introdotti
in Venezia. Inoltre il Papa nvea falla
lega contro sì fanatici e (ieri nemici del
nome cristiano, co' re di Sicilia, di Ci()ro
e di Armenia ; ed il llinaKli dice che am-
monì i veneziani perchè ricevevano e
tenevano nelle loro terre eretici e scisma-
tici, giacché pe' loro commerci ospita-
vano qualunque popolo. Avvenimenti
domestici sotto il dugado del Daiulolo
si notano, l'assegnazione fatta nel i3?.r)
a 6 procuratori di s. Marco dell'abita-
zione in 3 Frocuralie, i per ciascuna;
e r isliluzione falla da Gualtieri Ceroico
o Cerusico nel i 335 dell'ospedale de'ss.
Pielro e Paolo [le' marinari. Nel i337
fu costrutto a s. Harnaba il (irimo ponte
di pietra. IMoiì l'onoralissimo tlo^e Dan-
dolo a' 3i ottobre i339, ed ebbe Ncpol-
tura nel capitolo ili s. Maria Gloriosa ile'
Erari, il cui monumento di stile archia-
cuto fu poi trasferito nel chio>lro del se-
minario patriarcale ove ora si vede. — •
Bartolomeo Gradenigo Lllfdoge. llac-
coltisi, come al solito, i 5 correttori del-
la Promissione ducale, (pasta amncfi-
larono, massime con aggiungere che il
doge non potesse rinunziare al ducato se
non per consenso de' suoi G consiglieri
e della maggior parte del maggior con-
siglio; che non potesse rispoiid,;ii; ad al-
cuno in cose concernenti lo sialo, senza
prima consultare i consiglieri; che nel-
I' occasioni solenni non potesse usare ve-
sti di lutto; fossegli tolto l'impacciarsi
nelle cose di Pelestrina, Malamocco e
Povegha, le quali |)rima dipendevano
assolulainenle dal doge, governainlole a
mezzo di gastaldi da lui noniiiiali, <.<u
successero i podestà inviali dalla repub-
i \u V L i\ V E N
J>lico liei seguenle cloguclo. A'5 o a'^ no- cils!ÌMiiilà; non potersi manilar le gilee,
vembiei33q reslò eletto doge Baitolo- pcicliè i turchi si facevano sempie |)iù
meo Gradenigo d'anni 76, uomo libera- foiuiidabili e la repubblica avea a fre-
lo, mansueto, pio e generalmente amato, narne l'impeto a coniane vantaggio; non
clie da 6 anni era insignito della dignità parergli conveniente scrivere a'genove-
(li procuratore di s. Marco r/t' Siipra. Il si ; e del resto gradire i privilegi die vo-
hreve suo reggimento poco lasciò di me- lesse concedere a' veneziani. Nel i34*
inorabile a' posteri. Il principio del suo si rinnovò il trattato di tregua con Gio-
governo fu conlrassegrutlo da una delle vanni I Paleologo imperatore di Costan-
più terribili inondfizioni che mai afflig- linopoli, la condizione del suo impero
gesserò Venezia, minacciata a' i5 feb- era divenuta miserabile, soprattutto an-
braio 1 34o d'essere all'iotutto sommer- gustiato da' turchi che andavano avan-
sa ; onde la sua salvazione si attribuì al- zando in Europa, avendo 1' imperatore
l'intercessione di s. Marco, s. Nicolò e impegnato per 3o,ooo ducati d' oro le
s. Giorgio. Si racconta (da molte crona- sue gioie a' veneziani. Questi e i geno-
che e dal Rinaldi) che questi santi, en- vesi, allora amici, esercitavano nell'im-
tr;iti nella barchetta d'un povero pesca- pero greco gran influenza e tutto il coni'
tore, si facessero condm-re, non ostante mercio era in loro mani, per cui a re»
l'imperversare dell'onde, all' isola di san gi)iarlo segnarono tra loro un trattato
Giorgio; ove il santo di questo nome nel iZ^i. Un'altra ribellione suscitata
discese; poi a san Nicolò del Lido, ove in Candia, tosto domata, ed una grande
sbarcò il secondo; in finealla piazza gran- carestia che afflisse Venezia, questo doge
de, ove prendendo terra s. Marco, lasciò già nel principio sì caro resero dispre-
al pescatore un anello con ordine di to- gialo e inviso sulla fine del suo princi-
sto recarlo al doge, cui dovea raccontar palo, scrive CaHl, la (piale avvenne a' 24
(juanlo avea veduto e operato, e come o 28 dicembre i342. Ebbe sepoltura
que'3 santi aveano fatto sommergere nell' atrio della basilica Marciana. Sol-
una barca di maligni spiriti che prepa- to il di lui reggimento, cioè nel i 34o, si
lavano la rovina di Venezia. Tale pia decretò la erezione della sala del oiag-
legi^enda vedesi rappresentata in due ma- gior consiglio, il che fu male attribuito
godici dipinti, unodelGiorgionecolla blu- da parecchi scrittori al ducalo di Marino
j asca, l'altro, col pescatore che presenta Faliero. — Andrea Dandolo LlVdoge.
al doge l'anello ricevuto da s. Marco, di 11 suo biografo Veludo e il prof. Roma-
Paris Bordone, già rapito nel 1 797 e [)or- om lo celebrano primo storiografo delle
tato a Parigi; quindi ritornato a Venezia, cose veneziane, ed il i ."che fra' nobili ve-
■venne coll'allrodelGiorgione posto nella ne(i ricevesse la laurea dottorale oell'u-
sala deir accademia delle belle arti ; e niversilà di Padova^ ove per qualche
(Ile per lungo tempo motivo ad una festa tempo fu professor di legge (non lo tre-
ciimmemoraliva in quel giorno. Tanto vo per tale nella Storia dello Studio
era divenuta grande la f.ma della re- di Padova del cav. Colle), nipote de-
pnbblica, che Odoardo MI re d'Ioghi! gnissimo del celebre doge Enrico, per
terra, in guerra con Filippo VI redi le |)ersonali virili detto Cortes/^ o con/e
Francia, a lei si rivolse per aiuti di 4o di Finii; già procuratore di s. Marco,
g'iee, o almeno .si tenesse neutrale e vi podestà di Trieste ov'ebbe in feudo dal
inducesse pure quella di Genova, promet- vescovo la città di Siparo, stato propo-
lendo grandi privilegi e vantaggi com- sto a doge nell'elezione del predecesso,
«neiciali. Rispose il doge: dolersi della ni- re, lui rifiutante, ad onta della giova-
mici?iade'duere,come dannosa a tutta la uile età, e sebbene questa di 33 o 36
V E N
mini allora foiiiiasse ostacolo, laiitn era
l'opinione di lui, che in ogni scrutinio
riportiintlo la maggioranza tle' sufFiagi,
fu uopo al fine approvarne l'elezione ai
4 gennaio i343 [more vciielp i S-p ).
Appena giunto al dogailo ebbe la soci-
di^f.izione di vedere ellettuala la lega,
già in addietro divisata, tra Venezia,
Papa Clemeote VI, il re di Cipro, i ge-
novesi e il gran maestro di Piodi, per fi e*
uare l'oguor crescente orgogliosa poten-
za oltonjana. con nuova e t/ crociata
contro i turchi. I veneziani allestirono
un gì osso armamento governato da Pie-
tro Zeno, il quale valorosamente scon-
fisse totalmente i turchi assediauli Ne-
groponle. Passò poi la flotta veneta ad
assediare Smirne, con quella de' colle-
gali : espugnata nel giorno tic' ss. Simo-
ne e Giuda del i 343, bruciarono la tur-
ca e l'arsenale. Dice lo Stella negli /J/i'
nali di Genova, che Smirne fu pre«a
da 4 g*dee pontificie, 6 veneziane e 5
genovesi. Allora Clemente VI scrisse per
tal vittoria lettera gratulatoria al doge,
e prolungando la lega ordinò che un nu-
mero di galee degli alleati dovessero nel
porlo e in que'mari incrociare, per im-
pedire al debellato Umurberg musid-
mano principe d'Aldino la costruzione
di nuovi legni, ed ogni uscita dalla sua
capitale Smirne. Ma narrai al citato ar-
ticolo, che in questo devesi tener pre-
.sente nelle guerre veneto- turche, che
mentre Zeno andava a incendiare le navi
nemiche, che rendevano impraticabile
l'Arcipelago, trovandosi col legalo delle
truppe e navi pontificie in una chiesa ad
ascollar la messa, all'improvviso soprav-
venuti i turchi, restarono uccisi. Vuole
Sanudo, che ciò sia avvenuto perchè Zeno
non volle uscire dal tempio, se prima
non fosse terminalo il s. Sagrifizio, e eoo
lui peri anche il duce di Cipro. Dipoi
scemato l'ardore de'collegali.si sciolse la
lega senza conseguirne gli eiretli che cra-
si proposta. Umberto Delfino di Vien-
na, capitano generale della mariua pou-
VEN 141
lificia, fu ascritto alla nobillà veneta, al-
la cui repubblica Clemeote VI avea con-
cesso con bolla per tre anni le decinte
ecclesiastiche allo scopo di conliiuiare ;i
tutelare i mari e la cristianità dal co-
mune nemico. Egli è |)er questo che il
successore Innocenzo VI, piti tardi or-
dinò a' collegali di tenere nel porlo di
Smirne le galee prescritte dal predeces-
sore. Ottennero altresì i veneziani, col
mezzo di Maiin Falier e Andrea Corner,
ambasciatoli presso il l'apa in Avigno-
ne, di poter introdurre rapporti com-
merciali col soldano d' Egitto, al cpialu
inviarono Nicolò Zane, e vi si stabilii."
console Pietro Giustiniani. Ebbero uoii
poca parte allo scioglimento dell.» lega
contro i turchi due avvenimenti con-
temporanei a quella spedizione, cioe la
ribellione della Dalmazia e le cose di
Crimea. La Dalmazia ancora nou po-
teva acquetarsi al dominio veneto, mos-
sa specialmente dalle suggestioni della
vicina Ungheria. Avea avuto in princi-
pio rettori annui, che poi divennero sta-
bili; i dalmati li cacciarono più volle o
si misero sotto la protezione del re di
Ungheria; sottomessi di miovo a' vene-
ziani, perdcrono il diritto d'eleggersi il
proprio conle, e doverono ricever pre-
.vidio veneto. Quindi crescendo la scon-
tentezza, ne derivarono nuovi tentativi
di scuotere il giogo, con segreti maneggi
col cavalleresco Lodovico I re d'Unghe-
ria, il quale curò di tenerli vivi nell'ir-
requieta Zara; onde la repubblica inviò
IO galee a chiuderne il porlo, ed i zo-
ratini volendo difendersi, invocarono il
soccorso del re. Per cui si mandaron.»
4o galee comandale da l'ielro Canal,
soprintendendo alle truppe di terra Ma-
rin Falier. Intanto il re penetralo in
Dalmazia con poderoso cseicilo, pianlò
gli alloggiamenti dietro il campo de' ve-
neziani per obbligarli n levar l'assedio
di Zara. Allora le genti delle navi scestt
n terra, fecero strage degli un^heri, con
vittoria del 1.° luglio, giorno di s. Mar-
142
V E N
ziale, il quiilo fu poi ogni mino solen-
nizzato nella festa del santo. 1 veneziani
racldoppiantlo gli sforzi per irapadronirsi
di Zara, vinti gli unglieri in fortisiinia
battaglia, tornali essi col re alle loro ler-
le, la città costretta dalla fame si arrese
a' veneti, dicesi per la y.^ volta, e il sa-
grifìzio di sua indipendenza fu compili-
lo. Nella capitolazione dichiararono i
zaralini, che la loro città e il distretto
da tempo antichissimo appartenevano
al dominio di Venezia, annullando ogni
patto fatto nel soltoinellersi ad altri,
sollomellendosi nuovamente alla giuris-
dizione veneta cimi mero et inixlo ini-
pcrio. Le fortezze si demolirono, nella
città fu posto presidio, con IMarco Giu-
stiniani per conte e capitano. Questa
guerra costò considerahili somme. Quan-
to alla Crimea, il suo f>orto principale
di Soldania, luogo di vivis-.imo commer-
cio era stalo a' veneziani fin dal secolo
!X li I, (Ini (juale attirati i genovesi comin-
ciarono a frequentai la e vi piantarono
stabilimenti, che disliulli nella guerra
del 1296, dopo la pace poterono rista-
bilire, massime in Caifa l'antica Teodo»
sia. Nacque poscia gara tra' veneziani e
i genovesi per ottenere maggiori vantag-
gi e nuovi privdegi, i primi conseguen-
doli da Usbek imperatore de' taitari nel
i333. Ciò destando invidia a' genovesi,
insorsero disgusti e danni, e ad evitar
peggio nel 1 842 si accordarono con tial-
tato. Altro i veneziani nel i343 segna-
rono col principe tartaro Zanibek, ma
per una rissa co' tartari restarono tru-
cidati, spogliati e cacciali, veneziani e
genovesi. Ambo le repubbliche si colle-
garono per vendicarsi e sostenersi, però
non andò guari die si venne a liti, a mal-
umore, ad aperta guerra, do[)0 il fallo
di Scio. Le due nazioni aspirando a con-
quistarla nel 1346, riuscì a'genovesi di
insignorirsene; e così padroni di Scio,
di Caliti, di Pera si resero piti prepon-
tleranti nel dominio di que'mari. La-
onde i veueziaiii indispelliti, lauaoda-
V E i\
rono le relazioni con Zanibek, e rinno-
vati gli antichi privilegi, ricominciaro-
no il loro Iraflico alla Tana. Essendo or-
mai imminente fra le due repubbliche
la guerra, tuttavia restò sospesa da gra-
vi sciagure che colpirono Venezia nel
i347- A' 7,5 gennaio, festa della Con-
versione di s. Paolo, nel dopo pranzo
cominciò terribilmente a tremar la ter-
ra, scosse ripetutesi per ben i5 giorni.
Caddero case e campanili, le campane
di s. Marco stranamente suonantlo; l'ac-
que del maggior canale ali' improvviso
ritiratesi, lasciarono per alcun istante
asciutto il lelto. Lo spavento fu gene-
rale e grande, s' invocò la divina inise-
ricorilia. Il piti de'citladini fuggirono
nel vicino continente, poiché credevano
la loro città inabissarsi (]uasi a un trat-
to, per gli abbattuti edilizi, e per molti
altri miseramente scossi. Il terrore ne
lasciò la memoria col proverbio con cui
si ricorda detto giorno, chiamalo y.Prto/o
de lerreiuoli. Appena ripopolata Vene-
zia dopo lo spaventoso llagello, altro più
desolante sopravvenne nel rieclinar del
]347 e imperversò nel 1 348 con fiera
pestilenza, la quale in 6 mesi mietè poco
meno d'un 3.^ degli abitanti, ovvero 3
quinti, lia'piìi deplorabili orrori; ed il
Mulinelli riferisce la nota delle 5o fa-
miglie nobili restate estinte, e le circo-
stanze strazianti che accompagnarono il
terribile disastro, morendosi senza aiuto
di medici e di sacerdoti, il timore avendo
invaso tutti, allontanando gli stessi con-
giunti. Divenuta la città deserta, si ec-
citarono con privilegi e favori i cittadini
a ritornarvi, ed i forestieri ad abitarla;
il che non si ottenne così presto. In que-
sto mentre Capodistria profittando delle
sciagure si ribellò, ma tosto fu ripresa e
punita. Nel documento di sua sommis-
sione, il doge s'intitola ancora : Doge di
Venezia, Dalmazia e Croazia, e di tre
quai-li e mezzo del romano impero. Te-
mendosi nuove ostilità nella Dalmazia
dal canto del bellicoso Lodovico l i'«
V E N V E N I [Z
<r Ungliei'ia, nondimeno essendo qua- l'armata, la quale si diresse verso Pera
sii lutto intento a recarsi a Napoli per per abbatterla al suolo, secondo la con-
■vendicar l'assassinio dei fratello Andrea, venzione fatta con Cantacuzeno, ma per
marito della famosa regina di Sicilia la sua fortezza solo potè devastarne i
Giovanna I, credutane autrice, sotto- contorni. Appostatosi quindi alle bocche
scrisse una tregua di io anni, la quale dell' Eusino, prese le navi genovesi che
tornò vantaggiosissima a'veneziani, che tornavano dalla Meotide. iMa sapulo che
altrimenti uon avrebbero potuto guer- una flotta nemica volgevasi a Negiopou-
reggiare contra due formidabili poten- te, il Pisani tosto accorse alla tutela di
ze, l'altra essendo Genova. E di vero, quell'isola. Piigano o Paganino Doria
non cessando i genovesi da'replicati iu- ammiraglio genovese, ordinòil' in^eguir-
sulli alla repubblica, e dalle loro pre- lo, però i veneziani poterono ragguiu-
tensioni di dominio nell'oriente, fu de- gere Negroponle, e colà ben si difesero
termiviato di rintuzzarne la tracotanza, contro tutti gli assalti e sforzi de'uemici;
dacché non valsero le querele, sulla li- e congiuntisi alla flotta aragonese ([uei
berta della navigazione e de'commerci. comandali da Pancrazio Giustiniani, Pa-
Con grossa flotta comandata da Marco ganino si ritirò a Pera, terrjiinanilo così
Ruzzini, dice il Veludo, si venne quindi la campagna del i35i. Nel seguente an-
alle prese, e fiuono i genovesi nel porto no le navi venete, le greche e le arago-
di Carisio fortemente battuti a' 2q ago- nesi insieme si volsero a Costantinopoli,
sto i350j giorno ilella Decollazione di coli' intenzione d'assalire in quell'acque
s, Gio. Battista, (iiorno !>"i memorando, l'armata genovese sotto il comando di
volle il senato si perpeluasse con una Pagano Doria. Ma questi deslramenie
soleiuiità. Essendosi salvale 4 g'dee gè- evitando d'allontanarsi da Pera, seppe
nove>i, si uniiono poi a quelle di Fdip- colà attirare il nemico in posiziune ta-
po Doria, il (piale a' ic) ottobre fece tm vorevolissima, poiché per la sliellezza
improvviso sbarco a Negroponle, die fuo- del passo gli alleati non aveano campo
co alla città, predò molli navigli, ricu- a spiegar le loro linee, né potevano as-
però i prigioni e con ricco bollino partì, salirlo alle spalle. Contro il sentimento
Questi però uon furono che i preludi» del Pisani, Santa Paola comandante a-
della furio>issinia lotta che seguì. I ve- ragonese verso la notte de'i3 febbraio
neziani delertninati a fiaccare del tutto i 352-53 temerariamenle ingaggiò bat-
i genovesi odiosi rivali, si volsero a prò- taglia. Così le due più potenti armate
cacciarsi straniere alleanze, con Pietro che a'(pie'lempi solcassero il mare, scliie-
IV re d'Aragona e con Giovanni Can- ratesi di fronte, misurarono ferocemen-
tacuzeno imperatore di Costantinopoli tele loro forze. Fu Itnigo e ostinalo lo
sdegnato de' soprusi genovesi. Intanto scontro, nuvole di dardi volavano dal-
Papa Clemente VI non cessava di ten- l'una [)arle e dall'altra, macchine d'ogni
tare la pacificazione delle due nazioni e sorta lanciavano enormi pruieltili, qua
di stare nell'alleanza contratta da lui col correvasi all'abbordaggio, là combatte-
re di Cipro e col gran maestro di Rodi vasi a corpo a corpo come sopra sdido
contro i turclii, e domandava solleciti terreno; il fuoco all'una o altra parte
provvedimenti. Mandò il senato in Avi- apprendendoci, levava furiosissimo m-
goone ambasciatori Nicolò Pisani, Pan- cendio, le grida de' comandanti, gli urli
Orazio Giorgi e Giovanni Steno, scusan- de' soldati, i lamenti de' feriti e de'mo-
dosi d'esser alloi a nell' impossibilità di riboodi empievano l'aria, era da per
dare i richiesti soccorsi. Poi la repub- lutto un terrore, un orrore. E questo
biica affidò al Pisaai il comando del- accrescevasi al calar della notte, e dulia
i44 VEN VEJN
vista del mare tulio coperto di cadaveri finita la gloriosa repuijblica, perduta h?
e ài rottami di navi. ] greci fin da prin- gloria di lauti secoli, la città sudare a
cipio vilmente fuggirono; miglior prova soqquadro, quando fu presa disperala
fecero di se, ina non perdurarono gli a- risoluzione di sagrificare la libertà per
ragonesi; tulio il pondo della giornata continuare la guerra. Perciò i genovesi
restava a'veneziani, i quali al fine dove- mandarono a offrire la propria dedizio-
rono cedere, cadendo nelle mani del ne- ne all'arcivescovo Visconti, a patto di
ruico il Pisani e il comandaule arago- riceverne forze e protezione a combat-
nesePriente: parecchi nobili veneziani, tere furiosamente i veneziani. Dolse a
molle galere e i 5oo uomini mancarono, questi moltissimo il fatto, perchè pe'sus-
Tale fu la battaglia del Bosforo, e tale sidii di Milano veniva loro tolto di fiac-
ja perdita de' genovesi, che non osarono care interamente la rivale, e perchè ve-
inseguire l'armata veneta che si ritirò, devano éiccrescersi di troppo la potenza
Conviendireche il Pisani fosse rilascialo, del Visconti, il quale signore di Milano,
perchè continuò a correre i mari e pre- Lodi, Piacenza, Parcna, Bologna, Bub^
dare legni nemici; ma il senato ne di- bio, Beigamo, Brescia. Cremona, Como,
sapprovò la condotta per averearrischia- Novara, Vercelli, Asli, Alba, Alessau-
to il combattimento in luogo svantag- dria, Tortona e altre terre nel Pieniontej
gioso. Ripiesa la guerra. Cabrerà co- vagheggiava l'intero douiinio d' Italia,
niandante la flotta aragonese, assediò Laonde volsero tosto il pensiero a forti-
Alghero in Sardegna, allora coni' altre flcarsi anch'essi di buone leghe e ne con-
cilia in potere de' genovesi, e sulle quali elusero nel i353 con Cane della Scala
gli aragonesi vantavano diritti. Assalilo e col marchese di Ferrara, nel 1 354 col
dall'ammiraglio genovese Antonio Gri- marchese di Mantova, co' signori di Pa-
maldi, accorse il Pisani colla flotta ad dova e di Faenza, col re di Boemia e
unirsi all'aragonese, e il Cabrerà per de'romauipoi imperatore Carlo IV, al
gratitudine gli afljdò il comando gene- quale la lega affidò il comando dell' e-
rale, alzando perciò il vessillo di s. Mar- sercito di terra, e mandò da per tutta
co. Questa è la sanguinosa battaglia det- in Italia e in Germania a radunar gente,
ta della Lojera e coiubaltula il 20 agosto 11 Visconti peiò sembrava volere evita-
i353, in cui d' andje le parli si fecero re la guerra, o alnieno guadagnar tem-
mirabili prove di valore e di coraggio, pò per couìpiere gli armamenti, perchè
ed i veneziani con meraviglioso ardimen- mandò in ambasciala a Venezia il ce-
lo si slanciarono colle spade in pugno lebre Francesco Petrarca, allora alla sua
sulle navi nemiche. Sconfitto e avvilito corte, ma invano; sebbene il gran poeta
il Grimaldi, pel trionfo riportalo da've- con eloquentissima lettera al doge Dau-
neziani, si ritirò a Genova, che trovò av- dolo, tutta spirante l'amore d'Italia,
vilita, in lutto, in profondo dolore im- lamentasse le sciagure della comune pa-
mersa, quasi fesse giunta all'estrema tria lacerala da' propri figli, e che viver
Ignominia e prossima la servitù a' ve- non sapeva in pace, per l'ambizione dei
lieti. AI che arroge, la mancanza de' vi- principi, le gelosie e l' invidie de' popoli,
veri, impedita l' introduzione dalla flot- che provocavano gli stranieri a mischiar
ta veneto-catalana, la quale chiudeva il si nelle sue cose, profittandone per ispo-
niare; e dalla parte di terra ne impe- gliare il bel paese e farlo servo. Rispose
diva il passo Giovanni Visconti, arcive- il doge, aver sempre amato la pace, non
.scovo e signore di /ly/Zf^^o, che da lungo esseine egli il perturbatore, non altra
tempo ambiva il dominio di Genova, bramare che la quiete d' Italia, anche
Hisorgevauo le fazioni, diccvasi ormai dopo la riportala villoriai lauta avere
YEN
risposlo a' Irgati di Papa Innocenzo VI,
zelante il'accouiOLlaie ogni vertenza. Re
stale le li allalive inlenoUe, i genovesi in-
cendiarono Lesina e Cnrzola nella Dal-
mazia, presero e devastarono l'arenzo;
ed i veneziani inviato il Pisani colla flot-
ta nell'acque di Sardegna, spaventali dal
pericolo munirono la capitale, e lesero
una forte catena di ferro al porlo di Li-
do, preparandosi alla grande guerra im-
inineiile. In mezzo a tanti travagli, a' 7
settembre 1 354 successe la morte del do-
ge Andrea Dandolo, giustamente com-
pianto. Ebbe tomba nella cappella dtl
Battisterio di s. Marco, con onorevole
iscrizione, diversa però da tpiella clie gli
avea preparato il Petrarca, e come già
dissi fu l'ultimo doge ad esser tumulato in
quella basilica, per divieto del senato non
concesso agli altri. Dolalo di rara acu-
tezza e di non meno raro sapere, egli si
rese illustre pe' servigi resi alla patria ;
solo alcuni gli rimproverano la tenacità
nella guerra contro Genova, per la qua-
le non molto dopo Venezia fu minaccia-
ta dell' estrema rovina. Del suo valore
letterario restano le cronacbe, che sono
tra le migliori e veridiche fonti della sto-
ria veneziana, dettate in Ialino. In que-
st' idioma si continuava a compilar le leg-
gi, delle quali il Dandolo fece eseguire
una nuova Raccolta in seguito a' 5 libri
dello Statuto di Jacopo Tiepolo, col no-
me di Sesto libro dello Slatiito, poco
dopo tradotto in dialetto veneziano, poi-
ché r uso della lingua latina andavasi
sempre piìi perdendo tra il popolo. Le
nuove correzioni alla Promissione du-
cale, sempre più restringendo il potere
del doge, ordinarono non potesse ascol-
lare ambasciatori, né oratori, né delega-
ti dal comune reduci dalla loro missio-
ne, se non in presenza di 4 consiglieri e
di 2 capi della Quaranlia ; non potesse
vendere i suoi imprestili, cedere le sue
gravezze ; vacante il ducato o impedito il
doge per malattia dall'attendere alle fac-
cende dello stalo, amministrassero i con-
VOL. XCII.
VEx\ ,45
siglicri insieme co' capi della Quaranlia,
rimanendo sempre due de' primi e uno
de'secondi in palazzo e scambiandosi o^ni
sellimana; l'anziano filmasse in nomee
come luogotenente del doge. Riiccoltisi
quindi per morte del Dandolo i (|uaran-
tuno, avanti di procedere all'elezione fu-
rono invitali a proii)ettere,che eleggendo
alcun nobile assente, noi puliblicliereb-
bero lino al suo ritorno sotto pena di li-
bre 1000, e subito avvenne il caso nel-
la elezione del seguente.
i4- I^Jnrino Fallerò LV doge. D'u-
na delle pili aii'iche e illustri famiiilie,
di somma attivila, pronto e fdcondo par-
latore, era stato fra gli elettori del doge
Soranzo, più volte podestà, rettore, am-
basciatore, provveditore, fallo cavaliere
da Carlo IV, e trovavasi ambasciatore
in Avignone a Innocenzo VI, a trattar
la pace cogli ambasciatori di Genova (il
IMulinelli lo dice ambasci, itore in Roma
presso il celebre legalo d'Italia cardinal
Albornoz d' Innocenzo VI), quando fu
eletlo doge l'ii settembre 1 354- Tenu-
ta segreta la sua elezione, e governando
intanto i consiglieri e i capi della ()ua-
ranlia, fu tosto mandalo il segretario Sic-
fanello ad annunziargli la scelta che la
patria avea di lui falla a suo principe, e
a sollecitare il suo ritorno. Giunto il nuo-
vo doge a Verona trovò ad onorarloi?,
nobili veneti, e fece il suo ingresso a \'e-
nezia a' 5 ottobre con funesti auspici),
perchè tanta e sì densa era la nebbia,
che incontrato a Chioggia coni5girza-
ruoli e condotto con innumerevole se-
gnilo di barchette a Venezia nel Ihirin-
toro, questo non potè avanzai e, e lo d'uo-
po che il doge e tulio raccooipngnanicn-
to entrassero in città nelle pialle. Dicesi
|)iire, (he in vece d'approdare alla \\\,\
della Paglia, la barca [ii elidesse lena al-
la Piazzetta fra le due colonne, luogo in-
fame pe' giuochi, poi per le sentenze ca-
pitali. Forse si sparse tra il popolo que-
sta narrazione dnpo la morie del doge,
alludendo a quel funesto presagio il lia-
10
,46 VEN
gico suo fine. Nel dì seguente assunse la
ducalclignitìi,non senza il gin Ilvo da oiore
«le' cilladini. Ave;i Falier allora 76 anni,
secondo llonianin, dicendolo vecchio ot-
tuagenaiioVeludo.Lai.''sua moglie fu An-
<lriaiia de'Donijba.^e dogai essa non pare
Tommasina Coniarmi, com'è notalo nel-
la genealogia Bai baro, cerlaineiite Lo-
dovica Gradenigo, e padre di due figlie
Lucia e Pinola. In quell'eia così avanza-
ta, conservava ancora jobusta e vegeta
salute, e tolto l'impeto della gioveulù.
JNtl i33q essendo podestà a Treviso, si
racconta, die saci ilfganicnlt- die'in |>ub-
blico nnoscliiaHo al vescovo cli'erasi fat-
to troppo a«.[)etlare alla processione del
ss. Sagrauientol Questo trullo è liinar-
clievole, come quello che oiostra l'indole
del Falier, fiera, superba e insofferenle,
che lo condusse all' eslretua rovina. In-
tanto il doge al principio del suo gover-
no assunse grave impegno di continuar
la guerra genovese. La speranza posta
da' veneziani in Carlo IV, restò delusa :
appena in l'isa concluse tra' genovesi e
veneti una tregua di 4 mesi. Questa spi-
rala, restò a' veneziani tutto il peso lid-
ia guerra, aflidala di nuovo a Nicolò Pi-
sani. Uscito in mare, mise a ferro e fuo-
co l'isola di s. Panagia, e avvicinatosi l'in-
verno si ritirò a Poi lolungo in faccia al-
l'isola di Sapienza, anche aUendendo la
conclusione della pace, alla (juale sem-
brava inclinassero i iienovesi. Pacano Do-
ria colla fluita di questi, assalì Pisani al-
l'improvviso, onde facilmente gli pose in
confusione le navi a' 4 novembre 1 354-
La flolla veneta restò del tulio disfalla
e annientata con islrage e molli prigioni.
Il Veludo dice seguilo il fallo presso Mo-
done in Moiea, pel (|uale Venezia fu rat-
tristata dolorosamente ; ma ogni sforzo
s>i pose in opera per sostenersi in lanlo
pericolo, menile il re d'Ungheria tornò
a minacdar la Dalmazia, quel d'Arago-
na era im polente a dar soccorsi, e, per
avere il genovese Fiancesco Caluzzo fa-
vorito l'inualzameulo al trono di Costali-
VEN
tinopoii di Giovanni I Paleologo, avuta in
premio l'isola di Lesbo o Metelino, assi-
curò a' suoi compalriolli la preminenza
neiritU[)ero. A lanle sciagure una peg-
giore preparavasi nel suo seno alla re-
pubblica, tanto più terribile quanto me-
no imprevedula ; ifnperocchè Venezia
non avrebbe mai sospettato che il suo
principe, a cui la fortuna concedeva di
terminare in pace e gloriosamente la vec-
chiezza, dovesse aiditamenle tramare
una congiura contro la patria. Della qual
congiura i molivi precipui, o sono va-
riamente allerali secondo le varie passio-
ni degli scrittori, o sono taciuti ; e quelli
che in tnezzo alle tenebre pur tentaiono
d'indagare la velila, abbracciarono la po-
polare tradizione, come quella che »i ven-
ie tuttora da 5 secoli, non puossi esclu-
dere dal diritto di venire in soccorso del-
la storia, il che osserva il suo bi(jgrafo
Veludo. Pertanto egli narra, ndl' animo
del Falier non sapresti se più prevalesse
la collera o l'ambizione del dominio, di
sgozzare la iU)biltìi per emanciparsene, pi-
gliandone cagione da un'olfesa ricevuta,
e secondo lui non abbastanza punita. Co-
stuma vasi nel giovedì grasso di carnevale,
dopo la decapitazione del loro e altri spet-
tacoli, ;;pprestaie dal doge nel ducale pa-
lazzo un festino a tutta la nobiltà. Fra gli
intervenuti vi fu IMichele Steno (poi nel
1 400 doge), che perduto della bellezza di
una giovane ivi presenIe,odamigella della
dogaressa o la dogaressa stessa, die luogo
a qualche sconvetievolezza (secondo i rot-
ti costumi del tempo, deplorati ilal Mu-
tinelli nej^li /Iniuili irA/7«/, alcuni per-
meltendosi alli indecenti verso le donne
perfino nella casa di Dio), per cui il doge
irritato ne lo fece cacciare; e quegli, co-
me per vendicarsene, nel bollore del
risentimento sciisse nella sala del colle-
gio, sulla sedia del Falier (nota il Muli-
nelli, che allora la sedia del doge era di
legno, senza 1' ornamento di niun panno
d' oro o di seta), queste parole oltraggio-
sissime : 3Iaii/i Falitr da la Ida mu-
V EN
gicr - I altri la gode, e Iti la manlìcii.
Eia poi co-.tei helln e amahile giovane.
Scoperto il reo el)l)e[)er senlenza cJe'giii-
dici tlne mesi di carcere e un anno d'e-
silio. Parve al doge leggiero il castigo; e
ciò bastò a li ingenerargli odio i nt placa l)i le
contro i patrizi, per abbattei li e far sé si-
gnore della repubblica, sdegnato per te-
ner essi in sì poco conto la dignità del
capo dello stato, ed ecco come lento di
saziarlo. Un gentiluomo della famiglia
Barbaro, nomato Marco, oltremodo ira-
condo, per negativa ricevuta ferì d'un
pugno con grosso anello 1' ammiraglio
dell'arsenale, Bertuccio Isarello(da al-
tri chiamato Stefano Chiazza detto Gi-
sello; Bertuccio Isnrelloera un pachon di
barca maltrattato poc'anzi da Giovanni
Dandolo, e suo suocero era Filippo Ca-
lendario), che ricorrendo al Falier, n'eb-
be in risposta : Qual giustizia tu vuoi da'
giudici, se a me, lor principe, non l'han-
no fatta? Soggiunse Isarello: Seconda-
mi nel disegno, e io col sangue de'nobi-
li ti vendicherò, ed avrai assoluta la si-
gnoria. Acconsentì l'insensato doge! Di
the imbaldanzito 1' ammiraglio, voleva
trucidare il Barbaro, ma indarno; chia-
mato in giudizio, fu in vece Isarello con
simulate parole minacciato del capo dal
maligno Fallerò (si crede il racconto una
storiella, ma rappresenta l'oltracotanza,
il far superbo e violento de' nobili d'al-
lora, non ancora contenuto d;d consiglio
de'Dieci). Tutta la notte seguente il doge
e Isarello trattarono tiel come meglio
condurre la congiura. Si deliberò sce-
gliere 17 capi, ognuno de' quali avente
4.0 uomini sotto di sé; disporli ne''e^tieri
in (|uesta e quella parte della città ; celar
loroinfìno al momento delTesecuzione o-
gnicosa. Fra'capi,unode'primiera Filip-
poCaleDdario,rarleljce degli abbellimen-
ti del nuovo ducale palazzo. Ordinato già
tutto (i congiurati a preparare l' insur-
rezione, cercavano di aizzare il popolo
contro i nobili, essendo nella cos[iirar.io-
ne entrali principalmente i marinai, on-
\' E \
'17
de il centio de' tiimnlli e tlell' invettive
contro il governo era a Castello), si de-
stinò per la rivoluzione l'albeggiar de'
1 5 aprile i355, in cui Io stmordinario
rintocco a stormo delle campane di s.
I\Iarco avrebbe già raiinnati i principali
cittadini alla piazza onionim.i (spargen-
dosi voce d'una ilolta genovese entrata
nel golfo e minacciante di penetrare nel
porto, onde dar motivo a'noliili di radu-
narsi in detta piazza. Dice il l'inalili, che
fra' prelesti della fellonia di Falier, vi fu
quello di voler col popolo la pace co'ge-
novesi, negata da' nobili). Allora i con-
giurati dovevano avventarsi su (juelli e
farne macello ( fra le grida di /'Avz \L
principe FiiUtro). Nulla si trapelò del
segreto per molti giorni, finché Dertrau-
do o Beltrame pellicciaio bergamasco,
uno de' capi delle bande ile' 4o, ed amo-
revole del patrizio iVicolò Lioin suo coin.
par e e protei tore,periscaQ) pare d.dla stra-
ge universale il proprio patrono, la sera
del 1 4 si fece ad aprirgli in gran parte l'or-
dita trama, pregandolo a non u-cir di ca-
sa nella seguente mattina. Attonito egra-
to il Lioni, corse iu>uiaiilineute a due nia-
gi'itrali de' primi, e loro svelò il barba-
ro disegno. Come seppesi il piìi iiiijior-
tante, d' ordine del consiglio de'Dieci ar-
restaronsi i rei nelle proprie case ; armi
ed armati si posero in ogni canto, rego-
landosi ogni cosa a salvamento dflla re-
pubblica (si raccolsero da Hooo nomini,
oltre un centinaio a cav.-illo, ed i nobili
si armarono con quelli della piopria con-
trada; così fu sventata la congiura, pri-
\\\\\ che scop[)iasse). Chiuse le [torte del
ducale palazzo; Isarello e Calend uio, pi-
gliali e impiccali con altri a-sai sull'i*
stante alle lìnestre del palarzo; altri dan-
nati a carcere perpelno, altri ni bando.
Il doge da ultimo piocessalo,dal consiglio
de'Dieci, da'6 consiglieri e da 70 de'prin-
cipali nobili, e lui stesso confurmanle, per
le inevitabili accn-;e,il delilto. venne dan-
nalo amortea'it) a[)rile pel (h seguente
venerdì 1 7. Indi gli furono Delle siieslaii-
i48 V E N
7,e seerelamenle strappate ili dosso l'iiise-
gnetlucali; ed alleoiegdel venerdì^sulla
loggia del suo palazzo gli fu mozzata la
lesta, e questa si lasciò rotolar giù insan-
guinando le scale, che non erano quelle
che ora si accennano,ma semplicije situate
nppresso lasaladel maggior consiglio. Indi
(ìdtenorei/i s,\ spalancarono le porte, e il
popolo accalcato fu spettatore dello scia-
gurato cadavere; il quale la sera, posto in
una barca, fu sepolto colla sola pompa
d' 8 torcie accese nell' atrio dell' ora di-
strutta cappella della Madonna della
Pace presso la scuola di s. Marco e la
chiesa de' ss. Gio. e Paolo. Nel § XII, u.
1 3, descrivendo quella scuola, liportai l'i-
scrizione scolpita nell'urna, la quale do-
po scalpellata 1' iscrizione fu mutata in
acquaio e collocata nel cortile della ca-
nonica nel iSio o nel i8i5 quando fu
stabilito l'ospedale civico, e gettale le ce-
neri in una fossa, ove altre erano slate
deposte. A lira volta apertosi la cassa mar-
morea, erasi trovato uno scheletro colla
testa fra le ginocchia, in segno che quel-
la testa era stata tronca dalla spada della
giustizia. Nel § III, a. i, descrivendo la
Biblioteca Marciana, la sala del maggior
consiglio e la serie de' ritraili de' dogi,
liportai l'epigrafe postavi invece di quel-
lo del Falier, cancellato nel i366, testi-
ficante gli effetti d' una vana auìbizione
e d' un animo pertinace. Leggo nel Cor-
ner, che fu statuito, in memoria della sco-
perta congiura, I' annua solenne proces-
sione, messa e visita a' i6 aprile della
cappella di s. Isidoro nella basilica di s.
Marco, del doge, del senato e de'capi de'
Dieci, e poi d'at»ibo i cleri e delle scuole
maggiori della cillà. Particolarmentefra
parentesi, col diligentissimo prof Roma-
nin, procvuai chiarire e ampliare il rac-
conto del biografo : l'ultima scena di que-
sto strepitoso avvenimento, ecco come
egli la racconta. Esaminato il doge su
quanto spettava alla congiura, egli tutto
confessò, si chiamò reo e degno dell'e- del
slrema punizione. Posta a' voti la con-
VEN
danna, 5 de' consiglieri e q del consiglio
de' Dieci decielarono fosse spogliato tie'
ducali ornamenti e decapitalo sul piane-
roltulo della scala di pietra, ove i dogi
giuravano d'osservare la Promissione du-
cale. Al decreto successe tosto l'esecuzio-
ne. Condotto r infelice Fallerò da' suoi
appartaoienti alia sala del maggior con-
siglio, un cupo silenzio regnava nell'adu-
nanza; leggevasi sopra ogni volto il do-
lore dell'animo; era un momento soien- *
ne, il primo ed unico esempio di un do-
ge per regolare processo di tribunale con-
dannalo a morte. Giovanni Mocenigo,
consigliere anziano, s'avanzò verso il do-
ge, segui vanlo gli allri consiglieri, gliavo-
gadori di comun, i decemviri, l'aggiun-
ta, e tulli avviaronsi alla scala. Giunto il
doge alla sommità di questa, gli fu tolto
il berretto ducale, e spoglialo de' ducali
ornamenti, coprì il capo d'usia berretta
tonda, indossò una vesticciola neia. Con-
dotto quindi al pianerottolo dell'altra
scala che metteva alla corte (come già no-
tai, non quella de' Giganti, non esisten-
do ancora tale scala, cou)e nella tragedia
slorica scrisse lord Cyroii), il Falier in
quella sua decrepita età cominciò a do-
mandar perdono al popolo ivi accor-
so, e a lodare la giustizia che veniva fat-
ta: dopo le quali parole gli fu d'un col-
po troncata la lesta (mentre uno de'Dieci
salilo all'eslerior loggia del palazzo, mo-
strò al popolo la spada lorda del sangue
del rubello, dicendo ad alta voce: E' stata
fatta la gran giustizia d< l (raditore.Suì
luogo ove ciò seguì, se sulla balaustrata
che unisce le colonne rosse, ne riparlo col
Casoni nel dogado 67.°). Confiscati i suoi
beni e venduti al pubblico incanto, a fa-
vore del comune di Venezia, eiagli stata
data facoltà di disporre soltanto di 2000
ducati. La sentenza del doge Falier non
trovasi registrata nel libro Misti (it\ con-
siglio de'Dieci: un onorevole pudore forse
ritenne que'giudici dallo scrivere il nome
del capo della repubblica fia'coudannati;
il luogo ove avrebbe ad essere uolato fu
VEN YEN ,4.^
lascialo vacuo, e le parole non scriUlur a slampaie in Venezia ilalla lipogralla
accennano alla gravilìi del delillo, all'or- dd Couimercio. Indi scrisse e pubblicò:
rore e alla compassi oiie insieme die ve- Marino Falk-ro, (nvcdia in tre alti
iiivano negli animi. Dipoi nel 1 364 de- dedicata all' illustre eav. Fillnno de
crelò il consiglio de' Dieci, ad esempio Jorio di Napoli di J. G. Sninelli, Ve-
e terrore de' ti aditoli, non potesse mai nezia iSS-, tipogralla editrice di Mel-
venir annullata in alcuna parte la con- chiore Fontana.» Vacato il ducato per
danna contro Marino Falier.Si coinpen- la morte di Marino Falier, già do"e di
sarono quelli che colle loro rivelazioni Venezia decapitato per tradimento da
aveano messo il governo sulle tracce del- lui ordito a ruina e distruzione della cit-
la congiura e de' congiurati, e special- là di Venezia e del suo popolo, fu con-
mente il bergamasco Beltrame i." rive- vocato il consiglio per le faccende e le
latore della cospirazione, con annua pen- provvisioni concernenti il futuro do^e".
sione di 1000 ducati, però non contento Con queste solenni parole registrò d ina"-
e domandando le case del Falier a' ss. gior consiglio nelle sue leggi V abbomi-
Aposloli, e d'esser ammesso co' suoi di- nevole fallo; procede quindi all'elezione
scendenti al maggior consiglio, cominciò de' solili correttori, poi degli elettori del
a sparlare del governo e fino a far sospet- nuovo doge, che fu il seguente.
tare di congiura, onde fu confinato a Ra- i5. Giovanni Gradenii^o LVI doge.
gusi, da dove fuggito per recarsi inUnglie- Fu proclamato a*2i aprile 1 355 d'anni
ria, fu ucciso, dicesi da uno de'congiunti 70,03! dire del cav. Cicogna ^fj, uomo sa-
del Falier per vendelladel suo Iradicnen- vio, dotto nelle umane e nelle divine sden-
to. Durante la vacanza della ducea, la ze, conservatore delle cose e de' denari
gravila e il numero delle condanne mei- pubblici, zelantissimo della repubblica e
tendo alquanto in pericolo la vita diquel- della patria. ^Jalilo al trono, si conti-
li che l'aveano pronunziale, il consiglio nuarono l'indagini sui congiurati, le coii-
de' Dieci die'licenza della delazione ilei- danne di prigioniee bandi. Benché eransi
r armi a' 6 consiglieri del doge, agi' io- armate 7 galee per inviarle contro i ge-
dividui componenti il proprio consiglio novesi, sotto il comando di Giovanni Ba-
decemvinde, agli avogadori di comun, doaro, che vari danni recò loro , tutta-
a' 20 della giunta, a'4 notari assistenti volta il savio doge vedendo ch'era tempo
alla inquisizione e perfino a due servi di ormai di por termine a tante stragi fra-
ciascuno de' nominati magistrati. In tal terne con Genova; genovesi e venczi.ini
Diodoi consiglieri recaronsi armati al con- per tali gueri e indebolirsi egualmenle,
sigilo. Inoltre si ordinò, che a tutte Icore solfrirne il commercio, liuiguirne 1 sud-
essi potessero fare adunare il gran consi- diti, quindi aderendo agi' inviti di IVIal-
glio,eche ninno potesse uscire di Venezia teo li Visconti signor di iMil.ino, mandò
fino all'elezione del novello doge, sotto tosto colà ambasciatori della repubblica,
pena di 100 lire di multa. La fellonia di i quali dopo lunghe conierenze condii-
Falier, per massacrare la nobiltà e farsi sero il Irutlato di pace lia le due repiib-
prodamare sovrano di Venezia, die'ar- bliche il i.° giugno i 355. Fu pertanto
gomenlo a tragedie e drammi. Abbiamo stabilito: la reciproca liberazione de'pri-
le tragedie dell' inglese lord Byron e del gionieri, e la comune sicmozza; compeii-
francese Casimiro de la Vigne. Antonio sar.>i scaudjievolinente i danni recatisi (in
Giuseppe Spinelli compose un dramma, dal i ?,<)(), giusta la sentenza iU piomiu-
pubbhcatoa brani nel periodico rO.?.vcr- ziaisi dal Visconti ; si aslerrcbbero |)(.r
senuilore Veneziano giornale umoristi- 3 anni di navigare alla Tana; i genovf.si
co-lcltcrario,dìQ nel i85G si comiuciò non cnlrerebbero cou navi armale uì:\
i5o VEN
golfo Adriatico, ma solo co» l)asllmenli
ineicanlili , uè aiuleicbbeio i ribelli di
Venezia: i veneziani dal cauto loro non
andrebbero con navi atinate da Porlo
Pisano a Marsiglia, in favore de' nemici
di Genova; avvenendo guerra Ira que-
sta e Pisa, i bastimenti veneti non po-
trebbero a[)prodcue se non a Genova, e
così i genovesi solo a Venezia quando que-
sta avesse guerra nel golfo Adriatico. Le
due parti non somministrerebbero anni
e viveri a'ioio nemici, ciascuna per gua-
lenligia dovendo depo^i^areI 00,000 fìo-
liui d'oro a Firenzeo a Siena, a Pesaio o
a Perugia. 6arcl)bero compresi il duca
dell'Arcipelago ed il re d'Aragona in
questa pace. Altra nello slesso giorno si
concluse col signore di Ridano, e si com-
j)resero nella pace i signori di Padova, Ve-
rona, Mantova, Ferrara , Faenza. Cosi
ebbe termine la lunga e disastrosa guer-
ra di Genova, e con poca soddisfazione
di questa, non corrispondendo il tratta-
to dettalo dal Visconti alla grandezza del-
la vittoria ottenuta ea'suoi tanti sforzi per
conseguii la. La sua potenza non potè 1 lal-
zaisi, bencbè scusso poco dopo il giogo
del Visconti , tornata in libertà nel se-
guente anno eleggesse il proprio doge.
Venezia invece, celebrale soleimissime fe-
ste per la pace, estese nella teirafeima,
non laido a risorgere, e per un governo
ben ordinato e prudente, e pel concorso
patrioltico de' cittadini rimise presto in
mare nuova flolla , riprese colla solita
■vivacità i suoi traffici, stiinse trattati col-
1 Egitto, colla Barberia, il gran kan de'
tartari e la Fiandra. Avea appena il do-
ge Gradenigo composta la pace co'geuo-
\esi, aderito a una lega proposta dal Pa-
pa Innocenzo VI contro i turchi, essendo
nunzio pontificio in Venezia Vaselli pa-
triarca di Grado poi cardinale , che si
trovò avvolto ripugnante in nuova guer-
ra con Lodovico 1 re d'Ungheria, il qua-
le suscitava i zaralini ad altra rivolta.
IS'on volle uscollare i veneti ambasciato-
ri, inviali per accordi, prcleadcudo an-
VE N
nuo tributo e navigli per passare in Ita-
lia contro la cognata Giovanna I, sempre
implacabile per la violenta morte del
fratello. Il doge ricusò le navi a tal fine,
e in cambio del tributo esibì una somma
di denaro. Frattanto il re pretendendo
la cessione della Dalmazia, con grande e-
sercilo si accampòa Zara, Spalalro,Traù,
Nona, e coli' inlelligenza di Francesco I
da Carrara signore di Padova, e coll'aiu-
to del duca d'Austria o de'conli di Gori-
zia, e del patriarca d' Aquileia scese nel
Friuli, indi nel Trevigiano. Malgrado che
i veneziani fossero intenti a difendere da-
gli stessi ungheri la Dalmazia, non trascu-
rarono di ladunar gente ()er difendere la
Marca Trevigiana. Molti fatti d'arn)i se-
guirono in Dalmazia, ma colla peggio de'
veneziani che quasi tutta la perderono.Nel
Trevigiano guerreggiavasi valorosamen-
te d'ambo le parti; alcuni luoghi cederò-
uo,allri resislerouoagli assalti di tanti ne-
mici; se non che in questo mezzo il doge
Gradenigo 1*8 agosto i 356 morì, e fu se-
polto nel capitolo di s. Maria Gloriosa de'
Frali, lodalo da Dai baro per grande me-
moria,e perfetta cognizione delle leggi che
voleva osservale. — Giovanni Delfino
LF II doge. Venne eletto a' i3 agosto
i356 mentre trovavasi jìrovveditore di
campo, assediato dagli ungheri in Treviso;
furono perciò subito mandali a Treviso
al re, Andrea Conlarini e Michele Falier
per ambasciatori, col cancellier grande
lieniiilendi , aflìnchè dasse un salvacon-
dotto |>el nuovo capo dcdla repubblica, e
tentare qualche via d'accordo, ma inu-
tilmente. Treviso animala dalla presenza
del doge, continuò nella sua vigorosa re-
sistenza; e Lodovico I , vedendo tornalo
vano il suo assalto dalla parte del Borgo
de'Sanli-Quaranta, perdute le sue mac-
chine, cnlrala la scontentezza nelle trup-
pe, deliberò di partire pel suo regno, la-
sciando un esercito abbastanza numero-
so a continuare l'assedio, e presidi! in Co-
negliano ed in Asolo. 11 Delfino poi, po-
sti in ordine 600 cavalieri, 0 1 00 cavalli
V E N
e 200 pedoni, con seijiete inlellieienzi'.
nolteleatpo seppe a[)iirsi la stiailn fin'
nemici e giungere felicernenle a jMeslie.
Ivi fu ricevuto da 11 nobili, e montato a s.
Secondo sul Ijiicintoro, con solenne ono-
re fece il suo ingresso in Venezia il i5
agosto in mezzo agli applausi del popolo.
Nota il suo biografucav.Cicognj, che que-
sto doge avendo perduto un occhio alia
difesa di Treviso, usò di portare un pan-
no sotto la berretta che glielo copriva. (
veneziani indignati con Francesco I da
Carrara pel grande appoggio che dtva
agU ungheri, per ta! modo macchiando-
si d'ingratitudine colla repul)b!ica,e sineii-
lendo il suo carallei edi principe italiano. Il
doge senza effello procurò rannodare ac-
cordi con lui, che versipelle invece impe-
dì il passo a'soccorsi che a'veneziani do-
vevano venire da Piomngna. Quindi i se-
mi di cpieli'odio, che poi fu tra la repub-
blica e i Carraresi, e la fine miseranda di
questi. A vendicarsi di Francesco I, i ve-
neziani richiamato da i^adova il podestà
Marino Morosini, vietarono per colà ogni
invio di sale, sosoesero osrni commercio
co'padovani, li bandirono da Venezia e
dal resto del dominio; e mandalo a de-
vastarne il territorio, si pose ogni ii)i[)e-
gno per muovergli contro gli Scaligeri di
Verona. Frattanto Papa Innocenzo VI,
sempre più s[)aveutato da' rapidi pio-
giessi de'turchi, non cessava di sollecitar
la lega fra la repubblica, il re di Cipro e
i cavalieri gerosolimitani di Rodi, per uni-
re i loro sforzi contro il nemico comune.
Ma necessitandola pace Ira'principi cri-
stiani, molto si adoperò presso il re di
Ungheria per recare ed elletlo un accor-
do co' veneziani, per tal fine inviandogli
legati i vescovi Bongiovanni di Fermo e
b. Pietro di Patti, inculcandogli a non
combattere i cattolici, ma gli scismatici
di Piasela, contro i quali avea promulga-
to la crociata, e fatto il re capitano gene-
rale e gonfiloniere di s. Chiesa. Non per-
tanto a gran fatica, a' 16 novend)re i3i6
riuscì ad olleuere un a lemporauea tregua
VEN ,5,
di 5 mesi, con cessazione il'oslililà e riteu-
sione dell'occupalo nel Ti eviginnnc nella
Dalmazia. Spirata appeni la tie^ua •?
I armistizio, ricominciò In guerra più
feroce che mai nel Trevigiano con al-
terno successo, e rovinosamenle in Dd-
mazia, ove Traù e Spilalro si arresero
agli ungheri, i quali per trailimenfo s'iin-
padronirono pure di Zara. Michele F.i-
lier e Simon da Ferrara , deputati alla
sua difesa, giusta il costume inesorabile
praticato dalla repubblica, furono per la
loro poca vigilanza condannati ad un
anno di prigione nelle carceri inferiori,
e di piìi il l''alier fu punito con privaziu-
ne perpetua da tutti gli nllizi. benefizi e
reggimenti dentro e fuori della città. Mi-
nacciando il re di tornare a debellare l'o-
stinata Treviso, che bravamente si soste-
neva, fece risolvere la repubblica a in-
viargli and)asciatori per un accomoda-
mento,anco pel mnliunore insorto in Ve-
nezia.Dure furono le condizioni volute d-^l
re, sommamente olTensive alla graiulez-
za della repubblica veneziana, per dove-
re rinunziare alla Dalmazia, sostegno
principale dell'armale, ed a que'porti tan
to vanta£;"iosi e necessari al commercio.
Dopo lunga e penosa deliberazione, si a-
dollò la politica, altre volle poi usala, di
rinunziare a tempo opportuno a'possedi-
menti la cui conservazione riusciva costo-
sa o di grave pericolo, nella speranza di
riacquistarli a migliore opporlunilà. Co-
sì avvenne appunto dell.i D.ilma7Ì,i, inni
prodi abitanti divennero poi i [>iìi validi
difensori della re[)ubl)lica, 1 più fedeli tra'
suoi sudditi, coujpensando largamente di
sagrifizi e d' amore le passate incostanze
politiche. La pace fu conclusa a' 18 feb-
biaioi3J>8, e vi si compresero il signore
di Padova e il patriarca d'.Upiileia, ed
altri aderenti al re. I veneziani rinunzi,»-
rono alla Dalmazia, e a tutti i diritti e
titoli inerenti , cessando al doge (luclli
di duca di Dalmazia e Croazia; promet-
tendo di non snccoricie (pielle città e
popoli coulio gl'interessi del re. Quoti
,52 V E N V E ìN
sì obbligò a resliluiie lnUi i fuoghi occu- ca il prof. RomaDÌn, l'elezione stia non di-
pati nel Trevigiano, ne) Ceuedese e nel- S[iiacr|ue,seguila a'i6 luglio i 36 r. Nana
J'Ihtiicij [jioii'ise di non ricevere ne' suoi il suo biogi'ufo Francesco CalFi. Loienzo
porli, uè lasciai\i uscire girali. Sì con- Gelsi fu astuto, intraprendente, tnagni-
veiuie pure allo scambio reciproco de' fico, di gran senno e di grande animo. In
piigioni, sicurezza e bberlà di commer- età ancor troppo fresca, avendo passali
ciò a'veneziani, nelle terre e ne'porti del appena 5o anni, e non fornito di meriti
regno: insorgendo querele e violazione distinti, né suoi propri , né della fauii-
a questo tialtato, sarebbe la decisione glia, non essendo slato né egli, né il pa-
rimessa nel giudizio aibilrale del Papa, dre procuratori di s. Marco, non avreb-
Questa umiliante pace fu assai mestameli- be sicuramente potuto aspirare al prin-
te intesa dal popolo di Venezia. Bencbé cipato alla morte del DeKìiio, menoan-
durasse l'esaceibazione de'veneli contro cora nella gara di 4 personaggi principa-
il Cairarese, si dovè segnare anco la pa- lissimi fra'{juali dividevansi i pubblici vo-
ce con lui a' 7 giugno, specialmente re- ti. IMa la sagacilà di Lorenzo tulli delu-
golandosi l'affare de'sali. Ma poco lar- se. Imperocché, essendo egli allora capi-
darono a sorgere nuovi semi di discordia lano in golfo occupato in dar la caccia a'
col Carrarese, e forlificandosi egli e la re- corsari genovesi , che singolarmente la
pubblica, lutto volgeva alla guerra nel navigazione a Candia impedivano con
i36o.ln quest'anno fu fatto di pie- gravissimo danno de'mercanti e dellosta-
tra il ponte della Paglia, eh' era di le- lo, prese giustamente le sue misure, e
gno. Vi fu ancora grande mortalità co- d'improvviso maiulò a Venezia una ga-
ininciata nel febbraio in Venezia, mo- lera a spargervi pompose notizie di sue
rendo in tre giorni i maiali, e questi per gesta felici e della presa di molli corsa-
lo piìi giovani da I2 anni in giìi; molti ri. Sull'istante scoppiò la pubblica esnl-
(uggiiono dalla città. Anche nel Friuli e tanza.e feii roreccliiode'congregali elet-
iieli'lsti ia il male pestilenziale si propa- lori , fattosene assai clamore principal-
^ò; come nel seguenleiSGi ne fu gran- mente nella corte del [)alazzo ducale; né
ilissimo quasi per lutto il mondo. Per più ci volle in quel bollor d'entusiasmo,
queste e l'anteriori calamità, e per aver perché posta giù ogn'altra idea foss'egli
il castellano di Sench ioìprigionato óne eleltodoge. Trovandosi egli in Candia, fu
degli ambasciatori inviati a Carlo IV nominata la solita reggenza composta de'
imperatore, passando per le terre d' Al- consiglieri ducaii e de'(;api delia Quaran-
berlo duca d'Austria, secondo il Moschi- lia, coll'obbligo di dimorare in palazzo;
ni, n;oi ì il doge Delfino di afìflizione i' i i la carica di vice-doge fu conferita a Mar-
o 12 luglio delio-stesso 1 36 1, e venne in- co Soranzo. Quindi fu statuito, che i fi-
(errato nella cappella maggiore de' ss. gli o nipoti del doge non possano accet-
Giovanni e Paolo, iu un'arca situala in tar nessuna commissaria o amministra-
«Ilo e con epiladlo a lettere dorate. — ■ zione d'alcuno. Si spedirono tosto 12 ara-
LoìdizoCel.siLfJfldogc'.Coucoiieva- bascialori a prenderlo, secondo il costa-
no o proponevansi al dogado 4 candida- me, ed egli fece il suo ingresso in città
li, fra' quali Pietro Gradenigo figlio del a'2 i agosto a modo di trionfo. Gli re-
doge Bartolomeo, quando nella corte di sto a vincere l'ostinazione del padre, il
palazzo si sparse voce che Lorenzo Gelsi (juale per non avere a sberrettarsi al do-
capitano del golfo avesse preso alcuni gè figlio, che diceva a lui per natura in-
corsan genovesi, e ciò valse a far decide- feriore, si die a girare senza quel cappuc-
ve gli elettori iu suo favore. Uenclié la ciò iu testa che allora da'palrizi si usava,
uolizia si scopi isic poi làlsu, come rimar- E questa pur vinse il doge,suvrapponeu-
VEN VEN 1^3
do pel r." una crocetta al corno o benelta poneva ed esortava, grandi filli accade-
ducale: allora il vecchio riprese il ca[)puc- vano in Oriente per opei a del sultano
ciò, e sei traeva quamlo s'incontrava nel de'tniclii Ainiiral I, cupiilo trestc-ndero
figlio, non senza diri;li però, salalo la i suoi possednnenli in Europa ilo[)i> il con-
Croce. Belli e rari avvenimenti illnstraro- quislo di Filippopoii. Pres>o Adri.inopo-
no e rallegrarono i piiinordii del suo prin- li, non ostante la pace fatta con Giuvan-
cipato. In Venezia si viderosoniniespien- ni I l'aleologo, il sidlano con aspiis^iino
didezze nelle feste, per la venula del duca combaltimento sconfisse i re d'Unglieria,
d'Aii>tria (l'orseAlberto o Ilodolfj l\M' /^i- di Servia e di Rosnia, ed il principe di
gf^5«o.?oj,accoinpagiiatoda 1200 persone, Valacchia, collegali onde opporre argine
ovvero 3o cavalieri e 200 altri nobili, in- alle sue conq'iiste. Questa vittoria, int'au-
contralo dalla signoria e dd doge soien- sta perla cristianità, agevolò sempre piìi
nemente col Bucintoro a s. Jacopo di Va- a'iinchi l'occupazione dell'adiacente pae-
ludo, fece il suo ingresso a'aq selleuihre se. INlancava l'unione tra' piincipi cri-
1 36 f, e venne alloggiato nelle casediLeo- sliani, ed i parziali armauienli a nulli
nardo Dandolo e di Andrea Zane, nella giovavano, o volgevansi altrove. Com il
contrada di s. Luca: si spesero 10,000 re di Cipro fece uno sbarco in Alessan-
ducali per onorarlo, essendo costume de' dria, che saccheggiò, obbligalo poi a ri-
veneziani di mostrarsi sempre splendidis- tirarsene; e i veneziani, rispondendo al-
siini nell'accoglienze de'prnicipi forestie- l'invilo d'Uibano V, olIVirono alcur.e gi-
ri. II principe austriaco in brevi giorni lee a Lodovico I re d'Ungheria, ma era
vide le cose piti nolabdi della città, ac- debole e isolalo susiidio. A ciò si reslrin-
compagnato sempre dal doge a cavallo, se il frullo dell'unione predicata con lan-
e die' alla repubblica prove di stima e ili to ardore da Urbano V. Qiie>ti sebbene
amore, promettendole inviolabile amici- francese, come tutti i 7 Papi avignonesi,
zia. Dopo due mesi a'5 tliceuibre giunse considerando la dignità pontificia come
a Venezia Pietro I Liisignano re di Ci- esiliata al di là de'monli, mentre era in
[tro, non meno festeggialo. Entrato dal- Avignone, meditava di trasportarne di
la parie di mare con magnifico ricevi- nuovo la residenza in Italia, e d impor
inento,fu nobilmenlealloggialo nelledet- termine agli orrori che vi coinuictleva-
te due case , creando cavaliere il Zane no le famose compagnie di ventura; ma
proprietario d'uno de'palazzi. Si tratteli- le guerre tra'fratelli Galeazzo e Baniiibò
ne 22 giorni, e nel partire fu accompa- Visconti nella R.omagna, e in cui si tro-
guato dal doge fino a :\Ialghera; dirigen- va vano trascinali anche gli altri principi
dosi il re alla volta di Francia pieno del- italiani, rendevano vana ogni speraii/.,i
l'idea di eccitarvi una crociata contro i di liberare il bel ()ae^e di'masuadieri eri-
turchi. Il re francese Giovanni li accol- marginarne le sanguinolenti piaghe. So-
se favorevolmente la proposizione, e nel la Venezia si astenne dal prendervi par-
venerdì santo i362dotnaiidòalPapaInno- le, ed un legato papale, venatoa persiia-
cenzo VI la croce, pi omettendogli di porsi derla di troncare ogni relazione cogli sco-
inmarcia prima del marzoi3G7, e farvi municali Vuconti, usurpatori di molte
entrare il re inglese: il re di Cipro dal canto terre della s. Sede, e .li non ammettere
suo assunse Tincarico d'armai e per la ero- ne'suoi stali alcuno de'Ioro sudditi, ebbe
ciatai principi di Germania. Il nuovo l'a- dal senato la risposta: Potere il legalo
pa Uibano V nel giugno 1 365 ne sciisse ben informarsi della condizione luUa spe-
a'veneziani, ed ullretlanto fece l' impera- ciate di Venezia , la quale nulla (la per
tote Cai lo IV, decretando un congresso se si forniva di quanto al vivere è neces-
iu Colugaa. Ma mentre il Papa così prò- sario, onde erale uopo ritirarlo dal di
i54 VEi\ y li; N
fuori; sua prosperità essere fondala sui rale. Furono ordinali per 3 giorni so-
commerci, mteiroUi i quali non potreI>- leoni alli di grazie a Dio, ben sapendo il
beevilaine la totale rovina; però pia- religioso doge Gelsi , come nulla relta-
cesse a Sua Sanlilàd'aver i veneziani per metile e felicemeiile si faccia se da Dio
iscusali, come già altre volte erale com- non s'incomincia; quindi processione del
piaciuto di fare, mentre per l'onore e la popolo alla basilica di s. Marco, ove A»
grandezza della ie[)ubblica, comesernpre, celebrata solenne messa, e dislrUiUzione
sarebbesi mostrata devotissima e pronta di liinosine. Al capitano del Verme furono
a soddi>faread ogni suo desiderio in lui- as>egnali in premio looo ducali l'anno,
te cose potesse. Per lo slesso motivo, d'e- e si scrissero lettere annunziatrici «lei lie-
■vitare ogni occasione di guerra in Italia, lo evento al P.ipa, agi' imperatori Carlo
la repubblica a vea accomodato anche col lVe(jiovanni I, al re «l'Uoglieria e ad
Carrara alcune vertenze insorte sulla giù- altri principi. Le feste furono splendidis-
risdizione dell'isola di s. Ilario; e pari- sime, e tali die meritarono di venir de-
mente avea accordate quelle cogli Sca- scritte dall' aurea penna del lacondo Pe-
ligeri pel transito del Po; non die nel Irarca, il quale allora appunto trovavasi
i3b2 rinnovata la tregua di 5 anni col- a Veuezi», con lettera a Pietro Bologne-
r imperatore greco, limitando gli acqui- se, ed avea donato i suoi preziosissimi co-
sti de'propri sudditi nell' impero, pel ti- dici alla bdilioteca Marciana che allora si
more che per polenti interessi avrebbero fondòdal doge(veraraentept'r allora nul-
potuto in seguito dalla patria alienarli, la si fece, celebrandosi il cardinal Bessa-
Temendosi nuova rottura co' genovesi, rione vero Ibndatoredella biblioteca, idi
governali dal doge Gal)riele Adorno dal- cui inizi risalgono al dogado di Celsi pel
to ingegno e di forte indole, adoperavasi dono a lui f.itto dal Petrarca per con>er«
a mantenersi in buoni lapporli con Co- varsi in luogo sicuro oiid'essere frequen-
stantinopoli. Però tutte quest'opere p.i- tato dagli studiosi con diletto e utdità.
cifiche restarono sconvolte dalla formi- Pareche i codici donati fossero intaolode-
dabile rivolta in Candia, in Canea, Reti- posti in uno stanzino sopra la chiesa di s.
mo, in tutta l'isola, agl'indigeni essendo- Marco. Andati dispersi o forse non tut-
si uniti i veneziani ivi dimoranti. 11 sena- ti conseguati, sembra probabile che i su-
to volle tentare co' ribelli cretensi le vie perititi sicno 3 esistenti; cioè im Poema
più miti, ma fu costretto ad espugnare latino del Pacesulle Marie; un Messale
l'isola, a mezzo del valoi'oso capitano ve- del secolo XII ad uso di qualche mona-
roiiese Luchino del Verme, partendo da stero francese ; la Terapeutica di Galeno
Venezia le imponenti forze marittime e tradotta in latino nel 1297 da Borgondio
terrestri a' io aprile i 364, seco portando Pisano). Questi stretto amico del Pelrar-
Pietro MoroNÌni nominato governatore ca, che per amore di lui avea fitto il dono
generale della spedizione. Tosto fu sotto- raro, fece si che la repubblica in ricam-
inessa l'isola, puniti i ribelli colla morte, bio rimunerasse il gran poeta, secondo i di
col carcere eco! bando. La ribellione de' lui desiderii, colf offerta d'una nobilissi-
candioti, suscitala dall'audizione de' pò- ma casa, presila (ilio, al ponte del ». Sepol-
tenli v(Mieziani coloni, terminò gloriosa- ero, sulle, riva degli Schiavoni, che fu dal
mente con una sola ma sanguinosissima Petrarca per uou breve lempo abitata,
battaglia; e si ascrisse alla sollecitudine ed Essa era il palazzo g ià de'Molin detto del-
rd vigile accorgimento del doge sì pronta le due Torri, che in seguito demolito, al-
e cospicua vittoria. Giunto il lietoannua- irò non vi rimane che il portone e foise
7,io m Venezia a'4 giugno della ricupera qualchemuraglia.il Petrarca nella Id-
di Candia, immensa fu la gioia e geoe- lera, dopo aver altameote lodata Vene-
VKN VEN ,V-
zia, vantala la g'mslizia ilei governo, ilef- a bella |)oslii cliinmalo.iirera alloro quel
to del iloge (iii.r Laurentiiis vere Cel- che un tempo fu Uoscio in R<):n;i. hi es-
siis KÌr, ni>i me forsitaii ninor fallii j sa 24 nobili adolescenti, cospicui pf^rbel-
ammiiato come in essa non sono discor- Jezza e per abili , adorni ili porpora e
die e guerre di parlili, a diireienza dell'ai- d' oro, figuravano , co' l'reni reggendo e
Ire d'ilalia, laonde la cliiama unico nido cogli sproni iucalzanilo alliellanti deslrie-
presentefii libertà, unico rifugio de'biio- ri splendidamenle bardati. A que'-'iova-
ni, ricca, polenti-; dipinge a vivi colori ni, nell'erpiitazione e nel lratl;ir le armi
l'ingresso magnifico della galea di l'ielro espertissimi, il solo onore per giiiderilo-
Soranzo colla notizia della sommissione ne veniva largito. ìNon cosi fu nella 2/
di Candia, armala a festa, cogli alberi giostra, che per bando gnerrescainenle
cinti di rami verdi, i galeotti con corone scritto, pubblicala già nelle lontane e nel-
d'alloro in capo fra il suono delle lroml)e le vicine proviiicie,una corona di purooro
ede'mtisicali strumenti, veduta dalla fi- dovea cinger le tempia del i." vincitore,
lieslra di delta sua abitazione; l'allolla- e un bilteo con preclaro lavoro tessiilo
Iiieuto de! popolo sulla spiaggia, le accia- d'argento si doveva dare a colui che iiel-
mazioni alio scorgere i segni della vii- l'aringo il 2.° luogo n^erita^se. Molti non
loria, la solenne messa celebrata in s. Mar- solo di diverse città d'Italia, ma ili varie
co, la processione. Passando quindi agli nazioni e lingue accorseroalla giostra, fra'
spettacoli, naira delle giostre e de' tornei quali alcuni inglesi consan^jumei delie,
che furono dati nella piazza di s. ÌNIarco, Durò4g'orni econ Ifintacelebrilà.chedo-
di cui non ha forse il mondo 1' eguale, e pò la fondazione di \'enezia nulla potevasi
celebra il valore de' veneziani anche in ricordare (lisomigliaiite,econ lauta mar-
tal genere di spettacoli, tanto dalle loro zinle industria, che maggior [loluto non
abitudini disformi. Kiun sesso, niuna età, avrebbesi trovare ne' più valorosi guer-
niuna condizione mancava, il doge con rieri della terra, da far chiaro cosi quan-
numerosissimo segnilo occupava la fion- lo i veneziani di ecceUo animo fregiati
te del tem[)io sopia il vestibolo, ed ivi a- andassero, desiderosi di gloria fossero, e
venie a destra il Petrarca, vedeva lutto la magnificenza e la milizia, benché uo-
Bgilarsi sollo a'suoi piedi. Acciocché poi mini di mare, come qinliuKiue altra geu-
l'estivo sole nel piegar a sera non ollen- le conoscessero. Frinita la giostra, percon-
desse col suo splendore la vista, erasi corde giudizio del doge, de'senalori e de'
provveduto con tende di lajipezzerie a capitani stranieri, venne aggiudicalo il 1.
vari colori. La gran piazza, la chiesa sles- onore al vene^.iano Pasqualino Minollo,
sa, la lorre, i letti, i portici , le finestre il 2.° ad un ferrarese, il prof. Uomanin,
tutto era zeppo, un muralo di genie. In che pure lutto storicamente narra, sog-
fianco alla chiesa erasi alzalo magnifico giunge, ma fu gi.na inlempotiva, poiché
palco per le matrone veneziane, scelte poco stette Caiidia a rial/are il capo, per
dal fiore della nobiltà, che in numero di nuova sollevazione promossa da (.lovan-
ben 400 rendevano più gaia la festa, non ni, Alessio, e Giorgio fratelli Cnlergi, ciis
turbata da nessun tumulto, confusione o con altri felloni, dopo avere simulato ub-
lancore. Descrivendo il Mulinelli le due bidieuza, si resero signori dell' isola. [
solennissime giostre nella piaz/.a di s. Mar- ribelli furono più volte sconfini, massi-
co, dice la I.' presentare riiumagiue di me da Paolo Loredano, con guerra lun-
bellica fazione, con molta eleganza e niun ga e devastatrice per 1 infelicissima isola;
pericolo. Onesto nella 2.' dovea diveni- finché a' 12 aprile 1 3bb, espugnala la for-
re eguale "alla destrezza. Regolò la 1." Iczza d'Auopoli, ultimo asilo degl insorti,
giostra Tommaso Uambasi da Ferrara, i (ialelli Calcrgi con Tito Veiucr furono
1 56 V E N
decapitali. Da allora il governo di Can-
dia si fece più rigoroso, e così toitiò la
quiete all'isola. Fu la guerra di Caiulia
il principale avvenimento del doge Gelsi.
Egli era di carattere giocondo e spleu-
dulissiroo. Viveva regiamente, amante
di tenere bella scuderia di cavalli, sui
quali spesso in compagnia di molti gcu-
tduomini si mostrava per la città; dilet-
tavasi inoltre di raccogliere copiosa col-
lezione d'uccelli e altri animali rari im-
Ijalsamati, oltre altre curiosità. Continuo
era in sua casa d banchetto e la lesta,
compiacendosi del consorzio de' letterati
e degli artisti. Si mostrò assai divoto, e
le solennità ilella B. Vergine distingueva,
assistendo alle sagre funzioni con tog.»
candida anzicliè colla cremisina, d'ordi-
nario usata da'predecessori. Passati ap-
pena 4 anni dalla sua esultazione, a' i 8
luglio I 365 abbandonò il trono e il mon-
do. Ne fu deporto il cadavere nella chie-
sa di s. ftlaria Celeste o Celestia, rimpet-
lo all'altare della ss. Vergine da lui tan-
to venerata, ma rincendio e la riedifica-
zione di quella fecero poi sparirne la tom-
ba. Scrissero alcuni cronisti, esser morto
il doge Gelsi molto opporlunamenle , e
prima che recando ad effetto i suoi am-
biziosi pensieri di tirannia, incorresse nel-
la stessa pena e infamia del Bojamonte
e del Falier. Infatti qualche grave accu-
sa fiM stata portala contro di lui , tro-
vandosi che il consiglio de' Dieci , do[)()
1 elezione del successore, decretò tosto a'
3o luglio fossero distrutte tulle le carte
d'accuse falle contro il doge Gelsi do[io
la sua morie, e che il nuovo doge fosse
tenuto a dire pubblicamente nella i." a-
dunanza del consiglio, esseie stato il suo
predecessore indegnamente calunniato
dopo il suo decesso, e di cose commesse
contro l'onore del comune ili Venezia e
della repubblica, le quali, fattane inchie-
sta , risultarono false. Le riforme fatte
alla Promissione ducale riguardarono
nientemeno l'obbligo del doge di rimili-
ziarc, quando lai fosse la volontà de' (>
V E N
consiglieri edella maggior parie del gran
consiglio, e uscire fra 3 giorni dal palaz-
zo, sotto pena di confisca de' beni (Tan-
to riporta il Roraaniu, e come sempre cita
e documenta le sue asserzioni, con ripor-
tarci! testo del Libro Noi>ella i5S, i5i).
Il cav. Cicogna poi nella biografia del se-
guente doge ci dice: Unode'molli regola-
menti falli nella vacanza del dogado di
Gelsi fu questo. Che se sarà deliberato da'
consiglieri col consiglio, di dare altra for-
ma al governo di Venezia, il doge debba
rifiutare d'uscire da palazzo in pena del-
la confiscazioue di lutti i suoi beni]; men-
tre dal canto suo non potrebbe rinun-
ziare spontatieamente senza l'anzidetto
consenso 1 Dovere gli avogadori del co-
mune invigilare, che il doge avesse il nu-
mero prescrittodt famigliari, e questi do-
vessero abitare io palazzo. Non potesse
trattar nulla da se, né es^er giudice in
alcun affare. Non ispender oltre a i oo
lire di piccoli l'anno, del denaro del
comune, per l'abbellimento del palazzo.
Soprattutto s'ingiunse agli avogadori, dì
badare attentamente che il do"e non ol-
trepassasse i limiti delle leggi a lui pre-
scritti, com'erasi da alcuno tentalo. Agli
elettori poi del doge durante lo scruti-
nio, o congresso loro per l'elezione, fu
prescritto di non poter ricevere alcuna e-
sterna comunicazione. E qui osserva il
biografo Cadi, che tal sanzione chiarisce
quella frode dal Gelsi posta in opera per
farsi crear doge. — Diarco Cornaro LIX
doge. La sua elezione porge un esempio
di quelle obbiezioni ch'erano permesse
muovere da ciascun elettore contro il
candidato che veniva proposto alla sedia
ducale, e delle difese che gli erano con-
cesse. Marco Cornaro, o Corner come lo
chiauìa il prof. Uomanin (i medesitni co-
gnomi veneti altri li scrissero tronchi e
terminanti in consonanti, altri prolunga-
ti con aggiunta di vocali come o ed /,
laonde sono bene detti in ambo i modi),
uomo di grande prudenza, di bella ficcia
e persoua, cavaliere e procuratore, eser»
V EN
citato in più ambascerie , e reduce da
quella di Carlo IV arrestalo col collega
Giovanni Giadenigo dal caslellano ili
Sencli, indi liberali dal duca d'Austria e
con lui lornali a Venezia; ne'cotnizi per
r elezione del successore del Gelsi , fu
avversato da Giovanni Delfino sosleni-
lore dell' altro candidato Giovanni Fo-
scarini. Delfino prese a dimostrare che
per 4 ragioni, essenzialissime alla dignità
e al benefizio del pubblico , il Cornaro
doveva essere escluso dal principato. La
"veccliia sua età ottuagenaria, la [ìoverlà
impotente a sostenere la dignità, la stret-
ta amicizia co'principi esteri, 1' esser ma-
rito di plebea e vivere con molti parenti.
Rientralo nella sala il Corner, donde
secondo il costume era stalo escluso, e
uditi i punti d'accusa, ris[)Ose francamen-
te. Esser incanutito ne'siervigi della re-
pubblica, pronto e disposto a continuar-
li; la povertà essergli vanto provando la
sua integrità in mezzo a tanti ulllzi so-
sleuuli , tullavia aver sempre osservato
«lecenza senza profusione ; dell'amicizie
co'principi doversene cercar l'origini, a-
verne profitlalo a vantaggio della patria,
e se vituperio fosse tenuto il bene, che
sarà mai il male? Finalmente non aver
lui solo moglie popolana, ed essere vir-
tuosissima; quanto a'parenti, tutti saper-
li a ninno inferiori per sincera fede e per
riverente amor patrio. Strinse il suo ra-
gionamento con invitare gli elettori col-
lo spirilo della verità e il lume del loro
giudizio a disperdere tali spauracchi; del
resto, sia comunque, restare sempre ser-
vo di tulli, e la sua volontà sarebbe (|uel-
la che piacesse loro, il suo discorso na-
turale, ingenuo, senza finzione, gli valse il
favore di 2G elettori, che co'Ioio voti lo
nominarono doge a' 2 I luglio iSG'T. Il
breve suo dogado godette perletla tran-
quillità, dopo repressa energicamente la
uarrala uuova insurrezione di Candia.
Alla domanda d'Amedeo VI conte di Sa-
voia, di soccorsi contro i turchi, la repub-
blica da priocipio si scusò; poi cedendo a-
V E N 1 57
gli nfljzi del contedi Viilìi figlio di Ga-
leazzo Visconti, die insieme ad Amedeo
VI venne a Venezia, gii concesse due ga-
lee e qualche somma in imprestilo, ri-
cusando l'oUcrto pegno di Gallipoli che
l'esponeva a difenderla contro i turchi.
L'annalista Rinaldi dice che il conte di
Savoia volendo recarsi a soccorrere il
suo parente iniperalore greco, assalito da'
turchi , Urbano V gli ollenne da' dogi
Cornaro di Venezia e Ailonio di Genova,
le loro galee per passarvi, e che gli riu-
scì espugnare Gallipoli, e toltala aìuichi
la restituì a'greci. Osserva il prof. Roma-
nin: pare che in quel momento la repub-
blica cercasse di non inimicarsi all.ilto i
uìusulmani, standole molto a cuore rin-
novare il commercio in Alessandria, in-
terrotto da quando il soldano d'Egitto,
per vendetta dello sbarco del re di Ci-
pro, e già riferito, avea imprigionalo i
veneziani colà residenti e sequestrale le
loro merci; e nulla ollemiero gli amba-
sciatori Suranzo e Bembo, pe'movi men-
ti minacciosi che continuava il re ili Ci-
jMo. Indi la repubblica mandò Marin Ve-
niero, INicolò Falier e Giovanni Foscari
ad Urbano V in Avignone, rappresentan-
dogli che per la debolezza delle genti cri-
sliane concorienli alla crociata , ninna
impresa di rilievo poteva farsi, e tulli i
tentativi ad altro non riuscivano the a
depredazioni, le quali sempre più irrita-
vano il nemico e iiiterron)|)evano i com-
merci; volesse quindi tenere i veneziani
per iscusati, se essi, cui il commercio ap-
punto era vila, si astenessero da colali
inipresc, onVendo piuttosto aiuto contro
i turchi d'Europa, perdi) esibendo galee
a Lodovico 1 re d'Ungheria, il quale ne
ringraziò la repubblica. Questa finalmen-
te riuscì a riconciliarsi col soldano d' A-
lessandiia , ii quale con lettera al doge
promise pace e libertà di commercio a'
veneziani; ed il Papa permise alla re-
pubblica d'inviarvi come per l' addietro
suoi navigli. Dopo questo racconto paci-
fico del prof. Roniauin, fa cuulrasloqnel-
)8
VEN
Io del biografo del doge, il cav. Cicogna.
Egli nana: dinante questo dogado si vol-
le da'veneziani sorprendere la città d' A-
lessandria in Egitto. L'armala veneta vi
approdò a'2 ottobre 1 365 : essa respinse
le poche genti che avevano preso 1' armi
per opporvisii die anco un assalto alla
città, ma gli abitanti fuggili al ó\ là d'na
vasto canale, posero i veneziani'nell'iin-
possibililà d' oltraggiarli; ed i veneti do-
po aver messo a sacco la città, tornaro-
no sulle loio navi, senz' altro acquisto.
Adirato il soldano per sì sconsigliata ira-
presa, fece sequestrare le mercanzie de'
veneziani e carcerare i mercanti; il perchè
si dovette sborsare non piccola somma [)er
libérale le une e gli altri. L'impresa d'A-
lessandria, come già ft^ci cemio, sembra
doversi piuttosto attribuire a Pietro I re
di Cipro co'crocesignali, compresi i ca-
valieri di Rodi, essendo legato del Pa-
pa il b. Pietro di Tommaso vescovo di
Patti, il (]iiale dopo averli con solenne
rito benedetti colle loro armi, e tutti
confessati e comunicati, il re all'improv-
viso assali la fiorentissima Alessandria, e
dopo fatto immenso bollino ne partì.
Tanto trovo nel Ilinaldi, senza parola ri-
guardante i veneziani, all'iinno i 365, n.
18. Narrai a'suoi luoghi, che Urbano V
avendo determinato di resliluirsi in Ita-
lia e reintegrare Roma della residenza
pontificia , la repubblica a sua istanza
mandò per levtnlo e fargli onore 5 bel-
le galee, ciascuna munita di So baie-
.^■Irieii, sotto il comando di Pietro Tre-
visano con 12 ambasciatori; e perchè la
missione sostenessero decorosamente si
assegnò loro lo stipendio di 100 ducati
per ciascuno, oltre altri 3 per la villua-
lia, ad ognuno accordiiiulosi 3 paggi spe-
sati diiH'erario. Ricevette il Trevisano il
pubblico vessillo nel marzo 1367, e le
galee partite a'18 di detto mese giunse-
ro in RJarsiglia nel principio di maggio.
il Mulinelli riporta le singolari istruzio-
ni date al comandante della repubblica:
Clic il Papa nou dovesse esercitare au-
VEN
forila sulle navi e sugli equipaggi. Proi-
bizione a tutti, sotto pena di 1000 du-
cati, di chiedere o accettare grazia ve-
runa dal Papa, tranne l'indulgenza in
articolo di morte! Il Papa a'iq o a' 20
di (letto mese salpò da Marsiglia, accom-
pagnato dtille galee di Venezia, di Gè*
nova, di Pisa e di Giovanna I regina di
Sicilia, ed approdò dopo 4 giorni a Ge-
nova , altri ilicono più tardi a' 28 , ma
non pare. Il Ferlone, De'viaggi de Poti'
teftcì, riferisce che Urbano V partì da
Marsiglia imbarcandosi in una galea ve-
neziana , e lo conferma il Mulinelli; ma
il Peruzzi nella Storia d' Ancona scrive
che montò sopra una galea anconitana.
Era seguilo da tulli i cardinali (ripu-
giiiuiti e rarnpognanli il savio e giusto
Papa , dicendogli: uve trascini i miseri
tuoi figli ? Quasi che, osserva Petrarca,
Urbano V li conducesse a Menfi, a Ctesi-
fonle o nelle prigioni de' saraceni, e non
a Roma , unica e suprema rocca della
cristianità ! ) tranne 5 ricusanti d'abban-
donar la Provenza , colla curia e corte,
accompagnato da una flotta di 23 galee
ed altri bastimenti. Giunse a Genova a*
20 maggio, ricevuto da quel doge Ador-
no e da'cittadini col dovuto onore. A' 28
partì per Porto Venere, e per Pisa e
Piombino giunse a Corneto a'4 giugno,
ed ivi sbarcato, i veneziani licenziandosi
dal Papa, subito fecero ritorno a Vene-
zia. Quindi Urbano V passò a Viterbo,
donde portatosi a Roma, vi fece il suo
solenne ingresso. Tutta l'Italia ne giubi-
lò, ad eccezione de' Visconti, contro i qua-
li il Papa dichiarò legato d'Italia il ni-
pote cardinal Angelico Grimaldi o Gri-
moaldi vescovo d'Albano, che si recò a
Venezia. In Roma Urbano V a'i8 otto-
bre 1369 ricevè l'abiura dello scisma gre-
co dall'imperatore Giovanni 1 Paleolugo
in persona, il quale sbarcato in Ancona
ornò gli anconitani del privilegio, che
uell'imperial cappella di s. Sofia avessero
luogo distinto, come lo avenno i venezia-
ni, i genovesi, i catalani. E siccome il cav.
V E N V E IV , -7,^
Cicognn dice tlie nel dogado di Cornalo scrizione die andò pei dola recava l'amio
furono a Venezia l'inìperalore e l'inipe- iSG?, w/P/r te/»r/o, die coniava yli mini
laliice, incontrati da 4 ambasciatori, in- i (juidi si ciunpivano nd mai 70.
tendeiàCarlo IV e Anna. peidièneliSGg \(j. Àiuliea Coitliin'ni I.X iloi^e. Il
non più vivea il Cornaro. Infatti trovo suo biografo tli. Casoni prepara il Ietto-
nel Morosini, Ilisloria di f eiietia, die le a' gravi casi die succe>.>tio ndi'iulau-
Carlo IV coir imperatrice furono a Ve- sto suo ilogado con didiiaran'. La eie-
uezia, ma sotto Contarini, così il Paleo- scente potenza de'veiieziiini, l'oiesu lord
logo redoie da Pionia, o\e pure era sta- commercio, le licdiezze die 1 idc.ndavano
lo Carlo IV ad o>se(iuiaie il l'apa, nd da fjudio, tianosliiiiiili ;di'iii\ iiliijde'|)<'-
l368 riporta il Rinaldi. Bensì in tempo tenti vicini, e cause per lorodi lagionevo-
del Coinaro, di suo ordine fu alibtiiilo le timore; nulla lasciavano dunque iii-
il palazzo ducale, continuandosi la fab- tentiilo per tuibur lu jiace della lepubbli-
brica verso il Canal giaiide; e fatti avan- ca , per suscitar malcontenti e pretese;
zare i lavori nella sala c!d iDaggior con- ma appunto queste coniiuiie agilariom,
sigilo, ove volle dipinta sul niuro la sto- tenendo esercitale le incuti de' padri, ed
ria di Papa Alessandro 111 e di Federi- attivo il braccio de'cilladiui, accroceva-
co I, con isciizioni die diconsi del Pe- no l'amor di patria, il vigore, l'eutusia-
trarca (la cui dimora peraltro in Vene- smo nel nwlile, e contribuivano quindi a
zia corse dall' estate i36i alla fine del vantaggio, anzidiè a discapito degl'inle-
1367, come prova il di. Fiacassetti nel ressi e delle mire di stalo, di die por-
libro cbe cito più sotto); co' ritratti de* gono esempio le terribili vicende acca-
dogi intorno al coi nicione, cominciando dutea'tempi di que-lo doge. Era il Coii-
da quello die peli." si trasferì in liial- larini procuratore ili s. Marco, uomo di
to, e disponendoli per nioilo che il suo sodi principii, di nialuio con-iglio e d'a-
venisse a con ispondere al di sopra óc\ uimo risoluto. Tuttavolta modesto quaii-
Irono ducale. La repubblica a promuo- to per singolari meriti distinto, e presa-
vere la floi idezza de'suoi comir.tni, ollen- go (piasi delle sciagure ilie avi ebbero a-
uè da'dudii d'Austria Alberto III e Leu- voto a piombare soli' infciii e sua pallia
poldo un diplouia di sicurezza a'merciin- al tempo del di lui il( gailo, avca ben due
ti veneziani; e si pacificò con Mainaido volle respinta 1' elezione die volea f'r>i
conledi Gorizia, e Ilandek patriaica di di lui alla suprema dignilù dello slato.
Aquileia. Di più incaricò di sosteneie i liitiratosi nel territorio di Padova, Ira
propri interessi alla coite del Papa due le campestri occupazioni cercava fusi di-
caidiuali collo stipendio di ducati 200 Dienlicaie, quaiuio mancalo di vita il
l'anno, e furono i primi i caidiuali Moii- Cornaro, ne fu diiliiiualo successore, lio-
neiisee Lemovict n-e. Siccome allora e- pò aver i correttoli aggiunto nella Più.
ratio vescovi di Terovanne Roberto di missione ducale principalineiile: Che 1
Giiievia, |)0i antipapa Clemente VII, e Qt.aiauluiio.solio maggior pena clic per
di Limoges Giovanni de CVoisa"'hocar- l'adilietro, non isvelassero mimmainente
dinali, può darsidie sieno essi, allora de- (juanto M-uisse detto contro l'uno o l'ul-
nominando>i i caidiiiaii col iiotnedd prò- lio candidiilo nell'elezione. A^e.s^e il do-
prio vescovato, titolo o diafonia. Ma a %■' ni. a ve,le lavorata in 010. Che quan-
tauta prosperità, a sì savio e pacifico go- do gli avcgadori di coiuuu placitasstio
verno, in breve doveaiio succedere lem- alcun in consiglio, per avviare il [.roce-
pi lag. imevolissiuii per Venezia. Morì il dimento, il doge non potesse parl..re cou-
doge a' I 3 gennaio i ?.6hi, ed ebbe sepol- tro, se non con licenza di \ de'suoi colla-
tura lidia chiesa de'ss. Gio. e Paolo. L'i- glieri. Solo. piando 1! procedere fosse slato
i6o V E N V E N
approvalo, avea il doge f.icollà eli espor- ce rilorno alle sue tei re. Tiicsfe allora
le quanto credesse nella materia. Adun- peniiriundo tli viveri, perduta ogni spe-
cjue a'cio o a'2 r gennaio 1 368, giorno di ranza di soccorso, si deterutinò a nuova
giovedì, tolti i voli .si unirono in favore dedizione, per la tpiale a* 28 novembre
di Contarini allora di Go anni, portati- ijGq (u convenuto che la città sarebbe
dogli I' annunzio che la [)atria lo chia- consegnata a FaoloLoredan governato-
niava a leggerne i destini, 12 tra'pii^i co- re generale dell'Istria, passando sotto il
spicui gentiluomini. Egli si mostrò alieno mero e misto impero della repubblica,
dall'accetlaie, temendo non si avverasse conservati gli statuti, meno (|iieUi conlra-
un ricordo datogli in Soria, quando co- ri al ducale dominio. Dcjmeuico Michiel
là ruercanteggiavii, cioè che lui capo, sof- fu nominalo capitano della città, e a le-
friiebbe la repubblica avversità fatali ; e nenie in freno gli abitanti fu dato mano
la predizione si verificò appuntino. Non alla costruzione del castello di s. Giusto,
fu scusa ch'egli non adoperasse per esi- Più dilllcile riuscì l'accomodar le cose
tnersi, tanto che si giunse a minacciarlo co'duchi d'Austria, (inchè a'20 cltobre
di confisca de'suoi beni e di bando. Pie- 1870 si ottenne, che i duchi d' Austria
gandosi alfine egli agli ordini della pa- cedessero e trasferissero per loro e sue
tria, accettò il grave incarico, e fc^ce il cessori nella repubblica di Venezia tutte
suo ingresso in Venezia a'27 gennaio tra le ragioni e azioni che potessero avere su
immenso giubilo del popolo. Non andò Trieste e sue pertinenze. In compenso la
guari ad essere turbala la pace della re- repubblica promise in due rate yS.ooo
pubblica, e le sciagure cominciarono da ducati, ed il trattato fu ratificato a Vien-
nn'improvvisa ribellione di Trieste. Gè- na. Frattanto Urbano ■¥, sedotto da al-
losa fin dal principio della grandezza ve- cuni cardinali francesi, sempre vagheg-
iieziana, da quando era stata lai.'" volta gianti il ritorno alle delizie provenzali, e
debellata da Enrico Dandolo, or tributa- poco curanti del bene e dell' onore della
lia, or suddita dibattevasi sotto il giogo, Chiesa , a ciò inducendolo sotto colore
ed ogni occasione coglieva per iscuoterlo. di pacificare gl'inglesi co'fiancesi, gli ara-
I tiiesliui cominciarono con assalire una gonesi co'navarresi, a'5 settendjre erasi
galea veneta, uccidendone il capitano e imbarcato a Cornelo, per tornare in A-
l'eqnipaggio;poi pentitie temendo la veu- vignone , accom[)agnato da una nobile
detta della re[)ubblica domandarono e armata navale de're di Francia e d'A-
ottennero pace con trattato de'Sseltem- ragona, della regina Giovanna I, di avi-
bre I 368, ma nel ricevere il vessillo di gnonesi e provenzali. Pare che non vi
s. Marco per farlo sventolare dal paiaz- contribuissero i veneziani, non trovando-
zo ne'giorni solenni, secondo i patti , si li nominatine nel Piinaldi, ne in altri sto-
opposero vivamente e dissero voler piut- rici. 11 Leoni v.eW Jncona illustrala di-
tosto correr la sorte tlell'armi. I vene- ce che il Papa montò sopra una galea
ziani assediarono Trieste, e questa invo- anconitana, come avea fatto nella venu-
to 1 assistenza di Leopoldo duca d' Au- ta accompagnalo da 3 ambasciatori. IMa
•Siria, promettendogli riconoscerlo perso- appena giunto in Avignone, il Papa cad-
vrano. Pertanto nella primavera i36f) de inliermo , moiì a' 19 dicembre e gli
Je genti austriache mossero alla volla di successe Gregorio XI, il 7.° Papa avigno-
Iriesle, ove giunte, Taddeo Giustiniani nese francese. Terminata la guerra di
lece sbarcare parte dell'equipaggio di sue Trieste, tosto nuove vertenze insorsero
galee , e sforzando 1' esercito austriaco, con Francesco I signore di Padova, per
die una gran rotta al duca, il quale la- ;iveie eretto le fortezze di Caslellaro e
sciando 1 suoi protetti al loro destino, le- Oriugo , taglialo argini e fossi vicini al
VEN YEN Hit
Iiienla, e disegnava costniiie min salina, loqgio , e nmnirono le terre tlcl Trovi-
riiiiscile inutili l'ani bascerii,' e le media- giaiiocdcH'islria. I %cno7,iani so^^iacijnc-
zioni, la guerra fu dicliiaiata , con oidi- io ad altra grave sconiìlla a Fossaiino-
iie di marciar su Padova, la quale ben va; ma Pietro Fontana governatole dei-
presto cominciò a trovarsi alle strette. ^e^erclto mosse incoiitroagli uni^liei i, co-
Allora Francesco I ricorse a tranie aslu- mandali da Steliino voivoda ili Tr.iiisil-
te , colle (juali si giiadiignò in Venezia vaiiia nipote ilei re, e ne ripuilò puiiio
slessa alcioni nobili, divisando la morte trionfo il i.° luglioi 37J,gioriio di s. Mar-
de più conlrari e del doge. Scoperto il ziale. i veneziani avendo coinbullnlo per
tradimento si punirono i complici nel la salute della patria con entusiasmo. Ri-
1372, per cui corsero voci per la città che masero fruito della vittoria le buiulieie
il Carrara voleva avvelenare l'acqua de' regie e del Carrara, prigioni il vaivoda
pozzi e incendiareVeneziadaonde si accese co'principali dell'esercito, clic mandati
vieppiù l'odio contro di lui d'ogni citta- a Venezia trovarono amorevole tratta-
dino, e quell'eslreina irritazione che poi mento, e il vaivoda nel palazzo ducalo,
produsse 1' eslerminio di sua famiglia. Grande fu l'allegrezza di Venezia, si le-
Cominciata la guerra con reciproci dan- cerolimosine e processioni, e dicliiaralo
Ili, sopraggiunseru i soccorsi invocali dal festivo il giorno di s. Marziale, anco per
Carraia delle truppe del re d' Ungheria, dueallre vittorie riportatene! mctlesimo,
cui invano la repubblica crasi adoperata comedissi nel^ Vlli,ii. 33(ovecolC('iner
di calmare coH'olferla di assistenza con- dissi avvenuta la villuria a'3 luglio). Gre-
tio i turchi; e ciò in onta all' energiche gorio XI vedendo con pena guerreggiar
rappresentanze di Gregorio XI falle al tra loro l'armi cristiane, d'accordo col
se perchè imprendesse la guerra per re- re d' Ungheria , bramoso di riacquistare
priinere la baldanza turcbesca, che al- il nipole, inlerpose con tuttoardoreisuoi
triuieiiti avrebbe occupalo pure le prò- ullici per la pace, la quale si conclu>io a'
vincie dUiiglieiia e di altri regni; perciò 21 settembre di dello anno.compiesovi
il Papa avendo richiesti i veneziani di il Carrara con diverse condiziuni a lui 0-
unire le loro forze marine alle regie, an- nerose, giurale in ginocchio dal (ìglio
co perchè non restassero oppressi i loro Francesco Novello al doge. L accoinpa-
dominii, e mostratisi pronti, riceverono i gnava il Petrarca amicissimo del padre,
pontidcii ringraziiimenli. Segrù un fatto che proferì ornatissimn orazione in lode
d'armi a IVarvesa sul Piave, in cui i ve- della pace, benché alquanto smarritosi
neziaiiireslaronosconfitlie prigione Tad- davanti alla maestà senatoria, oiiile I a-
deo Giusliniaiii; le bandiere venete por- linga fu piolialta al (Pi seguente (altri lo
tate trionralmeute a Padova, furono ap- tengono inverosimile), e fu rpiesla I ulti-
pese nel tempio di s. Antonio. Si rifece- ma sua missione. Imperocché torno u
10 i veneziani col prendere la torre tlel suoi pacifici sludi in Ar(pia o Aiquuta,
Curan, e rivoltisi ad Alberto 111 d' Au- uno degli ameni colli Euganei, circa io
stria gli offrirono grossa somma alllnchè miglia lungi da Padovn, ov'erasi ritiralo
impedisse il passo agli ungheri e venisse a e dove scrisse il libro: Otll'i)i'ioraiizn di
soccorrerli; ma in pari tempo il Carrara se sIcmo c di molli (Questo libro liadot-
gli esibì le cillà di Feltie e Uelluno, ed to acconciamente, e con erodila prela-
altri luoghi da (piel duca ambili , così zione dal sullodalo óJ Giuseppe^ Fra-
guadagnandolo alla sua parte. Incalzan- cassetti di Feimo, venne in quest'anno
do la guerra, i veneziani neh 373 p.ese- i«J8 .stampato in Venezia dal Grimal-
10 a'ioro stipendi Francesco degli Orde- do in dodicesimo, colla giunta .h tre lel-
lalli signore di Forlì, e Giberto da Cor- teiedelloslesso l'clrarcu a Giovanni bo..-
VOL. XCU. * '
,62 > li ^ V E N
caccio). Ed ivi ili improvvisa morJe fu pi-ovigionamcnlo e il suo commprcio, s.i-
colpito a' i8 loglio o 28 agosto i374, rclihe come toglierle la vita; licordava i
con ilolore vivissimo di Francesco I e di jìtnc^nzi deiivati dalla sua protezione del
tutta Padova. Ne furono chiuse lescuo- golfo contro nemici e pirati fino dagli
le, ed il suo signore, il vescovo col clero, antichissimi tempi, onde giustamente al-
j maggiorenti, i dottori egli studenti con la repubblica spettare il diritto di con-
immenso popolo recaronsi in Arquà a tinuaine la custodia. Gli anconitani si
celebrar l'esequie di quel grande. In Ar- rassegnarono, e i veneziani rigiiaidando-
qnà si mostra ancora la sua casa e il suo si come padroni assoluti del golfo, non
sepolcro sostenuto da 4 colonne, e visi- per solenni trottati, ma sulla propria fur-
ialo continuamente da' furastieri. Riu- za e sulla preponderanza marittima, non
scila così la repubblica con tanto van- ne permettevano il transito se non con
taggio dalla guerra Carrarese, accettò Ce- impeciale licenza. Frattanto Gregorio Xf,
iieda nella sua protezione, e volse la volendo por fine ad una specie di vedo-
menle a quelle trattazioni diplomatiche, vanza in cui languiva la Chiesa romana,
che fuiinarono sempre lo scopo princi- per la residenza papale fuori del suo luo-
pale di sua politica, diretta ad ampliare go naturale trasportata , a fronte delle
ognor più la prosperità de'suoi commer- più grandi opposizioni, circa il 1 SyS an-
ci. Mandò ambasiiatori in Portogallo, nun/iò la sua partenza d'y^i^/jj/io/«e e dal
in Inghilterra, al Cairo, a Verona. So- f'^cnaìssino. Attenta sempre la repub-
stenne sempre inconcussi i diritti di si- blica nelle dimostranze di rispetto e di
gnorin sid golfo Adriatico, poiché aven- onore verso la s. Sede , apparecchiò 5
do in quello gli anconitani predalo alcuni galee e le pose a sua disposizione, come
legni, la repiibblicn intimòad essi di resti- scrisse al proprio segretario Ton)maso
luirli, osarebbero trattatida nemici, rinj- Donincontri, che Irovavasi presso il Pa-
proverando aspramente il fatto come in- pa in Avignone. Dice il Morosini, che fu
sultante al diritto di proiezione del gul- scelto a capitano Giacomo Moro procu-
fo da essa acquistalo con tante spese, tan- ratore, e destinati 12 ambasciatori [)er-
li sforzi, tanlo sangue. INello slesso lem- che nel viaggio onorassero e servissero il
pò intimava a quelli di Fei mo ed Ascoli Puntefice , ma per allora fu differita la
non tenessero barche nel golfo; ed a Gre- parlenza. Per non ritornare su questo
gorio XI, che voleva inti onietlersi e che argomento e perchè si collega colle rae-
insisleva sulla libertà del mare (in que- morabili conseguenze, qui dirò che Gre-
slo tempo il Papa concesse a chi visita- gorio XI s'imbaicò a Marsiglia a'i 2 ol-
va l'altare di s. Ciriaco della caltediale lobreiSyG sulla galea appositamente co-
d'Ancona, a'4 rnsiggio e per tutta l'S.*, slruita dagli anconitani, grande e ben a*
l'indulgenze slesse già accordate da A- doma, sontuosamente corredata, allidan-
lessandio 111 alla chiesa di s. Marco di done il comando al nobile e valoroso sei'
Venezia; confeimando agli anconitani il Ps'icola Toriglioni ammiraglio, accompa-
privilegio loio conceduto da Innocenzo gnalo da due ambasciatori, altri due in-
IV, che sulla costa dell'Adriatico nessun viandosi a Ostia per riceverlo. Il Papa
porlo si formasse a danno del loro coro- creò conte del castello di Cassero il Tori-
Uiercio),rispondevasi da'veneziatn,quan- glioni , e in più modi si mostrò grato e
lo i^ltre volle aveano dichiaralo: Nona- benefico cogli anconitani. Tanto alfer-
veie Venezia né campi ne vigne, dover mano i palrii storici Peruzzi e Leoni, pe-
essa lullo ritirare dal di fuori; chiunque rò discrepanti sul giorno che il Papa
volessa molestare o impedire ad essa la montò sulla galea, cioè a' i5 settembre
via del mare, da cui dipende il suo ap- o a'2 ollobre. il Novaes dice a' 12 otto-
V EN
brCj accompagnato da 3o galee, essendo
Gregorio XI uiontato sulla capitana de'
cavalieri gcrosuliuiitanijCo'cardiuali a ri-
serva di 6, la corte e la curia; fra le qua-
li galee trovo in altri scrittori cli'eraiivi
le genovesi, le pisane, (|uelle della regi-
na Giovanna I. A'i3 gennaio 1877 ap»
prodò il Papa a Ostia , ed a' 17 fece il
suo solenne Ingresso in Roma con ap-
plauso de' romani, cui fece eco tutta Ita-
lia e la cristianità. 1 maneggi de' vene-
ziani per venire a giusta [)ace co' ducili
d'Austria non concludendosi, il duca Leo-
poldo penetrò a'i5 marzo 1376 con 3ooo
cavalli per la chiusa di Quer nel Trevi-
giano recandovi gravi guasti. I venezia-
ni per rappresaglia sequestrarono tutte
le merci degli austriaci in Venezia, te-
nendone le persone in ostaggio, e prese-
ro molteplici provvidenze. Treviso pro-
da mente difesa da Pietro Emo, s'avan-
zò ìMarino Soranzo fino a Feltre, pren-
dendo la chiusa di Quer , faceiulo uso
delle bombardelle, specie di cannone che
allora couiinciavasi a costumare , come
dissi nel § XIV, n. 4(Noteiò che il eh.
Rambelli , Lettere intorno i/n'cnzioni e
scoperte italiane, leti. 80: Artiglierie, e-
rnditamente prova colla storia, doversi
all'Italia l'invenzione delle moderne ar-
tiglierie, bombarde 0 cannoni come poi
si disse, fiitta non prima deli3oo, e nuu
dopo il i33o. Quindi non essere giusta
l'opinione abbracciata dagli scrittori, cioè
che i pi imi ad usar le bombarde in guer-
ra fossero i veneziani nella guerra di
Chioggia combiitlula nel 1378 e ne'due
susseguenti. Piuttosto convenendo, che
le bombarde sen»bra aver avuta maggior
perfezione in quella clamoro'^a guerra,
avvisando il Muratori nella Disserl. 26.",
che fossero le bombardelle che allora sol-
tanto prendessero ad adoperarsi e non le
bombarde. Che neirarmeria di Genova
fu collocalo uno de'cannoni di cuoio usa-
ti da' veneti in quell'occasione, lo rilevai
in quell'artifolo, il quale si rannoda con
questo pel riferito e pel da riferirsi). Di-
VEN ir,3
poi il Soranzo nella difesa di quel passo
importante avendo ceduto troppo facil-
mente al duca Leopoldo, fu condannato
ad un'auunenda, e a non poter esser e-
letto per 5 anni uè capitano , né prov-
veditore, uè governatore in alcun luogo
del dominio veneto. Questo salutare ri-
gore della repubblica era bilancialo dal-
la sua magnanimità. Kssendo in quel
torno morto sotto Feltre, valoro-amen-
te combalteiulo, Giacomo iJuilo triesti-
no, la repubblica a dimostrare come sa
pesse rimeritare i servigi a lei resi , de-
pose alla camera degl' imprestili 3, 000
zeccliinida aumentarci pegl'interessi, fin-
ché la figlia del Curio fosse da marito;
la quale premorendo, lai somma doves-
se passare a chi avesse partorito la vedo-
va restata incinta. Altra somma fu pa-
gata al padre del Burlo, per soddisfare i
debiti da quel benemerito capitano in-
contrati essendo coll'e*ercito. Cosila re-
pubblica era amala e temuta da'suoi uf-
fiziali. Dopo varie vicende guerresche co-
gli austriaci, a mediar/ione del red'Uu-
sheria, a'3 novembre fu conclusa tregua,
seguita dalla pace. I prosperi successi di
Venezia da qualche tempo ridestavano
l'antiche gelosie di Genova, derivate da
falli parziali avvenuti in Cipro nella co-
ronazione del re Pietro II in iN'icosia e
come re di Gerusalemme in Famagnst 1,
per preminenze ed altro, indicali in (|uel
l'articolo, in uno a vari combattimenti
preliminari della nuova furiosa guerra
(invece di Necoita dovendosi leggere Ni-
cosia), occupando i genovesi Fam-igosla
e il resto dell' isola di Cipro, che >otto-
posero all'annuo lrd)uto di .jooo fiorini.
A sottrarsi dalla soggezionegeuovese Pie-
tro II invocò il soccorso do' veneziani.
Mentre questi reclamavano il solfertocol
doge Domenico Fregoso, il cui fratello
Pietro in detti falli avea malmenati il
biiilo veneto e altri concittadini, insorse
un avvenimento che rese inevitabile la
guerra. Gl'imperatori greci perduta l'A-
sia minore, occupala du'lurchi, questi di
iGA
VE N
liequenle si recarono mulaccnienle sol-
fo le mura di Coslanliiiopoli; ed a Gio-
vanni I Paleologo, che nel suo passaggio
per Venezia eia stalo leiiulo in ostaggio
per debili, siipeibamenle inlimò la re-
j)ubljlica di rinnovai' le tregue, di pagar
le con venule somme e di perraellere ne'
suoi siali l'inUoduzione de' vini foreslie-
li; a tulio piegò il debole augusto, anzi
convenne di cedere a'veneziani l'isola di
Tenedo per 3ooo ducali, e la restitu-
zione delle gioie che lenevano in pegno.
Intanto Andronico figlio di Giovanni, e
Saugi figlio d'Arnurat I sultano de'tur-
chi cospirarono contro i loro padri , on-
de Andronico fu accecalo e Saugi fitto
morire. Essendo Andronico chiuso nella
torre o fortezza d'Ancona, i genovesi, a
palio di ceder loro l'isola di Tenedo, rapi-
damente lo liberarono, e detronizzalo il
padre con due figli li trassero nella slessa
torre, facendo riconoscere imperatoreAn-
dronico. Ma non poterono i genovesi ot-
tenere l'isola di Tenedo , perchè il go-
veroalore rifiutandosi di riconoscere il
nuovo imperatore, volle daila piuttosto
a'veneziani , ricevendola Marco Giusti-
Biani,che si trovava in que"mari,con pia-
cere degli abitanti. Allora Andronico a
istanza de'genovesi fece arrestare in Co-
stantinopoli il bailo Pietro Grimani e i
mercanti veneziani. L'operato dal Giu-
stiniani in Venezia fu da molti disappro-
valo, vedendo in esso un'inevitabile ca-
gione di guerra con Genova , ad evitar
la quale si mandò al doge Fregoso am-
J)asciatori a porre rimedio a tanti disor-
dini. Dolentissimo il doge sì mostrò, as-
sicurando che avrebbe dato oidiui per-
chè non più si molestassero i veneziani ;
non credere che i suoi genovesi avessero
parte nell'alTare di Costantinopoli. Ma i
■veneziani sentendo che i genovesi arma-
vano 12 galee per unirle a quelle d'An-
dronico, ri vocarono l'ordine a Pietro Mo-
cenigo di recarsi colla fiotta a Costanti-
nopoli, per lagnarsi delle violenze pati-
te dal bailo e altri sudditi della repub-
V EN
blicn , e di procurare la ripristinazione
di Giovanni I, iicorrendo all'uopo a'.soc-
corsi d'Arnurat Idi lui amico, invecein-
giungendogli la prolezione de' mari; ed
a Tenedo fu mandato conveniente na-
viglio capitanato da Antonio Venier, sot-
to il comando de'sopracomiti Carlo Ze-
no e Michele Steno. Il Zeno, secondo un
racconto romantico, come lo qualifica il
critico Romanin, celebre d'altronde per
valorose imprese, arditamente liberò di
prigione Giovanni I; certo è che torna-
to questi sul trono , le cose de'veneziaui
nell'Oriente si ristabilirono. La guerra
però co'genovesi pel rifiuto di dare sod-
disfazione degl'insulli falli, e per la pre-
da di qualche legno veneto, si rese ogni
dì più inevitabile. Suscitarono inoltre con-
tro la re[)id)blica Francesco 1 da Carra-
ra, che si assicurò de'sussidii d' Unghe-
ria; laonde i veneziani oltre 1' alleanza
con Pietro li re di Cipro, la strinsero of-
fensiva e difensiva con Barnabò Viscon-
ti signore di Milano per 4 aimi, {)attueM-
do che gli acquisii dalla parie di mare
fossero della repubblica, quelli di terra
unitamente al Genovesato appartenesse-
ro al Visconti. Tulio quindi in Venezia
spirò guerra, corrispondenti i provvedi-
menti e gli armamenti; provveduto alla
sicurezza del Levante, e mandalo Carlo
Zeno bailo e capitano in Negroponle. A'
22 aprile jSyS Vellor Pisani investito
del supremo comando, ricevè in s. Mar-
co, dal doge Contarini.il vessillo della re-
pubblica,con acconcie parole. Salpò quin-
di il Pisani, coni 4 gii'ee come avanguar-
dia, dirigendosi verso Genova per attra-
versare il passo al capitanogenovese Lui-
gi Fieschi; s'avanzò fino a i^orlo Pisano,
e dandosi quindi a inseguire il Fieschi,
lo raggiunse al capo d' Anzio presso il
porlo omonimo e le foci del Tevere a'
'óo maggio. Ad onta del mare tempesto-
so e la dirottissima pioggia, dopo lungo
e aspro combattimento, i veneziani re-
starono superiori. Una galea genovese si
fracassò nella costiera, 5 altre col Fieschi
V EN
e l'equipaggio, con molli delle principali
fatiiiglie, prese da'vittoiiosi forono oian-
date a Venezia, ove i prigioiiiei'i riceve-
rono traltanieiito umano , u»iligala la
prigionia dalla pietosa carila delie dame
venete. In pati tempo il marchese dal
Carretto, signoie di Finale, eccitato da'
veneti corieva devastando il Genovese.
Grande fu la commozione del popolo in
Genova, e corso al palazzo del doge Fre-
goso tumultuariainenfe il depose, e sen-
za allendere che i nobili si congregassero
per eleggere il successore, gridò doge JN'i-
colò Guarco, il porlo in trionfo per la
città, scongiurandolo a volgere ogni pen-
siero alla guerra e a vendicare l'onor ge-
novese. Il i'isaui se avesse avuto maggio-
ri forze, sarebbesi forse volto a Genova,
ove grandissimo era lo spavento ; tentò
altre iuìprese, prese Cattaro, Sebenico fu
saccheggiata, Arbe si arrese, non Traìi,
Zara daimeggiata; ed ebbe ordine di trat-
tenersi nelle acipie d'Istria a proteggere
il golfo. iNello slesso tempo Carlo Zeno
inseguì i genove>i in tolti i mari, e recò
loro non poclii danni. La guerra ardeva
anche nella Terraferma, ove il Carrara
preso al soldo il cnv. Giovanni degli O-
bizzi, co'5ooo ungheri condotti dai vaivo-
da di Transilvania, assediò iMestre fulmi-
nandola dal cam[)auile del sobborgo con
batteria armata di cannoni; quando i ve-
neziani fatto penetrare un ritiforzo nella
città , il nemico fu respinto e del tutto
sbaragliato, con gloria del suo coman-
dante Francesco Delfino. Il Visconli dal
canto suo si gettò nel Vicentino e nel Ve-
ronese, per privarne i fratelli Carlolonieo
e Antonio Scaligeri, e vi sarebbe riuscito
se il denaro non avesse corrotto le sue
truppe, per cui fu costretto a tregua fino
al gennaio iSyQ. Nel febbraio di (|uesto
anno,m l^ola, Veltor Pisani ricevè un rin-
forzo d'i I galee, co'prov veditori iVIichele
Steno e Carlo Zeno. A'7 niaggio iojprov-
visamenle si fece innanzi al porto di
Pola la flotta genovese, composta di 23
galee e 2 galeolle, comandala da Lucia-
VEN ,r.>
no Doria. Voleva il Pisani schivare la
battaglia per le sue forze lrop[)o inferio-
ri, e per essere la ciurma scemata dalle
malattie e in gran parte ancora inferma,
e doversi attendere il ritorno dal IMediter-
raoeo dello Zeno, anche per considerare
che se l'esito fosse infelice non rimaneva
riparo a Venezia. Non cosi la sentivano i
suoi udiziali , riguardando inilegno del
nome veneto il restarsi inoperosi, dover-
si assalire, tacciando il capitano di co-
dardia. Pisani allora risolutamente die
gli ordini della battaglia e uscì dal porlo
con poco più di 20 galee. Disposto l'as-
salto si lanciò contro il nemico, e com-
battendo con mirabile valore, uccise lo
stesso Doria. Mostrando i genovesi di ri-
tirarsi , già credevano i veneziani aver
trionfato e gl'inseguivano, quando entra-
la fra essi la confusione , avendo anche
mancato alcuni capitani d' investire , il
condjaltimenlo terminò colla totale scon-
fitta della fluita veneziana, della quale (i
sole gale:^ col Pisani e lo Steno potero-
no salvarsi a Parenzo. A tal nuova fu in-
descrivibile lo spavento in Venezia, im-
mensa la confusione, generale il lutto per
tanti morti e prigioni. Carlo Zeno colle
sue navi lontano, il nemico alle porte, si
disperava della salvezza. Chiamalo il Pi-
sani a Venezia, per aver mancalo ili pre-
videnza, a'7 luglio fu privo per 5 anni
d'ogni uffizio e beneficio, e condannalo a
G mesi di prigione, anzi il suo biografo
aggiunge che si trattò condannailo all'ul-
timo supplizio fra le colonne della Piaz-
zetta; lo Steno perde tulli gli uffizi per
ini anno, e castigati i capitani che non
aveauo investito il nemico. La flotta ge-
novese ricevuti i rinforzi che le condusse
il nuovo ammiraglio Pietro Duna, fatta
ardita, riprese le terre occupate dal Pi-
sani nell'Istria e nella Dalmazia; poi con
40 galere e molte barche annate spia-
tasi avanti fino in Ciccia al porlo di s.
Nicolò di Lido, colà con gran dolore e spa-
vento de' veneziani , che da tanti secoli
uoQ avevano vedute armi uemichc nelle
1 66 VE .\
proprie Lagune, s'impachonì d'una nave
carica di merci. A difesa delia ca|)ilale si
tiouiiiiò Leonardo Dandolo generale so-
pra il Lido, comandante delle Irnppe di
lerra Giacomo Cavalli con 4,ooo caval-
li, 2. ODO fallii e buon numero di baie-
slrieri , ed il comando delle poche galee
rimaste si aflidò a Taddeo Giustiniani.
Si fecero fortificazioni, con iiinumeiahili
provvedimenti; ma riuscirono inutili i
tentativi per pacificare il re d Ungheria,
le condizioni essendo durissime e tanto
inaoimissibili, che fu deciso correre lutti
i pericoli e i danni della guerra, e piut-
tosto cadere da veneziani liberi e decui
o
de'Ioro magijiori. I padovani e genovesi,
già >icuri della completa vittoria, millan-
tavano di voler piantare una buona for-
tezza nella città di s. Marco, un castello
io Cannaregio, e costruire una via per
la quale si potesse andare da Cannaregio
in Terraferma, A'6 agosto iSyg Pietro
Doria con 47 galee , dopo aver preso e
bruciato Umago, Grado, Caorle , J^ove-
glia, piegò verso Malamocco che fece re-
sistenza, e passando oltre incendiò Pele-
strina, ed occupò Chioggia minore. Da
questi felici successi inorgogliti i genove-
si, S' accinsero aires[)ugnazione di Clii(jg-
gia maggiore, nella (juale era podestà Pie-
tro Eujo con presidio di 3ooo fanti. Nel
Trevigiano il Carrara e gli ungheri occu-
parono più castelli: Venezia stretta da
mare e da terra Irovossi in tali angustie
elle mai ne provo njaggiori. Venne ad
accrescerle la (lerdila di Chioggia mag-
giore : un gran canale attraverso la La-
guna stabiliva la sua comunicazione con
Venezia; questo era il campo su cui agi-
la vansi le sorli della repubblica. A'i6a.
gosloi379,dopo fiero combattimento, so-
stenuto bravamente da' veneziani , con
assalto generale Chioggia maggiore fu e-
spugnala , al cui terribile annunzio, Cu
indicibile lo spavento e la costernazione
in Veoezia, aumentata dal suono a stor-
mo della campana di s. Marco. I più co-
raggiosi però gridavano, non esser la pa-
V E N
tiia perduta finché restasse chi pole'^se
ancora impugnare un'arma. Non man-
carono intanto a se stess.i il doge Conta-
rini e il senato. Prima di ricorrere agii
estremi, si vollero tentare le vie di pace,
avviando pratiche col Carrara e col re
d Ungheria, ma rifiut. irono trattare; e il
comandante genovese dichiarò esser suo
fc-i ino proponimento d' imporre la bri-
glia a' cavalli di bronzo sul pronao del-
la chiesa di s. Marco, con quelle or-
gogliose parole che riportai nel volume
XKVIII, p. 3o5. Venezia non avea più
d inique a sperare se non nelle proprie
forze. Pertanto si fecero altre fortifica-
zioni, si armarono altri navigli a custo-
dia de'canali, si costruirono nuove gale-
re, si sospesero tulli gli stipendi a'inagi-
strati. Era il i 3 settembre, Treviso e Ma-
lamocco assediate, s. Erasmo incendiato,
occupali la torre della ljebbe,Cap<jdargi •
ne e Loreo, le vettovaglie cominciavano
a mancare. Allora suonata la campana
dell' arcììgo si convocò il popolo io s.
Marco. Pietro Mocenigo in nome del do-
ge, disse grave esser il pericolo, ciascuno
di;vesse pensare a difender la propria ca-
sa, i nobili avrebbero diviso col popolo
sino all'ultimo tozzo di pane, ognuno po-
ter parlare di guerra e consigliare il be-
ne del comune. Rispose il popolo ad una
voce: vogliamo difenderci; doversi cava-
re quante galee erano nell'arsenale; ar-
mai le, uscire; andar incontro al nemico
e batterlo; meglio che non aver a cedere
per mancanza di vettovaglie. Si procla-
mò capitano generale Taddeo Giustinia-
ni; ma il popolo gridò voler a capitano
supremo Vettor Pisani, soltanto sotto di
lui voler combattere. 11 senato saviamen-
te acconsentii a liberar Pisani (il Caresi-
ni continuatore del croiiicista Dandolo e
contemporaneo, nulla dice di questa li-
berazioneforzala del Pisani), il quale por-
talo in trionfo al palazzo, agli evviva del
popolo modestamente rispondeva: T^ìvti
s. Marco. Volle prima di tutto far le sue
divozioni in chiesa, indi presentato al priu-
VEN Vl'\ ,r,7
cipe e alla signoria, fu con mollo onore al salvamento della pitiij. Eseguito l'.u--
accollo, ed il tloge con gravi e aireltiiose mamento generale, un 3." restò alla ililc-
piirole gli manifestò la confidenza die o- sa della città, gli altri due si posero sotto
giiuno poneva nel suo valore, e mcllere gli ordini del Pisani, che tosto ri|)re-.o
in ol)i)!i(j ogni passalo accidente. E il Pi- le ostilità. Il i .° scontro avvenne per o-
sani rispose, il ver sempre riverito le pub- pera di Giovanni Darbarigo, che profìt-
bliclie deliberazioni, e non restargli che tando del vantaggio che le barche leg-
coi rispondere a quella fiducia di che ve- giere e i marinari esperii delle Lagune u-
niva onoralo. Il popolo però non volle vevano sopra i grossi navigli genovesi e
che dividesse il comando col Giusliiruini, di quella navigizione mal pratici, con [lic-
onde gli fu conferito il comando genera- cola squadra improvvisamenleassari una
le, ed allora il pubblico entusiastiio non galea e due altri vascelli posti alla custo-
Irovò [)ÌLi licnile, tulli correndo ail iscri- dia del fortedi IMonlalbano occupato da'
versi ne'i noli della milizia, lutti offrendo padovani, li prese e incendiò, conduceii-
alla patria ori, argenti, gioie, quanto ()os- do a Venezia i 5o prigionieri. Questa pie-
sedevano di valore, inclusivamenle ale cola vittoria rinfrancò non poco l'animo
donne. Tulli presero le armi , i preti e de' veneziani , traendone buon augurio,
persino i monaci, meno i frati minori, i Ormai era un lamento universale contro
(|uali furono espulsi da Venezia d.illa si- la passiva difesa; voleva ciascuno uscire
gnoria,come narra il biografo Casoni. Fu- e mism-ar^i col nemico. Prudente ed as-
rono cavate .{o galee dall'arsenale e pò- sai ben concepito era il piano di guerra
sle alla riva di s. INIarco, in 3 giorni ar- proposto dal Pisani; esso tendeva ac| ini-
mali due terzi dell'equipaggio, ma non prigiooar la tlolla genovese nella La;;u-
|iole\a>«i aveie quanto bisognava pel re- na, impedendole e l' uscita e il iioevere
sto; il novembre già volgeva alla fine e rinforzi, e ciò sollanlo colla chiusura dei-
Venezia era agli estremi; stretta dal ne- le 3 uscite di Chioggia , di Drondolo e
luico, angustiala dalla fame, il potere m del canale ili Londiaidia. Nel giovarmi
mano ilei popolo che avea l'armi e la cu- della magnifica Sloiiii (locmncnldla del
studia dei Lido e della ciltà. Fu decretato benemerentissimo, dotto e eh. Rom.inin,
un [)reslito forzato del 5 peri coche in 70 bello e importante sarebbe il seguii lo au-
coiilrade fiutlò la ragguardevole somma co negl'interessanti parlioolari.Si vedreb-
di lire 6,29 i,o4o; che conseguita la pace, be una nobile popolazione piena di ma-
3olia le famiglie che più avessero con- gnanimi spiriti, ridotta agli eslreini, tro-
ll ibuito colle persone e cogli averi in pio v<ue in se stessa e nel proprio mirabile
della patria sarebbero ammesse al mag- patriottismo i mezzi abbonJanli onde far
gior consiglio e perciò dichiarate nobili; froniead un nemico strapotente e su[)er-
a'più zelanti stranieri fu promessa lacil- ho; bello sarebbe il seguire passo passo
tadinanza, adottando la patria per figli que'uujltissimi provvedimenti de' 3 savi
que'che con ardore avessero contribuito deputali alle cose della guerra, quelli di
alla sua libertà e indipendenza; e dall'ai- altri magistrali e dell'eroico Pisani, che
Irò canto fu dichiarato, che quel vene- la condussero in fine a salve/za; bello an-
ziano che si fosse allontanato dalla pa- Cora il grave insegnamento, non aversi
Ina, dovesse perdere ogni privilegio e di- inai a disperar della patria, quanilo essa
ritto di cittadinanza; menlre jooo duca- è ricca di virtuo^i e magnanimi cittadi-
ti annui sarebbero distribuiti a que' di ui. Il doge Contarini ottuagenario, a dar
scarse fortune. Fu una lodevole gara gè- esempio d' amor patrio in faccia al pe-
uerale in offrire generosaineulc gidee, e- ricolo, volle imbarcarsi sull'aniiala de-
quipaggi, armati, somme per concorrere simula ad UìCiru contro il nemico. Era
.68 VEN
jaiiolleile'21 al 22 dicembre 1379 rjnan-
clo, tulio essendo proDlo, le |j;irclie ve-
neziane tacitamente uscivano alla volta
diCliioggia, liinorcliiaitdodiie gio>Jsecoc-
che (specie di grosse navi antiche) piene
di pietre da nfìondaisi per ingombrare e
serrare i passi. Avanti 1' aurora esse era-
no pervenute al passo di Cliioggia tra
Pelestrina e Brondolo , e sbarcati circa
5,000 uomini, questi piombarono a im-
padronirsi della punta di Ciondolo, dan-
ilo tempo all'armata di più agevolmente
chiudere i passi; ma assalili tla'genovesi
furono costretti a rimbarcarsi non senza
disordine. Non pertanto fece Pisani con-
tinuare i lavori; 7 galee genovesi accor-
se a impedirli, bruciarono uno de'navi-
gli; inlanlo gli altri, colto i! momento,
all'ondarono le barche cariche di sassi, e
fu allora veduta sorgere improvvisamen-
le e quasi per uìiracolo, in mezzo all'ac-
que, una diga insormontabile. Uiuscila
l'opera da quesla palle, conveniva fare
altrettanto da quella di Drondolo; ma il
nemico slava all'erta e l'impresa era dif-
licilissima, dovendosi passare sotto il fuo-
co de'cannoni genovesi. iXon per questo
atterrilo il Pisani ne die il carico a Fe-
derico Cornalo,' il quale uscito con 4 ga*
lee, fu seguito da lui con altre io col do-
ge. Nell'ardore del comballimeulo, lavo-
rando indeJcssamente i zappatori alla di-
sfogliala chiusura, riuscirono a compiila.
Allora Pisani celereinente risalendo pel
canale di Lombardia , aifondò anche in
esso grosse barche; poi uscito dalle La-
gune pel passo del Lido, fece il giro del-
l'isole e andò a collocarsi al di fuori dal-
la banda dell'alio mare. Così l'armala
genovese si trovò chiusa d'ogni parte, e
se non voleva arrendersi , le bisognava
lotitpere (pielle sbarre, superare i sassi e
le palificate. iMa la posizione de'venezia-
iii al di fuori non era men pericolosa: oìì
colpo di vento poteva disperdere i loro
navigli, render vane le loro fatiche e li-
l)erare il Doria. ln(j|ire dalla pnrie di
l*rondoio erano fula)inali dairurliglierie
V EN
nemiche; 1' inverno facevasi vieppiù ri-
goroso, i viveri difettavano, malattie e
morti non mancavano de'non avvezzi a
tanti f)alimenti, onde manifestavasi un
cerio desiderio di tornare a Venezia. Ma
il vecchio Corilarini da degno doge di-
ceva: lo che m'avvicino agli 80 anni, vo-
glio prima morire che di qua senza vit-
toria partirmi. Frattanto nella mattina
del i,° gennaio 1 38o si videro apparir da
lungi 18 vele, ha la speranza che fossero
di Carlo Zeno, e il liinore de' soccorsi at-
tesi da'genovcsi. Non è a dire l'ansia, il
trepidare; com' è indescrivibile la gioia
successa, allorché dalla torre di s. Marco
si scorse svenlolar sulle navi avvicinan-
tesi l'augusto Leone alato; si vide ch'era
la flotta j)atria con Zeno che accorreva
alla sua salvezza, richiamato da' messi
della repubblica da'nìaii di Beirut e di
Romania. Ed ei tornava non solo soccor-
ritore, ma già trionfatore di vari legni
genovesi predati, anco con preziose mer-
ci. Presentatosi al doge, rileiì aver som-
merso ben 70 barche genovesi, ricco di
bollino, e pronto a collocarsi ove si vo-
lesse a salute della patria. Ebbe il sito
più pericoloso, quello di Brondolo; dovè
patire fiera burrasca, esposto al fuoco ne-
mico e m uà 1)1 li 11 ente si salvò colla sua de-
strezza. Fatalaienle insorse grave alterco
fra gl'inglesi, i tedeschi, gl'italiani al sol-
do della repubblica, cui il doge riuscì ri-
conciliare. Fu poi riacquistata la torre di
Loredo, importantissima posizione per
vettovfigliaieVenezia, poiché aperta quel-
la via di comunicazione si poterono riti-
rare i viveri die mandava per l'Adige il
marchese di Ferrara, e far altresì entrare
trupperaccoltesulcontinenteiindisi rivol-
sero l'armi all'espugnazione diBrondolo,e
al blocco di Fossone, ove in divisioni .stan-
ziava la flotta nemica. In ([nell'occasione
facevano uso i veneziani d'enormi bom-
barde , colle quali lanciavano palle di
marmo dalle i4o alle 200 libbre, e per
una di esse, per la caduta d'una mura-
glia del campanile ilei palazzo, a'22 geix»
VEN VEN ,6^
noio ne rimnse schiaccialo l'ammiraglio provocò i veneziani a hnllaqlia iniitil-
genovese PieUo Ooi ia, che v<,levn iinhii- menJe, che anzi riuscì a'veneli impatlro-
gliare i cavalli di bronzo. Napoleone Ori- nirsi cl'So barche di viveri dal Carrara
maldi assunse il comando in hiogo suo, mamlale a Chioggia. In rpiesfa slrerii i
il quale vedendosi sempre più chiuso da' genovesi, detnolirono vane ca<e per im-
■veneziani, concep'i l'aidito liisegiio di la- |)iegnine il legname a coslriiire Ics'^ere
gliar r isola con nn canale e per qiie'«lu biirchette per sguizzare tra la ilotla ne-
aprirsi una via nell'alto mare. A'i3 feb- mica e raggiungere quella del MartilFo;
braio i veneziani volsero gli ultimi sfor- ma Zeno e Pisani gli obbligaronoa ritor-
zi contro Brnudolo, mentre l'ardore ile' naie a Chiog2;ia. La fame in questa era
cittadini non rallentando, altri volontero- divenuta e»lreaia a segno di nutrirsi di
si non mancarono all'impresa. Il Zeno cdii i piìi schifosi, mancando pure 1' ac-
dièuiia furiosabaltagiia al portodi Bron- qua potabile. Non rimanendo che Tal-
dolo, onde i genovesi furono postilo fu- tei nativa di morir d'inedia o di capito-
ga, il ponte si ruppe, parte di essi affogò lare, i genovesi mandarono ambasciato-
col valoroso capo Tommaso de Guano, ri sul'a capitana del doge a' 21 giugno,
gli altri caddero in potere de'viticitori : ma gli fu risposto di rendersi a discre-
IJiondolo fu perduto pe'genovesi. Gran- zione. Tenlarouo allora i genovesi di so-
de fu quindi la cfxlernazione in Chiog- scilar tinnulti nel campo di Zeno, coni-
già, e i genovesi cominciarono ad avve- posto quasi lutto di truppe mercenarie
tieisi che solo i pronti aiuti jìatrii gli a- indisciplinate, che allora può dirsi pa-
vrebbero potuti salvare. Infatti Genova droneggiavano Italia; ma egli afferrato il
informata del blocco di Chioggia avea vessillo di s. Marco promettendo premi
fatto uscire a'i8 gennaio i.38o un'altra ali'cspuguay.ione di Chioggia, fece torna-
flotta di 20 galere CiKoandata da Mal- re all'ubbidienza i sediziosi. Riuscito a'
teo JMaitjiro, intanto che Gaspare .Spino- genovesi inutile altro tentativo, vedendo
la, giunto a Paflova [)er terra, dovea far nulla restare più loro a sptjrare, 3*245111-
entrare in Chioggia un convoglio e pren- gnoi 38o conclusero i patti della resa, e
derne il governo. Stringevasi il blocco pallidi, macilenti, somiglianti a cadaveri,
di Chioggia [)er volere del Pisani e del «i diedero in mano al vincitore, in nume-
Zeno, i quali magnanimi cittadini assuii- ro di 4' 70 genovesi e 200 padovani, con
sero la responsaljilità, contro 1" opinione 1 7 g=dee miserande reliquie di formida-
degli altri capitani che preferivano uno bile armata. Il Casoni enumera 4 t ì'^
scontro decisivo, anco per la crescente p|•i^ioni , cioè 4'?^ liguii e 2t)(S pado-
careslia di Venezia e pel pericolo che so- vani, i quali lutti stretti in ferri, furono
praggiiingendo soccorsi al neinico fossero poi gettati ne'magazzini di Terra Nuova,
con vergogna costretti a levar l'assedio, silu-ili colà dove o; a verdeggiano i giardi-
J'isani e Zeno restarono fermi, che infe- ni del real palazzo. CoMdiioggia era licoii-
riori di forze non vollero mettere al ri- quistata, tornò la gioia nella icpubbli-
schio «l'una baltaglia la salute della pa- ca , il doge nel Ijucintoro rientrò con
tri I. Per u)ala ventura, a'20 aprile Tad magnidco trionfo a Veueiia, accompa-
deo (jiuslininni che con 12 galee erasi guato da numero infinilo di barche pie-
recato in .Sicilia all'accpiislo di grani, a- ne di popolo esullaute; mentre le ga-
vendo concesso 6 galee |)er loro scorta, Ice genovesi erano condotte colle bau-
fu attaccato da ìMaiulìò e combattendo diere abbassate. Pei ò il pericolo non era
da prode r<;slò "into e co'suoi prigionie- «lei tulio cessilo, la querra conlinuav.i.
ro. Quindi IMariillo direttosi a Venezia e Nel 1 38 1 la (lolla di .Marulfo accrescui-
yiunlo a' i4 niag-io in fjccia al porto la pe'rinforzi di Spinola, aiutala perle»-
,.o VEiN VEN
ra (hille "eoli del patriarca d' Aqnileia, la pace in congresso o Torino. Ivi si re-
nrese Trieste, Arbe, Pela, Capo d'Istria, careno a concluderla i rappresentanti di
e s'avanzò di nnovo verso Venezia. A'27 Lodovico l re d' Ungheria, della repub-
nprJJe Vetlor Pisani el)be ordine d'usci blica di Venezia, di ipiella di Genova, ili
le a combatterlo colla sua flotta di 4? Francesco I Carrara, di Uandek patriar-
"alce, e ricuperata Capodistria, devastò ca d' Aqnileia, ed anche de' comuni di
le coste dalmaleov'eiansi ricoverali i gè- Firenze e d' Ancona. In principio della
novesi. Si volse rpiindi il Pisani alla Pu- seduta disputandosi tra' veneziani e ge-
clia per sorprendervi 12 navi genovesi, novesi chi avesse prirnt ad intavolare
le quali tosto si allontanarono, e nell'in le proposizioni, alla fine alzatosi in pie-
se"uirle leslò ferito e mori a' 1 3 agosto di il veneto Ziccaria Contarini, troncò
in Manfredonia (non senza sos[)elto di ogni inutile diverbio con queste aiemo-
veleno). 11 corpo di quell'illustre eroe fu rande parole: Noi non come vinti e ne-
trasportato a Venezia, al cui solennefu- cessitali, ma come vincitori e trionfanti,
nerale assisterono il doge, il senato e tot- tlomandiamo li pace. Nos non virli, ant
ta la città: fu sepolto nella chiesa di s. coadi, fcd lamqiiani vic/orns, et irìuin-
Aotonio, ove gli fu eretta una statua con pliatore<!,pacemqueri'nu.';.Sovpies\ e am-
iscrizione, la quale, salvala dalle rovine mutoliti gli uni, applaudirono gli altri,
del tempio, si conserva nella sala d'armi e dopo molli parlamenti 1*8 agosto i38r
dell' Arsenale, ove pur si vede tale sta- fu convenuto a'seguenti onesti e decorosi
tua. Il comando generale fu dato a Ciu lo patti, sottoscritti a' 24 di detto mese. E
Zeno, a cui non riuscì espugnare Mara- prima col re d'Ungheiia, rinnovata l'an-
no, per averne fortificato il porlo i geno- tica buona amicizia, si promise la reci-
Tesi, servendo loro d' opportuno ricove- proca restituzione de'prigionieri ; si offri
ro. Piìi fortunato Alvise Loi edaii, iucen- il compenso d'annui ducali 7000, in vece
tliò Zara, ove trovav;isi ritirata la flotta della libera navigazione alle foci de' fin-
dello S[)inola, e sommise Veglia. Conti- nù e nei golfo da Palmento a Proaionto-
uuaiido con varia alterniiliva la guerra re, e da Pvimini verso Venezia; inoltre la
per mare, non era restala sospesa quella repubblica confu-rmò la rinunzia della
di terra, ove Francesco I Carrara strin- Dalmazia, e il reciproco trallico nelle ter-
geva sempre più Treviso, ridotto ormai re venete e nelle regie de'suddili d'ambe-
agli estremi; già Castel Franco e Noale due, restituendo Cattaroal re. Questi ri-
eransi dati al nemico, lo slesso minaccia- conobbe i diritti dell » re[)ubblic« su Tre-
■va Serravalle, onde la re()tibblica veden- viso, il Trevigiano e ilCenedese. Quan-
do non poter salvare quella parte de'suoi to a'geuovesi, oltre il condono dell'olie-
dominii,a'2 maggioiSSi consegnò Tre- se e la liberazione de' prigioneri, si coii-
■viso a Leopoldo duca d'Austria, a pitto venne che i veneziani intanto consegne-
che l'esercito austriaco proteggesse gli al- rebbero il castello ili Teiiedo, soggetto
Ili dominii di Terraferma. Lo Zeno imi- di tanta lite, al mediatore Amedeo VI
tilmente provò misurarsi in Dalmazia per disporne a piacere edemolirne le for»
colla flotta genovese di Spinola, eia tetti- tiflcazioni; che i veneziani non s'ingerì*
pesta gl'impedi di bruciare il naviglio nel rebbero nella guerra del redi Cipro eoa
porto di Genova, la quale richiamò Spino- Genova, ma continuerebbero i loro coni-
la dall'Adriatico. Finalmente, succeden- merci in quell'isola co'genovesi; avreb-
do degli scontri senza un fatto decisivo, bero i veneti libero il solito commercio
stanche ambe le parti, a mediazione d'A- a Costantinopoli, e co'genovesi si ado-
niedeo VI conte di Savoia, principe di prerebbero a riconciliare Giovanni I col
sommo credilo, si convenne di trattare figlio Andronico, e se persistesse a noa
VliN YEN .7.
voler a^leiiie alla Chiesa caHolica, come au/i annichilita Venezia, fu p.iiinjenle
avea giuralo a Urbano V, i genovesi e per istraoithnana vicenda di fortuna fiac-
i veneziani dai ebbero appoggio ad Anie- cala e canibiala in tristo avvilimento; se-
deo VI, se ne li richiedi.'sse, [)er ridar- vera lezione clieDio dà a'popoli ed all'in-
velo colla forza; polrebbeio i genovesi dividni, di non inorgoglire ne' prosperi
Davigarenclgolfoginsta i patti del i3)5; giorni. Venezia, soslenuta da un forte e
veneti e genovesi si asterrebbero per due provvido governo, risorse potente, domi-
anni dal commercio della T.ina. Il Car- natrice de' in;iri ; Genova, in preda alle
rarese promise non molestare le po>ses- confusioni, a'parliti, a'continui cambia-
sioni veneziane nel Trevigiino; di resti- menti di reggi(nento, decadde, ne fi più
tuire Capodargiiie e la bastila di IMoran- in grado di competere colla sua rivale".
Zani, d" abbattere le nuove fìrtificazioni Solennizzalo con fe-te e rendimenli di
da lui fatte; confermali i pi ecedeiili palli grazie a Dio il trionfo dell'armi venezia-
sul sale, e i confini deh 378; non sarebbe ne, a' 4 settembre i38j si adunò il gran
tenuto alla restituzione della Casamatta, consiglio per degnamente retribuire lau-
di s. Boldo e della chiusa di Quer. Cir- li generosi sforzi fatti nel soccorrere la
ca al patriarca d' Aquileia si stabili, la patria, ascrivendo al veneto pilrizialo3o
condonazione de' danni, la restituzione fiuiiglie fra quelle che più si distinsero
delle terree de'prigionieri ; che la repub- nel comune periglio ; conferendo ad esse
blica rinunziava al dominio di Trieste, quella nobiltà aristocratica, l'appaitene-
IMucoo Mucolano, continuando peròque* leallaqualeera l'ambizione di tanti prin-
luoghi le regalie di vino e olio al doge;sal vi cipi, la ricompensa de' più lumiuosi ser-
i beni de' veneti, libero il commercio con vigi. Grandi feste, giostre e corse di bar-
esenzione da gabelle; infine rimettereb- che celebrarono il lieto avveiiimenli), <»
bonsi al Papa tulle le controversie tra' cui prese viva parte il popolo, poiciiò ve-
veneziani e Aquileia, esistenti o che pò- deva artigiani e altri tolti dal suo ceto
tessero insorgere in materia di giurisdi- essere innalzati a sedere tra' primi ma-
zione sull'Istria, Si chiuse il trattato di gistrati della repubblica. Poco mancò,
queste 4 paci, colla coiuuiiuatoria di ceu- per nuova insorgenza, che la pace appena
lomila fiorini d'oro a chi vi mancasse, e conclusa non si rompesse. Teneva ilci-
col giuiamentodi tutte le parti contraen stello di Tenedo il buio Giovanni Mu-
ti. Questo trattato ril'erilo il-il [)ryf. Ro dazzo, e giunto l' ambasciatore veneto
i))auin, è seguito dalle sue gravi riflessio- coli' incaricato del conte di Savoia, coi
ni. » Tal fine ebbe una guerra cliedu- presidio e i cittadini si rifiutò di coiise-
rato avea 6 anni e 4 tuesi, guerra che gnarlo: convenne al governo usare l'ar-
Diise di fronte le forze delle tlue più for- tni di Zeno e di Giovanni Civrano, e al-
ojidabili potenze marittime di que'lein- lora le fortificazioni si demolirono, ri-
pi, in cui ebbero c.iuqio a mostrarsi a nianendo alla custodia dell isola Fanti,
gara valore, destrezza, sforzi straordinari, no Zorzi. Notabili avvenimenti erano irat-
uia^nanimi sagrifizi ; in cui l'orgoglio tanto succeduti in Italia. IMorlo nel 1 378
spiegato da' veneziani nella precedente Gregorio XI nel Valicano, nel conclave
"uerra rifiutando tante volte le vanlag- ivi tenuto fu canonicamente eletto Ur-
giosissime condizioni olferte dalla riva- bano VI napoletano. La severità de' co-
le, (u rintuzzato per l'avvilimento a cui stumiela motlestia del Iratlamentooh e-
la repubblica venne ridotta, pel perico- gli voleva introdurre Ira'c irdinali fran«
lo che minacciò perfino la sua intera esi- cesi, sempre vagheggianli l' ameno sog-
slenza; in cui dall'altro canto la burban- giorno di Provenza, in breve gli alienò
za genovese di volere oppressa e doma, l'animo di questi, i quali falsameule di-
172 VEN
cliiaramlo illegale la stin elezione, si li-
bellaionoe scistnalicaiisenle a'20 seltefii-
bre elessero in Fondi l'antipapa Clemenle
VII, il quale si recò a risietleiein Avigno-
ne. Questa fu l'oiigine del ginnde, lun-
go e [)ei'n\c\o'^o Scisma ( /^.) d'Occidente,
pel qtude i popoli egli siali divisi neW Ub-
hidieiiza(V.)^Q^\\ uni veneravano i Popi di
P«.0Q)a, gli altri seguivano il partilo degli
antipapi d'Avignone. L' Italia e la re-
pubblica di Venezia, tranne la Sicilia,
restarotio nella legilliina romana id)bi-
dienza. Avendo favorito l'antipapa Gio-
Tanna I regina di Sicilia di qua tlal Fa-
ro, Libano VI la scomunicò e depone,
nel i3S2 investendo del regno Cai lo II l
Durazzo, il quale per amicarsi i venezia-
ni concesse loro ilistinli privilegi ne' suoi
siali. Non mancarono iiell' Italia stessa
parziali scismi di diocesi, prodotti da ve-
scovi intrusi dagli antipapi. Intanto il do-
j»e Contarini dopo il ritorno a Venezia,
forse per le patite fatiche, soggiacque a
jiniga malattia, die lo trasse al sepolcro
a'5 giugno I 3(S2, avendo seduto sul li o-
no circa i5anni, in tempi burrascosissi-
mi,mostrando però sempre, sebbene in a-
vanzalissima et;i,animo vigoroso e costan-
te. Fu sepolto nel cliiostro di s. Stefano,
in un avello posto in allo, die ancora si
conserva. Fioiumziò 1' orazione funebre
l'arcivescovo di Candia Antonio Conta-
rini, per cui V Arte di verificare le date
ci disse: Fu scello un nobile veneto a re-
citare la sua orazione funebre; distinzio-
ne non accordata ad alcuno de' suoi pre-
decessori, e die r uso poscia rese comu-
ne a tutti quelli elicgli successero. Nel-
r interregno delti i soliti correttori alla
Promissione ducale vi fu aggiunto pre-
cipuamente; Cile il doge tenga 20 scu-
dieri, anziché 25, e abbiano 20 armatu-
re per loro; che se il doge avrà mercan-
zie avanti la sua creazione, (pielle debba
spacciare entro un anno dacché sarà elet-
to doge, dovendo rinunziare a qualunque
privato commercio, alllnchè non potesse
derivarne una concorrenza pregiudiziale
VEN
agli altri cittadini; ch'egli non prenda a
prestito da alcuno e neppur denari se non
per onorare principi e persone notabili
forastiere, istituendosi un sindacato sulle
spese da farsi in tali occasioni, a ciò non
largheggiasse troppo de' denari del co-
mune; e quanto agrinteri'ellori (ucciso-
ri),quind'innanzi non si appendessero per
le canne della gola, ma si mozzasse loro
il capo. Questa sostituzione del capestro
alla decapitazione, più veramente si at-
tribuisce al seguente doge.
17. fllirhelelìJorosiiii LXI doge. Nel-
la sua esaltazione pare che fosse proposto
Carlo Zeno illustre e valoroso capitano,
eche il laudatoZaccariaContarini ne stor-
nasse i sulìVagi, dimostrando di lui aver
bisogno la patria piuttosto all'armata.
Cerla mente buon numero di voli ebbe
Leonardo Daiulolo, il quale vedendo co-
me gran parte degli elettori inclinava a
Michele Morosini, uno di quelli che fir-
marono la pace di Torino, generosamen-
te rinunziò, ed allora tutti isniFiagi si riu-
nirono in favore del suo competitore. Il
di lui biografo cav. Cicogna dice essere sta-
lo sin dal i 874 pi'ocuratore di s. Marco,
aver sostenuto ambascerie a Carlo I Ro-
berto re d'Ungheria, al Carrarese, al con-
te di Savoia e a' genovesi. Per riparare
all'angustie nelle quali trovavasi b; pa-
tria per la guerra, siccome di molte ric-
chez2e fornito, olfri al senato il ricavato
di copiosissime merci vendute a Piodi. Il
prof. Piomanin egregiamente lo difende
dalla taccia o diceria di avaro e di aver
profittalo della guerra di Chioggia per
arricchire, abusando dell'altrui indigenza
o del bisogno del comune con acquisti
in cui spese 25, 000 ducati, che poi val-
sero 100,000 ; e che a que' i quali eoa
sorpresa gli dicevano: Siamo in pericolo
di perdf-r Venezia e voi comperale sta-
bili.^ Puspondesse: Se questa terra sta-
rà male, io ne voglio aver bene. La ca-
lunnia derivòda un errore di stampa nel
Sanudo pubblicato dal Muratori, ove in
vece di ne voglio aver bene, devesi legge-
VEN
re, come sia veramente nella copia au-
leiilica del codice Estense: non voglio
ai'cr bene. Il Morosini nel generale bi-
sogno, anziché nascondere il suo denaro
e pensare ad as>icinarlo nel tluhljioeven-
lo, venne a soccorso del [)nbblico com-
prando stabili. Aldiiuenti non sarebbe
stato applaudilo dui popolo nella sua ele-
zione, né i cronisti l'avrebbero celebrato
preclarissimo ()er giustizia, nobilissiiuo e
iiolabilissiuio doi^e, mollo bene di lui
ripromettendosi, se morie non lo avesse
troppo presto rapilo al desiderio de'suoi
e della patria da lui amata. INè il Sanudo
stesso r avrebbe encomialo eloqueutissi-
niOj sapientissimo, amatore della giusti-
zia e della pace. Quantinupie Venezia
perduto avesse mollo nella guerra con-
tro Genova, pure coli' aiuto d' un pre-
stito volontario da'ciltailuii potè in bre-
ve a' danni riparare. Ordinato un pub-
blico censimento delle pi oprielà esistenti
in Venezia, risultò il valore a circa ses-
santre milioni di ducati. Molti navigli
furono inviati nell'Oceano per prolegge-
re le venete bandiere sulle coste della
Fiandra; njandate a Tenedo altre galee
onde, come dissi, ricuperarlo dal disub-
bidiente JMudazzo e consegnarlo a! con-
te di Savoia. Frattanto però ninna oc-
casione nelle altre parti di Terraferma
trascurarono i veneziani per indebolir la
potenza de'vicini,o per aumentar le pro-
prie rendite e il proprio commercio, o
per accrescere in forze. Ma sciagurata-
menle da 3 mesi mandeslavasi in Vene-
zia la pestilenza, clie divenuta (jerissima
rapì circa ig,ooo persone, tra le quali
il do"e a' i5o i6 ottobre dello slesso
i382, avendo regnato appena 4 oiesi e
5 giorni, mentre avea in mente riforma-
re le leggi e la procedura criminale, abo-
lendo 1 iriipiccalura. Lbbe onorevole se-
j)oltura in un'arca ornalisMina e lisplen-
denle già per oro, collocata nella ca|)pel-
Ja dell'aitar mag"iore della chiesa de' ss.
DO
Gio. e Paolo, poco lungi dalla quale a-
bilava, e propriamente nel palazzo di
VEN 173
ragione del nobile Girolamo figlio del
fu Andrea Morosini, come provasi dallo
scudo d' oro caricato d' una banda ver-
de, stemma della famiglia, esistente nel
suo interno. — Antonio /'cnicro LX[[
doge. Fu proclau)ato a'2 i ottobre ! 382,
trovandosi capitano in Candia. Si desti-
nò a rappreseittarlo lino alla sua venula,
col titolo di vice-doge, Nicolò Valaresso
anziano de'consiglieri, i quali iusieu)e co'
capi de' Quaranta assunse iiilantu il go-
verno. I 12 ambasciatori spedili in Istria
a incontrare il doge, i' accompagnarono
alla capitale, il cui ingresso seguì a' 1 3
gennaio i383 a modo trionfale, corteg-
giato da tulla la nobiltà e da tuiba im-
mensa di popolo. Appena entrato nella
ducea uìise tosto ogni impegno a rende-
re la sua patria, sbattuta da tante sven-
ture, prosperosa e potente. E comincian-
do dalla religione, donò a' certosini l'i-
sola di s. Andrea vicino al Lido di s. Ni-
colò; fece rifabbricare sollecitamente la
rovinata Chioggia, all'esliemilà del cui
porto volle costruito im castello. Procurò
che la repubblica premiasse le lamiglie
di coloro ch'eransi resi benemeriti nella
passata guerra ; per cui si Diarilarouo le
figlie de'defunti co'beni del comune, e si
dispensarono denari a'bisognosi, come ri-
leva il biografo cav.Cicogna. Quindi il do-
ge volse tutto il pensiero alle bisogna del-
la mercatura, traltanilo con vari pritui-
pi, e procurando a'veneziani ovuiupie la-
vori e privilegi. In questo dogado molli
avvenimenti di guerre esterne seguirono,
cui aiolo prestarono i veneziani. Mniio
nel i382 Lodovico 1 re d'Uugheri.-i, con
titolo di re fu coronala la figlia Maria.
Questa promessa sposa a Sigi>mundt» fi-
glio dell' imperatore Carlo IV e fratello
del regnante imperatore Venceslao, fu
rapila dal baiio diCroazia. Essendosi in-
tavolata una lega per nune colla regina
dall'ambasciatore veneto l'aiilalenue 15ar-
bo (questi avea seco Lorenzo ile M<ina-
cis, autore di reputata cronaca e dell'e-
sposizione di quesl'audjasceiia,csiccon)C
174
V E iN
dal prof. Pioiiiaiiiii è ritenuta la più an-
tica a noi pervenuta, ne riportò i parti-
colari più interessanti a saggio diille for-
me diplomatiche di que' len)pi), si con-
tiiiitò a trallallà con Sigismondo, il qua-
le impetrò dalla repubblica una spedizio-
ne nell'acque di Dalmazia, per coutribui-
le a liberare la regina, come awetuie nel
1387 per opera di Giovanni Barbango.
La regina scrisse ringraziamenti alla re-
pubblica e lodi del Cai barigo, e di quel-
la si mostrò quindi amico Sigismondo.
L Uiigiieria indebolita ihille guerre, che
poi continuarono, e per la potenza di
Twariko bano di Bosnia, che conquistata
Htico la llascia o Servia orientale presa
il titolo di re e aggiunse al suo dounnio
Zara, Traù, Spalali o, Sebeuico e altre
città di Dalmazia, ces^ò d' es>er formi-
dabile a* veneziani, Pronilando i vene-
ziani delle guerre di Ladislao e di Luigi
]l d'Angiò, che si disputavano il regno di
Sicilia di qua dal Faro, definitivamente
nel i386 ottennero per maneggi e lun-
ghe praliche dagli abitanti di Corfu la
dedizione dell'isola, da essi posseduta do-
po la conquista di Costantinopoli dal
1207, poi perduta nel 1221 e indi pas
sala nel 1208 a dello reame, per cui iti
compenso della cessione di Ladislao gli
diedero nel i 4o2 ducati 3o,ooo. Per de-
naro acquistarono i veneziani nel i388
Argo e Napoli di Romania, nel iSgG
Sditali (nel quale articolo avendo iu
breve descritto il .Montenegro, e ne ri-
parlai nel voi. LXXXI, p. 466 e altro-
ve, feci parola di qualche correlazione
de'nionlenegrini co'veneziani, popoli in-
domabili, che il Giornale di Roma del
i858 a p. 578, dis«e dal 14^9 shio a'no-
slri giorni essere stali assalili 45 volle da-
gli eserciti turchi, i quali furono sempre
respinti con perdile; che se nel 1786 il
pascià di Scolari Kara Mahmoud, pre-
valendosi dell'assenza del Vhilika, an-
dato a Pietroburgo, penetrò fino alla ca-
pitale Cettigne ; quando i t anni dopo
cou 3o,ooo uooiiui volle iuvadere uuo-
V E iN
va mente la Cernagora, fu sconfitto pres-
so il villaggio di Rrusse e vi perde la vi-
ta : fu l'ullirua dimostrazione d'un'indi-
pendenza dalla Porta, mai da essa rico-
nosciuta in diritto, oia esistita sempre di
fatto, e difesa con ostilità perpetue da'bel-
licosi montenegrini. Dappoiché, avendo
Ainural I a' i 5 giugno i 089 distrutto sui
campi di Kassovo 1' impero di Seri'ia,
trionfando del suo czar Lazar, gli avanzi
di quella gran famiglia trovarono un asi-
lo inespugnabile nella catena di monta-
gne, che domina presso il golfo di Cat*
taro l'Adriatico : d'allora in poi le rupi
della Ceruagura divennero il rifugio di
tulli i prO'Crilti delle proviucie vicine, le
quali sempre per ciò ebbero grande sim-
[)alia per essi, e di recente ispirarono a'
raià delia Bosnia e dell'Erzegovina i trion-
fi de' montenegrini. Da quest'argine iu-
siiperaljile, più volte calarono gli abi-
tanti in aiuto de'veneti nelle guerre con-
tro i turchi, fecero alleanze colla repub-
blica di Venezia, nella (jual città si riliiò
nel I 5 16 Giovanni signore e governatore
delMonlenegro,e fu allora che nel metro-
politauodei paesesi unì ecompenetrò l'au-
torilà ci vile, ambedue poteri quindi eser-
citati dal VlaJika) e poi anche Durazzo:
con doppio matrimonio d'un figlio e d'una
figlia del dijgCjSi aprì loro la via al pos-
sesso d'altre isole. Rinnovata la tregua
con Giovanni I Paleologo, la repubbli-
ca tornò a voli^ere la sua attenzione a^^l'in-
grandimenti del Levante, ma per essi fa-
cevasi sempre più vicina a'turchi, ognor
più foinndabili, e co'quali ben presto co-
minciar dovea una serie di furiosissime
lolle. Non procedevano però, come nel-
r Oliente, prospere le cose a' veneziani
nelle terre a loro più vicine. Trieste erasi
data a Leopoldo duca d'Austria ; Fran-
cesco 1 Carrara, sempre irrequieto e am-
bizioso, mosse l'armi contro il duca per
togliergli Treviso, e lo costrinse a ceder-
glielo con Ceneda, Feltre e Belluno per
100,000 ducati. Laonde nella repubbli-
ca veuela sorsero nuovi molivi di so-
V E N
spello e ili iiiinicizia col Carrara, a cui
ixjii poteva perdouarela disastrosa guer-
ra tliChioggia, e nuove complicazioni de-
rivarono dal Friuli. Imperocché, inorlo
nel i38i Piiindek |)alriarca d' Aquileia,
Urbano \ I, che a cagione dello scisuia
erasì riservala la nooiiua del successore,
\i de[iutò ad aoiministratore il cardinale
iV Aleucon, e non volendo Udine e gli
altri friulani riconoscerlo, il cardinale ri-
corse per aiuto al Carrara, nienlrei friu-
lani erano sostenuti dalla gelosa repub-
blica colla quale si colleg irono, entran-
do nella lega Antonio della Scala signoi e
di Verona. Piolla guerra, si cocnbaliè in
vari luoghi, ma poi prese piùgrandi pro-
porzioni, essendosi nel i 387 uiiilo al
.Carrara, Gio. Galeazzo Visconti signore
di Mdano per spogliare lo Scaligero, e
in falli egli s' impadronì di Veiona e il
Carrara di Vicenza, rifugiando".! loSca-
ligeio co' suoi tesori a Venezo»; questi
riparò poi piesso il Papa a Fuenze, e
mentre 1 itornava a Venezia nioii di ve-
leno in Uoinagna, con lui terminando il
dominio Scaligero in Verona. Avendo il
Visconti presa pure Vicenza, vedendosi
Francesco I tradito, e temenilodi divenir
preda dell'alleato, ricorse alla rc[)ul>bli-
ca domatidando pace e lega, onde im-
pedire che il Vi^conli tlivenisse a lei pu-
re forniidabile. Ma alla repubblica parve
anzi qtiella una propizia occasione di ven-
dicarsi del Carrarese, e invece accettò
le proposte del Visconti nel i 388. .Si coa-
\eune che il Trevigiano e il Cenedese,
con altri luoghi, sarebbero della repub-
blica, l'adova col lerrilorio del Viscon-
ti. Questa lega fu accresciuta colle forze
de' signori del Friuli, e d' Alberto mar-
chese d' E>le, con piomessa del castello
omonimo, e intanto fu ascrilloalla veneta
nobiltà. Trovandosi Francesco 1 Carrara
il Feccìiio a mal parlilo, credendo dimi-
nuir I' odio de'veneziani, rinunziò il do-
luioio al Ijgiio Francesco II No^'cllo, il
quale inutilmente implorò pace. A' 2 i
novembie i388 fu costretto cedere Pa-
V E N I - -
dova, Treviso, Felire, Celluno e loro di-
pendenze. CoM Padova fu ceduta al Vi-
>conli, e Ti eviso consegnato a' venezia-
ni, con Cened i e l'altre castella. La re-
pubblica a compensare Jacopo d<il Ver-
me capitano generale l'ascrisse alla pio-
pria nobiltà e gli donò il palazzo a s. Polo
già del Carrara il T'tccliio, Iraltenulo in
Cremona dal Visconti, njentre in .Mila-
no cu^todlva il figlio. Piiusc'i a ([uesto ili
fuggire, e d(»j)o mille peripezie e tlis.igi
ricorse a' veneziani. Gio. Galeazzo era
allora il principe più [)otenle non solo
d' Italia lacerala da divisioni, che aspi-
rava a signoreggiare, ma forse d'Euro-
pa. Laonde i veneziani considerando la
sua aslula e crudele politica, la m.da fe-
de che giuncava colle piomes-e e i giu-
ramenti, riac(p\istato Treviso, depresso
il superbo Carrara, cominciarono seria-
mente ad avvedersi quanto pocoassegna-
mento potevano fare sull' alleanza del
Visconti, e che ad un vicino fcirinidabile
era successo altro più formidabile anco-
ra. Accc-ltaroiio quindi le proposte de'lìo-
lentiiii e bolognesi gueneggianti col Vi-
sconti, a fjvore di Francesco 11, entran-
do nella lega anche il duca Uob^rlo il
Piccolo di Haviera, poi imperatore, e
Francesco I Gonzaga signore duManlova,
the recatosi a Venezia fu accollo con gran-
di feste e aggregalo alla nobiltà. Fran-
cesco il lasciatogli libero il passo dalla
repubblica, colle sue genti si avvicinò a
Padova, i cui abitanti slancili dell'oppres-
sioni del Vis.onli, levatisi a rumore l'i l
o 18 giugno 1390, accolsero il loro an-
tico signore fesli-ggiandolo, e tosto per
lui si dichiaiarono le vicine tene. Rac-
comandatosi alla repubblica, n'ebbe ar-
mi e munizioni, ed alle rimostranze del
Visconti rispose, l'alleanza essere stala
falla conilo Cu rara il /'Vct/ì/o, non con-
tro suo (iglio e i padovjiii, i quali gli a-
veano domandato soccorso per tornare
.sotto il loro naturale signore. Successero
vari combattimenti, terminando colla pa-
ce generale a' 28 gennaio 1392 in Gè-
176 YEN YEN
nova, a iDcdiazione del doge Antonio A- puro se£^no al feroce orgoglio musiiloifi-
donio, avendo presieduto il parlacnenlo no. Ormai i turchi penetrali nell'Uiiglie-
il gran maestro de' cavalieri gerosolimi- ria, soggettata la Bulgaria, imposto tri-
taui di Rodi. Francesco 11 fu riconosciu- butu alla Yalaccliia, aveauo costretto la
to dal Visconti, coli' obbligo di pagare Servia a pace vergognosa, la quale non
al signore di Milano 10,000 fiorini l'au- ba?tando ad assicurare il principe Stefa-
no pel corso di 5o anni; e si recò (juiii- no, volle porsi sotto la protezione vene-
di col figlio in Venezia a lingiMZuire in zuma e con solenne ambasciata douìan-
ginoccliio il doge, oirieiido ogni suo pò- dando la cittadinanza, che gli fu concessa,
lere alla repubblica, che l'annoverò alla Ouindi provvedimenti e cure da per tut-
nobillà veneziana. Tanta gioia in Fran- to della repubblica, incoraggiando l'iin-
Cesco II fu turbata per la morte del pa- peratore greco e soccorrendo l'Ungheria,
dre nella prigione di Monza, uientre a- Questa e cpiello fecero degli sforzi, oppo-
doperà vasi per la liberazione, e dii'nuovi nendo a' turchi cogli ausiliari francesi,
scompigli destati dall' anibiziune di Gio. valacchi e alemanni Go,ooo uomini, ina
Galeazzo, creato nel iSìS^ dall'impera- nell'infelice giornata di iNicopoli a"" 28
tore Venceslao duca di Milano. Inorgo- settembre i3g6 furono interamente sba-
glilo dal grado, assab di nuovo i lloreu- ragliati, i cristiani non trovando scampo
lini e il signore di Mantova, al cui soc- che nella fuga, salvandosi sulla flotta di
corso si mossero anuhe i padovanie i ve- Venezia e di Rodi che li trasportò ii»
iieziani, col generale tlell'esercito Carlo Dalmazia. L'imperatore greco per la per-
INIalatesla signore di Riinini. fiotti total- dita di tale battaglia, e gl'inutili soccorsi
mente i milanesi a Governolo, a'2 i mar- domandali alle corti d'Europa, vedendo
zo I 3f)8 alla comune difesa si fece lega svanita ogni speranza di resistenza coii-
tra Venezia, Firenze, il Carrara, ilGon- tro i turchi, si piegò a' voleri del sulta-
zaga Cu' d'Elle; spaventato il duca Vi- no, consenù all'edilicazione d' una mo-
sconti si mostrò iuchinevule a trattare, schea in Costantinopoli, accettò in essa
ed i veneziani gelosi sen)pre di mantelle- un cadì o giudice turco per giudicare nel-
le 1' eijuilibrio nella possanza degli stati le cause de'maometlani, e promise l'an-
che li circondavano, seppero mandar ad nuo tributo di 10,000 ducati. Era allo-
elietto una tregua l'i i maggio, che prò- ra Venezia la sola potenza italiana che
dusse la pace generale de'21 marzo i4oo. potesse elìlcacemente volgere il pensiero
L eslesa influenza veneta ricevè nuovo alle cose del Levante, rattenuta Genova
incremento per la tutela assunta di Ni- per le continue rivoluzioni e frequenti
colò e Alberto d'Este signori di Ferrara, cambiamenti di doge, che inline la ri-
Modena, Rovigo e Conaacchio; e per l'in» • dussero nella dipendenza di Francia. La
prestito fatto di 5o,ooo ducati d'uro, la bandiera veneziana invece, sempre indi-
repubblica ebbe in pegno il Polesine di pendente, veleggiava ne'piii lontani ma-
liovigo. 1 grandi avvenimenti Dell'Orien- ri ; essendo in relazione e ottenendo pri-
te chiamarono altresì l'atteuzionede've- vilegi con l'Inghilterra, la Francia, la
iieziani. xNel iSSg divenuto sultano de' Spagna, il Portogallo, Alessandria, Tre-
turchi Uajazet I, gì' inviarono ricchi do- bisonda, Cipro, Costantinopoli e perfino
nativi e ratificarono i precedenti tratta- coli' Indie tenendo un console a Siam,
ti. Estendendo le sue conquiste, volgeva non meno col re moro di Granata con
cupido lo sguardo verso Costantinopoli, grandi esenzioni. Disse il Laugier, che
e per le sue esigenze ne morì atterrito nel Yenezia, esteso il suo impero, in qual-
1091 1 imperatore Giovanni I, cui sue- che modo divenne l'ai bitra sovrana dei-
cesse d figlio Emanuele Paleologo, egli le vicine potenze. Ma l'estensione ch'es-
V EN
sa avea fallo in Tenafeima, e che più
accrebbe nel seguente secolo, venne ad
alleiaredi mollo la sua natnra, eriliaeo-
dola in gran parte dal mare, fonte pri-
maria di sua possanza, per volgerla agli
acquisti continentali, l'avviluppò nelle
dolorose vicende d' Italia, nelle sue di-
scordie e nelle sue guerre. Ciò impedì
a' veneziani di potere 0[)porre fin da
principio a' turchi, ogni di più avanzan-
tisi in Europa, tutte le forze die la gra-
vità del caso richiedeva. Tale era il fio-
rente stalo della repubblica di Venezia
Del glorioso dogado del Venier, lodato
principalmente per la giustizia. A suo
tempo fu mozzato il capo in piazza di s.
Marco a Pietro Giustiniani, e ad Anto-
nio Meneghio da Chioggia, perchè pale-
savano i segreti del consiglio a Francesco
I Carrara. Nel i388 il doge die saggio
di singoiar fermezza nell'esecuzione delle
leggi. Avea egli 1' unico figlio Luigi sca-
pestralo, il quale una notte appiccò alla
porta del nobile Giovanni de Boccholis
un paio di corna, con iscrizione insul-
tante r onore della sua moglie (pare da
lui amata), sorella e suocera. 11 doge com-
mise la punizione agli avogadori del co-
mun, i quali sentenziarono la prigionia
di due mesi e un'ammenda, con piecet-
to di nnn passar più avanti l'abitazione
del gentiluomo. Il giovane ammalò nel
carcere, e benché supplicasse permuta di
luogo e di pena, il padre doge restò in-
flessibile, e il misero figlio con generale
dispiacere morì in prigione. Il doge scru-
poloso della giustizia, soffocò i moli del-
l'animo e si era mostrato insensibile, an-
co per dare un esempio a repressione
del mal costume, de' giovani nobili, la-
mentalo anche dal Mulinelli ne'suoi An-
nali Vrhanidi Fenczia.TaW erano i ve-
neziani d'allora, che la patria e il rispetto
alle leggi ad ogni altra cosa anteponeva-
no. A suo tempo fu fabbricato il Castel
nuovo di Mestre dalla parte che va verso
Marghera, e ridotto poi a fortezza, e così
il borgo di s. Lorenzo. iJelli edilizi s'in-
VOL. xcii.
VEN 177
nalzarono in Venezia, e fu selciata di
pietre la piazza di Rialto. Il doge venne
a morte a' 23 novembre 1400, ed ebbe
nobilissima tomba in ss.Gio. e Paolo, nel-
la cui contrada abitava, e si ved'e sopra
la porta della cappella del ss. Rosario. —
Micìiele Steno LXIII doge. Sì grande
era la stima, che aveasi di sì beneme-
rito cittadino pe'servigi da lui resi alla
patria nelle molte e cospicue dignità che
avea sostenuto nella repubblica, dopo
quanto occasionò l'irritamento di Mario
Falier e la tragica conseguenza, che non
s'ebbe didicoltà d'eleggerlo doge il i.° <li-
cembre i4oo, io tempo ch'era egli pe-
ricolosamente malato, come rileva il suo
biografo Gio. Veludo. I\icuperala la sa-
nità, a' 19 prese possesso di sua dignità,
fra solenni e pubbliche dimostrazìuni di
giubilo, di straordinaria pompa con gio-
stre e tornei, processioni delle arti e al-
tri spettacoli, pe' quali originò la compa-
gnia famosa della Calza, composta- di
nobili coll'iotendimenlodi fare più splen-
dide le feste pubbliche in Venezia, discor-
sa nel § XVl,n.5,a cui aveano parleanche
le loro donne. Questa e altre compagnie
furono poste sotto la vigilanza de'prowe-
ditori di comun e del consiglio de' Dieci.
Osserva il prof. Romanin, essere questi
splendidi festeggiamenti testimonio ilella
ricchezza a cui pochi anni dopo la guerra
di Chioi'''ia era risorta Venezia; ed in-
dina a credere ch'ebbevi qualche parte
il governo, il quale co' divertimenti e
colle guerre avea forse bisogno di distrar-
re il popolo per poter rinvigorire il po-
tere aristocratico, adievolito nel tempo in
cui Venezia fu ridotta agli estremi du'ge-
novesi, per cui i suoi ordini eraosi scon-
volti, e la plebe s'era fatta nuovamente
tumultuaria e imperiosa. Inlenla l'ari-
stocrazia a ricuperare il perduto domi-
nio, tra non molto, comediiò poi, abolì
tolalmenle Yarengo o concione o assem-
blea popolare, già ridolla a pura forma
e di raro convocata, e così cessò ogni trac-
cia di governo dcmocialico. Fu la diicea
1 2
,78 VEN
dellu Sleno feconda di memorabili avve-
i)in)en(i pe' quali la repubblica sempie
più si eslese in Teiraferma, e raggiunse
fjueilo stesso splendore per le sue villo-
rie terrestri che già per le marillime avea
acquistato. Ma anche il prof. Romanin,da
questo stesso colmo di splendore esterno,
ci vide il primitivo germe, cominciata
tacitamente a svilupparsi, del decadi-
mento della repubblica, assoibita da' di-
spendii e con pregiudizio del commercio,
Iònie d'opulenza. Nel principio di que-
sto dogado l'angustie della repubblica
furono sensibili, atteso il pericolo che cor-
revano le sue possessioni d'Oriente per
la guerra del famoso kan de' Tartari
(/".) Tamerlano, eBajazell imperatore
de' turchi ; e mollo più ancora per parte
de' genovesi comandati dal maresciallo
Boucicault, governatore di Genova pel
re di Francia, i quali eransi rivolti verso
la Siria sotto pretesto di difendere dai
tmchi 1* imperatore Emanuele Paleo-
logo. Scorreva allora que' mari il prode
Carlo Zeno, che mal comportando l' in-
giurie e i danni che da coloro si facevano
alla sua nazione, venne seco a battaglia
nell'ottobre i4o3, e valorosamente gli
respinse verso Modone, e grandi feste
furono falle a Venezia. Boucicault volle
Impugnare la riportata vittoria, e sfidò a
singoiar tenzone quel campione che vo-
lesse destinare la repubblica ; ovvero con
piccolo drappello di francesi e genovesi
contro altro di veneziani, oppure galea
contro galea. Alle bravate del Bouci-
cault, il doge e lo Zeno risposero con di-
gnitoso silenzio. Nondimeno la repub-
blica scrisse lettere infornjatorie dell'av-
venuto, al Papa Bonifacio IX ed agli al-
tri principi d'Italia. Però i genovesi do-
mandarono la pace, e fu ben presto con-
clusa, mediante il compenso pagato dai
genovesi di 180,000 ducali. Essendo
slato deposto l' indegno e ci udele impe-
ratore Venceslao, gli fu sostituito nel
1 4o I Roberto il Piccolo di Baviera conte
Palatino, il quale iuvilalo da' fioreuliui
VEN
e dal Carrara n calare in Italia per guer-
reggiare il duca di Milano, ottenuto dai
veneziani il passo pel Trevigiano,fu scon-
fìtto a' 2 I ottobre. Leopoldo duca d'Au-
stria, fatto prigione e liberato dopo 3
giorni, tornò in Germania; altri ne se-
guirono l'esempio, e cosi il formidabile
esercito imperiale si sciolse. Roberto si
recò a Peulova, passò a Venezia incon-
tralo dal doge e dalla signoria col bucin-
toro, colla propria consorte ed i figli.
Non gli riuscì impegnare la repubblica
ad una lega contro il duca di Milano, ed
a' 3 aprile \^oi fece ritorno in Germa-
nia, lasciando in Italia misero concetto
del suo nome e valore. Nel settembre
morto intanto Gio. Galeazzo Visconti
duca di Milano, e lasciati Gio. Maria e
Filippo Maria figli minori sotto la ma-
terna reggenza di Caterina, oltre il ba-
stardo Gabriele Maria, tra'quali divise
il suo vasto stato, con che fini la gran-
dezza di quella potente casa, Siena e mol-
te altre cillà sottraendosi dal dominio
de' Visconti ; e Bonif.icio IX per ricupe-
rare Perugia, Asisi e Bologna, si collegò
col Carrara e co' fiorentini. Francesco l[
conquistò Verona, e vi dominò sotto il
nome di Guglielmo della Scala, che fu
poi da lui avvelenato. Tentava d' impa-
dronirsi ancora di Vicenza, ma questa
bisognosa d'aiuto, fu esortata dalla reg-
gente di Milano, che non poteva darle-
ne, di dedicarsi a Venezia, il che segui
colle sue pertinenze nel i4o4- Lo stes-
so partito pigliarono alcune altre città,
e per cessione della ducliessa Caterina i
veneziani vennero in possesso di Feltre,
Belluno e Cividale; e questo fu seroe di
indignazione nel Carrarese, e di guerra
fierissiiaa de'veneziani contro di lui. Ve-
rona e Padova furono in breve da essi
attaccate, e lo stato ormai crollava. Al-
lora il marchese di Ferrara Nicolò d E-
ste,per sorreggere la cadente fortuna del
suocero Francesco 11, azzuffossi co' vene-
ziani, ma fu vinto e coslrello a' 14 marzo
i^o5 con pace umiliante a promettere
VEN
200jOoo ducali, compenso delle spese
di guerra, consegnare tutto il Polesine
di Rovigo con alcuni castelli di que'cou-
torni. Tutto congiurando contro il Car-
rara, cadde Verona nelle mani de' ve-
neziani a' 23 giugno, salve le peisone e
Je robe, conservati gli onori e i privile-
gi. Pri(ni rettori in Veron;i per la re-
pubblica furono Pietro Rinaldo e Fran-
cesco Cornaro. Orrenda intanto era la
condizione di Padova: di fuori il nemi-
co, di dentro la peste ingenerata dal-
l'accumidainenlo di tante {>er50ne e di
tanti animali, dal cattivo nutrimento e
dalla grande quantità deli' iniuìondezze,
copiosa la mortalità quotidiana sino a
5oo persone. La repubblica fece oiTrire
a Francesco II 60,000 ducali per la ces
sione di Padova, ma egli si ostinò alla
resistenza, ad onta cbe quasi tulle le ca-
stella all'intorno eransi soliralle al suo
dominio. Non lo scossero altre più am-
pie proposizioni pacifiche, per nuove lu-
singhe pervenutegli da Firenze, edanzi
fatta una sorlila contro i veneziani, che
stavano male sulle guardie, al Bassanello
diede loro una rotta, e tolse alcune b tu-
diere. Questo fallo [)eggiorò la sua con-
dizione, ed il suo figlio Jacopo prigiotie
in Venezia venne posto nel carcere fljrte
in ferri a pane ed acqua. La conquista
di Padova stava sommamente a cuore
a' veneziani, e per l'importanza di essa
e perchè infierendo anche nel hjro cam-
po la pestilenza, volevano por fine a' di-
sagi e sofferenze della guerra, il perche
le deviarono 1' acqua. Di peste morì il
loro capitano Paolo Savelii, al cui corpo
portato a Venezia furono falli splendidi
funerali, assistendovi il doge, il senato,
lutti i magistrati della città ; molti caval-
li coperti a nero erano condotti a mano,
concorrendo immenso popolo a onorare
il valente condottiero, ch'ebbe tomba
in monumento equestre in s. INIaria dei
Erari. In suo luogo fu confenlo il co-
mando generale a Galeazzo Cataneo de
Grumello di Mantova. Si diedero piìi
VEN
!•»
79
assalti in cui gareggiò il valore de'coiu-
ballenti, e fra gli assediali si distinse
Francesco III i\ovello,figlio primogenito
del Carrara. Si fecero lavori meraviglio-
si dall'una parte e dalTidUM, gli uni a
penetrar per mine e strade coperte nel-
la città, gli altri ad o[)poi re Livori a la-
vori, macchine a macchine, forze a forze.
Francesco II ài pasceva sempre colla spe-
ranza d'aiuti che attendeva da'fior^u-
tini, ungheresi, genovesi e dal fratello.
Non volle udire le rimcslranze di Nicolò
Mussato a nome de' padovani, ricorse
a' tradimenti, per cui più felloni sagri-
ficò. Finalmente nella notte de'17 no-
vembre i4o5 i veneziani, favoriti pec
segreto maneggio di que' di deiilro, die-
dero la scalala alle mura ed entrarono
nel borgo di s. Croce: allora il comune
mandò suoi deputati a Venezia a trat-
tare della resa (dopo aver perduto per la
fame, la peste e i combatliinenli 28,000
persone, secondo V Arie di vciificare le
date). I veneziani entrarono in Padova ai
22 novembre feslosamente accolli dal po-
polo, i cui legali avevano ottennio la con-
servazione degli statuti di Pailova, ogni
altra buona usanza, l'arte della lana, lo
studio pubblico e altro. Consegnato al
doge il sigillo d'argento «lei comune, a-
vevano raccomandalo il Carrara come
cittadino, e falla solenne dedizione della
città e del territorio con pubblico istru-
mento (la formale e pom[)osa ebbe poi
luogo a' 4 gennaio \ ^oCì sulla piazza di
s. INIarcoa mezzodì 16 ambasciaiori. Al
doge e alla signoria orò per tutti Fran-
cesco Zabarella poi cardinale e gli pre-
sentò il gonfalone di Pailova ; France-
sco Dolli gli rassegnò la bacchetl.i «lei
dominio, Frico Milizia le chiavi, e Ol-
merio Legnazzo il sigillo della città. Nel
ritorno, gli ambasciaiori portarono a
Padova una liaiidiera di zendado cre-
misino coir imniiigine di s. Marco tra-
punta d'oro, da spiegarsi in piazza nelle
feste solenni). Grandi allegrezze furono
falle a Venezia per l'acquisto di Padova,
i8o VEN
e larghe ricompense a' capitani, elelli a
primi relloii di Padova Zaccaria Tre-
\isaD e Marco Caraveilo. A' 23 novem-
bre il senato mandò a prendere i due
Carraresi dal campo e condurli a Ve-
nezia, facendoli dimorai e a s. Giorgio per
sottrarli alla furia del popolo che gri-
dava crucijlge, probabilmente concitato
dal credere il tentativo di Francesco 1
di far avvelenare i pozzi. Ammessi al-
la presenza del doge s'inginocchiarono,
chiamandosi rei, ed egli rialzatili li fece
sedere al suo fianco , e toccando leg-
germente di loro ingratitudine, parlò
del re>to benevolmente. Dopo l'udienza
tornarono a s. Giorgio, ove a France-
sco Il fu intimalo di far venire entro
dicembre gli altri suoi due figli Uber-
tino e Marsilio Carrara colle cose pre-
ziose, onde togliere loro i mezzi di mac-
chinare e sollevar nemici, e rimettersi
alla magnaniaiilà della repubblica. Ai
3o novembre i due |)rigionieri furono
trasportati alla Torresella nel ducale pa-
lazzo, ove si custodivano i prigionieri il-
lustri, e finché fosse quel luogo oppor-
tunamente fortificato si misero nella car-
cere orba, una di quelle che a livello del-
la corte giravano tutto attorno di que-
sta. La tragica fine de' Carraresi non
mancò di porgere argomento a storici
appassionati, poco studiosi de' documeu-
li, per vituperare la repubblica co' più
amari e calunniosi rimproveri. Altri in-
vece s'aOalicarono a giustificarne il pro-
cedimento con sofismi per eccessivo zelo.
Con documenti e verità storica tutto de-
scrive e piova il prof Romanin : egli of-
fre e produce i documenti, e con questi
chi ne avesse volontà potrà confronta-
re le alliui narrazioni, com'egli stesso
dichiara, pubblicando per la i." volta
quanto in proposilo ne somministrano
i registri del consiglio de' Dieci, speran-
do giustamente di recare non poco lume
sopra sì involuto argonienlo. Da' pro-
cessi si scopiirono macchiuazioni recen-
ti e pericolose, crebbero quindi i rigori
VEN
verso i Carraresi, ed a' aS dicembre
Francesco II venne tradotto nel carcere
forte, ove ancor trovavasi l'altro suo fi-
glio Giacomo, restando Francesco III
altro suo figlio nella carcere orba. Le
rivelazioni si succedevano e sempre più
gravi, come si rinvennero scritture e let-
tere nascoste in un barcone. Il consiglio
de' Dieci, coadiuvalo da due aggiunte,
come in momento di sommo pericolo,
sedeva giorno e notte ; continui erano gli
arresti, gli esami, i testimoni, trovandosi
compromessi anche alcuni nobili vene-
ziani e quindi condannati a pene. Si vol-
le esaminare anche Francesco III. Pii-
sullò dal processo, con sufticieuti prove
di reità de' he Carrara, non già d'aver
sostenuto la guerra contro la repubblica,
non già d'aver mostralo l'ambizione di
estendere i propri possedimenti, ma di
aver ordito un gran macchinamento a
danno dello stato veneziano, perciò fu-
rono condannati a morte e strangolati
io prigione a' 17 gennaio i4o6. Sapu-
tosi dal popolo disse: Vom morlo non
fa guerra. Furono tumulati : in un'arca
nella chiesa di s. Stefano Francesco I;
ed in s. Marco in Boccalame, isola ora
abbandonata dalla parte di Lizza Fu-
sina, 0 a'ss. Biagio e Cataldo alla Giu-
decca, o a s. Giorgio IMaggiore, France-
sco HI e Jacopo fratelli. Ma se è incer-
to il luogo preciso ove fu sepolto il pa-
dre, più incerto è ove riposino i suoi fi-
gli. Le circostanze che accompagnarono
la loro morte furono pateticamente nar-
rate dagli storici, ma ripelo a modo di ro-
manzo. Ripugna al Romanin la proposta
di mettere il Carrara in una gabbia di fer-
ro larga 4 passi e lunga 6 da collocarsi
sulla sommità del palazzo ducale: la
chiama favola. Di tale supplizio o tor-
mento chiamato Chcbba, che risale al
secolo XII (usato specialmente da' Tor-
riani in Milano), appeso con una corda ni
campanile di s.Marco, adoperato ancora a
punizione de'preti scandalosi,colMutinel-
li parlai nel descrivere quell'edifizio nel
VEN VEi\ ,8i
§lV,n.i,o t.XC,p. 243. Ma l'encomialo non potersi, lui vivente, "oilere nell' I-
prof. Romaniii allertnei, che tal pena non lalia, dov'egli aveva parenti e prole» •
la trovò applicata che ad un prete reo gilori Ira'sovrani. Così Venezia, a^^uui-
di enormi delitti, il quale nel secolo se- gè il Aloschini, incominciò ad esser gran-
gnente fu così appeso al detto campa- de (tneglio lo divenne iua""iormente) e
nile, e tuttavia potè fuggirsene. Vera- a mettere colla sua grandezza timore
mente, io lessi tale punizione usata con nel continente; onde venne che p«r a-
diversij ed il IMulinelli dice soventi voi- more e temenza che aveasi di lei e ri-
te, ma ora non rammento dove ; certo è cevesse onoranze e più di Ic^^ieri arric-
che fu abolita nel i5i8, come rilevai iu chissedi nuove conquiste. Anche il hio-
detto luogo, ed alferma Gallicciolli. Colla grafo Veludo rileva : Ecco l'epoca, in cui
morte de' 3 principi Carraresi non ter- la veneziana repubblica ottenne un "rado
minarono però le inquisizioni, né i ti- altissimo di riverenza presso l'altre pò-
mori della repubblica. Si giunse ad ar- lenze italiane, avendo dilFuso il suo ira-
restare il benemerito e illustre Carlo pero in Treviso, Padova, Vicenza, Ve-
Zeno, cui di tanto era tenuta la patria, rona, Piovigo, Bassano, Feltre, lìelluno,
e fu fecondo argomento pe' scrittori sto- Guastalla e altri paesi. Intendendo la
lieo-romanzeschi a fare sfoggio di filan- repubblica a consolidarsi ne' nuovi do-
tropiche riflessioni a danno del governo rainii ne ordinò il governo. Lasciava,
veneto. Fu condannato alla perdita di come soleva ovunque, tranne qualche
ogtii uffìzio e ad un anno nelle carceri modificazione, ad ogni città il proprio
inferiori, con i 4 suffragi; e ciò sulla oa- statuto, le proprie forme di reggimento,
tura di sue relazioni col principe pado- solo contentandosi di mettervi alla lesta
vano, non già ch'egli avesse in animo di un rettore o podestà pel civile, un ca-
Iradir gì' interessi di sua patria. Il prof, pitano per le cose militari, oltre altri
Romanin riporta fedelmente la narra- magistrati. Con Vicenza aveano fatto la
zione romantica del fatto, e poi vi con- loro dedizione a Venezia nel i4o4 ' ♦^''"
trappone la storica, e questa fa noto: stretti chiamati de' Sette Comuni (dei-
che terminata la sua condanna, datosi la cui Storia ora pubblicata dalla tipo-
allo studio calla conversazione co'dotli, grafia del Seminario di Padova, feci cen-
morì a Venezia nel i4i8 con generale no nel voi. XC, p. 4^4 )> cioè Asiago,
compianto, e il suo corpo con magnifico llozzo, Lusiana, Enego, Roana, Forza
accompagnamento portato sulle spalle e Gallio, paese sterile e montuoso, nta-
da' marinai, che vollero rendere que- gliato da valli anguste, posto nella pro-
si'ultimo uffizio a quel prode sotto al vincia di Vicenza fra la Brenta e l'Asti-
quale tante volte aveano vinto, fu de- co. formandone la sola ricchezza il le-
posto in s. Maria della Celestia, ove Leo- gname, ed i pascoli col bestiame grosso
uardoGiustini.ini gli recitò il discorso e niinulo. Ha attivi e forti abitanti, dati
funebre. iNarra il eh. Veludo, che la si- per la maggior parte alla pastorizia e
gnoriadi Venezia, per impedire che dal- all'armi, per le quali furono mollo utili
la loro radice non germogliassero nuove iu varie emergenze della repubblica, sic-
pretensioni, fece mozzare il capo a' 3 come coraggiosi e prodi, ed ebbero da
Carraresi ; il quale repubblicano rigore questa statuto e speciali privilegi. Im-
non piacque a'principi d'Eiuopa. Ed il migrali, a quanto pare, dalla vicina Ger-
RIoschini, dice chs Fiancesco li co' due mania, 0 discendenti di quc' cimbri s«l-
suoi lì"li, col dominio perdettero tri- valisi dalla strage che ne lece Caio Ma-
stameute la vita. Fu sagrificato al de- lio sotto Verona, parlavano ed ancora
siderio della quiete, la quale sembrava iu parte parlano un dialetto IcJfieo cor-
,8ci VEN
rollo. N' è cnpoluogo Asiago, die ha fab-
briclie di nastri, con rinomate manifattu-
re di cappelli di paglia. La repubblica ri-
spello a Padova non si teneva ancora bea
Sicura specialmente dal di fuori, e la pre-
senza a Camerino di IMarsilio e Uber-
tino Carrara, figli di Francesco II, non
la lasciava senza sospetti. Non avendo
potuto oltenere da Varano signore della
tillà di mandarli in luogo non sospetto,
promellcndo loro 2,000 ducati annui,
impose una taglia sulle loro teste, come
fece altresì relativamente a' due Scali-
geri, Binnoro e Antonio; poi diede o-
pera a distiuggere in Padova quanto
per esteriori segni ricordava il dominio
Carrarese. Vi furono allontanati gli at-
tinenti dell'espulsa famiglia, ed arresta-
ti i sospetti di nuove macchinazioni. Al-
le feste per la dedizione di Padova, in
Venezia altre ne seguirono a' 6 agosto
1 406 per la ventila dell'infante Alfonso
figlio del re di Portogallo, recandosi a
visitare i Luoghi santi; ed allora la città
istituì la solenne processione del Corpus
Domini della basilica di s. Marco, per
la sua piazza, coli' intervento del doge
e della signoiia. Durava ancora il lagri-
inevole scisma, poicliè in Avignone al fal-
so Clemente VII era succeduto il pseudo
lìeiiedelto XI 11, la cui ubbidienza però
erasi assai ristretta. In Roma per morte
d' Innocenzo VII, il i.° dicembre i/JoG
gli successe col nome di Gregorio XII
(/'.), il cardinal Angelo Correr o Corra-
ro nobile veneziano, già vescovo di Ca-
stello sua patria : Beriola sua sorella fu
madre a Eugenio IV e ava a Paolo II,
non che ava, bisavola e zia di 9 cardi-
nali, 6 patriarchi e i i vescovi, caso sin-
golare e forse unico, the già rimarcai
nel voi. XVI, p. 67. 1 romani gli fe-
cero molto onore nella sua solennissi-
ma coronazione a' ig di dello mese. Ve-
nezia nierilamente esultò di venerare
in esso il i." Papa concittadino, celebrò
grandi feste, ed in vece de' soliti 4 a'»-
basciatori d'ubbidienza, che soleva iu-
V EN
viare ad ogni nuovo Sommo Pontefice,
ne mandò a Roma 8. Non però allora
creò cardinali Angelo Darbarigo suo ni-
pote e Pietro Morosini nobili veneziani,
ma nel i4o8, come dirò. Ma fu breve
gioia per la repubbhca, pe' grandi im-
barazzi e gravi avviluppamenti che se-
guirono. Imperocché a seconda del giu-
rato in conclave da cardinale, per l' e-
slinzione dello scisma, subito Gregorio
XII procurò d'abboccarsi coll'anlipapa,
a cui scrisse ragionala lettera esortato-
ria, per dare pace alla Chiesa di Dio col-
la reciproca rinunzia, a facilitar la quale
avea pur giiuato in detti comizi, b rati-
ficato dopo l'elezione, di non creare car-
dinale alcuno, se non nel caso di dover
eguagliare il numero de' suoi cardinali
a quello degli anti-cardinali dello sci-
smatico Benedetto XIII. Era Gregorio
XII venerabile vecchio, di vita integra e
e pura, ed in tutto dalla fanciullezza e-
setnpiare sommamente, non che ornalo
di dottrina e singoiar jirudenza, come
lo dipinge Lodovico Agnello Anastasio.
Fu eletta Sai'ona per la conferenza di
lui coll'anlipapa, ma il versipelle Ladi-
slao re di Sicilia di qua dal Faro, ago-
gnando al dominio d'Italia, non vide
volontierl quel congresso, per timore di
perdeie il regno in cui l'avea confer-
mato Gregorio XII, aspirandovi Luigi II
d'Angiò piotelto dal re di F'rancia do-
minatore del Genovesalo. Tuttavolla il
Papa con 12 cardinali uscì di Pioma ai
c) agosto j4o7 e si recò a Siena, e poi
a Lucca, in vece di recarsi per mare a
Savona, allegando per iscusa la negati-
va datagli da'veueziani delle loro galee,
benché i genovesi avendo otierlo le pro-
prie l'avea ricusate, dicendo non esser
sicuro il suo cammino per essergli tese
insidie. Per questo raffreddamento, per
ambire di promuovere i 3 nipoti, i car-
dinali si alienarono da lui. Laonde Gre-
gorio Xll osservando l'odio che per lui
aveauo concepito i cardinali, benché l'a-
vessero eletto concordemente, slimò con-
VE N
Teniente crearne degli altri da'qtiali si
potesse pronielleie sicura fedeltà, e di-
chiaraudo con autorità apostolica noa
essere ciò contro il giuramento fatto, at-
tese le nuove ragioni, in Lucca a'q mag-
gio i4o8 fece cardinali il b. Giovanni
de Domenici arcivescovo di Ragusi, Ja-
copo del Torso d' Ldine, ed i suoi ni-
poti patrizi veneti Antonio Corraro e
Gabriele Condulmieri poi Eugenio IV.
Tanto rancore ne provarono i cardinali
vecchi, che giurarono non riconoscerli,
abbandonarono il Papa e si ritirarono a
Pisa, ragguagliando con lettere tutti i
principi cattolici dell'irregolare condot-
ta del Papa. Corsero diversi uiauifesti e
citazioni del Papa e de'cardinali, questi
facendo affiggere le loro ingiuriose pro-
teste alla cattedrale di Lucca. Gregorio
XII, dopo processo, li scoraunicòe privò
del cardinalato in Siena ov' erasi resti-
tuito, per aver essi anche denunzialo un
concilio da tenersi a Pisa, ed a' 19 set-
tembre i4o8 creò in loro vece altri 9
cardinali, fra' quali i due nominali pa-
trizi veneti Barbarigo e Morosini. Le
pratiche per ottenere la rinunzia da Gre-
gorio XII e da Benedetto XIII, in che
si adoperarono n)olto pure i veneziani,
non riuscirono allatto; anzi Gregorio XII
dichiarando che il concilio di Pisa non
avrebbe alcuna autorità, convocò quello
di Ci\'idalc (/^.) nel Friuli; mentre Be-
nedetto XIII egualmente per oppoilo al
concilio Pisano, promulgò il concilia-
bolo di Perpignaiio (/".), ove si ritirò,
per essersi la Francia sottratta dalla sua
ubbidienza, e restato colla sola Spagna.
Gregorio XII nel 1409 volendosi por-
tare a Civiilale, domandò invano il pas-
saggio per V^enezia ; bensì dimorò mol-
to onorato e festeggiato alcuni dì a
Chioggia e a Torcello ove il popolo ac-
correva a vederlo. Becalosi a Cividale,
e ne riparlai a Udine, che non volle ri-
conoscerlo, ne'prin)i di giugno vi cele-
brò la I.' sessione, poco numerosa ; men-
tre nel Sinodo [f''.) di Pisa (non da tut-
VEN 183
li riconosciuto, perchè non convocalo
dal Pontefice Gregorio XII, il cardinal
Torrecremata non rilenendolo né cano-
nico, uè legittimo, il ven. cardinal Bel-
larmino lo ripone tra'concilii uè appro-
vati, né riprovali, e da s. Antonino fu
qualificato vero Conciliabolo), i cardi-
nali e gli anticardinali delle due Ubbi-
dienze, coir intervento di molti vescovi,
ambasciatori e dottori, vi deposero Gre-
gorio XII e Benedetto XIII, e fìi eletto
a' 26 dello stesso giugno 1409 Alessan-
dro V, elezione che tosto annullò Gre-
gorio XII. La creazione d'Alessandro V
e la presenza di Gregorio XII nelle vi-
cinanze, diedero motivo a due partiti ia
Venezia, l'uno riconoscendo per Papa
Gregorio XII, l'altro rifiutandolo e se-
guendo Alessandro V, e di quest'ultimo
era il doge Steno. In falli quando l' i i
del seguente agosto si recarono in Ve-
nezia gli ambasciatori di Francia, In-
ghilterra e Borgogna per eccitare la re-
pubblica a riconoscere il nuovo Papa
Alessandro V, levando l'ubbidienza a
Gregorio XII, il quale altresì mandava
dal canto suo da Cividale, per esorlarla
a resistere a quelle insinuazioni, fu per
più giorni dispulato in senato fra'sosle-
nitori delle due opinioni. In fine prese
a parlare lo stesso doge Steno, dimo-
strando come al bene e alla quiete della
cristianità convenisse mettersi dalla par-
te d'Alessandro V, dopo di che uscendo
egli dal consiglio e posto il partito fu
vinto con 69 sulTagi contro 48, sebbene
grande scontenlamenlo ne restasse nella
parte contraria, la quale non si astenne
dallo spargere brulle voci contro il doge,
riguardando soltanto legittimo Grego-
rio XII, e diceva il vero. Nella Cronaca
pubblicata dal Cornaro, Kccl. f^t-nct.,
l. i3, leggesi che lo Meno era tanto av-
verso a Gregorio XII, perchè non avea
voluto far vescovo un suo nipote, che
non era idoneo a quell'uHicio! Col fa-
moso sinodo Pisano luiiugivan^i i feileli
di veder terminalo il fauesto scisma .
)84 VEN
siiljito però viep[)iù si l'aramaiicarono,
jjercliè in luogo d'un solo die si voleva,
Ire itjsietne rimasero, liallantloìi ciascu-
no da vero Pa[)a. A' 5 sellembie Gre-
gorio XII nel concilio di Cividale pro-
mise foriualniente di rinunziare la di-
gnilà pontificia, se i sedicenti Alessandro
V e Benedetto XllI facessero altiettao-
to, afilnchè creandosi un nuovo Papa si
terminasse lo scisma, e deputò l' impera-
tore Pioberto, Sigismondo re d'Ungheria
e Ladislao re di Sicilia perchè eleggessero
co'principi della parte contraria il luogo
per celebrare ad hoc un concilio , pel
quale inviò diversi legati per tutta la cri-
stianità. Aveva Gregorio XII ad istan-
za de' cividalesi e di altre comunità del
Friuli e signori del paese, che inulilmen-
le aveano ricorso al predecessore Inno-
cenzo VII, privato del patriarcato d'A-
quileia a'i3 giugno i4o8 (e non \^o^
come dissi nel voi. LXXXIl, p.i 3o, col-
l'ab. Cappelletti, forse per menda tipo-
grafica che fa anacronismo, non essendo
ancora Papa, come ora mi avvedo) Anto-
nio Panciera, al quale i cardinali ribelli a
GregorioXII,ad istanza degli udinesigli
aveano scritto non dovei lo ubbidire, né
riconoscere per Papa (per cui il Pancie-
ra mandò in suo luogo al sinodo Pisa-
no Giovanni vescovo ti' Ostuni, suo fia-
tello F'iancesco Panciera e Andrea Mon-
licoli suo vicario, oltctienclo d'esser con-
fermalo nella chiesa Aqnileiese, ad onta
the Gregorio XII nel 14^9 l'alea confe-
rita ad Antonio da Ponte), e quindi sa[)U
to che il deposto gli tendeva insidie con
gente armata in lutti i passi del Friuli. Il
peichè cautamente Gregorio XII, nel
partire da Cividale, depose gli abiti pon-
tificali, anco per vedersi abbandonato
dalla principal parie de' suoi venezia-
ni, e II cambiò con un altro. Questi poi
fu arrestalo, come creduto il Papa (cioè
Paolo suo cameriere vestito poinposa-
inenlc in abito rosso con e/juipaggio, e
siccome fu pcslo e bastonalo, per evitare
peggio conllissò chi era e che teneva 5oo
VEN
fiorini cucili nella sua camicia. Nel d'i
seguente lui insolente e bestiale mascalzo-
ne vestitosi degli abiti pontificali caval-
cò per tutta la città dando la papale be-
nedizione. Lodovico Agnello Anastasio
non dice il nome della città), e Gregorio
XII raggiunte le galee di Ladislao, appro-
dò a Gaeta. Frattanto Alessandro V, a ca-
gione della peste abbandonata Pisa, pas-
sò successivamente a Prato, Pistoia e Bo-
logna, dove non vedendosi sicuro inviò
un nunzio alla repubblica di Venezia nel
febbraio i4't), colla domanda di poter
dimorare a Padova o Treviso, non es-
sendo ancora ben quieta Lloma ilupo
l'espulsione delle genti di Ladislao, ma
gli fu negato [)er buoni rispetli, come
dice la Cronaca di Sanudo. Alessandro
V a' 4 maggio mori in Bologna per un
crisliere attossicalo, forse per commis-
sione del cardinal Coscia e del suo me-
dico padovano Daniele di s. Sofia (il
Marini ne^Vi Archiatri poiid/ìcii difende
Daniele, dicendocalunnia l'imputazione,
per essere stato poi preso per medico da
Giovanni XXIII, il che a me non pare
sarebbe buona prova), pel riferito da
s. Antonino, e secondo i sospetti del con-
cilio diCostanza(iiel6.°arlicolodelle accu-
se date a Giovanni XXI II, presso l'Hardt,
/list. Concil. Constant., t. 4» P- 197 e
247) olire altri), ^ '° slesso cardinale a'
17 di dello mese gli successe col nome
di Giovanni XXI il, restando cosi rinvigo-
rito lo scisma, ed i fedeli sempre divisi in
3 ubbidienze. Considerando Giovanni
XXIII che né con minacce, né con pre-
gliiere era riuscito al proprio predecesso-
redi ammollire l'ostinazione durissima
degli avversari del Panciera nel patriar-
cato Aqnileiese, e bramoso di ridurre il
Friuli in perfetta pace, pensò d'indurre
il Panciera alia rinunzia di tale chiesa,
scrivendogli a tale effetto alcune lettere,
dandogli insieme speranza d'altro prov-
vedimento. Non si arrese il prelato, on-
de Giovanni XXIII stabili di crearlo car-
dinale e Io pubblicò a' G giugno i4 ' '»
V EiN
oucl« rinunziò il patriarcato e si recò a
Roma nei i4i3. Non per questo sì pa-
cificarono i friuiianijcli'erano assistili ila
SigisiHoutlo re d'Ciiglieria cJivenulo im-
peralore, a motivo del stJo vicario conte
Federico d'Ortenibiuiio cosiiato di Lo-
dovico duca di Tech, iifjuale vagheggia-
va il patriarcato, a cui l'avea eletto il
capitolo, mentre il legiltimo Antonio da
Ponte erasi litirato in Venezia. Tanto
si ap[neiide dal Cardclla, Memorie sto-
riche de Cardi/iali, nella biografìa del
cardinal Panciera.'ì^iovo però nella Cro-
naca (ti Dlilano, la pubblicazione del li-
bro : De buoni iiffìcii della repuhhllca
di Venezia in favore del cardinal An-
tonio Panciera, patriarca d' Aqnilcia.
Studio storico sopra documenti i/wdili,
Venezia tipografia editrice Naralovich
1857. Dipoi Martino V riconobbe il
Tech, e trasferì Da Ponte a Zara. In Gae-
ta Gregorio XII scomunicò l'antipapa
Benedetto XIII e il sedicente Giovanni
XXllI co' cardinali che ne segnivatio il
partito. E siccome l'ambizioso Ladislao
l'avea abbandonato, per essere stato con-
fermato nel regno da Giovanni XXlll,
si trovò costretto nel i4'2 a fuggire da
Gaeta in due navi veneziane che felice-
mente eransi accostate, ed accompugnato
da'cardinali Corraro eConduUnien suoi
nipoti, e Barbarigo, scansando molle in-
sidie giunse in Riinirà ( V.), nell' alfol-
tuoso asilo di Carlo Malatesta. Come si
diportarono! veneziani nel grande sci-
sma il'Occidenle e col concittadino Som-
mo Pontefice Gregorio XII, può veilersi
nella Raccolta del p. Calogeri, t. 49>
p. 317. De Joa/ine Bciiedicto episcopo
Tav\>isino Flaniinii Come Hi Js^pi stola
ad Angelu/n Mariani Quiriiiu/n Cardi-
naleni j e questo porporato nella sua
Tiara et Pur pura feneta. In diversi
len)pi, prima de'discorsi, avea la repub-
blica di Venezia stretto una lega con Fe-
derico duca d'Austria ; con Pandolfo Ma-
lalesla signore di Pesaro, già capitano
suo iu principio della giwrra cu'Garrara,
VEN i85
divenuto signore di Brescia; col marche-
se Nicolò d' Este;e rinnovata la tregua
per Janni coll'imperatore Emanuele Pa-
leologo. Obizo da Polenta per vedere la
generale perturbazione delle cose, a ca-
gione del furioso scisma, erasi posto sot-
to la protezione della repubblica, rice-
vendo in Ravenna un podestà veneziano
e molti altri veneti per sicurezza, chia-
mandola a succederlo neirevenluale man-
canza d' creili maschi, ma non poteva
farlo essendo alto dominio della s. Sede.
Fino dall'Etiopia il l'rete Janni mandò
al doge preziosi aromi, e 4 leopardi, do-
nati, 2 al duca di Milano, e 2 a' duchi
Guglielmo e Alberto d'Austria. Lepan-
to e Patrasso si dieJeroalla repubblica,
per ischermirsi dall'imnnnente signoria
de' turchi. Dal re Ladislao, e per cento-
mila fioiini, i veneziani riacquistarono
Zara, importantissima al loro commer-
cio, e tutte le città che possedeva in Dal-
mazia. Il nuovo acquisto però e i maneg-
gi ile' due profughi Marsilio da Carra-
ra e Brunoro della Scala, avvilup[»aro-
no i veneziani iu una guerra coli impe-
rai tore Sigismondo re d' Ungheria, che
dichiarò Brunoro suo vicario generale
in Vicenza e Verona, avendolo iduc prin-
cipi assicuralo col suo aiuto di caccia-
re i veneziani da Padova e da Verona.
Tramarono inoltre congiure nelle due
città, represse e punite severamente da'
veneziani, i quali publilicaroiio il preuuo
di 5,000 ducali a chi desse nelle ma-
ni loro vivi o morti IJrunoro e iMarsilio.
Inconsolabile Sigismondo per la perdi-
ta di Zira, non ascollò i ricordi de' be-
neficii ricevuti «lalla repubblica e le pro-
posizioni pacifiche, e mamlò nel Trevi-
giano con 12,000 cavidli e 8000 lauti
Filippo Scolari capitano fiorentino. Al
grave pericolo che minacciava la repub-
blica, essa oppose opportuni prowedi-
inenli, anidando ragguurdevole esercito
sotto il comando di Taddeo dd V'erme.e
poi gli surrogò Carlo JMalatcsla. ben-
ché batluli a Praia, gli uughcri s'impa-
i86 V E N
dronirono di Feltie e Belluno, per ac-
cordi, onde r imperatore concesse privi-
legi alle due città, nominandone vicario
trunoro della Scala, e del Friuli fece vi-
cario il suddetto conte d'Ortemburgo, e
fu allora che il capitolo e i vescovi pro-
vinciali elessero contro il da Ponte io
patriarca d'Acjuileia Lodovico Tech. Al-
la Molta die altra grossa sconfitta agli
ungheri Carlo Maialesta, ma rimasto
Dialconcio cede il comando al fratello
Pandolfo sunnominato; mentre lo Sco-
lari, detto Pippo Spano, per essersi am-
malato, e non per tradimento, ritornò in
Ungheria, e ìu fìtti guarito si restituì
con altre forze a ravvivare la guerra,
combattendogli ungheri anche nell'Istria
e uella Uiilmazia. Saccheggiando e di-
struggendo, nella notte avanti l'i i giu-
gno i4i2 giunse il nemico sopra zatte-
re fino a s. Nicolò del Lido, ma accorso
il popolo da tutte le parte si ritirò. A'24
agosto si die furiosa battaglia alla Motta,
vigorosamente combattuta; già la vitto-
ria era degli ungheri, (piando i fuggenti
veneziani riordinati ila Pietro Loredano
e dal Malatesta, tornali all'assalto, die-
dero piena scoufuia agli ungheri coti
perdita di prigionieri ed insegne, le quali
furono collocate nella piocuralia di s.
Marco con iscrizione. In questo mezzo
minacciata la repubblica da una trama
interna, per opera di Francesco Baldui-
110, propostosi d' uccidere la signoria ed
i nobili, il traditore fu impiccato; e Bar-
tolomeo d'Anselmo che la svelò fu am-
messo al maggior consiglio co' figli e di-
scendenti. 1 particolari si potino leggere
nel cavalier Mulinelli, Annali Urbani,
a p. 252. Divenuta la guerra pesante
adaudje le parti, a mediazione di Gio-
vanni de Medici, a' 17 aprile i4i3 si
concluse la tregua per 5 anni, e vi si
comprese il patriarca Tech, e altri allea-
ti de belligeranti. Altra tregua di 5 anni
fu conclusa con Federico duca d'Austria
per interposizione di Sigismondo. Que-
gli piofittaudo della tregua calò ia Lotu-
VE N
bardia, e recatosi a Piacenza e poi in Lo-
di s' incontrò in ambedue le città eoa
Giovanni XXI li, col quale nelle frequen-
ti e lunghe conferenze s' accordò per la
convocazione del concilio di Costanza
(f^.), in continuazione di quello di Pisa,
per estinguere lo scisma che tanto afflig-
geva la Chiesa universale. Altri colloqui
Giovanni XXI II e Sigismondo tennero
in Cremona, dalla cui T'orrc corsero pe-
ricolo d' essere precipitati. Cominciava
allora Venezia a godere d'una splendida
pace, quando dalla peste assalita, in po-
chi mesi vi menò la strage di piìi che
3 0,000 persone.India'26dice(nbrei4i 3
mori il iloge Steno, ed ebbe onorevole
sepoltura in s. Marina. Uomo d' animo
valoroso, negli alf.tri solerte, costante nel
mantenere i privilegi della sua dignità,
vivace di tempra e di forte eloquenza
dotato. Impetuoso, venne a grave con-
lesa cogli avogadori, i quali gi'imposero
silenzio non potendo parlare senza licen-
za de'4consiglieri : persistendo egli a ra-
gionare, gì' intimarono di tacere sotto
pena di lire 1000, e minacciandolo di
chiamarlo innanzi a formale consiglio.
La cosa non ebbe seguito. Ma nella va*
canza della sede nuove disposizioni fu-
rono prese a limitare vieppiù il potere
de' dogi futuri. Agli avogadori fu data
facoltà di citarli iu giudizio, e non pote-
re i dogi opporsi alle loro decisioni, an-
che di due di loro. Non dovere i dogi
convocare il consiglio, senza il concorso
de' suoi consiglieri. Non doversi vedere
il loro stemma dipinto o scolpito fuori
del ducale palazzo. Si obbligarono a dar
pubblica udienza co'Ioro consiglieri tutti
i giorni, eccetto le feste; di chiamare o-
gni mese i giudici di palazzo alla loro
presenza e ammonirli ad amministrare
buona e imparziale giustizia; di conti-
nuare il pranzo solito alle arti nella loro
elezione. Durando ancora, sebbene ridot-
ta a sola e vana forinola, la convocazio-
ne dell' arengo e conclone popolare ,
ma assai di rado, e voleodo sempre più
V E iV
restringere il potere del popolo, come
già quello del doge, si decretò non po-
ter più il doge convocale tale assemblea
se non coli' approvazione della maggior
parte del consiglio minore e maggiore, e
per esporvi solo (jiielle cose già prece-
dentemente da que' consigli approvate.
» 8. Tommaso AJocenJgo LXIT^ do-
ge. La sua famiglia, riferisce il eh. Caso-
ni, derivò dalla Dalmazia, e forse dalla
Grecia, con antichissima e nobilissima o«
rigine. Alcuno poi narra, che Benedetto
Mocenigo, pai litosi da Milano, edificò il
castello di Muscstre sul fiume Sile, in vi-
cinanza agli Estuari Torcellani, ne' pri-
mi secoli veneti chiamati le Contrade,
da dove poscia trasferitosi a Venezia fu
ricevuto tra' patrizi; ed è forse per que-
sto che alcuni cronisti ripetono i Moce-
nigo venuti da Musestre. Comunque sia,
la repubblica scelse da questa gente 7
dogi e Tommaso pel i."; vanto che di vide
colla famiglia Partecipazio, che pure fu
illustrala da 7 dogi. Superò auibedue la
gente Conlarini, che si gloria di 8 dogi.
Essendo Tommaso Mocenigo procurato-
re di s. Marco, ed uno de'3 ambasciatori
a Sigismondo imperatore per trattare la
pace, per la quale erasi interposto Gio-
vanni XXlll, mentre trovavaìi presso di
loro ili Cremona o in Lodi, fu richiama-
lo a Venezia per essere stato eletto do-
ge a' 7 gennaio i4'4- Dice il lodato
8U0 biografo, questo fu 1' ultimo doge
che pubblicossi nella chiesa di s. Mar-
co, richiestone il consenso tiel popolo,
poiché, come diiò, in seguilo fu tolto l'u-
so di domaiid.irne il parere. L' arrcn-
go per l'ultima volta convocato l'appro-
vò, e il gastaldo Francesco della Torre
giurò fedeltà in nome del popolo. Fu-
rono scelti 12 oratori per incontrarlo a
Verona, e fece il suo solenne ingresso in
Venezia fra il commi |)laiiso. Poco ilopo
ritoi . ili gli altri due ambasciatori, sen-
za aver potuto nulla concludere con Si-
gismondo, i veneziani strinsero alleanza
con Filippo M." Visconti duca di Mila-
YEN ,87
no e con Pandolfo Malatesla, per impe-
dire le ulteriori mire dell'imperatore e
per la quiete di Lombardia. Inoltre i ve-
neziani pacificarono Ladislao cu' fioren-
tini. A porfìneal turboleiilissimoscisina,
Giovanni XXlll a' 5 novembre i4i4
aprì il concilio di Costanza, il quale in-
viò 4 ambasciatori alla repubblica di Ve-
nezia per intendere com'era disposta; ed
essa con quella pietà e cattolica religio-
ne che si conveniva, rispo'ie che avrebbe
riconosciuto quanto decretasse, e venera-
to per Papa quello che vi fosse canonica-
mente eletto; ed è perciò che v'inlerveu-
nero i cardinali veneziani creati da Gre-
gorio XII, Barbarico, Morosini e Anto-
nio Corralo (non Conduliniero come scri-
ve Paolo iMoiosiui, che inoltre dice An-
Ionio elevalo poi al pontificalo, mentre
fu Gabriele Condulmiero, il (juale pro-
babilmente rimase presso lo zio in l\i-
mini), e nel viaggio che fecero per Ve-
nezia riceverono lutti gli onori conve-
nienti alla loro dignità. L' imperatore"
avendo invitato al concilio Gregorio Xli,
questi gli rispose eh' essendo i-gli solo il
vero supremo Pastore della Clnesa.il con-
cilio era slato adunato senza legittima
autorità. Sigismondo con altra lettera lo
rimproverò per ricusarsi di andare a Co-
stanza, a cui il Papa rispose, ch'egli non
ricusava il concilio, ma si il congresso
convocalo d.i Giovanni, poiché non con-
veniva al Vicario di Cristo esser soggetto
all'usurpatore del pontificato; ed a vea ra-
gione. Nondimeno il virtuoso Gregorio
XII, che sinceramente bramava la pace
della Chiesa, con lettera data in Ilimini
a'i3 marzo 1 | ' "> die'[)iena autorità al
cardinal Domenici, e agli alli i ili sua ub-
bidienza, di ridurre a forma di concilio
generale il congresso di Costanza, e vi
S|)edì suo procuratore plenipotenziario
Carlo INlalatesla. Giovanni XXlll <lopo
aver giurato di 1 inunziaie al pontificato
se facevano il simile i suoi due ciHiipeti-
lori, fuggì da Costanza nella Svizzera
(f^-)i favorito da Feilcrico duca d' Au-
i8« VEi\
Siria, a'ai marzo i^i5 (col quale avea
fatto lega segreta, ilicliiaiatolo capitano
geiieiale di s. Chiesa coli' anuuo assegno
di 1 6,000 fiorini d'oro), e perciò fu depo-
sto 11' 2q maggio (dopo tal fuga nel con-
cilio fu discussa la questione se il Co?K77/o
geuerale sia sopra a\ Papa, op\ìuve questo
sopra di quello, almeno quando il Pupa
è dubbio io tempo di scisma. Dipoi l^io
Il scomunicò chi si appellasse da' Papi
B'coni;!lii,ed i coticilii generali di Firenze
e Laleiano V delerminarono che il P.i-
]ia è sopra al concilio. Riporta tutte le
oijiniom Lodovico Agnello iVnastasiu, 1-
storia ch'ali Ami paj)i,\.. 2,p. 240 e seg.).
Indi GregorioXll dal suoincaricato ]Ma-
latesta a' 4 del seguente luglio sponta-
neamente fece leggere l' allo formale di
sua eroica rinunzia, da lui ratificata nel
ujodo riferito nel; voi. LXXXI, p. 119;
onde il concilio Io dichiarò cardinal de-
cano del sagro collegio, con quali* altre
dignità che narrai nella sua biografia ; e
•iilirutosi nella sua chiesa vescovile di Re-
canali (F.),ìXìovì santamente in tal città
e fu deposto nella cattedrale (in (|uel
monuniento riportalo in disegnodal Ciac-
conio, /'i7rte PoiUificiim, t.2, p. 7G0, ove
si vede la figura coronata del triregno,
il quale sovrasta pure lo stemma), para-
gonalo da s. Anionino a s. Stefano mar-
liie per la costanza mirabile da lui mo-
slrala iiell' avversità. L'ostinalo Bene-
detto Xlil ritiratosi in Paniscola (f-\),
pertinace nello scisma, a'26 luglio 1 4 ' 7>
fu deposto e scomunicalo qual devialo
dalla fede. Si procedelle poscia all'ele-
zione del nuovo Papa, e 1' 1 i novembre
lo divenne Martino V Colonna romano,
il (piale con lutto lo zelo si die ad estin-
guere le reliquie dello scisma ed a resti-
tuir la pace alla Chiesa, e 1' ottenne nel
concilio di Torlosa{F.) con eterna glo-
ria del suo nome. La repubblica non tar-
do a in.iudargli ambasciatori d'ubbidien-
za Marino Caravello, Antonio Contari-
in, Franiesco Foscari e Fantino Michiel,
accolli il' 1 7 dicembre cou pompa soleu-
YEN
ne. Mentre le questioni religiose occu-
pavano il concilio, l'Italia era io [Meila a
varie rivoluzioni, fra le quali neli4' ^ e
prima dell'elezione di Martino V, raccon-
ta il prof. Piomauin, coU'appoggio d'un
documento, Ancona esposta all'incursio-
ni di Malatesla signore di Pesaro, oCfii
la propria dedizione alla repubblica al-
zando il vessillo di s. Marco; ma i venezia-
ni disapprovando la dedizione, per non
sembrare di profittare delle confusioni
della Chiesa romana per ispogliarla del-
le sue terre, a restituire la quiete ad An-
cona, contribuirono ad una tregua col
Malatesla. Tutl'altro riferiscono gli sto-
rici anconitani Leoni e Peruzzi, poiché
gli anconitani combatlerono con valore
il nemico ; soltanto, quanto a Vene-
zia, bensì narrano; Che per rotture, le
galee d'Ancona impedivano a'iecanalesi
i viaggi marittimi; e il doge veneto Mo-
cenigo per ambasceria e lettera pregò gli
anconitani a non impedire i recanatesi
di navigare per Venezia, e ciò venne ac-
cordato. Ma ben più gravi cose accade-
vano intanto nell'Oriente, ove la potenza
de' turchi avea ripreso vigore; imperoc-
ché saputasi la conquista di Damasco fat-
ta dal soldano di Babilonia, e che il tur-
co era penetrato in Negropoole, si trailo
la pace e fu anche conclusa. Ma rottesi
le condizioni, i turchi armarono una flot-
ta per depredare i veneli navigli e stur-
barne il commercio, assalendoli presso
Gallipoli all'improvviso. Convenne dun-
que spedire Pietro Loredaoo generale va-
lurosissimOjilqualedata una delle piìisan-
giiiiiose battaglie che vantar possa la re-
pubblica, ottenne illustre vittoria a'29
maggioi4i6. Il sultano IMaomello I udi-
ta la rotta di sua armata navale, e come
i veneziani avanzandosi verso Costanti-
nopoli aveano bombardalo la torre di
Lampsaco, si alìVettò di mandare a Ve-
nezia per trattare di pace nel i4'7> '^
quale fu ristabilita con diverse condizio-
ni favorevoli a' veneziani; e nel seguen-
te auuo si recò a Yeuezìa uu ambascia-
VEN
Tore otfomanOj accollo ron (ìlstìnrione,
mantenuto col suo seguito a spese pub'
bliche (costume antico romano, passato
da' bizantini a'turrhi e a'veneziani. cioè
abitazione, vitto e vestilo) e sipailìric-
camente donato. La repubblica non man-
cò conthciuar le pratiche per pacificarsi
con Sigismondo, contenta di riconoscere
i possedimenlidi Dalmazia a titolodi feu-
do, ma senza successo, ad outa che Mar-
tino V,niostrando>i assai feivorevole a've-
neziani erasi fatto meiliatore. Laonde la
repubblica si die' con impegno a procac-
ciarsi armi ed alleati, per l'eventualità
d' una nuova guerra, facendo nuova le-
ga col duca di Milano e con Giovanna il
succeduta al fratello Ladislao. Secondo
1' infame politica comune in que'lempi,
la repubblica accettò la proposta di libe-
rarsi col veleno dall'ambizioso Sigismon-
do e dal suo protetto Brunoro della Sca-
la, ma non ebbe efiélto. Però non le
mancò il desti o di venire in possesso di
Itoveredo, per aver tramato contro di es-
sa il suo signore Aldriglietlo di Lizana,
già sotto la protezione de'veneziani,nia ne
tierivarono gravi complicazioni co'duthi
d'Austria. Le particolari ambizioni aven-
do impedito a' veneziani la lega di tutta
r Italia, a sostegno della comune indi-
pendenza, contro le mire spiegate a Co-
stanza da Sigismondo, questi ad onta che
fosse impacciato cogli Lssid (^'-J, nel
i4iH coir esercito calò nel Fi iuli, ov'e-
lano due partili, l'uno per gli ungheri
con alla testa il patriarca Tech, l'altro
pe' veneziani capitanato dal loro antico
amico Tristano Savorgnano, oltre il qua-
le e altri, comandava le truppe l'andolfo
Malalesta supremo dure. Venutisi alle
mani, la vittoria si dichiarò pe'vcnezia-
Ili, anche pel valore di Filippo Arcelli
signore di Piacenza, venendo in possesso
parte coll'armi e parte per dedizione di
Cividale, Prata, Porlogruaro, Feltre e
Belluno. Vedendosi Udine assediata, non
oslanle le rimostranze del patiifirca, ri-
fugiatosi presso i conti di Gorizia, fece
YEN iR<i
la «uà dedizione previa pronie^'^a di con-
ferma degli statuti e d'appòsito mugislra-
to con titolo di luogotenente, e fu il r ."Ro-
berto Morosini, facendovi il loro ingres-
so le truppe veneziane a' iq giugno i.^''''^-
La resa d'Udine trasse dietro quella del-
l'altie castella, e della stessa Aquileia,
a'5 agosto, con promessa di conservarle i
suoi privilegi e mercati, e di non impor
nuovi dazi. Infine il patriRrca d' Aqui-
leia Tech vedendo ormai disoerate le co-
se sue, e fatte varie nrnliche col mezzo
del Papa, dovette acquetarsi cedeiulo il
Friuli alla repubblica, con f.icollà d'eser-
citarvi la piena giurisdizione civile ecri-
minale; menti' egli riceverebbe in com-
penso 3,000 ducati annui e conservereb-
be il possesso subordinalo di s. Vito, s.
Daniele e Aquileia. Anche quelle città
dell' Istria che ancora da lui dipendeva-
no, in parie si arresero, in parie furono
ridotte per forza. Cos'i la possente re-
pubblica di Venezia ampliandoli suo do-
minio di Terraferma, trovavasi in pos-
sesso dalla parte di ponente di Padova,
Vicenza, Verona; da quella d'oriente di
Treviso, Feltre, Belluno e tiel Friuli ; eb-
be r Istria e il Cadore, come altresì l'al-
ta giiuisdizione feudale sulla contea di
Gorizia, il cui conte Enrico si fece suo
feudatario nel 1424 e seguì l'alto d'in-
vestitura; per il che si trovò essere non
solo potenza formidabile mnrillima, ma
eziandio teneslre e di grande influenza
nelle sorti italiane; dominatrice del golfo
Adralicoda una parle,dali'allra del Friu-
li,porla d'I lalia, del cui ducato ragionai a
Udine. I 3 principali empi della provin-
cia furono la città d' Udine co' consigli
maggiore e minore o Convocazione, il
Parlamento o adunanza de' feiulalarii
con mero e misto impero, la Contadi-
nanza o corpo di tutte le ville della pro-
vincia. Agli acquistati luoghi si conser-
varono gli statuti ei privilegi, sol ponen-
dosi alla lesla un rettore o allro mngi-
sliato e coll'appello a Venezia. Nel tem-
po stesso che i veneziani comballevano
igo VEN
nel Fiiiili, porJnrono le loro armi anche
nella Dahnazìa, che ricupera tono e tol-
sero fìnaltnenle al re d'Ungheria, allora
inj^olfato in Doemia per l'eresia armata
de' fanatici e sanguinari ussiti, e nella
difesa dell' Ungheria stessa contro i tur-
chi, perciò impotente d' accorrere alla tu-
tela delle terre friulane e dalmate. A' i 2
maggio 14^0 era partito Pietro Lore-
dana alta volta di Dalmazia con i5 ga-
lere e altre navi, e prestan)enle s' impa-
dron'i d' Almizza, Brazza, Lesina e Cur-
zola ; e dopo qualche resistenza anco di
Catfaro, e di Traù che la fece più vali-
da perchè difesa dagli ungheii. Iiulis'iin-
padroni di Spalalro e alili luoghi. Nel-
r Albania ehbe Scutari, Dri vasto, Anti-
vari, rjulcigno e Alessio o meglio Lisso,
e per cessione di Ceolurion Zaccaria l'im-
portantissima città diCorinto,chiave della
Morea, perchè temeva AmuratlI sulta-
no de' turchi, e per averne soccorsi con-
tro di lui; anzi pare che offrisse tutta la
Morea, da'veneziani non accettata. Era-
no le città della Dalmazia presiedute da
un prò v veditore genera le; a vea no un con-
siglio di nobili che eleggeva agi' impie-
ghi ; il conte e rettore manilafo da Ve-
nezia avea la giustizia criminale, e d'ac-
cordo co' giudici del paese, la civile. Da
queste guerre veneziane nel Friuli e nel-
la Dalmazia, avea intanto profittato l'a-
stutissin»o Filippo M.' Visconti duca di
Milano per estendere vieppiìi le sue con-
quiste in Lombardia, ed avendo i geno-
vesi dato soccorso ad Arcelli signore di
Piacenza, poco stettero ad essere anche
loro assalili; dappoiché assediata Genova,
questa a' 2 novembre 1421 soggiacque
nuovamente al dominio de' Visconti,
l^rincipale autore della fortuna e smisu-
rata ambizione del duca era il valoroso
Francesco Bussone da Carmannola, città
del Piemonte, col quale nome è piti co-
nosciuto, e dal suo signore fu mandalo
ambasciatore a Venezia per le pratiche
di pace che allora si maneggiavano in
Londjardia. Tanta fortuna del Visconti
VEN
non poteva non ingelosire i sagaci vene-
ziani, nondimeno adescati dalle promesse
di lui, desiderosi di procacciarsi un po-
lente alleato al caso d'una nuova calata
d' uiigheri in Italia pel riacquisto del
perduto, acconsentirono a' 2 1 febbraio
i42'2 ad un trattato. 1 genovesi perduta
la propria indipendenza, incapaci ormai
di granfli imprese, eransi dati alla pira-
teria co' catalani, ma Jacopo Trevisano
spedito con 18 galee a combatterli, riu-
scì a sconfiggere Gio. Ambrogio Spino-
la, il quale restalo a Gaeta gravemente
ferito incendiò il proprio naviglio. Della
condotta de' veneziani in quest'incontro
assai dolutosi Alfonso V re d'Aragona
e I qual re di Sicilia di là dal Faro, co-
me pielendente al regno di qua o reame
di Ncipoli, voleva soddisfazione, quasiché
i veneziani assalendo loSpinola in Gaeta,
ov' erasi ritirato, avessero violato il di-
ritto delie genti, ma nulla ottenne. Mi-
nacciati i fiorentini da' progressi sempre
crescenti del duca di Milano, domanda-
rono di far lega co' veneziani, olfrendo
la loro mediazione con Sigismondo; ma
dopo lunga discussione,ad eccitamento del
doge Moceoigo, uomo di grande politica,
restarono neutrali, a fronte che France-
scoFoscari,che poi gli successe, consigliava
la lega contro il duca. Il prof Romania ri-
porta il grave e interessante discorso pro-
nunziato dal doge in letto, che forma
r ultimo suo atto politico, nel quale e-
spose un quadro statistico delle condizio-
ni politiche, economiche e commerciali
della repabblica,per la conservazione del-
la cui prosperità il moribondo doge esortò
alla pace, di guardarsi dall'ingiusta guer-
ra, e che non gli si sostituisse il Foscaiì,
di cui egli ben conoscendo l'indole, pre-
disse che, sotto di lui, la repubblica a*
vrebbe dovuto sostenere continue guer-
re; lodando invece per savi e meritevoli
Murino Catavello, Francesco Bembo,
Giacomo Trevisan, Antonio Contarini,
Fauslin Michiel e Alban Batloer. Ecco
in breve il quadro slalislico del suo fio-
VEN
lido dogatlo. Allora i veneziani solcavano
i Diari con 3oo navi, ^5 galere, e 3, eoo
baslimenli di varia portata, montati da
36,000 marinari; i6,ooo artisti erano
in continuo esercizio per le costruzioni
navali ; la popolazione di Venezia ascen-
deva a iqo,ooo individui. I capitali in
giro pressoi negozianti montavano adie-
ci milioni di ducati d'oro, sui (piali gua-
dagnavano ogni anno quattro milioni ;
il censo delle case nella capitale era fis-
sato a sette milioni di ducati; il Monte
dello Stalo era ricco di sei milioni ; i pub-
blici granai serbavano costantemente in
deposito 346,000 slaia di frumento; e
ciò ch'è veramente ammirabile il debito
pubblico non eccedeva quattro milioni.
Per dare un' idea del patrio carattere
di questo doge, e della forza morale del
governo in que' tempi, basta il fatto se-
guente. >» Nell'anno i4'9 "" incendio
avea rovinata parte della chiesa di s.
Marco e del ducale palazzo. Dovevasi
discutere in senato delle misiu'e da pren-
dersi pella restaurazione ; e una legge
vietava, sotto pena di mille ducati d'o-
ro, il proporre di demolire il palazzo
antico, per farlo nuovo più sontuoso e
magnifico. Concepito dal Mocenigo il
pensiero d' un progetto di riedificazio-
ne dell' edifjzio, andò in senato il dì 22
settembre i4^2 colla somma occorre-
vole ; e quando, all' esordio tiel suo di-
scorso, il magistrato cui spettava ve-
gliare per r osservanza delle leggi, inli-
mò il veto, il doge pagò la multa, e pio-
seguì a perorare con sì forti argomenti,
che persuase il consesso a risolvere con-
for memenle alla sua proposta ; in conse-
guenza di che nel 14^4 *' costrinrono le
12 arcate del suddetto palazzo che sor-
gono sulla Piazzetta, e che vanno a con-
giungersi colla maggior porla detta della
Carta; quando per l'mnanzi l'tdifizio non
pi esentava da questo lato che le 6 prime
arcate, contando dall'angolo che guar-
da il molo. 11 doge Mocenigo lodato dal
cav. Mulinelli per viilù e bontà, propen-
VEN 191
so alla pace e assai esperto nelle com-
merciali imprese, amato dal popolo e in
pregio sommo tenuto, dimostrandola pu-
re colla frequenza e sontuosilà degli spet-
tacoli e tornei che descrive, giunto all'età
d'8o anni, assai benemerito della repub-
blica, venne a morie a' \ aprile 14^3 e
fu sepolto in ss. Gio. e l'aolo, in monu-
mento nobilissimo e ricco per istalne e
intagli, sovrastato da marmoreo padi-
glione. Nell'interregno le principali ri-
forme falle nella Promissione ducale fu-
rono : Che il doge dovesse chiamare ogni
mese i giudici tli palazzo, pel disbrigo
delle cause e di fare imparziale giustizia
senz'alcun rispetto di persona; che fosse
tenuto faiegl'imprestiti per tutloquanto
possedesse nel ducalo e inori, esenti solo
20,000 ducati d'argenterie; che lo scudo
di s. Marco nò alcun altro oggetto col-
l'immagine del Santo non fosse piìi por»
tato rovescio alla morte del doge; e per
la dignità dello stato, che il doge avesse
un bavero di fine pelli da portarsi nel-
l'occasioni solenni, e i suoi servi doves-
sero avere due vestili nuovi l'anno. Ad
istanza di Francesco Foscari, fu abolito
ailiìlloVarenf^o o assemblea popolare per
la conferma del doge, e che i partiti vin-
ti nel maggior consiglio avessero quin-
d 'innanzi a tenersi validi come se appro-
vati fossero dal popolo.
19. Francesco Foscari LXP' doge.
Radunali i quaranluno cominciarono le
solile forme di ballottazione, essendo con-
coirenti alcuni de' lodali dal defluito e
il Foscari da lui escluso, etl era il più
giovine de'4i elettori. Il badoor parti-
giano del Foscari, escluse Fietro Lore-
dano per la giovanile età e per averne
bisogno rannata, il quale volendosi giu-
stificare lece peggio. Molto parlò contro
il Foscari ser Pietro Orio, massime per
esser nemico della pace, e doversi ricor-
dare le parole del doge Mocenigo. Si ai-
tò a difenderlo Bulgaro Velturi. La bal-
lottazione si piotrassedal io al 1 5 apri-
le 1423, quando fiualmeule in quesl'ul-
,92 VEN YEN
timo giorno dopo 8 prove, il Fosca ri rag- zlani un Irallato, pel quale loro cederono
giunge alla g.' suffragi I 7j e alla IO." con i o.ooo aspri annui delle rendite della
sorpresa generale ?.6 eresiò eletto doge; città, utili sul sale, e che un turco vi
nia essendo 1' ora tar«la, le solite cere- amministrerebbe la giustizia a' tnnsul-
luonie furono (lifFerile al dì seguente. In mani. A sì lieti principii seguirono tri-
conseguenza dell' abolita popolare ap- slissimi eventi. La comunicazione coll'O-
provazione del nuovo doge, nella seguen- riente portò a Venezia la peste, la quale
te mattina Tiinziano Dadoer presentatosi fece orrenda strage, e fu allora che a mi-
ai pogginolo del palazzo annunciò seoi- tigarne in qualche parte almeno il fu-
plicemcnte al popolo la seguita elezione; rore, fu deliberato stabilire un luogo fuo-
ed il popolo al quale si preparavano spet- ri della città ove trasportare gl'mfermi
tacoli e festeggiamenti, che dicesi diwas- e i poveri. Così fu questa la i .''istiluzio-
sero i\n anno, e che tosto fu distratto ne de' Lazzaretti, di cui Venezia vanta
dall' ingresso della dogaressa con gran d' essere stala la i.^a dare l'esempio,
trionfo, tultavolta applaudì. Com venne come lo fu purea fire buoni regolamen-
a cessaredefìuitivameiite,dopo tanti len- ti sanitarii, e ad istituire il i ."magistrato
talivi e provvedimenti, ogni parte del di sanità. Tutto e con particolari già nar-
popolo nel governo, che si fece del tutto rai nel § XVIII, n. 7. In questo fraltem-
aristocratico, e venne a cessare altresì la poi fiorentini, rotta guerra e incalzati dal
denooiinazionedi Comune Veneliaì'itnì, duca di Milano, chiesero l' aiuto de've-
sostitnitavi quella di Signoria. Pvacconta neziani, perchè come membri principali
IVovaes nella Storia cV Eugenio IFy che dell'Italia aprissero gli occhi sulle ten«
navigando questi da privato col concit- denze del Visconti e provvedessero alla
tadino Foscari verso l'Egitto con un ro- salute couìune, con unirsi loro per frenar-
mito, questi disse al i ."clie sarebbe sta- ne le smoderate voglie. La repubblica per
to padre di tutto il mondo cattolico, ed al essere in lega con lui, e per doversi oppor-
ci." padre della patria. 11 eh. Veludo, bio- rea Sigismondo, si ricusò; il che fa ve-
grafo di questo doge, narra che nel prin- dere, sebbene regnasse il Foscari, quanto
cipio del suo governo Giovanni II Fa- esitò ad abbracciare il partito dellaguer-
leologo (da altri detto 111 e IV, anzi VI ra. Disfiilti totalmente i fiorentini a Za-
e anche VII) imperatore di Costantino- gonara nel 14^4) *J' «l'ovo ricorsero a
poli, avvisando di non potere resistere Venezia per iscuoterla, ma non cede alla
a frequenti assalti de'turchi, volle smem- desiderata lega; e solo inviò un oratore
brare i propri slati e aflìdarli piuttosto al duca [)er distoglierlo da qualunque
al dominio di potenze cristiane; in tal ostilità contro il marchese iXicolò 111 d'E-
modo Salooicchi ossia Tessalonica toc- ste, di lei protetto. Tuttavia Venezia alla
co a' veneziani, malgrado la resistenza nuova sconfitta de' fiorentini ìu Val di
d'Araurat II, il quale sdegnato escluse Lamona cominciò a porsi in apprensio-
poi la repubblica tlalla pace conclusa colle ne, e mandò al duca un ambasciatore
potenze cristiane. IMa il prof Romaniu per introduire pratiche di pace: però ri-
col valido appoggio de' documenti, co' spose il duca volerla trattare direttamen-
qnali sicuro procede nella sua magnifica te co' fiorentini, che andava sempre piìi
sloria,eco'quali va correggendo gii altri opprimendo con nuove vittorie. Intanto
storici della repubblica che de' medesi- il conte Francesco Carmagnola divenuto
minonsi valsero punlo,dichiara l'acqui- governatore di Genova, parente del du-
sto di Salonicchi per ollerta spontanea ca e liichissimo, onde avea posto in sai-
degli abitanti, vedendosi minacciati da' vo pai te del suo denaro in Venezia; la
turchi. Con questi dipoi fecero i vene- gloria cui era giunto, raflelto delle irup-
V E >'
pe pei- Ini in resero iiivi<;n ni so5ppUo<;o
Filippo M.^ V^isconti, e gl'invidiosi cor-
ligiaiii fecero il resto. Fu privato ilei go-
verno di Genova, gli fu neg:ito il giiisli-
ficarsi, per cui indispettito si ritiiò in
Piemonte, per suscitargli contro Amedeo
Vili duca di Savoia. Alloia il Visconti
■vieppiù irritato, gli conllscò i beni, e non
permise alla moglie e alle figlie di se-
guirlo. Non credendosi Amedeo Vili po-
tente da romper guerra al Visconti, il
Carmagnola deteruìinò di recarsi a Ve-
nezia e di oilVirei suoi servigi alla repub-
blica nel i^'ì5, e si dice, che rivelasse i
progetti di Visconti di schiacciarla alla
sua volta. Agitandosi allora le vertenze
col duca, prese la repubblica al suo ser-
vigio s"i valente generale per le truppe
terrestri. Fose cpiindi il Carmagnola tut-
to i' impegno a .spingere i veneziani alla
guerra contro il duca, il quale tentò far-
lo avvelenare, per cui furono punii i i
due sicarii. Il doge che inclinava alla le-
ga co' fiorentini, con un discorso vi de-
terniinò la signoria, e fu firmata a'3 di-
cembre con diverse condizioni sulla di-
visione delle concjuiste da farsi. La re-
pubblica scrisse a' suoi ambasciatori a
Pioma per invitare Martino V a entrare
nella lega, alla quale nel 1426 aderì il
duca di Savoia. A tale notizia il Visconti
mandò tosto a Venezia un suo amba-
sciatore a fare rimostranze, alle quali sa-
viamente rispose la repubblica, giustifi-
cando il suo operato. Da'[)arlic{)lari (Iel-
le li.Ttlative prende motivo il prof. Ilo-
inanin, coscienzioso storico, di d. fendere
il doge Foscari, dimostrando quanto a
torto siasi coniunemenle accagionato d'a-
vere pel suo umore belligero dato ca-
gione alle tante guerre che tennero con-
linuamente abitata la repubblica a' lem-
pi suoi. Pubblicata la lega a'?, i gennaio
14^6, il Carmagudla fu dichiaralo capi-
ìnno generale dell'esercito, con dueprov-
\editori al fianco com'era di costume
(e qui devo notare, che la carica di prov-
veditore, o di con>miss3rio in .-iltri Ntnli,
VOL. XCM.
V E S I.)'»
]">res;o l'esercito, era di somma impor-
tanza, p(»r le condizioni della tnilizia di
allora, e In poca fiducia ne'capitaui mer-
cenari; anzi talvolta il merito delle vit-
torie si dovette più a'proweditoii o com-
missari, che agli stessi suoi condottieri).
Non si ommiserolenlativi jiacifici, resi imi-
ti li ila 1 Visconti colle sue solite iinzioni per
guadagnar tempo, laonde ogni trattativa
fu troncata. Si entrò nelle terre del duca,
ed a'3 marzo i veneziani si trovavano a-
vanli Brescia, in cui fecero liugresso a'"
per le pratiche de'guelfi, mentre la t^enle
del duca si ritirò nelle due cittadelle, ma
lunga e dilìicile impresa era l'espugnar-
la. Accorse le truppe del duca dalla Ro-
magna, furono da' veneziani con batta-
glia obbligate a ritirarsi. All'espugnazio-
ne delle cittadelle, i fiorentini mandaro-
no il celelire capitano Nicolò Mauruzi di
Tolentino. Nel settembre i veneziani [le-
netrarono nella cittadella vecchia, e la
nuova capitolò a' 10 novembre, entran-
dovi l'armi venete a'?.o dopo un'espu-
gnazione delle più memoran<le che suc-
cessero in Italia. Francesco Bembo ca-
pitano del Po, dall'altro canto colla stia
llottiglia avca fatto diverse operazioni e
presi due castelli. 11 Visconti adoperan-
do a un tempo l'armi e l'insidie, tenlù
far incendiare l'arsenale di Venezia, n
mezzo di Rigo di Diabante, che sorpre-
so fu messo a morte ; ed eccitò gli nu-
gheri a fir correrie nel Friuli. Acqui-
stale da' veneti Salò e la Riviera, sorge-
vano ovunque nemici al Visconti, quan-
do Martino V eccitato dal duca che nel
suo passaggio per Milano 1' avea splen-
didumenle trattato, e d<'sidero<o di spe-
gnere la guerra, neli4'?*» «nandù a trat-
tare in suo nome il cardinale b. Nicolò
Albergali a Venezia, ove pervennero 3
delegati al duca di Milano. Indi il cardi-
nale si recò in tal città per la stessa mis-
sione, e si restituì a Venezia a' 12 no-
vembre, ove ilopo molle conferenze fu
stabilita la pace a'3o dicemlire. Xo fu-
rono tn'inci[>ali rrjudizioni: la restilo-
'94
\ E N
?ioiie flc'Ile loro tene a' fioienlini e al
(luco (lì Savoia, la cessione alla lepuh-
Llica eli Venezia di Brescia con Itillo il
suo tenitoi io e dipendenze, la lestilu-
zioiie al Carmagnola della moglie e del-
le figlie, e di lutti i suoi beni. L'anitDo
variabile del duca si pentì pieslo delle
falle concessioni, mosso anche da' nobi-
li milanesi, slimandosi troppo umiliali,
rifiutando la consegna delle fortezze.
Prossima a scoppiare la guerra, nel t^'^j,
sì ricliiamò a Venezia il Carmagnola per
discuterne il piano, e fu accollo splendi-
damente colla conlessa Antonia Viscon-
ti sua moglie. Le ostilità cominciarono
nell'aprile dalla parte del duca nel Par-
mìgnano e nel Bresciano, da' rinomati
capitani Angelo della Pergola e Nicolò
Piccinino, espugnando Casal Maggiore e
Torricelle.il Carmagnola non aventlolo
impedito, invano sollecitato dal senato a
vigorose e decisive operazioni, ed avendo
a sua disposizione 1 6,000 cavalli, pe'suoi
pretesti insorsero mali umori Ira esso e
il senato. Sul Po fu combattuto furiosa-
mente, e Francesco Bembo colla flotta
veneta vinse e fugò quella ducale cuinan-
data da Eustachio Paccino, non ostante
il soccorso delle genti del Piccinino che
dagli argini scagliavano proietti contro
i veneziani. Brcscello fu liberalo da Car-
magnolii, che rivoltosi a Gotlolengo, vi
fu liatto iu aguato dal Piccinino, e ben-
ché i suoi soldati valorosamente com-
batlessero, toccarono grave perdita. L'e-
sercito che aveano allora in campo i ve-
neziani era uno de' maggiori che da lun-
go tempo si fossero veduti in Italia, a-
scendendoa 22,000 cavalli, oltre a 6000
fanti del paese, e 8000 merccnarii; né
minore era quello del Visconti, avendo
il duca eccitalo i suoi popoli agli estre-
mi sforzi. Sollecitò quindi il senato il Car-
tiìagnola a passar l'Adda e portare il ter-
loie fra'milanesi, e non badai e alle fin-
te parole scrittegli dal duca. Avendo egli
il campo a Casalsecco, a' 12 luglio vi pe-
netrarono i milanesi, anche col celebre
V EN
Francesco Sforza : fu la battaglia fieris-
sima, gettalo da cavallo il Carmagnola,
per la densa polvere sollevatasi non piìi
riconoscendosi 1' un 1' altro, e infine le
due parli si separarono senza decisivo ri-
sultamenlo. Iu questo tempo il ducato
di Milano era minaccialo dal duca di
Savoia e dal marchese di Monferrato, il
che aggiunto alla discordia de' capitani
milanesi, dava facilità al Carmagnola di
ricuperare Casal Maggiore e impadronir-
si d'altri luoghi, non cessando il senato
di sollecitarlo a nuove imprese, e di la-
gnarsi di sua poca operosità. Ceden-
do il conte Carmagnola alle ripetute ri-
mostranze, mise l'assedio a Moutechiaro
0*28 settembre; ma i pochi risultati fi-
no allora con sì fiorito esercito consegui-
ti, diedero motivo a sospetti e maldicen-
ze tra il popolo, onde il conte ne scrisse
molto risentitamente al doge, il quale con
lettera ad Andrea Morosini, l'assicurò di
tutta la benevolenza della signoria, e
non dover vaiolare le dicerie d' un po-
polo solito vivere m libertà ed essere go-
vernato con mansuetudine, sparlarsi an-
che talvolta del doge e del governo, e
pensasse piuttosto a qualche utile impre-
sa. Direttosi a Macalò o Maclodio , vil-
laggio del Bresciano poco discosto dal-
rOglio, lo prese sotto gli occhi di Sforza,
Piccinino e Carlo IMalatesta. Questi in-
dignati l'assalirono 1' i 1 ottobre 1427,
ma trovaronsi da tutte le parti circonda-
li da'veneziani in luogo paludoso; si scom-
pigliarono, restarono disfalli , si abban-
donarono alla fuga, e il capitano genera-
le IMalatesta restò prigioniero con 8,000
corazzieri : tulle le sairaerìe e immense
ricchezze caddero in mano del vincitore.
Iu questa famosa giornata Carmagnola
si coprì di gloria, il doge gli scrisse colle
piìi lusinghiere espressioni, e con decreto
del senato gli donò la casa a s. Eustachio
già dell'ingrato Malatesla , e la villa di
Castagnedolo. Gli furono spediti da Ve-
nezia due ambasciatori con lodi edìmo*
strazioD4 di gratitudine e fiducia, ani*
VEN YEN 197
mandolo a continuare il corso ili sue vit- stoi ntlo, incaricò Pielio Loreclano,se in-
toiie, senza cenno di rimprovero per la sislesse, d'invigilar sul campo nella sua
idjertà che dicesi da lui donata a'prigio- assenza. Domandò allora il Carmagnola
«ieri: non regge dunque quanto scrisse- di venire a Venezia , ed a' i3 marzo vi
ro storici e loinanzieri su (juesto argo- fu arcolto pouiposauiente dal doge edal-
mento, dice il prof. Piouianin (il Vekulo la signoria; cuuft-iì con questi sulla con-
dice che Carmagnola sconfisse IMalalcsIa dizione delle cose e si recò a'h.igni d' A
capitano generale ducale, ed occupò fino baiio. Una delle massime dillicoltà ali 1
a 80 terre nel Bresciano e nel Dergama- conclusione della pace era la cessione vo-
sco : altrettanto ['miriti di wrificiire le luta da'veneziarii di Bergamo colle sue
date). Ala il Carmagnola tornò alle soli- foltezze e lei re di Palazzolo, Maitinengo
le sue lentezze, forse [)er l'inoltrata sta- e Iseo, parecchie cailella già avendo lai-
gione, e fors' anco per non piacergli la tuia loro spontanea tledizione. Dopo mol-
rovina totale del duca, secondo il cosfu- la ripugnanza il duca si arrese, e la pace
me di quella milizia e de* condottieri di fu conclusa a' 1 9 aprile 14^8 in Ferrara,
allora. Invece di gettare un ponte sul- colla cessione definitiva alla repubblica
l'Adda, che auebbe posto in costerna- di Brescia colle sue caslellac terre, riinet-
zione Milano slessa, e Cremona non a- teiulo nel b, cardinal Albergati la deci-
vrebbe potuto resistere, si limitò a pren- sioue circa i confini, olire l'arbitrato nel-
dere INJontechiaro e altre piccole terre le dilFerenze che potessero poi insorgere
del Bresciano , e data una sconfitta al anco tra le parti contraenti e aderenti
Piccinino,instantemenledomandòdi re- delle parti inclusi nel trattato. Furono
carsi a Venezia. La repubblica ne lo dis- perciò guarentiti il marcheseRolandoPal-
suase, raccomandando a badar le mosse lavicino, Alvise del Verme e Filippo Ar-
del nemico, tenere unito l'esercito, ed celli restali sotto la protezione de' vene-
operaie qualche cosa a vantaggio della ziani;sciclti i iMalalesta dagl'impegni con-
lega, il b. cardinal Albergati erasi di traili col duca, e il Carmagnola riavreb-
nuovo interposto per la pace a nome di be i suoi beni, salvi gl'interessi de'fioren-
iMarlino V, che si protrasse per inlerpel- tini. 1 veneziani però lungi dal venire in
lare la repubblica i fiorentini e il duca possesso dell'agognata Bergamo, trova-
di Savoia, e per la peste che allora fla- rono nel versipelle Visconti nuove dub-
geliava Venezia, come pure pel mairi- biezze e renitenze : tuttavolta fu couse-
monio conliatlo a'io gennaio 1428 dal gnata l'S maggio in virtù del trattato, e
Visconti con Maria di Savoia figlia di non già per ispontanea sommissione de'
dello duca , il che produsse tra 1 duchi bergamaschi. A'?.3 dello stesso mese il
un ravvicinamento. Un mes^o del Vi- conte Carmagnola fece l' ingresso Irion-
sconli chiedendo conferire col Cernia- fule in Venezia, accompagnato da'suoi
gnola, la repubblica si oppose , amino- principali capitani, pollando il gonfjlo-
nendo il generale a non badare a tali ne di s. Marco; furono falle grandi feste,
maneggi, lutti arte ed astuzie. Venula la solenne processione , limosine a' poveri,
primavera e perciò il tempo opportuno La repubblica a mostrare la sua grati -
di riprendere l'operazioni, il governo ne Indine verso i suoi generali, donò a Gio.
lo sollecitò, ma invece il Carmagnola do- Francesco Gonzaga i ° marchese di Man-
roandò di potersi recare, come altra voi- lova una casa a s. Panlaleone sul Canal
ta, per la sua mal ferma salute a'bagni. grande, e confeiìal Carmagnola l' inve-
liispose il senato, sorprendergli tale do- stiluia delle terre di Chiari con grande
manda in (jnel momento, sapere ch'egli apparato nella piazza di s. Marco. Cosi
slava beaissimo , e raenUe procurò di- lei minò una guerra, che se procacciò al-
1*96 VE ;\
la lepuliljlicn laute e belle tene in Lom-
Jjartlin. esnmì però l'eiario e calicò di
gravi pesi la popolazione. 11 suo douìinio
ormai steiulevasi olliecliè nellaiilico do-
gado da Capodargine a Grado , anche
sul Friuli; sulla Marca Trevigiana che
comprendeva Bassano, Fellre, Belluno e
Cadoie; sul territorio Padovano, sul l'o-
jesine di Rovigo, sulle terre Vicentine, sul
Veronese, sul Breseiano,sul Bergamasco.
Ampia estensione di territorio che la po-
neva tra'principalissimi slati d'Italia. A-
gitata questa dalle passioni, Bologna si
ribellò a JMai tino V il i .° agosto, riducen-
dosia stato popolare, e ripetutamente ri-
corse alla protezione veneta a sostenerla,
o a farsi mediatrice col Papa, onde il co-
nìune avesse la città in vicariato con an-
nuo censo, o almeno riceverla sotto la sua
protezione. La repubblica divola al Pa-
{ja e legata a lui [)er lecenli trattati , a
nulla annuì. Intanto morto Martino V,
a'3 marzo 143 I gli successe il patrizio
veneto, l'imperturbabile e virtuoso gran
Pontefice Eugenio IV Condulmiero, de-
gno nipote di Gregorio XII , che come
lui dovette sostenere grandi avversità. I
primi a darne motivo furono i potenti
Colonnesi nipoti del predecessore, insor-
ti mano armata, onde il Papa chiese soc-
corsi alla regina Giovanna II, a'venezia-
ni, ed a'fioientini i quali gli mandarono
iNicolò Mauruzi da Tolentino con un im-
ponente corpo di truppe. Secondo No-
\aes, anco i veneziani l'aiutarono. Nello
stesso 143 I Bologna venne agli accordi a'
22 agosto tornando all'ubbidienza della
s. Seóe; ed a'22 settembre si pubblicò la
pace fatta co'CoIonnesi, mediante l'asso-
luzione della scomunica e la reciproca
restituzione dell' occupate terre. Prima
dell'insum'ezione di Bologna eransi rinno-
vate le querele tra Filippo M.' Visconti
e la repubblica, onde questa nell'ottobre
1428 fece faie a Mdano le sue lagnan-
ze, senza elFetto; anzi le coSe s'intorbida-
rono in modo, che rinnovossi il pericolo
di guerra, quaudooppuulo il conte Car-
V EN
ningnola domandava la sua dimissione al
senato. Per la sua fama e riputazione,
pel grandemente operato a favore della
lepubblica, non si acconseuli al suo li-
cenziamento. Allora il Carmagnola fece
dnuiande cos'i eccessive, che sembrava
doversi rifiutare. Nondimeno amando la
lepubblica di conservarlo a'propri servi-
gi, non ostante che dovea avere qualche
sospetto di lui pe' falli antecedenti, con-
venne alle seguenti amplissime condizio-
ni, che danno un'idea dell alle prelensio- .
ni allora quasi comuni ne' condottieri
d'armi. Avrebbe il comando di tutte le
tiuppe, fanti e cavalli presenti e futuri,
con piena giurisdizione civile e militare,
tranne nelle terre ove si trovasse un ret-
tore ; terrebbe 5oo lancie ciasciuia di 3
fanti e 3 cavalli, oltre alla famiglia sua,
cioè a' pro[)ri stipendiati ; riceverebbe di
stipendio ducati 1 000 il mese lauto in pa-
ce che in guerra; la sua condotta dure-
rebbe 2 anni e [)0\ 1 anni di rispetto a
beneplacito della repubblica, col preavvi-
so di 2 mesi avanti, non polendo far nul-
la contro di essa per 6 mesi dopo uscito
da'suoi servigi; se alcun soldato fuggisse,
morisse o fosse preso, sarebbe obbligo del
capitano di surrogarlo entro i 5 giorni. Si
conferì al Carmagnola e suoi discenden-
ti in feudo Chiari eUoccalranca nel Bre-
sciano, con lulti i diritti ed emolumenti
annessi; i prigioni e gli averi che venisse-
ro in di lui mani sarebbero suoi, ma le
terre, città e fortezze della signoria ; do-
vendo cedere ad essa, per somma da con-
venirsi, i prigioni illustri come il fratello
o il figlio del signore di terre e i capita-
ni. Ad accrescere le complicazioni, s'ag-
giunse all' infrazioni continue che il Vi-
sconti faceva del trattato di pace di Fer-
rara, anche la guerra che contro Lucca
nìossero i fioreulini nel dicembre i4-9>
per aver già favorito il duca, onde i luc-
chesi si esi birono di rimette! si nelle ntani
della repubblioft, ma non accellò l'olfer-
ta pe' palli che la legavano a Firenze.
Non fu così delicato il Visconti, aiuta»-
V E N V E N 197
(Ioli nnscosfnmente, e licenziando Finn- ra a Genova, ma solo liberarla dalie mn-
Cesco Sforza perchè li soccorresse, onde ni del dnca. Già la stagione erasi ino!-
Lucca fu litornata in libertà e mandali Irala (Ino al mese di giugno, ed il Car-
prigioni a Milano il suo signore Paolo magnola, non ostante le sollecitazioni del
Guinigi co' figli nel i43o. Oltre a ciò il senato, nulla avea peranco operato d'im-
duca non cessava assalire le terre de'si- poitanza, e continuava a ricever lettere e
gnori protetti dalla lega, e in più n>odi njessi dal Visconti, pel quale si dichiarò
molestava i veneziani, mentre si mostra- l'imperatore Sigismondo. Frattanto Car-
va desideroso della pace con loro, rivoi- niagnola dallo Sforza fu già vemenlescon-
gendosi al Carmagnola perchè volesse fìtto a Soncino; e sul Po la flottiglia del
tranquillarlo da'sospelti formati sulla re- Trevisan venne interamente disfalla da
pubblica. Il senato se ne mostrò meravi- Giovanni Grimaldi di Genova e Pacino
glialo col Carmagnola che glieli avea ma- Eustachio di Pavia, sostenuti dallo Sfor-
nifestati, non avendone mai dato motivo; zaedal Piccinino, allontanntoCarmagno-
insinuandogli tenersi in guardia dalle so- la con finta dimostrazione. Essendosi per-
lite arti del duca, e si astenesse da ogni dota la speranza di passar l'Adda, non
comunicazione con lui. Rompendosi in- slimava il Carmagnola doversi limitare
tanto la guerra di Firenze e Lucca . il a scorazzare nelle terre del duca, come
Visconti scrisse nuove lettere al Carma- proponeva il provveditore Paolo Correr,
gnoln , a cui ingiunse la repubblica do- e ad onta delle loro discrepanti opinioni
vere rompere ogni pratica ; ma il duca il sennio si rimise all'intelligenza del ca-
insistente si volle in tutto rimettere al- pilano , ma però operasse. Mentre i gè-
r arl)itrale giudizio del Carmagnola, per neralidel duca si mostravano da per tut-
cui e per altre particolarità di tante con- lo attivissimi, devastando la Toscana e
tinue relazioni si accrebbero i sospetti de' penetrandone! Monferrato, d Carmagno-
veneziani. Pre[)aiau(losi ormai le [)arti la a'y agosto già domandava ritirarsi a-
alla guerra, per conferire su di essa la gli alloggiamenti. Il senato se ne f[uerelò,
repubblica nell'agosto i43o chiamò a Ve- come del tempo [lerdulo, e gli dimostrò
nezia il Carmagnola, promettendogli in la necessità di torsi da quella strana ina-
premio della vittoria una città, anzi la zione, e di passar l'Adda 0 almeno len-
stessa Milano come avea domandalo, se tar l'impresa di Soncino. Tutto invano:
riuscisse a distruggere il dominio del Vi- il Carruagnola non si lasciava smuovere,
sconti. Seguirono grandi armamenti ma- e il suo contegno divenne sempre |)iìi ine-
rillimie terrestri de' veneziani, e de'Ioro splicabile. A consolare alcun poco la re-
collegati fiorentini, i signori di Monfer- pubblica, a'27 agosto Pietro Loredano
rato, Mantova , Ferrara, il Fieschi e il riportò una gran vittoria navale sulla
Pallavicino. Dalla parte del duca erano flotta genovese a Portofino o Rapallo,
Genova, Siena, Lucca, Piombino, e per colla prigionia tiello slessocapilanoFran-
generali i famosi Nicolò Piccinino e Fran- cesco Spinola, rivendicando l'onor vene-
Cesco Sforza. Il senato scrisse nell'aprile ziano. Ma le cose di terra non migliora-
143 I al Carmagnola d'uscir in campo e vano punto, e il Friuli era minacciato
passar l'Adda, e die sue istruzioni a Ni- dalla calata ilegli ungheri. Si presentò
colòTrevisan capitanodella flotta sul Po, 1' opportunità di prender Cremona per
eleggendo a capitano generale di mare sorpresa, e già il Cavalcabò con un drap-
Pietro Loredano, a cui ingiunse .spiega- [lello di coraggiosi erasi impadronito ncl-
re in Oj^Miig.ìlera la bandiera coll'in^egne la notte de' iT ultobre del ponte di s.
genovesi e la parola Libcrlas , per mo- Luca; ma il Carmagnola , benché solle-
strare corno la le;'a non faceva la guer- citalo ad accorrere, nou si mosse, ino-
,g8 V IL N V EN
sUaudo temere qualche astuzia del ne- maichese di Monfeiralo crasi riconcilin-
mico. Cosi le col()e vere o a{)[)areiili del lo col duca. La lunga dispendiosa guer-
Carmagnola ogni di più si aggravavano, ra assolvendo tulle le rendile, fu d'uopo
e già a'i3 ottobre proponevasi in senato domandare alle principali città un'anli-
di prendere a trattare segretamente de' cipazione di esse. E proseguendosi a te-
fatli di lui, tuttavia per allora ne fu dif- ner d'occhio alCarinagnola,a'2 i febbraio
(erila la deliberazione. Dice il Veludo : o i432 il senato nuovamente gli vietò ri-
il Carmagnola è innocente, o traditore cevere i messi del simulatore "Visconti,
della repubblica; meglio in tal caso se- Finalmente vedendo inutili tutte le in-
guire una salutare prudenza, che forse siiiiiazioni e che il Carmagnola nulla o-
lina funesta pietà. Si pensò per altro a* peiava a vantaggio della lega, a'28 mai*.
2 novembre richiamarlo di Lombardia zo il consiglio de'Dieci volle provvedervi
per inviarlo nel Friuli, contro gli un- domandando l'aggiunta di 20 con«»iglie-
glieri eccitali a invaderlo dal duca, il ri al senato, e con renitenza e matura
quale invece mandò un Diesso al Car- deliberazione ricorse con «studiato accor-
inagnola fintamente protestando di sue gimenlo all'astuzia per aver nelle mani
buone intenzioni, essere italiano, e per- il traditore. Con minuta e sagacissima
ciò si sarebbe unito co' veneziani e i fio- istruzione, previdente i diversi casi, gì in-
ìentini alla difesa comune, limellendo a viò il segretario Giovanni de Imperiis a
lui la composizione della lega. Manife- Brescia, ove allora dimorava, proponen-
state le proferte dal Carmagnola al se- dogli l'impresa di là dal Po contro Par-
nato, questi rispose non essere della sua ma, Piacenza e altri luoghi, a tale elTet-
dignità il dare ormai più ascolto alle lo avendo invitato a Venezia il marche-
mendaci parole del Visconti, ma se vo- se di Mantova per discutere con maturo
lesse veramente trattare le ponesse in i- consiglio il da farsi, e perciò pregarlo ve-
scritto; però non lardasse la sua venuta nire ancor lui per esaminare insieme il
jiel Friuli. Ubbidì il Carmagnola, e re- migliore e più salutare partito sollecita-
catosi nelFriuli sconfìssegli ungheri pres- niente. Che scegli si ricusasse lo facesse
so la badia diRosazzo, e cacciali dal pae- segretamentearrestare e sotto buona scor-
•se domandò e ollenne di poter venire a la mandarlo al castello superiore di Bre-
Venezia. A levarsi dinanzi 1' odiato duca scia, assicurandosi pure di tulle le car-
si pensò al veleno, ma divulgatosi il tra- le, ricchezze e della persona pure della
dimenio non se ne fece altro. Invece il conlessa di lui moglie ; provvedendo ao-
seDaloa'28 dicembre deliberò di propor- cora al caso, se cercasse fuggire duran-
re al Carmagnola di farlo signore di Mi- le il viaggio, con lettere pel marchese di
Jano, quando riuscisse 0 cacciarne il du- RIantova, pel conte Carmagnola e pe'ca»
ca; però volendo ciò serbare per ultimo pilani dell'eserciloscrittedaldogeFosca-
eccitamento, risolse di attendere se il ca- ri. Il segretario de Imperiiscorrispose co-
piano si decidesse a qualche fatto. Ma sì bene alla fiducia riposta in lui dal con-
atlcndevasi invano, e Cu stimato ueces- siglio, che il Carmagnola senza insospet-
sario mandar al campo per provveditor tirsi die nella rete e si lasciò condurre
generale Giorgio Cornaro con promette- prontamente a Venezia il 7 aprile i432,
re a'condoltieii generose ricompense, di onorevolmente ricevuto e introdotto in
sollecitare il passaggio dell'Adda e al- palazzo per desinare col doge. Dopo ave-
Iro. Nello slesso tempo Francesco Spi- re inulilmenle atteso per ossequiarlo, gli
noia fece nuove offerì e di sottrarre Gè- fu dello essere indisposto e tornasse do-
nova dal doroinio di Milano, ma il Car- mani. Allora il conte Carmagnola si mos-
inagnola non si muoveva, e iolauto il se per andare alla propria casa, quando
V EiN
nell'iiscire giunto avanti al luogo ilelle
prigioni inferiori, gli fu dello vada perdi
qua. Ma questa non è la via, rispose e-
gli. — Oh sì, ella è anzi la vera, si sog-
giunse da qtie'che 1' accompagnavano. E
usciti gli sgheiri, lo misero entro la por-
ta, esclamando il conte: Sono perdalo!
Si cominciò il processo, nominandosi par-
ticolare giunta atl esaminarlo; fu falla ve-
nire la moglie, e si domandarono tutte le
sue scritture. La repubblica informò del-
l'operato e de' molivi che l'aveano indot-
ta alla grave misura per salvare lo slato
da massimo ed evidentissimo pericolo, i
suoi ministrie gli stati esteri, specialmen-
te i fiorentini sull'intelligenza dell'iubme
Carmagnola co'nemici comuni, dalla qua-
le era derivata la sua inazione e I' inuti-
lità del tanto dispendio per tenere l'eser-
cito in piedi, invitandoli per continuar la
guerra ad assoldare per la lega il capita-
no Michele da Cotignola. Si mandarono
con pieni poteri due provveditori all'e-
sercito, d'intelligenza col marchese di
Mantova. Proseguendo il processo, il Car-
magnola fu lormenlalo l'i i oprile, e si
sospese duratitela settimana santa e le fe-
ste di Pas(jua, indi con lutto ardore si ri-
prese a' 23 aprile. Attestando la piena
reità del conte testimoni e scritture, e
proposto quindi di procedere, questo fu
accettato da 26 voti afferraativi, uno ne-
gativo, 9 non sinceri: tanta era generale
la convinzione di sua iniquità quale tra-
ditore del dominio veneto. Fu condan-
nalo a' 5 maggio ad essere condotto con
i»praiigri in bocca e colie mani legale
dietro le reni, secondo il solilo, nel gior-
no slesso dopo la consueta ora nona, fra
le due colonne della piazzetta di s. Marco,
e colà troncato il capo dalle spalle. Alla
moglie si assegnò il frutto ili 10,000 du-
cati, abitando in Treviso, allrimeuli per-
desse il beneficio. Alle due figlie '),ooo
ducati d'oro di dote per ciascuna, da ma-
ritarsi con approvazione del consiglio de*
Dieci: ultra figlia fidaueata a Sigismondo 1
Malalesla siguoie di lUniini, dovea t;n-
VEN ,.),■)
tra re in tale condizione se non si maritas-
se (fu sposata e poi dal marito falla mori-
re, secondo il prof Romanin, ma tal n)o-
glie e vittima pare che fosse Ginevra d'E-
sle). Tutto il resto della facoltà del conte
fosse confiscala. Approvarono la sentenza
19 voli, gli altri 8 mostrarono inclinare
alla proposta del doge e di 3 consiglieri,
che il Carmagnola finisse sua vita nel
carcere forte. Troncata la festa, il corpo
fu portato a s. Francesco della Vigna, di
cui nel 5 X,n. 27(ovedissi cosa essa invece
ebbe), ma mentre erasi per seppellire, so-
pravvenuto il frate che l'avea confessiito,
espose l'intenzione del defuulo d' essere
tumulato in s. Maria Gloriosa', ove fu
trasportato e deposto nel chiostro, il che
di già notai nel ricordato §, n. 21. l*iìi
tardi fu trasferito a Milano nella chiesa
di s. Francesco grande, vicino alla tom-
ba d'Antonietta Visconti sua moglie. Que-
sta dopo essere slata colle figlie nel mo-
nastero delle Vergini e ne' luoghi per-
messi dalla repubblica, fuggì con esse nel
Milanese, e le furono quindi confiscati i
beni e sospesa la pensione. Pare che an-
co essa entrasse nelle pratiche del mari-
to col duca suo parente. La vita di Fran-
cesco Dussone da Carnjagnola, scritta d,i
Tenivelli , si legge ne' Piemontesi dia-
stri. L'illustre Manzoni ne fece argomen-
to di tragedia. La guerra intanto conti-
nuava in Lombardia, i veneziani si allea-
rono col concittadino Eugenio IV, pre-
sero Solicino e altre terre; ma nella Val-
tellina ebbero a solfi ire grave perdila
colla prigionia del provveditore Giorgio
Coruaio. Allora la repubblica s' allVettò
a concludere il trattato da lungo tempo
maneggialo dal marchese Gio. France-
sco (ionz.iga di Mantova per conferirgli
il comando generale, con promessa di ce-
dergli parte delle coiujuisle. Enumerale
le truppe dal marchese, si trovarono a-
scendere a 12,000 cavalli, B.ooo fanti e
I 1,000 cernide o milizie gregarie e col-
lettizie, cui quale esercito ricuperò la Val-
tellina e assicurò la Val Cauiuuicu; ujcu-
200 V E i\
tie i fiorentini aveaiio ricuperalo le loro
terre. Il perchè Viscouli volse 1' auiiuo
seriaiuente alla pace, che per mediazio-
ne allivissiina di Nicolò Ili niarchesedi
Feirara ivi si concluse a 23 aprile 1 433,
ciascuno restikiendo le terre occupate,
tranne Poutretuoli ritenuta dal duca. Li-
berandosi i prigionieri, egli senjpre slea-
le ritenne ne'Forni di Monza il suddet-
toCoriiaiOjdicciidolo morto. Invece con
orribili torture voleva strappargli di hoc-
cri di ve» se rivelazioni, e specialiiieute qua-
li fossero stali gli accusatori di Carma-
gnola , il che confermò il sospetto del
jjiioft accordo tra essi a- danno della re-
pubblica veneta. Saputosi vivo il Cornaro,
la t epubblica tornò a insistere, e l'otteu-
ne cos'i malconcio che sopravvisse in pa-
tria 65 giorni, A (juesta lunga serie di
guerie eransi uniti ad amareggiar la vi-
ta del doge Foscari altri dueavvenimeu-
li, r uno d' nu attentato contro la sua
persona, l'altro d'ima congiura di giovani
nobili alio scopo di portare grande alte-
razione nelle cose dello stato. Nel i43o
assalilo il doge da Andrea Coutarini, in-
colpandolo d'aver impedito d'essere capi-
tano del golfo, ebbe varie ferite nella fac-
cia; il delinquente in [)unilocul taglio del-
la mano e col pubblico supplizio. Circa
3 anni ilopo si scuopr'i una lega di 'òj
nobili onde tra loro nelle varie ballotta-
zioni pei'venissero gli uffizi e le dignità ;
l'uronu puniti con bandi e prigionie. Di
lutto liisgustalo il doge, e non poco au-
gubliato dal pensiero delle laute guerre,
della pebtecheallora infieriva, dellestrel-
tezze dell' erario ad onta degli acquisti
falli di 3 belle provincie in Lombardia,
venne nel divisauienlo di proporre a'27
giugno 1433 la jiropria rinunzia dopo
f.oiicldba la pace. Ma non concorrendovi
il parere de'suoi G consiglieri, come vo-
leva la legge per l'abdicazione d'uu do-
ge, la cosa non fu neppure discussa nel
luaggiov consiglio, e il dogeconlinuò nel-
la sua dignUà. Pare clic poi inutduieùte
Iciilasse di rinunziare nel 1 44^ ^ i»*-'' ' 44^-
V E N
L'imperatore Sigismondo venuto iu Ita*
lia a ricevervi le corone realee imperia-
le, entrò in Milano nel novembre 1 43 1,
e il duca Visconti insospettitosi di lui »i
chiuse nel suo castello di Abbiategrasso,
e .SI rifiutò di vederlo e d'assistere alla
sua coronazione iu Monza colla corona
ferrea; onde le precedenti buone relazio-
ni furono gravemente alterate, e comin-
ciò Sigismondo ad inclinar T animo a'
veneziani. Passalo l'imperatore in R.oiua
nel 1433 ricevè a' 3i maggio la corona
imperiale da Eugenio iV, a mediazione
di cui Sigismondo concluse coli' orato-
re Andrea Donato una tregua quin-
quennale : altra breve stipulata nel 1 4^ B
era spirata nel segueute anno. Intan-
to i Colomiesi ribellala Pioma a'2C) mag-
gio i434) Eugenio IV sapendo che si
voleva dare la sua persona al duca di
Milano, col dominio della città, a' i4
giugno ne fuggi pel Tevere e andò ia
Toscana, ed anco in Firenze il duca gli
tese insidie per averlo nelle mani. 1 ve-
neziani avevano consiglialo il l^apaa non
muoversi da Roma, per le conseguen-
ze che potevano derivarne. Però iu Ro-
ma a'26 ottobre fu ristabilito il governo
pontificio. Le riforme del clero comincia-
le nel concilio di Costanza, ove fu condan-
nato Giovanni iiuss, che fra gli altri er-
roii avea inveito contro 1' autorità papa-
le, mossero Rlartino V a convocare l'al-
tro concilio di Basilea nella Si>izzera
(A.), indi confermato da Eugenio IV e
fatto cominciare. I veneziani vi manda-
rono ambasciatore il nominato Andrea
Donato, e poi un pievano per ciascuna
delle IX congregazioni del clero, come giù
dissi nel § Vii, oltre alcuni canonici del
dominio. Accoltosi il Papa delle ardile
e pericolose tendenze indipendenti dei
concilio, ed inclinare allo scisma, comin-
ciò ad avversarlo e voleva disciorlo; tut-
ta volta ad istanza dell'imperatore ne per-
mise la prosecuzione, e Sigismondo par-
tilo da Roma vi si recò invano a nm-
dcrarlo. Tale prudcnle contegno di Eu-
V EN V EN 20[
genio IV gli sollevò molli ntuiici, tua i poi solto il nome di GaUniuelala (per-
verieziaui più apeilameiite si dichiara- clic il vero suo cognome tu Melata, da
loiio suoi sostenitori, venerandolo unico cui derivò il sopraunome di Galtamela-
e vero Papa. Fra'nernici priinei;giando il ta, per essere stalo, come Annib;ile, astu-
dnoa di Milano, anclie per essere il Papa lo, celalore de'suoi disegni, ed acconcis-
veneziaiio, segretamenle consigliò i suoi siuio delle frodi guerre>{;Iie, come ricavo
capitani Francesco Sforza e Nicolò For- dal marchese Eroli), e Tiberio Urandoli-
lebraccio da Perugia ad entrare nelloslu- no; e i continui molivi di querela che
lo della Chiesa col pretesto d'esserne aii- sorgevano tra essa e il Visconti, non che
torizzali dal concilio di Basilea. Neil 433 la parte opposta da loro abbracciala iit
lo Sforza penetrò nella Marca e quasi quelle contenzioni religiose, facevano pre-
tutta l'occupò, per cui Eugenio IV per vedere non lontana una nuova guerra
giiatl.ignarlu nel i434 gliela concesse in fia'due stali. Perciò consenfi nel gennaio
investitura cui titolo di marchese e gon- '434 ^^^ ""t* '*^n''' '-'^"' i'iiperalore, invi-
faloniere ili s. Chiesa, non riuscendogli laudo la regiiìa Giovanna II a proleggere
prendere a'suoi stipendi il Forlebraccio, gli stali del Papa minacciati dall'insazia-
a sostegno del quale accorse il Piccinino bile ambizione del duca, che poi volge-
buo parente. 11 Pa[)a si collegò cj'Uoreu- rebbe le sue armi contro il regno di Na-
tiui, a' quali i veneziani ollriroiio 2000 poli, olii endosi a cullegarsi con essa. Per
lauti per proleggere le tei re pontificie, lii le mene [irobabilineuledi esso, ilpatriar-
Fireuze non si era quieti, una fazione a- ca d' Aquileia Teck ricorse al concilio
\endo costretto Cosimo de Medici il contro la repubblica , quale usurpatrice
Vecchio ad emigrare co' suoi parenti in delle sue terre e provincia del Friuli, di
Venezia, poiché la repubblica sempre era cui domandava la restiliizione , senza
siala aliezionata a lai [)olenle famiglia, accondiscendere alle vantaggiose propo-
anco per la comunanza del commercio, sle falle da'veneziani per amor di ipiiele.
essendo i ftledici la principal casa banca- INla il palriarca lungi dal piegarsi ricor-
lia d'Europa. Mecenati de' buoni sludi se all'armi spirituali e ad un monitorio
fondarono o certamente ampliarono e violento. I veneziani pe' loro oratori si
abbellirono la biblioteca di s. Giorgio ginslificiirono col concilio e co' principi.
Maggiore, come tlissi nel § XVllI, u. 1, Priiici[)iata la guerra, i milanesi tolsero
onde ne furono cousideritti fondatori, ni P.jpa Imola, e a dilender la lìomagu.i
La libertà fiorentina volgeva alla deca- si destinarono Galtamelata generale ve-
deuza, a cui la conducevano i Medici nelo, e Nicolò iMauruzi da Tolentino pe'
con un sistema di governo, che sotto fiorentini, il quale però con altri cnpiia-
deniocraliche forme parleci()ava egiial- ni reslò prigione del Piccinino nella lo-
uienle dell'oligarchico e dell'assolutismo. tale sconlìUa delle truppe della lega, a'
Forse la libertà lìorenlina avrebbe pò- 28 agosto presso Castel Bolognese. Nel
luto acquistare slabilità, se avesse pie- i435 Filippo M.' Visconti andò a sve-
valso il principio aristocratico. Tanto os- gliare l'ultimo de'Cariaresi Marsilio, ec-
lerva il eh. Keumont, Z>L'//a cliploma- citandolo a un tentativo per torn.ue in-l
i;/(i //a//V//.rt. Coulinuaudola repubblica possesso di Padova. Scoperto il maneg-
veneta nella proiezione da lei accordata gio, fu preso xMarsilio, e condotto a Ve-
ai principato temporale del Papa, assol- nezia u'28 marzo gli fu tagliata la tesla
dò iduegeneialiErasmo MarzidaNarni ha le du^ colonne, coli' cstrenuj supplì-
(il suo padre lòiiiaio a Todi era origi- zio punendosi pure i suoi complici, e Pa-
nario di Due Santi e la madre todina), dova si guardò con rigore. Con Marsilio
thti già avca servilo il Papa, fumoso lini la discendenza legittima della casa
202 V E N
tle' Carrara, una delle sovrane d'Italia
che più produssero uomini insigni. Mor-
ta intanto Giovanna II, si disputarono il
regno Alfonso I d' Aragona e Renato di
Angiò, ciascuno avendo il proprio parti-
to nella guerra civile, alla quale, per sug-
gestione ilei duca, presero parte i genovesi
in favore dell'Angioino. Nella lialtaglia
navale di Ponza essi presero lo stesso Al-
fonso I con Giovanni II rediNavarra suo
fratello con quasi tutta la flotta. Immensa
fu la gioia di Genova, non così del Vi-
sconti, cui la risorta gloria marittima di
quella città destava gelosi.i; laonde volle
chea lui fossero condotti i prigionieri che
onorò sommamente, anzi persuaso d"AI-
lonso 1 quanto fosse pericoloso l'aumen-
to della potenza francese in Italia, vole-
va mandarlo a Napoli colle slesse galee
genovesi. A tale notizia i genovesi prese
fiuiosamente l'armi, cacciarono il presi-
ilio milanese, ed elessero doge Isnardo
Guarco. 1 veneziani,chedopola battaglia
di Ponza eransi dichiarali per Renato, li-
chiesti di protezione da'genovesijl'acctfr-
darono a'2 gennaio i436, e intimarono
Ja guerra furniale al duca se non resti-
tuiva a Genova tutte le terre che di quel-
la repubblica ancor teneva. Il Visconti
rispose con mandare Piccinino ad assa-
lir Genova, ma invatio; anzi fu minaccia-
to dall'imperatore d'esser dichiarato de-
caduto dalia sua dignità e della scomu-
Mica papale, se non evacuava le terre
della Chiesa e di Genova, e quelle spet-
tanti all'impero. Spaventato il duca dal-
la lega, e per aver preso i veneziani a'Ioro
slipendii Francesco Sforza, si pacilicòcon
Eugenio iV, negoziando colla lega. Fu
Neri Capponi fiorentino, difensore della
libertà del patrio comune, che seppe
guadagnare a Firenze e a Venezia allea-
te Francesco Sforza, il più ingegnoso
guerriero d'Italia, e i signori della llo-
inagua. Narra il eh. Reumonl, che il
Capponi nella sua celebre ambasciala a
Yeuezia, travagliata dal duca di Milano,
fu licevulo più che fosse un principe.
V EN
« Il senato veneziano, consesso il più sa-
vio del mondo, pendeva dal suo labbro
allorché riferiva il successo sin allora ot-
tenuto nella sua missione, e la necessità
dell'azione concorde; e finito il discor-
so, si levarono tutti i senatori con le
mani alzate, e la maggior parte di loro
lagrimando ringraziarono i fiorentini di
sì amorevole ullìcio, e lui di averlo con
tanta diligenza e celerità eseguito, pro-
raeltendo che d'allora in poi quella pa-
tria dovesse essere sempre comune a*
fiorentini ed a loro". Pe' movimenti
del Piccinino in Toscana , che faceva
credere agire da se, nel 14^7 uscì in
catnpo lo Sforza pe' fiorentini, mentre t
veneziani slavano per passar l'Adda on-
de assalir le terre del duca ; questi allora
richiamò il Piccinino, che tosto travagliò
il Bergamasco. Accusalo il Gonzaga di
lentezza lasciò il comando e disgustatosi
lo Sforza colla repubblica, questa ne in-
vestì il Galtamelata. Lo Sforza mosso
dalla speranza con cui sempre l'allettava
il Visconti, del maritaggio della figlia na-
turale Bianca, e quindi all'eventuale suc-
cessione nel ducato di Milano, persuase i
fiorentini ad accordarsi con Lucca che
aspiravano dominare, e si riconciliò col
duca. Avendo convenuto la repubblica,
per la forza maggiore delle circostanze
de'tempi, di ricevere da vSigismondo l'in-
vestitura delle terre dell' impero ch'essa
teneva in Terraferma, deputò a rappre-
sentare il doge e il veneziano governo
l'ambasciatore Marco Dandolo. Lacere-
monìa si fece in Praga con grande so-
lennità a' 16 agosto 1437 sulla piazza pub-
blica, da dove passali in chiesa l'impera-
tore fece leggere il diploma d' investitu-
ra, e il Dandolo giurò in nome del do-
ge Foscari e della signoria di Venezia fe-
deltà colla solita forma feudale. Sigi-
smondo poi coiiferìall'ambasciatore l'or-
dine cavalleresco, e tenne un sermone in
lode della signoria di Venezia, che ia
tante emergenze l'avea soccorso. Invece
contro il Viscunli fu ietta una citatoria
V E N \ L ìN 2u3
imperinle, cLegl'inlioiavapresenlnKi lia £;li(ie In Romagna od Eugt.'nio IV^, pe*
2 mesi avanti il trono a ginstidcarsi dal- molli imbarazzi in cni si trovava, impe-
le incolpazioni, Sulto pena di piocedeie in rocche le cose sue a Basilea erano a pes-
via giuridica. Il diploma in data de'20 sima condizione ridotte, li Papa rifìuta-
tjel precedente li'glio, nominava il doge vasi di riconoscere le orgogliose delilje-
Foscari a dnca di Treviso, Felire, 13ellu- ra7Ìoni del concilio per aver oltre[)assa-
no, Ceneda, Padova, Brescia, Deigamo, to il suo mandato, annullando la scoinu-
Casalmaggioie, Solicino, Platina o Pe- nica da esso pronunziata a' 1 j marzo 1 436
scliiera, s. Giovanni in Croce con tutti i contro la repubblica veneta, ad eccita-
castelli e luoghi posti nel Crenìonese e nel mento del patriarca Teck, il concilio
resto di LondDardia di qua dall'Alida, che dal canto suo, divenuto ribelle, voleva
dalla repubblica allora si possedevano, far da Papa, anzi più de'Papi, disputava
con tutti i diritti, i privilegi, le legalie e sulla supremazia del Papae del Conci-
giurisdizioni. Il doge pioinise per se e Ho, ossia del Primato (^'.), })relendeva
successoli, che ognuno di questi dopo la riformare la Chiesa a modo suo, ardita-
propria elezione rinnoverebbero all'ini- mente citava il Papa a rispondere a va-
peratore romano e a' suoi successori il rie accuse pioposte contro di lui a cagio-
giuramento di fedeltà, obbligandosi a ne delle Riserve apostoliche (\& Benefizi
mandare ogni anno a Natale una pezza ecclesiastici, t\e\\'/4iinnle, del non ani-
di panno d'oro del valore di 1000 zec- mettere \' Elezioni, tacciandolo di Simo-
chini o altro equivalente n piacere del- iiia, e ciò audacemente in onta alla bol-
l'imperatore, in segno d' onoranza e li- la Cimi detestabile, de'iB moggioi434,
cognizione. Tuttavia né l'investitura, né Bull. Roni. t. 3, par. 3, p. io : Cantra
il giuranjento furono piìi rinnovati, né Simoniaca pravitatis reos , eoritm(jue
il drappo d'oro lu più mauiiato. Non eh- ;;/cr//V7/o/'fiv, emanata dal santissimo Pon-
Le luogo r investitura di Vicenza e Ve- tefice bersaglio di tante avversila. Il vir-
rona per le pielensioni di Brunoio della luoso Eugenio IV vieppiìi irritatodichia-
Scala, allora alla corte imperiale, il qua- rò coll'altra sua bolla Ma^nas omnipo-
le rifililo l'auiuia pensione vitalizia oll'er- tenlis Dei, de' 19 aprile 1437, Bull. c\l.,
tagli dalla repubblica. Sigismondo mori p-iQ) sciolto il concilio di Basilea e Ira-
a'9 dicembre del medoiiuo i437, dal .sferito a Ferrara (F.), invitandovi an-
quale i veneziani in sostanza non aveva- che i greci per l'unione della loro chie-
no ricevalo alcuna assistenza, benché e sa colla Ialina: i veneziani eransi olk-rti
tregue e paci e leghe con lui concludes- ad un prestito per la celebrazione del
sero. L'acquisto delle provincie di Lora- concilio ecumenico , con ogni sicurtà se
bardia impedì ad essi ili sostenere quell'in- si fosse celebrato nel Friuli. Eugenio IV
dipendeii/a,di cui avevano goduto nell'i- non approvò che le prime 16 sessioni del
sole (Ielle Lagune; e convenne loro adat- concilio generale di Basilea, rullima dei-
tarsi all'idee del tempo ed a'iiuovi rap- le quali si tenne a'.j febbraio i \'\\ alla
porli. Nel seguente 143B cominciò con presenza deirimpeiatore, dipoi luili«;!iia-
Alberlo II la serie successiva degl'impe- rò C'o/iC/7/rtZ'o/oe aiiateinaliz/ò.ln Eran-
ralori di casa d' Austria , tranne Carlo eia furono riconosciute solanienlc le 26
VII di Baviera (o di Annover come altri prime sessioni dell'infauste e scandalose
vogliono). L'Italia intanto non eia affatto 4^ ^'^^ si celebrarono. La maggior par-
quieta a cagione de'veneziani, e del duca te de' coir.pouenti il conciliabolo si osti-
che pretendeva non potesseio aver aiuti narono a [uoseguire lescismatichesessio-
né dal Papa, né da' fiorentini, né dallo ni. L'imperatore Giovanni VII Paleolo-
Sforza. Perlaulo il Visconti stabilì tu- go, stretto dall'armi turche, si persuase
2o4 V E N
di recaisi al ooncilio generale (H Ferrara
per implorare il soccorso de'principi cri-
stiani mediante il gran zelo d' Eugenio
IV, sagrilicando le sue convinzioni col-
l' acconsentire alla riunione delle due
Chiese. Venne egli accollo dalle 3 galee
del Papa, da una dell' imperatore e (lid-
ie 2 ovvero 4 inviate da Venezia, la qua-
le inoltre stipendiò 3oo balestrieri a di-
fesa di Costantinopoli. Il Paleologo arri-
vò in Venezia l'8 febbraio i45<^> accollo
splendidamente al Lido, seguilo dal fra-
tello Demetiio despota di Morea, <lal pa-
triarca greco Giusep[>e, e da molli prela-
ti e signori, Nello stesso giorno o nel di
seguente si recò a visitarlo il doge nella
propria galea, indi passò in altra ad os-
sequiare il patriarca. L' ingresso solenne
in Venezia si fece dall'imperatore nel Iju-
cinloro, accompagnato dal doge, con Itti-
ta la magnidcenza propria de' veneziani,
tra il plauso del popolo, che al ponte di
Rialto presentò un imponente spettacolo.
L'imperatore discese al palazzo del mar-
chese di Ferrara. Con altrellanli onori,
l'imperatore dopo aver dimorato lutto il
mese a Venezia, e avere scritto lettere a
tulli i prìncipi d'Europa invitandoli a
venire o a mandare loro rappresenlanli
al concilio (perchè la pili parte continua-
vano a tenere i loro rappresentanti a Ra-
silea, non credeiìdolo divenuto concilia-
bolo, e ritenendolo ecumenico lo ris[)et-
Invano, o almeno per le loro mire d'insu-
bordinazione lasciavano fare) , si partì
per Ferrara accolto da Eugenio IV. Del
soggiorno in Venezia dell' iiriperatore si
ponno leggerei dettagli nel mai abb.islan-
za lodato prof. Uouìanin, di cui tanto mi
giovo a onore di Venezia sua patria, e t^e-
^\ Annali Urbani del cav. Alutinelli a
p. 268. Penetrala la peste in Ferrara,
Eugenio IV si trovò obbligalo di pubbli-
care a'io gennaio i43q il trasferuiienlo
del concilio ecumenico a Firenze. Altri
dissero, che il vero motivo della trasla-
zione fu i' occupazione delle principali
couviciue ciltà , operala dui Piccinino
YEN
d'ordine dell'irrequieto Filippo M.' Vi-
sconti, iuclusivauiente a Ravenna ch'era
sotto la protezione veneziana. L' impera-
tore, il patriarca e gli altri greci seguiro-
no il Papa a Firenze, ove fu proclamata
l'unione delle Chiese latina e greca, nella
maggior parte poco durala per la solita"
malizia e incostanza greca, e solo restò
quella porzione di greci che dicesi la
Chiesa greca unita. Continuando l'ecu-
menico concilio e il conciliabolo basileese
a condannarsi a vicemla, l'iniquo duca di
Milano non cessandod'isligare gli scisma-
tici della conventicola di Basilea, a di lui
insinuazione giunse la sua impudenza,
per dar prova del suo potere su[>eriore,
a empiamente deporre a'aS giugno t 439
il Sommo Poiitelice Eugenio IV, ridico-
losamente dichiarandolo decaduto dal
pontificalo; indi per li medesima oslen-
tazione di quel potere che non aveva, ad
avere un valido appoggio alla riprovevo-
le lolla, a'5 novembre elesse antipapa A.-
medeo Vili duca di Sa^'oia (^ .), che
ceduto il trono al figlio Lodovico erasi
lilirato in Ripaglia, ad onta che il re-
gnante duca avesse protesiti to contro l'o-
perato del conciliabolo riguardo a Euge-
nio IV. L'illuso e d'altronde savio Ame-
deo Vili, benché ripugnante, accettò
ranti|)onlificato e prese il nome di Feli-
ce V, consolidando co^i l'infelice scisma.
Conlento il Visconti del successo di sue
mene e strana politica, profittando delle
conseguenti confusioni, indusse lo Sforza
a passare occultamente nel regno di iNa-
poli a sostenervi il partito Angioino, men-
tre in apparenza erasi riconciliato eoa
Alfonso I. Ma essendo lo Sforza ancora
agli stipendii de'lìorenlini, tosto il richia-
marono, ed i veneziani consigliarono il
Papa a lasi;iarlo pacifico possessore del-
la iMarca, come suo unico mezzo di sal-
vezza. Alfjuanto prima di tale epoca, ac-
cordatosi d marchese di ftlanlova col
duca , i veneziani per vieppiìi amicarsi
quello di Ferrara gli restituirono il Po-
lesine eoo alcune riserve^ etl armatisi per-
VEN
seguitarono i mantovani, sequestrando in
Venezia i loro averi e persone. Il Picci-
nino già avea portato il terrore anche
nel Bresciano e in altri luoghi, e benché
sconfitto a Rovato da Gallanielata avea
assediato Dre<oi;i; né meglio andavano le
cose sul Po. Il perchè Gallamelala si eia
ritiralo nel \ eionese, e fu opera degna
di sì celebre capitano, pel modo strate-
gico conae l'eseguì, salvando 1' esercito.
L'assedio di Brescia fu memorabile pel
valore e costanza de' suoi difensori, co-
mandati dal Celebre Francesco Barbaro
illustre per valore e sapere, e del prode
Cristoforo Donato, non che per la fedel-
tà e I' amore de' cittadini al veneziano
governo. Venezia a salvare sìimporlan-
te città, rinnovò la lega co'fìorentini, ri-
prese al soldo lo Sfìjrza e ordinò al Gat-
tamelata di soccorrerla, ma dopo soste-
nula fiera pugna col Piccinino gli con-
venne retrocedei e a Padova , con non
poca sua lode. Nondimeno con indicibi-
li sforzi pervennero i veneziani, con im-
presa meravigliosa di condurre una flot-
tiglia al lago di Garda pe'monti a mez-
zo di 2000 bovi, a mandare provigioni
a Brescia , ma con poco sollievo per a-
verlo impedito il valoróso Piccinino. Que-
sti passò quindi a occupare Lonigo e al-
tri luoghi del Vicentino, ed a correre il
Veronese, finché alla fine di giugno 1439
arrivato lo Sforza, in segno di comune
accordo gli si alìidarono i vessilli di Ve-
nezia, Fiienze e Genova; indeciso però
il Papa a qual paile inclinare. Lo Sfor-
za unitosi all'esercito di Gattamelata, in
pochi giorni ricnpeiòil Vicentino, onde
il Piccinino si ritirò in buon oidine. La
repubblica a incoraggiar lo Sforzagli fe-
ce larghe promesse, oll'rendogli Mantova,
e se passasse l'Adda il ducalo di JMilano.
La flotta del lago però fu sorpresa escon-
lilta dal Piocinmo ; indi a' q novembre
ilopo fierissimo combattimento riuscì al-
lo Sforza liberale i bresciani dalle loro
infelici condizioni. I\la l'ardilo Piccinino
corse a scalare Verona, e quasi se n'era
V E N 2o5
impadronito quando lo Sforza giunse a
ricuperarla, onde fu ascritto alla nobiltà
veneta. NeIi44oil Visconti per allonta-
nar lo Sforza dalla Lombardia , mandò
il Piccinino in Bomagna e Toscana, per
le cui cotKjuisle i fiorentini senza elicilo
pregarono i veneziani a mandargli loSfor-
za che faceva progressi in Lombanlia,
liberando finalmente Brescia da 3 anni
d'assedio e di patimenti indicibili, me-
diante la segnalata vittoria de' 3 luglio.
Il Gallamelala avea compilo la sua glo-
riosa militare carriera, poiché inferma-
tosi per colpo d'apoplessia, e ritiratosi a
Padova vi morì poi neh 443» nella cui
pubblica piazza il senato gli eresse la
statua equestre di Inonzo ancora esisten-
te: ne parlai in quell'articolo, ed in que-
sto nel § X, n. 19 (Il eh. suo concittadi-
no marchese Giovanni Eroli, nel t, 7,
p. i4i f\^\V Album di Boniu, ne pubbli-
cò il ritratto con sua bella biografia, ce-
lebrandone le militari imprese. Lo dice
morto a' 16 gennaio i44'> che riconob-
be il valore da Dio, onde non supeibì,
e che il suo prode alunno Gentile Leo-
nessa e il figlio Antonio in Padova gl'in-
nalzarono la statua equestre di bronzo,
opera stupenda di Donatello, dove nella
ba>e sono ritraile a bassorilievo le sue ge-
sta più degne da ricordare). Magnifico è
l'epitaflio fatto in sua lode da Francesco
Barbaro sullodato. Dopo il ritiro di quel
prode, ebbe Sforza solo il comando su-
premo delle genti veneziane, colle quali
ricuperò le terre lombaidc. iN'el i44' '^'■"
nò la vitloiiaa favorire il Piccinino, ma
per le sue alte esigenze, irritatosi il du-
ca si rivolse allo Sforza per la pace, che
conclusa a Cavriana nel Mantovano, fu
pubblicata a'20 novembre,dopoavcregli
sposata Bianca figlia naturale del iluca,
con Cremona e Ponlremoli per dote, che
tante volte gli avea [)romesso e poi ne-
gato. Dal Visconti si restituì al Papa Bo-
logna e Imola, esi riconobbe 1' indipen-
denza di Genova. Venezia celtbiò hi pa-
ce con rendimenli di grazie a Dio, e il
2oG V E N V E iN
doge invitato lo Sforza colla moglie a pelilore tleil* Aogioino, ad unirsi al Pie-
Venezia, vi furono onorati con festeggia- ciniiio die fece capitano generale e gon-
nienli, alloggiando nel palazzo del Gatta- fuloniere di s. Chiesa , privando di tal
melata a s. i^olo e in ([nello già a lui do- grado il ribelle bforza. Se ne alterarono
nato sul Canai grande. Anche col palriar- i (joienlini, da'cjuali era partilo il Papa
cad'Arpiileia, ch'era allora il celebre car- passando in Siena, e sollecitarono i ve-
dinal Scaranipo Mezzarota padovano, neziani a romper la guerra al duca; ma
furono finalmente composte le dilTeren- la repidibiica se ne schermi, promellen-
ze a'?8 giugno i445', concedendogli la do di aiutare i bolognesi tornali in li-
repubblica Aquileia, s. Vito e s. Danie- l)ertà, e di far forte lo Sforza. La INIarca
le, tranne i feudi, con 5ooo ducati l'au- fu lolla a cpiesli, e il Papa vi mandò a
no; prouiellendo il cardinale per se e legalo il cardinal Domenico Capianica,
successori di non impacciarsi nelle cose e poi nominò conte della Marca il Pic-
lemporali, di ritirare il sale da Venezia, cinino, come leggo nel Leopardi, Scrief
e di non ricovrare banditi e ribelli. La Recloruin Marchiac. Pe'lrionfi del re e
pace col Visconti tolse ad Ostasio da Po- del Piccinino , se ne ingelosì il duca e
lenta la città di Ravenna, che avea ade- maneggiò con Venezia e altri una lega
ritoal duca e poi lornòa porsi sotto la prò- per sostenere lo Sforza. Tanlo rapida vo-
tezione de' veneziani ; ma egli tiranneg- ìubililà destò V\ sorpresa del re, e quin-
giandoi ravennati, questi nel 1 44' "e scos- di il duca richiamò il Piccinino, il quale
sero il giogo, e per mezzo de'suoi amba- alTidando al figlio Francesco l'esercito,
sciatori si die in potere della repubblica dipoi ebbe grossa sconfitta dallo Sforza
-lenela, che la governò per 68 anni co' a IVIontolmo a'23 agosto i 444> '"''«aneri-
provvcdilori e co'podeslà: il \° provve- dovi prigione col cardinal Capranica. Al-
dilore fu JNicola iMemmo del i44'- La lora \\ Papa mostrò inchinare alle Irat-
serie di tali magistrali la riporta loSpre- tati ve, a cui non avevano mai lascialo di
li WiiWfi Memorie intorno i dotnina e ^0- persuaderlo Venezia e Firenze, eiltrat-
ver ni ch'Ila città di Ravenna. Ostasio e tato fu concluso a' i o ottobre, in virtù
la sua famiglia furono rilegati in Creta, del quale lo Sforza riebbe il marchesato
ot'ebbe l'ine la celebre casa de'Polentani di tutta la iMarca, ad eccezione d'Osimo,
dopocircai4oannidi principato. Il Papa Recanati e Fabriano ch'erano in potere
Eugenio IV giustamente mosse gravi la- delle truppe ponlificie, non che di Anco-
gnanze, per essere /?<7i'e/iuadommio lem- na, che però sempre rimase libera pa-
porale della s. Sede, a cui pervenne col- gando al marchese il solilo censo. Pochi
V Esarcato. Le pratiche in argomento si giorni dopo Nicolò Piccinino, inconsola-
prolungarono molto tempo, proponendo bile per la perdita di Bologna, la sconfit-
la repubblica a'17 agosto 1442 di rice- la del figlio e il trionfo dell'avversario,
verla da essa in vicariato, né si accomo- soccombette a tanti alfanni,e con lui ven-
darono le cose se non nel novembre 145 1 ne a mancare uno de' pi ìi valenti con-
con jNìcoIò V, ricevendo la repubblica dollieri che allora avesse l'Italia, La mi-
Piavenna in feudo col pagamento di con- sera coudizione di questa non la lasciava
venuto censo. Ma l'Italia non doveva go- respirare, alternandosi le guerre, le tre-
dere quiete, e nel 1442 il Visconti ecci- gue e le paci, precipuamente per l'inco-
iò Eugenio IV a ricuperare la Marca da stanza del sospettoso Visconti, che nuova-
lui conferita al suo genero Sforza , per- niente imprese ad unirsi al Papa e av-
olo offrendogli il soccorso del Piccinino, versare il genero, contro il quale nel i445
onde iuqiedirgli d'aiutare Renato d' Au- si rinnovò la guerra, essendosi proposto
giù. 11 Papaiuvilò il re AUudso I,com- il Papa di spogliarlo della Maica, ed a
V E N
tale edello nouiioò pio rettore di essa il
lescovo di Forlì dall' Aste e leqato il
cardinal Scaiampo Mezzaiota nel i44^'
Il marchese nel declinar dell'aimo a poco
a poco la perde lotta, pel valore del bel-
licoso cardinale , ad eccezione di Jesi e
Ancona. Quesl' ultima per garantire la
propria libertà strinse lega con Venezia,
la fjuale inviando 6 galee, restò la città
lìbera dal cardinale che voleva espugnar-
la , ed il Papa ne riconobbe la libertà
del suo particolare reggimento. Jesi fu
poi ceduta dallo Sfoiza a ^'icolò V, che
l'assotse dalla scomunica. In più luoghi
seguirono fatti d'armi e maneggi de' ve-
neziani e fiorentini contro il duca, il qua-
le perciò fece decapitare il suo generale
Talianu Furluno, e per sospetto d'intel-
ligenze co'veoeli mandò nelle carceri di
Monza l'altro generale poi famoso l'arto-
lomeo Colleoni ili Bergamo. Ciò produs-
se sconcerti nell'imprese delle genti pa-
pali e diichesche, e contro quest'uliitne,
capitanale da Francesco Piccinino, i ve-
neziani comandati da Michele Atlendolo
di Cotignola ripoitarono segnalata vit-
toria presso Cremona a* 28 settendjre
1446) *^ glandi feste ne fece la repubbli-
ca. Continuandfj Michele Altendolo il
corso de'suoi trionfi, a"6 novembre pas-
sato r Adila giunse sul territorio mila-
nese; intimoritosi il duca, tornò alle so-
lile arti, rivolgendosi per soccorsi al Papa,
ad Alfonso I, ed allo stesso genero Sfor-
za che abbandonò l'alleanza di Venezia.
Frattanto Eugenio IV, tornalo in Roma
lìuo dal 1443, consumato dagli alfanni del
suo torbido pontificato, a'y febbraio 1 4 4?
emanò la bolla////r;Te/fr^, presso il //<///.
Rom., t. 3, par. 3, p. 58: ylbsolulio cO'
rum (jUÌCoiit;icgalioiiiBnsil(ensi adhae-
seruiit post dissolutionern Conrilii^ct ad
Summi Ponii/lcis ohcdientiain redic-
runty pioi'isioque declaralìo circa col-
lalioiies Ecclesìarum et lenvjlcioriim.
Ed inferniatosi nello slesso mese, rese lo
spirilo al Creatore a'zS, colla gloria d'es-
sere stalo I'uqìm Papa, al dire di Novaes,
V E N 207
a cui ricorsero in tempo di scisma, per ri-
conoscerlo padree pastore universale, due
iiriperatori greco e Ialino, cioè il Paleo-
logo e Federico 111^ il quale era stato as-
sunto all'impero neli440) avendo oppo-
sto ad un insolente concdiabolo mi ss.
concilio Ecumenico. Annoverò nel sagro
collegio i nipoti e patrizi veneti France-
sco Cnndulniiero e Pietro Darbo poi Pao-
lo II, ed il padovanoLoilovico Scarampo
Mezzarola. Del suo monumento sepol-
crale nel chiostro di s. Salvatole in Lauro
di Roma, ne riporta il disegno coll'iscri-
zione il Ciacconio, Filae Ponlificum, t. 2,
p. 8g3, nella quale si leggerf '//'«/ C'/r7M/7i
dedil orliiiìi. Dopo aver lo Sfoi-zacou tra-
dimento riabbracciato il parlilo del suo-
cero Visconti, altro ne macchinò in Vene-
zia stessa, ovea'-zq marzo i447 recatosi
Angelo Simonella suo segretario, e atten-
dendo a vendere i suoi capitali investili
in prestito pubblico e le sue possessioni
del Padovano, dava a credere al con%i-
glio de'Dieci di aver grandi cose a rive-
lare, che in fallo si trovaronobaie, nieiilre
si conobbero i maneggi dello Sforza nel
Bresciano. Fu allora arrestato, e chiusa
la casa ilello Sforza divenuta convegno
a'ribelli. Dopo processo, il Simonella fu
rilegalo in Candia, e confiscali i beni non
gli si lasciò che Sono ducali l'anno. Dipoi
cambiale le cose, il SinHinella nel i4Ì9
fu medialoredi pace tra lo Sforza e la re-
pubblica. Mentre Filippo M." Visconti
sollecitava il ritorno del genero, e que-
sto si avvicinava a Milano, a' 7 agosto
infermò e nioiì a'i3 senza lasciare pro-
le maschile, |)ciciò teruiinaudo con lui
la sovranità della casa Visconti. Subilo
la repubblica assicurò il comune di Mi-
lano, che mai avrebbe [lorlato in guerra
contro di esso, e solo l'avea falla al duci
qual perturbatore d'Italia, insinuandogli
a rivendicarsi in libertà, pronta a soste-
nerlo e fare lega, alla quale si mostraro-
no i milanesi ben disposti, proclamando
intanto la repubblica Ambrosiana di 1//-
lano. Id quesl'arli(;oIo narrai i prelea-
2o8 V E N
denti al ducato, fra'qttali il conte Fran-
cesco Sforza genero e figlio adottivo del
defunto duca, che impugnate le armi in
hreve occupò Pavia e Piacenza, oltre tut-
ti i luoghi de' veneziani in Lombardia,
tranne Caravaggio, e costrinse Andrea
Quirini a bruciar la flotta veneta, il qua-
le perciò fu piuiilo col carcere. i\lenlre
la repubblica olFriva allo Sforza di farlo
signore di Milano, solo cedendo Cremo-
na, egli fatto orgoglioso si avanzò verso
Caravaggio. Michele A ttendolo, Luigi III
Gonzaga marchese di Mantova, Cesare
Blarlinengo e gli altri distinti capitani
•veneti, a' i 5 settembre 1 44^ attaccarono
lo Sforza, il quale li sbadigliò; e assalilo
il campo difeso da Bartolomeo Colleoni,
eh' era entrato al servigio della repub-
blica, comp'i la piena rotta dell' esercito
■veneziano. Per tale sconfitta, Caravaggio
e gli altri castelli si arresero al vincito-
le. La repubblica non mancando nep-
pure in questa occasione a quella fer-
mezza che sempre la distinse nell'avver-
sità, levato il comando all' Atiendolo e
confinatolo con pensione di i eoo ducali
a Conegliano, che [)rima gli avea dato in
feudo, volse l'animo a raccogliere i fug-
giaschi e alla formazione d'un nuovo e-
sercito, ed a rinforzare la squadra nava-
le sul lago di Garda, ed un propizio e-
vento ne rialzò la fortuna. Le vittorie di
Sforza aveano ingelosito i milanesi, ecci-
tali da'Piccinini suoi eterni nemici, ed e-
gli vieppiù si alienò da loro. Laonde a-
scoltò volonlieri i maneggi rinnovati da
Angelo Simonetta co' veneziani, i quali
tornarono a olfrirgli la signoria di Milano,
se dagli stipendi di questa volesse passa-
re a quelli della repubidica, con cedeie
Crema, Cremona, laGliiaiadadda e quan-
to possedevano per 1' ultimo trattato col
defunto duca. Appena firmato l'accordo
a'i8 ottobre, lo Sforza volse l'armi con-
tro quelli cui fino allora avea servilo,
strinse Milano e gl'intimo di riconoscer-
lo per signore. 11 popolo però suscitalo
da Giorgio Lampnguani, lispose coll'in-
V EN
giurie e col dichiararsi pronto n dispera-
la difesa; domandò soccorsi a viui piin-
ci[)i , dichiarò generalissimo Francesco
Piccinino, ed affidò la guarnigione a
Carlo Gonzaga, che ambiva il dominio
della città. Questi prese ad accarezz>re
le famiglie guelfe, ed i nobili ghibellini
per opposizione si dichiararono per lo
Sforza. Scoperti dessi dal Gonzaga, ne
fece morire buon numero, altri fuggiro-
no al campo nemico. Per tanta discor-
dia, i guelfi e la fazione democratica oc-
cupalo tulio il potere, dichiararono vo-
ler dar Milano piuttosto al turco o al de-
monio, che allo Sforza. Pesando al sena-
to le somministrazioni allo Sforza, il (pia-
le gli dava ombra colle sue vittorie, e per
la guerra dichiaratagli da Alfjuso I , si
accordò con Milano a'24 settembre i 440)
invitando lo Sforza ad aderirvi, ed esso
si mostrò disposto, affamando intanto
sempre più Milano, ma poi non volle ra-
tificar la pace.La sera de'2 5 febbraio 1 4 "f^
scoppiò gran tumulto in Milano dalla
plebe alfunata, gridandosi a signori i ve-
neziani, il f*apa. Alfonso I, il redi Fran-
cia, il duca di Savoia. In questa confu-
sione prese a parlare Gaspare da Vimer-
cate affezionato allo Sforza, dimostrando
essere i proclamali o troppo hjntani o
trop[)o deboli per recare soccorsi oppor-
tuni; esservi un solo mezzo a far cessa-
re la fame eia guerra, quello di sotto-
mettersi allo Sforza, di cui vantò la cle-
menza e la botila, essere il genero e il
figlio adottivo dell'ullimo duca, perciò il
legittimo successore. Venne applaudito;
lo Sforza fu invitato a entrare in città
ed accettare alcuni capitoli 1' i i marzo;
indi fece il suo solenne ingresso a' 2T
portato in trionfo nella chiesa di s. Ma-
ria a ringraziar Dio, e nel d\ seguente
presentatosi sulla piazza maggiore fu gri-
dato Francesco! princi[)e e duca di Mi-
lano, succedendo feste e tornei. Allora i
veneziani fecero lega contro di Ini con
Alfonso Ij il duca di Savoia, il maichc-
se di Monferrato e la repubblica di Sic-
YEN YEN 209
na, e la i^iiena (u ilicliiaiala a' i() m^(^- ficnmenle adtlohbati, aiulò a disceiuìcii;
gior4^2. L'odio contro lo Sforza giunse ni palazzo del marclie-ie. Altro spKnuli-
a tanto, clie si accetto l'oirert.i di farlo do licevituenlo ebbe 3 giorni dopo nel
avvelenare, temendo volesse estendere i recarsi ad abitar la casa de' Yilturi a s.
suoi doniinii a tlanno della repubblica. Eustachio. Si celebrarono corse di bar-
Ma per la poca vigoria con cui veniva che, luminarie e altre feste; e ricchi do-
condotta la guerra , e per il disastruso ni furono fatti all'intperatoro e all' impu>
avvenimento che empi di terrore lulta ratrice alla loro partenza. INarra il Corner
(|uanta la ci istiiinità, la presa di Costan- che iNicolò V neli440 donò alla repub-
tiiwpoli[J .)per opera degli ottomani, che blica una spada ornata d'oro e d'argen-
ue fecero la capitale dell'impero di Tur- tu, ed un elmo benedetti , cioè il solito
clda (f.), tutte le parti belligeranti si Stocco e Berrettone dttrali^ poi vendu-
trovarono inclinate alla pace. Qui devo ti al doge Malipiero, indi per decoro ri-
prima premettere un indispensabile re- cuperati dal senato e riposti nel tesoro
Irospeltivocenuo storico. Ad Eugenio IV di s. Marco, ordinando chela spada si
era succeduto nel pontificalo Nicolò V, portasse nelle visite ecclesiastiche in cui
che tosto con gran zelo si applicò ad e- interveniva il doge col senato. Ed il
stinguere lo scisma, ed a pacificare 1' I- prof Romanin dichiara, che nel 1 47 1 "N'^
talia, con l'invio di molti nunzi e legati, colò V a mezzo delfambasciatore iN'ico-
ed ottenne che a'c) aprile 1 449 F^'ice V lo Canal, infelice poi nella difesa di Ne-
rinunziasse il suo antiponlificato. Morto groponte, donò al doge la spada d'oro,
poi neli4ji lultimo patriarca di Gra- il cintoe l'ombrella. Minacciato indi l'im-
do, considerando Nicolò V lo splendore peratore Costantino XII Paleologo, fra-
a cui era giunta la città di Venezia, se- tello e successore tleli'intervonulo al con-
de della possente repidjblica, la moltitu- cilio generale, da M.iomctto II impera-
dine e coltura del suo popolo, la parlico- ture de'turchi, come i predecessori ago-
lare costante divozione de' veneziani alla gnando all'assoluto donìinio universale,
s. Sei\e, r essere Grado a pessima condi- Nicolò V l'ammonì a far eseguire l'unio-
zione ridotta, scarsa d'abitanti e resa in- ne della Chiesi greca alla latina, ginra-
salubre dalla mal' aria; annuì all'istanze ta nel concilio, altriajenli avrebbe per-
dei doge e senato veneto, ed elevò il ve- duto l'impero, come si verificò (al rileii-
scovato di Castello a patriarcato, invece re del Novaes nella Storia di Nicolo l :
di quello di Gratlo che soppresse, dichia- ma dissi nell'articolo Grecia e altrove,
rando protopatriarca di Venezia s.Loren- che veramente l'unione fu promulgtjta
zo Giustiniani allora vescovo Castellano, solennemente a' i 3 dicembre 14^2-. in s.
cou)e meglio dirò nel § XXI, n. 4- i^'' Sofia, ma fulh il suo scopo perchè lro[»-
colò Vneli47'2 coronò in Valicano colla pò lardi); ad onta che ave>se eccitalo i
corona longobardica Federico III d'Au- principi, particolarmente d'Italia, a (re-
stria e poi colla corona imperiale, insieme nare il comune nemico, e mandato a Co-
all'imperatrice Eleonora di l'ortogallo. slantinopoli 3o galee, cioè io a proprie
Colla medesima Federico III prima di s[)e>e,i o a (pielle d'Alfonso I, ei o de' ve-
recarsi a lioma volle visitare \'enezin, neziani (secondo Novues e altri), coman-
levato prima con gran pompa tli bar- date da Giacomo Loredano, e per legato
che dal marchese Corso d'EsIe, indi in- l'animoso cardinal Isidoro mtenoarcive-
coutralo dal doge Foscari nella regale e scovo di Kiovia, oltre l'arcivescovo di Ua-
superba nave del Ikicintoro, corteggiata gusa. Ma il Papa non secondato dagli al-
da immenso altro immero di barche. l'el tri principi, con dolore immenso wilesee-
Caiiid grande, i cui palazzi erano aiagin- spugnata Coslanlinupoli da'feroci turchi
V'jL. xr.ii. '4
2.0 VEN YEN
a'aq maggio 1 4t'3 (secou'ìr) il connine tic' t.itifo i veneziani tliedero aiuti all'iiifcli-
cronisii,eal(lire(lelconteGirolaino Dan- ce Costantinopoli, né lii adatto menzione
dolo a' 28 Qiaggio), nel giorno sagro allo delle galee [)onlificie, né di quelle tl'Al -
»V/;//77o iS'rt«/o(^A^.J, la cui piocessione dal fonso I. B'Misì conviene che il Loieclano
divin /'Vg/i»o/o negavano i greci scisinali- si rei^ò alla difesa di Gallipoli colle galee
ci, e nel sanguinoso eccidio vi perì Co- papali nel 1 44''*> ^ perciò sollu Eugenio
stanti no XII ultimo inijieiatoie greco. Il IV. Giunta a Venezia la notizia della ca-
dolente Pontefice, a iicu[)erare Coslan- dula di Coslantinopoli, grande vi fu lo
tinopoli, con bolla de' 3o settembre con smanimene), il dolore. La repubblica
fervore invitò lutti i fedeli ad unirsi per piocui atosi un salvacondotto, inviò al
fiir la guerra a'iurchi, inculcando instan- sultano l'andjasciatore liarlolomeo Mar-
lemenle a'pi incipi di pacdicarsi, massime cello, incaricandolo a persuaderlo the es-
Ira Alfonso I, i veneziani, i fiorentini, il sa coulinuavii a rimanere con lui in pa-
duca di Milano, e per le sue incessanti ce, come lo era slata col patire suo A-
cure si fece la pace che vado a dire, i^er nìurat 11 dopo la presa di Tessalonica,
essai veneziani accettarono la mediazio- inutilmente difesa da'veueziani, avendo
ne del loro patriarca Giu^tinlani, ma le già dal medesimo IMaomettoll ottenuto
trattative andarono a lungo, finché la neli4j>i la couferuia del trattato conve-
pace si olleniie per mezzodì fr. Simone nnto col genitore; ed eziandio di sco-
da Camerino, dolio, eloquente, di belloe sarla delle galee che diceva ritenute a
dignitoso aspetto (onde poi all'isola di s. forza dall' imperatore Costantino XII a
Cristoforo nella L.iguna, donala alla sua ddiesa dì sua città, di procurare, in fine,
congiegazionedi lAIoiit'Ortoue, perquau- che potessero lilornare. Dal complesso
to dissi nel § XVIII, n. 1 7, fu anche dato delle quali co'.e si vede che la repuhbli-
il nome di-Ila A?^^^, invialo ripetuta- ca , non sostenuta da' principi crìsliani,
mente da Venezia a Milano, dal l'apa, preoccupati a combattersi tra loro, lo-
dai doge e da altri principi al duca Slòr- suHicieute da se sola u far fronte a tut-
za, col veneziano l'aolo Barbo, si conclu- fa la potenza ottomana, tenne in questa
se in Lodi a'c) aprile i454- A' veneziani guerra una p<;lilica doppia e di as|)elta-
lurono restituiti i luoghi occupati, e si ce- zione, avrebbe voluto salvare Costanti-
de loro Ciema, e di tulle le sueconquisle no|ioli , ma dacché ciò era impossibile,
soltimlo conservando il duca (ihiiuadad- voleva evitare di compromettere inutil-
da, Caravaggio e altri luoghi, l'er le cure niente i suoi interessi commefciali nel
di Nicolò V, de'veneziani e de' fiorentini. Levante, e tenersi amico il sultano. Un
Alfonso Ma ratificò a' 26 gennaio 1 4 ^'J, fugace sguardo retiospeltivo la giuslifi-
ed il Papa la coulermò con bolla de' 25 cheià, ampiamente Irallandone il prof,
febliiaio. A' 3o agosto poi fu stretta al- Romanin. Le guerre d'Europa nella 1.^
leanza fi a il duca,i fiorentini e i Venezia- metà del secolo XV avevano favorito i
ni a comune difesa de'propri stali, con- progressi degli ottomani, per cui l'/^/^rt-
Irochiuntjue volesse turbare la quiete nia, \n Servi'a, in f^',ilatcliia, V Unj;ìic-
d Italia. JNella presa di Coslantiuo()oli vi i-ia, la TransiU'nniii , [a Polonia (F.) ^\
peri il bailo Girolamo IMiuollo e suo fi- trovarono di continuo esposte alle loro
glio Giorgio, oltre altri veneziani; 29, o incessanti coirerie. Il tiebole e con olio
più come poi dirò, rimasero prigioni e im[>ero di CosI.mliuopoli s'appiessavd
furono nella pace riscattali; le galee ve- alla sua finale e. dula; l'isole della Gre-
nele .si salvarono, poiché dal lungo, par- eia e ilell'ArLipel.igo di contmuo nun-.c-
licolareggiato e bellissimo racconto sto- ciale, la serie de' suoi signoii feudali
lieo del piof Homanin risulta, che sol- marittimi, a gran |'euu lesistcvuno agli
VEN Vl-.\ 2.(
assalti musulmani , e quelle (occale a' dò II pensiero, m.i p«rl;i i^ufiTa ili Lom-
iiobili veneziani aveano Jillc'iitalo il le- baidia tliflicilincnle avieLhe pollilo som-
game colla madie pahia , né la repub- ministrarli, ed udito ciò clie foN-seio per
blica poteva pieudeine cura, profittando fare le altre potenze italiane, Venezia
solamente delle occasioni pei- accrescere non mancherebbe della parte su;i, coli-
la propria influenza , la quale si fece cedendo intanto idi' impero nitro e co-
maggiure coll'aumenlar del pericolo per razze , die brumava ;ìCi|'.iì>1:ii e ; e poi
parte degli attncclii e de'conquisli de'lur- stretta Coslanliiiopoli da'luichi, gl'invio
chi. La repubblica non sostenuta dal- alcune galee, non potendo far altro pel-
le altre potenze avea dovuto concludere la guerra lombarda, vedendo impossibi-
a'4 settembie i43o la pace dAdriano- le di salvar 1' impero senza l'unione di
poli, dopo la perdila di Tessal(jnica, e di tutta Europa, la quale attendeva a coni-
avei'essa tolto a'turcbi il castello asiati- batter le proprie deplorabili guerre, e
co de'Dardanelli, e cos'i as^icurò il com- perciò i lamenti greci trovnrono appunii
niercio e la navigazione, le lei re e isole ascolto, e con una l'alale e inesplicabile
veneziane. Quando Zanacbio Turcello 0- politica si lasciò ingigantire la baibar.'i
ralore di Giovanni VII Paleoiogo ven- potenza maomettana. Solo l.i repubbU-
ne a descrivere a'veueziani la trista con- ca non ristava di scrivere replicnlamen-
dizione dellUngheria e di tutta la cri- te a JNicoIò V, perchè colle -«uè autore-
slianitìi, e che soio dalla repubblica pò- voli parole di [ladre universale movesse
teva l'infelice impero greco sperare soc- i principi all'unione contro il nemico del
corso, ridotto uriiiai alla sola c.ipilale;g!i nome crisliauo: il Papa con piii di ztlo
f.i lìspostu andasse prima dal re d'Un- rinnovò l'esorlazioni, ma trovò tulli fred-
gheria, già sempre loro ricusante pace e di e facenti vaghe e future promesse. In-
amicizia, e dal Papa, e che dopo aver oltie la repubblica scrisse all'imperato-
indagato l'animo loro e quanto fossero re, al re d'Ungheria, a quello d'Arago-
per fare, tornasse e si delibererebbe ciò na e delle due Sicilie, licordando le pi ov-
tbe fosse opportuno pel bene della reli- visioni per essa fatte e che sarebbe di-
gione. Le successive istanze e sollecilazio- sposta a fare; ma siccome per se sola non
ni della repubblica non [)rodussero alcun bastava, gli eccitava colle più vive e^orta-
fiolto. Sostennero con vigore le armi cii- zioui a nou lasciar perire una tanta cit-
sli.ine in molti incontri, Giovanni Unnia- là e a provvedere, colla salvezza di (pic-
ele, naturale di Sigismondo, td eioe del- sta, alla salvezza comuue. M.i Custanti-
V i ngìieiia e vaivoda di Traiiùlvanid; nopoli non fu difesa che da una [liccula
non che GiorgioCaslnota dello Scander- flotta composta di 5 g.ilee venete, 3 ge-
berg, allro terrore de' turchi, eroe del- novesi, una fraucese, altra spagnuolj e
r.//Aa/i/(7, princi[)edeir£'/;;/oeregolo di da alcuni legni minorii cailde a'culpi del
(70y<3; eziandio aiidjL-due animati e gran- formidabile esercito ottomano. Le terre
demente s<jccorsi da' Papi, liisfdula da e gli slati finitimi fecero pace col sull.nio
Maometto 11 la compiista di Costantino- pagando li ibulo; restando soU laiepub-
poli, costruito un castello sulUosloro, per blica, e non potendo sostenere lauto pe-
le susseguenti correrie turche sul di lei so, dovelte sollecitare anch'essa un uc-
terrilorio con guasti e piccoli scontri co' cordo, il (piale infatti fu dai memoratfi
greci, Costantino XII avea mandalosuoi Marcello recaio a termine a* i 8 aprile
oiatoii a invocarci soccorsideirUccitleii- i454, confermandosi il trattalo prece-
te, dal l'apa e da allri princijii, e special- dente , con piena libertà di commercio
mente della repubblica, annuendo a lui- a' veneziani in tulli i luoghi del sultano
le le sue anteriori domande; essa ne lo- per mare e per lerra . e cosi i sudditi
2 12 VEN
tlel suIU'Uio nelle tene veneziane. Nel
Irall.'tlo imono compìesi il duca di N.is-
so e gli alhi nobili veneti possessori del-
l'isole, l'aglieiehbe la repubblica i soliti
)36 ducati per Dalsa, Scutari e Alesàio,
Clio per Mepanlo. Continuerebbe il pa-
triarca di Costantinopoli a goder l'en-
trale che avea in lutti i luoghi della si-
gnoria di Venezia a'ieinpi degl'iaipera-
tori (dissi più sopra, che si recò poi a Ve-
nezia e vi ferff)ò la sua residenza, eser-
citando la sua gituisdizione sui Ialini di
Costantinopoli a mezzo d' un vicario in
sognilo insignito della dignità vescovile;
passò più tardi in Roma , ed occupata
Candia da'turchi ne perde le rendite, e
rimase patriarca in parLihits). La repub-
blica e il sultano non darebbero aiuto a'
loro nemici, ed i veneziani continuereb-
bero a mandare a Costantinopoli il pro-
prio console col nome di bailo , con fa-
coltà di governare i suoi nazionali. Que-
sta fu pace dettata dalla sola necessità,
come dimostrò il senato al cardinal le-
gato {forse Domenico Capranica, cheb-
))e parte nella pace di Lodi, fu a Vene-
zia e trattò pure la repressione della bal-
danza de'lurthi, come si legge nel Cata-
lani , De \'ìta et scriplis Domiìiici Ca-
pranicae Cardiiuilis,a p. loi e seg.),
mandalo da Nicolò V a Venezia a de-
plorarla, sia per liberare4o nobili e buon
nunicrodi cittadini restati prigionieri, sia
per liberare dall'ira nemica tanti luoghi
di Grecia e Levante, perduti i quali la
ferocia ottomana senza dubbio sarebbe
passata ad assalir 1' Italia, con massimo
pericolo del nome cristiano, e per coni-
porre le cose in modo che il superbo
conquistatore non passasse più oltre. Es-
sere necessario che il l*apa pacificasse i
principi cristiani e gli unisse tutti in for-
te lega contro il comune nemico, ed al-
lora i veneziani non mancherebbero del-
l' opera loro e pronti a vantaggio della
icligione cristiana. Accettò la repubbli-
ca sotto la sua protezione l'isole di Sciro,
Schialo e Scopulo; giuslificandosene col
VEN
sultano. I genovesi ebbero altresì ampli
privilegi,econservarono per qualche tem-
po ancora un vivo commercio nel mar
Nero pel possesso di Caifa. La su[)rema-
zia veneziana invece in que'mari cessò e
ne derivò grande scemamento alla pro-
sperità nazionale. La perdita quindi di
Costantinopoli si fece sentire a principio
più dolorosamente che altrove a Vene-
zia, ma anche il resto d'Europa non tar-
dò ad accorgersi di sua inavvedutezza nel
non soccorrere a tempo il greco impero;
grave errore e colpa, che non tardò d'es-
serne punita, come osserva il eh. Roma-
nin nella sua Sloriadocuinenlatadi P e-
ni'zia. Il conte Girolamo Dandolo fa pre-
cedere i suoi studi storici sulla Caduta
della repubblica diFenezia, da un sun-
to storico della caduta di Costantino-
poli in potere de' turchi, quindi dice. II
giorno della caduta di Costantinopoli,
ultimo avanzo dell'impero, e della mor-
ie di Costantino XII segna l'epoca veia
da cui prese a scadere la potenza de've-
neziani. Fincliè, decrepito e vacillante
sussisteva il fantasma del greco iujpero,
la repubblica, ormai libera da ogni an-
gustia per parle^di Genova antica sua
emula, poteva tenersi, quasi, in maggior
sicurtà per le molle sue possessioni d'O-
riente, e pel suo ricco commercio in que'
mali, allora il maggiore del mondo, che
per le nuove provincie da ultimo aggiun-
te a' suoi dominii d' Italia, specialmente
sotto il principato glorioso dell'illustre,
eppure infelicissimo Francesco Foscari.
Arroge quanto eloquentemente soggiun-
ge il prof Romanin. Dallo strepilo del-
l'armi, dal tuonar de'cannoni, d;dla stra-
ge de' po[)oli, ci richiama un fatto do-
mestico , di grave importanza ; uno di
que'falti che per la natura loro patetica
e per la tragica catastrofe, da cui non so-
no disgiunti, mirabilmente si confainio
coil'iiumaginazione poetica e romanze-
sca, la (piale non lasciò di pi olìttarne, al-
terando la verità, creando narrazioni che,
tranne i nomi de' personaggi, poco più
VEN VEN 2i3
liinnoili storico. Il veneto Francesco ÌM." picrrCisxìma^ la quale perchè reggevasi a
Piave, autore ilei libro; I due Fosca ri patrizi, osteggiava le democrazie sempre
(ragcdia lirica, posla in nuinca dal inae- tumultuanti, e preda e mancipio de'de-
stro Giuseppe f^e.rdì pel (eatro di Tor- magoghi, die diconsi popolo, e intanto
ìe Argenùna, l'autunno del iSi{^,Roma opprimono e popolo e grandi, e virtù e
tipografia Ajani, confessa d'aver dovuto maestà, e religione e giustizia! " Nel 1441
dar passo ad alcune licenre che si ponno si celebrarono le nozze di Jacopo, (jnico
scorgervi facilmente, perciò sperare in- superstite de' 4 figli maschi del doge Fo-
dulgenzn dal culto lettore (nell'istesso an- scari, con Lucrezia di Leonardo Conta-
no abbiamo di un milanese : La fami- rini, e grandi furono le feste di straordi-
glia de' Foicariy dramma storico di naria e regale magnificenza, e ad uno
Giacinto Battaggia, Milano i844-i^^<^ de'lornei prese parte un Francesco Sfor-
diè contezza Stanislao Gatti nel Sag- za. Era Jacopo giovane colto, distinto
giatore Romano, t. 3, p. 206 e me- grecista, chiarissimo pure nelle lettere
glie ancora a p. 3 io). Tuttavia =e me- latine, raccoglitore di mss., amore e con-
no male se silFatte alterazioni solo nelle forto del padre suo, amalissimo sposo,
poesie e ne' romanzi si leggessero; ma gloria della patria, speranza della repub-
vari storici altresì, per inscienza delle si- blica, magnanimo e valoroso; ma ilimen-
cure fonti, o seguendo popolari tradizio- te piuttosto leggera, amatore de* piaceri
ni, qua' racconti accettarono a sempie della gioventù edel largo spendere. Tre
maggiore scapito del vero. Laonde il pa- anni erano passati del suo matrimonio,
trio e sincero storico pose ogni cura nel- quando cominciò quella lunga serie di
lo studiare di proposito le miserande vi- sciagure che amareggiar doveano quin-
cende di Jacopo Foscari e la deposizio- d'innanzi senza posa la vita sua e del
ne del doge Francesco suo padre, al giù- vecchio padre. Ripetutamente nel riferi-
sto scopo di potere colla scorta de'docu- recoU'iUustre prof Romanin le Promis-
meiiti, come in tutta la sua storia prò- sioni ducali , dichiaiai le severissime e
cede, mettere possibilmente in luce una spesso rinnovate leggi proibitive con ri-
parte .sì iiileressaiite e commovente del- gore al doge e a tutti di sua famiglia
la veneziana storia, e sceverarla dal ro- d'accettar doni da chiunque e sotto qua!
manzo. Ben a ragione egli piima prote- si fosìe pretesto. Jacopo quindi fu accu-
sta, che già avea compiuto i suoi studi sato d'averne ricevuto da parecchi citta-
sui Foscari, quando fu pubblicato il se- dini e da alti personaggi per far loro ot-
guente opuscolo, in cui vi riconosce au- tenere per broglio benetìzi e grazie, il
toi evolmente confutate l' inesattezze de- consiglio de'Dieci trovò la cosa di molla
gli storici antichi e moderni su questo importanza, e a'17 febbraioi445 comin-
grave argomento. / due Foscari. Ale- ciato a procedetesi fece aggiungere io
r/ioriestorico critiche di Francesco Ber- nobili, imponendo alto segreto. iVondi-
Lun'cneziano, Torino 18^2. .Alerilò che meno pare che Jacopo penetrasse (pianto
ne ragionasse con lodi la Ci\'illà Caltoli- contro di lui si agitava, perche quando
<v.', T./ serie, t. 5, 4> ^^Q- " Così il Rer- nel dì seguente fu ordinato il suo arre-
lan, ila pio figlinolo e da leal cittadino, sto, non fu più trovato, velocemente e
senz'animo di pute difende la patria as- con molto oro essendo evaso a Trieste.
Salila di continuo dalle calimuie di mol- Importando assai ch'ei non fuggisse iu
ti storici che la disfavoriscono, e dalle terra stramera, a' K) si decretò fosse pie-
l'osche immaginazioni de' poeti , che di so ovunque si trovasse. Nello stesso gior-
cotesle calunnie fanno arnie per mette- no fu latta provvisione, che onde ciascu-
le in abburrimeulo una repubblica su- uu potesse parlare liberamente secondo
2i4 VEN VEN
coscienza, né il doge né i parenli suoi Dieci. Tulio fu inutile; ed il consiglio a'
iiotessero intentale per l'avvenire alcu- 7 aprile, confermata la stia sentenza,
ria azione, né es'ìer giudice a danno di confiscò i beni di Jacopo e proil/i l' in-
nlcuiiodegli alliinli membri del consiglio, leicedere grazia a suo favore. Per aver
e che ogni qua! volta si trattasse delle il consiglio proceduto senza la consueta
cose conceinenli Jacopo Foscari, il doge energia, per suo decoro nel i 44^ ^^ "^"
r i suoi parenti (ossero espulsi; e tutto- minala una giunta a provvedere, senz'ai-
ciò secondo la legge antichissima già di- lerare la pronunziala sentenza. Passare-
scoisa. Dopo rpiesto, ognuno giudichi no 5 mesi senza che Jacopo si partisse
qiial ie(]e meritino le romantiche descri- dj Trieste, tiattenulo da grave itifertui-
zinni di Darti, (ialibei t e Laugier. Qnin- tà, ed il consiglio nella sua erpiità e mo-
di fiilse le loro as'^er/ioni che il doge derazioue riconobbe validoTimpedimen-
presiedè al giudizio del figlio, e che que- lo. Anzi fu così indulgente, che a'28 no-
sli dalla sua bocca udì la propria con- vembre commutò il confinamento in Tre-
daiina. Laonde, con lagione ammonisce viso e nel Trevigiano con facoltà d'abita-
il prof. Romnnin: Della storia di Vene- re in campagna. Colà infallisi recò Jaco-
zia si è fallo abbtsianza romanzo e sa- pò, né alcun mutamento portò a tale
lebbc ora di (inii li ! Cominciò quindi il deliber.izione la scoperta poi fatta nel
processo in contumacia, per non essersi i447 d'ima cassa conlenente 10^0 du-
preseiitalo Jacopo, e per la realtà della cali e argenterie, mandali dal conte Fran-
colpa ne uscì sentenza che fosse da una cesco Sforza, per confessione del Simonet-
galea preso in ^J'riesle e rilegato a Na- ta ; anzi a*i3 settembre il doge presentò
poli di UouKii)iit,coii obbligo di preseli- al consiglio comrnoveiitissima supplica,
tarsi ogni giorno a quel rettore, oltre al- licordando la sua vecchiaia infelicissima,
Ire prescrizioni ; e se ricusasse partire tormenlata dal pensiero di non poter fa-
colla galea, dovesse considerarsi qual fug- re quanto dovea e bramava per la re-
gitivo e come tale arrestato ovunque e pitibblica, aggravato da incomportabili
condotto a Venezia si decapitasse tra le alfanni, preci()uau!ente dal trovarsi pii-
due colonne. Si procede poi contro il iW vo dell'unico (ìglio riiuaslogli , il quale
lui servo tedesco Gaspaie partecipe del- colla moglie , i figli e domestici , erano
le niangierie, e fu condannato a due an- tutti aHIitli da pericolose febbri a Rie-
ni d'esilio. Si destituì il capitano dei por- sire; implorando infine il ritoiuo iu pa-
lo Oliviero albanese, per aver fiivorito Iria all'infelice figlio. Il consiglio, lutto
la fuga di Jacopo, statuendosi che tale ponderato, l'esauilì. Passarono circa 3
nfdzio dovesse csercilarsi d'allora in poi anni, e senza conoscersi qiml contegno
da un originario veneziano. Allro servo Jacopo iu ipiel tempo tenesse, nuova e
tedesco conqìlice fu espulso dal servigio l'alale sciagura venne a colpirlo. Sembrò
del «loge, così un terzo famigliare. La pesare un tremendo destino sulla casa
dogaressa domandò di poter abbracciare Foscari, e quel principe il cui nosne suo-
l'amalo figlio da Trieste prima di sua nava famoso in tutta Europa ed altrove,
]>uilen7.a ; e da' nuovi capi del consiglio era condannalo a menar vita d'amarezza
le fu negalo. IMa Jacopo non ubbidiva nel proprio'palazzo ! A'5 novendjre 1 4^'©
di pjirliie coll'inviala nave ; per cui il lirmolao o Almorò Donato, illustre per
consiglio eccitò il doge d'usare l'autorità nascila e per magistiature, stalo uno de'
paterna e di principe per indurre il fi- 3 capi de'Dieci nella i.'' condanna di Ja-
glio a sottomettersi, e a non perseverare copo, venne ucciso nell'uscire dal palazzo
nello scandaloso esempio di resistenza al ducale. Nel dì seguente si raccolse il con-
legolarc procedimeulo del consiglio de' sigilo, per la gravità del fatto domandò
V E N V EN 2i>
ìa sdlita ag^'mnla, poi ordinò dilii^enlis- sconti, di cui ben si conoscevano le arti,
sinie ricciclie e promise pieiuii a chi piiiUoslo c.lie sul donjp, il rpjale mai aveii
scoprisse il colpevole. Profondo mistero dato segno di cnideltn. Niun indizio e-
copriva il delillo. ad onta delle minnle sislendo ne'docmuenti di tal accusa con-
indagini, finché a'2 geniiaioi 4?' fu por- tro i Foscari, non può darsi credilo al
fata una denunzia sotloscriltfi da Anlonio narrato di qualche cronista, che Jacopo
Venier per cupidigia della taglia, come figlio di Pietro Loredan dopo la morte
inutilmente avvertì il cfinsigliere Luca di questi scrisse in un suo libro di ne-
da Lezze, onde sospendere la procedura; gozio quelle due morti a debito del do-
quindi improvvisauiente seguì to-ito la gè, e ottenuta che n'ebbe vendetta , ag-
caltura di Jacopo Foscari, confermando giungesse di contro le parole: L'ha pn-
i sospetti su di lui 1' accennata magi>;tra« fritti. O come altri vogliono, alla morte
tura dì Er(nolao e certi segui di mal a- del doge segnò di contro alla partita : /
nimo tra loro, ed anclie per averne Oli- Foscari a lui flebilon di tlue {•ite, le pa-
viero Sguri seivo del Foscari, nel tlì se- role: F Foscari mi }iar,nn pagalo. ÌL Ud'
guente dell'assassinio per tempissimo tociò, aggiungono, peichè Jacopo erede-
parlato a Mestre, anzi nella sera in cui va la voce sparsa d' esser morti il fratel-
fu commesso aver giralo per la piazza lo e il padre di veleno, onde lo scolpì
di s. Marco. Tulli indizi e fondamenti sulle loro tombe, e ritenerne autori i Fo-
deboli e fuor di ragione, che a quanto scari. Ma se Jacopo avesse veramente
si narra, erano però f.illi valere ilalla fa- creduto il tioge reo di quelle morti, os-
luiglia Loredan nemica de* Foscari, [)ei' serva il prof. Uomanin, perchè non pro-
le cause che vado a imlicare. l'ietro Lo- muoverne il processo, perchè non farne
redau ammiraglio e capitano generale, cenno allorché tanto si adoperò, come si
competitore del doge F'»«cari nell'elezio- pretende, per la sua destituzione? Laon-
iie,comegi;i narrai, era illustre per lecose de non può ammettere, se non con mol-
opeiale in Levante, pei aver frenato la lo riserbo, che le sciagme di casa Foscari
plebiglia terribilmente insorta in Vene- fossero opera dell'odio de'Loredani. Un
zia per eccesso di gioia olla voce sparsa tribunale allo scopo di scoprire un de-
del riacquisto di Brescia, per aver riordi- litto deve ad ogni modo farsi coscienza
nato l'araiata del Po contro il Visconti di tutti gì' indizi e cercare di seguirne le
e poi con valore combattuto. Anche nel- tracce fino all'ultimo. Quindi arrestato
la bella e maschia elorptenza egli ilispii- nello stesso giorno della denunzia Jaco-
lava la palma al doge Foscari, il (juale pò Foscari, come dissi, fu mandalo tosto
ne sentiva non poco dispeilo, ma dissi- a interrogare Andrea Donato fiatello del-
mulando. A tultociò aggiungasi, che pe' l'ucciso, per sapeie da lui se mai avesse
soprusi in Legnago di Andrea Trevisan udito parole o conoscesse fatti che avva-
genero del doge. Marco Loredan, fiatel- lorar potessero il sospetto contro Fo-
lodi Pietro, verificatili lo condusse a Ve- scari, tanto più che Ermolao era spirato
nezia ove fu severamenie punito. Ma es- il 7 novembre , dichiaraiub; perdonare
eendo poco dopo morto IMarco, fu sup. l'incognito uccisore. A'c).(3 marzo termi-
posto di veleno. Ed era avveiuito ali re- nato il processo e lisultando, come si e-
sì, che Pietro malcontento della condi- sprime la sentenza:» per le leslimoniau-
zione della sua attuata, nel 1 438 avendo ze e le scritture, essere Jacopo Foscari
doiuandato tornare a Venezia perchè in- veramente colpevole dell'uccisione d'Er-
fermo , poco dopo vi morì egualmente molao Donalo, sebbene, a cagione della
con sospetto di veleno; sospetto che do- debolezza del corpo suo e di alcune pi-
vea pili r;igiouevuluiciite cadere sul Vi- role d'incanto (cioè sì volle attril)uii-e a
3i6 VEN
falUiccliieiia la sua lesisleiiza) da lui n-
sate, non siasi potuto ollencre dalla sua
l>occa quella verità che usuila dalle sud-
dette sciiiture e teslinioniaiize, solo inor-
moraiido tia'deiili sotto i torineuti della
KOI da, parole nou iiilelligdjili". Mancan-
dosi della confessione e della piena evi-
denza, venivasi a condannarlo al confi-
namento alla Canea nell'isola di Candia,
di clima eccellente con frequenza d'abi-
tatori industriosi, ove poteva menar vi-
ta comoda; nja lungi dalla patria, dalla
moglie, da'figli, da' genitori vecchi, da'
parenti e amici. JN'eU' imbarazzo in cui
Irovavasi il consiglio, prese quel parlilo,
lìnchè il tempo avesse recalo maggiori
schiarimenti. Fu esortalo il doge alla pa-
zienza, Inaudito il servo Oliviero (dopo
aver sostenuto ben 80 squassi di corda
e negato la colpa di cui era accusato il
signor suo, come trovo negli Annali Ur-
l/i/ni del JMutinelli, che non poco ragio-
na di Jacopo slbrlniialo, che a fronte ile'
dolori del tornienlo soslemie la propria
innocenza), assegnati 200 ducati l'anno
all'accusatore Venier e suoi figli, olire il
porto delle armi con altri s-noi fidati.
L'animo però leggero e intollerante ili
Jacop(; non poteva so[)portaie qiiell' esi-
lio e venne a disperala risolnzione. E
(pii i cronisti e storici accunudarono lan-
le inesattezze, che de' loro racconti for-
marono un vero romanzo, accresciuto da-
gli >tranieri eda alcuni model ni, [)erecci-
lar a favor suo la più viva compassione,
e tulio rabborrimento contro i giudici.
INon Uieritano riferirsi, risultando tot-
l'altro da'dcjcumenli, nondimeno solo ac-
cennerò. Non potendo Jacopo più viver*;
senza rivedere l'amata [)alria, scrisse al
«luca di Milano a farsegli intercessore pres-
so la signoria: il foglio cadde in mano
«le'lJieci, onde Jacopo ricondotto a Ve-
nezia confessò d'avere scritto la lettera,
ina pel solo desiderio di rivedere la pa-
tria, n costo anche (ìi ritornajvi prigio-
ne ; e non polendo litornaie a Venezia
per vivere iu essa libero, volle almeno
VEN
cercar in essa il supplizio. Ma ecco quan-
to narra il prof. Komanin. iVel giugno
i^'jG il lettore della Canea istruì il con-
siglio de'Dieci, che Jacopo inviò letlere
ali imperatore de'turchi perchè mandas-
se una galea a levarlo da quelle strettez-
ze e [)ene dell'esilio; ed anche a France-
sco I duca di Milano, il quale era allo-
ra in pace colla repubblica , da poterne
derivare nuovi scandali e disordini. Par-
te del consiglio o[iinava incaricare il go-
vernatore di fargli una severa riprensio-
ne, e che pensasse a vivere modestaineu-
te; ma invece fu vinto il partilo di far
venire immediatamente lo slesso Fosca»
ri a Venezia co'suoi servi e qualuncpae
scrittura trovata in sua casa. Giunse l'in-
felice a'21 luglio, e nou trovandosi cen-
no di tortura inflittagli, pare clt'egli con-
fessisse il lutto spontaneanienle , e già
0*24 liallavasi della condanna. Cinque
consiglieri, fVa'(juali Lorenzo Loredano,
e 5 altri proposero rimandarlo alla Ca-
nea, previa buona ammonizione, cui ag-
giungeva un anno di carcere Zaccaria
Valaresso. Ma Jacopo Loredano , figlio
di Pietro e nipote di Marco, defunti sun-
nominati, uno de' capi del consiglio de'
Dieci , appoggiandosi a quanto erasi a-
vutu dalle lettere, scritliire e deposizio-
ni di lauta importanza all'onore e allo
stato della repubblica, metteva innan/.i :
la morie per decnpilazioiie Ira le due
colonne! Ogni pioposta fu messa a'suf-
f'ragi, secondo il solito; la piìi mite n'eb-
be 2, la più cruda 7, vinse con 22 qiicd-
la del rinvio alla Canea con un anno di
carcere, coir ammonizione , che se più
scrivesse a'principi, in quella prigione fi-
nirebbe la vita. Gli fu concesso nello stes-
so 24 luglio e fino che stasse nella Tor-
ricella, allendendo il momento per parti-
re per la Canea, di poler rivedere la sua
famiglia, che ivi andò a visitarlo. L'ulti-
mo commiato fu una di quelle scene del
piti sublime genere tragico, di alfcilo e
di grandezza ; ma sliaziunte j)er le la-
grime, i singulti, gli ultimi abbraccia-
V E N V E N 2 r 7
melili clic f accompngnarono. Il fìgliij di Catone, piulloslo clie un neruico per-
pregò 11 padre pel suo liloiiio, e (piuslo sonale del Foscari). Rispose il Foscari,
til' iiigiiiii5e ubiiidienzn e ra^'^egnazioiie. fia le alti e cose, non volersi decidere ne
Pallilo Jacopo [ler la Canea, non lasciò al s'i né al no, ma conservare la propria
il dcige d'iuloperaisi in suo favore, ed al- libertà. Vei le quali ullre cose, si liaimo
Ili si maneggiavano a ottenergli grazia, cerio ad iiileiidere le proprie giuslilica-
(jnondo giunse notizia che a' i 2 gennaio zioui e il richiamo a quelle leggi che la
1457 lo sventurato era morto in carce- de[)osizioiie d'un doge facevano dipen-
re di cordoglio, lasciando il figlio Nicolò dcre da'suffiagi de'cousiglieri colla mag-
edue figlie. X tanto colpo non [loteiido gior parte del gran consiglio. Riferita
resistere il vecchio doge; aggravalo dal nel di seguente la risposta, sorsero varie
dolore e dal male , si lro\ò inqiotente opinioni, e prevalse la già decretata, cioè
d'attendere alle cose delio slato. Il con- che dipendeva dal loro consiglio la desti-
sigliOj essendo uno de'capi Jacopo Loie- lozioiio del doge, dover egli rinunziare,
daii, considerando i gravi inconvenienti e nel termine d'8 giorni uscire di palaz-
che ne derivavano dall'incapacità a cui zo, col detto assegno a vita, e pena di
era lidollo il doge, a provvedervi cliia- confisca di lutti i suoi beni se liriulasse
niò l'aggiunla di 25 nobili, e fu una u- ubbidiie. L' iiitiniazione fu fitta nella
surpazione di potere del consiglio de' iiialliiia appresso 20 ollobrei 4 jy, e il
Dieci, che altre volle ancora si permise, vecchio Foscari dovette ubbitlue, e fu
poiché dovevasi procedere co'6 consiglia- deposto; trattogli quindi l'anello ducale
li del doge e il maggior consiglio. A" 2 i di dito fu spezzato alla [irescnza de' cou-
otlobre i capi preseiilarono una proposi- siglieri e de'capi, gli furono levali il ber-
zioiie mista d'acerbezza e di blandizie, retto duoyleeil fregio d'oro di testa, ed
colla quale dimoslrandosi griucoiivenien- egli protnise duscire di pala7zo e di re-
li gravi che derivavano per tenersi il do- siiluirsi alle case sue a s. Panlaleone. Nel
gè lontano dal governo, l'inabilità a cui dì seguente 24 ottobre parli dal palazzo,
era giunto per l'età decrepila, s'invitas- volendo scender la scala per la quale a-
se per la sua grande carità verso la pa- scese al tlogado. « Cosi il vecchio doge
liia a rinunziare sponlaneaiiiente , col- in età d'84 anni, dopo laute licende di
l'avvilitivo assegnamento annuo di 1 5oo letizia e tli dolori, con disinvoltura de-
(o 2000) ducali d'oro. Dover dare la ri- poneva quell'autorità che avea per 04
sposta nel d"i seguente all'ora di 3." Si anni sostenuto con tanto splendore, seen-
ucarono dunque i consiglieri ducali e i deva in silenzio, solo da' parenti e fami-
capi del consiglio al doge e riferirono la gliari ficcompagnato , per quella scala
deliberazione de'Dieci. Fu incaricato Ja- per la quale era tante volle entrato in pa-
copo Loredan, siccome il pili eloquente lazzo, corteggiato, celebralo, ciulo di taii-
e che molto accomodamente parlava, il la gloria^ lieto di sì belle speranze, alle
quale esposta ch'ebbe la sua missione, in- quali invece erano succedute le più acer-
col|tandone la sola vecchiezza e infermi- be amarezze nella vita privata, l'umilia-
lu del tioge, la sua passata vita aver ono- zione immeritata nella pubblica 1 " Però
rato la patria, e [ìoi gli chiese perdono l,i città, e alcuni nobili speciahiieiitespar-
(Dice il [)rof Romaniii, cpieslo conforto e laiono con isdegno dui fatto , dicendosi
ipjesto |)arlare non combina punto coila che poco più restandogli di vita, si do-
vendetta della morte del pache e del vea lasciarlo finire in dogado; ma il con-
zio e con quel famoso registro: l'ha pa- sigilo de'Dieci ordinò il più assoluto si-
iiatu. Egli inclina a credere il Loredano lenzio, sotto pena di morte. Nel medeii-
liu riguioòu ObSti valor delle leggi, sul far luu gioì no si adunò il maggior consigao
2i8 V E N V E IV
per provfpdere all'elezione del doge fu- decessore; 1^ signoria, i piagnitori fune-
turo, ed il governo venne inlerinalinen- lui, tulio il cleio, tulle le scuole. Sia-
te trasferito ne'consiglieri e capi de'Qua- vano intorno .d corposo gentiluomini
ranta. Il consiglio de'Dieci non osò spin- colle vesti di scrulntlo, e la barn era por-
gere piìi olire il suo potere. Atizi fu pò- tain da'principnli marinari sotto un om-
.sto freno fiIl'aI)uso di potere de' capi de' hrello di panno d'oro con solenne pompji
Dieci, e decretato non doversi il consiglio e grandissimo numero di ceri per tullu
piìi ingerire in futuro di rpianlo si rife- la Meiceria lino alla chiesi «le'Frari, ove
riva alla Promissione ducale, eccetto il recitò l'oraziuue funebre Bernardo <jiu-
caso di fellonia. I! imovo doge fu eletto sliniani (<lalla quale si trae clie il doge
a'3o ottobre verso le ore 1 5 e mezzo, e solo dopo molti lentalivi di pace e a
Francesco Foscaii mot 1 il i ." u»veu>bre malincuore s'indusse finalmente alla
nella 1." ora del giorno, il che smenlisoe guerra contro il Visoonii), e depDsto in
l'altra favola, rimarca il prof, Pujmaniu, magnifico monumento. 11 cav. Mulinelli
die il doge morisse di crepacuore all' u- altacnente l'encomia, massinse la sua for-
dir suonar le campane a festa per la no- za d'animo nel mandare a perpetuo esi-
mina del nuovo principe. Per altro pò- lio il (iglio, la sua straordinaiia iinper-
trebbesi conciliare tale discrepanza, col lui babilità di spirito nel rintmziare ai
dire: morì mentre si festeggiava l' elezio- ducalo, con interessanti parlicularilà, e
ne del successore, oppresso da uìaggior riporta re[)ilalIlo sepolcrale col mauso-
cordoglio, come seud)ra dire Paolo Mo- ieo innalzatogli dalla famiglia, il suo
rosini, Ilislorìa di ì' cnelia,^. 5^ì>. Se principato è per gli avvenimenti tanto e-
anzi si consitlei a elle tra l'ora della elezio- sterni elie interni, uno de' più tnefnora»
ne del successole, e rpiella della morte bili nella storia veneziana, il perchè e
del Foscari, non corsero che circa 4oote; per la ilolorosa avventura domestica , e
e che il snmio delle campane per l'elei- pel traditore Carmagnola, fui più pro-
to non potè non piombare sul cuore di lissoin proporzionede'cenui su quelli de-
quel principe sventurato; tulio avvalora gli altri dogi, il prof. Piomanin conclude
e l'autoiitcà del Morosini e quella della le sue importanti considerazioni sul lem-
■\'oce pid)blica. Questa notizia saputa da' pò del dogado Foscari, con queste paro-
consiglieri ins. Miuco, si guar<larono l'un le. » Così la gloi'ia militare, gli acquisti
J'allro muti: il limoiso d'avergli accur- di teriitorio, le feste, le magiiilicenze che
ciata la vita forse pesava sulla loro ani- formano la parte luminosa del principa-
ina. Gli furono decretate solenni esequie lo di Francesco Foscari, bastavano ap-
a spe*e pubbliche , renitente la moglie pena a coprire i mali interni onde la re-
Marina Nani, che disse quello essere va- pubblica cominciava ad essere afllitta e
no e tardo compenso a'dolori recatigli : che inevilabibneiite dovevano segiiire al-
saprebbeelladegnamenteonorarlo,qoan- le nuove coudizioni in cui essa era en-
do avesse pure a vendere parte tli sua Irata". Quest'ultime espressioni alludono
dote. 11 giovedì 3 novembre fu portalo alle conseguenze de'danni derivali dalla
il corpo del defunto doge nella sala de* perdita di Costantinopoli , alla diminu-
fiignori di notte, col berretto ducale in zione delia stima delle case, allo scadi-
capo, Cogli sproni d'oro a'piedi eia spa- mentode'viglielli de'prestili, all'industria
da a lato, e colla toga, giusta quanto pra- degradata, alla rovina de' mestieri , allo
ticavasi nella morte de' dogi. Accompa- scemamento della popolazione, alla (ni-
gnavano il feretro Io stesso nuovo iloge norazione d' introiti, all' esausto erario,
iu semplice veste senatoria, poiché 1' in- Ma ninna parola trovo sull'innocenza di
segue ducali ornavano ancoia il suo [ire- Jacopo Foscari uell'uccisione di Ermo-
V F N V E N 2 1 9
lao Donalo, che diversi sloiici alTermano i pnrenli ili casa Foscaii : la tortura poi
essersene palesalo autore il nobile vene- era in tulli i tribunali d'Europa; e seb-
to Nicolò ErÌ7.zo prima di n>orire, con- bene ne'docuraeuli del processo Foscnri
fessione che volle si piibblicas>e a djscol- vi siano registrati i più minuti particola-
pa dello sventurato Jacopo, liè nianc.t- ri, non è detto verbo uè dell'essersi di-
ne quelli che asseriscono, aver 1' Enzzo laniato il Foscari (fra'lormenti della tor-
ronfessato il suo delitto mentre Jacopo tiu'a), né che il padre il visitasse in letto
subiva perciò la condanna alla Canea, quasi moriente, ma sì in un andito dei-
onde reclamò contro l'ingiustizia. ÌMa il le carceri , segno aperto che il giovane
Veludo biografo del doge, dice questo camminava, e potè accogliere i parenti,
morto '• senza aver almeno il conforto di Queste sono le difese che il Cerlan alle*
Tedere sco[)erla l'innocenza del tìglio, se ga pel consiglio de' Dieci, e v' aggiunge
a consolar tm padre de'suoi dolori può ch'egli non è lecito W detrarre ingiusla-
mai giovine un'innocenza irreparabil- weiitc a morii, e massime a nostri nior-
mente punita". Leggo nel cav. iMutinelii. //. Della deposizione poi del vecchio do-
li doge Foscari morì nel di seguente do- gè Francesco Foscari, padre di Jacopo,
pò l'elezione del successore. » Foco dopo dice che la decrepitezza non dava diril-
il vero autore dell'assassinio di Ermolao lo alcuno al consiglio de'Dieci di deporre
Donalo scoprivasi in Nicolò Erizzo; ma il principe della repubblica (noteiò col
Jacopo F'oscari morto giù era in prigio- Romanin, che nel i544'olevasi proporre
ne, ma il doge Foscari, parimenti più la destituzione del doge Laudo per infer-
non vivendo, aver non potea la conso- mità , con assegno vitalizio di ducati
lazione di vedere almen cancellata la in- 2,000, e in morte funerale da principe,
famia del figlio. Appagato così l'odio ma non se ne fece nulla), e narra che
de'Dieci verso i Fo^cal•i, maggiormente codesto abuso di loro autorità fu cagio-
compiulo essere non poteva il trionfo lo- ne, che il gran consiglio di stato toglies-
ro". Dice la Ci^'iltà Catto lice, che il Ber- se d'allora innanzi a quello de'Dieci ogni
lan da storico severo e senza spirito di balia sopra il doge". Nel dogado del Fo-
parle, rovi>lane!o negli archivi gli antichi scari si edificò la paite del tlucale palaz-
documenti, trovò sulla pietosa storia.» i .° zo dal cantonale ov'è scolpita la lìgura
Che il giovane Jacopo Foscari verauieu- di Venezia, fino alla porta della Carla,
te avea trattali segreti col duca di IMila- di cui parlai nel § il, n.i, o voi. XC, p.
no, il quale era sempre in guerra colla 224; si compì la sala del maggior consi-
repubblica di Venezia , e fu vinto dal glio; s'intonacò tutta la facciata del pa-
doge suopadrc.2.°Cheil giovane Foscari, lazzo a quadri di marmi rossi e bianchi;
se non fu confesso, fu convinto d'aver a- si eresse una loggia a Rialto, presso il
Tuto mano nell'omicidio d'Almoiò Do- ponte sul Canale; nuove strade si apri-
nato. 3.° Che il Foscari dalla Canea non rono ivi e altrove, ed altri pnbhlici lavo-
iscriveva fintamente al duca di Milano, ri. La presa di Costantinopoli e delle al-
ma che scrisse persino al gran sultano tre parli del greco impero, fatta da' tur-
de'turchi , acciocché mandasse galee ar- chi , cacciava miseramente a vagare iit
mate a levarlo di furto dalia Canea; de- terre straniere gran numero di profughi,
lini capitali tulli tre giunta U; leggi di e tra questi principalmente coloro che
Venezia, Non è vero nulla che il vcc- sei bar volevano il sagro tesoro delle let-
eh io padre fosse presente a' processi , e tere, e che trovarono asilo, prolezione,
mollo meno alle torture: poiché anzi giù- benevolenza io Venezia , come pure in
ravaiio i consiglieri di guardare il piìi al- Firenze, Roma e in altre parti d' Italia,
to segreto, uè erano ammessi al giudizio e vi riaccesero l'amore per le Lettere bel-
220 V li N VE X
le, eli che riparlai nel voi. LXIX, p. Oiii. la 2;ucii'o di !\Iorea, non consentiva alle-
La più ricca fonte del sapere fiori allora f>iez2e e baldorie che fossero di peso al-
tra'^eneziani patrizi, così nel secoioXVI, l'angustiato erario. Imperocché, tenendo
i quali con grande amore attendevano il duuiinio del Peloponneso i Paleolo£;hi
agli studi e raccuUero distinte libreiie, fratelli dell'idtinio imperatore, cioè De-
thecelebrai nel § XV, n. i. Ptileva il prof, raelrio a Spaila e Tommaso a Patrasso,
l'iouianui, che nel secolo XV non eravi anziché unirsi in perfetto accordo con-
ramo dell'umano sapere che non fosse tro il comune nemico , si odiavano tra
splendidamente coltivato in Veneziajnia loro mortalmente, e in guerra co'ribel-
aggiuiige, che le lettere erano in essa co- lati albanesi, olTrivano facile occasione a
me il governo, aristocratiche, cioèoccu- Maometto II di conquistare i propri do*
pazione speciale de'nobdi; né quesl'anio- tninii, coiue avea fatto d'A'cne avanza»-
re de'patrizi agli studi venne ne[>pur me- dosi nella G/rcm, ed esegui poi l'occu-
no ne'lem[)i calan)itosicheseguuono,aii- pazione di tutto il Peloponneso. Ancor
zi più di splendore acquistò nel X\ I vivente il doge Foscari nel i455 al de-
secolo, finito Nicolò V era successo l'8 aprile nel
20. Pasquale Malipìero LXT'I do- pontificato Calisto 111 , il quale avendo
gè. A'3o ottobre 14^7 fu eletto doge do- latto volo giurato da cardinale di fir
pò le orci 5, ancor vivente il predecesso- guerra alla T^/'f/^a, tosto fnru)ata meglio
le, da'qtiarantuiio, ed assunse il ducatela V\Marìna iniUlare.ponlifìcia, eccitò tutti
ore 22. Uice il eh. Casoni suo biografo: i principi cristiani ad unirsi con crocia-
Era procuratore di s. Marco , ed avea ti per la comune salvezza. La repubbli-
quasi 72 anni, di bellissimo aspetto, d'in- ci e il doge Foscari, secondo l'uso, avea-
sinuanii maniere, le (juali prerogative sa- no mandato a Calisto ili per amljascia-
peva adopiare in destro modo, piinci- tori d'ubbidienza Pasquale Mdipiero,
palmeute col bel sesso, cui era stato mol- Triadano Grilli, Jacopo Loredano e Lui-
Io proclive; a tali vantaggi della perso- gi Foscarini. Ed il Papa inviò a Vene-
na non corrispondevai7o però in lui le zia il celebre legato cardinal Giovanni
fucollà dello spuilo, poiché, tranne som- Carvajal diacono di s. Angelo, per invi-
ino amore per la giustizia, qualità es'^en- tare i veneziani alla crociata, e' poi pas-
ziale per chi échiauiato a presiedere gli saie per lo slesso fine anche in Coemia
altri, lo si conosceva in tuli' altro d'mge- e Polonia. Nel fine del (4 76 giunse a Ve-
glio mediocre. Fu sua prima funzione, nezia l'oratore de'regni Scandinavi di Da-
e forse fu l'unico caso, accompagnare al- nimarca e Norvegia, dichiarando di vo-
la tomba r ottimo antecessore , vittima ler concorrere alla crociata promulgata
miseranda di privato raggiro e d'iiisi- dal Papa con denaro da depositarsi alla
slente persecuzione, dichiara l'encomiato repubblica per armare galere con sopra-
scrittore. Le solenmlìi e le splendide fé- cornili veneziani, e insieme si conlrasse-
sle date in piazza a s. Marco, in occa- ro rapporti nazionali. Di sua flotta pon-
sioiie all'innalzamento del ÌNIalipiero, an- lificia, il Papa afiìdò il comando al car-
ziché dimostrazioni della pubblica esul- dinal Scaraoipo Mezzarota patriarca di
lanza, furono piiilloslo un prudente ri- Aquileia, il quale fece molti daiuii a'tur-
piego a dislrarre il pojxdo dal ricordalo clii e alcune precarie conquiste. Uinno-
con.:itaineiilo lisenlilo [ler la falla iu- vaudo Calisto III anche col nuovo doge
giustizia, e per rinalltósa deposizione del Malipiero e col senato Tinvito ad unirsi
venerando l'oscari, giacché la condizione iu lega contro i turchi, a mezzo d'un
degli accennali tempi, aggiuntovi il tur- nunzio apostolico mandato a Venezia, fu-
baminlo per gli apparali e sviluppo del- rouo spediti a lìotna per trattarla Orsalo
VEN YEN 211
Ciusliniani e Lvjigi Fcscarini; ma per ve ciré nel i 4^0 o^<ì'\ì neirnnno «egueiile
la inorila eli Calisto ili, nvveiiula nel i4)8 £;li fu so^lilu:to il siicMeiro Jacopo Zeno
a"6 agosto, il negozio non si polè ridiiire vescovo di Belluno e Feltre, alle cui se-
a conclusione, li zelante Ponlefjce bensì ili a' 26 marzo di tale anno fu iinminnto
el>be la consolazione ili aver veduto i il padovano Francesco Legname), e re>tt>
vantaggi oltenuii sui lurdii da' celebri quindi profugo e tapino il fratello. Fi-
Scandeiberg e Uiiniade, il quale assisti- naUnente aderì alla rinunzia, e dopo un
lo da' consigli del cardinal Carvajrtl e dal altro anno di trattative, ottennero en-
zelo di s. Giovanni da Ciipistrano, ripor- traudii rioi[dorato perdono, l'io li, se-
tò strepitosa vittoria, e tale, secondo il guendo 1' esempio del predecessore , si
]Vovaes(ciò narrando nella Storia di Ca- propose una crociata contro gli olloma-
lislo ///j, che Maometto II avrebbe per- ni, a tale effetto invitando i principi cri-
duto r imj)ero di Costantinopoli e non stiani, specialmente d' Italia, come fece
avrebbe conquistato quello di Trebison- co'veneziani medianle_breve, al congres-
da, se i principi cristiani avessero secon- so o concilio die andava nel 1 4 'Q '" P^i"-
dato le sante pontificie intenzioni. Do|)o sona ad aprire a ilJdntova {^■). La 'e-
1 2 giorni di sede vacante gli successe Pio pubblica si scusò dal far atto alcuno d'o-
li, già vescovo di Trieste e nunzio per la stilila contro i turchi, avanti che tulli i
pace d'Italia. Il Casoni parla d'una pre- principi della cristianità si .fossero accor-
tensione di preminenza insorta tra la giù- dati; dappoiché ad onta del trattato con-
risdizione ecclesiastica e i diritti del priu- eluso con ÌNlaometto II, per diversi moti-
cipe, de' quali la republilica fu in ogni vi e prepotenze de'turchi, erano succe-
tempo fermissima soslenilrice, la quale duli continui semi di disaccordo tra es-
poco mancò non turbasse la concordia si, e la repubblica dovea desiderare che
tra essa e il nuovo l'apa. Piacconta per- una grande unione si flicesse a loro dnn-
tantOjchePio II nel 1 4 j8 fece vescovo no per accedervi, ma colla guarentigia
di Padova (il Ca[)pelltHi «lice nel i4"9 ^'^lle forze comuni. Tuttavia spedì al
perchè il vescovo Fantino Dandolo era concilio Orsato Giustiniani e Alvise Fo-
moitoa'17 fcblìiaio ditale anno, onde scarini, come vuole il prof Romanin. In-
restò vacante la sede) il pattizio veneto vece racconta il Casoni, che a Mantova
cardinal Pietro Barbo, poi Paolo 11. Se si mandarono arabascialori ser Matteo
ne adontò il senato, che a quel vescova- Vitluii e ser Lione Viaro, con ordine e-
to avea già tieito Jacopo Zeno, attuai spresso di non salutare il cardiiiallJarbo,
vescovo di Feltre (e di Belluno). S'intimò né con lui in modo alcuno parlare (dura-
ai Barbo di linunziare, ma questi (d'alti vano ancora le vei lenze); al qual precel-
spirili ed eslimatore di sua dignitìi), mo- lo avendo essi disubbidito, incorsero nel
slrandosialieno dall'ubbidire, vennepie- pubblico anatema (sic): vennero miro-
sa in senato una robusta e risoluta misu- messi e dichiarati incolpaci di mai più
ra, e fu di spedire a Boma il suo fratello sostenere il carico di oratori presso al-
ser Paolo Baibo cavaliere gravissimo di cnn altro principe. Tale eia il sislema
slato, inculcandogli che ?e non riusciva d'allora, cui si esigeva egualmente soggel-
a condurre al dovere di suddito (su que- la la volontà del più umile come del piti
sta proposizione io (pii non mi fermo, elevato de'cittadim; eppure i contempo-
riportandomi a quanto in argomento ho ranci dissero clic ftc piccola coiich'iinn-
detto alti ove) il Cardinale (/ .), sareb- gionc! Malgrado le .sollecitudini pcrso-
lie dalla patria sbandilo, e così fu , che nali nel congresso di Pio II, il risultato
jiiemoviBile Pietro, persislè vari anni non fu che di promesse , che per allora
nella negativa (però l'ab. Cappelletti seri- non ebbero effetto per la gr.erra ch'era-
122 V E N V E N
si riaccesa n<;I regno di Napoli a favore le Iodi in ss. Gio. e Paolo ser Antonio
dugii Angioini, olhe altre. Conquistata D.mdolo, ed ivi ebbe tomba in niagnifi-
ia Morea, il despota Tommaso l'aleolo- co monumento fatto elevare per cura de'
go speritneniò in Ronia la generosità di suoi amorosi congiunti, all'allodella mu-
Pioll, il (jualc intesa roccu[)a7.ione del- riiglia presso la sagrestia, ove tuttora si
J'inìpero di Tribisouda, nel 14G1 si acce- vede, ma nell'isi:ri/jone l'anno della mor-
se di nuovo ardore per frenare l'oltra- te è sbagliato leggendosi 1461, e perciò
cotanza maomettana , eccitalo anco da' alcuni scrittori errarono nel riportarla,
veneziani, che a tale effetto si rivolsero II prof. RomawMì, Storia docuiiicnUila,
pure al re d' Ungheria pel crescente pe- t. 6, p. ^2 1, dichiara che la moglie del
ricolo d'Europa, 11 Papa inviò a Venezia doge Malipiero fu coronata dogaressa,
per suo legato il celebre cardinal Bessa- Il cronisla Sanudo, accurato contempo-
rione per liattare della crociata , della ranco, nulla ne scrive. Veramente sor-
cjuale legazione parla Luigi Bandini nel prende, come il Malipiero, surrogato
Commentai ìus et ì-ebus gtstis Dessario- nel dogado al Foscari deposto, abbia
ìiìs Cardìiinlìs Nicacni, Piomae l'J'JJ- potuto procurare la coronazione della
13enchè la pace non del tutto indorasse moglie, dopo un (alto non a tulli pia-
li breve [>eiiodo del dogado di !\lalipieio cinto; azione allora non corrispunden-
(tuttavolta osserva l'.7//er// verificarle te alla politica veneziana. Nella Prouìis-
^^«/('j che il suo ritratto di[)into nella sa- sione ducale, tolto già ogni avanzo di
la del maggior consiglio, lo si vede lene- governo deirjocralico, più non esisteu-
re una caria in mano su cui è scritto: ;l/e do la cosa, se ne volle togliere perfi-
Diicc Pax Patriae data sitnt et lem- no il nome. Si statuì, che alla tleno-
paia fausta), [)U{ e in esso vennero co- minazione di Co/nit/ie fenetiitriun ^ s\
niinciale o condotte a compimento alcu- surrogasse «piella di Domininni o Siano-
ne opere eililizie, che ancor sussistono /'/<?, comincialo (Ino da alcuni anui prima
a decoro di Venezia. Fu compiuta la a introdursi in (paalche atto, e che allora
polla grande del palazzo, cominciato divenne di regola slabile. Così era rag-
l'ingiandimento del portico di s. Marco, giunta alfine quella mela a cui la classe
escavalo il canal Orfano, tietla la gran patrizia avea sempre miralo, con opera
porta dell'Arsenale, magnifico e sorpren- lenta, perseverante, assennata, lu tal
dente lavoro, avuto iiguardo all'epoca, modo, con abolire la voce di Comune, %\
Anco le lettere vi Uovarono la solita o- dimostrò pienamente eapertamenle, che
spitalilà, e Giorgio Trapesunzio presentò il popolo non avea più parte alcuna nei
al doge il libro di Platune, De Icgibits, governo. — Cristoforo Moro LXf'^IIdo-
per lui tradollo dal greco in latino, e gc. Il suo ducalo, cominciato a' 12 mag-
u'ebbe pubblica cattedra d'umanità, col- gio 1462 e duralo 9 anni e mezzo circa,
Io stipendio allora ragguardevole di t5a illustrato da molli palrii avvenimenti,
ducali. A minorare i progressi della pe- merita un preciso ragguaglio, dice il suo
sle, che imperversava nel 1459 o 1460, biografo Casoni , benché questo doge,
fu istituito il magistrato di 3 scelti palri- lolalmente alieno dalle cose di guerra, e
zi, savi o conservatori sopra la sanità, a' per pacifica indole, e per negali ve di cor-
quali si accoidaronograndi ed estesissime pò, non abbia [ler sua parte contribuito
attribuzioni. Dopo 4 anni e G mesi circa ad accrescere la fama della repubblica, e
di ducato, suonò l'ultima ora per questo la rinomanza de' tempi ne' quali viveva.
doge, a 5 maggio 146?,; ed assisterono Già originario di Candia, Cristoforo al-
all'ese^piie i sunnominati Tommaso Pa- l'epoca in cui venne innalzato al trono
leologo e cardinal Bcssarione, iliccudone era [uocuralore di s. Mai co (e stato am-
V E N V E N 223
I)a<:rintore ili li orna a Mcolò V): piccolo di ad iiiiiic i loio bfoizi conilo i tunJii,
di statura e segiialatueiile guercio, mau- anziché concludere la pace con essi; non
cava di dignitosa pieseiiza, il perchè era the si presidiò la vicina Terraferma con-
mal veduto dal popolo, che tenevalo in Irò gli attentali dell' orile otlointine. E
conto d'ipocrita, vendicativo, do[tpio ed per tiare buon esempio alla cristianità,
iivaro , sebbene molte particolarità di la ie[)uljblica prestando orecchio ali e-
Mia vita lo [lalcsino invece insigne bene- sorlazioni di Pio II venne ad accordo co
r.itlore, uiunidcentissinio verso iclaustia- Irieslini, co'quali erano in grave rottura,
li, amico ed estimatore profondo di fr. anche per inter[)OSÌzioiie del re di Uoe-
Bernardino da Sieuii poi canonizzato per mia, dell'arciduca d'Austria Aiberlo, the
santo, di cui è lama abbiagli predelta la ne avea preso la protezione, e dell'impe-
ilncea, fin da quando predicava in Vene- ralore Federico 111. Questi ripassando pi-r
zia. onde gli eressemagnifica cappella in s. Venezia fu nuovamente festeggialo, («i-
Giobbe e lo fece annoverare tra'pioletto- rolamo Valaresso capitano de fanti, con
ri della titlà, come notai nel n. 47 dtl § sordido maneggio tentò ili dare in mano
X. Sotto questo dogado e nel i463 si de'lurchi la città di Corinto: scoperta a
attribuisce 1' introduzione tlegli ebrei in tempo la sua fellonia, venne condotto in
Vene7ia, de'quali parlai nel § XI V, n. 5, ferri a Venezia insieme a Bartolomeo
e doviò riparlarne, perchè tenessero pe- RJemmo ed a Lorenzo Baffo, e jier or-
gni. La gueira della repubblica eoi lui co dine de'Dieci a'aS novembre i 463 fililo
arde\a allora in Moiea e dniò i6 anni : con quelli appiccare alle colonne rosse
un'enorme muraglia, lunga 6 miglia, the del nuovo palazzo diunlc, le quali tut-
distendevasisii due mari Con doppio fosso forasi vedono sopra l'esterna galleria.
e munita dii36 alle torri, venne innal- Sulle colonne rosse, per Io studio e pe
zata da' veneziani nel i463 a barricare confronti fatti dal Casoni sull'opera ili
l'Istmo di Corinto tra' mari Jonio ed E- accreditalo cronista , egli ritiene fra le
geo; ma i più generosi sf'oizi di fermez- allre particolarità, che da' limoli tempi
za e valore non ebbero favor di forlu- si volle contrassegnare con particolar di-
na, il provveditore Jacopo Barbarigo stintivo di due colonne rosse un sito
preso da'luichi,fu crudelmente impala- della galleria esterna del palazzo duca-
to. JNegrcpoiite cadde in p(jlere del ne- le, destinato all'esecuziijne delle senteu-
niico, il quale vi comudse (pielle atroci ze capitali de'rei di non volgar grado o
ciudellà e bai balie the df[)lorai nelTar- patrizi ; che le colonne rosse delle Ixil-
litolo Ttr.f IMA, the ii[;»-tosi rannoda con conale del palazzo, alle quali nel i3;).>
questo utile g:iei re to'turthi, narrando fiiionr> impiccati [>eicongiura,cou ispran-
nella perdila di ÌN'egroponte, tlie poi de- ghealla bocca, FilippoCalendario e l'am-
scriveiò, la tragica uiorte tiel comandan- miraglio dell'arsenale Bertucci Israele,
le Paolo Elizzo e dell'infelice sua figlia, probabilmente esistevano nell'antiLhissi-
ina il piof. R<>manin dicethenoneiaam- ma ala del vecchio palazzo, biiigo la
moglialo. Allora si conclusero trattati Piazzetta, rifabbricata sotto il doge Fo-
ci' alleanza , massime col re d' Ungheria scari, cioè in non m(dla diversa situazio-
]\Iallia Corvino, pei' muovere contempo- ne dell'atluali, piutlostothè nella loggia
raiua;renle lagnerra a iMaometloll, per sotto la sala del maggior consiglio, edi-
dislrame le forze per mare e per terra, ficaia dallo stesso Calendario (meglio dal
indi si eccitò il Papa a nuovi proponi- Baseggio, in unione del Calendario, co-
nienti di lega [)er uiu<j\ere i principi me ilimoslrò il eh. Zanolto con documeii-
cristiani ad un armamenlo generale, e ti, nell'opera del A////r-o r/«(Y//('^,clie in
indulti: i cavalieri i;ciosoliiiiitani di Uo- causu alle laute succedute demolizioni e
97,4 V E N YEN
liriliIjiicliOj non snrehlié strana cosa il ^e pochi giorni dopo filila la proposizio-
suppone 1' odierne colonne ro.iie essere ne di p;u lire ej^li slesso per la crociala,
forse idenlicameiile le prime e le più an- se n'era pentito, e presentatosi al collegio
lidie, trnsportale d;i un luogo all'jdlro, (componevasi di^l doge, de'suoi 6 consi-
nin sempre sulla linea ilclla Piazzetta, e filieii, de'cfipi della cptaranlia crioainale,
riilotle iinifurini per fin pai le della uno- di 6 savi grandi, di 5 della Terrafern^a,
va serie, continuata lungo la slessa Fiaz- di 5 agli ordini; avea il maneggio delle
zelta, sul tipo del Calendario medesimo, cose segrete e preparava le proposizioni
dopo il I 423; ammesso il qiial principio, al senato), cercava scusarsene addiicendo
conclude il Casoni , è lecito congettura- la sua veccliiaia e la mal ferma salute,
re die franiezzo ad esse e sulla halau- non conoscer l'arte della guerra. Ciò
sfrata che l'unisce siasi mostrato al pò- spiacrpie molto a' consiglieri , e Veltor
polo il ferro grondante del sangue del Cappello capitano navale, levatosi disse
doge traditore Falier a' 17 aprile i355. con repuhhlicana franchezza: Screnissi'
1 turchi occuparono ancora la Bosnia, la nio Prìncipe , se la Serenila vostra no
Moldavia, la Valacchia, Leslìoe altre ter- vorà andar co le bone, la faremo au-
re. Cristoforo benché in avanzatissima olà dar per forza, perche' gavenio pili caro
porlo sul trono un fervore vivissimo per ci ben e l' oiior de sta tera, che no xc
la crociata contro i luichi. Le pratiche la persona \V! tra. Lo coni'oiCo [)0'ic\a col
ilei Papa e della repubblica col duca di dirgli : Glie daremo qnatro consegeri.
Borgogna Filippo il Buono aveauocon- Al che il doge soggiunse: Foria insieme
dotto intanto ad una lega a'ig ottobre co mi sier Lorenzo 3Ioro,c!ic xe duca
1463 contro il comune nemico; il duca de Candia, asmiragio, su una galei-a,
prometteva recarsi in persona alla spedi- perclie mino me ne intendo de arma'
zione e lo slesso con singoiar esempio de. Ed il collegio aderì alla douìanda
■voleva fare Pio li, il cpiale pubblicò so- promettendo che, se farà come la disc
lennemente la lega e la sagra guerra, mi- eia. Laonde giunte le notizie che il Ca-
nacciando i fulmini della Chiesa a chlun- laman s' era già mosso contro il turco,
cpie con atti di ostilità turbasse la pace che questo Irovavasi in guerra anche col
Ira ciisliani e cristiani. Quindi a' 9 no- re ungherese, in line che il l'apa era par-
vembre scrisse un breve al doge per ecci- tito da floma co' cardinali e trovavasi
tarlo alla slessa risoluzione, consegnato in Ancona attendendo l'imbarco, non
dal cardinal Bessarione, oltre l'allro in- parve piìi tempo d' indugiare, e il doge
viatoda Bernaido Giustiniani ambasci.)- partì anch'egli da Venezia ne'primi d"a-
tore in Roma. Fattasi dal doge la pio- gostoi4')4) <Jopo aver promesso di nul-
posta di concorrere nella lega , riportò la chiedere al Pa[)a per se o per la pro-
1G07 (sic) sn/lìagi favorevoli; laonde ne pria famiglia. La nobiltà e il popolo l'ac-
fu tosto data comunicazione al Papa, e compaguarono fino alla nave; couduceva
fu ricevuta in Iloiììa con generale sod- seco 24 g<dee, ed arrivò a' 12 agosto in An-
disfazione. Si n)andarono ambasciatori cona, con grande sorpresa e turbamento
al re di Francia , al duca di Borgogna, del Papa che avrebbe voluto esimersi dal
ad Ussum Cassan le de'tuicomani allo- far parte pcrsonahnente della spedizione,
ra dominanti su gran parte della Per- secondo l'assertodel pi of. Bomanin. Qae-
sia , all' allealo l'ir Ahmed principe di sii di più soggiunge, tuttavia gli fece buon
Caraman, col quale la repubblica avea viso, mandò a complimentarlo, l'invilo
concluso un trallalo di commercio fino pel dì seguente al suo palazzo, ma 1' in-
tiaii4Jo; oltre circolari a re d Ungheria domani venne il cardinal Ammannati
e di Portogallo, e ad altri sovrani. Udo- dello di Pavia con due vescovi, unuuu-
YEN
piando al doge che Sua Sanlilù trovava-
si da più giorni indisposta , cIk; il male
erasi ai^giavato e conveniva dillerire la
visita lino al suo niigliorauoeuto. Tenne
il doge la cosa per una finzione e man-
dò il suo medico, il quale tornò colla ri-
sposta che per suo giudizio il Papa mor-
rebbe presto, e così fu infitti, che nella
seguente notte spirò. Ma non è la i / volta
che ora rileggo // tiirbainento dì Pio II,
che avrebbe voluto esimersi daljar par-
ie personalmente della spedizione! INar-
rai negli analoghi articoli , in quello di
Turchia, nella sua biogiada, con diversi
storici e precipuamente col Novaes, cli'è
il migliore storico de' Papi, che Pio li
coraniendabile pel suo zelo per la reli-
gione e per la fermezza del suo spirilo,
abituato a molti e lunghi viaggi ed a
trattare grandi imprese, pieno d'ardore
di soccorrere 1" Oriente e infiammato di
sollecitudine per preservare l'Occidente,
fatta costruire una flotta di galee nel
porto di Pisa, ne dichiarò generale il car-
dinal Fortiguerra coU'ordine di condur-
la in Ancona, e dichiarossi in concistoro
pronto di partire con essa, colla cele-
bre ed eloquenlissima O/alio de bello
Tiircìs^ Romae 1774» per animare il
crisliaiiesimo ad imitarlo; essendo sla-
ti smentiti dal cardinal di Pavia, testi-
monio oculare di lutto, quelli che scris-
sero, Pio li non sarebbe partito per l'O-
nenie e giunto a lìrindisi saiebbe torna-
lo a Roma. Infermo di podagra, da questa
cillà partì e nel viaggio fu sorpreso dalla
lebbie , che occuhò acciò i medici non
l'obbligassero a retrocedere, o meglio, co-
me altri vogliono , per non arrestarsi a
curarla, obbligò i suoi medici con giu-
lamento a non manifestare a nessuno il
suo male. Giunto ad Ancona a'i3 ovve-
ro a'if) luglio, fu ricevuto con sommo ap-
plauso da'cilladini e da un popolo infi-
nito, accorso da tutta Europa per vede-
re il singolare spettacolo d'un Pupa alla
testa d' una crociata navale. Grande fu
l'ansietà colla quale Pio il attese le 12
VOL. xcii.
V E i\ 2 7,;
galee (io scrisse Pietro Giustiniani, Uer
f'enel. lib. 8, p. ?.8'3), comandate dal
doge Moro; malgrado il suo luale. inviati
colle sue galere 5 de' 1 3 cardinali che l'ac-
cou)pagnavano a incontrarle, si fece con-
durre in portantina alla sponda del ma-
re per veder il loro ingresso nel porlo,
di cui è pure memoria in una mediiglia,
elle il cardinale Borgia vide nella bi-
blioteca della cattedrale di Siena. M.t
inaspritosi il male, morì il Papa a' 1 4 ago-
sto di 58 anni (benché data contrastata).
Della renitenza di Pio li nulla ne disse
nella sua vita il contenipoi aneo Platina,
né il veneto cav. Giovanni Sagredo, l\Jc-
morie isioricìte de' Monarchi (htonwni,
che narra l'avvenimento a p. 63; nulli il
Leoni neWÀncona illustrala, lid il Pfi-
ruzzi neWa Storia d' ancona, l. 2, p. 333,
riportando l'allocuzione di Pioli a'cardi-
nali e inserita aeiuo\Cotìiincnt(7rii,s\ leg-
ge la sua esplicita e solenne dichiarazio-
ne. » Poco si profitta, quando agli altri
si dice, andate. Forse profillerassi più,
quando loro si dica, re^n'/e. Ed io il vo'
tentare. Ho risoluto di andare io stes-
so alla guerra contro i turchi, e così in-
vitare i principi cristiani, non meno co'
fatti, che colle parole, a seguirmi. Forse
allorché vedranno il loro signore e padre,
il Pontefice romano, il vicario di Gesù
Cristo, vecchio ed infermo, partirsi per
alla sagra guerra, vergognerannosi di ri-
manersi, prenderanno le armi, prende-
ranno finaiuiente sopra di se, con tutto
il loro coraggio, la difesa della nostra s.
lieligione. Se per questo mezzo non pos-
siamo eccitare i cristiani alla guerra, qua-
le altro ne rimanga, noi noi sa[)piamo.
Certo sì, la nostra vecchiezza rende azzar-
dosa e pericolosa l'impresa; e noi andia-
mo ad una quasi certa morte. Ma noi non
la ricusiamo. Una volta abbiamo a mori-
rò: e dove che ciò ne avvenga, poco im-
porta alla cristianità. E voi ancora, ve-
nerabili fratelli, voi membri della Chie-
sa; voi che tanle volle ci avete esorlato
alla guerra contro i turchi . voi dovete
1 5
i-y.6 \ K N - VE N
sfi-uirvi il vostro capo... Noi lo abbia- flotta eia mancala alia mia navignzio*
11)0 promesso al duca di Ijòrgogna, pio- ne: ora io manco oggimai alla flotta",
messo a'vcneziaiii. Una (oi nnidabile flot- Puicliè a'cnali che T affliggevano , erasi
la di Venezia ci ac(:om[iagnerà, e signo- aggiunta nnn tormentosa dissenteria; e-
reggerà il mare. Il duca di Ijoigogna gli sentiva che poche ore gli rimanevano
seco Iranà 1' Occidente. Dal Settentiio- di vita, e vedeasi còlto dalla morte nel
ne il turco sarà incalzato dagli unghere- punto che voleva consagrar la vita al ser-
si e da'polacchi. I cristiani della Grecia vigio della cristianità. Di recente scris-
sollevcrannosi , accorreranno al nostro se il bnrone P»eumont, Della diplo-
campo. Gli albanesi, i serviani, gli epiro- niazin italiana, p.i23. " Pio li fu gio-
ii,allegreinnnosi di vedere giunto il gior- rioso e straordinario anche nella morte
uo della loro liberazione, e presenteiau- che lo colse in Ancona, allorché con a-
iioci la loro assistenza. E nell'Asia sles- nimo maggiore alle forze disegnava por-
sa saremo assecondali da* nemici de'lur- si alla lesta della crociala conlro i tur-
chi, il Caramanoe il redi Persia. Infine chi, vieppiù minacciosi dopo la caduta
il favore divino ci darà la vittoria. Per del greco impero". Avendo l'intrepido
quanto è a me, non io vado a combat- Pontefice, resa l'anima a Dio a due ore
tere. La debolezza del mio corpo e 'Isa- di notte de'i4 agosto i4G4> nella mal-
cerdozio, a cui non si addice di mancg- lina seguente il sagro collegio de' car-
giare la spada , me ne devono distoglie- dinali mandò al doge annunziandogli
re. Adunque imiterò il santo patriaica il triste avvenimento, e attestandogli il
Mosè , che sul monte pregava , mentre suo dispiacere ch'egli si fosse moJso con
Israele contro gli amaleciti pugnava. Gè- grande incomodo da Venezia, e ora fosse
nnflesso sur una poppa di nave, o sulla sopravvenuto tanto funesto impedimeu-
cima d' un colle, avrommi davanti agli lo. Il doge degnamente accollo dagli an-
occhi la ss. Eucaristia , voi mi sarete a' conilani, era splendidamente alloggialo
lati, e eoo umiliato e contrito cuore rac- nellabitazione de'ricchi e nobili France-
comandcrcmo a Dio la vittoria de' no- sco e Girolamo Antiqui, i quali come fl-
slri soldati ". Dopo questi magnanimi gli d' Elisabetta Conlarini aveano aHi-
sentimenti dell'eloquenlissimo e dottissi- «enza di sangue co'piìi qualificati sena-
moPio II, si tolga la taccia ingiuslamen- toii veneti. Avendo mostrato desiderio
le appostagli. All'arrivo del Papa in An- di conferire co' cardinali , fu da essa le-
cena, con sommo piacere trovò che la vaio con grande onore. Montalo su ca-
cillà avea ivi costruito e allestite nel por- vallo leardo, coperto di panno d'oro fi-
lo, pronte ad ogni cenno, 4 glandi tri- no a terra, si recò all' episcopio ov' era
remi apprivigionale conq^itamonte; ma morto il Papa , acconqiagnandolo tutto
ciò che più lo sorprese fu l'incontro d'u- il popolo accorso a vederlo. Entrato nel
na galea elegantemente adorna, che con concistoro, fu messo a sedere presso il
ruote e ordigni d'artifìcio meraviglioso, presidente, ch'era il cardiinal Bessarione
facevasi sdrucciolare, ascendendo per le vescovo Tusculano (meglio decano, co-
vic della città, fornita di truppa e d'ar- me leggo ne:' Conclavi ile Pontefici Ho-
liglieria che sparava i suoi cannoni. Ri- mani, storia attribuita al famoso contem-
ferisce inoltre il Peruzzi, giunta la flotta poraneo ceremoniere burcardoje l'anna-
veneziana di 12 galee, Pio II si fece su- lista Uinaldi diceche il doge si assise fra'
bilo condurre a riva per vederla; e do- due ultimi cardinali preti, il che trovo più
pò averla percorsa col guardo, gemendo probabile, per la cognizione che ho di
e piangendo proruppe in queste profe- simili ceremoniali, riferiti in tanti luo-
tiche parole: '» Siuo a questo giorno una ghi), e parlò a' cardinali parole gravi e
V EiV V EN Ì27
I)ievi, esorlaiuloli e preganiloli die fos- forse iiel lilorno della flotta comunicò il
SCIO favorevoli iill'impiesa, lolla ad ono- tnoiI)oalla ciltìi, poiché leggo nel Corner
re di Dio e in difesa della s. Fede; che che la peste deli-tC)|. in Venezia infierì
nella creazione del nuovo Papa volesse- tanto che penetrò ne' sagri chiostri), l
10 lasciar da parte ogni umano rispetto precordi di Pio li si deposero nel coro
e aver l'occhio soltanto al pericolo che della cattedrale d'Ancona con iscrizione,
minacciava tolta la cristianità, afterman- ed il corpo fu portato da' cardinali in
do che qnanlo alla repuhblica ogni co- Roma. Quindi a'3o agosto elessero Pa-
sa era apparecchiata, ma dichiarando che pa il venelo cardinal lìarbo titolare di s.
il turco era armato gagliardemente, che Marcodi Rom.i (chiesa da lui cjuasi rifab
il re d' Ungheria ovea bisogno di dena- bricata ed abbellita, con magnifico sofTil-
ro, e che la signoria avrebbegli dato per to che restaurato da Gregorio XVI vi fu
parie sua ducati 60,000 all'anno, accioc- collocalo anche il suo stemma; ina la
che potesse far buona resistenza al ne- bella copertura del tetto, pure di Pao-
inico comune. Rispose il cardinal Cessa- lo li, ed eziandio da Gregorio XVI re-
lione, con altamente lodare la repubbli- slaurata, da ultimo è stata rimossa, oc-
ca di quanto avea fatto per la difesa correndo troppo a ripararne i danni, on-
della cristianità, e perchè anco allora era de vi furono sostituiti i comuni coppi) e
slata la sola a seguire l'esempio del Pa- nipote d'Eugenio IV, che cambiando il
pa. Che i cardinali manderebbero in nome di Pietro in quello di Paolo si dis-
mare a proprie spese 5 galee per 4 me- se Paolo II. Voleva assumere quello di
si armale del tutto (delle quali 4 erano Marco, ma ne fu distolto da' cardinali,
l'anconitane, ricavo da Peruzzi , che di per non darsi a conoscere troppo pro-
piìi ovverte ridotte a 3; aggiunge il R.i- penso alla sua patria, come notò il car-
tialdi anche le galee di Sicilia per dispo- dinal di Pavia presente al conclave di
si/ione di Pio II); intanto torniisse il do- 20 cardinali, fra'quali il camerlengoSca-
ge a Venezia, recandosi i caidinali a Ro- rampo ^lezzarola l'adorò alquanto ripu-
ina all'elezione del Papa , ov' ei ano re- giuinte per antica nimicizia , onde poi
slati i caidinali più vecchi. Dice il No- ne «norì di cordoglio. Dunque non è ve-
vaes, fattesi le consuete esequie, il doge ro quanto riporta il Reposati, Della zec-
Moro assiso fra 'due ultimi cardmali dia- cadi Gubbio, t. i, p. 220, che Paolo II
coni recitò l'orazione funebre; ed al me- quantunque fosse veneziano, non avea
desimo i cardinali depositarono i 5o,ooo alcinia propensione per la sua repubbli-
scudi d'oro che il Papa avea lasciali per ca, forse alludendo all'anteriori narra-
la guerra. Il Leoni scrive che il doge eb- te dill'erenze pel vescovato di Padova,
be 40,000 ducati d'oro e le 4gal*;e fab- Infatti la repubblica ne provò grandissi-
bricate in Ancona per proseguir rim[)re- mo giubilo e mandò tosto a Roma 1 o aiu-
sa, la quale col Muratori e altri, qualifi- basciatori d'ubbidienza a'5setlembre per
co di [ìarole e pochi fatti. Il doge parti complicnentarlo, sebbene soli 8 ne aves-
d' Ancona a' 16 agosto , arrivò il 28 al se mandati per lo zio, il Solito essendo di
Lido, accollo festevolmente d.dla signo- 4) come superiormente notai. Il nuovo
ria e condotto al palazzo nel Rucinloro. Papa, acerrimo contro i turchi, perquan-
iS'ovaes scrisse che Pio II donò al doge, to rilevai nel voi. LXXXI, p. 3 ( 2, neli.
altri dicono alla repubblica, lo Scocco e concistoro trattò de'mezzi per proseguir
Bcrrellonc ducali bencdclli (siccome in la guerra sagra contro la Turchia^ rife-
Ancona per l'eccessivo caldo e per l'im- riti dall'annalista Rinaldi, e perciò vi
nienso [)opolo vi scoppiò la peste, onde ammise tutti gli ambasciatori delle po-
ne fu tocco ti caidinal Barbo poi Papa, leuze ch'eraasi portali a Pvoma a lencler-
228 V E i\
gli ul.jjjclienza e gratularsi di sua eleva-
zione. Anzi ilonò la Uosa d'oro he nedcl-
ia a Sigisinonilo I IMalalesla come capi-
tano generale de'veueziaui nella guerra
(li JMorea, pei 1' intervento pacifico tle'
qnali il predecessore nel privarlo de'&noi
stali, gli avea lascialo il solo vicarialodel-
]a cillà di Himiiiij nella quale lenendo-
ci i veneziani guarnigione-se ne ingelosì
il Papa. Dipoi Paolo il creò cardinali i
3 seguenti nipoti e concilladini, i patrizi
\eneli Marco Baibo, DattislaZenoe Gio-
\anni IMicliieli. Segrelainenle creò pure
un bllro veneto cardinale Pietro Foscari,
ma non lo pubblicò, il che fece il suc-
cessore, L'annoi46q fu anche uieniora-
bile per Venezia , per la già narrata in-
troduzione della stampa, ove per i .° libro
s'impressero VEpislolt di Tullio. I\Ien-
tre la designala «[(edizione fini in vane
parole, ed i veneziani restarono soli nel-
la tremenda lotta, Jacopo Loredano co-
mandante la flolla ne' mari di Turchia
poco mancò non veni^sse a guerra co'ca-
■valieri gerosolimitani di Rodi, che guer-
reggiavano contro il soldano d'Egitto, ir-
ritato questi per aver essi aiutalo Carlotta
regina di Cipro. Tornavano 3 galee ve-
nete d'Alessandria con merci ed egiziani
per condurli in Carberia , quando una
tempesta le obbligò riparare nel porto di
llodi, ed i cavalieri s'impadronirono de-
gl'infedeli e della loro robe. Saputosi dal
soldano la prese Heraraente co' Venezia -
ui, ordinando l'arresto di que'mercanli
tsisleuliin Soria. 1 veneziani richiesero il
j^ran maestro di liberarci prigioni e re-
stituire il predato, ma ebbero in risposta
esser buona presa per ragione di guerra.
Allora si presentò a llodi il Loredauo col-
la flotta e fece inlimare al gran maestro,
rilasciar tulio in termine di 3 ore, le qua-
li passate cominciò ad eiretluar le mi-
nacce, ed alici a olteune il domandalo. Il
Rinaldi dice a mediazione degli ambascia-
tori della regina di Cipro, sulla fede del-
lo storico Bosio. \ ellor Cappello succes-
so al comando della flolla prese a'turchi
V EN
IVIodone e altre isole mentre Scandei borg
l'eroe d'Epiro,lusingato de'grandi prepa-
rativi del Papà e de'veneziani della sva-
nita ciociata,avea nuovamente fatto guer-
ra a'turchi con successo, e lo stesso Mao-
metto li marciò inutilmente contro Cro-
ji ; la rjuale , vedendo poi Scanderberg
l'impossibilità di sostenersi da nuovi ai-
tacchi, la cede a'veneziani, si recò in Uo-
Hia a chieder soccorsi al Papa (esiste an-
cora la casa che abitò e la via ne porta
il nome, sulla porta esterna essendovi il
suo ritratto con iscrizione), benignamen-
te accolto e onoralo , e fornito di buona
somma di denaro, onde lornato io Al-
bania vi continuò vigorosamente la guer-
ra e nell'anno seguente morì, Sigismon-
do! Miilalesla generale de'veneziani, an-
ch'egli avea fatto de' conquisti sui tur-
chi, ac(|uistai)do IMisislra o Sparla, ma poi
tentando invano più volte l'espugnazione
della rocca, fu obbligato tornare io Ita-
lia, ove cessò di vivere nel i 468. Sdegna-
to Maoinetlo li dell'operalo da' venezia-
ni, e pensando questi il dispendio della
lunga guerra che sostenevano con poco
fruito, Senza aiuti e vedendo l'Italia sem-
pre agitala, risolsero di accomodarsi col
turco, imperocché morto nel «466 Fran-
cesco I duca di Milano, il figlio e succes-
sore Galeazzo INlai ia Sforza si collegò co'
Medici pulenli in Firenze, e imparentato-
si con Ferdinando 1 le di Napoli, ben si
vide l'Italia dipendere da'Ioro voleri; al-
la qu;de lega avea dato motivo Darlolo-
meo Colleoni che aspirava ad acquistarsi
una signoria, benché era entralo agli sli-
pendii ile'veneziani, aderendo a'Iuoriiscili
di Firenze, Pei ciò Pietro de Medici s'inso-
spettì della repubblica, e fece unire nel-
la lega Borso d'Esle, che il Papa fece poi
duca di Ferrara, Piealmente la repubbli-
ca per tenere a freno il duca di Milano,
ambizioso senz'aver ledati del padre, si
strinse in lega con Amedeo IX duca di
Savoia, e die infine aperta assistenza al
Colleoni, che avea terminata la sua con-
dotta ; laonde in guerra era per divum-
V EN
p.nre ovunque. Allora il duca di Milano
("eoe cleU'tiperlure alla repubblica, ponen-
dole in vista quanto eia mal vcdiilaj an-
che ollieinonte, pel suo jngraniliniento,
per possedere il più bello stalo d' Italia,
e die il Papa, quantunque veneto, se l;t
guerra cominciasse sarebbe ili." a muo-
verla conilo di essa per ricuperare Faen-
za, Foi Pi, Ravenna, Cervia; perciò consi-
gliare moderazione e pace. Piispose il se-
nato, ilColleoni essersi ritirato.e voler len
tarla propria fortuna; vedendo tonte po-
tenze collegate contro di esso, aver arma-
to per precauzione, del resto voler pace
con lutti. Cos'i cominciarono nuove pia-
liche, onde indennizzare il Colleoiii dal-
le spese falle, e si mandò a Pioma am-
basciatore Pietro Morosini di s. Giusti-
na, per farsi il Papa mediatore della Pa-
ce^ il ([Uale instancabile per comporla vi
riuscì e la pubblicò solennementi^ in Ro-
ma nel 1 46<^, e il simile fu poi fallo in
Venezia. Ma non laido od esser turba-
ta, per destino infc-lice d'Italia. Dopo la
morte di Sigismondo I Malalesla, secon-
do lo statuito da l'io II tiovcva Riniini
tornare alla s. Sede; ma la vedova Isot-
ta ficendosi forte del presidio veneto vo-
leva conservarla pel fìglioMalatesla, men-
tre i cittaduii erano propensi per Rober-
to altro figlio del defunlo e della fanese,
e Paolo il l'avea preso a' suoi stipendii.
Ad onta delle promesse del Papa di voler-
gli dare una nipote per moglie, e invece
di Rimini, Siiiig;iglia e Mondavio, Ro-
berto c<illt-g;itosi col re di Napoli, col du-
ca di Milano e co' fiorentini, recatosi a
Riinini, se n'impadronì, sbaragliò l'esei'-
cito ponlificio e fece assassinale barbara-
mente il fratello. Non si deve dunque ac-
cusare Paolo 11 di avere rollo quella pa-
ce da lui Conclusa. Avea tutta la ragione
ili procedere, sebbene non fece altro. E -
gli perciò erasi alleato co' veneziani per
?,5 anni nel 1 4^9 i co" diversi capitoli
die si leggono nel Rinaldi a tal anno. Ve-
nula la repubblica in cogiii/.ioiie che i
turchi con grande armamculo stavano
V E N 229
per piombare sopra Negroponte, fece al-
treltanfo e aOìdò il comando della {lotta
a Nicolò Canal, il quale vedendosi in for-
ze infinitamente inferiori, da Negroponle,
ov'eiasi recato, pas^ò in Candia sotto co-
lore di sollecitare soccorsi. Fu allora spie-
gata mirabile operosità per armare un'
altra flotta, conti ibuenilovi Padova, Ve-
rona e Brescia; e si ilecretarono fortifica-
zioni a Candia, Modone e Corone, non
che pubbliche orazioni. La repubblica fe-
ce reiterate urgenti istanze al Papa per
muovere senza rilardo la cristianità, ed
egli pubblicò una bolla d'inilulgenza ple-
naria a tutti quelli che andassero in per-
sona contro i turchi o pagassero per 4
mesi un uomo in loro vece, ed ordinò
processioni per muovere la divina mi-
sericordia. Intanto Maometto II in per-
sona colla sua formidabile flotta assalì
Negroponle, che fece eroica e ostinala re-
sistenza e stinge de'turchi, mentre il Ca-
nal avendo a'stioi ordini 52 galee, iS na-
vi e una galea grossa, non erasi mosso, e
quando poi si decise aiutare i suoi con-
citlailini e l' isola, essendo già 1' armata
entrata nel canale di Negroponle, ad on-
ta degriiivili de'difensori dell'isola, timi-
do non credendosi abbastanza forte nulla
fece, neppure investì il ponte de'nemici,
e fu causa della perdita di Negroponle,
che il sullano volendola ad ogni costo,
con ripetuti assalii vi penetrò a'9 giugno
1 4"o, facendone vendetta colia strage ge-
nerale, senza dislin/ione di sesso e di età,
con tulli gli altri orrori che accompa-
gnano siila Ile conquiste. Paolo Erizzo,
che da prode avea difesa il castello, si re-
se a patto che n' avrebbe salva la testa ;
ma il feroce sultano lo fece segare pei*
mezzo la persona, dicendo aver promes-
so la testa, non il corpo. In <piello stes-
so fattil giorno arrivarono due altre S(|ua-
dre venete di iG galee, 17 navi e 6 galeaz-
ze; ma il buon momento era perduto. Il
Canal dopo aver inoperoso assistito al
terribile eccidio della città , non investì
r armala nemica <|uaudo parli per lo
23o V E i\
stiello di Gallipoli, e quindi imprnden-
teoienle volle teutare colici peggio il riac-
quisto della perdutu città. Al giungere
della notizia a Venezia fu un lutto ge-
nerale e un gran terrore; tutta la città
restò sbigottita. Si disse la flotta turca
composta di 35o vele, con oltre 100,000
soldati , ed una quantità di macchine e
d'artiglierie mai più vedute. Si sottopo-
se a processo il Canal, fu nominato capi-
tan generale Pietro IMocenigo, il quale
raggiunta la flotta nel massimo disordi-
ne, mandò a Venezia il Canal e fu tosto
messo in carcere, e quindi con milissima
condanna fu confinato a Porlogruaro e
alla restituzione di varie somme, per a-
ver mancato per eccesso di cautela; pe-
rò quasi certo di perdere la flotta con
fiMiestissime conseguenze per l'isole della
Grecia esposte, e sguarnito il golfo per
tutta Italia, per Venezia slessa. Il Papa
implorò grazia pel Canal, ma il consiglio
de'Dieci sdegnato per la dolcezza usata
dal senato, rispose con rispetto e vigoie,
dichiarando non esser stato giudicalo se-
condo giustizia , ma con misericordia e
clemenza, e potersetie tener contento. Fu
quindi rimproveralo il Canal per aver
provocato sì eccelsa mediazione, e finì i
suoi giorni nel suo confinamento, d'al-
tronde personaggio e senatore distinto
per cariche sostenute, per amliascerie, e
per giaudissima cultura di lettere, insi-
gnito del grado dottorale. Provvide quin-
di il senato a ricuperare quanto più potè
gli schiavi fatti, a fare assegnamenti a or-
fani e vedove ; intanto the il IMocenigo
per mettersi in grado di far fronte a' tor-
elli, riordinava l'armala del tutto corrot-
ta. La repubblica avea speso in questa
guerra fino ad un milione e 200,000
ducati l'anno, per supplire a'qnaii per
due anni agli slijìcndiati uHizi da ?, 5 du-
cati in su fu imposto rilasciare due terzi,
compieso il doge, ed a cjue' di mare la
uieta. Facendosi sempre più maggiore
il bisogno o della pacco di qualche gran-
de sforzo terminativo, la repubblica sol-
V E N
lecito Paolo il a promuovere una Ic^a
gcMcrale d'Italia. Laonde il Papa dipoi in
pubblico concisloro cogli ambasciatori de'
piiiicipi italiani formò una lega: dessa fu
recala ad eifetto a'22 dicembre i470 ^
jìidjblicata a'6 del seguente gennaio. I ve-
neziani intavolarono pratiche col sultano
pel licupero di Negro[)onle, ma esso do-
mandò pure Stalimene eioo,ooo annui
lineali di tributo, per cui ogni trattativa
fu ^degllosaulente respinta, e più che inai
animarono UssunCassan a continuare le
SMC imprese. AdiUKpie della ilifesa di i^e-
gioponte non reslò a' veneziani che una
eterna rinocnanza di valore e di varie
virtù. Intanto insorte guerre in Eiuopa,
la lega italiana cominciò a intorbidarsi,
anclie per ambizione di dominio de'[)riii-
cipi italiani, di nuovo ciecamente estolta-
mente intesi -.oltanto a lacerarsi fra ili lo-
ro; la repubblica propose una generale
convocazione di potentati cristiani o con-
gresso simile all\Iant()V,ino,e poi riprese le
negoziazioni per la pace co'turchi, ceden-
do Scilo e Stalimene, tenendo Cioja in
custodia e pagando certa somma per 1 al-
ile terre. Nondimeno il Mocenigo conti-
nuò la guerra, percorrendo 1' isole del-
l'Arcipelago e guastando le terre turche.
In questo tempo morì Paolo li a'26 lu-
glio I 47 I , dopo magnanime azioni, calun-
ni;.te (lai Sacchi dello Platina e da allri
detrattoti, poscia virilmente impugnale
dal cardinal Quirini.Fu sepolto nella cap-
pella di s. IMarco da lui eretta nella ba-
silica Vaticana, in un bellissimo mauso-
leo di marmo ornalo di statue e bassori-
lievi, edificatogli dal nipote cardinal Bar-
bo, poi in parte colle sue ceneri trasferi-
to nelle sagre Grolle V^alicane. Il disegno
magnifico può vedersi nel Ciacconio, F^i-
tne Ponti ficuni, t. 2, p. 1092, nella cui
urna leggo: Pniilus II f'enetus P. O. M.
A'c) agosto gli successe Sisto 1 V della Ro-
vere, d'Albizola nel Genovesalo, che da
religioso francescano dimorò pure in Ve-
nezia, e vi fu lettore di filosofia , onde
toucessc ampli privilegi al clero veneto,
\ E N
come rilevai siiperionnenle. I piiiui suoi
pensici i fuioiio eli reprimere l'insaziabi-
le !\[aoQielto II, Nello stesso anno a'c) no-
vembre scese nella tomba il iloge .Aloro
senza prole, peiciò beneficando nel suo
testamento i poveri, i (rati, le cliiese. Al-
le Solenni esequie nella chiesa ile' frjti
minoii, parlò di lui sei" Antonio Bernar-
do. Ebbe sepoltiua in mezzo alla cap-
pella maggiore di s. Giobbe da lui edi-
ficata, sotto magnifico sigillo ornalìssimo
d' intagli , lasciando la sua sostanza al-
l'annesso convento da lui ampliato, col
desiilerio che la chiesa si chiamasse d'al-
lora in poi s. Giobbe e s. Bernal dino, in
segno di divozione a questo venerabile
sanese.
1 1 . Nicolò Tron LXP' III doge. Pro-
curatore di s. Marco, già ricco per censo
lamigliare, e fattosi più ancora dovizioso
colla mercatura da lui esercitata iS anni
in Pioili, fu eletto a' 23 novembre i^'ji.
Era il Tron vecchio di 74 anni, bruito
di f4ccia, alto e grosso di corpo, difettoso
(.li pronunzia, ma di grande e generoso
animo. La morte del figlio Giovanni in
Ncgloponte lauto l'afTlisse che lasciatasi
crescere la barba, in segno di lutto, volle
conservarla intonsa fino alla tomb . ; non
ostante che avesse in Filippo altro figlio
e ?) figlie. Volle che il suo innalzamento
frìsse festeggiato, e la dogaressa sua mo-
glie vestila di manto d'oro fece solenne
mgtfsso ili palazzo, \arra il Sanudoche
fu levala col Bucintoro a casa Morosini
a >. Silvestro, dov'ella nacque, e nel pa-
lazzo ducale tutte le arti fecero pubblico
convitopcrlesteggi.irla.il che induce a
credere, che iu quell' occasione venisse
eziandio coronata, come riportano altri
[losleriori cronisti. Nel 147^ Sisto IV,
dopo aver eccitati i principi d' Europa
cuti 5 suoi legati alla guerra contro il
turco, e coiiv-csso indulgenza a crociali,
icoe partire il c.irdiual Oliviero Caialfi
con 18 galere pontificie, a cui si unirono
i 7 del re di Napoli o 3o, oltre 3 de* Ca-
valieri gerosolimitani di Rodi, e \j 0 56
VEN 23 1
de' veneziani comandale dal Moceuigo.
Furono prese le importanti città di Sd-
talia e Smirne, saccheggiate parecchie i-
sole, mentre il senato pel suo ambascia-
tore eccitò Ussun Cassaa a rinnovar guer-
ra al comune nemico e subito l'intrapre-
se. Questo re di Persia la fece intimare
a iMaometto li da un araldo, che seco re-
cando una mazza ferrata e uno staio di
miglio disse : 3Iira segno di guerra j ma
pensa che per resistere alla possa dei
mio Re, ti è bisogno aver tanti militi
quanti sonoi granelli qui dentro raccol-
ti. Al che Maometto li fatte recare mol-
te galline allumate, e sparso quel miglio
sul terreno rispose ; Ambasciatore, di'al
tuo padrone che come poche galline han-
no presto mangiato il sacco di miglio,
così faranno i miei gianizzeri contro
qnc suoi uomini j usati pile a guardar le
capre, die non a guerreggiare da forti.
I\Ia Ussun Cassati, uditi con soddisfazione
altri fatti delia flotta combinata da Si-
sto iVj nelle Cicladi e sulle coste della
Natòlia, uscito in campo e passato l'Eu-
frale, battè gli ottomani e tolse loro mol-
li luoghi. Confortata la repubblica, man-
dò altro ambasciatore al principe persia-
no, in compagnia di ((uello da lui spedi-
to in Europa. L'ambasciatore ebbe pure
r incarico d' incoraggiare \\ Mocenigo a
nuove importanti imprese, e di visitare
il re e la regina di C/y^ro, assicurandoli
della benevolenza della repubblica, pro-
curando d' indurli ad unirsi anch' es»i
alla flotta cristiana, del pari maneggian-
dosi co' cavalieri di Rodi. Conviene sa-
pere che le cose d'Oriente e specialmen-
te di Cipro interessavano sempre più i ve-
neziani. Morendo nel 1 4^8 Giovanni III
di Lusignano re di Cipro, Gerusalemme
e Armenia, lasciò la figlia Carlotta mari-
tata a Luigi di Savoia (f^.) fratello del
duca Afuedeo IX, e Giacomo II suo fi-
glio naturale, il quale espulso dalla regi-
na sorella e dal re cognato, avea potuto
ucli4t>4 col soccorso de' veneziani e del
soldauo dEgiltu, al «jualu Cipro erj tri-
232 V E N V E N
biilaria (ìli dal 142G, meltersi in possesso moi'i Giacoiuo li lasc'uiiiilolii inciiila, e
del rciiiio, e cacciali i genovesi, dir a v(>a- dicliiaraiKlola per leslaiiiento eicde del
uo favorito i suoi niiuici, si moshò gralo 1115110 e d'ogni suo avete insieme alla pro-
e aniicissiino de' veneziani; e [»oi perso- le nascitura, ed in mancanza di tpiesta
steiieisicontio di (jiielli, mandò unaniba- doveano succedere i suoi figli naluiali.
sciata n Venezia chiedendo in isposa Ca- Appena il senato n' ebbe notizia, scrisse
leriiia,bellissiina e coltissima figlia diMar- a' 24 agosto al capitano generale Pietro
co Cornalo, la cui madie era Fiorenza IMocenigo, percbè accorresse in difesa e
figlia di ]Nh:o1ò Cri>po duca di iN'asso, che j)rolczioiie della regina, alla sua prote-
d.illa moglie Valenza figlia di Giovanni zione raccomandala dal re defunto, eoa
CcimnenoiniperatorediTiebisonda ebbe lei si coiicertas«e,e mellesse fedele presi-
Francesco che gli successe e 8 figlie ma- dio in Famagosla e ne' castelli a con-
ritate (piasi tutte a nobili veneziani. A servazione del suo stalo, che la repub-
lale determinazione del re Giacomo II, blica intendeva proteggere e luanlenere
avea contribuito Andrea Iralello di Mar- sul trono in ogni modo. In falli la regi-
co e confinato a Cipro. Accettò la repub- na Cai licita, venuta in Italia dopo che
blica con gran soddisfazione la doman- il fra lello naturale" le tolse il trono, non
da, per la molta reputazione che acqui- cessava ili domandnr soccorso a tutte le
stava la nobiltà veneziana, e pe' vantaggi [)oleir/.e e persino al sultano, maneggiau-
ch(' nedovcano derivare a'ti affici in quel- dosi in pari tempo col partito clic avea
Je parti. Ma in senso contrario maiieg- neh' isola per ricuperare il regno. Il se-
giavasi Ferdinando ! re di Napoli, per nato nell'ottobre 1 4^3 avvisò il Moceni-
indurie Giacomo II alle nozze con una go, che lo spagnuolo Giovanni Perez Fa-
sua parente, e grande alterazione avea brizio nuovo arcivescovo di Nicosia ca-
prodotto neir animo del re, disgustatosi pitale del regno, e un segretario del re
anche con Andrea Cornaro. Ma la re- di iVapoli si erano diretti all' isola di Ci-
piibblica nel 14^9 scrisse a Giacomo II, pio, per ciò slasse bene in guardia e gli
cu eiansi già celebrali gli sponsali con Ca- ujaiulò rinforzi (leggo nnW Oriciis Clirì-
terina Cornaro in suo nome dall'amba- sliaans, t. 3, p. i 2 i 4> che il re Fcrdi-
scialore col porgere alla sposa 1' anello naiulo i voleva far sposare un suo ba-
niiziale ricevuto dalle mani de! doge, per- sl;irdo a Carolina figlia naturale del de-
ciò esorlarlo a mantenersi fedele a'cou- funto (^iacomo II). Quanto il senato te-
Iralli impegni, non dando credilo alle fneva avvenne. I congiurali, con alla test^
sparse dicerie, con alili gravi riflessi es[)0- l'arcivescovo e liizzo da Mario napolela-
^li dall ambasciatore Domenico Gradeiii- no, levaronsi improvvisamente in armi
go; invitandolo in fine a levar la sua spo- nella notte de' 1 4 novembre, e penetrati
-sa, mentre a guarentirgli il regno da qua- nel palazzo reale uccisero il medico della
loiKpif alt.'icco, la repubblica prendeva legiiia sotto a'suoi occhi, e poi aiidarona
I Isola sotto la sua protezione. Accomo- a massacrare Andrea Cornaro di lei zio,
data quindi ogni dill'eienza, a'i4 luglio ch'esercitava grande potere nel governo,
'472 gli ambasciatori di Cipro giunsero insieme coll'imiocente Marco Bembo suo
in Venezia a prendere Caterina, dicliia- nip(jle. Temendo poi il bailo Nicolò Pa-
rala a dimostrazione d'alleilo figlia del- S(|ualigo, s' ingegnarono fargli credere
la repubblica, che per accom[)agno oiio- che lultociò era avvenuto pe'soldali in-
revole assegnò 4 galee comandale da Gli- soiti per mancare del solilo, accusando
roiaiuo Diedo. Arrivata Caterina in Ci- d'avarizia l'ucciso Andrea, del resto iii-
pro festeggiata, già il suo cuore si apri- tendere d' esser fedeli alla regina e alla
va alla gioia, quando a' 7 luglio 147 3 signoria. Ma poi recalisi dalla regiua la
V EN
obbligarono ad accoosentirc al matrimo-
nio d' una figlia naturale ili Giacomo II
ojii un figlio naturale di Ferdinando (
re tli Napoli, col titolo di principe di Ga-
lilea, cioè di successore al trono; metten-
do guardie ne'castelli, e per pagarle s'im-
possessarono degli argenti e delle gioie del-
la reginn. Ap|)ena tutto conobbe la repul)-
blica, rapidamente ingiunse al Moceni-
go di recarsi colla tlolla a Cipro, a sal-
vezza della regina e del suo erede, secon-
do la successione voluta dal padre di
«juesio, e impedisse il divisato matrimo-
nio; ad un tempo facendo lagnanze col
redi JNapoii. Arrivato il lAIocenigo nell'i-
sola, liberò la legiua e il governo da'co-
spiralori, de' fpiali alcuni furono impic-
cati, altri confinali, e ricompensando i
fedeli. Dopo aver il Mnceiiigo restituita
la quiete all' isola, assicurata con forze
militari, ecircontlata la vedova regina eoa
persone fedeli e vigili, assodata la sua au-
torità, si licenziò da essa e n'ebbe in dono
per gratitudine uno scudo dorato cogli
stemmi di quella Coruna. Altri molteplici
provvedinienli prese il senato, e tali clie
fin d' allora il regno di Cipro, se non di
nome, però di f.itto si trovò sotto il do-
minio della repubblica, né andò guari
cbeil fi-^lio Giacomo III partorito da Ca-
terina ^el 1473 stesso, morto nel i47^>
regnò sola la regina sotto la tutela del-
la repubblica, fiucliè poi al dominio as-
siduto di quella successe. Priu>a di <jnc-
sl' ultime vicende, bencbè la re[)ubl)!i-
ca a' IO giugno 1472 a Perrone era<i u-
nila in lega con Carlo il Temerario du-
ca di IJurgogna e suoi aderenti, tuttavia
poco o nulla si fece, ed i turchi nell'au-
linuio di quello stesso anno audacemen-
te erano penetrali sino all'Isonzo, fiume
dell'Iliirio, egià cominciavano a passarlo,
quaudo trovai onsi di lionte le truppe ve-
licziaiie che iiauliardemeule li respiiise-
ro. Uiiiralisi, si din'usero per la Carnia,
i cui abitanti fuggirono nelle città mura-
le, ed i turchi arditamente penetrali per
di !à nel Friuli, vi poitarouo la desola-
V E N 233
zione fino a Udine, ove le donne e i fan-
ciulli si riducevano tra'gemiti e singulti
nelle chiese, e il popolo raccoglievasi in
piazza a trattare de' modi della difesa,
quando il feroce nemico, falla buona pre-
da d'animali e temendo d'essere raggiun-
to dalla gente d' arme, che la repubbli-
ca mandava sotto il comando del prov-
veditore IMarin Leoni a' 1 6 ottobre, pre-
cipitosamente si ritirò. Quanto al breve
periodo del principato di Tron, di non
compiti due anni, oltre il narrato lo se-
gnalarono i seguenti avvenimenti, i qua-
■|i a decoro della patria ed al liijtro del-
l' età notabilmente contribuirono. 11 ce-
lebre cardinal Bessarione, che nutriva
alta riverenza per la saggezza della re-
pubblica, che amava e proteggeva le
lettere, e avea granile estimazione per
la coltura de' cittadini, scelse Venezia a
depositaria de' preziosi suoi codici e li-
bri, i quali vivente ancora il cardinale e
poco prima della morte del doge,rinchiu-
si ili n>oltiforzierigiunseroin Venezia, ed
elibe con es-i propriamente comincia-
menlo la biblioteca I\Iarciaiia,diche par-
lai già nel § II, n. 3. Nello stesso i473
il distinto dalmate Corichino Ciprio tro-
vò il sepolcro d'Omero, forse nelle vici-
nanze di Smirne o Clazomene, in quel
tempo prese e dislrutteda' veneti : è que-
sti quel Cippico o Cepione, che qualche
anno dopo scrisse: Delle i^iierre de vc-
ne.zinid iteli' Asia dal 1470 ^^ '474>
alle quali era intervenuto in qualità di
sopracomito di galera ; sennonché altri
ancora ilo[)0 di lui pretesero aver fatto
la stessa scoperta, come nel 1771 il con-
te di Pasch di Kricnen, escavando [)res-
so Sto Placcotò in isola di Nio, e cos'i ri-
mase a'pazienliarcheologhi il pronuncia-
re se veramente il sepolcro del principe
de' poeti siasi o no ancor rinvenuto. Le
tante peiilite, ordinaria conseguenz.i di
acerrima guerra contro il turco, non
impediioiio alla maturità del doge di
provvedere ad alcuni abuii, e di regola-
re ili meglio r interno regime della re-
2 m-
V E i\
pubblica. Fiì staluilo d' accordare il se-
yieto suffragio a chi avesse fondatamen-
le opposto alle persone de' iiooiiaali al
princi[)alo; e si stubiliroiio alcune prati-
che riguardo quella gelosa elezione. Anco
il sisleiiia mouetario venne riformato :
si coniò allora o circa il ì^jo una mo-
neta detta lira trona per l'iuimagirie di
(jueslo doge su di essa scolpita: tal no-
\ità,che sentiva di reg ile costume, fu su
Lito abolita, non troviindosi esempio che
le monete avessero portalo 1' effigie del
doge, tranne in una rarissima di rauta
del suo predecessore Moro. Il perchè nel-
la Promissione ducale dell* i i agosto
j 473 si aggiunse. Che non fosse più rap-
|>rcseiilalo il doge sulle monete in elll-
gie, ma sibbene in ginocchio innauii a s.
Marco; e fra le altre streltezze in essa
introdotte vi è pure quella che il principe
non putcìse scegliere i suoi servi se non
tra veneziani o del d)ii)iiiio,e nuovameii-
le, che uè egli uè uno di sua famiglia po-
tesse intercedere grazia alcuna per chic-
chessia. Circa alla liia trona, in alcuni
paesi della veneta Terr.d'ei ma, per in-
dicare la lira veneziana si dice uii lioii
e tanti Iroiii. Do[)o circa 20 mesi morì
il doge a' 28 luglio x^'j'ò, e venne loda-
to da Gio. Francesco l'asqualigo, ma che
nulla con suo dispiacere [)otè compiere.
11 suo figlio Filippo gli fece alzare un de-
gno monumento nella cappella maggio-
re de' Frari, uno de' più distinti della
città, ove tuttora riposa. — Nicolo Mar-
cello LXlXdogc. Lo divenne a'i 3 ago-
sto 1473 d'anni 76, essendo procurato-
re di s. JMarco, figlio di Giovanni, i cui
costumi pietosi e 1' indole pacifica lo te-
nevano lontano da' tumulti della guerra
e dalle scene tremende che seguono il
corso di quel flagello di sangue. Cou>e
tlivolamente ricevè il corno ducale, io
dissi nel § X, n. 45. Aveva una sula fi-
glia monaca nel monastero dei Corpus
J)oiniiù, e sua moglie eh' era di casa
Coiilariai detta Gasolera venne con-
dotta in palazzo ducale con solenne poni •
VEN
pa e con trionfi, quali addicevansl 0 ma-
trona d' alto affare, alla dogaressa mo-
glie di ragguardevole principe. La ricca
Damasco nella gioventù avea accolto il
Marcello, ed ivi lungamente erasi occu-
pato della mercatura con fortunali suc-
cessi ; ma tornato in patria e seduto sui
panelli della ragione, sorti a suo tempo
esattissimo giudice, vigilante custode del
pubblico erario, inesorabile verso coloro
che mancavano di zelo in condurre l'am-
ministrazione della repubblica. Ardeva
la guerra col turco con varia fortuna,
l'isole dell'Arcipelago, i lidi della Grecia
e ileir Asia soffrivano devastazioni e ro-
vine per la co?iiparsa dell'una e dell'al-
tra oste; r assedio di Scutari offrì largo
campo a' prodi veneti per segnalarsi in
valore, e Pietro Mocenigo e Antonio Lo-
reJano strappirono più volte alla vitto-
ria gli allori, che vaUcro a rendere i lo-
ro nomi cel-ibrali negli annali del mon-
do. Per la narrala incursione i turchi e-
rano vicini, e niun grande armamento
si faceva in Eiiropa, anzi il re d'Unghe •
ria avviava a Costantinopoli pratiche di
pace, e Federico HI imperal(n'e,per mi-
neggi del duca di Milano e de'fioientiui,
gelosi dell' alleanza della repubbica con
Ussun Gassali, si adoperava a impedirgli
ogni soccorso. Laonde altro non gli ri-
maneva che stringersi vieppiù al re di
Persia, assicurandolo di m.ii pacificarsi
col turco se non gli cedeva tutta la Na-
tòlia e le terre al di là dello .stretto coQ
tutta la ripa di esso opposta alla Grecia,
e il castello de'Dardanelli, ma con divie-
to di fabbricarne altri, oiule i venezia-
ni aver libero il mare e i traOici ; se poi
la pace venisse fatta da Ussun Cassa n, col
ricupero di sue terre, dovrebb' egli in-
cludervi la repubblica e farle restituire
la Morea, Meteliuo, Negioponte, o alme-
no questo e Argo. Pe' progressi fatti dal
re persiano, per la piena vittoria riporta-
la nella primavera, avea ricuperato buo-
na piirte degli stali de'siioi alleali signori
di Caraman, onde il senato invitò il Mo-
V E N V E N 2 J >
caiiigo a recarsi a cornhallcre la stessa che non da Ini solo, ma da liitln la cri-
Costaiiliiiopuli, Sii; lo consentivano il Cfu"- stianilà allendevasi soccoiso, acciò non
dinal Carafa legalo della flotta del l^ipa, si rinnovasse l'escrapio di Costanlinopoli
e il capitano di qnella di Na[>oii ; ma noi che all' assedio de* turchi furono avari
dì avanti a quello della morie del doge delle loro ricchezze, le quali poi dovei-
Tron, i persiani a Tergian, dopo lungo teru lotte dare al nemico. 11 senato fece
e feroce coird)<ittiinenlo, rimasero piena- ima leva di 3ooo uomini e arn)ò altre
mente sconnitì, fuggendo il re, e lasciai»- no barche. Il Loredan coraggiosamente
dovi mortoli figlio, non però avvilito. Do- si sosteneva, ma la flotta non poteva sa-
pò il quale tristo avveninicnlosucccsse la lir la liojana per la bassezza dell'acque,
riferita vilecongiura degl'inquieti cipriot- Divenuta la penuria di provvigioni eslre-
ti, la pronta repressione e il castigo, con ma e grande la fame, secondo alcuni, si
benemerenza dellecure del doge. N<?1 fi'l)- narra che il popolo tutiìultnante si pre-
braio i474 P'T t' da Vt-nezia per la Per- scntasse al Loredano; e questi scopertosi
sia I' ambasciatore Ambiogio Contai ini, il petto esclamasse : Cibatevi di mie carni
per assicurare il re de'preparalivi grandi e bei'fle del mio sangue. Parole di elFetto
di navi che faceva, oltre quelle del Papa e magico, gridando la moltitudine : Fi^'a
del re di Napoli, e che non lasoierebhe di Venezia. Tutlavolta non è certa la man-
muovergli altri principi, comunicandogli canza di vettovaglie e di munizioni, bensì
tliversi piani di guerra. Ma i principi mancanza trac(jua per cui molli morirò-
d'Europa erano sempre insen>ibili al pe- no, conie perirono molti difensori in una
iicolocoinune. Intanto I 0,000 turchi con villoiiosa sortita che affaticati l)everauo
formidabile artiglieria assediarono Scic- l'acqua fredda della Dojana. Tale fu la
ttiri, difesa mi>eial)ilmente da Anlunio difesa di Scalari, e sì gravi i danni recati
Loredan. La 1 epubblica gì" inviò in soc- a" turchi, che si ritirarono con iuiaieusa
corso Leonardo noldùcou una flotta, af- gioia della città e della repubblica, laqua-
fldandu quella del Mocenigo a Tiiadaiio le tosto premiò i difensori e l'eroico Lo-
Grilli ; a Roma pni ingiunse all' amba- redan, [)oi al suo ritorno creata cavaliere
sciatore Antonio DonalOj d'esortare Si- di s. Marco a' 20 novembre. Nello stesso
sto IV esser ma che anch' egli si muo- giorno fu pubblicala la lega fra Venezia,
vesse non essendo piìi leni pò da comi- il Papa, il duca di Milano e Firenze, in-
gliarc ma da soccorrere^ altrimenti Irò vilandovi il redi Napoli e il duca di Bor-
varsi costretta a procurare di levarsi tau- gogna. All'abbandono del l'assedi odi Scii-
ta rabbia nemica di dosso. Già l'altro tari contribuì il re ungherese per avere
ambasciatore Bernardo Giustiniani avea rivolto le armi control turchi, mosso dal-
deltocon elocpieute orazione al L^ipa, che 1' oratole veneto Sebastiano Badoer. \.
colla sua flotta non pcjlevasi rovesciare fronte di tante angustie, in Venezia il
un impero co>ì gigaute^cameute stabili- governo coltivava il genio delle belle ar-
to, e che avea conquistato due imperi, 4 ti, in quest'epoca facendo incominciare
regni, 20 proviucie e 200 città. Si pregò ad ornare la sala dal gran consiglio, co'
il Papa di sollevar tutta l'Italia, e di non meravigliosi dipinti in tela di Gentile e
lasciarsi trattenere dalle brige partico- GiovanniBellini, rappresentanti la storia
lari con essa, cosa ben lieve al coiifroiilo di Alessandro III e Federico I, le quali
di Sentali, perduta la rpiale seguirebbe opere con altre di eccellentissimi maestri
tanto sterminio de'feileli ; [ir ocuiasse al- andarono miseramente perdute [)er l'in-
meiio per tre mesi 1000 cavallic 1000 cendio del palazzo ducale de'20 <licenìbie
iìmli. Alle scuse di Sisto IV, circa alla sua i^yy. Intanto la vita di Nicolò Marcello
povertà e iusuincicn/.o, rispose il senato, toccava la pi esciilt.! meta, troppo breve.
236 V E N
li giorno stesso in cui si puhhlicò la le-
«n troviiiiiiosi in mezzo a'senaloii, nella
solenne [jiocpssionc f.itta per tale lieto
evento, d'improvviso gli si commosse il
ventre; ebbe pronto soccorso, naa rien-
trato in palazzo non ne sortì che sul fe-
retro tli morte, cui soggiacrpie il <lì i.'tii'
ceoibrei474- Ebbe a dicitor di sue lo-
di il d/ Ermolao Barbiro, (iglio ilelcav.
Zaccaria. Venne Inmtdato, cotne ave.ì
disposto, nell'isola di s. Andrea della Cer-
tosa, nel luogo detto Galilea, dove si
seppellivano i religiosi; ma in sua memo-
rie» i di Ini pietosi fratelli vollero innalza-
to un monumento all'aitale nìnggiore di
s. Marina, chiesa antichissima che fatal-
mente a' giorni nostri venne compresa
nella manomessione coi soggiaci[itero
tanti cospicui ediflzi dell'illustre Venezia,
come deplorai nel descriverla nel y Vili,
n. 8. 11 nionninento siccon'e sltipemla
opera, ricchissima oltremodo per iscullu-
re (ignrate e ornamentali, di sliij lom-
bardesco e d' ignoto autore, fu trasferito
nel njeraviglioso tempio de'ss. Gio. e Pao-
lo. Nell'iscrizione si legge, che fu ristau-
rato nel i 7 )3. Dice il Quadri nel descri-
vere il mausoleò:f|uantui)fpie breve, non-
tlimeno "lorioso fu il dosiado del IMarcel-
lo; e l'essere stato egli il pi imo che facesse
pubblica comparsa con vesti tessute d'o-
ro, fa prova che la ricchezza della nazio-
ne era giunta a superare la forza delle
leggi che reprimevano il lusso ( a repres-
sione ili questo, mi piace ricordar la mo-
rale legge, che le meretrici non potevano
vestire come le vedove, le maritate e le
zitelle. E siccome nel § XV'^I, n. 2, ove
ancora parlai delle leggi siinluarie vene-
tea railrenamento di quella distruggilri-
ce peste, che tuttora eccessivamente am-
morba la società, dissi tlell' uso de' zoo-
coli alti di legno delle donne, più- di-
fendersi dal fango e dalla polvere; essi
furono proibiti nel principio del secolo
che discorro, cioè nel \ \o()). A[>i)artie-
ne e fa onore airanlicliissima e nobile fa-
miglia patrr^ia Marcello del laudato do-
VEN
gè, r attuale degnissimo podestà di sua
magna patria Venezia nobile Alessandro
Marcello, che per le sue virtù religiose e
civili meritò di essere decorato dell'inse-
gfie equestri dal Papa Gregorio XVI del-
l'ordine da lui istituito; e per la sua sag-
gezza, probità, sapere, zelo e amor pa-
trio, fu trovato degno di essere elevato al-
la suprema e cospicua municipale dignità,
che lodevolmente esercita con pubblico
plauso. Mt vanto e pregio di professargli
da antico tempo profonda osservanza e
rispettosa aminirazione.lndulgente e cor-
tesii- mo magistrato, sia graziosamente
generoso in riguardare benignamente
questa mia studiosa fatica, affettuosamen-
te eri verentecnente consagrata a'fasti del-
la celeberrima e incomparabile città, che
presiede e rappresenta con tanto senno;
di quella Venezia cioè, il di cui passato è
un archivio inesauribile,ed il presente un
emporio di meraviglie, perciò colossale
e svariatissimo argomento incomportabi-
le alla mia insulKcienza, Io ri peto ancora
una volta. — Pietro ììlocenfgo L XX do-
ge. Erasi distinto in qualità di capitano
generale navale 4 anni e 20 giorni, nèco-
manilante alcuno prima di lui avea tenu-
to SI lungo tempo il supremo governo del-
la flotta, con clajnorose imprese, che ia
parte di sopra accennai, condotte inÀsin,
avendo in modo tremendo percorso l'El-
lesponto lino a'iidi della Caramania, non
luiige da Cipro, nella quale i>ola represse
la congiura degl' irrequieti indigeni, e fo-
mentata da alcuni intriganti stranieri a
danno ilella vedova regina Cornare; ed
ebbe inoltre notabile |)arte nella memo-
rabile difesa di vScutari. Perle quali azio-
ni e per altri suoi meriti, la grata patria
il volte guiderdo nare, prima colla digni-
tà di procuratore di s. Alarco, lilialmen-
te coir innalza rio al seggio ducale a' 14
dicembre i474> con ricevere il maggior
numero di sulh-agi. Ginns'egli al supre-
mo magistrato della re[nibblica nell'età
di quasi 70 anni, e la salute mal ferma
per le sosleaule fatiche e corsi cimenlij
VEN
poco il lasciò godere d'onorato riposo fra'
suoi cali, e poco accogliere le modeste di-
sliiizioni ed onori in quel senato, icui vo-
leri con invitto animo e con forte braccio
avea saputosi Itingamenle far rispellare
e ubbidire. A llendendo tosto a' bisogni
della guerra, furono levali 5o,ooo ducati
di sussidii dalle città soggette, e altro op-
portuno rinforzo si ricevè nel 1473 dal la-
scito riccliissiiuo di Bartolomeo Colleoni,
in fjiie! tempo morto, fallo alla repubbli-
ca di cui era slato capitano generale di
terra, del cui n»oiiumeulo equestre ragio-
nai nel § X, n. 1 3. Chiaro per valore, stra-
tegia e astuzia militare, cbe gli meritaro-
no il primato nella lattica, fu però insta-
bile ne' consigli, pronto a can)biar di par-
lilo e d' insegne, secondo che se gliene
oflriva il destro. Consisteva il legalo in più
di 100,000 ducali d'oro, per continuar
]a guerra contro i turchi, lutto ìì credito
che avea colla repubblica pe' suoi stipen-
di!, ed il 3.° di ducali 10.000 dovutigli
dal duca di Ferrara. Tutto il paUimo-
nio del defunto si trovò sommare a bea
5oo,ooo ducati. Ma già a'6 di dello anno
trovandosi il iloge uella sala grande del
palazzo ad una festa che si dava a Federi-
co d'Aragona figlio del redi Napoli, e poi
le neli4t)6, di passaggio per Venezia col
celebre SanOazaro (come notai in princi-
pio di (piesto articolo, o voi. XC, p. 2oq),
giunse un messo della matrigna di INJao-
niello II con proposizioni di pace, e un
salvacondotto per un agente dn mandarsi
alla l'orla Oitomana per trallaie ; e ciò
menile l';iolùI\Jorosiui adopera vasi a Pio-
nia con Sisto IV per una lega generale,
e ìMilano e Firenze eransi obbligati con-
tribuire 1 00,000 ducali. Il turco si scos-
se (io[)0 la difesa di Scolari e dell' isola
di Len»nos,[)er vedere le venete navi cor-
lere i niari colla lapidila del lampo, e
toccare 1 lidi preceduti dui terrore del no-
me e dalla fama del temuto loro vessillo.
La cosa (u disputala, trovuiidosi intempe-
stivo e dannoso un accordo da alruni; al-
tri poi, fia'quali il doge, ch'era sialo ca-
V E N 237
pilano generale e ben conosceva la forza
formidabile de'turchi, considerando i 1 3
anni che durava la guerra (notai più so-
pra,chedi recente e con documenti cava-
li dall'archivio de'Frari,il ch.EnricoCor-
net, co' tipi di Teiuiler iitl 1 S55 [lubblicò
a Vienna : Guerre de' /eiieli nell'Asia
1 470-1474)5 ^ P*^'" l'ei'ario esausto non
esservi mezzi a ojanlener 4o galere, vin-
sero il parliloe mandarono andjasciato-
re Girolamo Zorzi. Intanto che Ira'prin-
cipi cristiani, come al solilo, mollo si di-
scuteva e nulla facevasi, la flotta turca
uscita da Costantinopoli a' 20 maggio
prese Caflfa o Teoùosia, ponendo fine al
dominio genovese in Ci itnea; perdila fu-
nesta all'Europa in generale, che di colà
commerciava colla Persia e poteva con-
certare con que'popoli, egualmente nemi-
ci de'oiusulmani (siccome di sella diversa
benché inaometlaoi) la comune guerra
contro di questi. Il senato non mancava
vegliare allentameiile sull'isola di Cipro,
coatro i movimenli della regina Callot-
ta ; ma le pratiche col turco non riusciro-
no per le pretensioni, come di Lem no,
Maina e Ci oja, ed altri luoghi ricevuti ia
fede, e perciò non potersi cedere dalia
repubblica, onde furono poi respinte defi-
nitivamente nell'ottobre. A' i 6 di (pjeslo
il Papa convocò in Roma gli ambasciato-
ri di tulle le potenze cristiane, per com-
binare la guerra. INè la gravila dell'ester-
ne cose sola occupava la provvida mente
del senato, che gl'intere>si interni ebbeio
tutta la sua cura. La n<oiiela o lira conia-
la dal dogeTrone detta troiia, venne dal
doge JMocenigo riprodotta nel j47^ ^^^jI
nome di lira /iioceuì'i^a, ma senza ia sua
immagine, poiché la repubblica maIsoll^i-
va tal costume de' le. Poco dopo la vila
del doge terminò il suo corso. L'aria insa-
lubre de' contorni di Sculari, resa tale
allora dall' espansioni e dagli impaluda-
menti del fiume Dojana, avea in lui intro-
dotto il germe di letale malattia, fin da
quando colà combatteva : morì a'23 fisb-
biaio 1476 dopo un anuoe oltiedue me
23S YEN V li N
si di principato. Fu lodalo dal d/ Dome- nei'.ia Beatriee d'Aragona, figlia di Ferdi-
nico Bollani,e fu sepolto in ss. Gio. e Pao- nando I ledi Napoli, e sposa del re d'Un-'
lo, ove lasciò che fosse falla un'arca clie glieria, e fu accolla e onorata coll'ordina*
ancora ponìpeggia fra'splendidi cnonu- ria grandiosa splendidezza. A' aGdicein-
iiienli che ivi s' aniiuirano, innaLalagli hre i47(^ fu assassinalo, per la congiura
nel i484da'di lui fratelli, Giovanni doge di Gio. Andrea Lainpugnano, Galeazzo
eNicolò. — Aiiilrea l eiidraiiiiiio LXXI M.' Sforza duca di jMdano. Gli successe
doge. Era procuratore di dira, cioè di d' 8 anni il figlio Gian Galeazzo Sforz.i
qua del Canale,quandoa'5, o come vuole sotto la reggenza di sua madre Buona di
il prof. Piooianin a'6 marzo 1476 fu pio- Savoia. Nel i^reve suo dogado videconti-
mos<o olla suprema dignità, non senza di- nuare la guerra col turco. Poco mancò
spello d' alcuni patrizi, per appartenere non si perdesse Lepanto per tradimento ;
a famiglia falla noltile dopo la fimosa gli abitanti di Croja assediali, in una fe-
gnerra di Chioggia; molli ricordandola lice sortita cacciarono il nemico, ma poi
sua origine lo dicevano cnsantol, cioè riassahti, oltre grandi perdite, piansero la
venditore di grascia, antica professione di morte del Contarini. E mentre l'Albania
sua fa(nig!ia. Andrea benché di 76 anni Irovavasi così minacciata, nel 1477 com-
conservava bellissimo aspetto, e a grandi parvero i turchi anche nel Friuli, e io de-
ricchezze di I 60,000 ducati, univa gè- vastarono dopo aver sconfino il veneto
nerositàe magnificenza. Di 4 figli ujaschi, generale Girolamo Novello che vi perì col
3 gliene restavano ancora maritati a rag- figlio. Indi spinsero le loro orde, come
giiardevoli donne; ed appunto al gran torrente distruggitore, nel paese col fer-
parenlado egli dovette la sua elezione, ro e co! fuoco, e bruciarono tutte le ville
poiché nota il prof. Romanin, si rimarcò tra l'Isonzo e il Tagliamento, spargendo
qiial cosa slraoi dinaria cheavessedatoiu d' ogni intorno il terrore e la desolazio-
doteallesue figlie da 6 a 7 mila ducali ne;e v' è memoria che nell'oscurità del-
per ciascuna, quando leleggi non permei- la notte, dall'alto del cnmpaniledi s. Alar-
tevano che 2,000, ma egli diceva non vo- cosi videro le fiamme. Si presero energici
ler guardare a denari per aver generi a provvedimeuli nel novembre, ma riusci-
suomodo.PocodopoSislolVa mezzodel- rono inefUcaci alle numerose torme de'
r ambasciatore veneto Antonio Donato turchi, finché carichi di bottino si riti-
gli donò la flosa d' oro benedetta, la pii- rarono, lasciando però dietro a se rovine
madie fu deposta nel tesoro di s. Marco, e la peste. Questa rapì un gran numera
secondo il biografo oh. Casoni. A'7 apri- di cittadini, con quasi tutte le monache
le concorse col patriarca Gerardia porre di s. Zaccaria. Terminando così infelice-
la I.' pietra dello spedale di Gesù Cristo nienteil i477, lo>tosuccedeva altra sven-
presso s, Antonio a Castello, destinato a' tura per la murte d'Ussun Cassan, man-
poveri vecchi marinari, atterralo nel cando coi» lui l'ultima speranza di valido
i8io per dar luogo al passeggio de'pub- appoggio a'vcneziani, anzi della cristiani-
blici giardini. Di poi parte dell' edifizio là, per la quale, combattendo contro Mao-
fu destinalo a seminario ducale, come metto II, l'avea invocato PapaCalisto III.
narrai nel §VI,n. 7.,o voi. XC, p. 3o2. A' Frallanto a' 26 aprilei478 scoppiò iu
26 settembre 1476 ad Ercole I duca di Firenze la deplorabile congiura de'i^azzi
Ferrara nacque Alfonso I, e la repnbbli contro i Medici, di cui fu incolpato corn-
ea mandò ser Bernardo Bembo col ricco plice ingiuslamenteó7.vto JP"(F.),cou fu-
presente d'una pezza di panno d'oro, ov- nesleconseguen^ che narrai pure nel voi.
vero reslagiio, per assistere alla solennità LXXVHl, p. i43 e seg. il Casoni pri-
dcl battesimo. Uà mese dopo giunse a Ve- ma di compiere la biografia del doge Veu-
V E N
(li amino, narra il tegnente curioso aned-
doto, a saggio della rigorosa semplicità
di que' tempi, e dell'orrore in cui giu-
stamente si aveano gli errori contro la
fede. Certo Galeotto >'arnio, ossia di iNar-
ni, che godeva fama di savio e di molto
dotto, fu accusato d'eresia quale autore
d' un libro contenente prave dottrine, e
diffuso in Ungheiia e Boemia vi avea fat-
to n»olli proseliti. Processala, u«cì la con-
danna (U 6 mesi di carcere a pane ed ac-
qua, ma a salutare esempio prima venne
esposto su d' un alto solaio nella piazza
di s. ì\|^ico, con in capo una corona di
figure esprimenti demonii, perchè alla
presenza dell'inquisitore e de'suoi com-
pagni seduti in li ibunale ascollasse h pro-
pria sentenza, equindi si bruciò alla sua
presenza il libro erroneo, e losi costringe a
pubblicamente confessare i propri erro-
ri, e dichiararsi colpevole e pentito onde
in parte riparare allo scanddodato e al
male fatto. Ma pe'dileggi del popolo, che
volle motteggiarlo per essere ridicolosa-
mente corpacciuto, e pel iligiuno che do-
vea subire, irritai osi die vivacissime ri-
sposte con pronta ed indilfeiente fermez-
za. Moti il doge dopo circa due anni e
due mesi di se""io a'6 ma^i-io iAtSJo-
dato dal d."^ Guolamo Conlaiini priore
di s. Giovanni de' cavalieri gerosolimi-
tani, ed ebbe tomba nella chiesa de'Ser-
%i di Ilaria, dove i suoi figli eressero poi
quel cospicuo monutuenlo architettato
e decorato forse da Alessandro Leopar-
di, avendo avuto mano nelle sculture an-
che Tullio Londjarilo. Demolita tale
chiesa, fu Ira^fei ito in c(uella de'ss. Gio.
e Paolo, o\e si ammira come il più no-
bile e di bello stile di quanti ne conta la
città. INella Promissione tlucale furono
aggiunte Ira le altre cose, che il doge non
potesse permettere la sua «uma fuor del
pfdazzo, e ne furono determinate le re-
galie. Cosi andavasi quasi per ogni nuo-
vo doge a restringerne il potere e le pre-
rogative, o con aiupliazioue delle cose de-
cretale 0 con aggiunta di nuove. — Gio-
V E >' 5 3.)
vanni Mocenii^o LXXII doge. Fratello
del penultimo doge, nomo di somma
bontà e di singoiar modestia, era sena-
tore gravissimo ed avea sostenuto cospi-
cue maoisti alme. Di 70 anni fu inunlza-
10 al tiono ducfde a' 18 maggio i47<^»
mentre le piatiche della pace co' turchi
erano svanite e si proseguiva la guerra,
e quindi altre ardentissime in Italia tra-
vagliarono il suo dogado. Questocomin-
ciò con rinnovarsi atrocissima pestilenza,
che serpeggiando per Venezia con mie-
tere da 3o a 40 vittime al giorno, giun-
se a rapii ne qiiotidianaujente r io. Tan-
to era generale l'aiilizionee la pena, che
luinoratosi anco pel timore il concorso
de' patrizi, convenne ordinare che 1 au-
ree barche ducali girassero per la città,
onde condurre i senatori alle sedule di
consiglio, e dopo esauriti gli alfui di sla-
to, accompagnarli alle case loro, senza
comunicare col rimanente de' cittadini.
11 IMiiliuellidice che morirono anche i 5o
persone al gioino e durò la peste un an-
no, e fu allora che si ricorse al patroci-
nio di s. Fiocco, ed ebbe origine la scuo-
la in suo onore, che saPi poi iu tanta ce-
lebrila, pel narralo nel § XI 11, n. ì. Du-
rava da un anno 1' assedio di Croja di-
fesa da Jacopo da Mosto e da Giovanni
figlio diScdiKleiberg, quando alfine stret-
ta dalla fame, si arrese dopo i 1 5 giugno
1478; e nonostante la promessa tiella si-
curezza delle persone, queste fuono mes-
se a morte, ad eccezione di pochi de'piìi
licchl a' quali fu imposto grosso risralto.
Era questo un eseuqiio ili ciò che avea-
no da atleudeisi gli abitanti di Scalari,
la cui città Irovavasi di nuovo assediata
dallo slesso Maometto li con formida-
bilissimo esercilo, le di cui artiglierie a-
veano portate 10,000 cammelli, con al-
cuni cannonidi straordmariocalibro sca-
gliando palle di I 3oo libbie. Già perdu-
te anco Lisso e Dri vasto, la repubblica
inculcò ogni sforzo al generale Antonio
Loredano e al provveditore Tommaso
Malipiero, per salvare almeno Scutaii.
2,^0 V E N
Dopo (en ibile bombardamento, datDsi il
generale assalto a'22 b«glio, i turclii con
prodigi di valore furono respinti, onde
jl sultano ne partì lasciando parte dell'e-
sercito al blocco della città. Crescendo ad
ogni dì le sue angustie, né potendo gli
eroici abitanti durarla, si ,sc[)pe a Vene-
zia d' un nuovo eseicito turco cbe do-
veva calare in Italia, i cui principi era-
no in discordia e guerra Ira loro, quin-
di restare sola la repubblica a sostenere
tanta spesa e tanti sfur^i, però a' 4 g*""-
iiaio 1479 ^^ lipresa la discussione del-
la pace, ed a'25 fu conclusa. Venne sta-
bilito, comprendersi il duca di Nasso, li-
bera la navigazione, avrebbe la repub-
blica il suo bailo a Costantinopoli con
giurisdizione, pagare annui ducati dieci-
mila per le francbigie del commercio, e
centomila in due anni, cedendo Sciita-
ri, Stalimene e gli altri luoghi occupali
iuMorea nella guerra: in cambio di che,
il sultano restituirebbe i luogbi della si-
gnoria sino a' confini vecchi, bi conse-
guenza di questo trattalo uscirono da
Scutari 4^0 uouiini e i 5o donne, mise-
ro avanzo della popolazione distrutta
da combattimenti, e giunti a Venezia
furono date pensioni, impieghi e la ter-
ra di Gradisca per coltivarsi a loro van-
taggio, 1 prigioni d' ambo le parti furo-
no liberali, ed a' 2 5 aprile fu pubblica
ta la pace. Racconta il cav. Mutinelli che
IMaometto 11 invilo il do^e ad assistere
alle nozze d'un suo figlio, a fine di m.ig-
giornvente onorarle, e di speilirgli un va-
loroso pittore, bi <|uesto fu esaudito, man-
dandosi Gentile bellini, accolto cun di-
niostrazioni di grande umanità. Fece il
ritratto del sultano e della sultana, am-
mirati da' turchi come cose miracolose.
Vago poi IMaometto il d'aver la testa nel
disco de! battista, il quale come profeta è
pur da'turchi riverito, l'eseguì con di lui
soddisfazione; ma il sultano s'accorse che
il collo di troppo sopravanzava dal capo,
e parendogli che Gentile rimanesse sospe-
so,perdimosliargli il naturale eilelto.chia-
VEN
malo n se uno schiavo, gli fece troncar l<i
testa, indicando al pittore come divisa
quella dal busto, tlculloalfatto si ritirasse.
Per la qual barbarie intimorito Gentile, si
licenziò e fuggì alla patria. Notai nel voi.
LX.XXI,p. 2 I 5 che Gentile incise o piut-
tosto soltanto disegnò pure mi 1 meda-
glia coir elligie di Maometto 11 ; il quale
colle sue mani gli conferì la decorazione
ili cavaliere: la repubblica lo provvide
con assegno vitalizio. iVon conviene il
eh. Zanotto che Gentile, ed è dubbio che
altro pittore, il quale lavorò alla corte di
Abiomelto 11, ottenesseda lui la forazzd,
l'elmo, gli speroni e la spada che usava
il conquistatore doge Enrico Dandolo
quando stava a Coslanlinopoli, e ne fi-
cesse presente alla famiglia del grand'uo-
mo. E' certo che tale spada col seguo de'
crociati, in Venezia fu veduta da Pietro
Gradenigo, ma s' ignora come vi perve-
nisse ed ove ora si trovi. Della pace co'
turchi furono non poco censurali i ve-
neziani, ma per lutto il sin qui benché
appena accennato, non avendo essi ripor-
tato in 23 anni, de' (juali l 6 interrolta-
mente, da'lanti loro eccitamenti che va-
ne parole o al più alcun sussidio allatto
insudiciente, è giusto il convenire che so-
li non potevano tener fronte alla ster-
minata potenza oltouiana. A tutto que-
sto si aggiunga la guerra che si combat-
teva in Tosca/m ( /\j dal Papa, ed una
lega che si meditava Ira Milano e Fran-
cia per un nuovo riparto d'Italia a dan-
no de' veneziani. Questi intanto aveva-
no consigliato i fiorentini a liberare il
c;u'dinal IialKiele biario nipote di Sisto
IV, imprigionato per crederlo a parte
della suddetta congiura de'Pazzi, e fatto
di tutto per calmar 1' ira dello stesso Pa-
pa, che inoltre avea scomunicalo i fio-
I entini, e si era collegalo con Ferdinando
1 re di Aapoli, e fatto generale della lega
il valoroso e invitto Federico duca d'f /•-
l'ino. Indi si dichiararono a fa vore de lio-
rentini,i veneziani, il duca di INblano, l'un-
peralore Federico III e Luigi XI re di
V E N
Francia, non che Ercole Iduca di Ferra-
ra fallo capitano generale. Nuovamente
piocuiò la repubblica pacificare il Pa-
pa e comporli co' fiorentini, afTinchè poi
Italia colie forze unite potesse volgersi
alla comun difesa contro i turchi ; e nulla
ottenendo richiamò da Pionia l'ainbascia-
lore Sebastiano Badoer, e soccorse i fio-
rentini, facendo capitano generale della
gente da terra Roberto Malalesla da Ui-
Diini. Intanto il le di Napoli indusse Ge-
uova a sottrarsi did dominio milanese, pro-
clamando doge Battista Fregoso, e il Pa-
pa mosse gli svizzeri centro Milano, il
governo delqnale fu di prepotenza assun-
to da Lodovico Sforza iL'I/oro,ziodel du-
ca, che non più ebbe parte colla madre
nel potere. Ma Lorenzo de Medici, a' 6
marzo 1480, si pacificò col re di INapoii,
all'insaputa del Papa, come i veneziani
furono a un tratto abbandonati dagli al-
leati, il perchè a' 1 7 aprile Sisto IV fece
lega colla repubblica a reciproca tutela,
dichiarando generale di essa Girolamo
Piiario signore d'Imola e poi di Forlì, ni-
pote del Papa. Nello stesso tempo la re-
pubblica prese a' suoi stipendii, in qua-
lità di luogotenente dell'esercito, Fienaio
duca d' Angiò, pretendente al regno di
Napoli. Maometto li sospirando il con-
quisto d' Italia e di B-oma, nell'agosto
fece espugnare Otranto nel regno di Na-
poli, onde tutta Italia fu compresa di
terrore, ed universale fu la confusione
per l'escursione de'turchi al santuario di
Loreto. Furono tacciati i veneziani da
alcuni storici, d* aver eccitalo i turchi a
questa spedizione contro il re Ferdinan-
do I, per vendicarsi di lui, ma le noli-
zie pubblicale dal vero e probo slori -
co Kon)anin, colle notizie da lui tratte
da' libri segreti del senato, smentiscono
quell'accusa. Anzi la repubblica fu col-
pita da serie apprensioni, inceita del fi-
ne di que'movimenli, tanto più che nel*
l'agosto precedente un ambasciatore tur-
cosi recò in Venezia a olh ire soccorsi con-
tro i suoi nemici, mentre era intenzione
VCL. xcii.
V E N -ìU
del sultano di muovere a' danni del re-
gno di Napoli. La repubblica ringraziò,
n)a temendo anche per se scrisse al ca-
pitano generale della flotta di ritirarsi a
Corfù per difendere l'isola, e poi incari-
cò il suo oratore a Costantinopoli di dis-
suadere il sultano dalla disegnala impie-
sa del golfo. Crescendo i timori, la repub-
blica prese altri provvedimenti, e dover-
si trattar la flotta turca amichevolmen-
le, per risentirsi ancora della gueria so-
slenuta,e curare la conservazionedella pa-
ce, per cui si scusò d'aiutare il redi iVapo-
li, che senza ombra di sospetto erasi ad es-
sa rivolto dopo la presa d'Otranto. Frat-
tanto Alfonso duca di Calabria, primo-
genito del re di Napoli, che tentava l'im-
presa di Siena, accorse ad assalire Otran-
to riportando un* iuvigne vittoria, onde
la repubblica fece le sue gratulazioni col
Papa e col duca, e maggiori col re quan-
do in conseguenza della morte di Mao-
metto II, avvenuta a' 3 maggioi48'j i
lurchi totalmente si ritirarono da Otran-
to. Allora Ferdinando V re d'Aragona e
Castiglia eccitò la repubblica ad una lega
generale contro i turchi, essendo propizio
il momento per venir contrastatala suc-
cessione del sultano; mala patita disastro-
sa guerra e la recente pace, per la con-
servazione dello slato, non le permise
aderirvi; ed insieme ricusòaRenatod'An-
giò d'impetiargli dal Papa l'investitura
del regno. Divenuto sultano Bajazet II
figlio elei defunto, ricominciarono le mo-
lestie turche in Dalmazia, onde la repub-
blica inviò un oratore a Costantinopoli,
che a' 12 gennaio 14B2 ollenne la con-
ferma della pace, e poi ritenendosi il Rid-
iano Cefalonia le restituì Zante per 5oo
ducati l'anno. Anche i cavalieri gerosoli-
mitani di Rodi si pacificarono col sulta-
no, a condizione di custodirgli il fralello
Zizim o Gem a quiete di Turchia, per di-
sputargli il trono: in quell'articolo nar-
lai come poi Zizim passò nella custodia
del Papa, e circa alla sua morte, anche
nel voi. LXXXIX, p. 3o4. Ma questo
16
a-l?'
V E N
non lungo ilogado dove;! essere spj^nnlato
da una successione di guerre. Scoppiò col
duca di Ferrara (f.) Ercole I, per ge-
losie e dispule di confini e del sale di Co-
oiacchio; il cpiale inorgoglito per essere
divenuto genero di Ferdinando I, avea
dimenticato la gratitudine che dovea a'
veneziani, [)er averlo aiutato quando in-
sorse contro di lui il nipote iNicpIò; laon-
de il visdouiino Vettor Contarini era par-
tito da Ferrara, scomunicato da Donato
Marinello d' Arezzo vicario generale del
vescovo, per aver nel ìl\.So fatto ai resta-
re un chierico per debili di piccola son>-
nia, per T incompetenza del foio, previe
avvertenze. La repubblica intimò al du-
ca di f.ire rivorare la censiua ecclesiasti-
ca, e reintegrare il visdomino nell' ono-
re e ne'danni soderti, essendo ciò dispia-
ciuto al Papa e allo stesso vescovo di Fer-
rara, che da Roma avea ingiunto al vi-
cario di levare la scomunica, che final-
mente fu tolta, ma non pubblicamente,
come ordinava il vescovo ed esigeva la re-
pubblica, poiché pare che vi avesse avu-
to mano il duca. In Venezia vinse il par-
lilo della guerra contro di lui, e fu gran-
de il contento del popolo. Si proclamò
da un pidjblico banditore a' 2 maggio
1482, su cpiella pietra medesima che
chiamasi del bando, ed ancora esiste sul-
la piazza di s. Marcoj nelqual giorno il
doge consegnò lo stendardo di s. IVIarco
a Roberto di Sanseverino,già agii stipen-
di! del duca di IMilano, col titolo di luo-
gotenente generale e crealo nobile vene-
ziano,avendoa provveditore; Antonio Lo-
redano, il benemerito difensore di Scu-
tari; il comando della flottiglia fiiafìlda-
lo a Damiano Moro. Così ripulhdò la
guerra in tutta Italia, divisa in due gran-
di fazioni. Erano col duca di Ferrara, il
suo suocero re di Napoli, i fiorentini, Lo-
dovico Sfoiza, il marchese di IVfanlova,
Giovanni Denlivoglio capo della repub-
blica di Bologna, e la romana casa Co-
loruia. Erano co' veneziani Sisto IV, il
suo nipote conte Girolamo Riario signo-
VE N
re di Forlì e Ttnola, il marchese di IMoii-
ferrato, la repubblica di Genova, Pietro
RI.* Rossi conte di s. Secondo nello stalo
di Parma. Per opera di quest'ultimi prin-
cipalmente maneggiavasi di riniellere
nella reggenza del ducato di Milano la
duchessa Dona cacciata dal cognato Lo-
dovico Sforza. Partilo il Sanseverino al-
la volta del Polesine, cominciò nel mag-
gio 1482 le sue operazioni di difesa e
d' occupazione del Polesine, di Rovigo e
altri luoghi, espugnandosi Ficarolo an-
temurale di Ferrara, fors' anche per cer-
te nuove bon)barde inventale da maestro
Alvise, al cui scoppio esalavano fumo av-
velenalo che cagionava la morte. Tanti
vantaggi riportali e la vittoria d'Argenta
de'6 novembre, non che i danni recati dal-
la flotta di Vettor Soranzo alle spiagge
napoletane, mossero Ercole I a tentare
un accordo, ma senza elTetto. Si cond^at-
leva pure dall' altra parte, poiché Sisto
IV assalito da Alfonso duca di Calabria,
anche co' turchi al suo soldo, sin da'i i
agosto avea ollenuto segnalata vittoria
vicino a f^ cllctri (f''.), nel luogo perciò
detto Campo Morto, pel valore di Ro-
berto Malatesta cedutogli con truppe da'
veneti, indi morto in Roma per la sover-
chia fatica sostenuta nella pugna; men-
tre in Ferrara morì il celebre Federico
duca d' Urbino generale de^a lega. Non
ostante, il Papa cedendo all'insinuazioni
del re e dello Sforza, intimorito dal du-
ca e da' Colonnesi minaccianti Roma, si
riconciliò con que' principi e aderì alla
lega contro la re[)ubblica già sua allea-
ta, per avere stretto d'assedio Ferrara.
Tutto partecipò Sisto IV alla repubbli-
ca r I I dicembre, invitandola a ritirarsi
dall' impresa, perché ne verrebbe laude
immortale al veneziano governo. In vece
per tale mutamento il senato levò gran-
di lagnanze, a*27 richiamò il suo amba-
sciatore Francesco Diedo da Roma, giu-
stificandosi col Papa di sua condotta, il
quale l'esortava alla pace nel punto eh e-
la prossima la fine della guerra coll'im-
minenle presa di Ferrara. Sisto IV stette
ferrilo, e da Aiìcona fece pai lire 5 g idee
per unirle alle 3o diil re inviate a' danni
ilella repubblica ; ed 0*25 maggio i4'^3
sentenziò la sconi unica contro la repub-
blica, e d'ordine del legalo cai dinal Gon-
zaga fu pubblicata in Ferrara il i.° giu-
gno sopra d' un palco eretto in mezzo
alla piazza da fr. Cesario dell' ordine ile*
servi di Maria (per singoiar coincidenza,
pi il tardi uo suo correi igioso difese la re-
pubblica da altro pontifìcio interdetto),
inetitie il feri arese Titolo Novello vesco-
vo d'Adria celebrava la messa sulla por-
ta del duomo. Sisto IV indi a il "iu^no
parteci[)ò a Venezia 1' interdetto contro
la repubblica con monitorio ili scomuni-
ca se denti oi 5 giorni non si fosse ritira-
ta dall'assedio, appartenendo lo stato di
Ferrara alla sovranità della s. Sede. Il
Papa mandòla bolla di scomunica al pa-
triarca di Venezia Gerardi per comuni-
carla al doge e alla signoria sotto [)ena
di sospensione e maledizione; il prelato
si finse malato, fece sapere ogni cosa al
doge e alla signoria, ma gli fu ingiunto
ligoroso segreto e di continuar la cele-
brazione degli udlzi divini come prima.
Dicbiarò quindi la signoria appelliusi od
lui futuro concilio, nominò 5 dottori nel-
le leggi oanonichec prelati ad esaraiuare
la questione, che furono M. Antonio Sa-
laco arcivescovo di Corinto, ed i vescovi
Nicolò Franco di Pareiizo e poi di Tre-
viso, Pietro da Monte di Croja, Leone
Gar.iton di Sitia e Francesco Contarini
di Negroponle, con altri nobili e consul-
t(jri, i quali tutti approvarono l'oppeila-
zione. e una copia ne fu mandata per
corriere a Roma adafìlggeila alla porta
della chiesa de* ss. Celso e Giuliano, si-
tuala presso ponte s. Angelo, nella via
che conduce al Valicano. Ma essi non do-
vevano ignorare, che per aver fatto al-
trettanto Sigismondo duca d'Austria fra-
tello dell'imperatore, Pio II colla bolla
Exccrabilis^ de' 1 8 gennaio i i\5(), Bull.
Ront.f t. 3, par. 3, p. 97, avea vietato
V E IV ^.\",
sotto pena di scomunica gli appellanti dal
Papa al futuro concilio, come rei di ere-
sia ele-rf maestà. E Sisto IV, ad esempio
di Pio il, dimostrò con una sua bolla,
essere 1' autorità della s. Sede, e di Chi
in essa risiede, superiore a tutti i conci-
lii. Vedasi Ziìcc&v\a,/Jnti-Feb!iroiiìO, t. 2,
p. 371, cap. 5 : Delle appellazioni ni
ftiliiro concilio. Si mostra la no^'ilà e
reità loro. Mauro Cappellari, poi Grego-
rio XVI, // trionfo (Iella s. iSVv/e,cap,
10 : U effetto delle scomuniche imj)0s te
da' Romani Pontefici non dipende dal-
l' espresso consenso della Chiesa, ma
dall'intrinseca loro efficacia j e ipiiudi
esso pure dimostra infallibili i Pontefici.
Quindi la repubblica spedì ambasciatori
a istruire di tutto l'imperatore, i re di
Francia e d' Inghilterra, i duchi di Bor-
gogna e Austria. La guerra si continua-
va in varie parti, per mare, in Lombar-
dia, e nella Puglia, dove i veneziani colla
flotta comandata dal capitano generale
Giacomo Marcello, che vi perì, oltre al-
tri luoghi, preseroe saccheggiarono Gal-
lipoli, dopo aver tutelalo l' onestà delle
donne. Di più la repubblica die il primo
eccitamento a Luigi XI re di Francia -i
venire a far valere i suoi diritti sul re-
gno di Napoli, avendone spoglialo l'Au-
gioino Carlo del Maine; e chiamò Luigi
di Valois duca d'Orleans, poi Luigi XII,
a togliere lo stato di Milano a Lodovico
il Moro. Infime politica, ma pur trop-
po non nuova in Italia, esclama l'impar-
ziale storico prof. Romanin.Le (juali cose
tutte, fecero risolvere Sisto IV a doman-
dare nel maggio i 4^4 ^'^^ '" '"' *' '"'*
mettesse l'arbitrato delle faccende ferra-
resi ; ina nfin si potè nulla concludere
dal cardinal Giorgio da Costa arcivesco-
vo di Lisbona, a tale elTetto mandato in
Cesena legato, e ciò per voler egli trop-
po, ed i veneziani nel supplicarlo d'es-
ser assolti dalle censure cercavano tem-
po per fare ulteriori apparecchi guerre-
schi, come dice il Novaes nella Storia di
Sisto IF. » Sludiaronsi i veneziani di
244 V E N
conciinre Gonlro del Popa i re di Spagna
e di Francia, supplicandoli di approvare
In loro ap[)cllazione, ma resJan(>a inutili
i loro maneggi, Luigi XI re Cristìanissi-
ino volle all'opposto, che la sentenza di
Sisto IV (la bolla contro l'appellazione),
fosse con grande solennità pubblicala".
Altrettanto e meglio riporta l'annali-
sta Rinaldi. Trovavansi i belligeranti di
fronte sul Bresciano, quando Gianiacopo
Trivulzi capitano di Lodovico andò dal
Sanseveriuo dicendo die bisognava cer-
car di accomodare le dilferenze de' loro
principi, onde autorizzato dal consiglio
de* Dieci convenne a'22 luglio i484 ad
una sospensione d'armi. Tatti inclina-
\nno alia pace, in uno al Papa. Si con-
cluse a Bagnolo a' 7 agosto, colla resti-
tuzione reciproca dells lene occupale,
la casa di Venezia e i beni Estensi ad Er-
cole I, però rilenendosi la repubblica il
Polesine e Rovigo, che fu per essa il frutto
d' una guerra disastrosissima. Il Sanse-
"verino fu premialo con Cittadella nel
Padovano e Monlorio nel Veronese, con
una casa sul Canal grande a s. Agnese,
pensione vilalizia alla mogliedii ootlucali
e il donodi i 0,000 alla figlia. Il Papa seii-
rt con gran dolore il ti allato, per r.on es-
sere sialo consultalo da Ferdinando I e
dagli altri collegati, i quali avendo più
riguardo a' loro vantaggi, trascurarono
alfatloqtielli della s. Sede, conculcando-
ne l'onore e le ragioni, ne v' inclusero
il nipote conte Girolamo Riario. A Sisto
IV perciò si aggravò il male che lo tor-
mentava, e rammaricalo ne mori a'i 3 a-
goslo 1 484- Al successore Innocenzo Vili
genovese tosto scrisse la repubblica riepi-
logando le cagioni e i successi della guer-
ra di Ferrara, e pregandolo levasse l'in-
terdetto. Il nuovo Papa, amatore della
pace, anche per bandir la crociala con-
tro i turchi, fece cessare ogni ostilità con-
tro i veneziani, e per mediazione de'car-
dinali nazionali con bolla de'28 febbra-
io 14^5 levò rinterdello, li assolse dalle
censure e li rimise nella scia grazia. La
YEN
sorte avea disposto che il periodo d i que-
sto ducato fosse infausto; l'incendio di
parie del palazzo ducale e d'una cupola
della vicina chiesa, avvenuto a' \\ set-
tembre 1483, con perdita di celebri pit-
ture e del piano geografico d'Italia, onde
la signoria trasferì la sua residenza in casa
Duodo di là dal rivo; la peste, le guerre^
il pontificio interdello, furono amarezze
poco raddolcite dalle pidibliche feste, da'
sontuosi tornei dati in piazza di s. Mnr-
co per solennizzare r ultima pace; per la
quale la repubblica riconobbe la tutela
di Lodovico il il/o/o sul nipote Gian Ga-
leazzo. Nel senato fu lungamente dispu-
talo sulla ricostruzione del palazzo, che
alcuni volevano più grande e magnifico,
finché fu deliberato si facesse come al
presente si vede dalla parte del rio e nel-
rinlerno cortile. La peste ricomparve di
nuovo nel maggio i485, e il doge tocco
dal morbo, cessò di vivere a' 4 novem-
bre, o a' i4 come vuole il prof. Roma-
niu; e venne subilo tumulalo in alto, in
monumento ricco per simulacri e per di-
ligenti intagli, presso 1' arca dell' altro
doge Tommaso Mocenigo, nella chiesa
de' ss, Gio. e Paolo, ove disse le lodi di
lui Girolamo Molin, Durante la vacanza
fu fatto l'ufi'icior/e sopra i <t///, cioè Prov-
veditori agli alti de'sopragaslaldiche for-
mavano la 2,'" istanza in appello dalle
senteozede'gastaldi ducali. Inoltre si sta-
bili che il doge non potesse fnr primice-
rio della chiesa di s. Marco, 2.''dignilà ec-
clesiastica dopo il patriarca, alcun suo
parente; che non potesse dare ad alcuno
il titolo di Magnifico^ e avesse a ricevere
il berretto o corno ducale dal consigliere
anziano colle parole: Accipe Coronarli
Ducatus Veìielianmi. Che i proclami
fatti per decreto de'consigli fossero in no-
me del doge.
11. Marco Barò arigo LXXTIIdoge.
Personaggio senatorio, dotato di grande
memoria , giusto e savio, per merito e
per virtù rispettato, pio e d'indole soa-
ve; ma caldo di patrio amore, soslenilo-
V E N
re robustissimo deirorJifiL', piìi volte Ino-
nò iliilla ti'ibiina coiiliu i deploiancli fu-
rori de' parlili guelfo e ghibellino, non
perchè in Venezia esistessero lafi fazioni,
ma bensì quelli che ne seguivano le ten-
denze, pei' tener lontano da essa il mia-
saia loro infernale, che pur tentava pe-
netrarvi. A' I g novembre i485 eletto do-
ge, fu ih." cui per ìtatutaiia disposizio-
ne de'padri, sieno stali conferiti gli or-
namenti della dignità principesca pub-
blicamente, con solennità e in luogo co-
spicuo, cioè sulla scala principale del pa-
lazzo, non quella attuale de'Giganti, co-
me si disse, la quale fu eretta sotto il
doge seguente fratello di Marco; la qual
ceremonia prima d' allora era costume
celelnare in privato, come racconta il
suo biografo Casoni. La peste ricompar-
ve a desolare Venezia, ed il senato sem-
pre pronto nelle pubbliche calamità, a-
doprando la solita sua provvidenza, non
lasciò mezzo alcuno intentato per atte-
nuare il disastro, e per moderare nel vol-
go l'urto sempre fatale d'una prima spa-
ventosa impressione. Tosto i lavori a
compimcnlo del palazzo ducale veime-
ro proseguiti con raddoppiata operosi-
tà. Anco il Canal grande, che moUra-
Va estesi imbonimenti, venne contem-
poraneamente escavalo, in conseguenza
dell'anteriore decreto de'24 luglio i4y>,
e cosi a[ierti i tesori dello stalo a soste-
nimento del povero, il senno calcolatore
del princi[)e contemplava ad un tempo
ed olleneva più lodevoli scopi : utile e-
sercizio all'industria e decoro dalla città,
e necessaria distrazione delle menti per
tante assidue e svariate occupazioni, che
appena lascia van tempo a rillcltere sul-
r intensità della patria svcutura. Piibel-
lalisi i baroni del regno a Fedinando I
re di Napoli, ricorsero ad Innocenzo VIU
come supremo signore del regno, il qua-
le |»rese la loro ddesa e delle ragioni del-
la Chiesa. Allora il re si alleò co'Horen-
lini e col ducd di iMilanu, e recato dalla
sua parie Virginio Orsini bdioueromauo,
YEN 247
questi colla sua gente scorse (Ino alle por-
te di P).o(na. Il l'apa feee lega co'suoi ge-
novesi, ed a mezzo del suo nunzio di Ve-
nezia Nicolò Franco vescovo di Treviso
invitò anche i veneziani, ma essi si scu-
sarono. Narra 1' annalista Rinaldi, che
Innocenzo Vili rimproverò i veneziani
per negare il possesso della chiesa di Pa-
dova al cardinal Giovanni Michieli , a
motivo che bramavano altro vesco;VO rac-
comandato loro da'padovani. Il cardina-
le però trovasi nella serie de' vescovi, al-
meno come amministratore dal i4B5
al 1487. Il doge Marco Barbarigo vis-
se soli 9 mesi, e la sua morte fu cau-
sata da forte alterco ch'ebbe nel senato
col fratello Agostino, che gli successe.
Questi se gli mostrava sempre opposito-
re, e sembra che tanto alTettata disparità
di opinione, non fosse, per parte d'Ago-
stino, totalmente scevra d'animosità; im-
perocché narra il Sanuto, un giorno che
Agostino erasi mostralo più del solito
insistente a contraddire il fratello, insor-
se il doge iliceodo: Messer agostino, voi
fate ogni cosa perche noi inuoianio, per
succedere in nostro luogo j tna se la ter-
ra conoscesse così bene, come facciamo
noiy la persona vostra, si sceglierebbe pile
presto ogni altro. Disceso dal trono,
pieno di collera si ritirò nelle sue stanze,
dove pochi giorni dopo cessò di vivere.
Sentendo avvicinarsi il suo fine , fece
chiamare al letto i suoi 4 figli, e raccol-
te in quel [)utilo le poche forze, che gli
restavano, ripetè loro, con ferma voce, i
doveri del cittadino verso la patria , e
l'armonia de'Iegami che questa a quella
congiuugono; diede loro l'estremo bacio,
e prostese ambo le maui sul capo di que*
goiiu (lessi, restò come assorto in atto d'im-
partire la paterna benedizione; scoisero
ancora poche ore, e spirò da tutti desi-
deralo e compianto a' i4 agosto 148G.
Osserva .Moschini, parve che la sua mor-
te non recasse gran dolore a'nobili, per a -
vergli dat(j a successore il fratello, per le
cui cuuliuuc ingiurie il doge uè avvib a:
24G V E N
poi luon. Ebbe l'esequie in ss. Gio. e
Paolo, e hi lomba nella chiesa di 8. Ma-
iia della Carila, nella cjuale venne poi
innalzalo niagnifico sepolcro alla memo-
lia di Itii e del liatello Agostino, nionu-
inenlo die sgrazialaaienle , come tanti
altri, andò perduto, cjuando il sovverti-
iiienlo delle pubbliche cose involse nella
manotuessione delle patrie memorie an-
cheiltempiodella Cai it.j.artmiirando per
aiilichità e altri piegi,da Papa Alessandro
III consagralo. ■ — Aii^usliiio Barbarico
LXXIl doge. Dopo la riforma stabilita
nel loS-ì dal doge Flabanico, che proi-
biva succedere al doge defunto il figlio
^^ il fralello, si vide lai."volla,e fu an-
che poi unico esempio, il succedersi I un
l'altro due individui ilclla stessa famiglia.
Agostino ebbe 28 balle al 5.° squillino,
essendogli conipetilore Bernardo Giusti-
niani. E vi fu (jiialclie ritoviuieuto, poiché
ìi'era sparso che le Cdsc vecclilt^ come si
dicevano (juelle famiglie clic facevano de-
rivare la loro nobiltà (ino da'lempi tribu-
nizi (e avanti rSoo), avrebbero pósto o-
gni impegno a far eleggere un de'Ioro, e
si dimostrava un generale malcontento,
e andavasi divulgando essere tempo di
togliere il dogado di mano de' Cz/r//, co-
s'i si chiamavano quelli delle C<'?óT' nuove
(cioè le aggregate in diversi tempi al pa-
liizialo dopo r 800), per rimetterlo ne'
Lo/ìi^hi, cioè delle Case vecchie. E ben-
ché ciò non succedesse, apparleneudo il
Karbarigo alle Case nuove, tuttavia il
movimento continuò, ed anche nelle ma-
gistrature si fecero cadere parecchi delle
Case vecchi t, sebbene uomini d' impor-
tanza ,con>eap[)rendo dalla stupenda iS'to-
r/rt del prof. Uomanin. Egli inoltre rife-
risce, che appartenevano alle Case vec-
chie le famiglie: l'adoer, Basegio, Baroz-
zi, Biagadin, Bembo, Contarini, Corner,
Dandolo, Delfi n, Fa lier, Gradenigo,!Mcm-
nio, Michiel, Morosini, Polani, Quiriiii,
Salonjon. vSainulo, Soranzo, Tie[)olo, Za-
ne, Zen, Zorsi, Zusliniani; le quali tulle
avevano avulo un doge (Bembo l'ebbe
V E^'
nel 161 5), eccello 5, cioè Barozzi, Base-
gio, Quirini , Salomone e Zane (anche
Ijiagadin). lN'eli4^o avevano congiuralo
insieme 16 Casate ««oi'c delle principali
di non lasciar ascendere al dogado alcu-
na delle Case vecchie, e furono: Barba-
rigo, Dona, FoscarijGrimani, Grilli, Lau-
do, Loredan, Malipiero , Marcello, Mo-
cenigo. Moro, Priuli , Tievisan , Tron,
Vemlramin e Venier. La congiura di que-
ste Case ebbe fine nel i 620 (1612) nel-
l'elezione inopinata diMarc'AnlonioMem-
rno, il I .° che di Casa vecchia tornasse
al dogado dopo Michele Rlorosini che fu
doge nel i382. Altre notizie si ponno leg-
gere in cpjella aiiniera d'erudizione, cli'è
l'opera di;l cav. Cicogna, Inscrizioni 1 e-
neziane, l. 4, [>• 49^j "^'"^ ripoita il do-
cumento donde trasse il riferito il diligen-
tissimo prof E.omanin e citandolo, ponen-
domi C(js'i in gi'ado di riscontrarlo. 11 eh.
biografo Casoni, dice(a'3o agosto i486)
successe Agostino nel dogado al halello:
era di bella presenza, amene e insinuanti
maniere, uja nel ponderato diverbiare ilei-
le aule mostra vasi discorde sempre dal
fraterno consiglio; forse che a questa spe-
cie d'antagonismo deve Agostino l'aver
occupalo il trono, subito do[)o il fralello,
giacché al sistema aristocratico de'vene-
ziani, ed alle prudenli massime loro non
dispiacevano i dispareri, leconlrarietà, le
gare Ira parenti patrizi. 11 reggimento di
questo doge fu stadio di gravissimi avve-
nimenti, edanzi è da riguardarsi siccome
e[)oca in cui si sono disposte le cause che
influirono poscia sulle future sorli della
repubblica. Per l'accennato movimenlo
de'palrizi delle Case vecchie e delle Ccj-
.?cn?iOi'r_, generandosi evidentemente due
pregiudizievoli fizioni, con tripudio de'
nemici di Venezia, fu prima cura del do-
ge di parlare nel maggior consiglio con
molla vigoria d'eloquenza per riconcilia-
re gli animi, e salvare la cosa pubblica,
nell'unione essendo la forza. Ma l' ina-
sprimento era tro[)po grande perche si
potesse facilaieulc quietare. Anche al di
YEN
fuori avreljbe volcilo il doge conservar
Ja pace, dì cui avea tanto bitiogiio la re-
pubblica dopo la pericolosa e dispendio-
sa guerra di Ferrara, ma non erano tem-
pi quelli die pace concedessero. Durava-
no ancora le gravi vertenze fra Ferdi*
uando I e Innocenzo Vili, per gl'insor-
ti baroni del regno, i quali avendo fatto
vantaggiose ollerle a'veneziani per soc-
corsi, nulla ottennero. Intanto il Papa,
contro il consiglio de'veneziani, volgendo
l'animo alla guerra, [)rese al suo soldo il
Sanseverino con dispiacere de'niedesimi,
e poi per l'intervento di Ferdinando V
le di Spagna, alle cui insinuazioni ezian-
dio avea resi>litoia re|)(d)blica di pren-
der parte a favore di Ferdinando l,con
questi si pacificò l'i i agosto 14^6, e nel
di seguente fu pubblicata la concordia
ristabilita. Questa ebbe coi ta durala per
l'operato del re,e ad impedire nuova guer-
ra tra lui e il l\i[)a s'intromisero i vene-
ziani, sebbene senza ellello, anzi ricusan-
do al conte Roberto Sanseverino il ri-
torno a'ioro stipendii, anche [)er confu-
tare le dicerie di averlo concesso al Pa-
pa perftvorire questi occullamcule. Dun-
que i veneziani si mostrarono pacieri e
neutrali tra il re e il Papa, quindi non
•vero il riferito diversamente da altri sto-
rici, dal Rinaldi, seguito dal Novaes , e
perciò altrove da me riportato, die i ve-
neziani si unirono due volle in lega eoa
Innocenzo Vili; anzi il Rinaldi dice che
in conseguenza della i.* di esse, levò loro
l'interdelto. Di una lega pare non do-
versi dubitare. Va corretto pure un al-
tro errore, in cui caddi anch'io nell'arli-
colo Sicilia , nel quale sviluppai anco i
cenni storici del reame di Napoli^ in con-
seguenza del dichiarato nel suo articolo,
ove non rammento con quale storico dis-
si, che Sisto IV assolse! veneziani dalle
proprie censure, il die fa contraddizione
col da me precedentemente narrato in
altri luoghi. Nel 14^7 scoppiò la guerra
Ira la repubblica e l'aiciduca Sigismon-
do d'Austria principe del Tirolo, e frulel-
V E N 247
10 dcll'imperalore Federico 111, die d'in-
dole buona fu tratto da'suoi ministri a
lunga e co'^tosa guerra, dall'opinione pub-
blica qualificata impolitica e inavvedu-
ta. La descrisse diligeuteinenlc Pietro
lìembo poi cardinale, nel principio del-
l' I<:tona ^.'elicla, commessagli dalia re-
pubblica, in continuazione di quella di
Rlarc'Aulonio Sabellico. Possedeva la re-
pubblica nel Tirolo, l\overedo, Torbole,
Nago, Riva, ed awea alleati i conti di Lo-
drone, desiando perciò non poca gelosia.
11 perchè i conti d'Arco per ragione di
confini iiisorseio contro i conti di R.iva e
Toibùle, devastandone le lerreall'ombra
di Sigismondo. Questi medesimo comio-
ciò l'ostilità nel marzo, col togliere a've-
ueti le miniere di ferro e d'argento che
aveano al confine in Primioo e Valsu-
g-ina , sebbene essi avevano procurato
comporre le dilferenze. La guerra fu in-
timata dall'arciduca e dal conte d' Arco,
e tosto a' I 3 aprile di prepotenza furono
arrestati i mercanti veneziani che sulla
fede de'lrallali s'erano recati a Bolzano,
gran deposilo allora di Olerei e transito
per la Germania, e confiscate le loro
merci. Ciò saputosi dal figlio dell'impe-
ratore Federico III, il re de'romani Mas-
similiano 1, dopo il padre capo della ca-
sa d'Austria, altamente ne fece biasimo.
Scelse la repubblica a suo capitano ge-
nerale Giulio Cesare Varano signore di
Camerino, ed a'veneziani poco mancò a
non prender Trento. I tirolesi capitanati
d il conte di Kirchberg Maticli, tentaro-
no il' impadronirsi di Roveredo, ma li
respinse valorosamente il veneto provve-
ditore Nicolò Priulijcpoi il Varano lo la-
sciò espugnare quasi sotto i suoi occhi,
mentre il Priuli volendo difender la roc-
ca, dovè cedere e darsi prigioniero a'3o
maggio. In luogo del Varano, si riprese
agli stipendii il conte Sanseveriuo; e nel
tempo stesso Guido de' Rossi attendeva
a difendere il Veronese e il Feltrino, cui
i tedeschi altresì minacciavano. Non re-
slava intanto il Papa, al quale la repub-
9.48 V E N
blica avea esposU) la Ciiusa ilelhi guerra,
(li aJoj)eiai.si a mezzo del muizio eli Ve-
uezia rs'icolò Fiiiuco vescovo di Tteviso,
per recaie a termine una conciliazione,
e vi si maneggiava lo slesso conte Sause-
veiino, ma non riuscendo il trattato, ri-
pigliaionsi le armi. Si combattè il 4 lu-
glio a Rapacci-OHe colla peggio de' vene-
ziani. Antonio Sanseveiino per salvare
il conte padre rimase prigioniere per la
:».' volta (l'altra era stato pel combatti-
mento sostenuto da prode in singoiar
tenz(jiiecol conte Giovanni di Somicberg,
per la (juestione del valore nazionale de'
tedeschi e degl' italiani), ma fu vittoria
che costò tanto sangue agli austriaci che
quasi tutti si sbandarono e tornarono al-
le case loro. Allora i veneziani riacqui-
starono Pioveredo a'aS luglio, ina quan-
do il Sansevei ino si proponeva recarsi a
Trento, a' i o agosto furono disHilli pres-
so Petra da un buon corpo di truppe
comandate dal prode cav. Kfippler re-
stalo al campo. 1 fuggiaschi non più tro-
vando il ponte di barche da loro fatto
sull'Ailige, volendolo passar a nuulo, tra
quelli di cui si ebbe a piangere la perdila
fu il valente capitano Sanseveriiio, e tro-
vato poi da'nemici il corpo, l'onorarono
e tumularono in s. Vigilio di Tienlo,
ove tuttora vedesi la sua statua in mar-
nio rosso con iscrizione. L'anniversario
di questa vittoria, detta di Galliano, ven-
ne (ino a non mollo festeggiata con so-
lenne messa e commemorazione. I\Ia au-
clie l'esercito tedesco era quasi distrutto,
mentre gli avanzi del veneziano ritira -
rotisi a Pioveredo. Laonde il desiderio di
pace si rinnovò vivissimo tra ambe le
parli, e già prima della battaglia di Gal-
liano s'erano avviate alcune traltative.
Innocenzo Vili nulla avendo conseguito
pel nunzio apostolico, nominò suo lega-
to a Sigismondo il vescovo d'Osimo Pa-
ris da GasleKìdardo, confortandolo a por
fine all'aspra guerra, e mettendogli in
vista, che sovrastando il turco all'Italia
e alle cose di Roma, non era quello il
VEN
tempo che due popoli cristiani per legge-
riSNiuie cagioni, solile accadere fi a princi-
pi confinanti, la facessero tra lorojollreu-
dogli d'usare ogni equità, qualora l'arci-
duca volesse il Papa per arbitro delle
sue discordie col senato veneto. Il vesco-
vo Paris dopo aver dunorato alcuni gior-
ni nel trattamento ilella [)ace con Sigi-
smondo, dopo la metà di luglio andò an-
cora a Venezia con alcuni capitoli, i qua-
li dal senato non furono accettati, onde
senza conclusione alcuna se ne tornò nel
settembre a Roma, per allora senza [irò-
lilto. Già a'i5 agosto Federico 111 scri-
vendo agli stali, incol[)ò i ministri d'aver
ingolfilo il fratello in guerra senza biso-
gno e ragione, e gli stati disapprovando
la condotta dell'arciduca e l'arresto spe-
cialmente de'mercaiiti,resorlò vivamen-
te alla pace. Pertanto a' 27 settembre
i4'^7 si recarono a Venezia i naessi di
Sigismondo, pro|)onendo dimenticanza
delle passate ingiiu"ie, liberazione de'pri-
gionieri e reciproca restiluiione dell' oc-
cupalo. Il senato indignato per le vio-
lenze de'conli d'Arco, prolungò le tralta-
tive, finché fu convenuto rimettere ogni
questione nell'arbitrio di giudici impar-
ziali, e d'adidare le castella ancora contese
nelle mani del Papa; e benché la pace si
segnò a'i3 novembre dello stesso 14^7)
nondimeno le vertenze continuarono per
alcun tempo. Giunse in queil' epoca in
Venezia un'ambasciata d'Ivan HI, che
avea as>unto il titolo di sovrano di tutte
le Russie, annunziando la vittoria da lui
riportata sui tartari , e presentando ric-
chi donativi di zibellini con una lettera
dello slesso principe. I due ambasciatori
furono mollo festeggiali, tutti facendone
le meraviglie , e partirono non meno
stupefatti della magnincenza della città
a'7 settembre 1488. — Frattanto il domi-
nio dell'isola di Cipro nella reggenza del-
la regina Gornaro si mostrava mal sicu-
ro, essendo minacciata l'isola all'esterno
da'turchi e dal soldano del Cairo, e al di
dentro dalle segrete nicue della preleu-
V EN
dviilc regina Callotta; la quale riusciti
vani i SUOI leiilalivi ci^lclle a'5 febbraio
i4^J5 uelin basilica Vaticana, le sue pie-
tensioni a Carlo I suo nipote duca di Sa-
voia (^.) e successori, <|uincli il titolo
assunto da questi duchi nel i^S^ di re
di Ci|)ro, di Gerusalemme e di Atuie-
iiia (titoli che trascurati d.i' siicccisori,
li rijuese nel i633 Vittorio Auieileo I,
dopoché Urbano Vili die il titolo iV E-
minenza a' Cardinali di santa Chiesa),
e nelle loro atini ne in(|uartaronu gli
ijleiiiini. E più lardi insorsero pure tra'
duchi e la repubblica dilferenze di pre-
cedenza, discusse da Tcjoiiuaso GiasAviii-
ckelio: Dejurepraccedenliaci/iler Reni-
piibLuain l ciictarn et Sdhniulix Da-
ceni, Lugduiii Elzevir 1644- In questa
successiva condizione di cose sembrò al
governo veneziano ottimo spedienle quel-
lo di assumere apertamente la protezio-
ne, e anche, occorrendo, il possesso del-
l'isola, onde imporre più rispetto a' mu-
sulmani e insieme troncare d un colpo le
speranze di chi agognasse a quel trono.
Fin da quando giunse a Venezia la let-
tera della regina Coi naro, de' i q ottobre
i474 O'Itri dicono i475), colla notizia
ilella morte del fanciullo Gi.icomo 111
unico suo figlio, il senato spedì tosto in
Cipro il padre di lei !\Iarco, con rinforzi
di truppe e la commissione d'operare iii
modo che nobili e popolari continuassero
iieiriibbidienza alla regina, co>ì vrjlendo
a'«si)lutainente la repubblica, né si faces-
se alcun mutamento negli ordini eM>leu-
ti. Tra gli altri provvediiuenli volle il se-
nato nel 1 477 ''^ Venezia la madre del
detiinto Giacomo li, sposo della Corna-
ro, Maria Palras, la figlia Zilla e i figH
bastardi di lui, a'quali assegnò onorevo-
le alloggio in uno de' 3 monasteri di s.
Zaccaria, di s. Maria della Celeslia e del-
le Vergini. Di|)oi la Zarla morì di peste
a Padova, ed i principi ad onta del buon
Irattaiuento e della sorveglianz.i della re-
[)ubbìica fuggirono. \ ridurre finaimcn-
IcTisulaiu piuuudipeudeuza della rcpub-
V E N 249
blica, si voleva mandare una colonia ve-
neziana, come a Candia, ma poi non eb-
be efì'etto. Continuando i maneggi di Car-
lotta , il re Ferdiu.uuio 1 avea manda-
to a Cipro e al Cairo il figlio Alfonso i!u«
ca di Calabria, per impossessarsi del r^»
gno, ma non gli riuscì; e neppure le mene
onde sposare Caterina, fatte dal suo fido
R.izz<j da Marmo, poi strangolato in V^e-
nezia. Con'inuan-lo la sovranità sotto il
nome di Caterina, ma di fatto nelle mani
della repubblica, vigile che i veneziani si
conducessero bene verso gl'indigeni, al-
cuni movimenti turchi desiarono nuovi
timori, laonde nel (4^7 si decietarono
fortificazioni nell isola, e per sicurezza si
portò la regina a Famagosla ben muni-
ta. Essenilosi dal senato risoluto di unire
l'isola di Cipro a'possedimenti veneziani,
non sembrava [liù conveniente di lasciar
Caterina ifl qualità di semplice privata
ove era stala (in allora regina. Fu quin-
ili deliberato ili mandare nel i48S il di
lei II > .elio Giorgio a persuaderla colla
sua eloquenza a rinunziare e veuire a
Venezia, molto più che giungevano no-
tizie che meditasse una fuga. Ebbe Gior-
gio a vincere ingegnosamente non poca
resistenza, alfine Caterina cedendo a'vo-
leri della repubblica, che l'avea adottata
per figlia, consenfi lagrimando alla do-
loro^a rinunzia, bensì conservando i ti-
toli di regina di Cipro, Gerusalemme ed
Armenia. Con questi titoli poi continuò
a sottoscriversi, e vi aggiunse signora d'A-
Sulo quando (ù investila di (piel castello.
Il goiif.done di s. Marco venne con so-
lenne ceremonia innalzato, a'26 febbraio
i4<^9 dice r Arie, di Vt-rificarc le (lille j
e la regina dopo commovente commiato
ila'>uoi sudditi e da quelli che durante
tutto il tempo del suo leguo 1' avevano
sostenuta col consiglio e confortata di af-
fetto, partivasi sulla galea di Francesco
Friuli alla volta di Venezia, il quale a-
vea istruzione di soccorrerla in caso di
resistenza. L' entrata che fece a' 6 giu-
guu la già rcijina di Cipro nella sua ma-
a5o VEN VEN
die patria in compagnia del fcalello, fu ducn di Ferrara, secondo il Casoni, lut-
quaolo può iruinagiiiarsi «[ìleiulidissirua. torà esistente a «. Giovanni Decollalo,
luconlrata fino a s. Nicolò di Lido dal divenuto nel 162 i fondaco de'liircUi che
doge, da'senaloi i e da'jnagi'.li ali col bn- tralllcavano in Venezia; e perdio poi per
cinloro, le dame e un'iiduiita popolazio- sua scella ebbe per suo delizioso soggior-
na le fecero corteggio sopra innumere- uo e con inveslilma il castello d'Asolo
Voli barchette addobbate a festa. Di là nella Marca Trevigiana, ove la regina fin*
fn fatta salire suU' aureo vascello, suo- che vis^e continuò a tenere corte spleti-
Dandosi le can»pane a festa, le trombe e dida e veramente regia, e alcune rendi-
i tandjuri, sparando tante artiglierie in te sull'enlrale di Ci[)io d'8ooo ducati,
inodoche il suoingressofu un vero trion- oltre quelle biella sua signoria d' Asolo;
fo. La pomposacouiitiva sbarcòalla Fiaz- avendole pur donatola repubblica io
zella, ed entrata in s. Marco la regina libbre d'oro e 1000 gliene avea date per
Caterina rinnovò il suo allo di rinmizia dote. In Asolo vi fece sorgere un sooluo*
e donazione d' un regno pe' coinuierci so palazzo, con sorprendente parco e giar-
dell.» repubblica ragguardevolissimo. Al dino di meravigliosa bellezza. Vi formò
fratello Giorgio pel 1 .'' e in generale a magnifica villeggiatura e asilo alle Gra-
cjue'della finiiglia Cornaio, oltre l'inve- zie e alle Muse, nella quale vedevasi cir-
stitura di i4 casali dell'isola, detti della condata da nobili donne e cavalieri, e da
Commenda grande dell' ordine Geroso- uomini di lettere, fra'quali priacipahueu-
limìlano prima comune a luVle le lingue, te il Hetnbo che vi scrisse, Degli AsO'
e il titolo tonlinualo ne' ca[)i di quella laiii. Ella passò la sua vita in Asolo, an«
di Piiori di Cipro in padronato, fu con- che ne'rigori dell'inverno,recaQdosi a Ve-
cedulo che potessero inquartale Tinse- iiezia in quello del 1490 per essere eslre-
gne Luiignane; e il palazzo di Caterina inamente freddo, non senza dare ancora
sul Canal granile in Venezia, conservò poi segni del desiderio di riacquistare l'antica
sempre e tuttora il nome di palazzo Cor- grandezza, onde pili tardi il consiglio de*
ner della Picgiiia, di cui parlai nel § XIV, Dieci le fece severa ammonizione. Reca-
li. 3, sebbene non l'abitasse e benché l'at- tasi a Brescia, ov'era provveiiitore il fra-
luale è di recente costruzione del 1724, tello Giorgio, vi fu ricevuta da regina,
però ove prima sorgeva l'antico. Fu do- Neli5oo vide il pronipote Marco Corua-
iialo colla galleria da Catterino Cornaro ro crealo cardinale da Alessandro VI, il
(per quanto dirò nel § XX^ n. i)^ incili i.° di sua casa innalzato alla porpora
SI eslinse il ramo della faujiglia Corna- cardinalizia. Benefica a'suoi sudditi d'A-
lo della Iiegina, nel 1802 al Papa Pio solo, istituì a loro sollievo un monte di
/ //, il quale nel 181 7 lo donò a'virtuo- pietà, e in un anno di penuria fece ve*
si fratelli conti Cavanis, istitutori delle iiire da Cipro da tre a quattromila slaìa
Scuole di Carità, i quali autorizzali dal di frumento pe'poveri. A mostrare quao-
Papa venderono anche questo, come a- to ella fosse dedita all' opere di religio-
\ean fatto di lutto il [)roprio, a vantaggio ne , venne elììgiata dal pittore Gentile
delle medesime, ed ora vi risiede il civico Bellino, nella famosa sua tela rappresen-
Munle di pietà (al (piale ha lasciato la sua laute il Miracolo della Croce, ora all'ac-
credita il generoso e benefico Alvise Vaia- cademia delle belle arti, descritto dal eh.
resso morto nel 1 858), come narrai a'due Luigi Carrer nell'Anello di selle gemine^
ricordati articoli, e ripetei ne' §§ VIH, ed inciso ed illustrato ampiamente nel-
n. 67,6 XI Ij n. 16. Dissi che la regi- ro[)era della Pinncoteea accademica.
na non l'abitò, perchè a pubbliche spe- I tremendi casi della lega di Cambray,
se fu alloggiala nell' aulico palazzo del per la quale i tedeschi occuparono Aso-
V E N V E N 231
Io, obhligaiono Caleiiiiu a lilirarsi nel neo, così acquiitarono a questi lerapi i
I 5og a Venezia, dove poco dopo infermò veneziani Veglia nel golfo del Quiiiiieio.
e morì la notte del 9 al 10 luglioiDio Sebbene nella guerra fatta dal doge Pie-
in età di 54 0 56 anni, nel suo palazzo a tic Orseolo li in Dalmazia, il suo vesco-
s. Cassiano , laonde una delle vie della vo erasegli fatto incontro a giurargli uh-
contrada cliiamasi aucoia Calie della Re- bidienza. pure conliimò Veglia ad avere
gina, come già notai a suo luogo. Ma- i propii couli, uno de'quali, Doimo, nel
guifjci e quali il giudo suo e la ricono- 1 i33 s"im[)eguò a mandare a Venezia
sccnza della repubblica richiedevano, fu- un dono per la protezione che gli conce-
rono i suoi funerali. Il corpo colla uiag- deva la repubblica; nel 1260 questa coii-
gior pompa fu accompagnalo alla chie- ferì l'isola in feudo a'fratelli Schinella o
sa de'ss. Apostoli, ov'è la tomba de'suoi Frangipani, poi li ditbiarò decaduti quan-
niaggioii,dal patriarca,dalla signoria, dal do aderuono al ve d'Ungheria. Dopo
vice-doge, ilall' arcivescovo di Spaiatro, qualche tempo uu Giovanni in lotta co'
ilal vescovo di Felire, dal fratello Gior- fratelli cercò di nuovo l'appoggio de've-
gio co'figli e parenti, oltre numero gran- neziani, a' quali nel suo testamento la-
de di piali e di popolo. Il feretro era co- sciava l'isola; indi ambizioso, sperando
perto di restagno d'oro con una corona miglior fortuna, si volse ancora a Mattia
di gioie sopra. Andrea Navagero prò- 1 re d' Ungheria. Scoperte le sue [)rati-
nunziò l'orazione funebre. Deposto nel- che, egli si trovò a n)al partito , tornò a
l'arca destinatale, nel 1660 venne liasfe- nioslr.irsi avverso al re, e così divenuto
rito nella chiesa di s. Salvatole in ap- odioso alle due parti, fu preso e inan-
posito monumento grandioso sovrastali- dato a Venezia. Questa, ascoltando an-
te la porta che mette nella sagrestia, se- chele suppliche de'di lui sudditi malcon-
condo il prof Promanili da cui ricavai la lenii, assunse l'amministrazione dell'iso-
inaggior parte delle lifente notizie. Al- la. confermando però, almeno ili nome,
tre pii.1 copiose si |ionno leggere nel cav. il feudo nella famiglia del conte, al (|ua-
Mutinelli , Annali L rh/ini di f'enezia, le fece precetto di non allontanarsi da
come dei suo ritorno da Cipro a Vene- Venezia, e di maritare la sua figlia Ca-
zia, di sua vita domestica, delle lodi tri- terina a Francesco Dandolo nipote del
botatele, delle delizie che godeva nel suo doge, morto il quale si limarilò ad An-
castello d'Asolo, feste e spettacoli ivi da- drea Foscolo. La repubblica difese il nuo-
ti da lei ad ospiti illustri, ec. JNel l4<^9 vo possedimento contro gli assalti del re
dopo l'elevazione del vessillo di s. Mar- d'Ungheria nel 14^)3, e vi mandò al go-
coiii Cipro, l'ultimo di febbraio larepub- verno Antonio \ inciguerra; il conte Gio-
blica ottenne per l'oratore Marco ftlali- vanni fuggì in Germania, e Veglia restò
pieio la conferma del possesso dell' iso- a'veneziani. JMa mentre essi attendevano
la da parte del soldano metliantei 0,000 a (piesli ampliamenti di territorio dalla
ducali, e mandò a reggerla un luogote- parte del mare, im[)ortanti avvenimenti
nenie, con due consiglieri, che dovea ri- succedevano progressivamente in Ooci-
siedere a Nicosia, ed un capitano a Fa- dente, le cui conseguenze nou tardarono
inagosta. Le domande de'cipiiotti alcu- molto a farsi sentire su di loro e con gra-
ne furono concesse, altre modificate, mi- ve danno. E prima nella Spagna ^ pel
glioiandone la condizione con diversi matrimonio di Ferdinando V re d'Ara-
provvedimeiili; e perchè i rettori proce- gona, con Isabella 1 regina di Castiglia e
dessero regolarmente, di liattoin tinito di Leon, uniti quc'pulenli regni in una
s'inviavano sindaci ad ascoltar le (pierele monarchia, prepararono la futura grau-
de'pojjoli. — Come Cipro nel Medilerra- dezza del loro nipote Culo V d'Austria.
a52 V E N VE N
Nuteiò che quella ginn regina, Gliiama- lemme n* è il cenilo. Né le regioni nor»
va lii iepiil)|jlica %'eneziana propugnnco- diche l'iinasero inesplorate. I viaggi ile'
lo (iellaciiiliaiiilà, e soleva pur ilire.che fratelli Zen, le scoperte di Pietro Quiri-
se Venezia non fosse, bisognerebbe fu la ni , e quelle di Cristoforo Fioravanle e
per bene della crislianilù stessa. INella di Nicolò Michiel, che penetrarono fino
Si)agna,già in diversi floridi regni sigilo- al Capo Nord, eccitarono probabilmente
ieg"iala dagli arabi cnori, non restando Giovanni Caboto, altro benemerito cit-
elie il regno di Granata, questo pure fu ladino veneziano, però non nato a Ve-
conqnislalo. preferendo una parte degli nezia, a indirizzare a quelle parli le sue
abilanli d'emigrare in Africa; e la repub- navigazioni e cercare di colà un passag-
blica prese palle wlla gioia universale con gioall'/zirZ/'e Or/'e/i^.^// per la via di nord-
D)ai)(larei suoi ambasciatori al ree alla ovest, e potè nel i497 colle barche in-
regina, co "quali lino allora ei"a pasNato glesi scuo[)nre la Terraferma (\\4rneri'
ottuiio accordo. Sebbene fino dal secolo ca e piantare a Terranuova la loro ban-
XIV la Si>agna favorita dalla sua giaci- diera e la veneziana di s. Marco: degno
tura avesse cominciato a crearsi miii flot- di lui il figlio Sebastiano, nato a Vene-
ta, non era però ancora tale da desture zia da veneziana, fece pel i. piìi tardi il
la gelosia de' veneziani, che anzi l'aveva- giro del mondo, e questo pure già dissi,
no aiutala contro i genovesi. Né davano Mentre così per opera de'venezi ini, gli
loro sospetto i suoi bastimenti mercanti- europei apprendevano a conoscere seni-
li, poiché essendo allora la sola Venezia pre meglio il mezzogiorno, l'oriente e il
in possesso di quasi tutto il commercio sellenlrioiie, Cristoforo Colombo geno-
meridionale, il quale traeva il suo princi- vese procacciò nell'occidente alla Spagna
p.j| aliniciilo dal Levonle, non avea a te- un nuovo mondo, V Indie Occulcntali o
mere di competitori, e tulio al più avea America neh 49'2- Annunziò all'attonito
da reprimere qualche assillo di corsari, mondo vecchio l'esistenza d'un tiioudo
Sicura di se slessa la republ)lica rimase nuovo, sulla cui terra, 112 anni prima
quindi indlirerenle anche all' approdo di di lui,aveano posto piede due intrepidi
navi spaglinole all'isole C(inaric,i\\uuy)- veneziani, e lo afferma anche il Casoni,
vo scoperte nel 1492, e a'primi viaggi de' Lo seppero subito i veneziani, ed a mezzo
navigatori del 7''a/tói,'^<z//u lungo le coste del Trevisan segretario dell' ambascia-
ti'Africa,i quali poi accpiistarono maggior tor Pisani nella Spagna, si procurarono
estensione per opera d'un veneziano con da Colombo una carta del paese da lui
aprire finalmente la via al giro del Ca[)o scoperto ; ma per le cose d'Italia e le o-
delle Tempeste, non prevedendo allora stilila de' turchi, non gli dierono quel-
probabilmente qnal gravissimo ilanno la- limporlanza che meritava; come eransi
le scoperta dovesse recare alla sua patria, moslrati sordi a'di lui inviti, che gli avreb-
il che già deplorai nel § X.VI, n. 3, e nel § be desiderali a compagni alla sua gran-
XVII, n. 2 e 3. Intanto altri valenti ve- de intrapresa, il che rimarca il conte Gi-
iieziani viaggiatori si addentrarono nel- lolamo Dandolo. Ma non fu così quando
l'Asia e colle loro relazioni contribuirò- pochi anni dopo conobbero l'altra, per
no a farla sempre meglio conoscere, co- relazione di Pietro Pasqualigo oratore a
me (\'\ già celebrai; in uno al famoso pia- Lisbona, a principio ancora a stento cre-
nisferio del camaldolese fr. Mauro, il piti dula, del compito giro dell'Africa, dei-
grande monumento della cosmografia de' l'arrivo per Calicul all' Indie Orientali,
suoi tempi, che abbraccia lutto, il nion- e del gran mercato che si faceva a Li-^
do allora conosciuto, delinealo in ampio sbona colle spezierie asportate, median-
circolo; il mare cinge la terra, Geiusa- le la scoperta del loro passaggio pel Ca-
V E N V E N 2^3
pò delle Tempeste , die perciò fin dal di lener d'occliio r.-indaniPiilo di quel
i483 Bartolomeo Diaz avea cliianiatodi coniniercio |)oi logliese, e vedendo die i
Buona Spcranzo, efìetlnaudo il passag- viiiggi j» Caliciit ^i replicavano onriiial-
gio arduo, contro la comune espellazio- iDeulce con sem|)re maggiore vantaggio,
ne, Vasco de Game nel 1497, ritornando stava sempre più incerta se accettare le
poi in Lisbona carico di droghe, aroniati pro[)oste di Emanuele re «li Portogallo,
e altre cose preziose; dinanzi quel verli- I\Ia olhecliè poteva send)rare troppa u-
ce stesso, mezzo secolo pi ima delineato miliayione il rendersi quasi tributaria, es-
da veneti cosmografi sugli antichi plani- sa die fino allora eia stata regina de'ma-
sferi tuttora esistenti, giacché fr. Mauro ri, perciò ritenendo che senza ilsuocon-
ne avea mandata copia al re di Porto- corso la corte di Lisbona non potessecon-
gallo Alfonso V, da questi bramata per seguire il fine de' suoi desidiiii sospirati
compiere il tanto desiderato giro dell'A- per ben 70 anni; si aggiungeva che per
frica, e nel cui mappamondo videsi per quell'alleanza, avrebbesi inimicalo il sol-
lai.' volta delineato il famoso e così te- dano e con grave pregiudizio del seqne-
niuto Capo delle Tempeste. Al giunge- slro ch'egli avrebbe fatto de' ricchissimi
re di questa nuova a Venezia, a'24 lu- de[)osili veneziani al Cairo e con perico-
glioi 5o I, tutta la città se re risentì gran- lo inoltre delle persone slesse de'mercao-
demente e rimase stupefatta, e i piìi sa- li. Laonde preterì stringersi con esso in
pienti giuslameule la tennero per la peg- Ifga e gli mandò un nuovo ambasciatore
gior nuova che giunger potesse mai. iin- in Francesco Tddi neli5o4 con segre-
perocché riconoscendosi essere Venezia tissima comnìissione, rappiesenlaiidogli
pervenuta a sì alto grado di riputazione tulli i danni che da quella nuova strada
e di ricchezza solo pel commercio del del commercio deriverelibero agli stessi
mare e per la navigazione, onde condu- suoi slati, per la perdila de' grossi dazi, e
cevasi ogni anno grande quantità di spe- pel venir meno elei tiafllco delle spezie
zie, che i forestieri concorrevano [)oi ad dtlllndie Oiienlali. Avvertì l'ambasci;, -
acquistare, e per la presenza loro e per il tore, a badar bene ehe i portoghesi se ne
trafilco recavano utilità immensa; ora per inqiadronii ebbero nlfatlo, né p<'rmette-
(;ueslo nuovo viaggio le spezie sarebbero rebbero più ad alcun naviglio, che loro
dall'Indie Orientali condotte a Lisbona, non fesse, di veleggiare in (jiie'mari; ne
ove ungheresi, ledes eh i,fiamminghi,fran- contenti al commercio s'impadronirebbe-
cesi si recherebbero ad acquistarle, pò- ro anche delle terre, cosa che veirebbe
tendo colà averle a più buon mercato, loro agevolata dalle presenti discordie di
E ciò perchè le spezie che venivano a que'pi incipi; già aver mostralo colla pre-
Venezia, passavano per la Soria e pe'pae- sa di Cochin, colle fortificazioni in vari
si del soldano, pagando in ogni luogo e- punti erette, qual fosse il lorodivisamen-
soibitanti dazi, onde al giunger loro a lo; provvedesse adunque mentre ancora
Venezia si trovavano esser aggravale di era tempo; mandasse oraioii a' principi
tanto, che quanto in origine valeva un indiani per istringere C(»n loro palli e le-
ducalo erasi alzato fino a ducati 60 e an- ga onde proibire ilcouimercio a'porlo-
che 100. Dalle quali angarie andando e- ghesi; soccorresse all'uopo anche coU'ar-
senle il viaggio per mare , ne avveniva mi. Ma dall'Egitto ancora poco era a
che il Portogallo poteva dalle a mollo sperarsi, agitalo dal cambiamento di di-
minor prezzo. Intanto non lardarono a natila. Alla repubblica dunque allora
farsene sentire gli efielli nella notabile non rimaneva che ricorrere ad alti i trai-
diminuzione delle vendite delle spezie, lati e vedere se fòsse possibile di dare per
Per lo die la repubblica non lascraudo questi alle cose il miglior indirizzo che
254 V E N
l'emergenze permettessero. A questo fine
nel 1 5o4 spedì a Lisbona Leonardo da Ca
Massei, che soKo l'iipparciiza di setnpli-
ce mercante , dovesse bene indagare la
condizione delle cose rispello alla naviga-
zione dell'Indie Orientali in ogni partico-
lare nautico e mercantile, e se a'mori fos-
se vietato di navigare alle loci del mar
Rosso ove mette quello dell' Indie, dan-
do di tutto es;itte informazioni. Queste
furono in seguito continuale , il che di-
mostra quanto i veneziani non cessassero
di vegliare l'andamento delle cose d'In-
dia, né potendo altro dovettero alfine
con trattati cercare di avvantaggiare il
meglio possibile ; ne fecero col soldano
d' Egitto nello stesso i5o4, e più lardi
nel i522Con Giovanni IH re di Porto-
gallo. Notai negl' indicati numeri del §
XVII, che prima della scoperta del Ca-
po di Ruona Speranza, il commercio di
Venezia avea raggiunto 1' apogeo di sua
estensione, era lai.'' città d'Europa. Col-
la scoperta del cammino che gira il Ca-
•» pò, la grandezza di Venezia e il suo com-
mercio mondiale cominciarono a decli-
'.lare. Dissi pure, che la sua condizione sta
per cambiare, all'cHettuarsi il taglio del-
l'Istmo di Suez, di che colla sua viva vo-
ce 1' animoso cav. Ferdinando Lesseps
francese, promotore della mondiale im-
presa, nel declinar d'agosto I 8)8 in Ve-
nezia confoitò i veneziani, sulla facilità e
sicurezza dell'esecuzione d'opera così gi-
gantesca, e sulle simpatie dovunque spie-
gatesi a favore dell'iuìpresa, per-ino nella
stessa Inghilterra. Dissi per ultimo, che
ormai sembra definitivamente stabilito
di ellettuarsi. Adunfjiie l'importanza e
prosperità commerciale è vicina a risor-
gere, dopo circa 4 secoli e mezzo. Dopo
impresso il qui ricordato, ecco quanto la
pubblica stampa ci notificò sul grave ar-
gomento, ed io con fugace cenno 1' ag-
giungo sulle bozze di stampa. La soscri-
zione aperta in Francia e all' estero pel
taglio dell' l,tmo di Suez, per 200 mi-
lioni di franchi, in 4oo mila azioni di
V E N
5oo franchi, fu chiusa a' 3o novembre
18 58, con un risultato, in Francia pre-
cipua mente, che sorpassò le speranze con-
ce[)ite. Il cav. Lessu[)S con lettera de' 9
dicembre 1 858, scritta al giornale del-
Y Isilinie de Suez, riprodotta dagli altri,
dichiarò che la compagnia universale an-
dava a costituirsi, con autorità del go-
verno egiziano, a termine degli statuti
approvati dal viceré d'Egitto, con inte-
resse del 5 per I 00 assicurati a'soscritto-
ri, da correre dal I. "gennaio 1 809. Quin-
di il consiglio d' amministrazione tenne
in Parigi a'20 dicembre (sede legale am-
ministrativa, la sociale essendo Alessan-
dria) la suai." tornala, sollo la presiden-
za di Lesse.ps. Nella riunione erano rap-
presentali 12 grandi stati, inclusivamen-
te all'Austria e all'Italia, all'Inghilterra
e alla Turchia, per inaugurare la carrie-
1 a dell'impresa così simpatizzala da lutto
il mondo e da tutti gli ordini della so-
cietà. Già a' 4 dello slesso dicembre vi-
desi compita la ferrovia tra Cairo e la
città di Suez, che percorre 84 miglia di
deserto, opera grande che avrà risultati
stupendi pel commercio del mondo. Les-
se[>s confida finire il canale di Suez in cin-
que anni, che deve abbreviare il viaggio
di I o a 12 mila navi che ogni anno mu-
tano, pel Capo di Buona Speranza, cir-
ca 4 milioni di tonnellate tra l'Europa
e r Indo Cina, come osserva la CiviUìt
Cattolica. Aggiunge poi : Ma se ringhil-
lerra dichiarò l'impresa impossibile, per-"
che avversarla ? A tutelare il suo com-
mercio e il governo dell'Indie orientali,
occupò e fortificò l'isola di Perim, che
forse farà chiudere il canale quando vor-
rà ! Altre dubbiezze, le riferì la Cronaca
(li Milano nelle dispense 2 i , 22, 24 del
i858, ed a p. 7o5 si legge la cortese ri-
sposta del Bollettino dcW Istmo di Suez,
che propugna l'impresa, a' tioiori del-
la Croanca,\ix quale non pertanto rima-
se con essi. — Tornando aire[)oca del-
la scoperta del Capo di Buona Speran-
za, non solo il commercio prese altra
VEN --^EN aD^;
clli'czione, ma le guerre tl'ltalia vuotaro- dnecnnse principali assegna h dccnclen?»
no l'erario, la potenza turca spDgliò di della prospei ila della repubblica e della
mano in mano la repubblica desuui pos- città di Venezia. La i. "essere la cadu'a di
sedimenti d'oltiemaie, e dessa comincia- Coslanlinopoli venuta in signoria de'lur-
va a scendere quella china che doveala chi, onde fu costretta a impugnar sempre
condurrealla condizione di subalterna fra le armi, e fu tarlo roditore di sua vita. La
le potenze d' Europa, come gravemente 2." l'aperta cumunicazione col mare del-
osserva il patrio storico prof". Romanin, l'Indie orientali, altro gran colpo da cui
prima di narrare i dolorosi avvenimenti Venezia mai più si riebbe. Il perchè cpia-
che si successero. Leguerre d'Italia le im- lifica indolenza, qualunquene sia slata la
pedironodi concorrere co'portogbesi nel- causa, il contegno di Venezia ch'ebbe pre-
la nuova via presa da'lrallici; perla sua sto ad amaramente pentirsene, cioè dei-
positura geografica non era possd^ile pas- l'indirterenza tenuta, olire agli inviti del
sare lo stretto di Gibillci la, non consen- Colonìbo, nelle navigazioni investigatri-
rienli Spagna e l'ortogallo, senza rinno- ci de'portogbesi, poiché potendo disporre
vare disastrose gueire contro sì fornii- del più polente navile che allora esistesse,
dabili potenze. Anche il eh. Casoni ri'e- anziché eccitare il soldano d'Egitto con-
va, che le grandi ricchezze cumulale da' tro il Portogallo, doveva Venezia spgui-
veneziani, il lusso, la reale magnificenza, re gii esempi de'navigatori portoghesi: il
avendo mosso l'invidia dell'altre nazioni, campo era abbastanza vasto perche due
nacque in esse la brama di strappar dal- popoli potessero prosperarvi ad un fem-
le loro mani le redini del commercio; pò, e quando pure la bilancia avesse do-
quindi destatosi il genio de'viaggi, e dif- vuto inclinare più in favore dell'uno che
fusa la smania e la gara' delle scoperte. E dell'altrOjle probabilità maggiori slavano
mentre (piesti clamorosi avvenimenti SUO' nella parte di Venezia.» IVicca essa di
cedevano, per l'energia insorta nelle na- produzioni sue proprie cosi naturali che
zioni maiiltime, si aumenlarono altresì industriali, e sovra o^n'altro polente sul
nedouiinaloii la gelosia e il rancore ver- mare, doveva alla fin fine prevalere sul
so la repubblica; laonde l'in to dato a di- Portogallo , che trovavasi in condizioni
scapilo del veneziano commercio, si pen- lutt'atlallo diverse. La scoperta dunque
sava raddoppiare con un potente cioilo del Capo avrebbe recato sempre una
politico, e così fin d'nlhira vennero ordì- grave scossa al commercio de' veneziani ;
te le prime recondite fila d'una congiura ma il danno fu ancora più grave, e fu
che I' altrui malizia seppe ordinare in irrimediabile, perchè il governo non sep-
Cambray, ina che la solita prudenza e la pe o non volle apporvi quel pronto ed
sagacità de'padri valsero a trionfalmente energico rimedio che stava m sua ma-
deprimeie. Il Moschini dalla scoperta del no". Così gravemente ragionava neh 855
Capo di IJuona Speranza riconobbe il pri- il laudalo conte Dandolo. Il dominio del
ino germe della rovina di !la repubblica, mare dun(|ue, sempre piìi andò sfuggen-
onde il commercio di lei incominciò a ve- do a'veneziani, mentre nobiltà e popolo si
nir meno, e col coomierciola ricchezza ammollivano.- — Prima di uiii rare breve-
e la possanza. La qual sua rovina si cer- mente gli accennati funesti casi delle guer-
co sollecitare, per l'invidia e timore che re italiane, conviene ricordare il riferito
melleva Venezia, sì dilatata nel continen- nel voi. LXXXII, p. i 32. Coll'istituzione
te italiano, ai bilra dell'Adriatico, signora del patriarcato ili Venezia, al senato ne
de'regni di Cipro, Candia e IMorea, e oc- deriso il padionalo, e poco dopo anche
cupatiice eziandioili lu< ghi ne'mari del- quellodi Aquileia.La repubblica a tenoie
r Oliente. 11 coule Girolamo Dandolo a del decrelo iSgi, esigeva che i concor-
256 V E N V E N
lenii alle prelature dovessero darsi inno- la conqnisla d'Italia, e metteva in campo
la al senato, il quale nominerel)I)ea pilli a- It; sue pretensioni della corona francese
liiìidi snflragi quello clie avrebbe atl esse- su Genova. Questa città erasi niiovamen-
re pie'-entato con lettere ducali al Sommo te data al duca di Milano Gian Galeazzo,
l'ontefìce per la conferma, e nel 1443 erasi e l'inìperalore gliene a vea data l'iuvesti-
csteso lo stesso procedimento a tutte le ter- tura, il che pose Lodovico il /I/oro in gra-
redellostato. Ora pel patriarcalod'Aqui- vi complicazioni col re, poiché sebbene
lei a, essentlo morto nel 149 i il patriarca egli fosse il duca di fatto continua va a por-
Earbo,fra 2 I scelse Nicolò Dona o Donalo tare il titolo di duca di lìari. Dice 1' /4rtc.
■vescovo d' A Imissa.JMaInnocenzoVllI non di K>i'rificare le ilale,c\\eCa\\(ì Vili pri-
au)misela nomina, dicui lo pregava ildot- ma di scendere in Italia, inviò Filip[)0
tissimoe virtuoso ambasciatore Ermolao Cornino a Venezia per dispoilaa favori-
l'aibaro, che anzi con precetto d' ubbi- re i suoi disegni ; tua il senato si tolse
dienza volle ch'egli stesso ne accettasse d'impaccio con una risposta breve, sa-
la dignità, da lui vivamente ricusata, per- piente e senza valore. I dissapori rinno-
chè la repnliblica vietava a'suoi oratori vatisi tra Ferdinando I e Innocenzo Vili
r accettazione di qualunque onore senza continuarono nel successore Alessandro
suo permesso. Infatti il senato a'22 mar- VI. Pertanto questi nel i493 propose a
7o chiamò il di lui padre Zaccaria, ititi- Venezia una nuova lega col duca di Mi-
mandogli sotto pena di bando e confìsca, lano e la s. Saòe. Ilisposc il senato esiste-
induire il figlio a rinunziare; ed a questi re già la precedente lega, e di riunovar-
scrisse, che rispellando le patrie leggi, le la non vederne il bisogno; badasse bene
quali severamente proibivano l'impetra- Sua Santità , che potrebbe essere cagio-
re alcun benefizio dalla corte di Roma, ne di nuovi scandali e movimenti d'armi
dovesse rinunziare spontaneamente e pre- in Italia; riflettesse il pericolo per parte
sentale anzi egli stesso il Donato al Papa de'tuichi tutti intenti a grande armameii-
per la consagrazione. Ermolao ubbid'i, to, i quali avrebbero facilmente profilta-
soleniiemente rinunziando nel giovedì lo de'nuovi loibidi. ]Ma insistendo il Pa-
santo, ma Innocenzo Vili non accettò, panel suo proponimento, a difesa de' lo-
anzi lo creò cardinale, il che è contrasta- ro principati dalle mire di Carlo Vili, la
to,comeavverlii nellasua biografia. Ban- lega fu conclusa per i5 anni, a conser-
dito Ermolao nel settembre dalle terre vazione della pace d'Italia e de'propri do-
venete, restò in Roma, ove raon di 33 minii, lasciandosi liberoagli altrislati ita-
anni. L'avea preceduto nella tomba In- liaiiidi aderirvi, anzi a insinuazione de*
nocenzo Vili nel luglio 149*^9 ed Ales- veneziani visi ammetterebbe a sua richie-
Sandro VI spagnuolodi/'rt/f'«zrt{F.),che sta anco lo stesso re di Francia, per be-
gli successe, essendo già mancato di vita iievoleiiza sempre dimostrata colla icpub-
Ermolao, condiscese che il Donato fosse blica e il duca di Milano. La lega fu pub-
patriarca, confermandolo a'4 novembre blicata in Vei.ezia fra il Papa, la repub-
1493. Il senato fu sempre geloso, che le blica e il duca con gran solennità a' 23
piel;ituie dello stato non fossero conferi- aprile festa di s. Marco. Dopo la messa
le a persone non grate al governo, e a fo- canlaia nella sua basilica, il doge pubbli-
lestieri. Intanto dalie due estremità del- cainente conferì a Taddeo Vimeroati am-
ia (lenisola, da Milano e Napoli prende- basciatore milanese l'insegne equestri di
Va principio quella dolorosa serie di scia- una crocetta d'oro coll'elligie di s. Mar-
gnie, la quale dovea mettere si al ftjndo co pendente. Indi fu ammesso nella lega
i inldice Italia, da non poter rialzare il il duca di Ferrata Ercole I suocero di Lo-
capo. Curio Vili re di Francia meditava doficoil/I/oro. Trovo inCauceliieri,C'rt/«-
V E N
jiane, p. 43, riferire il contemporaneo
iliaiista Intessiiia: Die 7.5 apriLisi.\c^Z ,
Papa Alexander VI post nnssain in
ecclesia s. alarci {à\ Vvonia) puhlicavit Li'
gam,et Confoederalionein cani T^enelis,
et duce Mediolanensis^ et communi Se-
nensi, IMantiianis, et Ftrrariensibusj et
statili t fune Papa oh gaiidiuni sonaci in
sero campanai Capitola, et aliarum Ec-
clesiarum. La moglie di Lodovico, Bea-
trice d'Esle, di grande ingegno, si recò a
Venezia, colla duchessa Leonora sua ma-
dre, e il fralello Ait'ouso che seco condu-
ceva la moglie Anna sorella del duca di
JMilano.Fu incontrata daldoge col bucin-
toro e con ricca pompa, indi festeggiata.
Ella pretendeva i segni esterni del pote-
re, e di^pulù follemente !a precedenza a
Isabella d'Aragona figlia d'Alfonso duca
di Calabria e moglie del duca di Milano,
donde ne nacque un odio reciproco, e
tanta gaia che Isabella ricorse alla pro-
lezione dell'avo Ferdinando I re di Na-
poli, il quale inviò un ambasciatore a Lo-
dovico il Moro, per inlimargli di resti-
tuire raniminislrazione del ducato al ni-
pote Gian Galeazzo. Questa in terposizio-
ue ferì tanto Lodovico, che per vendicar-
sene sollecitò Carlo Vili a far valere i
suoi diritti alla coiona di Napoli, deriva-
tigli dalla casa d'Angiò, promettendogli
d'assisterlo con tutte le sue forze. L'og-
getto dell'invio di Beatrice a Venezia l'e-
spose essa stessa alla signoria, chiedendo
consigiio,appoggioe direzione nella pros-
sima calala di Carlo Vili, che avrebbe
domanduto l'investitura del regno al Pa-
pa; volere il re capo e condottiero del-
l'impresa il proprio marito Lodovico, il
quale doveva avere l'investitura del du-
calo di Milano dall'imperalore Massimi-
liano 1. Fu riposto alla duchessa di Bari,
che la cosa era assai g' ave, e bisognava
prima di tulio darne comunicazione ad
Alessandro VI, come capo della lega e
della cristianità. Nel partire, raccorlissi-
nia duchessa, disse al doge,chesuo mari-
Io aveva il governo del duca nipote, i de-
\oi.. xcii.
V E N 257
nari e le fortezze nelle sue mani , e pò-
tea disporre di tutto lo stalo di Milano a
piacere. Ben avvedendosi però il doge,
come la principessa voleva [)er lai modo
indagare se la repubblica fosse disposta
a favorire la sua usurpazione, rispose per
le generali. Procurando la repubblica gua-
dagnar tempo a decidersi, tornò a insi-
stere col re di Napoli sollecitandolo a pa-
cificarsi col Papa, esponendogli i perico-
li io cui era di perdere il regno. Ma un
accecamento trar doveva Ferdinando I
a precipitare gli eventi, e colla propria
rovina far quella altresì della povera Ita-
lia; che anzi aumentò le squadre inviate
a danno dello slato pontificio. Ma venu-
to io Italia l'ambasciatore francese Per-
ron, per indagarglianimi de'principi ita-
liani verso Carlo Vili, nella prossimasua
calata, da Venezia non ricevendo che pa-
role d'ossequio e di non poter sommini-
strare aiuto dovendo guardare i suoi e-
stesi dominii da'turchi, sempre silibondi
del sangue de'crisliani; il re di Napoli si
scosse e sollecitò l'accordo col Pupa con
iniparentarsi con lui, al modo riferito a'
.suoi luoghi. Lodovico il Moro vedendo
allora la sua debolezza, non favorito da'
milanesi per la sua usurpazione, fredda
e indecisa la repubblica, incerto 1' asse-
gno da fare sul Papa, insuilìcienle l'ap-
poggio del duca di Ferrara; trascinato
dalla sua ambizione, risolse di gellarii
totalmente alla parte di Francia , scri-
vendo al suo incaricato Mulleo Pirova-
no presso il re, in modo deciso ed aperto.
Questi nell'agosto i^Cf^ comunicò lutto
a Carlo Vili, che promise poi risolvere.
Intanto Lodovico per esser nato dopo che
suo padre Francesco 1 era salilo al tro-
no , laddove il fratello Galeazzo Maria
non era figlio che d'un privato, ottenne
da Massimiliano 1 l'inveslitura del ducato
di Milano, dando all'imperatore in isposa
Bianca sua nipote, sorella del duca Giaa
Galeazzo, colla promessa di 400,000 du-
cati di dote, e40:Ooo in gioie e altri arre-
di, e di lutto ne die pronta notizia a'venc
17
s-jS yen
ziani. Avviluppnlo co'^'i da una polillca
ambigua e lovinosaj Lodovico essendo
d'accordo col senato, questo in vii?) il Papa
a inviare un cardinale al reperfiastornnr-
iie la venuta, per la quale faceva grandi
apparecchi, e il Papa spedì senza succes-
so in Francia il cardinal Ficcolooiini,che
gli successe col nome di Pio III. Laonde
Feidinando I vedendo crescere il suo pe-
ricolo, si rivolse a Lodovico slesso propo-
tiendogli una lega generale, ma prevalse
]a necessità daiulare Carlo Vili per non
1 estare isolato, non potendo contare sui
veneziani, che gli davano piìi parole che
fatti. In tanta pertuibazione e incertezza
d'animi, a' 28 gennaio i494 Diorì Fer-
dinatido, e gli successe il figlio duca di
Calabria col nome di re Alfonso II, che
i veneziani assicurai ono di loro amici-
zia, ed il Papa mandò solennemente a
coronare; e benché bellicoso, fece di tut-
to per rimuovere il re francese dall'im-
presa, ma senza successo. La repubblica
in mezzo a tanta burrasca che si adden-
sava sopra di essa, teneva dubbiosa la ve-
nula del re; e quando il suo ambasciato-
le gliela annunziò, si scusò degli aiu-
ti che domandava di viveri, mentre assi-
curò Alfonso 11 di sua amicizia, e che
gli armamenti francesi non erano tali da
mettere timore; dall'altro canto impe-
gnava il Papa di riconciliare Lodovico
col re di Napoli per la quiete e la salute
d'Italia. Nel luglio seguì un abboccamen-
to tra Alfonso li e Alessandro VI in Vi-
covaro, che narrai nel voi. LXXVI, p. 5,
patria del Sabellico storico veneto, per
collegarsi contro Carlo Vili per l'indi-
pendenza di tutta Italia. Dichiarò il re,
esser d'uopo di scostare Lodovico dall'al-
leanza francese o balzarlo dal potere^ re-
stituendolo a suo genero, a tal effetto of-
frendo la propria flotta e le sue truppe
terrestri. Alle parole lenendo dietro i fal-
li, la flotta partì alla volta di Genova, con
ispavenlodi Lodovico, che promise rimet-
tersi all'arbitrato de' veneziani, onde con
queste speranze di pace potè rinforzare
VEN
Genova. Adulato il regno al ducn di Bor-
bone, con bello esercito calò in Italia Car-
lo Vili, inviando la sua flotta a Genova
comandata dal duca d'Orleans, poi Lui-
gi XII. In Asti fu complimentalo da Lo-
dovico e dall' oratore veneto, per cui il
Papa se ne lagnò; ed il re mandò a Ve-
nezia suo ambasciatore di Comines sto-
rico di lui e del predecessore, ringrazian-
do pel contegno della signoria e facendo
oderte. Mentre la repubblica ne mostrò
fiducia e gradimento, tornò a schermirsi
per aiuti, col mettere innanzi al solito ì
timori del turco, e in pari tempo solleci-
tava Lodovico a procurare T allontana-
mento de'francesi, pe'gravi pericoli a cui
il re esponeva l'Italia colla sua venula.
Giunto il re a Pavia visitò nel castello il
duca Gian Galeazzo malato di veleno, di-
cendosi somministralo dallo zio, ed accol-
se benignamente le preghiere della di lui
moglie Isabella, raccomandandogli il pa-
dre Alfonso II. Indi a' 22 ottobre morì
l'infelice Gian Galeazzo, lasciando due fi-
glie e il figlio Francesco, che avrebbe do-
vuto succederlo; ma Lodovico mostrò il
diploiua imperiale che lo chiamava al
trono del ducato di Milano. Il senato to-
sto gli scrisse coodolendosi per la morte
del nipote, e insieme congratulandosi del
suo innalzamento. Entrato Carlo Vili in
Toscana, contro le promesse, prese Fi-
vizzauode'fiorenlini, l'abbandonò al sac-
co e vi fece strage, il che colpì di terrore
tutta Italia. Pietro de Medici, nemico del
re, corse pu>«illanime a' suoi piedi e gli
cede quanto volle; raa tornato a Firenze,
per tanta ignominia fu coslrello a fuggi-
re col fialello cardinal Giovanni, poi Leo-
ne X. INIentre succedevano queste cose,
Venezia spaventata pel soccorso doman-
dato da Alfonso II a' turchi, ne avvisò
Carlo Villa provvedervi, trovandosi per-
ciò impotente al prestito domandato dal
suo ambasciatore. Da Firenze il re s'av-
viò per la Piomagna, onde il Papa inti-
morito deliberòdi fuggire e recarsi a Ve-
nezia ove chiedeva un asilo. Rispose a*
V EN
20 noverabre In repubblica, non credere
necessaria tale risoluzione, ma all'uopo
sarebbe degnamente accolto, sicuro e o-
norato: e purché ne dasse avviso a tem-
po, si tnanderebbero 3 triremi a levarlo
in Ancona; raccomandavagli però, tenes-
se presso di se beu custodito il fratello di
Bajazet II, il principe Gem o Zizim. Que-
sto smentisce la calunnia lanciata contro
i veneziani d'averlo fatto poi morire, co-
me notai nel voi. LXXXI, p. 3 i 7. Poco
dopo giunse un inviato turco in Venezia,
chiedendo che la repubblica aiutasse Al-
fonso II e il Papa; ma gli si rispose, che
tenendo essa buon'amicizia anco col re
di Francia, altro non poteva fare se non
continuare ad adoperarsi a metter pace
tra le parti. Nuovamente il senato man-
dò oratori a Lodovico per tentar ancora
se possibile fosse d'allontanar tanti mali
dall'Italia. Il duca si giustificò ampia-
mente, almeno così apparisce da' docu-
menti esibiti dal prof. Romanin, se il suo
dire era sincero e non velato dalla politi-
ca. Certo è che il denigrante ritratto che
fa del re, quasi uomo da nulla, e gli or-
rori commessi da'francesi in Italia, è sto-
ria. Si mostrò pure divoto del Papa, af-
fezionato e riverente alla repubblica, pre-
muroso per Alfonso II. I suoi consigli da-
ti a'francesi esser per costringerli a riti-
rarsi, mancando di unità, di ordine, di
denari. La fortuna averli aiutati, giovati
l'altrui imprevidenza. Ria la repubblica
non fidavasi pienamente delle proteste
di sue buone disposizioni. Quindi si ri-
volse a Carlo Vili, scongiurandolo a non
proseguir più oltre in danno de'domioii
pontificii , come avea fatto col prendere
Acquapendente, Monte Fiascone ed al-
bi luoghi; che se invece, non badando a'
buoni consigli, proseguisse il suo cammi-
no verso Ptoma , tanto Lodovico (|uan(o
la repubblica sarebbero sciolti d'ogui pat-
to. Vane parole. I francesi sempre più
avanrando, parecchi feudatari, tra'quali
i figli di Virginio Orsini al soldo di Na-
poli,e il conte di Piiigliano, Strinsero par-
V E N 239
ticolari accordi col re, mentre il Papa fa-
ceva imprigionare in Pioma il cardinal
Ascanio Sforza fratello di Lodovico,ePro-
spero Colonna come aderenti a Francia,
e dava il passo ad Alf)nso II d' entrare
colle sue truppe in Roma. La repubbli-
ca ne restò inconsolabile, prevedendone
le conseguenze; e Lodovico ne andò in fu-
rore, volendo farne pentire il Papa. Que-
sti però avvedutosi del passo inconside-
rato, rimise in libertà i prigioni, di che
profìitaudo l'oratore veneto, rinnovò
le preghiere a Lodovico di pensare se-
riamente alla quiete d' Italia. Il Papa
stretto dalle armi francesi e da'Coloune-
si, tentò un accordo col re. Si convenne
di riceverlo amichevolmente in Pioma,
ove rispetterebbe l'autorità papale e l'im-
inunilà della Chiesa ; mentre il re al car-
dinal Piccolomini legalo in Francia per
distorlo a venire in Italia, erasi appellato
al futuro concilio. Di più il resi riservò
a concludere il resto ali." abboccamento
con Alessandro VI. Duri patti a cui fu
forza convenire, privandosi il^ Papa de'
soccorsi che doveano mandargli i confe-
derati. Stretto sempre più Alessandro VI
dallo spavento, e sapendo aver nel cam-
[)o regio acerrimi nemici, tra'quali il car-
dinal Giuliano ilella Rovere; ritiratosi
Alfonso II a' confini del regno, e il Pa-
pa in Castel s. Angelo, Carlo Vili pom-
posamente entrò in Roma V ultimo del
i494j e la fece tutta militarmente oc-
cupare. Prese alloggio nel palazzo apo-
stolico di s. Marco, e lo munì a fortezza,
prestandosi l'edifizio. Alcune case furono
saccheggiate, a' cardinali furono tolti i
denari, e non avendone, l'argenterie, col-
le quali fu coniata moneta colle parole :
Carolila Iinperalor, il che fu poi motivo
di gelosia a Massimiliano I, dice il prof.
Romanin, o forse prese tal titolo pe' di-
ritti acquistati su Costantinopoli, per
quanto dissi nel voi. LXX.XI, p. 3i6.
A' > gennaio 149^ il Papa si abboccò col
re, diflldooti l'uu l'altro. Domandò il re
quelle foltezze che uotai uel luogo cita-
26o V E N
to, e la consegna di Zizìm. Il Papa disse
di dare poi risposta. Questa tardando si
commisero altri sacclieggi. Finalmente
convenne Alessandro VI, che col le fosse
amicizia e confederazione per la difesa
comune ; la garanzia temporanea del!e
ricliiesle fortezze sino alla conquista del
regno di JNapoli, di cui rinvestirebbe;
condonazione all'ollése e ingiurie de'se-
guaci del re ; la consegua di Zizim per
agevolar l'impresa che meditava il re
contro il fratello Bajazet II, per iuipa-
dronirsi del trono che pretendeva spet-
targli, ma l'infelice principe moi'i di ve-
leno o altro malej a''24 febbraio 1 49^ in
Napoli, o negli altri luoghi notali nel sud-
detto voi., ove di nuovo confutai la calun-
nia sostenuta da più storici, d'averlo av-
velenalo il Papa per accordo col sultano.
Fu costretto il Papa agli umilianti patti,
e ad altri di minor importanza, per la
raalaugurata politica di que'lempi, dalla
sfortuna delle arnn napoletane, dal ten-
tennare de' veneziani, dall'abbandono e
irritazione di Lodovico, il quale però sa-
puta l'entrala del re in Pioma, disse agli
oratori veneti che conveniva provvedere
che non passasse più avanti, avendo scrit-
to al cardinal fratello che si provocasse-
ro l'imperatore e il re di Spagna ad in-
vader la Francia, e allora il re sarebbe
corso a difenderla, abbandonando le con-
quiste, dovendosi allontanare i mali dal-
l'Italia a costo di sagrifizi pecuniari. A'
2 5 gennaio partì da Pioma il re, e volle
seco per legato, e quasi statico, il cardi-
nal Cesare Borgia arcivescovo di Falen-
za[f\) e figlio del Pupa, che giunto a
T' elle ti i fuggì. Irritato il re voleva ven-
dicarsi con bruciare la città, salvata dal-
le lagrime del suo vescovo cardinal del-
la Piovere. Indi fece espugnate IMonle
Fortino, lo tolse a'Conli e die a'Colon-
nesi. Giunto nel territorio di Veroli, pri-
nia di transilare per Rlonte s. Giovanni
VI spedì 3 ambasciatori, che mutilali nel
naso e orecchie, a terribile punizione
quasi spianò la terra e fece uccidere tjli
V EN
abitanti. Uscito dallo stato papale, la fe-
rocia con cui procedette l'esercito di Car-
lo Vili, gli rese agevole l'occupazione
del regno, che Alfonso II rinunziò al fi-
glio Ferdinando li. Narralo il principio
delle disgrazie d'Italia, non posso tener
dietro al complesso de' feraci e strepitosi
avvenimenti che si successero, anco per
non ripetere il già riferito a'iuoghi loro.
Ne darò soltanto un breve cenno. L'in-
gresso di Carlo Vili in Napoli sparse
gran terrore a Venezia e nell'animo di
Lodovico. Il Papa per quiete e difesa d'I-
talia mandò a Venezia in dono al doge
Biirbarigo la Rosa (V oro benedetta j e
fece lega a'3i marzo t495j segnala nel-
la camera da letto del doge, colla repub-
blica, IMussimiliano 1 imperatore, Ferdi-
nando V re di Spagna e di Sicilia, e Lo-
dovico il DIoio duca di Milano, aderen-
dovi anche il duca di Ferrara e Bologna.
La Rosa fu consegnala in Pioma all' o-
ratore Girolamo Zorzi, ed in Venezia la
portò lo scudiere pontifìcio Jacopo Car-
dona, con indulgenza plenaria alla chie-
sa di s. Marco, ove il nunzio apostolico
Nicolò Franco vescovo di Treviso pon-
tificò la messa nella domenica delie Pal-
me per la solenoissima pubblicazione
della lega. Udita questa da Carlo Vili
minacciò l'oratore di Venezia di colle-
garsi a'danni della lepubblica con altri
re. Alessandro VI riconciliatosi co'cardi-
naii della Ptovere e Sforza, indi non vo-
lendosi trovare in Pioma al ritorno del
re, ch'era parlilo da Napoli a* io mag-
gio, recandosi con lutti i cardinali e pre-
lati a Orvieto, accompagnato da i stoo
cavalleggeri e 2000 fanli pontificii, da
600 cavalleggeri e 700 fanli della re-
pubblica, e da 600 cavalleggeri e 1200
fanti del duca di IMilano. Il i,° giugno
giunse in Roma Carlo Vili con metà del-
l' esercito a piedi e a cavallo slimato
So, 000 uomini, mostrando gran dispia-
cere della partenza del Papa, al quale
avrebbe voluto rendere omaggio e con
lui conferire. 1 francesi questa volta si
V EiN
comportarono Iranquillamente. Iodi il re
s'avviò per Viterbo, ove procurò indar-
no parlare al Papa, che in vece parti per
Perugia ; mentre dimorava in delta cit-
tà, parte di sue truppe desolarono To-
scaiiella, nel modo che deplorai in (|uel-
l'arlicolo ; quindi proseguì il viaggio pel
suo ritorno in Francia. Però il duca di
Orleans, col tiloiodi duca di Milano per
quanto dirò, restato in Asti, improvvisa-
mente s'impadronì di Novara, mentre in
gran parte il regno di Napoli era stato
riacquistato dall'armata veneta coman-
data da Antonio Griinani unita alla spa-
guuola,e moltecittàspontanearaente tor-
navano a Ferdinando II, rientrando poi
in Napoli, ed il viceré Monlpensier restò
prigioniero. Tentò Carlo Vili l'impresa
di Genova con infelice esito. Avendo Lo-
dovico dichiaiata guerra al duca d'Or-
leans, giunta la vanguardia francese del
re a Fornuovo, trovarono il grosso dell'e-
sercito milanese e veneziano. Era la do-
menica 5 luglio quando il re contempla-
va da un' altura i campi pronti alla bat-
taglia accampali lungo d Taro, che i fran-
cesi dovevano passare per proseguire il
viaggio. Nel dì seguente fu attaccato il
campo veneziano comandato da Melchior
Trevisan ; il capitano generale marchese
Gonzaga essendo accampato presso Ap-
piano, si gettò addosso a' francesi e pene-
trò sì avanti nelle file nemiche, che avreb-
be fatto prigione il re, se non lo salvava
il bastardo Bourbon, che però fu preso
con 800 francesi,essendovene periti^Soo.
La perdita de' veneziani fu minore, ma
con diverse vittime d' illustri capitani.
Questa vittoria di Fornuovo fu intesa a
Venezia con una pazza gioia. Le ac(jue
del Taro assai gonfie dalle pioggie, im-
pedirono all' eseicilo confederalo di ta-
gliate la ritirata al ree impadronirsene,
come il senato raccomandava. Uiuscì il
re ad arrivare ad Asti, ove decise soccor-
rere Novara assediata da' veneziani e da'
milanesi; mentre il Papa a'5 agosto ful-
minò un mouilorio coulro diluì, riufac-
VEN a6i
ciandogli tulle le colpe e iniquità com-
messe iu Italia, imponendogli partirne
sotto pena di scomunica. Lodovico ot-
tenendo la restituzione di Novara segnò
la sua pace separata, lasciando luogo a'
veneziani d'aderirvi per mostrarsi meno
pieghevoli e più esigenti, inebriali del
vanto di liberatori d'Italia, dato loro an-
co dal Papa in una bolla. IMalcontenli di
simile pace, dissimularono perchè Carlo
Vili partisse d' Italia, la quale per que-
sta venula di francesi ereditò da loro il
morbo gallico, che per molli anni fece
stragi orribili della popolazione. Invitata
la repubblica a segnar la pace si rifiutò,
dovendo farla d' accordo co'confederali
e non voler abbandonare il re di Napo-
li; anzi ne prese la protezione col regno
a' 2 I gennaio i 49^> ricevendo in pegiro
alcune città per sicurtà delle spese fatte,
cioè Brindisi, Otranto e Trani. Era al-
lora Venezia divenuta centro delle nego-
ziazioni diptouialiche,perchèse non si fos-
sero opposti i veneziani tutta l'Italia sareb-
be stata occupala da'francesi. Volendo i
fiorentini soggiogar Pisa, la repubblica
ne prese la protezione, il che divenne fo-
mite a nuove discordie italiane, e a nuove
chiamate di stranieri, vociferandosi al-
tra calata in Italia de' francesi. A sua di-
fesa a' 18 luglio 1496 fi» conclusa lega
fra Venezia, il Papa, Milano, Ferdinan-
do V, Massimiliano I, aderendovi pure
Enrico VII re d' Inghilterra. Essendosi
portato l'imperatore in Italia, pel sospet-
to d'una nuova venula di Carlo Vili, on-
de non provocarla fu dalla repubblica
invitato a ritirarsi, con dispiacere suo e
di Lodovico. L'iuiperaloie si recò a Ge-
nova, fece un vano tentativo colla flotta
della lega contro Livorno, prevenuto dal-
la francese, e tornò in Germania, liscian-
do rilidia in maggior imbarazzo, ed alla
vigilia di nuovi e grandi rivolgimenti,
IMalconlcnto de' venrzinui, ad onta de*
.soccorsi dati, occupò loro il feudo di Go-
rizia. Intanto morto ;i' 5 ottobre i4<)^ì
il re di Napoli, gli successe il fratello Fé-
262 V E N
derico I; non essendosi finilo di ricupe-
rale il reguo da' fraacesi, con una parie
di esso iu mano a' veneti, ad essi si die
Taranlo appena sgombrala da' francesi.
]1 doge dichiaròagii oratori tarantini non
poter accettare la dedizione senza violare
i trattati, ma n'ebbe in risposta preferire
altrimenti al dominio del le quello del
turco: convenne accettare la dedizione,
falle prima le debite pratiche col re. Nel-
la primavera i497 tornarono i francesi
iu Italia, condotti da Gian Jacopo Tri-
vulzi, e la repubblica sebbene aggravata
enormemente di debiti e con disordinalis-
sime finanze, alle sollecitazioni di Lodo-
vico gli mandò soccorsi comandati da
Nicolò Orsini conte di Piligliano e princi-
pe di Nola capitano generale. Non riu-
scendo i tentativi francesi sa Genova, si
ritirarono iu Asti. La repubblica nel 1 498
eccitò Lodovico, che pe'movimenli fran-
cesi avea raccomandalo ad essa sé e il
suo ducalo, a cooperare ad una lega ge-
nerale degli stati d'Italia, e d'allontanare
il Tri vulzi e il cardinal della Piovere da
Carlo Vili, e guadagnarli a favore del-
la lega. A' 7 aprile mori Carlo Vili iu
conseguenza de'suoi disordini e stranez-
ze, e benché conteso il trono dal famoso
Carlo duca di Borbone, gli successe Lui-
gi XII duca d' Orleans, di natura belli-
cosa e pieno d'ingegno; e siccome s'inti-
tolava duca di Milano, l' Italia si trovò
peggio di prima. Allora Lodovico aper-
tamente volle favorire i fiorentini, amici
de' fraacesi, e intimò a' veneziani di tra-
lasciare qualunque ingerenza su Pisa. La
repubblica continuò a sostenerla, e in-
viò 3 ambasciatori a Luigi XII per gra-
tularsi, e restare con esso in amicizia e
federazione, pronti a far lega con lui ; in-
caricandoli pure d'invitare a'snoi stipen-
dii il Trivulzi,e gli procurerebbe, secon-
do gli eventi, o Comoo Melfi da lui am-
bite. L'imparziale prof. Romanin da o-
nesto e vero storico osserva: così questa
volta erano i veneziani che preparavano
una uuova calata di fraucesi io Italia ;
YEN
tempi infelicissimi, in cui pareva essere
ima gara a chi più sapesse superare nel-
l'arti subJole e ingannatrici, e cercava-
si la propria conservazione nell'abbassa-
menlo degli altri e nell'armi straniere, a
detrimento di quell'Italia di cui si voleva
difendere r integrila. IMenlre la repub-
blica rinfacciò a' fiorentini i 34 anni di
guerra sostenuta per essi contro Filippo
M.' Visconti, quando tentarono accomo-
dar le cose di Pisa, si propose occupare
Forii per fcirsi strada a Firenze e rista-
bilirvi Pietro de Medici ; insieme conti-
nuando le pratiche col re di Francia e
pe' soccorsi da somministrargli, non ri-
pugnando che i fiorentini con condizioni
entrassero nella lega, ma il re domanda-
va 100,000 ducati. Il duca di Ferrara
si fece mediatore della pace tra Pisa, Fi-
renze e Venezia nel i499j l'ecatosi a
Venezia, a' 6 aprile pronunziò il suo ar-
bitralo che disgustò tulle le parti, chia-
mandolo i veneziani traditore. Non oslaa-
te,esseudo molta la spesa fatta iuutilmeu-
te, più grande quella da farsi nella cala-
la de' francesi, il senato ratificò il lodo.
Pisa lagnandosi dell'abbandono di Ve-
ntzia continuò a difendersi contro i fio-
rentini. A' i5 dello stesso mese a Blois
la repubblica strinse lega col re di Fran-
cia, per la propria difesa contro chiun-
que, tranne il Papa, al quale si lasciò
luogo di entrare: si obbligò d'assistere il
re nella ricupera del ducato di I\Iilauo,pe*
diritti che vantava, come discenileute di
Valentina Visconti, moglie di Luigi d'Or-
leans suo avo, e di altri luoghi ingiusta-
menteoccupalida Lodovico Sforza iL1/o-
ro, eccetto Genova, qualora il turco non
l'assalisse. Difesa scambievole controMas-
similiano I. A compenso di laute spese e
tanti pericoli, il re consentiva a cedere al-
la repubblica Cremona e sue pertinenze?
e le cillà. terre e castelli poiti di qua dal-
l'Adda, il quale fiume con Lecco reste-
rebbe al re. Alla qual notizia non è a dire
quanto fosse il rancore di Lodovico, che
abbaudouato da tutti si volse al turco
V E N
eacilaiulolo conlroi veaeziaui. Questi in-
luiito ricliiaaiarono le loro genti daPi-
Sci, che più tardi cadile in potere de' fio-
teiitini. Essendo sotuiiiauietite a cuore di
Luigi XII r acquisto dtl ducato di Mi-
lano, si pacificò cu're di Spagna e IngUil-
lavia e con Massimiliano I, procacciando
nello stesso tempo d'aver l'altre potenze
d'Italia a sé favorevoli, o almenonon av-
verse, dando particolarmenlespeciali pro-
ve di benevolenza al famoso, ambizioso
e bellicoso Cesare Horgia, già cardinale
e arcivescovo, figlio d'Alessandro VI, il
quale nulla tanto desiderava, quanto di
vederlo innalzato a'primi gradi: per for-
margli uno stalo 1' avea comincialo ad
aiutare a spogliarci vicari feudatari della
s. Sede, per poi dichiararlo duca di Ro-
lìicigna.PticìbW Papa erasi nimicato con
Federico I re di Napoli, che aveagli ri-
fiutato una sua figlia e il principato di
Taranto in dote, e legavasi tanto più vo-
lentieri a Francia dacché il re favoriva le
nozze di Cesare con una figlia di Gio-
vaniiid'Albret redi IVavarra,a condizio-
ne però che il Papa lo dotasse di 200,000
scudi e promovesse al cardinalato A.maneu
d'Alhret fratello della sposa. A.' i o mag-
gio 1499 seguì il matrimonio di Cesa-
re, e siccome già dal re avea ottenuta la
ducea di raleiiza ( V.) di Francia 0 Va-
lenlìnois, fu comunemente chiamato il
duca Valentino. Dell'amored'Alessandro
\ I per suo figlio, ne parlai nel citato ar-
ticolo colla relazione che fece di sua fami-
glia alla repubblica, l' ambasciatore ve-
neto in Pioma Paolo Cappello. Questi li>.
fu ueli4o9 ^ •1'^' i5oo, ed in questo gli
successe Marino Giorgi : altri ambascia-
tori presso Alessandro VI furono, nel
i5oi Marco Dandolo e ueli5o2 Anto-
nio Giustiniani. Tanto ricavo dal baro-
ue Reumont, che nella Diplomazia ita-
liitnii a p. 3o;ji e seg. ci dà la sene degli
ambasciatori vtneli a Roma nel XVI se-
colo, e me ne gioverò. Il re di Francia col-
legatosi ancora con Filiberto 11 duca di
Savoia, Gomiuciò u uiuudar truppe in
V E N 2G3
Italia col valente capitano Trivulzi, ne-
mico del duca per averlo spogliato de'
suoi beni, con altri capitani e gente av-
vicinandosi egli stesso fino a Lione. Al-
lora l'ambasciatore milanese fu licenzia*
to da Venezia. Le genti della signoria
cominciarono a muoversi verso il Gre*
raonese, e vi fecero progressi. Spaven-
tato Lodovico, fece appello a'mìlauesi a
sostenerlo e difendere la patria, essendo
i francesi più impetuosi aell' assaltare
che costanti nel perseverare, attendendo
soccorsi da Massimiliano 1 e dal re di
Napoli. Tultavolta vedendo certa la sua
rovina, mandò in Germania il fratello
cardinal Sforza, co'figli e il tesoro. Di-
verse città dichiararono al duca dover
accettare i francesi, Milano divenne agi-
tuta e si sollevò; Lodovico si smarrì d'a-
nimo, fu nominato un governo provvi-
sorio, e partì per Germania. Allora la
città si divise in partiti, molti bramava-
no il duchinu Francesco figlio di Gian
Galeazzo, che con Isabella sua madre
imprudentemente non eransi mossi ; al-
tri volevano la libertà patteggiando con
Francia. Prevalsero a'5 settembre que-
st'ullimi, e cou diverse condizioni, che
mandarono al re. Ma nel dì seguente i
nobili portarono le chiavi di Milano al
Trivulzi, che vi fece il suo ingresso,e per
tradimento Bernardino da Curie gli con-
segnò il castello a* 17. Già a'io i veue-
zidiii erano entrati al possesso di Cremo-
na ; la conquista del Milanese, soggetto
a Francia e a'veueziaui, si compì in 20
giorni, ed a' 6 ottobre Luigi XII entrò
trionfante in Milano, avente u fianco Er*
cole I duca di Ferrara. Il duellino Fran-
cesco fu poi menato dal re in Francia, e
fallo abbate di Marmoutier morì nel
i5i2 alla caccia per caduta di cavallo;
Isabella, si ritirò nel ducato di Bari do-
ve morì nel 1524; le sue figlie, Buona
sposò Sigismondo I re di Polonia, Ippo-
lita rimase nubile. Appena i francesi tro-
varousi in posse-ssodi Milano, proposero
u'vtìueziam, a mezzo del cardìual Giù-
2o4
YEN
■vjiniii Borgia il seniore legalo ponlificio,
la spedizione di Napoli, i quali risposero
che avrebbero mandali oratori al re; cui
intanto segretamente notificavano, come
il Papa domandava die al duca Valen-
tino si lasciasse conquistare Ferrara, co-
sa clie la repubblica non islimava oppor-
tuna,per non lasciarsi luogo così impor-
tante ad uomo di tanta ambizione ; e che
per ac(juislarsi il loro favore, prometteva
sussidii contro i turchi, e buoni uffici
per impedire a Massimiliano I d'esaudi-
re ali eccitaoienli di Lodovico il Moro a
far novità. Il cardinale ch'era nipote del
Papa e cugino del Valentino, vedendo
dalla risposta evasiva che 1' acquisto di
Ferrara presentava insuperabili ostacoli,
domandò almeno l'adesione per due altre
città, però con egual esito, dovendosi pur
questo trattare col re ; al quale realmeo-
le mandò ambasciatori per eccitarlo ad
una sfìedizione generale contro il turco,
voler procedere d'accordo con lui nelle
cosedel Valentino e del marchese diMan-
tova, e domandare la convenuta conse-
gna di Cremona, di Ghiaradadda e del
territorio di qua dall'Adda, ed una parte
delle proprie truppe alla difesa del Friu-
li. Il re disposta la spedizione di Napoli,
dopo un mese tornò in Francia, lasciando
a suo luogotenente il maresciallo Trivul-
zi. IMii l'aspro suo governo e l'orgoglio
de' francesi, inacerbiti gli animi de'raila-
nesi, desiderarono il loro signore, e que-
sti sollecitò soccorsi da I\Iassìmiliano I.
La repubblica ne avvertii francesi, e scris-
se al Pa[)adi proibire a'principi pel pros-
simo anno santo del giubileo, di non muo-
ver le arn)iseuon controgl'infedeli.Però
la buona relazione con Alessandro VI co-
minciava a intorbidarsi per l'ambizione
del Valentino, che non conlento d'aver
preso cogli aiuti francesi Imola e Forlì,
voleva impadronirsi anche ù\FacnzaiRi-
mini e Urbino in protezione de' veneziani
e nelle quali mandarono rinforzi; laonde
il muover 1' armi contro di esse, sarebbe
Gome guerreggiar la repubblica, r'rat-
V EN
tanto l'attivo Lodovico col cardinal fra-
tello, con buou corpo di svizzeri e borgo-
gnoni i nvestirono il Milanese, corrisposti
dall'adesione de'popoli, per cui insorti i
milanesi al grido lìloro Moro, nel prin-
cipio di febbraio i5oo fece il suo ingres-
so in Milano; ma fu un lampo di fortu-
na. Assediò quindi e prese Novara, in cui
entrato fu alla sua volta assediato; e da-
tasi la città a' i o aprile eoo intelligenza a'
francesi, fu riconosciuto travestilo fra gli
svizzeri, e fallo prigioneco'fralelli, venne
inviato a Lione ov' era il re, che lo fece
chiudere nel castello di Loches, ove mori
nel i558, non in una gabbia di ferro come
divulgò la favola. I suoi figli Massimilia-
no e Francesco II, trovandosi in sicurezze»
presso r imperatore, regnarono più tar-
di. Tanta fortuna de' francesi giovò al-
l' insaziabile ambizione del Valentino,
poiché ottenuto un soccorso francese s'im-
possessò di Pesaro e di Rimini. Pusveglia-
tasi in Luin;i XI 1 la brama del reame na-
poletano, per avere il re soccorso Lodo-
vico con denaro, ed entralo in trattato
col turco, lo partecipò al senato, insie-
me air avere scoperti nemici i signori di
Mantova e Ferrara, perciò lutti come ue-
mici di Francia e di Venezia doversi pu-
nire, e tra loi'o dividersi gli acquisti, per
quindi d'accordo col Papa insieme agli
altri monarchi combattere il turco. Quan-
to a Napoli, essersi accordato col re di
Spagna e Sicilia Ferdinando V, di cede-
re a questi con titolo di ducato le provio-
cie di Pugliaedi Calabria, ritenendo per
sé Napoli, con tutta la Terra di Lavoro
e gli Abruzzi. La repubblica avendo in
tulio convenuto, Luigi XII rivolse ogni
pensiero all'acquisto di Napoli. A meglio
attendervi, fece tregua con Massimiliano
I, combinando anco un matrimonio di
sua figlia Claudia, con Carlo figlio del-
l'arciduca Filippo unico figlio dell'im-
peratore, sebbene allora ambedue bam-
bini, assegnandole in dote il ducato di
lililano, di cui intanto chiese per se rin-
vestitura pel i5oi. Di questi accordi ne
V EN
pre>e so«peUo la repnl)l)lica, conoscendo
avere avverso Massimiliano I, aiiclieper
non riconoscere dall'impero neppureCre-
inona, il quale diceva chiamarsi i vene-
ziani Signori (Iella (jiinrta parte d'Eu-
ropa. Il conquisto del disgrazialo regno
di Napoli si compì non senza inganno,
poiché Federico l ignaro dell'accordo che
passava tra il suo parente Ferdinando V
ed i francesi, si volse per soccorso al di
lui famoso capitano Gonsalvo di Cordo-
va, che allora trovavasi in Sicilia, né si
niliilòdi consegnargli alcune città della
Calabria, ch'egli diceva voler difendere.
Ma giunti intanto i francesi a Roma si
conobbe il trattato, e colla solita promes-
sa di portar poi la guerra contro al tur-
co vi^tirarono dentro anco ill^apa,che con-
cesse r investitura a Luigi Xli ed a Fer-
dinando V; e il Valentino accompagnan-
do la spedizione nell'espugnazione di Ca-
pita, volle perse 4o delle più belle mona-
che. Gli orrori commessi da'francesiaCa-
pua, tolsero ad ogni altra città il coraggio
di o^i^porre resistenza all'invasione, e Fe-
derico I per l'infame tradimento del con-
giunto, preferì di darsi al re di Francia,
da cui ebbe il ducato d' Angiò, i cui si-
gnori aveano lottalo pel possesso del re-
gno e per le ragioni de'quali Francia fa-
ceva altrettanto. Singoiar coincidenza!
Il Gonsalvo compi il conquisto di Puglia
e Calabria destinate al suo re, ma non
tardarono a insorgere tra esso e i fran-
cesi guerre pe' conlinì. Frattanto i tur-
chi sempre vigili a pronitare delle discor-
die della cieca cristianità, unicamente in-
tenta a lacerarsi senza posa, non cessava-
no, ma non con guerra aperta, dal mole-
stare con incursioni e depredazioni in
Italia, in Ungheria, nella Dalmazia, co-
inè ne' mari e nelle coste in cui i corsa-
ri facevano di continuo schiavi. Non ri-
spellavano adatto i tiallati giurali in no-
me» di Dio creatore de'cieii e della ler-
la ; e del gran [iroiL-la iMaoinelto, e ne'
sette Musali, e ne' ventiquattro [)rofeli
d'Iddio, 0 più 0 meno; e nella fede in cui
V li N 265
credono e professino, e nell' anima del
loro padre, e nell'anima loro propria, e
nella spada che cingono; " come rdeva
il conte Girolamo Dandolo. Ormai i ve-
neziani non osando vigorosamente repri-
n)erli,per evitare peggio, mandavano scu-
se al prepotente sultano, per alcun di-
sordine successo a'confini. Pur al cresce-
re la gravila de'inali si scossero, ordinan-
do non permettersi a' turchi lo sbarco a
Corfìi, mentre a loro si dierono due ca-
sali di Cattaro, aumentando le compli-
cazioni, la stessa alleanza francese dando
sospetti al sultano, provocato da'fìoreu-
tini. Benché l" ambasciatore veneto An-
tonio Zantani, inviato a Costantinopoli
nel declinar di novembre i49>^5 vi fosse
ben accolto, si prevedeva non lontana U
manifesta guerra, che ad evitarla si vie-
tò al capitano della flotta Antonio Gri-
mani d'assalire la turca, non risparmian-
dosi d'altronde provvedimenliedifese.Ma
intanto formidabili erano gli apparecchi
ordinati da Bajazet li, fallo piìi baldan-
zoso dopo la morte del temuto Gem, ed
i principi cristiani non si perdevano che
in parole, eccitando gli altri contro la re-
pubblica, temendone l'ingrandimento, o
per divertimele forze o per vendetta co-
me avea fallo Lodovico Moro. Grimani
giunse a .Modone colla flotta composta di
I IO vele, di 4'ì galee sottili, 17 grosse
e i5 navi grosse; Alalipiero accorse alla
difesa di Corone; e il re di Francia, ad
istanza delia signoria, pose a sua disposi-
zione l'armata di Provenza diretta a Ro-
di. La (l<)lta turca di 7.6j vele uscita a'
lì luglio i499) P'""'^ il campo a Var-
dari; per cui il ca[)ilano generale Gri-
mani si levò da Modone e venne a Sa-
pienza, dietro la quale a Porlolungo an-
dò a fusi forte la flotta turca. Quella ve-
neta essendo torna la a Modone per at-
tendere vento favorevole onde investii la
nemica, a' 12 agosto spirando prospero
veleggiò verso Porlolungo, (juaudoa due
miglia dalla (lolla uttumana cessò iin-
prowisameute, per cui loruò addietro.
266 V E i\
TiiUaria il veulo rinforzò e i veneziani
poleiofio ausalire, ma l'ordine della bat-
tiiglia fu censuralo pieno di difelli. Si
combalteva già da 4 tn'e teiribiliuenle,
quando si appiccò il fuoco a una gi'o>sa
iiavede'turchi,e da essa a due venete,oo-
inandatedal prode Albano d Armei", e da
Andrea Loredauo accorso spontanea men-
te da Coiftì: fra uno spellaculo orrendo
perirono con Arnier, solo salvandosi Lo-
redano in una barca con altri presi da'lui-
clii. Vincenzo Isolani colla sua galea fe-
ce prodigi di valore, però do velie ritirarsi
a Mudoue. Se l'avessero imitato gli al-
tri capitani, l'aroiata turca disordinata e
(uggente sarebbe stala rotta. Ma cominciò
a mancare il cuore al Grimaui, il quale
non volle spiegare lo stendardo d'oro ed
essere il i.^ad investire, avendo coman-
dato invece ad Ai mer ed a Loredano di
iaisi avanti; e quando le 3 navi furono
distrutte dal fuoco, e tutta la ciurma an-
dava addosso, addosso, per gettarsi sul-
la flotta turca, ninno de' capitani volI<j
muoversi, e i turchi poterono tranquilla -
mente ritirarsi a Zancliio o INavaritto
veccUio.ll IO agosto avvenne nuovo scoQ-
Iro, essendo giunta anche rannata fran-
cese di 1 6 navi, 3 galee, 2 fuste e un bri-
ganlino,lu Iti desiderosi d'in vesti re e di ve-
nire a qualche gran fatto; ma ilGrimani
non volle e lasciò passar oltre la flotta
nemica, e si ritirò quando si avanzò per
combaltere,lasciaudo loro in preda le bar-
che iuceiidiarie,con due grosse galee,man-
date per dar loro fuoco; solo Paolo Calbo
l'inseguì. Mancanti i veneziani di plano
ben combinato e di disciplina, i turchi pre-
feero coraggio e di vennero assali tori. A'aj
Jigosto si rinnovò il combattimento, e già
piagava a vantaggio de' veneziani, quan-
do per mancanza d' ordine, anco questa
■volta fu perduta la vittoria. Parecchie ga-
lee erano già state prese da Alvise Mar-
cello, e se gli altri legni avessero egual-
mente investito,! turchi erano dislrulti. I
francesi vedendo tantodisordÌQeeiuubbi-
dienza,uoirvollcioiaveblire.Giualesìdo-
VE N
lorose notizie a Venezia, a'i4 settembre
i4<)9si ditìsolennemente il gonfalone ilei
comundo della flotta di 8. Marco a Mel-
chior Trevisan, colTordiue di mandare
in ferri il suo predecessore, già quasi a-
lieuato per la sorte che 1' attendeva. In*
tanto giunta la nuova olie Lepanto pei'
niancan<^a di soccorsi erasi data a'turchi,
iu Venezia sorse tale un fermento che
grida vasi dal popolo: Antonio Griniiini,
ìuuuidccrisdani. Essendo partilo da sé
senza ferri a'piedi, il figlioVincenzo incon-
tratolo aPdreuzo,peros$equioalla repub-
blica, fl perchè non crescesse l' indigna-
zione verso di lui, con isforzodi virtù glie-
li mise. Gareggiando io pietà filiale il car-
dinal Domenico Grimaniallrosuo figlio,
l'iuconlròalla riva di palazzo in rocchet-
to sostenendogli le catene fino aUa soglia
delle prigioni per diminuirne il peso, e
caduta al padre la berretta nello scoprir-
si a' capi de' Dieci, la l'accolse il cardina-
le, e gliela ripose rispettosamente in le-
sta; indi co'fratelli uoa cessò mai di pre-
stargli nel carcere tutti que' servigi che
da figli amorosi si potevano, come eoo
edificazione lo celebrai nella biografia.
Miserando spettacolo. Un personaggio il-
lustre per l'imprese di Napoli, l'espugna-
zione di Monopoli e altre città, ricco di
stabiliedi beai oo, quo ducati, avendone
spesi 3o,ooo pel cardinalato del figlio ;
stato savio di Tarraferma, avogadore del
consiglio de'Dieci, sa vio del consiglio, due
volte capitano generale di mare, due volte
ambasciatore a Massimiliano I ; sapiente
di consiglio, eloquente, di gran cuora, già
principalissimo tra' cittadini, ora accusa-
to, malato in prigione, segno agi' itapro-
periidel popolo,incertod'es3er decapitato.
Nella sua avvedutezza politica, avea dis-
suaso in senato l'alleanza con Luigi XII
contro Lodovico il Moro, dicendo meglio
avere per vicino un debole signore che un
potentissimo re straniero. La morale fa-
condia del prof. Piomania sarà imperi tura.
» Solo conforto rimaneagli l'amore de'fi-
gli^edè bene che latteria raccolga e couser-
V EN
vi que'tralti che in mezzo a tnnlinvviliip-
paiueiili della polilict), allo klie[)ito clell«
acmi, alle colpe, a'delilti, pure cume stelle
solitarie in nuvolosa notte, rari (ino a noi
pervennero a conservare in onore la uma-
nità e gli alFetli dolcissimi di famiglia". Si
fece il processo, fu abilmente difeso, e lo
stesso nobiieaccusatosalitoin bigoncia pe-
101 ò con giaudissima eloquenza, che uni-
ta all' aspetto suo compassionevole com-
mosse tutti gli animi, laonde fu \\ giudizio
sospeso per quel dì i2giugno i5oo. Ac-
cusalo d'aver mancato nell'assaliie i tur-
chi, e nel mantener la disciplina della flui-
ta, che abbandonò 1' armata senza aspet-
tare il successore, usando parole sconve-
nienti contro i principali cittadini ec. ; fu
con fina toueir isole diCherso e diOssaroiu
Dalmazia, e pare che gli fosse poi permes-
so stare in Roma ov'era fuggito nel i5o2,
coir affettuoso suo figlio cardinale. Ivi
molto si adoprò in favore della patria con
Giulio li, e in premio de'suoi buoni ser-
vigi, e per l'utilità che di lui [)oteva aver-
si fu richiamato a Venezia nel 1^09 ed
eletto procuratore di s. Marco: in tale
qualità fece compire il ristauro del cam-
panile, e costruire le case nuove de'procu-
ralori intorno alla piazza di s. Marco, reu-
dendosi grato a ciascuno. iVè qui si com-
pivano le vicende di sua vita ; poiché do-
po 20 anni lo celebrerò doge. Frattanto
subito dopo le vicende marittime, i tur-
chi imbaldanziti, corsero di nuovo ilFriu-
li commettendovi orribili guasti, e facen-
do schiavi, anzi incutendo tanto terrore,
che i paesani inscritti neila milizia si rifiu-
tarono di alFroiitarli, ne maggior corag-
gio mostrò Andrea Zanlani provveditore
de' militi stradioti, onde fu poi rilegato
4 anni a Padova; pena lieve, come quel-
la del Grimani e altri, conseguenza del-
l' aderenze ne' consigli, laonde più volte
le deliberazioni in principio prese con
grande ardore e con apparalo severo, si
dileguavano poi e finivano in nulla. A ri-
parare a tali sciagure, tentò Venezia pnci-
flcarsi o far tregua co' turchi, e u lui lìae
V E N 2G7
inviò alsultano Alvise Manenti a' 7.j ot-
tobre i499i sulla bas« della restituzione
di Lepanto, usando cautela pe'maneggi
che ficevaiisi dalle corti eiuopee per una
lega generale. Avenilo stabilito il sultano
che il mare fosse il confine tra lui e i ve-
neziani, nondimeno avrebbe consentilo
alla pace colla cessione di Napoli di Pio-
mania, Modone, Corone e Malvasia, oltre
10,000 annui ducati di presente, come
(lavasi al padre. Non potendo convenirvi
la repubblica, nel marzo i5oo sollecilòil
re d'Ungheria e quello di l^olonia, al qua-
le olili 5o,ooò ducati l'anno, per guer-
reggiare il turco, non che il Papa, il redi
Francia e quello di Portogallo. Per al-
lora il solo re di Spagna unì la sua flotta,
comandata doGonsalvo, alla veneta capi-
tanata da Benedetta Pesaro. Ne'veuezia-
ni era diminuita l'antica energia nelle
provvisioni, per mancanza di mezzi deri-
vala da'minori vantaggi che Iraevanodiil-
la navigazione, per cui non avendo potu-
to ben munire lModoue,Corone,Zani;hio,
furono prese da' turchi. Neil' ussedio di
Modone, ali'iuvitodel Ti evisan capitano
della flotta per soccorrerla niuno rispose :
il Solo Giovanni Malipieio vi si reco con 4
galee, ma dopo aver da prode passato Iru
la flotta e raggiunto il porto, llajijx.et li,il
quale comandava in persona, ordinò l'as-
salto generale a' q agosto 1 5oo, ecadde
la furlezzu co'&uoi valorosi difensori. Nel
finir dell' anno la flotta veneta prese Ce-
falonia, e ricupeiò Zanchio Francesco
de Mezo, ma poi di nuovo perdulo per
viltà del comandante Carlo Coiilariui,
che dal Pesaro fu fallo decapitale. Fi-
nalmente a' 1 3 maggio i^oi m concluse
la lega maneggiala da Giorgio l'i»ani,cul
Papa e il re di Uiiglieria, solennemente
pubblicata in Roma, nella festa di Pente-
coste, oltre gli armamenti dell' altre po-
tenze che vado a dire. La flotta veneto-
ispaiia sotto i delti comandanti incrociò
nel mar Jonio, quella de' cavalieri gciu-
soliinitani di Rodi capitanala dal grati
maeslru cardinal d Aubuaaou nell'acque
268 V E N
dell'Arcipelago io vista de' Dardanelli,
e la francese diretta da Ravenslein con
10,000 uomini da sbarco assediò invano
Mitilene. Furono introdotte pratiche col
Caraniano e col i."sofì di Persia. In que-
sto mezzo s' infermò il doge B ubarigo
d'82 anni, e di poi a' i 3 settecnbre cliia-
mati a sé i consiglieri disse loro: non po-
ter piìi esercilare degnamente 1' uOicio
suo, in tanti travagii aver bisogno la re-
pubblica di un capo valente e di grande
operosità; perciò pregarli a ricevere la
sua rinunzia, ed eleggere altro più ido-
neo, e levandosi di dito l'anello lo conse-
gnò all'anziano, ed aggiunse che sarebbe
andato a morire in sua casa a s. Tro^'a-
.so. Considerando i consiglieri che poco a-
■vrebbe vissuto, per non dargli tanto dolo-
re, non accettarono, lodandolo e confor-
tandolo.Tale attoservì a smorzare in par-
te l'odio in che era venuto neiluniver-
sale pei suo orgoglio e avarizia. Morì a'
20 o 24 settembre i5ot, ed ebbe se-
poltura presso il fratello nella chiesa del-
la Carità. Benché nel suo dogado l'ain-
inìnistrazione della giustizia erasi vieppiù
garantita, coli' istituzione del Consi^/io
della Qnar.iniia civile nuova, appena
spirato si levarouo contro del doge gene-
rali mormorazioni, accusandosi di corru-
zione, vendita della giustizia, distribuzio-
ne arbitraria degli uliici ; per cui a dar
soddisfazione a tanti richiami, vennero
allora e pel futuro istituiti i Ire Inquisi-
tori del doge defunto, da eleggersi alla
morled'ogni doge con incarico d'investi-
gare e indagare scrupolosamente in quali
articoli della Promissione ducale avesse
mancato; di ascoltare le querele contro
di lui portate, d'esaminare scritture e te-
sliinoni, e di procedere a'risarcimenti do-
vuti a'pregiudicati. Nella nuova Promis-
sione del doge furono richiamati in vigo-
re gli articoli che proibivano 1' accetla-
zioup di qualunque dono, il favorire i pa-
renti negli uffici, ed essendo costume che
ogni sposa, probabilmente palrizia,andas-
se a presealarsi al principe, tal cosa uon
VEN
fu più pM-messa se uou alle sole sue pa-
renti.
a3. Leonardo Loredana LXXF do-
ge. Egli era in età di 66 anni, non distin-
to per opere marittime o terrestri, ma
solo perchè nato d'illustre famiglia. Avea
patrimonio mediocre d'un 3o,ooo duca-
ti, era d'aspetto macilente, d'alta statura,
di salute mal ferma, e forse perciò vivea
con gran regola;d'umanissima indole, ma
collerico; savio e di molta destrezza nel
maneggio della cosa pubblica, onde il suo
consiglio in collegio per lo più prevaleva
edera sempre apprezzato. Il popolo, beu^
che legalmente escluso dal prender par-
te nell'elezione de'dogi, non lasciava pe-
rò di mostrare di quando in quando la
sua volontà. Cosi alla morte del Barba-
rigo tutta la città gridò si facesse doge Fi-
lippo Tron, figlio del doge Nicolò, come
assai popolare, di 66 anni , senza figli e
ricco , però morto per- pinguedine nella
notte de'26 settembre, mentre ancora e-
rano adunati i quaranluno, disponendo
del suo patrimonio d'oo,ooo ducati, nel-
l'acquisto d'un terreno da fabbricarvi so-
pì ai 00 casette, e da darsi per l'amor di
Dio a'poveri marinari col fitto di soli du-
cali 4 l' anno, le quali case si fecero a s;.
Maria Maggiore. A'2 ottobre i5oi Lore-
dano restò eletto. Dice il suo biografo Ca-
soni. Il di lui avvenimento al trono e il
periodo del regimo suo, ricordano una
delle più clamorose epoche della storia
veneta , per un fatto memorabile e per
le conseguenze che alla repubblica indi
derivarono. «Questa repubblica erasi fat-
ta potenza italiana, e nuovi paesi venne-
ro aggiunti a'possedimenti di Terraferma:
fiorivano i regni di Cipro, di Candia e
quello di Morea: l'imperosul golfo di Ve-
nezia, le flotte che ogni mare solcavano,
quali per mantener vivificato il commer-
cio, quali per proteggere le giurisdizioni
e sostenere i diritti della nazione: gli edi-
flzi che in Venezia sorgevano, con istu-
pore dell'universo : le arti, le scienze, che
qui aveaao mecenati e fautori, (a wagqii
VEN
ficenza, le ricchezze, il lusso tle'veneli, tut-
to conliibuiva a fomentare il tarlo del-
l'invidia nel cuore de'soviaoi europei, che
proruppe iu modo inusilato, e mise a
due dita la rovina di questo venerando
governo. Per conseguire il divisato fine,
uomini polenti seppero reprimere le più
forti passioni, e furono veduti rivali e ne-
mici stringer la destra del patto contro i
■veneziani". Il nuovo doge, conoscendo il
bisogno della pace , si die premura di
concluderla col turco. Conseguenze del-
la riferita lega, oltre la conquista fatta nel
settembre t5o2 dell'isola di s. Maura, e
la salvezza di Cipro dovuti a' savi prov-
vedimenti di Nicolò Cappello, null'altro
fu fatto, anzi i turchi penetrati nell'Un-
gheria vi commisero le solite devastazio-
ni, finché furono respinti da Giovanni
Corvino. Le proposte di pace di Bajazet
11 trovarono buon'accoglienza tanto dal
ve d'Ungheria, quanto dalla repubblica,
che incaricò Andrea Gritti suo bailo a
Costantinopoli delle trattative, ove spedì
il segretario Zaccaria de Freschi perispia-
nare le gravi diflicoltà per le pretensioni
del sultano, volendo la restituzione di s.
Maura e solo pacificarsi colla repubbli-
ca, e in tal base a' 1 4 dicembre i5o2 giu-
rò r accordo , che mandò a Venezia dal
suo ambasciatore Ali bey. Altrettanto fe-
ce il doge a'4 maggio i 5o3, donando al-
l'invialo, oltre le solile vesti, 3oo zecchi-
ni, e si cercò destramente migliori con-
dizioni, che ottenne il Gritti. All'assunzio-
ne al dogado di Loredano, i francesi e gli
spagnuoli ancora si disputavano il regno
di Napoli, come dissi, a cagione de'confini,
conservando la repubblica perfetta neu-
tralità. Intanto Luigi XII si recò in Asti
sdegnato dell' accuse contro il duca Va-
lentino, ma tanto questi che il Papa, suo
padre, seppero far si bene in placarlo, che
invece di punirlo gli die 3oo lancie per
continuar le sue conquiste. Fatto per tal
modo più ardito, non lardò a impadro.
Dirsi di Sinigaglla, ove crudelmente fé
ce assassioare i capilaui ch'ei ausi neon
VEN 269
ciliali con lui, dopo la cos|lirazione del-
la Magione, discorsa ne'vol. Lll, p-ii^i
e LXXXVI, p. 3o9,e venne com in pos-
sesso di CUlà di Castello, di Perugia e
di altre cillà. I quali avvenimenti pose-
ro in apprensione i veneziani, onde ver-
so il fine di dicembrei5o2 fecero oppor-
tune provvisioni, anco perchè te cose de'
francesi nel regno di Napoli minacciava-
no rovina, venuti ad aperta guerra cogli
spagnuoli; i quali poi avendoli pienamen-
te sconfitti, conquistalo tulio il reame,
Gonsalvo fece il suo trionfile ingresso in
Napoli a' 14. maggio i5o3, riunendo la
raonarchia delledue tS'/c/7/V in Ferdinan-
do V suo signore. Nel precedente feb-
braio per la baldanza deTrancesi, aven-
do alcuno detto non istimare i soldati ita-
liani, a sostener i'onor nazionale seguì a'
I 3 la disfida di Bar letta [F.) trai 3 scel-
ti italiani de' Colonnesi, militanti cogli
spagnuoli, e allreltanli francesi eletti dal
duca di Nemours: fu convenuto che ogni
vinto pagasse i 00 ducali d'oro e perdes-
se armi e cavallo. Alla vista de'due eser-
citi ebbe luogo il fiero Duello a Trani,
fra Andria e Quarata o Corralo. Vinsero
gl'ilaliani.ed i giudici deputali ne riconob-
bero la vittoria, per cui riceverono il pre-
mio pattuito. E siccome tra'prodi italia-
ni vi fu Romanello da Forlì, nella Sto-
ria di questa del Bonoli sono riportali i
nomi de'i3 francesi, de'i3 italiani vin-
citori, degli 8 giudici e de'4 ostaggi. L'a-
"itarsi dell'armi straniere in Italia, i pro-
gressi del Valentino, le guerre del Papa
contro gli Orsini, le cose diToscana, Mas-
similiano l,che sempre bramoso di guer-
ie""iare il turco, lagnavasi di Venezia nel
fornirlo di denari; in generale un certo rai-
slei 0,1 he avvolgeva la politica della corte
imperiale, le conferenze di Trento cogli
ambasciatori dell'arciduca Filippo, in cui
si propose rivendicare a casa d'Austria
una gran parte de'possedimeuti venezia-
. ni di Terraferma, erano allretlaiiti lon-
tani preludii di quanto poi doveva nia-
Uui.rsi a Cambroy. Pel momenlo però
270 V E P( V E N
insorsero flifféreiize tra Massimiliano le presto la coscienza d'essere discesa a pò-
Luigi XII, intendendoquellodi dare l'in- tenza di secondo grado, e ogni cura voi-
vestitiua solo alla persona del re e non 9e non più a dominare ma a conserwar-
a'suoi successoli per non unire per Sem- si. Ciò attestano gli stessi suoi scrittori
pre Milano alla Francia, che d'allionde conteniporanei(I'riuli ne'Z?wrz7,febbi:aio
era stato assegnato in dote da Luigi XII i 5o2, e Sanudo) e ricordano con dolore
alla figlia Claudia, fidanzata a Carlo fi- come le galeie tornate nel febbraio i5o2
glio dell'arciduca Fdippo. Chiamato da dal viaggio di Baroli non portassero che
Massimiliano 1 l'oratore veneto France- 700 colli di specie, e tra questi soli 4 di
sro Cappello , gli manifestò che non vi pepe, lo che mostrava apertamente quale
sarebbe guerra col turco, le mire del re e quanto fosse il danno recato da' porto-
di Francia per levargli la sovranità d'[- ghesi a'vcneziani pel loro nuovo viaggio,
talia, cacciarne gli spaglinoli, disfarsi del e i mercatanti, che prima si provvedeva-
Papa, de' veneziani e ferraresi, e proda- no a Venezia, ora volgevansi a Lisbona
marsi imperatore. E siccome erogli sta- trovandovi maggior vantaggio. Ne veni-
to detto che avea guadagnato la repub- vano quindi colla total rovina di quel
blica , voler sapere se essa stasse con lui commercio, perdite immense a' partico-
e colla Spagna, coll'lnghilterra, il l'or- lari e allo stalo. Il IMonte era aggravato
togallo, ed il suo figlio l'arciduca Filip- d'un debito di betì due milioni 800,000
pò qual conte di Fiandra (e marito del- ducati, pe'quali ne paga va i5o, 000 di prò,
l'intiantad. Giovanna unica erede di Fer. che assorbì vano quasi tutte l'entrate del-
diiianilo Ve d'Isabella I suoi genitori, la città. Incaricalo il consiglio de' Dieci
per cui poi passò la vasta e formidabile di trovar modo a rialzar le cartelle dal
monarchia diSpagna nella casa d'Austria) riiscredito in che erano cadute, cominciò
educa di Borgogna; e se voleva dare il esso a comperare a prezzi più elevati pa-
passo alle sue genti in Italia per prender- gando in denaro contante, dal che venne
vi la corona , e difander le sue ragioni, che in breve più non si trovava chi voles-
dissimulando con Francia. La repubbli- se vendere, ed anzi molti brigavano per
ca cercò sottrarsi; e sollecitata egualmen- fare nuove investite; onde la Banca tor-
te da Luigi XII a nuova lega col Papa nò in grande reputazione in Venezia e
eil re d'Ungheria, rispose che poteva di- all'esterno, nel maggio i 5o3. Perincorag-
Tenir pericolosa, irritarebbegli altri prin- giare la navigazione si accordarono pre-
cipij ed i Itirchi si gioverebbero della di- mi e vantaggi a chi fìicesse costruire na-
scorde cristianità; del resto, quanto a co- vigli, e tutti que'mezzi che suggerir po-
sa farebbe se fossero venuti gl'imperiali leva la scienza economica di que' tempi
e gli spagnuoli per passare in Puglia, la furono messi in opera, ma la piaga era
repubblica rispose, non doversi dubitare ormai insanabile e a peggiorarla soprav-
di sua fede a Francia, ma non potergli vennero lunghe guerre, prima contro i
impedire il passo, essendo allora ancora turchi , poi contro quasi tulta 1' Europa
involta nella guerra col turco.'>Cosìscor- congiurata a' danni della repubblica a
giamo, scrive il eh. Romanin, fin d'ora Cambray". La repubblica non rispar-
iniziaisi quella politica incerta, di aspcl- miava intanto corea tenersi benevolo il
taliva, studiosa di tenersi in bilico, che fu Papa, rispetto al quale erano insorte al-
io progresso quasi sempre seguita da've- cune nubi, perchè il senato avea scritto
ueziani nelle complicazioni d'Europa. Ve- al suo oratore in Roma nel gennaio 1 5o3,
nezia, veduti pilli popoli mettere in ma- molto meravigliarsi e sentir indicibile
re grosso naviglio, fare lontani viaggi, adjnno, che fosse intenzione d' Alessan-
daie altra direzione al commercio, ebbe dro VI di mandare truppe all'espugna-
VF. X
rione di PI tijfli ano, sìgnonn del cnnte Ni-
cola Orsini governatore generale delle
truppe della repubblica e a questa rnc-
coraandato; non facendo com alcun con-
to del veneziano governo. Si lamentò col-
r oratore di Francia della mala disposi-
zione del Papa e del Valentino verso Ve-
nezia, mentre non volle entrare nella le-
ga fatta alla Magione, altrimenti non si
sa cosa sarebbe avvenuto. Essa non aver
avuta parte a' movimenti degli Orsini
nella guerra contro il l^apa e il Valenti-
no, nellassedio di Bracciano e nella di-
sfatta data dagli Orsini aSoriano; per cui
il re che proleggeva gli Orsini, avea fililo
intervenire i suoi ministri, i quali disgu-
statisi ripeterono il proverbio che corre-
va e riferito dal INIuralori. Che il Papa
non facci'a mai quello die dice^'aj e il
P'alenli/io non dice\.'a mai quello che
faceva. Le cose ogni dì più s'mtorbida-
vano. Il Valentino sempre sospettoso de'
veneziani che fossero d' ncconlo co' suoi
nemici, fece prender la donna del loro
generale Uarlolomeo d' Alviano e altre,
rifiutando restituirle ad onta degli ordini
del Papa; f iceva arrestare e saccheggiaie
i mercanti veneziani , diceva parole in-
giuriose controia repubblica a segno, che
lo stesso re di Francia l'avvisò a stare in
guardia e non fidarsene. Tuttavia non si
venne a rottura , il Papa e il figlio ad-
dolcirono con buone parole la signoria
nell'aprile, ed essa promise continuare
l'amicizia, se non provocala. Narra ilMu-
ralori,menlre Ales-fandro VI cercava gua-
dagnarsi i cardinali a consentire che si
desse al Valentino il titolo di re della
Romagna, Marca e Umbria, cai]t\e iinì-
lato e morì a' 1 8 agosto 1 5o3, non però di
veleno, come scrissero molli, ed anch'io,
perciò mi rettificai nel voi. LXXXVII,
p. 26:? e altrove. Col'po tremendo pel
Valentino onde chiamò a Piouia i suoi
soldati, e si strinse co' francesi ch'eran-
si accostati alla città, offrendosi mili-
tare con essi nel regno di JVapoli, e ri-
cevendo promessa di conservazioDC de'
VEN -y.-i
suoi slati. I veneziani già aveano manda-
li rinforzi a Ravenna, quindi scrissero al
rettore se si potessero avere alcune terre
di Piomngna occupate dal Valentino, sa-
rebbe bene, specialmente Faenza che ti-
rerebbe dietro a se la dedizione dell'altre,
assumendo la repubblica il carico di pa-
gare l'annuo censo ilovuto alla camera
apostolica; dover conferire col capo delle
fanterie Manfroni. pei' condurre a termi-
ne le pratiche con ogni celerilà e segre-
tezza, alzare l'insegne di s. Marco nelle
terre promettendo buon trattamento al
popolo. Il Bonoli nella Storia di Fortì^
dice che i veneziani con allearsi cogli spa-
gnuoli,eco'potenti baroni romani Colon-
na, Orsini, Savelli ed alili, diedero l'ul-
timo crollo al vacillante dominio del du-
ca Cesare Borgia. Intanto Guid'Ubaldo [
duca d' Urbino fece il contratto di con-
dotta al servigio della repubblica, ad es-
sa offrendo se stesso e il suo stalo; e co-
sì maneggiavasi a Faenza, a Cesena e al-
trove. A' 22 settembre cessò la sede va-
rante, colla elezione influenzala tlal Va-
lentino di Pio I[I(y.),'\\ quale istruito
delle mene de' veneziani, con breve del
t." ottobre fece loro molle lagnanze. Il
senato credendo il breve provocalo dal
Valentino, incaricò il suo oratore in Ro-
ma, di ricordare al Papa le benetnereu-
ze della repubblica, anche recenti [)cr la
libera elezione dalle pressioni del Valen-
tino, a ciò invitato dagli stessi cardinali
oppressi dalla turba d'armati che avea oc-
cupato il Valicano ; avendo perciò man-
date le sue genti in Romagna : ed ora per
le sue pontiliciedisjipprovazioiii, averi da-
to animo di entrare una truppa di facino-
rosi armata mano in Riniini a commetter-
vi orrori; pregarlo non fare novità pel be-
ne universale, econlinuare l'antica ami-
cizia della s. Sede col divotissimo popolo
veneziano. ì\Ia nel farsi queste pratiche
Pio III morì a'i8 oltolire, mentre i ve-
neziani continuando nella cominciata via,
attendevano rapidamente a indebolire il
Valentino, spogliandolo di mano in ma-
272 VEN
no tielle sue citlìi. Così ebbero Dertinoro
a'20 oHobre, Fano (fu tentata, mn ten-
ne per la Chiesa, e lo airermano Mura-
tori, Annali d'Italia^ all'anno i5o3, e
J'Amiani nelle Memoriti di Fano, il qua-
le dice soltanto avere ricorso alla prote-
zione veneziana, secondo £^li antichi trat-
tali, nelle minacce fatte dalle corti di Ur-
bino e di Pesaro) e IMontefìore a'^Q, n»a-
neggiandosi per avere Rirnini ed Imola.
Tanta era l'ambizione e cupidità d' ac-
crescere il dominio veneto, the il senato
accecato, anco in questa sede vacante a
danno della sovranità della santa Seile
erasi proposto di farsi signore di tutta
llumagna, senza considerare quello che
ne succederebbe; onile n' è giustamente
biasimato da'palrii storici. A fronte delle
pratiche del Valentino, a mezzo de'nu-
nierosi cardinali s[)agnuoli fatti dal pa-
dre, e diversi anchesuoi parenti, il i .°no-
\enibrei5o3 si pubblicò l'elezionediGm-
lio II {y.), e fu un fatale colpo pel Va-
lentino, per la viva nimicizia avuta tra
esso e suo padre , nel cardinalato e nel
pontificato, nel quale avea vissuto quasi
sempre nella corte di Carlo Vili e Lui-
gi XII, de'quali erasi guadagnato l'affet-
to. Egli era il cardinal Giuliano della Ro-
vere genovese, vescovo d'Ostia e Velletri,
nipote di Sisto IV, uomo di grande inge-
gno, d'indon^abile coraggio e di finissima
accortezza. Generale fu la sorpresa di sua
esaltazione, sia perchè anco in questo con-
clave restò delusa l'ambizione al triregno
del cardinal Giorgio d'Amboise seniore,
arcivescovo di Rouen, perciò detto di Roa-
no, i.° ministro di stato e intimo amico di
Luigi XII; sia per aver Alessandro VI
raccomandato a' cardinali di guartlarsi
Lenedall'esaltarlo,esiapegliÌQipedimen-
li frapposti dall'ancor potente Valentino.
Essendo questi stato assalito dagli Orsini
«Ila morte del padre, Pio 111 lo avea fatto
porre in Casu-l s. Angelo sotto cortese
guardia, ma coU'intendimenlo di non far-
lo uscire, se prima non restituiva i do-
niinii usurpati o donatigli dal padre. Altri
VEN
lo dissero irivece propenso al Valentino
per aver contribuito alla sua esaltazione
col conclavista Bonafede, poi celebre pre-
lato governatore di R.oma. Eguale scopo
ebbe Giulio II, come quello ch'era salito
al pontillcato coli' immutabile proponi-
mento di ricuperare ad ogni costo il tol-
to a'dominii della Chiesa romana; ma con
destra politica giudicò bene di fiir servi-
re il Valentino stesso a'suoi disegni e va-
lersene qual valido appoggio, e di non
procedere subito contro di lui. Lo fece u-
scire dal Castello, e con varie prou)esse
gli confermò i suoi titoli e onori. Anche
a' veneziani il Papa si mostrò in principio
assai benevolo, come lo era stalo semprcj
non ostante le gravi differenze passate
fra essi e lo zio Sisto IV; ed a segnoj
che veniva chiamato comunemente d i-e-
neziano, ed egli se ne compiaceva. ]Ma
non tardarono ad insorgere i primi dis-
sapori, per averlo cima a'suoi pensieri
la ricupera de'dominii sottratti alla s. Se-
de, secondo i doveri annessi al pontifica-
to (|uale sovrano amministratore e custo-
de di essi. Pertanto egli fece chiaramen-
te intendere, anche all'oratore di Venezia
Antonio Giustiniani, essere sua ferma in-
tenzione di riacquistare alla Chiesa tutte
le terre di Romagna, non volere afTutlo
the in esse né il Valentino né altri avesse
slato alcuno, ed in Faenza non voler il ba-
stardo Manfredi , protetto da' fiorentini
che l'ambivano. Ria più solleciti i vene-
ziani, ne ottennero la rocca a'5 novem-
bre e poi la città il 26. Acquistarono e-
gualmente Rimini per particolar conven-
zione a'iG dicembre con Pandolfo Mala-
lesta, che aveano ripristinato nella signo-
ria. In pari tempo i vene/.iani cercarono
di mostrare divozione a Giulio 11, prote-
stando che volevano tenere quelle terre,
già occupate dal Valentino, solo come vi-
cariato e col pagamento del solilo censo.
Ma già il Papa avea rinnovalo al loro o-
ratore, dopo la dedizione forzata di Faen-
za, con più vigore la dichiarazione di vo-
ler libere le terre della Chiesa, e che a-
V E N
venilo inteso Ic£;iaii(li provvisioni che fi-
ceva la lepubhlica, e della spedizione del
conle di Pitigliano verso Roningna, era-
no cntlivi priiicipii: non daiehhe neppur
un palmo di ferra al Valentino, allonta-
nerebbe 1 fiorentini, per gelosia de' quali
la repubblica diceva esser costretta ad as-
sicurarsi; ma essa ancora si astenesse, re-
stituisse le terre occupate, mandasse le
sue truppe agli alloggiamenti,ecome buo-
na figlia di s. Chiesa aiutasse piuttosto
questa a riacquistare quello ch'era di sua
giurisdizione. Ciò i! Papa espressamente
faceva dire alla repubblica dal suo ora-
tore,ed eziandio dal proprio nunzio a Ve-
nezia Angelo Leonini vescovo di Tivoli.
Rispose il senato, con rinnovar le prote-
ste d'ossequio e divozione alla s. Sede, non
senza ricordare quanto avesse favorito
1' esallazione del Papa, e relativamente
alle 3 cose che da Giulio li domandava-
si, cioè: 1." che si mettessero nelle mani
del l'apa i luoghi ora acquistali in Roma-
gna-,2."chese ne levassero le genti Venezia-
ne;3.°che fosse tialasciata ogni pratica pei*
avere altri luoghi, ed anzi volessero i ve-
neziani aiutare il Papa a sottomettere i
renitenti e quelli che il Valentino ancor
possedeva; fece dapprima osservare.Quel-
l'acquisto non esser d'offesa neppur mi-
nima né della Chiesa né del Papa, non
essendo mai slato tale, né mai aver ad
essere il costume dello stato veneziano;
essersi mossa la repubblica solo spinta da
inelullal)ile necessità e dignitosamente e
con riserva biella superiorità della s. Se-
de, per abbattere un nemico della quie-
te d'Italia, e crudelissimo tiranno; su quo'
luoghi aver sempre avuta la s. Sede so-
lo una giuiisdizione mediata, come pos-
seduti prima del Valentino da parecchi
signori feudatari che molte volte non pa-
gavano nemmeno i debiti censi e turba-
vano la tranquillità ecclesiastica, mentre
invece i veneziani e questa ris[)elterebbe'
ro ed i censi puntualmente pagherebbe-
ro, e le sarebbero sempre d'aiuto e d'ap-
poggio, onde dovevano averne lode e non
VCL. xcii.
YEN 273
biasimo ! Non badasse il Papa alle calun-
nie de'malevoli della repubblica, rappre-
sentandola cupida d'aggrandire lo sialo,
la Dio mercè ben assai ampio, e le brighe
defiorentini per Faenza a veano indotto la
repubblica per interesse dello stato a con-
troperare. Questi ed altri meschini e in-
sultanti pretesti, per velare l'usate prepo-
tenze, che ciascun vede, come con tutta
flicililà potrebbousi ciascuno trionfalmen-
te confutare, derivavano dall'illusione del
saggio governo per ismania d'ingrandi-
mento, anche a pregiudizio della s. Se-
de; la quale indiscreta e ingiusta brama
lo rese ostinato e provocò la sua rovina.
Eguali spiegazioni e pretese si mandaro-
no all'ambasciatore in Francia, avvisan-
dolo aver detto il cardinal d' Amboise,
nel suo ritorno da Roma, di voler accor-
dare il suo re con quello di Spagna e
l'imperatore a'danni della repubblica,on-
de procurasse di smentire al re le male
informazioni e di abbuonire il cardinale.
Volle pure giustificarsi coli' imperatore
sull'occupazione diFaenza e R.iminì, quali
antichi vicariati feudali, di cui avrebbe
pagato il censo.La repubblica cominciava
a tenersi inquieta, altresì pei' maneggiar-
si dall'arciduca Fdippo a danno d'Italia,
e specialmente suo, l'alleanza fra suo pa-
dre e Luigi XII, Il Papa però continuava
giustamente a mostrarsi malsoddisfatto,
e non volendo che le genti veneziane pas-
sassero l'inverno in Romagna, disse a' ig
dicembre i5o3 all' oratore Giustiniani,
che non vorrebbe esser Papa piuttosto
che sostenere simil cosa; e rispondendo
l'oratore che la signoria avea dato ordine
che si astenessero da qualunque ostilità
e avrebbele richiamate, e che solo per ri-
guardo di Sua Santità rinunziava ad ogni
pratica o movimento circa Imola e Forlì,
le quali avrebbe potuto facilmente otte-
nere! IlPapa naturalmente lungi daUjuie-
tarsi, soggiimse a'23 dicembre. » Sigooi'
Oratore I Vi parleremo ingenuamente.
Voi ci date buone parole e la signoria fa
cattivi fatti, mentre abbiamo al coulra-
18
274 V li N
rio dal vescovo di Tivoli che In genie non
s'è levala di Romagna, e sappiamo che la
signoria liene pratiche in Cesena, ed ha
già avulo il luogo di s. Arcangelo eh' è
della Chiesa insieme con Montefiore e il
porto Cesenatico. Non abbiamo gente né
denaro da farvi guerra, ma ci dorreuìoa'
prìncipi cristiani, ed invocheremo l'ausi-
lio divino, chequello ne aiuti essendo co-
se sue". Poi a' 10 gennaio i 5o4 mandò
al doge Loredano una bolla esortatoria,
il tuono della quale eia ancora abbastan-
za benevolo, ed eccitando i veneziani al-
la pronta restituzione de'lnoghi occupati,
sosteneva essere suo dovere di ricupera-
re le terre della Chiesa e volerlo adem-
pire. Ma la re{)ubblica dal canto suo non
si lasciava smuoverejSempre erroneamen-
te sostenendo non aver toccato alle terre
d'immediata giurisdizione del Papa. Ma
tanto queste che l'altre, erano e sono so-
vranità e principato temporale della s. Se-
de. Se questa con investiture l'avea date
iu vicariato concensoegiuramentodi fe-
deltà; se questo censo l'offriva pure Ve-
nezia, ciò prova chericojiosceva la supre-
ma sovranità della romana Chiesa, la qua-
le poi come signora poteva o riprender-
le, o darle in investitura liberamente a
chi più le piaceva. Né la repubblica, né
qualunque altra potenza poteva esigerle,
se non colla [)repoteiiza dell'armi e collo
spoglio. Eppure, pare impossibile, il do-
ge avea già risposto alteramente al nun-
zio apostolico, però come esprimendo il
suo pensiero particolare: Che mai sì ren-
derla dette terre se dovessimo spende-
re fino le fondamenta delle nostre ca-
se! ! Così le due parli ogni dì più inacer-
bivausi, Venezia con sostenere ingiuste
pi^etensioni , il Papa col doverosamente
difendere i diritti di s. Chiesa, ed erano
d'attendersene, per colpa della prima, de-
plorabilissimi efTetti. Il Valentino fu spo-
gliato dell'usurpate lene e delle ricevute
dal padre suo, fu messo nella torre Bor-
gia del Palazzo apostolico Faticano, g\ìì
ricellacolo di lauti miseri caduti in ma-
VEN
no delle sue barbarie. Ma ricusandosi i
suoi castellani di consegnare le fortezze,
si trovò il ripiego di consegnarlo in ma-
no del cardinal Bernardino CarvajaI, ed
inviarlo nella rocca d'Ostia per poi rila-
sciarlo e condurlo in Francia. Appena il
cardinale seppe date le fortezze a' mini-
stri pontifìcii, nell'aprile i 5o4 lo lasciò
fuggire a Napoli, donde a'2 7 maggio ven-
ne a istanza di Giulio II mandato pri-
gione nella Spagna, ed evaso dalla rocca
di Medina andò a morire in Navarra in
un combattimento di suo cognato, la-
sciando esecrato il suo nome. Dice il Mu-
ratori, e Nicolò Macchiavello, che prese
a lodare, non che a difendere un tiranno
sì delestabile,di troppoanch'egli oscurò la
sua riputazione,ed aggiunse questo a tanti
altri reati della sua penna. Ne'tanti luo-
ghi ove parlai di Cesare Borgia,in parte ri-
cordati, dissi del mollo da lui posto nelle
sue insegne, che diceva: O Cesare o Nien-
te. Ma il forlivese Andrelini fece un distico
in cui disse essersi il mollo verificalo ia
ambe le parti, poiché il duca Valentino
fu Cesare e Niente. A perpetua infamia
del Valentino, restano intanto i notissimi
epigrammi del Sannazaro, In questo tem-
po, i re di Francia e Spagna stanchi di
guerra fecero tregua a' 1 3 marzo i 5o4;
però ben prevede vasi che non sarebbe
a derivarne la quiete d'Italia, nella qua-
le i detti due »e e l' imperatore minac-
ciavano ad ogni istante di scontrarsi; e
l'indole bellicosa di Giulio li, e l'ambi-
zione veneziana preparavano nuove e
grandi sciagure, accelerando Venezia col-
la sua ostinazione la progressiva sua de-
cadenza. Infatti appena conclusa la tre-
gua fra la Spagna e la Francia, il re di
questa Luigi Xll rannodò nuove prati-
che con Massimiliano I pel maritaggio di
sua figlia Claudia con Carlo nipote del-
l' imperatore, per ridurlo al termine del
trattato rimasto sospeso dall'insorte dif-
ferenze, ed il Papa vi prese parte. Subi-
to la repubblica n'ebbe avviso da'suoi o-
lalorij e che Giulio 11 fortemente lagna-
VEN
rasi che le terre già del Valentino non vo-
leva restituire la repubblica, paganilo e-
gli le spese sosleiiule e impegnamlosi ili
ritenerle per sempre nell'ini mediata si-
gnoria della s. Sede , e non investirne
giammai alcuno; e che quando la repub-
blica non acconsentisse, parlavasi di ri-
dar vela collearmijComedi ragione. Que-
ste rimostranze fece il Papa co' re d'Un-
gheria, Francia e Spagna, colla Germa-
nia e coll'arciduca Filippo due;» dell'alta
Borgogna e sovrano de'l'apsi Bassi, come
conte di Fiandra; onde tali corti fecero
grandi pratiche fra loro, perchè la s. Se-
de venisse reintegrata de* suoi domini!.
Massimiliano! dissimulava, facendo mo-
stra di continuare le sue amichevoli re-
lazioni co'veneziani. e nel luglio s' inter-
pose per una conciliazione col Papa. Al-
le ragioni che volevano sostenere i vene-
ziani a' suoi inviati, fpiesti risposero. Di-
chiarare il Papa: non potere Alessandro
VI (le jurc concedere i beni della Chie-
sa al suo figlio; che il Valentino non avea
fatta alcuna ingiuria a'veneziarii perchè
questi avessero con ragione tolte l'armi
contro di lui ; che quando la signoria si
mise in possesso di Faenza e Riaiini, il
Papa poteva far conto d'averle già in ma-
no, poiché teneva il Valentino prigionie-
ro nella rocca d'Ostia, il quale avea pro-
messo di fargli restituire tutte le sue ter-
re; che Pandolfo Malntesta di Rimini co-
me semplice feudatario non avea facoltà
di cedere ad altri quello stato. Perciò gli
oratori imperiali volevano persuadere la
repubblica a farne la restituzione, in gra-
ti flcazione al nrieno dell 'imperatore; che di
ciò verrebbe essa sollecitrita aitclieda al-
tri principi ciislianijcui il Papa avea fat-
to ricorso, dopo avere a ciò inutilmente
e rcpiicalamente ammonito direttamen-
te i veneziani; sarebbe qtiindi bene ri-
muovere tale fomento di guerre, e con
piccolo sagrifìzio evitare mali maggiori.
Rispose il senato, 1' alienazione al Va-
lentino non essere stata falla soltanto dal
Papa Alessandro VI, ma dalla santa Se-
VEN in%
de e da tutto il sagro collegio de* car-
dinali colle debite solennità (sotto l' im-
pressione però del terrore clie ispirava
il Valentino); constare che il Valentino
avea palesemente provocato la repubbli-
ca attentando alle terre sue di Romagna,
uè risparmiato ingiurie e affronti col rat-
to della moglie del suo capitano Carac-
ciolo, arrestato e spogliato mercanti ve-
neti, oltre altre iniquità; che il Valenti-
no sebber» prigioniero, quando si persua-
se restituir le fortezze, i castellani ridu-
tarono ubbidire; che il ÌNlalalesta iiifine
avesse piena facoltà ili permutare il suo
stato, per altri casi consimili. Forti dun-
que del loro diritto i veneziani, non a-
vrebbero a questo rinunziato, dolenti di
non poter in ciò compiacere l'imperato-
re. Il Papa sempre più irritalo di tanta
'ostinazione ne' veneziani, non cessando di
volgersi a tutti i principi cristiani, spe-
cialmente a Francia e all'imperatore, 3
trattati alfine si segnarono a Bloisa'aa
settembrei5o4- Pel i." de'quali Massi-
miliano I concesse l'investitura del du-
cato di Milano a Luigi XII e suoi di-
scendenti maschi, succedendo iu mancan-
za di questi madama Claudia di lui fi-
glia; in ricambio di che il re s'impegnò
pagargli 120,000 fiorini d'oro, e pel Na-
tale d'ogni anno un paio di speroni d'o-
ro in omaggio. Col 2.° Claudia di Fran-
cia venne promessa sposa a Carlo d'Au-
stria, o al fratello Ferdinando, se Carlo
premorisse, assegnandole in dote il du-
cato di Milano, e cedendole inoltre la
Borgogna francese, la Bretagna frauce-
se, Genova, Asti, la contea di Blois, il
che era uno smembrare i duminii di
Francia, e un rendere più colossale la po-
tenza di casa d'Austria, per cui, quando
si seppe in quel regno, generale fu l'indi-
gnazione. Col 3.° infine, la Francia e Mas-
similiano I si collegavauo contro i vene-
ziani, con obbligo d'assalire di conserva
([uella repubblica e dividere i suoi stati
di Terraferma, in onta che fino allora er;i
antica alleata di Luigi XII; trallato poi
276 V E N
confermalo a'4 aprile i5o5 e pel quale
IVIassimiliano 1 pioniise non attentar nul-
la contro il ducato di Milano, e Luigi
XII di non ininiisrliiarsi nelle cose del-
l'impero. Tra gli aderenti, nominati da
ciascur>a delle paili,Luigi Xll vi fece inse-
rire Giulio 1 1, il quale nel piecedente ot-
tobre avea ricevuto 8 ambasciatori d'ub-
bidienza della repubblica, e lo notai nel
■voi. XV, p. 196. Non lardarono i venezia-
ni ad avere qualche seniore del maneg-
gio, mentre Spagna e Francia continua-
vano a dissimulare , e quest' ultima nel
partecipar loro la pace fatta cot) Massinìi-
lianol, li consigliò d'accomodarsi col Pa-
pa, onde il senato mostrò la sua soi pre-
sa all' ambasciatore in lacere l'adesione
di Giulio li al trattato di Blois, deside-
rando sapere se \'i fosse siala inclusa la
repubblica , come voleva l'alleanza suef
col re. Non cessò quindi il senato di spie-
gare la sua operosità diplomatica con
Francia, Massimiliano I e Spagna; e per
agevolar le piaticbe, a'i o febbraioiSoS
si rivolsea Giulio II, {)lacandolo colla ces-
sione delle terre di Uomagiia già lolle al
Yabnlino, ritenendo soltanto Piimini e
Faenza, co' medesimi palli co' quali già
aveanli posseduti i Malatesla e i Manfre-
di. Vennero cjuindi dati a' provveditori
gli ordini opportuni della consegna, da
eseguirsi quali ossequenlissimi figli del
Sommo Pontefice, a Giovanni Puifiocom-
missario pontificio. Mediatore di (piesla
riconciliazione fu il duca d'Urbino Gui-
d'Ubaldo I Fellre, che avea adottalo per
figlio e successore Francesco M .'' della Ilo-
vere figlio di sua sorella e nipote di Giu-
lio II. L'indicalo articolo se in quest' e-
poca, anzi prima, si rannoda al presente,
in seguilo ancor di più, per le relazioni
avuteda'Feltreschi ePiOvereschi colla re-
pubblica, per essere a'suoi stipendi, per
cui va tenuto presente. Ciò avvenne a'G
marzo i5o5, ed il Papa benedetti i ve-
nezianijtornò achiaraarli suoi buoni e ca-
rissimi figli e della Sede apostolica. Indi il
seualo mandò ambascialori in Roma Do-
VEN
menico Pisani, che nel seguente anno
1 5oG fu successo da Giovanni Dadoer. Pa-
revano dunque accomodate lecosecolPa-
pa, ma altrimenti dovevano essere le sur-
li della misera Italia. I fiorentini conti-
nuavano la guerra con Pisa; Alfonso I du-
ca di Ferrara, successo al padre Ercole I,
ebbe tramala la vita da'fiatelli; Genova
agitata dalle fazioni, si vide nuovamente
quasi doniinata da Francia; e finaltnen-
le Giulio II, sempre piti deciso d'abbat-
tere i lirannelti e i signorotti, usuipato-
ri de'dominii della s. Sede, nel i5o6 po-
stosi alla lesta della lìJili'zia ponti fida
( f-), tolse a'Baglioni Pcruy,in, ed a'Ben-
li voglio i>o/oj^/u/. Ferdinando V monar-
ca di Spagna, qua! re delle due Sicilie,
recatosi a Napoli, divenuto geloso del be-
nemerito Gonsalvolo licondusseseco. Né
Massimiliano I lenevasi quieto, che rac-
colta una dieta a Costanza, domandò al-
l'impero denaro e truppe per scendere in
Italia a far valerci suoi diritti contro Lui-
gi Xll che mancava a'patti, e ricupera-
re il ducalo di ÌNIilano all'impero, per a-
vere il re fidanzato al duca d'AngouIcme
la figlia Claudia promessa a suo nipote
Carlo. Tutti questi movinìeuti erano se-
guiti con occhio vigile dal senato veneto,
conservandosi l'amicizia diFrancia, e rac-
comandando al Papa di non chiamarear-
mi straniere in Italia, nel terminar di lu-
glio. jMa era impossibile impedire che tan-
to inviluppamento d'interessi, tante vee-
menti ambizioni non prorompessero pre-
sto o lardi in qualche violento scoppio.
Massimiliano 1 specialmente sempre piti
geloso del [)otere de'francesi in Italia, de-
sideroso di cacciarli dal ducato di Mila-
no, annunziò la sua prossima venuta a'
veneziani, i quali invitati da Luigi XII a
collegarsi rispondevano essere sempre in
lega, procurando tenere a bada le parli
onde evitarne le conseguenze. Falahnen-
le le cose s'intorbidarono di nuovo con
Giulio II, per le' nomine a' vescovati di
Cremona e Padova, circa a' quali voleva
derogare all'antica cousueludiue che il
VEN YEN 277
seiKilo presentava i caiiùidati al Papa per nezia, e si rispose dovesse aneli' egli adu-
la ooiifciina; per 1' accuse che dava alla peiar.si a persuaderlo a venire pacifica-
repubblica di lega con Francia. colla (pia- mente; laonde gli mandò il cardinal Ber-
le egli allora viveva in non poca fred- uardinu CarvajaI, e ottenne la promessa
dezza e quasi ni«ni;:izia, d'aver ospitato della restituzione di liimini e Faenza, e
un Lenti voglio, e d'aver favorito nella re- pare cUe s'intavolasse lega con Francia e
sistenza Giovanni Sforza feudatario di Spagna. Intanto la repubblica tmmi il
Pesaro e marito d'una Tiepolo. Invano Friuli, e ringraziò l'imperatore dell' ia-
cercò la repubblica di giustificarsi e pia- vito da lui fatto al doge Loredano di re-
carlo nel gennaio i5o7 , e ricordandogli carsi a Trento, scusandolo se la grave età
coR)e aveale protnesso di non oirender- e la stagione gl'impediva il viaggio. Ih."
ne gli stali. Crebbe quindi ognor più l'o- marzo i5o8 il doge ebbe un coUoquiocol-
perosilù diplomatica, ma già ogni sforzo l'ambasciatore cesareo, in cui dignitosa -
per tener lontane l'armi straniere e ini- mente replicò quanto eragli stato detto,
[)edire un conflitto ormai vedevasi tor- sperare nella protezione divina e di non
nar vano, e solo restava a sapersi se Ve- mancare agli esempi dati dagli antenati,
nezia avesse potuto mantenere la sua consigliare di recarsi a prender la coro-
neutralità. La repubblica vieppiù era sol- uà senzaslrepito d'armi. Da Francia ven-
lecitata da Massimiliano I ad unirsi con nero buone speranze, di difesa contro le
lui, altrimenti sarebbe stata vittima di mirediìNIassimiliano I,ebaoueparole die
Francia, méntre il suo stato, fior d' Ila- il re di Spagna. IMa le truppe adunate
lia, apparteneva all'impero, e confinava sul confine del Friuli e del Trentino, co-
co' suoi slati da Bergamo lino in Istria, minciarouo le correrie nel territorio ve-
A'22 giugno l'imperatore di nuovo au- ueziano, e la repubblica nominò gover-
nuuziò a Venezia la sua definitiva pros- natore generale di sue genti Bartolomeo
sima venuta, con potente esercito, per d'Alviano, destinandolo alla custodia del
coronarsi a Roma (egli benché soltanto Friuli, chiamando da Brescia il conte di
le de'iomaiiie iuìperalore eletto, era sta- Pitigliano capitano generale, alla difes<i
to il i." a intitolarsi I/nperalore , men- del Veronese. L'arnù d'Alviano prospe-
tre i predecessori non assutnevauo tale ti- rarouo con belle vittorie e acquisto di ca-
tolo se non dopo ricevuta la corona dal stelli, e poi anche Gorizia e Trieste, tut-
Papa), desiderare il passo, buon tratta- to nel marzo, con piacere di Sj)agna e
mento e conoscerne l'intenzioni. Siccome Francia, se pure non fu dissimulazione,
il vero scopo era di muovere contro i II vescovo di Trento si fece mediatore
francesi e cacciarli di Milano, rispose il d'una tregua di 3 anni,, con poca appa-
senato non potere pe' trattati con Fran- renza di durata, compreiulemlovisi e-
eia esserle contro , però non l'aiulereb- spressamente il Papa, i re il' Ungheria,
be, ma si terrebbe neutrale, e perciò non d'Aragona, d'Inghilterra, di Francia e
potere consentire il passo e viveri, se ve- loro aderenti, ritenendo ciascuna parte le
iiisse coir armi. Massimiliano ! r.e restò terre che possedeva, e restandone dolen-
di'piacentissiiuo, e piìi se ne mostrarono le Massimiliano I specialmente per la per-
irritati i principi dell'impero, i quali ai:- dita di Trieste e di Gorizia. Giulio II sein-
da vano dicendo esser d'uopo fiaccar l'or- pre bramoso di riacquistare Faenza e Ili-
goglio veneziano, e si accoidarono d'ac- mini, altacc^iva nuove brighe colla re-
compagnar 1' imperatore alla corouazio- pubblica, a'3o luglio i 5o8 accusandola
ne e ricupera degli slati imperiali in ita- di ricoverare i suoi ribelli e di voler
lui. Il Papa spaventato della venuta di mandare nuove truppe itsilomagna; tnos-
. Massimiliano I, domandò consiglio a Ve- se nuovi litigi alle nomine de' vescovati;
278 VEN
infine propose a Luigi XII una lega ge-
nerale senza ftr menzione de' veneziani.
Frallanlo scilo pretesto di trattar la pa-
ce col duca di Glieldria proietto da Fran-
cia e in guerra cull'imperatore, die non
età stalo compreso nella tregua, alla fine
dell'anno convennero a Canibroy (/'.) il
cardinal d'Amboise ministro e confiden-
te di Luigi XII, e J\LTrgherita d'Austria
figlia dell'imperatore e «edova di Savoia,
con pieni poteri de'ioro commilleoti, a-
stenendosi per maggior segietezza d'am-
mettere alle loro conferenze 1' ambascia-
lore di Spagna e il nunzio pontificio. Se-
condo il Muratori, intervenne al congres-
so con prelesto d'infervorare alla pace
l'andjascialore di Feidinando V, princi-
pe che forse fu il i.° a promuovere que-
sta alleanza. Nola inoltre, che il cardina-
le era pure legato' pontificio, ma non a-
veva mandato valevole a tale atto. Fu
insieme lascialo luogo ad entrarvi a Car-
lo IH duca di Savoia, Alfonso I duca di
Ferrara, e Francesco il marchese di Man-
tova, i quali a suo tempo vi si aggiunse-
ro anch'essi, oltre alili principi minori
d'ilalia. Dopo molte dinicoltà e alterchi,
due trattali furono soltoscritli a' io di-
cembre i5o8. Col 1° si conciliarono le
differenze del duca di Glieldria coll'ar-
ciduca Carlo nipote di Massimiliano I e
successore del defunto suo padre arcidu-
caFilippoj e si stabilirono le relazioni de'
feudi de'Paesi Bassi colla corona di Spa-
gna, di cui era presunto erede l'arciduca,
poi celebre imperatore Carlo V, obbli-
gandosi altresì il dello suo avo d'accor-
dare a Luigi XII nuova investitura del
ducato di Milano. Col 2." trattato fu sti-
pulata la lega di buona parte d'Europa
contro Venezia » per far cessare le perdi-
te, l'ingiurie, le rapine, i danni che i ve-
neziani hanno recalo non solo alla s. Se-
de apostolica, ma al s. llomano Impero,
alla casa d'Austria, a'duchi di Milano, a*
re di Napoli ed a molti altri principi, oc-
cupando e tirannicamente usurpando i
lo^ro beni, possedimenti, città e castella,
VEN
come se cospiralo avessero pel male di
lutti". Laonde, così concludeva il pream-
bolo del trattalo di Cambray:» Abbiamo
trovato non solo utile e onorevole, ma
ancora necessario, di chiamar tutti ad una
giusta vendetta per ispegneie, come un
incendio comune, l'insaziabile cupidigia
de veneziani e la loro sete di dominio".
Veniva poi lo sparliraento che volevasi
fare dello slato veneziano. Rilornereb-
bei o alla s. Sede, Ravenna, Cervia, Faen-
za, R.nnini, i castelli e quanto rimaneva
ancora a'veneziani ne'terrilorii d' Imola
e Cesena. L'autore della Storia della le-
ga diCatnbray^c\\ef\\ct%\\\ cardinal Po-
lignac, fu indotto in errore d'aggiunger-
vi Imola e Cesena, che non erano pili in
mano de' veneziani. E il Du Moni nel suo
Coipo Diploinalico, ripetè l'errore, de-
rivalo dalla negligenza del cardinal d'Am-
boise. A me pare, che si confuse la par-
te col lutto, si disse il nome delle città,
mentre dovea dirsi parte de'ioro lerri-
torii, anzi a questi va aggiunto alcun luo-
go di quello di Forlì, come rilevo dagli
atti di Giulio II, in cui è pure falla la do-
manda di restituzione di Sarsina:\uÌAÌ-
li in quell'articolo potei dire colla sua
storia, ch'era pervenuta a'veneziani per
cessione di Fandolfo Malalesla. Quanto
alla città di Forlì , dice il Donoh nella
Slor/'a di ForFi, divenuto per un mo-
mento dominante di essa il bastardo Lo-
dovico Ordelalfi, al servigio de' Venezia*
ni, il quale non polendo sostenersi con-
tro il duca d'Urbino coiiiandaute le mi-
lizie papali, soltanto cogli Orsi propose
accostarsi a'veueziaui, allora polenti in
Romagna, per avvicinarsi l'arcivescovo
di Ragusi legato del Papa, i veneziani ri-
cusarono l'otferta città. Riacquisterebbe
l'impero Padova, Vicenza e Verona, Ro-
veredo, il Trevigiano, il Friuli, l'Istria.
Darebbesia! redi Francia Brescia, Ber-
gamo, Crema, Cremona, la Ghiaradad-
da, e tutte le dipendenze del ducato di
Milano. 11 re di Spagna e di Napoli ria-
vrebbe i porli e città di Trani, Biiodisi,
VEN
Otranto, (Gallipoli, Monopoli e l'altre ter-
re che i veneziani aveaiio avuto in pegno
(la Ferdinando II. Il re d' Ungheria, se
fosse entralo nell'alleanza, avrebbe ricu-
perato la Ualinnzia; il duca di Savoia il
regno di Cipro, ec. A conseguile piena-
mente lo scopo, e per isciogliere Massi-
miliano [ dal recente giuratnento della
tregua, fu creduto sufliciente, che il Pa-
pa fulminasse a suo tempo un interdet-
to ed altre censure orribili contro i ve-
neziani, se in termine di ^o giorni non
restituivano tutte le terre della Chiesa;
dopo il qual tempo richiedesse l'assisten-
za dell' imperatore, come avvocato e di-
fensore della Chiesa Romana. In tal mo-
do si univano l'armi spirituali alle tem-
porali de'principi confederati, i quali pe-
rò doveauo adoperarsi ciascuno per se ad
acquistare le terre assegnategli, comin-
ciando la Francia le sue ostilità col i."*
d'aprile i5og. Per allora nun si pubbli-
cò che il 1° trattato della concordia col
duca di Gheldria; il 2.° tenuto segreto fu
ratificalo da' principali contraenti e dal
Papa nel successivo marzo. Opportufia-
mente osserva il prof. Ilomanin, col qua-
le in gran parte ho proceduto, che da lut-
to il sin qui brevemente narralo, risulta
che la lega di Cambray non fu 1' opera
del momento, naa erasi preparata nel prin-
cipio del secolo, e che il governo vene-
ziano n'era stato istruito da'suoi amba*
sciatori , e dovea attemlersela di giorno
in giorno, e nel mese che fu stipulala il
seppe da più parti. Alle (juali notizie il
senato scrisse tosto a' suoi ambasciatori
in Francia e Spagna a domandare a* re
schiarimenti, ma con profondi dissimu-
lazione essi si studiarono di coprire i loro
pravi disegni, con procrastinare e con pre-
testi. Fu a Vagliadolid che a' 17 febbraio
i5o9 svelò quasi tutto all'ambasciatore
Francesco Corner, il gran capitano Goii-
salvo deCord jva, che inalcontentodel co-
m'era stato trattato, olFriva il suo braccio
e valore alla serenissima repubblica. La
coaiiuedia spagouola volgeva al fiae, eoa
VEN 279
bandirsi per Vagliadolid l'8 marzo, chi
volesse portar denari per la guerra con-
tro i veneziani, e con licenziarsi a'ao l'o-
ratore Francesco Corner. Alcuni attri-
buirono tutto il macchinamento all'am-
bizioso cardinal d'Araboise per ottenere
per se il papato e al re di Francia l' im-
pero. Da per tutto si armava e si faceva-
no fortificazioni. All'ansietà in che erano
i veneziani d'una guerra tremenda, s'ag-
giunsero spaventevoli avvenimenti ad at-
terrire gli animi, come il disastroso in-
cendio dell'Arsenale a'i4 marzo, di cui
feci parola nel § XIV, n. 4, e fu ventura
che 4ooo barili di polvere nel dì innan-
zi eransi imbarcati per Cremona, altri-
menti tutta la città avrebbe potuto cor-
rer pericolo d'esser dall'infernale esplo-
sione sovvertita. Giungendo daPioma dal-
l'oratore Giorgio Pisani e da varie parti
altre notizie della giurata lega otfensiva,
tuttavia la repubblica poneva in ope-
ra ogni mi;zzo per dissipare o almeno al-
lontanare il sovrastante pericolo, e gradi
l'olferte di mediazione del re d' Intjhil-
terra. Si rivolse anche al Papa, che pur
mostrava quasi un pentimento de' vin-
coli da lui incontrati co'principi della le-
ga e un desiderio di stornare dall' Italia
i pericoli otid'era minacciata, offrendogli
la restituzione di Faenza e Riminì^ e di
venire a componimento sopra ogni altra
dilferenza, ma invano. Né si lasciò di far
tentativi coli' imperatore, scuoprendogli
le mire del cardinal d' Amboise per oc-
cupare il 1.° grado spirituale, e quelle di
Luigi XII pel temporale in pregiudizio
suo e di Germania (è curioso il ricorda-
re, quanto narrai nel voi. XV, p. 285,
che alla morte di Giulio II l'imperatore
brigò di cambiare il manto imperiale pel
triregno; così egli aspirava a un tempo al-
la dignità che asea, ed a quella che va-
gheggiava), ma non trovarono ascolto.
Il moiaento era supremo, e il doge Lo-
redano fino da* 27 gennaio raccolto il
gran consiglio, smunto e addolorato dis-
se: Esser questa terra fondata da'proge
38o V E N
iiìlurijtla umili cuse e infiali abituri, per-
veuula col divino aiuto a lauta altezza,
tlie mosse l'odio de'principi , iugiali a'
suoi Jjeueficiij uiassime il re di l'iancia,
per maiciare alla testa de'suoi uemici, e
riciiiamato l'ambascialoie, per Ione lo
slato. Esortò pregare Dio, emendare i
corrotti costumi, fare giustizia, procede-
re nell'elezioni senza broglio , e di con-
correre tutti colle sostanze e la vita a
couj«ervare un bello stalo e la bberlà. A.
darne peli." l'esempio, dopo il banchet-
to del giorno di s. Marco, metterebbe i
suoi argenti alla zecca, facessero gli al-
tri lo stesso. Quindi tutto fu movimen-
to di guerra. Già erano penetrate le gen-
ti francesi sul territui io veneziano, le pon-
tificie sulle terre di Raveiiua e Cervia,
avendo il Papa dichiarato capitano ge-
nerale di s. Chiesa il prode nipote Fran-
cesco M.* I duca d'Urbino. Alloia la re-
pubblica s' appigliò ad ogni tnezzo che
le suggeriva la propria difesa, a'24 api'i-
le eccitò il Dentivoglio al riacquisto di
Ijologna, ed a'5 maggio ordinò ad An-
gelo Tievisan capitano generale di dan-
neggiare quanto più potesse le coste di
lloniagna. Già il Papa in conformità a
quanto erasi impegnato co'suoi collegali,
aveaeraanatoa'27 aprilei 5of) la sua bal-
la di scomunica conti o la repubblica, cui
tacciando d'ingratitudine siccome quel-
la che cresciuta e fatta potente pe' favo-
ri, pe'privilegi e perfino pe'denari della
s. Sede, era divenuta sì orgogliosa da re-
car molestia a'vicini e invaderne le ter-
re, com'era avvenuto speciahnente non'
ha molt'anuidi quelle del duca di Fer-
rara feudatario della s. Sede, e di mol-
te perfino alla medesima pontificai Sede
immediatamente appartenenti; né aver
\also a ottenerne la piena restituzione,
uè l'ammonizioni papali, né gli ulìizi di
Cesare; oltre a ciò aver essa repubblica
licetlato i ribelli Bentiv(jgli di Bologna,
uver posto impedimenti alle nomine pan-
lificie a' vari vescovati e benefizi ecclesia-
?flici; voler essa render giustizia a modo
V EN
suo agli ecclesiastici, non dar corso a're*
scrini apostolici, non tollerar legge né co-
mando. E mentre egli, il i^apa, sforzava-
si a ridurre a pace tutti i principi cristia-
ni e unirli in una lega generale contro
gl'infedeli, essere a ciò ostacolo i vene-
ziani , opponendo i principi non potersi
indurre a combatter gl'infedeli, perchè
mentre le loro cure fossero altrove ri-
volte, avrebbero potuto i veneziani prò-
filtarne per molestare i loro sudditi e in-
vaderne gli stati. Laonde da tanto mo-
tivo eccitato, egli dava di piglio all'armi
temporali e spirituali e pronunziava so-
lenne Scomunica e Inlcrdctlo (^.) coa-
trolutto lost.ito veneziaiiOjSe, fra 24 gior-
ni, di tutto non fjcessero emenda, per-
mettendo a chiuiujue di muovere couiro
di loro e di spogliai 11, e impedire il loro
tra dico e fir loro insomma tutto il male
possibile, rinnovando, le scomuniche già
contro i medesimi veneziani pronunzia-
te da Clemente V e Sisto IV. Il gover-
no veneto alla notizia di sì veemente bol-
la, profondamente addoloralo e non per-
ciò smarrito dell' aintuo, raccolse il col-
legio e il consiglio de'Dieci, nel qu.«le
venne deciso di non permettere la pub-
blicazione della scomunica, severamente
vietando a ciascuno di riceverla, e de[)u-
taiido vigili guardie a staccare ogni car-
tello che trovassero sulle mura; indi inti-
tilaiente ilsenato procurògiustificarsi col
Papa e co' cardinali, e deploi abilmente
credendo evitare la conseguenza della sen-
tenza, consultò poi co'dottori in teologia
per fare un'appellazione al futuro conci->
lio, non ostante le proibizioni surrilerite
di Pio II e Sisto I V, e fu deliberato man-
darla in Ungheria al loro amico arcive-
scovo di Slrigonia Tommaso Bakacz o
Dacoczi, da Alessandro VI creato cardi-
nale ad istanza del re e del senato vene-
to, che essendo patriarca di Cuslanlino-
puli (allora non lo era; leggo nella /*«/•-
pura Paiiuonlca, p. 1 16, che il cardina-
le recatosi neli5i3 a Pionia per i'elezio*
uè di Leone X , questi lo dichiarò pei-
YEN YEN 281
tiiaica di Costaulinopoli in paillìnis e Le milizie venete conuiinlate dal conte
K-gato a lalcrc per la crociala coiilro i di Pilinlriiio e dall' Alvi.uio liovavaiisi
luicUi), era uno de' 4 paliiarchi avetili ben aiuiiiule a l^oiilevico sull'Oblio, ma
facollà Ui «ouvocaie concilio (è vietalo d ditreienleuienle 0[)iiiavan() 1 due capila-
celebraie alcun Concilio o Smodo '^cue- m e gli altri princi[)ali dell'esercito , gli
Ielle senza r aulorilà del Papa, [ìercio uii piopouevauo piombare sul Miinlo-
con quella di s. Silvestro 1 .>i celebrò nel vómo, altri sul Milanese passando l'Adda.
3^5 cpiello di Nicea, die fu ili." Ecunie- L'Alviano, d' animo ardilo e inlrapreu-
iiìcoj spelta a! Papa l'a[>pro\ailo. Tan- d'Mile, voleva andar direttamente a Lodi
ta autoiità hanno 1 concilii , quanta ne e passar l'Adda, tenendo per ("ermo che
licevono dalla s. Sììi\c. Si ponno vedere i francesi non sarebbero in grado di re-
i ricordali articoli, ed 1 relativi al l'i i- sisleigli , non ancor raccolti e non pre-
j/ialo, allo Scisma, aW L^csia) , coinQ sente il re. Esebbene il cauto Orsini con-
iiarra il prof. Ptomanin. Aggiunge, ciie le di Piligluìno, slimas>e troppo rischio-
la polizza di appelhizioiie fu portala di su il col()o e meglio attendere alla difesa
iia5Coslu da due corrieri a Ptouia, ed af- ile' propri connm e riaccpiistar 1 luoghi
fissa alle poi ledella basilica Vaticana, ed di (pia dall'Adda, fu vinto il partito del-
il Papa vi rispose dal canto suo, dichia- l'Alviaiio. Dice il Muratori: Il saggio con-
iandola illegale, nulla e irrita. La ripro- le di Piligliano era costante in sostenere,
vò soleniieuiente colla bulla Snspccii re- cheti meglio era di leinpuieggiare, e vin-
gintinis, dell." luglio laog, Bull, llotn. cere colla spada nel follerò, o pure d'a-
l. 3, par. 3 , p. 3i2 : Exleasio Consti- spellar buona congiuntura per assalire.
tulionis a Pio II teli ine , contra apptl- Diverse pure furono le opinioni del con-
lanlcs a Romano Ponti/ice, adfuUirwn sullato senato, che però si rimise a'capi-
Conciliuin, COI iinufuc conipliccs et fan- taiii ch'erano sul luogo. Alle grida Ila-
tom. Perciò gli atiiaii sempre piìi si e- lui e Liberia, per persuadere i popoli, i
si.cei bavano, e' la repubblica vedendo di veneziani non procedere a conquiste, ne
nulla poter ottenere dal Papa, >i volse di pi imi di maggio respinsero ùu corpo frau-
ntiovo a tentar distaccare dalla legaTim- cese che voleva passar l'Adda, e ripreso
peralore, olFrendogli 200,000 fiorini del Tre viglio lo saccheggiarono, facendo di-
l'ieno e ogni sussidio per l' acquisto del stinti ca[)ilani prigioni. Il bollino di Tre-
Aiilanese, se accoiisenlisse allearsi con es- viglio riuscì (alale e disordinò le truppe,
sa. In Roma ancora risiedeva l'ambascia- perchè molli soldati poco avvezzi alla
tur veneto. Inlaiilo ardeva la guerra, e diS'^ijdiua andarono a venderlo nelle cit-
gli avvenimenti si succedevano con tale là vicine, egli slradioli e altre genti lar-
rapidità da non lasciar tempo a matura- davano recarsi al campo. Del che prufll-
re e condurre al termine alcun buono taluno i francesi per passare 1 Adda a Gas-
provvedimento né delle armi né della sain», luogo accuncio per la sua postura
pulitici. 1 francesi do[)o avere neira[)rile elevala, circondato da un canale del fiu-
per un araldo dichiaralo guerr.» alla si- me che facendone un' isola lo rallorza,
gnoria, col formale gettito d'un guanto piantalo allora d'alberi op[)ortuuissimi
insanguinato di disfida, nel modo narrato a coprire le guerresche operazioni e al-
dalcav. Mulinelli, negli Annali Urbani, l'imboscate. Dal qual luogo, Luigi XII
fin da'i ) al dire del Piinaldi aveano già venuto all'esercito, mosse contro Rivolta,
comincialo le ostilità in Lombardia, e [)oila pure sulle ripe dell Adda, che non
il'accoi ilocou loro operavano il marchese potè a lungo difendersi, poi verso Pandino
di Mantova entralo nella lega, e il duca nella .sjieranza d'aver Cremona. 11 ipud
d'Uibiuo colle ijeuli papali iu Uomuguu. pcusicio gli suicbbc usaai piobabdmenie
282 V E N
andato fallilo, se l'eseicilo veneziano le-
nendosi nella sua vanlni^giosa posizione
avesse evitalo la battaglia, costringerido
il re a ritirarsi per la mancanza de'vive-
li, cosa temuta dal suo vecchio capitano
Gian Jacopo Trivulzio, che il passaggio
dell'Adda avea sconsigliato. Ma non sep-
pe contenersi l'Alviano, e il suo ordine di
combattere ogni cosa guastò. Lasciato il
forte alloggiamento per far fronte a'fran-
cesi comaudali da Carlo Chaumont si-
gnore d' Amboise, fratello del cardinal
Giorgio, s'era avanzato verso di essi: col-
locati 1 suoi fanti coll'artiglieria sopra un
ar"ine elevato lungo un torrente allora
ascmlto , assali impetuusauieute la ca-
\alleiia nemica sopra un suolo coperto
di vigneti che impedivale il libero movi-
mento e la respinse. Intanto però arrivò
il re col grosso deli' esercito, mentre in-
vece quello del l'itigliano rimanevasi an-
cora addietro; una dirotta pioggia sopra v-
venutauvea reso sdrucciolevole il terreno;
luttavolta il valore del generale s'era tra-
sfuso nelle sue genti, le quali sostenne-
ro ben 3 Ole con ammirabile intrepidez-
za il terribile urto : la fiUiteria italiana di
Dionisio Naldi di Brisighella , chiamata
con questo nome, si mostrò degna di sua
riputazione e del suo capitano. Ma alfine
le truppe venete accerchiate, incalzate,
uon sostenute a tempo dal l'itigliano, fu-
rono messe in rotta; l'Alviano stesso fe-
rito in volto fu preso, grande fu il numero
de' feriti e de' morti, piìi di 4ooo (altri
vogliono un numero assai maggiore, al-
lueno 6ooo, più di fanteria , perchè la
cavalleria non tennesaldo, leggoin Mura-
tori);intanto l'esercito del l'itigliano rima-
sto salvo, potè tranquillamente ritirarsi
perattenderei nuovi eventi. Tale fu l'in-
fàusto esito della battaglia di Vai late odi A-
gnadello nella Ghiaradadda, combattuta
ili 4 niaggioiSog e che apriva la serie di
quelle sciagure che condur doveano la
repubblica di Venezia agli estremi. Per
questo, per la sua rinomanza, per deno-
tuioaria alcuni Agnadello, i veaeziuoi e
V CN
altri italiani di Vaila o di Ghiaradadda,
altri quasi ficendone perciò di un com-
battimento due, riportai i particolari del
prof. Roin^nin. Agnadello o Agnadel è
nella provincia ili Lodi e Crema, posto
sopra un canale fra l'Adda e il Serio. Con
sommo valore si combattè da ambe le
parli, tranne i fuggiti dalle genti della
vepubblic». Tutto l'esercito francese uni-
to pugnò. Se tutta l'annata veneta uni-
ta fosse stata a fronte de'nemici, poteva
esser diverso il fine <li quella giornata,
come pensa Muratori. Ma il Rinaldi di-
ce che contro i veneti pugnò anche il cie-
lo, percuotendoli colla grandine accom-
pagnata da rabbiosi venti. Luigi XI l so-
lennizzò in più forme quella vittoria, e
ordinò che si fabbricasse una chiesa col
titolo di s. Maria della Vittoria. Mandò
l'Alviano prigione in Francia nel castel-
lo di Loi-hes, e vi restò 3 anni. Al triste
annunzio della rotta del bell'esercito,
grande fu lo spavento in Venezia, indi-
cibile il dolore, (l doge ripreso animo a-
dunò il senato per deliberare sui prov-
vedimenti da prendersi, per terra e per
mare. l*aolo Barbo vecchio procuratore,
uomo savio e di molta esperienza negli
affari, che da parecchi anni non più in-
terveniva a'consigli, cominciò a lagrima-
re e disse .dia moglie: dame la vesta die
vogio andar in Pregadi e dir quatro pa-
role e pò morir! Sebbene egli desse le co-
se per disperate, pure propose vari prov-
vedimenti a farsi per la salvezza princi-
palmente della repubblica. Fu delibera-
to far nuove raccolte di truppe e di de-
naro; si scrisse al Pitigliano e al provve-
ditore Grilli, che il governo non si era
punto smarrito dell' animo , anzi voler
fare magnanimamente o^ni provvisione,
e giacché le loro genti d'arme eran sal-
ve si riducessero in luogo sicuro. Nello
slesso senso fu scritto a varie corti, ma
a' veneti cardinali Domenico Grimani e
Marco Cornaro a Iloraa molto sommes-
samente a'22 maggio, rinnovando le pro-
teste di lestiluzioue delle 4 lerre conte-
V E N V E N 283
state del Papa; pensasse questi alla io- neamente alla ilifesa delle cillà e sciolse
vina oiid'era tutta Italia uiinacciala, vo- i sudditi dal giuraiiieulu di t'edeltìi, pei-
lesse riaccogliere i veneziani in conto di sino lodandola cutne supremo tratto di
btioui e divoli tìgli. Pronti a licenziare avvedutezza politica e altri biasimandola
da Venezia i Bentivogli , ed eseguire la qual prova d'estrema debolezza. Tutla-
ponlifìcia volontà nel confeiire vescova- via non voglio tacere che diversi storici
ti e benefizi. Il possedimento della Ter- veneziani sostengono il contrario,ed il con-
raferma era divenuto, a' veneziani indi- te Girolamo Dandolo, La cadala dcUa
spensabile : perduta la prenuneiiza sul repubblica di Fciwzia, hbro stampato
mare, in maggior pencolo le tene loro l'anno precedente a quello del prof. Ilo-
iiel Levante, capitali immensi impiegali tuanin , ha dichiarato. >• La repubblica
in beni stabili, le sussistenze delL> città sciogliendo le provincie dalla fede, quan*
jitiralein gran parte dalle vicine provin- do le sorti della guerra la forzavano ad
eie soggette, rendevano necessario il ria- abbandonarle, faceva atto di singoiar sa-
verle a qualunque patto si fosse. Perciò pienza politica. Pvitornata al loro posses-
fu volta ogni cura a rappacificare l'ioi- so, non ebbe così , se non a rimunerare
peratore, contenta la repubblica riaver le quelli fra'suddili che più le si erano ma-
lerre a titolo di feudo, bramare conser- uifeslati alfelluosameute divoti ". La re»
varsi a lui unitissima in pei petua confede- pubblica tentò con maneggi diplomatici
razioiie,pronta a restituire Trieste, Poi de- di pacificare i suoi nemici e di staccarne
none, Goiizia;ed oltre i già olTerliaoo, eoo alcuni dalla lega, e resistè per (pianto pu-
fiorìni, altri 5o,ooo l'anno per io anni, tè colle armi , solo cedendo a palmo a
Intanto le cose veneziane andavano Sem- palmo il terreno. 11 Pitigliano perduti!
pre più. a precipizio; gran disordine re- Brescia, si ridusse a Peschiera e poi a
gnava nel campo, notisi riusciva a mei- Verona, diesi raccomandò ben fuitifì-
ler insieme conveniente esercito, i nemi- care, non essendovi altra fortezza fino a
ci ogni di più avanzavano. Pizzighettoue Fusiua.Si mandarono provveditori a Vi-
si difendeva, Dergamo e Bre>cia aveano ccnza e Padova, e s'incaricò il capitano
capitolato, la Valcamonica si ribellava, di Rovigo a distrarre il duca di Ferrara
111." giugno i5oc) tranne Pizzighettone, dalla guerra, proponendogli un compo-
Cremoua e Asola, lutto in Lombardia a- nioiento circa al Polesine. Correndo pe-
veano occupato i fraucesi. Né meglio an- rò le cose rovinosamente, s'introdussero
davano le cose nel Veneto, nella Puglia, pratiche pure col re di Francia, e col re
nella Romagna. In questa il duca d't/r- di Spagna offiendogli la restiluzione dei-
imo» come narrai in quell'articolo, col- le terre di Puglia. Calate le genti impe-
rarmi o cogli accordi ricupeiò Pia venna, riali , già avendo consegnato Gorizia e
Cervia, Rimini, Faenza, Russi, Brisighel- Trieste, qUie Roveredoe il castello di Ri-
la e altri luoghi: la guerra coukinciata a' va al vescovo di Trento, per guadagnar-
si aprile, tei minò a' 3 i maggio. Nello si l'animo dell'imperatore, la re|>ubblica
slesso 1 5o9 erano stati falli Pietro Laudo gli fece inoltre cedere Verona e Vicenza,
e Francesco INLircelloproweilitori di Ila- dicendo volerle da lui riconoscere. In Vi-
veuna, e podestà Luigi Rlarcello, e f'uo- ceoza le truppe commisero enormi fatti. I
no gli ultimi. Raccoglievansi cpiolidiana- padovani pregarono il senato a non ceder
Diente i cousigli ad assicurare Venezia la loro cillà, ed ebbero promesse di dife-
per Ogni evento. La serie de' fatti e la sa; ma avvicinatosi il commissario impe-
mancanza di documenti, dice ilpruf Ro- naie, i nobili specialmente bi amando gra-
manin, smentisce l'asserto di diversi sto- idicarsi con Cesare gli dierono la città,
ricìj che la lepubblicu riuuoziò spuuta- Treviso ricevuta l'inlimaziune degl' ini-
284 ^ ^ ^^'
perialijsinuanlenne fedele. Anche il Friu-
li ili ^raii parie si sosltneva , e Uiluic
huimlIò a Venezia a domaiular slraciiuti
utv iliteiiilersi. Ciltailella all' incoiilio ì>i
perdeva per tradimento di Pandolfo I\I »-
Jalesla. Frattanto cadde Cieinoiia e l'al-
tre terre di Lombardia, la Venezia la pio-
«;essioiie del Corpus Domini si fece sen-
za pompa, stante la scomunica. Cn qual-
che lai^gio di speranza pareva spuntare.
Giulio 11, die nel tondo del suo annuo
non vedeva voloulieri lille cpieU' anni
straniere in Italia, luuslrava (piaiclieiu-
diluizione ad un compoiiiinenlo , e per
letttre del cardinal Giimani seppe il gu-
■vei no ch'c^^li avrebbe gradito 6 amba-
sciatori. 11 senato desiderosissimo di far
levare lo censure clie più pesavano del-
i'drmi nemiche, a'6 giugno i5oc) appro-
vava che gli ainbascialuri fossero nomi-
ual! e fiiiono: Domenico Trevisan, Leo-
uaido iMoccnigo, Alvise Malipiero, l^ao-
lo Cappello, Paolo Insani, Girolamo Do-
na. A 20 giugno die'loio la commissione
d' esporre a bua Santità , come fossero
ilìimitali i disegni de'francesi; aver la re-
pubblica pili volle mandalo ali impera-
tore [ler unirsi con lui e colla s. Sede, ma
uij,ii aver mai dato ascollo a' messi , per
edelto d'alcuni che lo circondavano; vo-
lesse dunque il Papa supplicare l'impe-
ratore a non prestare orecchio a'france-
si, non procedere più oltre e lo sollecitas-
se alla lega; non vole-se Sua Santità per-
mettere che i particolari veneziani solfris-
sero danni nelle loro possessioni e averi
iu Romagna, liberasse i rettori prigioni,
e restituisse l'artiglierie; lodar molto l'i-
dea d'una guerra contro gl'infedeli, mi
non nominasse la repubblica finché la
facctiiida non fosse ridotta ad alto, per
non e>pùrla a' confini senza frutto. Fi-
nalmente domandare un capitano da sce-
gliersi tra Giampaolo Baglioui, Lorenzo
da Ceri e Troilo Savelli, e la restituzio-
ne del denaro [Wgato per le condotle de-
gli Orsini e de'Savelli;.^iuslincare per ul-
timo liuiposizioue delle deciiue ecclesia-
YEN
stiche gȈ concesse da Paolo II e succes-
sori contro gl'infedeli. Rialzavano altre •
si le speranze de'veneziani alcuni segni di
di>gu>to che già cominciavano ad appa-
rire fra Massimiliano I e Luigi XII , il
malcontento de'popoli verso i nuovi do-
minatori per le" violenze e angherie che
commettevano d'ogni specie, riaccenden-
do loro il desiderio dell'antico governo.
L' I I luglio già erano insorte diverse ter-
re, tosto sostenute da'veueziani, cos'i Pa-
tiova dojio 42 giorni d'aspro governo al
grido Marco Marco tornò a' 17 al do-
iuluio veneto, giorno di s. Marina, per-
ciò [)oi solennizzalo , come notai nel §
V 11 1,11. 8, descrivendo la chiesa. Le chia-
vi di Padova iu essa depositate, orasi ve-
iK.no affisse nel muro del chiostro del se-
minario patriarcale. La fedeltà di Tre-
viso eia ripresa di Padova dieronoaui-
luo ad altre d'inalberar di nuovo la ba n-
diera della repubblica. Ma già a' primi
d'agoslo si moveva il marchese di i\Ian-
tova per unirsi col general francese la Pa-
lisse a Verona, nel tempo stesso che Mas-
similiano I scendeva finalmente in per-
sona con esercito dal Trentino, per accor-
rti! e alla difesa del Vicentiuo e al riacqui-
sto di Padova. Non tralasciavasi perciò i
maneggi di pace, a'quali prima di parti-
re avea dato orecchio l'imperatore, fat-
ti dal priore della Trinità, e giunto a
Gassano l'inviò alla signoria per sentirne
I intenzioni, volerle restituire tulle le ter-
re con censo onesto. Rispose la signoria
esser pronta a tulio e alia lega pel ricu-
pero del Milanese, e attendere un orato-
re per tratiare. IMa nulla coochidevasi e
già le bande tedesche scorazzavano ael
Friuli, da Treviso uscendo i veneti a re-
[irimei le. R.iusci al veneto capitano Lu-
cio Malvezzi di far prigione il marchese
di Mantova Francesco il Gonzaga. Con-
dotto a Venezia di notte, gridò il popo-
la): appicca, appicca il traditore. Fu po-
sto in una stanza della torricella, per lui
1 iccameute addobbata. Ciò saputosi dal
coule di Pili|jliauoj che stava alia difcsii
YEN V E N i^'i
<]\ Padova, si rase la barba cli'eiasi fai- con lettere scagliale con Wec.ce nella cit-
ta crescere dalla battaglia di Gliiaraciad- Jà niiimava i cillndini a tornare al loro
da. Padova era stata ben fortificata e mu- vero e leijiltimo principe, con vantaggio-
nila, e stimavasi di suprema importaoza se pìointsse, abbandonando i veneziani
per tutto il successo (k-lla guerra. Inlan- ribelli sroriìunirali. V. ino parole, che au-
to Massimiliano s'avvicinava, e latto far- nicnlarono l'aiclore neMi^feiìsori.rol rpuile
te dal Palisse con genti franccM, ilal du- energicamente a'sg settembre respinsero
ca di Ferrara Alfonso I, per le cui osti- l'assalto a porta Codalunga, obbligando
lità era slato confiscalo il suo palazzo in alfine il nenuco a levar l'assedio a'i ot-
Venezia, e dal Papa, dice^asi il sno eser- tobre, e l'imperatore ritiratosi in Vicen-
cito di ben 80,000 uomini. Pose l'asse- za poco dopo tornò in Germania. Jlfal-
dio a Padova , mostrandosi instanrabile lite tentativo contro Padova scemò di
nel visitare le opere d' assedio, nel solle- mollo la riputazione dell'imperatore e
citare e incoraggiare. Comincialo nel 5." accrebbe i disgusti di questo co'fiancesi,
giorno il bombardamento, aperte ampie da cui dicieva non aver ricevuto quegli
bieccie nelle muraglie, l'assalto non potè appoggi che avrebber dovuto, e diede
eseguirsi per l'acqua introdotta da'fiatìo- per lo conlrorio ardire a' veneziani di
vani nelle fos>e die circondavano la cit- spingersi innanzi a riacrpiistaie le peidu-
là; e quando fu dato, venne valoiosainen- te città. Fin da quando ÌMassimiliiino I si
te respinto. Tornati i tedeschi a nuovo accingeva all'assedio di Padova, la re-
sperimento, saltarono per aria per le mi- pubblica desliluila d'ogni appoggio, ali-
ne poste al bastione da loro preso, ed una bandonala alle sole sue forze, disperala
vigorosa sortila del capitano Gitolo da Pe- di poler ottenere pace da alcuno de'suoi
rugia rincacciò gl'imperiali. Questi si ri- nemici, giacché il Papa stesso or dava
tirarono, a ciò spinti anco dalla discordia buone parole,oi- tornava sulle furie, poi-
co'francesi e crgl'italiani, lasciando ten- tliè scontento de'francesi, ripugnava d u-
de e gran parte delle bagaglie per mole- nirsi coirimpeiatore che avi ebbe chiesto
stare ferocemente Vicenza, Mestre e al- al solito molto denaro, riconciliandosi col-
tri luoghi sino a Slargherà. 11 senato non la repubblica temeva per le terre di Ro«
permisealPitigliano d'iistireadfugli bai- magna; eiasi decisa l'i 1 settembierSof)
taglia, certo della vittoria, pel disordine i'H' conoscere al sultano che la lega de'
che regnava Ira' nemici. Tornati essi a principi volgerebbe>.i inllne a suo danno,
Padova, il doge in pieno consiglio rap- mentre Venezia all'inconlroaveagli sem-
pr esentò come dalla sorte di Padova di- pre serbata rede,e se soccorsa farebbe dis-
pendesse quella della re[)ubblica , come solverne rtuiione; più gli domandò sus-
gli occhi del mondo erano rivolti a qne- sidii di truppe, euri prestito di 1 00,000
sto grande evento, perciò doversi rad(lop- ducati, da leslituirsi la metà in panni, li a-
piare i soccorsi e accorrere alla sua dite- lascianilo di prenderli da'nemici ragusei,
sa; ondea'5 settembre co'fìgli suoi Alvise fiorentini, anconitani, genovesi, catalani,
e Bernardo partirono per Padova i 76 no- e per l'altra metà olhì gioie in cauzione,
bili, il senato incoraggiando il presidio, i Indi eccitò il snidano d'Egitto a rovina-
cittadini, i contadini a mantener in glo- le il commeicio d'alcuni degli stessi ne-
ria il nome veneziano. Inutilmente riu- mici. Qiii nota il pud. liomaniii. » A tali
scendo il pili terribile fuoco dell'artiglie- estremi aveano ridotto la repubblica la
rie, per le pronte riparazioni de'difenso- pervicacia de'suoi nemici e la falsa poli-
ri, l'imperatore cercò muovere contro la tica generale: e»sa, che fu prima e poi il
repubblica anclie il le d'Ungheria ecci- baluardo della cristianità contro i tur-
laudolo al riacquisto della Dalunazia , e chi, vedevasi ora costretta per la propria
28r> V E N
conservazione a implorarne il soccorso! "
E fu infatti il timore de' turchi , oltre i
maneggi tifali' oratore Pietro Pasqnalign,
die ritenne il re d'Unglieria dal prestar
ascolto agli eccitamenti di Massimiliano
I, contentandosi di continuare a ritirare
gii animi 3o,ooo ducati, dalla repubbli-
ca assegnati per tenerselo alleato e pron-
to alla di(Ì3sa contro i turchi. La repub-
Mica si rivolse anche a Enrico VII re
d'Inghilterra, aflinchè impedisse la rovi-
na d'uno sfato che lanto avea fatto per
la cristianità , con interporsi con Luigi
XU e Massimiliano ì. Ne l'opera di ri-
conciliazione con Giulio llinteroiise. Ar-
rivalo a lìomaa'25 agosto l'oratoreFran-
cesco Corner reduce dalla Spagna, non
potè ottener udienza dal Papa che a'3o
ottobre. A'ringraziamenli dell'oratore per
tale onore, alle sue pi oteste de'sentimeu-
ti di rispetto e di attaccamento sen>pie
dimostralo dalla repubblica verso la s. Se-
de, rispose Giulio 11. Ben sapere quanto
la repubblica avesse fatto per la Chiesa,
quanto avesse favorito l'innalzamento suo
al pontificato; averla anch'egli dapprima
amata; aver favorito specialmente i car-
dinali veneziani e gli oratori Girolamo
Zorzi e Nicolò Michiel; cercato per ogni
modo il suo vantaggio fin da quando era
in Francia; ma le operazioni sue col to-
gliersi Puinini, Faenza e altri castelli e
luoghi contro l'intenzione e la costituzio-
ne della Cliiesa avere sturbalo quell'af-
fetto: non potere egli per coscienza con-
sentire a quello smembra raento,a vere pi ìi
volle avvertita la repubblica, averle scrit-
to in proposito i re di Francia e di Spa-
gna, ma invano. Quando le potenze si
strinsero io lega l'aveano invitato ad a-
derirvi , promettendogli il ricupero di
sue terre , ed egli avervi alfine consen-
tito benché ripugnante , perchè ne di-
spìactva veder la mina dello stalo
vostro eon aitguineiìfo de barbari : a-
ver tletto a Giorgio Pisani, a Giovanni
Badoer e a' cardinali, che non sarebbe
entralo nella lega se i veneziani avessero
V EN
reslllnife quelle terre, anzi avrebbe fatto
per mo<lo che le cose della i-epubblica
non patissero sinistro, poiché del resto ei
non sapeva quali ragioni avessero il re
di Francia e gli altri sulle venete piovin-
cie ; piacergli che la repubblica abbia sa*
j»ulo conservar I\i(lova, e desiderar ch'el-
la possa rifarsi altrove di quanto perde-
va rispetto alla Chiesa ; essersi opposto
egli al progetto del re di Francia, che
voleva prender Venezia aHinchè non po«
tesse piìi rialzare il capo, e a'suoi consi-
gli ritenere gli ambasciatori veneziani, e
lo stesso Corner; ora darebl>egli salva-
condotto, onde si recasse in patria e ri-
ferisse al settato questo discorso : dices-
segli che il Papa vuole due cose: 1 ."che si
paghino le spese della guerra da lui fat-
ta pel ricupero di sue terre, e gli usufrut-
ti di queste per tutto il tempo che ri-
masero in possesso della repubblica, e se
nelle attuali condizioni essa non potesse
fare tale esborso, s'impegnasse che ese-
guendosi una spedizione generale contro
i turchi fornisse un certo numero di na-
vi, al qual proposito il Papa faceva os-
servare che se la spedizione non si ef-
fettuasse, i veneziani nulla pagherebbe-
ro,e se si facesse ne avrebbero cerlaraen-
te utilità assicurando meglio le loro ter-
re in Levante. Secondariamente che non
si facessero piìi vescovi dal senato, ne si
levassero decime o altre gravezze sul cle-
ro, aggiungendo che certo avrebb'egli
ogni riguardo di non nominare persone
invise a quel dominio, e che in caso di
guerra col turco metterebbe egli stesso
una decima non solo sui preti della re-
pubblica, ma di tutta la cristianità, per
la difesa de' veneziani. E continuando,
diceva il Papa, non riconoscere il van-
tato diritto della repubblica d'impor ga-
belle sul passaggio del golfo, né l'accor-
do da essa fatto da 4 "lesi cogli anconi-
tani ; il che non si poteva né si doveva
senza il consenso della Chiesa (il Peruz-
zi nella Storia d'/4iicona,a\\'ittìtìoi5og,
dice che quando! veneziani si umiliarono
YEN
a Giulio II, non isfngg'i alla signoria an-
conitana ti' insistere presso di esso » per
quella sicurezza della navigazione delle
sue navi, che pareva più opportuna sti-
marsi dalla premurosa vigilanza del loro
sovrano verso i suoi sudditi". Onde ot-
tennero gli anconitani, che nel trattalo
di pace fosse inserito l'articolo, che i ve-
neziani si obbligassero di lasciar libera
la navigazione a tutti isudditi dellaChie-
sa, colle loro navi e merci, non solo per
tutto r Adriatico, ma per tutti i mari,
fiumi e loghi, senza alcun pagamento. di
gabella, eziandio sotto pretesto di custo-
dia del mare, e di non pretendere la vi-
sita delle suddette navi per verificare se
\i fossero robe d'altri non .sudditi della
medesima Chiesa). In fine, quando di fa«
re tuttociò acconsentisse la repubblica,
egli l'aiuterebbe a ricuperare tutto il suo
e più ancora ; raccomandavale il mar-
chese di Mantova, essendo lo slato suo
molto utile n caccìore iharhari dalf I'
lalia, e lo scusasse di quanto era stato
costretto a fare dal re di Francia ; non
vorrebbe che i veneziani dessero mole-
stia di guerra al duca di Ferrara, che po-
trebbe eziandio essere utile in questa biso-
gna. Rispose l'oratore che delle cose pas-
sate non era suo ulììcio giustificare il suo
governo ; vescovi non facevansi in sena-
to, ma solo proponevansi e si raccoman-
davano per l'elezione a Sua Santità ; es-
ser noto quanto il duca di Ferrara aves-
se operato contro la repubblica , tutta-
via farebbesi il possibile per contentare
il Papa. E così da lui con destre parole
sthernjendosi, il Corner si licenziò e ri-
paliiò. A'5 nover<d)re (o meglio dicem-
bre) scriveva il cardinal Grimam da Pio-
tila ai senato, che il Papa vedendo l'osti-
nazione veneziana era più infuriato che
mai, ed avea licenziato lutti g!) oratori
della repubblica, e pei' certo non leve-
rebbe la scomunica temendo s[iecialmen>
te l'imperatore. Continuando sempre la
repubblica nel pensiero di picificar Ce-
sare, si rivoUe con ptomease al suo mi-
V E N 287
tilstro per le cose d'Italia, Langio vesco-
vo di fiurk poi cardinale,che avea avuto
gian parte nella lega di Cambray, quan-
do pervenisse a far concludeie l'allean-
za con esso ; in pari tempo muoveva al
riacquisto di Vicenza, e combattendo vi-
vamente nel Polesine lo ricuperò, dan-
neggiando il Trevisan colla flottiglia iu
altri modi il duca di Ferrara^ e Mar-
c'Antonio Contarini saccheggiando Co-
macchio, ma per l'infelice esilo dei Tre-
visan fu confinato 3 anni a Portogruam.
Più di tutto stava a cuore della repub-
blica la riconciliazione col Papa, e rispon-
dendo alle pretensioni da questo ester-
nate al Corner, scriveva al suo oratore iu
Roma di giustificare e scusare la pro-
pria condotta : non aver cogli anconita-
ni che alcuni patti di comtnercio; circa
poi al golfo se non si trattasse d'altro che
di una particolare utilità, facii cosa sa-
rebbe soddisfare a'desideiii del Papa, ma
trattandosi d' una giurisdizione goduta
da tante età con buona grazia de' Papi
suoi antecessori, e con permesso di tutti
i re e signori che hanno stali su di quel-
lo, giurisdizione acquistata e mantenuta
a comun beneficio della cristianità con
tanta spesa ed effusione di sangue, non ve-
deasi perchè ora si dovesse rinunziarvi;
considerasse il Papa che sarebbe un dar
campo a entrarvi anche il turco, e non
badasse alle ricerche del duca di Ferrara
inquieto e ostile vicino ; tuttavia il senato
era disposto a concedere che i sudditi
p/tpali potessero liberamente navigare
nel golfo colle loro robe e mercanzie sen-
z'alcun impedimento, echequanto al vis-
domino di Ferrara, che il Papa non ve-
leva più concedere a' veneziani, si cara-
bierebbe il nome in quello di console, ri-
manendo eguale l'autorità e ferme le
antiche leggi e convenzioni. La pratica fu
condotta a lungo e a tutto finalmente si
piegò la repubblica desiderosa d; ridur-
re il Papa a ritirarsi dalla lega e stringer-
la con essa, onde a' 1 5 febbraio 1 5 1 o da-
va a' suoi oratori facoltà di concludere
288 V E >f
sulle Ij.isì segiieiili (mentre nello stesso
giorno stendeviisi nel Coii'iiglio de' Dieci
lina protesta (lì imlLilti ! ilicliiaiondo es-
sere stala la repidd)lica \'iolt'nt('in(^iilf\\-
dotta a questa condizione. Ma che conte-
gno è questo?!). Riniinziava la repubbli-
ca veneziana alla fatta appellazione ad un
futuro concilio |ier la scomunica contro di
lei pronunciata dal l*apa,ch'essa dichiara-
va giusta e domandava perdono d'averla
provocata; non melterehhe piìi decime
o altre gravezze sul clero; non s'impac-
cierebhe uelle nomine ecclesiastiche, né
delle cause del clero che verrehbeio giu-
dicate soltanto dal foro ecclesiastico; la-
scerebbe il hbero passaggio del golfo a'
sudditi papali, compresa anche Ferrara ;
non iutrapienderebbe mai nulla né pa-
lesemente né occultamente (e la prote-
sta?) contro il Papa; sarebbero nulli tut-
ti i trattati da lei conclusi colle citta della
Chiesa; non liceverebbe ribelli o profughi
di Sua Santità; non si mischierebbe delle
cose di Ferrara^ spettante di diritto alla
s. Sede; compenserebbe i danni recati a'
monasteri e a'beni ecclesiastici. Tutto ri-
porta anche il Rinaldi all'anno i5io.
Con rpiesta sommissione pervenne final-
mente la repubblica a staccare dalla lega
il Papa,fpjal padrecomune, riammetten-
do nelle giazie della s. Sede i veneziani e
nel seno della Chiesa. A'24 febbraio 2/
domenica di quaresioia, Giulio li, recì-
tosi in abiti [)ontilicali nel portico della
basilica Vaticana, accompagnato da 12
cardinali, molti preiati e Penitenzieri, se-
dente nel soglio avanti la porta di bron-
zo, presenti gli ambasciatori di Francia,
Spagna, Inghilterra ed altri, gli oratori
Veneziani si prostrarono a' suoi piedi, e
supplichevoli domandarono il perdono
de' loro falli e d' essere assolti dalla Sco-
niumca e altre Censure Ecclesiastiche.
Ascoltate dal Papa le proteste di penti-
mento e di somuiisMone e le loro doman-
de, il procuratore del Fisco della Canic-
rn Jjioslolica, domandò la lettura delle
loro procure, indi de' patti convenuti,
V EN
che gli ambasciatoli veneti dichiararono
esser pronti a giurare. Allora aperto il
messale, e collocalo sulle ginocchia del
l'apa,gli ora'tori avvicinatisi e ponendovi
sopra la mano giurarono. Dando poscia
di piglio il Papa e i cardinali a 12 ^'cr-
glie, che furono ad essi presentate, senza
con quelle toccarli, come portava il rito
co'pubblici penitenti, e lo rilevai pure nel
voi. LXII, p. r2o, fu recitato il sihno
Miserere, e pronunziata da Giidin il la
solita formula della %o\enwQ Assoluzione.
Imposta loro infine per penitenza cano-
nica la devota visita delle Sette Cliiese
(li Ilo/iia, con preci e limosine, il Papa si
I itilo. Indi la messa fucelelirata nella cap-
pella pontificia Sistina, e gli oratori fu-
rono ricondotti in cavalcata, onorati e fe-
steggiati alle loro case. Nel dì seguente,
chiamati di nuovo alla presenza del Pa-
pa, loro disse: »ìMagnifìci signori oratori !
Non vi paia strano che siamo stati tanto
fi levare 1' interdetto. La signoria stessa
ne fu causa, ella dovea compiacere nelle
giuste petizioni, mentre e a >ioi stessi mol-
to dolse delle censure che ci fu forza pro-
nunziare. Ora se essa continuerà a stare
con noi, ne avrà di molti benetizi". Pre-
sero quindi commiato gli ambasciatori
per tornare in patria, restando come or-
dinario (iirolamo Donalo. Recatasi a Ve-
nezia la desideratissima notizia dell' as-
soluzione, il doge, il senato e il popolo ne
fiuono coii'^olati e lietissimi, e fecero pub-
bliche feste d' allegrezza e processione
per 3 dì, come narra il Rinaldi, ed ag-
giunge. » Per cagione della pace falla dal
Sómmo Pontefjce.co' viniliani comincia-
rono Massimiliano I e '1 re di Francia a
crucciarsi con Sua Santità, cioè perchè si
fosse ritratto dalla lega di Cambray ; per
la qual cosa ancora non sono inaucati.
autori, cMianno ha.'uto ardire di lacerare
la sua fama; li quaH di leggieri si con-
futano, mentre si considera, che le ra-
gioni, che Cesare dicea se avere nelle so-
[)ra(iette città erano ambigue, e che'vini-
liaui le haveano lungo tempo possedute.
YEN
etl esser cosa ragionevole, c'Iiavessero la
sii^noiia delle ciltà d'Italia più tosto gl'i-
taliani,cl)e'tedeschi,nè doversi dalla mae-
stà e pietà pontificale ricacciare i vinitia-
Ili supplichevoli, c'haveano ne'tempi an-
dati fatti molti servigi alla Chiesa ; con-
ciosia massitiiainente cosa eh' eglino si
fossero studiati di placarlo COD motteani'
bascerie a lui mandate".
24- Amicatosi il Papa, studiarono i
Teneziani più che mai a rifare l'esercito,
e morto il conte di Piligliano a Looigo,
per le tante vigilie e fatiche sostenute nel-
la difesa di Padova, come altresì Waldo
da Brisighella altro generale veneto, am-
bo sepolti in ss. Gio. e Paolo in monu-
menti eretti a loro onore dalla repub-
blica, posero alla testa come provvedi-
tore generale il valoroso Andrea Gritti,
non mancando d'altri valenti condottieri,
come Gio. Paolo Baglioni, Gio. Luigi e
Giovanni Vitelli, e Renzo Ordini da Ceri,
sudditi pontificii, oltre Lucio Malvezzi
altro guerriero di fama. Riuscendo inutili
le trattative con l' imperatore, la repub-
blica maneggiò una lega con Enrico VII!
nuovo re d Inghilteria e Giacomo IV re
di Scozia; e Giulio II ottenne che la Sviz-
zera assumesse la difesa degli stati della
Chiesa. Dacché il Papa erasi così mani-
festamente spiegato a'dauni de' francesi,
inai sopportava che il duca di Ferrara
feudatario tenesse ancor dalla loro parte;
SI <|uerelò delle saline costruite a Cornac-
ihio anziché ritirare il saje da Cervia;
\oleva accrescergli il censo, e chiese la
restituzione de'caslelli recati in dote da
sua moglie Lucrezia Borgia, e datigli da
Alessandro V I suopadre. Allora Alfonso I
stringendosi di più a Luigi XII, ne otten-
ne la piena protezione. Il perché venne
dal re inviato Chaumont d'Amboise, go-
Ternatore del ]\]ilanese,per entrare nelPo-
lesine, nel tempo stesso che il principe di
Anhalt generale imperiale uscendo da Ve-
rona si dirigesse a Vicenza,conhuon polso
di gente, oltie gl'imperiali riuniti. La re-
{tubblica pose alla testa del suo meno nu-
VOL. XCII.
VE N 289
maroso esercito il Baglioni. I vicentini,
prossimi a cader di nuovo nelle mani de-
gl'imperiali, ed invano impetrato grazia
dall'Anhalt, avendo già mandato a Pa-
dova colle cose preziose i figli e le donne,
i tedeschi entrati in Vicenza poco trova^
rono a saziare la loro cupidigia. Ma una
parte de' vicentini e degli abitanti del
contado rifugiatisi in profonda caverna
ne'monti, in numero di ben 6000 colle
donne.i fanciulli e gli a veri, uno de'capita-
ni di ventura francese l'infame Herisson,
con infernale pensiero, fece porre sulla
bocca angusta della caverna parecchie ca-
taste di legna, ed empiamente datovi fuo-
co, fece perire soffocali tutti quegl'infelici,
e poi de'loro tesori s'impadronì. Quando
al campo francese fu udito il barbaro e
crudelissimo fatto, alto levossi un grido di
orrore e di riprovazÌGne,ondeil celebre ed
eroico cav.Bajardo fece impiccare sul luo-
go stesso due di que'che aveano acceso il
fuocojlarda e inutile punizione a tanta ese-
crabile scelleragine, che lasciò per lungo
lempoancora neglianimi degritalianido-
lore e raccapriccio. La fortuna continuò
a favorire i francesi, che ormai rpiasi .soli
sostenevano la guerra, dacché i tedeschi
non pagati per allora si sbandarono. Nel
maggio IDJO caddero in potere di Chau-
mont Legnago, Bassano e altri luoghi,
onde le truppe venete si ritirarono a Pa-
dova, e nel finire di giugno si provvide
alla difesa di Treviso. La repubblica ri-
volse nuove istanze al Papa, perché con-
ducesse con vigore la guerra contro il
duca di Ferrara, sollecitando la sua me-
diazione coirimperatore,domancJò I 000
cavalli per la difesa del Friuli al re d'Un-
gheria, né lasciò di rinnovare premurose
istanze di sussidii a' turchi. In mezzo a
tante sciagure di guerra, narrale pure
da Andrea Mocenigo, Belli mcmorahi-
lis Cainernccnsis advcrsus T'enetos là-
sloriae libri VI, Venetiis iSiS, e tra-
dotta in italiano : La guerra di Cam-
ìivai fallain Italia, Yenez\a i56u, (pie-
sla tillà nell'inleruo non dava alcun se-
19
ago
V E N
Clio di aiiguslie, nnzi il lusso, n dispelto
«Ielle leggi proibitive, i [ìiaceri, la sontuo-
sità (ielle feste, i bacc.iuali «e'concorsi di
gente, in luogo di lialascinrsij sembrava-
no ricevere aumento dalle pubbliche scia-
gure, e in certo modo volere collo stordi-
mento e coll-a sfrenatezaa della gioia far
dimenticare il dolore de'sinistri eventi, e
delle spese enormi, che seco portava la
guerra. Il carnevale era sialo festeggiato
con tanta allegria, inasi;here,balli e suoni
come si trovasse la repubblica ne' suoi
più bei tempi. Ria la profusione del rovi-
noso lussOj e lo sceniamentode'commer-
ci, produceva frequenti fallimenti e la
incertezza delle cose; i pericoli, di nemici
e di pirati, che infestavano i mari, aveano
fatto salire i premii delie assicurazioni
marittime per le galee di Fiandra fino a
1 5 e più per i oc, quando prima era una
gara tra gli assicuratori per ottenere il 4
e me7Zo; l'assicurazione per le galee di
lìaiberia dal 2 e mezzo andò al 5. In-
tanto la guerra continuava, i tedeschi per-
derono Mouselice, combatlevasi da per
tutto, ma senz'alcun fatto decisivo. Mas-
similiano I prometteva sempre di torna-
re, e non veniva mai ; Luigi XII privo
dell' ap[)oggio del cardinal d' Amboise,
morto a'25 maggio in Lione, i." de'car-
tlinali ministri, che sì potentemente in-
fluirono ne'destini di Francia, e godente
tanta fiducia che da tutti dicevasi lascia'
tv fare a Giorgio, stanco di tener in pie-
di un esercito numeroso senza corrispon-
denti vantaggi, già minacciava l'impera-
tore di richiamare il Chaumont, quando
accaddero tali avvenimenti, che doveano
far precipitare interamente le cose fran-
cesi in Italia. Avendoli descritti in tanti
articoli, basterà indicarli in corsivo, affin-
chè ad essi articoli si possa ricorrere. Giu-
lio //d'animo grande, benché talvolta
stizzoso e tenace, appena assunto al pon-
tificato si propose ad ogni costo onnina-
mente ricuperare al principato della ro-
mana Chiesa i suoi dominii usurpati o
jncompelentemenle coucessij quindi con
V EN
iinn energia indicibile, abbattutoli fimo*
so Cesare Borgia, s'inimicò i veneziani
per ostinarsi a ritenere le occupate terre,
ma ottenute e conseguita la loro tjinilia-
zione, ch'egli pensava doversi alla s.Sede,
si fece quindi inesorabile con quanti av-
versavano i suoi amici e protetti, e di-
chiarò di voler cacciare d'Italia que'stra-
nieriche profittando di sua collera v'era-
no penetrati; quindi scomunicò il suo
vassallo duca di Ferrara, per aver com-
perato la protezione di Francia; poi si
maneggiò con questa, colla Spagna, con
Massimiliano I, che non pregiava, bensì
(j(?/v//rt/?/(7, sperando dal conflitto di tan-
ti interessi avesse in fine a riuscire la li-
bertà d'Italia, ch'era divenuta suo su-
premo pensiero. Ma domandò armati a
T'erdinando V, promettendogli l'investi-
tiu'a anche del regno di Sicilia di qua
dal Faro o Napoli; ed i vigili veneziani
non mancarono di avvisarlo che fosse
attento acciò que' militi stranieri non si
volgessero poi a danno di essi, comeap-
punliiioawenne. Il Papa dichiarò capita-
no generale di sue milizie il nipote Frasice-
sco IM." 1 duca iV Urbino, che tosto s'im-
padronì in Romagna delle terre del duca
di Ferrara Alfonso I. Progredendo le ar-
mi alleale nel l^errarese, Giovanni Moro
rij)nrlò segnalata vittoria sul Po, che can-
cellò la scoli Ita delTrevisan ; e nella Ter-
ralerma ancora la repubblica riacqui-
stò Bassano, Cittadella, Belluno, Vicen-
za calili luodii. Penetrati nel Milanese
i 10,000 Si'izzeri assoldati dal senato,
pare che l'oro diChaumont li facesse tosto
ritornare alle loro montagne. Il Malvez-
zi, e il marchese di lìJanloi'a, liberato a
istanza del I*apa e rimesso alla testa del-
l' esercito, non seppero profittare della
loro caduta per assalire con successo i
francesi, i quali rispettando il Mantova-
no, chiarì i sospetti che con loro si fosse
accomodalo il marchese. Verona difesa
dngli spagnuoli, tedeschi, francesi e ita-
liani, ricacciò il Malvezzi che voleva bat-
terla . Aveudo Giulio II scomunicato :
VEN
conilollieii deiresercilo francese in favo-
re del tluca ili Feirnra, Luigi Xll nel
settembre i5io adunò in Tonrs contro
di lui un'assemblea, che subito apparve
conciliabolo diabolico; nientemeno, oltre
gì i attentati contro l'autorità pontificia e
di guerreggiare Giulio II, si trattò di
raccogliere coli* imperatore un concilio
per farlo depone. Di già Massimiliano I
avea mandato Federico conte di Gorizia,
con lettera del i. "giugno, al sultanoBa-
jazet n, a dolersi de' veneziani, ch'es-
sendo slati depressi, sarebbe tempo op-
portuno che la Porta ottomana s'insigno-
risse delle terre marittime de'veneziani,
i quali si erano tanto spesso offerti di dar
mano a cacciarlo dalla Grecia in Asia!
I turchi rigettarono la lettera, dichiaran-
do contenere tutte falsità! S'affrettò quin-
di la repubblica a mandare anch'essa a
Costantinopoli un oratore ad assicurare
il sultano di sua amicizia, a rappresen-
targli il pericolo del suo impero seicol-
legató riuscissero ad abbatterla, e per
pattuire soccorsi! Ne fu conseguenza che
passati i turchi dalla Valona in Puglia,
Ferdinan<!o V richiamò in essa gii spa-
gnuoli richiesti dal Papa,eche invece con-
tro i veneziani erano entrati in Verona.
A meglio attendere alla guerra, per spin-
gerla e dirigerla con energia, dopo la de-
kv-inne degli svizzeri, pieno di coraggio pas-
sò Giulio II in Bologna, e vi entrò ai 22
settembre. Esortato dagli ambasciatori
alla pace, s'introdusse cj.ualche trattati-
va con Chaumont, ma gumto Chiappino
Vitelli colle genti venezi;ine, non volle
udire più accordi. Il duca di Urbino re-
catosi ad e<;pugnare la Mirandola, fatta
piazza d'armi da'francesi, vedendolo zio
Giulio 11 che si procedeva con lentezza,
\olle portarvisi in portantina, malgrado
le rimostranze de'suoi, partendo da Co-
lonna a'2 gennaio i5i i. Vecchio e infer-
ra o
nio, pel i."Papa volle assistere all'asse-
dio, fiicendo tutte le funzioni d'un gio-
vane ed esperto capitano, fra la neve e
bersaglio dell'artiglierie nemiche, ed a'
VEN 291
20 vi entrò trionfante, salendo una sca-
la sulla breccia, per non voler aspettare
che si sgombrassero le porte. Una scon -
fìtta patita da' papali e da'veneziani sul
basso Po, impedì 1' assedio di Ferrara.
Toinato il Papa a Bologna, l' 1 1 feb-
braio mor\ a Correggio di 38 anni Chau-
mont, di una malattia causala dal dolo-
re per esser incolpato d'aver fatto espu-
gnare Mirandola. Soltentròal cornando
dell'esercito francese Gian Jacopo Tri-
vulzi, già discorde col defunto. Surse un
raggio di speraoia per la pace mediante
congresso da tenersi in Mantova, ma pre-
sentatosi al Papa in Bologna il vescovo
di Gurk Langio luogotenente dell'impe-
ratore in Italia, parlò con tanta arrogan-
za in concistoro, che i veneziani doves-
sero restituire i possessi di Terraferma
per poi riceverli in investitura, che irri-
tatosi Giulio II, per sospettarlo d'intelli-
genza co'francesi, nulla si concluse e partì.
Quindi a' 16 aprile nella bolla in Gocna
Domini,\i Papa dichiarò incorsi nellecen-
sure della scomunica Alfonso I, il Tri-
vulzi, i magistrati di Milano e dell'altre
città di Lombardia, che riscuotevano le
imposte per Luigi XII, essendo da que-
sti impiegate contro le terre della Chiesa,
includendovi indirettamente Io stesso re
a cagione del conciliabolo di Tours. I
francesi minacciando Bologna, e per le
insinuazioni de' Bentivogli comincian-
do i cittadini a tumultuare, il Papa pru-
dentemente a' i4 maggio ne partì, e a'
2 I passò a Ravenna. Nel dì seguente al-
l'uscita del Papa da Bologna, abbando-
nata questa dal cardinal Alidosi legato,
vi entrarono i francesi co' Bentivogli. Il
cardinale celeremente si recò a notificar-
lo in Piavenna a Giulio II, incolpandone
il nipote duca di Urbino, mentre i sospet-
ti erano contro il cardinale per segrete
intelligenze. Giunto anche il duca in Ra-
venna, e non polendo per tal calunnia
aver udienza dallo zio, inasprito d' indi-
gnazione uccise il cardinale. Il Papa in-
consolabile per r avvenicnento partì da
0.^1 YEN
Piaveiioa e si reslilui a Roma. Pe' qua-
li avvenimenti Alfonso! potè ricupera-
re buona parte di sue tei» e in Ilonia-
gna e il Polesine di Rovigo; mentre il
Trivulzi e la Palisse fecero progressi, e
il 2. "nel Veronese e Vicentino, il Friuli
venendo infestalo dagl'imperiali coman-
dali dal duca di Brunswick. A suggestio-
ne di Luigi XII si ribellarono a Giulio II
alcuni cardinali francesi e spagnuoli, ed
uniti a Massimiliano I, fecero da loro de-
nunziare il conciliabolo di Pisa a' 16
maggio contro il Papa successivamente
trasferito a Milano e Lione. E qui di-
lò, che Giulio li fulminò poi riuterdelto
a Pisa e Lione, processogli scismatici car-
dinali, li scomunicò e depose dalla Por-
pora, ed ammonì Luigi XII a non lace-
rare la Chiesa collo scisma, che perciò
sarebbe raffrenata la potenza di Francia.
Indi a reprimere il furioso aidire dei co-
spiratori di Pisa, e meglio scuoprirne le
frodi, colla bolla Sacrosancte Romanae
Ecclesiae, de' 1 8 luglio 1 5 1 i , Bull. Rom.
t. 3, p. 325: Indie Lio Sacri Oeciimcnici
Concila Lalcranensis Quinti, prò die
19 mensis aprilis i5i5. Et damnatio
Conciliahuli Pisani. La bolla sottoscrit-
ta dal Papa e da 2 i cardinali, contiene
tBolle notizie dell'argomento in discorso.
Poscia nella pubblica sessione del conci-
lio generale di Laterano P , Giulio 11 e-
raanò la bolla, Cuni ìnchoatani, de' 1 7
maggio i5i2, Bull, cit., p. 548: Da-
ìnnalioConciliabuli Pisani cuni omnibus
in co seculis. Qui pure dirò, die ammo-
nito Massimiliano I dal Papa e da Ferdi-
nando V a non volersi contaminare con-
tinuando ad aderire gli scismatici e farne
parie, di rivocare i suoi procuratori dal
conciliabolo dt Pisa, e invece mandarli
al concilio Lateranense, richiamò i suoi
ambasciatori che da Trento mandava a
Milano pel conciliabolo, e pienamente a-
derì all'ecumenico concilio, riconoscendo
l'autorità papale. Pe'consigli di Laugio
vescovo di Gurck, il conciliabolo Pisano
tu riguardalo (juiudi con orrore daGesa*
YEN
re e da tutta Germania, e perciò fu creato
cardinale. Inoltre Giulio li strinse nuova
lega a'4 otlobrei5i i con Venezia e con
Ferdinando V re di Spagna, alla quale
poi fu ammesso Enrico Vili re d'Inghil-
terra. In virtìi di questo Irallalo Ferdi-
nando V mandò un esercito capitanato
dal viceré di Napoli Raimondo da Car-
dona, a spese del Papa e de' veneziani,
per operare colie truppe pontificie in Ro-
magna; nel tempo stesso che calavano di
nuovo gli svizzeri in Lombardia, allora
governata da Gastone di Foix. duca di
JN'enionrs nipote del re; ma poi senza far
nulla di nuovo ripalriarono. Massimilia-
no 1 intanto, tardo sempre nelle cose del-
la guerra, cercava con bandi che ficeva
penetrare in Venezia, di eccitare il popo-
lo alla sollevazione, promettendo libertà,
favori e partecipazione di governo. Seb-
bene il senato non li curasse, tuttavia
fece nuovi tenlotivi per riconciliarselo,
ma inutilmente, per la sua indole insta-
bile, per l'influenza de'suoi ministri, pei
suoi grandi disegni d'andare a Roma, di
ripristinare l'impero romano, di vagheg-
giare il papato, come già notai, disegni
lutti a cui mal corrispondevano i mezzi,
mancante per lo più di danaro. Nondi-
meno in Roma a'25 novembre fu solen-
nemente ptibbliccita la pace Ira Cesare e
il [*apa, nella chiesa di s. Maria del Po-
polo. Con successo i veneziani riptesero
le operazioni u)ililari nel Friuli, e lo ri-
cuperarono, favoriti grandemente da Gi-
rolamo Savorgnan ascritto alia nobiltà
veneziana nel i5o8, eoon i.° esempio
ottenuto d'entrare come uno de' 60 nel-
l'aggiunta del senato. In egual tempo l'e-
sercito pontidcio e spagnuolo avanzavasi
nella Romagna, impadronendosi delle
lerre del duca di Ferrara. Col comincia-
re del i5i2 granili speranze si concepi-
rono nelle città di Lou)bardia di tornare
sotto il dominio veneto, ed in fitti a' 3
febbraio gli abitanti di Crescia al grido
generale s. Marco, s. Marco, s\ diedero
ad Andrea Grilli; ed il loro eseujpio fu
VEN
in breve seguito da Bergamo. Ma Gasto-
ne di Foìk da Bologna corse ad assalire
Brescia, e favorito da' francesi ch'eransi
ritirati nella rocca, per cui disponeva di
I 2,000 e più combattenti, ad onta della
più eroica difesa a palmo a palmo la ripre-
se.Orribile fu la strage,treraendoil sacco,
feroci le violenze e le profanazioni per
due giorni; il Grilti cadde prigioniero.
Vedendo il re di Francia contro di sé il
Papa, ed i re di Spagna e d'Inghilterra,
fece fare proposizioni vantaggiose a' ve-
neziani, i quali risposero dover andare
d'accordo co' collegati, ed a mezzo del
Papa ottennero dall'imperatore la tregua
di IO mesi. Il perchè dal re fu racco-
mandato a Gastone di venire a qualche
luminoso fatto, per cui si rivolse all'as-
sedio di Rai'ennn col duca di Ferraraj
e per aver il Cardona mancato di entra-
re nella cittì», si venne a quel uieinoian-
do combattimento dell'i i api ile, in cui
si pugnò disperatamente, vincendo i fran-
cesi; ma per l'accanimento della battaglia
doverono piangere diversi prodi capita-
ni e lo stesso Gastone. Il cardinal Me-
dici legalo dell'esercito, poi Leone X, fal-
lo prigione, gli riuscì fuggire. !\Ial ri-
dotte le truppe della lega, nel d'i seguen-
te Ravenna si arrese a' francesi, così I-
mola, Forlì, Cesena, Kimini; onde il Pa-
pa intimorito inclinava alla pace se noi
trattenevano i veneziani, rappresentan-
dogli restare forze bastanti per sostener-
si, ed esser ormai vicini e questa volta
sicuri 20,000 svizzeri. Riconfortato Giu-
lio II fece l'apertura del concilio di Late-
rano V, e volle [)eisisteie nella guerra. Gli
svizzeri unitisi nel Veronese colle genti
veneziane, ;^r inglesi avendo fatto uno
sbarco in Francia, in essa lichiamate
molle forze, la l'alissefu obbligato sguer-
nire Bologna, e pei icolaudo rJilano con-
centrò le sue truppe da quella parte,
Toinò allora il Trivulzi all'offerte di pa-
ce a Venezia, con promessa d'aiutarla a
coiupiistare tutte le sue terre, eccettuate
le conquistale da Francia, millantando
VEN 293
che il Papa presto sarebbe divenuto gen-
tiluomo di Venezia, con far di questa una
Roma, eh' è (pianto dire si macchinava
d' impadronirsi di essa e di tutto il suo
stato ; quindi doversi fare lega col re
per la conservazione de'propri doininii,
come prima, altrimenti, essendo il Papa
mortale, si finirebbe con rivolgersi con-
tro la signoria, l'imperatore e il versati-
le Ferdinando V. In vece degli spaurac-
chi gratuitamente esposti dal Trivulzi,
l'esercito pontificio e spaguuolo rifattosi,
riprese Rimini, Cesena, Ravenna e minac-
ciava Bologna, per l'acquisto della quale
e di Ferrara i veneziani a'G giugno i5i 2
mandarono al Papa per ambasciatore
Francesco Foscari promettendogli ogni
soccorso. Nello stesso mese in concistoro
Giulio 11 scomunicò il redi Francia, dopo
la qual terribile sentenza seguirono gran-
di mutamenti e disturbi ne'suoi stali, in
Lombardia e nella Liguria, e presto ne
perdette la signoria. Frattanto il cardi-
nal Schiner o Sckeiner, che procurati
gli svizzeri al Pupa n'era il coudottiere,
sempre avanzava e prese Cremona d'ac-
cordo c</ veneti. Bergamo alzò spontanea-
mente il vessillo di s. Marco, il Trivulzi
vedendo l' impossibilità di sostenersi iu
Milano si ritirò in Piemonte, e vano tor-
nava il divisaaienfo del Patisse di difen-
dersi in Pavia. Co^ì la fortuna francese
cadde del lutto in Italia, ma il carico
delle spc'^e della guerra era sostenuto io-
leramenle dalla iepiiblica;per cui eccitòil
Papa a conservarsi gli svizzeri pagandoli,
viceversa tulio andrebbe in rovina. Con-
tinuando a prosperare la lega, Genova
ribellò a Francia e ripristinò il suo do-
ge nella persona di Giovanni Fregoso,
ch'era stato fino allora al soldo veneto;
Milano alzò la bandiera di Massimiliano
Sforza, figlio di Lodovico il liloro, aiu-
tato dalla lega ; il Papa a mezzo del ni-
pote Francc'^co i\Iaria I, non solo riac-
quistò il suo, ma tornò ad aggiungere a'
propri stati Pariiid e Piacenza, oltre
Reggio 5 il duca di Ferrara, abbandona-^
294 V E N
lo da' suoi alleali, dovette ritornare al-
ia poulifìcia ubbidienza, che rese in pie-
no concistoro, e si umiliò a' veneziani ;
il duca d'Urbino dopo avere ricuperala
Kaveuua e 1' aita liomagna, fece il suo
ingresso in Bologna a'i3 giugno i5i2,
per cui i Benlivogli per sempre si ritira-
rono in Ferrara; i veneziani tornarono
in possesso di quasi tulta la Terraferma,
meno qualche fortezza che come Brescia
si teneva ancora da'francesi; ed anche in
Toscana potè il cardinal de siedici, col-
l'appoggio degli spagnuoli comandali da
Gardena , rientrare in Firenze e rista-
bilirvi al governo Giuliano suo fratello.
Convocato un congresso in Mantova per
discutere e regolare le nuove condizioni
di cose, nulla si concluse, per le preten-
sioni dell' imperatore, quale nel favorire
la lega non voleva rinunziare a'suoi di-
ritti «ulle terre ch'egli diceva dell' impe-
ro; del che altamente si lagnarono i ve-
neziani. Questi assediarono di nuovo la
malmenata e illustre Brescia, e n' ebbero
Crema da Benedetto Crivelli, perciò fal-
lo nobile veneziano e premiato: e caduta
Brescia, il comandante Aubigiiy la cede
airimperatore,anzichè a' veneziani, i qua-
li non poco se ne a Iterarono. Giulio II, che
s'era fatto intanto mediatore della pace,
richiedeva che i veneziani rinutizìassero
un'imperatore Vicenza e Verona, e pa-
gasseio 3oo libbre d'oro l'anno a titolo di
censo e 25oo per l'investitura delle altre
terre. Le quali condizioni trovava la re-
pubblica incompatibili e per 1' enorme
gravezza delle somme e per lo costituirsi
perpetuamente censuari, offrendo invece
ragionevole somma, da pagarsi solo vita
durante di Massimiliano 1. Ritiratisi i
francesi dalla Lombardia fino ad Asti, il
Trivulzi riassunse i maneggi colla repub-
blica , e condusse Antonio Giustiniani,
fallo prigioniero a Brescia, da Luigi Xll
infermo di golia a Blois, e portalo alla
presenza del i." ministro Roberlet, que-
sti gli disse: Clic il succeduto fluo allora
«ra sialo coqUo la voloulk del re, Irasci-
V E N
naloda cattivi consigli, specialmente da l-
l'ambizioue del cardinal d'Amboise; che
oia la concordia tra Francia e Venezia
sarebbe perpetua, avendo l'esperienza di-
mostrato , che il disaccordo loro era la
rovina d' ambedue ; esorlava quindi il
Giustiniani a recarsi presto a Venezia
che farebbe buono ulllcio per la patria
sua, onoie e utile a se, anzi sarebbe fia
d'allora libero senz'alcuua taglia. Poi l'as-
sicurò in segreto , che se la repubblica
consenlisse,lesi firebbero vantaggiosi par-
tili. Nel dì seguente il re confermò tulio
al Giustiniani. Esposta poi da questi la
sua missione al senato, fu deciso doverne
priaia d'ogìii altra cosa dar [)arte a Giu-
lio 11 ed a Ferdinando V. Continuava il
Papa le pratiche di pace coli* imperato-
re, insistendo per la cessione dn Vicenza
e Verona, per le quali i tedeschi poteva-
no togliere il passo a' veneziani per la
Lombardia, al che la repubblica veden-
do che si voleva sagrifìcarla , nel fine
d'ottobre cominciò a prestare ascollo al-
le proposizioni di Fiaiicia, scrivendo a*
IO dicembre al Grilli prigioniero a Blois,
facesse conoscere al re quanto gradile e
consolanti fossero le sue ottime disposi-
zioni verso di essa, ma che base princi-
pale della convenzione da stipularsi do-
vea esser la cessione di Cremona e Ghia>
radadda, luoghi indispensabili alla sicu-
rezza de'propri confini. Indi incaricò il
Giustiniani a sottoscrivere i preliminari,
pe* quali stabili vasi sarebbe pace e per-
petua confederazione tra Francia e Ve-
nezia contro tulli, solo lasciando luogo
d'entrare nella lega aJGiulioll, oltre altre
convenzioni particolari. E mentre così
Venezia avvicinavasi a Francia, il Papa
a'iS novembre fece lega con Massimilia-
no I, ed i re di Spagna e Inghilterra, pro-
mettendo di escludere i veneziani da o-
gni Irallato come ostinali nel non voler
accettar la pace con lui, e di perseguitar-
li coll'armi spirituali e temporali. La le-
ga fu denominata sagra, perchè doveva
eombattere Io scisma e lo scomunicato
V EN
Luigi XII. Alcuni storici vi compresero
i veneziani, perchè ancora non isciolli
Jall'altra lego contralta col Papa. A' io
<Jicembrei5i2 nella sessione iv del con-
cilio Lateranense, si decretò un monito-
rio contro i difensori dell'abboininevole
Prammatica Sanzione di Francia, ciuè
il re, i parlamenti, i prelati e i principi
che ne impedivano l'abrogazione, in ta*
le sessione il doge Loredano s'accostò al
concilio di Laterano, esecrando lo scisma
del conciliabolo Pisano, e die perciò am-
plissimo mandalo al suddetto suo amba*
sciatore FrancescoFoscari.Per tale scisma
Giulio 11 mise l'mterdetto nel regno di
Francia, tranne la minore Bretagna, che
perseverava nell'ubbidienza alla s. Sede,
colla sua sovrana la regina Anna. Questa
sgomentata dallo scisma e dalle censure,
essendo incinta di Luigi Xll suo maiito,
sovente lo pregò genuflessa, non senza la-
grime, a riconciliarsi col Papa, altriujen-
ti provocherebbe contro se l'ira divina, né
credere se dover partorire felicemente l'e-
rede del regno; né prognosticò il falso,
poiché sgravatasi d'un bambino, appena
battezzato morì. Quanto a'veneziaui, Giu-
lio 11 passò dalle minacce a'fatti, pubbli-
cando contro di loro un monitorio; ed il
senato a'2.5 gennaio i5i3 scrisse al suo
oratore Foscari, d'essere rimasto sorpre-
so e dolente dell'inaspettata pubblicazio-
ne , senza ragione; e perciò reputandolo
operato a suggerimento e impulso de'mi-
nistri imperiali e spagnuoli, l'incaricò pro-
curare cou ogni sforzo, che non proce-
desse; alla scomunica e all'iuterdeltu; e se
ciò non gli riusciva, supplicasse il Papa
almeno a dichiarare vivae k'ocìs oraculo
(frase che spiegai nel voi. LXXIV, p.2 55),
che i veneziani non avrebbero per esso a
sottostare alle conseguenze dell'atto, che
sarebbe tenuto segretissimo. Mentre Giu-
lio Il vedeva a' suoi piedi i più potenti
nemici, e Luigi Xll supplicarlo di pace,
morì a' 21 febbraio ìji3; avvenimento
che cantbiò l'aspetto alle cose, e la i .
cousegueuza iu il Irullalu d' alleanza Ira
VEN 2()7
Venezia e Francia segnato a Dlois a' 2 3
mai zo. Già il cardinal de Medici era di-
venuto Leone X,egià 8 giorni dopo la
repubblica a' 19 avea fatto le sue congra*
lutazioni a lui e al fratello Giuliano; com-
piacendosi coll'oratore Foscari delle buo-
ne disposizioni del uuovo Papa, col (|uale
era a sollecitarsi la conclusione d'una le-
ga, facendovi entrare anche Firenze e Mi-
lano, e assoldando gli svizzeri per la li-
bertà d'Italia, scopo di quella col Papa
precedente, acciò ognuno fosse reintegra-
to de'suoi possedimenti, e di largheggia-
re nelle diiuostrazioni della più osse<{uia-
sa divozione, partecipandogli la lega cou
Francia, per impedirla sua unione colla
Spagna e l'Impero, che sarebbe stala l'ul-
tima rovina d'Italia, e invitandolo ad a-
derirvi. Preparandosi i francesi al riac-
quisto del IMllanese, i veneziani assolda-
rono di nuovo a capitano generale Bar-
tolomeo d'Ai viano, accolto quasi in triou-
fo reduce dalla Francia ov'era slato pri-
gione, e il doge formalmente gli conferì
il bastone del comando e il vessillo, ambi
insegne benedette. Partilo coli' e*ercito
ricuperò Valeggio , Peschiera e Cremo-
na, e passato l'.Vdda, contro l'ingiunzio-
ne della repubblica, in pochi giorni oc-
cupò id metà del Milanese , i francesi
l'altra con di più Genova, laonde già non
più rimanevano a iMassimiliauo Sforza,
partito di Milano, che Como e Novara.
In (juest'ultima egli unitosi agli svizzeri,
che avea saputo muovere a propria di-
fesa, fu assedialo da'fraucesi, i quali noa
seguirono il consiglio del Grilli d'abbat-
ter prima gli spagnuoli. Attaccati i fran-
cesi a'tì giugno a Piiolta e Trecase dagli
spagnuoli e dagli svizzeri, questi per ripa-
rare l'onta d'avere ivi lasciato prendere il
padredelduca, con valore compiutameu-
le li sbaragliarono e fuggendo tornarono
iu Francia. La battaglia di Novara fu
una di (ptelle che d'un colpo fecero cam-
biar la sorte d'Italia. L'Alviauo non pu-
lendo sostenersi, tornò alle rive dell'Airi-
ìlq. Uulzala così laf'urluuadelduua Mas-
2ij{] V E N V E N
sititiliano, tulle le cillà gli mandarono bigoncia pronunziò un discorso, per cct
ambasciatori, offrendogli ubijidienza e cilaie a soccorrere con offertela repub-
chiedendogli perdono. Quindi le cose ve- biica , ed accorrere a Padova e Trevisq
neziane anch'esse andarono a precipizio, alla loro conservazione; ma non f.icendo
|>erdule di nuovo le terre viacquistate, e egli alcuna offerta, né mandando i figli
lì Papa slava per dichiararsi nemico, lac- in delti luoghi, come ognuno si aspella-
ciaudoii d'aver chiamali i francesi in Ila- 'va, non produsse effetto; tuttavia al cre-
ila. La repubblica pel suo ambasciatore scer del pericolo, Padova fu poi ben soc-
iuRonia Pietro Landosi giuslificò,avver- corsa di denaio e di gente, e così Tre-
lendo il Papa ondeggiante fra le parli viso. Impaziente 1' Alviano di starsene
conteiideuli, del bisogno di pace cheavea chiuso in Padova, uscì in campo per mo-
la cristianità pel pericolo sempre più mi- lestare il nemico nella ritirata a Vicenza,
iiacciante de'lurchi. Gl'imperiali di piìi e chiudergli il passo. Vi riuscì a segno,
jnibaldanzili persisterono nella guerra, e che il Cardona non ebbe altro scampo
costrinsero i veneziani a richiamare in a- se non d' aprirsi la via colla spada e di
jdtoi francesi » sciagurata politica a cui alFrontare una battaglia a' 7 ottobre nel
\edevasi ridotta, dice il prof Piomanin, Vicentino. Con)inciata la terribile e fier£|
per conservare la pi opria esistenza; cru- zuffa , pareva la sorte piegare in favore
da alternativa di dominazioni e devasta- de'vencziani,quando soj)raggiunloilCar-
zioni straniere, di pratiche sleali ed am- dona, e dando addosso a gran turba di
bigue. Venezia avea ormai perduta l'in- contadini accorsi a predare, questi ab-
dqoendenza dell'azione: sbalestrala da bandonalisi alla fuga, scorando co' loro
Fiancia a Germania e da questa a quel- gridi volta, volici, portarofio la confusio-
la, vedevasi costrella quasi a mendicare ne nel campo veneziano che si disperse,
la possessione di quelle terre, che perda- parte venendo barbaramente stermina-
ta la preminenza marittima, sole poteva- lo sotto le mura di Vicenza, ove eiasi
no ancor darle possanza. Ma per questo diretto per rifugio. Il prowedilor Lo-
ella intanto si esauriv;i;i prestili, le lasse, redano fu pi'eso e ucciso, il Baglioni e al-
gli argenti in zecca, le ritenute agl'impie- tri capitani rimasero prigioneri, altri pe-
g.ili, l.'j vendita degli ullizi, a mala pena rirono. Notizia fu (juesta che a Venezia
Luslavano". I concorrenti però agli udìzi tanto più commosse gli animi , quanto
dovciino esser approvali nel consiglio per che più inaspettata arrivava, già leneq-
iscrutinio e per 4 mani d'elezione. Ecco dosi ognuno, per leleltere antecedenti del
un altro stalo vendere gli udìzi; solo si campo, sicuro della vittoria. Tuttavia il
mosse tanto scalpore pe'/^''rfr(7Z'/7/ ('/'.j di senato non si lasciò avvilire e confortò
Boma, sebbene nella -più parte venduti l'Alviano. Tale sconlilla non ebbe quel-
per aiutare la cristianità! L'Alviano sen- le pessime conseguenze ch'erano da a-
tendo che ^\\ spaglinoli s'avviavauoa Pa- spettarsene, perchè gli spagnuoli stanchi
dova, si lecò a difenderla in uno a Tre- e dilacerati anch'essi, sopraggiunte le
■viso, e ributtò il Cardona dall'assalto che picggie invernali, entrarono negli allog-
dièallai.'; magli spagnuoli si vendicaro- giamenti d'Este e Montagnana. E men-
TK) devastando le campagne, bruciando trespagnuoli, tedeschi e veneziani si coin-
LizzafusìiiajMestree Marghera; e il bur- ballevano in Italia, ardeva la guerra aq-
banzoso viceré spintosi fino sull'orlo del- che in Francia contro gl'inglesi e gli sviz-
le Laginie, volle a soddisfazione di sua zeri, impedita quindi di soccorrere la re-
v.'inilà, che da Marghera si facessero al- pubblica. Il che dava grandi pensieri a
cuni tiri di cannoneconlro Venezia, lido- Leone X, che non voleva troppo polen-
ge per la vicinanza del pericolo, salilo iu le Massimiliano I, e vedeva gravissimi pe-
V E i\
ricoli minacciarsi all'Europa dal nuovo
e bellicoso sultano Seliui 1, avido dì coii-
.quiste, e se non fosse slato distratto dalla
guerra di Persia, già avrebbe assalita
l'Europa. Laonde la repubblica erasi aF-
frettata a rinnovar con esso i trattali.
Intantp gl'imperiali non cessavanodi mo-
lestare il territorio veneziano, e neli5i4
Cjistoforo Frangipane scorazzando nel
Friuli, commise orremle crudeltà, ed eb-
be a tradimento Marano, silo importan-
te die alla repubblica non riuscì ricupe-
rare. Da ciò fatto più ardilo il Frangipa-
ne occupò Udine e Cividale, e poco me-
no che tutto il Friuli; ma il suo orgo-
glio fu abbassato al castello d' Osopo,
che chiude il passo in Germania, difeso
dal valoroso e benemerito Giovanni Sa-
vorgnano, finché 1' Alviano lo costrinse
a levare l'assedio e volgersi in Germania,
ed inseguitolo ruppe e pose in fuga le
sue genti. Preso egli da Giovanni Vittu-
ri, lo mandò prigione a Venezia e fu po-
sio nelle Torricelle , donde poi ne uscì
alle replicale istanze del Papa, delT im-
peratore e del re di Francia. A rialzare
le speranze della repubblica contribuì
la rinnovata tregua della Francia colla
Spagna, il ritiro degli svizzeri, e la pace
de' 7 agosto coiringhilterra, comprenden-
dovi i veneziani; per cui restala libera,
potè darle edicaci soccorsi. Ma quesl' a-
oiicizia dispiaceva a Leone X, inclinando
per l'imperatore e la Spagna, e biamo-
so di cacciare i francesi d'Italia, come le
lece dire dal suo segretario Pietro Bem-
bo veneto mandalo apposta a Venezia,
mentre in Roma in dello anno era giun-
to l'ambasciatore Marino Giorgi o Zorzi.
INel principio delijij morto Luigi XH,
gli successe il geuero e i." principe del
s lugue Francesco 1, che tosto assunse il
titolo di duca di Mdaiio, auch'egli per le
lagioni di Valentina Visconti sua ava.
Egli avea sposata la figlia Claudia, già
per trattalo (ìdanzata^all'arciduca d'Au-
stria poi Carlo V e suo grande emulo,
colla dote del ducato di Milano. La re-
VEN .97
pubblica gl'invio due ambasciatori, rice-
vuti onoratamente e con particolare beni-
gniti», a condolersi pel defunto e gratu-
larsi per la sua elevazione, dichiarando
la ferma intenzione di perseverare nel-
l'alleanza, ed eccitarlo ad inviar presto
nuove forze in Italia. Il re rispose aver
sempre amato la signoria, volere in tut-
to favorirla, e che in breve sarebbe ca-
lato in Italia con l'esercito, a tal ertelto
essendosi pacificalo coli' arciduca Carlo
d'Austria signore de'Paesi Bassi; profes-
sar Francia grande obbligazione alla re?
pubblica, sempre restata fedele alleata, e
perciò voler essere il nugliore suo ami-
co. La Spagna non volle rinnovar la
tregua, e il Papa si collegò coll'mipera-
toie, vietando a'suoi sudditi di passar al
soldo veneto. Per l'ingegno del vecchio
Tiivulzi e con ardilo concepimento, i
francesi eseguirono il loro moravinlioso
passaggio per l'Alpi, avendo chiusi gli
svizzeri gli antichi passi di IMonginevra
e ìMoncenisio, giimgendo a'pinni del mar-
chesato di Saluzzo loro alleato, guidando
la vanguardia Carlo duca di Uorbone.
Lo storico prof. Piumanìn trova questo
passaggio uno de'piìi importanti falli del-
la stona militare, superiore a quello di
Annibale che nun avea l'ingombro del-
l'iirtiglierie, e superiore a (|uello di Na-
poleone I che meno ostacoli ebbe a viti-
cere. Contemporaneamente si Irovarono
in Italia 4 eserciti : a M irignano 4o,ooo
francesi col re, tiopo aver preso Pavia e
Novara; a Lodi i ?,,ooo f.mti e 3j000 ca-
valli veneziani; e ilalla contraria parte,
quello composto di papali, fiorentini e
spagnuoli a Piacenza; e quello degli sviz-
zeri a Milniiu. In tal modo la sorte d'I-
talia e (li Massimiliano duca di Milana
si liovò di nuovo dipendere ucll'alfionto
tielle armi. Uscitigli svizzeri precipilosa-
menle da Milano a'i3 settembre i5i5,
si condussero a Malignano; il re gui-
dando la cavalleria francese ne sciolse I or-
dinanze e con islrage, e la notte interrup-
pe i'accatiito combaltimeuto. Questo col
2()r>
V E N
iwjovu giorno ricoraiucR) eoa ardore,
nuaiulo rop|)OiluDO arrivo dell'Alviano
eoo parte del suo esercito , fra le grida
di iMdico, tllarco, tolse agli svizzeri ogni
bj)eianza di sostenersi, e lasciando luoili
morti, pensarono a ripiegire con bella
ordinanza [)er Milano, La vittoria de'
francesi contio i valorosi svizzeri si deve
precipnainente all'iavitlo Aiviaao; e iu
questa famosa battaglia di Marignano,
che il Trivulzi chiamò da giganti, il re
die prove di meraviglioso coraggio e sin-
goiar fermezza. Il Cardona caduto di spe-
ranza di poter difendere lo slato di Mda-
no, pas>ò in riomagna e poi a Napoli, e le
li lippe pontificie uè imitarono l'esempio.
Gli svizzeri, lasciato un presidio de'loro
fanti nel castello con Massintiliano, tor-
narono alle loro case ; per cui il duca as-
sediato capitolò, rinunziando a Fiance-
>co 1 lo stalo di Milano e ritirandosi con
«;onveniente appannaggio a vivere iti
Francia, ed il re fece il suo solenne in-
gresso in Milano, ove recarousi a felici-
tarlo 4 ambaicialori veneti con l'Alvia-
no. Avendo questi ricuperato Dergamo,
mentre si preparava all'assedio di Crescia
morì d'anni 60 a'7 ottobre: portatoli cor-
po a Venezia, gli furono celebra te solenni e-
scqnie, con orazione funebre dell'eloquen-
te Andrea Navagero, e venne deposto in
s. Stefano, dov'è il suo monumento sulla
porta magnifica che mette nel chiostro.
Il senato, colla solita sua generosità, as-
segnò alla vedova e al figlio 60 ducati
mensili, casa ed esenzioni di dazi, e alle 3
figlie 3ooo ducati di dote per ciascuna.
Parlando d'Alviano, patria di quest'eroe,
nel voi. LXIX, p. 48, dissi che d Mar-
chesi nella GuUeria dell'onore ne anti-
cipa la morte, il che è errore. Imperocché
scrissi, che Luigi XI I volle vederne il ca-
davere : f[ui mi rettifico con dichiarare
che ciò forse deve attribuirsi a France-
feco I, altrimenti sarebbe anacronismo, il
fcuo ilegno storico poi, che vado a cele-
brare, lo dice di Todi, e perciò suo con •
Ciltadinu, ed iu «iuell'arlicolo per tale lo
YEN
qualificai. Ora si è pubblicala la fitit
di Bartolomeo di AL'iuno, per Lorenzo
Leonii,Tod\ presso Alessandro Natali edi-
tore 18 58. Ne dierouo contezza, con bel-
le lodi all' autore, già encomiato per le
sue egregie Memorie storielle di Todi,
la Cronaca di Milano de' 3o alaggio
1 8 j8, a p. 578 e 58o, del eh. cav. Gan-
tìi; e la Civiltà Cattolica de'22 gennaio
I 8 Ji9,ap. 2o4,con più esleso ragguaglio.
Da (|uesto si apprende, avere dipinta ia
brevi tratti l'indole e l'umuagine dell' Al-
viano, unode'più insigni capitani italiani
di sua età, anche il eh. Ercole Uicotti nella
sua Storia delle compagaie di ventura in
Italia. Slaudo prigioniero in Francia, con
una cannuccia e con polvere di carbone
intiisa nel vino scrisse i commentarli del-
la propria vita. Il laudato libro è corre-
dato d'ampii documenti tratti la più par-
te dagli archivii di Todi e di Venezia.
Per la perdita dell'Alviaào, conferirono
i veneziani, col consenso del re, il co-
mando generale al lodato Gian Jacopo
Tiivulzi, al quale per altro non riuscì di
ridur Crescia, munitissima dagli spagnuo-
li; bensì ricuperò Peschiera, Asola e altre
terre. Tornalo sotto Crescia la strinse di
assedio, e stava per espugnarla colla fa-
me, quando il barone di Uokendorf cou
8000 tirolesi l'obbligò a ritirarsi. Intan-
to Leone X, vedendo pericolare la sua
condizione, chiese ed ollenue da France-
sco I un abboccamento a Bologna ne*
primi di dicembre, accompagnando il re
gli ambasciatori veneziani. Nel congresso
fu abrogata la Prammatica Sanzione, e
sostituito il Concordato tra Leone Xe
Francesco Ij si mandò il cardinal Egi-
dio Canisio all'imperatore, onde piegarlo
a coiuporsi co' veneziani; il Papa accou-
senù all'impresa di Napoli, che medita-
va il re; e questi convenne al conferimen-
to del ducato dì Urbino, che il Papa vo-
leva dare al nipote Lorenzo de Medici,
privandone Francesco M.^ 1 della Rove-
re. Separatisi i due [nincipi, il re prima
di toruar.e iu Francia, ad assicurare il suo
YEN YEN 2(j.)
dominio in Ilalio, afìiilò il comnnclo gè- minare o assopii e la conlcia ligu.udan-
iierale (.lell'escicito iilduca di Dorbuiic, te i dirilli su INupuli. Si racculse poi un
dandogli la spada di conlcslabile di 9.6 congresso a Urusselles, e mentre le pre-
anni, e destinò nuovo soccorso di genie lensioniilegli ambasciatori imperiali era-
alia repubblica, sotto il governo del prode no csorbilanli, giunta la notizia della pa-
Odetlo di Foix. dello Laulrec, cugmo di ce seguila a' 2q novembre Ira la Fran-
Gaslone perito a Ravenna, coU'uiCilrico eia e la Svizzera, 1 animo di Massimilia-
d'aiutare i veneziani ai ricupeio di Ere- no 1 si fece pili arrendevole, lliprese duu-
scia, unito a Teodoro Trivulzi nipote di que le Irallalive, si condussero a leindne
Gian Jacopo e capitano in suo luogo del- a'3 dicenìbre con i 3 mesi di tregua, con-
ia repubblica. Nel i 5i6preparandosi l'un- segnarsi iiilanlo Verona e suo conladu
peratorea recarsiin Italia, eLeooeXdesi- al re di Spagna, la cessione di itoveredo
derando 1' abbassamento de' francesi, la e di Riva ili Trento per parte de' vene-
ie[)ubblica inviandogli per auibascialore ziaui, e per indennizzo di spese essi e i
Marco Minio, procuròimpedirne la rotlu- francesi pagherebbero 20o,oooduciili,i i-
ra, erivolse le suecure ad assoldaresvizze- lenendo inollre l'imperalore le lene ac-
ri e italiani e per capitano Giano Frego- quislalenelFriuli.Cosia'24genna!oi5i7
so parente del doge di Genova. Venule entrarono nella tanta agognala Verona
Massimiliano! con Dumerosuesei'cito,u)i- ì| Laulrec, co'prov veditori veneti Andrea
nacciando spavento e desolazione, invece Grilli e Gio. Paolo Gradenigo, con vi-
otlenne poco eflello; onde abbandonala vissime dimoilrazioni di giubilo de'vero-
l'impresa di Milauo,toruòiu Germania, e uesi; e la repubblica dopo 8 unni di guer-
J'csercilo dopo aver saccheggialo Lodi e re e travagli tornò in possesso di tulli i
sue adiacenze, nella più parte ripatriò e suoi slati, perciò grandi feste si fecero u
gli altri passarono a Verona. Avendo la Venezia e rendimenti di giazieaDio, eoa
lepubblica ii[)reso l'assedio di Brescia, larghe limosino a' [)overi. Il senato pre»
co'soccorsi eflicaci di Laulrec, dopo mi- sento di ricchi doni Laulrec, e il Grilli
labili sforzi da una parie e dall'altra, gli l'accompagnòsinoa Lodi. Venezia si rial-
assediati vennero a patti, ritornando do- zò a novella potenza, ma le conseguenze
pò tante vicende nel dominio veneto, fa- di lauli funesti eventi, che aveano fallo
tendovi l'ingresso il provveditore Grilli Italia palestra alla cupidigia di Fiancia,
a''26 maggio. 1 veneziani passarono ad as- Germania e Spagna, non si polevanod'uii
sediare Verona, uniti a Laulrec, che poi tratto di penna distruggere; eia pace sul-
volle lilirarsi , onde potè entrare nella la carta nun era nel cuore e la coudjjt-
città il soccorso tedesco. A' i 3 agosto se- levano le passioni tlegli uomini, come
guì a Noyon la pace tra Francesco I e bea osserva il eh. Iiomanin. Leone X u
l'arciduca d' Ausilia Carlo sovrano de' istanza del doge Loredano, creò cardina-
Paesi Bassi, divenuto re di Spagna, la- le Francesco Pisani patrizio veneto, che
sciando all'avo di questi Massimiliano I iutervennea 8 conclavi. Francesco I inoU
due mesi di tempo per aderirvi, con oh- to si adoperò a comporre le cose dell'iiu-
bligodi restituire a'veueziani Verona col peiatore colla repubblica, rinnovò con
compenso in denaro. La Spagna si ob- essa il trattalo di Luigi XII, e polè con-
bligò di assegnare una provvisione alla seguire a'3 i luglio i5i8 una tregua di
regina Caterina vedova di Giovanni d'Ai- 5 anni, ritenendo l'imperatore e i vene-
bret redilNavarra, per averla spugJiatn del ziani i pusseilimenti che occupavemo, ob-
legno per la divozione mostrata a* fran- bligandosi gli ultimi pagargli nel qum-
cesi; e Francesco 1 darebbe la sua pii- quennio 2u,ooo ducali l'anno, llesiav.i
{uogeuita iu luatrimuuioa Cario per ter- a concertarsi sui cuuiÌ!ii,ila compulsi dai-
3oo V E N
l'iubiliato del re di Francia, quando Mas-
similiano I luoiì a' 19 gennaioi5ig. To-
sto si accesero vive gare per la successio-
1)6 all'impero tra il suo possente nipote
Carlo re di Spagna, e Francesco I re di
Francia, die ricordava il potere di Carlo
Magno re de' franchi, il quale pel ì.° ne
avea cinto la corona. Carlo come arcidu-
ca d'Austria, nella cui famiglia erasi nuo-
vamente conservata l'imperiai corona da
Alberto II del i438, e quale signore del-
le Fiandre era già meujbro dtll'impero,
per cui non avca altro principe che a lui
jjotesse competere. Ma d'altra parte lu-
singavano Francesco I, oltre le mire del
predecessore Luigi XII, le molte amici-
zie che manteneva in Germania, la per-
suasione che molli vedessero di mal oc-
chio appunto quel conservarsi la corona
lungo tempo nella casa d'Absburg, qua-
si fosse ereditaria, le somme infine che
profondeva a procurarsi i voti degli Elet-
tori dell' Impero, a mezzo di Guglielmo
Bonnivet suo favorito ambasciatole alle
corti di Germania, ma non distribuite
con prudenza. Francesco I volle indaga-
B"e qual fosse l'animo della repubblica in
favorirlo, ma la trovò alquanto fredda;
uè meglio riuscirono i suoi sforzi col Pa-
pa, il (piale se mal volonlieri vedeva il gi-
gantesco ingrandimento di Carlo, nen.-
meno poteva desiderare quello di Fran-
cesco I, ricordevole dell'ingiurie falle da'
due suoi ultimi predecessori alla di lui
casa Medici , e temeva che ne avesse e-
reditato lo spirilo. Intanto raccoltisi gli
elettori in Francfoi l , un esercito fallo
muovere a quella volta da Carlo sotto co-
lore di proteggere la libertà de'suffragi,
come Francesco I avea preteso da'vene-
ziani, fece fuggire Bonnivet a Coblentz,
animò i suoi partigiani, e con maggioran-
za di voti, non avendo voluto accettare
la corona Federico III elettore di Sas-
sonia e anzi designato Carlo , fu eletto
Imperatore a'28 giugnoiSige si chia-
mò Carlo V. La sua esaltazione depres-
se l'animo di Fiaucesco I , benché meo-
VEN
tre era suo competitore all'impero gli a»
vea scritto. » Riguardiamoci come due a--
mici, che mercano i favori d'una mede-
sima amante; e ciascuno di noi promet-
ta di rispettare i diritti del più fortuna-
to". La repubblica inviò le sue congra-
tulazioni al nuovo Cesare, e scrisse al suo
oratore in Francia, lodando il pensiero
del re, di persuadere il Papa a mandare
al nuovo re de'romani la corona solo per
via d'una bolla, onde non avesse a veni-
re in Italia, e che ciò si facesse con av-
vedutezza, e se Carlo V mostrasse vera-
mente intenzione di venire a Roma , se-
condo r obbligo dell' eletto imperatore,
mai fino allora dispensato (in quell'anno
l'ambasciatore venuto a Roma era Luigi
Gradenigo, successo a Francesco Donato
inviato nel precedente i5i8). Inoltre la
repubblica si mostrò [)ropensa a collegar-
si col re e col Papa a difesa reciproca, an-
che contro Carlo V. Con questi intanto,
che avea posto in campo l'aifare delTin-
veslitura ripulsata diploinaticamente,rin"
novo la tregua quinquennale, conferman-
dosi alla repubblica il possesso del Friu-
li e dell'Istria, con trattato de'3 maggio
i5ii, pel quale i veneziani cederono A-
quileia e altri luoghi. Ma queste non e-
rano che apparenze di pace, e nuove e
furiose guerre doveano scoppiare ad au-
mento delle sciagure d'Italia. Il trattato
di Noyon non era stato puntualmente e-
seguito. Il re di Francia si lagnava non
fosse stato dato il promesso compenso a-
gli eredi dello spoglialo re di Navarraj
metteva in campo nuove pretensioni sul
regno di Napoli, a cui Carlo V avea do-
vuto {in dalla sua elezione giurare di ri-
nunziare, percliè i Papi, supremi signori
di esso, avevano proibito di riunirsi alia
Lombardia e airimpero;raa sebbeneLeo-
ne X pel suo legato nella vacanza del-
l'impero avea perciò ammonito gli elet-
tori a non eleggere Carlo, riondi meno nel
1 52 I lo dispensò e autorizzò di ritenere
il regno di Napoli con aumento di cen-
so. Dall'altro cauto Carlo V voleva fartj
V EN
rivivere i suoi clirilli sopra i ducali di
Milano, e di Borgogna rictiperuto alla
Frimcia da Luigi Xll,'e faceva ogni sfor-
zo per allontanar Venezia dall'alleanza
francese e subentrarvi lui: nel lagnarsene
coll'arabasciatore Gaspare Conlarini, di-
chiarò vuler inetlere al governo del Mi-
lanese italiani e non gente straniera , e
ricordando aver detto il doge Loredano
agli ambasciatori imperiali, che per ser-
bar fede a' francesi erasi rovinato lo sta-
to veneto e l'Italia. Leone X che da essa
avrebbe voluto cacciarci due contenden-
ti . per temere che francesi e spagnuoli
si dividessero tra loro l'Italia stessa, in
principio inclinò per Francesco 1 a favo-
rire l'acquisto del regno di Napoli pel suo
secondogenito, a condizione che Gaeta e
tutto il paese tra il Gaiiglianoe i confi-
ni dello stalo della Chiesa fossero a que-
sta riuniti immediatameote; ma conside-
rando il bisogno che avea di Carlo V per
reprimere l'eresiarca MarlinoLutero, che
colle agitazioni leligiose scompigliava
Germania, si decise d'accettare le larghe
offertedell'imperatore, gli concesse Indet-
ta dispensa, e d'aiutarlo a cacciare i fran-
cesi da Milano e da Genova per stabilire
rei governo del i." Francesco 11 Sforza
secondogenito di Lodovico il Moro, otte-
nendo per se la reintegrazione di Parma
e Piacenza, e sulficienti soccorsi per ricu-
perareFerrara alla diretta sovranità del-
la s. Sede; ed un tentativo de'francesi per
impadi unirsi di Pveggio, ina>pr'i il Papa,
e dichiarandosi aperlanienle per Carlo V
fece lega con lui. Prima conseguenza ne
fu la prova fallita de'fialelli Guolamo e
Antonio Adorno per rientrare nel giugno
in Genova con soccorsi imperiali, laonde
i francesi invitarono la repubblica a far
gli opportuni provvedimenti; e la morte
di Gian Jacopo Trivulzi, malcontento di
Francia per essersi inimicalo con Laulrec,
e pentito d'aver introdotto i hancesi in
Italia col portentoso passaggio dell' Alpi
da lui studiato, contribuì non poco a ren-
dere aucoi' più mal disposti i luilunesi ver-
V E N 3o I
so il governamento francese, il cui irri-
tamento si accrebbe alle violttiize usate
da Lautrec per pagare 4oo, odo scudi a-
gli svizzeri. Allora non solamente le co-
se d'Italia occupavano l'attenzione d'Eu-
ropa, raa altri gravi avvenimenti di Ger^
mania, Spagna e Francia, che raccontai
a'Ioro articoli; il movimento dell'idee dal-
l'invenzione dell'arte della stampa era
divenuto immenso, e né più del potere
laico era risparmiato il religioso, laonde
gli elementi d'una grande e deplorabile
rivoluzione nell'idee esaltale, era no spai'-
si da per tutto, solo mancava l'uomo che
dal pensiero si attentasse di farla passa-
re arditamente in allo. E tal uomo fu
lo sciagurato Martino Lutero, il quale ri-
producendo gli empi errori di altri ere-
siarchi, ve ne aggiunse de' suoi « diven-
ne caposella àt Luleraiii {f.), idra che
produsse un gran numero di Svile ere-
tiche, conosciute col nome di Protestan-
ti (/'.) e altri. Protetto Lutero da Fede-
rico 111 duca di Sassonia (^•), più "n-
punemente predicò e propagò cogli scrit-
ti i suoi perniciosi errori, fra'quali aboli-
va il Celibato ecclesiastico e concedeva i
Beni di Chiesa a'Iaici, quindi innumera-
bili ardenlissimi fautori. Leone X colla
ho\\aEjcurgeDoniine,i\e i Ggiuguo i 520,
Bull. Ro.'H. t. 3, par. 3, p. 4^7= JJ^'n"'i-
tio trrornvi Martini Liitheri, et sequa-
cinm. Clini monilionc, et rcqnisitione, ni
ah eis recedant. Ma vie[)più imperver-
sando r eresiarca nella pretesa riloiina,
il Papa colla bolla Decet liomantim Poh-
tifieem, de'3 gennaio i. 52 i , ^»//. cil., p.
493: Damnatio et exeonimnnicatio Mar-
tini Liilheri haerelici, et e/'tis .se(jnaciiiìn.
Dalla Germania i luterani libri penetra-
vano nella Francia,n^\VJnglùlterra,ne\'
la Svizzera, ne' Paesi Bassi, nella Sve-
zia, nella slessa Spagna ( 7 '.), da per lut-
to venivano sequestrali, bruciali , ma il
veleno pestifero falaln)enle si diffondeva.
Venezia in tanta frequenza di comunica-
zioni commerciali colla Germania eaven-
do dimora io essa i Icdeschi, non potcvn
3o?. V E N V E N
niidnrne immune, ed o'aG ngos^o i Tao to d'indifferenz;!, tra la quale e li Uillc-
rom|)aiiva dinanzi al collegio il vicario rnn/.a dell'altrui credenza corre un Ix-l
del patriarca Conlarini , presentando la divario. IMa nello stesso tempo la natu-
ponlificia bolla di condanna delTopere e ra speciale del loi-o stato eminentemen*
tielle proposizioni in essa specificatediFjii- te commerciale, e in cui fin da remoti
y;ro, con minaccia di scomunica a olii le tempi concorsero sempre individui di liU-
tenesse e professasse; e domandò licenza te le nazioni e religioni, esigeva un par-
di sequestrare le opere luterane presso il ticolare riguardo alla libertà di coscieu-
libraio tedesco Giordano domiciliato a s. za, e proponeva il difficile assunto «li so-
jVIaiuizio, il clie venne eseguilo e il pa- steneie da una parte intatta la caltolica
triarca le fece pubblicamente bruciare, fede, e di accogliere dall'altra tutte le re-
rs'on pertanto anche in Venezia eransi prò- ligioni e non perseguitare alcuno a uioti-
pagale, come suole sempre avvenire de' vo delle sue opinioni religiose, fino a tan-
libri posti iiW fiiflice de libri proibiti, per- to die queste non degenerassero in iscan-
ciò appunto tanto più ricercati, e per chi dalo pidjblico o in alti altentalorii alla
non deve confutarli o co'ioscerne a buon religione dominante. Di conformità a (pje-
fìne gli errori, per riprovevole curiosità, sto principio op|)oueva la repubblica luu-
Certameule gli avrà letti quel traviato fr. ga resistenza ad ammettere l'inquisizio-
Andiea da Ferrara, seguace di Lutero, ne, e quando pur alfine l'accellò fu sol-
che audacemente con pubblico scandalo tanto con certe strette condizioni e colla
predicòsur un pogginolo in campo s. Ste- continua vigilanza de'magistrati, incari-
fino, sparlando del Papa e della Corte caudone anzi in ispecialità il doge, capo
ili A'o///^/, del cui vocabolo anche nel voi. responsabile tlello slato, ed il 20 marzo
LXIII, p.i53. Leone X fece rimostran- 1 52 i il consiglio de'Dieci prendeva cir-
ze alla repubblica [)er impedire la slam- ca a certi eretici accusati di stregheria in
])a dell'opera di quel pessimo frate, ed Valcamonica una deliberazione degna di
il nunzio apostolico di Venezia doman- crmsiderazione per più rispelli, la quale,
dò la punizione di esso; ma il tollerante ricordalo al principiolozelo sempre spie-
governo già l'avea fallo partire, onde si gato dalla repubblica in prò della fede
limitò ad assiciu'are che il libro non sa- caltolica, non ascondeva però come in tal
rebbe impresso. Dimostra il prof. Uoma- materia fosse uopo procedere con matu-
nin, che tult'altro che severissima fu la rilà e giustizia, e affidarne l'esame a per-
repubblicadi Venezia nel perseguitare gli sone al di sopra d'ogni sospetto, di chia-
erelici, cocne altri pretesero, saviamente ra intelligenza e di retto giudizio. Vole-
iiolando,cliealcuni fatti isolatamente pre- vasi quindi che della faccenda di quegli
si, e alcune parole non baslano a far con- stregoni fossero incaricati uno o due ve-
cludere con rettitudine di giudizio sul si- scovi insieme col p. inquisitore,i quali lui-
sterna in generale; convenire tener Sem- ti fossero di dottrina, bontà e integrità
jire conto delle circostanze tutte, le qua- prestante, e con loro avessero a couve-
li dierono motivo a certi fatti o a certe nire due dottori laici per la formazione
leggi, e deirapplicnzione che queste ebbe- de'processi. I quali processi ridotti a ter-
rò nella pratica.» Un profondo sentimen- mine senza uso di tortura, dovessero es«
lo religioso fu sempre ne' veneziani, e si sere poscia esaminati con nuovo interro-
iioaniliesla in tutte le pratiche esterne del- gatorio de'rei da ambo i rettori di Bre-
la religione, in tulli i provvedimenti fatti scia colla corte del podestà e 4 altri ilot'
in ogni tempo a suo favore, negli alti stes- tori, procedendocon tutta diligenza e cir-
si del governo, i cui esordii pieni sempre cospezione prima di passarealla sentenza,
dell'idea religiosa respingono oguisospcl- e badando attenlameule che l' appetito
VEN VEN So"?
i]t\ lidia IO non fosse causa di far con- prigione slcnrn e forle, npparlnta dagli al-
tlaiinaie o vergognare alcuno, sen7a , o Iri prigioni per altri delitti e sottoposti a
con minima colpa". Più esempi riporlo grave ammenda pecuniaria. Ammessa
il prof. RoDianin della mitezza e della l' inquisizione (con quella famosa condi-
cnuta procedura del governo veneziano, zione , che non fosse valida sentenza al-
anclie co'Iuterani (nille discussioni tenu- cuna del s. ndizio alla quale non avesse-
le nel senato e dell'apprensioni di Paolo ro assistilo colla presenza loro i genti-
III per l'ammissione in Venezia del i." luomini die n'avevano l'incarico) veniva
residente inglese eterodosso, parlo nel do- in massima ammesso altresì, almeno^^rr
gado 79.°), e delle COI rispondenti lagnao- forma, il rogo; quanto poi all'adoperar-
ze e querele falle da'Papi e da'pp. inqui- Io, era ben allra cosa, riè se ne lia nie-
sitori, come di Giulio III contro gli ere- moria in Venezia «Ben è vero che l'am-
lici, il quale nel i55ofece calde limo- basciatoie Paolo Tiepolo diceva nel 1 566
stranze all'oratore Matteo Dandolo, a cu- a Papa Pio V, che si lagnava della mi-
slodire Venezia acciò non s' infettasse lezza dell' inquisizione negli stali vene-
di errori ereticali, gravandosi che i laici li: rrz: ^oi usiamo piìi elletli the dimo-
fossero in tali materie rongiudici cogli stralioni, non fuochi el fìame , ma far
ecclesiastici. Ciò die motivo alla bolla moiire secrelamenle chi merita, -zz ma
pubblicata dallo slesso Giulio III, contro queste parole chi lueritn lasciano, com'è
i secolari che s' inlrometlono nel cono- manifesto, campo assai largo all'azione
scere i punii di Eresia. Neh 564 Pio IV del governo, e basta esser un poco ver-
disse all'ambasc iatoie Giacomo Soranzo, salo nella diplomazia veneziana, special-
che la signoria era siala sempie troppo mente nel secolo XVI, per conoscere co-
indulgente nelle cose d'eresia occorse in m'esso di frequente soleva cedere nelle
Venezia, Verona e Vicenza. Bramò che forme, e soddisfare colle parole, pur ser-
si mostrasse più severa, e adoperasse mi- bando a se inlalto il diritto, libera 1' a-
gliori rimedi. Lo sialo della repubblica zione; e infine i lesti de'docninenli che
essere da più bande vicino ad eretici, do- riferiamo, e iy'^7///Htteslaiioche tali mor-
vcrsi perciò slare in buona guardia, ac- li segrete ben poterono essere foisequal-
ciò non vi entri lai peste, e quando alcu- che rarissima eccezione, non mai sistema
no venisse scoperto infetto d'eresia si pu- nella procedura contro gli eretici". Nel
nisse acerbamente; poiché sapere, in Pa- i588 Sisto V essendosi lagnalo de'porla-
dova pure essere slati lo Ilei ali degli sco- menti della repubblica, sorridendo li'^iiose
lari ledeschi aperlamenle eretici, i quali il cardinal Farnese:» PadreSanlo, que si-
infellaiono allri. Laonde il consiglio de* gnori governano il loro stalo colla regola
Dieci a dare qualche soddisfazione al Pa- «li slato, e non con quella dell'uflizio del-
pa emanò un'ordinanza nella quale di- l'inquisizione, perchè sebbenesi deveaver
cendo non potersi fare cosa più graia a l'occhiosincero alla religione, si deve però
Gesù Cristo e a lutti i fedeli dello stalo averlo anche ad altro". Osserva quindi
olire a quella ili cercare con luUi i mez- il prof Romanin, che gl'inquisitori furo-
zi di allontanare quella mala sorte di uo- no sempre tenuti negli slrelli limili della
mini che seguono le loro opinioni io ma- legge, e limpioverati e puniti d ogni a-
leria di religione, veniva ingiunto a tut- zione arbitraria , né si permelteva loro
li i leltori di dovei li bandite da luUe le alcuna autorità né sui greci, né sugli e-
tene della repubblica, con intimazione biei; ed un inquisitore lù rinipr(jveralo
di partirsene enlroi5 giorni dalla pub- d'aver voluto metter mano sopra un e-
blicazione del decreto, e con minaccia brep, altro di Padova perché voleva ob-
che lornaudO; sarebbero linLbiusi io una bligar gli ebrei ad andare alla predica, e
3o4 V E N
rimproveri ebbe pure un predicatore, per
avere dal pergamo inveito contro di es-
si. Sebbene le leggi per gli ebrei erano
in generale restrittive, umilianti, cuoie
altiove, sempre però ne furono tutelate
le persone e le sostanze, osservate le con-
(lolle, ossia gli accordi fatti con essi per
una temperarla ditnora, di che feci pa-
iola parlando de'medesimi nel § XIV, u.
5; fu loro amministrata imparziale giu-
stizia, non fu n)ai permesso alcun atto di
violenza o d' insulto contro il loro cullo
e i riti religiosi; si ricompensarono con
privilegi ed onori quelli che per qualche
utile recato alla repubblica si distin-
guevano. Kel 1490 1' ingegneie Alber-
ghetti avendo ideato un nuovo mecca-
nismo e pensando unirsi per l'esecuzio-
ne con alcuni ebrei, domandò al colle-
gio se l'ordinanza 19 marzo i4'4 'C'
Jativa a'privilegi era anche ad essi appli-
cabile, al che ottenne in risposta: « Che
quelle concessioni di privilegio estenden-
dosi a chiunque inventasse qualche no-
bile e utile opera, intender doveasi sen-
za eccezione tanto di veneti come di fo-
restieri, si di cristiani come di ebrei,
infine di chi si fosse di qual pur siasi cit-
tà o sella ". Nel i533 il consiglio dei
Dieci concesse a Calo Calominos medico
ebreo, modo di mantenere suo figlio agli
studi, et a farsi un homo allo al servi-
gio di qucsla indila ciltà. Nel i65o si
concesse privilegi ad ebrei che inventa-
rono e introdussero a Venezia la mani-
polazione del sublimalo corrosivo. Era
tale la hberlà d'azione, volutasi sempre
conservare dal governo, che nell'agosto
i564, non ostante il decreto nominato
del precedente aprile per compiacere al
Papa, scriveva a'grigiooi venissero pure
a negoziare in Venezia senza alcun ti-
ntore dell'inquisizione, coutermaudo il
precedente loro promesso, ed anco nel
resto dello stato, purché vivessero mo-
destamente senza dare scandalo. Con-
clude il prof, tìoinanin : Eppure ciò non
pertanto il governo della repubblica si
V E N
mantenne sempre cattolico, le sue oppo-
sizioni a Pioina non portarono alcuna
alterazione nella fede; mentre Germa-
nia, Francia, Inghilterra, Fiandra, an-
davano sossopra a causa della sedicente
riforma, e questa, a malgrado delle per-
secuzioni e delle carnifìcine, vi metteva
radice. Però delie benemerenze de'Papi
per preservare I' Italia dall'eresia, in
più luoghi ne ragionai; e se l'errore si
radicò negli altri stali, fu colpa de' go-
vernanti, o perchè distratti dalle guer-
re e dalla politica, o per la cupidigia
d'impossessarsi de' b-'ni ecclesiastici, ol-
tre altre passioni, il tutto narrato e de-
plorato aloro articoli. Di più debbo ag-
giungere, che in diversi tempi in V^ene-
zia e altri luoghi del dominio, essendosi
maritate molle donne cattoliche con te-
deschi acattolici, ed avendo procreato de'
figli, questi ftu'ono allevati nella religione
materna, ch'è l'unica vera. In tali condizio-
ni e fra diverse guerre trova vasi avvolta
l'Europa, quando a' 22 giugno \^ii
cessò di vivere il doge Loredano d'anni
84,090 secondo il suo biografo, lascian-
do ottima fama di se, e consolato pochi
d'i prima della sua morte dalla nascita
d'una nipote in 4-" generazione. Kelli
sono i particolari descritti tlal piof Pio-
manin dopo la sua morte, e l'esequie,
non che le cerimonie seguite nell'elezio-
ne del successore. Egli dunque narra, che
raccoltasi tutta la signoria, furono fatte
suonar a i4 ore le campane di s. Marco
9 volle, e cos\ quelle di tutte l'altre chie-
se; fu spezzato l'anello col sigillo ducale
portante l'epigrafe: Volunlas Senatus j
eletto vice doge il [)iù vecchio consiglie-
ra Battista Ei izzo e fatto far l'anello da
bollare in cera collo steoima di lui, con
lettere annunziandosi la morte del doge
a tutte le tene suddite. Gli uomini del-
l'arsenale assunsero la guardia del pa-
lazzo, nel quale rimasero, secondo la leg-
ge, i consiglieri e i capi di Quarantia
fino alla creazione del nuovo doge. Il
defunto litri) fu portalo la sera stessa nel-
V E N
la sala del Piovego, coni* eia cosluiiie,
uia nella niatlina seguente, collocato su
alto palco, e guardato da 22 gentiluo-
niiui vestili di scarlatto a indicare che,
s'era morto il doge, sussisteva la signo-
ria. Fu a tulli llbeio il vederlo, ma il
corpo troppo elevalo non si scorgeva. Si
recarono in gran consiglio i patrizi, e
con essi il palriarca, gli ambasciatori, i
senatori, i consiglieri, i capi de'Quaran-
ta, il vice-doge ; mentre nella chiesa de'
ss. Filippo e Giacomo si riducevauo i pa-
renti e gli amici del defunto, per accom-
pagnare i figli a pahizzo. Discesero nella
sala del Piovego a far uffizio e assistere
al solito vespero de' morti, incedendo il
primogenito del doge procuratore con
panno nero in testa, presso il patriarca
e il vice doge. Il cadavere del Loredano
era imbalsamato in una cassa impecia-
la, con sopra una coperta di reslagiio
tl'oro, e la veste simile foderata di vaio,
il cuscino e il berretto ducale, gli speroni
disposti come li avesse a'piedi, e la spada
dorata dalla parie della mano sinistra.
Intorno al feretro ardevano grossi ceri,
e nelle panche attorno sedevano 28 pa-
trizi vestiti di paonazzo. Postasi in movi-
mento la comitiva, precedevano la pom-
pa funebre iig gonfaloni delle scuole
piccole, ciascuno Ira due o quattro tor-
cie su candellieri dorati; venivano poi
le scuole de' BaLudi o flagellanti, por-
tando 24 candellieri d'oro (sic) ciascu-
na; indi tutti i frali mendicanti e con-
ventuali di Venezia e Murano, i canonici
regolari , tuli' i monaci bianchi e neri ,
le iX congregazioni del clero, il capitolo
della cattedrale, quello di s. Marco e 100
preti con ceri di libbre 4 l'uno. Seguiva
la scuola della Misericordia, a cui il doge
avea appartenuto, con 100 torcie su can-
dellieri neri, colla sua Croce tra 4 ceri
dorali su candellieri dorati; venivano
successivamente i coinandadori vesti-
li di /;mw, gli scudieri del doge e i fa-
migli con mantelli neri, gli scrivani delle
ptigioni (perchè le carceri spettavano ul
VOL. XLII.
VEN 3o5
doge), i capitani e i gaslaldi, So uomini
da mare , ciascuno con torcia di libbre
IO. I fratelli della scuola portavano su
aste lo scudo dei doge voltato, che poi si
depositava nella basilica di s. Marco. Per
ultimo veniva il ballottino (cioè quello
che da fanciullo a vea estratto le palle nel-
l'elezione) con mantello lungo. La bara
era portata da' marinai, sotto l'ombrel-
la della scuola con aste d'argento; in-
nanzi e dietro erano i suddetti gentiluo-
mini vestili di rosso, ma in numero di
28. Seguivano i procuratori, i cavalieri,
i dottori, e altri patrizi accompagnali da'
piagnoni. Tulle le botteghe erano chiu-
se, le campaue della Marciana sonarono
9 volte e altrettante le altre della cillà,
0 q volte fu alzata la cassa davanti alla
basilica, gridando la compagnia de Ba-
indi : Iddio hahia ìinsericordia. Arri-
vato il corteo funebre a' ss. Gio. e Pao-
lo, vi trovarono eretto un altissimo tri-
bunale o trono coperto di tele nere, ed
in nero era pur parata la chiesa tutta,
con gran numero di candelotti intorno
ul sito ove fu deposta la bara. Alienlra-
ta del coro era un gran pulpito coperto
di velluto nero colla figura di s. Marco
in oro, dal quale pronunziò l'orazione
funebre l'eloquente Andrea Navagero,
istoriografo slipendialo della repubblica,
ambasciatore nella Spagna e Francia.
Poi il patriarca salilo al tribunale comin-
ciò l'uffìzio, ed i figli e i parenti co' se-
natori andarono nelle loro barche a casa.
Ad onta della grandissima calca del po-
polo tutto procedette con ordine. Nella
stessa chiesa al Loredano fu eretto uu
grandioso e ricchissimo mausoleo colla
statua del doge sedente in Irono, avver-
tendo il Zanotto ch'è sbagliala l'iscri-
zione sepolcrale per errore dello scalpel-
lino nel numero dell'anno di sua morte,
che anteponendo la sigla 1 all'ultimo X
par decesso nel i5i(). Il Casoni rilevò
che ne'28 anni di questo principato, pie-
nodi memorabili avvenimenti e di guer-
re, in tanta distrazione di denaro, au-
2 j
3oG V E N
mento di flotte, l'incendio dell'arsena-
le, l'infezione forse epidemica del i5io
ch'eltbe a un tempo 20,000 malati, il
terrenjolo fortissimo del i5i?. per cui
caddero case e campanili, e lovesciarono
5 statuedall'allodegli obelischi che coro-
nano la chiesa di s. Marco; l'incendio ile'
logenntiioi 5 i4!Linode'più vasti che pa-
tì Venezia, poiché arse lutto Piiallo; non-
dimeno Venezia colla condotta eroico-
politica deUenato,emersecon gloria ede-
coro dalia fiera procella suscitatale dal-
la lega di Cambray, pugnò con poderose
armate, imperturbabile e coraggiosa, ed
aggiunse a' suoi fasti altri splendidi atti
di patrio eroismo, registrali dalla storia
a caratteri indelebili, da restare esempio
a memoranda lezione di saggezza, costan-
za ed antiveggenza. Inoltre nel medesimo
burrascoso dogado Venezia si continuò ad
abbellire, vide sorgere in Rialto la lunga
serie de' fabbricali che si estende da quel
poutealla chiesa di s. Giovanni, ed il mae-
stoso e imponente foro IMarciano, mira-
colo dell'industria, prodigio dell'arte,
ebbe nuova decorazione co' 3 piloni di
bronzo esistenti, e in cui è l'effigie del
Loredano. 11 Moschiui lo celebra im-
perturbabile e di mente ognor serena, e
dice che a suo tempo piombarono tante
forze congiurate contro Venezia, la qua-
le.per 8 anni si sostenne combattendo;
edopo averle stancate conseguì una pace
che le lasciò quasi intero il patrimonio
di sue Provincie. Ma nel corso di sì lun-
ga lotta, Venezia non curò sagrifizio di
vile e di ricchezze, mantenne fermi i pet-
ti nel coraggio, tranquilla ne' suoi pen-
sieri, e usò ogni maniera di accortezze
e colse ogni occasione che le si offrì op-
portuna, o a scampare un disastro, o a
minuire una perdita,o a cogliere un van-
taggio. E io questo laodo Venezia fissò
un'epoca gloriosa non solamente per la
storia patria, ma per la storia delle na-
zioni del mondo. A rroge quanto ne fa os-
servare il conte Girolamo Dandolo par-
lando dell' infaustissimo 1 5o8, nel quale
VEN
fu stretta la lega di Cambray a totale di*
struzione della potenza de' veneziani, i
cui padri colle loro deliberazioni ripa-
raiono, senza punto scemare di corag-
gio e di perseveranza; che anzi, toltone
forse il tempo della guerra famosa di
Chioggia, in nessun'altra epoca della lun-
ga e luminosa sua storia, Venezia ebbe
a porgere eguali o simili [)rove d'incon-
cussa fermezza, di finissimo accorgimen-
to. » Malagevole infatti sarebbe decide-
re, se più n)eritassedi lode e di ammi-
razione, quando animosa, senza nume-
rare i nemici, accingevasi a difendere io
giusta guerra il proprio diritto; o quan-
do, abbandonata dalla foituna, non di-
sperando mai della propria salute, re-
stringeva la difesa a' più vicini dintor-
ni della metropoli; o quamlo, mostran-
do d'inclinare più all'uno che all'altro
de' suoi più potenti avversali!, s' indu-
striava di dividerne gl'interessi, e di su-
scitare ne' loro consigli il seme delia di-
scordia; o quando, giovandosi de'Ioro
errori, ed in ispecie di quelli grossissimi
dell'imperatore, ch'era il celebre IMas-
similiano senza denari^ passava ad uà
tratto dalle difese alle offese, e riconqui-
stava, quando altri lo avrebbe creduto
meno, la massima parte del dominio per-
duto. Per tal modo, collo stupore di tutti,
Venezia usciva da queldisastrosocimenlo
ed ingannava le temerarie speranze del-
l'Europa armata a suo danno. E sebbene
costretta, per conseguire la pace, a sagrifi-
care le più recenti conquiste da lei fatte ir»
Italia; . .. così splendida non pertanto fa
la gloria di questa sua in) pavida resisten-
za, che maggiore non ne avrebbe raccol-
ta dal più illustre trionfo. Ma questa glo*
ria erasi mercata a gran prezzo: ne pe-
rizia di governo o fedeltà di suddito po-
teano far isparire rapidamente le traccie
del sofferto disastro. Se non che le repli-
cate sventure, anzi che abbatlere gli a-
nimi de' governanti, li aveano a maggior
forza ritemperati; a quel modo mede-
simo che il crudo governo fatto delle prò-
YEN
vincie da' cnpi delle schiere nemiche, ne
a vea rinvigorito l'allttlo al legillimo prin-
cipe; di che Brescia, sopra lulti, fu esem-
pio noliiiissicno, piincipahssiinu. Ond'è
che divenuta più intima 1' unione fra
principe e popolo, e più pronto e spon-
taneo il concorso d' ogni ordine a tute-
lare, per quanto sta in poter degli uma-
ni, l'indipendenza e l'onor della patria,
]a grande sapienza politica degli ottima-
ti riusciva ad occultare lung.iuìente al-
l'occhio invido e scrutatore dello stra-
niero, l'elTetto di quelle ampie e insana-
bili ferite. Quindi la repubblica poteva
così ricneltere, come che fosse, la propria
fortuna in Italia, e serbarvi tuttavia tale
influenza da renderne desiderabile l'al-
leanza alle più grandi potenze, anche in
tempi molto a noi più vicini '. Frattan-
to a' 26 giugno, adunato il gran consi-
glio, salilo alla tribuna Gaspare dalla Ve-
dova vice-cancelliere, con formola, invo-
cati i nomi di Gesù Cristo, della D. Ver-
gine, del glorioso apostolo (sic) ed evan-
gelista protettore s. Marco e di tutta la
Corte celeste, annunziò solennemente il
vacante ducato per la morte del serenis-
simo principe Loredano di gloriosa me-
moria. Segui indi la convocazione del
consiglio per gli ordini spettanti all'ele-
zione del successore, all'elezione de'solili
correttori della Promissione ducale e de-
gl'inquisitori al iloge defunto. Si ordina-
rono gli articoli della nuova Promissio-
ne, con prescriversi : il doge non potesse
dar risposta agli ambasciatori se non con
termini generali prima d'aver consulta-
to il collegio o altro consiglio ; non potes-
se aver parte alcuna ne' dazi; l'udienza
nel luneiTi egiovc-iH fosse pubblica a por-
le aperte a chiunque; i malfattori che
dopo (atto il processo e confessato il de-
litto, si presentavano al doge a ratificare
la loro confessione, ciò facessero d'ora in
poi innanzi a' consiglieri un giorno al-
meno dopo confessato; stante la dilfl-
colla d'avere il numero occorrente d'o-
selle (uccelli silvestri) solile dispeusaisi
YEN 307
dal doge a Natale a tutte le oiagislratu-
re,come già dissi nel ^ XVI, n. 3, fosse
a quelle sostituita una moneta d'argen-
to del valore d'un 4-*'di ducato. Così an-
che questo ricordo democratico de'primi
leajpi della repubblica, si cambiava in
una fredda istituzione aiistocratica, e lo
rimarca il Romanin medesimo.
2 5. Anlonio G rimani L.Wl^ I doge.
Il suo biografo eh. Casoni dice che in que-
sto uomo bisogna ammirare le vicende
della fortuna, che in singoiar modo lo
prese a bersaglio, quando con avversa,
quando con lieta faccia, il che già di so-
pra descrissi. Passatala i. "gioventù nel-
le pratichedel commercio marittimo, in-
traprese la carriera delle magistrature e
poi quella delle armi, nella quale non tar-
dò a distinguersi con clamoroseazioni, nel
guidar le flotte della repubblica qual ca-
pitano generale. Lasciò fuggire favorevole
occasione di combattere il turco a Le-
panto (o meglio poi si conobbe la deplo-
rabile disubbidienza de' capitani subal-
terni che non vollero investire il nemico,
ma presero la fuga senza essere assaliti);
il che gli si ascrisse a delitto e fu bandito.
Fuggi in Pioma presso il virtuoso car-
dinal figlio, commettendo così doppio er-
rore gravissimo, relativamente al siste-
ma geloso della repubblica, che non per-
metteva a' patrizi andare fuori di stato
senza legittima e conosciuta causa. Ar-
o
deva la guerra per la lega di Cambray,
ed Antonio quantunque proscritto, ama-
va sempre la cara patria, e tanto potè in-
sinuarsi nella corte romana, tanto sep-
pe blandire, promettere e minacciare,chc
le di lui prestazioni, unite a quelle del
cardinale e tie' veneti ambasciatori, val-
sero a raddolcire il cuore di Giulio li e ri-
durlo propenso alla causa della repub-
blica. I [)adri riconoscenti, seppero va-
lutare così utili servigi; cedettero all'i-
stanze del cardinale e a' voti de'citladini,
librarono su giunta lance le cause de' di
lui luancamenli cogli effetti del patrio
suo zelo, e cou duovo ed unico esempio
3o8 V E N
dierongli perdono, il richiamaioiio a Ve-
nezia, e gli ridonarono la vrsle piocnra-
lolla della (juale era sialo per disonore
svestilo, ed essendo procuratore fece re-
staurare il campanile di s. Marco, la cui
cimaavea rovinata il terremoto de' ^3
marzo i 5 i o. Ma la fortuna non si slancò
questa volta di favorire il vero uieritu; e
«pjelle voci medesime che 20 anni prin>a
l'aveano dichiarato colpevole, lo acclama-
rono poi capo della repubblica, benché
nella gravissima età di 87 anni ! Raccol-
tisi i quaranluno per la sua elezione, a'4
luglio I 52 I , già nella sera correva voce
di sua esallazione, e senza essere vero nel-
la seguente mattina n' era piena tutta la
città; bensì con 27 voti lo fu a' 6, e tosto
occupòil lupgodi mezzo, ricevendo le con-
gralulazioni degli elettori. Suonato il
campanello, entrarono due gastaldi del
doge che stavano alla porla del luogo
dell'elezione, specie di conclave, e per-
ciò fu loro ordinato sparecchiare le men-
se in cui gli elettori aveano desinato, e
preparar! facchini pel trasporto de' loro
forzieri e de' materassi su' quali aveano
dormito. Vestitosi il nuovo doge di da-
maschino cremisi, e con berretta di raso
del medesimo colore, ricevè i consiglieri e
i capi de' Quaranta al tocco della mano;
e con essi, co' quaranluno, gli avogadori
e i capi de'Dieci, si recò il doge dalla sa-
la de'Pregudi a quella del gran consiglio,
accompagnato da donzelli con ventagli
che gli facevano fresco, e lutti accorreva-
no in piazza, in chiesa e nel palazzo, sti-
mandosi 5o, 000 persone. Fu suonalo il
campanonedi s. Marco e per tulle le chie-
se, alla sera furono fuochi e suoni di cam-
pane, e così per 3 giorni. La signoria fe-
ce tosto coniar monete col nome di An-
tonio Grimani Doxej fu falla la bolla di
piombo, e si scrissero lettere a nome di
sua serenità a tutti i rettori, avvisandoli
della segiìita elezione, e che facessero suo-
ni di caropane e fuochi per 3 giorni ; al-
tre lettere si mandarono a Pioma, Fran-
cia, Inghilterra, Ungheria, Napoli, Mila.
V EN
no, Ferrara, Mantova, Firenze ec, oltre
l'iroperalore. Nelle ore pomeridiane de!»
lo slesso G luglio, il doge discese co'qua-
ranlunoeco'parenti in chiesa di s. Marco,
ove montò sul i.°poggiuolo,e dallo slesso il
senatorErizzo anziano pubblicò il seguen-
te bando : « Essendo defunto il serenissi-
mo principe nostro Leonardo Loredauo,
e volendo opportunamente la signoria
nostra provvedere di successore, ha eletto
col senato suo in principe nostro il se-
renissimoed eccellentissimo AnlooioGri-
mani qui presente, le virtù e degne con-
dizioni del quale, mediante la divina gra-
zia, sono tali, che grandemente si deve
sperare il bene e conservazione dello sta-
to, ed ogni comodità sì pubblica come
privata, la quale assunzione a letizia e
consolazione di lutti vi è significata, ed
acciocché quello voi riconosciate per pi iu-
cipe e capo vostro". Dipoi soggiunse il
doge. Eroiche alla Divina Maestà era
piaciuto metterlo a tal grado, profnet-
teva abbondanza, giustizia e mantener
pace, che se fosse mossa guerra alla re-
pubblica l'avrebbe fatta gagliardamente
e recandovisi in persona. Tulli allora co-
minciarono a gridare J^iva. Il doge di-
sceso dal pogginolo, co' quaranluno an-
dò air aliare maggiore di s. Marco, ove
baciò il canonico anziano, eh' era pieva-
no di s. Silvestro, e gli die l' investitura,
e giurò sopra il messale di conservare lo
stato e l'onore della chiesa del Santo, ri-
cevendo poi dalle sue mani Io stendardo
rosso di s. Marco, che trasmise all'am-
miraglio dell' arsenale. Poi recatosi alla
scala del coro, sah nel solito pulpito di
legno detto ^j02Sc'/to,ilipinlo in rosso col-
la figura di s. Marco, ed in esso fu por-
talo da' marinai io giro per la piazza di
s.Marco, spargendo il consueto danaro al
popolo. Sulla scala di pietra del palazzo
ducale poi detta dei Giganti, sul piane-
rottolo superiore ivi e pel ••"gli fu da
Antonio Giustiniani imposta la veste di
tela, e dal suddetto Erizzo la berretta du-
cale ornata di gioie, che couservavasi nel
VEN
lesoi'o della basilica, colle parole: Acci-
pc Coronarli Dncaltis rcncliarum. Dal
2.° arco del palazzo, il tioge parlò di nuo-
vo al popolo, ripetendo quanto avea del-
lo in chiesa, e si ritirò poi colla signoria
nella sala del Fiovego, ove sedette come
doge, intanto die il suo nipote Marco
Giiniani, dal poggiuolo gettava denaro
al popolo, come pur faceva l'altro nipo-
te IMarin dimani patriarca di Aquileia.
Infine il doge si ritirò a riposare nelle sue
stanze, e tulli partirono dal p;dazzo. Con-
tinuò per altro 1' allegrezza del popolo, a
cui il doge die quanto aven di Farine, vi-
no, altri commestibili e legna nella sua
casa a s. Maria Formosa. I fruttaiuoli del-
1 > città furono in collegio eoa trondie e
pilFeri a presentare al doge un melone
per ciascuno, ed erano più di i3o, che
il doge mandò a' consiglieri e altri ma-
gistrati, e così fecero i fruttaiuoli di l*el-
Icstrina, Malamocco, Chioggia, Lido: id-
timo segno rimasto del quasi fraterno le-
game fra il popolo e il suo principe, nota
il prof. Romanin. Nel dì seguente alla sua
elezione, domenica y luglio, ildogeGri-
nlani si recò con solenne apparato e co-
mitiva alla messa in s. Marco. iXel pome-
riggio raccoltosi il gran consiglio, v'inter-
venne il piincipe e con lui il figlio Vin-
cenzo; altro vivente era il cardinal Do-
menico. Qu;mdo il doge fu vicino al Irò
no, levatasi la berretta, genuflesso pregò
Iddio con fervore, perchè lo facesse se-
dere in buon'ora; atto che cotnmo^se
grandemente tutti, per la potenza del-
la religione. Alzatosi poi in pieili, dis-
se : Poiché per la grazia di Dio, dalla
quale riconosceva ogni cosa, eia giunto
a quella dignità, voleva ricordare tre
cose. La prima che tutti facessero giu-
stizia, dalla quale vengono molti beni,
promettendo egli a questo fine ogni pos-
sd)ile sfoizo. La 2.'^ ch'era suo proponi-
mento, di non risparmiar diligenza e de-
naro per tenere ben fornita la città di
viveri. La 3/ che avrebbe ogni cura pel
manteniiuento della pace, e quando non
VEN 3o9
si potesse, f.irebbe gagliardamente la
guerra, olfrendo la sua persona in mare
e in terra. Dopo di che si assise e fu
c<jminciato a dar corso agli alTari. Ma la
pace ch'egli erasi prefisso di conservare
al suo popolo, non era in suo potere, e
troppo erano complicate le cose d'Italia,
troppo viva la parte che la repubblica
era ormai nella necessità di prendervi,
perchè evitar potesse lo scontro delle ar-
mi.Le truppe francesi erano entrate nella
Navarra, perchè Carlo V non avea dato i
compensi stabiliti nell'accordo di Noyon;
e dal canto loro le truppe imperiali erano
penetrate iuFrancia. Intanto venne segre-
tamente a stringersi un'alleanza tra Leo-
ne X e Carlo V contro Francesco I, ad
onta che i veneziani avessero fatto di tut-
to per conservargli la buona intelligenza
col Papa. Seguì il trattato, secondo Mu-
ratori, l'B maggio i52r,e ne furono le
principali condizioni. La difesa di casa
Medici e de' fiorentini, la reintegrazione
del ducato di Milano a Francesco II Sfor-
za che stava in Trento, la restituzione al
Papa di Parma e Piacenza; e che Carlo
V aiutasse il Papa per togliere Ferrara
ad Alfonso I, e formare uno slato nel re-
gno di Napoli ad Alessando naturale del
defunto Lorenzo de Medici. Nella lecia
vi entrò poi anche Fu'enze. Tutto fu com-
binato dalla destrezza di Girolamo Mo-
roni gran cancelliere di Francesco !I,
del quale riparlai nel voi. LXXXV, p.
I o e seg. col conte Tullio Dandolo e al-
tri. A non mancareall'amicizia co'france-
si, la repubblica ne sollecitò la venuta in
Italia, forlicò i propri confini, e fece par-
lire per Cremona il suo capitano gene-
rale Teodoro Trivulzi; mentre Andrea
Grilli si recò ^ Milano chiamatovi dal
maresciallo Lautrec ad assisterlo co'con-
sigli. Alla domanda che fece Carlo V del
passo di sue genti alla repubblica, questa
rispose a' 6 agosto non potere qual con-
federata di Francia, rifiutando le propo-
stc'pcr trarla dalla sua parte, Ma già gTim-
periali si avvicinavano, e le mdizie pou-
3io VEN VEN
lificie, presa Parma, losto ricuperala da* ricevuto nelle lene della repubblica, ai-
francesi, davano il guasto al leriiloiio liimenti a questa muoveva guerra Carlo
Itresciauo: d' ambo gii eserciti era legato V, cli'erasi proposto liberare l'Italia da'
e supretno comandante il cugino del Pa- francesi; laonde il senahj coiisiglib Lau-
pa cardinal Giulio de Medici poi Cle- trec,clie urgenlemenle domandava allog-
niente Vll,e capitano generaledi s. Chic- giamento e denaro, a riparare a Ferrara,
sa Federico 11 Gonzaga poi i.° duca di ove metterebbe in pari tempo rispetto al
l\lanluva. Per l'enormità commesse da' Papa, e dividerebbe l'altenzione del ne-
papali, il senato scrisse a lioraa ai suo micn,e fpjanto a'denari la condizionedel-
ambasciatore, percliè ne facesse lagnanze l'erano non permetterlo; per cui seni-
e si provvedesse. ]\Ia prima cbe venisse brò ralfreddalo il contegno della repub-
la riposta, IMilano fu attaccata dall'impe- blica verso la Francia. Intanto giunta ia
liale comandante Ferrante d' Avalos Roma «' 2:^. noveujbre la nolizki della
iiiarcbese di Pescara, e da Prospero Co- presa di ìMilano, epoiancbe gli acquisti
lonna signore di Fondi e generale di s, di Parmie Piacenza, Leone X fece gran-
Cbiesa colle milizie pontificie, e dall'ai- di allegiezze e feste, in mezzo alle quali
Irò legato cardinnlvSkeinero Scbiner, con moruiell'imbrunire deli. "dicembre: 32 1,
un corpo di svizzeri in loro aiuto al sol- con piacere de' veneziani il cui stato pa-
do del Papa, quantunque avessero prò- re cbe meditasse abbassare. Questa mor-
lestalo non voler combattere Francia, te portò glande allerazione alle cose del-
con cui erano in lega. 1 veneziani fecero la guerra non solo, ma alla condizione
resistenza a porta Ticinese, o Romana politica dello slato ecclesiastico, poiché
come vuole i\iuratori, da loro custodita, diversi signori feudatari ricuperarono i
ìua a\ g\\c\o (iìiiinnìazz(7,arnr?iazza, eie- loro slati, da cui erano slati cacciali. Go-
dendosi in mezzo al nemico e al popolo me il duca di Urbino Francesco M.' I,e
sollevato, si disordinarono e fuggirono; il duca di Ferrara ricuperò tutto il per-
Lautrec si salvò a Como, il Grilli a Lo- d'ito per l'alleanza francese. Cou gene-
di, il Trivulzi restò prigioniero, riliran- rale sorpresa a'9 gennaio 1 522 fu creato
dosi a Bergamo le genti venete cbe accor- Papa il cardinal vescovo di Tortosa (^'.),
revano all'aiuto di Milano. Ciò avvenne Florenzi d'Utrecht, non conosciuto e as-
a' ig novembre i52i, entrando Irion- sente dal conclave per governare la Spa-
fanti nella città il cardinal de Medici co' gna per Carlo V già suo discepolo: prese
capitani degli eserciti, fra le grida del pò- il nome di Adriano VI, ed io procurai
polo: Chiesa, Chics/t,Tinpero, Duca, Pai- propagarne le virtù poco note, per le ca-
/c (per lo slemma Mediceo da cui era for- lunnie di cui fu segno, sia per ignorare
malo). Seguendo l'esempio di Milano, si le costumanze romane, sia per volere ri«
arresero agi' imperiali e a* papali. Lodi furmare gli abusi, sia anco per la sua
e Pavia, Parma e Piacenza che si dierono parsimonia e austeri costumi. Fece il suo
a" ministri del l'apa; ed in breve quasi ingresso in Roma a'29 agosto. La repub-
lutto il ducalo di Milano venne in potere blica nel marzo 1023 mandò a prestar
del suo antico signore. Una sola giornata, ubbidienza ad Adriano VI, i patrizi Mar-
anzi poche ore bastarono a cambiar la co Dandolo, Antonio Giustiniani, Luigi
sorte della Lombardia, in modo vera- Mocenigo e Pietro Pisani. I\barin Sanu-
mente singolare. Girolamo Moroni prese do ne' suoi Diarii scrisse il loro solenne
possesso della ci uà di IMilano, in nome del ingresso e ricevimento io Roma, con im-
duca Francesco li Sforza, e vi restò qual portante e vivace relazione. Furono in-
suo luogotenente. L'esercito francese séu- contrati da messer Alvise Gradenigo, o-
?a artiglierie e denari, non poteva esser ratore residente della repubblica. Un bel
V E N V E N 3 1 1
sunto di tulle le ceremonie si può legge- annunziava prossimo qualcliegran fatto,
le nei eh. Ueunjont, Della diplomazia ed il re Francesco I fltceva preparativi
italiana^ p. 199 e seg. Dirò solamente, per calare in'^Ilalia, rappresentantloglie-
clie il Papa vide la cavalcata da alcune ne la repubblica la somma urgenza. AU
finestre co[)erle da gelosie di Castel s. An- loggiava Lautrec a Monza, quando gl'iu-
gelo, ove si trovava, mentre per altri si- disciplinati svizzeri gli domandarono im-
mili ingressi non erasi mai mosso dalle [)eriosamente licenza o la balti"lia. Sa-
sue stanze. Prima poi di ricevere gli am- pendo come il nemico ben fortificato era
basciatori in concistoro, volle la sera in- accampato allaCicocca, villa 3Qii"lia circa
nanzi copia deH'elegnnteorazioneche do- da Milano, il maresciallo voleva dilferire
Tea recitarvi ^larco Foscari, dicendo che lo scontro; nìa gli fu forza cederealTini-
gli voleva rispondere premedilalamenfe petuosità eraillauteriedegli svizzeri. A'aq
e non ex tempore j e ciò quindi fece con aprile 1 52 2 mosse da Monza per assalta-
lungo sermone, appellando il senato sa- re il campo nemico, ma le diverse scliie-
pieulissiino, allegando una sentenza di refrancesi, svizzere, venete e medicee,pe'
Plaìone, che po/eiitia consistiti/I sapieii' diversi cammini che doverono fare, nou
tin. Il Papa nuovamente riammise gli poterono giungere contemporaneamen-
ambasciatori e il loro (Seguito al bacio dei te a'posti loroassegnati ; equando Mont-
l^iede, inclusivamenfe a'famigli di stalla, moreocy, che fu il i° ad arrivare, vo-
Abbracciò il Dandolo in arabo le .«palle leva attendere Lautrec, gli svizzeri bur-
e tiratolo a se gli baciò le gote con volto banzosi volendo per se tutto l'onore, ri-
allegio e umanissimo. Trovo ancora nel ausarono ubbidire, e marciarono verso
Pieumont, che nello stesso 132 3 furono la fanteria tedesca di Frundsber"' e la
quindi ambasciatori, sti aordinario Pie- spagntiola del Pescara. Ad un tratto però
Ito Pesaro, e ordinario Marco Foscari, 22 de' loro capitani e più di Sooo sol-
perciò avrà pronunziato il suddetto di- dati vi trovarono la morte. I veneziani
scorso. Il ritardo di Adriano VI in por- balteronogli spagnuoli di fìanco,Lescu si
tarsi a Roma, disordinò le forze pontifìcie aprì la strada verso il forte, ma la "ior-
in Lombardia, ed il maresciallo Lautrec nata della Bicocca era perduta, e gli sviz
che teneva ancor guarnigione ne'castelli zeri non pensarono che a ripatriare; al-
ti: Milano, Novara, Pizziglietlone, Gre- Ireltanlo fecero gran parte de'francesie
mona e altri luoghi, con tutto il litorale de' loro capitani. Benché quanto vado a
del La^o Maggiore, avrebbe potuto pio- nainare spetti al dogado seguente, per
filtarne, ma u)ancava di denaro; adima- non interrouipere le cose di Lombardia,
va però genti e a'^pettava il Gritti co' ve- qui lo riferisco. Trionfando l'armi ira-
neziani eil Trivulzi riscattato con 20,000 peiiali,il marchese d'/Vvalose il Colonna
ducati d'oro. PiONpero Colonna tnanda- a' 3o maggio s' impadronirono di Geno-
va a prendere Alessandria, assoldava te- va, che fu miseramentesaccheggiata qua-
tleschi nel Tiiolo, fortificava Milano, e si per 2 giorni. E siccome essa era una
con lavori mirabili si preinimiva contro delle più ricche città d' Italia, così im-
il casiello ; e in fine chiamò nella città menso fu il bottino, e sembra salvo l'o-
il duca Francesco II, per tener fermo il nor delle donne, ed un mediocre rispetto
Milanese. Lautrec quindi mosse contro alle chiede. Così il Muratori, ma per lo
Milano co' veneziani e con 8,000 svizze- sdegno tiel Papa, da lui taciuto, sembra
vi, e col valoroso capitano di ventura allriuienli. Antonio Adorno vi fu procla-
Giovaimi de Medici, poi detto dalle bau- malo doge contro i Fregosi, sotto la s'-
{le nere, a cagione di sue squadre, pel ri- gnoria suprema di Carlo V, e con di lui
ferito nel voi. LXXVllI, p. i52. Tulio gran vantaggio, perchè tolse alla Fruii-
3 1 a V E N
ci.i lì po'isibililà Ji soccorrere la Lom-
!.i;u din. Età allora in vinggio Adriano VI
per recarsi a Roma, ed a' 20 agosto ap-
prodando in Genova, tutta sbalordita e
doh^nle pel sofferto, si recarono a osse-
quiarlo il duca di Milano, Pescara e Co-
lonna, con Antonio di Leiva o Leyva ua-
varrese capitano spagnuolo, tutti abbrac-
ciali dal l'apacon volto sereno. Ma quan-
do domandarono 1' assoluzione delle in-
corse censure per la devastazione di Ge-
nova, il rigido Adriano VI ricisatnenfe
lo negò, come afferma il suo famigliare
Oiiia presente, Descrizione del viaggio
di Adriano VI dalla Spagna a Roma.
Continuando le pratiche della repubblica
coli' imperatore, a mezzo dell'oratore
Gaspare Contarini in Brusselles, perchè
le cose fossero restituite al pristino slato,
e riavere quanto possedeva prima della
guerra, il grancancelliere cesareo sorri-
dendo rispose che Carlo V sarebbe assai
contento che la signoria gli restituisse
(|ue!lo che teneva della casa d' Austria
e dell' impero. Al che il Contarini fece
osservare di non volere entrare in dispu-
la su ciò che veramente fosse dell'impero,
perchè vi sarebbe molto a dire, e poi in
forma di scherzo soggiunse : Che chi vo-
lesse risalire aliai.' origine del possesso,
troverebbe che alla 1/ origine dell' im-
pero i primi imperatori furono occupatori
di quello d'altrui. Tuttavia non lascian-
do il veneto ambasciatore di fare ogni
sforzo per condurre a buon esito le trai-
lalive, insistendo sul nqn potersi raaiicfir
di fede a'francesijgli disse Carlo V: Che
non era possibile la signoria potesse sod-
disfare iti un medesimo leinpo a due ch'e-
rano grandissimi nemici tra loro. Infatti
le pratiche coli' imperatore aveano in-
sospettito Francesco I, ma per le spiega-
zioni del senato si mostro soddisfatto, e ne
lodò il conlegno, confortandolo a restar
fermo nella lega.Inseguilo, osservando la
ripubblica grande incertezza nelle riso-
luzioni del re, cominciò a mostrarsi più
inclinala ad un'iutelligeuza coU'impcra-
VE N
tore, a ciò sollecitata anche da Enrico
Vili re d' Inghilterra. Il Novaes nella
Storia di Adriano FI, dice che separò
dalla lega co' francesi i veneziani, i qua-
li all'opposto fece collegare contro i me-
desimi con Carlo V, col fratello Ferdi-
nando arciduca d'Austria, e con France-
sco li duca di Milano; lega dal Papa so-
lennemente pubblicata in Roma in s. Ma-
ria Maggiore a' 5 agosto iSaS, in Ve-
nezia a' I 5 pure con grande solennità. Al-
trettanto leggo nel Rinaldi, per cui i fran-
cesi esistenti nel Cfistello di Milano, ve-
dendosi vieppiìi'strelti, senza speranza di
soccorso, s'airesero agi' imperiali, salve
le persone e le robe, e fu dato subito al
duca, ritirandosi i francesi al di là de'mon-
ti. Nel precedente trattato de' 29 luglio
erasi stabilito tra la repubblica e Carlo
V, coir adesione dell'arciduca fratello,
e compresoli duca di Milano: La repub-
blica continuasse a possedere i due do-
rainii, pagando a Carlo V per compenso
200,000 ducati in 8 anni, oltre 5ooo du-
cati a'fuorusciti, cui si permise ripatria»
re: le due parti restituissero i luoghi oc-
cupati, a seconda del precedente trattato
di Worms: la difesa couìune de' propri
stati in Italia contro chiunque venisse ad
assalirli, eccettuato il Papa, al quale e al-
l'Inghilterra lasciavasi luogo d'accedere
al trattato. Per la difesa dello stato di Mi-
lano terrebbe sempre il duca in tempo di
pace 5oo uomini d'arme, così i venezia-
ni, dovendosi accrescere in tempo di guer-
ra colle convenienti artigliere; lo stesso
facendo Carlo V per l' eventuale difesa
dello stato de' veneziani. Vietati al nemi»
co i passi e le vettovaglie; e dovere la re-
pubblica mandare all' uopo 2 5 galee ia
difesa del regno di Napoli, qualora non
si trovasse in guerra col turco. Furono
nominati comuni amici i re di Polonia,
Ungheria e Portogallo, il duca di Savoia,
Firenze, la casa Medici, il doge di Ge-
nova, il marchese di Monferrato. Il Pa-
pa e il re d' Inghilterra si dichiararo-
no custodi e conservatori di queste con-
V K N
venzioni. La repuhblicn venetn mandò
anibnsciatori a Carlo V, e all'arciiltìca
Ferdinando per avergli il fratello ceduto
le proviricre austriache; e si giustificò a'
^o luglio con Francesco I della necessita
in cui si trovò di venire a questa pace,
per la tardanza de'soccorsi francesi, e per
le ammonizioni fatte da Adriano VI, che
desiderava una pace generaieje vedendo
finalmente con apprensione le minaccie
(Iti turco farsi sempre maggiori, e ogiior
crescere i suoi progressi. La pace dunque
de'veneziani fu agevolala dagli avveni-
menti di Levante, ed anche dalle confu-
sioni in cui era in preda la Germania
per opera del novatore Lutero, la cui a-
herrazione giunse a proclamare doversi
fare la guerra al Papa e al turco, come
rilevai nel voi. LXXXI, p. 320. Dopo il
trattato con Bajazet 11 e maneggi falli
per aver sussidii durante la lega <li Cain-
hray, altro di notevole non offrono le re-
lazioni fra la repubblica e l'impero otto-
mano pel resto del regno di quel sultano.
]\Iorto nel i5i2, il figlio e successore Se-
lim 1 tliè tosto partecipazione del suo in-
nalzamento al doge Loredano con lettera
recala a Venezia da nn suo ministro con
mmieroso seguito, tutti riccamente vesti-
li ; ma per la peste e la guerra solo nel se-
guente i5i3 partì per Costantinopoli An-
tonio Giustiniani, pe' ringraziamenli e
congratulazioni, e con trattato de' i 7 ot-
tobre si rinnovarono le precedenti stipu-
lazioni, senza però ottenere qualche nuo
va concessione, come per la testimonian-
za de' cristiani contro i turchi, pe' testa-
menti de' veneti, e di prolungare a nu
quadriennio la durata del bailo in luogo
di 3. Già fino dal i5i2 avea la repub-
blica mandato al snidano d' Egitto l'am-
bisci atore Domenico Trevisan, il cui
figlio scrisse dal Cairo un interessante
ragguaglio delle ceremonie e delia pom-
pi di quella corte, e dell' onore fatto al
padre, nel consegnare la lettera della si-
gnoria scritta in lettere d* oro, e sigil-
Kita pur d' oro, e nelle udienze ricevu-
V E N 3i3
lo perla trattazione degli affari. Ma poi
il soklano vedendo farsi sempre più vi-
cina e minacciosa la potenza ottomana,
osò affrontarla e fu la sua rovina, poi-
ché V Egitto sotto il suo successorediven-
ne nel 1016 provincia dell'impero di
Turchia, e la dinastia de' mamelucchi
resiò spenta. Alla fama di tal vittoria ri-
portata da Seliin I, mandarono i vene-
ziani al Cairo nel i 5 1 7 Bartolomeo Con-
tarini e Alvise Mocenigo a congratular-
sene, e notificandogli di avere ordinato
a Cipro il pagamento a lui del tributo
fino allora corrisposto al sohlano d'Egit-
to, e domandarono fosse loro, come pri-
ma,assicurato il commercio in quelle par-
ti ; e l'ottennero con trattalo degli 8 set-
tembre. Dipoi morto nel i520 Selim I,
gli successe il figlio Solimano li, il più ce-
lebre degl'imperatori ottomani, e la re-
pubblica a' 1 4 maggio i52i spedì Mar-
co Minio a congratularsi .della sua as-
sunzione all'impero, ad appianare le in-
sorte differente, ad ottenere compenso
ili alcuni danni, ma specialmente a rin-
novare i trattali del i 5 1 3 e del 1 5 1 7 col
suo predecessore stipulati. Piena la men-
te di guerre e conquiste, vSolimano li co-
minciò dal volger le armi «ontro l' Un-
gheria, che la repubblica assicurava fare
il possibile per sostenerla, e di sue vitto-
rie e della presa di Belgrado mandò l'an-
nunzio a Venezia. Inili si propose d'im-
padronirsi di Rodi, onde por fine alle
corse de' cavalieri gerosolimitani, libera-
re ta\iti schiavi turchi, tener aperta la co-
municazione coll'Egitto, e sicuro a'mao-
meltani il viaggio religioso de'peliegrini
alla INIecca ; lavar infine la macchia che
alla gloria di Maometto 11 era venuta
dall'infelice tentativo contro quell'isola,
e poter dire di aver soggiogato Celgrailo
e Uoili, creduli fino allora Jjaluardi ine-
spugnabili della cristianità. Al i.^annuu-
zio (li ([uesto movimento, il senato dio
sue istruzioni al capitano generale di ma-
ri; Domenico Trevisan per evitare ogni
scontro, e solo attendere alla custodia del-
3i4 VEN
le terre venete, massime di Cipro. Del
lesio nulla poteva fare la repubblica a
iliCesa tle' cavalieri gerosolimitani; im-
iKMOccliè niun principe cristiano vi con-
correva, debole essendo il re d'Ungheria,
Carlo V e Francesco I in guerra, lonta-
ni e insiinìcieuti gli altri, esausto l'erario
poiililìcio, ondeAiIriano W appena potè
inviare al re uiiglierese 40)000 ducati.
Intanto in PassOiin s\ faceva la famosa
face religiosa, fondamento e principio
della libertà religiosa de' protestanti. A'
?8 luglio i5i2 Solimano li con formi-
dabili forze di persona cominciò l' ira-
presa, mentre Ilodi era difesa ne'suoi 8
lialuardi della città e del porto, dall'al-
Irellanteliiigueo nazionicomponenti l'or-
dine celebre e benemerito, sotto il co-
niando del gran maestro Villiers de l'Isle
Adam. Alla violenza dell'espugnazione,
degnamente rispondeva quella della di-
fesa de'protli cavalieri. In piìi luoghi ce-
lebrai il mirabile eroismo degli assedia-
ti, finché non potendo più resistere, a'20
«licembiesi firmò l'iiitiuiata resa, poi dalla
solita ferocia turcn perlìdamente violata :
il gran maestro s'imbarcò per Candia,e
con Rodi caddero le altre 8 isole appar-
tenenti a' cavalieri, a' quali poscia Car-
lo V die r isola di MnlUt, che divenne
subito propugnacolo del cristianesimo
rotitro i turchi. Ne scrisse la commoven-
te relazione a Domenico Venier, Gabrie-
le iMartinengo esimio ingegnere e uno
de* più valorosi difensori di Rodi. Il sul-
tano, del vagheggiato trionfo ne die an-
nunzio a Venezia, la quale per la condi-
zione de' tempi, non pacificala per anco
con Carlo V, era costretta à stare in Ita-
lia coli' armi in pugno, e dovette pure
mandar Pietro Zen aCostantinopoli a ral-
legrarsene, non senza domandare risar-
cimento de'danni falli da'corsari io Dal-
mazia, e che non fosse molestala Napoli
di Rouìania. Ma la perdita di Roili rin-
.scì assai dolorosa a' veneziani, i (juali ol-
tre l'essere incolpati quasi avessero avu-
to parte coli' inazione al tragico avv«ni-
V EN
mento, peto scusali da Vincenzo Pimpi-
nello nell'orazione declamatoria pronun-
ziala in Rouìa, videro il loro commercio
e i possedimenti di Levante, nell'Arcipe-
lago e nel Mediterraneo, sempre più nai-
nacciali, e il pericolo farsi più vicino di
venirne adatto spogliati. Laonde rivolse-
ro più che [)ei' lo passato gli occhi all'Oc-
cidente, stringendo e rinnovando trattati
commerciali con quelle potenze ;ed il mu-
tamento succeduto nelle massime politi-
co-commerciali non tardò a permettere
r introduzione de' panni di Ponente pa-
gando il dazio del 4 per 1 00, e quella al-
tresì delle lane. Il commercio dell'Indie
orientali, fuggito per sempre di mano a
Venezia, lasciava un vuoto irreparabile
neir erario della repubblica ; e questo
vuoto dovea renderle, quind' innanzi, a
mille doppi piìi grave la necessità di di-
fendersi contro la preponderanza otto-
mana, che insaziabile di conquiste, col
nuovo stdtano Solimano il voleva chia-
mare a Costantinopoli tutto il commer-
cio asiatico de' suoi vasti dominii. Ma or-
mai eccoci giunti al termine del brevis-
simo dogado di 27. mesi del Grimani,che
il Casoni encomia pure per congiungere
all'eminenli viste di stato, magnanimità
e grandezza d'animo, poiché sollevdto al-
la prima carica della repubblica, conser-
vò quella moderazione che tanto onora
l'uomo potente; accolse come amico e
protesse comeclientel'avogador di comu-
ne Nicolò Morosini già di lui accusatore,
che aveaneapertoii processo ed eragli sta-
to causa delle sofferte sventure. Il princi-
pato di lui ricorda l'epoca della i .'conia-
zione dell'oselle, per lo statuito e narrato
nel precedente interregno. Morì il doge
Grimani a'y maggio i 523, mal gradilo,
«lice il Romanin, a causa specialmente
della vecchiaia, ond'erasi fatta anco qual-
che pratica per indurlo a rimuiziare, re-
pugnanti i nipoti per l'entrata che gode-
vano, secondo 1' amara osservazione del
Sanudo. Gli si volevano decretare, come
notai parlando del doge Foscari nel do-
V E \ V E N 3 o
gallo 65.", annui ducali 2000 e la scpol- ileo Ronianin, egli non avpa per se l'o-
tiiia da doge. Quella del Griniaui fu in pinioiie pubblica, sapevasi de' suoi tna-
R. Antonio di Castello, e qualche storico neggi peressere nominato principe, a vea-
asserisce come i di lui avanzi furono poi si in conto di superbo, e non ostatile il
trasportati alla chiesadi s. Francesco del- denarodalui larg;unenle versato tra il
la Vigna. La Promissione ducale sempre popolo,nou fu da questo applaudilo, anzi
più restringendo il potere del doge, vie- ujormoravasi itm wiì, Truin Truiii, ac-
tò che i magistrati eletti si recassero a cennando ad Anionio Tron o Tram che
ringraziarlo, né !e spose a complimentar- godeva il siitliagio popolale. Cercò con-
io; non avesse cariche ecclesiastiche nel- ciliarsi gli animi, mostrando modeslia,
la famiglia, non si mettesse in alcun Ino- quando la nipote, moglie a Giovanni l^i-
go, fuor di palazzo, il suo stemma e le sani, venne a congratularsi in vestina d'o-
sue iniziali. ro, con orduiare die dovesse spogliarse-
26. Jnclrca Grilli LXXT'II doge. Il ne come contraria alla legge; e col far
biografo Casoni lo dice nato a Bardolino alto di generosità, volendo che certa sua
del Veronese nel 1 455, da insigne vene- farina, che a vea in fondaco, fosse venduta
ziana famiglia, che 1' educò nelle scienze a prezzo molto più basso al popolo. Seb-
e nelle armi. Alle cospicue doli dello spi- bene il i.° allo politico del suo governo
l'ito, alia somma prontezza d' intelletto, fosse la pace, già descritta per unità d'ar-
imi dolce aflabilità di carattere, congiun- gomentOjCOo Carlo V e col fratello Fer-
ia a bellezza della persona. Possedeva va- dinando, a cui 1' imperatore avea cedu-
rie lingue straniere, e fallo studio di mo- lo le Austriache provincie, brevissimo
jaleedelle raatematiche,allinse dallasto- tempo passò e nuovo rumor di guerra
ria que' lumi che lo fecero profondo pò- obbligò Venezia a militari provvedimen-
lilico, ed accurato investigatore dell' in- ti, e l'avvolgeva nuovamente in inlrica-
dole de' suoi concittadini, e delle costu- lissima politica tra Francia e Germania.
manze del suo paese. Servì la patria col Imperocché Francesco I lungi dal lasciar-
consiglio e col braccio, pugnando contro si rompere i suoi disegni didl'abbando-
formidabili nemici, in tempo di somma no in cui vedeva cadute le cose sue in
calamità, colia fermezza e la costanza prò- Italia, (in dall'agosto i 52 3 pubblicò per
prie dell'eroe che generoso sagrifica tot- essa una novella spedizione, che pensa-
lo se stesso al pubblico bene. Ebbe vitto- va anzi condurre in persona, né fu que-
lle e trionfi, ma questi sorrisi della fortu- sia ritardata, se non dalla scoperta d'u-
na vennero amareggiali da contrarie vi- na grande cospirazione, per parte d'uno
cende. Provveditore generale dell' eser- de' più stretti principi del sangue. Tra'
cito, ch'ebbe tanta parte nella guerra del- capitani del re |)iìi distinti per valore era
la lega di Cambray, contribuì al ricupe- il conleslabile Cai lo di Jjorbone: la ma-
ro e dift'ga di Padova; imprigionato io die del re Luisa di Savoia duchessa d'An-
quella di Brescia e condotto a Parigi si gouléme, presa per lui d' ardenlissimo
guadagnò l'animo di Luigi XII e con amore, avealo fatto richiamare dal go-
lui potè collegare la repubblica, e fece verno di Ridano, ov' erasi fallo amare,
quaiit* altro andai accennando di sopra; alla fine del i5 1 6 per averlo vicino: egli
linalmenle dopo varie luminose azioni però sdegnando i senlimenti d'una don-
volle la pallia retribuire tante beneme- na che disprezzava |)e'roHi cosluini, l'ir-
reuze innalzandolo al principato, il cui 1 ilo e da quel momento ella mise in o-
periodo non andò disgiunto da clamorosi pera per perderlo tutta l'influenza di cui
avvenimenti. Fu elello doge ai 20 cnag- godeva sul figlio. Allontanalo dal coman-
gio 1023,6 lullavia,al riferire dello sto- do delle truppe, non pagatigli i dovuti e-
3i6 VEN
nioliimenli, s.igrificato a GugliemoBon-
nivet signore (li Gonflìer e ammiraglio di
Francia, schiavo della duchessa e adu-
latore del re, e ad altri cortigiani favo-
riti di questo, l' implacalVde donna sep-
pe rapirgli perfino la ragguardevole ere-
dità che lasciavagli la moglie, ovvero
gl'intento lina lite pe'diritli che pretende-
va sui di lui doruinii, e la guadagnò; co-
sì Io ridusse al grado d'un piccolo princi-
pe di ]Vlontpensier,come suo padreGilher-
fo. L'esasperamento dell'orgoglioso Bor-
hoiic, (in allora si polente e pieno di f^-
sto, toccò il colmo; tl'animo ardente e fie-
ro, intollerante all'insulto, agitavasi nelle
perplessità delle più disperate risoluzio-
ni, e fu in (juel punto che diede ascolto al-
le proposizioni vantaggiose che gli furono
fatle da Enrico Vili e da Carlo V. Ab-
bracciò quelle del 9,. che propoiievagli la
mano di sua sorella Eleonora, vedova del
re di Portogallo, con ricchissima dote, se
avesse consentito ad unirsi a lui e all'In-
ghilterra per cacciar dal trono France-
sco 1 e dividere tra loro la Francia, pro-
fittando del momento in cui il re si fosse
trovato in Italia. 11 Borbone quindi fuggì
travestito e raggiunse gì' imperiali; ma
tosto si vide dispregiato da'grandi di Spa-
gna,ed altro non gli rimase che il valore e il
pentimento. Nondimeno il solo suo valore
bastò a procurargli un esercito e ad obbli-
gare l'imperatore a trattarlo sempre con
onore, senza poi dargli a moglie la sorel-
la. Fero finché avea combattuto perFran
eia, era stato un eroe; quando le armi
impugnò contro la patria sua, cadde nel-
la classe di que' celebri avventurieri de'
quali sorprende il valore, ma non ispira
la menoma stima. Fino da' i settembre
gli oratori del duca di Milano e dell'im-
peratore avvisarono la repubblica c!ie
Francesco I stava per inviare u\ì eserci-
to in Italia, e domandarono i convenuti
sussulii. Il senato non mancò di dar pron-
tamente gli ordini opportuni, e a' 1 8 set-
tembre a vvisòCarlo V che i francesi avea-
no passato il Ticino capilaosti da Bonni-
V E N
vct, non avendo potuto impedirlo Pro-
spero Colonna, e d'aver allidato il co-
mando dell'esercito a Francesco M.^ l du-
ca d' Urbino, e nominato Leonardo Emo
provveditore generale ; quindi sperare
che col suo alleato re d'Inghilterra non
mancherebbero al debito loro. Intanto i
francesi colla solita rapidità presero Mon-
za e Lodi, e minacciavano Cremona, ove
accorsoli duca d'Urbino, si ritirarono e
strinsero d'assedio Milano; ma i rigori del-
la stagione e la mancanza de'viveri gli ob-
bligò a ripiegare verso il Ticino, accam-
pandosi aBiagrassa nel declinar di settem»
bre.Giàa'i4di questo era morto Adrianr»
VI, e gli successea'iS novembre il cardi -
naIeGiulio deMedici, pubblicato nel dì se-
guente col nome di Clemente VII, stato
legato al conquisto di Mi Iano,repu tato dal-
l'universale sagace d'ingegno, ma irreso-
luto. Morì pure Prospero Colonna, a cui
r miperatore sostituì il viceré di Napoli
Carlo di Lannoy, il quale chiamò tosto a
Milano l'Emo e il duca d'Urbino per deli-
berare sul da farsi,nel gennaio 1 524- '^'* 8
di questo 1' ambasciatore francese a Ve-
nezia presentò al collegio una grave me-
moria per dissuadere la repubblica dal-
l' unir le sue truppe alle cesaree e passar
l'Adda, essendo intento Carlo V a farsi
padrone di tutta Italia, e il duca di Ba-
ri, accennando a Francesco II, tentar la
fortuna come i disperali. Perdendo Car-
lo V lo stato di Milano, rimaneva re di
Spagna e de' romani, ed in tal caso la re-
pubblica non potrebbe difendersi dalle
vittoriose armi francesi, e tutta la rovina
cadrebbe su di essa. Vincendo, \v\\\a gua-
d.ignerebbe, e farebbe Carlo V padrone
d'Italia, e grande quella fazione che allo-
ra era in autorità in Milano, che nemi-
ca a' veneziani ne insidierebbe Io stalo;
ed il re di Francia, senza diminuir di
potenza vieppiù s'irriterebbe e ad altro
non penserebbe che a rovinarli. L'am-
basciatore non ricevendo risposta, tornò
in collegio cogli stessi e altri parlari, sol-
lecitando una risoluzione che attendeva
V E IV
il re. Tulle queste rimoslranze toinnro-
110 vane, la guerra fu dichiarata e l'ani-
bascialore si parli da Venezia. Clemente
VII io principio s'interpose a pacificare
Carlo V e Francesco I, ma custrcUo a
prendere un partitosi mostrò incerto, e
non fece che peggiorare le condizioni pro-
prie e attirarsi addosso deplorabili scia-
gure. Intanto ricominciale coli' aprirsi
della stagione le ostilità, \\ Papa rimase
neutrale, lenendosi sull' aspellativa de-
gli eventi. Arrivalo nel marzo i5i^ il
contestabile di Borbone a Milano quale
luogotenente generale dell' imperatore,
divisero con lui il comando dell'eserci-
to Francesco II Sforza, Lannoy e il d'A-
valos marchese di Pescara. 1 veneziani
raggiunsero gì' imperiali, il duca d' Ur-
bino s' impadronì di Garlasco, invano
offrendo loro baltaglia il Bonnivet, poi-
ché il nemico l'evitava cerio della vitto-
ria, per la diflìcoltà de'viveri e delle ma-
lattie che l'avrebbero indebolito. Bonni-
Vela uulrallo si liovòabbandonato dagli
svizzeri, inseguito senza riposo dagl'im-
periali, per le sue cattive disposizioni fe-
ce battere a Rebec il celebre cav. Bajar-
do, the gli disse: Voi me ne darete ra-
gione a tempo e luogo ; presenlemenle il
servigio del re esige altre cure. Bonnivet
non rispose a tale disfida e gli parve che
non dovesse irritare Bnjardo, 1' oracolo
dell' esercito. Pressalo dal marchese di
Pescara, ferito egli stesso, affidò la riti-
rala e il passaggio della Sesia al prode
Bajardo, il quale salvò l'esercito a Iionia-
guano a prezzo della propria vita, pianta
da'suoi non meno che da'nemici ; poiché
ferito Qioi laluienle da un colpo ili inci-
le, vide il Borbone che 1' avea battolo
accostarglisi intenerito, e con generoso
sdegno gli disse; Non son io quello, cui
fu d'uopo compiangere, ma tu, che coni-
Lalliil tuo ree la lua patria. Pili non rima-
neva a'franceki che di sgomhiaiela Lom*
bardia: l'ultime loro guarnigioni di Lo-
di,d'Alessaiidi ìa e dei castello di Creniona
capitolarono. L' e\ucuazione del Milane-
V E N 3i7
se fu totale, e pure la duchessa d'Angou-
léme fece che il re bene accogliesse Bon-
nivet. Questa campagna, benché breve,
riempì di sciagure i popoli che ne furo-
no il teatro, le cui terre furono desolate
e arse, le città saccheggiale e decimati gli
abitanti per la fame, la guerra e la pesle
che dicesi rapì a Milano 5o,ooo vittime.
Animalo l' imperatore da tanta fortuna,
rinnovata l'alleanza con Enrico Vili,
spinse la guerra nella stessa Francia, pe-
netrando nella Provenza. E già vi faceva
progressi, eil traditore Borbone, dopo a-
verpresoAix eTolone, consigliava a muo-
vere direttamente verso il centro del re-
gno, passando il Rodano, ma prevalse
l'opinione del Pescara, che il contestabi-
le dovesse prendere Marsiglia, il cui as-
sedio fece togliere a' 7 luglio le galere
francesi comandale dal profugo genove-
se Andrea Doria, famigerato capitano di
mare, e il re con poderoso esercito finì
di liberarla. Tentalo dal Borbone ancora
^n assalto e valorosamente respinto, i!
Pescara fece levare il campo per avvici-
narsi i regi, che batterono il retroguar-
do imperiale. Mentre gl'imperiali proce-
devano per Monaco e le montagne ligu-
ri, Francesco I «lell'ollobre si avanzò ra-
pidamente nell'Italia; non ascoltando le
rimostranze de'suoi vecchi capitani con-
tro le difilcollà d'una campagna d'inver-
no. Entrò in Vercelli, e gl'imperiali di-
scesi dall'Alpi liguri nel Monferrato, rag-
giunsero a Pavia il corpo di riserva rac-
colto da Lannoy e dal tinca Sforza. 1 (lan-
cesi intanto mossero direttamente a IVIi-
lano indifeso dagli spagnuuli che si ritira-
rono, la.sciai)do guarnigione nel castello,
come fecero altresì in Ale.s.sandriael*aviu.
Il re invece d' inseguire il nemico, che
avrebbe espulso dalla Loud)aidia, u'ib
ollobre afljdò il con». nido di Milano al
Tiemouille, e contro il consiglio de'suoi
capitani marciò all'assedio di Pavia, di-
fesa con ostinazione da! prode e feroce
Anlonio di Leyva. Intanto l'oratore ce-
sareo domandò al senato veneto la con-
3 , 8 V !■: iN .VE N
ciiiiuione delle sue truppe colleimperiali. vinato aveano l'eiaiio, iiilei rotto i coin-
Agilavasi vivamente la questione in se- merci, desolalo i popoli. Questa opinione
i)iito:dicevanoaI(;nni, non doversi intimo- prevalse e fu delibeiatodi dare autorità a
lirede'progressi francesi, fatti pììicanimi- iMarco Fo^cari tuttora oratore a Roma di
nando che combattendo, e Pavia averli trattare la cosa presso il Papa, rimet-
già arrestati, essere piìi alti a cominciar tendo all'arbitrio di questo il prendere
l'imprese che a sostenerle, ed il re sebbe- qntl partito che più credesse gioviire al-
ile valuroso non essere capace alla gner- la cau>a cuinune e alla pacegenerale,che
ra in grande; e al caso d'un rovescio e egli diceva essere scopo de'suoi voli, non
ilei partirsi loro d'Italia, la repubblica ceisaiido però di raccumanilare tirare ia
resterebbe esposta a tutta la collera di lungo possibilntiente la conclusione fin-
Carlo V e alla potenza delle sue armi che si vetlesse l'esito dell'assedio di Pavia,
divenute piìi formidabili. Ninna sperau- Era pensiero di Clemente VII che Mi-
za doversi mettere negli altri principi lano avesse a rimanere a F^rancia, Napoli
italiani, nidia in Clemente VII pieno di all'imperatore; mala repubblica ben ve-
timoree irresoluto. Perseverare nella lega dendo che quest'ultimo non vi avrebbe
essere oltre che onesto anco utile, poiché mai Consentito, scrisse al Papa facesse da
ammesso il pieno trionfo di Francia, di- se ()ace con Francia, lasciando luogo alla
veniva interesse di fpiesta il procacciarsi repubblica, alla (juale Sua Santilà fareb-
i'amicizia della repubblica perconsolidar- be allora ammonizione di desistere dalle
si nel dominio e far fronte agli spagnuo- armi. Se poi, soggiungevasi, il Papa vo-
li che tuttavia resterebbero nel regno di lesse invece assolutamente rinnovar la le-
Napoli come dominio di Carlo V. Per ga tra la s. Sede, Cesare e la repubblica,
lequali cose sliujarsi miglior partiloquel-, badasse di s[)iegare ben chiaro, che tale
lo ili temporeggiare e star a vedere qual lega era solo contro principi cristiani,
piega prendessero gli avvenimenti. Di- per non dare sospetti al turco col quale
versaniente opinavano altri: che oltre al- Venezia era allora io pace. Mentre que-
l'onesto, che pur deve entrare nelle u- ste cose si maneggiavano, l'oratore cesa-
rnane deliberazioni, era opportuno alla reo a Venezia presentava nel gennaio
repubblica, non polendo cacciare i due i525 al doge una scrittura, in cui pria-
invasori, mantener tra lorouu certo con- ci|)alraente si diceva: Avere Carlo V po-
tra[ipesoonde l'uno non superasse l'altro sto ogni cura per la pace d'Italia e te-
in modo da poter un giorno schiacciare nerne fuori i francesi, di sostenere nello
tutti i principi d'Italia; il temporeggiare, stalo di Milano Francesco il Sforza, suo
anziché acquistare alla repidjblica il fa- stretto parente, ora il viceré di Milano
Tore d'una delle parti, le inasprirebbe si accingeva a leprimere la tirannide del
ambedue; gettandosi invece aperlameu- re di Francia; perciò esortare la repub-
te ed edicacemente alla parte di Fiau- blica, come amica e confederata, volesse
eia, più facile divenire che gì' imperiali unirsi ad esso a cacciare il re dall'Italia
spaventali di tanto aumento di forze e e liberar questa dalle sue genti, per non
ridotti quasi alla disperazione, lasciasse- lasciare sfuggire l'opportune occasioni di
ro del tutto l'Italia, e allora dall'allean- condursi a felice termine sì gloriosa iutra-
za con Francia, riconoscente del benefi- [)resi». Questa scrittura levò nuova teni-
cio ricevuto, memui e dell'aulica amicizia, pesta in senato, perchè Gabriele Moro,
ilella religione sempre posta dalla repuij- occupata la bigoncia, apostrolo amara-
blica nel serbare la ilala fede, verrebbe mente i signori del collegio, con (piel
pace a Venezia, la quale potrebbe alfine discorso riportalo dal prof. riomanin,col-
respirare di tanti anni di guerra che io- la not;i di: saggio notabile di franchezze»
V E N
parlamentare da sostenere il confronto
con qualunque più vivo discorso tenuto
nelle moderne camere costituzionali. Ten*
tarò darne un breve cenno. Lo rivolse a
que'padri del collegio, clie a\eano deli-
berato colla benda agli occhi e guidiilo
il sapientissimo consiglio cui parlava, nel
quale s'insegnava in proposte e risposte di-
re lutto al contrario, per rompere la jia-
ce e la fede promessa e giurala a Cai lo
V, con certa rovina dello slato. Quat-
tro del collegio, ragguardevoli per età e
sperienza, guidare il resto de' padri con
proposizioni spesso di grave danno. Or-
mai non era più data la libertà di con-
traddire il collegio ; poirliè taluno di
buon \olere non solito montare in bigon-
cia a dir sua opinione, sta v» quieto; molti
ch'erano atti a tale esercizio, non ardi-
Tano farlo per non inimicarsi ìi collegio;
altri die a bene della patria non temo-
no alcuno, pure si tacevano per non es-
ser soli a quella fatica in fastidio del se-
nato, pe' molti parlari fatti. INondimeno
per la grandezza delle cose in trattato,
ritenere essere udi'o senza riguardi, e co-
me uomo vivente in città libera, voler
dire la propria opinione liberamenie.
Quindi dichiarò, trovarsi il governo tra
l'ancudine e iliuailello. Il Papa finora
nulla aver concluso di pace con Francia,
anzi cercare di alienale da Carlo V a-
mico e confederato, e perciò con lui pone
in guerra la repubblica, questa negandogli
in uno all'arciduca Feidinando le dovute
genti e dena ro. Ra mmentò poi quanto a-
vea detto e quanto pure potrebbe dire e
fare ill^apa,ma essere manifesto non voler-
si inimicare l'imperatore. All'inconlro la
repubblica, che di ragione non dovea né
poteva alienarsi da Carlo V suo alleato,
procedeva con essoda nemica, e così per-
derebbesi Tunico amico rimasto, perchè
incerta 1' amicizia francese. Essere Ira
Scilla e Cari idi, per fidare nel l'apa, il
quale in sostanza voleva il Milanese in
mano di Carlo V. 11 consiglio ingannar-
si nel titubare a conservarsi in pace eoa
VEN 319
quel principe, e invece propendere per
Francia, colla tacita negazione di genti
e denaro. Strinse il suo ragionamento:
Doversi rispondere al viceiè di ISblauo,
esser pronti alla difesa di quello stato e
fermi nella confederazione in»periale. Non
ebbe appena terminato, che slanciatosi
alla bigoncia Andrea Trevisan, volle per-
suadere il consesso: Che volendo farsi ga-
gliardi con poche forze, e cogli aoiici e
confederati più furiosamente, sicerciva
inimicarseli e farsi preda del re di Fran-
cia allora potentissimo in Italia. Pensare,
doversi rispondere al viceré di Milano,
che il Papa come padre comune de' fe-
deli, troverà il modo d' unire a concor-
dia i i\oe monarchi, e doversi aspettale
da Roma la conclusione della pace, lu
fatti a' 12 dicembre 1 524 non con l'im-
peratore, ma si concluse con Francesco
I, tia il Papa e i veneziani di non ollen-
dersi reciprocamente, e di non favorire
ciascuno i nemici dell'altro. La repub-
blica avviò altresì le pratiche per rinno-
vare l'antica confederazione con Francia,
però col particolare patio di non essere
tenuti d'aiutare il re nella presente im-
presa. Intarsio gli avvenimenti superan-
do ogni umana antiveggenza venivano a
cambiare a un trailo l'aspetto delle cose.
Continuava l'esercito fitmcese l'assetilo
di Pavia. Tre settimane rimasero gl'im-
periali in vista delle genti francesi sen-
za fare alcun movimento, non lasciando
però di scaramucciare con alterna for-
tuna, quando Hnalmenle a' 24 febbraio
i5i5 trovandosi i ca[)itani imperiali in
generale stiettezza di denaro, e conside-
rando che ritirandosi avrebbero non so-
lo perduto Pavia, ma ogni speranza inob
tre di difèndere quanto ancora possede-
vano nel Milanese, deliberarono di venire
a giornata. Inquietati con fierpienli av-
visaglie durante la notte i fìancesi, fia-
genilo di volerli assaltare verso il Po, il
Ticino, s. Lazzaro, fatte dopo la mezza-
notte 4 squadre, due di fanti e due di ca-
valli sotto il comando del viceré Lauuoy,
320 YEN
tli Ferrante d'Avalos iiiarcliese di Pesca-
ia, del suo cugino A Ifuiiso d'Avalos mar-
chese del Vasto (nel quale articolo desci i -
vendo le gesta di sì celebre prosapia, dis-
si che dal precedente ereditò il marche-
sato e ora principato di Pescara) , e del
duca di Borbone, mossero alla volta di
Mirabellocon muratori e picconi, co'qua-
Ji gettate a terra ben 60 braccia del tau-
ro del parco della Certosa, vi entrarono.
11 re Francesco 1 alla prima notizia, usci-
to dagli alloggiamenti per combattere iil
campagna aperta per la superiorità che
avea di cavalli, ordinò che si drizzasse con-
tro il nemico l'artiglieria. Ma scontrata-
si la battaglia degl'imperiali con lo squa-
drone del re successe ferocissimo azzulfa-
menlo, nel quale egli combattendo valo-
rosamente sosteneva l'impeto de' nemici
della squadra comandala dal Pescara, fin-
ché sopraggiunto il viceré co'fanti tede-
schi, non fu piti possibile qualunque di-
fesa. Il re di Francia sempre combatten-
do e animando i suoi, cadutogli morto il
cavallo sotto (0 due, e feritore fu Herco-
lani di Forlì, perciò premialo al modo
detto nel voi. LXVIli, p. 240), uccisi o
fugati que' che lo circondavauo , ferito
leggermente nella faccia e in una mano,
fu preso prigioniero. Si narra, che la fol-
la d'eroi che circondava il re, si vide ar-
restata ne' suoi progiessi da una truppa
irregolare e puco numerosa, la quale non
seppe che avanzarsi, fuggire, ritornare al-
la carica e fuggire ancora. Erano archi-
Jjugieri baschi, destri tiratori, i quali mi-
ravano alla testa e al cuore degli ulUziali
piìi distinti e li colpivano quasi sempre.
Jii pari tempo il marchese del Vasto a-
■vea rotti i cavalli ch'erano a Mirabello;
il Leyva uscito da Pavia avea assaltalo i
francesi alle spalle, onde generale e ()ie-
na fu la loro scunfilla, molti i prigioni,
t Ira (jULsti i principali cavalieri, molli i
morti e tra (jucsti LJonnivet; il quale es-
sendosi sdegnato all'idea d'una lilirala,
proposta da'geuerali più sperituentati, e
volendo risparmiare al re 1' onta d' una
YEN
fuga, con aringa fece determinare d' af-
fi oiitare la battaglia, appoggiato da Moni-
morency nel lusingare l'ardore guerriero
del re; tua vedendo poi gli elFetli deplo-
rabili del suo consiglio, non volle soprav-
vivere a tanto disastro, si precipitò fra le
squadre nemiche e perì trairilto da mol-
ti colpi. Il Borbone nel vedere la sangui-
nosa spoglia del suo nemico, gridò, tor-
cendo da essa lo sguardo: Ah infelice! tu
sei la cagione della perdita della Fraiici i
e della mia. Ad oula che sapesse il re pri-
gioniero. Egli erasi avanzato con un cor-
po per avvilu[)parlo , e -ne restarono fe-
riti a morte due eroi Tremouille e Lau-
trec.Quando mille voci grida vano a Fran-
cesco I d'arrendersi, corse a lui Pompéran,
il solo gentiluomo che seguì Borbone nel-
la fuga. Pompéran si getta a'suoi piedi e
lo scongiura d'arrendersi al contestabile
di Borbone. Il re a tal nome sente ria-
nimarsi tutto il furore e protesta che
morrà piuttosto che arrendersi ad un tra-
ditore. Chiede Lannoy e gli rimette la
sua spada: Lannoy la riceve in ginocchio
e gli porge la sua. Ma siccome la squadra
comandata dal marchese di Pescara avea
fermato il re, Carlo V donò al marche-
se i trofei del real suo prigioniero e le
memorie del gran combattimento. Di
questo e se il re consegnò la spada a Pe-
scara, é a vedersi il voi. LXXXVIII, p.
200. Di tutto l'esercito francese la sola
retroguardia comandata dal duca d' A*
leiicon potè salvarsi in Piemonte, con bia-
simevole precipitosa ritirata. Lannoy con-
dusse il reale prigioniero a Pizzighettone,
ove fu posta la sua libertà a palli inac-
cettabili. Nientemeno si domandola ces-
sione all'imperatore della Borgogna e del-
la Picardia; al duca tli Borbone la Pro-
venza e il Delfìnato, oltre la restituzione
de'suoi beni; al re inglese la Normandia,
la Guienna e la Guascogna. Laonde Fran-
cesco I accolse imprudentemeole il con-
siglio di Lannoy di recarsi a trattare di-
rettamente con Carlo V a Napoli, e in-
vece fu imbarcalo a'7 giugno a Genova,
VEiX VEJN 3?.t
e conJollo nella Spagna. E sua madie Jre l'nrmata marilliina; e il duca d'Ur-
la duchessa ci' Augouléme reggente del bino avere in animo clie con 200t) cavai-
regno , lenne le redini del governo con li di lulte l'armi, i5oo leggeri, e 3o,ooo
accorgimento e fermezza, durante la sua fanti la libertà e il decoro d'Italia potes-
prigionia.llclainorosoavvenintentocom- se sostenersi; e io line batlasìe bene, the
mosse e atterri grandemente tutti i prin- unirsi a Carlo V era un dichiarar guer-
cipi italiani, i quali ormai si vedevano in ra a' francesi e dar tutta l' Italia in suo
balia della potenza iniperiale. A scongiu- potere. Per mala ventura, Clemente VII,
rare intanto la i/ burrasca, si adopeiò più stretto dalle presenti cose che accor-
Gaspare Conlarini allora oratore a Car- todell'avvenirejConcluseil i ."aprileij^Sj
lo V, poi la repubblica incaricò Andrea col vicei è Lannoy: Che Francesco II Sfor-
JXavagero e Lorenzo Priuli di recarsi in za sarebbe conservalo nella signoria dì
I<pagna a congratularsi coli' imperatore ÌMilanoj che l'imperatore garantirebbe lo
della fortuna di sue armi, e furono beu stato papale da ostili insulti e ritirereb-
accolli, giacche a Carlo V premeva a cpiel- be le lru[)pe accampale in esso; che pren-
l'epoca di tenersi amici i veneziani, da* derebbe in protezione la repubblica fio-
quali voleva 80,000 ducati in compenso reatina con pagare ì 00,000 ducati a'ca-
delle truppe che non aveano mandalo, se- pitani imperiali, e conserverebbe in digni-
condo i palli, alla battaglia di Pavia. Do- là la famiglia Medici. Alla repubblica ve-
rnando di nuovo la restituzione de'beni a' neta e agli altri slati si lasciarono 20 gior-
fuoruscili, ch'erano siali venduti; e prò- nidi tempo per accedere al Iraltato.Giun-
niise non volere il distuibo della distia- sero queste notizie a Venezia mentre la
nilà, che sarebbe in sue mani, ma la glo- reggente di Francia avea mandalo il suo
ria della pace, per rivolgere le armi con- ambasciatore, a raccomandarsi d'inter-
tro gl'inledeli, sperando che la signoria porre i suoi buoni ulllzi per la liberazione
lo avrebbe aiutato. Eguali buone parole del re s«o figlio, che allora era ancora ri-
dava l'imperatore aClemenle VII, onde il tenuto in Pizzighetlone quale ostaggio. Il
senato raccomandò aquesto, pelsuoam- doge Grilli rispose paroledi condoglian-
basciatore ordinario Domenico Venier, za edi confoito,assicurandoche la repub-
non si la>ciasse trarre ad «Icun accordo blica non lascerebbe di fire lutto il con-
senza includervi la repubblica, e soprai- venientemente possibile. A Roma scrive-
lutlo stesse bene avvertito ch'erano forse va il doge non potersi decidere all'ade-
inganni per isciogliere l'unione sua con sione del trattato prima di vederne i ca-
Veneyia, grande ostacolo a'disegni impe- piloli, non aver mandalo le sue genli a
riali;si alliellasse inlanloa mellereaU'or Pavia per dover guardare lo stalo pro-
dme lesuegeiili,equellede'fìorenlini,che prio e non convenire al rifacimento ri-
aveano aderito alla lega per la liberiti d'I- chiesto, non poter poi entrare in una le-
talia, mandasse a levar truppe negli sviz- ga in cui era fatta parola del tuico, e
zeri, riprendesse in grazia il duca di Fer- quanto a'benidc'fuoruscili per finirla pa-
rata, dalla cui opera mollo vantaggio ne gherebbe 80,000 ducali. Era statoinlan-
sarebbe venuto agli alleali. Ma il Papa lo lradoltoinIspagnaFrancescoI,perdai-
di repente cambiò pensiero, inclinando vi lo spettacolo d'un redi Francia prigio-
ad unirsi a Carlo V, per la necessità delle niero del suo emulo Carlo V, ali iiisapu-
circoslanze, invano rappresentandogli il la del Borbone, e del marchese di Pesca-
senato aver i collegati foize bastanti a di- ra generalissimo dell'armata s[)agnuola,
fendersi, numeroso l'esercito della repub- onde ambedue ne restarono indignali; il
Llica composto digoocavalli di grave ar- i.° pel timore di esser dimenticalo nel
matura, 600 di leggiera, 1 0,000 fjiiti ol- Uallato the poi sarebbe fallo pei liberar-
VOL. XGIf. 2 1
3.22 V E N
lo, per cui nlciini dicono clie fu solicello
a recarsi in INIailiitì; anflie per fursi man-
len€ie(la Carlo V le sue promesse; il 2.°
roilevasi che il viceré per la sua finezza
si cogliesse il fnitlo ilei merito altrui, e
già vetleiasi dall'imperalore posposto e
mal ricompensato della prìncipalissima
parte avuta nella vittoria di Pavia. Ri-
chiamando il narrato nel citato volume
LXXXYIII, p. 20 r , racconta il pro^^. Ro-
manin, che in geneiale orinai il contegno
di Carlo V metteva in gelosia e sospetto
tutti i principi italiani, e fin dal marzo
ì5'i5 Girolamo Moroni, gran cancellie-
re e I .° ministro del duca Slorza , avea
(Jiiesto un colloquio segretissimo con Do-
menico Vendramiu segretario dell'orato-
re della repubblica a Milano, Marc' An-
tonio Venier, e fu nel lugHo fatto un ac-
cordo fra la stessa r,epubl)lica, il duca di
Milano, il Papa, insieme colla reggente di
Francia, adoperandosi anche a farvi en-
trare il re d'Inghilterra, che cominciava
altresì a disgustarsi dell'imperatore suo
alleato, allo scopo di assicurare la libertà
e sicurtà d'Italia, e confermare Francesco
Il e dopo di lui il fratello MassimiIiano,al-
lora inFrancia.coiue g'à dissi,nel dominio
del ducalo di Milano. Parve opportuno
di profittare della collera del Pescara e
valersi del potente suo braccio, qual ca-
pitano generale della lega, al che al prin-
cipio aderì, o mosliò di aderire per farsi
poi traditore (sii). Fatto sta, che poco do-
po gl'imperiali ebbero un qualche sento-
re di quanto «i-'maneggiava, e il Pescara
a purgarsi d'ogni sospetto, invitato a se
il Moroni in Novara per parlargli, il fece
prendere e condurre nella torre. Fu poi
colle sue truppe occupato militarmente
Milano, domandò il castello in cui crasi
ritirato Francesco 11, e Cremona per l'ac-
cordo che dicea doversi consegnare da'
veneziani. E procedendo sempre il Pe-
scara colla stessa dissimulazione, asseriva
the il duca non ci avea parte e che il lut-
to era successo alla sua insaputa, e man-
dava a lui giustificandosi , quasi che a-
VE N
vp<;!;c fallo eseguire l'arresto del ]\Ioro-
ni non tanto per benefìzio dell' impera-
tore, quanto pel vantaggio di sua eccel-
lenza. Però il duca dichiarò non avere
erralo il Moroni , e neppur esso, allora
malato: pare veramente che fosse iscieole
dell'accordo. La scoperta della cospira-
zione sgomentò grandemente la repub-
blica neir ottobre, che si affrettò a scu-
sarsi per tenersi benevolo Carlo V, il qua-
le dissimulava, ciò richiedendo le novità
d'Inghilterra, il cui re erasi accordatone!
fine d' agosto colla reggente di Francia
con trattato di pace e alleanza, e più an-
cora quelle di Germania, ove per le di-
scordie religiose e per la sollevazione de*
contadini contro i signori , derivata da
quelle, predicando la sovranità del popo-
lo, la comunanza de'beni, l'abolizione del-
l'imposte, tutto era confusione, incendi
e rovine; frutti tutti de'novatori della pre-
tesa riforma religiosa. Alle mire di Car-
lo V si opponeva la fermezza del duca di
Milano, il quale non lasciandosi spaven*
tare da'canuoni che il Pescara con mili-
tare prepotenza piantò innanzi al castel-
lo e l'assediò, ov'egli ancor convalescente
dimorava , né consentendo mai a ceder
la fortezza, né a lasciarsi strappare dal
fianco il suo fido segretario Gian Ange-
lo Riccio, finché non gli fossero note l'in-
tenzioni dell'imperatore, a cui diceva vo-
ler inviare idonee persone, il che mette-
va in imbarazzo il Pescara. Laonde que-
sti rimovendosi dal suo i.° divisaraento,
si contentò che Io Sforza tenesse il castel-
lo di Milano e quello di Cremona per
l'imperatore, sotto vincolo di giuramen-
to, e senza poter uscire dal castello. 11 Pe-
scara si mostrò sdegnato specialmente
contro Venezia, diceudo nel dicembre che
voleva portar le sue armi fino alle spon-
de della Laguna, e colà con argini de-
viarne l'acque e giungere alla città cam-
minando sopra fascine; la repubblica ve-
niva accagionata d'aver voluto col Pa-
pa, col duca di iMilano e con Francia cac-
ciar gli spagnuuii dall'Italia, e tursi per
VEN
se il regno di Napoli, onde il suo oratore
Navagero durava gran fulica a tenersod-
disfallo l'anirao di Carlo V. Intanto il du-
ca si trovava assedialo nel castello, sem-
pre sperando d'esser soccorso, per cui la
repubblica ne scrisse al re d'Inghilterra
a prestarlo sollecito per la conservazione
e libertà d'Italia; e il Pescara pel suo cat-
tivo governo avendo irritalo tulli gli ani-
mi, con islenlo trovava chi volesse lavo-
rare nelle trincee, a' 17 novembre aven-
do inoltre ordinato al senato di Milano e
loro iiflìziali, d' esercitare i loro uflìzi in
nomediCarloVe non piìidel duca. Gran-
de fu l'impressione che produsse l'auto-
revole atto sulla popolazione e sul sena-
to, per vedere lo spossessamento del lo-
ro duca decrefato ad onta di tutti i pre-
cedenti in contrario. Il senato si rifìulò
ubbidire, non essendo ancora il duca di*
chiaialo colpevole e privato dello stato.
Né quietandosi il marchese di Pescara e-
sigetle che la città giurasse, ma solo l'ot-
tenne per non intraprendere nulla in dan •
DO dell'imperatore, senza farsi parola di
sua dominazione. Di che malcontenlo,nel
principio di dicembre fece intimare a tut-
ti i mihmesi dal governatore, dover giu-
rare pe'Ioro sindaci nelle mani sue e del
Leyva, fedeltà a Carlo V ed a'suoi suc-
cessori, e fare tutto quello che una città
deve all'iinperalore suo signore e all'im-
pero. 11 mille umore crescendo, frequen-
ti zutTe e moli popolari annunziavano di
prorompere in rivolta, quando il Pesca-
ra venne a Diorte a'3 dicembre, o nel de-
clinar di ntjvembre come altri vogliono.
Gli successe nel comando degli eserciti
imperiali il cugino ed erede d. Alfonso
d' Avalos marchese di Vasto e Pescara.
La repubblica fece vigorosi uHlzi per la
conservazione allo Sforza dello stato suo,
e che non si operasse novità alcuna io
Italia. E intanto l'assedio del castello di
Milano continuava, da tutti facendosi la-
menti per r infelice principe in esso rin-
chiuso, per vedersi tulle le piazze espo-
ste all'avidità degl'imperiali, apparire lai-
VEN
323
minenlc il servaggio di tutta Italia e de'
suoi principi, perciò si alTrettassero col
Papa a soccorrere l'alleato da loro ripo-
sto nel paterno retaggio. La repubblica
energicamente coU'ambasciatore cesareo
reclamò contro il procedere dell' amico
e collegato assediato nel suo castello, e
spogliato della città e delle fortezze, di-
chiarando non veri i trattati eoo esso e
de'maneggi per aver Cremona. Il caso del
Moroni e lo spogliamenlo dello Sforza,
ritenevasi dalla corte imperiale derivare
da apparenza vana, fondarsi il processo
nella lettera che il Moroni avea scritto,
d'ordine del marchese di Pescara, per le
trattative in Italia contro Carlo V, il quale
avea stabilito dare Milano al duca di Bor-
bone. Nelle pratiche falle dal senato con-
tro l' oppressione spagnuola , vide esser
prudenza l'attendere consiglio dal tempo
e cosa facesse il Papa e l'Inghilterra. Né
il tempo tardò a chiarire gli avvenimen-
ti, poiché il re Francesco I noiato della
lunga cattività, si piegò a sagrificare in
apparenza, forse consigliato dalla sorella
Margherita d'Alencon, gl'interessi della
sua corona, coli' intenzione d'ingannare
un nemico che si mostrò verso di lui po-
co generoso, e a' 1 4 gennaio 1 526 segnò il
famoso trattato di Madrid, dopo aver pro-
testatosulla violenza che glielo strappava.
Dovendosi tener presente il detto a Fran-
cia e altrove, in sostanza acconsentì a ce-
dere a Carlo V il ducato di Borgogna,
rinunziò ad ogni pretensione sul Milane-
se, Genova e regno di Napoli, d'abban-
donar l'Italia al suo rivale, impegnan-
dosi di soccoirerlo d'una flotta e di trup-
pe quando andasse a farsi coronare a Ro-
ma; promise la restituzione de' beni del
Borbone e d'altre terre, d'estinguere un
debito di circa 5oo,ooo scudi, incontra-
lo da Carlo V con Enrico Vili, e che a-
vrebbe sposato Eleonora d'Austria di lui
sorella, già promessa al Boibone e al qua-
le ora dovasi ia cambio il ducato di Mi-
lano.Per la gravezza estrema di tali condi-
zioni dovea prevedere Carlo V che non
3^4 V E ìN
sarebbero eseguile, come gli disse il suo
raiicelliere Meicniino Aiborio ila Galli-
lìara poi cardiiinle, consigliaiiilolo inve-
ce ail assictiiar prima le cose il'llalia, ac-
toniodar le vertenze sullo stato di fida-
no, unirsi col l'apa e co' veneziani, lua
non fn ascoltalo. Francesco 1 a'i8 mar-
zo palli per F4 ancia, lasciando in ostag-
gio due figli, poi riscattali a prezzo ti' o-
10 coll'ofTerle de* francesi. Questa pace
sgomentò l'Italia, vedendosi inleranienle
abbandonata alla pre|ionderaiiza di Car-
lo V; se non che mollo dubitandosi del-
l'osservanza per l'ufgiurie ricevute dal re,
il i'apa e la repubblica mandarono a con-
gratularsi della sua liberazione e ad esplo-
rarne l'animo. Lo trovarono inlatti co-
me si erano immaginati; poicbè si dice,
clie quando Francesco I mise il piede sul
territorio di Francia, dicbiarossi sciolto da
im ginrauienlo ifnposlo dal crudele abu-
so della vittoria. Se fu quello uno sper-
giuro, lutti i fiancesi furono suoi compli-
ci: disse Lacretelle. Certo è cbe il re si
dicbiarò poi sciolto da'suoi impegni, ad-
ducendo la ripugnanza trovala ne'suddi-
ti ad acconsentirvi. Gli oratori veneziani
scoprendo l'animo del re sempre neujico
a Carlo V, acconsentirono alle pratiche
per ima lega. Dal canto suo l'imperatore
non cessava di tentare il senato a tenersi
imito a Ini, ma esso rispondeva risoluta-
niente, volere sopra tutto la libertà e il
decoro d'Italia, e quindi che il Milanese
avesse a restare allo Sforza, e non da con-
ferirsi al Boi bone. E prendendo motivo
da'tumulti insorti in Mdano contro gl'im-
perijdi per le spietate vessazioni, con sem-
pre maggior inasprimento d'animi, la re-
pubblica vieppiù s'infervorò di a()poggia-
re il duca allealo, e in questi sensi scri-
veva a Roma e Londra. Quindi Vene-
zia, il Papa, Firenze e Milano fecero un
accordo a tutela della propria libertà, e
poi si ridusse a termine la confederazione
con Francia a Cos^iiac a' 2 1 o 11 mag-
gio, alili dicono l'i 1 giugno 1 026, temi-
la per allora segreta. Si dichiarò essere
V E N
fatta non per recare violenza o provoca-
zione, ma per guarentire i comuni inte-
ressi e la quiete della cristianità , e per
conservare la libertà e il decoro d'Italia.
Si lasciò luogo ad aderirvi anche all'im-
peratore, al fratello arciduca Ferdinando
e al re d'Inghilterra, a condizione però,
quanto a Carlo V, di liberare i figli del
re di Francia, verso un'equa taglia; di
lasciare il ducato di Milano a Francesco
Il Sforza, e gli altri stati d'Italia com'e-
rano prima della guerra; di obbligarsi a
non entrare in Italia per l'incoronazione
o per altro se non con quel seguito che
parrà conveniente al Papa e alla repub-
blica; di soddisfare al re d'Inghillerra la
somma dovutagli entro un congruo ter-
mine. Intanto i confederali s'impegnava-
no di mettere in piedi un esercito ben
provveduto e pagato, da adoperarsi con-
tro chi sturbasse la pace d'Italia; si equi-
paggerebbe parimenti un naviglio cotn*
posto di I 2 triremi del re, i 3 di Venezia,
3 del Papa; prometteva il redi non mai
inquietare il duca nel suo ducato di Mi-
lano, solo obbligandolo ad un annuo cen-
so, di dargli in moglie una principessa del
sangue reale, di procacciargli la protezio-
ne degli svizzeri, le slesse cose guarenten-
do al fratello Massimiliano in caso di suu
mancanza. Dovea poi tornare alla coro-
na di Francia la contea d'Asti, come d'an-
tichissima spettanza de'duchi d'Orleans;
sarebbe confermalo il doge Antonio A-
dorno nel governo di Genova, se aileris-
se alla lega, conservando però il re il su-
premo dominio. Si manderebbero oratori
a Carlo VI per pregarlo restituire i figli
del re; se rifiutasse o non acconsentisse
quanto la lega domandava, fosse a dichia-
rarseirli guerra e cacciandolo ancora dal
regno di Napoli, questo sarebbe rimesso
neir arbitrio del Papa, come cosa della
Chiesa romana; promettevasi in line pro-
tezione alla casa Medici e di conservarla
nella signoria di Firenze: dichiaravasi il
re d'Inghilterra conservatore e |)rolello-
re della lega. Due altri articoli segreti, (va
V E N YEN 32^
U Papa, la Francia e Venezia conteneva- levano ilerivare, favorendo immancabil-
no: Clie tolti a Carlo V il reame ili ^a- mente lecon.sej^uenzetli essa il fui inidabile
poli e altri luoghi a'confini ili Francia, luttuoso progresso tle'lulerani e tle'turchi,
gli sarebbero restituiti, /pianilo niellesse uno peggio ilell'altro; considerasse anco-
in libertà i figli di Francesco I,eassu- ra, che Enrico Vili attendeva la sua de-
messe l'obbligo di pagar per Napoli l'an- cisione per diciiiararsi aperlaiviente per la
uno censo di 4o-ono ducali ai Papa, sai- lega, se contraria a'voti comuni. Era na-
ve le ragioni del re di Francia; quanto a turale previdenza che un Carlo V giani-
Firenze, si obbligavano vieppiù stretta- mai vi consentisse, per cui to>(to intimò al
mente le parti a proteggerla e difender- veneto oratore Navagero di partire dilla
la contro chiuiujue. La lega fu pubbli- sua corte, facendogli intendere volersi di-
cala solennemente a' 22 giugno in An- fendere dopo aver desiderato la pace,
goulénje, e per esservi alla testa il Papa Francesco l l'S luglio pubblicò la Sanla
fu denominata la Santa Lega, ma pt-r Lega per la liberazione d'Italia, a cui il
quanto poi n'ebbe a solTiire, con piìi di 4 settembre aderì pure Enrico Vili re
ragione si disse: Lega funesta n Sua Sa/i- d'Inghilterra. Successe un movimento ge-
tflà. Qui debbo avvertire, che in molti nerale e la repubblica armò a tutta pos-
arlicoli narrai quanto precedette, accom- sa. Ma non lutti i confederati l'imitaro-
pagiiò e seguì il sacco di Fonia {P .), ma no, non tulli furono d'accordo, e così for-
tuiti non è possibile ora richiamarli; e sic- se si penlè l'occasione di tornar libera l'I*
con>eper ultimo II) feci ne' voi. LXXXVI, talia. Si mancò, rileva il prof Piomanin,
p. 328 e seg., LXXXIX, p. 3o5, negli d'una [ìolilica fi anca, ferma, risoIuta,don-
arlicoli ivi ricordati e in quelli che ora de dori vò un doloroso e fosco colore alla
accennerò in corsivo, agevole »arà il rio- storia di quest'epoca. Conclusa la lega, i
venirli, almeno i principali: V fuilice poi, veneziani ben si accorsero dell'opportuai-
con l'aiuto di Dio non lontano, come in tàdi piofìitiu edel malcontento di Milano
tutti gli altri argomenti, ceitamenleli edellappena repressa sedizione, per ispia-
rannoderà tutti, inclusivamenle a quan- gere avanti i loro eserciti ; ed il senato
lo vado raccogliendo nel fertilissimo eam- scrisse a'2 i giugno a Clemente VII anon
pio campo del prof Piomanio, di cui mi indugiar l'invio di sue truppe. Intanto il
vado liberamente giovando, ma per ne- loro capitano generale FrancescoM.' 1 du-
cessità ilovendo con indicazioni ripetere ca d' Urbino, a'24 giugno co' veneziani
per l'indispensabile intelligenza cose det- s'introdusse in Lodi, e Malalesla Baglio-
te e ridette, però fi aij)m ischiandovi nuove ni obbligò gli sp.ignuoli a ritirarsi nel ca-
pre^io^e nozioni che a lui fu dato{)iibblica- stello. Accorso tosto il marchese ilei Va-
re, perchè la storia veneta n'è rigogliosa sto d. Alfonso d' Avulosda Milano, suc-
pe'documenti in cui primeggia. Dopo la cesse fiero combattimento colla peggio
pubblicazione della lega di Cognac, fumo- degli spagnuoli, i quali furono costretti
sa per le tante conseguenze, il nunzio apo- a sgomberare. L'accpiisto di Lodi fu alla
stolico egli andiascialori francese e ingle- lega di grandissima riputazione e vanlag-
se, presentatisi a Carlo V s'ingegnarono gio , siccome città ben fortificata e che
persuaderlo a restituii e i figli di Francia dava la via a Milano, Pavia e Cremona;
colle condizioni stabilite ne'capitoli della tolto inoltre ogni impedimento, le Irup-
medesima, onde non esser cagione di di- pe pontificie si congiunsero alle venete,
sturbare la pac« d'Europa ; e deposte le II tentativo per soccorrere il castello di
private passionili ivolgesse l'ani ino al bene JMilanoeli berai e Francesco II, riuscì inu-
con)une,prendendo in considerazione tut- tile, come avea preveduto il peritissimo
li quanti i sinistri che da DUO va guerra pQ- duca d'Urbino, che voleva prima atteu-
326 V E N
dere l'arrivo degli svizzeri. Nondimeno il
duca si lasciò persuadere forse da falsi e-
s{>loratùri che dipingevano raiserabilissi*
ma la condizione degli spagnuoli, benché
era entrato in Milano con un rinforzo il
duca Borbone; onde mutata la diffìdenza
in ferma risoluzione, aderraava al famo-
so storico Francesco Guicciardini presi-
dente di Romagna e luogotenente ponti-
ficio, tenere per fermo che il d'i seguente
7 luglio sarebbe all'armi loro felicissimo
(Guicciardini era nemico del duca e de'
preti che servì in due pontificati; il duca
però avea le sue pecche ; avea fatto uc-
cidere barbaramente il veronese Andrea
Bracci, uno de' suoi favoriti, per cui l'a-
vca infeudato di Sasso Corbaro, per ave-
re scoperto ch'erasì innamorata di lui la
propria sorella Maria vedova di Venan-
zio Varano signore di Camerino ucciso
da Cesare Borgia ; e l'uccisione del car-
dinal Aiidosi pesava ancora sul duca, seb-
bene scelleraggine che anco il Bembo
cercò scemare. Lo spirito irreligioso del
Guicciardini, ad onta del suo merito let-
terario, procacciò alla sua storia la ri-
cordanza ntW Indice de libri proibili, per
(juantodicela Civiltà CatlolicaySevie3.',
1.12, p. 67, nella rivista dell' O/je/'c //?e- '
dite di Francesco Guicciardini, ec, Fi-
renze 1857. Quindi il n. 20 del Gior-
nale di Roma del 1859 pubblicò il de-
creto de'20 gennaio della s. congrega-
zione dell'Indice per V Opere inedite di
Francesco Guicciardini ^ illustrate da
Giuseppe Canestrini e pubblicale per
cura de* conti Pietro e Luigi Guic-
ciardini). Invece cogli storici d' Urbi-
no dissi in quell'articolo, che il duca con
ripugnanza si lasciò persuadere, per cui
vedendo arrischiata l'impresa si ritirò a
Marignano, della qual cosa dispiacente
alcun capitano si levò gran rumore a Ve-
nezia, onde il senato ordinò restare agli
alloggiamentieconliauar l'assedio di Mi-
lano. Mentre erasi presa la risoluzione
d'introdurre veltovaglienel castello epos-
sibilmenle liberarlo, il duca Francesco II
V EN
disperando di soccorso per necessità lo
rese agi* imperiali a' 24 luglio, salva la
vita e quella di tutti i suoi; avrebbe a Co-
mo residenza con conveniente appannag-
gio finché avesse deliberato l'imperato-
re. Uscito il duca dal castello ^ nell' av-
viarsi a Como venendo a sapere che gl'im-
periali volevano continuare a tenervi pre-
sidio, accortosi che non sarebbe stato li-
bero ma prigioniero, mutò consiglio e si
ridusse a Lodi, la qual città gli fu dagli
alleati libeiamente consegnata, e fu allora
ch'egli potè ratificare la lega w suo no-
we conclusa. La repubblica ne die pron-
ta notizia al re di Francia, ma questi di-
sgustatodella guerra ch'eragli sì mal riu-
scita, desideroso de'piaceri, fattosi alieno
dalle faccende pubbliche, non attendeva
che alla caccia, agli amori, a'sollazzi, al-
le lettere e alle arti: l'amministrazione ri-
cadde nelle mani della madre, ed essa
continuando le pratiche con Carlo V per
riavere i nipoti e acciò la Borgogna ri-
manesse francese, era di tutto cuore di-
sposta a sagrìficare l'Italia. Così i soccor-
si d'uomini e denaro, che avrebbe dovu-
to mandare, con dilazioni si [ritardarono
all'autunno. Tuttavolta riuscì al duca
d'Urbino di prendere Cremona. Ma in
Roma dopo la pubblicazione della lega,
cominciarono i Colonna, ])avlig\am im-
periali , la guerra contro Clemente VII
ne'dintorni, e si venne ad un accordo a*
22 agosto I 526; indi il Papa incautamen-
te e per malintesa economia licenziò i ca-
valli e quasi tutti i fanti che avea assol-
dati. Fu allora che i ministri imperiali
rivolsero l'animo ad opprimerlo con in-
sidie, a tale effetto il vicerèdi Napoli Ugo
Moncada, cattivo cristiano, in unione co'
Colonnesi e altri indegni baroni romani,
ricominciò la guerra con nera trama; nel
declinar di settembre assalirono la Città
Leonina e occuparono il Palazzo apo-
stolico Faticano, Clemente VII salvan-
do la vita in Castel s. Angelo, del tutto
sprovvisteli perchéchiaraò subitoilMon-
cada e concluse con esso una tregua di 4
YEN
mesi, con (lisJella d' altri 2 mesi, e con
lacollà a'confetlerati il'eulrarvi fra 1 me-
si; uella quale liegua, scrisse Guicciat ili-
ni e riprodusse il cav. Coppi nelle Me-
morie Colofinaiy fossero inclusi non so-
lo lo sialo ecclesiastico e il regno di Na-
poli, ma eziandio il ducalo di Milano, i
fiorentini, i genovesi, i senesi, il duca di
Ferrara e tulti i sudditi della Chiesa me-
diate e immediale; di più obbligatoli Pa-
pa a t'ilirate le sue genti da INIilano, e ri-
vocare dall' armala Andrea Boria colie
sue galee, perdouare a'Colonuesi e agli al-
tri insorti. iMa non andò guari, che dissua-
so da' re di Francia e Inghilterra, giudi-
cando non dovere osservare l'accordo fat-
to con violenza, mandò le sue genti con-
tro i Colounesi a spianarne leterre.Si con-
tinuava a guerreggiare sul principio del-
l'infausto 1027 con alterna fortuna, nel-
la provincia di Campagna o Prosinone e
nel regno di Napoli. Intanto il contesta-
bile di Borbone avendo raccolto un eser-
cito di -jOiOOO uomini, composto di cru-
deli spagnuoli, di fanatici e fieri luterani
tedeschi, e della feccia d'italiani, con es-
so non solamente incusse terrore in Ita-
lia, ma sospetti alla curie imperiale pel
rancore che dissimulava per nulla aver
oUenuto. Per levargli la possibilità di far-
si temere dall'imperatore e d'esser in gra-
do di trattare con Francesco I, a indebo-
lirlo gli si lasciò mancare il denaro. Ve-
dendo il Borbone i suoi soldati pronti a
sbandarsi, ed egli dopo avere esaurito il
riscatto de'prigionieri e di Girolamo INIo-
roni, che ne divenne l'intimo segretario
econsigliere, ormai più non avendo mez-
zi di pagarli, si propose soddisfarli colle
prede in Roma; e poi fors' anco impa-
dronirsi del regno di Napoli malconten-
to dell' imperatore, disegno che maggio-
re non era del suo coraggio e cui le cir-
costanze potevano secondare. Clctnenle
VII inleso tale terribile divisamenlo pro-
curò evitare il pericolo, convenendo ad
una tregua a* i 5 marzo i 527 cogli agen-
ti di Lauuoy viceré di Napoli. Fu slipu-
VEN 327
lato, senza il consenso della repubblica
e di Francia, lasciando loro luogo di a-
derirvi', sospensione d'armi per 8 mesi,
pagando il Papa all' esercito imperiale
60,000 ducali, assoluzione dalle censu-
re a' ColoiKiesi e reintegrazione del car-
dinalato a Pompeo Colonna, restituzione
scambievole dol tolto. Entrando nell' ac-
cordo Francia e Venezia, uscissero i fan-
ti tedeschi dall'Italia; non accedendo u-
scissero dagli stali della Chiesa e di Fi-
renze. Per maggiore sventura, il Papa
tornò a licenziare la maggior parte del-
le truppe, e le bande aere, c!ie avea di
nuovo preso a'suoi stipendi, per inoppor-
tuna economia dell' avaro camerlengo
cardinal Armellini. Così tulli i disegni
della lega si disciolsero, e il duca Òl' Ur-
bino fece quelle provvisioni riferite a quel-
l'articolo, inviando per sicurezza a Ve»
ueziala moglie e il figlio. Frattanto ilBor-
bone per la Toccami marciò a Roma, ri-
fiutando di riconoscere l'accordo perchè
le sue truppe non volevano indietreggia»
re dal promesso saccheggio. Spaventalo
Clemente VII, con Firenze si rivolse alla
repubblica, e il duca d'Urbino potè pre-
servare quella città: chiamati poi gli o*
ralori di Francia, d'Inghilterra, di Vene-
zia e di Milano, disse a'3o aprile di vo-
ler rinnovare la lega; ad onta di sua in-
certa e mutabile politica che avea disgu-
stato tulti, gli oratori consentirono, col-
lo scopo di staccarlo intanto dagl' im-
periali, obbligandosi inoltre a pagargli
grossa somuìa di denaro. Se ne mostrò
molto conturbato il senato veneto e ne
scrisse acerbe parole al suo ambasciatore
Domenico Veuier per non averlo consul-
talo; l'incaricò dire al Papa,stÌMìare i pat-
ti come non fatti, per dover cavare nuo-
vi denari; godere del suo ritorno alla le*
ga dopo l'esperienza falla della fede de-
gTimperiali , ma non accettar l'obbligo
di dispendiarsi per mantener truppe in
Toscana a sostegno del dominio di sua fa-
miglia Medici; ed inviò a Roma per nuo-
vo ambasciatore Federico Pesaro (che il
3'28 V E i\' V E N
ì)aiKiie Reuniont cliiama Francesco, ma rosamenle in Cntlel s. Jngelo! Venezia
forse per l'ininieilialo snccedulo disastro alla i / notizia rinnovò gii ordini più pres-
(leila cillà non ebbe luogo, e fino all'ago- santi a'suoi capitani, che non risparmias-
sfo vi restò il Venier, pel nariato nel voi. seio fatica né sagrifizio per liberare il Va-
LXXIII, p. 126). Clemente VII doman- pa dalle mani di sì barbara ed ell'errata
dò aiuti al provveditore veneto dell'ar- gente; mandasse Franciaio.ooo svizze-
ninla Giovanni Vettori, ed egli col duca ri, facesse Firenze la parte sua. I capir
d' Urbino, e Michele Antonio marchese tanisi perderonoin deld)eia2Ìoni,e il du-
ili Saiiizzo, mossero al suo soccorso da ca iV Uri/ino [I\), che comandava anche
Firenze. Primo a partire per Roma fu il le genti della lega, forse ignobilmente per
conte Guido Rangone, ma già gli svizze- biasicnevole rancore de'torti ricevuti da'
lì si mostravano renitenti se non erano Medici, restò impassibile coli' esercito !
pagali, e le truppe del Saluzzo erano più Nel citato articolo riprovai e deplorai il
logliose di saccheggiare che di battersi, barbaro contegno del duca, che avrebbe
Al loro arrivo gli avea prevenuti il Bor- potuto meritarsi il vanto di salvatore
bone, il quale a*G maggio dato un furio- della cillà del cattolicismo e delle arti, e
so assalto alle mura della città, vi fu oc- insieme del l'a[)a. Ma volle piuttosto ven»
ciso di 38 anni senza lasciare disrenden- dicarsi di casa Medici, come ritengono
ti: il suo corpo fu portato nella fortezza non pochi scrittori. Senjpie faceva dilli-
tli G<7e^^ Ciò non tobe che l'infelice Uo" colta per agu'e, procedeva lentamente
U)a fosse presa, soltentrando al comando per pretesti ; in breve nulla fece a soc-
l'eretico luleiano Filiberto principe d'O- corso di Roma, strappando così a Vene-
range , anch'esso poi punitoda Dio co- zia una splenilida eiuimortalegloria, con
ine altri capitani, restando commissario inoltre deluderne i proponimenti e ren-
generale dell'esercito il Moroni, che poi dendo inutili tanti dispendii e cure. Po-
favori la liberazione del Papa dal Castel scia si giustificò colla repubblica, che per
s. Angelo, il quale per gratitudine fece un tempo, per giuste apprensioni, guar-
vescovo il figlio Giovaimi in seguito ce- dò la moglie e il figlio (juali ostaggi, pel
leberrimo cardinale , morto decano del suo contegno strano e del tutto inqua-
sagro collegio e vescovo d'Ostia e /T-Z/e- lificabile. Rimasto il Papa privo d' o-
Iri. I barbari nemici, padroni di Roma, gni speranza di soccorso, a qualunque
cominciarono un orribile sacco, protratto costo, e dando per statichi ragguarde-
oltre 2 mesi,equella seriedi sacrileghe ne- voli cardinali, si volle accomodare co -
fande/zCjdi massacri e di onori, che resero gl'imperiali, di cui a'6 giugno erasi co-
per sempre deplorabilmente me/norabile stituilo prigione, e dovette acconsentire di
quella terribile catastrofe, che inorridì pagare all'esercito, secondo il prof. Ro-
tutto quanto il mondo civile. Troppe manin,rna fu maggior somma, 4^0, oop
volte e con nuovi tragici e commovcn- ducati, consegnare Castel s. Angelo, le
ti episodii la descrissi, per ritornare a di- rocche dOstia, Civitavecchia e Civita Ca-
pingere tante lugubri e desolanti scene slellana, lecitlàdi Piacenza, Parma eMo-
conimesse dalla più infame soldatesca, dena; restare prigione co'cardinali in det-
che buona parte [)unì la peste, da cui per to Castello finché avesse pagato i primi
colmo di sciagura fu afflitta Roma. Inor- i5o,ooo ducati, poi andare a ]>{apoli o a
lidi l'Eiuopa e ne rimase sbalordita: Car- Gaeta ad attendervi le disposizioni del-
lo V feccquelleipocritedimostraziouiche l'imperatore, che in Ispagna faceva fare
raccontai anche nel voi. LXVIII, p.i2l, pubbliche orazioni per la sua liberazio-
senza però ordinare la liberazione di Cle- ne, ed assolvere i ribelli Colonnesi. Ma
Uienle VII e de'cardinali assediati rigo- Clemeule Y" pronielteva piìi che uo^^
V E IN
poteva eseguire, poiché le foltezze erano
nelle mani de'colle^nli. Le città profit-
tando della «lissoluzione del governo, si
ridussero molle in libertà, o venivano oc-
cupate dalla prepotenza de' signori vici-
ni , COSI Modena e Finale dal duca di
Ferrara, così nel giugno Piavenna e Cer-
via nel luglio da'veneziani che ritennero
3 anni, sotto l'onesto colore di difender-
le, dice Rinaldi, il duca d'Urbino avea
impiegato le sue armi per dare Perugia
n'Hagiioni, i Pepoli signoieggiavano in
Bologna, Sciarra Colonna prese Cameri-
no, gli spagnuoli occupaiono Ostia, Civi-
tavecchia, Viterbo ed altre rocche, ed i
tedes( hi combatterono e guastnrono Nar-
ni e Terni. I quali ultimi usciti ili Roma
a'17 luglio, nel ritoinarvi in settembre
misero in maggior paura di prima gl'in-
felici romani. E più oltre progredendo, la
repubblica rimette vasi a' 1 j agosto in pos-
sesso anche degli antichi privilegi sulla
nomina de' vescovati e altri benefizi ec-
clesiastici, perduti al tempo di Giulio H,
e pel r.° nominò vescovo di Treviso Ber-
nardo de Rossi, Anche Firenze alla no-
tizia della prigionia del Papa rialzando
il capo, a'i5 maggio con ri volur.ione cac-
ciava i Medici e si costituiva di nuovo a
governo popolare. Osserva il Rinaldi, che
mentre Carlo V assai gloriavasi d'essere
difensore della Chiesa, teneva prigione il
Vicario di Cristo, e permetteva che lan-
iero e Zuinglio, e gli altri mostri d'em-
pietà godessero piena hbertà, e lasciavali
vivere sicuri e dilatare le loro pestilenti
eresie. Tanto rimescolamento di truppe
in Italia, il sudiciume, la putrefazione de'
cadaveri, aminoibarono per modo l'aria
che s' ingenerò fìerissima pestilenza, la
quale penetrò anche in Venezia , essen-
dosi ne'suoi primordi) sospesa la (lera del-
l'Ascensione : della caresliu che contem-
poraneamente aillisse Venezia, feci ricor-
do nel § Xli , n- i4- Mirabili furono i
provvedimenti, sur)eriori a quanto altro-
ve fu fatto, e se non valsero a impedire
i) male, cetlaineale molto lo mitigarono,
V E [V 329
e restarono ad ogni modo monomento
ilella sapienza veneziana, che si può fiiu-
miiare nella Storia del prof Romanin.
Egli esclama: »j Tempi sciagmatissimi ia
cui in mezzo al fiorir delle lettere e delle
aiti belle, in mezzoad una ricerca fors'an-
co eccessiva dell'agiatezza nelle classi su-
periori della società, in mezzo alla gloria
<ritalia fatta maestra di civiltà all'altre
nazioni , i popoli per le continue guer-
re, per le carestie, pe' niicidiali morbi
erano disfatti; gli animi perdevano ogni
dignità e grandezza ; l'uKlipendenza ita-
liana veniva meno, tranne a Venezia ;
tempi incili la scienza del governare pa-
reva consistere nel fare e roinpere trat-
tali, muovere ad ogni pie' sospinto le ar-
mi, comprare a prezzo d'oro e per fate
la rovina de' sudditi la carne umana da
mandare spietatamente al macello". Co-
s'i linnovavasi tra Carlo V e Francesco [
la guerra. Fino da' 3o aprile iSay era
stalo concluso nuovo trattalo tra Fran-
cesco I ed Eni ico Vili, annunciando pub-
blicamente la loro intenzione di soccor-
rere Clemente VII. Si obbligò il re in-
glese a fornir grossa somma jìer assolda-
re un considerabile esercito francese ed
adidarne il comando al maresciallo Lau-
trec ; alle genti veneziane dovea conti-
nuare a comandare il duca d'Urbino; en-
trarono nella lega i fiorentini. Con buo-
ni auspicii incominciò la guerra. Lautrec
prese Alessandri. 1, poi ad istanza ile ve-
neziani lesliltiita al duca di Milano ; il
celebre Andrea Doria genovese, colla flot-
ta francese, assoggettava ili nuovo la sua
patria a ['^rancia. In pari tempo la (lolla
veneta sotto gli ordini di Pietro Laudo
correva i mari di Sicilia, e un'altra armata
sconfigi^i'va r imperiale ne' mari di Sar-
degna. Laotrec non si mostrò disposto a
riprendere ftfilano, prima di marciare su
Roma a liberare il Papa, allegando egli
al duca e a' veneziani che lo pressavano,
gli ordini del suo re e di Enrico Vili;
[)ei de il suo tempo intorno a Piacenza,
tralleuulo dal venire a decisive operai
33o V E N V E N
zioiii per le pratiche di pace insinuate per sottrarle agWimperiali, ©ssère già sta-
con Carlo V, solo interrotte nel seguente te d'appartenenza della repubbiicfi, esser
cennnio. Il Rinaldi riporta, e pare con questa pronta a riconoscerle da lui ; né
niiolior data della riferita, a' iS agosto tutti i buoni ulUci dell'ambasciatore Ga-
la conclusione delli lega per la liberazio- spare Coiitarini appositamente inviatogli
ne del Papa, composta de're di Francia nell'aprile i528 non valsero a calmarlo;
e Inghilterra, de'veneziani e degli svizze- coinè nulla dall' altro canto ottenevano
ri; e aggiunge che Carlo V, preso da gran dalla republilica i buoni ulTici di b'ran-
vergogna che il supreraopnnoipedi tutti eia e Inghilterra, rispondendo ad essi i
i cristiani fosse suo prigione, comandò a' risentimenti del Papa derivare dall'isti-
capilani del suo esercito di liberarlo, ma gazioni de' nemici, l' occupazione averla
prima lo spogliassero di sue ricchezze e fatta per conservare la R.omagna e le al-
f')rze, perchè non potesse vendicare la tre terre alla Chiesa, colla totale espul-
ricevuta ingiuria. Le quali cose indegne sione da essa de' cesarei, anzi non avei*
non potè dis^simulare neanche il Giovio, voluto accettare la dedizione di ForPi, ad-
qiiantunque scrittore favorevole agl'im- duceudo le proprie ragionisulle due cil-
periali, confessando l'essersi richiesta al tà occupale di cui ne l'avea spogliat.i
Papa una gran somma d'oro per ridurlo Giulio II e perciò emise allora proteste,
in povertà. A'g novembre Cirio V scris- Avere da due anni ormai speso due mi-
se coilesissima lettera a Clemente VII, lioni e mezzo per la guerra, tuttora con-
io cui si scu^b d dl'eccidio di Roma e del- tìnuando per maree per terra con gra-
ie fellonie commesse dalla violenza mili- voso dispendio, a benefìcio eziandio d'f-
tare alla sua insaputa; l'invitò a recarsi talia e del Papa, e tutto qu esto non po-
in Upagna, ove l'avrebbe trattalo con ter slare a confronto delle due terre, onde
ogni onore, pregandolo a pacificare il sperare qualche onesto accomodamento,
inondocristiano con indurre irediFran- La lega intanto erasi rinforzata coll'ade-
cia e d' Inghilterra a rivolgere le loro sione del duca di Ferrara e il marche-
armi contro il turco. Invece i ministri im- se di Mantova; ma il Lautrec, fermo
periali prolungavano la liberazione del nel pensiero di (av prima di tutto l' ioa-
Papa, arrabbiali pe'prosperi successi di presa di Rorai e di Napoli, si diresse a
Lautrec, trattandolo iniqtiamente, prò- quella volta, dopo aver costretto a' 7 o
j)i)nendogli ogni dì patti i più duri, onde 17 febbraio 1 5^8 l'esercito imperia-
Clemenle VII con lettera scritta da Castel le a partire da Roma , coadotto da d.
$. Angelo a' i 5 novembre se ne dolse ama- Alfonso d' Avalos marchese del Vasto
lamente col cardinal arcivescovo di To- parimenti verso Napoli per difenderlo,
ledo. Frattanto Clemente VII non cu- come ricordai nel voi. LXXXIX, p. 1 32.
l'andò il contegno dell'imperatore, e dif- Lautrec comparve avanti Napoli a' 2g
fidando del trattato de'3 i ottobre i52j aprile con 2 5 galee, 3o,ooo uomini e
cogl'imperiali per la sua liberazione, l'S una turba immensa d'infermieri. La cit-
dicembre foggia Orvieto, travestito, col- tà era difesa dal viceré Moncada, succes-
le gioie de' Triregni cucite nel suo abito sore di Lannoy morto nel precedente sel-
e in quello del suo cameriere. Allora co- tembre, e dal principe d'Orange,che per
rninciaiuno nuovi disturbi pe' veneziani, la peste era partito prima da Roma. L'ar-
poichè il Papa non riconoscendo quanto mata veneto-genovese batteva il mare e
essi aveano fattodurante la prigionia, vo- deliberava ridur Napoli per la fame. la
leva ad ogni modo che Cervia e Ravenna tanta pericolosa emergenia credette il
gli fusseio restituite. Vane lorrmrono le Moncada opportuno d'uscire con quanti
rimostranze del senato: averle occupate legni polè io fretta armare per tentare
VEN
tli ballere la flotta genovese, prima (li sua
congìuuzìone colla veneziana, ma fu da
Filippino Doria totalmente sconfitto, egli
stesso rimase morto, il marchese del Va*
sto prigioniero, quasi tutti i legni spa-
gnuoli presi o colati a fondo. La sorte di
Napoli dopo questo fatto pareva dun-
que decisa, e la città veniva da' francesi
sempre jiiù stretta e fulminata dall'ar-
tiglierie, nel tempo stesso che 1' armata
veneziana devastava le coste della Puglia
e stringeva Brindisi e Otranto, quando
ad un tratto le cose cambiarono daspet-
to per la lunga resistenza della città, per
le malattie introdotte nell' esercito, ma
sopra tutto per un grave errore di Fran-
cesco I. Genova nell' arrendersi a Fran-
cia avea domandato di poter reggersi da
se, senza governatore straniero, né pre-
sidio francese, offrendo di pagare in com-
penso 200,000 ducati; mail re rifiutan-
do questi patti smembrò il territorio ge-
novese staccandone Savona, per farne uu
gran porto, che avrebbe rovinalo Geno-
va. Allora i genovesi si volsero per ap-
poggio al loro compatriota Andrea Doria,
che già sapevano malcontento di Fran-
cesco I, e trovarono ascolto. Il re avvisato
dall'oratore veneto Gaspare Contarini,
non vi pose importanza. Questa vedendo-
la Lautrec, consigliò il re a persuadere
il Doria di restare, ma senza elTello, e
passò al servigio di Carlo V. Per tal fatto
la superiorità marittima si trovò dalla
parte spaglinola, ed anco le co<e di ter-
ra volsero alla peggio pe'francesi, e Lau-
trec preso dal morbo moti a* i5 agosto,
imprecando all'imprudenza del re e al-
l'abbandono in cui r avea lasciato. Il
marchese Michele Antonio di Saluzzo che
gli successe nel comando, vedendosi a
mal partito, 1' 8 settembre intraprese la
ritirata, perseguitato dal principe d' O-
range succeduto al Moncada (questo pritv
cipe benché acattolico e comandante il
feroce esercito ladrone che desolò Roma,
mentre era viceré di Napoli, il Papa già
suo prigioniero lo donò dello Stocco e
V E ìN 33 1
Bcrrellone lineale benedetti l per ecci-
tarlo contro i turchi), e gettatosi nel ca-
stello d' Aversa,fupoi costretto rendersi
prigioniero con tutti i suoi. Tutto l'eser-
cito si disperse,'e così finì il 4-° esercito
francese venuto in Italia sotto Francesco
I. Alla sconfitta di ÌN'apoli, tenne dietro
nello slesso iSaS la perdila di Genova,
Andrea Doria fugando 0 pretideiido le
galere francesi, e quindi enlralo in pa-
lazzo prese possesso del governo, ed a' 1 3
settembre restituì alla patria la sua li-
I>erlà, che godè sino al 1797 col governo
repubblicano di dogi biennali. Combat-
tevasi intanto anche in Lombardia, con-
tro gì' imperiali capitanati dal duca di
Bruuswich, edovei veneziani comanda-
ti dal duca d'Urbino, col francese Saint-
Paul ripresero Pavia, ma il provvedi-
tore Tommaso Moro impedì che nel
sacco fossero manouiessi i luoghi sagri e
i monasteri, proteggemlo pur le donne e
i fìuiciulli. Saint-Paul volle fare un ten-
tativo su Genova, contro il consiglio de*
veneti, e andò a vuoto. La repubblica
esausta dalle spese bramò qualche fallo
risolutivo, onde il duca dUrbino delibe-
rò col capitano francese d'espugnare Mi-
lano per fame. Passando così l'inverno,
nel marzo iSag il senato sollecitò il fine
dell' impresa di Milano angustiala dalla
penuria de' cibi, eccitando il re e i fio-
rentini a cooperarvi. Mi in uno scontro
successo a Lnndrianolra'francesi e gl'im-
periali, quelli restando disfatti e Saint-
Paul prigioniero, 1' avanzo dell' esercito
scoraggiato ritornò in Francia. Ivi il re
invece di far preparativi, veilendo che il
Papa ripugnava a dichiarare Carlo V de-
caduto dall'impero, era entrato in trat-
tative con esso, il quale avea dato pieni
poteri alla zia Margherita d'Austria che
trovavasi a Cambray, ove la repubblica
mandò tosto versogiugnoSebastianoGiu-
stiniani per trattare in suo nome coll'im-
peralore, avvertendone l'oratore di Lon-
dra per vegliare se si macchinava a suo
danno. Erano incamminate lepratichc tra
332 V E N
l'aiciclucliessa e la madre del re, quando
f|uesti a meglio coprire le sue intenzioni
inviò a Venezia il vescovo di Tarbe, mo-
strando di voler continuar la guerra, ma
con sì gravose condizioni da provocarne il
lilluto. Difilli pocr) dopo si pubblicò l'ac-
cordo ili Clemente VII e Carlo V, segnilo
a Barcellona a'^g giugno i Ssg, col nun-
zio Girolamo Scledo o Schio di Vicenza
vescovo di Vaison, pel quale fu stabilita
pace e confederazione perpetua, promet-
tendo il Papa all' in>peralore l'investi-
tura del regno delle due Sicilie, con re-
missione del censo fino allora pagalo pel
feudo, e di continuare la consueta pre-
sentazione della Cliinea nella vigilia del-
la festa de'ss. Pietro e Paolo, durante la
sua vita, ed in rpiesla poter nominare
25 chiese del regno, cioè 7 arcivesctjvati
e 18 vescovati. In compenso di che Carlo
V si obbligò di fare restituire alla s. Se-
de da' veneziani Ravenna e Cervia, dal
duca di Feriara, Modena e Ueggio. Il
Borgia nella Dif^-sti citi dominio tempo-
rale della Sede Apostolica nelle due
Sicilie, a p. 3 i o e seg. fa vedere che
non ebbe luogo con Carlo V la promes-
sa remissione di censo, e chiarisce le co-
se su di questa promessa malamente e-
sposleda alcuni scrittoi i.lmperocchèLeo-
ne X ijnpose a Carlo V i'aiuiuo censo di
y,ooo ducali d'oro di camera, oltre il
cavallo bardato in ricognizione del do-
minio, e lo pagò. Trovandosi poi il Papa
impotente ad obbligare i veneziani a re-
slituirgli Ravenna e Cervia, e da Alfon-
so I riavere Modena, Pieggio e R.ubiera,
e trovandosi in pericolo di perdere Par-
ma e Piacenza, risolvette d> far pace con
Carlo V adi accordarsi con lui. Nel trat-
tato si obbligò r imperatore di fare re-
stituire alla s. Sede i mentovnli luoghi,
colla condizione e con pioinessa asso-
luta della remissione del censo. Ma Carlo
V non curò l' adempimento completo
dell'assunto obbligo, poiché favorendo
apei lamente Alfonso I, nel compromes-
so tra questo e ti Pupa sulle loro ddfereU'
V EN
ze, nel suo laudo pronunziato nel i53i
aggiudicò al duca Modena e Reggio. Vi
si oppose Clemente VII e non volle omo-
logare il laudo. Non avendo dunque Car-
lo V compito al concordato di Bai'cel-
lona, né essendosi purihcata la condi-
zione, non era più luogo alla remissio-
ne del censo, il quale rimase sul piede
da prima convenuto; e Filippo II suo
figlio e successore nel reame, continuò
a pagarlo alla Chiesa romana per censo
del regno, ch'esso pure teneva qual feu-
do della Chiesa, e così fu sempre pagato
da're di S[)agna posteriormente investi-
li. Inoltre Carlo V s^ impegnò nel trat-
tato di Barcellona, di ristabilire in Fi*
renze la signoria de Meilici nella perso-
na d'Alessandro, e a questo concedendo
r imperatore in isposa Margherita d'Au-
stria sua figlia naturale: che la sorte di
Francesco II duca di IMilano sarebbe
decisa d'accordo col Papa: che i vene<
ziani potrebbero essere ammessi ne'lral-
lali, restituendo i paesi occupati nella
Puglia all'imperatore, R.avenna e Cer-
via al Papa e pagando un' indennità.
Per altri articoli segreti, il Papa conces-
se all'imperatore e al fratello Ferdinan-
do il 4-° dell'entrate de'beneficii eccle-
siastici per adoperarle contro i turchi,
e dichiarò assolti tutti quelli che si era-
no resi colpevoli de' Pitti di Roma. Que-
sta pace e i rovesci degli eserciti fran-
cesi fecero determinare anche France-
sco I ad un qualunque accordo, nella
pace di Cambray, delta delle Dame,
per averla coucIush le suddette due prin-
cipesse. In essa il re di Francia sleal-
mente non curò che i propri interessi,
trascurando i veneti e quelli del duca di
IMilano, non ostante le anteriori assicu-
lazioni date a' loro ambasciatori nelle
pratiche da essi fatte pe'concepili sospet-
ti. Il vergognoso trattato di Cambray ivi
si pubblicò nella chiesa a'5 agosto solen-
nemente, nella qual pace si stabib. Che
i figli del re fossero liberi, pagando a
Carlo V la taglia d'un milione e 200,000
V E N
ducali, e per conio dell' impernlore al
re inglese altri 200,000 ; che France-
sco 1 leslituiiebbe all' imperatore quan-
to possedeva nel ducalo di fidano, Asti
e Barletta, e (jiiaiil'idlio teneva nel re-
gno di Nripoli; di pili proleslereblie ai
veneziani, die secondo i capitoli di Co-
gnac restituissero le terre di Puglia, al-
trimenti sarebbe loro nemico con aiutare
r im[)eratore a ricuperarle, con 3o,ooo
scudi il mese e una tlolliglia pagata per
G mesi; darebbe compenso ilelle galee
prese; riuunzierebbe, secondo il conve-
nuto a Madrid, ulia superiorità sulla
Fiandra e l'Artois, non che alle ragioni
su Tournay e Arras; annullerebbe il pro-
cesso di Carlo Borbone, con reintegra-
zione del suo onore e beni a' di lui suc-
cessori ; per ultimo s'obbligò il re, di
non più travagliarsi delle cose d' Italia o
di Germania, o di favorirvi alcun prin-
cipe in pregiudizio dell'imperatore. Fu-
rono inclusi nel trattato il Papa e il duca
di Savoia; anche i veneziani, i fiorenti-
ni, il duca di Ferrara, quando fla 4 niesi
accomodassero le loro vertenze con Carlo
V. Non è a dire quindi quale e quanta
fu r indegnazione e il risentimento dei
collegati, contro il re di Francia, che
avea giuralo nulla concludere senza la
loro adesione, meni re si riconobbe che
il re temporeggiando e aspettando il fa-
vore degli avvenimenti, pe' pericoli in
cui Irovavasi la Germania pe' pretesi ri-
formati,e l'Ungheria minacciata dai tur-
chi, avrebbe potuto profitlare per mi-
gliorare le coiulizioni d'Italia, se a suo
favore avesse ripreso le armi. — E quan-
to a' turchi, dopo il conquisto di Belgra-
do, r Ungheria e la Cro/izia erano ri-
inasle sempre aperte alle loro correrie,
onde Solimano II nel i 52G v'intraprese
formidabile spedizione, oppoi tunamente
profillaiido delle nanatc guerre e con-
fusione d'Italia, nella quale Luigi il re
d' Liigheiia vi perde la vila,e la capita-
le Buda venne in mano del vincitore,
onde l'arciduca Fcrdiuaudo suo co-
VEN 335
guato, e fralello di Carlo Y, divenne
re di Boemia e d' Ungheria. Tanta po-
tenza del turco spaventava Venezia, e
neir impossibililù di tenerle fronte col-
le armi, se It^ c(iii>ervava amica con
umiliazioni, con inviare un'ambasciata
al sultano di gialulazione, e pregarlo di
astenersi da qualnncpie violenza contro
i veneziani. Ad attirare nuovi mali sul-
l' infelice Ungheria, sorgevano le discor-
die tra l'arciduca e allora re Ferdinando [
e Giovanni Zapol>ki voivoda t!i Trniisil-
Vania pretendente a quel Irono, da loro
disputato sotto gli auspicii del turco, che
per diritto di guerra riteneva suo il re-
gno, e solo in riguardo del iloge Grilli
e del suo figlio (nato da una greca essen-
do ambasciatore a Costantinopoli, che
riuscì insinuarsi nella grazia del sulta-
no), e per l'amicizia co' veneziani, non
avea debellato ambedue. Giovanni ri-
conobbe per suo signore Solimano 11, e
uè ottenne da lui il regno e prolezione
contro Ferdinando I, il (juale avendo do-
mandato a'turihi i luoghi occupali nel
suo regno, essi invece con alla testa il
sultano fra i solili incendi e devastazioni
si presentarono avanti Vienna a' 27 set-
tembre i52q. Però il valore de' difen-
sori, la slHglone avanzala, la penuria de*
viveri obbligarono il sultano a ritirarsi
a'i5 ottobre. Tornato a Costanlin()|)oli,
a dissipar» il mal umore delle truppe,
Solimano II celebiò grandi feste per la
ciiconcisione di due figli, alle quali in-
vitò il doge Grilli, che vi si lece rappre-
sentare dall'ambascialoieTommaso RIo-
cenigo. Dunque i veneziani riscuotevano
più riguardi da' turchi, the da'cristiani
e dal re cristianissimo I 11 progresso de'
turchi era sialo veduto con occhio di
soddisfazione da'veneziaui, abbandonati
dopo tanti sagrifizi dagli alleati, perciò
ridotti a qualuinpie [)iii disperala riso-
luzione con favorire e incoraggiare gli
ottomani, tenerli a giorno di tulli gli
avvenimenti politici, invocarne i soccor-
si e cousigliuie i'iuvasioiiia loi'u ulililà.
334 V E N
A lale aveano ridotto la lepiibblica, os-
serva il prof. Romanin, stala già tante
volte il baluardo della cristianità, l'im-
previdenza d'Europa e le sue misera-
bili gare! Dopo peiò la Ritirata de'tur^
chi da Vienna, il senato rivolse seria-
mente i suoi pensieri a sollecitare la pace
coli' imperatore e col Papa, le cui pra-
ticbe avea coltivato in mezzo al rumore
stesso delle armi, facoltizzando a conclu-
derla l'oratore Gaspare Contarmi eoa
Clemente VII e Carlo V, essendo al-
lora ambasciatore ordinario presso il
Papa, Antonio" Soriano. L' affare era
scabroso pe' diversi partili e opinamenti
del senato, molli propugnando la con-
servazione di Piavenna e Cervia, altri
per la vera concordia e pace: questi vin-
sero, Acconsenlì quindi alla restituzione
di Piavenna e Cervia, salvi i diritti della
repubblica e con un perdono generale a
quanti a lei si fossero mostrati favore-
"voli ; si conservassero liberi i possedi-
metili e le rendite a'sudditi veneziani;
fosse uìanlenuto nel suo stato il duca di
Mdano, su di che sempre insistettero i
■veneziani, anzi per primaria condizione
sìne qua non j aggiungendo altresì viva
istanza al Papa per la restituzione nella
giurisdizione del golfo, conquistato col
.sangue e i denari degli antenati; e fosse
loro concessa la nomina di 5o canonici,
e come per l'addietro quella de' vescovi.
llConlarini dopo aver trattalo col Papa,
elle trovò fermo nel volere le sue città,
e convenne aderire; passò a Irallare col-
r imperatore, il quale trovò propenso a
dare lo stato di Mdano ad Alessandro
de Medici, in pregiudizio dello Sforza,
costantemente sostenuto da' veneziani,
onde l'oratore francamente gli disse, in
tal modo nel principio della pace si co-
mincerebbe dalla guerra, e tanto perorò
con eloipienti persuasive, che ottenne al
duca di presentarsi all'imperatore, in
ciò appoggialo coll'autorevole mediazio-
ne del Pjipa, il quale erasi recato in Bo-
logna per coronarvi Gallo V re di Lom-
V EiN
bardia eimperafcore. Ivi recatosi il duca,
c(M co giustificarsi deirimputata ribellio-
ne, e fu ben accollo ilalTituperalore, che
piìi volte lo chiamò col titolo di duca, e lo
licenziò coll'assicurazione che sarebbero
esaminate presto le sue ragioni. Passan-
do il duca a ossequiare il Papa lo rin-
graziò di quanto avea fatto per lui col-
l'imperalore, e vivamente si raccomandò
a continuargli la prolezione. Le feste
dell'ingresso del Papa e dell'imperatore
io Bologna, nel declinar del iSag, quel-
le splendidissime delle due coronazioni
seguile per mano del Papa ali e a'24
febbraio i53o le descrissi in molti arti-
coli, in palle ricordali nel voi. LXVIII,
p. 121, e magnificamente illustrate dal
cav. Gaetano Giordani, Della i'eniita e
dimora in Bologna di Clemente FU per
la coronazione di Carlo /^, che ripor-
ta il trattato di pace e lega concluso
in Bologna. In Bologna il duca Sforza,
ad onta della nimicizia di Leyva, pel fa-
vore del Papa, pe'ragionamenti del gran
cancelliere cardinal Gatlinara, per le pra-
tiche del Contarini oratore presso Cle-
mente VII, a'23 dicembre 1^29 fu da
Carlo V investilo del ducato di Milano,
nella pace in tal giorno conclusa ancora
colla repubblica di Venezia, non che col
re Ferdinando I e col Papa. Conferman-
dosi in generale il trattato de' 29 luglio
i523, conseguenza di quello di Worms,
si stabilì principalmente: Che i venezia-
ni restituirebbero al Papa Piavenna e
Cervia, con riserva de' diritti da loro
godutivi, con piena amnistia a'cilladini,
e conservazione delle proprietà e privi-
legi de' sudditi veneziani; resl»ituireb-
bero altresì all' imperatore Trani, Mo-
nopoli, e le altre piazze e terre posse-
dute nel regno di Napoli, confermando
Carlo V a'veneziani tulle l' immunità,
esenzioni, prerogative che vi avevano per
l'addietro, e restituendo loro altresì la
casa di s. Marco in Napoli; soddisfareb-
be la repubblica al restante de' ducali
200,000 mila già coaveauli pel ricci-
VEN
dato Irallato, pogandone a5,ooo prima
(Jeilo spirare del mese di gennaio, a con-
dizione die gli fossero restituiti enfio uh
anno prossimo 1 luoghi the a tenoie\lei
60.** arlicolodel suddetto trattatole spet-
tavano, il perchè avrebbero a nominare
tra 20 giorni ciascuna delle due parti
un arbitro ed un 3.° di comun piacete
pel caso di disaccordo, T quali due ai bitri
avrebbero entro all'anno a togliere ogni
diflerenza; pagherebbe la 1 epubblica il
resto della somma a ducati 25,ooo l'an-
no ; pagherebbe egualmente i 5ooo duca-
ti annui a'fuorusciti ; e per gratificar Ce-
sa re gli farebbe Io sborso di 100,000
scudi d'oro, metà ne) gennaio prossimo,
metà nell'Ognissanti dello stesso i53o;
le coiitioveisie tig il patriarca d' Aqui-
le ia e i minislii del re Ferdinando I sa-
rebbero decise per ai bitri; compi cnde-
vasi nel trattalo di pace e alleanza, col-
l'assenso del Papa, il suo feudatario Fran-
cesco M.* I della Rovere duca d'Uibino
e prefetto di Roma con tutte le città e
altri suoi possedimenti ; avrebbero i sud-
diti delle parti contraenti sicurezza di di-
mora, di transito, di commercio, buon
trattamento ne'reciproci stati; continue-
rebbe la repubblica a possedere in quie-
te, sicurezza e pace lolle le città, terre,
foltezze, acque, giurisdizioni ec, come ai
presente : sai ebbe conceduta piena amni-
stia a quelli che avessero aderito agl'im-
periali, e libertà- a' prigionieri. Al qual
trattato seguì Tallio di confederazione
tra r imperatore, la iepul>blica, il reFer-
di nando 1 e Francesco li duca di Milano
a vicendevole guarentigia de'iispettivi
possedimenti in Italia e a difésa di que-
sti contro chiunque, al qiial oggetto de*
terrainavasi il contingente che ognuno
de'eollegati era in obbligo di mettere
in piedi ; venendo minacciato INapoli da
qualche potenza cristiana, la repubblica
di Vepezia sii obbligava a somministrare
io sua difesa ij galere fornite darmi e
di truppe. Si compresero nel trattato
^ev parte dell' imperatore le icpubbli-
V E iV 335
the di Genova, di Sima e di Lucca, il
duca di Savoia, i marchesi di Monferrato
e di Mantova, e il duca di Milano. Il duca
di Ferrara fu tibililato a prendervi luo-
go, quando le vei lenze col Papa fossero
composte : come lo furono lo descrissi in
quelTarticoio. Dice il Rinaldi che vi fu
(immesso il duca d'Urbino come colle-
galo de'vcncyiani. Nella sera de' 24 di-
ccml)re iSsg si fìimò da tutti questo
trattato di pace,alla i.'coiiferen7a essen-
dovi intervenuto il Papa, alla cui presen-
za il celebre Conlarinì pronunziò grave
allocuzione, in cui espose la narrativa
delle circostanze per cui la veneta repub-
blica fece occupare le città di Romagna
e di Puglia, e parlò dello slabile sistema
da costituirsi tra gli stati italiani. Aven-
do la repubblica tosto restituite al do-
minio pontificio Ravenna e Cervia, la
provincia di Romagna fece omaggio di
ubbidienza al Papa a mezzo tle'suoi ora-
tori a'23 gennaio i53o in Dologna. Ivi
nel dì seguente a Clemente "Vii si pi esen-
tai ono Marco Dandolo, Girolamo Gia-
denigo, Luigi Mocenigo e Lorenzo Rra-
gadino, de' pi incipali senatori, ad espri-
mere in nome della repubblica e del doge
Gritli i sensi di congratulazione per la
recente conclusa pace^ e per soddisfare
alla consueta nlficiosilà verso la s. Sede
in persona del Sommo Pontefice. Ed in
luogo del Contarini, ch'ebbe licenza di
lipati iare, furono presso a Carlo V so-
stituiti come oratori slraoidinaii Anto-
nio Soriano e IN'icolò Tiepolo; per risie-
dere poi in qualità d'ambasciatore ordi-
nario al Papa, fu inviato Marc' Antonio
Venier. Sì onorevole ambasceria liece il
suo formale ingresso in Bologna, ed at-
trasse gli sguardi di tulli. Imperocché
erano essi oratori airasj)etto e al porta-
mento uomini gravi e dignitosi, e porge-
vano adequala idea della splendidezza,
maestà e potenza del veneto senato. In-
dossava ciascuno di loro serico abito di
velluto in coslume, con l'aurea toga a
larghe maniche discendenti per grandi
336 V E N V E N
pieghe sino a' piedi, la quale si veileVa novarono rappresentanze per la ricupera
sostenuta alle spalle da durate fibbie, ed del regno di Cipro occupato da'veiiezia-
aveniiu essi al petto collane d'oro h)ollo ni con intendimento di non restituirlo,
grosse e di granile valuta. La comparsa ancuiohù il duca avesse fallo istanza alla
di essi, con seguilo di donzelli e famigli, repubblica veneta per la debita restitu-
che portavano vasi pieni di ducati per zione. Fu però convenuto che un'amba-
legalare all' imperatore, riuscì oliremo- sceria onorevole del duca medesimo s'm-
do pomposa e in)ponente. A'26 gennaio viasse a Venezia; e perciò nello slesso
il Papa ricevè in concistoro formalmen- giorno Ormò le* lettere patenti per gli
te ni bacio del piede gli ambasciatori di ambasciatori ducali e colle debile furma-
Venezia, ed il Bragadino declamò grave, lilà si consegnarono. L'imperatore ado-
crnata e degna orazione latina; ruigia- però la mediazione della duchessa di Sa-
ziando Sua Santità pe' paterni ufiici pas- voia colla iluchessa d'Urbino, afilne di
sali nel pacificare l' imperatore augnilo persuadere il marito Francesco M." I di
col senato veneto, e per aver preso a cedere alle sue brame per averlo al co-
cuore con elevatezza di mente e con be- mando de'suoi eserciti; ma essendo egli
iiiguilà d'animo l'interesse della con- impegnato colla repubblica veneta nel-
turbala e vacillante cristianilà. Egual- 1' ulficio di governat,ore generale delle
niente in latino e in nome del Papa ri- armi, rispose die senza licenza della si-
spose all'improvviso il segretario mg/ gnoria non poteva assumerlo. Allora l'im-
Evangelisla Tarascone, che per Telo- peratore l' invitò a proporgli chi potesse
(juenza ne riportò sommo vanto e ono- lasciare in Italia per capitano generale,
ranza.A'2qdicembrei medesimi oratori e il duca nominò il Leyva, che fu accet-
ebbero solenne udienza da Carlo V cir- tato. Finalmente in Bologna donò Carlo
condato dalla splendida corte, sedenilo V all'ordine Gcrosoliinilano l'isola di
nel 2." gradino del trono il duca di Mi- Mali.i, cpial parte integrante del regno
lano. Toccò l'ufficio di parlare per parte di .Sicilia, e onde metturla al coperto da'
della serenissima repubblica allo stesso turchi, insieme a Trìpoli di lìarberia.
facondo Bragadino, che disciolse la lin- La famigerata pace di Bologna fu 1' ul-
gua con oruatissitno discorso latino, con timo colpo che troncar dovea l'esistenza
assai compostezza e nobiltà in molte lau- alla repubblica di Firenze, la quale v<j-
di d'un tanto monarca; narrandone di- dendosi minacciata avea invocato l'aiu-
slesamenle le gloriose gesta, la grande to di Venezia, facendole considerare che
liberalità a pio del duca Sforza, a cui se Carlo V s'impadroniva della Tosca-
limetleva la signoria dello sialo Mila- na, neppure i veneziani starebbero bene,
jiese; e la magnaninutà somma per la II senato incoraggi i fiorentini ad ar-
pace restituita all'Italia : laonde a nome niarsi e difendersi, assicurandoli che non
del doge e del senato veneziano, rese mancherebbe di sua assistenza; ma la
inlìnile grazie e gli presentò le piìi vive pace di Cambray avea sagrificalo i col-
congi alulazioni. Dopo di che l'oratore legati. Tuttavia nel luglio i5i<^ avea il
baciò la mano all'imperatore, come pur senato incaricato il duca d' Urbino di
fecero i di lui colleghi. A tale discorso muovere con 3ooo fanti alla volta di Fi'
dignitosamente die adequata risposta il renze, ma il duca infermatosi per viag*
cardinal Gatlinara, gran cancelliere e gio si arrestò, né la repubblica volle do-
1. iniperiale ministro di stato. A'6 mar- mandargli le sue genti. Tale tiepidezza
IO Carlo 111 duca di Savoia colla duches- derivava per gli avviamenli di pace io-
sa moglie Beatrice di Portogallo cognata Irodutli coli' imperatore e per cui a'2'.>.
dell'imperatore, a questo e al Papa riu- ollubrc partiva per Bologna il Conia-
YEN
rini munito di formale procura. Nel frat-
tempo le truppe imperiali avvicinatesi
sotto il cotuaudo tlel principe il'Oianj^e,
stringevano sempre più la città, tlilesa
eroicamente da' fiorentini. Allora la re-
pubblica veneta assunse le parti di me-
diatrice, consigliando Firenze e il Papa
a qualche composizione. Il Pieumout, che
riporta rjuauto riguarda il veneto am-
basciatore Carlo Cappello, dalla repub-
blica lasciato in Firenze durante l'asse-
dio, gravemente scrive. » JN'on v'ha pun-
to motivo di dubitare né de' sentimenti
espressi dall' and)asciatore, né del buon
volere della repubblica di Venezia. IMa
Venezia, non senza dinìcollà riavutasi
dalla rovina di cui minacclavala la lega
di Cambray, e sentendo pur troppo sce-
mata l'antica forza, aveva di già inizia-
la quella politica temporizzalrice di neu-
tralità, dalla quale non più si diparti
fino alla sua caduta ! " I fiorentini con-
tinuarono a difendersi disperatamente,
anche dopo la pace conclusa da' venezia-
ni con Carlo Va Bologna, e perciò abban-
donati da tutti, con patriottico entusia-
smo, tutti in questo superando il valoro-
so Francesco Ferrucci, però combattuto
pure da spaventevole fame e da fune-
sta pestilenza. Il Ferrucci avea concepito
r ardito disegno di correre a Tioma, al-
lora indifesa, onde riempire di terrore
il Papa e fare richiamare sollecitamen-
te rOrange dall'assedio; ma la signo-
ria di Fuenze non approvò d' avvenlu*
rare ad un esilo fors'auche infelice quel-
l'ultima speranza, e lo volle a difesa della
città. Aspro, feroce, disperalo fu il com-
battere di Ferrucci ; l'Orange stesso vi la-
sciò la vita, poiché ripeto, Dio hi breve
punì colla morte tutti i sacrileghi e cru-
deli massacratori di Piorna, specialmente
i capitani. Con un pugno di prodi Fer-
rucci si ostinò a condjattere; coperto di
ferite, dovette infine soccombere. Con-
dotto innanzi al general imperiale Ma-
ramaldo, questi nel pugnalarlo. Tu uc-
cidi un uomo moria! gli disse Ferrucci^
VOL. XCII.
YEN 337
e mandò rtillimo respiro. La libertà di
Firenze tramontò con lui, e cominciò
l'assoluta dominazione monarchica Me-
dicea in Toscana, e Carlo V assunse ii
protettorato dello stato di Siena. Cosi
tutta l'Italia s'inchinò all'imperatore,
che come di cosa sua disponendone, nel-
la questione tra Clemente VII e il duca
di Ferrara, per INIodena e Reggio, al
•3.° aggiudicò le due città cou malcon-
tento del Papa. Pareva alfine, dopo aS
anni quasi continui di guerra avesse a sta-
bilirsi la pace generale, sebbene a prez-
zo d'umiliante servitù con tutta Italia
in balia di Carlo V, però non erano e-
stiote ma solo differite le pretensioni di
Francia. Il dominio dì Carlo V diretto
o indiretto da un capo all'altro della pe-
nisola, tranne Venezia, pesò sui popoli,
anzi sullo stesso Papa, che vide con do-
lore elFetlaalo ciò che tutti i suoi pre-
decessori si erano con tanto indefesso
impegno adoperati ad impedire, special-
mente da'lempi di Federico li imperato-
re deposto e scomunicato. — Rassicura-
te dalla repubblica di Venezia per la pace
di Bologna, sebbene a dure condizioni,
le sue cose di Terraferma, pose ogni stu-
dio a rimarginare le ferite interne e a
mantenere la (piiete mediante la buona
intelligenza coli' imperatore e con oppor-
tunisiimi uflizi presso al sultano Solima-
no II, al quale il congresso di Bologna a-
vea destato sospetti. L'accrescimento del-
la {)otenza de' turchi, il soggiorno delle
loro armate nelle frontiere germaniche,
scompigliata l'Alemagna da' furiosi ere-
tici, nel tempo che l'imperatore n'era
assente, faceva d' uopo che la presenza
d'un re potente ponesse freno alla cupi-
dità delle conquiste degli uni e alla cre-
scente temerità religiosa e politica degli
altri. Il perchè si unirono gli elettori dei-
V Impero, col consenso del Papa, per do-
mandare a Carlo V un capo ognora pron-
to ad opporsi a' tentativi de'doppii ne-
mici naturali dell' impero, che sebbene
operando in modi diversi uno giovava ai-
22
338 V E :i
l'mllro. Carlo V allora acconscnt'i che suo
fratello minore (e non primogenito come
Ifiluno scrisse) Fercliniìnclo l re d'Un-
gheria e di Boemia, eil arciduca d'Au-
stria, fosse l'i I gennaio i 53 i eletto re
de'roniani; ma si pentì presto di lai par-
lilo, sì contrario agl'interessi di Fdip[)0
Il sno figlio, e cercò per ogni maniera
di far aimullare la sua elezione. Ferdi-
nando 1 si mostrò sordo alle sue preghie-
re e alle sue minacce. A Clemente VII
mollo piacque la scelta di Ferdinando I,
e per la salute della repubblica cristiana
ne confermò con bolla l'elezione. Coro-
nalo re de' romani, il senato gli scrisse let<
lere gralulalorie. Trovo nel 1 53 i amlia-
sciatore presso il Papa, Marcantonio Ve-
Tiier; a cui poi nel 1 533 nuovamente suc-
cesseAnlouio Soriano.Nel 1 532 tornando
Carlo V a Bologna per riabboccarsi con
Clemente VII, la repubblica lo fece ri-
cevere nel Vicentino dal duca d'Urbino.
Avea la repubblica nel dicembie i529
invialo Tommaso Mocenigo a Costanti-
uopoli, durante il memorato congresso,
ad assicurare Solimano II di sue paci-
fiche intenzioni, ed a presentargli ma-
gnifici donativi all'occasione delle feste
della circoncisione d'un figlio. Nell'in-
terno il bisogno estremo dell'erario, e
saurito ogni altro mezzo, come nel i 522,
ricorse allo spedieule d' una lotteria «li
di gioie, stabili e denaro; l'esempio fu
seguilo poi anche da vari particolari,
talvolta permettendolo, tal altra vietan-
dolo il consiglio de' Dieci. Di più si or-
dinò la revisione delle leggi, si rianimò
il commercio cogl' inglesi incoraggian-
dovi la nobiltà, si rinnovarono le sem-
pre inutili leggi contro l' immorale e ro-
vinoso Lusso j ma la miseria, la carestia
opprimevano il popolo e si trovavano
scritti minacciosi sulle muraglia delle ca-
se e del palazzo, cose che davano molto
a pensare a'seoalori, siccome insolite a
Venezia. Niuna meraviglia. Lo spirito
de'uovatoi-id' insubordinazione e libertà
religiosa era collegalo alla politica, uno
VEN
produceva l'altra; e se repressoli i." in
diversi stati, da per tutto s'insinuava il
2.", tal pesle serpeggiando ovunque. INè
le condizioni d'Eiuopa erano tali da po-
ter concedere un disarmamenlo, anzi ve-
dendo crescere sempre più la potenza di
Turchia, il senato esortò l'imperatore
a non avvilupparsi in una guerra co'pro-
testanti di Germania, per non condurre
i seltarii a qtialche disperato spedienle, e
negli slessi sensi scrivea all'oratore presso
lii s. Sede, colle ragioni e le scritture do-
versi illuminare gì' infetti di eresia, fin-
ché un concilio non determinasse quan-
to si abbia a fare. Anche il prof. Uomaniii
rileva, che le nuove ardite opinioni, or-
mai troppo dilfuse, si mescolavano come
al solilo, alle convinzioni d'un certo nu-
mero d'individui, in molti altri più le
passioni di ambizione e cupidigia, lutto
annunziava che alla rivoluzione religio-
sa non avrebbe lardato a seguire la po-
litica. Molti portavano l'erronee dottrine
di Lutero assai piùollre,e davano origine
all'idra di nuove sette; proponemlosi al-
cuni di valersi di quel grande e lagrimevo-
le commovimento per metter le mani sul-
la proprietà di tulli, come aveano fitto
sulla ecclesiastica, e pretendendo di rifor-
mare l'ordine sociale, predicavano l'ab-
bassamento de'signori, la comunanza dei
beni, il Socialismo moderno; turbe fa-
mliche percorrevano la Germania incen-
diando, saccheggiando, uccidendo, irri-
tale dall'elezione di Ferdinando i in re
de'romani, e solo le concessioni in ma-
teria di religione fatte nel i 532 da Car-
lo V a Norimberga, una delle diverse paci
religiose e tutte pi egiudizievoli, poterono
rilardare stentatamente ancora di alcu-
ni anni lo scoppiare della guerra. I pro-
gressi di quella del turco in Ungheria e
Transilvania davano da pensare alla re-
pubblica per evitarla, maneggiandosi col
sultano su'traffici, per iujpedire la rovi-
na totale al suo commercio, e perciò ri-
cusandosi d'entrare contro di esso nella
lega del Papa coli' imperatore e altre pò-
VEN
lenze, e di sussidiai- Corone minaccinla
fla' lurclii. Essendo la pace col tiuco per
Venezia una questione d'esistenza, era
impos-iibile il conservarla per l'insorgere
ilegii eventi. La crescenle audacia de'pi-
rati africani, giunse a prendere France-
sco Dandolo capitano del golfo e il sopra-
roniilj IMarco Cornnro, con disdoro del
nome veneziano, obbligò ad armare, e fu
incaricato Girolamo Canale di raccoglie-
re la flotta e provvedere alla sicurezza
<le' nriari. Infine avvenne tal caso cbe per
poco non la trascinò in quella guerra cite
con tanta cura s'ingegnava di fuggire.
Il 1." novembre 1 533, nel mare di Cau-
dia, il Canale colla flotta s'incontrò con
una squadra turca di 12 galee, e cre-
dendola di pirati l'investì e quasi di-
strusse;bella vittoria macchiala dalla stra-
ge de' prigionieri. Potendone le conse-
guenze tornare assai funeste alla repid)-
blica, si affrettò di mandare il segtetario
Daniele Ludovici al sultanocollesue scu-
se; e ciò mentre Ferdinando I lo ricer-
cava di pace rimettendogli le domanda-
le chiavi di Varadino e d'interporsi coi
fialello per la restituzione di Corone, con
l'atrasso prese da Andrea Doria. Ad on-
ta del disprezzante orgoglio del gran vi-
sir Ibrahioi, il sultano a'23 giugno i 533
si paciflcò con Ferdinando I, e il compe-
titore Zapolski restò vaivoda di Transil-
vania, ambo soggetti alla Porta. Le guer-
re tiucliesche e le confusioni di Germa-
nia favorivano mirabilmente i ilisegni di
Francesco I, il quale non potendo darsi
pace di vedersi sfuggila di mano l'Italia,
manteneva segrete pratiche a Costantino-
poli coi sultano e a lìoma col Papa, a'
danni del suo eterno rivale. Profittando
della passione di Clemente VII per la sua
famiglia, l'indusse a dare al suo figlio se-
condogenito e poi Delfino Enrico duca
d'Orleans in isposa la nipote Caterina de
Medici figlia di Lorenzo già duca d'Urbi-
no, e ad accompagnarla a IMarsiglia,ed ivi
con esso si abboccò nel 1 533. Il congresso
durò da' 12 ollobre al 12 noveml>re, Del
339
VEN
quale oltre il trattarsi della conversione
dall'apostasia d'Enrico Vili re iVInghil-
terra, il Papa per secondare i desiderii di
Francesco!, soltanto a voce gli fece intra-
vedere che sareijbe contento se ricuperas-
se il ducato di Milano; approvò il disegno
di muover guerra a Carlo V in Fiandra
e Spagna, per Germania facendo calar
altre genti in Italia, aflìnchè i veneziani
costretti a guardar i propri confini, aves-
sero motivo plausibile coll'imperatore di
non poter marciare control francesi nel
Milanese. Dipoi Clemente VII, a tenersi
amica la republalica, finalmente approvò
1' imposizione di 1 00,000 ducali sul cle-
ro, e die'buone speranze circa alla nomi-
na de' vescovati vacanti, dal senato rido-
mandala. Il che fu inlerrotto dalla mor-
te del Papa avvenuta a* iS settembre
I 534, e dopo 1 7 giorni gli successe Pao-
lo III Farnese, nome che preso peres«er
nato sotto Paolo II veneziano. Nella sede
vacante il figlio dei duca d't^/'/'wo sen-
za il pontificio assenso aveasposaloGiulia
Varani di 12 anni, ed erasi impadronito
del suo ducato di Camerino feudo della
Chiesa. II Papa gl'intimo di evacuarlo, e
per non ubbidire stava per procedere col-
le censure e ricorrere all' armi, quando
per non lui bare la quiete d' Italia s'in-
terposero r imperatore e la repubblica,
coi componimento di scudi 32, 000 dati
per dote di Giulia dal Papa, il quale ri-
prese il ducato come feudo decaduto. Im-
perversando Etnico Vili nello scisma, vi
trascinò il regno, si sottiasse dall' ubbi-
dienza della s. Sede, e dichiaratosi pre-
teso capo della chiesa Anglicana, Pao-
lo III lo scomunicò e sentenziò deca-
duto dal regno, uno degli Stati tribu-
tari della s. Sede (F.). iNel i535 Pao-
lo III, mentre avea per ambasciatore
presso di lui Lorenzo Bragadin, creò car-
dinale il più volte lodalo oratore e pa-
trizio veneto Gaspare Contarini, alla sua
insaputa e assente. Ricevè la notizia di
sua promozione nell'atto in cui nel pub-
blieo consiglio, qual savio, estraeva dal-
34o V E N
r urna i nomi de' senatori per confeiii-
loro le magistialiii e. Ripugnò per alcun
teonpo ad acceltare la sublime dignilà,
ma convinto alfine da gravissime ragioni
si acquietò alla volontà del Fonlefìce,
Questi inoltre creò cardinali i patrizi ve-
neti Pietro Denibo, il quale per l'istanze
del doge e del senato accettò, Andrea Cor-
nare e Girolamo A leandri della Motta nei
Fnuli nunzio di Venezia, e qual nunzio a
Francesco I era stalo fallo prigione con
lui a Pavia. Intanto, il provvisionato di lai
le, il milanese Meraviglia, per aver ucci-
so un Castiglione, venne in ]Mdano deca-
pitalo. Francesco I raoutòiu furia riguar-
dandolo per ambascialore,mentre era solo
spedito per interessi particolari, uè accet-
tò le giustificazioni del duca, protestando
vendetta. Con tale pretesto inviò un eser-
cito in Italia, die avea cominciato a in-
vadere la Savoia, pel diritto che vi vanta-
va per parte di sua madre, quando Carlo
V per conservarla pace avea spedito al re
per trattare, equando a'24 oltubrei535
morì Francesco II duca di Milano senza
lasciare eredi diretti, dopo tm anno e pò-
obi mesi del suo matrimoniocon Crislier-
na figlia del redi Danimarca e nipote del-
l' imperatore. Questa morte contuibò l'I-
talia, massime i veneziani pel nuovo in-
grandimento che poteva venirne all'im-
peratore allora in Napoli, reduce col mar-
chese del Vasto e Andrea Doria dall'im-
presa di Tunisi(F.'j, per punire il farno-
so corsaro Chaìreddin o Ariadeno Barba-
rossa bey d'AlgerijCheavea battuti in più
incontri gli spagnuoli e desolato le spiag-
gie napoletane e Fondi, pel momento
fiaccandone la potenza con vincerlo e fu-
garlo. A Napoli dunque i veneziani gli
mandarono 4 ambasciatori pregandolo
avere a cuore la pace d'Italia. Intanto as-
sunse il governo di Milano per lui Anto-
nio di Leyva, il quale domandò a Carlo
V di nominarlo governatore. Ma vari era-
no i prelendenli al ducalo: oltre l'impe-
ratore che vi teneva diritto sovrano, lo de-
sideravano il fralelloFerdiaando 1 per uno
YEN
de'suoi figli, il redi Francia pel suddetto
figlio Enrico colla rinunzia al regno di
Napoli e delle ragioni di Caterina de Me-
dici alia signoria di Firenze e al ducalo
d'Urbino. Non pare che vi aspirassero an-
che i veneziani, come si disse, bensì esse-
re ciedilori di ben 1 00,000 ducali, e spet-
tar ìoi'o de /tire Cremona; ed alle pratiche
di Francesco I, ond'essere favorito, rispo-
sero che vedrebbero mal volentieri un
nuovo movimento d'armi in Italia per la
cui (juiete tanto aveanospesoe sofferto, e
perchè sarebbe un fomentar l'eresie de'
luterani e le ostilità de' turchi. Carlo V
volle rinnovar la lega con Venezia; essa vi
consentì nel gennaio 1 536, comprenden-
dovi anche Ferdinando I, e serbando luo-
go al Papa, e al futuro duca di Milano
che r imperatore prometteva nominare.
E in questo la repubblica era di fermo
volere, per l'equilibrio politico, braman-
do un duca di Milano di sua soddisfazio-
ne a pace d'Italia. La lega però grande-
mente spiacque a Paolo III e Francesco
I, laonde le cose sempre più s'intorbida-
vano, e il senato sollecitò 1' imperatore a
nominar presto il duca, anche un figlio
dei re di Francia, e di evitare un nuovo
incendio in Italia. Avendo fitto Carlo V
a* 5 aprile ilsuo Ingresso solenne in Ro'
ìna(y.),\\\e nella camera del Papa, co'
cardinali e prelati, chiamò tutti gli am-
basciatori, allora presso la s. S^éa es-
sendolo di Venezia Marcantonio Conta-
rini, e con un discorso dichiarò: Esse-
re venuto in Italia a visitare i suoi stati
e domandare a Sua Santità un concilio
per regolare le cose della Chiesa, la qua-
le era ben disposta col suo capo Paolo II[
(come lo era stalo il predecessore Cle-
mente VII, e lo rilevai nel voi. LXXIX,
p. 820), ma essere impossibile il parlarne
se prima tutti i princìpi cristiani noti fos-
sero in pace: egli averla sempre procu-
rata, non il re di Francia per aver fatto
sempre il contrario,e dacché egli era stato
proposto alla corona imperiale continua-
mente cercò di guerreggiarlojcd ora muo-
VEN
vereconti'oSavoia per fargli dispello(che
il discorso fu impiutlente e fusloso, lo ri-
marcai pure nel vol.LXVII!,p. 122); do-
ver essere quindi scusato se vede vasi co-
slrelto entrar di nuovo in guerra dopo tan-
te provocazioni,e ad evitarla, pe'danni che
ne deriverebbero alla cristianità, sarebbe
conlento far duello col suo rivale; che
quanto al ducalo di Milano sarebbe pur
contento darlo al duca d'Angoulè(ue (ter-
zogenito di Francesco 1), col consenso de'
coiifederali e malleveria della pace; che
se poi \\ re volesse assolulamentela guer-
ra, saprebbe sostenerla. Poi domandò l'e-
vacuazione di Savoia, la revoca delleque-
relè contro i genovesi, la ratifica de' ca-
pitoli di Madrid e di Cambray; che Fran-
cesco I rinuiiziasse ad ogni lega co'prin-
clpi germanici e col duca di Gueldria.
Quanto al ducato di Milano, avesselo
pure Angouieine a titolo di feudo, spo-
sando la vedova dell' ultimo duca col-
la dote di 100,000 ducati, e col palio
che in mancanza di figli maschi legit-
tiuìi il ducato dovesse pervenire libero
nelle mani dell' imperatore, il quale po-
trebbe disporne a piacimenlo; intanto
finché l'Angoulèine fosse in età da ma-
trimonio, il ducato o almeno il castello di
Milano rimanesse in mano dell'impera-
tore; il duci d' Orleans rinunziasse ad
ogni prelesa su Firenze; il re fornisse le
galee di Provenza per l' impresa contro
Algeri ; consentisse al concilio, facesse le-
ga per le cose d' Italia col Papa, con lui,
con Venezia e coli' Angou'èiue duca di
Milano. - — Alleaccuse di Carlo V, rispo-
se Francesco 1 con altre accuse; le con-
dizioni proposte furono con isdcgno ri-
gettate e la guerra venne dichiarata. Fu
esercitata prima nel Piemonte tra'fran-
ces! egl'iinpeiiali capitanali da Carlo V,
indi questo portò learmi nella stessaFran-
ciae nella l*tovenza, ma moleslati ovun-
que dal prode contestabile Anna di Moiit-
morency, e trovando il paese spietata-
mente già fallo deserto dagli stessi france-
si.per le malattie uè morì ilLey vo e iu me-
VEN 34i
là dsH'esercito; bisognò abbandonar gli
as-iediid'Arles e Marsiglia, quindi ritirar-
si fra continue perdite fino al Varo, che
l'imperatore dopo due mesi ripassò a'aS
settembre 1 636. Carlo V sostituì al Leyva
e fece capitano generale del ducalo di Mi-
lano il marchese del Vasto Alfonso d'A-
valos. Nel precedente mese Francesco I
perdei! primogenito Francesco Delfino.
La prepotente passione accecò l' animo
nobile del re cristianissimo: Francesco I si
alleò con Solimano II, ed invitala la re-
pubblica se ne schermì, limitandosi a ben
guardare il golfo colla ilotta,ingiungendo
d evitar ogni scontro al capitano generale
Girolamo Pesaro. Per non aver aderito
alla lega, il sultano fece molestare i ve-
neziani, ed unita nel i53j la sua flotta
comandata dal Darbarossa alla h'aocese,
fu assediata l'isola di Corfìi, pe' suoi ot-
timi porti stimata l'antemurale d' Italia
contro i barbari maomettani, all' opere
della natura i veneziani avendovi aggiun-
to quelle dell' arte colle fortificazioni. Il
valore de* difensori e quello de' corfiotti
respinse gli attacchi, ed a' 1 5 settembre
l'isola era già liberata, solo rimanendo
Barbarossa a correre i mari e desolare le
coste d'Italia. L'allegrezza de' veneti fu
però di corta durata, per le minacce cui si
trovarono poi continuamente esposte al-
tre parti del loro dominio, e per le perdile
ch'ebbero a solfiire nell'Arcipelago l'iso-
le possedute da particolari famiglie d'ori-
gine veneta, oltre Napoli di Romania e
.Malvasia della repubblica, però assedia-
te invano. 11 senato ancora contribuì al-
la tregua caldeggiata da Paolo III, il qua-
le desiderava l'accordo tra' principi cri-
stiani per volgerne poi le forze contro i
turchi. A tale elFelto il Papa combinò fra'
due monarchi un congresso a Nizza, re-
candosi nel maggio egli stesso benché
vecchio di più che 70 anni. 11 Papa si ab-
boccò con ambedue, ma non gli riuscì di
riimirli a ragionare, poiché il re non si
mosse dal villaggio di Villeneuve e l'im-
peratore restò sulle galere nel [ùccolo por-
342 V E N
totliViIlafraiica(giàsluloasilotleirortline
GcrosoUinitano, do[)o la partenza da Ro-
di: della leceiilo stazione russa può veder-
si VENTiMiGLiA);ouiIol*aoloIll liallò coi-
l'uno e coll'allio, perchè Ira loro non si fi-
davano bencliè cognati. Il pomodella di-
scordia era semjìre il ducato di Milano.
Tuttavia tali e lauti furono gli uflki del
Papa e degli ambasciatori, uiassiuie i ve-
neti, che noi) potendosi venire ad una
pace definitiva, fu conclusa almeno una
tregua per i o anni, stabilendosi : Che
ciascuno conservasse le terre occupate, e
sagrificando interamente il duca di Sa-
voia Carlo MI, che per sospetto non avea
voluto ricevere i principi entroNizza,onde
ilPapa alloggiò nel con vento de'francesca-
Ili del sobborgo,fii inoltre con venuto: Che
il paese di Vaud restasse alla S\'izzera;
Ginevra fosse in libertà; la Eresse, !a Sa-
voia e due terzi del Piemonte si tenes-
sero da'francesi, il resto dall'imperatore;
per cui al duca di Savoia non reslava pe'
delti I o anni che la piccola contea di Niz-
za. Carlo V ritenne il Milanese ; Fran-
cesco I la città di Hesdin in Fiandra, e
il protettorato della Mirandola iu Italia,
silo opportunissirao a' futuri disegni di
Francia, signora io pari tempo del passo
delle Alpi e di s'i gran parte del Piemon-
le. Cos'i a' i 8 giugno terminarono le con-
ferenze di Nizza. Siccome Paolo III nel
precedente 1 536 avea solennemente con-
vocato il concilio ecumenico a Mantova,
indi prorogalo in quest'anno iSSy, pro-
pose a'due sovrani trasferirlo a Vicenza,
convenendovi i veneziani, ma essi lo pre-
garono a dilazionare. Nel 1 538 rS febbra-
io in Roma,essendo ambasciatore Giovan-
ni Basadonna, fu segnata la lega fra il
Papa, Callo V, Ferdmando 1 e Venezia
contro i turchi, i cui progressi sempre più
allarniavuno tutta la cristianità. Per es-
sa si obbligarono gli alleali di mettere
in mare 200 galee e i oo navi sotto il co-
mando di Marco Grimani già patriarca
d'A.juileia, di Andrea Doria, e di Vin-
cenzo Cappello ; si formerebbe uu eser-
V EN
cito di 5o,ooo fanti italiani e spagnuoli,
con 20,ooo lunzichenechi (soldati tede-
schi a piedi o fanti di lancia, anche guar-
die del principe), e 5oo,ooo uomini d'ar-
me, e le necessarie artiglierie e munizio-
ni; tulle le città, i castelli, le isole già ap-
paileneiiti alla repubblica sarebbero a
cpiesla resliliiile, in uno alla bocca di
Cattili ocCoroiu'; l'impero di Costoidiuo-
[joli con lulle le sue giurisdizioni, com'e-
ra posseduto dall'ultimo imperatore gre-
co, sarebbe dato a Carlo V, con inoltre
(juaiito gli spettasse come re delle due Si-
cilie; Pujili tornerebbe all'ordine geroso-
limitano ; formerebbesi uno stalo conve-
nicnle per la s. Sede in compenso delle
sue spese; quanto poi si acquistasse ol-
tre alle delle terre, sarebbe diviso pro-
porzionatamente Ira gli altri principi clic
entrassero nella confederazione. Invano
s'invitò il re d'Inghilterra. Grandi prov-
visioni furono quindi falle dalla repub-
blica, inclusi vamente al denaro. Ad assu-
mere il coma odo generale delle truppe da
sbarco si olFiì con lieto animo Francesco
M.M duca d'f//^/ViO, come notai in tale
arlicolu, avendo egli consiglialo la guerra
attiva e offensiva. Ma mentre esso attiva-
mente se ne occupava, si ammalò in Ve-
nezia e trasportato a Pesaro vi mori nel-
l'ottobre. La repubblica gli decretò una
slalua equestre di bronzo, ma le guerre ne
frastornarono il di visamenlo. Egli soleva
dire, che non vi era la piìi savia testa del
mondo di quella del senato di Venezia.
Dipoi il suo figlio Guid'Ubaldo II diven-
ne governatore di tulle l' armi venete ;
ed il suo figlio Francesco M.^ Il fu tenu-
to al s. fonte dalla repubblica di Vene-
zia, e poi fu decorato della Calza. Della
relazione fatta da Lazzaro Mocenigo sul-
lo stato d'i/ri/Vio quando fu ambasciatore
nelle nozze di quest'ultimo duca, ne par-
lai nello slesso articolo. Poco dopo Fran-
cesco I seppe, che prima del congresso a-
vea Carlo V proposto al re d'Inghilter-
sa, benché avesse ripudiato la sua zia Ca-
terina d'Aragona per sposare Iu sua dru-
V i: N
tl;i Roìena (cagione ilei suo iiifelioe per-
vei liineiito e di ijiiello del regno), di dar-
gli in ispo'sa la vedova diicliessa di ìMi-
J Ilio, e alla figlia sua il proprio nipote
infante di l^orlogallo col ducato di Mi-
lano per dote, purcliè s'impegnasse nel
caso ili guerra d'entrare coi» buon eser-
cito in Francia. Spaventato Francesco I
da tale pratica, per meglio certificarsi del-
l'amicizia di Carlo V, to>to inviò a lui
la propria moglie e sua sorella Eleonora,
per invitarlo a nuova conferenza in Ai-
guesmortes nella Linguadoca. L'impera-
tore accettò, ricevuto con i^plendide e a-
iniclievoli dimostrazioni, riferite a' loro
luoghi. Le conferenze durarono dal i4
al 17 luglio £538, e con tante recipro-
che carezze come se Ira essi non vi aves-
se avuto mai guerra, da atTeltuosi cogna-
ti ! il re levatosi di dito un grosso dia-
mante ne fece dono all' imperatore, e
questi vi corrispose con altro gioiello. Il
re era inquietissimo contro i veneziani,
per non aver voluto accettare i partiti
proposti, e volle unirsi all'imperatore per
aiutarlo alla monarchia (forse d'Italia).
Sollecitato poi alla lega contro il turco,
!Ì<pose ali' oratore veneto: » Se Carlo
\' farà quanto sì è impegnato, io non
mancherò di corrispondergli, e di far co-
noscere al mondo che sono principe cri-
stiano quanto ogni altro". Fece poi avvi-
saie la repnhblica dal suo arahascialore,
che Carlo V la manterreblie in guerra
per consumarla e indurla alla sua ubbi-
dienza, e farsi quindi signore di tutta I-
lalia ; onde badasse bene a'futli propri e
cercasse d'accomodar le cose col turco.
L'esperienza pur troppo poco tardò a di-
inoNti;aie qual assegnamento potesse far-
si sull'im[)eratore. Nel giugno! 538 usci-
ta la llotta turca comandata dall'ammi-
raglio Darbarossa, fu valorosamente re-
spinta a Candia, ed il sangiacco di Mo-
rea dovè ritirarsi dall'assedio di Napoli
di Romania pur difesa con prodezza; ma
III D.dmazia i turchi presero Nadine, U-
lauo e Nona, uun senza tuÌDacciare il
V E N 343
Friuli. Preparandosi una gran battaglia
navale, il general Cappello avendo giù
raccolto a Corfìi una considerabile llot-
ta, vi si congiunse il patriarca Grimani
colle galee papali, ma perderono prezio-
so tempo per attendere l'armata di Spa-
gna, e solo condusse un debole rinforzo
Ferrante Gonzaga viceré di Napoli, con
voler aspettare il Doria. Impaziente il
patriarca, con 36 galee si recò ad assali-
re Prevesa, ove fu più coraggioso che
prudente, onde dovette ritirarsi ; nondi-
meno conobbe il sito, e servi a facilitare
la vittoria, senza risultati, che poi vi ri-
portarono gli alleati. Forse per tale azio-
ne fu al prelato coniata quella medaglia
di cui parlai nel voi. LXXXI, p. 324.
Arrivato Andrea Doria, però con una
parte della flotta, gli alleati marciarono
contro Prevesa, a combattere il Barba-
rossa ch'eravi entralo, con 36 galee, 2
galeoni e 3o navi armate. Furono incon-
trate dalla flotta turca, e già il Cappello
l'avea obbligata a indietreggiare, quan-
do il Doria si ritirò. Uscita di nuovo la
flotta nemica col Barbarossa da Preve-
sa, bell'occasione si presentava per com-
batterla, e nuovamente il Doria con pre-
testi ricusava il combattere ; ma pel ra-
gionare energico del Cappello, svergo-
gnatosi arrese e dispose l'ordine del com-
battimento ponendosi innanzi agli altri, e
nel retroguardo collocò il patriarca Gri-
mani. Ma fu il Cappello che lo provocò
alla pugna, essendo le sue manovre in-
decisive ; tuttavia dopo alcuni vantaggi,
temendo arrischiare, ad onta degli sfor-
zi del Cappello convenne ritirarsi a Cor-
fìi in disordine, sbattuti dal dolore e dal-
l'avvilimento. Fatti orgogliosi i turchi si
recarono a Paxò, 12 miglia da Corfìi, sfi-
dando l'armata de'collegali, ma invano
per l'opposizione del biasimevole conte-
gno del Doria, e dopo insulti contro i
cristiani, essendo avanzato l'ottobre, si
ritirò nel golfo di Larta. Tale fu il ri-
sultamento di tanto apparecchio di navi
dall'una parie e dall'altra a Prevesa, e
344 ^' ^ ^
laula aspellazioiie e lante speranze furo-
no iicloUe al niente con non poca vergo-
"ua (Je'ciisiiani.Tale evento non si niau-
còda un calilo d'attribuirlo al Doiia tiop-
no cupido della propria grandezza per ar-
liscliiarla tutta ad un tratto o per con-
cedere che altri con magnaniaie impre-
se potessero offuscarla, perciò rampogna-
lo dagli storici principalmente veneti ;
dall'altro si riconobbe sempre più, che
l'ini peratore voleva una guerra difensi-
va e non offensiva. Laonde l'ultimo fat-
to di quest'anno della flotta ispano-ve-
neziana fu la presa di Castelnuovo in
Dalmazia, poi riperduto pel conquisto
che ne fece il Darbarossa, e chiude vasi
colla morte del doge Gritli avvenuta a'
27 o 28 dicembre i 538 di 84 anni. Ri-
putato il più venusto de'siioi concittadi-
ni, l'egregia furtua della i .^età di tutto il
corpo conservò nella vecchiezza, a segno
che non minore maestà da vecchio rite-
neva, di quello che dignità nell' età vi-
rile e leggiadria neiradolescenza. Nel da-
re o rendere il saluto non poteva essere
più ilare e giocondo il suo aspello. Al-
l'incontro se irritato dalla malvagità al-
trui, non vi era aspetto più terribile del
suo. Inclmato alla giocondità, ne'più se-
veri affari non intermise i piacevoli. Eb-
be sepolcro, dopo solenni esequie e splen-
dido elogio funebre di Bernardo IN'ava-
gero, che rilevò le sue grandi qualità co-
me cittadino, capitano e principe, nel
ten)[iio di s. Francesco della Vigna, di-
rimpetto la qual chiesa la famiglia di lui
possedeva il vasto palazzo, che donato
poi al nunzio pontifìcio per residenza,
Gregorio XVI concesse a'francescaui di
detta chiesa,! quali l'unirono al convento
mediante cavalcavia. Il grandioso monu-
mento sepolcrale fu eretto d'ordine del
doge insieme ad altro simile per l'avo
Triadano. Questo illustre doge avea preso
per divisa Atlante che sostiene il globo
mondiale col mollo : Suslinef, ncc fa-
liòcil. La repubblica, dice Laugier, non
ebbe un doge più degno tli sua confìdcn-
VEN
za, né più sliaialo da* suoi, né più con-
siderato dagli stranieri. E giustamente,
poiché pervenuto alle prime dignità in
tempi biu'iascosissiini, avea saputo e col
consiglio e colle militari gesle salvare la
patria. Benefico,geueroso, magnifico, d'a-
nimo grande, fu avido di gloria e parve
che nel suo ducato si arrogasse più au-
torità del dovere, protesse gli sludi, le
belle arti e l'industria. Erasi proposto ara -
[)liare il palazzo col demolire le fabbri-
che ioconUo ad esso di là del rivo, ove
ora sono le prigioni, e fornirlo d' orti e
giardini e con ogni fregio abbellirlo. Nel
suo dogado sursero ovunque edifizi ec-
celsi a ulteriore decorazione di Venezia,
fra' c[uali la Biblioteca vecchia 0 almeno
cominciata, la chiesa di s. Giovanni Ele-
mosinai io, e il palazzo de' Camerlenghi
a Rialto. In questo dogado e nel i528
fu coniata la moneta denominata gaz-
zella^ la quale valeva due soldi. Già ne
feci cenno nel § XV, n. 2, o voi. XCf,
p. 354, perchè vuoisi che da essa prese
il nome il foglio periodico della Gaz'
zclla. L' ingegno poderoso del veneto
Vittore Fausto inlese forse riprodurre
l'antica quinquereme, celebrata allora
con rime e con prose, anche dal cardinal
Bembo. Ciò riferisce il biografo Casoni.
Ma siccome la quinquereme del Fausto
fu costruita circa il 1529, nel qual anno
venne cimentata alla prova con una ga-
lea ordinaria, e nel iSyo questa quin-
quereme perì a cagione di un fidmine,
ond'è che nell'anno slesso fu varalo un al-
tro galeone,anni prima lavorato dal Fau-
sto, (ìtùì c[ìia\ galion si conserva ancora
il modello nell' arsenale ; cosi altro è la
OuiiKjuerenie, altro è il Galeone del
Fausto.
27. Pietro Laudo LXXFIH doge.
Discendente da antica nobilissima fami-,
glia altinate, nella i." sua gioventù bat-
tè la via del mare pe'trafllci della mer-
catura, e toccando le scale principali al-
lora frequentale da' veneziani, divenne a-
bile nocchiero e perilissioio uavigaloic.
V E N V E N 345
Inizialo negli sludi legnli, servai quimli la ni, le quali discussioni finanzlarre riferi-
[taliia nelle civili oiagistraluie, e dedi- le dal prof. Romaniii sono inipoi-tmiti,
Cdlosi poscia pei inclinazione allearmi, come quelle che dimostrano le vedute e-
peicorsi i vari gradi della marittima gè- coiiomiclie de' veneziani a quel tempo,
rarchia, in breve si distinse con segnala- Eransi incamminata praticlie per pncifi-
te imprese ; il perchè venne elevalo a ca- carsi col turco, favorite didl'ambasci-ito-
pilano generale di mare, nel qual carico le francese Laforel, nominato Pietro Zen
ricuperale le terre di Puglia, condottosi a Costantinopoli a dimostrare la dispia*
con lode a vantaggio della patria, que- ceni-a della repubblica per gli occorsi av-
sl.i lo guiderdonò esaltandolo a procu- venimenti, e sapendo non essere il sul-
ralore di s. Marco. Quanto era per ma- tano avverso alla tregua, fu incaricalo
nieie aiTabile e per cuslumi umanissimo, trattarla pel più lungo termiue possibile,
allretlanto fu d' onirao fermo, rigoroso Ma ammalatosi il Zen, nel giugno gli
osservatore della giu<itizia e inesorabde venne sostituito TouìroasoConlarini, no-
neirammiuìslrarla. Si narra da'cronisli, tificandosi tutto all'imperatore. Già eia-
che trovandosi podestà a Padova, al iu- si ottenuta una tregtia di 3 mesi, ma il
Siro della cui università grandemente Barbarossa non si asteneva dal molesla-
coiilnbiù, confermò la giudiziaria sen- re le terre venete, trovando però buona
tenya, per cui era condannato al taglio resistenzaa Cattare dal rettore Gio. Mal-
del capo un suo figlio naturale, quanluu- leo Bembo, ricompensato dalla re[)ub-
que grandemente lo amasse. Innamora- blica con crearlo cavaliere dello speron
lo costui di giovane donna avea ardito d'oro,econ assegno mensile di 200 ducali
baciarla sulla pubblica via. Osserva il eh. a lui e suoi figli. Dilficili riuscirono i ma-
Casoni biografo: 'j Questo trasporto, che ncggi col sultano per le sue esigenze, e
oggi vien forse qualificato come riprove- ranii)aNCÌalorefu licenziato. Allora gli fu
vole licenza d'amore, non cosi riputava- surrogato Alvise Badoer per una tregua
si in quell'età di esatti e severi costumi, generale e colle migliori condizioni pos-
cia si teneva invece per delitto massimo, sibili, ed il consiglio de'Dieci gli die' al-
per imperdonabile onta falla al pudore Ire segrete istruzioni, cioè di sagrificare
ili vereconda donzella, che per tale atto una parte per salvare il resto, colla ces-
rimaneva eternamente vituperala".! non sione ancoia ili Napoli ili R.oinaniae(li
ordinari di lui talenti svilupparono la ftlnlia^iia bramale ilal turco. 11 consiglio
potenza loro, cos'i nella romorosa aitivi- de'Dieci tlagli ultimi a T anni del secolo
là della guerra, come nelle ponderale e XV, era divenuto per la sua aggiunta in
serie pratiche della diplomazia. Eletto cui cullavano i principali rappresentanti
ambascialorepressoPapaLeone Xe pres- del governo, così polenle, che le sue in-
sù l'imperatore Massimiliano I, dimostrò ciimbenze non piìi ristrette a quelle d'un
in quelle legazioni quanto valesse nella tribunale criminale pe* delitti contro la
politica, e giunse ad ottenere quel su- sicurezza pubblica e i buoni costumi, si
premo premio che Venezia serbava al più erano eslese di tanto ad abbracciare ne'
lueritevole de' suoi ottimati, eleggendolo casi più gravi anche la politica esterna,
a doge a'iQ geiiuaioi53g. La necessità Inlàlli avea in parte maneggiato la ces-
del continuo armamento consumava a sione di Cipro fatta dalla regina Cornaro
questo tem[)o le forze della repubblica, alla repubblica, trattalo gli alfari di Pi-
esauriva tulle le fonti di ricchezza e di sa, e tutte le faccende di[)lomaliclie dti-
sussidii al pubblico erario. Fu a lungo laiile la guerra per la lega di Cambiay.
di>putato in senato sul modo di rinve- L'e-.perieiizaaveaoruiai dimostrato l ini-
une nuovo denaro, mcdiaule imposizio- po:isibi!ilà della segretezza iu uu'asscui'
34G V E N V E N
Mea eoa numerosa com'era cpiflla del tutti essendone irritali, considerando la
fenato, e perciò questo delegava a'Oieci città vomlnta al redi Francia, con gran
le materie più delicate e della massima vergogna della repubblica. Convinti i rei,
iiiipoi tan/a, e i Dieci davano poi conto fmono impiccati l'AbondiojNicolòCavaz-
(l<;iro[)erato. Inlarito tutte le arti usate za, e Gio. Francesco Valier altro com-
(lal f'adoer per ottenere da'turclii le mi- plire: Costantino Cavazia, M ifTlo Lion,
gliori condizioni riuscivano vane per. es Alniorò Dellln ebbero il bando. A' i o
t-eie quelli ostinati nel volere le due cil- settembre 1542 f<» rinvigorita la legge
tà : tanto costante esigenza ne'pascià de- die proibiva ogni relazione cogli amba-
iivava da infame tradimento, pel quale sciatori. Intanto la repubblica avea do-
liti erano istruiti della commissione se- vnto concludere a' 2 ottobre 114'^ I*'
j;ieta che avea il Badoer di consentire |>ace alle condizioni volute da Solimano
all' ultima estremitii anche alla cessione II, approvandola il senato a'2 novembre,
(il Napoli di Romania e di Malvasia. Pili 1 veneziani cederono al turco, oltre alle
tardi si conobbe, che i fratelli Costanti- terre già ìLì questo occupate, anche Ni-
no e Nicolò Cavazza, l'uno segretario de' l")li di Pi.omania e Malvasia, asportan-
Dieci, r altro del senato, ricevendo sti- done le campane, le artiglierie, le muni-
pendii dal re di Francia, comunicavano zioni, potendovi i veneziani domiciliati
ogni cosa al suo ambasciatore a Venezia restare sicuri delle vite e sostanze; pa-
Guglielmo Pellisier, che di tutto istruiva gherebbe la repubblica 3oo,ooo ducati
la l'orla. La cosa venne in chiaro quan- per rificimento de' danni; sarebbe j)ace
do il consiglio de'Dieci a' I 7 agosto I 542 coli' isole dell'Arcipelago ancor rima-
pubblico largo premio a chi avesse fatto iienti a'veneziani ; le navi venete non en-
conoscere coloro che tradivano i segreti trerebbero all' improvviso ne' porti tur-
delia repubblica, e Girolamo Martolosso chi, bensì per naufragio; i navigli delle
svelò ciò che da tanto tempo si maneg- due nazioni incontrandosi ammainereb-
giava, per averlo saputo dalla moglie bero le vele, in segno d'atnicizia ; i cor-
il' Agostino Abondio colla quale era in sari presi da'veneziani, si manderebl)er o
tresca an)orosa. Costantino fuggì, Nicolò al sultano per la punizione; le parli si
fu arrestato, e l'Abondio si salvò in casa aiuterebbero scambievolmente, né da-
dell' ambasciatore francese. Unavogado- rebbero soccorsi a'nemici; reciproci com*
i'(', col capitano grande o capo bargello pensi a'sudditi danneggiati ;contiuuereb-
ile' Dieci si recò dall' ambasciatore per bea risiedere un bailo a Costantinopoli
ottenere la consegna d'Abondio. Appena per 3 anni, cambiandosi con altro, giu-
li videro i famigli, piombarono armati dicaodo ledillerenze fra'veneziani ; quel-
su di loro, ed essi chiamati i birri, nella le tra questi e i turchi dal cadì, presente
zuda restarono vari feriti d'ambe le parti, il dragomano veneto, oltre altre conven-
L'avogadore subito fece dell'accaduto re- zioni favorevoli a'veneziani, e le sostanze
lazione al doge e alla signoria, la qude de' morti si consegnerebbero al bailo; re-
ordinò che per forza si prendesse r A- stituzioneo compenso pegli schiavi fuggiti
bondio e i feritori, se l'ambasciatore e pe' prigioni fatti da'corsari ; pighereb-
iion li rilasciava, assaltando anche la casa be la repubblica annui 5oo ducati per
con armi da fuoco. Penetrali gli armati Z mie e 8000 per Cipro; libera uavi-
iiella residenza francese, 1' Abondio fu gizione, e visita a Costantinopoli e alla
consegnaloefecegrandi rivelazioni; quin- bocca dello Stretto ec. Questa pace pe'
di molti arresti, e pubbliche mormora- sagrifizi fatti fu biaìimata, però fruttò
zioni de! popolo di credere rivelatori de' 3o anni di quiete, sufficienti a far ricu-
segreti gli stessi Dieci e altri personaggi, [)erare lo slato, ma non a dargli la pri-
V E N V E lV 347
stilla grandezza. — 1 tanll pcricoli,(Jie dal cumcntata di f^c/iczi/i, di cui vadu pro-
principio del sec(»lo XVI niinacciavaiio iìllai)do, nel t. 6, p. 67, in cui v'impiega
la repubblica airinteiiio e all'esterno, la l'intero cap. 3, e col Capitular dclli Ai-
dolorosa sperienza più volte rinnovatosi <7»/.v/Vori f//\^^fo, che in originale fi par-
di quanto poco gelosamente fossero cu- te della riccliiSNÌma collezione di co>e ve-
stoditì i segreti dello stalo, il bisogno di neziane possedute dal cav. Emanuele Gi-
iin'autorilà ca[)ace per riputazione, se- cogna. l rpa.ili lodali scrittori, de'sedicen-
grelezza, pronlooperare a contenere i no- ti statuii pubblicili dalDarìi,con buone
bili entro i lituiti dell'eguaglianza e del ragioni e documenti ne dimostrano la
dovere, mossero il consiglio de'Dieci.d'ac- falsila. Non bastando quanto erasi scrii-
cordo col senato e col maggior consiglio, lo contro, avanti l'opere del prof. Pioiua-
a dare nel I 53q un deflnilivo ordinaroen- iiiiì, poiché reslava ancora a sapersi se
to a quella magistratura a cui fin da due gl'inquisitori avessero avuti allii statuti
secoli addietro erasi sempre ricorso a mo- e quali, il medesimo mercè gli studi cri-
dodi provvisione ne'casi uigenli, e quan- liei e coscienziosamente falli anche su
do la salvezza della repubblica il richie- qiiest' argoinftiito, potè essere in grado
deva, cioè ^V Inquisitori di stillo. A qne- di seguire a passo a passo lo sviluppo sto-
slo nome spaventevoli idee sogliono ri- licodel famoso tribunale degr/^2,y^(/.<f//o-
correre alla mente: un tribunale miste- ri di stato in Feneiia, di esporre le ve-
lioso, indipendente , che giudica in via releggi che lo reggevano, di giovarsi per-
soinmaria, senza fcjrma di piocedere, so- fino delle memorie autografe di uno de-
pra semplici delazioni. La sala di sue se- gl'inquisitori, con che spera fondalamen-
dute palata a nero, debolmente rischia- le la verità sarà finalmente a trionfare
rata da torcie gialle, scale segrete che e si raddrizzeranno le false idee. A pro-
mettono a'Piondji o ad orribili sotterra- posilo delle quali, egli non potè asteiier-
iiei, una barca che conduce le vittime ad si dallo stupu-e fortemente, che il conte
annegare nel Canal de'Marrani; l'abbo- Darù, nella sua qualità di storico e cri-
minevole sedia, su cui talvolta, nella sala lieo, abbia potuto tenere per buona mo-
stessa, alzala la cortina, vedeasi strozza- nela quegli statuii e gloriarsi della sco-
lo il colpevole; lutto quanto l'immagina- perla.» Nel che, se pur non vogliamo cer-
zione può creare di piìi alioce e strano care, come altri fece, un fondo di male-
fu accumulalo a carico degl'inquisitori di volenza , ed un desiderio di annerire a
Venezia. Ciò che la poesia e il romanzo tulio suo potere la tinta sotto cui si com-
propalarono, la Storia della rcptibblira piace rappresentare il veneziano governo
di TciHzia del conte Pietro Darù scrii- ([)er iscnsfire le infamie eie spogliazioni
tore e ministro di stalo sotto Napoleone francesi del i 7g7);non possiamo cerlonon
I che levò di se tanto grido al suo ap- deplorare un nuovo esempio di quanto
parile in Francia e che divenne perciò facilmente l'immaginazione, signoreggia-
la pili dilfiisa e letta anche altrove, con- la da un qualche ritrovamento creduto
ferniòeo'pretesi statuti da lui trovati in un nuovo ed importante, faccia velo al giu-
esemplaie della biblioteca del re a Pari- dizio ed impedisca un ponderato esame
gi; statuti contro i quali si levarono, ol- delle basi sulle quali quel ritrovamento
Ire altri, il conte Gian Domenico Tiepo- si appoggia. Ed in falli tante sono e si
lo. Discorsi sorira In storia di Fcnezia, manifeste le ragioni estrinseche ed iulrin-
Carlo liolta, Storia d' ftalia, e sopra lui- sedie che concorrono a dimostrare quel
li il prof Samuele Uonianin con a|i[)osi- documento un impasto assai rozzamente
la opera ricordata nel n. 6 del ^ XVIf, latto di leggi esistenti e di leggi iiumagi-
e colla più volle eucomiata Storia do- naie, di tradizioni popolari e di assurde
348 V E N
credenze, che avrebbero dovuto condur-
re lo storico coscienzioso a muovere al-
meno qualche ckibbio e a fargli intrapren-
dere diligentissime ricerche prima di pi o-
mulgarnecosì asseverantemente l'auten-
liciià pel confronto di altri 3 esemplari
uniformi, quasiché i soli scritti autentici
avessero il privilegio di venire moltipli-
cali, e non si vedesse ciò di frequente ac-
cadere de'caltivi e anonimi, che attenta-
no alla fama d'un individuo o d'uno sla-
to". Io non posso neppure in iscorcio li-
produrre il riferito abbondantemente
dal prof. Romanin, poiché incompati-
bile colla brevità di (juesti miei cenni sto-
rici. Solo dirò ch'egli, dopo aver tratta-
to de'prelesi statuti pubblicali dal Dai ù,
narra e rileva criticamente quali si fos-
sero secondo quelli gl'inquisitori e le lo-
ro leggi, e la falsila de'prelesi statuii, i^oi
descrive l'origine storica degl' incjuisito-
ri , (piali fossero vcrameiile ed ove si a-
dunassero , cjuale losse il loro procedi-
menlo, progresso successivo del loro po-
tere, dipendenti dal consiglio de' Dieci.
Indi presenta gli esempi traiti dalla sto-
ria, le difese ed esempi di queste, quando
gt'iiiquisilori prendessero il titolo d'/z/y»/'-
siluii di stalo, a\U\ eseoipi storici che li
concernono, apice del loro potere, e del
7J7/«/erg'rfir/i<'/r.l*oscia riporta l'ammoni-
zione data a un raagisliato, la rivolta con-
tro la loro autorità ed esame di loro car-
te, r arringa di Marco Foscariui , come
riuscirono trionfatori e con giubilo del po-
polo. Seguono i documenti, il vero ca-
pitolare degl' inquisitori, la dedica del
segretario Angelo Nicolosi che lo scris-
se, le Memorie d' un inquisitore di sta-
to, ed i processi degl'inquisitori dis[)eisi.
Conclusione. « Laonde riassumendo le
sparse fila speriaiuo aver mercè le fatte
indagini potuto dimostrare : che gli sta-
tuti attribuiti dal Darìi ^^\' Inqidsilori di
sialo in T^eiiezia sono assulutamenle fal-
si; che le leggi che regolavano quella ma-
gisiraUi la erano emanate dal consiglio de'
Dicci, ed alcune anche dal maggior cou-
V EN
sigilo; che gl'inquisitori furono sempre
considerali siccome una delegazione de'
Dieci, e investiti di più o meno potere se-
corido l'emergenze; che solo sulla fine del
secolo XVn apparisce aver essi avuto una
facoltà piìiampla di condannare, ma sem-
pre con saputa del consiglio; che anco da-
gl'inquisitori procedevasi con atti di ac-
cusa, interrogatorio, difesa, sentenza; che
se qualche arbitrio, qualche precipitazio-
ne potè alcuna volta succedere, fu colpa
dellindividuo, non sistema di tirannia o
di atrocità; che per lo contrario molto
giovarono gl'inquisitori alla conservazio-
ne dell' eguaglianza, alia protezione del
popolo, alla quiete delle famiglie, alla sal-
vezza della repubblica". Gl'inquisitori di
slato erano tre: due venivano eletti tra i
decemviri o consiglio de'Dieci e dal colo-
re delle loro vesti dicevausi negri; il ter-
zo era scello tra'consiglieri del doge e di-
cevasi rosso, e sedeva nel mezzo. Se ne
nominava inoltre un quarto detto di ri-
spetto per supplire a quello che fosse as-
sente o venisse espulso per parentela o per
esser papalisla, cioè avente qualche lega-
me colla corte di Roma, allorché tratta-
vasi di cose religiose o di attinenze con
quella corte. Si adunavano a principio nel
luogo sopra l' ufficio delle Biave o grani
deslinato agli esecutori sopra la bestem-
mia, poi in una stanza vicina a (piella de'
capi. Nulla di terribile, bensì una mode-
sta semplicità presentava la residenza de-
g!'in(piisilori. Le pareti erano coperte di
cuoio con borchie d'oro; 3 sedili di noce
affissi nel muro con cuscini di marrocchi-
no nero e un grande scrittoio di noce da-
vanti; a sinistra una panchetta con uno
stretto sgabello pel segretario; grandi ar-
madi grossolani di larice senza pittura;
tutto vi era rozzo, vecchio, malinconico;
[)areva che il disprezzo dell' ornamento
mobiliare ben si convenisse colla severi-
tà del costume e colla gravità degli af-
fari. Nel sonitto erana dipinte le 4 Vir-
tù teologali; sopra il tribunale la B. Ver-
tjiue reputata di Ualfaello, e sulla porta
V E N V E N 349
un qnnilro con alcuni San!l del Gair'])a- casi nigenlissiroi, anclie un solo inquisi-
lalo. Era queslo un luogo die inspirasse il loie poteva ordinnie il <y/»/o <7/T<.v/o,clie
(lelillo? 11 misleìo che avvolgeva leazio- poiadunali tulli e Ire venivaoconfeima-
ni degrinquisiloii era la causa del leiro- to o annullato. L'arfeslo, per evitare lo
re che intorno a se tanto utilmente spar- strepito, seguiva per Io più di nolte o con
gevano. Pelò gTinquisiloii potevano «ac- qualche stratagemma. 11 famoso fante o
cogliersi in qualunque luogo, anche nel- messo della repubhlica , detto 3/i'ssier
la casa di uno di essi, e ad ogni ora. Il grande, intimava l'ordine di preseutar-
potere degl' inquisitori venne ad ac(]ui- si, ma senza manifestar il motivo e usan-
star maggioreestensioneal peggioiar del- do di certi riguardi verso la famiglia e
le condÌ2Ìoni interne ed esterne della re- verso Io stesso arrestalo secondo i casi,
pubblica; quelle per la corruttela de'co- coll'adoperare le formule a lui prescril-
slunii, queste per le mire e le trame Tre- le e eh' egli non osava mai alterare. E-
quenti degli altri stati a suo danno. Colla rano concepite tali formule con qwestepa-
fìne del secolo XVI, gl'incarichi degl'in- role: non si metta in timore; già credo
quisitori si trovarono per modo amplia- che presto si sbrigherà j forse puh ini-
ti che cominciarono a pigliare ingerenza maginarsi di che si tratta; non dubiti,
in lutti gli affari dello stato di n^assima le Loro Eccellenze la vedranno volon-
importanza, ad occuparsi della quiete, del ticri; già forse basterà ch'ella parli col
buou ordine delle famiglie e della sicu- segretario ec.W missier grande godeva di
rezza esterna ed i nlerna col nuovo titolo un'inesprimibile forza morale: il solo suo
iV Inquisitori di slato; e oh ^tv\a\.' \o\- presentarsi atterriva, incuteva rispelta
la a'29 giugnoiSgS, ed i prelesi statuti alia stessa moltitudine. Vestiva stmpli-
danuo loro questo titolo fino dal 1 45411 cernente, come l'ullimo Cristoforo de Cri-
I bisogni eccessivi pel deplorabile lusso, stofoli, che molti ancoia ricordano, l'or-
una depravazione lagrimevole introdot- lava semplice veste togata nera, aperta
tasi Ira'nobili, dacché eransi ritirali dalle davanti, con larghissime maniche, soli a-
faccende marittime e mercantili, gli a vea bito nero, calzoni corti, scarpe con fib-
resi sol troppo accessibili all'oro stranie- bie, calze nere, parrucca in testa. Si de-
ro e specialmente di Spagna , la quale ve concludere. Tremendo tribunale era-
ritrovando nella sola repubblica di Ve- no gì' incjuìsitorì, non mai ingiusto e
nezia un potente ostacolo ad estendere il tirannico; alla sua vigilanza dovettero
suo dominio su tutta Italia, valeva^'i d'o- anzi parecchi la vita salva dagli aitenla-
gni arma manifesta o coperta per abbai- ti d'alcun nemico violento, varie fann-
lerla. Era dunque necessario un magi- glie le consci vate sostanze; la città in ge-
strato speciale e attento the vigilasse. Ri- nerale, per quanto fu possibile, il buon
sulta da alcuni de' loro processi ancora con- costume, l'integrità de'magistrali. 11 po-
servatijche nelle denunzie segrete non si fi- polo temeva, ma riconosceva in pari
davano subito, ma mandavano spie ripe- tempo negl'inquisitori un tribunale che
tutamente, enon procedevano finché non lo proleggeva da ogni prepotenza de 110-
avessero piena certezza o della veracità 0 bili, e perciò a molti di questi invece era
della falsità dell'accusa. Trovatala esal- unfienoinsofiportnbile. IMn diveisanien-
la, c-hiamavano e interrogavano segreta- te la pensavano i migliori, che vt-dcvano
aiente i testimoni, e quando avevano in negl'inquisitoii il palladuì della comune
mano tutte le prove facevano venire il libertà e della sicurezza dello slato. Fa a
colpevole 0 per semplicemente ammonir- proposito che io riproduca lo scritto dui
lo o per costituirlo e dare comunicazio- rispettabile Casoni. La pace col turco riu-
»e del processo al consiglio de'Dicci. Ne' sci onerosa^ colpa riufedellà d'alcuni mi-
3jo V E N
iii.slri, i quali svelarono a Solimano 11 le
ic-gicle commissioni dell'invialo Dadoa-
lo.» Questo inatteso inconveniente richia-
mò le ture de' padi i ad un immediato
provvedimento pe'casi avvenire, e con su-
premo decreto '?.o scltendnei 53q venne
istituito un li ibunale di tre iHquisilori,
la cui piiinaria incumbenza era d'invigi-
Jare a procedere contro i propalalori df'
segnati, che poscia verso ili5c)0 assunse
il nome di Tribunale de^l' I/if/uisitori ili
sialo. E f|uesia la magistratura tanto ful-
minala dalle calunnie e dalle frenetiche
invenzioni degli slranieri,intenli sempre a
conculcare e tleprimere la veneranda me-
moria di questa gloriosa repubblica. Ove
pelò, invece di vile livore, seguir voles-
sero i dettami della giustizia e del vero,
troverebbero che moderazione tempera-
va la necessaria austerità del loro istitu-
to, ed era guida e norma alle delibera-
zioni de'lie, del cui numero, verso la me-
tà dello scorso secolo fu il pio, il religio-
sissimo Flaminio Cornaro, uomo capace
già di rinunziare alla carica , anche col
proprio evidente pericolo, qualora aves-
se scopei lo in esso tribunale non già ar-
bitrii e lenebrose procedure, raa regola-
menti e pratiche men che umane ed o-
neste. Il solo di lui nome serve per am-
pia e coiiforianle apologia di quel vene-
rando consesso". NcliSjy fu istituito il
magistrato de' 3 esecutori contro la be-
stemmia, che formava processi e condan-
nava per mala vita, attentati al pudore,
Iiigamia , scandali, bestemmia, giuochi,
bordelli, matrimoni clandestini, commer-
cio di ebrei con donne cristiane, alloggi
di protestanti, e infine stregherie e be-
\ande. Imperocché, rozzo il basso popo-
lo e manesco dava motivo a leggi sem-
pre più rigorose circa all'uso dell'armi;
disordini gravi succeilevano, e il consiglio
de'Dieci qualificando lubbriachezza sic-
come quella dalla quale derìvavanDl'ab-
bandono della moglie e de' figli alla fa-
me, alla più orrenda miseria, le impre-
cazioni e le bestemmie, la lussuria e per-
V EN
fino i delitti di sangue, ricorreva, secon-
do le idee del tempo, al terrore delle pe-
ne, e condannava l' ulibriacone alla ga-
ItMa. IN'on bastando però il terrore a con-
tenere il delitto, e [)iù assai giovando l'e-
ilucazione morale e religiosa, perciò nep-
piii (pu'sta parte fu negletta a Venezia,
e la confraternita di s. Giovanni Evaii-
geli^la, di cui ne! § XIII, n. 2, avea in-
trodotto sino dal secolo XIV nel suo o-
ratorio r ammaestiamenlo de' fanciulli
nel la /^'o/Z/Z/i^ e/ /.5//rt^irt,am maestra men-
to che andò poi sempre più dilatando-
si, e die' origine al libretto deiio/uinato
DoUrinadel i^enerale, che si vuole mol-
to più antica dell'istruzione composta dal
ven. cardinal Bellannino; oltre l'educa-
zione de'IanciuHi destinali al c'ero, e pub-
bliche lezioni di s. Scrittura istituite nel
l'i'ìS a vantaggio di tulli i cittadini. —
Dopo la pace eoa Solimano II, regnan-
do atiparenle accordo tra Carlo V e Fran-
cesco I, il quale nello stesso i 5^o accolse
il cognato a Parigi con ogni oufìnficenza
e alfezione , pareva dovesse l'Europa, e
specialmente la sempre bersagliata Italia,
respirare alfine dalle lunghe guerre e de-
porre le armi. Ma la gelosia tra que'due
principi el'ambizionecomuneerano trop-
po grandi perchè la pace potesse lunga-
mente durare, e non mancarono avveni-
menti a intorbidarla e portatori di nuo-
ve sciagure a'malmenali popoli. Non era
spirato il I 540, che già si combatteva di
nuovo tra il sultano e Ferdinando I pel
possesso deirUiigheria, alla morte di Za-
poUki protetto da Solimano l!. Nello stes-
so tempo risorsero i disgusti fra il re di
Francia e l'imperatore, il quale tornava
alla sua renTtenza di cedere il ducalo di
Milano, inasprendosi il i.° per la morte
data nel Vo a due suol inviati a Costan-
tinopoli da alcuni fanti spagnuoli , e di-
cesi con sapula del governatore di Mila-
no marchese del Vasto. Voleva Carlo V
stringersi con Venezia in nuova alleanza,
proponeva il Papa Paolo Ili (presso il
quale era ambasciatore dali54o Gabrie-
V EN
ìeVenier, cui successero, nel 1 54^ Frati*
Cesco \enier e nel i544G'*'- Antonio
Venier) l' apertura del concilio a Vi-
cenza, ina a tulio soltraevasi il sena-
Io nel i54i> per evitare ogni benché
lontana cagione che per nuovi trattati o
per adunamenti insolili di prinii[>ie pre-
lati nel suo territorio polesse dar sospel'
li a'iurchi. Intanto l'inipcralore, accom-
pagnalo dall'oratore veneto INIorin Giu-
stiniani, escgiù la spedizione cavalleresca
contro Algeri per punire que'pirati, nel-
la stagione autunnale sfavore voi issi aia al-
l'imprese maiiltime, contro il consiglio
del Doria e del Y.islOjCon una flotta di
74 ga'cCj 200 fra altri grossi e piccoli
navigli, portanti numerosa truppa di fan-
ti e cavalli. Mentre disponevasi l'assalto,
a' 2 3 ottobre fiero uragano devastò il
campo, oltre i4 galere naufragate e i 3o
navigli pei doti. Il ntmico pre-e animo
per uscire a cacciare gli spagnuoli, privi
di viveri e artiglierie, e l'imperatore do-
vette ritirarsi a Ciigia e sul finir di no-
vembre tornare in Europa, ove si trovò
minacciato dalla confederazione di Fran-
cesco I e Solimano II. Il senato veneto
in tali vicende con prudenya evitava la
guei ra , ma invece vi si trovò alquanto
compromesso. Marano, piccolo luogo sul-
la .'piaggia dell'Adriatico, reso forte dal-
la natnia, pervenne col Friuli t:eli420
al deminio della repubblica, indi lo per-
de nelle guene con Masgimiliano I. Ora
piofiliando delle con enti circostanze, l'u-
di nese Delirarne Sachia per sorpresa se
ne impadronì di pieno accordo co'vene-
y.iani, quando a'reclamì imperiali rispon-
deva la signoria non averci avuto parte,
per altio sarebbe disposta comprarlo; e
intanto il Satbia non vedendosi soccor-
so cede Marano a Pielro Strozzi fuoru-
scito fiorentino a'ser\igi di Francia. Stre-
pitando gì' imperiali , nell'agosto i5^3
I 'assalirono per mare e per terra; di the
l'ambasciatore francese si querelò cui se-
nato per non far valere il suo vantato di-
rillo sul golfo, altrimeolì vi entrerebbe-
VEN 35i
ro piirei legni francesi. Ollenne il passo
per 2,000 fcinti a difesa di Marano, e poi
lo vendè alla repubblica per 3;~,ooo du-
cali, la quale si scusò cob'imperalore, di-
cendo che se si fosse rifiutata, dallo Stroz-
zi si cedeva a'turchi. In questo tempo il
senato terminò alcune di'-pul»' con Fer-
dinando I per certe terre del Friuli, priu-
cipalroenle Belgrado e Castelnuovo, ob-
bligandosi al pagamento di 75,000 du-
cati, secondo la convenzione di Bologna
e qoando fossero restituite tutte le ter-
le. JNuova guerra si ruppe fra Carlo V e
Francesco I. Voleva questi cominciai la
dal Milanese e ne avea disposti gli ani-
mi, poi invase il Lussemburgo e il Rossi-
elione senza successo; bensì comballeva-
si ancora in Piemonte dal Vasto, col va-
loroso Bellay-Langey, la cui morie fu
sciagura per Francia. Tuttavia continuò
la guerra , finché i francesi totalmente
sconfissero il Vasto a Cerisole a'i4<'ip'''-
le i544- I' despotismo e la rapacità de'
governatori imperiali a Milano, Firenze,
Siena e Napoli facendo odiare Carlo V,
r Italia si scosse per tale perdita, (pian-
do una tregua ne troncò 1 disegni. Que-
sta fu fatta dall' imperatore onde effet-
tuare la designala invasione della Fran-
cia con Enrico Vili, che non tardarono
ad eseguire nel luglio, e progredendo ne'
conquisti marciavano su Piirigi. Questa co-
sternata, Francescol benché malatosi po-
se alla testa di 4o,ooo uomini, il chedcsìò
entusiasmo, e fece piegare Carlo V a Sois-
sons; e poi vedendo che Enrico \ 111 e-
rasi ostinato all'assedio di Boulogne e noi
soccorreva, a'i8 settenibre segnò la pa-
ce a Crepy. Fra le altre cose fu conclu-
so , che il secondogenito di Francesco I
sposerebbe 0 linfante Maria figlia del-
l'imperatore colla dote de Paesi Bassi, o
la figlia di Feidinando I col ducato di
Milano per dote (paesi e popoli non es-
sendo allora che roba di casa), ma per la
morte poco dopo avvenuta del figlio del
re, questi rientrò ne'suoi diritti sul Mi-
lanese. Kon andò guari, valendosi debuo-
3 Ì7. V K N V E N
Ili iiflìzi de' Tenezifjiii, die Carlo V e il rarmidelIfirepiiMjlica.Iisiio eruJitoMo-'
fratello Feidinantlo I intavolarono Inn- grafo Citsoni, lo chiama bealo periodo di
glie praliclie e poi si pacificarono col sul- tratujuiila pace, a mezzo stadio cioè di
Inno, o meglio fecero umiliante tregua queU'dliistre età in cui fiorivano eccelsi
j)or 5 anni nel i547, col pagamento di ingegni nelle arti, nelle scienze, in ogni
3o,ooo zecchini 1' anno, a ciò costretti classe di disciplina e di studi, i più scrii
per le cose religiose di Germania e del- insieme ed i più ameni. Parca che nata-
la lega protestante di Sroalcalda. Già 18 ra a riparare la moderata fecondità dei-
novembre i545 il doge Landò giunto al- l'uman genio negli ultimi decorsi secoli,
l'età d'85 anni era morto e fu sepolto largheggiar volesse in questo, e sfarzeg-
in s. Antonio di Castello nella cappella giare nel più eminente modo colla com-
della D. Vergine fatta da lui edificare, e parsa d'uomini singolari e di'linti, che
dove si osservava la sua statua di mar- tanto mercarono a que' contemporanei,
ino, opera del rinomato Pietro da Salò, e salirono in sì grande rinomanza , che
a qiie'tempi scultore eccellente. Nel suo il lustro di que'sommi riflette ancora sul-
dogado fu eretta la loggetta a ridosso del- le lor patrie ed è il più ambito onore de'
la torre campanaria di s. Marco, ed al lardi loro concittadini. Venezia allora fra
varco del porto di Lido si costruì la ba« lo splendore della gloria, frutto del pro-
sedei portentoso Castello opera del San- prio valore e consiglio, ornava questa in-
inithieti, che terminalo nel memorabile violata sua sede con sontuosi edifizi, con
i/*7 I, sfida ancora l'onda fremente che opere stupende che attestano la potenza
d'ogni intorno l'incalza e percuote. — dell'umano sapere. I principali cittadini,
Francesco Donalo LXXIX doge. Per- per genio del secolo, inclinati a generosi
sonaggio d'ingegno versatile e pronlOjin- concepimenti, si facean mecenati degli
tcgerrimo magistrato, oratore eloqnen- artisti, il perchè si moltiplicarono tante
lissimo,profundoeavvedulopolitico.L'e- opere meravigliose che tuttora si arami-
sperienza e attività di lui uegli affari di rano quali portenti dell'arti sorelle, e che
stato ebbe argomento di dare iirefiaga- vengonoproposteagliodierni studiosi sic-
bili prove di sua pi udente condotta nel- come modelli di perfezione, cui è dilllci-
le varie ambascerie, con plauso soslenu- le imitare, nrduo assai l'eguagliare, e for-
te alla corte di Ferdinando V d'Aiago- se impossibile di mai più superare, li va-
na, che lo fece cavaliere, presso Enrico sto braccio del ducale palazzo , volto al-
VIII re d'Inghilterra, e presso i fiorenti- l'oriente, già cominciato sotto il dogado
Ili in occasione della coalizione di Cle- d'Agostino Barbarigo al declinar del se-
mente VII, con Carlo V, i veneziani e colo XV, e il prospetto di esso lungo il
le primarie città d'Italia per la pace co- rivo , che da lui prende nome, vennero
ninne. Un uomo di così distinto merito condotti quasi a termine nel non lungo
avea diritto alla patria riconoscenza che tempo in cui sedette doge il Donato; an-
l'innalzò a procuratore di s. Marco, ed che il caratteristico edifizio per zecca eb-
egli die' bellissimo esempio d'amore per be il suo compimento , e la nuova ma-
essa, quando alla morte del doge Grilli, gnifica libreria si avanzava a sorgere per
benché avesse egli nella nuova elezione decoro della Piazzetta, facendo bello con-
il maggior numero de' voti , spontaneo liaslo per gentilezza di forme coU'aiitica
cedette al Laudo, acciocché dal troppo architettura rituale del vicino splendido
ritardo della nomina del doge non ve- tempio, e colle masse ardite e austere del
tiisse danno agl'interessi dellostato. Man- contrapposto palazzo ducale. iNèsolameo-
calo di vita gli fu sostituito a'24 noveni- tealla materialedecorazione pensossi, die
brei 545, e nel suo principato posarono pur alla cultura de' cittadini ed alla iuo«
YEN YEN 3-;3
lale educazione loro dava il governo sa- sa arcivescovo di Benevento (e prima di
lularissinie provvidenze. jNcI I JJI venne- lui fin dal i 536 almeno, Girolamo Ye-
l'o isliluite G pubbliche scuole, una per lalli, poi trasferito alla nunziatura di
ogni sestiere della città, e si comballeio- Yieniia e quindi cardinale), uno degli
no altresì gli errori perniciosi degli ere- scrittori più eleganti e dotti del secolo
siarcbi Lutero e Calvino, cui venne op- XYI, in prosa e in versi , in Ialino e ia
posta insuperabile barriera nella isliki- italiano (dopo la morte di Paolo ili tor-
zione d' un niagislralo conijiosto di tre natoa Roma a sistemarci suoiaiT.iri,quin-
Sai-i ih'll'Iù'e.si(7,[)ev la purità della fé- di si restituì a Yenezia a vivere pacidoa-
de cattolica, l'incumbenza del quale era mente nel commercio delle muse, cotiu'-
di tener lonlaue quelle ributtanti e de- che stimato, dopoClaudiano e Puliviano,
plorabili eresie. Il doge Donalo araan- il pili eccellente de'poeli lirici, indi segre
tissimo delle leltere e delle ai ti, sotto di tarlo intimo di Paolo lY), ed ivi formò il
lui, favolile anche dalla pace, prospera- i .° Indice dt libri pioìbili ,\»nh\A\cn\.o nel
jono nel modo singolare atCL-nnato e col- i 54<S, e ne ragionai nel voi. XYI, p. 2 i t
r abbellimento della città. Puchi giorni e 212, per averlo attaccalo Vergerio e
dopo della sua assunzione al trono final- di poi Quesnelio da pari loro. Cerio D;il-
niente a i3 dicembre i545 fu aperto il dassare Archiew ing!e-ie fu incaricato
sagiosaulo ecumenico concilio di Trento di presentare alcune lettere al senato, e
^/ .j. I prolestauli che l'avversavano col- chieder licenza di dimorare come resi-
la lega di Smalcalda si preparavano alla dente per la sua nazione in Venezia. Fu
guerra, collegati collo scismatico te d'In- la cosa molli giorni e molto caldamente
ghillerra e col cristianissimo redi Fran- disputata in senato. Diceva Michele Da-
cia. Yi si apparecchiava non meno Car- rozzi, che la religione cattolica era sta-
lo V, ed il Papa Paolo III raccoUe genti la sempre fondamento della cillà e re-
ne aflldò il comando al nipote Ollavio pubblica di Venezia, né poteva amn)et-
Faroese.figlio del duca diParma ePiacen- lersi un residente protestante, pel favore
za e feudatario della s. Sede, doraandan- del quale facilmente l'eresia troverebbe
do pure rinforzi e il passo a' veneziani, adito a penetrare. Parlava da vero cal-
Qiiesli pien)urosi di non avvilupparsi in lolico. Risposero i politici che h^iono per
nuove guerre, si scusarojio desliamenle religione lo stato. Cominciò il Pesaro a
dall'uniie le loro genti a quell'impreso, dire, non trattarsi di fede, ma di sialo;
e solo accordarono il passaggio. Eguali che i protestanti erano signori grandi e
maneggi facevano i principi protestanti a principi, e tenevano quasi tutta la Ger«
Venezia perchè la repubblica li favoris- n)ania, che aveano la mira tl'opporsi al-
se, od almeno negasse al Papa il passo. la grandezza ileirimperatore(o meglio per
Al the essa rispondeva nel 1 54G, uiontran- ottenere sempre più la tolleranza reli-
do l'impossibililà di ciò fare .staitle la pò- giosa, il libero esercizio della pretesa ri-
siziooe delle sue lene, che però continue- forma che aveano abbraccialo, che con-
rebbe culla nazione tedesca nella solita cedeva moglie agli ecclesiastici e mariti
amicizia. Avvenne però lai caso che mi- alle motiache , divorzi ad Ubilum, lìla-
se giuslamenle in grande allarme il ze- Irii/ionii misti, e per qui non dir altro,
lanle Pontefice (già verso il fine del do- piena libertà di coscienza e pieno sfogo
gallo 75.^ pallai della tolleranza del go- a tutte le passioni), il che mollo giovava
verno veneto cogli eretici e altri acHtlo- alla repubblica;che se poi volessero guar-
lici), essendo alloia suo nunzio a Vene- dare alla fede, ben altro bisognerebbe fi-
zia fin dal i 544 *^ P*^' resto del suo pon- re, e pensare a raffrenare coloro che fan-
lilìcato, il celebre mg. "^ Giovanni (kll.i Ca- no simonia (accennando a' preti e alle
VOI. xr.iv 2''t
3'4 V E !\
Tasse; ma si legga Jale nrticolo e si ve-
drà perchè furono inipo<;le alle Bolle,
Si'Bre\ù, n Benefizi rcrlesì'nsticì , e quale
«so ne fecero i Pnpi; se si allude poi al-
r//ir////gf'«r^,la repubblica slessa,con altri
slati, i suoi religiosi, le sue monache,cot»e
ho narrato ne'§5 VIII,X e altrove in rpie-
sl'articolo, le domandarono a'Papi per e-
vigere o riparare chiese,chióstri e spedali,
per quelli t;he conti ihuissero Elcniosine,
eh 'è un'opera pin. Perciò simoniaci a'pre-
ti ! Come qnalifìcherelibe l'oratore i pro-
testanti che abbracciarono la sedicente ri-
forma per usurparsi i Beni di Chicsaspet'
tanti a'sagii Tempii, al Sacerdozio, agli
ordini Regolari, in una parola tutta la
Rendita ecclesiastica? Si può leggere il
contenuto in tali articoli e ne'lanti rela-
tivi, che io oppongo a tali calunnie e ardi te
proposizioni politiche). Soggiungeva l'al-
tro, cioè il virtuoso Carezzi, che appun-
to la materia dell'Archie-vv era materia di
fede, poiché la domanda di lui tendeva
a procacciarsi slabile soggiorno in Vene-
zia e poter parlare liberamente e vender
i suoi libri, e che sarebbe scandalo gran-
de per tutto il popolo veder un lutera-
no in pubblico aspetto a Venezia,cillà re-
ligiosissima ; quand'anche, come alcuni
pioponevano, non gli fosse dato il titolo
di agente, cui solo riconoscerlo in senato
gli si darebbe motivo di presentarsi ad
ogni occasione che gli piacesse, cosa non
poco sconvenevole. Prendeva poi a par-
lare il Trevisan, e sosteneva non esser
materia di religione, perchè diceva:» Que-
sti protestanti non hanno a trattar con noi
di cose di fede, ma solo di stato, come al-
l'evidenza provano le lettere dell'oratole
IVIocenigo, il quale scrive che in Augusta
gli fu detto da uno che può saperci segre-
H de'protestanli, che le loro signorie de-
siderano di passare di buona intelligenza
con questa repubblica, incaricando perciò
l'Archiew di una lettera da presentarsi
iu senato; che sarebbe cosa inurbana il
non leggere una lettera che vien manda-
la, e che quando fosse slata accettala bea
V E N
si conveniva rispondere alle sue parli. E
quanto al tenere in questa città un loro
agente, opinava che avendo mandalo un
semplice particolare si avessead ascoltar-
lo benignamente; que'principi essere si-
gnori grandi che hanno per iscopo più
la conservazione della propria libertà, che
gì' interessi religiosi j esser già 29 anni
dacché ebbe principio la setta luterana,
né mai essersi stretti in lega se non da 7
anni a questa parte per difendersi da Ce-
sare; aver essi procuralo testé la unione
dell'I ng!iillerra(sottratta dallaChiesaCat-
tolica da Eurico Vili, che avendo prima
meritato dal Papa, per la sua opposizio-
ne e scritti contro Lurero,il titolo di Di-
fensore della fede, per esser&i poi fatto
capo dello scismaanglicano,onde scioglie-
re il frenoallesue passioni, la storiagli die
(juello di Postiglione della pretesa Ri-
foriiiaje della Francia (onde far dispetto
e guerreggiare Carlo V, oltre la lega col
turco, eterno nemico del cristianesimo),
uiandandoloro nunzi da una parte e dal-
l'ai tra; esser codesta lega s'i potente, che il
cristianissimo cerca tenersela amica , e
l'Inghilterra le ha mandato un suo forma-
le rappresentante nel segretario Masson,
ed è contenta di fornirle certa somma di
denaro; che questi protestanti sono pur
quelli cui altra volta s'era deliberato, al
cominciar della guerra col turco, d'invia-
re un oratore, che fu Madlo Leon, do-
mandando aiuti; che in questa lega so-
no 3 elettori dell' impero (ma apostati
delia religione cattolica, per dare sfre-
nalo sfogo alle loro passioni, ed usurpar-
si i beni di Chiesa, e delle pie e benefi-
che istituzioni) e tutte le terre fran-
che; che infine avendo ad essere la ri-
sposta negativa, sia almeno con quella
maggior dolcezza che si possa, e che ben
considerando il modo di rispondere, al-
tro non trovava potersi dire se non che
questa repubblica non poteva partirsi
dairintenzioni di Sua Santità'. La lette-
ra dell'Archiew fu ricevuta a' 1 5 cllobre,
e il 18 gli fu data una risposta evasiva
V E N
quanto agli aiuti domandali da' prole-
starili, ina co' miglion v. [>\h cortesi ter-
uìioi possiljili. Né r Archiew si parli da
Venezia, anzi vi rimase in qualità di se-
gretario residente d' Inghilterra, e alle
lagnanze del Papa a' 5 novembre si ri-
spose: che r Archiew continuava a far
l'ufllcio suo di segretario d'Inghilterra, e
alle volle comunicava al senato avvisi e
notizie come facevano gli altri, uè perciò
dovesse Sua Santità inquietarsi, ben co-
noscendo la divozione della repubblica
verso la s. Sede. Grave contestazione pe-
rò si accese con essa per la giurisdizione
tli Celicela nel dominio temporale, che
riportai in quell'articolo, in uno all'aito
/./? principesco che un tempo vi ebbe la
s. Sede, e meglio ne tratta il Borgia, /1/e-
inoric sloriclic di Benevento^ t. 2, p. 172
e seg. Narra il eh. ab. Cappellelli , Le
Chiese d' Italia, l.io, p. 222, che Cene-
da fu soggetta nelle varie vicende del-
l'Italia a mutamenti di sovranità, più
lungamente però apparleoue a'suoi ve-
scovi. La repubblica di Venezia ne di-
ventò padrona allorché nel iSSy il ve-
scovo Francesco Ramponi, che allora di-
morava in Venezia, ricusando di aderi-
re alle pretensioni de'da Camin, appog-
giò se stesso e la sua Chiesa alla prote-
zione di lei , e stipulò colla signoria un
concordalo, dì cui gli articoli principali
portavano: Che il vescovo le cedeva con
mero e misto impero tutto il conta-
do di sopra a Ceneda, cioè Serravalle,
Valmarino, Cordignano, Pioganzuol,Ca-
volan, Fregona, Solighetto ed altri luo-
ghi occupati da'Caminesi. E la signoria
per mezzo di 3 procuratori di s. Marco
aderì a questa cessione, obbligandosi a di-
videre egualmente col vescovo tutte l'en-
trate solile a pagarsi alla camera fiscale
di Serravalle, ed a lasciare la città di Ce-
neda col suo particolare territorio e col
contado di Tarso in dominio de'vescovi
prò- tempore, con nicio cmislo i/npero,
come per l'uddietro (Ceneda fu ottenuta
da'vcneli uel 1 387 01 347 ^ ^^ ricuperala
VEN 35:
nel I 388). Questo concordato suscitò gra-
vi molestie alla repubblica per parte del
P.ipa e «lei patriarca a cui nera stalo de-
legalo l'altare; ma il sennto per non in-
volgersi in una guerra inutile, seppe de-
stramente scansarsi, e la cosa andò acco-
modata, senza per altro cedere l'ottenu-
to dominio, e vi continuò tranquillaoien-
te per più di due secoli; avendone anzi
rijmovato il patto nel i4i8 col vescovo
Antonio Correr nipote di <Jregorio XJf
(e riferisce il Romanin, raccomandan-
dogli di mantenere quelle fortezze in
buono stalo e vantaggio a difesa della
signoria, amministrando inoltre ragione
e giustizia fìnrhè altrimenti fosse delibe-
rato, e facendo eseguire i decreti della re-
pubblica quanto alle gravezze e altro.
Dipoi nel 1488 il vescovo Nicolò Trevi -
san mosse pretensioni sulla signoria ce-
nedese, solto l'immediata sovranità del
la s. Sede; pretensioni rinnovate di quan-
do in quando da' vescovi successori ).
Ria neh 546, dopo di aver sedalo in Ce-
neda slessa gravi discordie, insorte tra'
cittadini e il vescovo cardinaliMarinoGri-
mani , ebbe ad usare della sua energia
contro le pretensioni del vescovo stesso,
che duramente molestava i suoi vassalli,
tolte dalla loggia di Ceneda l'insegne di
s. Marco, proclamalo che niuiio avesse
più ricorso a Venezia per l'appellazione
sotto gravi pene, intendendo d'assumere
a se la piena giurisdizione sulla città; e
di pili avendo fallo arrestare due di Ser-
ravalle che accompagnavano l'inquisito-
re dal senato mandalo a visitare i bo-
schi di Terraferma per far cerca di le-
gname da costruzione per l'arsenale, per
essersene offeso il cardinale. Fu allora
che il senato per conservare la giurisdi-
zione ormai da due secoli acquistata so-
pra que'luoghi, mandò a Ceneda per suo
rappresentante un podestà peramraini-
slrare la giustizia sì in civile che in cri-
minale, come gli altri rettori. Fu a ciò
nominato Giacomo Suriano, e così tolse
la repubblica a' vescovi di Ceneda la su-
356 V £ IV YEN
preaia rappiesenlaiizu (cmporale. Ini- prof. Ilomanin ai tempo di Papa Cle-
lalo il canliiial Giiiiiani, si recò a Roma niente Vili c'acconta come la contesa
a lagnarsi cou Paolo 111, accnsamlo la erasi inasprita, per avere il vescovo Mai-
repnbblica d'avere col suo operato con- c'Antonio Mocenigo più vivamente degli
culcato i diritti dell'ecclesiastica immu- altri rinnovate le pretensioni, onde poi
iiilà. Ria la signoria a' I 3 agosto incaricò (u costretto rinunziare il vescovato. Il
INicolò da Ponte suo oratore in Roma di cugino Leonardo Mocenigo che il succes-
esjìorre al Papa le sue lagioni e gli abusi se, seguì la medesima via, dichiarando le-
dei vescovo, risultanti da d(jcumenli.Non- nere la repubblica Ceneda soltanto come
dimeno l'aliare avrebbe preso grande fuo- feudo del vescovo. Avea il senato vietato
to,se la i»iortea'7 febbraio I 547 nonaves- al vescovo assolutamente, sulla base del
se tolto di mezzo ilGiiuiani, e se la pru- suo dominio lein[)orule in Ceneda e suo
denza di Paolo 111 non avesse procurato territorio, fjualiuKpie appellazione a Pio-
pel veneto ambasciatore un amichevole ma. Clemente Vili a tale notizia man-
componimento. La repubblica concesse dò nel 1600 un monitorio, e fattolo af-
al vescovo successore Michele della Tor- fìggere in Ceneda annullò lutto 1' opera-
re udinese poi cardinale, la temporale si- lo della repubblica, e nainacciò della sco-
gnoria di cjuel distretto e richiamò a Ve- munica qualunque mauJusse alle appel-
nezia il podestà Soriano. Le dilTerenze lazioni altrochea Roma, dichiarandoche
per allora si quietarono, ma solo per ri- la giurisdizione di Ceneda non solo spi-
desiarsi in appresso più vive, onde me- ritualmente ma anche temporalmente
glio è che qui ne termini la narrativa. speUet'va pieno jicre alla s. Sede. Coa-
II vescovo della Torre destramente ot- Irò questo monitorio protestò altamente
tenne con tutta segrelev;za da Giulio III il senato neli6o3, e provvide vigorosa-
nel I 55o, un bieve con cui venne dichia- mente che al supremo dominio della re-
rato solo signore e conte tem|)0rale di pubblica non venisse recato nocumento,
Ceneda sullo l'immediata sovranità e prò- ingiungendo al podestà e ca[)itano di Tre-
lezione della s. Sede. Rimase occulto il viso di pubblicai severe pene a chi osas-
breve, finché nel 1 56 1 insorte alcune con- se propalare o alllggere in Ceneda alcun
Iroversie tra il consi-lio di Ceneda e il alto altentatorioalle ragioni della repub-
\icario ilei vescovo Torre, mentre questi blica. Allìne il Papa cedendo a'buoni uf-
Irovavasi al concilio di Trento, fu prò- fizi dell'ambasciatore Paolo Parula, e ile*
dotto in luce con meraviglia e indigtia- cardinaliValerio vescovo di Verona eMu-
zione della repubblica. Si rinnovarono rosini vescovo di Brescia, accoUe la pro-
perciò le luibolenze, che durarono anni; posizione del senalo, che fossero tenuti in
tultavolla il senalo continuò a lasciare sospeso lutti gli alti dell'una parte e del-
ìn mano de'vescovi la temporale animi- l'altra dalla venuta del commissario a-
nislrazione del dislrelto, invece di fcirla poslolico neliSgS (ino a tanto che si po-
esercilare da un podestà, laiilo più che tesse decidere come da principe a prni-
i vescovi erano da lui nominati. Da que- cipe il punto della superiorità. Ciò av-
sle controversie, o pel narralo dal Bor- venne nell'agosto 1604. Del resto il se-
gia e da me ripetuto nell'articolo citato, nato mostravasi disposto a terminar la
ebbe origine la pretensione di apparle- questione con qualche buon accouioda-
nere Ceneda alla sovranità lenjporale nieuto, quando insorsero altri accidenti
della s. Sede, e la repubblica fece fare un che provocarono quell'ostinato conllitlo
voto o consulto (che si legge nelle Z?e//7^e- fra la repubblica e Paolo V pel famoso
razioni dilionio, cou documenti e allega- interdetto di (|uesto, e ragionando del suo
li,deV) liiglioiGi i)da fr. Paolo isarpi (Il poulificato io narrerò uè' dogadi 89.",
V E N
<)0.° e 91.°, con altro cenno di questa
coiilroversia riiinovalnsi ilopo quuH'e-
[)'»ca). E sebbene per cnnilisceiulenza
del senato i vescovi conlìniinrono a e-
seicìtare il dominio ten)|>orale, sotto la
sovranità della repubblica, ciò peiò eb-
be fine nell'anno 1 -Gg qniuido con de-
creto de' t4 dicembre ne bn'ono pri-
viiti persetnpre. Ed allora nncfjiie ne'ce-
nedesi il desiderio di reggersi da se me-
desimi, di die fecero calde istanze al se-
nato, le quali aizzarono i coneglianesi a
tentare invece, che il di^frettodl Ceneda
fosse soggettato alla giurisilizione del lo-
ro podestà. Negli uni negli altri riusci-
rono ne'Ioro progetti. Fu decretato ald-
ne a'i5 dicenibreivy i, che un patrizio
veneziano dovesse governare peri 6 mesi
la città di Ceneda, la contea di Tarso e
i loro distrelti col titolo di podeslà. Re-
golata così l'ani ininislrazione politica di
Cenetla, ne fu lasciata l'interna in mano
de' suoi due consigli generale e minore,
formati di soli nobili della città. Col ca-
der poi della repubblica di Venezia, sog-
giacftiie Ceneda alla contlizione stessa, a
cui parteciparono tutte le altre città e
Provincie di quelln. — ^In si ritorni al do-
gido tlelDonato.Bencbèla repubblica vo-
lesse assolutamente tenersi quieta, non o-
stante il gran movimento d'armi in Ger-
mania l'obbligò a prendere a'suoi servi-
gi per 3 anni Guid'Cbaldo 11 duca d'Ur-
bino nel giugno 1 54^5 indi per la defe-
zione del duca Maurizio di Sassonia e al-
tre conseguenze, nel dicembre buona par-
te de' principi della lega protestante si
sottomisero alle armi di Carlo V, e nel
seguente a|)rile 1 54? 'cslò disfatto e pri-
gi(jiiiero il duca di Sassonia. I rapidi trion-
fi deirimpcralore misero in apprensione
Pnolo III per l'aumentala sua potenza,
vicliiamò le sue truppe, e cominciò a rav-
vicinarsi a Francia. Non è vero, die per
sottrarre dalla sua inlluen^.a il concilio,
clic proseguiva a Trento, l'aolo III [)ro-
iillò della peste penetrata nella città per
trasferirlo a Dologua , ma ciò fu sola-
YEN 3 T7
mente per decreto de'padri, e anzi all'in-
saputa del Pa[)n. Nellaprilei "j? *' 'H"'
il concilio in Bologna, nel rpial tempo Car-
lo V pubblicò il famoso fnlcriin (/^.),
formolario di fede per la Germania, fin-
ché il concilio avesse regidato e deciso
tutto, scontentando cattolici e protestan-
ti. Paolo \\\ fece licenziare i padri da
Bologna a' i 7 settembre. Mentre era am-
basciatore Matteo Dandolo presso la s. Se-
de,fin dal precedenteanno, l'aolo Ili a' i o
novembre 1 549 'noti. Gli successe Giulio
III a'7 febbraio i 5jo, ilcjUale nel seguen-
te fece proseguire il concilio a Trento, ed
ebbe a nunzio in Venezia il vescovo di
Ravello Lodovico Beccadelli bolognese,
poi arcivescovo di Ragusi ; ed in Pioma
per ambasciatori, nel i55o Nicolò da
Ponte, nel i 553 Domenico Morosini, e
nel i555 Bernardo Navagero. Prima del
decesso di Paolo III, nei 1 54? P^'" congiu-
ra, fu sottratta GciìOva dairuilluenzadei-
l'iniperatore, ed ucciso Pier Luigi Far-
nese duca di Panna e Piacenza per in-
vestituia del Papa suo padre, non senza
avervi preso parte Ferrante Gonzaga (e
fors'anche il figlio Ottavio Farnese) al-
lora governatore iuiperialedi Milano,clie
tosto s'icn padroni ili Piacenza per toglie-
rea'fiance>i ogni comunicazione coll'Ita-
lia, e perciò si recò ad assediare Parma.
Inoltre nello stesso 1 547 S'^^ erano morti
Enrico Vili re d'//ii'//(7/f'r/v/, succeduto
da Odoardo VI; e Francesco I, cui suc-
cesse Enrico II e così Caterina de iMedi-
ci divenne regina di Fraiuia.^\i\ col cam-
biar de'regnanti non componevasi anco-
ra a pace l'Europa; agenti francesi si ma-
neggiavano col turco, e agitavano diver-
si stali d'Italia, alcime delle cui coste e-
raiio tribolate da'corsari turchi. Venezia
ormai ridotta a mendicare un ignobile
riposo, rispondeva agl'insulti colle quere-
le e ordinava neli55j al capitano gene-
rale Stefano Tiepolo, dm se il turco as-
salisse ([ualclie lena im[)eiiale , evitasse
ogni mossa che [lotessi; dargli sospetto.
La fortuna imperiale si abbassò per ave-
358 V E l\
re Enrico 11 invaso buona pjirte ilella Lo-
rena, ed i proleslauli ripreso la rivinci-
la, per cui Carlo V corse pericolo di ca-
der prigione in Innsbruck. Avanzatisi i
iiancesi uelPietuoute, vittoriosamente fe-
cero levare 1' assedio a Parma ; e Siena
cacciala la guarnigione spagnuola, si mi-
se sotto la loro prolezione. Il doge Dona-
lo dopo aver nel i 55o molto orato a fa-
vor del patiiarcad'AquileiaGiovanniGri-
niani, per sostenere presso la s. Sede la di
lui fede ortodossa contro le calunnie che
gli erano state apposte di eresia(sul dogma
della predestinazione e della grazia, ed io
ne parlai nel voi. LXXXII, p. 1 32 : ne
tratta il caldina! Pallavicino nella ma-
gnifìca Storia del coneìlio di Trento, che
dice non fatto cardinale come dovea es-
serloj e della sua causa di fede avanti i
padri di Trento ove fu semiassoluto, ma
non ammesso a niuu allo sinodale), giun-
to all'anno 85.° terminò la sua carriera
mortale a'23 maggio 1 553. Le di lui spo-
glie vennero deposte nella chiesa di s. Riu-
ria de'Scrvi, dove giaccpiero fino al 1 8 1 G,
in cui smantellandosi quell'insigne tem-
pio, i di lui pietosi parenti ne raccolsero
l'ancora intatta sua salma, clie trasferita
insieme all'antica sua statua in un ora-
torio campestre pressoil villaggio dilVIa-
ren, ne'dinlorni di Conegliano, del qua-
le era proprietaria la nobile donna Chia-
ra Tron di s. Eustachio, moglie del no-
bile Leonardo Donato delle Rose di s.
Cauciano, ebbe colà nuovo avello ed ap-
posita iscrizione che ne ricorda il fatto.' — •
Marc Antonio Trevisano doge LXXX.
Pio uomo e religiosissimo, alieno dalle co-
se di guerra, le cure di lui furono sem-
pre dirette alle opere di religione, ed a
laccomandare a'giudici l'esalla e solleci-
ta amministrazione della giustizia, quan-
do le varie cariche da lui sostenute in pa-
llia gli olhivano il destro di farlo. Di-
venuto principe a'j giugno! 553 si valse
dell'emmcnzadi suo grado per frenare la
licenziosità d'alcune costumanze; impedii
il Irastullo di leste notturne che facilmen-
V E N
le avrebbero fatti prevaricare i meno pru-
denti, e corrotti que'principii di morale
che sono guida primaria e conforto d'u-
na città ben disciplinata, come egregia-
mente rileva il veneto biografo eh. Caso-
ni. Egli di più riferisce il narrato por-
tentoso de'cronisli, donde si trae esatta
idea delle cristiane doti di questo doge.
Essi narrano, che quando era procura-
tore di s. Marco, una notte si sentì due
volle desiare da ignota voce, la quale
l'avvisò, menlr'egli agiatamente dormi»
va, stavasi un povero pellegrino sdraia-
to sulla nuda (erra sotto a'porticali della
gran piazza. Ubbidì egli al misterioso cen-
no , ed accorso con servi e con lumi al
luogo accennatogli, trovò colà s. Ignazio
Lojola, fondatore della compagnia di Ge-
sù, che accolse ospite nel magnifico pa-
lazzo di sua famiglia, in parrocchia di s.
Giovanni in Oleo, sul rivo dello di Ca-
nonica, divenuto a'4 dicembre «577 di
Bianca Cappello granduchessa di Tosca-
na , nel qual palazzo vuoisi che il santo
gli predicesse il dogado. La straniera po-
li tica sordamente tentò turbarla quiete
tranquilla di cui gioivano! veneziani, con
seducenti consigli, ma seppero in bel mo-
do sottrarsi, resistendo all'esibizioni ed
offerte d'alcune potenze che se ne dispu-
tavano ramicizia,e Venezia ferma si rima-
se armata neutrale tra' contendenti. In-
tanto sempre più accresceva il numero
delle fabbriche cospicue; le già cominciate
avanzavano al loro compimento, ed i teso-
ri de' cittadini versavansi a decoro della
patria, e ad incoraggiare gli artisti. Ma
poco stette sul seggio questo doge, che pri-
ma ancora dell'anno, cioè a' 3i maggio
1 554, spirò mentre orava avanti la Cro-
ce, com'era solito fare. Scrive V Arte di
verificare le date: Egli era dotato di sin-
cera pietà, e l'austera sua penitenza gli
abbreviò i giorni. Il suo corpo fu tumu-
lato a s. Francesco della Vigna, in appo-
sita tomba nel mezzo della crociera , e
quella tomba non venne mai più aperta,
ch'egli solo rimasto era anche 1' ultimo
V E N
di sua casa. Sulla porla laterale della cap-
pella Caiusliniana è il ceuotaHu del do-
ge, d' i<>uulu auloic, ma dello stile del
6aiisoviuu.
28. Francesco l'enier LXXXI doge.
Non meno felice deil'autecessore si fu il
non lungo periodo ìu cui questo sedè sul
s-ogiio ducale, per carità di patria e per
usservazioue di giustizia, oltre ogui dir
coinmeudevole, ed a'cilladiui carissimo.
Eletto doge 1*1 i giugno i 554, ebbe «^ ^'*^*
datore in tal giorno Barlolonieo Spada-
fora di Moncada, letterato ragguardevole
di que'tenipi. La pace, quel dono del cie-
lo, esclama con patrio entusiasmo il fa-
condo Casoni, die du si potrebbe mece-
nate e sostegno delle arti, delle scienze,
della civiltà, continuava a favorire Ve-
nezia, iu cui seujpre nuovi edifìzi sorge-
vano a [ìubbliche spese ed a spese de'
privati. Magnificile suppellettili di por-
tentose pitture, d'intagli, d'auree decora-
zioni, rendevano preziosa e classica ogni
aula di Venezia, che all'antica Grecia non
più invidiava né il genio magnifico di Pe-
ricle, né la magistrale abilità d' un Ca-
Iterate, d'un Fidiu, d'uu Apelle. Due fa-
vorevoli avvenimenti, non poco contri-
buirono ad aumentar la gioia de' vene-
ziani che dimostrarono la splendidezza
del genio loro, in festeggiar l'arrivo del
celebre cardinal Carlo Guisa-Lorena, in-
viato dal re di l'arancia Enrico II, come
andjasciatore per trattare la da lui bra-
mala lega culla repubblica; quindi il pas-
saggio perVetiezia della regina Bona Sfur-
za figlia diGiaiiGaleazzoduca di Mdanu e
vedova del redi PoloniaSigismondo l,che
I itornava al suo ducato di Bari. Se dignito-
so e solenne iu l'arrivo del cardinale, al-
trettanto I accoglimento fitto alla regina
riuscì degno della pubblica maestà, ed ol-
tre ogni dir brillante e compiuto. Le si
bpedì incontro d real Bucintoro, con eletta
comitiva di ragguardevoli dame, destina-
te a corteggiarli!; erano queste ricoperte
di serici drappi, ornate di gemme, d'oro,
di ricchissimi liapuuli cuu laatusfarzo e
V E iS 3 T9
con tanta profusione, (]uali non sarebbe-
ro stali permessi dal moderato sistema
della repubblica, che discese a concedere
o meglio tollerare il massimo lusso, solo
pel momento, ed inriguaido alla singola-
rità della circostanza. Ebbero luogo fe-
ste, trattenimenti, lautezze (|uali compe-
tevano a tanta ospite. Giunto final&ien
le il giorno della partenza, volle il doge
accumpagnaria lino sulla galea di Pau-
dolfo Guoro, capitano d'una spedizione
di corsari, la flotta del quale, date le ve-
le e tulFati i remi, servì di decorosa, iiu-
puneute e sicura scorta pel mare Adria-
tico a quell'illustre vedova.lli5j5 fu spet-
tatore di memorabili avvenimenti: a' iZ
marzo morì Giulio 1!I e dopo 16 giorni gli
successe Marcello 11, il quale resse il pou-
lificato 11 gioì ni, onde a'23 maggio vi fu
elevato Paolo lY Carafa, che da chierico
regolare teatino era slato superiore della
casa di Venezia, Intanto a' 17 aprile i
francesi aveano capitolato in Siena, ì^qv
cederla dopo in giorni agli spagnuoli; le
reliquie di quella repubblica quasi tosto
si spensero a Moiitalciiio,c\nì poi perven-
ne a Cosimo I Medici duca di Firenze e
quindi di Toicaiut^ riserbalasi la Spagna
lo stalo de'Presidii. Ma coll'esaltazione al
papato di Paolo IV nuove agitazioni pre-
paravansi all'Italia, essendosi egli confer-
mato nell'avversione a Carlo V e aderea-
le a Francia. Se non che sopraggiunse ta-
le avvenimento che stupir fece l'Europa
principalmente, e tenne gli animi qualche
tempo sospesi sul nuovo indirizzo che a<
vrebbero preso le cose. Carlo V avea ve-
duto fallire i suoi più cari disegni, noa
avea potuto ricuperare Metz con 100,000
uomini , né il Piemonte , né strascinai*
r ln*hilteira in una nuova lega contro
Francia, e non vivea più di buon accorda
colfratelloFerdinaudoI;il trattato d'Au-
gusta de'25 settembre 1 555 confermava
la scissione della Chiesa germanica, cose
tutte che amareggiarono profondamente
il suo animo. ìNellasua biografia, riferita a
Si'AG.N.1; c iu alili ai licoli che vi luauu re-
36,, V E N V E N
lazitjiie, iiarnil le piincipali cause cì)Ctle- oratori a Filippo II per congialiiltirsi e
Icrniiiiaroiio Callo V al ritiro ilal potè- ralFerniare le [)rolesle tli pace, li doge
le, i)i;l cui impero non mai Iraaionlava Venier avca pagalo egual tribiìio a' 2
il sole, die cl()po4o anni d'una domina- giugno i 556, lotlaJo nella [)ompa l'iinehre
7Ìone agilalissima egli soccombeva alle da Dei nardo Loiedano, e poi da Gior-
faliclie della continua sostenuta lotta, gio Ilenzon che ne scrisse la vita. Fu de-
c;oiupreso e penetralo da scoraggiamen- posto in magnidco sepolcro, opera mae-
to |)^r l'infelice successo, di noia e di di- slosa ed elegante del Sansovino, che or-
ì.gii>to [ter tutte le cose del mondo, tor- na gran parte d'un'inlerna parete entro
luenlaloda dolori fisici e morali, già vec- la chiesa di s. Salvatore presso il i" al-
«hio e caduco all'elii ancor fi esca di 55 lare. Ebbe fama di cultore de'buoni slu-
anni, piese una risoluzione che fece re- di, essendo senatore fu eletto per uno de*
slare attonito il mondo. Nel i 554 ^^^^ conservatori perpetui della veneta acca-
teduto al suo figlio Filippo II il regno demia degli Uniti , e vari autori gli de-
deIIedue6'/rz7/(', iS"/e//«eil docalodi M- dicarono 1' o|)ere loro. Nel suo dogado
lano a "3.5 ottobre i5')5 gli rinunziò i s'incontra la memoria delle Fabbriche
Paesi Bassi e la Boi gogna, vt\ a' i6 Nuove di Uiallo, di quell'edifizio cioè eoa
gennaio i 556 la tnonarcbia di Spagna serie d'archi e di volle, il quale ester.desi
e le India Ociidcnluli, dichiarando: lungo iK^anal grande dalla piazza dell'Er-
Clie le sue forze affievolite dall'infermi- he a quella del Fesce, la quale adesso si
là e da' travagli del corpo e dell'animo, rinnova del tutto ; e quella del principio
non più bastandogli a sopportare il peso della rifabbrica della chiesa dis.Geminia-
del "rand' im[)cro, pel bene de' sudditi, no. — Lorc/izo Friuli LWX fi dogc.Vo-
vecchio già vicino al sepolcro, l'allidava mo grandemente slin)alo pe' suoi talenti
ad un giovane vigoroso esercitato fino politici e lelterarii, ebbe meritamente la
dalla i." età a governare. Per l'unità, a- ducal corona a' { 9 giugno i 556, in mezzo
crebbe voluto cedere a Filippo lì anche all' acclamazioni della pubblica esultau-
l'impero, ma Ferdinando 1 re de'romani za. Continuavano giorni di consolazione
non vi volle acconsentire a verun patto, e di pace. Venezia non inquietala da po-
ti le due corone di Spagna e di Germania litiche brighe, gioiva di onorata quiete
rimasero quind' innanzi divise sotto lo accjuistatasi colla maturità del consiglio,
scettro di due rami della casa d'Austria, col valore e colla risoluzione tiel braccio.
A'7dicembrei556pertanlo, spedi al fra- Zilia, figlia di Marco Dandolo, moglie
tello la rinunzia all'impero colle sue in- del nuovo doge, venne solennemente co-
scgne, che altri anticipano a'27 agosto, rimala dogaressa. Questa funzionechedal
Adendo pur protestalo di consagrare il tempo di i'ustpiale IMalipiero del i4'j'7>
lesto di sua vita a servir Dio e preparar- non più erasi vista, riuscì cara e interes-
iii alla morte, a'24 ftbln'aioi 557 ^' "^'" sante perchè ilcorda va gli antichi usi della
lò nel monastero de'girolamini di s. Giù- città e le patrie nazionali costumanze. La
sto nell'Estiemadura. Neppur nella so- descrive con particolari il cav. Mulinelli,
liludine e nelle umili occupazioni potè ^iiimli Urbani di I cnezia, neìse^uenle
troviir pace a quella violenta inquietu- modo. Quatti' ore innanzi all'inìbrunii"
dine dell' animo che l'accompagnò alla de' 18 settembre i557, il doge L(jren-
tomba a'2 I sellenibrei 558, dopo aver zo Friuli, acconqiagnilo da'consiglieri e
dato lo strano spettacolo religioso di farsi da 60 senatori, scendeva dal suo palaz-
celebrare vivente i solenni funerali, disle- zo nella piazza di s. Marco, atteso poco
so sulla bara durante la lugid)re funzio- discosto dal cam[)anile dagli ambasciar
ne ! Dopo l'ubdicaziouc, la signoria inyip tori dell' imperatore e de' duchi di Sa^r
VLN YEN 3Cm
v.'iia e d'Uihino. Era ivi stalo eretto tini- d.imasco, ma ornate tutte di perle d' e-
r arte de' macellai un l)clli'^^iinoarco di itiesua t^rossezzn, e con bavei i e coiiciei i
liiotifo, sotto il (piale il doge e la iiobi- di varie Tur tu e loinpeslali di i^ioie d'ine-
lissiii.ia coiiìiliva passavano per avviarsi stimabile valore. Venivano iiitli parecchie
verso il Bucintoro, che trovavasi fermo in matrone con vesti e veli neri sul capo; fi-
qualche distanza dalla riva. Salili, me- nahnente preceduta dal grancancelliere,
diante un ponte fatto di barche, nel ma- dii'.>egretari e da'figli suoi la principessa,
gnifico legno, cpiesto li traeva pel gran Fattisi incontro a lei i canonici di s. .Alar-
canale ai palazzo de'I'riidi a s. lìarnaba co, coo)e giungeva alla porta maggiore
sul canale stesso. Attenilevoli colà la prin- di rpiei gran tempio, e datale a baciare la
cipessa in uno sfarzoso a[)partamenlo a- pace, condolla era a pie del principaleaU
domo di tappezzerie d'oro e di seia di e- tare, ove canlavasi l'inno di grazie. Do-
strema bellezza, portando essa una veste nata dalla principessa a'canonici una bor-
di panno d'oro con larghe maniche, cuna sa con loo ducati, ed uscita di chiesa per
soltana di broccato ; un c;inditlissiuio velo I<1 porla di fianco al palazzo trucale. sa-
di Caudia sceiidevale i\>i\ capo, sul (pjale li va la scala Foscara, e nelle vicine slau-
teneva una berretta pur di |)aiuio il'oro, ze slavano aspettandola le arti. Erano
alla foggia del diadema o corno de'dogi. per i primi i barbieri seduti intorno a
Giurate dalla dogaressa le relative costi- una tavola coperta di vaghissimo tau-
luzioni, e regalala a ciascuno de'consiglie- pelo: succedevano a questi gli orefici in
li ducali eal gran caucelliereilella repub- una stanza adornata d'arazzi, con una cre-
Llica una borsa d'oro riccio, «lavasi prin- denza piena di vasi d' argento e d' oro
cipìo sul Canale, per mezzo delle congre- ma^sicio. Quindi per quella loggia del
giizioni delle arti, che per aulica coiisue- palazzo che risponde nella Piazzetta, il
tudine doveano festeggiar ravvenimenlo, cui letto era coperto da un pannodico-
e theacconciamenleerano disposte in pa- I<ir turchino stellalo d'oro, e da'cui pog-
liscal(ni,sopra i quali danzavano con gran- giuoli e da'di cui archi pendevano festoni
dissima letizia, a una regata di /isolare, e stendardi chermisini e di oro, passa visi
Durando cpiesta lolla, i paliscalmi delle nella stanza ile'saili, che aveva il cielo di
delleai ti andavano inlanloa manca oia- panni scarlatti, frasla^iiali con altri "ial-
no volgendo le prore verso la piazza in li a fioii e a fijgiie. La stanza de' calzo-
guisa, che mossosi per ultimo il Bucinto- lari addobbata eradi damaschi; un velo
ro, in cui slava sopra il ducal seggio la <ii IjioccmIo operato Nteudevasi in quella
principessa Zilla, veniva esso a chiudere <le' oiciciii, ove fumavano incensi ; linai-
la lietissima schiera delle variate barche, mente i pellicciai, i calderai, i filegiiami,
Giunta questa innanzi all'arco de'macel- i fiibbri, i muraturi, gli scalpellini, i ve-
lai, dove slavano in ordinanza da lOO trai, i lavoraldri di cuoio, i fornai, gli ar-
alabardleii tedeschi, incominciavano, fra mamoliei pittori si trovavano sparsi ili
il trarre dell'artiglierie e il suono delle allie stanze, parale con ricche tappezze-
liomlie e de* tamburi, a distendersi per rie e con diversi altri adornamenli. Fi-
la piazza, eh' era tutta co[)erla di panni uila d,dl<i dogaressa la visita a tutte le
biimchi, gli artieri |.>receduti da stendar- congregJizioiu delle arti, riducevasi nella
di spiegali e da maz/ieri. " Andavanoco- sala della del ìMaggior Consiglio, nella
loro accoppiati, vestili di velluto, dì da- quale ponevasi a sedere sopì a il trono du-
tnasco e di raso : li seguivano gli scudie- Ciile, standole a destra uno stuolo di ma-
ri e i comandatori del [irincipe; poscia Irone, e a manca i consiglieri ducali con
23"" giovani gentildonne parimenti appa- alili distinti personaggi : il rimanente dcl-
iule, vestile chi di raso, chi di labi e clii di la vastissima sala iiigojubio era di gio-
3G2, V li JN' V E N
vani «Idiiie, di gentiluomini e di niasche- co li, e mostiauJo ei^uali disposizioni A
re. Venula la notte, ponevansi in iscliieia figlio Filippo li, a' 3 felibraiu i5j6 se-
36o uomini de'principali delle arti, poi'- gnjva'^i la tregua; ma Paolo IV per le
landò ciascuno un gran piallo d'argento precedenti couvenzioui con Francia, pe'
traboccante di confezioni: ed accese i oo mutivi ripetulamenle narrali altrove nel
lorcie, tenute da allrettanli giovani ve- propugnare colla storia il virtuoso e ca-
sliti di seta, uscivano i detti uomini in liinni ilo gran l'onledce, per le trame de-
piazza, preceduti da' mazzieri loro, e ac- g'i ambiscialori imperiale e spagnuolo,
compaguati da aSgentiluomini vestiti di venuto in rottura colla Spagna, cacciò
\ellulo nero, a far mostra al popolo delle dallo slato papale i Colonuesi per le loro
confezioni, nelle quali stava l.i colezione diverse nbellioni, equali capiparle della
die il doge, per antica usanza, dar dove.i fizione spaguuola, e ne conficcò i beni,
in quell'occasione alle congregazioni del- conlereudo il feudo di Patia/io al suoni-
le arti. Intanto nel cortile del palazzo uà [>ote, (piindi fu spinto alla guerra con su a
fuocoarlificialointerleuevapiacevoimcn- ripugnanza, collegandosi con Francia eli
lelamoltitii<line,e laulamentedalla prin duca di Ferrara. Di tutto il Papa facen -
cipessa e dalla sua corte ceuavasi nell'ai- done consapevole la signoria, per l'ora-
tra sala, cliiamata del Preguli. Poi le lore Cernarda Navagero, volendo proce-
danzeincominc!avano,econ queste, e con dere co' pie di piombo, a imitazione del
corse di tori, e con regate novelle, con governo veneto, come si deve fare nelle
tinuavasi il sollazzo per due altri giorni, cose di stato, cercandone però l'unione,
dopo i quali recatosi il doge a ringrazia- tome quello cUe per la tanta parie che pos-
le le congregazioni delle arti, ritorna vano sedeva d'Italia un dito suo solo fjrebbe
ipielle riiialinente a' loroquutieri". Non andar giù la bilancia dal lato die sì po-
lasciatrinteie->>>are l'eguale racconto (atto tiesse, non -^enza promesse di terre in Pu-
dal Casoni, ma breve e non del tulio e- glia e f Jise pure la Sicilia ; il regno di Na-
hdtlo. A liint.i giocondità subentrò ben lo- poli e il ducalo di Milano dovendosi dare
j-lo, oltre i rumori di guerre che poi dirò, a'duo figli minori d'Enrico II. La repub-
lutlo e mestizia; poiché la bella Venezia blica volle conservarsi in pace e neutrale,
circa il i558 venne afflitta di peste, fli- dubitando che Paolo IV potesse riuscire
gello chea cpie' tempi, causa leconlinue a liberar 1' Italia dall' eccessiva domina -
it inevitabili corrispondenze co' paesi o- zione sp.ignuola, come erasi proposto. I
lienlali, facilmente riproducevasi in essa; veiiezi misi limitarono a buoni ullizi, non
ma cpiesta volta poche ne furono le vitti- volendo avvilupparsi in nuove brighe
ine, che essendo malattie contagiose pe- guerre>che, ad onta de'dissapori che cor-
lecchiali, il zelo e l'atti vita del provvedi- levauo da più anni cou Carlo V e Ferdi-
lore Paolo da Mosto valsero, quasi argi- nando I, a causa degli uscocchi,lribùd'o-
ne, ad impedire la maggior propagazione rigine slava sparsa nell' Illiria, Croazia e
del morbo. Se non che quello non dile- Dahnazia, fimosa per le piraterie nell'A-
guavasicheper dar luogoalla fame,soIita driatico, sebbene cattolica ; nuova specie
conseguenza della i ." jiltura, e colpa il di pirati che sotto pretesto di molestare i
terrore che allontanava gli abitatori della turchi e gli ebrei, uscendo da recessi ino-
TeiraCerina da ogni pratica colla città, spili e da'piccoli porli dell'Istria, ma spe-
Yennero tosto aperti i tesori dello slato e cialmenle da Glissa considerata autica-
la popolazione ebbe ampio soccorso. — mente ioespugnabile,doude discacciali da
Prima che Carlo V avesse compito il da- turchi verso ili54o ripararono a Segna,
moroso ittto della rinunzia, avea tentato clie divenne loro formidabile piazza d ar-
d'avviare i preliminari di pace cou Emi- mi e nido ordiuario; davano non poca
V EN
molestia al governo veneto e spesso cor-
jevano a spogliarlo altresì di qiKilclie
terra, attirandogli perfino addosso il pe-
ricolo delle armi de' turchi, i quali con
esso si lagnavano delle molestie di quel-
le correrie, dicendo che alla repubbli-
ca in virtù del preteso dominio del gol-
fo spettava di tenerlo netto da' pirati.
Si legge nella biografia del dotto prelato
Minucci Minuccio di Serravalle nel Tre-
vigiano, segretario di Clemente Vili e
arcivescovo di Zara, ch'egli fu impiega-
to in tutte le negoziazioni relative agli
uscocchi, onde ne scrisse la Storia degli
iiscocchi con i progressi di quella geii'
le sino all'anno 1602. La continuò fr.
Paolo Sarpi fino al 16 16 e la fece stam-
pare in Venezia neliGiy. " Gli uscoc-
chi, COSI nominati dall' italiano scocco
(transfuga), erano fuoruscili di Dalma-
zia, i quali non vivevano che del prò
dotto delle loro piraterie e de' loro la-
dronecci. Approfittarono della mala in-
telligenza che esisteva tra 1' Austria ed
i veneziani, per fortificarsi, e desolaro-
no per lungo tempo i sudditi delle due
potenze, di cui una sola avrebbe bastalo
per distruggerli in alcuni giorni". Laon-
de fino dal 1 54B avea d senato fatto
querele e raccouiandato a Carlo V per-
chè f|ue'ladroni fossero tenuti in freno, né
fosse loro dato ricetto in Segna, Fiume,
I3uccari e altri luoghi di giurisdizione im-
periale, e anche (ulto iuteiidere, seconli-
nuassero i disordini, d'esser costretto a
provvedervi. Si dice ch'erano pagali con
soldo da' sovrani territoriali per valerse-
ne a difesa delle frontiere, e perciò poco
curavano di reprimere i ladronecci che
commellevano. Con questi infesti nemici
'il unì anche il famoso corsaro Draiiul al-
lievo di Barbarossa. Inutilmente quindi
[)assarono 7 anni, e le medesime lagnan-
ze e le medesime preghiere si rinnovaro-
no nel marzo 1.555. Ferdinando I pro-
metteva melfere riparo, chiamava il ca-
pitano di Segua a giustificarci, nomina-
va commissioni, oiiuacciuva, ma in fuu-
V E K ùb'S
<lo uitlla facevasi o nulla giovava; anzi
dalla longanimità veneziana, incapace or-
mai di prender pronta e vigorosa risolu-
zione, degna de' bei tempi della repub-
blica, fatti arditi anche altri, vedevansi
talvolta e cavalieri di iMalta e corsari ot-
tomani e perfino papali, assalire e pren-
der legni di Venezia con danno inestima-
bile del commercio. Non si deve Licere
che anco i veneziani dal canto loro sa-
pevano ricattarsene, e spesse volte a for-
za di maneggi diplomatici ottenevano sod-
disfazione dalle varie corti, ma intanto
venivano a scemare i lucri e la sictwezza,
e i capitali sempre più si ritiravano dal
traffico per impiegarsi nell' acquisto di
beni fondi, di profitto men largo ma più
sicuro, cOsì allontanandosi Venezia sem-
pre maggiormente dalla primitiva natu-
ra sua, dal mare a cui doveva tutta la
passata grandezza, che le avea agevola-
to l'acquisto de'dominii che possedeva,
onde poi ne provò i pregiudizievoli e
funesti effetti. Frattanto il feroce Fer-
dinando Alvarez di Toledo duca d'Al-
ba, già governatore di Milano, allora
viceré di Napoli, indispi^tlito per le for-
mali proteste falle dal Papa Paolo IV in
concistoro per macchinare esso con altri
ministri spagnuoli contro lo slato papa-
le, a' 5 sellembre ne coniinciò l'invasio-
ne e die principio alla funesta guerra del-
la Campagna romana, ossia delle proviij-
cie di Fiosinonct ih /elicili (f^.), men-
te il Papa do[)0 essere stato provocalo
dal re di Francia a'iigori e alla guerra,
si trovava da lui abbandonato, per la sud-
detta tregua conclusa alla sua insaputa.
L'ingrato duca di Parma feudatario del-
la s. Sade, con gettarsi nel parlilo spa-
glinolo,giunse a ricuperare Piacenza. Pao-
lo IV tultavolta potè in seguito ottenere
un aiuto, cotulotlo dal cardinal Carafa
legalo inviato in l''rancia,ed un esercito
comandato dal duca di Guisa. A tale av*
venimento tutta Italia fu in moto, sì ri-
destarono le solitesimpatie francesi. Vo-
gliono alcuni, che se il duca, seguendo i
3G4 V E N
sugi^eiimenli di altri e cleirarle railifare,
jìiulloslocliè quelli del proprio interesse
e del Papa, avesse colpito a dirittura ii
Milanese, il successo snrel)l)e stalo sicuro
e pieno; ma invece egli volle dirigersi su
IN'apoli, e trnfteiuito lungo tempo all'as-
sedio di Civilella, introdottesi le malat-
tie nel suo esercito, nidia fece d'impor-
tante, e fiiù coll'essere richiamato da En-
rico II. lm|)eroccliè la sua spedizione a-
vendo rotta la tiegna, un esercito spa-
gnnolo comandato dal duca di Savoia
eni IO nelle terre francesi,e riportò la stre-
pitosa vittoria di s. Qiifiiliii ^' io !\^fM\o
I 5 Ji7 ; ma dipoi l'arrivo del duca di Gui-
sa fece cambiar d'aspetto lecosei ma egli
non abbandonò il h'apa finché non Ti as-
sicurata la di Ini pace cogli sp igniioli, e
solo parli da RornaS giorni tlopo la sua
conclusione). Temendo i veneziani che il
J^apa consegnasse le fortezze a'francesi e
iiigidositi de'progressi degli spagnuoli(.in-
'/i furono da l^aolo IV invitali a farsi me-
diatori), ed essendo a cuore di Cosimo l
il sospirato acrpiisto di Siena, s'interpo-
sero con successo per pacificare il duca
d' Alba col Papa, essendo allora amba-
sciatore ordinario in Roma Luigi Mo-
cenigo ; ed in Cave si concluse la pace
a' 1.4 settembre con buoni palli, e con
{•Ilo <li soojinissione che il duca d'Alba
gli fece in Roma nel concistoro, in no-
lue del re suo signore. Q'ii io solo debbo
iiggiungere, a qiioredella repubblici, che
SI convenne dalie [)arti ne'capitob segre-
ti : Che se intorno alle ricompense na-
scessero dillicollà, si dovessero riiuellere
alla repubblica di Venezia, al cui giudi-
zio le parti si rimettevano. Dell'accordo
fu benemerito il segretario della niedesi-
ma Marc' Antonio l^iauceschi. Egual-
mente^, e alle persuasioni in ispecialilà <le'
veneziani, si pacilicaioiio aChateau Cam-
bresis Filippo 11, Enrico 11 e il duci di
Savoia Emanuele Filiberto il ^ aprile
1559. Per tale trattalo fu stabilito un
doppio matrimonio tra Filippo il con E-
lisibetta di Francia figlia d'Enrico il, e
VEiN
fra Emanuele Filiberto con Margherita
di Francia sorella del re. Il duca d'Alba
che avea rappresentato nel congresso di
pace il re di Spagna, fu da rpiesti incari-
calo a sposare in suo nome Elisabetta a'
3o giugno, cioè la figlia del figlio dell'e-
Dudo e rivale di suo padre, il quale al-
l' illustre suo avversario aveva dato io
moglie la propria sorella! Cosi finiro-
no le guerre d' Italia dopo oltre 60 anni
di combattimenti, per altro interrotti : la
Francia si ritirava spontaneamente da
questo campo di battaglia tutto sparso
dell'ossa de'suoi più valorosi figli, e l'ab-
bandonavaalla Spagna, vittoriosa perla
diplomazia [liìicheper la spada. come os-
serva il prof Romanin. Questi che ripor-
ta molle di'lle tanto im[)ortantie così fa-
mose relazioni degli ambasciatori veneti
alla repubblica, riprodusse quella di Gio-
vanni Michiel oratore in Francia. In es-
sa è detto, che il duca d'Alba rappre-
sentante di Filippo II, benché avesse li-
cei>za di dare alla sua «posa Elisabetta il
i.° bacio dello sposalizio, non volle pe-
rò farlo per onestà e lo riservò al suo re.
« La sera poi il duca d' Alva volle con-
sumare il matrimonio colla sposa del re
Filippo li per nome del suo re, e fu fatto
in questo modo. Andò la regina Elisa-
betta nel Ietto, e dopo lei entrò il re En-
rico Il suo padre con molte torcie acce-
se in compagnia del duca d'Ai va, el qual
duca havendo uno de'piedi scalzatoe nu-
do, levata dall' un canto la coperta del
letto della regina e postovi sotto il piede,
lo spinse tanto innanzi che toccò la carne
nuda della regina, ed in questo modo in
nome del suo re Filippo II s'intese aver
consumato il matrimonio per via di terza
persona, il che nons'eia più inteso per in-
nanzi da alcuno". Poco dopo a' [ 0 luglio
ì^^() morì il re di l^rancia e gli successe
il Delfino Francesco II, ed a' i8 del se-
guente finì di viverel'imperturbabile/'^o-
lo [V, gloria de'chierici regolari Teatini
(J'^-). Non si può negare che fu severo, e
per lcu\pci'ainculu alquanto inipeluosU;
V E N
cui lo spingevano lo zoloper la j^iusliziii,
e la tlilesa della religione e cleVlinlli del-
la s. Sede. 1 polenli suoi nemici e gli slo-
lìci parziali lo denigrai ono; molli ollri
però lo dileseio e ne celebrarono le mol-
le virtù. Fra gì' imparziali può leggersi
la Sloriadi Paolo If, di Carlo Broinalo
ossia 1j;u loloint'o Carrara, (juindi si co-
uoscerà quanto fu mal giudicalo, e con
quanla ragione un s. Pio / lo glorificò.
Si legge nel n. 1 3 i del Giornalf di Ro-
ma dei i856: Nell'accademia d'Arcadia
il piof. Paolo Mazio recilò un erudito ed
elegante ragionamento, nel quale ."unfu-
lando in alcune parli la relazione di Ber-
nardo Navagero inlorno al pontificalo di
Faolu IV, espose alcuneavverlenze e me-
morie relative all'istoria di (pieli'illustre
Pontefice. Le rdazioni degli ambasciato-
ri non sempre furono esatte: uomini,
soggiacquero anch' essi alle passioucelle
della fiatile umanità. In mezzo a tan-
te confusioni d'Europa non quietavano
i turcbi, e l'Ungberia continuava ad es-
ser can)po alle loro armi. Alla notizia de'
loro grandi apparecchi marittimi si al-
larmava anche la repubblica, e furono i
primi sinlumi di guerra che poi scoppiò.
Il che si conobbe, quando il senato per
avere mandato a provvedere anzi lut-
to Cipro, come isola la piìi esposta, e al-
la quale ben sapeva da lungo tempo a-
vcr i turchi vollo l'avido occhio, il [);)-
scià Lllu veiiire a se il bailo di Cosl;in-
linopoli Antonio Daibaiigo, con alteri-
gia così gii parlò: » Non sai Ui bene che
quando i! mio signore vorrà far l'impre-
sa di Cipro, li tuoi signori non la potran-
no difendere, peiclic ad uu tratto man-
derà dalla Caiainania vicina a (|uel re-
gno tante genti come le stelle incielo, che
ad u» trailo lo deprederanno tutto, e se
li tuoi signori lo volessero difendere cuu
un'armata di 1 00,1 5o ov\ero 200 galee,
noi andei emo colla medesima armala et
pigliciemo Cataio, Zara, e anderemo fi-
no a \ enezia". Cercò il bailo di c|uielare
il pascià, e lu flotta linea lusciaudualaie
V E iN 36^;
per allora la repubblica, si cunlenlò a tia-
re il guasto alle coste di iV.ipoli. Ma le
llutle veneziane e turche continuamente
scorrendo i mari era impossibile evitas-
sero sempre scontri, e poco mancò non
si venisse ad apeila guerra, se la repub-
blica non scendeva a palli ilegradanti.
INel giorno precedente alla nioi le di l'ao-
lo IV seguì rpieila deldoge Lorenzo Priu-
li, cioè a'iy agoslo 1 559 di 7^ a»'»') lo-
dato per saviezza, buona e onesta vila, di
lodevoli cosluuii, perciòcon generale ili-
spiacere Ui \ enezia. lasciando di se buon
nome di reilitudine e ili sapere. Fu lo-
dalo da Leonardo Giustiniani, e venne
sepolto in s. Domenico di Castello, ma la
memoria di lui è nel tempiudis. Salva-
tore, nul magnifico monumento architet-
talo da Cesare Fianco e posto dirmi pel-
lo a quello del predecessore Veiiier, eret-
to a lui e al (iatello e successore Girola-
mo; veramente nobilissimo, ornalo di
colonne di paragone, con basi e capitelli
di bronzo. iNel dogado di Lorenzo ebbe
compimento la chiesa dis. Geminiano, ra-
ro edifixio laiilo celebralo da'nazioiudi e
dagli stranieri per lasem[)liciùu'.eila pian-
ta, armonia del complesso, gentilezza di
forme. In esso il Sansovino studiò e voi-
le superare se stesso, preparandosi con
quell'ultimo suo lavoro, a guisa di feni-
ce, la pira e la tomba, sebbene poicjue-
sla fu trasferita iieiroratorio del semina-
rio patriarcale, dopo il deplor.ibile atter-
ramento del tempio vero gioiello il arehi-
lellura. — Girolamo Priuli L.WXIH
doge. Fratello del precedente, tutti co-
loro che scrissero sui fatti de' veneziani,
diedero a conoscere la ragionevole sor-
presa, per (pianto tornai adire parl.mdo
(.le'snccessivi dogadi 7 3." e 74.° ile'Iratel-
li Marco e Agostino Barbango, in vedere
ora nuovamente un fratello succt^dere al-
l' altio nella suprema dignità dello slato.
Convien ci edere che l'esimie prerogati-
ve di Girolamo Pi iuli, procuratore di s.
Marco, abbiano fatto tacere questa volta
la [luliUca de'padri, se sorpassando ii sng-
3GG V E N YEN
gerimenli della iiazioriiite clrcosprvionc, Cardinalìzi. 5, p. 33, narra (ìeirAoiii-
la fjiiale per massima sistematica vietava lio. Già ambasciatorea Carlo V e l'Mipi^io
di II oppo esaltare e favorire la grandezza II, tosto si acquistò tale concetto nell' a-
deiie famiglie, lo elessero doge \\ i.° set- nimo di Pio IV per la sua virtù, dottrina
tend)re »5j(). Dice il suo biografo Ca- e sperienza ne' pubblici alF.iri, che nulla
soni: Pace ancor stendeva il verde suo sapeva egli pensare o risolvere senza l'o-
manto a felicitare questa eletta terra, in racolo dell' Araulio; onde volendo in o-
cui ogni giorno novelli oggetti sorgeva- gni maoìera il di lui raro e distinto me-
no ad elevar la mente agli alti concepì- rito compensare, essendo vacalo ilvesco-
luenli, ed a disporre il cuore de' citta- vato di Verona a'i6 luglio del prece-
dini al tocco e all'impressioni del gran- dente i ^^9, per morte d'Agostino Lip-
de. Tanto era il prosperar delle sciejize, pomano, destinò di promuoverlo a tale
il lussureggiare delle arti, in quella privi- chiesa; però l'Amulio ricusò accettare,
legia?astagione,tiuiIoringigantir degl'in- perchè vietatogli dalle leggi della repuU-
gegni, che le produzioni delle une ed i blica. Nondimeno il Papa per mezzodel
portenti degli altri tuttora servono di e- suo nunzio pontincio residente in Yene-
semplari e modelli in ogni classe dell'u- zia_, con sue lettere 1' incaricò di signifi-
mano sapere. Ovunquein Venezia aveano cario alia repubblica, aggiungendo tutta-
il loro compimento le beneavanzate fab- \ia, che nulla avrebbe operato in ciò sen-
briche; anche la scala maggiore del du- za l'assenso della signoria. Invece questa
cale palazzo, l'ara opera condotta al fini- sempre gelosa del mantenimento di sue
le del secolo XV, acquistò nome di Sca- leggi, talmente si olTese, che incontanente
/a (Ic'd'gaiid pe i\ue marmorei colossi richiamò l'Amulio e nel i56ogli sosli-
rappresentanti Marte e Nettuno, in que- {in Girolamo vSoranzo. Olfeso il Papa di
.sto dog.ido ivi collocati. La Sede aposto- questo modo di procedere della repubbli-
lica vacante terminò a 7 ore di notte de' ca, scrisse di proprio pugno una lettera al-
26 dicembre iSSg coli' elezione di Pio la signoria, dove giurava,che l'Amulio era
IV, che subito volle punire gli oltraggi alFutto ignaro della da lui presa risolu-
fatti alla statua di Paolo If-^ (F.) con zione,oude non avea in verun modocou-
riparazione municipale e pubblica tutto- Iravvenuto allekggi della patria; che pe-
ra in vigore; ed insieme i di lui nipoti rò faceva intendere alla repubblica, che
«.he ne aveano abusato, prima che fosse- si guardasse di punire un innocente, e
ro da lui cacciati, venendo strangolato il lo restituisse quanto prima al suo mini-
cardinal Carlo Carafa e decapitato il fra- stero. Ottenne il Papa quanto richiese
lello Giovanni duca di Paliano, oltre al- dal senato, il quale non solo restituì l'A-
tri; ma poi s. Pio V avendo fatto rive- inulio all'intralasciato ufficio, raa oltre a
dcre d processo, riconosciutasi ingiusta ciò di 5oo scudi d'oro gli fece grazioso
lai sentenza, fece mozzare la testa al Go- dono. Stimo opportuno di riportare la
rematore di Roma [V.) Pallantieri per lettera di scusa scritta dalla repubblica
avere ingannato Pio IV. A questo Papali al Papa sul richiamo da Pioma dell'am-
dogeGirolarao Priuli inviòsubitoa Pioma sciatore, che ricavo dal Parini, Istruzio-
per ambasciatore il patrizio veneto Mar- ni per la Segreteria, t. t, p. 3o2. « E'
e \nlomo A ni ni io, Aniulius oDa Mula, così grande il desiderio, che abbiamo di
Dissi poche parole alla sua biografia per soddisfare in ogni nostra azione la Cea-
qui narrare i gravi casi a lui avvenuli,era- litudine Vostra, che se per qualche ac-
ccrbo dissapore insorto nel principio del cideute alcuna volta avviene il contrario
pontificato di Pio IV colla repubblica, ne sentiamo quel dolore, che maggior
Il Cardtlla nelle Memorie sloriche de' non potremmo sealire per qualsivoglia
V E N
cosa avversa, (ìic n'occoi rtsse ; onde l'a-
ver udito dalle lellere della Sontilìi Vo-
stra, da quelle deirUliislrissimo Cono-
tueo (s. Carlo nipote del l'epa e segre-
tario di slato), e dal segretario nostro
il risentÌD)enlo ch'Ella ha preso, per la
deliberazione nostro di richiamare i'ain-
bascialore, ne ha dato, e ne dà grande
raniiiiorico e dispiacere, il quale ancoia
saria maggiore, se non fosse temperato
dal scgnalatissimo favore, ch'Ella uè ha
fatto, con degnarsi di scrivere con quella
santissima mano, che Iia la virtù ed au-
torità d'aprire e serrare le porle de'Cie-
li, del che ne rendiamo immense grazie,
le (juali sue lettere sono state da noi ri-
cevute con quella riverenza, che si con-
vieue ricevere le lettere del Vicario di
Cristo : e sebbene la revocazione del-
l'ambasciatore non è stata fatta per of-
fendere iu niun minimo punto la dignità
della Santità Vostra, la quale n' è tan-
to a cuore quanto la propria nostra ; ne
anche per disonorare,ovvero punire l'am-
basciatore, ma solamente per continua-
re noi in quella forma di governo, die
u* è stata lasciala da' nostri maggiori,
con la quale hanno tanti anni conservato
questa repubblica, così per servizio di co-
desta santa Sede, e delli Sommi Pontefici,
come per beneficio nostro; niente di man-
co per compiacerla in tutto quello, che
possiamo, abbiamo deliberato, che l'am-
basciatore presente non essendo ancor
partito di Roma, non parla altramente,
e s'è pallilo, che ritorni in quella città,
per continuare a servite la Beati Indine
Vostra per uostio ambasciatore, accioc-
ché ad ognuno sia nota l'osservanza e
divozione nostra verso Lei, la quale è la
maggioie che 0)ai sia stata portala da*
nostri Progenitori adalcun allio suoSan-
lis&irao Precessore. Ne resta pregare il
Signore Dio, per la lunga e felice conser-
viizionedi Vostra Beatitudine. Di Vene-
zia iilli 3 ottobre i56o". Noterò, che il
eh. Keumonl all'anno i56o registra am-
basciatori ìd EoDoa: oidinario, il dello
V E N 3r.7
Sorarizo; straordinario Melchior Michiel,
e lo trae dalle loro/i('/rt:/o//j. Quindi a'iS
genntio i56i fu provveduta la vacante
sede di Verona con fi'. Girolnmo Trevi-
san. Ma a'26 del seguente febbraio, fuo-
ri d'ogni pensiero dell'Amulio, anzi con-
tro la sua volontà. Pio IV lo pubblicò
cardinale diacono e poi prete di s. Mar-
cello. Questa promozione dell' Amulio
non incontrò \\ gradimento della repub-
blica, la quale ordinò a'congiunti ed a-
mici del medesimo , che non dovessero
dare alcun segno di pubblica allegiezzn;
e finché visse 1' Amulio , non volle mai
più riconciliarsi con esso lui, né colla sua
gente, quantunque 1" Amulio non avesse
in conto alcuno contravvenuto alle leg-
gi della repubblica, non avendo né pro-
curata, né ambila la dignità cardinalizia,
ma ricevutala con estrema ripugnanza,
e unicamente per non contraddire ad un
espresso comando, che gliene fece il Pon-
tefice (Che la repubblica d'altronde bra-
mava' d'aver cardinali nazionali, lo rile-
vo dal cardinal Pallavicino, istoria del
Concilio (li Trento, \. 3, lib. i3, cap. i,
n. 5. Imperocché travaglialo nel i5ji
Giulio 111 dalle petizioni di Carlo V per
la creazione di 8 cardinali, per contrap-
porli al numero de'francesi, rispose il Pa-
pa che non poteva farnese non due per
diverse ragioni, die sintili domande a
veano avanzale Feidinando I,e la re[iul)-
blica di Venezia, che avea richiesto nel-
la dislribuzione delle porpore ne fosseor-
nato alcun de'suoi lìgi')- Quello peluche
per uno scrupolo immuginario non fece
il senato veneto, dice il Cardella, lo fece
tutto il mondo, il quale con estremo con-
lento e gioia intlicibde applaudì alla pro-
mozione di un tanto uomo, che oltre il
vescovato di Ridi (ove lo celebrai per ft-
vere pel 1 .° allualo il decrelo Tridentino
nell'erezione del Si minario, cioè nel tem-
po che trascorse tra il decretalo Semi-
nario lìomano e la sua apertura) , Pio
IV gli conferì la carica di BilHolicano
di s. Chitmj di più fu scelto co'cardina-
368 V E N V E N
Jì Morelli e Farnese, ed altri, a fare gli nunzio pontiricio(oon peiòGio. Francesco
a|)j)areccliiainenli control turchi, eprov- Coiiunentloue nobile veneto, poi ampiis-
veilei e che l'urtiiala navale di questi non simo cardinale, mandato a Venezia tla
potesse danneggiale le spiaggie pontili- l'anlo IV nel i 55G; aia siccome Pio IV nel
eie; oltre altre molle gravissime e onore- i58i l'inviò nunzio all'imperatore, pro-
voli incombenze (fra le quali ad coer- babilmeule già eragli successo il nunzio
ceiidas Tyhcris^uìundadones cuin aliis Pier Francesco Ferrcri, giacché notai
Cardiiiaidìus , come leggo nel Quirini, nella sua biogialla, che Pio IV io creò
Tiara et Purpura f dieta). Insieme col cardinale a'aGfebbraio 1 56 1, mentre era
cardinal Gliislieii, poi s. Pio V, fu de- nunzio di Venezia e vescovo di Ve.rccUì,
potalo a ricevere la proR-ssione di itn\e A questi pare succedesse il nunzio Ippo-
di Abdisìi patriarca de' caldei neiriiulie litoCapilupimanlovaiio,uno de'piìi dotti
orientali, portatosi a Fkoma per venerare poeti latini eletteralo:due anniesercitò la
i fJ/ììiita y4posloloiuiii , veniìeie ubbi- uunziatura,benclièfosse vescovodi Fano,
dienza al Papa e ricevere il pallio. In lem- con soddisfazione non meno della s. Sede
pò delia sua dimora gli rese buonissimi clie della repubblica, ed a lui si devono
uOJzi, e nella sua partenza si adoprò col attribuire i suddetti ulllzi; dipoi fualcoiì-
Papa anìnchè partisse carico di splendidi cilio di Trento, nel iSGy rinunziò il ve-
e preziosi donativi. D'ordine di l'io IV, scovato, e ritiratosi in lloina ivi morì nel
col cardinal Moroni e col cardinal Capi- i5Ho), pe rcliè la signoria si riconcilias>e
zucclii, scrisse la bolla contro i nunzi a- col Da IMula , protestando di sua inno-
postolici che estorcevano lettere conimeli- cenza, rispose il doge. Che l'operato con-
datizie da'piiiieipi per essere promossi ai tro il cardinale Da Mula era « per l'os-
cardinalato. E s. Pio V co'cardin^i Si- servanza delle leggi et ordini nostri e pei*
nionetta e Vitellozzi gli aiììdò la sopriu- non mettere confusione nei nostro gu-
tendenza dell'agricoltura di Roma. Per verno, e il fare altro sarebbe dilFicile au-
la nobiltà veneta fondò in Padova il col- zi impossibile perchè siamo in repubbli-
legio del suo nome, e lasciò a Luigi Ma- ca e dovemo conservar le leggi et ordini
lipiero la sua scella biblioteca di scritto- noslii'Mnoltre PiolV nellaslessa promo-
li greci, latini e italiani, e l'afferma A- zione di Auiulio creò cardinale il piìi voi-
gostino Superbi, Trionfo glorioso degli te celebrato Bernardo Navagero, ch'era
Eroi di fenezia. Il prof. R.omanin rac- restato vedovo, la cui facondia ne' con-
conta Io scalpore prodotto in Venezia cistori e nelle congregazioni destava me-
quando il Da Mula o Amulio fu destina- raviglia. E dipoi annoverò pure al sagro
to al vescovato di Verona, per la severa collegio! patrizi veneti Luigi Pisani, Zac-
proibizione agli auibascialoti di riceve- caria Delfino e Gianfiancesco Commen-
re dono o grado da'principi, e che per- done. Sotto questo dogado non fu altera-
nieltendo tale destinazione sarebbe stato lo il sistema di pace, ormai adottato dal-
funesto esempio che avrebbe rallentata la repubblica, solo premurosa di mante-
la briglia alle ambizioni, per cui inviò a nersi in buon accordo con luUi gli stati;
Pioma il segretario Giovanni Formenti. mentre in Francia già erano cominciate
Cheallre dispiacenze insorsero nella prò- le lunghe e infelici guerre di religione
mozione al cardinalato, proibendosi qua- contro l'eresia armata e furibonda degli
lunque dimostrazione di gioia, fino a vie- Ugo/iolli, che profondamente agitarono
lare a'parenti di vestire per questo fatto e posero a soqquadro il regno coi ferro,
la toga purpurea di seta, delta ducale y col fuoco, massime le chiese, e con ogni
come solevasi, nelle occasioni di solennità, piìi inaudita crudeltà, aprendo i sepolcri
E che agli uffizi fatti uell'agosloi 56 1 dal e gettando le ceneri ul vento, inclusiva»
V liN
metile a quelle tIe'Sauli e de'Papi. Di ciò
alcuni storici non si curano parlare, ben-
sì delle punizioni e repressioni governali-
ve, e dell'operalo da'callolici, che certa-
mente non andarono esenti da crudeltà e
stragi; ma tion si deve gettare tutta Todio-
sità su di loro, clie sostenevano la purità
della fede e repiimevano i sanguinosi ec-
cessi dell'in tollera n tofana lisa>o protesta n-
tejQ preservazione del regno cristianissimo
da tanti pestiferi errori, non disgiunti da
ambizioni di potere colorite sotto il oian-
to delle libertà religiose. Altro riniedio
cercava Pio IV contro la diffusione uiise-
randa dell'eresia, adoperandosi col mag-
gior fervore al compimento del concilio
di Trento, promulgandone la riapertu-
>a a'2 I novembre i56o, che però si ef-
fettuò in Trento a' 18 gennaio i 562. A
ciò venne eccitato il Papa anche dall'im-
peratore Ferdinando 1; e con soddisf.i-
zione della repubblica, come ne scrisse
all'ambasciatore in Roiiia fin da'2 mar-
zo i56o, lodando Pio IV che volgeva l'a-
nimo alla santa opera di levare col mez-
zo del concilio le tante confusioni e i di-
sturbi ch'erano in molte parti della cri-
stianità per causa di religione, ma av-
vertendolo che se gli fosse fallo ceano
del disegno di riaprirsi, in vece cheaTren-
to, a Vicenza o altra città dello stato ve-
neto, cercasse destramente di distoglierne
Sua Santità, sicconje cosa che potrebbe
destare sospetti al turco , che la repub-
blica sotto pretesto di religione altro mac-
chinasse, derivandone quindi perir.olo al
gran numero di sudditi veneziani, i qua-
li per oggetto di commercio nelle terre
turche si trovavano , e allo stato in ge-
nerale che con quelle per sì lungo trat-
to di terra e di mare confinava , come
inculcava T 8 giugno. Riapertosi il con-
cilio, la repubblica nell'aprile vi nomi-
nò suoi ambasciatori Nicolò da Ponte e
Matteo Dandolo. Ma fin dal principio in-
sorse disputa coll'ambasciatore di Alber-
to duca ed elettore di Baviera per la pre-
cedenza che il da Poule voile fermamente
VOL. XCll,
V E N 369
sostenere per la repubblica come più
grande per territorio e più meritevole per
tanti beucfiì^i recati alla cristianità. 11 Pa-
pa ricorse a'27 maggioi 562 all'interpo-
sizione di Ferdinando I, acciocché ricor-
dasse al duca suo genero, che la repub-
blica di Venezia era veramente Pie, ed a-
vea possesso che i suoi oratori ottenesse-
ro luogo immediato dopo quello degli al-
tri re. L'imperatore si limitò ad uffizi
generali, nondimeno esortò il duca a una
cagionare disluiboal sinodo. Né ciò sen-
za frutto: l'oratore del duca ebbe in fine
comandamento di cedere a'venezianij ma
con protesta, che ciò faceva per non tur-
bare il concilio, e senza pregiudizio del
suo signore. E così fu accollo nella con-
gregazione a'27 8'"8'*^> ^ protestò, re-
cando in mezzo umili argomenti, pe'qua-
li il suo principe dovesse precedere la si-
gnoria di Venezia, come d'aver nella sua
famiglia la dignità elettorale, e d'esservi
stata ancor l'imperiale. Alla quale pro-
testa ne oppose altra il da Ponle, dicen-
do che quel superior luogo era onoranza
dovuta perpetuamente alla sua repubbli-
ca e non liberale condiscendenza a tem-
po. Ambe le proteste si registrarono ne-
gli alti; ma le differenze rimaselo piut-
tosto mutate che quietate, dice il Palla-
vicino. Delle sessioni, il senato non la-
sciava d'essere informato esattamente di
tutto quanto succedeva; ndopravasi a te-
ner fermo il Papa ne'pensieri di pace, al-
lontanando ogni occasione che potesse
dar motivo a'priucipi o a' popoli di ri-
prender le armi, a togliere i dispareri in-
sorti nel concilio , a sventare certi ma-
neggi per cambiar la forma dell' £'/(."::'0-
iic del Pontefice iiitrodolli da alcuni ol-
tramontani colla idea forse di levare il
Papato all' Italia ; ma insisteva in pari
tempo che le materie nel concilio fosse-
ro tratlale liberamente e vi si operasse
una buona e generale riforma per modo
di togliere occasione agli eretici di spar-
lare della s. Religionecallolica. Geloso in-
sieme il senato della conservazione de'di-
2 +
370 V E N
lini e ilellc gìurìsilÌ7.ìu(iì della repiilihli-
ca, scriveva a'stioi ainl)nsciatori ncH'ago*
slo « otlobiet 5G2. »> Noi velluta la ron-
tioentia sua (del capitolo 31) della co[)ia
die ne mamlaste nllin)anieiile. ritiovia-
nio indi verse cose esser fallo special pie-
giudilio all'aulorilà, giutisditione, privi-
legi el onliche cotisueltidini nostre, ci co-
noscenio pnilicolariiiente die l'assicuiar
i [lieti non esser in alcima causa soilopo-
sli al gitidicio de'Iaici, sarebbe un dar lo-
ro fonioiilo a mal operaie, un fiir nasce-
re incon venienti e scandali anco nelle co-
se di slato, et meller confusione nelli or-
dini della nostra repubblica con dimi-
nuir grandeincnle la nostra autorità". E
raccomandava loro di tutelare con lui-
la tfljcacia gP interessi della repubblica,
onde solo a <juesta condizione, avutane
parola dal l^apa.. !u accellato il concilio
di Trento, e scrivendone, allordiè fu fe-
liceoiente tcrniinalo, a'4 dicembre 1 5G3
colla sessione xxv sotto la presidenza di
4 cardinali legali compreso il l\avag(;ro,
lettere di congratulazione a l*io IV l'i i
tlicenibre, ordinò nello stato veneto a'22
luglio I 504 la pubblicazione della 'lolla
pontificia Bciudictus Deus, de' 26 del
precedente gennaio, fra le soleiinilà del-
la messa nella basilica di s. Marco, per
l'osservazione ed esecuzione de'ilecreli del
sagrosanlo concilio di Trento, e ne in-
giunse a'reltori l'intera ossei vanza. Dipoi
a'6 ottobre ne fu fatto formale decreto,
e Fio IV riconoscente allo zl'Io mostrato
dalla repubblica nt'l sostenere la santis-
sima autorità papale, e per la pronta ac-
cettazione e senza limitazione del conci-
lio stesso, come attesta Jacopo Diedo,
Storia della ìrpii1>hlicn di J eiuzia, l. 2,
lib. 5, p. it)6, con sue lettere dell'agoslo
1 564 1^ colmò di lodi pe'dislinti melili
verso la s. Sede , ne esallò la pielà , la
propose per esempio agli allri principi
(Iramie Sebastiano re di Porlogallo che
lu il I ."sovrano a sol loiuetlervivi) col bre-
ve de' 1 o giugno 1 . 564, col (juale le fece
dono del palaaeo apostolico eli s, Marco
YEN
in Roma per abitazione degli ambascia-
tori veneziani, il che conferma il docu-
mnilo Secreta de'26 agosto 1 504- Jaco-
po Soranzo fu ili." ambasciatore veneto
(he l'abitò: inviato al Papa nel i 'IGa, par-
ù da Pioma neli5G5, in cui gli successe
Paolo Tiepolo. Di questo [)alcizzo già ra-
gionai nel § X, n. 27, e ne'luoghi ivi ci-
tali aggiunsi che nel medesimo palazzQ
fu assegnata l'abitazione pel raidinal ti-
tolare deirannessa chiesa di s. Marco, e
pe'suoi fiimigliari, titolo che d'ordinario
si soleva conferire ad un cardinale ve-
neziano, e |)iù d'uno di essi ne fu bene-
nierilo e tnunifico di abbellimenti. Il Can-
cellieri ne' Possessi, p. 3 12. riferisce il
dono per essere stala la repubblica lai."
in Italia ad accettare il concilio, riservalo
però porzione di esso per uso del cardi-
nal titolare. Osserva il Casoni, chela re-
pubblica |>iima d'ogni altro accolse il
Tridentino, inc|uanlo [)eiòalle sole par-
ti dogmatica e disciplinare, non già in
ciò che toccava i diritti de'[>rincipi, de'
rpialiessa fu mai sempre gelosissima pro-
pugnatrice (che cosa dicesse il veneto Cle-
n>ente Xlli,suiraccetlazione del concilio,
lo riporto nel dogadoi 18."). Inoltre la lo-
da per l'energiche e costanti ripuUe ri-
pelularnente opposte a tener lontani gli
errori di Calvino. Quest'esemplare ac-
cettazione del sagrosanlo concilio, andò
seguita daiobusli provvedimenti riguar-
do alla slam[>a de' libri, che fu sottopo-
sta a più rigf)rosa censura. Pviprovevole
e condannata è la storia del concilio di
Trento (/ .) del famoso fr. Paolo Sarpi,
conoscinlo anco sotto il nome anagram-
matico di Pietro Soave Polano. Fu con-
trapposta daireccellenle e preziosa sto-
ria che scrisse il cardinal Sforza Pullavi-
c-ino. Pviferirò con rUghelli,//(7//t/ sacra,
l. 4. p- 812, che nel i564 Pio IV fece
nunzio di Venezia Guido /'errer/jUipole
del sunnominato e successore nel vesco-
vato di Vercelli, e cardinale a' 1 2 marzo
I 'iG5. — Tra veneziani e turchi non ave-
vano mai in questo frattempo posalo at-
V E iN
fallo le nrini, e sel>bene sussistesse anco-
ra la pace ilei i 54 Oj "*^" poche volle era
siala violata, e navi eli pirali turchi coi)
approvazione o disappi ovazione tiel go-
verno noi) cessavano ili nioleslare le ter-
re e i navigli de' veneziani. Dopo lanli
piccoli scontri, Venezia alfine volle im-
piegare le sue forze a conibatlere i pirali
a tutela delle persone, delle robe, del com-
mercio. Anlicamenlecoojinciò questo ge-
nere di guerra, che pur forma una del-
le glorie veneziane, col volgere le armi
contro i narentani, poi contro i saraceni,
più lardi contro i turchi e gli uscocchi;
infine negli ultimi suoi tempi la sostenne
contro i pirali tunisini. Una delle ultime
guerre contro i pirati fu illustrata da un
memorando fallo di eroismo militare e
di filiale tenerezza. Correva Mustafà ca-
pitano dellegalee turche il Mediterraneo,
e cogl' improvvisi sbarchi e colle prede
inquietava lulta Italia , penetrava nel-
rAdiiatico,spingeva il terrore nella Dal-
mazia nel 1062. Già il capitano del gol-
fo Antonio da Canale e il sopra-comito
Gio, Ballista Bembo aveano preso due
fusle di quel corsaro e resliluila la liber-
tà ad oltre 100 cristiani che vi si trova-
vano condannati al remo, quando altro
degno capitano della medesima famiglia,
Cristoforo da Canale, investendo a Capo
Maria nel mar Junio, 5 lunghe galere
solto il comando dello slesso Mustafà,
s' accese vivissimo conibatlimeuto. JNel
bollore di questo, mentre il Canale so-
steneva con mirabile intrepidezza le par-
li (li eccellente capitano e di valoroso sol-
dato e scorreva col suo arco, nel tirare del
quale era valentissicno, la sua galera, a-
niinando, eccitando, fu da due strali ne-
mici colpito al piede e alla coscia. Non-
dimeno con rara costanza, non islaccan-
dosi ilalla mischia , uè polendosi regge-
I e pel dolore, assiso al posto più emineti-
le della galera , da quello continuava a
spronare i suoi alla vittoria. E la ripor-
tarono alfine, restando Mustafà stesso fe-
rilo, prese le galee nemiche, l'onor delle
YEN 371
armi veneziane rivendicalo. Ma njenlre
ancor si combatteva, era spettacolo com-
movente vedere intorno al provveditore
il figlio Girolamo, ricevere sopra il suo
scudo un nembo di freccio, per ripara-
re l'egro padre, il quale finito il couibat-
lunentu, portalo in terra, fra 7 giorni
morì, esorlando ancora colla moribonda
sua voce il figlio a tenersi sulla via delia
virtù, e occorrendo donare la vita slessd
alla patria. Gli furono celebrale splendi-
de esequie, ebbe l'omaggio delle lagrime
sincere de'suoi soldati e concittadini , la
gratitudine della repubblica. Questa con
l'usala munificenza che la disti use eminen-
temente, decretò a' figli di lui 4oo annui
zecchini,dolò di ducali 4000 le duesue fi-
glie; assegnò aGirolamo il comando d'una
galera, quando avesse raggiunto l'anno
20,° e intanto il beneficio di ducali 2000,
poiché alla perizia marinaresca univa la
coltura della mente, la cognizione delle
lingue greca e Ialina. Non lasciando la si-
gnoria per l'ottenuta vittoria di conliiuia-
1 e nella solila vigilanza sui movimenti del
turco, istituì nel 1364 un collegio di 11
cittadini incaricati di lener sempre loo
galee equipaggiale di genti e di armi,
pronte ad uscire in mai e ad ogni minac-
cia ostile. L'opportunità di tali provve-
dimenti derivò dalla guerra che ardeva
in quel lem[)o fra Solimano II e la Spa-
gna, e le conlirme molestie recate a na-
vigli turchi da'cavalieri gerosolimitani di
Malta, indu*»ero il sultano a muover la
flotta contro fpjell'isola il i. "aprile 1 565,
comandata ilall'ammiraglioPialeh.dal fa-
moso Alucli Ali o Ulachiali, detto comu-
nemente Occhiali, e da Torghud. Que-
st'ultimo restalo morto, a'aS giugno con
isliogefu vendicaloneirespugnazionedel
Castel s. Elmo, dirigendosi poi gli assalii
contro le fortezze di s. Angelo e tli s. Mi-
clieie. Ma inutili furono "li sforzi de'lur-
chi pel disperato valore de'cavalieri di-
fensori e pe' soccorsi spaguuoli, fiorenti
ni, savoiardi e di Pio IV, onde si ritira-
rono l'i I scllcmbre. l'iìi prospere furo-
372 VEN
DO le loro arnvi ncU'Uiiglieria, per la ri-
cominciata guerra sulto riinperatoielMas-
siniiliano 11. Nella notte venendo il io
dicembre I 565 morì Pio IV, e dopo ^8
giorni g'i successe il domenicano s. l'io
V, già inquisitore del s. Ullizio a Vene-
zia, che tosto inviò validi aiuti all'Un-
gheria ove guerreggiava lo slesso So li-
tuano II; ma mentre slava per prendere
Zighet morì il 4 o l'S seltemhiei 566, e
due giorni dopo fu espugnata la città,
succedendogli il figlio Selirn II. A*3o set-
tembre annunziò il suo innalzamento al-
la repubblico, assicurandola di sua ami-
cizia, ma con tuono così altero , che il
Senato nel congratularsi non lasciò di la-
gnarsene. Continuò le paterne conquiste,
e tutto il paese fra il Tibisco e il Maros
in breve fu in preda alla devastazione, e
da per lutto si alzavano le fiamme delle
città, de'villaggi.de'borghi. In questo do-
gado di Girolamo Friuli, per sovrano de-
creto de'y gennaio i 56 1 ,fu per la i .' voi -
ta battutoli ducato veneto del valcìre di
lire 6 e soldi 4. valore pari a quello del
zecchino d'allora. Questa nuova moneta
portava da una parte il veneto Leone a-
lato, colla leggenda Ducatiis Venelus, e
dall'altra la figura del doge in ginocchio
davanti s. Marco seduto ; all' intorno il
nome del doge slesso, ed al basso le si-
gle 124, numero de' soldi, cui corrispon-
deva l'intera moneta. I suoi spezzati e-
rano la metà ed il 4-° N<^l suo dogado si
pose riparo agli eccessi del giuoco per-
messo; venne determinalo il numero del-
le persone che potevano insieme unirsi,
il tempo ed il luogo del convegno, e fi-
nalmente la somma ch'era lecito espor-
re. Mentre il saggio governo occupavasi
in moderare il sistema de' cittadini co-
stumi, coglieva vantaggio eziandìo dalla
pacifica quiete che godeva, e grandi som-
me vennero spese in ristaurare le forti-
ficazioni di Bergamo, quelle di Udine, ed
in aumentarne le difese già danneggiale
dalla passala guerra, conseguenza della
lega di Cambray. Né a ciò solo si limitò
VEN
la paterna sollecitudine del senato , che
Cattaro rovesciata da orrendo terremo-
to , risorse licn tosto dalle sue rovine,
mercè i generosi e splendidi soccorsi dul-
ia pubblica munificenza. Cattaro città di
Dalmazia fu capoluogo della repubblica
del suo nome, circolo conosciuto un leni-
po sotto il nome di Albania Veneta. Do-
po 8 anni e 34 giorni di glorioso regime,
venne a morte il doge Friuli a*4 novem-
bre i 567. Il di lui corpo fu deposto nel-
la chiesa di s. Domenico di Castello pres.
so le ceneri del doge Lorenzo suo fra-
tello e antecessore , col quale ebbe co-
mtuie il monumento nell'altra chiesa di
s. Salvatore, come di già notai, — P/e-
tro Loredana ^XOY/'r/og'^. Ne'comi-
zii per la sua elezione, Alvise Mocenigo
avea in favore 7 tra gli r i elettori, ond'era
quasi certo d'esser nominato, ma i suoi
concorrenti Jacopo Miani, Malico Dan-
tloio, Giovanni Grimani fecero per mo-
do, che dovendo per la legge 1 538 gli 1 i
elettori essere approvati dal maggior con-
siglio, i suoi fautori non passassero, e così
fu ballottalo fino a notte senza nulla con-
cludere, e il cotisiglio fui icenziato molto
stanco per lo strepilo ch'erasi fatto in es-
so e di fuori dal popolo istigato da alcu-
ni. Nel dì seguente il Mocenigo stesso fe-
ce intendere a'suoi amici tra gli 1 r che
non eleggessero alcuno de'suoi partigiani
per non accrescere il disordme; così dopo
76 scrulinii uscì doge Loredano, che già
toccava 1*85.° anno dell'età sua, per niun
fatto illustre notabile, solo in fama di
grande bontà, mala cui elezione sotto po-
co lieti auspicii avveniva, al dire del prof,
lioraanin. Il eh. Casoni suo biografo, lo
chiama consumato ne'polilici altari, del-
la grave età d' 86 anni, eletto con sor-
presa di lutti e contro la di lui espetta-
zione, a'27 novembre 1567. La nuova
dell'innalzamento al dogado l'ebbe dal
segretario del senato Marc' A nlonio Fran-
ceschi, che eventualmente lo raggiunse
nella strada Merceria, mentre, lasciata la
piazza, s'avviava alla sua casa, posta ne'
VE N
dintorni di s. Paiitaleoue: fu subilo cir-
condalo dd vali pattizi clie il condusse-
ro nel palazzo ducale , e il giorno dopo
10 si presentò al popolo nella chiesa di
s. Marco, siccome solevasi fare de' dogi
per antichissimo costume. Il periodo in
cui sedette sul trono fu breve, ed in ag-
giunta amareggiato dall'aspetto d'inimi-
uente guerra, intanto Massimiliano 11 a
por (aie agli orroi i che da'turchi si com-
mettevano nell'Ungheria, fece fare qual-
che apertura di pace che non fu rifiuta-
la. il vescovo d' Eriau Antonio Veran-
zio e Cristoforo Teuffenbach suoi inviati
a Costantinopoli, unitisi ad Alberto de
AVyss che già vi si trovava, a forza di do-
ni e di miineggi concfusero la pace a' 17
febbraio i5G8 per 8 anni. Per questa ri-
masero l'imperatore co' suoi fratelli in
possesso de'Ioro paesi d' Ungheria, Dal-
mazia, Croazia e Schiavonia, coll'oblili-
go di non isturbare ue'Ioro possedimenti
i vaivodidiTransilvania, Aloldaviae Va-
lacchiajed a Sigismondo Z.ipoIAi giù lu-
singatosi della corona ungherese, fu inli-
mato adattarsi alla convenzione. La re-
pubblica si congratulò con Massimiliano
11 per la pace col turco, ma de>sa dovea
ruiscirie funesta , dando ogii ottomani,
fatti sicuri dalle altre parti, lutto l'agio
e le forze per piombire su'veueziani. Le
correrie degli uscocchi principalmente,
che nelle loro ladronerie non facevano
distinzione di territorio veneto o turco,
erano contìnuo soggetto di lagnanze per
la Porta, e a grande fatica riusciva al se
nulo di persuaderla degli sforzi che fi-
ceva per repiimeili, e che negli ultiu»i lo-
ro ripari non poteva assalirli essendo su
terre dell'imperatore, inutilmenle recla-
mando a questi. Seliin II, giovane il'ar-
dciilissimo carattere, era avido di con-
quiste e bramoso di dilatare i confini del
p.ilemo itupeio , e soprallullo vagheg-
giava aggiungere a'siioi duminii il ricco
regno di Cipro, la cui corona era posse-
duta dalla repubblica. A ciò veniva il sul-
tano iufei voralo dall'ammiragliu l'ialch,
V E iX 573
e dal proprio intimo amico d. Giuseppe
ÌNassi da lui dichiarato duca diNasso, coli-
le di Andros e lusingato del regno di Ci-
pro. Questo iN'assi era portoghese di stir-
pe ebraica costretta ad abbracciare il cri-
stianesimo , chiamandosi Giovanni Mi-
quez della famiglia Nassi. Fornito di bel-
lissime qualità del corpu e della mente,
versato nell'arti cavalleresche. nel fior del-
la gioventù si recò in Anversa, riuscì ad in-
namorare e sposare la figlia della ricchis-
si ma vedova ÌMendes portoghese.Conside-
rando Venezia per la libertà e sicurtà che
vi si godeva qual patria comune e rifugio
di tulli, vi si recò colla moglie e la suoce-
ra, ove tneditando tornare al giudaismo
domandò al senato una delle vicine iso-
le per piantarvi una colonia ebraica. R.i-
fiutato tale progetto, ne partì, recandosi
a Costantinopoli, ove si recarono eziandio
altri ebrei, e vi professò pubblicamente
il giudaismo prendendo il nome di Giu-
seppe Nassi. Gli riuscì entrare in grazia
di Solimano II , da cui ottenne in dono
la città di Tiberiade in Siria, ch'egli fe-
ce riedificare per fondarvi una colonia
ebraica. Colle sue cognizioni degli stali e
delle cose d'Europa, divenne un perso-
naggio di grande importanza oell'impe-
rooltomano, sino a favorire la rivoluzio-
ne de'calvinisti ne' Paesi lìassi, con in-
durre Selim II a far guerra a Filippo II,
onde impedire che la potesse poderosa-
mente combattere; e Massimiliano II se
ne procurò l'amicizia con ricchi donativi,
(juando per lui maneggiò la ricordala pa-
ce. Il iVassi dunque >ollecilò Selim li al
conquislo di Cipro , dimostrando esser
quell' isola indispensabile alia sicurezza
dell'impero ottomano, il quale fiuchè nou
avesse colà una sicura stazione e un ar-
senale non avrebbe potuto dominare il
ì\lediterraneo,soccorreregli amici dell'A-
frica contro la Spagna, proleggere l'E-
gitto e l'Asia ìMmoic da' tentativi ostili
d'Europa; aggiungendo ancora l'impor-
tanza dell'isola pe'pellegrini maomettani
che si recavano alla Mcccn, giacché per
374 VEN VEN
Cipro con lutla (acililù polevaiio esser le oarralo. S'accese il fuoco nella polve-
liaspoilali al mar Rosso. Tutte queste riera e balzale in aria alcune torrette co-
ragioni poterono tanto sull'animo di Se- perle ili piombo con terrore orribile, qua-
lim II che ebbro di gioia eschunn: Se a- si crollò tutta la città e la fece risentire,
\remo qtiell'isola, tu ne sarai il re. Alla sino a credere giunto il giudizio finale ;
repubblica frattanto i sospetti d'una spe- tuttavolla il danno non fu proporziona*
dizione turca contro Cipro ogni di piìi lo a quanto doveva essere, il che fu at-
si aumentavano, laonde per la nccessa- tiibuilo a divina misericordia; bensì nel-
ria cautela furono armate 3o galee e no- le vicinanze atterrò case e le chiese di s.
minato capitano del mare Girolamo Za- Francesco della Vigna , di s. Giustina,
ne, a Corfù si mandò provveditore Se- della ss. Trinila, e di s. Maria della Cele-
bastiano Venier , e fu incaricato Sforza stia, rovinò il loro monastero , e le case
Pallavicino (diverso dal sunnominato) di de'Sagredo e altre, molte persone restan-
htendere ima memoria sul modo più ac- dune vittime. Né mancarono sospetti che
concio di fortificare Cipro, e per dar ma- fosse siala opera iniqua di qualche emis-
rio alle fortificazioni e assicurar l'isola vi sario turco, scrivendo il bailo diCostan-
fu uìaiidato Giulio Savorgnano conosci- tinopoli che le cose colla Porta sempre
lore de'Iuoghi. Alla repubblica perveni- piìi s'intorbidavano, e grandi progetti si
vano notizie sempre piìi allarmanti nel facevano su Cipro, benché contrariali dal
1567-68, ed uno schiavo fuggilo rivelò gran visir. Bisognò dunque per elfelluar-
cerla trama ordita in Cipro per dare l'i- li trovare pretesti a romper guerra alla
sola in Osano a'iurchi; di cheedegli scan- repubblica, e questi non mancavano ne'
dagli fatti intorno a Famagosta spaven- frequenti scontri de' legni piratici, nelle
tata, ingiunse al luogotenente diligentis- correrie degli uscocchi, nel ricovero clie
sime indagini ed energici piowcdimen- pretendevasi trovassero i cavalieri di Mal-
ti. Tuttavia Inli limoli pel momento ve- la a Cipro. La repubblica sempre cerca-
nivano scemali, per non avere il luogo- va dare ogni possibile schiarimento e sod-
lenenle di Fan^agosta trovato indizi di disfazione; così per evitare complicazioni
cospirazione, e nell'aprile i 568 lo stesso dovette procedere col massimo impegno
pascià e gran visir Mehemet , favore- col governo di Pioma, per fare restituire
"vole a'veneziani, pe' regali che a lui si la libertà e le merci a certi ebrei prove-
prodigavano, avea assicuralo il bailo, an- nienti da Alessandria , presi col naviglio
zilagnandosidell'irragionevoletiuiorede' portante bandiera veneziana dal duca di
mercanti che si al Ionia uà vano da Costan- PalianoCarafa, pretendendo fossero /«rt/-
liuopoli. Quindi gravi discussioni iu se- vani, come si denominavano que'che dal
nato se continuare ad armare, temendosi cristianesimo tornavano al giudaismo. In-
insospettire il turco, e sul non trovarsi somma non si finiva mai, e chiaramenle
sprovveduti. Vedendo poi la repubblica si couosceva, da'sempte nuovi sdegni che
occupato Selim li nella guerra d'Arabia, insorgevano, volere il turco ad ogui mo-
alquanlo si rassicurò procedendo lenta- do la guerra, checché ne dicesse in con-
menle negli apparecchi, mentre la care- trarlo il visir Mehemet. f^inalmenle a'3 r
stia la travagliava al pari del resto d'Ita- gennaio 1570 Marc'Antonio Barbaro bai-
lia, onde gran parte de! p()[)olo fucostret- Io a Costantinopoli, istruì il senato voler
lo cibarsi di pane di miglio, e di cibi Selim li senza ninna causa, e ad istanza
schifosi e indigesti, i quali spesso anziché de'dottori o ulema, onninamente lompe-
tmlriuiento cagionavano la morte, al che re la data fede e capitolazione, sotto pre-
si aggiunse il terribile incendio dell'Arse- lesto del ricapito che si dava a Cipro a'
ualc a' 1 3 sellembrc i 'jGìj. superioruicu- corsari ponentini, di usurpazione de'con-
VEN V EN 375
fini (li Dalmazio, di morie (le'mussulma- niforme volontà, perciò sicuro e glorioso
Ili e altre cose; e peiciò riuscire inutili s.irebbe il succe>so della guerra, e di vo-
tulli i suoi ragionamenti col sultano, bra- lerue far sempre relazione al Papa nel
Liosodeila cessione,presso il quale i duilti modo il più vantaggioso; cho se in altri
si fondavano sulla soimitarra e >*ui cau- tempi i lurclu ebbero vittorie, ora avcii
noni. 11 sultano mandò cpiinili Chubatsuo a l'usi con un Sardanapdo e la discordia
araldo, ochiatis 0 meS'O 0 nunzio, il qua- non sarebbe mancata tra loro. Diceva il
le a'?.8 marzo 1 570 espose al collegio le vero, poiché nella biografia di Selim 11,
sue pretese lagnanze, e come Cipro era neli'articoloTuBciiiA,clie inquesto va te-
dipendenza deirEgiilo e ilcila Mecca, per- noto sempre presente, colla storia lo dissi
ciò farne formale domanda, e coll'alter- [)erdut0[>er le domie e pel vino, egli stessi
nativa di guerra , ove la repulìblica ne- Icuclii, ri>[)eltosissimi pe'Ioro sovrani, lo
gas^e di cederla. Allora, dopo le risposte chiamarono VVhhrinco; anzi non man-
dei collegio, di sorpresa come il sultano co chi accusò il fimoso IVassi,clie si gua-
senza giusti motivi ilimenticava i suoi dagtiò il ili lui favore col vino di Cipro
giuramenti, e che si sarebbero difesi ga- che gli donava, tla'suoi difensori (pjalifl-
gliardamente conndando in Dio, prese la cala favola. Indi si sospettarono pratiche
parola il venerando doge, con ferma e del Nassi a Venezia, e perciò il consiglio
polente voce dicendo: Cubai Cliiaii\-, la de'Dieci ordinò l'arresto d'un emissario
giustizia ne darà la so spada per difcn- portante sue lettere, e s'imprigionarono
dcr i nostri dirili, e Dio e' so santo a- turchi, ebrei, levantini e altri sudditi ot-
giiito per resister co la rason a lajorza^ tomani che si trovavano a Venezia, colla
e co la forza a la vostra ingiusta vio- coiifi>>ca di loro robe. Gli armamenti con-
Icnza. Chiamato [)oi il nunzio apostolico tinuavano con tutta alacrità, si scrisse a'
di s. Pio V, Gio. Antonio Facchinetti ve- princi[)i cristiani per soccorsi, né mancò
scovo di Nicastro e poi Innocenzo IX, e il governo di que'provvedimcnli éhe pò-
comunicatagli la risposta, egli con fermo leva maggiori per salvare l'isola. Al go-
discorso incoraggi il doge, colle debite verno di Cipro erasi in tutto il tempo del
provvisioni, a intraprendeiedi buonoe ir- veneziano domimo, 14B9 i'T70, manda-
reinovibile animocontroi turchi s[)ergiu- lo un nobile veneto col titolo di luogo-
ri la guerra da loro voluta, sebbene non tenente, eletto dal senato, restando in ca-
averla egli mai desiderata, certo dell'aiu- rica per due anni, il quale con due altri
lo di Dio e de'principi cristiani, essendo nobili consiglieri, ptu'e mandali dalla do-
interesse comune della cristianità, impre- minante, univa in se i poteri del re e del-
sa la quale ap[)orteià grandissima glo- l'alta corte, eccettuata la parie legislati-
ria; e che da'lurchi non doveaiisi attende- va e le appellazioni a Venezia, Al luogo-
re che inganni, mai osservando ciò che tenente e a' consiglieri andava unito il
promettono e giurano. E siccome Giro- capitano, incaricato specialmente delle
lamo Griujani rispose con generoso pa- cose militari, ma ne'tein[)i di guerra man-
role, vive ed alfettuose verso Sua Santi- davasi un provveditore gener, de con an-
ta, mediante la quale la repubblica sa- lorilà superiore aqiiella del capitano, pel
rebbe aiutata dagli altri principi crislia- buon ordine e difesa ilell'isola. Alle ren-
ui, pronta di spendere tutte le sue lacol- dite e alle spese presiedeva il camerleu-
là e spargere il sangue dcTigli per con- go; il pagamento ilelle truppe era allida-
servarsi sotto il vessillo del Salvatore; e- to al collaterale. Delle prtccilenli magi-
loico eco gli feceZuatìeIMocenigo. A que- oliature furono conservati i visconti di
sii virtuosi sentimenti, il nunzio pontili- Nicosia capitale e Famagosta allrj città
ciò si dichiarò cousolalo di sj pioula e u- [ìriucipule, presidcnli della corte inleriu-
376 V E i\
re os«in de'borghesi, con due assessori e-
lelti tini popolo fra'borghesi piùragguar-
«levoli, senza ilistìuziuae se greci o lalitii;
spettava ad essi lai/ istanza ne'piocessi
di quelle due cillà e del teiriloiio senza
facoltà di pena di sangue, e corrisponde-
vano presso a poco n Signori di noi le di
Venezia; i Malhiessep o Meatasib, d'ori-
gine araba, eletti dal popolo, incaricali
della soprintendenza de'mercali, de'prez-
zi e della polizia correzionale, portavano
ir» segno della loro dignità bastone inar-
g(M)lalo. La popolazione dell'isola cotu-
ptilavasi a quasi 170,000 anime, divisa
nelle 3 classi di nobili feudatari, mercan-
ti e popolani, contadini liberi e parici
obbligati a diverse opere e pagamenti, e
a lavorai'e le terre de* loro padroni, ma
acquali la repubblica avea concesso di po-
tersi liberare col pagamento di ducali 5o,
onde se ne francavano da circa ^o l'an-
no. Gli orientali si componevano di cofii
e armeni, die per le loro numerose re-
lazioni per l'Asia facevano un estesissimo
e assai proficuo commercio. L'eredità pa-
terna passava ne'soli primogeniti, e gra-
vi disordini esistevano derivanti dalla con-
servazione degli antichi ordini feudali e
tlalla prepotenza de'nobili. 1 quali disot-
(lini venivano vivamente rappresentati
tia'rettori e da'sindaci inquisitori, sugge-
rendo di ristabilirvi la marina mercanti-
le-, l'aumento della coltivazione de'grani,
il lavoro delle saline , il commercio ec;
wn intanto sopraggiunse la guerra e l'i-
sola andò perduta. — IMma di terminare
le principali vicende di questo dogado, io
debbo ricordare alcune cose anteriori al-
l' epoca in cui giunsi. Il Papa s. Pio V
col brev e Cit/jicnlcs prò nostri, de'5 mar-
zo I 568, diletto al vescovo di Nicaslro
Facchinetti nuuziodi Venezia,i5H//. Roin.
l. 4, par. 3, p. 216: Mandatur Nuncio
l^('netiarui/t,iU in omnibus Ecclesiis Ca-
thi'drnlihus cj'usdrrn Doniinii, in quihiis
adirne nnllnni slipendium [celioni Theo-
locali tl( puiatiini est, Praelendam pri-
mo vacalnram ad hunc usiim opplicct.
V E N
Questo zelantissimo Papi» avea rinutaio
d'accettare come oratore d'ubbidienza e
percougratularsi di sua esaltazione Nico-
lò da Ponte dotto e facondo cavaliere, a-
vendolo per poco cattolico, e negato le
decime ordinarie del clero, sempre con-
cesse da'suoi predecessori. Sentendo tut-
ta l'altezza del suo supremo grado, volle
sostenere la superiorità sui principi teuj-
porali e le loro giurisdizioni, e lo die a
divedere quando dichiarò granduca di
To'icana Cosimo I coronandolo soleiuìe-
mente, non ostante le contrarie rappre-
sentanze dell'imperatore e del re di Spa-
gna. Nel giovedì santo del i 568 publ>Iicò
la Bollain Cocna Domini ( P^.) ,Qo\\a (\iìdt.~
le intendeva togliere, per le giunte da
lui Ejtte, a'principi temporali, tra le al-
tre cose, il diritto di mettere imposte agli
ecclesiastici, e ogni ingerenza nelle ma-
terie concernenti i medesimi ecclesiastici.
Si levò allora opposizione generale; l'im-
peratore, i re di Francia e di Spagna, ed
altri principi ne proibirono la pubblica-
zione: la repubblica che per la i.* avea
ciò fallo, perfino vielò di tenerne paro-
l'i, indi incaricò il suo oratore in Roma
Paolo Tiepolo, ed uno de'cardinali vene-
ziani di fare al Papa umili ma ferme ri-
mostranze; passava in ciò d'accordo cogli
altri sovrani ,e così nuovi scompigli ininac-
ciavanosorgere nella cristianità. A'29set-
lembiei 568 arrivava in Pioma un uno-
voasnbasciatorCjlMichele Soriano, ed era
dal Papa benevolmente accolto, col qua-
le furono continuate le trattative, macott
poca speranza d'accordo, insistendo il Pa-
[)a stdla pubblicazione della bolla, la si-
gnoria nel rifiuto. Il Papa stimava e a-
mava la repubblica di Venezia, chiaman-
dola splendore egloria d'Italia e della cri-
stianità; saper bene eh' era hbera e non
aver supcriore alcuno nelle cose tempo-
rali, ed egli non aver mai pensalo di pre-
giudicarla nell'autorità e dignità, né mai
volerle far dispiacere. Al cardinal Giau-
francescoGacnbara bresciano disse ilPapj,
«he se non fosse il petto della seicuissi*
YEN
mn lepubhlica, Italia già sarebbe da mol-
to tempo iti preda agli ollrainoiitaiii, ed
ili prova dei grandissimo amore che le
portava, in gran segreto gii manifestava,
clie lutti gli altri principi l<i odiavano e ne
dicevano male, per non istininre e avere
rispetto a niuno, uè cercare di gratificar-
si ninno. Rispose il cardinale, non dover
ciò recare meraviglia , perchè i piincipì
non amano l'un l'altro, se non quando
im[)orla il proprio vanlaggio; gl'italiani
non amar la repubblica per invidia, e gli
oltramontani perchè impedisce i loro di-
segni in Italia . Che anche Sua Santità era
pocoamata diigii oltramontani, onde tan-
to più doveva esser unita a Venezia, poi-
ché in caso di rottura non avrebbe aiuto
se non da essa. Il Papa soggiunse, secon-
ilo il solito, non aver paura di niuno,
perchè chi fa bene e cerca la gloria di
Dio, egli lo protegge da qualunque pe-
ricolo; e la repubblica così cattolica e per
rispetto di religione e di stato tanto uni-
t.i alla s. Sede, dovrebbe mostrarsi più
[iioiita a far quello che si conveniva nel-
le cose ecclesiastiche, dovendo il re di
Spagna da essa prender esen)[)io, e non
essa da lui. La bolla non piegiudicarne
il dignità e libera autorità, e occorrendo
meglio si chiarirebbe il disposto; non po-
ter più aspettare , e bisognava che si ri-
solvesse. Sopraggiunse però la guerra, che
fece mettere in dimenticanza la bulla,
e non si pensò che alla comune salvezza.
In tempo del doge Loredano morì Zilia
Dandolo vedova del penultimo doge Lo-
renzo l^riuli, ed i padri vollero onorar-
la, che in vita l'aveano decorata col velo
ducale, ordinando magnifici (unerali. Il
corpo di essa, iniettato di balsami, ven-
ne esposto per 3 giorni nella sala del
Piovego o Pubblico, sopra alto poggio,
come appunto soleva farsi de'dogi. Alla
custodia del cadavere vegliarono notte e
giorno in continue preci 20 monache,
solo per qùest'ufìizio fjtte uscire da'Ioro
monasteri, ^'el 4-" giorno ebbe luogo il
corteggio funebre, cui assisleltero, colla
YEN
377
signoria e col doge, anco il clero sec(jla-
re e regolare, le scuole grandi , le con-
fraternite, i baltudi, e finalmente, cosa
non più veduta, comparve gian numero
<ii monache professe d'ogni regola e or-
«line; giunto il convoglio d.i s. Marco al-
la chiesa de'ss. Gio. e Paolo, la defunta
ebbe pubbliche laudi da .Antonio Stella
parroco di s. Fantino. — Mentre tutto in-
clinava alla guerra lurchesca, giunse l'o-
ra estrema del doge Loredano a'3 ovve-
ro a'5 maggio 1 570. La solennità esterna
de' funerali restò impedita da veemente
turbine, con tempesta e con folgori, per
cui convenne alla comitiva riparare in
chiesa a s. ALirco; ivi si pregò [)ace all'e-
stinto, ed Antonio Zeno ne tessè il meri-
tato elogio. Ebbe tomba in umile monu-
mento a s. Giobbe, su cui non fu posta
memoria alcuna.
29. Luigi o Alvise I Mocenigo LXXXF
do^e. L* ur2enza del momento suj'Gferì
al maggior consiglio la deliberazione che
all'elezione del nuovo doge non prendes-
sero parte per questa volta i savi del col-
legio, i magistrati sopra l'Arsenale e so-
pra l'armamento, onde non essere di-
stratti dalle importanti loro incuraben-
ze ; fu sospesa altresì l'elezione ^W5 cor-
rettori alla Promissione ducale e de' 3
inquisitori al doge defunto. Così a'f)ov-
veto i I miggio I 570 fu eletto il iMoce-
nigo, senatore d' illustre fiuniglia, assai
b<.-neinerilo (Iella reiiubblioa, di molte a-
tlerenze, di chiare virtù personali, ed e-
sercitalo nelleficcendc interne ed esterne
come alla gravità del momento si richie-
deva. Era già partito alla volta di Cipro
Giulio Savorgnano inlendentissimo del-
la milizia e delle fortifica/.inni per ri-
parare con baluardi e con quant' altro
l'arte guerresca a que'lempi poteva sug-
gerire, la città e i borghi dell'isola, coti
gran copia di munizioni. Oltre a ciò va-
lidi rinforzi furono spedili nella Dalm.i-
zia eili essa e dell' .Mbania destinat(j prov-
veditore Giovanni da Le/e; Lorenzo Da
I\I da o Atuuiio fu noininato generale
37S V E N
piovveflitore tli Candia per l'alleslimen-
to ili 20 giileie e la leva delle cinime;
a St;l)asliat)o Veiiier fu dala generalizia
jioileslà in Corfù, con alita molteplici
jiKjvviileiize ; alle i 1 galee glosse turo-
IMI destinati capitani distinti sotto il co-
niaiKlogenerale<li Francesco Dnodo; 80
valenti cittadini furono posti al coman-
do d'allretlanle galee sottili; fu eletto
(iiro'acno Zane capitano generale del-
l'ariuatu, consistente oltre i detti legni,
anche in 10 vascelli da carico, un galeo-
ne di nuova forma suggerito dall' in-
gegnere Vettore Fausto (di cui feci cen-
no nel dogado 77.°, come del suo quiii-
«pieieme), e i4o galee che si raccolse-
ro da Candia e Corfù, tutte ben for-
nite di ciurme e cannoni. Delie milizie
terrestri fu alliilato il comando a Sfor-
za Pallavicino. In Cipro stesso grande e
volonteroso era il concorso, iiioslraudo-
si speci.ilmeiite zelanti il conte Rocas,
il conte di Tripoli e altri principali del-
l'isola. Il conte Girolamo Marlinengo fe-
ce pubblica mostra in piazza s. Marco di
2000 uomini da lui ammassali, beli.» e
generosa gioventù, con cui designava «e-
correre alla difesa di Faoiagosta (il qua
dro che rappresenta quella cnostra su-
perba, esiste nell'abbizia della Miseri-
cordia, opera di F. Battaglioli). Corri -
S[>oi)dente era la raccolta del denaro, e
iiell'olFerte bella fu la gara tra'citladini.
IN è lasciò la repubblica d'infortnare del
luinaccìante pericolo le potenze cristia
ne; e prima s. Pio V, eccitandolo come
capo della cristianità a muoveie i vari
j)rincipi in soccorso di quell'isola baluar-
do e propugnacolo comune; né il Papa
luoslravasi restio, anzi promise ado[)r.ir
lutto l'impegno, specialmente a conclu-
dere una lega col re di Spagna, al quale
niandò a quest'oggetto Lodovico de Tor-
res, poi arci vescovo di Monreale, nel tem-
po stesso che la repubblica incaricava
della medesima cosa il suo oratore Leo-
nardo Donato. Filippo 11, dopo qualche
esitanza, acconseulì a maudare 5o galere
V EN
e concedere «'veneziani la tratta de'fru-
menli con d l'zio, ma voleva che il Papa
gli pennellesse levar una decima sul cle-
rr> Si scusò invece Si-bastiano re di Por-
togallo per l;i |)este patita e la sua guer-
ra nelle Indieorienlali ; prometteva Mas-
similiano 11, ma voleva che i veneziani
priuja lo riconciliassero col Papa, disgu-
sl ito |iel titolo di graiirluca dato a Cosi-
mo 1 ; (pianto a Carlo IX re di Francia,
era tutto avviluppato colle guerre degli
ugonotti, e in ottimo accordo col sulta-
no, beiiM la madre Caterina de Medici of-
fieinlo mediazione. Di più la re[)ubbli-
ca scrisse al p ttriarca greco di (>oslanli-
nopoli a o[)erare uua rivolta a mezzo del
clero, e di appoggiar la lettera scritta ad
Ivan IV czar di Moscovia, eccitandolo a
muovere contro i turchi dalla parte »li
terra, ma essendo in guerra colla Polo-
nia nulla [)ot(;v:i intraprendere. Eguale
invilo fece al sof 1 di l'orsia 'Hiamas, ma
non die che vaghe parole. Mentre tutto
in Venezia si apprestava alla guerra, giun-
se Maliinud nuovo messo del sultano, ma
la repubblica venuta in sospetto che lo
soopo suo fosse ([nello di esjilorare, il fe-
ce ritcMiere decoros.unenle alla Giudee-
ca, e dopo (piietato l'ambasciatore fran-
cese, fu custodito nel castello di Verona
sino al (lue della guerra. Allestita che fu
l'armata ne fu dato lo stendardo solen-
nemente in s. Marco al Z ine ; che reca-
tosi fra il suono di timballi e tro;nbe, e
il tuonar de'caimoni sulla galera genera-
lizia iniiauzi la Piazzetta, olFri con ([uellu
e con altre ,\o galere che le facevuuo se-
guito, uno spettacolo magnifico all'accor-
sa mulliludiue,clie in unoa (|uelii che dal-
le finestre de' p.dazzi e degli altri ediflzi
ciicostaiili lungo la via degli Schiavoui
lino a s. Biagio l'animiravano, plaudiva
a' valorosi che andavano a combattere
jier la patria, e loro auguravano propi-
zi il mare e i venti, benedizione all'armi
loro d.t Dio in cui potere sono le vitlo-
1 le e le sconlìtle. Il Zane si portò a Za-
ra ud attendere le 5o galee promesse da
V E N V E N 379
Filippo II, e fu ilaxioiie funesla, poiché alla dignilà della repubblica, superata o-
nell'ozio audò sciolta lu discipliua, creb- gui dilllcoUìi, conj^iuutosi colla flotta di
beio le diserzioni, s'insinuarono le uia- Marco Quirini di Caudia, fu con giubilo
lattie, onde il generalo ebbe ordine di salutato il 1 .°setteudMe l'arrivo delle 49
volgersi a Corfìi nell'estate inoltrata del galee spagnuolee delle 1 2 papali, riceva-
1570. Della ([uale inazione della flotta te dall'armata veneta schierala in due ale
veneziana, che da se sola di tanto infe- fra le salve degli archibugi e de'cannoni,
riore alla turche^ca non osava con que- e le grida festose de'marinari. Ma iulan-
sta misurarsi, ne profittarono i turchi to la stagione era inoltrata di troppo, e
per fare sbarchi e scorrerie su vari punti i turchi aveano avuto tempo d'allestire e
della Dalmazia; solo a Ragonizza pel co- accrescere vieppiìi la loro fhjtla, e di di-
raggio delle donne, che chiamarono Pi- rigerne le proie verso Cipro. Teneva il
sano Pisani, soggiacquero a orribile ma- distinto capitano perugino Ettore o A-
cello. Il dolore del Zane e d dispettosi slorre Baglioni il cornando delle milizie
accrebbe in modo inesprimibile, all'adi- venete nell'isola, avea il titolo di luogo-
re dall'ammiraglio spagnuuio Gio. An- tenente Nicolò Dandolo; il capitano Mar-
drea iJoria, che non avea ordine di con- c'Anlonio Dragadino presiedeva a Fama-
giungersi alla flotta veneta, dopo tanti gosta che attendeva a fortificare, repu-
sagrifjzi fatti in Dahnazia e tanto tempo tando colà ave-.se a succedere ili. "sbarco
perduto inutilmente I 11 Papa dall'esor- de'turchi.Tenutoconsiglio di guerra nel
lazioni falle a tutte le potenze cristiane castello d'Aschia, fu deliberato d'impe-
a sostenere la repubblica veneta, non et- dirlo a ({ualunque costo, di radunare den-
tenne clie le galee di Spagna. Armòan- Irò le mura di Nicosia 75,000 abitanti,
ch'esso 12 galee, e l'i 1 maggio 1 570 ne 2 5, 000 in Famagosla, il resto della pò-
die il comando a Marc' Antonio II Co- polazione co'be>liami salvare nelle sco-
lonna duca di Vdliaiio (I \J e figlio ili sce>e e insuperabili biilze; i borghi adia-
Ascanio (spogliato ili sue tene e scomu- centi a Nicosia aversi a distruggere per
Dicalo da Paolo IV, dal duca d'Alba eh- non lasciare alle nemiche insidie luogo
be il comando di pai te dell'esercito nel- da appiattarsi. Morto, per mala ventura,
la suindicata guerra contro quel Papa, d valoroso conte Girolamo IMarlincngo
indi leintegiai.o neh 5Gi), nominandolo per viaggio, restando com deluse le belle
generale di s. Chiesa, e sul [)rincipio di speranze ch'eiansi su di lui conce(jite, ri-
luglio fra le solennità d'una messa c;in- mase liaglioni al comando su[)ieuni lici-
tata dal cardinal Marc' AntonioColonna I la milizia in Famagosla; fu dal D.tndolo
de' signori di Zagarolo, gliene consegnò alhdato (juello di (Nicosia ad lingenioSin-
lo Stcii(lai(Io ^/.j benedetto. Era allo- clitico conte di Piocas, e dato per capita-
la in Roma collega all'ambasciatore Mi- noalla cavalleria cipriolica Giovanni Siii-
cliele Soriano, Giovanni Soranzo [loi nel clilico, e a'guastiitori Giovanni vSozome-
1571 ainba>-cialoie ordinario. Marc'An- no e Scipione Carala ; l^ietro Paolo Sin-
tonio II veleggiò alla volta ili Suda in clilico couiaiidava allegenli del conlado;
Candia, dove poi si unì colle galere di Leonardo Roncone a'soldali italiani, raf-
Spagna e di Venezia. Il Venier piovve- forzali da soldatesca collettizia paesana,
ditole di Corfìi per tener esercitate le giacché mi picciid numero erano giunti
lru[tpe aisalì e prese il vicino castello di nell'isola, (ieramenle ileciinali dal mor-
Sopi)otò nido di masnadieri turchi e al- bo ed estenuati dal travaglio del viaggio,
banesi. Lo Zane aulorÌ7zalo dal senato Di liilto con precisione informato dalle
a prendere quelle deliberazioni che re- spie turche il gran visir Muslatà, e inen-
putasae [>iìi vuutagijiose ecunispondeuli tic la flotta veueziuuu se uè dimorava
38o VEN
uticora a Coifìi, l'aia iairaglio turco Pia-
lelj esCi^uì ili.°ili luglio I 570 un improv-
viso sbarco a Liuiisso o Napoli o Nc-
mcsiyRlUa ciltà vescovile dell'isola di Ci-
pro, facendovi molli schiavi. Nel di se-
guente si recò con lutti gli altri legni al
luogo detto Saline, e ivi a'3 luglio mise
a lena le trup[)e, 1' artiglierie e il baga-
glio senza opposizione. Si componeva l'ar-
«iiata lurca di 4^0 vele e più di i 00,000
nomini. Dice ilìMulinelli 70,000 combat-
tenti,poi auu>enlali a megliodi 200,000.
J 200 stradioti ch'erano col conte di Uo-
«••as si ritirarono quindi a Nicosia, e a'di-
fbnsoii altro non rimaneva che rinchiu-
dersi in questa e in Famagosta, e atten-
dervi i soccorsi della flotta, essendo iia-
[)OS>ibile impedire gli sbarchi pel grande
circuito dell'isola lunga 5i leghe e larga
da i5 a 20. I capitani di Famagosta si
opposero al Biglioui tli soccorrere Nico-
sia per non pregiudicare la propria ciltà,
che ritenevano sarebbe la i," assalita, ed
appena l'i i agosto lo lasciarono in ii-
Lerlà di fare il suo beneplacito, ma egli
non volle tanta responsabilità e restò. Fo-
co stettero i tiu'chi a presentarsi sotto iW-
cosia(F^.), difesa da un 5o,ooo uomini,
la maggior parte male armati e nuovi al-
la guerra. JNè il Dandolo era adattato al
grave incarico, per cui scriveva per pron
ti soccorsi al generale ZaneinCaudia, nel
doilinar d'agosto, rappresentando il pe-
ncolo della città da più bande assalita,
eil a Famagosta per avere il Baglioui co'
suoi fjnli italiani; ina le strade già era-
no in potere de'lurchi. Così Nicosia tro-
ia vasi abbandonata a se slessa, e per col-
lun di mali n'erano discordi i capitani,
onde nulla fu la difesa, tranne i baluar-
di Sostenuti con ardore, bensì ricorren-
do al di vino aiuto con pubbliche preghie-
re e processioni. L'incessante combatte-
re de' turchi già larghe breccie avea a-
perle, quando i nicosiani stretti dalla ne-
cessità e per estremo tentativo a' 1 5 ago-
sto, giorno sagro alla gloriosa Assunzio-
ne in cielo della D, Vergine, sul meriggio
V E \
fecero un'improvvisa sortita coadolti dal
vicentino conte Cesare Piovane luogote-
nente del conte Rocas. Gettandosi sul ne -
niico ne fecero grande strage, s'impadro-
nirono di due Irincere, inchiodarono 5
cannoni, ponendo in confusione il cam-
po tutto : chi sa fino a qual punto avreb-
bero portato la vittoria, se il Dandolo a-
vesse permesso alla cavalleria d'uscire,
com'erasi stabilito, invece Ostinandosi a
iuipedirlo. Ed allora que'di fuori assaliti
dalla cavalleria nemica, stanchi dalla lun-
ga zuffa, affievoliti dal calore eccessivo
del sole, non ristando dal combattere per
difendere rartiglierie,sopra(t"jtli dal sem-
[II e cresoenle numero de' turchi, final-
mente cedevano. Molti di loro copriro-
no co'propri cadaveri il suolo, insieme al
valoroso Piovane, altri poterono ridur-ii
feriti in città recando seco le vinte spo-
glie nemiche. Da (juel momento la triste
sorte di Nicosia eia decisa, benché nulla
fosse intralasciato da' fanti italiani e da'
nobili ciprioti nell' opporre ogni eroica
resistenza. Ed eroica fu q:iesta invero in
quegli ultimi momenti, e degna di mi-
gliiir fortuna. Ma versa i 20 settembre
superato da'turchi nella notte il balu ir-
do Podacatero, scorrendo lungo le mu-
ra arrivarono agli altri, ed assaltarono i
difensori alle spalle. " Tanto ferocemen -
te però per questi si combatteva, scrive
il prof. Romani n, che da 3 ore era alzalo
il sole né i turchi aveano ancora ripor-
tato decisivo vantaggio. Leonardo Ron-
coni, benché ferito, facevasi dalla sua ca-
sa trasportare al baluardo Costanzo e fu
per istrada da' nemici trucidalo ; egual
fine ebbe il conte di Rocas mentre invi-
tava i suoi a rinnovare la mischia. Eroi-
camente combattendo morivano pure
Pietro Pisani e Dernardiao Polani ; per-
duti i baluardi, le mura, ogni altra di-
fesa, combattevasi ancora per le strade,
d ille finestre, da'tetti ; i fanti italiani ri-
dotti a soli So, validamente sosteuevansi
iiuoora alla porta Bembo, quando Mu-
stafà entrato la Nicosia impose fine al
V E N V E \ 38 r
macello e mandò a proporre al Dandolo conrpiisfa ili Nicosia , (p\cila delle cil!.">
(che con Francesco Conlarini vc'icovo di vescovili di Pafo e Amatiinta, e di Tii<'t t
Baffo o Prrfojti] alui m^fgistrnli crasi ri- oLarnaka. La lesta del Dandolo manda-
tirato nel palazzo), la salvez7a della vita la al Dragodino fu l'anniinzio della in-
fjuando toslo fncesse deporre le armi. E fausta sorte di Nicosia e di quella che loi
così fu fallo, ma la turba de'tnrchi tir- pure attendeva se non arrendevasi a lem
tando impcMiosamente le porte ed en- pò. Ma la risposta fu da magnanimopro-
Irati nel palazzo, ove ormai non trova- de, e ali.° tentativo del nemico fu da 1ì:ì
vano più I esistenza, tulli quegl' infelici ribullatocon perdile. — Mentre tali cose
sagrificarono non ecceltuato il Dandolo, succedevano nella sventurata Cipro, l'ar-
il quale Oscuramente lasciò la vita, e che mala papale-veueto-ispana ancorava ;»
con più capacità e coraggio avrebbe pò- Candia, e i suoi generali tenevanoconsul-
luto forse salvare a principio la città e ta sulle operazioni da' farsi. !l Zaneopi-
gloriosamente moriie. Seguironotultigli nava doversi andare direttamente a Ci-
orrori della conquista, laide scene di san- prò per liberarla, Sforza Pallavicino pro-
gue, di violenza e di brutture che la pen- poneva l'espugnazione de'Dardanelli per
Ila dello sloi ico rifugge dal descrivere. Si aprirsi la via a Costantinopoli, tuttavia si
porta a 20,000 il numero delle vittime, arrese al Zane. Invece il Doria ONtinata-
2,000 furono trascinati via in isdiiavi- mente s'oppose all'uscire in mare per la
tu, preda ricchissima, inlìnita, caricavasi stagione avanzata, la lunghezza del ma-
sulle navi, ma della maggior parte di es- re da percorrersi e non volersi alloutatiar
sa il coraggio eroico d' tuia donna privò tanto da Napoli e dalla Sicilia, e non poi-
i crudeli nemici. Già erano que' navigli rea repentaglio la flotta che costituiva la
per iscioglier le vele, quando una ilelie principal difesa della cristianità. Il Zane
schiavedisperatamentecorrendo alla poi- vergognandosi de'progressi de' tuichi in
veriera vi accese il fuoco (ciò operò con Cipro, insisteva [)er soccorrere l* impor-
risolulo ed eroico cora""io Bellisaudra tantissima isola e non lasciarla cader in
co
Maraviglia, sorella di Giovanni Maravi- mano degl'infedeli, scongiurando ne'più
glia, segretario del senato, e moglie di commoventi modi la salvezza di tante a-
Pietro Albino, gran cancelliere del regno ninie dal Sangue preziosodi Cristo reden-
di Cipro : altri dissero, con minoi e si- te. Concorrendo in quest'opinione anche
curezza, Marula greca di Lemnos. Bel* il Colonna, fu d'uopo al Doria piegarsi,
lisandra sapendo che colle più owe- ma di mala voglia e perciò frapponeva
nenti il pascià ne voleva far dono al ser- indugi e difllcollà. Con ragione esclama
raglio del sultano , prefeiì perire colle il prof Romanin.>'Egli è veramente con
compagne, anziché trovarsi esposta all'in- una stretta al cuore che noi vediamo la
vereconde brame de'suoi nemici, e così già sì potente repubblica, la dominatrice
impedire ad esse tanto ludibrio). Balzò de'mari, fallasi subalterna a'capitanistra-
in aria la nave e con essa due altre , il nieri, privata perfino d'una volontà pro-
mare ingoiò que' tesori, ma insieme au- pria, rattenuta dagli altrui interessi dol-
che i cadaveri mutilati de'turthi e di ol- l'accorrere a salvezza d'uno de'suoi priii-
Irei 000 schiave cristiane". L'arte di l'C- cipali possedimenti". Giunta la lagrime-
rificarc le date, non sempre corrispon- vole notizia dell'eccidio di Nicosia,il Za-
denle al suo titolo e scopo, dice l'assetiio neraddoppiò vivamente l'istanze; ma in-
di Nicosia comincialo a' 25 luglio, 1' as- vano: anzi il Doria dichiarò voler torna-
sallo e la presa a'g settembre, il Muli- re in Ponente, senza cedere per qualche
nelli scrive presa Nicosia in lai giorno do- altra impresa, affermando saper egli le
pò «4 giorni d'assedio. Tenne dietro alla commissioni ricevute dal re^ il che prò-
3<S?. V E N
lUisse alfcrclii, clicciulo il Cr)loiinn avrr
Jiii il re investito <U;1 siipreiiH) coinatido.
Alloi.i il Doria sciolse le vele e si ritirò n
Messina. La fluita venelo-papnie cli'erasi
spinta finca Scalpante, dovette tornare
a Caiidia malconcia dalla tempesta; indi
il Colemia parli per Ancona. Inasprii! gli
animi, il Zane fu chian)ato a Venezia a
discolparsi, ovvero per indisposizione vol-
le litornare, e vi mori due anni dopo non
Hncora giustificato, benché per l'addietro
nelle sue ioìprese felicissimo. Gli f(i so-
slitniìonel dicend)rei Svo Seliastiano Ve-
niei, con IMaico Qiiirini e Pietro Tron
provveditori. Scoppiala la peste nell' ar-
mata, venne sempre più nell'impotenza
d o|)erar sola. La repidtblica intavolò e-
nergiclie pratiche per una formale lega
colla Spagna con patii positivi , ma essa
mirando piùa'propi'i interessi clic al bene
della rrislianilà procedeva lenlaoìenle.
Non s'intermisero apprestamenti marit-
tin.i e ogni provveclintento,e nel gennaio
I ly isi mandarono soccorsi a'prodi diten-
sori di Famagosta pel capitanoNicoIa Do-
na. Tjclla gloria seppe acquistarsi in alcnni
scontri collegalee turche il Quirini. Pare-
va alfine che le dinicollà della lega fosse-
lo superate, quando il cardinal Granvela
ministro di Fdippo li dichiarò non poter-
si porre ad elletto nel pi esente anno. Sde-
gnata la ie[)ubl)lica, cedendo all'insinua-
zioni dell'ambasciatore francese Gras-i-
goan, reduce da Costantinopoli, mosti ò
piegarsi alle pratiche d'accordo proposte
da Selim li, che forse temeva la conclu-
.sione ilefinitiva della lega, o per sturbar-
la. Il senato dunque inviò al bailo Mar-
c'Antonio Barbaro, con commissioni se-
grele,nel marzo Jacopo Ragazzoni. Sapu-
tosi (|uesto da Filippo 11, cominciò a mo-
strarsi più volonteroso della lega, e alla
fine fu ridotta a termine colla legazione
«iel cardinal Michele Bonelli nipote del
Papa in lspagna,a'2 omaggio i. "ì 71, con-
cedendo s. Pio V alla repubblica la fa-
coltà d'esigere per 5 anni dal clero del
dominio veneto 200,000 scudi, e rendeu-
V E N
do memorabile la lega colla coniazione
d' una medaglia, duscrilla neH' articolo
'I irnriiiA, in un a quella per la riportala
vittoria. Si dichiarò nel Irallato della le-
ga : Che fra Papa Pio V, il re di Spagna
Filippo II, e la repubblica di Venezia
veniva conclusa lega perpetua non solo
a difesa, ma altresì ad offesa contro i tur-
chi e loro stati, ove più facesse mestieri e
[liù fbsse trovato opportuno, specialmen-
te per l'occupazioni d' Algeri, Tunisi e
Tiipoli (in Africa, nidi perpetui d'infe-
sti corsari maomettani di Barbcria), slati
che sono sotto la protezione del sultano;
che gli alleali allestirebbero 200 galee
triremi e 100 navi onerarie; 5o, eoo fan-
ti fra spagnuoli, italiani e tedeschi; /^,5oo
cavalli il' armatura leggera e le relative
artiglierie; che Sua Santità e la Sede
Apostolica somministrino per l'impresa
12 galee ben proweduted'ogiii cosa ne-
cessaria,e per le forze diTerraferma 3,ooo
fanti e 270 cavalli; queste forze dovreb-
bero trovarsi ogni anno nel marzo o al
più aprile ne' mari di Levante e difende-
re i luoghi che venissero minacciati, ado-
perandovi lutto o parie dell'armamenlo
secondo il bisogno; ogui aulunno sareb-
be a concertarsi col Papa in Roma intor-
no alla spedizione dell'anno venturo; si
regolò il riparlo delle spese e il provve-
dimento de'viveri, cioè il re di Spagna
ccnlribuisca per 3 sesti di lolla la spesa,
la repubblica veneziana per 2, e il Papa
per uno, al quale non potendo supplire,
sia esso sesto diviso in 5 parli, e di esse
3 ne paghi il re e 2 la signoria ; se il re
di Spagna fosse assalito dalla pai te di Bar-
beria, i veneziani accorrerebbero in soc-
corso con 5o triremi, e cosi dalla parte
del re se la repubblica fosse assalita ; se
il re volesse far l'impresa di Algeri, Tu-
nisi o Tripoli vi concorrerebbero i vene-
ziani, purché non avessero essi stessi a te-
mere per le loro terre d'un'invasione tur-
ca, né fosse deliberata in quell'anno una
spedizione in comune, la medesima assi-
sletiza prestandosi e alle medesime con-
V E N
fìÌ7Ìoni (Ini re nll' itii[nc<;c venete; si pio-
l«-;.'l^<ri l.'Ijcro con tulle le forze le tene
<l<-l l'cTpa ; nelle (Iclibeivizioiii convenir <lo'
vrel)l)ero i 3 generali deciileiuìosi per
nifiggioran?!! di voli; sarebbe cnpitano
gcnei;ile della floUa e delle truppe da
quella pollateti. Giovanni d'ausi' 'a (fia-
fello naturaledel re di Sj)agtìa, nel qua-
le aiticelo ne ripnrtai la biografia) e in
sua mancanza Marc' Antonio Colonna
duca di l'aliano; la bandiera peiò sartb-
l)e quella della lega. Lascicrebbesi luogo
onoiatis^inio all'ini pera lore,a're di Fran-
cia, di l'orlogallo, di Polonia, di adeiire
all'unione, anzi il Papa ve li ecciterebbe;
la divisione dt-lle terre, cbe per avven-
tura si acquistasstTo, nvicbbe a farsi se-
condo il palio del i SS", eccello Timisi,
Tripoli e Algeri cbe s[)oltercbl'ero alla
Spagna, e nello stesso modo si dividereb-
bero l'ailiglierie ossia per rata; non re-
cberebbesi alcun danno od odésa a Ra-
gusi e suo lerrilorio; qualunque verten-
za cbe sorgesse tra'confederali non roni-
peif'bbe la lega e verrebbe rimessa al Pa-
pa ; nessuno potrebbe Iraltare col turco
ili pace o tregua separatamente. Di (|ue-
sta celebre lega, di sua slrepilosa villo-
ria e conseguenze, io già ne bo trallato
iic'tiiveisi aiticoli che vi luuino relazio-
ne, e li ricorderò in corsivo pel «li piìi che
fMii mi astengo ri[)etere; benché doven-
do riferire quan.to riguarda la repubbli-
ca veneta, alcune ripetizioni sono indi-
spensabili, ma conedale di altre notizie
e selliti riQienli, clic precipuanienle i ica-
vciò, per unilà d'argomento, dalla piege-
vrrlissiuia Sloiiri docniiienUiUi del piof.
Ronifinin. Conclusa la lega e pubblicalaki
solennemenle, ed in Venezia a' i luglio
I $7 I, deputalo dal Papa Paolo Oilescal-
chi di Como IJililnit (lilla Caniera ad
occompaguaio, infìauiuiaie e benedire in
suo nome la floMa, didla re[)ubblicn si
richiese soUecilameute 1' unione dcll'ar-
tualcdi kS'«<;g//ae della uìililare Marina
poiilifìcut e de' suoi Soldali , e insieme
qualche fìitlu importantc,pcichè i lurchi
V E N 383
infeslavano la Dalmazia, slìarcavano a
Corfù, portavano il terrore da [)er tulio
colle loro feroci crudeltà. I veneziani se
ne a fn isserò, anco per vedere fin da prin-
cipio di non conseguire gli sperali bene-
fizi, e per avere con notabile danno mu-
tali i primi disegni, nell" allontanare le
proprie forze da Candia per recarsi a
Messina ad attendervi le flotte collegate
contro la Titrchia, e quindi sempre più
abbandonati i mari di Cipro; infine do-
vere starsene inoperosi a tante ingiurie
de'baldanzosi turchi |ìer conservare in-
tatta r armala fino all'arrivo di d. Cjio-
vanni. Questi finalmente vi giunse al ler-
uiiiiar di luglio collo Slcndanlo bene-
detto da s. Pio V, con 27 galee e dogo
fanti catalani, giovane di 22 anni, cupido
di gloria, ma a icpriincrne 1' ardore il
je aveagli dati alcuni consiglieri, che ne
restringevano 1' autorità. Le forze riu-
nite nel porlo di IMessina, dice il cav. Cop-
pi nelle yi/f/;/o/'VC'o/o/(//('.v(.consistevano
il) I 2 galere ponlificiecouiandateda Mar-
c' Antonio 11 Colonna (ctjl titolo di luo-
gotenente generale delia lega, e della me-
desima maestro di campo generale Asca-
nio della Coi gna, e generale di tutta l'ar-
tiglieria Gabrio Seibelloni), in 8 i galere
di Spagna sotto gli ordini di d. Giovan-
ni d' Austria, in 108 galere venete del
capitano generale Sebastiano Veniei , in
3 galere del duca di Savoia Emanuele
Filiberto (la cui capitana era governala
da monsignor di Lyni, ed ivi er-i il fi-
glio <lel duca ó' l rhino il principe Fran-
cesco M.' Il), ed allrellanle dell'ordine
GcrosoliiiiitiiiìO (di cui era generale Ir.
pioti o Giustiniani priore di Messina ; ag-
giungerò ancora che Genova puresom-
ntimslrù navi, della cui capitana era ge-
nerale tlloie S[)in()ia cavaliere d'Alcan-
tara, nella (piale galera era il principe di
Parma. Comn)issario pontifico era mg.'
Domenico Grimaldi), per la conservazio-
ne e salvezza del quale, che il turco me-
ditava distruggere, il Papa avea allre^^
zelato la conclusione della lega. — Ma
384 V E i\ V E N
il tempo corso per maneggiarla no» era foili. e cominciarono a haltere le mur?» ;
Jnsciato passare inoperoso da'turchi nel- si difèndevano gli assediali cogli arclnbu-
l' isola di Cipro, poiché espugnala Nico- gi, co'cannoui e co'fuochi artificiali, e re-
sia, nel maggio del segnenle anno cinse- spinsero il i. "assalto. Però le perdite de'
ro d' assedio /"^/«/7g'o.9^'z (io inclino a turchi subitosi riparavano, quelle de'di-
credere con W^rle di verificare le dalc, Tensori erano irrimediabili. Quindi si al-
ed altri, che Mustafà dopo la presa di tornarono i mezzi ingegnosi e dell'arte sì
Nicosia, si recò tosto ad assediar Fama- di offesa e sì di difesa, mentre il vescovo di
gosta, per la cui vigorosa difesa si vide Limisso o Napoli o Nemesi, fr. Serafino
poi costretto nell' entrar dell'inverno li- Fortihracciofimagostano e domenicano,
mitarsi al blocco, riprendendo l'assedio esortava e incoraggiriva que'di dentro, e
nella primavera del seguente anno), cit- le donne die rendevano utilissimi servi-
ta vescovile ridotta a fortezza, di forma gi, finché una palla uccise il zelante pre-
quadrala imperfetta, il poi lo essendo di- lato mentre orava vicino alle mura. Al-
feso da un piccolo castello con 4 torrio- tri 3 assalti furono egualmente respinti
ni. Gli abitanti aveano distrutto i bellis- con valore, ma ormai facevasi inevilabi-
simi giardini sid)urbani,e raccolte le nies- le la resa per le già vi perdite fatte di di-
si eransi portate nella città con i 5oo vii- fensori, per la penuria di munizioni e di
liei che resero buoni servigi ne'combat- viveri onde la popol^izioue cibavasi delle
timenli e ne' lavoii delle fortificazioni, cose più vili e immonde. La stanchezza,
Verso la metà di aprile i5ji si avvici le ferite, le malattie rendevano molli in- ,
narono i turchi a Famagosta a far ba- abili al servigio, e quelli che ancora si
stioni per piantare l'artiglieria per le bai- prestavano somigliavano più a spettri che
terie, le quali principiarono ad agire a' ad uomini. A lutto opponevano mirabi-
ig maggio. Si cominciò da piccole sc.ira- le fermezza il Bragadino e il lìaglioni, e
niuccie, da felici sortile del Baglioiii, il dall'esempio loro gli altri s'incoraggiava-
quale col Bragadino confortavano gli a- no.Lostesso neraicoammirandoilcoslan-
bitanli atterriti dalla catastrofe di Nico- te valore, e considerando le proprie nu-
sia, raddoppiando d'ardore nel distrugge- merosissime perdite, diceva che Famago-
le i lavori de'nemici. Un soccorso avea slasembravadifesa non da uomini tua da
potuto penetrale daCaridia sotto la con- giganti. A'3o luglio le più gagliarde schie-
liolta di Marco eMarc'Antonio Quirini, le ottomane, dopo aver posto in ordine
di i4oo fanti ilfìliani comandati dalcoii- tutta la formidabile artiglieria, salirono
te Luigi Martineiigo con cannoni e mu- sulla breccia e combaltenilo ferocenien-
nizionì. Però i comandanti non s'illude- te pervennero a farsi strada fra'difenso-
vano sulla resistenza da farsi a'turchi.se ri. Questi però opposero tale fortissioia
non arrivavano i sospirati soccorsi della resistenza, che dopo 6 ore di furiosa pu-
tlotla, troppo essendo sproporzionati i gna i turchi anche questa volta furono
mezzi di difesa da quelli potentissimi de- respinti. Mustafà tornò a proporre ad e-
gli aggressori. In sostanza i giudicati abili qui patti la resa, mentre gli abitanti, che
alle militari fazioni ascendevano 37,400, fino da'i5 luglio aveano pregato il Bra-
de'quali 3,5oo fanti italiani, i,4oo mi- g.idino a muoversi a pietà onde capito-
liti paesani, 2,5oo appartenenti a' 6 se- lare, vedendo svanire la speranza di uj-
slieri della città, cui si aggiunsero S'io lerioreelficace difesa, rinnovarono più vi-
albanesi: ma siccome molli de'nomiiiali ve rimostranze; ed il capitano, sollecita-
si occupavano a' lavori di fortificazione, lo pure dal consiglio de'principali, dopo
forse ad un 5, 000 si riducevano icom- lunghe e vivissime discussioni alzò a' 2
battenti. Intanto i turchi costruirono io agosto la bandiera bianca. Cessato l'or-
V E N
libile fracasso delle balteile , che in 2 j
(in j5 dice il Sereno) giorni aveano tiralo
i5o,ooo palle di ferro certamente, a cui
da tanti mesi erano assuefatte le orecchie
di ognuno, segui d'improvviso un pro-
fondo silenzio, senza che perciò ne venis-
se conforto negli animi, che anzi si mo-
stravano sospesi, quasi presaghi di qual-
che grande sciagura. A' 3 agosto entra-
rono in città alcuni uffiziali turchi, cioè
il luogotenente del pascià e l'agà de'gian-
uizzeri, ed incontrati dal Baglioni furono
onorevolmente accolti, mentre andavano
stalichi al campo turco i ragguardevoli
conte Ercole Martinengo e Matteo Colti
famogostano. Furono quindi discussi e se-
gnati i patti della resa a'i8 agosto 1^7 i,
i quali fiu'ono: che i fanti italiani con ar-
cui, stendardi e bagaglio, gli albanesi ed
i greci colle famiglie e colle robe loro fos-
serosopra legni turchi tiasportati inCan-
dia; che a que'che non volessero partire,
si preservassero dall'insolenza militare la
vita, la roba, l'onore, e potessero conti-
nuare a vivere secondo la loro religione;
fosse permesso il trasporto degli amma-
lati, di 5 pezzi d'artiglieria e di tutte le
campane. Alfine stabilite le condizioni e
somministrati i legni necessari, già il pre-
sìdio cominciava ad imbarcarsi , piene
d'ammirazione arabe le parli, i cristiani
della turba inoumerabile che avea for-
mato l'assedio e delle meravigliose opere
d'oppugnazione recate a termine;! turchi
del piccolo numero che avea saputo spie-
ga re tanto eroismo opponendo sì ferma
e micidiale resistenza. Ma mentre ancor
sì trattava, avvenne caso che per poco
non isliubò ogni componimento. Essen-
dosi alcuni turchi avanzati nella nulle più
che non comportava il convenuto, nac-
que nelle tenebre tale mischia, che se non
fosse slato provveduto a tempo da un or-
dine del pascià , avrebbero potuto deri-
varne le più funeste conseguenze, ma la-
sciò tuttavia tale impressione nel suo a-
nimo, che gli servì poi di pretesto all'a-
troce scena alla turca che poco dopo se*
VOL. xcii.
YEN òs:;
guì. Dappoiché succeduto Timbaroo de'
cittadini, il Dragadino o invitato dal per-
fido pascià, come i più vogliono, o che
spontaneamente il facesse, si recò primit
di partire cogli altri capitani prìuoìpali
ad inchinarlo e consegnargli le chiavi. E-
rano con lui Aslorre Coglioni, Gio. An-
tonio Quirini, il conte Luigi Alartìnengu
e altri a cavallo colla scorta di 4o archi-
bugieri; ebbero liete accoglienze, e furo-
no lungo tempo trattenuti in piacevoli
discorsi, quando ad un tratto il fedifrago
e feroce IMustafà mise in campo la do-
manda d'una guarentigia pe' legni som-
ministrati a trasportare le genti in Caii-
dia. Impegnava ilBragadino la fede pub-
blica, ma pareva non ne fossero soddi-
sfatti i turchi; accusaronsi anzi i cristiani
d' aver nella precedente notte trucidati
nella rocca 200 schiavi musulmani: ne-
gò francamente e costantemente il fdtto
il capitano, e l'alterco si fece vivo. Vole-
va Mustafà il Quirini in ostaggio, ma di-
chiarò il Bragadiuo non potere acconsen-
tirvi. Di repente il crudele Mustafà, vio-
lando le condizioni della resa, ordinò che
tutti fossero legati, poi fece in;piccare
Lorenzo Tiepolo, tagliare a pezzi il Ba-
glioni, il Martinengo, il Quirini; le fero-
ci turbe de'turchi, sciolto il freno, si get-
tarono sugl'ìmbarcati;, e parie ne fecero
schiavi, altri maltrattarono, altri uccise-
ro; tutto nella città diverme subito pro-
fanazione e orrore: al Bragadiuo tagliato-
gli il naso e l'orecchie, e dispregiandolo
gli domandava empiamente, dov'è il tuo
Cripto che non ti aiuta, ed il Bragadiuo
mai rispose; indi il magnanimo difensore
di Famagosta fu serbato ad esser testi-
monio dell'iniqua strage de'suoi per poi
farlo morire crudelissimamente. Imperoc-
ché dopo 11 giorni angosciosamente pas-
sali, condotto fra' più ridicoli ludibrii e
Scherni nella piazza di Famagosta, sulla
pietra della berlina gli fu levata dal cor-
po la pelle, e l'eroe veneto fra quegli a-
Iroci toimenti solo a Dio raccomandan-
do l'anima sua, recitava le parole del sai-
ì5
386 V E ìN
ino Misererc e con la dolce invocazione
di Gesù, rese 1' uUimo respiro. Né sazio
ancora rtffeiralo lirauno, volle che quel-
la pelle fosse empita di paglia e ricucila,
poi lala sotto r ombrella rossa , insegna
del capitano, e fra gl'insulti per la città;
poi attaccata ad un'antenna della galea
ammiraglia del navilio, qual trofeo di
sua vittoria e infame turpissimo tradi-
mento , la portò seco a Costantinopoli,
collocandola neirarsenale,ocomeallri vo-
gliono in una moschea, ludi nel t 58o sot-
traila da Girolamo Polidoro, fu pollala
a Venezia e collocata iu un pilastro del-
la soppressa chiesa di s. Gregorio con i-
scrizione, da dove a' 5 maggio i SgG fu
trasferita in un'urna nella chiesa de' ss.
Gio. e Paolo, fra ili.^ed il 2.°altare,essen-
dosi trovata intatta e palpabile, come no-
tai nel § X, n. 19. Le leste di Baglioni,
di Martinengo, di Qtiirini e del castella-
no, il pascià le fece collocare iu una cassa
e poi le mandò in dono a Selini il, che
le fece porre nel bagno. Il conte Ercole
Marlinengo, ch'era ostaggio, fu nascosto
dall'eunuco di IMustafù finché la collera
gli fu passata , e avendolo poi mostrato
si contentò di donargli la vita, tenendo-
Io per suo schiavo. Tale fu la tragica
sorte di Famagosla e de'suoi proili, do-
po una resistenza di ben due mesi e mez-
zo,che resterà sempre monnmentodi glo-
ria negli annali militari, e della ferocia
de' turchi. Il conte Nestore Marlinengo,
the con onoralo grado fece parte de'pro-
di difensori, liberatosi dalla schiavitù, nel-
la minuta descrizione dell'assedio di Fa-
magosla da lui presentata al collegio, as-
sicura che l'esercito turco era di 200,000
uomini d'ogni qualità, ma soli 5o,ooo
pagati, fra' quali i4,ooo giannizzeri. Il
Sereno invece narra, che de' 200,000 i
pagali erano 80,000, compresi 4i)000
giannizzeri, cavali da'presidii della Natò-
lia, Soria e Caramania , ed anche della
Porta. I venturieri da spada 60,000, e il
resto d'ogni sorte di gentaccia; e la ca-
gione che vi fossero lanli venturieri fu
V E N
per la fama sparsa dal pascià, che Fama-
gosla fosse più ricca di Nicosia. Avverte
il eh. conle Girolamo Dandolo, che a vo-
ler fare giusta slima della gravità delle
cause che condussero la repubblica a per-
dere Cipro, è da leggere la scrittura inti-
tolala: Successo della guerra fatta con
Seliin sultano imperatore de turchi,€ giù-
stificazione della pace con lui conchiu-
sa, di M. Francesco LongOy dal eh. con-
le Agostino Sagredo indirilla al march.
Gino Capponi con lettera 2q agosto 1 846,
e già fitta di pubblica ragione nell'Ap.
pendice n. 17 óeW Archivio storico ita-
liano, il Longo fa toccare con mano i
danni maggiori degli aiuti recati a Vene-
zia dall'alleanza spagnuola, e 1' impossi-
bilità cui vedevasi ridotta di sostenere più
a lungo la disegualissima lotta. — Men-
tre le narrale dolorose vicende accade-
vano in Famagosla, i 3 generali d. Gio-
vanni d'Auslria,SebasliaiioVenier e Mar-
c'Antonio li Colonna, riferisce il prof.
Romanin, riunitisi finalmente nell'agosto
del 1 57 I in Messina, aveano sotto il loro
comando 220 galee sottili, 6 galeazze, 2^
navi ed altri vascelli minori, e da colà si
mossero (a' 16 settembre dice il Coppi)
nel seguente online. Precedevano come
anliguardo 8 galee comandate da Gio-
vanni di Cardoiia generale di Sicilia, se-
guiva Gio. Andrea Doria con 53 galee,
poi venivano i 3 generali con una flotta
d'oltre 61 galee, alle quali teneva dietro
a breve distanza il provveditore Agosti-
no Barbarigo con 53, formava alfine la
retroguardia con 3o galee Alvaro di Brac-
ciano marchese di Santacroce e generale
di Napoli. La flotta così disposta veleg-
giò fino a Corfù.ove fu tenuto consiglio
sid da farsi, e dopo lunghi dibattimenti
prevalse l'opinione del general Venier e
del provveditore Barbarigo, diesi aves-
sero a cercare i turchi per venire a gior-
nata, troppa vergogna essendo dopo tan-
to apparecchio di guerra, lauto denaro
speso , laule gravezze imposte a' popoli,
tante belle speranze eccitate, tornarsene
V E N
senza neppur avere velluto la faccia ilei
nemico; niuna umana impresa esser sicu-
ra, meno poi l'esito delle battaglie, ma a
bene sperare confortavano e ti numero
delle navi e degli armali, e la maestrìa
nell'evoluzioni, e sopra lutto la benedi-
zione di Dio , che alle armi impugnate
per sì bella causa benedirebbe. Laonde la
flotta si di resse alla volta diCefalonia per
farsi incontro alla turca che sapevano es-
ser allora nel golfo di Lepanto^ e coman-
dala da Ali pascià. La mattina de'7 ot-
lobrei 57 I sul levarde! sole l'armata del-
la lega si trovò verso gli scogli dell'isole
£ch inardi o Curzolari. Ali alla notizia
dell'avvicinamento dell'armala ciistiana
le si mosse incontro da Lepanto, aflìdan-
do l'ala destra della sua flotta a Mehe-
mei Sciaulak, e la sinistra ad Occhiali,
menlr' egli con Perlaù pascià si collocò
al centro; altre barche dispose sotto di-
versi capitani al soccorso. Leggo nel Se-
reno, che i turchi nel corno destro avea-
no 55 galee, nel sinistro 84, nella balla-
glia 96 tutte ad un paro, con io dietro
alla reale del pascià, seguite da 3o fuste
e da alquante altre galee. Già notai al-
trove, che ne tratta Girolamo Catena nel-
la Vita del gloriosissimo Papa Pio F,
aggiuntovi i nomi delle galee e de' capi-
tani crisliani e lur^hi, che si trovarono
alla battaglia navale^ col disegno di es-
sa e altri particolari, Roma 1647- An-
che il cav. Mulinelli pubblicò negli An-
nali Urbani: V ordine delle galere et
le insegne loro con lifanò, nomi et co-
gnomi de Hi magnifici et generosi patro-
ni di esse, che si ritrovorno nell'armata
della s. f^ega, al tempo della vittoriosa
tt miracolosa impresa ottenuta et fatta
con lo aiuto divino, contea l' orgogliosa
et suprema armata Turchesca. Fidet-
mente posto in luce in Fenelia, apresso
Giovan Francesco Caniotio i5j i. Così le
due armate si scontrarono. Il Venier no-
tò l'insubordinazione deli'armata alleata
e le dillicollà superatene! ridurla al com-
battimento, le sopraffazioni e iasoienie
YEN 387
degli spagnuoli, cose tulle che Io feceru
disperare. 1 turchi credevano che la flot-
ta fuggisse, chiamando i crisliani galline
bagnale. Era già il sole alto sull'orizzon-
te, chiarissimo il giorno , quieti i venti
che l'aveano conturbato, il mare in per-
fetta bonaccia. Dato il segno della balla-
glia, lutti con allegrissima voce rispon
devano: Fittoria ^/7/oriVz. D. Giovauni
armatosi e montalo sopra una fregata
(con tal vocabolo dicevasi allora un pic-
colo naviglio daremo)andavaiulorno sol-
lecitando, incoraggiando ognuno: ricor-
dava l'occasione di combattere, il peri-
colo, la necessità , la gloria, le magnifi-
che spoglie che dalla vittoria riportereb-
bero. Né minor diligenza usò il generale
veneto Venier. Altrettanto fece il Colon-
na, e tutti gli altri capitani animando con
sermoni i propri soldati. Il simile fecero i
gesuiti ch'erano colle galee di Spagna,
ed alcuni cappuccini maudati dal Papa
colle sue galee, mediaute caldissime esor-
tazioni, inalberando ne' luoghi più emi-
nenti l'adorabile iinu)ugiue di Gesìi Cro-
cefisso, dicendo sullo la sua prolezione
l'orgoglio ottomano sarebbe fiaccalo. Kel-
la galea reale di d. Giovanni s'innalzò il
gran stendardo della sagra lega, manda-
lo dal Papa con ingiunzione di non po-
tersi spiegare che nel dì della battaglia.
Eravi espresso in gran figura il Nostro
Signore Crocefisso dipinto, e con caldis-
sime e giubilanti preci fu salutato da
tulta quanta 1' armata iu ginocchio, co'
suoni fragorosi delle trombe e de' pif-
feri. Frattanto uscivano continuamente
le galee fuor degli scogli e tutta 1' ar-
mata si distese in alto mare e si dispo-
se in ordinanza, occupando lo spazio di
forse 4 miglia. Stava alla destra il Do-
ria, il provveditore Barbarigo colla si-
nistra piegò verso lerra, fermandosi nel
fnezzo i 3 generali spagnuolo, romano e
veneto, colla battaglia. Fano i. La Pa-
trona /le-^/ andava per poppa de'genera-
li, come il Fano 3, La Capitania del Co-
ma ndalor wiaggior e. Ya'm\o di d. Giovan-
38.S V E N
Ili il Fani) •?., LaRealjóeì Colonna il Fano
5, Cn Ctipitaiiiarli Sun SnnlilàjW Fano
4 del Venier, La General di yenrtia. A lì
tla principio non vedendo l'ala sini>tra de'
cristiani che lardava ad uscire dagli sco-
gli, si persuase che Ta rinata loro fosse di
minor numero, e notando come il Doria
piegava verso il mare, appunto per la-
sciar luogo alla sinistra d'uscire, si diede
a credere che fosse un principio di fuga.
Venivano dunque i turchi innanzi come
a certissima preda. Quando poi Ali si
avvide dell'inganno, esortò perciò i suoi
a non dover diminuire di audacia e co-
raggio, colle promesse e colle minacce
spingendo ognuno alla zuffa. Questa fu
cominciata dalle galee grosse della lega,
]e quali fulminando i turchi al loro ap-
pressarsi, furiosamente da prora, da fian-
co e da poppa recarono loro grandissi-
mo danno. Così l'armata nemica entrava
nella pugna, già sconcertata, perchè es-
sendole mancato il vento non avea potu-
to presto riordinarsi, ed avanzando in-
tanto sempre più le galee sottili, Ali co-
minciò a temere di poter essere dal Do-
ria preso in mezzo. Intanto combatteva
anclie il centro, ed Ali veniva ad incon-
trarsi con la galea di d. Giovanni, il qua-
le si spinse di subilo innanzi, insieme col
Venier, fece lo stesso il Colonna contro
la galea di Pertaù pascià, e così in più
parli si combatteva con grandissima stra-
ge e dubbioso evento, per modo che non
una ma molte battaglie navali parevano
incagliale. Le grida d'allegrezza de'vinci-
tori, quelle di lamento de' vinti, lo strepito
degli archibugi, il frastuono rimbomban-
te de'cannoni, il denso fumo che oscurava
la vista del sole, presentavano l' immagi-
ne terribile del più feroce fra'combalti-
menti che mai i flutti avessero veduto.
Nessuna penna in breve potrebbe descri^
■vere la vasta e varia, tremenda e frago-
rosa scena che seguì in que'supremi mo-
menti di terrore e di speranza. Ardeva la
zuffa principalmente nella parte ov'erauo
i generali, e grande era la strage, che per
V F. N
ben due oie durò. Già einno i soidnli cri-
stiani penetrati più volle fino agli albcii
della galea d'Ali, ed altrettante n'erano
stali respinti; rinforzi accorrevano e suc-
cedevano da una parte e dall'altra; mori-
rono Giovanni Loredano e Caterino Ma-
lipiero governatori di due galee venete,
chiamata la i.' Due Mani di Fenezìn, la
2." La Colonna di f^enczia, ccvne ap-
prendo dai Catena; ma alfine la galea o
fallò (fanale) reale del generale coman-
dante Ali fu presa, e lui morto; furonn
pure conquistale le galee di Fertaù e di
Caracoza famoso corsaro, quegli salvato-
si per la fuga, questi rimasto ucciso. Così
trionfa vasi al centro, e il Qui rini inseguen-
do 3o galee nemiche se n'impadronì, do-
po aver obbligato la ciurma a salvarsi a
terra; né meno felice arrideva la sorte a
cristiani all'ala sinistra , ove però la ga-
lea capitana, fanòo fanale i, Patrona dì
Venezia , del piovveditor Barbarigo si
trovò in grave pericolo, circondala da 6
delle nemiche, ma egli senza perciò per-
dersi d'animo,comanda va,ordinava,pro v-
vedeva secondo il bisogno. Fero trovan-
dosi alla poppa colla faccia rivolta a una
galea nemica, fu colpito da una freccia
neir occhio sinistro e dopo 3 giorni ne
mori, venendogli surrogato, com'era sta-
to suo desiderio, Feclerico Nani, uomo
valoroso e mollo esperto nelle cose ma-
rittime, il quale pugnando anch'eglì, nel
detto combattimento, tanto fece e s'ado-
però che la galea fu salva e tolsene per-
fino una al nemico. Laonde essendo già
tutti gli ordini de' turchi disturbati, e
molte delle loro galee o prese o fracassa-
te, perduta ormai ogni speranza di villo-
ria,davan$i alla fuga,menlre ancor si com-
batteva air ala destra, ove l" armata cri-
sliaiia si trovava fortemente minacciata :
una galea di Malia, già tolta in mezzo,
potè a grande stento esser salvala da due
altre accorse in aiuto ; quella di Bene-
detto Soranzo, chiamata Cristo risusci-
tato di Venezia, restò miserameule som-
mersa con dolorosa perdila di tulle le
V E N
genti. M;i qiMudo Occhiali seppe la rotta
ilella sua sinistra e del centro e vide muo-
vere alla sua volta il Doria e altri legni,
più non pensò che alla fuga, e la villoria
de'cristiaai fu assicurata. Terribile, inipo-
uentissimo e desolante spettacolo presen-
tava il mare coperto di cadaveri e di corpi
semivivi e boccheggianti, che lottavano
colla morte; vele, remi, antenne, timoni,
nruìi d'ogni sorte portale dall'onde, tutte
vermiglie d'umano sangue. Il numero de'
morti fu variamente riferito, come sem-
ine in tali casi ; ma i più si accordano ia
dire che dell'armata de'confederati man-
cassero da 8,000 uomini, fra cui acj no-
hdi veneziani delle primarie famiglie;
più d'altrettanti fu il numero de' feriti,
fia'qufili il famosoauloredel romanzo D.
CVi/.woffójMicliele Cervantes, che vi per-
dette il braccio sinistro (la cui statua, o-
pera del eh. cav. Sola, da ultimo fu eret-
ta in Madrid, e lo notai pure nel voi.
LXVIII, p. 33). Quindici galere anda-
rono perdute. 1 morti dell'armata turca
si fanno ascendere a 3o,ooo, compreso
Ali pascià colla maggior parte degli altri
capitani. Delle grandi perdile solferte del-
l'ala sinistra de'cristiaui, molto fu acca-
gionato il sempre avverso e maligno Do-
na, per essersi troppo allargalo verso la
destra, onde lardi potè accorrere al soc-
corso, del che egli volle giustificarsi eoo
ragioni strategiche ; alcuni lo scusarono,
altri in più numero gravemente lo accu-
sarono (il procedere del Doria viene bia-
simato pure dal conte Girolamo Dando-
lo, dicendo che Agostino Baibarigo prov-
veditore, uomo sopra molti degnissiiuodi
perpelua ricordanza e di lagrimarsene
amaramente da'veneziani la perdita, non
solo efHcacemenle contribuì col proprio
v.ilore al conseguimento di questa non
facile villoiia ; ma fu principalmente col-
l'autorità della sua eloipiente parola, che
riuscì a trionfare dell' arti turpissime di
Gio. Andrea Doria, sgombrando ogni in-
certezza dall'animo del valoroso d.Gio-
vaniìi, e coaducen dolo a uuq ricusare una
V E N 389
pugna, alla qualedovette principalmente
la gloria da cui fu irradiato il suo nome).
Ad ogni modo i 17 galere nemiche cad-
dero in potere degli alleali; molte altre
fi acassale andarono a fondo;oltrea 5, 000
furono i prigioni, e tra questi %5 perso-
ne di grado ; grandissimo fu il numero
degli schiavi, che trovati sulle navi, fu-
rono liberati. Queste cifre in parte sono
diverse dalle riferite altrove; ciò, come
in lutto, non è contraddizione, ma varie-
tà degli scrittori allegati. Il Casoni in fal-
li dice, che 4?^ legni si presentarono in
linea, cioè 202 della lega, e 274de'tur-
clii ; durò il connilto più di q ore, 3 del-
le ([uali in accanita zutTa, le altre nelle
caccie e negl'inseguimenti :si videro por-
lenti di ardire e coraggio. La perdita de*
cristiani la calcola a io,456, quella de'
turchi a 29,990. Segnalata vittoria, che
die suo nome all' anno in cui venne ri-
portata. Trovo ne' Commentari del Se-
reno, che durò 5 ore la battaglia, ed i fie-
ri e perpetui nemici del nome cristiano,
nell'acque di Lepanto caddero a'piedi del
gonfalone della Croce che difendevano i
suoi credenti. La potenza di Dio difese
ia venerabile Immagine sua dipinta nello
stendardo maggiore della lega. Il Sere-
no, storico* cumbattente nella gran pu-
gna, assicuia, clic mentre non erano an-
tenne, sarte, alberi, insegne, non un pal-
mo di cosa alcuna nelle galee, che dalla
tempesta dell'archibugiate e delle freccie
trafitto, non si vedesse talmente di spes-
sissimi colpi e freccie coperto, da rappre-
sentar la pelle d'un porco spino ; non pe-
rò quel benedetto stendardo di s. V\o
V, nel quale con impero sovrano l'im-
magine di Cristo splendea, e che all'au-
ra sventolando tutta la poppa della Rea-
le adombrava, da colpo alcuno rimase
leso o straccialo; talché mentre lutti gli
altri stendardi e le bandiere tutte non ri-
seibavauo in parte alcuna una spaua.i
d'intero, (jucsto solo fra tulli, che più de-
gli altri doveva essere iufraoto, chiara-
mente uiostrava da qualche armala schic-
3oo
V E N
ra d'angeli invisibilmente essere stato co-
pcrlo. Similmente i religiosi cappuccini,
ciieavea il Papa nelle sue galere riparti-
li, ancorché ne'piìi scoperti luoghi di es-
scj tenendo ciascuno un Crocefisso in ma-
no inalberato, si facessero vedere, al qua-
le è da credere che infiniti colpi di mira
fossero drizzali, ninno però di essi rima-
se ferito; anzi i percossi dalle palle di
piombo, queste ne'loro panni eransi mor-
te, come nella sua galea vide il Sereno.
IVella gloriosa e sempre memoranda gior-
nata fu manifesto a' turchi, quanto va-
gliono le armi cristiane itisienie unite e
risolute a combattere. La flotta vittorio-
sa si ritirò nella notte nel più vicino por-
lo detto Petela o Pelala, o piuttosto ri-
dosso delle riviere opposte agli scogli del-
le Curzolari, ove a Dio rese ferveulissicne
grazie, e pieni di contento i cristiani, mas
»ime i feriti che se ne gloriavano, col ci-
bo e il riposo dierono a'corpi il necessario
ristoro. D.Giovanni d'Austria reiterò ab-
bracciamenti e vivissimi ringraziamenti
a'capilaui tutti, pel valore e prontezza
mostrata in tanti perigli, confessando do-
versi la vittoria alle sante preci del Pa-
pa, i cui nipoti Paolo Ghislieri e Miche-
le Bonelli strinse più volte affettuosamen-
te pe* saggi di prodezze da loro dati.
Grandi e onorate parole diresse al Co-
lonna, come a quello eh' era stato della
.santa lega fautore e conservatore, ed a lui
doversi l'esaltazione e la quiete del popo-
lo cristiano. Ma mentre per seco ralle-
grarsi il valoroso general Venier nella
sua Reale saliva, volendo il Colonna pre-
garlo che i disgusti seco passali gli ri-
mettesse, per quanto poi dirò, non gli die
d. Giovanni tempo di dir quanto voleva,
poiché tosto che l'ebbe veduto, corse con
allegrissimo viso ad abbracciarlo, e prou-
tamentegli disse: non esserpiti tempo ri
cordarsi d'offesa alcuna, ma che solo con-
gratulandosi fraternamente insieme , a
Dio di tanto bene le debite grazie dar si
doveano; ringraziando egli frattanto e la
ptiiona sua e la signoria di Venezia, che
V E N
tanta gran pai te in si onorata vittoria a-
vevano avuta. Più particolari grazie rese
all'altro patrizio veneto Francesco Duo-
do capitano generale delle galeazze avan-
ti, le quali confessando essere stale potis-
sima cagione della felice vittoria, come
quelle die prime gl'inimici avevano di-
sordinato, con un diploma che gli fe-
ce, di onoratissiino tenore, volle che al
ntondo fosse manifesto il valore e le be-
nemerenze del Duodo. Dicesi che d, Gio-
vanni avea risoluto d'inseguire i turchi
fino a CostanLinopoli e di tentare di cac-
ciiuli dall'Europa, ma la stagione trop-
po avanzata lo costnuse a dilferire l'ese-
cuzione di tale progetto, che poi non eb-
be effetto. Dopo il trionfo fu tosto spedi-
to a Venezia, a Roma e a Madrid il lieto
annunzio, e più di tulli ne sentirono pia-
cere i veneziani e il Papa, delle cui di-
uiostrazioni pubbliche di ringraziamento
a Dio e alla B. Vergine della Vittoria
non è a dire, e donde derivò la festa del
ss. Bonario, a\ cui onore aggiunse s. Pio
V nelle Litanie, Auxiliuiii Christiaiio-
riun. Di tutto ne riparlai altrove. Ma
al dire del Sereno, quando la corte di
Spagna intese l'ordine della battaglia
e il risultato, non mancò in quel consi-
glio chi dicesse, che quantunque bene
fosser succedute le cose, era nondimeno
d. Giovanni degno di severa riprensione;
poiché intento solamente alla gloria sua,
come giovane troppo volonteroso, nona-
vea avuto riguardodiporrea rischio tulle
le forze che il re si trovava avere nel ma-
re, le quali perdute, i regni marittimi tan-
to importanti non si sariano potuti guar-
dare! Ma il Papa e Venezia si trovava-
no nella slessa condizione e con minori
mezzi della potentissima e opulenta mo-
narchia spagnuola! Ha dunque ragione
il prof Romanio nel dire: Cipro fu per-
duta non per colpa de' veneziani, ma per
quella di Spagna, di Francia e di Ger-
mania. La I .^ premurosa soltanto de'pro-
pri interessi, anziché di quelli della cri-
stianità, attendendo principalmeote a do-
V E i\
mar la ribellata Fiandra, uoii voleva ven-
dere i suoi soccorsi se non a palli van-
taggiosissimi, e mirava solo a procurare
sicurezza a se, non agli altri. La 2.' strin-
geva la desli'a al sultano. La 3.' non osa-
va provocarlo. Giulfredo Giustiniani re-
cò a Venezia in 1 o giorni la sospirata
lieta novella, e vi giunse co'trofei della
vittoria a' 18 ottobre iSyi, fra lo sparo
del cannone e le risonanti grida di f'it-
torio, Vitloria. La gioia fu universale,
la plebe trasmodando corse a liberare i
prigioni per debili, esclamando libertà^
lilertà. Si chiusero le botteghe coll'iscri-
zioue: per la morte delurchi. I mercan-
ti di tale nazione spaventati si tennero
chiusi ne'Ioro quartieri. Il doge Moceni-
go per la moltitudine con isteuto calò in
s. IMarco pel canto del T'e Dcmn, e cele-
brata la messa con grande orchestra, Pao-
lo Paruta recitò con grave eloquenza l'o-
riizioiie funebre a'gloriosi defunti, e poi fu
stampala nel 1372 in Venezia: Orazione
funebre ili laude de morti nella vittoriosa
battaglia contro i turchi seguita a Cur ta-
lari l'a/ino i 57 I . Indi scrisse: Storia ^Ve-
neziana divisa in due parli,\euez\ai6o5.
La 2.' contiene la narrazione della guer-
ra de' principi cristiani contro Selim II,
in occasione del regno di Cipro da lui
loi lo a* veneziani (quest'illustre storico so-
prannominato il Catone di /'enezia, da
Darà è tenuto pel 1." che introdusse nel-
\iì sua narrazione i particolari della sto-
ria civile, ordmariamenle disdegnati da-
gli scrittori , in mezzo a' racconti delle
guerre e delle rivoluzioni). Inoltre il se-
nato ordinò per 4 giorni in Venezia e nelle
città di Terraferma iimi devoli e proces-
sioni, decretando festivo il giorno 7 otto-
bre sagro a s. Giustina , in cui erasi ri-
portala la vittoria, l'erezione d'un tem-
pio sotto la sua invocazione a Padova, e
la di lei statua doversi porre sidla porla
deH'Arseuale.ed è opera distinta del Cam-
pagna, quali monumenti della vittoria.
INcll'eulusiasmo per questa, consideran-
do alcuno che l'ebreo marrano Nassi era
YEN 39 1
slato il promotore della guerra di Ciprot
e tenuto per capo principale degli ebrei>
co'quali avea relazioni, provocarono il ri-
goroso decreto deirespulsione degli ebrei
e de'marrani, spiralo il tempo della con-
dotta, che però non ebbe elTelto per es-
sere stalo annullato nel j573. Grandi e
magniilche furono pure le allegrezze pub-
bliche falle da'mercanti di panno di Rial-
to, dal ponte fino alla strada de' gioiel-
lieri superbamente addobbata con pre-
ziose tappezzerie, e nella piazza di Rial-
to co'trofei tolti a'turchi su alta pirami-
de, mentre alle due estremità del ponte,
si eresse un maestoso arco cogli slemmi
de'collegali. Innanzi alla propinqua chie-
sa di s. Jacopo si formò un altare , sul
quale furono celebrati gli uflìzi divini ac-
con)pagnali da solenne processione, cau-
li e suoni. La notte risplendè con isplen-
dide luminarie, rallegrandosi il popolo
con armonici concenti di numerose or-
chestre, e perchè nulla mancasse al gau-
dio universale si permisero le maschere.
Gareggiarono per 3 giorni e 3 notti ne'
fesleggiamenli gli altri mercanti, massi-
me i tedeschi che convertirono il loro fon-
daco in palazzo incantalo. Parecchie pit-
ture del palazzo' ducale, nella sala dello
Scrutinio, ricordano i falli di <|uesla guer-
ra turca e la battaglia delle Curzolari.
Venezia benché dolente per la perduta
Cipro, altamente si rallegrò, per vedere
colla totale distruzione della flotta de'
turchi, rimosso almeno il terrore coo-
cepilo in essa dall' aumentata potenza
di quelli. Perciò, secondo il cav. Muli-
nelli, zinnali Urbani di Fenezia,]i. 427,
statuì d' innalzare alla ss. Vergine nel-
la chiesa de' ss. Gio. e Paolo ima cap-
pella sotto 1* invocazione del ss. Rosa-
rio, in memoria d'una delle più g^'anJi
vittorie navali ottenute da' venezianijinea-
Ire questi nello slesso len)pio ricordaro-
no gli sventurati casi di Famagosla e di
Cipro, col monumento al Bragailino mar-
lire per la fede e per la patria (Ma leggo
nella Nuovissinia Giuda di Vciicvn^
392 V E N
del eli. ZaiioUo.a p. 294, t^»'' ''» confra-
ternita del ss. Rosniio nel l'Isa riedificò
e ampliò la sontuosa cappella omonima
della chiesa de' ss. Gio. e Paolo, quasi a
memoria del trionfo sui turchi, che ivi
lece esprimere). Narrai a' suoi luoghi,
che in Roma nella sala Regia del Pa-
lazzo apostolico Vaticano, ov' è pu-
re la storia di Alessandro 11! e di Fe-
derico I, nel 39.° dogado già descritta,
lateralmente alla porta della scala regia,
nelle due grandi pareli in memoria del-
la triplice lega e della vittoria di Lepanto,
d'ordiuedi s. Pio V, e compili sotto Gre-
gorio XIII, furono dipinti stupendamen-
te a fresco due maestosi quadri: Giorgio
Vasari dipinse le ordinanze navali, e le
ligure Lorenzo Sahba'tinida Bologna. Nel
quadro contiguo alla porta della Cap-
pella iSistinn, in faccia al principale di-
pinto di detti Papa e Imperatore espressi
colla piazza di s.I\larco,8Ì rappresenta l'ap-
parato eia bella mostra della grande ar-
mata navale raccolta nel vastissimo por-
lo o rada o seno di Messina colle forze
della sagra lega di 8. Pio V, di Filippo U
re di Spagna, della repubblica di Vene-
zia per andare contro il turco. Il pittore
espresse l'imponente mostra navale, se-
condo l'ordinanza che dovea tenere nel
procedere al combattimento. Nel piano
avanti a destra, le 3 grandi figure in abito
muliebre denotano le 3 potenze confede-
rate. Rappresentano: quella in mezzo co-
ronata del triregno, la s. Chiesa Roma-
na; l'allra coll'elmo vestita da eroina, la
.Spaglia ; e la Veneta Repubblica si ve-
de colla berretta o corno ducale in te-
sta. Volano in aria alquanti celesti, por-
gendo a ciascuna di dette figure la pal-
ma della vittoria, e coronandole di regio
diadaiia. Dall'opposta parte si scorge sim-
boleggiala la Schiavitù col corredo di
molti Vizii personificati , sopra de' quali
de'trisli e perversi Genii,e la Morte e il
Malaugurio rovesciano un cornucopia ri-
pieno di fulmini e di saette. In mezzo al
quadro sono del Vasari alcuni putii che
V EN
sulla cornice tengono creila una gran
cartella, dentro cui si scorge la geografi-
ca desci izione del cammino che la gran-
de armata dovea percorrere. Nella parte
inferiore sta questa iscrizione. Classes
opposi tae, Turcarum una, Chrìstianac
socictatis altera - Inter Piiim V Pont.
Rlax. Philippwn Hispaniae Regeni^ Ve-
ne tara Rcmpubl.-Inito jani foedcre in-
gcnlihns ulrinque artnis concurrunt.
Nell'altro quadro, che si osserva fra la
porta della scala regia e quella della sa-
grestia della Cappella Paolina, è effigia-
to il feroce combattimento di Lepanto.
L'artefice rappresentò, nel davanti, l'iu-
contro formidabile delle due armate na-
vali,lequali si vedonocombaltere di fron-
te, e la nemica è già vinta e sconfitta. E
per dare a conoscere che una tale vitto-
ria si fosse col tlivino aiuto ottenuta, si
vede in aria tra nubi Gesù Redentore
colla destra fulminare i nemici irreconci-
liabili del nome cristiano, accompagnato
nell'azione da' principi degli Apostoli s.
Pietro e s. Paolo, che con ardenti spade
minacciano gl'infernali spiriti, che per le
regioni aeree ripiegano in fuga, nella par-
te opposta da una folta schiera d'Angeli
fulminati. Sulla sponda, a destra, mirasi
la dignitosa figura della Fede ricoperta
da bianchissima clamide, coronata da ud
Angelo, sugli omeri sostenendo la s. Cro-
ce; con una mano stringe il calice, col-
l'allra una face con cui incendia il regio
turbante turchesco. Siede questa figura
sopra confusa moltitudine di turchi a ter-
ra prostrali, menlx'e un Angelo la cinge
di corona, e sotto si legge: ffoites per'
pcluiChristianae ReligionisTurcae clìii-.
((imo victoriarum successu exultantes
sibique temere praefidcntcs: - Militibuf,
(lucibuSj tor^lentis^omni deuique belli'
co apparata ad terrorcni instructi, ad
J'xhiiiadas insulas coin/nuni classe, -
Praelio post hominum menioriani ma'
xirno, perspicuaDiviniiSpiritus opeprO'
Jligantur. mdlxxi. Non pare, che que-
sto '."quadro l'eseguissero Taddeo e Fe«
V II N
tJcrico Znccaii , come pretesero alcuni,
mollo meno il i ."già morto lìel i 566. Que-
sto (iltimo dipinto maestoso e ililigente, è
slimato il più bello e pih leggiadro del
Vasari, tranne le figure che sono del SbI)-
batiui, de' dipinti cioè da lui eseguiti in
Pioma. Pul)blicò 1' Archivio Cassinese :
Commentari delle gucrradi Cipro e del'
la lega de principi cristiani contro il
turco dì Bartolomeo Sereno, ora per la
prima volta pubblicato da ms. autografo
con note e documenti per cura de* mona-
ci della badia Cassinese. Pe'tipi di Mon-
te Cassino 1 845. Nel Saggiatore Roma-
no, L 2, p. 257, 2B9, 335 e 358, t. 3,
p. 26 e 169, il eh. A. Gennarelli pubbli-
cò : Della guerra di Cipro e della bat'
taglia di Lepanto, documenti originali
ed inediti tratti dagli arcìii\ii Colonna
e Caetiini. E pregevolissimo 1' opuscolo
intitolato: Commissione data dal doge
Alvise Mocenigo a Paolo Tiepolo am-
basciatore straordinario a Roma nel-
r anno mdlxxi il xr novembre in pro-
posito della lega contro il turco. In
Venezia dalla tipografia di Gio. Balli-
sta IMerlo 1845. Questo interessantissi-
mo patrio documento fu pubblicato con
erudite note de' chiarissimi Giovanni
Casoni e cav. E. A. Cicogna per cura
dell' egregio Gaetano Moroni venezia-
no (non solamente mi pregio e onoro
che a Venezia questo signore ha con me
comune il nome e il cognome, poiché mi
glorio d' essere romano di nascita e di
cittadinanza, veneziano per genio e affe-
zione; ma vengo istruito dalla dotta Cro-
naca di i\Iilano,'d\ cui è degno redattore
lesponsabile il eh. cav. Ignazio Cantù, nel-
la disp.' 12.' del l'anno iv, che in Appiano
capoluogo di distretto dei la provincia di
Como, fiorisce il sacerdote zelantissimo
e benefico R.ev." d. Gaetano Moroni pre-
posto ed i. r. ispettore scolastico del me-
desimo distretto, istitutore della scuola
Agraria di detto luogo pe' maestri ele-
mentari del suo circondario^ dove in o-
giii modo cerca di estendere cjitelle co-
V E N 393
gnizionl che giovino a iliffuiulere seuj-
pre pili l'intelligenza fra gli agricoltori.
L'encomiata Cronaca dà bella contez-
za dell'utile insegiìaraenlo agiicolo del-
l'istituita scuola, che chiama nobile esem-
pio meritevole d' imitazione, e notifica
che intanto acciò il vantaggio sia porta-
to anche fuori de'circoscritli limiti della
giurisdizione del rev. preposto, fu ora
suj»eriormente accordato l'intervento a
queste sue lezioni anche a' maestri de'li-
inili'ofi distretti), per solennizzare le au-
S[)icale nozze del nobile conte Giambat-
tista Giustiniani cavaliere gerosolimita-
no, a cui professo ossequio e riconoscen-
za , colla nobile conlessa Elisabetta Mi-
chiel. Avendo- avuto l'onore e il piacere
di fare neh 833 la personale conoscenza
del veneto col quale divido nome e co-
gnome , a mezzo del saggio, virtuoso e
mio amorevolissimo Camillo nobile Da-
rio-Paolucci, di cui mi protesto affettuo-
so ammiratore, allorché da questi fui fa-
vorito ospite nel di lui casino sul deli-
zioso Brenta presso l'ameno Dolo, di che
conservo un cumulo di soavi e indimen-
ticabili grate riminiscenze, venni poi gra-
ziosamente donato dell'opuscolo col qua-
le vado a farne cenno. Paolo Tiepolo pa-
trizio veneto , nel i565 inviato oratore
ordinario a Pio IV, continuò ad esseilo
col successore s. Pio V e nel 1 568 ripa-
Iriò. A'el novembre 1571 gli fu affidala
straordinaria an)basciala allostesso s. Pio
V, presso di cui era oratore ordinario
Giovarmi Soranzo, all'oggetto di tratta-
re delle cose pertinenti alla guerra ed
alla lega contro il turco, specialmente per
ledillerenze insorte Ira'generali nell'eser-
cizio di loro autorità e poi anche nella
divisione delle prede falle nel conflitto;
delle quali divisioni era slato posto l'ar-
l)ilrio nelle mani del Papa per parte del-
la repubblica, e secondo il convenuto nel
tiallalo della lega, il lesto della commis-
sione del doge, Nos Aloysius Mocenigo
Dei grafia Dux f^eneliaruni eie, dice
the dovendo trovarci ìd lloraa il com-
3.)i V E N
ineodalore niaggioie di Casliglia, cli'eia
stalo con d. Giovanni sulla flotla, col-
l'ambascialore di Spagna, il caidinal Pa-
ceccoe alcun altro, essendo richiesto d'in
\iaivi il proprio anabasciatoie, per trat-
tale insieme col Papa, sulle indicale dif-
ferenze, così lo deputava in propiioanj-
basciatore sii aordiuario , colle debite i-
slruzioni del da farsi da lui, anco per
combinare le cose della continuazione
«Iella guerra, acciò non si rimiovassero le
vertenze di particolare giurisdizione, on-
de lutto procedesse con amore e unione;
come pure, che il riparto delle artiglierie,
munizioni, schiavi e delle galee Seguisse
a tenore de' patti della lega, e non secon-
do le pretensioni affacciate da d. Giovan-
ni di volere perse la decima di esse. Men-
tre poi gli die l'incarico di visitare diver-
si cardinali, gli vietò farlo co'cardinali
Dazionali Amulio e Delfino (dunque col
I ." ancora durava il malumore : quanto
al 3." perchè nella prelatura era stato
bandito da lutto lo slato poiché comu-
nica va all'iuiperalore le nuovedi Costan-
tinopoli che riceveva dal dragomanno o
interprete veneto: indi fatto vescovo di
Lesina, imnzio a Massimiliano il e car-
dinale neh 565). Gli assegna 3oo ducati
d'oro al mese, coll'anticipazione d'un tri-
mestre, per sua provvisione, de'quali non
dovea render conto, sibbene di altre som-
use, per le spese dell'ambasceria; dan-
dogli libertà di portarsi seco argenti del-
la repubblica pel valore di 4oo ducali a
suo rischio. Si riportano le notizie delle
molle scritture riguardanti il celebre ain-
liascialore, e il di lui operato nella sua di-
stinta e lunga carriera diplomatica, e le
sue relazioni, non che l'elenco degli scrit-
tori che parlarono del Tiepolo, e le noli-
zie biografiche de'tre illustri comandan-
ti. Dirò solamente: Che d. Giovanni d'Au-
slriaavea, per destinazione dell'icuperato-
re suo padre, per consigliere e aiutante
l'espertissimo e saggio d. Luigi Pieque-
seus d'Alcantara, anzi come moderatore
di sua indole focosa, per cui mal soffi iva
V E N
la franchezza e irremovibile fermezza del
comandante veneto Venier, che intende-
va essere indipendente nell'amniinislrare
giustizia, nell'infliggere castighi e nell'as-
segnar premi a chi trovavasi sulle navi e
galere della repubblica dì cui era ammi-
raglio. Benché d. Giovanni dopo la vit-
toria disse al Venier doversi dimenticare
il passato, come di sopra notai col Sere-
no, sembra che i disgusti sussistessero e
di^risati da alcuni fatti narrali nelle an-
notazioni, per cui ne fu afìiJalo al Tie-
polo l'incarico di comporli, sostenendo il
decoro della repubblica. Che Marc'Anto»
nio II, l'ultimo de'Colonnesi ad essere sco-
municato, comandante le galee pontificie
e quelle dell'ordine di Malta alla batta-
glia di Lepanto, il merito di questa stre-
pitosa vittoria venne attribuito alla sua
prodezza; fece \' Ingresso solenne in Ro'
ma, cogli onori del Trionfo, ed ascese il
Campidoglio imitando così Pompeo, Ce-
sare e Augusto. In tal modo la pensava-
no i romani riguardo al Colonna; pure i
veneziani vedevano nel loro comandante
Venier colui alla cui condotta, alla con-
sumata esperienza, al valore dovevasi uu
esito tanto segnalato e completo; ma in-
tanto ogni lode tocca va ad. Giovanni d'Au-
stria (come pure ex ahrupto leggo nel-
V Arie di verificare le date, ed in altri),
che in quel conflitto cotnandava su tutti
a nome del fratello Filippo II. A chi toc-
chi veramente il massimo onore di quel-
la giornata può solo decidere quegli che,
scevro di parzialità, sottoponga a rigoro-
sa critica i rispettivi gradi e 1' età de' 3
comandanti, la loro rappresentanza, gli
alti loro rapporti, e ne faccia confronto
colle singolari loro cognizioni delle cose
di m are, con le prove date prima e do-
po di quella grave circostanza. Potrà al-
lora conoscere che, se vi ha contribuito il
comune accordo, il valore e buon volere
de'generali, anche la somma intelligenza,
l'accorto vedercela lunga pratica del Ve-
nier n'ebbe grandissima e segnalata par-
te. Ciò è incontrastabile: i veneziani con-
V E N
hibuiiono più che tulli gli oltii confcJe-
rali alla vittoria, pel numero de' vascelli
e de' soldati , cooie di morti, e lo leggo
nelGabiizi, Dev'ita et rebus gestis Pii F;
essendo infiammati di vendicare la per-
fidia e le crudeltà lurcliesche, e la per-
dita del regno di Cipro, onde si copi iro-
no di gloria immortale. Clie Sebastiano
Veuier reso distinto duli' anteriore car-
riera dell'armi, acquistò altissima fama e
fu condotto all' apice della gloria e degli
onori. Il di lui senno, grande sperienza
nelle cose di mare, l'inlrepido coraggio,
unito alle doli di gran capitano, a' ripie-
ghi di rafùnalo politico, tutte queste rare
prerogative seppe sviluppare nella.giorna-
ta delleCurzolari in cui446 '^g"' ^' presen-
tarono in linea, e colla morte di 20,990
(credo fallo tipografico nella cifra del 2.°
numerOjesarà meglioleggere29,9go)lur-
clii e 1 0,4^6 crisliani, e rirniovata la cele-
])rilà del promontorio d'Azio, famoso già
per la sconfitta di Marc'Antonio e per la
vittoria (l'Ottavio, che lo rese padrone
del mondo, accaduta ivi dappresso 16 se-
coli prÌ!;)a.Ileduce alla patria, questa gra-
tissima r accolse col meritato trionfo, e
poi l'iiinnlzùa doge, e l'uno e l'altro più
sotto descriverò. L'armatura ch'egli in-
dossava nella giornata di Lepanto venne
chiesta alla repubblica da d. Giovanni
d'Austria, il quale ottenutala, tenue in
conto di caro e prezioso dono. Osserva il
Moschiiii, che se i veneziani per mancan-
za di aiuti degli alleati non poterono ri-
cuperare Cipro, lasciarono però in que-
sta guerra due memorandi testimoni di
loro virtù, la difesa di Famagosta, soste-
nuta dal Oragadino, die i turchi tradito-
ri scorticarono vivu; e la vittoria alle Cur-
zolari, che fu delle più famose ottenute in
ninre e dovuta specialmente al Venier;
ma magnifico e sterile trionfo, come op-
portunamente Io qualìfica il lodato conte
Dandolo. — Imperocclièfermo sempre il
senato di continuar la guerra, anzi viep-
più infervorandovisi, nomitiò provvedi-
tore generale dell'aroiala Jacopo Sorau-
\ K N
•^9
Zìi; ed ,\\ \ enier,clic non polendo soppor-
tare l'insolenze degli spagnuoli avea do-
mandato di ritornare, scrisse lodi ed esor-
tazioni a rimanere, per ben usare della
vittoria e continuale nel glorioso contiu-
ciamento. Erasi infitti egli proposto di
passare sui vicini lidi di Romania, ma mo-
vendosi al solilo dagli spagnuoli varie dif-
ficoltà, e perdendosi nella discussione un
tempo prezioso, .sopraggiunlo l'inverno, i
generali spiigiiuoli si ritirarono con gran-
dissimo dispiacere de'veneziani, vedendo
di nuovo sottenlrare la tiepidezza all'ar-
dore della comune impresa. Ad impedir-
la, invano il senato fece rappresentare dal
suo oratore al re il bisogno di tra vaglia-
re il turco nella vernala e non la>;ciargli
tempo da respirare; esser ora facile lau-
nicbilarne le forze, lacf(uistare lutto quan-
to si avesse tentato, ineutre lasciata sfug-
gire r occasione, diverrebbe diflìcile; ili
più sarebbecolpa non usare della viltoria
che Dio avea ilato, di peruu;tlere al turco
di riposarsi e rinvigorirsi ntU'iu verno, an-
zi sarebbe pur cagione clie i re di Po Ionia,
flloscovia e Persia non si inovessi;ro. in-
vano raccomandò al Venier ili mellere
tulio in opera per dissuadere d. Giovanni
d.iH'andare a svernare, avendo la repub-
blica inviato anche altre galere. Le gran-
di aziuni di d. Giovanni furono inteirulle
o impedite dagl'interessi degli S()agnuoli,
daIla*poco buona volontà loro verso Ve-
nezia, con danno di tutto il popolo cristia-
no, e fors'anco da qualche invidia che por-
tavano olla felicità di (|uel magnammo
principe per li grande opinione che in o-
gui parte tutti aveaiio concepito di lui.
La politica cupa ed egoistica di Filijtfn» II
non era da tollerare che altro nome sor-
ger potesse ad eclissare il suo; da lui non
aspellarsi la repubblica una risoluzione
magnanima, un soccorso disinteressato ;
e a rallentare vieppiù l'ardore della lega
sopraggiunse il 1 , "maggio iSya la beata
morte di s. Pio V, che n'era stalo indefes-
so eccitatore o sostenitore. Dopo 4^ gitir-
ni gli successe Gregorio Xflf, presso il
30)6 V E N
quale restò Paolo Tiepolo, dopo essere
sialo uno degli ambasciatori d'ubbidien-
za e vi tenne orazione nel concistoro in
cui la lesero. A nieazo del ninizio Facchi-
netti, come riportai nel § XVI li, n. i 3,
fu accomodata la controversia per la uà*
\igazione dell'Adriatico, già pregiudizie-
vole a'suddili pontifìcii, per le pretensioni
veneziane sul golfo narrate pure altrove.
Volle il Papa, al modo detto a Turchia e
Costantinopoli, proseguir la guerra con-
tro i turchi, i quali lunsigati che nella
morte del predecessore avessero perduto
tutti quanti i nemici, la celebrarono con
fuochi artificiali. Adunque senza perder
tt^mpo Gregorio XIII spedi i suoi legati
a* principi della sagra lega per esortarli a
continuar l'alleanza del suo predecessore.
Intanto un tentativo contro Castelnuovo
era andato a vuoto, ed. Giovanni resiste-
va a tutte le sollecitazioni di Jacopo Fo-
scarini nominato capitano generale in luo-
go del Venier, che non gli era stato trop-
po gradito. II senato ordinò finalmente
chela flotta non as[)ettando più oltre la
congiunzione di <|uella di Spagna, appe-
na arrivato il Soranzo, dovesse colle pro-
prie forze tentare qualche fatto, e coglie-
re la I .'opportunità che Dio, per la gloria
sua e pel bene della repubblica, avesse
presentata. Mentre così dispouevasi la ve-
neziana flotta ad avanzare ne' mari del
Levante, accompagnandola anche il Co-
lonna colle galee papali, riusciva final-
mente a' reiterati udlci di Antonio Tie-
polo ambasciatore in Ispagna, d'ottenere
nell'agosto dal re un ordine per d. Gio-
vanni, che egli pure visi accozzasse. Que-
sto però era un nuovo inganno di Spagna,
poiché, secondo il prof Piomanin, ad essa
importava di tener occupali e indebolirsi
a vicenda tanto la repubblica quanto i
turchi. Dopo molti indugi e molte dub-
biezze, partita alfine la flotta della lega
l'i I settembre da Paxò, si raccolse alle
(iomenizze, mentre la turca si trovava
presso Modoue comandata dal sagacissi-
mo Occhiali, numerosa ma inferiore di
VEN
nerboedi coraggio alla cristiana,coine di-
ce l'annalista Muratori. Udito come la cri-
stiana veniva alla sua volta, si levò a'i6
settembre, e fatta qualche jscaramuccia,
si ritirò di bel nuovo sfuggendo la batta-
glia presentata più volte da'confederati,
e ricoverando a Modone, ivi attese a farsi
forte col favore degli abitanti e co'soccor-
si che gli venivano dal resto dell'impero.
La flotta cristiana dimorava a Navarino,
ripreso da' veneziani, per la comodità del-
l'acqua, e teneva sequestrata la nemica
per modo che non poteva muoversi senza
accettare la battaglia come i cristiani de*
sidera vano, al che si aggiungeva,che aven-
do questi il mare e il vento favorevoli era
a sperarsi che anco senza combattere aves-
se il nemico a patire alcun sinistro. In tal
modo continuavano le cose sino a'6 otto-
bre, quando con indicibile dolore e sor-
presa de' Venezia ni, parve a d. Giovanni,
secondato da'suoi consiglieri e dal Colon-
na, adducendo mancanza di biscotto, di
ritirarsi dalla impresa, la quale nell'uno
o nell'altro modo non poteva che riusci-
re felicemente. E sebbene il provveditore
della repubblica erasi esibilo supplire alla
somministrazione di biscotto e viveri, ri-
ducendosi quanto a se a nutrirsi d' erba,
non si potè rimuovere il principe dalla
risoluzione presa, e si partì per Corfù a
incontrare i legni annonari che doveano
venir da Messina. Il capitano Foscarinia-
vea insistito, dopo che per tal modo erasi
provveduto a'bisogni dell'armata, che d.
Giovanni scegliesse i 5o delle migliori ga-
lee e con quelle si avviassea capoMatapan
o al capo Mallo per attraversar l'armata
nemica e combatterla, avanti ch'entrasse
nello stretto de'Dardanelli, ovvero per
far l'impresa di s. Maura o quella diCa<
stelnuovo, ma non volle accettare niuno
de' proposti partiti, e adducendo la sta-
gione ormai avanzata, si risolse di par-
lire e ritirarsi io Sicilia, siccome fece, di
che non è a dubitarsi, ch'egli non seguis-
se i segreti ordini di Filippo II. Dopo la
partenza della flotta cristiana, i popoli di
V E N
Diazzo di Mniiia e d'altri luoghi della Mo-
lea che s' erano dati a'veneziani, furono
costretti tornare sotto i turchi; e il capi-
tano Foscarini dovette ridursi o Corfù,
senza a%'ersi potuto fare alcuna operazio»
ne, tranne l'avere recalo paura a'nemì ci.
Di tale avvenimento delle armi venezia-
ne, generosamente si sdegnò il Foscarini,
il quale tornato dall'ingloriosa spedizio-
ne indirizzò al collegio una molto vigoro-
sa scrittura, nella quale rendendo conto
del suo operalo, altamente biasimando il
contegno di d. Giovanni, disse ch'era sem-
pre il I .°a voler fare e l'ultimo a decidersi,
i cui consiglieri poi si mostrarono sem-
pre avversi a'veneziani. Fra le altre cose
aggiunse : Senza far nulla si passò l'apri-
Ie,il maggio e il giugno, finché giunte le
notizie della guerra de'Paesi Bassi, dichia-
rò che senza nuova commissione del re
non poteva allontanarsi. Il Colonna an-
ch'egli si rodeva. Uscito il nemico da'Dar-
daneili, e cos\ trovandosi esposte l' isole
veneziane, ad onta di tutte le lappresen-
tanze non si mosse. L' armata veneta non
potendo comportare tanta vergogna, u-
sc"i sola da Corfù, per incontrare i turchi,
i quali si ritirarono; d. Giovanni se ne adi-
rò e sfogò la sua collera nel consiglio, spe-
cialmente contro il Colonna, cheavea ade-
rito a'veneziani e con improvvisa risolu-
zione detto di voler uscire. Difatti l'arma-
ta sciolse da Corfù, composta di 22 navi, 6
galee grosse della repubblica, 1 di Firen-
ze, 197 sottili, ma non essendo riuscito di
snidare il nemico da Modone, erasi assa-
lilo per 4 giorni Navarino, donde poi d.
Giovanni volle ritirarsi, malgrado al con-
trario parere de' veneziani. Aggiunse il
Foscarini , 1' essere stata in lega fu alla
repubblica gran danno, sempre riuscire
pregiudizievole la compagnia de'più po-
tenti a'quali bisognava avere rispetlo,do-
versi solo fare assegnamento sulle proprie
forze, non su quelle de' collegati, perchè
questi si muovono più per interesse pro-
prio.che per quello del compagno; ciie bi-
sognava aver capitano generale non priu-
V E N 3o7
cipe, ma persona che possa aspettare pre-
mio o castigo; che chi ha grandi stati fi
molle volte ciò che ad nitri è impossibile,
come il turco, il quale in 6 mesi rimise in
essere un'armata di 2 logalere contro l'o-
pinione universale; che si fa guerra con
grande svantaggio con un principe più
potente, perchè questi, se rotto, presto si
rimette, cosa che non può far l'inferiore;
che non basta la flotta, ma ci vogliono
buone truppe da sbarco; che in fine, chi
non ha speranza di rovinare in tutto o in
gran parte il nemico, farà molto senno di
cercar pace con esso, e venendo pur alla
guerra, meglioessi portarla nelle terre di
lui, che stare sulle difese. — I veneziani
quindi costretti ad attendere più che mai
alla difesa di Dalmazia e di Candia, a'22
novembre 1572 ingiunsero all'amliascia-
tore di Spagna, di far presente al re l'as-
soluta e sempre più stringente necessilà
di vigorosi provvedimenti, perchè se si
lasciavano passare l'occasioni di battere
il turco in Levante, egli sempre più di-
laterebbe i termini del suo impero, e con
aspirare alla monarchia del mondo, at-
tenderà alla totale distruzione del cristia-
nesimo, da'suoi possessi d'Ungheria mi-
nacciando r Italia per terra e per mare,
la quale diverrebbe sua preda se occu-
passe Candia restata frontiera, solo e fer-
mo propugnacolo. Essere interesse co-
mune, il risolversi prestamente a frena-
re il comune nemico. A queste rimostran-
ze si ottennero buone parole e null'altro,
lasciandosi da Fdippo II crescere la po-
tenza turca e indebolire sempre più nel-
la lotta la repubblica. Mirando questa
sempre sopra ogni cosa alla lega contro
il turco, essendo questa in cima d' ogni
suo pensiero, raddop[)iò i suoi sforzi per
tirarvi di buon animo la Spagna. Ria sui
disegni di questa con maschia elocjuenza
declamò in senato Tommaso Contarini,
principalmente dimostrando gli spagnuo-
li sempre facili a entrare in lega co'veneli,
perchè tale lega non era altroché tener
legati i veneziani alla guardia de' luoghi
3o8
V E N
spagmioli il) Italia, perciò liilli i vantag-
gi trarli loro, impiegando nella leg;» i sol-
<lali de' presidii di delti luoghi e le galee
die tenevano ordinariamente aratale,
quindi guadagnavano tutti i denari che
pagavano pe'presidii. All'incontro la re-
pubblica accrescendo colla lega di gran
liniga la spesa ordinaria, vi perdeva assais-
simo.Inveì sull'arroganza e prepotenza
spagnnola, che signoreggiandola miglior
parte d'Italia, con invidia vedeva nella
lepiHjblica il solo angolo libero , perciò
l'odiava e insidiuva, con costringere i ve-
neziani colla lega ad estenuai si colle spe-
se di lunga guerra, onde cadesserij in suo
potere, l'asso a rassegna l'indugiar pre-
giudizievole del Doria e di d. Giovanni,
provando niunfruttoessersi ricavalo dalla
lega, né sperarlo mai in unione cogli spa-
glinoli, i cui niditari graduati per godersi
le grosse provvisioni non procederebbero
mai a debellare il turco, per mantenere
la flotta in islato di guerra, ed anco per-
chè i veneziani diverrebbero più potenti
liei mare. Che dalla vittoria non si tras-
se un palmo di terra, oè alFatlo s'indebo-
lì il nemico. La conservazione del domi-
nio veneto esser di evidente utile alla cri-
stianilà, colla lega si correva alla sua io*
Tina; doversi imitare la prudenza di Mas-
similiano Il che sempre la ricusò. Laon-
de il senato meditando tutto l'osservato
dal Foscarini e dal Contarini, e vedendo
la repubblica che lutti i suoi sforzi era-
no inutili, che le potenze cristiane né fa-
cevano né era da sperarsi provvedimenti
vigorosi a suo favore, e la probabilità di
jierdere nel venturo anno l'isola di Can-
dia; CDiisiderando pure chela Dalmazia
era molestala, e di temersi un'irruzione
nel Friuli, risolutamente si decise a ma-
neggiar la pace col pascià ch'era ben di-
sposto. Giovandosi la repubblica dell' o-
pera di Rabi Salomon Askanasì medico,
che avea co! gran visir molta entratura,
e interponendo anche i suoi ufìizi m."
d' Acqs ambasciatore di Francia , final-
mente dopo molle dilllcollà sì venne ad
V li N
accordo a'7 marzo 1 S^SiCOuclusod, il bii-'
lo Antonio Barbaro. Confermali i prece-
denti trattali, si convenne: Che reslilui-
rebbero i veneziani a'turchi il castello di
Sopolò, ma tutte l'altre terre nell'Alba-
nia e nella Schiavonia tornerebbero allo
stato loro come prima della guerra; sa-
rebbero restituite a'mercanti d'ambe le
parti le robe di che fosseio stati spoglia-
ti; pagherebbe la repubblica alla Porta
3oo,ooo ducali in 3 anni ; al tributo di
Zantedi 5oo zecchini se ne agguingereb-
bero altri 1000; cesserebbe il tributo
d'8ooo zecchini pel perduto regno di Ci-
pro. Dice bene il oh. Romauin : pareva
che i turchi avessero vinto a Lepanto! Di
tal pTce levarono alto scalpore i princi-
pi d'Europa, e principalaiente Gregorio
XIII, che IO (juell' anno avea maudalo
suo nunzio a Venezia l'arcivescovo di
Rossano Giambattista Castagna, poi Ur-
bano VII. Quando l'ambascialore vene-
to Paolo Tiepolo si recò nell'aprile nel-
la villa Mondragone di Frascati a dar
parie a Gregorio XIII di tale pacifica-
zione, e delle ragioni che a ciò aveano in-
dotto la repubblica, il Papa acceso d'ira
si alzò in piedi sdegnato, non volle più
udirlo, e bruscamente licenziollo, gridan-
do i veneziani scomunicati , spergiuri e
mancatori di fede , e così turbalo parti
subito per Roma , facendo inlimare pel
dì seguente la congregazione cardinalizia
della lega, coli' intervento del Colonna,
ma non si potè rinsediare al fallo com-
piuto. Di tanto riprovevole operato, av-
visò incontanente Filippo II e d. Gio-
vanni perchè insieme provvedessero, pro-
mettendo ogni aiuto possibde; fece mu-
nire i luoghi marinimi dello stato eccle-
siastico, massime Ancona, per difenderli
da' lurchi se in tanta mutazione di co-
se tentassero occuparli. Dipoi Gregorio
XIII pel suo giusto risentimento rivo-
cò tulle le grazie e concessioni falle da
se e da s. Pio V a'veneziani a titolo di
guerra, liaslerì parte di esse all' ordine
Gerosolimitano per la difesa di Malia,
V E N
eoo applicargli puregrossn quantità di de-
nari già raccolti per l'ospedale di Coifìi.
Ben sapeva Gregorio Xill a che termine
colle armi e coll'aulorilà ecclesiastica fos-
se stata altra volta ridotta la repubblica,
e vedea che il travagliarla sarebbe ora
più facile che mai; ma non volle ciò fa-
re, giudicando più convenevole di rimet-
tere l'ingiurie, che il vendicarle, massime
con evidente pericolo della salute comu-
ne. Io Roma si vide strano e stravagan-
te l'operalo da'veneziaoi, la dimentican-
za e lì dispregio della stipulata dianzi rei-
terala lega e con solenne giuramento.
Per la qual cosa i romani lacerarono il
nome veneziano con tanta petulanza, che
il Tiepolo, nou reputando sicura la sua
persona, si chiuse nel proprio palazzo, e
fecelo presidiare da armali, seijbene mol-
li signori ben alletti alla repubblica pron-
ti se gli esibissero a difendere la dignità
e l'onore di es^a. Tornalo in patria, eb-
be la veste procuratoria di s. Marco de
ultra. Lo stesso popolo veneziano che
non conosceva la condizione della cosa
pubblica roostravasene scontento: ma gli
uomini di più sano e maturo giudizio, i
quali coll'esperienza delle cose passate mi-
suravano i futuri successi, costantemente
affermavanOj meritare l'operazione del-
la pace co'lurchi laude o almeno giusta
scusa, così consigliando la ragione di sta-
to e la prudenza civile per la conserva-
zione della repubblica , unico rimedio
a'minacciali pericoli. Quindi il senato a-
doprò ogni mezzo per giustificarsi, a ta-
le effetto inviando al Papa anibasciature
Nicolò da Ponte , soggetto venerabile e
di rara eloquenza, che in compagnia del*
l'oratore residente e di due segretari fu
ammesso all'udienza pontifìcia. Esposte
le cause, che aveano forzato la repubbli-
ca loro a tuie accordo, sebbene Gregorio
XIII alquante volte con viso austero ga«
gliardamenle ne disfece le ragioni, non-
dimeno comnioìso dal complesso delle
cause con facondia descritte dal da Pon-
te, lo licenziò con iadizio d'animo beni-
V E ?• ^9
gno e placato; non però gli continuò le
decime, da cui era augustiatu il clero, es-
sendo terminala la guerra. La repubbli-
ca in pari temoo mandò Andrea Dadoer
quale ambasciatore straordinario a con-
gratularsi con Selira II della conclusa pa-
ce; e la repubblica dopo 4 8""' ^^^ tanti
e sì gravi avvenimenti potè alfine respi-
rare e volgere la sua attenzione al rior-
dinamento,tanto necessario, delle cose in-
terne, riparando ad alcune sale arse nel
palazzo ducale e ad una cupola del vi-
cino tempio neh 574- Laonde principale
sua cura fu il rialzare il commercio, la
navigazione, l'industrie nazionali con pre-
mii, incoraggiamentieordini partebuoni,
parie cattivi, poiché favorevoli al mono-
polio, ma conformi al sistema proibiti-
vo allora generale, come rileva lo slori-
co prof. Romanin. Ed aggiunge: Tutta-
via ad onta delle lunghe guerre, dell'in-
terruzioni de'lraffici, delle perdile di ler-
rilorii, tanta era a que'tempi l'operosità
veneziana , che le piaghe ben presto si
rimarginarono, e le private e pid)biiche
ricchezze si spiegavano nelle solenni occa-
sioni meravigliosamente. — Una di que-
ste fu la venula di Enrico III, in com-
pagaia di Luigi Gonzaga duca di Nevers,
che per morte del fratello Carlo IX, re
di Francia, a quel trono recavasi lascian-
do r altro di Polonia. La celebrerò col
cav. Mulinelli e col prof. Romaniti, ili."
de'quali i iprodusse ancora: L'istoria del'
lapuhlica et fama sa entrata in l'incoia
del Serenixsiinu Enrico III re di Fran-
cia et Polonia; con la descrizione par-
ticolare della pompa, e del numero et
varietà delli brigantini, et altri i'ascelli
armati, con la dichiarazione dell' ediji'
ciò et arco fatto al Lido. Composta nuo-
vamente per lìlar.ulio della Croce. In
Vinegiai574- Le particolarità di queste
feste, dice il Mulinelli, averle pure rica-
vate dal Sansovino, f^cnetia città nobilis-
sima et singolare. Incontrato il re al con-
fine da 4 senatori, festeggiato da tutti i
popoli e da tulli 1 magiilrali, lungo lui-
4oo V E N
lo il suo viaggio pel Friuli e pel Trevi-
giano, giunse in aciornnlìsgima carrozza
3 ore prima di notte il 1 7 luglio 1 574 li'a
lo strepito d'infinite artiglierie a Marghe-
la o Malghera con {splendido accompa-
gnamento delle banded'Alfonso conte da
Porto, di Brandolino signore di Val di
Marino e di Pio Enea Obizzo; ove in
mezzo al popolo immenso faltosegli in>
contro, fu ricevuto da 60 senatori vesti-
ti alla ducale di color cliermesino, in gon-
dole quali coperte di velluto, quali di ra-
so o di damasco o perfino di drappo d'o-
ro , con tappeti finissimi e 4 gondolieri
per ciascuna in livrea. Il senatore Cor-
raro fattosi allo sportello del cocchio re-
gale manifestò l'infinita allegrezza della
repubblica, ed Enrico Ili rispose con pa-
role mollo benigne e graziose. Con que-
sto corteggio il re in sontuosissima bar-
ca, tra l'incessante tuonar de'cannoni, ar-
rivò all'isola di Murano, allora piena di
ricchi palazzi, di deliziosi giardini, di a-
giati e lieti abitatori. Scese al palazzo di
Bartolomeo Cappello (padre della famo-
sa Bianca Cappello, dalla repubblica a-
doltata per figlia quando nel 1 579 il gran-
duca di Toscana Francesco M.'' Ide INIe-
dici pubblicò d'averla sposata e dichiara-
ta granduchessa), che tutto intorno splen-
deva di seta e d'oro, e di cuoi pur d'oro,
ed ove gli fu destinala una guardia d'o-
nore di 60 alabardieri capitanati da Sci-
pione Costanzo, e vestili di seta rancia-
la , celeste e turchina , colori allora di
Francia, tutti armati di bellissime azze
antiche, o armi in asta con ferro in cima
e a traverso, tratte dall'armeria de'Die-
ci; mentre 4o giovani delle primarie fa-
miglie, tutti anch'essi vestiti alla roma-
na di zimmarra o guarnacca color liona-
to e cangiante di seta, doveano attende-
re a'suoi servigi, i nomi de' quali si leg-
gono negli Annali Urbani di Venezia.
Nel dì seguente, ossequiato nel pomerig-
gio dal doge Mocenigo, dalla signoria e
dagli ambasciatori de' principi residenti
(Messo la repubblica, in loro compagnia
V EN
Eiu-ico IH per la maestosa via del porto
s'imbarcò alla volta di Veuezia , fra il
tuonar delle artiglierie, sopra una bella
e spaziosissima galea vogata da 4oo schia-
vooi vestiti di taffeltano giallo e turchi-
no; accompagnato pure dal cardinal Fi-
lippo Boncompagni nipote di Gregorio
XIII, da questi inviato a Venezia quale
legato a /rttere per complimentare il re,
che lo fece sedere a destra, insieme a'du-
chi di Nevers, di Ferrara e di Mantova;
a sinistra sedendo il doge, il nunzio apo-
stolico Castagna e gli ambasciatori; la si-
gnoria, moltissimi cavalieri e graduali mi-
litari occupavano il rimanente della ga-
lea. Questa era seguila da altre i 4 galee,
ove erano i senatori in porpora e il con-
siglio de'Diecijoltre un numero infinito di
barche adorne di tappeti e di arazzi, a-
scendendoquelle delle Università artisù'
che ai 70. Pel non poco da me scritto su di
esse, in tale articolo principalmente, e per
dare un' idea della opulente ricchezza
pubblica e privata, come dello stalo del-
le corporazioni delle arti a quel tempo
in Venezia, non meno per la politica che
di nuovo faceva stringere la repubblica
a Francia, del mollo mi limiterò a ri-
portare il corteggio che chiudeva la trion-
fale comitiva. La grossa barca de' Tewi-
tori de' drappi di seta, a i o remi, era tut-
ta dipinta e ornata d'una coperta di pan-
nodi velkilo cremesino con unalamad'o-
ro d'intornOj tessuta di sopra e alle co-
sture similmente con frangie pur d'oro ;
portava le pavesale coperte di damasco
cremesino, 6 banderuole e lo stendardo
d' ormesino cremisi dorato, targhe da
una parte e dall'altra bellamente minia-
te. L'iscrizione Tessitori di panni di se-
ta era in oro sopra velluto cremisi, i bar-
caiuoli vestivano d'ormesino incarnato. E
di ormesino bianco e giallo con oro e ar-
gento era addobbato il brigantino degli
OrefìcieGioiellierico] motto CoronaAr-
tinnì; in luogo di targhe portava bacili
d' argento e allo sperone due grandi a-
nelli dorati di fuochi artificiali, l'uno di-
V E N
moslrniulo l'ai (e tlcgli orefici, l'altro f(iiel-
In (ie'gioiellieri. Aveano i Merciai orna-
ta la loro barca a tela rossa con gigli
d'oro; 9,0 galeotti erano a'remij vestiti a
livrea del re ci' ormesino giallo e tnnhi-
no. Queste colore aveano pure scelto i
Drapjm'ri per l'acklobbo della loro bar-
ca. Di raso cremisi era tutto coperto cor-
nato il biiganlino de Sensali da Rialto.
Prepararono gli »5'^;c3/V7// o farmacisti u-
na fusta turca di i ?. banchi colla coper-
ta di panno d'oro, la poppa era di den-
tro adorna di bellissimi tappeti, ed a'4 l'i-
ti di essa sorgevano 4 piramidi di color
celeste cohleneiiti fuochi artificiali, nion-
tie alla base sedevano 4 ninfe; a prora
tiUr;i piramide colla Testa tV Oro inse-
gna della farmacia a s. Rartolomeo (an-
cora esistente a'piedi del ponte di lliailo
a s. Bartolomeo), e col simbolo d'un pel-
licano intorno al quale giravano le pa-
role Rcspìcc, Domine, volendo dimostra-
re col pellicano di esser pronti a dare ol-
tre le facoltà anche il sangue alla patria.
I lìantha^eri aveano un brigantino ai 2
remi, diiiinto di bianco e rosso colla co-
perta di dafoasco cremisino. 11 palischer-
mo degli Speceìiieri era a 1 2 remi, dipin-
to di verde colia coperta di scarlatto e
la poppa adorna di l)ellissime tappezze-
rie e con magnifica mostra di specchi, e
un mappamondo della stessa materia.
Portavano in mostra terribile gli Spada-
ri nella loro barca addobbata a cuoi d'o-
ro, armi antiche e spoglie e trofei, ogni
sorta d'armi e scintitarre, 38 piccole ban-
diere turche e una bella insegna antica
di battaglia del tempo del doge Ziani, co'
remiganti in livrea rù<;sa e verde. Su tut-
ti i legni poi erano alabardieii in varia
foggia vestiti, insegne del Santo protet-
tore dell'arte, lrou)ljette, tamburi e tim-
pani. Né le altre corporazioni sì astenne-
ro, che anzi tulle gareggiarono nella ric-
chezza e nell'invenzione degli ornamenti,
tra le quali merita singolar ricordo quel-
la i}t' f^elrai di Murano, the sopra due
gian baiche incatenate insieme, copeite
voL. xrri.
V E N 40 t
di tela dipinta, fabbricarono una fornace
sotto la forma d'un Mostro tnariuo, dalla
bocca del quale uscivano fiamme, mentre
gli operai seduti entro al corpo del mc^-
stro lavoravano bellissimi vasi di cristal-
lo. Altra barca ancora ralfigurava un gran
Delfino, Nettuno seduto col suo tridente
la governava e a poppa due cavalli ala-
li erano in alto di tirarla a sembianza
d'un carro, mentre a'fianchi 4 'amatori
sotto figura di vecchi, molto al naturale,
vogavano rappresentando i fiumi Brenta,
Adige, Po e l'iave. La maggior parte de"
biigantini e palischermi aveano suonato-
ri di trombe e di tim[)ani,di tamburi e di
nacchere turche. A tanta splendidezza,»
tanto sfoggio delle arti meccaniche, non
lasciavano d'accompagnare i loro superbi
lavori le arti belle, ed un arco alzatod'ur-
dine del senato iu(^^ntrola chiesa di s. Ni-
colò del Lido da quel polente ingegno di
Palladio, facea prova di quanto esse fos-
sero coltivate in Venezia. Alla bellez/a
dell'architettura, alle statue della Vitto-
ria e della Pace, della Fede e della Giu-
stizia, alle armi del re e della repubbli-
ca, con iscrizioni celebranti l'avvenimen-
to e riprodotte dal Mulinelli, si aggiun-
gevano 10 quadri di Paolo Veronese, del-
l'Aliense suo discepolo, e di Jacopo Tin-
loretto, rappresentanti fatti del festeggia-
lo principe. Arrivato Emico 111 in.naozi
all'arco nobilissimo e ammirabile, il du-
ca di Ferrara gli presentò Antonio da
Canale direttoredella pompa e già prov-
veditore della flotta vincitrice alle Cur-
zolari, di grandi prodezze nelle sue im-
prese mariltiuìe; ed il re all'elogio che ne
fece il doge corrispose coli' imporre sul-
le di lui spalle per due volte la spada nu-
da, e coH'abbracciarlo, creandolo così in
sul fatto suo cavaliere, dopo a\erne ilo-
mandato licenza al doge. Disceso indi il
re a terra, venne incontrato da Giovan-
ni Trevisan patriarca di Venezia, colla
Croce avanti ed i canonici, e passando con
esso per l'aico, era accom[)agnato alla
loggia dello stesso arco accomodata a
2G
4o2 V E iV V E N
oliiesa, slnndo egli soUo tjii halJaccliiiio Iaz70 Fdsrari, ov'ebbe alloggio, messo dI-
«ii parino d'oio, le cui asle soslenevaiisicìa lorn in cotnuuicazioiiej per dargli mag-
(i procuratori di s. Marco ch'erano de' giùr ampiezza, con cpiello de'Giusliuiani
più ciliari senatori. Oralo alquanto in- o le due case di questi, erasi coslruilo al-
iionzi l'aliare, e ricevuta dal patriarca la 1' approdo un ponte quadrato con molli
Lenedizione , uscì il re dalla loggia per gradi sopra all'acqua lullo lufigo la fac-
salirenel Eiicintoro, ove introdottosi Tin- ciata, adorno di bellissimi festoni con l'ar-
lorctlo pel i.^ritrasseil nionaica.Losquil- me di s. IMaicoedi Francia, tap[)ezzalo
lo de'militari strumenti, lo strepito del- di arazzi bellissimi e coperto di un cielo
le ai liglicrie de'castelli, delle galee e altri azzurro lutto stellato. Il i .° apparlamen-
legni, il solenne suono delle campane di to, dove abitava il duca di Nevers, era ad-
tulte le chiese, annunziavano già a \'e- dobbalo a cuoi d'oro; nel 2." destinalo
nezia il lieto momento dell'arrivo d' un al re, la i." sala presentavasi coperta di
jedi Francia e di Polonia. Navigando e- cuoi dorali cremisini con ricca mostra
gli pel Canal grande, eslfilico mirava i d'armi, d'aste e arciiibugi tutti all'intor-
solidi e njagnifici palazzi dall'acqua sor- no; 1' anliciuuera era di labi a marizzo
genti, e sulle finestre di quelli, ornale di biaiico d'argento e cremisino d' oro con
tappeti finissimi, le molte bionde e va- frangia di seta cremisirra e d'oro, con Gor-
ghe donne (si usava e si usa tuttavia line d'ormesitio bianco alle finestre. Le
in Venezia erigere Ali letti delle case altre camere erano fregiate, quali di rasi
iilcuni edifizi di legno quadri in forn>a turchini e gialli, quali di velluti paonazzi,
di logge scoperte, chiamate aliane, do- quali di panno d'oro odi tappezzerie iì-
ve con molto artifìcio e assiduamen- nissime e cuoi dorati di vago e mirabile
te, tutte o la maggior parie delle vene- lavoro. Corrispondevanoalla magnificen-
ziane, si facevano biondi i cappelli con za delle mobilie, i finimenti del letto di
diverse sorti d'acque, nel colmo del gran broccato, iestngni e tela d'oro, cortinag-
caloie del sole. Al contrario delle egizia- gi di seta, padiglioni fatila reledi pre-
ne che abborrivano la chioma bionda, e ziosa opera, seilie e lettiere dorate, coti
delle donne di Svevia, che la amavano fascie d'oro e altre suppellettili costosis-
oscura ; e Nerone fu quello che accreditò sime. Sulla porta della cappella del pa-
in Roma i capelli biondi, quando volle lazzo Foscari esiste l' iscrizione monu-
che Po[)pea si facesse veder sempre col- mentale, d'averlo al)itato Enrico III re
la testa bionda. \\ (j\m\%co. Delle orna- di Francia e di Polonia. Per ben 5oo per-
irici, p. 1 16, che ciò riporta, lodandola sone era ivi ogni giorno apprestata son-
bellezza della chioma nera, riconosce che luosa mensa. Invitalo il re ad un pub-
i capelli biondi scemano apparentemente blico convito; il doge e la signoria reca-
glianni alla donna atteiiìpata; e questa es- vonsi a levarlo col Bucintoro, venendo a
sere sicuramente la prerogativa che deler- riva l'illustre comitiva alia Piazzella, da
mina la femmina ad anteporre la bionda quel punto sino alla porta principale di s.
cappellatura alla nera), tutte vestile di Marco era la l€rra coperta di panni scar-
bianco; lequalico'magislratiecol popolo latti, e su colonnette a guisa di baldac-
alfollato sulle fondamenta, sopra palchi di chino stesi erano altri parmi di saia pjio-
legno e sui letli delle case,snlulavano Eu- nazza e gialla, pendendo dagli archi delle
rico ili con altissime acclamazioni. Il re loggie esteriori del palazzo ducale, secon-
meravigliato, intenerito a quel sorpren- do l'antichissimo uso veneziano, festoni
dente spettacolo , diceva mancaigli per di edera e di alloro. Dal divolo resalulala
con)piuta letizia la presenza della regina ed ammirata la venerabile basilica, do-
Catei'ina de Medici sua madre. Nel pa- pò il canto del 7~e Z^n/w, entrava indi a
V E N V E i\ 4o3
suon di trombe nel palazzo de'ilogi e uel ima colezioiic di confeUiire e di frulli cali-
la sala vaslissioia del Maggior Consiglio, dili, la quale riuscì quanto mai soiprcn-
Allo splendido convilo, prolralto ne' due dente per essere il pane, le salviette, le
Iati della sala per lungo due mani di al- tovaglie, i piatii, le forcliette e i coltelli
tre mense per 3,000 persone, s'imbadiro- lutti di zuccliero, e così bene figurali, che
1101,200 sceltissime vivande. Tentiinalo il re prendendo la salvietta, non accor-
il magnifico convito, ed entrati nella sala gendosi dell'artificio, nello spiegarla cad-
inolti suonatori di vari strumenti, e mu- de a bricioli in terra. Prefereudusi dal re
sici vestili di abiti scenici, si rappresentò il vivere libeio, spesso si compiaceva di
con ingegnose invenzioni il i." dramma girar travestilo per Venezia, a fine di os-
in musica, che sia stato dato in Italia, servare tutto a piacere, visitando minu-
eccelleule composizione del famoso prete lameute le officiue e le botteghe ricchis-
Giuseppe Zarlino di Chioggia. Lumina- sime, ma uu ingemmalo scettro di s(|ui-
rie sontuosissiniC a disegno, serenate, re- sitissimo lavoro, svelava il re nell'uomo
gale di rentatori e di rematrici, comme- incognito, acquistandolo per 26,oooscu-
die private, banchetti, solenne mostra di ili d'oro. Recossi pure nel fondaco ile'te-
sceltissimi drappi nelle botleghe di Mei- deschi , per onorare uno della famiglia
ceria, lotte di pugni sul poule di s. Bar- de' celebri e ricchissimi mercanti Fug-
iiaba, balli ed altri solazzi si succedevano gvii' ti' Augusta. E invaghilo della bel-
per rendere incantevole al re il soggiorno lozza del volto e delle gr.izie dello spiri-
di V^enezia. Qual fosse l'opidenza, quale lo, recavasi da Veronica Franco, reputa-
li lusso generale delle famiglie patrizie la fra le donne piij illustri che coltivasse-
in Venezia, ben ap[)arve nel gran ballo ro la poesia, appassionala pe'lelterati piìi
dato nella sala del Maggior Consiglio, nel- distinti, anche per istruzione. Era l' Aspa-
la quale ben 200 gentildonnefecero sfog- sia di Venezia. Poi oeliSyS divenne mo-
gio sopra ogni dire sorprendente di rie- dello di penitenza, ed istituì la casa del
chissime vesti e gioie preziose; tulio spie- Soccorso per agevolare ad altre femrai-
gava un lusso veramente orientale sia ne traviale la raniiera di guadagnarsi la
nell'addobbo, sia ne'lappeti costosissimi salute eterna. Avvicinandosi il momento
tlislesi sul suolo, mentre nella vicina sala della partenza del re, egli volle usare del
tietla dello Scrutinio le pareti erano co- sovrano diritto del veneto patriziato, di
j)erte di cambellotli a marizzo di color cai godeva la sua stirpe, per essere scrii-
giallo e turchino sparsi di gigli di tocco la al libro d'oro, col rendere il stilhagio
d'oro, e vedeasi preparata una colezione pel senatorato, in un grande consiglio le-
di confetture diverse distribuite in 1260 noiosi, a Jacopo Contarmi. Giunto final-
piatti falli di zuccheroda Nicolòdella l'i- mente il momento della partenza d'Euri-
glia e rappresentanti grifoni, navi, ninfe, colli, il dogeMocenigo gli augurò non me-
dtrità e mille altri oggetti. Cominciali i noil viaggioche ogni altra cosa felice, assi-
suoni , prese ciascuno de' gentiluomini curand(jlo dell'alfezione e dell'osservanza
francesi a danzare colle gentildonne. Così del senato, dell'ordine patrizio,*" degli altri
quelle sale nelle quali raccoglievasi la sa • lutti della cillà, protestandogli che i vene-
pienza de'reggitori e del;beravan>i le sor- z\an\ giani'/iai non avrebbero lascialo ir-
li dello slato, vedeansi tramutale ad u.'i nir meno la ricordanza dell' u/nanità e
trailo in sale di sollazzo e di gioia indici- benignità con cui e'gli colla sua regia prc-
liile. Il re visitò il meraviglioso edifizio senza illustrata m'ealarepubblica. lien-
dell'Aisenale, e ne restò stupefallo, pel dendo il re distinte gr.izie al doge e ab-
com[)lesso di tante meravigliose cose, ser- bracciandolo, piejenlavalo poscia di un
vilo nelle slunzedel consiglio de'Dieci di diamante di grandissimo valore, accioc-
4o4
V E N
cìiPì'n segììo del suo ninor i^ramìf \'crso
di' lui, lo volt s<-f portai e. Iliciisava il do-
ge (la prima il dono, ina pensando che il
nlìuto avitbhe potuto dispiacere al re,
consegnava invece il diamante al senato,
il quale lo fece collocare nel tesoro di s.
JMarco, incastonato in un giglio d'oro, con
apposita iscrizione. La gemma fu ivi gelo-
samente custoilita fimhè mani francesi
rubavano ciò che da roani francesi era
stalo donato, rimarca il Mulinelli. Con
pari liberalità regala vaEnrico 111 di auree
collane Luigi Eoscari, nel cui palazzo a*
■vea alloggiato, ed i 4o nobili giovani che
l'aveano servilo, gratificando pure c<m
denaro diverse altre persone, oltre le li-
mosine. Mentre il re dimorava in Vene-
zia il duca di Savoia Emanuele Fdiberto
•vi si recò privatamente a inchinale il re,
accompagnalo da molli signori, ed a ven-
do preso alloggio nel palazzo di Luigi
ÌNIocenigo, incontro a quello de'Foscari,
addobbalo di bellissimi cuoi d'oro e tap-
pezzerie finissime, nel partire donò la
moglie del proprietario d'una cinta lutta
gioiellata, con in mezzo una gemma va-
lutata 1 800 scudi, l'oi su! medesimo ita-
Tiglio accompagnalo dal doge sino a Liz-
za-Fusina, il re a'27 luglio se ne partì
alla velia di Ferrara e di Mantova, don-
de per Torino tornare in Francia. Affin-
chè poi si serbasse pubblica la memoria
per ogni futura età di quel famoso avve-
nimento, il senato fece scolpire in mar-
mo l' iscrizione che offre il Mulinelli, e
collocare a fi-onte della principale scala
de* Giganti del palazzo ducale, con eccel-
lenti ornamenti del Vittoria. Rileva Y Ar-
te di verificare le date, che le magnifiche
accoglienze fatte da Venezia a Enrico III,
non eransi praticate con allri principi. 11
prof. Romonin poi osserva : » E queste fe-
ste facevansi ad un principe di quella sles-
sa nazione che 3 secoli prima mandava a
domandare a Venezia sussidio di navigli
per la Crociala, e due secoli dopo dovea
lame la mina! Tanto mutano i tempi !
Venezia avea allora bisogno di Francia
V E .\
pei contrabbilanciare alla potenza diSpa-
giia". — IMa a'giorni di allegrezza dovea*
no ben presto succederne altri di estrema
miseria e di lutto, minutamente desciitli
dal cav. IMulinelli negli Annali T'rltaiii
di f^eiiezia, ed io già superiormente ne
discorsi in più luoghi. vSul finir del mede-
simo 1574 'fi*^'"'' rompevano e inonda-
vano, ed il mare spinto da grande ein[)ito
di vento, allagòtulla laciltà, squarciando
in ') luoghi i cii costanti lidi; e nel seguente
I 5^5 a'aSgiugno arrivò un trentino dal-
la sua patria desolata dalla peste, e mo-
rendo la comunicò a'veneziaiii, nel qual
tempo il Pontefice trasferì il nunzio Ca-
stagna al qoverno di Doloijna, ed in Ro»
ma erasi recalo l' atnbasciatore Anto-
nio Tiepolo. I provveditori alla sinità
non mancarono di quanto spellava al-
l' uffizio loro e di usare ogni opportu-
no riguardo, nondimeno si dilatò e fice
miseranda strage. Bensì per le loro dili-
genti curo, mercè Tinverno sopravvenulo,
pareva vinta la tremenda malattia, quan-
do nella seguente primavera ricomparve
con doppio fiirore; dopo che due famosi
professori chiamati da Padova aveano di-
chiaralo il morbo non contagioso, pronti
a curare senz'alcuna precauzione, contro
il savio parere de' medici veneziani. Ma
treuiendo tenne dietro il disinganno, ed
allora fu una sola opinione : era troppo
lardi, tutte le parti e le classi della cillù
divenendone infette, ormai non più ba-
stando il Lazzaretto vecchio e il Lazza-
retto nuovo allora formatosi. Incruilclì
tanto il malore, che ninno risparmiò, sen-
za che il doge Mocenigo col senato cedes-
sero all'allrui esempio d'abbandonare la
città, quindi facendo le ragioni di tulli
gli allri magistrati, a riserva del consigi io
de'Dieci e de'Quaranla sopra le cose cri-
n.iiuali. Se non che disperando degli aiuti
umani, si volse il senato più che mai n
quello di Dio, e d' accordo col patriarca
M fecero pubbliche preghiere e processio-
m di penitenza, per la quale lo slesso do-
ge parlò al popolo con sonora voce in s.
V E N
Marco, a mclter fidocia ni'irOniiipolcn-
tc,eprotnellenilo t'ei'vorosdiiicnle un tem-
pio votivo a Cristo Redentore da innal-
zarsi nell'isola della Giudecca, al cessare
del desolatole flagello, a visitare il quale
si tiovesse portate il doge e il senato in
perpetuo neir anniveisaiio del giorno in
cui la città sarebi)e stata alFatlo libera
dalla pesldenza. E vellosi alla ss. Vergi-
ne,il cui nascimento in quel dì sì onorava,
cliiamavalaa farsi riconciliatrice coldivin
suo Figlio ; cUiamava pure a<l lutei cedere
il s. Evangelista protettore particolare e
principale de' veneziani, coli' aiuto del
quale avean essi spiegalo uè' più remoti
paesi le vittoriose loro insegne, e sotto il
cui patrocinio viveva e respirava Venezia.
Era tosto in cielo esaudita la prece, ed
il volo era accoltr). Imperocché nel susse-
guente giorno, 4s'jl' nomi di estinti ve
ui vano notificati; e progressi vame/ile an-
dò rimeltendo scujpre più del suo furore
la peste.eraillitta città cominciò alquan-
to a respirare. Indi coli avanzar ilell' in-
veì no il morbo prosegui a mitigare in mo-
do, che il ili J dicembre i 576 potè dirsi
cessalo, dopo essersi piante circa 5 1,000
vittime, fra le quali unTiziano ! di 99 an-
ni. Sul numero delle vìttime sì può anco
vedere il n. 7 del^ XVI il. A prevenire che
non si rinnovasse nella primavera, si ri-
corse a tutte le possibili [ìrecauziom e pu-
rificazioni, e la città potè alfine ripren-
dere l'usato aspetto. Al Palladio fu allo-
gala l'erezione del nuovo tenqjìo, e nella
3.' domenica di luglio «577 fu p(d)b!i-
cala dal pergamo di s. Marco la lolale li-
berazione della città dalla pestilen/.a; ma
il dose IMoceni"o testimonio soilei ente di
tante patrie sciagvue, non [)olè assistere
alla gioia del popolo per la conseguila sal-
vezza dal mortifero veleno, essendo già
morto a'3o maggio 1 577, al diie del ilo-
n>anìn, od a' 3 giugno secondo la AV/Vf
il/Do£Ì ili /''e/u:;/^^ del Nani, ovvero nel
dì seguente come vuole \' Arlt di vci-ifi-
care IcduLc. Principe lodevolissimo, ama-
to e veneralo^ la cui salma venne dcpo-
V E N 401
sia in ss. Gio. e Paolo, ove 3 pronipoti
eressero a luì e alla moglie LoredanaMar-
cello lui mausoleo tulio ili marmo d' l-
stria, sopra la porla maggiore, grandioso
e ntagnifico, composto di due ordini co-
rintn, ed ornato di bassi rilievi e ili sta-
tue, figurando i coniugi ijuelle distese
sulle due urne. Quella della moglie si
Vede coronata col corno ducale di doga-
ressa, non perchè fosse coronata tale, ma
gliene fu concesso l'u^o per singolare o-
noredal senato, di che un altro esempio
lo riferirò nel dogado i iS."
3o. Sebastiano f'cnicr LXXXf [do-
ge. Era ben giusto che il vinci\ore di Le-
panto, scrive il suo biografo Casoni, il
terrore de' turchi, quello che nell'acfjue
in cui un teojpo fu dispulalo l' impero
del mondo (da' già nominati Augusto e
Marc'Anlonio), aveva decise le sorli del-
la patria sua, sostenuto la rinomanza,
l'onore delle venete arcui, e proietta col
sangue proprio la causa della cristianità*
(cuuie pur leccio co' loro comand.inti la
marina pontificia e la spagnuola), salir
dovesse a capo di sua repubblica da lui
difesa con invitto braccio, e moderata
colla prudenza del consìglio. Il Venier
dunque, procuratore di s. Marco, ullua-
genario, ma vigoroso ancora, venne ac-
clamato doge l'i I giugno 1 J77, ed ac-
collo dal senato e dal popolo con vive
dunostrazioui di vero entusiasmo. A gui-
derdonare i grandi servigi da lui pre-
slali allo stato, vollero i padri esubera-
re oltrepassando melodi slalularii e co>
slumauze inveterale; imperocché reduce
egli dall'ai mala, (piando ancora non era
diige, iu accollo ne! Ducmloro, e fu (piel
suo riloruo un vero trionfo. Lo pi ece-
de vano le armi e le spoglie conquislale
sul nemico alle Curzolarì, egli slesso in
mezzo a' principali capitani, suoi com-
pagni nella grande giornata, armato di
li:l.t(i punto, indossando il purpureo pa-
ludiimeiilo di generale, attraeva a se gli
occhi della moltitudine, e lutti di am-
iniuiziouc ricolmi, applaudivano alla vi-
4oC> V E N V E ?J
sia de' più fjfi'ilincnli piigioiiieri l(uclii, l' cibbandonò, e poi conoscititfine l' in-
die in lungo stuolo cliiiitlevaiio il mae- nocenza riprese. Alla morie de! sultano
sloso corteggio. Giunto alla sogliti della del i 5f)') gli successe Maometto III, ciie
basilica di «. Marco, era stalo incontrato .ibbandonalo al vino e all'odalische la-
dalla signoria e da! doge Mocenigo, che sciò le redini del governo alla sultana
a noine della repid)blica lo felicitò per valide Firidò sua madre. I veneziani, come
l'imprese con tanta pubblica soddisfa- sotto Amurat III, cosi in questo tempo
zione operate: si resero grazie all'Altis- ebbero nella sultana concittadina una
situo con solenne Te Dciim, e poi con grande protettrice, onde fu per opera sua
lauti iiDbandimenti e cortesie ebbero rinnovato a' 20 dicembre i595 il trat-
fìne queste pubbliche allegrezze, di gran- tato di pace per mezzo dell'ambasciatore
de celebrità ne'vcncti annali. Anche il Leonardo Dona. Stabilivasi per quello
giorno di sua esaltazione al dogado fu che Parga rimanessealla republjlica, che
nieinor.'indo per la spontaneità delle fé- i mari ed i mercanti e le loro robe sa-
ste, per la gioia del popolo, frammez- rebbero sicuri, che i corsari presi vivi
zo al qntde si videro 9 mercanti turchi da'veneziani si dovessero mandare a Co-
prender parte nella comune letizia, prò- slantinopoli per esservi debitamente pu-
strarsi a lui davanti, baciarne i piedi, niti; per Zante pagherebbe la signoria
riverirlo con»e grande e generoso gner- i5oo zecchini ; i precedenti patti si con-
liero. Il doge Venier gli accolse beni- fermarono, facendo il sultano piena quie-
gnamente, confortolli, e li ricolmò di tanza pe'Soo, 000 ducati pagati dalla re-
carezze e di donativi, confermando cosi pubblica a tenore della pace con Selim
lo buona armonia che regnava colla Por- II, dopo la guerra di Cipro. In seguito
ta oltomttna dopo la pacificazione, e col il sultano svegliatosi dal suo obbrobiio*
nuovo sultano Amurat III nel i574suc- so letargo, e riportate vittorie in Un-
cessoa Sclim II suo padre (Avca Amu- gheria, rientrò in trionfo a Costantino*
rat HI sposalo una veneziana, t!ie per poli, e con caso strano la sultana Dalfo
lungo tetrspo figniò nell' impero di Tur- v' intervenne a cavallo senza velo sul viso,
f/iz^, come narrai in quell'arlìcolo. Con- Nondimeno il figlio per contentare i ri-
piene sapere, che navigando verso Cor- belli giannizzeri la esiliò,edipoi richiamò.
fìi, per assun)erne il governo, un gentil- Ma venuto il sidtanoa morte nel 1 6o3 e
uomo veneto delia famiglia Baffo sopia succedutogliil figlio Acmel I, questi tosto
una galea della repubblica da esso co- spogliò la Baffo de'suoi tesori, e la rileg?)
iDaudata, venne da' pirati turchi fatto nel serraglio vecchio). Al suo innalzameu«
schiavo con una sua figliuoletla di rara lo al dogado gli tenne un'orazione gratu-
bellczza. Entrata la giovane nel serra- latoria Isicratea di Monte rodigina, giovi-
glio tra le odalische o concubine del sul- netta di i 5 aifui, e fu stampata. Appena
tano, sene invaghì Amurai 111, e tanto eletto, il nunzio pontificio Annibale di
da render la veneta Baffo madre dell'e Capua arcivescovo d'Otranto, in nome
rede dell'impero, che fu poi Maoraetlo di Gregorio XIII lo presentò della Ro<!a
III, onde la dichiarò hassaki o regina o d'oro benedetta. Il Papa avea ridonato
sultana, ossia odalisca favorita, di conse- la sua benevolenza alla repubblica, che
guenza in seguito diventò stdtana valide, avea aggregato alla sua nobiltà il figlio
cioè madre del sultano regnante. L'avve- Giacomo Boncoropagoo colla sua discen*
ner.tee virtuosa veneziana avendo par- denza; e donato all'ospedale della Pietà
torilo alili i3 principi, ed essendo poi di Venezia circa 10,000 scudi, che ne*
morti, cedendo Io sfrenato Amurai III dominii veneti doveansi riscuotere pei
all'insinuazioni dell'odalische sue emulc trascorsi quindennii; di più soccorse o
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coiìferì una pensione all'arcivescovo ili gior poi la del ducale palazzo una serie
Napoli di ^lalvasia caccialo da' turchi, d'archi coperti di panni edi tessuti orien-
Gregorio Xll! avendo divisalo di liberar tali, la quale terminava ad uu arco più
dalla prigione M.' Stuarda regina di Sco- granile eleganleuiente costiuito ali:» lest.i
;/Vz,iiicui la teneva tirannicamente la fa- d'un lungo ponte galleggiante, rormato
mosa cugina Elisabetta regina d'Inghil- con 80 galee,e parimenti copertodi pan-
terra, esortò la repubblica a non rice- no, il quale traversando dalla Piazzetta
vere l'ambasciatore inglese come deside- il vasto canale della Giudecca, univa l'o-
rava quella furiosa scismatica, e favori- monima isola colla città, ed oflViva un
vano diversi senatori. Flagellata Vene- comodissimo passaggio alle concorrenti
zia dalla peste, il Papa avea fitto in Roma turbe divote. All'apparire su quel ponte
pubbliche orazioni per la cessazione del del doge, preceduto giusta il solilo da'
morbo sterminatore. Dissi già, chela suoi 12 scudieri o ulllziali di servizio iti-
totale liberazione della città era stata pendiati dal doge e vestiti di nero, due
pubblicata nella 3.' doiDCnica di luglio a due, che l'accoiupagnavano nelle pidj
del 1.577, onilesi volle dar pi incipio al- bliche funzioni, e seguito dagli amba-
l'annua i .^ processione e visita al nuovo sciatori de' re e de' principi, rimboinbij
tempio del Redentore, come riportano l'aere dello strepilo deli' artiglierie do'
il Corner, il Alutinélli, il Casoni, il Ro- vascelli e di quello de' tamburi, dello
manin. Ma siccome la i/ pietra eravi squillo festoso delle trombe edellegiu-
stata gettata a'3 maggio, per consegnar- live acclamazioni dell'alFollato popolu e-
la alla custodia de' cappuccini, e perciò sultante^ di maniera che pareva uu lini-
a|»pena principiata, si di>pose che sul- mondo. Nella messa clie fu cantata sulle
l'allenate case fosse costruita con tron- appena gettate fondamenta della ehiesa,
coni d'alberi una transitoria chiesa, le risuonarono dolcissunamente i sa^ri inni
cui porte si abbellirono di frondi, e l'in- con sublimi e commoventi melodie, ch'e-
teriore di cuoi d'oro, e di panni e arazzi rano opera dell' immaginare armonioso
finissimi, ergentlovisi nel mezzo adorna- di prete Zarlino, npoilolo della scienza
lo di spalliere d'oro, seta e argento, un musicale. Nel § X, n. 60, descrivendo il
eminente altare coli' immagine del di- cospicuo tempio, notai, che dopo la ca-
vino Redentore. Pertanto tra il suono duta della repubblica dalle magistratu-
de' sagri bronzi in detto giorno parti vasi re edilizie si cuulinuò la visita, e tuttora
d illa basilica Marciana, dopo la messa si costruisce un ponte di barche, e che
celebr.ita nella cappella ducale, proces- nella notte precedente ha luogo una fé-
sioiialmente il clero secolare e regolare sta popolare giocondissima. Questa è la
di tutta la città, con grandissimo sfarzo coi\iì\:Ha Sai^ra del Reilcntore. Una noi-
d'aigentei ie le scuole grandi, le confra- te simile non è dato descrivere : è una
lernife, gri'«tilMti d'istruzione e di be- festa che celebrasi in mare e in terra,
neficenzn, il priinicerio di s. Marco, il nell'aria, in seno delle famiglie, in piaz-
palriarc « di Armenia, quello di Venezia, za ; è un misto di memorie, di tratlizio-
il senato e per ultimo il doge Venier. In ui, di gozzoviglie, di religione, benché es-
quel giorno avventuratissimo, il Iato del- sa n'abbia la minor parte, cioè soltanto
la piazza, che guarda la marina, era ad ove. La Sagra del Redentore, A [ne-
ornato dì quadri d'arazzi; innumere- sente è alquanto diversa dall'antica, poi-
voli festoni pendevano dagli archi del- che s'adattò a'nuovi costumi. Un tempo
l'cdifizio della pubblica biblioteca, e ad n'era precipuo ornamento la quantità di
ogni sua colonna Sventolava un dorato barche fornite con eleganza, nelle (juali
stendardo. Incominciava poi alla Qiag- andava a gara il bel mondo ed il grande,
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e al sereno, sotto graziose o magni ficlic
teiuIc.allelVesche aut elle del mare, s'iin-
l);nidivauo per tulio il canale della Giu-
decca le cene; di bordo in bordo passa-
vano, si cambiavano i brindisi, e l'eco ne
ripeteva i suoni giulivi. Tale uso si con-
^ervH ancora dal popolo, sempre tenace
osservatore delle [latiie tiadizioiii. Le
sue bartlielle illuminale e fronzute, che
dal mobile ponte si estendono e aggrup-
pano,sono pure rallegiate da ri[)eluli fuo-
« hi colorati, ed i suoi canti formano il piìi
Mvoe fantastico della festa. Una folla più
tlegante si raccoglie nell'incantato giar-
dme del Chccchia, risplendente d'innu-
merablli variopinte facclle, e dove s' im-
bandiscono le cene tra le armonie de'mu-
sìcali concenti. La calca dura tuttala notte
per quanto lunga è la si rada, che dal ponte
i)OSliccio mette olla Piazza. Fra tanto man-
giare e bere, non sen^a licenze, in una festa
ciiedurada un tramonto ad un'aurora,
un'intera uoll( ; in Imita entusiastica e cla-
morosa allegrezza, in si gran numero di
libagioni, non si deplora alcun disordine.
Ella è ben 1' aulica umanità veneziana,
un itiuoaueno di gentilezza. Il cav. Mu-
linelli riporta la Rdazioitc della solen-
nità fatta per la liberazione del conta-
gio, di Muzio Luminis. Le angustie in
cui ancora trova vasi la città, in conse-
guenza della patita orribile pestilenza,
mossero la pietà d'Agostino Michiel a te-
nere UD discorso in nome della povertà,
onde accorrere a sollevarla. INIa nuova
disastrosa sciagura venne a colpire Ve-
nezia, e ad amareggiare il doge nel prin-
cipio del suo reggimento. Per l' incendio
violento sviluppatosi rapidamente nella
notte de'ic) al 20 dicembre 1577 al du-
cale palazzo, colpa la viziatura d'un in-
terno fumaiuolo; per cui glande e de-
plorabile perdila feceio le belle arti in
poche ore. sebbene la fedele e valoro-
sa genie dell'arsenale fece prove incre-
dibili per impedirne lo spellacolo di-
voratore e spaventevole, e poi uobil-
nieulc licusò il dono di 5oo ducati de-
\ E i\
CI elati dal sonalo. Se ne legge la com-
movente e straziante descrizione nel Mu-
linelli e nel Romanin, minacciando il
fuoco non solo di distruggere tulto il pa-
lazzo, ma d' incenerire r insigne basilica
e le altre cospicue fabbriche vicine, se
non accorrevano a impedirlo molli de*
primari magistrati, molli patrizi e mol-
ti cittadini abitanti de'dinlorni, che ga-
reggiarono in zelo e patria abnegazione :
durò due ore e piìi. Arsero i pifi vasti lo-
cali : la sala del Maggior Consiglio, quel-
la ilello Scrulinio, le sale del Collegio
de'X 1 1, del Collegio de'XX savi, la Qua-
rantia civil nuova, e finalmente l'.Archi-
vio pregievolissimo de'nolari n«orli che
dicevasi Cancelleria. In questa lagrime-
volo oond igrazione perirono i capi d'o-
pera di (jiiarieiilo, de' Vivaiini, di Gen-
tile da Fabriano, del Pisanello, de' Bel-
lini, di Vittore Carpaccio, di Tiziano, di
Po» denone, colla intera serie de* ritraiti
de' dogi, le immagini de' più gravi sena-
lori, de' più illustri uomini, e le memo-
1 ie delle geste de'veneziani, in uno alle
ricche cornici, dorali intagli, preziosi do-
. cumenti d'antiche scritlure; perdila ir-
repaiabile che i posteriori sforzi di altri
valorosi non più valsero a completamente
sanare, almeno se la si riguarda come
una lacuna dolorosa rimasta nella sto-
ria, e in quella del [)rogresso delle arli
belle. 11 prof, iiomanin racconta questo
spaventevole disastro, anche col codice
delle Memorie Molìn, nelle quali è ri-
marchevole questo tratto, siccome scrit-
to (la un testimonio oculare. « Venuto
il giorno, e andando la gente ansiosa a
veder l'elfetto del miserabile accidente,
non fu alcun figliuolo di s. f.Iarco uè
buon cittadino che non traesse vivissime
lagrime del cuore, considerando che in
poco pili di due ore (oh miseria delle
cose umane!) si fosse dislrutla (]uellc»
che in lauti anni, lanli sudori, tante vi-
gilie, tanto oro avranno speso i proge-
nitori nostri. Ma i più savi non imputa-
viHio ciò a disgrazia 0 a disavventura,
V E N YEN 409
rii;» lieo ;ill;i g'msl^simo volonlìi del gi'in- !n concerne, vegga?! la glande opera clu-,
«le Iildio tirala da'iiostii [lercati, peixioc- qMasi al termine, scrive e pubblica il più
clic in delta saia oh quanti indizi sini- volle luilato, l'instancabile F. Zanotlo.
stri nella giustizia distributiva si vedea- Intanto la canuta vecchiezza del doge
no uscite anzi nioslii e porlenli, che a Venier invano lottava co'la virilità del-
snnicenlia mostravano l'avvenire; (pian- Io spirilo; alfine dovette cedere al co-
le false proniesse attestale e sigillate da inun destino, senza aver compito il io."
solenni m.i falsi giuramenti che negli oF- mese del suo dogado, morendo a' 3 mar-
ficii over come diciam noi A/Y)^'//, inlro- zo 1578, lasciando la città conturbata
nnvano le orecchie di tutti i nobili, ma per ilolore profondo, e tutti i sudditi
ff>rse [liù cpiclle (lei Signor de'Signori ! " gravemente rammaricati. Ebbe touìba
Km allora che mancalo il locale ove adu- nella chiesii di s. ìMiula degli Angeli in
invasi il maggior consiglio, bisognò im- I\Iurano, coli' inscrizione seguente: Hic
inediatamcntepensnre ad una sostituzio- m.ti^niPrìiìcinis ac i/ivirti Sclnislianif^e-
ne ; al qual uopo cadde la scelta sulledue nei-io iaccnt oxxa dnm illi dìgna eri-
cnntigue sole terrene dell' Arsenale, in i^antur inausolcn. — Nicolh da Ponte
ima delle quali si fabbricavano i remi, LXWf'fJ do!;e. Vecchio d'87 anni,
e iiell altra erano custodite le laiicie, e già pubblico pitd'essore di filosofia, uomo
ridalle servirono a'convpgoi di f|uello. di grande erudizione, eloquentissimo,
A fronte di tanta formidabile sventura, -versatissimo nella teologia ond'era sta-
seppe il doge Venier reprimere il rani- lo mandato dalla repubblica oratore al
malico che internamente il ciucciava, concilio di Trento, e in età d' 80 anni a
e n!o^lrarsi, come prima, sollecito «Ielle (iiegorio XIII per giustificar la pace col
pnbbliche cose. Per la rifabbrica del di- turco, e fu la sua 7.^ ambasceria a Pio-
sliulto eperla lestaurazioneilel danneg- ui;i, essendolo pur stato all'imperatore
t;ialo furonoconsulfati (Inoa i j archilei- e presso altri sovrani ; modestissirao nel-
li (pubblicò il eh. ab. Giuseppe Cadorin, l'esporre le proprie opinioni e pronto a
J'iireridi Xf^ /4rclnUlti,Vene7.\a[iÌ2H), cinlere alle migliori, distintosi nelle reg-
g'i uni opinando esser necessaria l'in- genze di Corfii. Padova e Udine ove die
leia riedificazione del palazzo, ;illri pò- s iggi d'illibatezza e di amore a* sudditi,
tersi restaurare quanto restava, non es- cavniieree prociiialore di s. Mar co. Pro-
sendo indebolita la fabbrica, e cosi pen- clamalodoge li 19 marzo 1 578, attese to-
sava appiinlo Antonio da Ponte, il <licui slo con ogni impegno ad alleviare le gra-
pif'getloreslò a|)provato. Né mancò egli vezze e ad operare la restituzione del de-
aila sua promessa, che nel breve spazio iiaio allluilo alle casse pubbliche durante
d' 8 mesi mirabilmente condusse a ter- l'ullima guerra. La iepubi»Iica Irovavasi
mine il lavoro senza fare mutamento al- in pace col turco di>lratlo nella guerra
cono all' insigne mole e con lauta soli- co'persiani, anzi vennero prudentemenle
dita (piale ancor oggi si ammira. Però rifiulalc le proposte d' Ivan IV czar di
il palazzo fu totalmente terminalo ne- Moscovia, p<ir sollecitare nuova lega con-
gli alibellimenli, e quale di presente si tio il liirco medesimo. La repubblica
vede, parecchi anni dopo; avendovi di- iliirante (pieslo dogadoebbe vari molivi
[liuto i piii celebri pittori veneziani e al- d' iiupiieliidine aire>terno e all' inter-
lii italiani, primeggiando (piali preziosi no. vSerano proposti i triestini di restiin-
gioielli il Cliiidizio finale di J. Palma, e gere il letto del fiume Uosaiida per co-
la Gloria del Paradiso di J. Tintorelto. struirvi saline, cosa che la repubblica
Md intorno a ciò, ed anzi sulla intera non polendo in modo alcuno coinpor-
fiibbrica del palazzo ducale, e di (pianto lare, ne foce sue lagnanze nel luglio al-
4 M) V E ^ V E N
l'imperatore Rodolfi) H, uè olfeiien- conlerapluioiie di Sua Santità la repub-
«loite effetto alcuno, die assolutamente Mica rivocò il sequestro. A' io giugno
nrdine ad una piccola squadra di galee 1^79 si recò in Venezia Mario I Sforza
(Il muovere a quella volta e distrugger- conte di Santa Fioia a partecipare che
le. E le relazioni politiclie coli' impera- a' 5 giui^no del precedente anno Fran-
tore. facevansi sempre più dilHoili, spe- cesco .Mjria de Medici granduca di To-
rialmenle n causa diagli uscocchi, all' in- scarni ('•) avea sposato la bella ve-
solenza de'quali, ad onta delle continue neziana Rianca figlia unica del ricchi'j-
lagnanze, per la connivenza de'capita- simo Hartolommeo Cappello, vedova
ni di Segna e del capitano generale di del fiorentino Pietro Bonaventuri, e ne
(Croazia, non veniva mai pnsto riparo riparlai nel § XIV, n. 6, col quale era
«la^rimperiali. Laonde il senato coman- f"u2;c;ita da Venezia a Firenze la notte
r,~,-
dò al capitano destinato alla guardia di venendo il •20 novembre i563 di circa
que" pirati che chiudesse i mari, uè la- 1 (3 auui, colle sue gioie, e la connivenza
sciasse penetrare iu Segua, loro princi- tiello zio (ilo. Battista e altri complici,
pale ricetto, [»rovvisiotie veruna. Gl'im- Il senato, che in vita del Bonaventuri
j>eriali fecero grande scalpoi e, el'amba- (morì assassinato nel r '572 per trecca con
sciatore venne a querelarsene iu senato, Cassandra de R.icci), e di Giovanna d'Au-
il quale rispo'Je ch^erano tante le ruberie stria virtuosa e trailita tnogìie del graii-
(legli uscocchi da dover finalniente causa- duca, e sorella di Massimiliano II (per-
le qualche moto importante de' turchi, ciò da alcuni chiamata regina), non a-
e che essi assaltavano lino le barche ar- vea dato ascolto all' insistenti ricerclie
mate venete; e convinto ch'eravi sopra del principe perchè fosse dimenticala e
i loro legni anche il capitano di Segna, la Pigadi Bianca sua sftcoiata druda dal-
si confu<ie e pari). L' imiieratore prorni- la casa paterna, la sua scandalosa e ro-
se provvedere, e nulla facendosi, la re- morosa evasione dallo stato veneto, e le
pubblicasi fece giustizia da se, Poco altre gravissime sue mancanze, ad onta
meno infesti degli uscocchi erano i mal- del bando capitale contro il Bonaven-
tesij e la giurisdizione della repubblica turi e probabilmente pure contro Bian-
sul golfo non era più rispettata, daci.hè ca (essendo stati distrutti gli atti del pro -
pirati di tutte le nazioni vi correvano a ces<o quando divenne granduchessa), fi-
piedare e recar molestie al commercio, naimenle per la ragione di stato, volle
Inoltre nel i57q gravi contese insorsero per politica questa volta piegarsi. Ac-
tra la repubblica e l'ordine Gerosolimi- cordò per<lono alla traviala donna, ora
lano, sovrano dell'isola di IMalta, e Gre- divenuta granduchessa, fece cavalieri del-
gorio XI 11 interpose i suoi paterni uf- la stola d'oro Bartolomeo padre, e Vit-
flzi, essendo presso di lui dal precedente torio fratello di lei, e l'adottò per figlia
1578 l'ambasciatore venezianoGiovanni vera e [)arlicolare della repubblica di s.
Correr; poiché stimandosi offesa da que' Marco, per le pressanti istanze del gran-
cavalieri per avere nel corso delle loro ga- duca, come appunto avea fatto nell'an-
lee spogliato un ricco bastimento veneto, f ccedente secolo riguardo a Caterina Cor«
»lopo replicati lamenti al gran anaestro 11 aro nel divenire regina di Cipro, che
L'Evéquede la Cassiere, sequestrò 1 frut- [)eiò non avea aifatto eccezioni. Ma la ra-
ti delle commende gerosolimitane ch'e- gione di stato fa chiudere gli occhi mon-
rano nel dominio veneto. Il Papa <\\\\\' d mi su tutto! Però la storia della famo-
que per agevolare vin pacifico accordo, sa Bianca venne accotnpagnata da aned-
fece in maniera che i cavalieri fossero i doti certamente poco onorevoli alla sua
primi a restituire la roba tolta, onde a riputazione: visse in odio de' fiorentini,
V E X
cui tenlalo atea in Aiito:iio, supposto suo
figlio e del duca, fnlto marcliese di C^-
pisn-ano e coluialo di lieni, date un cre-
ile al trono toscano, meulre era nato da
nna vile donna; giaccliè non erangli riu-
sciti per aver prole le medicine, i fdlri,
gì' incantesimi, facendo poi uccidere la
^era madre accie non isvelasse il seg' .:to,
e quindi fosse manifestato al granduca
l'inganno, Mnr'i nella villa di leggio a Ca-
lano a'20 ottobre 1587 il giorno dopo
la morte del granduca maiito, e corre
voce che ambedue perissero di veleno,
loro propinalo o dalla slessa Uianca o
dal caidmal de Modici; anzi si giunse a
dire elle per lai mezzo divenne successo-
re dell'estinto fratello col nonie di Fci-
tlinando I. A me, dopo il dello nel citato
articolo e più sopra, deve bastare que-
sto cenno. Criticamente, con dillusione
e con nuove interessanti notizie né ra-
giona il prof. Romaiiin. ;\Ii goile l'animo
peraltro, di potere anche con esso giusti-
ficare Sisto V, che donò la Rosa d'oro
a Cianca, per aver pacificato il granduca
co' di lui fratelli, come narrai nel voi.
LXX Vm, p. I 68, e non come accennai
in modo didjitalivo, cu! [>. Kiclia dotto
autore delle Nothic storiclw. delle Cliie-
se Fiorenti/ìe,ue\ ricordato articolo. Im-
perocché, GregoiSo Xlll non avendo in
principio approvato il rnatiimonio della
vedova Bianca, parlan<lone poi coll'ora-
tore veneto Corner (di sop.racol lleumont
lo chiamai Correi ), gli disse vedervi una
disposizione divina : naturabnenle in ri-
flesso alla cessazione del pubblico scan-
dalo. E il cardinal Ferdinando de Me-
dici, fratello del granduca, re[)resso lo
sdegno, con dissiu)ulazione ne mostrò
contento al fratello ed all'ambasciato-
re della repubblica. Ricevendo dunque
Cianca uiollissime esterne dimoUrazioni
d'onore, figlia «Iella repubblica, cui corri-
spondeva premurosamente pel l)uon ac-
cordo col marito, turbato ()eruhè le ga-
lere de' cavalieri di s. Stefano /, uscite
coati 0 i turchi, non 1 ispcltarono nepnu-
VEN 41 r
re le veneziane; per lutlociò Sisto V sol-
lecitato forse dall' istanze tUllo stesso
granduca, mandò a Cianca la Rosa d'oro,
e nell'idtima m ilaltia del marito accudì
nllo sua domanda, di riceverla in Roma
in caso di sua morte. Onesta >e£;uì, e to-
sto Cianca pure mori, non di avvelena-
mento a niuno de'coniugi, assicura il eh.
prof Romanin, rilevando le cause di tal
vociferazione, e riportandone le prove.
Ferdinando I fece gettare il cadavere di
Cianca, senza gli ornamenti granducali,
nella fossa o cimiterio di s.. Lorenzo, al-
la rinfusa e ravvolto in un lenzuolo, co'
corpi de' poveri, non potendo dimentica-
re il disonesto moilo per cui s'era inti li-
sa nella famiglia IMedici: di più fece lo-'
gliere da' luoghi pubblici le sue armi
inquartate colle Medicee, sostituendovi
gli stemmi della maltrattata Giovanna
d'Austria, e cancellare ogni sua memo-
ria e l' intitolazione di grand'.ichessa. In
Venezia stessa, per togliere forse occa-
sione di disgusto col nuovo granduca, fu
vietato il lutto per la sua morte; e il 17
novembre il Dovala ambasciatore di Fer-
dinando I, ricevuto in collegio, espone-
va diplomaticamenle, che il cartliuule
granduca suo signore (non avendo an-
cora rinunziato alla porpora, e succe-
duto al granducato per diritto di na-
scita; come procedette la rinunzia della
dignitìi cardinalizia nel i 588, non essen-
do Ferdinando insignito di alcun ordi-
ne sagro, si può vedere nel p. Tempesti,
Storia di Sisto /^, t. 2, p. 77, e nel Car-
tari, Advocatoruiìi s. Consis torli Syl-
labuni,p. 1 86, perchè l'avvocato conci-
storiale Cesare Marsigli bolognese, di-
scorde ornataiiienle al Papa e al sagro
collegio in concistoro, i motivi che indu-
cevauo Ferdinando a rinunziare il cardi-
nalato, cioè di non potere altenilere in
un tempo stesso allegravissime cure dei-
Io stato, edagli alFari piìi rilevanti di s.
Chiesa), mandava a significare al doge e
alla signoria {adoppia perdila dolorosa
da lui fatta, la sua successione a! trono
4i2 V li .\ V E N
della Toscana e l'ollima sua ilisposiiiio- crislianiiìi, dopo avere istlluilo la Cuii-
ne v« rso la repubblica, a dare tesliino- grtgazione cardinolizia della Fìsitaa'
niaiiz.) della quale non manderebbe le postolica, sopra le medesime visite, l.i
sue galere in Levante, vieterebbe la \\- (juale avesse a giudicare le diflìcoità che
sita sui legni veneziani, per accertarsi «he nascessero in tal materia, percomincia-
non portavano infedeli, per ilcheavea re dalle più vicine contrade mandò in
tanto reclamalo senza completo succes- una volta, non senza notabilisìirao frut-
so; inoltre farebbe restituire le robe toh lo, 7 vescovi tli molla dottrina e singo-
le, che potessero ancora rinvenirsi, pò- lar bontà visitatori apostolici in varie
nendo fine cosi alle querele tanto agila- parli d'Italia, riservando le altre visite a
lesi a' tempi di suo fralello. Per corri- più comodo tempo. In fatti feceesegui-
spcndere a s\ benevole tlimoslrazioni , re quelle di Germania, Carintia, Tirolo,
mundò la repulìblica al granduca Tom- Fiandra,Bosnia,Spagna,Polonia, Valli di
muso Conlarini con lettere di condo- Savoia, iMalta, Cantoni Svizzeri, Lusazia,
gliiiiiza e di congratulazione e proteste l'era di Costantinopoli, Monte Libano,
di amicizia; come anche altri rallegra- Aleppn, Scio, Ragusa, lllirio, Dalmazia,
nienti mandava [)oco dopo per le nozze Siali Veneti e Venezia nei i58i; visite
del granduca colla principessa Cristina di tulle descritte dall'illustre contempora-
Lorena nel 1 589. Tale fu il successo de' neo e vero storico Madei negli Annali
rapporti dij)lomatici colla Toscana deri- di Gregorio XIH, il quale pel i.° l'aprì
vanii dalle strane vicende di Bianca Cap- egli stesso in Piomn, e da alili nello stato
pelle». Se per una serie di slravagnnli e- papale. Quanto a'visitatori deputali nel
venti, una figlia d'un nobile veneziano, dominio veneto, narra l'annalista. Pro-
rinnovando l'esempiodella figlia del doge seguendo Gregorio XIII in Italia le sagre
Pietro Orseolo II, della Tommasina Alo- visite, deliberò di non lasciarne priva di
resini, della Costanza sua sorella, della tal soccorso l'inclita città di Venezia. La
Caterina Cornaro chiamate al talamo di qual cosa quanto più efficace pareva per
principi forestieri, si vide Bianca Cappel- l'aiuto delle anime e per la gloria di Dio,
lo assunta al trono di Toscana, ma per con tanto maggior ostinazione e mali-
via riprovevole e tutto allatto diversa; gnità l'antico avversario vi si oppose; il
quanto l'innalzamento di quelle fu di che per lunga esperienza di simili cose
lode atl esse, al casato e alla repubblica, antivedendo il Papa, benché al suo nun-
altrettanto la fortuna transitoria di Bian- zio di Venezia Alberto Bolognetti vesco-
ca Cappello fu di biasimo e di scandalo vo di Massa e Populooia poi cardinale,
universale. Siccome per non inlerrom- senza compagnia di altri potesse com-
pere la breve e generica narrativa delle mettere tal cura (come fece Pierbenedet-
riferite cose, sorpassai l'epoca di cui qui li vescovo di Martorano e poi cardinale,
ragiono, ad essa retrocedo. — Frattanto nunzio in Savoia, e l'eseguì per lutti i
con reale magnificenza venne corte""iata confini della nunziatura: mentre furono
"ori
pegli stali della repubblica Maria d'Au- visitali, il Piemonte dal vescovo di Sar-
chia primogenita di Carlo V, vedova di sina Angelo Peruzzi,ed il Monferrato da
I\Iassimiliano II e madre di Rodolfo II, Carlo Montigli arcivescovo d'Amalfi. Il
che dilla Germania reeavasi a Aladritl nunzio di Francia Girolamo Ragazzoni
presso Filippo II suo fratello. Avendo vescovo di Bergamo, fece la visita nel-
GregorioXIll nelsuograii zelojqual su- 1 Alsazia o Lorena), nondiajeno per mag-
premo Ge/-<7;ra, determinato di tare con gior soavità consentì, che a lui si aggiun-
diligenza visitare possibilmente le chic- gesserò due colleglli veneziani e confi-
.sc e luoghi pii (li tutte le diocesi della denli di quel dominio. L'uno fu Agosti-
V E N
no Valeiio o ^ alier, vescovo di \eron.T,
l'altro Federico Cuinnro ve>covo di Pa-
dova, ambi poi caidiiiali. Di più e!)be
per bene, che prima di cominciaisi la vi-
sita s") per convenieuza e s^i peiolleneie
ne' bisogni l'aiuto secolare, il nunzio ne
facesse motto alla signoria. Mn come
spesso avviene, qnel mezzo che si tenne
per agevolare il negozio, In rese più ar-
duo e più impedito; poiché il doge da
Ponte, alla presenza de'suoi consiglieri,
prendendo la cortesia perdeliito e la de*
niinzia [)er domanda, subitamente sog-
giunse al nunzio, ch'egli non poteva ciò
determinare da se, ma se ne parlerebbe
in consiglio e poi si darebbe la risolu-
zione. La quale risposta non parendo al
Bolognetti conforme né alla proposta sua,
né all'intenzione del Papa, indarno si
affaticò di spiegarsi meglio; puichè dal
doge e suoi assistenti fu con gagliarda
istanza costretto a soprassedere sino a
più matura consulta, la quale ddazione
portò seco tuttavia maggiore difficoltà,
luìperocchè divulgala in un tratto l'in-
tenzione del Papa, conlio il sistema tiel
segreto, quelli die per la macchiala loro
coscienza erano amici di tenebre si po-
sero a muovere ogni pietra, ed a far coa-
tro questa santa opera tante pietiche e
tali, che agitata in pubblico e in privalo
la cosa più volte, ardilan)ente si ragio-
nava : Che essendo i veneziani e per an-
tico istituto e per naturai condizione lau-
to alieni da novità, e non essendo stata
per i tenipi addietro la loro Chiesa vi-
sitata giammai, non vi si potrebbe ora
metter mano senza grave alterazione,
tanto più non offrendosi perciò cagione
alcuna straordinaria ; anzi vivendosi al
presente con più modestia e con più «li-
vozionedel solito: vedersi a'giubilei con-
corso di gente grandissimo; a'tocchi del-
l'Ave Maria un popolo così numeroso,
eziandio ne' luoghi più frequentati e più
celebri, tutti inginocchioni; delle quali
ed olire sifl'alte osservanze in generale
potersi giustamente appagare il Sommo
V E IV 4 1 3
Pontefice, avrebbe poi in altre cose di
non n)olta importanza a tollerare beni-
gnamente alcuni particolari difetti. Oltre
a ciò essere impresso negli animi della
moltitudine, che questa esenzione di vi-
site concernesse alcuna parte di liber'à,
la quale siccome pel passato erasi sent-
pre mantenuta intera ed illesa, così per
l'avvenire colla vita e col sangue si aves-
se a difendere; senza dubbio tentarsi con
siffatte pretensioni la pazienza, ed avvi-
lirsi la maestà del dominio ; non essendi)
costume di celebrare tali riforme, do^e
atlualnìcnte risiede la corte e la personii
del principe. E forse non godere la re-
pubblica veneta per antichissimo posses-
so de' privilegi e titoli delle teste coro-
nale? (e gli altri stati che ho nominati)
non erano corone?) E insistendo anche
più oltre la ragione di stato, afTermavano
che permettendosi quell'atto nel cuore
dell'impero loro, molto più liberamen-
te si eserciterebbe poi nelle parti remo-
te e massime di Levante, come già si era
fatto neir Istria e nella Dalmazia con
evidente pericolo d' irritare il turco, o
almeno di muovere il patriarca greco di
Costantinopoli a visitare i paesi medesimi.
E quando anche tali rispetti cessassero;
che altro essere il visitare gli ecclesiastici
di Venezia, che lo scuoprire le vergogne
e le piaghe di tanti sacerdoti e religiosi,
raccomandati alla protezione della nobil-
tà, le quali in ragione di amicizia e anche
di edificazione, si avrebbero pitiltosto a
mantellare ed ascondere ? E (piando pur
vi fosse necessità di questa cotanto armala
e insolita medicina, potersi nel numero
di tanti chiarissimi senatori deputare 3
commissari (secolari? !) ad ascoltare ed a
quietare le discordie e le querele de'preli
e de'inonaci, senza che persone slranieie
si avessero a ingerire nelalti loro; ed in
ogni caso non mancare in Venezia il pa-
triarca, prelalodi tanta gravità, ed eletto
dalla signoria medesima, olla cui diligen-
za, segreto e bontà simile ufficio sicura-
mente si potrebbe (Idaie. Tali discorsi a-
44 VEN VE^'
tluiique tarilo ne'circoli e nelle case pii- di Dio, che (|iianlo vole^^a inlraprentler-
vate, come nelle coiigiegazioiiipubbliclic si eia in servigio di Dio, sembrare slia-
si facevano, cercando alcuni di vantaggio no voleisi impedire, considerandosi iu
di persuadere al senato, che lutti quesli lui modo esser Gregorio XllI Papa ftior-
movimenli nasces«iero dalla poca aliezio- clic a Venezia, e protestando non voler
ne di Gregorio XIII verso la patria loro; in modo alc(Mio a^er parie in cos'i dele-
a' quali sospetti aggiungendosi quinci le stidjili pensieri, né discostarsi punto dal-
continue preghieree istigazioni di perver- la dovuta divozione alla s. Sede; suppo-
si clienti, quindi la perseverante istanza nendo la i." cosa che non solo il resistere
«lei nunzio, vennero ad esacerbarsi gli ani- apertamente a tale azione, mail metter-
mi di maniera, che si trattava di far chiù- la in dispula e in dubbio, fosse cosa elu-
dere le porte de'luoghi sagri in faccia di pia ed ingiusta; poiché il Papa, maestro
chi volesse tentare la \isita ; ed un giorno unixersale e ricafio di Cristo in terra,
in collegio loslesso doge accennando, che non pretendeva di far visitare uè il col-
disgustati dalla Chiesa Ialina passerebbe- legio, ne il senato, uè l'Arsenale, né i tri-
ro alla greca (scismatica : un principe ita- bunali, o simile altro membro della re-
liano! con una eletta porzione d'Italia! pubblica, ma gli ecclesiastici a lui solo
Quanti comn-.enli si potrebbero fare! Non iiuniediatamente sottoposti, di modochè
hocuore:degraderei ilnobileargomento), non gli bisognava né conveniva perciò
e da quella piglierebbero i sagramenli;in- ricercare il beneplacito né l'approvazione
di in |)rogressodi parole, non senza dolo- d'alcimo, ma sì bene cristiana sommis-
le de'buoni e veri cattolici, e per suo pen- sione e pronta ubbidienza (ma questo pe-
timenloe vergogna pioruppein quel prò rò non voleva riconoscersi seuonquan-
fano verso: FLcctere si nccjuto Siipcro.s. do faceva comodo alla repubblica, come
Achcronia ino\>ebo! (Egli era dotto, ed a suo vantaggio icnporre gravezze e de-
era statoal conciliodi Trento, quindi non cime a! clero!). 11 non esser mai stillavi-
dovea ignorare i deci eli fatti nelle sessio- sitata fin dalla sua origine Venezia, ar-
ni 2 1 col e. 8, e 24 col e. ?), sulla ingiun guire quanto tale idfizio fosse necessario
zione della l'isila ddÌQ diocesi da farsi e opportuno, dovendosi credere chela
àa' / cscovi, con)e delegati della s. Sede, Disciijlijin ecclesiastica (us^t \>eióoiaoì-
ogni anno, almeno pel vicario generale lo allargata e trascorsa. E quando pure
o altro visitatore particolare. Non essen- si discoprisse il coalrario, tanto più cara
do questa l'introduzione d'una nuova di- doveva loro essere questa esaminazione ;
.sciplina,ma la prescrizione d'eseguire l'è- poiché per essere illustrali i meriti del-
sisteute, nel sagrosauto concilio certa- ì'Oidine sagracele virtù senza dubbio
mente si saranno esaminali prima i de- cederebbero in lode e iu reputazione di
creti relativi de' precedenti concilii, uno tutta la coiriunilà. Che al patriarca la cu-
de' più antichi essendo quello di Braga ra si delegasse, la ragione e l'esperienza
del 072. Persino de'luoghi esenti e degli noi consentire; perchè mettendosi gli or-
studi generali !) E negli aringhi che dì e dinari a simili discussioni ed esami, in-
notle nel Pregadi si facevano sopra que- corrono spesso nell'offesa e nell'odio di
sia materia, infusavi nuovamente contro principali persone con gravi disturbi e
gli antichi instiluti una inesperta e fer- travagli del governo personale (massime
"vida giovenlù, si udivano le stesse inique nell'aristocratica Venezia), cosa che non
denunzie con disperale voci di non per- avviene a' prelati non ordinari, i quali
mellere in modo alcuno la sagra visita, e siccome fitto l'ufllzio loro subito pai to-
seguisse ciòche volesse. Esclamavano pe- no, così ponno e più sicuramente accet-
lòall' iucunlro i piìi prudenti e Umorali tarlo e più compitamenle esejjuirlo. Per
VEN
quello poi, che toccava al rispelto dovu-
to alle residenze de'priticipi, non appai i-
le per qual cagione la picsenza de' do-
minanti avesse a defraudare i popoli d'un
COSI onesto e desiderabile giovanienlo: e
se all'uso do\ea guardarsi, essere slata di
fresco visitala, per lacere di allre,da vesco-
vi forcstieriOeiiova eFirenze, e nello stalo
diMilano da un prelaiodel sanane veneto
l'islessa città ducale (che allora si gloria-
va d'avere ad arcivescovo inodello un car-
dinal S.Carlo Corrooieo). Quanto al pe-
ricolo, se le chiese orientali si toccassero,
di commuovere il turco e il patriarca gre-
co, con somma tranquillila essere slata
ullimamentesugli occhi di Costantinopo-
li visitata e rifunnala la c(donia di l'era
(pel vescovo di Nona Pietro Ceiiolino, ol-
tre altri luoghi e diocesi compresi nell'im-
pero oltoniano, inclusivamente alla Bo-
snia di cui fu visitatore Eonifacio vesco-
vo di Slagno, di tutto parlandone il I\ìaf-
fei; anzi Gregorio XIII pel suo mirabi-
le zelo tentò di guatlaguare e ben di-
sporre a rientrare nell'unico porto di sa-
lute ch'è la Chiesa cattolica. Geremia pa-
triarca di Costantinopoli scismatico, illu-
minandolo dalle trame de'teologi eretici
di Tubinga, che volevano trarlo al I<ji'o
partito ed errori per farne un antipapa;
così Gregorio XIII potè aver la gloria
d'aver fatto eseguire canonicamente la
sagra visita episcopale in Costantinopoli,
cosa tanto inutiln.enle desiderala da Eu-
genio IV. che nel concilio di Firenze a vea
riunito alla Ialina colla Chiesa greca l'im-
peratole, e invano vagheggiala da' suc-
cessoli), non che nelle maiemme Adria-
tiche I' Istria e la Dalojazia ( questa dal
nominato vescovo di Verona Valei io h'ut-
luo>amenle;eda Alessandro Coinoli cano-
nico di Zara con due geniti i cristiani del-
l' Epiro e d'allre parti di Dalmazia; con
fll(|uanti ges^uili Ragusa, e vane parli del-
l' Illirio soggelle a' turchi; e la città di
Scio da un domenicano e da un france-
scano); e procedendosi colla slessa circo-
spezione e destrezza doversi ragioncvol-
V E i\ 4 I 5
mente sperare lieto successo nelle rima-
nenti Provincie. L'animo del Papa verso
i veneziani potersi chiaramentecnmpren-
dere non solo dalle grazie in vari casi e
tempi concedute a richiesta (in parie l'e-
numerai di sopia, e di più qui ricordo il
liferilonelg VI, n. 2, l'aver coiilribuilo
air erezione del seminario ducale perciò
chiamato Grtgoriano j e poi crcòcardi-
nali due patrizi veneziani Michele deli.»
Torre d'Utìine, e Agoslino Valerio veiic-
lo) ; ma eziandio dalla spoulanea fresca
missione del nunzio Capilupi (probabil-
mente rjuello ch'era slato nunzio di \'e-
uezia e su nnoininalo, per esser manlo-
vano) al duca di INlanlova, e dalla con-
tinua sollecitudine, con che Sua Santità
procurava dì assicurarli mediante una
sagra lega dall'ingiurie e dalle minacce
dell'ottomano. Anzi ila questa medesima
riveduta, ch'egli intendeva di fare, poter-
si da' non appas>ioiiati cono>ceie la pa-
terna carila di Gregorio XIII in preveni-
re quegli ullizi che ila loro in ragione di
buon governo dovrebbero essere ricerca-
ti umilmente, o almeno con ogni stuilio
abbracciati e promossi; e specialmente
divulgata già la fania di tale impresa, la
quale non si poteva, nèsi doveva in alcun
modo lasciar imperfetta ; uè permetleie
che gli ecclesiastici male disciplinati ne
trionfassero, con restare chiusa per sem-
pie la porta alTemenda/ione de'costumi
in una cillà, dove i casi una volta segui-
ti si tengono comunemente non come c-
senipi, ma come leggi e oracoli. Di <pie-
sto modo si conteso buona pezza tra le
due partiecon tal veemenza, cheper mez-
zo degli agenti diplomatici di varie na-
zioni e potentati ne volò il grido per 0-
gni lato, e destò i cuori massime delle
persone grandi all'espeltazione dell'esito.
Ed ahiplificandosi tuttavia sopra il vero
le relazioni, già in alcuni luoghi correva
falsa voce, che i veneziani si fossero pnb-
blicamcnle separati dall'unione e dall'au-
torità della romana Chiesa. Onde Gre-
gorio XIII d'instancabile zelo e d'invitta
4i6 VEN VEN
toslaiìza, risoluto ili smeiilire si ;il>l)on»i. ce. Lorenzo Ciiinpeggi alftìzioiialo alia l'P-
nevoli rutiioii,e di non perder punlo dulia pul>hlica, questi disse essere iiitenzìooato
SUR dignità, edi mirare in viso le paure che di continuar la vis:ta, però escludendone
segli facevano, dopo di averepermolti or- il vcscovodi Padova, troppoamicoal pre-
dinari conHne<so al l'olognetli, cliest'iiza cedente nunzio, dichiarava farsi sempre
liarlnogoa più scuse, nèdilazioni,con,Mi- accompagnare dal vescovo di Verona, moì-
ciasse la visita, finalmente per espresso lo intendente e pi'aticodi silfatte visite e
coirieicgli comandò con tanta severilà, de'hisogni della città, al quale lascierel)-
clie la signoria esi lusa da ogni speianza he tutto 1' incarico rimettendosi nel giti-
di pretesto, e meglio considerata la qua- dizio di lui. Il collegio rispose con una
lilà degli allari, cominciò alquanto a pie- scrittiu-a in cui esprimeva tenersi mollo
garsi; della (piale inclinazione valendo- soddisfatto del suo procedere e della slir
si fra gli alili Jacopo Soranzo e Alvi>e ma che faceva del vescovo di Verona, al
Zorzi senatori disoniina autoritàe di non quale intendeva lasciare tutlorincarico, e
■volgare elocjuenza, fecero colle loro arin- in questa forma potesse pure continuare,
glie lauto movimento, che a nome dell'i- restando però aflldata al patriarca la vi-
slesso Pregadi In assai tosto formato e sita tieilc monache. Così il senato a fini-
comunicato al nunzio un decreto, nel qua- re la controversia mostrò piegarsi in gra-
lecon [)arole piene di riverenza e ili uS- zia della persona del nunzio, restando pel
sequiusi rendevano lutti apparecchiati ad fallo lutto il carico al vescovo di Verona
accettare la visita de' religiosi e de! clero ui cui la repubblica metteva piena confi -
secolare per mezzo del medesimo nunzio denza. Inoltre deve disapprovarsi quali-
e del vescovo di Verona, mostrando però ficaio l'eseicizio della suprema pontificia
desiderio che al detto vescovo fosse defe- podestà colle parole: Le giiuisd zioni ce-
rilo grandemente, come il nunzio avea clesiastichedella repubblica, setupreoco-
promesso, e di nuovo prou>ise di fare. E pertamente o manifestameute avversale
parendogli con questa conclusione di ave- lia'Papi. In qualiuique sovrano del mon-
re acquistato non poco si posealla visita, do non esiste giurisdizione ecclesiastica, se
e in modo che rptasi del tutto se nei imet- laico; bensì la delegata dal Sommo Pon-
leva al Valerio. Ma il Papa siccome facil- tefice o per privilegio, o per Concorda-
mente in questo carico avea accettate le lo di Pace. Pcgli stessi Benefìzi ecclesia-
scuse del vescovo di Padova, Cornare, e .sdci e pe' Padronati occorre nell'islitu-
perciòdi lIuc soli visitatori, così giudicali- zione il consenso e l'approvazione del Pa-
tio eccessiva la connivenza e l'interpreta- pa o del vescovo; quindi il diritto della
zione del Bologuetli, nel rimettersi lutai- nomina a' benefizi e all'esercizio del pa-
nienleal Valerio, sene risentì di manie- (lionato deriva da tali ecclesiastiche au-
ra, che rivocalolo con celere corriere dal- lorda. Al Sommo Pontefice non si può re-
la nunziatura di Venezia, gli mandò sue- stringere da veruno l'autorità suprema),
cessore il suo proprio e comune concilia- III." ad invitare i due visitatori aposloli-
diiio Lorenzo Campeggi, il quale riccvu- ci alla sua cattedrale, per dare esempio a'
lo dalla signoria co'soliti onori, attese \n subordinali, fu il patriarca di Venezia Gio-
compagnia del Valerio vescovo di Vero- vanni Trevisan. Seguirono i pariochi,e
Ila concordemente a quella spirituale ras- di mano in mano le chiese collegiale, jno-
segna (dunque none esalto l'asserto d'ai- nasten e conventi, gareggiando tra loro,
cono storico: Che il senato resistendo, il non senza stupore universale, in nioslrarsi
Bolognelii cominciò a far da se solo la vi- più ubbidienti e piùrivereoti a'miuislri a*
sita (Il s. Francesco, cosa che spiacque al postolici; e di cjuesto modo la sagra visita
Papo e fu richiamalo, venendo in sua ve- con riparazione del culto divine;, cou e-
V E i\
slii'paziùne J'invcccliiali cibusi. e con mol-
(.1 consolazione di quelli stessi, che oppu-
gnala l'avevano, fu quielamente condotta
il fine, ed approvata in Pioma dalla sagra
Congregazione cardinalizia della Fisi-
tu apostolica, per la cui più facile e perfet-
ta esecuzione ad eterna memoria fu poi
pubblicata colla stampa. Inoltre Grego-
rio XllI nel i583 ordinò che i governi
dell' abbadesse lutti fossero rislretti ad
un triennio. Così lutto riuscì a gran van-
taggio del cullo di vino, de'buoni costumi,
e della disciplina ecclesiastica , con non
piccula gloria del magnanimo Pontefice,
il quale non mancò di esortare la signo-
ria (così l'avesse in seguilo tenuto presen-
te!) di anteporre la religione allo stalo ed
a qualsivoglia altro rispetto umano. 11
Corner,nelle Notizie sloriche delle cìdese
i'e«ez7V7/2r, loda i due visitatori apostolici,
per averecon saggezza esaltamenteadem-
pito all'uHicio loio commesso, i quali poi
non ebbero che ad encomiare la diligen-
za e lo zelo del patriarca, e ad essi ben
corrisposero la morigeratezza e la sana
dottrina del clero secolare e regolare. Ec-
co quanto di questa visita riporta il eh.
nb. Cappellelli: Le Chiese d'' Italia, Ve-
nezia. Nel i58i furono mandati a Ve-
nezia da Gregorio XllI due visitatori a-
postolici, il nunzio Campeggi e il vesco-
vo di Verona Valier, acciocché sulle for-
njeprescriltedal recente concilio diTren-
lo , vi esaminassero i costumi del clero,
il culto delle chiese e ogni altro punto di
ecclesiastica disciplina. Vi si Iraltennero
Ire me-i , lasciando gì' illustri prelati un
libello esortatorio al veneto clero, dal me-
desimo storico patrio pubblicalo nella sua
Storia della Chiesa di J'enezia. In bre-
ve, intimarono decreti ed esortazioni a'
patriarchi, al clero complessivamente, e
alle varie chiese della città, a cui sugge-
rirono regole generali per l'osservanza del
sagro culto e delia dovuta riverenza alle
cose sante. Quindi diressero un libretto
di esortazione a lutto il clero, e poscia ne
diressero un altro a'chierici do'due semi-
VOL. XCII
V E i\ 4 1 7
nari e delle parrocchie. A'palriarchi co-
mandarono di radunare ogni anno il si-
nodo della diocesi; di stabilire 12 vicari
ossia visitatori delle chiese parrocchiali
per esplorarne i disordini e procurarne i
rimedii ; di scegliere un luogo nel centro
della città per accogliere ad udienza, al-
meno due volte la settimana, chiunque
de'fedeli avesse avuto bisogno di parlare
a loro; dì visitare spesso le scuole della
dottrina cristiana; di aver cura e custodia
delle reliquie de'sanli e delle rendite del-
le chiese; di procurare che il maestro del-
le ceremcnie destinato per la cattedrale
sia ben istruito ed esperto in quelle, ed ab-
bia altresì l'incarico d'insegnarle agli al-
tri; di allontanare dalla celebrazione del-
la s. Messa qualsiasi sacerdote, il quale
uè ignori le ceremonie; d'inspedire, che
i parrochi e i sacerdoti tengano nella pro-
pria casa donne sospette; di ridurre alle
norme del concilio di Trento le lasse del-
la sua cancelleria, acciocché la soverchia
avarizia del cancelliere e de'uotari fiscali
non sia motivo di scandalo e di lagnan-
ze; d'invigilare, perchè i canonici assista-
no diligenleniente,ed alle ore dovute, al-
le sagre uflìziature del coro; di proibire
rigorosamente il questuare de'poveri di-
vaganti qua e là per le chiese, [)arlicoIar-
niente in tempo che vi si celebrano i di-
vini misteri. A'parrochi raccomandarono
la sorveglianza sui preti e sui chierici del-
le rispettive chiese, acciocché non inilos-
sino mai vesliuienla secolare->che, ed ac-
ciocché particolarmente si astengano a
vcstibiis coloris ritbei, albi et i'iolacci, ne
in i'anitalis et siiperbiae suspicioneni in-
cidant: portino la tonsura conveniente al
grado loro, e facciano uso di berretta cle-
ricale a croce (non per anco se n'era ia-
trodotto l'uso nella Chiesa veneta, ed a-
doperavano i preti un berretto sulla for-
ma 4' quello, che adopetavano i patrizi
veneziani nelle civili magistrature): spie-
ghino al popolo frequentemente le verità
della fede: dimorino costantemente nelle
lispetlivc parrocc!»ie: osservino nelle sa-
27
4 1 8 V n N
ere i'uii7Ìoni la tlovuln gravità e decenza
e silenzio: non si aMwndonino ad eccessi
d'avarizia ne'funerali de'roorli: conservi-
DO la pace e la bnona armonia cogli al-
tri del cleio delle lispeltive lor chiese: in-
vigilino sull'anfìniinislrazione del battesi-
mo, che per la necessità è conferito tal-
Tolta dalle ostetrici: rileggano ogni mese
ne' capitoli rispettivi le costituzioni pa-
triarcali sinodali, acciocché non vadano
mai dimenticate o neglette. Sui molti bi-
sogni, che v'erano nelle chiese, dettarono
saggie regole, trattando distintamente
della decenza e del decoro per custodire
la ss. Eucaristia, del fonte battesimale,
delle reliquie de'sanli, degli altari, della
sagrestia e delle sagre suppellettili; fissan-
do un termine di tempo, entro cui rifor-
mare e supplire a tulli i difetti, ed impo-
nendoallresì una pena pe'trasgressori.Le
forme inoltre vi prescrissero pe' registri
de' matrimoni e de' battesimi. E a tutte
queste prescrizioni tengono dietro i due
hbretli mentovali di esortazione al clero
eda'chierici seminaristi. Nella quale esor-
tazione al clero sono di mollo onore per
la chiesa veneziana di quell'età, le lodi, e
vivamente con ogni ddezione congratu-
landosi i due visitatori, per l'abbondanza
e riccliezza delle suppellettili, ornamenti
evasi sagri delle chiese; per la purità del-
la dottrina, virtù ed erudizione de'sacer-
doti, venerazione e ubbidienza della s. Se-
de, cos'i de'dotti e morali religiosi; per la
pietà, carità e divozione per la Sede apo-
stolica del gregge, e dell'amore di questo
pel patriarca, come per la diligenza e af-
fetto di questo per quella nel ventenne
suo patriarcato, commessogli dal princi-
pe de' pastori il romano Pontefice. Non
così presto però si appianò altra contro-
versia mossa dalle rimostranze del sun-
nominato Giovanni Grimani patriarca
d'Aquileia per la giurisdizione suli^udo
di Tagello nella terra di s. Vito, e di cui
il senato avea annullata una sentenza, co-
me incompetente a tenore del trattato del
i445- Ma il patriarca recatosi a Roma,
VE N
ricorse aCregorio XIII con terniitjl poco
misurali versola signoria, la quale dispia-
centissima inviò nel i58o per quello ora-
tore a Roma Leonardo Dona. Egli si a-
doperò con tulio l'impegno in difendeie
le ragioni della repubblica, senza effetto,
perchè il Papa rispondeva non essere la
causa feudale, perciò la signoria non po-
terne esser giudice, Imitandosi della giu-
risdizione del la chiesa d'Aquileia che con-
veniva devolvere interamente alla s. Se-
de. Per le pretensioni del Grimani sem-
pre più inasprendosi l'tma parte e l'altra,
dicendo il cardinal Santacroce all'amba-
sciatore, che sarebbe bene accomodar la
cosa acciò non si facesse grave, e senza
aspettare che si toccasse alcuna corda che
dispiacesse. R.ispose il Dona : si toccasse
che corda volesse, che non potrebbe dare
se non buon suono. Si rimarcarono le
parole del cardinale, per quanto poi av-
venne più lardi in materia di giurisdi-
zioni ecclesiastiche. Bramò il Papa d'e-
saminar le carte dell' investiture del pa-
triarcato, al che il senato dopo lunga re-
sistenza acconsentì nel luglio i58i. E
quando Gregorio XIII volle pronunciar
giudizio, molte furono le querele e le
opposizioni nel i583 (nel quale anno si
recò in Roma per ambasciatore Leo-
nardo Priuli), laonde dichiarò : che a-
vendo tentato in vari modi di accomo-
dar la causa tra il patriarca e la signoria,
intorno alla giurisdizione civile di s. Vito
e di s. Daniele, ne' quali luoghi sostene-
va il prelato avere. mero e misto impero,
e non potendo più per la sua cura pasto-
rale sopportare ulteriore dilazione, com-
metteva ad una congregazione di cardi-
nali discuterla, con facoltà di procede-
re, riservandosi la conferma della defini-
tiva sentenza. Sostenevano il Papa nell'e-
sercizio di sua autorità, la Spagna , e il
cardinal de Medici che nel 1587 ili venne
Ferdinando I granduca di Toscana. Ma
Gregorio XIII cessò di vivere prima del-
l'accomodamento della vertenza. — Aven-
do introdotto gloriosaraenle l'utile, del-
YEN
t,i e celebre riforma del Calcinhirio, Jie
dal suo nome fu detto Gregoriano, a ciò
mosso dal bisogno di regolare la celebra-
zione della Pasqua, e di far corrispon-
dere l'anno civile all'anno tropico sola-
re, il che fece con togliere ali 582 gior-
ni I o, e dopo il 4 ottobre saltare immedia-
tamente al I 5, gl'inglesi e i tedeschi (cioè
alcuni de' protestanti di Germania e di
Svezia) tardarono a seguirla. Cominciò
dunque la riforma dal 5 ottobre, che si
contò invece pel giorno i 5 del mese sles-
so. I greci poi non volleio adattarvisi, e
sudicio il patriarca di Costantinopoli Ge-
remia III scrisse una lettera al doge da
Ponte, nella quale si lagnò contro l'inno-
vazione, per aumentare soltanto la divi-
sione fra le due Chiese, opponendo la sta-
bilità de'dogmi religiosi a'calcoli degli a-
stronomi. Laonde la repubblica per evi-
lare ogni motivo di disgusti e irritazione
co'greci suoi sudditi, co'quali fu sempre
tollerante ne'propri dominii (sino a la-
gnarsi coll'ambasciatore in Roma, che le
sagre congregazioni scrivendo a' vescovi
del dominio veneto, chiamavano i greci
non (miti Eretici, Scismatici e con altri
attributi indegni, che aumentavano lalo-
roavversione a'iatini e la divozione a'iur-
chi) , impetrò dal Papa che i medesimi
suoi sudditi dell' isole greche potessero
continuare nel computo dell'anno nel-
l'antica forma. Notai nel voi. Lxxxyiii,
p.i56, che tuttora osservandosi da'greci
ortodossi ed eterodossi, principalmente
russi, il così detto Calendario Giuliano,
malgrado i suoi difetti eia confusioneche
ne derivi ; finalmente si conobbero dal-
la Russia, e ne venne quindi la risolu-
zione di riformarlo con introdurre tra i
greci il cattolico Calendario Gregoria-
no. Ora qui aggiungo, che Lamun pub-
blicò il progetto del nuovo Calendario di
Piussia, però tacciandovi di due difetti il
CalendarioGregoriano: i .° nella lunghez-
za dell'anno tropico solare, perchè i ma-
tematici consultati da Gregorio XIIF ne
ignoravano l'esatta sua lunghezza (fra'più
YEN 419
valenti nell'ailronomia che si consultaro-
no, devesi ricordarcGiuseppe Molela prò
fessoredi matematica oll'univeisità diPa-
dova), quale si è ottenuta al principio del
corrente secolo XIX dal calcolo delle re-
centi osservazioni astronomiche; 1° di a-
ver soppresso solo 10 giorni, mentre per
rettificare ilGiuliano se ne dovean soppri-
mere 12 neh 582 e altri 3 ne'susseguenti
4 secoli, che fanno in tutto 1 5 giorni e non
I 3 come fu stabilito nella bolla pontifìcia
dell 58 1 (per l'altra soppressione, onde
impedire la rinnovazione deirerrore,d'un
anno Bìsestile'm ogni anno secolare, me-
no però gli anni secolari divisibili per 4oo.
I greci poi perseverando nell'antica co-
stumanza, massime i russi, contarono 12
giorni di meno in paragone del Calenda-
rio Gregoriano, e poi aggiunsero l'altro
errore di due altri giorni per essersi da
essi fatti bisestili gli anni 1 yooei8oo,che
da noi si fecero comuni. Di qui il costu-
me, che hanno i russi di segnare i giorni
col vecchio e nuovo stile, quando scrivo-
no agli esteri , ponendo prima il giorno
del vecchio stile da loro seguito , poi i!
giorno del nuovo da noi osservato, come
per esempio 7/ig marzo). Laonde d. [-
gnazioCalandrelIi direttore del pontifìcio
osservatorio astronomico à^W Università
romana j e professore d'ottica e astrono-
mia nella medesima, pubblicò a p. 5g9
del Giornale di RomaiSSS l'eruditoar-
ticolo: Sopra due pretesi difetti del Ca-
lendario Gregoriano. In esso rende ra-
gione de'prelesi difetti, e come procedet-
te la riforma dell'antico Calendario, epro-
va che doveansi sopprimere io e non 12
giorni come pretende l'autore del pro-
getto russo : indi conclude. » Dall' epoca
di Giulio Cesare (riformatore del Calen-
dario Fompilianoe autore del Giuliano,
giacché in mezzo alle armi e al governo
attendeva agli studi astronomici qualPora-
tefìee Massimo) ^'^ anni circa prima del-
l'era cristiana, fino ah 582 epoca della ri-
forma, risulta dal calcolo essere l'avanza-
mento dell'equinozio di giorai r3. Dal-
42U V L N
r tquiiiozio fissato da Giulio Cesare nel
giorno iDtIi marzo, ravanzamcnlo sa rei)-
he stalo di giorni i^. Ma nella riforoia
Gregoriana non si partì dall'equinozio di
Giulio Cesare (ecco l'equivoco in cui fiiol-
ti sono caduti), ma bensì dall' equinozio
del 325, il quale cadeva prossimamente
nel giorno 2 i di marzo (in quel giorno e
anno fissalo stabilmente dal concilio(li.\i-
cea, celebrato nello slesso 325); dunque
il difetto, o per dir meglio, ravanzameuto
dell equinozio era di giorni 1 o, quanti ap-
punto ne furono soppressi ". Il Rodotà,
Del rito greco in Italia, t. 3, p. 233 e
seg., parla del Calendario Gregoriano ac-
cettalo da' greci di Malta, non per?) da
que' di Ajaccio; ed a p. 1 5o rderisce,
quali strani avvenimenti furono ostacolo,
che il CalendarioGregoriano non si accet-
tasse dalla nazione greca. — Morto Gre-
gorio X 111 a' 1 o aprile I 585, dopo i 3 gior-
ni gli successe Sisto V Peretti di Montai -
to, che nel i556 era stalo reggente de'
suoi minori conventuali di Venezia nel
convento di s. Maria Gloriosa, ed insie-
me inquisitore del s. Ufljzio. Perciò la re-
pubblica si alTrellò a mandargli i soliti
ambasciatori di ubbidienza, per cotnpii-
nientarlodi sua csalt3zione,e ricevere con-
sigli nelle sue deliberazioni, ne'senatori
Giacomo Foscarini e Marc'Antonio Bar-
baro procuratori di s. Marco, Marino Gri-
niani e Leonardo Donalo, i quali ebbero
beta e benevola accoglienza. Si apprende
dal p. Tempesti, Storia della vita e gesta
di Sisto f'^, che entrarono in Roma ve-
stili di lungo paludamento di velluto ne-
ro, e furono accolti dalla nobiltà roma-
na e da'genliluomini de'cardiuali su ca-
valli nobilmente bardati alla solita lilla
di Papa Giulio HI, ove riceverono i pri-
mi consueti complimenti; e di là accom-
pagnati dalle guardie svizzere e de' ca-
valleggieri, giunti alla porta del Popolo,
ivi il maggiordomo del Papa, con alcu-
ni vescovi assistenti al soglio e altri pre-
lati, in nome di Sua Santità si consolò del
loro prospero arrivo, e quindi collocalo
V E IV
ogni ambasciatore io mezzo a due vesco-
vi, entrarono nella cillà, die trovarono
come in trionfo di giubilo, secondo il pra-
ticato neir ambascerie straordinarie, es-
se lulo pure accompagna li dall'oratore or-
dinario Lorenzo Priuli senatore fino al
suo palazzo. Da questo nel dì seguente, e
vestiti di velluto rosso, con lutto il treno
degl' Ingressi solenni in Roma, si reca-
rono nel palazzo Valicano, e nella sala
regia si prostrarono a' piedi di Sisto V,
ch'era in concistoro e circondalo da 27
cardinali. Accolli dal Papa con egregie
dmiostrazioni di benevolenza distinta, li
creò cavalieri ilello speron d'oro. ludi Si-
sto V concesse alla repubblica di poter
applicare la 3.* parte de'beni ecclesiasti-
ci (cioè delle rendile e per determinalo
tempo) di tutlo il serenissimo dominio,
per mantenere l'armata navale contro i
pirati che infestavano l'Adriatico e tener-
si in guardia dai turco, sul quale mai si
poteva fidare ad onta de'traltali. Di piìi
concesse a' veneziani l'onore perpetuo che
un loro individuo sedesse nel cospicuo tri-
bunale della s. Rota romana. E la repid)-
blica, per vicendevole gratitudine scrisse
nel libro d'oro, aggregò al patriziato e di-
chiarò senatori i di lui nipoti cardinal A-
lessandro e marchese Michele Pereti!. 11
Bernino, Del tribunale della s. Rota Ro-
mana, parlando a p. 52 degli uditori di
rota nazionali , riferisce di leggersi ne'
Diari Rotali , scritti dal veneto uditore
Oltoboni , poi Alessandro Vili: « Aver
conceduto Sisto V a' veneziani , circa il
I 586, la nominazione di 4 dottori nazio-
nali, uno de'quali eleggere poi ne doves-
se il Papa auditore di rota, in decora-
mento e vantaggio di quella bunenierita
repubblica.E forse noi non anderemo lun-
gi dal vero se diciaruo, che tal privilegio
concedesse allora (pie! Pontefice a' vene-
ziani, quando con il nolo scisma separa-
tasi r Ingliilteria dalla Chiesa romana,
perdesse colla fede l'honore di haver un
inglese in questo tribunale, onde vacan-
done il posto, ad esso subentrasse per in-
V E N
(liilgeiizii <li Sisto V il veneziano". Poco
dopo il senato profiltanJo del privilegio
propose a Sisto V 4 soggetti, ed il Papa
facoltizzò il tribunale della s. Rota a sce-
gliervi l'uditore, e leslò eletto a pieni vo-
li Francesco Manlica di Pordenone, che
atiunesso neh 586 divenne cardinale nel
I 5f)6. Dipoi diiò che dall'uditorato a-
sceso al cardinalato e al trono pontifìcio
Clemente XI il, il quale emanò il breve
di conferma ed estensione di questo pri-
vilegio, In hoc gravissimo, òq' io gen-
naio r 761 e diretto: Dilecds Filiis no'
hilibus viris Duci.'!, et Rcipiihlicae lene-
liariim, presso il Bull. Reni. cont. t. 7.,
p. 4": Locuiii in sacrae Romauae Rotae
auditorio, quod Sixtus V, Reipuhlicae
T'enelae concesserai, prò uno ex f'ene'
lis Juris utriiisquc dociorihus , a Rcpii-
[dica praesentandis, et a Romano Pon-
ti fi ce eligendo, conjirmat, et indulge t,
ìli futuris vacationilius , unum tantum
ììobilem, vel honeslum \'enetum Cù'eìii,
utranue laurea donaluin, praescntare
deheat Respublica ipsa. In esso il Papa
chiama Venezia : Noslraqiie carissima
patria, avitae Religionis relinentissima,
posse aliquando bcìwmereri.Yi dice,che
egli dalla repubblica proposto nella qua*
terna a Benedetto Xlll, questo l'anno-
verò tra gli uditori di rota (a\i2 novem-
1)1 e 1729), ed a lui avendo alla vacanza
dell'uditorato fatto altrettanto il senato,
scelse Giovanni Cornaro (che poi dichia-
rò uditore a'6 marzo I75(): lu vicario di
s. Marco di Roma del veneto litolare car-
dinale Antonio iMaiuio Priuli, poscia di-
venne Governatore di Roma, indi car-
dinale, e allora disse quel mollo arguto
sul proprio cognome contro il successore
Ferdinando Spinelli, the riportai nella
biografia di cpiesto). L'estensione del pri-
vilegio per l'uditore di rota nazionale con-
cessa da Cleaienle Xlll, fu la nomina del
medesimo aL\:oida(a alla repubblica, da
approvarsi dai Papa, ed il senato pel i.°
nominò Luigi Flangini vedovo, approva-
lo da Cleiuculc XIV e fallo uditore da
VEN 4^1
Pio VI. L'ultimo uditole di rota nazio-
nale veneziano fu l'illustre prelato vene-
to Giovanni Priuli, presentato dalla re-
pubblica a Pio VI, e da questi ammesso
nel tribunalea'16 novembre i 790. Si tro-
vò alla caduta della repubblica, alla tle-
portazione di Pio VI, all'elezione di Pio
VII, ma tornato con esso in Roma poco
dopo mori il i ° dicembre 1 80 1 nella flo-
rida età di circa 89 anni, compianto au-
che per le sue virtù. Fu sepolto nella chie-
sa di s. Marco di R.oma, ove il fratello
presso la sagrestia eresse una lapide mar-
morea, sovrastala dallo stemma gentili-
zio, e vi lessi l'elogio: Plus Comis Sapiens.
K inai nell'articolo Uditori di R^ota, che
anco Milano per privilegio del suo cou-
ciltadino Pio IV presentava al Papa l'u-
ditore di rota nazionale,che l'eruditissimo
milanese Piazza sostiene ch'era pure per
lulta la Lombardia (l'ultimo fu Giovan-
ni Piestn di Milano, ammesso a'26 feb-
braio 1782, che sebbene divenisse deca-
no del tiibunale, Pio VII non [iole crea-
re cardinale per esser sialo depoilalo nel
luglio 1809 , e durante la prigionia del
Papa morì il prelato). Divenuto l' impe-
ratore d'Austria signore, oltreché del Mi-
lanese, anche di Venezia e sue provincie,
piesenlò un [ìrelaloper l'uditoralo traeii-
dolo dalle sue provincie italiane Loni-
bardo-Venele, anzi dal Veneto, quando
ciò fece con mg."^ Pietro de Silvestri di
Rovigo, ammesso da Gregorio XVl nel
tribunale a'4 luglioiBjb, e si disse udi-
tore deiriui[)ero d'Austria: divenuto de-
cano, il regnante Pio IX. merilamenle lo
ha crealo cardinale diacono a' i 5 marzo
1 858, conferendogli la diaconia de'ss. Co-
sma e Damiano. Si legge poi nel Gior-
nale di Roma de'2 1 olloijre i858, che
dalla morte del cardinal Giuseppe Alba-
ni, avvenuta nel dicembre 1 834, l'iuipe-
riale casa d'Austria non avea piìi nomi-
nato un Em." porpuraloa Protettore òeU
lu nazione austriaca presso la s. Sede; ed
01 a l'imperatoieFrancesco Giuseppe I dé-
jjuavasl coufciire tale dignità al caidinal
422 V E N
De Silvestri, il quale a' 17 di Jelto mese
ebbe l'onore di presentale a Sua Santità
leioipeiiali lettere, colle quali egli viene
accreditalo in m alta rappresentanza; ed
il Papa gli esternò la sua speciale soddi-
sfazione verso riu)peratore per la ripri-
stinata dignità, e per avere della mede-
sima investito s'i degno porporato. Già lo
slesso Giornale del i ."settembre avea an-
. nunciato, che il Papa con biglietti di se-
greteria di stato avea nominato suoi pre-
Iati doDiestici e quindi annoveralo tra gli
uditori della s. flola Romana, il Rev. d/
d. Luigi Flir rettore della chiesa e dell'o-
spizio di s. Maria dell'Anima de'teutuni-
ci di Roma, ed il R.ev.° professore (di di-
jilto ecclesiastico nell'università di Pa-
dova, ove co'lipi del Seminario si pub-
blicò gli encomiati Elcinenii di diritto
ecclesimlico, la cui autorità per odier-
na causa clamorosa, prodMce la Civiltà
t,.Jtolica,6evìe3.\ìA 2,p.6i9)d. Fran-
cesco Nardi. Con tale disposizione mg/
Flir di Bressanone è slato destinato udi-
tore di rota per Venezia, come per Mila-
no si dispose mg/ JNardi di Padova. In
tal modo Venezia e Milano rigodono l'au-
lico loro privilegio, con lustro del regno
Lombardo- Veneto. E siccome perii pie-
no de'prelali uditori del s. Tribunale, il
Papa soleva nominare altri soggetti alle
vacanti nomine, e occupando il posto del-
l' uditore per Milano mg."^ Serafini, così
questo prelato è passalo al posto di udi-
tore per Ferrara, lasciato vacuo perchè
l'uditore mg.' Pietro Giauuelli a'6 giu-
gno era stalo consagrato arcivescovo di
Sardia, qua! nunzio apostolico di Napo-
li.— Tornando a Sisto V, gli ambasciatori
a lui inviati dalla repubblica lo trovarono
ben disposto"a terminare la controversia
d'Aquileia, perciò il senato a finirla do-
nò il fondo o feudo di Tagelto in que-
stione al patriarca, afllnchè potesse pro-
nunziare sentenza, nel tempo slesso che
per l'alio dell'accettazione del dono, ve-
niva il prelato a riconoscere la giurisdi-
zione della repubblica sul medesimo, on-
V E N
de il Grimani cou bella dichiarazione si
riconciliò col senato. Il Papa ne restò con-
tentissimo, onorò grandemente gli amba-
sciatori, si adoperò energicamente a rite-
nere i cavalieri di Malta dal recare mo-
lestia a'navigli veneziani, grave vertenza
che riporta ilp. Tempestine! t.i, p. 385
e seg., ed essendo liuscito al Papa colla
sua autorità di troncarla, il senato se ne
mostrò soddisfalissimo e grato, scioglien-
dosi in alti elogi il senatore Donalo e il
procuratore Diede, come discordia qua-
lificala fonte di sangue e di lagrime. Quin-
di ogni desiderio di Sisto V dal senato
fu subito appagato. A mostrare poi pub-
blicamente la sua riconoscenza, il senato
acquistò in Veuezia un palazzo dagli ere-
di del doge Grilli, e l' offrì in dono a Si-
sto V per stabile residenza del nunzio
apostolico, di che tenni proposito nel ^
X, n. 27. Il p. Tempesti ciò narrando nel
1. 1 , p. 384, dice che Sisto V avendo cer-
calo di comprare un palazzo in Venezia
per abitazione del suo nunzio ordinario,
avendone già acquistato altro per 1 6,000
scudi in Napoli per quei nunzio, volle il
senato usare al Papa la signorile munifi-
cenza di darglielo in dono, come scrisse
a' I 5 settembre 1 586 QQ'Diarii mg/ Ala-
leone maestro delle ceremonie pontifi-
cie: Lectuinfuit Instrwnentnm donalio-
ids palata quod Dux et Doininiuin Fe-
ìietoriiin donariint SS. D. ]V. Sixto PP.
T',quodipsa Sanctitas Sua donavit Ca-
merae Aposlolicae. Inoltre Sisto V ap-
provò l'istiluzione del seminario patriar-
cale e contribuì al suo sostentamento, co-
me narrai nel § X, n. 28 e 65, e dipoi
concesse o confermò la consuetudine a'
chierici veneziani, di potersi promuovere
agli ordini sagri, anche senza il pati ìjdo-
nio ecclesiastico, purché col consenso de'
l'ispeltivì parrochi fossero ascritti ad ai-
cuna delle chiese parrocchiali e collegia*
le di Venezia. Di più creò cardinali i
patrizi veneti Federico Cornaro vescovo
di Padova, e Gianfrancesco Morosini. —
Intanto nella repubblica veniva a com-
YEN
piersi un' importante lifoiiua del consi-
glio de'Dieci. 11 poteie di cjueìlo da ijuan-
dune! 13-29 erasi annessa l'aggiunta di
I 5 Ita'pt'incipali magistrati, che ogni an-
no si eleggevano nel i." di ottobre, erasi
fuor di modo ampliato, sicché poteva dir-
si che quasi da se soìo reggesse le cose iu-
terne ed esterne della repubblica. Se mol-
li per debolezza non sapevano o non osa-
vano ricorrere a' mezzi che fornivano le
leggi e le elezioni per fare rientrare quel
consiglio ne' suoi limiti, molti altri inve-
ce ne sentivano lutto il peso, e attendeva-
no con impazienza la i.^ occasione per
ispogliarlo di quell'aggiunta da cui gli de-
rivava tanta preponderanza. Tultosi nar-
ra dal prof. Romanin. A darne un cen-
no, dirò sulo che nel 1 582 avvennero tre
casi che condussero Onalmeute la (oag-
gioianza a dare pubblico seguo di disap-
provazione e a sopprimere in modo quie-
to e senza concitare odii e tumulti la mal
solferla zonta. Ridotte le cose ad esigere
pi oulo ed ellìcace rimedio,allrimenli que
slu lotta di poteriavrebbe ridotto a gra-
ve pericolo la repubblica, e raccoltosi il
1. "ottobre i5tJ2 il maggior consiglio per
l'elezione della zoiila, solo 1 2 furono ap-
provati, e nelle seguenti adunanze, niu-
no pili ottenne i voti. Era questo un se-
gno evidente di riprovazione, e varia-
mente sene disputava ne'consigli, (luche
a'7 dicembre si richiamò in vigore la leg-
ge del i^GH, che determinava 1' iucum-
beuze del consiglio de'Dieci, ordinandosi
doversi dichiarare che cosa fossero quel-
le parli segretissi/nt ad esso aflidate. La
proposta non passò miglior fortuna (|aao-
do nel d'j segueule fu riletta con emende.
Riproposta a'2 1 dicembre, Federico Ba-
duerjdi grande riputazione pennagistra-
ture e ambascerie esercitate, salito in bi-
goncia pronunziò un grave discorso, incui
fra le altre cose disse m chi doveasi divi-
dere il governo dello stalo, ed al consiglio
de' Dieci spettare, secondo la parte del
1468,1 dehtli più importanti in soli 6
cajsi, e che non si dovesse dargli jiìli hi
V L N 423
Z'ìiita. Quindi in più giorni furono bui-
lollatee approvale leseguenli dispusizio-
Ili. Nel 1468 essendo stato autorizzato il
consiglio de'Dieci a trattare alcune cose
segreùssinic, per queste doversi intende-
re: Gli avvisi segielissiuii dati iu confi-
denza pei' servizio delio slato, ma se do-
veasi fare alcuna deliberazione, apparte-
nere al senato. L'olTerte segretissimo di
cose importanti ai bene comune, le spedi-
zioni di spie, e l'accomodar con ullizi e de-*
nato que' garbugli che potessero sturbar
la quiete. La provvisione del denaro e il
governo della zecca, che deve per ogni ri-
spetto passar segretissimo ; però la dispen-
sa di esso denaro sia fatta per il senato.
Non SI possa da alcuno del consiglio de'
Dieci meller parte iu altre materie o pub-
bliche o particolari nou specificate nella
ricordata deliberazione del 1 ^6S, e da
quella del i48i e dalla presente. Quan-
do fosse fatta alcuu'altra cosa, oltre le spe-
cificate, si ponesse impedimento e proce-
desse, non ostante qualsivoglia parte che
fosse iu contrario, dagli avogadori. E per-
chè questi potessero esercitare eoa mag-
gior facilità il loro carico, fu commesso
al cancelliere grande la pubblicazione
dì tutte le leggi spettanti al maggior con-
siglio, al consiglio de' Dieci, ed a quel-
la) ili l^regadi ordinale sotto capi distin-
ti delle materie, dovendo es-ser dato ogni
VLtlla dal segretario deputato alle leg-
gi il rubricai-io spettante a quel consiglio
ov'essi si troveranno, acciochè si faccia la
Volontà del maggior consiglio colla debi-
ta esecuzione intera. Che la zonta dui eoa
sigilo de'Dieci abbia la sua contumacia,
come quelli del consìglio stesso, e che ogni
anno nell'elezione della ::o/i^2 siano lette
le parti dal i4^8 e questi capitoli statui-
ti a'21 e 22 dicembre 1 082, per l'invio-
labile osservanza. Ma tutto questo nou
giovò, e riproposta nel i. ^gennaio i5S3
l'elezione de' 3 individui cuancanti alla
3a/2^^z, tornali inutili gli esperimenti, la
zonta Iu abolita per tale riprovazione;
peieiù il govei'QO della zecca a'3 alaggio,
424 V E >f
tiovcntlo p.issnre segietisMDio, fu solìanfo
iiHìdato al consiglio (le'Djec.i, insieme co'
3 prowediloii in zecca, da eleggersi an-
nui dal senato, e il depositario ogni due
mesi; la dispensa del denaro però rima-
nesse al senato. Così terminò allora lari-
forma del consiglio de' Dieci, ridotto a'
naturali suoi limiti, e V amministrazio-
ne interna tornò a' magistrali ordinari
fecondo gli ordinamenti fondamentali
della repubblica. — Delia venuta in Ve-
nezia degli ambasciatori del Giappone,
reduci da Roma nel giuf^no i585, del-
le feste pubbliche loro date, parlano fra
gli scrittori veneti, il libro Ccrìtnonia-
li all'Archivio generale, la Cronaca
Marciana del Savina, gli Annali della
Repul'blica presso il cav. Cicogna, An-
drea ÌMorosini nelle I\kmorie politiche
presso il medesimo, Gualtieri nella Re-
Intionc (Ic^li Jnìba.fcialoriy il cav. Cico-
gna nel t. 5 dell' Inscrizioni, il cav. Mu-
linelli anche uclla Storia aneddotica, il
prof Romanin,cd io ne feci alquante pa-
role nel o. II del § X. Ivi ossia nel voi.
XCI, p. I ig, procurai rettificare quanto
sui medesimi an)basciatori giapponesi,
ne' primordii di sua benemerita e ferti-
iissiuìa carriera letteraria, avea narrato
col Gallicciolli, il ricordato laboriosissi-
mo veneto cav. Mulinelli. In me la ve-
rilà storica prevalse all'ammirazione e
alla riconoscenza che mi vanto profes-
sare a lauto scrittore, anco per essere e-
gli sialo, colle sue utilissime e pregevo-
lissime opere, una delle caie magistrali
guide in questo lungo e fecondissimo ar-
ticolo. Feci violenza a me stesso e con
pena dovetti procedere colla storia. Se
l'amore del vero a ciò mi costrinse, quel-
lo della giustizia, qui spontaneamente e
senza insinuazione alfallo di alcuno, m'in-
duce a lieta niente noli fica re quanto or ora
mi scrisse un altro e"rei!Ìo veneto: « Il
cav. Mulinelli: è ora d'accordo con Lei
intorno gli Jmhasciatori Giapponesi,
e già nella Storia arcana e aneddotica
d'Ualia^ t. I, p.i 56-57, pose ""^ "^''*
V E N
coir intendimento di riiraltare quanto
avea sciillo in contrario". Non «bbiso-
gnano mie parole per dichiarare la bel!;i
gloria che ne proviene a si degno figlio
di s. Marco. Fa consolazione quando la
virtù francamente trionfa nel saggio e
nel dotto, che sopra un argomento era
stalo di diverso credere, riportando così
onorevole vittoria sopra di se stesso, l'er-
ciò: T iva s. ]\1 arco l Antico grido entu-
siastico nelle venete vittorie. N'è questa
una edificante nel campo immenso, paci-
fico e nobilissimo della lelleratura e del
sapercliesoalfettuosamente quest'omag-
gio, riassumo il racconto. — Poco dopo la
venuta degli ambasciatori giapponesi in
Venezia, mori a'ag o a'3o luglio i 585 il
doge da Ponte in età di circa 90 anni. I
funerali si celebrarono in ss. Gio.e Paolo,
con l'elogio funebre di Carlo Scararnella,
secondo il Casoni (e non Giovanni Velu-
do, come inavvedutamente scrissi nel voi.
XCI, p. 121, per essere poco chiara la
nota i5 della Serie de'dogi di f^ e ne zi a
del Nani, in cui sono riferiti i rispettivi
autori delle biografie de'medesimi dogi,
e perchè le due che seguono sono elfetti-
vamente del eh. Veludo. Laonde il rac-
conto sugli ambasciatori giapponesi che ia
dello luogo ho attribuito alVeludo,spelta
invece al Casoni), o di Antonio Longo co-
iwii vuole il prof. Romanin ; e trasferito il
corpo nella chiesa di s. Maria della Cari-
tà vi fu deposto, e poscia gli fu eretto
splendido monumento con diseguo diSca-
mozzi, e colle statue e altre sculture del
Vittoria, il 1." e vendo a suo tempo co-
mincialo la fabbrica delleProcuratie nuo-
ve, che aggrandì di molto l'antica piazza
di s. Marco, compiendo l'euritmia di (juel
vasto e nobilissimo recinto. Poco prima
di morire, il doge pose in iscritto le sue
idee in una specie di testamento politico
che consegnò a'suoi consiglieri, quale ul-
timo testimonio deiraflelto ch'egli por-
lava alla sua patria e del desiderio vivis-
siuìo del suo bene. Dal prof. R.omania
che Io riprodusse, si ricava : Che bisogna
V E i\
piinoipalmenle guardarsi dall' insidie e
accortezze degli spagiiuoli e del loro re
Filippo II, che tende alla aioiiurcliia (u-
iiiveisale per compiere la tanto vagheg-
giata idea del genitore) possedendo tarili
regni e stati, e fatto oltremodu putente
per l'acqiii>to di l'orlogallo e con quella
parte dell'Indie orientali ad esso spettati-
ti (dopo la morte del re cardinal Enrico,
5 governatori del Portogallo nominali
neir interregno aveano domandalo assi-
slenza alla repubblica contro l'andjizione
di Fdippo U, ma essa non volle niischiar-
visi, ed anzi più tardi ordinò l'alionta-
nanientodel pretendente d. Antonio gran
piioredi Grato, ch'erasi rifugiatone! do-
minio). Essere tale re di natura altissima
e sommamente avido di gloria, poiché
dì giovine soleva dire : Che se suo padre
che nacque figlio d' un re assai debole
ha fatto tanto, a lui eh' era nato figlio
d'un imperatore si conveniva far mollo
di più. Simulatore e vendicativo, era co-
si gran re che il solo turco poteva resister-
gli; non Francia indebolita dalle discor-
die civili e per averlo fitto troppo cresce-
re. 1 re che aspirano alla monarchia han-
no in odio gli altri principi, e mollo più
la repubblica come quella che per l'or-
dinario ha vita e impero più lungo degli
altri [)otenlali. Bisogna regolarsi con lui
con modestia e destrezza, onoiandonegli
andjasciatorì e concedendogli l'onesto;
non iscuoprirsi francesi, conservare con-
cordia di buoni vicini co' suoi ministri
dllalia; intendersi bene co'I'api, poiché
il re pel potere che tiene sui cardinali a
Ini aderenti, pare che seu)pre ficcia un
Papa a suo modo, e se lo conserva con
diversi favori e onori, che di continuo fa
a' loro parenli. Occorrere tenere il mag-
gior numero di soldati r he sia possibile
e buoni capi di guerra, il maggior cumu-
lo d'oro iu zecca, ec. Ma [)er allora non
si presero in considerazione questi ricor-
di, anzi vi fu chi disse essersi il doge ma-
uifeslato lutto francese; ma vennero tem-
pii, e non oiollo lontani, in cui s' tbbe a
V E N 42 >
fire trista esperienza, che il vecchio do-
ge avea dello il %'ero.
3 I . Pasquale Cicogna LXXXFIII
doge. Il suo biografo Giovanni Veludo ri-
leva,che dopo il Vendramino, il Cicogna è
il 2." doge che fra'nobili ntmvi fu innal-
zaloal soglio. Comodi molla prudenza, di
santi e illibati costumi, di religiosa carità,
(li assiduadiligenza ne'pubblici maneggi,
era-.i distinto n elle guerre coatro i turchi
mentre trova vasi governatore alla Cane;»
nell'isola di Candia; èssendo allora procu-
ratore di s. .Mi reo, fu elevato al dogado a'
18 agosto 1 585. La sua elezione fu più del-
I ordinario rilardata, avendo a competi-
tore Vincenzo iMorosini, il quale alfine
cedendo sponlaneamenle, si adoperò iu
ftvoredel Cicogna, [)erciò favoloso il nar-
ralo dal Darù. Per altro, il popolo che de-
siderava il iMorosini ne rimase poco sod-
disfatto, anche pel poco denaro che gettò
nel solito giro per la piazza. Del resto il
doge parlò bene, promettendo giustizia
e che le cariche sarebbero conferite al
Solo mento; e in memoria d'avere rice-
vuto la notizia del suo innalzamento,
mentre si trovava a' ciociferi, fece conia-
n; la consueta osella con 3 Croci e col-
r iscrizione : ////^c resnrrcclio et salim
(E lappresentala (juesta circostanza iu
\\i\ magnifico dipinto di Palma Juiiio-
re, collocato nella chiesa stessa de' Cro-
ciferi ). A questi tempi, continuando la
repubblica nel suo sistema di pace, di
fie(|uente ricevea da' suoi ambasciatori
dispacci che la islroivano esattamente
di ipianto acc.ideva ne' paesi e nelle cor-
li di Europa ; dispacci che più anco-
ra delle relazioni svelano le più segrete
molle della di[)loiija2Ìa veneziana e for-
niscono tali notizie, che invano si cerche-
rebbero alti ove. Nel 1 187 uac(pie una dif-
feienza fraSislo V ed i veneziani, che fece
temere grave complicazione, ma però fu
tosto accuuKjdata, essendo ambasciatore
in Roma Alberto Hadoor.La narrai nel i]
XVIII, n. if), parlando dell'abbazia di s.
Cipriano di Murano, dal Papa poi unita in
4^.6 VEiN
perpetuo a' palriaichi di Venezia, onde
lulloia ne sono abbati coiumendalari.
Ne ragiona a lungo il p. Tempesti nel t. j ,
p. 3(S I e seg., donde il Novaes ricavò un
sunto inesalto cbe inserì nella sua Slo-
ria dei Ponlcfici. Pretendendola fami-
glia Gradenigo al padronato della badia,
per le niunificeoze usate ad essa da'suoi
iria"^iori, mosse lite a' Trevisani abbati
DO '
commendatari, i quali per successi ve ras-
segne falle a' loro parenti da I25 anni
la conservavano nella loro famiglia ; e si
ventilò per pili d'un secolo da'lribunali
di Venezia e di lioraa. Sdegnatone il se-
nato volle sostenere i Gradenigo, e sic-
come Giovanni Trevisan n' era allora
abbate, gli ordinò cbe nell' intitolazione
ù\Ahbas s. Cìprìaiiì, sopprimesse le pre-
cedenti parole: Dei et Aposlol. Sedis
grada. Avendo ubbidito, dipoi lo pre-
sentò a Pio IV per la dignità di patriar-
ca di Venezia, e fu preconizzalo in con-
cistoro. Poscia vedendo (piesto prelato
avvicinarsi il fine di sua vita, pregò Si-
sto V di accettare la sua rassegna a favore
del nipote Pietro Emo, il che penetra-
tosi dal senato, per sostenere i diritti de'
Gradenigo si oppose. Allora il patriarca
con esagerazioni domandò giustizia al
papa, tacciando la repubblica di preten-
sioni pregiudizievoli alla giurisdizione ec-
clesiastica. Sisto V acerrimo nei render
giustìzia, senza badare a' rispetti umani
di quanto il senato avea fallo pe' suoi
parenti e nunzi, volendo colla solita sua
prontezza sbrigare l'affare, chiamò a se
l'ambasciatore veneto, si querelò acre-
mente della repubblica, che mentre a-
tnava tanto, essa allentava all'ecclesia-
stica libertà. Voleva l'oratore addurre
ragioni, ma il Papa di temperamenlo
focoso, alteratosi, alzando la voce disse
saperle tutte, e desiderare che pronta-
mente si rivocassero gli antichi s recen-
ti decreti contro il patriarca e contro
l'Emo, e finì con minacce di fire quan-
to richiedesse l'onor suo e della s. Sede.
L'oratore riferì fedelmente lutto alla si-
V EN
gnoria, onde per molti giorni si disputò
in senato eoa varie opinioni, non essen-
do costume rivocare i decreti pubblicali,
per cui si vollero sostenere, non oslanle
le n>ediazioni di principi e monarchi per>
che si contentasse il Papa. Ma Sisto V
inflessibile, avea già determinato dì ri-
chiamar da Venezia il suo nunzio e di
licen2Ìar da Uomal'ambascialor veneto.
Del che avvisati i senatori segretamente
da'cardiuali amici, si cotilenlarono in os-
sequio di tanto Pontefice di rivocar tut-
to; onde presentatosi l'ambasciatore al-
l'udienza del Papa, manifestò l'operato
dal senato delia rivocazioue delle parli
tante volte prese in Pregadi e passale da
tanli anni in esecuzione, quantunque non •
si facesse mai per alcun altro sovrano.
Penetralo Sisto V dal nobile e di voto con-
tegno, ricolmò il senato di finezze d'af-
fetto e di onore, protestando che per que-
sta sua filiale ubbidenza gli avea rubato
il cuore, in pieno concistoro lodando al-
tamente la pietà e sommissione dell'au-
gusto senato, il quale da vero cattolico
avea dato un preclaro esempio di subor-
dinazione a tulli i principi cristiani. Dal-
l'altro canto, Sisto V equamente com-
pensò i Gradenigo eoa altro benefizio,
e unì in perpetuo al patriarcato la ba-
dia. — • Spagna e Francia tenevano an-
cora il i.° posto sui destini d'Europa,
quella per la sua ambizione alla monar-
chia universale, questa per le sue san-
guinose guerre di religione, sostenute
dalla famosa lega cattolica, alla cui testa
era segretamente Filippo li re di Spa-
gna, contro l'eresia armata degli U§o-
nold, e della {ìe'Scdici dal numero de'
quarlieri di Parigi più ad essa aderenti.
Nelle sue slreltezze, Enrico Ili si volse
per consiglio alla repubblica, che tanti
solenni segni d'affetto aveagli dato nel
suo soggiorno a Venezia, ed il consiglio
f(i che ad ogni modo si studiasse di ri-
comporre la pace; ma il male era troppo
profondo e radicato, le gare de' partili
troppo vive, gli odii troppo esacerbali.
V li N
La guena aideva egualmente uc'Puesi
Basai uoult'o la Spagua per caif&a pure
dell'eresia arujala de' Cali>iiusli, sullo
diverse deiioiniuazìoui, combatlendo al*
liesì per l* iudipendenza. Ed iu Inghil-
terra colla tirannica ed empia decapi-
tazione della regina di Scozia Maria
Stuarda, eiasi tolto pel suo virtuoso zelo
cattolico un potente avversario al prò*
lestautesimo : crudele avvenimento che
riempì di stupore edi orrore l'Europa. A.
\endicarla, a difesa del caltolicisajo,e pe'
diritti che pretendeva sulT Iiighilltrra,
FdippoII le spiccò contro la formidabile
flotta denominata V Invincibile^ che ia
vece restò iu parte scouiilta dagl' inglesi
e rovinata da fiera burrasca. A questa
spedizione l'avea indotto Sisto V, per di-
stoglierlo dall'ideata monarchia univer-
sale, per le ragioni riferile dal p. Tem-
pesti. Dopo la morte del duca d'Anjuu,
Itatello di Enrico HI, privo questi di pro-
le, spettava la successione ad Eurico HI
di Borbone re di ZVat'(2/v^ capoparte cal-
dissimo degli ugonotti, il perchè la lega
prese nuovo vigore per escluderlo dal tro-
no e porvi un piincipe cattolico a conser-
vazione della vera religione. Enrico 111
che formava il partito piìr debole de'3 che
laceravano Francia, ingelositosi de' Gui-
sa-Lorena prmcipali della lega cattolica
che aspiravano alla corona, costretto dal-
la necessità si unì al cugiuo re di Navar-
ra benché eretico, dopo aver fatto tru-
cidare a tradimento il duca di Guisa e
il fratello cardinale nel declinar di di-
cembre i588, onde òisto V lo scomu-
nicò. Inchiesta la repubblica di assisten-
za da Enrico 111, si limitò ad offrire una
prestanza di denaro, dovendo vegliare sui
maneggi degli spagnuoli |)ei' la monar-
chia universale massime in Italia. Tiit-
tavolta fece ogni buon uffizio con Sisto
V, per indurlo a trattare il re con indul-
genza. Ma nell'agosto 1089 il re venne
ucciso, Dominando successore il redi i\'a-
vaira, che prese il nome di Enrico IV,
essendo egli pure allacciato dulia scuiuu-
V E IN 4/7
nica. Benché si muslrasse disposto a ri-
nunziare all'eresia, avea contro dì se
l'ambizione de' Guisa, il parlilo catto-
lico e il Papa. La repubblica a mezzo
dell'amliasciatore Giovanni Mocenigo iu
Tours fece nel novembre con Emico IV
le sue condoglianze per la violenta mor-
te del suo predecessore, e le congratula-
zioni della sua successione al trono. Ui-
spose il nuovo re, non dubitar punto de-
gli amichevoli sentimenti della signoria,
tra la quale e il defunto Enrico 111 era-
no passali tanti segui di benevolenza e
d'aifelto, siccome lenevasi del pari cer-
tissimo del piacer suo per l'assunzione '
alla corona di Francia; stimarsi molto
obbligato dall' esser ella stata la sola iu
Italia a riconoscerlo, il che riuscitogli
sommamente giatu e della quale dimo-
strazione avrebbe tenuto perenne me-
moria, da non lasciare circostanze di dar-
leue quelle maggiori testimonianze, che
verso qualsivoglia principe, per quanto
grande, si potessero. Inviò quindi a Ve-
nezia ambasciatore straordinario m.'^ di
Lucemburgo con sue lettere e inforuìu-
zioni delle cose del regno, le quali vol-
gevano allora favorevoli alle sue armi.
Delle quali cose Sisto V, ancora soste-
nitore della lega, si mostrò molto alle-
rato, con far sapere alla repubblica, che
se voleva conservarsi il nome di tanto
cattolica c<Hue in addietro, bisognava che
si astenesse da'suoi rapporti cou eretici,
che tulli i principi si tenevano sospesi nel
deliberare in proposito, uè dovesse far
essa diversamente, uè discoprirsi prima
del tempo; forse che la repubblica è il
piìigran piincipe del mondo che voglia
dar leggi agli altri? Pur troppo già i
principi protestanti di Germania pres
suvano l'imperatore Rodolfo li perchè
ricevesse l'ambasciatore francese, addu-
cendo l'esempio di Venezia. Scusa vasi la
repubblica col Papa, pel suo ambascia-
tore Leonardo Duodu, dicendo che En-
rico IV di Borbone avea ottenuto il ti-
tolo di re della Francia ^ià da Enrico
4^8 V E N
III prima ili inorile; ch'esliiil.i la stirpe
tli Valois, a lui apparteneva adesso il re-
gno per legf^e siccome erede di quella;
die ornalisiimo com'era di militare for-
le77.a, di prudenza e di altre doti e virtìi,
tranne la cattolica religione, dava a spe-
rare di lasciarsi condurre ad ascriversi
tra poco fra il novero de' veri credenti,
qiialoia si procedes>ie verso di lui con
benignila e piacevole/za; che già appe-
na prese le redini del governo, avea or-
dinalo dì nulla alterare circa la religio-
ne caltolicaj e che gli ecclesiastici fossero
niantenuti nel possesso de' loro beni e in
Dhore presso ciascuno; poiché se istiuito
fisse, come grandemente desiderava, co-
nosciuta la verità abhraccierehhe la c.it-
lolica religione; olire altri giavi e giusti
riflessi. Indi all'abilità dell'altro oratore
veneto a lìoma, Alberti; B;idoer, riusciva
d'ottener dal Papa che lauibasciatore
francese de Messe continuasse a dimo-
rale in Venezia, ma senza intervenire
alle cereujonie pubbliche, e m/ di Lu-
cembiirgo fu ricevuto in Roma e comin-
ciò le sue pratiche per condurre a ter-
mine mi accomodamento col suo re. Ma
intanto Sisto V inviò a Parigi suo legato
il cardinal Gaetani, a ftivore della lega,
l'ero a' i4 marzo i Siqo Enrico IV ne'
tiiiitorni d'Ivry con Uìetnorabile balta-
glia sconfisse l'armala della lega, coman-
dala dal duca di Alayenne, e con una let-
tera mandò poi iii dono alla repubblica
nel i6o3 la Snadd colla (piale avea com-
battuto e trionfato, e l'armatura in es-
sa indossata. Questi doni furono collo-
cati nelle sale d'armi del palazzo duca-
le, dove nel 1797 fu rubala la spada,
e l'armatura fu poi deposta nelle sale
d'armi dell'Arsenale, ove esiste. Infuria-
ta la Spagna perchè in Pioma fosse il
Lucembiirgo, l'ambasciatore Olivares
tlicliiarò al Papa die se non lo licenzia-
va dovea far le sue prolesle. A questa pa-
rnlii il Papa si adirò e licenziò invece dal-
l' iJflicnza il iapprcsenlanle spagnuolo ;
e uni illuminalo delle segrete mire della
V E N
lega, e la religione non esserne che un
pretestò, ritirò la sua protezione, e poco
dopo morì a'27 agosto iSgo. Dopo 18
giorni gli successe Urbano VII Casta-
gna, già nunzio apostolico in Venezia»
ma visse i3 giorni ; onde a' 5 dicembre
gii fu surrogato Gregorio XIV, stato ve-
scovo di Cremona, il (piale tosto asse-
gnò soccorsi alla lega, e decretò due mo-
ni torii contro gli aderenti d'Einico IV^,
mentre la repubblica inviò ambascia-
tore in Roma Giovanni Moro. Indi il
l^ipa avvertì nel marzo i Sg i la repub-
blica, de' moli uffici che venivano fatti
contro di essa, e l'ambasciatore francese
esponeva al collegio tutti i maneggi e i
raggiri degli spaglinoli, il cui re Filippo II
a vea scritto alla signoria di licenziar l'aia-
basciatore del pretendente, se amava
che la Francia avesse un principe vera-
mente cattolico. Narrò di pili l'oratore di
Enrico IVjCondirecheil Papa, da cui do-
vreblie principalmente dipender la pace e
la (piiele della cristianità, si lasciava gui-
dale dagli ariificii e persuasioni degli spa-
gnuoli,che non avcano altra mira se non
di servirsi del pontificio nome e della
Chiesa per cuoprire l'ambizione e l'ava-
rizia loro sotto l'ombra di religione e di
zelo di Dio, E da Francia notificava il
Mocenigo, lo sdegno cagionalo dalla sco-
munica di Gregorio XIV, e come par-
la vasi pubblicamente di levarsi in tutto
dall'ubbidienza della s. Sede, e di eleg-
gere a influenza del partilo ugonotto un
patriarca della Chiesa gallicana, creden-
ilosi il conlegno del Papa derivare da
particolare inimicizia verso il re e spin-
tovi dalla Spagna. 1 maneggi di questa
conosciuti dalla repubblica, aveaiio in-
tlolto la signoria sin dal giugno iSSg ad
avviare un trattato di sussidio e com-
mercio co'grigioni, cantone della Sviz-
zera, giustificandosene col Papa come
stretta dalla necessità a prov\ edere al-
la propria difesa. Ma anche là trova-
va la repubblica ad avere a combat-
Il re i raggiri di Spagna, che niellcva
\ E N
fntlo in opera per inipediieqiieirallenn-
7a. Era una gaia a chi più potesse col-
le promesse e guadagnare co'tioni; ma
due delle tre così dette leghe che costi-
tuivano i grigioni, cioè la Casa di Dio,
e le Dieci Diiillure, sostenevano i vene-
ziani e riconobbero la successione d En-
rico IV; maggiori difficoltà si ebbero
coll'altra lega de'grigioni propriamente
detti, e convenne alla repubblica dispen-
sar denaro perfino a' predicanti sedicenti
lifortuati, perchè da'pulpili vi persuades-
sero il po[>olo di loro confessione, non tan-
to legalo d'aifetto agli spagnuoli quanto
contenuto dal timore. Frattanto, morto
Gregorio XIV a' 1 5 ottobre i5qi, dopo
i3 giorni fu eletto Innocenzo IX Fac-
chinetti, slato nunzio pontificio di Ve-
nezia. Era risoluto di sostenere la lega
io Francia contro Enrico IV, quando
con due soli mesi di pontificato passò a
miglior vita. A'3o gennaio i5q2 fu e-
letto Papa Clemente Vili Aldobrandini,
ricevè con singoiar alTelto i 4 ambascia-
tori d'ubbidienza e per congralulazioue
inviati dalla repubblica, soggetti vera-
mente principalissimi, cioè Marino Gri-
mani e Leonardo Donato, ambi poi dogi,
Zaccaria Contarini e Fedeiico Sanitlo. E
per ambasciatore ordinario s'ebbe Paolo
Parola. Indi il Papa a' i 5 aprile ordinò al
cardinal Sega legato in Francia, d'impe-
dire il possesso del regno ad Enrico IV
tuttora eretico calvinista ; il quale però,
vedendo che non avrebbe (loluto pacifi-
caniente ascendere al trono, cominciò ad
istruirsi ne' dogmi di noslia s. Religione,
a'^S luglio i5^3 abiurò pubblicamente
1 suoi errori, ed entrò in Parigi da lui
assediata, fu assolto dalle scomuniche
dall'arcivescovo di Bourges, e poi solen-
nemente dal Papa, ad onta de' contrari
sforzi di Spagna e de' confederati della
lega a' 17 settembie i')r)'), con ammet-
terlo nel materno seno della Chiesa cat-
tolica, al quale scopo non avevano ces-
salo di adoperarsi con lutto 1' impegno
i veiicziiini, cui la quiete e la potenza di
V E iV 479
Francia con un re amico sul trono, ap-
parivano necessarie a conlrabbilanciaro
l'ambizione irrequieta di Spagna. Frat-
tanto ardeva la guerra in Ungheria per
opera de' turchi, sotto il debole Puodolfu
11, e le popolazioni di quella si mostra-
vano alquanto avverse all' imperiale do-
minio. Mossi dal timore dell'incursioni
che i turchi ficevano nella Croazia, i
veneziani nel i5q3 vennero nel pensie-
ro dell'erezione della fortezza di Palina
Nuova e della furtificazioue d' Udine a
difeso del Fl-iuli; ma ciò dispiacque al-
l' imperatore, quasi che quell'opere con-
tro di lui fossero dirette, e ne fece vive
lagnanze. Dierono motivo al sospetto le
sue relazioni colla repubblica che si fa-
cevano setnpre piii acerbe per causa del-
le continue molestie degli uscocchi, alle
quali non ostante le molle promesse dal-
la parte imperiale non veniva al solito
posto riparo, eil erano al turco fomite
incessante di querele al veneziano go-
verno e pericolo di manifesta guerra. Ad
evitare la quale, la signoria non man-
cava d'ogni possibile cautela, e coll'o-
sleggiare gagliardamente gli uscocchi e
coir invio di ambasciatori e ili scritture,
si studiava di dissipare ogni nube e man-
tenersi colla sublime Porta in amiche-
voli rapporti. La peste in questo mezzo
menava in Candia lagrimevole strage, e
le sventure di quella colonia chiamarono
la paterna sollecitudine del senato. Si
provvide tantosto, e furono a' torcili lol-
le le vie per le quali potevano forse pre-
valersi di quel miserabile avvenimento.
Per opera della già discorsa sultana vene-
ziana IjuHò, si rinnovò con Maometto III
suo figlio il trattato di pace. Da questo
sistema pacifico, che la repubblica con-
tinuava, non poterono ismuoverla, ne
r ambasceria persiana del soli di Per-
sia Abbas il Grande, in fiera guerra co'
turchi, nù Clemente Vili che grandi aiu-
ti mandava in Ungheria, uè lo czar di
Mosco «ia Ivan IV che eccilava ad una
lega contro i medesimi turchi, ed a man-
43o V E N
tiare in Un'Asia i nieicanli veneziani, pe'
grandi vantaggi che ne ritrairebbero spe-
cialmente per Je pelli e per le cere. Lo
czar e la Russia non conoscevano bene
lo stato de'veneziani, che credevano do-
minio del Papa, giacché era vietato ai
russi di appiendere qualunque lingua
straniera, volendo lo czar in ogni tempo
intendere ciò che fra loro si discorresse.
Della lega con esso nulla fu fatto, bensì
fu avviato il commerciocolla Svezia, che
fin dal 15^7 con apposito ambasciatore
vi avea invitato la repubblica. Era mi-
naccialo invece d' interruzione quello
con l'Inghilterra, potenza che dopo la
vittoria sulla flotta spaguuola, facevasi
sempre più formidabile sul mare, e co-
minciava già a mandare i propri navi-
gli a provvedersi direttamente in Levan-
te di quelle merci che per l'addictro ri-
tirava da' veneziani. Ciedettero questi
opporvi impedimento coli' aggravai e di
grosso dazio l'uve passe e altre merci
che su bastimenti inglesi si asportassero
da Zante, ma avendo la regma Elisa-
betta aggravato del pari i mercanti ve-
neti in Inghilterra, fu d'uopo venire ari
accordo ed il dazio fu tolto. Qual fos'^e
ormai la prosperosa condizione di quel
regno, quanto al commercio, si prova
dalla ricerca che nel iSgi fece Venezia
al governo inglese di potervi estrarre
3o,ooo staia di grano, raccoraandantlo
si dessero ordini rigorosi a'vascelli na-
zionali di non recar molestia a' navigli
\eneziani che carichi di pepe e altre dio-
ghe dal Portogallo o d'altrove si diri-
gessero a Venezia, anzi li favorissero e
proteggessero. Tantoerano già mutate le
sorti dell'antica dominatrice de' mari, e
tanto cominciava a spiegare la sua po-
tenza la nuova. Nel i5q4 la repubblica
mandò a Uonia per ambasciatore Gio-
vanni Dolfìn. In questi tempi le dolcez-
ze d' una pace tranquilla, e il vedere
che il commercio tuttavia si manteneva
florido, consigliarono i veneziani ad ul-
teriori abbellimenti delia loro capitfilo,
V E N
olire r istituzione di varie accadea^ie let-
terarie. Si compì con maggior solidezza
e maestà la parte del palazzo ducale arsa
nel iSyy ; si condussero pure a termine
gli edifizi che la piazza di s. Marco fan-
no bella e stupenda; si fece costruire in
pietra il gran ponte di Rialto, il quale
con una sola arcata unisce i due lati
maggiori che dividono Venezia ; fabbrica
che questa sola servi ad immortalare la
memoria del doge Cicogna ; la Biblio-
teca e la Zecca ebbero ornamento di co-
lonne, statue e altri lavori; si posero le
fondamenta di varie chiese, altre si re-
staurarono; e parecchi de'più dovizio-
si cittadini eressero palazzi, che per la
struttura e sceltezza de' marmi, e per
gli ornamenti parlano chiaro abbastanza
di quella grandezza che non è più. Il doge
Cicogna dopo aver seduto gloriosamente
9 anni, y mesi e i 5 giorni, morì a'a apri-
le iSgS, e fu deposto nel tempio di s.
Maria allora de' crociferi ed al presente
de' gesuiti, accompagnandovelo il pianto
de'buoni. Dipoi nella parete a manca del-
l'osservatore, della cappella destra della
maggiore, gli fu eretto un monumento,
opera grandiosa di GirolanioCampagna,
che ne fu pure lo scultore. — Il eh. d.
Salvatore Proja di Pcscina (perciò con-
cittadino del gran cardinal Mazzarini, co-
me provai in quell'articolo riproducendo
la fede battesimale), professore nominato
neir Università Romana [F.) di algebra
e geometria, ripetitore di scienze nel col-
legio Pamphilj e bibliotecario della Lan-
cisiana di llomajColla sua splendida penna
mi scrisse ed a mia confusione inlilolò la
faconda e dotta: Lettera, Urbano rill
e gli Accademici Zy/V/ce/, impressa in Ro-
ma nel i858, e quindi inserita nel t. 7
della nuova serie del Giornale Arcadi'
co di Roma stessa, per ulteriore suo trat-
to di singolare benignità, onorandomi e
confortandomi cou benevola indulgenza
ne'più solenni modi. Ne fece onorata men-
zione la Cronaca di HJilano, anno iv, di-
spensa 14.'', »' qnid dotta dissertazione;
VEN
nrlornn di gran supptMeUile di notizie
con bella disirivoltnrn d'esposizione "do-
po nvere d.ito contezza dello scopo della
medesima. A ciò fiì mosso il pi'of. Proja,
dall'aver io nella biografìa di Papa TV-
bnno /'///Bai bei ini rilevato la stia glo-
ria come IMeccnatede'biioni sludi, ricor-
dando i favori eia protezione accordata
ogii accademici Lincei, di cui egli è socio
ordiiiariojche vantano a fondatore il prin-
cipe Federico Cesi, il quale favoreggiato
da quel magnanimo Fapa, co'privilegia-
tissimi spiriti de'suoi accademici, trava-
gliò per rimettere in seggio la vera itali*
ca filosofia, la filosofìa positiva della spe-
lienza e dell'osservazione. Il celebre Ti-
rabeschi, non seppe decidere se il Cesi più
giovasse alle scienze colla sua munificen-
za, o col suostraordinai io ingegno. E sic-
come di tale insigne e pontifìcia accade-
mia, lina delle primitive e principali glo-
rie fu il gran linceo Galileo Galilei, al-
l'encomiato prof. Proja gli piacque ri-
marcare aver io nel rammentato artico-
lo parlato anche di quel sublime ingegno
(lo celebrai pure in altri), e della clemen-
za usatagli da Urbano Vili nella sua fa-
mosa vertènza colla suprema lnf|iiisizio-
ne, con tanta abbondanza d'erudizione,
che gli sarebbe sembrata superflua, do-
ve non avesse conosciuto che l'opera mia
» è come un emporio di tutte le storie
da sopperire alla mancanza di altri in-
numerabili libri e collezioni storiche". Se
non che riflettendo saviamente, che più
delle sventure vanno ricordate le glorie
del grand' uomo, egli dice. » Credete a
me, che pur mi conosco alcun poco di
questo cos'i vieto e così rimenoto argr».
mento (anzi apparisce profondo fdosofo
dalla slessa Lettera in rliscorso, e tra le
sue opere, dalle seguenti: Trattalo sto-
n'cnleoriro-pra tico di Calendario rat-
tolirn. Della divi<:ìonedettempn in gior-
ni I d ore, e degli orologi ro<!Ì detti ita-
liano r francae. Necrologia del prof.
d. Fclieiano Scarpellini. Elogio funebre
di F. Scarpellini rextauralore dell' ac-
cademia de' Lincei, detto nelle solenni
eserjìde de' Lincei defunti. Discorso so-
pra la vita e le opere delp. Andrea Ca~
rnfa della. Compagnia di Gesìi. Lettera
sopra lo stato delle niateniatichc in Ro-
ma.Storia de' nuovi Pianeti dal \ 80 i al
i85i): oggi, che do[)o i grandi progressi
fatti nelle scienze, e in ispecie dall'astro-
nomia, la Chiesa ha fatto lil)ero a tutti
gli asfrononii di poter insegnare il moto
del globo tenestrCj noi dobbiasno piut-
tosto rimpiangere nel segreto del nostro
cuore le sventure del Galilei , anziché
rialzare a quando a quando il velo del-
l'oblio, onde il tempo le va ricoprendo.
Quello che dobbiamo sempre ritiverdire
nella memoria degli uomini, sono le glo-
rie di questo gran Linceo e piinci[)e ec-
celso della rinnovala filosofia: perchè nel-
l'articolo Venezia, che ora slate (nuova-
mente) scrivendo con amore che supera
la vostra insuperabile erudizione storico-
ecclesiastica, fate di richiamare alla men-
te di que'gentili, che attendono dalla vo-
stra penna nuovo histi'o alla patria loro,
fate, dico, che e' si ricordino che Gali-
leo Galilei professore a Padova e sotto
gli auspicii della veneta repubblica pose
nelle mani de' fisici il termometro e il
compasso di proporzione, ritrovò le leg-
gi della caduta de'gravi, e ne dedusse l'i-
socronismo ncH'oscilInzioni del pendolo:
e, quel che più monta, divinò e archi-
lellò in una notte il non mai abbastan-
za encomiato perspicillo , onde in pro-
gresso di tempo fece nel cielo le sì por-
tentose scoperte. Imitale Fnbroni f/'itae
Ifaloruni dnrtrina. excellentinni),v.\\i'Al\
nella vita del Galilei^ dove parla del te-
lescopio da esso lui inventato, fa plauso
alla sapienza e alla munificenza del ve-
neto senato, che ascese tosto la torre di
s. Marco per esplorare la forza del tna-
gico tubo a sceriiere di lontano, e decre-
tò premi etl onori airimmoilale inven-
tore. Da ultimo magnificale la nobile ga-
ra tra il medesimo augusto consesso de'
veneti seuistori e Cosimo II di Toscana,
432 V E N YEN
tjuello n mal in cuore consentendo, que- to Galileo per illuminare la società, non-"
sti a tutto potere richiedendo che l'eccel- diinerio ebbe bisogno del patrocinio de'
so filosofo ripatriasse". Riportato (pteslo |iriiicipi, come le aquile generose dei-
sapiente brano, in cui con pochi tratti è l'appoggio dell' aria per ispingere i loro
(letto tutto, a me che resta a dire V Inns- voli sino alla regione del sole. Nelt58g
sequio a tanta autorità, commosso per es- Galileo di 25 anni, nella patria f;imo-
sere laiiclalus a laudalo viro, per af sa università di Pisa dal granduca Fer-
feltuosa indimenticabile riconoscenza, in dinando 1 s' ebbe la cattedra di mate-
quesle anguste pagine, relativamente al malica, e per attestato del suo celebre
Viistoegigantescoargomento, credei (pie- e degno allievo e biografo Vincenzo Vi-
sio il luogo di lame cenno, perchè ap- viani (in s. Croce di Firenze sua pa-
punlofu nel dogadodell'dlustre princi[)e tria d'origme, un sepolcro marmoreo ac-
Cicogna, che Galileo fu ammesso profes- coglie unite le spoglie illustri del disce-
sore alla celebre università di Padova, polo e del maestro, ciascimo degno l'uno
Lottando tra la brevità che mi è impo- dell'altro, e dipoi ne dirò alquante pa-
sta e la mia pochezza, tenterò con ahjuan- role), la sostenne con tanta fama e ripu-
te nozioni di corrispondere a sì rispetta- tazione appresso gì' intendenti di luenle
bile desiderio, ilolce e lusinghiero, [)er la ben affetta e sincera, che molli filosofa-
mia debolezza certamente non mai de- stri suoi emuli, fomentati da invidia, se
gnamente al subbielto, ed eziandio per gli eccitaronocontro; eservendosi di stru-
dovere osservare ledebite proporzioni col mento per atterrarlo , del giudizio dato
complesso del presente articolo, in cui e- da esso sopra un tal macchina d' inven-
vitai di entrare in quest'altro campo im- zione d'un eminente soggetto, proposta
niensurabile, laonde per un'eccezione gè- per vuotar la darsena di Livorno , alla
iiiale vieppiùdovròesserelaconico. Se mi quale Galilei con fondamenti meccanici
riusciràcorrispondervi,il meritosarà del- e con lil)ertà filosofica avea fatto pro-
l'illustre prof. Proja, come effetto del suo gnostico di male evento, come in effetto
pregievole comandamento, derivato da seguì, seppero con maligne inipressioni
quel caldo amore alle scienze che profes- provocargli l'odio di quel gran personag-
sa ed insegna, e da quel riverente affetto gio. A cui si aggiunga, che predestinato
verso l'accademia de'nuovi Lincei di cui il suo felice ingegno a svelare agli uomi-
è ornamento, eloquente, perito e giusto ni una moltitudinedi meravigliedella na-
propagatore de'suoi fasti, il che altresì si tura, onde poi divv-nne il creatore della
ammira nella Lettera a me benignameu- filosofia sperimentale, le sue nuove sco-
te diretta, nella quale fa servire la loio perle ed esperienze, colle quali fece cono-
storia a lode di Urbano Vili, e quella di scere la legge di accelerazione nel movi-
questo a lode de'Lincei medesimi. E poi mento de'coipi cadenti, l'eguaglianza dei-
inevitabile che io non ripeta alcunché ilei le rapidità impressa dalla gravità a tut-
già detto nell'articolo sunnominato, cele- le le sostanze materiali, e molte altre ve-
brando i rari meriti scientifici di Galileo, rilà fisiche, delle quali Aristotile non ha
gloria immortale di Pisa, d' Italia, del- parlato, come rileva l'altro suo biografo
le scienze, del cui progresso la repubbli- lìiot, inasprirono i partigiani dell'aulica
ca veneta si rese benemerita col nobde filosofia peripatetica, la cui f,inalicafidu-
patrocinio accordato anche a questo lu- eia nell' opinioni d' Aristotile impediva
minare del sapere, vero faro di luce fi- gustare tante preziose cose; ed i quali ve-
losofica, e sarà saggio di quello da essa dendo per sì fatto modo assalila l'intera
conceduto ad altri sapienti, che il la- loro scienza, cercarono di nuocere al no-
conismo m' impedisce di celebrare. Na- valore nell'opinione do'potenti egli nios-
. V EN
SCIO rnolleplici persecuzlonijlalinenfcclii),
per sotliaivisi, si vide obbligalo do[)0 3
anni neli5g2 d'abbandonare la cattedra
di Pisa, volgendo l'animo suo alle olTer-
te, cbe più volle gli erano stale fatte del-
la cattedra di Padova. Questa allora fio-
riva e d'ogni parte vi accorrevano gli slu-
rlenti, e persino da Germania, Francia e
Fiandra, poicbè eletti fin dali5i6 a di-
rigerla i così detti Riformatori (If Ilo stu-
dio di Padova, da essi i pila famosi pro-
fessori v'erano chiamali. Piitornato a Fi-
renze, oveavea fitto i suoi sludi lettera-
ri e patria d'origine del padre suo, s' e-
lesse con buona grazia del granduca di
mutar clima, avanti che i suoi avversari
avessero a godere del suo precipizio. A
Firenze era stato raccomandato ad uno
della nobile famiglia Salviali, che l'accol-
se con singolare benevolenza e gli sommi-
nistrò tutti i mezzi di continuare le sue
scoperte e lavori scientifici finché avesse
trovalo modo di collocarsi. A tal fine il
Salviali lo fece conoscere e raccomandò
al suo amico Gio. Francesco Sagredo pa-
trizio veneziano, valentissimo nelle scien-
ze matematiche e fisiche, pel cui autore-
vole mezzo a' 26 seltembre dello stesso
I 592 ottenne dalla serenissima repubbli-
ca di Venezia la lettura delle matemati-
che in Padova. Né sorse alcuno di sua
nazione a impedirlo e difenderlo, e il prin-
cipe stesso convenne cedesse all'impeto
dell'ingiusta persecuzione, onde lo solfr'i
esule la terra nativa per anni 18. Nel suo
nuovo campo di gloria, vivendo sotto la
prolezione delle leggi venete, tosto strin-
se amicizia con parecchi colli ed eruditi
gentiluomini veneziani, ammiratori del
raro suo genio. In riconoscenza de'bene-
(izi che godeva nella nuova sua destina-
zione, diede il nome di Sagredo e di Snl-
viati a' due principali interlocutori che
ne ^i\o\ Dialoghi quattro soprai due mas-
simi sistemi del mondo. Tolemaico e Co-
pernicano (poi per la i. 'volta stampati in
Firenze neliGSa), sostengono la vera fi-
losofia. Più libero in una città che dipen-
voL. xni.
YEN 433
deva da! senato di Venezia, i! nuovo pro-
fessore di Padova continuò con una vo-
ga più brillante le sue lezioni pubbliche
e le sue ricerche sperimentali. Per soddi-
sfare alle sue obbligazioni verso i suoi
protellori e il governo che lo impiegava,
inventò e fece costruire pel servigio della
repubblica diverse nuove macchine di
grande utilità; e scrisse pe' suoi allievi
njolti trattali di gnomonica, di mecca-
nica, di astronomia sferica, ed anche
di fortificazione, secondo 1' uso di que*
tempi, in cui si univa tultociò che il pro-
gresso delle cognizioni ha poi separata.
Versoli 1^97, inventò i termomelii (ma
i saggi di Galileo restarono probabilmen-
te lungo tenipo ignorali, poiché l'olan-
dese Cornelio Drebbel ottenne e conser-
vò in Germania l'onore dell' invenzione
di tale strumento pubblicando : De na-
tura elcmentorumj quomodo venti, più-
viae,fiilgura, tonilrua ex iis provncan-
tur, et quihus servianl usihus eie), ed il
compasso di proporzione,CLii appellò com-
passo militare, perchè lo avea principal
mente destinalo all'uso degl' ingegneri.
Dell' invenzione del termometro abbia-
mo l'irrefragabile testimonianza del dot-
to suo mecen;ìle Sagredo, il quale aven-
do portato in seguilo alcuni notabili mi-
glioramenti sul medesimo, scrisse a Ga-
lileo : » L'istrumento per misurare il cal-
do, inventato da V. S. Eccellentissima, è
stalo da me ridotto in diverse forme as-
sai comode e squisite intanto che la dif-
ferenza della temperie di una stanza al-
l'altra si vede fin i 00 gì adi". Seguendo
il dotto bolognese Giuseppe Monti, Di-
scorso intorno all' obbligo d' onorare i
prinn scopritori del vero, io andrò ri-
cordando in ulteriore testimonianza del-
le scopc-rte Galilcane le diverse lettere
pubblicale dal eh. Gianfrancesco Ram-
bclli. Intorno invenzioni e scoperte ila-
liane. E per la 1 .' : Lettera 44-* appli-
cazione del pendolo all'orologio, com-
passo di proporzione, scoperte as trono-
miche ed altre di Galileo. Prova, ch'egli
0.8
434 V E N
t'S8eiitlo scolare in Pisa inventò il pendo-
lo; semplice e regolala nìisura del lem-
po,per mezzo del pendolo, non prima d'al-
cnu altro avvertila, pigliando occasione
d'osservarli) dal moto d'una lampada nel
duomo iWPisa, poscia posto in pratica (hil
suo figlio naturale Vincenzo; applicazio-
ne all'orologio, che fu poi seme fecondo
di bei trovali nella fisica, nell'astronomia e
nella nautica. Egualmente prova il Uam-
belli, clie Galileo ideò il compasso di pro-
porzione nel i5g7, indi illustralo col li*
|jro, Le Operazioni del compasso gco-
riìctìico e TiiilitarCf stampate nel 1606.
Trovati pure del Galileo essere le bilan-
celle idrostatiche, per conoscere col mez-
zo dell' (icqua il peso de' metalli. Colla
Lettera Z^.':Teriiioinctro, dimostra che
il uierìto di avere inveulato il termome-
tro ad aria, eh' è insieme termoscopio e
baroscopio, essendo le sue indicazioni ef-
fetto e del calorico e della pressione del-
l'aria atmosferica, viene allribuiloa molti,
ed eziandio a fr. Paolo Sarpi, ma fino dal
1 596 è certissimo che Galdeo avea tro-
vato i suddetti strumenti di vetro con ac-
qua e aria, e per meglio comprovarlo of-
fre un \uo^oAit Pensieri vari di lui, trat-
to dalle sue Opere, che lutto riguarda
il termoscopio, e pieno di profondi pen-
samenti. Secondo le leggi venete l'inca-
rico di profcssore, come tutti gli altri pub-
blici impieghi, non era che tempora-
neo; ma quando spirò il sessennio della
condotta a cui era slato destinato, nel
I Sqg il senato, estimatore de! felice suo
talento, la rinnovò confermando Galileo
nella cattedra per altri 6 anni con un au-
mento di onorario, di cui si sdebitò ver-
so la prolellrice repubblica con nuuve
scoperte. Quest'epoca fu pel professore la
più fortunata, fausta e luminosa di sua
vita. Nel 1604 una stella ignuta e d'u-
na fulgidezza straordinaria, essendo com-
parsa ad un tratto nella costellazione del
Serpentario, Galileo dimostrò, mercè le
osservazioni, come tale astro era mollo
al di là di ciò, che i peripatetici chiama-
VEN
vrino la regione elementare, ed anzi era
d'assai più lontano che tutti gli altri pia-
neti, contro l'opinione formale ed infal-
libile di Aristotile, il quale afferma i cie-
li incorruttibili ed immuni da qualun-
que mutamento.Intanto spirò nuovamen-
te il termine della 2." condotta di pro-
fessore, ed il senato lo riconfermò nella
cattedra per altro S.'sessennio nel 1606,
con nuovi vantaggi, di cui mosti ola sua
riconoscenza raddoppiandogli sforzi del
suo stupendo ingegno. Versoli 1609 fe-
ce altresì diverse esperienze sulle calami-
te naturali, e trovò il modo d'aumenta-
le considerabilmente la loro forza eoa
l'aiuto d'un corredo di piastre di ferro.
Ma in mezzo a tanta gloria neppure in
Padova, che sotto l'egida della repubbli-
ca aperta gli si era come porto sicuro al -
r affannalo spirilo, lo si lasciò vivere in
pace sì che la malignità e l'invidia non
mai placata e mai perdendolo di vista,
non venisse anche in quel pacifico e no-
bile soggiorno de'dotti a turbar la men-
te instancabile nelle speculazioni filoso-
fiche; e di quali trovali fu spettatrice la
città di Padova può vedersi nel Viviani
nella Fila di Galileo, Venezia i836 ti-
pografia Alvisopoli. Trovandosi Galileo
fieramente offeso e provocato da Baldas-
sare Capra milanese, che s'era allora te-
merariamente appropriata l'invenzione
del compasso, a ciò indotto dal suo mae-
stro Guntzehusano, nel tradurlo in lati-
no e stamparlo nella slessa città di Pa-
dova in fàccia del medesimo auloie, {a
Galileo necessitalo a pubblicare una sua
difesa in volgare per evidente dimostra-
zione di furio così detestabile e vergogno-
so, difendendosi insieme dalle calunnie e
imposture del medesimo Capra, il quale
in una sua considerazione astronomica
sulla stella nuova deli6o4) stampala già
più di due anni avanti, 1' avea acerba-
mente laceralo, mosso da invidia per l'u-
niversale applauso che avevano ricevu-
to le 3 lezioni falle dal Galileo sulla nuo-
va stella. Non fu già valevole tal difesa a
VEN VEN 435
reprimere l'aiulaci:! o la troppa conficeli- ilietio la mossa de'raggi luminosi in ve-
za d'alcuni altri di altre nazioni,! quali tri sferici di forme diverse. Alcuni saggi
nllellali o Irnsporlati dalla uovilà e va- tentativi co' vetri cheavea alle mani, seb-
gliezza della invenzione, e dalla mirabil bene imperfetti, produssero l'eiretto de-
copia e fertilità de'suoi usi, non espones- siderato; nel dì seguente rese conto del-
sero alle sla'.npe, come interamente loro la riuscita a' suoi amici di Venezia : ciò
proprio, 1' ingegnoso compasso del Gali- non era da meno dell' invenzione stessa
leo, pubblicandolo con diverse iscrizioni dell'ottico congegno. Passali 6 iPi, altro
in un'altra forma riilotto, o con nuove ne fabbricòdi maggior bontà e perfezio-
linee e ad altri usi ampliato, senza pur ne. Poclii giorni dopo presentò tali stro«
far menzione del principale autore di ta- menti al senato in Venezia, con una scrit-
le istromento, le operazioni del quale do- tura dedicata al doge Leonardo Donato
ve non erano pervenute slamp;ile si tro- (cui pure intitolò quella del lei niometio
va vano già molto prima in ogni provincia spiegandone tutta l'utilità), in cui ne svi-
d'Europa mss., e divulgale da quelli sfes- luppava le iiuniense conseguenze per Ir
si forestieri, a'quali in Padova il mede- osserviizioni astronomiche, e nautiche a'
simo Galilei lo avea prodigamente con veneziani tanto necessarie. Fu allora che
altri suoi scritti comunicato. Dopo aver il senato ascese la torre campanaria di
Galileo confuso il Capra, la cui opera fu s. Marco e altre allure per godere la me-
proibita come libello dilTamatorio, non fu ravigliosa invenzione, e decretò quindi
quella la sola conlesa che gli fu uopo di il dì 25 agosto i6oc) onori e preinii al
sostenere per la proprietà de'suoi lavori; sommo inventore, col continuargli la sua
e si trovò più d'una volta assai mal ri- condotta di professore di Padova in vita,
compensato della facilità con la quale li per speciale rimunerazione e dislinzio-
couiunicava; ma si elevava sempre per ne, e con un emolumento triplo da quel-
nuove scoperte al di sopra di tali vergo- lo che prima aveva (la scrittura del Ga-
gnosi allentali. Ne fece una nel i6of), lilei, e il decreto ci'aii, vennero pubbli-
che va tenuta per un de' più solidi fon- cali dal Morelli nell'ingresso del procu-
<lamenti della sua gloria. Verso il mese ratore di s. Marco Alvise Pisani, 1796).
d'aprile 0 di maggio di quell'anno, cor- Penetrato l'animo nobile di Galileo, pro-
se voce a Venezia, dove allora trovava- priodi tutti i sapienti, di gratitudine ver-
si Galileo, che lui olandese (Jacopo Me- so la munificenza della repubblica vene-
hio) avesse presentalo al conte Maurizio la, non trascurò niuna diligenza percre-
di Nassau uno stromenlo, pel quale gli scere que'meriti che l'aveano provncata,e
oggetti lontani apparivano vicini; né se gli avevano ottenuto tanti favori. Infalica-
ne seppe di più (imperocché, come si ha bile nelle sue ricerche, peifezionò altresì
dallo stessoGalileo, essendo l'olandeseun l'invenzione del telescopio, e lo ridusse
semplice maestro d'occhiali ordinari, ca- da ultimo a tale di essere voltato verso
sualinenle maneggiando vetri di più sor- il cielo. Vide allora ciò che nessun mor-
te, si abbattè aguardare neli'istesso lem- tale per l'innanzi aveva mai veduto : la
pò per due l'uno convesso e l'altro con- siq)erficie della luna simile ad tina ler-
cavo, posti in diverse lontananze dall'oc- ra irla d'alte montagne e solcata da valli
chio, ed in questo modo vide e osservò profijnde. Venere che presentava simil-
l'cirello che ne seguiva, e ritrovò lo slru- mente fasi che provano la sua roton-
menlo a caso, senza però potere pi ogie- dita; Giove, attorniato da 4 satelliti che
dire). Restituilosi Galileo a Padova, voi- l'accompagnano nel suo corso; la via lat-
le specularne tosto la formazione : si pò- tea ; le nebulose ; tutto il cielo infine co-
se a ceicare come la cosa fosse possibile, sparso d'un'infinila moltiludine di stelle
436 V E N
fisse, troppo piccole per esser vedute ad
occhio nudo. Alcuni giorni gli bastarono
per passarle in rassegna, e le annunziò
al mondo con uno scritto intitolato: Nnn-
cius Sydcreus, cui dedicò a' principi de
Medici sovrani di sua patria, col nome di
Stelle lìhdicee, e del quale continuò suc-
cessivamente la pubblicazione, con gior-
nale periodico di tal non)e, di mano in
mano che andava scuoprendo nuovi og-
getti : osservò in tal guisa, che Satuino
talvolta si presentava sotto la forma d'un
semplice disco, talvolta accompagnato da
due appendici che parevano due piccoli
pianeti ; tua era riservato ad un altro il
dimostrare che tali apparenze erano l'ef-
fetto d' un anello che circonda Saturno
(a Cristiano Iluygens o comunemente U-
genio dell' A ja, quando mentre il telesco-
pio di Galileo amplilìcava solo 3o volte
gli oggetti, a lui riuscì più tardi nel i 659
di costruire un obbiettivo di 22 pierli di
foco,nuovoslromento che ingrossava l'og-
getlosinoa 100 volte, indi pubblicò il suo
Sistema di Saturno, che trovasi nelle sue
Opera i'<7r?aj. Galileo inoltre scoperse al-
cune macchie mobili sul globo del sole,
cui i peripatetici dicevano tuttavia incor-
ruttibile; e non esitò d'inferirne la rota-
zione di quell'astro (tali macchie erano
già stale scoperte fino dal 161 i da Gio-
vanni Fabricio di Osteria , di cui si ha :
Phrysìì de niaculis in sole observatis, et
apparente earum cimi sole conversione
7?rtnrt(70, Wittenbergae 161 i). Osservò
quella deboleluce chenel 1." e ultimo 4-°
della luna ci rende visibile al telescopio
la parte del suo disco che non è allora di-
rettamente illuminata dal sole; e giudicò
con senno che tale effetto procedeva dal-
la luce riflessa verso la luna dal globo ter-
restre. L' osservazione continuata delle
macchie della luna gli provò che quell'a-
stro ci presenta pressoché sempre la stes-
sa faccia; ma vi riconobbe però una spe-
cie d'oscillazione periodica cui nominò li-
brazione (e di cui l'italiano Gio. Dome-
uico Cassini, che valse più secoli nell'a-
V EN
slronomia, ha fatto conoscere le leggi e-
salte, nella sua Opera Astronomica, Ro-
ma I G66). Ora il eh. d. Sante Pieralisi bi-
bliotecario della Larberiniana, ha trailo
da essa e pubblicato il Breve discorso
della istituzione d' un Principe ^ e com-
pendio della scienza civile di France-
sco Pìccolomini, con otto lettere e nove
disegni delle Blacchie Solari di Galileo
(^ rtZ/Vci, Roma 1 858. Alla fine, non meno
profondo ad indagare lecoiisegueoze del-
le cose nuove, che sottile a scoprirle, Gali-
leo conobbe l'utilità a cui i movimenti e
gii eclissi de'satelliti diGiove potevano riu-
scire per la misura delle longitudini ; ed
intraprese anzi di fare u»i buon numero
di osservazioni di quegli astri onde co-
struirne tavole che potessero servire pe'
naviganti, massime pe' suoi amali vene-
ziani. Sulla torre a Ponte Molino di Pa-
dova si legge questa iscrizione : Da que-
sta forre - Galileo - Molta via de' Cic-
li svelo. Dopo tante e sì ammirabili sco-
perte, deve sorprendere come siasi vo-
iutoconteiidere a Galileo l'invenzione del
telescopio, col quale egli le ha falle, qua-
si che in sirail caso 1' inventore non fosse
quegli che, guidato da regole certe e <la
glandi viste, ha sapulo trarre meraviglie
da ciò che il caso avea gittato greggio in
mani inesperte.Se colui che inOianda con-
giunse per accidente vetri d'inegual cur-
va, fu realmente l'inventore del telesco-
pio, perchè noi rivolse al cielo, la più bel-
la e la più sublime applicazione di tale
stromento ? Perchè mai lasciò a Galileo
la felicità e la gloria di rovesciare agli oc-
chi di tutti le antiche preoccupazioni, di
consolidare, la mercè di prove evidenti,
l'edifizio di Copernico, e di allargare gli
spazi celesti oltre quanto l'immaginazio-
ne poteva supporre? Comunque sia , si
comprende di leggieri fino a quale altez-
za tante e sì grandi scoperte debbano a-
ver levato le viste di Galileo; egli vide
tutte le conseguenze che ne risultavano
intorno alla costituzione dell'universo; e
come sarebbero sfuggite a lui che, pertut-
VEN
ta la vita, anleponenJo aJ ogni altra gui-
da la natura, aveva conservato il suo ici-
tellelto aperto a tutta la purezza delle sue
impressioni? L'incomparabile filosofo to-
scano, il cui nome durerà ne'posteri glo-
rioso e perpetuo, difese le sue opinioni e
confutò gli oppo>itori che sentenziavano
non essere stalo ih." inventore del con-
gegno da lui chiamato ferspicillo celeste,
o cannocchiale di lunga vista, poiché il no-
me di Telescopio cht s^W è restato l'ebbe
dal principe Federico Cesi, e uel suo Sag-
giatore dichiarò: Che l'avviso del suppo-
sto trovato dell' olandese IMebio, svegliò
la volontà ad applicarvi il pensiero, non
mai agevolò l'mvenzione. A' suoi giorni
questo strumento fu anche detto Occhia-
' le eli Galileo. D'un altro genere di tele-
scopio egli fu pure inventore, detto da lui
Cimiero o Celalone , poiché adattavasi
al capo in guisa che anco navigando sul-
le galee potevasi assai da lungi scoprire
e ingrandire gli oggetti; ma non pare che
fosse binocolo o a due tubi (E qui a lu-
stro di Venezia godo ricordare, che Lo-
renzo Selva, ottico veneziano, fu dipoi il
I .° a costruire in Italia cannocchiali acro-
malici verso il «770, vale a dire dopo 12
anni che l'inglese Giovanni Dolloud, fran-
cese d'origine, ebbe trovalo tale stroinen-
to; come ancora fu il i.° ad ottenere il
Jlint, e di tanta forza dispersiva, che so-
lo in questi ultimi tempi venne superato
per o[)cra di Fraunhofer). IMolti pretese-
ro d'attribuire a Galileo^ per le incessan-
ti sue speculazioni, l'invenzione pure del
Microscopio. Osserva il Ptambclli nella
lettera 36.^: Microscopio, se venne con-
trastata a Galileo l' invenzione del tele-
scopio, molto maggiormente lo fu (juella
del njicroscopìo, prelesa da Zaccaria J.ms
e da Francesco Fontana; però di Gali-
leo si hamio sicuri monumeoti , come è
incontrastabile, che di[)OÌ nel 1 G 1 2 ne in-
viò uno a Sigismondo IH re di L'olouia.
'Questo suo ritrovamento scddjru dover-
si collocare fra il iGoq e i<3iOj per ag-
gmuiliic iu apparenza g'i oggetti vicini
VEN 437
i più impercettibili, e perfettamente di-
sc«rnerli, per la sciupulosa osservazione
de'minimi componimenti delle materie,
e della mirabile struttura delle parti e
membra degl'inietti, nella piccolezza in-
visdiile de'quali fece con meraviglia ve-
dere la grandezza di Dio, e le miracolose
operazioni della natura. In seguito Gali-
leo perfezionato meglio silfallo stromento,
ne inviò uno in dono al principe Cesi qual
benemerito foudatore dell'accademia de'
Lincei, chiamandolo occhialino per ve-
dere da vicino le cose minime. Quindi di-
chiara Rambelli, mal fondata l'opinione
di chi ascrive all'olandese Drebbel il pri-
mato dell'invenzione del microscopio ;i
due vetri, che dicono avvenuta neli()2 7,
cioè 17 anni dopo del Galileo. Gli anti-
chi bensì aveano piccole sfere di vetro,
o segmenti di sfera, e se ne valevano per
ingrossare e rendere leggibili le lettere più
minute, le quali sfere equivalevano ad
una specie di microscopio. De'microscopi
a palline di vetro fu inventore il faentino
Evangelista Torricelli ultimo discepolo
di Galileo. Veramente di commi consen-
so si riconosce inventore del Microsco-
pio l'olandese Drebbel, e lo provò a'no-
stri giorni d. Luigi M.^ Rezzi professore
tieli'uni versila romana e bibliotecario del-
la Corsiniana, in una sua Lettera al prin-
cipe d. Caldassare Boncompagno, inseri-
ta negli Atti dell' accadeniiii pontificia
(le'tiuovi Lincei. Laonde il vero merito
di Galdeo e de'Lincei col microscòpio sta
iiell'averlo perfezionato e rivolto allo stu-
tlio delle cose naturali, ed il nome di Mi ■
iroscopio l'ebbe dal linceo Giovanni Fa-
bro. E qui fa a proposito la sentenza che
dello slesso Galileo riportai nel voi. LXX,
p. 96. " Non aver gloria solamente colui
che a'concetti suoi sa dar forma e svilup-
po pratico; ma quegli eziandio che non
li Ilio perchè crea pensieri, ma perchè sa
incanì ire nel tallo i pensamenti suoi". Il
principe Federico Cesi illustrò il micrn-
m:o[)Ìi> di Galileo, con \' Apiario, acciò ri-
velasse nuovi portenti, 0 co' suoi Lincei
438 V E N
primi ebbero la gloria a rivolgere l'ot-
tico coDgL'goo ull iugraudimeiilo dell' u-
luiiDo sapere, cliiamandolo col più pro-
prio vocabolo che porla luttura. Le be-
iiciuereiizc de'Lincei Stellati, Fabio, Co-
lonna e altri sono rilevate egregianieiite
jiL'Ila Letltra del prof. Frojn, che Cesi li
chiama principi de'Bolauici, celebrando
doltainentcry//;/V;n'o, colquale,illuslran-
do a un lenipo lo slemn)a di Papa Bar-
berini, insegnarono al Hjondo i pruni pro-
digi i\iì\\a Microscopia, che oggi ulilmen-
le serve a disvelare la sede de' nostri
jnoibi e l'aUerazi'jui del nostro organa-
mento. Dimostra inoltre che V Apiario è
patentemente un lavoro di storia natu-
rale; come il Sagi^iaturc di Galileo dice
rivelare il HIosolo profondo e lo scritto-
re arguto, il leone che lugge e uon il ca-
ne che morde. Cosi uibanamente da [.«ar
suo ragiono tltW' Apiario, migliorando il
da me detto con altri, e rettificò pure
quanto eziandio con altri dissi del Saggia-
tore. h.m\ n/insegnò, che dei famoso mu-
saico di Pal(:slriiui,{\t\ c\x\ ultimo deco-
roso restauro parlai nella biografia d' Ur-
bano T IJI, che in origine fu rinvenuto e
illustrato da 3 accademici Lincei, cardi-
nal Francesco Barberini, Federico Cesi e
Cassiano del Pozzo, il che genericamente
io avea dello uell'arlicolo della città ove
si ammira (e sul quale ora è stalo pub-
blicato: Osscìvazioni sul musaico di Pa-
li'slrina di d. Sante Pier alisi hiìdioleca-
rio dtlla Barheriiàana, Roma 1 858 cou
6 tavole. Il dotto e modesto autore vol-
le intitolare Osservazioni, ciò eh' è una
dotta ed eruditissima monografia, tanto
Copiosa e pregevole, che contiene quanto
inq)orIa conoscere intorno al famoso mu-
saico Preneslino, onde meritò che uedas-
se importante contezza e siugolar lode la
Civillà Cattolica, serie 3.", t. io, p. 740
e seg.). Egualmente mi avverti, che mg.'
Giovanni Ciauipoli, illustre Linceo, fu
anche segretario de'brevi a'piiucipi di
Gregorio XV, ma io già l'avea detto tale
nel voi. XLIX, p. 5i. — Frallaulo Co-
V E N
simo II granduca di Toscana invidiava a
Venezia e Padova , falli campi di gloria
scientifica e immortale di Galileo, sollo
gii auspicii generosi della repubblica ve-
neta, e lo bramava vivamente in Fuen-
ze. Dispiaceva al seualo la perdita d'uu
uomo di fanlo merito, che non lasciava
occasioni per onorarlo e fargli conoscere
in quale eminente conto il tenesse : ma
<juel dulcis amor palriae e quel dulcis
iidcre suos, prevalse in Galileo a quel-
l'adetlo e gratitudine che uudriva pe've-
neziani. li desiderio di rivedere la patria,
i [larenti, gli amici, le sollecilazioui fre-
quenti del granduca, 1' indussero in fine
a nuioversi da Padova circa il fine d'a-
gosto iGio, consentendo il senato dopo
non poca ripugnanza e di mal cuore. Pre-
ceduto dalla fama di tanto utili e peregri-
ne scoperte di meccanica e di astronomia,
venne accolto in Firenze cou vivissimo de-
siderio, ricevuto da Cosimo II onorata-
mente, crealo suo matematico straordi-
nario e colmalo di favori; e quivi fece
vedere tulli i nuovi spettacoli del cielo,
cou plauso degli ammiratori. Ma gli e-
niuli suoi ancora non paghi d'averlo te-
nuto 18 anni lungi da Toscana, e di a-
verlo fallo segno ad ogni maniera di let-
terarie e personali calunnie, coininciaro-
no nuovamente a perseguitarlo. Tosto si
avvide i! grand'uumo quanta diversità
passasse fra il soggiorno di Firenze, e
quello libero di Padova e Venezia, privo
dello scudo polente del senato. Onorato
da questo in Venezia , e stretto co' nodi
dell'amistà con molli senatori de'piìi co-
spicui, le sue opinioni in quella repub-
blica non gli facevano correre alcuu ri-
schio. JVè furono minori le vessazioni alle
quali fu esposto per le sue dottissime e-
lucubrazioni sui pianeti Medicei, le quali
diedero gran materia di discorsi a'filosofi
e astronomi di que'lempi, molli de'quali
stimarono delirii, fiuauco colie stampe.
iSè mancarono de così pertinacie ostina-
li, leujcudo di commettere sac» ilegio con -
Ilo la deità del loro Arislolile, di timcu-
VEN
tarsi alle osservazioni, ripugnando {l'ac-
costar l'occliio al telescopio, come in Pa-
lio va slessa il lettore d/ Cremonino, ov'e-
rano molli fanatici peripatetici , cui fe-
cero eco que' di Toscana con maligne
scritture, precipuamente quando insorse
!a disputa pel galleggiare de'corpi. Da ul-
timo ordita una trama, accusato all'in-
quisizione (li Koma, fu cus! retto recarvi-
si a sua difesa , ed allora ebbe luogo il
processo e quanto altro con qualche dif-
fusione riportai nell'articolo citato più so-
[)ra; gravissimo e ingiustamente calun-
niato argomento che anch' io curai di
chiarire ad onore della storica verità, e
perciò non meno della riputazione di Ur-
bano Vili, del romano s. Trib(male (di-
verso dairin(|uisizione di Spagna, che i
Papi giammai favorirono , anzi ne li-
mitarono l'autorità e volevano persino
soppjiuierla , opponendosi che fosse in-
trodotta in Milano e nel regno di iSapo-
li), de* teologi romani e di Galileo mede-
simo, llilorualo ili Toscana perde la vi-
sta nell'anno 1 638, ed ivi dopo altre vi-
cende fu tratto al sepolcro 1' 8 gennaio
1642, ma il suo spirito non si estinse.
U Album (li Roma nel t. t , p. 32J col
ritratto ne pubblicò un cenno biografi-
co, rilevando che Firenze gli decretò lui
mausoleo: tardo onore, col quale la po-
sterità rese omasr^io alla memoria di
quello struonlinario e insigne genio. Il
p. («iuseppe Richa gesuita, Notìzie slori-
die delle chiese fìorenlint, stampate nel
I 754, descrivendo a p. 87 quella di s.
Croce di Firenze, dice che le ceneri dell'e-
rudito GalileoGalilei fumoso matematico
e astronomo, furono conservate per lini-
go tempo in luogo ap[)aitato nella cap-
pella del noviziato sitichè in chiesa gli si
tacesse un sepolcro proporziotiat'j al suo
gran merito, e ciò per disposizione testa-
menlariadcll'encouiiatoViviani nel 1737.
Allora furono trasferite nella nave a tra-
montana, vicino alla cappella de'Verraz-
zani, Con vaghissimo de()osito di marmo
allo parete. Il disegno è di Giulio Fog-
VEN 439
gini, il busto è di Gio. Callista Foggini,
e le due statue a'Iati dell'urna pulitissi-
ma dimostrano il valore rii due eciX'lleu-
ti scultori. Quella che rappresenta 1' A-
slronomia è di Vincenzo Foggiui, e l'ai,
tra la Geometria di Girolamo Ticciati,
ambe di marmo bianco nel color vario
facenti una vista bellissima, coll'iscrizione
Galilacus Galilaeius Patricius Fior. -
Geoniclriae Astronomiac Philosophiae
Maxima? - ReslitiUor Nulli Artatis
Suae Comparandus - H!c Bene Qaie.'
scat ec. Di più il p. Richa riprodusse l'e-
pitafiio ila Giovanni Lami scritto nella
sua Dissertaiio de recta Palriim Nicae'
noriini fide. Nel Campidoglio di Roma
ossia nella Protomoteca Capitolina, di cui
feci ricordo nel § XVI, u. g, vi è la su;t
erma di marmo scolpita da Domenica
Manera, tra (quelle degl'illustri italiani,
anche veneti. A. me giova l'osservare, che
per singoiar coincidenza, anco a' nostri
giorni, un gran Pa[ni, il q'iale può con-
siderarsi veneziano, pel riferito e pel da
riferirsi, si mostrò favorevole a Galileo:
egli è il dottissimo Gregorio XVI, pro-
fondo teologo e profondo filosofo; pel fe-
lice ricupero da Parigi del ricordato fa-
moso processo, che poi fece conoscere la
verità de'fatti, e rese onorevole giustizia
a' leste nominati. Di più Gregoiio XVf,
pi'ima di ristamparsi in Pvoma 1' Index
libroruin prohibitornni nel i83'j, e poi
ivi sotto di lui si fece altra e<lizione nel
184', come già notai parlando della s.
Congregazione carditiuUzia dell' Indi-
ce de' libri proibiti^ con prudente sapien-
za ordiuò, che nel detto Indice non più
vi si comprendessero le opere di Galilei.
Questa mia dichiarazione potrà servire
a rettificare la recente asserzione del car-
dinal VViseman, personaggio che tanto
onora il lustro della s. porpora, altresì
Culle glorie dell' ingegno e dell' insigne
penna, espresse a p. idi delle sue ma-
gnifiche Rimembranze degli ultimi quat-
tri! Papi e di Roma a' tempi /uro, descri-
vendo quelle del luagnaniaio Leone. X fi
44o V E N
con (juestc paiole, » Non sarà senza in-
leressc! l'n^jjjiungerejche Leone Xll oi--
(lino le opere di Galileo ed altre di si-
smi natura fossero tolte dall'Indice, nel-
r edizione pubblicatasi durante il suo
pontificalo". Ma ripeto in questo illustre
pontificato, non ebbe luogo alcuna nuo-
va edizione ànW Indice de libri proìbilì,
e quel generoso Papa non diede affatto
l'accennate disposizioni. Tutto precisa-
mente deve veramente attribuirsi a Gre-
gorio XVI. Ciò piacerà pure all'enco-
iisialo eminente scrittore, storico coscien-
zioso e pei" aureo animo benignissimo,
precipuamente per aver egli con parti-
colare elTusione celebrato luminosa men-
te nelle medesime Rimembranze molti
fisti di Gregorio XVI, e dalle quali ri-
lavai que' brevi cenni che riportai nel
!.. i8 del § XVm, cioè nel voi. XCI,
p. 547, in aggiiuila a quanto io stesso a-
vca ivi detto di quel Sommo Pontefice
gloria veneta. Ora te sue opere non sono
più consultate,cbe per la storia delle scien-
ze ; tutte le verità utili che vi si conten-
gono sono divenute quasi volgari, e se ne
profitta come della luce del sole, senza
occuparsi della sorgente da cui emana ;
condizione assai comune a tanti beneme-
riti sapienti ed eruditi. Venezia però tut-
tora lienein onoreGalileo, e ne vagheg-
gia lesembiaozenel busto marmoreo, che
collocò nel 1847, •" occasione della- f).''
j'iuiiionedegli scienziati italiani, fra quel-
li d'illustri veneziani nella loggia presso la
sala delPiovegoodel pubblico del palazzo
ducale. La i.\li tali riunioni tenuta in Pi-
sa nel 1B39 gli fece coniare una meda-
glia colla sua efiigie (che posseggo pure
dipinta a olio al naturale e somiglian-
tissima da incognita e valente mano),da
dove si degnò inviarmela il principe di
Canino d. Carlo Honaparte io uno agli
Alti della medesima, e dove contempo-
raneamente sotto gli aus[(icii del gran-
duca regnante, nella corte dell'università
in innalzata la statua di marmo rii[>pre-
tentaiile quello cioè (secondo le pretcn-
V E N
sioiìi de'fiorenlini per l'altro illustre cona-
zioiiile i\inerico Vespucci), che insieme
al Vespucci avean fatto tanto, che ninno
potesse (7 /s<'ir ^// occhi al ciclo, ne abbas-
sarli (dia terra, senza che l'uno e l'altra
non predic isserò le glorie della Toscana.
La fioritissima nazione di questa (dice
Cancellieri nelle erudi tissimeDiJ^er^r^jz/o-
tìì epistolari bibliografiche e notizia di
Cristoforo Colombo diCnccaro nel Mon-
ferrato discopritore dell' /lmcrica),ohre
l'aver dato all'. Europa la Legislazione
della filosofia, die'pure quella del buon
gusto, e dell' Attica gentilezza a tutta
r//.7//(i; potendo vantare d'aver prodot-
to, olire tanti Santi, un Americo, un Dan-
te, un Petrarca, un Michelangelo, un Ga-
lilei, un Verazzaui; ed avendo accolta
nel suo seno hi. 'Accademia d'Europa
(lo vantano i toscani, ma altrove per ta-
le dichiarai cjuella de' Lincei ripetuta-
niente celebrandone i fasti. Il Rambelli
colla lettera 64-": Priorità dell'accade-
mie italiane di scienze e belle arti sul-
le straniere, anch'egli alFerma che il ce-
lebratissimo Federico Cesi principe di s.
Angelo e duca d' Acquasparta, unitosi a
Giovanni Echio olandese, a' 17 agosto
1 6o3 fondò in Roma nel suo palazzo,ova
Cainucci ni, \' Accademia de' Lincei,» co-
sì detta da una lince pi-esa a simbolo, affi-
ne di spiegare l'acutezza con cui tende-
vano a svelare i misteri della natura, e
ad investigare nella filosofia d'Aristoti-
le : e questa così precorse tutte le altre
the intesero alle scienze naturali, anno-
verando fra'suoi membri Galileo, Fabio
Colonna, Francesco Slelluli e Giambat-
tista della Porta. A gareggiare co'Lincei,
e fors'anco a vincerli nella investigazio-
ne de'nalurali segreti, sorgeva ben pre-
sto in Firenze V Accademia del Cimento,
che Odoardo Smith chiamò il modello
di tutte le vigenti società letterarie d' Eu-
ropa ; e questa nata a' 19 giugno del
i6')7 elibe ad istitutore Leopoldo de Me-
dici principe di Toscana .... Ma dopo
soli uov'auui, 0 poco più, p^r la parlcu
V EN
Z-.1 e discordia d'alcuni suoi meuil)ii,eper
essere sialo il principe Leopoldo innal-
zalo alla dignità cardinalizia, si sciolse e
mancò quest'adunanza". Ne riparlai nel
voi. LXXVIII, p. 173. Avendo in tanti
luoghi scritto della celebeniina iiccade-
mia de' Lincei, e per ultimo nell' artico-
lo che die motivo a (jueste mie nozioni,
nel voi. LXllI, p. 19 tornai a far men-
zione d' una gloria letteraria veneziana,
l»enerjierila dell'accademia, che per ri-
spetto ol presente articolo, non sarà su-
perfluo il ripetere in meglio. Lellerc del
co •de Domenico Morosiai nobile vene-
ziano al sie^nor abbate Francesco Can-
cellieri di Roma, e di (juesto a quello
intorno ad alcune cifre spettanti al'
V Accademia de' Lincei, in Venezia nel-
I) tipogiafia di Giuseppe Ricotti 1829.
Se ne deve la pubblicazione al eh. cav.
Cicogna con erudita dedica illustrati-
va al marchese Gio. Jacopo Trivulzi di
PJilano. Il Morosini che spiegò le cifre
de' Lincei, fu celebralo altamente per
la sua singolare perizia nella spiegazio-
ne di qualunque più diilicile cifra dal
(>.iucellieri, e quale Eilipo de nostri
giornij e nell' Appendice mss. che nel-
l'esemplare di mia proprietà, vi sono pu-
re ilue lettere tra il conleMorosini e il con-
te l'^ederico Manfredini, oltre alcuni ana-
luglii estratti della Biblioteca Italiana
e t.\M' Antologia. Termina con (juesla e-
pigrafe. All'amico Domenico IMorosini:
/oi siete un uomo, il quale fa onore
alla patria nostra. Alvise Conlarini ),
qu de fu quella del Cimento, la sua più.
sana pirle almeno, non può certamente
esser tentata d'involare la fima delle
grandi operazioni agli U(j?hini iiiiigui del-
le altre nazioni. Poiché può bastare ad
ugni italiano zelante dell'unor della sua,
il diritto di potersi gloriare, che un Ita-
liano certamente fu il i . "disco[)ritore del-
V Aiui-rica, ed un altro Italiano aUhc la
sorte di dargli il nome. Si conviene sen-
za contrasto che i primi di scoprimenti
UeirAuicrica si devono a 3 italiani j ed i
V E N 44 1
doininil conquistati in essa, i casligliani
li debbono a Colombo monferrioo o ge-
novese, gì' inglesi a Caboto veneziano,
scopritore ilell'America setlenlrionale, i
francesi al (lorenlino Verazzani. Termi-
no 1' abbietto mio dire, con ripetere le
parole dell'i 11 usi re scienziato che l'ha prò
mosso nell'onorarmi pubblicamenle, do-
po aver io già intessulo varie spigolature
di sua amorevole e sapiente Lettera, e
le ricavo dall'encoraiala sua Storia de'
Pianeti. » Al limpido e ridente cielo d'I-
talia la scienza n'è in gran parte debi-
trice, e all'immortale Galileo Galilei per
la stupenda invenzione del cannocchiale".
E questa segui sotto i raunillci auspicii
della veneta repubblica in Venezia. Coa
q'iesli accenni da piacere non meno a*
veneziani, che a quanti amano la gloria
italiana, io spero forse di aver corrispo-
sto, proporzionatamente alla tenuità di
n>ie forze, al desiderio del eh. autore della
L.'ttera sopra Urbano Vili ed i Lincei,
che li ha provocali, se non degnamente,
certo alTeltuosamente. Ulteriori notizie
si ponno vedere in Giambattista Ventu-
ri, Memorie e lettere inedite o disperse
di Gulileo Galilei, Modena 18 18. Vi è
pure il Trattato inedito sulle fortifica-
zioni di Galilei.
32. Marino Grim mi LXXKIXdo-
s^c. Erano gli elettori raccolti ancora in
conclave per l'elezione del nuovo doge e
suocessoredel principe l'asquale Cicogna,
quando la notte de' 2 > aprile i59>, al-
cuni strepili popolari nel rivo di palazzo
domandando doge M.n-ino Grimani, po-
sero ili qualche sospetto di pericolo la
città. Il Grimani realmente fu proclama-
ti; doge nel di seguente, e allora il popolo
irasmodando nelle sue danoslrazioni di
gioia, corse a lev.ire i banchi di [)alazzo
e arderne falò : si fecero allegrezze e bal-
dorie strepitose, grande ([uanlilà di vino
e [) me fu dutribuilo a'poveri e a'barca-
ruoli de' traghetti, il nuovo doge gettò
multo denaro nel suo giro per la piuzza
di •>. Marco, ed unthc la dogaressa uè gel-
442 V E iN V E N
t.ò ilalle finestre del palazzo. Eia ella ii- presenza de'consiglieri. Fu quindi canla-
na Morosina Morosini, tanto innanzi nel- to il Te Deuni,e la dogaressa salì in pa-
la grazia del popolo, come lo era il ma- lazzo per la scala Foscara che esisteva
rito per l'artabilità e dolcezza del suo ca- rimpetto presso a poco all'attuale ma-
laltere, che si volle ad onor suo rinno- gnilica scala de'Giganli. Passò dinanzi a
vnre la cerenjonia (Iella coronazione di cui tutte le XIX arti con bell'ordine disposte,
jiochealtredogaresse prima di lei aveano fra le quali distinguevansi principalmen-
{ioduto, fra le quali la moglie di Pasqua- te in capo della scala a sinistra i barbieri,
le lAIalipiero doge 66. °e la moglie di Lo- poi gli orefici, con bellissimo sfoggio di
renzo Priuli doge 82. "Marra il prof. Ro- oggettid'oro edi argento; i sarti, i calzo-
irianin,ch'era la duujenica4 maggio 1 597 lai, i mereiai, gli specchiai che avevano
quando i consiglieri e altri nubili di Pre- fornito tutto il loro luogo di archi, trofei
gadi andarono col Bucintoro al palazzo e specchi da tutte le parti ; i varottari che
yià abitalo dal doge Grimani a s. Luca, Io stessoavevano fitto di ermellino ed ai-
sopra il Canal grande, a levarne la do- tre preziosissime pelli; gli spadai che a-
garessa colla compagnia delle genlildon- vevano disposto bell'intreccia mento d'ar-
iieche formavano il suocorteggio. Disce- mi con un motto sulla porta dell'ufTizio
sero alla Piazzetta, ove a cura della cor- del Prociiraclor che diceva: Ex bello
porazione de' beccai era stato eretto un pax. Poi venivano i dipintori, i tintori,
gran arco con bellissimo apparato, e fece- i tessitori di panni. All'uffizio dell'Au-
ro il giro di tutte e due le piazze sotto un ditor nuovo erano in bell'ordine dispo-
porticalo di tende a tal uopo costrutto, sii i fabbri, i f.degnami, i muratori e ta-
Precedevano 3oo bombardieri, poi veni- gliapietra ; eraiio più in là collocati i
vano i corpi delle arti, 166 gentildonne conciapelli, i pistori, i vetrai. Tutte que-
vestite di raso, damasco, velluto e tabi a ste arti furono prima in processione per
marizzo bianco, tutte con ventagli bian- la piazza sfilando avanti le gentildonne,
chi, perle al collo,"su)aniglie, cinture, ca- preceduti da' 3oo bombardieri nomina -
tenelle e coronette d'oro in testa. Segui- ti; poi occupati i loro posti nel palazzo
■vano altre 24 <^^'^6 ^^*''^^<^' ''^''^'^ ^^'' offrivano alla principessa nel suo pas-
trettante de'medesimi drappi di seta di saggio confetture colle parole Ben ven-
color turchino, poi 4pi'ocuralori eia rao- ga F^ostra Serenità, ed ella a ciascuno
glie del caucellier grande vestita di nero rispondendo altra volta passava oltre.
i\ maniche larghe; indi 7 fra figliuole e Giunta nella sala del Maggior consiglio,
nipoti della dogaressa, in vesti bianche levati tulli i banchi, fu dato un santuo-
ad argento e oro, con perle e gioie in gran so festino, occupando la dogaressa la se-
quantità, seguite da 6 damigelle vestite dia ducale fra' consiglieri colle daoiigel-
di verde e da 1 bellissimi nani maschio e lea'piedi e le sue geuiiklonue disposte in-
femmina.Avanzavasifinalmentecon mae- torno. La refezione fu portata a lume di
stoso passo la dogaressa, vestita di drap- lorcie in giro per li piazza in 3oo oestel-
j)o d'oro con manto di sopraiizzo e il cor- le dorale con confetture di vano geue-
ito ducale in lesta, tra'due consiglieri an- re, rap[)reseutaiiti uouiiui, donne, fonU-
ziani, mentre poi processionalmente la ne, barche e altri oggetti con isquisito
seguivano altri consiglieri, i procuratori lavoro. Il 3. "giorno la principessa veslit.i
e tutta la signoria. Così entrò la pompo- d'argento e inauto di restaguo d'oro andò
sa comitiva nella chiesa di s. Marco, ove nella basilica di s. Marco colte sue gen-
ia principessa si fece avanti l'altare raag- tildonne. Avendo Papa Clemente VIH
gioie, e letta dal gran cancelliere la com- saputodi questa coronazione, invjòa Ve«
missione ducale, prestò il giuramento iu uezia per interauazio apostolico il suo ca-
Y E N
niciicie iegie'uj Claudio Crolla coll'ono-
levole donativo della Rosa d'oro bcnc'
(ietta, e come notai in* tale urliculo, da
presentarsi alla dogaressa iiis. Marco, do
])0 la iDCSsa cantata dui nuovo nunzio di
Venezia Antonio 31.^ Giaziani vescovo
d'Amelia, alla presenza del iloge e di tut-
ta la signoria ; ordinando il senato, che
questa presentazione, avuto riguardo al-
la aiaestù del donatore, e alla nobiltà e
alla tliiaiezza della persona cui era per
ofliirsi il donativo, dovesse farsi str.ior-
diuuriamente; e che la dogaressa serbar
dovesse jiresso di se per tulio il teujpoilel-
la sua vitSj e che poi la Rosa dovesse de-
porsi nel tesoro di s. Marco. Pertanto do-
j.'o Irt detta messa il legalo del Papa pie-
.senio alla dogaressa la Rosa, e nel dopo
pianzo fu fatta magnifica regata in Ca-
nal grande, nella quale giostrarono ezian-
dio alcuni inglesi, combattendosi dalle
barche con lancie spuntate. Fu costruito
ollresi un leatiu sopra un burchio trasci-
nalo da 4 bai che coperte di tela e arlifi-
tiosan)enle dipinte; m,i lo s|)eltacoto che
dovea darsi di nolleal lume delle torcie
fu impedito dal mal tempo. Abbiamo due
libri delle descritte funzioni. Dario Ta-
zio, Ordine e modo tenuto ncW incoro-
nazione della Morosi Ita G rimani do-
i^arcssa di T'cuczia, pel l'eri, Venezia
1 J97. Modo e ordine che si suol tenere
Iteli' ^incoronazione della Serenissima
Dogaressa di Venezia, raccolto da li-
bri di Francesco Sansoi'ino, per Ciò
vambaliista Lossa, Venezia pel Claseri
iSoy. Dirò alcune paiole sul nominato
nunzio Oraziani che reputo opportune.
IVel Parisi, Istruzioni per la Segreteria,
t. 2, p. aigeseg., vi sono diverse inle-
1 essanti lettere di tale illustre edotto pre-
lato, dalle quali si licava quanto in bie-
\eaccennerò.ArrivòaChioggia a'28 tnar-
2,0 l 'J'j'^, ove si abboccò col nunzio pre-
decessore Antonio Gli Ulani vescovo di
Toicello [latrizio vcueto, poi nunzio di
l'aolo V aFcidinando redi Docmia, ed
a Cosimo li grauduca di Toscana, niorlu
V E N 443
patriarca d'Aq'iileia. Si recò indi segreta-
mente a Veneiia, giunta il co>tuine, se-
condo il quale dal monastero di s. Spiri-
to, due miglia fuor di Venezia, in isola,
fece la sua formale entrata nella città con
l'incontro e ceremoiiie di costume, e nel
di seguente andò al collegio o signoria a
presentare il pontificio breve. A' G apri-
le vi ritornò, nella giornata destinata al-
l'udienza del nunzio, y;er tenere edificati
cpiesti signori, non avendo altro negozio
particolare, fuorché di nuovo ringraziarlo
della nobiltà concessa alla famiglia Aldo-
braiulini,e di esprimere quanto era amala
cordialmente la repubblica da Clemente
Vili ; quindi per raccomandare al doge
3 cose dalle quali per l'ordinario nasceva-
no le contese, ed a lui raccomandate nel-
l'istruzione della segreteria di stalo, i."
li tribunale dell'hupiisizione, e ipiauto
importava a quel tempo la sua vigiKuiza
esolleciludiue, e quanto conveniva al ser-
vizio della Serenità sua, che ipiesta por-
ta sia ben guardala e ben custodita. 2.
I prelati del dominio veneto e la loro or-
dinaria autorità e giurisdizione, di pro-
leggerli e favorirli, sicché potessero eser-
citarla a benefizio de'popoli che aveano
in cura; mostrando che la podestà eccle-
siastica apportava smgolar tililità alla po-
destà secolare, correggendo i costumi, e
conservando la religione e il timor di
Dio, da' quali due fonti nasceva princi-
palmente l'ubbidienza de'popoli verso i
principi loro. 3.°! sudditi delia s. Sede, co-
sì quelli che [)ratica vano nel dominio ve-
neto, come quelli che praticavano il mu-
re, pregando il doge a oidinaie che ooa
siano impediti, né molestati ila' vascelli
suoi, ma ricevessero ne'negozi loro quel
giusto favore e aiuto, che conviene alle
confederazioni e buona intelligenza, ch'è
Sempre stala fra' due stali, e che dovea
esser allora più che mai, [)el [)aternou-
iiimo che Clemente Vili in tutte le cose
dimoslrava verso la repubblica di Vene-
7.ia. lu altra lettera de' 18 maggio i5f)6
rcloquciilc nunzio m^/ Gi.iziani parla
4U V E N YEN
tlell'airivo in Venezia di d. Ionico Men- re d'Europa non potè contentarlo. Del
<lozza nnovoarnIj;iscialuie di Spagna, che die il le fece grave lisenliinento col ve-
secoutlo la consuetudine de'nuiizi di Ve- reto aaibjscialore Pietro Duodo nel feb-
uezia, di preminenza sugli altri amba- biaio iSgG, rimarcandogli che un picco-
.sciatorijSpecialtuente di essere visitali pri- io aiuto uè' gran bisogni vale più che un
mi, non visitò; couje avea già praticato giandissimo in altri tempi, e mentre la
cuirambascialore di Francia mg/ Lodo- repubblica avea dato tanti soccorsi a'suoi
uco Taverna vescovo di Lodi, nella uun- predecessori senza trovarsi nella sua con-
■/.latura veneta [)redecessoie al suddetto dizione. Eppure, aggiunse il re Enrico IV^
(irimani.avendobunsi visilatol'anibascia- con vivacità, essa non avea mai avuto sul
tore imperiale perchè indisposto. L'am- trono francese un re più amico e alFezio*
buscialoredi Spagna (paindi visitò il oun- n ito di lui, né che forse col tempo pos-
zio (ìraziani, che lo ricevè a capo delle sa farle maggior servizio. Poter accerta-
M.ale COI) ogni dimostrazione d'unore, e re, che vedendo nel regno un veneziano,
(jtiaiulu il [)ielalo gli restituì la visita fu eli pareva vedere un frcjncese, né farvi
diirambasciatore incontralo a pie delle diFcrenza alcuna, perciò dolersene col
scile e nel partire l'accompagnò sino alla Duodo. Cercò questi con acconcie paro-
barca, «he in Venezia era eccesso di cor- le scusare la repubblica di sua impolen -
tesia; ma il nunzio noi permise e non za, e poi avvisò la signoria che in negozi
volle eulrare in barca, finché egli non di simil natura meglio era trattarsi per
Ite Uscisse. — JNel precedente i oyy Cle- mezzo de' propri ministri residenti, per
niente Vili a' 5 giugno avea crealo iG essere più fedelmente e vivamente rap-
cardinalijfra'quali 3 nobili veneli,cioèLo- presentata, che farlo cogli ambasciatori
reuzo Friuli patriarca di Venezia, Fran de'sovrani, i quali non sempre riferisco-
cescoCornaro,e Francesco IMantica friu- no bene le risposte. Ma per la stanchezza
lano e summeutovalo uditore di ruta. eie- della Km^a "uerra cominciata a manife-
mente Vili annuverò pure al senato a- starsi tra'belligeranti, i nunzi di Gleuien-
postolico Giovanni Delfino patrizio ve- te Vili fecero ogni ufficio per indurli al-
ueto, già ambasciatore presso la s. Sediì la pace. La repubblica egualmente si ado-
e allora vescovo di Vicenza, a coi in ta- però, e Filippo 11 sentendo approssimarsi
le anno successe uell'auibasceria di Ro- il termine di sua vita, uè volendo lasciar
ma Giovanni M(jcenigo ; permise l'uf- in retaggio al figlio suo Fili[)po III due
fizio e la messa al b. Lorenzo Giustinia- guerre, l'una ne' Paesi Bassi, 1' altra in
ni proto-patriarca, e fece registrare nel Francia, con questa si pacificò a Vervins
martirologio romano il nome di s. (re- o'a maggio i5g8; mentre nel mese pre-
rarduSagredo, colla bolla Qaae ad Bea- cedente l'editto di Nantes, col concedere
turu/n, de^io marzo iSgB, Bull. Roin., iì urico 1 V a'proteslanti il libero esercizio
t. 5, par. 2, p. 20Q. 11 nuovo doge trovò di loro religione, avea cercato di tran-
che ad onta dell'abiura degli errori ere- q ullarequel potente parlilo, che teme-
lieali di Enrico IV re di Francia, e del- vu di vedersi sagrificato. — Di recente
1 assoluzione dalle censure ecclesiastiche, la Civiltà Cattolica, sei'ie 3.% 1. 1 2, p. 83,
continuava la resistenza di alcuni sigoo- nel fare la rivista di un libro pubblica-
n e di alcune città nel riconoscere il re, io in Firenze, che illustra la nobilissi-
il quale per la guerra contro gli spagouo- ma chiesa della ss. Annunziata di quella
ii iroviiiidosi in bisognodideuaionedo- metropoli, lodò l'autore che si dimostra
uiaudò alla repubblica pel suo oratorede in più luoghi pieno di spirito sincera-
i>iesse. Ma «jnesta per le tante spese a lei luente cristiano e pio, spirito da cui è in-
ciigiiniale dall'incerte e minacciose guer (ormalo lo scopo e la sostanza dei libro ;
V E N
però noti «inra liur.enlnre clivcisi Iralli
ne' quali pnrlajido » de' suprecni Faslori
della Chiesa, non iiiosira (iiiflla C(/iiìlà
e riverenzo, che da ogni savio scritlore,
e molto più da un cattolico, è da aspetta-
re: colpa, crediamo, piull<)>lo del mal
esempio dategli da certi tii>.li storici alla
cui autoiità troppo si affida, clie non di
un sentimento proprio di avversione al
Papato e alla Chiesa .... Non vorremmo
poi che i* autore credesse a chius' occhi
al Muratori, quando questi riprende ne'
Pontefici l'abuso delle scomuniche. Ben-
ché /«?pgerr/V//o ed eruditissimo l'illustre
autore degli Annali iVIialia, ebbe anch'
egli, come altri, le suepn<sioncellee i suoi
peccadigli : e Ira questi fu il non essere
sempre stato giusto e riverente verso i
Pontefici; ciò che il trasse talvolta non
pure ad inasprire a loro carico lo stile,
maa proferire eziandio iaisi giudizi e ca-
dere in erroii, giustamente ccnsiuatigli
dal Catalani ". Non senza pena e ripu-
gnanza, a me pare che tali gravi osserva-
zioni della Civiltà Cattolica si possano
applicare ad alcuni storici veneziani che
scrissero de' Papi, ed anche di Clemente
Vili pel ricupero di Feria ra alla s, Seòe,
e di Paolo V per l' interdetto contro la
repubblica di Venezia, di cui sono vicino
a parlare, poiché essi lo fecero evidente-
mente con decisoamor patrio e parziali-
tà, aggravando cos'i l'operato di que'Som-
mi Pontefici, e non riferendo in tulio ge-
nuinan'.enle le cause che l'indussero a
procedere. Quanto all'eccellente Mura-
tori, più volte deplorai la sua avversione
alla Sovranità de' lìoninniPonte/ici e al-
la s. Sedc^^ /^'.)jed alti e pecche, per favo-
rire le pretensioni dc'iSbi7'«/a" secolari, de-
cisamente contro la storica verità. Cii) pre-
messo, riferirò ciò che nari ano alcuni sto-
rici veneziani. Nel i Tgy Alfonso il duca di
Ferrara mori senza prole, istituendo ere-
de universale suo cugina d. Cesare d liste
figlio d'Alfonso marchese di Montecchio,
nato d'Alfonso I, innanzi che si celebras-
se il matrimonio di lui con d. Laura £u-
V E IV U'>
slochin,pni legittimalo. Ililienon ricono-
scendosi da Clemente Vili, pretendeva»
Ferrara perse, (|ual ("fado devolulo ali;»
Chiesa. Volendo d. Cesare sostenere i
suoi diritti, anche coll'armi, si rivolse a'
veneziani, e n'elibe soccorso. Ma il Papa
lo scomunicò co' suoi fautori, e di più
mandò il suo nipote cardinal Aldobran-
dini, poi arcivescovo di Ravenna (f^.),
per sostenere colle armi le censure spiri-
tuali. Minacciata così la quiete d'Italia,
l'Estense rinunziò e trasfeTi la sua sede a
Modena, e il ducalo di Ferrara da quinti'
i nnanzi appartenne allo stato della Chie-
sa (cioè immediatamente). Meglio alili
lileva, che olire la minaccia della sco-
munica, per aver il Papa inviato un eser-
cito contro Ferrara, la guerra era immi-
nenle,e Venezia mirava attenta gli avve-
nimenti senza prendervi parte, sebbene
dal Papa eccitala a dargli aiuto, e dell;!
sua neutralità rimproverata. Se non elio
le cose inclinando a riiina di d. Cesare, e
in gran parte a causa della timidezza sua,
gli alienò l'animo de'suddili che l'aveva no
liconnsciuto, e debile l'ardire ne' ponti-
ficii- Il senato versava in grande incertez-
za : da un canto spiacevagli la vicinan-
za del Papa, già potente, or vieppiù per
l'acquisto di Ferrara ; ricordava l'antiche
querele, i danni ad ogni tratto minaccin-
ti al commercio veneto dal porto d'An-
cona, e quanto più grande diverrebbe il
pericolo, quando il Papa avesse pur l'a-
dito del Po; co'duihi di Ferrara facil-
uiente, come più deboli, si erano acco-
modate le differenze ; non così sarel)be
col Papa, che metterebbe altresì sempre
in cam[io le giurisdizioni ecclesiastiche;
pareva quindi richiedere il |)roprio inte-
resse ili sostenere il linea. Ma dall'altro
canto considera vasi doversi con ogni stu-
dio evitared'avvilupparsi in una guerra,
specialmente con Clemente V ili, da cui
aveansi a temere le più luueste conse-
guenze; facilmente allora s'ioimischie-
rebbe anche Spagna ; non doversi coin-
promcllerc a certo danno il presente per
4i;j
V E N
il so«:peno d'un lontano avvenire, glìi a-
vcisi tanti molivi di controversia colla s.
.S('dechenon torna vn conio a""iun"erne
ile'niiovi. Mentre cnsr pendevano i consi-
gli venne a Venezia il vescovo d'Ancona,
Carlo Conti poi cardinale, si adopiò col
senalo in nome del Papa, a giustificare
il suo armamento, e a persuadere la re-
pubblica a fare buoni uffìzi presso il duca
per indurlo a cedere esalvare così all'Ita-
lia la pace. Il senato ringraziò della pon-
tificia confidenza, essersi a>.tenulo pren-
dere alcuna parte nella presente verten-
za, solo desiderare la quiete d'Italia ; che
l'offerta sommissione di d. Cesare n>eri-
tava essere ascollala e ponderata, che il
venire alle armi spirituali e temporali
dovea essere ri'^erbato alle ultime eslre
mila, per l'inceitezza della fortuna delle
guerrejiiifine consigliando un equo com-
ponimento. Ma fiuono vane paiole, che
il Papa pi onnnziò in pieno concistoro so-
lennemente la scomunica contro d. Ce-
sare, il quale atterritosi volse all' Olio-
boni residente della repubblica suppli-
candolo di sua mediazione, coli' offerta
di Comacchio e di parie del Po; poi im-
paziente d'ogni indugio, si rimise intera-
mente nelle mani del cardinal Aldobran-
dini,col quale convenne nel genmioiSgS
a diverse condizioni, cedendo il ducato
di Ferrara, e che d'allora in poi soltan-
to s'intitolerebbe duca di Modena. Il
Papa si recò in persona a prender pos-
.«esso del nuovo terriloiio con isplendido
accompagnamento, levalo a Camerino
(questa città dello stalo pontifìcio sorge
j-opra una delle maggiori colline degli
Apennini ed in mezzo alla loro catena,
perciò distante dal mare) dalla galea
il'Anlonio Giustiniani (il contemporaneo
veneto Giovanni Stringa ddigentissimo
raccoglitore e scrittore delle File de'
Pontefici Clemente Filine., e che mi-
nistrò da diacono nella messa cantata
in s. Marco dal nunzio nella suddetta
fimzione della Ro.ia d'oro per la doga-
ressa, narra nePa descrizione del viasisio
V E >'
del P.ipa per Ferrara. Trovandosi il
Papa in Ancona, dopo aver assistito nel
diioMio al vesnero della vigilia dell' A.-
scensione, molli cardinali, altri pielali
e signori per ricreazione e sollazzo si
coin[)iaC(jnero salire sidle 3 galee de' ve-
neziani die trovavansi nel porto, fra le
(piali la Capitana del golfo col Falò, go-
vernata da Antonio Giustiniani, che poi
fu dal Papa creato cavaliere, e donalo
d'una grossa catena d'oro, con una me-
daglia del suo impronto. Lo Stringa quin-
di nulla dice, che il Papa né in (picll'oc-
casione, uè in altra di questo viaggio, sa-
lisse sulle navi venete. Il hGon\, Ancona
ill!f.<;frnfr/, (boe che il Papa vi giunse
a'i6 aprile iTcjS e ne parli a'3i, ma
dovià dire 3o, per Ferrara; e che nel
porlo eranvi le galee venete), e compii-
nienlato in Ferrara da 4 ambasciatori
veneti (nella cavalcata pel solenne in-
gresso di Clemente VII! in Ferrara, ol-
tre raudjasriatore di Tjologna, interven-
nero 3 soli ambasciatori, di Francia, Ve-
nezia e Savoia al pari, cioè quello di
Francia in tiiez/o, quello di Venezia a
destra, quello di Savoia a sinistra. Il Papa
inFerrara fece gli sponsali tra Filippo IH
re di Spagna e Margherita d'Austria, la
quale nel novembre essendo passala pel
dominio veneto fu trattala splendida-
mente dalla repubblica). Dopo tali rac-
conti, che tra parentesi procurai rettifica-
le, dirò ancora, che colla storia narrai a
Ferrara eailicoli relativi, come propria-
mente le cose seguirono, dalle quali ri-
sulta, che Clemente Vili procedette di
pieno diritto, bensì con energia non dis-
giunta da prudenza; ed avendo i luc-
chesi inossogueria a d. Cesare nella Gar-
fagnana, li pacificò per la quiete d'Ita-
lia, ma poi Ira le parli successero ili ver-
se fazioni, con perdite, acquisti e spar-
gimento di sangue. Dipoi il Papa conti-
nuando potentemente a soccorrere l'Un-
gheria cou milizie e altri soccorsi, contro
i turchi, non polè indurre a loro danno
la lega colla reptdjblica; e nell'assedio
YEN
di Conissn o Ranisa nell' Ungheria fron-
lieia della Stiria, piopiignacolo il'llalia
e di Gennaiiia, capitale de'dominii del-
l'arciduca Ferdinando, per le lunghe fa-
lidie sostenule si aDimalò e poi morì nel
I 60 ! , il nipote Gio. Francesco A Ido-
brandini generale di s. Chiesa, al quale
in Venezia mg/ Offiedi nuBzio aposto-
lico celebrò con solenne pompa i fune-
rali in s. Giustina, e v' intervenne pure
Io Siringa. Intanto gli uscocthi occu-
pata Glissa fortezza di Dalmazia, rolla
la fede, ricomparvero a infestare il mare
Adriatico colle piraterie, onde i \enezia-
ni irritali con rigorose nusure ne repres-
sero l'ardire, essendo riusciti inutili gli
uffizi replicali di Clemente \'11I e della
Spagna coll'arciduca e l' imperatole per
impedire taiili disordini, come rileva il
Muratori. Dopo axerli i turchi assediati
e cacciati da Glissa, gli uscocchi si rifu-
giarono in Segua loro principal sede, ed
in Trieste, ambedue assediate da Nicolò
Donato. Inutilmente reclamando l'arci-
duca d'Austria Ferdinando, anche de'
danni recati da Francesco Cornaro prov-
veditore d'Istria, a'ieriitorii e castelli
confinanti, abitali dagli uscocchi, bru-
ciandone i villaggi e sterminandone gli
abitanti (he loro davano ricovero; l'im-
ptralore Rodolfo 11 e l'arciduca comin-
ciiirono alfine a im[)or Icimine allo scan-
dalo degli uscocchi, e incaricarono il Ra-
balta delle trallalive. Portatosi a Segna
il commissario imperiale, procede eoa
severità e vigore contro i colpevoli, fa-
cendone molli impiccare alle mura della
città, altri mettendone al bando con gra-
vissime pene, e decretando non più si
ricevessero in Segna e negli altri luoghi
litorali i fuoruscili del dominio venezia-
no. Iiuìi convenne col provveditore Fi-
lippo Pasfjualigo, mcdiaiile giuramento
e obbligandosi, che senza il permesso de'
rappresentanti della repubblica non u-
icirebbero uscocchi dal canale di Mor-
lacchia, stretto dell'Adriatico fra l'isole
di Veglia, Albe e Ossero, e la parte della
V E iX 447
Croazia militare e del litorale Ungherese
che porta il nome di IMorlacchia. Ma il
Rabalta nel 1 6o3 ci mise la propria vita,
ucciso poco dopo dagli uscocchi, le don-
ne de' quali arrabbiate ne succhiarono
il sangue e co' denti lacerarono le carni;
però le loro piraterie allora si diminui-
rono, e finalmente per un tempo potè il
mare tornar tranquillo, e la re[)ubblica
restando sollevala da gravi dispendi, ri-
prese il corso del suo libero commercio,
togliendosi un continuo pericolo di guer-
ra C(/ turchi. Tianquilliile le cose kjI-
r iuìperatore, non quietavano per anco
quelle col Papa, che anzi le cause di dis-
gusto si accumulavano. Fin dal 1 5g 1 nel
pontificalo di Gregorio XIV, erano in-
sorti certi malintesi con Roma a motivo
dell' inquisizione, e specialmente per una
nuova bolla the tendeva a restringere
il potere de' tribunali ordinari sugli ec-
clesiastici. Tutlavolta alla destrezza del-
l'ambasciatore Alberto Radoer riuscì di
ottenere che i veneziani potessero con-
tinuare a governarsi come per l'addie-
tro, appoggiandosi specialmente olla bol-
la di Sisto V. Quando l'oratore ne tlo-
maudò un atto formale a Gregorio XIV,
questi gli disse ; I vostri signori sono assai
sospettosi. Però in altro momento si farà,
nbn potendo ora deiogareaquantofu fal-
lo dalla congregazione de'cardinali. In-
tanto Clemente Vili si lagnava che la re-
pubblica avea preso al suo soldo Marco
Sciarra, famoso bandito ilello slato pon-
tificioj |)er mandarlo contro gli uscocchi.
Di quel formidabile capoladrone non po-
co parlai nel voi. LXXXIX, p. 3(), i i4i
1 I G, 202, dicendo col Muratori, che Mar-
co con 5oo de' suoi si pose agli stipendi
<lella repubblica per condiatlere gli uscoc-
chi, ma strepitando il Papa perchè gli si
consegnasse, onde puniregrmnumerevo-
li suoi atroci misfatti, fu ucciso, e la sua
gente mandata in Candia presto il conta-
gio la distrusse. Sorsero pure did'eren-
ze Ira la repubblica e Clemente Vili pe'
cuufiui e per un loglio del Po; e si esacer-
44^ V E N VE N
bava la conlesa ravvivatasi della giiins« le sue arti industriali. Il secolo XVI se-
dizione temporale del vescovo di Cene- giia dunque per Venezia il massimo svi-
da, che narrai di sopra nel79.°dogado. — hippo della sua diplomazia; più che sul-
lniportnntepoisarebhp,se lospaziolo per- la fijrza materiale, dovea essa fare asse-
mettesse, di far cenno delle considerazio- gnafnento sull'accortezza politica, dando
ni generali fatte dal eh. Ilomanin nella di piglio alle armi soloquando inevitabi-
fìne del secolo XVI; laonde solo riporlerò le necessità vela costringesse. La popò-
alquante parole su! principio del decadi- lozione di Venezia, che neli555 compu-
irtento delia repid^LIica di Venezia, sulla tavasi di i 59,869 abitanti , era discesa
popolazione della cillà edella Terraferma nel 1 58Ga 1 48,64o,e nel 1 5c)3 a i 34,8? ' j
ec, esopra le alire sue considerazioni gè- tra'quali ultimi si conlavano Gì 52 nobili
nerali. La veneziana repubblica arresta- conai^BfbmiglijGi 79cittadiniconi2o4
ta nel secolo XIV nel suo avanzamento famigli, serve22 [4jhottegai 32,887,010-
in Levante, rivolto il pensiero a cercar- nache 2408, religiosi i 1 35j ebrei io43,
lo nella Terraferma, per gli acquisti falli unode'quali Daniele llodriguez nel 1 590
in questa si snaturò, ma furono nece^si- fu f;illo console di sua nazione in Vene-
ta, e pel possesso d'ampli dominii in Ita- zia. Di cpiesta popolazione gran partetro-
lia, ricca e formidabile tuttavia anche iu vava occu|>azione e guadagno nel cotn-
Oriente, toccò nel secolo XV l'apogeo di mercio e nella navigazione, nella costru-
sua grandezza. Se non che la storia ci zione de'naviglie nel servizio delle gou-
inostra che le nazioni al paro degl'indi- dole e barche per l'interno della città,
vidui nascono, ciescono, poi decadono e Un numero assai ragguardevole attende-
muoiono. La lepubblica uientre ancora va alle arti e a' mestieri, tenendo allora
nel secolo XVI brillava di lutto il suo Venezia luogo distinto non solo come
splendoie, veniva sempre piìi perdendo cillà mercanlde, ma altreM industriale,
non solo nella sua estensione nel Levan- 11 lauillcio, il setificio, i panni, i cuoi e o-
te, ma, ciò ch'è più, di quelle cittadme gui altra produzione dell'industria vi a-
virtù che fatta l'aveano grande, e nello vea copioso numero di olllcine e di la-
slesso tempo crescevano uilorno a lei e voranli, e il governo si dava ogni cura
divenivano ((jrundabili altri stalied altre pel loro prosperamento cogl' incoraggia-
cillà che dovevano prima abbassarla, |* r menti, co'privilegi e colla proibita inlro-
sovvertirla. Spagna, Portogallo, Francia, duzione de' lavori forestieri. Il governo
Inghilterra, Olanda si facevano potenze veneziano provvidamente curava la pro-
mai iltime, e i loro mercantili navigli co- lezione tleli'ai ligiano, non ammetteva al
minciarono a frequentare que'porti, ove lavoro i fanciulli finché non avessero rag-
prima sola la veneziana bandiera soleva giunto una determinala età, tutelava i lo-
sventolare; in Italia stessa sorgevanle ri- ro contratti e patti co'maeslri, stabiliva a'
vali, oltre all'antica Genova, anche Anco- lavoranti ingenerale le ore del lavoro, e
na e Livorno: i turchi l'opprimevano al- la campana delta Piealtina, dava secondo
l'Oriente. Dalla parte di Terraferma i la stagione il seguo al quale gli operai
suoi dominii si trovavano sempre tra doveano lasciai lo. Questo forma l'elogio
Austria e Spagna , che le davano conli- dell'equità, saggezza e umanità della re-
nue molestie e minacciavanla di penco- pubblica veneta. La popolazione comples-
li ancor maggiori. Tuttociò rendevate ne- siva della Terraferma veneta non rag-
cessariodi mantenersi in pace all'esierno, giungeva nel secolo XVI i due milioni,
e di volgere ogni cura a'provveditut-nli circa 1,800,000 abitanti, ed era compre-
chepolesseroeassicurarle iconfini,econ- sa nelle provincie di Friuli, Delluno, l*a-
servarle i lrafllci,e dare incrcmcnlo al- dova, Vicenza, Sette Comuni, Verona,
\ E N V L N 4 Ì9
Treviso, Piileìine, Ci efscin, Bergamo, Gre- iosa vigilanza nello stato oiiliiiario <.lell«
iiin. Delle Provincie Marittime prima era cose, e ila abusi non abbastanza impecii-
ristiia situata fra il golfo Adriatico e il li non ostante al frequente invio de' sin-
Quarnero, formando una penisola cheal- dacie inquisitori, e ai rapporti di questi
la base si congiunge coli' lllirio e colla al loro ritorno. Tuttavia il popolo, in ge-
Croazia. E' Capodistria la città principa- nerale, amava il governo veneziano, e
le, di cui riparlai a Trieste. La Dalmazia^ ne iliede replicale prove nelle varie oc-
prima Irate provincie sulle quali si di- casioui nel diicorso secolo XVI e ne'due
slese il veneziano dominio, benché ne* susseguenti. E vero che il contadino, spe-
primi tempi più volte tentasse sotlrarse- cialmente del Friuli e dell'Istria, spesso
Tie, finì poi per la lunga abitudine, per la emigrava in cerca di miglior sorte, e vi-
necessilà de'commerci e della protezione vea infelicissimo; però non mai giungeva
coll'alTezionarscgli, a distinguersi nell'ar- a ideate una rivoluzione politica, e ad
male, e nelle città principalmente lutto accagionarde'suoi mali il governocenlra-
j'ieseutava piuttosto le forme veneziane le e a maledirlo, poiché il poco di bene
che slave: Zara e Sebenico erano fortezze e di protezione che poteva godere, da
di conto. E le medesime forme Venezia- questo solo gli veniva; i suoi mali e pa-
ne, «pecialmente la lingua, si dilTuseio al- timenti, divenuti tradizionali, erano un.i
tres'i nell'Isole del Levante, in particolare dolorosa ma inevitabile necessità. M-ig-
a Corfìi, Zaiife e Cefalonia. .All'uscire del giore era il malcontento ne'nobili per la
mare Adriatico dirigendosi a Levante a- preminenza che godevano da per tutto i
veano i veneziani come posto avanzato nobili veneziani, e perché il governo cer-
contro i turchi l'isola di Candia o Creta, cava fiaccar l'abuso del loro potere e del -
l'iìi volle ribelle al governo veneto, fre- le armi. Ma i cittadini erano contentissi-
nala finalmente con trasportarvi parec- mi , aveano un governo che toccava as-
chie colonie veneziane, la schiavitù alla sai poco gli scrigni, e le cui stesse gravez-
gleba durava ancora ne'cos'i detti Parici, ze erano piìi ordinate che eseguite; un go-
sebbene il governo veneto ne favorisse la verno che tutelava le proprietà , e per
manumissione. Dividevasi l' isola nelle 4 quanto i tempi lo corapoi lavano la sicii-
provincie di Candia, Silia, Retimo, Ca- rezza personale; che cercava con ogni
nea, ed avea nel i586 animei 76,433, sforzo mantenersi in pace co' vicini e la-
gli uomini atti alle armi sommavano a sciava vivere tranquilli i suoi sudditi, ed
54,787, de' quali in attuale obbligo attendere a'trafìlci calle industrie. Se poi
2Cj,()6o, cioè nella milizia 7790; al ser- guardavano intorno a se, ben aveano di
\igio del remo 5.2,170. In Sitia i cretesi che consolarsi, doveano benedire che non
erano parificali a'veneli pienamente; in avea bisogno di truppe a mantenere la
alcune piovincie quelli prevalevano , in pace interna, e sapea tener lontane le ar-
altre questi. iNelle provincie soggette alla mi straniere più col mezzo d'un' avvedo-
repubblica in Terraferma e nelle parti ta politica, che con ruinoso apparato di
del mate , scorgevasi da per lutto una lorze. Quasi ninna milizia esisteva a pro-
buona intenzione nel governo di miglio- lezione della tianquillità interna o a di-
rarne le condizioni , ma il buon volere fesa degli assalii esterni in tempo di pa-
impedito dalle idee del tempo nelle ma- ce. A Venezia per la quiete pubblica ba-
lerie di economia politica, dagli statuii stava il Missier grande: tanta era la sua
delle varie terre, e dall'autorità feudale forza morale. — Ora poi rimango pri-
de'castellani , repressa in parte dalla re- vo d' un valido, critico e fecondo aiu-
pubblica, Ria non tolta; dalla poca auto- lo, poiché a questo punto della storia
rilà che veniva al rettore, dalla poca ope- g"inge il termine del t. 6 di quella fio
v(ii \r\\. 29
4'?<i VEi\
qui nul)blicnla (1;il eli. Samuele Pioma-
nin professore pi ivato di storia, ielteia-
lura ec. Laniulc non posso più giovar-
mi, Isella rifusione e ingiandinien'o di
quest'nrlicolo, della sua cotilinuazione in
corso di slnnipa, perchè i 4 tomi die de-
vono coutpierla restano a pul)l)licarsi, e
perciò sarò rpiiiidi di conseguenza più
l)ieve. All'ottimo sloiico io mi protesto
penetralo di verace ossequio e ammita-
zione, gralissimo pel grande e notabilis-
simo vantaggio che lio ricavato dalla sua
preziosa opera documentata. Questo as-
sennalo lavoro ciilico, prodotto di lun-
ghi e severi studi, fa assai onore a Vene-
zia, olla cui storia nulla lascia a deside-
rnie. E" pure pieno di dottrina e di eru-
dizione, meritevole insomma non solo di
leggersi per diletto e istruzione, ma di
studiarsi a motivo dell'abbondante utili-
tà che si può trarne, anche per la storia
d'Italia, e perciò profittai più del prole-
stato poco dopo il principio di questo §,
appunto per essere e benissimo descritta
e per compeneliarsi colla veneta. Inolile
nella medesima opera si contengono pre-
gievolissimi brani della storia d'altri '-iati
d'Europa, anzi onroia molti di quelle na-
zioni delle altre parti del mondo delle
quali è congiunta la storia co'fasli vene-
ziani, precipuamente per le relazioni in-
teressantissime che ne fecero i loro am-
basciatori. Il sapere e la nobiltà dell'a-
nimo del prof. Romanin, mi è pegno si-
curissimo ch'egli vorrà condonare, se oso
fare alcune riserve, non senza rammari-
co e per dura necessità, perchè gratide-
inente amerei in lutto andare d'accordo,
senza alcun dissenso. Dico dunque, non
posso aderire quanto ad alcune proposi-
zioni e opinioni, specialmente pregiudi-
zievoli ad alcuni Papi, non meno che ri-
guardanti la loro Sovranilà [F.) \em[)o-
vale, come di fatto talvolta franeamente
dimostrai nel rettificarle o modificarle;
poiché di quando in quando 1' illustre
storico qualifica pretensioni i diritti an-
tichissimi del principato civiledella s. Se-
VEN
(Jc J/ìOstolica (V.) sopra diversi stali, e
dicendo persino usurpazione il ricupero
fatto da Giulio li di Panna {/ .) e di
P/(7ce/j:rt (/'.). Egualmente neppurecon-
Tengo a diverse preterizioni intrinseche
riguardanti i medesimi Papi. Cose tutte
che accenno genericamente,altrimeuti ri-
chiederebbero digressioni perchiarirle,in-
compatibilicoU'ampiezza di qtiesto artico-
lo divenuto prolisso più dell'ordinario; il
che però ritengo non necessario per me,
poiché ponno servire rtr^ioci tanti artico-
li relativi che in questa mia opera ho scrit-
to, provandolo coll'evidenza de'falti mas-
simamente sulla suprema autorità e giu-
risdizione ecclesiastica òc'Sonìnii Ponte-
fici /ìo//j(7«?, alquanto più volte atlacci-
la, secondo il vezzo di molti scrittori ve-
neziani, in ciò seguendo lo spirito che do-
minando il governo repubblicano la o-
steggiò e volle esercitare egli stesso, la-
sciandone documenti , male esempio se-
guito da altri stati. Imbevuti de' quali
principi! , coli' appoggio di tali lestioio-
nianze, non è da meravigliare se rispet-
tabili scrittori veneti propugnarono 1' o-
perato dalla repubblica, fecero l'apoteo-
si di fr. Paolo Sarpi e depressero la fa-
ma di Paolo V P)orghese. A seconda dei-
Io spirito da cui è informata la mia ope-
ra, questa era per me una dichiarazione
indispensabile, anche per supplire a'Iuo-
ghi che lasciai procedere senza rilievi di
cui abbisognavano, per non comparire
censore , uHizio non proporzionato alle
mie forze e ripugnante al mio animo in
questo gtnialissiino articolo. — NeliSgS
Clemente Vili inviò suo nunzio a Vene-
zia Offiedo Ollredi vescovo di Molfelfa,
già maestro di camera di Gregorio XiV.
Narra il Muratori, che sul fine deli5f)8
capitò in Venezia un uomo che si spac-
ciava per Sebastiano re di Portogallo,
perito nel 1 5'jS in Africa nella guerra con-
tro i turchi: lo somigliava e audacemen-
te sapeva ben rappresentare il personag-
gio, facendosi conoscere persino istruito
de'maoeggì tenuti col senato veneto; co-
V E i\
re luffe, die a primo aspcllo accredll'i-
vano In sun persona, in modo che vari
porloghesidi Venezia lo riconobbero per
re. Però ad istanza della Spagna, domi-
natrice del I'orto£;allo, fci costui messo in
prigione in Venezia, e vi rimase per 3
anni. Ma perchè a cagione di ciò in Por-
togallo ogni dì nascevano de' movimenti
e le dicerie erano senza fitre, il senato nel
1602, senza volersi decidere, lo lasciò in
liberlà dandogli il bando da' suoi siali.
Fu poi preso e morì prigione degli spa-
gnuoli. Apprendo dal veneto cav. Gio-
vanniSagredOj/l/f'rt/or/r istoriche de Ma-
ììnrcìiì Ollo!/ianì\ che nel 1600 i mini-
stri spagnuoli inventarono un nuovo ri-
trovato per arricchire. I due viceré di
Napoli e di Sicilia diedero in regalo alle
proprie mogli la mela delle spoglie, che i
vasrelli che armavano in corso sotto i loro
•Timpicii, facevano contro i turchi; e gli
altri, che armavano a proprie spese, era-
no tenuti a riconoscerli per la 4-' parte.
Fu dubbioso se ciò avesse per fine l' in-
teresse, o l'impegnare la repubblica nel-
la guerra cogli ottomani; o l'utio e l'al-
tro insieme. Tali armanienti assalirono
pure vascelli veneti con mercanzie, sotto
colore che vi avessero palese 0 occulto in-
teresse i turchi; ed i danni in più voliere-
cali alle privale fortune e al governo pe'
dazi si fecero ascendere ad 8 u)ilioni, in
tempi che il traflìco in Venezia era più
che mai florido e ubertoso. Queste pira-
terie e ingiurie, unite a quelle degli u-
.^cocchi irrequieti, fecero grande strepilo
in Costanlinopoli, dicendosi che la repub-
I)lica era d'accoido cogli spagnuoli, ed 1
legni carichidi merci loro onidateda'tur-
chi, vi aveano maliziosa connivenza. La
repubblica vedendosi, do[)o tanti danni,
anche compromessa col turco, fece do-
glianze col residente spagnuolo e altre e-
.spose al re in Madrid l'oratore veneto
Francesco Soranzo. Poco essendone il ri-
sultato, il senato in viòa Filippo III l'ana-
bnsciatnrestiaordiuario Ottaviano liono,
il quale colle sue energiche rimostranze,
V E iX 4m
dopo molle udienze nllenne dal re la proi
blzione di iidalti armamenti e detestabili
violenze, commesse contro cristiani e ami
ci, ma le reintegrazioni al tolto i ministri
non eseguirono. iVel i6o3, racconta il eh
Giovanni Veludo, biografo del doge Ma-
rino Grimani, che i veneziani ebbero
la gloria di ascrivere al libro d'oro della
propria nobiltà, col diritto di trasmel
terla alla sua discendenza, Enrico IV re
di Francia; il quale avendo da essi rice
vuto solenni testimoni di compiacenza pel
novello suo matrimonio con IMaria (.le.
^Medici, l'avea dotnandato a mezzo del
suo ambasciatore. L' ammissione seguì
nel maggior consiglio, a cui intervenne-
ro 1439 patrizi. Fu allora che Enrico IV,
mostrandone gran contento, in segno d'a-
more e d'amicizia verso i veneziani, inviò
loro in donoqueirarniatura cheavea iu-
dossato in tante guerre e trionfalo in quel-
la che decise del suo Irono, come gii dis-
si di sopra, notando il modo col quale il
senato volle onorare per gratitudine ta-
le regio uìonumento guerriero. Intanto
la repubblica sempre più sospettosa del-
le mire della Spagna , vedendo crescere
la potenza di sue forze, a mettersi in di-
fesa aumentò l'armamento marittimo, e
derinilivamenle strinse lega co'grigiom,
per avere da essi truppe terrestri ; lega
sempre dipoi mantenuta a dispetto del
conte di Fuenles governatore di Milano,
che fece ogni sforzo per guastarla, come
ne assicura il Muratori. Dopo essersi così
provveduto alla sicurezza dello stato dal-
la parte degli svizzeri, fatto il patto d'al-
leanza, gli alpigiani grigioni in maggior
numero di prima cominciarono a calare in
Venezia alfine di esercitarvi diverse arti e
mestieri, il che rilevo dagli Aiinnli del
cav. Mulinelli. Accordatosi a' grigioni il
diritto d'ingresso nell'adunanze di quelle
con voce attiva e passiva, e tenutisi sol-
levali eziandio dalle personali fazioni cui
sogL'elli erano gli artieri veneziani, non
si lasciava però di attentamente osservar-
li afiìnchè per quella venula e per quel
45v. V L i\
ini.scl»ianierilo luiocugliallri cillodini non
l'osse coiilainiiiala la purilìidella fède cat-
tolica, afllclandosi pailicolarrnenle la cu-
ra dì sopravvegliare i grigioni al magi-
strato degli Esecutori contro la hcslcm-
mia y raffermandosi il suo dire dal Mu-
tinelli colla leslimoiiianza del Tentori,
Saggio della storia cibile degli statldcl-
la lepulblica di I ciiczia.Qvieslo conte-
gno dc'veneziani mi riesce piacevole, do()o
avere nel dogado 'j5.° e nel dogado 79°,
col prof. Romanio, dovuto descrivere la
tolleranza della repubblica veneziana co-
gli individui delle nazioni d'ogni religio-
ne acattolica. — Ma ormai eccomi a do-
ver entrare nel ginepraio, a cagione di
buona parte degli storici veneti parzia-
li eccessivamente della repubblica (di-
co di quelli che sono a mia cognizio-
ne), quindi spinoso argomento, per al-
meno dover dare una Uionogruda delle
grafi differenze sviluppatesi con impo-
nenza, tra la repubblica di Venezia sem-
pre cupida di esercitare la giurisdizio-
ne ecclesiastica, e la s. Sede che n'è la de-
positaria, già avendole deplorate in pai te
per incidenza in vari articoli che vi han-
no relazione. Il conflitto e l'acre discor-
dia cominciò nel declinar della vita di
Clemente Vili, spesso afflitto da infer-
n)ità dolorose, niassime della chiragra,
benché il suo veneto biografo Stringa,
lodi la protezione particolare in che te-
neva la re|iubblica. Trovo nel veneto ab.
Cappelletti, Le Chiese d'Italia: f^ene-
z/V7,t. 9,p. 338. Il senato con triplice leg-
ge olKese l'ecclesiastica immunità. «Pri-
mieramente infatti a' 25 maggio 1602
era stato decretato, che nessun convento,
né monastero, né spedale, né chiesa po-
tesse conseguire beni posseduti da' laici,
uè appropriarseli sotto (jualunque titolo
o colore ". Riferisce il Novaes nella Sto-
ria de' Pontefici^ t. 9, p. 9 1 , che il senato
eoo ampliazione di legge preesistente,
pubblicò a' IO gennaio i6o3 il decreto,
col quale vietò sotto gravissime pene di
fondare ospedali e naonasteri, aè istituire
V Ei\
nuovi ordini o congreg.izloni religiose,
conlrateinile o sodalizi o scuole, e nep-
pure edificare chiese, senza l'autorità e
approvazione del governo; ed aggiungo
coll'ab. Cappelletti, sotto pena a'trasgres-
sori di esilio, di carcere perpetua, di con-
fìscazione del fondo e di perdila delle fab-
briche erettevi. E che a' 3 ovvero a' 16
marzo 1 6o5, il medesimo senato con al-
tro decreto, nuovanìente sotto pena di
nullità di contratto e di confìsca, proibii
in tutti i luoghi del dominio della repub-
blica, che nessuno a titolo di testamento,
per dono, vendita 0 qualsivoglia altra
causa, potesse lasciare in perpetuo 0 alie-
nare i beni immobili a favore degli eccle-
siastici per più di due anni, né questi li
potessero acquistare senza il consenso del
governo; decreto che già fin dal i536 o
I 5'^^ avea emanato per la città di Vene-
zia e suo ducato, il quale probabilmente
dovrà spiegarsi di tutte le terre formanti
il dogado, da Grado a Capodargioe ossia
Cavarzere; disposizione che l'Arte di
verificare le date, spiega rinnovato di-
vieto agli ecclesiastici di acquistar beni-
fondi. Chiarisce l'ab. Cappelletti la ca-
gione di questi decreti, la quale era : per-
chè passando a poco a poco alle chiese ed
a'pii luoghi i beni laicali, i quali rima-
nevano quindi per la ecclesiastica immu-
nità sciolti dalle pubbliche gravezze, ne
soffriva grave danno lo stato e vi scapi-
tava considerabilmente l'eraiio. 11 Uer-
caslel, nella Storia del Cristianesimo^
t. 23, lib. 7 (."osserva: Che sebbene i ve-
neziani sostenevano di non tenere il po-
tere della legislazione che da Dio, come
la loro sovranità, però Clemente Vili,
quantunque rigido osservatore de'diritti
e delle consuetudini, ma non meno ne-
mico degli scoppii pericolosi che la lunga
esperienza gli faceva presentire, avea giu-
dicato espediente il dissimulare. Dal ba-
rou Heurioo, nella Storia universale del-
la Chiesa dalla predicazione degli A-
postoli fino al pontificato di Gregorio
Xf'L t. 9, lib. 71.", iu sostanza si ripe-
V E N
fono le parole del Bercaslel, dopo aver
aggiunto al decceto proibitivo di edificar
chiese, monasteri, ospedali » e di levare
sili beni posseduti da'secolari sotto la di-
rezione delle chiese, alcuni diritti che il
clero era in possesso di percepire ". IMorì
Clemente Vili a'3 marzo 1 6o5, e passa-
ti 28 giorni gli successe Leone XI de Me-
dici, al quale la repubblica lietissima di
sua esaltazione, 8 giorni dopo elesse i so-
lili 4 ambasciatori d'ubbidienza per ral-
legrarsi e dichiarargli l' infìtiito suo con-
lento ; ma non poterono elTelluarlo per-
chè con ?,6 giorni di pontificato passò agli
eterni riposi. Nella sera de' 16 maggio
i(3o'ìi fu acclamato Papa Paolo V (/^.),
che per essergli stata svaligiata la Cella
da' cunclavisli, dormì in quella del ve-
neto cardinal Benedetto Giustiniani. A'6
novembre prese possesso della basilica
Lateranense, nella cui cavalcata inter-
venne il cav. Agostino Nani ambasciato-
re della repubblica, vestito con roba lun-
ga di damasco nero all'usanza veneziana,
coH'ambascialore di Francia, cavalcando
Ira loro il governatore di Uoma. Piiporta
il Muratori all'anno i6o5: « Confessano
lutti gli scritlori, aver Paolo V portato
seco a sì eccelsa dignità un complesso di
tali viiiù e prerogative sì di animo che
d' ingegno, che luogo non restò alla giu-
sta censura, né bisogno d'adulazione per
tessere le sue lodi. Specialmente campeg-
giava in lui r illibatezza de'costumi, l'a-
nmre e la pratica della religione, la soa-
vità del tratto, e un'altezza di pensieri,
desiderosa e capace di cose grandi. Né
volle nel bollore di sua esaltazione di-
spensar grazie, dicendo, che troppo facile
era allora il chiedere e concedere disav-
vedutamente cose ingiuste, e doversi con
maturità accord;ir le giuste. Sicconje que-
sto Pontefice eia sopra ogni allia cosa a-
nimato forte per sostenere V Iiiinutnilà
crrlisiastirn ( / .) e i privilegi del Citi-
IO ( ^.), così poco stette a far valere que-
sto suo spirito contro vari principi d' I-
(a lui (di fatti nel liull. Roiii. ve ne sono
YEN 4'J3
le testimonianze, contro i supremi ma-
gistrati di Milano e di Lucca, prima di
quanto vado a dire). Ma il più strepitoso
impegno suo fu quello, ch'ei prese con-
tro la repubblica di Venezia, sì per aver
ella fatto carcerare un canonico di Vi-
cenza (Scipione Saraceni nel i6o5,e nou
1 ()o6 come dice il Novaes), e l'abbate
commendatario di s. Eustachio di Ner-
v<sa (nella provincia e diocesi di Treviso,
di>tretto di Montebelluna, chiamandosi
l'ibbate Brandolino Valmarino nativo
tifi Friuli, senza alcuna permissione della
s.Sede ambedue chiamati in giudizio e im-
prigionali, per essere stali accusati al con-
siqlio de' Dieci per gravi delitti di rapina
e ili omicidio, perchè il governo eserci-
tava il diritto di prendere la cognizione
e di tenere il giudizio delle cause crimi-
nali degli ecclesiastici, ed i nominati e-
rano stati inquisiti dal tribunale degli
avogadori); come ancora per avere rin-
novato un aulico decreto, che non potes-
sero gli ecclesiastici acquistar da lì innanzi
Beni stabili, con obbligo, se loro ne fos-
sero lasciati per testamento, di venderli;
e finalmente per essere stata proibita la
fabbrica di nuove chiese senza licenza
del senato. Per questo concepì gran fuo-
co il Pontefice, e nel dicembre spedì un
breve a! doge Marino Grimani con in-
timazione di Sconutnica (/^), se non si
rivocavnno quelle leggi, e non si conse-
gnavano que' prigioni al nunzio di Ve-
nezia Maltei (Orazio, diverso dal cardi-
nale dello stesso nome e cognome). Pre-
sentò esso nunzio nel dì di Natale i6o5
questo breve «'consiglieri, giacché il doge
si trovava agli estremi di sua vita; e in
fatti cessò di vivere in quello stesso gior-
no ". Il veneto cav. Mutiuelli, negli ba-
nali Urbani di feticzia, citando Lau-
gier, Storia della repubblica di Feiie-
zia,\& quale i veneti disapprovano in mol-
tissime cose, dice che il nunzio ponti-
ficio, ad onta della ricordata vigilanza
della repubblica sui grigiuni » dichia-
lava in quc' giorni stessi in picu collegio
454 V E N
al doge, iiou poler essere ineiiloiic le u
\nvti (Ji pietà a quelli che zelo noi» ave-
\iii)o pei rccclesiaslica libertà; mollo es
beigli slata vantala la religione tle'vene-
^'iani, invano cercarne le prove. Se tanto
iippassiouato era per l'autotilà e per la
libertà ecclesiastica quel nunzio, ben e-
I alo maggiorinenle il signor suo, uomo
inoltre di assai vivo e ardente carattere
(su questo plinto cogli altri storici narra
)l Novaes, olire quanto scrisse il IMura-
tori : Paolo V da cardinale eia da Ititti
riguardalo come futuro Papa, nalo fat-
to per l'apostolico ininisteroj e da lutti
cliiuuiato V Onirno Cardinale. Lo loda
per somma prudenza, parco nel vitto e
nel vestire. La purità esteriore indicava
l'interior candore del suo animo. Ma di
j.,rande zelo perla religione, acerrimo di-
fensore dell'immunità ecclesiastica, della
libertà della Chiesa e de'suoi a)iuistri,
vedendola co' decreti veneti altaccala e
conculcata, aver più volle inutilmente
fiUo conoscere alla repubblica il suo vivo
dispiacere, e dopo essersene altaaienle
lagnato coll'oìatore cav. Nani, non ve
dendo ri vocali i decreti, ne conseguali i
òu^ delinquenti al tribunale ecclesiastico,
volle intimare il 3Ionilcno, sperando di
trovare il senato co>i pieghevole, come a
vea pieguloquello di Genova in unasimi-
le occasione. Leggonel polacco p. Abramo
Bzovio domenicano contemporaneo e in-
linnssimo conoscitore di Paolo V, nella
sua /7i'/7, che lo celebra di mansueti e o-
norati costumi,aiizi modello sin dalla fan-
ciullezza, valente giurista inlegerrimo,
ornalo di dottrina, afilibile con gravità,
risoluto ma con consiglio, accolto ma
stììziì inganno, ainalore del giusto, per
l'ordinano lontano dal rigore, benigno
con tulli, vivo esempio di santità. Tulio
questo è un nulla di quant'altro con dif-
fusione ne scrisse). Esaltato appena Pao-
lo Y, dichiarava ili voler reiolegrare la
libertà ecclesiastica, oppressa, come di-
ceva egli, da' principi, accusando in ciò
di negligenza i suoi predecessori, singo-
V E N
lai mente 1' Oliavo Clemente (col cor-
redo di tante altre virtù non posso cre-
derlo); avverso poi moslravasi in parti-
colar modo alla repubblica di Venezia
(Paolo V pel suo gran zelo, torno a ripe-
tere, senza rispetti umani già avea pro-
ceduto contro le repubbliche di Genova
e di Lucca, e conico il senato di Mila-
no. Non avea particolare animosità con-
tro la repubblica di Venezia. Questa non
volendo desistere da' suoi sistemi, pro-
vocò le pontificie censure) perchè aveva
e -sa sempre mantenuto con molta coslan-
z<i la sua indipendenza, perchè escludeva
gli ecclesiastici da! maneggio degli alTa-
ri, perchè era la sola di tulli gli stali cat-
tolici, che pensionarli non avesse alla
corte di Pioma (ebbe però meritamen-
te nel sacio collegio un bel numero di
cardinali che ne tutelarono gì' interessi,
d'accordo coll'ambasciatore nazionale)".
Qui poi il JMutinelli passa a dire, che ad
accvescere forza ad un già tanto grave in-
cendio, sforlunatametile accadeva la car-
cerazione de' due indegni e riprovevoli
ecclesiastici rei di gravissimi e vergogno-
si delitti. Che sapute da Paolo V queste
cose e di esser solita Venezia ad arrogar-
si molli diritti in pregiudizio dell'autori-
tà apostolica, e già riferiti, indignalo e-
sclamava: Offendersi dalla repubblica
l'ecclesiastica libertà, convellersi la pon •
lificia giurisdizione, non competere al se-
nato Io statuire intorno alle chiese e alle
sostanze degli ecclesiastici, i delitti loro
doversi giudicare da altri ecclesiastici, non
da'secolari. Soggiunge l'ab. Cappelletli,
che Paolo V dopo esser venuto di tulio-
ciò in cognizione, fece sentire alla repub-
blica ripetutamente il suo dispiacere per
siflalte deliberazioni, e per mezzo del suo
nunzio residente in Venezia esortò più
volle il senato ad ordinare, che i due sud-
detti detenuti fossero consegnati nelle
mani o dell'ordinario, o del nunzio apo-
stolico a cui di diritto apparteneva il giù
dizio sugl'imputati. Ma lutlociò indarno
perchè i veneziani uou erano punlo di-
V E N
sposti uè a rivocare le It-'ggi staliililc, uè
a consegnare i (.luecLclesiastici clelinqueu-
ti. La signoria auzì, per mezzo deirain-
basciutore Nani, fece intendere al Papa.
» Cbe il senato, né ()er dignità, nèpercoii-
servatioue della libertà, né per ragione
di buon governo non le havrebbe mairi*
Tocate: che queste erano leggi tutte au-
lidie nella repubblica avvenga che rino*
vate et ampliale alcune di loro fresca-
mente: ch'essendo slate contportate da
tanti altri Sommi l'ontellci, non sapeva
perchè si recassero sì fatta noia a Paolo
V, se non era per puoca iucliuatioue, ch'e-
gli avesse foisi per altro a quella repub-
blica; essere li beni ecclesiastici nel do-
minio venetiano cresciuti a segno che oc-
cupavano la terza parte delli stabili, et
che se da (jueste leggi non fusserallVetia-
to ilcoulinuo loroaugumento abreve an-
derebbe ogni cosa alla Chiesa ". E qui
portava in campo la signoria parecchi e-
Sempi di simili regolamenti anche in al-
tri stati Cattolici, senza che i Papi se ne
fossero opposti. E quanto a'processi degli
ecclesiastici accusali di delitto, appoggia-
vasi ella a'privilegi accordati da Sisto IV,
da Innocenzo Vili, da Alessandro VI e
da Paolo 111 ; all'uso antico ed immemo-
rabile, a cui non aveva mai contraddetto
verun Papa; e persino ad una iucoulra-
stnla autorità della repubblica, uataijua-
si d'un solo parto con essa. Intanto il do-
ge -Clarino Grimani morto a'iJ dicem-
bre iC)o5, fu sepolto in s. Giuseppe di
Castello, e sulla parete dopo il 5." altare
a lui non che alla moglie Morosina Mo-
rosini, l'ulliaìa ad essere con solenni for-
malità pubbliche coronata dog uessa ,
venne eretto un grandioso monumen-
to, opera non pura uè elegante di Vin-
cenzo Scamozzi ; le statue, i bassi rilie-
vi ed i getti di bronzo si lavorarono da
Girolamo Campagna. Il suo dogado sa-
rebbe stato pacilico, se nel fine non fos-
se stato turbato col conlliUo che vado
deplorando, poiché ilei resto Venezia
sotto di lui vide abboudart: la vetluTu-
V E N 4>5
glia, accresciuto l'erario, adornata se
stessa.
33. Leonardo Donalo XC doge. A* i o
gennaio i6o6 fu eletto, e secondo l'^/--
tedi verificare ledale, mentre trovavasi
ambasciatorea Roma, onde il senato pre-
se (luiiuli cognizione de' brevi presentati
dal nunzio nel precedente Natale, quan-
do era morienle il doge predecessore, e
rifiutando di sottomellervisi, inviava Pie-
tro Duodo in aui!)asciata a Roma per i-
spiegare a Paolo V i motivi del suo ri-
liuto. Il veneto biografo di questo doge
Casoni, rileva che con giusto criterio il
portoghese Macedo, ne' suoi elogi poeti-
ci, ha paragonale le virtuose prerogative
del Dona cavaliere, procuratore di s. Mar-
co e doge, a quelle di Quinto Geoilio .Me-
tello il Xu/nidìcoj ed in vero, se questo
romano, egli contiuua a dire, sopraliat-
to d.iU'inlluenza di Caio Mano, cui avea
esso aperta una prima strada alla gloria,
adoprò virtuosa moderazione, impertur-
babilità e decoroso contegno, a fronte
dell'auge in cui vedeva sollevato il di lui
competitore, con lauto rischio di sua pro-
pria rinomanza, onde ebbe laude du'po-
steri, altrettaulo merita encomio la pru-
dente e accorta coadotta da questo dogu
adoprata uel procelloso periodo del regi-
iuc suOjSecoiulo il medesiuio biografo(iiuu
intendo bene 1' allusione, sembrandomi
fargli torto il supporla a Paolo V, e che
nel conclave si fosse adoperato per lui).
11 giorno stesso della coronazione di lui,
a' lì gennaio, divenne malaugurato pel
popolo, che per essersi spezzala da furtui-
tu accidente l'asta che reggeva il vessillo
delia repubblica, ne trasse inf.àusto presa-
gio. E in vero, contiuua a dire il Casoni,
la religione e la politica involsero sem-
pre pili nel principio del suo dogado la
repubblica nella piìi delicata e scabrosa
vertenza, perchè Paolo V appc'na divenu-
to Pap.t cominciando ad esaminarci du-
creti ile'priucipi italiani, pregiudiiiuvoli
all'autorità e dignità della Chiesa, ne
scuoprì di Usivi uellu statuto d^'veuezia-
456 V £ ^
tìi.e tlnpo \aii mouilorii, dopo replicale
tlepiilazioiii e aiiibascialCjdopo sii elli ma-
neggi peiuiicoQ)ponimfiilo, alla finesca-
gliò le censure. Infatti, passavano in tan-
lo alcuni mesi, senza che si venisse a ve-
I un accomodamento, perchè nò l'una uè
l'ullia parte voleva cedere; adonla che il
Papa dichiarasse, che quando i venezia-
ni si fossero rimossi dalle loro delibera-
zioni, egli sarebbe stalo condiscendente
verso di loro in concedere ogni più am-
pia licenza che fosse stata in poter suo, il
die leggo nell'ab. Cappelletti. Di piaegli
dice, ch'erasi in proposte e risposte toc-
calo ormai il gennaio 160G, e rilardan-
ilo al seguente mese la presentazione fat-
ta dal nunzio al senato del breve io di-
cembre, con cui Ira minaccieed esorta-
zioni cerca vasi di smuovere i veneziani
dalla loro fermezza ; ma l'esoitazioni non
li mossero [)unto, e le minacele li resero
vieppiìi ostinali. Aggiunge tale storico pa-
trio, che indarno s'interposero gli amba-
sciatoli di varie corti per indurre ambe-
due le parti ad una transazione e ad una
reciproca riconciliazione ; la lepubblicn
non voleva cedere, il Vò\)a( Padre CGtnu-
ue iìt'Soi'rani e di lutti i Fedeli, e 3Iae-
htro universale del mondo cattolico) in-
sisteva nella sua fermezza, onde alla fine
risolse di percuotere i veneziani con Pe-
ne catioiucìw .Y.cco con>Q\\ Muratori nar-
ra questi provocali lagrimevoli estremi,
all'anno 1606. "Andò in quest'aiuto
iiKiiigiorinenle crescendo l'incendio snsci-
lato contro la veneta repubblica dal Pon-
tefìce Poolo V.Si studiò ben quel senato
di fìj[' rappresentare ;illa Sani ila Sua (dal
ricoidalo ambasciatore Pietro Duodo,
spedito dalla repubblica a sostenere le sue
pielensioiìi, come dichiara Novaes) le ra-
gioni Qiilitanti in favore delle proprie
leggi ed antiche consuetudini, con ispe-
cialmente allegate i gravissimi disordini,
che potrebbero avvenire, e che avven-
gono allo slato secolare, qualora si lasci
agli ecclesiastici senza limile alcuno la
f.icollìi d" acquistar gli slabili de'paesi. Si
V E ^
trovò sempre il Poulefice più .>aldo che
mai nelle sue determinazioni, flanelle"-
giateda lui con una folla di Canoni (f.).
E perciocché oè pure dal canto loro mo-
stravano i veneziani voglia di piegare alle
minacele di parole, il Pontefice nel dì 1 7
aprile volendo venire a' fatti, raunalo il
Concistoro (riporta il Novaes : ove col
voto di quaranta cardinali, che vi assiste-
rono, eccettuato un solo ch'era nato sud-
dito della repubblica, e perciò nou si era
uniformato a tutti gli altri; e forse fu il
suddetto cardinal Giustiniani, secondo i
miei calcoli, ovvero il cardinal Agostino
Valerio o Valier per queste vicende mor-
to di dolore a Roma a'23 seguente mag-
gio, che tra le molle sue opere scrisse pu-
re : De exiniia ìuunaniuite Clenienùs
Vili erga Venetani Renipublicani : De
oLedientia, et revcrentiu erga Clirìsù
Vicariunij oppure il cardinal Giovanni
Delfino che trattò con somma prudenza
queste vertenze, per essere stato da seco-
lare ambascìato>re in Roma, ed il quale
rinunziato nell'istesso anno il vescovato
di Vicenza al nipote.che fu uondnalo a'
19 giugno, si ritirò [loi aVenezia,ove mo-
rì.llCercastel dice che quaranluuo furono
i cardinali che intervennero al concistoro,
e tranne uno nato suddito della repub-
blica,furono d'avviso che non si potevano
usare circosjiezioni senza tradire grinte-
lessi della Chiesa), pubblicò un terribile
I\Ioiiilnrio(V.}, in cui dichiarava incorso
v\i:\\cScointinìcìie il doge col senato, e s'in-
timava y fnlerdelto (/'.) a Venezia, e a
lutto lo stalo della repubblica, se entro
il termine di 24 giorni non si rivocavano
i decreti e alli falli contro l'inìmunilà e
libertà ecclesiastica, e nou si consegnava-
no al nunzio i pi igioiii, con tulle l'altre
pene che tengono dietro alle Censure e
all'interdetto (bisogna aggiungere col Mo-
\8es, come esige la Stona: st non ubbi-
divano il doge e il senato, dopo 24 S''^'"*
ni resterebbero scomunicati , e dopo 3
giorni caderebbero nella stessa pena lutti
i sudditi ilei'd repubblica, conic il Papa
V E >
linliiiiò nel coiicistoio de i 4 maggio, per
tsM.'ie inuulii-eiite spiralo il tempo del
iiioiiilorio. In sostanza Paolo V non fece
tlie applicare al caso, e dicliiaraie le pe-
ne ecclesiastiche , già decretate da'sagii
canoni, pe'qnali s'incorre nelle niedesi-
cr.e, anche senza la dichiarazione, in sif-
fatte lesioni deirimnitiiiilà ilella Chiesa).
A (jue^ti hilmini s'erano già preparati i
veneziani, e però al [iriino avviso spedi-
rono loslo ordini rigorosi, che ninno de'
buoi sudditi lasciasse aflìggere quel mo-
ni Iorio, che se ne portassero le copie a'
pubblici rappresentanti, e che si conti-
nuassero come prima i divini ulGzi sotto
gravi pene, e pena iiifin della vita (!!).
Non vi furono che i gesuiti, i teatini e 1
cappuccini , i quali giudicassero dover pre-
ponderare l'osservanza de'decreti del Ro-
mano Pouteficeal rispetto per altrodacssi
pi ofessalo al principe secolare (se il dotto e
integerrimo prete iiluratori tiene questo
linguaggio, ninna sorpresa deve recare del
[teggio dello tla diversi scrittori laici). Per-
ciò tutti si partirono dagli stati della re-
pubblica, e a distinzione degli altri i ge-
suiti processionalmentesi ritirarono (duii-
•jue non furono cacciali, comescrisse al-
cuno; dunque non furono provocatori del-
ia dichiarazione delle censure ecclesiasti-
che come altri ne sospettò, altrimenti la
severa repubblica certameute non avreb-
be tollerato che si ritirassero con lauta
pubblica solennità nel pomeriggio de' 9
maggio, ciascuno portando pendente dal
tidloin una custodia la ss. Eucaristia; ben-
sì, lo confessa il ìNovaes, furono poi bau-
tliti da'domìnìi veneti, per avere ubbidì-
(0 a'supremi ordini pontincii, e non vi
puleiono ritornare che nel 1657. Devo
pur dire con tale illustre storico, che i
li-alini e i ca[)puccini rappresentarono al
governo, ch'eiano pronti a conservare a-
pcrle le loro chiese pe'sacerdoti forestie-
ri, ma supplicarono nello stes>o tempo,
the fosse concesso ad essi di far privata-
mente i loro ulllzi divini, ciò che non ve-
nendo loio pcruiCiSo, furono anch'egliiio
V E N /p7
'.osiretli a partire. E che anco il nunzio
Orazio Mattel parli da Venezia e si recò
a Roma, dice Novaes; ma in sua vece col-
la carica di nunzio apostolico, nello stes-
so! 606 fu inviato a Venezia Berlinghie-
ro Gessi bolognese, vescovo di Rimini, e
vi rimase sino al 1618 per divenire go-
vernatore di Roma e più tardi caldina-
le). .\ riserva d'alcuni altri particolari, li
resto delle università religiose, e gli altri
ecclesiastici stettero costanti nell'ubbi-
dienza agli ordini del senato (ma le mo-
nache di s. Bernardo di Murano, volen-
do ubbidire il Papa e acquistare il giu-
bileo da lui concesso a chi osservava l'in-
terdetto, furono ligorosamente chiuse nel
loro monastero, e tolto il confessore d. Ste-
fano Veronese per averle persuase a la-
sciarsi murare nel medesimo; benché per
l'osservanza deirinterdelto non più ascol-
tavano messa, uè si confessavano e comu-
nicavano). I cappuccini de'territorii Bre-
sciano e Bergamasco, non vollero segui-
tar l'esempio degli altri, e continuarono
ail abitare i loro conventi, per non avere
osservato l' interdetto. Intanto si comin-
ciò una guerra di penne, avendo trova-
to la re[)ubblica persone, che sostennero
l'operato da lei (il iVovaes osserva che
dall'una e dall'altra parte uscirono mol-
tissime scritture, che annunziavano l'a-
nimosità di ciascuna, poiché la causa de'
veneziani era fitta la causa comune di
lutti i principi, i quali per le loro pre-
tensioni dovevano ambire la vittoria di
quelli, e piìi tardi 1' imitarono, onde i
papi per amore della P<^/re, convennero
a concessioni mediante Concordali. Ma
tra'scritlori che difesero i veneziani si di-
stinsero particolarmente in questa bri-
ga, per le loro invettive contro la Corte
di [lama, due teologi della repubblica,
i veneti fr. Paolo Sarpi servila e il suo
degno emulo fr. Fulgenzio Manfredi mi-
nore osservante). Senza paragone mag-
gior numero ne trovò il Pontefice, che
«iitrarono in ariiiigo per difesa dell'au-
tuiità di lui, e per accreditare (!) le sco-
4-^,s V n N V E N
tiuìnicliee riiiletJeUo, cooie volle esprl- co coutiibui 60,000 scudi, e Fano 3ooo.
incisi l'annalista Muratori. Specialmeii- Delle milizie ammassate, l^aolo V die il
le si distinsero in questo combatlimeuto comando a suo fratello Francesco Bor-
i line celebri [)orporati Caroiiio e Ctllai • ^liese, dichiarandolo capitano generale di
mino (anche il cardinal Ascanio Colonn;» s. Cliiesa: la rocca tli Fano fu visitata col*
fece mi lungo e dottissimo volo stampa- la fortezza del baluardo, e ordinale aleu-
to in Pioma nel 1 606, ad onta che aves- ne fortificazioni. I veneziani da per tut-
se scritto in favore della IMonirchia di to arrolavano gente d'arme, e già una
iS'/ri/ZrtJ. Forse ancora in alcuna di (juel- considerabile flotta corseggiava nell'A-
io scritture non comparve il vero nome drialico , con aver di piìi spedite molte
degli autori. Né qui si fermò il C';rso di navi armate nel Po e nel lago di Garda,
quest'impegno. Il Pontefice, o perchècir- Doveasi formar campo nella Romagna,
cniloe isligalodai maneggi diSpagna, co- dove si alteudevanoanche 4ooo corsi in-
me provano anche nell'opere loro il cav. viali da Genova, e 3ooo svizzeri presi al
IVIutinellied ilch.Romaninjo [>ercliè j)en- soldo del Papa, oltre le altre truppe che
sasse a voler dar braccio alle armi spiri- dal Mdanese dovea mandare il governa-
tuali colle tenìporali,o perchè necredes- tore conte di Fuentes d'ordine di Fdip-
se bastante la sola apparenza , cominciò pò 111. Peilochè i veneziani, continua
a far leva di gente, ed ebbe anche dalla Muratori, si diedero anch'essi a formare
corte di Spagna belle promesse (ma av- un considerabile armacnenlo, che nel-
verle il Novaes , che incanxninavasi la l'anno seguente, per quanto fu detto, ar*
grave differenza ad ima dichiarata gner- rivo a 12,000 fanti e 4ooo cavalli, oltre
ra fra la rcpid)lilica e la s. Sede), e real- alle cernide (0 ordinanze, tnilizie del con-
mente Filippo III re di Spagna olTrì al lado, levate in proporzione alla popola-
la,ipa le truppe che nvea nel suo ducato zione al ujomento del bisogno, e allora
di ]Milann, promettendogli di ridurre i sollanto ricevevano la paga. Erano (ì,i
veneziani a domandargli misericordia, 2^,0000 al piìi 3o,ooo, e costavano in-
benché sotto mono li animasse e inco- biemecolla cavalleria oltre a 100,000 du-
raggiasse a sostenere la causa comune cali l'anno). Intanto i ministri del re Cai-
della sovranità). Trovo nell'Amiani, I/c- lolico in apparenza, quelli del granduca
morie istoriche di Fano, l. 2, p. 2^0, che Ferdinando I e d' altri principi, ma so-
lici 1606 si sospettò imminente guerra pra gli allri que'del re di Francia Enri-
iiello stato papale per l'interdetto contro co IV, che professava una particolare a-
la repubblica veneta, temendosi che l'itn- micizia al senato veneto, si sbracciavano
pegno si sosterrebbe colle armi, giacché per trovar temperamento e fine a questo
una lettera circolare della segreteria di scandaloso litigio, che potea turbar dad-
slatodi Roma avvisa va di dover stare sul- dovero la pace d'Italia. Ancora i Dorghe-
le armi tutte le città esposte nella spiag- se parenti dei Papa, ascritti alla nobiltà
già dell'Adriatico. Le milizie di Uoma- veneziana sino dall'i i settembre i6o5,
gna e deUe città del Monte furono distri- con molto piacere di Paolo V dichiara-
buite per la Marca e nelle fortezze di Ro- togià con affettuoso breve, fecero di tut-
magna. In Fano rimasero a quartiere to per procurare un accomodamento,
«lue compagnie, e quando partirono re- Ma inutilmente, e per allora senza suc-
stò a carico de'fanesi la difesa della spiag- cesso. Sul principio dell' annoiGoy non
già colle milizie urbane. Continuarono le altro si mirava in Italia, che disposizio-
disposizioni guerresche anche nel 1607,6 ni del Papa di prorompere in una più
tutlo lo slato si offri con doni gratuiti al aperta rottura colla repubblica di Ve-
ujanleoitueuto delle milizie; la sola Mar- nezia, giacché questa si mostrava ben-
\ E >
sì sempre costellile neU'ujseqiiio iKll.i fai-
lle e Chiesa catloUca, ma inflessibile ne'
suoi decielij e »[)rc2zaiite delle censure a-
dopeiale dal lumatiu Poiilefice iu mate-
lid discipliuare e di temporale interesse.
Fece dunque Paolo V massa grande d'ar-
mati , cou diehiararne geueiale Fiance-
sio Durs-hese suo fiatello, e suo luogote-
nente ÌNJaiio Fai'uese. Spedì a Genova per
arrolare 4ooo corsi, e agli svizzeri per a-
\eie 3ooo fanti di quella nazione. Ac-
trehbc i presidii e le iurtificazioni di Fer-
i-ira e delle città maiitliiiie. lii^oiuuìa a-
Mestedello.cheRouia pensava dadduvero
a far delle prodezze (questa |)roposizioue
del Muratori pizzica d' ironia). E tanto
più corse voce, perchè Filippo MI re di
Spagna promise d'entrare in questo ballo,
per sostenere l'autorità pontilicia.eanda-
runo anche ordini di l'ai gente al cunledi
I ueutes goveruatoredi Milano, ministro
tiienulia più sospirava, cheil lucroso oie-
siiere di comandare a un'armata. Ma non
dormivano i veneziani. Olire all'arma-
mento da loro fatto in Italia , mossero
Francesco conte di Vaudemonl figlio del
duca di Lorena lor generale (Carlo 11) a
Jar leva di molte migliaia di alemanni.
A Itretlanlo tentarono co'grigioni lor col-
legati, e con gli svizzeri, avendo colà in-
viate a questo fine grosse rimesse di de-
naro. Allestirono medesimamente gran
ci;pia di navi in mare, nel Poe nel lago
di Garda, facendo intanto sapere u tutli
i principi d'esser pronti a sagrificare ogni
cosa, per nulla cedere iu questa contro-
versia, persuasi, che la ragione e la giu-
stizia flesse dal cauto loro. Ma non per-
lauto non si lasciava di trattar la pace,
gareggiando in questo nobile uHi/io per
ottener la gloria del primato i re di Fran-
cia e di Spagna, e i duchi di Savoia e Fi-
renze. Ma Enrico IV re Cristianissimo,
che andava innanzi agli altri nell'amore
verso il senato veneto, quegli fu, che più
ardentemente si maneggiò pcrqucst'alla-
le. Spedì egli iu Italia Francesco cai dina!
di Gioiosa, che verso la mela di l'cblraio
V EJV
4"J
Comparve a Venezia. Trailo il cardinale
lungamente cou quel senato, e ben capi-
ta la lor mente, si mosse dipoi alla volta
di Roma, dove pervenne nel dì 22 di
marzo, e cominciò a far gustare il bene
della concordia, e i mali grandi della di-
scordia, rappresentando, che se gli spa-
gnuoli, i quali non cessavano di coiilra-
I iar la liuona intenzione del re Crislianis-
Simo, fossero venuti all'armi, non avreb-
be potuto il suo re dispensarsi dall' op-
porsi a' loro disegui. Che il re d'Inghil-
terra energicamente prometteva gran-
di aiuti a Venezia e di provocarne pu-
re dalle potenze sue amiche, ed avreb-
be dichiarata la guerra alla Spagna. Che
non erano più ([uesti i secoli barbarici,
ed essersi co'tecnpi mutale anche le mas-
sime, e sminuite di troppo le forze della
camera apostolica. Ora il Papa , che fi-
nalmente s'era accorto, (j'ial poco capi-
tale si potesse far de'sussuhi del re Cat-
tolico, già titubante per timore di tirarsi
addosso delle disgustose brighe, e cono-
sceva di non poter reggere solo a sì gra-
\e impegno; concertale col Gioiosa le ma-
niere di salvare il suo decoro, gli diede
1 icoltà con istruzione solloscntta di suo
pugno di coochiudere l'accordo, e di le-
var via l'interdetto (nel i?u//. Rorn. t. 5,
par. 3, p. 253, vi è il breve di Paolo V,
/Iceiilliti'ì, de'4 aprile 1607-. Facidtas
Cardinalis eh: Joj'osa ahsohendi Du-
cent, Scnaluin, Stdlutarios, Consulto-
re^ ^et alias Rei puh Uccie T'eneliarnm Mi-
nistros eie, a censuris per eoa incursis,
nec non Interdictum a dieta Ci^'italc a-
Tììoveiidi). Allegro il cardinale, con pren-
der le poste, arrivò di nuovo a Venezia
nel dì () .aprile, ed espose nel giorno se-
guente le commissioni su^-, e le condizio-
ni della concordia. A questa si trovò un
gran intoppo, perchè una delle maggio-
ri premure del Pontefice era, che i ge-
suiti fos>ero come prima rimessi ne'[)ii-
mieri loro collegi in Venezia e nelle al-
tre citlà della repubblica: al che il sena-
to si scopiì sommamcnle renitente per
46.) V E ìN
vari molivi. Fece quanto potè il Gioiosa
per superar questa loro avversione, e vi
si adoperò anche d. Francesco de Castro
anìbasciatore del re Cattolico, ma seuza
clie alcuno potesse vincere quella pugna.
Non per questo cessò di l'arsi l'accordo.
Pertanto nella mattina de' 21 aprile fu-
rono consegnali all'amliasciatorediFran-
eia r abl)ate di Nervesa e il canonico vi-
centino, già prigioni, dal segretario della
iepid)blica,prole>itandodi darli al re Cri-
stianissimo in segno della loio gratitudine
ed ossequio, senza pregiudizio dell'auto-
rità della repubblica. Questi poi vennero
dati dal Gioiosa al commissario del Pa-
pa, mandato a tale elFetlo (ad onla di que-
sto notorio fatto, non mancano scritlori
che impudentemente vantano, che il Pa-
pa nulla ottenne, e che la repubblica si ri •
conciliò senza aver ceduto in niun pun-
to!). E'>egutlo questo preliminare, entrò
il cardinale nel collegio, dove era il doge
e i savi, e quivi a porte chiuse fu rivoca-
to l'interdetto colle censure, e similoien-
te rivocalo dal senato ogni atto fatto in
contrario. Furono anche rimessi in gra-
zia, a riserva de'gesuiti, gli altri religiosi,
e decretata la spedizione d'un ambascia-
tore al Pontefice, per rendergli grazie, e
per confermare alla Santità Sua la filiale
riverenza della repubblica. Come passasse
nel chiuso collegio la riconciliazione sud-
delta, non trovò il Muratori chi lo potesse
ficcertare. Si dee tenere per certo, che a
Pioma fu scritto, come il senato avea rice-
vuta l'assoluzione dalle censure; ma i ve-
neziani l'haimo sempre negato. Resta non-
dimeno una particolarità indubitata, cioè
che quella repubblica continuò dipoi a
mantenere costantemente i suoi decreti
intorno a' beni stabili lasciati agli eccle-
.''iastici, e alla fondazione di nuove chie-
se, siccome anche l'autorità sua consue-
ta (li giudicare gli ecclesiastici delinquen-
ti. Fu data speranza al Pontefice che quel
senato rallenterebbe fra qualche tempo
il suo rigore contro i religiosi della coin-
pagnia di Gesì»; ma non segui il ritorno
VE N
loio iti \'enezia, se non TaniioiGjy. No-
ta il Novaes, che in quest'incontro si co-
nobbe bene l'animo grande di Paolo V,
che avendo prima mostrato della fierezza
e del calore, riconoscendo poi di aver man-
calo, ebbe la virtù di retrocedere saggia-
mente piuttosto che arrischiare, ad esem-
pio di altri illustri suoi predecessori , di
pertler tulio per un falso punto tl'onore.
Afferma l'ab. Cappelletti, che la repub-
blica subito rivocò il decreto enianatodo-
pò l'interdello, ossia tutto il disposto in
opposizione alle censure, consegnò i due
prigionieri, senza pregiudizio dell'autori-
tà che avea la repubblica di giudicare ec-
clesiastici; e che le leggi sui beni stabili
non soffrirono alterazione veruna, di tut-
to trovandosi estesamente la narrazione
nel Iib. 27 Cominemorialc dell'archivio
della cancelleria ducale. E che esistono tra*
mss. della Marciana due codici interes-
santi, uno conteoenle V Hlstorìa delCIa-
lerdtllo di Venelia, sotto il pontificalo
di Paolo V, descritta da Giuseppe Ma'
latestas e l'altro intitolato: Giornale di
quanto è accadalo in Venezia durante
l'interdello mandalo da Papa Paolo V^
dalli 22 ottobre i6o5 sino li\ i maggio
1607. Trovo nella Cronaca di AI ila no
de' i5 dicendjre i858, un ragguaglio
dell' opera ora pubblicata (con anticipa-
zione di data, come avea rilevato uei-
r annunziarla nella dispensa de' io del
precedente novembre : ne riparlò nella
posteriore dispensa de'3o dicembre, col-
la dichiarazione, che il riferito sull'ope-
ra del Cornei, lo tolse dallo Spettatore
Italiano, giornale toscano di cui più vol-
te tenne proposito la Cii'iltà Cattolica
con censure) dal eh. Enrico Cornei, stu-
diosissimo delle cose veneziane, col tito-
lo : Paolo V e la Repubblica feneta^
Giornale dal 22 ottobre 1 6o5 «/ 9 giu-
gno 1 607, corredato di note e documen-
ti tratti dall' ?'. r. biblioteca di Vienna,
dalla Marciana, dal Museo Correr ^ e
dall' Archivio rie' Frari in ì enezia^
Vienna 1859 ( sic ), libreria Teudier e
V EN
compagno. Comincia l' eruJita rivista
colle parole: -•» Esso è la Storia ufjlciale
dell' interdetto di Venezia , e come tale
diventa libro di prima necessità agli scrit-
tori della storia". Farò una semplice os-
servazione : dichiarata Storia ufTuiale,
parrebbe che vi dovessero essere compre-
si e publ)licali anche i documenti nume-
rosi e preziosi che si custodiscono in Ro-
ma nell'y^rc/iiVio della s. i^cr/e, altrimen-
ti delle due parti una sola sarebbe a par-
lare! JVon avendo il piacere di conoscer-
la, mi limito solamente ad esternare tale
lusinga e giusto desiderio, onde risultare
propriamente la Storia ufficiale. Non
convengo allatto, che il pensiero domina-
tore di Paolo V " fosse l'ingrandimento
temporale e morale della Sede apostolica,
chestimava potersi conseguire mortifican-
do i governi secolari .Ebbe però l'inoppor-
tuna inspirazione (forse meglio sarebbe il
clire,deliberazioDeomisura)d'incomincia-
redal governo veneto, il più avveduto, e
il più geloso delia libertà e dell' autono-
mia che fosse in Europa; di che ebbero
aache colpa alcuni veneti (in questocon-
vengo), che per privati interessi e per in-
graziarsi colla Coite Romana, nell'inten-
dimento di grandeggiare a Roma, tradi-
rono la patria. Furono alcuni di essi che
persuasero al Papa, il timore della sco-
munica dover far cedere i veneziani in
tutto". Convengo pure: »• La voce di Ve-
nezia trovò quasi tutta l'Europa benevo-
la; e in modo che anche i principi che u-
vrebbero in altri tempi e per altre cagio-
ni anelato alla caduta di quella repubbli-
ca, per ingrandire con i suoi possedimen-
ti, co' suoi tesori, tcuqierarono l'ardore
de'Ioro desiderii, temendo che prevales-
se un principio così pericoloso". Verissi-
mo, che Giacomo I re (V Inghilterra, qual
capo della Chiesa anglicana, forse fu il
più deciso fra tulli a sosiener la repub-
blica anche coli' armi, se fosse occorso, e
tenue un linguaggio lutto proprio di lui,
d'accanito protestante, profanando il ss.
Nome di Dio che chiamava in lestiuio-
V E N 46.
nio al suo dire riprovevole, cui aggiun-
se. » Quanto agli oillcii co'principi ami-
ci miei, io li farò con tutto lo spirito ed
efficacia maggiore, e col re di Danimar-
ca e principi d'Alemagna; e so che uè ca-
verò buon frutto; col re di Spagna ed ar-
ciduca Alberto non occorre parlarne, per-
chè quello si è già dichiarato, e questo è
costretto di seguir 1' onore e la parte del-
l'altro; col re Cristianissimo io non cre-
do che vi sia bisogno, perchè ogni ragion
vuole eh' egli s'interessi per quella partii
contro la (|uale il re di Spagna si è di-
chiarato". Del resto è propriamente lo
Spettatore Italiano che dà contezza e
loda il lavoro studioso del Coruet. Ri-
marca il eh. Casoni, che se la repub-
blica colla sommissione dovuta al Vi-
cario di Cristo, tentava placar l'animo
del Papa, e co'diritli di principe difende-
re e sostenere la propria giurisdizione di
stato, il turco offrì soccorsi ad essa, ma
la magnanimità del senato non volle fa-
vorire i desiderii del principal nemico di
s. Chiesa (ma come poteva Acmet l aiu-
tare i veneziani, se il loro storico Sagre-
do a p. 5iq, ed all'anno i6o6, confessa:
» Non si può abbastanza descrivere il di-
sordine, nel quale si trovava in questo
tempo la monarchia ottomana , lacera-
ta internamente da' turchi ribelli, ester-
namente da' persiani e dagli alemanni.
Cassa principale confidente dell' amba-
sciatore veneto, deplorando la positura
infelice degli affari, s' espresse con lagri-
me agli occhi, che se l'imperatore Piodol-
fo II non facea la pace al sultano, egli
vedea periclitante la monarchia ! ... E per
questa via sortirono i turchi da un grati
laberinto. Partì 1' ambasciatore aleman-
no da Costanlinopoli, plaudito da tutta
la Turchia, benedetto da' popoli, come
restauratore per mezzo della stabilita pa-
ce della rovinante n>onarchia;baltutadal
persiano, smembrata dalla guerra civde
in Asia, divertita in Ungheria; con due
guerre esterne, e una interna; mancan-
te di milizia, di denaro, di capi; che in-
4G7, YEN
ilebollla per il governo delle femmine
sotto Meenief, e per il presente d' Acn^et
tenero e non armigero, si ritrovava in
procinto di piegare con precipizio alla de-
cadenza ! " E poi(;liè all'anno 1607 il Sa-
gredo dice soltanto, che negli » aceibi di-
spareri con la Corte Romana per la con-
servazione della ginrisdizione, e della di-
gnità del Principato, eh' è la piìi ricca
gioia del Diadema; fn curioso l'osservare
come stavano i turchi attenti alle conse-
guenze, che dal disconcio provenir potes-
sero. Volevano essere inf'orninti d'ogni
più minuta parlicolaritii"), e finalmente
tutto el)l)e termine con pieno decoro del-
la repubblica, e con soddisfazione di Pvo-
nia. La seguita concordia fu pubblicata
in tutti gli slati sì della l'epubblica e sì
del Papa con generale consolazione, ed
anche venne festeggiata, succedendo quin-
di inand)edueil disarmo delle milizie. —
Ragionato cogli storici italiani oche scris-
sero in Italia, ora convien dire come al-
cuni scrittori stranieri riferirono e giudi-
carono i narrali avvenimenti , e prima
col francese Bercastel. Dopoché il senato
ebbe notizia del monitorio, protestò con-
tro e pioibi severamente di pubblicarlo,
lì vicaiio generale di Padova, al quale il
podestà inlimava questa proibizione, a-
vendo dello che sopra ciò farebbe quello
che gli sarebbe inspiralo dallo SpiriluSan-
lo, soggiunse il magistrato. » Ed io vi fo
sapere, che lo Spirito Santo ha già inspi-
ralo al consiglio de' Dieci, di far impic-
care tulli quelli che non ubbidiranno".
Tutto il clero secolare e regolare osservò
la proiliizione del senato, fuorché i sun-
nominati religiosi; ma il risentimento del
senato contro i gesuiti in parlicolaie, fu
proporzionato agli sforzi ch'esso aveva
fatto per guadagnarli, siccome quelli fra'
legolari , che avevano col loio esempio
maggior influenza sulla condotta degli al-
tri. Fu decretalo contro di loro il bai. do
perpetuo, e che non si potesse richiamar-
li se la cosa non fosse proposta in pieno
senato, e non avesse in loro favore le cia-
V EN
que parli de' voti (meglio è leggere eoa
Ilenrion, // quinto de' suJJ'rngi). » Due
religiosi si trovarono ben allrimeoli da'
gesuiti. Paolo Sarpi, quel sì famoso ser-
vita conosciuto sotto il nome di fra
Paolo , e fra Ftdgenzio Manfredi fran-
cescano degno suo seguace si segnalaro-
no in quesl' incontro colle loro invetti-
ve contro la corte pontifìcia. Sarpi fu col-
pilo coir anatema, a cui egli s'era giù
disposto, anzi sembrava che a bello stu-
dio se lo avesse procurato. Era egli teo-
logo del senato, serviva ad esso da con-
sigliere negli alfàri di religione, e si fa-
ceva un merito presso Io stesso de' colpi
che riceveva da Roma nel vendicarlo, o
piuttosto nell'animarlo alla vendelta, e
perpetuare la discordia. Questo faceto
bestemmiatore de' divini oracoli di Tren-
to, e fra Fulgenzio suo emulo avevano
d'altronde de' principii che lor ficeva
poco temere i fnbnini del Vaticano. En-
rico IV, che fu poscia mediatore fra il
Papa e i veneziani, intercettò una let-
tera che un ministro di Ginevra scrive-
va ad un calvinista distinto di Parigi,e gli
annunziava che in pochi anni si racco-
glici ebbe il frullo de' travagli ch'egli e
fra Fulgenzio sostenevano per introdur-
re la riforma in Venezia, dove il doge e
molti senatori avevano aperto ormai gli
occhi alla verità; che non rimaneva se
non se di pregare Dio che il Papa si 0-
slinasse contro i veneziani, per introdur-
re la riforma in tulle le terre della re-
pubblica. Champigny ambasciatore di
Francia a Venezia, comunicò la copia
di questa lettera, da principio ad alcuni
principali senatori, i quali conosceva at-
taccati alla religione de' loro padri, e po-
scia in pieno senato, avendo tolto per
riguardo il nome di quel doge, eh* era
Marc' Antonio Memmo, successore di
Leonardo Donalo, sotto cui era co{nin-
ciata la dillerenza. Il cardinal Ubiddini
(allora nunzio di Parigi) racconta che
questa lettera fece impallitlire uno dt:
senatori: un altro si avanzò a dire che
V E N
la lederà eia slata immaginata ila' ge-
suiti; ma il senato disprezzando questa
imputazione, ringraziò il re dell'avviso
importante che gli avea dato (però av-
Terto che in quell'epoca era vivo Dona»
to, e il re morì prima di lui : la dilTeienza
essendo cominciata in tempo del prede-
cessore Marina Grimanì, si deve rite-
nere che il nome tolto fu quello di Do-
nato, che mostrò' fermezza contro l' in-
terdetto, e non del successore IMemmoj
l'Henrion in fatti scrisse Griraani). Fu
proibito a fra Fulgenzio di più predica-
re: fra l'aolo, ch'era per lo meno egual-
mente colpevole, ma mollo più astuto,
non riportò altro castigo che il comando
di essere più riserbato in avvenire; toc-
che non eseguì che adoperando più de-
strezza neir intorbidare. Innanzi a que-
sta scoperta si trovò il Papa molto im-
broglialo, e dovette riconoscere di aver
operato con precipizio e con disordine.
Se Paolo V si fosse da prima podero-
sainenle armato, come fece altra volta
Giulio li in simile occasione, avrebbe
verisimilmenle trovalo un eguale doci-
lità ne'veneziani ; non già ch'egli avesse
tenuto la condotta convenevole al Vi-
cario di Gesù Cristo; ma dovendosene
allontanare, come appresso lo fece, co-
minciava di là dove avrebbe dovuto fi-
nire. Tanto egli è raro (meglio direbbe-
si malagevole) che confondendo le fun-
zioni di due podestà, si vada esente da
questo abuso pel biasimo eh' egli ne me-
rita. Paolo V ricorse alle armi tem-
porali, quando sperimentò insulììcienti
le spirituali; ma i veneziani avendo a-
vulo il tempo di premunirsi, egli più non
era forte abbastanza per ridurli alla som-
inessione. Questa repubblica aveva fatto
sentile alla maggior parte de' principi,
che sosteneva la causa comune della so-
vranità. Già i duchi d'Urbino e di Mo-
dena facevano conoscere ch'essi inchina-
vano al loro partito, e il duca di Savoia
offriva loro in segreto i suoi servigi. La
corte di Madrid solto Filippo HI,, faceva
V E IN
463
il maneggio medesimo che aveva fatto
sotto suo padre e suo avolo (Filippo 11 e
Carlo V). Essa istigava i veneziani, men-
tre prometteva al Papa di ridurli a chie-
dergli misei icordia.Eiirico l Vjdiiiiostran-
do sempre lo stesso carattere, cioè sem-
pre pieno di rettitudine e probità, sem-
pre pronto a segnalare il suo attacca-
mento per la Sede apostolica, oll'erse la
sua niediazione al Santo Padre, che fu
lieto di trovare un rimedio cos'i bello al
passo incauto in cui erasi impt'gnalo. A-
veva egli finalmente penetrato la poli-
tica spaglinola ; ed essendosi attenuato
il suo primo fuoco, riconosceva chiara-
mente che la Chiesa non doveva trarre
la sua difesa dalla Spada (senza neces-
silà, e per la quale potersi e doversi, so-
stengono diversi gravi scrittori, nel di-
fendere Giulio 1! e altri Papi, i quali ri-
portai nel voi. XLV, p. gg e altrove,
dicendo delle guerre da loro sostenu-
te), della quale il Signore aveva proi-
bito l'uso al Principe degli Apusloli (la
spada o coltello del quale trovasi nel te-
soro di s. l\larco, come descrissi nel § V,
11. 70, o voi. XC, p. 291, e pare che si
volesse donare a Paolo VI). I ministri
di Enrico IV, a Roma (Carlo d' Alin-
courl ambasciatore ordinario) ed a Ve-
nezia, condussero così bene questa deli-
cala negoziazione, che tutto fu teiuiina-
10 con soddisfazione d'ambedue le jiai ti.
11 Papa rivocò le censure; il senato sop-
presse i manifesti contro esse pubblicali,
e ristabilì i religiosi eh' erano usciti da
Venezia nell'occasione dell'inlerdelto,
fuorché però i gesuiti. Per istanze che
ne facessero gli agenti di Francia e lo
stesso monarca, il senato si mantenne
inflessibile. Molli anni dopo Alessandro
VII ottenne finalmente il loro ristabi-
limento. 1 diversi scrittori non si accor-
dano fra loro sopra le circostanze di que-
sta riconciliazione (Peref, f^'ic d' [Icari
IV; Malthieuel de Serre, Hist, de Fr.;
Mezerai Abr., Chron., ec). Si legge nella
maggior parte degli storici francesi, che il
464 V L N
caldini! di Gioiosa in nome del Papa
diede l'assoluzione dalle censure al doge
ed al senato; di cui aggiunge ìMezeiai
che se ne forniò un allo autenlico. (l [i.
d'Avigny prefende al contrario ( lìJcni.
Cliron., 1.1, an. i6o j), che ilsenalo non
volle ricevere nemmeno la henedi/ione
del cardinale, per non dar motivo di pen
sare che fosse questa un'assoluzione, e
che quelli i quali scrissero diversamente
non hanno Ietto gli autori coutem()orii-
nei; locchè non è esatto, almeno nella
sua generalità. Sponde {^Amial. Eccl.,
an. I (107), autor grave e conteraporaneo,
dice formalmente che il cardinal di Gio-
iosa, accompagnato dall'ambasciatore di
Francia a Venezia, alla presenza de! doge
e di venticinque de' princi[)ali senatori,
diede a porte chiuse l'assoluzione al se-
nato, e a tutti gli ordini e sudditi della
repubblica ch'erano incorsi nelle censu-
re. Ciò siji'cc, aggiunge lo storico, in
presenza di feslimoiiii j e il cardinale
ne formò un allorché incontanente spedì
al Papa (e ciò in conseguenza del ricor-
dato ineve apostolico facoltativo di Pao-
Jo V al cardinale in cui leggo: Hanc
oh rem, Nos morcm Eccle.siae, quae ne-
mini ad se post errala hwnililer rede-
imfi clandit gremium, ciun misericor-
dia servare, farli, exeniplo Apostoli,
infirmi, ut infinnos Incrifacianius, ac
praedictoriim Regiim praemissis, nec/ion
aliorum cliristiannriim Principum, ani
prò iisdem Leonardo duce, et Sena la
praedirtis pari ter instanter supplican-
do apud Nos intercesserunl, seu inter-
cedi fecerunt,precihus honorem habere,
ac praediclorum Leonardi ducis, et Se-
rialus, et aliorum praediclorum salati
consulere paterna charilale volentes ,
Fraternitalì tuae, de cujus fide, ìnlegri-
tate, et prudcntia plnrimum in Domino
confidimus. Venetias proficiscenli, te-
nore praesentium commitlìmus, et man-
damus, quaienus si, et quando iideni
Leonardus duJC,clSenatus,aliiqueprae-
dicli in iis, quae libi signi fi ca^'imus, sa-
V E i\
fisffirlionem praeslilerint, eaquc reali ter,
et cani effectu adimpleverint, et non a-
lias, ipsum Lconardnm ducem, ac Sena-
tum Penetorum, Statutarios, et eorutn
Coiisullores, fanlores, et adhaerenles
praedictos, ab excomniunicationi s sen-
lentia a Nobis indictis, et aliis quibus li-
bel litcris nos tris, conlra eos lata, etjjro-
rnulgata, in u Iraq uè foro pcnilus, et o-
limino , auclor itale Apostolica abiolvas,
et liberes : Nec non ecclesiaslicum inlcr-
diclwn praedielunt remittas, lollas, et
relaxes, ac Sanrlis Ecclesiae Sacra-
mentis eosdeni restitnas, intposita eis poe-
nitenlia, quae libi videbitur, salutari:
ISos enim, stantibuspraeniissis, proprae-
dictìs omnibus, et in singulis faciendis,
et excqnendis, eidem Fraternitalì tuae,
tenore pi acsentium, eadcm auctorilale
Apostolica ficullalem Inbuimus, et im-
pertimur). Ma quello eh' è manifesto, e
che indicò in Paolo V una rettitudine
e grandezza d'animo eguali alla fierezza
ed al calore che avea da principio n)o-
slrato, fu il riconoscere che avea man-
calo, di ritiarre il piede con saggczz-i,
pinltostochè arriscliiare, ad esempio di
tanti altri grandi, di perder lutto per un
falso punto di onore". Fui qui il Bercastel
nella sua Storia delCristianesimo.Quasi
colle slesse parole il connazionale barone
IJenriou descrive queste vertenze. Se non
che quanto alla prima risposta che i ve-
neziani fecero all'esortazioni di Paolo Y:
Che non tenevano che da Dio il potere
della legislazione, come pure il diritto di
sovranità, fa osservare. » Il Pontefice non
lo contestava ; giacché limitavasi a soste-
nere che conveniva distinguere la mate-
ria o l'oggetto di legge per confor(narsi
alle regole ed alle consuetudini seguite,
invece di violarle, siccome facevano i ve-
neziani sotto l'influenza di Paolo Sarpi,
più nolo sotto il nume di Fra Paolo, teo-
logo del senato e frate apostata, il quale
celava sotto la cocolla d'un servila, lospi-
lito di Lutero e di Calvino". Il njede>>i-
nio Ilenrion iiella Storia de' Papi da s.
V E i>i
Filtro fino a Gregorio Xf^I, nd i ac-
contale laconicamente queste vicenile,
dice che la contesa forma unocle'piùgra-
•vi soggetti della storia del XVII secolo.
Di recente VOsst-n'nlore Romano dell'S
luglio i8jo trovò di dover pubblicare,
in proposito della discussione libera, pro-
clamata da'giornali. » Il governo della s.
Sede nelle sue vertenze interne o interna-
zionali ha sempre concessa la convenien-
te pubblicità alle ragioni esposte dagli av-
versari . .. Ma allorché ì suoi avversari
contrapposero agli argomenti addotti del-
le massime antireligiose e perverse, il go-
verno della s. Sede, riserbandone la con-
futazione pubblica come fece coli' Aati-
Febbronio di Zaccaria e colla storia di
Giannone, di Bianchi, ec, impedì nello
slesso tempo la circolazione di scritti che
arrecavano nocumento alla religione ed
alla morale. Per questi motivi soltanto
pose all'Indice le opere di fra Paolo Sar-
pi sedicente teologo della repubblica ve-
neta. E siccome i nemici della s. Sede non
mancarono giammai di citare il flitto di
frate Paolo, facendolo credere agl'incau-
ti ed agli idioti un Santarello persegui-
tato perchè difendek'a le ragioni della
repubblica contro le esorbitanze della
Curia romana, noi faremo conoscere a'
nostri questo frate Paolo, attingendo al-
la storia contemporanea e alle corrispon-
denze intime. Con Diodatijil famoso tra-
duttore della Bibbia, e con Filippo du
Plessis IVIoi nay, detto il Papa degli ugo-
notti, erano in relazione frate Fulgenzio
e fra Paolo onde introdurre il Calvinismo
in Venezia. Niuno piii dubita della ve-
rità di questo fatto, neanche i protestan-
ti stessi (vedi la Memoria della società
tedesca di K'ónisberi^a, v. i i, i832,p.
iG5-2o8, sui tentativi falli al principio
del secolo XVII per introdurre la rifor-
ma protestante in Venezia ), dopo che
Tommaso Gar (Opuscoli inediti o rari,
v, i,p. 3'^l),]J^^lntl (f^^ita di Gugliel-
mo Bcdell già cappellanodell'ambascia-
ture inglese presso la repubblica venda.
VOI. XCli.
YEN 4Gi
Enjico VV'ollon, il quale tenera le fi Li
di tulli quest'intrighi), Couroyer hanno
1 cse di pubblica ragione ((uelle lettere che
il padre Daniel avea vedute nella biblio-
teca dell'ab. d'Estrces. Il re (dice ilp. Da-
niel), fece attestare al nunzio Ubaldiui,
per mezzo del signor Villeroy la sua sod-
disfazione, per la moderazione che il Pa-
pa avea usata nell'aifare dell'abbazia di
V^angadizza ( di che leggo nel biografo
Casoni, del doge Donato: Nuova verten-
za insorgeva con Pioma, per la ricca ab-
bazia della Vangadizza, nel veneto Pole-
sine, che in sua origine restò sopita. Ne da-
rò un cenno. Voleva il i'apa conferire al
nipote cardinal Borghese l'abbazia ca-
maldolese di Vangadizza nel Polesine. Si
oppose il senato veneto, perchè a teno-
re delle leggi della repubblica i benefizi
dello stato non potevano essere conferiti
che a cittadini. Pertanto se ne lagnò col
nunzio, anche sostenendo le ragioni de'
detti monaci, che dicevano spettare ad
essi la nomina. Dopo trattative, si con-
cluse : il cardinale rinunziò al titolo ab-
bazinle, contentandosi d' una pensione ;
e fu eletto abbate commendatario Mat-
teo Priuli figlio del senatore Antonio) : gli
comunicò per suo ordine una lettera in-
tercettata, che faceva conoscere quanto
importasse che la s. Sede in questi mo-
menti si accomodasse colla repubblica di
Venezia. Questa lettera era scritta da un
ministro di Ginevra ad un ugonotto di
Parigi, di cui eccone il succinto. Questo
ministro diceva che nel suo soggiorno a
Venezia vi aveva introdotto l'Evangelo,
the fra qualche anno produrrebbe il de-
bito fruito: che fra Yu\^f;ì\i\o santissimo
predica lare ch'angelico, fiìùcaya senza [io-
sa in questa vigna ; che molti senatori, ed
in particolare il doge Leonardo Donalo,
avevano aperto gli occhi alla verità; che
essi avevano risoluto a non scoprirsi, per
ora, ma di attendere un' occasione più
favorevole; che il numero de'Ioro parti-
giani cresceva, e che non restava a' ri-
formalvri die di procurare onde si w<
3o
466 V E N
scitas.'se lina fuiova querela fra il Papa e
la rcpnhhlìca per coglier occasione d'in-
Irodurvi la religione riforniata. In que-
ste citazioni trovasi ahhondanlemenle il
mezzodì confutare le perverse apologie e
il malgoverno che oggidì taluni fanno del-
la storia. Fra Paolo e i suoi simili di ogni
tempo si cliianieranno addosso le censure
della s. Chiesa, che ognora veg'ia alla cu-
stodia del gregge allldatole da Dio. Noi
crediamo cogli argomenti e co' fatti ad-
dotti di aver a sullicienza risposto una
■volta per seenpre alle quotidiane asserti-
ve di alcuni giornali italiani alia dignità
del Papato. Il Corriere mercantile poi
non può egli aver ragione a dolersi se il
governo della s. Sede, eh' egii chiama
Curia romana, non risponde alle sue pro-
vocazioni continue. E ben strana in lui
una tal pretensione! Dal parlare di fon-
dachi e di cambi, di coloniali e di corsi,
erettosi ad un tratto Joc^or ìjì utroqne,
non fa meraviglia e compassione ad uu
tempo di vederlo far lezioni di Scriltiu a,
di Concini al Papa, a'vescovi? Conchiu-
dererno infine con nna riflessione che si-
mili falli ponevano in bocca ad uno scrit-
tore contemporaneo di fra Paolo, e che
calza a meraviglia co'nostri tempi e co'
nostri apostoli di tutte le libertà. Lesliai-
sons avec les novateurs siipposent d'or-
dinaire de deux choses Vune, ou r/iie
Fon est de leiir rcligion, ou qu'on nea
a point du toni". Fra le molte scritture
che si pubblicarono nel conflitto Ira la
repubblica di Venezia e Paolo V, ricor-
derò le seguenti. 3Ionitoria et Declara-
liones Exconimiinicalionis cantra T eiie-
ios, promulgatae a Clemente / , Sixlo
IV et Julia II, Romae lyp. Vaticana
1606. Del ven. cardinal Roberto Bellar-
mino: Eesponsio ad duos libellos infa-
voreni Réipublicae fenetae conscriplos
adversus Interdiclum PauliOuinli Pont.
Max. : Responsia ad tractaluni septent
Theologornni prò causa ejusdem Réi-
publicae : Responsio ad oppasitiones
fratris Pauli Sarpi serviiae, nec non
VEN
Jonnnis 3 farsi Hi neapolìtani. S\ trova-
no nella collezione di sue opere, delle (jua-
li nel 18)7 s'inlraprese in IMiluno altra
edizione dedicata all'arcivescovo mg."^
r>artolon!eo Carlo conte R.oniilli. Stam-
pale separatamente e in italiano conosco :
Risposta del card. Bellarmino al trat-
talo de' sette Thcologi di Penetia, sopra
l'interdetto della Santità di K S. Pa-
pa Paolo V ., et all' appo si tioni di Fra
Paolo servita, cantra la prima scrittu-
ra della stesso cardinale. In Roma pel
Facciotlo 1606. Risposta a due libret-
ti. Risposta di un dottore sopra le cen-
sure contro li veneziani. Trattato so-
pra la validità delle sconiiniiche, Ro-
ma 1606. Avendo il cardinal Bellarmino
pubblicato pel Zanetti in Roma il trat-
talo : De poteslate Sunmn Pontificis in
teinporalibus, nel ì 610 il governo proi-
bì a'hbrari di riceverlo e di venderlo, a
suggerimento di fra Paolo, come scrisse a
Roma il nunzio Gessi. Molti brani delle
lettere di tal prelato indirizzate a Ro-
ma, e riguardanti fra Paolo e il famoso
suo atnico De Dominis arcivescovo di
Spalalro, dal 1607 al 1617 inclusive,
sono riportate dal cav. Cicogna nel t. 5,
p. 608 delle Inscrizioni veneziane. Di
Francesco Ottavio si ha : Duecento e piii
calunnie, opposte da Già. Marsilio al
cardinal Bellarmino, confutate, Mace-
rata 1607. iNè voglio tacere a gloria del
sommo e santo porporato la storia ca-
lunniosa che fecero di lui ancor vivente i
protestanti: La fedele e vera storia della
morte disperata di Roberto Bellarmino
gesuita. Tale indecente libello fu seria-
mente coiifutalodal p.Gretserosuodegoo
confratello e come lui instancabile difen-
sore della fede cattolica. Cardinale Cesare
favonio padre della storia ecclesiastica:
Paraenesim ad Rempublicani venelam^
Romae 1606. Difesa delle censure pub-
blicate da y. S. Paolo Papa V contro
F. Paolo Sarpi, Perugia 1 607. Gregorio
Servanzi vescovo -li Trevico, Difesa della
potestà et immunità ecclesiastica contro
VEN
le otto proposìtìcnì di un dottore teologo
incognito, sopra il hrcve di censura di
Papa Paolo V pubblicato contro li si-
gnori l'cnetiani, Bologna 1606, Ferrara
1607. Di fr. Faolo Surpi si hanno stam-
pati e li leggo registrali e condannali nel-
V Index lihronun proìiibitorum : Consi-
derazioni sopra le censure della Santità
di Papa Paolo P' contro la repubblica
di Venezia^ ivi 1 606. Apologia per Vop-
posìtioni del cardinal Dellarinino alli
Trattati e risoluzioni di Giovanni Ger-
sone sopra la {'alidità delle Sco/nuniche.
Considerazioni sopra le censure della
Santità di Papa Paolo f contro la re-
pubblica di fcnezia. Trattalo dell' In-
terdetto della Santità di Papa Paolo F,
composto da Pietro Antonio arcidiaco-
no e vicario generale di fenelia, F. Pao-
lo dell' ordine de' Servi theol. della ser.
rep. di Venezia, F. Bernardo Giorda-
no minore osservante, F. Michel' Agno-
lo minore osservante, F. Marc' Antonio
Capello minore conventuale, F. Canili'
lo agostiniano, F. Fulgentio dell' ordi-
ne de' Servi, Veueliai6o6 (ne fu autore
il Sarpi e collaboratore l'altro servila fi-.
Fulgenzio IMicauzJO. Questi scrisse però,
Confermazione delle considerazioni del
p. m. Paolo da Fenelia, contro le op-
posizioni del p. Gio. Antonio Bovio car-
tnelitano, Veuelia 1 606). Tutte queste o-
pere slampiile in Venezia neli(3o6 furo-
no condannate e po«le all'Indice con de-
creto de'20 setleuibreiGoG. Dello stesso
Sarpi ancora dipoi lo furono. Nel 161 q,
V [Ustoria del Concilio Tridentino (il cui
MISS, autografo è nella Marciana: altri suoi
MISS, sono ncir Archivio generale di Ve-
nezia. Dice il suo biografo Fillet che tale
inss. originale fu scritto da ii. IMarco
Fanzano segretario ordinario di Sarpi; e
the i primi tnateriali di tale s'oria sono
lutti di pugno di fra Paolo). Nel iGsS, De
j'uie Asylorum. Nel 1 62 5, /Ustoria par-
licclare delle cose passate Iva il PonteCL-
cc Paolo F e la repubblica di Fenelia^
Mirandola i624' Nel 1639, Vita del p.
VEN 467
Paolo Sarpi dell'ordine de' Servì, Leida
i646,difr. FulgenzioìMicanzio. Nel 1676,
Historia sopra li Beneficii ecclesiastici
Nel 1677, Lettere italiane. Nel i (ìQ^,Sto
ria dell' Inquisizione e sua origine di fi-
Paolo in italiano, Serravallc 1G37, Ira
dotta in latino da Andrea Colvio, Roter
dani iGJf, compendiata in francese da
La lioussaye. Nel 1 754,Giusto Nave, Fra
Paolo Sarpi giustificato, dissertazione
epistolare,Co\onia 1 752. Nel 1762, Fran-
cesco Oriseli ni, Memorie aneddote spet-
tanti alla vita ed agli studi del sommo
filosofo e giureconsulto fra Paolo Ser-
vita, Losanna 1760. Nel 1837, Aurelio
Cianchi-Giovini, Biografìa di fra Pao-
lo Sarpi teologo e consultore di stato
della repubblica veneta, Zurigo i836.
Già con decreto de'iodicenibrei6o5era
stala condannala e messa nel medesimo
Indice, di F. Fulgentio Manfredi , Apo-
logia, ovvero di fensione sopra la ri/òr-
malione dell' Ordine suo, contra quelli j
che sotto pretesto di riformare lo di/Jbr-
mano (questo fr. Fulgenzio Manfredi, non
si deve confondere con fr. FuIgen2Ìo Mi-
cinzio servila, di cui parlai piìi volle e
dovrò riparlare. Del veneziano Manfredi
mordace imprudeule, massime contro la
s. Sede e riolerdelto, de'suoi errori, ope-
re e infelice fine, eruditissinìamenle trat-
ta il cav. Cicogna, Inscrizioni T enezia-
ne, l. 3, p. 296 e seg.). E' notissimo poi,
che proibita una volta dalla s. Sede l'o-
pera di un autore, rimane sotto interdet-
to qualunque versione e parafrasi della
medesima. Di fr. Paolo Sarpi ho parlalo
nel § X, n. 32, e § XVIll, n. 18, dicendo
di sua sepoltura : a' loro luoghi di altro
e di sua Storia arcana del Fonlaniui.
Il suo ritratto, dipinto da Leandro da
Ponte di LJassano, dal convento de' ser-
viti fu trasportato nel palazzo ducale e
collocalo in una stanza della biblioleca.
E nella loggia dello stesso palazzo presso
la sala del Piovego, fu posto il suo tnar-
uioreo busto fra quelli degl'illustri ve-
neziaDÌ nel 1847; Q^H'occasione gìàiain-
468 V E N
inenlatn in fine del tlogndo 88.° (lui li-
traili (li fr. Paolo è a vedersi il cav. Cico-
gna, Inscrizioni f'cnezinnc, t. 2, p. 43^',
t. 4j P- 7o3, t. 5, p. 620). Nella Biogra-
fia itnii'crsnle, Venezia pel IMissiaglia
1829, vi è con note fatte in questa edi-
zione, quella scritta da C. M. Pillet, e ri-
prodotta dalla Biblioteca sacra, Milano
iBSy. Ne darò un brevissimo sunto. Lo
chiama col nome di Pietro (col quale ù
il detto trattato Dejiirc Asyloriim e Vili-
storia del Concilio Tridentino col co-
gnome Soave Pelano, come notai parlan-
do di quello, poiché gli fu imposto nel
battesimo, cambiato da lui in quello di
I*anlo nel rendersi religioso de' servi di
Waria) Sarpi di Venezia, e lo qualifica
uno de'più violenti nemici della Corte di
Roma, secondo alcuni improprio sinoni-
mo della Sede Apostolica (1^.). Dolalo
d'uno spirilo vivace, di memoria non co-
mune,non poteva limitarsi agli studi sco-
lastici; il greco, r ebraico, le matemati-
che, lutto volle sapere. Insegnò filosona
nel suo convento fino al 1577,6 diven-
ne provinciale del propiio ordine e poi
procuratore generale in lloma, ove strin-
se relazioni col ven. Bellarmino e col d/
Navarro, di cui nel § X, n.i i. Il suo in-
saziabile desiderio d'imparare 1' induce-
va di continuo a carteggiare con tutti
quelli che possedevano, in qualsivoglia
genere, cognizioni non comuni, senza di-
stinzione di slato e di religione: egli or-
nava il suo intelletto; ma rese la sua fe-
de sospetta, e fu varie volte denunciato
all'inquisizione come frequentatore di e-
letici; onde non potè essere vescovo di
Caorle e di Nona a cui dalla repubblica
fu successivamente nominato. Tornalo a
Venezia neh 588, ove la quiete gli per-
mise d' applicarsi con più ardore alle
scienze matematiche e fisiche, alle osser-
vazioni astronomiche e fino alle dissezio-
ni anatomiche (all' architettura, per cui
gli si ntliibuisce il disegno di quell'edi-
lìzio ricordato di sopra a suo luogo), la-
vori cui sembra aver condotti non poco
VRN
lontano, ma sui quali i suoi encomiatori
gli attribuirono scoperte di cui non esi-
ste nessuna prova. Soprattutto mollo si
è parlato del suo profondo sapere in a-
natoraia, ed asserito che pel i ° osservò il
ristringimenlo e la dilatazione dell'uvea
ncir occhio e le valvole delle vene e fino
la circolazione del sangue: tultociò è sen-
za fondamento (l'annotatore lo confer-
ma, dicendo col Tiraboschi, che Griseli-
ni volendo fare onore a Sarpi di varie
scoperte di Galilei, ha mostrato egli stes-
so un'ignoranza incredibile, a tale d'im-
maginarsi che Galilei abbia dimostrato,
ci dice, dietro gl'insegnamenti di fra Pao-
lo, che l'acqua non ha gravità veruna. Il
Rambelli nell'opera Intorno invenzioni
e scoperte italiane, discorsa nella fine del
dogado 88.°, scrisse la Lettera ^j: Fra
Paolo è autore di varie scoperte e pre-
viene molti pensamenti di Locke: in a[)-
poggio ricorda diverse opere, fra le quali
Francesco Griselini, Memorie aneddoto
spettanti alla vita ed agli studii difr.
PaoloSarpi servi ta ,\ìa\m?,iaM i 76 « .Nel
precedente anno erano state stanjpale in
Losanna, e nel seguente furono messe al-
rindice con decreto del r." febbraio, co-
me dissi. Del Griselini si ha pure : Del
genio difr. Paolo inognifacoltà scienti-
fica e nelle dottrine ortodosse tendenti
alla difesa dell'originario diritto de so-
vrani ec. 5 Venezia 1785). Non ha pub-
blicato nulla di tal genere: i suoi mss.
provano soltanto che si tra molto occu-
pato di tali diversi oggetti. Si vede dalle
sue lettere che si moslrò assai vago di 1 i-
petere le osservazioni astronomiche diGa-
lilei, col quale ebbe relazione e carteggio,
e disegnare la luna quale la scorgeva col
telescopio; vi si vede che avea formalo
sulla declinazione dell'ago calamitalo un
sistema cui posteriori OiServazioni non
lardarono a rovesciare. Fortunato , pel
suo riposo, se avesse sapulo limitare a la
li pacifiche investigazioni scientifiche l'in-
quieta curiosità d'un ingegno che voleva
penetrare al fondo d'ogni cosa: le circo-
V EN
stanze lo immersero ficH'csaioe Ji quelle
delicate questioni di pubblico diritto, sul-
l'origine del potere, cui è diificile di di-
scutere senza pericolo; procedendovi cou
tutta l'indipendenza d'un intelletto orgo-
glioso, preoccupato dalla sua superiori-
tà, ed avvezzo a non deferir che a se stes-
so, calcolò per nulla le autorità più ri-
spettabili. Le cose del suo ordine Io ri-
chiamarono a Pioma neliSgv; si occupò
in seguito di questioni teologiche sulla
Grazia, in occasione delle i{uali scrisse la
sua relazione deWaCongregazioneCardi-
nalizia De (luxiliis {àtWdi quale anche in
altri articoli ragionai); ma l'iunalzameu-
lo di Paolo V al trono papale aprì al re-
ligioso servita un nuovo aringo. La re-
pubblica avendo ricusatodi ritirare o mo-
dificare una legge ch'esso Papa giudica-
va contraria alle immunità ecclesiastiche,
initiacciò questi di [)orreÌQ interdetto Ve-
nezia (nella biografia inesatta che di Pao-
lo V scrisse Desporles Boscheron, ripro-
dotta senza note nella suddetta edizione
veneta della Biografia universale ^ giu-
stamente si lodano le sue virtù e le sue
grandi doli, le cose utili e lodevoli ope-
rale, non senza taccia di un po'di durez
za e d'ostinazione; peggio ed erroneauieu-
le aggiunge , che allevalo alla corte ro-
mana vi avea attinto que' principii di
dominazione, che tendevano ad assogget-
tare in tutti gli all'ari indislintameute i
potentati secolari all'autorità della s. Sc-
ile. Il Papa non tardò a voler provare ta-
le sistema contro la re[)ubblica di Vene-
zia, la (piale tenne termo. Irritalo d t ta-
le resistenza, ardente e impetuoso niinac-
viò e poi scagliò l'iulerdelto. lutaulo la
dissensione divampò da ogni parte; gli
scrini violenti sopravvennero a invelenir
la contesa. Il dotto giureconsulto Leschas-
«ier consultato tenne le parli della re-
pubblica. Enrico IV ebbe la gloria di fa-
re l' accomoJaincuto. Ma Giacomo Les-
vhassier avvocato secolare, fu contrario
alla lego di Francia, avea pubblicato nel
i0o6: Dell' uìUicu e canonica libala del-
V E N 469
la Chiesa Gallicana! Pel suo Consul-
talio (le controversia iiiler Sunclilaleia
Paidi f etserenissaniRcinjmhlicaniJ^c-
ìietuiìi, ParisiisiGoy.ebbe da questa tra
gli altri contrassegni di gratitudine una
catena d'oro. Era in corrispondenza con
fr. Paolo e eoa Nicolò Contarini). Il se-
nato consultò i suoi teologi; e Sarpi a-
vendo pubblicalo su tale argomento uno
scritto, nel quale la s. Sede era trattata
senza riguardo, (u subilo a* 28 gennaio
1 GoG creato teologo consuUore della re-
pubblica con uno stipeiulio di 200 ducali
annui, poi aumentato pare ad 800. Egli
scrisse libri sopra libri per provare (cioè
pretese) che Roma non avea il diritto di
lanciare tali o tali censure; si belfò delle
scomuniche fulminate contro di lui, ed
ostentando sempre uu profondo rispetto
pe'dogmi della Chiesa, mosliò il massi-
mo dispiezzo per l'uso che il soviano Poti-
lefice faceva della sua autorità. Tali scia
gurale conlese duiarouo più di due au
ni, e furono alla fiue terminate per iu-
lerposizione della Fiaucia a' 2 i aprile
1G07 (Aggiunge r unnotaloi-e, riferirne
i i)arlicolari Darà nella Storia di Fenc-
ziaj e che Sagittario, diiò io teologo lu
lerano, uqW Introducilo adlIist.Ecclc
iiasticam, cìlaiS opere latine composte
in occasione di tal contesa, senza contar
quelle di G. Celtrame di Guevara arci
vescovo di Salerno e poi di Compostella,
e del francescano Giovanni da Cartage
na in favore del Papa. Di cjuesl' ultimo
mi è nota l'opera: Pio Ecclesiailica li-
beriate et poteslate IticntLi, adversus
injustas P^enetoruin Lgcs, Viomae 1607.
Ivi pubblicò poi neliGof): Propugnacu-
liiin culìiolicum de jare lndli lioniani
Ponlificis ads'crsus Ecclesiae jura i-io-
laute,). Il governo veneto, che da piiu-
cipio avea impiegalo Sarpi come leolo
go , riconobbe presto in lui un di quc-
griutellelli iiiemovibili, i quali allorché
si sono pi efissi uua meta, vi camminano
senza curarsi di quello che può costarne
a so medesimi e ii^li alili Tu consultato
470 V E N
sulle materie di stalo; ed egli si condiiS'
se nell'esame di tali materie colla stessa
indipendenza da'piegiiidizi e da'piincipii
ammessi.'! L'opinione che emise, come
teologo consulente della republjìica, per
guarentire la stabilità del governo, è un
monumento del pili odioso Machiavelli-
smo; e Darli la chiama un capolavoro
d'insolenza e di concepimenti non meno
scellerati che tirannici". L'annolatoreav-
verte, che tali parole sono d'uno scritto-
re che non vorrà accusarsi di soverchia
parzialità in favore della corte di Roma,
il conte Lanjuiriais , nella Rcviie Enci-
clopi'diqnc (Deve alludersi al libro; O-
pinione del p. Paolo servita, come deb-,
ha governarsi la repuhblica Veneziana
per avere perpetuo dominio , Venezia
i68i , benché non vi è la data. Una ri-
slampa, dice r annotatore, colla data del
1 685, che forse non è che un cambiamen-
to di frontespizio, è intitolata: Opinione
falsamente attribuita al p. Paolo ec. Si
capisce, continua l'annotatore, che i pa-
negiristi di Sarpi hauno dovuto sostenere
che una tale opera non poteva essere sua;
ma che che ne dicano Griselini ed i suoi
copisti, tale libro è realmente di fr. Pao-
lo; le ricerche fatte da Darà negli archi-
vi segreti di Venezia, non gli hanno la-
scialo nessun dubbio io proposito. Ma il
cav. Cicogna, Inscrizioni Veneziane, t,
3, p. 5o7, riporta una lestimouianza del
p. Giovanni degli Agostini, la quale av-
verte essere l'opera d'un bastardo della
veneta casa Canal; e con più importanti
nozioni ne riparla nel t. 5, p. 6 1 8). Il se-
nato gli avea concesso nel 1607, l'adito
agli archivi dello stato; egli vi fece nu-
merosi spogli, che commentò, e dopo la
sua morte tale raccolta fu trasportata a-
gli archivi segreti, che Darìi ebbe lutto
l'agio di consultare per comporre la sua
storia. Fra Paolo, prosiegue il suo bio-
grafo Pillet, fu un dotto, un politico, uno
scrittore valente, ma talvolta un odioso
consigliere del tribunale de'Dieci. lu uu
paese in cui gli assassinii non erano rari,
V E N
in un secolo in cui il pugnale del fanati-
smo si affilò sì spesso contro i re di Fran-
cia Enrico II! ed Enrico IV e fini col-
l'immolarli, non è da stupire che la vita
d'un tal uomo sia stata minacciata. Una
trama fu ordita contro il Sarpi; e fu il
caidinal Bellarmino, il suo più intrepido
avversario, che glie ne die il i." avviso.
Obbligato ad incedere cauto , non usci
più che vestito d'una maglia sotto la sua
tonaca, ed accompagnato da un frate lai'
co del suo convento, ch'era armato d'un
moschetto, in una città dove la delazio-
ne d'armi da fuoco era punita di morte.
Ciò non impedì che fosse assalilo ad al-
cuni passi di distanza dal suo convento
a'5 ottobre 1607, da 5 sicarii che lo col-
pirono con molte stilettate. Fu ricondot-
to nella sua cella semivivo , e con una
mascella traforala d'uno stile che gli as-
sassini non avevano avuto tempo di svel-
lere. Il senato al primo sentore di tale o-
dioso assassinio, levò incontanente la ses-
sione: i senatori si recarono in gran nu-
mero ad informarsi dello stato del feri-
to: il consiglio de'Dieci ordinò invano se-
verissime perquisizioni contro gli aggres-
sori, i quali erano fuggiti , e chiamò da
Padova Fal^ricio d'Acquapendente, il più
famoso chirurgo d'Italia , per medicare
l'infermo a spese dello stato, finché fosse
uscito di pericolo. Quando fu risanato, si
raddoppiò il suo emolumento, e gli si of-
in stanza presso la signoria; ma egli pre-
ferì di continuare ad abitar la sua cella,
donde non uscì più che di rado. Come
procedeva con riserbo nel convento , e
come incedeva per Venezia, col portare
il giacco, la manopola e forse anche al-
tre armi, come pure armati andavano i
frali che si conduceva dietro, può veder-
si il cav. Cicogna, Inscrizioni Venezia-
ne, t. 5, p. 612. Nel 161 8 il senato gli
ordinò di scrivere la storia della prelesa
congiura del duca di Bedmar coutro Ve-
nezia, della quale parlerò più sotto nel
dogadoya.", e si decise in seguito che non
sarebbe pubblicata. Se deve credersi a
V E N
Gregorio Leli, allorché Antonio J.ifTier,
sulla deposizione del quale erasi coaiia-
ciato il processo, fu condannalo e messo
;i morte, venne scello fra Paolo per ac-
compagnarlo al supplizio, ed esortarlo a
ben morire, ma tale fitto senìbia assai
dubbioso a D.uù. Continuò vSarpi ad
a[)plicarsi con infaticabile ardore al lavo-
ro delle sue opere, e de'considli quasi o-
i^ni giorno a lui cliiesti dal governo, fnio
cdla sua morte avvenuta a' i4 gennaio
1623. Straordinari onori furono resi al-
la sua memoria. La repubblica» commi-
se a'suoi ambasciatori di notificare tal
perdila a lutti i potentati d'Europa; de-
cretò l'ei ezione d'un superbo monumen-
to di marano per esser collocalo nella chie-
sa de'serviti, ma il n»ar!no fu ritolto al-
lo scultore per essersi opposto Urbano
Vili, poiché la luolliludine parlava già
d'invocarlo come santo (dell'alterazione
del Papa, ne scrisse al doge l'ambascia-
lore di lioma Piaiuieri Zeno, il quale lo-
da » la prudente dehberazione presa
d'intermettere prò nnnc questa poco ri-
levante (accenda per conciliarsi con que-
sta dimostrazione di compiacenza l'ani-
mo della Santità Sua, già che quello non
si vuole viva nelle pietre, viverà ne'no-
stri annali con minor rischio che dall'cda-
cilà del tempo resti consumato"); ed as-
sicurò i correligiosi della sua protezione,
e d'allora in poi finché durò la repub-
blica , il suo teologo consulente fu sem-
pre scelto tra essi. La relazione de' suoi
idlimi momenti, stesa da'suoi confratel-
li, e diretta al senato, certifica che avea
ricevuto gli eslieiui sagramenli culla più
edificante divozione. » Sarebbe assai tri-
sta cosa il non veliere che un miserabile
ipocrita in un religioso onoralo di tanta
considerazione ! Ciò per altro risullereb'
be da numerose lestimouianze, le quali
hanno fatto dire a Dossuet (nella Storia
delie i>ariazioni,\n un paragrafo che con-
tiene il suo giudiaio ragionalo sopra fra
paolo), che sotto la cocolla Sarpi ascoQ-
deva UD cuore calviuislM; the adoperava
VEN 471
sordamente a screditare la messa cui di-
ceva ogni giorno ..., e che non tendeva
che ad indurre la repubblica a separarsi
interamente, non solo dalla corte, ma al-
tresì ilalla Chiesa romana. I suoi difenso-
ri hanno lassato ciò di calunnia, hanno
asserito false le attestazioni di Burnet,di
Bedell, di Bayle, di Le Courayer (tradut-
tore in francese della sua Storiadcl con-
cilio eli Trento), ec: hanno negalo l'au-
lenticilà delle lettere stampate e d'alcune
delle opere pubblicale col suo nome. Sfor-
tunatamente per la sua memoria, 1' esa-
me degli archivi segreti, di cui Darò ha
avuto comunicazione, ed altre scoperte
recenti, non hanno che troppo conferma-
lo le asserzioni di Bossuel (qui la biogra-
fia cita quella del protestante e pastore
ginevrino e oriundo lucchese Giovanni
Diodati,tradutlore in italiano della s. Bib-
bia che deturpò co'suoi errori e per»;iò
riprovata, ei .°tradtiltore in francese del-
la Storia chi concilio eli Trento, inferio-
re a quella di Courayer: in un viaggio
che fece a Venezia ebbe molli colloqui
con fra Paolo e con fra Fulgenzio, e con-
vennero tra loro d'introdurre la prelesa
riforma religiosa in Venezia). Uno scrit-
tore piole$[an[e (htihvel, magazzino sto-
rico, stampalo a Lipsia), ci narra che nel
1G09 G. B. Linckh agente dell'elettore
Palatino^ ebbe un abboccamento con fra
Paolo, il quale con fra Fulgenzio suo
confratello, dirigeva un'associazione se-
greta d'oltre mille persone,di cui trecen-
to patrizi delle primarie famiglie, nel fi-
ne d'introdurre la religione protestante
in Venezia. Essi allendevano per mani-
festarsi, che la riforma si fosse introdot-
ta nelle provincie tedesche limitrofe del
territorio della repubblica (appunto sot-
to gli auspicii del Palatino Federico V
capo del parlilo protestante di Germa-
nia, della cui ribellione e sforzi riparlai
uel voi. L, p. ic)^)". Qui il biografo di-
scorre della lellera inlerceltala da Enri-
co IV. Dalle lettere di fra Paolo al dot-
to proleslaule ginevrino Casaubouo , si
47 1 ^ J^ ^
trac (li procurargli un asilo iiell' Ingliil-
terrrt, nel c-iso che si vedesse costretto di
lasciare l'Italia (Delle lettere attribuite a
fra Paolo e dirette a Fi'ancesco Castrino
ugonotto, ed altre simili, sono a vedersi
i dubbi riferiti dal cav. Cicogna, Inscri-
zioni f^'enezitrne, t. 3, (>. joy. Si sotto-
scriveva: Fr. Paulo di J^enelia. Nel t. 5,
p. Gi2 e 6ig, ragiona delle persone so-
spette che fra Paolo trattava in Venezia,
del coniDìercio di sue lettere con Fran-
cia, Germania e Inghilterra, e di quelli
che scrissero de'tentali vi fiitti da fra Pao-
lo per introdurre la riforma profestante
in Venezia, come G. Mohnicke, e il ba-
ione Alfredo Renmonl). Indi il biografo
passa a parlare della raccolta di sue ope-
re più volte stampate in Venezia, an-
che colle false date di Ginevra ed llclm-
st.idt. Fra le non ricordate di sopra so-
no le seguenti (la prima però che va a
dire, già la rammentai piìi addietro).
Storia degli Uscocchi, continuazione di
quella di Minucci Minuccio di Serra-
valle arcivescovo di Zara. Discorsn dog-
matico e politico stili' origine, la na-
tura ce. de' Beni ecclesiastici, Avignone
(Parigi) lySo. Della giurisdizione di
P'enezia sul mare Adriatico (il cav. Ci-
coQun, Inscrizioni Feucziane,\.. 4.p. 7o3,
parla del fonte donde Ira Paolo ricavò le
quattro di lui scritture &\x\ Dominio del
marr Adriatico della serenissima Re-
puliblica di f^enezia), \.ra(}o[la in latino
dal veneto Nicolò Crasso, De j'urisdictio-
ne reipublicae venetae in mare Adriati-
cuni, EleuteropoIiiGiq (questi è l'auto-
re lìeW Antiparaenesis ad Cardinahm
jìaroniuni prò repuhlica veneta, Pala vii
j6o6). // Principe di fra Paolo o Con-
sigli politici rivolti alla nobiltà di Ve-
«fiw,Berlino I 7? I .'5 Tale libro, tanto più
rotabile quanto che è assai noto, fu scrit-
to nel i6i5, [)er UsO dcgl' inquisitori di
^lato. Darìi ne cita le massime piìi im-
portanti, alla fine del lib. 29 della sua
Storia di J 'inezia. Eccone alcune: nelle
cv'iilcsc Ira'qobili; casUgaic il incuo pò-
V E iV
lente; tra un nobile ed un suddito, d u*
sempre ragione al nobile; nella giustizia
civile si può osservare una imparzialità
perfetta. Trattare i greci come animali
feroci; pane e bastone, ecco quel che lo-
ro bisogna; serbiamo l'umanità per una
migliore occasione. Se si trovano nelle
Provincie alcuni capi di partito, convie-
ne sterminarli sotto un pretesto qualun-
que, ma evitando di ricorrere alla giu-
stizia ordinaria. Che il veleno faccia l'uf-
fizio del carnefice; ciò è meno odioso, e
molto più proficuo ". Vi è il libro , La
giustificazione di fra Paolo Sarpi o Let'
tere d'un prete italiano (Degol >) ad ita
magistrato francesc[S.'2^\e.\),V<\v\g\ 1 8 r 1 .
Non è che un sunto del suddetto Grise-
lini più enf itico e più esaltato ancora del-
l'originale. Il Griselini fu confutato dal
celestino p. ab. Duonafede o Agalopisto,
un' Ritratti Poetici.(^iì!\n[o alla Storia del
concilio di Trento, Bossuet dichiarò sul-
la sostanza dell'opera e con ragione, chu
fra Paolo « non è tanto lo storico, quan-
to il nemico dichiarato del concilio di
Trento". Non si può negare, dice il bio-
grafo, che questo libro fu scritto con mol-
ta arte: l'autore, evitando sempre di e-
sporre i suoi propri sentimenti, si limila
il più delle volte a citare i passi o le pa-
role di quelli che hanno combattuto i de-
creti che non gli piacciono; ma fa ciò in
un modo che, prestandogli fede, i pro-
testanti hanno sempre ragione, ed i Papi
sempre torto! Siffatta malignità , o se
vuoisi tanta mala fede, è spinta al pun-
to che gli stessi calvinisti ne furono inili-
guati. Posto all'Indice colle fpialificazioni
più forti, fu confutato nella stessa Vene-
zia da Filippo Quarti col libro: Ilistoria
Concila Tridentini Petrì Soavis Polanì
ex autorisniet asserlionibus confutata,
VenetiisiG55.Mafu meglio confo tato dal
l*al laviciiio colla sua celebre Storia, pub-
blicata n^l 16 >6, colla scorta degli alti o-
liginali custoditi negli archivi della s. Se-
de. Trovasi in (ine l'enumerazione di 3Gi
punti di fitlo^ su'quali Sarpi e convinto
1
VE N
ti', 1 ver ailerala o travisala la verità, oltre
una moltitudine di altri errori. Dasla leg-
f^ere quella lunga lista, a cadaun artico-
lo della quale sono indicale le prove giu-
stificanti, per persuadersi non esser vero
che tali errori si riferiscono soltanto ad
oggetti di poca importanza , siccome o-
steiitanodi dire gli apologisti di fra l^ao-
lo. Tertuina la biografia con dare noli-
zie delle diverse edizioni e traduzioni del-
l'opere di fr. Paolo Sarpi, e di quelle i-
nedite,di sua tumulazione nella chiesa de'
iServi e traslazione in quella di s. Miche-
le di ÌNlurano. — Onorato e distinto fra
Paolo dalla repubblica di Venezia, aman-
tissimi delle grandi memorie di questa i
veneziani antichi e moderni, più o meno
professando i di lei principii, con patrio
.•nuore ne propugnarono l'operato; (piin-
tli era ben naturale che scrivessero van-
taggiosamente del d' altronde dottissi-
mo e di vasto ingegno religioso servila
ciinciltadino, con maggiore o minore en-
tn>iasmo, ed altri con moderazione. A
saggio del tanto scritto a suo favore, de-
gli idlimi discreti, dirò alcune altre pa-
iole, senza ripetere i dettagli del già rife-
rito, di quanto cioè si legge nelle opere
(Il diieglorie letterarie viventi dell'odier-
na Venezia, il cav. Cicogna ed il cav. I\Iu-
tinelli. Illustrando il i ." nelle si\e I/iscri-
zioni Fenezirine la chiesa di s. IMaria de*
iServi, t. I, p. gì, eruditissimamente ra-
giona dt fra l'aolo Sarpi, nato in Vene-
zia a'i4 agosto I 552 (avvertendo di es-
ser oriundo friulano, perchè suo padre
Francesco era da s. Vito del Tagliamen-
\t) e così gli ascendenti suoi, ed ivi lut-
loia sussiste la casetta ove nacque il det-
to geintore nella contrada Codornada),
ivi morto la notte venendo ili 5 gentiaio
1G23, d'anni 71, riparlandone altrove,
cioè ne'Iuoghi che ricordai nel ^ XVllI,
n.i8 citati. Lo dice dotato di meravi-
gliosa raemoria,d'ii)gegno vasto.di gran-
ile erudizione; possedeva quindi le lin-
gue, 1.1 filosofia, la teologia, il diritto ca-
uuuico e civile, la storia; la medicina, la
YEN 473
nolomia, la chimica, le matcuìaliche,
l'architettura, in breve conosceva tulle
le scienze, e in tulleera profondo. Fa cen-
no delle scoperte attribuitegli e di sue o-
pere, e che Ira quelle che mss. lasciò mol-
te perirono nel fatale incendio che arse
tutta la libreria de'Servi (incendio me-
raviglioso che del convento arse il solo
piano superiore, cioè quello della libre-
ria, dov'erano raccolte quasi tutte le o-
pere eterodosse, che tenevano alle opinio-
ni di fra Paulo, e che a lui venivano da
tutte le parli). Alcuni dc'suoi scritti per-
chè favoreggianli la repubblica al tem-
po delle no Lis siine di/J'erenzc con Pao-
lo Fy gli procacciaroBO de'nemici, e fu-
rono forse cagione di que'3 colpi di stilo
che gli vennero vibrati alla testa per uc-
ciderlo ; stilo che in memoria dell'avve-
iiimenlo era appeso a' pie di un Croce-
fisso sopra l'altare di Verde dalla Scala
nella chiesa de'Servi col motto : Dei Fi-
lio Liberatori, e il quale stilo passò ia
pus>esso del nubile cav. Lorenzo Giusti-
mani. Immenso novero di scrittori par-
lò di fra Paolo, ma egli solo riporta (j o-
perecon notizie bibliografiche. Viene poi
a dire delle due iscrizioni che illustra,
narrando che fra Fedgeuzio ìMicanzio a
sue spese voleva porgli una iscriziope se-
polcrale, ma il convento noi permise. Il
Senato a'7 febbraio 1 (rzj avea decretato
l'erezione d'un moiuunenlDj e Girolamo
Campagna ne avea d.ilo il disegno ; se
non the tiattandosi d'un uomo la cui or-
todossia fu allora soggetto di grande que-
stione,il governo per un tratto della solita
sua politica ne sospese l'esecuzione. IMa
nel I 722 riCibbricandosi l'altare dellMd-
dolorata, si trovò il corpc» dieirodiesso na-
scosto per sottrarlo al pericolo delle più
volle tentale rapine. Dopo la fabbrica fu
deposto nel medesimo silo, con epigrafe,
e dentro la cassa ne fu collocata altra iu
pergamena che sono le due suindicate ;
e vi restò chiuso sino al i 742, in cui nuo-
vanienle si rifabbiicò 1' alture, e poi fii
rcsliluilo ucllo stesso luo^o. Moutrcfa-
474 V K N
«;evnsi voti che avesse l'onore d'atia tom-
ba palese agli ocelli del cittadino e del
loieslieio, ileniolita la chiesa, e poiauclie
ralt;Me,al modo che i^ià dissi nel § XVI li,
n. i8, per cura del pi efato cav. Cicogna,
[e ceneri del Sarpi nel i8?.8 si traspor-
tarono nella chiesa di s. Michele di Mu-
rano,ove gli [)Ose l'iscrizione da lui com-
posta. Inoltre essendo slato deposto nel-
la chiesa de' Servi ha Fulgenzio Mican-
zio, il cav. Cicogna illustrandone l'iscri-
zione sepolci ale, descrive quanto in coiii-
pLiidio ripeterò. Nato l' 8 giugno i.^yo
nella terra di Pas8Ìrano,r) miglia distan-
te da Urescia, vestito l'aUito de'Servi nel
i5r)0 fu mandalo a Venezia, ove per la
sua indole egregia il Sarpi sei fece fnini-
gliare, il diresse e istituì col metodo di
ordinarie lezioni, ma alla socratica, in-
giimgendogli cioè di leggererpiestooipiel
libro e di slu'liaivi S(i[)ra investigandone
la verità e tufìslrandoue gli errori. Nel
i5q7 andò a Mantova a insegnare la sco-
lastica teologia, e passato in Roma nel
1600 fu licenzialo pel grado del magi-
stero. Poscia in Bol-igna venne laurealo
e promosso professore ili teologia. Insor-
te le discussioni ha Paolo V e il veneto
senato, intorno ad alcune leggi riguar-
danti i beni ecclesiastici, ed eletto con-
sultore della repubblica il Sarpi, questi
scelse con se assistente il Micanzio, il cui
pronto ingegno e sperimentala fede gli
erano notissime. Lisciata dunque nel
1 606 la cattedra di Bologna venne a Ve-
nezia Fulgenzio al servigio e del Sarpi e
della repubblica, dal quale indarno cer-
cò di sviarlo e con promesse e con mi-
nacce alcuno de'suoi. IL in effetto fu sem-
pre indivisdjile compagno del Sarpi, il
quale al Micanzio paiiecipiva ogni sua
idea, lui voleva confidente, e per lui vo-
leva che passassero tutti gli uffizi che gli
si facevano. L' incarico dal Micanzio fu
sostenuto con somma riputazione e con
approvazione del senato, in modo che fi-
no dal 1607 gli fu assegnato pubblico sti-
pendio con titolo di cousulloie teologo ;
V E N
stipendio che si raddoppiò nei 1608, e
quando il Sarpi venne a morte nel 1623
fu il IMicanzio eletto in luogo suo consul-
tore, e non molto dopo revisore delle
bolle e de' libri, ministeri ambedue im-
portantissimi e di suo grandissimo ono-
re. Fra Fulgenzio non sola mente era som-
mo teologo, politico e giureconsulto, ma
anche valente oratore, e profondo fisico
e matematico, comesi riconosce dalle let-
tere a lui scritte dal celeberrimo Galilei,
il quale reputava sommo favore ed ono-
re il potersi gloriare d' essere stimato
degno della sua protezione, e come rav-
visasi dall' intima amicizia e corrispon-
denza che avea co' piìi illustri maletna-
tici e astronomi di sua età. Mori a'7 feb-
braio 16 54 d'anni 83, e gli furono fatte
solenni esequie con orazione funebre re-
citala dal p. in. Fausto Zerboni. Nel i GQ 7
fr. Domenico suo nipote, priore del con-
vento, gli et esse un monumento con ele-
gante epigrafe, che illustra il cav. Cico-
gna. Nell'archivio generale vi sono 12
volumi di consigli o consulti da lui det-
tati, e presso il eh. d."^ Giovanni Labus in
Rlilaiio tiovansi parecchie sue soiilture
versanti sopra oggetti giurisdizionali. Ol-
tre a quesle opere, avea lasciato alla li-
breria de' serviti 7 volumi d' altre cose
sue, e d p. Berganlini possedeva il Ra-
tionarinni Itiiiporuni, del Sarpi, che Ful-
genzioavea continuato dal 1622 al i63i.
Ma all' encomiato Labus devesi la sco-
perta, che la Vita del Sarpi stampata
per lai. 'volta a Leida nel 1646 è incon-
trastabilmente scritta da lui. Fra gliscrit*
tori che parlano di fra Fulgenzio si pon-
no pe'priini annoverare quelli che trat-
tarono della vita e opere di fra Paolo, e
(pielli notificali dal cav. Cicogna, e pre-
cipuamente il d.' Labus, che raccoltone
le notizie scrisse un articolo biografico in-
torno al iMicanzio. La delta epigrafe dal-
la cappella maggiore della chiesa fu tras-
ferita nel chiostro del seminario patriar-
cale. — Il cav. Mulioelli negli Annali
Urbani di Venezia j a p. 53o, si è distia-
V E N
to colle sue vaste cognizioni di patria
istoria, Q^assime urbano, per cui è bene
eoo lui riprodurre alcuni particolari inte-
ressanti a cbiarire avvenimenti così divul-
gati e clamorosi, che per la loro complica-
zione, io non poteva dir meno. Dopo aver
egli premesso un'indicazione sull'origine
del notis<:imo contrasto tra la repubblica
e Paolo V, nel passare a spiegarne gli effet-
ti nella sola Venezia avvenuti, comincia
da un cenno biografico di fr. Paolo Sarpi,
descrivendone l'ingegno vastissimo, le sue
dottissime e molteplici cognizioni e sco-
perte della contrazione e dibitazione del-
l' uvea dell' occhio, e forse quella pure
de'la circolazione del sangue, che lo fe-
cero chiamare da Galilei nel comunicar-
gli le sue nuove scopei te intorno Sa-
turno e i movimenti di Venere, coinitn
padre e maestro, njfenuando che assi-
curar potci'a senza iperbole che ninno
di cognizione nelle matematiche in Eu-
ropa oltrepassavalo. Indi continua a di-
re : Sopravvenuto pertanto il romano a<;-
salto^e giusta mente seni brando esser quel-
lo un all'are di sommo rilievo, valevasi la
repubblica della dottrina di Antonio Or-
telio, di Gioacchino Scairii e di Alare' An-
tonio Pellegrino, giureconsulti suoi fa-
mosissimi, ma precipuamente di quella
di fr. Paolo. Le rimostranze e le ragioni
per iscritto e per voce di ambasciatori,
addotte dietro i concigli di Sarpi, da Ve-
nezia a Paolo V, non furono però bastan-
ti a rimuoverlo dalle sue pretensioni, per
cui emanò la narrata scomunica, pro-
mulgata con monitorio adisso in Roma
o
a' I 7 a[)riIei6o6, e sparso in tutte le cit-
tà d'Italia. -•> Al giunger dell' amara no-
vella tutta Venezia fu a pie degli altari,
lutti i cuori a pietà vòlti e a supplicazio-
ni verso a Colui, che giudica gli uomini,
acciocché in meglio mutar volesse l'ani-
mo del Pontefice, ed a conoscere il muo-
vesse le ragioni, la verità e la giustizia
della causa delia repubblica. Nel mede-
simo tempo, alljssi sopra lutti i cauli del-
la città, si pubblicavano due baadi. leu-
V E N
47 o
poneva il i ."die nessun cittadino sotto pe-
ne gravissime tener [lofesse [)iesso di se
copia del monitorio; dichiara vasi nel 2."
come indebito, ingiusto, irrito e nullo il
monitorio medesimo, ma essei- mente del-
la repid>l)lica, ferina, inconcussa, irrevo-
cabile di voler per>e\eiare nell antica a-
vita fede caltohca ed apostolica, e nella
consueta sua affezione e nell'ossequio ver-
so i romani Pontefici. Così iiiidamlo «
scoppiar la fulgore minacciala da Paolo
V, partivansi dalla città a'g maggio, non
volendo es^er colti dall' anatema, i ce-
suiti, cui già molto amore dimostralo si
aveva, cui sì dal pubblico, come da'pri-
vati erano stali conceduti, insin da' pri-
mi anni della creazione, grandi benefizi;
parlivansi i cap[)uccini, i frati minori ri-
formati, e que'di s. Gaetano Tiene, dono
aver tolte le funi dalle campane, consu-
mate tulle le ostie sag(ale,e celebrata una
messa bassa, che terminarono senza da-
re al popolo la benedizione, lasciando pe-
rò istruzioni e avvertimenti a' pochi di-
voli al loro nome, l'r i maggio. Dimo-
strando intanto i cittadini il più grande
zelo per mantenere la indipenilenza loro,
e volonterosamente offerendo qunuto a-
vevano di vita e di sostanza in difesa e in
[latrocinir) della patria, ove uiai si ave<se
voluto pure assi! irla colle temporali ar-
mi (nota l'anualista : Il Papa domaiulava
al re eh Spagna protezione e soccorso per
domare con le armi uomini, cui le sue
censure non alleni vano); tulli gli altri ec-
clesiastici poi, tanto secolari, quanto re-
golari, ubbidienli alla volontà tiella si-
gnoria, continuavano ti anqiiillamente
nell'esercizio del sacro lor ministero. Con-
fortata per questi fitti Venezia, e perciò
sempre più salda ne' suoi principii. sco-
raggiato, al contrario, andava il Ponte-
fice, onde incominciando a conoscere la
necessità di una riconciliazione, volgera-
si a (|ueirclfetto ad iìnricolV re di Fran-
cia. Stabilito pertanto dal sommo Iddio
che un re stalo eretico compor dovesse le
differenze sorte tra uno stalo cattolico e il
470
V E i\
l'ii'.toi' supieinotle'callolici, mollo destra
iiMiilc per il cardinal di Gioiosa eia con-
cilila a line la vertenza gravissima. Ma i
p,ii liyiaiii della corte di Uoma andavano
spargendo certi libelli, iu cui dicevasi che
le pontificie prelese erano slate pcrfet-
Iciinciile so>lenute ; u'tjuali scritti Vene-
via non lasciava di rispondere con altro
\\\\\\o\i\\o: liiforiiuizioiic jìdrticolurcdcL-
/'</c'f6i///orZrtme/i^j,sniasclicrando le pro-
palale falsità. Or Ira [)er questo, tra per
gli avvenimenti precorsi,aci:adeva che ri-
tornando Paolo Sarpi, anima esosleni-
1(11 e caldissimo «Iella veneziana causa, sul-
I'hIj!)! unarc ilei 5 ottobre 1G07 ilal pa-
li/zo ducale al suo convento in compa-
gnia di uu h". Marino laico, e di un A-
Jcssandro Malipiero, vecchio gentiluomo,
nsialilo i'os.>e, couic calava il ponte di s.
l'osca, improvvisamenle e precisamente,
ilietro gl'uidizi dali,da un Michele Vitri
Jjeigamasco, da Uidolfo l'ouia, da Ales-
sandro l^arasio d' Ancona, da Giovanni
da Firenze e da Pasquale da Bitonto, uo-
mini d'arme qucsl' ultimi. Scaricate da'
bicarii alquante archibugiale,alìine di al
terrire, oltreché il laico e il ftlalipicro, i
vicmiche avessero voluto accorrere a fra
l'aolo, alcune feiisnVme, capoliu facendo
dalle iinestre delle case loro, vedean per-
cosso fieramente in varie parli del corpo
il consullor teologo della repubblica, dar-
glisi due ferite nelle scapole, ed una nel-
l'orecchia destra, che andava a riuscire
Ira il naso e la guancia pur destra. Ca-
duto a terra fra Paolo e già morto repu-
landolo, gli aggressori prestamente invo-
lavansi, senza nemmeu curarsi d estrar-
le dalla ferita lo stilo, già litio e mollo
torl(j riujasto nell'osso, per passare, pro-
iiltando della notte so[)ravvenula, iu fo-
restiero dominio". Prosiegue lo storico a
Jiairare le cure generose che tosto calo-
, rosumenle prese il senato per la guari-
gione del Sarpi e per trovare gli assassi-
ni, e poi a preservarlo da altri pericoli,
nel pubblicare premio a chi scoperto o
rivelato avesse alcuu'altra iusidia contro
YEN
l<i vita del couiultore 1 is^ieltalo eJ ama-
lo, per la cui sicurezza maggioresi dispo-
se che avesse decorosa stanza presso il pa-
lazzo ducale, ricusata dal religioso, rad-
d()[)piandogli gli slipeudii. Durante l'in-
fei a»ilà fra Paolo, dispoueudosi alla mor-
te, sinceramente perdonò a suoi nemici,
non si (juerelò del male, uè formò giu-
dici sulla derivazione dell'assassinio, e pe-
rò non è punto vero ch'egli sclamasse:
/l-j^nosco alylnm Roiiiaiiac Curiaej col
viic abolo stylam ironicamcule volendosi
dall' inventore dell" esclaujazione allude-
re al coslutne e modo di procedere dal-
la Ctiriu /ìomrt/<<3, facendone quasi un ca-
luiinioS(j sinonimo di stilo specie di pu-
gnale ! Uisanato che fu, il valente chirur-
go Fabrizio d'Acquapendente, ricusando
mercede, come talvolta ficcva con altri
suggelli distinti, la repubblica gli donò
una grande e stupenda tazza d' argento
coll'impresa di s. Marco, che Fabrizio col-
locò nel suo gabinetto ricco di molti rari
e preziosi presenti fatti a lui da diversi
personaggi italiani e stranieri, sulla cui
porta avea posto il molto: Lucri ne-
piceli liicruni. Termina il cav. Mulinel-
li, con dire della morte naturale e delle
tornile di fr. Paolo Sarpi. Termino io pu-
le dennitivamente questo imporlanlissi-
nio alfare i\iA\' Inlerdeilo (che diede la i ."
e pili polente scossa morale a lulta l'Eu-
I ()pa)colla citazione del cap. i ,t. 7, parte r/
della Storia documentala di f-^e/iezia
(pervenutami quando già io avea invia-
lo a Venezia il mio mss. Nelle rapide oc-
chiate che vi ho dato, priucipalmente mi
fece impressione quanto riguarda il car-
dinal Caronio. Noa intendo allonlanar-
uti dal protestato più sopra, cioè di ces-
sare uel declinar del secolo XVI dal gio-
varmi di sua opera, tranne questa sola
tocezione. Le poche parole che dirò, so-
no la conseguenza d'aver consultato per-
sone idonee qui in Roma ed a Vene-
zia, a schiarimento del delicato argo-
mento) del più volte lodato prof. Ro-
rjanin, cui spero non sleu per fare iuu-
V E N
lile seguito, a librar i) vero, lulte le par-
tìcularìlà, che qui raccolsi e ili persone
e di fatti; ed al quale estendo tutte le
osservazioni, che ho già premesse a prin*
cipio intorno a massime di giurisdizione,
iminunilà ecclesiastica, ed autorità pou-
lificia. Sono anche in debito di avvisare,
che la massi tua che sarebbe attribuita dal
codice Cicogna (e quindi dal prof. Ro-
manin) al cardinale Haronio, quella cioè
che sia del mmistero di l'ietro tanto il
pascere le pecore, che ammazzarle e
mangiarle, e che tale ammazzamento
non sìa crudeltà, tna atto pietoso, per-
clù', se perdono ilcorpo,sah'ano V anima,
non doveva, né dev'essere mai posta che
Ira le favole più invereconde a carico di
tanto insigne luminare di s. Chiesa qual
fu il Daronio, la cui moderazione e bontà
d'animo è posta al di sopra d'ogni calun»
nia dalla stessa fìnaledel suo già citalo li-
bro : Carsaris Baronii etc. Paracnesis
ad Rempiiblicarn T enetaì?ì,(]o\e leggesi :
5j La Chiesa non odia nessuno; essa ci
ammonisce cogli scritti di amar gii ini-
mici, e io insinua colle parole. Ella non
perseguita ed odia che il peccalo. S. Ago-
slino medesimo a INIassiuiino, donatista
e ca[)0 d' eretici, dà il titolo di ddellis-
simo. lo vi amo lutti nelle viscere ili Ge-
sù Cristo, e prego per voi ec. ec. L'am-
monimento che vi mando siavi corie-
zioue se l'accogliete; tesliuionianza di
protestazione se lo ricusale ". In ai go-
nienlo sì grave, e per un'enormità di sen-
tenza, in bocca di un cardinale sì vene-
rato da lutti, quanto quella, che il l'adre
dei fedeli possa ammazzare e mangiare
le pecore (loco citato, p. 44)) "O" basta-
va citar un codice Cicogna, contenente la
I dazione di un solo; bisognava, e biso-
gna, porre a severo esame la qualil^ ed
autorità del codice, e (|uelle da riferir-
si al testimonio, che parla in esso. Or
quanto al codice 1799 del cav. Cicogna
mi consta ch'egli non è clie una rac-
colta di calte varie riferibili all'aigo-
uieulo, e quella di cui si tratta. cio<' quel-
V E ^' 477
la da cui il prof. Roinaniu ha tratto il
brano, che riferisce nella nota i." in cal-
ce della ricordata p. 44i '• 7 della sua
storia, non consiste che in due fogli di
carta volanti non muniti di alcuna au-
tenticità. Quello poi che in essi scrive,
e non si sa chi fosse, avverte egli stes-
so: Qitaedani capita tantum notavi (si
vede ch'era un benevolo della repubblica
incaricato di avvisarla di tutto che fos-u
stalo dello nel concistoro), /j^-c mihi sjìiI'
tium fuit omnia exarare. Post alitino!!
dies ita e memoria exciderant, ut ani-
plius exarare non potuerim. E non-
ostante con questa stessa carta alla mano
si manifesta benissimo la vera e degna
sentenza del cardinale Baronio, il quale
netto e schietto ha detto : Quod occi-
s'ìo non esse deheat nisi ex summa chari-
tate: quod occidil precipit manducare,
nempe per christianam charitatcni in
sua viscera recondere^in se ipsum unire,
ut sint simul unum et idem in Christn.
E quindi manifesto per tulli i versi, elio
la sentenza del Baronio non si esleiulcva
elle ad una mistica interpretazione; cioò
a quel modo di spirituale governo, clu;
per la cura di Pietro pasce i fedeli, e fi
entrare nelle viscere della sua medesima
carila anche gli erranti e gì' infedeli. Clic;
più, mi si dice, che a p. 63 e G4 del l. 3
(Iella. SVoz/Vz^/zc^-Wo/KY/ del cav.Mulinclli,
che d'altronde non possiedo, abbiamo re-
plicata e documentata l'oi)inione difesa
dal Baronio in lutto questo negozio : il
cardinale diceva : « queste iioii sono cose
da Irallare colla violenza. J'] desiderabile
che la repubblica veneta e l'ecclesiastica
si dieii mano per la quiete e bene di tut-
ti". Giusta i canoni della buona critica,
tanto scema il valore e 1' autorità delle
testimonianze, quanto più esse disco -
stansi dall'epoca dc'falli, o almeno non
adducono contemporanei documenti cui
non possa darsi eccezione. Inoltre non
sembra meritare il titolo di Cor//r<', un'ac-
cozzaglia di poche carie, di cui s'ignora
l'origine e la duplice qualità richiesta a
478 V E N VE N
f.ir feilein chi le dellava, cioè a (lire pio- sef;., avendone copiosametile ragionatosi
Lilà nello scriltore per non ingannare, e in lode e sì in biasimo, secondo le diver-
piena scienza dell' avvenuto, onde non se testimonianze degli storici e de'docu-
indurre chi legge in errore circa la sto- menti, che la brevità mi vieta di accen-
j'ia. Su questa norma giudicato il codice iiare dopo l'esposte digressioni sul gnive
Cicogna, perde se non in tutto, certa- orgomento. — Marc Aalonìo Meiiiino
mente per ciò che riguarda la sentenza \Cl doge. Era procuratore di s. Marco,
delLaronio, ogni autenticità, e per conse- ilhislre per nascita, chiaro per l'eminenti
guenza ogni di» itto all'assenso de'Ieggito- cariche sostenute, venerando perl'avan-
ri. Ciò detto, a difesa troppo dovuta del zata età di 76 anni, interessante per la
cardinal I3aronio, avverto pure che l'ope- bellezza del corpo, e per l'augusta statu-
ra di sopra jicordata, ed or ora venuta ra alta e maestosa, la cui esaltazione a*
in luce : Paolo F e la Rcpuhhlìca venda 24 loglio 161 2 venne accolta con plau-
cc, è tale da usarne Con ogni circospezio- so da tutti gli ordini tlella repubblica,
nedi critica prima di acconsentire a tutte Restò eletto al i.° squiltino, e con lui do-
le osservazioni che la corredano. E qui pò 280 anni sì rivide un doge di casci
sia fìneid grave raccontode!r//i/ciY/('^/o, vecchia, la quale hniga esclusione avea
the fu non ultimo ellelto delle mene spa grandemente irritato le case vecchie, ed
gnuole per f;irsi largo a dominare, se pò- altrimenti facendosi stavano per iscoppia-
tuto avesse, l'Italia, colla rovina della re- re gravi disordini, avendo dalla lor parte
pubblica, che ne fu sempre l'autcrnurale. ilfuvoredel popolo.DelleC(7.9e/iMoreedel-
— Perlageneralecommozionedellegravi Xccase vecchie ragionai nel dogado y/i."
tose narrate, colsero il momento i trie- Sopite le vei lenze con Roma, secondo la
slini pel' esei citare rappiesaglie sulle sa- frase del biografo Casoni, insorsero gli u-
line e sul commercio del sale, ina venne scocchi con nuovi ladronecci e piraterie
represso l'nrbitrio loro ct)lla forza delle a turbar la pubblica quiete, ed infestare
armi. ^'elI6IO la repubblica restò addo- il commercio de' veneziani, li senato rin-
lorata per l'uccisione del suo cordiale a- novo le sue vivissime rimostranze a Fer-
mico Enrico IV le di Francia, ad onta dinando arcidura d'Austria, ed a tenore
the dopo tante sanguinose guerre, pare- de' precedenti trattali invitandolo a le-
va the avesse domato l'idia delle discor- primere l'audacia e gì' intra[)rendiinen-
die intestine del suo regno. Gli successe ti di que' barbari, stazionati ne' territo-
il figlio Luigi Xlllsott(j la reggenza ma- rii di sua giurisdizione, ma u' ebbeaiu-
terna di IMaria de Medici. Il doge Leo- nle promesse, alle quali i fatti non cor-
nardo Donato, dopo aver dato, comesi risposero; venne chiesta la mediazione
esprime il C;isoni, luminosi saggi di prò- dell' imperatore Mattia; ebbe luogo un
fonda politica e di maturo e fermo con- componimento, se non che disposti co-
siglio, vale a dire la fermezza colla quale loro sempre al mal fare scorrevano i ve-
resistè a Paolo V nel sostenere la repub- neziani paesi, e quelli pure del turco, o-
J)lica nell'esercizio di sua giurisdizione so- vunijue recando morte e desolazione.
prngliecclesiasli(;i,uioiìa'iG luglio 1612, Dopo essere slati sconfìtti a Lesina dal
avendo sedi>to doge {> anni, G mesi e 6 protvedilore Filippo Pasqualigo, arri-
giorni, e venne sepolto a s. Giorgio Mag- varono all' esecrando eccesso di cibarsi
gioie, il cui monuaiento sepolcrale è sul- del cuore, e bevere il sangue di Cristofo-
la porta principale, d'ignoto autore. Ma ro Venier comandante di una galera ve-
per altre interesi-antissimt notizie su que- neziana e da essi fatto improvvisamente
sto doge, si può vedere il tuv. Cicogna; e con sorpresa loro infelice prigione, il
Jnscnziuui 1 encziane^ l. 4, p- ^l'i- e cui tronco capo, messo fra' deschi, servi
V E N
di lazza n trastullo ili(|ueironeiulo con-
vito ; intuire lutto requi[)aggio ci iiilel-
tueiite aveanogellalo iicU'oiule. Altri di-
cono che gli uscocchi intrisero il ioio pa-
ne nel suiigue dello ^vcnlurillo Venier,
per certa loro superstizione, onde rafFer-
niare il legame indissolubile tra essi. A
tale notizia iiiorrufi Venezia ; il popolo,
e specialmente i [ìorenli del ^enier gri-
davano vendetta, e Pas()uaIigo fu n>an-
dato a slrin"ere d'assedio Seizna. L'arci-
duca beiitliè commosso da così deplot an-
da catastrofe, reslava nell' inazione, ed
anzi corse fania che ingenerale parteci-
passe al bottino di que'laclroni. 11 senato
si trovò nella necessità di ascoltar le la-
gnanze del sultano Acmel IjCol quale al-
lora era in pace, al qual tine gli conven-
ne adoperale le proprie aimi a lintuz-
zare 1' ardire degl' indomabili nscocchi,
ed a far valere le giuste sue ragioni verso
l'Ausli ia, che sembiava poco curare un
così grave interesse, anzi gli uscocclii ne
vantavano la protezione. Si aggiunga che
l'Austria pretendeva alla libera naviga-
zione dell' Adriatico, ed a >pogliai'e Ve-
nezia del diritto che vantava su quel
mare ; perciò non vedeva di mal occhio
fpie' pirati e le angustie che recavano
alla repubblica. L' Arte di verìjicaie
le {late, dice apertamente che i mini-
stri austriaci segretamente favoiivano
questi briganti. Ed il Sagredo, che il fii-
le uscite tutti gli uscocihi da Segna ripu-
gnava all'arciduca [ìci- non lasciarla vuo-
ta d'abitatori, restando abbandonala una
piazza di frontiera all'incursioni ottoma-
ne; di [)iù racconta all'annoiòiy tulle
le loro iniquità, e invasioni di paesi tur-
chi, oltre i danni lecali a'vencziani. Lo
compi ova (jiialmente la letlei a scritta liul
dogeBembodi giustificazione,a^igi^lnou-
do 111 re di l*oloni.i, in cui è detto: Che
i corsari uscocchi, ladroni crudelissimi,
impuneinenle comuieltevano inaudite
barbarie per la qualità di loro sili eprin-
cipa latente pel lomento e sicurezza del
ricapito permesso du' oiinislti dch'urci-
V E N 479
duca Ferdinando in Segna e altre fortez-
ze del ViiiadoI, allettati dalla partecipa-
zione delle prede di molto valore. Non
essentlo giovale l'interposizioni di Paolo
V e dcH'impeialore. La lettera e sua ri-
sposta si ponno vedere nel Parisi, Isiru-
tioiit pei- la Sc^reierìa, 1. 1, p. 2c)3eseg.,
ove leggo nell' indirizzo al re, datagli hi
formula : Deigralia regi Polonia, Joan-
ìies B(.rnho,eadeni gralia,Diiju f eneliu-
rum eie. j saluleni ci coiniìiciidallonc'ii.
Nella risposta del re al doge comincia
colle parole: Serenissime Priiiccps Ami-
celSosler Carissime. Le corti d' Euro[ia
presero parte nella vertenza, e fra que-
ste l'Iiighillena olfiì unirsi in lega colbi
repubblica. Tali amichevoli esibizioni e-
rano, più che altro, consigliale dalla po-
litica, stante l'agitazione, in cui trova vali-
si gli all'ari d' Italia, per le controversie
Ira la Spagna e Savoia sul MoiifcrraLo,
in quel tempo muto al ducato di iNIun-
tova; ma i veneti padri pensarono essere
elTelto di prudenza non prendere alcuna
determinazione. Così il Casoni. iMa il Mu-
ratori,che narra i molivi della questione,
propriamente dessa era tra ildiicadiSavo-
ia che pretendeva per la sua nipote il Mua-
ferrato, contro Feidinaiido e Vincenzo
Gonzaga fratelli del defunto duca di Man-
tova e Monferrato Francesco IV. Le parti
del duca di Savoia, per laSpagna alquanto
sosteneva d. Francesco o Giovanni Men-
dozza uiaichese d'Inojosa e governatore
di INIilano; e siccome Ferdinando Gonza-
ga rinunziala la dignità cardinalizia avea
assunto il titolo di duca, e per esso si di-
chiarai ono favorevoli i veneziani col gran-
duca di Toscana, per impedire agli spa-
glinoli di allargare i loro dominii d'Ila-
lia, fecero lega con lui. Il iluca ili Sa-
voia Carlo Emanuele I risvegliò l'antiche
pretensioni di sua casa sopra il Monler-
rato, e cominciò a invaderlo colle armi
nell'aprile i6i3. Per tal novità i vene-
ziani somminislraiono denaro al duca
Ferdinando, acciocché ficesse una leva
di 3,poo tedeschi, lulervtuuta la Frau-
4.Su V E N
eia colle armi, e l' impcratr.re Coli' au-
torità, il duca di Savoia dovetle lilirai-
si. Il maggiore soslenimento ni duca
di Mantova e Monferrato lo diedero i
francesi ed i veneziani. Nel i6i5, narra
il Muiatori, si svegliò nn altro incendio
di guerra, fra la repubblica di Venezia
e Ferdinando arciduca d'Austria, perchè
ad onta delle replicate querele della [)ri-
ma contro l'insolenza degli uscocclii, per-
chè (ossero allontanali da Segna e dai
mare, non solo niun buon elfetto avea pò-
tulo ottenere, ma fu esposta a nuovi dan-
ni difjue'masnadieri. Laonde i veneziani,
perduta la pazienza, si armarono per ma-
re e per teira, ond' ottenere colla forza
quella giustizia che non potevano conse-
guir colla ragione. Cioccarono Trieste e
Fiume,e distrussero le saline de'trieslini,
fabbricale contro i patti. Ma in quest'ul-
tima fazione, nel ritirarsi i veneziani fu-
rono sbaragliati e in buona parte uccisi
dagli austriaci. Spedirono poi i veneziani
nel Friuli un esercito d'8,ooo fanti e di
a, ODO cavalli, comandati dal loro ge-
nerale Pompeo Giustiniani corso (det-
to Braccio di ferro, perchè al perduto
nelle guerre diFiandra altro se n'era falto
sostituire di ferro), che passati nel territo-
rio degli austriaci presero nell'Istria piìidi
60 villaggi, e andarono finalmente ad as-
sediar Gradisca, fortezza di molla impor-
tanza sul fiume Isonzo. Ma volendo i ve-
neziani far leva di genti in Italia, trova-
rono diflicoltà da per tutto. Paolo V spe-
cialmente, per le passale differenze disgu-
stalo di essi, non permise ne'suoi stali che
s'arrolasse alcuno: era allora ambascia-
tore veneto presso di lui Simone Con-
tarini. Mollo meno d. Cesare duca di
Rlodena, perchè in sostanza la guerra
si fìiceva all'Austria, capo della cui ca-
sa era l' imperatore suo sovrano; e per-
chè richiamato il principe Luigi ti* Este
suo secondogenito dal servigio de'venc-
li, qual generale di cavalleria, non volle
ubbidire il padre, [ìcrciò lo bandì. Così fe-
cero gli alli i principi italiani,e perciò si ri-
V E N
volse la repul)bica a cavare quanta copia
potè di armali dall'Albania, Dalmazia e
altri luoghi d'oltremare. La gente invia-
ta sotto Gradisca era in gran parte collet-
tizia e inesperta alia guerra, per cui i di-
fensori avvezzi all'armi e feroci la costrin-
sero a ritirarsi dopo inutili assalti. E t au-
to più perchè il nunzio del Papa, il gran-
duca di Toscana e il duca di Mantov;i
s'interposero per la pace ; al che si adope-
rava il governatore di Milano, tuttoché
gli fosse venuto l'ordine dall'altra corte
austriaca di Spagna, di dare assistenza
all'arciduca contro i veneziani. Entrò poi
la mortalità nel campo veneto, per cui
restò notabilmente sminuito; contutto-
ciò riuscì ai provveditori Erizzo e Fosca-
rini d'impadronirsi di Chiavarello, Laci-
niso, Fara e altri luoghi. Poco poi stet-
tero ad ingrossarsi gli austriaci, che non
solamente respinsero i veneti, ma misero
purea ferro e fuoco un gran tratto del loro
paese, con declinar ogni dì più la fortu-
na dell'ormi venete. In tale stalo di cose
mancò di vita ildoge Memmo a'3 i otto-
bre 161 5, ed ebbe sepoltura nel tempio
di s. Giorgio Maggiore, presso il suo an-
tecessore, e dopo il I o.''e ùltimo altare, il
di cui monumento è d'ignoto autore. —
Giovanni Bembo XCII doge. Procura-
tore di s. Marco, vecchio d'età, nelle pa-
trie magistrature e nelle legazioni soste-
nule avea dati saggi di politica scienza,
fu eletto doge a'2 dicembre i6i5. L'o-
rizzonte politico era allora oltremodo tur-
bato, e le potenze europee condotte dalla
loro reci[)roca gelosia di dominio, pren-
devano ingerenza negli atfari d' Italia,
quali a vantaggio, qualicontro gl'interes-
si della repubblica. Il eh. Casoni riporta
in questo dogado, quanto col Muratori
ho narralo nel precedente, della guerra
coH'Austria, che bensì continuava. Non
sapevano darsi pace i ministri di S[)agiia,
massime ii governatore di Milano d. Pie-
tro Toledo marchese di Vdiafranca, suc-
cesso all' Inojosn, che il duca di Savoia
Carlo Emanuele I, disgustalo cogli spa-
YEN
qnuoli per la loro arroganza, andnsse tut-
tavia colla lesta alta, ed esigesse l'esecii-
zioiie della pace d'Asti, non volendo di-
sarmare per sospetto di linianere esposto
alle vendette spaguiiole. Paolo V per pa-
cificarli inviò per nunzio straordinario a
Milano e al duca Alessandro Ludùvisi, poi
cardinale e PapaGregorio XV, ma inutil-
mente, onde nell'autunnoiGiG si venne
ad aperta guerra. Il duca di Savoia si col-
legò co'veueziani, ed avendo solTerto una
rotta, per guadagnar tempo ricorse al
Ludovisi divenuto cardinale e all'amba-
sciatore di Francia, per muovere propo-
sizioni di pace al governatore, il quale
volentieri vi prestò orecchio, stanco da'
disagi guerreschi e per credere di averlo
abbassato. Intanto gli affari delduca pre-
sero miglior piega, e ricevè da' veneziani
buone somme di denaro e promesse di
72,000 ducali al mese durante la guer-
ra : in guisa tale, che egli cominciò con
sotterfugi a ricusare l'onorevoli condizio-
ni pro[)OstegIi, e quando intese scemalo
l'esercito spagnuolo per malattie, parlò
con tuono più alto, ed il Piemonte restò
sgombrato da'nemici, tranne il presidio
di s. Germano. La guerra de' veneziani
cogli austriaci, afferma iMuratori,che con -
linuò senza fatti notabili. Bensì riuscì a'
veneti a'ig marzo i G16 d' impossessarsi
della fortezza di Masclieniza, e poi di So-
risa altro nido degli uscocchi.AlKincontro
venne fatto agli austriaci d'occupar con
buona preda Ponteba de'veneziaui, fron-
tiera dcirilliria sul torrente Fella, che al-
lora divideva le loro terre tlalle austria-
che, anzi divisa Ponteba da un ponle,
quella di là del fiume dicevasi Imperia-
le o Austriaca, e quella di qua Ponteba
Veneta. Ma non lardò il provveditore
Foscarini col conte Francesco INIartinen-
go a ricuperar quel luogo, e poscia ad
occupar anche l'ontcba Austriaca con
lulte le mercanzie e robe di molto valo-
re che vi si trovavano. Presero pure i ve-
neti Caporetlo, luogo d'importanza nel-
rilliria sulla riva destra dell'Isonzo, con
VOI- xcii.
V E N 48 1
islrage d'alcune centinaia di austriaci, e
poi ben lo fortificarono. Ma mentre il cor-
so generale Giustiniani disegnava passa-
re l'Isonzo perassalire Gorizia, verso Lu-
cinis restò ucciso da una palla di mo-
schetto. 11 senato gli fece celebrare ono-
revoli esequie in ss. Gio. e Paolo, ed as-
segnòannue pensioni alla vedova e a'figlc^
In questo tempo divenne, in di lui sosti-
tuzione, governatore generale dell'armi
venete d. Giovanni de Medici figlio natu-
rale di Cosimo I granduca di Toscana,
ch'erasi acquistato gran nome nelle guer-
re di Francia e d'Ungheria. Procedendo
lentamente la guerra de' veneziani con-
tro gli austriaci, altra ne fu suscitata lo-
ro per mare da d. Pietro Toledo Tellez y
Girou duca d'Ossuna viceré di Napoli.
Nemico dichiarato del nome veneziano,
ed insieme voglioso di dar braccio alla ca-
sa d'Austria, fece un bell'armamento di
galeoni, e l'inviò nell' Adriatico sotto il
comando di Francesco Riviera, per fare
una diversione allearmi venete. Imman-
tinente ancora la repubblica unì 1 8 galee
sottili, 2 galeazze e 7 galeoni, e spintele
in mare fece in fretta ritirare il Riviera
a Brindisi. Fu allora che gli uscocchi a-
nimati dal movimento de'napolelani u-
scirono con assaissimo barche in mare e
presero quanti legni mercantili ebbero la
disavventura di cader nelle loro mani,
giungendo coloro a far preda sino sui li-
di di Venezia. Ma più che mai ostinato
il duca d'Ossuna in quest'impresa, a for-
za di nuovi aggravi e gabelle radunaloas-
sai denaro, accrebbe silFatla mente la sua
flotta che giunse ad aver 33 galee e if)
galeoni, lutti ben armati di soldatesche
veterane, e inoltre di 4,000 combattenti.
Ne fu generale d. Pietro di Leva, e pare
colla segreta mira d' occupare la stessa
città di Venezia. Certo è che i veneti da
saggi non lasciarono di far tosto le do-
vute provvisioni con accrescere di forti-
ficazioni e di guardie le bocche delle La-
gune, dando perciò l'armi a tutto il po-
polo. Il capitano generale Gio. Giacomo
3i
482 YEN
Zane colla sua floUa veneta composta tìl
40 galee sellili, 4o barche lunghe, 6 ga-
leazze ei 5 galeoni, si recò a Lesina; ma
quantunque piìulÌ20, ODO peisone si con-
tassero in essa, pure appena 3ooo ve n'era-
no ben istruite nel mestiere dell'ainii. se-
conrloMuralori.ArrivòcoIà anche l'arma-
ta cleirO«suna,e quando ognuno s'aspella-
\a un fiero combaltimento, al quale e-
ransi preparali gli spagnuoli, il generai
\enelo inaspellatanientesi ritirò nel por-
lo, lasciando indietro una larlana preda-
ta da'nernici. Dalla forza de' venti traspor-
tato il general Riviera verso la Dalmazia,
s'incontrò in 10 galee e 2 barche grosse
de'veneziani, 2 delle quali galee chiama-
te maone, come le barche, erano cariche
di merci. Ebbero la fortuna di salvarsi y
di quelle galee, ma le due maone, colle
2 barche e una galea andarono precipi-
tosamente ad alferrare il lido; con che
fuggirono gli uomini in terra, ma i legni
rimasero in potere degli spagnuoli con
quanto contenevanOjche non senza util-
lanteria si fece ascendere al valore di un
milione di ducati. Presero ancora altri
legni, senza che il Zane l'impedisse, per
cui fu dipoi processalo in Venezia, e an-
che per buone ragioni assolto. In questi
tempi si apr"i un maneggio di pace a Ma-
drid, e il re ordinò il ritiro di sua flotta
dall' Adriatico. ]Ma giunti in soccoi so del-
la repubblica 4,3oo olandesi, guidali dal
conte Giovanni di Nassau, allora i vene-
ziani varcarono l'Isonzo, e tentarono di
passar sotto Gorizia. Da per tulio trova-
rono forti ostacoli, laonde vi perirono
molli loi-o ufiiciali, e fra gli altri Orazio
Baglioni e Virginio Orsini di Lamenta-
ne. Anzi fu creduto, che tra pel ferro e
le malattie 3o,ooo soldati veneti ivi la-
sciassero la vita, laddove degli austriaci
ne mancarono solamente 4ooo. Con più
di ardore si riassunsero a iMadrid le trat-
tative di pace dall'ambasciatore Pietro
Grilli, anche pel duca di Savoia per an-
dar d'accoi do colla repubblica, i ministri
del Papa e di Francia caldeggiando la
VEN
concordia, i cui articoli non si ratificaro-
no per richiedere i veneziani la restituzio-
ne delle prede falle dal duca d'Ossuna,
e di voler garanledella pace il re di Fran-
cia, ed i duchi di Savoia e Mantova le
reintegrazioni di Vercelli, la cui espu-
gnazione n'era stata la maggiore impre-
sa, e de' danni soflerli. Ricevuti da Carlo
Emanuele I aiuti francesi, uscì di nuovo
in campagna, e pe'progressi che fece, im-
pplenle il governatore eli Milano Toledo
di affrontarlo, a mediazione di Luigi Xil [
in Parigi convenne alla pace a' 6 set-
tembre 161 7, la quale e le conseguen-
ze delia guerra di Mantova, produsse si
può dire il fondamento di grandezza a .
cui pervenneio i reali di Savoia. Per con-
to de* veneziani, 1' arciduca Ferdinan-
do divenuto re di Boemia ( per cessKjiie
dell'imperatore IMallia che 1' adottò per
figlio onde non uscisse lo scellroimperia-
le dalla casa d'Austria, e così poi fu Fer-
dinando 11) dovea restituire ogni luogo
tolto ad essi, ed allontanare gli uscocchi
da Segua e dalle vicinanze del mare; ed
i veneziani dall'altro canto doveano rila-
sciarci luoghi occupali agii austriaci. Ma
il senato dipoi si mostrò adirato co* suoi
ministri per gli nrlicolidel lrattalo,e mal-
conlento il duca di Savoia, benché ratifi-
calo a'26 di dello mese a Madrid, però
convenne cedere al re di Francia che ne
volle l'esecuzione, e per questo fece ar-
restare in Lione l'ambasciatore Conlari-
ni. Trovo invece che il Casoni disse pia-
ciuta la pace, perchè gli uscocchi, origine
di tante molestie, furono tulli dispersi; i
loro navigli arsi e distrutti, e Segna, prin-
cipale loro nido e rifugio sul litorale un-
garico,venne presidiata da vigilante guar-
nigione, né in essa rimasero che que'soli
i quali ne'delitli de'loro concittadini non
aveanoper l'avanli presa parie veruna.
E perchè i veneziani non s'erano mai vo-
luti del tutto ritirare dall'assedio di Gra-
disca, e questa ormai stava per cedere, il
governatore di Milano ostilmente entrò
ne'territoriidi Bergamo e di Crema, e re-
V EN
co eccessivi danni a que'popoli : da que-
sta tliversione risullò la salute di Gradi-
sca. Tornata nella Lomliaidia e nel Frin-
ii la calma per la pace di Parigi, non ces-
sò per questo la guerra nelle parti del-
l'Adriatico. x\veanoi ragusei dato ricetto
e viveri all'armala navale del duca d'Os-
suna ; amareggiati perciò i veneziani, or-
dinarono alla loro armata navale di dan-
neggiare le terre di quella repubblica.
Essendo ricorsi que'di Ragusi all' 0»su-
na, spedì egli di nuovo il Riviera alla lor
difesa con ima squadra di galee e galeoni
ormati di tutto punto. A" io novembre
16 [7 furono a vista le due flotte nemi-
che. La veneta era assai superiore all'al-
tra in nnoìero di legni, ma non assai for-
nita di marineresca né di combattenti.
Nel dì seguente l'artiglierie diedero prin-
cipio in lontananza alla loro sinfonia; ma
non si venne mai all'abbordo : perciò do-
po aver la capitana spngnuola cagionato
gran danno colle bombarde e la moschet-
teria alle navi nemiche, talmente si sgo-
mentarono le soldatesche venete, che per
quanto facesse e dicesse il loro prode ge-
nerale Venier, non fu ubbidito. Cresciu-
to poi il ventOjSi separaronole due ainia-
te; la veneta fu trasportata verso l'Al-
bania e Schiavonia, perdendo 3 galee sot-
tili per la furia del mare; e la spagnuola
fu spinta a Manfredonia e Brindisi. Eb-
l)ero poi il meritato castigo gli uHìziali
veneti per aver mancato al loro dovere,
ed il Venier fu premialo. Non tanto [)er
{sventare altri tentativi, che potesse fare
rOssuna, quanto per risarcire il suo o-
nore, il senato veneto immediatamente
formò una maggiore armata navale da
guerra sì bella e potente che da gran
tempo non s'era veduta una somigliante,
e v'imbarcò, oltre altre milizie, 3, 000 o-
landesi. Corse questa flotta, anche nel se-
guente 161 8, per tutto il golfo senza tre-
■vare nemico alcuno, perchè l'Ossuna non
si arrischiò di continuare a far il bravo
per maie edominar l'Adriatico. Ma quel-
la guerra ch'egli non potè piti fare aper-
V E iy 483
tQtnente a'veoeziani, insidiosamente non
cessò di continuarla contro di loro nel cuo
re della stessa Venezia. A questa faceva
continue istanze perchè ritirasse dal gol-
fo l'armata navale e licenziasse gli olan-
desi, altrimenti minacciava con altura di
rinnovar la guerra, al qual fine aumentò
la sua flotta. Perciò da ogni parte cresce-
vano i sospetti, né appariva il fine di que-
ste turbolenze. Il Muratori, col quale va-
do parlando, all'anno 1618 riporta, che
la lepubblica intavolò congressi co'miai-
stri dell'impernlore Mattia e del re Fer-
dinando per dare esecuzione a' trattati,
co'quali si provvide alla quiete e sicurez-
za dell'Adriatico e del commercio, con ri-
tirare da Segna e dal litorale gli uscocchi
ch'eranvi rimasti, e mandarli ad abitare
Carlistot (così lo chiama pure il Sagredo
all'anno 161 7, perchè in quell'anno, co-
me già dissi, ebbe luogo la pace, di cui
fu conseguenza la narrata sommissione
degli uscocchi, effettuata in quest'anno),
ed altre frontiere turche, mentre il fuo-
co dato alle loro barche ed attrezzi mise
fine alle loro piraterie, e cessarono d'in-
festarci mari e di danneggiare i trafiici.
Il Muratori narra nel fine deldogadodi
Bembo la congiura spagnuola, che ordita
a suo tempo scoppiò poi. Morì questo do-
ge a'i8 marzo 1618, lasciando alla pa-
llia chiarissimo esempio di valore ne'pro-
fondi oggetti di stato: venne deposto nel-
la chiesa de'ss. Gio. e Paolo, non però
nel monumento del doge Alvise I Mo-
cenigo, come notai parlando di questi. —
Nicolo Donato XCHI doge. Era sena-
tore, e fu eletto a'5 aprile 1618. Nulla
operò di notabile nel suo brevissimo do-
gado, ch'ebbe fine a'r) maggio dell' istes-
so anno. In vece il suo biografo Casoni
narra accaduta a suo tempo la terribile
congiura spagnuola, che il Moschini pri-
ma dì lui avea riportata nel seguente
dogado di Priuli, e di questo parere pare
che sia il barone di Reumout nelle Z'rtt'o/f
cronologiche e sincrone della Storia ^o-
renlina, pubblicate neh 84 1. Anch'io ri-
494 V E N
tengo che avvenisse nel seguente dogado
del Friuli, ma il Casoni riferendola in qiie-
slodi Donato, sebbene altra voltai falli li
collocai al luogo loro, che nelle biografie
de'dogi talvolta verameute noi sono,non-
dimeno seguirò il Casoni, poco alteran-
do l'epoca di pochi giorni in cui credo
si anticipi. Imperocché egli dice nella bio-
grafia del Friuli. » Alcuni storici vene-
ziani indicano la scoperta della congiura
spagnuola nel regime di questo doge Fila-
li; noi però ci uniremo volentieri al pa-
rere di quegli scrittori che la pongono
sotto l'antecessore Nicolò Donato, poi-
ché, altrimenti non potrebbero andar
combinale varie circostanze che accom-
pagnarono un così fortunato avvenimen-
to, il quale, stando al primo supposto,
sarebbe succeduto nel giorno stesso o
poco dopo la solennità dell" Ascensione,
giorno da'congiurati stabilito alla con-
sumazione del misfatto, quando cousta
invece che la trama pervenne a notizia
de' padri prima di (piella patria solen-
nità, cioè prima del 21 maggio, in cui
Tenne proclamato a doge il Friuli, che si
ebbe tempo d'indagarne le fila, di ful-
minare i nefandi autori, e poscia anche
di tranquillamente celebrare la festa". A
me pare che il riferito dal Casoni si pos-
sa concordare colla vera data dell' esal-
tazione di Friuli, 18 maggio 1618, che
trovo neir indice della Serie de dogi del
Nani. Questa trama, per la quale, dice
Moschini, la repubblica fu presso all'inte-
ra rovina, variamente venne raccontata.
Con riportare alcune descrizioni tenterò
chiarirla; ma è uno de'non rari labe-
rinti storici. Tuttavia, ora magistralmen-
te ci ha dato il filo d'Arianna per uscir-
ne, il prof. Romanin, con 1' autorità di
documenti inediti, colla parler. "del t. y,
già discorsa descrivendo l' interdetto, la
quale si compie appunto colla descrizio-
ne della formidabile congiura ; parte a
me soltanto giunta, come superiormen-
te notai, quando già il mio ms. del pre-
sente articolo stava in Venezia. Aduu-
V E N
qiie sugli stamponi, con nuova licenza al
protestato, per la sua singolare pregevole
importanza, compirò la seguente digres-
sionesul gravissimo argomento, pel qua-
le tentai raccogliere i diversi racconti
nelle proporzioni volute dalla natura del-
l'articolo ; laonde non si devono pren-
dere per contraddizioni, siccome svolte
innanzi di conoscere i laudali sludi del
Romanin. E prima col Moschini. Fen-
sando il duca d'Ossuna, viceré di Na-
poli per la Spagna, che questa non do-
minerebbe nell'Italia fino a che durasse
la forza veneziana, concertò nella stessa
Venezia un'orrenda congiura; la quale fe-
licemente scoperta dal consiglio de'Dieci,
rOssuna fu richiamato a casa e ivi mes-
so in carcere, ove di sua mano a se die-
de la morte. Allora i veneziani saggia-
mente pensarono a stringere alleanza
con parecchi sovrani, al fine che la Spa-
gna deponesse ogni pensiero di sì fatto
tenore. Dichiara il Casoni. Sovente in
corto periodo di tempo si uniscono ed
accadono avvenimenti di tanta impor-
tanza, che di rado la storia può registrar-
ne di simili nello scorrere di più secoli.
Il breve regime del doge Donato di 4o
giorni (secondo le sue errale date, poi-
ché come già protestai io non seguo quel-
le della Serie de' dogi del Nani, ma os-
servando l'avvertenza di questi, le più
esalte dell' indice dell' islessa opera), pre-
senta ne' fasti della veneziana repubblica
un'epoca delle più interessanti e curiose,
se si consideri al corso pericolo ed alla
fortuna per cui venne scoperta e ster-
minala la congiura delta degli Spagnuoli,
la quale a niente meno mirava che a to-
gliere il potere, ed annichilar l'esistenza
della repubblica stessa. Ordinatore e
capo di tanto proditorio maneggio si fu
il duca d'Ossuna, che da lungo tempo
manifestava, colla propria condotta, de-
cisa inimicizia pe'veneziani, ed animo ir-
requieto e brigante. I rovesci che in mare
avea egli sofferti vieppiù l'esacerbarono,
per modo che valendosi della propria
V E N
influenza come viceré, e come dipenden-
te della Spagna mise in opera quanto la
sagacità e il raggiro ebbero a suggerir-
gli per giungere al divisalo fine. Fu-
rono fra' principali di lui complici e coo-
peratori Pietro di Toledo marchese di
Villafranca governatore di Milano, il
marchese di Bedmar, ed Alfonso della
Queva, uno all'altro succedutisi nell'am-
basciata spagnuola, e quest'ultimo allo-
ra residente a Venezia (spero di dimo-
strare poi, che di un ambasciatore se ne
fecero due, perchè Alfonso della Cueva
0 Queva era marchese di Bedmar, e po-
scia fu cardinale, e per tale lo riconosce
la Biografia universale impressa in Ve-
nezia nel 1822, nell'ai ticolo Bedmar):
vennero piese le più accorte e risolute
misure ; fautori olandesi, inglesi, spa-
gnuoli, francesi, ed anco italiani, ebbero
parte nel!' attruppamento; si tentava di
incendiar l'arsenale in cui gente stranie-
ra venne di soppiatto e con raggiro in-
trusa : voleasi mettere a ruba la zecca,
i pubblici deposili, le case de'facohosi,
trucidar il doge, i patrizi, e far macello
ovunque si trovasse contrasto: erasi sta-
bilito, allo sviluppo della trama, il gior-
no dell'Ascensione, la cui magnifica so-
lennità, il movimento del popolo, la mo-
mentanea lontananza del corpo gover-
nativo, e 1' ordinario tumulto della fe-
sta, tulio favorir poteva e proleggere
l'esecuzione dell'arditissimo progetto.
Ma quando ogni cosa sembrava andare
a seconda de' congiurati, vi fu un An-
tonio Jalfier provenzale, e secondo al-
tri, anche i gentiluomini francesi Bal-
dassare Juven e Gabriele de Montcasin
0 Moncaslin, i quali senza essere mos-
si, per quanto sembra, da altro motivo,
oltre la devozione dovuta alla grandez-
za, alla maestà ed alla rettitudine del-
la repubblica, manifestarono all' eccelso
consiglio de'J3icci ogni ordita trama, in
guisa che vennero sorpresi i congiurati;
iillri fuggirojio io estraneo paese, quali
sulto la aiduuaia del carnelice, quali col
YEN 485
capestro, e quali lanciati al mare, ter-
minarono colla vita l'infame esistenza.
Dopo questo rovescio la corte di Madrid
si mise, pe'suoi interessi, in sospetto sul-
la coadolta del duca d'Ossuna, e ne mo-
strò indignazione. A lui venne sostituito
come viceré di Napoli il cardinal Bor-
gia, alla quale elezione invano tentò op-
porsi, e gli fu forza ubbidire: passato in
jvpagna terminò l'inquieta sua vita nel-
lo squallore d'un carcere. L'ambascia-
lor della Queva potè sottrarsi prodigio-
samente alla furia del popolo che voleva
lapidarlo, ed il Bedmar, fuggito a Mila-
no, visse colà sempre rinchiuso, senza
p'diblico uffìzio, e dopo passò nelleFian-
dre. Posto fine a queste cose, e tolto an-
che il flagello della carestia, che afflig-
geva Venezia, cessò di vivere il doge Do-
nato dopo 40 soli giorni di memorando
regime, compianto da tutti, e fu sepolto
in s. Chiara di Murano. Così il Casoni.
Che Alfonso della Cueva de' duchi d'Al-
buquerque, marchese di Bedmar, fu crea-
to cardmale diacono da Gregorio XV
a'5 settembre 1622, ad istanza del re di
Spagna, mentre era suo ambasciatore in
Venezia, l'affermanoil Ciacconio, Vitat
S. R. E. Cardinaliuni, t. 4> P- 49 ' = ^^'
phonsus de la Cueva hiymnns Blan-
detnaris iiiarchionibus^ filius prinioge-
niliis Alhiiquerque ducimi .... oralor
regis anud gcmiensem^deinde apiid P^e-
netam Rempublicani, magna aulae Hi-
spanicae satisfacLione. Diiin Vcncliis
haerertt oralor regius, Philippo Iff
Hispaniarwn regc pctcnte^diaconoruni
Cardlnalium albo adscriptus j in Bel-
giuni, ut Principi Isabellae adsisleret
ainandatusext. Nolerò,che il re era mor-
to nel 162 t, e allora regnava il figlio Fi-
lippo IV: può darsi che l'istanze già
l'avesse fatte Filippo III, nel qual caso
il Cueva avea meritato la slima d'ambe-
due. IJ ÌÌ'^\mì\\\ y Italia sacra, t.i ,p. 224:
Praencslini Episcopi. Alplionsus de la
Queva hispanus , Blandeniaris rnar-
clùo^ Aliucjucrcjue ducii/n ec. 11 Cardcl-
486 V E N
la, Memorie sloriche da' CarcliiuiU, t.
6, p. 236 dice : tueutre eoo eslreoia sud-
dìnfazioiie del suo sovraDO si trovava iu
Venezia ambasciatore a quella rejJLib-
biica, fu ad istanza del raedesiuio meato
diacono e poi prete cardinalcj destinato
quindi nelle Fiandre per assistere alla
principessa Isabella, per la soverchia se-
verità, gli convenne portarsi a PLonia,
ove per la sua scienza, dottrina e scru-
polosa rettitudine, nel i644 ^^ f^^'^o ve-
scovo suburbicario di Palcòlri/ia, e njo-
reudo lasciò 200,000 scudi in oro, men-
tre era tenuto povero, perciò io questo
censuralo. Lodato per altro, anche per
sottile e versatile ingegno, pronto a qua-
lunque questione, per la tenacissima me-
moria ; nemico della frode e della dissi-
mulazione, franco palesava agli amici
ciò che avea in cuore. Si vuole autore
del libro: Sqiiìttìnio della libcrlà ve-
neta. Mirandola 1612, che altri attri-
buiscono a Marco Velser o ad Antonio
Albizzi. Tale operetta è contro il gover-
no veneto, composta per svelare la po-
litica del senato. 11 portoghese Novues,
«ella Storia di Gregorio XT\ p. 187,
egualmente conferma che Alfonso de
la Coeva, religioso militare dell'ordine
gl'Alcantara, mentre era ambasciatore
di Spagna iu Venezia fu da quel Papa
creato cardinale a' 5 settembre 1622;
morto iu Malaga nel i655 d'anni 83,
poco dopo d'esserne stato fatto vescovo,
oltre l'esserlo di Palestriua, e ripetendo
l'elogio di Ciacconio e di Cardella. 11 ve-
scovo Ceccooi, Storia di Palestriua, p.
368 e 370, del cardinal della Queva
loda la prudenza nel maneggio de' ne-
gozi più gravi, per la quale fu esallato
alla porpora, e adoperato dal re di Spa-
gna negli affari più rilevanti qual supre-
mo suo consigliere della monarchia, iioa
si portò mai nella diocesi Preneslina,
supplito però dal celebre cardinal De
Lugo gesuita, visitandone nel i65o per
lui la diocesi Giuseppe Cianti vescovo
di Marsi : narra eziandio il bene da lui
YEN
operato, senza far parola parlìcoloie di
sue geste innanzi al cardinalato. Le tace
pure il Petrini nelle lìlemorie Prenesli-
ne, ne'cenni sul cardinal della Queva ve-
scovo, a p. 249 e 252. JNiuno dunque
de' riferiti storici fa motto della strepi-
tosa congiuia ! Il ricordalo autore di sua
biografìa, presso la Biografia universa-
le, senza nota veueU», riconoscendo nel
Cueva e nel Bcdinar un identifico sog-
getto, cogli sturici che di lui scrissero, ne
esaita l'ingegno, la perspicacia, la dissi-
mulazione (quando invece gli allegati
storici de' caidiuali, lo dicono nemico
della finzione, poco osservante del se-
greto); soggiunge un <^//ceò/,clie nel 1618
si accordò con l'Ossuna e col Toledo per
rovesciare la repubblica, presso cui era
inviato. " Preparato avea da mollo tem-
po l'esito di tale trama, insinuandosi ne-
gli anicni, suscitando divisioni, inlrodu*
cendo al soldo della repubblica uomini af-
fezionali alla Spagna. Weutrecliè le trup-
pe del Milanese s'avaiizeiebbero dalla
parte di Terraferma, e che barche ar-
male cariche di soldati entrerebbero nel-
le Lagune, i congiurati dar fuoco dove-
vano all'arsenale, impadronirsi de' po-
sti di maggiore importanza, passar a fil
di spada il senato e sottomettere Vene-
zia alla Spagna. Venne tale macchina-
zione scoperta per la vigilanza del senato,
ed un gran numero d'avventurieri, com-
plici di Bedmar, gellali furono iu mare
o cacciati in prigione. Benché in lui si ri-
spettasse il carattere d'ambasciatore, te-
meva egli non pertanto d'essere fallo a
pezzi dalla plebaglia, e perciò, avendolo
il senato fatto partire in segreto, ei si
salvò a ]\Iilano. Tale congiura divenula
celebre, dopoché fu descritta da Saiat-
Réal (egli é tenuto per islorico distinto,
nato a Chambery e morto oel 1692; fu
autore di varie opere, fra le quali Vol-
taire e altri mettono nel numero de'capo-
lavori della lingua francese la Storia del-
la congiura degli Spagnuoli contro la
repubblica di F'enezia. L' ab. Mably
V E N
die Io giudicò severamente, la cliiaiua
loniaiizo storico, di cui il fondo solo ha
alcunché di vero. Da essa Otway trasse il
soggetto della sua tragedia, / enezia sal-
^•ala, rappresentala a Londra nei 1682.
La Place compose sullo stesso sogget-
to e con lo slesso titolo la trat^edia che
fu rappreseulaUi sulle scene del teatro
francese nel ly^G), è generalmente iu
oggi considerata coinè un problema sto-
rico. Doveva uQ alPu'e di lauta impor-
tanza esser fallo palese a tutta l'Europa,
e nondimeuo tutto passò cou impene-
trabile segretezza. Il desio di rendere
odioso all' Italia infera il nome spagnuo-
lo non avrebbe forse potuto indurre U
senato di Venezia ad inventar egli stes-
so quell'esecrando complotto? Tale è per
lo uteno ropiuione, che il dotto Grasley
(nella Discussione s lorica e critica sulLi
coniai ara di Peiuzia, e sulla storia di
tidc congiura per V abbate diSaint- Rcal^
stampala nel 1 756) ha cercato di avvalo-
rare in una discus»iuue (uolto dilTusa sul-
la congiura di Bedmar. Capriara e Naudé
aveano già ciò alFermato; Mallel-duPau
però ed altii critici hanuu poi voluto per-
suadere , che tranne alcuue circostanze
supposleda Saint-Piéal,la congiura fu ve-
rissima, e che la repubblica di Venezia
non adoperò con maggiore pubblicità,
perchè la Spagna, essendo in allora for-
midabile, uopo era o romper guerra cou
essa o cuoprire con un velo le trame del
suo ambasciatore. Inoltre, costante poli-
tica ili di Filippo 111 quella di contrad-
dire con pubbliche dichiarazioni alle di-
mostrazioni non meno pubbliche de'due
viceré... Il senato inoltre ebbe la politi-
ca di far vociferare che niun sospetto a-
ver si doveva della Spagna 0 del suo mi-
nistro. Comunque fosse, il marchese di
Bedmar, a cui fu sostituito in Veuezia
il. Luigi Bravo, non venne meno nel fa-
vor della corte. Il Papa Gregorio XV lo
elesse cardinale nel 1622, ad istanza del
re di Spagna (ma mentre era ambascia-
tore iu Veuezia) ... L'odio che avea di-
V E ìN 487
mostralo contro la repubblica, creder lo
fece autore dello iS<7((i^/tH/o, ec." Ora li-
dia mo il biografo di d. Pietro Tellez yGi-
rou duca d'Ossuua, nella ricordata Bio-
grafìa laiii'ersalc.» Avvezzo al potere, e
prevedendo che de'raggiri di corte tolto
gli avrebbero presto o tardi il favore di
Filippo HI, osò aspirare alla sovranità di
Napoli. Fino dal principio del 16 1 7 esplo-
rò su tale tentulivo il duca di Savoia, il
senato di Veuezia (ma allora lo combat-
leva io mare dispulandogli l'impero del
golfo Adriatico) e la corte di Francia.
Più tardi intavolò delle negoziazioni cou
r Olanda, e cercò anche di rendersi fa-
vorevole il Divano ottomano ... Cessato
avendo la Spagna di essere iu guerra co*
veneziani, ordinato venne ad Ossuua di
disarmare. La sua politicagli prescrive-
va di ubbidire; e solto colore di una spe-
dizione contro i turchi, attese per lo con-
trario ad aumentare le sue forze navali.
Le truppe spagnuole gli erano sospette;
uou tiene di esse a Napoli che 6000 uo-
rairii, de'quali era sicuro, e disperde il ri-
manente per le provincie, allegando la
necessità di proteggere i lidi. Una molti-
tudine di francesi risoluti si assoldano a'
suoi sli|)endii;i suoi emissari ingaggiano
soldati fino negli stali di Venezia; ed al
fine d'occultare airambascialore Bedmar
la sua connivenza con tale repubblica, fu
battere da'suoi vascelli l'acque dell' A-
driatico, e coutinua ostilità simulate. Per
meglio ancora ingannare Bedmar, stipen-
dia a Venezia degli ageuti ingamiali an-
ch'essi, che si credano ailoperati da lui iu
una cospirazione, di cui lo scopo uou è
nientemeno che la distruzione di Venezia.
Uno di tali agenti, ilcorsale Giacomo Pie-
tro(Pierre), sia che sperasse ricompensa, o
provasse orrore dell'impresa, ne la rive-
lò al senato, quasi un anno prima dell'e-
poca fìssala per l'esecuzione (!). Il senato
che sapeva il segreto del supposto dise-
guo del duca d'Ossuua, udì siffatta di-
chiarazione con iiidilferenza, e continuò
ad impiej^are a'suoi slipcudii i commis-
488 V E N
sionali del viceré. L'ostenlnzione, la len-
tezza e liiupiuclenze «on cui questi con-
tlusse tale pielesa macchinazione, bastar
tiovevono o persuadere gli uomini per-
spicaci die tali trame fatte non erano se-
riamente, e che esse servivano per copri-
re un altro diseguo quaUmque. Altron-
de quando avvi apparenza che un consi-
glio timido, come era quello di Fihppo
in, acconsentito avrebbe ad una trama
odiosa ed insensata? Eppure sulla fede
di uno scrittore spiritoso ma poco scru-
poloso, Saint-Róal, fu lungamente am-
messa la realtà di iu)a congiura ordita
tieli6i8 dagli spagnuoli contro Venezia.
Da ullimo Darvi, dopo lunghe ricerche,
trovò il vero filo di tale evento. Nani, Le-
ti, Giannonee Videi biografo di Lesdi-
guières, attribuiscono d'accordo al duca
d'Ossuna de'discgni ambiziosi sulla co-
rona di Napoli. L'ultimo dà intorno a ciò
de' preziosi e particolarizzati ragguagli.
Darìi (piindi tenne, che siccome il viceré
avea bisogno de' veneziani per la riuscita
della sua usurpazione, non potè esporsi
a farseli implacabili nemici, e che le sue
mire alla sovranità di Napoli escludeva-
no necessariamente il disegno reale di
distruggere Venezia. La condotta del se-
nato gli sembra altronde inesplicabile in
ogni altra ipotesi che in quella ili un se-
greto concerto col viceré. E' diede nella
sua Storiti di Venezia uno spiegazione
piena della pretesa congiura contro la re-
pubblica, e del progetto vero dell' usur-
pazione risoluta dal duca di Ossisna. Si
scoperse una parte di tale disegno : uu
cappuccino accusò il viceré alla corte di
Madrid". Piichiamato nel 1619, fu mes-
so prigioniero nel castello di Almeda, ove
morì nel 1624 d'apoplessia, o pel veleno
trasmessogli dalla moglie. Il Mtuatori lo
dipinge stiavatliuite, Ijorioso, meditalore
di novità, e che odiava con isdeguo la re-
pubblica veneta, e come capace di strani
disegni fu creduto autore della terribile
ctmgiura contro di essa. Ne narra lo sco-
po, legolalo dal marchese di Bcdmat; e
V EN
soggiunge, tali erano le voci e relazioni che
corsero allora dell'inumana impresa : il
Nani e altri, specialmente Saint-Rcal, ne
descrissero l'orditura colle più minute cir-
costanze, come se avessero letto il pro-
cesso. V II che, come sussista, non si può
intendere, al sapere, che i saggi veneti
tennero sotto 1 igoroso silenzio gli esami
in questa congiuntura, uè fecero minimo
niotto per incolpar l'Ossuua, ed ammi-
sero in consiglio l'ambasciatore spaguuo-
lo, senza lor menoma doglianza o paro-
la di sì orrido fatto. l'ero non sono man-
cati scrittori , che han tenuta per fìnta
tutta questa prelesa cospirazione, e intor-
no a ciò massimamente si può vedere
quanto ne lasciò scritto Vittorio Siri nelle
sue Memorie reeondite (dall'anno 1 60 [
i7/io (il 1640); essendo sembrato ad essi,
che non potesse n)ai cadere in mente se
non di persone alfalto mentecatte il di-
segno di prendere Venezia, città di sì gran
popolazione, e divisa da tanti canali , e
con un'armata navale all'ordine, più po-
tente di quella deirOssuua; oltre alla pie-
tà del re Cattolico Filippo HI, il quale non
è mai credibile, che potesse consentire a
sì nera e deteslabii vendetta. In queste
tenebre altro a me non resta da dire, se
non una verità ben certa; cioè, che non
so quanti spagnuoli e francesi tanto in
Venezia , che nelle milizie della veneta
repubblica furono presi e parte impicca-
li, parte buttali io canal Orfano, e che
nifinile dicerie si fecero di questo scuro
fatto, il quale a me basta d'aver sem[)li-
ceniente accennato. Tuttavia nella Serie
ile'dogi di Ftnecia, si va collestampe ri-
cordando l'orribile congiura ordita dal
duca d'Ossuna viceré di Napoli, e dal
Cucva ambascialore di Spagna ". Non
voglio lacere il n[ei\[o(]A\Dizionariogeo-
gra/ìeo veneto nell'articolo J enezia. "Al
tloge Nicolò Donato, mal veduto dal po-
polo (forse per la carestia accemiala), fu
sostituito ^\4itonio Friuli, nel primo an-
no del cui reggiu)enlo supplizi e proscri-
zioni giltarono il terrore in Venezia per
V E ÌN V e N 489
la scoperta congiura tramata tlall'amba- remoli e ne'presenti vedeva in lei il più
sciatore spagnuolo La Queva di concer- (ermo sostegno della liberlà d'Italia, do-
lo col duca d'Ossuna viceré di Napoli per lendogli che il ducato di Milano, rislret-
la Spagna. ìNarrate in più guise le circo- lo tra Piemonte e il dominio veneto non
stanze di questa trama, che per coufes- potesse allargarsi, e che avesse l'impero
sioue di tulli rimase sepolta nel più prò- eschisivo del golfo con depressione del no-
fondo mistero, nessun avvenimento an- me e del commercio del regno napoleta-
teriore somministrandone la spiega/.io- no. Ad elleltuar la vagheggiata unione
ne, nessun aito pubblico rilevandone le del territorio della repubblica col Mda-
prove, non è forse senza fondamento nese, concepì Queva, senza farne cenno
se sottilissimi critici sostengono non a- al suo gabinetto, il terribile progetto già
ver mai sussistito la pretesa cospirazio- narralo, d'ardere l'arsenale e i principa-
ne, mn col grido di essa essersi disleso un li palazzi di Venezia, e in mezzo allo spa-
velo sulle mire ambiziose del viceré al \eiilo trucidar nobili e cittadini, e quia-
trono napoletano, ed aver il senato, o me- di nel trambusto inalberar sulle torri
glio il consiglio de'Dieci, tolto di mezzo l'insegne spagnuole, e facendo così spa-
1 testimoni dell'intrigo quando i nianeg- rire la repubblica, dopo averla ridotta in
gi del duca furono noti e sventali dalla fiamme e lagrime. Indi racconta come
corte di Madrid Comunque sia, 5 mesi l'ambasciatore erasi accordalo con Ossu-
dopOjUndecrelo del senato comandò pre- na e Toledo, questi a penetrare con e-
ci solenni per ringraziatela Provvidenza sercito negli stilli di Terraferma, quello
d'aver salvato la repubblica, senza perciò ad occupar la Dalmazia e Venezia stessa
che cessasse dalla sua misteriosità il cor- colla flotta. Preparata co'fautori stranie-
so pericolo, a cagione del quale, o vero ri e i inalcontenli del governo la trama,
o supposto, perì quell' Antonio Fosca- l'Ossuna spedì l'ardito e famoso corsaro
rini che die argomento di tragedia an- normanno Jacopo Pierre e Langlade pe-
co da ultimo all'animoso estro del JNico- ritissin)o facitore di fuochi artifiziali, i
Imi (di che più sotto)". Riportate le di- quali fingendosi inimicati col viceré loro
verse opinioni, eccomi alle teslimonianze in facile entrare agli slipendii veneti; e
e particolari autorevoli dell'annalista cav. benché il sagacissimo Simeone Contarinl
IMulinelli, che per questo fatto comincia da l'voma,ov'era ambasciatore, avvertiva
dal dire, che per esso Venezia non dove- i padri di non fidarsi di essi, pureal Pier-
va più sussistere. Descritti l'Ossuna e il re si die il comando d'alcuni navigli, e
governatore di Milano Toledo, qualifii:a Langlade fu accollo nell'arsenale pe* la-
Alfonso duca della Queva e maichesedi \ori di sua arte. Di concerto questi col-
Cedmar, di aspetto sempre allegro e a- l'ambasciatore, profittando Queva della
pei lo, lontano apparentemente dalla si- festa dell'Ascensione, in cui slraordina-
uiulazione, talmente insinuanteche scuo- rio era il concorso nella città di forestie-
j)riva i segreti degli animi più cauti, di ri, soltomenlite ve^li v'introdusse un mi-
singolar talento pel maneggio degli affa- gliaiodi soldati, sparsi nelle locande e ne'
ri, io credito nel gabinetto spagnuolo, fa- l(q)anarì. Propriamente doveasi togliere
coiidoecapacediordireed elfeltuarequa- a Venezia la signoria dell'Adriatico la
lunque reo disegno e coprirlo col manto nulle seguente al dì che il doge avealo
della religione, insonuna uno de'più pò- sposilo , e ciò f(jrse |)erehé i veneziani
tenti e torbidi spirili apparsi nel mondo stanchi dall'allegrie deila solennità fosse-
polilico, risiedeva in Venezia ambascia- ro nten desti. Nelle stanze dell'ambascia-
tor di S[)agna. Venula a questa in odio loie , colme di munizioni dislruggitrici,
la repubblica, perché già da tempi assai 000 dc'uomiuali soldati doveauo armar-
%o V L Ci
Si |)er poi occupar la piazza di s. Marco,
una parie degii alili 5oo le vicinanze del-
l'arsenale, il riiuaiieiile del barcliereccio
tulio solilo trovarsi versu il ponte di Rial-
to, con cui rapidamente preudere a'Laz-
zarelliiooo soldati del conte di Lieseu,
già condotti dall.i repubblica e ora cor-
rolli da'cospiralori. Sbarcati quest'ulti-
ud alla Piazzetla, 5oo doveano schierar-
si in ordine di battaglia cogli altri di
Pierre; altri doveano occupar il pal'/zo
«lucale e dalla sala d'anni de' Dieci dar
quelle a chi uè bisognasse; altri guidati
ila End e da Braudjde, guardar dovea-
no la zecca e le Frocuralie, e iinpedir il
buono a stormo colle campane di s. Mar-
co. Abbattute le porte dell'arsenale, que-
sto uiceudiato,le grosse artiglierie do vea-
uo uuiniie il loudaco deTcdeschi, i «iia-
gazziiii del sale , la torre di s. Marco, il
ponle di Uiulto e altri luoghi per meglio
agire Milla ciUà terribihnenle. Schiuse iu
line le prigioni, uccisi i piinci[)ali sena-
tori, ilalo fuoco a ben 4° fuoghi diver-
si, l'armala d'0-.»unasaiebl)e entrata nel
porto al grido di Libertà. Uno de' con-
giurali, l'alfiere Taifer, preso da compas-
sione del sanguinoso eccidio d'uu popo-
lo innocente, che vedeva lutto festevole
assistere alle solennilù dell' Ascensioue e
nella notte dovea essere inu|uaii)enle tru-
cidalo, abborrendo ormai l'infame tradì-
mento corse al consiglio de'Dieci a infur-
U)ario del sovraslaule scoppio della cru-
dele congiura , convalidando le sue di-
thiaiazioni quelle de'sopravvenuti genti-
luomini Gabriele Moncassin di Norman-
dia e lìaldassare Juven del Dclfinalo, che
invitali a prender parte alla trama, inve-
ce a salute della repubblica denunziava-
no tante scelleratezze. 11 consiglio cuU'e-
riergia e prontezza di cui era capace, ra-
pidamente s'im[Josses5Ò de' congiurali, e
tosto più di 5oo fece impiccare e an-
negare nel canale Orfano. Inorridito
il popolo dallo scampalo estremo disa-
stro, volevu dar fuoco al palazzo di Que-
\a, lì quale tra 1' esecrazioni di lutti (a
V EN
da'soldati della repubblica difeso^ e eoa •
dotto al consiglio per la domandala u-
dieuza,dopo la quale a tran(|uiltare l'i-
rato e fremente popolo, solenuemeate di-
chiarò il governo all'ambasciatore: Esser
ben lontana la repubblica dal credere che
l'augiislissimo re di Spagna Filippo IH,
il suo consiglio e la nazione spagnuola,
sempre nobile e generosa, avessero pre-
so parte iu macchina tanto sozza e solo
condotta da'piùscellerali d'Europa! e pei*
la scala segreta lo lece subilo imbarcare
in ben armato brigantino e uscir dalla
città, [ìcr salvarlo dalla pubblica vendet-
ta! Mentre la fina politica del governo
niuna dimostrazione di contealezzu avea
fatto al cessar dell'ialerdelto, onde noa
fomentar l'opinione d'aver ottenuto gra«
zia dopo conosciuta la colpa, frastornala
la fiera cospirazione tosto ordinò pubbli-
che preci di ringraziamento a Dio libe-
ratore da tanta catastrofe, distribuzione
di larghe limosine, e dimostrazioni di ge-
nerale esultanza, a un tempo proibendo
il parlare delle particolari contingenze
della congiura , affine di non olfendere
alcuno e non inasprire gli spirili. Finisce
il Mulinelli, con osservare: forse tanta
lodevole prudenza valse a contaminar
presso alcuni la fama veneziana; e cita
Laugier, Storia della repubblica di Ve-
luzid, l. I I, lib. 4'j e Tentori, Saggio
sulla storia civile degli slati della re-
pubblica di Fenezia, 1. 1 o, cap. 4- Final-
mente pe'posleriori studi fatti, per le ri-
cci che operate nell'archivio politico, qual-
che documento venne pubblicato, e la
bella Storia documentala del eh. Roma-
nin nel capitolo 3 del suo libro 1 5 ha do-
cumentato e messo in aperto: che Spagna
e Francia elfetti va mente congiura va no al-
l'occupazione di Venezia ed al rovescia-
mento della repubblica; che la trama a-
veva per centro e capo dell' orditura lo
spagnuolo viceré di Napoli duca d'Ossa-
uà; che costui si accordò per l'elTetlo col
famoso Pierre corsaro di Normandia , il
quale per meglio operare s'introdusse al
V EN V EN 4yi
servizio Jella repubblica, e fece tuoslra di Roberto Drouillard fjQiiliare dell'aniba-
esserle al tulio devoloj che inlaulo il se- sciatore di Spagna sosteneva i rifuggiti
gretario Spinelli residente a Napoli per olandesi, i quali giunti a Venezia, cou ma-
la repubblica teneva d* occhio l'Ossuua le intenzioni, già avvisale dal provvedi-
per sospetti che avea potuto concepirne; tore generale da mare Lorenzo Venier
che di fatto il d'OsSuna giunto da Sicilia nel d"j 26 genuaioiG 18, si aininutin.ivu-
a Napoli, col detto Giacomo l'ierre, nel no bensì di concerto con Pierre, ma fuo»
20 luglioiGiG si dava ogni cura di iiu- ri di tempo, perchè da Napoli l'O^suna
iiir soldati e. di costruire ed armar navi, non aveva spedilo la flolla prolue^sa [ter
cou non lieve tema ed incomodo del coin- app(jggiarli. Il Pieri e procurava inlanto
niercio veneto. Il Pierre aveva compa- di far iuo un Caldas>.are Juven, venuto
gni iu Venezia un Langlad , uu Ile- da Francia per olliir soldati alla rc[)ub-
uaull jNicolò ed un Alessandro Spinosa, blica, e ciò col mezzo di uu altro fraiice-
avventurieri venuti in appiirenza ai ser- se Moncassin, ch'era a parte di tulio. Ma
vigi della repubblica, ma accordati in se- Juveii inorridì nell' intender cpieila tra-
gielo in ÌN'apoi col viceré d'Ossuna, ed ma,e ne avvisò il nobile.MarcoIJollani, che
in Venezia cou Alfonso della Coeva mar- ne dava parie al consiglio de' Dieci , il
chese di Dedmar, aiubasciuture di Spa- quale col Moncassin ravveduto e col Ju-
gna iu Venezia, le cui trame erano da uu veii dispose per modo, che persona fida-
seualoreawisale alla signoria nei 9 mag ta e pratica di lingua francese potesse da
gio 161 6 per cognizione avutane Col niez- un nascondiglio veder tutti, ed intende-
zo d'un Irate. Auche allo Spinelli intima- re per esleso il piano della congiura; eoa
va rOssuna che voleva libero \A golfo, e che avuta ceilezza e di [)ersone e di cose
che a cacciar i veneziani avrebbe manda- lece subilo arrestare il Renaud e due fra-
io navigli con insegue sue, e non quelle telli Bouleaux, ch'erano in (juel sorve-
di S. INI. Cattolica, e che voleva coglierli gliato congresso. A Carlo Bouleaux fu-
aila sprovvista, ciò che Io Spinelli riferi- runo trovale indosso carte e lettere Tela-
va subito in data 2 marzoiSiy. Intan- live, ed appena seppesi l'arresto di (pie-
Io il Pierre disliaeva l' atlenzioue della sti tre, le locande rimasero vuote di (ore-
lepubblica da ciò ch'egli preparava iu slieri. Nel tempo slesso s'ebbero dagli ar-
\enezia, col farsi denunziatore egli stes- restati altre rivelazioni di estrema impor-
so alla signoria, di ciò che tramava il vi- tanza, soprattutto per gli accordi che pas-
cere a Napoli, il (piale di fattoli 6 luglio >avano tra il duca d' Ossuna, Giacomo
161 7 uscivada Drindisicon una ragguar- Pierre ed d suddetto Brouillard. Però
devote flotta, in faccia di cui i veneziani senza piìi il consiglio de'Dieci iodata 12
si ritirarono a Lesina, perdendo qualche niaggioi6i8 ordinava, ed il proweditor
legno e la taligia delle leltere; di che il da mar Venier in data 3 1 tiello avvisava
popolo tutto di \'enezia si levò contro gli che il Pierre ed il suo segielario llosselti
spagnuuli, e si dovette assicurar la casa erano già .«ipacciati, e che lo stesso sareb-
dell'auibasciature per evitar maggiori di- be avvenuto del Langlad, diesi trovava
sturbi. Ma Pierre operava piìi sordacnen- in Dalmazia. Nel tempo slesso furono in
le iu Venezia di concerto, od almeno sa- Venezia sliangolati ed appiccali [)er uu
j)ula, degli ambasciatori inglese Woltou piede alle forche il Kenault e i due fra-
e francese Drussart, e il 7 gennaio 1618 telli Bouleaux. Nel dì 20 dicembrei 618
scriveva al d'Ossuua che 5/ /Jf^j /JO'i 5o/o per ultimo furono strangolati e gettati
venire ntl {^olfo, ma anche nella città ie iu mare iu una cassa, uu Valeuti ed uu
fosse necessario, e ridurre questa gente Malici , agenti principali pur essi nella
(i veueziaui) allo stato che merila. Cu congiura. Altri carcerali furoou po»li m
492 V E N
libertà. Allre esecuzioni non v' ebbero.
]\loncassin e Juven rimasero nella grazia
della repubblica, e i due ambasciatori spa-
gnuoloed inglese, dopo moltescuse e pro-
teste di nulla aver mai operato a danno
della repubblica , trovarono bene di as-
sentarsi per alcun tempo sotto diversi pre-
testi. L'ambasciatore francese poi fu cam-
bialo sopra dimanda della repubblica ia
data 25 agosto 1620. Pel complesso di
tante narrazioni, definì alcuno il famoso
avvenimento, tragi-coniinedial E Tam-
l)asciatore poi cardinale?! Lo dissi di
sopra.
34. Antonio Priidi XC[V doge. Ca-
valiere e procuratore di s. IMarco, assen-
te per trovarsi commissario a Veglia, per
ultimare le disposizioni concretale riguar-
do agli uscoccbi, col trattalo di pace con-
cluso tra r Austria e la repubblica, fu
assunto al principato a' 18 maggioi6i8.
Ebbe luogo in questa circostanza uno de'
soliti spettacoli che solo Venezia poteva
olfrire, l'ingresso magnifico e pomposo
del nuovo doge, incontralo dal leal Bu-
cintoro e da' 12 ambasciatori per com-
plimentarlo in nome del maggior consi-
glio. V Arie di verificar le Jate, anch'es-
sa è di parere, che poco dopo la procla-
mazione del doge Friuli si scoprì a Ve-
nezia la terribile congiura, di cui per co-
mune credenza era autore il duca d'Os-
suiia,dovenclo dirigerne l'operazioni l'ara-
bascialore marchesedi Bedmar« ed altro
non altendevasi per compiere l'orribile
progetlo se non se l'arrivo da Napoli di
molli vascelli, che doveano impadronir-
si de'porti e delle Lagune; ma presi que-
sti da'corsa ri, o gettali dalla tempesta lon-
tani, mancava all'intuito l'impresa. Ta-
li erano i rumori e le relazioni che allo-
ra si vociferavano su questo barbaro di-
segno, circostanziato dall' ab. di Saint-
Réal'. Nel resto segue l'opinione di Mu-
ratori , il quale però parlando all' anno
1620 del richiamo del duca d' Ossuna,
l'attribuisce al malcontento de' popoli e
alle rappresentanze de' veneziani al re,
YEN
come d'uomo che fosse dietro a cambia-
re il suo ministero in principato ! Cen-
chè, difendendo l'onore degli spagnuoli,
crede diceria tale supposizione,eche piut-
tosto cagione della sua disgrazia fu 1' o-
stinarsi a restare in Napoli dopo il suo
richiamo, disubbidienza che destò di(h-
denze. Dice il Mulinelli : Ristabilitasi la
tranquillità, fin qui per nop pochi anni
da'narrati avvenimenti turbata, tornava
a sorgere in Venezia l'usata maguificea-
za. Era costume antico del doge il ban-
chettare pubblicamente in alcuni deter-
minali giorni i principali magistrati, af-
finchè familiarmente conversaudo con es-
si, partecipar dovesse di se stesso con tut-
ta la repubblica. Tenevasi il i.° convito
nel dì sagro al protomartire s. Stefano,
il 2." in quello di s. Marco, il 3.° nel so-
lennissimo dell'Ascensione, il 4-'' ''i quel-
lo de'ss. Vito e Modesto in commemora-
zione della scoperta congiura di Boemon-
doTiepolo. Ris[)lendenti le mense per co-
pia tragrande di vasellame d'oro e d'ar-
gento, imbandivansi le più scelte carni e
i più rari pesci, largamente versandosi i
più preziosi vini dell'Orienle e dell'Oc-
cidente;" soffiasse poi irato il rovaio, e ge-
late fossero le acque, l'uva spina, le fra-
gole, le albicocche, le viole e le rose ve-
tlevansi sopra le dette mense quasi in a-
iiiole accarezzate dal sole e da' zefEri di
primavera, mentre i più virtuosi poeti e
i più virtuosi musici davano prova de'Io-
rosingolari talenti (il Mulinelli riporta la
IVota delie spese de vari banchetti dati
da Sua Serenità AlvisePisanineh'j'ò'j.
Poi riproduce le poesie e rappresentazio-
ni anche con musiche celebrate dal 1 5'j i
ali6o5 , dopo il quale anno non più sì
praticarono simili rappresentazioni , ma
solamente mottetti e sinfonie da musici
e suonatori della ducale cappella di s.IMar»
co)". 11 biografj Casoni rileva, che la con-
giura degli spagnuoli felicemente scoper-
ta, recò di conseguenza la pronta esecu-
zione del trattato di Parigi, e sembrava
quindi che Venezia gioir dovesse in al-
V E N
lora di perenne tranquillità e di slal>!le
pace; se non che a tuibaie la comune
quiete d'Italia continuavano i maneggi
della corte di Spagna, la quale profìllan-
do de'torbidi insorti in Valtellina (ne ri-
parlai aSvizzERA),tultoadopra va percoin-
nouovere le potenze a danno de'venezia-
ni, ma trovò sempre giuste ripulse per
parte di quelle, generosa fermezza e in-
diilerenza in questi, laonde sempre più
sì esacerbarono gli animi. Meglio è la-
sciar parlare il IMuratori. Nel declinare
deliGigsi rinnovò o maggiormente con-
fermò la lega della repubblica veneta col
duca di Savoia, il die non poco dispiac-
quealla politica spagnuola,ben conoscen-
do tale unione non esser per altro fatta,
che per tenere in briglia chi voleva far
d'assoluto padrone in Italia. Vieppiù an-
cora si alterarono, perchè la repubbli-
ca stabiPi a'3i dicembre un'altra lega di-
fensiva colla repubblica d'Olanda. Ebbe
principio nel 1620 la guerra della Valtel-
lina, avvenimento spettai) te all' Italia, per-
chè quella valle è compresa nel suolo ita-
lico, siccome ancora Chiavenna e la con-
tea di Bormio, paesi una volta dello slato
di Milano, ma occupali già da'Rlieti, og-
gidì chiamati Grigioni, e loro ceduti per
antiche capitolazioni da'duchidi Milano
(la provincia della Valtellina o Sondrio
appartiene al regno Lombardo, confinan-
te colla Svizzera, fino dal 1 8 1 5,ed ha Son-
drio per capoluogo). Quivi erasi conser-
vata la religione cattolica, ma tante ava-
nie e violenze aveano esercitato in addie-
tro i grigioni padroni , per la maggior
parte eretici calvinisti, contro i cattolici,
che n'era divenula insolFribile la loro si-
gnoria. Nata fiera discordia fragrigioni,
insorsero fazioni, sostenendo una parte di
essi la lega proposta da' veneziani, e in-
calorita dal buon uso de'veueti zecchini ;
laddove altri tenevano a visiera calata
per la lega colla corona di Francia. In
queste turbolenze, che costarono la vita
a'più ragguardevoli del partito veneto,
cominciò segretamente a solliare e a sten-
V E N 493
dere le mani anche il duca di Feria go-
vernatore di Milano, perchè persuaso che
tornasse in manifesto pregiudiziodegl'in-
teressi della Spagna la confederazione di
que'popoli colla repubblica veneta, spia-
cendogli di vederla proteggere il partito
protestante nella Valtellina, ch'era quanto
dire in Italia. Ora avendo ftittoa lui ri-
corso i cattolici della Valtellina, con rap-
presentargli le tiranniche ingiustizieecru-
deltà usate contro di loro dagl'intolleran-
ti eretici grigioni, parve non si potessepre-
seutare un titolo più vistoso alla pietà spa-
gnuola che questo per assumere la loro
protezione, e per incoraggiarli a scuotere
il giogo. Ma sotto il manto della religio-
ne giudicarono i politici che si nascon-
desse il desiderio e disegno di riunir nuo-
vamente que'popoli con lo stato di Mila-
no. Sapeva il governatore quanto la cor-
te di Francia fosse contraria a' maneggi
de'veneziani, per la lega da essi con gran
calore bramala e procurata; e però mag-
giormente si animava ad entrare iu que-
sto ballo, per la speranza che i francesi
noi frastornerebbero in tale impresa; e
tanto più perchè nuova guerra civile si
risvegliava in quel regno tra' cattolici e
gli ugonotti. Copertamente dunque ani-
mali i valtellini alla rivolta, con promet-
tere loro il suo appoggio, a' if) luglio pre-
sero l'ai mi e uniti colla fazione opposta
a'veneziani, s'impadronirono di Sondrio,
Moibegno, Bormio, in una parola di tut-
ta la Valtellina, e misero a fil di spada
quanti eretici caddero nelle loro mani, e
non furono pochi. Spinse allora scoper-
tamente il duca di Feria in aiuto di essi
molte schiere d'armati, e quindi si venne
ad accendere un'aspra guerra in quelle
parti. Ricorsero i grigioni per aiuto agli
eretici svizzeri di Berna e Zurigo, e non
vi ricorsero invano. Ilicevutoda essi uà
gagliardo rinforzo di combattenti , con
parte di loro munirono il presidio di Chia-
venua, e cogli altri si mossero a ricupe-
rare la VaUellina. Ne seguirono vari coni-
battimcuU che riuscirono a danno de'gri-
494 V E N YEN
gionij e la valle col contarlo di Bormio mn però che questi Io divenisse, e Pieiro
leslò in polere de'catlolici; laonde il dtt- Valerio o Valier arcivescovo di Candia,
ca di Feria si ad'reltò di alzar vari forti 0*28 gennaio 1621 soavemente morì, e
a'confiiii non nieno de'grigioni, die de' dnpoit giorni gli successe Gregorio XV,
veneziani, ginccliè questi tdlinii aperta- nel giornoseguentecioè ai suo ingresso in
niente con datiari (lavano braccio agli e- conclave. Intanto latto prigioniero il bar-
reirci , e gli animavano a cacciar di là baro uscocco Vincenzo Voisich, capo di
l'armi spagnuole. Grande inquietudine que'masnadieri fierissimi che lorde avea-
cagionò questo movimento degli spagnuo- no ancor le mani del sangue di Cristo-
li in tutti i principi d'Italia, massime nel- foro Venier, fu messo a morte ad esem-
la reptiblilica veneta. Imperocchèdividen- pio e terrore degli scelleiali. Successe
do la Valtellina lo stato di Milano dal (piindi nella repubblica di Venezia un
Tirolo, se ne fossero restali padroni gli periodo di pace che permise dar pensiero
spagnuoli, si apriva loro una sicura co- anco alle cose interne della cillù, ed al-
niunicazioneco'dominii austriaci, per pò- lora ebbe incominciaraento' nel palazzo
• terne trarre aiuto all'occorrenza, senza (lucale la fabbrica aggiunta delle nuove
passare pe'[)aesi altrui. E all'incontro ve- stanze e la sala de'Banchelti, dalla parte
ni va fi impedii si il passo che la republ)li- del liivo di Canonica e verso la chiesa di
ca e altri piincipi potevano sperare dalla s. Basso sulla piazza de'Leoni. Ma una
Francia, dagli svizzeri e da altre potenze lagrimevole vicenda mise in lutto la cit-
d'o'tremonti. E però i veneziani sopia gli tà intera , che vifle perire sopra infame
altii s'impegnarono in favore de* grigio- patibolo un cavniipre esenatore, e l'inTia-
ni, pei" escludere dalla Valtellina l'armi nità tuttora freme sul disgraziato fine
di Spagna. Neppure lo stesso Paolo V, d'un innocente, che il grido pubblicodis-
titttocliè per proteggere il cattolicismo in se sacrificato dagl'inquisitori di stato, per
quelle contrade fosse pronto a sommini- frequentare occultamente una casa pres-
slrare buone somme di denaro, sapeva so il palazzo dell'ambasciatore di Fran-
consentire che in potere degli spagnuoli eia, e come vogliono altri per essere tio*
restasse (|uel paese. Pertanto furono prò- vato sulla soglia del palazzo dell' amba-
posti vari ri[iieghi, e specialmente ebbe sciatore di Spagna (nel qual caso sareb-
plauso la pioposizione di lasciare in li- be stata tuttora l'abitazione del marche-
berta la Valtellina, e di formare di essa se di Bedmar Alfonso de la Cueva, per-
un cantone della Svizzera, da aggiunger- che come provai superiormente, quivi di-
si agli altri cantoni degli svizzeri cattolici, morava quando Increato cardinale a' 5
Declamarono sì vivamentei roinislridel- settembre i 69.2), Lo racconterò coH'an-
la repubblica veneta a Parigi contro gli naiista IMulinelli. Trascorsi appena 3 an-
ambiziosi [)pnsieri del duca di Feria, os- ni dacché Venezia era uscita dall'estremo
sia della Spagna , che Luigi XIII fece pericolo per insidiespagnuole, accadde in
passare uflizi e j>roteste colla corte di Ma- essa fatto molto lagrimevole. Proibito a'
drid, per isventar le mene del duca, che veneziani dalla- legge come caso di slato
parevano indirizzate a mettere l'Italia in di aver relazione, occulte pratiche e in-
ischiaviiù. Paolo V dopo aver aumenta- felligenze segiete co' residenti ambascia-
to il cultodel b. Lorenzo Giustiniani col- tori, più rigorosamente si vegliava quel-
la celebrazione di sua festa, decretato lo di Spagna; quando avvenne che il pa-
quello del b. Jacopo Salonionio dome- trizio Antonio Foscarini di Nicolò, di co-
nicano, creati cardinali i 3 patrizi veneti picua famiglia, già ambasciatore di Fran-
Francp^co Vendramin patriawca di Ve- eia ed' Inghilterra, ad onta de' suoi cir-
nezia, Matteo Priuli figlio del doge, pri- ca 5o anni, della riputazione che gode-
VEN
Ta, e de' distinti ministeri sostenuti, si
accecasse d'amore per una forestiera ma*
ritata. Dunque né giovine, né amoroso
di Teresa Navagero, costretta per la pie-
tà del padre, minacciato d'orrida pri-
gione, di prendere a marito l' inquisito-
re di stato Contarini (come con idio-
taggine di storia a' nostri giorni«lia vo-
luto far credere Gio. Battista Nicolini,
nella d' altronde ben nota e applaudila
sua Tragedia), soleva portarsi Foscari-
ni notte tempo in abitazione di cavalie-
re straniero, segretamente quindi ammes-
so dall'amata donna nelle sue stanze. Per
mala ventura erano queste vicine al pa-
lazzo dell'ambasciatore francese,e perciò
non è improbabile che l'infedele femmi-
na fosse di Francia, ed ivi forse dal Fo-
scari.ii conosciuta in tempo di sua amba-
sciata. 1 segreti accessi, il luogo, il tempo,
il travestimento dierouo corpo all'accusa
fatta al severo consiglio de'Dieci da alcu-
ni scellerati, che in odio non meno di lui
e di altri nobili, riferirono aver il Fosca-
rinicorrispondenze con esteri. Tutto quin-
di cospirava a renderlo colpevole d'aver
infranto una gelosa legge di stato; tut-
tavolla egli non era macchiato di quel de-
litto, bens'i d'un altro, nèquello giustificar
poteva senza rendere palese questo. Né
salvata, Foscarini, a questo prezzo la vi-
ta, l'onor salvava, poiché il furtivo collo-
quio con donna maritata gli sai ebbe tor-
nalo in disonore, e insieme infamia l'av-
volgere nell'obbiobrio l'amata donna, ol-
tre I' esporla alla giusta indignazione del
tradito marito. Si trovò pertanto nella
dura alternativa, o perire coll'iufamia di
traditore, o salvar la vita coll'iufamia del-
l'amata donna. Uidottoa tali estremi, ve-
dendo Fo<!carini la necessità di solloporsi
alla morte, generoso piegava la fronte a
questa necessità, anziché palesare il mo-
tivo di sue notturne visite. E perciò dal
processo compilato dagl'inquisitori di sta-
to, e giudicato da'Dieci, dallo stesso do-
ge e da'siioi consiglieri, appaiendo reo di
fellonia, fu condanuato a morte. Strozza^
toin carcere nella notte de'ao venendo
il ai aprile 1622, si vide nel mattino
seguente impiccato pe' piedi alle forche
il cadavere dell'infelice villima d'impuro
amore. La città fu tutta compresa di stu-
pore, orrore e doloie pel funesto caso,
sentimenti che si aumentarono grave-
mente, prima fra il volgo e poi fia'gran-
di. quantlo si sparse voce Foscarini inno-
cente ! Moltiplicandosi di fatto l'accuse di
ribellione, anche contro i principali sena-
tori, si venne finalmente a sospettare del-
la falsità delle testimonianze. Imprigiona-
ti i delatori e i testimoni, e contraddicen-
dosi iiegl'interrogatorii, ben presto si eb-
be certa e dolorosa prova dell'atroce ca-
lurnia, lacjualesi avrebbe potuto disco-
prire assai prima e senza l'ingiusta elVu-
sione di sangue, se meno precipitosamen-
te si fosse agito. Avvedutisi quindi i Die-
ci d'esser caduti in gravissimo errore di
giustizia, non vollero questa volta tener-
lo sepolto nell'impenetrabile loro segre-
to, ma considerando soltanto alla stra-
ziata fama d'un onorato cittadino, all'i-
gnominia del casato e all'inviolabilità del-
la giustizia, spontaneamente pidiblicaro-
no formalmente, divulgandolo anco alle
nazioni straniere, essere Antonio Fosca-
rini innocente dell'appostogli delitto. Si
volle inoltre dichiarata la sua innocenza
nell'atto di sua morte, e nell' iscrizione
sepolcrale nella chiesa di s. Eustachio so-
vrastata dal di lui busto scolpito da Giu-
seppe Toretli, lateralmente alla 4-' cap-
pella del Crocifisso. Può vedersi la Tra-
gedia Jntonio Foscarini di Gin. Bat-
tista Nicoli in, presa in esame da Gio.
Battista Gaspari, Venezia dalla tipo-
grafia Alvisopoli 1827. Osserva il Caso-
ni, dopo s'i tragica morte gì' inquisitori
di stato denunciarono questa prima in-
nocente villima sagrificHta alla rabbia
«l'alcuni perversi che congiurato aveano
l'eccidio de'piincipali cittadini, e de'più
gravi e ragguardevoli magistrali. » Tale
aneddoto triste ed atroce, prestò tema,
in questi ullinii tempi, a qualche teatia-
496 V E N
le rappresentazione, scrittn non lanlo per
amore dell' argomento, quanto perchè
l'inquieto autore trovava in quello esca
a sviluppare il proprio mal animo dccla-
mando contro la verità, la ragione, e le
leali ed uniformi teslimonianzedella sto-
ria ede'fatti". — Nel seguente 162 3 a'G
giugno Gregorio X,V, per estinguere il
fuoco della guerra di Valtellina, prese
questa in deposito a mezzo di d. Orazio
Ludovisi suo fratello, e l'8 luglio rese il
suo spirito al Creatore. Dopo 28 giorni
di sede vacante, gli fu sostituito Urbano
"Vili Barberini, che continuò a tenere per
nunzio a Venezia Laudivio Zacchia, poi
cardinale, ove il predecessore l'avea in-
viato nel 1621. Sette giorni dopo, a' i 3
agosto, morì il doge Friuli, e venne tu-
mulalo nella chiesa di s. Lorenzo, forse
nella tomba medesima de'suoi antenati,
senz'alcuna iscrizione o memoria parti-
colare, con)e dichiarali suo biogralb. —
Francesco Conlarini XCf^ doge. Rag-
guardevole per le cariche cospicue so-
stenute in patria, e per le legazioni pru-
dentemente condotte presso varie corti,
cavaliere e procuratore di s. Marco, fu
proclamato doge fra mezzo a 'gè nera li ap-
plausi rS settembre 1623. Alle rare do-
ti che costituiscono l'uomo di stato, uni-
va ricca suppellettile di scienza, fondo di
dottrina, ed esattezza di critica, di che se
ne ha prova nella preziosa storia tuttora
ms. delle Guerre de turchi in Persia ed
Ungheria, óa lui dettata sulle notizie pro-
cacciatesi quando era bailo per la repub-
lilica a Costantinopoli. Talee l'elogio che
gli rende il eh. biografo Casoni. La fab-
brica delle nuove stanze e della sala, iti
aggiunta al palazzo ducale dal Iato di s.
Basso, già cominciata nel precedente prin-
cipato, per comodo della famiglia del do-
ge, si vide in breve condotta a termine.
Spettacoli, banchetti e splendide feste
vennero date dalla repubblica per l'arri-
vo inatteso a Venezia d' un principe fi-
glio del Prete Jatmi, e per la venuta di
Uladiblao figlio di Sigismondo 111 re di
VEN
Polonia, clie poi il successe col nome di
IJIadislao VII, portatosi in Roma pel
giubileo dell'anno santo. D. Orazio Lu-
dovisi custodiva la Valtellina e i suoi for-
ti, e poi avea ricevuto dopo molli con-
trasti anche Chiavenna e Riva. Urbano
Vili tosto mostrò inclinazione a Fran-
cia, ed*a quelli che mal solfrivano la pre-
potenza de' ministri spagnuoli. Però in
breve Irovossi in molle angustie per l'im-
pegno preso dall'antecessore pel deposito
della Vallellina, poiché disputandosi a chi
dovesse toccare il mantenimento de'pre-
sidii pontificii, composti di 5oo cavalli e
di i5oo fanli, pretendevano sostenerne
tutto il peso gli spagnuoli, ed i francesi la
metà, e senza questi mai accordarsi, re-
starono a carico della camera apostolica.
Moltiplicavano l'istanze Francia, Venezia
eSavoia per ultimare quesl'afrare,e ilPapa
non ne trovava la via, per non disgustar-
si con Filippo IV redi Spagna. Le cose
della Valtellina tenevano sempre in agita-
zione gli animi, ed esercitati i combatten-
ti per esser pronti a qualunque eventuali-
tà. La Spagna non cessava dal fomentar
inimicizie, ed istigare le altre potenze con-
tro i veneziani; perfino il sultano Amu-
rat IV venne da quella corte richiesto
d'alleanza, ed egli non solo rifiutò la pro-
posta, ma invece ne avvertì il senato, of-
frendo mettere adi lui disposizione e sti-
pendio 20,000 turchi, ciò chenon venne
accollo da'padri, co'debiti ringraziamen-
ti,! quali non mancarono peròd'accresce-
re poderosamente le forze terrestri e ma-
riltÌD)e. Narra Muratori, che il cardina-
le Richelieu divenuto l'arbitro del gabi-
netto di Francia, concepì l'ardito dise-
gno di alzarne la riputazione, con repri-
mere la colossale potenza dell'una e del-
l'altra casa d'Austria, signora di due mon-
di nella monarchia spagouola, impegnan-
dovi Gustavo II Aldolfo re di Svezia ;co-
sì pensò agli affari della Valtellina, e a
muovere altri turbini in Italia. A que-
sto l'incitavano ancora le doglianze con-
tinue de' veneziani e il duca di Savoia. A-
V EN
vea Urbano Vili fatto uo progello d'ac-
coinotlaaietito per restituire a' grigioui
quella provincia colla reintegrazioue e ga-
ranzia della religione cattolica; tua perchè
si era preservalo il passo libero per quelle
parli a'vicendevoli soccorsi delle due po-
tenze Austriache, il che disapprovavano
Francia e Venezia, restò priva d'effetto la
sua buona volontà. Quindi pe'uianeggi del
duca di Savoia, fu da lui tenuta una gran
conferenza in Susa,conLesdiguièresgrau
contestabile di Francia,e gli ambasciatori
di Venezia, dove si sottoscrisse la lega
della Francia, la repubblica di Venezia
e il duca di Savoia, per liberar la Val-
telliaa. Indi il duca per abbassare la po-
tenza di Spagna in Italia propose alla
Francia il conquisto del dominio di Ge-
nova e dividerselo, benché la Francia
non voleva apertamente dichiarar guer-
ra a Filippo IV e i veneziani intende-
vano come i francesi di operare solo
per la Valtellina, somministrando de-
nari e munizioni, e tener le milizie a'
confini del Milanese. La Francia quindi
risolutamente fece vive rappresentanze
al Papa, per terminar la controversia
della Valtellina o rinuoziasse al deposito,
altrimenti avrebbe proceduto come al-
leata de'grigioni. IVla Urbano Vili com-
battuto dalle replicale istanze de'valtel-
lini di sottomettersi al dominio pontifì-
cio, e dall' impedire che si perdesse ri-
spetto a'vessilli di s. Pietro, andava tem-
poreggiando. In questo mentre l'amba-
sciatore francese Coeuvres, e col denaro
veneto, mosse gli svizzeri e i vallesani a
far leva di gente, e animò i grigioni a
sollevarsi. Sul fine poi di novembre l'am-
basciatore pobtosi alla testa di tali trup-
pe, entrò improvvisamente nella i'iezia
e passato nella Valtellina occupò i luo-
ghi che non potevano resistergli, con sor-
presa, e sdegno e inutili proteste del mar-
chese di Bagno Nicolò Guidi luogotenen-
te generale dell' armi papali, e dipoi per
I' artiglierie mandate da' veneziani al-
l'ambasciatore dovette capitolare pel cu-
vot. xcii.
V E N 497
stello dì Tirano a'jo dicembre 1624, e
nel di seguente parfi colle milizie. Al-
lora al francese fu agevole impadronirsi
di Sondrio, Morbegno, Bormio e in line
di tutta la Valtellina, non avendo fallo
alcuna resistenza i pontifìcii, tranne Ulva
presidiata da'spaguuoli sul lago di Ghia,
venna. Il Papa fece gravissime lagnan-
ze, così gli spagnuoli,e l'accorto cardinal
Richelieu seppe cavarsi dall'intrigo; im-
perocché ad onta che poscia Urbano Vili
inviasse a Parigi, anche per le mire sa-
voiarde su Genova, per legalo a laltrc
il nipote cardinal Francesco Barberini,
e benché per invilo di Filippo IV si re-
casse a Madrid per levare al s. fonte in
nome del Papa la sua figlia IMaria Eu-
genia, non potè concludere alcuu acco-
modamento, sostenendo la Francia quel-
lo che ora dice la diplomazia, il fallo
compiuto, con tutti gli artifizi propri
delle corti. Nello stesso dicembre a' 12
mori il doge Coularini fra l' universale
compianto, dopo aver sostenuto il de-
coro dello stato con politiche negozia-
zioni, per conservare l'equilibrio euro-
peo, e fatto ovunque rispettare le ve-
neziane insegne. Ebbe tomba nella 3 '
magnifica cappella di s. Francesco della
Vigna, iu un monumento nella parte si-
nistra, manierato e d'ignoto autore. In-
tanto a' 19 dicembre, Urbano Vili cir-
condato da 24^^^''^^'"'''' licevè Girolamo
CornarOjFrancesco Erizzo eGiroiamo So-
ranzo procuratori di s. Marco, insieme al
ca v.Ilcnier Zeno oratore ordinario,amba-
sciatori d' ubbidienza della repubblica,
l'ultimo de'quali baciati i piedi fece lacou-
suela orazione a pubblico nome, di con-
gratulazione e di filiale di vozioue. — Gio-
i'unni I Cornalo AC/ '/r/oi;e. Procura-
tore di s. Marco, venne innalzalo a capo
della repubblica a' 4 gennaio 162J. lu
(juest'auoo Francesco M." II ulliino duca
feudatario d' Urbino, onde poi quello
stato fu riunito nuovamente ai princi-
pato della s. Sede (non senza dispiac«re
di diversi principi italiani e de' Venezia-
32
498 V E N
ni dulculi dì vedere ailaignre tonto ie
finibile della Chiesa, come nota il Mu-
ratori), togliendo a Pesaro ove eia slata
inuabalu, la statua dell'avo Fiaucesco
M." I, scolpila dal fiorenlino Giovanni
Bandinij dello dall'Opcray già capita-
no generale della repubblica, ad essa la
tnandò in dono, il senato facendola col-
locare con aionuuicnto di Eartoloiiìco
Monopola, nel cortile del palazzo doca-
ie a desila di ehi guarda la facciata del-
l' orologio, ove ancor si conserva. Ar-
male italiane e straniere scorrevano l'I-
talia per le discordie di Vallellina, nia
.si fecero poche fazioni militari; però il
duca di Feria, con surficiente esercito,
liuscj a frastornare ogni ullerior pro-
gresso de' francesi e veneti in quelle par-
li, non potendo far di più per leneie gli
ocelli su Genova vagheggiala dal duca di
Savuia. E la repubblica veneziana sem-
preciòavversava, perchè preferiva guer-
reggiare le due case d'Auslria contro lo
stato di IMilano. Iiifatli avendo i geno-
vesi persuaso Fili()po IV, che alla caduta
di Genova seguirebbe la perdita del Mi-
lanese, n'ebbero poderosi soccorsi in de-
naro e truppe dal dt\ca governatore, il
quale marciò inoltre a sventare le pre-
tensioni nemiche, il resto facendolo l'oro
genovese, sia cogli assoldati tedeschi e
sia col guadagnare Lesdiguières, che già
dissenziente nell'impresa si ritirò. Urbano
Vili dispiacente di questi moti guerre-
schi, e della uiuna riuscita di sua lega-
zione spedita in Francia per la pace d'I-
talia, e pel risarcimento all'onta ricevuta
per la toltagli Vallellina con tanta pie-
potenza, per I ienlrarvi arojò 6,000 fanti e
Geo cavalli. Narra il Cardella. nelle Mc/n.
.storiche ile Cardinali, che il Papa a'i g
geimaio 1626 creò cardinale il patrizio
veneto Fede» ico Cornuro il giuniore, ve-
scovo di 13ergamo e figlio del doge Gio-
vanni I. Questa promozione fu cagione
di contese in Venezia, non permeiteudo
le leggi della repubblica, che i parenti
del doge vivente potessero ricevere digni-
V EN
là: tua la moderazione del padre, pronto a
scendere dal soglio, soddisfece tuhneiitc
il senato, diesi posero in perfetta calma
le destate querele,dichiaraiidosi che l'am-
piezza della dignità cardinalizia non com-
prendevasi .sotto lo scritto divieto. Ma a
questa condiscendenza del senato segui
altro esempio della tenace e imparziale
osservanza delle leggi statutarie. L'8 del
seguente febbraio Urbano Vili ti'asfeiì
il cardinal Cornalo al vescovato di Vi-
cenza, e poi nel 1629 lo promosse a quel-
lo di Padova, ma non potè prentierne
possesso, perchè le delle leggi venete e la
Promissione ducale proibivano a'figli del
doge regnante, anche dal Papa accettare
benefizi ecclesiastici. Lo stesso cardinale,
ben conoscendo l'irrevocabile autorità
di questa legge, avea supplicato il Papa
a degnarsi di lasciarlo nella sua sede di
Vicenza, e non come altri scrissero ch'e-
rasi [)rocuiata la dispensa da detta Pro-
missione, e di provvedere di altro pre-
lato la chiesa di Padova. Ma Urinano Vili,
che di già lo avea preconizzato in con-
cistoro, per la solennità dell'atto, non
voleva aifatto rimuoversi dall' operalo.
Però il cardinale prefer"i rinunziare a
tale nomina, anziché cadere nella disgra-
zia della repubblica; lullavolta la sua
rinunzia non si accettò dal Pontefice. Il
perchè il sonalo, piuttosto che tollerare
una violazione delle sue leggi, lasciò che
restasse vacante il vescovato di Padova.
Non si rimosse il senato neppure alla
morte del doge Cornalo padre del car-
dinale, il quale perciò non era più com-
preso nella legge proibitiva, e continuò
il conti aslo finché nel i63i vacato il
patriarcato di Venezia nominò al Papa
per l'approvazione il caidinalCornaro,e
al medesimo presentò pel vescovato di
Padova il di lui fratello Marc' Antonio
Cornaro primicerio di s. Marco. In que-
sto contegno del senato io ci vedo un
tratto generoso e nobile, per far contra-
sto all'ostinazione colla quale avea so-
stenuto l'austera osservanza de' suoi sia»
V E N
tuli. Questo rigos oso coulegiiOjdice il Ca-
soni, impiimeva ne' cittadini e negli e-
steii nl(a stima pel consiglio politico de'
veneziani e per la loro costiluzionej ma
diiò io, che i veri cattolici giammai ap-
provarono tanta esigenza da' Papi. Ve-
race storico, va lodalo il veneto ab. Cap-
pelletti, che nella sua magnificii e pi"e-
ziosa opera, Le Chiese d' Italia, dot-
to nelle leggi ecclesiastiche, riportando
fedelmente tutto, considerò il cardinal
Cornaro vero e legiltioio pastore di Pa-
dova, canonicanieule trasferitovi in con-
cistoro dal Sommo Pcntcfìce supremo
Gerarca, e perciò dopo tale giorno giu-
stamente consideiò vacante la chiesa di
Vicenza. Tanto scrisse nella storia di
essa e in quella di Padova e Venezia.
Anzi in qnest' ultima, meglio del Car-
della riferì l'altra vertenza pel cardina-
lato, che ad onore di tale sublime di-
gnità, del doge, del senato e dello sto-
rico mi piace riporiare nuovamente col-
le sue parole. « Era insorto gì ave dis-
gusto tra il senato e il {>adre di lui, che
allora era doge ormai da due anni, nel-
r occasione che il Papa avealo promos-
so alla dignità della porpora : impercioc-
ché un'antica legge vietava seveiissima-
mente a qiial si fosse nobile veneziano
l'accettale, senza licenza del senato, o-
nori edignità da sovrani esteri: e ciò più
streltaraenle e più rigorosamente era
ioterdetto a' figliuoli del doge vivente,
i quali neppure coli' assenso del senato
le potevano coii"^eguire. Ma il padre del
vescovo porporato, per nuw chiudere al
proprio figlio la via a quell'amplissima
dignità, lece sentire alla signoria la sua
propensione a deporre spontaneo il cor-
no ducale ed a ritornarsene nella sua
primitiva condizione di privalo (dunque
non è vero l'asserto da altro recente sto-
rico, che il doge fu redcUguito vivamen-
te, perchè contro le leggi aveasi piocu-
rata dis[)eusa dalla Promissione ducale
in quell'articolo che proibiva a* figli del
doge regnante accettar dal Pontefice di-
V EN
499
gnilà alcuna. Disse anche male con re-
stringere il divieto alle dignità derivanti
dal Papa, doveva dire da luUi i sovrani,
slranieri). Della quale volontà soddi-
sfatto pienamente il senato, dichiarò cou
apposito decreto non comprendersi nel-
la serie delle vietate dignità straniere la
cardinalizia, a cui aveva anzi la repub-
blica diritto e titolo (cioè la nomina be-
nignamente concessa da' Papi a' sovrani,
da esercitarsi di quando in quando per
soggetti idonei e di piena loro soddisfa-
zione, argomento trattato a suo luogo,
insieme agi' individui raccomandati e
rigettati, altrettanto avendo essi prati-
cato nelle nomine e presentazioni de' ve-
scovi : Gregorio XVI supplicato da Lui-
gi Filippo I re de' francesi di fare alcuni
vescovi, si ricusò; negli ultimi della vita,
pregato dal medesimo di creare tre car-
dinali francesi, lo contentò soltanto per
uno). Così cessarono tutte le controver-
sie, e le cose tornarono alla calma di pri-
ma". Arroge che io qui per analogia ri-
cordi, che avendo in questo dogado \n
Spagna chiesto passaggio nel golfo Adria-
tico per la flotta che condor doveva a
Trieste IMaria d' Austria soiella di Fi-
lippo IV destinata «posa al re (\' Unghe-
ria, poi Ferdinando 111 imperatore e fi-
glio del regnante Ferdinando II, venne
rifiutato il permesso con minaccia di guer-
ra se mai si avesse tentalo il trasporlo:
oderte invece le venete galere, e su que-
ste accolta la principessa, passò fra splen-
didi festeggiamenti e reali lautezze al ta-
lamo sovrano che l'attendeva, con quel-
r ordinaria magnificenza sempre usata
dalla generosa e nobilissima repubblica
in somiglianti congiunture. Già però nel-
la quaresima del 1628 Venezia avea so-
leinicmeute festeggiato l'arrivo di Co-
simo Il (dice il cav. Mulinelli: dev'es-
sere errore dello scriltore del documen-
to che riporta, ossia la descrizione par-
ticolare di Cernardiuo Moretti venezia-
no del soggiorno e de' festeggiamenti,
poiché se è giusta la data i6?.8 bisogna
5oo V E K
dire Ferdinando II, essendo merlo Co-
simo Il sin dal 162 i ; aio trovando nel fi
ne della descrizione citato; Moren\,Fiag-
per
V alta Italia del serenissimo
principe di Toscana poi granduca Co-
simo IJI descritto da Filippo Pizzichi,
Firenze 1828, dovrà interpretarsi che
se ne parla in quell'opera, poiché Co-
simo 111 nacque da Ferdinando li a' 1 4
agosto 1642, e tuttavia l'accurato Mu-
linelli parlando di Cosimo III nuova-
mente crede che l'avo e non il padre fu
in Venezia) granduca di Toscana. Accol-
to questo in un palazzo sul Canal grande
tutto splendidamente adornalo di panni
d'oro e di seta, con servi in assise tra-
ricche, con copia di argenterie e ogni
lautezze, nel dì seguente cominciò a vi-
gilar la città, la quale tanto parve al pro-
nipote del magnifico Lorenzo splendida
e hella da chiamarla Votlai'a merai'iglia
del mondo (quali sono, ne feci cenno nel
voi. LXVIll,p. «27). Se non che lo stu-
pore dell' allonilo Medici, proveniente
da una Toscana e da una Firenze (^.),
accrescevasi quando nell'arsenale, pron-
to già trovandosi legname, ferro e ogni
attrezzo, vedeva innanzi a lui costruirsi
uel breve spazio d'un' ora una galea, e
in un'altra ora gettarsi un grossissimo
cannone e spararlo, con tiro di 5 miglia.
Vagheggiava poi dallefinestre del suo pa-
lazzo lo spettacolo singolare d'una pom-
posissiraa regata, oltre quella di 4 don-
Be, 2 per barca; sommacompiacenza pro-
vava nel trascorrere sollo candide tende
di seta la Merceria, le cui botteghe, so-
prabbondanti di varice ricche merci, e-
rano poste vagamente a festa; e ad assi-
stere ad un assai splendido feslinOjOvei 5o
gentildonne facevansi ammirare più che
per la straordinaria ([uantità delle perle e
delle gemme, per la ordinaria bellezza
e leggiadria di loro persone. Gli fu mo-
strato il catenone d'oro che cingeva la
piazza di s. Marco, il quale si metteva
fuori rarissime volte. Dopo una perma-
nenza d'8 giorni, il granduca riconoscen-
VEN
te lasciava Venezia, e a Venezia in tanfo
valea quella principesca visita ben5o,ooo
ducati, non compresi quelli spesi nel ma-
gnifico trattamento per tutto il dominio
veneto da lui percorso, senza risparmio
e con ogni onorificenza, fino al lago di
Garda, donde passò a Trento. Dopo par-
tilo da Venezia, banchettato in gran pa-
lazzo al Dolo solennemente, il capitano
di Padova lo condusse in questa citlà con
100 carrozze, accompagnato da 200 cap-
pelletti o soldati della repubblica a ca-
vallo; incontrato poi da 3oo carrozze, e
giunto al Portello di Padova montò in
una carrozza foderala di velluto crerae-
sino, con ricamo di dentro di gemme e
perle. Prima di tralasciare il racconto de-
gli aneddoti che resero in qualche modo
rimarchevole il reggimento del doge Cor-
naro, e che fan prova della saggezza de'
principii costituzionali della repubblica,
e ulteriormente testificano altresì l'inte-
grila e la fermezza del senato in soste
nerne l' invariabile osservanza, col cav.
Mulinelli, e co'biografi Casoni e Sismon-
di, riferirò IMI sanguinoso fallo, die ama-
reggiò l'animo del doge, compromise la
quiete dell' intera citlà, e reclamò la vi-
gilanza de'padri. Antiche emulazioni pas-
savano, anzi forse odii, tra' Comari ed i
Zeno. Renieri Zeno, uno de'capi de'Die-
ci, uomo di spirilo torbido e più simile
a tribuno della romana plebe, che a pru-
dente patrizio veneto , molto però alta-
mente pensando della repubblica sua,
non lasciava di sfogare in pubblico e in
privato l'acerbità del suo odio contro i
Cornaro. Ammonito a temperarsi, mag-
gior facevasi in lui il desiderio di vendet-
ta; di maniera che accusando i figli de!
doge, d'insolenze, d'ingiurie e di misfat-
ti, tanto schiamazzava da indurre un al-
tro capo de' Dieci a rimproverare allo
stesso doge i trascorsi de'suoi figli, tanta
licenza da lui tollerata, imponendogli di
runediarvi. Frementi i Cornaro, Giorgio
uno de'figli del principe, e segno princi-
pale dcgl'improperii di Zeno, insofferente
VEN
e acceso di iabl>ioso sdef^no, di iiottetein*
pò accompagnato da sgherri , assali lo
Zeno nello stesso palazzo ducale airnscii"
dal consiglio, e tante pugnalategli vibra-
va da lasciarlo quasi morto, quindi fug-
gi. Dannato Giorgio ad esilio, con taglia
a chi l'arrestasse, con couilsca di beni e
degradazione dalla nobiltà, nel luogo del
proditorio delitto fu eretto un marmo a
sua perpetua esecrazione ed a memoria
del castigo. Risanato loZeno,naturaliDeii-
te divenne piti di prima raiupognatore
mordace, e da tanta fiera discordia cu'
Cornaro nacquero in Venezia due parti-
ti con animi concitali e pieni d'ira , cui
prudenza non aveva più ritegno, a seguo
che minacciavano una guerra civile. Di-
visi 1 giudizi de'padri, e con acri quere-
le desideiandosi da molli nobili la ritor-
nila dello statuto dei consiglio de' Dieci,
per moderare nuovamente l'estesa auto-
rità di SI gravissimo e sospettoso inagi-
slrato, onde frenare l'intestine discordie,
dopo lunghi trainbusli restarono però
contermate l'antiche discipline, ed asso-
pila ogni familiare pretensione, cioè do-
pò la morte del doge, quando giunse l'u-
niversale disavventura della peste,che poi
tornerò a deplorare. Il Sismondi dice, che
l'irritala nobiltà veneta non osando d'o-
perare apeitamente contro il tirannico
consiglio decem virale, attese l'epoca iu
cui doveva essere rinnovato, ed allora ri-
cusaroDO i loro voti a tutti i candidati,
onde l'oligarchia che si formava in mez-
zo ad essi, vedendosi in procinto d'essere
annientala, fu costretta a capitolare. Le
fu lollo il diritto ch'erasi arrogalo, d'an-
nullare i decreti del gran consiglio, e do-
po aver fallo sentire che non era sovra-
na, si terminarono l'elezioni. — Uetroce-
do per riprendere col Muratori il raccon-
to delle poliliche viccnile esterne. iVcl
1626 aspeltando ognuno che piìi fiera
si riaccendesse la guerra in Italia per la
Valtelliaa, si verificarono i timori (pian-
do Del marzo, per reintegrare l'airronlo
fallo allearmi di s. Chiesa, giuusc iuLom-
V E iV 5o £
bardia Torquato Conti duca di Guada-
gnolo e figlio del duca di Poli , col sud-
detto armamento fallo da Urbano Vili,
con ordine d'unirsi agli spagimoli pel ri-
cupero della Valtellina, e ripristinare nel
Papa il deposito di quella provincia. Ma
all'improvviso a'G circa dello stesso me-
se Spagna e Francia si pacificarono ia
IMonsone d'xVragona,così restando in par-
te, secondo alcuni, per una 2." volta de-
luso Urbano Vili e il nipote legato, dal-
le trame e finzioni della politica, non che
lo slesso ambasciatore veneto di Parigi,
ed il principe di Piemonte che ivi perciò
era andato,! quali soltanto seppero il
trallalo dopo fallo, essendo stati ambe-
due pasciuti con parlari di guerra, (gnau-
lo al Papa, probabilmente ebbe uu sen-
tore della pace nell'iuviare le milizie, per
quanto vado a dire, acciò fossero pronte
per le sue conseguenze. I principali arti-
coli di questa concordia furono: Che in
perpetuo non sarebbe altro esercizio che
quello della religione cattolica romana
nella Valtellina , contado di Cornilo e
Chiavenna.Che fosse salva in que'Iuoghi
la sovranità de'grigioni, con pigar loro
la provincia uu annuo tributo (poi sta-
bilito a 25,000 scudi), ma con facoltà a'
vallelliui d'eleggere liberamente i loro
governatori e magistrati tutti cattolici,
la ([uale elezione fosse lei repubblica de'
grigioui obbligala di ralificare. Che tul-
li i forti di essa provincia sarebbero ri-
messi iu Ulano del Papa e poi demolili e
rasati. Fu riservato ad arbitrio e all'au-
turila delle due corone di comporre le
dilferen/.e civili rimaste (ia'Ioru collegati.
Gran rumore e malconlenti cagionò (pie-
sl'inallesa pace, reputata esclusivameule
a vantaggio decallolici e degli spagnuoli,
pregiudizievole a'grigioni, ed a'francesi e
loro alleali. Stranamente quiudi si altera-
rono gli animi ile'grigioni, de' veneziani,
massime del duca di Savoia cupido d'ag-
grandire i suoi stali,ed ognuno di essi pro-
ruppe in inutili dogliaiize,sebbenc per pru-
dcuiac pei ucccjiilà couvcuiijI'JIu acco-
5oa V E N
luodaisi. Io generale piacque per la quiete
tl"llalia,etl Urbano Yin dichiarò la sua e-
éiillanza in concisloro, perchè sebbene ve-
nisse l'accordo conckiso senza l'interveu-
to de'suoi ministri, ci vide assicurato il
punto impoitanlc della religione, e prov-
veduto al suo decoro colla restituzione de'
forti della Valtellina, onde piìi non gli
restava a desiderare chiamando in testi-
monio Dio, e i re di Spagna e Francia,
della purità delle zelanti sue intenzioni.
L'ambasciatoi e Coeuvres dopo dilazioni e
difljcollà cousegnòsul principio del 1627
le fortezze a Turcpiato Conti, il quale tut-
te fece demolire. In questo tempo era an-
cora nunzio pontificio in Venezia il bo-
lognese Agucchi arcivescovo d' Amasia,
fratello o nipole del defunto cardinale
di tal cognome. Si ha di lai prelato una
lettera de' 12 ottobre 1624 al cardinal
Bai bei ini, in cui gli dà contezza di lut-
ti gli aggravii, che soffriva nel dominio
■veneto la giurisdizione ecclesiastica; ne
dimostra ranlichilà loro, e insieme ne
addita i modi, onde porgervi qualche ri-
iDedio. Quando si lusingava la Lom-
bardia di godere i frutti della pace già
.stabilita, per le luisere umane vicende
si vide nascere nel 1627 un seminario di
nuove guerre, che si trassero dietro un
diinvio di sangue e di calamità maggiori
delle passate, e ciò per la morte di Vincen-
zo 11 Gonzaga (iuca(M3Ianlo\'ae3Ioiifcr'
rato, nuovamente per la successione di
que' ducati. A Carlo I Gonzaga suo più
[•rossimo parente, duca di Nevers, Rethel
edUmena, spellava di succedergli; maciò
dispiaceva al duca di SavoiaCdi[o Ema-
nuele I per le sue pretensioni al Monfer-
rato, alla Spagna che sempre mirando
a possedere tutta Italia mal supportava
d'aver vicino un si aperto fautore di Fran-
cia, ed all'imperatore Ferdinando II, che
pretendeva darne l'investitura quali feu-
di dell'impero, a dispetto di Francia che
considerava Carlo 1 suo nazionale per
nascita, dimora e signoria. Inoltre pre-
tende vano, Maulova d. Feri aule Guu~
YEN
zaga principe di Guastalla, Monferrato
Margherita Gonzaga duchessa vedova di
Lorena, in favore de'quali si dichiararo-
no le due case d'Austria. Il duca di Sa-
voia si uni a d. Gonzalez di Cordova go-
vernatore di Milano, per venire alle vie di
falfo nel Monferrato e poi dividere la pre-
da. Urbano Vili, i veneziani e altri prin-
cipi d'Italia riconobbero i diritti di Car-
lo I, il quale nel gemiaio 1628 domandò
rinvestitole all' imperatcjre, ma questi si
ricusò esigendo la consegna de'ducati qua-
li feudi devoluti all'inìpero, per giudicare
a chi spettassero. Fremendo i veneziani
per l'ingordigia degli spagnuoli e per l'i-
dee del duca di Savoia, posero in piedi
un esercito di i 8,000 uomini sotto il co-
mando del provveditor generale France-
sco Erizzo, che piti tardi fu doge, assisti-
to dal principe d. Luigi. d'Eìte, lo posero
in osservazione nelle vicinanze di Valleg-
gio, protestando di difendere i propri sla-
ti, e poi d'aiutare Carlo I apertamente
quando calasse in Italia un esercito fran-
cese ; ma intanto soccorrendolo di denaro
e d'ogni sorta d'abbondanti provvisioni e
munizioni, cnn artiglierie e ingegneri per
fortificare Mantova, troppo importando
loro cheque! principale propugnacolo d'I-
lidia non cadesse in mano dell'imperato
re. Urb.ino Vili inutilmente pel nunzio
Alessandro Scappi bolognese vescovo di
Piacenza, s'intromise per pacificare i bel-
ligeranti, o almeno per una sospensione
d'armi. Memorabile riuscì per l'Italia il
1 G29, in cui nel marzo scese in Italia col-
l'esei cito Luigi XIII redi Francia, aven-
do rilardato per l'espugnazione della Ro-
ihellc, ultimo baluardo dell'eresia arma-
ta ugonotta. Disfece il duca di Savoia, en-
trò in Susa che gli apri le porte, liberò
Casale dall'assediu, e con trattato in Susa
fece promettere al duca di Savoia d'en-
Ir.ire in lega con lui, col Papa, colla re-
pubblica di Venezia e col duca di Man-
tova; ed il governatore di Milano per ti-
more, convenne all'accordo e di riliraisi
da Casale; ed allora il re munitola di sue
VEN
genti, conlenlo il'aver tanlo conseguilo
col scio tuono di sue armi, se ne toiuò in
l'Vancia ; non riuscendo l' ambasciatore
veneto a impedirlo, nel dimostrargli la
jìoca sussistenza d'una pace forzata. A-
veano intanto i veneti preso ad aiutare
con pubblicilìi il duca di INlantova, ani-
mati dalla venuta di Luigi XIll per so-
stenerlo ; e Carlo I così incoraggiato avea
fatto un' irruzione nel Cremonese, colla
presa e sacco di Casal IMnggiore. Ciò ir-
ritò l'imperatore, sdegnalo già per la di-
scesa de' francesi, e tanto più si accese
di procedere contro il duca ; mentre la
Spagna ricusando ricono>cere il trattalo
«li Susa, mandò al governo dì Milano il
prode Ambrogio Spinola, con ordine e
mezzi di proseguir la guerra nel Monfer-
rato. L'imperatore, d'accordo colla Spa-
gna, inviò in Italia sotto il cornando di
Rarabaldo conte di Collallo vassallo del-
la repubblica 36,ooo uomini, i quali per
la sporcizia aveano la pe>te tra loro, che
non tardarono fatalmente a comuniijare
a'mantovani e altri de'dinlorni, quando
a!la metà d'ottobre cominciarono a occu-
pare diversi luoghi. I veneziani finora a-
veano tenuto un contegno di ausiliari del
duca di Mantova, e non già quali nemici
dichiarati diFerdinando II; ed a questo fi-
ne r 8 aprileaveano segnata lega conFran-
cia,ecuslodivano i confini. LoSpinola in-
clinava alla pace, e per mezzo del nunzio
pontiiìcio Gianjacopo Panciroli,poi car-
dinale, avea fallo corrispondenti proposi-
zioni a Carlo I, ma egli ricusa vasi cedere
piazze in deposito, e il conte Collallo si
opponeva per non aver mandato a trat-
tare di tregua o pace. In questo negoziato
fu pure adoperato l'altro iiimzio o alme-
no ministro apostolico Giulio Mazzarini,
poscia celebre porporato. Laonde lo Spi*
noia uscì in campo,a ricuperaregli acqui-
sti già fatti dal predecessore nel Monfer-
rato.Frattanto declinava ildogadodiCor-
naro in tempo assai allarmante si per la
guerra clic ardeva, che per la peste pro-
pagatasi fra'coinballenli e penetrala ne'
VEN 5o3
douìlnii veneti, onde a Venezia il adot-
tarono le più sollecite misure di precau
zioneper conservare illesi i lerrilorii non
ancora contaminali dal morbo;ma troppo
era il miscuglio dell'armate per lusingarsi
di favorevoli elFetli, ed il flagello sempre
più dilatavasi. In ((ueslo mezzo cessò il
doge di vivere a'2 3 dicembre i62f), ed
ebbe tomba nella chiesa di s. Nicolò da
Tolentino. — Nicolo Contarmi XCF II
doge. Uomo di pietà, di sana morale, di
coraggio, di dottrina e consiglio; im uo-
mo insomma di stato, e tale, che i politici
e guerreschi era capace metter in prati-
ca, versando anco il proprio sangue alla
difesa della patria, a decoro dello stato,
ed a sostegno della veneziana costituzio-
ne. Nel i6i8a Veglia avea stabilito la
l)nce cogli austriaci, per cui ebbero ter-
mine le piraterie e le stragi degli uscoc-
chi; e nel 1628 fu uno de' 5 correttori
eletti dal senato per esaminare lo statuto
del consiglio de'Dieci, quando il narrato
malcontento insorto tra lefjmiglieZenoe
Cornaro minacciava turbare la quiete de'
cittadini e alterare il sistema governativo
della repubblica. Sempre fermo ne'di lui
proponimenti, ancoquando era senatore,
consigliò far guerra agli austriaci e alla
Spagna ; pugnò contro i primi in campo
aperto, e sostenne parte dell'assedio di
!\Iantova. Traccia di sua profonda co-
gnizione ne'politici maneggi e negli alfa-
ri di stato, lasciò, tra le altre, in un'ope-
ra che tuttora si conserva col titolo : Hi-
storie Fencliane dal iSgydi/ i6o4,che
non venne stampata, ed esisteva ms. nel-
l'archivio segreto della repubblica, poi-
ché quelli che vennero consultati sul pio-
posito, se si dovesse 0 no pubblicarla, dis-
sero: l'opera contiene massime molto in-
time dclgo\>ernOy che per \>erità non sap-
piamo se stia bene dii'ulgarle. Ebbe la sti-
ma de'priiicipali uomini del smo tempo: lo
stesso fr. Paolo Sarpi parlava e scriveva di
lui con rispetto e venerazione. Finalmen-
te, tra'gemili e il pianto deiralflilta popo-
lazione venne innalzato al soslio ducale
5o4 V E N
a'i8 cjennnio i63o. I primi suoi passi
furonoal tempio del Signore per implora-
re il divino soccorso contro il flagello del-
la minacciante peste, che tutta ormai in-
vadeva la sventurata patria. Presentato
al popolo nel dì seguente, videsi circon-
dato di mestizia e squallore; tanto era lo
sconforto e la generale prostrazione de'
cittadini, onde gli auspicii del suo avve-
nimento alla suprema carica dello stato
furono infausti, ed annunziavano già la
serie delle sgraziate vicende che tanto af-
flissero, colla publilica sciagura, il corto
periodo del di lui reggimento. In tempo
flella tregua di io giorni, bramata dal
Collalto pel freddo ed enormi fanghi in-
torno a Mantova che assediava, e per le
feste del Natale del precedente anno con-
cessa per l'elofjuente accortezza dal Maz-
zarini da Carlo l,quesli ad onta del bloc-
co della città potè ricuperare Curlato-
ne, Marmirolo e qualche altro piccolo
luogo. Il Mazzarini in nomedel Papa in-
cessàntemente consigliava temperamenti
al duca per terminare amichevolmente
SI gravi contrasti. Mail duca lusingato di
soverchio dalla fidanza nella protezione
de'francesi e veneziani, non seppe risol-
versi a veruno accomodamento. Intanto
volleil cardinal Richelien passare inltalia
alla testa dell'esercito francese, si disgu-
stò col duca di Savoia, il quale intera-
mente si die alle due case d'Austria, che
perciò subito In soccorsero. Arrivò in que-
sto tempo a Torino il cardinal Antotno
Barberini legato a tutta l'Italia dello zio
Urbano Vili, siccome pad re comune, per
trattare di pace. A questa mostrarono
buone disposizioni Spinola e Collalto, non
così il duca di Savoia, che voleva cacciar
i francesi d' Italia, né il cardinal Riche-
lien gonfio per l'acquisto di Piuerolo e
Biicherasio. Laonde il cardinal Barberini
si ritirò senz'effetto, avendovi impiegato
anco l'abililà del Mazzarini, in precedenza
abboccatesi col duca e col Iiichelieu. Nel
maggio eiitialo Luigi Xlll in Savoia l'oc-
cupò, tranne la cittadella di Moiiimcglia-
VEN
no fortificata dalla natura e dall' arte, e
indi prese pure Saluzzo. Mentre il Pie-
monte era involto in sì gran tempesta,
Mantova versava in non minori calatni-
tà, battuta ed afilitta dagl' imperiali. U
maresciallo d' Etré, già marchese e am-
basciatore di Coeuvres, pervenuto da Ve-
nezia a Mantova l'B aprile, non vi porlo
se non parole e speranze. A queste Carlo
I adìdato, quale unica ancora di salvez-
za, vedeva la repubblica benché impe-
gnata a sostenerlo, lentissima a farlo, di-
stratta dalla pestilenza che temevasi pe-
netrasse nella capitale. Nondimeno tanto
perorò l'ambasciatore francese, che il se-
nato ordinò di tentar la sorte per intro-
durre nella desolata Mantova un buou
sussidio di gente e di vettovaglia. Zacca-
ria Sagredo procuratore di s. Marco, sosti-
tuito provveditore generale contro gl'iui-
periali ad Erizzo, a tal fine fatta piazza
d' arme a Valleggio, presso la sponda
sinistra del Mincio a pie d'una collina a-
raenisssma , tentò poscia d'occupare al-
cuni vicini luoghi del Mantovano, neces-
sari al passaggio de'soccorsi; ma ebbe to-
stoa fronte 10,000 tedeschi, chea'Somag-
gio lo di^fecero e misero in rotta le sue
genti con tal precipizio, che anco Valleg-
gio fu lasciato alla loro discrezione: il se-
o
nato veneto attribuendo tal rovescio al-
la mala direzione del Sagredo, con pub-
blico decreto lo privò della dignità e ve-
ste procuratoria. Uestò duntpie piìi che
mai angustiata Mantova, in cui fqceva
immensa strage la peste, riducendo a po-
co immero e atterriti i difensori. Ciò non
ignorandosi da'tedeschi,si accinsero a sor-
prenderla segretaujenle e servendosi for-
se anche del tradimento. A questo cede-
rono gl'infami famigliari del duca e par-
te de* mantovani stessi '» onde la notte
de' 18 luglio i63o l'infelice Mantova sog-
giacque all'ardente sdegno degli assalito-
ri, i quali resi furenti per la trovata op-
posizione, sorpassarono in crudeltà ogni
antico esempio, nulla lasciando di salvo,
uc i templi del Signore, uè le sagre ver-
V E N V E N 5o5
gini, nò la pura innocenza, spinto essen- ile'3o anni , Riclielieii formauLlone lega
dosi l'eccesso alle più sacrileghe profana- u'danni dell'imperatore con alla testa il
zioni, agl'incendii, agli sttipri, alle deva- fidniiiieo guerriero ed atroce protestante
stazioni, con sagrificare fra' tornieiiti e Gustavo II Adolfo re di S'^-eziaj al qua-
tuartiniquegrinfelici abitanti cU'erau ore- le a dargli !a spinta concorse ancora eoa
duti più degli altri ricchi d'oro (poiché promesse di denaro il senato veneto, trop»
Giuratori, che dubita se realmente vi fu pò alterato per le peripezie di Mantova,
tradimento, più o meno, riferisce eguali La condensazione di tal tempesta mosse
occidii giù commessi da'tedeschi in n)ol- Ferdinando II alle proposizioni di pace
li luoghi del Mantovano), e facoltosi per fatte nella dieta di Ralisbona da'ministri
possediujento di sup[iellettili e di pre- del Papa e del re di Francia, che fu se-
ziosi arredi " come descrive Casonij e con guata in Pvatisbona stessa a* i j oltobre
più straziante dettaglio il Muratori, es- i63o, con l'investitura di Carlo I Gon-
sendo durato 3 giorni il rapacissimo sac- zaga de'ducali di Mantova e Monferrato,
cheggio , e i vandalici eccessi commessi dovendo esso dar compensi al duca di
nello splendido palazzo ducale e altrove. Savoia e al duca di Guastalla. Ma non
Comandarono l'espugnazione i baroni ratificandosi da' re di vSpagna e Francia,
d'Aldringlier e Galasso, perchè il Collal- a' 26 ottobre , spirando la tregua , sta-
to era infermo o passalo in l'iemoute. Fui- vano per venire alle mani spagnuoli e
tiratosi Carlo I, col maiesciallo d' Etrd, tedeschi possessori di Casale, co'francesi
nel castello di Porto sprovveduto di for- padroni della cittadella e quelli che ne
tificazioni, posto da un lato della città, e venivano in soccorso, quando a un trat-
senza nulla, per capitolazione poterono lo comparve l'infaticabile Mazzarini, che
partire colie loro famiglie, biasimato per già venduto a' francesi, avea convinto e
essei'si sempre ricusato di venire ad accor- tratto a'suoi consigli il Santacroce, gri-
di coli' imperatore. Sentenzia bene Mu- dando verso i francesi: ylllo, alto; Pa~
ratori: Dopo il fatto costa pur poco il far ce, pace. E questa fu, poiché la cittadella
da dottore. Piidotlo il duca in assoluta si consegnò a Ferdinando Gonzaga duca
povertà, per vivere ebbe 1000 (lop[)ie da' d'Umena figlio di Carlo I, ()er tenerla a
veneziani. Inoltre osserva, che di si me- nome dell'imperatore, e che tutti i giier-
morabile scempio ne provò sommo or- reggianti si ritirassero dalMonferrato. —
rore Ferdinando II in Vienna, e la sua Intanto la tremenda peste passata da
moglie Eleonora Gonzaga indicibile do- IMantova a Venezia , deplora Muratori,
lore per si orribile sventura della nobile ([tiivi portò al sepolcro sopra Go.ooo per-
patria sua. » Succedette poi a tutti que- sone (meglio circa 40,/i.9f^>5econdo il iMu-
stiassassinii lo slesso che avvenne pel sac- tinelli, in Venezia, e 47)7 i^ nell'isole e
co di l'ioma (del 1527), perchè in breve terre adiacenti), e fu credulo che perisse-
pei irono quasi tulli o per peste o per mor- ro più di 5oo,ooo nell'altre città e ville
li subitanee, né di quelle rapine goderò- di Terraferma, dominii della re[)ubblica;
no punto i loro eredi". Nello slesso me- dilfondendosi in altre città italiane, anche
se, morto il duca di Savoia, gli successe nel seguente anno con infierire special-
Vittorio Amedeo I suo figlio, con pensie- inente nella [)Opolos>i e n()l)ilissima Mi-
ri pili regolati e discreti, a cui il paciere lano. La fatale introduzione della peste
INIazzaiini ottenne tregua da"francesi,ap- in Venezia, si registra I 8 giugno iGjo,
provata dal marchese di Santacroce nuo- ({uando Irovamlusi Muulova airestremo
vo governatore di Milano. L' eccessiva di sua sciagura, mandò a Venezia a im-
prosperità di Ferdinando 11, mosse i mal- plorar nuovi soccorsi il marchese Ales-
cuutcnli principi dell'impero alla guerra sauiUo Slrigis, il cui dunìcstico tosto am-
5o6 V EX V E N
inalò per (Ine caibonclii appiirsi nelle di. autore, sempre amorevole per me,
{iii"(iiti;iie, e ruon (Jo[)o G giorni, nella anche del sito opuscolo ricordato, resomi
fiei;i<lt,'l cui (leces'50 soccomlìè puteil mai- più pregevole du onorevole epigrafe, gra-
«liese di egnal morUo, neiri-iola ili s. Cle- ziosamenle mi donò. L'editore Giuseppe
mente assegnata a lui e suoi percontuma- Girardi, nel dedicare ropuscolo donatogli
lia sanitaria, do[)o es«cre stati in quella djll' autore, al conte Domenico Moro-
fiel Lazzaretto vecchio come provenienti bini patrizio veneto e podestà deUa regia
«la luogo infetto. Spaventevole fu la ra- città di Venezia, come a quello che era
jìida propogazirne per Verie7.ia tutta. Nel- degnamente destinalo a rappresentare
i'universnie desolazione, fra orrende stra- IMIustre città nella solenne funzione vo-
ti, la pietà del senato a' 20 ottobre per liva, che dopo due secoli si rinnovava in
titienere salute al popolo travagliato, fé- onore e per rendimento di grazie alla
le voto di edificare sontuosissimo tem[)io VergineSanta, nel medesimo 1 8jo (della
rol titolo di s. IlLìria .'fella Silnff, che celebrazione del i. "anno secolare farò pa-
descrissi nel § X, n. (Sì, con ailliggenti rola all'anno lySo, e nuovamentedel 2.").
nozioni di questa pe^tde^7,a, cheduròiG Appunto questa fausta ricorrenza mosse
mesi; monumento del particolare palro- il eh. e benemerito scrittore veneto,a cora-
rinio usato dalla M.idre di Dio a Vene- pilare la storia dell'avvenimento che in-
zia , della [t:L\e e dell,» munificenza della dusse, due secoli prima, la veneziana re-
lepubblioa a cui costò mezzo miTKMied'o- ligione ad innalzare un tempio votivo al-
io. Venne stabdila l'annua sua visita vo- la Donna Eccelsa di Jcsse. Egli quindi
liva a piedi dal doge col corpo sovrano si propose a descriver bene l'origine e le
a'21 novemhie, e la visita del corpo del vicende del flagello distruggitore, in mo-
b.LorenzoGiustiniani prot()[iati iaica nel- do d' ap[)agare la pubblica curiosità su
Ja basilica di «, Pietro, il giorno di sua tale catastrofe; e ciò coll'appoggio di au-
fesla r 8 gennaio. Descrissero la peste e torità senza eccezione, le quali della scia-
gli orrori che produsse, anche il veneto gura cittadina olfrono le piìj intrinseche
ìi^\c\ìt\(ìv\ge\oV\o\.A, De Peste Feneta an- e minute circostanze, massime la scelta
ììo MDCXXX quaestìoneSy sive apologe- de'mezzi di [)recauzione, sia per conosce-
iirutn ad s)-logislicani dlfpulalìone/ny re quali falalissime conseguenze reca al-
Venetiisi634- Giovanni Casoni, La Pe- la pubblica ciusa il non infrequente con -
.s(e di Venezia nel iQ'òo, ori ^' ne della e- traslo delle opinioni de'ministri dell'arte
lezione del tempio a s. Maria della Sa- salutare, la lotta funesta delle rivalità, ed
Iute, Venezia dalla tipografia di Alviso- i più piccoli arbitrii commessi anco sen-
j)olii83o. Dipoi nella biografia del doge za intenzione colpevole. Questo libro di
Kicolò Contarini scrisse. »La pietà del di 52 pagine per le sue interessanti parti-
lui carattere, e la influenza nelle [)ubl)li- colarità non può CHupendiarsi in poche
che deliberazioni, come capo del senato, parole; perderebbe il pregio e la forza del
fan eoo ragione supporre, che se il volo gravissimo argomento. In sostanza, que-
gli erigere un tempio a s. Maria della Sa- sto svolge la narrativa delle cause pros-
Inle, per inqilorar la cessazione del con- sime e dell' origine del morbo, senza tra-
lagio, era spontaneo delTintiera nazione, lasciare un cenno storico delle circostan-
«Itroiide la solenne promessa di lisciare ve politiche di Venezia nelf 63o-3i, in-
in questo monumento a' posteri ed agli fausto periodo del malore; la sua crude-
fetranieri alta idea, oltreché della religio- scenza progressiva e cagioni; l'orrendo a-
ne, anco della magnificenza de' Venezia- spetto di Venezia, la fame e la miseria,
ni, attribuir forse si debba alla splendi persino il terremoto, i deplorabili atten-
(lezza de'suoi generosi concepimenti". Il lati che non ostante si commisero, per cui
V E N
ftiJ'uopo innalzar patiliolo a Icrruree ca-
stigo tle'tual vagì; glianedtluli Jella confu-
sifjiie e indicibile ypavenlocliepVoilnsse;
j lodevoli provvedimenti saiiilani(iioterò,
che luinulalosi un morto di peste nella
chiesa di s. Simeone profeta, fu condanna-
to il parroco a ricoprire il pavimento eoo
un 2.° lastticato; il i.° de'cjnali esiste an-
cora con diversi sigilli sepolcrali, come si
Osservò nel i 839) e le magistrature, i 7
cuusulli medicijl'emigrazione e fuga d'al-
cuni di essi dalla città e loro bando ca-
j.itale.Le preci pubbliche, il voto pel tem-
pio della Salute , il gettito della i.' pie-
tra, e nozioni sull'edificio. La decresceo-
7.a delle peste, le tumulazioni e loro dif-
ficoltà, accordate a' patrizi e persone di-
stinte nelle chiese della città con caule
jnescrizioui. L'anagrafi necrologica de'
morti, cioè in Venezia 46,536, nell'iso-
Je di Murano, IMalamocco « Chioggia
35,63{), in tutti S-z,! yS: morti nelle pro-
■vinciedellostato di Terraferma Geo, 000:
in complesso perirono e perde la repub-
l^Iica l'enorme numero di 682,175 sud-
diti, coujpresi personaggi di sommo va-
lore e consiglio, padri della patria, reli-
giosi per santità e dottrina venerandi, ger-
mi generosi d' eccebe famiglie, de' quali
il nome solamente è rimasto a confurta-
t't i posteri nell'esercizio delle cittadine
^iitù. Gli espurghi particolari e genera-
li della città, la pubblica esultanza nel
giorno della liberazione , 28 novembie
1 (33 I , giorno auspicatissinio di letizia e
di gioia universale, di ringraziamenti a
Dio e alla B. Vergine, l dispendii del pub-
JjIìco erario, oltre l'eiezione del magni-
lico tempio: lampada d'oro alla s. Casa
rli Loreto, per voto del senato, del valo-
re di ducati 6ooo;hmosine di ducati
3ooo a' poveri il giorno della liberazio-
le; limosina di Guo ducati agli spellali,
ii.onasteri e luoghi pii bisognosi. Olire al
gì au dispendio al tempo del contagio per
soccorrerei poveii infermi e mendici del-
ia città, spese de' Lazzaretti, salarli de'
medici e altro, il lutto asLCudcndo a du
f
007
V E N
cali 80,000. Por iatirn;<iie le solenni pio-
messede'voli fattidall'intera popolazione,
con atto religioso e divoto,si portò formal-
mente il doiio Contarini nella basilica ili
o
s. Marco, e montato sulla tribuna di
porfido, ivi deposta la cdoiki a'piedi del
Crocefisso, e dopo breve silenzio per chie-
dere attenzione dagli astanti, fattosi su-
periore all'interna commozione e quasi
assorto nella fede, pronunciò il voto so-
lenne della nazione, con tenera, divola
ed eloquente orazione, piena di fede e di
speranza, riprodotta nel discorso libro,
cominciando colle tenere e conforlatrici
parole: A\'e Slelln del Ulare, clounrt
(Llle villori'e , inciìialiice di salute di
grazia. Vedi a' tuoi piedi prostrato un
afflitto popolo fr'lo bersac^lio al flagel-
lo della Divina giustizia. La guerra, la
pestilenza, la fame, con orribile lolla si
disputano a vicenda fa loro le vi ili me,
t tutte su noi vogliono trionfo di desola-
zione di morte ... Ricevi l'umile offerta
d'un Tempio, sulle vaste pai'eti del {futi-
le vogliamo clic i secoli avvenire scorga-
no impressi i tratti di nostra religione,
e dove i successori nostri , ed i posteri
jierpeluainenle Irihuleranno annui ren-
dimenti di grazie a Te Jusiliutrice ed
Avvocala di questa Republdicr. Il vene-
rando patriarca Giovanni III Tiepolo,
col fumante iiicensieie. a nome di nostra
ss. Piellgione accolse la pia olferta, e poi
genuflesso all'eterno Trono di Dio l'unii-
liava , second.ito da mille voci degli a-
stanti, tra'singulli e le lagrime, il tumul-
to degli alfetti; momento solenne e so-
vraumano, che annunciarono a' lonta-
ni ì sagri bronzi , eccitandoli ad unire
liverenli le proprie alle j)ubbliche fer-
vorose supplicazioni. Il doge profonda-
niente afTlitto nello spirilo per le pub-
bliche tribolazioni, Ciidde infermo. Era-
si destinato il 25 inarzoiG3i per la so-
lenne deposizione della 1." pietra del vo-
tato tempio, e ritardandosi l'alto i pa-
lili lo dilferirouo ah." aprile, ma senza
il alio intervento, e con uiudcsta puuipa
5o8 V E iV VE iN
bonedetta !a pietra dal paliiarca, il con- lilìi^ ma a vantaggio del duca di Savoia
Molière decano Giulio Giiisliiiiaui la col- e iu pregiudizio di <juello di Mantova,
locò per base al fondameulo, ìasieiue a sigrificatoda Francia per ntenersi iu so-
dieci medaglie d' aigeuto ed una d'oro, stanza Pinerolo e cos'i avere un passo a-
il lutto coperto con (narn)orea iscrizio- |)erto in Italia, fors'anco per le insinua-
ne. 11 doge nello slesso giorno, di natu- zioni segrete de'priucipi italiani, e sica-
rale malattia mori, nel massimo furore rameule in uno a'veneziani, sempre mal
(Iella pestilenza, in mezzo alla fame, do- solFeienti la prepotenza spagimola e dei-
poi patimetili della guerra. j\el di seguen- li troppa possanza imperiale. Tutto que-
le se ne divulgò la perdita, che tutta la sl'oj)erato l'olleone il cardinal Richelieu
città intese con verace senso di piofon- [)el sagacissimo JMazzarini, il quale seppe
(lo rammarico. Venne sepolto, senza al- incautare lo stesso Fanciroli suo supe-
cima meajoriu particolare, nella chiesa iiore destrissimo. Tutto al più a scusa del
ili s. Maria iNuova, cui avea donala par- Casoni, siccome Mantova propriameute
ledeli'iusigue reli(juia del Sangue mira- In consegnata a Carlo I a'20 settembre
coloso che si venera nel tesoro di s. Marco. 1 (i3 i , forse l'Erizzo era alla testa dell'e-
35. Francesco Erizzo XC Vili do- sercito osservatore, ma non G\ii\davaaù
gè. Ardeva la guerra in Italia tra'vene- al nemico^ che sebbene lo fosse occulta-
ziani e austriaci, pel già narrato coiitra- niente, per atto solenne non era più tale,
sto sui ducati di Mantova e Monferrato, Tralascio l'altre scene diplomatiche, al-
Ja capitale di quello stretta d'assedio, la tiimenti auderei per le lunghe. Solo im-
peste desolava ogni provincia della Ter- porta che io non occulti, avere il Casoni
raferma e la metropoli, ove il terribile murato a p. 9 e 87 dell'opuscolo La pc-
morbo spaventevolmente iiineriva,c|uan- sic di Veiiezia,c,\\e l'esercito veneto con-
do a' IO aprile iG3i venne eletto l'Eiiz- taminato dall'infezione, ottenne il con-
zo doge, essendo cavaliere e procuralo- dotliero Erizzo di condurlo a Padova per
le di s. Marco, che allora trovavasi ap- ristabilirsi, e trovandosi al campo ven-
punlo a fronte del nemico qual capitano ne eletto doge; ma la sua ritirata con-
generale (dice il suo biografò Casoni : lua Iribui alla caduta di Mantova. Dunque
tulio questo sarebbe anacronismo, non H'ju si trovava allora davanti al nemico,
solamente per aver egli notato nella bio- ed iu questo modo posso ammettere ch'e-
grafia del doge Cornalo, ch'eragli stato ra ritornato al comando, econcordare col
surrogato nel comando il Sagredo, disfai- riportalo con Muratori). Se tristi furono
lo a'3o maggio 1629 nelle campagne di i primi giorni del suo dogado, nou raaii-
Valleggio, data che col Muratori più ve- co la consolazione a rinvigorire gli spii'i-
rosimilmente tradussi nel i63o.Edau- li oppressi da tante sciagure, per la ces-
corchesi volesse ritornato l'Erizzo a pie- sazione della peste, cui seguirono a' i>8
siedere l'esercito, come pare per quaulo uovembrei63i lesuaccennatepubbliche
diiò, siccome Mantova coli' annalista la dimostrazioni di. religione e di giubilo,
dissi espugnata a' 18 luglio dello stesso quali attendersi dovevano da una popo-
aunu, per la pace avvenuta a' I 5 del sus- lazione di cristiaui e di ottimi cittadini,
seguunie ottobre, le ostilità all'epoca di Gdato il doge iu s. Marco, cogli stendar-
sua elevazione al dugado erano del tutto di, le trombe, la sedia e gli altri ornamen-
cessate, e con più solennità riconosciute li che da'dogi si usavano nelle feste più
e confermate nel Irattalo di Cherasco a' solenni e ne' giorni più memorabili ; i
6 aprile! 63 1, per la mediazione del pon- provveditori e sopraprovveditori alla sa-
liljcio nunzio Panciioli e dall'accorlissi- nità,che sedevano neila piazza, fecero clic
ino Mazzarini altro lulai-ilro diSuaSan- un comandudore sopra uu ^laLht'tlo fab*
V E N V E N .M.'f) ^
bricalo per qnesl'effello pjihhlicamenfe die impedivano allo navi tli enlraie dal
gridasse: IL scriiiìssivio Pri/K ipc fa sn- lìniepcr nel mai- Kero, e di far cosliuiie
pere, ed e ordine dell' eccellenlissinio jilcuni forli sulle live del fiume, alfine
magistrato alla sanità, che ritrovan- di custodirne l'imboccaltua, e preserva-
dosi per la grazia del Signor Iddio, e re le frontiere della Polonia, die in tpiel
per l'iiitereessìone della gloriosa Ter- tempo si estendevano fino a tal mare.
gine s. Ilaria della Salute, la eittà di Dui ante la mat;gior paiii; tld regno del
/ enezia ridotta nel primo stalo di sa- doge Erizzo, Venezia fu in pace co' suoi
Iute, si pubbliea libera dalcoiìtagio. Ta- vicini, quantunque la Francia, per conli-
Je didiiarazione fu accompagnata da un nuare a deprimere le due case d'Austria,
lietissimo applauso del popolo, suonau- si sfoizasse d'indurre la repuhhiica apren-
dosi le campane, le trombe e i tamburi, der parie nella guerra de'3o anni, che
sparando le artiglierie, con tanto frago- furiosamente si combatteva in Germa-
le e strepito che pareva cadere il cielo e nia, singolai mente da' principi prote-
si sprofondasse il mondo. Già parlando stanti. Scguiiono intanto malumori con
de'nohili, notai che in questo dogado ven- Urbano Vili, che poi finirono con aper-
ne moderato 1' uso della veste senatoria ta guerra, nel sostenere un ribelle vas-
a' patrizi in esercizio di cariche senato- sallo della santa Sede. Narrai a'suoi Ino-
lie, ed a quali altri : meglio di questa ghi, e gì' indicherò in corsivo, die Ur-
piatnmalica di vesti pallai nd voi. LXX, bano Vili, Cf^nsiderandocnmeoimai per
p. 8g. L' armatura del duca di Rohan, la vana mania óelitolì d'onore, borio-
celebre condottiero d'armi, ed ollerla da samente si usurpavano eziandio da per-
lui in dono alla repubblica veneta, ven- sene dell'infimo popolo, mentre i Car-
ne collocala nella sala d'armi dd censi- dinali \n\nó[)'i di s. Chiesa ed elettori
glio de'Dieci in pal.izzo ducale (trovo nel del vSommo Pontefice non avevano die
]\Iuralori,che qua ndoLuigiX III nel I n^q il titolo ó' Illuslrissi/no, a maggior de-
d.iirilalia tornò in Fiiintia. non riu^^l a coro dell' alla loro dignità con decreto
persuaderlo di restare all'ambasciatore de' i o giugnoi63o concesse loro i titoli
veneto, perchè nella Linguadoca eiavi ri- «li Ji'niinenza e di Eminenlissimo (e l'è-
Itdlione degli ugonotti, invitali dal duca slese pure a'3 Elettori del s. Impero ec-
di Roano). INcl iG33 Giorgio Ossolin-ki clcsiaslici, ed al gian maestro Ccroso-
frian cancelliere di Polonia si i eco a Ro- linìitann \\\ /l/(y//<7), vietando loro di ri-
ma anibascialore d' ubbidienza a Llilia- cevcie altri titoli, se non da're e dall'im-
110 Nili, per notificargli l'assunzione al peratore. Se ne adontarono la repuh-
Irono dd re Uladislao \ II, che la repub- blica di Venezia pel doge e il duca di Sa-
I>lica avca festeggiato quando ne visitò voia, i quali prelesero essere trattati da
la dominante. IN el ritorno, Ossoliiiski pas- Ile, per le loro pretensioni sopra il regno
so in Venezia e alquanto vi si feimò col di Cipro (il titolo regio del quale avieh-
suo numeroso seguilo vestito alloiien- )>e preso Carlo Emanuele l,selarepub-
tale riccamente,! polacchi esst-ndo tignar- blica, di cui avca bisogno, non avesse so-
dati con ammirazione, per le loro rectnli stcnulo i suoi diiilli; ma bensì l'avea as-
vittorie riportale sui russi e contro i tur- sunto il suo figlio Vittorio Amedeo I al-
chi, e rinnovò i trattati antichi colla re- loia regnante), menliea danno della cri-
pubblica ; la quale sebbene essi implica- stianilà lodoininavano i turchi senza di-
vano alleanza conilo i turchi, pe'sospcl- rare i pretendenti al titolo. Imperocché
ti concepiti sopra di questi, non si mo- il doge e il duca lo sostenevano, per non
stiò restia. Anzi il senato si obbligò, ver- dare a' cardinali il nuovo titolo emincn-
so la Polonia, di far levar via le sabbie le, e di piocedtie pcn io al paridi lutti
5io V li N .VEN
gli alili reali' sovrani. A questo malcoit- là i frnncesi. Per rinfermilà del Rolioìi e
lenlOLJe' veueziani si aggiunse l'altro per jx leliè ledi lui promesse e liisiiiglie avvi-
le discordie sui confini del Fcrrareje, e no perdnto il credilo, non gli fu possibile
per allre vertenze ecclesiastiche ricorda- d'impedire quanto gli sovrastava. Laon-
te più sopra. Per questi disgusti, che iu)n de assalito a un tempo da'grigioni, spa-
riuscirotio a sopire i ministri del re di gnuoli e austriaci, si trovò obbligato a
Francia, il Pfffia neh 63^ niodificò e poi cedere le fortezze e a ritirarsi co'suoi frau-
tolse dalla sala regia del Valicano l'iscri- cesi. Com tornarono i vallellini cattolici
zione postavi da Pio IV in lode della re- a pi ovareil disgustoso governo de'grigio-
pnbblica di Venezia, per la difesa assun- ni eretici, salva ivi sempre restando la
ta di Papa Alessandro III contro Fede- sola religione cattolica. Si stabilì nondi-
rico I imperatore, di cui tenni proposito meno, die iliiunque si tenesse aggravalo
nel dogiuIoSQ." Il che riuscì di grave of- tlalle sentenze de'magistrati grigioni,po-
fesa al senato veneto, e non tardò a ven- tessero ricorrere a due persone, cliesareb-
dicarsene. Questo non impedì l'esaltazio- bero deputale l'una dal governatore di
ne al cardinalato nel i64i del nobile Milano, e l'altra dalle leghe di essi gri-
veneto Mai c'Antonio Bragadino vescovo gioni. Durò questo slato di cose fino al
di Vicenza, anche in riguardo all'avo in lyQy.incui la Valtellina fu occupata da'
vitto difensore di Famagosla. Prima di francesi, divenne poi Sondrio capoluogo
questo tempo, per fìnirlacolla Valtellina, tiel dipartimeuto italiano dell'Adda, in-
eontiiiuando nel iGjy in Italia la guerra corporato neli8i5 al regno Lombardo-
Ua'francesi e spagnuoli, nel marzo muta- Veneto, come già notai. Intanto la Spa-
rono faccia agli afiàii della Vailellina. gna stimolando Urbano Vili a dichiara-
S'era ivi annidato il duca di Rohau co' re decaduto da'feuili di Parma e Piaciti-
francesi, e in suo potere teneva i forti di za il duca Odoardo Farnese, partigiano
quelle parli (saranno slati nuovamente di Fi ancia, ed'iuvestirne il nipote d. Tad-
fabbrieali, ovvero altri diversi da'demo- deo Darberini prefetto di Piooìa e genera-
nti), dando con ciò continua a|)prensione le di s. Chiesa, il qualeduca il Papa già
a'conflni di Como, ed obbligando il go- avea difeso d.iHa sua rovina colla spedi-
vernatore di Milano maicluse di Lega- zione del conte Ambrogio Carpegna al
cesa mantenervi ivi buona guardia. Co- marchese di Leganes, gli riuscì a pacifì-
minciarono ad impazientirsene i grigio- cario cogli spaguuoli. Dipoi i Barberini
ni, allettati dal duca fino allora colla spe- nipoti d'Urbano Vili aspirando agli stati
ranza di ricuperar l' antico dominio ili di Castro e Ronciglioiir, ora nella dele-
quella provinciale finahuenle insospcltili gazioue di /^ZerZ'O, altri feudi della s. Se-
die la Francia meditasse di slabilirvisi per de che il Farnese possedeva nello stato
sempre, fecero col duca strepilo e vive do- di questa, suscitarono i suoi creditori de'
glianze. Li quietò il Piohau con una con- Luoghi di Monte fondati in Roma sulle
venzione, per cui si sosteneva nella Val- reodile del ducato di Castro, indi per di-
lellina l'esercizio della religione cattolica, versi molivi mossero il zio a fargli guer-
e si restituiva a'giigioni quello della giù- ra nel i64', e poscia facendo occupare
stizin. Perchè poi !a coite di Francia non il Papa Castro a'i 3 ottobre dal marchese
approvò alcuni ca[iiloli, e non mandò de- Luigi Mattei generale di s. Chiesa, oltre la
nari per le paghe dovute ad essi grigi<jni, rocca di Montallo, di cui nel voi. LVIII,
questi si rivolsero a! governatore di Mila- p. i35, per ultimo uscì sentenza di sco-
no, e alla reggenza d'inusbruck dove ti o- mollica e di devoluzione di tulli i suoi
varono buon accordo, e si concluse di stati alla camera apostolica come ribelle,
muover uuilamenle l'armi per cacciare di Imperocché OdoarJo avendo impegnalo
VEN VEN 5if
le gioie e ollenutii qualclie somma dalla fuioiio obbligate a soniiniiiistiaie Tarli"
lepuljblica di Veuezia, erasi dato a fai' glierie ed attrezzi militari. Il oiag^ioi- pe-
gente e |Md)l)licato un nianifcslo di sue so della guerra lo sostennero le città aia-
ragionijche furie dispiacque a Roma, ^'on rittinie, le quali per la soggezione che lo-
lasciarono la repubblica ed i cognati del rn recavano i veneziani colla numerosa
Farnese, Ferdinanda 11 granduca di To- llolla posta in mare, e pel timore d'esse-
scana e Fraucesco I duca di ]Modena di re soltopo>tea improvvisa invasione, e-
coiitinuare i trattoti intavolati di aggiu- rano forzale a star sull'armi, e difender
stamentOj ma ambe le parli duramente lespinggiecollemilizieurbane, oltrequel-
li respingevano. A finirla il l'apa inviò un le del general Barberini a cavallo. Non-
copioso e ben fornito esercito nei iG^2 dimeno i veneti in vari luoghi [ired.uD-
a Bologna, comanilalo da d. Taddeo Bar- no diverse navi cariche ili merceinzie.Tru-
berini, chiedendoli pas-o al duca di i\Io- vavasi intanto in uno strano laberinlo il
dena per andare a Parma. Francesco I Farnese, perchè di gran gente avendo rac-
si andò schermendo, e intanto ne avvisò colto, forse gli mancava il mudo di manie-
i veneziani e il granduca, vedendo cosi nerle, e vergogna gli pare» il licenziai le,
turbarsi la quiete comune. Recatosi poi stando tuttavia pendenti gli alLiri suoi.
in Modena il conte Ambrogio Cai pcgiia Perciò spinto dalla di>perazione,enoiigià
a fare piùenergiche istanze e anche luì- guidalo da sano consiglio, determinò di
nacce pel transito delle milizie pontificie, passare per lo slato ecclesiastico, con ispe-
il duca che si trovava come disarmalo, fu ranza di ricuperar Castro, e mandò a
costretto ad accordarlo, se nello spazio chiedere il passo al cognato duca di Mo-
d'un mese non seguiva concoidia fra la dena. Per cpianlo questi f.icesse per »lis-
camera apostolica e il duca Odoardo. suaderlo, non potè vincere la ferocia del-
•Allora fu che i veneziani, pe' memorali l'animo suo. Pertanto a'io setlembiesi
disgusti e tnalcontenlidelgoveiiiode'Bar- mosse da Parmacon soli 3,ooo cavalli,
berini. e il granduca e il duca di IModena, senza artiglierie e senza attrezzi militari ;
non volendo tollerare la di lui totale ro- ed essendo transitato per lo stato del du-
\ina, a'3i agosto 1G42 formarono fra lo- ca di Modena, ardilainenteenlrò nel Bo-
ro una lega difensiva reci[iioca; il gran- lognese. Seco era il maresciallo d'iillré,
duca eleggendo il principe Matlias de non già perchè la Francia avesse preso
Medici comandante generale delle trtip- ad aiutare il duca, ma perchè non go-
pe toscane. Attese il duca di Modena a deva più la grazia delie. Se capricciosa
rinforzarsi di gente, a fortificare e prov- risoluzione fu quella del duca, disappro-
vedeie di munizioni le sue piazze, e rice- vaia pure da altri principi, riuscì curiosa
vere anche dalla repubblica un aiuto di la condotta dell' esercito papale compo-
3,000 fanti e 3oo cavalli, risoluto di con- sto di 18 a 20 mila uomini, nella [liìi
Iraslaie il passo a'papalini. Altri soccorsi parte non alli alle armi.ondeal compari-
gli premisela Toscana. Furono cagione re dell'arnese, lutto si sc(jmpi^liò e dissi-
quesli ripieghi, che i Bai berini fennns- pò, rifugiandosi d. Taddeo Barberini a
sero r impetuoso corso de' loro disegni. Ferrara. Passò dunque trionfalmente il
Tutto Instalo pontificio fu mollo aggra- Farnese per le città di riomagna senza
valod'imposizioni pel mantcnimenlo del- trovare resistenza, e senza danneggiar-
l'esercilo riparlilo in \ileibo e nella Ro- le, conlento delle necessarie prowisio-
n!agna,ed i sudditi inutilmenle sihiamaz- ni [>er gli uomini e pe' cavalli. Indi per
zaiono, massime i gravati per l'alloggio Meldola e per la Toscana entrò in Ac-
delle liuppe, di cui ormai non erano [)iù ([uapendenle nella provincia di r//c/7>o,
avvezzi, itiollrc le comuiiilà dello sialo e gli die il sacco, e infine [lassòa Casti-
5 I 2 V E N
glione del Lago, dove fece alto per dar
tempo a qualche tiallafo, non senza in-
vadere parie dell'Orvietano. Per sì l)al-
danzoso e felice passaggio del Farnese,
gran commozione e terrore si desiò in
Roma, dove ognuno si faceva lecito di
sparlare de'Darberini, quasi temendo di
vedere un nuovo Dorbone alle porte di.l-
la gran città. Il vecchio l*apa, a cui i ni-
poti facevano sapere quel solo che loro
piaceva, non potè ignorare in tale con-
giuntura i movimenti del duca, e i la-
luenlie sbigottimento del popolo, le uni-
versali lagnanze per le crescenti nuove
imposizioni. Anzi spaventato anch'egli,
foi se perchè sospetta va intelligenze e con-
giure in Roma slessa, si portò al Valica-
no, per salvarsi occorrendo in Castel s.
yiììgclo, con isfogar poi la collera contro
i nipoti, che 1' aveano condotto in que-
st'imbroglio. Si mise poi l'alfare in nego-
ziato (ra'Barberini, ed i ministri di Fran-
cia e del granduca, per una sospensione
d'armi, cioè per guadagnar tempo e for-
tificarsi, come avvenne, con pressarsi da'
Barberini le comuni dello stato a fortifi-
carsi, arrolar gente, ed ammassare prov-
ifisioiii per la ventura campagna di pri-
mavera. L'ozio intanto e la voce d' un
■vicino aggiustamento, mosse la diserzio-
ne ue'soldati del duca, e quanto più gli
altri crescevano in forze e si diminuiva
la paura, tanto piìi egli si andava di gior-
no in giorno indebolendo. Ciò non ostan-
te si formò una capitolazione a Castel
.«:. Giorgio, territorio d'Orvieto, e parve
accordato il deposito di Castro; si venne
anche definitivamente a qualche sosjìen-
sione d'armi; ma il duca in fine si trovò
bill lato da chi ne sapeva più di lui. Laon-
de avvicinandosi il verno, tornò indietro
colle pive nel sacco, lagnandosi assai del
granduca cognato, che tranne un lieve
aiuto di denaro, con sole parole l'avea
assistito; siccome si dolse il duca di Mo-
dena, perchè i veneziani lasciandolo col
peso addosso di tante truppe sue e stra-
niere, non gli permisero mai durante lo
V li N
scompiglio de'Barberini, d'entrare nella
stato papale, il che gli premeva sì pel
proprio interesse, e sì per dar valore a'
negoziali che si facevano pel duca cogna-
to. Tornossene dunipie a Parma il Far-
nese, andarono a terra i trattati, e l'esta-
rono più che mai imbrogliate le cose con
gran festa de' Darberini, che aveano sa-
puto vincere senza far nulla. Per gli ar-
tifizi co' quali erano stali delusi da'Dar-
berini e da' loro ministri nel trattalo di
concordia, stavano con gli animi assai al-
terati i collegati, cioè la veneta repubbli-
ca , il granduca di Toscana e il duca di
JModena, facendo neliG43 lega offensiv.»
contro il Papa. Ma più di essi ardeva di
sdegno il Farnese, trovandosi più che mai
iuq^anialo con soldatesche sopra le sue
forze, e senza (jue' mezzi che occorrono
per cominciare e proseguire il dispendio-
sissimo impegno delle guerre. Pensò di
spedire nel rigore del verno 1 6 4.3 da3ooo
fanti per l' A pennino in Lunigiana ad im-
barcarsi in varie tarlane, sperando che
per mare giungendo all'improvviso alla.
spiaggia di Castro, vi potesse sorprende-
re la rocca di Monlallo. Avvisatone fe-
delmente il governo di Roma , subito
provvide al bisogno de'luoghi esposti al
pericolo. Oltre a ciò quelle tarlane per-
seguitale da una fiera burrasca, ebbero a
ventura il potersi salvar a Genova e Por-
lo Fino, dove la gente si sbandò e passò
al soldo degli spagnuoli che assediavano
Tortona. Per si precipitosi consigli poco
fu lodalo il duca Odoardo, quando 1' e-
sercito pontificio fortemente s' ingrossò
nel Bolognese e Ferrarese. E mentre i
coìleqati con irresoluzioni continue con-
sultavano la maniera di non lasciar peri-
re il Farnese, egli disperatamente a' 2 i
maggio s'avviò alla volta delFerrarese
con 6 reggimenti di fanti, allrellanti di
cavalleria, uuo dei dragoni e 8 pezzi d'ar-
tiglieria. I presidii di Bondeno e della
^ilellata non si opposero, per la codar-
dia del maestro di campo Valenze e per
quella del comaudanle napolelauo iu
VEN
lìondeno Muri co ne, perciò decnpilato. Il
duca saccheggiato e rovinato Doudeno, e
con un corpo di truppe venete espugna-
ta la (ertezza della Stellata, in que'sili
si fortificò, cosliingendo poi il paese che
dominava a somministrargli i viveri. Non
tardarono più i veneziani a muoversi,, ed
occnpnrono sul Ferrarese Trigento, Fi-
carolo, Ariano, Codigoro, ed anche il Ce-
senatico. Si mosse ancora il duca di Mo-
dena con 4ooo fanti ei200 cavalli scelti,
oltie al treno dell'artiglieria e delle mu-
nizioni,per entrareanch'egli nel Ferrare-
se; nel qual tem[)0 ancora fece esibire al
Papa, e pubblicò colle stampe le preten-
sioni sopra Ferrara e Cornacchio. Ten-
tò un colpo di mano per impossessarsi
di Ferrara, ma non gli riuscì. Doveano
andare seco di concerto il duca di Parma
e il Pesaro generale de' veneziani, ma si
trovò che il Farnese, benché per aiuto
suo sì fosse formata la lega, non vi volle
entrare né muoversi dov'erasi stabilito,
siccome neppure il Pesaro comparve ad
unirsi coll'Estense. Diede campo questa
irresoluzione e mala intelligenza de' col-
legati, al cardinal Antonio Barberini le-
galo e generalissimo dell'armata pontifi-
cia , di spingere il marchese Maltei con
4ooo fanti sul territorio di Modena, ed
occupò s. Cesario, Spilamberlo, Vigrio-
la, Guiglia e altri luoghi, non senza com-
mettere crudeltà ed incendii. A questa
pai le dunque si vollò il fuoco maggiore
della guerra. A' i4 gi'Jg"0 fu spedilo dol
duca di Modena il cav. della Vallella sul
Bolognese, per tentare l'occupazione di
Crevalcuore, ma vi restò sconfìtto da pa-
paliiu. E poidié le poche schiere venete,
•venute in rinforzo di Francesco I, lene-
vano ordini diversi dall' idee del duca,
prevalendosi il cardinal legalo della po-
ca buona armonia de'suoi avversarii, a'
ir) luglio si portò all'assiiilio di ^'onan-
tolii , mentre un altro corpo di truppe
pontifìcie si recò a depredare il Polesine
di Rovigo. A respingere tale invasione,
iDuliimente i veneti lechimarono gli aiu-
VOL. XCII.
V E N 5i3
ti de'duchi di IModena e di Parma. Avea
il duca di Modena con licenza dell' im-
peratore Ferdinando 111 richiamato di
Germania il valoroso conte Raimondo
Montecuccoli suo suddito, che poi tanta
fama si acquistò nel generalato dell'ar-
mi cesaree, e lo costituì generale di sue
truppe. Marciò egli al soccorso di Nonan-
lola, e sì caldafuenle assalì il nemico che
lo mise in rotta, colla strage e prigionia
di molti, oltre il conquisto dell'artiglie-
rie. Lo stesso cardinal legalo che anima-
va i suoi a fare bene il loro dovere, cor-
se pericolo della vila, essentlogli stalo uc-
ciso sotto il cavallo, ed altro buon cor-
ridore lo mise in salvo. Entrò allora il
duca di Modena sul Bolognese, impa-
dronendosi di Piumazzo, Bazzane e altri
luoghi, spargendo il terrore lino alle por-
te di Bologna. E già si disponeva egli ad
assalire quella vasta e sgomentala città,
quando giunse I' avviso che un grosso
corpo di papalini passato il Po a Lago-
scuro, avca sorpreso il forte de' venezia-
ni, e qui alzava in fretta delie fortifica-
zioni, sulle frontiere veneziane , già es-
sendosi eretto il forte Urbano su quelle
di Modena. Furono per questo richia-
male dal senato le loro milizie, ch'erano
sul Modenese, e fu forzato il duca a ri-
tirarsi. In pari tempo continuava a scor-
rere 1' Adriatico e il Litorale pontificio
Lorenzo Marcello colla flotta veneta, ed
a' 4 settembre battendo vigorosamente
Sinigaglin,e questa rispondendo coll'ar-
liglierie, ne restò ucciso Tommaso Con-
tarini comandante d' una grossa galea,
per cui la llotta si allontanò dalla piaz-
za. Guerra inlanlo era anche a' confini
del Sanese e del Perugino, fra le genti
del Papa e quelle di Ferdinan.Io II, che
si recò al campo di Valdichiana, essen-
do riuscito a'florentini disfare le truppe
papali a IMongiovino con istrage nume-
rosa, occupar e devastare Città della Pie-
ve, Monte Leone e Castiglione del La-
gf), oltre il bloccar Perugia, come pre-
teadooo alcuni; sebbene il duca Savelli
33
514 V E !?f
con maestria di guerra li tenesse poi ben
ristretti e rendesse loro la pariglia. Tro-
vandosi impegnate colà le truppe tosca-
ne, il cardinal Barberini concepì di fare
un bel colpo sul granduca. Ordinò sul
principio d'ottobre al signore di Valen-
ze di marciare da! Bolognese per la via
della Porrella alla volta di Pistoia, con
disegno di sorprendere quella città sprov-
veduta di presidio. Egli vi andò con 4ooo
fanti e looo cavalli, e giunse a dar In
scalata alla città a' 2 ottobre, ma non
corrispose alla sua prodezza la fortuna,
percliè i cittadini coraggiosamenle dife-
sero le mura, benché poi non poterono
esentare la campagna da grave saccheg-
gio. Per questo accidente domandò il
granduca soccorso a'veneziani e al duca
di Modena, i quali accorsero per tagliar
la strada nel ritorno al Valenze; ma que-
sti, dove men sei credevano, passò tran-
quillamente e li lasciò delusi. Dopo que-
ste ed altre molte fazioni di non notabi-
le rilievo, fatte nello stato pontificio, nel
Modenese e in Toscana, dove i fiorentini
non meno nelle difese che nell'oflese si
fecero onore, i combattenti si ritirarono
a'quartieri d'inverno , lasciando a' gabi-
netti la pugna diplomatica onde por fine
ad una guerra che se costava poco san-
gue, riusciva dispendiosissima a quelli
che la spsienevano. Fu singolare il con-
tegno del duca Odoardo pel quale si com-
batteva, che agiatamente restò a Conde-
no e alla Stellata, senza dare il più mi-
nimo aiuto a'suoi protettori, il che pro-
dusse mormorazioni e gravi lagnanze ne'
collegati. In detto tempo pertanto, dalle
palli interessate si pensò seriamente a fi-
nire la guerra. Per morte di Luigi Xlll
e del cardinal Piichelien, erano succedu-
ti nel trono Luigi XIV e nel ministero
il Mazzarini da Urbano Vili fatto cardi-
nale, onde il re di Francia deputò il car-
dmal Alessandro Bichi suo plenipotenzia-
rio a comporre le differenze del duca di
Parma e de'suoi alleali col Papa, il qua-
le fu illuminato francamente dal cardi-
VEN
naie del vero slato delle cose , onde si
mostrò pronto alla concordia, altro non
desiderando che la sommissione del Far-
nese alla sua sovranità. Bramavano mol-
tissimo la pace i veneziani, e non men di
loro ne anelavano la conclusione il gran-
duca di Toscana e il duca di Modena. An-
corché i Barberini procedessero con al-
tura, per aver vigorosamente sostenuto
l'onore dello slato pontifìcio contro gli
sforzi di 4 principi collegati e confinanti,
pure conoscevano il bisogno di accomo-
darsi, perchè miravano lo zio Papa giun-
to all'età di 77 anni e decaduto nelle for-
ze vitali, dando a conoscere le sue infer-
mità d'esser vicino ai sepolcro, ed essen-
do generali i lagni de* sudditi per le ga-
belle imposte e per altri aggravi!. S'ag-
giungevano i richiami ripetuti de' saggi
cardinali per sì ostinato e poco importan-
te impegno, e le mormorazioni de' pio-
fìtti che i Barberini traevano dalla guer-
ra. Nel mentre che si maneggiavano gli
accordi, non lasciarono! collegati di al-
lestir nuove truppe e far altri prepara-
menti, per continuare occorrendo la guer-
ra. Anzi sul principio di maizoi644 se-
guirono varie ostiliià de'veneziani, con-
tro i forti fdbbricali olire il Po da'papa-
lini; e a Lagoscuro di qua dal fiume oc-
corse una fazione militare, in cui il cav.
Valletta mise in rotta un corpo di mili-
zie pontifìcie, colla morte di 200 perso-
ne e la prigionia dii5o. Accorsocela pei*
sostenere i fuggitivi il cardinal Barberi-
ni, e caduto in un'imboscata tesagli dal
medesimo Valletta, appena potè salvarsi
colla velocità del cavallo, lasciato ivi pri-
gione il vice-legato di Ferrara Caraffa,
Antonio o Marco Doria governatore di
quel forte, e altri uflflziali. Per tali motivi
dunque in Venezia sialftettarono i mini-
stri pontifìcii e i mediatori d'ultimare il
trattalo di pace, che fu sottoscritto in tal
città a'3i marzo 1 644 jpul^l^l'candosi ne*
primi del seguente aprile,dalcardinalGio.
StefanoDonghi plenipotenziario del Papa,
dal cardinal Bichi a uomedel redi Fran-
VEN
eia, da Giovanni Nani per h repubblica ve-
neta.dal cav.Gio. Tjallisfa Gondi pel gran-
duca di Toscana, e dal marchese Ippolito
Estense Tassoni pel duca di Modena. Un'
altra capitolazione a parte nello stesso
giorno nondimeno era stata fatta da'due
cardinali plenipotenziarijriguardanle l'ac-
comodamento del duca di Parma con Sua
Santità. La somma di questo accordo fu,
che ognuno disnrmerebbe e lascierebbe
ogni luogo in questa guerra occupato,
che i forti eretti ne'confini da' papalini,
da'veneti e dal duca di Modena si doves-
sero distruggere, e che i! Papa a interces-
sione del re di Francia assolveva il duca
mediante una sua umilissima supplica,
dalle censure, promettendo di restituir-
gli dopo Go giorni il ducato di Castro e
Ronciglione, rimettendo le cose nello sta-
to in cui erano prima della presente guer-
ra, e restando Luigi XIV garante delle
promesse fatte da' principi contraenti.
Conti ibu'i alla concordia mg."^ Lorenzo
Imperiali, poi cardinale, come governa-
tore della provincia del P<ilriinonio, os-
sìa Viterbo, e commissario generale pon-
tificio dello stato di Castro. Il Papa per
trattare gli affari del duca di Parma, già
Hvea spedito a Venezia per nunzio straor-
dinario Achille Grassi vescovo di Monte
Fiascone. Tanto la repubblica di Vene-
ria, che il granduca e il duca di Modena,
quantunque nulla avessero guadagnato in
questo sì dispendioso movimento d'armi,
pure con lettere piene di riconoscenza rin-
graziarono Luigi XIV e la regina madre
reggente, dell'aver procacciata loro la pa-
ce. Il duca (Il Parma, clic solo avea raccol-
to il frutto dell'altrui spese e fatiche, niun
ringraziamento inviò alla corte di Fran-
cia, e da lì a poco negò il transito d'alcu-
ne truppe francesi pe'suoi stati. Se tutto
l'oro da lui impiegalo in questa guerra
l'avesse applicato a soddisfare i montisli,
che aveano l' ipoteca sul ducato di Ca-
stro, avrebbe estinto il Monte de'suoi de-
biti, e non impedito colle armi gli atti
giudiziali pel pagamento de'frulti, cagio-
VEN 5i5
ne primaria della guerra, risparmiato a
se e agli altri il dispendio per sostenerla,
e non avrebbe finito la sua famiglia con
perdere Io stato di Castro e Ronciglione,
né Castro sarebbe stato spianato al suo
lo. Tutto lo stato pontifìcio si dimostrò
contentissimo per la pace fatta, e fece ptdj-
bliche dimostrazioni di gioia e di alle-
grezza, con fuochi e feste; cessarono i ge-
nerali clamori pe'patiti aggravii, ma non
poche gabelle restarono a peso de'suddi-
ti. Cominciando Urbano VI II a tranquil-
larsi, ed a godere i frutti della pace, lo
colse là morte a' 29 luglio iG44- t)opo
un mese e mezzo gli successe Innocenzo
X Pamphi!), una delle cui prime cure
fu quella di ripristinare nella sala regia
del Vaticano l'elogio marmoreo della re-
pubblica di Venezia, prima alterato e in
tempo della riferita guerra tolto da Ur-
bano Vili, donde erano derivate molte
amarezze fra il senato e Roma; il quale
senato, per grata corrispondenza, ascris-
se al suo patriziato il nipote e la discen-
denza del Papa, il che registrai nel luo-
go già citato. Laonde la repubblica, ol-
tre i consueti 4 ambasciatori d'ubbidien-
za, inviò pure al nuovo Papa il procura-
tore Angelo Conlarini oratore straordi-
nario a ringraziarlo, che poi restò in Pio-
ma ordinario, ed Innocenzo X mostrò
quindi costante predilezione per la re-
publ)lica, approvò il culto immemorabi-
le del b. Bernardino Tomitano da Fel-
tre, e creò due cardinali veneziani patri-
zi, cioè Pietro Oltoboni, poi Alessandro
Vili, eCristoforo Vuhnan. — I veneziani
poco goderono queste compiacenze e la
pace reintegrata ; nell' istesso anno a«
vendo origine una serie di sciagure, ol-
treché la continuazione delle ostilità in
Lombardia li teneva in vive apprensioni.
L'anno dunque i644> <J"^^ Giuratori, fu
sorgente d'infiniti guai alla repubblica di
Venezia. Veleggiava pel mare Carpazio
(condotta dal commendatore di Blois-
Baudrand) la Sfjuadra delle galee de'ca-
valieri di IMalta, che per tener libero pos
sibilmeule tla'corsaii iufedeli il Mediter- Mulinelli, lornb per la 2.' volta a danno
ranco, pi esso i lurclii e mori erano chia- gravissimo di Venezia l'operare de'cava-
niali i corsari rristiiini, vogliosi di fjual- lieri maltesi. Pertanto allestii una polen-
che preda, 70 miglia lungi da Rodi in- le armata navale, che recalasi a Navari-
contrarono la solita caravana che ogni noe rinforzata da'corsari barbareschi, si
anno visitava la Mecca, composta d' un tiovò composta d' 80 galee, 2 maone o
grosso galeone lineo, accompagnato da galeazze, un galeoneo vascello grosso dei-
due altri minori e da 7 saiche. Si venne la sultana, 22 navi armate eSou saiche.
alle prese, e con pati valore e bravura Vi s'imbarcarono i4,ooo spai, 7,000
de'turchi nel difendersi, de'cavalieri ne- giannizzeri e altri 4o, 000 fanti. V'erano
gli assalti, questi dopo più ore di sangui- molti ingegneri fiamminghi, francesi e al-
noso conibaltimenlo resl.irono vincitori. Iri riprovevoli rinegati, che in ogni tem-
però de' cristiani vi nioriiono 9 cavalieri pò hanno infatuemente accresciuta la
ei 16 soldati, oltre 2G0 feriti; de'turchi baldanza turchesca. Il cav. Mulinelli e-
jeslarono uccisi circa 600, e schiavi 38o. numerò 34B navi e 5o,ooo uomini. An-
Era il galeone della sultana (colle |)rinci' davano dicendo i turchi voler vendicare
pali femmine del serragliOjSecondo il Mu- 1' adì outo e punire Malta e gli audaci
tinelli), ricco di molto oro e gemme, di suoi cavalieri, onde il gran maestro ne
merci e <li arredi preziosi, che conduce- avea accresciuta la sua lurtezza inespu-
Ta in Egitto l'eunuco Tembisagà, già fa- gnabile, e tutto l'occorrente per precau-
vorilo di 3 sultani e governatore del ser- zione a ben riceverli. » Al bailo veneto,
raglio, il quale intendeva visitare la Mec- scrive Giuratori, ingannevolmente si fa-
ta, depositarvi gli annui doni , e poi ri- cevano carezze a Costantinopoli, quando
posare al Cairo. JNon vi fu soldato orna- all' improvviso si trovò egli prigione, e
rinato che non se ne arricchisse. 11 ga- nel d'i 23 giugno si vide approdar 1' ar-
icene foralo dall'artiglierie, si affondò nel mata ottomana all'isola di Candia, regno
mare. Le galee cristiane, maltrattate an- antico della repubblica di Venezia ; e do-
ch' esse da' nemici e da una tempesta, pò aver preso il forte ossia lo scoglio di
rientrarono nel porto diMaltaa'3 novelli- s. Teodoro (dice VArte di verificare le
]jre,fra gli applausi di tutti, acclamazioni clalC) che i turchi assaltarono il forte di
che non guari si convertirono in pianto, s. Teodoro, ma il comandante della piaz-
DappoichèilsullanoIbraim,saputo Tecci- za Biagio Giuliani vedendosi sul punto
dio del galeonedella sultana, montò in fu- d'essere superato, die fuoco alle mine e
rioso sdegno,e per vendicarsi, dopo tanti e così saltò per aria cogli assalitori), pas-
anni di pace, determinò di muover guer- sare all' assedio della città della Canea,
raa lutto il cri^itianesimo, anche per Top- Per non mosti are se stessi protettori de*
portunità del tempo incoi ipotentati maltesi, non aveano i veneziani fallo quel
d'Europa fi-a loro pugnavano; e siccome gagliardo armamento, che in altri simili
la .squadra gerosolimitana dopo la preda casi usava di fare la lor saviezza. Conlut-
avea dato fondo ne'porli di Cefalonia, o lociò misero tosto in punto nuove galee e
come fu detto a'turchi in alcun porto o vascelli, e li spedirono in Levante; e udi-
rada di Candia, altra isola appartenente la appresso la dolorosa nuova dello sbar-
a'veneziani, perciò credendoli conniveu- co de'turchi, in Candia, e l'assedio della
li, pe'priini li prese di mira, proponen- Canea, si diedero senza sgomento a far
dosi appunto d' invadere loro la vasta e gente, ed accrescer le loro forze maritti-
impoilunle isola di Candia, frontiera da me, e ad implorare il soccorso de'priuci-
quesla parte e posto avanzalo di essi ver- pi cristiani, che secondo il solito, per la
so il suo impero. In lai modo, dice il cav. maggior parte attendendo a scannarsi fra
V EN
loro, mostrarono commiserazione a' ve-
neti, e tutta la loro liberalità andò a fi-
nire in parole. Papa Innocenzo \ non si
fece punto pregare, ed allestite le proprie
galee, procurò anco che Napoli, il gran-
duca e Malta, vi unissero le loro, giacché
i genovesi non vi vollero concorrere,an-
zi proibirono a'ioro sudditi l'investir de-
naro fuori della loro città. Si compose
con ciò uno stuolo di 2 3 galee, e il l*on-
tedce, per levar le contese, ne dichiarò
generale il principe Ludovisi, con cui
dianzi avea maritato d. Costanza sua ni-
pote. Ma questa flotta fece vela troppo
tardi, e quella de' veneziani per liti in-
sorte fra il general Coruaro e Marino
Cappello, mai non arrivò a tentar la sua
(ortuiia con quella de' turchi. Mirabile
senza fallo fu la difesa della Canea, in cui
fin le donne accorsero a sostenere gli as-
salti e a dar la vita per la patria. Ciò non
ostante, perchè lievi furono i soccorsi in
essa città inlrodoUi, le convenne soccom-
bere nel di 1 8 agosto (altri dicono a'22) al-
la forza de'musulmani. E questo infausto
principio ebbe la guerra diCandia; guerra
bi pili lunga e la più dispendiosa che s'ab-
bia mai avuta la repubblica veneta con-
tro la Porta ottomana, e guerra memo-
rabile perla varietà delle azioni, delle
battaglie e degli assedii, e quantunque
infelice nell'esito, pure sempre gloriosa
al nome veneto. Fu essi descritta dal con-
te Guiddo Priorato, dal senatore Andrea
Valiero, da Girolamo Di usoni,fla Vitto-
rio Siri, da Alessandro INIaria Vianoli e
da altri in lingua volgare, ed ultimamen-
te anche in terso latino dalla felice penna
di GiovanniGi aziani pubblico lettore nel-
l'università di Padova (dopo ne trattò pu-
re il senatore Flaminio Cornare, Creta
sacra, sive de Episcopis utriusque rilus
gracci et latini in insula Creine, Vene-
tiis I 7 5 5)".iNel dogado dunque di France-
sco Erizzo la repubblica di Venezia sven-
turatamente perde la sua Iraiupiillità, e
principiò quella lunghissima guerra cla-
morosa di Cuudia, che eroicamente so-
YEN 5i7
stenne con invitta costanza, gagliardo vi-
gore e fortezza d'animo, come accennerò
ne'seguentidogadi, imperocché di essa, e
pegli aiuti dati da' Papi Innocenzo X,
Alessandro T^ II, Clemente IX, in tali
articoli e in quelli di Turchia, Costanti-
nopoli e altri relativi ne ragionai, do-
vendosi tenerli presenti onde supplire a[
poco che dovrò limitarmi a dirne. Cari'
dia o Creta, che gli antichi appellava-
m» r Isola delle Cento Città, possedu-
ta da un governo avveduto e potente,
sarebbe destinata a signoreggiare V Ar-
cipelago. Perciò appunto Eurico Dando-
lo, dopo caduta Costantinopoli in mano
de' crociati latini, l'avea comprata per
la repubblica veneta da Bonifacio mar-
chese di Monferrato cui apparteneva, fi-
gli è per questo che i veneziani fecero ogni
sforzo per conservarla, prima reprimendo
i tentativi dell' isola stessa per sottrarsi
al loro dominio, e poi in questa guerra
sagriflcarono tanti tesori d'oro e di san-
gue per non lasciarsela fuggire di mano.
11 Casoni nella biografia dell'Eiizzo, par-
lando della perversa nequizia e proditoria
aggressione fatta al regno di C;india io a-
prile 1645, egli pure rileva che la piazza
di Canea fu il i.° punto cui vennero di-
retti gli attacchi del nemico, ed ebbe al-
lora principio la serie di quelle magnani-
me azioni che guadagnarono a'veneziani
la stima, il rispetto, l'ammi razione de'lo-
ro contemporanei, in una difesa per l'i
campagne valorosamente sostenuta con-
tropotenti nemici con uuiversd stupore,
di cui nessun altro esempio si riscontra
nelle pagine dell'antica e della moderna
storia. Il principe fjU(hwif,i si recò in Le-
vante con 4 galeazze, 17 vascelli tondi e
46 galee. Governatore generale del mare
per la repul)blica era Girolamo Morosini,
generale delle galee di Malta era Giovan-
ni Villareal. Fra gli altri aiuti concessi e
piociuati da lunucenzo X,a richiesta del-
l'ambasciatore Luigi Contarini, permise
alla repubblica di poter arrolare soldati
nel ducalo di Ferrara, nella contea d'A-
5j8 VEN
vjgnone, ove prima di questo tempo non
era stato permesso cLe a'ie di Francia, e
persino sulle porle di Roma a Civita Ca-
stellana. Si calcolò che in men di due an-
ni da'dominii pouliCcii la repubblica fe-
ce leva di 8,000 e più uomini. Ad Inno-
cenzo X fu invialo ambasciatore anche
Pietro Foscarini. Il Papa avea mandalo
suo nunzio a Venezia Scipione Delci ar-
civescovo di Pisa, poi cardinale. Stringeu-
Qosemprepiùgli a(IaridiCandia,a fronte
ili replicale vittorie da'veneti riportate,
anco sui corsari barbareschi, il doge Eriz-
zo grave di eia, per la mancanza di su-
bordinazione de'diversi duci che couiau-
davano nell'isola, onde rimediarvi si pro-
pose di andar egli qua] capitano genera-
le in Candia, la qual offerta fu accolta
dal senato con decreto de' 1 3 dicembre
1 645. Ma vecchio d'8o anni, attendendo
con ardore a' preparativi, per le fatiche
sofferte rifinì il suo corpo indebolito dal-
l'età, e fu sorpreso dalla morie a'3 gen-
naio 1646, avanti 3 mesi della stabilita
partenza. Dispose che il cuore fosse depo-
sto nella basilica di s. Marco, e il corpo
venisse sepolto a s. Martino, dove vivente
avea fatto erigere nel i633 sopra la por-
ta laterale del i ."altarCjUn magnifico mau-
soleo di pregiali marmi, colla di lui sta-
tua sedente in Irono io atto di ricevere
suppliche, opera di Matteo Carmeio. —
Francesco AJolin XCIXdogc. Il eh. Ca-
soni,biografo di questo doge, con enfasi di
patrio affetto esclama : AI magnificar Tira-
prese, le prove di amore della patria, d'iu-
trepido coraggio e valore, operate da've-
ueziani nel secolo XVII, non sembrano
forse stranamente fantastiche le frasi, i
modi di esprimere, le descrizioni e le me-
taforiche similitudini, per cui gli scritto-
ri del secolo stesso sono accusati di fervi-
da immaginazione : quanti Achilli, quan-
ti Ettori, quanti Orazii e Leonida, com-
parvero a rinnovare o eclissar pur anco
la memoria di quegli antichi ! In breve
età diede Venezia lungo stuolo di prodi,
che posti in obblio le domestiche laulez-
VEN
ze, i dorati palazzi, le dovizie, i trastulli,
lutto sagrificarono, con libero animo, al-
la difesa della patria, franìezzo a stenti di
rigida virtù, versando geoerosi il proprio
sangue, ne'più difficili e scabrosi cimenti.
Uno di questi uomini singolari fu il Mo-
lin procuratore di s. Marco, credulo me-
ritevole del principato acuì fu eletto a'
20 gennaio 1 646, nel quale anno un nem-
bo di locuste desolò i litorali marittimi
e distrusse i raccoUi. Sotto il suo regime
continuò la guerra pel regno di Candia,
e la Dalmazia soffri gravi danni per l'in-
vasioni de'turchi; ed in Dalmazia in aiu-
to de'veneli, Innocenzo X mandò 1000
fanti solto la condotta del marchese Fe-
derico ]MirogIi,soggetlo d'inveterata espe-
rienza nell'armi, e poco dopo altri jooo
capitanali dal conte Rovarelli. Scontri e
conflitti di flotte e di eserciti moltiplica-
vano sempre, e quasi sempre luminose
vittorie riportarono i veneziani contro ii
perpetuo nemico insolente del nome cri-
sliano.Ma due azioni meritano sopra l'al-
tre ricordarsi. Tommaso Morosini si of-
frì generoso di chiudere il passaggio de'
Dardanelli, con forte crociera di navi e
di galere, e l'eseguì nel 1646 con tanto
valore, mirabile costanza e fermezza, che
sorprese l'Europa, e ricolmò di terrore
la capitale de'turchi. Nel seguente anno
lo stesso capi-lano, per fallo di mare ven-
ne sorpreso da 4^ galere turche ; egli si
difese col solo suo vascello da quella mol-
titudine che l'inviluppava, mise a fuga il
nemico, affondò molti di que' navigli, e
quando già la vittoria a suo favore pen-
deva, colpito da una palla, cessò di vive-
re tra il dolore de'prodi suoi compagui,
a'quali sopraggiuuto piccolo soccorso,riu^
sci terminare il combattimento colla to-
tale dispersione di quel numeroso con-
voglio e colla morte altresì del coman-
dante turco. Indi Giacomo da Riva con-
cepì l'arditissimo e audace disegno, di
spingere una veneta flotta fluo al Cosfo-
10 e bombardare la slessa Coitantiuopo-
li; ma Ìa prudenza del seuato uou volle
V EiN
esporre a lanto l'ischio la preziosa vita de'
propri figli. Id questo tempo si distiuseaii-
Cora, per varie pugne e imprese navali,
con Luigi Mocenigo capitano generale
(succeduto a Gio. Ballista Grituani perito
con moltissimi nobili e tre galee, fra le qua-
li la capitana, per orrìbile tempesta che
alToudò le navi), quel Francesco JMorosiui
che dipoi meri lo il titolo diPe/opo;i/ie5ici-
co, e la dignità di principe. Sulla nave
di quest'invitto stava il molto: In cer-
tamine prima. Intanto a'7 agosto 1648
deposto il sultano Ibraira, e poi strango-
lato, di 7 anni gli successe il figlio Mao-
metto IV. Narra Muratori, che ueli64B
acquistarono l'armi venete l'importante
fortezza di Glissa, e la munirono con
maggiori furlificazioui. In tale anno in-
trapresero i turchi, comandali da Cus-
sein pascià, l'assedio della città di Cau-
dia capitale dell'isola, riuscito de' più
memorabili registrati dalla storia antica
e moderna, per le meraviglie di provvi-
denza e valore, con cui si segnalò la re-
pubblica. Trovo ixtW'Arte di i'en'flcare
le. date, che nel 1648 per la resistenza
de'candiolli comandali da Luigi Moce-
nigo, i turchi assalitori della città di Gau-
dia si ritirarono a' quartieri d'inverno,
dopo aver perduto 20,000 uomini; indi
ripresero l'assedio nell'agosto 1649) ed
a' 9 ottobre di nuovo l'abbandonarono
per l'intemperie della stagione. Prose-
guendo i veneziani l'aspra guerra con
qualche felicità, ed essendo i turchi sem-
pre più accaniti pel conquisto delta ca-
pitale dell' isola, avvedutisi che i loro
sforzi costavano gran sangue con poco
frutto, e dovendosi ritirare pe'rigori del-
l'atmosfera, nel 16'jo ricorsero ad altro
spediente, che fu quello di fabbricare,
oltre ad altri fortini precedentemente e-
lelli, una fortezza regolare in vicinanza
della città Q cui posero il nome di Cari'
dia iiuoi'a, e riuscì ad essa sommamen-
te pregiudizievole. Il forte di s. Teodoro
pressola Canea essendo stato di molla im-
portanza, avendolo i turchi restaurato,
V E IN 519
vollero i veneti riconquistarlo col furore
dell'artiglierie, col bramato successo. la-
tanto immensi tesori consumava la re-
pubblica per tanti legni che costruiva e
manteneva, e per l'esorbitante copia di
gente che di continuo dovea inviare a
Candia, dove le battaglie e le malattie
mietevano numerose vittime. Nel iG5i
a' 22 giugno usa fastosamente l'armata
turca, forte di 78 galee sottili, di 6 mao-
ue e di 53 grosse navi, oltre altri legni
minori. Fra Santorino e Scio tosto l'in-
C(jntrò la flotta veueta, la quale quaa-
tuuque inferiore di numero , superio-
re in coraggio, animosa l'affrontò, ma es-
sendo tardi e sopraggiunta la notte, l'a-
zione restò interrotta; ripresa nella mat-
tina de*23 con più di ardore, la vittoria
si dichiarò pe'crisliani, ritirandosi i tur-
chi colla perdila di 9 vascelli e la capi-
tana del rinegalo pascià di Morea, con
moltissimi morii e 5oo prigioni. Quindi
i veneti saccheggiarono l' isola di Leria,
ed incendiarono molle navi turche da ca-
rico.— Nello stesso 1 Baipassò per lo sta-
to di Terraferma Eleonora Gonzaga so-
rella del duca di Mantova, destinala spo-
sa all'imperatore Ferdinando III, e la
repubblica festeggiò la principessa con
pompe e corteggi nobilissimi. Nel seguen-
te aimo i Barberini avendo offerto alla
repubblica per la guerra una gran som-
ma di denaro, furono aggregali alla no-
biltà veneta; ed Innocenzo X trasferì
dalla nunziatura della Svizzera a quella
di Venezia il romano Francesco Bucca-
paduli già vescovo di Valva e Sulmona,
ed allora vescovo di Gillà di Castello,
mentre in Roma era rappresentante del-
la repubblica 1' ambasciatore Nicolò Sa-
gredo, più tardi doge. Marco Ubaldo Dic-
ci, in quel suo libro eruditissimo, Yo-
tizia della famiglia Boccapaduli docu-
mentata, nel riferire quelle del prelato,
non poche e iuteressauli riguardano Ve-
nezia, la guerra iu discorso, il corpo di-
plomalico , i vescovi del domiuio ve-
neto, ed i presidi del pontificio stalo, a
520 V E N
lui contemporanei. Quanto al nunzio,
dice che il senato e il doge mollo gra-
dirono la sua elezione e glielo fece sa-
pere in Zurigo dal residente loro Giro-
lamo Giavarini. U Boccapaduli, partito
dalla Svizzera, si diresse a Padova. Avea
la repubblica ordinato a que'rettori del
comune, che per onorarlo si spendessero
sino a 200 ducati. Ma egli che non a-
mava le pubbliche dimostrazioni, e te-
mendo che il diritto della carica che so-
steneva potesse essere contrastato nella
prerogativa della mano, perchè i detti
rettori vi aveauo 'qualche pretensione,
preferì di giungervi privatamente e in-
cognito, alloggiandoda'domeuicaui. Pas-
sato indi a pochi giorni a Venezia, vi fe-
ce r 8 novembre la solenne entrata , io
cui partendo dal monastero de' cano-
nici regolari di s. Spirito, circa 3 miglia
lungi dalla citià, venne in questa accom-
pagnato da buon numero de' principali
senatori, cioè quasi 5o. Nella mattina se-
guente onorato da' medesimi si recò nel
collegio, da cui sicnilmeute fu ricevuto
con espressioni di mojto gradimento. A
rendergli malagevole più dell'usato la
carica, di cui già il prelato si era messo
in possesso, oltre all'essere per natura
difììcile e di lunga estensione, come quel-
la che impegnava a trattare assai impor-
tanti cose, non pure co' numerosi vescovi
e giudici del dominio veneto, ma ancora
co' cardinali legati e governatori dello
stato papale che giace d'in torno alle spon-
de del mare Adriatico, si unirono insie-
me vari e non così frequenti alTari ci-
vili, di guerra e di religione. Ivi si ri-
portano particolareggiati gli affari da
questo nunzio trattati, col carteggio per
la guerra turca. Avvenne dunque nella
sua nunziatura, che nel i653 l'Annona
di Uoma trovandosi scarsa di grano, si
rivolse alle parti del dominio veneto lun-
go l'Adriatico che ne abbondavano, ma
il difetto di navi ne rendeva difficile il
trasporto. Fu perciò a lui dato 1' inca-
rico di ottenerlo da'veueziani, da' quali
VEN
non potè trovare facilità d'esaiidi mento,
giacché impegnati nella guerra, aveva-
no necessità delle navi, e tuttavolta ne
ottenne due. La tribolazione di questa
guerra, che insieme colla repubblica (il
cui ambasciatore Cappello era stato cac-
cialo dalla Porta circa nel marzo i653,
perchè non avea seco portato la cessione
di Candia, minacciandosi nel ritardarla
r invasione della Dalmazia e dell' Istria,
anzi fitto arrestare era slato mandato
in Adrianopolij e per aver tentato d'ivi
darsi la morte, la repubblica lo spogliò
del grado per castigo, che poi gli resti-
tuì) minacciava non piccola parte della
cristianità, come altre volte il senato si
volse al nunzio perchè si adoperasse col
Papa a fargli ottener l'aiuto di sue ga-
lere; sperando, che congiunte queste e
quelle di Malta alla loro flotta, decima-
ta dalle perdite, nella futura stagione po-
tesse farsi valida difesa. E perciò il pre-
lato esposte a Innocenzo X premurosa-
mente le condizioni de'veneziani, mosse
il pontificio animo a conceder le galee,
e per la 4-' volta il sussidio di 100,000
scudi d'oro sulle chiese e benefizi del
suo dominio, il nunzio vegliando all'e-
quo riparto. Dovette ancora non poco
affaticarsi per liberar di tal peso la chie-
sa e diocesi di Ceueda, che si voleva es-
servi sottoposta, quantunque soggetta
non ad altri che al vescovo così nello spi-
rituale che nel temporale, e si fosse già
altre volle il Papa espresso sopra di sif-
fatto aggravio cominciato nel i6^5. La
nomina o sia proposizione delle chiese
concistoriali, recò al nunzio Boccapaduli
non piccola molestia, non volendosi dal
senato che rimanesse libera in mano del
Papa ; pure col far penetrare nell'animo
a n)ulti di loro la forza dell'insussisten-
za di questa pretensione, si condussero
a cedervi, ed a lasciar le cose nello sta-
lo in cui si trovavano. La soppressione
de' piccoli conventi, in cui per difetto
d' un convenevole numero di religiosi
non si poteva osservale quella manier;i
YEN
(li regola, che sì era da loro professala,
portò allora a' ministri della s. Sede in
Italia e sue isole grande impaccio. Di
questa disposizione assai si gravò il se-
nato, quasi stimando che fossero state
prese nella disposizione nnclie le loro
piccole adunanze religiose. E tanto so-
pra il senato vi s' iin|)egnò, che vietò ad
esse d'abbandonare l'antico loro soggior-
no senza il suo espresso comando, temen-
do che co' loro beni si volessero formare
benefìzi ecclesiastici: persuaso poi dal pre-
lato nulla volersi di questo, fece eseguire
la bolla. Pubblicò similmente il nunzio
per tutto il dominio veneto la bolla di
proscrizione delle Proposizioni cinque
di Giansenio (f^.), e su di che vide com-
parire in Venezia due partiti di dottori
della Sorbona, i quali erano già stati in
lìouia, gli uni per impugnarle, e gli al-
tri per difenderle secondo un certo loro
senso, in cui non le stimavano aliene dal-
la dottrina cattolica. Si trattennero que-
sti del tempo in Venezia, e in Padova,
ove comunicarono le loro erronee opi-
nioni con alcuni professori di quell'uni-
versitàj mostrando con ciò di non essere
gran fatto contenti tiella maniera con
cui quelle erano state ascoltate in Roma.
I 5 dottori sparsero uria erronea scrit-
tura, che fu mal seme di trista pianta,
onde non pochi rimasero impaniati da-
gli errori de' giansenisti, ripetutamente
dipoi condannati da'Papi sempre attenti
e vigilanti custodi de' dogmi e verità cat-
toliche. Durante la nunziatura del Boc-
capaduli nacque ne' buoni due volle la
speranza di poter fai e che in Venezia vi
fossero richiamati i benemeriti gesuiti,
che n'erano stati rimossi per lo zelo di
cui si mostrarono accesi a favore dell'in-
leriletto di Paolo V, non da loro provo-
cato,comela calunnia fece ujalignamenle
credere, ma dalla politica versatile della
Spagna, che istantemente istigò il Papa a
pronunziarlo, onde (pjesti poi ne pianse e
ne provò grande aillizioue e titubanza di
vedersi strascinalo a sì grave passo da quel-
V E N 52 [
la, che colle sue arti a un tempo fomen-
tava contro di lui i veneziani ! Pel ri-
torno de' gesuiti in Venezia, il nunzio u-
nito ad alcuni nobili della famiglia Do-
nali, ed al patrizi Francesco Pisani, Gi-
rolamo Cragadino e al cav. Callista Nani,
vi si adoperò con grande ardore, cercan-
do di dileguare ogni impedimento che
vi potesse recar sopra; e ciò tanto più
perchè dal comune delle persone scor-
gevasi, aver la causa piuttosto vestita la
natura d'impegno, che di alcun deme-
rito, il quale fosse mai stato trovalo in
quegli esemplari religioNÌ. Piisulta da'do-
cumenli del Dicci, che il cardinal Fede-
rico Coinaro giuniore patriarca di Ve-
nezia, era stato amministratore dell'en-
trate che aveano avuto nel dominio ve-
neto i pp. gesuiti; e che tale ammini-
strazione quantunque non rendesse che
assai poco, lasciando stare il piacere del-
la bella villa di Stigliano nel Trevisano
(peruugiustosollievoa'maestri eagli sta-
denti nelle vacanze autunnali, per rin-
francare lo spirito, come altri ordini,
massime insegnanti), pure si desiderava
da mg.'^ Girolamo Giadeiiigo coadiuto-
re del patriarca d'A(piileia suo fratello.
E similmente che la compagnia di Gesù,
per sovvenire a'bisogni deila guerra che
i veneziani aveano co' turchi, olFiisse da
I 5o,ooo ducali, i quali non si vollero
accettare da quelli, stimando non esservi
il loro decoro, e che anzi gli avrebbero
ricevuti piuttosto per mano del Papa e
sotto colore d'un sussidio, che gli si por-
gesse a conservazione della cristianità,
che per quella guerra slava in pericolo.
Siccome pure s' intende da' documenti,
che per appianare tutte le cose dovesse
da Ferrara pasiare a Venezia il p. Giu-
gni. Del ritorno de' gesuiti in Venezia,
in allri tempi avea preso a trattare il re
di Francia (si vorrà alludere alle tiat-
talive del cardinal Gioiosa). E da* Do-
nati era slato mandato in Roma, per
trattare di tjueslo tnedesimo aliare cn[
p. generale della compagnia, Gio. Na-
522 VEN
tale Pticci. Il Boccapaduli ebbe eziandio
qualche Iraltalo sopra il far passare i
canonici regolari di s. Agostino, che in
una deli' isole della Laguna vivevano in
jiusnero di 20 indipendenti da altra con-
gregazione nel monastero di s. Spirilo
e sotto la piolezione del consiglio de'
Dieci, e quindi formarne una nuova col-
legiata, alla chiesa della Salute uffiziata
da'somaschi (veramente fu loro conse-
gnata pel decreto del senato de'29 di-
i;embre i65G, perciò piti tardi). Aveano
giù i mercanti luterani, calvinisti e ugo-
notti, e altri protestanti dell' Olanda e
Inghilterra, incominciato ne'loro fonda-
i;hi di Venezia a tenervi insieme co'pre-
ilicanti l'esercizio delle loro prave sette.
Del che come ne pervenne la notizia al
nunzio Bocca paduli, fece tosto che ces-
sassero da simili radunanze, che venis-
sero cacciati i predicanti, e che fossero
contenti di esservi comportali soltanto
come mercanti. La sottigliezza dell'aria
e il gran rigore della temperatola della
Svizzera aveano aUpianto danneggiato la
Salute del nunzio; molto di piìi gli reca-
rono detrimento le paludi di Venezia a
segno che declinava in modo allarmante
la sua salute. Il perchè nel luglio 16 54pre-
se il consiglio di pregare Innocenzo X a
mezzo del cardinal Chigi, a dargli la per-
missione di partire da questo soggiorno. Il
\ero motivo del ritiro, non fu quello della
salute, ma il vedersi poco gradilo alla cor-
te papale,dopo la morte del cardinal Pan-
ciroli, come avvenne ad altri nunzi che
non proseguirono l'intrapreso corso; e
ciò non senza divina disposizione, come
di sovente accadeva, che i nunzi ritor-
nassero alle loro chiese, essendo non po-
chi vescovi eli residenza. Mg."^ Boccapa-
duli fu esaudito, a'2 ottobre 16 54 parte-
cipò la sua partenza al doge in collegio,
dal quale ebbe testimonianze di soddisfa-
y.ione e stima, partì da Venezia a' 2 gen-
naio i655 (fece ritorno al suo vescova-
to di Citta di Castello, e riuunzialolo
poi uel 1675, fu creato arcivescovo di
VE IN
Alene), e gli successe Carlo Caraffa ve-
scovo d' Aversa, già nunzio della Sviz-
zera, che trasferito nel iGSy alla nunzia-
tura di Vienna, fu poi cardinale; ed ia
suo luogo passò per nunzio a Venezia Fé -
derico Borromeo, promosso dall' inquisì-
loratodi Malta, in seguito nunzio di Spa-
gna e cardinale. Da' quali e altri esempi
SI trae, che i nunzi apostolici di Venezia,
da questa passavano alle nunziature che
portano al cardinalato, che allora erano
le nominate e Parigi, anche Polonia, e n el
seguente secolo si aggiunse Lisbona. —
Ptiporta Muratori, all'anno 1 654, 'enut ^
la primavera, voglioso Lorenzo Delfino
generale della Dalmazia di fare qualche
gloriosa impresa, con 6,000 combattenti
SI portò ad assediare la forte piazza di
Kiiin o Tiuia o Tinay in Croazia, e co-
minciò a batterla. Non passò gran tem-
po, che sopraggiunsero 5, 000 turchi e
obbligarono i cristiani a ritirarsi ; ma que-
sti nel disordine essendosi divìsa la fan-
teria dalla cavalleria , restarono ambe
sbaragliate colla perdita di circa 3, 000
uomini, di molte insegne e cannoni : dis-
grazia amaramente intesa dal senato ,
non meno pel danno solFerto, che per lo
scoraggiamento prodotto oell' altre mi-
lizie. Seguì ancora 1' 1 1 giugno ne' mari
di Levante una fiera battaglia fra la {lot-
ta turca, e la veneta assai inferiore di
forze, ad onta di che i veneziani fecero
prodigi di valore, e anco incendiarono al-
cune navi al nemico, ma in piii numero
di bruciate e perdute patirono essi. Grave
nondimeno essendo stato il danno de'
turchi, ciascuna delle parti, secondo il
praticato in simili casi, si attribuì la vit-
toria. Aggiunge Muratori, che diversi
telìgiosi francescani di moltissimi con-
venti d'Europa, del numerosissimo or-
dine de' minori osservanti, concepirono
il lodevole e bellicoso pensiero di armar-
si militarmente, quindi sagrificar le loro
vite o sull' armata navale o in Candia,
per difesa della religione cristiana, e in
aiuto de' veneziani, i quali dovevano ap-
VEN
provare il prelato siipreroo coraamlaii-
le, volendo esser guiilali nelle b.iltaglie
da' loro ordinari guardiani e provinciali.
Nella congregazione di Ruma, ov' erasi
portato fr. Gio. Battista da Crema a far-
ue la proposizione, venne lodato e fu ap-
pmvato il divisamento con alcune nio-
didcazioni, e si disegnò piìi d' una città
per I' unione di queste squadre di fiati.
Ma quando già i chiostri loro erano di-
venuti campi d'armi per gli esercizi mi-
litari, e ne'porli d'Ancona, Manfredonia,
Trieste, Messina, Marsiglia, Tolone e Ve-
nezia affluivano] frati militati, a que-
sto zelo si oppose il duca di Terrauuova
ambasciatore di Spagna in Roma, pel
riflesso, che portando tali religiosi l'armi
contro i turchi, avrebbero perduto i ss.
Luoghi di Gerusalemme, da loro custo-
diti; e tanti altri dell' istesso ordine esi-
stenti nelle missioni del Levante, sareb-
bero rimasti esposti alle crudeltà della
vendetta de' turchi; e così svanì e non
ebbe effetto questa crociata fratesca. I ss.
Luoghi essendo compresi nell'impero di
Turchia, in quell' articolo parlai delle
benemerenze della repubblica veneta nel
proleggerli anch'essa. Il cav. Mulinelli,
che negli Annali Urbani di Fenczia,
parlando di questa guerra, disse pure del-
l'offerta generosa de' frati, in proposilo
ragiona deplorando più cose. La celebra
famosissima, di 25 anni, onde molli fu-
rono quelli che dati i primi vagiti al rim-
bombo de' cannoni ed agli urli de' bar-
bari, fra' gli stessi echi adulti resero l'e-
stremo sospiro: memorabile per l'assedio
accompagnato da 6q assalti, 80 sortite
e «,364 scoppii di mine: guerra e asse-
dio in cui riàplcnderono grandi e belli
esempi di cittadino valore. » Individuale
però quella virtù, la pubblica per mala
sorte scemava. Nelle due più disastrose
guerre, di Chioggia e di Cambray, che
abbia avuto a sostenere Venezia, non era
stata mai intrapresa a risparmio di de-
naro alcun' opera nuova, erano state so-
spese quelle che si trovavano comiucia-
V E N 023
te, e perchè si avessero io quelle stret-
tezze maggiori somme da impiegarsi alla
difesa dello stato, abrogate lorono alcune
dispendiose feste della nazione, proibito
alle donne le superbe loro vesti, fatti ta-
cere gli strumenti. Or mentre fervea que-
sta guerra di spesa grave, lunghissima,
e mentre in Candia, divenuta già campo
d'onore di tutta l'Europa, molli ardili
soldati di nazioni diverse voloiit.irii co'
veneziani si travagliavano, e perivano
per la salvezza d' Italia , afOnchè alla
Religione di Cristo, non avesse a preva-
lere r Islamismo, ben diversa Venezia
da un tempo si «nostra va. Sboccati o sca-
valcati i cannoni, fracassale le mura, a-
perla la breccia, la Canea si arrendeva
(nel 1645 e dopo 5o giorni d' assedio,
dice il Dizionario veneto). Tosto appres-
so minacciate di egual sorte R.etimo e
Candia, e già da' turchi inJirizzatisi i
primi approcci contro il forte s. Dimi-
tri, e i baloardi Gesù e s. IMaria di que-
st'ultima, pensavano gli assalili per me-
glio difendere la città di farne uscire tut-
te le persone inutili, tra cui notavansi le
monache di s. Benedetto, di s. Agostino,
di s. Domenico, di s. Francesco (ciò av-
venne secondo Corner e altri nel i(34^>>
o al dire di Zannini nel 1648, ed in nu-
mero di circa 200). Dato un eterno ad-
dio all'afflitta patria ed al chiostro, giun-
gevano in pochi l\\ que' virginali cori a
Venezia. I\Ia quantunque in essi aver
si dovesse una maggiore e inconliasta-
bile prova delle oguor crescenti disgra-
zie di Candia, non lasciavasi di correre
al tealroTron per deliziarsi coW'Or/nin-
do del Fausliui, posto in musica dal Ca-
valli, a quello del Griinani per godervi
il Principe glai'diiiiere ilei Ferrari, e
r Ulisse errante del Biidoaro, con mu-
sica dello stesso Cavalli, e llnalmente ad
un 3.° teatro già 4 anui prima creilo da
un Ermolao Zane, nella contrada di s.
Moìsè, per udirvi cou musica del Sacrali
la Proserpina rapila dello Strozzi. O-
spizio indegno u spose di Cristo duvasi
5i4 V E N V E N
iiilarilo ifiiin'ahbandoiiata isoletla, qual pilali più safari, eziandio alcuna provin-
cia alloia cjuclla di s.Servilio (della ([ua- eia, nun mai la nobiltà. R.ilj(iltata cou
le nel 5 XVIII, n. io), alle fuoruscite maggioranza di suffragi quella giudi-
vergini di Creta. Molto in quel mezzo ziosa opinione, riaprivasi già dopo 3oo
peiiuriando l'erario di denaro, e insuf- anni il famoso Libro d'oro, ed iscri-
/Icienti essendo alle spese ingentissime vcndovisi i nomi di niolte famiglie, otto
della guerra le rendile ordinarie dello milioni di ducali ristoravano in |)oclii i-
stato, veiiivasi a vendita di nobiltà. Alla stanti l'erario impoverito". Ecco il no-
pioposta di far così diventare i sudditi me delle famiglie ammesse alla nobiltà
principi e di vendere per denaro il pi in- di Venezia. Labia, Widinan, Ottoboni,
cipato, molto sensatamente e vigorosa- Zaguri, Tasca, Rubini, Gozzi, Correg-
inente opponevasi Angelo Miciiicl avo- gio, Fonte, .Martinelli, Antelmi, Zeuo-
gidore. Essere detestabile C(jsi, diceva buj, Ijclloni, Tornaqiiinci, Suriani, M ac-
il Micliiel, darsi per poco denaro, ani- carelli, Bonfidmi, Zambelli, Fieramo-
niassalo forse con indecenti arti e con sca, Beregani, Grotta, Toffelli, Santaso-
illeciti mezzi, una {verogativa die non fi i, Fini, iMirielli, Marin, Zon, Brescia,
pub iACiiiùsim^ì se non che per la nascita Gliirardini, Papafava, Gavazza, Leoni,
o per le azioni, ed ammettersi tra' no- Medici, Zanardi, Zacco, Dondirologio,
bili non più gli ottimi, itia i facoltosi. Stazio, Gambara, Mora, Gondulmer,
percioccliè l'oro può trasformare in un Nave, Luca, Mafetti, Piovene, Angora-
istante in ottimo anche alcun pessimo, no, Ariberti, Zollo, Soderini, liavagnini,
Chi saia poi, soggiungeva, colui, che per Dolce, Valmarana, Vianoli, Lazzari, Cas-
ta difesa della re[)ubblica sagridobi più setti, Giupponi, Lago, Berlendis, ilaspi,
le sostanze e la vita, se il vero merito Ferro, Bonvicini, Polvaro, Poli, Flan-
per ottenere la nobiltà sarà Tgi'O, se le gini. Farsetti, Fonseca, Cornaro (fami-
usure, gli scrocchi e tutte le altre sordi- glia diversa dall'antica e più volle ce-
ilissime arti usate da coloro che vanno iebiata), Bergonci, Barbarano Wana-
;iccumuIando tesori, sopravanzeranno xel, Albrizzi.Gbedini, Verdizzotti, Doni-
le azioni cavalleresche egloriose? Anche ni, Bonlini, Conti, Pasta, Giovanelli, Ma»
iiellagiierradiChioggia,continuavail ma- nin. Intanto giunto il 27 febbraio 1 Gj?,
gnanimoavog.idore,a nobiltà sol le va roii- mori il doge Molin, ed ebbe sepoltura nel-
si i popolani, ma diversi erano i tempi, la tomba de'suoi maggiori nella chiesa di
diverse le circostanze. Non possedere al- s. Stefano. Questo doge si vede dipinto
loia Venezia tante città fioritissime di nella chiesa di s. Maria del Pianto, colla
uomini nobili ed illustri, essersi allora monaca Benedetta Ros>i supplicanti laB.
aggregali a'nobili de' [)0[jolaiii solamen- Vergine, da Sebastiano Santi, perchè la
te a guerra finita, aversi allora conce- chiesa fu fondata per voto della repub-
duto l'insigne favore ad un pie->critto blica nella guerra di Candia. Nel iGji2
numero di persone, le quali poi e col- erettosi l'altare della 5." cappella di s.
r ingegno e colle sostanze e colla vita a- IVI aria della Salute, per voto della repub-
veano dato o[)era alla redenzione della blica in occasione della guerra in discor-
patria. Ma senza scella di persone, senza so, ne dipinse la [> da l'iolio Libjri, rap-
limitazione di ninnerò e senza ancor sa- presentandovi Venezia prostrata a'()iedi
[ìcrsiil terminedella guerra procedere vo- di s. Antonio, e il doge Molin soddisfatto
lendosi diversamente, conchiudeva Mi- dell'artista lo creò cavaliere,
chiel, doversi tentare per far denari qua- 36. Carlo Contarini C doge. Senalo-
l-.irique altro esperimento, doversi ven- re prudente e gravissimo, contro ogni
deie piuttosto le pubbliche cntiule, i ca- sua cspcltazioue, e perciò non benza slu-
YEN VE i\ 5^5
pore, a'a6 marzoiG j5 si vide sublimalo l'armata navale, espugnata l'isola il'Egi-
alla I .* dignità ilello stato, nel tenero e na, ilistriitli i hioglii uditoli esmantell.ile
memorando giorno del venerdì santo, quelle difese, portò via circa 4ooscliia-
Kell'alliosanto dì precedente, anniveisa- vi. A'aS marzo si rivolse ad abbattere la
rio della gloriosa fonda2Ìùne di Venezia, città di Volo sulle coste della Macedo-
avvenne strana e lutliiosissiraa cataslio- nia, e dopo lunga resistenza abbandona-
fé. ^'ella sera tanto i'u il concorso de'di- ta da'turtbi se ne impadronì, facendovi
voli alla chiesa di s. Marco per venera- ricco bottino, cioè 20 cannoni di bromo
re r insigne leliquia del Sangue miraco- e 7 di ferro, armi, polveri, ed una giau-
loso, che trovandosi chiuse le porte del diosa quantità di biscotto di|»osto m 27
tempio verso il ducale palazzo, com'era magazaini pel servigio delle flotte lui-
costume durante gli scrutiuii per l'eie- che; indi p.utircuo i veneziani, lasciando
zione del nuovo doge, so[)raggiunta an- in predaalle lìainmela miveia città. La?.-
che la pioggia, ed entrate le grandi con- zaro Mocenigo, denominato il terrore
fralernile de'batludi, si accrebbe la cai- de'turchi, sostenendo crociera allo stret-
ta a tal segno, e tanto si strinse ecompres- lode'Dardanelli, a'2 I giugno i655rup-
se , che al liftrire degli storici conteni- pe e disperse una flotta tuica, chene leu-
poranei, oltre 5o persone di vario rango lava il passaggio: in questa insigne villo-
e sesso restarono tuiserameute soflocate, ria,i i Ira vascelli e galee turche rimase-
e molte altre malconcie dovettero poco ro incendiale, altrettante 0 s'airondaro-
dopo anch'esse soccombere, tra il pianto no 0 perirono ni lido colla morte di cir-
di molti. Innocenzo X era morto nell'i- ca 7000 turchi. Runasero in potere de'
stessei 655 a'7 gennaio, quindi a'7 apri- veneti, 3 legni del nennco, con più di "oo
leglifu dato a successore Alessandro ^ II persone. iSel dì seguenle trovate alla
Chigi, la cui nob'le famiglia fu aggrega- spiaggia molle altre navi turche , vuole
ta al patriziato di Venezia (e di lale illustre e sguarnite , furono incendiate, ^'e' se-
famiglia ne tratta puie il cav. Antonio guenti due mesi, scrive Muralori, il .Mo-
Bagatla nel suo Teatro /'eiuto}. Il Papa rosiniasseiliò >'a[)oli di Romania, ma non
fu benefico verso la repubblica,, al modo potè ridurla alla sua ubbidienza. Gli lin-
ee lebrato ne'suindicati articoli, geneiosa- sci bensì di prendere Mcgnra, che fu sac-
niente soccorrendola contro i turchi, vi- cheggiata e data in bali'ii ilei fuoco. Gran
Imissimamente raccomandandola a Luigi bottino vi fecero i soldati, e ne furono a-
XIV, a Filippo IV redi Spagna, all'ini pe- sportati 1 3 grossi cannoni e gran copia di
ralore Ferdinando 111, a'cardinah.a'pi in- grano. I\Iorì il doge Contarini il 1 .° mag-
cipi e baioni romani; ed agli aiuti som- gio 16 56, dopo 1 3 mesi e 5 giorni di reg-
ministrali da q^ue«ti ultimi e riferiti ne' gimenlo, durante il quale venne assistito
detti luoghi qui aggiungo, che il piinri- dal proprio tìglio Andrea cavaliere e pro-
pePamphilj nipote d'Innocenzo X, armò curatore di s. Marco, e la salma <li lui
a proprie spese il vascello denominato ebbe sepoltura nella chiesa di s. IJoiia-
S,rf;rtfizio il' Jhranio , comandalo dal ventura de' francescani riformali. Aveu-
colonnelloCoradino capitano sperimenla- do lascialo una somma aninchè si eriges-
te. In questo breve dogado, la guerra di se la facciala esterna della chie<a di s.
Candia, diede non ostante clamorosi fatti, Vitale, fu eseguita tutta di inalino istiia-
degni di passare alla memoria de'posteri, no d'ordine corintio, e per memoria ira
quali esempi di valor militare e di ulletlo gl'inlercolunnii si collocarono i busti ilei
patrio. Raccontano l'annalista Muratori doge e della moglie, e nel mezzo quello
all'annoi 055 ed il biografo Casonf, che del parroco Teodoro Tessari bcnemeri-
FrancescoMoiusiui capitano generaledel- lo dell' erezione di questo pruspcLlo. —
52G YEN V E .N
Francesco Cornarn C/^^^r/gc Nacque (Ini mntiiro consiglio, che ginndi prove ave.i
doge Giovanni 1, [)iese in moglie la figlia dato all.i patria di consumata esperienza
del doge Antonio Frinii, ebbe a fratello nel maneggio de'politici interessi di sta-
li cardinal Federico patriarca di Venezia to, meritò a'i5 gingooi656 d'essere e-
defunto, e vivente il figlio Giorgio vesoà6> letto doge. Trovandosi allora oppresso
ve di Padova, perciò circondalo da pa- di gotta, non potè ascendere al trono che
renli nobilissimi, il cni merito avea solle- a' i o del susseguente mese. La fama di
vato a luminosissimi posti. Fiancesco vir- una guerra con tanta costanza e tanto
tuoso senatore, uomo di. esemplare mo- valore sostenuta da'veneziani, !a lunga
deslia, e distinto per afTetlo di patria, que- schiera de'prodi, che generosi e intrepi-
sta l'innalzò al suo trono a'jj^nsiggio di sagrifica vano alla comune causa e vi-
iG56. Sembravache i politici airaripren- fé é sostanze, ciò tutto nascer faceva e-
dessero miglior piega: le molte vittorie mnlazione negli stranieri; quindi da moj-
riportate da'veneziani sopra i generali e te parti armi e navigli vennero offerti al-
gli amtJiiragh del giovinetto sultano 3Iao- la lepubblica, avventurieri e comandan-
metlo IV; l'aspetto d'una lunga, ostina- ti anelavano confondere le valorose ge-
ta e feroce guerra, tullociò porgeva lu- ste con quelle de' veneti invitti, e di aver
singa d'un componimento; iiia il senato pai le nella difesa del regno di Candia, per
non volle ascoltax'e le gravi condizioni cui in tanti luoghi si combatteva. Ma u-
proposfe dal divano della Porta , e così na fatale esperienza, avuta fin da'tempi
seaipre più si aumentarono da una par- che precederono e seguirono la battaglia
te e dall'altra le milizie e i militari ap- di Lepanto, ebbe a convincere i Venezia-
prestanienli. Il doge Cornarn visse soltan- ni che poco contar potevano sull'aiuto
1019 gioini, poiché morì a'5 giugno. In degli alleati e sul braccio de' comandan-
tal modo, appena cessate le pubbliche di- ti di ventura: non erano costoro mossi
mostrazioni di gioia per la sua esaltazio- dall'amor di patria, che ardeva ne'vene-
ne, subentrarono le pompe funebri , il ziaoi petti, perciò raffreddatosi il primiero
lutto e il dolore per tanto inopinata e sen- entusiasmo, si videro le galere pontifi-
sibile perdila. Piansero i buoni, e la [)a- eie e maltesi allontanarsi, anche per mala
Iria pure ne pianse, che non potè ritrar- intelligenza e mancanza d' unità d'azio-
re dallo zelo di lui que' vantaggi, i quali ne, e lasciare spesso i veneziani esposti a
la pubblica cosa aspettava. Venne sejiol- qualche impresa, cui la prudenza non a-
to nella chiesa di s. Nicola da Tolenli- vrebbe consigliata senza fidanza nell'ap-
no, ricca de'monumenli della Coroara fa- poggio di straordinari soccorsi. Ricavo dal
miglia. Si apprende dal Casoni, che la Muratori e dal Casoni : Era solita l' ar-
liiiea di questo doge abitava nel confine mala navale veneta ogni anno di postar-
di s. Paolo, e si esliuse nel 1799 '" ^^^' *' ^"^ bocche de' Daidanelli. per impe-
varmi Cornare gran commendatore del- dirne l'uscita alla turca. Avvenne che a'
la religione Gerosolimitana, uomo di se- 26 giugno (e non maggio come vuole il
veri ed esalti costumi, dotato di perspi- Casoni) comparve ivi Sinan pascià con
cacibsiuio talenlo, rigido censore della so- gran flotta, lisoluto di passare in onta al-
cietà, di cui con alto animo deplorava le l'impedimento de' veneziani. Però si veo-
debolezze, e franiezzo alle quali compa- ne a terribile conflitto fra'tuichi e la flot-
riva ricoperto di decentissimi, ma non co- ta veneta comandata da Lorenzo Mar-
muni vestiti, declamando francamente cello capitano generalissimo, e composta
contro i pregiudizi del secolo e la fatai di 25 vascelli, altrettante galee e 7 ga-
corruzione de' suoi contemporanei. — leazze, oltre a 7 galee de'bravi maltesi,
Bciliiccio Fallerò CU doge. Uomo di co'f|uali unite per l'ordinario combatte-
VEN
vano quelle del Papa. Per due ore di o-
slinato combattituento fu ìncei ta la vit-
toria, finché sopraffatti i turchi dall'eroi-
co valore de'ciisliani rincularono, e cer-
carono colla fuga sottrarsi a nuovo ci-
mento. Inseguiti, si precipitavano in ma-
re per salvarsi a nuoto: molte loro navi
rimasero divorate dal fuoco, altresi rup-
pero a terra. Inoltre vennero io potere
de' veneziani 6 vascelli e 5 galeazze, col-
la morte di 10,000 infedeli, la liberazio-
ne di 5ooo schiavi cristiani, e l'acquisto
di gran copia d'artiglierie e d'attrezzi mi-
litari tolti dall' abbandonate navi a cui
poi fu appiccato il fuoco. Muratori cre-
de, che fosse questa la più insigne vittoria
riportata da' veneti nella presente guer-
ra, se non die restò funestata dalla mor-
te dello stesso supremo comandante Mar-
cello, a cui fu sostituito qual generalissi-
mo il prode Lazzaro Mocenigo, il quale
però nel caior della pugna vi ebbe feri-
to un occhio che poi perde. In memoria
di SI strepitoso tiionfo, giacché ripor-
tato nel giorno della festa de' ss. Gio. e
Paolo, il senato fece voto di visitare la
loro chiesa in ogni anniversario. Dopo ciò
i turchi di nuovo piegavansi a pace, ma
vigettaron») i padri veneti l'oi gogliose [)ro-
posizioni, perché «on corrispondenti al
decoro della repubblica ed agli eroici
sforzi de'ciftadioi. Ottenuto s'i fortunato
successo, i veneziani espugnarono l'isola
e rocca di Tenedo, dove lasciarono buon
presidio, e altrettanto fecero coll'isola di
Lemnos, ma poco dopo ambedue riuscì
a'turchi ricuperare. In Dalmazia pmcsi
combatteva con varia, ma quasi sen»pre
buona ventura e successo, ed i turchi non
cessavano armamenti e sforzi per vendi-
carsi. La repubblica ad onta delle som-
me ricavate dalla novella nobiltà, e di
quelle a lei [ìrocuiale da Alessandro VII,
Irovavasi sempre bisognosa di denaro,
laonde come narrai a'Ioro luoghi, ad i-
stanza della medesima, già col breve Na-
pcr, de' 19 apsile dello stesso 1 650, le ap-
plicò i beni che possederauo nel domi»
VEN 527
nìo tenelo ì religiosi crociferi, ed i cano-
nici regolari di s. Spirilo di Venezia, i
quali per aver tralignato dal loro pri-
mitivo spirito, a'28 di detto mese co'bre-
vi J incanì Doiniui, e Cum sit coinptr-
/f///7, ambedue sof>presse.Si trovavano an-
cora i Gesuiti esclusi dagli stati della re-
pubblica , ad onta delle calde pratiche
passale a questa da Gregorio XV per il
loro ritorno, tanto bramalo da molti pri-
mari patrizi e da'popoli, per l'immenso
bene che aveano fallo e pel buon odore
che aveano lascialo di loro virtìi esem-
plari e molteplice dottrina, che dispen-
savano coll'insegnamento ne' loro colle-
gi. Ora Alessandro VII che nutriva ve-
nerazione per la compagnia di Gesù e af-
fettuosa stima pe'suoi religiosi, s'impegnò
con tutta r ellicacia pel ripristinaincnlo
loro ne'dominii veneti. Pertanto con bre-
ve de'23 dicembre i656, diretto al do-
ge Valier e al senato, li pregò così pre-
murosamente e con tali gagliardi nigo-
menli, perchè i gesuiti fossero ri^labiliti
nelle loro case e chiese, che in brevissi-
mo tempo fu appagato ne" suoi zelanti
desiderii; per cui avendo il nunzio di Ve-
nezia Caraffa con islalfclta istruito il Pa-
pa della decrelata riammissione,dne gior-
ni dopo, con breve de'sy gennaio 16T7,
rese al doge e al senato quelle grazie che
polé maggiori. Essendosi poi nel di ?.o
febbraio 1657, il padre provinciale de'ge-
suiti in Bologna Girolamo Chiaramonle
presentalo in nome de' suoi al dogo nel-
l'eccellentissimo collegio per ringraziare
la signoria della grazia ricevuta di poter
ritornare in Venezia e stato veneto, il do-
ge Valier gli rispose: Signori, siiitc li be-
ne venutile sarete anco lihen veduti se
ìHularefc rostunii, come la ri'jìuhhUca
ha mutale le sue leggi, ma per compia'
cerea Sua San li t<}. Volava replicare;
ma soggiunse il doge: Andate, andtte
(forroola cui non era più permesso ad al-
cuno di lispondere). Ritornati i gesuiti in
Venezia, con la somma di 5o,ooo duca-
li acquistarono la casa religiosa degli e-
t8
V E N
slinli crociferi, e poi ne riedificarono la
chiesa , e loslo In provincia di Venezia
divenne una delle pili floride d'Ilalia per
rcncomiala coni[)agnia. Soppressa que-
sta nei 1773, passò la chiesa in padronato
ducale, l'annessa casa si lasciò ad uso delle
puhbliche scuole dura te (ino al 1807, mu-
tala poscia iucaseruia. Nel 1 844 si restituì
la chiesa al ristabilito ordine de'gesuili
esistenti, di che tenni proposito nel § Vili,
11. 72. Grato Alessandro VII, vieppiù a-
iutò la repubblica contro i turchi con ga-
lee comandate dal suo nipote priore ge-
rosolimitano Giovanni Diclii generale di
s. Chiesa, con soldati e denaro, che con-
tinuò a procurargli da altri; beneficenze,
che Muratori pretenderebbe attenuare,
benché confessi che al Papa slava mollo
a cuore il pubblico bene della cristiani-
tà. Antonio Bagatta nella Fila dì Ales-
sandro fll, dice quanto egli fu benevo-
lo co' veneziani , ed altrettanto si legge
nella Storia di Alessandro /^'//del No-
\aes, mentre de'soccorsi procurali o dati
da Alessandro VII ne traila Domenico
Ber ni no, Memorie hi.sloriche di ciò che
hanno operato li Sommi Pontefici nelle
guerre contro i turchi. Con questi e altri
scrittori di tali glorie ne feci la storia, che
può servire di confutazione a cp\e' che
tentano menomare tali benemerenze a'
Papi. Il gran visir Achmel Riuperli ver-
gognandosi della lunga serie di sinistri
chelarnrji ollomaneaveano provalo,uscì
di Costantinopoli con numerosa flotta, ed
assalila all'improvviso quella de' venezia-
ni comandata da Lazzaro Mocenigo, la
battè compiutamenle, perdendovi la vi-
ta quel valoroso, nell'acque di Tenedos,
a' if) luglio 1 657, aieotre slava per ripor-
tare vittoria , dicono altri. Il severo pa-
trio storico cav. Rlutinelli, declama con-
tro la rejiubblica.» Prostituita [)er far de-
naro colla vendita della nobiltà, postasi
mano per far denaro all' incatnerazione
de' beni della Chiesa, tentalo che i frati
fossero andati a occupar nelle trincee e
nelle file un posto che dall' onore e dal
YEN
cifbilo era destinato a'soli cltladinì, que-
sti invece, allascinati da uno smodalo a-
more per il piacere e per il lusso, vergo-
gnosamente scialacquavano in sollazzi ed
in mode. E pertanto, dimesse le antiche
vesti, le quali per la loro modestia ed ii-
niformità avvertivano i veneziani ad esser
semplici ne' costumi e moderati ne' desi-
derii, con maggior premura ioiprendeva-
si ad usare ({uelle fantastiche e sfarzose
di ollramonti,e così stranamente abbi-
gliali anche i più gravi padri, sedevano
a convili assai splendidi , prolungali per
grande spazio di giorno e di notte, men-
tre a Candia per lo scoppio terribile del-
le mine volavano in aria gli uomini semi-
arsi. Maggiormente per natura inclinate
le femmine ad impiegare ogni arte nell'a-
dornarsi, davansi a gara alle nuove fog-
ge e alle leggiadrie non usate, onde più
che gli uomini annunziavano il progres-
so di un lusso senza limite. Anziché ri-
chiamarsi in vigore le antiche leggi sun-
tuarie, credevasi piuttosto che la diver-
sità de'tempi dovesse esigere una mode-
razione al rigore di quelle. Ad ogni mo-
do fatte ne furono di nuove e di più ac-
comodale al mutato costume, ma non ve-
nendo osservale, non valsero a rafl'rena-
re gli abusi gravissimi". Frattanto morì
il doge Valiero a'2 aprilei658, e le spo-
glie vennero piima ileposle nella chiesa
di s. Giobbe, indi trasportate nel gran-
dioso monumento cl>e alni e all'altro doge
Silvestro Valiero sorge nella chiesa de'ss.
Gio. e Paolo, eretto lorodalla vedova del-
l'ultimo dogaressa coronata Quuini nel
i7o8,presso la cappellina delBattistero. — ■
Giovanni Pesaro Cf II doge. Cavaliere,
procuratore di s. Marco, uomo chiaro
in patria e fuori per maturità di consi-
glio, per canuta esperienza ne'polilici ma-
neggi di stato, come il provavano le re-
plicale legazioni da lui sostenute in Ro-
ma, in Francia, in Inghilterra e presso
altri principi ancora. Avea dato saggio
d'animo fermo e costante, aringando iu
senato per la pubblica causa a sostegno
V E N
del patrio ilecoio, e thUo allres'i Icsli-
uionianze di inunifìcetUe liberalilìi, ot-
fieiulo le proprie sostanze in soccorso a-
gli esausti tesori della nazione, impegna-
ta nella lunga e disastrosa guciia pel re-
gno di Candia. Essendo appunto il i^esaro
tale, (piale bisognava in (pielle allora dif-
ficili circostanze per stare al limone del-
lo slato, fu eletto doge a'i) aprile iG58.
Scrive il lìagalta, quest'anno sarà sempre
memorabile per la costanza dimostrata
dal senato veneto nella risoluzione presa
con tutti i voti di continuare la guerra
contro IVIaonietlo IVsullano de' tinelli,
i quali dopo il corso di tanti anni d' in-
giustissima vessazione, sebbeu pareva che
lusciasse sperare qualche scintilla di pace,
era accompagnala però da cos'i pregiudi-
zievoli condizioni, che la faceva riuscir
peggio della guerra medesima ; onde A-
lessaudro VII inteso cos'i magnanimo
proponimento, ne diede parte con molte
Iodi e con sentimenti di straordinario giu-
bilo al sagro collegio,concedendo alla re-
pubblica una levata di 4,ooo fanti nello
sialo ecclesiastico. Francesco IMorosini,
fornito di cnilitare accortezza, e d'animo
coraggioso e intrepido, succeduto al !Mo-
ceiiigo nel capitanalo generale, tentò sor-
prendere la piazza di Canea, ma le date
disposizioni vennero scoperte da' turchi,
the |)reveuironQ I' impresa; allora navi-
gò, e scorse per ogni verso 1' Arcipela-
go, sorprese varie isole, ed occupò quel-
la di Carchi. Voleva seguire il corso di
sue conquiste, ma la sua llotta avendo
soifcrto una tempesta, che la distrusse o
disperse nella maggior parte delle navi,
si contentò di dar la caccia a' turchi, sui
quali riporlo diversi vantaggi. Veneziani
e turchi a gara andavano aumentando
fuize navali e terrestri. 11^5 agosto 1 658
riuscì fatale per gl'infedeli, la cni (lolla
Venne balluta alle allure de' Dardanelli
dal capitano delle navi Girolamo Conta-
I ini. Intenta sempre la repubblica aretri-
jinire con onori e con premi grilluslri suoi
hilli che alla comune pati ia sa^irificavau-
VUL. XCII.
YEN 5^9
si, fece solenni funerali a' 24 settembre
iG58 nella basilica ducale di s. Marco al
capitano generale del mai e Lazzaro iMo-
cenigo, perito eroicamente nel preceilente
anno. 11 ÌMurosini conliiiiiando colla ri-
composta llotta a scorrer l'Arcipelago li-
beramente, onde poi si meritò il sopran-
nome di Peloponnesiaco, nel settembre
ìC)5q prese e saccheggiò l'isola di Patraos,
celebre per l'esilio che vi pali s. Giovan-
ni e per l'Apocalisse che ivi scrisse. A'3o
di detto mese, carico di merito e ricco per
la stima in cui tutti lo tenevano, mori il
doge Pesaro, lasciando impresse nell' a-
nimode'padri quelle memorande parole,
colle (juali essendo ancor senatore termi-
nava la sua orazione persuadendo a con-
tinuar l'altuale guerra di Candia, che ri-
cavo dal suo biografo Casoni. « Se vo-
gliamo portar la corona sul capo, non la
gettiamo a'piedi de'turchi, perchè altri-
menti di noi si dirà che abbiamo perdu-
to il regno, e 1' animu regio con esso "
Venne deposto nella 'chiesa di s. iNIuria
de'Frari, dove col disegno di Daldassare
Longhena, sul gusto di quel secolo, s'in-
nalzò poscia nobilissimo monumento scol-
pilo da iMelchiorre Darthel , testimonio
della generosità e niagnificcnza d'una so-
la privala famiglia, del (piai tanto piìi ri-
fulge la splendidezza per vastità di con-
copimento, per ricchezza di macini, per
<li(ìicollà di lavoro, dopo che u lui vici-
no venne eretto il monumento alla me-
n>oria dell'esimio Canova, ed a spese del-
l'Europa universa, come dichiara l'illu-
stre Casoni. — Domenico II CoiUari-
ni CI f"^ doge. Chiaro per fama d'integri-
tà e di modestia, trovavnsi lontano dalla
città e nel pacifico ritiro de' campi, da
dove null'altro vi voleva che voce di pa-
tria, per richiamarlo a'consigli politici e
alle cure sovrane della repiibblica,(piando
ne fu eletto principe a' 1 (3 ottobre 1 OjQ-
In quest'anno ebbe (jualche sollievo l' I-
talia per la pace del duca di Modena Al-
fonso l V colla Spagna 1' 1 i marzo, e prin-
cipalmente per la pace ha lo Corone per
34
53o V E N
le cose d'Italia, avvenuta poco dopo l'as-
sunziono al dogado del Coiilaiini. Per la
I ." erasi servilo il cardinal Mazzarini del
duca di Modena , per far proporre alla
repubblica di V^enezia una lega fra Lui-
gi XIV, i veneziani, e i duchi di Savoia
e di Modena, con disegno di conquistar
lo stalo di Milano, e di partire la preda
fra loro, esibendosi la corte di Francia
d'indurre Maometto IV alla pace con
Venezia, e promettendo forze grandi per
la sognala impresa. I veneziani , che si
Irovavanoiu s"i gravi impegni per la guer-
ra di Candia, e che saggiamente in ogni
tempo sapevano scandagliar le cose , si
sbrigai ono in poche pax'ole da questa ten-
tazione, con rispondere di non voler pun-
to impacciarsi nella roba altrui. Quanto
alla pace delle Corone, essa è quella de*
Pirenei conclusa a'7 novembre (data as-
segnata anco a' due seguenti giorni) tra
Francia e Spagna. Ma in questa pubbli-
ca quieted'llalia poco dopo insorse qu.d-
che privata turbolenza in Venezia , tra
l'arcivescovo d'Embrun ambasciatore
straordinario del re di Francia, e mg.'
Giacomo Altoviti nobile fiorentino arci-
vescovo d'Atene e nunzio apostolico; per-
chè essendosi portalo l'ambasciatore al-
l'udienza del doge e nelle funzioni pub-
bliche col rocchetto scoperlo, menile il
nunzio Scompariva colla mantellettacìie
copriva il rocchetto, questi domandando
istruzioni a Roma, gli fu ingiunto di aste-
nersi dal compatire in pubblico insieme
all'ambasciatore, per non pregiudicarsi
nella preminenza. E' notissimo, che gli
arcivescovi e vescovi, tranne singolare pri-
vilegio pontifìcio, non ponno incedere col
Roccìietto (V.) scoperto alla presenza de'
legati o nunzi apostolici rappresentanti
del Papajed i nunzi non hanno l'uso della
Mazzetta {f .), per cui di necessità con-
viene loro portare la AIaiìtcllctta{F.), la
quale cuopre il rocchetto. Invece gli ar-
civescovi francesi, spagnuoli, ec. usano
inantellelta e niozzetta, per cui non in-
dossando la mantelletta restano col ree-
YEN
chelto scoperto. Veramente 1' uso del-
la mozzelta, oltre il Papa, è proprio de*
Carclituìli e «Ìq Patriarchi (/ .), e inve-
ce del rocchelto de' vescovi Regolarlo Ee-
ligiosi (V.]j gli altri l'usano per privile-
gio , massime gli abbati regolari. E sic-
come il rocchetto scoperto è segno di giu-
risdizione, né polendo i nunzi apostolici
scuoprirlo per non aver l'uso della mez-
zetta, trovandosi a confronto e in presen-
za d'allri prelati, che forse ignari di noa
potere incedere col rocchetto scoperlo, vi
procedono, così è qualche anno che al-
cuni nunzi hanno cominciato ad assume-
re la mozzelta, come notai nel vol.XC,
p. 143, onde potere scuoprire il rocchet-
to, lijrse con tacito permesso della s. Se-
de , per non comparire inferiori a (jue'
prelati che vi procedono , senza diritto.
E qui mi piace aggiungere per analogia
un'altra osservazione. Ne' fiocchi di seta
ùq Cappelli prelatizi {^F.), anche di Fé-
scavi, non si può intaisiare 1' oro; ma a-
busivamenle inlrecciandolo molli vesco-
vi e arcivescovi, i Xunzi apostolici {^1 .)
l'adottarono. L'oro ne'fiocchi del cappel-
lo è solo proprio del Papa e de'cardina-
li: però a'noslri giorni Leone Xll lo con-
cesse a' Patriarchi. Significando dun-
que il rocchetto scoperlo giurisdizione, a-
vea ragione il nunzio di Venezia rappre-
sentante del Sommo Pontefice , di non
poterlo tollerare alla sua presenza in al-
tro prelato rappresentante di principe se-
colare; e recente era l'esempio dell'avve-
nuto a Parigi, che notai nel voi. L\'lll, p.
77. — L'assedio di Candia diventava sem-
pre più clamoroso per l'audacia degli as-
salitori, e per l'intrepidezza e costanza de-
gli assediali. Il Muratori tuttavia riporta
all'anno 1609, che in questo si ridusse-
ro a poco le ostilità nella guerra di Levan-
te, dove indarno furono aspettate legalee
del Papa e di IMalta, perchè il priore Bi-
chì generale delle prime, arrivato a iVa-
poli, per aver mirato da lungi alcune na-
vi barbaresche, non volle continuare il
viaggio, e voltale le ^jrore si restituì poi
YEN YEN 53 1
a Civllavecchia; e i cavalieri gerosolimi- nanzi ad un consiglio, che lo condannò
tani dopo averlo lungamente aspellnto a a perdere la testa. Raibaro appellò di ta-
I\Iesjina,anclj'essi se ne ritornarono aMal- le giudizio a Venezia, dove fu assolto; e
ta. Sorprese il capitan generale France- IMorosini, a cui si poteva rimproverare
SCO Moiosini la fortezza di Tamon nel un eccesso di severità, fu richiamalo nel
golfo di Cassandra, che restò saccheggia- i 66 1 . Il principe Almerico d'Esle cadu-
ta e demolila, con asportarne 3o pe/zi di to infermo a cagione dell' aria cattiva,
cannone e 4 peliierc. Altretlanloa vven- senza poter intervenire al fatto di Can-
ne a quella di Chisme nella Natòlia di- dia Nuova, per consiglio de' medici por-
riropelto a Scio, dove si fece liceo hot- lato all'aria salubre dell'isola di Paros,
tino, coll'acquisto ancora di buon treno vi morì verso il (6 novembre i 6Go, eoa
d' artiglieria. Da Castel Ruzo , fortezza generale dispiacere per le speranze che
considerabile, presa e demolita , furono davano il suo senno e valore. Dipoi il se-
condolli via 3o pezzi d'artiglieria ei46 nato nella chiesa de' Fra li dopo il 2.° ai-
prigioni, terminando così la campagna tare gli eresse un monumento, costitui-
di detto anno. Nel I GGo il cardinul Maz- loda un ricco inleicolunnio , entro il
zarini indusseLuigi XlVa spedirein aiu- quale èia statua pedestre al naturale del
lo de' veneziani un corpo di 4ooo fanti, principe. Essendo subentrato al comando
destinandone a generale il principe Al- supremo de' veneziani Giorgio IMorosini,
raerico d' Este fratello del duca di Mo- e desiderando distinguersi con un qual
dena, e il signore di Bas per luogotenen- che fallo glorioso, andò io traccia della
te. Andò il principe Almerico e sbarcate flotta turca, uscita da' Dardanelli. Tro-
ie sue genti alla Suda, prese alcuni for- vaia parte di essa nelle vicinanze dell' i-
tinie unito co' veneziani s'accostò alla Ca- sola di Milo, a'25 agosto 1 66 i die la cac-
nea per farne l'assedio. Nacquero tosto eia a que' legni; laonde 7 galee turche
dissensioni fra il Bas e il Grcmunville ser- prese da spavento andarono a urtare in
gente generale de' veneziani. D.i Candia terra, lasr.iandole infrante salvandosi la
Nuova accorsero i turchi alla difesa della gente, 2 altre vennero in potere de' ve-
Canea, il che fece cambiar di sentimento neti, e 2 le presero i cavalieri gerosolirai-
all'esercilo cristiano di lasciar quella cil- tani. Il resto della flotta andò disperso,
tà, edi portarsi nuovamente sottoCandia ed alcuni legni si ruppero a' lidi. Circa
Nuova limasta sguiunila. Erano giunti 1000 turchi ei rifugiali in terra, da'vc-
colà, ed aveano già pieso un borgo con neti furono condotti schiavi. Con egual
alcuni pezzi d'artiglieria, quando i sol- felicità anche Antonio l^iuli espugnò ai-
dati si diedero disoidinataincnte a ruba- quante navi turche da carico, con inipa-
re, allorché sortiti da Candia Nuova una di unirsi d'alcune e bruciarne dell' altre.
trentina di cavalli turchi con urli , mi- Questi prosperi avvenimenti fmono bi-
sero un panico timore nell'armata gal- lanciati da diverse [)erdite di navi vene-
Io veneta, la quale si abbandonò alla fu- te, che 1 imasero in altri luoghi preda de'
ga. Uscito allora tutto il [)resi(lio turco corsari barbareschi; dopo di che tulli si
la incahò, restando sul catnpo da 1 5oo ridussero a' quartieri d'inverno. Tratta-
uomini tra morti e feriti, il resto con gran vasi intanto da Alessandro VII una lega
fatica si ritirò in Candia. Francesco Mo- fra'principi cristiani contro i tmclii; ma
rosinijche dalla parie di maredovea con- con ritrovare il re di Spagna Filippo IV
tribuire all'impresa, ed avea sbarcato impegnato contro i portoghesi, [)er es-
tiup[)e per ioqiadrnnirsi della Canea, ac- sersi sottratti fin dalt6|0 al suo doini-
cusò di tal deiilorabile sinistro il provve- nio; il redi Francia inceppalo dall'anti-
ditore Antouio Bai baro, e Irar lo fece di- ca amicizia co'lurchi; e l'iujperalore Leo-
532 V E N
poldoi più ilisposto n conservare son essi
eoii qiiHlclie danno la tiegun, che ad en-
trare nella sen)[)re pericolosa guerra; lo
slesso Pc<pa benché vivamente la bra-
masse, almeno coU'iniperalore e co' ve-
neziani, rimaneva trepidante per le gravi
spese occorrenti. Così restò la re[)td)bli-
la sola a sostenere la guerra con iucie-
dibile dispendio, per la sua lunga durata
e con una potenza tanto foruìidabile, in
paese lontano dalla dominante i 200 mi-
glia,dovcndo comballere purecoll'abbor-
vimenlo che destava nella gente il dover
passare il mare, per la grave apprensione
di non più lipalriare. L'imprese falle da'
veneti nel 16G2 si ridussero a varie [)re-
de di legni turchi. Venne a sapere il loro
capitano generale, che a Scio era perve-
nuta la carovana navale de'lurchi, che da
Costantinopoli passava in Egitto, portan-
do preziose merci e gran regali destinali
per la IMecca. Spiegò le vele a cpiella vol-
ta : » o di quelle navi da carico a (piesla
vista diedero a terra, ed essendo fuggili
i soldati e marinari, rimasero in [)olere
de' veneziani. Essendosi riliiali i vascelli
di quella caravana nel porto di Coo, a'^Q
sellembre i veneziani con isforzo di bat-
taglia tanto si adoperarono che loro riusin
ili pjenderneS. L'avidità maggiore del-
la milizia era contro il più grosso di que'
vascelli, sapendo ch'eravi un agà del sei-
ra"lio con carico valutato mezzo n)ilione
d'oro. Ma questo miseramente restò in-
cendiato, e l'agà nuotando per salvarsi,
rimase prigione. Di 16 saiche nemiche,
1 8 furono prese e i o consumale dal fuo-
co. In quest'anno dalla repubblicasi die'
fine alle controversie colla corte di Savoia,
per cagione del titolo di re di Cipro, che
rifiulòdarea Carlo Emanuele li e suc-
cessori, e per altre simili differenze. Dal
iG3oa quest'epoca aveano i veneziani
leimlo presidio in Mantova, per sicurezza
di quella città contro i tentativi de'fran-
cesi e spagnuoli. Essendo già passalo o-
gni pericolo, ed avendo l'alto istanza l'im-
peratore Leopoldo I, proiettore della ca-
V M N
«oGnn2nga, diesi ritirasse quella gente,
vi acconsenl"i senza didlcollh il senato ve-
neto. Perciò il duca Carlo li spedì tosto
a Venezia il marchese Odoardo Valenti
Gonzaga a render le dovute grazie alla
re[)ubblica dell'assistenza prestata (in qui
a'suoi stati. JNel 1 663 niun avvenimento
particolare e notabile ebbe luogo nella
guerra di Candia, avendola il sidtano
mossa all'imperatore Leopoldo I, il qi;ale
deluso dalle parole de'lurchi si trovò mal
provveduto di forze, e paventando di ve-
«lerli sotto Vienna, onde si preparò a di-
fesa. Ricorse allora l'imperatore a'princi-
pi cristiani, andò alla dieta di llatisbona
per implorar soccorsi,elratlòdi collegarsi
col Papa e con Venezia; ma le insorte gra-
vi dillerenze di Roma colla Francia, per
l'insulto fatto da' soldati insolenti corsi
all'ambasciatore Crecquy, onde il re a vea
invaso Avignone e la contea del Vcnais-
v/>j ( ^.), frastornarono la lega. Nel i66/{.
erano già pervenuti iit^l Parmigiano eI\lo-
denese 6,000 f'inli e quasi 2,000 cavalli
spediti per idteriore prepotenza di Luigi
XIV, crescendo il tuono di sue minacce
contro gli stali della Chiesa in Italia, do-
po la della occupazione di que' di Pro-
venza. Alessandro VII avea consumalo
gran denaro per armare 8,000 fanti e
2,000 cavalli, e in procurar leve d'altra
gente fuori d'Italia, uè reslava nerbo di
cassa e di milizie per sostenere e conti-
nuare l'impegno preso da'nipoli del Pa-
pa contro un re potentissimo. Nel prin-
cipio delle vertenze eransi interposti il
granduca Ferdinando II, i veneziani e
altri princij)i per trattare d'aggiusta-
mento, quando nel negoziato vi si com-
presero dalla Francia altre pretensioni,
ad istanza del duca di Parma cioè la
disincamerazione di Castro e R.onciglio-
ne, e per quelle del duca di Modena
()er le valli di Comacchio ; esigenze tut-
te, che rendevano diilìcoltosa la con-
cordia, il negoziato della quale ripreso in
l'isa si compì a* \i febbraio colla pace.
Si convennero le cose più volle narrale
V EN
altrove, lailisìncamerazionc temporanea
di Castro e Roiicigliuiie, e il coiDpeiiiìo al
duca di IModeiin ili S-j. i,ooo scudi, iwen-
tie lepieteiisioiii ascendevano a più mi-
lioni, come vuole il suo bibliotecario iMu-
raturi, die tuttavia biasimò Luigi XiV
pel rigoroso e violento contegno contro
il Vicario di Cristo, per un accidente av-
venuto in Roma senza colpa sua e de'pa-
reuli. L'ambasciatore veneto residente in
iloma nel corso de'disturbi e delle tratta-
tive erasi piestato per la ([uiele e nell'in-
teresse del l'apa, il quale vedendoS()agna
unita a Francia, procurò che la repub-
blica si facesse mediatrice della pacifica-
zione. Il senato abbracciò volentieri l'oc-
ccisiune d'allontanare dall'Italia i turbini
ilella guerra e tenere in pace la cristiani-
tà, e raccomandò caldamente a'suoi am-
b.iscialori residenti a Iloma e Parigi gli
ulllzi opportuni per conseguire que>to
line. Per mezzo dell'ambasciatore di Ve-
nezia a Parigi, il Papa avea rimesso un
breve al re di giustificazione; e fu per
le incessanti pratiche dell' anibascialore
Luigi Grimani,che superale le dilìlcollà
fra le parli, si ripresero le Iraltalive a
Lione e poi a Ponte Donvicino iu Savoia,
ove si ridusse il veneto Grimani qualme-
dialore,e v'intervennero pure il residente
di Spagna d'Ini verta,! residenti di Parma
e di Modena, e 1 2 consoli d'Avignone; fin-
ché a IMsasi concluse l'accennalo accutuu-
damcnto, facendo dipoi il Papa una se-
greta prolesta per la disgustosa concor-
dia. Grato Alessandro VII alla mediazio-
ne veneta, benché nel 1660 avesse crea-
lo cardinale il b. Gregorio Barbaiigo pa-
trizio veneto, in seguitoa nomina del se-
nato conferì cgual dignità a Giovanni
Delfino altro nobile veneziano, nella pro-
mozione cioè della delle Corone, per aver
creato cardinali de' nazionali austriaci,
francesi e spagimuli ad istanza de'ri-<pelli-
VI sovrani. — Ora debbo riferire la visilu
tutta a Venezia dal principe di Tu^cuiui
poi Cosimo III, descritta ilid cav. AI ut inci-
li, ma con idi^Liaulo, ancor lui, dciii^rarc
YEN 533
({uel principe, che propugnai nell'indica-
lo articolo, in uno a'grandnchi Medicei.
Ferdinando li per allontanare il tìglio
principe Cosimo alcun tempo dalla stra-
vagante IMargherita Luigia d'Orleans sua
moglie, volle che viaggiasse per l'Italia,
la Germania e 1' Olanda, e visitasse le
principali città di Lombardia, singular-
uienle Venezia già da lui ammirala, co-
me di sopra rilevai. Ad aggravare dnu-
<pie maggiormente l'erario della repub-
blica, il (|uale ormai non poteva tollerare
nuovi dispendii, pe'guerreschi incessanli
e gravosissimi, accadde la venula in Ve-
nezia di Cosimo con numeroso seguilo,
riportalo dal patrio annalista, tra' (piali
il prete cappellano Filippo Pizzichi, che
descrisse il viaggio, a' nostri giorni pub-
blicalo con questo titolo : A^^'iso a beni-
gni lellori, premesso al viaggio per l'at-
ta Italia del Ser. Principe di Toscana
poi granduca Cosimo fll, descritto da
Filippo Pizzichi, illustrato da Dome-
nico Moreni can. dell' i. r. hasilica di
s. Lorenzo di Firenze, ivi 182B. Il Mu-
linelli riprodusse la descrizione del Piz-
zichi sul scjggiorno di Cosimo in Venezia,
divisa in 1 1 giornate, l'arlito da Firenze
l'i I maggio 1G64, con magnifico treno
di viaggio, per IJologna, Ferrara e Chiog-
già giunse Cosimo a Venezia a' 18, pren-
ileiidoalloggio nel palazzo del Cellesi, re-
sidente di Toscana presso la repubblica.
Ordinalo già aveasi pel suo servigio una
gondola tulla dorala, con guernimenli
di tela d'oro, e (regi di pulii che soste-
nevano gli emblemi de'Mcdici e altri, a-
vendo a poppa un Nettuno di rilievo do-
rato, circondato da Tritoni e da putti a
cavallo di Delfini. Disponeva pur la re-
pubblica di regalarCosimo sontuosamen-
te tanto all'arrivare cpiantoal partire, co-
me allora soleva farsi con tulli gli altri
principi sovrani, cioè varie specie disipu-
siti commestibili, vini, confelturo, lor-
de, candele ec. ; e siccome altrettanto si
ptalicava in liuma ila'l'api, e [)iìi esem-
pi uè riprodussi, qui mi oslcn^ju dal de-
.')34 V E N
scriverli. Il principe visitò In Venezia la
I)asilica(li s. Mnrco, le chiese del Reden-
tore, di s. Giobbe, de'ss. Gio. e Paolo, de*
Gesuiti, della Madonna dell'OrtOjde'Fra-
ri, de'Servi ricevuto dal patriarca Fran-
cesco JMorosini, de' Toleutini, ec. Vide
l'Aisenale, ove fu trattalo di magnifica
cole7ione, la festa dell'Ascensione, la cac-
cia de'tori. Si recò all' isole di Murano,
tli s. ÌVIicliele, della Certosa, di s. Giorgio
Maggiore. Entrò in vari monasteri, par-
ticolarmente in quello delle monache di
6. Lorenzo, fra le quali essendo penetrata
la peste del !usso,vivevanoconeleganZci e
■vestivano più da ninfecheda monache,ed
altri monasteri. Visitò il palazzo ducale, il
doge, il Collegio, assistendo ad una pero-
razione ; non che diversi altri palazzi, la
principessa di Brunswick che vi dimo-
rava col principe marito, ed il teatro Gri-
mani. Fra'giardini da lui veduti, va li-
cordato quello di Saule Cat anco alIaGiu-
decca presso le Convertite, sopra tulli gli
altri bellissimo. Il palazzetto a s. Lucia
fu pur da lui visitato, siccome denomi-
nato Paradiso e tenuto il più singolare
della città, pel complesso di sue magni-
ficenze: sorgeva sul Canal grande, ed e-
ra di Girolamo Gavazza. Nella dimora
di Cosimo in Venezia fu accompagnalo
e assistilo dal conte Camillo Martinengo,
dal baron Tassi generale delle poste del-
I imperatore a Venezia, da altri cavalieri
e nazionali, precipuamente dal suo resi-
dente. Quindi il IMutinelli lepidamente
passa a dire. « Partitosi Cosimo da Ve-
nezia, le barbe e le basette pur se ne an-
davano, eie parrucche giungevano. Era-
no già queste allora in Francia in tutto lo
splendore della lor gloria : molto lunghe,
molto guernite, pesavano fino a due lib-
bre, costando le più pregiate, ch'erano le
bionde, sirio3,ooo franchi^ E Luigi XIV
una solenne ordinanza pubblicava con
cui creava 200 cariche di parrucchiere,
che seguir doveano la corte, andando poi
Bivoit, il quale acconciava il capo al gran
le, SI altero del bell'oaoie da due: Clic
VEN
avrehhe spogliato se fosse stato mestic'
ri le teste di tutta sudditi per ciioprirc
quella del suo sovrano. Tanto accarezza-
te le parrucche in Francia, non lo furo-
no meno in Italia, ove ben presto migra-
vano (anco in Francia, pare, poiché ab-
biamo da Muratori all'anno 1666, che
sul fine di esso il parlamento proibì l'u-
so della parrucche; e ciò perchè erasi cal-
colato, che in comperar capelli, special-
mente fuori del regno, si spendevano più
di due milioni di scudi ogni anno. In ar-
gomento si può vedere il voi. LXXXIV,
p. y4> ^^ ilcav. Cicogna, Inscrizioni Ve-
neziane, f.i, p, qy, della Scuola dell'arte
de' Barbieri fabbricata nel i468 e loro
confraternita), singolarmente a Venezia,
pronta già ad accogliere con entusiasmo
qualunque moda che d'oltremoute fos-
se venuta. E perciò accommiatatesi le
barbe e le basette, che mal si confaceva-
no colle parrucche, e abbandonatesi di-
sonestamente le berrette antiche nazio-
nali, non si parlò più che di parrucche.
Non oslanteperòdell'osliacismo pronun-
ziato contro le liarbe. Paolo Foscari, so-
lo fra tutti, ebbe il coraggio di serbare
ancor la sua; Scipione Vinciguerra Col-
lalto l'animo invece di coprirsi pel primo
il capocolla parrucca. Candia intanto, ac-
qiiislata e retta per secoli colle barbe, già
sfuggiva a' veneziani di sotto alle parruc-
che, onde chiamati essi in appresso, per
l'eccessivo uso ed amore delle parrucche,
per antonomasia f<7rr»cco/u". — Intanto
per la vittoria riportata al fiume R.ab dal
supiemo generale imperiale Montecucco-
li, il sultano Maometto IV fece pace eoa
LeopoldoI dopo G giorni a'io agosto 1664,
con doppio pregiudizio de'veneziani, sia
perchè con quell'impegno di guerra spe-
ravano di ricuperare Candia e i luoghi
perduti, sia perchè tutte le forze de'tur-
chi sarebbero piombate a'Ioro danni. Po-
co dopo giunsero a Venezia due amba-
sciatori dello czar diRussia Alessio Miche-
lowitz, inviali puread altri sovrani d Eu-
ropa per stringere relazioni, corniociaQ-
VEN
do ormai quelKi coiie a scuotersi alquan-
to dal suo isolamento e dalla sua aulica
1)31 balie. Neil 665 montarono sul trono
(li Spagna Carlo li e su quello di Man.
tova Carlo III, e furono gli ulliu)i di lo-
ro stirpe. Il sultano non badò in que-
st'anno alla guerra di Caudia, in)piegan-
tiolo piuttosto in preparativi, e neppure
i veneziani vi fecero azioni riuiarchevo-
li, non essendo tali l'aver preso iu varie
volle due galee, una grossa naveei3 le-
gni da carico. Insorsero però questioni
fra la repubblica e il Papa a cagione de*
mercanti dello stato ecclesiastico, che na-
vigando per l'Adriatico, ricusavano di pa-
gare dazio a* veneti, mentre Leopoldo I
avea riconosciuto la sovranità di (juesti
sul golfo. Seguirono tra le parti rappre-
saglie, ma in fine toccò a cedere a'pon-
lificii, come più deboli in mare. Per que-
sti e altri disgusti, in detto anno , né il
Papa, né Malta mandarono le loro ga-
lee in Levante in aiuto de' veneziani, a
vantaggio de'quali Alessandro VII avea
aiutalo piìi volte l'ordine Gerosolimita-
no. Egualmente nel 1666, durando la
guerra di Candia senza fatti meritevoli
di speciale menzione, nondimeno la re-
pubblica ebbe a deplorare l'inondazione
de'tiumi, avendo l'Oglio devastato un'in-
tera villa colla morte di 2^0 persone, e
ciò dopo i festeggiamenti fatti per lo sla-
to nel passaggio dell' infanta Margheri-
ta sorella di Carlo 11, che andava a Vien-
na sposa a Leopoldo 1, trattata dalla re-
pubblica colla consueta magnificenza. Nel-
l'aprile I G67 fiero terremoto recò immen-
si danni alla Dalmazia e Albania, si sentì
anche in Venezia e nitri luoghi. INI ori A-
Ic'tsandro VII a' "ìi maggio, e dopo 28
giorni fu eletto Papa Clemente IX Ro-
S()igliosi, che tosto conferi a'suoi congiun-
ti le solile cariche di generali di s. Chie-
sa e delle galee, della guardia pontificia e
di Castel s. Angelo, raccomandando loro
moderazione e modestia, come mirabil-
mente eseguirono. La repubblica di Ve-
nezia nello stesso anno regislrò i llospi-
V E N 535
gliosl neM.ihrod'oro.lJo vero zelo nudri-
va il Papa persostenerela cristianità con-
tro gli sforzi della potenza ottomana, né
perde egli tem[)0 a sollecitare tutte le po-
tenze cattoliche io soccorso de' veneziani,
troppo infievoliti per sì lunga e dispen-
diosa guerra di Candia; ma per mala ven-
tura vieppiù si conobbe lo spirito di con-
quistatore inLuigi XIV, movendo preten-
sioni sul Drabante e altri paesi della mo-
naichia S[)agiiuola, colla quale poi ruppe
guerra. Ecco come il biografo Casoni rac-
contagli ultimi conati stranieri della guer
ra disastrosa. Sempre più divenendo cla-
moroso l'assedio di Candia, per la costan-
za degli assalitori e de'difensori intrepi-
ili, d'ogni parte correvanoa difesa di quel-
le mura, soldati e capitani, mossi dal de-
siderio di segnalare il valor loro, e dal-
la brama di cooperare al sostenimento di
quella celebre fortezza. D'ordine di Lui-
gi XIV, ma a nome del Papa, comparve
una tlotla francese comandala dall'am-
miraglio Vendòme, con 12 scelti reggi-
menti guidati dal duca di Noailles: a que-
sti uuironsi degli alenianni, ed altri an-
cora, tulli pieni di entusiasmo e di ardi-
re; ma gli scontri co'lurchi, e la compa-
gnia de'severi veneziani, porgevano tut-
l'altro che azioni brillanti; bisognava pu-
gnare con ostinazione e fermezza, diispu-
tare col sangue ogni passo di terra, e so-
stenere con imperturbabile animo i ro-
vesci della fortuna. Una prima vana pau-
ra mise in isconcerto questi ausiliarii, che
si videro perduti nella stessa vittoria. Lo
smarrimento loro non potè essere calma-
to né dalle rappresentanze de' veneti, né
dal pensiero della vergogiia:appeha giun-
ti, appena vista la faccia del nemico, ri-
partirono in compagnia delle galee di
Malta, ed a quanti altri stranieri eransi
colà trasportati, lasciando di nuovo i ve-
neziani es[)ost isoli nella dilìicile lotta. In-
tanto, narra Muratori, i veneziani dopo
avere ricevuto sussiilii di denaro, o di
gente, o di navi dal Papa, dalla Spagna^
da'duchi di Savoia e di Toscana, da Mal-
536 V E N
la e dal cardinal Francesco Bnihcrini,
.spt'diiono nuovanieiile in Levante Fran-
cesco Moiosini, elello capitano yeiieraie
alia difesa di Candia, con 3,ooo soldati e
molli attrezzi «la j^neira. Per 5 anni le
armi turche eransi divise tra l'Ungheria
e la Grecia, perciò i veneziani aveano re-
spintole loro armi con vantaggio; ma es-
sendosi pacificati coll'imperalore, vollero
rivolgere tutte le loro forze contro Can-
dia e la repubblica. essendo l'isola riguar-
<lata come uno de'più saldi baluardi del-
la cristianità. Egli è[)er rpiesto che il suo
jissediometnorabde fu paragonato n quel-
lo fatto da'greci a Troia. La Canea e tut-
ta una parie dell' isola erano già som-
messe a' musulmani, 1 veneziani aveva-
no conservato Candia, la Suda e qualche
altra piccola fcirlezza. Lo Suda, Ainplii'
inalici , portava il nome del golfo sulla
cosla sellenlrionide dell'isola di Candia,
difeso da un forte sulla costa sud , che
.serve di rifugio alle navi cui il tempo
grosso impedisce di recarsi alla Canea.
Nuovamente un grandissiu)o numero di
volontari di Francia, di Savoia e d'Italia
andarono successivamerite a chiudcisi in
Candia, per dar prove della prodezza Io-
IO e apprendere l'arte della guerra iiella
più brillante scuola. Imperocché straor-
dinario armamento avea fatto il gran vi-
sir Achmet Riuperli, per passare in per-
sona all'assedio di Candia, e vi comparve
con potente esercito a'22 a)aggio, e tlo-
pò aver fallo distruggere Candia Nuova,
oninchc i suoi soldati deponessero la spe-
ranza di ricovrarvisi , distribuì intorno
alla città i quartieri, cominciò gli approc-
ci, e con varie batterie di cannoni si diede
furiosamente a bersagliare la terra e ad
aprirvi la trinciera. Per una gagliarda di-
fesa non avevano i veneziani tralasciala
ddigcnza veruna; numeroso era il presi-
dio, e ben aninuito a dare il sangue [)er
sostener l'onore tlella fede cristianii; e le
donne slesse non la cedevano in coraggio
e fatica a'piìi valorosi combatlenli. l*er-
che poco ki avanzavano i turchi ne'j.nu-
V EN
ri, per lo più sturbati da'cristiani, si ap-
plicarono con immensa quantità di gua-
statori a far mine e fornelli, e full giuo-
care, con isboccar anche nella fossa da 3
parti. Memorabile fu la copia degli esliu-
li in tanti assalti , contandosi che dalla
parte de'veneziaui vi perissero tla 6,ouo
soldati, compresi 800 udiziali; e da quel -
la de'turchi incredibile quantità di genie
vi lasciò la vita. Intanto fu sostenuto da
essi vigorosamente l'assedio fino al di-
cembre, in (juanto che di mano in ma-
no veniva sempre di nuove genti rinfre-
scalo l'esercito loro. Lo slesso Rlaomellr)
IV erasi portato iti Morea per dar piìi
calore all'impresa. LNeli668 riuscì a Cle-
mente IX di pacificare Francia e Spagna
in Aqiiisgrana , e calde istanze rinnovò
a Luigi XIV per soccorsi in aiuto di Can-
dia, a cui minacciavano l'ultimo eccidio
l'armi turche. Egli vi avea spedilo Ora-
zio Malici con genti al servizio della re-
pubblica, e procurato da altri non pochi
sovvenimenti. iN'e diede anche Luigi XIV
in denaro, acciocché i veneziani assoldas-
sero genti in Francia, e somministrò uli-
vi per condurle nell'Arcipelago. Concor-
sero Volontari a quest'impresa molti del-
la primaria nobiltà francese e i5o ulh-
ziali riformati. 11 duca di la Feuilladc
unì 200 gentiluomini, il conte d'Aicourt
della casa di Lorena 800 buoni soldati,
e circa 2,000 si misero sollo le loro ban-
diere, e andarono ad iujbarcarsi col con-
te di Saint-Fol. Fin qui il marchese Fran-
cesco Villa ferrarese, generale del duca
di Savoia, avea con sommo valore, con
titolo di generale de' veneziani, militalo
in Candia, e per molte sue segnalate a-
zioni s'era acquistato gran gloria. O sia
che il duca pe'suoi propri bisogni o dise-
gni il richiamasse a Torino, o ch'egli per
gare accadute co' generali veneti si Iri-
v.isse mal soddisfallo, se ne tornò in Ita-
lia. In luogo suo i veneziani fecero venir
di Francia il Mombrun marchese di s.
Andrea, ugonoUo e capitano di grande
sperieijza nell'ÉU uii, bcuLhè nell'eia d 00
V E N V E N 537
anni. I prìncipi tl'Ilali.i, dice ìMinalori, liiuii rinforzi, ncn isceraava punto Li lo-
ilii pili, clii meno, conlriboirono soccer- ro potenza; le batterie de'cannoni, mor-
si alla repubblica veneta in m indente bi- lari e bombe continuamente risuonava-
sogno; ma specialmente si sl)racciò per no; e le mine e i fornelli sovente scop-
sovveiiirli il l'apa, clie oltre all'avere per piavano con laigbc breccie ne'balnardi,
mezzo delle sue lettere e de'snoi ministri che venivano tosto riparale dall'mespli-
coDimosse lutle le corti callolicbe all' a- cabile coraggio eroico degli assediali, clic
luto di Candia, prese al suo soldo 3, 000 non cessavano arditamente di far sorti-
finti agguerriti ledesclii, a lui mandali te, incliiodar cannoni e spianar trincee.
ilairim|)eialore sino a Ponlieba, e urdi- Di niuiio aiuto servirono in cpiest' anno
nìi alle sue galee, che colle mallesi de'ge- le galee papali, gerosolimilane e napole-
Kjsolimilani passassero iu Levante. Veiiu- lane, perchè troppo lardi giunte e [>ieni
ta la primavera, tornò cou più gagliar- di puntigli i comandanli, ben presto se
dia il gran visir a promuovere le olfcse ne tornarono a'Ioro porli. IMa sul princi-
contro di Caudia. Risoluta era la Porla pio di novembre sbarcarono in Candia i
ollomana di voler quella ciliàad ogni co- venturieri francesi, e inoltre il cav. della
sto. Lu gr.iiulezza del suo impero e la Torre con 70 nitri cavalieri di Malta e
vicinanza ile'suoi stali, nulla di gente e 4^0 soldati scelli spedili dal gran inse-
di alile provvisioni lasciava mancare ol slro dell'ordine Gcrouìli/iiilauo Nicolò
suo campo. Contavansi fra loro, schiere Coloner, nel quale articolo notai i privi-
intere di sciagurati rinegati cristiani; e i legi accordati dalla grata repubblica a ca-
meiciinli inglesi e olandesi, benché cri- vtilieri per tante continuate beneineren-
-sliaiii, ma acattolici, vendevano loroquiin- ze. Memorabile riuscì fra le altre azio-
li cannoni, bombe e altri militari alliez- ni, una sorlila fatta a' 16 dicembre da
zi e munizioni occorrevano. Laddove la 3oo animosi gentiluomini bancesi, con
I tpobblica veneta consumala ormai dal- molti altri venturieri savoiardi e italiani,
limmense somme, e in tanta lonlanan- che andarono a lesta bassa ad assalirei
za, Iroppo inegualmenle poteva soddisfa- musulmani ne'loro ridotti. Grande stra-
re ol bisogno. Si sa, che i turchi non ri- gè ne fecero, ma di essi non ne torno in
sparn)iano le vite degli uomini, allorché dietro se non la metà. I3opo di che i fran*
preme al loro sovrano l'actpiislo ili qual- cesi scemati ili forte numero, e rimbar-
che piar.xa. Però un infernal carosello si cali sul principio del seguente gennaio
Ii:ce [ter tulio ÌI1G68 intorno a Candia. spiegarono le vele verso Provenza. In que-
liiciedibili furono gli sfi/izi di ijue' bar- sia sanguinosa campagna del 1G68 si cai-
bari, noi» minore la bravura de'difeiiso- cola che rimasero uccisi lo.'j^oo ciisliani,
li. D,i gran tempo un simile e oslinato oltre alcune ci-ntiiiaia d' ulli^iali anche
assedio non b' era veduto. Insolita cosa priiicipnli ; e de'lurchi circa 37,000, fra'
parve in rjue'mari una battaglia di ma- quali alcuni pascià, bey e beglierbey. A.
le eseguila dal capitan generale France- G dicembredello stesso i()(j8, mancando
SCO Moiosini in teuipo di notte, venen- di denaro la repubblica di Venezia, il Pa-
lio il dì 9 marzo, contro i legni turchi, pa eslinse ed abolì ne'dominii veneti ica-
Conquistò egli j galee colla capitana di nonici regolari di s. Giorgio in Alga, e
J)urach bey corsaro famoso, che ivi per- di per tutto i gesiiali, ed i giiolammi di
de la vita; i prigioni ascesero a 4 ">i gl> Fiesole, di che disr.otsi a'Ioi o ailicoli, as-
schia vi cristiani libeiatia 1, 1 00. Nel e. un- segiian.lo alla repubblica i loro beni e>i-
po degl' infedeli s' era già inlrodolla la stenti ne'suoi slati, in sussidio della guer-
peslc,calmci)0200 persone al giorno pe- ra, coll'obbligo d'ima pensione vilaliiui
iivaiio; pure sopravvtucndu scmpit con- a'aiipcislili. Dice il cav. Girolamo Driiso-
538 VEN VEN
ni nella Vìtn di Clemente IX, che 11 Pa- Alcuni principi diGermania mossi a pietà
pa sperava in questa occasione che il se- delle condizioni in cui versava la repub-
inito abolisse le leggi lesive alla giuriseli- blica, spedirono a Candìa vari soccorsi di
zioue ecclesiastica, nia il suo tentativo re- gente e di denaro. Altrettanto fecero i prin-
slò deluso, sì percliè inopportuno e s\ cipid'llalia,couie la faneseLuura duchessa
perchè facevano [»arte di quelle fonda- reggente di Modena, che inviò un reggi-
mentali del governo. Lunghe controver- mento di looo fanti co'suoi ufìlziali, ol-
sie insorsero pe'soppiessi gesuali e giro- tre un dono di 5o,ooo libbre di polvere,
lamini co'governi di Milano e di Napoli, Gente, denaro e galeesomniinislrò il Pa-
perehèalMdanononsi volevanosopprimc- pa, dichiarando suo maestro generale di
le i conventi senza il consenso regio, come campo in Caudia Alessandro Pico duca
tli fondazione regia, ed a Napoli per non di Mirandola, che operò valorosamente,
volersi convertire i conventi in couimen- secondo il ftluratori. Ma il Brusoni nar-
de da conferirsi dal re; onde le vertenze ra che Clemente IX spedì ancora in Can-
si protrassero al seguente pontificalo. La dia le sue galee e le maltesi sotto la cod-
liberazione di Candia essendo il princi- dotta del generale fr. Vincenzo /i*o.y^/g'//o-
pale oggetto de'[)ensieri di Clemente IX, si suo nipute, il quale però non avendo
Del iHtJq raddoppiò i suoi ufllzi a' prin- portato che gente bastante per la difesa
cipi cattolici per ottener soccorso in sì de'propri legni, non potè sbarcare che po-
ingenle bisognoa'veneziani. A muovervi chi uomini in soccorsodella piazza assedia-
li re di Fi ancia, creò cardinale Emanue- la. Vi si recò pure il marchese Francesco
le de la Tour de'dtichi di Buglione ; e lo Villa nuovo sergente generale delle Irup-
spagnnolo Luigi Portocarrero per com- pe pontificie, e vennero queste accresciu-
niacere la regina di S[)agna nelle dette le dalle genti della Chiesa levate di suo
pendenti controversie; ma I' imperatole ordine nella Dalmazia. Morto poi in quel-
se ne oliese pretendendo che nominasse la difesa il marchese, il Papa gli fece ce -
pure il personaggio da lui designalo. Pe- lebrare solenni esequie in s. Maria Mag-
io il Pa[)a si ginslificòcon dichiarare, es- giore, come a vea ordinato altresì per Ma-
ser libero nella creazione de'cardinali, e zio Mattei di lui antecessore, perito pur
non esser quella la promozione delle Co- esso gloriosamente alla difesa di Candia.
ione, altrimenti egual pretensione ma- Soggiunge Muratori, fa creduto, che i ve-
nifeslerebbero la repubblica di Venezia, neziani, come quelli che tenevano sera-
ed i redi Portogallo e Polonia, e così si pie un ministro senza carattere presso il
quietò Leopoldo L Accudì Luigi XIV, gran visir Achriiet Kiuperli, per trattare
per soslenimentodell'onoredel nomecri- di pace, avrebbero potuto ottenerla eoa
stiano contro gl'infedeli, ad allestire un buonecondizioni, cedendola citlàdi Can-
corpo d'8,ooo combattenti (5,ooo dice dia, e ritenendo la mela dell' isola ; ma
YArle di verificare le date), con pode- dall'aspeltodi tanti soccorsi speranzati di
rosa flotta, dandone la condotta, come trionfare non seppero indursi a conve-
riferisce Muratori, al duca di Beaufort nirvi. Per tutto il restante del verno e per
grande ammiraglio e al duca di Noailles la priniavera continuarono i turchi con
o Navailles. Ed allineile alle violenze, che incessante furore a sempre più avanzare
contro il diritto delle genti soleva prati- i loro lavori sotto Candia, contrastando
care la Porta, non rimanesse esposto il però loro i valorosi cristiani ogni pabno
suo ambasciatorea Costantinopoli, spedì di terreno con vicendevole spaigiinento
3 vascelli a levarlo di là, benché poi il di sangue. Tante e tali furono le meuio-
niinislro vi restò per le lusinghe de'tur- labili azioni di guerra, e sopra tutto di
chijoperuou perdere il lucroso impiego, questo arrabbiato assedio, che hai» servi»
V E N V E lN 539
to (l'aigomento a più libri sloiici. A'iT) re, benché si disse che i giannìzzeri pre-
giugno pervenne a Candia la flolla fraii- sentassero fra l'altre anche la di lui testa
cese, composta di i3 galee, 14 vascelli, al vi>ir, come monumento di loro villo-
4 navi incendiarie e 5o legni roir)ori, ria- ria. Vi morirono pure (io bravi genliUio-
nimandola speranza degli assediali. Ti o- mini francesi, 5.\. ulfiziali riformali, e al-
varono i francesi in un oiiserabile sialo cune centinaia di soldati. Il duca di Na-
ia ciltà, prese da'iuichi tulle le forlifi- vailles avvilito da questa vergognosa di-
cazioni eslcrioii, formule grandi breccia sfalla, malgrado le preghiere ilei Moro-
alle mura, e il tutto in manifesto perico- sini, imbarcale il resto di sue genti, a'20
lo di cadere. Intanto nel corso di tanli agosto fece vela per Francia, seguendolo
mesi avea Francesco Morosini rilardato non poca gente del veneto presidio, a di-
la presa di Gaudio, facem'.o tutto quello scapilo della [)iazza. Anzi il duca, trovato
che si [)oteva attendere dalla sua abilità, in viaggio il signore di Deaufniit o Reila-
dalla sua prudenza e dal suo valore. Il fonte, come lo chiama il Muratori, che di
racconto delle gesle di tale illustre guer- Francia cooduceva altri i5oo fanti, non
riero colpiva 'ulta l'Euiopa d'amuiua- giovò a fermare i suoi passi; contegno
zione. In com critica e deplorabilesitua- che in Francia fu altamente biasimalo,
zione, Catidia non domandava nella di- con divieto di presentarsi a córte, ed e-
fesa meno valore, che prudenza, unità d'a- gli si scusava di non esser stato seconda-
zione, pei fello accordo ne'comandanli; i to dal INIorosini, allrimenli in quel gioi-
bellicosi francesi in vece precipitarono la no Candia sarebbesi oberala diill'iissedio.
cosa. Imperoccliè contro l'opinione del S'incolpò pure il [Morosini di segreteinlel-
capilano generale Morosini e del marche- ligenze per pacificarsi co'turchi, opeige-
se di Moiilbi un o Mambrun, non vollero losia che da un fallo potesse venirne glo-
perder tempo a fare una sortita ne'sianci ria a'soli francesi. Si vuole scusare il iVa-
del loro naturale impelo. Pertanto la not- vailles, per aver conosciuto rimpos>ibili-
te precedente il 2t giugno, allo «puntar tàdi fare ullei iore resÌNteiiza alle miriadi
dell'alba, usciti dalla piazza, con indicibile succedeulesi de'lurchi. Erano già perve-
ardore si spinserocontro lenemiche trin- nule a'3 luglio a Candia, scri\ e ÌNbuato-
cee, superando l'una e poi l'altra. Tale li, le suddette galee ausiliarie del l^apa e
terrore entrò ne'lurchi che rovesciati in altri principi,iu numerodi ayjComandate
ogni parte non tennero più fermo, e già dal bali Vincenzo Rosj>igliosi nipote del
arrivato il grosso de'francesi alle loro bat- Papa. Eravi già pur giunto a'arì giugno
terie, faceva apparire facile la vittoria , il dura tiella Mirandola colle mdi/ie pon-
quamlo giunti al deposito delle polveri, tifìcie di terra e del duca di Abnlena, le
preso fuoco due barili di esse all'improv- quali idtime [lerò lidoltea soli 700 uomi-
\iso, e saltali ben So francesi, bastò que- ni pe'disagi patiti nel viaggio. Ma infieriti
sto perchè tulli gli altri, credendo mina- sen)prepiù i turchi, raolliplicarono leof-
li que' siti, couq»re>i da panico timore, fesc e gli assalti, di moilo che ormai era
spaventati e disordinati fuggirono verso disperala la sui le della nusera città, es-
|a piazza, senza che gli udlziali li potes- sendo circondata da 4", 000 di loro. Fu
sero ritenere. Allora i turchi, ripreso co- perciò stabilito di convenire a onorevole
raggio, si .scagliarono addosso aTrancesi, pace, per salvare in tanto nanfiagio il più
inseguendoli sino alle porle della città, che si potesse. Il lios[»igliosi scorgendo
Si vuole che nel conflitlo perissero i 5oo inutile la difesa, giudicò a' 29 agosto di
turchi. Certo è chi vi lasciò 1 1 vita d du- far vela [)el Mediterraneo. Do[)o di che,
ca di Beaufort, senza sapersene il modo, nel giuiuoseguente (oa'4*clleinl)re), ve-
ne che fosse avvenuto del suo cadave- deudusi gli assediali senza risorse e de-
'^)/\o
V L N
Icirninanclo capilolare, il Morosini fece
inalberare bandiera bianca, inviando due
iiOiziali al gran visir deputali a entrai'
seco in negoziazione per la resa di Can-
dia, terminare la disastrosa lotta e venire
a concordia. Gli articoli di questa furono
sottoscritti a'G selteiubre, per cui fu ce*
duta a' turchi la contrastata città, a'i6,
dopo due anni e 5 mesi del più sangui-
noso stretto assedio del visir, divenuta
no ciniiterio di mortali e un orrido spet-
tacolo di desolazione; e restarono in po-
tere de' veneziani nell'isola, le sole for-
tezze di Suda,CarabusoeSpinalonga co'
loro territorii, e Glissa con altre terre
acquistate in Dalmazia e Albania. Fu
contesso a'veneziani il portar via da Can-
dia le milizie e i cittadini cbe non voles-
sero rimanervi, con tutti i loro bagagli,
viveri earmi. Si crede, che nel solo iGGq,
i veneziani e loro genti morti o divenuti
invalidi ascendessero a i 1,000. Per ul-
teriore disgrazia, perirono poi per bur-
rasca di mare molli di que' legni, che
conducevano il valoroso presidio e gli a-
bilanti dell'infelice città. Si salvò e poi tò
a Venezia la miracolosa immagine della
B.Vergiue, che con gran venerazione era
Della cattedrale di s. Tito, la (|uale dipoi
con decreto del senato fu collocata nella
chiesa della Salute, per doversi esporre
nella festa della Presentazione, con isla-
bilire tal giorno 2 i novendjre per annua
visita votiva a piedi del doge col corpo
sovrano. Sono concordi le testimonianze
che la terribile contesa di questa piazza
è costata la vita di 108,000 turchi, e
3o,ooo cristiani, né manca chi sostiene,
a confessione de'turchi, aver questi per-
duto 200,000 uomini. Tutto fu portato
via da Candia, sì dalle chiese, si da'pub-
blici stabilimenti, sì dalle privale abita-
zioni, comprese le monache e i religiosi,
e4,ooo abitanti che seguirono la sorte de'
combattenti seco recando tutte quante
le loro sostanze. Quindi di Candia non ri-
.musecheuno scheletro colle mura squar-
ciale per lo scoppio di i 364 mine, '"^'^"
V EK
paci perciò di più servire a difesa, ed or-
rendamente lorde dal sangue di tante
n)igliaia di vittime. Quesl' ultimo fatto
descrive Casoni. » Ma dopo nuovi in-
auditi cimenti, diminuito il numerode'
guerrieri, dalle militari fatiche e dalle
malattie, ridotta Gandia ad un cutuulo
d'insanguinate rovine, rovesciata ogni
barriera, su cui tener piede fermo, esau-
rita quindi ogni speranza di più lunga
resistenza, cessero i veneziani quella piaz-
za li 6 seltcuibre iGGq, dopo i5 anni
di guerra, uia a condizioni tanto onori-
(ìche per cui le stesse europee potenze,
oltre Luigi XIV, spedirono ambasciatori
alla repubblica onde far manifesto lo stu-
por loro per cosi inatteso avveniuiea-
to". Tale fu l'esito dello strepitoso asse*
dio di Candia, con gravissimo danno del-
la repubblica di Venezia, ma insieme con
inimortal sua gloria, per averne si luu-
gamenteecon tatilo eroisuìo disputato al-
la formidabile potenza diTurchia l'acqui •
sto; a vendo quasi solaguerreggiato,speri-
mentata ogni crudeltà deg^i clementi, e
dato provedi magnanimità, destrezza, pa-
zienza e costanza. Pvicevetle gratulazioni,
uscita dalla tremenda lotta, da quegli stes-
si ch'erano stati semplici spelialori 0 de-
boli socconitori. Portatone il doloroso
annunzio a Venezia, un contemporaneo
che vi si trovò presente, racconta Mu-
ratori, che gli parve di vedere il di del
finimondo; tanti erano i gemiti, le la-
grime, gli urli, la generale desolazione.
11 popolo fanatico e irragionevole, dopo
tante perdite e nuova vendita di nobiltà,
dopo tanti sagridzi , procedeva per la
città deplorando la grande sciagura, vo-
mitando spropositi contro la Provviden-
za, maledizioni contro i turchi, e villa-
nie senza fine all' invitto e benemerito
]Morosini,chiaiuaudoloadalte voci tradi-
tore, per imputargli la perdita della città
e per non aver voluto sostenere il felice
.11 dire della sortita francese. Guai sequei-
r illustre generale fosse allora giunto in
Venezia, tra un popolo cosi iufurialo.
VEN
Al ilolore si aggiungeva la paura, clie i
turchi solili. a non Qiantener la fede giu-
rata, vetiendo esausta e ubbandonata la
repubblica, non si prevalessero di que-
ste circostanze per piombare su di essa
e annichilirla, Ma volle Dio, che a que-
sta pace si acquetasse il loro orgoglio, od
anche stanchi da tante pugne, per allora
non molestassero i veneziani. Francesco
RJorosiui, quantunque ferito, non avea
mai rallentato il suo ardore: abbando-
nato dagli ausiliari e ridotto alle sole sue
forze, scemate dalla peste e dal ferro ne-
mico, sostenne per ultimo un assalto ge-
nerale e gli liujcì di respingere i turchi,
già padroni d'una parte delle mura ; al-
la fine gli fu forza capitohre, per salvar
gli avanzi della disgraziata popolazione.
Il gran visir, pieno di stima per Moro-
sini, gli accordò le condizioni più onore-
voli, fece anzi dono alla guarnigione di 4
cannoni di bronzo de' 1 4o cui avea diritto
di portar via. Il prode JMorositii parli da
Candia a'27 settembre i66f) con i 5 ba-
stimenti e circa i\o barche, che basta-
rono per trasportare i deboli avanzi «Iel-
la guarnigione, ed ì miseri abitanti di
Candia, co* loro beni e tulli gli oggetti
del culto. Giunto a Venezia, fu denun-
zialo nel gran consiglio, per aver tratta-
to con Achmel Riiipc rli senza 1' auto-
rizzazione <lel senato. 11 INIorosini, come
ogni altro generale supremo, pole\a se-
gnare una convenzione militare; non per
altro un trattalo di pace, per cui non
avea ricevuto alcun potere dal suo go-
verno. Antonio Correr, uomo andjizio-
s<», ed invido d'una gloria a cui non a-
Mebbe [)oluto [ler alcun modo aspirare,
eletto presso a [)oco in fpiel torno avo-
g;jdor del comune, gì' intentava l'accu-
ì>a ; e piima ancora che si aprisse il pro-
ccì^o, pretendeva avesse «'gli a depone
la veste di procuratore di s. Marco, nella
sua assenza concedutagii in pieinio de'
suoi luminosi servigi. L' eroe fu obbli-
galo a costituirsi prigioniero; ed il po-
polo, a cui fu rappreseulolo con)e un tra-
V E IV Jii
ditore, si adtmò in tumulto, per chiede-
re la sua testa. Ma una voce elo(juente,
quella del patrizio venelo Giovanni Sa-
gredo, ragguardevole per talento e coo-
siglio, osò sorgere e solo assumerne le
difese: la sua facondia franca e corag-
giosa sospese la decisione del senato, e
finì con imporre il silenzio all'invidia,
conservandosi al Morosini la dignità tli
procuratore di s. Marco, e di cui i ma-
ligni pretendevano spogliarlo. Vi con-
ti ibui ancora la vigorosa eloquenza del
senatore Michele Foscarini, altro beli' in-
gegno, traendo il Morosini illeso da quel
pericoloso cimento. Perciò furono pub-
blicate: Orazioni di Antonio Corrtr e
Giovanni Sagredo delle nel gran con-
siglio di Venezia l'anno 1670. Vene-
zia tipografìa Alvisopoli i833. Il Sagre-
dò avea pubblicato le sue Memorie i.ito-
ric.lie de DJonarehi Ollnvtani. Scrisse
pure: Tratlato dello s lato e del go\-cr-
no di Venezia. Il Foscarini di poi dal
consiglio de' Dieci fu dichiarato storio-
grafo della repubblica, «lupo la morte di
Battista Nani, perchè in sua vece conti-
nuasse la Storia di f'enezia, incomin-
ciata dal cardinal Pietro Bembo, e pro-
seguita da altri storici, di cui il Nani era
stato r ultimo. Morosini dunque cede
Claudia quando ogni tilteriore resistenza
era divenula im[iossil)ile, e colla pace co'
turchi provvide agl'interessi di sua pa-
tria, molto meglio che non avesse potuto
fare colle armi, come giudica il conte
Girolamo Dandolo, La caduta della re-
puhhlica di J enezia. Pervenuta anche
n Roma l'infausta nuova della cessione
di Candia, riempi d' allanni e lamenti
tutta la corte e la città, veilendo manca-
to un fortissimo propugnacolo della cii-
stianità contro gl'insaziabili turchi; ma
sopra gli altii se ne alllissc Clemente IX,
fhe tanto erasi adoperato per sostenere
Candia, disgustato con quelli cui avea
heneficali per obbligarli a cooperare alla
sua conservazione, couio osserva il Dru-
soui ; perde la «juiete dell'animo, anche
542 V E N
il sonno flcgli ocelli, e già prosfrato dnl
male, finì eli vivere ii'g dicenibre iG()().
Nelle Profezie sui lotiinni Pontefici at-
tribuite a s, ]\I.ilocIiia, questo Papa ve-
niva ilesign.itocol molto: Sidiif; CHoriiiìr,
cioè la Stella flc' Cileni. Fra le interpro-
tazinni date a tal preteso vaticinio, vi è il
seguente epigramma nella Brei'is notìlìa
Boniaiioriini Ponli/ìciini dal lìurio. Ciir
Papati] hiinc dirai fllalachras Sidus OIo-
rum - Diit?ì vixil poliiit (licere lìeiuo
bene. ■ Sed mors explicuit. Curii Caiidia
perdita Papne • Elicttif gemilitm, nonne
Ohi' ijìse fidt? - Ut moriens modula-
tur Olor, sic Candia eidem -Non 'no-
duli, al geiìiiluscausaque inortiserat. -
Sicriierof^olyiiìaiìi lugc/is Urbanus^lW^
ohivitj - Coii<it(inliiìopoliin sic Nicolac
[\) gemisj- Lucius (11) Edessani sic In-
xcrat ante Secundus;- Planxisti ainis-
sam sic Adriane{\' I) Rhoduui. - Nescio
vur fuerit vivens hic Sidus Olorum, -
Hoc scio,qiiod lìioriens Stella doloris e-
rat. — Daullinjo i cristiani di Candia, co-
me altri della Turchia, insortì contro i
musulmani loro oppressori, hanno sos[)e-
sole ostilità, ma non sono {piieti,ed un im-
previsto accidente può far scoppiare ter-
ribilmente nuova lolla, che f(jrse non ter-
minerebbe che collo slerininio de'crislia-
ni o de' turchi. I cristiani hanno a loro
favore il diritto, che il regnante sidlano
ha riconosciuto e proclamato coli' Haiti
Humaium, Sventuratamente gli ordini
suoi sono ricevuti in ginocchio, ma poi
non curali all'alto. !Ma i cristiani ne ilo-
mandano ralluazione,sentono la loro for-
za e sono tutti armati, anche i fanciulli
e i vecchi. Dall' altro canto, ridestatosi
l'antico odio de'crudeli seguaci di Mao-
metto ner lirannei'i'iare i veneratori del-
la Croce, ormai l'ira de'mUsulmani con-
tro i cristiani si va sempre più mostran-
do nelle varie paiti dell'impero, e special-
mente in (|uelle dove avendo poca forza
il sultano può più bberamente sfogarsi il
brutali; fa:iatismo turco. Però trenìino
e seriaincule pensino, che sono mutali i
YEN
lcm[)i ! E già da un pezzo, che quell'an-
tico Icriore del nome cristiano non si
mantiene in vita che per condiscenden-
za delle varie potenze cristiane, o per me-
glio dire, [)cl geloso timore d'ognuna di
esse, che Coslantmopoli non divenga pre-
da di una di loro. Gli affari della Tur-
cliia, per quanto svolsi in quell'articolo,
e per quanto avvenne dopo, e di recen-
te nella Scrvia, in Moldavia eValacchia,
s' iudjrogliano ogni giorno più dopo la
guerra d'oriente fatta, a quello che di-
ceasi, per assicurare alla Porta il suo seg-
gio al celebre convito delle nazioni civili.
In pressoché ogni punto del suo territo-
rio o accadono o si temono scrii disor-
dini contro i cristiani, e Dio sa cpiali con-
seguenze produrraimo, quale sarà la sor-
te della Turchia europea, quella i\e Vi-
cariati apostolici (P-) de' cristiani, ed
almeno, quale quella di Candia ! Non vo-
glio intanto tacere. Più volle furono os-
servate le viste del gabinetto inglese su
Candia. Iiivece è nolo, e lo conoscono gli
stessi inglesi, che non solo i tessali, gli
epiroti, i jouli, ma anche i candioti de-
siderano ardenfejnente l'imione co'liberi
greci loro fratelli, sebbene ubbidiscano
a podestà straniera, ma non turca, da
cui si emanciparono. — Nel i 670 eletto
Clemente X, /altieri, la sua famiglia ven-
ne aggregata al patriziato veneto. Nel
1673 dovendo creare un cardinale sud-
dito della repubblica, nella prouìozione
delle Corone, essendo pressalo per molli
individui, dipoi scelse, senza che lo pen-
sasse, il procuratore di s. Marco, Pietro
Basadonna, stato ambasciatore in Pioma
nel pontificalo d' Alessandro VII. Nello
slesso 167 3 essendo la Polonia guerreg-
giata da' turchi, si collegò collo czar di
Piussia, e le due potenze invitarono ad
entrarvi il senato veneto, il quale soltan-
to disse al loro ambasciatore belle paro-
le, cioè quelle stesse cheaveanoa lui ri-
sposto i polacchi ei russi, quando si tro-
vava in tante angustie per Candia. Al-
l'incontro, il re chiamato Cristianissi-
YEN V E N 543
mo, per opprimere l'imperatore, riiino- ro rappresenlanli,che in piena seduta del
TÒ alleanza più stretta che le piecedeiiti collegio rnaiiifestarono ai nuovo piinci-
col sullaiio ."Maometto 1\'. lu Roma per pe la generale esultanza tle'popoli pel ili
le gabelle insorse grave scissura, nell'a- lui avveiiiiDcnto. La cuni[);irsa di «piesti
bolirsi l'esenzione e per esserne stati pri- messaggeri venne eseguila con pubblici
vati gli ambasciatori. Si riunirono l'ini- apparati di magnificenza e con isfarzo di
periale, il francese, lo spagnuolo, il ve- addobbi lungo le strade anco per parte
lieto per sostenere le loro preiogative, e de'citladini e singolarmente de'bolle-
dopo vari maneggi ne furono nintegra- gai. Pi 1 fiorito colla pace il coinniercio, e
ti. Nel memorabile dogado di Domenico con ciò aumentale le rendite del pubblico
Conlarini, l'arrivo in Venezia del duca eraiio,si pensò a rendere sempre più sod-
e duchessa di Modena, e del cardinal lii* disfacente il soggiorno di Venezia; die-
naltlo d'Este il seniore loro zio, con se- desi opera al nuovo lastricato, e la IMer-
goito di cavalieri e di dame, diede luo- ceria fu la 1.' strada, cui all'aulico pa vi-
ge a sontuosi spettacoli ed a fesle nazio- mento di mattoni cotti siasi sostituito
nnli. Si fece corsa di galee riccamente il selciato con pietre di macigno, cb'ò
addobbate, vennero regalati nell'Arsena- un granitello vulcanico dc'colll Euganei.
le con un rinfresco di 100 bacini, e nella Credutasi troppo austera una legge coii-
guerra de'pugni, animatissinto speltaco- Irò i debitori, venne a richiesta dei doge
lo popolare, videro ne'veneziaui uu saggio alquanto moderala, e si stabili che d'ora
di militare destrezza e di coraggio. Mentre innanzi la prigionia loro non dovesse ac-
si riordinava la pubblica economia della cordarsi per un debito minore di ducali
repubblica, sbilanciata per le tante spe- i5, somma che ora C(jrrisponderebbe a
se della passata guerra, mori il doge Con- franchi 47 '• '^8 circa. Poco godè il doge
larini nel gennaio 1675, vecchio di più Sagredo,pelsuobreve principato, de'gior-
che 90 anni, e venne sepolto nella chiesa ni di felicità e di quiete, giacché a'4 ago-
di s. Benedetto. sto 1676 cesse al comune destino. Benché
37. Nicolo Sagredo CJ' doge. Cava- aggravato dal male, non erasi abbando-
liere e procuratore di s. Marco, era stalo nato al letto, anzi morì slaudo in piedi,
ambasciatore a Filippo IV re di Spagna, Forse volle imitare Vespasiano, ciò ohe
indi a Vienna all'imperalore Ferdinan- non riuscì a'Papi Paulo IV e Sisto V, ben-
do 111 ; lo fu pure straordinaiio a Roma che ne avessero il desiderio. Il suo corpo
nel i67"j per l'esaltazione di Alessandro venne tumulato nell.t magnifica ca|)pcllii
VII. Tornò a Vienna nel 1 018 onde pre- gentilizia di sua famiglia, in s. Francesco
slare omaggio al nuovo imperaloreLeo- della Vigna, con cenolafio.- — /^"',t' Con-
poldo 1 ; e così pure a R.oma per impe- larini CTI doge. Un avvenimento inso-
trare aiuti contro la potenza ottomana, lito, o almeno da gran tempo non vedii-
Ebbe pili volle il carico di riformatore to,die'molto a discorrere, e Io riferiscono
dello studio di Padova, ed in queste e al- Muratori e Casoni. Negli scrulinii [>ei'
tre impnitanlissime magistrature, in pa- l'elezione del successore al doge del'unlf),
tiia e liuiii sostenute con avvedutezza e avea ollenulo maggior suifiiigifj di voti il
or>
politica cautela, diede mai sempre saggi di lui fratello Giosanni Sagredo, lodato
di somma perizia e tli sommo zelo nel più sopra ipial difensore edlcace di Moro-
servire alla patria ; per la qual cosa si me- sini, cavaliere e procuralore di s. Marco,
rito il supremo degli onori, nell'essere in confronto di Gio. Ballista Nani, di An-
elevato al dog.ido a'G febbiaioi G75. Al- Ionio Grimani e ili Luigi Mocenigo; ma
l'annunzio di tale elezione, fecero a gara non piacque lai nomina ne al consiglio
le città suddite d'inviare o Venezia i io- maggiore, vero corpo sovrano della re*
544 V ]■: i\ V E s
pubblica, ne q parU; del volgo, die la in- reiezione del vSnmeilu ; il peicliè rlnssiin-
tc'secon aperta disapprova7,ione,nn2Ìviir)- li i;!i scrtilirtii, a' ^G ai^oslo 1676 ^e^^ò
le Muialfìti, segnilo (.UW /irle di veri//- elello do^e Luigi Coiilaiini cavaliere <;
rare le finte, che annunziato dal balcotie procmaloie di s. iMuco. Era morto Cle-
il nome di Giovanni Sagiedo nuovo doqe, mente \, onde a'?, i settembre gli fu sar-
ai folto popolo radunato nella piazza, co- rogato InnocenzoXI Odescalchi di Como,
ininciarono non pochi dell' infima pldje clie'sebbene contrario al nepotismo, sino
a gridar con alte voci: JYol volenio ; e a tentarne l'estinzione, pure permise die
CI eblie appresso a dismisura il tumulto, il nipote d. Livio Ibsse dalla repubblica
Allora i soggi del gran consiglio giudi- ascritto colla sun fimiglia al patriziato
caiono meglio di non approvarne l'eie- veneto. Dice il Novaes, che questo Papa
zione, onde prevenirne le conseguenze, facendo osservare la disciplina ecclesia-
di riguardarsi come non fatta e di prore- stica nella Lombardia, riformò i religiosi
dere ad altra, ricompensando [)oi il Sa- de'ss. Gio. e Paolo di Venezia, restituen-
gredo con altri principali onori. Scrisse do questi alla modestia del loro abito,
Weiss nella biografia, (he Giovanni Sa- che cominciavano ad alterare; [loichè
gredo fu scello per sostituirsi al doge fra- sebbene l'abito non f;iccia il monaco, co-
tello, lua i potenti nemici che avea nel- m'è dilterio antico, certamente esso dal-
I ordine della nobiltà riuscirono a fare l'abito si conosce. La nobilissima repub-
«nnullaie la sua elezione, sotto [)retesto blica, sempre intenta a onorare i suoi ge-
ch'era pericoloso di vedere il trono duca- nerali defunti, in detto annoeresse un mo-
le occupato successivamente da due fra- numento ad Orazio Farnese nella chiesa
telli (era proibito dall'anticlie leggi, già di s. IMaria .assunta de' gesuiti, la cui sta-
rilerite, ma non ostante il caso era avve- tua pedestre ergesi su ricca urna, presso
nutone'fratelli Carbarigo).GIi elettori già l'altare maggiore. Essendo i turchi sem-
annunziavano, dall'alto del balcone del pre turchi, in onta della pace falla nella
publ)licf) palazzo, tale elezione, allorché il durissima cessione di Caiidia, mai In se-
popolo, ficendo uso ad un tratto d'un di- guito cessarono, con sempre nuove ava-
ritto andato in disuso da lungo tempo, gri- nie, di portare gravi molestie al coiumer-
tlòd'unanime voce che non lo voleva. La ciò de* veneziani, e di turbare la buona
storia confessa che Giovanni Sagredo non intelligenza de' baili iu Costantinopoli.
era immune da ogni taccia, e che la sua i*ensò quindi la repubblica di valersi di
condotta privala poteva in parte dar mo- prudente misura, e ordinava che i prò-
livo ad un'esclusione fin allora senza e- pri legni da guerra non oltrepassassero
sempio. Pi eso Giovanni da risentimento lo stretto de'Dardauelli. Nel i683 il bai-
per tanto affronto, usci di Venezia per lo Gio. Battista Donato cercò di com-
Don più tornarvi, e ritirato in una cani- porre le vertenze, ma il tentò a pregiu-
pagna sulle sponde dell'Adriatico, si de- dizio del decoro nazionale, per cui da
dico allo studio, e nou tardò a pubblica- Costantrnouoli fu richiamato a Venezia,
re le sumotentovale ÌMemorie, I5 di cui ove dovette rendere stretto conto di sua
voga dovette consolarlo della sua disgi a- condotta davanti gl'inesorabili avoga-
zia. Lo rivedremo esaltalodalla rara gì a- dori del comune. Tutlavolta la sua mis-
titudine. Intanto patrizi e popolo divisi sione presso la Porta non fu d'altra par-
in palliti sulla scelta d' un altro doge, te infruttuosa, poiché ritornato in pa-
già slava per essere turbata la pubblica Iria pubblicò l'operetta, Di-Ila IcUcrd'
tranquillità, se la saviezza del senato, mo- tura de' turchi, e per cura d'altri del
t.eratrice degl' interni eventi, nou aves- suo seguito comparve, distribuito in 3
se posta iu silenzio e come nou avveuula volumi, Piaggio a Coslanli/iopoli del
YEN
jY. H. Ciò. Datlisla- Donado, e.l an-
tlie iitia Raccolta curiosissima di adagi
titrclu'schi, in lingua italiana e Ialina col
testo adonta. A turbare la quiete dello
stato insorsero gra\issinii tiuiori per la
peste, che dalle regioni del Nord, dilFu-
sasi pei' la Germania, giunse fino alle
frontiere del dominio veneto, ed alla di-
ligenza e fermezza del suo governo do-
vette allora l'Italia tutta la propria sa-
lute. Frattanto continuando le guerre
ile' turchi contro 1' iu:'[)eratore Leopoldo
I, principalmente a dunuo dell' Unghe-
iia,confiu3ntecogli stali da loro occupali,
concepirono l'audace disegno di conqui-
stare \ ieuna residenza di t|ueiraugu>to
e capitale del dominio di casa d'Austria,
onde risarcirsi da non poche polite scon-
fitte. Il Papa, sempre padre comune, a
difesa di Jiciina e per frenare lo spi-
rilo coiiquiatalore e insaziabile de' tur-
chi, a'3 I marzo 1 683 si collegò coli' impe-
ratore mede>inio e col cavalleresco Gio-
vanni 111 ledi Polonia, oltre diversi prin-
cìpi di Germania; ,ma lion gli liu^ù pel
suo nunzio di Venezia di determinarvi
la repubblica, cauta questa di rouqjcrla
nuovamente. Dio ascollò le preci del ve-
neralrle suo Vicario, e Viemia pel va-
lore di Carlo V duca di Lorena, cognato
tleir imperatore, del re polacco ede'com-
battenti fu liberata con islrcpitosa vit-
toria a' 12 settembre; sconfitta che riu-
scì di consolazione anche alla repubblica,
celebrando l'av venimenlo il senatore Fi-
licaja col canto di due [)Ortenlose cr.n-
zoni, una delle quali comincia con (|ue-
sli versi riferiti dal eh. Casoni. K fino
a (filando iiudli ■ Fian Signore i tuoi
ser\<i ? e fino a quando - De i barbarici
insulti - Orgngliosa ii andrà V empia
baldanza? La decadenza della Tur-
chia, come polenza marillima, avea co-
mincialo alla [)erduta battaglia di Lepan-
to; la sua decutlenza qual potenza unli-
tare e conquistatrice, data dalla disfatta
di Vienna. Morì il doge Contarini, dopo
regno pacifico, a' i 5 gennaio iG84, e ven
voi. xcu.
V E ìN
545
ne riposto presso i suoi, in monumento
nella 3.'^ cappella di s. Francesco della Vi-
gna.— 3Iarc Antonio Giustiniani CFJ[
doge. Cavaliere eseoi[)lare per pietèi e sa-
pere, il cui nome esposto al rigore de'so-
lili scruliuii ottenne pienissima ailesìone,
onde fu proclamato principe della repub-
blica a' 26 gennaio 1684. La pace deri-
vala dalla perdita di Candia, s'era stata
dolorosa pe'veneti, non era riuscita di pie-
na sodd. sfazione de'turclii, quelli rima-
nendone sempre incoiìsolabdi,questi mal-
contenti per non aver potuto conseguire
l'intera isola che agognavano, avendo do-
vuto rilasciare alla repubblica qu.dche ca-
stello e (pi;ilche porlo, bensì con tributo
die 1;» umiliava;perciò vigeva il germe del-
la discordia, che occulto per parte de've-
neziani ne'dogadi di Sagredo e Contarini,
si manifestò in questo del Giustiniani. I
veneti, che i! turco di quando in quando
avea assaliti, massime in'Dalrnazia, e rico-
verato i corsari in pregiudizio de'trafHci
e del trattato, crederono di prefittale di
loro rotta sotto le mura di Vienna e ven-
dicarsi, eccitati pure dal Papa, non ostan-
te le controversie che passavano tra loro
e narrate dal Muratori. Imperocché non
volendo Innocenzo XI più soffrire i tan-
ti disordini, che sì di sovente accadevano
in Roma per le Franchigie pretese da-
gli ambasciatori delle potenze, avea di-
chiarato a lutti di volere il corso libero
della giustizia contro de' malviventi e di
chi faceva contrabbandi. Per questo i ve-
neziani aveano richiamato il loro amba-
scialure, ed d simile praticò il Papa col
suo nunzio, il quale passò a Milano sua
patria. Contutlociò, prevalendo ad ogni
altro riguardo il bene della religione e
della cristianità, il zelante Innocenzo XI,
dopo aver spedito nuovi soccorsi a Leo-
poldo I ed a Giovanni III, di nuovo invitò
la re()ubblica a entrare nella lega contro
il comune neuìico. Pertanto si slabiliiono
a'j marzo 1 084' capitoli riportali dal p.
Bona n ni, Nuniismala Ponli/ìcum, t. 2,
p. 747, col mezzo de'cardinali protetto-
si
54G V E K
li di delle potenze, e dal veneto cardinal
Pielio Oltoboui per la repubblica, e giu-
rali in mano del Papa prolellore della
quadruplice confederazione, alla (juale
tjuesli nel seguente anno inviò buona
quantità di denari. Dicevano i principali
capitoli : " Che non mai si facesse pace
co'luichi, senza l'assenso del Papa e de*
3 collegali Leopoldo 1, Giovanni III e re-
pubblica di Venezia, die la lega s'inten-
desse solamente contro del turco, uè sot-
to qualsivoglia pretesto dovesse estender-
si ad altro. Che ognuno de'collegati aves-
se a operare dal canto suo colle maggiori
sue forze. Che i luoghi acquistati o ricu-
perati fossero di quelli che prima vi te-
nessero ragione.Che quandoalcuno di lo-
ro fosse in bisogno dell'altrui aiuto, aves-
sero l'obbligo gli altri di soccorrerlo G<jlla
possibile unione delle loro forze". Quin-
di la repubblica dichiarò guerra a Mao-
njelto IV, dopoché erasi sagacemente ri-
tirato da Costanlinopoli il bailo, travesti-
to da marinaro. Fu dichiarato caj)itano
generale della flotta il già celebrato Frau-
. Cesco Morosiui, e questa fu l'epoca più
Umiinosa di sua militare carriera, poiché
tante furono le vittorie che riporlo, quan-
to il numero dell'imprese a cui si accin-
se, narrate ancora dal cav. Brusoni nella
Fila cV Innocenzo XI. Generale dell'ar-
mata di terra fu deputato il conte Nico-
lò di Strasoldo, che avea militato in Un-
gheria. JNel mese di luglio uscì la flotta
■veneta numerosa di 24 navi da guerra,
oltre le galee e altri legni minori, ben
guarnita di soldatesche, di viveri e d'o-
gni munizione. Ad essa si unirono 5 ga-
lee pontifìcie, 7 de'cavalieri gerosoliuii-
tani,e 4 del granduca di Toscana, certa-
mente dell'ordine di s. Slcfano /, otte-
nute dal Papa, che inoltre somminislrò
quel denaro che potè in aiuto de' veneti.
Il Rlorosini nel 1684 cominciò la guerra
con l'espugnazione del forte dell'isola di
s. Maura, l'antica Leucade, a' 6 agosto,
fortezza di molla considerazione, dal di
cui acquisto dipendeva anche quello di
YEN
lùtla r isola, donde i veneti ricevevano
spesso non piccoli danni, e perla vicinan-
za all'isola di Gorfù, e pel sicuro asilo che
vi tro.vavauo i corsari turchi. L'assedio
fu fiero, ma di poca durala, poiché dopo
1 6 giorni di resistenza fu pattuita la resa,
uscendone il presidio di 700 soldati, co'
3,000 abitanti. La piazza si trovò mu-
nita di 126 pezzi, e vi fu lasciato a prov-
veditore straordinario Lorenzo Venier,
the nell'assedio avea assistito alle balle-
rie e poi lauto si distinse. Indi si tentò
la gagliarda fortezza della Prevesa, la
quale dopo l'assedio di pochi giorni, per*
dule liille le difese minori, si arrese a
condizione di potersi ritirare il presidio
di 200 uomini e i 5o abitaali, dove gli
piacesse. Visi trovarono 44 P^^^' *^'''^''"'
none, e fu aflidata alla custodia di Nicolò
Lioni. Si occuparono pure Vonizo, Sero-
mero e altri luoghi. Le cose però della
Dalmazia, ove i morlacchi aveanooccu-
[)alo Duare, non procedevano con egual
fortuna, comandando la flotta il general
Domenico Mocenigo. La debolezza de'
turchi dal senato conosciuta, e le frequen-
ti scorrerie de'morlacchi doveano essere
di stimolo al Mocenigo a farequalche im-
presa, ma il resoluto, gli fu sostituito Pie-
tro Vallerò, che nel senato avea rappre-
sentato con eloquenza i vantaggi che po-
tevano riportarsi nell'Albania, principal-
niente con l'acquisto di Castel Nuovo.
Giunto il nuovo generale in Dalmazia e
fatto un grosso apparato di esercito, col
soccorso di 4 galee ricevute dal genera-
lissimo Morosini, si portò verso Sing, for-
tezza lontana \5 miglia da Glissa, con
fiducia di farne il pronto acquisto. Ma
una vigorosa sortita de'turchi l'obbligò
a litirarsi in disordine. Passò indi alle boc-
che di Cattaro "per tentare l'impresa di
Castel Nuovo, però senza riuscita. Trovò
quelle difìlcollà che non s'era immagina-
to, che l'obbligarono a piegare altrove
ilcammino, essendo già la stagione avan-
zata.Si andò a fortificare là dove il fiume
Nareola si divide la due rami nell' ina-
V E N
boccalura, e questo sito fu Ja lui ci'cJu-
lo oppoiluiio per erigervi uu forte pei*
molestare i turchi. Itilanto si comballe-
va in l ngjicria (articolo che con i|ueIlo
tli Turchia vauiiopuie tenuti presenti in
questa lunga guerra), sotto il comando di
Carlo V duca di Lorena, e nell'assedio di
Euda. ^el iG85 nell'armata veneta di
fanteria militavano, Alessandro Farnese
fratello del duca di Panna , il principe
MaSiiniiliano di Cruuswick alla lesta de'
reggimenli del duca suo padre, e lra'n)ii|-
ti volontari anche Filippo principe di Sa-
voia. Alla fluita del Morosini, il Pupa spe-
di 5 sue galee, oltre somme di denaro a'
collegalij 8 ne mandò la religione di Mal-
ta, e 4 '1 granduca di Toscana. Rivolte-
si pertanto le mire del Morosini al Pelo-
ponneso, oggi chiamalo Jlorea, passò al-
l' assedio di Corone, città considerabile
dt;llaMurea, altre volte posseduta da've-
nezinni, col quale acquisto si sarebbero
fatti sicuramente uìaggiori progressi con-
tro di (jucllai.' provincia del regno. Ese-
guilo felicemente lo sbarco, e ben tiratele
linee, si die principio all'assedio. La re-
sistenza de' turchi e degli abitanti greci,
e la comparsa del pascià di Corinto, che
avea l'ordine di soccorrerli con un eser-
cito pili numeroso del veneto, fece cono-
scere che l'impresa riuscii ebbe molto più
didicile di quello che si avea immagina-
to. Do[)o varie scaramucce, giudicò il Mo-
rosini, che dalla rolla dell'esercito turco
dipenderebbe la resa della fortezza; on-
de accellalo l'invilo che gli face\a il ne-
mico d'una ballaglia campale, usci dal-
le lince e gliela presentò con tale risolu-
zione, che [jìù s[)aventato che vinto si die
il neuiico alla fuga, lasciando in poleie
de' veneti il campo e le tende, che fornì
assai ricco bottino a' vincitori. Dopo di
questa vittoria si tentò l'ostinazione de-
gli assediali perchè si arrendessero, es-
sendo siala loro levala ogni speranza d'a-
iuto. IMa es-ii che couTidavano nella for-
tezza del lilo, perchè le mine e l'artiglie-
rie poco nocumeulo gli recavauo, dicUia-
V E N 547
raruno voler piullosto seppellirsi sotto le
rovine della città, che cedere. Però gli as-
salitori eoo una mina di 200 barili di
polvere, fatto saltare iu aria un fortissi-
mo torrione, si aprì loro larga breccia
tuttoché di salita dilììcile all' assalto , il
quale intrapreso l'i i agosto e vedendo i
lurchi r irreparabile loro perdita, spie-
garono bandiera bianca e chiesero accor-
di. Mentre si maneggiava, per caso for-
tuito si accese una iuischia , ed allora i
veneti credendoli ingannati, superando
a viva forza ogni ostacolo, dopo 3 ore di
combattimento entrarono nella piazza,
empiendola di rovine e di morte, sazian-
dosi nel sangue e nella preda la vendet-
ta. Più di 3,000 turchi perirono pel fu-
rore de'soldali, che i capitani non pote-
rono frenare. Tultavolla si giunse a pre-
servarne i4oo, de'quali 200 furono con-
dannati alla galera. Presi 128 cannoni,
quasi tulli di brouzo,con abbondanti mu-
nizioni alicnentarie e da guerra: di Co-
rone ne fu dato il governo, (jual provve-
ditore straordinario, a Giorgio Cenzon, e
come ordinario a Giustino Piiva.Si segna-
larono nell'impresa il niarchese Corbooe,
i cavalieri di Malta, ed i suddetti pria-
cipi di Savoia e di Brunswick. Né qui si
fermarono le conquiste del general Mo-
rosini. Colla presa di Corone avea egli
creduto obbligare a generale rivoluzione
i popoli (nainotti, che di ciò gli aveano
dato speranza. ìMa essi non l'elfettuaro-
no per la vicinanza del capitan pascià,
che a un tempo lusingava e spaventava,
e per le molte fortezze che li dominava-
no, oltre l'incostanza naturale e la catti-
va duezioiie. Laonde il iMorosini, rinfor-
zalo da 3,000 sassoni comandali dal du-
ca Giorgio, si avanzò verso Calamala. I
mainolli alla comparsa de'veneli presero
le armi. Venutisi a ballaglia col capitan
pascià, restò scoulltto: Calamala apri le
porte a'vincilori e fu demolita, per me-
glio progredire airespiignazione delle for-
tezze Chialafà e Passava , che tenevano
io soggeaioDe i taainoUi. La i." di delle
548
V E N
piazze >i arrese senza conliaslo, por ope-
ra tli Paolo iMacri tlel Zanle, e l'altr,!
non sostenno la comparsa di 5oo solda-
ti ollremarini, mandali ad occuparla. Si
contpìislarono pure Za: nata, GonieiiÌ7ze
calili Itioyhi. Speditosi felicemente ilMo-
losini da tale ÌMi[)resa, lasciò per prov-
veditori ne' luoghi di nuova coiifjuisla,
Nicolò Polani a Zarnala, Bernardo Dal-
l)i a Chi a la fa , e per superiore coman-
dante di tutta la provincia Lorenzo Ve-
iiier, cliein ogni occasione avea dato gran
prove del suo valore, e indi a poco fu
promosso capitanoslraordinario delle na-
■vi. Divenuta la stagione avanzala, il Mo-
josini si ritirò a Corfù colla maggior
parte del suo navile, avendo dcslinalo
alcuni legni con parte delle milizie a sver-
nare a s. Maura e al Zante. Diversa pe-
lò fu la riuscita dell'armi veneziane in
Dalmazia. Sotto la direzione del general
Vallerò, tentossi invano i' espugnazione
di Sing, castello situalo su monte e mu-
nito [)iìi dalla natura che dall'arte. 1 di-
fensori fecero resistenza, loro resa più fa-
cile dal disordine degli assalitori nell'at-
tacco. Comparvero in loro soccorso con
alcune milizie destinale per l'Ungheria i
pascià di Bosnia, Erzegovina e di Cliuno;
e neh." incontro i morlacchi, ch'erano
slati mandati dal Vallerò per riconoscer-
li, gente di poco cuore ove trovi chi le re-
sista, e di mano ingorda ove incontri chi
fugga, e rafferma Brusoni, rivolsero ver-
gognosamente le spalle, e rijjassaudo il
fiume Cettina, di là del quale erano ac-
campali i turchi, riempirono i veneti di
confusione come se avessero il vincitore
alle reni, abbandonando il campo col-
l'artiglieria e col bagaglio. Solo fecero
brava e inutile resistenza Giovanni Ta-
nussi dalmata, e il capitano Ettore Ma-
l'ostiga friulano, a'quali il coraggio costò
la vita. II pascià di Erzegovina per sì ina-
spettalo successo, si avanzò verso Traìi,
sperando facile per la fama della vittoria
la presa di que'caslelli, ma ne restò con
piti disdoro che danno respinto. Tentò
■V E N
dipoi, unito al pascià di Bosnia, la ricu-
pera di Duace, difeso il forte d.d gover-
natore Agf)Stino Tartaglia. Accorse in suo
aiuto col grosso dell' armata il general
Vallerò, che vi spedi Giusep[>e Usio so-
pracouiito di galea e cognato del Tarta-
glia con Goo morlacchi in aiuto degli as-
sediati. Questo piccolo corpo assalì i tur-
chi e nel i ." incontro li rup[)e, uccidendo-
ne 3oo, restando così sciolto l'assedio. I
due pascià sen)l)rando meo pericoloso re-
stare in Dalmazia, per fare un contrappo-
sto alle conquiste di Morosini nel Levan-
te, che passare in Ungheria, ebbero, in-
vece de'rinforzi invocali, ordine di recar-
visi, liberando così la Dalmazia dall'ap-
prensione di loro armi. Il Valiero fu ri-
mosso dalla carica, in uno a Mariu Mi-
chieli commissario dell'armata; il i.° fu
sostituito dal cav. Girolamo Cornaro, e
da Antonio Molin il 2." In Ungheria si
segnalarono con operazioni gloriose e il-
lustri conquiste i collegali, principalmen-
te colla vittoria di Slrigonia , liberata
dall'assedio, e la presa di Najasel . che
riempirono il sultano Maometto IV di
dolore e di rabbia, e la cristianità di giu-
bilo e allegrezza. Eulralo il i686 con
grandi preparamenti di guerra da tutte
le parli, e con somma espetlazione degli
animi secondo i vari interessi che aveva-
no nell'esito dell'imprese, i turchi ne die-
dero principio in Morea. Prima devo ri-
cordare, che in quest'anno col principe
Massimilla no di Brunswick, eziandio qua-
le ausiliario, si unì a'veueli il padre duca
Ernesto di Brunswick, il quale recatosi
a Venezia nell' apiile, nel temporaneo
quartiere a lui dato a Lido, ofIVì a'vene-
ziaiii un saggio de'militari esercizi, di cui
feci cenno nel ^ XVIII, n. i 3, col cav. Mu-
linelli, che descrive pure i successivi fé-
sleggiamenli da lui dati in appresso, per
deliziarsi di Venezia ritornatovi, segna-
tamente una regala da lui oidìnala, for-
se la più sontuosa che le storie ricordi-
no, minutamente descritta dal documen-
to che riproduce, scrillo da Gio. Malico
V E y
Alberti. Il ser.ischiere si portò nei mar-
zo all'asseiiio di Chielafà, ilopo aver fu-
gato i maiiiotli a cui era slata commes-
sa la guardia di vari posti dillicili. Gia-
como Cornaro generale delle 3 isole, vi
accorse in aiuto dal Zanle con 5 navi, e
Lorenzo Veniero fatto di nuovo capita-
no slraordinu'io delle navi, avendo cedu-
ta la carica di provveditore in quella for-
tezza a ]Marino Grilli, v'introdusse dalle
sue navi alcune milizie. Tutlociò non sa-
rebbe bastalo, se il general Morosini non
vi accorreva, e mentre avanzava , tosto
il serascliiere colla fuga notturna si sol-
liasse dal pericolo, lasciando trincee, ar-
tiglierie e campo a'veneti, e così liberan-
do la Maina d.ilia paura di sue armi. Si
unirono poco do|)oi legni ausiliari all'ar-
mata, che accostandosi a' castelli di Le-
panto, come per farne il conquisto, pie-
gò a un tratto verso IVa varino, dove si
sbarcarono le genti sotto la condotta di
Ottone Guglielmocoiite di Rònigsaiarck
e non comediceilBrusoiiidi Chinismarc,
nuovo generale di terra concesso a' vene-
ziani da Carlo Xi re di Svezia, non fa-
cendo in tempo i torcili ad impedirlo. Na-
varino ècitlà mai ittima diiMorea^con por-
to vasto e capacissimo, alla cui bocca s'al-
zano due scogli e ciascuno con fortezza,
denominali Navarino vecchio e Navari-
no nuovo. Il I .° ad assalirsi fu il vecclìio,
die si arresedopo due giorni, la cui guar-
nigionedi 4*^0 turchi volle esser traspor-
tala in Alessandria, per evitare il castigo
di loro viltà. Vi si tiovarono dentro 43
pezzi di bronzo, e dietro Gì ioni vi fu po-
sto a provveditore. Indi il Morosini ri-
voltosi a Navaiino nuovo, di dilllcile e-
spugnazioue, col beneficio della notte ne
occupò il porto, pe'primi entrandovi Gio-
vanni Pizzamano e Francesco Donalo so-
praconiiti di galee, quando fu preso per
capitolazione a'i4 o^^o""» dopo sconfìt-
ta data al sei a schiere, ch'era vi accorso a
difenderlo, colla morte di 5ao turchi e
la perdita del campo, ricco di joo padi-
glioni, fra'quali quello del serascliicre, so-
V E N 549
vraslato da 7 cupole, che occupava 3oo
passi in giro; e tutlociò j)el ben diretto co-
mando del general Koiiigsinarck e del
marchese di Corbon : dalla fortezza ne u-
scirono 3, 000 persone con Sefer pascià, la-
sciandovi 53 pezzi di bronzo. Pietro Ba-
sadonna vi fu posto a provveditore straor-
illnario e per ordinario Stefano Lippoma-
no. II prode Morosini ordinò quindi l'at-
I icco di Modone, con buon porto guarr
dato da piccolo forte, e ben munito ca-
stello: tulle queste difese non poterono
Sottrarla dalle rovine prodotte nell'inter-
no dalle bombe, nell'esterno dall'artiglie-
rie, e che dopo l'assedio d' alcuni giorni
si rendesse a'7 luglio, colle stesse condi-
zioni di Navarino. La guarnigione che ne
usci era di 1 ,000 soldati, a'quali si aggiun-
sero altri 3,000 turchi de'due sessi. Ri-
masero nella fortezza 91 pezzi di bronzo,
e n' ebbe il governo Filippo Paruta. Po-
scia si andò all'impresa di Napoli ili PiO-
niaaìa, capitale della Morea, dove seguì
senza opposizione lo sbarco, difesa da ca-
stello assai forte, da numeroso e coraggio-
so presidio, mentre in Argo eravi il sera-
schiere per aiutarla. A.ssalito questi da
•2,000 cristiani, foggia Corinto. Ma il pa-
sciàMustata, prode ddensore della piazza,
resisteva a più di 5oo bombe che quoti-
dianamente lo visitavano, seppellendo i
suoi abitanti sotto le case. Pvitornò il se-
raschiere, pel soccorso ricevuto da Negro-
ponte di 3,000 soldali.ed il caldo e le ma-
lattie mieteva capitani e soldati Ira'vene-
ti; perdile rinfrancate da navi cariche di
uomini e munizioni spedite da Venezia.
Si avanzò il seraschiere con 10,000 tur-
chi, con orribili grida u'it) agosto,ma do-
po 3 ore di sanguinoso contrasto, perde
tra morii e feriti i,4oo de'suoi.nella scon-
fitta primeggiando Faustino da Riva , il
principe di DrunsAvicked il Turcna. Po-
ste le leste de'lurchi su picche, intimoriti
gli assediali, palluirouo la resa salve le
vite. Ne uscirono -1,000 turchi, de'qualL
i,20u formavano la guarnigione. Re-
starono nella plazaa a, 000 greci, e 4oo
5^0 V E N
schiavi ebbero la libertà: 78 pezil dican-
Done guaflagnarono i veneziani. IMusfafà
pascià, e il fratello Assan già pascià di Mo-
rea, ollennero di passare in Venezia colle
loro famiglie, per soUrarsi alla punizione
del sultano. Faustino da Riva in premio
del suo valore ne fu costituito provvedi-
tore straordinario, Benedetto Bolani fu
fitto ordinario e Marco Friuli castellano.
Compreso il senato da estremo giidiilo
j)er tanti continuati prosperi successi, per
gratitudine ed a segno di soddisfazione
creò cavaliere Pietro Morosini nipote del
generale, che con plauso fungeva il cari-
co di tenente generale, perpetuando ezian-
dio quella dignità ne'primogenili suoi di-
scendenti, non che inviò in dono al con-
ti,'Ronigsmarck un bacile d'oro del valo-
re di GjOOO ducati. Dopo la resa di Na-
jioli di Romania, e il conquisto di Argo,
Arcadia eTermis, partirono le navi ausi-
liarie, ma il IMorosini volendo giovarsi
del resto della propizia stagione, ivi la-
sciando le galeazze, col rimanente della
{lolla veleggiò a porto Rafiì rimpetlo al-
l'isola di Negroponte, donde sarebbe usci-
to a tentar qualche impresa, se venti fu-
riosi non ve lo trattenevano aS giorni, ed
essendo già il fine d'ottobre, ritornò in
Romania a passarvi l'inverno e matura-
rci imprese per la nuova campagna. Nel-
la Dalmazia, la buona direzione del nuo-
vo provveditore generale Cornaro fece
andar prosperamente gli allari, reprimen-
do più tentativi de' turchi, e poi partiti
questi per l'Ungheria, versola fine di set-
tembre con 6,000 soldati, comandati dal
principe di Parma e dal conte di Saint-
J*ol,si I eco ad investire il castello di Sing,
che cadde nelS." giorno d'assedio. Nel-
l'assalto generale, i primi a salir la brec-
cia furono alcuni abruzzesi contun)aci
agli stipendi della repubblica, con permes-
so del governo di Napoli. Antonio Bolani vi
fu lasciato provveditore. Il rigore del fred-
do impedì maggiori progressi. Non meno
delle imprese de' veneziani , memorabili
neliG86 riuscirouo quelle degl'imperiali
V E N
iiiUnghena,la pihclamorosa essendo slnta
la presa dell'inespugnabile Buda capita-
le dell'Ungheria, ormai resa, a confessio-
ne de'turchi, il baloardo dell'impero ot-
tomano, nel giorno stesso in cui Innocen-
zo XI, tanto benemerito di questa guer-
ra, faceva in Roma la promozione di 27
cardinali, e nelle sue fervorose orazioni
sovente esclamava : E vostra, Signore,
questa causa : difciuìetela voi. E fu esau-
dito pienamente. Nella promozione vi
comprese due cardinali appartenenti al-
la repubblica, uno patrizio veneto, e l'al-
tro nobile friulano, cioè Leonardo Collo-
redo. L'altro fu IMarc'Antonio Barbari-
go arcivescovo diCorrù,dove per sostene-
re l'immunità ecclesiastica ed i suoi dirit-
ti cadde nell'indignazione del senato, per
fuggir la quale portato'^iin Roma, in pre-
mio inaspettato fu elevato alla porpora e
al vescovato di RIonteFiascone.La contro-
versia derivò da un punto di ceremonia-
le de' vescovi, con Barbone Morosini, co-
me lo chiama il Cardella, ammiraglio del-
la flotta veneta, e lo narrai nella biogra-
fìa. Il Papa esaminata la vertenza, trovò
lodevole l'operato del prelato, né potersi
biasimare la sua giusta opposizione alla
violazione del ceremoniale de' vescovi, che
sopra tutti i magistrati, ancorché supre-
mi, dà loro la precedenza del luogo nel-
la propria chiesa, dove siedono maestri
e capi della religione. L'essei*si quindi op-
posto 1' arcivescovo alle pubbliche pre-
tensioni del Morosini, ad un attentato che
violava le prescrizioni canoniche, meri-
tava la protezione della s. Sede, la digni-
tà della quale dilFusa negl'inferiori pre-
Iati, come chiamati in parte della solleci-
tudine del Pastore de'pastori il romano
Pontefice, doveva sostenersi da Innocen-
zo XI come propria. Oude egli conside-
rando, che il risentimento della repub-
blica non poteva sedarsi così presto con-
tro il prelato, prima non gli peruìise il ri-
torno, senza lagnarsi colla repubblica; poi
a togliere ogni ulteriore fomento di discor-
dia di questa cou quello, e per dare una
V E N
condegna ricompensa alla costanza e fei'-
raezza sacerdotale del Barbaiigo, di fat-
to lo iiìsignì di due dignità , dando così
una pubblica lezione alla repubblica di
Venezia, mentre non cessava di soccor-
rerla con denai'i, altrettanto facendo col-
l'imperalore, per la corrente guerra. Al-
tra ojeinorabile impresa degl'imperiali in
Ungheria fu la presa di Seghedino. An-
che i polacchi ottennero felici successi sui
turchi, sempre confortato il re Giovanni
III dal Papa con cospicue somme, ed in
quest'anno contro il nemico della cristia-
nità il re si collegò pure con Pietro 1 il
Grande czar di Russia, coll'approvazio»
ne d'Innocenzo XI, il che fortemente au-
mentò a Costantinopoli l'agitazione de'
turchi, e tanta fu la commozione, che in-
dispettiti di tante gravi perdite, Maomet-
to IV corse pericolo d'essere n)assacra-
to, e per quietarne il furore riordinò Te-
conooiia domestica per impiegare il di
più nella guerra, e fu costretto permet-
tere la degradazione del triuftì. Ma nel-
l'anno seguente, ribtillatosi furiosamente
l'esercito d' Ungheria, dovette cedere il
Irono al fratello Solimano HI, credendo
che col mutar principe si cambierèbbe
ancora la fortuna dell'impero. Nel decli-
nar del 1686 Vittorio Amedeo li duca di
Savoia si portò a Venezia per godervi il
brillantissimo carnevale, e ricevette dal
senato tutti i maggiori attestati di stima
e particobri festeggiamenti. Nel 1687 '^
pestilenza, che si dilluse nella Morea e
quindi si propagò nell'armata de' vene-
ziani, impedì non solo che a loro si unis-
sero le galee degli ausiliari, le quali pre-
ferirono à\ rinfoizaie la flotta di Dalma-
zia, comprese le pontificie e quelle di Ge-
nova in fpiesl' anno procurate da Inno-
cetizo XI in aiuto de'venezioni, come at-
testa IMuralori; uia che parimenti il ge-
neralissimo ÌNIorosini non dasse che al-
quanto tardi il principio alle 0[)erazioni
di guerra contro de'turchi. Non ri(uase
però di fare anche in quest'anno de'nno-
vi acquisii ; dappoiché fatta la rassegna
V E N 55 1
delle truppe ch'erangli rimaste, e trova-
tosi avere 8,000 pedoni e4oo cavalli, or-
dinò che la flotta veleggiasse verso Pa-
trasso , in vicinanza a' castelli che ten-
gono chiusa la bocca di Lepanto. Vi si
era alla riva fortificato il seraschiere, cna
nondimeno si operò lo sbarco in sito poco
guardato, A'24 luglio presentò battaglia
al seraschiere: l'avvedutezza e la bra-
vura del Kò:iigsmarck e delle truppe di
Brunswick, die' la vittoria a' cristiani,
compita dallo sbarco ordinato dal Mtjro-
sini di i5,oo persone. Sconfitti i turchi,
abbandonarono il campo con tutta l'ar-
tiglieria, in disordine con precipitosa fuga
verso il monte, dal quale il seraschiere
mirava la battaglia. Nel medesimo gior-
no si conquistarono Patrasso, Lepanto e
due castelli, piazze tutte abbandonate
da' pascià vilmente, le quali potevano
fare resistenza di più mesi, ed essere il
prezzo di inolto sangue. Piitiratosi il se-
raschiere a Corinto, colà senza indugio
il Morosini fece veleggiar la flotta, di cui
non sostennero i turchi neppur l'aspetto,
ritirandosi a Tebe, abbandonato il posto
e disertato il paese. Alla presa di Corin-
to, chiave del regno, successe quella di
Misitra, e di Atene che fece qualche re-
sistenza. Il seraschiere si avvicinò per
aiutarla, ma alla prima mossa del cauì-
po cristiano, istruito dalle anteriori scon-
fitte s' abbandonò a precipitosa fuga, se-
guendo la capitolazione degli assedia-
ti. In Atene fu destinato pi-ovveditore
straordinario Girolamo Delfino, e poi il
Morosini ne asportò a Venezia i greci
monumenti, co' marmi de' Propilei, co'
figurati ruderi de! famoso Pireo, fra'quali
primeggiano que' Leoni di marmo pert-
telico, collocati all'ingresso dell'arsenale
di Venezia, e li descrissi nel § XIV, n. 4 i
ivi altre memorie del IMorosini essendo
il pilo di bronzo di fronte alla porta, fuso
nel 1*^93, che rammenta i suoi trionfi,
con emblemi allusivi alla religione e ma-
rittima potenza della repubblica. Inoltre
la porla d'ingresso del medesimo arse-
65^2 V E N
noie nel i 688 divenne quasi di lui arco
trionfale, per l'aggiunfe figure simboli-
che e guenesche di rame in sulle valve e
pel suostemoìa posto in alto. Il ìMoiosini
dunquCjdopo l'espugnazione di s. Maura,
occupala l* Acainania, a guisa di lampo
trascorso e sottomesso l' intero Pelopon-
neso o Morea, dal mare di Sapienza al-
l' islimo di Corinto; fatto sventolare il
vessillo di s. Marco in vetta all'Acropoli,
fra le rovine delPartenone,delIa famosa
Atene già madre d» eroi, cultrice delle
scienze e delle arti, poi pe' turchi squal-
lido soggiorno di barbarie; meritò che il
senato, ilo[)o incessanti feste per tante vit-
torie,oltre il detto concesso grado eque-
stre, di cui egli era insignito, a tutti i pri-
mogeniti di sua discendenza (osserva V Ar-
te di verificare le date, che il titolo
di Cai'alicre era l' unico che concedeva
la repubblica, sebbene a ristocrafica),e per
pren)iaregli straordinari meriti del guer-
riero invitto del suo secolo in modo inu-
sitato, l'acclamò col nome di Pelopon-
nesìaco, decretandola fusione ed erezione
del suo busto di bronzo, con l'iscrizione
sotto: Francisco Maiiroceno Peloponne-
siaco adiate vn'enliSenaliisMDCLxxxvii.
Collocato nella sala dell'armi del consi-
glio de'Dieci, l'attuale governo ne ha con-
cesso la precaria custodia alla nobilissi-
ma contessa Elisabetta INIorosini dama
della Ci oce stellata e degna ultima super-
stile di sua linea, nel palazzo IMorosini ove
egli nacque e in cui si conservano nelle due
pi incipali sale le armi, i trofei, i vessilli
conseguiti per le vittorie da lui ottenute,
e che diffusero tanto splendore sull'armi
•Venete. Del resto l'illustte stirpe de'Mo-
rosini ancora fiorisce. Del ramo del Pe-
loponnesiaco essendo restata la sola ma-
dre delia lodata contessa, si maritò col
conte di Gatterburg col patto di conser-
■vnre il proprio cognome, onde la vivente
figlia rimasta nubile lo conserva, appel-
landosi Morosini contessa di Gatterburg.
IVell'inverno 1 687 la flotta e l'esercito si ri-
eovrarononel porto Leone, Nella Dalma-
VEN
zia, il castello di Sing fu indarno tentalo
dui pascià di Bosnia, a cui mollo premeva
per privato interesse ricuperarlo, per pos-
sedere nelle vicinanze molti terreni. La
presenza del general Cornaro, che vi ac-
corse con 1,800 soldati, olire la resistenza
de'difensorijgli fece disperare e abbando-
nar l'impresa. Rinforzato poi il Cornaro
dalle galee ausiliarie, che come notai non
vollero fermarsi in Levante pel timore
(Iella peste, con rao di esse si deliberò
l'assedio di Castel Nuovo, barbaro asilo
di corsari, situato all'imboccatura del ca-
nale di Catlaro,con assai forle propugna-
colo sopra un'eiuinenza,e per ogni parte
ben munito sì da mare e sì da terra. L'as-
sedio fu ostinato, dubbioso e lungo, an-
che dopo la sconfitta del pascià d'Erze-
govina, accorso per farlo levare. Final-
mente con alcune interne intelligenze di
albanesi della guarnigione, si dispose un
assalto generale, ma senza lo sperato esi-
to. Lo slesso avvenne in due altri assalti,
onde fu giudicato imprendibile a forza
d'armi. Nondimeno il Cornaro, per ac-
corili, ebbe in mano, dagli albanesi, il tor-
rione marittimo da loro guardalo, il che
veduto da'turchi, subito capitolarono. Vi
si trovarono gran copia di munizioni e 57
cannoni di bronzo. Quest'acquisto fu ri-
cevuto a Venezia colla maggior esultan-
za,e in rimunerazione al general Cornaro
gli fu destinata la veste procuratoria col
titolo di procuratore slraordina4Ìo. Di più
il senato oCFrì all'altare votivo di s. An-
tonio nel tem[)io della Salute, l'esisfenle
tabt-lla votiva d'argento cesellala d'An-
tonioBonaciiia, in ringraziamento al San-
to per aver liberato questa flotta dalla
peste. Fu in tale occasione che il medesi-
mo senato decretò visitare nel giorno dì
sua festa pubblicamente in ciascun anno
cpiesto tempio, costume continualo |lopo
cessala la repubblica dalla magistratura
municipale. L'anno 1687 in discorso co-
.sto alla Porta ottomana la perdita di due
regni, imperocché se da un lato i venezia-
ni fluirono di spogliarla di quello della
V E i\ V E N 553
Morea, gì" imperiali dall'allro la caccia- snstrosi frangenti, manifestava f<jiino ca-
l'ono quasi all'alto tla ([(lello (lell'Unghe- raltere, imperliirljabile contegno, pievi-
ria, per le spleiidiile viliorie da essi ripor- dente sagacilà ed assennato consiijlio,
fate, sotto il comando di Carlo V duca di ([tiesl'uomo singolare pervenne al trono
Lorena, ed oltre Massioiiliano elettore di (Iella repubblica, eletto a'3 aprile i68S,
Baviera, si recò pure a combattere ileo- quasi per universale acclamazione, la vo-
niuiie nemico Carlo HI duca di Mantova, ce dei popolo avendone additato la scelt;i
ìNon mancò la Porla in questi tempi di al senato, cedendo ognuno al suo merito
presentare a Vienna proposizioni di pace, le proprie private ragioni, mentre trova-
e v' inclinavano alcuni consiglieri impe- vasi co'pubblici navigli supremo comau-
riali, giaccliè si prevedeva vicino lo scop- dante nel golfo di Egina, ove ricevette il
pio di nuove guerre dalla parie di Luigi berretto ducale. Secondo Muratori, gli
XIV^, sempre bellicoso. Ma prevalseli sen- arrivò la notizia di sua esaltazione nel i.**
limenlo del duca di Lorena, a cui sem- giorno di giugno,e gran feste ne fece-tut-
brava molto disdicevole il deporre l'armi ta 1' armata. Se come a strenuo guerrie-
in mezzo al corso dì tante vittorie, e men- ro tributar gli si devono sensi d'ainuìi-
tre s"i avviliti e sgomentati si trovavano razione per la conquista di più die Zj
i dianzi sì orgogliosi inusuhnani. S'era già piazze furlifìcate, per l'acquisto di oltre
il IMorosini disposto nel 1G88 alla con- 1 36o cannoni, e per la schiavila 0 morte
quista di Negroponte, capitale della grande di quasi 200,000 lurclii,ad egual diritto
e ricca peni^ola omonima, l'Eubea degli merita gli applausi e l'approvazione del
antichi, quando a'2 1 marzo morì il doge politico per la cessione di Candia mera-
Giustiniani,mostrando negli estremi istan- vigliosamente da lui condotta, dopo tan-
ti di sua vita la fermezza e la tranquilla te perdite portate ai nemico c'ie impiegò
I assegnazione d'un seguace di Cristo, a sotto quell' insanguinile mura 25 anni
segno di rispondere alle [ueci del sacer- di oslinatissimi combattimenti e assetlio.
• Iole, che lo confortava. Tanta fu l'umilia Pure questa cessione da lui fatta senza
e la religione di questo piinci[)e, che s'eb- previo assenso del senato, suscilogli con-
begran pena a distorlo tlal pensiero di la- tro fieri oppositori, e come già narrai, si
sciai" la corona per indossar la cocolla, ed gridò all' urbiliio, e venne proposto di
nnostorico francese parlandodi luiebbea destituirlo dalla dignità procuratoria.
scA-\\ei'e,c'est une ojjiiiion constante, qua Due celebri oratori, Antonio Gorraro e
ce Doge mountt i'icr^e. Ebbe sepolcro a Giovanni Sagredo, aringarono il i.°con-
s. Francesco della V igna. -. — Francesco tro e il 2." a favore del Morosini; ma alla
lìlorosìnì Crif/iloi^e. Quell' eroe, seri- fine con onorevolissima sentenza venne
ve ilsuo biocrafj Casoni,che estesi a vea i assolto. A me pare, che (luesto fatto pro-
confini del veneziano dominio nell'Egeo, cnò al Morosini due glorie, quella di
neir Arcipelago, sulle coste d'Epiro, su trionfare de'suoi emuli, e quell.i di eser-
qiielkdella Macedonia, nella Morea e ntl- citare la poco coiiiuiie virtù ilella ricono-
r Attica, che vivente inerilò dalla grata sceuza, perciò sublime. Trassedal ritiro
patri'» uu busto di bronzo, ed il titolo il suo ditensoie Sagredo, e lo fece nel
di Peloponnesiaco, aucni vivente; che «<>9i provveditore generale de'mari del
fittosi terror de' nemici, ad eseujpio di Levante. Sagredo già vecchio non eserci-
Cesare, con sorprendente rapidità, ino- lo lungamente unsi allo carico che richie-
stravasi, vedeva e vinceva, sollometteiido deva attività, e seguì da vicino o anche
a servaggio ed a tributo intere pn[)ola- [)iecorse il vero amico .Morosini nel se-
zioni, vaste Provincie e regni; che nelle |)olcr(j. Dal senato fu confermalo al ì\Io-
pubblichc incumbeoze e framezzo a di- rosiui il comaudo supremo dell'armi, u-
554 \ ìù:ì yen
iiioiie rara col dogailo in questa prudente felice esito, eccone le cause, rifetite da
iei)uljl)lica, e per nuiggior decoio dellii Muratori. In niulo de'veneti comparve*
sua carica gli destinò due consiglieri, che ro un battaglione di i,ooo fanti, e poi 4
furono il cav. Girolamo Griuiani e Lo- altre galee e e» navi di Cosimo III gran-
1 enzo Donato, co'quali insieme col prov- duca di Toscana con 8oo fanti e 6o ca-
\edil(jre dell'armata dovesse cotisuitai e valieri. Ma andò a male Un grosso convo-
gli alTari, lasciala a lui l'autorità ilelTese- glio di genti e munizioni spedito nella
cuzione. Morosini, giunto al colmo degli primavera daVenezia; colpo che fu ama-
onori, parve trovarvi il termine delle sue ramente sentilo dal doge, e gli riuscì piti
pro<iperità,dioeWeiss. Narra Krusoni, che sensibile, in quanto che nel precedente
jiGcresciulisi a lui colla dignità gli slicnoli 1687 eransi impiegati perla Dalmazia
alle granili operazioni, ilisegnò 1' attacco 2,5oo soldati destieiati perla sua arma-
di Negroponte, ma l'esito non corrispose la. Non furono poi ben conosciute le ma-
ii'snoi voli e a'pubblici desiderii, quan- nieie per riuscire in così difllcile impresa,
linique dal suo canto non si trascurasse e si cominciarono gli approcci dove non
cosa alcuna per fortunatamente riuscir- conveniva. Si venne al generale assalto
vi. Vi morì nell'assedio il generale Kò- di un gran Irinceronedi Negroponte fab-
iiigsmarek, a cui sopra il muro sinistro bricalo da'lurchi, e fu superato con islra-
dell' Arsenale, dopo il ponte, il senato gli gè loro, e l'acquisto di 3c) [)ezzi di can-
eresse un monumento d' onore. Ad esso none e 5 morlari; ma per questo e pei'
venne sosliluito il duca di Guadagny: vi tanti altri assalti, e più per le malattie ca-
inoriroiK) parimenti co' migliori ullizii- gionate dall' aria cattiva, periti generali,
li e coniand ioli, le pili agguerrite mili- niìlziali e gran copia di soldati, venuto
zie, evi cadde infermo lo stesso doge. Al- l'autunno convenne ritirarsi dallo sfor -
Ira lagrimevole perdita fu quella di Giro- lunato assedio. Nella Dilmizia si provò
iamo Garzoni, chedopoaversostenulocol maggior ventura, poiché il generai Cor-
luaggior zelo e con un valore da non ri- )iaro acquistò Knin, castello su monte e
trovarsi che in pochi eda non iinilarsi da difeso da 3 recinti di mura e torri; se la
tolti, la carica di provveditore nell'arma- stagione non fossesi avanzata si sarebbe-
ta, si volle traltenere al campo qual ven ro fatte maggiori imprese verso Narenta,
tnriere, desideroso di servire in prò della dove terminarono le operazioni colla ri-
patria coli' opera e col consiglio, e nel coperà della torre di Norin. Muratori vi
inentre che combaltemlo fra'()rimi ani- aggiunge il conquisto di Verlicca, Zoo-
mava col proprio eseuìpio i secondi, ri- uigrad e Grassaz; il quale non compen-
niase da piìi moscheltale ucciso. Ne fu so I' infelice successo di Negroponte, per
jiieservato il cadavere dal valore di W- cui rimise sommamente afflitta la venc-
inorò Morosini, giovane gentiluomo di la repubblica. Neil' Ungheria procederò-
Sommo ardire. Fu pure funesta a' veneti no in meglio le cose, con nuovi acquisti,
la morte del marchese Corbone generale la presa di Helgrado, e morte de' turchi,
della cavalleria, che in tutte le passate Deplora Muratori perchè Francia pro-
campagnesi avea fallo conoscere per uno tegi^eva, ed era alleata della Porla, per
de'piìi In-avi comandanti dell'esercito, gelosia dell' ingrandimento altrui, senza
Di»po un generale e vigoroso assalto re- scrupolo sagrificando. la religione! Nel
spinto, già disperandosi ogni felice riusci- iGBij, dice lo stesso Muratori, la bella
ta, fu determinatodi scioglierlo, andando prevalenza dell'armi imperiali e venete,
a svernare Tarmata, poiché il rigore della nei dare una scossa maggiore alla sbigot-
slagiune non permetteva più il tratte- tita e cadente potenza de' turchi, coniin-
ucrsi alla discrezione de'veiili. Di tale in- ciò a declinare per colpa della terribile in-
V E ^ V E N 555
vasione cle'francesi nella Germania, clie soni. Inoltre osserva che fu tlatario, ca-
(leviarono molte lrii[>pe che Leopoldo I lica pure sino allora non mai esercitata
avrelibe potulo impiegare contro i tur- da un veneziano, e che in luti' i suoi di-
chi, ne i veneti poterono in late regione versi impieghi conservò sempre la stessa
fir leva di gente. Er;ino venuti f^W am- tenerezza per la sua repubblica, di cui
basciatori di Soliraano Illa Vienna per sostenne le parti e promosse i vantaggi
trattar di pace o di tregua, e colà ancora ovunque gli si presentava 1' occorrenza,
si portarono i plenipotenziari di Polonia S'impose il nome di Ales<iandro Vili per
e di Venezia; ma pei che troppo alte era- far cosa grata a' suoi amali concittadini
no le pretensioni delle potenze cristiane, veneziani, onde rinnovare la memoria
nulla si concluse. I veneziani di Levante d'Alessandro III sempre loro piacevolissi-
indeboliti. formarono il blocco di N<»poli nia,ed insieme per mostrarsi riconoscente
di Malvasia, città mariltimn della ìMorea, al suo piincìpal promotore cardiucd Chigi
con azioni di valore, e benché le recas- nipote d'Alessandro VII. Egualmente iu
seio notabili nocumenti, non poterono memoria di s. Magno, tanto veneralo per
espugnarla. Sorpreso intanto il doge Mo- le sue grandi benemerenze da'veneziani,
rosini da febbre, impetrò di tornarsene a e del giorno di sua esaltazione, fece bai-
Venezia, e quivi sul finir dell'anno fu ac- tere le monete del testone e del doblone
collo con tutto l'onore, ma senza quegli di 4 scudi d'oro coire[)igrafe: Die Niit.
applausi, che pure erano dovuti a con- ss. Magni Episcopi Ojjlk'r^ii el BriinO'
quistalore si glorioso, non per altro che nis Anacliorelne, perchè anco di qiie-
per l'infelice esito di ìVegroponle; qua- sl'ullimo in tal giorno si celebra la fe^ta.
sichèil meritodi tante belle azioni si fosse Era allora ambasciatpre della repubbli-
perduto, per non averne fatta una di più. ca in Roma Giovanni Landò, poi procu-
l'asta, almeno ei riposò, e godè alcun pò- ratore di s. Marco, il quale contribuì con
codelsuprenioonoreconferilogli. In Un- tutta ddigen/a per la sua elezione, dopo
gheria gl'imperiali presero 1' importau- la quale portatosi a baciar;^li i piedi, fa
te fortezza di Zighet e altri luoghi ; eri in uccollo con tutta la svisceratezza di con-
Dalmazia non 5i operarono cose notabili, cittadino e ralFelto di padre (poi il l'apa
Già Innocenzo XI era passato a ricevere lo creò Cavaliere dello Sperone d'oro,
il premio di sue sante virtù a' 12 agosto conje notai in quegli articoli); ricevendo
i().S9, già a'6 ottobre nel giorno sagro a le lettere pontificie indirizzate alla re-
s. Magno era stalo eletto successore il pubblica, ripiene dell'espressioni le più
patrizio veneto Alessandro Vili Oltobo- «,bl'liganli d'amore e di tenerezza. A sen-
ni[F.), slato vescovo di Torcello e Bre- limenli di tanta bontà, non fu tarda a
scia, abate di Vangadizza, ed in lloma u- corrispondere la patria con atti di grnti-
dilore di Rota (istruito dal celebre Gio. tudine, poiché oltre i pubblici slraordi-
Tattisla Goccino veneziano, decano della nari segni d'allegrezza che ne <liede, ap-
Rota e uililoredisua nazione, e successe pena conosciuto il suo innalzanunto al
ni-ir uditorato a Giorgio Cornalo vene- Papato, incontanente onor(> del tilcdodi
ziano (juaudo fu fatto vescovo di Padova, procur.iloie soprannumerario di s. .Mai--
per nomina della repubblica) per Vene- co e di cavaliere della stola d'oro il ni
7.ia, cardinale e litolare della chiesa ili s. potè Antonio Ottoboni patrizio veneto,
Pdarco, ed inquisitore ossia della congie- già rettore di Fellre e di Crema, aggiim-
gazione del s. Ollìzio, destinazione prima gendovi il privilegio che tulli i suoi pri-
non mai avuta da un cardinale Venezia- mogeuiti discendenti avessero l'onom
iiOj e inutilmente bramala dal cardinal del cavalierato. <jrli furono destinati G am-
J'edcrico Cornaro, il che rimarca Lìiu- basciatori d'ubbidienza, acciò in pubbli-
556 V E N
co nome attestassero la comune censo-
Ifizioiie, cioè Antonio Griinani, Anj^elo
Morosini, Silvestro Valicro poi doge, Fe-
derico Marcello, tutti procuratori di s.
Mtirco, Sebastiano Foscarini cavaliere, e
il detto Giovanni Laudo. 11 Papa dichiarò
segretario di stalo Giaiubatlisla R.ubini
nobile veneto, vescovo di Vicenza e suo
pronipote, poi creandolo cardinale di s.
INlarco; l'ietro DralFi Lìartoli veneto, mae-
stro di camera; Mariano Gabrielli d' A-
«pjileia coppiere; il nipote d. Antonio
Olloboni generale di s. Chiesa; il figlio
(li questi e suo pronipote d. Marco, ge-
l'crale delle galee pontificie e governa-
tore di Castel s. Angelo; prelati comrnis -
sirii per i timori della peste, i patrizi
veneti e di lui parenti, Giorgio Cornaro
e Francesco Trevisan; nunzio di Vene-
zia, Giuse[»pe Arcliinto (nilanese, che lo
era di Toscani, poi di Spagna e cardina-
le. Nel suo breva pontificalo di circa i6
mesi creò cardinale, oltre il Rubini, il
[ìalrizio veneto Pietro Ottoboni suo pro-
nipote, vice cancelliere di s. Chiesa e le-
galo d' Avignone. Maritò la sua pronipo-
te d. Cornelia Zeno al principe d. Urbano
lìarberini. Dimostrò T amore che avea
alla repubblica di Venezia sua amatissi-
ma patria in più modi e in molli incotitri.
Primamente spedì pronti marittimi aiuti
nella guerra contro i ttu'chi, poiché ol-
tre le solite 5 galere pontificie, ne assoldò
7. (la'geuovesi, rinforzandole con altri va-
scelli e con 2, ODO soldati da siiarco, di
cui oltre i delti generali, era soprinten-
dente il cardinal Albani poi Clemente
XI. Gli concesse le decime e de' sussidii
per lo stesso fine, onde per memoria fu-
rono coniale due piastre di sedici scudi
d'oro nei 1 6go e nel 1 69 t col motto: Le-
i^ìone ad Bclliini Siicrum liistructa. Il
Novaes dice che Innocenzo XI annullò
l'antico diritto o meglio privilegio di e-
sigere tlagli ecclesiastici le decime, e clie
Alessandro Vili lo rinnovò. Con indul-
to s[)eciale di breve apostolico gli accor-
dò la fjcollìi di padronato e nooiiiiazio-
V EN
ne a tutte le chiese di huova conquista*
così nel Levante come nella Dalmazia e
neir Albania , del qual privilegio la re-
pubblica ne esercitò pienamente il pos-
sesso. Confermò e ampliò le prerogative
del primicerio delia basilica ducale di s.
Marco, ai modo rifeiito nel § VI, n. 2.
Canonizzò solennemente il [)roto [)atriàr-
ca di Venezia s. Lorenzo Giustiniani. Fi-
nalmente per la stima particolare che fa •
ceva della repubblica, nella persona del
gran guerriero serenissimo doge France-
sco Morosini, a mezzo di mg.' Michelan-
gelo Conti, poi Innocenzo XI li, gl'invio
l'uisegne dello Stocco e Berreltone duca-
le hcncdcUi , dono solito farsi a'somnti
principi e segnalatissimi capitani, i quali
abbiano promosso e falli ragguardevoli
acfpiisti in vantaggio e incremento del
cristianesimo, e difesa la cattolica religio-
ne. Il veneto storico contem[)oraneo Bru-
soni assicura, che non può dirsi bastevol-
menle eoa quanta riverenza e con quan-
to giubilo fosse dal doge, dal senato e dal-
la nobiltà veneziana ricevuto un testimo-
nio di onore sì singolare; godendo la re-
pubblica e gloriandosi di lauto padr.e e
benefattore, pe'priviiegi e onorificenze da
lui largamente ricevuti. Tuttora si eoo-
serva nel Tesoro di s. Marco lo stocco o
squadrone colla sua nobile cintura di vel-
luto, e lo notai nel descriverlo, nel n. 7
del § V. Tali msegtie volle il doge Mo-
rosini soprapporre ai [)roprio slemma, ed
anciie da altre parti ricevè alte dimostra-
zioni.Continuando nel i6qo la guerra con-
tro Solimano li I, al doge era stato sostitui-
to nella capitania generale il cav. Girola-
mo Cornaro glorioso per l'iujprese di Dal-
mazia. Proseguendoli blocco di Malva-
sia, in)portanle considerandosene l'acqui-
sto, la strinse d'assedio, ed allora teme-
rono i turchi la sua caduta, come unico
e considerabile avanzo del superstite pus-
seduto nel regno di Morea, onde non
mancarono per via di mare tentare soc-
correrla. Tutto riuscì inutilmente. La vi-
gilauza del general Cornaro che teneva
V E N
occupalo ogni posto, non permise loro dì
accostarsi alhi piazza, cui non meno del-
l'assalitore cominciava ad esser nemica la
mancanza dei necessario alimento; laon-
de dopo il rifililo di molte proposizioni,
vedendosi i tnrclii ridotti agli estremi, si
arresero a' io a£;osto con onorevoli con-
dizioni, cioè d'uscirne libera la gnarni-
gione cogli abitanti, con quanto ciascuno
potesse seco portare. In numero di circa
I eoo ne partirono e sopra 3 vascelli ven-
nero fedelmente tra^poilati alla Canea.
A' 12 il generale entrò nella piazza, dove
trovò 72 pezzi di cannone, oltre a molta
munizione da guerra, e lasciatovi a reg-
gerla Vincenzo Grilli con presidio e prov-
vigioni, ne partì. Scorse col grosso del-
l'armata una gran parte ilell'Arcipelago
io traccia della lurca , che vergognosa-
mente ne sfoggi l'incontro con asconder-
si ne'suoi porti. Non rinianendo al Cor-
naro per allora altro da tentale intpie'
mari, scrisse ad Alessandro Molin prov-
veditore generale della Dalmazia, ch'egli
disegnava d' attaccare la ragguardevole
piazza della Vallona iu Albania, accioc-
ché potesse soccorrerlo di genti e di le-
gni. Comparso l'i i settembre innanzi ad
essa , i Imchi vollero spaventarlo onde
non isbarcasse, facendosi vedere in nume-
ro di 9,000 sul lido, occupando i luoghi
più opportuni allo sbarco. Ma i veneti
senza lasciarsi imporre, sotto la buona
direzione del general Spaar, preseio po-
sto, e avanzandosi ordiiialamente costrin-
sero il nemico a ritirarsi neborghi. Di-
sceso a terra l'esercito, si divise in due
punti, uno a bersagliare la piazza, l'altro
marciò verso il campo turco in molla di-
sianza, ma i nemici tosto fuggirono cele-
reniente. Avanzandosi vigorosamente l'as-
sedio, i turchi di notte abbandonala la
vicina e valida fortezza di Canina, subi-
to l'occuparono i veneti, e poco dopo e-
spugnarono la Valloua, in ambedue tro-
vandovi i3o pezzi di cannone e abbon-
danti munizioni. Mentre il Coinaro di-
segnava r acquisto di Dui azzo e dilatava
V E N 557
molto li dominio veneto neirAIbania,sor-
preso da mortale febbre e fallosi ricon-
durre nella Vallona, vi moti dopo g gior-
ni con universale rincrescimento. Segna-
lò quest'anno il valore veneziano, Dame-
le Delfino capitano slraordinariodelle na-
vi, il quale ncir.'\ici[>elago so'Nlenue lun-
gamente col solo suo legno, dal vento se-
paralo dalla licita, l'incontro di 27 galee
turche, benché per un colpo di cannone
vi perde la mano sinistra. ]Nè riuscì a'tur-
chi d'impadronirsi del legno, per cui si
ritirarono a Metdino, insegnili dagli alti i
legni tiella flotta. Altri acquisti conside-
revoli li fecero i morlacchi iiell'Albanii,
a* quali il provveditore Molin aggiunge
quello di Vergoiatz, chiave della vicina
provincia. DiiU' altra parie gì' imperiali
nell'Ungheria e nella Croazia fecero con-
siderabdi acquisti, fia'qnali Canissa, che
mitigò il dolore di Leopoldo 1 per la mor-
te succeduta in Lintz del valor(JSÌssimo e
benemerito cognato Carlo V duca di Lo-
rena, sottenlrando nel comando il prin-
cipe Luigi di Baden. Però i turchi ricu-
perarono Nissa e Belgrado. L'imperato-
re riconobbe competere a Vittore Ame-
deo li duca di Savoia i titoli di re di Ci-
pro e di altezza reale, fino allora contra-
stati, ili." febbraio 1G91 d'8i anni morì
Alessandro Vili, con gran dolore de'suoi
veneziani, il cardinal nipote erigendogli
nella basilica Vaticana un sontuoso mo-
numento di bronzo e marmo, l'oco man-
cò che gli succedesse il concilladino b.
Gregorio canlinal Barbarigo, a pro[)osi-
fione del friulanocartlinal Colloredo, che
poi contribuì a' 1 2 luglio all'elezione d'In-
nocenzo XII, il quale continuò all'impe-
ratore e al re di Polonia i soccorsi per la
guerra luichesca, ed i veneziani 1' aiuto
delle sue galee e di quelle di Malta, con-
tinuando la sagra lega. iSel mese prece-
dente morto Solimano 111, gli successe il
fratello Achmet II. AlCornaro nel supre-
mo comando dell' armala fu surrogalo
Domenico IMocenigo, la cui prima riso-
luziotiQfuIa dibUuziuue di Canina,, che
558 V E N
non jiolcvasi sostenei'e dalle tDiie cle'liii'-
(:lii,etl alticltaiilo pensavasi faredellaVal-
loiia, che ad ogni costo i tin'jlii volevano
riprendere, iita non si fece in Iciupo, per
l'assedio da (|uesli postovi. La difesa e l'ag-
gressione furono ostinale e valorose, e do-
po spaigiuiento di sangue, i veneziani ne
pailiroiiocun railiglierie,iasciandoa'tLir-
c!ii un inuochiodi rovine. Scoiselo quindi
l'Arcipelago, senza incontrale la fluita tur-
ca come avrebbero braaialo. Per le quali
cose e pe'sojnuti dispendii, la repubblica
ormai desiderando la pace, l'ambasciato-
re inglese si esibì d'nilavolarla colla Por-
la. Magni(jre prosperila goderono l'arnii
inn)eriali in Ungheria, per diverse vitto-
rie ed acquisti; ed alcuni vantaggi ripor-
tarono ancora i polacchi. Lo stendardo
dei gran visir, preso nella battaglia diSa-
laukenien, I imperatore lo donò al Papa,
il quale era lutto intento a pacifionre le
guerre d'Italia, e quelle che Luigi XIV
continuava contro Leopoldo I. Anzi quel
re nel 1692 pel conte di Uabenac tentò
la repubblica e altri prìncipi italiani ad
unirsi a lui contro rim[)eratoie; ma inu-
lilmeiile, fervendo tuttavia la guerra col
turco. I veneziani ricevuti i solili aiuti del-
le galee papali e maltesi, e dopo aver per-
duto per tiadimento la fortezza delle Ca-
mbuse, situata in faccia a Candia, e non
lontana da quelle di Suda e S[)inalunga,
volendo il loro general Wocenigo com-
pensarsi della perdita col riacquisto del-
la Canea, a'i 7 luglio vi sbarcò le truppe.
I principii dell'assedio riuscirono felice-
mente e pronjeltevano fortunato esito. Si
prese il forte di s. Teodoro , una mezza-
luna e un rivellino, the costò la vita al
general SainlPoI. Trallavaiio i turchi di
arrendersi, quando da lungi videro veni-
re 10,000 soldati iu loro aiuto, e quindi
per Iu defezione degli sfaccioti , abitanti
de'dinlorni, rinato l'ardire ne'turchi, fe-
cero una sortita con istrage de'crisliani,
per cui i veneti si ritirarono dall'assedio,
passando qua e là a sostenere alcune fazio-
ni, ed il geueral Muctuigo soggiacque a ri-
V L N
chiamodal comando dell'anni, e fu man-
ilato podestà a Vicenza. Gl'imperiali ot-
tennciosuccessi e presero Varadino inUii-
gheria, e poche operazioni fecero i polac-
chi. Nel I (3g3 si trattò seriamente nel mag-
gior consiglio la scelta d'idoneo capitano
generale per sostenere il proseguitnenlo
della guerra, ed i più concorsero a nomi-
nare il glorioso doge Morosini conquista-
tore (.Iella Morea e terrore de' turchi. Si
sciis?)egli colla sua avanzata elùdi 74^""
ni e la sua salute divenuta cagionevole; ma
rinforzale le preghiere, infine egli si of-
frì di sagrificare il resto de'suoi giorni iti
servigio della patria, onde per la 3." vol-
ta fu eletto capitano generale. Grandi pre-
parativi si fecero per la sua partenza, la
quale perciò ritardò, e gran tempo impie-
gando nel lungo viaggio, giunto in Levan-
te i turchi si ritirarono. Per questo e per
prendere le disposizioni per assalire Ne-
groponte nel venturo anno, ed anco per
cercare inutilmente la flotta turca, non
ebbe occasione alcuna di segnalarsi.! tur-
chi nellaDalmazia assediarono Veigoralz,
ma il colonnello Canagietti, speditovi in
soccorso dal Delfino provveditore di Spa-
latro, ne interruppe i disegni, trionfò su
di loro, fugandoli e uccidendone moltissi-
mi. In Ungheria l'armi imperiali progre-
dirono sufìicienlemente, e nulla fecero i
polacchi ed i russi. Nel cominciar del ver-
no si recò il doge uel porlo di Napoli diKo-
mania, e sul finire del i 6g3 colto da mor-
tale infermità, rifluito di fitiche, di sua
laboriosissima vita, vi morì a'6 gennaio
i6g4, con la doglia di non aver potuto
compiere al vantaggio della repubblica i
suoi guerrieri divisamenli. Deposti nella
chiesa i di lui visceri 0 precordii, il cor-
po imbalsamato giunto iu patria, fu tu-
mulato in s. Stefano uel mezzo del tem-
pio, poco lungi dalla porta centrale, sot-
to sigillo sepolcrale scolpito da Filippo
Parodi, di cui sono gli ornamenti in bron-
zo. Il suo busto marmoreo fu nel i 847 ^"
retto fra quelli di altri illustri veneziani,
nella loggia del palazzo dncale, di cui la
V E W V E N .'rT,)
parele Jl fronlealla porlo della sala citi- tura navale, tarilo vagliegginla (.lall'int-
lo Sciulinio è decorata di un arco Irion- jieiatoie Pietro 1, per tlTetlnaie colla ma-
faie eletto a lui dai senato nel iGf)4 stes- lina militare le sue vaste idee di cou-
so, forse artliilellato da A. Tirali, con pil- ijuisle. Dopo la nioiie del doge IMoinsi-
ture egregie di Gregorio Lnzzarini, espri- ni, si alììdò il comando su[)reujo dell'ar-
inenli i suoi fasti militali. Di questo eroe mala ad Antonio Zeno, ch'era generale
scrissero:Giovanui Oraziani, Ge.9/rt7'><7/i- della JMorea. Allestito questi senza frap-
cisci i\Inui ocelli, Vcnctia rum Principisi porre dimora lutto il navilio, unitesi a
Pataviii 698. Ivi ne pubblicò la ^/Vrt', iti- Ini le galee pontificie e de'cavalieri di
mala migliore della precedente , Anto- jMalta, jmdò in traccia della flotta turca,
nio Arrighi nel 1749- — Silvestro Tu' ch'era già uscita dal porto de'Dardanel-
litr CIX doge. Nato dal doge Derlucci e li; ma questa appena n'ebbe sentoi e, si
da Benedetta Pisani, cavaliere e [)rocu- ritirò ne'suoi porli, e die'molivo al Ze-
ratoredis. Marco, era stato uno de'G se- no di concepire allra impresa. Si propo-
nalori che nell'elezione del piedecessore se il considerabile conquisto dell'isola di
furono ballotlali pel dogado , pel qual Scio, chiamala il Paradiso della Gre-
confronto è manifesto di quanta estima- eia. A'7 settembre i6c)4 giunse in faccia
zioiie si fosse, onde lui morto gli occhi di dell'isola, dove sbarcate le milizie sotto il
tutti si fissarono suIYalier, ed a'aS feb- comando del pur nuovo general Sleinau,
braio I Gr)4 l'^l'^^S'^'o tloge. indi a'27 del- fu preso incontanente senza contrasto il
lo stesso venne coronato, e dopo di lui fu Castello di mare, lasciatasi libera l'usci-
eziandio coronata dogaressa la sua mo« la a' 200 turchi del pre'^idio. Quindi si
glie Elisabetta figlia di l*aolo Quirini prese il borgo e il porto; e la città, elio
Slampalia. A quest'ultima magnilicaso- sola rimaneva per liniera conquista, fi-
lennità intervennero il senato,» deputali nalmente si arrese a' 1 5 settembre, u»cen-
delle Provincie suddite, gli ambasciatori done 3 giorni dopo i 0,000 tmchi, de'ipia-
dell'eslere polenze,chearingarono la prin- li 3, 000 abili alle armi, avendo ottenuto
cipessa uelia sala del Collegio. Non eiasi sicuro convoglio sino a Cisine neil' Asia,
veduta più magnifica pompa do[)0 quel- Prima di loro n'erano sortiti i vescovi la-
la de'4 maggio 1097 celebrala per la do- lino e greco. Acquistai omo i veneti 100
garessa Morosina Morosini, che descrissi cannoni di bronzo,e liberaronogli schiavi
nel dogado 89.% ma là prudenza de'pa- cristiani. La presa di Scio accrebbe la re-
dri aboh con legge questa funzione un pulazione a'veneziani, ed assicuiò ;illresi
tempo tollerata (ne li ovai 5 esempi, con il possesso del regno della Morea la vitto-
questo, che descrissi a' loro luoghi, os- ria (head Argo ieliceiiiente si oltenne.Vi
sia ne' dogadi 66. °, 68.°, 82.", 89.°, ol- si era avanzalo con un grosso esercito tli
Ire quelli dell' 85.° e i 18.°, quanto al- turchi il seiaschiere dell.» Abjrea.La vigi-
l'uso del corno ducale), n^a non confa- lauza d'Antonio ÌNbdin generale dell'iso-
centesi alla semplicità de' costumi re- le , e di Pietro Dtiodo provveditore del
pubblicani. In quest'anno 1694 si con- regno, ne cacciò i i)arbaii da'connni, do-
fermò la legii Ira la repubblica, l'impe- pò averli iti una battaglia sconfitti. Ne
latore e la Polonia, cui nel 1696 si ag- qui terminarono i prosperi successi della
giunse anche la Paissia , la quale in tale \eiieta republilica , in quest'anno, dopo
circostanza,dice il Casoni (il quale in que- aver minacciato Smirne. Daniele Delfino
sto dogado termina le sue biografie de'do- pio v vedi loie generale della Djlmazia, di -
gidi A cnezia,di cui mi giovai),chiese e ol- segnò l'attacco di Ciclut, fortezza nola-
tenne esperti operai veneziani, che in quel bile dell'Eizegovina, alla destra del fiu-
nascenle icupeio iuseguarouo l'architet- me Narenla, paco dislanle dal mare, si-
»6o
V EN
tunla soprn colline piessocliT; iunccosslM-
li. A'i(^> giugno l'assediò, ed a' 20 l' cblie
in polere, uscendone 5oo soldati e circa
3,000 abitanti. Riusc'i di somma gioì ia al
provveditore Delfino l'acquisto di questa
piazza, ma gliene derivò maggiore per
conservarla. Due volle in quest'anno i
turchi l'assediarono, perchè con tal per-
dita si vedevano tolta la comunicazione
tra la Bosnia e l'Erzegovina, e due vol-
te con mollo lor danno e vergogna furo-
no costretti a ritirarsene, cioè nel luglio
e nell'oltohre, ad onta di tulli i loro sfor-
zi. Indi i veneti espugnarono la rocca di
Ciobuch. Nell'Ungheria e nella Croazia
gl'imperiali presero alcune piazze, ed i
turchi sciolsero l'assedio di l'elcrvaradi-
110. I polacchi riportaiono grossa vitto-
ria, ed i russi loro alleati si limitarono a
strepili.Neli6g5 morto il sullanoAchmet
JI, gli successe Mustafà li. Neil' Arcipe-
lago, due fiuouo gl'incontri dell'amiate
tra'veneti e turchi. 111." stguì in vicinan-
za di Scio, che la sopravvenuta notte fe-
ce restare indeciso, e 3 navi veneziane an-
darono in aria pel fuoco che miseramen-
te vi si attaccò. Il 2.° accaduto in poca
distanza, sorfi felicissimo esito, colla fu-
ga delie navi turche, già disperse e mal-
concie. Non molto dopo fu dal capitano
generale risoluto l'abbandono di Scio,
sapendo che il sultano voleva ricuperar-
la con poderose forze, anzi secondo Mu-
ratori patì pure una sconfitta, che il Hru-
soni non riferiscej il che obbligò il senalo
a richiamare lo Zeno dal cocnando, e lo
contlannò a'ferri a vita, e con esso i due
provveditori dell'armata I^ietro Quirini
e Pisani, oltre altri ufliziali a carcere trien-
i)ale,che mal aveano corrisposto alla pub-
blica espettazione. Fu invece nominato
generale Alessandro Molin, già provve-
ditore generale di Dalmazia. Indi nella
bcittaglia d'Argo ottenne conipiula vitto-
ria contro Ibraim pascià di Negroponte
e seraschiere della Morea, che comanda-
va 18,000 turchi. Uscito poi il ÌNIolin in
traccia della flotta turca, l' incontrò uel
V EN
canale di Scio, la pombattè, le alTonilò due
navi e l'avrebbe disordinala interamen-
te se la notte non gli avesse improvvisa-
mente strappata la vittoria. Tutlavolla
l'otteime do|)o 3 giorni a' i 7 setlend)re. I
legni de'turchi presero la fuga, e dilllcil-
n»ente si sarebbero salvali, se un istanta-
neo vento insello non avesse ioApedito in-
seguirli all'armata sottile. Il rinomato pa-
scià Mezzomorto che la comandava ebbe
la nave fracassata e si rifugiò a Feccliio,il
resto della flotta nell'isola d'Orlac ed a
Smirne, dopo aver veduto affondar G na-
vi crivellate dall'artiglierie venete. Gl'im-
petuosi venti obbligarono il Molina ripa-
rare ne'porti della Morea. Il Delfino nel-
la Dalmazia si difese da'lurchi, e ripoilò
alcuni vantaggi, ma vantaggi tutti da non
compensare la dolorosa perdita di Scio,
ripresa dal pascià Mezzomorto. L'armi
imperiali in Ungheria fecero gravissima
perdita, per la morte del valoroso urbi-
nate generale e maresciallo Federico V^e-
terani, conquistatore della Transilvania,
nel fiero combaltimentocontroMustalà II
checomandava numeroso esercito. Le scis-
sure de'polacchi gl'impedirono dal canto
loro d'operare, ma 70,000 russi final-
mente vinsero battaglie e fecero alcuni
acquisti. NeliGcj6 i veneziani si conserva-
rono senza segnalate fazioni guerresche,
lianne l'aver il Molin a' 9 agosto com-
battuto la flotta turca ad Audros, coman-
data dal pascià Mezzon)orto, senza risul-
tato per la venuta notle, bensì pe' danni
ricevuti fuggì vilmente nel dì appresso. I
veneti nella Dalmazia tentarono d'espu-
gnare Dolcigno nido de'corsari in Alba-
nia, infestatori dell'Adriatico ; ma tutti i
loro sforzi non riuscirono. Intanto il sena-
Io faceva alli lamenti vedendo ioìpiegale
tante cure e tanti tesori, senza proporzio-
nati e corrispondenti risultati. In Unghe-
ria ricomparve il sultano bramoso di se-
gnalarsi in qualche grande impresa, ma
non ebbe luogo, solo combattimenti con
reciproche perdile, anche di capitani. La
morte di Giovanni ili re di Polonia im-
VEN
pedi di agire a' polacchi, e diversi van-
taggi riportarono i russi con alcuni acqui-
sti. iNeli6g7 segui fra le uavi grosse de'
■veneziani, uuile alle solite del l'apa e di
Malta, contro quelle de'tuichi (lerissimo
navale combattimento a'G luglio nell'ac-
que di Lemno e di Troia. Questo si mo-
sti ò pure il i.° settembre vicino ad An-
dros, in cui i turchi, capitanati dall'aslu-
lo pascià Mezzomorlo, si posero in fu-
ga, dopo averlo sostenuto per 4 ore con-
tinue. Anche all'istmo di Corinto, dove i
turchi si erano ingrossati con isperanza
d'avanzamento, furono vinti e battuti, ri-
tirandosi il seraschiere a Tebe con suo
danno e del pari con sua vergogna. La
più fiera battaglia però fu quella de'20
settembre fra le navi delle due armale,
che durò sino a notte, da cui partirono
i conquassati legni turchi e tali da non
esser più in istato di veleggiare, non che
di combattere. Al fine della campagna, il
senato, al capitan generale Molin, sostituì
Jacopo Cornare, che parl'i da Venezia ver-
so il 29 ottobre. I veneziani chiusero con
grossa muraglia, alternala da forti e da
ridotti, l'intero istmo di Corinto, onde im-
pedire a'turchi le scorrerie nella peniso-
la. In Ungheria con felici successi il go-
verno dell'armi imperiali fu affidato al ce-
leberrimo Eugenio di Savoia e conte di
Soissons, già distintosi nella guerra d'I-
talia; alTrontato da' turchi, col loro sul-
tano Mustafà il in persona, il nuovo ca-
pitano riporlo presso il Tibisco la strepi-
tosa vittoria di Zenla, colla fuga del sul-
tano, che vi perde lo stendardo, il padi-
glione e il tesoro.Così si assicurarono l'Un-
gheria e la Transilvania, e sui turchi si
fecero altre ricui)ere nella Bosnia. I po-
lacchi preoccu[)ali nella dieta per l' ele-
zione del re Augusto II di Sassonia, già
comandante iin[)criale in Ungheria, poco
operarono a danno de'turchiji quali fecero
inutili sforzi per togliere a' russi il per-
duto al Tanai e al Coristene, anzi ven-
nero da loro battuti e dispersi. Entrò l'an-
no 1G98 con vasti a[)parali di guerra, ma
VOL, XCII.
VEN 5ùi
terminò colle trattative di pace acuì in-
clinavano le parti, cioè la repubblica per
l'immense spese sostenute, l' imperatore
per la vacillante salute di Carlo II redi
Spagna, che rendeva imminente la guer-
ra per succedergli, e il sultano pe'clamo-
ri de'suddili e dell'esercito sgomentati da
tante sanguinose perdite. Nondimeno a'3
settembre, dice il Brusoni, ed a'2 i il Mu-
ratori, nell'acque di Metelino il Delfino
disordinò in un combattimento il navilio
turco, poiché l'accorto Mezzomorto col-
la solila tattica di schivare i decisivi ci-
menti, battè a tempo la ritirata. Inoltre
i veneziani bruciarono il paese nemico
per terra, e imposero contribuzioni col-
le scorrerie di mare in varie contrade de'
turchi. Queste furono le ultime azioni
nella presente guerra. Dopo aver l'am-
basciatore inglese lord Fagel fatto aper-
ture pacifiche a Coslaulinopoli col gran
visir Cusseio o Hussein, stabiPi per piano
di tregua e pace, che tanto l'imperatore,
i veneziani, i polacchi , i russi, quanto i
turchi, restassero possessori di tutto quan-
to avevano conquistato negli anni prece-
denti. Se ne mostrò pago il divano, e no-
minò i plenipotenziari, per Io scelto luo-
go di congresso, Carlowilz nel Sirraio,
dopo convenuta la tregua temporanea. A.
questo la repubblica inviò il senatore e
cav. Carlo Ruzzini , poi doge, con Gio.
Battista Nicolosi suo segretario, Rinaldo
Carli interprete, e il d.' Lorenzo Tundra
di Zara per lecosedella Dalmazia. I rap-
pi esentanti inglese e olandese, quali me-
diatori nel congresso spianarono ledidl-
coltà per determinare i confini delle par-
ti e la demolizione di alcuni forti e piaz-
ze. Le difficoltà fecero progiedire il con-
gresso in tutto il 1698, finche nel seguen-
te iGgg in Carlowilz si convenne e sot-
toscrisse una tregua di 23 anni fra Leo-
polilo I imperatore e Mustafà II sultano
de'turchi, come pure la pace tra questo
ed i polacclii. Poiché insorsero contro-
versie fra'minislri della Porla e CarloRuz-
ziui plenipotenziario veneto, mentre que-
36
r>G7 V E N
sii clifTeriva l'accorisenliio ad alcuni pun-
ti, i plonipolenziari imperiale e polacco,
e i inefliafoii inglese e olandese slipnla-
rono essi In concordia fra la rcpuhhlica
Acnetae il sultano, nella forma che si po-
tè oUenere, nondimeno con gloria e van-
taggio del nome veneto, al modo descril-
lo i>ella Storia Veneta del senatore Pie-
tro Garzoni e da altri cronisti. Ma non
(u specificata la durala della tregua , il
tlie dopo apprensioni del senato fu stabi-
lito alquanti mesi appresso. Per quest'ac-
cordo restarono i veneziani in possesso e
dominio del regno di RIorea , coli' isole
(l'Egiiia e s. Maura; e nella Dalmazia e
Albania di Castel Nuovo, Risino, Knin,
Sing, Ciclut e Gabella. In tal modo i ve-
neziani abbandonarono solanìente il pae-
se e le città delle quali eransi impadro-
niti al di là dell'istmo di Corinto. Ma in
sostanza non raccolsero propriamente i
vantaggi che lor facevano sperare le mol-
teplici riportale vittorie, e l'osserva il Mo-
scliini nel Compendio delV istoria vene-
ziana.Fiì poi ratificala questa tregua dal
Piuzziui a'26 gennaioiGgg, e dal senato
a'y febbraio. Pietro I czar di Russia pre-
ventivamente avea concluso una tregua
di due anni, prorogata poi a 3o anni.
Grandi e magnifiche allegrezze si fecero
in Venezia per il glorioso fine di sì lun-
ga e costosa guerra. Ed Innocenzo XII,
che neliGqy avea avulo la consolazione
di veder stabilita la pace fra la Francia
e r impero, e gli altri principi cristiani,
ebbe parimenti la contentezza di veder
depressa la potenza ottomana e assicura-
to il crisllanesimo dalle sue armi. Ma or-
mai i cristiani, alle fanatiche masse turche,
seguaci solo de'Ioro modi di guerreggiare,
opponendo la nuova tattica n)ililare, la
scienza ausiliaria del valore, manifesta ap-
parve la loro superiorità. Dichiara il conte
Girolamo Dandolo: Se parve a taluno ve-
der ristorarsi la fortuna de'veneziani, pel
conquisto del vasto e ricco dominio del-
la Morea , non fu quello che una breve
illusione, una passeggera racteoraj dovu-
V E N
la ccrtammle in gran parte al valuie deb
l'armi venete, ma in gran parte eziandio
alla necessità in cui trovarousi i turchi,
di dividere le loro forze , per afTrontare
il contemporaneo assalimenlo delle po-
tenze colìegale colla repubblica. Giunto
il doge Vaiier all'estremo giorno suo, ces-
sò di vivere a'5 luglio 1 700, in età di 70
anni, ed ebbe toml)a nel tempio de' ss.
Gio. e Paolo, ove neh 708 grandioso mo-
numento venne innalzato in memoria di
lui, del doge padre e di se stessa dalla
dogaressa coronata sua moglie , colle 3
statue esprimen-ti ciascuno di loro.
38. AU'ise JI Mocenigo CXdoge. La
religione e la giustizia, celebrate nel di lui
elogio ftmebre dal p. d. Leonardo Bo-
iietti somasco, furono le virtù che il sol-
levarono al trono a' 16 luglio 1700, co-
me osserva il eh. GiannantonioMoschini,
l>iografodi questo doge e di lutti i di lui
successori, ma compendiosamente. Così
egli era esemplare della vita e de'costu-
ii)i in grado di onore, che quantunque
eccel80,nori però domandava altezza d'in-
gegno. Avea battuto la carriera de'magi-
strati, avea governalo qualche provincia,
e sempre si fece onore, poiché non vole-
va se non 1* equo e il giusto. Il Papa In-
nocenzo XII, dopo aver crealo cardinali
i patrizi veneti: Gregorio Cornaro, ad i-
stanza della repubblica (mentre era nun-
zio di Lisbona, la quale non godeva an-
cora la prerogativa che il suo nunzio fos-
se elevalo alla porpora), fialello del se»
guentedoge; Vincenzo Grimani, ad istan-
za dell* imperatore, che avea pacificalo
col duca di Savoia; e Daniele Marco Del-
fino; rese la bell'anima a Dio a' 27 set-
tembre! 700, e dopo un mese e 26 gior-
ni gli successe Clemenle XI Albani, la
cui famiglia fu poi aggregala alla nobil-
tà veneziana. Nel i,° giorno dello stesso
mese era morto Carlo II re di Spagna,
avvenimento fecondo di tante e lunghe
guerre, e di tanti mutamenti politici de-
gli stati d'Europa, e altre parli del mon-
do, a uiolivo della formidabile e clamo-
V E ìN
iosa disputa clelln successione alla mo-
narchia spagniiola cui erano annesse ?2
coroue, fomite di deplorabili e lunghe
guerre, di cui ragionai dicendo delle po-
tenze che le fecero. Innanzi tal morte e-
rasi progettato da Cosimo III a Inuocen-
zo XII, nella sua venuta in Roma, una
lega tra il Papa, i veneziani, il duca di
Savoia, il granduca di Toscana, il duca
di Mantova, quello di Parma, per la quie-
te d'Italia. Non ebbe effetto, imperocché
i principi della lega contro il turco, pre-
sero impegno di tosto pacificarsi appun-
to per attendere unicamente alla guerra
che stava per accendersi, ed i veneziani
si proposero neutralità armata, ricusan-
do la lega italiana. Avendo l'imperatore
disgustato Innocenzo XII, per sostenere
le pretensioni del suo ambasciatore Mar-
tinitz, e quelle su certi feudi creduti im-
periali, ed esistenti nello stato papale, con-
sultando Carlo II quel Papa sul testa-
mento, pare che Io consigliasse a prefe-
rire alla linea austriaca di Germania, ed
all'arciduca Carlo figlio di Leopoldo 1, il
parente nipote di Luigi XIV redi Fran-
cia , che fu Filippo V. Non si volle che
la potente casa d'Austria in Italia conse-
guisse il ducato di Milano, i reami di Na-
poli e Sicilia, oltre quello di Sardegna,
ricordandosi le avanie commesse nell'td-
timc guerre dagl'imperiali co'popoli d'I-
talia. Dall'altro canto si considerò, che
conservandosi la monarchia spagnuola
con un principe francese sul trono, Fran-
cia non avrebbe inquietato né dessa, né
i principi italiani, contenta di veder de-
pressa l'Austria, antico suo proponimen-
to. Per queste vicende politiche, volendo
anche ilPapa conservarsi neulrale,ncl suo
possesso non v'intervennero gli ambascia-
lori, e neppure il cav. Morosini di Vene-
zia, per istruzione della sua repubblica, la
quale seguiva le pretensioni dell'ardito e
piesunluoso Mai tinitz, di non voler ince-
dere col Governalore di Roma, a spalla
col Principe assistente al Soglio. E qui
aggiungerò, che dipoi nel 1 707 Giambal-
V E N o65 -
tisla Nani ambasciatore di Venezia nel-
la cappella pontificia, seguendo le pedalo
del borioso Martiuitz , non volle passar
la Pace della messa ad un contestabile
Colonna principe assistente al soglio. Ma
Clemente XI, non tollerando tanta ingiu-
ria alla sua presenza, ordinò che non più
s'invitasse alle cappelle l'ambasciatore di
Venezia, se non praticava l'antico siste-
ma ; onde il Nani avendo domandata i-
struzione al senato, gli fu ingiunto par-
tire da Roma senza prender congedo dal
Papa ! Così terminò la decorosa assisten-
za al trono del Sommo Pontefice d^gli
Ambasciatori (f-), nelle Cappelle pò -i-
tijicìee uè Concistori pubblici Si gl'impe-
riali, sì i francesi , appena morto Carlo
II, per la strepitosa guerra che andava-
no a intraprendere , procurarono viva-
mente di avere al loro partito nell' Ita-
lia la repubblica di Venezia , la quale
non amando le vittorie, e bramando che
rimanesse avvilito colui che più vincesse,
come si esprime Moschini, non ci si volle
icnmischiare, ristrettasi soltanto a tenere
in piedi un'armata che la proteggesse d'o-
gni insulto straniero, e sostenesse la li-
bertà del golfo. E perché il veneto cardi-
nal Ottoboni, pronipote di Alessandro
Vili, da Luigi XIV fu fatto protettore
di Francia, ed erasi impegnato col nipote
Filippo V perchè lo fosse pure di Spagna,
che però non potè ottenere per riguardi
politici di non doversi unire le proteltorie
di tali due corone; per detta prolezione
si disgustò la patria repubblica egli se-
questrò le rendite che aveanel dominio
veneto, finché poi si sopì l' inquietudine.
Qual protettore di Francia, teneva un
palazzo a piazza iVavona con l'arme del
regno, (love faceva abitare la sua funiglia,
egli dimorando nel [)alazzo della Cancel-
leria. Commosso Clemente XI da' mali
che sovrastavano all'Europa e le calamità
cui doveano piombare sidl' Italia, e ia
fatti ad onta di su.i pruilenle neutralità
egli e il suo stato non poco ne soffrirono,
esili alle discrepanti corti la sua media-
564 V E N
zione, e quella eziandio della repubblica
ili Venezia, ma senza successo ; e versola
primavera tiel 1701 cominciarono a ca-
lare truppe francesi in Italia a fine di di-
fendere per Filippo V lo stalo di Milano
contro gì' imperiali. Carlo ili duca di
]\inntova, per aver ammesso nella città
presidio gallo-ispano, fu dichiaralo ri-
belle all'impero, e poscia perde tulli i
suoi stati occupali dagli auslrifici, e infe-
licemente morì a Padova, estinguendosi
con lui la linea de' Gonzaghi duchi di
Mantova. Nel 1 704 indeboliti i tedeschi e
ridotti al di là del Po, a mantenere alme-
J10 la comunicazione colla Germania, for-
lificaroiio Serravalle, Ponte Molino e va-
ri posti sotto Legnago nel tiorainio ve-
neto, che per ciò si vide esposto anche
alle armi francesi che assediarono Serra-
valle. Di più i tedeschi entrarono nel lire-
sciano, fortificandosi a Gavardo e Salò
sul lago di Garda ein altriluoghi. Poche
sono le nazioni ei principi, che nelle pro-
sperità sappiano conservare la modera-
zione. Poiché allora i francesi parlando
alto, prelesero di obbligar la repubblica
veneta ad impedire l'ingresso e la dimo-
ra ne'suoi stati alle truppe austriache. E
siccome la saviezza del senato, risoluto di
conservare l'adottata neutralità, rispose
con non minore colaggio, e vieppiù rin-
forzò i piesidii delle sue piazze; allora il
gran priore di Vendòme, comandante
francese, per forza entrò in Montechiaro,
Calcinato, Carpcnedolo,Desenzano, Ser-
inione e altri luoghi, e non si guardò di
fare altre insolenze e danni a cjuelle vene-
te contrade, finché arrivò il verno che mi-
se freno alle operazioni militari. Queste
precarie occupazioni di territorio e gravi
danneggiamenti recali da' belligeranti si
rinnovarono più volle. Nel 1706 perchè
il principe Eugenio di Savoia, generalis-
simo dell'imperatore Giuseppe I, sboccò
di nuovo sul V'eronese, il Vendòme cor-
se colle maggiori forze ad accamparsi in
vicinanza ui Verona, eslese le sue genti
lungo l'Adige, per impedirei! passaggio
VEN
agl'imperiali. Tndi con preleslo che i ve-
neziani prestassero e potessero in seguilo
dar aiuto alle truppe imperiali, alzò de'
fortini contro Verona, minacciando essa e
il senato se non usciva di neutralità. Spin-
ti da sì fatte violenze, i veneziani accreb-
bero i loro armamenti, e risposero con
energia a' francesi, senza mai dipartirsi
dalla presa risoluzione di non voler ade-
rire a partilo alcuno. A questo fineavea»
no stretto legaa'2 gennaio collecittà sviz-
zere di Berna e Zurigo. Nel 1702 avea
Clemente XI accordalo a'novelli vescovi
di Moiea, presentali dalla repubblica al-
la s. Se\\e per l'instiluzione canonica, che
fossero esenti dall'/sy^A/ze e dispensali dal-
l'essere consagrati io Roma, ma doversi
fare di loro il consueto processo da man-
darsi a Roma dal nunzio di Venezia. E
nel 1706 il Papa secondo il solilo confe-
rì il titolo di cavaliere all' ambasciatore
veneto Francesco I\lorosini,alla presenza
di diversi cardinali nazionali, egl'impose
al collo la coi/<7»^rZ'oro (come leggo nel-
l'originale descrizione ms. della funzione
del tnaeslro di ceremonie mg."^ Cassina,
che la diresse; e non la cìdave d'orOy co-
me pur leggo neir altro contemporaneo
Cecconi aeWiario zV/on'co, Roma 1725,86
pure non è fallo di stampa: sia comunque,
qui pure arroge quanto dissi nel voi. XC,
p. I Sq) colla medaglia simile, nella qua-
le da un lato si vedeva il Salvatore por-
tante la Croce, e dall'altra il ritratto del
Papa : il contestabile Colonna gli cinse la
spada,ed i marchesi Cavalieri e Aslalli gli
posero gli speroni.Quesliela spada,secon-
do il consueto, avea mandati l'ambascia-
tore. Di più Clemente XI nel 1706 creò
cardinali j patrizi veneti Pietro Priuli,
per avere ricevuto dal suo pro-zio Ales-
sandro Vili la poipora cardinalizia ; e
Gio. Alberto Badoario patriaica di Ve-
nezia, trasferendolo al vescovato di Bre-
scia, per far fronte coll'aposlolico suo ze-
lo agli er rori degiansenisli, di cui fu sem-
pre il flagello, per averli ivi disseminati
il famoso Beccarello, e si oppose pure al-
VEN
5'ei'elico Picinino, che faceva allrellanlo
con ispargere il veleno de'siioierioii. Più
tardi Clemente Xi fece pure cardinali i
patrizi veneti Alvise Friuli, stato i3 an-
ni uditore di Rota per la sua nazionej e
Gio. Francesco l'aibarigo, perfetto mo-
dello del b. cardinal Gregorio suo zio.
Bicavo dal Cancellieri, Notizie di Fede-
rico IP' re di Danimarca, che questo
monarca col nome di conte d' Oldem-
hourg viaggiando, per non essere d'inco-
modo agli altri principi, negli ultimi gior-
ni di dicembre 1707 (meglio a'2f) dicem-
bre 1708, e vi SI trattenne sino a parte
della quaresima) giunse a Venezia. Il se-
nato non ostante gl'invio per onorarlo 4
senatori cavalieri della stola d'oro, i qua-
li nel soggiorno di due mesi, che vi fece,
l'accompagnarono, servirono e sempre
cercarono di fargli godere, non solo i di-
vertimenti pubblici del carnevale, ma an-
che i particolari, fatti a posta per lui, in
segno di distinzione ed onore. Gli prepa-
rarono feste di ballo in case de' nobili,
riccamente e splendidamente addobbate,
e gli diedero il divertimento di alcune
corse di barchette o peote bene ornale,
nel Canal grande, con promessa di largo
premio al vincitore. Nell'Arsenale furono
alla sua presenza gettati e fusi 3 cannoni
di bronzo, lon sopra l'iscrizione coiran-
no e il nome del regio ospite, i quali a
lui donati dalla repubblica, glieli mandò
a Copenaghen sua capitale. In tutto il
tempo cheli re si trattenne in Venezia,
lu un freddo e gelo cos'i insolito e gran-
de, che ninno ricordava l'eguale, e forse
iieppur si trova scritto esser mai stato un
tanto aspro e rigido inverno : talché fu
detto scherzando, parere, che il re di
Danimarca avesse portato seco il i^elo
del settentrione. Dopo aver goduto i di-
vertimenti di Venezia, passò alla sfuggi-
la [)er le città di Lombiudia. Ed eccoci al
termine del tlogado di Aloccnigo. La sua
religione il rendeva munifico colle chie-
se; e in grandiosa facciala di s. Eustachio,
iapielra istriana, fu l'ultima delle pub-
V E i>f 56j
bliche religiose opere comandale e sup-
plite col suo pecidio (perchè eretta per
suo legato nel 1709). Cioè ben altro, os-
serva il biografo Moschini, che raccoman-
darlo alla posterità nella maniera che si
era fatto nel Protogiornale d^-W anno
1795, dicendovisi soltanto che, lui duce,
venne a Venezia il re di Daniinaica, e ge-
laronoIeLagune (apjìrendo pure dal Can-
cellieri, che tale rigidissimo verno tornò
a molestare Venezia nel i7S2,incui ven-
nero in questa città gl'illustri viaggiatori
Conti del iVord, essendosi detto anche al-
lora, che il Nord viaggiava versoli Sud,
per l'acutissimo freddo di quella stagio-
ne). M'istruisce {'Arte di verificare le
date, che le Lagune nel 1 709 dal rigido
freddo ne furono gelale a vari pollici di
grossezza, fenomeno di cui, secondo Lau-
gier, non aveasi avuto esempio fino allo-
ra; n)a la stessa cosa eragià avvenuta nel-
l'SgG, se stiamo agli annali di Fulda.
Dice Muratori, per essersi congelata tut-
ta la Laguna di Venezia nel 1709, con
grave incomodo della città, su pel ghiac-
cio si dovea portare luttociò che con tan-
ta facilità si suole [)0i tare per barca (l*er
analogia noterò, che sarà memorando
per Venezia il 5 novembre i858 per l'in-
solita copiosa neve caduta, e tosto il ve-
neto arcade Eterodante Termidio com-
pose questo epigramma. Aacìie da pla-
cida - cadente neve := La gran nne~
già - beltà riceve. ■=. Così, sia misero -
o lieto il fato, =: Del saggio V animo -
sempre è beato. Si legge nel Giornale
di Roma degli i i novembre i858.'» Do-
po 8 giorni di tempo orribile, di vento,
di freddo e di pioggia continuala, dice il
Piceno d' Ancona de'5 corrente, questa
mattina il sole in tutla la sua magniiìcen-
za liflelteva i suoi raggi sulla terra co-
perta da un palmo di neve caduta nclli
notte. [Memoria <r uomo non rammenta
die nelle contrade di /\ncona la neve sia
caduta ne'primi di novembre. E più sor-
prendente fu per Uoma il vedere ieri la ne-
ve cadere a grandi fioohi per più di un'u-
>G6
VE N
ra. Nessuno ricorda che a' i o Doveaibie
sia nevicalo in Roma, dove in questi gior-
ni il freddo, avuto riguardo alla stagione,
fc sialo del tulio straordinario). Mori il
doge a'G maggio lyog. Nel mezzo della
]Mmineutata chiesa di s. Eustachio egli
ebbe una j/ielru sepolcrale, degnissima sì
della nobiltà, sì della modestia dell'uomo,
le cui onorate ceneri ricopre. Non vi si
Jcggono intagliate che queste parole : IVo-
i:i€n el Cinercs- Una cuin Fanitalc -
Scpulla. — Giovanni Cornai o CXI do-
gc. Egli avea sortilo un'ottima domesti-
ca educazione, l'er accenderlo gioviuelto
dell'amore delle patiie cose, le pareti del
di lui palazzo stavano coperte della rap-
presentazione de' più gloriosi falli della
lepnbblica, e la biblioteca n'era piena di
Sjlorie che li rammentavano e celebrava-
no. I magistrali 1' ebbero integerrimo e
diiigcntissiraoi eie provincie che gover-
nò in tempi per esse calaoiitosissitni, il
trovarono padie e benefaltore. Udine per
le cure di hti fu salva dalla pestilenza che
la minacciava a'conHui della Germania;
Brescia il vide riparare sollecito i danni
della carestia ; o Palma le rovine de'stra-
lipati (lumi. Ed egli era fornito di tanta
modestia, che, come nulla o poco avesse
fatto e speso, non volle che io onore di
lui si alzasse verun monumento dalle ri-
parale provincie che ardentemente il bra-
utavano. Ma la storia lutto registrò, con
maggior sua gloria, e la patria volle essa
uiedesima compensarlo, con eleggerlo a
principe a'22 maggio JyoQ. Continuava
la guerra per la successione di Spagna, es-
sendone divenuto il teatro l'Italia, come
altre parli d'Europa; ed i veneziani pro-
seguivano ad osservare un'esatta neutra-
iiùi, sen»pre fermi ììelle prese disposizio-
ni. Nello slesso 1709 Clemente XI par-
tecipò alla repubblica di essersi pacificato
ton Giuseppe I, ringraziando con tllusio-
ue il senato per gli ufll^i interpusli a que-
sto fine; e per dimoslrargli maggiormen-
te la sua gialiludiue gli prorogò il sussi-
dio delle decime ecclcaiasliche già con-
V E N
cesso anche da Innocenzo XIT, per inn-
piegarle contro il turco, ove da questo fos-
se assalito qualche stalo cattolico. Nel
I 7 I I per morte di Giuseppe 1 fu eletto
injperatore il fratello Carlo VI, che tro-
vavasi nella Spagna a dispulare il regno
a Filippo V. Partilo pe'suoi siali e giun-
to in Milano, che aveano io uno a Man-
tova occupalo gl'imperiali, fra le pompo-
se ambascerie che ivi lo andarono a os-
sequiarcj vi fu pure quella de' veneziani,
onde poi saputosi a Madrid da Filippo V
licenziò l'ambasciatore, e il simile praticò
con quelli d'altri principi italiani. A'con-
fini dello stato veneto gli ambasciatori
veneziani fecero a Carlo VI splenilid issi-
mi onori, proseguendo il viaggio perTren-
to. Nello stesso 17 1 1, il conte di Schou-
lembourg, dopo aver servilo con gloria
la Polonia, passò al servizio di Venezia,
ove venne ricevuto colle dimostrazioni o-
norevoli che meritavano le sue grandi
imprese.La signoria gli assegnava 10,000
zecchini all'anno di stipendio e gli affida-
va il comando de'suoi eserciti di terra. Nel
17 i3termiuòla guerra europea per la suc-
cessione di Spagna, col trattato di pace di
Utrecht,'ieaZii che alcuna parte i venezia-
ni vi avessero, per l'osservala neutralità.
Dirò solo, avendone tenuto proposito ne-
gli articoli che riguardano i lauti avveni-
cuenli che vi hanno relazione, che il duca
di Savoia per allora divenne anco «e di
Ó7c77/rt, la casa d'Austria fu riconosciuta
signora, oltre del regno di Napoli e di
(juello di Sardegna, del ducato di Mila-
no e di quello di Mantova, i quali stali
uniti si dissero Lombardia Austriaca^
dichiarandosi Milano capitale e residen-
za del governatore generale, così venne
confermata 1' unione del Monferrato al
Piemonte. Per tale trallatoglispagnuoli
cessarono di dominare in Italia. La pe-
ste dall'Ungheria e Polonia essendo pas-
sata in Vienna, si estese anche per l'Au-
stria. Altenlissiuia seujpre la repubblic:»
di V^enezia alla sanità dell' Italia, e a te
un lungi questo moibo dcsolalore, in-
V E N
tcnuppeognicoimuei'cio colSetlenlrio-
iie, e seco si mù pe'suoi siali il Papa. Ma
non potè fare allieltanlo quello ili Mi-
lano, e di alili principi, con f^rave pre-
giudizio e disordine del commercio d'I-
talia. Volle Dio die presto cessasse il fla-
gello, e con esso le prese precauzioni.
Nel 1714 d duca di Modena acijuistò il
ducato della Mirandola, e Filippo V re
ili Spagna sposò ElisabcUa Farnese su-
perstite de' ducili di Parma e Piacenza,
feudi della s. Sede. E Clemente XI di-
chiarò uditore di Rota veneziano il pa-
ti izio Francesco Foscari. Intanto in Tuv-
cliia preparavasi fiera tempesta minac-
ciante i pos>edinienli veneti di Levante.
Questa era il gran preparativo di gente,
di navi e di armi che faceva il >iullauo
Achmet IH, con far spargere vari prete-
sti di disgusto conlru la repubblica di
Venezia, cupido del riac<iuisto della Mo-
lea. I prepotenti giannizzeri colle loro
incessanti sedizioni musserò il divano a
frenare le loro insolenze con impegnarli
nella guerra cheaudava meditando. Tuli
disposizioni fecero risolvere il cauto graa
maestro di Malta Perellos a ben munire
quella città e isola foltissima, col chia-
marvi altresì tutti i cavalieri d'Italia e
d'altre nazioni, aillnchè il turco sapesse
che in quella parte si vegliava, perchè
altre volte avea finta un'impresa [)er far-
ne altra. Ora in (juella angustia di teui*
pò non lasciarono i veneziani di far tulio
l'armamento possibile per accrescere le
loro genti il'armi e le loro forze di mare,
e per tutta la Germania si studiarono di
ottenere leve di mdizie, non perdonando
a spesa e diligenza venma. Anche Cle-
mente XI commosso dal grave pericolo
della cristianità, ricorso all'aiuto del cie-
lo, prescrisse preghiere per tutta l'Italia,
somministrò sussidii di denaro a' vene-
ziani e maltesi, e preparò le sue galee
per accorrere ove maggiore fosse d bi-
sogno, e l'ailerma pure Muratori. Es^o
inoltre ci dice, che il Papa ricorse a tut-
U I muuaichi cultulici csurtauduli colle
V E N 067
])iù efficaci lettere a concorrere alla di-
fesa de' fedeli contro del tiranno d'O-
riente. Frattanto si manifestarono i dise-
gui d'Achmel 111 contro i veneziani, eoa
aver egli ingiustamente rotta la tregua
stabilita a Carlowilz nel 1699, e per
mare e per terra piombò una formida-
bile armata di turchi sul Peloponneso o
Morea. E con dolore si vide in un mese
impadronirsi di tutto quanto i veneziani
in più anni con tanto disastroso dispen-
dio, spargimento di sangue, eroismo e
fatiche aveano in (|uelle contrade actjui-
stato. Corinto, Napoli di Romania, Na-
poli di Malvasia, Coront, Modoiie, Pa-
trasso e l'altre piazze di quel regno, tutte
caddero in mano degl' infedeli. Le guar-
nigioni venete fecero alcune buona e va-
lorosa difesa, ma sì fieri furono gli as-
salti de' numerosi turchi, che sopra gli
aoimontali cadaveri de' loro giunsero a
superare le fortezze. Altre poi fecero poca
o niuna difesa, e i greci stessi congiurali,
che nell'odio a' latini preferirono i tur-
chi, in brjccio di ([uesli si gettarono. Os-
serva Muratori ; Provò allora la repub-
blica veneta l'uvvenuto sovente a tanti
altri, cioè che le braccia tradiscono gli
ordini saggi del capo. S'avvide ella, ma
tardi, che alcuni de'suoi ministri nella
Morea non aveano impiegato il pubblico
denaro come doveano, nel tener comple-
ti i presidii e provvedute le piazze del
bisognevole. Quel bel paese, (juel felice
e caldo clima, non si può dire (juanto
inclini gli animi a' piaceri e alla corrut-
tela de'coslumi. Senza freno vivevano
quivi inoiti degl'italiani, e di loro si mo-
stravano poco conienti diversi di que'
po()oli. Tutto contribuì a far perdere sì
rapidamente quel delizioso e ricco regno.
La principale cagione però fu l'esorbi-
tante forza de' torchi, a cui non si era
pollilo pi ovvedere proporzionatamente.
Avverlc il conte Girolamo Dondolo, che
la guerra dalla Porta ulloiuaua alla re-
pubblica di Venezia fu dichiarata al bai-
lo vcuclo in Cualauliuopoli Audiea Mera
568 V E N
ino 1*8 dicembre iji^, di conseguenza
l'invasione ebbe luogo nei lyiS, come
io inclino a credere, ed anco Muratori
Ja riferisce all'anno 17 i5. Non concor-
dano tnUavia interamente gli storici in-
torno alla data della dichiarazione di guer-
ra. Il conte Dandolosegue giustamente la
testimonianza autorevole del bailo,chene
die' l'annunzio al senato, colle Relazioni
direlte al sena lo <^'eneto da Andrea Mim-
ino,già bailo a Costantinopoli ncli 7 1 4
e I 7 I 5j pubblicale nel 1840 dalla tipo-
grafìa Alviso[)oli in Venezia dal nobile
Giambattista Foscolo, in occasione del-
l'illustri nozzeMocenigo-Spaur. El'^/Vt'
di vt'i-i/ifai'c le (late soggiunge: L'anno
17141 lurcbi dichiaravano guerra a've-
ucziaui [ler conquistare la Morea : giun-
geva a'20 giugno il gran visir con formi-
dabile armata nell'istmo di Corinto, as-
saliva la città, prendevala per capitola-
zione dopo 5 giorni di trincea aperta;
però malgrado i patti convenuti, la guar-
nigione e quasi tutti gli abitanti venivano
massacrali. Kel seguente mese cadeva
Napoli di Romania in potere de'turchi;
e l'anno i 7 1 5 fecero essi così rapidi pro-
gressi in Morea, che nello spazio d' un
mese riacquistavano tutto il regno, che
era costato tanto sangue e tanto oro ai
veneziani, perchè la maggior parte delle
piazzealla i.'' intimazione si resero. Dun-
que q!sest'opera pretende la dichiarazio-
ne di guerra e il suo principio nel 1714»
ma dessa non è sempre sicura nelle date,
quantunque ne tratti ad hoc. Nel 1715
di pili i turchi, profittando dell'amica
fortuna, s' impadronirono di altri luo-
ghi e isole nell'Arcipelago. Parimenti i
corsari africani, prevalendosi dello scom-
piglio, in cui si trovava l' Italia colle iso-
le adiacenti, ne infestarono piti che mai
i lidi, e condussero in ischiavilù moltis-
simi crisliaiii. Non pare del tutto giusto
quanto asserisce il Moschini, che i vene-
ziani indarno cercarono chi li volesse
aiutare a combattere il prepotente e pos-
sente turco; sicché entrando soli nell'ine-
V EK
gualissima lolla, non poterono che resta-
re perdenti fra le più onorate prove di
valore. Invece narrano Muratori, V Jrte
di verificare le date, 'i\ Novaes nella Sto-
ria di Clemente XI, ed altri, che il Papa
soccorse i veneziani con denaro e galee,
oltre pubbliche preci, ed eccitamenti ai
principi, specialmente a' re di Francia
e Portogallo. E che nel 17 16, divenuta
maggiormente orgogliosa la Porta per
le conquiste con tanta facilità fatte nel-
l'anno precedente, meditava più vasti
disegni, fino sopra Roma, essendosi a ciò
esibito il perfido marchese di Langalle-
rie ribelle al re di Francia, di dar mano
all'infame impresa. Per farsi scala a'dan-
ni d'Italia, determinò Achoiet Ili, che le
sue armi invadessero l' isola di Corfij,
de' veneziani, posta in faccia all'estremità
del regno di Napoli, di cui era conside-
rata l'antemurale dall'aggressioni otto-
mane, e sito comodo per effettuare altre
Hìaggiori determinazioni. Pertanto i tur-
chi sbarcarono circa 4O)O0o tra fanti e
cavalli nell'isola di Corfù,la cui omonima 1
capitale subito assediarono secondati da
numerosa flotta. Avevano anche i vene-
ziani allestita una poderosa armata na-
vale, ma scarseggiavano di gente perchè
le leve per loro latte in vari luoghi d' I-
talia e oltremonti tardavano a compari-
re. In questo mentre Clemente XI, che
avea già commossi colle più calde pre-
gliiere i re di Spagna e Portogallo al soc-
corso de' veneti, ebbe sicuri avvisi che il
i.° invierebbe 6 vascelli e 5 galee a sue
spese, contro il nemico comune, sotto il
comando del marchese l\Iari; e il porto-
ghese fece sciogliere le vele a 6 grossi va-
scelli e ad altrettanti minori per unirsi
alle vele pontificie, capitanati la Lobo
FurtadoMeiidoza, laonde il Papa accordò
al re un milione di crociati sulle rendite
ecclesiasliche del suo legno. Accrebbe
Clemente XI la sua squadra iiavaledidue
galee e di quattro vascelli, co'quali con-
giunsero ancora le loro forze i cavalieri
di Malta, e il granduca Cosimo III uni cou
V E N
esse 4 galee, e 2 la repubblica di Genova ;
anche quesl'uUimi soccorsi procurali dal
Papa. Il quale per questa spedizione im-
pose per 5 anni sui benefizi del clero d'I-
talia una contribuzione ; domandò anco-
ra sussidii a' vescovi di Spagna e Forlo-
gallo, e alla camera apostolica ingiunse
somministrare quanto potesse, eccitando
pure i cardinali più facoltosi a fare al-
trettanto. Avea altresì Clemente XI di-
chiarato con editto, che i banditi de'suoi
slati per delitti, tranne quelli di lesa mae-
stà, parricidio e pubblica Grassazione, i
quali si arrolas?ero co' veneti in questa
guerra, dando il loro nome al nunzio di
Venezia Alessandro Aldobrandini arci ve-
scovo di Rodi (era stato nunzio di Napoli,
di poi lo fu di INIadrid e cardinale), ter-
minala la campagna restassero intera-
mente liberi e potessero tornare alle loro
case. Era però necessario che l' impera-
tore Carlo VI si unisse alla sagra lega
onde fare un diversivo per terra a'confl-
ni turchi. L'imperatore con compassio-
ne mirava lo scompiglio fatto ne'dominii
veneti di Levante, ed altri vicino a farsi
con Corfix e altri luoghi; mirava anche
minacciato il suo regno di Napoli da'Ioro
ulteriori progressi; ma non sapeva risol-
versi a sfoderar la spada contro di loro,
per sospetto che la corte di Spagna, pie-
valendosi della congiuntura in veder Ì!U-
pegnate le sue armi iu Ungheria, assalis-
se i propri siali d' Italia eh' essa avea
perduti. Vev rimuovere quesl'ost;icolo si
adoprò non poco Clemente XI, ed essen-
dogli finidmenle riuscito di avere dal re
di Spagna solenne promessa di non mo-
lestare alcuno di delti stali, durante la
guerra col turco,il Papa nel suo mirabile
zelo se ne fece mallevadore. Con questa
fidanza Carlo VI a'2.7 maggio i 7 t(J strin-
se lega offensiva e difiirisiva co' venezia-
ni, e dichiarò la guerra ul bultano Acluiiet
111, per la quale molti aiuti ebbe dall'a-
pa.'Avea l'imperatore un fiorilo esercito
di veterani, il quale inviò in Un^lieria
tino a'conflui ollomani. Il coQjaudu Taf-
V E N 569
fidò al celebre principe Eugenio di Sa-
voia, la cui mente, credito e perizia mili-
tare si riguardava pei' un altro esercito.
Tosto i turchi si avanzarono con podero-
sa aruìala ad assediare Petervaradino; ma
a'5 agosto, imploralo il divino aiuto_, il
principe Eugenio riportò strepitosa vit-
toria,con istragede'lnrchi e ricco bollino.
Frattanto altri turchi vigorosamente in-
calzavano l'assedio sotto la città diCor-
fù, aveano inoltralo di molto gli approc-
ci, e senza risparmio di sangue superate
le più delle fortificazioni esteriori. Entro
stava alla difesa il conte di Schoulem-
bourg capo supremo della milizia veneta
terrestre, che mirabili prove die' del suo
sapere, a cui corrispondeva con egual
valore la guarnigione , con disputare a
palmo a [)almo ogni progresso de'nemi-
ci. Nondimeno si prevedeva, che a lungo
andare non si poteva sostenere una piaz-
za, assalila con incredibile sprezzo della
morte dagl' infedeli, e priva di speranza
di soccorso, e perciò doversi iu fine capi-
tolare. Poiché s' era ben volta a quella
parte l'armata navale, combinata de' ve-
neziani e degli ausiliari, ma per la cono-
scenza delle forze superiori de' nemici,
non sapevano i [liùde'generali indursi ad
azzardare una battaglia, ed ognuno vo-
leva tener da conto le sue belle navi. Id-
dio fece quello che gli nomini non osava-
no sperare. Appena però giunse agli as-
scdianli di Coifu l' infausto avviso della
grande sconfitta de'loro in Ungheria, che
entralo in essi un timor puiico, come se
avessero alle spalle il vittorioso esercito
iiiqierialc, subito presero la ioga prcci()i-
losimenle per rimontnre ne'vascelli. La-
sciarono quindi artiglierie, munizioni,
bagaglio e cavalli. Grandi t;Ian»ori poi si
fecero, perchè la flotta cristiana in quel
grave scompiglio degli atterriti musul-
nìaiii, non volasse ad assalirli con sicura
vittoria. Veramente i collegati insegui-
rono i fuggitivi, ma insorta fiera burra-
sca conveime pensar più a difenilere se
slessi dall'ira del mare, che olfciulcre al-
S-jo V E N
li ui. Pel felice scioglimenlo tli (jucll' as-
sedio iioii si può dire t|uaiita allei^rezzri si
(li iloti desse in tulli gl'italiani, ben cono-
«ceiiti le tenibili conseguenze che avreb-
be portato seco la perdita d'isola tanto
IcLjite e sì vicina alle contrade d'Italia. In
"Venezia precipuaaietite immensa fu la
gioia, vedendo così salvate l'Isole Jonie,
ed i possedimenti di Dalmazia e Albania.
Dopo tale ritirata de'tnrclii, la flotta ve-
neta riconquistò s. Maura eDutinlrò. Né
qui tern»inò il coniun giubilo de* fedeli,
poiché a' i3 ottobre l'invitto principe
liugenio s* impadronì della ben munita
città di Temeswar, che da 160 anni ge-
meva sotto il giogo tuichesco; e tenne
dietro l'acquisto di altri ragguardevoli
luoghi di quel boriato. Clemente XI a
limerilare il principe trionfatore, gl'invio
lo Stocco e Berrettone ducale benedetti,
co'più magnifici elogi. Adiralo A cliniet 111
dell'avversa sorte, sperò nel venturo anno
di riparare i danni sofferti, al qual fine
■v'impiegò tutto l'inverno per adunare
un potentissimo esercito, a cui da gran
tempo non s'era veduto l'eguale. Dal
canto suo anche Carlo VI nolabiln)enle
rinforzò le sue armate in Ungheria, infe-
riori senza paragone nel numero a'nemi-
ci, ma ad essi superiori in disciplina mi-
litare e in coraggio. Minore non fu la
\igilanza della repubblica veneta, per au-
inentare le sue forze di mare. Loro som-
ministrò Clemente XI la squadra delle sue
galee, con quelle di Malia e del grandu-
ca, le quali siccome appartenenti alle
religioni equestri Gerosolimitana e di s,
Stefano I, i Papi vi esercitarono la loro
autorità a bene del cristianesimo, finché
esisierono le ragguardevoli loro marine
militari. Ottenne il Papa nuovamente dal
redi Portogallo I i grossi e ben corredati
\ascelli. Anche Fdippo V re di Spagna
fece credere d'inviare in soccorso de've-
iieziani 16 vascelli, che poi si scoprirono
destinati ad ultra impresa, per ritogliere
lill'imperatore il regno di Sardegna, come
eseguì. Tardi però giunsero gli aubiliaii
VEN
ad unirsi alla flotta veneta, la quale per- j
ciò sola fu obbligata a sostenere tutto il '
peso della guerra nel 1 7 1 7 ; e ciò non o -
stante s'iujpadronì della Prevesa, di Vo-
uizza sulla costa d'Epiro, e d'altri luoghi
già occupati da'lurchi. Nel maggio e poi
nel luglio vennero i veneti alle mani co'
nemici , e si combattè con grande effu-
sione di sangue e valore d'ambe le par-
li, ma senza fatti decisivi. Però pe' ve-
neti riuscì gloriosa la pugna all' altezza
di Lemno a' 16 giugno, comandata da Al-
vise E'iangini che vi perde la vita, e co- 1
sì l'altra poco dopo avvenuta nell'acque '
di Capo Matapan diretta d'Andrea Pisa-
ni capitano generale. Tanto almeno si
guadagnò, che l'orgoglio de'turchi restò
depresso, e precluso ogni adito agl'infe-
deli per far nuove conquiste contro dei
veneti. Più splendido fu l'esito dell'armi
imperiali iu Ungheria, guidale dall' im-
pareggiabile principe Eugenio, il quale
animoso posto assedio a Belgrado capita-
le della Servia, che sembrava inespugna-
bile, fu preso in mezzo da uno sterminato
esercito di turchi; però non senza mani-
festò divino aiuto, a' 16 agosto disfece
compiutamente l'esercito con insigne vit-
toria e imcuenso bollino, e nel dì seguen-
te ebbe la città per capitolazione; indi
Semendria, Orsova e altre piazze furono
abbandonate da'lurchi. Ma nello slesso
mese la Spagna all'improvviso, colla flot-
ta piomes^a per combattere il turco, oc-
cupò l'isola di Sardegna, da'traltati ce-
duta all'imperatore, iu onta della garan-
zia falla dall' innocente e virtuoso Cle»
mente XI, che ne restò amareggiato ed
es[)osto al risenlimento di Cesare, inso-
spettilo da'minisLii che andasse d'accor-
do cogli spagnuoli. Intanto dopo la perdita
di Belgrado era entrata la costernazione
nel divano d'Achmet III, onde cpiesti co-
minciò a muover parole di pace, essendo
in apprensione per le vittoriose armi im-
periali, ed in mure vedersi altaccalo cuu
(|ualche successo da'veneziani. Pertanto
il sultano incaricò a trattarla Giorgio
V E N
D)iui&lro iuglese presso di lui , ed ebbe
luogo uoa tregua. Considera lulo Carlo
VI, che la guerra raossagb, senza motivo,
dalla Spagna non si sarebbe linnlala alla
preda della Sardegna, e che ciò saputosi
dal turco, rafìVeddatosi ue'senlimenti pa-
cifici, nel 1718 fciceva grandiosi arraa-
menti, inclinava ancor lui a pacificarsi.
Quando venuto in cognizione Achmet III
de'grandi preparativi guerreschi che per
detto anno facevano l'imperatore e la re-
pubblica di Venezia, definitivamente vol-
le venire a concordia e v'impegnò pure
il taini.slro d' Olanda, l'el congresso dei
plenipotenziari fu scello Pn>saruAVÌlz nel-
la Servia, dove si radunarono qiie' ilel-
! l'imperatore, de'veneziani e de'lJU'chi. Il
negoziai », dopo molti contrasti, fu segna-
lo a' 27 giugno e ratificalo a' 11 luglio
1718, cousisleule in una tregua di 24
«uni fra Carlo VI, la repubblica di Ve-
uezia e la sublime Porta. Restò l'impe-
ratore in possesso di tutte le conquiste
fatte sino allora, cioè della Servia con Del-
gradOjdiTemesAvare d'una particella del-
la Valacchia con altri vantaggi. A' vene-
ziani restò Culintrò, la Prevesa, Vonizza,
Imoschi, l'isola di Cerigo, con altri van-
taggi, ma non alfallo compensanti in me-
noma parie la cessione de'regni diCandia
V di Murea. Fu vietato a'vencziani di soc-
correre altre potenze in guerra contro la
I Porta, é di non ricevere ne'Ioro porti i va-
; scclli di esse.Grande e continuala ful'indi-
) guazione tie'cristianijdice Giuratori, con-
• Irò chi obbligò l'imperatore alla detta pa-
ce o tregua; pjichè da gran tempo non
s'era veduta più bella ap[)arenza ili dare
una forte scossa all'impero ottomano, es-
sendo i turchi spaveutali e avviliti. Anzi
turse fama , che il principe Eugenio a-
vesse meditalo d'inoltrarsi a Tessalonica,
per darsi mano co' veneziani, e tagliar
fuori un buon tratto dell'imperodi Tur-
ihia. Cerio è che dalla u)OSsa dell' armi
spaguuole provenne la necessità di paci-
ficarsi colla Porta, essendo nnnaccialuil
dominio austiiacQ iu Italia dagli audjj-
V E N ^71 '
ziosi disegni degli gpagiiuoli,con gravissi-
mo danno della sagiificata repidìblica di
Venezia. Fu incolpato il cardinal Albero-
ni I ." ministro di Spagna dell'operato di
questa, e persino di segrete intelligenze
di far lega col sultano, che posto in giu-
sto timore Carlo VI, s' indusse icnprov-
\isamente a troncare il corso alle lumi-
nose vittorie del principe Eugenio, vero
genio militare. Siccome per molte set-
timane fu differita la pubblicazione del-
la pace, il generale de' veneziani Schou-
lembourg erasi portato a' 24 luglio al-
l'assedio di Dulcigiio, nido de'corsari nel-
l'Albania, laonde giuntane la notizia qua-
si in sul [)unto d'espugnarlo, gli conven-
ne desistere dalle ostilità. i\Ianel ritirarsi
i veneti, gli audaci dulcignulli l'insegui-
rono, e fu d'uopo combattere. Di que-
ste cose lamentate con giusto risentimen-
to dag'i storici veneti, più gravi conside-
razioni ora ha fatto il eh. conte Girola-
mo Dandolo, La caduta (Iella repubbli-
ca di /'crii zia, ed i suoi ulliini cìn<niaii'
{anni. Ripeterò io breve. Venuto il se-
nato a conoscere la deleruiinazioue di
Carlo VI per la pace, grandemente eper
più ragioni se ne amareggiò, ben avve-
dendosi che se l'armi venete eransi fino
allora con poco vantaggio sostenute con-
tro quelle de' turchi^ nessiuia miglior
fortuna avrebbe [)otuto giiuliziosamente
sperarsi, qu.indo la repubblica non aves-
se dovuto fidare che nelle sole sue fòrze.
Doleva sopra lutto al senato la preveduta
necessità, in cui ebbe ben presto a tro-
varsi, di mantenere in armi per tutto il
tempo di quella nuova discordia austro-
spagnuola un [)oderoso esercito (che sali
a ^4,000 solilati) per difendtre la neu-
tialilà delle sue provincie italiane, il che
nell'atto stesso che uscivasi da una dispen-
diosa guerra sfortcm<ita, dovea riuscire e
riuscì di tro[)po grave [)eso. Perciò il se-
nato al (."sentore de'maneggi per la pace,
col mezzo (.lei suo audjasciatore straordi-
nario u Vicnud Pietro Griniani, poi do-
ge, b' induslriù vivaMicnle a tener fumo
572 V E N V E N
l'imperatore nell'alleauza ; e pressò e nella Dalmazia e nell'Albania, e delle
fece da altri pressare, ed in ispecie da piazze conquistate sulla costa d'Epiro
Clemente XI, la corte di IMadrid, se non dallo Sclioulembourg. Qui l'autore op-
a dimettere, aluìeno a dilferire ad altro pone a' detrattori della repubblica pel
tempo migliore l'esecuzione de'suoi prò- preteso suo malgoverno della Dalmazia
getti. Carlo VI però e l'arbitro del ga- e altri paesi oltremarini, l'alfelto mede-
binello di Spagna cardinal Alberoni e- simo de' loro abitanti pel nome venezia-
rano egualmente inflessibili alle rimo- no, specialmente de'dalmati, di cui non
stranze; e la re[Hd)blica ripugnante do- è ancora interamente estinta la memo-
vette contentarsi di iraltar la pace in co- ria. Siccome i detrattori si fondano sul-
mune col proprio alleato, partecipando l'autorevoli parole contenute nell'opu-
olle conferenze intimale a Passarowitz, scolo: Degli inquisitori del sperìirsi in
ed inviandovi suo plenipotenziario Carlo Dalmazia, Orazione di Marco Fosca-
]\u7ziiii dipoi dogf, notno di gran ;lot- riiiì cavaliere e procuratore, delta nel
trina polilicae negozialorefortniiato del- fllaggior consiglio il giorno ij diceni-
l'anterior pace di Carlowitz. Questa pace hre l'J^'J, Venezia pel Ricotti l83l ;
colla Turcliia vivamente caldeggiata dal- spiega come debbonsi intendere, e ripor-
r imperatore, onde poter più vigorosa- la quindi il discorso j)ronunci mo in Pe-
nieiite op|)ors! al coinpiuìento delle mire Tasto al cader della repubblica dal capo
spaguuole, perciò veniva da'suoi ministri della comunità, quando il popolo eoa pia
assai adieltata, pili cbe non sai ebbesi de- ceremonia volle seppellire l'amalo ves-
siderato ilalla rt^pul)l)lica; la quale intesa siilo di s. Marco con onorata e gloriosa
al conquisto di Dulcigno, fin da princi- tomba, dopo averlo venerato 877 anni,
pio raccomandava al Uuzzini di |)ossi- e custodito combattendo per terra e per
bilmente trarre in lungo le trattative, mare. " Fermala così a condizioni non
Se non die, lozeK» ognor crescente degli buone la pace, non già per difetto di buo-
austriaci per alheltarle, fece sorgere d ne armi, di spiriti generosi, di robusti
non infondato timore cb'essi coucludes- consigli, ma per forza d'indeclinabile ne-
sero il loro trattalo particolare, per cui cessila; la repubblica non poteva non av»
il senato ordinò al Ruzzini di non osti- vedersi, die tra per la diminuzione del-
narsi a que'j)atti in cui i turchi moslras- le forze, naturai conseguenza dell'impic-
sero decisameule di non voler consen- dolilo dominio, e per la declinazione o-
tire. Se a Cai lowilz la repubblica ralle- gnor progressiva del suo già così invidia-
gravasi pel nuovo acquisto della Morea, to commercio ; dell'antica veneziana po-
a Passarowitz dovea invece rinunziare lenza ormai poco piìi rimaneva die la
ad ogni diritto sulla medesima, e lanien- giuria e il nome. Perciò abbracciava es-
tare inoltre la perdila dell'isola di Tuie, sa quella politica die sola era da lei pra-
e delle forti piazze di Spinaluiiga e di licabile in così fitta condizione di cose ;
Suda, ultime reliquie del suo antico do- e poneva a base fondamentale del suo
minio sulla grand' isola di Candia, nella conlegno cogli esteri la conservazione
pace per essa superiormente narrata; le della pace con tutti: la quale non è chi
quali piazze non senz'importanza giova- ignori quanto debba anteporsi al fugace
■vano a mantener nell' isola la ricordanza bagliore de' guerreschi trionfi, e quanto
del nome veneziano, ed in caso di guerra piìi gagliardamente influisca al riQori-
potevano agevolarne il ricupero. Assai mento delle nazioni. Ed in fatti chi pon-
lieve conforto traeva la lepuliblica dal- ga mente, anche solo per poco, all'au-
1 acquisto di poche squallide e diroccale gustia continua in che star dovevano i
casldla, con augusto e sterile Icrri Iorio veneziani circa i pensieri de'turchi, i'jua-
V E K V E N 5-3
li fino allora non avevano mai preter- o men numerose, a difesa ilei confine tìal-
inesso di coglieie anche ogni men l)uo- le aggressioni tuichesche, ed a sicurezza
oa occasione per uscire in cauìpo a ior della privala navigazione; non poteva
danno; alla grande potenza cui erano più avventurarsi, per viste diverse da
già salite Inghilterra, Francia, Spagna quelledella propria indipendenza, ad im-
ed Austria, the ormai regolavano ad ar- prese di guerra che ponendola in con-
bitrio loro i destini de! niondo ; a quella flitto con potenze di (orza incomparabil-
cui andava rapidamente innalzamiosi la mente maggiore, sarebbero tornale sem*
Russia, che rivolta sempre coll'occhio al- pre a suo danno; ma doveva invece ri-
l'Eusino, fin d'allora minacciava le gran- porre negli accorgimenti della politica le
di complicazioni che og;i;icl'i commuovono principali speranze della propria conser-
da un capo all'altro l'Europa; alla esì- vazione. Ma se Venezia era da un canto
guilà delle foize di cui potevano dispor- intimamente compresa dal sentimento
re gli altri piincipi e slati d'Italia a di- della propria dignità, come principe a
fesa della penisola ; chi ponga mente a nes>uno soggetto ; né men era risoluta di
tutto questo, io diceva, (acilmenle con- virilmente difenderla ad ogni patto". In-
' Terrà in questa sentenza : che un piccolo olire deplora il cav. Mulinelli, annali
stato di poc'oltre due milioni di abitanti Urbnni dì l'enezia. » Venezia perdeva
jnllalia(se pur lami erano in quel lem- perla pacedi PassaroAvitzIa poco ionan-
po), il quale per non esser escluso aflfat- zi conquistata Morea, Or aggiunta que-
to dal consorzio de'popoli marittimi, do- sta perdila all'alira ben prima fatta delle
veva mantenersi a qualunque piezzo(per- ricche colonie, avversati già da Francia,
che non è chi non sappia, che, ad onta da Inghilterra e da Olanda nell' oriente
del sistema economico con cui conduce- i trallici veneziani, mancante il senato
vasi l'amministrazione oidinaria dello di que'vivi spiriti che un tempo onima-
stalo,ecjuella specialmente della Dalma- varilo, e per mollezza o per consuetudi-
zia e della Jonia, erano peiò ancor mi- ne antica, buona per la libertà dentro,
norile rendile che la repubblica ne Irae- pessima per la difesa fuori, non volendosi
va. l^erciò que' possedimenti nel l)ilan- accrescere gli eserciti, quando quelli de-
cio generale dello slato figuravano ed e- gli allri stali cominciavano ad esser grossi
rano veramente e coslanlenientc passivi, e di miglior disciplina insti ùtti, Venezia
Nondimeno la repubblica ci trovava il interamente posava le armi, e più non
suo conto nel conservarli ; perchè la loro es^eicitando quella superiorità che I avea
posizione geografica ed i loro porli gio- lesa d'Italia aibilra, e ben poco influire
vavano,se nona far rifiorire, ad arresta- polendo nella bilancia degli aiTari d'Eu-
, re almeno il decadimento del suo già lopa, principiava allora a perdere perpo-
troppo illanguidito commercio; e le con* scia perire". INel 1719 avendo il veneto
servavano lutla%ia una qualche impor- embascialorelNicolòDuodoterminatodue
! tanza militale nel Mediterraneo. Del re- trienni d'ambasceria presso ClemenleXI
sto non si dirà m«i, the provincie, le qua- lodevolmente. Io dichiarò cavaliere aura-
li a mantenersi abbisognano de' sussidii lo, ossia dello .S[ieron il 'oro. Il Duodo pro-
delie altre parli dello stalo, siano elemen- nunciò allora un eruditissimo encomio
ti di potenza e di forza materiale pel go- del zelo, pielàe vigilanza vii luosadelSan-
\eroo che le possiede) nel possedimento to l'adre. E questi rispose con discorso,
de'porti e delle coste the tuttavia gli li- li.daiido la repubblica di A' cnezia, che'in
manevano sulla sponda orientale dcli'A- tanteoccasioni si rese benemerita al mon-
driatico e nel mar Jonio ; ed inviarvi co- do cristianfi combattendo per la fede; in-
stantemenlc forze di lii ra e di mare più di discese a descrivere le degne geslc del-
574 V E N
lo rirnif^lia Diiotlo anticliissima, lilevnn-
«Io che l'ainbascialoie in tempi disaslrosi
uvea snslenulo il ministero con frullo del-
la crislianità e applauso di tuUa Roma, e
con sua intera soddisfazione. La funzione
!a descrissi nel voi. XI, p. i3. Prima «li
partire dn Roma il cav.Duodo ricevè nel-
Ja ca[)pella segreta dalle mani di Clemen-
te XI la s. Con in 11 ione, e il Papa gli man-
dò in dono nr)a ricca croce con entio par-
te del s. Legno della vera, un arazzo es[)ri-
mente s. JMarco, un coi pò santo, ed una
corona divozionale di pietre preziose le-
gata in oro, col breve dell' indulgenze
nnnesse, lutto e meglio rifeiendo il n.
444 ^^^ Diario (li tioma del 1720. Gli
successe Andrea Cornaro, il quale a mo-
tivo de'timori della peste non fece il so-
lenne ingresso in Roma, ma si recò alla
I /udienza del Papa col servizio 0 treno di
campagna, presentalo dal cardinal Priii-
li coiiciltadino, dopo es>er stato egli pri-
ma dal Papa. Il treno ed il cerimoniale
sono descritti nel n. 54o del Diario di
Ixotììa. Intanto la Spagna avendo follo
la Sicilia a Vittorio Amedeo li, quegli nel
I 720 dovette coiilen!ar>>i del regno diSar-
degna, che la casa di Savoia Inltora con-
serva; e Carlo VI riunì al regno di Na-
poli quello di Sicilia cedutogli dalla Spa-
gna. Mentre era nunzio di Venezia Gae-
tano SlJiuipa arcivescovo di Calcedonia,
e gif» di Toscana, mori Clemente XI a'
ig marzo 1721,6 dopo 5o giorni gli suc-
cesse Innocenzo XIII, die da prelato avea
portalo a Venezia lo S/occo e Bcrellone
(lucale benedetti al dogeMorosini il Pc-
lopoiìncsiaco. Sapendo cjueslo Papa che
nel 1722 due squadre turche si raggi-
ravano intorno l'isola di Malta per assa-
lirla, mandò a'cav.diei i generoso soccor-
so pei difendersi, ed altri ancora gliene
])rocuiò, eccitando i principi cristiani a
coUcgarsi con essi ; e i veneziani diedero
opera a grandi ai mauienli marittimi, ed
Jnvi;uoiioli)slo ragguardevoli fuizea gua-
leiiliie l'isole Jonie, the saiebbousi tio-
Tate esposte al i-'atlacco. Nello stesso au-
V E ^'
no il Papa, secondo il costume de' suoi
predecessori, decorò l'ambasciatore Cor-
naro dell'insegne cavalleresche: la spada
gliela cinse il fratello d'Innocenzo XIII,
duca di Poli, e gli speroni il cav. PfylTer
capitano degli svizzeri pontifìcii. L'am-
basciatore si recò al Quirinale con g car-
rozze, la I ." co' fiocchi d'oro, la 2.* di seta
color d'oro, la 3." di seta e oro la 4/ e 5»."
di seta nera, le oltre 4 senza fiocchi ; ed
ebbe poi i soliti sagri donativi. Questi e
la funzione sono descritti ne'n. 810 e 8 1 3
del Diario di Roma. Io questo mentre
il doge Cornaro, giunto all'età di 75 an-
ni, moiM tranquillamente a' 12 agosto
1722. Il suo cadavere fu sepolto nella
chiesa di s. Nicola da Tolentino, della
quale in una cappella la fimiglia ha ono-
revole memoria. In essa egli aveva fatto
erigere nel 1 720 due monumenti a'per-
sonaggi princi()ali de'suoi antenati.
39. Alvise UT Sebastiano 3focenìgf)
CXIIdngr. Avea aumentato le domesti-
che glorie, che certamente furono molle,
allorquando ap[)licalosi alla milizia ma-
rittima, salvò pubblici guerreschi legni,
e quando deputalo nell'Albania per fer-
mare i confini fra la repubblica e l'impe-
ro ottomano, preslaodo l'opera sua fati-
cosa, otlenne alla patria maggiore spazio
di terreno. Avea eziandio sostenuto ono-
revolmente il peso delle magistrature, il
governo di alcune provincie,e 3 genera-
lati prima di ascendere alla sededucale.
Oltre a'riferili meriti, gli è dovuta gran
lode per la nobiltà del suo carattere in-
tegerrimo e generoso, largendo con mol-
la profusione a favore de'suoi simili, ove
la circostanza lo esigeva, non solamente
gli appuntamenti relativi alle sostenute
cariche, ma ancora delle somme ragguar-
devoli di famiglia. Nondimeno eletto do-
ge a'24 agosto 1722, per avere avuto a
competitore Carlo R.uzzioi che poi gli
successe, che tante virtù e patrie bene-
uierenze rendevano raccomandato, tale
fu la pubblica meraviglia di questa pospo-
sizione e di vedergli preferito il IMoccui*
V E N V li N ^'j^
go,clie lulli ne incolparono lacecllà del- to e 1' ampliazione tlelle difese di Cor-
la foituna. E vi ebbe ancora un accade- fu, già veniente dannegtjiale nell'ulliraa
lineo rin\igorilo, il quale in una sua Lei- guerra e poco nien che dislruUe dal va-
(era n fi un aniico^che pubblico, \o\\e[M-o- sto incendio della notte del 28 ottobre
vare die alia fortuna si era pur congiunta 1718, in cui due fulmini colpivano due
la giustizia.il Moschini che tutto ciò ripor- polveriere. Nello stesso i 728 Carlo VI re-
ta nella biogiafia, inoltre nel Compendio tatosi a Trieste solennemente proclamò
r/e//rt .^/or/rtr///'c7U'r/<7, dicendo che nel- che la navigazione dell'Adrialico dovea
l'ultima guerra erasi fra gli altri segna- esser libera a'suoi slati, ad onta delle [iro-
lato il Mocenigo, soggiunge, n'ebbe que- leste de'veneziani,già fìnodal 1 7 i 7 aven-
sii la dignità di doge; e come in lui si era done dichiarato franco il porto, conno-
premiato un cittadino chiaiissimo nelle labile pregiudiziodel commercio veneto,
cose della guerra, cosìdiiioi in Carlo Ruz- ]Neli73o nioi lo Benedetto XII I,fueIetto
zini fu riconipensato il politico cittadino. Clemente XI l a' 1 2 luglio. Intanto ricor-
Innocenzo Xlll mori a'7 marzo 1724, rendo nel seguente novembre l'anno se-
ed a' 29 maggio gli successe Benedetto colare delia pesle, che non più avea af-
XIII, che neìi668avea vestilo l'abito re- flitlo Venezia, tenendosi ciò per le trascor-
ligioso de'domenicaui nel convento di s. se vicende veramente prodigioso, comao-
Domenico di Venezia, al qualea'7 agosto dò il senato che ue'giorni 26, 27 e 28 si
!ie rinnovò la nienioria col breve Q;/orZ dovessero renderepubblicheesolenni gra-
////cr, rispondendo a'frali che si erano con rie alla B. Veigine nella sua chiesa della
lui congratulali. Indi a'2 i novembredi- Salute splendidamente addobbata, col-
chiaro uditole di Boia veneziano il pa- l'inlerveulo nel 1. "giorno del doge e della
trizio Federico Cornaro, a cui poi a'22 signoria, che visi recarono processional-
novembre 1729 sostitm l'altro patrizio inente, delle scuole grandi, de' teatini e
■veneto Carlo llczzojiico, che [>iìi tardi di- de'gesuili; nel 2. "con quello del palriar-
venne Clemente Xlll. Inultie Benedet- ca e del clero secolare; nel 3.°con qneilu
to Xlll citi) cardinale il nobile Venezia- di lutti i monaci e frali della città. 11 cav.
no d. Angelo Maria Quirini, e il nobi- Mulinelli descrive le sagre funzioni e il
le friulano d. Leandro Poizia, ambe- mobile ponte di legnocoslruito sul Canal
due benedettini cassinesi. Notai, descri- grande per facilitare il Iragilto a'nomina-
vendo \' (^spedale di s. Maria e s. Gal- li e al popolo, e quelle pure celebrate nel
licano di Boma, che il Fapa gli otlenne i83o pel 2. °anno secolare, coll'inlerven-
dalla repubblica l'annuo assegno di scu- lo del municipio, del patriarca e de' due
di 3oo. Continuando nell'Ilalìa la lotta cleri, di cui feci già parola dicendo della
fra gl'imperiali e gli spagnuoli, il senato cessazione della pesle e dell'adempito vo-
1 icnsò di collegaisi con essi, conservando to nella costruzione del magnifico lem-
lii neutralità; di più fece resistenza prima pio, colla costruzione de'dcic delli ponti,
all'ambasciatore tli Carlo VI e [)oi a quel- ricordando l'annalista i due o|)usculi iin-
1m di Luigi XV re di Fi ancia, i quali pre- pressi nel i 83o in Venezia nella tipogra-
tiiilevanu di poter inliodurre liberamen- fia Alvisopoli dall' editore Milesi: Uag-
\'- in Venezia e senza d pagamento d'ai- {quaglio citila veneta peste dell'anno
V III diritto tulli gli elfelli appartenenti lóSo ce., aggiunte le solmitilà dell'ari'
;.i<. loro case. AddoUrmola la lepubbiica no secolare 1730. Narrazione del so-
(! I lunga espcriiriua, temendo [)ur sempre Icnne triduo celebralo in s. Mariii del-
lI.c i luiclii, seiiiu iagnjiie\<j|e causa, pò- la Salute nel 2. anno secolare dtlUl
Ilscio insoigeie a buo danno, neli728 cessazione della pestilenza. — Avvi-
cuIìlÒ con giau dispendio il lisarciiiicn- lilu la citlà U'Abcouu, languente il suo
576 V E N
commercio, accorse Clemente XII a far-
la lisorgeie e rinascere a doviziosa vi-
ta, con accordarle a' I 2 febbraio i 782 il
porlo franco; e perchè divenisse porlo di
i.° ordine, tanto necessario allo scalo di
Levante, vi edificò un grandioso molo,
per ricevere nel porto qualunque legno
da guerra, ed inoltre vi fabbricò un su-
perbo Lazzaretto che i insci un capo d'o-
pera e forse vinse in perfezione ogni al-
tro. Questo ho voluto qui ricordare, poi-
ché r illimitate franchigie accordate da
Carlo Via! porto di Trieste, unito al por-
to franco concesso da Clemente XII ad
Ancona, riuscirono di gravissimo danno
al commercio di Venezia. Il dispiacere
che produsse ue'veneziani, probabilmen-
te contribuì ad inasprire poco dopo il di-
sgustoso avvenimento che vado a narra-
re col Novaes, Storia di CUmeiite XII.
rs'el passare, circa la metà di giugno, per
le vicinanze del palazzo di Venezia in Ko-
ma una delle pattuglie che di notte so-
levano invigilare alla quiete della città,
alcuni servitori dalmalini dell'ambascia-
tore veneto cav. Zaccaria o JXicolò Canal,
per impedirne il passaggio uscirono a bat-
tersi con que' soldati in tal maniera, che
nella zulFa restarono morti 3 servitori ed
un soldato. Giunta la nuova a Venezia,
il senato richiamò da lioma il suo am-
basciatore, e licenziò da'suoi stati il nun-
zio Stampa, che da quando lo avea in-
"vialo Clemente XI non era stato anco-
ra rinìosso, finché gli fosse data soddi-
sfazione richiesta al governo di Pioma.
S'interpose l' ambasciatore di Francia
Saint-Agiian per la concordia, ma Cle-
mente Xll avendo fatto compilare pub-
blico e formale processo dell'occorso, e
trovala a suo favore la manifesta giusti-
zia, ricusò costantemente di accettare qua-
lunque proposizione su questa materia.
Volle anzi ouiìinamente che il suo nun-
zio Stampa ritornasse in Venezia con tut-
ti gli onori cui si dovevano; e così succes-
se, restiliiendovisi il prelato, principal-
meule per opera del suddetto cardinal
VE N
Quirini, in occasione che dal suo vesco-
vato di Crescia si conduceva in Roma,
ed egli ne tratta ampiamente ne' suoi
Comment. hisC, t. 3, cap. 5. E di que-
sta differenza non piìi se ne parlò. Il con-
te Girolamo Dandolo racconta il fatto
con alcune lievi varianti a favore della
re[)ubblica, coll'autorità dell'altro vene-
to contemporaneo Diedo. Il doge Moce-
nigo venne a morte a'2 1 maggio 1732,
ed il suo cadavere colla solita pompa fu
sepolto nella chiesa de' ss, Gio. e Paolo,
ove la famiglia di lui ha magnifici mo-
numenti. A suo tempo fu per l'ultima vol-
ta compilato lo statuto veneto eoa addi-
zioni e iodici : Novissiinuin Slalutoruin
f^enetaruni Legarli volumen dnabus
in partibus divisum, ALoysio olocenico
T^cneùariiin Principi dicaluin^ Venetiis
ex ducali lypographia Pinelliana. Inoltre
nel suo dogado e nel 1727 fu costruito
quello splendidissimo Bucintoro, che bre-
vemente descrissi nel § XVIII, n.i3. —
Carlo Ruzzinl CXIII doge. N' era de-
gnissimo per quanto già dissi di lui, pe'
doni dell'intelletto coltivalo presso i so-
maschi nel collegio della Salute, come per
le molle decorose e importanti ambasce-
riesostenute con tanta gloria e utilità del-
la patria, che gli acquistarono eminente
riputazione. La Spagna fu lar.'' ad acco-
glierlo per ambasciatore, poi l'ebbe Vien-
na e l'ammirò sì per la lega che seppe
stringere con Pietro I imperatore delle
Russie, sì per 1' accortezza che fece bril-
lare al congresso di Carlowitz. Fu spedi-
to a Milano e Costantinopoli, là per com-
plimentare Filippo V, qua Achmel IH,
ed egli piacque all'uno e all'altro, e nuo-
vamente fu mandato aCostantinopoli, poi-
ché ne'congressi d'Utrecht e di Passaro-
Avitz era slato gran fautore della pace
che finalmente l'Europa ne ottenne. In-
tanto gli si era conferita la 2.' dignità
della repubblica, creandolo procuratore
di s. Marco, ma ninno piìi di lui era
degnissimo d'averne la principale, e la
couseguìa'2 giugno 1782 inetàd'8o an-
V Ei\
ni. Egli non la voien, occupato, secontlo
il suo costume, negli stiuli della politica
e della lelteialuia, e nella meditazione
della molte. Nella guerra pei- la succes-
sione di Parma, cui la morte dell'ultimo
de'Farnesi, avvenuta nel 1701, dava pre-
tensione all'infante d. Carlo, come figlio
d'Elisabetta Farnese, il senato fu dagli
ambasciatori di Francia e Spagna per
parte de'Ioro re Borboni invitato ad ab-
bracciare il loro partito, ili." facendogli
sperare 1' acquisto del ducalo di Manto-
va, il 2." prouieltevagli l'aiulo delle sue
flotte, in caso di nuova guerra col turco^
né l'Austria, benché raen larija nromel-
tilrice,mostravasi meno sollecita di trar-
re a se la repubblica, insistendo sulla ne-
cessità di congiungere le loro forze, onde
opporre più vigorosa resistenza a'reCor-
borji, i quali palesemente aspiravano a ri-
durre l'intera Italia alla divozione della
loro casa. Ma la repubblica, riferisce il
conte Girolamo Dandolo, tenendosi sem-
pre ne'termini della maggior diplomati-
ca officiosità, sottraendosi ad ogni impe-
gno, rispondeva agli uni ed agli altri, le*
iiersi da lei in gran pregio le prove d'a-
micizia e di slima di così polenti sovra-
ni; nutrirei loro medesimi sentimenti
verso di loro; nt)n avere però alcun par-
ticolare interesse d' entrare a parie delle
loro rivalità e contese; dovere invece, per
quanto era da lei, conservare il gran be-
i)( (icio della pace a'suoi popoli, che an-
cora risentivano gli effetti de'gravi cari-
dii soìtenuli nel corso dell'ultime guerre
co'turchi, perciò essere risoluta di conser-
vare la più perfetta neutralità. Nondime-
no pievidente,inviò un provveditore gene-
rale in Terraferma, e provveditori straor-
(iinaii iwdle provincie a diritta e a sini-
5-1 ra del Mincio; poneva in buono stato
(1: difesa le sue f(jrtezze di Lombardia e
(lt;l Friuli; raccoglieva (ingiusto esercito
(li 2 4,ooij uomini sotto il governo di quel-
io slesso maresciallo di Schoulembourgh
clic l'avea egregiamente servila ncirulti-
ma guerra; assegnava le vie militali per
VOL. xrii
V E N 577
le quali soltanto era lecito alle truppe a-
lemanne attraversare lo stato veneto; le
faceva tenere costantemente in osservazio-
ne dalle proprie, ed ingiungeva alle me-
desime, che ad impedire ogni tieviazione
dalla linea tracciata, l'avessero a fiancheg-
giare in numero sufficiente, ed a poca di-
stanza, durante il passaggio. Ciò nondi-
meno il territorio veneto non andò sem-
pre illeso da violazioni e guasti insepa-
rabili da tale stalo di cose. Ma se la re-
pubblica, o per sorpresa o altra causa non
potè sempre impedirle, non tralasciò di
chiedere pronlaraenle la dovuta ripara-
zione ai belligeranli. Nel dogado del iluz-
zini, Venezia vide la i .' estrazione del Lot-
to a'5 aprilei 734> ed a'6 gennaio del se-
guente anno egli mori. Sebbene la gran-
de sua età non lasciasse speranza d'aver-
lo vivente per lungo lempo, non ostante
la cillà rimase afflitta udendone l'annun-
zio. 11 doge Ruzzini fu pieno di filosofia,
religioso in parole e in fatti, come pure
può rilevarsi nel n. 6 di questo § , par-
lando del dogado 2 3.° e di sua sepoltura
ili s. Maria in Nazaret. Scrisse molle car-
te di ciò che avea veduto e praticalo; e
nella vita che pubblicò di lui 1' Arrighi
si ha qualche saggio del modo come scri-
veva e sentiva. — LuÌG,i Pisani CXIT
cinge. Avea conlraslato al predecessore il
principato, come quello cui non manca-
vano pregi per renderlo caro al popolo
veneziano e al patriziato. lìello della per-
sona, univa a soavità di parlare, genti-
lezze di maniere, copia di ricchezze coa-
giunla a liberalità d'animo, spirito di re-
ligione, che si manifestava per ogni suo
detto e fatto. La patria ebbe d' uopo di
lui in rilevanti circostanze, e mai non ri-
mase delusa nella fiducia posta in esso.
Lo mandò giovanissimo in Francia am-
basciatore a Luigi XIV, quando Em'o-
pa era in movimento per la successione
di Spagna, e il vide tornare amico a quel
gran re. Divenula Anna regiua d'Inghil-
terra, r inviì) a felicitarla, e vi andò sì
magnifico che diceasi con lui viaggiare la
5^7^ V L iS
luaestà Jel veuelu senato. Fu ouoralu di
uoa 3.' legazione più vicina e più nule,
allorché Carlo VI si portò a Milano. Sa-
vio dei consiglio, ottenne fama di uomo
giusto e prudente; piocuialore di s. iNlai-
u>,ne onorò il grado colla splendideiza; » i-
loiiuatote dello studio di Padova, pro-
tesse le scienze e le ai ti, ed ebbe in (|uel
celebre liceo eretta a lui una statua. Fi-
lialmente divenuto doge a' 17 gennaio
1 735, ne sostenne laltissima dignità con
tanto decoro che poteva dirsi re. Cle-
ineute Xll promovendo lo Stampa dalla
sua lunga nunziatura di \ enezia a segre-
tario de'vescovi e regolari, e poi Cu creato
cardinale nello stesso 1 735, dalla nunzia-
tura di Polonia trasfeil a questa Giaco-
mo Oddi arcivescovo di Laodicea. Trovo
ì\ft\V Jrle di s'crificart le (late, che il se-
nato od esempio di Carlo VI e di Cle-
mente XII, che aveano dichiarato irauchi
i porti di Trieste ed Ancona, nel 1736
stabili il porlofranco di Venezia. Guer*
leggiando Carlo VI e la Spagna, il Papa
per difendere da ogni pericolo i suoi sud-
diti aumentò le milizie in Comacchio e ia
Ferrara, ed aggiunse un presidio alla Me-
sola, fortificando la bocca del Po per as-
sicurar meglio il porto Adriano, e vi e-
resse una baracca di legno con 20 soldati
e due cannoni. Se ne ingelosirono i con-
finanti veneziani, e non ottenendo la re-
mozione di quell'opera, costruirono dal-
la parte opposta un castello , fortificato
con opere esteriori e il presidio di 1 00 uo*
mini. Lagnatosi il Papa, come contrario
alle convenzioni stipulate a Venezia nel
i644j Ja vertenza non cessò che nel se-
guente pontificato, incoi si stabilirono o
meglio si ripristinarono i confini del Fer-
rarese e abbatterono quelle opere. Que-
sto non impedì che nella promozione del-
le Corone creasse cardinale llezzonico u-
ditoie di Ilota, a cui sostituì l'altro vene-
ziano Giovanni Molino nel i 739. In que-
sto promosso il nunzio Oddi alla nunzia-
tura di Lisbona , e fu poi cardinale, da
quella di Firenze liasfeiì in questa di Ve*
YEN
nezia Gio. Francesco Sloppaui arcivesco-
vo di Corinto. Si notò che in detto anno
r ombrella in Venezia, pel i." ad usarla
fii il patrizio Miciiele Morosini. A. vendo
i turchi mosse le armi in Ungheria, l'im-
peratore e il Papa invitarono la repubbli-
ca a collegarsi, ma ella volle restare neu-
trale. Censì fece varie spedizioni maritti-
me per raffrenare i corsari di Tripoli e
di Tunisi; e sostenne uu vivo alterco co-
gli stati generali d'Olanda. Narra V Arte
di verificare le date ^ che nel 1740 Cle-
mente Xll collo stabilire la fiera franca
di Sinigaglia (ma in tale articolo la dis-
si originata nel 1200 e confermata da Pao-
lo II), eccitava la gelosia del senato , il
quale proibiva a' veneziani di porlarvisi.
11 Papa per rappresaglia vietava a' suoi
sudditi ogni commercio co' veneziani. Que-
sta rottura che poteva avere dispiacevo-
li conseguenze, sospesa dalla sua morte
avvenuta a'G febbraio, fu interamente so-
pita da Benedetto XIV che gli successe.
Morto sul finire di detto anno l'impera-
tore Carlo VI, mancando la discendenza
maschile dell'augusta casa d'IIabsburg,
che per più di 4 secoli avea governata
l'impero, lasciò erede universale la sua,
primogenita l'arciduchessa Maria Tere-
sa, moglie di Francesco duca di Lorena
e granduca di Toscana (/^ ■)• Tosto fu
riconosciuta da'sudditi per regina d'Un-
gheria e liiteinia, e sovrana di tutti gli
stalle dominii dell'inclita casa d'Austria,
onde dichiaròil consorte correggente del-
l'austriaca monarchia; ma a' 3 novembre
Carlo Alberto elettore di Baviera pub-
bl icò una protesta di sue pretensioni a ta-
le monarchia, per cui insorse la strepito-
sa e lunga guerra di successione alla me-
desima. Tale disputa prolungò la sede
vacante imperiale pel mancante voto del-
la Boemia, siccome contrastata, il cui re
era uno degli elettori, quando Carlo Al-
berto impadronitosi a' 19 dicembre del-
la capitale Praga, si procede all'elezione
dell'imperatore a Francfort, ed a'24gtn-
uaio 1741 ue leslò eletto lo stesso prm-
V EiN
cipe col nome di Cai lo VII. lu questo
mezzo, il doge Pisani, dopo che la for-
tuna gli avea fatto provare il conforto di
tutte le grandezze, lo rese eziandio segno
a dure vicissitudini, tratto tratto privan-
dolo d'alcuno de' piti cari e stielti pa-
renti. Egli pelò, da vero cristiano, innal-
zando gli occhi al cielo, si rassegnava al-
la divina volontà, la (juale improvvisa*
niente il congiunse a quelli a'i3 giugno
dello stessor 74i, di 78 anni. — Pietro
Griinani CXF doge. Con esso Venezia,
dichiara il suo biografo Moschini, ebbe
un principe picn di filosojla la mente e
il pelloj della quale filosofia egli avea da-
to solenni argomenti si nell'interne tua-
gislratine, sì nelle legazioni illustri che
dalla pulria gli vennero tranquillamente
affidate. Uifurmalore dello studio di Pa-
dova, si mostro sollecito del maggior a-
vanzainenlo del sapete in guisa cheque'
prores>ori, caldi d'animo gratissimo, in es-
so grinnaizarono una statua di marmo.
Ambasciatore alla regina d'Inghilterra An-
na, in Londra nella reale accademia par-
lò di scienze applaudilissimo , sicché il
gran NeAVlon, che la presiedeva, lo pro-
pose e ne fu acclamato socio d'onore. Am-
]);isciatore alla corte di Vienna , presso
rin)peiatore Carlo VI, egli strinse la le-
ga contro la Porta ottomana, e lo asseri-
sce l'encomiato biografo. Compiuti sì di-
stinti pubblici uflìzi, tornato in Venezia,
visse tra' letterati e tra'libri. Passava le
ore precipuamente co'gesuiti Bettinelli e
Cordata, e col conte Francesco Algarot-
li, i quali ne'propri scritti il celebra vano;
e fra gli csleini erangli amici lo Zaootti
(li bologna, e il lirico tlousseau, che pure
jic'loro vei.si resero eterno il nome di lui.
Multe dediche di libiigli furono fatte,
t^uicchè si sapeva quanto egli protegges-
se e compensasse il sapere. La sua bi-
blioteca, raccolta da lui nel proprio pa-
lazzo a s. Polo, era singolamente ricca di
volumi di Ictleratiwa e storia , e chi vi
cnlrav.i , tosto prendeva affetto del suo
Mi:itoie, che ci avcu messo bcUu Ialine
V E N 57C3
iscrizioni in onore della famiglia e ad ec-
citamento degli studi. Poteva degnameu-
le vivere fra'lelteraliqual peritisaiuao ne-
gli idiomi italiano, latino e francese, qual
buou cultore della poesia, onde ebbe pò
sto in Arcadia col nome di Almiro Eltl-
Irco, e qual profondissimo nella scienza
astronomica. Col complesso delle narra-
te doti, il Grimani fu eletto doge a' 3o
giugno 1741. Appena scoppiala la guer-
ra per la successione della monarchia au ■
siriaca, aspirando ad essa anche il re di
Spagna Filippo V, ad onta di aver ac-
cettata la Prammatica Austriaca di Carlo
VI,quaudo viveajperclièl'imperatoreCar-
lo V re di Spagna avea fatta cessione a
Ferdinando I suo fratello, e perciò pre-
tendeva che mancata la discendenza ma-
schile dovesse tornare alla Sp;igua, non
rammentando, o non volendo valutare la
rinunzia da lui fatta nel trattato di Lon-
dra del 1718 degli stali d'Italia e Fian-
dra, sui quali più specialmente fondava
le sue pretensioni. Fatto un poderoso ar-
mamento, altro ne ingiunse al suo figlio
l'infante d. Carlo divenuto re delle due
Sicilie nel 1734; e cjuaudo la sua sposa
Maria Amalia di Polonia e di Sassonia
nel 1738 erasi recata a Napoli, splendi-
dissimo fu l'accoglimento fatto da'vene-
tiani nel passaggio de'loro stati e in Ve-
nezia. In pali leiv^o JF/'ancia e Prussie}
combattevano l'erede di Carlo VI, altret
tanto facendo diversi principi minori col-
legati co'maggiori. Maria Teresa dall'ai
tro canto inutilmente cercò allearsi con
varie potenze, volendole persuadere n non
lasciar crescere di soverchio rnumentata
possanza de'Borboni, e di non permette-
re l'abbassamento di casa d'AuDlria, dal-
la cui conservazione e forza dipendeva la
libertà e salute della Germania, e dello
stesse potenze marittime. Per parie del-
la repubblica di Venezia presto si conob-
be, che secondo le saggie massime di neu-
tralità ;idoltate, faceva bensì considera-
bile aumento di truppe in Terraferma, so-
lo però pei" fare rispettare i suoi j^ioci-
)00
V E N
j)ìi. Inutili furono le lusinghe e gì' invili
da ogni banda, mn il doge Giiinani ten-
ne fermo il governo nel prudente suo di-
•visamenlo.Tra'soggi provvedimenti, nel-
la guerra che divorava l'Italia, onde ga-
rantirsi dalle ostilità de'due parlili, s'in-
viò sulle rive dell'Adige la suddetta ar-
mata di 24,000 soldati, qualche distac-
camento de' quali venne distribuito ne'
principali posti sulla frontiera del Wan-
invano, da Valeggio fino a Ponte Molino.
Questa precauzione non impediva che gli
stati veneti non provassero, come gli sta-
ti neutrali d'Italia, gl'incomodi prodotti
dal passaggio delle truppe; serviva però
n contenere le guerreggianti milizie ne'
limiti della moderazione. Neli745 il se-
rato resistè alle sollecitazioni del conte
d'HoIdernes?, onde dichiararsi per Maria
Teresa, la quale nello stesso anno diven-
ne imperatrice, perchè alla morte di Car-
lo VII successe il roarilo Francesco 1,
rientrando così lo scettro iuìperiale nella
casa d' A usIro-Lorena. La repubblica sem-
pre ferma e salda nel sistema neutrale,
le sue differenze sia co'turchi, sia con al-
tri si terminavano ormai sempre con pa-
cillche negoziazioni, e al più collo sbor-
so di somme di denaro piìi o meno con-
siderevoli. Benedetto XIV promosso il
nunzio Stoppani alla nunziatura dell'im-
pero, e poi fu cardinale, nel i 743 gli sur-
rogò Martino Innico Caracciolo napole-
tano, arci vescovo di Calcedonia, in lempo
della cui nunziatura e nel i 745 per l'arre-
sto fatto di un reo pochi passi lungi dal
palazzo Grilli, residenza del nunzio, non
pare che producesse conseguenze, sì per-
chè in Roma i Papi non volevano piìli tol-
lerare V Immunità (V.) locale delle fran-
chigie, sì perchè dalla repubblica costan-
temente fu negata in Venezia. Finalmen-
te nel 1 748 si pacificò l'Eiuopa. e l'Italia
1 iacquislò la sua quiete col IrallalodiAqiii-
sgrana, senza che la repubblica vi prendes-
separte.UMuralori terminando gli^/?/irt-
lì d Italia col 1749, '°*^^^ '^ serenissima
repubblicfl di Venezia pel contegno te-
V E N
nulo nell'ulti ma guerra, anche per non
aver accresciuto i pubblici aggravii, non
ostante i dispenilii sostenuti per le pre-
cauzioni usate nella buona custodia del-
le città e fortezze; per le sue antiche leg-
gi, per la sua saviezza, e come tutta in-
tenta perchè regnasse ne' suoi popoli la
tranquillità, la giustizia ed il traflìco. Il
suo continuatore, col quale d'ora in poi
procederò, cav. Antonio Coppi, Annali
(I Italia dali'j^o ali 84-^, parlando del-
lo stato politico dell'Italia nel 1750, dice
che Venezia cogli stati diTerraferma, che
s'inoltravano fra la Lombardia Austria-
ca sino a Crema, e colla Dalmazia ed al-
tri stabilimenti in Levante, si governava
in forma aristocratica, é dirigeva tulle le
sue osservazioni a conservarsi nello sta-
to in cui era, così le repubbliche di Gè-
nova e di Lucca, prescindendo dalla re-
pubblica di s. Marino per la sua picco-
lezza insignificante. La repubblica vene-
ta aveva una popolazione di circa tre mi-
lioni di sudditi. Avrebbe quindi potuto
prendere qualche parte negli affari ge-
nerali d'Europa; ma dividendo i suoi no-
ve milioni di ducati di rendita in mante-
nere forze di terra e di mare, con 1 2, o i 5
bastimenti di alto bordo, non aveva una
forza sufficiente per livellarsi colle altre
potenze marittime, e le truppe che con-
sistevano in 18,000 uomini ad altro non
servivano cheall'interno servigio del pae-
se. Tutti gli ordini poi della repubblica,
una volta buoni , erano già per la loro
decrepitezza in decadenza. Tuttavia pro-
ve di energia le leggo nel conte Girola-
mo Dandolo, col dire che dopo la pace
d'Aquisgrana, quando 1' Austria propo-
nevaie lo scambio d'alcuni piccoli terri-
torii veneti confinanti col Milanese e col
Trentino, con altri austriaci nell'Istria,
il senato vi si rifiutò con fermezza senza
neppur bilanciare il vantaggio o il danno,
per temere gli effetti che sogliono deriva-
re dalle troppo facili condiscendenze de-
gli stati minori verso i maggiori. Altra
prova è la narrata dal medesitao, che per
V E N
averla io non senza iliflìisione discorsa
in diversi articoli conviene tenerli pre-
senti per meglio chiarire il grave argo-
nienfOj e qui per brevità semplicemente
l'indicherò in corsivo. Narra dunque l'en-
comiato conte Dandolo: « Forse non al-
tro fine che quello di non mostrare de-
bolezza, ebbe pur la contesa nella quale
ili <|uel tempo medesimo impegnavasi la
repubblica, circa il diritto di nomina al
patriarcato di Jrjuileia, la cui diocesi ab-
bracciava anche la parte del Friuli domi-
nata dall'Austria; estendendo poi la giu-
risdizione metropolitica sopra piti vasto
territorio, lo non so, se come pretende il
Darù sulla fede del Diedo, realmente sus-
sistesse fra l'Austria e Venezia una con-
venzione d' antica data, giusta la quale
questo diritto esercitar si dovesse du'due
governi con alternativa costante, o se ab-
bia invece avuto luogo, come alFermasi
dal Cappelletti, soltanto «otto il regno di
Maria Teresa. Ciò a me poco importa,
quando si conceda ciò che il Cappelletti
stesso concede : voglio dire, che qualche
controversia sia insorta anche prima di
Maria Teresa; e che dopo la sua assun-
zione al trono sia realmente seguito il
convegno in questione. Se non che la re-
[lubblica seguitando l'usato sistema, au-
i.lie ilopo conchiuso l'accordo, faceva asse-
gnare al patriarca di Aquileia un coa-
(liuloie con futura successione. Allora
l'Austria protestò, ma senza frullo, per-
i he la lepubblica opponeva alle sue pre-
tese l'antica consuetudine. I goriziani dal-
l' altra parte rinnovavano con seojpre
maggior iuìpegno l' istanze già fatte in
nitri tempi, per ottenere un vescovo loro
proprio. Nessuno, per oggetto in sostanza
non grave, avrebbe v(>lato r)ltrepassare i
termini delle dispule diplomatiche. Si prc-
<-L' allora il partito ili assoggettare la de-
>-isiune della controversia ni terminativo
^udizio di Ijcncdcllo \IV l'ontclice, il
juale pronunziava che i veneziani scrbas-
ero l'antico diritto di eleggere il patriar-
ca, e gli austriaci invece si avessero in
V E N 58t '
Aquileia un vicario apostolico per la par-
te della diocesi ad essi soggetta. L'Austria
se ne contentava. Non egualmente la re-
pubblica, la quale pretendendo che la cir-
coscrizione della diocesi olFeudesse il di-
ritto da lei propugnato, non solo prote-
stava , ma troncava eziandio ogni rela-
zione diplomatica con Iloma, e minaccia-
va altres'i di ricorrere a piìi vigorosi par-
lili. Allora la corte di Sardegna, offren-
dosi mediatrice, proponeva di sopprime-
re il patriarcato, e di sostituirgli due ar-
civescovati in Udine ed in Gorizia, ad
ognuno de'quuii sarebbesi nominato dal
rispettivo principe territoriale. Ma il se-
nato, com'era a prevedersi, non volendo
saperne di limitazioni, respingeva anche
questa proposta; l'Austria si atteneva al
giudicato da Roma; ed il Papa, malcon-
tento della repubblica, dichiarava di la-
sciare le conseguenze del conflitto alla
responsabilità di chi lo aveva suscitato.
Benché tardi, il senato fiualuiente si av-
vide che la controversia non meritava ru-
more ù grande, ed accoglieva il progetto
sardo, non perchè più vantaggioso, ma
perchè toglieva ogni causa di nuovi dis-
sidii". L'Arte di verificare le date rac-
conta che neliySo il senato entrò in di-
scordia colla s. Sede.« Per patto, già da
gran tempo convenuto fra gli arciduchi
d'Austria ed i veneziani, doveano le due
potenze godere a vicenda il diiitto di no-
minare il patriarca d' Aquileia , ma gli
arciduchi non avevano maiesercilatO(jue-
sto loro diritto, dacché nomitmudo i pa-
triarchi d'Aquileia essi medesimi i loro
coadiutori, (juesti ottenevano l'approva-
zione del senato , e venivano muniti di
bolla pontificia che ordinavali alla suc-
cessione; ora l'imperatrice regina recla-
mò contro a (juesto uso; e Papa Deuedet-
to XIV, scelto per arbitro di tale conte-
stazione, diede il suo giudizio in forma di
breve, nel i<j novembre I74'J' ^^^ quale
mentre confermava al senato di nominar
Solo il patriarca d'Aquileia, stabiliva nel-
la parte awstriaca di questo patriarcato
582 V E N
un vicario apostolico, onde 1 sucltlili Jcl-
rimperalrice regina non solloslare doves-
sero nlla giurisdizione di potenza stranie-
ra. Tale accomodamento spiacqne al se-
nato, il quale dimostrava apertamente il
suo disgusto al Santo Padre; se non che
renedetto XIV, nullo riguardo avendo
olle sue lagnanze, con altro breve de'27
jjiugno lySo creò vescovo in parlihus e
vicario apostolico di Aqnileia il conte di
Atimis canonico di Basilea. Scoppia-
va allora il risentimento del senato : ri-
chiamò da Roma il suo ambasciatore,
inlimò al nunzio residente in Venezia di
sortire dagli stati della repubblica, fece
armare i vascelli e le galere, reclutò ed
aumentò le milizie terrestri , risoluto di
sostenere ad ogni costo le proprie pre-
tensioni. A tanto minaccioso apparecchio
il Pontefice non opponeva che una sag-
gia e moderata dichiarazione, la quale
metteva la s. Sede fuori di causa, e lasciò
l'imperatrice regina e la repubblica de-
finire da se le loro differenze. I re di
Francia e di Sardegna s'interposero qua-
li mediatori, e mercè loro fu terminato
questo alfare neh 751. Fu soppresso i! pa-
triarcatodi Aquileia,e venne divisa quel-
la diocesi in due arcivescovati, uno di no-
mina del senato per la parte riguardante
il Friuli veneto, e l'altro pel Friuli au-
striaco di nomina degli arciduchi. Udine
era la sede del \ .° e Gorizia dell'altro".
Presso a poco l'annalista Coppi raccon-
ta ollrettanlo, rilevando principalmente
sulla conlesa , più disgustosa che seria.
La diocesi del patriarca d'Aquileia, resi-
dente in Udine c\\\l\ veneta, si estendeva
sopra una parte deJFriuli austriaco. Quin-
di continue dispute per la giurisdizione
vescovile, mrd sofferendo l'Austria che un
prelato straniero avesse tale autorità sul
suo territorio. Dopo lunghe controversie i
due governi avevano fatto un compromes-
so nel Romano Poulefice^il quale rredetle
di provvedere al bene della Chiesn co!
deputare un delegato apostolico che di-
pendendo immcdialameote dalla s. Sedc^
V E N
esercitasse prowjsorlanìentc gli alti ve-
scovili nella parte austriaca, fintantoché
non fosse terminata la questione. Dispiac-
que il piovvediracnlo alla repubblica, e
ne fece forti lagnanze e proteste presso
il Papa; e vedendo le medesime essere inu-
tili, nel lySo richiamò da Roma il suo
ambasciatore (parli a'ig luglio), inliniò
al nunzio pontificio di partire da Vene-
zia, e prese qualche disposizione quasi vo-
lesse venire alle armi. Il Papa appiglios-
si a'benefizi del tempo. NeliySi i vene-
ziani, che sdegnosamente aveano ricusato
di aderire al temperamento provvisorio
preso da Cenedelto XIV, si appigliarono
a prudenti consigli per terminare la que-
slione. Stringendo i negoziali colla corte
di Vienna, incaricarono il cardinal Rezzo-
nico loro nazionale acciò col cardinal Mil-
li ni ministro austiiaco in Roma tratlasse
l'afFaie, Convennero questi » di proporre
al Sommo Pontefice la soppressione del
patriarcato d'Aquileia. e In cieazione di
due arcivescovati fra di 'oro indipenilcn-
ti, tmo in Udine per la parie della dioce-
si compresa nel territorio veneto, e l'al-
tro in Gorizia per quella esistente nel
dominio austriaco". Piacquero queste
proposizioni, il Papa le confermò, e cosi
ebbe fine ogni conlesa. Aveva Benedet-
to XIV nel 1747» od istanza del senato
veneto, crealo cardinale il patrizio Da-
niele Delfino patriaica d'Aquileia, quin-
di soppresso quel patriarcato. Io dichiarò
I .° arcivescovo d' Udine (ne! quale arti-
colo non solo parlai della discorsa grave
vertenza, ma dissi pure delle due meda-
glie fatte coniare pel «no componimen-
to e pe'fissati confini tra' due stali) con-
servandogli a vita le insegne e gli onori
patriarcali. Il doge Grimani fu degno
òeW Apoteosi Poetica, che parlo del-
l' ingegno di famigerati poeti, gli con-
sagiò Medoro Bossi nella deploralis-
sima morte, che il tolse a! con)uiic a-
more della repubblica il di 7 marzo
1752 di anni 7f, dopo aver fallo deco-
rare ucl palazzo ducale quella sala che
V E N
fidili copin degli stucchi uè prese il
non» e.
4o. Francesco Lorcflano CXFT do-
ge. Era slato provveditore sì splendido
a Palma, che sembrava non altri lo a-
vrcbbe avanzalo in munificenza, se fosse
enfiato alle legazioni dell'Austria e della
Baviera, alle quali lo si era desiderato.
Ma non sì l'animo di lui generoso veni-
vasi celebrando, che più non se ne om«
uiiinsse la molla religione. Divoto alla
ss. Vergine di Loreto, volle che in altare
a lei coosagrato sì celebrasse quotidiano
incrnento sagrifizio; eresse un altare al
doge 8. Pietro Orseolo, ed il tempio di s.
Marco, alla fede e tutela di lui soggetto,
ne fu arricchito di preziosi ornamenti, e a
più esalta disciplina ridotto in ogni ordine
de'suoi ministri. A' 1 8 marzo 1 752 eletto
doge, accoderò con piacere i veneziani la
sua scelta, tosto richiamando a memoria
l'altro doge Loredano, cioè Leonardo, il
quale avea salvalo la patria da orribile
procella, suscitata da parecchi potenti
nella legadiCambray; senon che in (p1e^ti
tempi la repubblica era in ozio e tran-
quilla, intanto che l'Europa nuovainente
ardeva di fierissima guerra. Nel 1732
iJenedello XIV colla bolla Sinceritas,
de' I 3 giugnOjSuo /lollario, t. 4> p- 49 1
concesse alla repubblica il diritto di no-
minare in perpetuo! vescovi diTorcello,
Gaorle e Chioggia, come Pio 1 V l' aveva
accordato pel patriarcato di Venezia. Il
governo della repubblica da lungo tem-
po avea osservato gli abusi introdotti dai
sudditi di tentare impetrazioni dalla s.
Sede, non tutte in conformità delle leggi
venete. Presentandosi pertanto i rescritti
provenienti da Pioma per ottonere 1' ap-
provazione del governo per l'esecuzione,
non venivano licenziati che con turba-
mento della pubblica e privata trnnquib
lilà. Volendo duii([iie il senato prevenire
I tlisordini, nel i 7 54 pubblicò un ilecrelo
con edillo diviso in selle ai ; icoli, che indi-
rizzò a' suoi governatori delle provincia
marittime e terrestri. 11 i." di ilelli arti-
V E N 585
coli riguardava la pubblicazione dell'im-
petrazioni private d' indulgenze, non già
per impedire la libertà de'ricorsi, ma per*
che avessero da precedere attestali de' ve-
scovi diocesani rispettivi a moderazione
di tali ricerche; eccitandosi i suddetti ve-
scovi a non attestare con quella facilità
che eccedesse i termini convenienti. Nel a.**
faceasi sapere a'vescovi che non sarebbe-
ro licenziati quei rescritti, che i vescovi
ponno fare da se slessi, in forza del pro-
prio jus ordinario,delle canoniche dispo-
sizioni o di privilegi. Col 3.° si notificava
che non sarebbero licenziate dispense ma-
trimoniali, se non si facessero note avan-
ti d'impetrarsi. Col 4-° venivano vietati
ricorsi per ottenere riduzione di messe
dipendenti da disposizioni testamenta-
rie, senza previa licenza pubblica e senza
ascolto degli eredi e degl'interessati ne'te-
stamenli. Il 5." proibiva a' regolari di ot-
tener qualunque alterazione da quelle re-
gole de' loro istituti con le quali furono
accettati nel dominio,seoza il previo per-
messo. Col 6.° vietavasi a qualunque ec-
clesiastico di far rinunzia di benefizi ad
fai'oreni, fuorché le prescritte e permesse
da'concilii e da'canoni, o di farle nella
cùria romana;comepure vieta vansi leim-
petrazioni di coniWnlovìe adfuturani site-
cessionpììi in detti benefìzi. Finalmente
chiudevasi il decreto dall'articolo 7.° che
diceva: In qualunque caso avessero dal
principato ad essere concedute le prescrit-
te licenze d'impetrare sopra la materia
de'predelli 6 articoli, non doversi ciò fare
senza le previe attestazioni degli ordinari.
Questo decreto dispiacque a Roma, non
già perchè,come alcuni maligni dicevano
allora, venivano a scemarsi i profitti della
Dateria e delle segreterie della s. con-
gregazioni o tribunali, o perchè, come al-
tri ancora più maligni divulgavano,fos-
se questo un trailo vendicativo de' vene-
ziani per la soppressione del palriarcato
d' Aquileio; ma perchè veramente in al-
cune parli veuivasi ad offendere V auto-
rità pontillcia. Reuedclto XlVf^ce gravi
584 V E N
lagnanze, per cui si venne a trallare l'iif-
fbie, senza che si rivocasse il tlecreto, e
solo negli ullinìi mesi del suo ponlificato,
il senato ne sospese 1' esecuzione per 4
mesi. Di pili neli7541'<inedetlo XIV die'
per successore ol nunzio di Venezia Ca-
racciolo, Antonio Colonna Iji-anciforle
arcivescovo di Tessalonica. Inollre nel
I 754 la repubblica e l'Austria tolsero di
likezzo alcune questioni pendenti intorno
y' confini di Looihardia. Furono perciò
solloscrilli due trattati, uno in Vaprio a'
I 7 agosto, e l'altro di poi a Mantova a'i o
giugno 1756. Essendo dal 1755 vacante
Tudilorato di Rota veneziano, per la pro-
mozione del Molino a vescovo di Brescia,
il Papa a^G marzo i 758 lo conferì al pa-
trizio Giovanni Cornaro. Morto Benedet-
to XIV, dopo 2 mesi e 5 giorni di sede
vacante, a'6 luglio 1758 fu eletto Papa
Clemente XIII Rczzonico patrizio vene-
ziano, già uditore di Rota nazionale,e per-
ciò lo celebrai pure nel volume LXXXII,
j». 278,6 nella sua biografìa eziandio ac-
cennai come Venezia e il senato ne giubi-
larono. Riferisce Bercastel nella Storia
del Cristianesìnio, t. 32, p. 2 i5,che in
meno di due giorni giunse in Venezia ta-
le lieta novella, nel momento eh' era rao-
colto il senato. Appena questo ricevè il
dispaccio [«andatogli dall' ambasciatore
l'ietro Correr residente in Roma, si sciolse
il congresso, e lutti i senatoii corsero al
palazzo Rezzonico per attestare alla fami-
glia del nuovo Papa la loro letizia. Spar-
sasi questa esaltazione per la città, tutti
parvero fuori di se stessi per l'esultanza,
ne alilo udi vansi che voci di gioia. Nel gior-
no seguente si fece una solenue proces-
sione intorno alla piazza di s. Marco per
rendere grazie a Dio, coli' intervento di
lutto il clero secolare e regolare, di tutte
le scuole njaggiori ed altre confraternite,
e coll'accompagna mento della serenissi-
ma signoria e di mullissima nobiltà. La
sontuosità delle feste corrispose alla
grandezza del soggetto. L'esenj(HO della
capitale fu seguilo dalle altre città dello
V EN
stalo, ma fra lulte si distinse I'.')d()va in
modo singolare, specialmente il en[>i(nlo,
per esserne stato vescovo zelanllssitno,
munifico ed esemplare. Il fratello degnis-
simo, modello di virtù e di pietà, d. Au-
relio, fu fatto cavaliere della stola d'oro e
procuratore di s. Marco dal senato, che
inoltre decretò che lutti i piiuìogenili
della famiglia Rezzonico sarebbero cava-
lieri nati della stola d'oro, e ne fu pel i ."
insignito d. Lodovico primogenito di d.
Aurelio, e poi anche egli procuratore ili
s. Marco, dallo zio Papa dichiarato princi-
pe assistente al soglio e gonfidoniere del
senato e popolo romano, dignità in segui-
to da altro Papa, come dirò poi, concessa
al (rateilo d. Abbondio, intanto dallo zio
cycaXo Senato re diRoma, e quindi da lui
sposato a d. Ippolita Boncompagno Lu-
dovisi, con quelle particolarità riferite
nel voi. LXIX, p. 162. Gli altri due fra-
telli, Carlo pel i .° fu creato cardinale dal-
lo zio, Gio. Battista dipoi ebbe eguale
dignità da Clemente XIV. La madre del
l'apa. Vittoria Barbarigo, parente del b.
cardinal Gregorio, ebbe la consolazi(jne
d'aver la notizia dell'esaltamento al pon-
tificato del figlio, e si dice elicgli man-
dasse denari, perchè divenuto padre co-
mune lo riteneva bisognoso. Però pochi
giorni durò tanta gioia, morendo a' 28 o
21) dello stesso luglio, onde il Papa le fe-
ce celebrare un funerale in 8. Marco di
Roma, ri[ietnto in altre chiese, altri fa-
cendone [>m- celebrare nel seguente anno
per la morte del fratello d. Aurelio, e tut-
to notai nel voi. XXVI II, p, Sg. Nel par-
tecipare Clemente XI li il suo innolza-
mento alla caltedia di s. Pietro a'sovrani,
die'saggio di ipiello spirilo apostolico che
riiiforiuava,con amorevoli espressioni e
zelo fervoroso esortfuidoli a procurare
fill'Eiuopa una pronta pace, che tanto
dii'ijuoni si desiderava. Narrai di sopra e
feci cenno nella sua biografia, che il se-
nato nel I 'j5/\./<i\eiì proibito a' sudditi di
hne domande alla curia romana senza il
suo [icrmesso, tranne le cose spetlanli
V E IN
all;i s. Ptiiitenzieria, il che fu cagione ili
dissensioni con l'ent^dello XIV, che inu-
tilmente ne tloniantlò la revoca. Però la
I epubblica pel suo ambasciatore venenilo
iu cognizione che il già suo figlio, ora Pa-
pa, nutriva lo 'stesso tlesiderio, per singo-
lare riguardo prima sospese nuovamen-
te per 4 niesi, e poi come vado a dire ri-
tirò il decreto. Quindi Clemente XIII col-
la lettera A primo, ì\ìì' 5 agosto 17')8,
presso il Gutwn, Epiloìn. Cninùl. Àpo-
stolicA. 2,p. 34^, ringraziò la repubbli-
ca di X'enezia pe' pubblici segni di gioia
che avea manifeslati nella sua esaltazio-
ne al triregno.e pe'distinti onori coi quali
avea ornata la sua famiglia; ed insieme
esternò la lieta S[)eranza,che la signoria
gli desse maggiori contrassegni del suo
amore verso di lui, ed erano appunto
questi la revoca del decreto, nella quale
la medesima signoria non poteva temere
pregiudizio alcuno alla sua dignità, poi-
ché ognimo sapeva, che chi ha il potere
di fare le leggi, ha pur quello d'abrogar-
le senza detrimento di sua autorità su-
prema, mollo più se si cojisidera il tempo
in cui si fa e in grazia di chi; cioè per le
preci d'un figlio dalla divina clemenza
inuidzato altruno jtontificio. Il Uercaslel
riporta la lettera, scritta al doge Loredn-
no dal Papa due giorni dopo la sua e-
jezione, che riprodurrò per la i .' con un
cenno della risposta, poi l'altra ricordala
de' 5 agosto, la quale pure interessa ri-
produrre in un alla risposta, per ipianto
dovrò riferire. Intanlo comincio dalla i ."
triterà.» Appena innalzali , dalla prov-
videnza del Signore, senza altro merito
iNoslro, in tempi tanto miseri 0 calan)ito<
, ;i! supremo governo della Chiesa, vol-
iiiu» |l pensiero e lo sgu.irdo verso V'o-
li a Serenila conje ilegno ed illustre capcj
l'Ila lvepubblic;j, elle abbiamo sin ora
pel nostro nascnuento osservata per No-
stra ddctlissima madre, e cheanjercmo
da (|ui innanzi , pel giado iu cui siamo
rustiluiti d! [>aclre di tulli i fedeli, come
-'"jslra figlia , parlecipandolc cou quc-
V E i\ 585
sin lellcra scritta di Nostro pugno, que-
sto inaspcUato Nostro successo. Siamo pe-
rò ricolmi di una giusta fiducia, che es-
sendo la medesima interessata a procu-
rare che il Nostro governo riesca a lei di
glùiia e di utilità alla Chiesa, vorrà assi-
sterci coll'edicacia delle sue orazioni e
colla saviezza dei suoi consigli, ed inco-
minciare ancora a felicitarne i principii
col cooperare al ristabilimento di una per-
fetta unione con questa s. Sede, dandoci
il tempo ed i mezzi di poter utilmente
travagliare come erasi già incomincia-
lo col Nostro predecessore. Ne porgiamo
a questo fine a Vostra Serenità le piìi
fervorose preghiere, assicurandola, che co-
me ci sarebbe di sommo conlenlo che l:i
Nostra amatissima patria desse agli altri
principi cattolici questo pio e generoso
esempio di filiale deferenza alle giuste i-
stanze delVicario di Gesìr Cristo, cos'i da-
rebbe ancora a Noi il motivo di approfit-
tarci maggiormente della dignità ponti-
ficia per promuovere le sue convenienze,
e per implorare in grado di Sommo Sa-
cerdote dal distributore d'ogni bene a Vo-
stra Serenità, alla Repubblica ed ai suoi
domiiiii ogni incremento di gloria e di
felicità ec". A questa amoro.ia lellera ,
a* 1 2 dello stesso agosto rispose colla se-
guente il doge in nome della repubbli-
ca". L' assunzione di Vostra Santità al
sommo pontificalo è un'opera dello Spi-
rilo del Siirnuie, che illuminando la men-
te del sagro collegio ha mosso la volontà
del medesimo a presceglierla, benedicen-
do con (pieslo grande e felice successo
respellazione di tutta la cristianità, ina
singolarmente i desideriidellaRepubblioa
noMra, la «piale esulla nel vedere alzala al
Sdinnio gr-ulo di eouuni padre Lei die i'i-
nura cuiiliaddistiuse qual suo piedilello
r;igguarili'v«de figlio . . .con filiale vene-
razione c'ineliiiiiamo al bacio de'sanlissi-
mi piedi ". Alla notizia poi che il sena-
to aveva .sospeso per nitri /\. mesi il di--
uelo o editto ilei 1 7 74) ^''*^'"^"'^ -^ ' '"
icrissc a'5 agoslo al dugc Lorcdaiio. ■-> l' in
586 V L N
dalla nriina udienza che abbiamo dato al
cav. Correr ambasciatore di Vostra Sere»
nità, udimmo con molto piacere e con o-
gni sentimento di riconoscenza le tante
dimostrazioni dell' esultanza che la Re-
pubblica tutta avca date per la Nostra e-
sallazione al pontificato. Commendiamo
nelle sagre funzioni quell' insigne pietà
colla quale furono date lodi a Dio del fe-
lice successo,per ottenerci altresì da Lui la
conlinuazionedellesue misericordie. Am-
miriamo parimenti la reale splendidezza
nelle sontuose e magnifiche feste, colle
quali fu accresciuta nel popolo l'estimazio-
ne verso il Vicario di Cristo. E similmen-
te meritarono da Noi tutta la riconoscen-
za le illustri e gloriose testimonianze di
onore, le quali a larga mano sono state
profuse su la Nostra famiglia. Ma quel-
lo che di molto accrebbe la nostra conso-
lazione, e fu il motivo più forte della no-
stra allegrezza, è stata la prontezza della
imova proroga di 4 "lesi della sospensio-
ne del decreto, onde dar luogo a Noi di
riassumere il trattato interrotto per la
morte dell' illustre Nostro predecessore.
Una tale notizia che ci recò il suddetto
nmbiisciatorefuda Noi accolta con molto
giubilo, come abbiamo significato al me-
desimo, ed egli slesso, ne siam ben certi,
non avrà lasciato di darne parte a Vostra
Serenità, dichiarandole insieme la nostra
pronta soddisfazione a ripigliare il ma-
neggio, ed il vivo desiderio di condurlo
ad un termine che sia di reciproca sod-
disfazione. Prima però di far questo, ri-
flettendo Noi aquell'espressioni colle quali
il dello ambasciatore accompagnò la no-
tizia dell'accennata sospensione, vale a di-
re dell'ardente brama che ha il senato di
iiiconlrare il Nostro gradimento; eccoci,
dilettissimi figli, a significarvi da Noi
medesimi, quali sarebbero in tale circo-
•stanza i nostri desiderii, che vi pieghiamo
di voler secondare , protestandovi , che
non avrete a dolervi, mentre a Noi sarà a
cuore il dare opportuno e salutare prov-
vedimento a quegli abusi che si fossero
V EN
insensibilmente introdotti. Ciò dunque
che n Noi far potete di più grato si è, di
togliere, e togliere di vostra sovrana au-
torità, quel decreto. Eccovi in poche pa«
role epilogata la somma de'Nostri ardeu-
tissimi desiderii, né siavi di grazia fra voi
alcuno che si dia,o voglia darsi a crede-
re, essere lesiva del vostro decoro e di
quella potestà legislatoria che ad ogni so-
vrano compete, la Nostra istanza. Chi cosi
pensasse, sarebbe in grande errcjre, e fi»
rebbe altresì a Noi una grandissima in-
giuiia nel supporre che fossimo capaci
di chiedere alla patria ciò che non fosse
per tornare in sua onorificenza. Si dà a
conoscere, come ad ognuno è ben noto, la
podestà del sovrano egualmente nelfir
le leggi che nell' abolirle, mentre quegli
soltanto può toglierle che può formarli?.
Onde se egli è un atto di sovranità la
ri vocazione delle leggi, come può darsi
che si faccia offesa al diritto del sovrano,
a chiederne l'abolizione? Ne sta egual-
mente salvo il decoro del legislatore,
mentre quando temesse che potesse ciò
essere di sinistro esempio, onde vi potes-
se in altri incontri essere pregiudiziale ,
date di grazia un pensiero alle circostan-
ze presenti, e poi vedrete, ss coll'accor-
dare ciò ad un figlio della vostra patria
dalla misericordia del Signore esaltato al
sublime grado del pontificato, che istan-
temente ve ne prega, patir possa pregiu-
dizio alcuno il vostro decoro. Ah cittadi-
ni amatissimi, non vi sia tra voi. chi la
pensi diversamente, e siale sicuri che il
mondo tutto farà plausi di gitjbilo alla
vostra tanto savia e prudente determina-
zione. Noi poi ve ne saremo tenuti in
particolare maniera, e vi faretuo, non so-
lo in presente, a riparo degli abusi, ma
anchein avvenire, con significazioni mani-
festa la grata Nosti-a riconoscenza. Pen-
sateci con serietà, che Noi intanto rivolti
al l'riucipe de' lumi non lascieremo di
raccomandare aLui l'importantissimo af-
fare, acciocché illumini le vostre menti,
accenda i vostri cuori a secondare le No-
VE!X
sire amorose paterne insinuazioni, che
accoropngoiaruo sopra Vostra Serenità e
sopra la nostra diletlissima patria con
l'apostolica bciedizione". Appena giun-
se in Venezia il breve pontificio, non esi-
tò quasi un momento il senato ad al-
Irstare al Papa la sincera sua premura
ili fare quanto egli bramavate tre giorni
dopo scrisse la seguente lettera. » Men-
tre con molta riflessione versa vasi sopra
l'c-prtssioni che nella trascorsa Settimana
l'auibasciator uoblro cav. Pietro Correr
ci lappresentò uscite dalla Santità Vostra,
le quali mostrarono redlcaceSuo deside-
rio che si ponesse fine alle insorte diffe-
renze coH'aruiulIare il decreto y settem-
bre I 754: giunse il pregevolissimo foglio
della CeatitudineVoslra, in cui abbiamo
conosciuto chiaramente il carattere retto
ed ingenuo della Santità Vostra, la qua-
le come capo della Chiesa riconosce la
(icoltà Icgislatoria nata colla repubbli-
ca e sempre da essa esercitata; spiegan-
dosi Vostra Beatitudine stessa, che qua-
lora succedesse per libera autorità del
Senato la sospensione del decreto, ciò non
può né potrà n>ai recare veruna lesione
alla podestà nostra legislatoria. Ciò pre-
messo , Vostra Santità cel richiede con
sensi teneri ed afFelluosi come ima grazia
d.i'sooi attaccatissimi figli. Perciò esseudo
noi assicurali in un punto cos'i essenziale
;iUincnte alle leggi ed alle consuetudini
nostre, ci troviamo in grado di dirle di
nverein quest'oggi ritirato il decreto 7
settembre » jS^ con le carte ch'ebbero a
questo relazione. Bealissiiuo Padre, sia
(jiicslo un indubitato contrassegno della
( odtinuazione del nostro giubilo per ve-
iltie la DeatiludineVostra (loslro concit-
(idino, per i segnalali suoi meriti ed e-
-K.gie virtùes.iltato al supremo governo
I iella Chiesa. Per quello riguarda alle di
J-ici espressioni tanto generose e cordiali
I so la pallia Sua, non avremocliea di
jiaiarle il pienissi(no ricotioscimenlo ,
sicuri che Ella ci riguarderà sempre nel
•IO insigne pontificalo come suoi predi-
YEN Stì;
letti figli, e mentre che imploriamo dalla
Beatitudine Vostra l'apostolica benedi-
zione, ci umiliamo al bacio de'sanlissimi
piedi", il Papa estremamente conteuto e
commosso, rispose con alTettuosa e rico-
Doscenle lettera al doge, eziandio riferita
dal Bercastel, la cui fra le altre cose di-
chiarò a onore della patria: » Non dob-
biamo lasciar di confessarvi la Xoalra
più sincera riconoscenza per l'illustre te-
stimonio, per il cospicuo esempio che da-
to avete al mondo lutto cattolico dell'os-
sequio che professate alla s. Sede, che Ira-
inandalo io voi da' vostri maggiori ren-
dulisi cotanto benemeriti per memoran-
di egregi fatti, vive tuttavia e vivrà sem-
pre negli animi vostri, e di quel partico-
lareattaccamenlo, che essendo il caratle-
re specioso cou cui l'inclita vostra Piepub-
blica riguarda i suoi figli , l'avete ora s"ì
manifestamente dato a conoscere verso
di Noi, vostro figlio e insieme vostro pa-
dre. Che se a tali riilesiti tanto è stato il
Nostro aggradimento, non sarà per essere
inferiore la Nostra riconoscenza; e Nostro
s.irà il pensiero di darvene convincenti
prove, e quelle appunto che da Noi, co-
me da grato cittadino, potete sperare a
gloria ed utilità della comune diletta pa-
tria ec. " Ma Don tardò la repubblica,
col suo operato, e col non più mostrarsi
docde,a trafiggere il cuore dell' ottimo
Clemente XIII, e perciò questi dovetlo
cambiare linguaggio, come dirò piìi sot-
to, ripeUilameule lagnandosi di avere per
essa solTerlo le maggiori amarezze, come
le avea palile il predecessore Ccnedello
X I V, perciò poco tenero verso la medesi -
ma. Dopo avere il Pupa rinnovalo il titolo
di jliìOslolich alla regina d' Uiii^lu-ria
Maria Teresa, conse a'siiccussori di lei in
(]uel reame, e creato cardinale il proprio
e degno nipote Carlo, nel concistoro del
I. "ottobre dello stesso 1758, con l'allo-
cuzione iSV fini militari lamie, [)res<o il
Bull. Roin. cont. t. i, p. 4^, partecipò
al sagro collegio il riprislinalo perpcluD
titolo di ÀjtO'Lolico a' monarchi d' Un-
588 V E JN
gheria, le cesiate veilenze colla repub-
blica di Venezia, e ricordate le dilferea-
ze eh' ebbe con essa l'altro conciltadiao
Alessandro Vili, creò cardinale un altro
patrizio veneto in Antonio Marino Priuli
vescovo di Vicenza e con elogio. Indi col
hieve I/idurncii1orunij de' io febbraio
lySg, BulL cil., p. gì : Plehanos prò
tempore collcgiatae Ecclesiae s. Feli-
cis lenetiarnm, in qua Siiinnius Ponti'
fex sacro Baptisinatc fuil rege/ieratus^
in aposlolicos ISolarios recepit eisque
praelatitiuni hahitiun et roccliellum e-
largilur gcstandnni intra praedictant
Ecclcsiani. Olire l'aver dichiarato il par-
roco prò tempore protonotario apostoli-
co, con privilegio dell'insegne prelatizie in
<|ualuu(]ije solennità della stessa chiesa,
a questa donò una ricchissima pianeta e
un ostensorio d' argento. Alla biblioteca
Marciana mandò in dono le opere del suo
antecessore Benedetto XI V, e le sue pro-
prie Decisiones s. Rotae Roinanae co-
rarn etc. Romae apud Bai'biellini,in 3 to-
mi magnificamente legate. Quindi a'aS
marzo di detto anuo avendo per la i.*
volta benedetto la Rosa d'oro, l'inviò in
dono al doge Loredano, per Tablegalo a-
pustolico Firrao, più tardi nunzio di Ve-
nezia, nel quale articolo descrissi la solen-
ne funzione die perciò ebbe luogo nella
basilica ducale, di poi confermando il
i'apa alla repubblica di avere in Roma
l'uditore di Uota veneziano, e gliene ac-
cordò la nomina per un qualificato suo
peisonaggio. A' 24 settembre ijSc) an-
noverò al sagro collegio un allro nobile
veneto in Sante Veronese, suo successore
nel vescovato di Padova. Inoltre Clemen-
te XIII nel gennaio 1760 promovendo
il nunzio di Venezia Coloima Cranciforle
a presidente della legazione d'Urbino,
che poi elevò alla (x^rpoia , gli suslilui
Francesco Car.iffli di Tiaietloarcivcscovo
di Patrasso. Poi nei i 761, col hievePcr
multa, òdi 1 3 marzo, Bull. Rom. cont.
l. 2, p. 7 I, confermò in perpetuo il titolo
LÌ' abhadcsia alla supcriura del!' ugosti-
V EN
niane di s. Caterifia, col privilegio ba-
ciili deferendi in solemnioribus feslis
et annuii benedicli digito gestandij a* 1 g
luglio concesse che la festa dell' Annun-
ziazione, tanto memorabile per l'origine
di Venezia, si celebrasse nella sua dioce-
si con ottava e non ostante che in altro
giorno si trasferisse; a'20 settembre bea-
tificò solennemente il suo parente e con-
ciltadiuo b. Gregorio Barbarigo, anche
predecessore nel vescovato di Padova^
ed ordinò al Senato romano si portasse
nel di seguente in forma pubblica a ve-
nerare nella basilica Vaticana il novello
Bealo. India'23 novembrefececardinale
il patrizio veneto Giovanni Molino vesco-
vo di Brescia e già uditore di Rota. Os-
serva il Moschini, nella biografia del do-
ge Francesco Loredano, che nel pontifi-
cato del concittadino Clemente XIII, [)ar-
ve che si accrescesse in lui la pietà, della
quale si sarebbero altri frutti ammirati
se la morte non lo avesse tolto alla edi-
ficazione e al desiderio della patria a'ig
maggio 1762, dopo un dogado pacifico.
Le sue ceneri si tumularono nel tempio
de'ss. Gio. e Paolo, dove l'altro doge Leo-
nardo Loredano ha ricco monumento.
Importa che io noti qui di passaggio uq
brano di risposta da me scritta a* i4
settembre i835, riguardante la bella o-
pera del dotto conte Leonardo IMania
nipote dell' ultimo doge, die porta per
titolo: Illustrazione delle medaglie de'
Dogi di Venezia denominate Oselle (ne
fece una 2.' edizione in occasione che
a Venezia raccoglievasi nel 1847 '^ '^
congresso degli scienziati italiani, e che,
al due del conte Dandolo, condusse a tal
grado di perfezione da lasciare assai poca
speranza di vincerlo a chicchessia). Il ri-
spettabile veneto e mio amorevole de-
fonto Francesco Brembilla capo dell' i.
r. Censura di Venezia, di voto e aifeziona-
lissimo a Gregorio XYl, a' 6 settembre
iS35 fra le altre cose mi scrisse. » Deb-
bo poi farle ums pi eghiera, che consiste
nel desiderio miu di supere quale sia la
VE N
frase ed il concetto che costà dispiacque
nell'opera rroenlissima qui pubblicatasi,
Delle Ostile di f^'cnezia del conte Leo-
nardo iNIaniri, poiché vorrei che fo>se ri-
paralo almeno in quegli esemplari che
stanno tuttavia in mano dell'illustre au-
tore, che può avere errato per ignoran-
za od imprudenza, non mai a progetto,
essendo egli di molla pietà, e divotissi-
mo della s. Se*\e, come lo è [)ure nel mo-
do più riverente l'ulìicio di censura e re-
visione che qui ho 1' onore di dirigere.
Io a dir vero non firmai sotto V Impri-
matur, che dietro il volo scritto di uno
de' sacerdoti censori miei subordinati :
ma passala l'opera ora in esame severis-
simo, mi sembra che si avrebbe dovuto
evitare una non misurata espressione sul
conto di Giulio II. Ad ogni modo io la
supplico, cjuanto so e posso, ad inslruir-
sene ed onorarmi di partecipazione di
quanto le venisse osservato, standomi
troppo a cuore e per coscienza e per ri-
spetto alla veneranda Cattedra di s. Pie-
tro di non lasciar correre veruna scrit-
tura a stampa, che non sia rispettosa [ser
la santa nostra religione, non meno che
al Pontificalo". A questa edificante com-
missione, prontamente risposi. >» Ade-
rendo al di Lei desiderio relativo all' o-
pera del sig. conte Manin, le dirò, in via
per altro riservata, essere qui (in E.o-
ma) spiaciuto, e certo non poteva piacere
per verun modo, non tanto l'espressione
ila Lei saggiamente giudicata non tiu'su-
rata sul conto «li Giulio li, quanto l'illu-
strazione falla dall'autore alle due pri-
me medaglie del doge Francesco Loie-
dano; dalla qualesi potrebbe rpiasi con-
cludere,che le troppo famose leggi ema-
nate per la i." volta a danno delle eccle-
siastiche corporazioni ed immunità dalla
veneta repubblica, le fossero slate dettate
ilalla IMadie Santissima e daU'Ji^vangeli-
sta s. Marco, i quali le avrebbero, per co-
sì dire, perfino somministrate penna e
calamaio per metterle in carta. Ciò non
ostante per altro, l'illustre autore nulla
V E N Si^c)
scapitò nella favorevole opinione, che
dietro alle relazioni di monsig."^ Traversi
erasi già concepita di lui ; rilenendosi tut-
tavia, qunle auciìe V. S. lo descrive, per
soggetto di molta pielà, e divotamente
attaccato alla s. Sede ed alla sagra perso-
na del SantoPadre Gregorio XVI, il qua-
le dal canto suo non lasciò di aggradire il
di lui dono." — MarcoFoscariiiiCXVIl
doge. Uno dei più chiari patrizi veneti
di cui si onora la storia della veneziana
letteratura. Fino dalla gioventù si fece di-
stinguere per sapere, per eloquenza, per
la purità tie'coslumi e la dignità della
sua condottn. Entrò per tempo ne'magi-
strati,e poiché passato fu per le magistra-
ture, che alle dignilà supreme conduce-
vano, fu fatto cavaliere e procuratore di
s. Marco, e venne inviato in parecchie
ambascerie alle corti d'Europa, nelle qua^
li si fece ammirare pe'suoi grandi talenti,
per singolari virtù e per una magnificen-
za eguale quasi a quella de' più grandi
monarchi. Accoppiando le politiche colle
studiose applicazioni, essendo ambascia-
tore in Roma scrisse il suo Ragiona-
ìnento j e trovandosi collo stesso carat-
tere a Vienna raccolse r^rr/7/j<; mcwo-
rie, ossìa segreta storia di Carlo Vlini-
peralorej nell'ambasceria poi di Tori-
no compilò la sì bella Relazione, cUe in
seguito stampala si riprodusse in più lin-
gue. Innanzi che partisse per la sua i.
legazione, era stato scelto dal consiglio de'
Dieci per proseguire laconlinuazione del-
la Storia di 1 e/jezf*?, cominciata dalCcm-
1)0, continuata da Nani e proseguita da
Michele Foscarini, pubblicata in Venezia
nel iG'ìG,nel iGd^e nel i7?/>,, cioè pro-
seguendola dove quest'ultimo pallio sto-
rico giunse sino al 1690,6 dopo di lui il
senatore veneziano Pietro Garzotii isto-
riografo (e custode degli archivii segreti
della repubblica, impieghi che andava-
no sempre congiunti insieme), che n'ebbe
la commissione nel 1 fif)^, l'avevano cori-
dotta {'i\i\e parli contengono la continua-
zione del Garzoni, la i .' col titolo: Istoria
Sgo V E N
(Iella rcpulhlica di T^cnczia in tempo
della sagra lega contro Maometto If e
ire suoi successori, gran sultani de' tur-
chi, Venezia pel Manfiè i yoS e i yOyjla
2/ col tilolo: Istoria della repubblica di
Penezia ove insieme narrasi la guerra
per la successione della Spagna a Car-
lo II, Venezia pel Manfrè 1 7 1 6 e 1719).
La lontananza di MaicoFoscaiinijin cui
per più anni rimase dal deposito degli
arcliivii segreti, da'qunli i soli isloriografi
della repubblica erano autorizzali a trar-
re carte e documenti, impedì che atten-
desse alla compilazione di tale prosegui-
mento. Onde però occuparsi d'nrt ogget-
to analogo al ricevuto incarico, mise in-
sieme i materiali , che ovea da lungo
tempo raccolti , per l' opera intitolata :
Della lelleratura veneziana , Padova
l'joi. Egli avea posto n)ano«lla narra-
zi(jne di tutte le vicende, ma tion potè
compierne e pubblicarne che il 1 .'dei due
ampii volumi, ne' quali la voleva conte-
nuta. Olire quel i.°volimie tal copia di
scelta erudizione, accortezza di giudizio,
nobiltà di dettatura, che mai in chi lei!i;e
cessa il doloie di non essere stala dall'au-
tore ridolla al proposto fine (Fu ripro-
dotta in Venezia nel 1 854, ''• "^"^ ^'"'' ''^
8.° grande, coU'aggiunta di alcuni brani
inediti di essa sloria, e colle notizie in-
torno alla vita dell'autore, per cura del
eh. Francesco Zanotto, dulia tipografia
di Teresa Gattei). Di altre sue operet-
te pubblicate in circostanze di privala
letizia, di maggiore rilievo fu il suo
Ragionamento della lettera lura della
ìioìnhà veneziana , il quale con 100
esemplari nobilmente si fece im()rimere
nel 1826 dal veneto cav. Antonio Keve-
din (anche questo compreso nella prefa-
la edizione della Storia della letlcralu-
ra). Gli venne successivamente alìidala
la direzione de' monumenti pubblici,
della biblioteca di s. Marco e dell'univcr-
sita. Uomo si eslitnato in patria efuoii
era degnissimo di ricevere da'suoi con-
cilladiui le piìi alte ouoranze, e le olleu-
V E iN
ne, e finihncnte la più illustre che po-
tesse conseguire, poiché fu eletto doge a'
3i maggioi762. Il suo dogadn fu paci-
fico, se non che per avere il senato rico-
nosciuto per arcivescovo di Filadelfia e
Ciipo della Chiesa greca in Venezia certo
Giorgio Facea scismatico, che dallo stesso
patriarca greco eterodosso in Costantino-
poli era stalo scomunicato, diede luogo
0 ripetuti reclami, per siffatta ricogni-
zione, di Clemente XI II, che avendoli già
falli o'27 febbraio al patriarca Biagadi-
no e ol doge Loredano, eziandio poi ne
Sdisse al doge Foscarioi a' 22 gennaio
17G3 e poi al suo successore, cou^e nar-
rai nel 5 XIII, n. f). Il suo principato bre-
vissimo tli 10 mesi ebbe fine colla sua
morte avvenuta a' 3i marzo 1763, re-
stando deluse le speranze su di lui con-
cepite, per cui fu accompagnato da calde
lagrime alla tomba de'suoi maggioii. JNel
palazzo Foscarini, oltre il ponte tiel cam-
po de'Carmini, ove nacque e fece dimo-
ra, raccolse un ricco tesoro di cronache
patrie, passato poi alla biblioteca impe-
riale di Vienna, la cui preziosità può ri-
levarsi da! catalogo ragionalo pidjblicn-
to dal eh. Tommaso Gar a F^irenze nel-
V Archivio storico ilal'uino. Il busto mar-
moreo del Foscarini nel 1B47 fu collo-
cato fra quelli de' veneziani illustri nella
loggia del palazzo ducale. Va corretto lo
sfuggito fallo tipografico nel vol.XXVlI,
p. 232, dovendosi leggere Foscari, nel
dire che quest'ultimo doge usava il tito-
lo frater col duca di Savoia. — ■ Alvise
IF Moceuigo CXriIIdoge. Il suo bio-
grafo IMoschini riferisce di lui, che se le
virtù dell'mgegno principalmente avea-
no innalzato alla dignità di doge il pre-
decessore, specialmente per l'eccellenza
delle virtù religiose meritò di venire e-
letto in sua vece a'iq aprile 1763. Egli
sì cittadino e sì principe, amò sempre
essere e comparire religioso. Nell'eserci-
xio delle magistraluie, che gli ftuono af-
fidate, si mostrò infaticabdmcnte zelan-
te, fedele, giunto: ambasciatore a l'arijji,
VEN
ne riccicò e olleune poizioue della saU
ma del doge s. Fieli oOrseolo, le cui vir-
tù faceva di emulare, lapjji esentando al
re l'ardenti edivolebramedel doge Ruz-
rini, come uairai di sopra a p. 5j (u\e
col Mutinelli, chiamai col nome di Gio-
vanni il Rlocenigo, mentre Alvise è sino-
nimo di Lodovico): legalo a Roma, vi si
condusse in modo, che mantenendo in-
tatti i diritti del suo governo, non intra-
lasciava di rispettare i desiderii della s.
Sede, pel quale suo temperamento sciol-
se le difficoltà che intorbidavano la con-
cordia, e ottenne privilegi che innanzi la
repubblica non godeva. Couvieu crede-
re, che doge non potè fare altrettanto,
per quanto dovrò deplorare. Umile ne-
gli atti e nelle paiole, tanto più si con-
ciliava l'altrui amore e veiierazioue,(juan«
lo che natura avealo fornito di sembian-
ze gentilissime, e di tali forme del cor-
po, le quali invitavano a coutcuìplarlo.
Munifico, confortava di denari i poveri,
alimentava pupilli e vedove, spendeva
mollo oro per assicurare la purezza di
fanciulle, che bella e miseria mettevano
in pericolo. Egli pigliava sollecito pen-
siero di Soccorrere le povere comunità
religiose, che spesso' visitava divolo, e
quella particolarmente di s. Bonaventu-
ra de' francescani riformali, Ira'quali tro-
vava di che pascere il suo cuore e il suo
intelletto, oltracciò in una loro interna
ca ppella accostandoci alla s. comunione,
compagna a lui la piissima moglie, alla
quale per i>peciale di>tinzione fu accor-
dato l'uso del comodi dogaressa benché
non coronata la le. Tanta leligioue si am-
mirava da' grandi e si venerava dal po-
polo. Cleuicnle XIll nel i 764 leintegiò
del cullo immeniorabile il b. Giovanni
Marinoni veneziano teatino, e nel 1763
approvò quello della b. Lcn^cnutu Caia-
ni da Udine, domenicana. E col bteve
Exponi iioiis, de'ig api ilei 765, Bull,
liom. (onl.,i. 3, p. 63: Facullas per-
petua iiululy,ctur asscrvandiss. Eucha-
ristiat Sua amenium in coppella aca-
V E N 591
ilcm'ìae. Nùhilìum in civitale J'cneiui'
rum iiih rcgiìiiine clericorum rcgula-
rhmi congrcgalionìs Somaschìae. Nar-
ra l'annalista cav. Coppi all'annoi 765,
che moiì l'imperatore Francesco l,dopo
essere slato indotto dalla moglie Maria
Teresa, la quale dominando non lascia-
va a lui che la spedizione degli affari or-
dinari della cancelleria austriaca e to-
scana, ad erigere in secondogenitura di
casa d'Austria per l'arciduca Pietro Leo-
poldo il granducato di Toscana. Gli suc-
cesse il primogenito inìpeialore Giusep-
pe II, dalla madre dichiaralo correggen-
te degli slati austriaci. Intanto le dispo-
sizioni che faceva Malia Teresa per re-
golare le cose di sua famiglia indussero
Eassi ambasciatore di Luigi XV re di
Francia a Venezia a proporre al proprio
sovrano«di favorire l'ingrandimento del-
la casa d'Austria in Italia (che già vi pos-
sedeva,oltre il dello granducato, i ducati
di Milano e di Mantova contenenti unu
popolazione d'un milione e mezzo, per
le «juaU Provincie avea una influenza
grandissima negli nllari della penisola, e
dirigeva la sua politica a maulenerla in
uno stalo di debolezza, mentre d'ullrou-
de cercava di rellitìcarvi le sue frontie-
re j sposando quindi M." Teresa il suo fi-
glio terzogenito arciduca Ferdinando a
Beatrice d'Este, unica figlia ed erede di
Ercole li I duca di Modena e Reggio, que-
sti slati perciò entrarono anch'essi nella
casa d'Austria) col possesso delle pi oviu-
cie venete, alla condizione peraltro che
l'Austria cedesse alla Francia i Paesi Bas-
si ". Tale progetto di sottomettere Ve-
nezia e i suoi dominii all' Austria però
rimase sopito, ed alla sua volta venne at-
tualo, come diiò poi. iS'eli753 la lepub-
blica avea concluso un traltalo co'pirati
baibaieschi, e tali n'erano slate le condi-
zioni che più sembravano proprie da ira-
jiCrsi a sudditi, the non da proporsi ad
una potenza»ovrana,coine osserva la con-
tinuazione i\t\\' Arte- di i'crifìcarc le dnk:
Venezia dupu alcune inulili scorrerie de'
5yc» V E N
suoi legni, tli cui le polciizc d'ilfilia e di
Spagna aveano cliiesto l'assislenzo, prese
la (leferminazionc di trallare di muovo
con Marocco, Tunisi, Algeri g Trijwli.
Kel 1764 e 17G.5 si andò d'accordo in-
torno ad alcune capitolazioni che vennero
ben presto violate dalla reggenza di Tri-
})oli, poscia daldeydi Algeri, e finalmen-
te dalla reggenza di Tunisi. Sopra di que-
sto argomento narra il conte Girolamo
Dandolo, che la Porla ottomana conti-
nuando a mostrarsi disposta a mantener-
si in amicizia colla repubblica, avrebbe
questa potuto dirsi pienamente tranquil-
la, se la piroteria più sfacciatamente che
in addietro esercitata da'Cantoni di Car-
beria non le avesse in)posto il debito di
una più vigilante protezione del suo coui-
tnercio marittimo, cui le sunnominate
franchigie concedute a'porli di Trieste e
di Ancona ispiravano nuovi e non infon-
dati timori. Perciò manteneva il gover-
no di essa un qualche «mmero di navi nel
IVledilerraneo; e volentieri accedeva agli
invili del Papa di collegarsi con lui, col-
la Spagna, con Napoli, con Genova, co'
cavalieri gerosolimitani di Malta. Anzi
nel congresso a tal uopo raccoltosi in R.o-
ma, proponeva la repubblica slessa il bom-
bardamento d'Algeri, Tunisi e Tripoli,
solo espediente atto ad estirpare il male
dalla radice. Se non che la Spagna, cioè il
gigante della lega, manda va a vuoto il ben
concepito disegno. iMoslrava essa infalti
volervi entrar di buon animo, e per allu-
cinare ognor più i collegati, diceva voler
tentare essa sola l'impresa d'Algeri sopra
ogni altra dilUcile. E perchè la prontez-
za de'falli mal rispondeva alla magnifi-
cenza delle paiole, giuslificava la pi npria
inazione, esagerando la grandezza dell'-np-
parecchio. Venezia però non ebbe a du-
rar tropj>a fatica per convincersi, che la
Spagna, cosi consigliata dall'interesse <Iel
proprio commercio, voleva profittare de'
■vantaggi della lega, e perciò voleva aver
■voce di entrarvi, ma senza dividerne i
pesi e senza correrne i pericoli, aiutando
V fi N
amici e spaventando nemici co'soli rumo-
ri dello parole. Intanto gli stati Barbare-
schi non perdevano il loro tempo, e con-
tinuando a correre sulle navi cristiane,
preparavansi ad una cos'i gagliarda dife-
sa, che appariva inuiperabile colle sole
forze degli stali italiani. Perciò la repub-
l)|ii;a,abbandonata dal solo allealo su'mez-
zi del quale avrebbe potuto far conto, si
contentava di continuare a mantener la
solila squadia nel IMeiliterraneo a prote-
zionedella navigazione de'propri sudditi,
e di far guardare da alcune fregate l'in-
gresso dell'Adriatico. Cosi presso a poco
procedevano le cose, quatido nel 1 765 fu
rieletto governatore oca[)itano di nave il
patrizio y\ngelo Emo, da ultimo prov-
veditore di sanità ne'Lazzarelli ; essendo
tra' veneziani statuito con sano consiglio
di educare gli uomini di stato alle prati-
che discipline del governamenlo in varie
successive magistrature, acciò tutto vedes-
sero, e di tutto istruiti, assunti fossero
alle più interessanti e gravi faccende del-
l'amministrazione. Gli si affidò il coman-
do d'un vascello di linea e di due frega-
te, con l'incarico di recarsi nel Mediter-
raneo a farvi qualche dinioslrazione che
incutesse a'pirati africani il timore di un
pili rigoroso attacco contro iloro nascon-
digli ; e di proseguire poi oltre Io stretto
(Il Gibilterra sino a Lisbona, onde com-
plimentare a nome della repubblica il re
Giuseppe,e ad impegnarlo vieppiù a strin-
gere l'amicizia che già univa i due go-
verni, ed a concedere alle navi de' vene-
ziani quelle maggiori agevolezze solite lar-
gheggiarsi al commercio delle nazioni più
fiivorite.L'EiMonel disimpegnodclla dop-
pia missione superò l'espetlazione del se-
nato;anzi quest'ultimo nell'a ver cos'ai rivol-
to le sue cure a rianimare il commercio
nazionale,mostrò che in lui nell'accorrere
alla difesa della repubblica colle proprie
forze marittime, non era meno sollecito
di promuoverne gl'interessi, e che se la
scoperta del Capo di Buona Speranza e
altre vicende aveano inaridite 1' antiche
VEN
sorgenti di lucro, fece conoscere all'Emo,
che fonti di nou minori dovizie si sareb-
bero trovate ne'poitideirOccidenle,don-
de potevano anche i veneziani, al pari d'o-
gni allro,volgere all'Indie orientali ed al-
l'Americhe.Emo giovò pure alla patria nel
formare la carta della Laguna che circon-
da Venezia: immenso e perfetlo lavoro, il
quale tuttora esiste, e per la cui attività fu
contpito in 6 mesi. La comparsa dell'Emo
sulle coste settentrionali deirAfrica,lasciò
profonda impressione in que' ladroni di
mate, onde per alcun tempo tralasciaro-
no di molestare il commercio de' vene-
ziani ; del resto non risparmiando quel-
lo de'francesi ed inglesi. Divenuto l'Emo
nell'anno i ^65 almirante, o vice-am-
miraglio, dovette nuovamente mostrarsi
sulle coste d' Algeri con maggiori forze,
e minacciò di distruzione, non solo una
fregata ch'era nel porto, ma la stessa cit-
tà di Bona. Nel §XV, u. 2, parlando del-
l'accademie di Venezia, e dell'origine di
quella di pittura, notai che nel 1766 fu e-
retta quella di pittura, scultura e architet-
tura, composta di 36 membri, il cui no-
vero riferisce il cav. Mutinelli negli Ati'
nati Urbanij che inoltre rileva il deca-
dimento di Venezia, in cui era succeduto
l'ozio alla fatica, il sonno alla vigilanza, la
gozzoviglia alla frugalità, il dissipamento
alla moderazione, il fasto alla semplicità,
la licenza alla modestia. Spirata nel 17G6
l'alleanza co' grigioni, la repubblica non
volle rinnovarla, per non esporsi a pren-
der parte alle loro querele interne ed
esterne. Clemente XIII promovendo il
nunzio di Venezia Caraffa a segretario
de'vescovi e regolari, carica che porta al
cardinalato, che poi conseguì, dalla nun-
ziatura di Firenze trasferì in questa Ber-
nardino Honorati arcivescovo di Sida. E
nel seguente 1 7G7 di suo ordine a* 1 9 set-
tembre fu sottoscritta dal cardinal Tor-
regiani segretario di slato, e dall'amba-
sciatore di Venezia ÌNicolò Erizzo, una
convenzione reciproca per l'arresto de'
banditi e malviventi, fra gli slati poa-
VOL. xcii.
VEN 593
tificii e veneti, cogli stessi articoli del-
la convenzione 6 marzo rySG, fatta per
5 anni ed ora rinnovata. Nel preceden-
te luglio Clemente XIII solennemente
canonizzò s. Girolamo Emiliani, nato da
Angelo e da Dionora Morosini, già se-
natore veneto e fondatore de' somaschi,
insieme ad altri 5 santi, in memoria di
che fu poi incisa una medaglia coH'epi-
grafe : Decor ej'us gloria SancCorum.
Qui pure registrerò il decreto de'3o apri-
le 1 768, col quale ClementeXIIl approvò
il culto immemorabile della b. Angela
Merici di Desenzano,lerra sul lago di Gar-
da nella diocesi di Brescia, ove fondò le
Ori'o/me, poscia da Pio VII canonizzala.
L'amore di patria accompagnava questo
Papa fra le immense cure del pontifica-
to e persino ne' servi di Dio concittadini
volle accrescerne la celebrità,aiichecol ri-
conoscere il culto immemorabile di altri.
Padre di tutti i fedeli,do vendo tener sem-
pre rivolti i suoi pensieri al grande inte-
resse della religione,nulla obbliava, onde
per questa parte potesse dar lustro e
splendore al nome veneziano. Dice il Ber-
castel : Abbiano pure le nazioni d'Euro-
pa riconosciuto nella repubblica di Ve-
nezia lo spirito degli ateniesi senza la
loro leggerezza, l'industria de'cartaginesi
senza la loro mala fede, la saviezza de'ro-
mani senza i loro vizii e difetti; Clemen-
te XllI conosceva bene di poter propor-
re al mondo cristiano modelli di virtù
tutte sanie ed esemplari di evangelica
perfezione ne'suoi concittadini. Ma quel-
li ch'erano al suo tempo alla direzione
del governo della repubblica trafìssero il
suo cuore e l'amareggiarono con disgu-
sti, circa gli acquisti degli ecclesiastici e
intorno gli ordini regolari; deplorabili
innovazioni, che come pure confessa il
veneto cav. Mutinelli, indiGiuseppe II in
ciò non fece che seguire gì' impulsi dati
pe'primi da' veneziaui,funestamenle pure
seguili da altri principi (ma Giuseppe li
volle entrare colle sue pretese deplora-
bili riforme in tante minuziosità, che Fe-
38
5y4 V E N
«lerico I J ii Grande re di Prussia lo chla-
mara mio fratello il Sagrestano. Ma già
fon fnl nnmp ne! 1 608 avea Paolo V np-
nellali rji-.e' dpi consiglio de'Dieci. Impp-
roccliè avendo questi oidinato si limi-
tasse l'eccessivo suono delie campane, il
l'apa disse all' ambasciatore Contarini :
-•■ Sig. ambasciatore, voleino farle sapere,
che con nostro grandissimo dispiacere in-
tendiamo cbe i signori capi de' Dieci vo-
gliono diveritar Sagrestani, poicbè co-
mandano a'parroccliiani cbe all'Ave Ma-
ria serrino le porle delle cbiese, e a certe
oienon suonino lecampane; questo è pro-
prio ufficio dclSagrestano'). Inutilmen-
te reclamòed ammon"i l'egregio l'apa; né
dipoi riuscì a' successori la riforma di sì
jirpgiudizievoli leggi contro gli ecclesia-
stici, a segno che riporta il Beccatini nella
Storia di Pio /^/, impressa in Venezia dal
Zalta nel i8oi,nel t. a, p. 181, cbe Pio
^ l più volle si espresse colcav. Andrea
Memmo, ambasciatore veneto a Roma,
fb'eg'i mollo amava per lesue rare qua-
lità : E tempo che la vostra repubblica
si dicbinri, se v»iole o no restare nella na-
vicella di s. Pietro! Edi recente i) vene-
to cav. Scolari, nel suo libro: Roma e la
i. Sede, diobiarò a p. ^5. « Né dicasi, che
il clero non è la Chiesa, e che gli abusi
ed i falli del clero non sono gli abusi ed
i falli della religione. Giustissima restan-
dola distinzione quanto alla rna?sima,essa
e ingiustissima e dannosissima allo stato,
quanto all'applicazione pratica cbe se ne
vuol fare. Le redazioni in fatti tra la Chie-
sa ed il clero, tra il clero e la società, pas-
sano sì delicate e strettissime, che l'uma-
na malizia corre ben di leggieri a trarne
consegtienze contrarie alla massin^a, e dal
dispregio del clero a quello delia religio-
ne, e da un passo di irriverenza ad uno
d'incredulità e di ribellione. Piova ben
tlofjueiitc l'antica repubblica di \'enezia
m due solennissimi iuconlri. Nel prim.o,
quando si tenne per vincitrice in faccia
alla Chieso al tcMupo dell'interdetto (pro-
babilmente iuteiiderà ricordare quello di
V E ?^
Paolo V, indottovi dalla Spagna); men-
tre invece dal tempo dell'interdetto in
poi comincio ella stes'^a ad essere vittima
♦Iella medesima libertà di pensare e scri-
vere che aveva adoperato essa contro la
Chiesa. Nel secondo, quando fattasi pri-
ma Ira le potenze d'Eiwopa a sancire nel
17^7 le leggi filiali ed avverse all'immu-
nità della Chiesa, ed alle così dette Mani
morte (che invece sono mani veramente
i'mt) andò ella stessa a trovarsi 3o anni
dopo eliminata dalla carta politica degli
stati! Ed in vero, io penso, che questo
foro non possa essere impunemente di-
sconosciuto del tutto neppur in oggetto
di causa meramente civile. Anche le cose
civili in fitto involgono, più o meno di-
retlamente,Iadelicate7za, le convenienze,
il decoro e le passioni sfesse dell'uomo, e
se questo uomo è rivestito d'un caratlere
sngr(),eg!iòpericolosodel pari al ben pub-
))lico assoggettarlo alla trattazione del
foro com urie, dove potrebbe accadere che
i figli mettessero in aperto, 0 per la colpa
d'un solo impalassero fatalmente a de-
lidere la nudila del padre. Senza negare
pertanto cbe molti e molti abusi sieno
derivati dovunque da un indiscreto eser-
cizio d'immunità e di giiu'isdizioni eccle-
siastiche, non posso abbandonare il con
vincimento, che quanto a! modo di com-
binare questa massima coli' ubbidienza
dovuta da'catlolici a Pietro, e colle con-
venienze tutte da usarsi al ministero sa-
cerdotale, non sia forse da om mettere il
temperamento Cìq tribunali 0 coìnim^sio-
nimiste^ di cui ho parlato pur ora, e sem-
pre sotto la condizione, che vi acconsenta
la Chies3, im[dorando appunto da essa
gli effetti d'un concordato correlativo. E
sia pure cbe la stampa periodica s'affa-
tichi a ripetere: che la maggioranza crede
che a'sacerdoti corra l'cbbligo di ubbidire
olle leggi civili come agli altri cittadini.
Prima di tutto ella spaccia uu fatto meu
vero, perchè invece la maggioranza cat-
tolica sta ferma al s. concilio di Trento.
I*oi quando predica che la Chiesa '-cve
YEN
soggiacere ne' suoi ministri all' autoì ila
d'un potere civile, le cui leggi possono
andare a distrtiggereo raenoraare l'azio-
ne della Chiesa stessa e de' suoi ministri ;
ella disconosce la gran verità, che fra'cat-
tolici la Chiesa stessa col mezzo de' suoi
ministri ha per vitale suo scopo quello di
contenere lo stesso principato civile nel
limile della giustizia e de'divini coman-
damenti alla sua giurisdizione (concen^
Irata nella supremazia del romano Pon-
tefice) demandali ". In hreve scrisse il
francese barone Henrion, Sloria univer-
sale (Iella Chiesa, t. 1 1, p. 427- Pi'o-
pagandosi la smania delle riforme,il mag-
gior consiglio di Venezia a' io ottobre
1767 proibì l'alienazione de'fondi a fa-
vore delle corporazioni ecclesiastiche; ed
a'20 del seguente novembre un decieto
del senato proibì alle comunità regolari
l'ammissione de'novizi fino a nuovo or-
dine, con che in breve tempo saiebbesi
estinto lo stato monastico. Per rinforzo
n tutlociò a'7 settembre 1768 fu ema-
nata una lunga ordinanza, colla quale,
fra tanti altri articoli, sottraevansi i re-
golari alla giurisdizione de' loro genera-
li, sottomettendoli a quella degli ordina-
ri ; confermavasi la sospensione de' voti
per gli ordini mendicanti, e stabiliva-
si l'eia di 21 anno per la professione nel-
le altre corporazioni. Disogna inferire che
i sucueritori di tali prescrizioni volevano
poco a poco distruggere il monachismo,
perchè la sospensione de' voti de'meudi-
canli sopprimeva un gran numero di re-
ligiosi ; e rapporto al mutamento di giù-
lisdizione, è degno di osservarsi, che que-
sta rifornia.imitata poi infelicemente da
altri sovrani, nulla migliorò la disciplina
religiosa, 11 Papa, sbigottito delle disposi-
zioni del senato veneto, gli scrisse quere-
landosi delle date ordinanze, ammonen-
do in pari tempo i vescovi della repub-
blica dfc'lovo doveri in queste circostanze.
Non credevali capaci di assumersi l'eser-
cizio d'una giurisdizione che 1' autorità
civile j;otì poteva loro conferire ; e in fat-
V E N 59-J
to da principio s'opposero agli ordini del
senato, e Lombardi vescovo di Crem:t
fu il più fermo ; ma finalmente, propal :i<
tosi per inganno eh' egli avesse ceduto,
molti vescovi si lasciarono sedurre dal
suo esempio. Non ostante le rimostranze
pontificie, il senato mantenne in vigor.i
l'ordinanza, provandosi anche di giusti-
ficarla in una risposta a Clemente Xllf,
che sempre infruttuosamente reiterò le
sue istanze. ìMa io devo dirne con più dif-
fusione col Bercaslel, Storia del Cristia-
nesimo, t. 33 e 34, e col Novaes, Storia
di Clemente XIII. Due decreti e regola-
menti fece il senato veneto, proclamali
dagli avogadori di comune. La sostanza
del i.°del i 767 si riduceva a questo. Proi-
bizione di qualunque legato, donazione,
istituzione per qualunque titolo, ed in vi-
gore di qualunque atto tanto tra vi vi, che
per ultima volontà,afavoredel!ereligioni,
chiese,confraternite e. simili, senza un per-
messo espresso del senato. Proibizioneche
nessuna persona religiosa, specialmentH
claustrale,potesse assumere l'i cnnomia ed
amministrazione qualunque di beni, fon-
di ed altro, a riserva di pochi casi,come sa-
rebbe quello dell'indispensabile assiste:!-
ra a'propri genitori e fimiglie. Proibi-
eione a'pubblici notari, cancellieri e per-
sone destinate agli atti pubblici, di poter-
ne ricevere alcuno che fosse della natu-
ra di quelli sunnominati, e si minaccia-
rono se\erissimepeueconlro i trasgresso-
ri, affidando l'esecuzione della legge agli
avogadori di comune. Col ^.''decreto dol
1768, fra le altre cose, s'ingiunse a! pa-
triarca ed a tutti i vescovi del dominio ve-
neto, di rientrare nel pieno e libero eser-
cizio d.jlla loro auloiilà sopra tutti i re-
golari, riguardante specialmente l'animi-
nistrazione de' sagramenti e la predica -
lione, riservando u'superiori regolari la
semplice ficollà d'ingerirsi e soprintende-
re gli affari e regolamenti del chiostro.
.Si confermò la pubblicazione delle vesti-
zioni ; si ordinò che tanto le vestizioni che
occorressero far^; quanto la professione e
596 V E N
gli studi dovessero farsi ucllo slato della
repubblica. Si provvide inoltre all'esalta
osservanza delle leggi e costituzioni di
ciascun istituto, ed all'eguaglianza dello
slato ed esatta comunità di vita delle fa-
miglie claustrali, alle quali venne proibì-
to di poter esercitare parrocchie e cura
di anime in que'Iuoghi, dovenon vi ècon-
vento del proprio istituto; e finalmente si
proibì severamente a tulli i superiori de'
conventi, e generalmente a qualunque
altro, di mandar denari fuori dello slato,
né pagare altre contribuzioni che quelle
permesse da'pubblici decreti, essendo sla-
to ordinato al magistrato stabilito sopra
riwnasteriiVi verificare specialmente que-
sto aiiicolo nel procedere anche straor-
dinariamente alla revisione de'conli. Fin
qui il Bercaslel. Dal Novaes si ha alcuno
schiarimento.Eglidice,cheil senato pub-
blicò una legge, in cui fra le altre ordi-
nazioni si prescriveva : Che i vescovi del
dominio veneto avessero il diritto di vi-
sitare le case e le chiese di tulli i regola-
ri, non ostante l'uso contrario : Che non
\\ si dovessero ammellere gli ordini re-
ligiosi venuti da qualunqtie paese stra-
niero senza eccezione: Che i superiori de'
conventi non potessero formar processo,
o sentenziare i loro sudditi senza prima
ricorrere a' tribunali secolari: Che non
si ammettessero a vestire l'abito religioso
chi non avesse2o anni, nèalla professione
chi non n'avesse25,e soli sudditi della re-
pubblica; ed altre simili ordinazioni ri-
guardanti le cariche, il numero, l'econo-
mia ec.de'regolari.Prom ulgata questa leg-
ge, fu prescritto dal senato a'vescovi, che
si trasferissero alla visita delle case reli-
giose esistenti nelle rispettive loro dioce-
si. h'Jrte di verificare le date, riporta
unsunlode'decreti.edaggiimgenellaCon-
linuazione.Dal i 768 al 1773 ebbero luo-
go vari attacchi contro il clero, le cui rie-
chezzeascendevanoaollre4,ooo ducali di
rendita . Segnala mente sul finire del 1770
Jl senato ridusse a sole 4 le case religiose
de'beuedellini, che ammontavano negli
VE N
sfati della rcpu!)blica al numero di 1 3; as-
segnando a ciascuno de'religiosi un'annua
rendila di ducati 220, e a ciascuno de'su-
periori una di ducali 44o. Si vendettero
all'asta i loro beni, e si supplì col ricava-
to a'bisogni dello slato. Venuto di tulio
a cognizione Clemente XIII, compreso di
dolore e penetrato d'afflizione per le det-
te leggi, tendenti anche adabbattere l'au-
torità che la s. Sede ha sopra i regolari,
scrisse al patriarca di Venezia Giovanni
Bragadino, ed a'vescovi dello stalo vene-
Io, il breve Adpluritnas acerbi taics, del
I. "ottobre 1768, Bull. Roni. coni. t. 3,
p. 55G. » Alle moltissime acerbità, cagio-
nateci sinora , e che ogni giorno ci va
viemmaggiorraente cagionando la condi-
zione del nostro pontificato in questi tem-
pi disastrosi , si aggiunse la legge recen-
temente promulgala dal senato della re-
pubblica di Venezia, la quale sotto pre-
testo di riformare gli ordini regolari, ha
per ultimo scopo di distruggerli intera-
mente ne'dominii della repubblica.Se ne-
gli slessi ordini si raffreddò il fervore del-
la regolare osservanza, l'unico motivo di
tale raiFreddamenlo deveattribuirsi all'es-
sersi mischiata la podestà laicale in ciò
che concerne il loro governo; quindi es-
sendosi attraversata la podestà legittima
de'superiori generali e locali, come pure
l'autorità dellaSede apostolica, sicché non
fossero applicali i rimedi corrispondenti
e proporzionati a'mali ognora crescenti,
avvenne ciò che avvenir doveva, cioè che
di giorno in giorno andassero moltipli-
candosi que'mali al cui rimedio la detta
legge, ancorché derivasse da una legitti-
ma podestà, non sarebbe punto opportu-
na, poiché essa non ristabilisce, ma di-
strugge. Questa legge in tutti i suoi arti-
coli diminuisce 1' ecclesiastica podestà, e
confonde e corrompe tutte quelle salu-
tari costituzioni fatte dalla Chiesa per la
buona disciplina degli ordini regolari. La
I .' cosa che si presenta in fronte della det-
ta legge, si é di togliere alFatto a'delti or-
dini la loro esenzione dalla giurisdizione
VEN
Vostra nellecosespiriliiali,e di eccitarvi,
Venerabili fratelli, ad esercitale una pie-
na e libera giurisdizione sopra di loro; ec-
citamento clie può produrre il più gran-
de ed il più funesto de'mali, quello cioè
di far che Voi vi distacchiate da quell'ub-
bidienza che dovete alla Sede apostolica.
Quindi, sebbene Noi graudemeute confi-
diamo nella Vostra pietà e nella somma
rassegnazione, ubbidienza e divozione che
avete sinora professata a Noi ed a questa
Sede apostolica, dimodoché non avverrà
mai che Voi facciate uso di una podestà
concessavi da chi non ha facoltà alcuna
di concedervela (ad onta di questa espli-
cita dichiarazione d' un Papa veneziano
istruitissimo delle patrie cose civili ed ec-
clesiastiche, e dell'altre contenute ne'bre-
vi che Clemente XI li scrisse al senato, co-
me poi dirò, nondimeno vi sono ancora
alcuni veneziani che nientemeno confon-
dendo gli arbitrii colle concessioni ponti-
ficie, nettamente ritengono: 11 doge, per
sempre chieste concessioni apostoliche, e-
sercitava sul clero e sulla disciplina di es-
so una diretta giurisdizione in tutto! Il
foro ecclesiastico cessato quasi del tutto
nel secolo XVI 1 Sin dal secolo Vili i si-
nodi non si tenevano senza previo assen-
so del governo!); nulladimeno credem-
mo esser dovere del ministero Nostro a-
postolico di avvertire le fraternità Vostre
con questa Nostra lettera, e d'ingiunger-
vi, che difendiate vigorosamente l'esen-
zioni degli ordini regolari concesse da (jne-
sta Sede apostolica e dal predecessore No-
stro di fé. me. Leone X nel concilio gene-
rale Lateranense V, e che nessuno di Voi
eserciti sui medesimi l' ordinaria esecu-
zione da cui gli hanno sottratti i romani
Pontefici; e che, siccome avete fatto si-
nora, facciale uso di quella giurisdizione,
che il concilio di Trento ordinò che da
Voi dovesse esercitarsi sopra i regolari in
alcuni oggetti. Ueca veranjente stupore,
che il senato nel formar quella legge non
abbia avuto alcun riguardo al concilio di
Trento, che abbia preferito di seguire le
VEN 597
novità, piuttosto che conservare l'antica
sua divozione verso la s. Chiesa congre-
gala io quella sagra celeberrima adunan-
za, e che siasi allontanato dal seguir l'or-
me di quell'antico senato, che per essere
slato il 1 ."fra'principi cattolici a dar prou-
la esecuzione a' decreti di quel concilio
(quest' allermazione d'un Papa venezia-
no, che scrive a tutti i vescovi de'dominii
veneti, in parte s'impugna da altri, comi;
toccai parlandone nel dogado B3."), fu
dal predecessore Nostro di fé. rie. Pio IV
con lettere onoriflcentissime e con im-
mortali elogi commendalo. Noi certo cre-
diamo, che nessuna cosa, Venerabili fra-
telli, tiebba esservi tanto a cuore, <(uanto
di ubbidire alla Chiesa, la quale nel men-
tovato concilio Lateranense vi raccouiaa-
da i privilegi de' regolari , dicendo : E-
sortiamo i Fescovi e per te viscere della
misericordia di Dio Nostro domandia-
mo, eli eglino trattando i regolari con
filila la benevolenza, custodiscano e di-
fendano i diritti de' medesimi con cari-
tà'''. Il segretario de' vescovi e regolari Ca-
raffa , già nunzio di Venezia , rimise il
breve anche a tulli i generali degli ordi-
ni religiosi esistenti in Roma, scrivendo
loro, colla circolare riferita dalBercaslel,
di ammonire i loro religiosi sudditi ve-
neziani ed altri stabiliti nel dominio ve-
neto, a ricordarsi degli obblighi contrat-
ti nella loro professione col volo d'ubbi-
dienza al sa[)eriore regolare, in cui è in-
cluso quello di maggiore ubbidienza al-
la s. Sede, alla quale i superiori stessi so-
no soggetti immediatamente, onde sem-
pre si riconoscano esenti, ed immediata-
mente soggetti alla s. Sede, come sempre
lo sono stali, nò lo sono ad alcim' altra
giurisdizione, fiiorchè ne'casidal concilio
di Trento eccettuali. Diversi superiori di
ordini religiosi inaspriti dalle disposizio-
ni del veneto senelo, opinavano doveisi
espellere da tutti i conventi e monasteri
i religiosi sudditi della repubblica, che si
trovavano s'i nelli> sluto pontifìcio, che in
qualunque altro, e piivali di loro cari-
SaS
VEN
che, rimandarsi alla loro patria; mentre,
giacché i forestieri non potevano avere
ncldotuinio veneto carica alcuna, era ben
giusto che i religiosi veneziani non par-
tecipassero tlc'beuefizi e degli onori degli
altri chiostri. Ma fattesi più mature con-
siderazioni,ed all'indignazione sotteotra-
ta la calma, prevalse la prudenza. Otto
giorni dopo la lettera scritta a'vcscovi del
d(/minio veneto, ultra ne scrisse Clemen-
te XIII al senato. Se lai." non era che
un salutare avvertimento circa il modo
con cui 6Ì doveano dirigere que' prelati.
Sulle leggi riguardanti i regolari, la 2/
era un rimprovero libero ed acerbo fatto
cilla repubblica ed n' suoi stessi concitta»
diui. Questo breve Cuin ad NoSf dell'S
ottobre 1768, trovasi nel Guerra, Epi-
tom. ConsLit. Apostolicar. t. 2, p. 347>
e nel Cercaste!, ed è del seguente te-
ijore. « Essendoci giunto l' editto Vo-
stro sui regolari, sorpresi Noi ad un av-
venimento tanto inopinato e inaudito,
ci demmo a pensare (jual oggetto aver
possa Giialmeiite quest'impegno "Vostro
d'introdurre delle novità nella Cliiesa: i i-
thiamandu poi le passale cose, troviamo
che negli anni decorsi del Nostro poulid-
cato avete apportalo molte gravi mole*
fctie alla Chiesa, avete violali i diritti del-
la Scdeapoblolica, avete calpestalo la giù
risdizione ecclesiastica, e che in codesta
titlà capitale del Vostro dominio, avete
compromessala Religione che professale,
non essendo da Voi slato dato ascolto al-
le Nostre querele riguardo alla coudolla
• 'egli scismatici (della chiesa di s. Giorgio
e dell'arcivescovo Giorgio già rammenta'
lo). QuestoVoslro procedere scaudalezza
gravemente i fedeli,e li getta in una gran
de meraviglia, perchè non avete in con-
to alcuno soddisfatto alla Chiesa, quasi-
ché abbiate deposto ogni pensiero sul pe-
ricolo dell'anime Vostre. Cou quello pni
the avele fallo a somujo pregiudizio del-
la Vostra elei na salute, lasciandovi tra-
sportai e dal fatìatismo di fare dell'innova-
ituni, iitle auJali ad urlare in altro scu-
VEN
gllo. Montre la Vostra republjjina e!)})é
sempre un giudizioso orrore a fare delle
novità, Voi tutto al contrario ne avetein-
trodotte molle nella Chiesa, ed ora vi sie-
te avanzati ad un passo ardilo e quasi in-
C' edibile. Dopo aver disprezzale le leggi
dulia Chiesa fatte, coH'assistenzadelloS pi-
rito Santo, ne'suoi santissimi concilii ge-
nerali, tutto ad un tratto avete messo la
mano alla maggiore di tulle l'imprese,
cioè al rovesciamento lutale di tutti gli
ordini regolari, o per meglio dire all'e-
stinzione di lutti i detti ordini nel Vostra
dominio. Gli effetti di questa estinzione
cpianto debbano essere fatali alla Chiesa,
già lo vcdiam presentemente, e ne sen-
tiamo un vivo dolorej quanto poi debbo-
no essere funesti alla repubblica Voi stes-
si lo vedi eie. Non vi è persona saggia che
non conosca chiaramente tale essere lo
scopo di quel Vostro editto. Che se vera-
ménte l'intenzione Vostra si fu di rifor-
mare gli ordini regolari , che a Vostro
giudizio repulavansi in islato d'infermi-
tà, sappiate che Don tocca alla podestà
laica di guarire il loro male, che i rime-
dii da Voi apprestali non possono resti-
tuirli io salute, e che anzi tendono ne-
cessariamente al loro esterminio. 11 con-
cilio di Trento da questi ordini santa-
mente istituiti e saggiamente governati
giudicò molla gloria e molla utilità deri-
vare nella Chiesa di Dio, giudicò clie non
duveano abolirsi, se dcicadessero dalla lo-
ro aulica e regolare osservanza, ma che
in lai caso , ritenendoli nella Chiesa , si
venisse ad una provvida e saggia riforma
de'medesimi: ne viene dunque in conse-
guenza che alla Chiesa slessa e alla po-
destà della Sede apostolica devesi doman-
dare il modo di riformare gli ordini re-
golari, perchè legitlimamenle.convenien ■
temente ed efficacemente sieno all'antica
disciplina richiamati. Non possiamo inol-
tre abbastanza meravigliarci, che Voi cre-
diate potersi per Vostra auloiità cam-
biare le costituzioni di qualunque ordi-
ni,, mentre pcrsuuc religiose hauuvj pio-
V e:^
messo a Dio di coiiforiaare la loro vita a
norma delle delle costituzioni. riflijUea-
do che quell'oi dine regolate, a cui si de-
lìicavaDO, era stato fondalo coil'approva-
zicoe della podestà legittima, e che era
sialo ricevuto nel Vostro dominio col con-
senso de'Vostri maiJgioii. Ai
do de
• _iQ.>^... i-ippareudo da
fjuel Vostro editto violale le leggi sagro-
saule della Chiesa, conculcati idirittidel-
la s. Sede, e le persone religiose aver qua-
si perduto il loro stulo, non è possibile
che Noi nou seutiauio una tenera com-
passione delle anime Vostre, poiché Voi,
disprezzando allaiueute la Chiesa, n)edi-
taudo e disegnando di passar contro ia
medesima da un'ingiuria all'altra, anno-
date con molli lacci le Vostre coscienze.
Quindi, o ddetti figli, guardate bene in
({uai precipizi vi strascini una certa Inl-
sa ragione di stalo, che sembra avervi iu-
dolto a credere, che Voi possiate altera-
re nel Vostro dominio quelle leggi che
dalla s. Madre Chiesa sono state falle ad
onore e gloria di Dio, e per la salute del-
le anime. Questo desiderio di ililalare la
Vostra podestà nella Chiesa vi ha travia-
li per modo, che di Vostra autorità, sen-
z'alcun diritto, assoggettaste gli ordini re^
golari alla giurisdizione ordinaria, esor-
taste i vescovi del Vostro dominio ad e-
sercitare la loro giurisdizione sopra gli
stessi ordini regolari; ma Noi pero confi-
dati nella virtù e moderazione de'mede-
simi vescovi, abbiamu ragione di sperare
ch'eglino non crederanno di poter avere
da Voi quella giin-isdizione, di cui ben
sanno esser Voi privi. iNidladioieno giu-
dicammo cosa opportuna avvisarli di di-
fendere redenzioni de'regolari, salva sem-
pre però la loro giurisdizione ordinaria
a quelle cose , nelle ipiali il concilio di
Trento volle che dovesse aver lu(jgo. Sic-
come poi la Vostra repubblica fu quasi
la prima lia'priucipi cattolici che accet-
tò con tulio l'ossequio non solo i decre-
ti di quel concilio r igu.tr<lanli la lede, a^a
ancora riguardùitli lebclesiuslica disdph-
uaj C05J per coustrvai;; ji \'u3U'ubuL/UU0-
V E N jfj.)
me dovete manlenere presso di Voi gli
stessi decreti, onde non sembri che Voi
tacciale poco conto di quella lode di pie-
tà che è stata allora ottenuta da' Vostri
maggiori. In conseguenza del Nostro apo-
stolico ministero ci resta d' avvertire se-
riamente le Vostre Nobiltà, a riflettere ;i
quali pericoli abbiale esposte le anime Vo-
stre con quell'editto, con cui resta tanto
pregiudicata la Chiesa , e a qnal orren-
do giudizio siete per sottostare dinanzi
al tribunale di Cristo , quando dovrete
rendergli conto di lutti i mali che con
quel Vostro editto sono derivali nella
Chiesa a danno del divino onore e degli
spirituali vantaggi. Crediamo superlluo
indicare alle Nobiltà Vostre in qual mo-
do possiate emendare tutti questi mali.
Già da Voi stessi chiaramente vedete ciò
che far vi conviene per mettere le V^ostre
coscienze sicure da ogui pericolg in uuj
perfetta tiaiKjuillità , e per non lasciare
ulla Cliiesa dubbio alcuno, che Voi siele
disposti di dare alla medesima una since-
ra e piena soddisfazione. Noi Aaltaulo li-
volgeienio le fervorose Nostre preghiere
a Dio, perchè colla rugiada della su.i di-
vina grazia aiiiinollisca i Vostri cuori, sic-
ché apransi più felicemente a ricvverc I^J
celesti ispirazioni, ed alle Nobiltà Vostre
col paterno alfetto delTaninio Nostro dia-
mo amorosamente l'apostolica benedizio-
ne". Osserva il Uercaslel, che ael;/i.coti-
pilazione di questo breve al senato ve-
neto, non solo nou era stala ricercata i'o-
piiiiotie di olcuuo di que'cardinali solili
a consultarsi in tali materie, ma nemme-
no era slato adoperato il celebre nig."^
Garampi che avea l' incarico di scrivere
i brevi a' Papi (era Segretario didla ci-
fra). Quest'incumbenza l'ebbi mg."^ Gia-
comelli arcivescovo di Caltedoitia(jppun-
to per essere segretario de brevi a'priu-
cipì). Quesl'alfare fu discusso e definito
Ira il Papa, il curdiual TuirigiauiiilGui-
eomelii e d ricordalo u>g.' Caralla peri-
lisàimo dello spirilo del governo veneto,
ad un Icuspu geloso dc'diiilli sovruui, o
6oo V E N
piùo meno quasi sempre invasore di quel-
li della Chiesa. Trovandosi sciolto il se.
nato a cagione delle ferie aulunna!i,quaii-
do giunse a Venezia il breve pontificio,
subilo che potè raccogliersi, rispose a'iQ
novembre colla seguente lettera presso il
Guerra citato, p. 348, e il Dercastel."ll
breve spedito col nome rispettabile della
Santità Vostra, in data degli 8 ottobre, fu
accolto da noi con quell'ossequio profon-
do che corrisponde alla nostra ereditaria
devozione verso la s. Sede apostolica, ed
alla grandezza del figliale attaccamento
che professiamo alla di Lei sagra perso-
na. Ma nel momento ci siamo anche non
poco contristati nel comprendere dal bre-
ve istesso, come siasi tentato dall' indu-
stria altrui di sorprendere la pietà dell'a-
nimo suo (!) e di oscurare la condotta
nostra. Avremmo invero motivo grandis-
simo di cordoglio, se nella condotta me-
desima non si ravvisasse chiaramente la
giustizia delle prese deliberazioni. Lonta-
na è affatto la mente nostra in ciò, seguen-
do le saggie massime de'nostrij maggiori,
da novità perniciose edall'invaderei giu-
sti diritti che sono della s. Sede e del pri-
mato apostolico. I sodi fondamenti della
podestà legislativa sopra i quali le nostre
deliberazioni si fondano, sono benissimo
noti alla Santità Vostra, e dalla stessa po-
destà legislativa riceve il suo giudirico vi-
gore la legge nostra sopra tutti i suoi ar-
ticoli, ed anche sopra quello di richiama-
re a'propri uffizi le podestà ordinate da
Cristo Signor Nostro. Memori noi siamo
che tali erano i di Lei sentimenti (!), quan-
do con tanto merito e con tanta edifica-
zione de'sudditi nostri, Ella reggeva la
chiesa di Padova (perciò soggetto alla re-
pubblica; ora però reggeva la Chiesa uni-
versale, ed era costituito in terra Vicario
del Rede'ree del Signore de'dominanti).
Senza questa podestà legislativa nella re-
pubblica e iu ogni sovranOjSarebbe imper-
letto ogni governo, resterebbe esposta a
travagliose vicende insieme col servizio
divino la quiete dc'popoli e la sicurezza
VEN
degli stali. Tranquilli noi su questi prin^
cipii, non possiamo se non fermamente
seguire e nudrire la rispettosa fiducia, che
la pietà insigne della Santità Vostra, a-
scoltando i chiari dettami del suo inter-
no, e non il linguaggio equivoco di chi,
per fini particolari, adopera ogni arte on-
de accrescere i dispiaceri tra il Sacerdo-
zio e l'Impero, troverà argomenti abbon-
danti per deporre le sue agitazioni, e per
ravvisare con animo più sereno gli og-
getti rettissimi di religione e di comune
economico bene contenuti nelle provvi-
denze emanate. Siamo pure nella ragio-
nevole certezza, che gli ecclesiastici d'o-
gni grado, considerando i primi doveri
contratti con la nascila prefìssi nella di-
vina Scrittura ed indelebili da qualunque
disposizione, terranno una condotta cor-
rispondente alla santità della vita che pro-
fessano, e non saranno per distaccarsi
giammai da quegli atti di lodevole ubbi-
dienza che hanno prestata alle nostre leg-
gi, ed alle quali il senato, ad onta d'ogni
tentativo, tenne cura sempre e la terrà e-
gualmente in progresso perchè ne sia inal-
terabile ed esatta l'esecuzione. Degnando-
si pertanto la Santità Vostra di bilancia-
re le cose col solo occhio di sua equità e
rettitudine, potrà certamente riconoscere
che la religione, il dogma e la pietà del
costume restano nella perfetta loro inte-
grità. Per tutti questi motivi confidando
noi in Dio Nostro Signore, Diodi verità
e di giustizia, rivolgiamo a lui li fervidi
nostri voti, perchè si dileguino le cause
che tengono in afflizione la sua Chiesa e
che minacciano, pur troppo, gravi conse-
guenze, mentre protestando la nostra per-
fetta osservanza e figliale attaccamento
alla s. Sede ed alla Beatitudine Vostra,
colla maggior sommissione Le baciamo i
santissimi piedi". Avendo dcnique il sena-
to veneto , tra le proteste di sommo os-
sequio alla s. Sede, al primato apostolico
e alla persona del Papa, dichiarato di vo-
lere sostenere i pubblici decreti, col falso
pretesto della podestà legislativa de' so-
V E N
Trani, che atl essi prestava silTalla aulo-
rilà per mantenere il vantaggio de' loro
stali; dispiacente Clemente XIII di tanta
fermezza nel conservare le prese risoluzio-
ni, nel suo costante zelo, a' 1 7 dicembre gli
diresse il breve IVoii possumus, presso il
Guerra, t. 2,p. 348,6 il Novaes, Insistendo
sulla rivocazione della funesta legge, esor-
tò il senato a piegarsi,dicQoslrando con so-
de ragioni quanto esso fosse ingannato nel
prestar fede ad uomini imperiti ed amato-
ri delle novità, piuttosto che ascoltare la
Chiesa, i documenti de'ss. Padri, e gli e-
sempi de'loro maggiori. Che co'suoi de-
creti si olfendeva manifestamente l'auto-
lità apostolica, cui sono soggetti gli or-
dini regolari, e la giurisdizione della s.
Chiesa, alla quale sola appartiene il giù»
dicare di queste cose; che perciò egli in-
timava al senato, ciò che all'imperatore
Costanzo già scrisse il grand'Osio vesco-
vo di Cordova: Tibi Deus Iiiiptriuin coni'
r/iiòit , nobis Ecclesiastica concrediditj
{jucìiiadinodiwi qui sili Iinperiuni sub-
ripit, Deo ordinanti repugnat, ita /«e-
tue, ne si ad te Ecclesiastica pertraltas,
magni criniinis reusjlas. Il senato sem-
pre persuaso di non aver co'suoi decreti
pregiudicato in alcan conto i diritti del-
la Chiesa, e di non aver fatto se non un uso
giusto e moderato della sua podestà le-
gislativa e dell'autorità sua sovrana, alle
patetiche e commoventi esortazioni di
Clemente XIII, a' 3i dicembre rispose
con questa lettera riferita dal Dercastel.
» Quel senlimenlo di perfetta venera-
zione alla santa Sede e di sincerisbìma
figliale riverenza verso la sagra perso-
na di Vostra Beatitudine con cui ci sia-
mo spiegali per ereditario istituto nel-
la risposta al rispettabile breve in data
degli 8 ottobre, quello slesso riproteslia-
nio all'altro egualmenle rispettabile del-
la Santilà Vostra in data de' 17 dicem-
bre, da noi ricevulocol maggior ossequio.
Non scir/,a grave dolore abbiamo potuto
inlentlcrc, che malgrado la verità eia sin-
cerità delle siguilìcazioui uuslre, l'auiuio
YEN Gol
di Vostra Deatiludine resti tuttavia per-
turbato per l'uso da noi fatto della pode-
stà legislativa, nell' esercizio della (juale
non ci siamo punto scostati dalla tempe-
ranza e moderazione che abbiamo sem-
pre esercitala nell'amminislrazione delle
cose nostre. Ben è noto alla Santità Vo-
stra, che i principi cattolici nell' usare di
una tale podestà niente tolgono a'dirilti
che sono corapelenli alla s. Sede, al pri-
mato apostolico, e che per parte nostra
6Ì vogliono illesi, pronti noi, a similitudi-
ne de'noslri maggiori, d'impiegare le so-
etanze e la vita per tuttociò che riguar-
da la cattolica religione. Persuasi noi in-
timamente di non aver ecceduti i dove-
ri di principe religioso, non possiamo se
non desiderare con tutta reiUcacia, che
l'insigne prudenza della Santità Vostra
deponga le impressioni da Lei concepu-
tesopra le direzioni nostre. Di questeab-
biamo tanto maggior motivo di chiamar-
ci contenti, quanto che vediamo che i re-
"olari tutti si vanno conformando colla
dovuta rassegnazione e prontezza alle no-
stre leggi, rendendosi conciòdegni di con-
tinuare il soggiorno ne' nostri stati, ne'
quali per pubblico favore furono ricevu-
ti, e con la costante dipendenza delle leg-
gi medesime di tempo in tempo emana-
te, furono da noi sempre con predilezio-
ne ed alletto riguardali. Accolga la San-
tità Vostra con la sua paterna clemenza
e benignila la sincerità di queste nostre
umili e riverenti dichiarazioni, e qui ri-
petendo la nostra pei fella osservanza e fi-
liale venerazione alla Santità Vostra, con
la maggior sommissione Le baciamo i san-
tissimi piedi ". La pronta rassegnazione
degliordini regolari, non fu pienamente e
subito imitala da' vescovi. Si disse che due
cardiiiali(Molino vescovo diUiescia falsa-
incute, e forse Priuli vescovo di Padova),
ed il palriarca Bragadino, accordaronsi di
resistere alle disposizioni del senato. Huel-
lo che cerio si è, che tulli i vescovi del-
lo slato veneto ubbidirono successivamen-
te, l'uu dopo l'altro; ed il palriarca co-
6o2 V E N
luinciò le sue visite ne' mouasJeii e con-
■venli, vari alili prelati seguendone 1' e-
seatpiu. Il cardinal Giovanni Molino, ve-
scovo di Diescia, intiraatcd.i chi gover-
nava (|nella città ad ufiironiìaisi agli or-
dini del senato, se ne scusò, dicendo di
non poterli eseguire senza un comando
espresso del Papa, al quale, non inten-
dendo piegiudicare al rispetto che si dee
al proprio principe, credeva egli che iu
tiili materie spettasse la suprema auto-
rità. Più volle indarno gli furono riiuio-
valele ingiunz'jni di ubbidne, finché mi-
nacciato della pubblica indignazione, e
pare anche chiamato a Venezia, tetnen*
tlo quindi di vedere esposta la sua digni-
tà di vescovoedi cardinale, partì da Bre-
scia, passò da Mantova a Ferrara, e si ri-
tirò iu un monastero di benedettini. Sa-
putasi la sua partenza dal senato, subito
ne sequestrò le rendite del vescovato, die-
de ordine al suo ambasciatore residente
iuPi.oma d'informarsi (juali fossero le cor-
rispondenze che il cardinale avesse 'n\
quella città, ov'era slato uditore di Rota
nazionale, ed ingiunse al medesimo ain-
Lasciatore di non avere con esso comu-
nicazione alcuna, in caso che andasse a
lionia. Il Papa scrisse al cardinale con-
l'orlandolo, e che venendo a Roma sareb-
be alloggiato nel monastero di s. Agata
idla Suburra, pioweduto di mobili, di
carrozza e di cavalli. Intanto gli furono
daliiooo scudi esistenti in deposito della
mensa arcivescovile di Ferrara, ch'era al-
lora vacante, ed a cui credevasi che po-
tesse essere il cardinale traslatato. Ma
tulio in un momento si cambiarono in
iloma le cose del cardinal xMoiino. Es-
sendosi ivi sapula la commissione data
dal senato al suo ambasciatore, d'astener-
si dui trattarlo, e prevedendosi che la stes-
sa istruzione [)otrebbe esser data a tutti
i prelati veneti, e die m caso di disubbi-
dienza sarebbero fermale le pensioni e
1 abbazie che godevano nello slato vene-
to; anzi a vendo d cardinal Cavaichuii pro-
tlaturioroppresentato liberameuleul Pa-
V E N
pa, che gli ordini del seaalo potrebbero
estendersi sino sui beai ecclesiastici die i
di lui nipoti cardinale e maggiordomo a-
veano nel veneto dominio, Clemente XIII
scrisse al cardinal Molino , che avendo
dalle relazioni del cardinal leggilo di Fer-
rara rilevato lo stato poco felice di sua
salute, e principalmeote il male degli oc-
chi du che era alHilto, erasi determinato
a consigliarlo di non portarsi per ora a
Pioraa, assicurandolo per altroché sareb-
bero dati gli ordini necessari perchè fos-
se"licolàsommiuistralo tutto l'occorren-
te pel suo mantenimento. Quasi contem-
poraneaujente alla pubblicazione de'de-
creti i\e\ senato, il duca di Panna infan-
te di Spagna uvea promulgato varie ri-
forme lesive all' immuuità ecclesiastica,
che Clemente XIII riprovò e condannò
con suo breve. Pel ritiro di questo s'im-
pegnarono lecor'i Borboniche parenti del
duca, ma il Papa rimase saldo, a fronte
delle prepotenti rappresaglie che si per-
misero. La repubblica di Venezia si cre-
dette in obbligo d'interporsi possibilmen-
te come mediatrice in un aliare che iu
quel niuinento faceva temere qualche al-
terazione nella ((uiele d' Italia, e die' or-
dine di trattarla all'abile suo ambascia-
tore iu pLOUìa cav. Marc' Antonio Erizzo.
Presentatosi al Papa, espose la di vota bra-
ma delia repubblica, per rapporti che pas-
savano colla sua sagra persona, a suo o-
nore supplicandolo a rivocare il breve,
mediante ben intesa coudiscendenza. Ri-
spose Clemente XIII restare sorpreso e
addolorato in sentire iu questo la repub-
blica unita agli altri sovrani, tutti ormai
essendo collegati a combattere ed 0[)pri-
mere la Chiesa, a spogliarla di tutti i suoi
diritti e ridurre il pouliiicato al solo cou*
iessiouale. Ringraziò il senato della pre-
mura che si preudeva per la tranquilli-
tà degli stati della s. Sede e per la sua
gioria; ch'egli amava teueranieute la pa-
tria , e sebbene non era corrisposto , i-
tlcstderava ogni prosperità. Del resto a
vendo fallo quaulylaaua goscieuzu tsi^e-
V E N
va, non leineva le minacce de'polenti del-
la lena, esseutlo pronto a solliirc per la
Ciiusa de! Signore qualunque persecuzio-
re. Clemeule XIII afilitto da tante parti,
oppresso ancora dalle replicale insistenze
di alcune corti [lersoppriuierei benemeri-
ti gesuiti, da lui giustamente tanto amati e
sostenuti, talmente se ne angustiò, che la
notte de'3 febbraio i 769 rese il suo spi-
rilo al Creatore, passando a ricevere il
premio di sue preclare virtù. Nella basi-
lica Vaticana i nipoti gli eressero un ma-
gniOco oionuraento, una delle prime gin-
I ie artistiche del Fidia veneto Canova. E
una meraviglia; la lesta del P.ipa un di-
vino capolavoro; i due leuni sono di sor-
prendente bellezza, onde furono piìi vol-
te modellali e ripetuti. Almsando Cano-
va in gioventù di sue forze fìsiche nel
condurre i grandi monumenti , non va-
lendosi dì braccia subalterne se non quan-
do divenne più agiato, confessò più vol-
te, che i leoni erangli costati enormi fa-
tiche, lo fatti l'nsu del trapano appoggia-
to al petto, producendo una depressione
nelle coste, forse predisposero da (jucH'e-
j'uca la mabtlia, per cui gli fu forza soc-
combere immatuiamenle. Dopo 3 mesi e
1 6 giorni di sede vacante gli successe Cle-
mente XIV Gangaìielli. Il cardinal IMo-
1 110 erasi recato da Ferrara al conclave,
f pe'deplorabili rispetti umani il solo mg.'
Caraffa segretario de'vescovi e regolari si
recò ad incontrarlo, e uiuno lo visitò in
nna Iloma, dove meritava d'essere accol-
l ? in Irionfj! ^'ella i.' udienza che il nuo-
vo Papa die'all'andjnsciatore veneto Ni-
lolò Erizzo H, lo prese per la mano e gli
disse. » Mi faccia il favore di scrivere al-
1 1 sua degnissima repubblici, ed iu nu-
l.je nostro la preghi e la supplichi, per-
ihè voglia in riguardo nostro rimettere iu
giazia |)ubblica il cardinal iMolino. Se il
suo senato ci crederà degni di questa pri-
ma grazia che dal medesimo imploria-
mo, gliene saremo influitamenle tenuti".
L'uujbasciatore scrisse imuicdialameute
al acuaiu quaulo ciagU blalo coiauicsjo
V E iV nu3
dal Santo Padre. Il cardinal Molino in
rimesso in grazia, ma con comlizione di
ubbidire alle leggi del suo principe. Quan-
do l'ambasciatore presentò a dementa
XIV la lettera del senato, non coutandu
per nulla il Pontefice la coiulizione appo-
sta , e mostrandosi contentissimo della
grazia fattagli, pregò l'ambasciatore disi-
gnifìcare alla repubblicai suoi pieni e sin-
ceri ringraziamenti p(fr avere voluto così
sollecitamente aderire alle di lui preghie-
re. Soggiunse però I' ambasciatore che,
prima di far ciò, desiderava di essere cer-
fij delle disposizioni del cardinale circa la
sua futura ubbidienza alle pubbliche leg-
gi. Commise allora il Papa all'ambascia-
tore di scrivere al cardinal Molino uu bi-
glietto perchè (juesti sollecitamente ai pre-
sentasse all'udienza. La mattina se"ueu-
o
le il virtuoso cardinale si presentò a Cle-
mente XIV, da cui fu Iruttenulo più di
uii'ora,dopodiche passòa trovareTamba-
sciatore Erizzo, a cui mostrando il suo vi-
vo dispiacere per aver incontrala la [)ul.»-
blica disgrazia, per aver ubbidito a Cle-
mente Xill, e la sua gratituiline al sena-
to per averlo voluto mediante la ponti-
ficia intercessione rimetter in grazia, as-
bicurò il ministro, che ora iu ubbidienza
all'ingiuntugli da Clemente XIV, appe-
na avesse ricevuto da lui il cappello e il
titolo cardinalizio, sarebbe ritornato al-
la sua diocesi, ed iutirnerebbe la visita iu
esecuzione del decreto ilei senato, come
in fatti fu il tutto puntualmente esegui-
to. La direzione tenuta da Clemente XI V
iu (luesl'allare, dice il beicaslel, dispiac-
que a non pochi cardinali e prelati, i qua-
li dicevano chiaramente che in (jueslu
modo non solo si pregiudicavano, ma si
distruggevano i diritti della s. Sede. 11 Pa-
pa però ben lontano ilal sentire alcuna
impressione di ([Ueste disapprovazioni del-
la corte e de'buoni,diS'>e che era iu opi-
nione di voler o con uu suo breve o con
lettera «uciclica assoggettare ui vescovi
latte le monache e i regolari, benché e-
'■'À fussc stalo ;:;iuorv: convcnluale. .'.;;i-
Go4 V E N
moto il scnnJo a progredite nelle sue in-
novazioni, con altre leggi soppresse non
pochi conventi e monasteri, come deplo-
rai ne'piecedenli ^(ja'loro luoghi. Ripor-
ta il n. 824^ *-^^^ Diario di Roma del
marzo 177 1, che il Papa volendo dare un
attestato del suo palernoamore verso l'ec-
cellenza dell'ambasciatore Erizzo, lo creò
cavaliere aurealo, alla presenza de'cardi-
nali veneti e di <pjeUi ascritti al patrizia-
to, olire i prelati nazionali. La spada la
cinse all'ambasciatore il contestal)ile Co-
lonna, e gli speroni gl'iuipose il cav.PfylTer
topitano della guardia svizzero, in nome
del papa, dopo avergli questo posto alcol-
Io una ricca collatia d'oro con medaglia
eguale avente impresso Gesù in atto di
portar la croce, e nel rovescio l'efilgie pon -
tidcia.Nel medesimo giorno il Pontefice a
mezzo di mg/Giovanni Lucca suo camerie-
re segreto e d'un maestro delle ceremonie
pontifìcie gli mandò la collana d' oro e il
tliploma del cavalierato, ricevendo il por-
tatore in dono una mostra d'oro dall'am-
basciatore. Clemente XIV progredendo
uella sua condotta, tutta diametralmen-
te opposta a cpiella di Clemeule XIII,
nel 1773 soppressela compaguia di Ge-
sù, Che grande fu nelle mine ancora.
Avea pur fiorito nelle provincie venete e
in Venezia, ivi pure lasciando di se quel
buon odore di sue virtù e benemerenze,
che, ripristinata per tutto il mondo, la fe-
ce dalle medesime provincie e città ri-
chiamare; gloriosa, per vantare, essere il
solo ordine regolare, che soppresso venne
ristabilito, sebbene da per tutto uon re-
stò estinta, conservandola Clemente XIV
nella Russia e nella Prussia, [>evìe vive i-
slauzedi que'sovrani acattolici. Il barone
IIenrion,veroslorico,ne tratta nellaó^/or/Vz
universale della Chiesa dalla predica-
zione dei^li Jjiosloli fino al pondfìcato
di Gregorio Xfl, 1. 1 1 , p. 44^^ e seg. Fra
le molte analoghe sue osservazioni rife-
rirò le seguenti. Erano tali le angoscie da
cui era tormentatoClementeXI V [ìcrsup-
primere i gesuiti, che uou osò eilelluare
YEN
la distruzione loro con bolla solenne, giu-
dicando che uu semplice breve sarebbe
più opportuno, poiché una bolla impor-
tava il concistoro, per sentire il parere de*
cardinali convocati, onde per evitar la
probabile opposizione della parte mag-
giore e più retta del sagro collegio, die-
de al decreto la forma di breve, dopo a-
ver chiamalo a consiglio privalo la con-
gregazione de' cardinali Corsini, Casali,
Zelada, Caraffa e Marefosclii (co' famosi
prelati per segretari, Vincenzo Macedo-
nio e Onofrio Alfaui. Altri cardinali av-
versi a'gesuiti furono De Bernis e Mal-
vezzi), che il Papa sapeva ligii alle coro-
ne coalizzate alla distruzioue de' gesuiti,
essendo esse a ciò strascinale da'Ioro mi-
nistri, inlluenzati da'filosofi miscredenti,
d.t'giansenistieda'nemici dell'altare e del
trono, de'quali la compagnia di Gesù era
fortissimo propugnacolo. I gesuiti inno-
centi e perseguitati crudelmente, non le-
varono la parola a'iamenli, né tolsero il
velo delle passioni, che armate aveauo
contro di loro le polimze della terra: tut-
ti sommessi invece al capo della Chiesa
provarono essere figli uon tralignati da'
padri, e la Società, inspiralrice ad essi di
tanta rassegnazione, non meritevole del-
l'incorsa generale proscrizione. Mirabile
circostanza in quella grande catastrofe,
che i gesuiti abbiauo avuto un asilo pres-
so sovrani eretici e scismalici, come sor-
tili a conservare le reliquie di questa mi-
lizia cristiana tanto terribile allo scisma
e all'eresia. Clemente XIV avendo fatto
violenza al suo animo per la lagrimevo-
ledeterminazioue, costretto da quella in-
dicibile che a lui si fece da' ciechi sovra-
ni, ne restò inconsolabile e pieno di ri-
morsi; amare alllizioni ed angustie atroci
che lo tormentarono sino al lermiiuuli sua
breve vita. " Non poteva ignorare essere
la soppressione de' gesuiti un gravissimo
danno all'educazione in Europa e alle
lontane missioni , e un trionfo dell'em-
pietà, dell'eresia e del libertinaggio; peu-
aieio iucessaute che gli agitava i'auiuia
V E N
e gli esaltava l'immaginazione, onde so-
vente credendosi solo esclamava: compili-
siisfecil cowpulsus Jcciì lavìolenza, j^z,
la violenza ni estorse il fatai breve! Va
giorno, celebrando messa, lasciò sfuggire
questo lamento: Che vuol da me anco-
ra il re di Spagna ? non feci f;ià trop-
po per luii^ A.iioi[o conlinuamenleìncine-
sl'idee che gli avvelenavano la vita, di-
venne cupo e malinconico; e non trova-
va conforto a tante agitazioni, come poi
disse ad uu suo intimo confidente, se non
quando fermava il proposito di riparare
il male fa tto alla Chiesa colla sua fiacchez-
za. Parlossi d'una ritrattazione lasciata da
Clemente XlValsuo confessore(iolocre-
do, anzi rinnovo fervidi voti a Dio, che
1)0 fatto in quest'articolo nel voi. XCI,
p. I 20, acciò l'occultalo documento, a glo*
ria del suo Vicario e della compagnia di
Gesù, si ritrovi e pubblichi, se per mali-
gnità non fu distrutto) , in data del ic^
giugno I 774, giorno della festa di s. Pie-
tro, scritta iu Ialino, e inserita per inte-
ro in una Storia de' Gesuiti scritta in te-
desco da Pietro Filippo Wolf, stampata
a Zinigo nel 1791, parte 3.^, p. 296 e
seg.Non può essere sospetto l'autore, per-
chè protestante interessato a nascondere
tale documento. M. De Saint-Victor, Ta-
hlcau de Paris, t. 4> pa»"- 2, p. 349, tie-
ne per incontrastabile questa ritrattazio-
ne; e l'autore invece tanto erudito di 7'o/;Z"
haly Citoiseul et d' Àranda, ou l'Intri-
gue des troiscahinetSyWon osa assicurar-
la". Mori ClementeXlV, dopo aver crea-
lo cardinale il nipote del predecessore, il
veneto Gio. Lallisla, e do[)0 4 «ntsi e 22
giorni di sede\acanteglisuccessePio Via'
1 5 febbraio 1775. Questi tosto finalmente
promosse l'uditore di Rota Cornaro a go-
vernatore di Roma, ed il nunzio di Vene-
zia rionorati a segretario dc'vescovi e re-
golari, ambedue poi elevando al taidina-
iato, soslituenilo a quest'ultimo Vincen-
zo Rarmzzi arcivescovo di Tiro; mentreal
i.°, a'25 febbraio I 777 die'in successore
nell'uditorato nazionale il nobile veneto
YEN 6o5
Lodovico Flangini. — ideilo sfesso 177?
Venezia fu rallegrata dalla presenza di-l-
l'imperatore Giuseppe li, che viaggiava
privatamente e da filosofo. Il Mutiuelli,
Annali Lr/'(7«/', descrive come fu onora-
to dalla repubblica, ed il suo soggiorno.
Abbiamo la Relazione della venuta in
Fenezia di S. 31. 1. H. A. Giuseppe IL e
de' Il [{.Arciduchi suoi fratelli, nell'anno
1775, scritta da autore contemporaneo
con note di Pompeo Litta, MWano 1 833, ti-
pografia Ferrarlo. Giunse l'imperatore ia
Venezia a'2 i maggio, accompagnato dal
fratello Leopoldol granduca diToscana,e
nel dì se"uenlera". iuntodaqli altri arci-
duchi pure suoi fratelli, Ferdinando go-
vernatore divida no, e ìMassim iliano,preu«
dendo allo£!"io nell' albergo del Leone
Rianco, per la tavola recandosi a quello
dello Scudo di Francia. Era prossima la
ricorrenza dell'Ascensione, che la signo-
ria volle render più solenne deputando a
conq)limentareed accompagnare l'impe-
ratore per la città il procuratore Alidi ea
Tron. Ricusando però fermamente Giu-
seppe Il qualsiasi dimostrazione di pub-
blica onorificenza, preferì V abito di
maschera i\t\\a bauta,&ollo il quale no-
bili e plebei egualmente trovavansi, per
osservare sconosciuto le meraviglie di
Venezia, per informarsi de' palazzi che
maestosi sorgono lunghesso il Canal gran-
de, e de'nomi delle famiglie che li abita-
vano. Nondimeno non ricusò d'assistere
nelle stanze del suo ambasciatore conte
Durazzo, e in quelle del Tron a radunan-
te splendidissime, e a drammi iu musi-
ca ne' teatri, per lui essendo stalo ridi-
pinto quello di s. Benedetto; non che di
ammirare il solenne rito nel giorno del-
l'Ascensione, e per goder maggiormente
la veduta della moltiludicie del popolo
.sf/pia le ncque, si rerò e arrampicò nel
[ironioiitorio dello Molla di s.jAntonio,
ora piccolo colle de'ginrdini pubblici. Vi-
lle l'Arsenale, i Murazzi, la regala, che fu
descritta dalla relazione riprodotta dal pa-
trio annalista uibano. — Frattanto e pii-
Gr;(3 V E N VE ^<
ma (li q:ìe'.\'i.'-[ìOca, l'Emoavca pioscguito trixiafo. Si «Iccretò rimririehhp per ?.o an«
je sue vfilorose imprese contro i pirati ni aperto il Libro d'oro, potondovisi in»
<!i Darberia, promosso a duce supremo scrivere sino a 4^ nf>!'i'' di Terraff:rma
•; ammiraglio della veneta marineria mi- o altri sud<liti della repubblica, seniprechè
Jilare. Forzalo il dey d'Algeri alla pace, però provassero di po<;seHere una rendi-
<bbe pure in guiderdone dalla patria, nei ta di f 0,000 ducati, e la loro nobillh ri-
j 768, la dignità di cavaliere della stola inontassoal bisavolo. Piicliiedevasi di piìi
il'oroje ciò mentre il vice-amniiraglio o elici patrizi fissassero nella capitale la
capitano tielle navi cav. Jacopo Nani, n- loro dimora. Pure nel 177'!' i vcneziaoi
Aeva represso i corsari di Tripoli, che si proposero alla lìussia un tralfatodi com-
abbandonavano ad ogni eccesso a danno mercio, che avrebbe dato alle derrate di
tlel commercio veneto. Continuò l'Emo a questa potenza un corso naturale verso
fungere il carico di supremo capii. *no nel la Francia. Questa vi trovava un triplice
1769, 1770 e I 77 I, veleggiando diji|nito- vantaggio, di estendere la sua navigazio-
samenie il mar Ionio e l'Egeo. Cessalo da ne, aumentare la marina, e coll'itupedire
tale uffizio, nel 1772 gli fu conferita la iltraffico mercantile di 41^^00 vascelli in-
magistratura censoria, la quale insigniva glesi nel Hallioo, arricchir se medesima,
del carattere di senatore, e nel corso dei La proposta per nitro non venne accel-
ì6 mesi di sua durata viaggiò in Ger- lata. Frallanlo il campanile di s. Marco,
mania, onoralo da Federico 11 re di Prus- che ripetutamente era slato colpito dal
sia. IVel I 773fatto magistrato della prov- fulmine nel giugno i383e nel giugno
\igione del denaro, equivalente a mini- i3S8, e poscia olTeso più volte da incen-
slro di finanza e del tesoro, ne migliorò dii e dal terremoto, a' 18 maggio 1776
le condizioni; indi fu trasferito al mini- fu inimiio di con lultore elellrico. A'3 i
siero o magistrato del cooamercio de' 5 dicembre i778grandi e popolo lagrima-
savi deputatiallemercanzie, persuadendo rono la morie del doge Mocenigo, ed
poi i commercianti a costruire navi nier- ebbe tomba nella chiesa de* ss. Giovanni
«aniili di gran mole e navigare con esse e Paolo, dove «tanno sì magnifici inonu«
1 Oceano; migliorò le manifatture, ed isti- menti de'piìi chi:iri personaggi di sua fa-
tui scuole di costruzione, di navigazione iiìiglia.
e di pilotlaggio per la marina mercanti- 4'- P'iolo Rcnier CXTX doge. 11 ve-
le. Nel 1774 nuove ruberie e nuove vio- neziano stalo ne avea udito celebrare la
lenze dv;' pirati furono severamente pu- fjcondia, allorfjuando proponeva nella
Dito dall'Emo, con ricomparire perla 3.'^ foruìa dui governo cambiamenti che non
volta sulle coste dell' Africa destinale a ottenne. Vienna avealo. ovulo illnstro
diventare fra poco il teatro delle maggio ambasciatore nell'ifnpero di RI. aia Tere-
ri sue glorie. Dice V Arte di verificare le sa, la cui estimazione seppe procurarsi; e
d<!/i',ne\ ^'j'j^ attesa la clamorosa rovi- bailo a Costantinopoli, fu ammiralo Sie-
na di molle faniiglie s' interdissero inVe- come assai avvedalo politico. Né l'accoi -
Dezia i sempre pregiudizievoli giuochi di tczza e la facondia di lui quelle erano
fizztrdo, com'era^ praticato in alcune al- solaniente, che piùo meno, per caria na-
Ire epoche precedenti, e in seguilo non si rionale indole si osservassero ne* vcneli
tennero [tiìi tali giuochi con quella pub- patrizi. Egli, di più, aveale in se slesso a-
Micila che per lunga pezza era stata una limcntatu con lo studio degli antichi
'Ielle più scandalose. Indi aggiunge,cho scriUori di Hoaja e di Atene, i cu; lin-
i el 1775 l'orgoglio de"i)obiii veneli,soli gnaggi a fondoconosceva.Enotlee dì Irat-
jueoibri del governo, dovette acconscn- lava, specialmente i dialoghi e i libri di
lire di rendere uicuo iuaccessibilc il pa- rialo;!c, i quali avea Irasporlati nel pu-
VEN
trio cìialetlOjC Iii!i2;!ii l)ranl di quelli, non
meno tlicde'pocmi di Omero, ripeteva a
memoria. l'er ciò amavano vivere fre-
quenti presso di lui i più egregi patrizi,
o'cpjali ii univano onorali i più dotti per
sonagli che capita%ano in Venezia dalle
straniere nazioni. Cfni tante virtù, egli fu
sollevato alla dignità di doge a' 14 gen-
naio 1779. E avvegnaché il doge ormai
non altro ufficio avesse che di rappresen-
tare il governo, cerlamente che meglio
the da lui non si {)0leva sostenere sì e-
Diinciite grado d' onore. Egli era hello
delia persona, nobile e ilarcdella faccia,
vivace degli occhi, facondo del labbro,
pi onto alle risposte, faceto con decoro, fi
losofo, politico, perito delle istorie. JNè
l'epoca del ducato di Ini rima<ie per pa^
ti ii fatti oscura negli annali del uìondo.
Seguita la sua elezione, si mandò un cor-
riere ai figlio, ch'era ambasciatore a Ro-
ma, giacché la legge non permetteva od
Un figlio o fratello del doge di conser Ta-
le alcuna dignità o coprire veruna carica
pubblica, come notai più volte, per cui
cessò dalla sua rappresentanza, INelIa con-
tinuazione àelì'^rle di verificare le. da-
te, si leggono le seguenti notizie. Il doge
Renier si n)ostrò sempre favorevole al
parlilo che studiava di iìunorare nello
slato r influenza de' grandi, onde il go-
verno era interamente aristocratico. Dal
17730! 1779 '' consiglio de' Dieci e
specialmente gl'inquisitori di stato, che a
poco a poco eransi usurpalo quasi che
tutto il potere, furono a più riprese og-
getto di vivissime discussioni per parte
del maggior consiglio, presso il quale la
nobiltà povera osava talvolta di ester-
nare il suo liseiilimetito, in esso vera-
mente lucala cssenti<i L. sovranità. Nel
1761 l'avogadore Ai)g.-lo Quirini, che
avea denunzialo il tribunale supreme»
presso il maggior coiisiglio, fu d'oidine
tl'ua inquisitore disl.ito mandalo a pren-
òeje dci'birri e trarlo uclia cittadella di
\ciUua.Era i^tuza t»cu pio l'ari tslo d'un
ùjo^aduieiriCaiitOjt poco o/uiicc uu lai
V E N G07
olio d'autorità non fosse fatale pel tribu-
nale supremo, che per altro ne andò as-
solto mercè alcune leggiere riforme in-
trodotte nella sua organizzazione. Nel
1773 insorse un'altra volla'coniro d con-
siglio de'Dieci lo stesso avog;ulor Quiri-
ni,che trova vasi alla lesta d'una delle qtia-
ranlie incaricate dell' amministrazione.
Prima fu punito coli' esilio, e poscia con
una nuova privazione di sua libertà. Se-
nonchè finalmente divenute generali le
lagnanze, fu creala unacon)inissione che
doveva suggerire i mezzi di rimediare a-
gli abusi. Le discussioni durarono quasi
10 anni, e non ebbero risultanze meri-
tevoli d'essere riferite. Le agitazioni che
si riprodussero nel 1777, t^l'l^ero un'ori-
gine meno grave che non gli eccessi di po-
tere di cui rimproveravasi il consiglio
de'Dieci. Era sialo dagli inquisitori di
slato proibito alle donne ufjbili della ca-
pitale di comparire a'pnbblicispeltacoli se
non coll'abilo di maschera completo, che
era destinalo per tutta la nobiltà veneta
d'ambo i sessi. Consisteva esso in un do-
minò nero o lauta con una specie di
mantellina di merletto pur nera soprap-
poslavi. Portavasi in capo un cappello
da uomo, poi la maschera d'un me7Zt>
volto sulla faccia, che la copriva soltanto
per metà, il qual mezzo volto poteva an-
che porsi in un angolo del coppello. Con
questa prescrizione era interdetto a' no-
bili de' due sessi di frefjucntarc i caffè,
fuori che nella stagione del carnevale. [
patrizi non doveuno entrarvi ncj)puie in
pieno giorno, se non coperti delle loio
toghe. E qui dirò che lai." legge conser-
vala, relativamente olle maschere, è de'
\ 2 febbraio 1 389, Capta full pars qtiod
de celerò idla pitrsona, me ullu teijij)0'-
redo liodc precipue a lertìa cainpaiul
Hiipieadinatulìiiiims.Mareinonuudeat
iiec dcheat ire Iransvestila per modani,
i rd IO ne s t uni qXc.^W the accenna ad uso più
antico. Ben presto pcrò^opravvennerour-
gomeiili più .sci iidi lagnanze e didicur-
dia. Si prepose uoniiuaic uua coaiUiis-
6o8 V E N
sione speciale pe'bisogni del popolo die
sofliiva , e da ciò nacquero altercazioni
violente ne' luoghi pubblici tra parecchi
nobili, che non potevano andar d'accor-
do sulla scella da farsi. Il consiglio de'
Dieci esercilò rigorosi alti di autorità, e
trionfò mai sempre degli sforzi che si
tentavano per restringere la potenza de-
gl'inquisitori di slato. Verso la stessa e-
poca era giunto al massimo grado la cor-
ruttela, e rese necessarie alcune misure
repressive. La qual corruzione e la di-
guaglianza grandissima delle ricchezze
influir dovevano sul govcino medesimo,
cioèa dire mettere una paiie dell'ordine
equestre sotto la dipendenza dell'altra,
e completar finalmente il sistema oli-
garchico. A'a dicembre 1781 il senato,
sulle diu)oslrazioni del suo ambasciatore
a Pioma cav. Girolamo Zulian, assegnò
allo scultore Canova annui 3oo ducali.
E qui rammento d'aver descritto nel voi.
LXXXll, p. 79, il formale e solenne in-
gresso fallo dal Zulian nel 1781 in Ro-
ma, l'udienza pubblica ricevuta dal Pa-
pa; nel I 782 l'udienza di congedo, la sua
creazione in cavaliere aurealo, ed i regali
sagri ricevuti da Pio VJ. Noterò ancora,
che noll'anìbasceria gli successe Andrea
MemtRo , le figlie del quale cres>imò
Pio VI, come descrissi nel voi. XYI, p.
78. — JN'el detto anno i 782 a' 1 8 gennaio
giunsero in Venezia sotto il modesto
nou)e di Conti del Nord, Paolo figlio di
Caterina li imperatrice di Russia , poi
impera tore,eMariaTeodorowna di Wiir-
lend)ergsua moglie, con decoroso accom-
pagnamento, e presero alloggio nell' al-
bergo del Leon Bianco. La repubblica
deslinòa riceverli e servirli il savio grande
Pesaro, e il savio di TerrafermaGrimaui.
Visitaronoi luoghi piiuiolevoli della città,
ebbero i soliti tiallamenli di musiche e
di danze ne'leatri e nelle sale, il tratte-
nimento della regata e altre dimostra-
zioni. Di più fu loro dato uno spettacolo
nuovo e magnifico, che descrive il cav.
Mulinelli. Nella piazza di s. iMarco fu
V E N
innalzato un anfiteatro di 5oo piedi dì
circonferenza, nel sommo del quale ri-
correvano alcune logge appoggiate ad ar-
chi dipinti verde e in forma di pergola-
ti. L'edifizio giungeva fino a'capitelli del-
le colonne de'porlici delle Procuratie, di
maniera che le due corna d'ambo le stu-
pende fabbriche lo sopravanzavano e
servivano quindi di fondo al quadro.
All'estremo dell'anfiteatro verso il palaz-
zo, ora reale, sorgeva uno di (pie' fabbri-
cati detti alla francese padiglioni , chio-
schi turcheschemcnte , ricco di cristalli
alle finestre e nell'interiore di specchi, di
masserizie graziose e magnifiche: all' al-
tro estremo verso la basilica , vedevasi
un grand' arco trionfale alto 80 piedi,
disegnato su quello esistente a Roma di
Tito, e adorno di colonne e di statue, pel
quale si entrava uell'anfiteatio.L'iuven-
7.ione e l'esecuzione di quell'opere me-
ravigliose, non erano altrimenti del va-
lente dipintore Domenico Fossati o del
suo cugino Alessandro Mauro peritis-
sifno prospettico , come fino a' nostri
giorni fu creduto , bensì di Vincenzo
Chilone valoroso pittore di prospettiva,
non fortunato, come prova il Mulinelli
colla biografia scritta da lui stesso con
riprodurla. Adunque così ordinata la
piazza di s. Marco, a'24geoQaio furono
accolli i Conti del Nord nel suddetto pa-
diglione o chiosco, e tosto pel grand'aico
entrarono nell' anfiteatro 5 grandi carri
rappresentanti per emblemi l'Agricoltu-
ra, l'Abbondanza, il Commercio, le Arti,
la Pace, ognuno tirato da 4 bovi bian-
chi; fallo il giro dell'arena, ed usciti i car-
ri, vi s'introdussero in 3 separate schie-
re 72 tori e con essi i tiratori (0 condut-
tori e giostratoli) bizzarramente abbi-
gliali con vesti di nazioni diverse (erano
niacellai e corCesani, di due fazioni, ve-
stili ordinariamente con brache di vellu-
to nero e giùbboncello di scarlatto, eoa ,
berretta rossa, se della fazione Castella-
un, usando la nera gli appartenenti alla
NicoloUa) , dandosi con essi per circa
YEN
un'ora e mezza lo spellacolo della caccia
del toro, cioè la fierissima lotta tra il loio
e i molli cani die gli aizzavano i tiratori.
La quale finita, rientrati i carri nell'an-
iilealro, e fermatisi lu bell'orditie in 5 di-
versi siti, si lasciò che il niinuto'popolo
per altri 4 ingressi entrasse nell'anlitea-
Iro; e quell'accorrere di popolo infinito,
lieto e impaziente di godere pur esso, e
quell'accorrer di popolo quasi fiume per
4 gore fu spettacolo sorprendente e forse
di tutti il più dilettevole (tanto ciò è ve*
ro, che più volte tni raccontò un altissi-
mo personaggio, che all'improvviso in-
gresso della moltitudine s'intimorirono i
Conti del Nord, supponendo lo scoppio
d'una insurrezione. Tosto però furono ras-
sicurati di nulla temere, essendo il popo-
lo che stava dietro lo stecconato che cir-
condava l'anfiteatro. Sorpresi dall'immen-
so numeroe non vedendo milizie che lo a-
vessero con tenuto, domandarono come ciò
fosse proceduto. Allora fatto venire il Cri*
stofoli missier grande o fante della re-
pubblica, e presentalo a'Cooti del iN'ord,
fu ad essi detto lui solo colla forza mo-
rale averlo trattenulo (piieto- Lo stesso
personaggio cui diceva pure, che il padi-
glione o chiosco era formalo sulle misu-
re e colle suppellettili di altro simile che
i medesimi granduchi possedevano iu
Bussia, ove fu mandato in dono agl'itn-
periali coniugi imballalo in casse, sicco-
me costruito (ler potersi decomporre, in-
sieme a'crislalli ed agli specchi bellissimi,
il che non èadireciuanto riuscisse loro gra-
dito). Fattasi intanto notte, partir vede-
vasi dal chiosco una colomba artificiale,
cui si uvea dato fuoco dalla stessa gran-
duchessa, la quale colomba rapidauicn-
le trapassando la piazza giungeva all'ar-
co per comunicargli là favilla, laonde a-
scondendo il dello aico molli altri fuochi
lavorali, era c^so in un istante tulio illu-
miiialo,innalzandosi n grande altezza nel-
l'aria migliaia ili razzi vaghissimi. Nel me-
desimo tem[Hj i gradini deli' aniplissirno
anfiteatro e le finestre delle Procuralic
VOL. XCII.
V E ìN G09
risplendevano per torcedi cera, e per lam-
pioni di cristallo gli archi del pergolato,
i carri e la facciata della basilica, per cui
la piazza di s. Marco sembrò in un pun-
to quasi mutata in una grande e ben a-
dornata sala da ballo. A notte avanzata
le torce furono lasciate in possesso del po-
polo. 11 Mulinelli riporta la Descrizione
degli spettacoli e citile feste datesi in
Fenezia per occasione della venuta del-
le LL. A A. IL il granduca e la gran-
duchessa di Moscovia sotto il nome di
Conti del Norl nel mese di gennaio 1782,
adorna de' ritratti di detti principi, Ve-
nezia presso Vincenzo Formaleoni. Di al-
tri opuscoli, eoa altre notizie, ne dà con-
tezza il cav. Cicogna, I/iscrizioni Vcnc'
ziane, t. 2, p. 267 e 435. Per questi fe-
steggiamenti la repubblica spese 1 09,677
ducati d'argento. Passati i principi a Ro-
ma, benignamente accolti da Pio VI, si
trovarono quando a' 27 febbraio dello
slesso 1782 il Papa montava in carrozza,
pel suo viaggio a Vienna, onde il gran-
duca Paolo nell'aiularlo a salirvi, lo pre-
gò ad accettare una pelliccia inviatagli
dall'imperatrice madre, sperando che gli
avrebbe recato vantaggio in sì rigida sta-
gione, e nel clima di Germania più cru-
dodi quello d'Italia. II Papa si recava dal-
l'imperatore Giuseppe II per tentare col-
la sua viva voce di porre un freno alle
sue deplorabili innovazioni sulla discipli-
na ecclesiastica e alla soppiessione de'sa-
gri chiostri, modellatosi in parte dall'o-
peraio della repubblica veneta, e cos'i mi-
iiuziosamente,che fu proverbiato, al mo-
do accennato di sopra nel dogado i 18.
Per buona ventura della Chiesa dell'im-
pero austriaco, e perciò anche delle pro-
vincie venete e lombarde, la saggezza
e pietà del regnante imperatore Fran-
cesco Giuseppe 1, ha di recente abolito
le fatali e famose leggi Giuseppine, pel
Concordalo concluso in / ienna (f^.),
col regnante Pontefice Pio IX. — l'er
le onuriliceuzc che Pio VI ricevè dalla
repubblica passando pc' suoi dominii , e
Ciò VEN
nel suo soggiorno di Venezia, piOceJeiò
lo' Diari di Rotua, e col Diario pitno e
distinto del viaggio fallo a Vienna dal
Sonivìo Venie ficc Pio Papa SeslOy Routn
1782. Lo descrisse mg.' Giuseppe Diui
prtfelto delle cerenionie pontificie, che fu
se tu pr e del seguito di Sua Sautilà. Di lui
già mi giovai nel descrivere le città per le
quali passò, per cui soltanto i'indiclieiò
in coisivo. Pel soggiorno di Venezia in
breve v'uitreccierò il più in>porlaiile del
riferito dal cav. Mulinelli riegliyi//i/J^/^X/"-
haai, e dall'opuscolo da lui riprodotto e
inlilolato; arrivo, soggiorno e partenza
da J enezia del Sommo Pontefice Pio
J^I. In Venezia 1782 appresso Rinaldo
Iknvenuli. Tale soggiorno costò alla re-
jiuhblica 49,648 ducalid'argento.DaFer-
rara l'io VI partì a' 1 o marzo, accompa-
gnalo dal cardinal Cardila legato sino a
l'onte Lagoscuro alla riva del Po, dov'è-
)ano preparati un nobilissimo buciiiloro
o burcliitllo, due bucintori cuinori, 7 peo-
lee 3 barche. Alle ore 1 4 si allontanò dal-
la riva, e s'inconunciò la navigazione pel
lasto fiume, dirigendo il viaggio verso
Cliioggia, riuscendo spettacolo di divozio-
ne le popolazioni accoricnli sulle due ri-
ve per ricevere l'apostolica benedizione,
anche in notabile lontananza. A Corbola
il vescovo d'Adjia Arnaldo Speroni con
piccol naviglio si prebeulòa ossequiare il
l'apa, accollo con particolare gentilezza.
Pervenuto alla Cavauella dell' Adige, so-
piaggiuiise il vescovo di Chioggia Bene-
detto Ci\ran, e poco dopo il patrizio Bar-
tolomeo Gradeuigo podestà di Chioggia,
ambedue per corilestare la loro venera-
zione, ricevuti colle più disliule dimostra-
zioni di gradimento; come situilmeule fu
con sìugolar benignità accolto il nunzio
di Venezia Ranuzzi , benché di recente
promosso alla nunziatura di Lisbona, in
sua Vece essendo destinato per la repub-
blica Giuseppe Firrao arcivescovo di Pe-
tra. Alle ore i[\ approdò a Chioggia il
l'apa, venendo ricevuto da molti vescovi
dello stalo veneto, e da ojolla nobiltà ac-
V E N %
corsa dalle vicine citlà e luoghi. Nel ma-
gnifico appartamento del palazzo del no-
bile Bartolomeo Grassi, preparato per sua
dimora, si presentarono a Pio VI i pa- J
trizi cav. Pietro Luigi Contarini e Lodo- '
vico Manin procuratori di s. Marco, scel-
ti dalla repubblica a rassegnargli il suo
sincero ossequio, servirlo e accompagnar-
lo in tutto il corso del viaggio pel vene-
to dominio, sino a'confini degli siali uu-
slriaci; li quali furono da lui ricevuti C(m
tutta la maggior distinzione, conteslanda
loro la sua sensibilità e riconoscenza verso
la repubblica per tante nubili attenzioui.
Nel lunedì seguente 1 i marzo, celebrata la
messa nella cappella del palazzo, dal bal-
cone benedì il numerosiiisimo popolo, e
disceso alla riva, il Papa salì sul suo bu-
cintoroco'dueprocuratori, seguilo da due
loro nobili peote, preparale per uso del
i'apa,edagli altri legni. Parlilo ila Chiog-
gia dalla parte del canale di Brondolo,
s'inviò per l'ameno Brenta, e pervenuto
al delizioso luogo della Miia, alle Gain-
berare si presentò il patriarca di Vene-
zia Federico Maria Giovanelli, il quale
fu dal Papa accollo con tulle le più par-
ticolari dimostrazioni di stima e di alFet-
to, come erigeva il distinto di lui merilo
personale e la dignità, trattenendolo nel
gabinello di sua nave sino a Oriogo e
Moranzano. A Fusina, ove si entra nella
Laguna, il Papa lasciato il bucintoro, pas-
sò nella i.° delle due peote venete, col
nunzio Ranuzzi , i due prelati di com-
pagnia Marcucci palriarcadi Costantino-
poli, amuiinislratore di Montallo e vi-
cegerenle di Rocna, e Conlessini arcive-
scovo d'Alene ed elemosiniere segreto, e
i due procuratori di s. Marco. Pel cana-
le di s. Giorgio in Alga e di s. Chiara,
si diresse verso ftlestre, in mezzo ad un
foltissimo numero di piccole barche e
gondole, le quali ricoprivano il vastissimo
spazio della Laguna, approdando a ore
24 a Malghera, ove trovò fanti e caval-
leria schierati, per onorarlo e accompa-
gnarlo, una uobile carrozza a G cavalli, m
f
VEN VEN 6m
cui salì, ed altre pel seguilo. Arrivalo a cotiosceiiKa al senato e al Juge, entrò iie-
Meitlre siuoulò al [<alazzo Jel procuia- t^li stali austriaci e giuuse a Gorizia. iVcl
tore Erizzo, ricevuto da ;uolti vescovi e riloroo Uà Vienna, per Roveredorieulrò
da gran numero didislinli nobili. iVell'ap- l'i i maggio nel dominio veneto, trovau-
parlamento fu complimentalo dagli aiu- do a'coulìui i medesimi due procuraturi
i)ascialoii imperiale e di Spagna, presso desliuali ad accompagnarlo. Dopo aver
la repubblica, dalricevltoredi i\Ialla, lui' pernottalo a /e/ o/ta la notte e quell.i
li poi ammellendu all'udienza e al bacio seguente, a'i3 passò a l'iceaza, indi a
del piede, e dopo la messa nella seguea- Pado^'u, ove si fermò anche il giorno 1 4,
te manina le ambasciatrici e molle dame partendone a'i5. Dalla porla di forlel-
veneziane. Benedetto il popolo, riprese lo, sul Brenta ascese nel nobile burchiello
a' 12 il viaggio, preceduto da 6 corrieri, o bucintoro, nel quale auimise, olire i
4 forieri, due cameiieri pubblici e dalla due procuratori, ilcav. Alvise Moceuigo
cavalleria, oltre quella di scorta, per tulio figlio del doge defunto, capitano e vice-
Io slato venelo, cambiandosi i cavalli ia podes-tà di Padova, mg.'Marcuoci, mg.
ogni mezza posta. Si fermò a Treviso, a Coutessiui, mg. Garampi nunzio di Vicn-
Conegliano venne ossequiato dal podestà na, mg."^ Ranuzzi nunzio di Venezia, ed
Contarini, e [)eruoltò in Sacilej sempre altri prelati del seguilo, passando il ri-
iucuiilrando lungo la via immenso popò- mauentedi questo iu altri bui duelli. Tra-
lo invucanle la benediziune. A'i3 parli giltalo il (lume, e giunti al Dulo, luogo
per L^^Z/'/a', ("apilale delFriuli veneto. Ivi molto popolalo, nel tempo che ivi con-
Pio VI, nello slesso gicnuo dell'arrivo, venne fare traltenimeulo per l'aprimeuto
dice mg/ Dini , a ditnoslraziooe di gra- della porta, o sia ritegno dell'acipie del
lo animo per 1' attente e assidue cure a- fiume, fu il Papa di nuovo complimenu-
vule nel corso del viaggio, die' al cav. lo dal vescovo di Padova Giustiniani, che
Contarini una preziosa corona, tanto per l'avea preveuulo per trovarsi a ossequiar-
se quanto per la ca^aliera di lui consor- lo a'cunfini della diocesi. Giunto alla ftli-
te, e distinse il procuratore Maniu , che ra si licenziò il cav. ftlocenigo, per esse-
ancora non avea avutola dichiaiazione re il termine di sua giurisdizione, onora-
di cavaliere, con questo titolo, nella forma lo dal Papa con atlestali di riconoscenza
medesima, come soLva praticarsi in ilo- per le laute prodigate allcn/.ioni. Al iMu-
aia con gli ambasciatori veneli prima del janzano si presentò il patriarca di Vene-
termine di loro ambasceria, quando un- zia mg/ Giovanclli, accollo con tulli i
eh' essi non siano per auco siali con lale contrassegni d'eslimazione. Giunti poi a
titolo fregiali (invece racconta il Dui- Fusin.i, uU'imboccalura delle venete La-
zio di Roinciy che pure andava pubbli- guue, si trovarono ivi nelle proprie goQ-
cando la relazione del viaggio, ilovendosi dole uii.i grande quanlilàdi vescovi del-
peròprcferiiequella delDinl,sebbene,uo- lo slato veneto per osseipiiare il Papa,
iuo,puòaver anch'egli erralo:che la mal- che corrispose a tutti con distintissima
lina dc'i4 il Pupa avendo già cicali ca- amorevolezza, lucaminiualosi per la La-
valieu dello speron d'oro i due procura- guua, ricoperta d'ogni specie di barche,
tori Coularini eAJunin,anzi quest'ultimo fu proseguito il viaggio all'isola di s. Gior-
a Malghera, li regalò di due corone di gio in Alga. Qui menta riporlaisi il pream-
lapislazzuli alla cavalicra e di due altre bolo Jel veneto facoiulo e pio descrittore
per le loro dame). Nel di seguente il Pa- i\i:\\' Arrivu^sogi^ioiiio e ijcirleiiza di Pio
pa, da Udine s'incamminò a'confiui, e ivi /'/. » Santo, di vino e puro spii ito di re-
lin^-raiialili amorevolmente, rincaiicò di ligiotie, amore perfetto del catlolicismo,
espiiiucie per tulio la sua alIcLLuosa ri- a lesolo dobbiamo, si a le solo, l'alto, l'iu'
Gli VEN
comparabile piacere di veliere nelle no-
stre conimele il Padre de'fedeli, il Paslo-
ve delia Chiesa, il Vicario di Cristo, in
una parola Pio VI. Segni pure epoclie
gloriose la veneta storia, descriva venu-
te, passaggi d'illustri personaggi, ma non
\i ho di più grande, di piii memorabile,
di più gloriosa di questa. Se corrisponder
j)otesseal sentimento dell'anima la debole
mia dicitura, son certo che nessun' altra
|iarle del mondo vantar potrebbe uno
scrittore più zelante, piìi energico; ma se a
me non concesse l'adorata Provvidenza
lai pregi, non per questo tralascierù d'in-
coraggiare col mio eseinpiogli eccellenti
scrittori di questo secolo iid illustrare col-
le loro note la gloria delle venete contra-
de per l'arrivo, boggiorno e partenza d'un
tanto principe, lo qui non pretendo al-
tro che di descrivere senìplicemenle le
ceremonie, le feste e le esultazioni di Ve-
nezia in quesl' incontro. A tale oggetto
comincierò a tener dietro al Santo Padre,
dal momento della sua venuta sino alla
sua partenza, riferendo qualunque inte-
ressante e notabile circostanza .... Ecco
giunto quel felice giorno in cui lutto il
popolo veneziano spera di vedere final-
mente il Sommo Poulefìce, e di ricevere
la santa di lui Benedizione". In queste
dichiarazioni io ci vedo e amtniro a un
tempo, espresso, manifestalo in compen-
dio, lo spirilo religioso de' veneziani, la
loro di vola gioia, l'edificante entusiasmo
univei-sale di Venezia, perciò includere
im imperituro elogio al nome veneto ne'
fasti della Chiesa. Prima giornata, nicr'
coltali i5 maggio i 782. Allo sparo de^
primi cannoni della fusla, già tutta Ve-
nezia cominciava ad esultare. 1 lavoranti
abbandonano le loro opere, i padroni
danno ordine che vengano chiuse le loro
1 ispettive botteghe, lutto e in molo, lut-
to è in corso, e le persone di ogni età, di
ogni ordine si portano chi sulle rive, chi
sui ponti e finalmente vi è chi scorre colle
peole, gondole e barchette il trailo di La-
guna dove passar deve il Sommo Ponlefi-
V E N
ce. Il sole slesso, coperto dalle nubi fino a
quell'ora, sembra rallegrarsi egli pure, e
comparisce ad ornare l'orizzonte splendi-
do e rilucente. Alle ore 19 il serenissimo
(logeRenier in compagnia dell'eccellenlis-
simo collegio composto de'consiglieri, de*
capi della Quaraulia e de'savi, monta ne'
nobili peatoni per trasferirsi all'isola di
s. Giorgio in Alga, ove giunto cominciò
il suono di tulle le campane della città.
Quando poi verso le ore 22 si scorse in
poca distanza il nobilissimo burchiello di
Sua Santità, il doge col serenissimo col-
legio si portò sul pontile di s. Giorgio, e
stette ad aspellare il Beatissimo Padre.
Egli giunse accompagnalo da mg.' Gio-
vanelli patriarca di Venezia e da' cava-
lieri Manin e Coularini. Appena Pio VI
montò sul pontile, il serenissimo doge,
col corno in mano, si avanzò umilmente,
e colla più religiosa divozione. Tenera-
mente accollo dal Padre comune de'fede-
li, fu da esso sostenuto nel momento me-
desimo in cui egli voleva prostrarsi. Segui-
rono in que'brevi momenti qualche tron-
ca parola da una parte e dall'altra, d'a-
more e di slima paterna, d'alìello e vene-
razione filiale, giacché la forza del senti-
mento dominando gli animi commossi,
erasuperiore aqualunque facoltà. Entrati
nella chiesa di s. Giorgio, genuflesso il Pa-
pa sopra genuflessorio coperto con nobile
coltre, ed alquanto iudielroil doge, venerò
ivi il ss. Sagramento. Frattanto il popolo
sparso in mille e mille barche die'sfogo
al tumulto degli alìelli con alti e frago-
rosi gridi di gioia e di esultanza religiosa.
Soddisfatti gli alti di religione, nel ritor-
nare che fecero dalla chiesa il Santo Pa-
dre, il doge, i due procuratori, parte del
collegio, oltre i due patriarchi di Vene-
zia e di Costantinopoli, i due nunzi e l'ar-
civescovo d'Alene, montarono ne'peato-
ni, e fu licenzialo il burchiello che avea
condotto ilPapa.U rimanente del collegio,
gli altri prelati del corteggio pontificio,
montarono negli altri peatoni e barche.
Ecco Ira'fasli di Venezi8,esclaiua il patrio
V EN
descrittore, il più grande e il piti glorio-
so ili lutti (per riunovarsi la fausta epo-
ca di Papa Alessandro 111 e del doge Se-
brisliano Ziani). 11 doge col serenissiuio
collegio, conduce al loro popolo l*io VI,
tra due patriarchi, arcivescovi, vescovi e
altri prelati. Chi fu presente a tale im-
ponente spettacolo,può solo formarsi l'al-
ta idea di esso. Non è possibile descrive-
re sì gran trionfo, tutto pacifico e reli-
gioso. Vedere tutta la Laguna coperta di
peote, di gondole e di barchette, udire lo
sparo e rimbombo di 7 galee che veni-
vano a incontrare il Papa, tutti i navigli
veneti e stranieri fare lo stesso, il festivo
suono di tutte le campane della città, li
replicati e strepitosi spari de'mastii nel-
l'uilerno della città, il popolo da tutte le
parti prorompere in evviva prolungati,
e chiedere con fede ad alta voce la s. be-
nedizione. IVIg."^ Dilli abituato nel lungo
viaggio ad anìmirare le solenni dimostra-
zioni divote ed enlusiastiche de' popoli
verso ilsupremo Gerarca, dice che il viag-
gio si diresse pel gran canale delia Zuec-
ca e il canale de'Mendicanti (secondo le
relazioni del Diario di Roma, sembra
che il Papa passasse per la punta della
Dogana nel Canal grande), in mezzo al-
radollamento delle barche ricolme di gen-
te, il suono delle campane, l'eco delle ar-
liglierie,Ieacclamazioiiidel popolo,resero
l'mgresso pontificio in Venezia uno spet-
tacolo de'piìi singolari e rimarcabili. Ed il
Tavanti nt Fasti di Pio FI^ osserva che
il Papa fu salutato da 200 colpi di canno-
ne, ed il suo ingresso in Venezia olliì uno
spettacolo cos'i sorprendente, quale gli
stessi veneziani non avevano mai veduto
né per regate, ne per l'Ascensione, im-
perocché il numero delle gondole era sì
grande, in modo di comparir la Lagu-
na per lungo tratto unita alla Terratìir-
ina ; tutte le finestre poi erano ricca-
mente addobbale. Alle ore 2 (. in punto
i peatoni giunsero alla riva del convento
domenicano de'ss. Gio, e Paolo, prece-
duti da varie eoudole de' vescovi dello
YEN 61 3
stalo, illuminalo da straordinario nume-
io di torcia, 24 delle tpiali sostenevano
sulla riva altrettanti siidlìeri vestiti di
ricchissime uniformi livree per accompa-
gnare il Papa. Questi disceso, col doge e
tutto l'accompagnamento, salì nel nobi-
le salone di udienza, ringraziò gentilmen-
te il doge e lutti gli altri personaggi che
r aveano incontrato, avendo già avuto
campo nel peatone di conoscere quanto
era veridica la fama nel decantare il se-
renissimo Reuier per unodegl' illustri e
dotti dogi di Venezia. Accompagnati da
alcuni prelati della corte pontificia alla
riva, partirono il doge col collegio, ed il
Papa 8i ritirò nelle camere fatte a suo
uso preparare dalla repubblica, con tut-
ta ricchezza e noagnificenza. Il Novaes
nella Storia di Pio FI, riferisce che la
repubblica gli avea destinato l'ampio e
più comodo e decoroso monastero di s,
(^iorgio Maggiore, ma il Papa scelse il
detto convento. Ed anch'egli celebra il
giubilo e divoto tripudio de' veneziani,
che accolsero il Capo della Chiesa con re-
ligioso trasporto e venerazione. Stcondct
giornata, gioveih i6 maggio. Alle ore
i4 Pio VI ammise all'udienza molti ve-
scovi dello stato veneto. Dopo un'ora il
doge colla serenissitoa signoria e muta
di senatori con solenne pompa, precedu-
to da'trionfi, stendardi, pilferi, tromiie,
ombrella e la seggia d'oro coll'origliero,
si portarono ne' soliti peatoni alla resi-
denza papale. Allora Pio VI passalo nel-
la grande sala d'udienza, circondato da'
vescovi e dalla sua corte, ricevette la vi-
sita tli formalità del doge e della signo-
ria, con tulli i più distinti atti di gioia e
di paterna dilezione. Quindi dopo le so-
lile ceremonie, passarono tutti uniti nel-
la contigua chiesa de'ss. Gio. e Paolo, or-
nata con isplendida pompa ecclesiastica,
piena di nobiltà e di dame in appositi
recinti accolli. XciringresbO Pio VI fu ri-
cevuto col canto dell'antifona : Ecce SU'
ccrdos ììlagniisj e veneralo il ss. Sagra -
mento, passò coldoge e la signoria all'ai-
6 1 4 ^' E N V E N
lare mnggìore, ove da mg/ Giovanelli un. clie in Iole inconiro <lie' a conoscrre
patriarca fli Vene2Ìa parafo pniilifìcal- r«'sfen5Ìone del suo merito, ripoiTando-
inenle fu intiionato il Te /)cimì,[MO<ie- ne singolare gradimentodel Papa. Il ("aii-
gdilocon iscelfissima e Ktrepifo'?a nniiMra. cellieri, nelle 7\75?/r7V flclla venula in Ro-
(^ouipila la lieta funzione, fallo ritorno nw di Canuto IT, a p. 23 offi'e la descri-
il Papa nel prossimo convento, ivi sì con- rione della gita fatta dal Papa all'Arse-
j:edò dal doge e da! senato, come pure naie, e dell'ancora di «liaordinaria gran-
(lal patriarca, ed asceso ai [)roprio annnr- dezza formata alla sua presenza. Uscito
Icnienlo, ricevè a particolari udienze il dnll'Arsenale si trasfiM-i colle sue barche
n>arc!iese Durazzo andiasciatore impe alia cattedrale di s. I*ietro di Castello,
liale, il marchese di Squillace ambascia- ricevutoda mg.'palriarca e dal capitolo;
Inre di Spagna, indi tutto il rimanente chiesa che in vece di s. Pietro in l'iati'
del corpo diplomatico, co'cavalicri fora- rano, dovea ne! 1799 sci'^'irf alla cele-
stieri dimoranti in Venezia. Dopoilme?- lnnzionede'/^fm<?r<7//A^ot'r'/?r//V7// per lui !
zodì il Papa esaud"ì il po[)olo, adunnfo Quindi passato nel propinquo palazzo
rei cortile del convento, con benedirlo, |>alriarcale. si trattenne da un'ora nelle
il che replic?) verso sera, e ripetè pure stanze di mg.' Giovanelli, dopoaverara-
iie'susseguenli giorni. La sera nella sala nìesso al bacio del piede il suo clero, ed
d'udienza ;irnn>ise più centinaia di nobili a qurllo della mano la di lui viituusa
veneti, vestiti di toga, al bacio della ma- iiadre d. Giulia Calbo, dimostrando al-
no, e nelle stanze interne il cardinal Cor- 1' illustre figlio la più cordiale dilezione,
liaro, recatosi nella patria per ossequiarlo, non che amorevole stima. Dipoi il Papa
il cardinal Boncompagni legato di Bolo- si recò a visitare la chiesa e il monastero
gna,ed ilsenatore diRomaBezzonicoalfio ili S.Caterina, com[iliinentato personal-
^enpto venuto appo'itamenle in Vf-ne- mente dalla badessa nipote di Clemente
zia. Terza giornata , venerdì i 7 maggio. XIII, alla quale e ad altra nipote di quel
Il Papa dopo aver amu)esso all'udienza Pontefice fece benigne dimostrazioni, per
molti vescovi, servito da 3 siqjerbissime la venerazione e perqnella naturaleedo-
gondole dorate fu condotto all'Aisenale, verosagratitudinechegiustamenle nudri-
accompagnato da' procuratori Manin e va pel venerando zio già suo promotore
Contarini, i quali in tutte le funzioni non insigne, paternamente dando a baciare il
si discostarono mai dal suo fianco, corri- piede a tutte le monache. Fatto ritorno
sposti dal Papa in tutti gì' incontri con al convento de'ss. Gio. e Paolo, nella sa-
dimostrazioni onorevoli. Egli si tralten- greslia soddisfece ad egual pio desiderio
ne circa due ore ad esaminare e godere tli molte dame in aliifo nero, come pure
lutti i superbi pregi fli quel vasto empo- le cittadine dell'ordine de'segretari. Ver-
liodella milizia marina. Primamente ani- sosera,oltrela consueta benedizione com-
mirò il Bucintoro che accide!)talmenle, partita all'accorrente popolo nel cortile,
per la non eseguita ceremonia del giorno ad altre porzioni finitissime di esso la die'
dell'Ascensione, si ritrovava nel i. "canale nella cavallerizza de'patrizi e sul camjJO
tutto addobbalo come se fosse il giorno della Pace ov'eransi riunite, recatosi per-
della partenza; poscia osservò li lavori ciò ne'corrispondenti balconi. La sua de-
che ivi si famio con singoiar maestria e sideralissima apostolica benedizione, ne'
ordine, essendo stata formata in sua pre- delti luoghi la compartì piu-e altre volte
senza con mirabile speditezza una gran- ad infinito popolo, insaziabile di sì pre-
de dncora. Nei peatone era servilo dal zioso favore. Inoltre nella slessa sera ri-
doge, per leira dui patron di guardia cevè nella sala d'udienza altro considera-
dell'Arscnalc il conte Stefano N'aluiaro- bile numero di nobiltà veneta, molli ec
V E N
clesìaslici e nìollissiuii ciUadinl, e nelle
stanze domesticlie i sunnominati cardi-
noli e senatore di Roma. Quarta gior-
nata, sabato I 8 maggio. Pio VI colle so-
lite barche, col cardinal Cornaro, consue-
ti piocnratori e accompagnaraentOj ap-
pividnto alla Piazzetta e passando il cor-
tile del palazzo ducile, si poitò nella ba-
silica di s. Marco, ricevuto dal cav. Eriz-
zo altro pi'ocmatore della medesima. Qui-
vi egli, appagata lasiia divozione, amnii»
lò il magnifico tempio, tutte le preziose
cose che lo rendono sorprendente,il tesoro
allora ricchissimo; e dopo averne goduto
il prospetto esterno e la meravigliosa sua
vasta piazza, ritornato alle sue barche,
s'indirizzò all'isola di s. Giorgio Maggio-
re, liicevuto da vari vescovi eda'monaci
benedettini del monastero, orò nella chie-
sti,con molta compiacenra visitò il gran-
dioso monastero, e ammise al bacio del
piede la religiosa comunità. Chi avesse
allora detto a Pio VI, 5 mesi e i6 giorni
tiopo la tua morie gloriosa, in cattività,
quando gli empii nsoranno sperare chiu-
dersi con te la serie de' Papi, in questo
monastero, un cardinale monaco dello
stesso ordine, un tuo concittadino e pa-
rente sarà eletto MI tuo successore, e dalla
sua loggia saràanimnziatoa tutto il mon-
do col medesimo tuo nome, Padre uni-
\ersale e sovrano degli stati che la prepo-
tenza e la perfidia la piìi accanita li avrà
usurpati ! Oh mirabili disposizioni della
divina Provvidenza! Oh imperscrutabili
e arcani giudizi di Dio! In seguito pas^ò
il Papa a pregare e gustare il portentoso
tempio del riedentore, ricevendo i cap-
puccini suoi cusloili al bacio del piede;
non che a visitare la chiesa de'ss. (ierva-
sio e Protasio, ad istanza del procurato-
re Contarini, siccome sua parrocchia,
dando a baciare il piede a quel clero. Fi-
nalmente fu cond'illo a mirjre la chies i
e la scuola di s. Rocco, le sue insigni pit-
ture e altre preziose cose, e ujentre n-
cevea il guardiano e i fratelli al di volo
bacio del piede, nel niezzo delle due pri-
V E :^ 61"
me scale fu scoperta la marmorea iscri-
zione, che nel discenderle con grata sor-
presa lesse, celebrante il compartito ono-
re. Restituitosi alla sua residenza, nell.i
sera appagava un gran numero di dilTe-
renti persone bramose di prostrarsi avan-
ti di lui, a Girgli omaggio di loro vene-
razione. Nella stessa sera nell'oratorio del
pio luogo degl'Incurabili, il procuratore
Manin fece eseguire una stupenda can-
tata da 60 zitelle di 4 dilTerenli conser-
vatorii, tutte vestite uniformi: composi-
zione del conte Gaspare Gozzi, musica
del non men celebre Galoppi detto lìu-
ranello. V'intervennero i cardinali Con-
compagni e Cornaro, molti vescovi e pre-
lati, i ministri delle corti straniere, tutta
la nobiltà veneta in obito patrizio e le
dame vestiledi nero. Forse questa èquella
cantata, che il citato Cancellieri dice de-
stinata al Pnpa per onorarlo, oltre una re-
gata egualmentepreparatagli, secondo il
costume usato cogli ospiti sovrani. Quinta
rdulliniagiornataydoinenica i ^oiaggio.
Piicorrendo la solennità della Pentecoste,
ad ore I 3 il Papa calò nell'adiacentechiesa
de'ss. Gio. e Paolo, col di lui seguito, ove
celebrò il divin sagrifizio all'altare mag-
giore, servito dal cardinal Boncompagni,
tra la commozione religiosa del nume-
loso popolo; indi visitò la nobile cappel-
la del ss. Rosario, e poi fece riforno nel-
le sue camere, per attendere il tetnpo del-
la messa solenne, alla quale nvea stabi-
lito assistere con tutta la formalità, col-
l'inlervenlo del doge e signoria. Pertanto
verso le ore i 5 si portò il duge col sena-
to,co'pealoui, in grandissisna pompa, nel-
la gran sala «lei Pipa. E coin[ilimentalisi
scambievolmente, discesero tutti nella sa-
grestia della chiesa, nella qirde da'cardi-
nali Cornaro e Koncorapagni, in cappe
rosse, Pio VI fu vestito degli abiti sagri
pontificali e del triregno. Indi preceden-
do lu Croce pontificia portata da mg. Do-
menico N.inlini segretario delle lettere Ia-
line, in cappa, seguita da' vescovi dello sta-
to veneto colle loro cappe prelatizie, dal
6i6 VEN
Papa in mezzo a due caicìinali, insieme
col doge e tuttala signoria, laprocessioue
cnlrij in cliiesa piena d'immenso popolo.
Adorato il ss, Sagrannetilo, il Papa andò
all'aliai* maggiore, fu dato principio alla
solenne messa celebrata da mg.' patriar-
ca Giovanelli, avendo il Santo Padre, con-
forme il consueto, recitato il salmo Iii-
troibo, e fatta la confessione innanzi l'al-
tare, stando alla di lui destra mg.' pa-
triarca celebrante, e alla sinistra genufles-
so il doge. Ascese indi il Papa sopra il no-
bile e ricco trono ivi preparato, e il doge
similmente si portò all'altro trono men
grande disposto nel lato dell' epistola di
prospetto al pontificio, avendo tutta la
signoria preso luogo ne' banchi preparati
nella medesima parie; e nel Iato del van-
gelo prossimo al trono del Papa, ebbero
il loro luogo 26 vescovi dello stato vene-
to, non compresi i due inservienti al so-
glio papalu pel libro e la candela. E sicco-
me pel cospicuo numero de'soggelli com-
ponenti la signoria non era bastante il
Juogo dalla parte del trono ducale sopra
il pianodel presbiterio, perciò fuori i gra-
dini del medesimo furono a questo Ììwq
in ambe le parli disposte due linee di
banchi, che formavano un quadrato con
la sua apertura per l'ingresso, ne' quali
sedettero tutti i detti signori. La sagra
funzione fu eseguita con tutta la maggior
dignità, e l'unione e la nobiltà dell'illu-
stre consesso la rese ammirabile e rara.
Nella chiesa, ad evitare la confusione del
popolo, oltre il grande numero delle guar-
die, che la custodivano, fu entro agli stec-
cali o recinti assegnato il luogo distinto
per la nobiltà e per le darne. Le due su-
perbe cantorie erano fornite di eccellenti
niusici e suonatori, e tutto corrispondeva
alla magnificenza del tempio, e alla gran
de e straordinaria solenni là di quel giorno.
Appena terminata la messa, il Papa pre-
ceduto dalla Croce e col medesimo or-
dine e accompagnamento col quale era
venuto nel primo accesso alla chiesa (ri-
lorisce mg.' Dini : invece il patrio scrit-
VEN
fore dice che 11 Papa incedeva in mezzo
al doge e al nunzio Ranuzzi, seguilo da'
due cardinali. Queste parlicolarilà io le
rimarco, perchè dopo Alessandro 111 e il
doge Ziani, non ebbi luogo di descrivere
simili ineonlri e funzioni; e quando do-
vrò parlare di Pio VII, il doge e la re-
pubblica non più esistevano), sortì dalla
medesima, e passando pel chiostro del con-
vento ascese ad una magnifica loggia o
tribuna, costruita in due giorni con mol-
to vaga e nobile architettura, rappresen-
tante il prospetto d' una grandiosa fac-
ciata, ornata con tutta la maggiore ric-
chezza e buon gusto, esprimente musaici
sulla foggia di(pie'di g. Marco, alla quale
si ascendeva [)er mezzo di due laterali
scale, lunghe e larghe, corrispondenti al
campo de'ss. Gio. e l'aolo esistente in-
nanzi l'omonima chiesa; il quale campo
o piazza [)er renderla piìi ampia, a sfogo
delpopolojsi cuoprì in quel gioi-no tutta
l'estensione d'iui catialecontiguo al cam-
po con grosse tavole e pali acciò venis-
se occupalo (ra'instruisce il cav. Cicogna,
Ir/scnzioni f^encziane, l. 2, p. 268, che
la loggia fu inventala e diretta da Anto-
nio Codognalo, delineata e dipinta da
Domenico Possali, incisa da Giacomo Leo-
nardis). Non vi era angolo, né balcone,
né il più angusto sito ove non ci fossero
genti. Tutto spirava divozione, poiché in
tulio quell' infinito numero di persone
n(![)pure una osò fiatare. Giornata di eter-
nissima memoria sola per Vinegia, subli-
me e grande, (iiunto il Papa , il doge, i
cardinali, il nimzio, il patriarca e altri
vescovi il) mezzo alla tribuna , gli altri
prelati e la signoria sparsi gradata metile
sulle due scale. Pio VI coronalo del tri-
regno, colla sonora sua voce, recitate le
consuete preci, alzate le mani al cielo die-
de amorosamente a' veneziani la triplice
soletnie pontificale Dcncdizione (come i
l'api la coniparluno <.lul Faticano, \n ta-
le aiticolu nuovanienle lo desciissi), cioè
a! lòilissimo popolo, che poteva compren-
dere il dello luogo, ri->uonando in ({ue-
V E iN' V E N G 1 7
sj'alto l'alia per lo strepilo dell'artiglie- ascese in una delle iioltili neolede'procu-
ne, e suono ili tulte le campane della cil- ralori e in loro compagnia, nell'altra a-
ìl\. Indi i caidinali assistenti pnbblicaro- vendo preso luogo il corteggio; si staccò
no nella consueta forma l'inilulgenza pie- dal Molo con l'accompagnamento di mol-
naria in Ialino e in italiano. Qui proromjie le oltre barche, e intraprese il viaggio per
il patrio descrittore. >• Chi non vide qiial Fusina. 11 popolo accorse in gran nume-
<oinmozione fece nell'animo d'ognuno, ro sui rivi, sui ponti e sulle barche; suo-
principalmcnle la 3/ benedizione, non vi- navano tulle le campane, gli spari erano
<!enientedi [)iìi esultante al mondo, Sem- gli stessi della venuta , ma all'esultanza
brava che lo slesso Dio dal trono della tra succeduta la mestizia e anche il piau-
sua maestà benedicesse i popoli tlcll'imi- lo.» Quanto mai in (juesl'incontro fu ri-
verso, e dicesse a tulli: Dtiiedicli, venite conosciuta la pia divozionedel popolo ve-
ad nn', e in quell'istante tulio il mondo neziano! Den si può dir con ragione, che
fosse salvo e redento, l'ianli, gridi di con- N'cnezia è una delle cristianissime città
solazione, di gioia, di esultazione, oh come della Chiesa cattolica apostolica romana",
spensi, oh come infiniti! ... Tronco que- ()sservarallroconleinporaneoNovaes,che
sia narrazione non polendo più reggere l'io VI e il doge Renier, belli ambedue,
alla forza del sentimento che essa m'in- nel discoi so facondi, notabili per le ma-
spiro". i\nche il cav. IMutinelIi alferma, niere, tosto seguì fra loro dimostrazioni
che fu momento di spettacolo sublime e di mutua amicizia e intrinsichezza, che
.itnmirando. Disceso il Papa dalla ma- gl'uaquisitori di stato, per quanto fu det-
gnifica provvisoria fabbrica , con tulio lo, non conlenti della poca considerazio-
l'accompagnamento, fece ritorno alla sa- ne per loro avuta, presero ombra della
c^reslia a deporre le sagre vesti; indi se- condotta del doge; ed appena partito l*io
p.irossi dal doge e dalla signoria, con lui- VI da Venezia, lo ripresero acerbamente
l<- le dimostrazioni più particolari di gen- della propensione che ovea dimostrata
lilezza,in vicinanza della scala che con- sovercliiamente verso un sovrano slra-
uuceva alle sue camere. Avendo stabilito niero, di cui la repubblica iu ogni tempo
il Papa di partire da Venezia, e di voler avea disapprovate le pretensioni sugli sta-
pernollare quella sera stessa in Padova, li altrui; ed inoltre, per avergli parlato
perciò alle ore 19 colla corte e i due prò- più volle all'orecchio, e ila solo a solo!
curatori Manin e Contarini, servilo da (".lunto Pio VI » Fiisiiin, disceso in terra
nobili gondole, volle [lortarsi al palazzo fu cotuplimeiilHlo dal [)alriarca mg. "^ Gio-
ii ucale (secondo il />'///r/o di Roma e il vtinelli, e da altri vescovi veneti, i qua-
Novaes, pare che vi fosse slato un'altra li co'più sinceri sentimenti, furono rin-
volta, e che questa serv'j [)er fine un'iai- graziati e alleltuosamcnle benedetti. A-
provvisalaal dogedicomuiial(j),ondi;pri- sccno il Papa nella carrozza [iroseguì il
ma d'allontanarsi da A'cnezia rivedere via^gi(. per A/</oi',/, da dove nuli.» mat-
Sua Serenità nel di lui magnifico [lalazzo lina seguente |)ail'i per llovigo. Arrivato
residenziale, e ammirarne la gramliosilà a Canai 0, coiiiine dello slato veneto, pri-
e le inestimabili pitture, essendosi tratte- ma d'eiUraie nel pontificio, fu ossequia-
nulo per qualche tempo in familiari di- to da'|)rociJialoi i Contarini elManin, che
scoisi col doee e con la smiioria, che ivi l'aveano acoomiiai^iialo, avendo il^ Papa
silrovòa riceverlo. D(j[)0 le dimostiazio- loro con l^[)oslo con vivissime ilimoslia-
ni più sincere di paterno amore e di gra- /ioni di riconoscenza per gl'inconiodi da
lo animo, il i'upa si divise dal doge e dal |MiosoiIerli,|)el pensierocontinuo diligen-
colle"io, e passò alle sue peote. Alle ore tis-,imo, ch'eran.si preM) in prevenire tut-
20, perla IMazzelta di s. iMiuco, Pio VI tociò che poteva occorrere, e particolar-
6.8 V li >'
mente per I* in<«tan('abile as:!Ìclua cura (\.\
loro usata in eseguile risliuxioiii e le ge«
nevc^e disposizioni dateJalla sefeiiissiina
repul)l)lica. Per iillinoo pafernacnenfe ii
Ixnedì. Il doge ed i patrizi gareggiarono
coireiitusinsino del popolo nel trilmlare
ogni [iossibiie onorificenza al siicce'^sore
(lis. Pietro, alleluia altresì l'annalisla Cop-
pi, li Cancellieri nella Sloria de' pos<;es-
si. a p. 5i6, pubblicò la descrizione ele-
ganlissinia dell'ingresso e partenza di Pio
VI da Venezia, presa dal rass. De itine-
re V indoli Olle II 3Ì del celel)ie gesuita p.
Cordnra. — Nel seguente 1788 un tre-
mendo uragano, che dalla Sicilia ove sor-
se, si ddalò per tutta Italia, recò terribi-
li danni anche a Venezia, nella notte del-
l'i I venendo il r 2 marzo, narrati ilal Fi-
liasi, Memorie dille procelle che annual-
mente sogliono regnare nelle Maremme
Veneziane. Impetuoso spirando lo sci-
rocco, all'annosa e calda essendo l'atmosife-
ra, nero e turbato il cielo, la sanguigna
usala n)eteoia risplendentissima, e tanto
da illuminare d' un assai vivo colore le
parli più reco:idile delle case volte ad o-
rienle, furiosamente le acque inondaro-
no la cidà, in più luoghi si squarciarono
le spiaggie, sommersi i vigneti prossimi,
sospinti a terra i navigli e fracassati , il
popolo ne restò spaventalo. Il cav. Muti-
iielli, che deplora quell'apparenza di cie-
lo, osserva che [)iìi terribili però poco ap-
presso erano quelle della terra e degli
«omini. In F/v/^c/rf, regione solita a muo-
■vere co'suoi moti tutta l'Europa, aboli-
ta l'inegualità dell'imposte, poi i privile-
gi del clero e della nobiltà, sludiavasi d'in-
debolire talmente l'aulorilà legia, ch'el-
la non fosse più che un' ombra vana. [
faziosi douiinavano, perciò in ogni luogo
sedizioni, incendi), rapine, funeste morii.
La nazione francese non trovando più
riposo in se stessa, «ninacciava d'invade-
re con rovina universale l'Europa. E già
tenebrose compagnie radunate in Pari-
gi, ed airraiellate a mezzo di società se-
giele o selle in tuttn la Francia, dichia-
V E N
ravnno dislruggce la sovranità, che ap-
pellavano tiranna, e mandavano appo-
iilamenle emissarii niisteriosi a scniie-
re la Germania, i Paesi Bassi e l'Italia.
Grande quindi si fece il pericolo in Euro-
pa , maggiore in Italia per la vicinanza
del leirilorio, pavenlondone e altamen-
te tulli i;li stali ilnlinni. Gli animi in-
tanto a Venezia erano volli, naira l'an-
nalista Mulinelli, a vasto progetto, nunìe-
rose e frecpienti erano le conventicole di
piilrizi, di cittadini e di mercanti. Inniez-
zo a questi movimenti, intanto nel 17)^4
viaggiando il re di Svezia Gustiivo III,
sotto il nouìe di conte di Hogn , porta-
vasi a Venezia a'3 maggio, reduce da Ro-
n)a,ov'era rimasto profondamente pene-
tralo pe'rifi sublimi della srllimana san-
ta. In Venezia eia legge, che se un ino-
narca vi fosse giunto col suo proprio no-
me dovesse I* erario far le spese del suo
ricevimento , e se incognito, avessero a
supplire a quel dovere di ospitalità alcu-
ne delle più distinte famiglie patrizie; e
così erasi [)ralicato nella discorsa venu-
ta di Federico IV re di Danimarca e di
Norvegia neli7o8-g, che viaggiava sotto
il nome di conte d'Oldembuigo. Pertan-
to imponevasi al procuratore Alvise Pi-
sani di fesleL'2Ìare il re di Svezia , ed e-
gli lieto dell'onorevolissimo officio, olfri-
va a Gustavo III una festa di ballo e ce-
na a'5 maggio nel suo palazzo a s. Ste-
fano, un' allra cena e cantata nell'altro
suo palazzo di delizia alla Giudecca, cou
danze e rinfreschi, tutte degne d' un re,
scialacquandosi nelle feste delle due sere
iqo,74o lire, corrispondenti a ducati
17,700; il che si trae dal documento ri-
feritodal cav. Mulinelli, insieme alla no-
ta delle dame invitate. Si legge nell'or-
te di verificare le date, che nell'ottobre
1784 s'invitarono con proclauìa tutti i
palliai a porre in commercio i loro fondi
e a prendervi parte in nome proprio; il
che provava mancare il governo di capi-
tali e la nobiltà di disinleressamenlo. Era
per altro ditllcile conciliare la profossio-
f
V E >: VE IN 619
ri' (.Tel cnramercio col privilegio annesso questi fii hen presto insultato dn (pjelli
alla qualità di pnliizio, ch'era quello di barbara plebaglia, e il dey dichiarò nel
min poter essere im[)rigionato per debili, tecipo slesso la guerra a'veneziani. II se-
La fortuna publ>lica deteriorava cogl'iin- nato mandò allora in quelle coste una
prestili e l'aunienloileirimposle, chenon squadra solfo gli ordini ilei cav. Euio,il
era già elìelto dell'iucretoenlala opuleu- quale lasciò una porzione delie sue forze
za nazionale. Lo statoavea raddoppialo a bloccare Tunisi, e coll'altra passò a bolli-
le sue rendile, e tullavolla non era che bardare Susa, l'antica Ruspina. distante
più oberalo. Inoperose rinianevansi le ar- t 00 miglia, alla quale recò ijualclie dan-
niate di terra e di mare (tranne quesl'ul- no. Il progresso della guerra, narrando-
time esercitate co'barbareschi); cadeva no Io col Darò, è deprimente a confronto
in rovina le fortificazioni delle piazze, e del riportato da'patriistorici.Infulti, rac-
la repubblica manteneva cusfaalemente conta il conte GiroIamoDandolo, Lacci'
il suo principio di limitarsi rdla cura elei- data della lìepuLblica di Tciiczia,edi
la propria conservazione, fondala sopra suoi uUinii 5o anin, che dessa sebbene
im' imperturbabile neulialilà. In que- si mosliasse inslaucabile nel commellere
st'anuo slesso I 784 una brigala di stu- a'suoi capitani di mare la punizione se-
denti in Padova, accompagnata da suo- vera de'pirali depredatori, non per que-
iialnri, entrò turbolenlemenle nella chic- slo riusciva a farli [)erseverare nel rispet»
sa del Santo, ossia s. Antonio, niallraUò lo pe'diritti ilelle nazioni. Anzi nel 1784
) borghesi, costrinse le donne a danzar il bey di Tunisi provocò la repubblica a
con esso loro , e spinse sino agli ultimi nuovi atti di rigore. Preparata per la
eccessi, profanazioni e violenze, che for- guerra poderosa squadra, ne aUkiò il
lunatamente cessarono indi a poco, sen- supremo comando a quell'Emo rnedesi-
za che a'colpevoli venisse iidlilto verim mo, che avea già reso così temuto il suo
castigo esemjdore, e senza che le perso- nome in que'mari, essend<j la repubbli-
iie odese ricevessero verun risarcitnento. ca ormai decisa di farla finita per sem-
In sostanza era lo spirito di vertigine ri- [ue; e così sarebbe avvenuto, se la guer-
voluzionaria che cominciava le sue prò- ra accesasi poi fra la Russia e la Tur-
ve, fomentato dalle selle politiche. Comin cliio, non l'avesse troppo presto costret-
ciava lo spirito di vertigine rivoluziona- la a dividere le sue forze. Già 1' Emo,
ria ! La Civiltà Cat/olica, serie 3.\ t. 6, peritissimo delie costruzioni navaii, avea
n. 701 , dà contezza della grave e lodala ristorato co'nuovi metodi la niarina mi-
leltera intitolata: J qua l punto sia la lilare, ed avea pure col commissario au-
rivoluzione. Lettera di mg.' Luigi Rcn- siriaco Cobentzel adempiuta una deli-
diivescovo di JnnrCf,GiiUQvniii5'j. — cala commissione , di fissare le nonne e
A"ilavasi da qualche tempo, narra il cav. regolare la navigazione del canale della
Coppi, all'anno 1784, mn» questione fia I\Iui lacca con soiKli>làzione de'due [lopo-
la repubblica di Venezia e la reggenza li finitimi. Partito ilunque dalla patria,
ili Tunisi. Pretendeva <juel dey che al- chenon rivide più, colla (lolla a'^.y ^ui-
cuni suoi sudditi fossero risarciti de'dan- gnoi784, «'12 agosto abbassò le ano 're
ri soU'erli per aver perduto alcuni elfelti a Capo Cartagine, 5 miglia lungi daTu-
sopra Aue bastimenti veneziani ch'erano nisi; ed a rendere più grande il lerrore
stali incendiali, luio per precauzione co- prodotto ilal sikj a[)parire , moveva to-
me infello di piaste, e i' altro per caso, sto all'impresa di Susa, la ([uale iinpara-
La repubblica non credendosi obbligala va in brev'oru, ed a suo massimo dam.o,
a tale risarcimento mandò in Tunisi un contro quale nemico avesse a difenil.r-.i.
legalo per dimostrare le sue ragioni. Ma Ciò per aliro punto non iscuoteva l'ani-
620 V E N
ino inferocito del bey, clie rifiutava or-
goglioso ogni proposta di pace. Per taa-
ta ostinala oltiacolanza sdegnalo l'Emo,
avvedutosi della necessità di condursi a
imprese maggiori coll'aiulo di nuove for-
ze, veleggiò a svernare a Trapani, ripa-
rando le navi, meglio addestrando le ciur-
me con esercizi continui. Ricevuti i rin-
forzi da Venezia, nella primavera 1785
ricomparve sulla costa nemica, e tornò a
bombardare Susa, e fece altrettanto eoa
IJiserta e Sfax, pochi anni prima diciiia»
r;ita inattaccabile da'francesi, oltre la Go-
!. Ila di Tunisi. Superò gì' inaccessibili
scogli di Sfax, ed i bassi fondi di Tunisi,
covili de'pirali, niercè l'invenzione inge-
gnosa e semplice delle celebrale sue gal-
leggianti, colle f|uali poi porlo la distru-
zione e la morte , là dove i barbari la-
droni meno avrebbero ciedutodi essere
raggiunti. Gl'inglesi già forse più d'ogni
altro così periti nelle cose ajaritlime, ben-
ché sobrii nel magnificare l'altrui impre-
se, lo ricolmarono di lodi. Però la con-
temporanea Gazzetta di Leida, appun-
to quando l'Enio i(nmortaIava il suo no»
me pugnando contro Tunisi, censurò la
iJotla veneta e la condotta di quell'eroe
che la capitanava, il che non ha valore,
(jiiando si consideri col conte Dandolo,
•gli sdegni che allora fervevano dell'O-
landa contro Venezia , per la divulgata
IrulFeria commessa da Zanovich di Bu-
dna, a danno della casa Chomel e Jour-
dan. Dappoiché, egli dice, sono conosciu-
te le smargiassate allora falle dngli stati
generali olandesi, e tutti sanno che la re-
pubblica veneta conlenlavasi di protesta-
re con promemoria de'27 noveudjrei7S4,
coniunicata alle corti principali, d'inter-
rompere ogni relazione diplomatica con
quel paese, e di ordinare all' Emo di e-
vilare sludiosamenle ogni provocazione,
ma di non esser lento né fiacco nel re-
primere ogni anche menoma olFesa. L'O-
landa lac(pie , e la Gazzetta di Leida^
volle vendicarla cogli scherni contro la
flotta dell'Eujo. Fu questo l'ulliuio rug-
YEN
gito mandato dal Leone di s. Marco sul
mare; ma fu ruggito potente, e degno del-
la sua [)iù robusta virilità. La patria ri-
conoscente rimunerava tanti eminenti
servigi colla iligoilà di procuratore di s.
Marco; e cooimetteva all'Emo di lascia-
re Tommaso Condulmer con 3 fregate
sidle coste dell'Africa, a tener Tunisi in
soggezione, e di condursi col gidsso del-
la flotta nell'Arcipelago, dove la guerra
scoppiata fra la Russia e la Porla otto-
mana, per aver Caterina 11 fatta occupa-
re la Crimea, richiamava la maggior at-
tenzione della repubblica, e chiedeva a
lui im[)orlaiili servigi. La dura lezione
data dall'Etno al bey di Tunisi e la con-
tinuala presenza di navi venete a vista
dc'suoi porli, avevano alla [lerflne doma-
to la sua audacia; per cui nell'agosto I 787
ti convenne a tregua colla reggenza; la
repubblica rifiutò l'esorbitanti proposte
fatte dal bey, preferendo all'interesse la
dignità, e ben decisa di non olFrire che
un regalo di 4o,ooo zecchini, s' è vero
l'asserto òeW Arte di verificare le date.
Non per questo ti credette impedito il
bey di costruire nuovi legni, per riab-
bandonarsi ben presto a nuovi eccessi a
daimodel commercio veneto. — A'7 set-
tendjte dello stesso 1787 il senato decre-
tò la soppressione di i 8 Feste (siccome in
quell'articolo ho riferito : che Clemente
XI V nel I 772 conbolla ridussele feste ne*
dominii della repubblica veneta ; forse sa-
ranno le soppresse dall'autorità pontifi-
cia). Verso quel tempo si lanciarono nel-
l'acqua due sciabecchi e 3 fregate per rag-
giungere ia squadra veneta comandata
dall'Emoe stazionata nell'acquediDuraz-
Eo, per sorvegliarci movimenti della squa-
dra turca. Sul finir d'ottobre Caterina li
imperatrice di Russia invitò il governo di
Venezia a spiegarsi sul modo con cui ver-
rebbero ricevuti ne' porli veneti i basli-
meuli russi da guerra, e quali garanzie
vi potessero trovare. E la repubblica di-
chiarò un'altra volta voler allenersi alla
più slrelta neutralità, inviando per cou-
VEN
seguenza islnizioni a' suoi ministri pres-
so le polenze eslere, non che a'goveina-
tori delle sue piovincie. In quesl' anno
si conobbe il computo della popolazione
dello stato veneto a lutto il 1786, e si
trovò ascendere ad anime 2,755.480,
delle quali 4'J')77^ sacerdoti secolari e
regolari, e monache. Erano le sagrestie
dello stato 17,782 ; la celebrazione del-
le messe annue d'obbligo 3,075. 33o, le
avventizie in un anno 1,455,558, gli an-
niversari pe' defunti i45,i68. E tutto
questo dimostra la pietà de' veneziani e
de'suddili della repubblica. Non ostante
le particolari turbolenze che si rinnova-
vano di tratto in tratto, ma che non a-
■vevano conseguenze gran fatto pericolo-
se, erano già scorsi 70 anni, e uìai sem-
pre il governo veneto avea sapulo man*
tenersi iu pace. Tale era la situazione
allorché i segni precursori della rivolu-
zione francese colpirono tutti gli spinti
saggi e illuminati d'Eiuopa. Sino dal lu-
glio I 788 Antonio Ca[>pelio, ambasciato-
re della repubblica a Parigi presso Lui-
gi XYI, prevedendo che una forte scus*
sa, avvenuta dapprima in Francia, pota-
•va iu breve com[)rometlere la tranquil-
lità europea, aveva indotto il senato a se-
riamente riflettere sulla situazione del-
la potenza veneta, che trovavasi separa-
ta dagl' interessi politici di lutto il con-
tinente d'Europa, inspirandole forse sli-
ma, ma niuna specie di timoie,e nulla
avendo di comune cogl' isolani inglesi.
Calcolava Cappello la possibilità che Ve-
nezia fosse forzatamente distolta dal suo
sistema di neutralità, e perciò induceva
i suoi com mittenti di ravvicinarsi agli
altri stati sovrani con piìi iiitÌD)a coni-
spondenz a e con segrete negoziazioni. Ria
)a lettera dell'ambasciatore fu oìcssa in
filza tra le comunicale e non Ielle, cioè
posta da parte da'savi, membri del con-
siglio del doge, ed il senato non n'ebbe
neppur cognizione. Dove, come, qu;uido
e da chi abbia preso piede la diabolica e
fatale manovra delle comunicale e non
YEN 621
lette (manovra burocratica, che sfuggì
agli stessi inquisitori di st.ito, e che tras-
se la repubblica all'estrema rovina);
questo è l'arcano, elle passerà inesplica-
to allo stupore ed all'esempio salutare
de' posteri, e di cpialuncpie governo, cui
parlerà seuipie il verso di J3anle : Le leg-
gi soriy ma chi pan mano ad esse? Purg.
16,97. ^ ''^P' ^^^ governo inorridivano
al pensiero degli sforzi che avrebbe ri-
chiesto una energica risoluzione, ed a-
mavauo lu^ngarsi che se fosse avvenuta
la scossa annunziata, Venezia non ne sen-
tirebbe il contraccolpo. Ma quanto era
stato presagito dall' ambasciatore Ca|)-
pello, si verificò nell'orrende scene che
avvennero in Francia nel 1789. Quegli
stessi scrittori che in quel regno aveano
declamato contro la nostra s.' lleligione,
aveano nel tempo stesso indirettamente,
ed alcuni eziandio di proposito, scritto
contro gli ordini de'go verni esistenti, rap-
presentando i sovrani allreltanti nemici
dell'umanità, e che la loro autorità de-
riva dal consenso de' sudditi e non da
Dio,com'essi pretendevano. Pervennero
infine a formare prima nella loro nazio-
ne e poi in Europa uno S[)irito tendente
a sottoporre alla pro[)ria ragione la reli-
gione, il governo td i costumi, e perciò
ad uu desiderio di riibrina universale.
Questo spirilo, che alcuni chiamarono //-
/o.?o//Vo,allri del seeo/o. fu di[)OÌ inispc-
cial u)odo divulgato dalla Sella de'liberi
muratori (/'.), tanto dillusa in Europa.
IMentre poi i fiancesi ammiravano ima
libertà, deploravano i mali reali ilella lo
ro patria, cagionali dallo sconcerto delle
finanze, onde il governo regio fu indotto
a dichiarare, che i creditori dello stalo si
sarebbero pagali per due rpiinli in carta
moneta. Quindi malconlcnloncl popolo,
timori d'un (allimenlo nazionale e mor-
morazioni contro le leggi vigenti, prima
criticale e poi disprezzale. Queste dis|)osi-
zioni rivoltose degli animi, preparate lenta-
mente, rendevano mollo didicile la '.itua-
ziouc del guvcruo, e Luigi XVI sebbene
G-i2 V £ N • V E :^
hu(U) sovrano, iiou avea energia né alcu- a'c) marzo 1789, figlio di Lodovico Al-
ila ili quelle (H'idilà clamorose che im- vise. A»ea sortito la più ciiita educazio-
pongotio al popolo francese. Convocali ne, speciahocute pel buon volere della
gii stali gLMicrali in Versailles, a' i 7 giù- n)adre sua IMaiia Casadouna, la quale a-
gno si eres^sero in AsscinhLca nazionale, uiava le lettere e il sapere (della quale
e si propose di dare una costìluzioue è una traduzione dell' opera di mg/ Du
alla Francia. Animati i faziosi della ri- Coscq, \n\\iu\ai{iì La Donna onesta^Vn'
portala vilioria, divennero più audacie dova 1742), ed era divenuto pronto e
predicarono altaniciite la sovranità del nobile parlatore, e costumatissimo uo-
popolo. Si vollero allontanale dalla capi- mo. Perciò la re[)ubblica volentieri il nii-
tale le truppe, acciò non violentassero la «e al governo delle principali sue città, di
libertà dell'assemblea, e questa manifesta Vicenza nel lySa come capitano, e collo
resistenza alla corte accrt-bbe il fermento sfesso titolone! 17^7 di Verona,equal po-
in ogni luogo, si comunicò alle milizie e desta neh 763di Brescia,delle quali l'eblje
divcnncnj inubbidicnti. Il popolaccio a' ciascuna più padre che rettore. Si rese be-
i3 luglio in ogni angolo di Parigi gridò: nemerito principalmente di Verona in
l'iva la libertà, si resista olla coite, si una straordinaria inondazione dell'Adi-
(lisfruggano i ribaldi. Nil dì seguente fu gè. E nel reggimento di Brescia si nieriiò
dislrulla la Ijasliglia. Segui la formazio- il soprannome ili Ce/iO/«a/iO,il perchè leg-
ne delia guardia nazionale, nella genera- gesi in una medaglia coniala in rame: Lii-
le anarcliia. Le provincie fecero eco alla dorico Maiàno Cocnomano Mdcclxiv.
capitale. Continuando l'assenjblea naziu- Brixia grata ingenua. Tornatone da
naie le sue deliberazioni, detta pure Co- tali ulìlzi, di già creato per inerito uno
.?//7«<('///é', si compilò la Co.y/;7»z.;o/ie, e si de' procuratori di s. Marco de ultra,
costrinse d re ad acc«tlarla. La rivuhi- promozione celebrata con diverse poeti-
none (u completa, le cui conseguenze fu- c!ie composizioni ; teuiie parecchie ma-
ronoil -soqcjuadiod'Europa, il crollameli- gistraluie di pubblica economia, come
to di più troni, la caduta della repubbli- di revisore e regolatore sopra i dazi, re-
ca di Venezia, quella colluvie di mali die visore e regolatore delle rendile pubbli-
ancora si piangono, che deplorai in lauti clie, e alla provision del denaro. Fu pu-
ariicoli. Le orrende scene dunque avve- re eletto aggiunto a'beni incolli, e depu-
nute in Francia neirmlauslo 1 789, veri- lato airasciugamenlo delle valli verone-
ficarono il presagito dall'ambasciatore ve- si, ed ebbe quindi gran parte nei piano
neto Cappello. Intanto il doge Paolo lìe- proposto e che si andò poscia esegueudo,
iiier avea compito la carriera della vii.», (ìncbè altri tieslini ebbero le provincie
tlupo qniilebe lampo di passeggiera glo- venete. Gentde ne' modi e maestoso, ac-
«iajin minaccianti circostanze, colla vcn- corlo ne'parlari e prudente, come descns-
tnra di non averne veduto il disastroso si, fu destinalo nel 1782 uno de' procu-
dcplorabile sviluppo, poiché ntorì a' 18 ratori che doveano prestare servigio a Pio
febbraio 1789. Fu chiuso nella tomba VI, cui l'aver piaciuto fu a lui di lode
de'suoi maggioii nella chie^^a di s. Nico- e gloria, e dal quale fu creato cavaliere
la di Tolentino, ed ebbe elogio da Ema- in Udine, titolo confermatogli dal senato
liuele Azevedo, che avea per molti anni con decreto 23 marzo, e ne consegiu spi-
vissuto in onoiala amicizia e comunanza rituali benefìzi per se e per la sua illusile
di studi con lui. famiglia. Asceso al trono, secondo il coni-
42. Lodoi'iio Manin CXX e ultimo pulo di alcuni fu il CXIX doge, e secou-
Y/o^'f. Sollo tristi auspici!, slimato da tut- t!o quello di allri CXX, e per tale lo ri-
ti, II. elevalo al Uuiiu ducale di G3 aum feriico seguendo la Serie del iVam e del
suo biografo ÌMuschiui. AlUo ceilamente
e più clilTuso è il cav. Cicogna, Inscnzio-
ni / enezianc, l. i, p. 2^9. Anche la sua
esaltazione al dogaclo scosse l' tslio e le
peuue de' ()oeli, e fra gli altri la società
lie'ojei cauli fece eseguir uelle sue sale il
Faticinio di Proteo, e la società de'fì-
larmouici 1' Unione del senno e della
fortuna, due cantate iu cui il famoso Ga-
^pal■e l^accliierotti fece risuouar le sue
soavi modulazioni. IN'ella sagrestia della
metiopolilana d'Udine fu iu questa oc-
casione eretta l'onoraria niaruiorea iscri-
tione riprodotta dal Cicogna: Ludovico
Manina -Dlajorum gloriae et religionis
haercdi - Ad ì cnttae Reipullicac prin-
cipaturn ci'ccto- Canonici jl/ctropol. ec-
clcsiae Ucinensis- Dev'Oli amantissimo
duci- Et Maninae genti de hoc tem-
pio praeclare meritae - Gratulantes
fausta a Dea precanlur - An. rep. sai.
MDCCLXXXix. iNIa il volo de'cauouicijcli'e-
va pur quello di ciascun veneziano, non fu
dal cielo secondalo. Riseibatoera die sol-
lo questo doge la gloriosa, la nobilis-
sima, la celeberrima repubblica di Ve-
nezia aver dovesse il suo fine. Le no-
tissiuie cagioni affalto non si devono at-
tribuire al suo capo. La conservazione
della re[)ubblica veneta, come otliu»a-
nienlt e nuparzialmenle osserva il segre-
tario Quadri, sì nella Storia della Sta-
tistica, sì nel Compendio della storia
\enclay dopo la pace di l-'assaroìvilz, che
fu nel J 7 I 8, era divenula del lutto pre-
caria e incei la.'jQuel vigore vitale, dic'e-
gli, che l'avca preservata ne' passali pe-
rigli, più non iscorreva nelle sue vene.
Alla politica debolezza congiunta era l'i-
nerzia che tanti anni felici di poce aveva-
no inreliceiiieiite iuiu^a nel governo, per
cui nou seppe prevenire da iuntanu la
scossa che da vicino non avea lui za di so-
stenere. iVon dissioiili sono i lugionamen-
ti d'un celebre storico forestiero. La lun-
ga pace, egli dice, viaveva auiniollilo gli
auinii, e se vi riuianev^mo ordini buoni,
luaucavauo uomioi fotti per so:iUucrlJ.
VEN 623
La re[)ubblicn credette colla sola sapien-
za civile potersi preservare sulva ue'peri-
coli che radi ancora si rappresentavano.
j\Ia la S(;la sapienza civile non poicva più
bastare senza la forza, miizì quella era ve-
nula in derisione. Venezia stimata da tul-
li, teiHUla da nessuno, se era capace di
aisoluzioui prudenti, non era di risoluzio-
ni gagliarde; l' edifìcio politico vi stava
senza puntello ; una piiina scossa il do-
vea fare loviiiare. iSè il doge, né altri
dunque riparar poteva a i|uella caduta,
che I male intenzionati e i nemici interni
alfi citarono solamente nel 1797 ; ma che
grandi uomini di stato aveva da molli
anni addietro vaticinata ". Neil' infelice
suo dogauo, prese giau cura delle pub-
bliche cose, senza dimenticar le piivale
e domestiche, riformando linlerno or-
dinamento del palazzo del suo ooine sul
Canal grande a destra, di cui feci parola
iiel§ XIV, n. I ; ne arricchì la biblioteca,
Iu (|uale venne poi auu>cnlnla unco da
nipoti, e tornalo nella vita privala nuo-
vamente vi abitò. Protesse le ai li e le let-
tere, e fu benefico principe. A'3 ag^t^to
l'io VJ creò caidinale il \enelo uditore
di Uola Lodovico Flangini, cui die' in
successore il paliizio Giovanni Priuii a'
16 novembre 1790, e fu rullimo udilu-
redi Rota nomiiiatodalla republjlua, co-
me già notai nel dogadoSiS.^Nella biogra-
fia del cai dinaie narrai, che il Pii[iii ritar-
dò la promozione sua alla s.poi pota, ben-
ché ne faceva i>taiiza la repubblua, lin-
cile qnesla non gli assegnò la provvista,
che fu di 12,000 ducali, e divenne [la-
triarca della pallia. Lllimo ambasciatore
della repubblica presso la s. Seile fu il
patrizio veni:to l'ielro Pesaro in cui si e-
slinse la siid famiglia. Ebbe a fialelloFran-
cesco, di cui dovrò parlare. I/ainbiscia-
lore Cappelloavendu ripalrialonel 1 790,
fece iu pieno senato un rimarehevolissi-
mo ragguaglio dell'uUuale posizione del-
la Fi ancia si relativamente a se stessa e
b'j relativamente all'Europa. Vedendosi
scoraiiiiialo dal pocu sutccisu del suo due,
G24 V E N
si limilo a concludere, iloveisi lasciar agi-
re la I''raiicia e abbandonarla a se sfessa,
c<I asnellare il bene clic può nascere dal-
l'eccesso del n)ale. Accarezzata così la Icii-
deiiza del governo veneto pel liposo, sin
d'allora si prese la determinazione di non
trattare la rivoluzione francese che come
oggetto di polizia, e lasciare agl'inquisi-
tori di stalo tutta la cura di prevenire il
contagio politico. Tultavolla la repubbli-
ca avendo sempre coltivala l'amicizia de*
re di Francia,onde interessarli ad oppor-
si a'progressi della confinante Austria sul
territorio italiano, ed alla quale sapeva
tlarle ombra, allorché nel principio del
lygi le zie di Luigi XVI ed il fratello
conte d'Artois, in conseguenza della ri*
soluzione si recarono a passare alcuni gior-
ni in Venezia, non mancò il senato tli
mostrare apertamente i suoi sentimenti
pel re e per la fi miglia reale di Francia,
e trattò i suoi ospiti magnificamente. Po-
co dopo nell'aprile l'imperatore Leopol-
do 11, Ferdinando IV re delle due Sici-
lie e la sua moglie regina M.' Carolina
sorella dell'augusto, anch'essi onorarono
Venezia di loro presenza, nobilmente fe-
steggiati dalla repubblica colla solita ma-
gnificenza, per cui spese 76,852 ducati
d'argento. Intanto si allearono l'Austria
e la l'russia nel i 'jc)'}.,e la Francia dichia-
rò loro la guerra. Gli eserciti de'collegati
capitanali da BrunsAvick, entrarono in
Francia e poi ref rocederono.lnvece i fran-
cesi a danno dell'imperatore Francesco
Il gl'invasero i Paesi Bassi, e Ó\c\ì\hvì\-
rono pine la guerra a Vittorio Amedeo
]11 re di Sardegna, occupando tosto la
Savoia e Nizza, per aver fatto proposte
per una lega Ira'principi italiani. Allora
Francesco 11 si alleò colla Russia, e per
difendere il Mdaneseeil IManlovano ten-
tò eziandio di trarre nella lega la re[)ul)-
blica (li Venezia; ma il senato ad onta pu-
re dell'altere intimazioni della Russia di
prendere parte attiva alla guerra, che da
quasi tutte le potenze d'Europa era sta-
ta diciiiarata alla Francia, restò fermo
V E N
ncir adottato sistema di neutralità per-
fetta. Non fece così il re di Sardegna, il
rpiale non mancòdi dichiararc,esser pron-
to a concorrervi con 4o,ooo uomini. Al-
rimmincnte pericolo che minacciava l'I-
talia, peravere l'assemblea di Parigi riu-
nito alla Francia la contea di Nizza, la
Savoia, ed Avignone e il Venaissino tolti
al Papa, si costei narono diverse potenze
italiane, ma non perciò pensarono alla
comune difesa. Soltanto Ferdinando IV
re delle due Sicilie, allorquando vide rot-
ta la guerra sul Reno, invitò il ve di Sar-
degna e la repubblica di Venezia, con sa-
vie e opportune considerazioni, a stabi-
lire una confederazione Italiana, ten-
dente non solo a garantire generalmen-
te la nazione da qualunque irruzione,
ma altresì i propri rispettivi stati eia for-
ma attuale degli esistenti governi. Con-
corressero a questa lega colle due Sicilie
il re di Sardegna e la repubblica di Ve-
nezia, e poi si sarebbero invitati gli altri
stati. Potersi colla medesima provvedere
alla propria difesa, tener lontane le in-
tromissioni esterne, ed alle occasioni in-
fluire nello stesso equilibrio d' Europa.
Il re di Sardegna, che avea già proposta
similelega,non mancò di mostrarsi pron-
to ad entrarvi, ma i veneziani rimasero
costanti nell'adollata tieutralità, per fa-
tale destino e fors'auche per credere il pe-
ricolo men grave o meu vicino; vedendo
gli altri principi italiani, più o meno aper-
tamente, declinare da ogni impegno. Né
andò guari, che una flotta francese obbli-
gò Ferdinando IV a cambiar politica e
dichiararsi iieulrale. Taiilo rilevo dall'an-
nalista cav. Coppi. Nel medesimo I7() 2, rac-
conta il conleDandolo,a prevenire il com-
pimento de' nuovi enunciali disegni del
bey di Tunisi, l'Emo rimasto sempre a ca-
po tiella flotta, ridiicevasi nuovamente nel
Mediterraneo, e slava già nel porlo di
Malta, predisponendo ogni cosa, per es-
ser pronto, occorrendo, ad un nuovo at-
tacco contro (piell'asilo di ladroni marit-
timi. Ma egli, quasi inopinatamculc, di
V E N
6r mini vi moriva il ■.''marzo, nel casino
del console veneto Pucielgue nel borgo
della Floriana, non senza sospetto di ve-
leno, nell'istante appunto in cui Venezia
dovea sentir maggiore il bisogno di s\
eroico figlio, il quale era nato, come dis-
se Cesarotti, troppo tardi, e troppo pre-
sto mori. Dappoiché rileva il IMoschini,
l'Emo vendicatore terribile de' pertur-
batori del veneto commercio, richian)ato
a vita il patrio marittimo %aIore, conse-
gu"ì l'ammirazione e la lode delle più
grandi nazioni. Vefiezia nel modo più
acerbo e onorato ne deplorò la perdita;
e appresso parve a lei ch'egli sarebbe sta-
to, se non il suo salvatore, certo un suo
gagliardo difensore nell'ultinio cimento.
Toniifiaso Condulmer, succedutogli per
anzianità nel comando della flotta, non
ebbe la gloria di debellare il bey, e solo
])Otè trattar la pace con lui a nome del-
la I epubblica. Quesl' ambizioso si crede
autore principale della morte violenta di
3£mo, come poi favcjri i nemici della pa-
tria, e complice del misfatto fu Jacopo
I^arma, sebbene in Malta ne disse l'elo-
gio funebre, quale capitano 2." aiutante
del defunto. Il cav. Mulinelli volle esclu-
dere le lestimonianze,che accusarono essi
o altri di tale enorme delitto, siccome so-
lo (ondate sul mss. del capitano Antonio
Paravia, che fece parte della spedizione
dell'Emo, intitolato ; Mìo PorlaJo}^Uo di
viaggio, osservazioni te, dal i 790 al
iyg4j '^'■^ il conte Dandolo, che scrisse
dopo di lui, riconosce l'iniquo reato, non
ostimte il pubblicato per escluderlo dal
prof. AntouiojMeneghcllidi Padova, Del-
le lodi di /ingelo Emo, Padova 1 836.
La morte inattesa dell' Emo, lagrimata
dall' emineiitis'-iuio gianuiaestro geroso-
limitano De lìolian, the lo teneva in gran
pregio,immerie nelduoloe nel lullOjtraU'
ne i DOQiinati o altri indegni emuli di
luì, non soliimenle la flotta, ma la stessa
Malta, e rese inconsolabile la repubbli-
ca. Imbalsamato il cadavere in Malta, i
cavalieri gerosolimitani gli resero iu mo-
VOL. xcii.
V E N G25
do solennissimo gli ultimi onoi i, quando
la sua salma, tratta dalh chiesa della ss.
Concezione, fu deposta sulla sua nave la
Faina, per essere trasportata a Venezia.
Il Mutinelli olire la relazione delle deco-
rose ceremouie funebri fatte in Malta
nell'aprile i 792 in occasione dell'imbar-
co delle spoglie mortali del supremo co-
mandante delle forze marittime della se-
renissima repubblica di Venezia, collo-
cate sopra un cumulo di trofei, nella ca-
mera del consiglio di quella stessa nave,
che dopo aver servito nella sua lunga e
gloriosa spedizione,dovea Irasportarel'in-
signe ammiraglio inanimato in seno alla
dolente patria sua. Questa ad onorarne
splendidamente la memoria, a' i 7 aprile
gli fece celebrare solennissimi funerali
nella ducale basilica di s. ]Marco,con l'in-
tervento del doge e di tutti i corpi della
repubblica nel massimo splendore di lo-
ro dignità e in vesti di lutto, con magni-
fica macchina funebre, disegno bellissi-
mo dell'esimio cav. Fonlanesi, che de-
scrive il INIutinelIi, in uno alla lugubre di-
gnitosa funzione, accompagnala da nuo-
va messa di requie del valente maestro
di cappella Ferdinando Derloui, dalla le-
cita eloquente dell' orazione di lode de!
dottissimo prof. Llbcildo Dicgolini, e dal
concorso nobilissimo del patriziato e di
gian copia di popolo. Il m.edesimo pallio
annalista riprodusse le descrizioni della
Gazzetta Urbana veneta, del sontuoso
trasporto dell'illustre spoglia mollale e
grandissinia processione a s. Maria de'
.Servi alle tombe de' suoi maggiori, sulle
quali fu appeso uno stendardo collo stem-
ma della famiglia Emo. Questa gli eresse
ivi un monumento decentissimo, colla
sua tHlgie, opera pregiatissima di Gio,
Ferrari dello Torrelti venelo, ipiel me-
desimo che i>ose lo scalpello nelle mani
del Canova, e gli additò 1' arie per cui
giunse all'apice della celebri tiijeriLomiau-
dosi neir iscrizione : Exiniiis honoribus
ReipiibUeac clarissinio taclique Na-
vali-s inslauraiori. 11 vandalico e ma-
40
02G V E N
lefico genio distiuggWorCj ikinolila qua-
si del lutto la roagiiifica e ampia chie-
sa, il nioiiiiiaenlo di Emo fu trasferito
jiiima (nel 1817 dicesi dal eh. Zanot'
lo) nella chiesa parrocchiale di s. Marti-
no, poi nel sellemhre i8j8 in quella di
s. Biagio, ora pairocchia dell'i, r. marina
militare, ponendosi accanto al monumen-
to la bandiera turca presa dall'Emo a'ar)
iiprilc nell'espugnazione di Sfax. Però i 4
hassorilievi di bronzo, che lo decoravano,
sono nelle sale d'armi dell'Arsenale. Già
il senato, non contento di tal convenien-
te marmoreo monutnento, ne allogava un
2.° al Canova, per situarsi in una delle
delle sale d'armi, il quale consiste in una
colonna rostrata col busto del valoroso
ammiraglio, esposta all'urto de'flutli che
invano tentano scalzarne la sua immobi-
lità. Una leggiadra fanciulla altenlamen-
le ripete su quel marmo il nome di lui,
per liamaudarne la fama all' immor-
talità. Un genio sceso dall'etere, nelle
divine sue forme, nella soavità dell' a-
>[)ello presenta l'idea d'una celeste bel-
lezza. Dice il eh. Casoni nella Guida per
l'Arsenale di T enczia. » Scoigo in quel
masso la possanza della repubblica rido-
nata all'aulico splendore, il dominio sui
mari rivendicato, e listabilita la celebri-
la delle veneziane insegne. In ijuest'ope-
ra vi è unità di pensiero, di azione, d'in-
teresse. Nello Fama vedesi il tiasporto
d' un'anima intensamente occupata del
più giusto dovere: nel Genio quella com-
postezza ed amenità proprie ad un mes-
saggero celeste: nella fisonomia dell'Eroe
la tranquillità che deriva dalla soddisfa-
zione di se medesimo. Questo è il monu-
nienlo dalla patria eretto aWVltinìo vc~
nelo cittadino ohe ha procurato di ri-
destare le repubblicane virtìi coH'esem-
l>io delle prische imprese: ma! ... Véla
Mila leggenda: Angelo Emo I". La re-
pubblica rimunerò il Canova d* annua
pensione di 100 ducati nel 1795,6 d'un
medaglione d'oro del valore di 100 zec-
«huii, che poi mg/ Sartori Canova donò
V E N
a Venezia e si conserva nella raccolta Cor-
rer. - — • Frattanto eransi veduti i venezia-
ni costrelli non solo ad aprire il passo
.sul loro territorio alle truppe austriache
che si portavano a Mantova e a Milano,
ma ancora di lasciarvi transitare un cor-
po che Francesco II mandava in aiuto
al redi Sardegna, non che i convogli che
questi faceva venir da Germania, e final-
mente le truppe che l'Inghilterra avea
preso al suo soldo. Tultociò poteva giu-
dicarsi effetto della violenza, ma non se
ne avea veruna, quando a'6 ottobre r 79^5
come leggo naW'Arfe diverificare leda-
te, di cui vado profittando, la repubbli-
ca autorizzò lutti i sudditi a somministra-
le viveri, armi e cavalli alle truppe au-
striache e sarde. Alvise Pisani ambascia-
tore della repubblica a Parigi, non avea
creduto di poter fare a meno a' io ago-
sto di dare asilo in sua casa a parecchi
svizzeri della guardia di Luigi XVI, ac-
canitamente inseguiti alle Tuileries, 0 ne*
suoi dintorni, a cui era vicina la sua a-
bitazione, cioè nella via s. Florenlin al
palazzo dell' Infinfado. Egli cessò dalle
sue funzioni tosto che vide detronizzato
e pngioniero il re, dall'assemblea nazio-
nale che dalla metà deli 789 governava
la Francia. Lasciò pure Parigi senza pi en-
der congedo, e invece di passare a Vene-
zia si ritirò in Inghilterra, del che otten-
ne l'approvazione dal senato. Ma costi-
tuitasi l'assemblea nazionale a'ioea'ia
agosto 1792 in Convenzione nazionale,
indi la repubblica francese da essa pro-
clamatasi a' 22 settembre, tosto inviò a
Venezia Noel qua! incaricato d'alfari, che
però non ottenne d'essere riconosciuto.
Non ostante il senato trattò con esso a
mezzo del suo segretario di legazione. E
per una rissa accaduta nella rada di Ge-
nova tra marinari francesi e veneziani, i
quali fecero a pezzi la baiidicra tricolo-
re, la convenzione nazionalechiese ripara-
zioni a' 1 6 ottobre. Il vecchio sisltina del-
la neutralità disarmala, ìiii[ni^iìHlo foi •
temente^ ma inutilmeule, dal Pesaro, ao-
VEN
die In appresso , come vedremo, in cui
erasi Venezia sempre piìi ostinata, clovca
farle risentire il contraccolpo di tulli gli
nvvenimenti esterni relativi alla Francia.
Essa non polca sinceramente rallegrarsi
de'successi militari sia dell'una che del-
l'altra parte; essendo suo destino ormai
<li non dover che passare da una ansietà
.'dl'altra. Abolita la monarrliia francese,
la sorte del virtuoso Lni"i XVI era de-
o
crelata:condannalo ingiustamente a mor-
te , fu decapitato a' 2 1 gentiaio; egìialc
infelice sorte subirono poi le sventinato
moglie e sorella, la regina Maria Anto-
nietta d'Austria, ed Elisabetta di Fran-
cia. L'abolizione del culto cattolico fu
proclamala in Parigi da quello stesso po-
polo, il quale andava poc'anzi orgoglioso
del titolo di Crì<!lianìssiiuoc iWlìglio pri-
mogenito della Chiesa, ond'era fregiato
il suo re. A' 26 di dello mese Venezia
insistette sul suo rifiuto di riconoicerc
l'incaricato d'affari [)Oilatore di creden-
ziali speditea nomedella repubblica fran-
cese, ed era determinato il governo di
evitare quanto avesse potuto accennare
un formale riconoscimento di quella nuo-
va così mostruosa potenza; ma ciò non
tolse che non venisse costretto ad auto
rizzar esso agente francese d' inalberare
davanti la sua casa la bandiera tricolo-
re. Il Coppi dice che le repidjblicbe di
Venezia e Genova, etl il granduca di To-
scana non fecero opposizione a'rappresen-
tanli francesi d'imiulzni- sulle loro abita-
zioni lo slemma repidjblicano, consisten-
te in una figura muliebre esprimente la
Libertà , tranne il Papa che si oppose.
Quasi tutte le potenze d'Eiunpa eransi
alleale contro i francesi , e il t;randuca
di Toscana si pose in attitudine ostile,
onde formidabili n' erano le forze. Sol-
tanto Venezia, Genova e il Papa conti-
nuavano nella neutralità. Riferisce il con-
te Dandolo , da Vienna, da Berlino, da
Napoli giunsero eccitamenti concordi a
Venezia per condurla ad unirsi alla gran
colleganza europea coulro la Francia, Mi
VEN G27
Venezia, stininnìo clic l'unione di tante
armi bastar potesse ad infrenare l'irape-
tuoso torrente, proclamò invece la pro-
pria neulralità disarmala. ^E jioichè tut-
ti sanno, che se i francesi riusciti erano
a recarsi prestamente in mano la .Savoia
e Nizza (confinanti), non per questo ave-
vano potuto superar mai la vetta dell'Ai
pi, valorosamente e con tanto vantaggiu
fino allora difesa dadi austro sardi, clic
già disegnavano di calare essi slcssi in
Francia , io non so da quanto giudizio
delibano credersi suggerite le acerbe pa-
role colle quali non pochi scrittori ragio-
nano di cosilfalta deliberazione ". Ol-
tre alla deplorata neutralità, qualificala
da' memorali scrittori , coudolla dimo-
strante estrema debolezza, anche per
non essersi posta in islalo la repubblica
di farsi rispettare, il cav. Mulinelli negli
Annali Urbani, rimarca che in sì supre-
mi momenti -■' erasi costruito in 27 me-
si il magnifico teatro della Fenice, on-
de con un terppio sagro alla voluttà s»
dava l'ultima mano all'anello estre-
mo di quella meravigliosa catena di eoi-
fizi numerosi e cospicui in io secoli in-
nalzati a Venezia, mentre l'anello i." del
la catena stessa era stalo invece un tem-
pio sagro al Principe degli Apostoli; i ve-
neziani, le cui piazze forti avevano bensì
cannoni ma ?enza carretti, ponti levatoi
impossibili a levarsi, difese esteriori ma
senza palizzate, strade coperte ma ingom-
bre d'alberi, non una bandiera da rizzar-
si sulle mura per Oir segno a «piai sovra-
no la fortezza appartenesse ; i veneziani,
non più conoscitori de'lempi, vanamen-
te [ìcrsislcndo in una eccessiva neutrali
là, lictamcnle in Bauta occorrevano ni
nuovo teatro, e senza 'emere e senza in-
quietarsi di.'lla grande sfrenatezza delle
fiperc e de' principii politici , e anziché
d'armi e di difesa favellare, di propugna-
coli e di navi, unicamente 0 celebrare in-
tendevano alla Fenico le armonie di P.ii-
sif^llo, le danze di Vigano, i trilli di una
Cauli, di un Pacthicrolli e di uu David.
628 V E N
Cosi vivendosi, e per soprassoma da'zei-
ìnm canlandosl la Biomlinci in gondole-
ta, famosa e lascivetla canzone (la com-
pose in dialetto veneziano il poeta Anto-
nio Lamberti, ed è ancora cantata da una
mano di. gondolieri l'estate lunghesso il
Canal grande a sollazzo de'forestieri die
visitano Venezia), tuonavano intanto ter-
ribilmente i cannoni e molto sangue cor-
reva ne'comballimenti tra'francesi, tede-
schi e altri". A'6 giugno Noel inviò al se-
nato la dichiarazione dc'principii de'suoi
coinmillenli, diceva dover oggimai for-
mar l)ase essenziale di tulli i trattali
che si facevano pel riposo d'Europa il po-
sitivo e uHìciale riconoscimento della re-
pubblica francese e di sua sovranità; e
giunse a proporre un'alleanza, e chiede-
re se venisse accolto a Venezia un invia-
to di Francia rivestito del carattere di
jninistro. Si rispose affeimativamenle a
quesl' ultimo punto , e per conseguenza
egli partì e verso la metà di luglio si
presentò il ministro Lallemaul. Invece pe-
rò d'ammetterlo, dichiarò il senato, che
la ben conosciuta sua imparzialità non
permetteva introdurre veruu cambiamen-
to nella forma delle sue corrispondenze
politiche. Il ministro non riconosciuto si
vide nella necessità di partire, aflldando
all'agente Jacob le relazioni tra'due go-
verni. Quest'agente francese, mantenu-
to fermo a malgrado le rappresentanze
ed anche le minacce de' ministri delle
corti alleale residenti in Venezia , si die'
cura di mandare in Francia alcune prov-
vigioni di cui allora avea essa grande bi-
sogno essendo in preda alla carestia. Frat-
tanto i veneziani si mantenevano nel lo-
ro sistema favorito piìi coli' eludere le
proposte che venivano lor falle, che non
col dichiarare formali rifiuti; le armale
francesi aveano terminalo la campagna
del 1793, in guisa da dar peso alle do-
mande che venivano falle da«li acenti
politici di loro nazione. Sul finir di que-
st'anno manifestaronsi in Italia alcuni sin-
tomi di agitazione , e non ne andarono
YEN
del tulio esenti le provlncie dipendenli
da Venezia. Gli scolari dell'università di
Padova si erano abbandonali ad un'ef-
fervescenza, pili leggerezza giovanile che
influenza delle nuove opinioni democra-
tiche, tosto però sopita senza rigore. Più
che pel resto de'suoi stati di Terraferma,
temeva il senato pel Bergamasco e pelDie-
sciano, paesi vicinissimi al Rlilauese; ma
prese misure piìi preventive che di re-
pressione, il governo essendo ancor lon-
tano dal persuadersi d' ogni idea di pres-
sante pericolo. Dice V Arte di \'e ri fica re
le dalc.» Se gli dava timore l'invasione
dc'principii rivoluzionarli della Francia,
che poteano venir abbracciali con calore
da una porzione de' sudditi veneti, non
era meno inquieto pe' militari successi
dell'Austria, né sapeva come uscir dalla
lolla de' diversi sentimenti che 1' angu-
stiavano. Quindi le molte contraddizioni
nella sua maniera di parlare e di agire.
Convieo poi far entrare nel calcolo la
degenerazione del carattere nazionale, la
timidezza ne'governauti, il disordine del-
le finanze, lo stalo deplorabile delle trup-
pe, e la mancanza quasi assoluta de'mez-
zi di difesa e di attacco". 11 procuratore
Francesco Pesaro, eloquente e uomo di
governo intelligente, avveduto, operoso,
ed eiìergico propugnatore dell'ordine e
dellt; leggi, era Ira'pochi nobili che chie-
desse vivamente si circondasse la repub-
blica di forze bastanti a farsi rispettare,
0 almeno trattare con riguardi dalie po-
tenze belligeranti. JNell' aprile 17^4 po*
nendo in chiara vista gl'immensi danni
e umiliazioni risentiti dalle neutralità per
lutto il corso del declinante secolo XVIII
adottate, egli propose in pien senato di
assoldare un'armata e munire le fortezze,
invece che abbandonare la Terraferma
a discrezione dello straniero, prepararsi
alla guerra; e in quel momento fu cosi
bene sostenuto nella sua proposta , che
ottenne un decreto ordinante l'armo del-
le piazze forti, l'organizzazione d'un tre-
no d'artiglieria, il richiamo delle milizie
V EN
e ranmeulo dell' armala regolare sino a
4o,ooo uomini, omle prepararsi ad ogni
evento e intanto f.iie rispettale la neutra-
lità in cui persisteva il governo. Manca-
■vano però il denaro e la risolutezza per
veuire-all'esecuzione completa ch'era di
mollo costosa; e quindi era no illudersi
credere possibile un considerevole appa-
iato di forze. Il governo non organizzò
che un corpo di circa y,ooo nomini, e
questo ancora assai a rilento; trascurò far
riparare e armar le piazze; e il decreto e-
tnanato firn coll'essere rivocato, per l'in-
sorleforti lagnanzesulla mancanzadi mez-
zi, e pe'parlari del savio Zaccaria Vaia-
resso, colla sua lucida e vigorosa facon-
dia , solo essendo rimasto a fare opposi-
zione il savio di Terraferma Vincenzo
Calbo. Il Coppi, che altrettanto riporta,
soggiunge:» Tanto era decaduto lo spiri-
lo pubblico ile' veneziani. Quando nello
stesso aprile le frtippe francesi condulle
da Kellerman, cadute di speranza di su-
perare le Alpi, famosa barriera d'Italia,
Volendo foise antivenire la discesa degli
austro-sardi in Francia, violando con tur-
pissimo esempio la neulr.ilità genovese,
leolnrono peneliare in Piemonte per la
vallata dOneglia, stabilito il loro campo
n Savona, si credette l'Italia minacciata
d'innneiliata invasione, e parecchie poten-
zi; si racc(jlsero a congresso in INIilano; Ve-
nezia , vitlim.i dell' inazione e ilelle co-
i/ninicale e non Ielle, si ricusò di man-
darvi alcun ra|)[)reseutaiite, non ch'essa
non cond.mnasse altatneiile quanto allo-
ra voleva e faceva la Francia , ma per
l'antiche gelosie temeva di darsi a discre-
zione dell'Austria, e l'abituale sua pru-
denza la portò altrcs'i a ci edere non es-
sere ancora imminente il pericolo. Frat-
lanto sul finir del 179Ì, ' crescenti pro-
gressi dell'armate francesi diedero al go-
verno Veneto pili che semplici iiiquie-
ludini; ne senù anzi timore, fece ritorna-
re da Lmidra a Parigi il suo aoabascialo-
re Alvise Pisani, die' a conoscere il desi-
derio d'uu riavviciuamenlo, e riaminiso
V E iN 629
e riconobbe nel novembre Lallemant iti
qualità di ministro della novella repub-
blica. Nel maggio del medesimo i 794 e-
rasi recato da Torino, e poi tla Parma a
Verona nella casa de' conti Gazzola , il
fratel primogenito di Luigi XVI, il con-
te di Provenza (almeno così lo chiamano
alcuni sforici, come il Novaes e il Coppi)
Luigi Stanislao, che avea preso il nome
di conte di Lilla, il quale dopo la morte
del re martire, e attesa la minorennitri
del DelijBo Luigi, allora disgrazialo pri-
gioniero nella Ione del Tempio, poi vii-
lima de' più atroci oltraggi e delle più
lallinate crudeltà, avea asninto il titolo
di reggente del trono di Francia. Egli
non poteva profittare dell'asilo accorda-
togli dal suocero re di Sardegna, dopo
che si erano veduti i francesi repubblica-
ni prima sulla vetta dell'Alpi, poi all'in-
gresso delle vallate, e finalmente minic-
cianli le stesse pianure del Piemonte. Nel
fissare il suo soggiorno in una delle prin-
cipali città dello sialo veneto, rpial è Ve-
rona, egli non dispiegò punto il suo po-
litico carattere (ma ipiestogli derivò vlo-
[10 \'S giugno, giorno della morte dello
sfortunato nipote e (jiiaiulo già dimora-
va in Verona, da dove nel mese di luglio
indirizzò un proclama a'francesi e fu il
I ."atto del suo regno, al quale pure ven-
ne proclamato dall'esercito del quartiere
generale di .Mulheiui, presso Basilea, com-
posto di emigrati francesi realisti e co-
mandato dal [ìriiicipc di Coiuló, alla pre-
senza de'duclii ililjerry,dinoiboneeirEn
ghien, congridrt udileilairesei'cilore[)ub-
blicaiio accampatoall'allra riva,a''{. luglio
e con giuramento di fedeltà elerna): il no-
me ili conte di Lilla fu come un velo che
nascondeva agli sguardi pubblici ipiegli
che la Provviilenza riserbava per cicatriz-
zare 20 annidopo inqualitàdi relepiaghe
(li ipiella Francia posta a tante prove, col
noincdi Luigi X V IM.lIgoverno di Vene-
zia allora l'accolse onore voi inente,pregan
dolopeiòdi vivere a Verona senza pom-
pa, e non trascurando di circondare cou
63o V L 2i
assidua vigilanza la stia abitazione. Spe-
rava il senato di poter conciliare il rispet-
to debito a quel discendente di Enrico
IV, pel quale la sua stirpe era segnata
nel Libro d'oro del patriziato veneto, col-
la buona armonia cui voleva a lutto co-
sto conservare nelle sue relazioni colla
repubblica fiancese, che faceva tremare
V Europa e in (juel momento trionfava
dovunque. Intanto Pio VI nel i'jc)5 ri
cliiamandoda Venezia a R.oma il nunzio
Firrao, per averlo promosso a segretario
del concilio, onde pu\ fu cardinale, dalla
nunziatura di Firenze Irasfeù alla vene-
la Ciò. Filippo Gallerali-Scolli arcive-
scovo di Sida, che i'iì l'ultimo nunzio al-
la repubblica e [)iù laidi cardinale. Nel
declinar del febbraio, dal residente ve-
neto a Basilea la repubblica seppe il pro-
getto di conquistare l'Italia; ed al Pisani
sostituì per ambasciatore a Parigi Alvise
Quirini Stanq^alia, the vi arrivò a* 7 lu-
v)\o e fu riilliii!o;(|uando già i francesi a-
veano concjiiistata 1' Olanda, ed i re di
Sp;igna e di Prussia eransi staccati dalla
lega. Il) conseguenza de'lraltali conclusi
dalla repubblica francese con quelle due
grandi potenze d'Europa, era stato deciso
a Parigi di lenlareil varcodeH'Alpijcdar
addosso all'Austria ne* suoi possedimenti
del Milanese. Nulla poteva meno conve-
nire all'interesse de'veneti che una tale
ri^oklzione della Francia di portare im-
mcdiatamcnle inltalia il teatro della guer-
ra. Al governo di Venezia, sprovveduto
d'ogni mezzo di difesa, non rimaneva che
correre rischi , soffrir perdite le quante
volte la sorte dell'armi conducesse trup-
pe sul suo territorio. Le comunicazioni
del residente veneto, ch'era in osserva-
zione a Dasilea, non lasciavano più dub-
bio; scriveva esseigli stato predetto da un
membro del corpo diplomatico, che ove
il senato non uscisse dalla sua inazione,
la repubblica sarebbe olaniUzzatii e i
suoi siali dati in compenso. L'augusto
principe esilialo che stanziava a Verona
oiossc l'allcuziouc del liraanico 2;o verno
VEN
che gli usurpava il regno, mentre si ap
parecchiava ad invadere l'Italia, veden-
do presso di lui accreditalo il ministro
d'Inghilterra lord Macarlney, quello di
S[>agna Las Casas, il marchese Gherar-
dini per l'imperatore Francesco II, ed il
ministro Mordwinow per la Piussia. E la
Toscana ritiratasi dalla lega armata, me-
diante Iraltato, era tornata alla sua neu-
tra li Là. Era "enerale di divisione e coma n-
o
dante dell'armata dell'interno stanziala
a Parigi, quando fu Napoleone Bonapar-
le destinalo a comandare l'armata fran-
cese d'Italia, il direttorio francese non es-
sendo abbastanza soddisfatto di Scherer,
successo a Kellerman, ed avendo ravvisa-
lo in lui profonda cognizione de'principii
di strategia, e singolare audacia nel porli
ad elfetlo, tuono imperioso dalla natura
sortito, che suppliva in qualche modo al-
la giovanile età di 27 anni, ed esperien-
za suflìcìente acquistata nel comandar
l'ailiglieria nel 1798 all'assedio di Tolo-
ne e nel seguente anno all'armala d'Ita*
Ila. Fra le istruzioni che gli diede, furo-
no quelle di combattere i due principali
nemici i piemontesi e gli austriaci, e so-
prattutto doversi impadronire delle pos-
sessioni dell'Austria in Italia. Giunto Na-
poleone a'20 n)arzoi79G al quartier ge-
nerale di Nizza, subilo si dispose alle olfe =
se con domandare a'genovesi il passaggio
per la Bocchetta e le chiavi di Gavi ; le
vittorie perù di Monlenolte e di Millesi-
mo, so[)ra gli austro sardi, avendo reso
inutili tale richieste, indusse quella repub-
blica agli esorbitanti voleri della Francia.
Maggiori di quelle de' genovesi furono le
angustie de'veueziani. E primieramente
il i.° marzo il direttorio esecutivo di Fran-
cia, novello poteulato, fece rimettere al-
l'ambasciatore veneto Quirini una nota,
incoi chiedeva rallontanaroento del prin-
cipe francese stabilito da circa due anni
in Veruna, dichiarando verrebbe riguar-
dato come un torto il suo ulteiiore sog-
giorno sulle terre vcnele. Il senato slrel-
tu Jall'impciiosilà delle eircostauzceblju
VEN
la dflxjlczza cl'acx:onsenlirc, e la sua ile-
liberazione fu presa alla maggiorila di 1 56
voli contro 47- '1 marchese Alessandro
Carlolli di Verona ne fece nelle più de-
licate e nobili forme partecipazione a' i 3
aprile a Luigi XVIII, di uscire nel più
breve teraiine dagli stali della repubbli-
ca. Nel voi. LXVllI, p. i4> riportai la
risposta in francese. Disse il re:»» Io par-
tirò, ma chieggo due condizioni : la pri-
ma,mi sia recato il Libro d'oro ov'è iscrit-
ta la mia famiglia, perchè io possa car«-
celiarne il mio nome di proprio pugno;
la seconda, mi si restituisca l'armatura
regalata alla repubblica dall'amicizia del
mio avolo Enrico IV". Nella sera seguen-
te tornò il marchese Carlotti con una pro-
lesta del podestà di V'erooa; e il re, sen-
za dare al Diarchese (piasi il tempo di ter-
minare, soggiunse. » Jcri ho risposto al
vostro governo; voi oggi mi recate una
protesta del podestà, io la rifiuto, né ri-
ceverò neppure quella ilei senato. Partirò
tosto che abbia i passaporti che attendo.
Non mi sono già dimenticato che sono il
re di Francia". Egli lasciò Verona il gior-
no 2 i, e mandò una procura a Mordwi-
uovv auibasciatore di Russia presso la re-
pubblica di Venezia, perchè facesse luo-
go al duplice oggetto della sua douìanda;
ma il governo ricusò ogni cosa (alferma
V Arledivcrificare le </i/;t-),eLuigiX V 1 1 1,
prendendo d suo cammino a traverso il
paese de'Grigioni, si recò a Pi.iga a'3o a-
prile, presso Friburgo sulla sponda del
ileno, all'esercito del principe di Condc,
che serviva in Gern)ania in unione agli
austriaci. Ivi egli si annunziò all'armata
in nobilissima foi ma, tenendo parola del-
l'impreveduto all'ionio per cui non gli
rimaneva più asilo, e soggiunse; » Non
si può per altro toglierci (juello dtll'ono-
re". E siccome di ijueslo arrivo la corte
di Vienna manifestò inquietudine, ed
esigeva la sua partenza, rispose il re; » La
sola forza potrebbe co^Uingormi ad ab-
bandonare il luogo uve mi ha chiamalo
l'onere ". Dipoi il t'jrj^jj IcgU cmijjidli
VEN 63 1
col principe di Coudc, venendo accolto in
Russia, il re si recò a fermare il suo sog-
giorno in INIittau nella Ciiilandia. Il con-
te Dandolo racconta con patria carità,
che invitalo Luigi XVUI a lasciare gli
stati veneti, mosso da subita ira, cancel-
lava di propria mano dal Libro d'oro il
suo nome, e quello altresì d' ogni altro
principe di casa Borbone. Molti dissero
(|ueiralto magnanimo, e ne trassero ar-
gomento di biasimo per la repubblica.
Luigi XVlll,cheaveva assai miglior sen-
no de'suoi lodatori, più tardi Io ha certo
riprovato egli slesso. A.1 re non mancava-
no altri luoghi di rifugio. La repubblica
resistendo alla domanda del direttorio,
andava incontro a ipiella guerra che sin-
diavasi di evitare. Le rapide e meravi-
gliose vittorie di Napoleone costringeva-
no il valoroso Beaulieu supremo coman-
dante austriaco a ripiraie sulla sinistra
sponda del IMincio, indi a ritirarsi nclTi-
rolo , onde i francesi restarono padroni
della Lombardia, entrarono in -Milano, 0
poi ne'primordi del i 797 in Mantova, do-
po eroica difesa. L'infante Ferdinando
Borbone duca di Parma duramente ta-
glieggiato, doveva solo all' intercessione
di Si>agua di non perdere il trono. Erco-
le IH duca di Modena, taglieggialo an-
ch'egli non meno crudamente, ricovera-
va a Venezia co'suoi tesori, per veder to-
sto Modena e Reggio insorgere per opera
de're[)ubblicuni francesi e ile'Ioro emissa-
ri,odarsi in [)ied,i alla democrazia. Pio VI
s[)oglialo delle lega/ioni di Bologna e Fer-
rara e della città di Faenza, de'ca[»ola-
vori d'arte pel museo da formarsi a Pa-
rigi, venne pure obbligalo ad enormi im-
posizioni, ad aprire i suoi porti a'france-
si e chiuderli a'nemici di essi. Intanto i
veneti dominii erano peicorsi da' !)cl!igc-
ranti, i francesi procedendo da coiupii-
statori, con danno immenso dc'po[)oli.(}ià
lo spirilo d'insurrcziouc avea comincialo
a manifestarsi ne' popoli delle provincie;
fua non sembrava che dovesse comincia-
le da quelle di Ctrgamo t'Di€SCÌa,le qua-
633 V E N
li più dell'altre avevano motivo di lodar-
si della dolcezza ed equità con cui era-
no amministrate. Le nuove più inquie-
tanti di quanto accadeva ne' paesi circo-
stanti e nei Milanese in fermento per in-
sorgere, spediv.'insi ad ogni istante al go-
veino veneto. Si avvicinava 1' ora sua e-
streuìa, e le due armate rivali dispone-
vansi a lolla tremeiida,a scapilo della neu-
tralilìi di Venezia, che continuava disar-
mala. La grave diOìcoltà delle circostan-
ze fece nominare provveditore generale
delle Provincie di Terraferma Nicolò Fo-
scarini, preccdenlenienle incaricalo di due
in)porlanli auibnscerie, uomo saggio, ma
di poca risolutezza. Egli stabili la sua re-
sidenza a Verona. Nel tempo stesso tutti
) Dìagistiati preposti a'governi nella Ter-
raferma ricevettero ordini d'evitare lut-
tociò che poteva compromettere gl'inte-
ressi della repubblica e quella neutralità
sulla cui utilità persisteva il senato ad il-
hidersi; mentre il suo terrjtoiio era dive-
nuto il teatro della guerra nell'inseguire
l'armata francese l'austriaca, ed entram-
bi se lo disputavano. A calmare gli animi
Napoleone aveva con suo proclama di-
chiarato, che tratto nel cuore degli stali
veneti dalla necessità di combattere i ne-
mici della Francia, vi farebbe osservare
la più stretta disciplina e tratterebbe tut-
ti gli abitanti con tulli i riguardi dovuti
tra due nazioni da tanto tempo amiche.
I sudditi veneti ubbidivano, almeno appa-
rentemente, tli buon garbo alla necessità
d'ospitare i francesi^ non vi furono che i
veronesi i quali mostrassero così sfavore-
voli disposizioni verso di essi, che ne con-
cepirono rancore generali, uflìziali e sol-
dati. Vive e |)rocellose discussioni agita-
jono ben presto il senato, die si divise in
3 opinioni. Francesco Pesaro co'senalo-
ri più giovani votavano per la neutrali-
tà armala, e perchè si combinassero op-
portuni mezzi di difesa. Al senatore Bat-
taglia atliil)uivasi un altro parere, quel-
ocioè d'inclinare per una alleanza olfen-
iva e difensiva con Franciai e propone-
YEN
vasi di accrescere il Libro d'oro per in-
scrivervi i nobili di Terraferma lìoti che
gran parte de' plebei che facevano con
quelli causa comune. La 3.' opinione era
quella de' vecchi senatori, di non prende-
re verun parlilo decisivo; e questa venne
adollata, rimettendosi alla Provvidenza
e agli avvenimenti. Peschiera, le cui for-
tificazioni erano stale per un secolo neglet-
te,nonavea che una guarnigione di 6o in-
validi eSo cannoni senza carrelli ne mu-
nizioni. L'auslriacoBeaulieu fu il r. "ad im-
padronirsene, ma poi lasgombrò, ed allo-
ra se ne impossessò Napoleone, e vi appo-
slò la sua destra, sperando poter di(t;u-
dere il Mincio. Pt.acconla l'annalista cav.
Coppi, colla lìaccolla cronologica de do-
cumciiU veneti, e colla Corrcspondance
de Napolcon Bonaparte, che Napoleone
a'3 I maggio 1796, appena giunto sull'A-
dige, chiamò a se in Peschiera il provve-
ditore generale Foscarini residente a Ver
rona, e gl'intimo bruscamente che» sa-
rebbe marcialo sopra Venezia per por-
tare egli slesso al senato le sue lagnanze
del tradimento col quale erasi fatta sor-
prendere la fortezza di Peschiera da Beau-
lieu. Aver poi avuto ordine dal suo go-
■voiar, d'incendiare Verona già residenza
del conte di Lilla, lo che forse sarebbe
stato eseguito in quella notte stessa dal-
la divisione di IMassena ch'era in marcia
sopra quella città". Queste minacce mi-
sero naturalmente Verona nella dispera-
zione, e molli abitami tumultuariamente
fuggirono, anche per essere stali accusali
d'aver ardilo credere la loro cillàdivenu-
ta capitale della monarchia francese, pel
soggiorno del conte di Lilla. Nel seguen-
te giorno Massena tranquillamente entrò
in Verona, benché munita di 3 forti ca-
stelli e di grossa guarnigione schiavona, e
poi eslese le sue truppe lungol'Adige.ll go-
verno veneto di ciò costernato, e veden-
do operarsi a rovescio del proclamato nel
manifesto di Napoleone e di sue promes-
se, malcontento dell'operato dal pauroso
Foscaiiui, spedì i savi Nicolò Battaglia e
VEN VEN G33
Nicolò Erizzo per esplorare quali fossero rellorio un' alleanza Ira la Francia , la
le vere intenzioni tle'francesi; e Napoleo- Spagna, Venezia e la l'orla oltoiuana. Es-
ne rinnovate a questi deputali leJignan- so faceva insinuare a'ininislri veneti. »Es-
ze per l'accoglieuza falla al conte di Lilla ser tempo the la repubblica uscisse dal-
e per l'occupazione di Peschiera, soggiun- l'inerzia in cui marciva dopo la pace di
se. » Essersi alcjuanlo calmalo dopo i'a- Passa roAvilz, e the ripigliasse fi a le puti'u-
iiiichevoleaccoglienza falla iu Verona al- ze quel grado che occu[)ava prima ilei
le truppe francesi. Del resto avere reso i 7 i 8. La FranciaolTrirlene i mezzi. Ve-
conto di lutto al direttorio, e credere es- nezia poler aumentare il suo territorio
sere quella una tempesta che si sarebbe coH'acfjuislo di piazze che consolidereb-
potuta dissipare dall ambasciatore vene- bero li sua potenza e servirebbero a fer-
toa Parigi. Frattanto essere persuaso che mare fra le ilue repubbliche un'alleanz.i
durante la dimora delle trup[)e francesi fondata sui loro interessi reciproci, il go-
uel territorio veneto nulla sarebbe man- verno veneto conoscere la sua posizione
calo alla loro sussistenza. Imperciocché relativamente alla casii d'Austria che cir-
non avendo esse uè magazzini, né equi- condava i suoi stali. Non ignorare le pre-
paggijbisognava che traessero le sussisten- teu:hioni the spesso la medesioia aveva
ze da'paesi che occupavano. Essere poi naanifeslalo sulia più bella poizione de
intenzione manifesta del governo fi ance- suoi dominii, ed esser troppo illuminato
sedi render 1' 1 ia 1 ia indi pendente, e di for- per non convenire che doveva l'integrità
mare nel ducalo di Milano uno stalo se- delle sue provincie alla costante amicizia
paralo come lo era un tempo; ciò che ap- della Francia. Essere egualmente isti ui-
punlosarebbestato analogo alle mire del to de'|)rogelli della Kussia sulla Turchia
la repubblica di Venezia". Scrisse quin- europea, ed es?er convinto che se la me-
diai direttorio: » che se avesse il progetto desima pjtes>e eseguirli, le isole venete
di trarre da Venezia cinque o sei milio- seguirebbero la sorte delle vicine provili-
ni, egli avea perciò espressamente susci- eie ottomane. L'Inghilleira collegala eoa
lato una specie di rottura. Poteva do- (pteste due potenze dividerebbe le spu-
niandaili [ler indonnizzazione delia bai- glie dell' impero turco; aviebbe stabili-
taglia di CorgheUo che fu coslrello di da- menti nel IMeililcrraneo che vagheggia-
re per la ricuperazione di Peschieia.Se va da lungo tempo; eil il coiumeicio de
poi avesse intenzioni più decise, ciede- veneziani sareblie anniclnlilo. I progetti
re che dovesse prolungare la contesa e contro la Turchia avrebbero inconlralo
dargli l'istruzioni per eseguirla a tempo forli onIucoIì, e la Purt.i sarebbe sostenu-
op[)Oituno". Rispose il direllorio» l'oc- la da'suoi amici. IMa ^All^tl•i.^ concertare
cupazioneili Peschiera fatta dagli auslriu- di già i suoi mezzi ili vendetta , e si sa-
ci avere autorizzato il governo (rancese a lebbe volula risarcire delle ()erditc che
chiedere a'veneziani i fondied i bastimeli- l,i Francia le faceva provare, col ripreu-
ti spellanti olle potenze belligeranti col- dere la sua inlluenza ed il suo potere m
la Francia, ed inoltre un prestilo di cin- llalia, e l'invasione del lerrilorio vcne-
que milioni di fiorini d'Olanda da scoti- lo essere tropiio fivorevole alle sue viste
tarsi sul debito the la ru[)iibblica Calava perchè la sospendesse un istante. Il sena-
aveva contralto colla Francia. Del resto lo ti edere duver sempre seguitare la sua
Don essere sua intenzione di rompere la aulica politica, alla (piale doveva sino ai-
guerra colla repubblica di Venezia, e per- lora la sua sicurezza. Esso non temere
ciò si regolasse iu modo di non venire a il suo vicino perchè nulla faceva che po-
roltura".La causa della moderazione prò- lesse dispiacergli ; ma questo sistema di
veniva dai Iraltaisi iu quell'epoca dui di- profila più non esislcrc. La Polonia es-
634 V t: N
.sere un esempio lecenle. Finlantocliè le
£;rfiiit!i potenze avevano soslemilo l'equi-
ìilìiio il'Europa, la repubblica di Vene-
zia aver conservala la sua esistenza poli-
tica senza alleati; ma quest'equilibrio es-
sendo rotto, essa non poter più esistere
senza appoggio. La Francia oirrirle la sua
jilleanz;»; mandasse adunque un incarica-
to a Parigi [)er trattarla, e badasse a non
ln-ciar fuggire il momento di sottrarsi
persempreall'ambizionedella casa d'Au-
stria, Essere queste certamente verità du-
rissitne, Oìa la lealtà francese non saper
risparmiare le espressioni allorquando
traila v;isi d'dluminare e di salvare un a-
iiiico". Queste osservazioni erano appog-
{^iale da Napoleone in Lombardia, dal
principe della Pace in Madrid, e dal reis
eirendi in Costantinopoli. Ma non ostan-
te tali insistenze, consultalo il senato, il
governo rispose. » La repubblica di Ve-
nezia, lontana per antico istìlutoda qua-
luD(]ue progetto ambizioso, tenere ferma-
mente riposta la sua esistenza politica nel-
la felicità ed adetto de'suoi su-Jdili e ne*
sinceri suoi rapporti d' invariabile amici-
zia con tutte le potenze d'Europa. Se ab-
bandonasse un tal sistema avvalorato da
lina costante e felice esperienza sarebbe
esposta a'pericoli della guerra, la quale
sarebbe insopportabile al senato pe' pa-
terni sentimenti verso i propri sudditi, e
non recherebbe significante appoggio a
quelle grandi nazioni alle quali si unis-
se". In conseguenza de'primi successi del
inarescinlio austriaco Wiirmser,clie scen-
devadalle Alpi con nuovo esercito, si tro-
vò rotta la linea francese. Le truppe stau-
ziate a Porto Legnano già erano inter-
cettate, e stavano per esserlo pure quel-
le di Verona. Gli austriaci occuparono
Jùescia, e la divisione francese di Vero-
na si allVeltòad uscirne, dopo essersi ab-
bandonala ad atti estremi di rigore. A Ve-
nezia si riguardò la comparsa di Wurmser
come il segnale della liberazione d'Italia
tutta; e le sue vittorie vi dostaruuo molta
{^iuia. Ben presto la sorte tlcH'atuii iilor-
V EN
nò favorevole all'esercito francese. Quan-
do la divisione di Serrurier si presentò a
Verona, trovò chiuse le porte , onde le
fece atterrare a colpi di cannone. Frat-
tanto le Provincie di Brescia e di Verona
erano in preda a tutti i disordini delle sol-
datesche tedesca e francese, che vicende-
volmente vittoriose e viute,esigevanocoa-
tribiizioni d'ogni specie, e saccheggiavano
le città tosto che non potevano più difen-
derle. jNon molto dopo un'altra alleanza
fu proposta alla repubblica di Venezia.
Il ministro di Prussia a Parigi nel dicem-
bre I 79G rappresentò all'ambasciatore ve-
neto colà residente. »> Essere lodevole la
direzione del senato di Venezia nell'aver
conservato la sua neutralità; nondimeno
non sembrare cosa prudente l'abbando-
narsi totalmente alle eventualità d' uu
avvenire incerto e forse non troppo tran-
quillo, luì perciocché la condotta tenuta
nelle venete provincie da'fraocesi, che a-
vevano violato le leggi più sagre della
neutralità, poteva somministrare un pre-
testo agli austriaci per turbare la sicurez-
za della repubblica. Sembrargli perciò che
la prudenza del senato dovesse per tem-
po premunirsi col cercare qualche vale-
vole appoggio che potesse garantire ia
oppresso le di lei possessioni contro qua-
lun(|ue attacco che per avventura dalla
casa d'Austria fosse tentalo. Compren-
dere non potersi la repubblica esporre
ad un'alleanza colla Francia quando que-
sta non mantenesse sempre in Italia un'
armata di 5o,ooo uomini, lo che non era
credibile. La sola poteiiza con cui il se-
nato [)oteva collegarsi utilniente, e senza
danno, essere a suo credere la Prussia, la
quale non poteva avere interessi opposti
a quelli della repubblica, ed era la sola
the fosse in istato di mettere freno a quel-
le viste ambiziose che la casa d'Austria
potesse dirigere contro i possedimenti ve-
neziani". L' ambasciatore veneto comu-
nicò la proposizione al suo governo, ma
nou ebbe altra istruzione che quella di
dare al uiinisU'o prussiano una risposila
VEN
evnsiva. Del reslaulc le misure di precau-
zione prese dalla repubblica veuetii,si ii-
inilarouo a munire la capitale costruen-
do attorno ad essa alcune opere di cam-
pagna, con piccoli forti e batterie a lutti
i varchi delle Lagune, e radunando nel-
le Laguue stesse una quantità di barche
con 6,000 schiavonijie piazze vicine e l'i-
sole formicolando di truppe giunte dal-
l'Istria, Dalmazia e Albania, le quali gior-
nalroenleaumentavano con numerosi di-
staccamenti di reclute.] bergamaschi chie-
sero di levarsi in massa, e gì' inquisitoli
di slato stabilirono un piano per orga-
nizzarli. Una lassa sulle case della capi*
tale, un'altra sugli stobilinienti di tcrra-
(eima. e considerevoli oderte volontarie
supplirono alle s[)ese dell'armamento. IW-
cusando sempre i veneziani la proposta
di allearsi colla Francia, venivano da (jue-
sla tacciati di parzialità verso l'Austria.
Il direttorio volle fare al senato un'ulti-
ma proposizione di alle-inza , presentala
da Lallemant a' 27 sellendjre, in conse-
f^uenza delle conferenze avole da Napo-
leone con Frarjcesco Pesaro, il quale si
riconobbe poi per cieco isliumento di
cpiel generale. Ne'consigli di Venezia or-
mai dichiaravasi allamente doversi pre-
ferire l'alleanza toll'Au^tria, per cui d se-
nato dopo mature deliberazioni, incari-
cò il ministro francese di ringraziare il
direttorio, ma dichiarò di non trovare ga-
ranzia [ler la tranquillila dello stato se
non ne'principii di moderazione e impar-
zialità tla esso ;idotlali. Si piccarono vi-
vamente i direttori francesi di quesl' ol-
ii ino rifiuto, cui sup[)oue va no fonda lo sid-
l'opinione forleinenle inculcata nello spi-
rilo di lutti gli iibilanli della penisola, che
i francesi non rimarrebbero lungo tem-
po padroni dell'Italia. Int. mio le armate
l)elligeranticontinnav,inoacon)batteredi
[re(juenle sul Icrrilorio veneto, solfrendo
iiiaviensi mali le popolazioni. Napoleo-
ne coslrin>e gli austriaci a ritirarsi, ilupo
la vittoria ripoilataad Arcole, ue'jnemo-
labili C'jjuLallimculi dc'i j, iG c 17 uu-
VEN 63j
Tcm!)rc. I francesi si fecero coslantemen-
le somministrare i viveri senza pagameu-
lo, e di più occuparono la maggior palle
delle fortezze venete di Terraferma, com-
preso il castello di Bergamo, che dal ge-
neral Luigi Caraguay d'flilliers fu sor-
preso nella notte precedente a'aS dicem-
bre. Tre giorni dopo Napoleone fece co-
stituire la repubblica Cispadana, formata
co'popoli di Bologna, Ferrara, iModena e
Reggio. Il re delle due Sicilie era stalo co-
stretto ad cma tregua e poi alla pace; vio-
lala anche la neutralità Toscana, i fran-
cesi occuparono Livorno, e ricuperarono
la Corsica, patria di Napoleone, l'osta co-
.M sossopra l'Italia da un capo all'altro,
Napoleone, benedetto e maledetto ad un
tempo, vi comandava da despola , men-
tre l'Europa incominciava già a riguar
darlo come ilpiìi grande de'modernisuoi
capitani. Tutto doveva allora cedere al
suo ardire, genio e fortuna. Rientrato do-
po le sue vittorie a IMduno, rimproverò
acremente l'aulorilà locali ili averlo mal
secondalo durante l'ultima sua campa-
gna, dicendo loro. » Se non mi aveste la-
scialo mancare il denaro, avrei distrutta
l'oste austriaca, falli i 4,000 prigioni, e
sarei padrone di IMantova. Siccome ab-
battei le ali dtW J(/uila, avrei del pari
fatto cadere il Leone". In utia lettera da
lui scritta a quel tempo al diretlorio vi
è la spiegazione del suo malumore con-
tro il governo di Venezia, che avea per
istemma il Li-one alato. In essa diceva a-
ver credulo impadronirsi del castello di
Borgauio per impedue che i partigiani
ilei nemico disturbassero le comunicazio-
ni francesi didl'Adda all'Adige, e sog-
giungeva che ((ucllii provincia veneta era
male intenzionata contro i francesi. A'a'J
dicembre entrò in Beigamo un corpo di
/{jOGO uomini, e prelese ti comandante
che uscissero dalla piazza tulle le milizie
venete, e poco dopo s'im padroni d'un ma-
:.jazzino con 2,oou fucili. Ed eccoci giun-
l; all'inlàuslo anno i 7<)7j ultimo della rc-
[ ubbliea di \'euezia e dc'auoi dogi.
636 V E N V E N
43. La poienza iiushiaca in Italia ile- di cetlere all'i mperatore Francesco 11 ia
cimò [i< ria \iUoria lipoi tala da Napoleo- caso di pacagli stati veneti, per indennità
ne a Uivoli sopi-a gli austriaci conìanda- di quanto sarebbeslato da lui ceduto ali.»
li da Alvinzi,a'i4} i5e 16 febbraio. Qne- Francia.Facevauoi direttori slam pare ne'
sto trionfo pareva assicurare la disorga- pubblici fogli articoli minaccievoli, in cui
iiizzazione della 5." aroiala austriaca, la svelavano lo slato di debolezza del go-
«juale fu con)])!eta alla battaglia della Fa- verno di s. Marco; debolezza,a dir vero,già
vorita presso Alanlova a' 16 gennaio : rpie- ben conosciuta dagli stessi suoi sudditi,
sl'azione decise la sorte di Mantova, clie Rifeiisce \' Arie dherijicare le datefiUe
capitolò a'2 febbraio. Succedeva intanto degli uUinii anni della repubblica ne nar-
il rovinoso e umiliante trattato di Tolen- ra con particolari dettagli i principali av-
lino, nelfpjale l*io VI dovette cedere an- veninienti, in uno alle fazioni militari da'
elle la Romagna, die Napoleone nell'i- beliigeranti combattute nel suo territorio,
slilnire la rejiolìblica Cisalpina, formata die ne'detti fogli s'insisteva sul poco at-
ddla Londjardia Austriaca, a questa l'an- taccatncnlo degli abitanti di Terraferma
nesse colla repubblica Cispadana, repnb- pe'loro dominatori insulari; ecbeseesi-
blica di poi aumentata col trattato diCnoi- steva discordia fino ne' consigli dell'ari-
poformiocon molti paesi già veneti (Del- stocrazia veneta, i popoli subordinali non
ia repubblica Cispadana era capoluogo potevano andar d'accordo su ciò che vo-
IMilauo, e rSoIogiia della Cisalpina. E no- levano. lt)q)eroccliè fra essi popoli, gli
to che Cispadana è un epiteto d'ordina- uni spingevano sino all'eccesso l'odio non
rio dato (ia'romaui alla parola Gallia, solamente delle massime francesi, ma an-
allorchè volevano disegnare nella G^^z/te die della nazione che le professava: al-
CisaljAna la porzione situata, relativa- tri non dimostravano che entusiasmo per
inente a Pioma, al di qua del Po. Lo stes- le uiussiaie stesse e le stesse persone. For-
so dicasi della parola Cisalpina,\vn\\v.?[.\\- se die i vocaboli seduttori di libertà ed
dosi la Galliaal di qua o al dilàddl'Al- eguaglianza avessero in qualche cuore
pi co'iiomi appunto di Gallìa Cisalpina veneziano risvegliato relativi pensamenti;
o Transalpina. La Calila poi Trans- ma il più di sovente le teorie die si fan- j
padana, come dissi in quell'articolo par- no forti dietro quelle due voci non face- |
landò delle diveise(j<7///e,racchiudeva gli ■vano die esaltare spiacenti passioni, li 1
stati veneti d'Italia). Cosi si ordinava la senato, acciecalo per lunga esperienza J
nuova repubblica Cisalpina, mentre i'an- della docilità delle provincie, non potè- i
tichissima di Venezia slava per cadere, va o non voleva credere clie stasse in pro-
Ormai ogni procedura de' veneziani, ai cinto di sco[)piare nel loro seno una ri-
meno die sia, annunciava intenzioni ne- voluzione. L'Austria ricliiamava dalle
miche; e ben presto tia'duegoverni sin- sponde del P^eno l'arciduca Carlo, frafd-
trodusse quel camjjio di rimproveri che lo dell'imperatore, il quale erasi coperto
cidinariamente precede le rotture senza di gloria. Nell'aifidargli la 5.' armala die
giustificarle. Vedevano i veneti die tutte mandava in Italia, voleva opporlo al cou-
Ic città del Milanese diiedevano a'gene- (juislatore che minacciava far sei va tutta
ralio agenti francesi, ovvero accettavano la penisola, e die ne' suoi ambiziosi pro-
da essi una nuova forma di governo, ed getti minacciavadinon voler stare a quel-
a grandi passi si avvicinava anche a Ve- la contento. L'arciduca ch'era alla lesta
nezia stessa il contagio. I direttori di Pa- di 4o>ooo uomini di rinforzo delle mi-
ngi non più studiavano dissimulare i loro gliori trii|ipe della monarchia, dopo aver
piani. A'aDgenuaioQairini aveapai teci- i>pezionala la linea dell'esercito imperia-
paloalscuatolarisoluiioiiepreiauPurigi, le, scelse pojjzioue sul Tugliamento. 1
VEN
rinforzi condcUi dal general nernailolle
all'armata francese d'Italia la portarono
allora ad olii e 60,000 uomini, e per con-
seguenza al momento di scagliare il gran
colpo, quell'arenata era siii>eriore in nu-
mero. ISe'primi di marzo da Dassano, Na-
poleone con proclama fulminante contro
r imperatore, annunciò la sua determi-
nazione di penetrare nel cuore dell'Au-
stria, come poi eseguì, ed a' 1 6 tutta l'ar-
mata era al Tagliamenlo, ove nello stes-
so giorno debellò gli austriaci. Gujeux e
Bernadolte, continuandole vittorie, sim-
padronirono prima d Udine e poi di Gra-
disca a'if),dopo lunga e sanguinosissima
lotta; mentre una delle loro divisioni en-
trava in Palma -JNuova, discacciava ila
questa fortezza veneta la piccola guarni-
gione, l'armava e la poneva al coperto
d'un qualche colpo di mano; seguirono
le conquiste di Gorizia, di Trieste, di Lu-
biana capitale della Carniola, e di Cla-
genfurt capitale della Cariutia. Mentre
gl'imperiali erano cacciati dllalia, scom-
parve una loi o colonna di prigionieri che
trovavasi a Dergaino; ed i francesi incol-
parono le truj)pe venete rimaste nella
piazza, di avej- favorita la loro fuga. E
qui delibi) dire col conte Dandolo. Napo-
leone, dopo le conferenze cb' ebl)e a'i5
marzo il ministro di Francia con l'^rance-
sco Pesaro, e dopo quelle con questi e il
savio di Terraferma Gio. liattista Cor-
ner, tenute da lui, per quanto noi rife*
rirò, nel line dello slesso mese cominciò a
dar segno di volerla attaccare anche col-
la lepubblii.a veneta, inviando nuinciosi
cmissarii nelle provincie di Brescia, Ber-
gamo e Crema, a predicarvi la democra-
zia, ed a spaigeivi -fgictamenle denaro,
persuscitarvi la i ibtllione. I\Ia, s'egli non
ebbe a durare li(jpj/a falirii per liovare
fautori fra le po[)oIazioni delle provincie
oltre Mincio, vi trovava altresì gli abi-
tatori delle valli Bergamasche e Brescia-
ne, che appena insospettiti che si avesse
in animo di minacciare a'gioini della re-
pubblica, spoulancaoicnie inipugnovano
V E iN G^J
le armi, risoluti d'im[>iegare in sua difesa
il sangue e la vita. iXè meno pronti e riso-
luti mostravansì i veronesi. Quella città
odiava i francesi, perchè devastatori delle
suecampague, dispregiatori del cultocal-
tolico,spoglialori ilei santuario di Loreto,
persecutori infine, a non dir altro, degli
stessi preti connazionali emigrati : e ad o-
gni maggior sagrifizio si sarebbe assai di
buon animo sottoposta, quando avesse
credulo di poter così allontanare da se
(juegli ospiti detestati. L'arrivo poi d'una
qualche milizia dal senato inviata a di-
fenderla, ed a sedarci torbidi diLoinbar-
dia, non faceva che liscaldare ancor più
gli animi di quegli abilanli ; ed una zuf-
fa appiccatasi a' 1 7 aprile Ira alcuni della
città ed un piccol numerodi soldati fran-
cesi, che prevenendo l'arrivo delle trup-
pe veneziane, eransi già impadroniti de'
castelli, porgeva loro il destro d'insorge-
re disperatamente contro di essi, e di far-
ne macello. E cosillatto era l'accanimen-
to di cpielia pugna, che alcuni col[»i di
cannone sparati da'francesi contro la cit-
tà, anziché rattiepidire, non facevano che
vieppiìi inviperire gì' insorti ; cosicché i
magistrali medesimi doverono durate
molta fatica, e correre eziandio grave [te-
ricolo, per sottrarre alcune centinaia di
soldati dalle mani del popolo furiboiKlo.
Non meno di 5 giorni durava quell'or-
lenda carnificinajgià registrata dalla sto-
ria sotto il nome di Piiòquc f'eroncsì^
perchè come dirò nel narrare tali lagri-
nievoli vicende colle loro fiuieste conse-
guenze, cOD)inciarono la sera dilla 1 ."0 se-
condo altri in quella della 2.' lesta di Pa-
squa di Piisurrezione.Napoleone trovavasi
;il|oi a in Carinlia, con a fronte l'arciduca
Cai lo in aspetto minaccioso.! moti del po-
polo qua e là manifestatisi inodio a'iraii-
1 Csijgii armamcniiordinati dal scnato,eIc
]'iis(jHc f'eroncsifimoxnt allrcllanli pie-
l<;sti ()er romperla scopertamente contro
Venezia : ed il felice guerriero, iu cui va-
lore, fortuna e insolentissima audacia ii-
nivansi in grado rgnalc,nnticipando i tciu-
G38 V E i\
|ìi, e facendola da re, clicliiaiavn In ;:;ncr-
i;i all;i repubblica. Ora lasciando il coiilc!
Dandolo, per poi riprenderlo, devo col
lav. Coppi accennare le rivoluzioni di
Eercamo, Crescia e Crema, ed altri av-
"veninietiti clie in parie iiulir.nti meritano
ilicliiarni'si, per aver preceduto la cadu-
ca della repubblica. Napoleone slava at-
tendendo il nioraento propizio per cliie-
«lere a' veneziani i baslinienli ed i fondi
austriaci ed inglesi, non che mi prestito
ili dieci milioni di franchi, allorquando
le circoslanze stesse degli eventi l'indus-
sero ad operazioni maggiori. Nelle pro-
■vincie di Dergatuo e di Crescia, invase
da'francesi e circondate da italiani ri-
\ollati, gli amanti delle cose nuove co-
minciarono stdjilo ad unirsi in politiche
società segrete, dirette per quanto siscris-
se, dal milanese Porro edal francese Lan-
flrieux. Non tardaiono quindi a manife-
stare le concepite speranze, e perciò om-
lirarono il governo venelo, fin dal prin-
cipio del 1797 in discorso, e l'indussero
a rafforzare i presidii. 11 governatore di
Bergamo poi, dubitando del pi'ossimo
scoppio di qualche trama, nella notte
precedente il 12 marzo dispose intorno
i\\ suo palazzo il presidio composto di
Geo uomini, e fece girare per la città fòr-
ti pattuglie. Il comandante della truppa
francese colà stanziata, vedendo quell'ap-
parato insolito, mise anch'esso in armi i
suoi soldati. Intanto da queste militari
dimostrazioni si commossero gli animi
degli abilanli, e nella generale agitazio-
ne i sedicenti patriolli, animali da'sud-
detti emissarii e da alcuni uflìziali fran-
cesi, entrarono audacemente nel palazzo
del comune, elessero tiunulluariamenle
una municipalità democratica, promul-
garono la libertà della patria, e spedi-
rono deputati a'cispadani per unirsi seco
loro e chiedere soccoisi. Le truppe vene-
te contenute dalle francesi non poterono
agire; e n)inacciale da'rivoltosi deposero
le armi. Da Ucigamo la rivoluzionasi co-
uuimcò a Crescia, I fratelli Lecchi ed edili
V E ^
pochi fiziosi potenti nella [)rovincia e '
avidi di cose luiovc chiesero soccorso ii
bergau)aschi ; e sicuri di averlo, nella not
te precedente a' iq marzo uscirono in
numero di circa 100 fuori le porte pei
incontrarlo; ma poi senza atliMiderlo cu
traronoin città, annunciando l'iininineu-
te arrivodi 5oo bergamaschi, di 1 0,000
milanesi e di molli francesi. Il governa-
tore venelo Mocenigo, ed il provveditore
Canaglia avevano un forte presidio; ma
dubitando che la rivoluzione fosse con-
certata co'francesi, non credettero di ado-
perare la forza per non compromettere
la neutralità della republ)lica (il Halta-
glia ritiratosi a Verona, con proclama e-
sorlò i sudditi fedeli a levarsi in massa
per isleiminare i rivoltosi, ancorché pri-
gionieri di guerra ; promettendo in nome
del governo denaro e truppe per togliere
n'francesi in momento favorevole persino
la possibilità della ritirata. Ma egli prò
cedeva con finzione, essendo unodiquc
patrizi addelti al partito di Francia 0 ben
Veduti da Napoleone). A tale indolenzì
i rivoltosi di vennero più audaci, promul-
garono la libertà della patria, ed intima-
rono al presidio di rendersi prigioniero. I
soldati deposero le armi, alcuni si sban-
darono,altri partironoco' veneti magistra-
li. Ilalforzati quindi i sollevati da qual-
che centinaio di milanesi, di bergamaschi,
di cispadani e da pochi francesi, corsero
le terre vicine, entrarono in Crema a'20
marzo, e rivoltarono in pochi giorni tut-
ti i paesi veneti esistenti sulla destra del
Mincio, da per tutto atterrando la ban-
diera di s. IMarco e piantando gli alberi
della libertà. Il governo veneziano, co-
sternalo da questi avvenimenti, reclamò
a Parigi ; e frattanto spedai i suddetti Pe-
saro e savio Cornaro presso Conaparte
») per procurare d'interessare la sua ret-
titudine a disapprovare 1' accaduto per
arbitrio de'comandanli subalterni, e ad
emanare da se stesso quel pronto riparo
che si a vea diritto d'attendere. Indagasse-
ro poi quali in tanta urgenza potessero cs-
YEN . YEN (;3rj
sere le vie valevoli aconscciiiiic l'oggetto me alln pace. i^Jon opponessero l'angustia
della pubblica tranrpiillilà". Raggiunsero del pubblico tesoro, poiché se non avcva-
rjuesli deputati Napoleone in Gorizia, e no denari potevano valersi di (|uelli del
chiesta la riparazione agli avvenimenti di duca di IModena e de'londi depositali in
Bergamo e di Crescia, soggiunsero. »-• Sa- Venezia da'neniici della Francia, la qua-
i'ebl)e stato bene che in segno di disap- le aveva il diiiltodi domandarli ". Così
provazione reslituissea'venezianiicastclli trattava Napoleone per prender tempo,
di quelledueciltà. Ciò sarebbe stato anche poiché mentre sul fine di marzo e nel
opportuno per evitare gli sconcerti che princi[>io di aprile s'inoltrava nelle mon-
potrebbero accadere (ra'militari ne'mez- tngne della Carniola e clelln Carintia, non
7Ì che la repubblica avrebbe adoperato voleva inimicarsi i veneziani alle spalle,
per sottomettere i ribelli; lusingarsi quin- negli piaceva chela loro lianquillilà pid)-
di che dopo l'ingresso dell'armala fran- blica fosse alterata, acciò potessero conti-
cese nella Germania, gli stati veneti sa- nuare a somministrargli i viveri. Quindi
rebbero sollevati dalle tante tòlte, a cui a'sollevati di Bergamo e di Brescia che a-
fìiio allora erano stati soggetti pel man- veaiio invocato il suo soccorso, di-^gusta-
tenimento delle truppe". A tali rappre- to per aver proceduto più celeremenle
sentanze Napoleone rispose. •» I popoli del tempo da lui voluto, lispose. » Non
essersi sollevali da se medesimi contro esser giudice fra le provincie e il senato
Venezia, né i francesi avervi avuto alcu- veneto. Soltanto essere sua intenzione che
ra parte. Che se il suo comandante di non vi fossero turbolenze o movimenti
Dergamoavesse cooperato alla rivolta, sa- bellicosi; avrebbe pertanto ailopcrato o-
rebbe slato punito. La prudenza milita- gni mezzo per mantenere la Iranquillilìi
re però non permettergli, anche in niez- alle spalle della sua armata". Frattanto
zo alle vittorie, di lasciare le fortezze di il governo veneto inlesa la relazione dei-
Bergamo e di Brescia interessanti in ca- le conferenze avute da'suoi deputati con
so di ritirata. In quanto a se poi, il mez- Napoleone, e non avendo ricevuto da l'a-
zo pili proprio a ristabilire l'ordine, seni- rigi che vane risposte, poiché nelle nnu-
brargli quello d'interessarvi la stessa re- ve viste del direttorio, le rivoluzioni era-
pubblica francese, stringendovi maggior- no divenute necessarie nella penisola, on-
nieiite i rapporti con appositi legam i. Del de procurare alla Francia oggetti di coni-
restante il senato potere pure usare tran- pensazione da offrirsi niriirqìeralore nel-
quillanunle di lutti i mezzi che credeva la pace, tale destino essendo riservalo
opp(,rluni a sedare le sollevazioni. Ma ;dle provincie venete, il senato non inan-
poiché avea scritto a l'arigi, il suo con- co di decretare la richiesta soniministia--
siglio sarebbe che si attendesse la rispo- zione d'un milione di franchi al mese. E
sia. Franante essere indispensabile che comprendendo finalmente il peiicolo in
l'armata francese fosse mantenuta dalle cui era la repubblica, ordinò 1' arresto
Provincie venete. Iiincrescerglicerlamen- delle persone sospette, ed incomineiò a
te che le sussistenze si fossero finallora munire validamente la capitali;. Radunò
tratte colle tolte, le quali per loro natu- in essai 1,000 schiavoni.e .5,100 uonnni
ra rovinano le sorgenti delle sooimini- «li truppe italiane; dispose nelle Lagtmc
slrazioni. L'unico modo adunque di al- 20G barche amiate; risarcì l'nntiche bal-
leggerire il peso consistere nel converti- lerie delle rade, altre ne aggiunse, e pre-
le le tolte in prestazioni di denaro o di parò viveri ed acqua dolce in grande nb-
gencri. e ciò nella somma d'un milione l)ondanza. Conosceridoquindi chegli abi-
(li franchi al mese. La Francia non avreb- tanti delle montagne che sono al selti.n-
be mancalo di far liquidale quelle som- trionc di Bergamo, di Brescia e di \*;-
64o V E N
jona erano indisposti contio i francesi,
ed ili alcuni luoghi aveano di già preso
Je armi, come dissi piìi sopra , ora tulli
]i sollevò in massa, li ordinò alla meglio
in milizie, e ne armò di falli rnolte mi-
gliaia. Dalle valli di Trompia, di Sabbia
e di Camonica discesero noi que'monta-
nari sul fine di maizo nelle pianure, tru-
cidarono i francesi isolali che inconlraio-
tìOjdisartuaronoun distaccamento di 200
polacchi, e scorsero sotto le mura di Ber-
gamo e di Brescia. Le municipalità però
di queste due cotncuii, soccorse energica-
nunle dal comandante milanese Lahoz,
avevano provveduto alla propria difésa,
3Vel tempo stesso Rilmaine, che coman-
dava i francesi iu IMilauo, volendo prov-
vedere alla sicurezza del presiilio di sua
nazione in Bergaruo, avca mandato co-
là il capo di brigata Laudrienx per dis-
sipare s'era possibile colla persuasione e
coir imponenza quella perigliosa massa.
All'avvicinarsi de'monlanari questi spedi
difalli incontro a loro un ufiìziale con po-
chi dragoni per parlare di pace, ma da'
sollevati crciluti nemici furono respinti
colle fucilate. Allora Landrieux li assali,
li disperse e l'inseguì sino alle gole delle
montagne. La banda che si era avanza-
ta sotto Brescia, capitanata dal conte Fio-
javaiili, a'4 aprile cannoneggiò la città.
]Vel ili seguente. Lecchi che avea preso
il titolo di generale della guardia nazio-
nale, l'inseguì e battè sino a Salò. Men-
tre fjuesla stava per sollomeltersi , so-
praggiunse Fioravanti, circondò i nemi-
ci, e fatto prigioniere Lecchi con parte
de' suoi fu condotto a Venezia. Per le
conseguenze che potevano derivare da'
sollevali, a cui eransi unite truppe schia-
vene, Lahoz uscì in campagna co' lom-
bardi e li disperse. Salò quasi abbando-
nala dagli abitanti, a'i4 aprile fu sac-
fheggiala di quanto vi era rimasto, eie
vicine valli [)oco dopo furono sottomes-
se. Lo spirilo di sollevazione erasi intan-
to diffuso in tutti i dominii della Terra-
ferma, e in diversi luoghi i francesi fu-
V EN
rono anclìe assaliti e trucidali , essendo
gli abitanti generalmente adirati contro
trup[)e che li avevano oppressi con im-
mense tolte di vettovaglie, vestimenta e
altre gravezze. L'Austria applaudiva il
senato per sostenere quelle sollevazioni
popolari, giovandoal mantenimento dcl-
faiitico sistema d'Italia, contenendo la
Spagna dall'ingrandire il duca di Parma,
ed angustiando i francesi indurli a pace
ragionevole. Anzi a'q aprile nella confe-
renza tenuta in Vienna tra il barone di
Tliugut e l'ambasciatore veneto, a que-
sti venne fatta la proposta formale di u-
nire le forze de'monlanari colle truppe
austriache, onde terminare la guerra, cou
iniluire i francesi a pacificarsi. Difatti
Napoleone s'accorse benissi Ilio quanto fos-
se azzardosa la sua posizione nella Ca-
rinlia, mentre i veneziani si sollevavano
alle sue spalle, e perciò affietlossi a con-
cludere a'7 aprile l'armistizio coli' Au-
stria. Allora i veneziani, cominciando a
temere la sua vendetta, a' 12 dello stesso
mesepubblicarouo.»In qne'lempi recen-
ti alcune città oltre il Rlincio, prese da
spirito di vertigine e di sollevazione, aver
intrapreso di costringere altre popolazio-
ni a seguirne l'esempio. Queste però at-
taccate per intimo senso del proprio bea
essere all' antico sperimentato governo,
aver S|)iegato collo zelo per la propria di-
fesa un fdiale ardore; e quindi prese spon-
taneamente le armi, aver invocato dal
naturale loro principe assistenza e sussi-
dia Le quali cose, dirette soltanto all'in-
terne perturbazioni delle stato, non pote-
vano per alcun modo ferire le ingenue
massime di neutralità apertamente pro-
fessate dalla repubblica". Ma Napoleone,
appena concluso l'armistizio coH'Auslria,
a'n aprile raentr'era ancora in Indebur-
go o Judemburgo, die'a Kilmaine il co-
mando di tutte le forze ch'erano in Ita-
lia, e ingiunse a Victor diportarsi colla
sua divisione dalla Romagna nel Vene-
ziano, Scrisse quindi al ministro france-
se in Venezia.» Non potersi più dubita-
V E N
re clie lo scopo dell' aroiamento de' ve-
neziani fosse di circui)dare alle spalle 1 ar-
mata francese. Domandasse perciò al se-
nato una spiegazione (oitnale nello spa-
zio di 12 ore, per sapere se si era in pace
o in guerra. In questo secondo caso par-
tisse subito: nel priuio richiedesse che fos-
sero messi in libertà i carcerati per opi-
nioni politiche, si disarmassero i conla-
dÌDÌ,si accettasse la mediazione dellaFran-
cia per sedare le turbolenze di Bergamo
e di Brescia , e si riparassero alcuni in-
sulti falli a'francesi al Zante e nell'Adria-
tico". iSello stesso tempo spedi a Venezia
l'aiutante di campo Junot con una lette-
ra pel doge, colle solite iniperiose minac-
ce, e coH'istruzione di leggerla pubblica-
mente al senato e chiedere la risposta nel
termine di 24 ore. Il Junol fu difalti in-
trodf>tto nel collegio de' savi la roallina
de'i5 aprile, e lesse la lettera nella qua-
le Napoleone scriveva. «Tutta la Terra-
ferma della repubblica veneta essere in
armi. In ogni parte i contadini armati e
sollevati gridare tuoi te a'frniicesil IMdI-
te centinaia di soldati dell'armata d'Ita-
lia essere di già state sagrificate (non es-
sendo ancora avvenuta la strage di Ve-
rona, avverte VArte divcrificare le da-
te, che i combattimenti, gl'incendii, le
devastazioni e le uccisioni de' francesi fu-
rono esagerali dalla millanteria francese).
Invano disapprovarsi tali radimamenti
dopo che si erano ordinati. Credevano
forse i veneziani che mentre egli era nel
centro della Germania, non potesse far
rispettare il primo popolo dell'universo?
Credevano che le legioni d'I talirì sodrisse-
ro il massacro ch'essi avevano eccitato?
Il sangue de'&uoi fratelli d'armi sarebbe
vendicato. Il senato aver corrisposto col-
la più nera perfìdia a'rnodi generosi che
i francesi avevano verso di lui usnli. A-
ver pertanto spedito un aiutante di cam-
po per dichiarare la guerra o la pace.
Se non iscioglievano subilo i radunamen-
ti. Se non si facevano arrestare e conse-
gnare iu sue mani gli outuri degli omi-
VOL. xcii.
V E N g;i
cidii che si coratiieltevano, la guerra era
dichiarata. iVoii essere già il Turco alle
loro frontiere, non essere minacciali d.i
alcun nemico. Aver essi deliberatamente
fatto nascere pretesti per giustificare uu
raduna mento diretto contro l'armata. Es-
so sarebbe dissipato in 24 ore. IVon es-
sersi piìi a'tenipi di Carlo Vili. Che se
poi, contro il chiarointeudimenlo del go-
verno francese, essi lo riducevano al par-
tito di fare la guerra, non credessero per-
ciò che ad esempio degli assassini veneti
i francesi devastassero le campagne del-
Tinnocentee sfortunato po[iolo della Ter-
raferma. Egli lo proteggerebbe, ed esvo
un giorno benedirebbe sino i delilli che
avevano coslrello l'arronla francese a sot-
trarlo al loro tirannico governo". Il mi-
nislroLallemanlpartecipòeziandioaqtiel
consesso la lettera che avea ricevuto da
Napoleone, ed il tutto fu comunicalo al
senato che si radunò nel giorno islesso.
Somma fu la costernazione de'patrizi nel-
lo udire insultata in tal modo e con tan-
ta alterezza la dignità e la sovranità del-
la repul)blica. Del resto, dovendo per la
propria debolezza dissimtdar l'ingiuiic,
fra'senlimenli d'ira e di terrore, delibe-
rarono di rispondere al generale france-
se, » Essere fermo il senato nella volon-
tà di mantenere pace ed amicizia colla
Francia. JVè questa dichiarazione poter
essere oscurala dagli armamenti di alcu-
ne popolazioni, i quali non avevano al-
cun oggetto di politica esterna. Che se poi
in tanto turbamento erano successi al-
cuni inconvenienti, non potersi i medesi-
mi imputare che alle circostanze del mo-
mento. Del resto essere disposto a pren-
dere le misure tendenti a secondare i di
lui desiderii, persuaso bensli che nella sua
equità avrebbe conosciuto la necessità in
cui era la repubblica di provvedere alla
esterna sicurezza ed olla trnn(juillità in-
terna. Essere egualmente il senato pron-
to a soddisfare alTallra riceica pel casti-
go e la consegna di quelli che avessero
commesso assassiuii contro le truppe frai\-
642 V E N
cesi. Per conciliare poi il conseguimento
ili tulli quesli oggelli aver credulo con-
veuieule tli spedire presso di lui due de-
putali". E di falli elesse a tal uopo Fran-
cesco Donalo e Leonardo Giustiniani. Qui
Y Alle di verificare ledale fa osservare,
che avendo il senato se: ilio a Parigi e in
pari tempo rivoltosi in Venezia a Lalle-
ujant, questi risjìose nel luodu che cou-
suonava interamente collo spirilo politi-
c(j nianifcslato dalla Francia; consigliava,
senza per altro volerlo imporre, di adot-
tare il sistema che tendeva a fondar de-
mocrazie in ogni parie d'Italia; niasifTatla
insinuazione «lon era lale da piodnrre il
convincimento de'capi della re[)ubblica
\eneta. Dicevano essi: » Su[)ponendo pu-
re che noi mutassimo la nostra antica
cosliliizione in un governo (ederalivo, qua-
le vediamo formarsi intorno a noi, qual
bene ne risulterebbe per noi, e in che co-
sa Venezia democratizzala poti ebbe riu-
scire utile alla slessa Francia^'jN'on ostan-
te quanto proponeva il ministro francese
divenne oggetto di seria deliberazione nel
consiglio generale e sovrano. Si raccolse-
ro 200 votanti: e per lai." volta dopo 5
secoli, inlavolavasi d' innovare la forma
del governo di s. Marco, ma esso non li-
porlò che soli -5 voli. Ve n'ebbero 5o per
compriujere l'insurreyioue colla forza e
col rigore, e 180 [)er riportare ad altro
momento le riforme, piuttosto che riget-
tarle assolutamente. Aggiunge, che i de-
putati nel render conto di loro commissio-
ne ciJN'apoleone dicevano :» essere troppo
chiaro theBonaparte divisava di assogget-
tare sempre più lo stalo veneto; aumeu-
taregli con tutta sollecitudine le foitilica-
zioni di l'alma JNova,ed esser padrone del
porlo di Trieste in guisa di esser giunto
a bloccare la repubblica da ogni lato".
Piiprendendo l'annalisla Coppi, egli qui
racconta i già accennali avvenimeiili di
Verona, con nlteiiori particolarità. Dice
che nell'armamento delle provincie, in
Verona, singolare per l'avversione contro
1 francesi, accrescevano la confidenza de'
V EN
cittadini 1,000 uomini dì truppe di linea,
2,000 schiavoni e diverse migliaia di mi-
lizie provinciali radunate dal marchese
Maffei Muridei,e da'conti Nogarola, Giu-
sti e Marescalchi; ed il general austriaco
Laudon, che nella n)età d'aprile era di-
sceso dai Tirolo a quelle vicinanze, colla
sua slessa posizione mise il colmo al fa-
natismo del volgo.ln lale effervescenza de-
gli animi, la sera del lunedì, 2.* festa di
Pasqua, cioè a' 17 aprile, insorta rissa fra
alcuni francesi e veronesi, diversi france-
si furono uccisi o feriti. 11 general Bai-
land che occupava i forti con 1,900 uo-
mini, da tutti e tre fece sparare alcuni
colpi di cannone contro il palazzo del co-
mune. Allora il grido di vendella rim-
bombò per tutte le contrade; si suonaro-
no le campane a stormo, e si cercarono
per ogni angolo i militari e gl'impiegati
francesi alloggiali presso i particolari. Al-
cuni pervennero a salvarsi ne' castelli,
900 rifugiaronsi nel palazzo del comune,
e furono difesi da'magislrati e dalle one-
ste persone, che provvidero alla difesa
dell'ospedale in ciìlà ov'erano i francesi
infermi. Però circa 4oo furono trucida-
ti dalla plebe, mistaco'birrie cogli schia-
voni . JNoti si perdonò né a sesso, né alla te-
nera età, ed a que'malati esisletilì nell'o-
spedale subuibano, con barbarie propria
deiranarchia;ereccidiofu accompagnalo
dal saccheggio sì di quanto apparteneva
a'francesi, non che alle case di parecchi ve-
ronesi. Inutilmente si tentò espugnare i
3 castelli , le artiglierie de' quali invece
danneggiarono gravemente la città. Le
dc[)Iorabili oslililà durate 5 giorni, furo-
no talvolta interrotte per trattare d'ac-
cordo. Non si poterono però mai concer-
tare, perchè i francesi le chiedevano col-
lo spirito di vendetta, né i rappresentan-
ti di Verona aveano autorità suniciente
di comandare al popolaccio furente. Il
provveditore Giovanelli e il podestà Con-
tarini, per non compromettere la repub-
blica colla loro presenza, a' 18 aprile e-
rausi ritirali a Viceuza; ma il governo ve-
V EN
nclo avendo stabilito di assistere decisa-
ineule i veionesija'20,essicoirallrQproV'
vediloie Erizzo erano tornati al loro po-
sto, attendendo artiglieria e 2,000 uomi-
ni di rinforzo per attaccare regolanueu-
te i castelli. Intanto nel giorno preceden-
te, essendosi colà avvicinati Lalioz con
alcuni battaglioni lombardi, e Cliabran
con 3,000 francesi, ne seguirono diversi
coaiballimenti presso Croce Bianca, Pe-
^cantina e sotto il Castello vecchio, onde
i sollevati dovettero limitarsi alle difese.
A' 22 poi, essendo giunta la notizia de'
preliminari di pace conclusi nel castello
di Eckenwald nella Stiria presso Leoben
tra l'Austria e la Francia nel giorno 18
aprilei 7C)7,cioèqaasi un mese prima del
12 maggio i7C)7, e quindi in diril-to ed
in fatto vivente ancor la repubblica; i
provveditori veneti proposero immedia-
tamente a'fraiicesi una conferenza per ve-
nire ad un accon;odainento, fissato pel di
seguente, cessando perciò l'ostilità. San-
feruio, Emilj e Garavetta muniti di po-
teri da'pruvveditori si recarono quindi
dal general Balland per trattare. Ma da'
francesi, pieni d i collera, ed alteri che pel
trattalo di Leoben erano liberi da timo-
ri , non più polendo gli austriaci com-
Jjatlerli, tosto si udirono intimare, che :
55 I veronesi e le truppe abbandonassero
se stessi e le cose loro alla lealtà della
Francia. Tutti i francesi esistenti in città
«e fossero da un commissario di loro na-
zione condotti fuori. Entrassero ne' ca-
stelli sedici ostaggi (6 dice V Arte di ve-
rificare /e f/a^e) per parte de' veronesi, e
fra questi il vescovo di Verona Avogadro,
i provveditori Erizzo e Giovanelli, ed i
due deputali Emilj eGaravetta". Intese
queste dure condizioni, idue provveditori
tentarono di ottenere qualche modifica-
rione, e non essendovi riusciti non vol-
lero acconsentirvi. Essi abbandonarono
i 3 deputati ch'erano rimasti sullo specie
di ostaggi presso il generale francese, e
nella seguente notte partirono per Pa-
dova sciiveado al senato : -•; di aver pie-
V E N 643
so il partilo di sottrarsi dalla faccia del
popolo, e dal'a ferocia de' francesi". In-
tesa la fuga de'provveditori, i principali
cittadini considerando che pel convenu-
to a Leoben, tutto intero l'esercito fran-
cese era libero di prender d'essi vendet-
ta, a'24 aprile convennero tumultuaria-
mente con Balland condizioni analoghe
a quelle di già proposte, e di più stabi-
lirono di pagare 4o.ooo ducati per es-
ser salvi nella vita e nelle sostanze. Il pre-
sidio veneto fu fatto prigioniero e man-
dato in Francia (invece V Arte di verifi-
care le daLeà\cQ che la truppa regola-
re prese la strada di Vicenza con armi e
bagaglio). Ecco poi come l'elegantissima
penna del eh. p. Bresciani nel tanto suo
celebralo libro : Ubaldo ed Irene, rac-
coiilo dal 1790 al i8i4i presso la Ci-
viltà Cattolica, serie 2.", t. i 1, p. 197,
fa narrare il fatto da un veneziano. « I
generali Balland e BeaupoiI, i quali te-
neano in guardia i castelli di Verona,
che è non è cominciano dall'alto improv-
visamente e senza motivo a bombardar-
la ; il popolo che era alle funzioni di Pa-
squa, stanco di tante sevizie sofferte in
pace per quasi un anno, rinnega la pa-
zienza, e fa pasquare i francesi, che da-
vangli fra le ugne, battezzandoli nell'A-
dige, arrostendoli ne' forni, bollendoli
nelle caldaie de' tintori, e per più gior-
ni festeggia le pasque veronesi, che di-
vennero sì funestamente celebri nelle pri-
me guerre de' francesi in Italia. L' eser-
cito francese tornava dalla parte dell'I-
sonzo, della Piave e del Tagliamenlo do-
po aver concluso il trattalo col principe
Carlo,e udito di coleste pasque crudeli, i
rumori, le stride, l'abisso, il finimondo
che fecero contro Venezia furono incre-
dibili. Il senato protestava : che il popolo
veronese fu provocato; eh' è un popolo
fedele, mite, piacevole e bonario, ma che
appunto il furor dell'agnello si convertì
alla fine in rabbia leonina ".Le milizie
provinciali disarmate tornarono alle lo-
ro case, e neir islesso giorno le truppe
r,44 V E N
liancesi occuparono la citlà di Verona,
e si stabilì un governo municipale (de-
clama il conle Dandolo ; Le altre venezia-
ne Provincie doveano plaudire anch'esse
all'inauguiazione di questa bastarda li-
bertà, ed all'insediamento de' raunicipii
democratici, refocillando parimenti con
jarga vena doro i loro famelici liberato-
ri). Nel bollore d£gli animi, i vincitori
disprezzarono la militare disciplina, uf-
fìziali e soldati commisero atti arbitrari
ed estorsioni d'ogni genere. Kilmaine a-
■vendo preso possesso della costernala Ve-
rona, impose iramediataraente una con-
tribuzione di 120,000 zecchini. A que-
sta somma Napoleone (il quale, osserva
il conte Dandolo, a' 18 aprile ne' preli-
minari di Leoben, situata nell'alta Sti-
ria, in cui certamente non conosceva i
fatti di Verona, e non avea ancor dichia-
rata la guerra, in essi con frode avea di-
sposto, come di cosa sua propria, della
massima parte dello stato veneto. Di fat*
ti leggo nel trattato : L' imperatore ce-
deva i Paesi Bassi austriaci e rinunziava
alla parte de'suoi stali in Italia che si tro-
vavano sulle sponde destre dell'Oglio e
del Po, cioè al Milanese; ed avea in com-
penso quella parte della Terraferma ve-
neziana ch'era compresa fra l'Oglio, il
Po e gli stati ereditari austriaci. Avea in-
oltre la Dalmazia e l'Istria veneta. Quel-
la porzione poi degli stati veneziani ch'e-
ra fra l'Adda, il Po, l'Oglio, la Valtel-
lina e il Tirolo appartenesse alla repub-
blica francese. Questa però rinunziò a'
suoi dirìlli sulle 3 legazioni pontificie di
Ferrara, Bologna e Romagna acquistate
col trattalo di Tolentino, riserbaudosi la
fortezza di Castel Franco ossia Forte Ur-
bano, sul Bolognese; e queste provincie
si accordarono alla repubblica di Vene-
zia. Infine, la parte degli slati d'Italia ce-
duta dall'imperatore e quella che la re-
pubblica francese acquistava da'venezia-
ni, formassero una repubblica indipen-
dente. 11 duca di Modena avrebbe un
compenso alla pace generale, da farsi a
YEN
Berna, che poi dopo le conferenze d' 11-^
dine e di Passeriano, ebbe luogo a Cam-
poformio) ne aggiunse altri 5o,ooo, or-
dinando ili più, che : '5 si somministras-
sero 1 2,000 divise militari compiute, si
prendessero lutti i pegni del Monte di
pietà d' un valore superiore a' 5o,ooo
franchi, gli argenti delle chiese, lutti i
cavalli delle carrozze e da sella, tulle le
collezioni di belle arti e di storia natu-
rale tanto del pubblico che de'parlicola-
ri, e filialmente una commissione mili-
tare condannasse gli autori della solleva-
zione e confiscasse i loro beni. Molti ve-
ronesi distinti, imputati d'aver prepara-
to l'insurrezione contro i francesi, furo-
no difatli arrestati, alcuni eziandio fuci-
lati, e fra questi l'ostaggio Etnilj, il conte
Augusto Verità e Malenza, Le contribu-
zioni poi furono alquanto moderale, poi-
ché il general Augerau, che in appresso
sopraggiuuse in qualità di comandante di
piazza a stabilirvisi, rappresentò a Napo-
leone, che : » dopo l'anarchia del popo-
laccio e l'estorsioni fatte da'francesi, non
era più possibile di estrarre laute cose da
una città desolala ". Mentre poi i vene-
ziani perdevano cosi la loi'o principale
citlà di provincia, come la denomina il
cav. Coppi, ed erano compresi dalla più
viva inquietudine su ciò che doveva pro-
durre la fallila mossa de'veronesi, avvenne
in Venezia quel caso malaugurato che nar-
rai ueln.i5del§XVlll,percuiancheora
in breve lo dirò. A'20 aprile, o meglio a*
2 ijCome vuole il cav. Mulinelli, la golet-
ta il Liberatore d'Italia, principale ba-
stimento d'una piccola flottiglia france-
se di i3 legni, che da alcuni giorni sen-
za alzare bandiera si teneva sulle volle
del golfo Adriatico, comandato dall'au-
dace capitano Laugier, benché armato di
soli 8 cannoni, contro il divieto fatto dal-
la repubblica, a cagione delle gravi cor-
renti circostanze, che nessuna nave fore-
stiera armala entrar potesse nell'Estua-
rio, violentemente sforzando la bocca del
porto del Lido vi pose rincora. Nulla cu-
V E N
l'andò rintimazione fattnqli dal coman-
dante del lido Domenico Pizzaiuano, di
allotitaiiaisi, essendovi una le^ge gene-
rale che proibiva l'ingresso a'basli.nenti
oroiati di qualunque insegna straniera,
il comandante; francese rispose con arro-
ganza a questa intimazione, onde i solda-
ti schiavoni che presidiavano il forte s.
Andrea gli scaricarono contro q canno-
nale a palla, ed altre da alcuni piccoli le-
gni sui quali temerariamente avea fatto
in precedenza tirare le sue arliglierie.Fer
l'udio che ormai si portava contro il no*
me francese, la ciurma d'una galeotta vi-
tina, composta di schiavoni, essendo sta-
la as^'alita, abbordato il vascello, si sca-
gliò sull'equipaggio formato di 4o uomi-
ni ; dopo averne feriti 8 e uccisi 4, tron-
carono la testa a Laugier (nel § XVllI,
u. i3, col cav. Mulinelli, Annali Urba-
ni, dissi 1 3 trucidali compreso Laugier)
nell'alto che voleva incendiare la polve-
riera, e poscia predarono tutto, essendo
carico di munizioni da guerra. Gli altri
dell'equipaggio foggiti a nuoto, molli si
annegarono^ diversi furono falli prigio-
ni. Questo fatto pose in iscompiglio qua-
fei l'intera città, come fosse stala assalita,
molli accorsero alla difesa, finché sapu-
tosi r avvenuto tornò la quiete in ge-
nerale. Il governo, tenuto consiglio, lo-
dando la condotta de'comandali e della
truppa regolare, disapprovò gli eccessi
commessi dagli schiavoni, e dispose che
si restituissero le cose lolle. Quindi al-
cuni esclamarono, non esser più tempo
d'avere alcun rispetto u'francesi, che di-
mostravano cosi aperlamenle i loro pra-
vi disegni : doversi il senato ricordare
una volta gli escm[)i d'intrepida virtù
de'Ioro maggiori. So non che coloro che
erano braniosi di cose nuove, che teme-
vano pei loro beni di terriifernia, e che
sognavano poter sussistere libertà conce-
duta dallo slranieru, esagerando e dicen-
do formidabile la potenza de'hancesi co-
mandali <\i\\ fulmine di guerra iNnpoleo-
ue, senza forze da potergli tener fronte,
V E N 645
intimidirono tanto gli animi, che venne
decretato doversi dare a quel generale ia
capo accurata notizia dell'infiuslo acca-
duto, e colla restituzione del tolto of-
frirgli le riparazioni che domandava. .\l-
l'epoca di tali disposizioni, in Venezia si
sperava, che i francesi assediati ne' ca-
stelli di Verona fossero astretti a capito-
lare ; si sapeva ohe i paesani armati e-
ransi impadroniti del forte della Chiusa,
e fatto man bassa della guarnigione fran-
cese ; che a Castiglione erasi disarmato
un loro distaccamento, e ch'erano avve-
nuti fallì motloseriia Desenzano, a Chia-
ri e a Valeggio. Formava pure un sog-
getto di speranza pe' veneti l'avvicinarsi
della colonna austriaca del general Lau-
don, perchè ancora s'ignoravano i preli-
minari di pace segnati a Leobeo a'iB a-
prile, che già riportai. Sebbene i venezia-
ni da qualche tempo aveario sospetti e ti-
mori sull'indennità segreta per l'Austria
fissata sugli slati veneti, quando la conob-
bero destò in loro grandissimo stupore,
indignazione e ira nel sentire come a Leo-
bcn, senza la loro minima intelligenza,
erasi diviso segretamente la maggior
parte delle provincie che dominava Li re-
pubblica di Venezia, col palio di com-
pensarla colle tre legazioni pontificie, tol-
te colla prepotenza al suo legittimo e an-
tichissimo sovrano, la s. Sede, rappresen-
tata da Pio VI. JN'el tempo stesso si venne
pure a conoscere da Venezia,a vere il gene-
ral Kihnaine preso possesso di Verona,
e indipendentemente dal le misure di som-
mo rigore e di spoglio praticate d' ogni
specie, e indipenilentemente pine dal di-
sarmo de'paesani, erano già in piena in-
surrezione contro la capitale gli abitanti
della riva destra del Mincio, e (ìnilmen-
ie che dal Milanese e dalla Uoniagna a-
vunzavansi verso le Lagune delle colon-
ne francesi. Fu un errore, dice 1' Arte
(li \rrificarc le <laU-, togliere tanta gen-
te al proprio lavoro, colla leva in massa
di circa ;5(),f)uo uomini, provocantloli a
tiucidare sen^a diilinzione tulli i nemici
646
VEN
ile! governo di s. Marco ; giaccliè non
doveasi loro altro ingiungere, die ili re-
spingere i nemici nel caso di attacco e
{)unire i ribelli. I sudditi veneti non do-
veano venire alle mani co' francesi, ri-
conosciuti neutrali da'capi del governo,
i quali aveano diiitto di essere come tali
trattati, non essendo stata punto dichia-
lata la guerra. Era un fomentare pre-
testi per effettuare le prave intenzioni del
uemico. Giunte le cose a tali estremi, nes-
suno poneva in dub!)ioclieIe truppe fran-
cesi, dopo essersi impadronite di Vero-
na, non iiudrissero progetti controia stes-
sa Venezia, continuando l'armata a con-
quistare e rivoluzionare, a misura che a-
vanzava verso la sede del governo. Allor-
ihè, al momento dell'affare di Verona,
il senato fece far ia rassegna delle forze
di cui potesse disporre nelle Lagune, egli
non conosceva i misteri di Leoben, e non
poteva ancora sospettare che vi fosse per
lui argomento di funeste previsioni. Le
forze venete per la difesa mobile, secon-
do la citata opera, consistevano in 3^
galee o fìiuche, e i68 barche cannonie-
re, che in tutto portavano ySo bocche
da fuoco, e 8,5oo uomini. Tutte le bat-
terie che custodivano i varchi erano ar-
mate. La guarnigione della città si com-
poneva di 1,700 uomini, i quali veniva-
no successivamente rinforzati da truppe
regolate a misura che queste sgombera-
vano dalle città di Terraferma. Tutte le
truppe italiane e schiavone sommavano
Je prime a circa 3,5oo uomini, le secon-
de a I 1,000. Eranvi mezzi di contrasta-
re il passo, naturalmente tanto diflicile
delle Lagune, all'arniata francese, con-
tro cui Venezia avea da lottare corpo a
corpo, né quell' armata avea una barca
sola per entrare nella capitale. Sulle for-
ze militari della repubblica riparlerò do-
po la sua caduta col conte Dandolo. Tro-
vo in Coppi, che Napoleone,allora Bona-
parte, dopa la sottoscrizione del (atale
trattato di Leoben recossi a Gratz, dove
iacontrò i deputati veneti Donalo eOiu-
V E N
sliniaiii, e li ricevette a'a 5 aprile, men-
tre non eragli per anco nota l'uccisione
di Laugier. A'ioro discorsi d'amicizia e
di accomodamento, padroneggiando fie-
ramente rispose. «Non voler più l'inquisi-
zione, la quale era un'istituzione de'secoli
barbari; la repubblica lirael tesse in li-
i)erlà tutti i carcerati per opinioni poli-
tiche. Punisse coloro cheavevano oltrag-
giato i francesi, disarmasse il popolo e si
ilichiarasse contro l'Inghilterra, caccian-
do il suo ministro da Venezia, altrimen-
ti esso le avrebbe intimato la gueria. Al-
lorquando aveva l'arciduca Carlo a fron-
te, aver offerto al Pesaro l'alleanza colla
Francia, ed essere stata ricusala. Ora a-
vere 80,000 uomini disponibili, e non
avere più bisogno d'alleati. Sarebbe sta-
to per Venezia un Attilal Non voler più
sentire progetti; voler soltanto dettar la
legge. Essere sua intenzione che non vi
fosse più senato, i nobili delle provin-
cie che dianzi erano schiavi dover par-
tecipare al governo. I\la di già il gover-
no essere vecchio, e dover per conseguen-
za cadere ". A queste furiose nnnacce ,
incominciò quindi ad unire i fatti, occu-
pò colle sue truppe tutta la Terraferma,
ne cacciò i veneti magistrati, e vi fece
sostituire municipalità rivoltose (cosi Vi-
cenza, Padova, Udine, Bassanoec. eransi
proclamate indipendenti, ed erette in go-
verno democratico , ciascuna città pre-
tendendo erigersi in separata repubbli-
ca: a mano a mano ch'erano occupate
da'francesi, cessavano di comunicare col-
la metropoli, contro cui dirigevano rivo-
luzionari proclami minacciosi, accompa-
gnati da ordini del giorno e da lettere
de' generali francesi, le cui espressioni e-
rano pe' veneziani ancor più tremende ,
poiché dicevano di non avvicinarsi se
non che armali della spada della veti'
detta); sequestrò i beni de'nobili, e cir-
condò la capitale stessa colla divisione
del general Luigi Baraguay d' Hilliers. I
francesi erano già alle sponde delle La-
gune, allorquando a'3o aprile giunse in
V EN
Venezia la relazione delle conferenze di
Gratz. Di più essi svelavano l' esistenza
d' un progetto di mutare il governo. vSi
tenne tosto nelle stanze del doge una
conferenza co' 43 capi del l'animi nistra-
zioDC. Il solo procuratore Pesaro fu
quello che propose di nuovo di adottare
tutti i mezzi di difesa, e di occuparsi es-
senzialmente nel mantenimento della
Iranquiliità di Venezia. Non era finita la
conferenza, che il comandante la (lotti-
ylia avvertiva aver di già i francesi co-
minciato ad erigere trincieramcnti nelle
maremme confinanti colle Lagune, ma
che ove ne venisse autorizzalo egli non
avrebbe temuto distruggerli a colpi di
cannone. 11 (|uale avviso sparse la coster-
nazione nell'assemblea , la quale prima
di sciogliersi die' facoltà all' ammiraglio
di fare quanto proponeva , ed anco di
trattare un armistizio. Nella slessa sera
s'intese a Venezia tra l'antiguardo fran-
cese die giimgeva a Fucina , e alcune
scialuppe della floUiglia veneta un av-
vicendalo scoppio di artiglieria. Quindi
il Pesaro colle lagrime agli occhi annun-
ciò, ch'egli partiva per la Svizzera, es-
sendo già decisa la sorte della patria sua:
invece corse diftilato a Vienna! La mag-
giorità del senato, dopo aver lungamen-
te esitato, fermò il principio d'inlrodiu'-
re nel governo tulle quelle modificazio-
DÌ necessarie per avvicinarlo gradala-
ujente e senza scosse alle forme demo-
cratiche. Ridotte a tal punto le c<jse, di-
ce il conte Dandolo , il doge Lodovico
Manin, uomo onesto, della patria aman-
tissinio, che l'aveva ottimamente servita
nella reggenza delle soggette provincia,
nelle quali aveva lasciato assai buon no-
me di se ; era tutta volta lontanissimo dal
possedere (piell'altezza d'ingegno, (luci-
la prontezza di consiglio , e sopra lutto
fpjel la fortezza d'animo e ([uella sereuità
(li mente, che specialmente si domanda-
no in colui ch'è chiamalo a salvare nelle
più grandi fortune del mondo la nave
pericolante dello stato. Ad onta di tulli
V E N 647
i legami imposti all' autorità del dogi; ,
non era in sostanza cpiella semplice rap-
presentanza che molti credono. Infatti
egli non era solamente ca[»o della signo-
ria, ma lo era altres'i del collegio de'Sa-
vi, del consiglio de' Dieci, del senato e
del maqsrior cnnsinlio: e la sua autorità
durava quanto la vita, mentre quella di
ogni altro era ristretta entro i confini
di tempo più o meno breve (meno i pro-
ctwatori di s. Marco ch'erano a vita).
Posto dunque in tal condizione un uo-
mo fornito di mente robusta e d'animo
energico, eflicacemente poteva inlluir sui
destini della patria. Il doge Manin dun-
que, in questo frangente, raccolse intor-
no a se una straordinaria consulla, com-
posta de' capi delle primarie magistra-
ture ; e col parere di tpiesta, benché a
merito specialmente del defunto Jacopo
Nani fitto a'2 giugno 1796 provveditore
straordinario alle Lagune e Lidi, si ordi-
nò che fosse posta Venezia , se non in ot-
tima, certo in sullìcientissima condizione
di difesa, e induceva il maggior consiglio
a conceder plenipotenza al senato di Irat
tar la pace col generalissimo della nuo-
va divoratrice repubblica francese. Nota
inoltre il conte Dan(lolo,che il Nani, già
nel I 7G6-67 comandante la s(|uadi a con-
tro Tripoli, fin dilla sua destinazione a
provvedere alla difesa di Venezia, con-
vinto che la sua resistenza avrebbe po-
tuto essere, non solamente vigorosa, ma
lunga, f[uanclo pure si fossero interamen-
te impedite le sue comunicazioni colla
Terraferma, pensava tosto ad assicurare
alla sua numerosa popolazione il neces-
sario approvvigionamento d' acijua po-
tabile; e l'opuscolo intitolalo: Bra'e
ragguaglio mi Pozzi del Lido e le Ci-
s terne di P'e/iezin, compreso in due Me-
morie presentale a S. E. il N. CI. Gia-
ronto Nani K. provK'cdilor edile. Lagune
e Lidi da Giuseppe. Ferretti e Fincenzo
Dandolo, ScuQÌ\a i7f)(S,dalla tipografia
Curii , rimane irrefragabile documento
degli sludi falli, e delle opere in parte
6/Ì8
V E N
anche utilmente eseguite per ordine suo,
ne' mesi di giugno e luglio i yqG. Morto
il Nani a'n agosto seguente Jultocadde in
luina. Imperocché apprendo pure dal-
l' ottimo conte Dandolo, nella biografia
dello stesso Jacopo Nani, che dopo la
sua morte gli fu sostituito il senatore
Giovanni Zusto, ma 1' età sua quasi ot-
tuagenaria, la novità dell' uffizio e le an-
gustie del tempo, in si solenni momenti,
Jo rendevanoassai minore del carico; per
cui la gelosa e importanlissiraa autorità
cadde intera nelle mani del luogotenen-
te, quel Tommaso Condulmer che suc-
cesse alcelehratissimoEmo,ech'era ven-
duto a Bonaparte (poi da molli abbor-
rito, dagli altri dimenticato, conduceva
da piùanui povera ed oscura vita a Tre-
viso, quando nel 1 806 fu da Napoleone I
tratto da quell'oscurità, lautamente ri-
munerato de' cattivi servigi resi alla pa-
tria, né in questo fu solo, creandolo ca-
valier d'onore della vice-regina Amalia
di Baviera, conte, senatore e cavaliere
della corona di ferro ). Ecco come V Arte
di verificare ledale narra 1' operato nel
gran consiglio , depositario del sovrano
potere, riunito nel i.° maggio nel palaz-
zo ducale circondato di truppe e di can-
noni, formandosi di 619 patrizi, cioè
quasi la metà del corpo della nobiltà. Il
doge Rlanio, qual sovrano, pronto ad
abdicar la corona, tenendo in mano il
iuo coruo ducale, pronunziò con tuono
commovente e dignitoso un discorso la cui
sostanza era questa. » L'anno 1297 Pie-
tro Gradenigo concentrò nel solo ordine
Dostro l'autorità del gran consiglio. Ora
sembra giunto l'istantedi restituirla tut-
ta intera alla nazione veneta. Se voi.
Signori, al pari di me stimate necessario
il sacrifizio che vi propongo, conoscerete
pure quanto esso riuscir possa funesto
agl'interessi di moltissimi nobili, diesili
qui dovettero la loro sussistenza alle ca-
riche dello stato, ma a'quali la giustìzia
vostra vorrà garantire il risaniinento
delle loro perdite; meulre io mi ripute-
V EN
rò felice di contribuirvi col mio privato
peculio ". La proposta di autorizzare i
due senatori deputati e V ammiraglio
delle Lngune ad intendersi con Napoleo-
ne sulle modificazioni da introdursi nella
forma di governo, venne sviluppata e
sostenuta da uno de'consi"lieri del do"e e
da un capo della quaranlia criminale;
dopo di che succedette un triste silenzio;
indi si fece lettura del progetto di deli-
berazione: si passò a' voti col solito scru-
tinio, e v'ebbe 5oo voti pel progetto. 7
contro e 1 5 non votanti. Adottata la de-
liberazione, vi si unì un'istruzione in cui
raccoDjandavasi a' deputati commissari
di rappresentare che: Il governo spoglio
d' ogni autorità in Terraferma, non po-
teva in verun modo castigare coloro che
si erano resi colpevoli verso i francesi.
Quanto al disarmo, promettevasi avreb-
be luogo subito dopo l'accomodi mento;
finalmente quanto alla rottura coli' In-
ghill erra, pine pretesa da Napoleone, si
ordinò a' deputati di dire, ch'essa com-
prometterebbe i più gravi interessi della
repubblica veneta. Si aggiunse inoltre
a' due deputali Alvise Mocenigo, giada
ultimo podestà di Verona. I nobili sino
alloia inquietissimi, uscirono dal consi-
glio tranquilli e con apparente serenità,
conseguenza di un gran partito preso, la
qiKile tosto si trasfuse per l'agitata cit-
tà. La convocazione del maggior consi-
glio e di 43 primari magistrati , falla
dal doge Manin il i." maggio, al riferire
del cav. Coppi, ebbe dunque per iscopo,
nella decisa angustia delle circostanze, e
nell' imminente pericolo della patria , di
domandare all' assemblea l'autorizza-
zione, a'due deputali Donalo e Giusti-
niani, di estendere i loro negoziati an-
che sopra argomenti dipendenti dalle di-
sposizioni del maggior consiglio, presso
cui risiedeva il supremo potere della re-
pubblica, per impedire a questa la sua
fatale rovina minacciata da Napoleone.
Venne accordata, ed a loro si aggiunse il
Bloccnigu. Piitornati subilo nel gioruu
V E W V E M 64q
jlessoi deputati da Napoleone, si presen- lo di dichiarala guenn)". Riferite que-
tarono a Palma Nova, prima ricusò lice- sto cose da'deputali in una consulta slra-
verli, scrivendo iorosdegnosamenleper la ordinaria co' 43 capi delle magistrature
morte che avea saputo di Laugier; poi li nelle sale del doge la sera de'2 maggio,
ammise all' udienza (a Malghera, ove lo sotto la pressione del terroie, si deliberò
trovarono con un cannocchiale iu mano, di proporre al maggior consiglio la ne-
come prendesse le sue misure per attac- cessila in cui si era di condiscendere ai-
care Venezia. Impresa per altro malage- leminaccievoli richieste. Propagatesi pei*
vola senza l'aiuto di gran numero de'suoi la città le terribili minacce, non è a di-
abitanti ; dappoiché, non si poteva sor- re rpianta e quale fosse la costernazione
prendere una città d'ogni parie circon- e il timore di tulli, e come si ricorse eoa
data d'acque, le quali non ponuo soste- fervore adicnplorare le misericordie del-
ner che piccole barche, e i cui approcci l'Onnipotente Iddio, l'intercessione dei-
si custodiscono per dir cosi da se slessi), la lì. Vergine e del patrono s. Marco.
In due colloqui ch'ebbe con loro ne'pri- Intanto si atterrava il Leone di s. IMarco
mi due giorni di maggio, i deputati lo la- nelle città della Marca Trivigiana e nel
starono eziandio se si poteva riparare col Polesine di Pvovigo,ed istituivansi nuove
denaro. jMa iNapoIeone. n)Ostrandosi viep- autorità democratiche, in guisa che di
pili sdegnato per l'eccidio di Laugier, col tutti i possedimenti della repubblica ve-
coosueto suo burbanzoso contegno, disse neta in Italia non restava che la soLi
loro apertamente: » Che non sarebbe en- cinta delle Lagune. Il quartiere generale
Irato in negoziazioni se prima il maggior francese era a Mestre, cioè a dire, meno le
consiglio non faceva arrestare e punire i dilllcoltà del trasporto, iu un sobborgo
3 inquisitori di stato, veri istigatori degli della capitale dell'antico stato veneto; e
assassinii de' francesi, non che il coman- india poco vennero dal ministro di Fraii-
<lf)nte della marina che avea ordinato il eia rinnovate in forma di nota diploma-
fuoco sopra il bastimento del Laugier. tica tulle le domande del supremo gene»
Non cento milioni , non lutto T oro del rale. I veneziani, credendo di abbonac-
Perù r avrebbero rimos<;o senza vendi- ciare la tempesta colla condiscendenza ,
care il sangue de'suoi. Del resto si deci- preparavansi a ciecamente ubbidire, e
dessero fra la pace e la guerra. Aver tra- prima di lutto a' 2 maggio slesso rido-
smessoal diretlorioesecntivoi documenti nando la libertà a tulli coloro ricono-
perchè deliberasse la guerra in diritto; sciuli per opinioni avversi a Venezia e
ma intanto egli operava in latto. E se fiivorevoli a Francia. Di ciò soddisfatto
non gli si accordava quanto avea richie- iNapoIeone, però sempre insisteva che
sto, fra \5 giorni al piìi, sarebbe [)adro- Venezia ritornasse alla |)rimitiva origina-
ne di Venezia. Né i nobili si sarebbero ria ("orma di governo democratico, doveii-
soltratti dalla morte che coli' andar er- do cessare l'aristocratico. Il doge Manin
rande per la terra, come facevano quelli non era da tanto di scongiurare la bur-
di Francia, ed i loro beni, ch'erano nelle rasca, come altri suoi gloriosi predecesso-
Provincie ormai da lui dipendenti , sa- ri nelle sterminali ici guerre di Chioggia
rebbero slati confìscnli. nualunqne de- e di Canibiay ; el'ommaso Condulmer,
liberazione fosse solLcila ; e intanto pri- oltreché infido, inentie che avea voce de-
ma de' 7 di maggio non avrebbe fallo cisiva nelle cose milil.iri, non era degno
commettere alcuna ostilità contro la re- allievo di Emo: nientemeno, che alla vi.
ptdiblica (eh' é quanto dire, gli accordò gilia della caduta di Venezia, inlerrog.ilo
4 "iorni d' armistizio, con una nazione dal senato intorno la |)0ssibililà di di-
con CUI uon SI Uuvava Id Francia in isla- leader Venezia, con vile impudenza ri-
{) U)
V E IN
SMose: non polrfÀ resistere che sole ven-
tinuatlro orci Sfioulata risposta, di cui
la sluria fece la dehila giustizia. Quindi
ladunnlasi nuovaincnle la sovrana as-
iemblea a' 4 '"^oo'^j '' doge Manin con
voce tremula propose di gratificare ai
voleri di Napoleone, e di condiscendere
alle tninaccievoli sue richieste, laonde
fu stabilito.» Confermarsi a' deputati il
pieno potere di convenire con Bonapar-
le, e promettere in nome della repubbli-
ca di Venezia lutto quello che fosse ne-
cessario in ogni argomento, ariclie nelle
materie di costituzione e di governo, col-
la riserva soltanto della ratificaziune per
parte del consiglio sovrano; il che fu ri-
5)ululo alla maggiorità di 704 voti, con-
tro 100 12 in bianco. Intanto per pro-
vare l'ingenuità de'suoi sentimenti, ade-
rire il n»aggior consiglio alle richieste
preliminari soddisfazioni. Ordinare per-
ciò l'arresto de' 3 inquisitori di slato, del
comandante del castello del Lido e quel-
lo della stazione eh' ebbe pai te nella
molte di Luugier, e la liberazione di tul-
li i carcerali per opinioni politiche". Co-
sì fu fatto interaniente. E gì' inquisitori
Agostino Earbarigo, CaterinoCornaro e
Angelo Maria Gabrielli, non che il co-
inandanle del Lido Pizzamano, e pare
anche l'altro comandante subalierno, si
costituirono spontaneamente io arresto
nell'isola di s. Giorgio;e gli avogadori,
che doveano farne rapporto al giudizio
del gran consiglio ne cominciarono il pro-
cesso. E fu allora che si fecero uscire dal-
le prigioni anche gì' insorti di Brescia e
altre città di Terraferma presi coll'armi
in mano. Premessi questi atti di vile ,
ma ormai d'indispensabile condiscen-
denza, nello slesso giorno Lallemant ebbe
ordine di partire colla sua famiglia da
Venezia, lasciandovi il segretario di lega-
zione Villelard, e recandosi a MiUuio a
raggiungere il generale in capo. Da quel
momento il governo di Venezia rimase
composto: i.°del gran Consiglio o Signo-
ria, vale a dire il doge e suoi consiglieri.
YEN
con dirillo di convocare all' occorrenza;
2. "di una Consulta permanente, cui era
affidata ramministrazione civile, non pili
raccDglieudosi il senato, ed essendo scom-
parso il consiglio de' Dieci , ordinaria-
rianiente it»caricato di vegliare alla pub-
blica sicurezza, non che l'autorità degli
inquisitori di stalo o tribunale supremo:
i sei Savi che componevano la Consulta
chiamavano a lor grado taluno de' pre-
decessori, per giovarli co' loro lumi per
averavutoparte al ministero; 3." de'prov-
veditori mditari , che comandavano lu
forza armata. Quanto alle magistrature
interne esse continuarono nelle loro fun-
zioni. 1 deputali recatisi da iVapoieone
per fiprire nuovi negoziali, sbalordirono
quando (piello V 8 maggio fece pubbli-
care un manifeslo, prepaiato in Palma
Nova sin da' 2 (dubito che la pubblica-
zione del manifesto seguisse 1*8 maggio, e
sendjrami fallo numerico e piuttosto do-
versi le';"ere 3 ma^iiio, bensì emanato iu
Palma Nova; con questa lezione corre-
rà regolarmente quanto devo riferire ),
in cui disse. >i Che mentre 1' armata
francese combattendo nelle gole della
Stiria avea lascialo dietro di se i prin-
cipali suoi stabilimenti e l'Italia, do-
ve non rimaneva che un piccol nume-
ro di battaglioni, il governo veneto e-
rasi approfittalo della settimana santa
[)er armare 4o>ooo contadini e distri-
buirli con IO reggimenti di schiavoni ad
oggetto d' intercettare a' francesi ogni
sorta di comunicazioni. Vantarsi aperta-
mente gli ufllziali, essere riserbalo ai
veneziani di verificare il proverbio, che
{'Italia era la tomba de' francesi. Molli
militari ed altri individui francesi essere
stati in alcuni luoghi del territorio vene-
to insultali ed anche trucidali. Viste per-
tanto quelle cose, ingiungeva al ministro
di Francia residente in Venezia di par-
tire subito; ordinava agli agenti della re-
pubblica veneta in Terraferma di sgom-
brarla nel termine di 24010; ed a'coman-
danti francesi di trattare coinè nemiclie
\ E .1
Te tfuppe vcnele". Allorquamlo però fa
pubblicalo questo manifesto, molte cose
in esso preseti Ite erano di già stale ese-
guile, e le truppe venete che si poterono
prendere prigioniere, d'ordine di iN'apo-
leone, ebbero gli ufCziali processati come
assassini.Egli scrisse poi al direttorio:« Do-
versi cancellure il nome veneziano dalla
superficie del globo. Essere frattanto sua
intenzione di stabilire in Venezia un go-
verno democratico, ed introdurvi ezian-
dio 3 o 4;000 uomini ". Il direttorio non
si oppose a tulle queste operazioni del
suo generale; e intanto cacciò da Parigi
il ministro veneto Quirini, il quale fa-
cendo per parte sua quanto poteva, ave-
va eziandio lentato di salvare !a patria coi
promettere di sborsare 600,000 fianchi
al direttore Barras. iMa ingannalo in ciò,
oppure deluso, nulla ottenne. Del leslo,
raggiunto Napoleone da' deputali veneti
a Milano, ov'erasi frattanto recato, e in-
teso l'arresto degl' inquisitori di stalo e
del comandante del forte di s. And rea, pro-
rogò l'armistizio per altri 8 giorni e disse:
'•Essere tutto finito. La Francia non aver
più cosa alcuna coritro la repubblica di
Venezia. Sarebbero quindi restituiti i pae-
si occupati ; ma siccome questi erano >lati
ri voi tati a democratico reggi mento, avreb-
bero certamente incontrato ddiicoltà a
riunirsi nuovamente alla capitale, senza
partecipare al governo". S'incominciò
pertanto a trattare sul modo di riformai e
lo slato, e si discusse se si dovessero sol-
tanto cambiare alcuni antichi ordini, op-
pure si dovesse fare un' innovazione to-
tale. Napoleone a vea ammesso a'negozia-
ti il ministro Lallemant e l'ordinatore in
capo Haller (forse quello sfesso che poco
du[)0 tiranneggiò Pio ri); e dopo le pri-
me conferenze incominciò ad adoperarsi
scaltritamente per indurre i veneziani al-
loslabilitocambio delle provinciedi Ter-
raferma colle legazioni pontificie. Quindi
Haller lusingava talvolta i de[)utati.»> Po-
tersi con un grosso esborso di denaro e
col cambio di alcune ^)rovÌQcie, accoaio-
V E i\ r,M
dare ogni questione". Napoleone poi ac-
costandosi più allo scopo prefisso, sog-
giungeva che » non solo 6Ì sarebbero re-
stituite a'veneziani le città naturalmente
sudtiite.ma essi sarebbero stali inoltre gli
eredi del Pnpa. Insomma poi riilettessero:
o volevano accordare lo stabilimento del-
l'assoluta democrazia iu Venezia, o con-
servare l'aristocratico governo.Nel i."caso
avrebbero ricuperato e ingrandito l'an-
tico stalo; nel 1.° avrebbero conservato
le Provincie oltre il mare Adriatico, ed a-
vrebbero un piccolo territorio di 10 le-
ghe atlorno alle Lagune, nel quale sa-
rebbero inchiusì Treviso, il Dolo (dov'e-
rano le villeggiature de' patrizi, nota e-
ziandio Coppi, col (juaie princip<dmenle
procedo), e forse anche l\ovigo"..Ma men-
tre così trattavasi in l\lilono,in Venezi;»
la costernazione cresceva. Incomincia vasi
già a susurrare: »» Essersi a Leoben di-
vise le Provincie della repubblica". Il se-
questro dei beni avea avvilito i [>alrizi;
la vicinanza de francesi incoraggiava i fa-
ziosi; il blocco angustiava la moltitudine;
il sistema di difesa dell'Esluaiio non era
compiuto, e gli schiavoni che vi erano di
presidio, non essendo pagati, minarciava-
nodi ammutinarsi,e perciòinvece d'nispi-
rare fiducia, ad altro non servivano che
ad accrescere l'universale spavento. Di-
falli Conduluierchecomanilava nelle La-
gune, e Murosini che capitanava il presi-
dio della città, prolestnrono ambedue,
(li non ai'cr mezzi su lìuicnli dn respin-
gere un aLlaccol In tale slato di cose si
avvilirono totalmente gli anioii de' [)ri-
maii magistrati della repubblica, etl il
timore delle cose presenti divenne l'uni-
ca molla delle loro operazioni. Quiutli a'
/J malizio si radunò In consulta struor-
dinaria, e dubitandosi che non ostante le
8od<lisfizioni date non si potesse ottenere
una proroga all'armistizio prossimo a ter-
minare,si diedero al Conduhner le istru-
zioni che: » In caso d'attacco per pule
de'francesi, potesse convenire il loro in-
giesso pacifico in Venezia, col [ìitto che
65i V E N
fossero salve la religione, rindipenclenza,
le proprietà e le persone". Atimentavasi
iiitantosempie piìi il fermento degli schia-
vonie de'faziosi, e nella generale agitazio-
ne susurrossi e si credette da molti : « Es-
sere pronta a scoppiare una congiura di
16,000 patriotti (cioè i fautori de' fran-
cesi, nome, che come dice il conte Dan-
dolo, essi medesimi assumevano, come
altrove, per sincero amor di patria 1 Ma
quel savio patrio scrittore, dice propala-
le tali dicerie da' male intenzionati e in
i>pecie dagli emissari francesi, per viep-
piìi inlimidu'egli animi abbastanza timi-
di del doge e del maggior numero de'
membri della considta, i faziosi essendo
ijue' da' francesi compri con l'oro o colle
traditrici speranze. Inoltre assicura, che
gli schiavoni, chiamali in difesa di Vene-
zia, benché di voti al pi incipe, e chiedenti
d'esser condotti contro il nemico, romo-
reggiavano pel rilardato soldo, ma non
cessavano di gridar f^wa v. Marco, e di
< hiedere niunizioni per condursi a com-
battere i fi ancesi. Tuttociò determinava
li timorosa consulta a rimandare in pa-
tria gli schiavoni pagati interamente di
lutto)". Lo stesso doge Manin ne fu spa-
ventato, e l'S maggio radunò la consulta
straordinaria, per chiedere» qual metodo
si dovesse tenere fintantoché giungessero
riscontri da'deputati spedili a Bonaparte.
Soggiunse poi, che se si fosse giudicato
spediente, avrebbe deposto le ducali in-
segne, si sarebbe subito allontanato dal
pubblico palazzo, ed avrebbe deposto le
redini del governo nelle mani de'capi del-
la rivoluzione. Lo stesso passo si sarebbe
anche dovuto fare da' procuratori di s.
JMarco, come dignità perpetue della re-
pubblica". Il savioErmolao Alvise Pisani
esaltata in ciò la grandezza d'animo del
principe, lo dissuase d'altronde da una ri-
nunzia,la quale sarebbe stata per lo meno
intempestiva. Indi si passò a discutere sui
mezzi di difesa di Venezia, ed essendosi
dalla maggior parie creduli insufficienti,
fu infine coticluso, che si pagassero gli
V E N
schiavonl,e si rimandassero io Dalmazia.
Ciò [ler altro non bastò a traoquillare il
comandante Morosini. Intimorito esso
costantemente dalle trame degi' interni
[latriotli, e inorridito dalle conseguenze
che sarebbero derivale dallo scoppio d'u-
na rivoluzione armala, ad altro non peo»
so che a prevenire tanti disastri. Non si
sa se fosse consiglialo da altri timidi, o
ingannato da'faziosi (l'uno e l'altro) ; il
fitto si è, che deliberò di cercare una
persona che potesse colla sua influenza
conciliare le cose. Si rivolse per tal effetto
a Gio. Andrea Spada, antico daziere ge-
nerale,patiiotto uscito poc'anzi dalle car-
ceri di stato, e lo impegnò ad interessarsi
per evitar le stragi che nascer dovevano
da un possibile interno fatto d'armi. In-
teso il parere di Francesco Battaglia, pa-
trizio di considerazione, recossi questi la
sera de'g maggio da Villetard incaricato
di Francia, giovinastro pieno d' ardore
per le correnti opinioni, ma di carattere
integro e fornito di molti mezzi. La par-
tenza del suo capo gli lasciava la libertà
di tutto intraprendere, e poteva esegui-
re a suo talento quell'innovazioni politi-
che preparate in Venezia da lungo tem-
po da Saliceti, destro emissario di Fran-
cia, il quale avea sapulo eludere la sor-
veglianza degl'inquisitori di stato.Lo sles-
so Saliceti vi teneva allora anche una spe-
cie di club per disporre gli spiriti ad una
rivoluzione, cui già prevedeva poter ve-
nire più tardi sostenuta dalla forza ar-
mala. Convien dire per altro, non aver
Villetard sospettato che Napoleone aves-
se concepita l'idea di rivoluzionare Ve-
nezia per darla poi all'imperatore Fran-
cesco li. Lo Spada trovò da Villetard,
Tommaso Pietro Zorzi, altro notabile pa-
Iriotlo e negoziante di liquori. Esposto
l'oggetto di sua missioue,Villetard rispose:
Non poter trattare in qualità di ageute di-
plomatico.Però come francese privato, es-
ser pronto a concorrere co' suoi lumi a
quanto si fosse desideralo pel bene della co-
sa, Fu tuttociò da Zoizi rifei ito sul!' islaa-
VE N
te, e forse con qualche rivoltosa alterazio-
ne, al Morosinie allo slesso doge, e quesìi
iillora, col parere di Pietro Douato, l'in-
caricarono di riloioare dal Villetard per
procurare d'indurlo a luanifestnre le sue
intenzioni in iscritto. Non mancò il pa-
triolto agente di adenipiere subilo Iaconi-
missione, ma Tincaricato francese si ricu-
sò, dicendo a voce. « La decisione della
cosa spettare a Bonaparte. In (pianto a
se doversi limitare ad invitare il governo
a togliere i mali presenti coirinconlrare
le intenzioni dello stesso generale in ca-
po, e ciò cambiando paciticameute e su-
bito le forme aristocratiche. Se poi il go-
verno gli avesse chiesto formalmente lu-
mi in iscritto, sarebbe slato pronto a ri-
spondergli".Nondimeno l'in vita ronoSpa-
da e Zorzi, a compiacersi indicare quali
in tale caso sarebbero stati i lumi die a<
crebbe comunicato, e quali sarebbero le
condizioni, che potrebbero soddisfare Bo-
naparte. Non mancò il Villelarddi com-
piacerli, e col suo consenso essi esalta-
mente scrissero tutto in un foglio. Subi-
to presentarono quella carta alla consulta
straordinaria, signilicautissima per le cir-
costanze, che in sostanza conleneva.-» Do-
lersi immediatamente arrestare Anlrai-
gues agente di Luigi XVill, prendere le
sue carte, mandarlea Parigi, e poi lasciar-
lo in libertà. 1 carcerali per qualunque
delitto politico fossero messi in libertà e
si lasciassero aperte alla vista del po[)ulo
le prigioni delle Piombi e Pozzi. Gli al-
tri carcerati [)er qualsivoglia delitto aves-
sero il permesso di rivedere i processi, a-
bolendosi peiò la pena di morte. Si li-
cenziassero definiliviimeute gli schiavoni,
non per anco partili, e la guardia della
città fosse consegnata temporaneamente
a'custodi dell'arsenale. Nel dì seguente
poi, IO maggio, si piantasse l'albero del-
la libertà sulla piazza di s. Marco; e fosse
stabilita una municipalità di 24 membri.
1 patrizi poveri fossero provveduti co'be-
iii nazionali; e si assicurasse il po[iolo
uiuDtcncDdo la solidità deild zecca e del
V E N G53
banco a carico della nazione. Si annun-
ziasse al pubblico la democrazia, e s'invi-
tassero 4>ooo francesi ad entrare in città
per occupare i forti e 1' arsenale (In lai
guisa fu decisa la completa rivoluzione di
Venezia e suo stato, da un semplice se-
gretario di legazione, senza autorizzazio-
ne, per uno scritto supposto di lui, e det-
tandoanche i nomi de'membri della mu-
nicipalità che avea intenzione di stabilire;
cooperatori essendo due palriolli, un ga-
belliere e un negoziante di liquori! E
luttociò bonariamente si accettava come
oracoli, senza attendere i risultati delle
conferenze che slavano in Milano tenen-
do con Bonaparte i tre deputali, i quali
neppur per sogno potevano fantasticare
quanto l'intrigo e la [laura operavano di
inaudito in una Venezia ! !)"'. Lette queste
proposizioni, scritte in foglio privo d'au-
tenticità, alcuni giustissimamente osser-
varono doversi disprezzare, e frattanto
persisleudo nella difesa, allendere il ri-
sultamento de'negoziati di Milano. Al-
tri poi furono di diverso parere ( e qui
slava il tarlo, a parer mio), e nel calore
dell'altercazione, 7 consultori partirono,
IO rimasero e pieni di spavento tumul-
tuariamente deliberarono che: » In con-
formità alle risoluzioni del maggior con-
siglio, relativo al combiamenlo di costi-
tuzione, in conseguenza delle presenti ri-
cerche di Villeiard, e attesa l'angustia del
tempo, la quale impediva di ollenere gli
assensi sovrani, s'incaricassero Pietro Do-
nato e Francesco liattaglia per intende-
re quali fossero veramente le disposizio-
ni di Bonaparte su tal proposito, a fine
di secondare i di lui desideri!, in modo
che in quanto al ten)po ed alle cose da
convenirsi si salvassero possibilmente i
riguardi di sicurezza, di tran(|niHilà e di
interesse della nazione'. Becalisi imme-
diatamenle i due conferenti Donato e Bat-
taglia da Villeiard, trovarono essere co-
stante nel [)arere che si eseguissequanto
avea indicalo, se si voleva che le cose pro-
cedessero Iraoquillanieule. Ed iufiucal-
654 V E N V IL N
fio non utt( nneio, the la speranza d'una faceva verun uso. Alla fine nel tneinorn*
pro(ia7Ì(;ne di 4 giorni all'esecuzione ilei- bile gioì no vetieieri 12 runggio i 797 ra-
la divisala rivoluzione. Piiferilo il Lullo dunavasi per l'idliina volta il maggior
alla consulta atraordinaria, non parlò più consiglio, per proporre la mutazione di
che la paura, e questa non lanciò veder governo richicita dal generili Bonaparte
altro che la necessilà diseguire l'iinpul- ed adVetlala dalle mene de'faziosi, e dal
so delle i;ircoslanze. Furono pertanto di- timor panico che ave;» deplorabilmeule
sarinale le Lagune, si sollecitò la parteu- in vaso i magistrali. Ma non v'intervenne-
za degli schiavom, e fu eziandio interpel- roche 537 membri, quando alnaeno 600
lato ilgeneralDaraguay d'Hillierschcco- individui sarebbonsi richiesti a rendeve
inandavail bloccO'»se la sua posizione gli legale la deliberazione. Si passò nondi-
permetteva di entrare in cillà con un cor- meno alla discussione degli affari. Fu let-
pò di tru[)pe sufììciente iid iuiijjedire l'a- la la relazione di cpiaulo avevano ope-
narchia, nel caso che si S()llev•as^eil popò- rato gli abbomiuabili agenti Spada e
laccio, o si ammulinassero gli schiavoni, Zorzi, non che i conferenti condegni Do-
inlerameule divoti a s. Marco, ma indi- nato e Battaglia, e quindi fu comunicata
si;i[)linali a segno che iu varie occasioni ne una lettera di Haller al Villelnrd, nella
aveaiio i francesi sperimentalo in Terra- quale assicurava : « potersi collo stabili-
ferma il valore feroce". Finalmente si mento della democrazia salvare la repub-
giunse all'estremo (e par di sognare seri- blica di Venezia. Bouaparte trattando
v'endolo)di propone nel maggior consi- Venezia generosamente non avrebbe ce-
glio l'abdicazione del doge e di tutte le doto su quest'articolo. E siccome non a-
pubbliehe magistrature, e lu promulga- mava le lunghezze, lo avrebbe eseguito
zione della demociazia! A' io maggio si egli medesimo se i veneziani non lo face-
fecero imbarcare alla Piazzetta di s. Mar- vano da se slessi". Trepidarono i patrizi a
co gran parte degli schiavoni armali,e nel tale annunzio, e mentre uno di essi. Mi-
di seguente si videro passeggiare petto- nolto, perorava sul proposto decreto del-
ruti parecchi de' già prigionieri di stato la mutazione di governo,s'intesero alcune
sulla piazza di s. Marco, i quali fatti car- fucilate sparate nelle vicinanze della sala,
cerare dal consiglio de' Dieci e dagl'in- Erano probabilmente 0 segnali d'allegria,
quisilori di stato, doveano la loro libertà the secondo la loro consuetudine faceva-
alla scossa che già cominciava ad operar- no alcuni schiavoni nel partire pe'proprì
si. Tra questi travi uno schiavone che paesi, e sull'acqua; o spari predisposti in-
per ii>olti anni era stato arrestato per uu sidiosamtnte per accrescere la paura di
coni()lullo the avea per mira di conse- quel già illegale consesso. Checché siane,
gnare la Dalmazia a'russi; ed un tal gè- ciò sparse l'allarme per la sala del con-
nere di castigo non attestava gran fatto sigilo, poiché i patrizi radunati, ignoran-
quella severità che venne tanto rinfac- doiie la causa, nella generale costerna-
ciata alla repubblica veneta. Eransi a- zione della città, temettero un principio
perle alla pubblica vista le famose pri- di sollevazione e di strage, edalcuniab-
gioni del ducale palazzo, i PioniLi td i bandonato il posto, s'affrettarono di usci-
jPosz/,delle quali veramente da grandissi- re subito. Tiovando però chiuse lepor-
ino tempo non si faceva piti uso, meno te,ritornarono indietro più impauriti, ed
[)othe eccezioni. Del pari le pur famose accrebbero lo spavento degli altri. Tutto
bocthe marmoree apeite nel palazzo du- allora fu confusione, né si potè in alcun
cale per ricevere le denunzie segrete, non modo ristabilire la calma tanto necessa-
servivauo più, come il rimanente, se non ria al gravissimo atto. Si sospese la di-
per ispuveulaie, uè da molli auui se ne scus-.ioue,c uell'uni versale scoaip'g'io per
VE?»
terminare più pieslo un affare di tanla
ponderazioue si gridò tumultaaiiamente;
Ai voti, ai i'Oti, perchè si proponesse la de-
liberazione. Cos'i fu fatto. Essa era già pre-
para la, e conteneva : « Il sommo oggetto
di preservare incolumi la religione, le vite
e le proprietà degli amatissimi abitanti di
Venezia,aver determinato ilMaggiorCon-
siglio alle risoluzioni deli." e de'4 niag-
gio, colle quali avea concesso a'suoi depu-
tali pressoiNapoleoneBonaparte le facoltà
opportune a conseguirlo. Ora però cono-
scere con amaro senso il complesso di più
urgenti circostanze. Quindi nel conforto di
Sperar garantiti tali essenziali riguardi
e con essi quelli troppo giusti verso la
classe patrizia ed altri individui parteci-
pi delle pubbliche concessioni, sperando
anche fosse assicurata la solidità dellaZec-
ca e del Banco; per queste considerazioni
il Maggior Consiglio fermo e coerente al-
le lisoluzioni predelle, anche in preven-
zione de'riscoulii de'suoi deputati, adot-
tare il sistema del proposto provvisorio
governo rappresentativo, sempre che con
questo s'inconUassero i desiderii di Boiia-
parle. Ed importando che in nessun mo-
mento restcìsse senza tutela la patria co-
mune, si sarebbero frallaolo prestate a
quest'oggellole i ispettive competenti au-
torità".Si passò disordinatamente a rac-
cogliere i voti, e la proposizione fu san-
zionata da 5i2 voti, con soli 20 negJiti-
•vi e 5 non sinceri o bianchi. Dicevasi nel
decreto che, vistola necessità di provve-
dere al mantenimento della religione, del-
la vita e delle proprietà di tulli gli abi-
tanti degli siali veneti , veri'ebbero con-
fermati i poteri conferiti il 1 ." e 4 m^SS'*^
a'depulati del senato per raggiungere sì
importcTule scopo; e che dietro i rappor-
ti preceilenti de'mede^inii deputati, veni-
va dal Maggior Consiglio adollato il si-
Stema proposto d'un governo rappresen-
tativo interinale in quanto si trovasse es-
so in accordo colle viste del generale in
capo dell'armata francese in Italia. Pre-
sa In risoluzioue, nel separarsi tumultua
VEN 0^5
riamente r assemblea , mentre l'antico
governo trovossi del tatto abolito, senza
che nulla gli fosse stato sostituito, vi fu
chi da una finestra della sala del consi-
glio sventolò un bianco lino. A questo e-
(juivoco segnale, alcuni patriotti raduna-
li sulla vicina piazza di s. Marco e sulla
riva degli Schiavoni, gridarono: Fiva la.
Liheriàl All'opposto la moltitudine che
nell'inquietudine degli animi avea tratto
in detti siti, come più prossimi al palaz-
zo ducale, attaccata sempre all'antico go-
verno, gridò: fi\'a s. fllurco! credendo
essersi stabilito di opporre una popolare
difesa agli assedinoti francesi. Essa a mez-
zo di 20 schiavoni restati alle porle riel
palazzo e di alcitiii gondolieri , inalberò
subilo sulla nominata piazza in uno de'
3 pili la nazionale bantliera di s. Marco,
come ne'giorni solenni vi sventolavano gli
stendardi; il terrore comunicandosi via
via giunse sino all'ullime località della
città, la quale tosto fu tutta in tumulto.
Al comtnovimento e al frastuono venne-
ro di nuovo sbarcate alcune ceulinaia di
schiavoni e croati, e mescolati col popo-
laccio, si misero a danzare intorno alla
bandiera, salutandola e gridando a crepa
gola: EwÌK'a s. lìlarco! Con colpi a piat-
to di sciabola richiamavano severamente
i patriotti e ullri astanti a Icv-irsi il cnp
pello, e rinnovar l'ossequio al ripetei si di
loro grida. Crescendo la folla nelle vie a-
diacenti, scagliavano imprecazioni contro
i settari Giara/ ini e Mitrtttori (r.),iui;it-
Ire acclamavano il patrono della loro .e-
pubblica, ficeiidogli eco la stessa truppa
ad alla vocr, anche con voti per la con-
servazione del doge loro principe. Dal-
l'entusiasmo deiracclamazioni, si passò a-
gl'insnlti de'conosciuli settari e patriotti,
quindi a gravissimo tumulto, quando si
seppe la risoluzione del matJigior consi-
glio. E come in simili tasi suole accaile-
re, cogli odiati novatori furono confusi i
sospetti ed i privati nemici. Seguì il sac-
cheggio di molte loro case e di «piellede'
vicini con furore, sotto pretesti dilfcre!!-
G56 V E N
ti, tli molìili e tli altri ellttli, ed al magnz-
EÌiio *ii liquori del Zorzi fu dato il gua-
sto. I sacchegf^iatoii erano composti dal-
la classe de' facchini, dc'piìi poveri gon-
dolieri e di alcune donne prostituite; spo-
gliavano, guidati da'solda li schiavoui, dal-
l'alto al basso le abitazioni cui assalivano,
e vendevano sul luogo a' viandanti, o a-
sportavano seco gli oggetti sfuggiti alla
distruzione. Sin dal cominciare di tali sce-
ne di disordine, si radunò nella casa del
doge la consulta in permanenza, e subi-
to usò la saggia precauzione di manda-
re una guardia alla porta di tutti i mini-
stri esteri, per guarentirli da ogni insul-
to. Al sopraggiunger della notte, non ve-
dendosi pattuglie e temendosi gli eccessi
popolari, i patrizi Bernardino Renier, Do-
nato, Soranzo e altri, ebbero il coraggio
nella confusione di recarsi presso il doge
e colla consulta deliberare, die si procu-
rasse in ogni modo di radunare il mag-
gior numero possibile di truppe regola-
ri, di cui si aflidasse la direzione al Re-
uier. Cos'i si fece, e potè quegli disporre di
alcune centinaia di soldati muniti di due
pezzi di cannone. Esso presidiò co'oiede-
simi il ponte di Rialto, come posizione
centrale della città, dissipò colle fucilate
e colle cannonate una turba di mascal-
zoni che ardirono diassalirlo, e colla mor-
te di pochi intimorì tutti gli altri. Le pat-
tuglie di truppa regolare e di guardia ci-
nica, ed i parrochi finirono poi di rista-
bilire la calma. Nel dì seguente i3 mag-
gio, leggevasi nelle vie e nelle piazze uu
proclama comminante la pena di morte
contro chiunque presso il quale dopo cer-
ta ora si rinvenissero effetti derubali od
armi. Non dovea figurare in verun alto
pubblico il nome di Serenissimo Princi-
pe^ ma in esso vi era per accreditare una
specie d'apologia, tendente a giustificare,
e rincuorare i privati così crudelmente
spogliati. Distaccamenti di guardie civi-
che andarono in traccia degli elfetti de-
rubati e ne fermarono per consegnarsi a'
pioprielari. \[cav,Mix\.\ne\\ì, Annali Ur-
V EIV
l'i-nii di Venezia, deplorando come con
esempio affatto nuovo era mancalo il go-
verno al popolo, non il popolo al gover-
no, per iinperscrulabdi giudizi di Di(
trattosi il doge smarrito nelle private sut
stanze, e così i patrizi alle loro case e-
sclamando: Non è piti s. Marcai oltreché
essere abbandonala Venezia dal medesi-
mo suo sovrano, doveva essere pure sac-
cheggiala dal medesimo suo popolo; quin-
di riporta la nota delle numerose case e fa-
miglie saccheggiate, e persino de'deruba-
ti per le vie, ed alcuni danneggiali nel-
l'isole. Di più riproduce la lettera scrit-
ta a'aS maggio 1797 da Francesco Negri
all'arcipiele Angelo Dalmistro da Mura-
no gentile poeta. Eccone un brano.» Pur
troppo venit suinina dies et incluciahìLe
tempiis Dardaniae. La gran macchina,
sì a lungo rispettata dal potere de'secoli,
è a terra. Miseri noi che fummo riserba-
ti ad essere di tanta ruina gli spettatori
e le vittime I Ben vi apponete la giudi
carmi per sì amara vicenda dolente a
morte, e insieme ristucco e lasso dal gran-
de schiamazzar di persone parte insulse
e parte frenetiche. Ciò che più d'altro «ni
dà noia è il vedere come alcuni insultino
sfacciatamente alla passata gloria di tan-
ta repubblica , e cou piede ingiusto ne
conculchino fino gli avanzi (arroga che
io qui rilevi , che fu sempre facile ad o-
gnuno, barbam veliere mar tuo Leoni! ).
Chi nacque e crebbe nel suo grembo, o
almeno all'ombra sua, panni che pecchi
di nera ingratitudine in esultare del suo
sterminio, per quanto e necessario e me-
ritato ed anche utile creder si voglia, lo
non negherò che il vecchio governo non
fosse decrepito, e che seco non portasse
quasi tutti i difelli di quell* infelice età ;
ma nella sua decrepitezza era pur vene-
rando ! Ora nulla rimane più di esso
fuorché la memoria: e Comizi e Senato e
Maestrali e Foro e Tribunali sono squal-
lidi, muti e deserti. Quel vessillo, che
portava una volta il terrore sui mari d O-
vienle, ci è tolto. Fino i più bei mona-
V E N
menti, che finora fregiarono questa no-
stra cillù, slauiio adesso per prender con-
j^edu (lo deplorai a'Iuoghi loro, come pu-
re nolai con piacere quanto Venezia |)0-
tè ricuperare), e vuoUi certo che h 4 Ca-
valli, che dall'ippodromo di Costantino-
poli veuuero a stallale [icr tanti anni in
Venezia, sieno per ripigliare il moto ed
avviiusi a Warigi. Lo stesso cred' io av-
verrà di statue, di pitture, di codici. Tac-
cio le minacciale pensioni a' privati , il
progettato mauomeltere de'sagri collegi,
e mille altri riversamenti e abolizioni di
usi ()atrii, d'instituli, dileggi... Chi si van
ta di filosofico genio speculatore stima
special dono della fortuna il poter ora
soggiornare in Venezia ed essere testiuìo-
DIO oculare del terribile cangiamento. Io
lutto al contrario: filosofia si turbolenta
non mi è piaciuta giammai". Termina con
rilevare, che un paese in rivoluzione al-
tro non somministra se non se il trion-
fo della fatuità e della tristizia degli no-
li.'ini. Finisce i suoi lamenti consolando-
si con esclamare: Diiruin, scd hviiis fìt
paticiiliii Quidquid corrigere est ncfiis.
Così cadeva la gloriosa repubblica di
Venezia, dopo avere per molti secoli em-
piuto il mondo della sua fama. Fuiimis
Troesj flit Ilium et ingens gloria DaV'
danum (Virg.). Il suo governo si tenne
iu piedi XIV secoli senza m;ii ubbidire
a potenza straniera. Così l'inviolata Ve-
nezia, che giammai dopo la sua fonda-
zione avca veduto nella Laguna eserciti
stranieri, perì vittima del tradimento, do-
po aver superato nella durata tutte le
Bcpitbh lidie della Grecia , ed anche le
più illustri lionia e Cartagine^ avendo
goduta la libera sovranità periSyG an-
ni, con aver numeralo dal VII al XVIII
secolo centoventi dogi, perdendo l'Ilalia
con essa l'antemurale dell'Alpi Cernia-
Diche , che ni [)ari del Piemonte sulle
Galliche, chiudeva agli stranieri l'-jccesso.
Cadde dun(|ue quella repubblica di cui
Venezia era la nobilissima capitale ; quel-
la repubblica, the dopo la romana, nts-
VOL. XCII.
V E N 6^7
sun'aitra giunse o pareggiarla né perla
durata, oè per estensione di dominio, né
in grandezza d' animo, né in sublimità
d'idee, né in generosità, pietà, giustizia
e stima di tulle le altre potenze; quella
repubblica, i di cui falsi e infidi amici
si palesarono a un tratto sconoscenti in-
vasori senza correre il pericolo della guer-
ra, mescolando colla menzogna e l' in-
ganno la vittoria ; quella repubblica ia
fine, che insino all' ultimo istante di
sua vita sempre venerata e amata da*
suoi fedelissimi sudditi, per salvarla da
ogni parte spedirono deputazioni ad
olTrirle vita e sostanze I Dopo il fatale
giorno 12 maggio 1797 corseli seguen-
te epigramma. Cunctando Fabius Ho-
mamiin resti tuit rem: - Cunctando Fé-
nctani deseiuere Palrcs. Il doge do-
po l'alio di abdicazione, efietluata nello
stesso giorno di quella del governo della
repubblica di Venezia, figurò tuttavia
nel proclama discorso nel dì seguente, e
uell'allro de'i4) dichiarante, aver credu-
to il maggior consiglio negli ultimi tem-
pi di dover cedere all'impero delle cir-
costanze e seguir l'esempio di parecchie
razioni vicine, con chealludevasi alle na-
zioni di Milano, Bologna , Francia ec.
Dichiaravano i nobili, che dopo la loro
deliberazione de'4 e 12 dello stesso mag-
gio cesserebbe il governo dali'esser allida-
toal solo loro ordine, e concludevano col-
l'esortarei loro concittadini a riconoscere
l'autorità interinale che andava ad insti-
tuirsi, e avvertivano che attesa l'insufli-
cienza dell'attuai governo di Venezia do-
Tea entrarvi come amici un certo nume-
ro di fiancesi, i cpiali entro pochi giorni
sarebbero slati distribuiti per tutta la cit-
tà. Il Moschini disse che l'anno 1797 se-
gnò nella storia del mondo e special men-
te negli annali della patria Venezia una
grand'epoca, conseguenza della tremen-
da rivolta di Francia , i cui maligni ef-
fetti aggravarono di tanto danno l'Eu-
ropa. Venezia, la quale non volle che ri-
nianerue spettatrice, fu dopo troppe a-
42
658 V E N
mare viceude condotla da' francesi [>€r
inìlle raggiri a mutare il suo aristocra-
tico governo nel suo primo democratico,
il quale venuti essi colle armi a proleg-
gere, pochi mesi appresso vide i suoi sla-
ti in più parti divisi far parte di diversi
potentati; da rptel tempo destinata a se-
guir la sorte de' conib;iltenli. Lodovico
Manin fu dunque il CXX e ultimo doge
della veneziana repubblica, la cui cadu-
ta non potè impedire, per quella fatale
vertigine che ottenebrò allora le meriti.
Ritiratosi, dopo la sua spontanea rinun-
zia della dignità, nel proprio palazzo, vis-
se quietan)ente poco conversando. Vilte-
tard avrebbe desiderato di fare entrare
nella nuova demociatica municipalità il
Alanin, ma non Io potè indurre, e ncu»
sòqualunque altra carica dallo stesso go-
verno, occupandosi soltanto nello studio
e negli esercizi di religione. Piiferisce il
Cicogua, che il doge Manin, dopo l'abdi-
cazione del governo, a'i 6 maggio abban-
donò il palazzo ducale e ridottosi in sua
casa privata, vis>e ritiratissin)0, stimalo
ed amato da'suui concittadini, e mori a'
23 ottubrei8o2, avendo dato saggi mai
sempre di quella eseu)plarissin>a religio-
sa pietà, che fu ed è uno de'piìi bei pre-
gi della famiglia sua. iNel l 'j^S avea spo-
salo Elisabetta Griroani figlia d'Antonio,
dama di singolari virtù ornata e che de-
funta senza figli nel 1792, meritò latina
iaudazione dall'ab. Angelo Bellini 1' 1 i
settembre, e fu l'ultima dogaressa. Il Ma-
nin fu sepolto nell'arca de'suoi maggiori
nella chiesa di s. Maria in Nazareth de'
carmelitaui scidzi, a piedi del 2.° aliare
a sinistra, quello della Sagra Famiglia,
magnifico e straricco di marmi e colon-
ne, che attesta la munifica religione del-
la famiglia de'conti Manin. Il testamen-
to di lui fu pure un monumento del suo
animo religioso, principesco e caritatevo-
le, giacché descrivendo il benefico e fio-
rente istituto Manin nel § Xll, n.i8, nar-
rai cou»'egli provvide al perenne mante-
uimenlo de'figli e figlie abbandonati, C0'>
me volle eretto un perpetuo asilo e lico-
vero a'mentecalti, forse il solo genere di
pubblica provvidenza, pel povero, di cui
mancava Venezia ; laonde il nome ri-
spettabile dell'ultimo de'dogi vi sarà ia
senqiiterna benedizione ed] amore , poi-
ché se non morì principe di sua illustre
patria, di essa restò insigne benefattore.
44- Molli scrissero di quanto prece-
dette, accompagnò e seguì la memorabi-
le caduta delia nobilissima repubblica di
Venezia, alcuni de'quali registrai nel n. 6
del § XVII, né sarà inutile il tener pre-
sente le nozioni riferite nel n. 5 di tal §;
e da ultimo il cav. Fabio Mulinelli, ÌÌJe-
morie storiche de'^li ultimi ciiiquaii-
C anni della repubblica veneta, Vene-
zia pel Griraaldo 1 854. La Cii'iltà Cat-
tolica quindi, nella serie 3.^ ci die' nel
t. 8, p. 486, contezza d'altra relativa pid)-
blicazione. « La caduta della ìepuhldi-
ca di T enezia ed ì suoi ultimi cinquau'
i' anni. Studi storici di Girolarjio Dan-
dolo, Venezia co' tipi di P. Naratovith
1857. Quest'opera è scritta per dimo-
strare, che la caduta della repubblica di
Venezia devesi arrecare alla inevitabile
condizione degli slati di quel tempo, al-
la prepotenza francese, e ad alcuni ma-
dornali errori di chi governava Venezia,
e non alla mancanza di fede, di educa-
zione, di costumi, di armi , di tesoro^
di consiglio, come scrisse il cav. Fiibio
Mulinelli. Essa dividevi in due parli. La
I. 'parte contiene 3 libri : ne!i."si com-
pendia rapidamente la storia veneta dal-
la caduta di Costantinopoli fino all'abdi-
cazione del 1797 ; nel 2.° sono poste le
considerazioni che più fanno allo scopo
particolare dell'autore ; nel 3.° sono da-
te le biografie degli uomini illustri fio-
riti in Venezia nella 2.' metà del secolo
XV III; patrizi, sacerdoti secolari, sacer-
doti regolari ed altri veneziani (Abbia-
mo pure ; Galleria de'letterati ed ar-
tisti illustri delle pro^'incie \'enezìane
nel secolo decimo ottai-o, Venezia tipo-
grafia Alvisopoli, per cura di Bartolo-
VEN
meo Gamba, voi. 2 figurati. Gli estenso-
ri (Ielle notizie furono Angelo Zentlriiii,
Fraiìcesco Negri, e il detto Gamba). La
2.' pule, ampia cpjanto lai.\ è un'Ap-
pendice, dove sono poste le biografie de-
gli uoiiiitii più illustri, fioriti conleinpo-
raneameute co' veneti sopraddetti ne'pae-
si conipoiietiti lo stato della repubblica
ili Venezia. Lasciata ancor da parte la
questione tra il ìMnliiielli ed il Dandolo,
non può negarsi rutilitìi somma del li-
l»ro del secondo per le notizie die vi si
trovano intorno a tanti e si illustri e pu-
re sì poco conosciuti italiani, tutti con-
temporanei degli avi e de' padri no-
stri. » Il conte Dandolo si rese quindi be-
nemerito della patria, pera\er rettifica-
to col suo dotto lavoro qualche meo ret-
to giudizio, e recato luce sulle cause che
originarono una catastrofe registrala dal-
la storia come uno de'principali avveni-
menti del secolo passato, svisceiando una
controversia, fino ad ora o troppo poco
0 troppo male discussa, sia per mancan-
za dell'opportiuie cognizioni, sia per so-
verchio amore di novità, sia per essersi
attinte le notizie a maligne fonti, le qua-
li giammai potranno alimentate la sto-
ria; per cui il conte Dandolo, indignato
di vedere vituperata tuia generazione o-
norata, ripiovo ancora con patrio zelo le
memorie invereconde di Leopoldo Cur-
ii,quelledi Giorgio Pisani è quelle di Ja-
copo Casanova. Di questi Sludi slnriri
io profittai nelle proporzioni compendio-
se che mi sono legge, [)erciò con isfug-
^evoli cenni darò un'idea del contenuto
lei lib. 2." Considerazioni. Il nobilisM-
uio e seggio atitore, do[>o aver competi-
iialo la storia, passa ad esaminare, se la
repubblica veneta avesse potuto atdila-
lueute affrontare la bufera, ed evilnro il
luttuoso suo cecidio. Scemate le f(jrze,
anche per lo scadimento del commercio,
la nobiltà preferendogli l'acquisto di pos-
sessioni uella vicitia Terraferma, adotta-
to dopo il 17 18 per canone politico ami-
ciiiu con tutti, la repubblica tuttavia
VEN 65:9
nell'ultime guerre d'Italia, resistendo ail
ogni seducente proposta d' alleanza, so-
stenne armata la propiia noulialità, on-
de serbandosi in pace con tulli guaretitì
insieme la propria dignità, ma con gravi
indispensabili dispendii, oltre que'marit-
timi pe' corsari, e que' per la guerra tra'
russi e turchi. Le sofferenze de' popoli,
per le lotte de'belligeranti, fiuono com-
pensa te al meno da'som minisi rati a pprov.
vigionamenli, sorgenti di lucro. Nell'ul-
time guerre mosse da' repubblicani fran-
cesi, la neutralità fu adottata anco da
altre potenze italiane, reputata più pru-
dente partito, non senza fondamcntf)
sperando repressione dalla formidabde
coalizione contro la rivoluzione france-
se. Se la neutralità armata di Venezia
servì a un tempo a tutelare i suoi popo-
li dalle vessazioni de' combattenti, e ad
occultare la spossatezza cui aveala con-
dotta l'ultima e lunga guerra col turco,
l'esquilibrafa economia, l'essere non pro-
vocata e lontana dall' insorta Francia,
tion le permetteva entrare in lega, che
avrebbe accresciuto lo squilibrio, e an-
ticipata l'aggressione. Le forze terrestri
della repubblica non furono mai tali da
farla porre nel novero delle grandi po-
tenze del cotitinente. Se poterono facil-
mente Irioiifire de'Carraresi, degli Sca-
ligeri, de' Visconti, degli Estensi, de'pa-
tiiarchi dominalori del Friuli, f[uando
Venezia era opulente, non hanno potu-
to però mai, tranne il tempo della lega
di Cambray, cimentarsi senza straniero
aiuto, ne contro gì' imperatori di Ger-
mania, né contro i re di Fratiria ; ne pu-
gtiar contro gli uni, senza stringersi in
nllcanzi cogli altri. La potenza Icrreslre
de'vetieziani non fu dutnjiteclic utta po-
tenza di 2. " online, anche ne'leirtpi della
massima loro prosperità. r)ue">ti tempi
già erano trascorsi al dtclinar del secolo
XVMII, e invece formidabili erano dive-
nute Austria e Fiaucia. Tiillavolta la re-
pubblica non erasi intcrametttc abbando-
nala a' capricci della fortuna. Vvea anco-
66o YEN
ra possessioni maritlime, le quali coli' i-
solo di Cerigo, prolungavansi fjuo all'in-
gresso deirAicipelago; il suo cotumeicio
non eia più quello che le procurava l'oro
del mondo, ma era pure qualche cosa, e
forse poteva migliorare. Quindi mante-
nevasi sempre in tale condizione sul ma-
re, che pure al tempo di sua caduta, la
sua-mariueria militare, pel numero e for-
za delle navi, non la cedeva a quelle d'In-
ghilterra, Francia e Spagna. Circondala
io Italia dagli stali dell'Austria e del Pa-
pa, che non doveano tenersi per perico-
losi vicini, le sue provincie di Dalmazia e
Jonia contlnavano invece co' paesi olio-
mani, l'amicizia de'quali per l'esperienza
di 3 secoli non meritava fede, quindi le
conveniva star pronta alla difesa, altre-
sì colla regolare insliluzione de'propri uf-
fiziali. Il perchè a' 12 maggio 1797 pos-
sedeva ancora: dieci vascelli di linea da 70
cannoni, undici da 66, uno da 55; tre-
dici fregale da 4^ a 44 cannoni, due da
32; tre brick da 1 6 a 1 8 cannoni; due cot-
ter dai o; una goletta da 16; una bombar-
da da 5; sedici cannoniere con un pezzo
da 4o e quattro da 6; Irenluua obusiere
con due obici da 4o e quattro pezzi da
6; dieci galleggianti con 2 cannoni da 3o;
una batteria galleggiante con 7 pezzi da
5o sul perno; quaranta passi armali eoo
un pezzo da 20 e quattro da 6; ventitré
galere; sette galeotte da 3oa 4o remi; 7
sciambechi; 5 feluche. In tutto 184 legni,
con almeno 2675 pezzi d'artiglieria, sen-
za comprendere quella delle galere, del-
le galeotte, degli sciambechi e delle fe-
luche, perchè da Andrea Salvini dirello-
i e delle costruzioni navali nell'Arsenale,
morto colonnello in pensione dell' Au-
stria, non indicata nelle particolari Me-
morie che lasciò, e riprodotte dall' ope-
ra: Venezia e le sue Lagune, ove traila
delle forze militari della repubblica. A-
vendo detto il cav. Mulinelli : qual uso
mai potesse farsi d'una fluita mal costrui-
ta, vecchia, malconcia, e comandata da
unciali incapaci? Risponde il conte Dan-
V E N
dolo: Tali navi, dalle fregate in giù, non
presentavano nessun maggior difetto di
costruzione, di quelli che potevano riscon-
trarsi nelle navi inglesi delle specie cor-
rispondenti.1 legni i quali dilferivano da-
gl'inglesi per la loro minore immersione,
massime negli ultimi tempi, erano pro-
priamente i vascelli di linea; difetto pe-
rò che non li rendeva né pericolosi alla
navigazione, né impotenti alla difesa, ma
solo alquanto più lenti nel cammino. Noa
tutti I legni erano vecchi, per la ragione
che in ninna marina del mondo tulle le
navi sono nuove. Senza parlare de' vari
legni che Irovavansi io costruzione nel-
l'Arsenale di Venezia, fra quelli esistenti
a' 12 maggio 1797 novera vansi 6 vascelli
di linea e 5 fregate scese dal cantiere dai
1784311798; per cui il più vecchio di
questi nel detto maggioappena contava 1 3
anni di servizio. Tutto l'autore ricavò dal-
la Memoria di tulle le navi che si sono
fabbricate in Arsenale^ mss. presso di lui
esistente. Vivevano gli ufiiziali patrizi Ni-
colòl*asqualigo,tnorlo capitano nel 182 r,
e Silvestro Dandolo raorlo vice-ammira-
glio neli847> ^ fi'tk'uon patrizi, Giusep-
pe Duodo capitano della Bellona, mor-
to gloriosamente nella battaglia combat-
tutasi nel 1 8 1 1 nell'acque di Lissa, dagl'i-
taliani e francesi contro gl'inglesi; Gio-
vanni Palicucchia tenente non meno glo-
riosamente perito, parimenti combatten-
do contro gl'inglesi nel 1812 col brick il
3Jercurio da lui comandalo, in unione
al vascello francese il Rivoli; Antonio Ar-
meni morto capitano neh 825;Giambat-
tista Coslan/i morto capitano nel 1820;
Giovanni Tician morto capitano nel 1827
e dottissimo iu tulle le scienze pertinen-
ti alla marina; Michele Slalimene morto
capitano nel 1828, di lai sangue freddo
ue'cimenli ch'era accusato di stoicismo;
uomini tulli riveriti e pregiati da'gover-
ni che succedettero a quello della repub-
blica, la cui onorevole nìemoria durerà
lungamente, edalla cui scuola formaron-
si lutti quegli altri più giovani ulIkialL
VEN YEN 661
italiani e non italiani della marina au- gnuna,3oo. Un reggimenlodi dragoni di
siriaco da guerra, che hanno saputo me- simil forza egualmeule ripartito, 3oo. Due
ritarle la sliina e il rispetto dell'altre na- reggimenti croati, egualmente composti,
zioiii mariUime in piìi incontri , senza Goo. Un reggimento di cimariotti, cioè
Dominare altri valenti. Quanto a'costrul- albanesi, diviso in io compagnie di ^o
lori navali, furono anche in questo esa- uomini ciascuna, 4oo. Artiglieria. Due
gerate le accuse; ciò ch'era vero in gran co<npagnie di 100 uomini ognuna, 200.
parie al prinLÌ[)iar del secolo XVlll, ed Genio. Due compagnie di minatori di 4o
anche dopo la sua mela, non lo era piìi uomini, 80. Due compagnie di tra vaglia-
negli ultimi 20 anni della vita dalla re- tori di 4o uomini, 80. Totalità 20,^60
pubblica vissuta. La Scuola di sludi nomini. Giusta il piano stesso, queste for-
niateiiìalici, teorici e pratici ^ con ispccia' ze erano così ripartite nelle varie pro-
le applicazione alle cote nai'ali, l'anno vincie dello stato. Xell'isole Jonie e nelle
1774 aperta nell'Arsenale sotto la dire- piazze d'Epiro, 8,940. Nella Dalmazia e
iionedel valoroso prete veneziano Giam- neh' Albania 5,58o. A s. Nicolò di Lido
maria Manioletli, della quale l'autore di- 800. Nelle provinciedi Terraferma, sotto
scorre più a lungo ne'libri seguenti, avea la quale denominazione comprendevasi
già comincialo a dare 1 suoi fruiti; e n'e- anche l'Istria, 5,\^o. Torna la somma di
ranogià usciti, fra gli altri, il lodalocolon* 20,^60 uomini. Questo piano però col
iielloSaivini, e il tenente colonnello Giù- progredire del secolo avea subito ima
sep[)e Moro che a lui successe nella dire- (jualche modificazione. Nel 1780 erasi
iione del genio marittimo, e il vivente più creato un corpo di bombardieri di circa
dieoUuagenariogeneralemaggiore Giù- 5oo uomini; e neli790 due nuovi reg-
;eppe Paresi, che pur tenne per anni mol- gimenti che assumevano i numeri pro-
li la slessa carica. Secondo il piano poi gressivii3 e i4i ognuno d'8oo uomini,
esibito a' 2G aprile 1729 dal maresciallo ;iggiungevansi all'infjnleria italiana; per
:onle Schouleuibourg, ap[)rovalo dal se- coi il totale dell'esercito permanente a-
nato, l'esercito stanziale componevasi in viebbedovulosalirea 2a,ìi6o soldali;sen-
empo di pace nel modo seguente. In- 7.a comprendervi lelancie spezzale,gliala-
Qjnteria. Dodici reggimenti italiani for- bardieri ed i carabinieri; i quali non erano
:i ognuno di 800 uomini divisi in 1 o com- in sost a nza se non guardi e d'onore dia Icu-
lagnie, q, 600. Quattro reggimenti presi- ne pri tua rie cariche eslcrne,sì civili e sì mi-
iiali, che prendevano il nome dalle città litari,ma chepur ficevanoun servizioche
li Padova, liovigo, Verona e Di escia, di altrimenti avrebbe dovuto prestarsi da'
1000 uomini ognuno, diviso in 10 com- soldati, il materiale poi dell' ai liglieria,
lagnie , 4)000- Dieci reggimenti nazio- senza tenerconlodiquelloilislribuitonel-
iati , cioè schiavoni , di 4oo uomini o- le |»iazze dell'Istria, della Dalmazia edel»
;nuno, ripartili in i o compagnie, 4,000. i'.\lbania, conslava al cader della repub-
Ire compagnie di 80 uomini ciascu- blica di non meno che 9,761 bocche da
la, formanti il presidio della fortezza di fuoco di vario calibro; delle quali 4>ii^
^almanuova , 240. Cinque compagnie erano in bronzo, e 5,3 19 in ferro. fJi tul-
li greci, di 60 uomini ognuna, fornian- la rpiesl'artiglieria, 'ji,293 pezzi cuslodi-
i il presidio delle piccole piazze di Prc- varisi ne'parchi dell'Arsenale di Venezia,
esa, Voniza e IJulinlrò sulla costa d'E- Gli altri /^/[GS erano invece distribuiti
iio , 3oo. Tre compagnie di beneme- nelle fortificazioni di Venezia stessa, «el-
iti (veterani) di 120 uomini ognuna, le piazze della Terraferma e della Ionia,
ilio. Ca^'allcria. Uu reggimento di co- e sull'armata navale, come può vedersi
azzieri, 6 compagnie di 5o uomini o- uell'encoraiala opera, f^umzia e le sue
662 \ hìH
Lagune. S'è vero, che fra le truppe ve-
uele raccoltesi nel 1796 in Veroua, solto
gli ordini del luogotiMienle generale Gio-
vanni Salimbeni, si noverassero 8 con«-
paguie d'artiglieria d'8o uomini ciascu-
na, come narra il capitano Antonio Pa-
ravia nelle sue inedile Miinorie , delle
quali il suo nipote eh. cav. Pier Alessan-
dro mostra far gran conto nelle Memo-
rie p eneziaiic di letteratura e di sto-
ìia, Torino i85o, parrebbe doversi con-
cludere che anco a quest'arme , dopo i
tempi del più volle lodato Schoulera-
bourg, si fosse dato rfiigliore ordinameu-
to. Perh, se tulio questo giova a prova-
re, che la repubblica, ad onta del gran»
de amore posto alla conservazione della
pace, volgea pur tratto tratto il pensiero
anche alla possibilità della guerra , n' è
giusla conseguenza il potersi ritenere che
idonei, almeno nella più parte, ne fosiie-
ro gli uflìziali, ed i vecchi per consiglio,
dopo l'esperienza accjuista la sotto un tan-
to capilano. Certamente non mancavano
molli uffiziali per egregia istituzione di-
stinti fra gli allievi del collegio militare
della repubblica, splendidamente fonda-
lo e aperto nel 1 709 in Verona, in cui
molti dotti uomini dettavano libri di le-
sto, riformato nel 1785 sul piano esibito
dall'insigne matematico cav. Anton M.'
Loiguadi Cerea generale maggiore del
genio nell'esercito della repubblica, diret-
tore del collegio e fondatore dell'illustre
società italiana de'Quaranta. Egli era suc-
ceduto, nella direzione del collegio mili-
tare, al colonnello Andrea Ercolèo, ch'eb-
be gran nome fra'più illustri maestri di
lattica militare fiorili in Italia nello scor-
so secolo. Il collegio veronese fu poi tipo
delle scuole militari di Modena e di Pa-
via, in tanto grido ne'tempi Napoleoni-
ci; e Ira'suoi allievi taluno corse onorata
curriera negli eserciti de! regno Italico,
della Piussiae deirAuslria,priiicipalmen-
le Pier Luigi Viani generale del i.°, Au
ionio Luigi llomauò lenente colonnello
dulia 2.', Michele Bos direttore dell'ar li •
V EN
glieria di marina della 3.'^ e col grado dì
tenente colonnello. Questo quadro di for-
ze terrestri in tempo di pace, con un'ar-
tiglieria così ricca di materiale e insieme
povera di personale, sì poteva facilmen-
te raddoppiare al sopravvenir della guer-
ra, senza crear nuovi corpi, onde poteva
l'esercito salire a circa 4^,000 uomini,
senza conlare i 2,5oo cavalli che la no-
biltà di Terraferma eia tenuta a forni-
re, in correspeltivo deiriramuiiilà e pri-
vilegi che godeva (intenderà l'autore par-
lare de'iS Coadollìeri d'aniic^ gran si-
gnori e da guerra, che doveano per con-
vegno di detti privilegi, capitanar I ooca-
valieri armati a proprie spese). Della qual
forza, non polendo sguernirsi la Joniaj
l'Albania, la Dalmazia, potevasi dis[)or-
re d'un 33, eoo uomini. A questi però
potcvansi aggiungere le cer/i/Jf? delle Pro-
vincie di Teriaferma, delle quali parlai
superiormente, facendo cenno delie for-
ze militari della repubblica ; milizie del
contado ordinale pel tempo di guerra
con decreto del senato nel 1 SaS, sommau*
li 24, 1 00 uomini , dice 1' autore , senza
calcolare quelle dell'Istria creale più tar-
di, e comandate da ulliziali dell'esercito.
Forse potevansi calcolare altri circa 3, 000
soldati, traetiuoli dalle guarnigioni diDal-
mazia, sostituendoli con altrellante crai-
ne, altra specie di milizia particolare di
quella provincia, parimenti comandata
da'dclli uiriziali.Cou luttociò la repubbli-
ca non avrebbe potuto raduuare una for-
za maggiore di 60,000 uomini, compre-
se le rl^erve e le guarnigioni delle piazze
torti. E quando avesse potuto occorrere
uno siurzo più grande, avrebbe dovuto
ricorrere al partito da lei anche in altro
tempo seguilo , di assoldar truppe stra-
niere. Ora, chi bene consideri che la re-
pubblica di Venezia non era più che uno
stato di terz'ordine, che appena nume-
rava, compresi i possedimenti d'ollrema-
re, una popolazione di tre milioni e mez-
zo d'anime, con una rendila ordinaria
di non più che nove annui milioni di du
V E N V E N 663
cali cCFellivi, aggravata (lagrinteressid'iJD imprevidente in politica, ne più stolida-
tlebilo pubblico che saliva a circa qua- mente avara di quello che fosse allora,
rantaqualtro milioni di ducati eilettivi, convenendo benissimo nell'aulico detto:
non dirà certamente che queste basi del- Si vis paceni, para ic/Z/^m. Quindi nuo-
]a sua potenza militare fossero minori vamenle giustifica, anche con opportuni
tIelL possibilità del p8ese. Al contrario confronti, perchè la repubblica ricusò le
duvrebbedirsi, ch'esse erano di gran lun- leghe, non si armò , rimase neutrale in
ga maggiori di quanto potevano consen- quellalotladi giganti, esiastenuedasceu-
tire gli ordinari suoi mezzi economici, dere in campo contro Francia vittoriosa
Quindi è che per dar loro il necessario ili tante potenze; d'altronde a farle argi-
sviluppo , forza era ricorrere a straordi- ne bastar dovendo le forze unitedegli au-
nari provvediuìenli pecuniari,anmenlan- slro-sardi, gli slati de'quali la separava-
do, e non lievemente, ogni ramo di pub- no da quellafoi uace di rivoluzione. I fal-
blico reddito diretto e indiretto, aprendo ti d'iiiconteslabile storica verità che pro-
prestiti, eccitando olTerle, ponendo mano duce, la rapidità degli avvenimenti ed i
infine a tulli quegli spedienti, che veu- suoi ragionamenti provano, egli crede:
gono sempre giustificali, quando le pub- »» che coloro i (piali feroeemenle accusa-
bliche necessilà sieno gravi e palesi. E la no d contegno di quegli anni osservato
repubblica poteva tanto più facilmente dalla repubblica, o per ignoranza, o peg-
ricorrervi con effetto, quanto era mino- gioancora per iniquo artificio, coufondo-
re la gravità de'lribuli ordinari che so- no l'ordine degli avvenimenti, e teularo
leva esigere da'propii sudditi. Nonilime- ingannare il giudizio de' posteri; a quel
no un governo che ha per principio fm- modo medesimo che l'inganna chi si stu-
damentale della sua politica interna la dia raj)preseutarcela ne'suoi ultimi 5oan-
uiilezza delle pubbliche imposizioni d'o- ni sentina spaventevole d' ogni più dete-
gni maniera, non è mai che se ne allon- slabile vizio. La guerra, sia essa suggel-
tani senza buone ed inconlraslale ragio- lata dalla sconfitta o coronata dalla vil-
ni. La repubblica, fortunatamente per es- loria, è sempre un grande disastro; ed è
sa , non avea d' uopo di grandi forze a appunto pei' questo che i governi savi e
mantenere in fede le soggette provincie. onesti non vi si cimentano mai se non
Imperocché : dove è più spontanea l'iib- costretti da una indeclinabile necessilà".
bidieiiza de'sudditi, ivi è maggiore la sa- ^'ondilneno per le strepitose e moltepli-
pienza eia bontà de'governanti. Senlen- ci vittorie e conquiste di Napoleone, che
•/a giustamente lanciala dal conte Dan- lu'.li sbalordirono, ogni risoluto paitito
tiolo contro di Lamartine , per le paro- era per conseguenza divenuto im[)0isibi-
le oltraggiose da lui pronunziate contro le alfallo a Venezia; uè altra alternativa
l'antica repubblica veneta. Quindi per restandole, fuor (piella ili temporeggiare,
non a"gravnre lu misura ordinaria de' o di abbandonarsi interamente a'fi-ance-
piibblici carichi, e mantenere al tempo si, il i. "partito prevalse. Però non si ri-
stesso forze navali sudicienli all.i [irole- mise essa colle mani alla cintoli, procu-
zioue efficace del suo comujercio marit- rò con mezzi straordinari di rifornire in
timo, per li miglioraraenli ch'eransi pio- qu.Tlche modo l'erario, iu cui versò
posti a pubblico vantaggio, la repubbli- 3,32 i,o4o ducati, conseguenza dc'dccre-
ca negli ultimi anni di sua politica osi- li del giugno i 79G e del marzo i 797, e ciò
stanza nduceva le forze terrestri al [)uro senza ricorrere a'que'più vigorosi parti-
bisognevole per l'indispeusabile servizio, li che avrebbero suscitati gì' interni da-
Non disconosce tutta volta l'autore, che la mori, e porlo argomento a'francesi di af-
repubblica, in della epoca, non fu ne più frettare il compiiueiilodc'disegni che aa-
664 ' V E N
(lavano già mulinando. Quindi narra gli
armamenti e l'energiclie misure di pre-
cauzione presi, ma riconosce che in tan-
ta strettezza di tempo e prossimità di pe-
ricolo , questi rimedi erano insudicienti.
Non poteva poi far di più per non adom-
brare la ormai conosciuta baldanza di Do-
naparte, pronto sempre a giovarsene pe'
suoi fini; e le arti infami colle quali i di
lui agenti non cessavano di tentar del
continuo la fede de'sudditi, persino nel-
la capitale medesima, erano altrettante
cause che dovevano ralFermarla ognor
piìi nel partito già presodi non precipi-
tare gli avvenimenti. Quando Bonapar-
te giungeva «'confini veneti, ed incomin-
ciava a metter in iscompiglio le provin-
cie, l'Italia tutta piegava il ginocchio in-
nanzi a lui, e l'Austria medesima vedeva-
si forzala a lasciargli libero il campo. La
repubblica di Venezia fu colta alla sprov-
vista, perchè non previde ciò che nessuno
poteva neppursognare,valeadirei prodi-
gi inauditi da Conaparlein pochi giorni o-
perati; e perchè egli raedesimo toglieva-
le in seguito il tempo e il modo di op-
porgli una valida resistenza. Se gli sforzi
dell'Austria aflfatto degni d'una delle più
grandi potenze del mondo, e l'alto valore
medesimo dell'arciduca Carlo, non valse-
ro,non che a vincereDonaparte,a frappor-
re il benché menomo ostacolo al rapido
compimento de'suoi ardili divisamenti; è
fuor d'ogni dubbio, che qualunque resi-
stenza avesse potuto opporgli Venezia,
che sarebbe rimasta sola a sostenere la
lotta in Italia , sarebbe sempre riuscita
egualmente infruttuosa.» Quindi è che
l'imprecare come tanti hanno fatto, e si
ostinano a far tuttavia, contro la memo-
ria d'un governo ormai da quasi 60 an-
ni caduto, perchè non abbia fatto ciò che
prima dell'umiliazione del Piemonte far
non do vea; die dopo non potevate che in
nessun caso avrebbe giovato ne a lui, né
ad altri; non è cerlaraenfe opera di buon
cittadino. L'aifermare poi, che tutto que-
sto avvenisse, per mancanza di fede ^ di
V E N
educazione, di costumi, di armi, di te
soro , di consiglio, avanza tutto quello
che siasi mai detto o sonilo contro Ve-
nezia, e non poteva cadere sotto la pea-
na se non a chi sagacemente spaccia, (pia-
le moneta d' ottima lega, il dialoghelto
delle stelle giudicate candele di cera ar-
denti in ciclo; e mostra credere, che solo
a Venezia ed a'tempi di Gaspare Gozzi,
si avesse a fare con leste di macigno, i
discorsi di lettere fossero banditi come
la peste, gli allocchi avessero buona far-
tana, ed i meritevoli trovassero mille iu'
loppi. Oh ! queste non furono mai e non
saraiuio m;ù sciagure particolari d'un so-
lo paese, di un solo tempo. A'tempi del
Gozzi poi, era ancor men vero, che cosi
propiiamente corressero le cose in Vene-
zia. Egli mentiva, e ciò ch'è mollo peg-
gio , sapeva di mentire ... Gerii uomini,
comuncjue per scienza o letterario valo-
re eminenti, non per (juesto accagionar
potevano giustamente i tempi adessi toc-
cali della loro poco buona fortuna. Ed a
(piesto numero apparteneva appunto
(jnell'etcrno e bugiardo piagnone che fu
il conte Gaspare Gozzi , letterato egre-
gio, filosofo non più che mediocre, in o-
grii altra cosa uomo inettissimo". Vene-
zia cominciava a mancare a se stessa,
quando cedeva alla temeraria baldanza
con cui Bonaparte richiedeva che pro-
cessati fossero e puniti gì' inquisitori di
stato e fizzarnano. Era ben lungi dal ve-
10, che all'opera degl'inquisitori di stato
si dovessero attribuire le agitazioni de'
popoli e le uccisioni de' soldati francesi.
Esigeva giustizia, che l'accusa si rovescias-
se sopra i francesi medesimi. Gl'iiKjuisi-
tori anzi eransi adoperati, per quanto po-
tevano consentirlo i tempi, con ogni stu-
dio, a mantenere l'ordine e la (pnete in-
terna. iXè altrimenti esser poteva, sapen-
do la signoria di non poter far gran con-
to, né sulle forze proprie, né sugli aiuti
dell'Austria, dovendo difender se stessa.
Pizzamano poi avea adempiuto ad un
dovere, cui nou avrebbe potuto manca-
V E N V E iV 6(35
re senza delitto. La repiilìblica , safjnfi- de' Grilti, de* MoroMui, de' Foscaiini, e
caiuloli allj brutale violenza di cui Do- di tanti illustri dogi suoi predecessori.
n;ipaile faceva pompa a (juel leaipo,coin- L'abtIicazionei2 maggio 1797 non fu che
metteva un'odiosa ingiustizia, e avviliva legittima conseguenza degìi errori che
se stessa. Tanto più die non poteva f,ir l'aveano piecedutn, e che si erano accu-
piìi assegnamento sulla Terraferma già mulati l'un sopra l'altro in questi teiu-
invasa in gran parte da' fiancesi, uè do- pi, cioè gli accennali da ultimo. Quin*
vea temere che si forzasse nella sua me- di è, che Venezia stessa, così a lunijo am-
desima capitale. Allora il cannone noa mirata per la grandezza e per la saggezza
colpiva a seimila metri di ilistanza ; le de'suoi consigli, indecorosamente c.iileva,
Lnguneeranoarmafejnon miincava qual- per colpa dell'esagerate paure di Lodo-
the nerhodi milizia schiavona, chcavreh- vico Manin e de' pusillanimi consiglieri
|ie resa la difesa piLx vigorosa; e se \ìì- ch'egli avea intorno a se radunati, pren-
nezia avesse dovuto così rimnnerealf.it- dendo norma alla scelta, piuttosto dal-
lo divisa dalla Terraferma, colle proprie l'importanza del carico di cui erano rive-
forze marittime, e coll'aiuto dell' Inghil- stili, che dalla fama del vero loro meri-
terra, avrebbe potuto mantener sempre to. E questa mala abitudine, che forse
libere le sue comunicazioni col mare, e non è per anco interamente cessata nel
Sottrarsi almeno per qualche buon trat- mondo, di far deiivare l'autorità de'con-
lo di tempo al pericolo della fame, di sigli, anzichèdalìe doti personali degli uo-
acqua avendola premunita il Nani. Peiò mini, dal grado o dall' ullicio che fungo-
la repubblica non avrebbe potuto scam- no, traeva altresì il senato a seguir gli
pare a! naufragio; i pielitniiiari di Leo- avvertimenli, o vili o pei fidi di Goiidul-
ben erano già sottoscritti, e l'aveano or- mer. ìVè com sarebbe avvenuto, se l^aolo
inai avvertita, che l'ultima sua ora era Pienier avesse ancora occupilo il seggio
presso a suonare. D'altronde, ridotta al- ducale, siccome uomo d'alto intelletto e
le sole risorse dell^capitale, col peso del- forte animo, almeno avrebbe sapulo far
la Dalmazia e dell'isole Jonie, le quali cailer la re|)ubblica con maggior tlignilà,
non rendevano alla repubblica quanto salvando l'onore della patria sua , seiu-
costava la loro amministrazione e «life- brando nato fatto per que'tempi procel-
sa, e ulti elianto fors' anco può dirsi del- losissirui;massimese avesse poliilogiovar-
ristria, saiebbesi trovata in coni fatte di- si dell'opera e decousigli d'Angelo Emo,
strelte, da non poter durare lungamente, ultimo eroe militare della repubblica, o
Mancava Venezia a se slessa, quando, ad almeno di Jacopo Nani. » Nondimeno è
antivenire i dcsiderii del suo insolente ne- fuor d'ogni dubbio, che se uomini di piìi
mico , liberava dal carcere gli arrestali forte ingegno e d'animo più vigorosr) po-
politici, accrescendo così il jiumero de- levano prorogare in (pialclie modo I ago-
grinlerniagitatori, e quindi i pericoli del iiia della repubblica, non potevano però
governo. Mancava per ultimo Venezia a in nessun caso ridonaile lunga e prospc-
se sfessa, quando rimandava in patria la ra vita. Era ancor troppo grande Vene-
milizia schiavona, sulla cui fede poteva zia, perchè nella general sovversioned'o-
contaie. Questo dovca intendere, e non gni ordine antico, la Francia che fino al
inlese la Consulta; creazione infelice del- i 8 1 \ dovca prevalere sopra ogn'altra pu-
la mente d'un uomo, che sebbene ottimo lenza contiMeiitale, tollerar potesse ili ve-
cillailiiio, non era destinato ad elevarsi dervi sussistere un'aiiitocrazia ereditaria,
all'allezza degli Orseoli, de' Michiel, de' Era poi frop[)o piccola , per lottare con
Dandolo, de' Gradenigo, de' Conta: ini, qualche speianza di buona fortuna, con-
de'.Moccuigo, de' Foscari, de' Loiedan, irò un colosso, che guidato dal più gran-
666 V E N
d'uomo tle*lem[)i moderni, doven lima-
i»ere per tanti anni invincibile. Quando
pure fosse riuscito a Venezia serbare un*
cnnbra di politica indipendenza a Campo-
formio, essa l'avreblìe irremediabilmen-
te|)erduta a Luneville. Troppi esterni in-
teressi concorrevano allora alla sua di-
struzione. Se dunque può dirsi, che la
sua caduta non fu dignitosa, può rispon-
tlersi con non minor verità, che fu ine-
%'ìtahìlcl " La bella e importante opera
del conte Dandolo, non è del tutto pnb-
Micala. E sotto il torchio il 4-° libro. Mi
è nolo, che in esso il eh. autore, pieno di
patrio zelo diaiostrerà, co(ne il governo
degli ultimi 5o anni dell'aulica e glorio-
si repubblica di Venezia, per cnezzo de-
gli stessi suoi atti farà conoscere quanto
fosse diverso da quello, che alcuni scrit-
tori moderni lo rappresentano. Pel com-
plesso dell'opera, io prevedo una 2.^ edi-
zione, ad onore di Venezia. Io ancora non
conosco la Nola sui Liberi Muratori Fc'
jicziaiiiy però posseggo la Relazione del
modo con cui si scoprì in P^enezia il dì
6 maggio 1785 una Loggia di Liberi
Muratori. 11 conte Dandolo l'ebbe dal
cav. Cicogna, e fa parte della sua dovi-
ziosissima laccolta di Codici Feneziani^
quindi la pubblicò: eccone un estratto. Ri-
conevaa'aSaprilei 78 5 la festa di s. Mar-
co, principal protettore di Venezia e del
suo dominio, quando si scoprì che per
tradimentoera stato appiccalo il fuocoal-
l'Arsenale; fuoco che veuneeventualujen-
te scoperto da una donna pensionata a
■vita dalla pubblica munificenza, proba-
bilmente una delle cucitrici di vele di
quellostabilimento,ecos\ essa impedì un
incendio che poteva riuscir fatale al me-
tlesimo ed a gran tratto della città; poi-
ché propriamente dovea scoppiare nella
Seguente notte, ma per buona ventura
inanifestossi dopo il mezzodì, a cagione
<i'un vento straordinario eh' crasi mosso
ioiprovvisamente a levante e che infuriò
tolta la giornata. Tale accidente mira-
colosamente sopito per la protezione del
_ YEN
8. Evangelista, mosse la pubblica vigi-
lanza a tener guardalo con più gelosa
custodia quel pubblico edifizio, ed a sor-
V'-gliare tutti i sestieri della città; a tal
fine moltiplicando guardie e indagatori
onde scuoprire possibilmente gli autori
d'una fellonia così orrida e spaventevo-
le. Nelle indagini che si facevano fu os-
servalo da fedeli esploratori, nella notte
de' ... maggio, che in certo palazzo situa-
lo in Ilio Maria in contrada s. Simon
grande, dopo la mezzanotte entrava di
quando in quando qualche pulita per-
sona, a cui veniva aperta la porta al seui-
plice segno d'una piccola pulsazione. Ri-
leiitosi ciò al tribunale supremo, furono
dal medesimo commesse le più circospet-
te indagini; quando nella stessa mattina
fu deposto al segretario della detta ma-
gistratura da certo marangoni Che a-
vendo egli per commissione del nobil
uomo T... fabbricato un armeron grande,
gli fu imposto di portarlo in Rìomarin nel-
l'androne d'un palazzo, e poi di notte vo-
lendo esplorare s'era stato rimosso , noi
trovò. Che preso da dispiacere che altro
artefice avesse posto n^ano al suo lavoro,
e congetturando da'cenni fattigli dal ca-
valiere, che l'armerone dovesse andare a
ridosso delle finestre d'un pergolo; e os-
servando nel palazzo un pergolo della
larghezza circa dell'armerone, s'introdus-
se nel^appartaIaen^o superiore a quello
dov'era il pergolo, pregando gli abitanti
di esso, per un suo sospetto a permetter-
gli fare un buco con un trivellino, onde
osservare se il suo arraerou fosse colloca-
lo dove congetturava. Che gli abitanti ne
furono condiscendenti, per aver concepi-
to qualche curiosità di sapere chi fossero
qiie'peisonaggi, i quali si radunavano so-
lo in tempo di notte; che però si portò
nella notte de'4 maggio in detta abitazio-
ne, avendovi fatto prima il buco, ed ivi
fern)atosi sino all'apertura deli.° appar-
ta u)ento, osservò illumioarsi dopo la mez-
zanotte una sala vestita a lutto, e addob-
l)ata con un trono coperto di panno bleu,
ì
YEN YEN GG7
con alili allrezzi luoi tiiari, e qua e !à di- non lia tli(RcoIlà di concedere, se vuoisi,
speisi [)icco!i ferali con jieisone (jaiimen- clic questo aoedJofosia uim ili q^jc-ile so-
li qua e là sedute in vesli nere: sicché a lue code die focilineiile si appiccano, per
ijutll'oriida vista ebbe a sp.:ivenlaisi; e fini o sciocchi o malvagi, anche a fatti in
di più gli venne fallo di sentire tla quel- sostanza \crissinii. In nniricdnza ili prove
lo thfc »eueva in Irono qui-sle precise [>a- migliori, il caulo scrittore, crede che l'in-
iole. Sospeudianio, o fratelli, il itoslro cendio dell'arsenale fece scuopiire quella
congresso , perclù- noi siamo osfen^ali. Cùuveiilicoladisellariijedawerlechecan-
Che inoltre scuopr'i, che in quella stanza, celiò dalla flelazione ì\ uotne del palri-
cffeltivameule a ridosso del pergole, era- zio che avrebbe ordinato l'armeron ; pol-
vi il suo aiinerone. Che lanciali in coster- che, ponendo in dubbio la veiità di quel
nazione gli abitanti di quel 2." apparta- fitlerello ad unta de'suoi particolari, non
meulo, egli tutto spaventato e sorpreso ciedelte pubblicai ne il nome. " Quaiilo
ilulia novità degli oggetti , supponendo più si va lipescando in qiie>l'aifare de'li-
Ijonariamente che ivi si facessero streghe- beri muratori, e lauto maggior certezza
rie e opere del dcniouio, si portò scanda- 6i acquista, che lolla l'esisleiiza e la sco-
lezzalo dal parroco di s, Simeone [aofe- perla della loggia, tulio il resto è incer-
ta suo confessore, ed avendogli esposto lissiino. Oltre il Calidogude'liberi mura-
li da lui veduto , sentito e osservato, lo torislanipatu dal iMuliiielli, e cpaello che
consigliò a dover tosto palesare al gover- si consci va presso la luucoUa Correr,
iiO lutto. Così fece il buon uomo col se- ne esistono ben molti altri, e non pochi
grelario degl'inquisitori di stalo. Fu duo- lic possiede il cav. Cicogna, Ma cappun-
«jue in quella stessa mattina 6 maggio lo la grande diversità dti nomi che vi si
dala coinoiiisione da quel supremo tri- leggono che toglie loro ogni fede. Il pro-
|,ui-ale che ivi si trasferisse il fanle Cri- cesso alluia fallosi ddg^in(pll^ilori dista-
slofoli, accompagnalo dal capitan gran- to, qualunque ne sia stala lac-iusa, ven-
de, e compagina -ili 1^ uomini. Enlrato ne a smarrire; e quindi lotte queste 110-
(juesti ueirappartamento, vi sorprese un tizie ci pervengono da fonti più o meno
nobile soggetto, che di quel luogo ne fa- impure. A che dunque lenlare su (|uesle
levala guardia, e scuopii una loggia basi di diifamare pi csno la posterità no-
di liberi inuralori setla:ii. Sossiunge mini che forse non hanno luacchiaV"
'00
(juiiidi il coute Dandolo, da quesla Zìe- L'encomialo scrittoi e j). Uresciani, nel li-
laz'onc apparirebbe dunque iiienameii' Lio ricordalo disopra, racconta: » Qui
te favoloso il racconto del cav. Muliuel- il veneziano, ch'era un gentiluomo sapu-
li: ed il Zulian. che non era uomo av- lo e oe'segreli deU'uujaiia perfidia bene-
ventato, la cui balordaggine avrebbe da- sperlo, venne con ammirabile precisione
to causa alla scopetta della loggia, non scorrendo per tutte le Ir.nne de'repub-
c:ì sarebbe entralo né punto né poto, poi- biicani per i«pinger Venezia nel baratro
che egli il bailo trova vasi allora a Co* della sua peruizione; e cominciò a conta-
stanlinopoli. La scoperta invece saiebbe le le sollevazioni de'giacobmi i^ligale dai
tilelto della maggior vigilanza esercitata generali francesi a lieigaujo, a Brescia, a
in q.ie'giorni per cagione di so«petli falli Crema, sul lago di Garda, e [loscia a Va-
n-iscere dall'inceudio poco prima sviiup- ilova, a Vicenza, a Tieviso e in molle al-
palosi all'aisenale; e questa è certo co»a Ire città e terre della sigiioii.i, nelle qua-
inollo più facilmente credibile. Kè punto h 1 villani fedeli a s. .Marco azzullandosi
gioverebbe a screditare questo racconto co'giacobini, e facendo con esso loro al-
meltere in dubbio la veiilà della denun- le schioppettale, più volle le palle, che
falUddl maia.igou. Il conte Dandolo UìCIVjuq dagli archibugi senza occhiali,
Zia
668
V E N
ferivfino ed uccidevano alcuni soldati
finncesi, i quali (chi sa [)erf|iiai buon uf-
fìzio) Irovavansi da le (Ile de' ribelli. Ad
ogni francese che cadeva in quegli scon-
tii, i generali repubblicani davano in e-
scandescenze furiosissime, chiamando la
signoria veneta crudele, Iradilora, e bra-
mosa di sporgere il sangue francese, e
dieiro a questi rammarichi minacciava-
no d'intimarle la guerra, quasiché il ri-
bellarle e rapirle le [)iì» belle città di Ter-
inlèrma fosse un dolce pegno di pace".
De'giacobini e traditori ili Venezia parla
più sotto, ed io lo ripeterò a suo luogo.
Già descrivendo la Sftta de'framinassoni
o Dlunilori, notai che nel Siipplìi/ienlo
ni Giornale ecclesiastico di lloina del-
Vanno I7g4>si ragiona de'frammassoni
di Venezia, molti de' quali aggregati alle
logge di IMdano, di Trieste e di altre cit-
tà. Del loro carattere, perchè collegati
c.o'G/(7/z«'«/.9//, e descritti dairantesigna-
ito di questi il fanioso ab. Pietro Tam-
burini, anche giacobino ; ed ivi pure
si tratta del giacobinismo de'giansenisti,
come de'giansenisti di Venezia e suo do-
minio, corrispondenti de' francesi, loro
irtelodo, credenza, massime gallicane e
spirilo democratico. — Nella C/VzYtó Cai-
tolica, 1.' serie, t. 8, p. 5o, lo slesso fa-
condo p. Bresciani nel suo libro: Ubal-
do ed Irene; La Repubblica America-
na e la T'cnela^ dichiara, che a suo pa-
rere niuna delle antiche e delle recenti
nazioni ebbero giovinezza pari a quella
che vigori^ce nelle robuste meiìibra della
repubblica americana, uè vecchiezza pari
a (piella che iiifermòe spense la repubblica
di Venezia; perocdiè gli americani gran-
deggiarono senza puerizia e adolescenza,
la vecchiaia de' veneti incadaverii danzan-
do, ridendojSollazzando, colle guaiicie ro-
sate, fra le melodie della musica, le deli-
zie ile'conviti, e le gioie d'una sposa no-
vella, lingionaiulo della caduta della re-
pubblica di Venezia, sulle dilTerenti e con-
trastate cause, egli dice, al leggere gli sto-
rici della caduta di Venezia, per alcuni
VE N
si procede dalle cagioni remote, e in ci5
tengono l'usanza degli anatomici, i quali
\edeiido morire d'un tocco apoplelico al-
cun illustre personaggio, ne esaminano
tutte le parli del corpo, quindi entrano
in mille congelture.Nella discrepanza del-
l'opinioni,sulla caduta diVenezia, parlan-
do anatomicamente, chi l'assegna a vec-
chiaia, chi all'infiollimento de'muscoli e
de' nervi di quel gran corpo, chi a lan-
guore di stomaco, chi al vecchio sangue
riuscito in linfa, chi ad umori, che insac-
carono nel diaframma, ec. Imperocché
Venezia avea marine e porti con navi ag-
guerrite, avea il tesoro poderoso e mas-
siccio di vecchi e nuovi zecchini, famiglie
ricche e potenti, commercio attivo, cre-
dilo sopra tutte le tavole d'Europa, leg-
gi sapienti, uomini scorti, antiveduti e
assegnati ne'consigli, nell'amministrazio-
ni, ne'governi, nelTambascerie: possede-
va territorio ubertosissimo, cillà floridis-
sime, foitez'/e munitissime, uomini valo-
rosi e della repubblica amantissimi; ma
sopra tutto avea autorità e balia piena
sui popoli, che a uii suo cenno porgeansi
drjcili, ossequenti, riposati in quella fi-
ducia che nascea dall'amore e dalla ri-
verenza all'alta signoria, nella cui sapien-
za abbandouatamente dormiano. >» Sia
vero, dicon gli uomini di stato, ma noi
veggiamo che tu ci vai a condurre a'tar-
li, che trivellano un'antica società, un
dì vigorosa in virlìi delle sue leggi, isti-
tuzioni e costumanze sapienti, ed ora è
falla languida e inferma da una civiltà
voluttuosa, molle ed elTemminata che la
conduce come farfalla intorno al huìie
della lampada ardente, ed ivi tanto s'ag-
gira, si trastulla e svolazza, che vi divam-
pa, e in fumo dilegua la chiarezza degli
orati e gemmali colori, che le scintilla-
vano sull'ale lascivetle e gaie. Chi oono-
sceahpjanlogli ulliiui cinfjuaut'anni del-
la repubblica, la vede nuotare a gala e di-
guazzare nella spensierataggine, nel lus-
so, ne'piaceri, ne' giuochi, nelle comme-
die: impancarsi le intere notti io que'
V E N V E N 6%
paiadiselli d'Armida sotto le Piocuratìe, ginslizia, fra l'agiatezza dell'opulenza;
sorseggiando il catlè di Levante, centel- d'un popolo che sia piacidanieiile oziaii-
landu liquori squisitissimi, e nella slate do so[)ra ì suoi molli guanciali, fra le ro>
gustando le acque gelale, i suoi sorbetti se spicciolate e i gelsomini, che non pen-
di fragola e di lampone, le sue felle fiam- sa alla dimane, perchèil diman surge (ìo-
ineggianti di cocoaiero in gelo; e in cole- rito, sereno, doralo ed olezzante cutiie
sti paradiselti.qiianlè lunga la nolte,udir l'ieri; che non teme soverchierie, che niu-
concerti di violini, di chitarre, di mando- no gl'insidia alla borsa, che non ricorda
lini, di violoncelli e di flauti con voci di più il nome di sedizioni, di tumulti, di
cantori e canlatrici, che a mula a muta ammulinamenli, di congiure e di guerre;
vengono a molcer gli orecchi e rallegrar che la Serenissima ha parlato, ed è ub-
il cuore. Vede le mascherate in lauta bid ila ; il Co/^sfg/o <7e £)/('5e viiol cos'i, e
passeggiare a coppia e a lormerelle lun- così sia ; gì' inquisitori di stalo mandar»
gola piazza di s.^Jarco, lungo la riva de- la grida per lutto il Dogado, e tutto il
gli Schiavoni, mangiuzzando mille ghiolt- Dogaclo trema, come se avesse udito
lornie di frutte piiraaticce;e le gran ba- squillar la tromba del giudizio univer-
ronesse patrizie colla loro foglia di fico o sale; ciie il Missicr grande (il bargello
di vile nella sinistra sostenere mazzuoli degl'inquisitori) si presenta a'popoli ae-
di ciriege, d'a marine e di visciole, o pu- calcali in piazza, mette in capo il suober-
re zuccherine, o paradise, o ambrette e retto con sopravi il zecchin di s. IMarco,
fichi fiori; e più tarili, grappoletti d'uva e i popoli s'inchinano e adorano, come i
lugliola e d'uva moscadella, o mammola caldei la statua ili Nabucco. Eziandio co-
o canaria; e in settembre fichi verdini teste, dicono i politici, sono cose buone,
e pisinelli e lardaiuoli epouqioncini col- non promellooo novità nello stato, av-
la goccia dell'ambra, col collo torto e la vegnathè sono indizio d' un popolo che
buccia grafl'iala, chiaccherando, ridendo ha perduto l'antico vigore ". INla i vene-
e gustando quelle delicatissimefiutla,che ziani, continua il fioritissimo scritlore,al
le si mangiano per via, come fra noi fa- volger dell'andato secolo aveano quegli
rebbero i lazzeii e i monelli, e manu- umori interni infermi, e scoppiando li
cando e sollazzando li seguila per lutto condusseioa morterepentina. Dappoiché
la musica de'ciechi, de'calabresi, de' ro- olire il sollazzare continuo, e il vivere a
roani: equi un pagliaccio saltabella e ventura, aveano altri moibi miciduili,
s'acceichia e va sui trampoli; e là un poe- che li contpiisero più presto, obbando-
ta in)provvisa ; e qua un declamatore re- nandosi a una pompa così sfolgorante.da
cita il Rinaldo (soleva dirmi un altissi- pochi principi coronati usata. Senza dire
mo personaggio, che nltreltanto prati- de'palazzi in Venezia, lungo il Canal grao-
cavasi nella piazza di s. JMarco, e dove de, il Canahegio, la Giudecca, e le altre
contemporaneamente non mancava da pai ti più nobili della città, aventi più
un iato il missionai io predicatore, e dal- aria di reggie, che magioni di privali ca-
r altro il casotto ambulante delie ma- valieri; la sontuosità e lo sfarzo maggio-
rionetle; questo e quello avendo i suoi re era nelle ville di Terraferma lungo il
uditori 1); di guisa che la riva degli Schia- lìrenla, nelTrevigiano, nel Ilass,'.nese,nel
voni è una fiera, un trastullo di tutta Virenlino, in su (|uel di Padova e di Ve-
la notte. Tutte queste cose ci mostra- lona, ovei patrizi vei.tli accoglievano le
no, egli è vero, un popolo libero, gaio, squisitezze e il lusso dell'Asia, le mollez-
contento di se, che vivfc sotto l'ombra ze di Coslanlinopoli e di Damasco, le ga-
d'un reggimento paterno, sotto lo schcr- lanterie di Parigi, la grandezza di Vien-
mo di leggi sicure, sotto l'egida della na e di Mudi id, le dispendiose superbie
670 V E N V E N
cingi' inglesi. L* aureo scrittore, con ni)- sia il romano d'Occitlente, cnrrispondrtì»
boinlariza tli scelli vocaboli, graziosatnei:- le circa all'anno ili Roma i 24G, agginn-
le dipinge que'paìagi, splendidi per gal- gendovi 5,07 anni si arriva all'anno l-\'^^
lerie di slatue, pitltire, marn)i orienlali dell' era corrente, epoca della caduta di
rarissimi, ameni giaidini con piante e Costantinopoli e dell'impero d'Oriente;
fiori rari, vivificali d' ogni maniera di con tal computo avvicinandosi a' XIV
fonti e peschiere, con boschetti deliziosi secoli, dorata circa della repubblica ve-
e parchi di selvaggina, e con corti imi- neta). Dicono adunque i politici, che fa
tanti le piincipesche pel ninnerò de'vari parlare l'autore, avere i patrizi germi-
famigli, e per la ricchezza de'vestiari, ol- nato la morie della repubblica, e ne al-
tre la copia di bellissimi cavalli e superbi legano il mal vezzo della profanazione
cocchi. Eqneslo, egli dice, era forse il mi- matrimoniale, con tanto scandalo della
nor dispendio, appello alle feste,al!c mu- cristianità notandosi ue'trattati dei-
siche, alle cacce, a'con vili, alle cene; quo- le sponsalizie, che la sposa dovesse avere,
lidianamenle accorrendovi, come a corti il cavalier servente! 1 Rifugge l'animo iti
bandite, amici, clienti e parenti da Pa- leggere la sfrenatezza di molli celibi e
dova, Vicenza, Mestre, I\lira, Dolo e Ve- anuriogliati, dimoranti intere settimane
nezia. E queste nobilissime ville erano al- in certi ornalissimi e seducenti casinetli
tre per la primavera, altre per la stale, di delizie e di voluttà, posti dietro le l'i'O-
altre per l'autunno, i cui avanzi fanno curalie, lasciando in tal tempo vedove le
tuttora stupire. Se non che ben caro so- loro famiglie, e spesso desolate le consor-
venle costavano a' padroni e agl'invita- ti, lagritnanti i figli!» Ivi conducean
ti, non tanto le feste da ballote i concer- qne'signori la vita tl'Alcina e d'Armida,
tide'primi musici chiamativi agranprez- vincendo rclfeuìminatezzedel serraglio,
20, tpianfo le serale del giuoco, in cui ve- gitlfindo il ricco avere nel fingo, e pas-
dcasi dar fondo in una notte a ricchissi- sandovi le notti in bisca e ne'sfiuochi di
o
lui patrimonii. Questi furono i tarli, che ventiu'a con tutte le orribili conseguenze
rosero le midolle della repubblica di Vi- solite intervenire in cotesti covi di lasci-
negia. Nondimeno i politici, convenendo via e di perdizione. Fermamente, tu non
che tante prodigaliiàe disorbitante lusso, potrai assegnare cagioni più poderose di
mai sempre immorale e rovinoso, ponno queste all'estrèma mina della repubblica
esser stale cagioni di gravissimi disastri veneta; e se vi aggiungi i gran debiti, on-
a molte opuienli famiglie, cadute quindi d'erano sopraccarichi que' vasti patrimo-
in abbietta e miserevole condizione; ma nii; e se v'arrogi le prepotenze de'gran-
la signoria di Venezia, essi dicono, ebbe di; le schiere de'bravi che mantenevano
tarlo pivi intingo e segreto, distruggitore. ne'Ioro palagi e vi Ile per opprimere gl'i m -
Sostengono quindi, scrutando l'ultime in- belli ;e il niun vigore ne' magistrati a com-
fermità della sovrana repul)blica, la qua- primeile; e le stomacose ingiustizie che
le con tulli i suoi difetti e malori interni commelleansida'tribimaliadaonode'piìi
ed esterni, bastò invitta e signora sopra deboli, toccherai con mano, che il tarlo,
gli altri regni del mondo, eguagliando che tu dici secreto, rodeva alla vista di
nella suatlurata l'impero romano, che si tulli le midolle della signoria di Vene-
resse appunto i4oo anni (losciillore de- tia. Ed io replico, che s"i , che cotesle
ve alludere al fine dell'impero greco, se sono infermità gravi e mortali, che pos-
vuolsi considerare continuazione del ro- sono indurre a morte gli stali ; ma so«
mano, mentre di esso propriamente lo fu slengo che la repubblica aveva ancora in
quello d' Orride/ile j poiché calcolo, ter- se tanto di sano, e sì gagliardi e invitti
minalo quello nel 49^ di uoslra era, os- elementi di vita, che allorquando Napo-
YEN
leone di venuto i. "console ilice va aperto :
clic quel carcame di vcccìiia era ormai
senz'anima e senza fiato^ ingaunavasi a
partito. Vinegia è caduta improvviso,
senz' avvedeisene, con istupiue del se-
nato e del doge; con islordinienlo de*
patrizi, e quando uieno altendeaselo il
popolo, che coricossi libero la sera, e il
mattino svegliossi schiavo, e vide spen-
ti nella notte i gloriosi gonfaloni di s.
Maico; calati i Leoni dal palazzo dogale;
tolti gli oiifìamma dalle antenne della
Piazzetta (dall'istante della caduta della
repubblica di Venezia, cessò per sempre
da ogni attualità di politica applicazio-
ne il famoso anagramma : D'wiis lilar'
cus Evangelista - Suni ^'igil ad Fenelas
curas. Sin d'allora s. IMarco voltava car-
ia, per così dire ; pur seguitò a far par-
ie dello slemma di governo e niunicipa-
le inrpiartato com'era iu quello del re-
gnoLombardo-Venelo,in compagnia ilei
Colubro Visconteo. Ora il Leone non ap-
parti eneclie a Ini unici pio, ed alle niemorie
archeologiche); fuggito il doge; nascosti i
senatori;sbalordiliiciltadinia veder sven-
tolare all'aria le bandiere tricolori, e po-
sti sulle picche i bonetti rossi. Cosa inau-
dita ! In meno di 24 ^''^ '•* repubblica
millenaria fu spenta e sparì dalle n.izio-
ni, come chi doimendo mufjre d'asfisia
senza risentirsi. E ciò perchè?,.." Lo dice
lo stesso p. Bresciani, a p.i 83, nella conti-
nuazione del racconto, L baldo ed Irene j
IJalhaU' Tentori e il sior Zanctto. Io non
posso seguirlo, n^.i limiterò a estrnrne po-
che parole. Entrati i francesi in Vinegia,
il meravigliosissimo palazzo ducale spa-
lancalo alla ruba d'un popolaccio disfre-
nato, fra tanto sactheggiamento ebbevi
un uomo savio e scorto delle cose (credo
che alluda all'ab. Cristoforo Tentori dot-
to e destro ex gesuita spngnuolo, vero
amante della nuova sua pallia, Venezia,
cappellano di corte del conte Ollolin be-
nemerito rap|)resei)tante la repubblica in
Bergamo, e primo ad ollronlare l'msano
jniuelo francese seoza riguardo a persoua-
V E iN G71
le incomodo e speso; il qualecom pi lo e pub-
blicò la Raccolta cronologica ragionata
cc.y Augusta I 799), che inosservalo pene-
tra to in Pregadi, uno de'graudi archi vi del-
la repubblica, dagli ultimi scalTali,ilali di
mano a' fasci [)iù recenti degli Jtti del
consiglio de' Savi, fece caricare i2 ce-
stoni di quelli degli ultimi 4 lustri della
repubblica, cioè da poco prima il 1780
a tulio il mese di aprile e i prinv, di mag-
gio del 1797, in cui fu morta la repub-
blica per r invasione francese, e da 12
portatori di acrpia li fece Iraspoi-tare a
casa, per rovi>lare fra quelle carte le ve-
re cagioni della caduta ilella repubblica
di Venezia (a ciò autorizzalo il Tentori,
ne copiò i documenti, e quindi iu due
volund stampò nel i 798, come di già ho
avvei lito nel (ine del u. 1 2,odogado 49°
del § XIX), onde poi pervenne a chia-
rirsi più che immaginalo non avea (già
egli avea compilalo il Saggio sulla ^■lo-
ria civile politica, ed ecclesiastica del'
la repubblica di f'enezia, ed ivi pub-
blicato nell'anno 1785). Dopo lo sco[)-
pio della rivoluzione, il cervello astu-
to e il sottile ingegno dell' ab. Teulori
vedeva o pareagli vedere nel reggimen-
to della sapiente repubblica di Venezia
certe anomalie, ch'egli non sapeva co-
slrurre e congituigersi in capo. Laonde
entralo in mille avvolgimenti, e sospi-
zionì^e pronostici, dicea fra se: Qui gat-
ta ci cova. ÌNIa non arbitrava mai m pen-
sare che in vece ci covasse un seipenlac-
cio aslulo e crudele, pien di bava e di
veleno, il quale del (iato attossicava le
pili savie risoluzioni del doge e del sena-
to ; e questo era ap[)unto quel lai lo in-
terno e segietOjche rodeva il midollo del-
le ossa dell» re[)Mbblica. Il Tentori, eoa
ajlri suoi gravi e discreti amici, ragionava
dell'inerzia del senato contro la burrasca
che si addensava alle contrade d'Italia,
ma ne parlava sottovoce, non potendosi
arrischiare in palese pel timore di quel
grandeassioma veneto: Della Screnissi'
tua non se ne discorra ni' in ben iic in nini-
Gj-ì V E N
Tulinvia non valeodoa leraperarsi,si s/o-
gr\va cogli amici sull'iiioperosilà del go-
verno in ritnatiei e neutrale disarmalo, ri-
petendo quel tanto che già di sopra più
■Volte de[)lorai, sull'inconcepibile acceca-
iDento del inedesimo, non ostante l'espe-
rienza del I 735 61743, incili sostenendo
la neutralità, ma armala, valse alla re-
pubblica la sua libertà e la sua sicurez-
za. E pai landò dell'erario, riferisce un
curioso, per non dir peggio, docunìenlo
trailo dall'archivio. Anno 1789. Filza :
.spese incontrale dopo la morie del do-
ge Renier. Da esso ricavasi, che negli 8
idiomi in cui i 4o elettori slelter chiusi
per eleggere il doge successore Manin, si
spese in pane, vino , olio e acelo lire
29,421: iu pesce 24,4 'o: in carni, polli
e selvaggina 20,36o: in sal.imi, salcicciot-
ti, prosciutti 3,980: in conft'zioni e can-
dele di cera ^jfiCì'^: in tini generosi,
calle, zuccliero 63,845: in fruiti, fiori,
condimenti 6,3 i4: '" masserizie di cuci-
na, legna, carbone 3 i ,85 1 : in arnesi no-
leggiati, guasti 4', 624*- in ispese minute
108,910: per stiizzicadenli 25: per ta-
bacco 4>93 '• i'i carte da giuoco 200 : in
altri giuocarelli da veglia 606: in berret-
te da notte 5o6: in calzette e borse di se*
ta nera (ler chiudervi la coda 64: in ta-
bacchiere 3,067: in pettini alla real,da
toppe, da bonnet 2, i 5o: in essenza di ro-
se, di lavanda, di vainiglia, e in belletto
182. Totale, lire 390,806. Trovo esage-
rata l'asserzione, la repubblica possedere
la sesta parte tl'Italia, con ben quindici
milioni di sudditi! Negli stali di Terra-
ferma contava 20 città floridissime, con
3,55o comuni ricche di terre uberlose,di
bestiame e altro. Le rendite si fanno a-
scendere a nove milioni di ducati. Ave-
■va porti, marina militare numerosa e co-
piose munizioni. Si deploia la condizione
oziosa dell'esercito, l'abbandono delle for-
tezze, eccettuandosi gì' intrepidi e arditi
schiavoni e albanesi, e le cerne o milizie
di campagna composte di gioventù ga-
gliarda e pugnace. Oltre le rendile indi-
VEN
cale, die in tempo di pace superavano le
S[)ese, la repubblica poteva crescere l'ini-
po^izioni, avendo opulentissimi cittadini,
fedeli e della patria amantissimi, non le
sarebbero venule meno nelle sue straor-
dinarie occorrenze. Si vide manifestamen-
te se il tesoro della repubblica era in fio-
re. Poiché all'invasione francese i vene-
ziani inaiiteiinero per ben 1 8 mesi quell'e-
sercilo divoratore, il quale non pago di
rapinare pe' suoi commissari ogni di le
tre pirli delle vettovaglie e de' foraggi,
che volea S(jpra il bisogno, im|)Ose taglie
di parecchi milioni, confiscò gli ori e gli
argenti delle chiese, de'santuari e de'pri-
vali signori, che spogliò d'ogni ricco mo-
bile, senza l'infinite ruberie, concus-ioui
e ingoiameuti che furono un abisso. Tut-
tavia I' orario della repubblica sussidiò
largamente le città disertate dall'ingor-
digia giacobina. A Verona, che fu la più
manomessa , cioè 2,070,026 ducati ; a
Dresda 200,010; a Padova 800,781; a
Vicenza 52,332; a Crema 24,000; a Fel-
tre 7,600; a Treviso, Belluno, Pordeno-
ne, Ceneda , Cadore 91,026; a Ci vidi!
del Friuli 4,ooo;a Oderzo5,ooo; ad Aso-
lo 10,000; a Conegliano 39,000; a Bas-
sano 70,976; oltre a 255,o39 per altre
occorrenze. Totale, ducati tre milioni,
629.790. E tuttociò per sopperire io par-
te alle vettovaglie dell'esercito francese.
Aggiungasi, che i francesi entrati in Ve-
nezia sotto maschera d'amici, abbottina-
rono r arsenale pel valore di quaranta
milioni, ed oltre ad olio milioni s'ingo-
iarono nello spoglio del porto di Corfìi,
somme che superarono di gran lunga i
debili dello slato, I tesori poi che rapi-
narono nello spogliare i privati degli ori,
argenti, quadri, statue e pietre preziose;
nelle taglie crudeli poste loro addosso;
nel diserlameuto delle loro ville, giar-
dini, granai, cantine; ne'guasti dati alle
possessioni ove campeggiarono e dieder
tante battaglie, furono smisurali. Aggiun-
ge l'illustre p. Bresciani: » E ciò sia det-
to non per ismentire Fabio Mutinelli,
V E N
clie nelle sue i1/c//?or/e ^tor/V/^e (venute-
ci iu ninno <lopo scritti colesti Capi) ino-
s4ra quanto negli ultimi anni fosse ne-
* ghitloso il governo veneto ; ma per far
vedere quanto fosse ancora possente quel-
la repubblica se per tempo avesse preso
1 suoi avvisi per armarsi". Indi si ragio-
na di molti creduli rivoluzionari, che av-
volgendosi liherairienle fra il popolo ,
spendevano e spandevano; i pittori era-
no tulli intenti a dipingere ritraiti di cer-
ti Sai'i di consìglio , e specialmente di
certe gentildonne; si pagavano di gran
moneta, e da Venezia si spedivano pro-
l)abilmente in Francia e a' giacobini, o
ilall'agenle della repubblica francese Ja-
('•<b o dal ministro di essa Lallemaut. A
lIic fare? Forse per far all'amore co'gia-
cobini 1 A s. Simeone grande si facevano
adunanze notturne e occultissime; ma il
Goldoni che la sapea lunga (parù da Ve-
nezia nel 1 76 1 e n)orì in Parigi nel 1 793),
descrisse cerli emblemi nella commedia
delle Donne Curiose, i quali sono di
J'^ianchi Muralori. Molli erano i giaco-
bini die francamente passeggiavano in
I\lerceria, [)er la piazza di s. Marco, per
li riva degli Schiavoni e per Pdallo, sen-
y.i avere le carte in regola , penetrando
il) Venezia sotto mentile vesti e sotto la
liviea di certi signorazzi anche del consi-
glio de'Savi, molti vivendo all'ombra de'
( hioslri per le raccomandazioni dell'ec-
(tUenza A e dell'eccellenza B, che colla
loioaulorilà ve li appiccicavano per ospi-
ti (livoli. F inlanlo costoro seminavano e
spaigevauoa larga mano le massime piìi
indiavolate. Avevano emblemi tlcmocra-
lici impressi sui botloiii, sulle labacchic-
re, sulle pipe, ne'ventagli. S' introduce-
^ollO »m diluvio di libri eslampe pessi-
nascoslamenle e nelle gondole delle
,,auiine dal lop[)è alto. Molli patrizi dis-
sipato! i e indebitali, e se ricchi e in cari-
ca ir religiosi, vagheggia vano cambia men-
to di cose, sperando forse di grandeggiar
soli. Il Tcnlori vide co'()ropn occhi, np-
poìtandolijdi versi nubili andare nelle not-
VOL. xcu.
V E N 673
li a trattenersi segretamente da Lalle-
maut, Jacob, Micheroux ed Enin, tulli
ra[)presenlauti del giacobinismo fiauce-
se; i quali poi si sbracavano iu consiglio
per mantenere la Neutralità disarma'
tu, e predicavano che si lasciassero in-
nalzare sul palazzo di Francia l'arme re-
pubblicana. 1 giacobini per ottenere que-
sto trionfo spesero 80,000 lire tornesi, e
il K. Zuliani fu l'oratore, e rollenne con
tanto stupore degli assennati, e rabbia
del popolo, che voleva abbattere quel-
l'abborrilo slemma, sicché ci vollero le
sentinelle rinlerzate a guardaila. Di sot-
terfugio, e indarno cercati dagl'inquisito-
ri di stalo , penetrarono in Venezia gli
ex ministri di Toscana, cacciati da Firen-
■ie. La Flotte e Chauvelin, chediirusero
scritti pieni di fuoco e fiamma. Inoltre
gl'inquisitori non riuscirono a scuoprire
le logge Massoniche aperte io Venezia,
i settari essendo astutissimi nel cambia-
re residenza e nel sapersi ascondere. Quel-
la che si scuoprì, si dovette al caso e per
avere il cav. Girolamo Zulian dimenti-
cato in gondola un rotolo di carte mas-
soniche (questo fatto,racconlato pure dal
cav. IMutinelli , giù dissi col conle Dan-
dolo , credersi di questo doversi la sco-
perta piuttosto alla maggior vigilanza e-
sercitata dagl' inquisitori), le (piali |)er-
venute nelle mani dell' intjuisitore Giro-
lamo Diedo, la loggia fu disfalla , bru-
ciati gli emblemi, collo il catalogo de'
massoni settari. Tuttavia ... ! Si osserva,
che la venuta del conte di Provenza in
Verona, sotto il nome di conle di Lilla,
fu da tulli approvala; accollo con animo
grande dal senato, e con festa dal doge,
questo e quello applauditi da tutti i con-
sigli per la magnanima risoluzione dcl-
r.iccordala ospitalità, ad onta ilelle rimo-
stranze del ministro della repuhblic.i fian
cese in Venezia; indi da'veronesi Irallalo
con munifica generosità, perciò apjilau
<lili da tulli i buoni d'Europa. Però il
Teiitori portav.i opinione, che tbila par-
ie del senato tulio procedeva sincera-
43
674 V E N
mente, oìù die più d'uno del cousiglìo
spronò tale venuta d'accordo co'giacobi-
ni francesi per avere un appiglio onde
poi rom[)erla colla Serenissima. Anzi ri-
tenne, cJie le società segrete lavorarono
di gran polso a picchiar sull'aiicudiue per
aHiiare e far la [lunta alle lame delle spa-
de, per assassinar la lepuLIjlica di Vene-
zia. Oltre dcliiaritofra partnlesi, io deb-
bo aggiungere alcuna dilucidazione sui
narrato. JNe'9 noesi che seguirono la ca-
duta di Venezia, framezzo al demo-
cratico deplorabile trambusto che gli em-
pi fautori di si tiiste causa promossero
per isvagare la moltitU(.line e distrarla
dagli antichi aflelti e da'recenti danni e
successivi spogli, frequenti erano le ban-
de musicali, i pranzi [)ati lotici e sparta-
ni, con feste fuuebii a'cos'i detti martiri
ch'Ila libertà, con sognali delitti a cari-
co dell'aristocrazia, con calunnie, con
ìslantpe e con voci proclamanti quali eroi
i congiurati. Costoro scelsero a piotoli-
po BaiamonleTiepolo, per tessere le cui
lodi aprirono gli archivi a tulli quelli
che avessero voluto scriverne la storia.
Molti furono a tale invilo i concorrenti,
ma nessuno si assunse di difendere quel-
l'iniquo notoiio reo di stalo. Fra' con-
corsi vi fu l'accortissimo lodato ab. Ten-
tori, il quale in luogo di svolgere le car-
te riferibili al ribelle Baiamonle, si oc-
cupò a trovar quelle dalle quali si aves-
se potuto desumer le cause della caduta
della repubblica, e sopra tutto da che fos-
se derivala l'inconcepibile indolenza de-
gl'inquisitori di sialo e del nìaggior cou-
siglìo (fra tutte le votazioni di quest'ul-
timo, due vivono ancora celebri nella
tradizione del popolo, una per un voto
iìt{lo (Iella Provi'idenza ^ la cui sola n)ag-
gioranza vinse la parte di non abbando-
nare la sede di Venezia quaudu Enrico
Dandolo prendeva Costantinopoli, e fu
priiicipalmenle per laconsidcrazioneche
Venezia è nìulto meno suggella a'terre-
inoti ; r altra pel volo dello dalla lìJa-
lora, che nel 1794 vinse la parte della
V E K
neutralità disarmata, in una seduta pro-
tratta a tarda ora, e da cui assentavansi
molli per non mancare al teatro tieila
Fenice in occasione d'opera nuova!). Po-
stosi al faticoso lavoro di scorrere gli ar-
chivi de' più elevali dicasteri, si fermò
su quello del collegio de' Venticinque
presieduto dal doge, in cui facevano cen-
tro tulli gli affari dello stato, e dal qu;de
venivano assegnati agli altri magistrali
per le loro discussioni e decreti tulli quel-
li che non credeva di sua spettanza, ri-
servava gli altri a se per le sue delibe-
razioni, ed a preferenza i carteggi della
repubblica cogli ambasciatori alle corti
estere. Fu su questi ultimi, che l'avve-
duto Tentori si prefisse di portare i suoi
accurati esami dal 17 79 in poi, epoca de'
[)rimi sentori della diabolica rivoluzio-
ne francese scoppiata dieci anni dopo nel
1789. La perizia del diligente ed esper-
to indagatore vi si pose a lult' uomo, e
lesse e trascrisse tulle le corrispondenze
che restarono senza evasione, e portava-
no il generale famoso attergato, Coinn-
n'uatc e nonlclle, cioè comunicate al col-
legio, e non lette al senato. 11 Tenlori, in
quanto ad aver certa la causa ilell'acca-
duta rovina d'un governo di XIV secoli,
dispose l'arduo e delicato lavoro per via
di sensali e chiari ragionamenti, alti a
compiere una veridica e documentata
storia qual fu quella da lui data alla lu-
ce colla stampa in Venezia, senza indi-
cazione di tipografo e col nome d' una
tipografìa della Svizzera, in tempo anco-
ra del morìenle delirio democratico di
Venezia. Fu impresa meravigliosa, sic-
come falla nel tumulto e nell' angustia
dell'epoca e in sì breve spazio di tempo,
lo scrivere e stampare lutto. Questa sto-
ria, unica nel suo genere, perchè svela-
trice d'arcani diplomatici disonoranti 01*
l'uno or l'altro de' gabinetti d'Europa,
veritiera perchè tessuta in gran parte
cù'lesli originali de' documenti che la
comprovano, è sola veramente efficace a
documentale la nullità ed irregolarità
V Ei\
assoluta della fatale deliberazione 1 2 alag-
gio 1 797 ; fu generalmente applaudita e
tanto desiderata che di essa se ne fecero
ristampe io Italia, in Francia e in Inghil-
terra, senza ancora che ne siano saziale
le ricerche. Non per questo si può dire
che piacesse a tutti, mentre appena ven-
ne in luce, si fecero accurate ricerche per
conoscerne l'autore e lo stampatore, an-
zi si voleva aprire un processo per rag-
giungerne lo scopo. Prevalse il sagace
consiglio, senza badire a dispendio, di
farla pressoché sparire in Venezia, col
prissibile acquisto di quanti più esempla-
ri si potesse, con segretezza e sollecitudi-
ne, e in buona parte se ne ottenne l'inten-
to. A p. 283 del citato voi. della Civiltà
CdUolica, seguesi dal eh. p. Bresciani il
rncconto: Il conte d' Alinaviila e Val.
Tintori. In esso si torna a parlare degl'io-
g.inni e trappolerie di più d'uno de' par-
rucconi del consiglio de'Savi, usati colla
buona fede del senato e del doge; sulU
tenace neutralità disarmata, mentre il
i*apa stesso, Toscana e Parma armarono
per entrare nella lega; si ragiona sopra di-
vei-si segreti diplomatici, di quanto la re-
pubblica fu a tempo avvisata a stare in
guardia, ma inutilmente pe'frammassoni
e ii>iglieri, i quali aveano la loggia a Rio
l'Inrin, appigionata da Marco Contarini
j'i ocuratore di s. Marco a un certo Co-
j'iinbo. Quindi apertamente il Tenlori,
ti a gli altri frammassoni riconosce»il na-
poletano IMichele Sessa venerabile della
5.rtUi,ed i patrizi veneti Girolamo Zusli-
iiiiiii, Francesco Battagia (ch'è il sopran-
»i()n)inato con altri Battaglia), Pietro Do-
li;!. Antonio Mariii, Giuseppe e Alessan-
<Ii o Albrizzi, Paolo Beiiicr, Alvise Pisa-
ni, Alvise e Angelo Quirini, Ijeniardo e
Lorenzo Memmo, Nicolò Erizzo, iMario
SMianzo, Angelo Falier, Alvise Contari-
ni, Francesco Morosini, Ascanio Zusti»
ni.in , Andrea Tron, IMario Paleocapa,
Antonio liuzzini, e molti altri che se ve
Il nominasi fareste le croci (Imp. Reg.
Archivio generale)". «Sembrando iropos-
V E N 675
siblle al conte Almavilja, come pochi Sa-
vi del consiglio potessero trascinar dalla
loro un senato così numeroso e sapiente,
e fargli commettere si madornali errori,
quali furono specialmente due, cioè di
non voler entrare nella Lega Italica, e
di non tenersi in una neutralità arma-
ta, di cui si enumerano i vantaggi; V ab.
Tentori ne dà la seguente spiegazione,
che dice lutto. » I negozi di stato di gran
rilievo si maturavano a V^enezia, da' Col-
legi straordinari dc'SiWi, tratti dal Con-
siglio Maggiore, in minore o maggiore
ìiumero secondo l'importanza de'casi. Ma
nel 14^0 deliberossi per cagioni di gran
momento la formazione ili un Collegio
ordinario e permanente di Sai'i, i quali
si dimandarono Savi del consiglio di Pre-
gadi. Fu attribuita ad essi la parte con-
sultativa de'negozi da proporre alla de-
liberazione sovrana del senato, e fu po-
sto in arbitrio loro il convocare o no la
raunanza del senato medesimo, in questo
venerando consesso non s'ammetteano a'
tempi addietro che uomini di gran senno,
consumati nella pratica de'negozi, sperti
per ambascerie nelle cose di stato, usati
olle corti delle grandi Corone, d'alti spi-
riti e magni, amantissimi della vera pro-
sperità (! gloria della patria. Perciò a co-
testo Collegio di Savi, gl'inquisitori di
stalo rimettono per mezzo delle Conni'
nicale tutti i negozi da proporre in sena-
to, tutti i dispiicci degli ambasciatori a
lume e direzione de'Ioro consigli; di sor-
te che la somma delle cose casca in pu-
gno de'savi. Coll'andar però de'lenipi non
si guardò tanto pel sottile nella scelta di
colai [leisonaggi, onde occorse che tutti i
negozi ficendo il 1 ." capo al consiglio de'
savi , se costoro non sono fnleli possono
frodare il senato, ovvero teneiulolo al
l)uio degli alfiri, ovvero fdsamloli e tor-
cendoli a'ioro intendimenti ...Datemi de'
savi pazzi, csiianuo c.igione di far pazzie,
datemi de' savi tristi, e la tristezza loro
causerà (Ianni infiniti. Ma il peggio si è,
che il senato e il doge, per quell'iiulica e-
676 YEN
slimazione che avea la repuljblicn iklla
snpienza e rellitntline de'savi li tiene per
infegerrimi e infallibili ne' loro consigli.
Nelle presenti occorrenze essi gitulicano
che la signoria non dee far lega perchè
basta a se medesima ; ed ella tiensi iso-
/^^7; credono ch'ella debba guardare una
Deiitralilà disarmata, ed es>a non arma'.
Sotto quindi la Laguna fremeva un vul-
cano pauroso, che dovea sconvolgere e
tempestare la repubblica, di guisa da non
trovarsi più una gondola, in sulla quale
fuggir tanta rovina. Racconta le opera-
razioni del cav. Francesco Pesaro ptr
l'armamento, nomina quelli che le coui-
I)atterono, e come si delusero per non
presidiarsi le fortezze, e per non raffor-
zarsi la marina. Dappoiché, salito in rin-
ghiera il Pesaro, acciò si dileguasse d'at-
torno tanto pericolo, perorò al senato con
tanta evidenza, suscitò nella sua eloquen-
za tanta fiamma, dimostrò il pericolo del
più star disarmati cos'i imminente, fece
sentire con tutta la forza il turbine che
addensavasi sopra l'Italia, che i senatori
sentirono correre il ribrezzo per le ossa.
Ma sursero come dragoni vomitanti fuo-
co i savi Girolamo Zuliani, Antonio Zen,
Francesco Battaia, Zanantonio Ruzzini,
Zaccaria Valaresso, Alessandro Marcel-
lo primo, e gridarono : Che no : che non
com'enk'a armarsi: che la Serenissima
non avea nemici a temere. Se non che
Pietro Pesaro K. fratello di Francesco,
tanto rincalzò le ragioni, che il senato
decretò alla perfine l'armamento di ma-
re e di terra. Però il consiglio de' Savi
■veduto il Pesaro vincitor del partito del-
la neutralità armala, levossi e qual
frammassone Pietro Dona disse : Signo-
ri, poiclir la Consulta ?' costretta mal
suo grado di far apparecchiare Var-
ma/ncntOy è et uopo eludere il senato,
dando vista di operar vigorosamente
senza far nulla, usando il sistema di
Boerhaave, il (juale prescriveva d'in-
zuccherar le pillole amare per farle
tranghiotlir senza nausea all' infermo.
YEN
I savi di Consiglio e di Terraferma ap-
plaudirono in gran parte, scandalezzan«
done i savi agli Ordini; ma il sistema
di Roerhaave fu preso, e levati 7,000
uomini di milizia, non si dierono affatto
un pensiero di ^jresidiar le fortezze, né
di rallorzar la marina. Commosso fiera-
mente a tanta indolenza PietroPesaroK,,
perorò in senato di bel nuovo ; ma i Savi
seppero Iranellare cos^ bene (piell'augu- -
sto consesso, che i padri si tennero ben
servili del non far nulla. Il Rotta nella
Storia d'Italia dali'j'Òi^ al 18 i4, dice
che contro il Pesaro arringò Valaresso,
ma fu Girolamo Zuliani, compro da'
francesi, loro fautore in altri incontri.
Or dopo riferiti i pareri diversi di tan-
ti illustri scrittori sulle vere cause della
caduta di sì gloriosa repubblica, sia per-
messo anche a me conchiudere e ter-
minare così. Affievolita la fede e la se-
verità de' costumi, tacque l'amore della
libertà, che le aveva dato la vita; e men-
tre Venezia avrebbe essa sola potuto ba-
star a se slessa, e salvarsi sa non altro
sulle sue navi, la fini miseramente per
esser vittima del tradimento altrui, e del-
l'indolenza sua propria, tra la copia stes-
sa dei mezzi di cui avrebbe potuto dis-
porre, e che furono ricca preda de' suoi
rapaci aggressori. Finalmente accenno,
che alla compiuta cognizione delle cose
venete, concorrono altre due opere, che
meritano pur ricordo. Esse sono: Vene'
zia, ovvero Quadro storico della sua o-
rigine, de' suoi progressi, e di tutte le
sue costumanze. Opera scritta da un
veneziano (il nobile IMoro-Lin), Venezia
1 856, t. 5. La storia veneta espressa in
i5o tavole inventate e disegnate da
Giuseppe G atteri con illustrazioni ec,
Venezia i858 in foglio trasversale.
45. Parlai piìi volte delle rendite del-
la repubblica, perciò credo opportuno pro-
durre un documento, ossia un Quadro
sinottico delle sue annue rendite del
1795, due anni avanti la sua caduta, in
ducati veneti effettivi. Il ducalo elfellivo
V EM
(ì'aigento veneto è paii a lire auslriache
uiiiei'iie ^-.^6. Quindi il letlJilo netto è
pjri a liie austriache, 26,498,871:36.
Avverto, che il più de' rami di lemlila
non apparisce caricata di spese, perchè o
duti il) appallo, od esposti colle deduzio-
ni delle provigioni o per cento accordate
al ministero, come utilità legali. Siccome
li documento è diviso iq entrata, uscita
e rendita netta, (\\.\ì\x\ì\o non vi è V uscita
taceri) \ix rendila ;it'/^ii,perocchè la cifra è
la stessa dellV/i^ra/a.Nessuno era ammes-
so a pensione. Ramo di rendita i. Do-
g>na da mar: entrala ducati 137,000:
Uscita ducali 1 2,476 ; rendila netta du-
cali 124,524. 2. Dogana da terra :enlr.
i8,83o; use. '",071 ; nella 13,759. 3.
Commercio colla Germania al Fondaco
Tedeschi :entr. i45o55; usc."4, «46 J "^^"
la 9,909. 4- Dog-ina d'uscita ordinaria:
enlr. 10,579; use. 4)493; "ella 6,086.
5. Dogana di transito a s. Giorgio :entr.
17,666; use. 3,456; nella 1^,110.6.
Dazio grande delle biave appaltalo per
due terzi: enlr. 129,300. 7. Dazio vino
in appalto: enlr. 192,038. 8. Dazio gras-
sa, cioè suini, salami, formaggi ec, ap-
pallalo : enlr. 45j35o. 9. Altri dazi su
pesci salali e freschi : enlr. 56, 1 38. io.
Altri dazi tuìnuli sul pesce: enlr. 2,942;
use. i3o;uetla 2,762. i i. Dazio olio d'u-
livo appallalo :enlr. ^j^yfioo. 1 2. Dazio
per olio di Terraferma (la reudita si esi-
geva sulla capitale Venezia, sul suo Li-
torale, sulla Terraferma al di (|ua delMin-
cio: Padova, Rovigo, Vicenza, Verona,
Udine, Belluno, Treviso; e al di là: Ber-
gamo, Brescia, Crema; e olire mar, I-
stria, Dalmazia e IsoleJonie) : enlr.4,000.
1 3. Dazio legname appallato: entrala
17,260. 14. Dazio sul carbone appallato :
enlr. 1,598. I 5. Dazio acquavite e ghiac-
cio : enlr. 3i,54o. 16. Suini VLvi e loro
carni fresche: entr. 6,777. 17. Frulla
fresche : enlr. 7,55o. 18. Dai^io bande-
ruole, o vini navigali : enlr. 2,36o. 19.
T.djeicco appallalo : enlr. 600,000. 20.
Sali di là dal Mincio ; enlr. 208,000. 2 i .
YEN 677
Sali di qua: enlr. 677,000. 22. Dazio sui
manzi: entr. 58, 000. 23. Sull'- pelli: en-
trala 12,988. 24. Dazio olio di lino:
entrala 7,000. 25. Idem di Terraferma:
entrata 7,435. 26. Dazio sul canape e-
slero: entrata 18,000. 27. Dazio sulle
ossa di balena : enlr. 2,325. 28. Dazio sui
capelli da Terraferma a Venezia: entr,
i,3i5. 29. Dazio imboltadura per botti
Vino per Adria: entrala 9'2o. 3o. Da-
zio sui fieni: enlr. 9,160. 3 1. Bastioni e
oslerieche vendessero vino: entr. 3 1,206.
32. Carle da giuoco:enlr. 8,168. 33. Da-
zio grammatico o acquisto di beni: enlr.
i,6ig. 34.Ifnposta 5 per 100 suU'eredilà:
enlr. 5o,ooo. 35.Dazioislrunienli elesta-
uieulì: enlr. 6,232. 36. Dazio masselle-
ria e contralti (era imposta del 3 per 100
coir agio per acquisti e contralti iu Ve-
nezia e dogado, che formavasi di tutte
terre da Grado a Capodargine oCavar-
zere; del 2 per 100 per contralti ovun-
que falli fuori di Venezia, in cui con-
traesse un veneto); entr. 18,000. 37. Im-
presa cavalleria, cioè poste: entr. 86,4^9.
38. Tanse e taglioni: entr. 60,274. 39. In-
vestitura d'acque: enlr. 2, 1 45. ^o. Liber-
tà de' traghetti: enlr. 3,ooo.4i. Decima
sul soldo del ministero: entr. 38,352.
42. Patenti per bastimenti ( in marzo
1796 i legni veneti mercantili patentati
erano 55o. La bandiera era neutra , e
lo fu a lutto il i8o5): entr. i3,ooo.
43. Cnm[)alico laicale (l'imposta disliu-
gueva4classi di campi: rarativo,il pra-
tivo, il vallivo, l'inutile; e chiedeva dalla
i.*" classe soldi veneti 3o,o centesimi 85;
dalla 2." 20, o e. 57; dalla 3.' io, o e. 28;
nienle ddUullim-i) : enlr. 431,828. 44-
Dazi di Terraferma ( il disordine del
sistema daziale de'veneli in Terraferma,
sia per elementi, che per modo di esa-
zione, è inesplicabile. Esigevano quello
che davano, e spesso «piando volevano):
enlr. 1,779,800. 46. Altri dazi e daziel-
li di Terraferma: entr. 364, 77'Ji. Tota-
le complessivo de' ducali : dell' entrata
5,840,978; dell'uscita 29,822; icudita
678 V E N
netta 5,8 1 1,1 56. Alle forze economiche
della repubblica (che già riposavano aa-
coia più nell'agiatezza e solidità genera-
le delle famiglie e delle corporazioni), si
aggiungevano anche quelle di una cassa
della del Dagadn (fraiione di soldo ve-
neto), the per la slessa meschinità de'par-
ziali suoi introiti riusciva al complesso
di capitali vistosi. Delle monete effettive
della repubblica di Venezia, oltre quan-
to ne dissi nel § III, n. 2, e nel presen-
te § al n. 3, e dogado i8.°, ne' dogadi
68.°, 70.°, in fine del 75.° e 76.°, 77.°,
83.° ed 88.° ragionando in breve della
zecca e monete venete e delle medaglie
de' dogi, di queste e di quelle ne ripar-
lai con altre nozioni in diversi doga*
di, e nel 35.° delle monete di cuoio,
anzi sulla zecca del 1848-49 dirò alcu-
ne parole nel § XX, n. 4- Nel fatale 12
maggio 1797, al cadere della repubbli-
ca, erano in corso le seguenti monete ef-
fettive. In rame con poca lega d'argen-
to : il bezzo,\ì soldo di s. Marco, il sol-
dinOy e la lira veneta da 20 soldi. In «r-
gento di moneta nuova: il traro da 5
.soldi, il medesimo da io soldi, ed anche
da i5e da 3o soldi. In argento puro'Ao
scudo della croce da carati 1 53, grani 3,
del valore di venete lire 12, col suo
mezzo, quarto e ottavo di scudo: il dii'
calo da carati 1 5o, grani i, del valore
di lire venete 8, co' suoi spezzati, mezzo
e cjuarto. la oro puro: lo zecchino o
ducato d'oro da carati io, grani 2, del
valore di lire venete 25, coi mezzo zec-
chino: le doppie, ma rarissime, del valo-
re di lire venete 37, grandi come l'ot-
tavo dello scudo d' argento, col peso di
denari 2 e calati 20, e per eccellenza di
purità 24. Erauvi pure V oselle d'oro e
d' argento , egualmente discorse in più
luoghi. Si deve poi notare, che si avea
per erosa la moneta di rame come so-
pia; che il rame puro d'argento era
poco; che si coniarono pezzi in oro da
più zecchinidi valore a piacere; che v'eb-
bero ducati d'oro di largo diaraetio, co-
V E N
me doppie di Genova, coli' effigie della
Ilepubblica personificata ; che in com-
mercio e nelle contrattazioni private u-
savansi pure le denominazioni di ducali
correnti in argento da lire 6 e soldi 4;
come pure ducati di banco , ducali ria
risi, la lira di banco ec. ch'erano valori
di convenzione non un fatto di corrispon-
dente moneta effettiva. Ma di ciò basti,
rimettendo gli studiosi della numismati-
ca alle opere enunciate nel citato § —
A seconda del promesso nel n. 2 i del ^ X,
o voi. XCI, p. 176, ecco il Cenno o In-
dicazione sommaria degli Archivi Ve-
neti generali della Legislazione e Costi-
tuzione dello Stato Veneto dal 1084
al lyqj , coli' indicazione altresì (ciò
che vale altrettanto e più) degli oggetti
appropriali ad ogni singolo archivio,
l. Cancelleria ducale. Leggi delMaggior
Consiglio e Deliberazioni del Senato in
oggetti di semplice relazione. Prìncipe e
Sudditi. Quesl' archivio (cui appartene-
vano anche i così delti Libri d'oro, con-
tenenti le Leggi ) dividesi in IV sezioni.
Sezione i.' Deliberazioni del Senato ia
oggetti d'Arsenale. 2. Item per conces-
sioni di possessi temporali e benefizi ec-
clesiastici. 3. Atti e deliberazioni della
Signoria Veneta, c\Qt del Minor Consi-
glio , aulonlk supvema (composta del
doge, di 6 consiglieri per ogni sestiere
della città , e di 3 capi del Consiglio de'
XL al Criminal detti Superiori) che pre-
siedeva a tutti i consigli della repubbli-
ca. 4' Itera del Co//(ì,'ìo composto della
detta Signoria, e de' Savi del Consiglio
di Terraferma e degli Ordini, il quale
giudicava in oggetti digiurisdizionee pri-
vilegi in argumeuto di pubblica econo-
mia,edaccogliesa ministri esteri ed am-
basciatori, non meno che suppliche dei
sudditi in ogni materia. 5. Item del Can-
celliere grande (primo ministro e guar-
dasigilli della repubblica) che piesiedeva
alla Cancelleria Ducale, alla nomina
de' Segretari de' Magistrati e de Can-
cellieri del Doge, delti inferiori. Fresie-
V EN
(leva pure al Collegio de' pubblici nota-
li, e custodiva i trattati autentici colle
potenze estere. 6. Itein dell'nlìlzio deno-
minato Cassiere alla Bolla ducale: con-
fermava gli atti delle grazie dispensate
dal Minor Consiglio, ed C'^igeva le tasse
pe' possessi temporali de' benefizi eccle-
siastici, j. Archivi del Segretario alle
Voci. Custodiva gli alti e registii spettan-
ti a tutte le nomine ed elezioni fatte dal
]Miiior Consiglio e dal Senato a tutti gli
nQizi , magistrati, dignità, ambasciatori,
rappresentanti, rettori ec. della repub-
blica. 8. Item dell'uffizio detto de';?vr/7/i
della Si'^noria di Venezia. Lo compo-
neva un patrizio, ed un avvocato civile,
che dava consulta sopra oggetti di pub-
blica economia , di diritti e di giurisdi-
zione. II. Cancelleria Segreta. Atti e do-
cumenti per qualsivoglia oggetto di le-
gislazione e di Sitalo, ed importante segie-
to politico, e più propriamente ancora,
oggetti di relazione tra Principe e Prin-
cipe; colle relative deliberazioni del Sena-
to. Questo gelosissimo ed iraporlantissi-
rno archivio nel 1812 per una commis-
sione istituita sotto il governo Italico fu
lipailito nelle 19 sezioni seguenti, i. De-
liberazioni del Senato per oggetti eccle-
siastici e relazioni colla Corte di Roma.
2. Atti de'consultori in fure, e special-
mente in argomento ecclesiastico. Primi
consultori furono i due religiosi servili
fra Paolo e fra Fulgenzio a tem[)o del-
l' interdetto di Paolo V, poiché prima a-
vea consultati i pievani oparrochi. 3. Me-
moriali eDocumenti prodotti inCollegio
da'minislri esteri e perciò detti : Esposi-
zioni óe Princìpi. |4- Atti e documenti
delle Commissioni del Senato a'suoi rap-
presentanti d'ogni grado e qualità tanto
presso le Corti all'estero, che nelle pro-
■vincie, città e regni dello stato, tanto in
Terraferma che in Mare. ^.Dispacci (oggi
si direbbero Rapporti) òeGo^^'crnaloriy
Vrovvedilori e Generali di Terra e di
Marc, non esclusi quelli degli Ambascia-
tori residenti, ed J/^'crafi all'estero; com-
V E N G79
prese le Relazioni che ognuno doveva
presentare al termine dell' incarico ri-
spettivo. 6. Relazioni (oggi Rapporti)del
Consiglio de' Di(/ci al Senato. Basta ac-
cennar questo titolo per significare lulf.i
la suprema importanza di questi alti ia
ogni parte del servizio interno ed esterno
dello stato. Esse relaziojii sono divise in
Comunicate, cìoè]e{[e in Senato dal 1382
al 1797 ; in Comunicate e non Ielle dal
1679 al I 797 ; e Comunicate exjndsis
relative ad affari ecclesiastici e colla Cor-
te di Roma dal 1707 al 1769. E' noto
che quest' aggiùnto e titolo expulsis, è
stato applicato alle relazioni in quanto
comprendevano oggetti per i quali si al-
lontanavano dal sitode' votanti tutti quel-
li che avessero potuto avere qualche at-
tinenza colla Corte di Roma. 7. Delibera-
zioni del Senato in oggetti militari di
Terraferma, Alti c\e Sindaci inquisitori
tanto in Terraferma che di Mare,edel-
Yestraordinario in Venezia; compreso
quello pegli Ebrei, che poi diventò Ma-
gistrato permanente , di cui si dirà piìi
sotto, g. Archivio de Soprainlendenti al-
la Camera f/e'Co/iy^/z/'v archivio impor-
tantissimo cui appartenevano pure gli at-
ti relativi all'originario diritto de' vene-
ziani sulla navigazione del golfo , ed al-
l'argoujento deWePoste degli Esteri Sta-
li. IO. Miscellanea di disegni da esser
conservati, raccolta fatta nel tnovimento
e concentrazione de' veneti archivi nel lo-
cale di 8. Teodoro, i i. Collezione di leg-
gi e doc-umenli in oggetti di criminale
diritto; raccolta dal i5ioal 1620 fatta
da un patrizio e donata alla repubblica.
I 2. Collezione de'Ceremoniali s[)etlauti a
venuta e passaggio di Principi , ricevi-
menti d'Ambasciatori, Ministri. Dignita-
ri, creazione e funerali del doge ed altra
primaria dignità della repubblica. i3.
Collezione di lettere originali di Principi,
Dignitari e Repubbliche estere, i4- Item
Trattati originali con Potenze estere, r 5.
Registri Co/nmemoriali, preziosi volumi,
8U cui dal 1296 al 17175100 registrale
68o V E N
Je rìicniorie di ogni importante avveni-
jnenlo inteino ed esterno, compresi i
Trattati colle Potenze estere. 1 6. Colle-
zione de'regislri de Patii. Comprende le
roncessioni fatte alla repi)bl)lica dagli
iujperalori d'Oriente ed Occidente; dalla
repnMilica alle città e comuni, ed altri
analoghi framinenli. ìj. IMiscellanea di
Bei^istri, Libri, Filze, contenenti docu-
tjìcnde Memorie sloriclic, politiche e di
erudizione non uniti a veruna delle so-
praddette sezioni. iB.Itemdi Pergamene,
Registri e carte antiche diverse, spettan-
ti in gran parte ad oggetti diplomatici
ed amministrativi. 19. Alti relativi ad ar-
gomenti Notarili e Giudiziali , trovati
nel 1812 sotto i Piombi del palazzo du'
cale, e delia Basilica di s. Marco, e come
i;redesi, procedenti dalla presa di Candia,
ed altre isole dell'Arcipelago e della Mo-
rea. III. Consiglio de'Dieci. i. De' Capi.
2. Del Camerlengo alla cassa. 3. Degl'In-
quisitori di Stato. IV. Compilazione del-
le leggi. V. Archivi veneti particolari
delle Magistrature ed ufììzi aristocratici.
1 . Esecutori alla Bestemmia. 2. Savi alla
Eresia. 3. Monasteri eProv veditori ad/;/a*
r77«5rt5'.4.Deputati. 5. Savi esecutori alle
Ac(jue. 6. Avogadoridi Coinun,t Araldi.
7. Ufficiali al Cattaver. 8. Censore al Bro-
glio.9. Esarainador a 11 'Ipoteche, io. Pio v-
veditori de'Feiidi. i i .Ufficiali alTorraen-
lo, a s. Marco eà a Rialto. 12. Provve-
• Utori alla Giustizia Nuo\'a ef'ccchia. 1 3.
Vino e viltuarie. 14. Ilem alle legna da
fuoco. I 5. Deputati aìl'ospedaldijlla Pie-
Ij. 16. Item agli ospedali. 17. Provvedi-
tori alle pompe. 18. Ilem di s. Marco,
Saprà, Citra, Ultra. 19. Item di Co-
mune per vendita di fabbriche rovinose,
•soggette h fide-commessi. 2x5. Scuole del
ss. Sagramento e pie Unioni. 2i. Prov-
veditori di Sanila. 22. Inquisitori e rego-
latori di Scuole grandi. 23. Signori di
notte al Civil e Irulfe. 24. Item al Cri-
minal, furti e ladri. 25. Zecca ufficio ar-
f^enlo e oro. 26. Provveditori e Iiiquisi-
tori allo Zecca. 27, Provveditore a'iioschi
V E r?
di legna. 28. Item alle beccnrie. 29. Ilem
alle biave. 3o. Consiglio de'XL al Ci iuii-
nal. 3(. Inquisitori agliJibrei. 32. Prov-
veditori a'bosclii. 33. Scansadori spese
superflue. 34. Incpiisitori alle Aiti. 35.
\ isdomini al b<jiidaco Tedeschi per esa-
zione di dazi per mercanzie tedesche. 36.
Depositari al Banco-giro. 37. Savi alle
T\iercanzie,Commercio e iNavigaziorie.38.
Provveditori al proprio, Corrieri e Poste.
39. Deputali alle Tarilfe. ^o. Esecutori
alle Acque, ^i. Piovvedilori all' Adige.
42. Beni inculli. 43. Itcìn beni Comuna-
li. 44- ''''"> ^'alli Veronesi 4''>- l»iforma-
toi i dello studio di Padova. 46.Sopraiu-
tendenti a' Confini. 47- Provveditori al-
l'Arsenal. 4'^- Item all' Armeria. 49. 1-
lem all'Artiglieria. 00. Item alle Fortezze.
5i. Alle Galere. 52. A'boschi elegna per
l'Arsenal. 53. Presidente alla Milizia da
mar. 54- Visdominialla Tana dell' Ar-
senal per sartiame e coidaggi. 55. Ese-
cutori agli ordini del Senato. 56. Inqui-
sitori a'bolli. 57. Siivi agli ordini .'\rmeria
n)aritlima. 5S. Item all' ordinanze armi
di terra. 09. Itera alla Scrittura, Mini-
stero della guerra che abbracciava tutto.
Questo prospetto sommario degli archi-
vi della veneta aristocrazia, ollreciiè au-
tentico pel fonte da cui fu tratto, dà net-
ta, per cos'i diie, T ossatura delle venete
magistrature, e di un organismo amrai-
nistrativo-|iolitico-militareafratlo sui gè-
ncris, perchè j)on facile a poter finora
esser desunto d;i'tanli autori che scrissero
delle venete cose, le quali variavano pre-
stamente ad ogni insorgenza di nuovi bi-
sogni. Fra quegl' illustri letterali che ce-
lebrano l'immensa e indicibile pieziosa
importanza dell'archivio generale di Ve-
nezia, del bel numero è il diplomalico
prussiano eh. barone Alfredo Beumont,
Bella pregievolissima sua opera : Della
Diplomazia Italiana dal secolo XIH
al XVI. Firenze 1837. Questa però è
li;iduzione del eh. Tommaso Gar, dal-
l'autore maggiormente ampliata e ilKi-
sliala delle sue due precedenti edizic-
ni tedesche. Ne ilie' chiaro ronle77.n In
Civiltà Ctitlolica, 3." serie, t. y, p. 7 i 3,
con l'elogio : Lpeulore è lonfnno dal par-
teggiare pei- queliti o rpieila delle fazioni
model ne d'Italia, ed è rispettoso verso il
l*apnlo;dtie pregi molto rari ne'moderni
scrittori di storia e di diritto; ed insieme
la Civillà Callolica non dissimula il ri-
marco,cbe vi sono certe appellazioni da-
te or a rpialcho l*apa, or a qualche inten-
dimento ile' loro negoii, letjuali si risen-
tono più del vezzo universale di dar ma-
la voce a'Papi e alla politica da essi segui-
ta, per la condizione de'tempijchedi quel
riserbo e di (piella calma di giudizio onde
l'autore dà prova costante iu tutto il li-
bro, di cui vado a giovarmi. A p. 3 17 e
seg. il Reumont riporta 3 documenti in-
torno all' archivio segreto della repub-
blica di Venezia. Contiene il i.° le De-
liberazioni del Consiglio de* X intorno
n/la cura e alla custodia della Cancel-
leria segreta , colla esposizione dello
itato dì essa, fatta dal segretario Zac-
caria Rosso a' 1 1 aprile i (3oo. A me im-
porta solo il riferire. »> Benché sia per
parte presa in questo consiglio sotto li 3i
ottobre i4i 9) statuilo, che debba esser
tieputato un segretario del Senato alla
cura e custodia della Segreta, dove sono
riposti j libri, lettere e scritture segrete
del detto Senato, e che non sia permesso
ad alcun altro che a 'pielli che sono di
collegio 1' entrarvi a vedere le cose neces-
sarie, per i servizi della veneta re[)ul.bli-
ca, se non con parlicolnr licenza della Si-
t^noria nostra, senza la qual licenza non
può alcuno aver copia d' alcuna cosa se-
LM-eta: nondimeno, non essendo da qual-
che tempo in qua osservato quanto è
slato da'prudentissimi maggiori nostri in
detta parte disposto e dichiarato, convie-
ne alla prudenza di questo consiglio dare
in ciò ordine tale che, conforme alla pub-
blica intenzione, non segua da nio nel
detto proposito alcun inconveniente ".
Jnollie propose, per mamlarsi a [)arte
Goiue la precedente proposizione, di ag-
V E it 6Bt
giungere un altro segretario de! collegio,
per la custodia della Segreta, ^o\i'ob\)\\ao
di stare sempre in essa un di loro; che
tutti gli ambasciatori o altri che avranno
copie o scritture di detta Segreta, doves-
sero restituirle a' due segretari, sotto de-
bito di sagramento (giuramento) e altre
pene giusta la forma della lcgge;chei due
S(\gret;iri avessero il carico di registrar
tutte le parli e deliberazioni del Senato,
e Cfjs'i i registri delle esposizioni degli
nmbnsciatori ec. Il 2." documento è VE-
Itzione dello storico Andrea Morosità
alla sopraintendenza della Cancelleria
segreta, a' 17 settembre 1601 in Consi-
glio de'' X. Non essendo da nujit'anui se
non in poca pnrte registrali li R,ubricari
delle lettere delle Corti, e li Registri delle
esposizioni fatte da Ambasciatori e da al-
tri rappresentanti principi, mancando a
cadauna circa vio anni ; oltreché a'Regi-
6lri ordinari delle deliberazioni del .Se-
nato,e delle materie di Ilomae di C»')stan-
tinopoli e delle altre Corti, vi mancava
anche da registrare e da rubricare; fu
dalo il carico e la sopraintendenza del
luogo della Segreta alMorosini deputa-
lo a scrivere l'istorie, e successori suoi,
con aumento a'ducati 200 che avea, di
altri 100 all'anno, per procurare l'esecu-
zione di quanto si andava a imporre a'se-
gretari, acciò quanto prima si rimediasse
a'dctli mancatneiifi delle pubbliche scrit-
ture. Al segretario del Senato Zuanne
]\I;)raveglia fu dato il carico de'R.egistri e
Riibricari vecciii, con ducati io mensili
di I icognizione. Dovendo continuare i se-
gretari del medesimo.Senato Valerio An-
telmi e Zaccaria Rosso, a' Registri e Ru-
briche de'lil)ri segreti , e ad avere la cu-
stodia della Segreta, fu a ciascuno di loro
aggiunto a' 40 ducati annui che aveano
altri 20. L'altro segretario del Senato Al-
vise vSaelta scrivendo da 8 anni gli An-
nali della Piepubblica,ebbe in premio du-
cati 3oo da lire 6 e soldi 4> e per futuro
salario io ducati mensili. Contiene il 3."
documeDlo la Relazione dello storico
GSi V E N
Aiulren Morosini intorno alla Cancel-
leria segreta nel 1602, cioè del da lui
operato dopo 1' incarico avuto. In essa
le''"o,che innanzi la memorata provvisio-
ne i 4 ' 9 t"l'6 '^ scritture e libri, ne'quali
si contenevano i più importanti segreti
pid)l»lici, si tenevano nella cancelleria du-
cale, senza alcuna custodia; onde ognu-
no poteva leggerli ed esaminarli, inten-
dendo tutti i negozi dello stato , e ne e-
rano senza licenza tratte copie, e manda-
le anche fuori, con gravissimo pericolo
d'infiniti inconvenienti. Il discorso mi
poita naturalmente da ultimo a parlale
dpi^li ambasciatori veneti. — De' tanti uf-
fizi nominali nel riportato documento ,
tintnanti l'interna organizzazione delle
magistrature e uffizi della repubblica ve-
neta, di molti ne ragionai nel decorso del-
l'articolo, olire qualche cenno degli am-
basciatorijde'quali certamente inerita che
io ne dia qui, come già dichiarai nel ^
X\'l,.ii. 5 e altrove, alquante brevi spe-
ciali nozinni, siccome rappresentanti al-
l'estero la repubblica. Ca<!uta questa, ces-
sarono pure i suoi celebri ambasciatori,
.«ipediti dal senato allediverse corti d'Eu-
ropa a trattare i" grandi affari dello sta-
to veneto, e ci lasciarono insigni relazio-
ni, ch'erano tenuti di fare al senato in-
torno alle cose più notevoli osservate nel-
la loro missione, molte delle quali sono
capolavori di arte, in che lantosi distin-
se la diplomazia veneziana , d'ordinario
rappresentata da'più sagaci e cospicui ve-
neti. Procederò precipuamente col dot-
to barone Reumont, benemerito d'Italia
anco per altre utili opere,e parlando del-
la loscaiin, profittai delle sue accurate
Tai'ole (Iella .storia fiorentina. L'usanza
di mandare negoziatori e plenipotenzia-
ri ha origine antichissima. Nel medio e-
o
vo l'infinito numero degli slati ede'comu-
ni indipendenti , in Italia la rese ancor
j)iìi fiecjuente, ma la piccolezza di quelli
e la conseguente esiguità degli affari con-
cedeva che le legazioni fossero brevi e
transitorie. Ma allorché mediante trat-
V E N
tati, 1 vicendevoH rapporti incominciaro-
no a divenire più stretti ed importanti ,
e le missioni straordinarie a succedersi
rapidamente Tuna all'altra, fu di leggieri
riconosciuto esser cosa più opportuna ed
economica l' incaricare per un determi-
nato spazio di tempo una persona (o in
casi più rari parecchie) di proteggere gli
interessi della pallia. Finalmente nel
cinquecento vennero in uso le stabili am-
bascerie di Residenza ( F.) presso le cor-
ti di i.° grado, sebbene ciò non fosse tal-
volta senza qualche intermissione. Mag-
gior ordineecoerenza in questa materia,
siccome in altre correlative , mostrò fia
dal principio la repubblica di Venezia.
Tanto è rimoto, dice il Romanin, in Ve-
nezia un provvedimento sì savio e s"ì uti-
le, che dimostra una cultura certo molto
inoltrata ne'suoi governanti. Nondimeno
la stessa Venezia dirigeva !a sua atten-
zione a quelle sole potenze , le cui l'ela-
zioni,sia politiche, sia mercantili, fossero
tali da richiedere una durevole rappre-
sentanza: Roma, Spagna, Francia. Inghil-
terra, Costantinopoli e in quest'ultima da
più antico tempo, per quanto sono anda-
to narrando. Così ordinatamente le cose
non procedevano cogli altri stati ; e sa
anche fosse lutto chiarito ciò che concerne
la storia della Diplomazia (P'.) e sue. ve-
lazionijdovrebbesi pure rinunziare a rin-
venire un nesso strettamente istorico nella
serie della massima parte di quegli ufììzi.
Io ne faccio un'eccezionecon Romania qua-
le, come riconobbe il celebre Talleyrand,
Rome seraloiijours uacentre dJ affaires
tres-importanl; e la s. Sede più o meno
da remoti secoli ebbe i suoi Apocrisarìf
Nunzi (/^.)ed i suoi Legati [P'.). Nel se-
colo XVI erano in Roma 4^ amba-
sciate ordinarie, non essendo ancora bea
fìssale le regole in questo. Da' tempi aa-
tichissimi insino a' nostri, gl'italiani go-
devano la riputazione di ragguardevoli
diplomatici. Osserva il eh. Reumont che
gli stati i quali un tempo esercitarono sul-
la storia civilee politica dell'Italia lamag-
V E N YEN 683
gior influenza sono 3; Firenze, Venezia allrimenli dovrei essere prolisso, edaii-
e Roma. JNe'due primi 6Ì manifestano in co (jua e là, per evitare ripct-zioui, meno
maggior copia gli elementi iutligeni;qui le iiidis{)eiisabili del di già riportalo nel
troviam fiorentini, là veneziani. Il 3.° lino progresso dell'articolo. In Venezia si tro-
abantico trasse eslranie forze d'ogni par- va una lunga serie di ordinamenti circa
te d'Italia, anzi del mondo, a tutti schiu* gli alìari, le incombenze, gli ullìzi diplo-
deudo i maggiori campi di azione, nulla malici già stabilili in un tempo in cui la
Chiesa, nella politica, nella letteratura , scienza politica giaceva per tutto altrove
neir aite. Secondo sua peculiare natura, ancor nelle ra>ce. In cpiesto, come in tanti
Roma non è esclusiva, ma sempre coni- altri cnsi, Venezia godeva su tutte le re-
prensiva, assimilatrice, dominatrice. Il ti- pubbliche e sugli altri slati d' Italia il
tolo uflìziale che portavano gli agenti di- vantaggio della stabilità, che influiva sul-
plomatici era cpiello di Oratori, che si le faccende di pubblica amministrazione,e
spiega facilmente dagli obl.'lighi loro. Già cheiluròrpjanto lo stato medesimo. loipe-
al principio delsecoloXlV troviamo ben- rocche nieutre (}enova. grande e talvolta
sì usata la denominazione di ^/nhascia- felice emula di Venezia, passava da ri-
gori (A.), la quale però e specialmente voluzioue in rivoluzione, fino a sottoporsi
ne' tempi successivi fu di preferenza ap- alla signoria degli stranieri ; mentre in Fi-
plicata a coloro che con grado più emi- renze regnava un continuo antaguuismo
nenie trattenevansi a lungo nelle corti di parti, dal ([uale in fine sorse la monar-
maggiori; titolo però che acquistò il suo chia; la costituzione del Comune di Ve-
valore attuale molto più tardi. Carlo V nezia dopo la riforma conosciuta c<jI no»
ordinò ch'esso non fusse dato che agi' in- me dì Serrata del gran Consiglio nel
viali di leste coronale , fra le quali era 1296, che in volger di tempo restri nge-
compresa la repubblica di Venezia, come va il governo ad un numero determina-
espressamenle dichiarò, e non già agli a- lo di grandi famiglie, stette sem[ire in-
genti di quegli stati che si trovavano in concussa, e sfidò le procelle de l'interne
qualche rapporto di vassallaggio (il Reu- e dell'esterne rivoluzioni. Ma ancor pri-
niont a p. 3oq offre un elenco di 29 ani- ma di tale chiusura si era comincialo a
Lasciatori veneti a Carlo V^, con notizie rivolgere un' attenzione particolare ai-
sulle loro commissioni dal 1 5i5al i554, l'ambascerie per le molteplici relazioni
1' ultimo dopo la sua abdicazione). 11 no- coll'estero occasionale già dal meiaviglio-
me di Minislro con tutta l'odierna no- ko svilu[)po del commercio tie'veneziaui,
meiiclatura venne all'Italia dall'estero. Il così in Europa che in Asia, ed accresciule
titolo di Eccellenza , ch'era proprio de' dall'acquisto degli estesi lerritorii toccati
principi regnanti, sinché venne in uso alia repubblica dopo la presa di Costan-
V ylllezza, già titolo regio, si dava solo tinopoli nel i2o4- Gli ordinamenti re-
confideozialmente agli ambasciatori sul lativi al mentovato ramo di politica at-
principio del XVI sec<jlo. L'inlilolazioiie tività comincianocon undecretodel gran
ullìziale era quello di. )/r/;y//'y/co v/^/iorro consiglio del 1288, il quale già [)alesu
il/^7g^/2//zco oratore. Magnifico ambascia- quello spirilo d'indipendenza, e quella
tore,dice PaoIolVPnpa del iSSTjrivol- sorveglianza de'propri sudditi, che carat-
gendo il discorso a Bernardo Navagero lerizza i provvedimenti del governo ve-
cjratore veneto, il barone Reumont esclu- nelo. Siflàtto decreto proibiva agli am-
sivameute parla di Venezia a p.63- i i i, basciatori presso una coi te straniera, par-
oltrechè in lutto il decorso dell'opera, licolarmente presso la corte ili Roma, di
secondo gli argomenti. Lo spigolerò e sen- làr broglio e procurare qiialuiKjue bene-
za coufrouli, tranne qualche ecceiioue, fizio, ulli^io e dignità, 0 di ottenerne in
f,84 V L W
favore d'aUre private persone, se non ne
veniva data loro commissione dal doge
e dtd con'^iglio minoie, e parimenti dal
coniglio della Onnrantia,che alle sue al-
ti il)iizioui giudiziarie univa pure le po-
litiche. Questa legge venne poi confer-
mata nel i56i in occasionedella promo-
zione al cardinalato die allora ebbe luogo
in Roma nella persona dell'ambasciato-
re Amulio o da ÌMu!a,il cheri[)ortai nel
(logado 83.° Non già che non fosse lecito
«/sudditi veneti accettale tal dignità, che
circa la stessa epoca fu goduta da Ga-
fi!iare Contarini e Bernardo Navagero,
pia ambasciatori presso la s. Sede, e da
fanti altri, come poidirò; ma ciò non po-
tè vasi se non con previa intelligenza del
.«icnato, e non mai in tempo dell'esercizio
delle funzioni di ambasciatore a Roma.
OndeTAmulio cadde in piena disgrazia
della repidjblica, e prima di lui era toc-
cato altrettanto ad Ermolao Barbaro
creato patriarca d'Aquileia essendo am-
basciatore a Roma e fors'anche cardinale,
pel narrato nel dogado 74'"E ciò perchè
i cardinali in tal modo entravano al ser-
vigio della s. Sede, senza l'assenso del
senato. Potevano gli oratori veneti ac-
cettare da'sovrani la dignità di cavaliere,
o della milizia aurata, come ordinaria-
mente appellavasi quando era conferita
dal Papa, ed al modo che riferirò in fine,
ma doventlosi tener presente quanto av-
vertii nel voi. XI, p. i4- Gl'imperatori e
re de' romani crearono cavalieri parec-
chi ambasciatoi i veneziani ; i re di Fran-
cia e d' Inghilterra tennero pure questa
usanza: il Reumonl ne registra vari e-
sempi. Noterò, chela repubblica insigni-
va gli ambasciatori suoi al ritorno di lo-
ro ambascerie a teste coronate, della co-
spicua dignità vitalizia di cavalieredella
Stola cVoroj solita pure conferirsi a que'
fra* patrizi che più si fossero segnalati
nell'esercizio di eminenti cariche,e le qua-
li non di rado facilitava il conseguimen-
to della maggior dignità di procuratole
di s. Marco, come rileva il conte Dando-
VEiN
lo, Ld caduta di /''enezifi, lib. i, p. 36.
Alla suddetta prescrizione, successiva a
quella del 1238, ben presto seguirono
altre di maggior entità. Nel 1268 fu or-
dinato agli ambasciatori dal gran consi-
glio di consegnare al loe'o ritorno tutti i
doni che avessero ricevuto; decreto con-
firinato più volte, e al quale tennero die-
tro vari altri dello stesso tenore. Anzi
per tale legge, come pur leggo nei prof.
Romanin, Storia documentata di l^eiie-
zia, t. 2, p. 353, dovea giurare l'amba-
sciatore, oltre il consegnare al ritorno i
donativi ricevuti, di operare e trattare
soltanto per l'onore e pel vantaggio di
Venezia. E nel i5o7 e i52i venne a'
procuratori di s. Marco accordato il di-
ritto di disporre di que'donativi. Potrebbe
credersi per altro, che a quel tempo uà
simile decreto non fosse che una sempli-
ce formalità, mentre quasi ogni relazio-
ne di quelli che tornavano da corti stra-
niere, si chiude con un cajitatio bene'
volc/itiaef e coWa preghiera che sia lascia-
to benignamente il donativo conseguito
al mon)ento della partenza per alla pa-
tria. Nelle strettezze però in cui la re-
pubblica trovossi durante la guerra di
Candjray, che la trasse all'orlo del pre-
cipizio, e parecchi anni dopo, i regali por-
tati a casa dagli ambasciatori reduci ve-
nivano realmente consegnati al tesoro,
perquantodi ben poco sollievo potessero
tornare allo stato in quelle grandi stret-
tezze. Sebastiano Giustiniani, tornato
dopo 4 3'ioi dall'Inghilterra, pregò gli si
lasciasse la catena del valore di un centi-
naio di lire sterline, datagli dal re Enri-
C(j(Vlll), ma bene di xil sed non bene
jìcrsuasit. Francesco Giustiniani, reduce
nel i538 da una missione a Francesco l
(re di Francia), assevera in sulla fine
della sua relazione, che l'ambascerie af-
fidate dalla repubblica a suo padre ed
a lui stesso, rovinarono il patrimonio del-
la famiglia (molti che soggiacquero a e-
guali condizioni, si solevan mandare bai-
li in Costantinopoli, i cui copiosi lucri
YEN
servivano a ristorarli ne'Jispendi altrove
solTerli), e supplici che gli venga lascia-
la una calenella d'oro donatagli dal re ;
e se la repubblica avesse voluto servirse-
ne nelle strette, in cui si trovava, gliene
assicurasse almeno il capitale, e gli accor-
dasse il censo de! 4 pe>" loo. Giovanni
Michiel, tornando egualmente di Fran-
cia nel i56f, riferisce che alla sua pie-
senza il ragli fece presentare la somma di
1,200 scudi in una coppa d'argento do-
rato. » Questo regalo (parlando al doge)
appartiene alla Serenila vostra, e trovasi
a'voslri piedi, afiinchè, se vi par che ione
sia degno, ne venga fatto quel magnanimo
uso che è conveniente alla natura e al co-
slume di questo eccellentissimo senato".
Nel 1200 fu ordinato che il nominato
ad un'ambasceria non potesse continua-
re a ricevere Io stipendio dell'ufllzio che
prima esercitava, come riferisce il prof.
Fiomanin nel citalo luogo, e soggiunge il
Reumont, onde non si cumulasse con
quello di oratore. L'ambasciatore pel de-
creto del 1271, non poteva avtr posses-
sioni nel luogo ove si mandava. Per al-
tro decreto doveva al stio ritorno, den-
tro i primi 3 mesi, presentare al sinda-
cato il conto delle spese, registrandole o-
gni giorno. Ma ciò fu smesso più lardi,
allorché a'diplomatici venne determinato
lo stipendio, il quale per altro non ba-
stando mai, il senato accordava frequen-
ti sussidii. N«i secolo XVI furono con va-
rie leggi, da diversi stali, fissati i com-
pensi da accordarsi agl'inviati. La mas-
sima somma concessa come sussidio agli
ambasciatori presso il Papa, presso l'im-
peratore, ed altre teste coronate, imper-
lava 1,000 ducati d'oro, oltre il solilo
assegnamento. Compensi straordinari ve-
nivano rare volte accordati. Ma neppure
questi sussidii erano sufTicienli, almeno
in tempo di guerra. Cos'i Carlo Cap[)ello
si lagna nel 1^29 col doge dell'enorme
carestia durante l'assedio di Firenze, non
essergli sufficiente né la provvisione, nò
le sue reodile : implorala sovvenzione l'ot-
V E N G8j
tenne.ma non fu sufIlcienle,onde gli con-
venne ricorrere agli amici e far debili. La
provvisione ordinaria era assorbita pel
mantenimeuto delle cavalcature (moren-
dogliene una, gli pose un epilalìio tutto-
ra esistente riiiq)elto la piazza de'Caslel-
lani in Firenze : Ossa equi Caroli Cu'
pelli legali veneti) j\a penuria giunse a
tanto, che quanto prima costava un gros-
%o, si pagava un ducalo. Marino Cavalli
ambasciatore presso il redi Francia ne-
gli anni i544'4^> dice, nella sua rela-
zione, gli oratori veneti esser nella peg-
gior condizione di tulli gli altri de'mag-
giori e minori principi; que'del Pa[)a ii-
vendo per il più io scudi al di, olire gli
emolumenti, i vescovati e il premio al
loro ritorno; que' dell' imperatore e di
B'rancia, Inghilterra e Portogallo ave-
re similmente 8, 0 1 o scudi al dì, gua-
dagnando in cose particolari, e poi in
compenso provviste lucrose; e gli orato»
ri veneti con 5 ducali al ài, esser im-
possibile durare in Francia, onde non e-
ra meraviglia che molti preferivano la
vita privata a Venezia, che andare am-
basciatori fuori. Il medesiuìo diplomati-
co fece ben altri lamenti al suo rilurno
dalla corte di Carlo V nel i55i, pas-
sando a rassegna l'ambascerie e i dispen-
di sostenuti, a fronte di 100 ducati cor-
renti mensili, essendo dovuto due volle
andare al campo col re de'roniani Fer-
dinando I : nel ritorno portali 1000 scu-
di e la catena d'oro, doni del re, tulio
gli fu tolto, mentre ad altri con minori
fatiche erano slati lasciati; enumera mi-
nutamente le occorse spese, e il da lui o-
perato, e conclude che gli sia permesso
almeno ritenersila catena datagli dall'im-
peratore.Generalmente, a queire[>(jca, le
condizioni pecuniarc de'di[)loniatici non
miglioravano gran fatto, perchè più essi
incassavano e più spendevano ; oltre l'es-
sere esposti sovente a molte molestie e
pericoli. Bernardo Navagero, carico di
figli, essendo anibasciatore a Carlo V ne-
gli anni i543-4*J, assislelle alle guerre
C86 V K N YEN
(Ielle Fiaiulre e ili Francia, e fu presente di scusa. Nel I2S5 proibì di lasciare il
;illa c()rlcI(l^ionc della pace di Crepy. li- suo poslo senza chiederne permesso. Nel
gli disperse in (paellediie campagne gran 1294 fu risoluto die due nobili congiun-
parle del suo patrimonio, vide cadérsi a ti fra loro in parentela non polesseroes-
lalo 7 suoi servi, vi perde 4 «nuli e 2 ca- sere eletti nel medesimo tempo ad un'am.
valli, passò più volle la giornata senza ci- basceria. Nel i36o ordinò il maggior
Larsi, e dovette dormire sul nudo terre- consiglio, die chiunque dopo aver accet-
no, fra il contagio che affliggeva il paese, tato, si rimovesse dal suo proposito, non
QuanJo fu ambasciatore a Iloma,per 18 jiotesseper un annone rivestir dignità, né
mesi visse co' 100 scudi al mese che gli percepire beneficio alcuno. Nel i4' i si
dava il Papa, e cos\ onoratamente, quan- provvide che la pena pecuniaria impo-
to i più ricchi cardinali, nel numero de' sta al loro rifiato, non si potesse più re-
quali fu poi compreso. Giovanni Correr stituire in via di grazia. Gli oratori pei*
tornato di Francia nel 1569, riferisce che decreto del i4S3 non potevano portar
per la carestia,circa 1 terzi del suo salario seco denari a rischio pubblico, se non fi-
occorse pel tnanlenimenlo de' cavalli; si no «Ila somma di ducali 200. E così via
trovò dmante la guerra civile nella gior- discorrenJodi altri similidecreti, talvolta
nata ili iMeanx, e poi nelle lurbolenze di minuziosi,che peròtrovanolaloro spiega-
l'arigi, e d'ordine del re, ad esempio de- zioneegiuslificazionenell'indoledel vene-
gli alili ambasciatori, gli convenne ar- togoverno, che ponderava con tanta cau-
inarsi co "suoi e vivere in continua agita- tela, e persino con gelosia, tutti i poteri e
Kione. Del resto repntavasi forlunato iin- tutti i diritti. Sembra dunque, dice Reu-
povei ire al servizio della repubblica. [ moni, che i veneziani non gareggiassero
jKjbili veneziani, mentre spendevano il gran fatto per procurarsi l'onore d'essere
loro a vere per degnamente rappresenlare undiasciatori. La durata delle missioni di-
la repubblica, potevano sperare un 00 tu- plomatiche era naturalmente incertissi-
penso se la fortuna lor sorrideva. Le ca- ma ne'primi tempi, e dipendeva soltanto
nthe amministrative nelle provincie di dalla maggioreo minore importanza del-
TerralL'iiiia, ma specialmeiile i posti di le faccende che doveano trattarsi, e ciò
governatore in Levante, li risarcivano in fino alla i.' melàdelXVI secolo. In que-
ii'olti ca>i delle perdite prima sotlerle. sto la repubblica stabdì a 3 anni la dura-
La ricchezza e le signorie di numerose ta ordinaria delle missioni ; il qual ter-
fimiglieveMeziane,die vivevanocon pom- mine fu prolungato a 4 ^"'d "^^l ' 749»
pa principesca, venne di questa guisa fon- ch'era quello dell'uiTizio dkjl bailo di Co-
«iata, accresciuta o ristabilita. Andando slantinopoli.Circostanzestraordinarie po-
le missioni soggette a molti degl' indi- tevano consigliare a prolungareo raccor-
dati incomodi, non di rado ricusando gli ciare il termine ordinario. Gaspare Con-
tieni il carico diplomatico cui si desti- tarini rimase alla corte di Carlo V dal
iiavano o loro aflidalo, o procurando di i520 al i525, non avendo potuto Aii-
venir nominati ad altri reggimenti onde drea Navagero di lui successore, quan-
suttraisi a quello, ovvero tornati prega- tunque nominato nell'ottobre i 523, met-
lono per l'avvenire d'esserneesenti, fu sii- tersi in viaggio primad'aprile iD25. Se-
nulo o[)poituno di provvedervi con di- basliano Giustiniani stette 4 a n»i presso
versi decreti. Nel 1271 il gran consiglio Enrico Vili re d'Inghilterra. Al contra-
stabih una multa pecuniaria, per chi a- rio l'ambasciata del sunnominato .\mu-
vesse ricusalo d'accettare la nomina. Nel lio, già nominato presso Pio IV, venne
I 2^0 dichiarò, che solamente una grave interrotta nel 2. "anno per aver accettato
Uiulullia sai ebbe siala vakvulc molivo il cardinalato, lueulreeraia Rouia al ser-
V E M
violo della patria (e se questa avesse con-
sentito lilla Mia premozione e consci vaio
nel carico, come caicliiiale, in Iloma iiuii
poteva più usare il titolo eli uinbascialo-
re, per quanto dichiarai in più Inogln e
nel voi. LV, |). 32C), parlando de' Pro-
ttUori presso la s. Sede; e siccome poi
nel voi. LXIX, p. 279, li dissilerminali
di fatto, ora avverto che notai nel dogado
88.° essere ripristinato nel i 858 il cardi»
ual protettore della nazione Aiislriacu).
Passalo il 2. "anno, potevasi pensare a sce-
gliere il successore, il quale doveva esser
giunto al suo posto prima che all' altro
fosse lecito di congedarsi. Accadeva an-
cora che ali'aniha^cialore oidinario si
dasse un collega, per jnolivo di poca fi-
ducia, o per gli ailari troppo incalzanti.
11 j .° caso si avverò a Roma nel i^yo,
nominandosi Michele Soranzo collega a
IVlithele Soriano ambasciatore presso s.
Pio V, reputalo parziale di troppo della
pontificia corte. 11 Soranzo divenne poi
nel 107 I ambasciatore ordinario, ma non
rimase oltre 1' anno seguente. Notai di
sopra, che in Venezia specialmente il con-
versare co'diplomalici stranieri era seve-
rissimamente vietalo ; così il governo del-
l'impero d Oriente era indotto mollo me-
no da ospitalità che da gelosia e pi ecau-
zione ad isolare da'terrazzani nel sobbor-
go di Pera i legati, assegnando loro un'a-
bitazione particolare. E nel dogado 83.°
riparlai pel palazzo da Pio IV donalo in
Pionia alla repubblica per abitazione del
suo ambasciatore; mentre nel dogado
BS.'dissi di quello donato da essa in Ve-
nezia per residenza del nunzio pontificio.
La Ch'illà CaLlolica, 2.' serie, t. 5, ().
458, dice la repubblica di Venezia in
ispecial modo acculata , a cagione the non
paga delle sospicìoni interne di->tendea-
le al di fuori, e contro ogni usanza del
civil tratto vietavasi a'palrizi d'mlratle-
nere ninna auiislìi co'principi o gran per-
sonaggi stranieri, peua l'avere e la perso-
na; perchè gli ambasciatori medesimi che
si spcdiauo alle coili doveauo essere di
VEN G87
continuo in guardia e sollecitudine ansio-
sa di non destare a que'rigidi magistrali
il menomo dubbio di loro fedeltà, se-
gretezza e mistero intorno agli avvisi del-
la signoria : gli ambasciatori poi de' re
inviati a rappresentarli in Venezia, non
V era modo che potessero conversare fa-
iniliarmeute co'patrizi, ed erano mirati
come chi approda in porto da lontani
lidi e alloggia per salute pubblica ne'ser-
ragli delle (juarantene, che non vi si può
parlare se non dalle grate. Coleste esor-
bitanze valgono mirabilmente a'poeli per
commuovere gli animi nella dipintura
delle gelosie cupe, profonde, inaccessibi-
li de'veneti njagislrati conlra (juegl'in-
felici, che intoppavano a cadere in so-
gnali maneggi collo straniero; ma chi bea
considera la natura delle repubblicheari-
slocraliche, le trova di un'antiveggenza
Sottile e sempre in timore d'insidie e di
trattati segreti, non però di meno le vede
gillarsi a vani e maligni sospetti per op-
primere i cittadini : severe, anzi rigide,
se pur si voglia ; ingiuste e crudeli non
mai. Ogni savio e sperlo politico conosce
chiaramente, che la nobilissima repub-
blica di Venezia se avesse seguito massi-
me ingiuste e crudeli, ne avrebbe avuto
da tulle le corone d'Europa e d'Asia il
titolo di sapieniissiina, né sarebbe dura-
ta per lauti secoli in tanta potenza. Gli
ambasciatori veneziani venivano scelti
tra'nobili, e doveauo avere raggiunto l'e-
tà di anni 38. Potevano tuttavia esser
chiamali più giovani a simile uffizio, pur-
ché fossero seduli in qualunque de' 12
rcg^iìnienli maggiori. Questa condizione
valeva anche per gli avogadori del co-
mune, i quali senz'allri recpiisiti potevano
esser nominali alla corte di lioina. iNe'
casi ordinari nonnina va gli ambasciatori
il consiglio de'Pregadi, così detto perchè
si pregavano i membri ad intervenire al-
le sessioni prima che si determinassero in-
variabilmente i giorni in cui doveano a-
ver luogo. Che poi questo diritto com-
petesse ad altre autorità si deduce dalla
688 V E N V £ W
lisolu/ioneilt'liaqG, in *iilìi lìella quale iì();:;r Steno, riferita eziandio dal Romariln
t'Ii iMiil>ascialoii al loro lilorno doveaiio nella lSVo/vVì docwuenlnln di fcncziti.
iiCeiiie a quell' auloritìi, ila cui aveaiio luollic osserva, die le relazioni di Vene-
iicevuta la loro commissione. Una legi^e zia coiringliillei ra sonoanliclie, dappri-
ilel consiglio de'Dieci del i495, ordina- ma riguardanti maggiormente il coni-
va che i nobili destinati ad esser amba- mercio, gl'inglesi vet)endo provvisti delle
sciatoli dovessero venir ballottati in col- merci levantine e delle coste africane set-
legio. Ma sino dal i4*j7 S[)ellava al se- tenlrionali per mezzo delle galere venete
nato solo il diritto della proposta e del- annualmente. JNel dugado b5."diedi rag-
l'elezione. Eletti che fossero, ricevevano guaglio della coainiissione, stampala nel
le istruzioni e commissioni, che ordina- i'è\5, data dal doge JMocenigo a Paolo
riamentesi davano in iscritto, ed il consi- Tiepolo andjasciatore straordinario a s.
glio de'Dieci decretò nel i434> "o" cs- Pio V nel loyi. hicevule gli ambascia-
>er lecito agli agenti da spedirsi di tio- tori veneti le istruzioni o commissioni,
\arsi presenti all'atto in cui venivano di- dovevano recarsi alla loro legazione den-
scussi gl'incarichi da darsi loro. Sempli- irò il tempo determinato, se uou voleva-
cissiina n'era la forma, benché dillnsa- no incorrere in pena; per andarsene pe-
inente trattata ogni minima particolari- rò era necessario un ordine particolare
là, nella lingua latina, la quale presso i del senato. Conforme a un decreto del
^feneziani fu giudicata in lutti i patrizi i553 i nobili eletti a succedere ad altri
quasi necessaria, massime ne'deslinati al- in qualche legazione erano obbligati a
le ambascerie, e per lungo tempo si con- partire nel termine di mesi i4) termine
servò l'uso di fare in latino i solenni di- che appunto coincideva colla fine della
scorsi di entrata in ullìcio e di ceremoiiia, missione de loro predecessori. Il barone
spesso encomiati per la proprietà e leg- ileumont eslese pure le sue investigazioni
giadria del dettato. Nella 2.' metà del se- sui viaggi de'diplomatici, a'quali lino al
colo XIV s'incominciò ad alternare, nel chiudersi del secolo XVI e anche in par-
clislendeie le istruzioni, la lingua italiana te del XVII, tornava assai più acconcio
colla latina, la quale di mano in mano chea' nostri per conoscerei luoghi egli
"Venne lasciata in disparte, quantunque abitanti di (juelli. Imperocché i viaggi si
i3on disparisse interamente, anzi inai- facevano lentamente a c^aii'rtZ/o e cou owi-
cuni casi tuttora si adopera. Il baione hrcUino^ gì' inviati seguendo per lutto
Reumonla p. i 5o riporta in italiano l'i- le corti sì in tempo di guerra, come dis-
struzione Iradoltw dal latino, che t'ran- si, che di pace. Dalle personali condizio-
cesco Foscari ebbe dal doge Agostino Uar- ni di ciascuno, dal grado in cui era co-
Ijarigo, allorché nel i4t)6 si recò a Mas- siituilo, eda'compeusi clie gli si accorda-
similiano I in Germania e piti lardi m vano, dipendeva la maggiore o minore
Lombardia; a p. i441''s''^*^'Oiitidata da' sontuosità ne'viaggi, circa alnumerode
X della Balia di Firenze a Gino di iN'eri famigliari, de'cavalli, degli equipaggi ec.
CappoiiiandjasciatoreaVenezianeli4i3; Per l'ordinario non isfoggiavasi se non
ed a p. 35i l'informazione data nel 1422 ne'casi di ambascerie solenni per incoro-
daPriori delle arti e Gonfaloniere di giù- nazioni, sposalizi, accoglienze di sovrani
stizia di Firenze, al cav. liiualdo degli Al- e in altre simili occasioni, alle quali sole-
bizzieadAlessandroBencivennipureaiu- vano sempre prendere parte vaiie perso-
basciatori a Venezia. Ed a p. 344 p'odu- ne di pari titolo e grado. Giusta una pre-
ce la commissione in latino data dalla re- scrizione del maggior consiglio del i^qS
pubblica di Venezia nd Antonio Bembo non era permesso agl'inviati di condurre
omloreadEuiicolV red']nghilteira,dul pili d'un cavallo nel seguilo loro, mode-
V E N V E N G'^g
stia grande In paragone de' sussegnenli sciatore aJ Enrico Vili re d' Ingliilter-
teiiipi. Per ciò che spelli al seguito degli ra, ove fece residenza 4 ann'.. Col oolle-
an)l)asciatori veneti, il senato creile ne- ga Pietro Pasqiialigo, a' 1 6 aprile fecero
cessario con ordinanza del i493,di vie- la solenne entrata in Londra, essendo par-
tare il condurre più di 12 cavalli e due liti da Venezia a'io gennaio, la piibbH-
scudieri.De'viaggi, incontri e solenni in- ca udienza ricevendola dal re a Piich-
gressi de'veneli oratori, diversi racconti si mond. A p. iq2 osserva l'autore, che le
leggono nell'dlustre scrittore. A [>. i 7 i de- dimostrazioni d'onore che si facevano à-
scrive il viaggio diGirolaoioZorzi, Nicolò gl'inviati, comedi Udienza,dì T''isila(V.)
Michiel e AntonioLoredan inFrancianel ed altro, all'opposto dell' uso moderno,
1498, dalla repubblica inviati in solenne non si misuravano dal loro grado,raadal-
ambasceria per congratularsi col nuovo l'importanza dello stato al quale appar-
re Luigi XII, incontrati a' confini dal- tenevano, e dalla posizione non che dal-
l'araldo regio, che li accompagnò per tut- le relazioni del principeodella repubbli-
toii viaggio. A IMontlhery trovarono per ca presso cui venivano accreditati. Laon-
istrada la regina Anna che viaggiava in de narra, che i duchi di Milano andava -
una carretta coperta di cuoio (non essen- no incontro agli ambasciatori di Vene-
do ancora in uso le Carrozze), con Car- zia fino nella i. "stanza ; tet\evano il ber-
lotta d'Aragona figlia di Federico I re retto in mano e restavano alla loro man-
di Napoli, le dame delie quali pure in- ca finché non fossero entrati nella sala
cedevano in carrette, il loro numeroso d'udienza. Quando l'ambasciatore si ri-
seguito formandosi di 3, 000 cavalli 1 A' tirava veniva accompagnatoda una guar-
5 agosto fecero la loro entrata in Pari- dia d'onore e da tutta la corte (abbiamo
gi, incontrati da 800 cavalieri, indi ad le Memorie storico-diplomatiche, degli
Estampes ricevendo dal re udienza pub- ambasciatori, incaricati d' affari ce,
blica e graziosa, ma nell'osteria, essendo che la città di I\lilano inviò a diversi
allora le migliori case delle terre le oste- suoi principi daliSoo <2/i 796, di An-
rie, poiché il regio castello era occupalo gioia Salontoni, Rlilanoi 806. Alla do-
dalla vedova di Carlo Vili : però la sa- vizia de'rnateriali esistenti a Venezia per ,
la (l'udienza era addobbala in drappo di la Storia Lombarda, accennò il cav. Ce-
velluto alessandrino coperto di gigli d'o- sare Canlù, sommo scrittore, nella Scor-
ro. All'orazione del magnifico messer Lo- sa d' un lombardo negli archivi di f^e-
redan, rispose il cancelliere di Francia, nezia^ ]Milanoi856, in cui si trova an-
A p. 178 riferisce il viaggio dell'amba- che la serie degli and)asciatori o residen-
sciatore Vinc(^nzo Quirini nel febbraio li veneti a Milano, principiando da IVIaf-
i'To5, al re Filippo l il l'elio, figlio di foo Contarini e Giacomo Corner, spediti
IMasiimiliano I e padre di Carlo V, per tiel i3"o airaicivescovoGiovanniViscon-
Ia parte più aspra della Germania a ti, e terminando nel 1796-97 con Gio.
Strasburgo, dovendolo seguire ne'Paesi Vincenzo Foscarini ). Descrive pure il
Ijiissi, in Inghilterra, nella Spagna dive- trattamento che faccvasi a Firenze nel
nula suo regno. Morto il giovane re u'2 5 1^29, cioè la partenza di Soriano e la
settembre I .J06, il Qoirini tornò a Ve- venula di Cappello, già mentovato ; leu-
nezia ricco di cognizioni esattissime in- dienze erano solenni e pubbliche pel ri-
lortio a' paesi percorsi, agli abitanti, a' conoscimento del nuovo ambasciatore, e
sovrani da lui conosciuti. Più lunga, più pel congedo del predecessore. Finché si
dettagliata e più interessante é la descri- mantenne la repubblicana seniplicità, la
zione che leggesi a p.i8o del viaggio di quale durò in Italia più a lungo, non si
Sebastiano Giustiniani nel i5i5 omba- faceva gran caso delle ceremonie; parte
VCL. XCIT. 44
Gyo V E N
de' rapporti diplomatici die soggiacque
più d'ogni altra, col volger de' secoli, a
coii^id*'! evoli modificazioni. L'inviato si
presentava aU'uutorità colla quale dove
va tjatlaie, spiegava a voce le sue biso
gna, e ne avea risposta Del modo stesso.
Se le erano cose di poco conto, e tali da
potersi tosto decidere, lai." udienza era
anche I' ultima ; allriinenlì l' inviato ri-
maneva, sinché la sua incombenza fosse
esaurita. Nelle pacificazioni, indicevasi
un parlamento nella pubblica piazza, e
così pine (|uando gì' inviati appellava-
no al popolo della decisione avuta da'go-
Vernanti. Alla corte papale, così in lio-
nia, come in Avignone, afferma il Reu
mont, sussistette per lunghissimo tempo
questa grande sem[)licità, che venne [)0-
co a poco a cedere il posto ad un com-
plicato ceremoniale, che die'Iuogo a pre-
tensioni di grado e di precedenza, onde
gli alFuri stessi divennero più intrigati, e
fu Soggetto d'interpretazioni e decisioni
talvolta discrepanti. Gl'inviati del Papa,
legati o nunzi, sempre ebbero la prece-
denza su tutti i di[)lomatici italiani; do-
po di loro precedevano agli altri gli ora-
lori della repubblica veneta. Nelle solen-
ni funzioni, in Venezia procedeva il do-
ge, avente a destra il nunzio, a sinistra
un aojbasciatore (in una raccolta di bel-
lissime slampe degli antichi costumi ve-
neziani,disegnati e dipinti da AntoiiioCa-
ual,e incisi da Gio. Battista Drustolon, ve-
do: Il doge di l'enezia rùei'e gli Amba'
sciaU)ri('steri/\n mezzo a'togali,aia glia-
stanti sono in hauta). A p. 209 il baione
Reumont, sulle questioni di precedenza
fra gli stati italiani, le svolge con [)iù am-
piezza perciòchespelta al X V I secolo. Egli
dice, il i." posto, rimanendo fuor di linea
il rappresentante del Papa, spellava alla
repubblica di Venezia. A questa seguivano
con indecisa precedenza, non contando
(egli irt questo) fra'principi italiani il re
delle due Sicilie, i duchi di Savoia e Fer-
rala ; ma quando s. Pio V conferì al du-
ca di Firenze e Siena il titolo di grau-
V EIV
duca di Toscann^\\i.i diverse corti per un
tempo non riconosciuto, cominciò una
con fusione smisuralo. Da p[)oichè gl'in via-
li de'principi della novella casa regnante
Medici, pretesero la precedenza su tutti
gli alili [ìiincipi e diplomatici italiani, e-
schisi però naturalmente gl'inviati vene-
ziani ; i! che die'ansa a violentissime col-
lisioni e scritture polemiche. Pertali con-
tese, e per le pretensioni insorte, o me-
glio per altra causa (giacché nel i 56 ( non
era stato ancor conferito il titolo gran-
«lucale), il senato veneto credendo offesa
la dignità della republdica, richiamò im-
provvisamente da Firenze l'oratore suo
Vincenzo Fedeli. iNe' tempi in cui gli or-
gani della pubblicitìi erano ancora scar-
sissimi, e rare e diflìcilissime lecorauni-
cazioni fra'vari stati e paesi, la necessità
nella (|uale trovavan^i i governi di essere
esattamenle informati, imponeva ngl'in-
viali in paese estero l'obbligo di dare e-
satti e continui ragguagli non solarnente
sugli affari di cui erano incaricati, ma an-
cora di quanto succedeva nelle città e ne'
contadi, essendo ne!ristru7Ìoni inculcalo
agl'inviati di scrivere continuamente. Vi
corrispondevano, anche quotidianamen-
te, e meno sovente stando all'estero, e a
misura dell'occasioni che loro si presen-
tavano, non però piìi tardi dir 5 giorni.
Talvolta si SCI isserò ilispacci collettivi dal-
l'ambasciatore ordinario e dallo straor-
dinario,come nel (536 da Carlo Cappello
e da Francesco Contarini, al modo det-
to dal Reumont a p. 2 i 3, inviati a Fer-
dinando I re de' romani. [ dispaici e le
lettere uìissive indirizzate agli ambascia-
tori dalle autorità patrie, si spedivano sia
per mezzo de'Co/TZt//, che dicevansi ca-
vallari o fanti, sia per occasione privata;
e nel secolo XVI generahriente per le
Poste ordinarie. La spedizione d'un cor-
riere da Firenze a Parigi pare essere co-
stata da 70 a 80 scudi. La spedizione del-
le Lettere epistolari era sovente accom-
pagnala da non lievi difììcollà, e la pro-
vò il veneloCappeilo durante l'assedio di
V EN
Firenze. Né ilei tutto sicura eia l;i spe-
dizione de' corrieri, ad onta del diritto
lieliegenti talora arrestati con aperta vio-
lenza. Se v'era titnoreche i dispacci po-
tessero essere intercettali, chi li scriveva
seivivasi delle cifre, sia per tutto lo scrit-
to, sia per soli [)eriodi o frasi speciali.
Questo ebbe luogo segnatamente nel se-
colo XVI, che teneva aperto il campo a
tutte le mene politiche le più intricate,
lu Roma sussiste ancora nella Segrete-
ria eliSlntoW prelato denominato Segre-
tario (Iella Cifra, ed i cifristi, nel quale
articolo notai ove parlai delle cifre ; e su
di esse di recente scrisse il prof. Giusep-
pe Canestrini, nelle Legazioni di A. Ser-
ri^tori, Firenze i8j3. Negli arcl)ivi si
trovano non di rado dispacci in cifra col
contenuto decifrato (r/ir/rt/r) fra le righe.
Le cifre stesse composte ora di numeri,
ora di lettere dell'alfabeto, ora di segni,
cambiavano naturalmente di sovente,
più però ne'tempi chesuccedettero il 5oo
che prijua. Si usava ancora scrivere par-
te in cifra e parte no, inconveniente gra-
vissimo perchè aiutava a far intendere
ciò che si desiderava tener segreto; uso
per con«eguen7.;i interaiiiente abbando-
nato nella diplon)azìa moderna (ma io
posso assicurare per quanto ho accen-
nato sidia Segreteria di Stato di Ro-
ma, che l'uso delle cifre in essa è tutto-
ra in vigore). Che tale inconveniente fos-
se riconosciuto già a'primi del XVI se-
colo si rende nianifesto dall'avviso dato
nel i5o7 in Niipoli dagl'inviati fiorenti-
ni al cancelliere Adriani. Presso gli ain-
I)asciatori, del pnri che nelle cancellerie,
liovavasi sem|>re il registro ossia chiave
della cifra, <iggi connnieuìente chiamala
cifra decifrante e contenenle la spiega-
zione de'segni di convenzione di qualun-
que genere per la traduzione de'dispac-
ci. Il cav. Cìco'^n^flnserizioni Feuczia-
ne, l. 6,p. 3<S2, ragionando delle opere
del veneto Aguslmo Aiuudi, perito ilei-
le lingue ebraic;t, greca e Ialina, ricòrda
pure quella iulilolala : TraUalo delle
VEN 691
Cifre (h\'!so ili FUI libri. Come opera
stimata di gran rimarco per trattare di
ogni cifra, del modo di cavarle da qua-
lunque lingua, di quello dello scriverle
senza alcnt) sospetto, e del ragionare di
tutte le scienze, e con parole tali da noti
potersi intendere da veruno, fu donata
dall'autore alla repul)blica e fu colloca-
ta nella Segreta del consiglio de' Dieci.
.Ma se riuscirono inutili l'indagini fatte
dal cav. Cicogna per rinvenire 1' opera
nell'archi vio generale, benché offre le te-
stimonianze della reale esistenza dell;»
medesima, miniera egli di erudizione ne
die'Ieseguenti in argotnenlo,che provano
l'uso che ne fece la diplomazia vene/.iaua.
Molti decreti relativi alla Cifra, Cifristi,
o Zifra o Zifristi sono notali dal Rossi,
e si hanno alcuni esempi di fedelissimi
segretari, i quali in qualche critica circo-
stanza salvarono Va Zi fra, come del i 52 i
Girolamo Alberti segretario di Andrea
Grilli, fatto prigioniero dal marchese di
Mantova brasò subito lettere, registri et
zifre. Dell 526 Piero de'Franceschi se-
gretario a Roma al tempo del sacco, fra
lauti pericoli preservò la pubblica zifera.
Del j63o IMarcanlonio Dusenello resi-
dente della repubblica in MantQva, sva-
ligiato e trattenuto prigione da'fedeschi,
co'deiiti mangiò la pubblica zifera acciò
non fosse trovata da' nemici. Nel prece-
dente anno 1629, Girolamo Gavazza
segretariOjinvialo con dispacci di seguito
a GiiolamoSoranzo ambasciatore straor-
dinario al re di Francia, lenendo la via
del mare, e passando presso IVIonaco di
Genova, fu da una galea di quel principe
fermata la sua feluca, ed egli trattenuto
e condotto all'ambasciatore di Spagna iu
Genova; ma conosciutolo per ministro del-
la repubblica lo rispettarono in uno n'di-
.«ipacci e lasciarono libero,avendo egli già
ad ugni buon fine lacerala la cifia e poi
gettala iu mare. Ad altri fu levala o caiu-
biafa la cifra, comead IseppoZuccato se-
gretario nel i63o d'Alvise Wocenigo am-
basciatore iu Isjjagrja, che fuggilo con
fMj3 V E N
una cattiva femmina, gli fu sostituito Fie-
li oPerazzo cambiala la zi fra. ^eX 1704
al segretario Beinaitlo GislanzouijcU'cra
toll'an)basciatore Francesco Collier in
ì\^<^ì\\lQvr^^ fu levata la zifra^e data a
Francesco Dies. Indi il cav. Cicogna ri-
corda il conte Alorosini, che a suo mezzo
die'alle stampe le LcUere discorse di so-
lila nella mia digressione sul Galileo, cioè
dopo il dogado 88.°, intorno alle cifre de'
Lincei, colle quali mercè la prontezza del-
l'ingegno e la pratica nell'arte di leggere
le cifre, giunse a rilevare il senso loro e ne
mandò la spiegazione al Cancellieri. Ma,
tosa sorprendente, il Morosini non giun-
se mai a saper interpretare i Dispacci de
f ^cncti Amlascia tori stùyii nella cifra, ri-
It-nendoliinesplicabili.Però vi riuscì l'altro
tultissimo Domenico Tessari già segreta*
rio della Delegazione provinciale di Bellu-
lio. Avendogli fino dal 1 835-36 Giaco-
mo Capilanio già vice-delegato, spediti
\ari Dispacci originali Veneziani scrit-
ti in Cifra del i63o diretti agli amba-
sciatori in Francia Alvise Contariui, Giro-
lamo Soranzo, Giorgio Giorgi, pregando il
Tessari di dicitiarli, ([uesti studiò in mo-
do la cifra, che giunse a tradurla, come
fci ha di.iJe lettere di esso al Capitauio
i835, 1 836, 1837, esistenti nella Raccol-
ta mss. di quest'ultimo passata poi alla
biblioteca di Treviso. Anzi in una lettera
il Tessari scrisse al Capitauio. » Ella ve-
drebbe allora una curiosa invenzione de-
gli antichi veneti , una cifra diplomatica
Leu più ingegnosa di quella de'Lincei tra-
dotta dal conte Morosini, una chiave nuo-
va e sorprendente a dir vero, e ch'io mi
chiamo assai contento di avere scoperta.
Aggiungerò la chiave perfetta e la tradu-
zione ". Già della valentia del Tessari
lieir interpretare le cifre, parlò a lungo il
conte Gio. Francesco Ferrari Moreni nel-
la Lettera al coìUtt Mario d." Faldri-
^hi intorno all' arte d" intei prelare le
Cifrc^ IMcidena 1 832. Ma in quel libretto
iiulla della cifra diplomatico-veneta, la
qualc; tome vcdtsi dulie date, fu dal Tea-
VEN
sari posteriormente studiala e scoperta.
Osserva il barone Pieumont, che intorno
a'segielari d'ambasciala trovò pouhe co-
se priuìa del secolo XVI, nel quale rap-
presentano talora una parte rilevante
presso le missioni straniere in Italia^ e
{)riuci[)ahnente in Pioma. Ne'priini tem-
[li, quando gli affari si trattavano ordi-
nariamente a voce, e il corso n'era sem-
j)licissimo, e venivano per lo più inviate
molle persone alla volta, c'era meno bi-
sogno di segretari. I veneziani sono quel-
li che più di tutti gli altri governi colti-
varono anche quest'istituto. Essi assegna-
vano ad ogni ambasciatore uno o più se-
gretari, di famiglie nobili di 2.° grado, i
quali o restavano presso di lui per tulio
il tempo della missione, 0 venivano scam-
biati. Gli stipendii de' segretari paiono
essere stati molto meschini. Nel i546 u-
no di 38 anni ch'era stato segretario di
ambasceria io Pioma e alla corte impe-
riale, dal suo superiore quallHcato lette-
rato diligente e bellissimo scrittore , e
per altre sue qualità singolarmente enco-
miato, nondimeno era soprannumerario
con 16 ducati al mese. Nou potevano
mai divenire ambasciatori. Invece, dal
secolo XVI in poi, si affidavano loro i
posti di residenli presso le corti, alle
quali non si mandavano ambasciatori. Co-
sì Vincenzo Fedeli segretario delCappello
durante la costui missione iu Firenze nel
i52q-3o, fu poscia il 1." residente che
la repubblica mandò al duca Cosimo I.
O vvei o essi ottenevano incarichi partico-
lari, u neir interna anunìnistrazione del-
lo stato. L' autore riferisce le notizie di
diversi egregi segretari, che gli ambascia-
tori non intralasciavano mai nelle rela-
zioni loro di esaltare con distinti elogi l'ec-
cellenti qualità, i servigi e lo zelo,e di rac-
comandarli al senato perchè venissero
promossi. Tali furono Daniele Ludovici
del 1323, Giampiero Stella del 1 5oo ,
Antonio Mazza del 1 557, ^"'n' Laudi
del I 57 2,NicolòSagundinodel 1 5 1 g. Que-
sti segretari fungevano talvolta 1' udizio
V E H
•l'incaricati iVaf^av] per inleiim , afTiclan'-
(losi loro le funzioni «le'capi per non in-
correre nel caso di dover interrompere
aflatlo i rapporti, qualora le vicende po-
li(iche non permettessero di mandare un
aoibascialore : ciò avvenne di tempo in
tempo, oìassiniaaiente in Piotna, co'rap-
presentanti di \'euezia, di Toscana e al-
tri stati. A Costantinopoli la repubblica
al pari di tutti gli altri governi teneva
interpreti addetti all'ambasciala. Antica-
mente per lo più erano levantini, in se-
guito anche dalmati, italiani e altri, pre-
valendo viep[)iìi ne'govei ni il desiderio di
averinterpreti nazionali, ciò cheperòan-
co oggidì è lungi dal potersi fare dovuu-
«]ue. JNou sempre essi mostra vaiisi tiegni
di fiducia. Zaccaria DelOiio, nunziodi Pio
IV a Vienna, avea le nuove di Costanti-
jiopoli dall'interprete del bailo, eie comu-
nicava a quella corte, ciò che gli fruttò lo
sfratto da'douiiiiii veneti e conlumacia di
molti anni, tolta (juando già era divenuto
caidinale. Fino dal 1268 fu comandato
dalla repubblica che gli oratori al loro
ritorno dessero in nota quelle cose che po-
tessero giovare alio stato; disposizione
probabilmente che rinnovòaltia piùanli-
ra. Obbligati gli ambasciatori di fare una
lelaziuue delle loro ambasciate al consi-
glio fra I 5 giorni , trovo pure nel prof,
lloniunin,cbe tale obbligo fu loro nuova-
uienle ingiunto nel I2f)6, e da farsi in-
ijanzi al uìagistralo dai quale furono e-
Ictti; istituzione veneziana mai abbastan-
za iodata, per 1' ampia opportunità che
offre alla conoscenza de' paesi, de'popoli,
delle coiti, de' principi, e de' tanti perso-
li.iggi, ed antbe di regioni orientali, con
preziose e peregrine notizie, giustamente
encoiniate an-;be dal hmilalo storico pa-
trio e coscienzioso, per tale rìconoacendo-
)o anche il Pieuniunt. Delle celcbratissi-
me e importanti relazioni degli amba-
sciatori veneti il Reumont mollo ne ra-
giona, come della loro lettei altura. A-
vtiido esse per tempo desiato 1' univer-
sale allcuziuue de'polilici,ed csseuduicnc
V E N 693
istituite verso la nietà del secolo XVt
rilevanti collezioni private. In Venezia ne
esiste una serie considerevole e quasi non
interrotta, dal i53ofino presso al termi-
ne del secolo scorso. Quimli [>assa ad e-
numerare le biblioteche romane edi altre
città che ne posseggono , cosi Firenze,
Milano, Torino, Napoli , Parigi che ne
conserva dovizia, Cerlino, Gola ec. Una
considerevolissima raccolta è nella biblio-
teca imperiale di Vienna, oltre i mss. di
Marco Foscarini, adunati per compilare
la sua storia della Lelleralnva Venezia-
na rimasta imperfetta. IMolte di queste
relazioni furono ancbeslampate,e la mas-
sima parte delle più antiche sarebbe an-
data perduta se il Sanudo ne'suoi Diarii
non ce ne avesse serbato un compendio.
Con bellissime notizie bibliografiche ,
l'autore prende a rassegna le relazioni
pubblicate da diversi colle stampe, egli
estratti inseriti in altre opere , che assai
lungo sarebbe il riferire, ma nondimeno
dovrò ritornare sull' argomento ; di più
ragionando pure delle collezioni di di-
spacci veneziani, che copiosissimi non fu
stampata che piccola parie. Delle qualità
d'un ambasciatore veneto trattò i\Jii.heIe
Soriano in una scrittura resa di pubblico
diritto nel i85Gio' Venezia dal cav. Ci-"
cogna. Alcune commissioni o istruzioni
sono pure stanìpate, essendo lo più auli-
ca quella d'Enrico Dandolo all'ambasce-
ria spedita a Costantinopoli verso il I ic)G,
come anche un numero considerevole di
orazioni di and^ascialori veneti a' Papi,
luìperatori e Re. Come le relazioni degli
ambasciatori per l'eslerna politica di Ve-
nezia e le Condizioni contemporanee de-
gli altri siali europei e della Turchia, cosi
le relazioni de'governatori generali, ed al-
tri ufiiziali nelle provincie, de'capitani e
provveditori genera li, de'cataslica lori, de'
sindaci, dc'podeslà sono assai profittevoli
per la cognizione del l'amministrazione dei
tcrrilorii della re[)ubblica e per la stona
interna e domestica. Le une completano
in qualche maniera le altre. Le istruzioni
Gf)4 V E N
0 le infoiniazioni venivano dellale dagli
impiegali leirninanti rulliciope'loio sue-
cessoli. I {.lociinienli tìi questa specie in-
foino a' possediinenli di Venezia iti Le-
vante, a Cipro, a Candia, alla Morea,alle
7 isole Jotiie, spargono gran lucesulle Io-
io vicende civili e polttiche sotto il gover-
no veneto, giudicato per lopiìifalsamente,
dichiara e rimarca il Keumont. Col corre-
tlo di tali documenti scrisse il dottoLeopol-
<lo Ranke, autore d* altre pregiatissime
opere, la sua bella monogralia : Die Fé-
ìii'ziancr in Marca, i683- 17 i5, che
descrive lo stato della penisola dopo la
riconquista fattane dal Morosini, l'ultimo
sfavillardeiranlico valore veneziano, fino
alla pacediPassarowilz.Una relazione co-
piosa ed accurata tiell'isola di Candia, nel
j 589 presentata al doge Pasquale Cico-
gna da Giambattista Del Monte generale
«li fanteria, mandato ad esaminarle con-
ilizioni de'possedimenti di Levante, men-
tre si dnbitava di qualche spedizione di
Amural III, venne stampata in Roma
dal prof. Paolo IVIazio nel t. 4 del Sag-
}:iatorf /loniano. QunW fossero le condi-
zioni dell'isole Jonie nell'ultimo periodo
del veneto governo, si rileva dalle Rela-
zìoni sloriiO-politìchc delle isoledelniar
Joido suddite della serenissima repub'
llica di Venezia, ivi i856, di Francesco
Crimani provveditore generale da ma-
re l'anno iy5q, stampate dal cav. Cico-
gna. Piisalendo alla storia delle relazioni
più antiche di Venezia col Levante , si
dovano gran copia di carte nelle già ri-
«rordate Foiiles rerum Fenelarnm pub-
blicale in Vienna dal 18 56 in poi dal
Tafel e dal Thomas. Neil' //j.«c/'/z/o/ti Ve-
neziane del più volte encomiato cav. Ci-
cogna si trovano importanti nozioni sto-
riche e bibliografiche de' discorsi argo-
mentile si andrebbe per le lunghe col solo
accennarle, altra prova che (juell' insigne
• ipera è un tesoro enciclopedico delle co-
f.c venete. Dopo la riunione di queste im-
poi tantissime notizie che raccolsi nel!' e-
1 uditissimo libi 0 del barone Reumont, e
VEN
tentai or(lioarIe,rimarrebbe a parlare del-
lo speciale argomento della diplomazia
de' veneziani del medesimo, del cui prin-
cipio già mi giovai, ma pel mio scopo è
lungo, onde del rimanente mi limiterò ad
un cenno. La durata delle missioni di-
plomatiche veneziane ristretta a soli 3
anni, ed a 4 pel bailo di Costantinopoli ,
fondavasi e sulla poca voglia de'nobilidi
stare troppo lungamente fuori dell'ama-
ta patria in impieghi per lo piti dispen-
diosi, e non meno forse sopra la cauta
diffidenza dell'oculatissimo governo eret-
ta in sistema. Potevasi ragionevolmente
temere che la prolungata assenza , e la
durevole dimora degli ambasciatori in
paese straniero, li sottraesse , per così di -
le, all'opportima sorveglianza, e intiepi-
disse il loro adetto patrio per nuove rela-
zioni e simpalie,che avrebbero potuto tor-
nare pregiudizievoli all'intera abnegazio-
ne che da loro pretendeva Io stalo. Ora
un soggiorno di 3 anni a uomini per lo
più esercitali negli affari politici , quali
erano i nobili veneziani, era bastevole a
renderli esperti delle persone e delle cose,
ed atti al disimpegno delle commissioni
loro affiflate; mentre dall'altra parte, la
certezza di essere richiamali, spirato quel
tempo, doveva valere a ritenerli *la! va-
gheggi ir più vasti disegui, o dallo strin-
ger certe relazioni che avrebbero potuto
esser loro gradevoli od utili solamente nel
caso di più lunga dimora. Il pregiudizio
di tali mutauìenti era compensalo dall'u-
tilità del trovarsi coiitiuuaniente raccolti
in Venezia non pochi uomini pratici del-
le condizioni di stati esteri, e venivano a-
doperati a consigliare la politica esterna
della repubblica, oltreché a'maggiori im-
pieghi e alle dignità. Laonde la politica
della repubblica all'estero, era sempre sa-
gacemente affidata al giudizio e alla de-
cisione di que' che l'avevano praticata ,
prezioso vantaggio nella direzione degli
aliali. Talvolta l'ambasciatore tornava
nella stessa corte a funger 1' uffizio per
altro IrieuQio , ne' casi onde Iciaiiuare
V E N V R N Gc)^
inla volate gravi negoziazioni. Per la gran- D/^/vV< lei l'npe roso M;irin5ìanu(1o,minie"
dissima parte che la repiil)blica prfinde- ra inesauribile per la storia veneta, così
va non solo a'massimi avvenicueiiti d'I- verso la metà delsecoloXVI formaronsi
talia, in cui non di rado prevalevano i di quelle ricordate raccolte di copie, che
lei cnnsiglij ma ben anco alle sorli di lut- trovatisi nella magqinr parie delle puli-
ta Europa e del Levante, apiivasi a' di- bliche biblioteche d'Europa, ed in molte
plomalici veneti uu largocampo sul quale private biblioteche d'Italia. Da parecchi
raccogliere non iscarsa messe di gloria, secoli queste relazioni godono d' lui me-
Dice l'autore: La politica estera di Ve- ritalo credito: non debbonsi confondere
nezia,fu politica per lungo tempo abilissi- co'dispacci propriamente detti, perchè al
ma, egoista ma non gretta, nemmeno ab pari di tutti gli altri dipIon)alici, anche i
lora che, dopo i casi della lega di Cam- veneziani spedivano regolaruiente letleie
bray. il sentimento delia cadente sua for- intorno agli avvenimenti del giorno e agli
zn l'informò dell'esclusivo desiderio della aifari correnti ; a'quali dispaLci, di cui va
propria conservazione. Considerandoegli, ricco l'archivio veneto, si richiamano so-
che il governo veneto ebbe piìidi qualun- vente nelle loro relazioni. Quesl' ultime
que altro stato, singolari e savissimi ordi- invece sono ragguagli ordinati, circoitau-
na menti, si diffuse in parlare d' un islitu- eiati, sistematici intorno al paese visitato
to, da lui riconosciuto unico nel suo gene- dall'andjasciatore ; notizie sulle condizio-
re, e che sarebbe stato pur degno d'imi- ni geografiche e ':talistiche del medesi-
tnzione. La repubblica non si teneva gi;'i mo.su'suoi abitanti, sulle sue rendite,sul-
paga di esigere da'suoi ministri nelle cor- la sua corte, sulla famiglia e su'consiglieri
li straniere le solite informazioni intorno di chi governa; intoi no alle persone le
gli avvenimenti della giornata, o intorno più notabili, alla loro condizione, al loro
agli all'ai i coirenli e alle trattative; ma li carattere; finalmente intorno allo stalo
obbligava di fare al senato, litornando politico, alle alleanze, alle simpatie e au-
dalle loro ambascerie, una relazione gene- tipatie, alla giiena e alia pace. Gli a vve-
raledel pae«e ovesi erano trattenuti, e nel nimenfi del giorno vengono toccati ia
ì^'j.5 lu decretato doversi fare in iscrit- complesso, talvolta anche solo ()er inci-
to. Sembra però chel'inginnzione sovente (lenza, giammai in dettaglio, presuppo-
si trascurasse , onde que' che l'avevano nendoli conosciuti. Dnhiarò il Wirque-
falta a voce la doverono scrivere. Nelle fori, nel suo utilissimo 7V/'//<(7<oc/^//'/i//«-
relazioni gli oialori vinsero l'un l'sllro bnscia f ore e delle sue funzioni: W fave le-
nell'esaltezza, nell'eleganza e nella copia lazioni bellissime essere proprio de' ve-
lici dettato. Nel secolo XVI le relazioni neziani. Gin nel secolo XVI venivano pro-
Inrono riposte iu un archivio determina- poste a modello, anco pel vantaggio che
to, colla pioibizione di comunicarle, a se- ne ridonda allastoria. Le relazioni vene-
conda della già riferita disposizione del le sono degne della fama che godono ; se
1419, estesa a tutte le scritture dello sta- nelle particolarità statistiche e geografi-
to. Gli ainbascialori (he avessero avuto che lasciano a desiderare maggior chia-
pressodi «-e o in originale o in copia qoal- rezza, la pai te fondamentale limanesem-
chedocumenlospeltante aquell'archivio, pre importante, come quella dieci rap-
duvevano restituirlo. Pare che il divieto presenta le opinioni e i giudizi de' con-
dì propalare le relazioni non abbia duru- temporanei, la cui posizione era tale da
to molto, o non sia stato severamente os- conoscere lutto, e di penetrare i segreti
servato. Poithèsiccome molle rlell'anliche e indagare gl'intrighi, piti imparzialuien-
carte di questo genere furono conservate te degli scrittori compaesani , sovente in-
luediaote copiosi e^lratli ue'inmmeutali clinali or alla b<:uevolenza, or all'odio. Si
G.jG V E N YEN
viif)Ie pnificolai'djcnfe notare, clic i di- dL'Ile complete. Mediante la cngnizioDG
jilomatici veneziani scrivevano per uno e l'uso più generale di queste scritture
s<:ar>o immero di persone loro note, nors s'infuse un rjuovo spirito, una vita nuov;i
fjin pei l'iMiiveisaie. I due scrittori chea' nella moderna istoriografia; quindi colio
nosiii giurili più degli altri contribuirono studio loro, individui e avvenimenti si
fi far conoscere aire>Iei ole venete relazio- corressero, chiarirono, illustrarono, e po-
ni,oltre ilVies«enx, cioè il RankeeilTom- sii nella vera e propria luce. Nella stessa
maseo, furono pur qnelli che ne seppero guisa che i grandi ritrattisti veneziani nel
rtpprt/.zaie esallanìenle il carattere e le secolo XVI spiravano vita alle tele, nor»
«pialilà peculiari. Il fliinke le chiama un te- altrimenti gli ambasciatori veneziani ri-
soro illesa usto, dal qua le fu già li atto il più trassero le fattezze e l'indole de' aiaggiori
sostanziale profitto per la più esatta cogni- contemporanei con tale naturalezza epe-
7Ìone e per l'irrefragabile fondamento netrazione da non potersi desiderare di
per la storia nifiderna, e più se ne trarrà meglio. Questo straordinario talento si
oiicoia fpiaiito più verranno stiidirite. Vj dimostrò in tutti i tempi, quasi retaggio
il Tommaseo asserisce, die i diplomatici comune alla veneta diplon)azia. Dull'ira-
della repubblica veneta non attendevano mensa collezione, con amore pari a! sa-
vè a Ircppo abbellire né a troppo osco- pere, l'autore trasceglie alcuni ritratti di
rare le a/ioni umane; che la loro critica sovrani ed eminenti persona""! de' veneti
è severa, ma non ostile; che la loro ma- ambasciatori, olFiendoli all'ammirazione
niera è semplice, ma dignitosa; che la degli studiosi, come di Zaccaria Contarini,
fcrmez7a del loro giudizio derivante dal- che nel 1492 in poche linee scolpisce l'ef-
rullila del sistema del loro forte governo, fìgie morale e fisica diCarlo Vili; di Pao-
iion nuoceva punto alla varietà delle o- Io Cappello, che nel i5oocos'i vivamen-
piiiioni e d^'sentimenti individuali. » M;» temette sotl'occhio Alessandro VI, e
non cadrebbe forse in errore chi nel ca- i Borgia; e successivamente di Anto-
jattere degli ambasciatori veneziani, spe- nio Soriano che dipinge Clemente VII ,
nialmente del secoloXVI, e de'Ioro sci it- e i Medici; di Andrea Boldù e Lorenzo
li, credesse di riconoscere una certa indif- Priuli, che delinearono maestrevolmente
ferenza morale ed una propensione al Emanuele Filiberto duca di Savoia e
probabilismo. A ciò contribuiva per av- Cosimo I di Toscana; di Marino Cavalli,
\'efitura la posizione ilella repubblica do- che disegnò con sicurezza di colorito Pi-
po i primi lustri del secolo predetto, eie li[)po 11; di Giovanni Michiel,che simil-
mutate sue condizioni a fronte delle gran- mente fece di Maria ed Elisabetta sorelle
di poletize che ognor più la incalzavano regine d Inghilterra ; diGiovanni Soran-
in Europa, nel tempostessoche i suoi pos- zo, che con eguali colori vivaci espresse
sessi d'Oriente trovavansi esposti a viep- Enrico II re di Francia; e di Giambat-
j)iù imminenti pericoli". L'autore esa- tista Nani anche benemerito storico, che
mina il tempo in cui la sorgente di que- sì bene cominese la natura del giovane
sle relazioni cominciò a scorrere più ab- Luigi XIV. Né meno acuti ed efìicaci che
Itondante, ed esclama quindi : qual do- nel tratteggiare i caratteri di diversi per-
■\n\a di sapienza politica, di giudizi in sonaggi, erano i veneti ambasciatori nel
materie di stato, e di svariate cognizioni narrare e descrivere ogni maniera di av-
sia contenuta in cotesti scritti, potrà par- veni menti, ed al Ueumont bastò recarne
ticolarmente comprendersi da chi legge «in esempio tra gl'infliiili di cui ridonda-
le descrizioni diGaspareContarinie Der no le relazioni, di Marino Giorgi inviato
riardo Niivagero (poi cardinali, come già a P\.oma per indune Leone X all'allean-
iiolai), da' (piali comincia la lunga serie ra colla Francia e colla repubblica. Dac-
V EN
elle le stabili ambascerie divennero e bi-
sogno ed usanza, cioè nella 2/ mela del
XVI secolo, Venezia ne tenea di i.° or-
dine a Roma, a Vienna, a Parigi, a Ma-
drid e a Costantinopoli. Gli ambasciatori
veneti lasciarono in Roma molte remi-
niscenze nel palazzo di Venezia, e nell'a-
diacente chiesa di s. Marco, massime Ni-
colò Sagredo, di coivi è il ritratto, ed ove
alcuno altres"i vi riposa in monumenti, i
quali hanno pure alcuna loro moglie o
figlio, come lo scolpito da Canova per Leo-
nardo fìllio dell'ambasciatore Pietro Pe-
o
sarò: gli hanno diversi cardinali veneti,
preci[)uamente litolari della chiesa, ed e-
ziandio qualche patrizio veneto.Del la chie-
sa,comedel palazzo, neparlai più volteab-
baslanza superiormente, notando essere il
2. "residenza degli ambascia tori d'Austria,
alla quale co' duminii veneti passò la pro-
prietà del palazzo, ecosì quello esistente a
CoslantinopoIisulIascmmilàdiPera oggi-
d'i abitazione tlell'inlernunzio imperiale,
donde un giorno quello della repubblica
o bailo dominava collo sguardo le rive
del Bosforo e della Propoiitide, che ricor-
dano le glorie e le ricchezze nel medioe-
vo, nubili conquiste del vessillo di s. Mar-
co. Il posto di bailo era il più importante
dopo quello di Roma, e finì anzi per aver
maggior politica gravità di quest'ultimo,
attesele delicatissime relazioni Ira la Por-
la ottomana e la repubblica veneta, pe*
po-sedimenli di lei, anche negli ultimi se-
coli conservali, nella Grecia e sulle coste
della Dalmazia, che trovavansi in conti-
r.uo contallo coli' armi turche. Stabili-
menti, dopo la pace di CarloAvilz, ridotti
all'isole Jonie ; [)ace però ch'era sempre
minacciata e incerta. L'uHìzio di bailo a
Costantinopoli non era quindi senza pe-
ricolo, dovendo stare fia'turchi, sempre
turchi; avvegiiachè non di rado nel rom-
persi il'una pace o di una tregua il rap-
presentatile della repubblica si trovas-
se esposto a bai bare rappresaglie e al-
la prigionia nelle Sette Torri, malgra-
do le proteste fatte a nome del dirit-
voL irri.
YEN G97
lo delle genti. E appunto perchè a co-
prire degnamente tale posto era d'uo-
po di particolare accorgimento, pruden-
za e perseveranza, e perchè proporzio-
natamente era più lucroso degli altri, lo
si affidava ordinariamente ad uomini
provetti che avevano dato saggio di mol-
ta destrezza in altre ambascerie. Ripeto,
che nel decorso di questo lungo § XIX,
non poco parlai degli ambasciatori vene-
li, de' nunzi apostolici di Venezia, così
deqli ambasciatori d'ubbidienza e straor-
dinari e degli ordinari inviati alla s. Se-
de, e in bel numero che registrai alle lo-
ro epoche. Ne' propri articoli poi, come
si potrà riscontrare in quelli che vado a
indicare in corsivo, ragionai degli Ani-
hasciatori veneziani straordinari e di
Ubbidienza dalla repubblica mandali in
Roma ad ogni nuovo Papa, ricevuti in
Concistoro; e degli Ambasciatori ordi-
nari, loro Ingressi solenni inRonia.comQ
ricevuti d\\' Udienza^ \)tv la i.' volta ac-
compagnati da un cardinale nazionale,
con nobile Treno j nell'ordinarie interve-
nendovi pure il segretario d'ambasciala;
costume che andatoindisuso,da Clemen-
te XI l'ambasciatore Morosini ne ottenne
la ripristinazione,poichè l'accorta repub-
blica voleva che all'udienze sovrane assi-
stessero i suoi segretari ; dell'antico loro
intervento alle Cappelle Pontificie, fin-
chèperle pretensioni degli altriambascia-
lori non ebbe più luogo; come nel parti-
re dalla loroambasceria venivano da' Pa-
pi creali C<7iv7//eri aurati o à^Wo Speron
d'oro, coM'imposizione della collana d'o-
ro, della Spada ede'tS'yjero«/d'oro,quia-
di regalali di sagri e decorosi donativi;
che se questi talvolta si davano anche ad
altri ambasciatori, il cavalierato insieme
alle formalità che l'accompagnavano, era
distinzione esclusi va degli ambasciatori di
Venezia. Diversi poi di loro furono creali
cardinali,e tali furono Ermolao Barbaro^
Marcantonio y^/?if///o o da Mula, Gaspare
Contarini, Bernardo Navagero, Pietro
Basadonna, Giovanni Delfino ec. Par-
*45
C«,8
\ E N
Jando finalmeole tlelle Poste pontificie,
tlissi di quelle che aveano in Roma gli
ainbascialori veneti, e lo ricordai ezian-
dio nel § XIV, n. i . Del resto, l'eloquen-
za, che tanto rifulse ne' veneti anibascia-
lori, in Venezia percorse tre stadii : quel-
lo della politica e della forense, dui aule
la repubblica, di cui nella i/ cliiuse i
trionfi il gran doge Marco Foscarini
1762-63 ; e nella 2." i celebri avvocati
àìlefani. Cordellina e Gallino; quello
della forense civile e criminale durante
il governo Italico dal 1B06 al i8i4} >ri
cui si distinsero tra' presidenti il detto
Tommaso Gallino, td il conte Gugliel-
mo Gardaui ; tra' procui atori di stato
GirolanjoTrevisan e Luigi Salvioli,e Ira
gli avvocali i l^iazza, i Biagi, i Calucci,
gli Anlonelli ; quello del giorno d'oggi,
nii si dice, che dali85o finora va limi-
talo alla sola difesa criminale in grado
di I ."istanza. Al mollo che dovrebbesi di-
re su questo amplissimo arguaieiilo del-
la veneta, dotta e nobilissima diploma-
zia, ponuo supplire le seguenti opere.
Francesco Sansoviuo, Raccolta di O-
razioni recitate a' Pi incipi eli T cncziu
nella loro creazione dagli ambasciatori
di diverse città, Venezia i562. Angelo
Coirai'OyRelation de la Cour de Rome
fai te l'an 1661 au Conseil de P re go-
di, A Leide i663. Apostolo Zeno, Vile
degli storici ed oratori della repubblica
di F e nezi a. K\CQ\oToix\xx\diieOy Relations
des ambassadeurs \<enitìens sur les af-
faires de Franceau XFl siede, recuil-
lies et traduites, Paris i838. Collezione
ampia la chiama il Fveumont, falla per
proposta di m/ Guizot, facente parte del
la gran collezione di documenti inediti
della storia di Francia. 11 Cicogna ne ra-
giona utW Inscrizioni Fencziauc, t.4> p.
686. Relazioni degli ambasciatori ve-
neti alSenato, raccolte , annotale ed edile
daEtigenioAlbcri,a spcsediuna società,
Firenze 1 839. UReumoul dà contezza di 3
serie tcutenule imo voi. proseguendosi
r opera impurtautissiina, lodala ancora
V EN
ÙaW Album di Roma,i. 2i,p, 54>edaìCi-
cogna nel t. 4) p- 687 e 7o5.Cav. Gachard
direi loie generale degli archi vi del Belgio,
J^es inonuments de la Diplomatie Véni-
tienne, coasidérés sous le point de vue de
Vhisloire moderne en general, et de Chi-
stoire de la Belgique en particulier, Bru-
xelles! 853. Ne discorre ilReumont. Pier
Alessandro Paravia, Discorso sul patri-
ziato veneto dt^ Reali di Savoia e sulle
relazionifra f'enezia e Piemonte, Tori-
no 1849; DMa eloquenza politica de
veneziani, lezione accademica, Torino
i855. Relazioni degli s lati europei let-
te al senato dagli ambasciatori veneti
nel secolo XVII, raccolte ed annotate
da Nicolo Darozzi e Guglielmo Berclut.
Tipografia Naratovich, Venezia i856.
Più volte ne parlò la Cronaca di Milano,
nolando che il passalo di Venezia è un
archivio inesauribile, e che in tali relazio-
ni figurano tulle le nazioni europee che
si specchiano nell'onde mediterranee, e
verranno comprese in ^ \v\miìì\, conti-
nuando le relazioni già pubblicate dal cav.
Alberi. La Civiltà Cattolica, "ò." serie, t.
8, a p. 102, annunziò: Storia arcana e
aneddotica d'Italia,raccoiilata da'vene-
ti ambasciatori, annotala ed edita da
FalioMudnelli , direttore dell'i, r. Archi-
vio generale in Venezia, Venezia lip.Na-
latovich editrice i856. Quindi osserva,
che l'accorgimenlo e la diligenza de've-
neli ambasciatori nell'indagare le cagio-
ni degli avvenimenti, e i falli più segreti
de'principi e delle coiti dov'essi dimora-
vano,rendono sommamente utili alla sto*
ria d'Italia quelle lettere d'informazioni
che poi scrivevano in servigio della loro,
repubblica. La Civiltà Cattolica, serie
4.', t. I, p. 483, de' 19 febbraio iSSg,
riparla del proseguimento e prossimo
termine della stampa de'proraessi 24 fa-
scicoli secondo i palli d' associazione, e
aggiunge: « Ma ancor che proceda assai
pili olire, nessuno ne rimarrà scontento;
visto l'importanza grande de'docuinenli
di storia italiana, che in questo libro so-
V E N
no coiiìpresi.atizi che formano il lutto di
questo libro". Il Reumunl fa onorala men-
zione delle opere dei d/ Tommaso Gar
già bibliotecario a Padova, ora a Trento,
nella i/ delle quali Uovo i DocuniciiLl
iiiedlù intorno all'Arclimo segreto del-
la repubblica di Venezia, pubblicò le
Relazioni venete di Roma, ec. Sulla di-
plomazìa veneziana e su'diplomatici ve-
neti, altre notizie si ponno ricavare da'
s>eguenli autori. F. Vayer, Legatus seu
de Legatione LegatorunKjue privile-
g/'i^jParisiisiSyg. Giovanni Chokier, De
Legato, Colonìae 1624. Gio. Cristiano
Lunig, Sylioge piihlicoruniyegutionun,
Fraucofurli 1694: Codex Diplomati-
eiis Italiae, Francofurli 1723. G. C.
Trombellij La Diplomatica, ossia l'ar-
te di conoscere l'età e V autenticità de
codici latini e italiani^ Napoli 1780.
IMarlens, Mnnual diplomatico delos a-
gentes diploinatieos, Paris 1826. Du-
mont, Corps lum^ersel Diplomatique
des Traitez d' Alliance, de Paix\ de
Treve,avec le Supplenient par Barbey-
rac ec, Amsterdam 1726. Ottavio Mag-
gi, De Legato, Venetiis 1 566. Cardinal
de Perron, Les Ambassades et nego-
tiatinns, Parisi 623. Directorium Auli-
cum, II.igae-Cotnilisi687. Chevigni, La
scienza d'Ile persone di Corte, di Spa-
da e di Toga, Venezia 1742. Giuseppe
Gio. Sclilikenrieder, Chronologia diplo-
ìnatica, Vindobonaei 753. Caduta ia re-
pubblica, Venezia perdette questa singo-
lare gloria della sua antica diplomazia di
tanta rinomanza, ed alla sua nuova con-
dizione politica fa d'uopo che io ritorni,
per narrare la deplorabile occupazione
francese, e le sue conseguenze.
46. Abdicalo il do:;e, scioltosi il gover-
no dell'antichissima e nobilissima repub-
blica di Venezia , erasi fatto sgombro il
campo, che i francesi dovevano aprire a-
gli elTctti dei preliminari di Leuben; e
quindi avvertito il popolo, che per l'iu-
sufTicicnlc iitlual guarnigione di Veue-
xia dovea eutrarvi quali amici uu nume-
V E N 699
ro di francesi per distribuirli in vari puo-
li della medesima, il Battaglia e il Dona-
to concertarono col segretario della re-
pubblica francese Villetard il modo d'in-
trodurre in Venezia tali truppe. Dalla
città stessa furono spediti all'opposta ri
va e margine della Terraferma alcuni
burchielli ossia grandi battelli rimorchia-
li da una barca o due a 4 lemi, che a-
doperausi su lutti i fiumi e canali donde
si giunge a Venezia; e senza i quali l'ar-
mala francese avrebbe durato njolto tem-
po prima di passar le Lagune, e per at-
taccar la città avrebbe abbisognato pre-
parare una flottiglia e collo scandiglio in
mano cercare la direzione de' canali tor-
tuosi , in mezzo a sì grande estensione
d'acqua in cui i segnali non plìi tracciano
la viaj avrebbero resoiiievitubile il dar in
secco ad ogni tratto, con fragili barchet-
te, sotto il fuoco di mille cannoni, e im-
padronirsi l'una dopo 1' altra di lutte le
isole che formano il bacino. Per la ma-
rina militare , che allora possedevano i
veneziani , per le loro truppe , per trai*
partito degli altri abbondanti mezzi di
cui erano forniti, non d'altro loro faceva
d' uopo che di risolutezza e di unione;
queste mancando, l'inviolata Venezia mi-
seramente soggiacque allo straniero, men-
tre dalla sua fondazione in poi non avea
veduto mai nel suo seno soldati nemici.
Memoranda epoca segnalata dal pianto,
dal dolore, dalla costernazione, dal fre-
mito e dall' indignazione dei buoni, solo
giubilando, olirei sedotti ingannati, i tra-
ditori di si gloriosa patria, e gli altri set-
tari stranieri. Osserva il conte Dando-
lo: « Coloro che suscitano le rivoluzioni,
come quelli che piìi caldamente per esse
parteggiano, invocano sempre la libertà
per allucinare col suono di questa magi-
ca voce le menti più deboli e meno esper-
te. Essi volevano anche allora, ciò che
vollero semprein addietro, e sempre vor-
ranno nell'avvenire : la libertà cioè di
collocarsi nell'altrui seggio, per imporre
ad ogni altro la propria volontà ! " Dun-
yoo V E N
que era lo spirilo dell'idra terribile del
Socialismo e del Comunismo [f\). A' 1 6
maggio 1797 comparve di buon tnallino
la lista di Go membri che doveano com-
porre la municipalità temporanea di Ve-
nezia. Leggevasi in essa il nome d'una
decina di patrizi, noti per la loro popo-
larità e tendenze, unitamente ad avvoca-
ti, parecchi negozianti, tre o quattro e-
brei, alcuni greci e dnlmatini, sino a quel
giorno suiidili di s. Marco. E per conci-
liarsi il numeroso e clamoroso ceto de'
gondolieri, si ebbe cura di porre sulla li-
sta de'municipali anche il nome d' uno
de'Ioro capi. Essi però entrarono in ca-
rica dopo l'ingresso delle truppe france-
si. Nello slesso giorno, per tempissimo, la
flottiglia veneta condusse dal margine del-
le Lagune 3, eoo uomini della divisione
del general Luigi Paraguay d' Hilliers.
Occupali il castello s. Andrea al Lido e
tulli gli altri foi ti (l'annalista Coppi di-
ce nel giorno precedente, ma il Tipaldo
ve Sili pittoreschi delle Lagune, a p. 99,
chiaramente afferma che 1' occupazione
segui a' 16), sbarcarono alla Piazzetta di
s. Marco presso il palazzo ducale, un do-
pol'altro. I primijch'erano in piccolo nu-
mero, si fermarono pacificamente sulla
Piazzetta, donde si distribuirono ne'dif-
ferenli posti o a' loro alloggi destinati. Il
generale Baraguay d'Hilliers, stanziato
nel palazzo dell'ex ambasciatore Pisani
(Ermolao I Alvise stalo ambasciatore di
Francia e già membro della famosa Con-
sulta, che lasciatosi sedurre era entrato
nella nuova municipalità provvisoria;sen-
za avvedersi, rimarca il conte Dandolo,
chetramutando la veste procuratoria nel-
la sciarpa del muuicipalisla, non faceva
che nuocere airillibatez/.a della propria
fama, lasciando credere a'più, ch'ei pure
consentisse alle turpitudini di chi avea
cospirato contro la patria; e il medesimo
scrittore, nella A^ota sui Liberi Murato-
ri veneziani, lo dimostrò per tale, non
ostante il contrario asserto del cav. Mu-
linelli), diventava il comandante o me-
V EN
glio l'assoluto padrone di Venezia, come
lo appella V/lrie di verificare le date, di
cui mi giovo. Si legge nella Civiltà Cai'
tolica, serie 1.", t. g, p. 298, che non po-
che gentildonne di sommi casati di Ve-
nezia, per vanità e leggerezza e corru-
zione di cuore, si contaminarono la men-
te colla lettura de'beffardi filosofi france-
si, e disdire a quella fede che fu seoipre
la gloria delle venete matrone ; poiché
all'entrare de'francesi nella città, distri-
buirono alla plebe sessanlamila coccarde
tricolori ricamate colle loro mani , per
ornare i cappelli de'nuovi eroi, siccome
aggregale alle loggie Massoniche di Pari-
gi. Nella medesima Civiltà Cattolica, l.
8, p. i83, con eleganza e gravila il fa-
condissimo p. Bresciani narra.» A* i Omag-
gio, allorché entrarono i francesi in Vi-
oegia, fu aperto e dato a saccomanno il
palazzo dogale, inaccessibile per tanti se-
coli agli occhi de'profani, e pieno d'ogni
sorta di preziosi arredi, delle spoglie del-
la Grecia, dell'isole Ionie, del Negropoa-
te, di Cipro e di Candia, ornato delle più
pellegrine rarità del Giappone, della Ci-
na, dell'India e della Persia, che negli an-
tichi Irafilchi eranvi trasferite sulle navi
del commercio di tutto l'Oriente, di che
i veneziani aveano l' aurea chiave : ricco
degli splendidi presenti della Porta otto-
mana; de'doni vetusti de'califfi diBagdad,
di Damasco e d'Egitto; degli omaggi di
Barberia e di molti principali di Bosnia,
della Servia e di Bulgaria. Quel palazzo
dogale, ove per tanti secoli furono libra-
le le bilance d'Europa ; onde uscirono i
sapienti consigli di tante leggi e di tanti
statuti; ove si agitarono le sorli delle Cro-
ciate, i destini dell'impero di Bisanzio e
delle costiere dell'Asia; da cui usciano le
risoluzioni di tante alleanze, le quali fa-
ceano trepidare le più sublimi monarchie
della cristianità, che tanto le ambiano a
loro favore; in cui si decisero tante guer-
re e si stabilirono tante paci; dondepar-
tianoque'prodi capitani di inareche gui-
davano le gloriose armale al conquisto di
VEH
tanti stati; che faceano inchinar gli sten-
darili di s. Marco da tante baibare città
saiacine; che sgominarono tante flutte
tmchesche; che impedirono col valore e
col consiglio, che tutta Italia non cades-
se sotto la tirannide ottomana. Quel pa-
lazzo che custodiva i secreti di tanti se-
coli,che serba va il Libro d'oro delle gran-
di prosapie patrizie, che tanti dogi alber-
gò, che udì nell'aurate sue sale i sapien-
ti avvisi de'suoi consiglieri, de' suoi in-
qinsitori, de'suoi capitani e procuratori,
de'suoi almiragii, de' suoi legati all'este-
re nazioni;che accolse le pompose amba-
scerie di tanti imperatori e re e signori
d'Oriente e d'Occidente; che diede sicu-
ra ospitalità a'Papi raminghi, profughi e
oppiessi dall'ira d'iniqui polenti; che fu
asilo di principi infelici, reggia di glurio-
si imperatori, i quali visitavano quell'ec-
celsa signoria per vederne, come la Tei-
na Saba con Salomone, la munificenza,
l'ordine, il consiglio, la potenza, la digni-
tà, i diritti avvisi che reggeano la me-
tropoli del mare, e governavano que'po-
poli felici e d'ogni bene di pace ricchi e
doviziosi. Dalla loggia di quel palagio essi
miravano quella calca stipata di cittadini
con tanta serenità di sembianti, gaiezza
di modi, eleganza d'ornamenti e di vesti;
e la Laguna fra s. Giorgio e la Salute co-
sì coperta di gondole, di barchette e di
peote messe a feslsi, e vestite d'ermesino
e di broccati e velluti, con isvolazzi di
bandiere, con poppe dorate e prore mes-
se a vaghissime tinte, inghirlandate di
fiori, abbellite di cimieri a bellissime piu-
me d'aghironi e di struzzi, con remi co-
lorali di minio, e coH'irnpugnature d'eba-
no e d'avorio; cotalchè i monarchi stra-
nieri da quel balcone vedeano a un trat-
to d'occhio r opulenza, la giocondità e
la letizia di quel bealo popolo, che vivea
tranquillo solto il mite e grazioso gover-
no de'Padi'i. Or questo palagio bellissi-
mo meravigliosaoìenle, il quale compen-
diava in se medesimo le glorie di tanti
secoli , fu nel giorno che i francesi en-
VEN 7«i
trarono in Vinegia spalancato alla ruba
d'un popolaccio disfrenalo, -iligalo e at-
tizzato ad ogni violeuia , il quale gher-
mito il Libro d'oro, e fatto una gran ca-
tasta e datovi il fuoco, getlollo a incene-
rir fra le fiamme, e con esso tutta la no-
biltà (cioè i nomi) del veneto patriziato,
che costoro predicarono spenta coU'ulti-
me faville di quel libro, e gridando alto
l'uguaglianza d'ogni classe, ordine e sta-
to. Appresso ciascuno entrò ne' più ric-
chi e reconditi quartieri del doge e de
sublimi magistrati della signoria, e li mi-
sero a bottino, rapinando quant'oro, ar-
ginilo e cose preziose cascavano lor fra le
mani, istrappando dalle pareli gli arazzi
e le ddicale seterie del Tibet, della Cina
e di Persia, sconficcando i rosoni dorati,
i bronzi bruniti, le borchie de'seggioloni
e i velluti di quelli: involando i cortinag-
gi da'letti, le tende dalle finestre, gli spec-
chi dalle pareli, i vasi sculti dalle men-
sole, gli orologi dalle tavole, i candellieri
dalle credenze, e persino i rami e gli slo-
vigli dalle cucine, i cibi dalle dispense, i
vini dalle cave ". Ognun vede che. qui
l'eloquenlissimo scrittore parla in gene-
rale da oratore, e con enfasi, non col
rigore di grave storico; impei-occhè, tut-
to il palazzo ducale pi'opriamente non fu
mai così decorato, e i doni de'principi ed
altri distinti personaggi si conservavano
nelle sale d'armi del consiglio de' Dieci,
le quali in quella i.^ irruzione non furo-
no tocche: modificazione a me indispen-
sabile, per essere coerente a quanto do-
vrò narrare. Poco dopo lo sbarco de'
francesi, si portarono i membri della
imova municipalità (eletti da' rivoltosi
ch'eransi radunati presso ViUetard, al ri-
ferire del Coppi) a prender posto sugli
elevalisedili della saladel gran Consiglio,
ed elessero a presidente Nicoletto Corner
d'una delle più illustri e ricche famiglie
nobili. Si pronunciarono vari discorsi, pi'o-
pri della circostanza, e si prestò un no-
vello giuramento; indi fu proposto di pro-
clamare dalla piazza di ». Marco il nuo-
7oa V E N
vo ordine di cose che succedeva all'antico
ed estioSo governo. Tosto si pose in
marcia ilcoileggio, il quale andavasi ma-
no iDaiio ingrossando dall'airivo di mol-
tissimi iiffiziali ap[jarlenenti già alla re-
pubijlica veneta, ovvero di volontari, pre-
ceduto da uu cannone, con a fianco una
doppia fila di soldati vestili perla più parte
del nuovo uniforme adottato dalle demo-
crazie italiane, che tutte aveano adottato
i colori verde, rosso e bianco. Ad uno de'
siti più frequentali della piazza, cioè al-
la porla del cade dello /^/oWtìiH, si ferraa-
jono i municipali per ascoltare l'arringa
d'uno di essi, il famoso avv. Gallino, clie
era sialo una delle vittime del saccheggio
del giorno i 2. Salito col presidente sopra
una gradinata delle Procuralie, s^piegò
al popolo, che allora non era che in pic-
col numero, qual fosse l'oggetto della ce-
remonìa; lesse pofcia un proclama della
novel'a oiunicipalilà, fatto da essa stam-
pare priuia ancora ch.e fosse fatta pub-
blica la sua organizzazione, riportalo dal
Cojipi, e in cui diceva'>i : Avere il gran
Consiglio, mercè 1' abdicazione de' suoi
privilegi , ben tneiilalo della patria, ed
anche i mendjri specialmente incaricati
del governo negli ultimi istanti di sua e-
sislenza, nonché il comandante della for-
za armata, acquistalo il diritto alla rico-
noscenza della patria. Accordavasi amni-
stia per qualunque sorla di delitti poli-
tici, salvi i castighi dovuti a que'colpevo-
li di furto nel giorno del sacco. » Il ve-
neto governo desiderando di dare un ul-
liojo grado di peifezione al sistema re-
pubblicano che formava da più secoli la
l'Joria del paese, e persuaso d'altronde che
riiiteuzioue del governo francese fosse di
Jtccrescere la sua potenza e felicità asso-
ciando la sua sorte a quella de'popoli li-
beri d'Italia; essa annunciava perciò so-
lennemente all'Europa e partecipava a*
veneziani la riforma libera e franca che
avea creduta necessaria alla costituzione
della repubblica". Tale fu il i.° atto del-
l'autorità democratica, chiamata a sosli-
V EN
luire un'aristocrazia di tanti secoli, illu-
stre per foiza e per saggezza, la quale per
lungo tempo avea a se tratto l'ammira-
zione dell'Europa co] suo modo di amroi-
nistiazione, co'suoi esterni rapporti de'
celebrati ambasciatori, e coll'insieme del-
la sua condotta. Durante la parlata diGal-
lino e la lettura del proclama municipa-
le, la maggior parte degli uditori rima-
sero immobili, né mnggiormenle si ele-
trizzarono allorché ima brigata di gio-
vinotti con un quasi convulsivo commo-
vimento fecero sventolare in aria e scia-
bole e fìizzolettijilche ripeterono qualun-
que volta senti var»o pronunciarsi dal Gal-
lino le parole di (eguaglianza , libertà^
repuìili/ica francese e Bnnitpartc. Pare-
va che volessero eseguire una manovra
comandata da Villefort, il quale con ber-
retto rosso di polizia in testa vedeasi af-
facciato ad uno de'balconi della piazza,
immediatamente sull'arcata del calIèFlo-
rian, ove perorava l'aw. Gallino. Ter-
minata la ceremonia si ripigliò la mar-
cia per giungere al palazzo, al cui in-
gresso era rimasto uri piccolo corpo di
francesi. Questi però si mostravano in-
diiferenti alle focose dimostrazioni che
verso loro si facevano da alcuni veneziani,
di fresco seguaci dello spirito rivoluzio-
nario. Nel pomeriggio questi slessi indi-
vidui vollero far sulla piazza di s. Mar-
co alcuni balli civici, ed a quest'oggetto
invitarono due o Ire sold.iti francesi, che
cedettero alle loro istanze e cantarono
stonatamente la Carmagnola (canzonac-
eia composta e pe'priini cantata a coro
da'villici di Carmuguola, p.itria del de-
capitato capitano veneto traditore Fran-
cesco Bussone, di cui nel dogado 65.°
parlai, animali dallo spirito della rivolu-
zione francese), la cui musica e più che
altro le parole avrebbero dovuto riusci-
1 e cos'i dissonanti per orecchi itiiliani. Bo-
uaparte poi oltemie conipiutainente il
suo scopodi togliere comodamente a Ve-
nezia quanto poteva , ben secondato da
Darnguayd'Hilliers, che appena entralo
V E ?f
nella cillk confiscò subito tutti gli efletti
appailenenti agl'inglesi, a'russi ed a'por-
loghcsi, secondo il praticato allrove, e lo
racconta il Coppi. Benché fjsse cessato il
dominio di s. Marco, il glorioso protetto-
re dell'antica repubblica, erasi peraltro
conservato in fronte al proclama l'ei^ble-
uiao stemma del Leone alato. Solamen-
te invece della leggenda solita a legger-
si sul libro aperlo tra gli artigli di quel re
de'qnadrupedi : Pax tibiMarce^ Evange-
li-ita mcits, erano stampate le parole : /
(hriui ei doveri dell' Uomo e del Citta-
dino! Fa a proposito che io riproduca il
riferito ilall'encomiato p. Bresciani nella
serie 2/ della Civiltà Cattolica, 1. 1 i, p.
ig8." Allorché il general Baraguay d'Hd-
liers si condusse a Venezia q^iasi pacie-
re, |)ropose di molti partiti; vi accolse di
molle proposte; que'giacobini e tradito-
ri Savi di consiglio, che avean tenuta di-
sarmata la repubblica, ora spingendo
crudelmente a concessioni di morte sotto
speranza di tenerla viva; e la misera vit-
tima della perfidia de' suoi snaturati fi-
gliuoli, cascò nel 1 iccio lesole dal Diret-
torio. Fu ammesso il mutar la costitu-
tione dello stato: la repubblica rinunzia-
va all'antico reggimento degli aristocra-
li; accettava il governo popolare eguar-
iiigione francese. Il narrare tutte le tra-
me, con cui fu condotto questo mistero
tì'inifjuilà, le seduzioni, le illusioni, le de-
bolezze, le viltà è in)possibile a bocca u-
inana. Il 16 di maggio scomparvero gli
stemmi del Leone di s. ìMarco, fu rizza-
lo l'albero della libertà, e dopoi4oo an-
ni di potenza e di gloria la Repubblica di
Venezia scouiparve per sempre: A.men ".
Intanto le notizie della rivoluzione di Ve-
nezia, de'j2 maggio, erano pervenute a
Milano a' i4 (cioè del fatto compiuto,
tl'allronde per gli accordi tutto sapevasi),
per cui Napulcoiie Bouajìarte impose a*
ileputati veneti, cui era cessato il n)an-
dato, Francesco Donato, Leonardo Giu-
stiniani e Alvise Mocenigo, a' 16 del lo stes-
so n»ese, un trattato illusorio di paceana-
VEN 7o3
logo alle nuove circostante e a'suoi dise-
gni, formulati già tanto prir^a ne'preli-
minari di Leoben. Alfettando di non cu-
rare la rivoluzione di già eseguita, volle
che in sostanza in esso si convenissé.wEs-
servi pace ed amicizia fra la repubblici
Francesce (piella di Venezia. 11 raaggioi'
Consiglio rinunziare a'suni diritti di so-
vranità, e riconoscere la sovranità dello
stato nella unione di tutti i cittadini. Tut-
tociò per altro colla condizione che il go-
verno garantisse il debito pubblico della
nazione, il mantenimento de'patrizi che
non possedevano stabili , e gli assegna-
menti vitalizi accordali col nome di prov-
visioni. La repubblica francese sulla do-
manda che le era stata fatta di contri-
buire alla tranquillità di Venezia, accor-
dare una divisione delle sue truppe per
mantenervi l'ordine, e secondare i primi
passi del governo in tutte le parti del-
l'amministrazione. Queste poi si sarebbe-
ro ritirate subito che il nuovo governo
avesse dichiarato di non averne più bi-
sogno (ricordiamoci i prelitninari di Leo-
ben). Le altre divisioni sgombrerebbero
egualmente alla pace continentale tutti
i paesi della Terraferma di Venezia. La
t." cura del governo provvisorio fossf di
far terminare i processi degl'inquisitori
e del coinand iute del Lido , prevenuti
di essere gl'istigatori degli assassinii com-
messi ila'contadini veronesi e nel porl(»
di Venezia. Di più disapprovasse questi
fatti nel modo più soddisfacente al gover-
no francese. Il direttorio esecutivo accor-
dare amnistia a tutti gli altri veneziani
accusati d' aver prese» parte alle trame
contro i'armata francese". A questi ar-
ticoli da commedia, se ne aggiunsero al-
tri segreti, onde compiere la scenica rap-
presentanza, ariche con formare la farsa,
neVpiali articoli perciò fu stabilito.»» Le
due repubbliche si sarebbero concertate
pel cambio di alcuni teriilorii. Veuezia
avrebbe pagato tre milioni di franchi in
ilenaro, ed altri tre in canape, corde e
altri oggetti di marina. Avrebbe inoltre
7o4 V E N
dato alla Francia 3 vascelli e 2 fregate
armate ed equipaggiate, 20 quadri e 5oo
tnaDoscritli a scelta del generale in ca-
{)o. In compenso il governo francese pro-
metteva la sua mediazione per termina-
re prontatueute le questioni insorte tra
quello di Venezia e la reggenza d'Alge-
ri ". Questo trattato dunque supponeva
l'esistenza della veneta aristocrazia e del
suo maggior Consiglio, che avea col do-
ge [)oc'anzi abdicalo, e da esso dovea es-
sere ratificalo, mentre gli stipulanti sa-
pevano che non più esisteva, ed il prin-
cipale di essi sapeva per di piìiclie io sta-
to veneto lo avea fino dal 1 8 aprile cedu-
to ad altri , e dispostone come di roba
sua; ciò che in eterno farà lo stupore de'
posteri. 1 municipalisli di Venezia per-
ciò trovaronsi angustiati, e molto discus-
sero prima d'appigliarsi al mezzo sem-
plicissimo di sottoscriverlo essi medesi-
mi. All'opposto Napoleone dell'ostacolo
appunto godeva, imperocché nel parte-
cipare il trattato al direttorio avea ma-
nifestalo chiaramente che nel concluder-
lo avea soltanto avuto per iscopo : >» Di
entrare a Venezia senza diiBcoltà, avere
l'Arsenale, e col pretesto dell'esecuzione
degli articoli segreti poter prendere tut-
tociò che convenisse. Essere inoltre in si-
tuazione di poter disporre di quanto vi
era nel territorio veneto nel caso che non
si facesse la pace coH'imperalore France-
sco II. Non trarre in tal guisa sulla Fran-
cia l'odiosità delle violazioni convenute
ne'prelirainari diLeoben relativamente al
territorio veneto, e nel tempo stesso aver
pretesti e mezzi per facilitarne l'esecuzio-
ne". Quando giunse a Venezia il tratta-
to, che lasciava sperare alla repubbli-
ca una salvezza pagata con si grandi sa-
grifizi , le cose non erano piìi io quello
stato in cui l'aveano lasciate i negoziato-
ri, sulla base delle quali aveauo sti[)ula-
to. Al generale in capo dell'armata d'I-
talia, di già padrone di tutta la Terrafer-
ma, rendevasi necessario il possedimento
del capoluogo della repubblica, per pote-
V E N
re stipulare in forma piìi vantaggiosa le
condizioni di pace da lui intavolate co\~
l'Austria. Con tale mira egli dovea desi-
derare che gli venisse da una rivoluzio-
ne agevolato il suo ingresso a Venezia;
ma mostrò spiacergli la precipitazione del
segretario Villetard, che profittando del-
l'assenza del suo capo Lallemant, uomo
moderato , avea colto l'occasione di se-
gnalare il suo zelo focoso col signoreg-
giare gli spiriti egli avvenimenti. E di
fatti Villetard erasi posto alla testa degli
uomini esaltati del paese, di quelli cioè
ch'erano impazienti di rovesciare il vec-
chio ordine di cose, in forza del quale e-
rano stale lungamente compresse le loro
and)iziosee turbolenti passioni. Del resto
il trattato fu ratificato per parte del go-
verno interinale di Venezia, ma il gover-
no francese non si curò mai di approvar-
lo! Tanto attesta il cav. Coppi negli an-
nali d'/talia. A compimento del dram-
ma, asserisce l'-c//-/e di verificare le date^
che mentre a Venezia non più. sussisteva
il governo contraente a Milano a* 1 6 mag-
gio, in questo slesso giorno a Parigi,
per singoiar coincidenza, il direttorio de-
cretò che l' audjasciator veneto dovesse
immediatamente partire dalla Francia:
di guisa che a Parigi si dichiarava la guer-
ra, a Milano si segnava la pace, ed a Ve-
nezia si coujpiva la rivoluzione, tutto in
un medesitjto giorno! Anzi mentre il di-
rettorio concedeva perdono ed amnistia
a tutti quelli che aveano preso parte a'
vari attacchi contro V esercito francese,
il governo interinale veneto era incarica-
lo d'ultimare il processo de'3 in(|uisitori
Barbai igo, Gabrielli e Cornaro, e del Piz-
zamano ! Laonde i quioqtieviri di Pari-
gi, il loro generale in capo d'Italia, il se-
gretario di legazione a Venezia, lavorava-
no tulli sopra piani dilferenli. Secondo
pure VArle di verificare le date, Napo-
leone ancora si ricusò di ratificare il trat-
tato di Milano colla prelesa, che avendo
cessato d' esistere il mandante , non vi
fosse più uè tnundatarii, uè mandato. E
V E IN
elle la mrinlcipali(à, appendi entrata in
l'unzione, per la lalifìca, senza esamioa*
re se ne avesse il diritto, inviò coinn)is-
sari e lettere a tutte le città del veneto
dominio, per partecipar loro la^èZ/ce rivo-
luzione avvenuta iu Venezia e invitarle
ad unire co'suoi i propri loro interessi,
fticendo in tutto cau^a comune. Difatti
per la stessa terminazione veneta 12 mag-
gio 1797 la veneta aristocrazia non aveva
fatto che rinunziare al popolo i suoi ori-
ginari diritti. Ma che parlar di diritti se
già Venezia era stata contrattata a Leo-
ben sin dal 18 aprile ilelT atmo stesso?
Nel giorno 16 maggio dellinaugurazione
della municipalità di Venezia, parti da
questa per Trieste il ministro di Russia
[)resso la cessata repubblica Mordwinow,
che seguiva un po'tardi 1' esempio dato-
gli da (|uellod Inghilterra Worsley. Egli
condusse seco tutta la legazione, e il con-
te Antraigues incaricato d'alfari del re di
Francia. Questi però appena giunto a
Trieste fu arrestato d'ordine flel general
Bernadette, preso il suo poi tcjtìjglio e tra-
sportato al castello di IMilaiio: le sue car-
te compromisero Pichegreu, che poi a'4
settembre soggiiicque i\\ col[)0 di stato.
Trovandosi Venezia abbandonala a di-
screzione, i primi giorni che seguirono
alla dissoluzione dell' antica aristocra-
zia, che rinomata per la sua prudenza
non avea saputo agire, aspettare e deli-
berare, non furono marcati che da mol-
te equivoche dimostiazioni del consenso
popolare. Giunsero successiviunente [ja-
recchi corpi di truppa francese, e si man-
tenne la pubblica tiaiKiuillità a vederla
sbarcare e finire di rendersi padroni del-
la città. A'25 maggio la municipalità de-
cretò la demolizione delle prigioni del-
I in<|uisizione di stato, e vi fece apporre
queiriscriziofie,clie nel descriverle ripor-
tai nel § li, n. 2, rii)niliui(lone nel § XII,
u. 2, nel n.i2 del § XIX o dogado 49'°i
e altrove, rettificando le calunnie ripetu*
lamenle sparse contro di esse. Intendo
due di quelle chiamale di:' Piombi e de'
V E iN jo%
Pozzi. Avendo ivi promesso di qui riferi-
le quanto ne scrisse l'ecct 'lente penna
del p. Bresciani, presso la Civiltà Cai-
toLica, 2.* serie, t. 9, p. 294= i Pozzi del
Palazzo Ducale^ eccone un sunto, tra-
lasciandoil mollo che dice sui tradimenti
per farcadere la repubblica, avendoneab-
bastanza ragionato superiormente. L'au-
tore torna a deplorare il grave e funesto
giuoco che in sul cader della repubblica di
Venezia facevano le società segrete della
Massoneria in essa città, al doge e al se-
nato, a'quali con aria lieta e serena da-
vano fellonescamente a vedere e a cre-
dere le più buone novelle dello stato fe-
lice della repubblica. Facevano passeg-
giare que'traditi personaggi fra le più ri-
denti apparenze di tranquillità e sicurez-
za , dimostrando che il sapiente reggi-
nieiito della veneta signoria, fra le lem-
peste che ruggfano intorno alle Alpi, a-
vea trovalo il modo colla sua neutralità
disarmata di mantenere nelle città del
suo dominio tanta pace, sicurtà e ripo-
so, che i suoi popoli avventurati non u-
diano, né anco da lunge, il rimbombo di
quella bufera, confideiili sotto la vigilan-
za degl'inquisitori di stalo. Il senato fu
snido a' ripetuti ammonimenti de' suoi
an)basciatori, falli a nome de'sovrani del-
la R.ussia, deiringliilterra, dell' Austria,
«Iella Sardegna, delle due Sicilie,e in quel-
lo pure del Papa, cioè di slare all'erta, di
armarsi e collegarsi con loro. Quindi nar-
ra come di notte, innanzi la gran cala-
slrofe, da'pozzi del palazzo ducale erasi
inlesa una voce solterianea , gridare a
gran voce: Popolo, popolo, l'ora ì- giìl
vicina. Tcmpii.i non erit ampiius. L'ora
ì' già sonata. (^ixeWs voci orrende desia-
rono spavenlo in tutto il popolo, e confu-
sione. Quelle voci intronate volevano im-
paurire e gillare la didldenza in Venezia,
e si allribuirono a'settari congiurali per
far novità nella repubblica, i 3 inquisi-
tori fecero di notte calare ne''pozzi due
bravi mozzi dell'arsenale, e penetrare ne
sollerranei più profondi, i cui usci di fer-
nnf, V !■: N V E N
II» si v'uìe eh' etano stali aperti di fresco, bertìi, che negli ultimi tempi ancora si ri-
E Irovossi lina tromba manna, per la qua- cordano le tavole irubandite da un flnau-
Je niaiidavasi la voce allo sbocco del doc- ziere dovizioso e truff itore, e quelle pure
clone, die mise lauta paura. Si vuole, che d'un ricco bergamasco ivi condotto pei*
rei rotti i custodi, vi s'introducessero al- colpevole uso fatto delle armi. Prupria-
cuni patrizi massoni, che poi fecero di mente nel giorno 4 g'L'gno, festa della
tutto perchè non fossero castigati, e in Pentecoste, si piantò l'albero della liber-
pari tempo discreditando Ira il popolo là sulla piazza di s. Marco colla maggior
gl'inquisitori e i signori della notte (aveu- pompa; poi fu arso a pie dell'albero stes-
do domandato a Venezia, se tale raccon- so il Libro d'ero, in cui erano registrati t
to era e«atto, mi fu risposto negativa- cognomi delie famiglie ascritte al [)atri-
merite, anzi essere favoloso; e poi per ca- /iato veneto, in un a tutti gli attributi dei-
lare ne' ^ozsi non vi ha d'uopo di mozzi, la dignità ducale. L' adozione della coc-
iièleprigionide'y70;sz ebbero mai portedi carda tricolore portò l'introduzione d'u-
feri <>).IMa più rigorose furonoleindaginie na nuova bandiera marittima. Donde av-
leperqiiisiziùui, quando fu decretata la io- venne il triste inconveniente, che i! dey
IO distruzione, alla quale corsero i veneti d'Algeri non più gindicossi tenuto a ri-
partigiani de'fiancesi, che credendo tre- spettare i vessilli di Venezia, chegli paga-
varvi grandi cose, carcami e tormenti, va un tributo di 28,000 ducati; e quindi
altenali rabbiosaniente gli usci, mano* la nuova repubblica democratica fu co-
niesse le segrete, cercato negli angoli più stretta a pagare una 2.' volta, acciò la sua
reconditi, nulla affatto rinvennero. 1 poz- bandiera non più venisse sconosciuta da'
zij dopo la costruzione delle nuove car- pirati del ìMediterraneo. Sotto gli auspicii
ceri dall'altra parte del canale e il tra- del nuovo governo si formò una società
sportocela fatto diluiti i carcerali del politica rivoluzionaria, come nell'altre
palazzoducale, non furono più usati (ram- città italiane democratizzate, e prese il
mento, aver detto a' suoi luoghi, che sif- litolodi Società di pubblica istruzione:
fatte |)rigioni furono usate anche dopo in pochi giorni il numerode'siioi membri
la fabbrica delle nuove carceri, però ra- ascese a parecchie migliaia. Finalmente
ramenle ; com'è pur detto nella storia di per ordine di Napoleone cessarono le pro-
(juelle carceri, compresa nella bell'ope- cediire intraprese contro i 3 ex inquisito*
ra del /^tì'/(7Szo Z^^r/^/f, illustrato dal di- ri disfato, eilgiàcornandante del Lido. Di*
ligentissimo e critico Zanotto, nella quale ce il Coppi, che gl'inquisitori furono mul-
inollre per la i. "volta si è pubblicato tut- tati della metà de beni, pena che fu dipoi
to intero lo spaccalo delle prigioni in licpiidata in 5o,ooo ducati. Ma coli' oc-
discorso, cioè dal piano al soflitlo del pa- casione d'una congiura, forse più imma-
Jazzo stesso, ove stavano le altre prigioni ginaria che ordita da un certo Cercato
de'P/o//2/;/).Alcaderedella repubblica non uonio turbolento, furono arrestate molte
vifii trovato/zrs^ji^o.lldalmatajdicui tan- persone specialmente nella classe de'nobi-
toa quel tempo si pai lo, e eh' era «ano e ru- li. La municipalità interinale teneva pub-
bicondo, era stato, non ne Pozzi, ma ne' blicatnente le sue sedute nella sala dell'ex
Pzo/;jZ)?,icjuali erano slati destinati a pri- Pregadi, e la prima ebbe luogo il dì 20
gione solo nel 1^91 a disjiosizione de- maggio, come risulla dal Quadro del-
gl'inquisitori di stalo (di che feci ricordo le sezioni puhblicfic, stampato dal Cur-
nel ricordato dogado49.°,ove notai tutto li. Vincenzo Dandolo farmacista n'era
rilevarsi dalleininutemss. esistenti presso l'individuo più distinto pel suo sape-
ilcav.Cicogna);eda'prigionieride'piombi, re, la sua eloquenza e pel suo esterio-
terminato il processo,si accordava tanta li- re. Essa numicipalilà, nel pioponioien*
V E rf V E N 707
fo eli esercìtnrp il potere sovrano, non A'iìn di nn milione e rne7Zo di duciti ri
rislava (li pi eìeiulere essere il centro di 5o famiglie, alcune delle qrnli rieaveann
governo degli nnlichi stali della repubbli- 100,000 all' anno. Al principio di giu-
ca, benché ne fisse ripnUnta dagli altri gno, avendo l'imperatore Francesco II
capi municipali di tolta la Terraferma, I.1 intesa l'occupazione Oitta da'francesi del -
quale nel suo delirio patriottico e nella la Terraferma, in forza delle segrete con-
sna inimicizia faceva a Venezia moderna venzioni di Leoben. i tedeschi scesero da
gli stessi rimproveri che a Venezia antica, Trieste per portarsi ad occupare le vene-
e ricusava ora di ubbidire. Ogni città priii- te provincie dell'Istria, della Dalmazia
cipale erasi costituila spporalamenle, rè e Albania, all'imperatore stale as^egna-
volevancìe provincie inviar deputali per le da detto tniltato, il che non avvenne
rappresentarle davanti il corpo ch'erasi senza opposizione e spargimento di san-
impadronito di tutta ramminislrnzinne ^\.\e, 9.eco\u\n Y Arte di verificare le da-
della capitale, né premier veruna parte te. Il cav. Coppi, negli Annali, invece
alle sue deliberazioni. Alcune dichiarava- assicura che gli austriaci se ne inipos-
no il desiderio di venir incorporale nella sessarono senza opposizione, pubblican-
Cisalpina, altre pretendevano governarsi do questo manifesto.» U funesto sov-
da se. Da quel punto mancarono intera- vertimento che uno spirito di totale di-
mente l'imposizioni, cheprima giungeva- sordine aveva prodotto nelle dilTerenli
no regolarmente a Venezia, e diveniìe parti dello stalo veneto, aver con tutta
impossibile il paganìenlo del debilf) pub- ragione eccitate le attente cure dell' im-
blico. Fii d'uopo ricorrere a prestili for- peratore. Quindi geloso di assicurare la
zosi [ìcr sostenere le spese indispensabili tranquillità de' suoi sudditi manleuend<»
chela presenza dell'armata rendeva deou- il buon ordine nelle circonvicine provin-
ple. Eran<i promessi a'fiance>;i tre miliotii rie, avrebbe egli creduto di mancare a*
in denaro, ed essi invece ne chiedevano iloveri di sua paterna soilecilodine, se più
cinque; doveansi consegnar loro Ire va- a lungo avesse dilferilo la esecuzione del-
scelli, e non n'esistevano che due armaii le misure più acconcie per ottenere que-
compitamenle: il Coppi però dice che lo sl'oggetto. In conseguenza per conserva-
erano 3 vascelli e 2 fregate, oltre altri re le [)rovincie d'Istria e di Dalmazia da'
bastimenti minori. Gli agenti del diret- Iri'^li elfelti della piena sovversione di co-
Iorio, circondala l'abitazione fli Ercole III se, e preservare nel tempo stesso antichi
duca di IModeua, e non a\endo trovato ed incontrastabili suoi diritti, aver giudi-
in essa il denaro che cercavano, si reca- calo di non potersi dispensare dal far en-
rono alla residenza del ministro iniperia- trare in esse le sue truppe". Gli austria-
le dov'erasi egli rifugialo, e colà, com'era ci si estesero poi sino a Cattaro e agli al-
da molto tempo slato premeditato, gli tri paesi della veneta Albtnia. Nel cor-
tolsero I qOjOOO zecchini, e [loi il duca do- rer di questo mese il Conduhner, coman-
velte abbandf'uar Venezia e cercare asilo dante le forze venele navali, die'la pio-
negli stati imperiali. Con decreto si vietò pria dimi^sione, e venne in sua vece no.
o'nobili d'uscir dalle Lagune senza auto- njinato il MinoUo , il quale ebbe ontme
rizzazione del comitato di salute pubbli- di concertarsi col general H.traguny d'Ibl-
ea , e di levarvi i loro elfelti preziosi, l'j liers per un armodi barche cannoniere,
la n)unicipalilà stabilì che le rendite degli A'^H il general Gentil, cui la Francia a-
ex patiizi le quali superavano 5,ooo du- vea ioipiegato pel ricupero della Corsi-
cali all'anno,Ibsserodevoluleal lisco. Con ca, venne spedito con 4 '^•''•'•glioni e al-
quesl' atto , che pelò le circostanze non cune compagnie d'artiglieria sopra una
permisero di ese.guire, si toglieva la rcn- squadra cooì[)Osta di due vascelli e nitri
7o8 VEN
legni minori veneti, e due hrick francesi,
comandata cìall' ammiraglio Drueys, a
prender possesso di Corfù, vera chiave
dell'Adriatico, e l'nltre isole Jonie Cefa-
Joiiia, Zanle, s. Maura, Itaca o Tiaki, Ce-
rigo, Paxò e altre minori, f icenti già par-
ie del dominio veneto. Si ebbe non sen-
za contrasto la fortezza di Corfìi munita
di 5 1 o cannoni, con 3, 800 uon)ini di pre-
sidio, e si presero nella rada 6 vascelli
con 5 fregate. Tutte l'isole furono occu-
pale. Niipoleone domandò a'veneziani utt
ministro presso di se, e gli fu inviato l'ex
patrìzio Battaglia , che restò in Milano
tinche vi soggiornò quel generale. A' i4
lti;^tio si festeggiò da'francesi sulla piazza
(Il «i. Marco l'anniversario della presa del-
la Bastiglia di Parigi, alla presenza di nu-
meroso corpo di guardia nazionale; si re-
sero funebri onoi i a'militari morti in Ita-
lia della divisione del general Baraguay
d' Ililliers, il quale distribuì nuovi ves-
silli; e poi ebbe luogo la regala: tutte ce-
lemonie fatte solentiemente e con gran-
dissimo dispendio. In questo tempo il di-
retlorio approvò la condotta militare e
politica di Napoleone tenuta in Italia, e
specialmente riguardo a Venezia. Ma già
Miillet du Pan avea pubblicalo sui gior-
nali con indignazione, i mali trattamen-
ti fallisubireagl'uifrjlici veneziani, benché
tenuti per amici. Epoco dopo Dumolard
annunciòa Parigi al ccjrpo legislativo, che
■voleva esaminare a qual sistema di com-
pensazione si pretendesse far servire I in-
vasione delle Provincie venete, e se tale
invasione fosse destinata ad offrire nella
storia altro esempio della divisione della
Polonia operata nel 1772. In Venezia e
ne'capoluoghi di Terraferma intanto era
tutto anarchia, disonline e dissoluzione;
tot lo ubbidì va ad un giogo militare, e sotto
oppressori e re(|UÌsizioni, con tutti quanli
) mali die ne derivano. I commissari fiau-
cesi manomettevano l'argenteria delle
chiese; depredali erano i monti di pietà,
onde supplire alla suddetta contribuzio-
ne de'cinque milioni. Vennero pure se-
VEN
queslrati i beni degli ex patrizi di Terra-
ferma, ma dopo che fu esatta la maggior
parte dell' annue rendite fu tolto il se-
questro. Però a'francesi non riuscì di sot-
tomettere i Sette Cantoni, paese del Vi-
centino, alfezionatissimi al governo di s.
Marco. Con decreto de' 2 st- ttenibre fu
oidinato raccogliere in una sola cassa
il prodotto delle rendile di tulli i con-
venti, monasteri, confraternite e altri sta-
bilimenti pii dell'antico stato veneto, per
erogarsi a vantaggio de' poveri, degl'in-
fermi e degl'impotenti, non che de* pa-
trizi indigenti. L'amministrazione fu affi-
data a 3 individui, invitandosi l' ex doge
Manin ad unirvisi. A misura che ritar-
davano i francesi a far conoscere il desti-
no de'veneziani, come nazione, tanto più
sembrava sinistro il loro silenzio. L'incer-
tezza però dovea cessare nel mese di otte-»
bre,dopocheda un anno il paese era trat-
tato come cosa di con(juista. Nelle confe-
renzedi Milano,comeuarrai,i commissari
della cessata repubblica erano stati lusin-
gali, che al suo territorio si sarebbe uni-
to il Ferrarese, la Romagna e fors'anco
il porto d'Ancona; di ciò non conlento
Napoleone con chimere continuava a pa-
scere il deputato Battaglia, Dandolo, Zor-
7Ì e gli altri municipalisti, cui faceva giuo-
c are a suo talento. Volle mandare a Ve-
nezia sua moglie, in testimonio dell'af-
fetto che nuli iva pel paese, ove ricusava
per altro egli di recarsi. Si accolse mada-
ma Giuseppina Bonaparte quasi quale so-
vrana: ella forse ignorava meditarsi da
suo marito la totale rovina de'veneziani.
1 magistrali a malgrado di tante promes-
se e dimostrazioni,avendocnncepiloqual-
che diffidenza, studiarono di riavvicinar-
si alle Provincie di Terraferma, le quali
non andavano interamente d'accordo su
ciò che si volessero ; ma non essendovi
riusciti, sperava la veneta municipalità
d' ottenere dal direttorio Cisalpino , col
pertnesso di quello di Parigi e di Napo-
leone, di venir aggregata alla repubblica
Cisalpino; bentosto però conobbe che non
V E N
vi si riunivano appena alcune delle sue
antiche provjncie. Con proclama france-
se si annunciò la divisione degli stali ve-
neti in 7 dipartimenti, senza comprender-
vi Crema e Bergamo, le quali doveano
essere smembrale dall' aulico territorio
de'suoi stali. In realtà, i plenipotenziari
austrìaci e Napoleone aveano convenu-
to a Montebello sino da' 26 maggio di
consegnare Venezia all'imperatore Fran-
cesco II, e il direttorio esecutivo vi avea
acconsentito a' 3 giugno. Infatti riporta
il cav. Coppi, che distrutto 1' antico go-
verno, avevano alcuni veneziani manife-
stato il desiderio d'unirsi alla repubbli-
ca Cisalpina. E Napoleonesecondando un
tal voto, sino da detto giorno 26 maggio
avea scritto a' municipalisti, come si ha
dalla sua Corrcspondance. » Voler fare
in tutte le circostanze quanto fosse in suo
potere per dar prove del desiderio che a-
veva di scorgere che si consolidasse hi li-
bertà, e di vedere la misera Italia libera
e indipendente dagli stranieri, collocala
finalmente con gloria sul teatro del mon-
do, e riprendere fra le grandi nazioni quel
grado a cui la chiamavano la natura, la
posizione e il destino". Nel giorno slesso
peròegli scriveva al direttorio.» Aver con-
certato co'plenipotenziari austriaci di ce-
dere all'imperatore il Veneziano sino al-
l'Adige". Ed avvertiva:-» Venezia, che era
io decadenza dopo la scoperta del Ca|)0
di Buona Speranza e gli stabilinienti di
Trieste e di Ancona, diflìcilmente avi eb-
be potuto sussistere dopo i colpi che ul-
timamente le avevano dato i francesi. Po-
polazione inetta e vile, non essere per
nulla idonea alla libertà. Senza terra e
senz'acqua, esser naturale thedallaFran-
eia si lasciasse a coloro che le davano il
Continente. Egli avrebbe preso lutto, a-
vrebbe distrutto il banco e conservato
Coi fu". In questo frattempo, sotto l'am-
pollose e millantate insegne della flrlh,
della Libertà e della Uguaglianza (che
pe' veneziani fu quanto dire Firtu di
sodi-jie, Liberia di piangere, ed Ugna-
YEN 709
gUanza di nulla potere, come altri siali
italiani sconvolti e maltraiiati, inetti a
vendicare una si perfida turpitudine),
la società popolare volò solennemente
la fatua aggregazione della repubblica
veneta alla Cisalpina, la cui capitale era
Milano, e la municipalità in onta alle
ricevute risoluzioni del lutto contrarie,
ne segui I' esempio colla firma di 4^
individui, colla quale ìmponentissima a-
desione veniva appoggiato il voto espres-
so dalla città di Venezia. Così Venezia,
spinta da' suoi dominatori, si rese più
abbietta, dopo aver dolorosamente per-
duto la sua verginale hberlà originaria
e sovranità di quattordici secoli, gemen-
do sotto il peso gravissimo d' iutollera-
bili imposte, di depredazioni e di spo-
gli. In fine a' 17 ottobre 1797 segnossi
il trattato di pace di Campoformio tra
la repubblica francese e l' imperatore
Francesco II, pel quale questi non riceve-
va altrimenti, con»'erasi indicalo nel pro-
getto, a titolo d'indennizzazionedi quan-
to cedeva alla Francia nell' Italia supe-
riore, ed i Paesi Bassi Austriaci o Belgio,
la tolalità degli slati veneti, ma ilivideva-
li colla Francia e colla repubblica Cisal-
pina; e r Austria non avea nemmeno at-
teso la conclusione delle trattative, con
essersi impadronita dell'Istria Veneta, del-
la Dalmazia e dell'Albania Veneta, sm dal
giugno, come ho riferito. Quanto dovea
api)arlenere a ciascuno de'3 condividenti
fu regolalo dagli articoli 5, 6 e 7 del trat-
tato di Campoformio. Toccò a Francesco
II l'Istria, la Dalmazia, l'isole eziandio
per l'innanzi venete dell' Adrialico,le Boc-
che di Catlaro, la città di Venezia colle
sue Lagune , ed i paesi racchiusi entro
gli siali ereditari d' Austria a partir Aa\
Tirolo traversando il lago di Garda, poi
l'Adige lungo la sinistra del fiume sino
a Porto Legnano, e raggiungendo la si-
nistra del Po sino al maie. Doveva la
Francia possedere in piena sovranità l'i-
sole già venete di Levante: Coi fìi, Zante,
Cefalonia, s. Maura, Cerigo e altre isole
7 IO V E N VEN
Joiiiche di[jeucleiili, nonché Butintic), vendo Napoleone nel giugno occupato an-
Laila, Vonizza, e in generale lutti glisla- clie/l/<rz//rtj.Di più portarono via una graii-
hilimenli vendi d'Albania, situati più al de quantità di oggetti preziosi, i capola-
di sotto del golfo di Ludriuo. FniaUnea- vori di antichità e di belle ai ti, compresi i
le la repubblica Cisalpina univa alla Loin- famigerati 4 Cavalli di bronzo e il Leone
bardia, per l'a vanti Austriaca, e al Man- alato di bronzo della Piazzetta, oltre i più
lovano, il Bergamasco, il Brescianojil Cre- antichi e più importanti mss. e codici, le
niasco e la porzione degli slati ex vendi più scelle stampe d'ogni tempo: s* im-
all'ovest e al sud della linea supuriormen- padrunirono dell'inestimabile tesoro di
le tracciala, ossia la riva destra dell' A- s. Marco, e de' 12 graudi scrigni di ri-
tlige. Alla nuova di questa falalissiuja di- serva, forse dal numero detti i XII A~
visione, che propiiamente fu il fine del postoli^ fino allora intangibili e riservati
dominio veneto, si s[)ai se in Venezia una agli eventuali e più stringenti bisogni dei-
generale oos'ernaziune ; e ben preslo i la repubblica di Venezia, unitamente ai-
francesi (he ancora visi trovavano, de- le iugcnli somme trovale in zecca; e tut-
molirono il famoso e [)iù uiaguiOco na- to secondo il solito inviato a Parigi, Iran'
viglio ujonumenlaie che vi fuSse al inon- ne quanto si appropriarono i famosi com-
do, il Ijucintoro. iemeudosi la sua di- uiissari e altri voraci ministri della re-
fclruzione, gì' inglesi corsero a V cnczia, pubblica francese. Non è tutto ! Arroge
.siierando di acquistarlo verso 1' offer- quanto il venerando, l'eloquente patriar-
la somala di qualtro milioni, e di tras- ca di Venezia cardinal Mouico, nella ba-
porlarlo a Londia a custodii lo qual 2.^ silica di s. Marco esclamò : "Caduta Ve-
barca del mondo, per così dire, do()o uezia in balia dell'uslile tracotanza, non
quella di INoè, ovvero qtial trofeo d'es- potè salvarsi dalla mano rapace de' nuo-
ser snccedutu a Venezia nella domina- vi Eliodori, i quali, deridendo il pieto-
y.ione de'mari. Ma trovatolo già distrul- so Onia, collo spoglio del Santuario ago-
to vandalicamente a colpi di scure, dal- gnavano di satollare la ingorda fame",
ia civiltà che predicavano i francesi, col- Se mezzo secolo dopo l' avvenuta cala-
la inanodi ptczzolato e ubbriaco popò- strofe tanto non esitò di riprovare un e-
lo, ne deplorarono la rovina, e si limi- ininente pastore dal sagro pergamo, fa-
laiuno all'acquislo di qualche mutilala Cile è il congetturare il generale spoglio
statua, di qualche pezzo d'iutaglio, e di cui soggiacquero i sagri templi, i luoghi
qualche frantume; tanta era la riputa- pii d'ogni genere, compresi i monti di
zione in cui si aveva dall'eslere nazioni, pietà, tanto di Venezia, che delle sue an-
«|uesl'unico,iiisigne e storico legno splen- tiche provincie. — ■ Coil'occupazione del-
tiidissimo. Indi manomisero ed esposero l'isole Jonie, tranne il ceduto all'Austria,
al saccheggio gli approvigionamenti del- die'alla Francia una posizione importan-
l'Ar»euale,degli emporei di legname sot- te, assicurava ad essa utilissimi olii pe'
l'acqua da costruziune, di canape, di ve- saponi di Marsiglia,e il godimento di pre-
le, cordaggi, ancorCjgumene e alilo, nou ziosi legnami da costruzione della costa
che dell'armi inonumenlah che e>isteva- d'Albania pe' cantieri di Tolone. La re-
no nel medesimo Arsenale. Interamente pubblica francese diventava cosi la pro-
s impadronirono della marina della re- lettrice o meglio la padrona dell'Adria-
pubb!ica,co'baslimeiili da trasporlo e da lieo, e i suoi possedimenti sul mar Jonio
guerra, la quale dovea essere tiasferito a doveauo necessariamente dar onderà al-
Toloue(e >ervi poi a Napoleone per la spe- l'impero Ollomano e preparare delle osti-
diziuue di A'-/7/o, insieme alla flotta e al- lità. In ultimo risullameuto, la nazione
le liuppcUeil'uidiue GttoaoLiniUiivj^ix frauccàt Jic uvea cuuquislalo i domimi
V E N
della repubblica di Venezia, e l'avea di-
stiuUa, dopo sedotta dalia vana piospel-
li va di una liberlù deniociatica, non tras-
se profitto da un cumulo dj luute enormi
Violenze; ed alcuni auui dopo i vincitori
nulla di più possedettero che i vinti, l'i-
sole Jonie occupandole l'ingbdlena (si
disse, progettarsi l'abbandono alla Gre-
cia, che con tanto ardore desidera , di
tutte l'isoletle ffieridionali,Cefalouia,Zan-
le, Itaca, s. Maura e Gei igo, che souo se-
parate da Corfù dalla stirpe, dall'opinio-
ni e dalla geografia. lu iscaiubio Corfìi e
il suo annesso Paxò non sarebbero più
sotto il protettoiatodeirioghiherra, n)a
diverrebbero sua sovranità e seinplice-
luente colonie inglesi, semplificandosi la
situazione militare e strategica di Corfù,
e lasciando a' corfiolli un civile governo
libero. Ma affatto non pare che i junii.ad
onta del fermento che li agita per sot-
trarsi dal giogo inglese, oltenghino quan-
to sospirano. JN'e dirò alcjuaiite parole a
Za.nte). IN'ei corpo legi,lativo di Francia
insorsero ancora alcune voci contro le
misure prepotenti , in virtù delle quali
una repubblica per lungo tempo amica
andava ad essere cancellata dalla lista
delle potenze d'Europa. Rammeutavasi
aver l'antico e famoso governo di Vene-
zia potentemente contribuito al ritorno
dellacivilizzazione in Europa; essere esso
stato il baluardo più forte dell'italiana
indipendenza contro la potenza alemau-
»ia, a cui invece ora andava a soggiace-
re; ein fineformava equo oggetto di com-
passione per tolta Emopa il vedere do-
po XIV Secoli d'indipendenza, passar iu-
leramente la repubblica sotto leggi stra-
iiiereemonarchiche! JVello spazio di que-
sti ultimi tempi, il governo municipale
crasi composto di 5o persone, la cui no-
mina lascia vasi al popolo , e di 6 com-
missari eletti da Napoleone. Avendo es,i
mantenuto nell'esercizio del loro potere
un carattere di moderazione, lasciarono
di se qualche desiderio in mezzo a tutti
gli scoufoiti the si provavano dagli av-
'vilili e oppressi veneziani. L'cgcole del-
VEDJ ,j,,
la legazione francese Villetard , rimasto
a Venezia, ricevè dal generale in capo
Napoleone l'ordinedi annunziare cheque'
Veneziani che non amassero restare sot-
to il dominio austriaco, troverebbero nel-
la repubblica Cisalpina non solo asilo, ma
accoglienza favorevole; godrebbero de'
diritti cittadini, e a compenso delle lo-
ro perdite si riserberebbe a loro prò il
prodotto delle spoglie di loro patria. Vil-
letard slesso venne incaricato a provve-
dervi, missione per lui aspra, trovala ta-
le da lui stesso, benché malaugurato au-
tore principale della rivoluzione opera-
la in Venezia. Era essa dura e acerba spe-
cialmente pe' veneziani, che perderono
una patria cosi illustre e nobile, ma non
c'era mezzo di ricusare, volersi sommii-
sioue e ubbidienza; e l'indiguazionegiun.
se al suo colmo, e l'agente dovè suo mal-
grado eseguire i ricevuti ordini. A' 24
otlobie egli scrisse a Napoleone una let-
tera arditissima e piena di coraggio, iix
cui dichiarava che i men)bri del vene-
to governo preferivano l'indigenza al-
l' infamia. Gli rispose il generale co'ter-
mini i più ingiuriosi per la nazione vè-
neta, soggiungendo, gl'individui determi-
nati di seguire 1' armata francese ave-
re lutto il tempo necessario per vendere
i loro beni; in libertà di fare, quanto al
resto, ciò che riputassero migliore. Tut
lo questo si riporta dall' Arie di verifi-
care le date. Ecco poi quanto ne scri-
ve Tannalista Coppi. Sotloscrillo il Irat-
lato di Campo Formio, bonaparte scris-
se al Villetard col tuono misterioso che
spesso usava.') Conferisse co'municipali-
sli, avvertendoli esser possibile che i frau-
cesi partissero, e pensassero quintlia'mez-
i\ che in tali circoslanzeavrebberogiudi-
calo convenienti tanto al paese,che agl'in-
dividui ,i quali volessero ritirarsi in quel-
le Provincie, che essendo unite alla repub-
blicaCisalpina erano perciò garantite dal-
la Francia. Quivi essi avrebbero anche a-
voto il titolo di cittadini ". A quest'avvi-
so i muiiiciptilistisi cosleruaiono, ma do-
po il primo abballiuieulo ripreso corag-
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^io, e quasi fossero ancora lappresentanli die 1 francesi nel partire da Y'cnczin, co-
d'un jMtpolo sovrano, deliberarono di ar- luinciaiido il nìovimenlo a'y gennaio, se-
IJJar^i {)er difendere la propria ìndipen- condo l'istruzioni del direttorio di Pa-
tienza, Per interessare vieppiìi il popolo rigi, presero e distrussero tutta la ma-
in una causa così iniporlaiile, il ninnici- riua e trasportarono l'artiglieria e le mu-
palista Dandolo propose di consultarlo in nizioni da guerra de' veneziani, non la-
generali comizi : « se voleva la sua [xitria sciando che pochi e cattivi cannoni nel-
Jibeia in un governodcniocratico". A'28 le fortezze, il deplorato pubblico spo-
ottobre 1797 si raccolsero i sulIVagi, ed glio fu anche accompagnalo dalle estor-
in 23,572 votanti, la proposizione passò sioni particolari, ed in questo si segna-
alla superiorità dii,872 voti. Si spedirò- larono specialmente Serrurier in Vene-
uo quindidepulaliaBoiiaparte peiespor- «ia e IMassena a Padova. Sulla fine dei
gli. » Essere i veneziani risoluti di diliiu- mese le truppe francesi furono sulla riva
dere sino agli estremi la libertà della pa- destra dell'Adige. Dichiara l'arte r/i feW-
tria. La sola guardia nazionale ascendere ficare le date. » Quella porzione di popo-
a 18,000 uomini, e questi si sarebbero lo che crede mai sempre di far qualche
certamente opposti all'ingresso degli au- guadagnoin un cambiamento digoverno,
striaci. Pieslituisse le armi e le navi tolte, non mancò di darsi in preda a qualche
lasciassealcune brigate francesi cotiie au- bollente dimostrazione di allegrezza. Le
siliarie, ed al restante avrebbe supplito autorità interinali, e solo un piccol nuine-
l'amor della patria. Che se la Francia vo- ro di nobili solennizzarono con feste quel
leva nuovi sagiifizi, poteva contare so- cambiamento. Quanto a'fanatici o avidi,
pra dieciotto milioni di lire tornesi. Tutto che aveano abbracciato le sperasize nate
si sarebbe fatto, purché fosse salva la re- colla rivoluzione veneta, fuggirono con
pubblica". ì\la Donaparte nella metà del in cuore la rabbia, e si recarono in cerca
seguente novembre manifestò finalmente di ssilo a Milano, mentre i veri cittadini
aque'deputali(|uantosierastabilitointor- deploravano gli errori del vecchio go-
uo alla loro patria, soggiungendo. » Non verno, l'abuso della vittoria fatto da'vin-
essere iusua libertàl'alterare unaconven- citori, e per ultimo 1' assoggettamento
zione a cui la necessità ed il bene dell'in- della loro patria". Ma Venezia tion avea
teia Europa lo avevanocondollo.Del re- fissato ancora i suoi destini, condotta da'
sto l'occupazione austriaca essere soltanto francesi per mille raggiri a mutare il suo
temporanea, e in altre circostanze pò- aristocratico governo nel suo primo de-
irebbero essereappagalii loro voti". Coni- mocratico, il quale venuti essi coli'armi a
presero allora definitivamente i Venezia- proteggere, pochi mesi appresso vide
ui la loro sorte, e tardi piansero la fatalis
sima, rovinosissima ed ostinata neutra-
lità disarmala. La municipalità si disciol-
se, e rimise il governo ad una commissio
sdegnosamente i suoi stati divisi Tarpar-
le di diversi potentati. Da quel tempo
quindi destinata a seguire la sorte dei
comballenti, questo vado ad accennare
uè di 5 membri, acni dipoi fu surrogata nel seguente§,e principalmente procede-
una deputazione composta di 3 soli indi- rò cogli Annali d'Italia del cav. Coppi
vidui. Dandolo, Zorzie gli allridemocra- che continua sino e inclusive al i845, e
liei pili famosi pensarono a salvarsi nel co^W Annali delle Pro^'incie Venete dal-
territorio della repubblica Cisalpina. 11 18 Canno 1801 ^Z i84o del cav. Mulinelli,
gennaio 1798 i francesi sgombrarono da (1 due ultimi brevi §§ XX e XXI, non
Venezia, dopo molle altre depredazioni e ostante il detto a p. 3, si daranno nel se-
distruzioni inutili; e nel giorno stesso vi guente volume per non rendere questo
giunsero gli austriaci. Dice il cav. Coppi Iroppo sproporzionato).
FINE DEL VOLUME NOVANTESIMOSECO^'DO.
Dx 841 .ne? 1840
sncR
loroni, Gaetano
1802-1883.
Dizionario di erudizione
Af-K-9455 (awsk)